PIRA Sira eocò VISA + Sii cin timo miti cc mn P°, 531 L sail di ecrcier_—i=tn ie AT i i ? i k Ve A piiaita i lati gii VI) ; HARVARD UNIVERSITY. LIBRARY OF THE MUSEUM OF COMPARATIVE ZOOLOGY. 44930 Q 20 . ( um 3,/90/ Ù NH TISRAIT MR NS CR dI SO AI TE7T=>—IINSN i A ErTAiEETES AVREZA n CID CHO DELLA DI TORINO SERIE SECONDA Tomo L DELLE SCIENZE (NC (00) Di) n alan M Gal Dod SCR c5) E UTTORINO CARLO CLAUSEN O) Do) Libraio della A. Accademia delle Scienze 1901 TEITIVTVITL AST > DU Ò DÌ * DE >) Ù FIGI DI si di), Parrot artt: LEA QREEAIARET 1 i SIANE Le E AREE REA ORAMAI | TRNBAV GELA el 1), js | AR CRI IPO A O ORIO TE VT, Cin BRITA ISTITUNAAO) Tag PRACI0RI:13) STR HR x LÌ 1, i } ) MY tr Y (I ATRIA BIIRAOR VOLA i ; UPv Ia ai nona (EN VANTA NR aber "RI reni Gee DART } LA M | a RARI AO art) [ATI (VEROI AASEIIO LO AI RENO GR VITONO,TA CES Re Are RATA d o ù V”; ù) a LEO ATT PAIA LI TERE E AT QUA TRES STIME Ta 191 008 mn } LIV IENA VRAIAA O) GRENTATO eat i È eo si ta folta ATIMALO La Ru PRA TIE CUS { (Neg { por } (OOO Oa uri 4 à $ i ì ISTIE vai i, ATO A | È : i è UCI 0 i id ho Fà ì n PA VOOR i \ i fu ftt ci MAS: 4 n pd] ‘CSI Rete alveare 97, l soi n Front f ap 3 TOR SERI î DPRERUICI, è ACI AE LAP $ f ) fat (ENI, ti È \ ; r 3 e P, ) P #44 i) y SUM ire? Md in l } Ta iù Tout î via Ò È 4 Rifpisni i | VAIAIGGT] ' basi bo rbtrieriDoei ‘ | LISI CALC A FÉ 3 N x ‘ SCIENZE MORALI, STORICHE E FILOLOGICHE Poli b8} A CIT, AV TILT ti” PE Ù [NILO i IIAMOM THOLHOTe INDICE CLASSE DI SCIENZE MORALI, STORICHE E FILOLOGICHE anosceritti arabi, persiani, turchi e siriaci della Biblioteca Nazionale e della È R. Accademia delle Scienze di Torino; Memoria del Dott. CarLo ALFonso “ Bulla major ,, di CRUDA vescovo di GIO in A della io, di Oulx; Memoria del Socio CARLO CrpoLLa . î È 7 P: ichissimi aneddoti Novaliciensi; pubblicati dal Socio Cito CIPOLLA . b ici sconosciuti della Biblioteca Novaliciense; Memoria del Socio CARLO CIPOLLA , poema di Uggeri il Danese; Memoria del Dott. BERNARDO SANVISENTI —» lielmo Lungaspada marchese di Monferrato e suo figlio Baldovino V re di Gerusalemme; Memoria del Dott. Pietro GrIBAUDI . . Si da Tolitica sabauda con Francia e Spagna dal 1515 al 1533; Mono del . Naruto . 5 $ i Pag. Prof. Arruro SEGRE . 6 , 3 . - 3 ; ; 3 3 249 CRABIIE LE ARA VIOLE Leabia a SIE ARIIINATI dfn best 1 sasstu@. sod nisba ( MEABRE o gico i est dra dilO Th LANE Ae puro note, 1 A lab airortdeno Liggio geo, Nobis gie andà Alone la RIMONTA TI DICIOTTO MT + Opus prete ie te aggiunte Bbpa ao 1, ab dito aero ia ADE OSTIA I MANOSCRITTI ARABI, PERSIANI E TURCHI BIBLIOTECA NAZIONALE DI TORINO ILLUSTRATI DA CARLO ALFONSO NALLINO Memoria approvata nell'adunanza del 25 giugno 1899. | Fu già osservato come, a differenza delle altre nazioni europee, l’Italia possegga gran numero di manoscritti orientali, non di rado pregevolissimi, sparsi in molte città granli e piccole. La loro esistenza è ignorata per lo più dai dotti; le singole Bi- blioteche spesso non hanno neppure un magro elenco dei codici posseduti ; e se l’elenco Vè, è tale, per le omissioni, le inesattezze, gli errori, da riuscir inservibile. riuscì tale da non soddisfare alcuno. dal 1878 sino ad oggi, appena sei fascicoli vennero alla luce. Nè, per vari motivi, è a sperare maggior sollecitudine nell’avvenire. Intanto l’Amari ci dette il catalogo dei mss. arabi della Lucchesiana di Girgenti (1869); Bernardino Peyron quello dei codici ebraici della Nazionale di Torino (1880); il Rosen, Professore a Pietroburgo, quello della pregevolissima collezione Marsigli di Bologna, pubblicatosi nelle Memorie dell’Accademia dei Lincei (1884); G. Sacerdote, pure nelle Memorie dei Lincei (Se- tie IV, vol. X, 1893), descrisse i codici ebraici della Pia Casa dei Neofiti in Roma; Il Cersoy, nella « Zeitschrift fi Assyriologie » (vol. IX, 1895) rese nota una raccolta di mss. orientali del Museo Borgia di Roma; infine lo Horn, Professore a Strasburgo, illustrò nella « Zeitschrift der deutschen morgenlindischen Gesellschaft » (1897) i ma- Noscritti persiani e turchi della Vaticana. ra SERIE II, Tom. L. Nella prima metà del secolo lo Hammer aveva intrapreso a pubblicar, nella ri- Vista « Biblioteca Italiana », un elenco sommario dei manoscritti arabi, persiani e turchi contenuti nelle Biblioteche d’Italia. Il lavoro non fu mai compiuto; d’altronde, redatto con poca critica, è spesso basato sui vecchi, erronei ed incompleti inventari, Per ovviare a questi inconvenienti il Ministero della Pubblica Istruzione cominciò una serie di Cataloghi dei codici orientali di alcune Biblioteche d’Italia; ma, CARLO ALFONSO NALLINO A Torino i mss. arabi, persiani, turchi e siriaci dell’Accademia delle Scienze, della Biblioteca Nazionale e della Biblioteca del Re rimasero sin qui ignorati dagli studiosi. Nè poteva essere diversamente, quando gli inventari delle Biblioteche non solo danno spesso titolo ed autore in forma incomprensibile od erronea, ma non di rado si limitano all’indicazione generica: « manoscritto orientale ». Sovra tutto pre- gevoli sono i codici persiani della Biblioteca Nazionale; contengono alcune opere ra- rissime, e qua e là, come si vedrà a suo luogo, permettono di correggere alcuni punti di storia letteraria. I libri ai quali più spesso rimando sono citati nel modo seguente : Ahlwardt Algeri Aumer Brockelmann Browne Cataloghi Cutal. Cairo Catal. Paris Catal. Lugd.-Bat. Cureton-Rieu Dorn = Verzeichniss der arabischen Handschriften der k. Bi- bliothek zu Berlin. Berlin 1887-1898, 9 voll. = Catalogue général des mss. des bibliothèéques publiques de France. Départemenits, t. XVIII: Alger par M. Fagnan. Paris 1893. = a) Die arabischen Hss. der k. Hof- und Staatsbibliothek in Munchen. Munchen 1866. ( U) Die persischen Hss. dev k. Hof- und Staatsbibliothek in Minchen. Minchen 1866. i e) Die tùrkischen Hss. ... in Mtnchen. Minchen 1375 (an- che col titolo: Verzeichniss der oriental. Hss. mit Ausschluss der hebriischen, arabischen und persischen). = Geschichte der arabischen Litteratur. 4. Bd. Weimar 1898. = A Catalogue of the persian manuscripts in the Library of the University of Cambridge. Cambridge 1896. = Cataloghi dei codici orientali di alcune Biblioteche d' Ita- lia. Firenze 1878-98, 6 fasc. = Fhrist al-kutub al-arabiyyah al-mahfuzah fi °l-kutu- bhdaneh al-hidiwiyyah. Cairo 1305-1309 eg., 7 voll. (il 1° nella seconda edizione del 1310). = Catalogue des manuscrils arabes de la Bibliothèque Na- tionale, par MM. De Slane et Zotenberg. Paris 1883-95, 3 voll. = Catalogus codicum orientalium Bibliothecae Academiae Lugduno-Batavae, edd. Dozy, de Jong, de Goeje et Hout- sma. Lugduni Batavorum 1851-77, 6 voll. = Catalogus codicum mss. qui in Musaeo Britannico asser- vantur. Pars II: codices Arabicos amplectens. Londini 1838- 1871, 3 voll. = Catalogue des manuscrits et xylographes orientaua de la Bibliothèque Imperiale publique de St. Petersbourg. St. Pe- SÌ ‘ tersbourg 1852. Derenbourg, Escurial = Les manuserits arabes de l Escurial. T.I. Paris 1884 (4). (1) Del II. volume ho fatto uso dei fogli stampati sino alla metà d’Ottobre 1899: compren- dono le pp. 1-84 (nr. 709-788). Fleischer, Dresd. Fleischer, Lzps. Fligel ISUET. Krafft Loth al-Muhibbî Pertsch Pertsch, Gotha Pertsch, Berlin Pizzi Rieu Rosen, Bologne Sachau-Ethé Sprenger, Oude Tornberg Uri-Nicoll I MSS. ARABI, PERSIANI F TURCHI, ECC. 3 = Catalogus codd. orientalium Bibliothecae Regiae Dresden- sis. Lipsiae 1831. = Calalogus librorum mss. Bibliothecae Senatoriae Lipsien- sis. Codices orientales. Grimmae 1838. = Die arabischen, persischen und tùrkischen Handschriflen der kh. k. hof bibliolhek su Wien. Wien 1863-67, 3 voll. = Hoji Khalfae Lexicon bibliographicum el encyclopaedi- cum, ed. et latine vertit G. Flùgel. Lipsiae 1835-58, 7 voll. = Die arabischen, persischen und tirkischen Hss. der k. k. orientalischen Akademie zu Wien. Wien 1842. = Catalogue of the arabic manuscripts of the Library of the India Office. London 18377. = Huldsat al-atar fi ayan al-qarn al-hédi ‘asar. Cairo 1284 eg., 4 voll. = Die arabischen Handschriften der herzogl. Bibliothek zv Gotha. Golha 1877-1883, 3 voll. = Die orientalischen Handschriften der herzogl. Bibl. zu. Gotha. I. Persische Hdschrr. II. Titrkische Hss. Wien 1859- 64, 2 voll. = a) Verzeichniss der persischen Handschriften der k. Bi- bliothek zu Berlin. Berlin 1888. Db) Verzeichniss der tivkischen Handschriften der k. Bi- bliothek zu Berlin. Berlin 1889. = Storia della poesia persiuna. Torino 1894, 2 voll. = a) Catalogue of the persian mss. of the British Museum. London 1879-88, 3 voll. b) Catalogue of the turkish imss. of the British Museum. London 1888. = Remarques sur ‘les manuscrits orientaux de la collec- lion Marsigli à Bologne. Rome 1894. = Catalogue of the persian mss. in the Bodleian Library. Oxford 1889. = A Catalogue of the arabic, persian and hinduslany mss. of the libraries of the King of Oudh. I. Persian and hin- dustany poetry. Calcutta 1854. = Codices arabici, persici el turcici Bibliothecae Regiae Uni- versitatis Upsaliensis. Upsala 1849. = Bibliothecae Bodleianae codicum mss. orientalium cata- logus. Oxoniae 1787-1835, 3 voll. Le materie sono ordinate nel modo seguente : scritti cristiani, scritti musulmani, diritto, srammatiche e dizionari, poesia, prosa letteraria, storia, filosofia e scienze. 4 CARLO ALFONSO NALLINO LAVERA SIE l. — EVI 4 «Libro dei Salmi ». Questa versione differisce tanto dal testo arabo della Poliglotta del Walton, come dal Psalterio arabo pubblicato da Gabriele Sio- nita (Roma 1614, in-4). Il 1° Salmo comincia : 3)y» GSS N ci del Seb \ soa gg tel auzedi le desta fai gb deci. TOSO) all se de SIA alto we : Jls dell Sie Augels ola n > di LS Il 2° Salmo comincia: SII ali v : JeUL ya DAI ed cab UA | a lo eo, pel di We 14? des JÌ de la sai sug Jas SENI i oipty Aci ele rlSt Lio 0 ini iis Jo pe LE LIS ME ‘pd È Il codice è mutilo in fine, terminando colle parole SISI ol, che sono il prin- cipio del versetto 51 del salmo CXVIII (CXIX del testo ebraico). a. IV. 21. Alto 22 cm., largo 16 cm.; 59 fogli, ciascuno di 20 linee. Nashî probabilmente del secolo scorso; rubriche e numeri dei versetti in rosso. Sul foglio di guardia: « Psalmi in «idiomate arabico. Pertinet ad Bibliothecam Montis Regalis [Mondovì] Conventus Sanetae Ma- « riae Gratiarum. Anno Domini 1734 ». 2. — I Vangeli, in una traduzione moderna e diversa sia dai testi stampati che da quelli citati dal Guidi, Le versioni degli Evangeli in arabo ed in etiopico (Me- morie dell’ Accademia dei Lincei, Classe di scienze morali, serie IV, vol. 4°, 1888, pag. 5-97). fAr-34v: gue ie & ar del ole ssi TOR e DI è & oi... Si divide in 101 fasl, di cui il 2° (= I, 18 segg.) comincia : sad Ig AIN È SA ] { i Pa de Dig la ) JEÒ Rea ug dol fio bo N eg è & ee Ù fatt i) i 5 LI <—® Li el \al ci ela gli ol dI Ls «lio ob U bo AI «dl È SA Tele Cale è. è 2 , IE INI I ug VA Ni dol I al eb di lia d fi td } »” “CÈ asl VI bl Ales NERO) ei 0° 4° ld ne sil ob «clabo fa, I MSS. ARABI, PERSIANI E TURCHI ECC. 19) fi 8br bra È LEVI I fl ul Je li MV sl » ret Sd lag è comincia! dota Fallo el gs Je = TA “ME cli L ded silla; ell Sa ei )ixla ail (sio) £ sat Alia sliss JI bl lsel dipl è Di f 56,r-92r: € LEVI BJ Jolll SVI sl È. Si divide in 86 fasl; co- mincia: Elsl LUI dee È, Ual 9 e I Ia edo 15 È JI bei al Hi cy ik Dia slogan li Sisti ol Ul LS og f. 92,v.-120,v: li) i SEA SP JI sil ale È & c' fs Si divido in 46 fasl; comincia: xe Sei Jp RAI Ob sal È 419 +06 le È ner PECE, oa Sed de ko lia 6 9) a dg dI si LR dA GT ls tits a As all LI In fine vè la seguente sottoscrizione: 4il] LI Neal ll aero \VIÉ di 3 olii isa G gleli dep g09 Ko dio ce Sul margine, di stessa mano, si legge: Oo gle ola ta gigh val esc NI fo 489 45 az ‘99 (essendo il margine tagliato, non si legge altro). Senza dubbio è questi il Padre Bonaventura da Miano, della Provincia di S. Bernardino da Siena, che nella prima metà del XVIII secolo soggiornò quale missionario in Siria ed in Egitto (Cf. Cataloghi, p. 221). a. IL 2. Alto 29 1/, cm., largo 18 cm.; 120 f., 20]. Bel nashî con tutte le vocali; intitolazioni dei capitoli in rosso. Sul foglio di guardia: « Evangelj in lingua araba ». ; a — Il titolo si legge a pag. 1: « Libro degli Evangeli per le Domeniche e tutte le Feste dell’anno ad uso del Padre Romualdo di Prato Miss. Apl.°° 1767 ». Sotto, d’altra mano, si legge: « Essendo Pubblico Professore di Lingua Araba in Bo- «logna ha fatto un dono alla Libreria della Nunziata de’ Minori di Bologna 1794». Comincia a pag. 4: lu 459 all delli SS 4269 I A Oga GNU (1) L. \ le ovvero |5 Li la? 6 CARLO ALFONSO NALLINO dI gi Je ANI — P. 110-112: cati eg Ji l:5,21 aLel. col titolo italiano: «Feste di precetto dei nostri Fratelli Greci Caltolici ». — P. 114-117; LI alel genti Lul, e in ifaliano: « Feste di precetto dei nostri Fratelli Copti Cattolici. COMPA ISSN: a] dll 5,3 (sie) Sk alel, e poi: «Feste di pre- cetto, e di devozione dei nostri Fratelli Maroniti ». — P. 20 Jr Jill dLeYi asti Gi e poi: «Quattro feste di precetto universali a tutte le Nazioni Cattoliche ». a. IV. 16. Alto 23 cm., largo 16.1/, cm.; 123 pagg. numerate in arabo, 16 1. Nashî; rubriche in rosso. 4A. — Fidi duc) cla Cie ili) dla adi gel di rulli perl ge Ju Lis il ge e tltti ii AL 4 La dies RAI) BEE, & deli dè < Vangeli che si leggono ne’vari tempi dell’anno cristiano, « secondo la divisione stabilita dalla Chiesa romana. Scrittura di mano del monaco « Francesco Ignazio piemontese (1), missionario della santa congregazione in Oriente, « dimorante nei conventi di Gerusalemme ». Comincia al f. 4,r.: È ag gl SEE Ca bia del 6 Cai Jal è d Lu È 0) eh gt Ji A eli G cile GAI ll peso goals al I passi citati dei Vangeli concordano col nr. 2. a. V. 25. Alto 20 cm., largo 14!/, cm., 28 f., 18 1. Nasbì. 5, — Libro di preghiere ad uso dei cattolici, con molte citazioni dei Vangeli e dei Salmi. a. VI. 32. Alto 15 cm., largo 101/, cm.; 27 f., 17 1. Nashî; rubriche in rosso. ©. — Esposizione della dottrina cattolica, composta in arabo da qualche missionario, nel 1745 (v. pag. d). Le pagine c, d, e, / contengono l’indice dell’opera. a. V.5. Alto 21 cm., largo 16 cm.; a-f, 568 pagg., 18 1. Nashî. Sul foglio di guardia: « Biblio- « thecae S. Thomae dicabat R. P. Michael Mauritius a Taurino, ex Missionarius Apostolicus 1755 », T. — Manuale pei sacerdoti cattolici. Contiene le preghiere e le formule necessarie in varie cerimonie (f. 1,v.-65,v.), storie di miracoli e conversioni (f. 68,v.- 128,v.), ed infine proverbi e sentenze morali (f. 130,r.-150,v.). Qualche formula neces- < saria in cerimonie religiose è riportata in latino. (4) Cfr. nr. 43. I MSS. ARABI, PERSIANI E TURCHI ECC. 7 a. VI. 29. Alto 15 !/, em.; largo 40!/, cm.; 150 f., 17 1. Nashî. Al f. 4,r. è scritto: « Manuale « Parochorum. Bibliothecae S. Thomae dicabat R. P. Michael Mauritius a Taurino ex Missiona- : da. — f. 6,r.-124,v., suddivisa in 38 capitoli, chiamati ora Sd ed ora ab) (= xepalt). 2* — f. 122,r.-238,v., suddivisa in 22 capitoli. 3, — f. 234,r.-329,v., comprendente 68 miracoli (LÉ od 4 IA Il libro comincia al f. G,r.: 489 A DI È 4239 = abl Vga SI cab e gg.l Lug LI dall er) dI SI} o a\ii. Segue la prefazione 8 CARLO ALFONSO NALLINO (SÌ 420) dell'autore, le cui prime parole sono: ul 59 cai sale De Jo ail ieuio nl pad SNB5) Mx AI f. 8,r. l’autore dichiara: \i_a cdl 489 eg Î duet gel IA ALIA ALI dl e LT alter) le atucili LESI eE290 “In fine è detto che la copia presente fu finita il venerdì 20 Agosto 1688 ab: in- pia p id carnatione | SI Aut), corrispondente al 24 sawwàl 1099 (1). La prima parte di quest'opera trovasi indicata anche in Cureton-Rieu, p. 45- 46, nr. 29; Catal. Paris nr. 223. a. IV. 13. Alto 23 em., largo 17 cm.; 330 f£., 25 1. Nashî; rubriche in rosso. In uno degli. ultimi fogli vuoti e non numerati si legge: « Bibliothecae S. Thomae dicabat R. P. Michael Mauri- « tius a Taurino ex Missionarius Apostolicus 1755 ». I: ff. — Corano. In fine si legge: eo, cl CIA sold dae (sic) sell 1558 cb d_395 hi ché ii Le si dla 43 LI gel de cl el di de gi De ale (iee* Gigli GU olbia Ed Guai LE (SE Lr SONG dg E Nd gl eb dla du ge DUI JE lol È a2599 dl îl ode dl Jo ds a. Ill. 4. Alto 29 !/, cm., largo 19 1/, cm.; 355 f., 13 1 Nashì; segni vocali e sigle delle pause in rosso. Sul dorso del libro: « Dono del signor abate di Caluso ». 12. — Corano. Esemplare finito da Muhammad ibn ‘Abd as-Salàm, nel mese di Sawwàl 1242 (28 Apr.-26 Maggio 1827). a. V. 16. Alto 24 cm., largo 16 cm.; 306 f., 131. Magribî; segni vocali e pause segnati con vari colori. Sulla guardia interna: « Dono del Cavaliere Roland de Bussy ». fd. — Corano. E stracciata la parte dell'ultimo foglio che conteneva gli ultimi 5 versetti dell'ultima sùrah, e forse anche la data. a. IV. 19. Alto 22 cm., largo 16 cm.; 288 f., 45 1. Nashî colle vocali. Sulla guardia è incol- lata una lettera, scritta nel 1829, colla quale Girolamo Borea, console del Re di Sardegna ai Dardanelli, offre il presente volume e «4 altri piccoli Libri » alla Biblioteca Universitaria. f4., — Corano, che giunge alle parole di 29, colle quali comincia il 9° versetto della LXXXIV sùrah. La kurràsah contenente il resto del libro andò perduta. a. III. 5. Alto 29!/, cm., largo 20 cm.; 251 f., 17 1. Nashì colle vocali. (1) È un errore; il venerdì 20 Agosto 1688 corrisponde al 22 sawwal 1099. I MSS. ARABI, PERSIANI E TURCHI ECC. 19 f5. — Esemplare mutilo del Corano, comprendente il testo da XXXIV,33- -LII,21. a. VI. 25. Alto 16 cm., largo 13.!/,.cm.; 70 f., 41 1. Nasbî colle vocali; pause in rosso. — Sul foglio di guardia: « Capitoli dell’Alcorano che trattano degli Angeli ». Poi, d’altra mano: «Incipit «a v. 33 Surae XXXIV Corani Hinkelmanni p. 389 ac pertingit ad v. 20 Surae LII cuius versus « desunt tres voces la) Cage voxque hic ultima est quarta pag. 478 Hinkelmanni 6.e\:». fi. — Parte del Corano, II, 257-LXXXVIII, 16. a. V. 9. Alto 241 cem. largo 15 !/, cm.; 334-f., 13 I. Nashî colle vocali; pause in rosso. #7. — Parte del Corano, XXIX, 45-XXXIX. In fine: api Sos dell Lia a. VI. 35. Alto 44 '/, cm., largo 10 cm.; 91 f., 9 1. Magribì; vocali in vari colori. 48. — Libro di Preghiere musulmane, contenente quanto segue : f. 4.v.-14,v.: surah LV. f. 16,v.-23,r.: sùrah XXXVI, e II, 1-4. f. 29,v.-24,v.: alcune brevi preghiere in turco. de 26,r.-53,r.: sùre LXVII-LXXVII (ossia tutto il 29° > del Corano). f. 53,v., in turco vie sle> (i TÉ) 5. Comincia: 281 04 gù SIE f. 54,r., d'altra mano, sta la versione araba di questo brano. f. 56: dopo breve introduzione in turco, la dI] «\c3, che com.: dal NI iv. $ 1 ni NO f. 57: È :\c5, che comincia: di AMET [ manca Yi] A! pirlo ci. f. 60,v.-87,r.: sùre LXKXVII-CXIV (ossia il 30° >) CINIONDIE ea \ \ Dr s f. 88: ob ) asl a: EST al e 43 &l_ss cioè: «se leggi la pre- ghiera di na » ecc., con spiegazione in furco. TNoderi=92,vi:
, che comincia: 3) ads Cai cell (1) L. —0y5, Su questa preghiera, che s'intitola anche vil) 344 cla 3)3= ecc., si veda Noldele, Geschichte des Qordns, Gottingen 1860, p. 228-232, e una rettiticazione in Nòldeke, Ortentalische Skizzen, Berlin 1892, p. 57. D SERIE II, Tom. L. 10 CARLO AIFONSO NALLINO f. 95,v.-96,r.: Diso dle», che comincia: 4s£ JT des IL de dla pell a. VI. 34. Alto 141/, cm., largo 10 cm.; 92 f.,9 I. Nasbî colle vocali; titoli in rosso. 9. ll 2 de 3A Si È Joi dl Sit IRE « Indicazioni < de opere buone, e luci brillanti riguardo alla preghiera in onore del profeta < eletto » (il titolo (1) non è indicato nel ms.), di Abù ‘Abd Allàh Muhammad ibn Sulaymàn ibn Abî Bakr al-Gazàlî as-Simlalî, m. 870 (com. 24 Agosto 1465). V. H. H. HI, p. 235, nr. 5124; Weijers nelle Orzentalia I, p. 327. Comincia (f. d,v.): GIN Ed add dl ar) dal ol cy edile gl LAI #1 € Je è dui de è 3g alls ALI 3) (SI EVS Ùi autore accenna allo scopo del libro ({(R235) sal Si cl KI [EYS È Ab lebl26s pebe sl de ed aggiunge di aver omesso gli isnàd nel riferir le tradi- zioni, SA il lettore potesse più facilmente impararle a memoria. Tratta poi in breve dell’eccellenza della preghiera per il Profeta, riferendo in proposito molte tra- dizioni; cita i 201 nomi di Maometlo: e, descritte sommariamente le tombe di Mao- metto, d’Abù Bakr e di ‘Omar, comincia le preghiere, o meglio litanie, in onore del Profeta, che occupano quasi tutto il libro. L'operetta, di cui i mss. sono molto frequenti, venne pubblicata per la prima volta nel 1845 a Pietroburgo, per cura del mollà KamAl ad-dîn (in litogr.); in seguito fu varie volte stampata, talora con commenti, a Kazan, a Costantinopoli, al Cairo. a. VI. 24. Alto 17 cm., largo 10 !/, cm.; 94 f., 11 1. Nashi colle vocali (eccettuati i f. 54,v.= -55,v.); rubriche in rosso. Finito di copiare da un certo Muhammad nel ragab 1239 (= 2-31 Marzo 1824). 29. — Volume scompagnato del E | albi « La raccolta veritiera », celebre raccolta di tradizioni composta da o ‘Abd ANAh Muhammad ibn Isma‘l al-Goffì al-Bubarî, nato a Bubàrà il 13 sSawwàl 194 (20 Luglio 810), e merto il 1 Saw- wàl 256 (1 Settembre 870). Sulla sua vita e sulla sua opera si veda specialmente H. H. II, p. 512-541; Ibn Hallikàn nr. 580; Abulfedae Annales II, ;236 segg.; an-Nawawî, Dizion. biogr. ed. Wiistenfeld, p. 86-07; Krehl, nella Zeilschr. d. | deutsch. morgenl. Gesellsch. IV, 1850, p. 1-32; Goldziher, Die Zdhiriten (Leip- zig 1884), p. 103 segg.; Goldziher, Muhammedanische Studien (Leipzig 1889-91), II, p. 234-245; Brockelmann, I, 157-160. Il presente volume va dal DIAZNI e) \_:$ fino a tulto il dagli Se L'opera, rimasta incompleta nell’edizione del Krehl (Leida 1862-68, 3 voll. in- Ad fu pubblicata spesso in Oriente (2), p. es. Calcutta 1265, Bombay 1269, Dehlì 1270 (li- (1) Nell'edizione litografata al Cairo nel 1304 dell’eg., si legge u-4+è invece che gold. (2) Si aggiungano le edizioni del commento d’ al-‘Aynî, ‘Umdat al-qari” fì sarh sahîh al-Bù- hàrì (Costantinopoli 1310, 11 voll. in-4), di Ibn Hagar al-‘Asqalànì, Fath al-bàri” bi-sarh sail I MSS. ARABI, PERSIANI E TURCHI ECC. 11 togr.) e 1889-91 (litogr., 15 parti); Bùlàq 1280, 1286, 1289 (due ediz., una con vocali, |l'altra senza); Cairo 1279 (litogr. col comm. di Hasan al-‘Adwì al-Ham- zAwî in marg.), 1299 (due ediz., colle glosse d’as-Sindî in marg.), 1300, 1304, 1305, 1306, 1309. a. IV. 18. Alto 22 !/, cm., largo 48 em.; 472 f., 26 I. Magribì. — Finito di copiare nel rabì' I 534 (26 Ott.-24 Nov. 1139) da Hayr b. ‘Omar Db. Halîfah, ad uso di suo figlio Muhammad. — Sulla guardia interna si legge: « Dono del Cavaliere Roland de Bussy »; in fine vi sono alcune brevi notizie sul libro, scritte in francese dal de Bussy (in data: Alger, le 1° Avril 1846). alli lidi dg LS I alii (Ss INC d ten « Commento sulla raccolta di tradizioni riferite da Abù Hanifah an-No‘mén composto dall'imàm e dottore illustre “AR QAri ». — ‘Ali b. Sultàn Muhammad al-harawî al-Qaàri” al-hanafî mori nel 1014 (com. 19 Maggio 1605); su lui vedasi al-Muhibbî, II, 185-6. Secondo una nota posta alla fine del libro (f. 142,r.), e che riporto omettendo solo alcune solite formule musulmane, l’autore fini di scrivere il libro suo un venerdì dell’anno 4012 (com. 11 Giugno 1603): SS hi dat fa SIAE iS Sip pinta & Re: SL 1a, de CSESIRRO dl ii (i. id) 44 dglg go NI alc i glio 35 GN da Lie gp le get die ea od; ha der pallio sel DA pi dall asso Il nostro ms. nel 1088 com. drile d ) fu collazionato sull’originale dell’autore, da Mustafà ibn ... 29 Aprile 1672) fi ll ll’originale dell da Mustafa ib (il nome è illeggibile), come risulta da una nota marginale posta al f. 142,r. — L'opera comincia (f. 1,v.): db li) ds DISSI dA AI disglis sli hi MISS) cl cl id LS pala Ji Le LD ..... ii 1y da 14) 0 «bl É ia dl ola ses a Je ll ce; Soa dati RI ib ola ili (09 gl se SY elly lai eli ea ca È Di Ia sil € e Carl dl Fi è d 6a 0a î oli de I° Miola LI) s>b59 € clio ZII È ha J elia g LEN deo des È Id ou dea cl è tO: ASM e CdP bb és d 4 GgAS € bo. al-Bubàrì (Bùlaq 1300-01, 14 voll. in-4), e di al-Qastallanî, Irsàd as-sàrî li-sarh sahîh al-Bubarì (10 voll. in-4, Bùlàg ‘1276, 1285, 1304-06; Cairo 1279, 1307). — Un elenco dei numerosissimi commentatori d’ al-Buharî è dato dal Basset, Giorn. Soc. Astat. L6dli, X, 1896-97, p. 58-64. iL ail 12 CARLO ALFONSO NALLINO Sui « musnad » di Abù Hanifah (m. 150, com. 6 Febbr. 767), vedi Goldziher, Muhammedanische Studien, II, p. 230. Il presente commento segue la redazione di al-Haskafî, e fu litografato a Lahore nel 1889 (gr. in-8, 296 pp.). Altre redazioni in Catal. Caîro, 2* ediz., I, 418. a. V. 22. Alto 20 cm, largo 43 !/, cm.; 142 f., 27 I. Piccolo nashì; il testo commentato è sormontato da una linea rossa. Sul foglio di guardia è scritto: lY,_L pedi EBRS to gii BR) GAI gli pl ba ah i di di i 2 è cui 4 Je. E poi: « Esposizione della « celebre opera .Mesned ul Enam di Ali Cari. Scritto dall’IÎmam Hanefita della Mecca Caim-Zadè ». 22, — Glosse di Sinàn ad-dîn Yùsuf al-‘Agamî ar-Ràmìî, detto anche Ibn aè- -$àò de DV, LE (io, sempre) gi 5° i \4ST le Vinti sola 6: £ 200-341: 821 gl è ES HI pai Galli SES è ue dela dh se IE VV 20008 De Je AG Le 360 Lal. — In fine: pio gi Gaga di ES lia d è la enti sl 9. 12. — £ 76r-92a: e dl POEEEZE G E iui i È n JI iozalil e, LII aldo d4 ahi ell c3-o el sic lio edi Ag] — In fine: G Ho cls ale N dal Spell cio all dò bo Fuel ol deglza Solera Dip de rs pe GUIGOTNI ole | vuoi Parata Sie SG Giani dagli Jo Pi illy DPSI bid infine a È Li Paes pla gl dll I MSS. ARABI, PERSIANI E TURCHI ECC. 15 | Di — f10T,v119v: cl gl AI E LAI Li dali AJ » ERRE PT eo Ph Come si vede, sono i primi 14 trattati dei Drusi, i quali sono enumerati nello stesso ordine dal De Sacy, Zxpose de la religion des Druszes, vol. I, p. COCCLXVI- CCCCLXX, nr. 1-14. Lo stesso De Sacy analizzò i primi 41 nelle Mémoires de UV Acadenie des Inscriplions et Belles-Lettres (tom. IX et X), e pubblicò i nr. 4, 2, 4 e 5 nella sua Chrestomathie arabe (2° ed., vol. II, p. 67 segg. del testo). Per altri mss. delle opere dei Drusi si veda Uri-Nicoll, II, p. 407 segg.; Tornberg, | pag. 315-322; Fliùgel, IN, pag. 28 segg; Aumer, nr. 217-224; Catal. Paris i nr. 1408-1435. a. V. 19. Alto 21 cm., largo 15 cm.; 119 f., 131. Bel nashî con tutte le vocali; rubriche a colori. Alla fine del libro (£. 119,v.) è scritto: 2) UY,. «lì dl GUI egas DIVI «hl f. Su un fo- glio incollato alla guardia si legge: s,w2JI pad e du )a RSS di 443 33 (ic) Gepalli LS » vo>llUdlL Slo oi (sie) sly pi dall iui (60) guugi de dirgli i JJ] pie wet lkbib aal ol Lludj Libro dei Drusi di bel carattere scoretto (sic) nelle mo- zioni siccome al solito. De Marchi » (1). 24. — Scritti dei Drusi. Questo volume contiene i libri seguenti: ba w/. da e dC RISO s DI N Je SG € dal ill ge JN Di Cal |. s DI CARO, . 5 (e 4 S S| Sla Sal deg «SUIS odia DI, WI] valo es sie SASCA GIL 2 — f Adv € gig cl cl, sull ill JJ è 5 Ù) ED o 0 a pato du J) CIN] è cipzil) Tai 5 slill dar tea dls de RSA Aaa di chasl TRENI DUI 7 a SU SRI sold gr dirti ey FL dello on | o © ge One degl. — Alla fine: dI gleji FU ore ge te all i de 3. — £ 83,v-36,r: Li ge pd 23 ddl C OLIO è ba - - - DA w S alcoli joly sel dia jd al d4e9 GI dl Pe +6 INI pe . SIA e 4 — £ 367.44: de 3JÌ ERO @ SG & ola! & ilo è che FILI dali SI list AL GUI sg dI Je (1) È quell’Antonfrancesco De Marchi che fu molti anni avvocato in Egitto, e che pubblicò dal 1866 al 1876 vari mediocrissimi opuscoli su cose arabe. Stampò anche una grammatica d’arabo volgare, di nessun valore. Vari codici arabi della Biblioteca Nazionale, e un certo numero di quelli della Biblioteca del Re furono da lui procurati. 16 CARLO ALFONSO NALLINO . 5 Lf dirdivi si cn dl Male Lal do Sl ud gog di. Gal Aly EU ALS alJsly dida dl pes) sil Su VI, dal & da \ è GOsrCA VAL GI. — In fine: — è p dI, Ù Vagli ni 3 Li des pe dc dggb a sali dr) 0 a gel È, ar 6.— f 45,r-49va dl el LEA RA ii Sl li d 5) È, Lage DA SS ASA 3gh09 è (ada (\DS233 Ss? Sl € dI 4 Giols 0 sy € sa. — In fine: gie gr SY sole si d P ci Mor Rogi eb. i to — fi 507.52: sodo Wa de SG .€ LIESI gl € dl d i NES) i E alb s0dc9 sd Dil 7 O 8 Le ao Volaligicazgi Je € uldigò gd da 7 3 FIA VI she. dio Slc ge al è Bobo Se er) e) 9 al FO Gigli Ja dle SÌ i (sic) all i ada SUI I DJ is ddl abb € de We ADI: 63.6

25. — Commento anonimo al compendio di Halîl. Questo volume scompagnato comincia col a Le termina col Sl —L, comprendendo quindi le p. 122-176 del testo parigino di Hail. Comincia (£. iv): le gag 4 gli Ls ll SL IE LISI JE Y Sd le dll IL pg bll a € I o toi Ji ddl ce dl È Liu In fine (f. 302,v.), tutto di seguito al testo, si legge: El DUI LI È cell Se did dio ARIES pula 20 | CARLO ALFONSO NALLINO ucl'iciAvazhi pa eldi pal G lia cr ies Gi) tt de li du LI Gi) sla dii Je. 58 RL fe JU Vl e VAI Al SU iodio ag I a fra sel ddl Gpl dir AI f. 1,r. si può ancor leggere, benchè cancellata,] la nota seguente: ya_al 6) E gl Aldi pus ci (i) È (9) A È chi dal e all I del o © ddl ue d e o dI dl td ox SÒ anni call la Dori È dunque il 2° volume di un commento a Sîdî Halîl, composto da Burhàn ad- -dîn b. Mar‘î b. ‘Atiyyah Ibràhîm as-Subrahîtî (3) m. 1106 (com. 22 Agosto 1694), di cui trovasi un breve frammento presso Pertsch, nr. 62,4 Il Perron nella sua traduzione di Halîl (vol. I, pag. XXIII), parla di un ms. appartenente al conte Léon Delaborde; un volume (contenente la seconda parte dell’opera) era posseduto da Al- fredo Clerc (Catalogue de la Biblioth. de feu M. A. Clerc, Paris 1888, nr. 241); alcuni frammenti ad A/geri, nr. 758,4, 1239-43. L’opera completa è nel Catal. Cairo II, 171; quattro copie sono nella Zàwiyet el-hamel (Basset, Giorn. Soc. Asiat. Ital. X, 1896-97, p. 45). — Sull'autore vedasi ‘Abd ar-Rahmàn al-Gabartì, ‘Agd’ib al-dtàr (in margine a Ibn al-Atîr, Cairo 1301) I, 145. a. IV. 1. Alto 24 em., largo 417 1), cm.; 302 f., 29-35 1. Magribî; il testo di Halîl in rosso; le rubriche in giallo o sormontate da una linea rossa. Sulla guardia: « Traité sur les ventes par « Sidi Brahim Chebrahiti ». Poi, d’altra mano: « Dono del Cav. Roland de Bussy, direttore della « tipografia del Governo Francese in Algeri e redattore del Monitore algerino ». SO. — Tre scritti intorno ai dwlti di eredità. 1. — f.1,v.-136,v. Opera senza titolo nè nome d’autore, che però è senza dubbio il commento di Sihàb ad-dîn Abîù Hamid Muhammad b. Ahmad b. Mahmùd | as-Sîwàsî, m. 803 (com. 22 Agosto 1400; cf. H. H. IV, p. 400, nr. 8984 (4) sopra le dal. DI) 0a, 2)\, notissimo trattato sulle eredità secondo il rito hanafita, di Si- rag an dîn as-Sigàwandì (principio del VII sec. eg.); Brockelmann, I, 378- 379, Basset, Giorn. Soc. Astat. Ital. X, 1396-97, p. 58-64. Altri mss. presso Pertsch, nr. 1100 e 1101; Ahlwardt, nr. 4703, 4704; Rosen, Bologne, nr. 224 226; e forse anche Catal. Paris nr. 872. (1) V'è una parola illeggibile. (2) Si legga, come alla fine del libro, dbdl. (3) Subrabît è una borgata del basso ‘Egitto, provincia di al-Boheyrah; il nome è anche scritto Subra bît e Subrabît. (4) Invece sarebbe morto intorno al 780 (com. 30 Apr. 4378) secondo Tà3koprì-zà- deh, as-saqd'iq an-numaniyyah 1, 94-96 (in marg. ad Ibn HallikAn, Bùlag 1299). ‘ I MSS. ARABI, PERSIANI E TURCHI ECC. 21 Comincia: Joll oplò \_ebls lei 20 dxg cal al dal I) dI SL da la Jola Su drm She all dLIVI 30 Le a DIE Sai li... gi e & 5 È » È Ù . a Ra ; pIdI PR Lt ai cao leo... pla sdos ego dle PI sel gs ge et Tal di GN gi cdi fl Je pi E ol de BELINI 4.10) 0A i Ri CSI ole d—-gò SIEaE ad, SÌ 29 (ANSIA Si divide in 7 bàb, l’ultimo dei quali comprende vari fasl. Termina al f. 86,v. colle parole: gio nie Vols Ugl 4:l:)9. Poi Oy SÈ dis T4) pensa) ddl. U) 2. — f. 197.v. 144,v: Trattatello sulle eredità dello stesso Sihàb ad-dîn as-Sîvasî. Comincia: 4)ls NOA bia de «Ob 3gl.ells «ll n) di abl dat o arl cy det gl gli ei e LUI Ji al oLbll el ae DL all del dl al 95 pale ib glaldeal È 3 , 3 ao Abe ld ic Fd vl dl ads de gie pal do s glo) DI dI a SI E Lp 4 dell aa) Sl bol. Finisce colle parole: AED pe sila Quindi dl dl gx dl JI Z99 s. — f. 151,v.-158,v.: Poemetlo di 164 bayt, a matnawî, su? dirdli d'ere- dità, diviso in vari capiloli. Il primo verso è (metro bafîf): OTR } Seven Ae lub cangi 55 ol lead gt ei Al verso 7 si legge il nome dell'autore, che è ‘Abd al-Muhsin al-Qaysarî, m. 755 (com. 26 Gennaio 1354; v. H. H. IV, p. 408, nr. 8997). La data della composizione del libro, il quale è in sostanza una versificazione della siràgiyyah, si ricava dall’ul- timo verso: eee \È Le 335 716 cioè ragab 736 (= 14 Febbr.-14 Marzo 418336). — Altri mss. presso Aumer, nr. 313 e 322. DEE a. VI. Le Alto 15 em., o 9 em.; 00 fo da e i Li o sono Vuod: Nashi que Sav- Sulla iodio: alla fine del libro: « datto 1743 ; 22 CARLO ALFONSO NALLINO St. — Golgi LS « Libro dei contratti» di AbA ‘Abd ANlAh Muham- mad Db. Ahmad b. ‘Ubayd Allah [b. Sa‘id al-Umawî, detto] Ibn al-‘Attàr. L’autore nacque a Cordova nel 330 (com. 26 Sett. 941), e vi morì alla fine di dù ’l-higgah 399; vedasi il frammento di Ibn Baskuwdàl in appendice ad Ibn al-Faradî ed. Codera, II, p. 84-82, nr. 1667; Abù Bakr ibn Hayr, Index librorum, ed. Codera e Tar- rago, p. 252 (ove il titolo del libro è el cib SI Comincia (f. Ivo sal cp dee di .. JU lia de di do lordo A ci ie [OL 4 Si ui dui allol A) Mela < Ta STI (a SJ sd LUI sa Gb ch sj JE A a) il 9, È o RE Dna | la du DS n. Accettando l’invito l’autore si propone di far un Pontida facile a ca- | pirsi anche dai principianti: (1) D, sol al e (I Cal SI rel dl \ga daSs Sr ni na ol sull Ul (ES fai ni 318, sali LI RARI ig a è 23 ud! 9 (CANGEZIO AE 923 428, ALT. 5E se un Li degli argomenti trattati nel libro, che comincia: JI ob RELIA\ Ri 3 hi gd el da di de ci asl [a bo o 2 JNI pid AL |4 TS Gba dò ki sn La parte che tratta del matrimonio va fino al f. 94,v.; poi viene Ci trattazione delle vendite. L’opera è divisa in molti 045; ognuno di essi, come è.delto nella prefazione, è accompagnato da un as per spiegare i vocaboli tecnici, e da un /igh per trattare dei principi giuridici fondamentali su cui ogni bàb si fonda. Sul f. 3,v. si legge la nota seguente: < Formae contractuum ciuilium, àc praecipuè coniugalium, item diuortiorum, àe reconciliatione Coniugum, eiusque intermediae obseruationes necessariae, nec non et continentia coniugali, illius scilicet quae menstruis laborat, de quo multa absurda tractat de secretis mulierum. « Deinde legibus pupillorum, et orphanorum pauperum, eorumque cura et edu- | catione. ni « Tertio contractibus emptionum, et uenditionum lege statutis ». a. IV. 23. Alto 21 cm., largo 16 cm.; 152 f., 21 1. Magribì. Alcune macchie d’acqua hanno reso qualche parola illeggibile nei primi sel Sulla guardia è scritto: « Cod. Charta aegyp- « tiaca fol. 152 ». ; 82. — Il titolo dell’opera, quale si legge nella parte inferiore del libro chiuso, è | 450 @ De E 4 de < Scioglimento delle difficoltà, commento al talhis », com- | (4) Il vocabolo è illeggibile. @) L. Jyoò? J MSS. ARABI, PERSIANI E TURCHI ECC. 23 mento anonimo (ignorato da H. H.) al trattato di giurisprudenza, secondo il rito ha- nafî, di Muhammad b. ‘Abbàd b. Malik-dàd b. Hasan b. Dà'ùd Abù ‘Abd Allah Sadr ad-dîin al-Ahlatî, m. 652 (com. 21 febbraio 1254). Sull’autore v.'Ibn Qut- lubugà ed. Fligel, 187; Brockelmann, I, 881. Oltre il ms. del testo citato dal Brockelmann, se ne ha uno in Catal. Cairo II, 28 (al Cairo esistono pure dei commenti). , L’opera comincia (f. 6,v ng SLI 3,5 tia 5 PERS) du Pa 1 SMS su Lal ed e padls. call Geil SÈ aus (ARRESE a cpl All dio SUI >\galls. Il testo di al-Ablatì comincia (f. 7,r. segg): di sal E” Jead di ai .. ESS de culi dz als aldo gel d- a Li, cod al Je DIA WA E gp dle ddl, LI eSI- logie st Je Guidi SLci it e aUNy 421 lgs SII dI Vale gl lia gl BISI Lal Giuli Jake gut ille a, n 9 4 dal IL GL e ate... glatl ge ©. A questo punto il commentatore | fa questa osservazione (f. 40,r.) Hel RTS Jas si & Gi La ei ai ta) \ RAS 9) pel sog e de L’opera si divide in 9 libri (kitàb), suddivisi in bAb; il prospetto di tutli questi trovasi al f. 5. I libri sono: DA0x 250: plall KS fi 25,03 E — 1370-1287: OESI LIS. — £ 128,v.-156,r.: e eine Gg ao f. 182,v.-205,v.: gl YI SS fi. 205,v.244,r.: isla ls - f 2442540: SIblea)l ce orli IS — fi 2540-2567: GILII LIS Quest'ultimo è rimasto incompiuto nel ms.; infatti al f. 256,v. si legge il solo titolo del 2° bàb. (1) Il commentatore (f. 8,v.) osserva: &Uilj «lbe ola duplis due STRO So } sl: dl. È quindi erronea la forma s>9|> &ll che si trova varie volte nel Cas. Cairo. Il A a torto ha Malak-dàd; qui AL = «Ill = 4), e tutto il nome corrisponde a Hibat Allah. (2) Come avverte il commentatore, il ds ed il gAmi sono le due opere del celebre giurista Muhammad b. al-Hasan as-Saybanì. 24 CARLO ALFONSO NALLINO a. III 10, Alto 27 em., largo 16 em.; 258.f., 29 I. Taflîg; i titoli dei capitoli in rosso; il testo di al-Ablatì è sormontato da una linea rossa. Al f. 5,r. si legge: « Sacrae Regiae Maiesla- « tis. A. Bencini D. D. D, ». 33. — Trattati di grammatica: 1. — f.1,v.-10,r. Comincia: 4ls L& de A 3A alli ME, RT, MRS deb grlize o Allie aL je ii dll È dunque la nota operetta intitolata: Sl è Jill « Le particelle reggenti nella sintassi », divisa in 13 capitoli e composta da Abù Bakr ‘Abd al-Qahir b. ‘Abd ar-Rahman al-Gorgànî, m. 4741 (com. 14 Luglio 1078); v. H. H. IV, 278, nr. 8419, Brockelmann, I, 287. Fu stampata molte volte, sovra tutto in Oriente; la prima edizione è quella dell’Erpenius (Lugduni Batavorum 1617, con versione latina). 9. — f. 10,v.-48,r. Comincia: SII i 3) deb elidI SÌ I dr da Vi pla o 6. Si vede da ciò che è l’opera fe È chel « La lucerna nella sin- tassi » di Burbàn ad-dîn Abù ’l-fath Nàsir b. Abî ’l-Makarim ‘Abd as-Sayyid b. al- — -Mutarriz, detto al-Mutarrizî, nato a Huwàrizm nel 538 (com. 46 luglio 1143) ed ivi morto il 21 &umada I 610 (8 Ottobre 1213; v.Ibn Hallikàn, ed. Wiistenf., nr. 768; H. H. V, 582, nr. 12184); Brockelmann, I, 293. Nella prefazione l’autore dice di aver composto la sua opera, divisa in 5 capitoli, pel proprio figlio Mas‘ùd, e ba- sandosi sovra tutto sugli scritti d’‘Abd al-Qàhir al-Gurgànî. Il libro fu pubblicato dapprima dal Baillie (Entire and correct edition of the five Books on Arabic grammar, Calcutta 1802, vol. I); fu stampato pure a Lucknow 1261. 3. — f. 49,v-77,v. Comincia: Lal gal (i dsaze) dare ASSI de dl | es d * all e> 3) Mib. È un commento anonimo alla prefazione (i|05) della suddetta grammatica d'al-Mutarrizî; esso si trova pure in Krafft, nr. IT; Dorn, p. 157, nr. 163,3; Uri-Nicoll, pars II, nr. 416,3; Fleischer, Lips... nr.16,5; Aumer, nr. 692,2e 701; Pertsch, nr. 231 e 232. Altri mss. seno preceduti da una prefazione, ed intorno ad essi si vedano le citazioni presso Pertsch nr. 244. PZA) iS deli E as) Led « Spiegazione delle regole fondamentali della sintassi deî casi» di Abù Muhammad ‘Abd Allah b. Gamàl ad-din Yùsuf al-Ansàrî, detto Ibn Hisàm, nato nel dù ‘l-qa‘dah 708 (Aprile-Maggio 1309), m. il 5 dù ’l-qa‘dah 761 (17 Sett. 1360; secondo altri, nel 762, cfr. Fliùgel, I, p. 171). V..H. HI, 857, nr. 929. Comincia: crdli Ja Jedi} LI ed € Je alal Sla dib ul sia au gie di dia E) ev deli cy: Pubblicata e tradotta dal de Sacy, An4hologie grammaticale, ‘o VetAy, 155 segg.; ristampata più volte in Oriente, p. es. Bùlàq 1253. I MSS. ARABI, PERSIANI E TURCHI ECC. 25 a. VI. 20. Alto 17 !/, cm., largo 13 cm.; 94 f., 11 1. nei primi 48 fogli, poi 45 I. I primi 40 fogli sono scritti in taflîg, il resto in nashì; nei margini e talvolta fra le righe sono molte glosse. Al f. 48,r. si legge la data 918 (com. 19 Marzo 1512); al f. 77,v., la data 928 (com. 4 Dic. 1521). 34. — Lal E -giall « La luce sulla lucerna > commento di Tàg (o Siràg) ad-dîn Muh.b. Muh. b. Ahmad D. as- Sayf al-Isfarà’inî, m. 684 (com. 9 Marzo 1285), sulla grammatica intitolata \_al d'alMutarrizî (cfr. nr. 33,2). V. H.H. V, p. 582, nr. 42181; de Sacy, Anthologie grammaticale, p. 254; PE ITA Mino ori I, 296-7. Il iL ESDIRE esemplare è colla prefazione, che comincia (f. 1,v.): a LL dl o jbl, E )9do è o Alla fine (f. 78,v.) è detto che il ms. fu finito di copiare verso la metà di ai T 822 (Giugno 1419). L'opera fu pubblicata a Lucknow; per altri mss. si veda Uri-Nicoll, t. IF nr. 420: Tornberg, p. 28, nr. 47; Ca- tal. Lugd.-Bat., I, p. 35, nr. 62; Flùgel, I, p. 158; Aumer, nr. 699; Loth, nr. 894; Pertsch, nr. 237-245; Derenbourg, Escurial, nr. 117; Rosen, Bo- logne, nr. 264-274; Cataloghi, p. 226; Catal. Cairo, IV, 78 (4 copie). a. IV. 4. Alto 25 cm., largo 16 !/, cm.; 79 f., 21 1. Nashì tendente al ta‘lîg; ì f. 42-48 sono suppliti da altra mano. Il testo di al-Mutarrizì è sempre preceduto dalla parola «4,3 in rosso; tra le righe sono molte glosse. Sul foglio di guardia: « Opera gram. intitolata Daw fil Misbah ossia « luce sulla lucerna molto stimata. Codice antichissimo ». S5. — È è aill « Il libro dettagliato sulla scienza della sintassi », di Gar Allah Abù '-QAsim Mahmîd b. ‘Omar az-Zamahsarî, m. 538 (com. 16 Lu- glio 1143). V. H. H. VI, p. 36-42; Brockelmann, I, 289 sgg. L’opera Li termi- DA A nata dall'autore al principio del 514 (com. 2 Aprile 1120). Comincia (f. 2,v.): fai ab da, all ele o E slo sl de Fu pubblicato da J. P. Broch (Christiania 1859; 2 ediz. 1870); inoltre a Alessandria d'Egitto 1291, a Bombay 1893, a Costantinopoli. a. III 18. Alto 25 cm., largo 18 cm.; 174 f., 13 1. Nashì; rubriche in rosso; moltissime glosse tra le righe e sui margini. Sul foglio di guardia: « Opera di grammatica araba sul Nahu «di Giarillah ». 36. — Trattatelli di morfologia araba. 1. — £. 1,v.-46,r.: ld e NE < Luogo di riposo delle anime » trattato in 7 capitoli (bàb) di Abù ’l-fadà'il Ahmad b. ‘Alî b. Mas‘ùd, vissuto nell'VIII sec. dell'eg. (XIV d. Cr.; su ciò v. Catal. Lugd.-Bat. I, p. 49, nr. 84). V. H. H. V, 487, i A DI nr. 41758. Comincia: ..... dl ll ic daro CY de Sg Da ai Ji ai Je DISSI Li liga MST ab cazzi leg fol 5 € > Fu pubblicato coi 4 trattati ‘seguenti a i I Lo ia Bùlàq 1246, 1257, 1261, 1268, 1280, 1282, Cairo 1305; inoltre fu stampato a parte a Costantinopoli 1244, Bùlaq 1244, Hooghly 1258, Lucknow s. d. (litogr.), Dehlì 1887, Lahore 1887. 2. — f. 46,v.-63,v. Comincia: bay de IH 3glolls lil ) PI seg] SERIE II, Tom. L. 4 26 CARLO ALFONSO NALLINO sal Je Jet delli o pid dll d a pdl dI Ta È quel dly ce da A) JI. È dunque il SH lu pai 0 dé vu pai, od SH trattato di morfologia di ‘Izz ad-dîin Abù ’l- -fadàil Ibràhîm b. ‘Abd ‘al-WahhAb b. ‘Alì az-Zan- g&anî (1), morto dopo il 655 (com. 19 Gennaio 1257); Brockelmann, I, 283. Fu pubblicato per la prima volta a Roma nel 1610 da G.B. Raimondi (col titolo: Liber Tasriphi. Composttio senis Alemami) con versione latina e note; poi fu stam- pato insieme cogli altri 4 trattati (v. sopra), ed anche a Bùlàq 1244, a Costantinopoli 1254 o 1256 (col nr. 4°), a Teheràn 1280 (litogr. con altri opuscoli), al Cairo 1305 (col commento di ‘Alì b. Hisàm al-Gilanî). 8. — f. 64,v.-82,v. Trattatello sulle coniugazioni, diviso in 6 bàb, che comin- cia: egle Ji us iu VALE pal je or asl d n ie Sp È dunque l'a o pal È dgaill «La meta da proporsi nella coniuga- zione » di ignoto autore; v. H. H. VI, 94, nr. 12803, ed anche Flùgel, I, p. 179. -180). Pubblicato coi 4 altri trattati (v. sopra), ed inoltre a Bùlàq 1244 ed in Per- sia 1270 (litogr. con altri opuscoli). 4. — £ 83w91v. Comincia: IL o glig LE La all Sig dI glel. È per tanto il Judi lì « La coniugazione dei verbi > d’ignoto autore (H. H. II, 68, ur. 1938), che fu ‘pubblicato cogli altri 4 trattati (v. sopra), ed anche a Bùlàq 1244, a Costantinopoli 1254 o 1256 (col tasrìf), 1300 (con versione turca), Algeri 1898 (el- Bina, petit traité des formes du verbe, texte arabe avec traduction francaise par Bagard). 5. — f. 92,v.-403,v.: dales AGI Jl « Modello dei vari paradigmi [ver- bali] » d’ignoto autore; contiene brevi illustrazioni ai paradigmi dei verbi, compren- dendo anche i nomi deverbali. Nel nostro ms. è scelto per paradigma il verbo de L'’operetta si trova unita alle edizioni citate sopra di tutti i 5 trattati; fu pure lito- | grafata con commenti a Teheràn 1280. a. VI. 5. Alto 20 cm., largo 12 cm.; 106 f., 13 1. Talîg; rubriche in rosso. AI f. 106,v. si | legge: « Questa è una Grammatica Arabica con certi dittioni espegati, et certe altre orazioni ete. ». Poi, d’altra mano: « Alla Biblioteca della R. Università di Torino offre il prof. Paravia ». Sa e AI] l@5 SÌ cl di Ahmad b. ‘Alî b. Mas‘àd, con un com- s È ER pn x mento anonimo che comincia : Lg da) 4NI cl de dl ROSI 2.—f. 55-74: S;alì di az-Zanganî. (1) Così è il nome in H. H. II, 304, nr. 3037 e IV, 208, nr. 8141; secondo as-Soyùtì (Flit gel, I, p. 179) è ‘Izz ad-dîn Abù ’l-ma*alî ‘Abd al-Wahhàb b. Ibràhîm Db. ‘Abd al-Wahhab b. Abî .7l-ma*alî al-Hazragî az-Zangànî. T MSS. ARABI, PERSIANI E TURCHI ECC. 2A 3.— f. 74,v.-105,r.: Commento anonimo all’ dyoaili, che comincia : dl ne ez oli a dl pleli. 4. — f. 105,v.-116,v. Commento anonimo al «|_3 che comincia: Gill hi to) Sl SS dl boss te PIA In fine deve mancare un foglio contenente il verso finale del testo, e forse le relative spiegazioni. Questo stesso commento tro- vasi presso Dorn, p. 150, nr. 156,2. 5: — fAIT,v.A 341 a AGI. col paradigma yi in luogo di js. a. VI. 7. Alto 20 cm., largo 14 cm.; 134 f., 11 l. Bel nashî, con glosse marginali in ta‘lîg; rubriche in rosso. Sul f. 4,r.: « Opera Gramatica sul Sarf ». 38. 1. —f.1,v.-49,v.: 74 71, di Ahmad b. ‘Alî b. Mastàd. @ e, 2. — f.50,v.-56,r.: 3) TO di az-Zang'ànî. Shall a. IV. 25. Alto 20 !/, cm., largo 141/, cm.; 56 f., 41 1. Nashî. Donato alla Biblioteca il 26 Febbraio 1867 da Domenico Berti. 39. — sal a a Ci let Commento al trattato sulla coniugazione dial-‘Izzî» (az-Zanganìi, v. nr. 36 2), composto da Sa‘d ad-dìîn Mas‘ùd b. ‘Omar al- -qàdìî at-TaftàzAnî, m. nel 791 (com. 31 Dicembre 1388) (1); v. H. H. IV, 208, nr. 8141. È questo il primo lavoro di at-Taftàzànî, che lo finì nel 737 (com. 10 Ago- sto 1336) o nel 738 (cfr. Pertsch, nr. 200,2); esso ebbe ancor più celebrità dell’opera originale, così che divenne a sua volta oggetto di parecchi commenti. Comincia (f. 1,v.): ci pia ali Jai € i di. ed AS bd cA PS sol ò QUI dio Gill ca pali e cab li gu e A did crollo al GE cli 3948 DE A< dk 18) dell. Fu pubblicato a Costantino- poli 1253, a Teheràn 1270 (litogr.), al Cairo 1307 (in-4, 46 pp., col testo del tasrìf in margine). Pei mss., oltre quelli citati dal Pertsch, nr. 200,2, si veda Rosen, Bologne, nr. 320, 342 (2°), 368 (2°); Catal. Cairo IV, 7 3 copie). a. VI. 3. Alto 20 cm., largo 15 cm.; 75 f., 19 IL Nashî; il testo di az-Zanganî in rosso. Tra ì f. 6-7 e 15-16 si nota una lacuna. 40. — Sk i bs ALI; dall Jet i A I LI da ab « Via facile per insegnare la lingua araba coll’uso della lettura e della conver- sazione; în 4 sezioni ». Il libro, anonimo, sembra composto in Oriente al principio del secolo scorso. Le 4 magàlàt sono le seguenti: (1) Secondo altri 792 o 793. 28 CARLO ALFONSO NALLINO . pag. 1-32: II (sic) perso» do gal dipl i. pag. 383-106: ALA SISI (5, >) 0 i Contiene anche i 4 dialoghi pubblicati in appendice al Savary, 7 Ana de la langue arabe vulgare, Paris 1843, p. 323 segg. pag. 107-164: AS DI a di pag. 165-208: pl O, Aaa Ji, aly è Le pagine son divise in due colonne; la prima è occupata dal testo arabo; la seconda, fino a pag. 119, dalla versione italiana, e poi è vuota. — La stessa opera è indicata nel Catal. Lugd.-Bat. I, 351, nr. 463. a. V. 18. Alto 20 !/, cm., largo 15 cm.; 208 pag. numerate (inoltre 9 in principio, 13 in fine, senza numero e d’altra mano), 19 1. Nashî. In principio: « Ad usum P. J. Electi Mariae a Bennis ».. 4lla 1. — f. 41,v.-32,r. Dizionario in Ceo arabo-persiano-turco, intitolato | do (come si ricava dal f. 2,v., 1. 11) E dal E ik: e composto da ‘Otmàn aò-Sàkir nel 1210 (com. 18 Luglio 1795). Questa data si legge al f. 2,v. (metro wdfir): SAI 5 ca) o 7 227 - 029 3 PIC & | bè azul GIL eb ib af pls! sil le ed al f. 32,r. (metro wdfir): i $ SE dal yi = dal LA Je peo Ai f. 1.v.-5,r. sta una introduzione in versi alternativamente persiani, turchi ed arabi; comincia Pas DEFOE a Gad Calza DA DES EL A) A Neca, noe ST sl Il dizionario è diviso in molte sezioni formate a guisa di gazal; nell’ultimo verso LI di ciascuna è indicato il metro adoperato. In rosso, sopra le parole persiane è scritto un 3, sopra le turche un ©», sopra le arabe un £; inoltre in ogni verso le parole delle varie lingue che hanno lo stesso significato sono segnate con uno stesso è numero. P. es. il primo verso del dizionario (f. 3,r.) è (metro ramal): n) & © n e) & d = & 0) 3 E no, Ja i A AD) SIDE DEC Jas oi al li> 01319 33 Vr: r r Di ) ) Ù Ò ) 1 sf È Il ms. è autografo, giacchè alla fine (f. 32,r.) si legge: Hof LZ SIENA SOA dè du) Ul ich, E 4 a, ULI « Vie di perle intorno ai principi del persiano moderno Tp grammatica persiana scritta in arabo . dallo stesso ‘Otmàn as-Sakir. Comincia: Lizés «él 4 ell Las GI a dl deli I MSS. ARABI, PERSIANI E TURCHI ECC. 29 Lig SIL told di gli Ji deg. all dele î TR, Li di Meet, oli scià GAI IL en i e LI IL, a Je sa dl 4 voll. Cita parecchi poeti persiani: Kasinî, Gamî, Sawgî, Sams i Fabrì, H"agah ‘Is- met, al-Wahiîd, as-Sa‘dì, al-HAmidî, SA'ib, Sawket, Hakîm i Sùzanî, sayh ‘Attàr, Ka- tibì, Selman. i Il libro fu composto nel 1208 (com. 9 Agosto 1793), come appare dal f. 48,r.: 7 ok = Ù Uno 4 Pa RE n » v x Ola) ei icgil G ALA sia dl ilo cell 6 EU, LIL pl pe! hi Lal € 36 d Li oli osi cis Ul I tre maslak di cui si compone l’operetta sono: f. 32,v.-39,r.: A_2Il de \ò ill. — f. 39,v.-45,r.: io g9luall 3 — f. 45,r.-48,r.: 69 | È Jai el guali. — In fine: do ea a. VI. 15. Alto 19 cm., largo 13 cm.; 50 f., 15 I. Bellissimo nashî con tutte le vocali. Sulla guardia: « Ill. DMus eques Truqui Sardiniae Regis Consul generalis donabat Bibliothecae R?©. Uni- « versitatis die XIV Septem. an. 1834. — Duo haec opuscula tod Serachiri » ecc. 42. — Dizionario arabo-italiano, senza titolo nè nome d’autore, composto da qualche missionario o cristiano di Siria, molto probabilmente nel secolo scorso. La lingua è quella usata nella conversazione tra persone colte in Siria; quando un vocabolo è d’uso molto volgare, dopo la traduzione italiana sta scritto « volgare ». Tra i f. 112 e 113 vè una lacuna, per cui dalla parola ,è4 si salta a ESS a. V. 10. Alto 24 cm., largo 151/, cm.; 193 f., 19 1. Nasbî. 43. — Dizionario arabo-italiano della lingua comune di Siria, diverso dal precedente : Al f. 1,r. si legge: GS SAL 49 vi lil lia i Ja d cul ola GRA d dl cs RIONE \Vy\. Dopo la formula Jil J=l 9 «INI uil et ls SI ei comincia (f. 4,v.): « Non uolere al cl». — « Rinonciare. Rifiutare. dle al > a. VI. 241. Alto 16 cm., largo 10 cm.; 172 f. (di cui 4-3, 165-172 vuoti), 23 1. Nasbi. Aha — (510) Aalno @) deu È Commento di Abî Gafar Ahmad b. Muhammad b. Ismàfl b. Yùnus al-Muràdî al-Misrì an-Nahhàs (secondo Ibn Hallikàn, ed. (4) Cfr. il numero 4. (2) Mutato in 42. da una mano posteriore. 30 CARLO ALFONSO NALLINO Wistenfeld, nr. 39, Ibn Nahhàs, ma le edizioni egiziane hanno giustamente an-Nahhàs) sulle 7 mu‘allagàt e sui due poemi di al-A*$à e di an-NAbigah che talora sono compresi tra le mu‘allagàt (v. Noldeke, Beztr. zur Kenntniss der altarab. Poesie, p. XIX- -XXI; 'Nòldeke, Encyclopaedia Britannica, 9* ediz., 1883, vol. XVI, artic. Mo- ‘allakàt). — L'autore morì nel 338, che com. 1 Luglio 949; Brockelmann, I 182. Comincia (f. 2,v.): A 4A_3) Si cdl dell O det sai Je 3) Jb di lo ie licli nell Li ped GSLSVI ZII Ja gli le e gl 9A e lei li ES cul Sly en shall Lf pt o SLYI Vy dalai ks 251 | fs SA e\aituls. f. 2,v.-26,v. Imru' ’l-qays. f. 107,r.-124,r. al-Harit. f. 26,v.-48,r. Tarafah. f. 124,v.-140,v. ‘Amr b. Kultùm. f. 51,v.-62,v. Zuhayr. f. 141,r.-152,v. al-A‘sà. f. 63,r.-88,r. Labiîd. f. 152,v.-1614,r. an-Nabigah. f. 88,r.-107,v. ‘Antarah. Come si rileva dalla nota finale (f. 161,r.), il codice fu terminato il giorno 11 ra- gab 632 (1 Aprile 1255) da Muhammad b. Ibràhîm b. Abî "l-qasam al-Maydùmî al-mogri”. Il commento ad Imru’ ’l-qays fu pubblicato dal Lette (Lugd. Batav. 1748) e dal Frenkel (Halle 1876), quello a Tarafah dal Reiske (Lugd. Batav. 1742), quello a Zuhayr dal Rosenmiller (Lipsiae 1792). — Mss. trovansi indicati nel Catal. Lugd.-Bat., II, p. 1, nr. 509 e 510; Cureton-Rieu, nr. 1662; Ahlwardt, nr. 7441 e 7442; Derenbourg, Escurzal, nr. 300; Catal. Cairo, IV, 274 (2 copie). a. V. 28. Alto 20 cm., largo 12 cm.; 162 f., 19 1.; le pag. 48,v.-51,r. sono vuote, benchè il testo non presenti lacune. Ta‘lîg che s’accosta al nashî. 45. — Ms. acefalo dell’ d_\LI, la celebre raccolta d’antiche poesie arabe, com- pilata da Abù Tammaàm Habîb b. Aws at-Tà'î, nato nel 192 (com. 6 Nov. 807), m. 2341 (com. 7 Sett. 845). V. Ibn Hallikàn, ed. Wiistenfeld, nr. 146; H. H. DI, 113, nr. 4638; Brockelmann, I, 20, 84-5. Fu pubblicato col commento d’at-Ti- brìzî e con versione latina dal Freytag (Bonnae 1828-1847, 2 vol. in-4); col com- mento d’at-Tibrìzì a Bùlàq 1296 (4 voll. in-4). Il pùro testo fu stampato a Beyrùt 1889 (250 pp., in-8); con commento dello sayh Luqmàn, a Bombay 1299 (356 pp. in-4, li- ‘ togr.); con note di Feyd al-Hasan, a Lucknow 4294 (litogr., in-8). Il Rilckert ne fece una stupenda versione tedesca (Stuttgart 1846, 2 Th., in-8). Pei mss. si veda Pertsch, nr. 2193. Il nostro ms. comincia ex abrupto con una poesia di Qatarì b. al-Fogà’ah (p. 60 dell’ed. Freytag). a. ILL 42. Alto 26 !/, cm., largo 14 cm.; 247 f., 9 I. Ta‘lîqg con quasi tutte le vocali. I MSS. ARABI, PERSIANI E TURCHI ECC. 31 46. — Il diwdn di Abù ’t-tayyib Ahmad b. al-Husayn b. al-Hasan al-Mu- {anabbi nato ad al-Kùfah nel 303 (com. 17 Luglio 915), m. nel 354 (com. 7 Gen- naio 965). Sulla sua vita si veda specialmente Ibn Hallikàn, ed. Wiistenfeld, nr. 49; P. v. Bohlen, Commentatio de Motenabbio, Bonnae 1823; Dieterici, Muta- nabbi und Seifuddaula, Leipzig 1847; e l'introduzione del von Hammer alla sua versione. Cfr. Brockelmann, I, 86-89. Il ms., che nei margini ha alcune brevi note, comincia .(f. DI con una breve introduzione in prosa: dil &M593 WI %. al 40 gl al Ao asl. «La divisione del dìwàn è all’incirca quella stessa seguita dal commentatore al-Wàhidî: f. 2,v.: Poesie giovanili (olo lè). — f. 67,v.: SI (per Abù "l-as&’ir). — fi Tv: Si JI (por Sayf ad-dawlah). — £ 127,7: Hlygll As Sl all (er fr al Ibsiti, — £ 18: GI Dall JI par ge dla E SÒ &\3} JÌ (0 Fatikiyyàt, per Fatik Abù Sugà). — £ 154,v: Sl awalì (per Ibn al- Umayd). — f. 158. Sl xl (o ‘Adodiyyàt, per ‘Adod ad-dawlah). Il dîwàn completo fu pubblicato a Calcutta 1814; Hooghly 1841; Beyrùt 1860 (per cura di Butrus al-Bustànî) e 1882 (con note di Nàsîf al-Yazigi); Bombay 1340. Il commento d’ al-Wahidî fu pubblicato dal Dieterici (Berlin 1858-61, in-4); ed a Bombay 1274 (litogr.); quello d’al-Ukbarî a Calcutta 1843 (in-4), a Bùlàq 1287 (2 vol. in-4), al Cairo 1308 (2 vol.); quello d’al-Muhibbî a Calcutta (s. d. in fol.). Fu tra- dotto in tedesco dal von Hammer (Wien 1825). a. III. 7. Alto 28 1/, cm., largo 181/, cm.; 169 f., 19 I. Nashî colle vocali. Sul £ 4,r.: « Di- « vano ossiano opere poetiche del Mutenebbi. Codice magnifico corredato di punti vocali e con dotte « annotazioni ». 4la — VG cd 3A de SEI) arl Le IL e) el ET IG0S lab OSE LI fera) SF « Breve commento filologico di Abù Muhammad ‘Abd Allah at-Tawzarî (4) o gasîdah di Abù Zakariyyà’ Yahya as- -Sugràtisî ». Abù Muhammad ‘Abd Allàh b. Abî Zakariyyà Yahyà Db. ‘Alì as. Sugràtisì, autore di questa gasîdah di 134 versi in lode di Maometto, morì nel 466 (com. 6 Sett. 1073); H. H. IV, 540, nr. 9469; Brockelmann I, 268, ove per errore si fa distinzione fra il nr. 1 ed il 2. — Questo stesso commento è in Cureton-Rieu nr. 1406, 405,b; altri commenti trovansi in Derenbourg, Escurzal, nr. 361,1° (di anonimo), Catal. Cairo IV, 327 (ove per errore si legge + LÌ fab il commento è del ce- lebre storico Abù SAmah, m. 19 ramadàn 665); RT Rieu nr. 265,2° (ove a torto si legge as-Sagràti), 888,119; Algeri nr. 1735,2°, 1833-1835.— La nisbah, come (4) Abù Muhammad ‘Abd Allah b. Farhan al-Ifrîgî at-Tawzarî, giureconsulto, morì nel 728 (com. 17 Novembre 1327) non lungi dalla Mecca; sulla sua tragica fine vedi Ibn Batùtah, ediz. di Parigi, vol. I, p. 341. 32 CARLO ALFONSO NALLINO avverte una glossa marginale del nostro ms., si riferisce a 5M_ o sal odi | aù (1. 4} D) Val dol cpl; il ms. dell’Escuriale ha: db) fù (sic) nel Bilàd al- -Garîd, la nota regione della Tunisia. Nella relazione anonima d’un viaggio compiuto nel 1139-1140 eg. da Fez alla Mecca (in Fliigel, ZDMG. XVIII, 1864, p. 546), si trova appunto 4Là ),,aò o fs PENSO) od Kr e vien riportata la nostra qa- sìdah; l’autore vi è chiamato Abù Muh. ‘Abd Allàh b. as-Seyh Abî Zakariyyà' Yahyà b. ‘Alî at-Tawzarî as-Sugràtisì (sic), e la sua morte è fissata all’8 rabî I 466 = 41 Novembre 1078. Il ms. dell’ Escuriale ha invece Abù ‘Abd Allàh Muh. b. Abî Bakr b. Yahyà ecc. In Abu Bequer Ben Khair, Index lbrorum ed. Codera et Tarrago, Caesaraugustae 1894-95, p. 419-420 il nome è sempre Abù Muh. ‘Abd Allah b. Abî Zakariyyà” Yahyà b. «Alî as-Sugràtisî; ma l’autore osserva che altri in luogo di b. Abì Zak. Yahyà b. ‘Alî hanno b. Muh. Il ms. comincia (41570) Ji SALO o Le dis JI di) le Na Mea fr Allie oil chia La eo ml dà 2) a) € S6 è ope o de Yes VIa Adi i E (cai Il primo verso è (f. 2,v.; metro dastt): i CSI del GL sab (GUIA sero el la AMMESSE A cui segue il commento; oe SS de ai dI) SZ SAL cis LL gl ga ERI) Ta Ne a 4° da 4. L'ultimo verso (£. 9S,r.) è: sì 5 » & w O will. 2 ded GLI È, (Cr, de AL Sol dI ol Finito di copiare il 44 rabì I 1082 (21 Luglio 1671) da Ahmad “Abd al-karîm al- -Usmanî. a. VI. 30. Alto 16 cm., largo 411 cm.; 100 f., 15 I. Nasbì; il testo della qasîdah in rosso. 48. — 02 DIA) gna ENI 0lg5. Diwdn del celebre poeta mistico Saraf ad- -dîn Abù Hafs ‘Omar b. Abî ’l1-Hasan ‘Alî b. al-Mursid b. ‘Alî al-Hamawî, detto Ibn al-Fàarid, nato al Cairo nel 576 (com. 28 Maggio 1180) ed ivi morto il 2 gu- màda I 632 (23 Gennaio 1235). V. lbn Hallikàn, ed. Wiustenf.,, nr. 511; Gàmì, Nafahdt al-uns (ed. Lees) nr. 536; Brockelmann I, 262-263. Dapprima (f. 4,v. segg.) v'è la lunga prefazione di ‘Alî, nipote (s2dt cioè figlio \ d’una figlia) del poeta, che comincia: SL plùs «NI dio 023 sil Pri OL] +22 sl Uug; il primo verso (f. 17,r.) è (metro rama): o, 0, DIS 2.3 ol Sue dolio Le eni lio PI gm gl (1) Nel cod. vlsY). I MSS. ARABI, PERSIANI E TURCHI ECC. 33 Il ms. fu compiuto da Muhammad b. Burhàn nel 1053 (com. 22 Marzo 1643). Il dîwàn intero fu pubblicato ad Aleppo 1257 eg. (litogr.), a Beyrùt 1860, 1868, 1887 (con note di Selìm Sadir), 1895 (con commento), al Cairo 1299 eg. Moltre Ru- Sayyid Galib ad-DahdAh, d'illustre famiglia maronila, curò un'edizione, uscila a Mar- siglia nel 1855, che contiene il commento di al-Bùrinî (m. 1024 eg.) e la parte mistica del commento di ‘Abd al-Ganî an-Nabulusî (m. 4143 eg.); ediz. ristampata a Bùlaq 1289 eg., ed al Cairo 1275 (litogr.), 1306, 1310 eg. (2 voll. in-4°). Da queste edi- zfoni commentate di Marsiglia e d’ Egitto è eselusa la at-tA"iyyah al-Kubrà, che si trova stampata col commento di ‘Abd ar-Razzàq al-Kaàsaànî (m. 780 eg.), in margine all’ed. caivina del 1310. — Numerosissime sono le edizioni e traduzioni parziali; in italiano abbiamo una discreta versione di P. Valerga (Omar ben-al-Fàrved, 12 Di- vano tradotto ecc., Firenze 1874), che non comprende però la grande tà'iyyah. a. V. 12. Alto 201), cm., largo 14 '/, cm.; 78 f., 471. Nashì. Sul foglio di guardia: « Divano «di Omar-ibn-il faridh celebre poeta arabo ». 49. 1. — f. L.v.-80,r.: Dian dell'emîr Mangak pàsa b. Muhammad b. Mangak b. Abî Bakr al-Yùsufî ad-Dimasgì, m. 1080 (com. 1 Giugno 4669), su cui vedasi alMuhibbî, vol. IV, pag. 409-423. Comincia con una introduzione in prosa rimata: sol Ji deo cel e) è OLI lana ale I * OLINI cd o \Ae-; il nome dell'autore leggesi al f. 2,v.: lola el SA Val ca Il primo verso (f. 4,r.) è (metro Ra/7/): . DO) "® il Vl NO | < "i A Le poesie, disposte senz’ordine, sono di vario argomento: gazal, elegie, inviti, dùbayl e sovra lutto poesie encomiasliche. Tra i personaggi lodali si notano il sultano Ibrà- lim (m. 28 ragab 1058 = 13 Agosto 1648), l’emîr «Alì b. Ma‘n (m. nel 1638 d. Cr.). as-Sibàb al-Hafàgî (m. 1069, com. 29 Sett. 1658), Hamzah Effendì (Aaftardà» di Da- masco) ece. Altri mss. del dìwàn completo sono indicati in Ahlwardt, nr. 7994, 7995 (3 copie); von Kremer, Veder meine Sammlung orient. Hdschrr. (Wien, Akad., 1885) nr. 178; Browne, Zand-list of the Muhammadan Manuscripts of the University of Cambridge (1), nr. 435-434. Alcune sue poesie trovansi anche in Aumer, nr. 586; Ahlwardt, nr 7996, Il diwàn fu pubblicato a Damasco 1801 eg. 2. — f. 80,r.-84,v.: È il diwdn di Fadl Allah Effendî ). Mulibb Allah b. Muhammad Muhibb ad-din Abù Bakr Tagî ad-dîn ad-Dimaggî, nato il 17 muhar- ram 1084 (2 Dicembre 1621), morto il 23 gumada IL 1082 (27 Ottobre 1671). V. Wistenfeld, Die Geschichlsschreiber der Araber (GOltingen, Akald., 1882) nr. 578, ed al-Muhibbì, II, 277-286. Nella breve prefazione, che comincia : ill di debl (1) Di quest'opera in corso di stampa ho fatto uso dei fogli tirati sino a lutto Ottobre 1899, comprendenti le pagg. 1-224, nr. 1-1128. ut y SERIE II, Tom. L. 34 CARLO ALFONSO NALLINO AIKGNI cy) si legge il nome dell’autore: Fadl Allàh Effendì ibn Muhibb ad-dîn. Il primo verso (f. 80,v.) è (metro dastt): ù "E 2° CO Edy dol fl dl paghi TAO) (= (Sr . . " Contiene poesie in lode di Muhammad Effendî Dabbàg-zAdeh (f. 80,v.), di ‘Abd ar- -Rahman an-Nagîb (f. 80,v.), di ‘Abd al-Ganî an-Nabulusî (f. 80,v. ed 84,r.) e d’al- -Hasib ‘Abd Allah Effendîì (f. 84,r.); seguono altre poesie, tra cui alcuni 72010wd2. i Sirtori Sl È Wi edi JI 09... ol IS Tia Hop (S) Diwdan dell’imàm Fath Allah Ibn an-Nahhas al-halabî al-madanî, morto il 12 safar 1052 (12 Maggio 1642) ad al-Madînah: vedi al-Muhibbì, II, 257-266. Dopo una i do comincia (metro dastt): i Je E Le o lite SÙ Altri esemplari del dîwàn completo si trovano pure presso Ahlwardt, nr. 7975 e 7976 (2 copie); Pertsch, nr. 2325; von Kremer, Ueder meine Sammlung | orient. Haschrr. nr. 179; Catal. Paris, nr. 3246 e 3247,2°; Browne, Hand-list, | nr. 864; — poesie staccate presso Aumer, nr. 577; Ahlwardt, nr. 7977; Catal. i Cairo IV, 237. Il dîwàn fu stampato al Cairo 1290 eg. (in-8, 68 pagg.) a. V. 6. Alto 21 cm., largo 14 cm.; 120 f., 191. Nasbî. Al £. 4,r. si legge: QuY\ vlyo EST (sic) d| i pra) é è \3:5 aly Lil Ae. Su un foglio unito alla guardia: « Due divani ovvero «raccolte di poesie di autori poco celebrati ma abbastanza pregevoli per bellezze di stile e im- ITEM o v0005ì De Marchi ». 50. — Prima parte del 281 ole «Il grande diwan » di ‘Abd al-Ganî Db. IsmAtîl b. ‘Abd al-Ganî Db. Ismà‘îl b. Ahmad b. Ibràhîm Db. ‘Abd Allah b. Muham- mad b. ‘Abd ar-Rahman b. Ibràhîm Db. ‘Abd ar-Rahman Db. Ibràhîm Db. Sa'd AIAh b. GamA‘ah al-Kindnî al-Maqdisì an-Nabulusî ad-Dimasgî, m.a Damasco il 24 sa- ‘bàn 1148 (4 Marzo 1734). Si veda al-Muràdi, S&k ad-durar fi a‘yin al-qarn at-tànî ‘“a8ar, Costantinopoli-Bùlà 1291-1301 eg., vol. III, p. 30-38; Hartmann, Das arabische Strophengedicht, vol. I (Weimar 1897), p. 6. i) Al f. 1,v.-8,v. v'è una prefazione in prosa rimata, che comincia: | AN si + olzeYls e SI cla 3 SISI o > È. Vi si dice che il titolo di Gras diwàn è calo a) eo ed al gl du G gelti ol cralbdli ol» e che esso si divide in 4 parti (40), ciascuna delle quali ha un nome ed una pre- fazione speciale. I nomi sno: 1°: 1_alll go de Ghll gas. Gli vl asi Dl illa. iI DUE ANI: — 2: Jill iu di Jill ade | 3: Mali li il i, call el. dll Phi — d:5à | JI stes. Jil. I MSS. ARABI, PERSIANI E TURCHI ECC. 35 Al f. 9,r. v'è la breve introduzione speciale per il 1° bàb, alla quale seguono tosto le poesie ordinate secondo l’ordine alfabetico delle rime. Il primo verso è (me- tro kamil): tl 5 di lyoll cal LN Ai C- bJ dI Tra le poesie trovansi gazal (mistici), muwassahàt, mawwal, dùbayt, poesie encomia- stiche (sovra tutto per Muhammad al-Bakrî as-Siddigî, m. 1087, com. 16 Marzo 1676); ma specialmente abbondano poesie destinate ad illustrare concetti mistici del famoso sùfî Muhyy ad-dîn Ibn al-‘Arabî (così il ms.; meglio però Ibn ‘Arabî; v. Ahlwardt, vol. INI, p. 22-23) morto a Damasco nel 638 (com. 23 Luglio 1240). Anzi vi sono parec- chi mubammas di poesie d’Ibn ‘Arabî. — Le poesie disposte alfabeticamente terminano al f. 334,r.; i f. 331,r,-388,r. contengono 30 qasîde di 10 versi ciascuna (mu‘assaràat), ad imitazione delle 29 mu‘assaràt di Ibn ‘Arabìî (ad-Dwwdn al-Akbar, Bùlaq 1271 eg., p. 218-232); tutte queste poesie rimano ciascuna con una lettera diversa dell’al- fabeto, compreso il lam-alif e l'alit magsàrah: Je SIL ce 4 Al 3 Je Jleedi ol al IE Al ol è dal Lu de dl Ki «Gy 5 dilgo d aly Ii di de or Milici (metro #aw%) «\_ e FOLII (5 Spa «|| iL i Sy Sii Il ms. termina al f. 338,r. con alcuni ragaz in onore di Ibn ‘Arabî, che mancano nelle ediz. stampate; primo verso (metro sart*): 9 x = 4 G SNC + ce ail ds pid Gall Ii Altri mss. di questa 1* sezione trovausi in Cureton-Rieu, p. 300, nr. 586; Fligel,I, p. 491; Ahlwardt, nr. 8023, 8024, 8025 (incompleto), 8028 (le mu‘assa- rat); Catal. Paris nr. 3256: Kremer, Ueder meine Sammlung orient. Hdschrr. (Wien, Ak., 1885), nr. 180. Questa stessa 1% sezione fu pubblicata a Bùàlàq 1270 (in-4, 274 pp.) ed al Cairo 1302, 1306 eg. (in-8, 471 pp.) ‘a. V. 4. Alto 21 cm., largo 415 !/, cm.; 338 f., 27 l. Nashî accurato; il f. 89,v. è bianco, pre- sentando una breve lacuna. Sulla guardia: « Divano di Abd ul-gani di Nablusi ». 5. — SI MILE lo o, più precisamente, come si legge al f. 2,r.: 1193 gus (sic) cpl ola ell NI SI pal cb SII LI Nea cl L dela o Jap d> Fusi les lo dl grill < Dian del curato Padre Nicola Sèa’ig, di santa memoria, Superiore dei monaci regolari Basiliani (di rito greco-melkita) del convento di S. Giovanni di Suwayr (distretto di Kesrawàn), nelle 36 CARLO ALFONSO NALLINO montagne dei Drusi, provincia di Tripoli ». Nicola Sài& morì nel 1756 d. C., ed era fratello di ‘Abd Allàh Zàhir (m. 1755) che introdusse l’arte tipografica nel Libano (vi Volney, Voyage en Syrie el en Egypte, Paris 1787, vol. II, p. 477). Il suo dîwàn, composto negli anni 1716-1748, è disposto secondo l'ordine alfabelico delle rime; con- tiene poesie religiose (cattoliche), inni, elegie su parenti ed amici, massime spirituali. Ad ogni puesia è premessa una breve notizia che ne indica l'argomento, e l’anno e il | luogo in cui fu composta. Altri mss. trovansi in Browne, Hand-list of muhamm. | mss. (su cui vedasi nr. 49, nota) nr. 486; a Tubinga (Wetzstein. Catal. arab. Ma- | nuscripte, Berlin 1863, nr. 47 e 48): Aumer, nr. 586 e 537; Pertsch, nr. 2385- | -2337. Una scelta di questo dìwàn trovasi presso Fliigel, I, p. 488 (nr. 497,4); A L'opera fu stampata a Bayrùl (Impr. Catholique, 6% ediz. 1890). Il primo verso (f. 2,v.) — è (metro kamuil): (sic) cl 2A ob,3 123 Gil De a ins dl AI f.9,r. è il verso con pui cominciano di solito gli altri mss. (metro #4722)): Tala DA Ja DI de, 3341 sb edi rod Il codice fu terminato il 10 venia II (Novembre) 1839 (v. f. 129,r.). a. V. 3. Alto 20 cm., largo 13 cm.; 130 f., 22 I. Nashiî; i titoli in rosso. Fu portato alla Biblioteca dal De Marchi, come vedesi da un foglio unito alla guardia. pa dx Za Val) Le magamdt di Abù Muhammad al-Qasim b. ‘Alî b. Mu- hammad b. ‘Utmàn al. Harîrî al-Haràmî nato ad al-Basrah nel 446 (com. 12 Aprile 1054), m. nel 516 (com. 12 Marzo 1122) o 515. V.Ibn Hallikàn, ed. Wiistenfeld, nr. 546; Brockelmann, I, 276-278. Furono pubblicate a Calcutta 1809-14 (3 vol. di cui l’ultimo è il glossario arabo-persiano); Parigi 1818 (gr. in-8); Parigi 1821-22 (con commento arabo del de Sacy, in-fol.; 2* ediz. 1847-53, 2 voll. in-8, coll'ag- giunta di note francesi per cura di Reinaud e Derenbourg); Londra 1897 (per cura dello Steingass); Cairo 1260; Lucknow 1263 e 1887 (ambedue con versione persiana); Cairo 1266 (in-4, con breve commento di Muhammad at-Tùnisi); litogr. in Persia (Tebrìz) 1268, 1273 e 1282; Bùlàq 1272; Cairo 1279; Bùlàq 1284 (2 voll. in-4, col commento d’a$-Sarîsî; 22 ediz. 1300): Costantinopoli 1288; Bay-. rùt 1874 (con note; 22 ediz. 1886); Cairo 1299; Balàq 1300; Cairo 1305 (litogr., con note); Cairo 1306 e 1344 (2 voll. in-4, col comm. d’aè-Sarîzî). Furono tradotte int latino dal Peiper (Haririus latinus ecc., Cervimontii 1832; 2 ediz. Lipsiae 1836), — in tedesco dal Rickert (1* ed. Stuttgart 1826), in inglese dal Preston (Lon- don 1850) e dal Chenery (London 1870; il secondo volume tradotto dallo Stein- I gass, 1898). Inoltre vi sono moltissime edizioni e traduzioni parziali. a. VI. 10. Allo 20 em., largo 12 cm.; 139 f., 19 1. Bel nasbî colle vocali; i titoli in rosso ed oro. Qua e là glosse marginali. 53. i. — f. 1,v.-15,v.: (Sp dal Le (sie) gl edi JI Lul dal tè Led DIE) : sad JbY « Perle del collare sulle notizie intorno ai parenti [del Profeta] » ( Tbn al-Abbàr al-Qudà'ì, nato a Valenza nel 595 (com. 3 I MSS. ARABI, PERSIANI HE TURCHI ECC. 37 di Abù ‘Abd Allàh Mubammad b. ‘Abd Allah b. Abì Bakr b. ‘Abd Allah b. Abî Bakr Nov. 1198), morto nel V.su di lui Brockelmann, I, 340-341; W ù- stenfeld, Die Geschichtsschreiber der Araber, nr. 344; e la prefazione del Co- dera y Zaidin al Mu‘gam fî ashàh Ibn al-‘Arabî (Aben ALAbbar, Almnd- cham ecc., Matriti 1886). I! presente libro si divide in 36 capitoli (fasl) assai brevi, ognuno dei quali contiene in prosa rimata una narrazione od un panegirico intorno mubarram 658 (com. 18 Dic. 1259). ai parenti del Profeta. Comincia con una prefazione non lunga: a_5ky9 A i) LIL dl dz Ali ‘el AlJb ssd gi cd Je e Gud eli pa Gif Ne Ù QE pei ricordi quest'opera, della quale pure si occupa a lungo al-Maqqarî ed. Bù- làq 1279 eg. (in 8 voll.), vol. II, p. 1254-57 = ediz. di Leida, vol. II, pag. 791-796. Al-Maggariì riporta del libro la prefazione e 9 capitoli, . È strano che nessuno dei biografi euro- nei quali si scorgono tracce Sì'itiche: >)sl Ls 4b Jil Ti 489 bell 5 I ii, o 3$3 di €» cel a Ad) are” sl BUG 5 465 le pé dis. I capitoli riportati sono i se- guenti: 1 e 2 d'al-Maggarî = nr. 4 del ms.; 3 d'al-Maqg. = 5 del ms.; 4-5 d'al- -Magg. = 6 del ms.; 6 d’al-Magqq. = 7 del ms.; 7 d’al-Maqq. = 8 del ms.; 8-9 d'al-Magqg. = 9-10 del ms (4). 2. — £ 16,v.-84,r. Comincia: cy dl de di He Lu dI US E) el E Ji ali de dl do caali Jpboadi Jp “ Sv Atl. ar) ot r. 1288) il libro eLoVI Ad «Lul « Notizie dei giovanetti illustri » di Abù ‘Abd Allah (altri Abù Hasim od Abù Ga- ‘far) Muhammad b. ‘Abd Allàh (altri b. Abî Muhammad) b. Muhammad Ibn Zafar as-Sigillì al-Makkî, m. nel rabî I 567 (novembre 1171). Sulla sua vita e sulle sue opere si veda la lunghissima prefazione dell’Amari alla sua versione del Sulwàn (Solwan el Mota ossiano Conforti politici di Ibn Zafer, Firenze 1851), ed. Amari, doi eater E dunque (v. H. H. I, 443, 1 | Storta dei Musulmani di Sicilia, NI, p. 714-735; BrockelmannI, 351-2. L'opera | è una serie di narrazioni tolte dalla storia di giovanetti illustri (2), e proposte come si divide in 5 sezioni: fi. 18,r.-28.r.: dui iL, sulla fanciullezza di Maometto. modelli da imitarsi: (1) Nella Nushat al-hddi di Muhammad as-Sagîr al-Wafranî (ed. Houdas, Paris 1888, p.136, trad. Houdas. Paris 1889, p. 225) è ricordato, come un libro difficile a trovarsi, il Je to? OLYI rl dll à LoJ oy5 di Abù Gum‘ah Sa‘ìd ibn Mas‘ùd al- Magùsì (X sec. eg.). Suppongo che Si debba leggere JUY| cx) L_J) JI=I, e che si tratti di un commento! alla presente operetta. (2) Lo Hartmann (Orzentalistische Litteratur-Zettung, Il, 1899, col.310) è in errore quando, criticando l’opera del Brockelmann, scrive: « von berùhmten Kindern ist in dem Buche «nicht die Rede; al abna’ sind die Perser ». 38 CARLO ALFONSO NALLINO f. 28,r.-44,r.: diyl 3,5), sui compagni di Maometto. In eta sezione e nelle seguenti i singoli racconti Bonino l'intestazione Jie è 5A dr) 8 559 f. 44,r.-62,r.: digli ua racconti tratti dalla storia degli Ommiadi e degli ‘Abbasidi. f. 62,r.-70,r.: cla ZI dalla vita di musulmani illustri per condotta pia ed austera. } f. 70,r.-89,v.: 2 gal, dalla storia dei re d’al-Hîrah e dei Sasanidi. L’opera si trova già ricordata alla fine della prima redazione del Sulwàn, com- posta intorno al 1150 d. C.; ma i due libri sembrano scritti quasi contemporaneamente, | perchè al f. 76,v. della presente operetta, dopo aver accennato alle imprese di Sàpùr | dù ’Laktàf contro i Rùm, l’autore soggiunge: cal lisi OVUSTSI0E gl, E all pos 025 45 VI dada AUS Thea de 593 ed Uolsde id ell old | cla eb. — Altri mss. trovansi in Tornberg, p. 258, nr. 395 (ove il nome del- | EE l’autore è storpiato in gb o): Catal. Paris, nr. 2424 e 2122; Catal. Cairo, IMM 308. La prefazione del “ibr o fu pubblicata dall'A mari, Biblioteca arabo-sicula, Liba sia 1857, p. 690-692 (trad. ital., ediz. in-8, vol. II, p. 631- do 3. —.f. 85,v.-455,r. È il e ae È 2 allo da cipe nell'abbandono dei seguaci » del medesimo Ibn Zafar (H. H. III, 611, nr. 7227). Il ms. riproduce la seconda redazione del Sulwàn, la quale fu ‘dall autore dedicata nel 554 (com. 23 Gennaio 1159) ad un illustre personaggio di nome Muhammad b. Abì ’1-Qaàsim b. ‘Alì al-Qurasì. Comincia : sil (4) A &N ale du & dl 3 29 Lil sE dsc s4= 04. Si divide in cinque capitoli intitolati sulwAnah (conforto): 1° yarg23ì 8 (£ 87,r.-101,v.); 2° PRI cd (101,v.-116,1.); 3° pull di | (116,v.-130,v.); 4° |5JI G (130,v.-144,r.); 5° Ji È (144,r.-155,r.). Fu litografato al Cairo 1278, e stampato a Tunis 1279 ed a Beyrùt 1300 eg. L'Amari ne fece una versione italiana (Firenze 1851), la quale fu contemporanea- mente pubblicata in inglese (London 1851, 2 voll. in-8). Ai mss. citati dal Pertsch, nr. 2688 (i parigini nel nuovo catalogo portano i nr. 31322 e 3503-3513; quelli. I dell’Escuriale presso Derenbourg i nr. 528, 713, 761), si aggiungano quello della mo- schea az-Zaytùnah di Tunisi, nr. 32 (Bullett. de Correspondance Africaine, Alger 1884, t. II, p. 13), i due del Catal. Cairo, IV, 263, 308, e i due di Cambridge (Browne, Hand.-list of muhamm. mss., nr. 523, 524). 4. — f. 156,v.-258,r.: Il noto libro di Kalîlah e Dimnah, tradotto dal (4) L'ediz. Tunisina ha MI. I MSS. ARABI, PERSIANI E TURCHI, ECC. 39 pehlewî in arabo da ‘Abd Allah Ibn al-Mugqaffa‘ (H. H. V. 236, nr. 10855). Il ms. i comincia col 8° capitolo dell’ediz. de Sacy: MTA Ji & or LI ol passa] Sl olbyl JENI fa lay IA lc dino Le 389 dia ESPE, dò \gh=] Sl dal è 094€ la «dl 4 Isbu. Gli altri capitoli sono: f. 161,r.-168,v.: dll SUI 484 Lal 49)y —L lia (= IV cap. de Sacy). — f. 168,v.-19r: dt0>g AUG JESI CIA! Hus) lag (= V cap.) — £ 194,r.-203,1: dd 1 0° call LEVI cap)—f. 203,121 1,v.: 43,1) del L(=VII cap.) — f. 211,v.-214,v.: (sio) SI sped L (XI cap.).— f. 214,v.=247r.: SUINI pb XI cap)— f. 2177-2222: 69) dr Levi DL (XI cap). —f 2297. -226,r.: sito|, ddl L (Nap) 182267122270: aio SAL, SIL al (=X cap.) f. 227,v.-238,1.: ob As eg ol (= VIII cap.)— f. 238,r.-250.r.: cl È 5) 9 Si (=XIV cap.)— f. 250,r.-254,r.: ally CH) pre f. 254,r.-252,v.: JeNI 19 gl SL ( =XV cap.) — f.252,v.-254r.: plalle ch) aL (=XVII cap.) — f. 254,r.-258,r.: ale, CI gol L &xwn i) La redazione del libro, salvo lievi varianti, sembra essere la stessa del codice detto M dal Guidi (Studi sul testo arabo del libro di Calila e Dimna, Roma 1873). Per limitarmi al 1° capitolo del ms. (III cap. de Sacy), noterò che vi si trova (f. 159) la storia dei due mercanti possessori di sesamo, come nel cod. M (Guidi, p. 12); la storia del povero, al quale, per rubare il grano, il ladro stende la sua « milhafah » (Guidi, p. 13; f. 160,r.), e poi la comparazione della colomba. Manca il racconto del pescatore che trovasi nel de Sacy; ed il capitolo termina (f. 161,r.) come nel cod. M (Guidi, p. 14). Il libro fu pubblicato dal de Soa, (Paris 1816, in-4°). Le numerosissime edi- zioni di Egitto e di Siria sono semplici ristampe del testo del de Sacy; solo in fine aggiungono un 19° cap. Si ha una versione inglese di W. Knatchbull (Oxford 1819), una russa di M. 0. Attaj ed M. W. Rjabinin (Mosca 1889), e una tedesca di Ph. Wolf (Stuttgart 1837). — Sull’opera si veda Brockelmann, I, 151-152, e tutto il 2° vol. di Chauvin, Beliogr. des ouvrages arabes, Liège 1897. a. V. 26. Alto 19 1/, cm., largo 15 cm.; 258 f., 19 1. Magribî assai piccolo. Sulla guardia: < Dono del Cav. Roland de Bussy ». Poi, d'altra mano: « Ce manuscrit contient quatre ouvrages: «1° Traditions religieuses par l’Iman Abou Abd Allah ben el Abar. — 2° Traditions venant du « Prophète par l'Iman Abou Abd Allah Sidi Mohammed ben Abd Allah ben Mohammed ben Zhafar < (avec commentaires par l’auteur). — 3° méme sujet. — 4° Recueil d’anecdotes ». 40 CARLO ALFONSO NALLINO 54. — Sul foglio di guardia si legge questa indicazione: JI 40 lia gb AJ (io) È) 4 2 8 i pie « Volume 13° delle Mille ed una Notte ». Il codice comincia ex-abrupto: |)j.gl 7 PIO sid nie: & JU è )gisb Jil ]isagen dat Jas it Ugg IA II ela al ell dd colo 2 El Leu. I protagonisti sono Fagfàr re d’as-Sîm ed il suo S 5 2, 5 ) ©) wezîr, il re Suhbayl (figlio di Bahr re d’al-Yaman), il re Galînùs, il re obi abi tante in GEIS La novella termina al f. 25,v., ed il ms. continua: SD) gi holy azas Abi ALU DI CUI dll dl Ul ani oe Lesa hall È al ci A cit godi ie dial ia as Ia ge illa le | a grill ie Le Cure ZIO di ci Jb DEE IL Sl;lia. n margine: dé Jlg 4a Grlg avg Gegdali de 4.6. Non ho poluto trovare alcuna | di queste due novelle nelle varie edizioni a stampa delle Mille e una Notte, e nep- pure nei cataloghi di mss. La novella di ‘Abd al-Qaddùs termina al f. 27,v., ed il ms. continua: SILUI DI ob STI LI SI dì Si 7 AI 4 JI « Le maqgdmal ar-rayydniyyal, del qàdi Saraf ad-dîn al-Husayn Db. Sulaymàn b. Rayyàn [at-Tàî]», e subito dopo: AA Lasa olii ga ce digli ob dol a ge it IO eli de Sold lele ci | tolga (O280 el n E cao e de da Sl due el (2) ig> HIaUl. Le 10 maqè- mt portano i seguenti titoli : 19 Ai genlì (6 27,v)); 2° Au alli (h28v.); 3° ile (E 30,1); 4° Agi (È 3l,v.); 50 digobl (83,1); 00 bull (1340); 7° di pal (È. 350); 8° di ped (fr 38 e) Eno dla (f. 40,r.). La 10* manca, perche il ms. finisce in tronco (f. 40,v.) colle parole: dedY i dali 5A i 5419 Queste stesse oa trovansi presso Pertsch, nr. 2684 (f£. 260-297), il quale osserva che un Saraf ad-dîn b. Sulaymàn al-halabî at-Tà'î, nato nel 702 (com. 26 Ago- sto 1302), e morto nel 770 (com. 16 Agosto 1568), è nominato in H. H. I, 487; HI, 545 e VI, 555. Mi sembra probabile che sia quello stesso Saraf ad-dîn al-Husayn I MSS. ARABI, PERSIANI E TURCHI ECC. 41 b. Barayyàn, del quale a Monaco (Aumer, nr. 459) si conserva una poesia in lode di Abù ’l-fidà’ (m.3 muhar. 732 = 6 Ottobre 1381). Del resto la prima maqàmah trovasi riportata anche nelle Mille ed una Notte (ed. Cairo 1305-6 eg., notti 395 e 396, vol. II, p. 206-208) (4), ed attribuita appunto al nostro autore: _w 1 pdl 3: Ce ob u Ut4> ; essa ricorre pure in Diyàb al-Itlîdi, IZdm an-nds, Cairo 1310 eg. ip. ‘3.5, col nome di Saraf ad-dîn Husayn ibn Rayyàn. — Due versi di Ibn Rayyàn sono citati in Dàwùd al-Antàkî, 7azyîn al-aswéag, Cairo 1305 eg, tatimmah, pag. 224. a. VI. 11. Alto 19!/, cm., largo 12.!/, cm.; 40 f., 38 1. Nashì assai piccolo e senza eleganza ; i f. 2-5, 16-26 furono suppliti da uno dei possessori del libro (al-hàgg Ahmad ar-Rabbàt (ar- -Rubàt?) al-halabî as-Safi‘î della confraternita dei naqsbendì), e scritti in nashî molto grosso. Invece lo scrittore primitivo fu ‘Omar b. al-hà&g Ibràhîm (v. il f. di guardia). 55. — Sul foglio di guardia: (sic) sl al) liga cr Cp ally e J 4 | \ia ali « Volume 24° delle Mille ed una Notte ». Comincia ex abrupto: cabli dl ue Ni > Sue La SAL Tutto il volume è | occupato dalla storia di un wezìr, il quale ogni notte racconta una novella al re i Sadbabt. Queste notti sono numerate; al f. 1,r. v'è la 8%, al f. 37,v. la 27*; ciascuna | comincia colla formula: a ol Ja] cli) DA |). V'è poi anche la divisione delle | notti corrispondenti a quelle dell’opera intera (f. 2,r., 8,r. ecc.); esse non sono nume- rate affatto e terminano colla solita formula: la Thai dÌj peer “} >ls Il volume | finisce in tronco, mentre vien narrata la JI 09,59 nil iui als 448, colle parole: >) II ANVARZIONO ol4 eli E \Jè. Queste novelle mancano nelle ediz. egiziane, beyrùtine ed indiane delle Mille ed una Notte, ma sì trovano in quella | di Breslavia, XI, 84-313, notti 875-930 (Burton, Supplemental Nights, I, 191-355), | ove fanno parte della storia del re Sàh Baht e del suo wezîr ar-Rahwàn. ] primi 18 fogli sono scritti da mano diversa da quella del codice precedente; \1 fogli 19-38 sono invece dovuti ad al-hàgg Alimad LL D) al-halabì, possessore del \ libro, il quale supplì anche alcuni fogli del ms. precedente. a. VI. 14. Alto 19 !/, cm., largo 14!/, cm.; 38 £, 19 I. sino al f. 18, poi 14 I. Nashi. 6. — dI ale a pu 09° du Seli Secondo ed ultimo volume della Sirat ar-rasùl (Vita del Profeta) di Abù ‘Abd Allàh Muhammad Ibn Ishàq | b. Yasàr (m. 151, com. 26 Gennaio 768), nella solita redazione di Abù Muhammad ‘Abd al-Malik Ibn Hisàm b. Ayyùb al-Himyarì al-Ma°Afirì d’al-Basralh, m. 19 rabi* (4) Manca nell’edizione di Breslavia. SERIE. ll. Tom. L, 6 42 CARLO ALFONSO NALLINO II 218 (8 Maggio 833), pubblicata dal Wiistenfeld (Goòttingen 1858-60) ed al Cairo 1295 eg, tradotta dal Weil (Stuttgart 1864, 2 voll.). Su Ibn Ishàg v. Ibn Halli- kan, nr. 623, e Wistenfeld, Die Geschichisschreiber der Avaber (Gottingen, Alkad., 1882) nr. 28; su Ibn So H. H. III, 634, nr. 7308, Ibn HallikAn nr. 390, Wustentfeld, (Geschichissehr. nr. 48, Brockelmann, I, 135. 11 ms. comincia colla gazwal as-sawîig (p. 543 da ed. Wistenfeld) e fu terminato al Cairo il lunedì 8 dù ‘-higgah 793 (6 Ottobre 1391) da ‘Alì b. Azdamur al-HusaAmî, a. IV. 6. Alto 241/, em., largo 161/, cm.; 232 f., 21 1. Bel nasbî, collazionato; rubriche i | in rosso. 20 57. — Èil ey] DE È 22 cole <« Compendio di storia dell umanili o di al-Malik al-Mu' ayyad ‘Imid ad-dîn Ismàsl b. ‘Ali b. Mabmîid b. Omar b. Sabine Sàh b. Ayyùb b. Sàdî Ab ’1-Fid&, m:3 muharram 732 (6 Ottobre 1381). V. Wi bol stenfeld, Geschichisschreiber, nv. 898. — Il 4° vol. comprende la storia dei tempi anteriori a Maometto fino al 405 eg.; il 2° comprende gli anni 406-589 eg.; il 3° gli J anni 590-709. L'opera intera fu stampata a Costantinopoli 1286 eg.; la parte che va 1° dalla nascita di Maometto fino alla fine dell’opera, fu pubblicata con versione latina. “ e note dal Reiske (Hafviae 1789-94, 5 voll. in-fol.); la storia anteislamica, con bi vers. latina e note, dal Fleischer (Lipsiae 1834, in-4). Edizioni e traduzioni par-. È ziali sono molto numerose. | a. II. 45, 416, 47. Vol. I: alto 27 1/, cm., largo 20.1/, cm.; 396 £., 17 1. — Vol. II: alto 251/, cm, largo 17 1/, cm; 212 f., 17 1. — Vol. II: alto 25/, cm., largo 17 1/, cm.; 218 f., 17 1. — Nashbi, °° eccetto i f. 315,v.-396 del 1° vol., che sono in ta‘lîg; le rubriche del 1° vol. in rosso. I tre volumi i sono scritli da una stessa mano, probabilmente alla fine del XI sec. od al principio del XII eg. 8. — Ale] dal El È DI N) « I compagno sicuro nella sto ria di Gerusalemme e di Hebron », di Mugîr ad-tîn Abù 'lyumn ‘Abd ar-Rahman * ° b. Muhammad al-‘Olaymî al-Umarî al-hanbalì al-Maqdisî, m. 927 (com. 42 Dicem- i bre 1520). V. H. H. I, 458, nr. 13395; W istenfeld, Die Geschichisschrewber der i Araber, nr. 512. a Comincia (f. 4,v.): 4_4ll d'& Lil, i) gl È dal de Jaali di Ji ti Sail de ps Sil adi 9] e! ope PARTIRE io lf È 9) Sr - uv sALUJI (sic) 09 \ihs aalti bau JI du d 4289 + RT, Ì II ele LI, e continua sino al ‘f. 3,r., esponendo minutamente gli argomenti che tratterà nel libro. Premessa una storia succinta di Adamo, di Abramo e di Mosè i e dell’ascensione al cielo di Maometto, entra in argomento parlando della riedifica- " zione del tempio per opera di Ciro; quindi fa la storia di Gerusalemme, descrivendo + anche la città e i suoi dintorni. Indica in seguito gli avvenimenti notevoli nella storia A di Hebron; e, date alcune notizie sul sultano Q&A’itbày, ci offre una serie d’annali | dall’873 al 900 dell’egira. Im fine (f. 308,r.) dice di aver cominciato il suo libro il D I MSS. ARABI, PERSIARI E ‘IURCHI ECC. 43 venerdì 25 dù ’l-higgah 900 (16 Settembre 1495), e di averlo compiuto in meno di quattro mesi, ad onta delle sue occupazioni e benchè per circa un mese non avesse potuto seriver nulla. La bella copia (42) del libro fu terminata il lunedì 17 ra- madaàn 901 (30 Maggio 1496). Nel tempo stesso promette di scrivere un'appendice sulla storia delle due città suddette, dal 901 fino al tempo in cui piacerà a Dio di lasciarlo in vita.— La nostra copia fu terminata nel safar 1086 (Maggio 1675) da ‘Abd al-Haqq b. Gamà‘al al-Kinanî, predicatore (L3) nella moschea al-Agsà di Geru- salemme. CI Molti estratti di quest'opera importante trovansi nelle Fundgrudben des Orients, vol. I, p. 838-100; II, 118-142, 375-387: II, 211-220; IV, 215-236; V, 145-163. Buona parte fu tradotta dal Sauvaire (Moudjir-ed-Din, Mistoire de Jerusalem et d' Hebron, traduite partiellement ecc., Marseille 1876); infine l’opera intera venne pubblicata al Cairo 1283 eg. (2 voll. in-8). Altri mss.: Uri-Nicoll, t. I, p. 454, 168, 179; Tornberg, p. 177, nr. 258; Cureton-Rieu, p. 161-2, nr. 332, e 383: Catal. Lugd.-Bat. I, p. 175, nr. 808-841; Fligel, II, p. 131-132; Rosen, Mss. arabes de l'Institut de langues orient. (St. Pètersbourg 1877), nr. 45; Rosen, No- tices sommatres des mss. arabes du Musee Asiatigue (St. Pétersbourg 1881), nr. 180; Pertsch, nr. 1716-1717; Catal. Paris, nr. 1671-1682; Tunisi, moschea az-Zay- tùnah, nr. 54 (Bullet. de correspondance africaine, Alger 1884, t. IL p. 18); Catal. Cairo V,16; Ahlwardt, nr. 9795, 9796 (qui 6 copie difettose). Altri mss. trovansi pure alla Vaticana (nr. 275, 749-752). a. V. 14. Alto 21 cm., largo 15 1/, cm.; 309 f., 25 I. Nashì. Sul foglio di guardia: « Istoria «di Gerusalemme e di Hebron, opera del sceik Magiruddin ». 59. — Ms. acefalo sulla storia di Egitto, che senza dubbio è il ;l-| albi Udi bi oe 522 Glos di è JI <« Bellezze delle notizie dei predeces- sori intorno ai dinasti che liberamente regnarono in Egitto », o semplicemente & ul dle, composto nel 1032 (5 Novembre 1622) o 1033 da Muhammad b. ‘Abd al-Mu‘tî b. Abî ’l-fath b. Ra Di ‘Abd al-ganî Db. ‘Alì al-Ishàgî al-Manùfi as —Safi‘î, e dedicato a Mustafa I°. V. H. H. V, 313, n. 11103; W istenfeld, Dze Geschichtsschreiber der aa nr. 568. Il ms. comincia (f. 1,r.) in tronco coll’ul- tima parte del III bàb (storia degli ultimi tre califfi ‘abbàsidi); poi seguono: # Gv.: IV bAb: Asd il ds gal \_albl le gie di ie d DALAI vg .b È 0 Lilla las dll. — f.31,r.: V bàb: elsa i)s> E) i f. 40,v.: VI bàb: ig Jedi i Tra i fogli 41-42 manca qualche foglio, onde dall’anno 583 si salta al 635. — f. 60,v.: VII bah: AL pe i) > i — È are IX bab: la za cdl Ale JI SH daeb E: Tra i f. 88-89 mancano uno o due fogli contenenti parte della storia del sultano Almad. L'ultimo paragrafo del capitolo ab- 44 CARLO ALFONSO NALLINO braccia gli avvenimenti dell’anno 1031, in cui cominciò il secondo regno di Mustafa I. — f.92,r.: X bàb, sui governatori ottomani dell'Egitto. Termina colla deposizione di Ibràhîm pasa as-silàhdaàr (nel ms. datti, Dozy, Supplem., 1, 672,4), governatore dal 12 sSa‘bàn 1031 al 7 ramadàn 1032. — f. 133,v.: ALI, contenente esortazioni, consigli ed aneddoti relativi a re e principi. Però manca in fine qualche foglio. L’opera fu pubblicata al Cairo 1296, 1300, 1303, 1304 (in-4), 1310 eg. Altri ss.: Uri-Nicoll, vol. I, p. 184, nr. 854, cfr. vol. II, p. 597; IKrafft, p.96, nr. 257; Tornberg, p. 186, nr. 265; Mehren, Cod. orient. Bibl. Havniensis, nr. 4153; Cureton-Rieu, p. 571, nr. 1251; Catal. Lugd-Bat., V, 205, nr. 2620; Fliigel, II, p-152-3; Aumer, nr. 396 e 397; Rosen, Mss. arabes de l Institut de lan- gues orrentales, nr. 56; Pertsch, nr. 1633-37: Catal. Paris, nr. 1039-1049; Ca- tal. Cairo, V, 124-422; Browne, Hand-list of muhamm. mss. (su cui vedasi nr. 49, nota), nr. 976, 977. a. V. 1. Alto 21 '/, cm., largo 16 cm.; 137 f., 19 1. Nashî frettoloso; rubriche in rosso. EPA, Gb cl dI Geil gg ds (1) « Perle uniche infilate intorno alle notizie sul pellegrinaggio e sulla via della Mecca il- lustre» di ‘Al b. ‘Abd al-Qàdir b. Muhammad b. Yahyà at-Tabarî al-Ansarî al-Husaynî al-Makkî as-Safiti, illustre professore e giudice alla Mecca, morto nel 1070 (com. 18 Settembre 1659). V. W istenfeld, Die Geschichisschreiber der Araber, nr. 572; al-Muhibbì, vol. III, p. 161-166. G_$ s È Comincia (f. dv ) : de DI > 5bdlo Si) I) 2 di Ts ab dol R, als4 di ai (1 a tI) I AI f 2-3. l'autore dà il prospetto dei 7 bàb en in 31 fasl), nei quali ua è divisa. Ecco i titoli dei bàb: 1° la 135] È eli G ce Gli les spal È E LI 5399 \& 25 las, 1. Diviso in 7 fas — cb 5) G. Diviso in 4 fas — 8. Jo ell odor cu i do d LS lia G gl vl dl Lal ide do dle Al. n2 fs. — de Lib cel ile aa dai sol olpò ale Jati Im 3 fasl. — 5°. Ss 29 JE Jallls DUI Si doll lb (i. e di (0) ad iS] GI N Gg. In 8 fasl. — 6». Inualts Luglzis lplly da all icall , sg | lexslus In 3 fast. — 7° Vly OLSI ge È ge Ges SÌ G DESSÌ di gua (4) Il titolo si legge così non solo al f. 4,r. (in miniatura), ma anche nella prefazione del ‘libro (f. 2,r.). ] MSS. ARABI, PERSIANI E TURCHI ECC. 45 pills ile gian ds + 9 ehi Jay lbs il gi Fig D°» In 4 fasl. Il ms. contiene solo il 1° bàb (£. 3,r.-30,v.), il 2° (£. 30,v.-74,v.) e parte del 3° fino all'anno 970. Le notizie si fanno sempre più minute a misura che s’avvicina l’età dell’autore, come lo prova la seguente tabella: anni 8-699 = f. 78,v.-124,v., anni 800-899 = f. 137,v.-157,v., >» 700-799 = f. 1241,v.-137,v., >» 900-970 = f. 157,v.-238,v. Tra i fogli 251-232 vha una lacuna. In fine (f. 2388,v.): c}a @ ali > li ag le AI des dass ang dol PRA SUI dal agli ciali >| © JI hl Sembra che questa copia fosse stata scritta per l’autore medesimo, giacchè il copista aggiunge: & cl 3 al è dal Le è E JI gb gii dal dial aac d dl. Alla biblioteca khediviale del Cairo esiste, anonimo, un altro manoscritto con- tenente la prima parte dell’opera, fino all'anno 966 (Catal. Cairo, V, 58). a. IMI. 14. Alto 26 !/, cm., largo 18 cm.; 238 f., 29 I. Nashì piccolo, ma in generale chiaro e corretto. Sul foglio di guardia: « Istoria della Mecca e della Sacra peregrinazione. Opera di «Abdul-Cadir. Codice antichissimo in un sol volume ». L’Amari sotto aggiunse: « È il primo di « parecchi volumi, scritto almeno innanzi la fine del XVI secolo. M. Amari. 9 Marzo 4861 ». 6î. — Storia del Libano e degli emîri sihàbiti a partire dalla morte di Ahmad Man, avvenuta nel 1109 (com. 20 Luglio 1697), fino al 1245 (com. 25 Maggio 1800), comprendendo quindi la spedizione francese in Siria. È un largo compendio della storia ‘composta dall'emìîr Hayder, e ne diede un lungo ragguaglio il Tornberg (Zeitschr. d. deutsch. Morgenl. Gesellsch. V, 1854, p. 500-507), secondo un codice della Biblioteca Universitaria di Lund. Un altro ms. è indicato in Rosen, Mss. arabes de l Instit. de langues orientales, nr. 61. Sulla storia composta dall’ emìîr Hayder, v. Zeitschr. d. deutsch. morgenl. Gesellsch. INI, 13849, p. 123, e V, 1851, p. 483-500; Literarisches Centralblatt, 1892, col. 675. — Comincia (f. 4,v.): subl \ i » se ° ‘no - la L w ESISTE call el de Ils es Vr cri a dig a 2 i Li di le dll alla dl) Je dd Oli also ce ade lil oe sualell ditla sl Sly ab ge dt ge Us EI 9 OLII e Cola ga a. V. 41, Alto 24 cm., largo 15 !/, cm.; 136 f., 23 I. Karsùnî. Su un foglio incollato alla fine del libro: « Cronaca maronita, ovvero relazione delle cose notabili avvenute nella montagna <« dall’installamento della famiglia Scehab. Essa è scritta in è 3ù I ovvero in caratteri siriaci «con lingua araba. De Marchi ». 46 CARLO ALFONSO NALLINO 62. I. — f. d,r--29. Ultima parte di un’operetta, che un confronto con quella che segue non lascia dubbio essere il comunento di Kamal cala Mas'ùd as-Sirwanî ar-Ràmî (IX sec. eg., v. H. H. I, p. 207) sulla Lal LI & Alu « Trattato sulle regole da seguirsi nella disputa », opera di dialettica composta da Sams ad-d în Muhammad as-Samarqandi (m. intorno al 600, che com. il 10 Sett. 1203; in Brockelmann I, 468, per errore si legge la data 690). Il ms., ove il testo di as-Samargandì è sormontato da una linea rossa, fu terminato ad Adrianopoli nel rabì" I 938 (Ottobre-Novembre 1534). — Altri mss: Fleischer, Lips. p. 354; Uri-Nicoll, vol. I, nr. 511,3 e 521; Dorn, p. 227, nr. 241,1; Caltal. Lugd.-Bat. III, 356, nr. 1508; Loth, nr. 590; Aumer, nr. 664; e/@4yyah nr. 76 (ZDMA. VII, 1854, p. 584); Pertsch, nr. 28091; Rosen, Bologne, ne. 121,2, 4153, 417,2, 4184; Catal. Paris, nr. 2351,2; Kremer, Ueber meine Sammlung orient. Hand- | schrr., nr. 434; nv. 134; Catal. Cairo, Il, 272, 273, 275, 276, 201, 209; Ahlwaedt6 nr. 5275 e 5276 (7 copie); infine all’Escuriale ed al Museo Asiatico di Pietroburgo. 2. — f. 31,v--66,v. Comincia: deall di pp iL dsl Las 41 & dg è LI lil Lg cn SRI Ari o) e ob. Son dunque le g7osse È di Tmàd ad-dîn Yal hyà b. Almad al-Kasî (X sec.; v. H. H. ol p- 208) al commento A suddetto di Mas‘ùd ar-Rùmiî. Finito di copiare ad Adrianopoli il 14 rabî' I 988 (26 Ottobre 1534), a quanto pare dall’esemplare stesso dell'autore: OE e è Ji al e Pe 22) 89 È di | 24 — Altri mss.: Krafft, nr. 399; Au- mer, nr. 6649; Derenbourg, Escurza/, nr. 6784; Pertsch, nr. 28092; Rosen, Bologne, nr. 415,3, 418,2, 1202: e forse anche Ur PENTIRSI vol. I, nr. 5ILe (cfr. II, p. 584). Inoltre Caial. Cairo Il, 273, 274, 276 (bis), 277: Ahlwardt, nr. 5277, 5278 (5 copie). 3. — f. 69,r.-90,r. Glosse di |Lutf Allàh b.] SugA ad-dîn [Hardamah], vissuto al principio del X sec. eg., al commento suddetto di Mas‘ùd ar-Rùmì, ed alle glosse di al-Kasî. Vedi H. H. I, 209. Comincia: all call ail di pill al Je SE? Le>3 dla Jì Ud lu Av 0 > 0 42 le di gio dal È albi ile Ò SA bare Cal h- Il testo commentato è introdotto colla parola 4)y3 in rosso. — Nltri mss.: Ahlwardt, 5281 (2 copie); Aumer, nr. 664, 2°; Pertsch, 2809, 2. a. VI. 241. Alto 17 !/, cm., largo 12 cm.; 90 f., 15 1. Talîq mancante di molti punti diacritici. SUN 2995 ai roi ali dial Leu È edi « Raccolta dei ‘rimedi per le malattie delle varie parti del 0 » di Dàwàùd Db. ‘Omar al-Antàkî, — I MSS. ARABI, PERSIANI E TURCHI ECC. 47 m. 1008 (com. 24 Luglio 1599). Sull’autore si veda Wiuùstenfeld, Geschichie der arab. Aerzte (Gòttingen 1840), nr. 275; Leclere, Histoire de la medecine arabe (Paris 1876), II, p.8304; al-Muhibbî, vol. IT, p. 140-149. Comincia (f. 3,v.): ei el gel JI Ja sil . è all & dI Atl è i ua. SUI 333Ì> n gl SEE ela 3a dis & e) È, St e d “o Sua pd Li Ye al Sl dl UÈ JU dl de) RSS dal de &Y le alc dl; lc asa dl SD ci ol e ads aa BEVI) enza] E OLINI OA, CES di Dlggio dla l> aa &É dll DI À29 Aia ell cé SE L’opera si divide in 40 bàb; i primi 20 trattano delle malattie delle singole mem- bra del corpo e dei loro rimedi speciali, gli altri 20 le malattie ed i rimedi che si riferiscono all'intero organismo. L'indice di tutti i 40 capitoli trovasi ai f. 4,v-T,r. Altri tre mss. di quest'opera, ma senza nome d'autore, esistono a Gotha (Pertsch, nr. 1966-1968). — Il ms. fu terminato il 12 sabàn 1145 (28 Gennaio 1733). a..V. 17. Alto 20 cm., largo 14 !/, cm.; 54 f., 21 1. Magribî; rubriche in rosso. Sul f. di guardia: « Livre des choses utiles au corps par Daoud el Anthagi. (Traité de médecine) ». Sulla guardia: « Dono del Cav. Roland de Bussy ». @4. —- Raccolta di brevi trattati astronomici in arabo e turco. 1. — f 1v.-7r. (arabo). n] dal all lia « Trattato sull'astrolabio » d'autore ignoto. Comincia: al ) cdi_g dagli 3ghal 9 be GI lie N dubl ans fio Dili Ji SVI siti de ell Al lgs SII sa DI) ae du 9 AVANRO de ANSIEE DI VAVeltt! Copiato da Mustafà b. Muhammad nel 1221 (com. 21 Marzo 4806). Il f. 7,v. contiene una figura relativa al trattato. 2. — f. 8,v.-18,r. (arabo). Senza titolo; dalla prefazione si ricava che è il GI das Libi ce sas GL ia « Giardino per chi considera il modo di tracciar le linee del fadl ad-dd'ir » (2) di Muhammad b. Muhammad b. Mu- (1) Trattato composto nel 711 da Yuùsuf h. Isma‘îl al-Guwaynì al-Bagdadî, detto Ibn al- -Kuthî che lo calcò sulle orme del Libro sui Semplici di Ibn al-Baytàr. V. sul suo autore Catal. Lugd.-Bat., Ill, 259, nr. 1361 (ove è corretta la storpiatura Ibn al-Kabîr di H. H. V, p. 353). (2) Si chiama così la distanza d’un astro (e nel nostro caso del Sole) dal meridiano, con- tata sul suo arco diurno, od in altre parole l’arco di parallelo compreso fra il punto a un dato istante occupato dall’astro ed il meridiano. Cfr. Delambre, Hist. de l’astron. au moyen dge, Paris 1819, p. 198; Aboul Hhassan, Traòté des instruments astronomiques p. 261; Carra de Vaux, L’almageste d’Abù *I-wéfa (Journal Asiatique, VII série, t. XIX, 1892, p. 429). 48 CARLO ALFONSO NALLINO hammad al-Udùsî (99) at-Tùnisì al-As‘arî al-MAlikî. operetta, divisa in 4 bàb ed una hàtimah, comincia: a cell Ob, Ju già Ai Vi si cita Sibt al-MAridinî, autore del n. 4. — Finito” ‘di copiare il 25 dù "l-hi&gah 4221. 3. — f. 18,v.-81,r. (arabo). Commento di Ahmad b. Ahmad Db. ‘Abd al -Haqq as-Sunbàtî, m. 990 (com. 26 Gennaio 1582; v. H. H. II, 388, nr. 6087), al trattato sul quadrante a seni di Badr ad-dîn al-Màridînî, che trovasi subito dopo al nr. 4. Comincia: Aug dot Via de Ad des dl n) di dal li € lie Slice eos. pill all Jaò dd VAETRIAI 2 alb Al 2 Ji dedi di degli ALY Je Finito di copiare 5 Mustafà b. Muhammad il 5 ragab 1222. — Altri mss.: Cure- ton-Rieu, p. 192, nr. 407,2; Fligel, II, p. 487; Catal. Cairo, V, 262 (due copie), e forse 301; Ahlwardt, nr. 5821. 4. — f. 31,v.-35,r. (arabo). dI cl Jeall i lu « Trattato sull'uso del quadrante a seni (1) » di Badr di al-Màridînî (2). Fu stampato in mar- gine al Ahmad al-Hatib al-Gàwì, al-gawàhir an-nagiyyah fì ’l-a‘màl al-gaybiyyah, Cairo 1309 eg. (16 pp., in-4°). Altri esemplari (alcuni col titolo & iP) A J cc ot JN) trovansi presso Krafft, nr. 3295; Mehren, Codd. orient. Bibl. (4) È un quadrante sul quale, per risparmiar l'uso di tavole trigonometriche, si leggono addirittura i seni degli archi; è descritto in Dorn, Dre? astron. Instr. pag. 16-22. (2) Sui vari al-Maridînî regna una grande confusione, e sarebbero desiderabili ricerche speciali al riguardo. Da vari passi di H. H. il nome intero del nostro autore risulta Badr ad-dîn (var. Sams ad-dìn, H. H. V, 211, e Catal. Lugd.-Bat. III, 133, nr. 1148, Cureton-Rieu, p. 194, nr. 408, II) Abù ‘Abd Allah (var. Abù ’1-Qasim) Muhammad b. Muhammad b. Ahmad b. Muh. Sibt (opp. Ibn bint) al-Maridînì; come data della sua morte H. H. V, 407, nr. 11471, dà, confondendo evidentemente il nostro Sibt al-Maridînì col nonno, 1° 809 eg. (com. 18 Giugno 1406); ma V, 601, nr. 12253 dice che una sua opera fu composta nel 944 (com. 10 Giugno 1537). Quest'ultima data, secondo l’autore del Cata?. Lugd.- Bat. 1. c. andrebbe corretta in 934 (nella nota a pie’ di pagina, si legge in cifre arabe 924!), e sarebbe quella della morte dell’autore. Il 924 è forse il più probabile; infatti sappiamo da H. H. II, 236, nr. 2643 che un’opera di Sibt al-Maridînì venne commentata da Zayn ad-dîn b. Muh. al-Ansarî, morto già nel 910 (com. 14 Giugno 1504); di più Ibn Iyàs, Ta'rih Misr, Bùlag 1311, vol. II, p. 153, c'informa che Badr ad-dìîn al-Maridinì fu fatto sayh al-mîqatiyyah al Cairo nel ragab 879 (41 Nov.-10 Dic. 1474). Si aggiunga che della presente operetta si ha una copia dell’ 860 eg. (Catal. Cairo VII, 315); e che, come già osservò il Woepcke, Sur l’introduction de l’arithmetique indienne en Occident, Rome 1859, p. 54 (e cfr. p. 66,, nel trattato sul calcolo sessagesimale del nostro Muh. Sibt al-Maridinì si parla di Ahmad Ibn al-Magdì (m. 850 = 29 Marzo 1446-18 Marzo 1447) come di persona ormai defunta. — Non so da qual fonte il Catal. Cairo, passim, dà come anno dì nascita l°826; anzi III, 308 dice esser egli nato al Cairo il 4 dù ’l-qa‘dah 826 (9 Ottobre 1423). In Ahlwardt nr. 5848; senza indicazione di fonti, si narra che l’autore era «um 863/1459 am Leben ». — Il padre era soprannominato Ibn al-Gazal, come risulta da Uri-Nicoll I, nr. 962, e Cureton-Rieu p. 192, nr. 407, II. — Anche nelle opere composte dal nonno e dal nipote si ha non poca confusione. I MSS. ARABI, PERSIANI E TURCHI ECC. 49 Hovniensis, nr. 878; Catal. Lugd.-Bat. III, 422-123, nr. 41119 e 1120; Cureton- —Rieu, nr. 407 e 408: Aumer, nr. 861; Pertsch, nr. 1417,3, 1419,2, 1422, 1423; Gasiri, Escurzal, nr. 963, IV; Catal. Cairo, V, 266 (10 cpie), VII, 315; Catal. Paris, nr. 2547, 2°; Ahlwardt, nr. 5818, 5819 (4 copie), — Comincia: 23) Jb (i fol... Allo. 60) GIL az I LI e_N Ll dic dalle Je AE e i dell È A). AI £.35,v.-36,r. v'è la figura relativa. — Finito n copiare il 4 a 1221 (= 15 Dic. 1806). o. — f. 36,v.-40,r. (turco). DA 3 dl) cda « Trattato sul quadrante a sent », composto nel 974 (com. 19 Luglio 1566) da Husayn b. Halîl, detto sd; ti di Gallipoli. Comincia: Aa] dead 2» SI > sil hi deb dels. — Finito di copiare il 7 sawwàl 12241 (= 18 Dic. 1806). Nei f. 40,v.-41,r. vi sono tavole relative alla posizione di alcune stelle e di alcune città. 6. — f. 41,v.-56,r. (furco). Lai !) Alu « Trattato sul quadrante a seni », composto da Mustafi EICAS: uvaggin(i ) nella moschea di Selim a Costantinopoli \ (v. sotto, nr. 7). Si divide in 22 bàb e comincia: o a Sea AI fl c A dat 393 Jia af — Finito di copiare da Mustafa ibn Muhammad ;l 92 ramadàn 1221 (= 3 Dic. 1806). . — f.56,v.-62.,r. (furco). Lal lu \ia « Trattato sui circoli detti mu- iiardi » (2). di Mustafa b. ‘Alî, muwaggit nella moschea di Selìm a Costantino- poli. Il ms. autografo (intitolato es ded gl ds al cagl 459 trovasi a Vienna (Fligel, II, p. 496-497), e dalla sua sottoscrizione si ricava che l’autore lo compose nel 955 (com. 15 Settembre 1528). Altri mss. sono indicati nei Cataloghi, p.456; Rieu, Turk. Mss., p.121; Uri-Nico]], L p. 342,4; Krafft, nr. 350; de Jong, Codd. Orient. Acad. Regiae, nr. 209. Comincia: A Je sil hi QUEI sal) si) ghblo Ai i 23) 22>Y); si divide in 12 bàb. — Finito di copiare il 27 ramadàn 1221 (= 8 Dic. 1806). 8. — f. 62,v.-65,r. (arabo. bl PSA ill) sde, ovvero più esattamente, come si legge nella prefazione, i SAI C 5 delll o as) ESSI Li « Polo delle stelle lucenti nell’operare col quadrante dei circoli paralleli all'orizzonte », senza (4) Cioè astronomo addetto ad una moschea per osservare ed indicare le ore in cui sì deb- bono fare le preghiere rituali nei vari giorni dell’anno. (2) Sono i circoli paralleli all'orizzonte di un dato luogo. SERIE II, Tom. L. 7 50 CARLO ALFONSO NALLINO nome di autore, e diviso in una prefazione (mugaddimah) e 15 bàb. Comincia: dall Ch Das dle 5 ale deli Al cigd dg... SI coi gli od la ld lay dI ra 19 ei N le sul es (sic) e ca i III Si Lidl. Un altro ms. in Catal. Caro V, 267 (ove nel titolo si legge abs invece di ls) donde si ricava l’autore essere Abù 7l-fadl ‘Tzz ad-dîn ‘Abd al-‘Azîz b. Muhammad al- -Wafàd'î, muwaggit nella moschea d’al-Mu'ayyad al Cairo, morto nell’876 (com. 20 Giu- gno 14741). Quest'opera sembra diversa dall’altra dello stesso autore col titolo simile di an-nugum az-zdhudl fi l-amal bi rub' al-muqantardt, comprendente una mugad- dimah e 25 bàb, e composta nell’843 (com. 14 Giugno 1489); vedasi H. H. VI, 309, nr. 13613; Catal. Cairo, V, 276 e 325 (in tutto 6 copie), Catal. Lugd-Bat. II, 124, nr. 1123; Catal. Paris, nr. 25381. — Finito di copiare il 29 ramadàn 12214. 9. — f. 65v. (turco). la lug So e! cia d ad 10. — f. 65,v.-67,r. (arabo). « Trattato sulla meridiana » d'an-Nagdîi, di- viso in 8_wagh. Comincia: ED IERIZE dle dl ddl 43) RrO=) di quia Alu) cda de il de RA Sy ii Foley ie e L ll. — f. 67,r.-68,r. (arabo). Trattatello analogo, che comincia: de SG lia e JI (1 ds) data 5 jl> jd Als. — Finito di copiare il 23 ragab 1222. 12. — f. 68,v.-86,r. (arabo). Commento di ‘Abd ar-Rahmàn b. Muham- mad b. Ahmad at-Tagùrî, al trattato sul quadrante a seni di Badr ad-dîn al- -Màridînì (v. sopra nr. 4). L'autore è forse quello stesso Abù Zayd ‘Abd ar-Rah- màn at-Tàgùrì, m. 999 (com. 30 Ottobre 1590), che compose un ca Malt ((FrRAI VI, 77, nr. 12762; Pertsch, nr. 61,5) (4). — Comincia: y4uoll LS a Ju SI AAnE NIE bl el tue: RE; dl Sue (CHE delgall deiidi gl dell dilo i aladia liyg gio Si d° SSA a) al GUAI 02° de Veogs paS9 LL 7359 SA, 221) de sala ol leé ded. Termina coi versi soy] À_3 na de AI i attribuiti ad aè-SAfi<î. La copia fu terminata il 10 rabî‘ I 1223. — Altri mss.: Catal. Lugd.-Bat. I. 154, nr. 1145 (ove però manca il nome del commentatore); Cureton-Rieu, p. 194, nr. 408,3; Catal. Cairo, V, 243; Riféiyyah, nr. 329 (ZDMG. VII, 1854, p. 580); Ahlwardt, nr. 5820. L’operetta è ancor oggi studiata al Ma- rocco; v. Delphin, Fas, son Universitè ecc., Paris 1889, p. 35. (2) Vedi pure Cataloghi, p. 429 (nr. 52, f. 1,v.). I MSS. ARABI, PERSIANI E TURCHI ECC. 5I < 13. — f. 86,v.-106,v. (arabo). Come vedesi dalla prefazione, è il trattato IE 4 Joel di) Se Cio perle sparse sul modo di operare col qua- drante È, dastùr(2)» di Gamàl ad-dîn al-Maridînî morto probabilmente nel- 1’ 809 (com. 18 Giugno 1406; cfr. sopra il nr. 4, e Catal. Lugd.-Bat., III, 122, nr. 1119. nota), — Comincia: Gdll db atl..... ES cid Jas Gidl SUI a Ju REST dii ae DOS I, NOCHI peli dal ul GIULI I ja Laos DELI Je lg Ds gii I dell doti lets ars UL otos iste Je lityy Gil Ag GUN AJ VI ge JU Fu finito di copiare da Mustafà b. Muhammad, 114 rabî° II 1223. — L’operetta è citata in H. H. VI, 434, nr. 14206, ove leggesi il nome intero dell’autore Gamal ad- din Abù Muhammad ‘Abd Allah b. Halîl b. Yùsuf al-Maridînî. Altri mss. nel Catal. Cairo, V., 245-246, 2387, 288, 291-292, ove l’autore è detto sempre essere Sibt al-Maridiînî (su cui nr. 4 del presente ms.); ma nel Catal. Cuatro V, 262 si trova un commento anonimo alla nostra operetta, dove l’autore è chiamato Gamàl ad-dîn Roia casse. Muhammad b. Muhammad Sibt al-Maridînì, facendosi forse, per i nomi Muh. b. Muh. Sibt, una confusione col nipote (vedasi nr. 4). In Ablwardt nr. 5840 l’autore è Gamàl ad-dîn al-Mavidînî come nel nostro ms. Nel Catal. Paris, nr. 2533 è la stessa opera.col commento di Sihàb ad-dîin Ahmad b. Ragab at-Tanboga m. 850 (com. 29 Mar- zo 1446); l’autore vi è chiamato Abù ‘Abd ar-ralimàn “Abd Allah al-Maridinî. La con- fusione con Sibt al-Màridìnî deriva forse anche dal fatto che questi ha un compendio sullo stesso argomento, in 55 capitoli, col titolo quasi eguale di Jeall è Di DAI Del y; v. HH. V, 345, nr. 11242 (ed anche VI, 434, nr. 14206). = a. IV. 2. Alto 24/, cm., largo 17 !/, cm.; 106 £f., 23-27 1. Bel nashî; le rubriche a vari colori. Sulla guardia: « Traité d’astronomie par Mustapha ben Mohammed (41223) ». Poi, d’altra mano: « Dono del Sig. Cav. Roland de Bussy, Direttore della tipografia del Governo francese in < Algeri, e Redattore del Monitore algerino ». 65. Bf r-30,v dci SUL 2) ge Jl de « Scioglimento dei imi- steri e spiegazione dei talismani antichi > d’ignoto autore. Comincia: ls lia I) (sic!) DO dual KLI \isa59 (sic) SU d_cual DUI lis esi iS (1) Errore per yi, come hanno i mss. indicati più sotto. (2) Sembra sia sinonimo di « quadrante a seni »; vedasi Dorn, Dreî in der k. Bibl. zu St. Petersburg befindliche astronom. Instrumente, St. Petersburg 1865, p. 10 (= Mém. de l’Acad. Impér. des sciences, t. IX, nr. 1). DR CARLO ALFONSO NALLINO ‘ de Sep 4) Ax 3939 2° SIP de DS el (sic) J£ 4 \ SH î RON 1037 CR e 3 E MORI e) e Ugdauls (sic) Ogl.le \g ds Je dial CLI cul e! ads ell Dopo la prefazione (f. 4,r.-2,r.) segue una raccolta di alfabeti fantastici. -—— La stessa opera è nel Catal. Paris, nr. 2703, col titolo: S\LJls dI as Sgall da 2. — f.314,v.-84,r. Secondo la prefaz. è il dal (1) GIYI e TE] ro) de: « Proposito d’ arrestarsi sulla scienza degli orizzonti e delle lettere » d’ignoto autore. Comincia : (sic) 419.1] dali St Ji dilio Lab I>99 43 \uJl E > Sil Ni all Poi, al £ 82: © GUN ale G Sl È Sali AJ LE 60 gen Lal NI Tala 9 I bs dla syla09 dl gal e) dl AI) (sie) E si E ibgrali ga liali DIEYOBVI eso (1099) did ra soldi EL d di pu a | n UMas. Contiene considerazioni sull’origine della scrittura, notizie sul valore misterioso delle lettere, e moltissimi alfabeti segreti od immaginari. Ai f. 414,r- -42,v. son ricordati, per ordine cronologico, parecchi che scrissero libri sulle virtù delle lettere dell'alfabeto; l’ultimo è: groll Llé ai REY) pe (sie) patali È 9 049 vs (aggiunse. asi) PRA 3 dg ce È oli db Std (2) Sell a. V. 20. Alto 20 !/, cm., largo 14 !/, cm.; 90 f. Nashî. Sul foglio di guardia: « Alphabe-. « tario in varie antiche lingue. Pertinet ad Miss. R. P. Refor. Sup. Aegypti. Solutus 155. med. « A. 1746 » (3). II TIISIZANINE E 66. — Opera senza titolo nè nome d'autore, che è il bob, RA ils ia bl at Als pia (1. Da). La copia fu terminata il giorno 8 dù ’l-higgah 1169 (5 Settem- bre 1756). — Litografato in Persia 1283 eg. Altri mss.: Dorn, p. 202, nr. 223; Catal. bugd-Bat. V, 148, nr. 2525; Aumer, nr. 292-294; Rosen, Mss. arabes de VU Institut de langues Orientales nr. 155; Rieu, II, p.507 e 508; Sacha u-Ethé, «nr. 1670: Pertsch, Bern, nr. 162 e 163; alla Vaticana (Horn, ZDMG. 541 Bd., 1897, p. 149); Browne, Hand-list (su cui si veda sopra, p. 33, nota), nr. 155-157. a. VI. 9. Alto 20 cm., largo 13 cm.; 197 f.; nei f. 1-51, 20 1. in taflî(; poi 25 l. in piccolo nashî. I f. 52-197 contengono pure 48 piccole linee in margine. 67. — ie cieca 3 di Ibn Fahr ad-dîn Hasan Gamàl ad-dîn Hu- sayn Îngà ‘Adod ad-dawlah. È un dizionario delle parole veramente persiane, che l’autore cominciò sotto il regno di Akbar, e finì nel 1017 (com. 17 Aprile 1608) sotto il sultano GahAngir, al quale l’opera è dedicata. V. Blochmann, Contridu- tions to Persian Lexicography (nel Journ. As. Soc. of Bengal, vol. XXXVII) p. 12- 15; Journal Asiatique, ASTA, p. 106-124. Comincia con una lunga prefazione (che però non è divisa in osi come presso alcuni mss.), le cui prime parole (f. 1,v.) sono: A dal I) Le Il dizionario comincia col f. 12,v.; l’ultima parola Spiegata è O La copia fu terminata il 4 safar 1079 (14 Luglio 1668). — Lito- grafato a Lucknow (1293 eg., 2 voll. in-8). Altri mss.: Pertsch, Berln, nr. 123- i -427; Mehren, Codd. orient. Bibl. Havniensis, pars III, p. 24; Aumer, nr. 276- | -280: Rieu, II, p. 496 e 497; Sachau-Ethé, nr. 1734-1742; Codrington, Per- | sian Mss. of the R. Astat. Soc. (Journal of R. As. Soc., July. 1892), nr. 217, 248, 219; Rosen, Mss. persans de l’Inst. de LL. Orr., nr. 1417; Browne nr. 140 e 141. a. IIL 13. Alto 27 cm., largo 17 cm.; 297 f., 21 I. Ta‘lîq sino al f. 192,r. poi nasbì. 68. — Miscellanea poetica arabo—persiana. | 1. (arabo). — f. 4,r.-88,r.: xy Ji Lau (1) « Scintille dell’acciarino », rac- | colta delle poesie giovanili di Abù ’1—-l5), quasi tutti del V sec. o della 1% metà del VI (XII d. Cr.); credo quindi che il compilatore appartenga al VI sec. Riporto qui quasi tutta la prefazione: ..... di De si la del di AF da Lal Slo de ue lag dial Ale.) 39 tl )) 359) O) hr b, Le a) 3) gb arto 0 cal bi Ala gio E get ER pesi JaY less SI siii D x d pohbls credi a n ee LAI ae SS IA DES n: ds 93 Ri) Si all. Segue l’enumerazione dei 12 bàb che sono: 1° |a sYls LI O) oe Peo où Je 41d SVI dr — 3 Sa AG >gbls o Sy Dsiblo: — do Gazall IR SID A Sl dl di — 50 i Sly tUly a de ù ima ODI Yls Ugl; — 8° alals PX) ie cd: — 9° ddl SI) Ù ad d; — 100 das Ji e3lIlo dai Vi glell gi — 1° Sly sali il di — 12 @ Sygila dea. I capitoli 7-12 sono scritti sul margine, partendo dal f. 44,r. e tornando All it Sv 3. (arabo). — f. 44.,v.-50,r.: Le 7 Mu‘aliagàt. Cominciano tutte come nel l’ediz. Arnold. Per la bibliografia, v. Pertsch, Arad. gati nr. 2191, e Bro- ckelmann I, 18; si aggiunga la versione SA di F. E. Johnson (London 1894). 4. — f.50,r.-50,r.1 de& C SI pal ole dg Sul eli JÌ 095. Diwdn, as- sai probabilmente di quel Sàhih Giyàt ada Muhammad, m. 756 (com. 21 Ago- sto 1335), al quale Selmàn diresse alcune qasîde. Contiene solo gazal: il taballus è Muhammad. Comincia (metro 7a720)): db dl3 gie g3 69 L ob dla del 33 39 Jal ab IT MSS. ARABI, PERSIANI E TURCHI ECC. 55 5. — f. 56,v.-69,v.: dl > crd È 093 Sha] « Scelta del diwén di Nagîb ad-dîn Garbàdqganî », m. 625 (com. 12 Dicembre 1227) o 635 (com. 24 Agosto 1237). V. Sprenger, Oude, p.17; Sachau-Ethé, nr. 637; Codrington, Persian Mss. of the R. Astatic Society (Journ. of the R. As. Soc., July 1892), nr. 306; Pertsch, BerZn, nr. 682, 6°. Comprende qasîde, gazal e quartine; primo verso (metro mugtatt - ——-|vo--|]v=v-|]+4): olio lle Sw Wise a) 6. — £ 70,v.-79,v. Metnewi senza titolo (4). Dapprima v'è una prefazione in 14 versi, che comincia (metro mutagarib): SI divari 53, O; td > >3 ol Mala fili Seguono altri 11 bàb: 2° (sic) 23 e gas ; — 8° I ale sora, ia JI i do le i pail; — 5° sol s Gi Coda; — 695, dog as; EJ e Je Sa 10° Jas di Jul; — 411° Sp 3I SES — 12° Les )3. — Come si vede già dal primo verso, sono estratti dallo deboli < Libro dei Re» di Firdàsî. In fine: PIO ci d.—f. 80-85: (pds 9 l,)l:>| « Brani scelti del Husrew e Se- | rîn», il noto poema romanzesco composto nel 576 (com. 28 Maggio 1180) da Ni- o zàmî (Gamal ad-din Abù Muhammad Ilyàs b. Yùsuf b. Mu’ayyad Nizàm ad-dîn), | nato nel territorio di Qumm, vissuto a Gangah e quivi morto nel 598 (com. 1 Otto- | bre 1201) o 599; Pizzi, I, 217-219, e II, 178-196; Bacher, Nizamè's Leben und Werke, Leipzig 1871. Comincia (metro hazag mahduf): ci gi bal el 902 gle i Il poema (dedicato al sultano Sa‘ìd Tugrul b. Arslan, all’atàbeg Abù Ga‘far Muham- i mad ed al costui fratello Qizil Arslàn) fu litografato a Lahore 1288 ed a Bombay \ s.a.; inoltre pubblicato cogli altri 4 poemi di Nizàmî a Bombay 1834 e 1838, a | Teheràn 1264, 1264 1316, a Tebrîz 1845,.a Bombay 1304, 1341. V. pure Ham- \ mer, Schwrin, em persisches Gedicht, Leipzig 1807. 8. — f. 85,v.-90,v: fa9 039 del sd jle| « Principio delle dieci lettere \ di Wis e Ramin> estratte dal poema romanzesco Wis (o Wîseh) e Ràmîn di Fahr (\ad-din As‘ad al-Astaràbàdî al-Fahrî al-Gursànî, vissuto intorno al 441 (com. | 16 Giugno 1048). V. una memoria di K. H. Graf, ZDMG. XXIII, 1869, p. 375-433; (1) In luogo del titolo sta scritto in caratteri cufici miniati: Sea osuliz ce) pl. 56 CARLO ALFONSO NALLINO Pizzi, I, 120-421, II, 87--90 (ove è posto in dubbio che l’autore sia al-Fabrî). L’opera fu pubblicata dal Lees a Calcutta 1865 (= Biblioth. Indica, nr. 48, 49, 52, 53, 76); altri mss.: Rieu, II, p. 822; Sachau-Ethé nr. 522; Pertsch, Berln, nr. 684.— ‘ Dopo una lunga introduzione, il cui primo verso è (metro haz49 maldéf): ESS bi IA 0) SUS, es ASA Ola seguono le 10 lettere di Wîs, che terminano col verso: (2) el (sic) So les sis E ig > aL 3 gb Obl-a Comprende quindi le p. 266-293 del testo di Calcutta. — Il ms. fu copiato da Atìr [ad-dîn | Carbàdqanî. 9. (arabo). — f. 9lv.-9T,r.: gibg Gud] 48 il « Libro contenente nare razioni e detti arguti », raccolta anonima di sentenze e di brevi aneddoti in prosa e ino | versi. Comincia senza alcuna prefazione: tao LI. co dle A DE & Jl è 5) Rei Tic unt 4 SRI n È 3; * 5 C i yi Slel dl Cai & Ji È. . dagli fa AE) 0° peo e Si 10. — f. 97,v.-108,r. (tra i f. 107-108 pare vi sia una lacuna): ue sip il Poeste (disposte senz’ordine) del qàdî Sams ad-dîn Mahmùd Tabsî, m. 626 (com. 30 Novembre 1228), sul quale v. Hammer, (Gesch. d. schònen Redekinste Persiens, p. 225-226; Sprenger, Ouvde, p.17, nr. 43. Altro ms.: Sachau-Ethé, nr. 621. — Comincia (metro ragaz): ; bb ol (IR Co asa la DE; col al) GIS do e (Sg SURE A Finito di copiare il 4 Sabàn 744 (22 Dicembre 1348). In fine, per riempir la pagina, furono posti alcuni versi di Humaàm ad-dîn at-Tibrîzî. i IM. — f 108v.-1167- pull las Gio 2° Llaslu « Gare poetiche fra Sa‘cî e Humaàm ad-dîn ». Si alternano poesie, in forma di gazal, di Sa‘dî e di Humam ad-dîn; la rima ed il metro scelti dal primo, vengono sempre conservati dal Sia E1 | piu 3A pts sila eesbl ol J SUL pdl glia second» nella sua imitazione. Comincia (metro hazag): I. L47120, Coll ela Ye Use DL < Scelta delle gazele» | di Humàm ad-dîn di Tebrìz, pupillo di Nasîìr ad-dîn Tùsî, morto a Tebrîz nel 713 (com. 28 Aprile 1313) o 714; v. Sprenger, Oude, p. 17, nr. 58; Pizzi, I, 103- 104. Comincia (metro ramal): (1) Nell'ed. di Calcutta: | 3,573 (2) Quest’ emistichio nell’ ediz. di Calcutta è: vub li e 4 ge 5) les. J] MSS. ARABI, PERSIANI E TURCHI ECC. D7 «€ DCS 90 lele ASI Sr Siglo ea oe CAI Altro ms.: Sachau-Ethé, nr. 751: vedasi anche sotto nr. 15. 13. — f.120.v.-152,v.: Gli Lil Gli vlyd Sly « Scelta del dican del principe dei poeti [Afdal ad-dìn b. ‘Alì Naggàr] Haqanî » di Sirwàn, m. a Tibrìz nel 582 (com. 24 Marzo 1186) o nel 595 (com. 3 Novembre 1198). Il suo tabhallus originario era Haqd'iqìi, che poi fu mutato in onore di Minùcihr, bàgàn di Sirwàn, e di suo figlio Galàl ad-diîn Abù 'l-Muzaffar Ahsatàn. V. Hammer, Schone Redek., p. 125: Ouseley, Biograph. Notices of Persian Poets (London 1846), p. 157; Sprenger, Ovde, p. 461; Khanykov, Memore sur Khacani (Journ. Asiat., sér. VI, t. 4, 1864, p. 137-200: t. 5, 1865, p. 296-367); Pizzi, I, 96-93, 216-217. Comincia (metro Resag): o glio pie D e TO IE obj Ja Gail ES Elo Contiene prima gasîde, poi gazele, e infine rubà'ì. Altri mss.: Dorn, p. 328, nr. 352; Fligel, I, p.508; Rieu, II, p. 558-559; Sachau-Ethé, nr. 560 segg.; Cod- rington, Persian Mss. of the R. As. Soc. (Journ. R. As. Soc., July 1892) nr. 297; Pertsch, BerZn, nr. 759 segg.;: Browne. nr. 208 (al 209 un commento incom- pleto). Le quartine furono pubblicate, con versione russa, dal Salemann (Pietro- burgo 1875); il diwàn a Lakhnaw 1293 eg. 14. — f. 153,r.-157,v.: Gevi dar gal JE ole lle ix « Parte finale della scelta del diwin di Kamàl ad-dîn Ismafl al-Isfahànî » compren- dente qgasîde e targi‘àt. Forma una continuazione del nr. 24. 15. — f. 158,r.-166,r.: GA ele SU Le Sile ad « Ultima parte delle gazele scelte di Humàm ad-dîn ». V. nr. 12, di cui questo è la continuazione. — Finito di copiare il 12 safar 745 (25 Giugno 1344). 16. — f. 166,v.A86,v.: Sigilli gi cell da E IL ole «Scelta delle poeste giocose di Sa‘dî », le quali si trovano nella raccolta: he | Persian and Arabic works of Sédee (Calcutta 1791-1795), fol. 264 seg. Alcune sono tradotte da K. H. Graf nella Zeztschr. d. deutsch. morgenl. Gesellsch. XII, 1859, p. 445-467. Comincia (metro hRasag mahdi/): SALI Grato deg ee pad asl Sia gl Deli b) — Nei margini sono scrilte le opere seguenti: 17. — (arabo). {. 1, 3, 9-11, 5-8, 12-16, 29, 17-28, 2, 30 (1). — Déowdan | di Saraf ad-din Abù Hafs ‘Umar Db. Abî ’l-hasan al-Hamawî, detto Ibn al-Farid, (1) Si veda l’avvertenza al nr. L p. 54. (0 0] SERIE ll. Tom. L. 58 CARLO ALFONSO NALLINO m. il 2 gumada I 632 (23 Gennaio 1235); si vedano le notizie date al nr. 48, p. 32. Comincia (metro ramal): i PO - Li Oa) RENO Notg ole OE n | tea soll de ne liste | LI Lu Gg WOLLY Gola 18. — (arabo). f. 4, 31-33, 35, 34, 37, 36, 38, 39,v. (tra i f. 38 e 39 ne manca uno): dub lite )\c>| « Scelta della Hamdsah » di Abù Tammàm, m. 281 (com. 7 Settembre 845). Si vedano le notizie date al nr. 45, p. 30 (2). 19. — (arabo). f. 44,v-69,r.: cai bl 8, del Lil e) più gia (sic) Ad dg O, u9 È) u9 arl) 3) o) È Jbl ed Gil og i | degl I « Scelta delle poesie d'al-Mutanabbî, fatta da Muhyy ad-dîn Abù | °-Mahàsin Yàsuf b. Yùsuf b. Yùsuf b. Daylàq (?) al-Kàtib al-Mawsilî ». Comin- cit: LI gl ati pali Ja cli IE Ali dl he SI sil, dl peloso alzag paints dl dl da) dA SISI A gelo sel | dilaa luo la 4ilp3 o e) SITÀ Su al-Mutanabbì si vedano le notizie date al nr. 46, p. 31. 20. — f. 70,v.-91,r.: Poema anonimo sulla storia di Mihr e Wafà?, in me- tro ramal. Comincia: 9 cia INS s333 Jug i cd Al pio e> ni lai Il poema fu certamente composto nel VII sec. eg. od al principio dell’ VIII, giacchè da una parte il ms. data dal 745, e dall’altra al f. 73,v. son citati Unsurì, Firdùsì, Nîi- zàmî (m. 598 o 599) e Ferîd ad-dîn ‘Attàr (m. 627). Al f. 73,r. (v. 2-8) il poeta dice di sé: Ù pn Lp dl gi no del d> 9 l; ol ci De o) gl ez i o wi pil gui et pel at ba Il primo emistichio è senza dubbio errato. — .L'introduzione del poema comprende | i capitoli seguenti : fi 70, ceskig dlis «le ol Ia gi 45 UST f. 70,v. bl gu alt fo TAP. pill ale Gba e Livi fil Jul du cui go LTL. dle dl illo dista gle 03 DIST fo 74,V. pae di) Olyo uleo Sy lb o dd =. (4) Il ms. olayi. (2) Per il contenuto nei margini dei f. 39,v.-44,r. vedi nr. Il. 1 MSS ARABI, PERSIANI E TURCHI ECC. TERA RAR NORMA Oluo slo vl Gli cei sel> piel calo lea. IRrAlISvis 15 1299 En de I INT fimo Lal) i ie SIL calo f 737. di uu de CEI fa 73,v. Bay ge 025 OI TASTE Gc DI LIS ya 5 IE fTA,V. Vigg gie Ai DET La storia comincia così: ci i nl ge dl cele ce dg LL 03 rt gl LS alb YI 95 Jie al 5 sa Cl AS 35 5 e) plui siuil> li bal Diu 65 deine adito eil dr de po Di de db uni dll e eolie ge pol ge lst i ie I + Gis ul ay de ala SAD Suo cul de rele Lili dsta plul 3 de da; GIL AI JI è, alia 03 cib is cyli dI) Là de DIS ee» ll e Li piu db 08 DE dp li de> ola di e DERRADIE: ‘st di o è) cib dla rid ELY dr) a II er E. OS SIR) DI) ob SIMS) lis asili La x di gie oi ella ol Li I titoli dei singoli capitoli, che qui riporto per esteso, daranno una chiara idea | del soggetto del poema: LYDIA fi Tor. ga DI by USL 045. f. 75,00 ge Gli> 03 By So SJ). f. 75,v. By og e ty al. f. 76. di) di=luù U cu al GB, f. 76. gb lee oto: 03 By dint. rh ia vas aly ul e dl Ly gol Jie x dii by Ue PINE che GELA f. 76,v. it UD (1) Lo sayh quivi lodato è Sa‘d ed-dîn, abitante ad Isferà’ìn. 60 FO o SS =] (o) Ue] CARLO ALFONSO NALLINO By DÌ De OY agdy di Le ly di. MIO NI, ot du By GI e 55 vlt di IESFE & og diodi by dl dia. c DIS cos ‘ge 40 3 By IST y T “ile abb vio. 79,r. Dby 35 459 037 cosy die ds By dà dI di: ì fT9,V. al pio Sly ol ci dLuolla el piu: state Or DREI ORO RA ge f. 80,v. By Shoci ij ely che gog gi ib. fà sa Sol (Bo 0. OR f. Bl,v. cen Gigi dI UL Ley dI ud di by dio. f. 82,v. ge A 34, L dl di ba vil> Guys. 5 ea O AU I edo vaio I 00, (Lg) a evi vil; «ibis L Gus sa Jbl ga ba gdo ds ali gi 9 ly E alb CE) col la 05 iu gi 06% PRIORI AS RE CSS ESSER e SES OT AseoSsto al Lg DIS JI GL Ley ul AGNA ly CU). cialis obi LU Bi Gs 353 L big dI Ai HH ne oL|> oli gi): By [i al) 03 Dis ire TRSHAVA f. 88,r. f. 88,V. f. 89. f. S9,V. f. 90,v. EMO (LU 3) 3 i cu Le Lo OLA eli ib» vin ie Slya 03 Oro alibi Sha by vis. XSGI Ly3 03 3 G Lys LI x Gi ge JL i by iii ai ge usa dI Los go DI, by gel ba I ur oli Le Gute dI Sa NESS al cus le Gy olturs dol 34 Sub. dD> 4 5) JEF ess 6 d9> Dr SCO) od. Inoltre sono intercalate gazele ai fogli 74,v., 75,t., 75,v., 76,v., 77,v., 78,r., 78,v, SCIMMIE oa $9,r,, 94,v., uso molto frequente nei poemi di Selmàn. N P In fine si legge il nome del copista Atîr Garbàdqanî. 21. — f 91,v.-95,v., 104,r.-105,v.: Alezio) caos Sla] Poesie scelte di Rukn ad-dîn Awhadî Isfahànî, Maràgî, m. nel 738 (com. 30 Luglio 1337); v. I MSS, ARABI, PERSIANI E TURCHI ECC. 61 MEGOH II, 264, nr. 5308: Hammer, Schone Redek. p.204; Pizzi I, 234-5. Con- tiene gazele e quartine (f. 105); comincia (metro ramal): } n 0 3 . gua &. asl les dis il pila del olo he gii e Altri mss.: Rieu II, 619; Pertsch, Gotha, nr. 43 (solo estratti). — In fine si legge MR. SENNA CA 5 LIM l'indicazione erronea : sal Ga I SA gd 195 DIS w 92. — f. 96,r.-101,r.: Poemetto senza titolo, che è il Glu dle « Il col- loquio degli Amanti », collezione di lettere d'amore, con intercalati metnewî, ga- zal, racconti (>), composta dallo stesso Awhadî, come risulta dall'ultimo verso del poema (395 333 RS L4>4 dglieordle sb ME 5 05), ed anche dal principio del capitolo mmundgal (metro hazag mahdiwf): dol Va Ye eS) SL 039 DOCS Dole 39 _A ANS L'opera comincia (melro hazag mahduf): . . . . sai ELSE NÉ cela SP) \5L5 di eb Ia S| ei Nella chiusa del libro (4£\=), della quale riporto la prima parte, si legge che il poe- metto, in 500 versi, fu composto nel ragab 706 (Gennaio 1307): iu blog peso oedlia IIS Lo do È iS Dart ol eso) fi SS ea È 4_23) DE 5) dI» Luo DECO, EWPr.S bio af> d_.ù È ea dI » dl e i opaca Ju 3 ala Jlò oli deb Gli gl ele RSI 1> 9 pio se Un altro ms. di questo poemetto trovasi presso Sachau-Ethé, nr. 766: ove però il poemetto è attribuito erroneamente ad Emîr Husrew di Dehlî (m. 725) (4). 23. — f. 106,r.-127,r.:. Qasîde delle quali non posso determinare l'autore. 24. — fA27,v 167,0: Cleo Ja Gol JE dla» coll Poesie scelte di Kamal ad-dîn Ismàfl di Isfahàn, m. 635 (com. 24 Agosto 1237); v. Hammer, (4) L’errore proviene dal fatto che nel codice di Oxford il Mantiq al-‘o%*àq, insieme con un altro poemetto, si trova in appendice ai 5 poemi d’Emìr Husrew: « Besides these five famous mathnawîs, this copy coutains two smallers ones, which are not mentioned anywhere ». Uno | è appunto il « glî4l ghi, the language of the lovers, also a collection of ten love letters, with ghazals ete. I begins 4î L DL Lil pl ». 62 CARLO ALFONSO NALLINO . Schine Redek., p. 149; Sprenger, Oude, p. 454; Pizzi I, 401. La raccolta (com- prendente qasîde e targî‘àt), comincia (metro ramal): CO bo, col age 3a obi let 3 JI dl V. anche il nr. 14°. — Altri mss.: Rieu, II, p. 581; Sachau-Ethé, nr. 638-643; Pertsch, Berlin, nr. 762. O Rie COR. LUNI, Ya M)cE i ,\t2 Poesie scelte di Sad di Heràt, contemporaneo di Gingiz-hàn (principio del VII sec.); v. Hammer, p. 160. Comincia con una qasîda in lode di ‘Alî b. Abî Talib (metro ramal): de L sigg 45° C13 09 "95 de Je uonsisi ESA lu ss Seguono qasìde, gazele, lettere e risposte poeliche a Bahà' ad-din al-Hogendî, e rubà*î. 26. — LL A7Sr-A86,1: AS cp dl DI DL i Jjg Gazele di Gala] ad -dîn ‘Atîgî, m. 744 (com. 26 Maggio 1843); v. ‘Sprenger, Oude, p. 18.. Comincia (metro munsarih): i > Jc 5) nali Ire sil O BLA DIF (2) 5409 I cl Alcune gazele si trovano in Rieu II, 871,4. — Terminato di copiare nel rabî* I 745 (13 Luglio-11 Agosto 1344). Di. — f.186.v.: 33 Sla dl IE Ya 0lg> Dl Scelta del divan di Galàl ad-dîn Romi m. 672 (com. 18 Luglio 1273). Si vedano le notizie date. ai nr. 74 e 75. © In fine manca qualche foglio; sul f. di guardia il legatore incollò un frammento contenente la sottoscrizione del libro, dalla quale si ricava che esso fu terminato al Bagdad nel rabì‘ I 745 (13 Luglio-f11 Agosto 1344). a. II. 22. Alto 24 cm., largo 16 cm.; 186 f., 27 I. Sino al f. 44,r. si divide in 3 colonne, ai f. 44,v.-119,v. in 4 col., ai f. 120,v.-143,v. in 2 col., ai f. 144,r.-150,v. in 3 col., e dal f. 151,r. in poi in 4 col. Scrittura piccolissima, nashì con molte vocali, per l’arabo, ta'lìg pel persiano. Titoli in oro ed a colori. — Il codice fu portato da Costantinopoli dal barone Tecco; passato poi A in proprietà del Cav. Antonio Abrate, questi lo donò alla Biblioteca Nazionale il 21 Dicembre 1892. 69. — È il da fall du È db A _d4> (intitolato anche GA al 0° dali 5), noto poema mistico di Abù ’l-Magd Magdàd b. Àdam, detto Hakîm San&? morto assai probabilmente nel 545 (com. 30 Aprile 1150); v. H. H. III, 40, nr. 4452; Hammer, Schone Redek., p. 102; Gamî, Nafahdt al-uns (Calcutta 1859), p. 695, nr. 565: Ouseley, Biograph. Notices, p. 184: Sprenger, 0Qude, p. 557; Pizzi I, 91-93, 215-216. Nel nostro ms. il poema è accompagnato da un commento ano- nimo illustrante il significato del poema; alcune glosse marginali spiegano il valore, di qualche parola. Comincia al f. 4,v. (metro ha/if): GR SE > SI Sh dI, 2% DI? SÌ La divisione dei libri (bàb) è la seguente: I MSS. ARABI, PERSIANI E TURCHI ECC. 63 1. f. 1,v.-100,r. Senza titolo. 2. f. 100,v.-208,v. e dj Jo da lu da d. Comincia : ea RSI AA 3. f. 208.v.-2827. e! Jall dio è. Comincia : Jis> OE ola COS dig Li 3 20 DI A 4. f. 282,r.-238,v. cl chì ilz3 d. Comincia: | x gli dla bple ale 0) o de 3 dr oba ly ii ga dda JT 93 Ge re 5. fi 238,v.-255,r. Geil Gilli Gil cao d. Comincia: Dada i RO OM 6. f. 255.r.-299,v. JI i 166 ò è. Comincia : n ol ie di ai SES A] 7. f. 299,v-313,v. ode Ls coll dlgs Lalli dg è dad doll dall d. Comincia: dx UR CAMME 8. {1 313,v.-319,v. LI SVI Sy El Jiy>l d. Comincia: die aste di se Gi SI fa) dd 9. f. 319,v--354,r. «lUly ya JEST Jey Cavi JÉ. Comincia : agi ay de Te i o ipo 10. f. 354,r.-482,r. dI Jia ol 8) dl SE d. Comincia: piego | Di questo 10° bàb, i f.376,r.-482,r. contengono lodi al sultano gaznewida *Ala’ ad- —fîn Behràmsah b. Mahmùd (542-547 eg.) ed a personaggi illustri. Nel nostro ms. il poema si chiude coi versi seguenti: ca ut See dal eli De, eli DIES GE Ss dai ele) 4_23) DS RS) Aiail ele obls lo ES) ds) las 39)5 bee My dl 4 Jarod dl JY; li bbba a | Adunque il poema sarebbe stato cominciato nel 534 (com. 28 Agosto 1139) e finito i nel #35 (com. 17 Agosto 1140); però la massima parte dei mss., in ambedue i luo- (1) Bisogna aggiungere pel metro L. (@) L. Ji «ST pel metro? Così dopo -£ invece di f? (3) Il pronome va riferito al sùfi. (4) L’ emistichio non torna col metro. 64 CARLO ALFONSO NALLINO ghi del 2° verso legge ci in luogo di se quindi il poema fu cominciato nel 524 (com. 15 Dicembre 1129) e compiuto nel 525 (com. 4 Dicembre 1130). — La sotto- scrizione (f. 482,r.) è: 5) Seli \V fl TORNADO, dl Og Aud T- gi, pl NOPIC no da peri oss. I f. 482,v.-484,r. contengono, dopo apposita prefazione, la fetwaà emanata alla corte del califfo di Bagdad, e dichiarante l’ortodossia di Sanà'î a dispetto dei suoi calunniatori (v. Hammer, p. 103). La prefazione comincia: y aE> ul de dl Dagro (O) alte e Cogli D) A gl SI plel giu e la fetwa: 3) Pri ala si Je siul cl Litografato a Bombay 1275 eg., Lucknow 1295; i due primi capitoli litogr. con commenti a LùhArùà nel safar 1290. Altri mss.: Fleischer, Dresd. nr. 855; Dorn, p. 326; Fliùgel, I, p. 498; Dorn, Das Astal. Museum, p.376; Aumer, nr. 19; Rieu, II, p. 549 seg.; Sachau-Ethé, nr. 528-536; Browne, nr. 203 e 204; Pertsch, Bern, nr. 684 e 717. Vedi pure il nr. seg. a. III 3. Alto 29 cm., largo 15 cm.; 484 £., 19 I. Taflîg. 70. I. — f.1,v.-177,v.: Altro esemplare della Aia) i 4a « Giardino della verità » di Hakìm Sanà’î. Comincia colla prefazione di Muhammad b. ‘Alì ar- Raffà” (£4,v-8n): ell Liz Fo 2 al; nella quale (f. 6,v., marg.) la morte di Sanà'î è fissata nella domenica 11 sa‘bàn 525 (su di ciò v. Sachau-Ethé, n. 528). La prefazione d’ar-Raffà' termina coll’indice dei 10 bAb del libro; in essa i però (f. 7,r.-5,r.) è inserita una prefazione dello stesso Sanà'i (al f. 7,v., marg.: OT el Gli 31] e ol dDIi_£ 4 ; cf. Rieu, II, 550, e Sachau-Ethé nr. 530), cominciante : 35 ela LES 3 ul> GE IL E° a eda 5, v. | TI d4= 9g. — La divisione dei bàb è la seguente: 1. f. 8,r.-36,r. oe? «sul, s>,3) é. Comincia (metro 4afif) : GORI e 29.1 dI &Ì . 36,1.-43,r. anal ge 0 IT ES 5 &. Comincia : 19 =; dae po tro ly eslb LEE 3. f. Br-65,v. ole) gl cui d. Comincia : ES C3 rel> ci dpi (RIA Ù3> 4. f. 65,v.-74,r. Ja clio d. Comincia: dg ari Jie GUI 05° di SS Ol via cui I MSS. ARABI, PERSIANI E TURCHI ECC. 65 5. f. 71,r.-88,v. phi ST d. Comincia: Ja I 35 ge pl 6. f. 88,v.-1404.v. Jl>\b Je vili ST è. Comincia: ni dly Lo di pil SE 3 dla Lg 7. f. 1057-1207, le) o: Li Ly lb pol IVI ST d. Comincia: ue ses CSI lg SI re © cdi > 8. f. 120,r.-149,v. Oli. SE è. Comincia : EER A eo 9. fi 450,r-169;r. dI 1-3 Ses JEY LI d. Comincia : CESAR SIE UR TA ASSI —. d. Comincia: 03 ùby Less SE ore eu D3 oto Termina come il ms. precedente; però nel 2° verso ha (zu. — Finito di co- piare la domenica 16 gumada II 1003 da Nùr ad-dîn Qasim. 2. — f. 178,1.-187,r.: Metnewì mistico, che, secondo la sottoscrizione, è il I) DI )ya ,) « Misteri dei Santi » dello stesso Hakîm Sanè?î (69 5 S Comin- cia (metro hafif): S Alecbodieà. ddl uydg la, Finito di scrivere il 17 gumàda II (di che anno?) da Nùr ad-din. 3. — f£. 187,v.-188,r. (il 1° fol. in 4 colonne, il 2° in 8): Metnewì sùfî, diviso in 10 qasm, ed intitolato lla 45 « Le Cento Sedute » (1) di Sayyid Mu‘în ad- -dîn ‘Alì Qasim al-Anwàr o Qasimî, nato a Tibrìz nel 757 (com. 5 Gennaio 1356), morto a Hargird presso Gàm nell’835 (com. 9 Settembre 1431) od 837 (com. 18 Ago- sto 1433). V. Hammer, Schone Redek., p. 285-287; Pizzi. I, 112-113, 256. Per \ i titoli dei vari gasm, v. nr. 96,11. Comincia (metro WRa/tf): | 4. — f. 189,v.-197,v. Estratti da vari autori, in versi ed in prosa, relalivi | ad argomenti religiosi. Tra i versi ve ne sono di Qàsimî e di Sanà'î. | a. VI. 26. Alto 46 !/, cm., largo 9 cm.; 197 f., 18 1.; inoltre nel margine 26 piccole linee, | ciascuna delle quali può contenere un emistichio. Ta‘lîq piccolo; i fogli sono colorati in rosso nelle | colonne interne. Ai f. 27,v., 73,r., 80,r., 98,r., 144,v., 118,v., 134,r., 152,r., 159,r., 167,v., 173,v., | sono vignette in miniatura. LLP I li 2v-134r bb xe 095 Diwdn di Zahîr ad-dîn Tàhir b. Mu- | hammad Fàryàbî, nato a Fàryàb, m. a Tibrìz nel 598 (com. 1 Ottobre 1201). V. (1) Che questo sia il titolo, appare dai versi 7 e 10. — La divisione in 10 gas appar- | tiene pure al poeta, giacchè il primo emistichio del verso 10° dice: e od y pl SS Bale SeRIE II, Tom. L. 9 66 CARLO ATLFONSO NALLINO Hammer, p. 130; Ouseley, Biograph. Notices, p. 154; Pizzi, I, 102-108; Sprenger, Ouvde, p. 579; Rieu, II, p. 563; Rosen, Iust. d. lang. orient., nr. 65, I; Pertsch, Bern, ne. 691, 1°, 747, 748; Browne, nr. 210. Fu pubblicato a Cal- cutta 1245, Lucknow 4295 (132 pp. in-8), Cawnpore (8* ediz. litogr. 1884, 128 pp. in-8). — Contiene qasîde (f. 2,v.-87,v.), gazele (f. 83,r.-90,r.), mugatta‘àt (f. 90,v.- 124,r.) e rubà‘iyyàt (f. 124,v.-194,r.). Comincia: (rg La . ” . . . . . ” . Cl all, alba gi al) Closilu gi di Tore 239 0A) Finito di copiare da Hasan, nei primi giorni di muharram 865 (com. 17 Ottobre 1460). RIZZO MILA e al Bo a8 lia Qasîde di Sams ad-dîn Muham- mad b. "Abd Allàh Katibî an-Nîsapùri, nato non lungi da Tursîz, m. ad Astaràbàd nell’'838 (com. 7 Agosto 1434) od 899. V. Hammer, p. 281-284; Ouseley, p. 188 seg.; Sprenger, Oude, p. 457; Pizzi I, 113-114, 237, II, 210-242; H. H. III, 70, nr. 4518, e III, 302, nr. 5625. Altri mss.: Tornberg, p. 104; Dorn, p. 366, nr. 416; Pertsch, Gotha, nr. 45; Fligel, I, p. 561; Rieu, IL 637 seg.; Sachau-Ethé, nr. 867-870; Pertsch, BerZn, ur. 864. Comincia (metro ramal): sel 039 ge GL hoy de alzo el Il codice, incompleto, finisce in tronco col verso: UIL 5) ISLSE) co 45 )3 dlugi SEO sl i Jlol eb PES) >\ La mancanza è già avverlita al f. 1,v. in una nota scritta, a quanto pare, da Halîfah-zàdeh, possessore del libro nel 1115. a. II. 23. Alto 25 cm., largo 14 !/, cm.; 482 f., 17 1. Bel ta‘lîg; titoli in oro ed azzurro. — Il codice fu recato da Costantinopoli dal barone Romualdo Tecco; più tardi divenne proprietà del cav. Antonio Abrate, che lo donò alla Biblioteca Nazionale il 24 Dicembre 1892, 12: I. — f£.2,v.-189,r.: E il pil Gobi «I Colloquio degli Uccelli »,, celebre. | poema mislico di Farîd ad-dîn ‘Attàr, nato a Kerken presso Nîsàpùr nel 513 (com. | | 14 Aprile 1119), ucciso dai Mongoli nel 627 (com. 20 Novembre 1229), 0, secondo I altri, nel 629 o 632; Pizzi, I, 220-226. Un lungo sunto del poema è dato dallo Hammer, p. 141-154; il testo fu pubblicato dal Garcin de Tassy (Paris 1857), — che ne fece anche una versione francese (Paris 1863); e litografato a Bombay 1280. ed a Lucknow 1288. Comincia (metro ran24)): bell ol asd gl Gt LL ato al Finito di copiare da Qulî b. ‘Izz ad-din il 12 safar 897 (15 Dicembre 1491). Di ui 190 57=2007 400 Duan; metnewî dello stesso Farîd ad-dîn ‘At- tàr; v. Stewart, A descriptive Catalogue of the Orient. Libr. of the late Tip- poo Sultan of Mysore (Cambridge 1809), p. 60;. Sachau-Ethé, nr. 623,159. Co- mincia (metro ramal): DE ai VUOTA & . JE io |a! d_- 8 9) )2 dl dI)g RE Joh 29 I MSS: ARABI, PERSIANI E TURCHI ECC. 67 + 3. — £.201,v.-285.v.: È il Spell «ES «Il tesoro dei misteri » (il titolo si legge al f. 207,v.), metnewî sùfî intorno ai principali problemi di religione, metafi- sica, psicologia, etica, composto da Rukn ad-dîn Husayn b. ‘Alim Db. Abi ’l-hasan Fahr as-sa‘àdat, detto Amîr Husaynî, nato a Guzìw nel territorio di Gùr, m. a Heràt nel 718 (com. 5 Marzo 1318) o 719 o 729. V. H. H. V, 254, nr. 10903; Hammer, p. 228; Sprenger, Oude, p. 431; Pizzi, I, 233-234. Comincia (metro das): APRO TIMO Resi Altri mss.: DESTSO Gotha, nr. 6,3; Rieu, II, p. 608, 845; Sachau-Ethé, nr. 1258. a. V. 7. Alto 21 !/, cm., largo 13!/, cm.; 237 £., 13 1. Ta‘lîg su carta variamente colorata; titoli a vari colori. 13: TL 16 dar=SS0R Ae: a db I LS Lia Il « Libro dei Consigli » di Abù Hamid Muhammad b. Abîì Bakr Ibribîm Farîd ad-dîn “Attàr, m. nel 627 (com. 20 Novembre 1229; v. nr. 72,1). Comincia (metro ram): bela esc old 0A bal dle ol > gdr Fu pubblicato da su H. Hindley (London 1809); poi, con versione francese, dal de Sacy (Paris 1819). Fu tradotto in tedesco da G. H. F. Nesselmann; inoltre se ne fecero numerose edizioni in Persia, in India, a Bùlàg, a Costantinopoli ed a Ka- zan. — Sino al f. 18,v., tra le righe e sui margini vi' sono glosse in turco. 9. — f. 36,v.-55,v.: cus Stia, glossario persiano-turco in versi, intitolato anche GIA sad 0 svali ci), composto da Ibràhîm SAhidî, nato nel- l'875 (com. 30 Giugno 1470), m. nel 957 (com. 20 Gennaio 1550) (2). V. H. H. VI, p.598-599; Hammer, Gesch. d. osman. Dichtk. II, p. 258. Comincia (metro ka- zag mahduf): Dot ba MES Cus sab ga o pe 5 | ne: Dopo l'introduzione comincia (f. 38,r.) il glossario o in molte qit‘ah, il cui metro è indicato nell'ultimo verso di ciascuna. I vocaboli persiani in ogni verso sono in- | dicati con un numero eguale a quello dei corrispondenti turchi. In margine stanno | glosse turche. Il libro fu composto dall’autore nel 920 (com. 26 Febbraio 1514), come risulta dal cronogramma g4l8 contenuto nel secondo emistichio del quart’ul- timo verso: AGI è ssali DEE Altri mss.: Fleischer, Dresd, nr. 2242: Kraffit, p..8, nr. d2; Dorn, p. 428, \ br. 493; Tornberg, p. 19-21, nr. 27-32; Pertsch, Gotha, nr. 14-16; Aumer, nr. 28, 305-308; Catal. Lugd.-Bat. I, 102, nr. 194-196; Rieu, II, p. 013 e 014; (4) Il ms. dg df. (2) Però in una nota marginale (f. 55,v.) del ms. sì legge: (SI) ia) ale gooli lis @V I Nor a yo) a) è gueli . 68 GARLO ALFONSO NALJINO Sachau-Ethé, nr. 1692-1696; Pertsch, BerZn, nr. 144-447; Rosen, Iust. des Langues Orient., ne. 120 e 121; Browne, Hand-list of muhamm. mss. (su cui mr. 49, II, nota), nr. 982"; infine i mss, indicati dallo Horn, ZDMG., 51 Bd., 1897, pag. 34. a. VI. 4. Alto 20 em., largo 13 cm.; 56 f., 13 I., sino al f. 33, poi 47 I. Ta‘lig; alcuni fogli colorati; le rubriche in rosso. Tha — Syino Gygla « La Cobla spirituale » di Muhammad b. Muhammad b. Hasan al-Balhì, noto col nome di Galàl ad-dîn Rùmî, nato a Ball nel 604 (com. 28 Luglio 1207), m. a QOniyeh od Iconio nel 672 (com. 18 Luglio 1273; secondo altri 664 o 670). Sul contenuto del poema v. Hammer nei Wiener Jahrbicher, | vol. 65, Anz.-Blatt, p. 7-26; Pizzi, I 226-230. Si divide in 6 libri (mugallad), ognuno dei quali preceduto da una prefazione in prosa. Il nostro ms. omette la prefazione del 41° libro, quindi comincia (f. 1,v., metro ra724)): IS albo dd Tra le innumerevoli edizioni orientali notiamo quelle col commento turco di Mew- lewî Ismail Angirewî stampate a Bùlàq 1268 (5 voll.) e Costantinopoli 1289 (7 voli), e quelle con ampi commenti persiani litografate a Bombay 1267, 1301 e Lucknow 1290. Si hanno versioni parziali in tedesco per opera di G. Rosen (Leipzig 1849), in in- glese per opera di J. W. Redhouse (tutto il 1° libro, London 1881) e di E. H. Whinfield (Maulana Jalaàla ‘d-din i Rumi, Masnavi i Ma’navi: The spiritual Cou- plets, translat. and abridged ecc., London 1887, 2* ed. 1898). a. III 20. Alto 25 cm., largo 47 cm.; 299 f., a 4 colonne di 23 I. Taflîg, coi titoli in rosso; i f. 4-4 e 299 sono suppliti posteriormente. 19. — GSitn_ cal 2 SITR 095 Diwan dello stesso Galal ad-dîn Ramî, il quale nelle gazele assunse il tahallus di Sams Tibrîzî o Sams i Tibrîz, dal nome del sùfì Sams ad-dîn Tibrizi. Quest'ultimo dal 642 sino all'anno di sua morte (645, com. 8 Maggio 1247) fu costante compagno di Galàl ad-din. Comincia (metro ha/if): | 2 3)3I al ss 0) ) M_al neo 53 Do sui Finito di copiare nel muharram 1151 (com. 21 Apr. 1788). — V. anche nr. 68,27 (p. 62); inoltre Dorn, p. 214 (nr. 233,8); Flùgel, I, p.522; Rieu, II, 593; Pertsch Berlin, nr. 778-780. Poesie scelte trovansi in Pertsch, Gotha, p. 69, nr. 42; Ca- tal. Lugd.-Bat. II, p. 113, nr. 644; Aumer, nr. 46. — Poesie scelte furono pub- blicate con versione tedesca dal Rosenzweig (Wien 1838), con versione inglese e note da R. A. Nicholson, Cambridge 1898; tutte le gazele ltogr. a Tibrîz 1280 e Lucknow 1295. a. IIl. 9. Alto 27 !/, cm., largo 16!/, cm.; 387 f., 25 I. (inoltre 18 1. nel margine). Nashî. ‘76. — È il pl «2 Roseto > di Muglih ad-din Sa‘dî, nato a Siràz uel'o2DiM (com. 19 Febbr. 1189), m. in patria nel 690 (com. 4 Gennaio 1291) o 691. Sulla sua. I MSS. ARABI, PERSIANI E ‘’URCHI ECC. 69 vita e sulle sue opere v. Hammer, p. 204 seg.; Ouseley, Biograph. Notices, | p.5 segg.; Bacher, Sadî-Studien (Zeitschr. d. deutsch. morgenl. Gesellsch. XXX, 1876, p. 81-106); Pizzi, I, 287-502, 1241. Comincia: TI desse Lila cia Le migliori edizioni sono quelle dell’ Eastwick (Hertford 1850), dello Sprenger (Calcutta 1851) e del Platts (London 1874); le edizioni orientali sono ormai innu- merevoli. Fu tradotto in inglese dall’ Eastwick (41852) e dal Platts (1873), in francese dal Semelet (1834) e dal Defré mery (1858), in tedesco dal Graf (1846); il Gentius ne avea fatto una versione latina sin dal 1651, ritradotta poi in francese dal d’Aligre (sotto la sigla M. X.**", Paris 1704). In italiano esiste solo un saggio di versione di G. de Vincentiis (Napoli 1873). a. VI. 23. Alto 47 cm.; largo 13 em.; $9 £. 15 1. Tadlîg. Sul f. di guardia: « Il Gulistano di Saadi Poeta Persiano ». LT ="8259 Et «Il Verziere» dello stesso Sa‘dî. Comincia (£. 1,v.) in metro 70ulagdrib : lobo e e aloe ae ela Copiato nel dù ’l-hi&gah 966 (Settembre 1559). — Un’edizione critica con commento persiano fu pubblicata dal Graf (Wien 1858); innumerevoli sono le edizioni orien- tali. Si ha una versione tedesca del Graf (Jena 1850) e dello Schlechta-Wssehrd . (Wien 1852); inglese di W. Clarke (London 1879), francese del Barbier de | Meynard (Paris 1880). a. VI. 22. Alto 47 1/, cm., largo 44 cm.; 164 f., 13 1. Buon ta‘liîg; titoli in oro. 18. — 4 a Olg> Dàcdn di Yamîn ad-din Abù ’l-Hasan Amir Husrew di | Dehlî, nato nel 651 (com. 3 Marzo 1253), m. nel 725 (com. 18. Dic. 1324). V. H. H. | JIMI, 275, nr. 5406; Hammer, p. 229 segg.; Ouseley, Biograph. Notices, p. 148- | -163; Sprenger, Owde, p. 465 segg.; Elliot, History of India, III, p. 524-566; | Journ. Astatique, sér. IX, vol. V, 1895, p. 240-242 (sua vita secondo Dewlet-sàh e | Hwandemîr): Pizzi, I, 104-106, 234, IL 497-198. | Il ms. contiene una scelta dei 5 grandi diwàn di Husrew, cioè: f. d,v.-5,v.: | 11 gasîde ed una mufradah; primo verso (metro 7ra720)): gal Ia 0139 4.42 vl S| Hi cy dl db fb Aa (I) f. 5,v.-806,r.: gazele, secondo l'ordine alfabetico della rima; primo verso (metro | ragaz): IE ol oi di Sb Sand Ual og ENO (1) Questo è anche il 1° verso del 2° diwan (intitolato c\4| Lug). 70 CARLO ALFONSO NALLINO f. 806,r.-344,v.: mugatta‘àt, senz’ordine; primo verso (metro 7am2a)): dia )Ge o (919 ab dr 110 ct Sie dl or 45 dg «GE f. 3414,v-321,r.: rubà‘iyyàt, senz’ordine; primo verso: 4 fia Da) je gp cale el ce Finito di copiare il giovedì 17 rabì‘ I 924 (29 Marzo 1518) da Ahmad b. Muham- mad b. Almad al-Katib 6), YI ( ESD) ?). — Scelte consimili trovansi in Aumer, nr. 63-64; Rieu II, p. 614-615; Sachau-Ethé, nr. 758-761; Pertsch, Bertin, nr. 826-828. I 5 dìwan completi in Dorn, p. 351, nr. 386; Rieu, IL p. 609-610. a. IV. 20. Alto 22!/, cm., largo 13 cm.; 322 f., 17 I. Tafliîg. 19. — cdl; i >> Ogl84 cla. Poema romanzesco sugli amori di Humdy e Humdyun, composto nel 732 (com. 4 Ott. 1384) da Abù 71 Atà' Kamàl ad-dîn Mahmùd b. ‘Alî al-Mursidî al-Kirmanì, detto H*aàgà Kirmànî, nato nel sawwàl 679 (Gennaio 4281), m. probabilmente nel 753 (com. 18 Febbraio 1852); Pizzi, II, 198-202. Comincia (f. 4,v., metro mutagarib) : i i CL d>_ SÉ OA O J o Lu 9 pie ASI glia el Copiato nel 996 (com. 2 Dicembre 1587). — Altri mss. in Fliùgel, I, p. 544 e 545; Rieu, II, p. 620 e 622; Sachau-Ethé, nr. 7942, 795; Codrington, Persian inss. of the R. As. Soc., nr. 301 e 302. a. II 10. Alto 24 cm.; largo 141/, cm.; 153 f., 15 l. Bel ta‘lîg; titoli in oro. Ai f. 19,v., 45,v., 125,r., 133,v., sì trovano vignette in miniatura; così pure la-parte esterna della guardia è miniata. = e 093 Diuwdin di GamAl ad-dîn Muhammad Db. ‘Alà’ ad-dîn Salman di Sàwah, m. nel 778 (com. 21 Maggio 1376) o 779. V. Hammer, p. 260 segg.; Ouseley, Biograph. Notices, p. 117 segg.; Sprenger, Oude, p. 555; Erdtmann nella Zeztschr. d. deutsch. morgenl. Gesellsch. XV, 4861, p. 758-774; Pizzi, I, 408-114, II, 208-210. — Altri mss. in Rieu, II, p. 624 seg.; Sachau-Ethé, nr. 807-809; Cairo; Pertsch, Berlin, nr. 837,192. — Manca il principio, ed il 1° foglio è supplito da altra mano. f. 1,r.-150,r.: qasîde, targî‘bend, e maràtì, senz’ordine; la prima qasîdah, senza principio, rima in cal come la prima di molti mss. f. 150,v.-175,r.: mugatta‘àt; primo verso (metro ramal): 39 oli gl dll (1) iis D PRES cb lu a lb (4) Cod. 0. (2) Cod. >. IT MSS. ARABI, PERSIANI E TURCHI ECC. NA f. 175,r.-266: gazele disposte secondo l’ordine alfabetico della rima; primo verso (metro hazag): be 099 33 July O Ol4) Ji 1) 6403 0 _,6> Ji i sli5 e ralo <* f. 266,r.-275,v.: mufradàt e rubà‘ìî; primo verso (metro mutagarib): Ed AA Oy |, pile colà 5) o 4 In margine: 2. — f. 2,r.-79,r.: Poema che senza dubbio è il S)9>9 ia dello stesso Salmàn. Pel catlivo stato dei margini, o restaurati o tagliati troppo, molti versi, sovra tutto in principio, sono quasi illeggibili. Il poema fu terminate nel gumada II 763 (Aprile 1362), come appare dalla quartina che chiude il poema stesso: [elbos are db ll see gs sl eli ee dll. Da ee [let ao eta [Ue e val Altri mss.: Rieu II, p. 625; Pertsch, BerWn, nr. 887,2 3. — f.80,v.-114,r.: Poema che senza dubbio è il LA O « Libro della separazione », composto da Salman per consolare il sultano îlbànida Uways (regnò 797-176) della fuga del suo paggio favorito Bahràmsah. Il poema, che narra i dolori dei due amanti separati Malik e Mahbùb, comincia (metro mvwlagarib): È [ai zl ob Ae Sd So i DEI, } 26 e ei In questo, come nel precedente poema, sono intercalate qua e là gazele. I margini in qualche luogo son guasti. — Altro ms. in Rieu, Il, p. 625. a. IV. 8. Alto 24 cm., largo 15 em.; 275 f., 19 1. Nashî. 81. — Il Dian di Muhammad Sams ad-dîn Hffiz, m. a Sîràz nel 791 (com. St Dicembre 4388) o 792. V. H. H. II, 272, nr. 5371; Hammer, p. 261 segg.; de Sacy nelle Notices et extraits des mss. ete., IV, p. 298 segg.; Oùseley, B70- graph. Notices, p. 23-42; Pizzi, I, 302-310. Comincia (f. 4,v.), metro hazag: secoli ds Jslogioliigze Las Lieaal gl gl NI Scritto da Farîdî nel 940 (com. 28 Luglio 1533). Vi sono due ediz. europee di Hàfiz; una per cura di H. Broekhaus (Leipzig 1854-61, 3 voll., col commento turco di Sùdi), l’altra per cura di V. von Rosenz- weig-Schwannau (Wien 1858-64, 3 voll., con versione metrica tedesca). Fra le tante edizioni orientali sono notevoli quelle col commento turco di Sùdî stampate a Bù- làq 1256 (3 voll. in-4), ad Alessandria-Bùlàq 1250 (3 voll.), a Costantinopoli 12441 e 1257 (3 voll.), Cairo 14273 (2 voll. in-fol.). — Versioni complete: in tedesco di J. v. Hammer (Der Diwdn con Hafiz, Tùbingen 1812-13, 2 voll.) è del Rosenzweig- (1) Pel metro va aggiunto È. Ta, CARLO ALFONSO NALLINO Schwannau (unita al testo); in inglese di E. H. Palmer, Zhke Odes 0f Hafiz, London 1883, 2 voll.), e di H. W. Clarke (The Diwan written by Shamsu-d- Din Muhammad-i-Hufiz, transl. into English Prosa, Calcutta 1891). Delle molte ver- sioni parziali meritano d’essere ricordate la tedesca del Bodenstedt (Berlin 1877 e 1880), e l'inglese del Bicknell (London 1875). a. VI. 2. Alto 20 cm., largo 11 !/, cm.; 201 f., 12 1. Bel.ta‘lig; ai f. 44,v., 72,r., 96,r., 137,v, | 154,v., vignette in miniatura. Sulla guardia interna: «HI. Dhus Eques Truqui Sardiniae Regis « Consul generalis donabat Bibliothecae R.*° Universitatis die XIV Septem. an. 1834. — Diwanum « tod Hafidz » ecc. 2. — Li Ol y3 Dian di Aqàa Malik b. GamAl ad-dîn Amîr Sahî di Sabzwàr nel Huràsàu, morto ad oltre 70 anni nell’857 (com. 12 Gennaio 1453) od 859 od Astaràbàd. V. Hammer, p. 293-295; Ouseley, Biograph. Notices, p. 139- 143; Sprenger, Oude, p. 563; Pizzi, I, 114-115. Altri mss.: Tornberg, p.105, nr. 170, e p. 824, nr. 510,1; Dorn, p. 366, nr. 417-419; Pertsch, Berlin, nr. 866; Catal. Lugd.-Bat., II, 119, nr. 676; Fliùgel, I, p. 562 e 564; Rieu, II, p. 640; x Sachau-Ethé, nr. 875-881; Rosen, Zust. Or., nr. 65 II, 77, 78 (in questo nr. solo gazal); Browne, nr. 265 e 266. Comincia con una gazela di 6 versi, il primo | dei quali (f. 1,v.) è ER Segue un targî‘-bend (f. 1,v.-3,r.), e poi le gazele (f. 5,r.-52,r.) che cominciano (me- tro ragaz): Lig e ih lei el TO uo In fine (f. 52,1.-59,v.) muqatta‘àt e rubà‘iyyàt; com. (metro ig, (ur Sv dl eS) Sla dI asi AI Ai du dg sE dl 52 La sottoscrizione (f. 53,v.) è: Ola; giù e! e ARA hi II Olga & dii de illa dall LICH eli Dro DUI. a. VI. 18. Alto 418 !/, cm., largo 12 cm.; 54 f., 12 1. Taflîq elegante. Sulla guardia: « Mil « Dhus Eques Truqui Sardiniae Regis Consul generalis donabat Bibliothecae R°. Universitatis die « XIV Septem. an. 1834. — Diwanum qoò Schahi turcici poetae » ecc. @&3. — Contiene tre opere di Nùr ad-dîn ‘Abd ar-Rahmàn b. Ahmad Gamî, nato a GAm nel Huràsan il 23 sa‘bàn 817 (7 Novembre 1414), morto a Heràt il | 18 muharram 898 (9 Novembre 1492). V. V. v. Rosenzweig, Biographische | Notizen ‘ber Abdurrahman Dschami (Wien 1840); Sprenger, Oude, p. 447-452; STE Biograph. Notices, p. 131-138; Pizzi, II, 382-395. — f. d,v.-90,r.: dl « Sprazzi di luce » opera mistica in prosa e in versi sui segreti del sùfismo. Nel nostro ms. non è segnata la divisione in DPI Comincia: Cu) dga * LS ; e Te s\ti ; gel. Alcune righe più sotto trovansi le pa- I MSS. ARABI, PERSIANI E TURCHI ECC. 73 role iniziali di altri mss.: 333 des ala |; ils ola: ì primi fogli pre- sentano qualche guasto. V. Dorn, p. 252, nr. 256; Pertsch, BerZn, nr. 288,3, 243, 244; Aumer, nr. 62; Rieu, I, p. 44; Sachau-Ethé, nr. 894,16, 895,12, 971-975; Rosen, Irst. des langues Or., nr. 113; Browne nr. 277. 9. — f. 30,v.-155,r- JUNI Sal «Il Rosario dei giusti », metnewì mistico— didattico, diviso in 40 Ae « nodi », ciascuno dei quali comprende una 4K> ed una dll. Prima v'è una prefazione che comincia: 53 Li Logi if cele dl s£ i a A) Il primo verso del poemetto è (f. 31,v., metro ramal — ——|=<--|=4): Pubblicato a Calcutta 1226 (nelle Persian Selections, vol. VI, parte II) e 1262; inoltre, per cura di F. Falconer, a Londra 1849. 3. — f. 155,v.-281,v.: dadi ind <« Dono pei liberi», metnewì morale e religioso composto nell’ 886 (com. 2 Marzo 1481). Dapprima v'è una prefazione in prosa, che comincia: JE ea le po da o \xel=. Il primo verso è (È 156,v., metro sar?): ” Pubblicato da F. Falconer a Londra 1848; litografato anche a Lucknow 1869. ga x n) ? L ion a cet dl a. IV. 24. Alto 22 cm., largo 414 cm., 231 f., 12 1. Talîq elegante. 84. — a. Lu < La Catena d’oro », poema mistico dello stesso GAmî, compiuto nell’890 (com. 18 Gennaio 1485). Su di esso si veda v. Rosenzweig, Biogr. Notizen, nr. 35; Wiener Jahrbicher, vol. 66, Anzeigeblatt, p. 20 segg. — Si divide in tre libri (585): f. 1,v.-141,r., 1° libro, che comincia (metro Raf? magtu): IV ila ASIA f. 142,v.-203,r., 2° libro che comincia: gie di io gie li, ia f. 204,v.-248,v., 3° libro, che comincia: ca ta) cib 4 dd 8) 5 (NEI ai di ala Copiato nel 974 (com. 19 Luglio 1566) da > > pa a. IV. 11. Alto 24 cm., largo 12 !/, cm.; 248 f., 45 1. Tallîq. SERIE ll. Tom. L. 10 74 CARLO ALFONSO NALLINO PIE = e NA sd; 29 St « Yusuf e Zulayhd », il noto poema mi- stico-romanzesco dello stesso Gàmî. Comincia (f. 1,v., metro hazag mahdiif): cli usle d25) 3 I LS Al ae dl Finito di copiare il 24 ragab 984 (14 Ottobre 1576). — Edito, con versione tedesca, dal Rosenzweig (Wien 1824, in-fol.; la sola versione, ibid. in-8), e nelle Persian Selections (vol. I, parte II, Calcutta 1809). Inoltre fu litografato in Persia (s. 1. 1279, Tehràn 1278) e spessissimo in India, talora anche con commenti. Tradotto in inglese dal Griffith (London 1882) e dal Rogers (London 1892); un saggio di traduzione in ottave italiane fu dato da I. Cimmino (Napoli 1899). a. V. 15. Alto 24 cm., largo 13 !/, cm.; 80 f., 15 I., inoltre 24 I. nel margine. Ta'lîq. 86. — 3 Ve Olg> Diwin di Babà Figànî, nato a Sîràz, e morto a Meshed nel 925 (com. 3 Gennaio 1519; secondo altri 915 o 922). V. Sprenger, Oude, p. 403 seg. — Contiene solo gazele, disposte secondo l'ordine alfabetico delle rime; primo verso (f. 1,v.): boa ai RES JE? ded $i IrgleSTos Jie 3 el doh cl Copia terminata il 12 ragab 1006 (18 Febbraio 1598). — Altri mss.: Dorn, p. 384; Pertsch, Berlin, nr. 900, 901, 902; Catal. Lugd-Bat., Il p. 122, nr. 688; Au- mer, nr. 102; Rieu, II, p. 651; Sachau-Ethé, nr. 992-994. — Qualche gazal fu pubblicato nel libro: A century of persian ghazals, London 1851. a. IV. 15. Alto 23 cm., largo 14!/, cm.; 116 f., 42 I. Bel tadlîg. 87. — SE Olg5> Diwén di Danis. Due poeti hanno questo taballus: uno è Mîr Zayn al-Abidîn, figlio di Mîrzà Asafhan Ga*far, m. nel 1021 (com. 4 Marzo | 1612) (1); l’altro è Mîrzà Muhammad Radì di Tùs, favorito del sultano Dàrà Sukîh, | e m. nel 1076 (com. 14 Luglio 1665) (2). Ignoro di quale dei due si tratti; meppure | conosco altri manoscritti. f. 3,v.-6,v.: qasìde, primo verso (metro ramd)): di el ee sodo Lbblilge= <— La raccolta è rimasta incompleta; infatti l’ultima riga del f. 6,v. contiene il primo verso d’una nuova qasîda. f. 9,v.-24,v.: metnewî, che comincia (metro hazag maldify): (4) V. il nr. 441 del 2° vol. della alà, di Husgù cea (secondo l’elenco dato in Sachau- | Ethé nr. 376), ed il nr. 779 del Lil 68 di Gulàm Muhammad Db. Fadîlat (in Sachau- EWh'é mr:t395) (2) V. il nr. 41 della o ele &\;> di Gulàm ‘Alì Husayn Wasitì Balgràmì (in Sachau-Ethé nr. 385). CI) OI I MSS. ARABI, PERSIANI E TURCHI ECC. dà gl 235) fa Liu Lù oe! ei A pl LANA giorni ni IE] lg ITS dv) E Ai f. 16,r., 17,r., 20,v., 28,v., 24,r. si leggono lodi ad ‘Abbàs-Qulî bàn, Bèglerbòg cl, IC, del Huràsàn. fi 25,v.-368,r.: gazele e rubà'ì, secondo l’ordine alfabetico delle rime. f. 368,v.-372,r.: altri rubA*ì. Copia terminata il 12 rabî' I 1115 (17 Agosto 1701). a. IV. 3. Alto 25 cm., largo 15 cm.; 374 f., 12 1. Ta‘lîg. 88. — È il Diacdn di Haggî Muhammad Gin Qudsî di Meshed, dopo il 1041 (com. 30 Luglio 1631) vissuto in India alla corte di Sahgahàn, e morto, secondo le migliori autorità, nel 1056 (com. 17 Febbraio 1646). f. 1,v.-69,r.: qasîde, secondo l’ordine alfabetico delle rime; com. (m. hazag): la gli SiohC SI DI ab “MU 034 al GE gl Did DE 8 f. 63,r.-140,v.: gazele e tarkîb-bend senz’ordine ; primo verso (metro Razag SEM REESE] Cusle Spi \; fai OlL> po E) cole ell SIA Sg “> d> O) f. 140,v.-144,v.: ruba‘iyyàt. Altri mss.: Sprenger, Oude, p. 128 e 586; Rieu, II p. 684 segg.; Sachau- -Ethé, nr. 1102, 1103, 1107-1109; Pertsch, Bern, nr. 940, 941; Browne, Dr 293. a. VI. 8. Alto 20 em., largo 11), cm.; 144 f., 15 I. Tadlìg. CÀ: PESA Gi al \g> Diwdn di Mîrzà Abù Tàlib Kalîm di Hamadan, poeta di corte del Sultano Sahgahàn; morì, secondo le migliori autorità, nel 1062 (com. 14 Di- _ cembre 1651; altri 1061). Cfr. H. H. II, 304, nr. 5636. f. 4,v: I primi 6 versi d’una gazela, che comincia in metro ragaz (1): A (Cata Lù ani a A ud bt sli Sa a] a> e Il foglio od i fogli perduti doveano contener altre gazele; i due ultimi versi d'una di queste rimangono al f. 2,r. f. 2,r.-5,r.: Due metnewî. f. 5,v.-58,v.: gazele, secondo l'ordine alfabetico della rima; primo verso (me- tro hazag): bg dl Gig cl pilo bagb daj cdl gps da f. 54,r-68,v.: qasìde e mugatta‘àt senz’ordine. Tra i f. a9, e 69 v'è una lacuna. f. 69,r.-70,v.: un metvuewî. (1) Nel ms. mancano qui quasi tutti i punti diacritici. 70 CARLO ALFONSO NALLINO Altri mss. di tutto il diwàn: Fliùge], I, p. 604; Rieu, II, 686 seg.; Sachau- —Ethé, nr. 1116 e 1117; Cairo (Bibl. Khediviale); Pertsch, Berlin, nr. 943, 944. Litografato a Lucknow nel 1878 d. Cr. a. VI. 13. Alto 19!/, cm., largo 111/, cm.; 70 f., 44 1. Taflîg. 90. a 095 Diwedn di Mìrzà Muhammad ‘Alì Saà’ib Musta‘idd-han di Isfa- hàn, vissuto a lungo nel Kasmîr, e morto in patria nel 1088 (com. 6 Marzo 1677), secondo altri 1080, 1081, 1086, 1087, 1089. V. H. H. II, 290, nr. 5506; Hammer, p. 393-395; Ouseley, Biograph. Notices, p. 227-229; Sprenger, Oude, p. 385 e segg. f. 5,v.-7,r.: lunghissima qasîdah, che comincia: sli ab A d4> GI 990 a cb dh pe SELE ? O f. 7,r.-242,r.: gazele, secondo l’ordine alfabetico della rima; primo verso (me- tro hazag): 336 VICNTCErAS 16 Pages 33; cl oli 9 8 ell 9? I fogli rimanenti o sono bianchi o contengono qualche breve frammento di altri poeti. — Litografato a Lucknow 1292; pubblicato parzialmente a Lucknow 1264 eg. e 1874. — Altri mss.: Tornberg, p. 140, nr. 179; Dorn, p. 398; Fligel, I, p.597; Au mer, nr. 118-121; Rieu, II, p. 693-694; Sachau-Ethé, nr. 1131-1137; al Cairo (Bibl. khediviale); Codrington, Persian mss. of the R. As. Soc., nr. 285; Pertsceh, Berlin, nr. 956-958; Rosen, Inst. Or. nr. 88 (gazal); Browne, nr. 296-300. a. III 8. Alto 27 !/, cm., largo 18 cm.; 246 f., 42 1. (inoltre 22 emistichi nei margini). Ta liq. Al f. 4,r.: « Divano del celebre poeta persiano Saib ». 91. — È senza dubbio il dol £ « Libro della Gloria », raccolta di. let'ere îI per servir come modello d’arte epistolografica, composta da Sihàb ad-dîn ‘Abd AI làh b. Muhammad al-Marwarîd, col taballus di Bayànî, nato nel Kirman, | m. 922 (com. 5 Febbraio 15416). Comincia (£. 1,v.): gg flal ita gigli ale das Jato nea e KI) 02 (I da Lal dEi. 5U di sil Mel e le Hug a ae eil Y Ù dol ll de Ù Arl dc. pla Br) è NOI Ra) Dqguus è Sla po. La prima lettera è dell’amîr Qasim [Haydar]; i nomi degli autori delle varie lettere sono indicati in dI rosso; ma dopo il f. 56 non v'è più alcuna indicazione. Un altro ms. trovasi in | Sachau-Ethé, nr. 1360; probabilmente il sara/-ndmel è identico col larassul od epistolario, menzionato fra le opere del nostro autore in Rieu, III, p. 1094. a. IV. 17. Alto 23 em., largo 16 cm.; 68 f., 25 1. Ta‘lìîg; rubriche in rosso. I MSS. ARABI, PERSIANI E TURCHI ECC. voi 92. — (as \ deg lis lia Traduzione persiana del at-Ta rih al-Yamini, storia di Mahmaàd di Gaznah (m. 428) sino all'anno 409 (com. 20 Maggio 1018), com- - Josta in arabo, mentre viveva ancora Mahmùd, da al-‘Utbî. Il traduttore è Abîù ?8-Saraf Nasih Db. Zafar b. Sa‘d al-Munsî al-Garbàdaganî (1). Su questa versione persiana si veda de Sacy, nelle Notzces et extraits des mss. ete., IV, p. 325-411; inoltre Elliot, History of India, Il, p. 14-52; Nòldek e, Ueber das Kilab Ja- mini (Sitzber. d. Wiener Akad. d. Wiss., phil.-hist. Cl., 23. Bd., 1857, p. 15-102). Comincia (f. 1,v.): oli so Oles. sab dgr ola sug obi ME Sola È dal lx. — Finito di copiare il lunedì 14 ragab 789 (84 Luglio 1387). Litografato a Tehràn 1272 (in-8); tradotto in inglese da J. Reynolds (Lon- don 1858). — Altri mss.: Fluùgel, II, p. 171 e 172; Rieu, II, p. 157. A Monaco (Aumer, nr. 241) si trova una versione persiana diversa dalla nostra. a. IL 24. Alto 24 cm., largo 16 cm.; 146 f., 21 1. Nashì; rubriche in rosso. Su un f. di guardia: « Istoria della Dinastia Gaznevida. Opera celebre sotto il nome di Tergiemet-ul-iemini. « Codice antichissimo e preziosissimo ». Be e celo dal ib « Libro delle villorie del Si- gnor del mondo, l'emir Timir Gurgénî », storia di Tamerlano dalla sua nascita (25 sa‘bàn 736 =9 Aprile 1336) alla sua morte (17 $a‘bàn 807 = 18 Febbr. 1405), composta nell’828 (com. 23 Novembre 1424) da Saraf ad-dîn “Alî al-Yazdî, m. 850 (com. 29 Marzo 1446). V. H. H. IV, 175, nr. 8016. Jl nostro ms. non ha, come alcuni altri, la lunga introduzione sulla storia dei Tartari e dei Mongoli prima di Timùr A Sonica (fd, dg ob (AR Ve 4&lo db AI ui) SO, II ee) elia a I. — La copia fu terminata nel ‘ramadàn 970 (24 Aprile—23 Maggio 1568). Il testo col titolo: Maulàna Sharfuddin ’Ali Yazdi, Zafarnamah edited by Maulavi Muhammad Iahdad, si cominciò a pubblicare a Calcutta nel 1886 (Bi- blioth. Indica, New Series). Fu tradotta in francese da Petis de la Croix (Che- ref-eddin-Ali, Histoire de Timour—Bec, Paris 1722, 4 voll. in-12, e Delft 1723, 4 voll. dn-S; di qui la versione inglese di J. Darby nel 1723). Altri mss.: Mehren, Codd. bibl. Havniensis, II, p. 19, nr. 49; Codrington, Persian Mss., nr. 94 e 95; Ca- tal. Lugd.-Bat. II, p. 8-9, nr. 917 e 918; Aumer, nr. 243 e 244; Rieu, I, p. 473 sg.; Sachau-Ethé, nr. 153-158; Fluùgel, IL p. 188-190; Dorn, p. 285- 286, nr. 292-296; Pertsch, Berlin, nr. 459-461; Browne, nr. 67. a. IV. 5. Alto 24 !/, cm., largo 17 cm.; 424 f., 19 I. Bel nashî, eccetto le poesie persiane intercalate che sono in ta°lîg; rubriche in rosso. x (1) Il nome del traduttore si legge solo in una nota turca scritta su uno dei fogli di guardia : Dili a Bolli o ela 78 CARLO ALFONSO NALLINO 94. — Contiene il all Dl > ge IVI alt «Effluvi dell'intimità con i santi », biografie dei sùfî illustri, composte da Gàmî (v. nr. 83, p. 72). V. H. H. VI, 367, nr. 13922; de Sacy, nelle Notices et extraits, XII, p. 287-436. — Comincia i SI des dle 4 Jo] jb dl de sil 3 43. Il libro fa composto nell’883 (com. 4 Aprile 1478), come appare dal verso che si trova alla fine dell’opera (61324;r.): eÉ SIMO alias delta )3 eli FE Ep e) Il ms. fu terminato nel &umàada I 995 (Aprile 1587). Pubblicato a Calcutta 1859, ed a Costantinopoli 1270 e 1289. Altri mss.: Flei- scher, Dresd., 408; Fleischer, Zips., ne. 279; Tornberg, nr. 301; Dorn, p- 370, nr. 422,2; Catal. Lugd--Bat., III, 49, nr. 932; Fligel, II, p. 424; Rieu, I, p. 849; Sachau-Ethé, nr. 894,3, 895,3, 957, 958; Pertsch, Berlin, nr. 592- -—596, 38, 2°; Browne, nr. 276. . a. III. 41. Alto 27 cm., largo 16 1/, cm.; 325 f., 22 I. Taflîqg; rubriche in rosso. 95.— È (e 262v))i leYy JI elle GO ia « Giardino degli Amanti intorno alle biografie del Profeta, della sua famiglia e dei suoi com- pagni» di ‘Atà” Allàh Db. Fadl Allah as-Sîràzî an-Nisipàrì, detto Gamàl ad-dîn al-Husaynî. L’opera fu compiuta nel 900 (com. 2 Ottobre 1494) e dedicata a Mîr ‘Alî Sîr. Comincia (f. 2,v.): cele sh Yo Dna La sì opiagli de a A] al ab | dual Ta i Ca 4\}. — Al f.3,v. l’autore dà il prospetto del libro, diviso in 3 magsad e suddiviso in bàb: 1° magsad (diviso in 3 bàb) le cul D_L> Diu 33; 2° magsad (in 2 bab) 4 \e° de 28 aa 5; — 3° magsad (in 3 bàb) Sud pdlis ob e ob di | Il libro giunge sino all’anno 35 (com. 11 Luglio 655), ossia fino alla morte del ca- | liffo ‘Utman. V. H. H. III, p. 495-6, nr. 6616. — Il ms. fu terminato nella città di si Amid nel ragab 986 (Settembre 1578); consta di due volumi legati insieme, il primo | dei quali (f. 1-262,r.) contiene il 1° magsad, ed il secondo (f. 262,v.-fine) gli altri due | magsad. A Altri mss.: Morley, Catal. of the histor. Mss. of the R. Asiatic Society (Lon- don 1854), p. 15 = Codrington, Persian Mss., nr. 19; Dorn, Das Asiat. Mu- | seum, p. 348; Dorn, p. 298; Fligel, II, p. 368 e 369; Rieu, I, p. 147; Sachau- | Ethé, nr. 131-133; Pertsch, Berlin, nr. 558-555. — Una versione turca fu stam- | | pata a Costantinopoli 1268 (3 voll., 514, 314, 292 pagg.). a. IL 6. Alto 26 1/, cm., largo 47 !/, cm.; 370 f., 31 1. Piccolo ma bel nasbî, colle citazioni arabe vocalizzate; rubriche in rosso. Sul f. 1,r.: « Istoria di Maometto e dei Khalifi Rascidi, opera < insigne di Gemal ul-Husseini. Due volumi riuniti in un solo ». I MSS. ARABI, PERSIANI E TURCHI, ECC. 79 2. £1,v.-12,v.: Dalla prefazione (f. 3,v.) si ricava che il titolo dell’operetta è lu bol < Regola dell'equità », composta da Husayn b. Sayf ad-dîn al-Ha- DI 9, q L 5 d/ y. rawî. l una raccolta di 40 tradizioni del Profeta intorno ai sultani ed agli emîr; per vgni tradizione, prima v'è il testo arabo, poi la spiegazione in persiano ed infine la parafrasi in versi persiani. Comincia: i bo 02) C Srilatio iz; Is et bol — f.413,r.-97,r.: Operetta acefala sul sùfismo; sembra fosse divisa in due fasl, giacchè al f. 20,r. si legge: Ta Si DI, DE) Ca & dad è. — Comincia in tronco: Atàl> ce? eli Slc da 9 sit olo, all pu? (sie) La. BRESIERSTv el 030) lla ETIBLE S. — f.38,r.-43,v.: Trattatello sull'anno solare dei Turchi. Comincia: MURI] ol 3 caldo ol gue dl ala o Je ni sali ly di E: 0335 19 dl 03, > gal 9 55 )l95 MA > ol ol dl dle ess TOI pie JE Ls Slodlg. 5. — f.43,v.-44v.: Os) sl. ul « Sulla divisione dei climi della terra ».. \ 6. — f. 44,v.-57,v.: & All al de d>l3> day allu), 0, più esattamente, come appare dalla prefazione, Jbl! d\) « Viatico dei conoscitori » di Abù Isma*îl ‘Abd Allah b. Abî ’1-Mansùr Muhammad al-Ansàrî al-Harawî, soprannominato sayb al-islàm, celebre sùfî nato a Quhandiz nel 396 (com. 8 Ottobre 1005), morto a Heràt nel 481 (com. 27 Marzo 1088). V. H. H., HI, p. 256; de Sacy nelle No- lices et Extraits, XII, p. 352. Altro ms. in Rieu, II, p. 738,4. — Comincia: DOSI Ae soil A> I sa & da Lal è al al ds de dios allo de RI sth. «SOSTE L è EI, JI dì pi ep»o È 09 pr o © Si adl> nu, bd RA «dii Ri Den dj 3939 (£ 45,5.) i di 2999 & dec lè dl isa | Vic Ye 35 & Jal chis ile olo go E pla Id Lil Lola cile € — CIS DIE SE) & 29 sl DI È misto di prosa e di versi; il 1° bàb comincia al T.45,v., il 2° al f. 47,r., il 4° al f. 54,r,, il 5° al f. 56,r. Andò perduto il foglio che conteneva la fine del 2° ed il principio del 3° bàb; così pure manca l’ultimo foglio | colla fine del trattato. 80 CARLO ALFONSO NALLINO HM. — f.58,r.-64,v.: Scritlio sùfi; comincia: dai de PX, salle 233 du) SET 8. — f£. 61,v.-66,v.: Scritto sùfî, con intercalali molti versi; comincia: RETTO) al sl) sl sdgla 3 Las (ESIS GS Al f. 65 son citati a ie d>l4> dell Gillo Di e sil dll Da. 9. — £.66,v.-67,v.: Notizie biografiche su Gamî. 10. — f.67,v.-68,v.: Sentenze di Maometto conformi alle dottrine del sùfismo. Ill. — f£.69,r.-74,r.: Metnewî sùfi, che un confronto col nr. 70, 8° (p. 65) mo- stra essere le «balza do < Cento sedute > di QAsimî o Qasim al-Anwàr, m. nel- — l’835 (com. 9 Settembre 1431) od 837. V. il nr. 70,3. Comincia (metro haft/): do Ls uao Lil dal Gi D2> 4 I titoli dei 412 qasm sono: 1°Jal a 2° culo fo 3° Jil ei 4° ne lai, 5° Ma cò 6° GI i To ),0s Rei 8° cdl i 90 ci Ja 10° ia 23, 11° asili i 20 I, Ro — La vera divisione però è in soli 410 qasm (vedi p. 65, nota). 1. — f. 74,v.-79,v.: Metnewî mistico, incompleto in fine, preceduto da una prefazione in prosa che comincia: Jclu RISSA) valu Duse 3>ly. Il primo verso è (metro hazaj mahduf): s ba È e, el> 33 si iluui b,8Y RSM «| VI Un altro ms., senza prefazione, si trova presso Aumer, nr. 85 (f£. 181-185); ed un terzo esemplare in Sachau-Ethé nr. 862. In quest’ultimo l’operetta porta il titolo di As gel dabla ol 05, ed è attribuita al medesimo Qàsimî. 19. — f.74,r.-94,r.: Metnewì mistico, acefalo; si divide in parecchie sezioni: L Tv. gle alles di £ Tn elle by; fi mr albe li pi & 710 È ba Eos f. 78,r. SELE f. 79,v. È ERO SO use f.80,v. ERA f. S4,r. A>® cao ecc. Comincia in tronco (metro ramal): D)39 e do dl Beto DE 339 è f cl $ \ hab È probabilmente 1° gpé)lall dl < IL compagno dei conoscitori » di Qàsimî, del ‘ quale altri mss. sono indicati in Dorn, p. 389, nr. 458; Pertsch, Gotha, p. 1404, |L I MSS. ARABI, PERSIANI E TURCHI ECC. 81 nr. 75; Fliùgel, II, 506; Aumer, nr. $5; Rieu, II, p. 656; Sachau-Ethé, nr. 862. HM. — f. 94r.-95,r.: Versi di vari poeti. i lo. — f. 95,v.-99,v.: Sentenze di vari sapienti dell’antichità e dell'islàm. 16. — f. 100,r.-103,v.: Scritto d’argomento religioso. Comincia: ii ole ea Sul gl Jp ICONE no dig glxa = > 4855 eZ, LL ad (> LI (sic) 4 lo d-l3> al Sx Le al pe pel Sd DIA \4 Clic hi blù w da hi er Alia 39, Jl colla. È dunque lo stesso trattato sùfî intorno all'unità di Dio, così descritto in Sacha u-Ethé, nr. 1291, 3°: « dg eri a treatise on the unity of God.... A comparison with No. 842 in the India Office Library (fol. 113 b) shows that this tract was composed by Jàmî. It is styled there: AB TOS, L Ai ,) |>. The same tract is described in Rieu, II, p. 876 as d_>l ai do È al SVIENE, all «| “lg: Il cod., SOTA una nota alla fine del nr. 1°, fu scritto nel 907 (com. 17 Lugl. 1501). a. VI. 4. Alto 20 em., largo 12!/, cm.; 103 f., 45]. Ta‘lig. Manca un foglio tra i f.2-3, e vi sono lacune tra i f. 8-9, 12-13, 53-54, 57-58, 73-74. OE, 97. — Vangeli di S. Marco, S. Luca e S. Giovanni. Furono scritti dal P. Ga- briele di Villafori, missionario cappuccino, come si vede dalla sottoscrizione finale (f. 96,r.) He er SUIS ud È Sr, og dots dle Sl do a. IV. 26. Alto 21 cm., largo 16 1/, cm.; 96 £., 21 1. Nashî. Sul foglio di guardia in principio si legge la professione di fede cattolica in armeno; — sul f. di guardia in fine: « Sacrosanetum « Domini nostri Jesu Xti Evangelium secundum Marcum, Lucam et Joannem Turcice interpre- < tatum atque a Patre Gabriele a Villafori Missionario Capuccino propria manu conscriptum et compilati da | Muhammad b. Darwiì Muhammad, detto Tànî Edrenewî. Dalle indicazioni poste | alla fine del libro (secondo Pertsch, nr. 90, ove l’opera è completa) appare ì cl’esso fu terminato il 10 gumAda I 1030 (2 Aprile 1621). Vedi anche H. H. \ IV, 106, nr. 7773, ove il nome dell’autore invece che ab è nuto. — L'opera è \ divisa in 10 bàb, dei quali è dato il prospetto nella prefazione (f. 2,r.): sw Jol L è NALLINO. AL (dh ai Mi Nina k 82 CARLO ALFONSO NALLINO cli gusis dle & ab L % (1) 3a, OY) Glaze Kis loss e Abs e 334 OY Gli Ka 42.35 23,89 7° ai 6 IL n È, DELGIO Gia KÌs OY Glale Els ils cul, dI AII ADI ay PT Slule 6 o iL È è uil UYsl Sla Kia dgls4 dl,>s I Je 6 e ); ® pus, 6 e al è SEA si Dll_s de) ;.s ef Lilalg£s S9539 DE) 6 os PIL dg ds Sl 4> 39 023,53 Jlatule alas9 e € al. I capitoli co- minciano rispettivamente ai f. 2,r., 7,v., 22,r., 80,r., 66,r.; la fine del 5° e gli altri "| © capitoli mancano. a. VI. 12. Alto 19 !/, cm., largo 13 cm.; 79 f., 211. Nashî; rubriche in rosso. Gli ultimi 3 fogli appartengono ad un’altra opera. 99. — AG. Sla de » Gif esa SG le li ol ads Ghodito cl ad sie ©Leb)9 « Libro intitolato JS Sei (3) di Mîrak [Muhammad] Naqsbandî Tàskandî intorno all’interpretazione di al- cuni versi difficili, di quartine e di intere muqatta‘àt di poeti antichi e d’illustri scrit-. tori moderni ». In quest'opera, compiuta a Sîràz nel muharram 1020 (Marzo-Aprile 1611), l’autore illustrò in turco modi di dire figurati e proverbiali (Jealo SU) usati da molti poeti persiani, p. es. Anwarì, Nizàmî, Hàgànî, Kaàtibî, Faydî ecc. ‘Questi modi di dire sono disposti alfabeticamente secondo la consonante iniziale, e poi secondo la prima vocale; pertanto ogni lettera dell’alfabeto comprende 3 capitoli: a, 2 w. — ed Comincia (f. d,v.): gus gd su Gli el Ai Jlel. .| V. Catal. Lugd.-Bat. 1, 103, nr. 200; Fligel, I, p. 102 e 307; Aumer, Tirk. Hdschrr. zu Mùnchen, nr. 209; Pertsch, Pers. Hdschrr. Berlin, nr. 172. Solo i mss. di Vienna e Berlino portano titolo; questo però è diverso dal nostro, cioè: pa UUInO Je dl od È JE a. VI. 6. Alto 20 cm., largo 12 em.; 52 f., 191. Ta‘lîg. Sul f. 1,r.: « Esposizione Grammatica < di alcuni versi di celebri Poeti da Mirk Taschendi ». (4) Vecchia ortografia per )oexil.. (2) Il resto della parola è illeggibile; senza dubbio cus. (3) Anche al f. 4,r.: GSC Jo SS 5) di Giù NS dl. °) I MSS. ARABI, PERSIANI E TURCHI ECC. 83 100. — \sil SE «Il Roseto dell'epistolografia » di Mahmàd b. Adham, opera dedicata al sultano Bàyazid II (886-918 eg.). Comincia (f. 4,v.): gli59 olsl 3 4a bola,Il —al oli ele ol = ob i 3- Al f. 2,r. si legge: »i dle En Lalli GUI plz ale " ot olii ad re E NI bl CARS gl 9 cit bl gluza die *|)399 | ls JT gl dc3l sula eg ail. 955 ey al Is E* asl) ls dll pilo Gp f.3,r.-6,r.: i 55) UE L die % bla 35 SA se ÎL Il libro, sino alla fine di que- sta munàzarah o tenzone, è scritto in persiano. (— . f. 6,r.-9,r.: Muqaddimah \.lals e) dyel A 3. Si divide in 7 asl o fondamenti: 1° ll gui albi; 20 3dlcs all xi: Sugli ci sù Te poli; bo La GUCE: 6° dic toa DE, dazio del: 7° olzio el ee a IX f. 9,r.-54,r.: 4° bàb ill ale I diviso in vari fusùl (completo?) Sem- brano mancare i rimanenti 2 bàb, enumerati dall’autore medesimo (f. 6,r.), cioè: 2° bàb gdedil, 4.cdly L=; 3° bah gdedilo Ag pale tuttavia alla fine del libro dre S si legge: e dll go Ad SR Il ms. che si trova a Vienna (Fliùgel, I, p. 242-248), invece di cominciare in persiano, comincia in turco, e manca della munàzarah. a. VI. 19. Alto 17 !/, cm., largo 12 cm.; 54 f., 47 1. Talîg; rubriche in rosso. IGi. — ad SUINI 2 « La nobiltà dell'uomo » di Mahmid b. ‘Utman b. ‘Alì b. Ilyàs Làmi®, m. 938 (com. 15 Agosto 1531). Vedi Hammer, Gesch. d. osman. Dichtkunst (Pest 1837), II, p. 20-195. — L’opera è in prosa, con intercalati moltissimi versi; fu composta nel 933 (f.8,v.) ad imitazione della notissima « Contesa dell’uomo cogli animali » contenuta nel 241° trattato degli Ibwan as-Safà”. L'introdu- zione contiene la storia della creazione dell’uomo, varie considerazioni generali sulle qualità di questo, e le lodi a Solimano il Grande; comincia (f. 2,v.): ge I — a dl Pa Jai Ra oli Lig> ol oli. Og È A Pri ENG gl Gs | Lilla 84 CARLO ALFONSO NALLINO - . 5 . a coli pelo oli 934. Il racconto comincia al f. 16,v.: OILJNI OLA SIC SEI di e) al ol Le bestie, perseguitate dagli uomini, ricorrono al re dei genii ed espongono le loro lagnanze. Poi (f. 107,r.-191,v.) vengono 7 sedute (la), in cia- ‘cuna delle quali un rappresentante delle bestie disputa con un sapiente originario or di questa or di quella regione, finchè l’uomo [IONI Si Eat 191,v.-195,r.) riesce a dimostrar Ja propria preminenza, e riporta la viltoria. — Altri mss.: Torn- berg, p. 302, nr. 480; Fligel,I, p. 421-422; Aumer, nr. 206; Rosen, Bologne, $ II, 4; Cataloghi, p. 36; Pertsch, Berlin, nr. 447-450. a. V. 27. Alto 20 cm., largo 13 cm., 196 f., 171. Talig; titoli in rosso. Sulla guardia: « Sce- « ref ul insan ossia Dignità dell’uomo. Opera morale di Lamii ». 102, — ole d>|3> ul ae « Vantaggio per l'anima » di Hwàgah i ga- han. Opera di etica mistica, mista di prosa e di versi, dedicata (f. 6,v.) a Sulaymàn I (926-974). Comincia (f. 1,v.): GI RIONE AF. — Ms. terminato nel ragab 967 n (Aprile 1560). a. V. 23. Alto 20!/, cm., largo 13 cm.; 75 f., 19 1. Nashì assai vicino al diwanî e molto serrato; manca spesso qualche punto diacritico. 103. Re Ii ol Storia di Sulayman I (926-974) dall'anno della sua salita al trono sino al 936 (com. 5 Settembre 1529). Comincia 4> Q da olel Se dgi> Lc peri Y AA IL Ile de le oo, Si trovano spesso interca- lati versi dell'autore (az) o d'altri poeti. Due altri mss. sono indicati in Fliigel, II, p. 222, nr. 998 e 999; il primo giunge sino all'anno 949 (com. 17 Aprile 1542), l’altro s'arresta come il nostro coll’anno 936. Da un verso posto alla fine della pre- fazione appare che l’autore è Fardî Effendî; il verso però mi sembra manchi nel | nostro ms. Sull’autore non si hanno notizie; forse, come pensa il Fliigel, egli morì prima di Suleymàn. 2. — Lo 74,v.-94,1: (6039 D'95 Diwdn di Mustafà Agà-zAdeh ‘Abd al-Bàgî Wagdî, m. 4 ramadàn 1071 B Maggio 1661). V. Hammer, Gesch. d. osman. Dichtk., II, p. 444-446. Un ms. in Pertsch, Bern, nr. 14, 2°. È disposto secondo l'ordine alfabetico delle rime, e comincia: lho, Ve e die dale JE 34 lio VII 393 4a) OSCLÌ alb ee a. IV. 14. Alto 23 1/, cm., largo 15 !/, cm.; 93 f., 211. Nashî per la 1° opera, ta‘lîq per la 25; rubriche in rosso. Al f. 4,r.: « Istoria di Sultan Suleimano figlio di Selim 41° per far seguito alle . <«istorie di Saadeddin. — Opera di Vegdi. — P. appendice unito trovasi il divano del sud. « autore ». ira DI (| I MSS. ARABI, PERSIANI E TURCHI ECC. 104. — ahi e) < Corona delle storie » di Hvàgah Sa‘d ad-dîn Muham- mad b. Hasan Effendî, m. nel 1008 (com. 24 Luglio 1599). V. H. H. II, 92, nr. 2045; Il, 412, nr. 2158; Hammer, Memoire sur Saad-Eddin (nel Journ. Asiat., janv. 1824). L’opera fu composta per ordine di Muràd II, ed abbraccia la storia degli Ottomani dai primordi della loro potenza (700 eg.) sino alla morle di Selim I (926). Comincia con un lungo metnewî, il cui primo verso è: Joel al MIL Je dp ii Fu pubblicata a Costantinopoli nel 1279-1280 (2 voll. in-8° gr.); V. Bratutti ne tradusse gran parte in italiano, col titolo: Chronica dell’origine e progressi della casa ottomana, composta da Saidino turco (in-4, 1° vol. Vienna 1649, 2° vol. Madrid 1652). a. IL 4. Alto 301/, cm.; largo 21 !/, cm.; 369 f. (i primi tre non numerati), 31 l. Nasbhì; rubriche in rosso. Sul f. di guardia: «Istoria dei primi Sultani Osmanidi scritta da Saadeddin <«e compiuta sotto il nome di Tag-uttevarikh ossia corona delle istorie. Nello stesso volume «havvi anche la storia particolare di Sultan Selim 1° dell’istesso autore ». ti) 105. — 20 E « Storia dell'Egitto ». Comincia (f. 1,v.): >) 40 III » el Ae? 9 ÎT des ib ail na det ia de Als è SIE Al ale e bla desi il col Ils dl 89 cl las) ol. Dalla conclusione del libro (f. 193,r.-193,v.) si ricava che questa è una traduzione turca fatta nel 1001 (com. 8 Ottobre 1592) da Yàsuf b. Ni'mat Allah, di un’opera | araba intitolata gg cs 3 e Quseto è il titolo d'una storia dell’Egitto comunemente attribuita ad Ibràhîm Db. Wasìf-sàh ti ciò v. Wilstenfeld, Ge- schichisschreiber der Araber, nr. 378,a, Pertsch, nr. 1644, Brockelmann, I, 399-390, Seybold, Orzentalislische Lilter dii I, 1898, col. 147); ed infatti quest’ultima comincia appunto come il nostro mss. Il testo “di Ibràhîm b. Wasîf-Sah terminava col 688; il traduttore la continuò sino ai suoi giorni. Dopo aver parlato in breve dei confini e delle prerogative dell'Egitto (£. 1,v.-10,v.), passa | alla sua storia, cominciando dai re 4 PN] o (£. 10,v.-24,r.), e continuando coi Fa- | raoni, colla conquista araba, cogli Ommiadi, ‘Abbàsidi, Fàtimiti ecc., finchè (f. 146,r.) \ prende a narrar la conquista dell'Egitto per opera dei Turchi. Segue la storia dei vari governatori ottomani fino al principio di Hàfiz7 Ahmad Bàsà, che assunse il go- i verno il 17 ramadan 999 (9 Luglio 1591), e sotto il quale l’autore compose l’opera sua. a. V. 13. Alto 20 cm., largo 15 cm.; 194 f., 13 I. Bel ta‘lîq; rubriche in rosso. Sul foglio di guardia: « Istoria d’Egitto da Jussuf Aga in turco ». 106. — alan ga ly, es Storia delle spedizioni di Ahmad pésd, il quale divenne nel 1072 (com. 27 Agosto 1661) gran wezir di Muhammad IV, guerreggiò felicemente contro l'Ungheria e la Russia e conquistò Candia. L’autore 86 CARLO ALFONSO NALLINO del libro è (f. 7,r.) Ahmad Sipàsiî-zàdeh, vissuto nella seconda metà dell’XI sec. Comincia (f. 1,v.) col verso: gela GAS Spr ib gd ue grata GA lg o dle Molti versi sono pure intercalati nel libro. a. IV. 7. Alto 241/, cm., largo 14 cm.; 97 f., 15 I. Taflig. AI f. 1, r.: « Istoria delle guerre « de’ Turchi sotto Ahmed Pascia ». 107. — Jul agli due GE dui bb eli all II col bllirel chia flo gl li eil cul ae oli | oXudiu « Relazione del viaggio intrapreso in Francia nel 1132 (com. 14 No- vembre 1719) da S. E. Muhammad Fffendî, quale ambasciatore da parte di S. Maestà l' Imperator degli Oltomani ». Muhammad Effendì, soprannominato Yîrmi | sekiz Gelebî ( E Se SS) « il. gentiluomo 28 », morì nell’isola di Cipro verso | il 1735; nel 1756 era stato mandato in Francia da Ahmad III per trattare con. Luigi XV d'alcuni affari relativi alla Terrasanta. V. l’articolo del Rieu su Méhé Ò met-Effendi nella Nouvelle Biographie Générale dei Didot. Questa relazione di viag- gio, scritta dallo stesso Muhammad Effendî, venne litografata a Parigi 1820 (in-4), e poi stampata molto più correttamente nella Chrestomathie turque occidentale (Pa- ris 1841, in-8), col titolo: A+ Ysl gal esse ddl è bl eli al pe) didalili. Cul. Una versione francese apparve a Parigi nel 1758 (Relation du voyage en France de Méhemet-Effendi, in-12). Il ms. è di mano europea (Jean Charles Du Chenoud?), compiuto a Parigi nel 18410, come lo prova la sottoscrizione finale: es O) adiudia 2099 0) else 04 gÈ ad VAN dla È IOERETEE a. VI. 36. Alto 11 cm., largo 8 cm.; 254 pp., 91. Bel nashî. Sulla guardia: « Ill. Dîius eques « Truqui Sardiniae Regis Consul generalis donabat Bibliothecae R.* Universitatis die XIV Se- « ptem. an. 1834. — Brevem historiam itineris Muhammedis Effendi » etc. ; 108. — deb )lja < Trattato sull'ufficio di wezîr» di ‘Alì b. Amr AMAh Qinàlî-zadeh (da non confondere col figlio omonimo), m. 979 (com. 26 Maggio 1571); v. Hammer, Gesch. d. osman. Dichtk., II, p. 341-343. Comincia (f£. 4,v., melro hazag mahduf): RIPALIEL, 49 xe € ie 4_ (sic) cia pi È Se ai el oli G Nes n de Resa Oy (sio) uo è 2193 pila Sab I MSS. ARABI, PERSIANI E TURCHI ECC.: 87 fi. 4. al Se a pes, pel POTERTI deizia (Cal cli gr f. 14,r.: ga lil OL 05. Ivi così è esposto l'argomento del libro: Alu) bi SEMAINE dazi #1 y39 610) Leal dsdie e atool 33 ada ail yo. dla Gio) cl delie 4 dedi cesd! . Sa 30% ELICA del di » gdo, (f. 14,v.) | OY e, Oa di) 34 allio e) «dedi lb ell N) js allio LC ES, Vi IN ia Hlegulilo, -s giulio seul ALSG 9 ssd. La muqaddimah comincia ai f. 14,v., la 1% maqalah al f. 16,v., la 2* al f. 20,v., la 3 al f. 24,r., e la hbàtimah comprende i f. 36,v.-108,v. In essa le biografie dei vari wezîr sono disposte per ordine alfabetico. — Il ms. fu terminato nel muhar- ram 999 (com. 30 Ottobre 1590). a. V. 21. Alto 20!/, cm., largo 121/, cm.; 108 f. 17 I. fino al f. 90, poi 201. Taflîq. I fogli i 61-90 sono colorati in azzurro. 109. (1) — È scritto solo qua e là in turco, unicamente per esercizio di scrittura. a. V. 24. (1) Scritti turchi di astronomia trovansi nel ms. arabo 64, 5,6,7,9. 88 CARLO ALFONSO NALLINO Autori arabi. ‘Abd Allàh at-Tawzarî nr. 47 (p. 34). ‘Abd al-Ganî an-NAbulusîì nr. 50 (p. 34). Abù ’1-Alaà’ al-Ma‘arrì nr. 68, I (p. 53). Abù ‘l-Fidà’ nr. 57 (p. 42). Abù Hanîfah nr. 21 (p. 11). Abù Tammàm nr. 45 (p. 30), 68, XVIII (p. 58). | ‘Adud ad-dîn al-Jgî nr. 22 (p. 12). Agapio Cretese nr. 10 (p. 7). Ahmad b. ‘Alî b. Mastùd nr. 36, I (p. 25), 97, I(p. 26), 38, I (p. 27). al-Ablati, Muh. b. ‘Abbàd nr. 82 (p. 22- 28). ‘AJì b. ‘Abd al-Qadir at-Pabarî nr. 60 (p. 44); cfr. aggiunte a p. 91. CAT ani 2A (PIA ‘Amr b. Kultàm v. cile. al-Antàki v. Daàwùd. ‘Antarah v. coli. al-A*sà nr. 44 (p. 30). Basim Giuseppe nr. 10 (p. 7). al-Bubàrì nr. 20 (p. 10). Dàwùd al-Antàkî nr. 63 (p. 46). Fadl Allah b. Mubibb Allàh nr. 49, IT (p. 33). Tath Allah b. an-Nahhàs nr. 49, HI (p. 34). al-Gazàlì nr. 19 (p. 10). al-GurgAnî, ‘Abd al-Qahir nr. 33, I (p. 24). al-Gurgàni, as-sayyid as-sarif “Alî nr. 22 (p. 12). al-Harîrì nr. 52 (p. 56). al-Harit b. Hillizah v. cl. amîr Haydar nr. 61 (p. 45). Halîl b. Ishàq nr. 26 (p. 17), 27 e 28 (p. 18-19), 29 (p. 19). al-Hirsî (al-Haràsî), Muh. b. ‘Abd Allah nr. 27 e 28 (p. 18-19); cfr. aggiunte QMIPROAE i Ibn al-Abbàr nr. 53, I (p. 36-37). Ibn al-‘Attàr, Abù ‘Abd Allàh Mul. in Sl (9122) Ibn Daylàq (Dablàq?) v. Yùsuf. ‘Ibn al-Fàrid nr. 48 (p.32), 68, XVII (p. 57). Ibn Hisàm, ‘Abd al-Malik nr. 56 (p. 44). Ibn Hisàm, Gamal ad-dîn nv. 35, IV (p. 24). Ibn Ishàq nr. 56 (p. 41). Ibn an-Nahhàs v. Fath Allàh. | Ibn Rayyàn, Saraf ad-dîn al-Husayn | nr. 54 (p. 40). Pi Ibn Wasîf-sah nr. 105 (p. 85). Ibn Zaylàq (Zablàq?) v. Yùsuf. Ibn Zafar nr. 53, II e II (p. 37-38). Ibràhîm v. Ibn Wasìf-Sah. al-Îgì v. ‘Adud ad-dîn. Imru' ul-qays v. alla. Di | al-Isfarà'inî nr. 34 (p. 25). ©; al-Ishàgî nr. 59 (p. 43). | al-KAsì, ‘mad ad-dîn nr. 62, II (p. 46). Labîd v. cl. Hi Lutf Allah b. Sugà* ad-dîn nr. 62, I (p. 46). Mangak pàsà nr. 49, I (p. 33). al-Maridînî, Badr ad-diîn Sibt .... ne. 64, III e IV (p. 48), ibid. XII (p. 50). o al-Maridinî, Gamàl ad-dîn nr. 64, XIM tai (p. DI). Mas'ùd as-Sirwànî ar-Rùmî nr. 62, I (p. 46). Mugîr ad-diîn al-‘Olaymì nr. 58 (p. 42). I Muhammad b. Muh. al-Udùsî nr. 64, It | (p. 47). Si Muh. b. ‘Abd al-Mu*tî v. al-Ishàqî. Muhyy ad-dîn v. Yùsuf. al-Mutanabbî nr. 46 (p. 31, 68, XIX | (p. 38). bd al-Mutarrizîì nr. 33, I e II (p. 24), SÉ (p. 25). I an-Nabigah nr. 44 (p. 30). an-Nagdì nr. 64, X (p. 50). ci an-Nabhàs, Abù Ga'far Ahmad nr. 4& | (p. 29). I Nicola Sà'ig nr. DI (p. 35). | ‘OtmAn as-Sàkir nr. 41, I e II (p. 28). | al-Qaysarî, ‘Abd al-Muhsin nr. 30, II (p. 21). Sibt al-Maridinî v. al-Maridînî Badr ad- —din. I MSS. ARABI, PERSIANI E TURCHI ECC. Sinàn ad-dîn ar-Rùmî nr. 22 (p. 12). as-Sìwasi, SihAb ad-dîn nr. 130. I e II (p. 20-21). as-Sunbàti, Ahmad nr. 64, IN (p. 48). Saraf ad-dîn al-Husayn v. Ibn Rayyàn. as-Subràbiti, Ibràhîm nr. 29 (p. 19-20). Sugà' ad-din v. Lutf Allah. as-Sugràtisi nr. 47 (p.34); cfr. agg. p. 91. at-Vaftàzànî nr. 39 (p. 27). at-Taàgùrî, ‘Abd ar-Rahmàn nr. 64, XII (p. 50). Opere Commento alla prefazione del Misbàh di al-Mautarrizî nr. 33, II (p. 24). Corano nr. 11-17 (p. 8-9). Dizionari arabo-italiani nr. 42 e 48 (P-29). Dottrina cattolica nr. 6 (p. 6). Manuale pei sacerdoti cattolici nr. 7 (p. 6). Prediche cattoliche nr. i e 9 (p. 7). | Preghiere cristiane nr. 5 (p. 6). Preghiere musulmane nr. 18 (p. 9). Salmi nr. 4 (p. 4). Scritti dei Drusi nr. 23-25 (p. 13-17). Storia del Ri nr. 61 (p. 45). Vangeli nr. 2 (p. 4). Vangeli per i vari tempi dell’anno nr. 3-4 (p. 5-6). 2g 2 di nr. 54, I (p. 40), 55 (p. 41). QaE4| 5 nr. 36, V (p. 26), 37, V (pe27). | «Abd Allah al-Ansàrî nr. 96, VI (p. 79). ‘Abd Allàh b. Muh. al-Mar vani v. Ba- yàni. \ Abù S-Saraf Nasih al-Garbàdaqànî nr. 92 Me 77). | CAlî Yazdì v. Saraf ad-din. | Amîr Husaynîì nr. 72, II, p. 07. | Amîr Husrew v. Husrew di Deblìî. ‘Atigì nr. 68, XXVI (p. 62). Awhadì nr. 68, XXI e XXII (p. 60-61}. | Babà Figànî v. Figànî. | Bayànî nr. 91 (p. 76). SERIE II, Tom. L. arabe (0 0) CS D Tarafah v. coli. alUltbi mr: 92, pi. al-Wafà'î, nr. 65, I (p. 54). gal Ci E nei2A 22) Noble. 64, I (p147). Lil ib nr. 68, Il (p. 54). Zagai aai ee Ze wa L nr. 40 (p. 27). Ag call i tsTnr. 68, IX (p. 56). 22259 2US nr. 53, INI (p. 38-39). Li nr. 44 (p. 29), 68, IIL (p. 54). AI è a gaili 36, III (p. 26); con commen- to nr. 37, LI (p. 27). tl Gli e d Gs? nr. 65, II (p. 52). Autori persiani. Danis nr. 87 (p- 74) al-Fabrì al-Gurganî nr. 68, VIII (p. 55). Farîd ad-dîn ‘Attàr nr. 72, I e II, 73,I (p. 66-67). Fàryabî, Zahîr ad-dîn nr. 71, I (p. 65- -66). Figànî nr. 86 (p. 74). Firdùsi nr. 68, VI (p. 55). Galàl ad-dîn Rîmî nr. 68, XXVII (p. 62), 74, 75 (p. 68). Gama ad-dîn al-Husaynî nr. 95 (p. 78). Gàmì 83, I, IT e IN! (p. 72-73), 84 (p. 73), 12 90 CARLO ALFONSO 80 (p. 74), 94 (p. XVI (p. 81). al-Garbàdaqanì a) v. Abù 'S-Saraf, p) v. Nagib ad-dîn. Giyàt ad-dîin Muhammad nr. 68, IV (p.D4) Hafiz ne. 81 (p. 71). Humam ad-dîn at-Tibrîzì nr. 68, X, XI e XII (p. 56), XV (p. 57). Husayn b. Saraf ad=dîn al-Haraw?î nr. 96, I (p. 79). Husaynî 2) v. màl ad-dîn. Haqanî nr. 68, XIII (p. 57). Husrew di Dehlîì nr. 78 (p. 69); cfr. an- che nr. 68, XXII (p. 61). Hwagù Kirmanì nr. 79 (p. 70). Ibn Fahbr ad-din Hasan Îngù nr. 67 (p. 53). Kalîm nr. 89 (p. 75). Kamal ad-dîn Isma*1 al-IsfahAnî, nr. 68, XIV (p- 57), XXIV (p. 61). Katibî nr. 71, Il (p. 66). al-Marwàrîd v. Bayànî, Mirak Nagsbandî Taàskandî v. negli au- lori turchi. 78), e forse 96, Amîr Husaynî, p) v. Ga- NALLINO Muhammad v. Giyàt ad-dîn. Muh. b. ‘Abd al-Haliq al-Gilànî nr. 66 (p. 52). Muh. b. ‘Alì ar-Raffà' nr. 70,1 (p. 64). Nagîb ad-dîn GarbAdgfnî nr. 68, V (p.55). Nasih al-GarbAdagànî v. Abîù ‘’8-Saraf. Nizàmî nr. 68, VII (p. 55). ‘Otmàn as-Sakir v. negli autori arabi. Qasimî o QAsim al-anwàr nr. 70, II e : IV (p. 65), 96, XI, XII, XII (p. 80). | Qudsì nr. 88 (p. 75). i ar-RaflA” v. Mub. b. ‘Ali. | Sa*dî mr. 68, XI e XVI (p. 56 e 57), 76 | e 77 (p. 68-69). Sà'ib nr. 90 (p. 76). Sa‘îd Harawî nr. 68, XXV (p. 62). "| Salman di Sàwah nr. 80, I, II, II (p. 70- I -74). FI Sanà'î nr. 69, 70, I, II, IV (p. 62-65). Sahî nr. 82 (p. 72). Sahidî nr. 73, Il (p. 67). Sams ad-dîn Tabsì nr. 68, X (p. 56). i Sams ad-dîn Tibrizî = Galàl ad-din | Roùmî. i Saraf ad-dîn ‘Alî Yazdì nr. 93 (p. 77). Opere persiane anonime. Notizie su GAmî nr. 96, IX (p. 80). Scritti sùfî nr. 96, II, INI, VII, VII (p. 79- -80). Sull’anno solare dei Turchi nr. 96, IV (p. 79). o d BI ge ne 96, V (p. 79). ligg ya nr. 68, XX (p. 58-60). Autori turchi. Alimad Sipàsî-zàdeh nr. 106 (p. 85-86). Fardì Effendì nr. 103, I (p. 84). Husayn b. Halîl os 4: 3 nr. 64, V Hwaàgah-i-gahàn nr. 102. (p. 84). Làmi*ì, nr. 104 (p: 83). Mahmoùd b. Adham nr. 100 (p. 83). Mirak Naqgsbandî Tàskandî nr. 99 (p. 82). Muhammad Effendì nr. 107 (p. 86). Mustafa b. ‘Alî nr. 64, VI e VII (p. 49). (p. 49). Qinàli-zàdeh, ‘Alî nr. 108 (p. 86). Sa‘d ad-dîn nr. 104 (p. 85). Sàhidi v. negli autori persiani. Tànî Edrenewì nr. 98 (p. S4). Wagdî nr. 103, II (p. 84). | Yùsuf b. Ni‘mat Allah nr. 105 (p. 89). | Vangeli nr. 97 (p. SI). rel ina à dal nr. 64, IX (p. 50). ] MSS. ARABI, PERSIANI E TURCHI ECC. 9 Correzioni ed aggiunte. P. 18, nota 1, sì aggiunga: La data dù ’1-hi&gah 1101 per la morte del nostro autore è data pure da al- Muradì, Sw%%k ad-durar fi a‘yàn al-garn al-hédi ‘asar, Costantinopoli e Bùlaàq 1291-1301, vol. IV, p. 61-62, ove il nome si legge al-Hara&î. P. 22, 1. 7, sì cancelli uno dei due v,&J\. P. 23, 1. 3-4, sì legga: Ibn Qutlùbugà. P. 31, 1 4 d. D.: il nr. 888, 11° di Cureton-Rieu (p. 405) è un tahmîs fatto da Abù ’1-‘Ab- bas Ahmad b. Muh. al-Ansarì ad-Dabbà&. P. 45, al nr. 60: Un esemplare completo dell’opera (fino al 1049 eg.), in tre volumi, si trova nella collezione del Conte di Landbersg. P. 53, l. 10, si cancelli: Hard-list (su cui si veda sopra, p. 33, nota). P. 58, al nr. 68, 19°: Yuùsuf b. Zablàq (?) morì nel 660 (com. 26 Novembre 1261) come risulta da al-Kutubî, Fwd al-wafaydat, 1° ediz. Bùlàq 1283, vol. II, p. 401 sg., cfr. Hartmann, Das arabische Strophengedicht, I: das Muwassah, Weimar 1897, p. 60-61. AI-Kutubîì scrive il nome lbn Zaylàq; ma l’Ibn Zablàq d’un ms. di Gotha e di Ibn Habîb, nei quali il nostro autore è ricordato, sembrano confermare la lettura G>ò el del nostro codice. L'etimologia dello Hartmann dal persiano-turco -)ls Laillls dll cei TI LI, dlagl ,£ UP LI MISA ZII dall dia 2) dual Deli Il ms. però è incompleto, mancando in fine probabilmente una kurràsah. — L'opera fu stampata a Lahore 1870 (con versione persiana); Dehlî 1888 (litogr., con vers. pastù) e 1889 (litogr., con vers. persiana e pastù); Kazan 1889. — Altri mss.: Fleischer, Dresd., nr. 184; Fleischer, Zips., p. 467; Tornberg, p. 283, nr. 442,1; Catal. Lugd.-Bat., IV, 125, nr. 1812 e 1813: Cureton-Rieu, p. 88, nr. 130; Cataloghi, p. 2412; Rosen, Bologne, nr. 206-209, 215,1, 231,2, 243,3, 439,7; Aumer, nr. 163-165;-Catal. Paris, nr.:1132-1438; Ahlwardt, nr. 3542 e 3543 (6 copie). — L’opera ebbe molti commenti, sui quali si veda specialmente Fliùgel, III, p. 118-120; Pertsch, nr. 766; Rosen, nr. 210-214; Browne, — Hand-list of muhamm. mss. (su cui si veda la nota al nr. 49, II, dei mss. della Bibl. Naz., p. 38), nr. 1127 e 1128. | MM. V. 31. Alto 19 !/, cm., largo 12 em. ; 86 f., 15 1. Bel nasbì, titoli in rosso. Sulla guardia: | «Dottriza ascetico-morale pratica intorno ad alcuni precetti della Religione Moammedana ». 3». — Arabo. Operetta che è senza dubbio il ISIRVNPoA compendio di giurisprudenza | secondo il rito hanafita, composto da Abù ’1-Husayn Ahmad b. Muhammad al-Qudaùrî | al-Bagdadî, nato nel 362 (com. 12 Ottobre 972), m. nel 428 (com. 25 Oltobre 1036). | _V. H.H. V, 451, nr. 11625; Ibn Hallikàn, ed. Wistenfeld, nr. 29; Ibn Qutlù- | bugà, ed. Fliùgel, p. 5, nr. 13; von Kremer, Cullurgeschichte des Orients (Wien 1875-1877), I, p. 504-507; Brockelmann, I, 174-175. Comincia: 3loll Jl ii SMESSÌ GA LA \ ds U Ni Je alli dt 7 . ls Te) \duceb. I f. 50-73 andarono perduti; in fine manca un foglio o due. | _— Pubblicato a Dehlî 1847, Costantinopoli 1291 e 1315 eg., Kazan 1880 (per cura i del Gottwald). La parle che si riferisce alla guerra contro gl’infedeli fu stampata con versione latina dal Rosenmiiller, Analecta arabica, pars I (Lipsiae 1826); | la parte relativa al matrimonio fu tradotta in tedesco da G. Helmsdòrfer (Frank- | furt 1832). — Altri mss.: Fleischer, Dresy., nr. 27, 426 e 164; Fleischer, | Lips., nr. 200 e 201; Tornberg, p. 282, nr. 440; Tornberg, Codd. Universit. | Zund., nr.34,2; Mehren, Codd. bibl. Havniensis, nr. 65; Fligel, II, p. 197; | Aumer, nr. 250-257; Cureton-Rieu, p. 141, nr. 267 e 268; Loth, p. 54, nr. 202 ' «e 203; Pertsch, nr. 994 e 995; Rosen, Bologne, nr. 143-150; Catal. Paris, | nr. 827-833; Cataloghi, p. 214; Catal. Cairo, INI, 127-128 (8 copie); Ahlwardt, | nr. 44541 e 4452 (4 copie); Algeri, nr. 978-980; Browne, Hand-list, nr. 1021. MM. V. 4. Alto 43 !/, cm., largo 10 cm.; 184 f. (numerati in arabo», 15 1; mancano i fogli 50-78, ed in fine sono perduti un foglio o due. Nashì; rubriche in rosso. Nei fogli di guardia trovasi l’indice di tutta l’opera; in principio: « Precetti sulla osservanza e le Cerimonie della | < Religione Moammedana ». 94 CARLO ALFONSO NALLINO 4a — Arabo. SALI azz) È dx o JI id « Dono dei re per colui che cerca il cam- mino nella giurisprudenza », compendio di diritto hanafita, composto da Zayn ad- -dîn Ibn as-Sarrà& Muhammad b. Abîì Bakr Hasan b. ‘Abd ai-Qadir ar-Razî, che scrisse al tempo dell’ortoqida al-Malik as-Sa‘d figlio d’Alp Arslàn (637-653 eg.), e che viveva ancora nel 668 (com. 31 Agosto 1269). V. H. H. II, 240, nr. 2673; Fli- gel, Hanefitische Rechtsgelehrte (nelle Abhandl. d. Sichs. Gesellsch., vol. VII) p. 828; Brockelmann, I, 383. Comincia (f. 45,v.): a22)) pe d 72 lia bel Gal odle de ls hi dal Gi n ? d ld DD . . ì as A A ie de dd pal) pala. i. citi d dal 24 der dl tb pollo ssJl sola! sylebll e call Vasi aaa e Ù 439) LL dos a dl ii cÎI di Gy cal ille ia Gs cui & dually | 53 ES Di dee dl. — Altri mss: Fligel, II, p. 198, 244; Aumer,. nr. 307, 308, 309; Tornberg, p. 279, nr. 434; Pertsch, nr. 1007 e 1008; Ro- il sen, Notices sommaires de mss. arabes du Musée Asiatique, nr. 120; Rosen, A Bologne, nr. 239, 246, 252, 433, 458; Catal. Paris, nr. 875 ed 874; Catal. Caino, | III, 20 (6 copie); Ahlwardt, nr. 4517 e 4518; anonimo in Browne, Hand-tist, nr. 228. — Un commento scritto da Abù ’l-layt al-Muharram b. Muhammad b. alArif D. al-Hasan az-Zilî, ed intitolato Hadiyyat as-sa‘lùlk sarh tuhfat al-mulùk, fu edito a Kazan nel 1877 e nel 1887 (in-8, 276 pp.). ri< MM. V.:38. Alto 18 1/, cm., largo 47 !/, cm.; 80 f., 41 1. Nashî colle vocali. Nei margini | moltissime glosse, nelle quali si cita spesso il noto dizionario arabo-turco di Ahtarî, composto nel 952 (com. 5 Marzo 41545). I f. 1-14; 73-80 sono occupati da numerosi estratti da varie opere intorno a questioni di giurisprudenza, per lo più in arabo, talvolta in turco. Sulla parte esterna . della guardia: « All’Accademia delle Scienze di Torino. Q. Sella ». Il ms. è poi contenuto in una | scatola di cartone. i 5. — Arabo. li — f. 2,v.-4%v. Comincia: Pai 6 ea, È, die A ce? Li & 41 è 3 >I Ja89 È dunque la (a) e 131 « La sufficiente nella sintassi » di Ga- | màl ad-din Abù ‘Amr ‘UtmAn Db. ‘Umar b. Abî Bakr Db. Yùnus al-MAlikî, detto Ibn | al-Hagib, m. 646 (com. 26 Aprile 1248). V. H. H. V, 6, nr. 9707; Brockelmann, | I, 303-306. — Le edizioni sono numerosissime dopo la prima, stampata a Roma | nel 1592. I 9. — f. 48,v.-85,r. Comincia: + SISI dall Je . edi ES 4) ia da LI è elabili è Al È dunque 22) è all < La lucerna sulla sintassi» d'al-Mu- | paolo © MESERO: | ” I MSS. ARABI, TURCHI E SIRIACI ECC. 95 tarrizî, m. 21 gumàda I 610 (8 Ottobre 1213). Si vedano le notizie date al ms. arabo nr. 33,2 della Nazionale di Torino (p. 24). d. — f. 88,v.-98,v. Comincia : a_i cd pls LISI n calli Ss hi 3) Al TE: di al ob day 9 oasi aJls 4£. È il noto trattatello i è dll < Le particelle reggenti nella sintassi > di “Abd al-Qàhir al-Gorsgànî, m. 471 (com. 14 Luglio 1078), sul quale vedasi il ms. arabo nr. 33,1 della Nazionale di Torino (p. 24). MM. V. 27. Alto 19 em., largo 13.1/, em.; 99 f., 9 I. Taflig; rubriche in rosso. Sul f. di suardia in fine: « Grammatica araba ». 8. — Arabo. Fidi iS de Su SE ossia Lalli « Rivelazione dei misteri », trattato di morfologia araba di Muhammad b. Pîr ‘Alì Birgilî (o con forma araba Birkawî), nato a Birga S nell’Anatolia l’anno 929 (com. 20 Novembre 1522), m. nel 981 (com. 3 Maggio 1573). V. H. H. I 346, nr. 886, e Flùgel, I, 164-165. Comincia (lf. d,v.): sd_g ug ocal .G de E 39 allo cli I) hi ve] dla Jseedla Jesi «La di gas LAI ne Sal te i dla il deli de ey 53 edi (age. )). — Il ms. fu terminato (f. 30,r.) il gio- vedi 5 muharram 1098 (21 Novembre 1686). — Pubblicato, con altri opuscoli gram- maticali, a Costantinopoli 1234, 1256, 1276, 1302; Bùlàq 1241, 1279; Calcutta, s. d. MM. V. 8. Alto 20 1/, cm., largo 131/, cm.; 30 f., 13 1. Nashî; rubriche in rosso; sino a tutto il f. 6 moltissime glosse marginali. Sulla guardia: « Questo libro tratta del parlare gram- < maticale; specialmente sulli tre tempi: Presente. Passato. Futuro ». fa — Arabo. IA Comincia: Jil oe alla SA A pela di di SII) 21 evI |9. Sono glosse ad un commento intitolato Tel ca) (AZ SSTIE EI ASS trattato di logica composto da Nagm ad-dîn ‘Alî b. ‘Umar al-Qaz- wînî al-Katibî m. 693 (com. 2 Dicembre 1293; o 675); Brockelmann I, 466- —467. — Le frasi commentate sono sormontate da una linea rossa; in margine molte glosse. 2. £12. e commento alla prefazione del nr. 1°; comincia: a Je os il lidi. SIEDO 13,v.-15.r. Glosse anonime alla $an:siyyah d’ al-Katibî. Comincia: 29 1 gall Jb È meteo sep sb ao, de abs & J5 è A) Cioè ciali. 96 CARLO ALFONSO NALLINO Jil E O) cl \le 49 asa di Ls. Termina, a quanto pere, in tronco colle parole ID IA 2-45 Og 3. — In margine si trovano parecchie glosse Li — I a Glosse anonime al commento di Husàm ad-dîn al- -Kàtî, m. 760 (com. 3 Dicembre 1358) sull’ Isagoge (agli cioe/wyi)), od intro- duzione alla logica, di Atîr ad-dîn al-Abharî (1), m. circa il 660 (com. 26 Novem. bre 1261); v. H. H. I, 503, nr. 1583; Brockelmann, I, 464-465. — Comincia; 414) 02 g>9 ca sil 5) E le g5 Ele MM. V. 23. Allo 16 cm., largo 11 cm.; 28 f., 471. Taflìg. AI £ 1,r.: i cò (2) obJI zi. Al f. 28,v.: « Discorsi Dogmatico-Morali intorno a cose della Religione musulmana ». — Il co- dice sta in una scatola di cartone. 8. — Arabo. i Ri I. — f. 1,v.-18,v. Comincia: la Sil 5 FOT oca Ance od DI i 1 SIE Ts. Sono dunque le Glosse d’al-Barda‘î, m. circa il 927 (com. 12 Di- cembre 15 i al commento composto da Hus&m ad-dîn al-Katî m. 760 (com. 3 Dicembre 4358) sull’Zsogoge (od introduzione alla logica) di Atîr a&-dîn al- vi -Abharî, m. circa 660 (com. 26 Novembre 1261). V. H. H. I, p. 503, nr. 1533; Brockelmann, I, 464-465. — Altri mss.: Fleischer, Zips., p. 349; Dorn, gr Do i nr. 105,6; Uri-Nicoll, I, nr. 544 (ch. II, p. 585); Bibliot. Univers. di Ka- " F san, nr. 83.2; Aumer, nr. 672,9; Pertsch, nr. 1171,3; Derenbourg, Escurial, ù O Rosen, Bologne, nr. 4034; Catal. Paris, nr. 23591; Cataloghi, p. 20; a lwardt, nr. 5232 (2 copie). 2. — £. 18,v.-48,v. Altre glosse al commento suddetto d’al-Kàatî. Cominciano: PISI eli SISI di E ie] J sail hi ELL Il testo commentato è pre- dl ceduto sempre dalla parola D\PO in rosso. 8. — f. 49,v.-63.r. Comincia: lg de dia \g5s 4, Val tl 45) MAI] ì| URL E la 2* e la 3* magalah (quest’ultima com. al f. 57,v.) della ii] 4LJ ci Za 35154) &, il noto trattato di logica di Nagm ad-dîn ‘Alî b. ‘Umar al-Qaz- wînî al-Katibî, m. 693 (com. 2 Dicembre 1293) o 675 (com. 15 Giugno 1276). W. A) H. H. IV, 76, nr. 7667; Brockelmann, I, 466-467. — Edito come Hrst appen- | dix to Dictionary of the technical terms used in the sciences of the Musulmans, | ed. by A. Sprenger, Calcutta 1854, in-4. Inoltre fu stampato a Costantinopoli 1263, 4274 (in-4); e con note per cura di Muhammad Nùrî Effendî Hwàgah-zàdeh, a Co- stantinopoli 1295 e 1302. (1) M. Hartmann, nella Orzentalistische Litteratur-Zeitung, Il Bd., 1899, col. 342, av- . verte: « as-Sabbin bemerkt in dem Komm. zum sullam (ed. Kairo, W. an-Nîl 1292) S. 50, es sei «zu lesen Utaijir ad-dîn, und Molla Tali& wolle al-Abahrì, er neige aber zu al-Abharì ». I MSS. ARABI, TURCHI E SIRIACI ECC. 97 4. — f. 63,v.-68,r. Comincia: cal Ju & cli ol È, ol ani ® Jl è LUNI SO, WS né di a: DIES) Ji Ls 4îv)9. Sono glosse anonime alla sam- siyyah d'al-Katibî, diverse da quelle contenute nel nr. 7,3, quantunque il principio sia quasi eguale. Terminato nel ramadàn 943 (Febbraio-Marzo 1537). MM. V. 24. Alto 18 !/, cm., largo 12 cm.; 68 f; f. 1-18, 13 I. talîg; f. 19-48, 13 1. talîq tendente al nasbî; f. 49-68, 17 I. ta‘lîg. Sulla guardia: « Trattatello di elocuzione e di logica ». i. 9, — Turco. PRIVE ajlu ,) « La Muhammediade », poema in 9119 versi di Muhammed Celebî Ibn al-KAtib 0, come più spesso è chiamato alla turca, Yàzîgî òglù (1) o Yazîgî- -zàdeh, m. a Gallipoli sua patria nell’854 (com. 14 Febbraio 1450). V. H. BH. V, 429, nr. 11553, e V, 645, nr. 12462; Hammer, Gesch. d. osman. Dichtk., I, p. 127 seg. — Comincia al f. 4,v. (metro hazag mahdif): SII gal dla dui Dopo le lodi a Dio, a Maometto ed ai califfi ar-ràsidùn, l'autore parla dello scopo del libro che dice d'aver composto a Gallipoli nell'853; poi tocca della vita di Maometto. ed espone i dogmi e l’ascelica dell’islàmismo. — Altri manoscritti: Fleischer, Dresd., nr. 374, 393; Tornberg, nr. 410; Mehren, Codd. Bibl. Havniensis, n. 2; Aumer, nr. 179-181; Pertsch, Gotha, nr. 217-219; Pertsch, Berlin, nr. 371-373; Rosen, Bologne, p. 179 (10 copie); Rieu, p. 168; Browne, Zand- -list. of muhamm. 1nss., nr. 1014 e 1015. — Stampato a Costantinopoli 1841-42; “B a Kazan 1261 eg., e 1859 (in-fol., per cura del Kàzim Beg), 1309 (in-fol.); a Bù- td) làq 1256 col commento turco intitolato 29) cò: di Ismà5(9 Jiang Jlosso IS sol. f f f. 110,r. 0: k00,9 ANly Jhaag Jhusò col. f ii . ABLr. a: gg 9099 Jln091 ag lmad sol. f. Adv. a: las9$9 ‘00,9 JA&/9 fans HS sol. f. 149,v.d: las,$ J3$;00 AI f. 145,r. @ termina la prima parte del breviario: PISTE Nozdo Assda ; 335) Ng lma) sol. Ja sel Suda CHÀ23 Jhua199. AI f. 145,r.0 comincia la seconda parte: ESTSO LAsÒ STO kosa da DELSSI Joa ESSO Loo39 Issa ho }iroca A.3Î ins kiao) “o Jiang 3d49 loci }haa19y {Nainl Joxrdo Dora quia. I taksà sono: f. 145r.2: isaoly Jola Neg Looso iagd. Dopo il £.153 v'è una la cuna, essendosi perduti la fine del 1° taksà ed il principio di quello di Lazzaro. Que- È sl’ultimo termina al f. 155,r. d: SI NaDI FANS day pia. f. 155.0: lissoly lasso laazia css imag sol. Il codice finisce in tronco colle parole (f. 159,v. d): So 009Qal ON Ho. Oltre ai cantici ordinari (10) vi sono molti inni (lex) di S. Efrem (m. 373 d. C.) e di S. Giacomo di Sarùg (m. 521 d. C.). X. IL 31. Alto 37 !/, cm., largo 24!/, cm.; 159 f. a due colonne, ciascuna di 40-45 1. — Mem: branaceo; carattere estranghelo colle rubriche in rosso. I f. 50, 52, 72, 73, 144 sono in parle. lacerati. Sul dorso del libro: « Preghiere ed inni. Ms. siriaco estranghelo ». na CARO = ari TRIO ATI Cp A i n Dia sn ita ss CERCATA tesa A I MSS. ARABI, TURCHI E SIRIACI ECC. 101 Manoseritti arabi. al-Abharî, Atîìr ad-dîn nr. 7, IV (comm.), 8, I e JI (comm.; p. 96). al-Barda‘ì nr. 8, I (p. 96). al-Birgilì (al-Birkawi) nr. 6 (p. 95). al-Gorgànì, ‘Abd al- co nr. 5, II (p. 95). Tbn al-Hagib nr. 5,I (p. 94). Tbn as-Sarrà&, Zayn ad-din Muh. nr. 4 (p. 94). al-Kati, Husàm ad-dîn nr. 7, IV (glosse; p- 96), 8, I e II (glosse; p. 96). al-Katibî, al-Qazwiînî nr. 7, I e III (glos- se; p. 95-96), 8, III (p. 96), 8, IV (glos- se; p. 97). al-Mutarrizì nr. 5, II (p. 94-95). al-Qudùrì nr. 3 (p. 93 Sadîd ad-dîn al-Kasgarî nr. 2 (p. 92). ad Glosse anonime al -LasYl cha) nr. Til (p. 95); commento alla prefazione di queste glosse nr. 7, IL (p. 95). Glosse anonime ad al-KAtì nr. 7, IV (p. 96). Preghiere musulmane nr. 1 (p. 92). Vangelo di S. Luca (frammento arabo e siriaco) nr. 10, III (p. 98). Manoscritti turchi. | GamAl ad-dîn (GamAlì) DEA ORSO (p9S) Hamzah Effendî Derendelî nr. 10, I (p. 97-98). Muh. Yazigi oglù nr. 9 (p. 97). Manoscritti siriaci. . Breviario giacobita nr. 12 (p. 98-99). Nuovo Testamento (Alti degli Apostoli ed Epistole) nr. 11 (p. 98). Vangelo di S. Luca (frammento arabo e siriaco) nr. 10, II (p. 98). to i SOA Reese TA DALAI NEREO CAR 0 N; It i ita i, Mita Lita di br PRA ATIIÙ itrienco nnt Rai STE VE I i. bo 4 } HNILAI LIRE TE A RAT Loi stamp) la Ab: bg bi È eu det + CM ATO 01, Ar ri ia al CC Po i “eeCA0N vi Pas Poe siediti I 00 TA 3 i SL ee &. Vate tera igloo E ati Ha bla Sdf x \ ti vii pi i i | RU I SI Sf gi fi PENOOT) naz ARRE SERRA La a du i HIV aiuta Jide Mn 40, È ni dI, ro, Ri prosa Aridi) gal Verte 5: fi vi RIO a pegleA ra jp ibid deh, vige MRI do ngi tatfonbi citati È AIA I Mi ue +siolgi PRI dj EA RIS CLSERTRTT i) t- n n Hi E "SAI TATA tt I pe briga Gg + NM RT LI Hi. bi ; 100 pi, Vos si DI LA) set sero: ata; La nere vi A FURTI o 15; lo Ra Ò ; ; SN rr Fado pi da iui irineonat, dt e ì RL Spa «WE ddelint ir I (ee Aq IO ae sen Ab VIa aa o RR 1 in " POR dg da TERRE REI A NI 1 RA pi id ti dna DL Rito ae EER e di cor are gode: Met 593, tec DI i s Neo nta ta) a 9020 gs sui ue af n * 7 PINZE (SR OPANCE POSSTITERI LIME OL Lr) i da A a i E | FTA LA : Mira: slo A) SANA SR a SE È pani 5 P. } ; a , I - dici 4 Si Aggiunte alla memoria di 0. A. Nallino, “I manoscritti arabi, persiani, siriaci e turchi ece. , Dopo la stampa della memoria suddetta, il Cav. Francesco Carta, Prefetto della Biblioteca Nazionale di Torino, scoprì due altri codici, e, colla sua abituale e squisita gentilezza, li pose tosto a mia disposizione. Sono lieto così di poter completare il Catalogo già pubblicato. lO. — Grammatichetta araba anonima, scritta in lingua italiana. Comprende 5 trattati, suddivisi in capitoli che alla lor volta abbracciano spesso parecchi articoli ; i vocaboli arabi sono in caratteri nashî eleganti, senza vocali, ed accompagnati da trascrizione italiana. La lingua trattata è quella usuale nelle scuole di Siria, vale a dire intermedia fra l’arabo letterario con tutto l’ iràb ed il dialetto. Comincia senz'altro con la tabella dell’ « Alfabeto arabo »; alla fine si legge la sottoscrizione araba della stessa mano che scrisse il codice: de LL \ da (ic) Ni 4-59 de (sic) Os dand9 RO Sala ol 06i è WS Vyai cl db lo & o ASIA Lal IAN) 25 « Fu terminato questo libro per mano «di Salih Naqùlà al-Hàzin nel mese di Giugno dell’anno 1839 di Cristo, ed appar- « tiene al Padre Arese (?). [Iddio] non ha compagui in alcuna cosa ».. G. VI. 161. Alto 201/, cm., largo 14!/,. 134 pagine numerate all’europea; da 18 a 20 righe per pagina. Legatura europea; sul dorso: « Gramm. Araba ». fill. — Daedn o raccolta di poesie persiane, senza nome d’autore; dai taballus contenuti verso la fine di quasi tutte le poesie risulta essere il Dîwàn di Safî‘à Atar di Sîràz, che visse quasi sempre in Isfahàn, e mori a Làr nel 1113 eg. (com. 8 Giu- gno 1704), o, secondo altri nel 1124 (com. 9 Febbr. 1712). Altri mss.: Sprenger, Oude, p. 344 (e cfr. p. 117 e 149); Rieu, II, p. 791; Sachau-Ethé, nr. 1156. Contiene: f. d,v.-47,r.: gaside, in massima parte encomiastiche per un sovrano anonimo; primo verso: DIL ole EST IS ob dl $ o de 90 x f. 47,v.-58,v.: cinque matnari (1); primo verso: vbb ea ne DICE oli, obi: 339) Gi Aule È Gli altri quattro cominciano rispettivamente: (f. 50,r.) oli grbiocboebd> bb gii ui lé (f. 52,r.) iL dle di at cl «Si in; le Lasi cz dl gig usi (f. 54,v.) (1) L'Ethé ne enumera solo quattro; il suo primo è il terzo nel nostro ms. (£. 57,r.) CI (2 cb e ea > li. 6) gle I ole SP) a ta) f. 59,1.-64,v.: Altre gastde. f. 62,r.-67,v.: Poesie contenenti cronogrammi (ta’72/dt) ossia emistichi in cui la somma del valore numerico delle consonanti indica la data dell’avvenimento celebrato. Sono 10 in tutto; la prima comincia (metro mutagdrib): dl3s dae dl olaa alato gue dll. el_s co elites e contiene alla fine la data della salita al trono del sultano Husayn. Le altre cele- brano l'erezione d’un palazzo reale compiuto nel 1105 eg. (com. 2 Sett. 1693); od il personaggio Sikandar Sikàh detto &l& AA a cui nel medesimo anno sembra sia stata conferita un'alta carica; od un palazzo finito nel 1102 (com. 5 Ott. 1690); o Mîrzà Sadiq morto nel 1106 (com. 22 Agosto 1694); o il sapiente Muhammad Ibrà- hîm morto nel 1107 (com. 12 Agosto 1695); o infine Mîr Abù ’l-Hasan estinto ancor giovane nel 1096 (com. 8 Dic. 1684). f. 68,r.-114,v.: gazele disposte per ordine alfabetico delle rime; cominciano: SE ga eee 6; dl gal i f. 411,v.-414,r.: ruba yydt; cominciano: Lig d DI) Iso tore odlela Lig d Je Sb $ TA INDE f. 114,v. -124.r.; poesie varie (m2ugatta‘dt, rubd' iyydt, tarkib- So I fogli 125,r.-126,r. contengono, in piccolissimo ta‘lîq, versi di Muhammad Qulî Salîm, Wasiz-i-Qazwinî (morto poco dopo il 1105 eg.; cfr. Sachau-Ethé, nr. 1144), Sawket-i-Singàrî (m. nel 1107 eg.), MîrzA Isma‘îl Aymà ece. a. IV. 22. Alto 22/, cm., largo 11!/, cm. 126 fogli, 14 1. Bel taflîg; le pagine incorniciate in oro; alcuni fogli di carta colorata variamente. Rimane, incorniciato ma vuoto, lo spazio de- stinato a contenere prima di ogni poesia il titolo rispettivo. A proposito del codice nr. 10 della Biblioteca Nazionale (pag. 7 del presente vo- lume) il Prof. I. Guidi in lettera privata, ed il P.L. Cheikho nella rivista araba al-Masriq (annata III, Beyrùt 15 Agosto 1900, p. 760) mi avvertono gentilmente che il nome del traduttore deve essere solo Giuseppe il Pittore, essendo CAS ed una formola usata per umiltà dai preti cristiani di Siria: « di nome sacerdote » ‘cioè « indegno sacerdote ». — È dunque lo stesso prete « Joseph le Peintre », che nel 1648 tradusse in arabo, per ordine di Makàryòs metropolita d’Aleppo (poi Patriarca d’An- tiochia), la storia bizantina di Matteo Tzigala; versione che esiste al Museo Asiatico di Pietroburgo (Rosen, Notices sommaires des manuscrits arabes, nr. 190, p. 135- -145). Da quanto scrive il Rosen, p. 141, appare esser egli morto prima del 1667. Riguardo al bollo impresso più volte nel nr. 22 (pag. 12), il Prof. Chr. F. Sey- DI È RESINA A È 3 bold congettura giustamente doversi 4i 4 Considerare come posto innanzi o dopo il gruppo gd (dda =) de, in cui si ha così il nome di Ughi) Marzîfùn (pron. anche Marzîwan) capoluogo della qazà omonima (wilàyet di Sìwàs, liwà di Amàsiyab). —__ —_ +eco — —_—__ ET «£ = ue >» nai TORNI Kip | TI IVANO ì a \ i ì di RAIN di E 0 3 i D i Ul REL o balle * À Bedi vae KI: 62 UA e k , Foa = 5 der È E ting di EAT PAT È T vo î PIT, | ì : ì f ap à RESA r Lea DT, P LA Pg Th ne IA) î } \ PAS CVA ERE: ETA AT] } Pe \ ì té pa Ami, innata Li VINTE Ha N Dia ‘ICIZELO ARE ONORATO i Ù Ha des , | AVRAI tr! Ì A Li LT; n da 4 i 009 Pe ILA { adAW n 4 i (TR ; MIO, fera PONE vr Dit RI INTRA ONE BoNLTES MSIUA AAT) ine cci È N De za » it Quia IR St nei 'RABIGILAI VU Lei DO li i) Ù : ia ‘ di ETA TE AR LITRO ti È PRA PI) Curt NAT Li di n i p # ae bia ATTI e ia ss] 1) BOEGLERI, DLL RE ro DAL gar fi Ud su ALI n) i } N nt v Il noi du sa) ® pICRI ; = AULA } RI i i 14% È A È. sa x ] VARI î fe 00 : o 4 1. MALA Rs at rp My t4 1 A ; dd f “TL ST i, ; }d ata i ’ K I RU ROONII E AI CASTORO PIACII NNT SETERSÌ bi ul Rea La E pe Ù E i itato vi BAR. ] Ù { Li 139) He L3 SITR, DER di A 0 tO", SULTAN La LISSONE ORTTRERÌ CSTTA CARON TT OEOOTIZI NO -OPTENET TOT ari l'inaragioati ie LI ji Ta fi Ri 4 Ieri, Vr 4) be Ti U BE pe STI Libra viaria VOLE Ù " MI, “VAT { ì LITELa i J ; 4 LI i * \i i, vp } x D, Il ì ti è 0 N ; RA j Ù #1 " 1 % è / NT n Mea % A HE Mad ni DI) N ui i } A 3 ) è I, xo REALE SAMP PAIS VOI) CIS CATO I RANA INR i INFRANGE A, 3 vini IRR RARO pine di: RANE LABEL PR AGR VAL 0 cRUINET prorani E) pus iffropiintto - pes 3 ni ‘baz It ire salt pn o DL FR: at vio METRI SIAT Ia rd 9 tia D hi uu pas AMORYTE Lula N LIRMIRIT i : ì no Ti SERA E NA I Sole AA 3 7 f a PRO IE RT vi Vel er Ò Î ITIARAI (RE ì i Ì nas Ù i Ve Ò) Ft Le EEE Cà 4} Ù 1 De i MEO TE tto ARIA Hi 3 Hi uan 4 Li ,* dà Patio (- ch dici i MÈ ME RO iran pira Rd PA ine VON / de PA SRO SEAT BOT dia $i P fa y & Baal: ST N Ù RI "TR ria Sap i E } SIC SI OE. \ vi Vi DI SE SITI IF A MESH "TON È o 3 Ve RITRATTA Da) PRIDE io pei i du VI SR e Tano Mo to, pisa. È PTT ESTA 1 tg AR et Nepi e ORO Ferito iu i : di » UZIAA a STIA at dl SRO 4 14) M Parrini . $ n i Pi Ùù f (RNC pre St RL P < DD de CARI) SA VFOBINI $ IR! LACCO] Es IC) £ = REL RI 3 ATE AR USA nu PRA LIRE LA MA IRENE SPURTCIA pao) d) La È VORTETO [ Ù La cioe tit Ù A 91 pi È ; FIS 1) e FERTAZZAROO I 13 ada i RIVE gi AA é î 48) E di i fr arie Draga DA Si FO Va 0051 ALL jp a È att ii i LA “BULLA MAIOR,, DI CUNIBERTO VESCOVO DI TORINO IN FAVORE DELLA PREVOSTURA DI QULX MEMORIA DEL SOCIO CARLO CIPOLLA Approvata nell’ Adunanza del 24 Dicembre 1899. Questa breve Memoria segvirà come di complemento ai miei studi sull’abbazia della Novalesa. Annotando il c. 14 dei Ii libro, del Chronicon Novaliciense, nella edizione che fa parte delle Fonti edite dall'Istituto Storico Italiano, accennai al pre- sente diploma di Cuniberto, lasciando intravedere che esso aveva bisogno di esame | accurato, prima di essere ricevuto come documento storico. Si guardino le pagine | seguenti come un tentativo fatto nello scopo di chiarire questo punto della diploma- | tica episcopale Torinese, e, della storia Novaliciense. Il Chronicon Novaliciense al luogo citato parla dell’antico monastero della Pleds Martyrum, e dice che esso dipendeva dalla Novalesa, ma che fu dai Pagani Longo- bardi disfatto nel tempo stesso nel quale malmenarono anche il monastero della | Novalesa. | Una allusione alla persecuzione dei pagani, cioè alla invasione dei Longobardi, | per cui riuscì manomesso il monastero della Plebs Martyrum viene fatta anche pel ì diploma presente. Questo è datato coll’anno 1065. Sarebbe adunque presso a poco | contemporaneo al Chronicon Novaliciense. Anzi, secondo l'opinione che forse ha maggior | voga rispetto all’età della compilazione del Chronicon, dovremmo ritenerlo a questa | anteriore. Avremmo quindi nel diploma di Cuniberto un cenno che allude a fonti | antiche sulla storia delle guerre Longobarde, e sulle vicende di un'antichissima abbazia. Di qui sopratutto consegue il fatto, che dal nostro giudizio sulla importanza del diploma si potrà poi ricavare luce anche sulla compilazione del Chronicon. Ecco il \ perchè ì miei studi sui Chroricon in particolare e in generale sul monastero Nova- liciense, mi condussero anche ad occuparmi del presente diploma di Cuniberto in favore della prevostura di Oulx. 104 CARLO CIPOLLA 2 La diplomatica signorile, sia dei vescovi e delle altre autorità ecclesiastiche, sia dei signori laici, è un territorio ancora troppo poco coltivato tra noi. La insuffi- cienza delle attuali nostre cognizioni in proposito, fu da me vivamente sentita anche nello scrivere queste poche pagine. Ben ,veggo che, rispetto a questo argomento, quello che potei mettere insieme per chiarire il caso particolare da me studiato, è ben magra cosa. Ciò significa che per alcune fra le questioni qui toccate non posso aspirare che a proporre soluzioni provvisorie. Nella raccolta dei documenti riguardanti la canonica di Oulx, pubblicati da An- tonio Rivautella e da Francesco Berta, a Torino, nel 1753, si trova (pp. 25-9), al n° 24, un diploma di Cuniberto vescovo di Torino, datato da questa città l’anno 1065. Il documento si presenta, alla prima lettura, di non mediocre importanza. L'ampiezza delle notizie storiche, che vi si contengono, contrasta colla secchezza di altri diplomi episcopali, rilasciati in vantaggio di quella canonica, e costituisce in favore del docu- mento presente una posizione assolutamente eccezionale. Nella narratio si fa la storia. dell'origine della canonica; questa storia non risale direttamente ad età antiche, ma. indirettamente getta luce sulle condizioni di quella località fino ai tempi delle inva=. sioni. La località ottenne quindi il nome di Plebs Martyrum. Ai tempi di Cuniberto quel luogo, rimasto a lungo abbandonato, risorse per opera del sacerdote Giraldo, poi. vescovo di Sisteron (1), che della venerabilità del sito fu informato per rivelazione divina. Geraldo, in seguito a molti miracoli, costruì colà una abitazione, e poi, venuto a Torino, chiese a Cuniberto di poter vivere secondo la istituzione canonica. Cuniberto in appresso nominò a reggere la canonica Nantelmo, al quale fece la presente dona- zione. Fra i luoghi donati si comprende la chiesa di S. Maria di Susa, la quale è sede quasi episcopale, e di cui qui si confermano i diritti. Affinchè fra la canonica di, Oulx e la chiesa cattedrale di Torino si serbi sempre reciproco affetto, Cuniberto nomina Nantelmo a canonico di S. Giovanni di Torino, e determina che tale onore debbano avere i suoi legittimi successori. Se esaminiamo i singoli passi del diploma, l’importanza si accresce. Infatti è interessante vedere notato il nome del monte di Giano, come quello presso a cui i trovasi la Plebs Martyrum. . L'edizione di Berta e Rivautella riproduce il codice manoscritto, che ci è tut- tora conservato (2). Trattasi di un grosso volume in pergamena, legato in mezza pelle, in tempo relativamente recente. Il codice è quasi tutto scritto da una mano, la quale può attribuirsi alla seconda metà del secolo XII. È in carattere grosso, tendente al quadrato; è insomma in quel carattere che, per l’uso che più largamente se ne fece, può chiamarsi statutario. (1) Secondo il Gaws (Series, p. 631), Gerardo Capresio divenne vescovo di Sisteron nel 1061, poi | sì ritirò a Forcalquier; viveva ancora nel 1079. | (2) Arch. di Stato di Torino, arch. di Oula, busta pervenuta a mezzo del compianto mons. Jacopo Bernardi. 3 LA “ BULLA MAIOR y DI CUNIBERTO VESCOVO DI TORINO, ECC. 105 Da questa mano “sono scritti i ff. 1-206 0, che terminano con un documento del 1226. Seguono, di mano non molto posteriore (della fine del XIII secolo), due docu- menti del 1072 (ff. 2060v—208 7). Viene in fine, in carattere del sec. XV, l’atto della consecrazione di due altari, colla data del 1481. I fogli furono numerati due volte, l’una in cifre romane nel sec. XV, e l’altra in cifre arabiche nei sec. XVI-XVII. Una mano del sec. XVII numerò i singoli documenti dal n° 1 al n° 272. Il codice non è completo, mancando dei ff. 9-40. La perdita è posteriore a tutte queste numerazioni, e così pure alla stampa di Berta e Rivautella. Lo smarrimento di quei fogli non può quindi giudicarsi più antico della fine del sec. XVII. Il f£. 8v termina colla frase “ omnibus bonis , del doc. 5 (p. 9, r. 4 dell’ediz.). Si riprende al f. 41, con “ ad capitulum ,, frase spettante al doc. 31 (p. 39, r. 15 dell’edizione). Il cartario di Oulx si conservò anche in un altro manoscritto (1), del quale diede larga notizia mons. Jacopo Bernardi (2). Questi paragonò l’edizione di Berta e Rivautella (aon propriamente il vecchio Cartario ms. da cui l'edizione dipende) col codice di cui parliamo, e ne notò le varianti. Esse sono molto numerose, e special- mente notevole è la circostanza che il codice ora accennato ci conserva per alcuni documenti le date mancanti al manoscritto del XII secolo. Nel caso del nostro documento, n° 24, esso ci dà le firme mancanti al codice del sec. XIII e alla edizione. Il codice, di cui il Bernardi si occupò, venne da lui denominato Codice Peralda, perchè fu scritto dal priore e vicario generale di Oulx, che portava tale cognome. Il manoscritto, che è cartaceo, reca sul principio questa nota: “ Transumtum sive transcriptio privilegiorum praepositurae, monasterij sancti Laurenti de Plebe Martyrum Ultiensis, Ordinis Canonicorum Regularium, Taurinensis diocesis, in pro- Vintia Delphinatus, regni Franciae, tum summorum pontificum, quam Taurinensium praesulum, quam et aliorum... ». Si soggiunge che il codice fu tolto dall’archivio nel giugno 1582 e dato al vicario Lodovico Biragno, mentre al momento in cui veniva Scritta questa nota esso trovavasi presso Pietro Birago, cui lo restituì nel 1599 chi firma la nota stessa, cioè il Peralda. L'ultimo documento è quello del 1481 concernente la consacrazione degli altari, cui segue, f. 117: “ Finis predictorum ad laudem Dei et honorem ,. Viene poi, fir- mata dal Peralda, l'annotazione seguente: “ Extracta fuerunt haec omnia supradicta a quoddam libro in pergamena scripto, de verbo ad verbum, nihil addito vel mutato, in archivijs inde a me remisso. Ego quidem Hugo de Peralda canonicus, prior clau- Stralis et vicarius generalis sacri monasterij sancti Laurenti} ad Plebem Martyrum Ultiensis, Ordinis Regularium sancti Augustini, Taurinensis diocesis, predictum tran- sumptum feci, scripsi et autoritate ordinaria, qua fungor et sedeo, manu propria si- gnavi, ad opus et ulilitatem dicti prepositatus, asserens alterum librum privilegiorum tabellionatum in eodem monasterio vidisse exinde a condam dominis Anthonio Baiuli de Turre sacrista Ultiensi et Hieronimo Justeto canonicis translatum Gratianopoli (-lim ?) in manibus domini comitis de Besquerio ad protectionem prioratus de Com- (1) Arch. di Stato, loc. cit. | (2) Della pubblicazione del Cartario dell'antica abbadia d'Oulx, ece., © Miscell. di storia ital. ,, XX, 545 sgg.; anno 1882. Serir II. Tom. L. 14 106 CARLO CIPOLLA 4 merijs et sibi remissum, quod inde non fuit restitutum. In fidem premissorum : Dx PrrALDA prior et vicarius generalis Ultiensis , (seguono altre firme). Vengono poi altri documenti, che non c’interessano. Da queste annotazioni emerge che il Peralda finì il suo lavoro di trascrizione nel 1599. Egli si giovò di un manoscritto, che dall’archivio monastico era stato levato nel 1582. Non pare che esso si possa identificare col codice a noi pervenuto, nel quale (come dicemmo) agli atti manca più volte l’escatocollo. Infatti, per volerne accettare l’identità, converrebbe supporre che il Peralda si fosse data la briga di completare sui testi autentici i documenti imperfetti nella trascrizione di cui giovava. Questo lavoro di integrazione non è lasciato supporre dalle due riferite sue annotazioni. In favore dell’ipotesi della integrazione forse si potrà addurre la circostanza che tanto il codice del sec. XIII, quanto il codice Peralda contiene al fine il citato docu- mento del 1481. Ma di qui non si possono ricavare conseguenze sicure, potendosi benissimo ammettere che quell’atto sia stato trascritto in antico sopra ambedue i Cartari, e non sopra uno soltanto. Probabilmente il codice del sec. XHI da noi posseduto è una copia abbreviata di queilo, più completo, adoperato dal Peralda. Se non si volesse ammettere questa ipotesi, bisognerebbe supporre l’esistenza di un Cartario, dal quale i due predetti co- dici dipendessero. Per la conclusione cui voglio giungere, l’una e l’altra supposizione giova egualmente: esisteva un Cartario diverso da quello surricordato della seconda metà del sec. XIII, nel quale si trovava inserto il diploma di Cuniberto del 1065. È quasi superfluo il dire che io non oso asserire ciò in forma assoluta, ma lo enuncio solo come opinione probabile. Il Peralda conosceva l’esistenza anche di un secondo Cartario, il quale, nel 1599 si trovava a Grenoble. Può supporsi che quest’ultimo sia quello del sec. XHI, a noi giunto, e che, ritornato nel monastero, fu poi pubblicato da Berta e da Rivautella. Fra le carte di Oulx (1) si conserva un “ Inventario delle scritture della pre- vostura di Oulx ,. Fu compilato nel 1721, quando re Vittorio Amedeo II ordinò che fossero inventariati gli archivi ecclesiastici. In questo inventario si ricorda: “... un libro scritto con scrittura semigottica in cartha pecora, contenente fogli] duecento e otto scritti, coperto de corame, in cui sono molte bolle di Sommi Pontefici et altri documenti antichi concernenti la Prevostura di Oulx... ,. Terminava al f. 208 coll’atto di consecrazione del 1481. È chiaro che qui si allude al nostro Cartario del sec. XIII, il quale consta ap- punto di 208 fogli. Nell’Inventario suddetto si danno precise notizie sul contenuto del Codice, e si parla quindi anche del diploma di Cuniberto, dicendo che esso vi si legge al f. 25 r. Al l'estratto della carta segue la nota: “ Di questa vi è l’originale in cartha peccora, con sigillo nero appeso, di compositione. Un estratto autenticho tirrato, dall’originale | dalli nodari Justet e Calicet. Altro estratto fattone dalli stessi nodari ,. E in altro luogo dell’Inventario, conformemente a ciò, leggesi: “ ... originale della donatione | fatta da Cuniberto vescovo di Torino alla prevostura d’Oulx nell’anno 1065, con due estratti autentici ,. (1) Arch. di Stato, Abb. di Oulx, busta IT. e TEN ei 5 LA “ BULLA MAIOR , DI CUNIBERTO VESCOVO DI TORINO, ECC. 107 Nel Sommaire dei titoli di Oulx, dovuto a Talmon, e contenuto in un grosso manoscritto del sec. XVII (1) si cita (f. 178 r e è, e f. 2737) la donazione di Cuniberto come contenuta nel Cartario, e così pure un altro diploma del medesimo vescovo, cioè quello che tiene il n° 26, pp. 31-2, nell'edizione di Berta e Rivautella. In appresso, dallo svolgersi del discorso saremo condotti a dare qualche notizia sul significato delle testimonianze recate, rispetto alla storia del diploma di Cuniberto. In Del diploma di Cuniberto, di cui ci occupiamo, sono a noi pervenuti due origi- nali, muniti ambedue di sigillo. Ciò corrisponde a quanto sta scritto nell’escatocollo: “ duo in huiusmodi tenore fecimus privilegia, nostro episcopali sigillo munita ,. Dei due originali, uno si conserva nell’archivio vescovile di Pinerolo, e l’altro si trova presso il barone Alessandro Cavalchini-Garofoli (2). Alla gentile accondiscen- denza di S. E. Mons. Rossi, vescovo di Pinerolo, e alla cortesia squisita del ricordato barone sono debitore dell’aver potuto studiare a mio agio l’una e l’altra pergamena. La pergamena del barone Cavalchini-Garofoli misura mm. 593 X 435. È quindi di grandi dimensioni. Il primo rigo è in litterae grossae e dice: “ È In nomine sancte et individue Trinitatis. Ego Cunibertus divina inspiratione T'aurinensis episcopus ,. Il resto del testo, e l’escatocollo sono in carattere semi-quadrato, regolare abbastanza, se non elegante. Le firme, situate fra il termine del testo e l’escatocollo, sono in ca- ratteri correnti, affrettati, poco chiari, siccome si addice a sottoscrizioni di persone di dignità e di affari, che non compiono l’officio proprio di un notaio o di cancelliere. Il testo si dice scritto invece da Ebrardo “ scriptor et cancellarius domini Cuniberti... T'aurinensis episcopi ,. Si capisce adunque come il suo carattere dovesse essere quello di un calligrafo. Mescolati fra le sottoscrizioni si trovano due contrassegni, a destra il “ Bene Valete ,, e a sinistra la “ Rota ,. Quest'ultima reca in giro la leggenda: “ In pace maneant omnia quae possidet. signum vestrum, Domine fac me... ,. Nel centro, partita sui quattro angoli formati da due diametri intersecantisi ad angolo retto, si legge la leggenda: Sanctus Tohannes bap tista. Il monogramma BV è della forma in uso presso la corte pontificia nel sec. XII, con speciale somiglianza al BV di papa Eugenio IH (1145-1153). Solamente la A venne trasformata in una fl. (1) Arch. di Stato, Abb. di Oulx, busta II (2) Il primo di essi mi fu fatto conoscere dal Prof. Cav. Ferdinando Gabotto, al quale mando i miei ringraziamenti, sia per avermene data notizia, sia per aver cooperato ad ottenere che me ne fosse facilitato l’uso. Il secondo veniva già segnalato dal p. FepeLE Savio, Vescovi d’Italia, I, 349, nota 1, Torino, 1898-99. 108 CARLO CIPOLLA 6 L’altro originale, esistente nell’archivio vescovile di Pinerolo, è similissimo al precedente, salvochè c'è qualche diversità nella disposizione dei righi; così pure si possono rilevare alcune lievi differenze nelle sottoscrizioni. I caratteri sono rispettivamente identici, nel testo, nelle Zfterae grossae, nel mo- nogramma del BV, nella Rota. Ma siccome il primo rigo comprende anche le prime parole del testo, oltre al protocollo, così queste (“ Constat et patens esse cognoscitur canonicam iusti ,) sono in minuscolo e non in lfterae grossae. Ne risulta quindi che in questo originale il primo rigo è, parte in litterae grossae, e parte in minuscolo. Resta a dire del sigillo, che è identico nei due originali, e che a ciascuno di essi fu applicato in modo identico. Il sigillo è in cera nera, di forma elittica, e pre- senta, nel centro, il vescovo ritto in piedi, che, vestito del paludamento pontificale, sostiene colla sinistra il pastorale. Porta in testa una mitra assai alta, collocata di fianco. Gira intorno al sigillo la leggenda CVNIBERT®: TAVRINI ‘ EPS. Il sigillo è attraversato da una larga tenia pergamenacea, la quale è fermata al diploma, essendo stata fatta passare per due tagli verticali, in esso diploma pra- ticati. Il sigillo è collocato in guisa da rimanere sul verso dell’atto, e ciò fu fatto perchè fosse visibile anche quando il diploma fosse ripiegato e chiuso (1). La descrizione sommaria che del diploma abbiamo fatta, dimostra che il nostro documento ha, sotto l’aspetto diplomatico, quella stessa solennità al tutto eccezio- nale, che esso tiene per riguardo al contenuto. Ma tutto questo non può a meno di impressionare. Basta infatti riflettere alle circostanze che abbiamo rilevate, per comprendere come esse siano tali da costituire in fin dei conti una prova contro l’autenticità del documento. Cominciando dal sigillo, si può prima di tutto chiedere se Cuniberto facesse uso di sigillo. È un fatto che nei diplomi, anche solenni, che di lui furono pubblicati (2), non troviamo mai menzionato il sigillo. A convalidarli, Cuniberto dichiara di firmarli e li firma; ammette poi le firme dei membri del clero. Ma di sigillo non si parla mai (8). Supponendo anche che Cuniberto adoperasse il sigillo, qui il diploma si chiude annunciando bensì le sottoscrizioni del vescovo e del clero, ma senza il più lontano cenno al sigillo. Or come avviene che il documento è sigillato? Se si trattasse di un diploma di data posteriore, la presenza del sigillo episcopale (1) Nell’esemplare Cavalchini-Garofoli l'applicazione del sigillo si è ancora conservata piena mente. Invece nell’esemplare Pinerolese subì deterioramenti ed avarie. (2) Ne dà il breve elenco, colla sua consueta diligenza, il p. F. Savio, Vescovi d’Italia, I, 348-49. (3) I diplomi cui alludo sono i seguenti: 1048, presso CrerarIo, Storia di Chieri, II, 3; 1054, in Chart., II, 154; 1055, Chart., I, 582; 1075, Chart., I, 643. Non calcolo la conferma al diploma ade- laidino del 1078 (Charz., I, 660; C. Crrorra, Diplomi Adelaidini, in fine al Cartario Pinerolese di. F. Gasorro, p. 848), appunto perchè è una conferma, non un diploma. Nel diploma genuino per Oulx (Chartarium Ulciense, p. 38; cfr. “ Misc. stor. ital. ,, XX, 576) Cuniberto parla solo di sottoscrizione; il diploma è senza data. Allo stesso risultato cui ci condussero i diplomi del vescovo Cuniberto, ci . | guidano anche i due diplomi di Landolfo, riprodotti dal Savro (Op. cit., p. 840 e 342), dei quali il primo è senza data e il secondo è del 1017. Avremo fra poco occasione di ricordare un diploma, 1172, di Milone vescovo di Torino in cui si parla di un diploma sigillato di Cuniberto, per la con- cessione di S. Maria di Susa alla prevostura di Oulx. La citazione fatta da Milone, anche se esatta, può riferirsi al nostro falso diploma, sicchè non è prudente affidarsi ad essa per istabilire che Cui berto usava il sigillo; ma ritorneremo sopra questo argomento. 7 LA “ BULLA MAIOR , DI CUNIBERTO VESCOVO DI TORINO, ECO. 109 sarebbe conveniente (1), e in tal caso si dovrebbero riconoscere altri elementi con- formi all'uso. Intendo la posizione ritta del vescovo, il paludamento, e il pastorale. Ma lasciamo pur tutto questo, ed esaminiamo il sigillo in se stesso. La forma della mitra presenta già una qualche difficoltà. Possiamo agevolmente seguire nelle tavole dei Monumenta palacographica sacra (2) il successivo svolgersi della mitra vescovile fino al XVI secolo. Non senza esitazione puossi parlare della mitra o eudo di S. Warmondo, vescovo di Ivrea, nel Sacramentario di quella chiesa scritto fra il 996 e il 1001 (tav. XXIII); se si tratta veramente di un cudo, esso si riduce ad una semplice berretta. Ma probabilmente il pittore ebbe soltanto l’intenzione di indicare la capigliatura del vescovo. Ha forma triangolare senza base, la mitra che sta sulla testa dei vescovi ritratti nell’Exultet di Capua, spettante alla seconda metà del sec. XI (tav. XXXII). Si alza un po’, e assume una base in alcune mitre del sec. XII (tav. XLV) e del XIV (tav. LIX e LX). Finalmente la mitra si innalza assai nel sec. XV (tav. LXXXII, LXXXTX, XC), e assume la forma moderna nel sec. XV (tav. CXIV) (8). Nell’Exw/tet barberiniano del sec. XII cadente, è ritratto un arci- vescovo, la cui mitra o berrettino a doppia punta, è d’altezza bassissima (4). Se la tiara papale ebbe alte dimensioni in tempi anteriori (5), questo non impedì che in tempi più tardi fosse bassa la mitra pontificia, come vediamo in quella di Clemente VI, trovata nel suo sepolcro (6). Nel regesto di Tivoli, della metà incirca del sec. XII, è in una tavola rappresentato un papa con alta tiara, e due vescovi colla mitra bassa (7). Un sigillo di Rainerio vescovo di Alba, appeso a bolla del 10 marzo 1224 (8), ci presenta il vescovo in atteggiamento simile a quello tenuto da Cuniberto nel sigillo di cui ci occupiamo; ma la mitra vi è disegnata diritta, al modo più comune. Per sè stessa la mitra collocata di fianco non costituisce alcuna difficoltà, poichè gli esempi non ne sono scarsi. Peraltro quelli in cui mi imbattei sono tutti (1) Nel diploma, 1153, del vescovo Carlo, conservato in copia antica nell'Archivio arcivescovile di Torino, il testo sì chiude colla formula di conferma, nella quale si legge: “ et sigillo nostro “ iussimus insigniri ,. Questo diploma sta pubblicato in Chart., I, 802. (2) Torino, 1899. (3) Somiglia alquanto al sigillo di Cuniberto quello apposto ad un privilegio, 1075, di Ogerio vescovo di Ivrea, in favore del monastero di S. Stefano di detta città (400. S. Stefano d’Ivrea, busta I, Arch. di Stato di Torino). Ma il documento è probabilmente una falsificazione. Eguale rassomiglianza può affermarsi per il sigillo apposto al diploma, 1042, di Enrico vescovo di Ivrea, in favore del medesimo monastero (Abb. S. Stef. d'Ivrea, busta I), ma anche questo diploma è sottoposto al me- desimo dubbio, che il precedente. Sopra questi documenti richiamò gentilmente la mia attenzione il cav. Benedetto Vesme. (4) G.. Wuperr, Un capitolo di storia del vestiario, in “ L'Arte ,, II, p: 17. Roma, 1899: G. Braun, (Der Paramentenschatz zu Castel S. Elia, in “ Zt. fir christ. Kunst ,, 1899, n° 10, coll. 299-302) crede che fino al principio del sec. XIII la mitra fosse più di due volte larga, che alta. L'altezza crebbe nel sec. XIII, per raggiungere le proporzioni della larghezza al principio del sec. XIV. (5) E. Wiiscxer-Beccni, Ursprung der pipstlichen Tiara (regnum) und der bischòflichen Mitra, in “ Rom. Quartalschr. ,, XIII, 105-6. Roma, 1899. (6) “ L'Arte ,, II [1899], p. 286. (7) L. Bruzza, Il regesto della chiesa di Tivoli, tav. III. (8) Fra, le pergamene della Biblioteca di Sua Maestà in Torino. Simile è la mitra, pure del XIMI secolo, che vediamo nel sigillo del card. Nicolò da Prato, cfr. L. Passerini, Sigillo, ece., in ‘ Periodico di numismatica e sfragistica ,, I, 63. Firenze, 1868. 110 CARLO CIPOLLA 8 dei secoli XII e XIII (1), e quindi di un tempo nel quale la mitra aveva ormai assunto la forma rialzata. Sicchè una mitra, colle due corna pronunciatissime, come appari- scono chiaramente nel sigillo di Cuniberto — così permettendolo la collocazione della mitra —, sembra piuttosto propria di una epoca tarda, che non di quella alla quale il diploma andrebbe riferito, se si dovesse riceverlo per genuino. Del modo con cui il sigillo è apposto al diploma non saprei citare un altro esempio, mentre il sigillo è di regola pendente, ovvero, essendo apposto alla perga- mena, esso rimane sulla faccia interna, e non sulla esterna (2). Perciò questa collo- cazione all’esterno della pergamena sembra doversi giudicare poco comune. Le difficoltà contro il diploma di Cuniberto si accrescono se dal sigillo passiamo al resto del documento, e poniamo mente ai caratteri impiegativi. Il minuscolo del x testo non è per nulla somigliante a quello in uso nel sec. XI, ma spetta evidente mente ad età molto meno antica. Il carattere è il minuscolo romano molto perfezio- nato, quale si usava fra la seconda metà incirca del sec. XII e il principio del sec. XII. Mentre il carattere in uso, anche nei diplomi, lungo il sec. XI è rotondeg- giante e ricorda abbastanza bene il minuscolo carolino, nel caso nostro abbiamo invece un carattere che, se non è gotico, è di transizione al gotico. Le lettere si fanno quadrate, gli angoli si aguzzano, gli apici assumono forme decise e pronun- ciate. Lo stesso può ripetersi per le litterae grossae. Le litterae grossae del sec. XI arieggiano ancora il fare rotondeggiante dei diplomi spettanti all’età carolingica e post-carolingica. Qui invece, al tratteggio largo e disinvolto è ormai sostituita la rigidezza e la ricercata eleganza introdotte nell’età sveva. Le sottoscrizioni, in ambedue gli originali, sono tutte della stessa mano. Soltanto è evidente lo sforzo fatto da chi le eseguì, per simulare la diversità dei caratteri, e in qualche caso anche per imitare alcune forme arcaiche. Ma in molti luoghi lo sforzo per mutare la forma delle lettere abortì completamente. La falsificazione è quindi palmare. Le difficoltà che combattono contro la genuinità dei due pretesi originali apparisce (se possibile) ancora più evidente se noi li confrontiamo col diploma genuino e schietto da Cuniberto dato in favore del monastero dei santi Avventore, Ottavio e Solutore (3). Questo diploma, datato 11 maggio 1048 (4), è invece scritto nel carattere proprio ai diplomi di quell'età. È notevole questo documento, anche per le numerose firme evi- dentemente autentiche, che vi si trovano poste fra il testo e l’escatocollo. Sono tutte (1) Presso L. Brancarp (Zeonographie des sceaux et bulles conservés dans la partie antérieure è 1790 des archives départementales des Bouches-du-Rhòne, Marseille, 1860) si incontrano parecchie mitre collocate di fianco. Varie sono del sec. XII, e fra queste ne noto una di Ugo I di Montlar arcive: scovo di Aix, apposta ad un atto del 1168 (tav. 40, n° 3; illustrazione a pag. 133). | (2) Così avveniva rispetto al sigillo apposto al diploma, 1162, di Guido vescovo di Ivrea in favore del monastero di S. Stefano di detta città (Abb. di S. Stefano, busta I. Arch. di Stato). (8) Del falso diploma di Cuniberto figurava alla Mostra di Arte Sacra, aperta in Torino nel 1898, . | l'esemplare di proprietà del barone Cavalchini-Garofoli. Colà stava pure esposto il diploma auten- tico di Cuniberto in favore del monastero torinese dei Ss. Avventore, Ottavio e Solutore. Anche un occhio profano poteva avvertire la differenza dei caratteri, l'aspetto diversissimo delle due carte. (4) Fra le pergamene del predetto monastero donate dal barone G. Vernazza alla biblioteca ‘ Nazionale di Torino. L'atto fu pubblicato dal Crsrario, Storia di Chieri, II, 3 seg. Lo riprodurrò più innanzi (App. Il). 9 LA “ BULLA MAIOR , DI CUNIBERTO VESCOVO DI TORINO, ECO. 111 in caratteri diversi fra loro e differenti da quello dello scriba cui dobbiamo la com- posizione dell’atto. Nè meno importante è il diploma ora citato perchè contiene la firma autografa di Cuniberto (“ Ego Cunibertus taurinensium presul subscripsi ,), che vi aggiunse di sua mano anche un intero rigo (“ Unum mansum in Testona iuris quondam Ami- zonis libenter adiungimus ecclesie sanctorum martirum Solutoris, Adventoris et Oc- tavii, cum vinea de Rivulis ,) per accrescere l’entità del dono. Basta paragonare il carattere di Cuniberto, quale troviamo in questo diploma, con quello dei due pretesi originali, per vederne la completa differenza. Cuniberto appose la sua firma anche a un diploma del vescovo Gezone (999-10002), dato pure in favore della chiesa di S. Solutore, e ad altro del 1011 del vescovo Lan- dolfo in favore della stessa chiesa (1). Or bene, le due firme sono identiche a quelle del diploma del 1048, e quindi nulla hanno a che fare colle firme che leggiamo sui due pretesi originali. I due pretesi originali presentano, come abbiamo veduto, la Rota e il Bene Va- lete, che sono caratteristiche esclusivamente proprie delle bullae maiores dei papi. È ben vero che nell’interno della Rota, i nomi dei SS. Pietro e Paolo, e il nome del pon- tefice regnante, furono sostituiti da quello unico di S. Giovanni Battista, ma questa modificazione non muta la condizione diplomatica che abbiamo rilevato. Ed è evi- dente non potersi neppur supporre che Cuniberto, in un pubblico documento, abbia usurpato le formule caratteristiche dalle più solenni carte pontificie. Di qui a pochi righi spiegherò meglio questo pensiero, parlando di certe formule che in diplomi epi- scopali si introdussero più tardi, come imitazione di atti papali. Ora si richiami l'osservazione già fatta, che il BY pontificio, qui riprodotto, è quello adottato nella cancelleria papale molto tempo dopo la morte di Cuniberto. Nè basta ancora, poichè il preteso cancelliere pare non abbia neppure inteso ciò che faceva, avendo sostituito ad una A una Sl rovesciata, ingannato dalla grande somi- glianza di forma che c’è fra i due segni. Le formule pontificie meno difficilmente si intenderebbero in una carta messa insieme nel sec. XII o nel XII, che non in un documento schietto ed autentico del sec. XI. Abbiamo citata la concessione genuina di Cuniberto in favore del monastero dei santi Solutore, Ottavio ed Aventore, del 1048. In essa non troviamo formula alcuna che riconduca comunque il nostro pensiero alle bolle papali. Vi incontriamo piut- tosto, sia pure modificate, alcune formule proprie dei diplomi imperiali. Lo stesso si può ripetere per gli altri diplomi di Cuniberto, che abbiano citato poco fa, a propo- Sito della sigillatura. ; Nei tempi successivi si introdussero nei diplomi vescovili alcune formule tolte dalle bolle. Sopratutto mi parve notevole il fatto che nel citato diploma di Guido, vescovo di Ivrea, dell’anno 1162, in favore dell’abbazia di S. Stefano di quella città, trovasi, verso il lato destro, una piccola Rota, ma senza leggenda interna e senza il (1) Il primo di questi diplomi fu pubblicato da L. Provana, in “ Mem. Acc. Scienze di Torino ,, TI, 124, e poi fu riprodotto in Chart., II, 95. Il secondo leggesi in Chart., II, 106. Ambedue i docu- menti si conservano in originale nella busta VIII dell'abbazia di Sangano (S. Solutore) nell'Archivio dell’Economato di Torino. Julio: CARLO CIPOLLA 10 motto corrente ‘all’ingiro. Non è una vera Rota, ben s'intende, ma è ad ogni modo un segno che, se si vuole, e sforzando un po’ il valore della parola, può chiamarsi Rota, ancorchè veramente abbia imperfetta somiglianza colla Rota papale. Tl conte Benedetto Vesme richiamò la mia attenzione sopra un diploma, del 4 dicembre 1152, di Ugo vescovo di Vercelli in favore di Andrea prevosto della chiesa di S. Maria di Vezzolano (1). Il'documento si è conservato in copia del sec. XII, ma in alcune lettere si può avvertire il desiderio di imitare l’originale. Questo atto è notevole perchè vi si imitano alcune frasi proprie delle ‘bolle pa- pali. Lo si può vedere fino dal principio: “ Ugo Dei gratia sancte Vercellensis ee- clesie humilis minister, dilecto in Christo filio Andree preposito ecclesie beate Marie in Viziolano et reliquis fratribus in perpetuum substituendis ,. Nel testo si possono rilevare queste parole: “ vestigiis predecessoris nostri dive memorie inherentes dompni videlicet Gisulfi episcopi sub beati Eusebii protectione et nostra suscipimus ,. Nel l’escatocollo osservo: “ Data in palacio vercellensi per manum magistri Petri ,. I Non può sorprendere questa voluta imitazione di una bolla, poichè corrisponde alla regola generale, secondo la quale i diplomi ecclesiastici e laici si conformavano sul tipo delle bolle papali o dei diplomi imperiali. Ma appunto questo fatto dimostra che nella via dell’imitazione, i compilatori dei documenti autentici sapevano fermarsi al posto conveniente. Nel diploma Vercellese non c'è alcun accenno al sigillo. Così pure manca total mente il BY, e la È. La imitazione è quindi limitata a quei punti, dai quali nessuna difficoltà può venir sollevata, da cui nessun dubbio può nascere. Il nostro documento è dunque diplomaticamente falso. Fu compilato allo scopo di simulare un originale. Non saprei neppure far valere in favore di chi lo compilò la supposizione che egli volesse soltanto fare una «ppennis, poichè le formule da lui im- piegate sono così strane, per non dire presuntuose, che perfino quella ipotesi rimane senza conveniente appoggio. Ciò vale naturalmente per il documento come tale, e non per il suo contenuto; . vale a dire, le obbiezioni, che abbiamo messo innanzi, si riferiscono al documento quale atto diplomatico, ma non impugnano direttamente la materia discorsa nel documento stesso. Un documento diplomaticamente falso può essere materialmente vero, come è appunto il caso della appennis. Ma la falsità diplomatica getta quasi sempre qualche sospetto anche sulla parte sostanziale dell’atto. Prima di passare all'esame del contenuto del diploma resta ancora una osser- vazione a fare. Abbiamo detto che i due pseudo-originali sono fra loro identici, salve alcune va- riazioni nelle sottoscrizioni, che stamno tra il testo e l’escatocollo. Queste differenze si riducono quasi soltanto all'ordine nel quale i nomi sono disposti. Oltre a questa diversità ci sono a notare pochissime varianti di lezione, di cui diremo tosto. i Abbiamo visto che l’inventario del 1721 certifica l’esistenza nell'Archivio Abba- ziale di un creduto originale. Si potrebbe chiedere se si alludesse a quello ora esi- stente nell’episcopato di Pinerolo, o all’altro. Fra le carte di Oulx nell’Archivio di (1) Pergamena nell’Arch. di Stato di Torino, Abbazie, S. Maria di Creo, mazzo I, n° 1. | il LA “ BULLA MAIOR , DI CUNIBERTO VESCOVO DI TORINO, ECC. 115 Stato di Torino esistono due copie di quel preteso originale (1), l’una è del 1597, e l’altra spetta al sec. XVII-XVIII. Da esse, esaminate isolatamente, non emerge in modo chiaro a quale dei due pseudo-originali si debbano far risalire. Infatti, il criterio principale si dovrebbe dedurre dall'ordine delle sottoscrizioni. Ma quest'ordine, come non è identico in ambedue le copie, non trova esatto riscontro in nessuno dei due . falsi originali. La somiglianza maggiore (che si manifesta sopratutto nella colloca- zione dei tre ultimi nomi, Robaldo, Milone e Adamo) si trova coll’esemplare Pine- rolese. Ma se qui la cosa rimane dubbiosa, abbiamo un mezzo per uscire dalla incer- tezza. Infatti, se confrontiamo le citate trascrizioni col codice Peralda, vediamo che quella del 1597 riproduce con sufficiente esattezza le sottoscrizioni quali in esso si trovano. Siccome poi qui si dice in forma espressa che “ sub signo manuali ,, cioè dopo il BY, si trovano le firme di Robaldo archilevita, di Milone arciprete e di Adamo prevosto, così ne risulta chiaramente che il codice Peralda dipende dall’esemplare Pinerolese. Ciò chiarisce pertanto l'origine di quest’ultimo, non meno che la derivazione delle copie citate. Ed era cosa già prevedibile, giacchè le carte dell'abbazia di Oulx, passarono in gran parte nell’ archivio del vescovado di Pinerolo, donde poi largo materiale fu trasportato, come si avvertì, all’Archivio di Stato di Torino, per opera del compianto mons. Jacopo Bernardi. A confermare questo giudizio concorre la circostanza che in poche e lievi discre- panze di lesione fra il testo Pinerolese e quello del barone Cavalchini-Garofalo, il Cartario del sec. XIII (rappresentato ora dall'edizione Rivautella e Berta) e il Codice Peralda stanno fissi al primo di questi due testi. Se ne concluda adunque che il testo Pinerolese era quello rimasto presso l’abbazia di Oulx, e che ad'esso si riferiscono tutte le copie che l’abbazia conservava del documento, di cui al presente ci occu- piamo. HI. Se riuscì agevole il determinare la falsità diplomatica del diploma, non è invece cosa facile il portar sicuro e pieno giudizio intorno al suo contenuto. Di certo, il ri- sultato ottenuto getta un qualche discredito su tutto il documento, ma non è ancora sufficiente a mettere la questione in piena luce. Il nucleo del documento consiste nella donazione di S. Maria di Susa, e nella determinazione dei diritti di quest’ultima chiesa. Questo è un punto da tener presente alle nostre considerazioni, le quali tuttavia non potranno aver qui nè tutta l'efficacia, nè tutta la chiarezza che potremmo desiderare in materia sì grave. Pur troppo, l'archivio della canonica di Oulx ci giunse in così cattive condizioni, da non potersi istituire una di- samina completa sul contenuto del Cartario, in ordine agli originali dai quali esso dipende. In ogni modo, non mi propongo che di tracciare le prime linee della critica interna di un documento, sul quale l’ultima parola non sarà detta se non da chi (1) Abb. di Oulx, busta I. Serie II. Tox. L. 15 114 CARLO CIPOLLA 12 riprenderà intera la storia dell'abbazia di Oulx. e illustrerà sotto tutti gli aspetti le sue ricchezze diplomatiche, oggidiì decimate pur troppo. Le prime traccie della dipendenza di S. Maria di Susa da Oulx sembrano ritro- varsi in una donazione, che si attribuisce alla contessa Adelaide. Di questa donazione (oltre che alcuni riflessi nelle carte adelaidine del maggio 1057, del 21 maggio 1073, e del 22 aprile 1083 (1)) abbiamo un cenno diretto in un atto pur troppo di età assai tarda. Nel marzo 1172 (2) Milone vescovo di Torino, confermando i diritti di S. Maria di Susa sopra la chiesa di Brusiglio, scrive: “ Comitissa Adalesia, cum spon- tanea voluntate ac beneplacita permissione maioris Taurinensis ecclesie bh. Johannis Baptiste, concessit, dedit et per chartam suam ad habendum libere, perpetuo confir- mavit Ulciensi ecelesie sancti Laurentii de Plebe Martyrum... ,, e soggiunge che il dono di Adelaide, e precisamente il regalo “ de eisdem plebibus , fu pure fatto e “ sigillo suo firmatum , dal suo predecessore Cuniberto vescovo di Torino. E anche in appresso ripete che il dono della chiesa di S. Maria di Susa alla prevostura di Oulx risultava da lettere sigillate di Cuniberto, e da bolle dei papi Gregorio, Ur- bano, Pasquale, Calisto. Di maggiore importanza, perchè più largo di notizie utili al nostro scopo, sembra il placito tenuto nella Chiesa di S. Maria di Susa (3). La carta manca di data, come avviene per tanti altri documenti del Cartario. Non so scorgere alcun motivo per dubi- tare del documento, il quale anzi si presenta sotto buona luce. Il placito, è tenuto di- nanzi ad arcivescovi, vescovi, abbati, e a vari personaggi insigni, compresa la contessa Agnese. Questa testificò che Adelaide aveva regalata detta chiesa a Lantelmo, prevosto della Chiesa “ Plebe Martyrum ,. Siccome era stato propalato che i canonici di Oulx ciò avevano ottenuto per denaro, così in giorno di domenica, nella chiesa predetta di S. Maria di Susa, dinanzi al popolo, presente Ugo vescovo di Grenoble, ecc., Aimo canonico dichiarò: “ illa die, nec antea, qua comitissa Alaida tradidit hanc ecclesiam Lantelmo praeposito de Plebe Martyrum ad regendum, ipse, nec aliqua persona pro eo, pecuniam pro hac ecclesia non promiserat, nec dederat... ,. Queste frasi, semplici, senza ridonanze, hanno tutto l’aspetto della genuinità. Il vescovo Wiberto nel 1098 (4) concesse un diploma in favore di Nantelmo pre- vosto della Plebs Martyrum, che l’avea pregato “ ut ea, quae a praedecessore nostro b. m. Cuniberto ipsi ecclesiae collata ac concessa sunt, nos quoque confirmando, de- cretis cius robur nostrae conscriptionis attribueremus ,. Alla narratio segue la mu merazione delle cose largite: “ supradictae ecclesiae donamus, concedimus, videlicet ecclesiam de Bardonisca, ecclesiam de Badulairo, ecclesiam de Sesana ... atque ec- clesiam sanetae Mariae de Secusia, cum decimis et oblationibus ac titulis suis, videlicet ecclesiam de Vidari, cum aliis omnibus ad eam pertinentibus... ,. Se paragoniamo la forma della enumerazione dei beni largiti, quale leggesi nel. presente diploma, con quella del diploma di Cuniberto, vi troviamo alcune somiglianze, (1) Chart. Ulciense, edd. Berra e RivaureLtA, n. 98 (pp. 95-7), n. 96 (p. 24), n. 57 (p. 58 sgg.). Qui si può ricordare anche la donazione fatta (10 marzo 1080, Chart. Ule., pp. 92-38, n. 94) a S. Maria di Susa. E (2) Chart. Ule., n. 29, p. 34-5. (3) Chron. Ulc., n. 95, pp. 98-4. (4) Chart. Ulc., n. 26, pp. 31-2. 13 LA “ BULLA MAIOR , DI CUNIBERTO VESCOVO DI TORINO, ECC. 115 consistenti specialmente nella tessitura generale, e alcune dissomiglianze che si atte- gono sopra tutto alle amplificazioni storico-descrittive, che dànno nell’ occhio nel diploma Cunibertino. Siccome nei documenti di conferma è consuetudine attenersi in maniera ligia agli atti che si vogliono confermare, riproducendoli spesso fino alla let- tera, così in questa circostanza possiamo avere un criterio per distinguere nel diploma di Cuniberto quello che ci sia di accettabile da quello che può aversi quale superfetazione, Questo criterio prende consistenza maggiore quando si rifletta ai successivi di- plomi episcopali, concepiti più o meno a sembianza di quello di Wiberto. Abbiamo in- fatti il diploma del vescovo Oberto (1), quello, 1165, del vescovo Carlo (2), e sopra- tutto quello del vescovo Giacomo I datato dal 1226 (3). Nel diploma di Giacomo la serie dei possessi principia in maniera molto simile a quanto avviene nel falso diploma di Cuniberto, e cioè: “ in primis ecclesiam sancti Johannis de Sesana, ecclesiam sancti Cicarii, ecclesiam sancti Restituti, ecclesiam sancti Gervasii... ,,© innanzi con questo sistema, e con sentito riscontro col diploma falso di Cuniberto. Prezioso è il passo che riguarda la chiesa di S. Maria di Susa, il quale non è diverso da quello inserto nel diploma Cunibertino, liberato tuttavia da quelle fioriture, che ne formavano una insolita esagerazione. Si ponga mente al passo che qui trascrivo: “ ecclesiam sanctae Mariae de Secusia, cum titulis suis, de- cimis et primitiis, eleemosinis, oblationibus, legatis, parochiis et cum omni iure paro- chiali et cunetis beneficiis omnino, quae ad illas pertinere cernuntur et in futurum, divina miseratione, pervenerint, ecclesiam de Elisiis..... , (4). Se il vescovo Giacomo I avesse avuto sott'occhio il passo quale si trova nel nostro pseudo-diploma non avrebbe potuto tralasciare di trascriverlo per disteso. Sul diploma di Giacomo ritorneremo în appresso. Le bolle papali non sono meno laconiche dei diplomi vescovili. Calisto II, 1120 (5), dà un semplice elenco di nomi e di diritti, senza accenni storici. AI tempo di Eugenio III si agitò, o piuttosto si rinnovò una lite fra S. Maria di Susa e S. Lorenzo di Oulx, già trattata ai tempi (1119-1124) di Calisto II. Se- condo una bolla, 1147, di Eugenio III a Pietro prevosto Ulciense (6), quest’ultimo, a sostegno dei suoi diritti, aveva presentato al papa il “ praescriptum , con cui il ve- scovo Wiberto confermò in favore di Oulx l’offerta fatta, con documento, dal suo predecessore Cuniberto. Si direbbe adunque che Pietro non avesse in sua mano la | carta di Cuniberto, se si accontentava di usare della sua conferma. Ma intorno alla esistenza della suddetta carta a quel tempo, devesi consultare anche una bolla indirizzata pure da Eugenio III al medesimo prevosto Pietro (7). In questa . bolla, che è del 1149 (8), il pontefice dice che Pietro avevagli recato lettere di . (1) Chart. Ulc., n. 28, pp. 33-4. (2) Chart. Ule., n. 27, pp. 32.3. (3) Chart. Ulc., n. 25, pp. 29-30. Giacomo I tenne la sede episcopale torinese dal 1207 al 1226, e gli succedette Giacomo II dal 1227 al 1231; cfr. Savio, Vesc. d’Italia, I, 369 e 871. (4) Cioè Exilles, che nel pseudodiploma Cunibertino dicesi “ de Sillis ,. (5) Chart. Ulc., n. 2, pp. 2-8. Per la data veggasi il testo Peralda, (6) Chart. Ulc., n.8, pp. 15-6. (7) Chart. Ulc., n.9, p.17. (8) Jarré, Reg. Pont., 1% ed., n. 6471, 2* ed., n. 9818. 116 CARLO CIPOLLA 14 Cuniberto, Giberto (Wiberto), Mainardo e Bosone vescovo di Torino, le quali confer- mavano il dono di S. Maria di Susa. L’interpretazione più ovvia è che Pietro abbia ora mostrato al papa il diploma di Cuniberto, che nel 1147 egli non aveva avuto a sua disposizione. Tuttavia si può anche dubitare non forse le parole del papa possano avere una interpretazione più lata, così che sia lecito sospettare che il diploma di Cuniberto qui pure fosse solamente rappresentato dalle sue posteriori conferme. Certo, l’interpretazione più ovvia lascierebbe luogo al sospetto che la falsificazione del diploma avesse avuto luogo fra il 1147 e il 1149, dacchè nel primo di questi due anni il diploma non si trovava, e nel secondo invece fu presentato al pontefice. Ma, come dicevo, potremmo anche errare volendo rimanere troppo stretti alle apparenti esigenze della logica. Infatti l’induzione che da quella interpretazione si può derivare non è così strettamente collegata ad essa, da non potersene separare. La accennai soltanto per averne occasione a notare qualche altro argomento che sembra avvicinare la compi- lazione del falso diploma all’età di Eugenio III. Il BY del falso diploma corrisponde abbastanza bene a quelli usati ordinaria- mente da Eugenio II (1). Peraltro non si può escludere la rassomiglianza anche con altri papi del secolo stesso, precedenti e susseguenti ad Eugenio III. Del diploma di Adriano IV, 1158, in favore di Oulx si conservò l’originale (2), e sopra di esso ce’ è un BY di forma abbastanza consimile. Resta peraltro che specialmente i BV di Kugenio III presentano sentitissima affinità con quello del pseudo-diploma. La Rota è pur desunta da quella delle bolle maggiori del medesimo pontefice, che ha il motto: “ Fac mecum omne signum in bonum ,. Cotale motto, alterato, passò nel diploma falso di Cuniberto. Questi punti di contatto non dimostrano tuttavia a sufficienza che il diploma di Cuniberto sia stato falsificato al tempo di Eugenio III. Provano soltanto che la fal- sificazione non è anteriore a quel tempo. È poi per sè probabile che il falsificatore abbia tolto a tipo i diplomi di un papa già morto. Quindi si può acconsentire a credere non solo possibile, ma anche probabile, che la falsificazione sia posteriore e d’alquanto tempo al pontificato di Eugenio Il Ho notata anteriormente la singolare somiglianza del pseudodiploma di Gia- como I (1226). Ne recai a prova qualche esempio. Ora si può aggiungere che, tras- curate le formole, tutto il falso diploma corrisponde a quello del 1226, fatte soltanto | le seguenti eccezioni: UE a) Cenno storico sull'origine della prevostura di Oulx, e sulle prerogative della chiesa di S. Maria di Susa, mancante nel diploma del 1226 (3). b) Nell'elenco dei possessi il diploma del 1226 inserisce due brani, dei quali il primo sta fra de Frareneriis è et omnes decimas, e il secondo principia com “ In civitate Taurini ecclesiam sancti Martini , e finisce con “ Pragelato ,. (1) Prruex-Harrrune, Specimina, tavole 77, 80, 81. (2) Carte di Oulx consegnate da mons. Bernardi all'Archivio di Stato, busta XXVII. (3) A quest’ultimo riguardo, nel diploma di Cuniberto puossi rilevare un errore di nome. Secondo ‘gli editori del Chart. Ule. (p. 27) in luogo di “ a Pallo Bonitionis ,, dovrebbesi leggere “a Prato Bonizonis ,. 15 LA “ BULLA MAIOR , DI CUNIBERTO VESCOVO DI TORINO, ECC. 1077 Quanto avvertimmo sotto a è appunto quella parte che, paragonata cogli altri diplomi congeneri, apparisce a tutta prima quale ampollosità retorica. Rispetto ai due brani ricordati sotto 6, è ad osservarsi che il primo di essi ri- corre tal quale nel diploma, 1165, del vescovo Carlo (1). Il secondo si trova pure, quasi alla lettera, nel medesimo diploma del 1165 (2). In questo caso c'è qualche leg- gera diversità; vale a dire, il diploma di Giacomo I contempla due chiese (“ in ec- clesiam sancti Juliani, ecclesiam sanctae Mariae de Foliazano ,) che mancano in quello di Carlo, e questo ne ha una (“ ecclesiam de Calenges ,) dall’altro ommessa. Da tali ragionamenti si presenta spontanea una ipotesi, che per maggiore chia- rezza esprimo nella seguente firma schematica: diploma autentico diploma, 1165, di Cuniberto del vescovo Carlo Poni p, / diploma, 1226, di Giacomo II falso diploma di Cuniberto Che un diploma autentico del vescovo Cuniberto esistesse, lo abbiamo asserito, e della nostra affermazione abbia addotte prove, se non assolute, almeno non trascu- rabili. Ora si può anche aggiungere che l’arenga del pseudo-diploma ha non lieve conformità con quella del diploma autentico di Cuniberto per Oulx, inserto nel Chartarium (8): “ Patens et manifestum esse cognoscitur canonicam institutionem sumpsisse ab Apostolis... ,. Questo incontro di formule può derivare dall’abilità del falsificatore, ma presumibilmente dipende da un fondo di verità sussistente anche sotto al falso diploma. Nel diploma di Giacomo I si trova un passo che corrisponde a quello del falso diploma, nel quale in favore di Nantelmo e dei suoi successori si accorda la dignità canonicale di Torino, e il passo è questo: “ Item canonicam ecclesiae Taurinensis (4) tibi Bernardo et tuis catholicis successoribus concedimus et confirmamus, eo modo ut quicumque fuerit praepositus Ulciensis sit in perpetuum canonicus Taurinensis ,. Giacomo scrivendo concedimus et confirmamus ci fa intendere che la concessione non fu fatta da lui per la prima volta. Può supporsi che si trovasse già nel diploma di Cuniberto, ma il non vederne fatto cenno nei susseguenti diplomi episcopali ci lascia (1) Chart. Ule., n. 27, p. 33. (2) Loc. cit., p. 33. (3) Chart Ulc., n. 80, p. 38. (4) Che è la chiesa di S. Giovanni Battista, come si legge verso il principio del diploma. Anti- chissima è veramente la chiesa di S. Giovanni Battista in Torino, secondo F. Ronporino, Il duomo di Torino, Torino, 1898, p. 10. 118 CARLO CIPOLLA 16 forse perplessi (1). È vero peraltro che manca la conformità anche rispetto alla serie dei possessi, in quanto che soltanto quella dataci del diploma del 1226 si accosta decisamente al pseudo-diploma, e, per quanto si può congetturare, anche al vero di- ploma perduto di Cuniberto, Giunti a questo punto, rinnoviamoci ancora la domanda: quale è la data della composizione del pseudo-diploma? La Rota e il BY lo dicono non anteriore ad Eugenio IU, e probabilmente ad esso alquanto posteriore. Siamo dunque trasportati alla seconda metà del XII secolo. I dati desunti dalla paleografia ci portano a risultati non dissimili, ancorchè non sia agevole fissare una data con precisione. Si tratta di un falso, e nelle carte false abbiamo caratteri di imitazione e artefatti. Se fosse consigliabile quindi proporre piuttosto una data tarda, che non una antica, con ogni prudente riserva potremo quindi stabilire la falsificazione alla fine del sec. XII o men probabilmente al principio del sec. XII Abbiamo accennato più addietro al diploma dato nel 1172 da Milone vescovo di Torino, in favore di S. Maria in Susa. In esso si cita un diploma sigillato di Cuniberto, in favore della prevostura di Oulx, e in conferma della concessione di S. Maria di Susa alla prevostura ricordata. Il diploma di Cuniberto veduto da Milone, era quello autentico o quello falsificato? Dubito che Milone si riferisca proprio a quest’ultimo, e il mio dubbio si basa sulla circostanza della sigillatura, la quale, mentre trovasi nei due falsi diplomi, non era poi d’uso nella cancelleria di Cuniberto. L'argomento tuttavia non è decisivo, poichè anche il diploma di Milone ci è pervenuto per un tramite non perfettamente sicuro, siccome è quello del Cartario Ulciense. Ad ogni maniera, giova notare che, se l'argomento valesse, dovremmo restringere un po’ il tempo entro al quale collocare la falsificazione, ponendo per questo un termine ad quem, che sarebbe l’anno 1172. Nelle due citate bolle di Eugenio III (2) si parla bensì degli scripta di Cuniberto, ma non si dice che fossero sigillati. Di ciò si tace assolutamente. Evvi quindi una (1) Reco un esempio del giuramento che nel sec. XIII i prevosti di Oulx prestavano al vescovo di Torino, nella loro qualità di canonici torinesi. Nel I Protocollo (anni 1266-91), esistente nell’Archivio Arcivescovile di Torino, si legge, f. 63 sgg., sotto la data di Torino, 2 genn. 1286, la conferma della; elezione di Stefano de Goncelino, fatta da G(offredo) vescovo di Torino: “ .....Celebrata huius confîr- “ matione, dictus dominus Stephanus Ulciensis prepositus in manibus ipsius domini episcopi reci- pientis suo nomine et capituli Taurinensis, reverentiam et obedientiam exibuit manualem et fide- — litatem prestitit in hac forma. Ego Stephanus prepositus ecclesie Ulciensis ab hac hora in antea fidelis ero vobis domino Gaufredo episcopo Taurinensi vestrisque catholicis successoribus canonice intrantibus et Ecclesie Taurinensi. Non ero in consilio nec in facto ut vitam perdatis aut membrum, vel capiamini mala captione; consilium quod michi aut per vos, aut per litteras, aut per nuncium manifestabitis, ad dampnum vestrum nulli pandam; Ecclesiam (sic) Taurinen. adiutor ero et ad defendendum et ad retinendum, salvo ordine meo, contra omnes homines; vocatus ad sinodum veniam, nisi prepeditus fuero canonica prepedicione; nùuncium vestrum, quem certum esse cogno- vero, eumdo (sic) et redeumdo (sîc) honorifice tractabo et in suis necesitatibus adiuvabo. Hec quidem et alia que in iuramento fidelitatis continentur, plenius observabo. Sic me Deus adiuvet et hee . | sancta Dei evangelia ,. Simile, ma non identico, è il giuramento inserto nell'atto di conferma, | 14 giugno 1294, del prevosto Umberto Domengi (Protocollo I, f. 640-657). Prendo volentieri quest'occasione per porgere i dovuti ringraziamenti a S. E, il Card, A. Richelmy, arcivescovo di Torino, che con piena larghezza mi consentì di far ricerche nell'archivio archiepi- ‘ scopale, in servigio di questo mio studio. (2) Chart. Ule., n.8 e 9 (pp. 15-7). E Sco CCG Gua K (a 17 LA “ BULLA MAIOR , DI CUNIBERTO VESCOVO DI TORINO, ECC. 119 . notevole differenza tra la espressione delle bolle pontificie, e le parole adoperate dal vescovo Milone. Di tale differenza dobbiamo preoccuparci, trattandosi di que- stione grave e delicata; ma nelle incertezze in cui ci troviamo, non ancora possiamo da ciò nulla concludere con piena certezza, rispetto alla data precisa della falsificazione. Voglio qui notare come: l'abbondanza dei dittonghi che si trovano specialmente nel testo A, ci suggerisca forse di anticipare piuttosto che di posticipare la data della composizione di questo documento. Questo vale per la questione diplomatica. Rispetto al contenuto è ragionevole ammettere che alcune parti della carta siano più o meno autentiche. Alcune formule si possono difendere. E così pure nel suo insieme è accettabile la serie dei possessi confermati o donati. Ma le amplificazioni sull’origine della prevostura di Oulx e sui diritti della chiesa di S. Maria di Susa non sono appoggiate sopra documenti valevoli. Lo scopo della falsificazione è probabilmente da cercarsi nel desiderio che la pre- vostura aveva di metter termine una buona volta ai lunghi litigi colla suddetta chiesa Susina. Questi risultati oso proporre, non senza riconoscere che nuovi documenti si po- tranno forse trovare i quali abbiano a completarli, e anche a modificarli più 0 meno. Vorrei tuttavia sperare che almeno alcuni punti essenziali siano con sufficiente sicu- rezza accertati. 120 CARLO CIPOLLA 18 APPENDICE Faccio seguire l’edizione del falso diploma di Cuniberto, giovandomi specialmente dei pretesi originali, finora non usufruiti. A. Testo in possesso del barone Alessandro Cavalchini-Garofoli. Misura mil- limetri 598 X 485. Il segno || indica nella presente edizione il mutarsi dei righi in questo esemplare. B. Testo in possesso dell’Episcopio di Pinerolo, in carattere perfettamente si- mile al precedente. Il segno | indica il mutarsi dei righi in questo esemplare. C. Il Cartario pergamenaceo del sec. XII manca dei ff. 9-40, nei quali si tro- vava il presente documento. Questo testo ci è adunque rappresentato solamente dal- l’edizione del Chartarium Ulciense procurata dal Rivautella e dal Berta, Torino 1753, pp. 25-9, doc. n° 24. Il ms. del Cartario sta nell'Archivio di Stato, fra le carte di Oulx, depositatevi dal compianto mons. Jacopo Bernardi. D. Nell’Archivio di Stato di Torino, insieme coll’antico Cartario accennato sotto C, si conserva anche un altro Cartario, in carta, detto Peralda dal nome di chi lo compilò. Il lavoro di copiatura terminò nel 1599. Questo Cartario non dipende, al- meno per intero, dal Cartario descritto sotto €. Per il sistema di pubblicazione mi attengo sostanzialmente alle regole adottate dall’Istituto storico italiano; quindi osservo strettamente la grafia delle fonti, ma vi introduco la punteggiatura e le maiuscole. ‘DU IN NOMINE SCE ET INDIVIDVE TRINITATIS : EGO CVNIBERTVS DIVINA MISERATIONE TAVRINENSIS EPS $ || Constat et patens esse cognoscitur canonicam insti|tu- | tionem ab apostolis cepisse exordium, sicque deinde ex successione temporum habuisse inere- mentum, exem || plis et documentis subsequentium Patrum. Quocirca nobis qui locum | prela- tionis ad culmen regiminis videmur suscepisse, enitendum est sumopere, ut ad id quod vocamur ex nomine, || tota mentis intentione studeamus adimplere, si quiden ex|uperatis mundane tem- pestatis fluctibus portum salutis et requietionis volumus contingere. Oportet itaque nos || in ecclesia Dei profectibus subditorum quam maxime‘) invigi|lare, videlicet deformia reformare, quod contrafactum est consolidare, quod abiectum est reducere, quodque perierat restaurare, || Multiplex et varius est usus bone actionis, | set ?) iam flectamus articulum ad executionem nostre propositionis. Erat equidem intra fines nostri episcopii locus inter alpes situs, qui Plebs || Mar- tyrum °) nuncupatur, inter Secusiam | et Jani montem, secus ripam Durie fluminis, reverentia | 1) B quammaxime. 2) B sed. 3) AB marm. 19 LA “ BULLA MAIOR , DI CUNIBERTO VESCOVO DI TORINO, ECC. 121 et religione revera dignus, set multo tempore incuria et negligentia post persecutionem et de- so || lationem paga|norum usque ad nostrum tempus desertus, postea vero revelatione divina sacerdos quidam, Giraldus nomine, qui postmodum in Sisteriensi ecclesia episcopus est ordi- natus, primum adiun|ctis || sibi Odolrico et Nantelmo, adhuc bone indolis puerulo, nune vero ibidem a nobis sancte congregationis preposito constituto, compertis quidem multis et innumeris signis et prodi|giis, etiam confi||nibus loci illius adortantibus !), abrenuntians seculo, divina illustratione compunetus, habitaculum in eodem loco construxit. Pauca autem interiecto tem- pore, Taurinum | ad nos veniens, || huiusmodi nobis et canonicis nostris fecit professionem, ut collata sibi a nobis licentia et auctoritate, tam ipse, quam ceteri, quos divina misericordia aggregasset, ibi | omni tempore canonicam tenerent || institutionem. —Huic igitur tam compe- tenti petitioni gratuito adquievimus, et quoniam inter gelidas illas alpes algore nivium et af- finium | orribili sublimitate rupium durus est || et [difficilis]?) incolatus et '‘asper, ut vehemen- tiori studio et cura diligentiori locus ille suis ab incolis ad plenitudinem | perfectionis ducatur et affectione menteque letiori semper inha[|b]i[t]e || [tur, de vere]5) pietatis et misericordie vi- sceribus viatorom inmense É) necessitati compatientes ad | Dei servitium eorumque recreationem, liberam ac venerabilem canonicam et bonis affluentem || ibi, [Spiritus Sancti]5) consilio fieri volumus et maxime peroptamus. Ideoque |fratrum nostrorum canonicorum communi °) consilio ac voluntate huic sancte noviter incepte regulari canonicorum congrega || [tioni Saneti Lau]- rentii°) Ultiensis | de Martyrum °) prefata Plebe, presenti et future Deo ibi famulanti, iure per- petuo donamus et concedimus, cum primitiis, decimis, elemosinis, oblationibus, || testa |mentis, parrochiis, omni iure parrochiali et universis omnino beneficiis, que illis pertinere disponuntur et in futurum, Deo favente, contigerint, ecclesiam $) saneti Johannis | Baptiste de Sesana, || ec- clesiam saneti Cycarii, ecclesiam sancti Restituti, ecclesiam sancti (Gervasii, ecclesiam quoque Sancti Arigii, ecclesiam sancti Marci, ecclesiam sancte Marie de Ultio, ecclesiam | saneti Gor- | gonii de Savolis, ecclesiam sancti || Michaelis de Bedullario, ecclesiam °) sancte Marie et sancti | Yppoliti de Bardonisca, ecclesiam de Salaberta, et si quelibet sint vel fuerint | alia bona que | nostre congruant episcopali ditioni in {|iam diete plebis martyrum ‘°) toto plebanatu. Simili modo subdimus, conferimus et damus huie sanctissimo loco beati Lauren|tii de Ultio et fra- tribus degentibus ibidem, presentibus et futuris || ecclesiam '!), plebem et penitentialem sancte Marie, que sita est et edificata infra!) civitatem Secusiam, cum onmibus pertinentiis, et po|ses- sionibus suis, que scilicet longeva matrix et bapti || smalis ecclesia quadam prerogativa et ex- cellentia honoris nostram in omnibus, quibus licitam est, in suo plebanatu dono et assen|su Taurinensis ecclesie vicem gerit episcopalem, et anti || quitus multo iam tempore gerere con- suevit. Quippe tam in urbe nobili Secusia quasi sedes est episcopalis antiqua, cuius plebanatus | seu archipresbyteratus !°) a palo Bonitionis ad pontem usque Vol|vutie fluminis extenditur, et a montium cacuminibus et infra hine inde longe lateque comprehenditur.| et..terminatur. . Huic siquidem prenominate ecclesie beate Marie, cum prorsus univer || sa parrocchia Secusiensis, cum omni suo iure parrochiali et omnimoda clericorum ac | laicorum secularium sexus utriusque sepultura a predessoribus nostris Taurinensium episcopis antiquitus et || a nobis datur, ac pri- Î 1) B adhortantibus. ; 2) Questa parola chiara in B è ora illeggibile in A. 3) Chiudo fra [] quanto si legge in B, ma non in A. 4) Di questa parola in B leggesi unicamente: i..... ?) Le parole S.S. si leggono in B, ma non più in A. 5) A comuni, B comuni. 7) AB màrm. 5) B eccelesiam. 9) B ecclesiam. 10) 4B maim. 11) B ecclesiam. 12) ACD infra, B iuxta. 13) 4B archipbrat’. Serie II. Tom. L. 16 122 CARLO CIPOLLA 20 vilegiis in perpetuum confirmatur, pro sumptibus canonicorum | ibi Deo servientium et susten- tatione iura similiter perpetuo damus et concedimus cum primitiis, decimis, elemosi || nis, obla- tionibus, testamentis, parrochiis, omni re par|rochiali et cunctis omnino beneficiis ‘), que illis pertinere cernuntur et in posterum divina ?) miseratione pervenerint, ecclesias de Sillis ?), || ec- clesiam 4) de Caumuntio ?), ecclesiam | de Gellone in civitate Secusia 5), ecclesiam sancti Petri, et ecclesiam sancti Pauli, ecclesiam sancti Philippi et Jacobi, ecclesiam sancti Saturnini, ec- clesiam saneti Martini, ecclesiam || saneti Marcellini, | ecelesiam saneti Evasti, ecclesiam sancti Constantii "), ecclesiam sancte Marie de Travotio*), ecclesiam®) sancti Eusebii, ecclesiam ®) sancti Jacobi et sancti Christofori, ecclesiam °) saneti Juliani, ecclesiam *) de Foresto, || ecclesiam®) | saneti Petri, ecclesiam sancte Petronille, ecclesiam de Maticis, ecclesiam de Bozoleto, ec- clesiam °) sancti Laurenti, ecclesiam sancti Basilii, ecclesiam *) sancti Georgii, ecclesiam?) de Villariofolchardo, ecclesiam®) de || Camusso, ecclesiam ®) de Bruxolio, ecclesiam °) sancti Desi- deri et sanctae Marie, ecclesiam ®) de Fraxeneriis et omnes decimas totius Secusie vallis, ea solum excepta, que capelle pertinet | Arestagni || Secusiensis oppidi. Sic videlicet hoc donum facimus ut in omnibus prenominatis!°) locis et ecclesiis canonici fratres Ultiensis congrega- tionis vel alii sacerdotes omni tempore, sicut | edi necesse fuerit, pro volun || tate, discretione, ac. dispositione prepositi Ultiensis substituantur et maneant. Ut autem amplioris affectu dilectionis et dulcedinis | invicem omni tempore Taurinensis et Ultienis eclesia !')|| sese diligant et vene- rentur et hec illam sedula mente foveat, ampliet et tueatur et huic illa devote serviat et eam | omnimode revereatur, te Nantelmum dilectum filium nostrum prefatum || Ultiensem prepo- situm in nostra maiori Taurimensium sancte Iohannis ecclesia pro canonico nostro recipimus, sta | tuentes ut quicumque deinceps prepositus Ultiensis catholice fuerit, ibi || canonicus noster in perpetuum habeatur. Insuper etiam intra nostrum episcopium quiequid decimarum, | obla- tionum, elemosinarum ecclesiarum ‘°) seu cuiuspiam honoris et benefici predicte congregationis | || fratres iam sunt adepti et deinceps poterunt adipisci, auctoritate | quidem tam nostra quam nostrorum successorum habita, istis in presentiaram primoribus, et posthac pro tempore sue- ceden || tibus, pro anime nostre remedio nostrorumque successorum eis et ecclesie | sue !5) Ul tiensi donamus et concedimus. Deinde fidelibus nostris tam clericis quam laicis et omni nostre posteritati |} notum fieri volumus, ut quamdiu ‘) ibidem norma regularis | tenebitur, Plebs Mar- tyrum ‘°), cum omni plebanatu suo et posessione, que in eo est, libera sit in omnibus in per- || petuum et ab omni nostra posterorumque nostrorom obediendia ‘°) et inpetitione '”) penitus| absoluta, salva tam[en]'5) omnimoda reverentia et obedientia, q[uam sancto Jo|hanni 4°) et nobis || debito fieri volumus a preposito Ultiensi pro aliis ecclesiis et beneficiis, que sibi 2°) et 1) B benefitiis. 2) B di/////a. 3) B SilllII/. 4) B ecclesiam. 3) B caununtio. 5) B selll/s/lla. 7) ACD Constantii, B Constantini. 8) AB tuotio. 9) B ecclesiam. 10), B. prenoms//////}ls. 11) B ecclesia. 12) B ecclesiarum. 13) ACD sue, B om. 14) 4B quadiu. 15) 4B marm. 26) B obedientia. 17) A ipeditione, B inpetitione. 18) A tam, B tamen. 19) Quanto chiudo fra [] si legge in B, ma non più in A. 20) B ibi. 21 LA “ BULLA MAIOR , DI CUNIBERTO VESCOVO DI TORINO, ECC. 123 ecelesie, | sue iam contulimus et successores nostri, Deo inspirante, contulerint in subsequenti. || Nec a!) nobis et nostris successoribus aliqua oppressione locus ille molestetur umquam, vel inquiete|tur, nec aliquatenus minoretur, sed semper °) amplietur et melioret[ur. Quod si|8) quelibet 4) || persona, diabolico instintu vexata, huic decreto nostro ullomodo ?) presumpserit °) obviare vel illud per illud per|fringere et violare, sit, nisi resipuerit. et. ad satisfactionem ve- nerit, || cam Dathan et Abyron?) et Juda proditore, anathematis vinculo innodata perpetueque dampnationi 5) | subiecta. Cunctis autem eidem ecclesie que sunt et fuerint sibi data || servan- tibus sit Dei summi °) pax in eternum et amor. Ut igitur hoc apud nos et posteros nostros ratum et inconvulsum, abl|iecto omni scrupulo, possit haberi, vocabulo || nostro propria manu subscripto fecimus insigniri et canonicis nostris auctoritatem permisimus pariter subscribendi. Nel centro della Rota: Bene Valete sanctus Johannes bap tista In giro attorno alla Rota: Im pace maneant omnia quae possidet signum vestrum, Domine fac me... Sottoscrizioni. A destra della Rota: Ego Cunibertus Taurinensium presul libens subscripsi. Eso Adam ‘°) prepositus libens subscripsi. + Ego Addam presbyter !) subscripsi. Ego Ubertus presbyter !) subscripsi. + Hgo Arbertus subdiaconus subscripsi. -- Ego Aldeprandus subdiaconus subscripsi. —- Eso Vustelmus acolitus subscripsi. -| Ego Iohannes acolitus subscripsi. + Ego Ar- taldus subscripsi. È Hso Sigefridus subdiaconus subscripsi. - Ego Iohannes subdiaconus subscripsi. + Ego Arbertus subdiaconus subscripsi. È Hso Albertus acolitus subscripsi. + Ego Ildeprandus subscripsi. A destra del BV: + Ego Robaldus archilevita libens subscripsi. -|-- Ego Milo archipresbiter ‘*°) libens subscripsi. Eco Gisulfus princicerius libens subscripsi. Eso Albericus cantor letus subscripsi. + Ego Oddo subdiaconus subscripsi. + Ego [Draco diaco]nus ‘) subscripsi. + Ego Jo- hannes acolitus subscripsi !4). 1) Questa parola non si legge più in B. 2) In B leggesi solo: s..... 3) Chiudo fra [] quello che in A non è più leggibile. 5) A ql-, B quel-. 5) B ullo modo. 5) A ps. 7) B abiron. 3) B damnationi. 7 9) La è non è più leggibile in 5. 10) Questa parola dapprima dimenticata, fu poi aggiunta di prima mano. Curiosa questa dimen- ticanza, se la firma fosse autografa! 11) A pbr. 12) A archipresbre (?). 13) Im A il nome e le sillabe diaco non si leggono, ma deve trattarsi di Draco, diacono, come emerge dal confronto delle sottoscrizioni di A con quelle di 5. 14) In B le sottoscrizioni sono come segue. Sottoscrizioni a destra della Rota: Ego Cunibertus Taurinensium presul libens subscripsi. Ego Gisulfus princicerius libens subscripsi. Ego Albericus cantor letus subscripsi. Ego Adam presbyter subscripsi. -—- Ego Ubertus presbyter subscripsi. Ego Oddo sub- DO DO 124 CARLO CIPOLLA (8.) 5). Ob memoriam et evidentiorem observantiam istius beneficii duo in huiusmodi tenore fecimus privilegia nostro episcopali sigillo munita, ut omnitempore, scilicet. al|terum ha || beretur in Ultensi ecclesia, alterum in Secusiensi. Factum est hoc anno ab incarnatione domini nostri Tesu Christe millesimo . LX°. V°., inditione secunda. | Datum || Taurini per manum Ebrardi °) scrip- toris et cancellarii domini Cuniberti prefati Taurinensis episcopi, pridie kalendas madii. II Avendo fatto uso del diploma autentico del vescovo Cuniberto, datato dall’anno 1048, credo opportuno riferirne qui il testo, affinchè il confronto col falso diploma sia più efficace, e riesca quindi più persuasivo. L'originale si conserva nella Biblioteca Nazionale di Torino, fra le pergamene di S. Solutore, regalate dal barone G. Vernazza. Il primo rigo è in lettere capitali, con mescolanza di onciale: di queste lettere, altre sono unite in nessi, altre inserte e in molteplici maniere intrecciate. Della medesima forma è anche la Q, iniziale di “ Quoniam ,, con cui principia il secondo rigo. Il testo è in carattere minuscolo perfezionato. Molti segni di abbreviazione sono a nodo. Alcune lettere prolungate, terminano con un nodo. Nelle parole che rappre- sento in maiuscolo, non si trovano lettere capitali, ma soltanto lettere onciali me- scolate con lettere minuscole. Le firme sono tutte autografe. Ed è di Cuniberto anche l'aggiunta Unum mansum etc. La firma di quel vescovo, che vediamo nel presente diploma, è perfet- tamente identica a quella che detto vescovo appose ai privilegi (999-1000?) che da Gezone vescovo di Torino, e (1011) da Landolfo pure vescovo della città medesima furono concessi al monastero di S. Solutore. Questi privilegi si conservano in originale nell'Archivio dell’Economato, abbazia di Sangano (S. Solutore), busta VIIL Il testo del presente diploma fu già pubblicato dal CisrARIO, Storia di Chieri, diaconus subscripsi. Eso Draco diaconus subscripsi. Ego Arbertus subdiaconus subscripsi. Ego Aldeprandus subdiaconus subscripsi. Ego Johannes acolitus subscripsi. + ego Vustelmus acolitus subscripsi. Ego Iohannes acolitus subscripsi. Ego Sigefredus subscripsi. + ego Iohannes subdiaconus subscripsi. Ego Albertus subdiaconus subscripsi. Ego Albertus acolitus subscripsi. Ego Artaldus subscripsi. Ego Ildeprandus subscripsi. Sottoscrizione a destra del BV: Ego Robaldus archilevita subscripsi. Ego Milo archipresbyter libens subscripsi. + Ego Addam prepositus libens subscripsi. y Rispetto a queste sottoscrizioni è a notare che C le tralascia, mentre D, che le riferisce, dipende sostanzialmente da B. 1) Il sigillo (mm. 68 X 55) ellittico in cera, appeso esternamente al diploma, rappresenta un vescovo ritto, con pietra posta di fianco; colla sinistra tiene il pastorale. Attorno corre la leggenda: CVNIBERT'- T | AVRINI EPS. È identico in A e in B. 2) B Eb/////ai. 23 LA “ BULLA MAIOR , DI CUNIBERTO VESCOVO DI TORINO, ECC. 125 II, 3 sgg., che non badò strettamente all’ortografia. Il Cibrario si riferisce ad una copia, emendata dal Vernazza sulla fede dell’originale. DE in nomine sancte et individue Trinitatis Cunibertus divino nutu sancte Taurinensis aecclesi® episcopus È Quoniam ecelesiis nobis divinitus commissis vigilanti studio, ut temporis varietas ac curarum permittit anxietas, suffragari et pro viribus salvationis curam impartiri de- bemus, et quia id nisi divine clementie ope efficere nequimus, ipsius largiente misericordia quantum posse suppetit, huiusmodi excercitiis insudare opere precium duximus. Sed quia omne quod agimus et agendum mente concipimus in transitu est, bonum mente conceptum protelare et in dies differre nichil aliud videturnisi excogitatum mentis et opus divinitus menti infusum perdere. Incassum enim sarcinam ecclesiastic[e adminis]'!) tracionis suscepimus si officium imposite solli- citudinis neglegimus, aut neglegentes implere °) pigritemur, quod nullatenus melius excercebimus, quam si necessitatibus subiectorum viritim [atque] ') indefessa animi vigilantia et operis exsecutione adsistimus. Qua propter ne summi pastoris interminantis minas incurramus, set pocius illud salu- tifferum euge adipisci vall[eamus quodipse|') in Evangelio testatur dicens. Euge serve bone et fidelis, quia super pauca fuisti fidelis, super multa te constituam . intra in gaudium Domini tui. Im presen- tiarum huie venerabili monest[erio|4) sancti ADVENTORIS videlicet OCTAVII et SOLVTORIS quod valemus, nostrorum canonicorum pariter et laicorum fidelium subrogata probabili sententia, in communi usu et sumptu monacho|rum] ') ibi Deo militantium largiri necessarium duximus. Planum videlicet Cerretum per intesrum, trans Padum in valle que dicitur Saxea, cum cohe- rentibus a tribus partibus rivis, cui a parte quar[ta| ') coheret episcopalis terra. Nec minus omne beneficium Oddonis nostri donec super fuit scantionis *), terras scilicet arabiles non procul ab eodem monesterio, cui ex una parte coheret terra sancti Andree, de alia terra sancti Iohannis, de tercia canonice Domini Salvatoris, de quarta via. Vineam quoque in Rivole ©) cum terra que condam Dominici ferrarii fuit. Aliam etiam vineam ultra Padum, cum aliquod*) de busco et campo in loco qui dicitur Malavasio mezano), cui de tribus partibus terre coherent sancti Solutoris, de quarta via. Addidimus etiam terras filiorum Oddonis quondam pertinentes eidem ?) monesterio, set quia erant famuli nostre. sedis ecclesie sanctissimi precursoris videlicet Iohannis Baptiste, nostrorum clementia predecessorum, eis eas usurpare siverunt, nune vero fugitivi facti et transfuge, que malo privilegio hactenus usi sunt, huic sacro loco et sancte societati restitui disnum duximus. Similiter et -damus terciam partem totius decime cuiusdam villule que vo- catur Covatias ©), consenciente et laudante Arduino vassallo nostro filio quondam Vuidonis, qui alias duas partes ipsius decime ex parte sancti Iohannis et nostra in beneficium tenet. Conce- dimus quoque sedimen #) unum in Saxias 9), cui de una parte coheret terra sancti Iohannis, de alia terra canonice domini Salvatoris, de duabus partibus via. Dopo una lacuna di un rigo e mezzo: Quapropter sollercia, ut premissum est, nostrorum videlicet fidelium tam clericorum, quam laicorum presentium, nos precibus Goslini predicti monesterii abbatis, nec non et subiectorum ordinum eiusdem monesterii fratrum, condescendisse, et pro remedio anime nostre nostrorumque 1) La pergamena presenta qui una lacerazione. 2) Parola aggiunta di prima mano nell’interlinea. 3) Cibrario annota: “ échanson. Nota del barone Vernazza ,. 5) Ms.: aligl. 5) Qui seguiva la parola “ quoque ,, ma fu cancellata di prima mano. a) Rivoli, presso Torino. 6) “ Malavasio. Malavasium medianum, regione posta dirimpetto a Torino, nella pianura tra il Po, la Villa Piana, e quella di S. Martino ,. Casanis, Dizionario, X, 93. e) Coazze, nel territorio Chierese. d) Forse Sassi, alle falde del colle di Superga. 126 CARLO CIPOLLA — LA “ BULLA MAIOR , DI CUNIBERTO, ECC. 24 successorum de redditibus episcopii nostri, que supra diximus, concessisse necessarium esse de- finivimus, eo videlicet modo, ut tam ipse Goslinus abbas, quam successores sui absque ulla: ca- lumnia [nostr]a, que supra [con]tulimus, possideant et secundum Deum disponant, ad communem usum fratrum monachorum et; familie, et ut melius ei visum fuerit ad ordinandum habeant. Et non liceat ei vel successoribus eius per qualecumque ingenium hec, que huic sacro loco vel societati tribuimus, alienare, velin beneficium cuiquam extra tribuere. Quo vero omni tempore inconvulsum et inviolatum hoc nostrum decretum apud omnes maneat et existat, manu propria subscripsimus et subscribentes firmare iussimus. Si quis hane nostri decreti paginam infringere î aut violare seu molestare, quod minime credimus, quesierit, ommnipotentis Dei et apostolorum principis PETRI, cui dictum est: quodeumque ligaveris super terram erit ligatum in celis, et sancte Dei genitgicis MARIAE omniumque sanctorum, nec non et nostre parvitatis vineulo sciat se maledictum, anathematizatum, et cum Tuda traditore, Dathan et Abiron, Anania quoque et Saphira, eterna maledictione damnatum, nisi resipuerit et satis fecerit. AMEN. AMEN. AMEN. FIAT. FIAT. FIAT. Unum mansum in Testona iuris quondam Amizonis libenter adiungimus ecclesie sanctoram | martiram Salutoris Adventoris et Octavii, cum vinea de Rivulis. Sottoscrizioni, spartite sopra tre colonne. Prima colonna, a sinistra: Ego Cunibertus taurinensium presul subscripsi. È Teuzo diaconus atque prepositus suscripsit. Ego Everulfus diaconus subscripsi. Ego Otto subdiaconus subscripsi. Seconda colonna, mediana: Ego Gisulfus primicerius subscripsi. Eso Adam indignus presbiter subscripsi. Terza colonna a destra: Eco Rufinus diaconus subscripsi. Ego Tedericus presbiter subscripsi. Sotto alle firme precedenti: + Arduinus manu propria hoc signum faciendo firmavit. Ad hoc decretum confirmandum interfuerunt etiam Amnandus videlicet et Rotfredus, atque | Obertus, Ursus quoque et Atto, seu Vualterius atque Saxo, et alii plures, qui omnes laudem. et assensum in hoc dederunt. Actum est autem hoc anno ab incarnatione domini nostri Tesu Christi millesimo quadragesimo octavo, . V. idus mai, inditione prima, episcopatus autem su- pradicti domni Cuniberti secundo anno, Domino annuente, feliciter. SPIEGAZIONE DELLA TAVOLA 1 e 2. Primi ed ultimi righi del diploma autentico di Cuniberto (1048). * 3 e 4. Primi ed ultimi righi del pseudo-diploma Cunibertino, secondo il testo dell’Episcopio di Pinerolo. | 5 e 6. Primi ed ultimi righi del pseudo-diploma Cumibertino, secondo il testo del bar. Cavalchini-Garofoli. 7. Sigillo appeso al testo del barone Cavalchini-Garofoli. —_— > -- AR. Accad. deffe Scienze di Forino - Classe di Sc, MYTor, Stoc e Sifolog. Serie Il. Tomo L. GC. GIFOLBLAT Mes, e ZZZ Cer di Cunderto Faicava di Lu ecc. DI sffcecna Rei n a ont nre pira Cor ‘Teitenzia ne a incuria mex i ofica direudlanone drteliag cualaGoîe asi ratto home e: ic dato sii; = va) 10213) ILE So, Li È i pveone: 4. 53 nine iii CO MINE ee NOVITA dre ri Gonfarrpscent el cognofertirie canonici i anfrtunone sb aptis ctpillo cnrordiii ficg: demde cè MI doni fabiegueneii p vrii, Luo fd dlocî FLmonif cli regniamif deri fà ì i . ENTO meg dear adistpleft- sal cme Tepotltffttib: «porter li s- E gi nine nigilare. deter deformi: vefvitinare. grofrachie ofotudi nai nre ect? archi sdeversts è nisppotitionit Ere Jdag pi ris rid La Pilartia religione retta dgr fumtto esselazione chis irità Faido II gaald’ndie gpoftmodîi nani brr if benefitis: doiba? 2° e fachi hoc smo ab nigi IL CANTÙ ELIOT. GALZOLARI & FERRARIO CANTÙ E A. TARAMELLI FOT. Î | 4 x È ‘ È } QRICAPNI: È iii gi ANTICHISSIMI ANEDDOTI NOVALICIENSI pubblicati DAL SOCIO CARLO CIPOLLA Approvata nell'Adunanza del £ Febbraio 1900. Nella Biblioteca dell'Archivio di Stato di Torino venne recentemente preso in considerazione un grosso volume pergamenaceo, in foglio, legato in parmole, coperte da cuoio nerastro (1). Sul piano interno della prima parmola una mano recente | aveva scritto a matita la parola “ Novalesa ,. Questa circostanza era di non lieve importanza, e m'invogliò a studiare quel volume. Trattavasi di una Biblia magna, intorno alla quale dovrò in avvenire dir qualche cosa. Per ora mi limito a discorrere della legatura, e dei frammenti pergamenacei e cartacei incollati sulle faccie interne delle due parmole. La legatura dunque è in legno, e può attribuirsi al sec. XV incirca. La coper- tura esterna di cuoio venne ridotta, certo da tempo, in pessimo stato. I piani interni delle due parmole vennero ricoperti dapprima con tre pezzi di pergamena, due dei | quali con scrittura, ed uno privo di ogni carattere. Si osservi che la pergamena non _ fu adoperata ad altro uso che a ricoprire l’asse, ma non fu incorporata nella cucitura del volume. Alla lor volta i pezzi pergamenacei furono successivamente coperti con | otto foglietti cartacei staccati da un libro, e scritti sull’una e sull’altra faccia. Questi otto fogli cartacei, che ci giunsero in istato più o meno cattivo, appar- tenevano ad una grammatica, della quale rimangono, oltre ad un brano di introdu- zione, alcuni esempi epistolari o simili, e parecchi esercizi di versione dal dialetto | piemontese antico in lingua latina. La mano che scrisse tutto questo è una sola, e spetta alla fine del sec. XV, piuttostochè all’inizio del XVI. Il foglietto col frammento dell’ introduzione, e che possiamo quindi supporre staccato dal principio del volume, cominciava così: “ ..... ad propositum respon- dendum. Quot sunt species disputationis? respondeo: quatuor, scilicet: doc- | trinalis, que alio modo dicitur disputatio demonstrativa, dieletica, tentativa, et sophystica, Quid est disputatio doctrinalis sive demonstrativa ? est que ad scianciam (sic) ordinatur, procedens ex veris et per se notis et propriis sciencie, de qua fit disputatio, et hec vertitur inter docentem et discentem — ,. (1) Me ne avvertì il ch. cav. D’Agliano, egregio officiale di quell’ Archivio. Gliene rendo le migliori grazie. 130 CARLO CIPOLLA 4 della biblioteca capitolare di Cremona (1). I cataloghi dell’ abbazia di S. Giulia di Brescia (2), meglio rispondono al nostro Catalogo, che deve rappresentarci le condi- zioni della biblioteca presso a poco al momento in cui, passato lo scompiglio cagio- nato dalle invasioni saracene, i monaci rioccuparono la loro antica abbazia. C) Il terzo gruppo è costituito da varie serie di note, contenenti i nomi di coloro, che erano tenuti a determinate contribuzioni in favore del monastero. Coi nomi si uniscono anche i sunti di tre documenti, in uno dei quali è conservato il nome dell’abbate, cioè Adraldo, che tenne quell’officio verso il periodo 1043-48 (3). Cotali notazioni sono di varie mani, le quali si distaccano più o meno da quelle cui si devono gli aneddoti testè registrati sotto A e B. Le annotazioni che seguono al catalogo degli apparamenti sacri (Dr GaLLIoNnE, Adam, etc.) sembrano anzi poste- riori, e di non poco, alla metà del sec. XI: sono le meno antiche fra tutte. T tre documenti, aî quali accenno, sono altronde ignoti. Uno di essi consiste in una donazione, il secondo è una convenzione, e il terzo è una investitura. In questo ultimo atto si parla di Bertranno priore, nome che non saprei come identificare. Conosco un “ Bertrannum monachum , che in una fiera poesia è qualificato per ladro (Mem. Accad. di Tor., XLIV [1894], p.132; Ricerche, p.40; cfr. Mon. Novalie., I, 341), ma non veggo come identificarlo col nostro. Elenchi di feudatari o sunti di documenti simili a quelli offerteci dalla nostra perga- mena abbiamo pure nei fogli di risguardo di un codice, già Novaliciense, ora Berlinese, del Martyrologium Adonis (loc. cît., p.133etav. I); e così ripetasi pure per un codice miscellaneo, che, esulato insieme col precedente, sul cadere del sec. XVII dal mo- nastero Novaliciense, andò a fermarsi a Cheltenham, nella biblioteca già Phillips, ora Tenwiek (cfr. €. Hampe, in Neues Archiv, XXII, 235). Gli aneddoti offertici — pur troppo, in miseranda condizione — dalla nuova pergamena non sono inutili. Essi ci permettono di stabilire meglio che finora non fosse possibile lo stato della. coltura nella abbazia Novaliciense, nei tempi precedenti al Cronista, e ci offrono — ridotta a breve e lacero brandello — una delle fonti di cui il Cronista giovossi. Pazzo I, mezzo foglio di sinistra: or ta Il: ; IIIXNXXX & XIII 2. Isembertus, de Sancto Mauricio cum uxore sua dabit modium -1- inter panem et |. uinum. Petrus presbiter sextarios - m- (1) GomrLiEB, Op. cit., p. 188. (2) Cod. dipl. Langob., n. 419, col. 706 seg. (3) Mon. Novalic., I, 440; cfr. ivi, docce. 71-72. Per ragioni paleografiche non penserei all'omo- nimo, della fine del secolo; Mon. Nov., I, 441. Varie mani del testo: r. 1. Il numero pare di mano del sec. XII. r. 2. Del sec. XI. Spiegazioni: r. 1. Molti luoghi nel Piemonte e nella Savoia chiamansi S. Maurice, S. Maurizio. 5 ANTICHISSIMI ANEDDOTI NOVALICIENSI 131 3. Domnus Vuitfredus pro remedio anime sue dabit nobis per sin[gu]los annos in natiuitate Domini duos solidos in pisces et a.....g... cum eius fil. - 1. 4. Hector solidos «tv. ‘Sofredus solidos - 1- Danihel denarios - xIr - qui simul cuncti sumant -xx- solidos 5. V. kl. Mai. Cartam donationis fecit Riculfus cum filiis suis de decima de panem et uinum. de manso ue[l] 6. de cuina, Sancto Petro Noualicis. Testes: Umberto de B//n///o . Deodato . Con- stantinus 7. Conuen[tu]m fecit Lambertus cum domno Adraldo abbate, in cena Domini omni anno debeat dare tres solidos 8. pro carratico quod debet facere in Merleto, in Galliono... - 1 - et pro tribus roatis et pro somaticis 9. Bellonus de Venale debet dare sex denarios in eadem cena de ecclesia sancti Donati de eodem loco. . Molendin... 10. similiter duodecim denarios in eadem die. Adam sartor de Placencia debet dare in eadem die duos solidos pro uinea 11. quam tenet in ...eliario. Tres solidos de Lastadio ....tor..... os d...orus.. RISE AVIR CERA OTT MPRELI orio 12. Rainaldus de la Marchia IS Ema et filius eius Aldradus 14. Investituram fecit. Airardus de Villario beato Petro Noualicii 186 i aria e ee tatis sue in presencia domni Bertranni prioris Varie mani del testo: mr. 3-4. D'altra mano del sec. XI. rr. 5-11. Fino a “...eliario ,, d’altra mano del sec. XI. r. 11 fine. D'altra mano egualmente del sec. XI. rr. 12-13. Di mano del sec. XI. - rr. 14-17. Di altra mano del sec. XI. Osservazioni sulla scrittura: r. 4. In “ hweector ,, è a notare, che prima fu scritto: “ aector ,, poi la “a, fu mutata in “®@,, e al dittongo si premise la “bh ,. Tutte le correzioni provengono dalla mano che scrisse “ aector ,. r. 6. “ deodato , corr. forse di prima mano in “ -tus ,. mr. 12-17 e rr. 18-23. Nel ms. ai primi righi, che stanno al lato sinistro del mezzo foglio; fanno riscontro sul lato destro gli altri righi qui indicati. r. 12. La seconda “a, di “ Marchia, fu sovrapposta di prima mano alla “i,. r. 14. La parola “ Petro, fu aggiunta interlinearmente di prima mano. r. 15. Le sillabe “ tatis, sono state aggiunte interlinearmente di prima mano. Spiegazioni : r. 7. Probabilmente qui si accenna all'abate Adraldo, -1043-48- (Cfr. Mon. Novalie., I, 440; efr. peraltro ivi, 441). r. 8. Camerletto. Giaglione. r. 9. Venaus. r, 11. Lo Stadio. Secondo una gentile comunicazione del m. r. don Antonio Belmondo, prevosto della Novalesa, così chiamasi il “ terreno compreso dalla Brunetta [quasi alle porte di Susa] — dalla parte che più si avvicina alle montagne di Monpantero — fino all’ attuale borgata dî Berno ,. r. 14. Fra i molti villaggi nei quali entra, come primo termine, il nome “ Villar ,, sembra che Villar-Almese, nella bassa valle di Susa, sia quello che meglio si presta al caso nostro. 152 16. IT CARLO CIPOLLA 6 ...torum fratrum inibi..... racione . ut in die eadem (?)... si& . . . . ... + @bsque ulla dubitacione he... 18. Bibliotechas - 1-28 O[mi]liarios «11. Tosephum +1. Miraculorum -1- Varie mani del testo: rr. 18-23. Di mano del sec. X-XI. Osservazioni sulla scrittura : r. 18. In “ Bibliotechas ,, la prima “i, fu inserta nella “ B, ela “h, fu di prima mano aggiunta interlinearmente. Spiegazioni : r. 18. Forse qui si allude al Liber Miraculorum citato dal cronista (lib. V, c. 48: Mon. Novalie., II, 281). Ma non risulta quale sia il libro, cui il cronista si riferiva. Il Bethmann (MGA., Scrip. VII, 281) non dà alcuna spiegazione. Ora possediamo finalmente una edizione critica di un Lib. Mira: culor., che nei varî manoscritti, usufruiti dai vecchi (Mronx, CXLI, coll. 1381-64; Acta Sanetor. Och. III, pp. 300-324), e dai recenti (Analecta Boll., VIII [1889], pp. 65-85) editori compariva . in forme diverse. Era infatti un’opera molto diffusa, che si copiava spesso, ma di cui ciascuno trascriveva soltanto quello che trovava di suo gusto. L'edizione critica fu curata dall’abate | A. Bouillet (Liber Miraculor. S. Fidis, Paris, 1897) ed è condotta sul codice più completo che se ne conosca, cioè sopra un manoscritto della biblioteca di Schlestadt. Ma neppure quel co-. dice esaurisce tutti i miracoli divulgati sotto quel titolo; infatti il Bouillet stesso, non solo raccolse in appendice numerosi miracoli esposti in altri mamoscritti, ma potè pubblicare anche testè alcun che di inedito nella. dissertazione Un manuserit inconnu du Liber Mirac. S. Fidis, Paris, 1899, estr. dal t. LVIII dei Mémoires de la Société nationale des Antiquiaires. Da tutto ciò si deduce, che se anche noi non possiamo trovare nel ZL. M. S. F., quale ci è conosciuto . - . . . - e «i ora, il miracolo riferito dal Chr. Nov, non per questo possiamo escludere che il cronista alludesse al medesimo. Nel caso nostro, quel miracolo non si trova di certo; tuttavia nel l. I (ed. Bouillet, pp. 63-4) uno se ne legge, il quale ha qualche attinenza, ancorchè indiretta, do: col nostro. Infatti vi si parla delle molte cere che ardevano a Conques, durante la funzione i } notturna, e si racconta di un brutto gioco fatto da-un mercante di cera, che fu per questo | punito con un prodigio. Nel Chr. Novalie. l'atto malizioso è diverso, ed è attribuito al custode | dell’altare. I due fatti, ancorchè diversi, hanno reciproca attinenza, sicchè si può pensare ad un testo che li raccogliesse ambedue. Il presente catalogo parla di un solo libro del Liber Miraculorum. Apprendiamo dalla dotta 4 prefazione che il Bouillet premise al suo testo, che Bernardo d’Angers compose soltanto in due primi libri dell’opera, che originariamente peraltro costituivano tre libri, ciascuno dei quali corrispondendo ad uno dei tre viaggi che Bernardo fece a Conques. I libri INI-IV furono 7 compilati da altro scrittore, pure durante il sec. XI. Ritornando al lavoro di Bernardo, e ai suoi viaggi, questi avvennero fra il 1010 e il 1020. Se il catalogo indicando un libro del Ziber alludeva al risultato del primo viaggio di 5 « . . DI O = . guariti Bernardo d’Angers, l’opera cui esso si riferisce può ritenersi anche anteriore al 1020. Ad ogni modo sarebbe stabilito che la compilazione del catalogo non è anteriore al principio del sec. XI. Ma il dubbio più grave consiste nel sapere. se veramente il catalogo accenni al Liber Miraculorum S. Fidis. Al r. 19 il catalogo registra un libro intitolato © Vita Patrum ; che forse, come diremo, si può identificare con un'opera di S. Gregorio di Tours. Si presenta quindi il pensiero che anche nel luogo presente esso accenni ad uno scritto del Turunense. Fra gli scritti di questo trovansi anche “ Libri octo miraculorum n (Opera, edd. Knusca et ArnDr; IT, 451 sgg.). Il primo libro è la “ Gloria Martyrum ,, il secondo contiene i miracoli di S. Giu- liano, vengono poi i quattro libri dei miracoli di S. Martino, quindi il Liber vitae Patrum, e la Gloria Confessorum. Il libro Miracula del nostro catalogo si potrebbe identificare forse col primo di questi scritti del Turunense, chè meglio degli altri si presta al titolo di “ Miracula ,. Se vogliamo mantenere l'ipotesi che il catalogo accenni al Liber Miraculorum citato dal Cronista, dobbiamo riconoscere che il miracolo qui narrato non si trova negli otto libri di S. Gre- gorio, ancorchè in essi più volte si parli di fatti in cui entrano i cerei (pp. 498, 527, 604-5, 609, 653-4, 813). T ANTICHISSIMI ANEDDOTI NOVALICIENSI 133 et Anglorum simul È A f 19. Regum . . . . . ... . Diadema.-«1- Vita Patrum «1. Glosarios «Ir 20. Sentenciarios -1- Antiphonarium -1- libros Isaie et Hieremie simul DIS IARSRISRE ARA rum «I. Pasionarium «1- Epistola pauli «1. Salterios - 11 - i nichil est PO e arcontolit Roma dose Donatumisi: BE den un ae Ie oriana nissilalem, ST Prezzo II. Conservasi solo un frammento del mezzofoglio di sin., che è la continuazione O (dopo un brano andato perduto) del precedente mezzofoglio. 1. Martirologium . ..... 2. Missales -m- maiorem et minorem. esternus 3. et unum Epistolarium cum Evangeliis Petrus filius Uberti 4. Albas -xv- in festivis diebus -vi-in cotidianis diebus. Planeta -1- de pallium 5. Alias duas in dominicis diebus .in cotidianis diebus - i» una est alba valde bona 6. et [un]a de pallium; et alias cotidianas «m- —Mapas de alteres -1-1- 7. et «I. ad undatum (2). et alia ante altere. Pallium de altare maiore . alios habet... 8. et «I. pannum pi....m et duos pluviales . et unum siricum pannum ad Evangelium. 9 . Calices -m- infullas - 1- catena argentea «1. cum maglas «lx 1- Pallium super Varie mani del testo: rr. 1-2. Le parole © esternus ,, ‘ Petrus & ,, che fanno parte della nota dei debitori, sono del sec. XI. tr. 1-11. Della stessa mano, sec. X-XI, che scrisse la prima parte del catalogo della biblioteca. Osservazioni sulla scrittura: r. 19. La iniziale, non determinabile, che segue a “ Regum , è toccata in rosso. rr. 19, 22. Le parole “ et anglorum simul ,, “ nihil est ,, furono soprascritte da mano alquanto meno ; antica, ma non certo posteriore alla metà incirca del sec. XI. tr. 21-23, Il foglio fu ritagliato così, che andaron perduti per gran parte questi righi. rr. 1-2. La parte destra di questi due righi andò ritagliata e perduta. Spiegazioni: r. 19. Non è impossibile, ma è poco verisimile che qui si parlasse di Beda. “ Diadema , sembra il titolo di un libro. Con “ Vita Patrum , forse si allude alle ben note vite dei Santi Padri, attri- buite a Ruffino di Aquileia (Miene, Patr. Lat., XXI, 387 sgg.), le quali erano comune lettura nei monasteri (Muratori, Ant. Ital., III, 826 c); peraltro non escludo che si voglia invece ac- cennare al © Liber vitae Patrum , di S. Gregorio di Tours (Opera, edd. Krusch et Arndt, II, 661 sog.) i T. 22. © Romaldo ,, è il titolo d’un libro. A S. Romualdo camaldolese si attribuisce il Commento al Salmo LXVIII (Mrene, Patr. Lat., CXL, 1125-8), ma è ben difficile ammettere che qui voglia parlare di lui. albas , camici. Dicevasi “ pallium , anche la materia, con cui il “ pallium , veniva fatto. mapas ,, tovaglia d’altare. (a n (1 . 4 o (65 n 194 CARLO CIPOLLA 8 10. defunctis «1. et alium pannum et «vir. conphanones.x unum tur[r]ibulum or 11. argenteum et alium eneum . et «im. candelabros aeneos et duos vasculos aeneos. 12. De Gallione. Adam denarios «11. B|r]unus filius eius «11. —Vuandalgerius »IM- Frogerius «I» Benedictus -1- 13. De Sancto Martino. Warinus. denarios «m- 14. De Panerias. Anno denarios - 11 - Dodo filiu Vuidoni -m- Martinus -m- 15. De Venale. Girardus denarios -m1- Bertramnus -m- Alius Bertramnus -m- Albertus -11- Ramineus denarios xuI. 16. Lambertus - 1 - Vualandus -1m- —Maynerius solidos - 11» et duos denarios. Benedictus denarios «I. Goceramnus..... | 17. Clemens «i: Aloardus «Im. Abbo niger «mM. . .... 7 18 AHeraldus tg ME Pezzo I, mezzofoglio di destra. Il testo vi sta disposto su due colonne. col. a. 1 PRESENTIBVS ET FVTVRIS SATIS putamus congruum esse, que olim patra- ta sunt a viro magnifico Abbo . . ... patricio innotescere. Qui ob meritum 5 preclare scientie ac sublimis p...n....de eli n IA: [a]stra radians ..... [alc Rome Varie mani del testo: rr. 12-18. Di mano del sec. XI (verso la metà). rr. 18-14. In fine al r. 13 una mano del sec. XI ex. scrisse “ e ,, e la stessa al r. 14: “ ...aprino , (9). Osservazioni sulla scrittura: r. 10. © defunctus ,, corr. di prima mano in: “ -ctis ,. rr. 12-15. Nelle didascalie: “ de Gallione , “ de Sancto Martino ,, ecc. le lettere sono toecate in rosso. rr. 17-18. Questi righi andarono in gran parte perduti per il taglio subito dalla pergamena. r. 1. In carattere capitale rustico, tranne la grande iniziale P che è in capitale elegante del sec. X-XI. r. 2. sgg. Minuscolo carolino semi-perfezionato, del sec. X-XI, della stessa mano, che scrisse il rigo precedente. Spiegazioni: r, 10, Vessilli, gonfaloni. . 12. Giallione, 13. S. Martino, frazione di Giaveno (presso Susa). 14. “ Panerias , o “ Pancrias , (?). Non identificai questa località. Forse: Monpantero (?). 15. Venaus. Hi HR 9 ANTICHISSIMI ANEDDOTI NOVALICIENSI 135 SS num.....g.....adeptus [es]t temporibus gl Aaa Aso o gd ante romanum 10 [i]mperium . totius orbis principatum . Longe . . . .. Maps ooo [magni-] ficentie opera redol . . . . . do ennarrar[e] ..eda Deum de quo cepimus. prout Deus dederit SRO carius qualiter . . . . . isse ..... | 15 vix repperire valuimus scriptis in quibus multa invenimus admiranda . et memo- rie digna . omne per evum tradenda . qu[aliter?] ...entibus ut ...t.. ric LARRRRA VICORIRERA e Cale (8, col. 5. 20 Quod dum perficeret ut i princeps et maxim i moritur disponeret.. j fatebatur [a]gnomine i 5 honoris officio ma i i universo populo ordi i SI digne potiretur officio i 6 obsequio . papa vir pra i 9 kmi . plurimis cum ag 106 Fr ea mihi . ut pro i Me... et omnibus i | 19 SISIIRR II . erilus . et dign i 13 o ...na qui contulit { î 14 et munera et predia j 15 famulo atque turba...at i È 16 urbiumque fortium i (16 SR a i (119 0 ATI] PE i Spiegazioni : x. 20 sgg. La parte destra di questa colonna fu ritagliata. lx. 12. In “..erilus,, la lettera “i, è incerta, come incerta rimane l’integrazione di questo frammento. 0 cu» è Y f DESCRIZIONE DELLA TAVOLA. 1. Elenco dei vassalli; Catalogo della biblioteca. | 2. Catalogo della biblioteca; nota degli apparamenti sacri; vassalli. 3. Frammento della vita di Abbone. R. Accad. delle Scienze di Forino - Classe di Sc. Mor, Stor, e Silofog. Serie Il. Tomo L. CCIPOLLA = edili anedli Nilalavensi Geefinapio: puis LAOS iBVS ; » puramur con. Bi a ù fico ibbo, 2 ELIOT. CALZOLARI & FERRARIO. MILANE L. CANTÙ FOT. CODICI SCONOSCIUTI DELLA BIBLIOTECA NOVALICIENSE MEMORIA DEL SOCIO CARLO CIPOLLA Approvata nell’'Adunanza del 18 Febbraio 1900. Nel 1894, nel volume XLIV delle Memorie (1) di questa Accademia, diedi conto È di varî codici o ignoti o poco noti, che ‘appartennero a quel focolare di studî che fu l’abbazia Novaliciense. Più tardi, nel 1898, in calce al primo volume dei Monumenta — Novaliciensia vetustiora (pag. 425 sgg.) (2), ho steso il catalogo dei codici dell'abbazia Novaliciense, che mi erano noti allora. In appresso, nell’articolo Briciole di storia — Novaliciense (8) inserii un paragrafo, nel quale sotto il titolo “ Per la biblioteca del- — l’abbazia Novaliciense , parlai di un Codice Vercellese e di un Codice di Oxford. Il À (1) Pag. 71 sog. e p. 193 sgg. Queste citazioni corrispondono alle p. 3 segg., 61 segg. delle Ricerche. (2) Cf. anche ciò che dissi nel vol. XLIV, p. 71 sgg., 115 sgg., 198 sgg., delle Memorie di questa Accademia (1894). a (8) © Bull. dell’istit. stor. italiano ,, n° 22, p. 29 sgg. — Quivi, a pp. 8 segg. diedi notizia di un manoscritto già Novaliciense contenente la vita di S. Gregorio Magno scritta da Paolo diacono, nella sua forma genuina e non interpolata. Occasionalmente accennai ad altro, esistente ad Arona, che ci tramandò il medesimo aneddoto. Non sarà quindi fuor di luogo l’aggiungere qui che il signor Pietro Regis richiamò la mia attenzione sopra un registro del 1555 (Archivio di Stato di Torino, © Provincia di Vercelli ,, busta IV) rilegato con un foglio pergamenaceo, sul quale, in carattere qua- . drato del sec. XIV, sta trascritto, su due colonne, un frammento della medesima vita Paolina di . S. Gregorio Magno. Pur troppo si tratta di un semplice frammento di due pagine, dal quale non | si può dedurre se quello fosse il testo genuino o il testo interpolato. La prima colonna della faccia | recto comincia con et exemplo (ed. Grisar, in Z#. fur kathol. Theol. 1887, fase. 1, p. 166, r. 21) e la seconda colonna della faccia verso finisce con cum merito bone (ed. cit., p. 168, r. 20). Con “ Igitur postquam Romam , (ed. Grisar, p. 167, r. 1) comincia nel manoscritto una sezione, preceduta dalla rubrica “ In ordinatione sancti Gregorii ,. Le parole “ Sed , (ed. cit., p. 167, r. 16), . e “Pensate , (ed. cit., p. 168, r. 9) hanno l'iniziale toccata in rosso; e ai margini furono apposti, rispettivamente, i numeri: II, e III, in rosso, ad indicare il mutarsi dei paragrafi. Noto le varianti principali dall’ edizione Grisar. Pag. 166, r. 23 in illa; r. 24 spalis, che può rendersi per “ spiritalis ,; r. 80 piissimo imperatore Tyberio C—; p. 167, r. 20 gloriam; r. 29-30 institui ipsum; r. 31 hoc restaret; p. 168, r. 6 enim c—; r. 7 langor m. p. s. langoris; r. 16 quicquid. Serie II. Tom. L. 18 138 CARLO CIPOLLA 2 manoscritto Vercellese presenta qualche particolare, che a tutta prima sembra ri- chiamare a Breme, ma probabilmente non appartenne mai a questo monastero, e fece parte invece della biblioteca del monastero pavese dei Ss. Gervasio e Protasio, che fu, almeno per qualche tempo, soggetto all'abbazia di Breme. Il codice di Oxford è un tropario del sec. XI, già posseduto da Eugenio De Levis (1), che ne trasse alcuni aneddoti liturgici. Ora posso presentare una nuova appendice al catalogo dei Codici posseduti dalla celebre abbazia, che costituì veramente uno dei centri più fervidi, più operosi, del- l’attività intellettuale piemontese nel primo medioevo. Un registro amministrativo del Comune della Novalesa aveva la rilegatura rico- perta con pergamena, la quale venne staccata affinchè se ne prendesse notizia. Me la presentò il sig. Pietro Regis, allievo della Facoltà di Lettere della nostra Università. Mi è cosa gradita il dirmi obbligatissimo al Regis per la sua cortesia. Fssendo ciascuna delle due coperture guarnita con un foglio pergamenaceo, due sono i fogli impiegati a detto scopo. Siccome questi due fogli, indubitatamente stac- cati da un medesimo codice, contengono frammenti di un'opera ecclesiastica, così è legittima la supposizione che il volume, da cui essi furono tolti, in origine spettasse alla badia, la quale dista di un breve intervallo dal villaggio della Novalesa. I ff. misurano cent. 40 X 23. Sono manchevoli ai margini. Anzi in generale lo stato della loro conservazione è pessimo: sono tarlati, macchiati, corrosi. Essi, per il contenuto, si seguono l’uno all’altro, senza lacune. Fol. I. La faccia recto ci offre l’ultima parte del Sermone LXXII (LXX) di S. Leone Magno. Il cominciamento corrisponde a Mrene, Patr. Lat., I (LIV), col. 392 B, r. 12. La fine della col. 6, oggi malconcia, dovea senza dubbio contenere il termine del Sermone predetto, e il principio del Sermone LXXI (LXIX), al quale spetta tutta la faccia verso. L'inizio di questa faccia risponde a Miane I (LIV), col. 387 A, r. 3. Il ter- mine corrisponde a Micene I (LIV), col. 3880, r. 5. Fol. II. Sulla faccia recto procede il testo del Sermone, che termina sulla faccia stessa, circa alla metà della seconda colonna. Qui comincia il Sermone LXVII (LXV), che alla fine della faccia verso rimane troncato alle parole “ coruscarent signa dei- tatis et, in corrispondenza con Mrienr I (LIV), 371B. Il minuscolo del nostro testo è il post-carolino perfezionato del sec. XI. Notevole è l’inizio del Sermone LXVII (LXV). La S, di grande formato, è in rosso cinabro. Le altre lettere della parola “ Semper ,, che costituisce il suddetto inizio, sono in let- tere capitali rustiche, e in inchiostro nero. Non parmi inutile proporre un breve saggio della lezione del codice. Trascrivo (1) Anecdota Sacra, Aug. Taurin. 1789, p. XL sgg. (sotto il n. XX). 3 CODICI SCONOSCIUTI DELLA BIBLIOTECA NOVALICIENSE 139 quindi i primi righi del fol. 1 verso, ponendo in nota le lezioni discrepanti accettate dal Mrenzs. [c]elebretur. Quam autem hoc utile sit ipsi probastis et ex uestra deuotione didi- cistis quantum prosint animis atque corporibus prolixiora ieiunia frequentiores preces et elemosine largiores. Nemo enim fere est qui non hac exercitatione profe- cerit et in abdito conscientig sue aliquid quod (1) recte possit gaudere crediderit. Sed hec lucra perseueranti sunt seruanda custodia ne labore resoluto (2) quod do- nauit dei gratia diaboli furetur inuidia. H noto ancora che verso il principio della col. 9, della medesima facciata, il nostro manoscritto legge: “ nec carnem diu morari pass... in sepulchro ,. Il MienE: “ n. c. morata est i. s. ,. Egli peraltro avverte che la edizione di Colonia, 1547, porta: “ n. c. morari passus est i. s. ,, ed è questa appunto la lezione, che evidente- mente aveva il nostro codice, prima che alcune lettere ne scomparissero. JUL Formava la copertura di un registro della Novalesa, un doppio foglio perga- menaceo, che fu avvertito tra le carte del monastero di Bobbio dal ch. sac. Achille Ratti, dottore della biblioteca Ambrosiana (8). In diverso carattere, dovuto a più mani, su quel foglio, fu scritto infatti ripe- tutamente: “ Registrum Curie Novalici], 1563 et 1564 ,. A matita una mano moderna aggiunse: “ Novalaise ,. Il libro, al quale quel foglio originariamente appartenne, conteneva alcuni estratti, scritti su doppia colonna, riguardanti la vita di S. Martino di Tours (4). Fol. 1, col. a e 6. Comincia: [cJompulit. et cum eum libuit in uirtute domini (5) abire permisit. Item cum in uico quodam Ciò corrisponde alla Vita S. Martini di Sulpicio Severo, fine del $ 12, e principio del $ 13, che si inizia appunto con fem, nella edizione (Vienna, 1866) procurata da C. Halm (p. 123, r. 18). Il testo continua anche sul fol. 1 v. col. @ e d, e al termine di quest’ultima colonna rimane bruscamente spezzato, col rigo: ita praedicatione sancta gentilium animos miti (1) Micene: quo. (2) Mrene: ne in desidiam resoluto labore. (3) Ora quel foglio fu collocato nella b. II delle carte della Abbazia della Novalesa, insieme con altri fogli staccati da Registri. (4) Ma senza relazione colle liturgie edite da X. Barrier pe Monraurr, Euvres, XII [Poitiers, 1899], pag. 284 segg. (5) Nella ediz. di Halm mancano le parole “in uirtute domini ,. 140 CARLO CIPOLLA 4 che corrisponde al $ 15, ed. cit., p. 125, r. 11. Le sillabe “ miti , si completano: “ miti[gabat] ,. Fol. 2 ». Comincia la col. @ con: re uel cadauere examine. Ad hec turonici res- pondebant. Si uirtutibus nobis factum suffi- cere dicitis . scitote quia uobiscum positus Questo corrisponde al $ 48, ultimo del I libro della Historia Francorum (1), dove si parla appunto di S. Martino. Il tratto finisce poco dopo la metà della col. è colle linee seguenti, nelle quali scrivonsi in caratteri italici le parole aggiunte (da mano forse del sec. XI ex., ovvero XII in.): aut gladio truncabantur. A passione uero domini usque ad transitum sancti martini anni quandringenti duode|cim com|putantur. Queste parole aggiunte sono scritte su rasura, ma non mi riuscì di rilevare sillaba della scrittura primitiva. Il passo riferito costituisce la fine del citato libro I della Historia Francorum (2). Segue poi: ITE VT SVPRA eatus autem seuerinus colo- bo civitatis (3) episcopus. uir honestate plenus (4) et per cuncta laudabilis dum die Ciò risponde al $ 4 del libro I de virtutibus S. Martini. Questo paragrafo termina alla faccia verso col primo rigo della col. 5. Segue poi: INNNIIIII] BRATI (5) MARTINI E namque tempore beatus ambrosius cuius hodie flores eloquii per Il che ci rimanda il $ 5 del libro citato. Il nostro testo rimane poi tronco colla fine del foglio, al rigo: Tunc illi stupefacti pariter et admiran (6). Il testo è in minuscolo post-carolino perfezionato, che peraltro conserva qualche | spiccata caratteristica arcaica negli ingrossamenti leggermente cuneati delle lettere (1) Gregorii Turunensis Opera, edd. W. Arnpr et Br. Krusca, I, 55, r. 26. (2) Ed. cit., p. 56, r. 21. (3) Aggiunta di mano del sec. XI-XII. (4) Nella ediz. di Arnpr e Krusca in luogo di “ honestate plenus , leggesi: “ honestae vitae ,. (5) Questa, parola non è sicura. (6) Ciò corrisponde al r. 14, p. 591, della ediz. citata. La parola troncata, si integra in: © ad- miranltes] ,. 5 CODICI SCONOSCIUTI DELLA BIBLIOTECA NOVALICIENSE 141 prolungate, nella “ g , colla coda sempre aperta, nella “ a , corsiva, ancorchè sempre chiusa. Ma la “m, e la “n, non sono più del tipo carolino primitivo. La “d , onciale, di forma minuscola, si trova con certa frequenza, il che facilmente può assu- mersi come indizio di epoca non molto antica (1). Le didascalie sono in rosso cinabro, e in lettere di forma capitale rustica, assai sviluppata. Le due grandi iniziali B, E, sono in nero e in rosso. Il manoscritto può ritenersi scritto nella seconda metà avanzata del sec. X. Alquanto posteriori (sec. XI-XII) sorio le correzioni, le quali assai probabilmente pro- vengono da più mani. La forma del codice è arcaica, misurando mm. 275 di larghezza, mentre l’al- tezza non è che di 340 mm. T brevi saggi che del testo si sono dati, bastano a provare che la sua collazione non resterebbe senza qualche utile risultato. II. Nella Memoria, che ebbi l'onore di presentare a questa Classe Accademica, nella seduta del 4 febbraio p. p., parlai di alcuni fogli cartacei, e di due frammenti per- gamenacei, con cui, forse nel sec. XV, si aveva rafforzata la legatura di un codice atlantico pergamenaceo, adesso conservato presso l'Archivio di Stato di Torino, nel riparto della, Biblioteca. Ora è conveniente dire qualche parola intorno a quel manoscritto. Sul verso della prima asse della legatura una mano recente serisse Novalesa, colla quale parola si allude manifestamente alla provenienza del codice. Che se anche questa parola mancasse, la sua provenienza sarebbe sufficientemente attestata dalla pergamena incollata sulle parmole della legatura, la quale contiene scritture di vario argomento, ma allusive tutte al monastero Novaliciense. Fra le pergamene del volume trovaronsi volanti due foglietti doppi, sui quali sta scritta, in carattere del principio del secolo attuale, una succinta storia dell'abbazia. La narrazione sopra uno di questi foglietti si ferma all’età antica, mentre sull’altro prosegue, con notizie curiose, e non inutili riguardanti la soppressione all’età Napo- leonica, e il suo ristabilimento avvenuto dopo che Vittorio Emanuele I ricuperò il trono. Piacemi riferire la parte più moderna di questa narrazione, che ha il pregio di essere tanto chiara, quanto sommaria. “ Depuis l’an 1600 l'on ne connoit pas l’histoire de ce Monastère, s'il a encore souffert d’autres persécutions, outre celle de la Révolution Francaise, qui est arrivée au Piemont vers l’an 1794. Alors les vieux Pères de cette maison étoient en petit (1) Presso a poco la si incontra colla medesima frequenza nella tav. 24 dei Monum. palaeogr. sacra, tolta dal Sacramentario di S. Warmondo di Ivrea, scritto fra il 996 e il 1001. È tutt’ altro che rara questa “d, nel codice fiorentino di Ovidio (presso CrareLAmE, Paléogr. des classiques latins, tav. 96), che si ascrive al sec. X. 142 CARLO CIPOLLA 6 nombre et prirent la fuite du còté de Turin, pour se mettre en surété. Le Monastère fut abandonné au pillage et pendant les deux années qu'il fut désert, le gouverne- ment frangais vendit une partie de ses biens, on ne détrouisit cependant point les batimens. Ces deux années critiques étant écoulés, Dom Gabet, avec d’autres religieux Savoyards qui avoient aussi pris la fuite et devint en méme temps l’abbé de l’ho- spice du Mont Genèvre et du Mont Cenis dépendant de l’Abbaye de la Novalaise déjà dans le huitième siècle par une donation d’un des fils de Charlemagne. Ceux-ci, après avoir demeuré six ans dans l’abbaye, en émportèrent tous les mobiliers, soit au Mont-Cenis, soit è Suse, où ils ont demeuré huit ans dans un Couvent de Ca- pucins, qui étoit inhabité, ne croyant jamais retourner è la Novalaise, car il n'y avoit pas encore lieu qu'on rétabliroit sitot les maisons religieuses. Dom Mariette aussi religieux de Jamier desservit la cure du Mont-Cenis pendans la révolution frangaise et dans ce temps l’hospice étoit beaucoup en vigeur. Napoléon, qui étoit alors empereur des Frangais, y fait construire de beaux et vastes bàtimens pour le soulagement des voyageurs et sur-tout pour le passage de ses troupes; bien plus il avoit déjà décreté 25 millions en faveur de cet hospice, pour d’autres grands projets qu'il avoit formés, s'îl n’étoit pas déchu sitòt. L’an 1817 Dom Mariette, qui est main- tenant abbé du Mont-Cenis et de la Novalaise, après la mort de l’abbé Gabet, a fait rétablir ce Monastère de manière que l’an 1818 le 14 juin il l’habita avec ses re- ligieux et le 10 juillet il commenca a établir la regle de St. Benoît, de sort que les novices prirent l’abit, c. a. d. la soutanne, le jour de la Nativité, la mème année. Bien plus, il obtint du St. Père, le 14 janvier 1819, la dispense de six mois de no- viciat, avec la probation du roi Victor Emmanuel, ce qui n’a jamais été accordé, et qui est vigoureusement défendu par les regles canoniques, avant 12 mois et un jour de noviciat. C'est pour quoi trois de ses novices, Mazzouchi Joseph piémontais et Blanc Michel avec Jean Louis Borlet savoyards ont déjà fait profession le 25 mars 1819 dévant en grand concours de peuple, très-touché de cette longue cérémonie, dans l’ancienne basilique du monastère où il y a 4 è 5 cents ans qu'il s'en n’est point fait de si solennelles, parce qu’on envoyoit les religieux proffés de Turin ,. Non è accertato che anche in origine il Codice appartenesse alla Novalesa. Al margine inferiore del f. 1 recto si legge in carattere gotico del sec. XIV, di forma non italiana, la annotazione: “ de bellicio ,. Può supporsi che questa indicazione alluda forse alla piccola città di Belley, a breve distanza dalla riva del Rodano, antica sede episcopale, con una cattedrale che da taluno si fa risalire al IX secolo. Non è ipotesi assurda, che il manoscritto si trovasse ancora nel sec. XIV a Belley, e che di là (non si può conoscere per quali ragioni) sia stato poscia trasportato alla Novalesa. Tuttavia l'argomento è debolissimo, e non intendo d’insistere più che tanto sopra di esso. Infatti non è quello il luogo su cui di solito si indicava l’appartenenza o la provenienza di un codice, e non è quella la forma che più comunemente si adope- rava in questi casi. È probabile invece trattarsi dell’inizio di un’annotazione. Il codice è una Biblia Magna simile a quelle conservate ora a Parma, a Genova, nell’archivio capitolare di Torino, nel Museo di Cividale, ecc. (1). Queste bibbie sono (1) Cf. Monumenta palaeogr. sacra, pubblicati da F. Carra, C. Frari e C. Ciporra, tavv. 34-37. Veggasi anche le pp. 29 della prefazione. 7 CODICI SCONOSCIUTI DELLA BIBLIOTECA NOVALICIENSE 145 del sec. XI-XIII, e s'assomigliano tra loro non poco, almeno fino al punto da. costi- tuire una classe speciale di libri, sparsa per tutta Italia. Ed è a questa classe che va ascritto anche il nostro volume. Probabilmente è questa una delle due “ Bibliothecae , ricordate dall’inventario "dei libri (1). Esso misura mm. 615 X 440 ed è quindi un codice atlantico di proporzioni anche maggiori delle ordinarie. Il testo è scritto su due colonne. Comincia al f. 1 r colla didascalia: i. Incipir AEPLA SCI HIERMI PBRI AD PAVLINV PBRM DE OMIB: DIUINIS 5 HISTORIIS LIBRIS RATER AMBROSIVS tua! mihi munuscula perferens! detulit N La punteggiatura è di mano relativamente tarda. I rr. 1-5 sono in capitale elegante, colla sola lettera U in “ diuinis , scritta in onciale. Alr. 5 la prima I di “ libris , è inserta nella L. I cinque righi della didascalia sono in rosso cinabro. La F è di grandissime dimensioni, ed è formata da tenie annodate; è policroma, coll’uso dei colori bianco, giallo, rosso. cinabro, rosso violaceo, verde. Le lettere RATER AMBROSIVS sono in nero, e in capitale rustico. Continua poi il testo in minu- scolo rotondeggiante, colle lettere “m , e “n, nella forma caratteristica del carattere carolino; vale a dire colla terza asta convessa verso l’esterno. Le lettere prolungate sono leggermente cuneate, e l’apice superiore appena viene accennato. Anzi nel minu- scolo più minuto, che serve per gli indici, non si può quasi avvertire l’apice, rima- nendo sola la lieve cuneazione. Alcuni fogli fanno addirittura l'impressione dei ma- noscritti in minuscolo carolingico della prima maniera. Ma ve ne sono altri che invece sembrano denotare un carattere maggiormente svolto e progredito. Gli indici dei singoli libri biblici sono scritti in carattere minuscolo assai mi- nuto, e nel tempo stesso meglio curato; in questo carattere minuto risultano più che altrove evidenti le particolarità del tipo carolino. Qui non è sconveniente il notare che anche nel rotolo, che ci tramandò il Chronicon Novaliciense, l'indice, scritto in carattere un po’ più minuto del testo, presenta qualche speciale apparenza di arcaicità. La indicata “ F , che nelle Bibbie descritte nei Mon. Paleogr. sacra era di dimen- sioni oltremodo grandi, con ornati assai complicati, qui è relativamente semplice. Il (1) Antichissimi anedd. Novalic., È Mem. della R. Accad. delle scienze di Torino ,, L, 132. La nostra Bibbia non ha le varianti proprie di quel gruppo di mss. italiani che mette capo a S. Pier Damiani ({ 1072); cfr. Varrasso, Le due Bibbie di Bovino, Roma, 1900, pag. 6. 144 CARLO CIPOLLA 8 che può significare maggiore antichità. E a questo pure conduce il considerare la “ into- nazione modesta, calma, senza vivezza nè foco, del tutto propria delle regioni setten- trionali ,, per usurpare una frase molto perspicua adoperata da O. Piscicelli Taeggi (1), dove discorre dei codici miniati Cassinesi, anteriori al sec. XI. La prefazione geronimiana termina al f. 4, col. «, con EXPLICIT EPLA SCI HIEROnimi (2) PRBI. Queste parole sono in nero, in capitale rustico, mescolato con lettere le quali non sono altro che minuscole ingrandite. Segue in rosso, in carattere capitale elegante, e con numerose inserzioni di lettere: INCIP PF B HIRM PBRI IN LIBRO GENESIOS. ESIDE DS MEI DE SIDERA E quindi: tas accepi aepls! Qui quo[n]da psagio La punteggiatura è del correttore. La D, iniziale massima, è a nodi, e poli- croma, del solito tono, e coll’impiego dei soliti colori. I due primi fra i tre righi, | che si trovano d’accanto a questa D, sono in capitale elegante, mentre nel terzo di essi le lettere in capitale elegante si mescolano colle onciali. Tutti e tre i righi sono in nero. Al r. 2, ME in nesso, E nella D. Questa seconda prefazione ha termine al f. 4 v, col. a, e segue: EXPLICIT ARGUMENTU SCI HiRMI PRI InciprvnT CAPLA LIBRI GENESE OS I. De die primo in quo lux facta est L'explicit è in nero, e in litterae grossae del tipo proprio dei diplomi imperiali dei sec. IX-X. Chi percorre i diplomi imperiali riprodotti nella grande raccolta Kiserurkk. in Abbildungen di v. Sickel e v. Sybel, osserva come avvenga la trasformazione delle litterae grossae, dapprima semplici e poi complicate e “ perfezionate ,. Nel nostro codice dette lettere corrispondono decisamente alle più antiche piuttosto che alle più moderne, anche là dove sono fatte affrettatamente e senza cura. — L’Incipiunt è in lettere capitali eleganti, in inchiostro rosso, e molte sono qui le lettere inserte. In Incipiunt, N T formano monogramma. — Nell’indice, la numerazione è in rosso, e il testo De die etc. è in minuscolo carolino, minuto, regolare, elegante. L'indice termina al f. 5 », col. @, e quindi segue: (1) Paleogr. artistica di Montecassino, © La scrittura longobardo-cassinese ,, p. 15. (2) Le ultime quattro lettere sono in minuscolo ingrandito. 9 CODICI SCONOSCIUTI DELLA BIBLIOTECA NOVALICIENSE 145 ni EXPLICIUNT CAPITULA; Ixop LIB GENE SIS N PRINCI PIO CREA VIT DS CAE LVM ET TRA TERRA AUTE ERAT inanis et uacua et tenebre (21 TM r.1, in lit. gg. — I rr. 2-7 in capitali eleganti, con lettere inserte. — In questi righi il colore varia. Infatti i rr. 2,3 sono in rosso cinabro, il r. 1, il 4 e il 6 sono in nero. Invece i rr. 5 e 7 sono in rosso. Il r. 8 è in capitale rustico è in inchiostro nero. Il r. 9 è nel solito minuscolo carolino, proprio al testo. La iniziale massima I di In principio è a nodi e policroma, coll’impiego dei colori giallo, verde, rosso cinabro, rosso violaceo. L’intonazione è, secondo il consueto, calmissima. Con questi esempi abbiamo rilevato quasi tutte le principali note caratteristiche della scrittura e della ornamentazione propria del nostro Codice. Vuolsi notare che talvolta, ma ben di rado, anche le litterae grossae sono in rosso cinabro, mentre di solito sono in nero. Le iniziali massime hanno per motivo caratteristico la tenia annodata. Ma più volte comprendono in sè anche qualche figura umana, o animalesca. Così, a cagione d'esempio, la iniziale O (“ Onus ,) del f. 154 e, racchiude in sè una figura umana. Di contro, al f. 155 7, c è una V (“ Verbum Domini ,) costituita da tre animali. Qualche volta troviamo il gruppo VI, come iniziale unica. Ne abbiamo un esempio al f. 97 r, col. b, con VISIO ISAIA. Quivi la sillaba VI costituisce, a modo di mo- nogramma, una sola lettera, così che nella V sta chiuso un agnello, il quale sostiene uma croce, a lunga asta, che viene qui a significare la I. Cotale Agnus Dei si trova anche al f. 115 v, col. d. La presenza delle figure ora indicate non complica la tecnica della miniatura, nè aumenta il numero dei colori, che rimangono sempre questi: giallo, rosso cinabro, rosso violaceo o cupo, bianco, nonchè il nero proprio della scritturazione. In tutte queste iniziali rimane sempre che il motivo sostanziale e caratteristico consiste nel nodo, più o meno complicato. Le iniziali minori sono di solito assai semplici, capitali od onciali, in rosso. Tal- volta, ma solo eccezionalmente, sono in nero, e ciò si verifica specialmente nei ff. 113 e seguenti. Verso il f. 161 ricominciano a spesseggiare le iniziali minori in rosso. Nessuna miniatura paginale adorna il volume, il quale ha per altro due note- voli miniature semi-paginali. Al f. 115 vedesi la figura sedente, nimbata, del profeta Isaia, e al f. 115 » quella pure sedente e nimbata del profeta Geremia. Una mano Serie II. Tom. L. 19 146 CARLO CIPOLLA 10 del sec. XII scrisse accanto alla sua testa: “ Scs Ieremias , quasi non bastassero le parole che cadono sotto alla figura, le quali sono in caratteri rossi, con mescolanza di lettere capitali ed onciali, e dicono: IEREMIAS PROPHETA. Veramente queste parole, che sono qui collocate sotto alla figura, per individua- lizzarla, appartengono poi al testo e ne formano l’inizio. Le tinte adoperate nella istoria di Isaia sono: giallo, rosso cinabro, rosso cupo (per i capelli, e le scarpe). Per la istoria di Geremia, nella quale il disegno è poco corretto, i colori sono questi: giallo, rosso cupo, azzurro. Qui si può anche osservare che al f. 135 r, col. a, la H iniziale di “ Hiezechiel , con cui principia il prologo a questo profeta, rinchiude la mezza figura del profeta stesso. La H è poi, secondo il solito, a nodi e policroma. Il codice, fino al f. 160 v inclusive, è tutto di una mano, o piuttosto proviene tutto da una stessa scuola paleografica, e spetta presso a poco alla medesima età. Ma ciò non impedisce che si possa sospettare di qualche ritocco di epoca notevol- mente diversa. Come tale parmi si possano indicare due parziali sfondi verdi, nell'interno della D onciale che, quale maiuscola minore, vedesi al f. 155 x, col. a. AI f. 160 », col. a, il testo si chiude, premesso un rigo in tt. gr., con sette righi in lettere capitali eleganti, di cui alcune inserte in altre, con mescolanza di lettere onciali. I righi dispari hanno le lettere nere toccate in verde; i righi pari hanno le lettere in rosso cinabro, senza alcun tocco di colore. Questi tocchi di colore sono evi- dentemente aggiunti da tarda mano (sec. XII?) e richiamano consimili coloriture, che si sono già avvertite nel Messale Novaliciense del XII secolo (1). La figurazione e gl’intrecci delle tenie sono, per esecuzione, per finezza di la- voro, per spontaneità di tratto, assai superiori alle iniziali massime, a intrecci e nodi, che abbiamo notati nel suddetto Messale. Tuttavia il motivo è sostanzialmente il medesimo. Quantunque, come porta la maggiore antichità, nel codice biblico, la tec- nica sia molto migliore, nulla abbia d’imitazione, ma sia pienamente spontanea; tut- tavia e nell’uno e nell’altro caso l’effetto è ottenuto per mezzo di tenie annodate, e di figure animalesche; e anche la forma del nodo è sostanzialmente identica. La maniera solo è diversa. E per questo riguardo le iniziali, massime quelle della Bibbia, sì possono paragonare con quelle a intreccio, o a figure, che si ammirano nei lavori usciti dalla scuola di Tours, nei suoi giorni migliori, e — fatte le debite proporzioni — ricordano le Bibbie famose della corte carolingica. La annodatura delle tenie, rispetto al motivo artistico, è assai somigliante. Cito ancora a titolo di confronto alcune belle iniziali del codice del IX secolo, che contiene un'opera di Claudio ve- scovo di Torino, e che nell’anno 862 fu da “ Teudulfus episcopus , di Tortona regalato al monastero di Bobbio (2). Ora si conserva nella Vaticana (Cod. Vatic. 5775). (1) “ Memorie della R. Accad. delle Scienze di Torino ,, XLIV, 230; Ricerche, p. 98. (2) La lettera del vescovo Teodolfo premessa al codice (f. 20) fu già data dal Dimmer nel N. Archiv, V, 429. Ne è certamente autografa la firma, sicchè la data del ms. è sicura. Il Diimmler 11 CODICI SCONOSCIUTI DELLA BIBLIOTECA NOVALICIENSE 147 Questo codice ha, nel caso presente, sopra gli altri il vantaggio della sua origine piemontese. Anche il codice Bobbiese del IX secolo, di cui fu dato un saggio altrove (1), può essere qui utilmente citato. ‘Una splendida raccolta di iniziali, ordinate secondo crononologia, ci viene offerta dai facsimili di molti codici Cassinesi del sec. IX e del sec. X (2). È questo il pe- riodo classico per quest'arte, la quale col sec. XI principiò a decadere (8). TI ben noti codici sacri, di cui il vescovo S. Warmondo dotò la sua chiesa di Tvrea verso la fine del X secolo (4), hanno le iniziali a tenia annodata, ma l’arte vi è già sensibilmente mutata. E assai svolte sono le iniziali nel Sacramentario Subla- cense del 1075 (5), ancorchè per il motivo su cui sono condotte richiamino al nostro carattere. Ora progrediamo, considerando sotto altro punto di vista le questioni paleo- grafiche che il nostro codice ci presenta. Il nostro manoscritto non mostra dovunque gli stessi segni di eleganza, e le stesse note caratteristiche; qui, siccome dà tosto nell'occhio, avvi qualche disformità. Qualche cenno di decadenza si può già avvertire in alcune parti del medesimo, anche prima di accostarci agli ultimi fogli. Verso il f. 32 v comincia a mancare il carattere rotondeggiante, che viene sosti- tuito da una scrittura che si fa di più in più compressa, e nel tempo stesso di più in più trascurata. Di qui in poi le litterae grossae e le capitali nelle didascalie sono quasi sempre ineleganti. Buona, sia nel minuscolo, sia nei varî maiuscoli, è la faccia recto \del f. 36, ma poi le altre caratteristiche meno simpatiche del nuovo carattere acquistano la prevalenza e la mantengono fino al f. 96 v, con cui si chiude il qua- derno segnato XII. Peraltro il f. 96, ultimo di questa sezione del codice, denota già un sensibile miglioramento, che serve di intermezzo al f. 97 7, col quale si riprende il carattere rotondeggiante dei primi fogli. Fino al f. 104 v la “ g ,, pure essendo aperta tanto nell’occhiello, quanto nella coda, è tuttavia di forma raccolta; ma col f. 105, essa si apre assai più, e questa nuova forma prosegue poi con regolarità. I fogli più trascurati stanno fra il f. 33 (avvertasi che col f. 34 soltanto ha prin- cipio un quaderno) e il f. 96. Ma non si può sospettare di una sostituzione di fogli, poichè il carattere rimane sostanzialmente il medesimo, ancorchè accenni a minore antichità di quella che ci viene suggerita dal carattere meglio curato. Se in qualche luogo, come in alcune didascalie o in aleuni indici, il carattere è di maggiore dili- genza, ivi insieme colla eleganza si fanno di nuovo manifesti i segni della maniera arcaica. non avvertì che la sottoscrizione è autografa, e si limitò a dare il testo della lettera, senza descri- verne la paleografia. Si può osservare che il testo indicato è in carattere calligrafico del sec. IX, imitante quello del codice. Quest’ ultimo tuttavia è certo più elegante e più regolare. A primo aspetto tuttavia il carattere della lettera e quello del libro sembrano identici, ma, esaminati accu- ratamente, si riconoscono diversi. (1) Monum. palaecogr. sacra, tav. XV. (2) Paleogr. artistica di Montecassino, tav. 10-12, 14-19. (3) Caravira, I codici e le arti a Montecassino, I, 85. (4) Monumenta palaeogr. sacra, tav. XXIIIT-XXIV. (5) Arch. paleogr. ital., II, fasc. 4, tav. 33-86. 148 CARLO CIPOLLA 12 Queste considerazioni non si devono scindere dalla circostanza che la esecuzione di un codice di tal mole deve aver richiesto un lungo periodo di tempo. Se anche man- casse il fatto della grande mole del volume, le discrepanze nel carattere già parle- rebbero chiaro. Si aggiungono poi altri fatti. Il primo di questi si trova nella numerazione dei quaderni. Essa, fino al n. XII, consiste nel numero in cifre romane, circondato da pochi punti ornamentali. AI f.9 v abbiamo il numero II. Al f. 17 v il numero II; al f. 25 v il numero III; al f.49 è il numero VII; al f. 57 v il numero VII; al f. 65 © il numero VIII; al f. 72 v il numero X; al f. 80 v il numero XI; al f. 88 v il numero XII; al f. 96 vil numero XHI. Poi al f. 128 v abbiamo la parola “ quaternus , in forma di mono- gramma, cui sta apposto il numero III Finalmente al f. 149 v la stessa parola “ quaternus , costituisce una semplice sigla, cui sta annotato il numero XX. Non trovai altri numeri indicanti i quaderni. Se in alcuni casi la mancanza può attri- buirsi alle molteplici mutilazioni, alle quali il manoscritto andò soggetto, in altri ciò devesi ascrivere al fatto che questa numerazione non fu apposta con metodo costante. Tali discrepanze indicano che la composizione del codice fu opera laboriosa, che esigette un molto tempo e impiegò l’opera di vari scribi. Alla stessa conseguenza guida anche la considerazione delle intitolazioni al mar- gine superiore delle pagine. Pare che la regola fosse questa: scrivere la intitolazione, in maiuscole nere, metà sopra la faccia verso e metà sopra la faccia recto. Così al f.9v si legge LIB, cui fa riscontro al f. 10 y GENESIS. Ma talvolta questa regola è alterata. Al f. 104 è, ultimo di un quaderno, sì serisse in nero ESAIAR. AI f. 105 7, primo del quaderno successivo, leggonsi le parole ESAIAS PROPHETA scritte in rosso. Direbbesi adunque che le intitolazioni, al margine superiore, si scrivessero mentre i fogli erano slegati, e senza curare sufficientemente la reciproca concordanza. Non di rado tale titolo fa difetto, ancorchè non si veda la causa della sua omissione. Si capisce che lo si tralasci quando il testo ci dà il semplice indice, o una prefazione geronimiana. Ma tante volte questa circostanza manca, e la omissione predetta non è che un’altra delle discrepanze accennate. Sui ff. 133 0 - 134 r, che spettano al testo dei Treni di Geremia, abbiamo alcuni righi musicati. Ma i neumi preguidoniani vi sono stati aggiunti più tardi, nè il primo scriba lasciò per essì alcuno spazio libero. Perciò alcuni neumi caddero sulle lettere. Il primo amanuense non mirava che a trascrivere il testo, senza calcolare che dovesse essere musicato. Col f. 161 », che è il primo di un quaderno, l’aspetto del carattere muta, diviene molto più trascurato e affrettato. Gli indizì di arcaicità, che si sono avvertiti nelle lettere cuneate, nella “m ,, nella “n ,, si attenuano. Tuttavia, di quando in quando, allorchè la scrittura è casualmente condotta con maggior diligenza, le forme antiche ricompariscono. Qualche indice (f. 175 v-176 r) in elegante minuscolo minuto, qualche didascalia (Explicit del f. 177 v) ci riconducono alle forme antiche. Un fatto notevole, che lega la nuova scrittura colla precedente, lo trovo nella iniziale massima P, con una figura di uccello e due altre teste d’animali (un’oca, il cui piede è abboccato da un cane, e con altra testa di cane), al f. 161 v. È l'iniziale di “ Primum quidem sermonem feci ,, che dà principio agli Atti degli Apostoli. Or bene, questa P è assolutamente simile, per disegno, per miniatura, per scelta di colori, alle iniziali 3 CODICI SCONOSCIUTI DELLA BIBLIOTECA NOVALICIENSE 149 della parte indubitatamente antica del codice (cf. 860). Perciò questa lettera ha note- vole valore per collegare fra loro quelle parti del codice, che insieme devono essere considerate, nonostante alcune fallaci apparenze in contrario. Qualche goffo tentativo (f. 171 v: “ Explicit liber Actorum Apostolorum habet versus III. DC ,, in capitale elegante, di pessime forme, su cui passò una pennellata gialla; f. 178 © “ Expliciunt Capitula ,, in capitale elegante, pure malamente riu- scito, su cui passò una pennellata verde, al pari che alcune iniziali (p. e. la N del f. 172 x) (1) si possono attribuire a mani più recenti, che alterarono il testo antico. L’ortografia continua arcaica anche in questi fogli, chè vi si legge: aelectus (£. 178, col. a), aeclesiis (f. 178 r, col. 6), aepistola (f. 177 v), ecc. Così si giunge sino alla pagina recto del f. 183, compresa. Colla faccia verso del f. 183 le forme caroline sono affatto scomparse. Il carattere muta, e con esso cambia anche l'argomento. Questa pagina, nonchè i ff. 184 e 185 sono occupati da cose liturgiche, lezioni, ecc. Il carattere di quest’ultimo brano è ormai ad angoli acuti, e si può chiamar gotico. Concluderò questa descrizione paleografica attribuendo i ff. 1-160 v al minuscolo carolino corrispondente incirca alla metà del sec. X. Non azzardo proporre una età anteriore, poichè in codici di tale natura, è ovvia la continuazione della vecchia tradizione scrittoria, e quindi agli indizî di arcaicità si deve dare un valore un po’ diverso che in libri di altro argomento. I ff. 161 r-183 r, che da soli considerati sì possono forse aggiudicare indeterminatamente al sec. X-XI, probabilmente sono da ritenersi scritti in continuazione immediata a quanto precede. Invece i ff. 183 0-185 © non sono anteriori alla fine del sec. XII, o anche al principio del sec. XIII. Non è provato che il codice sia di schietta fattura italiana. Infatti la tendenza alle angolosità fa pensare o alle regioni transalpine, o ‘al territorio interposto fra queste e l’Italia. Per tale riguardo adunque la terra Piemontese potrebbe reputarsi come assai appropriata alle caratteristiche paleografiche del nostro codice. Tuttavia non intendo di fare asserzione alcuna, accontentandomi di proporre un'ipotesi. Poco fa nella pa- rola “ de Bellicio ,, che si legge al margine inferiore del f. 1, mi si affacciò un lieve argomento in favore di Belley, ma a quest’'argomento non attribuii che il va- lore di un lievissimo indizio, degno appena di una fuggevole menzione. Ad ogni modo quella parola significherebbe possesso e non fattura del codice. Passiamo ora al contenuto del codice. Esso ci dà la Bibbia nella versione e colle prefazioni di S. Girolamo; Dopo la epistola “ ad Paulinum , (2) di S. Girolamo (ff. 1 r-4 r), dopo la prefazione geronimiana al Genesi Desiderii mei (ff. 4-4v) (3), dopo l'indice dei capitoli del Genesi (£. 4 0-5 r), comincia il Genesi al f. 5 ». — Fol. 18 v Indice dell’Esodo; f. 19 v Esodo. — Fol. 36 r, col. @ Indice del Levitico; ivi, col. è Levitico. — Fol. 477 Indice del Libro dei Numeri; ivi, v, Libro dei Numeri. — Fol. 62 Indice del Deuteronomio; fol. 630 Deuteronomio. — Fol. 76r Indice del Libro di Iosuè; f. 77 Libro di (1) Assai disvolte sono le lettere in capitale rustica, che seguono a questa iniziale N, cioè “ on ita ordo apud gre ,. Tale carattere ricompare a f. 1730 e 1777. (2) Micene, XXII, 540. (38) Mrewe, XXVIII, 147. 150 CARLO CIPOLLA — CODICI SCONOSCIUTI DELLA BIBLIOTECA NOVALICIENSE 14.008 Tosuè. — Fol. 86 0, col. @. Indice del libro dei Giudici; ivi, Libro dei Giudici. — Fol. 95 v, col. a Libro di Ruth. — Fol. 97.» “ Incipit prologus sancti Hieronimi in. Isaia propheta Nemo «cum propheta versibus , (Mrane, XXVIII, 771 sgg.); ivi, col. d È principia il libro di Isaia. — Fol. 115 », col. @ “ Incipit prologus Hieremie prophetae , (di S. Girolamo, cf. Mione, XXVIII, 847 sgg.), e f. 115 », col. è “ Incipit liber Hie- remiae prophetae Verba Hieremie fili Helchie ,. — Fol. 132v Lamentazioni di Ge- remia. — Fol. 135 » Prologo (di S. Girolamo) in Ezechiele (Mione, XXVIII, 937-40). — Fol. 150 # Amos. — Fol. 151 v Abdia. — Fol. 151 v Giona. — Fol. 152 v Michea. — — Fol. 154r Naum. — Fol. 154 v Abacue. — Fol. 155 r Sofonia. — Fol. 156 r Aggeo. — — Fol. 156 v Zaccaria. — Fol. 159 o Malachia. È Fol. 161 Prefazione di S. Girolamo agli Atti Apostolici; ivi, altra prefazione; A ivi, Indice degli Atti; f. 161 v Atti Apostolici. — Fol. 172 r Prefazione (di S. Gi- rolamo) alle Epistole Canoniche (Mrene, XXIX, 821 sgg.). — Fol. 172, Epistola di. S. Giacomo. — Fol. 173 v Epistola I di S. Pietro. — Fol. 175 Epistola II di S. Pietro. — Fol. 176 Epistola I di S. Giovanni. — Fol. 177 Epistola II di S. Gio- O vanni. — Fol. 177r Epistola HI di S. Giovanni. — Fol. 177 v Epistola di S. Giuda. — Fol. 178r, col. a “ Praefatio in Apocalipsim Iohannis apostoli ,. — Fol.178r, col. è Apocalissi (fino al f. 183»). Fol. 183 0-185 0. Cose liturgiche. Come si vede, il testo biblico è molto manchevole. Al V. T. mancano tutti i libri che fanno seguito ai XII Profeti Minori, e quindi il libro di Giobbe, il Salmi, i Pro- verbi, ecc. Oltre a questo, anche nella parte precedente, al luogo opportuno non si trovano i libri dei Re. E manchevole del pari è il N. T., cui difettano i quattro Vangeli e le Epistole di S. Paolo. Queste ultime avrebbero dovuto trovarsi in mezzo | tra gli Atti Apostolici e le Epistole Canoniche. Nulla impedisce di credere che le | due grandi lacune, che si trovano rispettivamente fra i Profeti Minori e gli Atti Apo- | stolici, fra questi e le Epistole Cattoliche, siano da attribuirsi a smarrimenti. DESCRIZIONE DELLE TAVOLE Tavora I. (Le riproduzioni sono tolte dal Codice Biblico Novaliciense). PICACIE = MmizialeNst4y, fol for: Fig. 2. — Istoria di Isaia profeta, fol. 115. Tavona II. Fig. 1. — Imiziale “ H,,, fol. 19. Fig. 2. — Imiziale “ P ,, fol. 86. Fig. 3. — Iniziale “ P._,, fol. 161%. Fig. 4. — Parte superiore della pagina colle iniziali “ H, ed “ E ,, fol. 135r. Fig. 5. — Inizio dell’Indice al Deuteronomio, fol. 62 v. Fig. 6. — Imiziale “ V ,, fol. 1510. — —escsspocc—————__@— R. Accad. delle Scienze di Sozino « Efasse di Sc. Mor. Stor. e Tifolog, Serie Il. Tomo L. lis C. CIPOLLA - Cod tei sconosciuti. della eBilliateca e Vauatdicense. Tav. |. Lucemdiem - Krenebraf “e 9 uetpe L. CANTÙ roroa R. Accad. delle Scienze di Sorino » Classe di Sc. Mor, Stor, e Fifolog. Serie Il. Tomo L. c. CIPOLLA - Codici sconeseruti della RBillisteca HNvalicense. Tav. Il. Fig. 1. Fi MENSIS effèemann ber =; capauor upafluunichobay. ‘aperaftcae di wifionef: di. |nqunw MENGI BursaviIe: Inocrpruntoa Pg PITULALIBRI | DEUTERONONI!I : LI AEREO fefomà it quadrazefimoanno mhererno pocafione fonemi tag resaporsiqueporprlldindorel. 11 Dymoyreradppim mprello nmporerofaluafferrenofardima mutuo) | pipiercefgpoont uofi. i si rate rtl pome lorena L, CANTÙ FOTOO, ron Ù ” à f ; Vl RAS È ; @ vet ) SUR È i 3 Li 4 RAMON Î A Dì dba be | i fi Vi uo pie PI È Gee Mida SUL POEMA DI UGGERI IL DANESE MEMORIA DEL DOTTOR BERNARDO SANVISENTI Approvata nell'adunanza del 1° Aprile 1900. INTRODUZIONE La leggenda italiana d’Uggeri il Danese ci è conservata da ben quattro testi, due de’ quali, francoveneti, formano le Enfances Ogier e la Chevalerie Ogier (ms. Mar- ciano XII); gli altri due, toscani, sono una storia in prosa ed un poema in ottava rima. Quest'ultimo era sinora conosciuto, si può dire, nell’integrità sua soltanto per le stampe che ne furon fatte nel Cinquecento, giacchè i due soli manoscritti, di cui Ss'avesse contezza, contengono esigua parte del tutto. Su questi materiali fondò, or | Sono molt'anni, Pio Rajna un suo acutissimo studio (1), nel quale viene ad evidenza dimostrato che la tradizione oggeriana in Italia rappresenta “ uno stadio anteriore e più genuino di quello non ci resti dalla Francia stessa , (2). Ma ciò è quanto in ultima analisi risulta dalle ricerche del dotto critico, le quali, considerate sotto un altro aspetto, ci rendono avvertiti come della redazione franco-italiana fosse fonte un poema francese diverso e più antico di quello a noi pervenuto (3); che la versione fr.-it. non è fonte della toscana (il poema e la prosa si possono considerare come una cosa sola); che l’una e l’altra sono in diversa misura differenti dal poema fran- cese (4). Certo che altre osservazioni, molte anzi e di molto rilievo, si trovano nello studio del Rajna; ma di esse.a tempo migliore. Ora, io, che ebbi la fortunata sorte di poter istudiare un manoscritto (5), appartenente alla preziosa biblioteca della (1) Uggeri il Danese nella lett. romanz. degli Ital., in “ Romania ,, II, 1873, pp. 1538-69; III 1874, bp. 81-77; IV, 13875, pp. 398-436. (2) Sono parole del Renier. V. innanzi, p. 81, n. 7. (3) “ Romania ,, II, p. 165. (4) “ Romania ,, III, pp. 49, 63, 71. (5) Cfr. Francesco Novari, Inventario di una libr. fior. del primo Quattrocento, in “ Bollett. della Soc. Bibl. Ital. ,, anno I, p. 12. 152 BERNARDO SANVISENTI 9 contessa Antonia Suardi Ponti, dal quale è offerto integralmente il testo del poema di Uggeri, mi son fatto, innanzi all'importante monumento, le seguenti domande: come si offre il poema nel manoscritto Suardi? questo ms. in quali relazioni sta con quelli mutili sinora adoperati e colle stampe? quali mai dovranno credersi l’età, l’autore, la lingua, l'originale del poema, se prestiamo fede al nuovo codice? quale è lo svol- gimento del poema, quali relazioni ha coi componimenti congeneri, quale ne è l’arte e l’importanza? Nel presente studio critico io intendo dunque rispondere a queste domande non solo, ma ritornare altresì su taluna proposizione del Rajna, ove mi sembri che i dati di fatto novelli conducano ad adottare opinioni novelle o diverse da quelle che l’il- lustre critico ha propugnate. Alla non facile impresa mi sono accinto con deboli forze, ma con molto amore, epperò nutro fiducia d’essere arrivato a qualche proba- bile conclusione (1); chè se la mia capacità sentii subito inadeguata, mi sostenne (1) Darem qui una breve ma: fedele descrizione del cod. Suardi: È desso tra quelli della bibl. Suardi-Ponti segnato del n. XCIII; cartaceo, del sec. XV, misura mm. 380 X 230, consta di quaderni 17 di fogli 6 ciascuno, ma il 18 ed ultimo ne ha solo tre e mezzo; sicchè le carte sono in tutto 211; una vecchia numerazione, dovuta forse al copista, non arriva che alla 40 carta. Il poema è diviso in 20 cantari, numerati solo sino al terzo, composti di un numero irregolarissimo di ottave, distribuite su due colonne, che ne contengono quattro ciascheduna. Le iniziali sono rozzamente colorate in rosso: così pure sono rossi i paragrafi ed i fregi, che racchiu- dono i frequenti richiami. Nel margine inferiore della prima carta di ciascun quaderno, si legge quasi sempre in inchiostro giallo il titolo dell’opera: Danese Ueiero. In alto a c. 1 è applicato un cartellino colla leggenda: Danese Ugiero opera belr@ la quale narra delle graln] battaglie di oro lando e di rinaldo cosa bella come lege[n]do int[ende)rete; che non pare della stessa mano del trascrittore del poema, e che richiama le intitolazioni che gli. stampatori del sec. XV e XVI solevano preporre alle pubblicazioni loro. A c. 2117 leggesi poi questa notizia : comenzato a dì dui de magio fornito a di primo de luglio 1477 Francesco Santolino scrisse e manda et a vui fatti e non parole domanda. Sul tergo poi di questa stessa carta si legge un sonetto d’ignoto, scritto da mano diversa (cinquecentista) e posteriore a quella del testo: Ap Maria: Quando ch'io penso a la vitta mortale, obscura, incerta, misera e caduca, non so în che sicur(o) loco î mme reduca, dove sempre i non stia scontento e nale. Ciascun human pensier è incerto e frale. (sia pur chi vole gran signore e duca): al fin conviene che ognuno se conduca a morte, in cui riparo alcun non vale. Poi che socorso sotto il ciel non vegio, a Te ricorro in cui lo Eterno padre, mandò il propio figliol da Valto segio. So ben che di meij vitij le gran squadre Veterne pene meritan e pegio; ma spero in te pensando che seij madre. Wu: 3) SUL POEMA DI UGGERI IL DANESE 153 validamente il conforto cortese ed amorevole del mio illustre maestro prof. Novati, che qui pubblicamente ringrazio. Il ms. è legato rozzamente in cartone, e sul dorso si leggono a grandi caratteri gotici le parole: Danese UGieRro. Ecco ora lo specchietto dei cantari e del numero delle ottave di cui sono composti: I ottave 61 XI ottave 163 I s 60 XII 5 54 III 5 177 XII È 120 IV 5 60 XIV A 362 i V È 64 XV 3 155 VI È 226 XVI Hi 157 VII 3 116 XVII pi 393 VIII i 116 XIVITINON 370 TX a) 115 XIX 5 254 Xx ai 172 XX da 169 In tutto quindi 3364 ottave, epperò ben più del triplo di quanto s'abbia nel ms. Magliabechiano, che conserva soltanto 1087 ottave. Serie II. Tom. L. 20 154 BERNARDO SANVISENTI 4 Codici e Stampe. Oltre il cod. Suardi (5) non si conosce verun altro ms. che contenga integralmente il poema di Uggeri; poichè dei due codici fiorentini, il Magliabechiano (già Strozz.) Palch. II, cod. 31 (1), conserva solo, e non completi, i primi diciassette canti; il Laurenziano poi, Med. Pal. cod. XCV, ci dà solo un cantare e mezzo (1). Questi due codd. si possono considerare come rappresentanti d’una sola tradizione, sicchè il mio ufficio si riduce a confrontare S con M. E, lo avverto tosto, il paragone darà frutti ‘anche più esigui di quello che s'imagini; poichè i 17 canti di M contengono all’in- circa quanto i primi 10 di S; la qual parte a petto dell’intiero poema è ben poca. Al nostro confronto dovrebbe innanzi tutto dar materia uno studio parallelo degli episodi ne’ due testi; ma nel caso mio tutto si riduce al dichiarare che in S come in M gli episodi si seguono nello stesso ordine, che nulla si toglie od aggiunge ad un episodio nè in S nè in M; che, in una parola, i due codici per qualità e quantità offrono lo stesso contenuto. Nè le cose or dette vengono punto infirmate dal fatto che nell’episodio tra Rinaldo e Margotto abbiamo una intonazione diversa secondo che in M od in S lo riguardiamo; là pare che il paladino si rassegni a stento alla nuova pugna e tenti cansarla, qui tutto procede come di consueto in simili congiunture. Per tanto non avendo in tale ordine di idee, almeno per ora; chè qualche luce ci verrà dallo studio delle stampe; nulla da aggiungere, volgiamo lo sguardo ad altri fatti; e precisamente passiamo ad osservare nei due codd. le invo- cazioni sacre e qualche particolare. Quanto alle prime cade in acconcio di dire che nè per qualità nè per quantità hanno nei due mss. rapporti di uguaglianza, giacchè in S appaiono piuttosto lunghe e punto varie; come innanzi per altre ragioni avremo modo di constatare; in M invece hanno adeguata e costante misura e svolgono mo- tivi diversi da quelli di S. Ora, sia che s'ammetta essere le invocazioni un elemento | non essenziale nei cantari cavallereschi, sia che al contrario si ritengano di molto interesse, sempre si concederà che, data la disuguaglianza qualitativa e quantitativa delle invocazioni in S ed in M, i due mss. siano tra loro indipendenti; o, in altre parole, si concederà che nè l'archetipo di S (poichè S è del Quattrocento) fu mo-. dello ad M nè questo a quello. Quanto poi a ciò che dicevo “ qualche particolare ,, gioverà mettere in rilievo che M, all’incontro dei vv. 7,8 di c.2r, 4di S, reca quest’altri: i a la cità qual'è Brescia chiamata, Mirabella era a quel tempo nomata. Sul qual verso bisogna soffermarsi; giacchè il secondo appellativo di Brescia, non (©) 9’ b) può essere stato introdotto a caso, nè rappresentare, p. e., una zeppa; al contrario (1) Cfr. Rana, op. cit., II, 162. 5 SUL POEMA DI UGGERI IL DANESE 155 deve essere un accenno o storico o leggendario. E di storia appunto si tratta. A Brescia è volgarmente conosciuta col nome di Mirabella una torre, alta 25 metri circa, che s’erige nella parte più eminente dell’ antica «rx; ancor oggi si vede che la base di essa è romana ed il resto, forse, longobardo. Gli storici bresciani ne fanno menzione; così, p. e., il Nazari nell'opera sua (ms. Quiriniano c. I. 11, c. 8) scrive che: “i Longobardi per mantenersi forti in Brescia, pensarono di fabbricare un nuovo forte o rocchetta, da loro detta Mirabella, la quale è nel centro del nostro fortissimo castello ,. Ancora, l’Odorici nomina la torre: “ ... rimarginato il guasto che un ful- mine caduto il 10 giugno 1508 nel torrione della Mirabella al sommo del Cidneo... (1) ,. Ci si presenta facile il supporre che dalla torre sia pure stata nominata la città in qualche tradizione epica smarrita (cfr. Marmora = Verona), e che però sia passata la denominazione nel poema toscano. Intanto il particolare è importante; quando si rifletta poi che S non lo reca e si pensi che non si capirebbe come l'archetipo di S, ove avesse avuto innanzi M, avesse omesso siffatto particolare, esso cì induce ancora a supporre indipendenti i due codd. È profittevole anche dare uno sguardo alla forma dei nomi propri; p. e.: i cavalli di Orlando, Uggeri, Carlo, sono in M detti: Wegliantico, Duraforte, Tinelladura, mentre in S suonano: Vegliantino, Broîaforte, Tencadura; S poi ai campioni pagani Gaifasse, Cornubero, Morgalese, Baldrucco, dà le spade: Eustica, Spezzaferro, Corente, Justicia ed 1 cavalli: Brufordo, Passavalle, Passagere, Feramonte; mentre in M gli stessi guerrieri hanno le stesse spade tranne il terzo (la sua v'è detta Possente) e cavalcano Brufaldo, Passaschiera, Passavalle, Faraone. A tali differenze mi fermo, chè la forma di questi nomi non si può classare fra le trasformazioni che vanno addebitate ai copisti; qui si tratta di um fenomeno essenziale, il quale troverà più innanzi la sua spiegazione. Quanto alla sostanza dunque M ed S non offrono caratteri di relazione tra loro; la forma poi ancor più li allontana, chè un confronto continuo e minuto della medesima nei due codd. mi ha persuaso che la natura delle differenze è tale da non indicare relazione tra S ed M; perchè M ci offre una lezione migliore, il verso v'è più scor- revole, la lingua nettamente toscana, giusta la misura dei canti; mentre in S sono frequenti le storpiature di vocaboli e di versi, la lingua è inquinata (lo vedremo a suo tempo), i canti offrono l’uno rispetto all’altro sproporzioni rilevanti nel numero delle ottave. ì Ed ora vediamo le stampe. Quali rapporti esistono tra i mss. e le stampe? E innanzi tutto quali stampe abbiamo? Le son davvero numerose; poichè, pur non te- nendo conto dell’edizione segnalata dal catalogo De Cotte, di cui nessuno potè dare sicure indicazioni, e registrando per prima quella del 1503 di Venezia (2), ne conto ben otto nel Cinquecento, di cui sette veneziane, una milanese (1513) (3). Ho tenuto sott'occhio e studiato le seguenti di Venezia 1511, 1553, 1599 (4), oltre quella mila- (1) Cfr. Le Istorie Bresciane, Brescia, 1860, tomo IX, p. 23. Pel Nazari e per le altre cose dette qui ringrazio la cortesia del sig. Arrigo. Valentini di Brescia che me le fece note. (2) Ricordata dal Sawupo, che la dice impressa in Venezia per Cristoforo di Pensa; efr. CrescINI, Marin Sanudo precursore del Melzi, in Per gli Studi Romanzi, Padova, 1892, p. 58. (3) Per cura di “ Johanne Angelo Schinzenzeler nell’anno del Signore meccccxmr adì xrr de Mazo ;; Braidense AM. IX. 57; per le altre edizioni cfr. Merzi-Tosi, Bibl. de’ poemi cavalt®, Milano, 1838. (4) Della edizione del 1553, impressa dagli “ eredi di Gioanne Padoano ,, ha un esemplare VP Am- 156 BERNARDO SANVISENTI 6 nese or indicata; e, dal raffronto eseguito, ho acquistato la sicurezza che le stampe non hanno fra loro divergenze sostanziali, vale a dire che, dovendone discorrere, si può sicuramente considerarle tutte come derivanti da una sola fonte, da identificarsi probabilmente colla stampa del 1511 (m), la più antica ora a noi accessibile (1). Quanto al contenuto m offre tutti gli episodi di S, e nello stesso ordine, più altri due, de’ quali in S non è il menomo cenno. Diamo un breve sunto di questi due episodi. Rinaldo, Orlando, Burato, Ricciardetto, Uggeri, dopo i fatti di Tarta, mentre viaggiano verso Parigi, incontrano ad un ponte un gigante, col quale son costretti a combattere. Il Danese riesce a tagliar una mano al nemico, che, domato, narra ai cristiani come essi debbano vincere un mostro, il quale s’offrirà loro, non appena avranno levata certa pietra, che sta in un sontuoso castello, che è Îì presso in una città, opera di incantamento. Avviatisi alla prova i guerrieri, l’unico che vinca e però sciolga l'incanto è il Danese, dopo di che si trovano egli e i suoi compagni nel deserto di Bordella. Forse per ingannare la tristezza che lo assale, causa l’ari- dità del luogo, Rinaldo pensa di giocare una burla a Carlomagno; così: Ricciardetto arrivi a Montalbano e finga di essere egli solo scampato da un disastro, dove tro- varono la morte gli altri paladini; i quali in tanto, ben camuffati, in una notte sta- bilita, in cui sarà stata lasciata aperta una porta, si faranno padroni del castello. Così avviene tra il dolore di Clarice e dei fratelli di Rinaldo; Ricciardetto domanda aiuto a Carlo, che manda oste grande a liberar il castello sotto la condotta di Gano. Astolfo e Namo sono fatti prigionieri, ma Orlando rifiuta di combattere col cognato. Rinaldo si svela a Clarice, così che quando Turpino viene, come ambasciatore di Carlo a Montalbano, non può a meno di stupire della stretta intimità, che passa tra la moglie di Rinaldo e lo straniero. Dopo una serie di vittorie, arridenti sempre ai paladini camuf- fati, si fa una tregua; nella quale i vincitori vanno a Parigi ad ossequiare l’impe- ratore e poi, finto di volersi ritirare a preghiera, si ridanno il noto aspetto, sicchè poi sono tra l’universale contento riconosciuti. In tutte le stampe abbiamo allo stesso posto e nelle medesime condizioni questi episodi; s'intende che non mi danno noia certe inezie, come: errori di scrittura che si incontrano dall’una all’altra stampa, e «che naturalmente si spiegano oltre che colla mancanza di accuratezza da parte degli stampatori, anche colla poca chiarezza dei caratteri tipografici, i quali, letti affret- tatamente, poteano, principalmente nel caso di nomi proprî, dar luogo a molte varianti. Ora m riposerà su S o su M, o, s'intende, su altri codici congeneri? I due epi- sodi, or raccontati, sono per loro natura tali che in M, ove non fosse mutilo, ben si potrebbero trovare: infatti, il gigante al ponte, protagonista del primo episodio, si può considerare come una ripetizione del gigante Turcarino; la città incantata, opera della fata di Verona, ci richiama alla mente certi luoghi del poema dove il brosiana, catalogato sotto il nome del Tromba (S. B. R. VII. 96), in cui è curioso il f° Oili e seg. scritto a mano in questo secolo, colla più perfetta imitazione che dello stampato, sia pe’ caratteri come per le vignette, si possa fare. Della ed. 1599 conosco un esemplare Ambrosiano (S. B. R. II. 122) in disordine ed uno in ottimo stato della Melziana. (1) Un bellissimo esemplare di questa stampa ho a mio agio consultato nella Melziana, ora in possesso dei signori Marchesi di Soragna, ai quali amo qui manifestare la mia profonda ricono- scenza per la liberalità di cui mi diedero prova. T( SUL POEMA DI UGGERI IL DANESE 157 Danese è messo in rapporto colle fate; la pietra che, sollevata, lascia sfuggire un demonio, con cui si deve combattere, è motivo che trovo anche nell’Orlando; l'assedio burlesco di Montalbano, neppure supporrei interpolazione di stampatore, giacchè troppe relazioni ha colla materia in cui si trova, perchè riesca strano crederlo inserito, assai prima che nelle stampe, nei mss. Brevemente, questi due episodi non mi intralciano or che vo’ passare ad un confronto tra M ed 7m. Innanzi tutto M ed m convengono nelle invocazioni sacre; qualche divergenza è quasi segno di corrispondenza; dove poi m non concorda con M perfettamente, ne conserva .però le rime: Canm. II M m però che senza te nulla si facie perchè senza te nessun ben si facie Canr. XIII. quel vero Iddio, quel padre superno quel vero Dio quel padre eterno che a ciascuno animale dà sua ragione che dà a tutte cose sua ragione tutti ci scampi dal mortare inferno per scampar da le pene de l’inferno grazia mi doni che il mio bel sermone in la croce portò gran passione seguitare possa come discerno mi doni gratia come io dicerno Canr. XVII. o ’mperadore dell’universo regno o buon Jesu signor mio benegno giusto fattore e pien di caritade somma virtù e somma caritade grazia mi dona con suttil ingegno lume perfetto senza mai disdegno che la mia storia di gran dignitade eterna fede divina Trinitade HOMBPOSERME N MEO CN nnt Signor eterno epperò, sebbene nel cant. IX in m s'invochi Maria ed in M il Signore, credo poter dire che le invocazioni di M sono le stesse di m. In generale poi considerando, si scorge che le differenze tra M ed m non sono mai di contenuto ma solo di dizione, che si spiegano riflettendo o che s’ è voluto rendere il verso più armonioso o che s'è male compresa la lezione del ms., oppure sono causate da smania di correggere, da insufficiente riflessione nel separare, come si conviene, le parole del ms.; e molte volte pure dipendono dallo stampatore che, essendo dell’Italia Settentrionale, non aveva famigliari parole o frasi toscane ed era costretto a sostituirle con altre a lui note, per uscire dalla penosa condizione di stam- pare senza capire; il che tuttavia gli accade talvolta. Suffragherò brevemente le cose or dette, scegliendo dall’abbondantissimo materiale raccolto. M m giente non erano da volere questione non era da battaglia lor persona, ma tutti erano de somma gentilezza ma tutti eran di somma gentilezza lo ’nterpido pagano ver lui mirava l’intrepido pagano verso lui mirava io so che le cognato dello ’nperio io so che l’è cognato dell’imperiere. E Clarice la reca molto a pennello e Clarice la fe’ per tale appello quella che sapea far le cose a sesto quella che in tutte cose era mesta manuchio dovel fumo vol si vada io mangerò poi va come si vada. entrate qua se volete albergare; entrate qua se volete alogiare Olivieri risponde: molto ci piace, e Ulivieri dicea: molto mi piace; in una corticella ebeno a entrare, in una corticella hebe a entrare apena i loro destreri quivi capeano, che lor destrerl gire non potea, e tuti e quatro i baroni descendeano. i bon guereri ciascun se vedea. 158 BERNARDO SANVISENTI 8 Oltre a ciò m reca i due versi a la città de Brescia nominata, Mirabel era a quel tempo chiamata; che vedemmo in M soltanto; per l’ episodio poi di Margotto in #m avrei a ripetere quanto ho detto di esso in M (1). Insomma i rapporti che avvicinano m ad M lo allontanano da $, col quale pure gli si diniega affinità, ove si osservin divergenze minime di lezione, ma continue, ed il trovare che m salta proprio a piè pari l'episodio di Borgone, singolare caratteristica di S. La stampa ha piuttosto aggiunto che tolto; difatti, sono roba sua certamente un incidente che capita ad Aquilante, sulla via di Parigi, in una osteria; ed i nomi di tutti i cavalli di quanti mai guerrieri appa- iono, anche per poco, nel poema; e la denominazione di persone punto importanti, quali, p. e., la nutrice di Aquilante, che è detta Smeralda. Da quanto si osservò risulta che M ed S sono tra loro indipendenti; che M è l’originale di #2, il quale quindi si può ritenere come il tipo M dell’Uggeri toscano. Veniamo ora a conoscere meglio S. (1) Non taccio tuttavia che qualche divergenza è pure tra M ed m; così il nome delle spade e dei cavalli dei guerrieri nel testo citati (cf. p. 5) suonano in m diversamente: Rustica, Spezzaferro, Bona, Iustitia; Durnardo, Pasquale, Vaschieri, Faraone. Se poi confronto il numero delle ottave per cantare scorgo che la media nella stampa è un po’ superiore a quella del ms. Dei pochi canti con- frontabili cinque soli convengono esattamente. 9 SUL POEMA DI UGGERI IL DANESE : 159 TDI Data, autore, lingua, originale di S. Il poema su Uggeri se non andò forse ad ornare le spettabili biblioteche, che i signori del Quattrocento arricchirono di preziosi volumi (1), è però ricordato in quella lista di Michelangiolo da Volterra (2), che fu tanto affezionato estimatore dei poemi cavallereschi; di recente poi venne fatto all’illustre prof. Novati di trovarlo accennato in un inventario d’una libreria fiorentina del primo Quattrocento, e a pro- posito di esso poema osservare che dovesse: “ nei primi decenni di quel secolo già da tempo essere divulgato in Toscana , (3). Quanto però più antica è la divulgazione, tanto più addietro dobbiamo risalire, pur che si voglia determinare la data di composizione. Se non che il Danese per molti caratteri si può ritenere anteriore al- l’Orlando; di ciò daremo più oltre un’adatta dimostrazione; però se si pon mente che quest'ultimo è del 1384 (4), data già rispettabile, più su converrà andare per la da- tazione del Danese. Nel cant. XVIII del Danese ci imbattiamo in due ottave che descrivono un epi- sodio della guerra di Troia raffigurato sopra un “ pietrone ,. Di queste due ottave la seconda si trova riferita testualmente nel noto Cantare dei Cantari (5), centone for- mato, come si sa, di stanze desunte alla lettera, talora, da poemi grati al popolo nel sec. XIV. Ecco i due testi: S. XVIII, 164 t, 3. Cantare ecc., str. 17. Le aspre battaglie e molte bandere, L’aspre battaglie e le molte bandiere, soni e strumenti e le molte percosse, suoni e stormenti, romori e percosse, principi, re, duchi et cavalere, conti, principi, duchi e cavaliere, trabacche, paviglion, stecchati e fosse, trabacche e padiglion co molte fosse, mettere aguaiti e ordinar le schiere, mettere aguati e ordinare schiere, gente con gente gridando fermosse, gente con gente gridare e far mosse, et chi facea furia verso el campo qual gir fugendo per tornare al campo, et chi in Troia per piar il campo. e quale a Troia per pigliare iscanpo. Conoscendo l'indole del Cantare, chi vorrà porre in dubbio che, quand’esso fu messo insieme, il Danese non avesse già preso luogo nel repertorio dei canterini? Ma v'ha di più: un’ottava della Ancroja suona così: Canr. XXI, r 8. R. L'aspre battaglie et le molte bandiere, suona strumenti, rumori e percosse, principi, duchi et anchor cavaliere l’uno ver l’altro gridando se mosse, Guidon e el bon Dudon se fe’ valere in su quel punto mostra tante posse, ecc. (1) Almeno per quanto mi risulti dall'avere consultato: RaymA, Ricordiî di codd. fr. posseduti dagli Estensi, in “È Romania ,, II, 49. — MazzatintI, Catalogo della Bibl. Visconteo-Sforzesca in “ Giorn. Stor. della Lett. It. ,, I, p.33. — L. Frarr, Cantari ecc. ricordati nella Cron. dì B. Dei, ib., IV, p. 162 e seo. — Cappenti, La Bibliot. Estense, ibid., XIV, p. 1 e seg. (2) Cfr. Renrer, La discesa di Ugo d’Alvernia, in “ Scelta di Cur. Lett. ,, disp. cxciv, p. xv. (3) Cfr. la mia Introduzione, pag. 1, n. 5. (4) Cfr. Raswa, La materia del Morgante, in “ Propugnatore ,, II, pi 65. (5) Cfr. Raywa, I Cantare, in “ Zeitschr. f. Rom. Philol. ,, II, p. 428. 160 . BERNARDO SANVISENTI 10 Ora, dati i tre elementi, s'ha a concludere che si tratta d’un luogo comune? Non credo; l'ottava dell’ Ancroja ha pure tutto il carattere d’essere costrutta su quella del Danese e d’essergli quindi posteriore, come posteriore è certo l’intiero poema; anzi, io devo aggiungere che non sarebbe fuor del caso discorrere di relazioni che l’ Ancroja possa avere col Danese, in quanto a questo abbia tolto qualche motivo (1). Quindi tenendo conto di tutto, ricordando che il Cantare venne dal Rajna riportato non al di là del 1380, potremo porre pel Danese di S il termine ad quem nel 1375; e se si pensa alle vicende dell’epopea toscana, a quanto intorno ad essa abbia sinora la cri- tica assodato, non parrò troppo azzardato se io porrò il termine @ quo nel 1360; le ragioni che a ciò mi spingono or si vedranno. A metterci anzi in via per esse e per la ricerca dell’autore di S, incominciamo dal considerare la invocazione del cant. III che giova recare integralmente. In lo principio de la istoria mia chiamo la madre superna ioconda, intemerata Vergene Maria, specchio, fiume, rosa et fronda, fermo stallo de ogni Signoria, nutrichatrice della gente ioconda, tu sola trai i peccaduri che erra, governatrice de Sena, la gran terra. Et per la temperanza che in te regna, guardi (a) costoro da ogni discordia, che a salvacione zascuno a te vegna, et fra lor metti tal pace et concordia, che ala fin veggiano tua luce benegna; si come donna fra l’altre beata, di questo popolo siate avocata. Et tu santo Venturo et santo Sano, et santo Cresenzo, o iusto San Savino, de (sic) suplicate el Verbo soprano, Cristo, soprano, re, padre divino, ch'io possa seguire el mio cantare soprano: tramutar possa el dire franzoso in latino, et poi per Sena a Dio fate richiesta, che sempre la conservi senza molesta. c.8t, 2-4. Adunque constatiamo innanzi tutto che qui è due volte nominata la città di Siena, di cui è fatta governatrice la Madonna. Con ciò andrebbe d’accordo il vecchio adagio: Sena vetus civitas Virginis; ma questo non basta: quell’epiteto a Maria di governa- È trice, non allude esso forse ad un fatto storico notissimo, la famosa consecrazione, cioè, con cui della città fè dono alla Vergine il beato Tommaso Bolgetti, in occasione della terribile pugna, che fece l’Arbia colorata in rosso? (2) (1) Il libro della Regina Ancroja, Vinegia, per Benedetto Bendoni, MDXXXIII; nella Melziana. (2) Cesare Cantù dice che questo fatto accadde prima della battaglia di Montaperti; cfr. Gl | | eretici in Italia, Torino, 1867, II, p.30; ma il MaravoLti, Historie di Siena, Venezia, 1599, non ne parla punto, ed il Tommasi, Delle Storie di Siena, MDCXXV, p. 319, che descrive i particolari della cerimonia, la assegna a data posteriore alla battaglia. Ma pel culto della città a Maria, cfr. V. Lusini, . Sena Vetus Civitas Virginis, Siena, 1896, pp. 6, 12, 14. 11 SUL POEMA DI UGGERI IL DANESE 161 Di più questi accenni a discordie intestine ed il pregar Maria perchè metta pace fra i turbolenti Sanesi, sono allusioni e desiderì che rispecchiano la realtà. Siena fu molto commossa e per molto tempo da lotte civili, anzi per questo passò in proverbio (1). Abbiamo poi una invocazione a quattro santi, che sono, lo sappiamo dalla storia, i quattro protettori di Siena; anzi le lor figure, avverte taluno, sono ivi dipinte ad ogni svolto di via (2). Non diedero questi santi, se almeno si tolga Ansano (8), occasione a molte leggende; ma questo non mi preoccupa qui, poichè il canterino non accenna a leggende di sorta; piuttosto mi giova far osservare come egli invochi accanto alla Vergine quei quattro santi e come sul bel principio del Trecento (1311) nella Catte- drale di Siena sia stato collocato un dipinto di Nicolò ancor esso da Siena raffigurante la Vergine appunto, avente ai lati, due per parte, i quattro suddetti protettori (4). Innanzi a questi fatti siam in diritto di far qualche ipotesi; indubbiamente o un canterino toscano, recatosi a Siena ad esporre le storie di Uggeri, ha voluto ingraziarsi il pubblico con invocazioni richiamanti patrie tradizioni agli uditori, o un Sanese addirittura ha composto questa redazione S del Danese. La prima ipotesi mi pare strana affatto non solo in sè, ma anche, e in questa materia non è argo- mento da trascurarsi, perchè non la trovo suffragata da altri esempi; la seconda invece mi si offre spontanea, semplice, con tutte, in breve, le qualità della buona ipotesi. E per essa vieppiù mi determino, pensando che gli accenni del canterino, storici tanto e tanto categorici, sono però di tal natura da dare ad essa molta sicurezza. La critica, poi, da tempo è avvezza a dedurre da un accenno storico la patria di alcuno ignoto scrittore, poichè la scarsità appunto del caso ne aumenta la solidità e il valore: così dall’accenno a S. Giovanni, il Rajna ci dichiarò fiorentino l’autore dell’Orlando (5); il Parodi (6) ci ricondusse alla patria dell’ autore dell’ ottava rima sulle storie di Enea per l’invocazione ai santi Giacomo e Mariano. Del resto, e che cosa osterebbe, a priori almeno, a che un Sanese avesse potuto elaborare un poema del ciclo carolingio? Oltre che Siena potè pure avere udito l’eco dell’ epica francese, perchè ancor essa posta sulle strade francesche che furono il veicolo delle tradizioni cavalleresche (7), abbiamo per lei speciale testimonianza in ciò che se a Roma, a Napoli, a Venezia, maganzese “ sulle bocche del popolo significa persona falsa, fedifraga , — “nel contado, almeno, di Siena, si ha la frase completa: (1) Vedi Ronponi, Siena nel sec. XVI, nella raccolta di conferenze “ Italia nel Cinquecento ,, Milano, 1894. (2) Cfr. Cantù, op. cit., p. 29. (3) Giova per ciò l’accurato studio del Rondoni apparso nella “ Rassegna Nazionale ,, 1885, vol. 2 e 5, 1886, vol. 1, 3,5, su cui cfr. “ Giorn. Stor. della Lett. It. ,, IX, 808-10. Per Ansano chi. Gori, Vita del gloriosissimo S. Ansano, uno de li quatro avocati e battezzatore di Siena, Siena, 1576, e Tommasi, op. cit., p. 69 e seg. (4) Cfr. “ Bollett. Senese di Storia patria ,, V, 1898, fasc. I, p. 26. (5) Cfr. Za materia del M., 1. c., p. 353; ed anche La rotta di Roncisvalle, in © Propugnatore ,, IV, p. 145, ove il Rajna usa per un caso simile dello stesso argomento ed aggiunge una nota che lo Tende più persuasivo. (6) V. Rifacimenti e Trad. ital. dell'Eneide, in © Studi di Filol, Rom. ,, IL pp. 209, 222.3. (17) Cfr. Rasna, Un'iscrizione nepesina, in “ Arch. Stor. Ital. ,, XVIII, 1886, passim. Serie II. Tom. L. 21 162 BERNARDO SANVISENTI 12 Gano maganzese , (1). E perchè Siena non avrà avuto cantatori del ciclo carolingio, se ebbe altre più importanti istituzioni uguali alle fiorentine (2), l’Araldo, per esempio, della Signoria; e se abbiam memoria di Pietro di Viviano Corsellini (3) e d’altri; e se, in fine, sappiamo che quando il comune di Perugia per mancanza di canterini suoi dovette ricorrere ai forestieri, tra i chiamati da lui ne figurano due da Siena (4): un Jacopo ed un Angelo? Nella patria di Binduccio dello Scelto (5), non disdice che qualcuno abbia elaborato il Danese. Adunque l’autore di S è sanese. Più in là con determinazioni sulla persona di | questo modesto e anonimo canterino, non posso andare, nè forse sarà mai possibile | trovarne il nome. Il nostro canterino invoca la Governatrice della sua città e i Santi protettori di essa, perchè, tra altro, ei possa tradurre “in latino , il “ dir francioso ,. À questa frase bisogna fermarsi. Il luogo in cui noi la leggiamo, le circostanze che l’attorniano ci fanno già di per sè avvertiti che non si tratta qui di un riempitivo 0 d’uno de’ soliti accenni, da porsi tra i molti rimandi a storie, cantari e Turpini non mai esistiti, ma di qualche cosa di importante; il “ dir francioso ,, è cosa ormai sicura, di questi canterini è un testo franco-italiano, e, trattandosi di un poema, si può dire: una redazione monorima. Sarebbe pertanto da trovare se l'originale, la fonte di S, potesse mai essere stato un poema franco-italiano. Tenterò or dunque di comprovar con qualche nuovo argomento, per quanto possa sembrare un recar vasi a Samo, un'ipotesi sul Danese, oltre che da analogie luminosissime, già confortata | dall'autorità del Rajna (6). Innanzi tutto pel caso del ms. S bisogna tener conto anche degli indizî, di quanto, in altre parole, ci fa subodorare il testo monorimo. Se consideriamo buon numero delle ottave di S, scorgiamo che senza alcuno sforzo, le potremmo ridurre a /aisses; non dirò che questo sia argomento troppo forte nè molto serio, ma se altri (7), non con buon frutto, tentò restituire un intiero poema franco-italiano alla probabile lezione francese, ed altri ancora fece l’ esperimento per piccole parti di un frammentario en AMI RR poema della stessa età (8), non sarà a me rimproverato se, come indizio per la mia. ipotesi, mi valgo di questa facilità di restituzione. Ecco un esempio, ad ogni modo; a c. 100 t, 4 di S leggesi: Wi; at pete (1) Crescini nella pref. ad A. MoscnettI, I princip. brani della Chanson de Roland, ecc., Padova, 1897, p. 25 in nota. | 7 (2) Framini, La Lirica Toscana del Rinascimento, ecc., Pisa, 1891, p. 223; dove l’Autore promette. uno studio su “ certi Sanesi formanti un gruppo distinto ,, che finora non pare abbia veduto la luce. (3) Novari, Le poesie sulla natura delle frutta ecc., in “ Giorn. Stor. della Lett. ital. ,, XIX, p. 56 e segg. (4) D'Ancona, I Canterini dell’antico comune di Perugia, in “ Varietà storiche e letterarie Milano, 1883, prima serie, pp. 52-64. ® (5) Gorra, Testi inediti di Storia Troiana, Torino, 1887, p. 167. (6) Ved. © Romania ,, IV, p. 418 e segg. i (7) Il GusssarD, p. es., tradusse in antico francese il Macaire, ch'ei pubblicò dal ms. marciano (cfr. Macarre, in Anciens poètes de la France, Paris, 1866); cosa che il Rajna non avrebbe fatto; cfr. La leggenda della giovinezza di Carlomagno, ecc., in “ Riv. Filol. Lett. ,, IL, p. 66. ) (8) Cfr. Grar, Di un poema inedito di Carlo Martello e di Ugo conte d’Alvernia, in “ Giorn. di .Filol. Rom. ;, vol.I, p. 95. 13 SUL POEMA DI UGGERI IL DANESE 163 et stando tutti a tal parlamento, in tanto se facea notte schura, onde nostri guerrere, come io sento, de quel demonio avia(n) mortal paura; disse Borgon: “ baroni d’ardimento, zascun sia colla mente pura; non vi bisogna temere a non mentire ,. Una navetta alora fece venire. che restituirei: tuti staeva a tal parlamant, e note schura doventava atant, nostri guerere avia mortal spavant; dixo Borgon: barun de ardiment, no ve bexogna temere de niant; una naveta fè venire avant. Più giù si legge, c. 100 t, 7: nel più alto cerchio se levava del cielo imperio questa navicella; el mondo tutto la signorezava; Borgon parla ad Olivere et sì favella (con li tronchuni la nave portava): “ ora intendi, marchese, mia novella; se credere voi un poco mio detto, vendicare te voglio de molto dispetto. , che restituirei: nel più alto cel la nave leva, el mondo tuto ben signoreza. Borgon con Olivere si parli: con li tronchuni la nave porti; ora entendi, marchese, el mio dictà, de gran despeto te vo’ vendichi. i Secondariamente, giova considerare come suonino i nomi propri, avendo riguardo al modo come ci sono da M presentati; in S dunque leggiamo: Olivere, Ogere, Renaldo, Rajnere, Berlinghere, Ansoise e simili; Curtana, Altachiera, Broiaforte, Tencadura. Queste forme sono vicine a quelle che ci vennero d’oltralpe, e non si possono con- siderare altro che come la riduzione italiana, rozza e popolaresca sì, ma schietta e \ spontanea di quelle che avrà offerto un testo monorimo. In M invece leggiamo: Rinaldo, | Ulivieri, Uggieri, ecc. (e non erano celebri forse nella storia fiorentina molti che i Geri e Vieri, abbreviativi di questi ultimi or detti, furono nominati?); forme tosca- nissime e più nuove; novità questa che meglio riconosciamo se poniam mente ai nomi dei cavalli, che, resi per Duraforte, Tinelladura, ci rivelano già nel compositore di M quello stato psichico, che “ porta il popolo a volere significativo anche ciò che per sè non esprime nulla o nulla almeno di intelligibile per lui , (1); ed oltre a ciò dimostrano maggior lontananza da un testo della età franco-italiana. Il compositore di S all’opposto con quella fonetica fedeltà ci si mostra di fronte ad una versione mo- norima, ch'ei si era posto a vestire della maestosa ottava restando il più che potea vicino alla sua fonte, non solo non alterando la narrazione dei fatti, ma anche col (1) Rasna, Un'iscrizione, ecc., in op. cit., p. 51. 164 BERNARDO SANVISENTI 14 lasciarsi imporre suoni e forme della regione veneta, donde a lui era venuta quella materia, la cui narrazione a lui ed al popolo, al quale la riferiva facea meraviglia e dava diletto ed istruzione. Rispetto e fedeltà queste, che ben corrispondono ad altra legge della psiche popolare, se pur è vero che la plebe ripeta come ha udito, sfor- mando però, quelle cose che l'abbiano per avventura commossa. Ma di ciò avremo innanzi miglior conferma. Trovo ora opportuno esaminare le rime di S o meglio enunciare il frutto della mia indagine, sicuro che essa si possa, da chi legga, sperimentare su quelle parti del poema le quali nel sunto saranno con abbondanza recate (1). Le stesse dunque sono molto povere e volgari non solo, “ ma consistono spessissimo in terminazioni dove l’ac- cento cade appunto sopra l’«, quali sarebbero -are, -0va, -ato, e simili ,, e si trovano in complesso in una media superiore a quella che il Rajna, di cui ora citai le parole (2), assegna al Bovo toscano. Ora se nel Bovo toscano derivante dal testo veneto, giusta la incontrovertibile dimostrazione del Rajna stesso, constatiamo quello stato di cose, che caratterizza le versioni toscane, allorchè si trovino in diretto contatto col testo originale monorimo, allorchè questo stesso stato; non faccio questione di quantità, ma di qualità; riscontriamo in altro testo toscano, non ci sarà lecito, per induzione, presupporre un fonte franco-veneto? Diamo pure larga parte ad una non troppo forte perizia nei popolani rimatori, ammettiamo anche una speciale im- perizia nel nostro autore; cosa però da non esagerarsi se alla fine questa benedetta ottava è un prodotto de’ Toscani; resterà ancora salda supposizione quella che spiega la povertà della rima colla diretta vicinanza del testo franco-veneto, se mi fosse per- messo, direi, colla suggestione di quest’ultimo. E, si noti, un numero grande di rime e di terminazioni per -ere, -erî, -ero, che tradiscono la frequentissima /aisse in -ér dei testi franco-veneti; influenza questa che, oltre a dare molto impiego alle parole così terminanti, rende anche più sentita l'oscillazione di certe forme come sarebbero: scudieri, scudiere, scudiero, e, ne° nomi propri, Oliveri, Olivere, Olivero. Quanto poi terminava per -6 nell’ ipotetico testo originale del Danese, di gran lunga quantitativamente minore, ha pur lasciato nelle rime di S una traccia appa- riscente, nell’abbondantissima ripetizione, nell’abuso anzi di certi riempitivi in -one, (sermone, ragione), che a null'altro servono se non a finire il verso. Ciò naturalmente induce nel poema in ottave una maggior lunghezza esteriore, che non nel testo mo- | norimo; esteriore, dico, perchè abbiamo intromissioni di frasi, ma non di fatti. Non credo inutile accennare anche, per la nostra ipotesi, a qualche sussidio che ci venga dalla metrica. Non è raro il trovare nelle ottave di S degli armoniosi deca- | sillabi, come non è unico qualche novenario disarmonico; perchè ciò, dal momento che riesce ostico accusare insufficienza assoluta nel compositore, se alla fine la maggior — | parte de’ versi sono, poco musicali sì, ma endecasillabi? Io qui veggo la influenza dei novenari monorimi, che sono riducibili a decasillabi; accadde, p. es., all'autore di S di leggere forse: la man dextra Renaldo taja e di tradurre la man destra Renaldo tagliava. (1) Veggasi il sunto del poema come segue nell’Appendice a questo studio. (2) Ricerche intorno ai Reali, ecc., Bologna, 1872, p. 161 e segg. 15 SUL POEMA DI UGGERI IL DANESE 165 Altro sospetto mi darebbero certe ottave il di cui sistema non tanto accuserebbe distrazion di amanuense, quanto deficienza di compositore; ma non facendo io stesso su ciò assegnamento, neppur mi stendo in molte parole. Piuttosto non credo da ultimo di dover tacere che molte parole, di stampo francese, fanno avvertito il let- tore della presenza d’un testo monorimo, tanto più che sono per la massima parte in rima. À proposito di queste anzi mi parrebbe di poter dedurre che la fonte di S non fosse del gergo tanto volgare di cui ci riman rivestito il Bovo veneto (1); io me lo foggio, dirò brevemente, un po’ più franco ed un po’ meno veneto. Con ciò eccoci avviati a ricercare quel che si potrebbe dire lo stato linguistico di S; sarò brevissimo, chè a me ora non giova porre sott'occhio al lettore tutto il copio- sissimo spoglio fatto, perchè abbastanza sterile; mentre a giustificare certe conclu- sioni ed ipotesi che seguiranno, è sufficiente un quadro sintetico dei suoni e delle forme, ove si indichino le anormalità e le rarità, intendendosi già a priori che S, per guasto che sia, è essenzialmente un testo toscano. Pel vocalismo annotiamo: I — numerosissimi gli esempi della è protonica in e; costanti poi i prefissi de, re, en, laddove il toscano abbia di, rî, in; con che forse si può spiegare la e resi- stente innanzi a labiale e che, toscanamente, passerebbe in o: cito remore per rumore. Postonico e finale, s'offre spesso, in e. Non invocherei però il caso di « tastone e simili, spiegabili altramente come figure avverbiali di singolare. Passato in o per influsso della labial seguente ne’ casi di roversare, ecc.; il che forse ha avuto efficacia al passaggio di resia (eresia) in rosia. Tonico in e frequentemente e nelle formole e4-#, e +7, eng, e+n. E — iniziale in a (due esempi: asempio, asperto); abbastanza frequente il suo pas- saggio in a, se protonico. Noto qui il prevalere talora di -antia, ove voglia il toscano -entia. Protonico in è (segnalo sagittato per saettato; ci influì gittare?); nè mancano esempi della tonica in è (vinti, capilli). Dileguato in fodro, conservato in aspero. © — Qualche esempio di protonico in- è l MRO {fi NELL) È ) I L Di I Y Î x ij RO x > I t9 VR. 7 dIPESUI IRSALILA ) 4 IR Doe Li i NE 100% MARA O INCA TS NIETO } VERA Ma) È PPT IRR % dot MEI î MAE n pari UTTSLREO POI IS LOL de gi spa thi tEd. Et 3 (ia! N sii ; REST SR ETA AE SA { A i) Deva ; dad Malta VEL Mae LOGO Se uP) LELLA IO I CATO Vba 1497 i de Bipe FERRATE AAA $ Pi i Me È ; di È sii At) trait gie DeRoNiEne ) To VEge i È RITI ico fd 4 Pasi o di n LA iÙ, } X TION ore: st \ i i) {il È Ù TUQrENTÀ ) i Ù b baci sr CT } i i N i sà Th ì Di, { s4 La i "e h î 1 i A : REST, 4 î srl hi sa È Tal qui Ù i i } CO, "i vii ha) i ARA ) TRANI I Ù i oa ‘dl i PIANTI (REN DI RETOAE zii sà, VE) E LIE pal ati) x Malo Ev sil TE al) DST At IN 18506 {ij "1 4 URRETAA ESSA Lx v i fl i x li n 1 ti 4 Ki I ao LN TIPI JR î É Ù : 24 i / ] DE e = $ Mi Ì ) dI i Sat i ) ) halaag i 4 i HS î E 5 ugbniri i Ù LA POLITICA SABAUDA CON FRANCIA E SPAGNA dal 1515 al 1533. MEMORIA DEL Prof. ARTURO SEGRE Approvata nell''Adunanza del 10 Giugno 1900. Capitolo I (1515-1526). SOMMARIO 1. Introduzione. Carlo II di Savoia e Luigi XII, re di Francia. Progetto di matrimonio tra Carlo e Giovanna d'Aragona. — 2. Francesco I succede a Luigi. Il matrimonio di Filiberta di Savoia con Giuliano de’ Medici. La calata del 1515. Il Duca per necessità accorda al re il passo. Dissidi nel 1517 ed avvenimenti diversi fino al 1519. — 83. Elezione a re dei Romani di Carlo V. Un consiglio dell’arcivescovo di Torino, Claudio di Seissel. Contegno del Duca favorevole al nuovo imperatore. Egli sposa Beatrice di Portogallo. Filippo, conte del Genevese, entra al servizio di Carlo V, e nel 1523 riceve titolo di marchese di Saluzzo. I Francesi perdono la Lombardia. — 4. Opera pacificatrice del Duca. Calata del Bonnivet, rovina della spedizione e morte del Bayard. Sofferenze del Piemonte e malanimo del vicerè di Napoli, D. Carlo di Lannoy. — 5. Seconda discesa di Francesco I nell'autunno 1524. Battaglia di Pavia e condotta doppia del Duca nella campagna. Nuove sofferenze del Piemonte. Trattative di Filippo di Savoia e della Duchessa Beatrice coi generali imperiali mentre il Duca è assente, a Lione. Gravezze e tributi imposti al Ducato. Luigi Gorrat in Ispagna e Lope Hurtado di Mendoza in Piemonte. Pace di Madrid (1526). 1. — Nessun Stato italiano ebbe la fortuna così avversa nella prima metà del secolo XVI quanto il sabaudo. La sua posizione geografica, l’antagonismo costante tra Francia e Spagna, l’aver scelto ambe le potenze a teatro di guerra il Milanese, e di conseguenza il passaggio quasi ininterrotto nel Piemonte di soldatesche dell’una e dell’altra parte rendevano la situazione politica del principe, il duca Carlo Il (1), irta di pericoli e piena di amarezze. Il re Luigi XII, ora con atteggiamento minaccioso, (1) Scrivo Carlo II e non Carlo III, perchè il numero 2° dato al Duca Carlo Giovanni Amedeo, figlio di Carlo I, come fu già altre volte ricordato, è denominazione erronea degli storici posteriori, non dei contemporanei. Inoltre negli atti Carlo o non pone alcuna denominazione numerica, oppure aggiunge sempre “ deuxièsme de ce nom ,. Serie II. Tom. L. 32 250 ARTURO SEGRE 9 ora con modi cortesi, obbligava il Duca ad eseguire le sue volontà, tenendolo stretto da ogni parte, come signore di Lombardia e della Liguria. Nel 1507, ad esempio, non ostante l'impegno assunto di accordargli una pensione di 20.000 ducati annui (1), quand’ebbe soggiogata Genova ribelle, senza ritegno alcuno mostrò di non tenerne conto, come già ai tempi di Filiberto II (2). Eppure non aveva mancato Carlo al suo arrivo di recarsi in persona ad ossequiarlo (3), come pure al ritorno l’ aveva fatto visitare da Giacomo di Valperga dei signori di Masino, con ampia offerta di servigi. Il Re, allora sofferente causa una caduta da cavallo, s'era profuso in ringraziamenti per le gentili espressioni con lui usate (4), ma aveva continuato a non mantenere le promesse. AI Duca non mancavano quindi buoni motivi di malcontento. Tuttavia, desideroso com'era di ricuperare alla sua casa il Regno di Cipro, non si trattenne nel 1509 dall’aderire alla lega di Cambray, mandò in Lombardia qualche numero di soldati col fratel suo, Filippo, conte del Genovese, e si recò poi anche in persona nel campo francese (5). Strettasi in seguito la lega Santa ai danni di Francia, sapendo che gli (1) Guicnenon, Histoire généal. de la maison de Savoye. Torino 1778, vol. 2°, pag. 194. Permise in seguito il re, e fu l’unica concessione duratura, che le monete d'oro e d’argento coniate a Cham- béry ed a Ginevra avessero corso in tutta la Francia. (2) CarticarIs, Carlo di Savoia e è torbidi genovesi del 1506-7, in “ Atti della Società ligure di storia patria ,, vol. XXIII (1890), pagg. 595-96. — Circa il trattato di Filiberto II con Luigi, vedi Sanuro, I Diarî, II, 151. — Pénissier, Le traité d’alliance de Louis et de Philibert de Savoie en 1499. Montpellier, Boehm, 1893, pagg. 32-33, 59. — Gasorto, Lo stato sabaudo da Amedeo VIII ad Emanuele Filiberto, vol. IMI (Torino, Roux, 1895), pag. 1381-32. — Nel 1503 nondimeno pare che il re abbia pagato a Filiberto la pensione dietro le insistenze d’altri. V. Arch. di Stato di Torino. Protocolli ducali, n. 191, fol. 119. Nel 1499 conforme al trattato Filiberto II aveva seguito Luigi contro il Moro. V. alcuni nuovi particolari in PisLissier, Note e documenti su Luigi XII e Lodovico Sforza, in “ Arch. stor. ital. ,, serie V, tomo XXV (1900), pag. 101. (3) Gurczenon, II, 194. (4) Arch. di Stato di Torino. Lettere particolari. Giacomo di Valperga al Duca. Carignano, 7 luglio (1507): “ Mons? Il a samblé è mons” le chyancelier et a moy que Je dusse venyr ici a caryenyan audevant du roy pour ly fere vous recomandacyons et ausy combyen quil ly soyt esté offert en a esté sensiblement Joyeux, Et madyt que Je vous fysse ces recommandacyons et quil vous mercye et quil a ceste surté vers vous quil porra dysposer de vous et vous byens commant de syens propres. Car Il ne vous tient pas tant seullemant par son cousin, mes par son frère et son fys et que avant quil passast long tamps que vous en apercevryes et vymmest devyssant en- semble plus deux miglies et Il me dyst se vous pryens (?) en Bresse. Je ly ay dyt que Je croyes que oy; et il ma dyt que Il sen alet en ate à cause de la reyne qui est enceynte, et que les medyeyns ly count ordoné quil faut que elle aglie par tout ce moys la ount elle doyt couchier (2)... Ledyt roy estet en lytyère acause que sa mulle ly est tumbé sur une gyambe et ly a fet un peu de mal a un pyet, tant quil ne peut demorer a cheval que le pjet ne soit bien fort enflé ,. — La lettera non porta data: ritengo però senza fallo che sia del 1507, poichè il 6 luglio, cioè il giorno prima, il re visitava in Carmagnola, terra vicinissima a Carignano, la vedova duchessa Bianca di Monferrato, v. UssecLio, Bianca di Monferrato, duchessa di Savoia. Torino, Roux, 1892, pag. 298. (5) V. su questi fatti il mio: Delle relazioni tra Savoia e Venezia da Amedeo VI a Carlo IT (1ID) (1366-1553) (estratto dalle “ Memorie della R. Accademia delle Scienze di Torino ,, serie 2%, XLIX). Torino, Clausen, 1899, pag. 35. — V. anche Arch. di Stato di Torino. Trattati diversi, m. 6° (1506-61), n. 2. Dichiarazione del re Luigi XII del 19 maggio 1509. — Id., Materie politiche. Negoziazioni con Vienna. m. 1°. Istruzione del Duca al s" de Salleneuve, mandato presso l’imperatore. Torino, 14 luglio 1509. “ Plus et comme ainsi soit qu'il ait pleu a Sa Ma!‘ et au Roy de France nous com- prandre au tracté faict entre eulx pour le recouvrement de nostre Royaulme de Chippres, dont toute 5) LA POLITICA SABAUDA CON FRANCIA E SPAGNA DAL 1515 AL 1599 251 Svizzeri volevano per le terre sue entrare nel Milanese ed assalirvi i Francesi (1), il Duca negò loro il passo, e lasciò al maresciallo di Chaumont libera facoltà di chiudere ai medesimi i valichi delle Alpi. Tale permanenza di truppe straniere nel ducato non riuscì certo di sollievo ai poveri abitanti, stretti dalle contribuzioni ed angariati dalle licenze soldatesche (2). A frenare in parte tanto strazio il Duca nel 1512 strinse coi Cantoni svizzeri una lega di venticinque anni (3), ma, sebbene minacciato dal cardinale vescovo di Sion, Matteo Schinner, che erasi impadronito di Vercelli ed aveva mandato a Torino un vero ultimatum per separare il Duca stesso dalla Francia (4), serbò fede al re, sdegnato dagli arbitrii e dalle enormità che i nuovi alleati commet- tevano nelle sue terre (5). Luigi, sia per sdebitarsi del favore, sia, com'è più credi- bile, per restringere i suoi legami col Duca, nel 1513, quando s’apprestava a rioc- cupare la Lombardia perduta nell’anno prima, s'obbligò in atto solenne a proteggere il suo alleato contro quanti volessero offenderlo, riconoscendo i molti benefici ricevuti, ed il passo ed i viveri con larghezza accordati alle sue truppe (6). E quando la scon- fitta di Novara gli fece perdere ogni speranza sopra Milano, cercò per mezzo del Duca di stringere un accomodamento cogli Svizzeri, sebbene questi sempre lo respin- gessero, e Carlo vi si adoperò pure con molto interesse (7). Non ostante queste apparenti e necessarie dimostrazioni di buon'armonia, tra il Re ed il Duca esistevano, ripeto, motivi di segreta diffidenza ed avversione. Luigi lasciava di continuo scorgere che la sua amicizia non aveva movente fuori dell’utile che ne ritraeva. L’opera nefasta di Renato di Savoia, il bastardo, fratello illegittimo del Duca e suo nemico dichiarato causa le ostilità mossegli da Filiberto II e da Carlo stesso (8) dietro l'impulso della cognata, Margherita d'Austria, mantenne, se non nei primi anni (9), certo col tempo, segreto malanimo tra i due principi. Gravi ragioni nostre esperance en est du tout en luy et audict s" Roy ,. — In questo documento si trova la data 1519 di mano posteriore, ma non v’'ha dubbio che nel passo riportato si accenna alla lega di Cambray. — Circa la storia di questo periodo v.in genere Crronra, Storia delle signorie italiane dal 1313 al 1530. Milano, Vallardi 1881, pagg. 803-51. (1) V., intorno ai gravi motivi di malcontento che il Duca aveva contro gli Svizzeri, RicomtI, Storia della monarchia piemontese, vol. 1°. Firenze, Barbèra, 1861, pag. 131-37. Un’ambasciata sabauda in Germania nel 1510 ebbe tra l’altro commissione speciale d’avvertirne l’imperatore Massimiliano I. V. Arch. di Stato di Torino. Materie d’impero, cat. 3* (Diete imperiali), m. 1°, n. 1. Istruzione del Duca al s” di Salleneuve ed a Chiaffredo Pasero, amb." alla dieta imperiale di Strasburgo. (2) Sanvro, I Diari, XI, 309, 391. (8) Gurcaenox, II, 196. — Ricorm, I, 139-40. (4) Sanuro, XIV, 592. (5) In., XV, 65, 118, 127. (6) Arch. di Stato di Torino. Trattati diversi, m. 6°, n. 3. Orléans 12 maggio 1513. — Girca il tentativo di Luigi nel 1513 v. alcuni interessanti documenti ed avvisi che venivano al re da Genova im Jd., Lettere particolari. Girolamo Fiesco als Albertino Henrighino. Genova, gennaio-marzo 1513. (7) Ricorsi, I, 140. (8) Per questi fatti v. De Panisse-Passis, Les comtes de Tende de la maison de Savoie. Paris, Firmin Didot, 1889, pagg. 1-14. — Circa Renato vedi anche il recentissimo opuscolo dell'amico Lroxr: Ir nascita di un Delfino di Francia (28 febbraio 1517). Corleone, Bottalla, 1900, pag. 17, dove si pub- blicano alcune lettere del Bastardo. (9) Giacomo di Valperga afferma che nel 1517 l’autorità di Renato presso il re era scarsa. Vedi Arch. di Stato di Torino. Lett. partic., lett. cit. del Valperga da Carignano, 7 luglio (1507). £ Daultre part le bastard René estoyt en la compagnye, mes dl n’'ause pas le nez en aut ausi quil soloyt et vous assure quil est fori estoné seque que lung ma dyt... . 959 ARTURO SEGRE 4 politiche dovevano quindi suggerire al Duca di non abbandonarsi tutto al re, ma di ricercare altrove qualche valido appoggio, e questo credette egli trovare dapprima nel re d'Aragona, Ferdinando il Cattolico. Era desiderio dei Piemontesi che il loro principe cercasse consorte di famiglia reale. Ferdinando alla sua volta tentava accasare una sua nipote, Giovanna d'Aragona, figlia del defunto re di Napoli, Ferdinando II, e di Giovanna, sua sorella. Il Duca iniziò adunque le trattative fin dal 1507 (1), e nel 1510, quando l’onnipotenza di Luigi XII nell'Italia settentrionale divenne pericolo costante al suo Stato, diede ad esse maggior impulso. Un amba- sciatore apposito fu allora inviato a Napoli presso la vedova regina Giovanna (2), ed il 3 aprile Ferdinando il Cattolico deputò Pietro di Urrea, suo consigliere, alla Corte di Torino per trattare il matrimonio (3). All’Urrea si unì ben presto un legato parti- colare della regina, Alfonso Sanchez (4). L’ambasciatore spagnuolo aveva facoltà di proporre 200.000 ducati di dote (5), somma che, dopo lunghi dibattiti (6), venne nel 1510 accettata. Nel luglio di questo anno il matrimonio era stabilito, il Sanchez e l’Urrea assistevano il 18 ottobre al contratto nuziale (7), e la vedova regina poco dopo scriveva una lettera al futuro genero con termini affettuosi e di gaudio (8). Restava da ratificare il contratto e condurre la sposa negli Stati ducali, quand’ecco giunse a Torino una voce molto insistente, la quale lasciava intravvedere mene segrete (1) Sanuro, VII, 82. — Durarono le pratiche nel 1508. V. In., col. 448. (2) ORO: (8) Arch. di Stato di Torino. Matrimoni, m. 17, fase. 3, n. 1. L'Urrea si recò poi ambasciatore presso l’imperatore. V. Caucnie, Les desseins politiques de Léon X à son evènement, et la mission de Laurentio Campeggi en Flandre en 1513, in © Compte rendu des séances de la Commission Royale d’histoire ou recueil de ses bulletins ,, serie 5%, vol. 1° (1892), pagg. 120-40. (4) Arch. di Stato di Torino. Matrimoni cit., n. 2. Napoli, 27 aprile 1510. (5) Jd., n. 11. (6) Sanuro, XII, 73. — Le difficoltà insorte per la dote poco mancò non producessero la rottura delle trattative. V. Sanuro, X, 804, 806, 828 e XI, 110, dove anzi si parla delle medesime come già spezzate. È (7) Arch. di Stato di Torino. Protocolli ducali, n. 140, fol. 38. (8) Arch. di Stato di Torino. Matrimoni, ecc., n. 3. Napoli, 23 novembre 1510. © Ill.mo et Ex,m° Dux tamquam fili noster Car.®°. Essendo retornato ad nui lo mag.°° Alfonso Sanchez, nostro creato, ultra de havere referito con quanto amore et bonavoluntà v. Ill.®® s. è venuta ala conclusione delî appontamenti del matrimonio suo con la Ser.®* Regina nostra figlia, ce ha donato la lettera che la Fx. v. per epso ce ha mandato, et visto lo tenore de quella li respondemo, che del amore li portamo et de essere venuta ad dicti appontamenti con gran.®* benivolentia non bisogna regratiare, perchè amando nui sopra tucte le cose del mundo dicta regina nostra figlia, et havendo quella de essere consorte de v. Ex.*, In tucte le cose loro non posiamo procedere salvo con amore et carità materna, maxime che tenemo per fermo la Ex.® v. verso essa regina sua futura consorte farà multo più de quello per sue lettere ce have offerto ad ciò viva allegra et contenta, et che in omne occu- rentia verso nui non habia da mancare dal offitio de obsequentissimo figliolo. Nui da qua avante tucte le cose dela Ex.® v. reputarimo più che proprie, et sempre per queste operarimo como se specta ad verdadera matre verso figliolo obediente. Et perchè havimo ordinato al prefato mag.°° Alfonso che in nome nostro scriva alcune cose ala ex.* v. non ce allargarimo più per la presente. Solum presamo quella considere multo bene quanto dicto Alfonso li scriverà, che tucto se dia per lo honore et reputatione commune, quale da pari nostri multo se deve existimare. Et atteso che v. Ex." ha facte ad mon” de Masin per nostro respecto li significamo essere stato gratissimo et ne la regraciamo assai. Data in Castello Capuane Civitatis Neapolis Die xxr novembris M°ccccox® Juana (?) Reyna Ant,Ms phiodus s® , 5 LA POLITICA SABAUDA CON FRANCIA E SPAGNA DAL 1515 aL 1533 259 che miravano alla rottura del matrimonio per riannodarlo tra la principessa e l’impe- ratore Massimiliano (1). Il Duca sospese tosto l’invio di un’ ambasciata straordinaria a Napoli per compiere il matrimonio, e mandò ordine al suo rappresentante presso la curia romana, Ercole dei marchesi d’Azeglio, protonotario apostolico, di recarsi senz'altro in quella città a chiedere in bel modo spiegazione della cosa (2). Un mese più tardi, il 22 marzo 1511, certo dietro a confortanti avvisi del d’Azeglio, il Duca inca- ricava Luigi di Gorrevod, vescovo di Moriana, Claudio di Balleyson, barone di S.* Germain, e Bernardino Parpaglia, signore di Revigliasco, di partire alla volta di Napoli per terminare ogni cosa (3). Il matrimonio non si compiè per motivi a noi occulti, anzi se le voci che correvano nella fine del 1511 sono esatte, una delle nipoti di Giovanna, figlia del defunto Filippo d'Austria, re di Castiglia, veniva impalmata dal figlio del duca di Lorena, con promessa della Linguadoca in dote, tolta alla Francia, e, quel ch'è più grave, anche della Savoia, non difficile a strappare al Duca (4). Così il pro- getto accarezzato da Carlo d’un’intesa cordiale col re di Spagna falliva e pareva lasciasse il posto ad un intrigo tutto rivolto a danni del ducato. 2. — La morte di Luigi XII nel 1° gennaio 1515 e l’assunzione di Francesco I al trono di Francia non resero al Duca la tranquillità alla quale egli agognava. Luisa di Savoia infatti, madre del giovane re e sorella del Duca, accordava ogni favore a Renato il bastardo (5), e ne sosteneva gli interessi con atteggiamento anche ostile al Duca stesso. Francesco, da figlio ossequente, seguiva le orme materne, e concepiva fin dagli inizi del suo regno quel sentimento d’avversione per lo zio, che doveva col tempo condurlo all’usurpazione del 1536. La volontà sua imperiosa si fece sentire ben presto. Già vivente il re Luigi, Giuliano de’ Medici, marchese di Soriano, fratello del Pontefice, Leone X, aveva ricercato in matrimonio Filiberta di Savoia, sorella del Duca, con 100.000 ducati d’oro in dote (6). Il contratto era stato firmato il 10 maggio 1514 e la ratifica di Giuliano il 12 ottobre dello stesso anno (7), ma il Duca, a cui repu- gnava simile unione, ne procrastinava la conclusione. Salito al trono Francesco I, Carlo dovette cedere, e dopo una rinunzia di Filiberta ad ogni diritto sui beni paterni (8), il matrimonio venne compiuto. (1) Z@., n. 3. Istruzione al d’Azeglio. (2) Za. — Il d’Azeglio si trovava a Roma da alcuni anni. V. in Arch. di Stato di Torino. Pro- tocolli ducali, n. 188, fol. 288-389 e 315 un'istruzione con memoriale per lui e per altri ambasciatori alla corte di Roma, dati a Torino, 16 marzo 1506. (3) Zd., n. 5. (4) Sanuro, XIII, 327. (5) Arch. di Stato di Torino. Alemagna. Lettere principi, m. 1°. Massimiliano I al Duca il 28 dicembre 1505. L'imperatore si lagna che il Duca abbia accordato al Bastardo il ritorno nel ducato per la “ poursuite de nostre frère le Roy de france et de madame danguolesme ,, cioè di Luisa. (6) Zd., Matrimoni, m. 18, fasc. 1, n. 1. Procura di Giuliano ad Amedeo Berruto, protonotario. 6 aprile 1514. — Il Giovio (Le vite di Leon Decimo e d’Adriano VI sommi pontefici, ct del cardinal Pompeo Colonna. Firenze, Torrentino, 1551, pag. 189) afferma che il matrimonio costò a Leone X 150,000 ducati “ havendolo grandemente ricercato senza dote alcuna per nobilitare la famiglia ,. La realtà è che il Duca sborsò la dote e dopo la morte di Giuliano se la fece restituire. V. Arch. di Stato di Torino. Protocolli ducali; n. 138, fol. 154 e 97. (7) Id., Matrimoni cit., n. 2 e 3. (8) Id., n. 5. 254 ARTURO SEGRE 6 S'aggiunga che il re mostrando ferma intenzione di occupare la Lombardia, solle- citava fin dai primi giorni del suo governo il passo ai Francesi. Ma d'altro canto il duca di Milano, Massimiliano Sforza, che già nell’anno precedente aveva dato a Carlo non dubbie prove di malanimo (1), minacciava direttamente l’integrità delle terre piemontesi, ed il cardinale Matteo Schinner, vescovo di Sion, con un esercito di Svizzeri, venuto in soccorso dello Sforza contro il re, invadeva le terre sabaude ed entrava a Vercelli. D'altro canto gli abitanti di Asti e del contado, approfittando dei torbidi avvenuti a Mondovi, come pur faceva lo Sforza con insuccesso (2), man- davano genti in quella città a mantenervi il fermento (3). Il nostro Duca, impotente a fronteggiare tanti nemici, si rivolse al Pontefice, Leone X, pregandolo come parente, ad impedire gli eccessi e le usurpazioni in Piemonte. Leone, che mirava a legarsi col Duca, fece ripetutamente invito al cardinale Schinner di cessare dalle molestie, e limitarsi ad impedire la marcia del re (4). Leone ben sapeva che il Duca non era punto d’animo francese, e che l'apparente favore da lui accordato ai potenti vicini d’oltr' Alpe non aveva altra causa che l'impotenza sua a trattenerli (5). Lo Sforza ed il cardinale mostravano a parole buona disposizione, mentre i fatti di continuo li smentivano. Giacomo Tizzone, mandato a Vercelli nella seconda metà d’aprile per lagnarsi dei soprusi, e specialmente dei fatti di Mondovi, trovò visi sorri- denti e melate espressioni (6). Intanto Guglielmo VII, marchese di Monferrato, traendo (1) Id. Lettere particolari. Vassellat al Duca, Vercelli, 22 ottobre (1514). Gli Svizzeri dell’eser- cito sforzesco facevano di continuo scorrerie in quel di Vercelli con molti arbitrii, tanto che il Duca con un proclama ai sudditi aveva ordinato che tutti si apparecchiassero a prendere le armi, e prov- vedeva per avere a disposizione 3000 uomini in pieno assetto. V. Arch. di Stato di Torino, Protocolli ducali, n. 187, fol. 5-8. Il Duca ai sudditi e “ Memoyre pour lever gens ,, Ivrea, 15 ottobre (15149). (2) Zd., lett. cit. del Vassellat, Vercelli, 20 aprile (1515): © Mons® Je croys esté bien adverty pour mons” le souverneur du mondevys, mons” le baron de Chyvrons, commant Ila assemblea des gens quaurest estes feta pour aller aut montdevys et rompue. Pour quoy, monsig. ne vous am fest poent daultre mencion. Mons. le duc de Millan eleve son chatillien du chateau de Nauvarra pour ce que l’on dyssoet ledit chatilleyn avoet queuque entendemant avesques certeyn francoes. Mons. quont queuque chouse me vyendra Jornelemant vous am advertyray ,. (3) Id. Lettere particolari. Gio. Bartollomeo Tizzone, conte d’Arazzo e governatore d'Asti, al Duca. Asti, 13 aprile 1515. Assicura il Duca che avrebbe cercato di richiamare all’ordine gli Astigiani e di impedire le violazioni fatte a Mondovì. — Segue un proclama del Tizzone agli abitanti di Asti e del contado, in cui ordina si richiamino quelli andati a Mondovì. (4) Caspar Wurz, Akten iiber die diplomatischen Beziehungen der ròmischen Curie zu der Schweiz 1512-1552. Basel, Geering, 1895 (pubbl. nei “ Quellen zur Schweizer Geschichte herausgegeben von der Allgemeinen Geschichtsforschenden Gesellschaft der Schweiz ,, vol. XVI), pag. 34, 42, n. 21, 23 e 24. Il card. Giulio de’ Medici a Ennio Filonardi, nunzio in Isvizzera. Roma, 12 gennaio, 28 feb- braio e 12 marzo 1515. (5) Zd., pag. 71, n. 40. Il card. de Medici a Giacomo Gambara. Roma, 25 giugno 1515. £ Mante- nete ne li prefati S- Duca, Cardinale ed Elvetici quella buona disposizione et volontà che hanno verso lo Ill.m° S* Duca di Savoia, sia perchè non potriano far cosa più grata a N. S-°® che haverli grande rispetto, sì ancora perchè la Exe. S. non è a li Franzesi quel che forse altri si pensa, et sarà sempre con N. S"® et con li confederati una cosa medesima, et di questo accertatene li prefati SI ,. — Circa le disposizioni del Duca verso la Francia, vedi il mio: Carlo II, Duca di Savoia, e le guerre d’Italia tra Francia e Spagna dal 1515 al 1525. Torino, Clausen, 1900 (Estr. dagli “ Atti della R. Acca- demia delle Scienze di Torino ,, XXXV), pagg. 5-7. — Sulla storia generale di questo periodo vedi CrporLa, pagg. 852-99. (6) Arch. di Stato di Torino. Lettere particolari. Tizzone al Duca. Vercelli, 21 aprile (1515): “ Mons. Je vous asure que le Duc et le cardynal avont esté fort desplesant, comant pores voyr Yi LA POLITICA SABAUDA CON FRANCIA E SPAGNA DAL 1515 AL 1533 255 esperienza dai mali del vicino, stringeva accordo col duca di Milano (1), sebbene di nascosto intrattenesse pratiche in Francia (2) persuaso com'era che il vento di occi- dente avrebbe spazzato via la bufera di levante. Carlo invece stava isolato tra Francia e Milano, in balia del tutto ‘agli Svizzeri che si spingevano fino a Moncalieri ed usavano parole ed atti minacciosi (3). Le occupazioni d’ oltr'Alpe gli impedivano anche di recarsi a Torino, dove la sua presenza sarebbe stata più che necessaria, e neppure il conte del Genevese, Filippo di Savoia, suo fratello, osava lasciar Chambéry finchè le trattative col re invasore non avessero termine (4). Ormai la calata di Francesco I così temuta poteva essere la liberazione del Piemonte, ed il re, insof- ferente dell’ attesa, il 5 agosto da Grenoble chiedeva senz'altro aiuto e passo allo zio, minacciando in caso di rifiuto di provvedere da sè ai suoi interessi (5). “ Mon oncle. Je vous ay par plusieurs foiz prié que vostre plaisir fust maider à mon entreprise ou suys de present. Surquoy maves tousjours mandé que en temps et lieu vous declairiciez et me donneriez à cognoistre que aves desir et voulenté de me favoriser assister et secourir comme vostre prochain parent, Et que desirez de tout vostre cueur mon honneur et avancement. Sy vostre voulenté est telle, est de besoing presentement le monstrer par effect. Je suis prest à passer les montz avecques toutes mon armée. Les souysses mengent, destruissent et affollent vostre pays, donnent lassault et assiègent voz places. Et croy, que par fin de compte silz pouvoyent tenir vostre personne, vous Joueraient quelque mauvais Jeu. Je ne scay quel temps vous actendez pour vous deslivrer de la captivité ou Il vous tiennent. Vous ne troveres Jamais les choses mieux à propos pour vos venger deulx que è ceste heure. Si vous la voules entendre, Il vous donne occasion et cause de ce fere. Voz pays et subgectz sont mutinez contre eulx, Et ne leur sera Rien Impossible è faire pour les chasser. Je suys au près de vous avecques une grosse armée, et telle ne me scauvoient resister. pour sa letre. Le capyteyne Jeronym devoyt venyr se escuser de vers mons. le cardynal. Mes ayant entendu quil est sy fort corosé pour se quil ne san retornast de la premjere lectre, car luy fallyt eseryre par dus foys et luy anvoyer une tronpette, Il ne sest osé avanturer de venyr ,. (1) Za.: © Mons” le xx® de se moys le marquys de Monferrat et le duc de Mylan hont fet con- federasyon ansamble et le dyt margys... destre ung des amys du duc de Mylan et anemy de ses anemy et ancy que augquuns des rebeles du due se trovent an se peys, ledyt margys est oblyggé ales delyvrer au duc ,. — Vedi Id. Chiaffredo Pasero al Duca. Torino, 7 aprile (1515): © Mons? le marquis de Monferra au prochias du cardinal de Syom, Il est acordé avech le duch de Millan, et amsy que Je ay emtandu, Il pramt du-dit-duc un nombre de gamdarmes et le dit duc ly promet dyx mille ducas pour am de pamsiom. Tout foys Je nen scay se il se tiemdromt promesa lun è lautre gram tamps ,. (2) Lett. cit. del Tizzone. ©“ Mons? le marquys se voust antertenyr è mylan, et suis assuré quy lescrit an France et avertyt le roy de tout se quil peut savoyr, et fault que tout passe pour vous pays. Mons* quy poroyt avoyr quecune de ses letres se seroyt le moyen de luy donner la baste tout du long ,. ; (3) V. Arch. di Stato di Torino. Svizzera. Lettere principi, mazzo 12. I capitani ed ambasciatori della lesa antica raccolti in Moncalieri, al Duca. Moncalieri, 25 luglio 1515. (4) Lett. cit. del Pasero: “ ...et pour ceste cosse et autres biaucoup que povomt sorvenyr, Il est plus que neceseyr que o vous o mons* vostre frère venés doner un tour de par de za, car le acord de ceux que somt emtre eux Inimys nous se fomt poymt voluntier, si non pour fere mal les besognes de geuque um autre leur voysim ,. — Il Gioffredo dice che il re si recò a Chambéry (Storia delle Alpi marittime, in Mon. Hist. patr., SS., II, col. 1237) a visitare la Sindone, ufficio poi ricambiato, dal Duca nel 1516 alla S.'* Balma di Provenza (74., col. 1238). (5) Archivio di Stato di Torino. Francia. Lettere principi, m. 1°. Francesco I al Duca (copia). 256 ARTURO SEGRE 8 Les Venissiens, Genevoys et le marquisat de Montferrat sont de laultre cousté en armes pour favoriser mon entreprise, sy vous desclairez estre contre eulx, et assemblez gens pour rompre les vivres et favoriser vostredict pays et subgectz, en quoy faisant Je ne faitz nul doubte quon les rendra de telle sorte que de long temps nauront puissance de endompmager vous ne aultre. Mon oncle, actendu les choses dessusdictes et ce que vous maves promys et fect dire par voz gens, Je vous prie que vous vueilles ouvertement declairer pour moy et mon emprise. Aultrement si vous perseveres à dissimuler comme vous aves feit Jusques à present, me donnerez à cognoistre que naves volenté de maider ne seccourir. Et que la craincte en la quelle Ils vous ont tenuz Jusques è present vous tient en telle subgection que la preferez è lamour que deves avoir envers moy comme vostre proche parent et è recouvrer vostre liberté, que debvez estre cher davoir sur toutes choses. Et quant est de moy Je mesvertueray de faire mon cas sans vous, Et ne vous seray de riens tenu. Et pour resolution auray ceste ..... que en ..... de vous plus par crainte et subgection que par amis et liberalité. Ef sur ce adviseray comme Jauray à me gouverner envers vous cy après. Et adieu, mon oncle, qui vous ay eu sa garde. Escrit à Grenoble le cinqu.®° Jour daoust ,. Dopo simil lettera non poteva il Duca continuare nelle tergiversazioni, ed il re ebbe il passo. Gli Svizzeri occuparono sollecitamente i principali valichi delle Alpi, all'infuori del Monginevra, non ostante il prudente avviso della curia pontificia, che aveva forse da fonte ignota appreso il piano di guerra francese (1). Il re passò quindi il Monginevra senza ostacolo e minacciò le retrovie degli Svizzeri, sboccando con singolare celerità nel cuore del Piemonte (2). Il cardinale dovette sgombrare il paese e riparare a Vercelli (3), mentre Prospero Colonna colle genti spagnuole e pontificie cadeva prigione a Villafranca. Altrove narrammo le trattative di pace fra il re ed i suoi nemici con arbitrato del Duca, la battaglia di Marignano e l'appoggio accordato da Carlo al nipote durante il resto dell’impresa (4). (1) Wiz, Op. cit., pag. 75, n. 42. Il card. de’ Medici a Giacomo Gambara. Roma, 9 luglio 1515: Mantenga segreto grande su quanto comunica agli Svizzeri. “ Iudicasi che saria grandissimo pro- fitto el mandare a guastare li passi di Monginevra, perchè si stima siano li più grandi, et che per altro passo li Franzesi, senza gran tempo et senza grandissima difficultà, non possono condurci l’artiglieria. Ricordatelo con instantia ,. (2) Vedi sull’accoglienza del re a Torino ed in generale su questi fatti: GurrerEy, Cronique du Roy Francoys premier de ce nom. Paris, Renouard, MDCCCLX, pag. 8-9 (edito dalla * Société de l’histoire de France ,). (3) Vedi il mio Carlo II, Duca di Savoia, ecc., pagg. 8-9. — Wirz, pag. 90, n. bl. Il segretario di Stato al cardinale Matteo Schinner, Roma, 27 agosto 1515. Cercasi in questa lettera di magni- ficare la ritirata degli Svizzeri, a petto dell’incapacità dei Francesi, che giunti alle spalle quasi degli avversari, non seppero circuirli, “ li quali con tanto impeto passarono ,, scrive il segretario, “ che, con la presa della persona, et delle genti del s* Prospero (Colonna) pareva che volessino sorbir l’universo, et non hanno poi havuto animo di combattere li s." Elvetii, che non sono el terzo del loro exercito, chè del campo proprio de’ Franzesi è venuto scripto che non hanno osato affrontarli ,. (4) Carlo II, Duca di Savoia, ecc., pagg. 9-13. — Vedi su questi fatti tra gli altri: De Leva, Storia documentata di Carlo V in correlazione all'Italia. Venezia, Naratovich, 1863, vol. 1°, pagg. 192 e seg. — Miner, Rivalité de Francois I et de Charles Quint, vol. 1°, Paris, Didier et C.i°, 1875, pagg. 70 e segg. — De Varssire, Journal de Jean de Barrillon, secrétaire du chancellier Duprat, vol. 1° (1515-21). Paris, Renouard, 1897, pagg. 35-36. 9 LA POLITICA SABAUDA CON FRANCIA E SPAGNA DAL 1515 AL 1588 257 Finita l'occupazione di Lombardia e tornato nel regno, Francesco mostrò sulle prime desiderio di conservare buone relazioni collo zio per tenerselo amico. Le sue sollecitazioni al riguardo divennero frequenti e numerose. Già nel trattato di Noyon tra il re e l’arciduca Carlo, il futuro Carlo V, imperatore e re di Spagna, allora signore dei Paesi Bassi, il Duca era stato compreso come alleato, a condizione di mandar lettere d’accettazione. Ma esso desideroso di mantenere la propria libertà poli- tica, non s’affrettava a rispondere. Francesco ne lo sollecitò il 18 febbraio 1516 (1), pur accordandogli la consegna dei malfattori piemontesi che si rifugiavano nell’Astigiano, nella Lombardia e nella Liguria (2). Il Duca invece continuò nel solito contegno gar- bato, ma libero. I dissidi che per motivi di confine accadevano sempre col governatore francese di Lombardia (3), e specialmente la separazione delle chiese di Chambéry e di Bourg-en-Bresse dalle diocesi francesi di Grenoble e di Lione, che dopo la morte di Giuliano de’? Medici, per domanda del re, Leone X aveva revocato, alterarono la fittizia armonia tra i due principi (4). Gli ufficiali del Duca di là dall’Alpi non tennero conto della bolla pontificia, ed il re il 80 marzo 1517 se ne lagnò in termini vivaci, dichiarando di non ammettere usurpazione alcuna dei suoi diritti (5). Rispose (6) Carlo essergli ignota la mala condotta e disubbidienza dei suoi ministri, mentre certo di sua scienza il comune di Bourg faceva istanza al Pontefice per ottenere da Roma l'erezione desi- derata della città in vescovato. Il re, non appena ebbe sentore che il Papa approvava il ricorso, mandò un ambasciatore straordinario, Giovanni Cordyer, a lagnarsene col Duca, il quale freddamente rispose di non impacciarsi nelle cose dei suoi sudditi. Allora il re, pieno d’ira, protestò che, ove le cose non fossero state tosto ripristinate nello stato antico, avrebb'egli fatto quanto l’onore, l’autorità ed i diritti del suo regno volevano (7). In quei giorni scoppiava pure al Duca la prima sollevazione di Ginevra, spalleggiata dal cantone di Friburgo. Alre parve il momento opportuno alla vendetta, ed intimò allo zio la consegna di Nizza e di varie città del Piemonte. Fu ventura che i cantoni svizzeri, stretti in lega col Duca, in sorgessero a suo favore, chè forse sino dal 1517 il ducato sarebbe stato invaso dal monarca francese, il quale s'era già assicurato il tacito consenso dell’imperatore Massimiliano e del giovane re di Spagna, Carlo I, l'antico arciduca (8). Le minaccie svizzere adunque fermarono i disegni del re, ma rimasero tra i due principi gravi germi di malcontento. Chi ne approfittò fu Renato di Savoia, il bastardo. Nel 1518 egli poteva tutto alla Corte regia e faceva sentire al fratello che, se esso (1) Arch. di Stato di Torino. Trattati diversi, m. 6°, n. 6. (2) Za., n. 4. Lione, 9 marzo 1515 (stile francese) (pergamena). (3) Carlo II, ecc., pag. 11. (4) GurcHenon, II, 199. Dal Guichenon gli altri storici. (5) Archivio di Stato di Torino. Lettere principi. Francia, m. 1°. Francesco al Duca, da Blois (copia). (6) Z4., Il Duca al re. Torino, 17 aprile 1517. — Id., al sv di Maximieu (copia). (7) Id., Coucy, 8 giugno 1517, “ ...incontinent et à dilligence vous y vueilles pourveoir et remedier en ensuyvant voz parolles et promesses que vous mavez faicte en parlant avecques vous de ce affaire, vous estant pardega, Aultrement soyez seheur que Je mectray peine dy porveoir en sorte que mon honneur, auctorité et droiz de mon Royaume y seront gardez, ainsi que ay donné charge à Villel- resme, lung des gentilhommes de ma chambre, present porteur, de vous dire ,. (8) Vedi Carlo IL ecc., pag. 12-13 ed ivi la bibliografia di questo periodo di storia. Serie II. Tox. L. 39 258 ARTURO SEGRE 10 non lo reintegrava negli antichi possessi, egli avrebbe continuato le ostilità (1). Luisa, madre del re, si intromise e nel 1519 v’ebbero lunghe trattative: il Duca mandò a Parigi il sig. di Beuil, Onorato Grimaldi, per concertare qualche accomodamento (2), ma il risultato fu nullo. Se le preoccupazioni oltr' Alpe non mancavano, in Piemonte, durante l’assenza del Duca, vivevano le città in continui torbidi ed apprensioni. Nel luglio 1518 improv- visamente il marchese di Monferrato aveva raccolto le sue milizie, passandole in rivista. Fu un momento di allarme a Torino, ma fortunatamente una lettera del marchese alla duchessa Bianca di Monferrato con assicurazione che nulla si meditava ai danni di Savoia, dissipò l'agitazione (3). Tuttavia piccole ostilità non mancarono tra Stato e Stato, e nel maggio 1519, venuto meno il marchese (4), la consorte del medesimo, Anna d’Alengon, tutrice del nuovo principe, Bonifacio, fece divieto ai sudditi di fornire viveri agli abitanti di Chivasso, terra sabauda; di ricambio il con- siglio residente di Torino proibì ai Piemontesi che vivevano sulla riva destra del Po di recarsi a mercati e fiere d’altri Stati. Così senza nominare il Monferrato si venne a ricambiare l’ostilità con un danno commerciale non indifferente (5). (1) Archivio di Stato di Torino. Lettere particolari. Il st Arbyé al Duca, 15 ottobre 1518: “ Et pour vous dire la verité et noter bien ce mot, vous ne ferez Jamais votre proffit scans de riens ne ny serez Jamais bien voulu, que vous nappoinctez le fait de mons. le bastard. Jay deviser (sic) par plusieurs fois avec luy et pour sa conclusion y vient tousiours è ce que sil vous plaist luy rendre ce dont il est question, que, avant quil soit ung an, il vous fera plus groz service que cela ne voult. Je vous promectz, Mons, que la (7 @) merveilheusement gros credit et tant en mariage que en aultre chose il vous pourra beacopt ayder commil ma dit. Ye luy ay parler de Recompence. Mais il ny veult riens entendre. Vous estes bon et saige; pencez bien en cela, Car il vous est de consequance ,. (2) Id. Lettere vescovi. Torino. Arcivescovato, m. 1°. Claudio di Seissel al Duca. Torino, 27 maggio (1519) — Dentro vi ha il seguente avviso di Francia: “ Mons” le bastard est après pour faire coucher son affaire par escript en bonne forme pour lenvoyer devers mons* de Savoye par mons.” de Confignon dedans quatre ou cinq Jours pour le passer du tout. Et croy que mons de beuil attendra Icy le Retour dudict s de Confignon qui Ira et viendra en poste. Et après cela estres depesché, les afferes de monseigneur de Savoye Jront bien en ceste court, car il aura le vent è commandement. Escript a St Germain en laye le x1nj® de may ,. — Vedi sulle trattative del Beuil a Parigi: De PAnisse-PassIs, Les comtes de Tende, ecc., pagg. 26-30 e 229-32 e Carlo Il; ecc., pagg. 13-14. — Il Beuil fu poi creato nel 1521 luogotenente generale del Duca in Piemonte. Vedi Arch. di Stato di Torino. Protocolli ducali, n. 150 (1519) (Vuruier, Protocollo 16°), fol. 32. Patente del 14 febbr. 1521 (Nell’indice erroneamente è messa la data 1519). (3) Arch. di Stato di Torino. Lettere vescovi. Torino, Arcivescovado, m. 1°. Seissel al Duca. Torino, 6 luglio (1518): “ ...lassemblee que avoit faict mons” le marquis de Montferrat nestoit point pour offendre, ains quil tacheoit que les differens sappoinctassent et que ses subgectz vesquissent avec les vostre en bonne paix et amytié. Et encores depuis a envoié ung siens maistre dhostel devers madame Blanche a ceste mesme fin comme pourrez veoir par ce quelle vous escript. Et oultre ce entendons de tous coustez quil ny a nulle apparence davoir crainte, ne soy doulter de ce cousté la. Par quoy ne sera besoing que vous ne mons.» vostre frère travaillez vos personnes, ne prennez fantasie pour cecy que bien è point, Ne encores dassembler les grans de voz pays, ne faire aultres preparatifz sil ne survient aultres chose. Au quel cas lon y provoiera assez a temps et serez continuellement adverty de tout. Et pour tant que depuis les lettres que le dict s” marquis vous escripvit que nous envoiates pour faire la response, les choses sont changees de sorte quil nest plus question de respondre particulièrement sur lesdicts pointz, comme Il estoit lors, et aussi que la diete response a desjà beaucop tardé, avons esté dadvis nen faire point pour le present et Jusques à ce que aions response de vous sur noz dernières lettres ,. (4) Guglielmo VIII era morto nell’ottobre 1518. Vedi DeL Carrerro, Cronica di Monferrato, col. 1269 (in Mon. hist. patr., SS., Ill) ‘(5) Zd., Torino, 27 maggio (1519). ni “ I LA POLITICA SABAUDA CON FRANCIA E SPAGNA DAL 1515 AL 1533 259 In conclusione gli avvenimenti di qua e di là delle Alpi dovevano spingere il Duca a cercarsi un protettore: isolato, in balìa della Francia, la sicurezza del suo stato era seriamente compromessa. Il protettore fu l’erede di quel re d'Aragona, al quale egli già aveva rivolto lo sguardo in altri tempi, fu colui che doveva tenere per tanti anni la signoria di un immenso Stato quale mai aveva veduto l'Europa dopo i tempi di Carlomagno, l’imperatore Carlo V. i 8. — Nel 1519, l’imperatore Massimiliano I era venuto a morte, e gli elettori, dopo lunga titubanza, avevano scelto a successore del defunto sovrano, il re di Spagna, Carlo I, suo nipote. Questi, come già vedemmo, era da alcuni anni in qualche rela- zione col Duca. Due suoi ministri inoltre si studiavano di avvicinarlo maggiormente al principe sabaudo, Lorenzo di Gorrevod, poi conte di Pondevaux, gran maggiordomo e maresciallo di Borgogna, e Mercurino Arborio di Gattinara, presidente di Borgogna, ed in seguito gran cancelliere dell'impero (1). Ambidue nati sudditi del Duca, ne godevano i favori (2) e la stima, ed ora, il Gorrevod specialmente, facevano sentire la loro benefica influenza sul giovane sovrano. Nel 1515 quando il futuro Carlo V uscì di tutela, prese il governo dei Paesi Bassi e strinse col re di Francia il trattato di Noyon, il Gorrevod s’adoperò perchè vi fosse inchiuso come alleato il Duca (3). Egli ignorò certamente il trattato segreto, a cui accennammo, tra Carlo, divenuto re di Spagna, Massimiliano e Francesco I, dove il Duca era sacrificato, o se lo conobbe non potè impedirlo. Siccome il principe sabaudo non ebbe notizia della cosa, le sue disposizioni verso il futuro imperatore durarono ottime. Niuna meraviglia, adunque se l’elezione del re di Spagna a re dei Romani fu (1) Sul Gattinara vedi gli studi del compianto barone CrarertA, Notices pour servir à la vie de Mercurin de Gattinara, Grand-Chancelier de Charles-Quint, d’après des documents originaue, in © Mémoires et documents publiés par la Société Savoisienne d’histoire et d’archéologie ,, serie 2°, XII (1898), pag. 247-344, e Notizie per servire alla vita del gran cancelliere di Carlo V, Mercurino di Gattinara (estr. dalle “ Memorie della R. Accademia delle Scienze di Torino ,, serie 2%, XLVII), Torino, Clausen, 1897. — Bornare, Ricerche intorno alla vita di Mercurino di Gattinara. Novara, Miglio, 1899. — Vedi anche notizie su alcuni documenti del Gattinara in “ La Sesia ,, 1899, raccolte dal Prof. Armanpo TarLone. (2) Il Gorrevod nel 1521 ottenne il contado di Pondevaux in cambio di varie altre terre (Arch. di Stato di Torino, Protocolli ducali, n. 148, fol. 25-28), con titolo di conte (7@., fol. 29-30. Ginevra, 28 gen- naio 1521). — Il Gattinara aveva occupato la carica di presidente di Bressa, e con tale ufficio era stato mandato nel 1509 in ambasciata presso l’imperatore Massimiliano per la lega di Cambray e le pretese su Cipro. Vedi Borwarn, Op. cit., pag. 8. — Arch. di Stato di Torino, Protocolli ducali, n. 136, fol. 47. — Circa la sua nomina a cancelliere, vedi la lettera del Gorrevod, Arch. di Stato di Torino, Lettere particolari. Gorrevod al Duca, Saragozza, 22 luglio (1518). (8) Vedi il mio Carlo II, ecc., pag. 5 ed anche Archivio di Stato di Torino. Lettere particolari. Gorrevod al Duca, Gand, 4 aprile (1515). Annunzia l’uscita di minorità dell’arciduca Carlo, ed aggiunge: “ Mons.”, Je tiens que soiez assez adverty des traictez que se sont concluz entre ledict s prince et madame Renée de France, que aussi de traicté de paix et alliance entre eux deux. Ht ont esté denommez les alliez dung costé et daultre, et pour vous fère service, Mons., Jay sol- licité et tin main que mons” le prince de Castille vous a nommé pour ung de ses alliez et que de sa part aves esté comprins et denommé audict traicté et crois quil sera besoing que envoiez. voz lettres patentes dagreation. Mais vous serez du tout adverty par mondict s* le prince et madame votre seur, Lesquelx Je tiens vous en escripront incontinant que les ambass.* que sont en France seront de retour ,. — Circa il disegnato matrimonio di Renata, vedi Fowrana, Renata di Francia, duchessa di Ferrara, nei documenti dell’ Archivio estense, del Mediceo, del Gonzaga e dell'Archivio segreto Vaticano (1510-36). Roma, Senato, 1889; e su un altro disegno di nozze col duca di Savoia, KrucxHonn, Deutsche Reichstagsakten unter K. Karl V, vol. 1° (Gotha, Perthes, 1893), pag. 138. 260 ARTURO SEGRE 12 accolta con giubilo in Piemonte, e se a Torino furono accesi fuochi di gioia e si spa- rarono le artiglierie (1). Francesco I aveva proprio in quei giorni trattato duramente il signor di Confignon, ambasciatore straordinario alla sua corte, non essendo contento delle proposte ducali per mettere fine ai dissidi di Renato col Duca stesso. Il Confignon aveva lasciato Parigi e l'impressione dei Piemontesi era stata così viva, che lo stesso arcivescovo di Torino, Claudio di Seissel, il quale pure in altri tempi aveva prestato la sua opera a Carlo VIII e Luigi XII, ed occupato la carica di vescovo a Marsiglia, consigliò senz'altro il Duca a restringersi con quelli che erano i suoi protettori naturali, il nuovo imperatore ed il Pontefice (2). “ Et pource, monseigneur ,, scriveva il degno prelato, “ quil se dit communement que à une demande desraisonable se doit fere response honeste, laquelle pource quelle pourrat produyre quelque malcontement, non estant acceptee. Je seroye dopinion que prevenant donnissiès provision au cas qui vous pourroit entrevenir. Et en prevenant mieulx se pourra pourveoir salve vostre auctorité, Car a limproveue y seroit grosse difficulté. Je suis bien assehuré, mon- seigneur, quilz ne vous faillent pas grans amys et grandes aliances. Mais se Jamais Il fust temps de sallier plus fort et en fere des nouvelles, Par beaucoup plus practiquez et experimentea que moy croy sera Jugié que maintenant est le temps de ce fere, En me persuadant que tellement aurez ordonné voz afferes avecques mess.? des ligues que bien peu ysoit è dire, que nest pas de petite Importance. Leste par mon advys que avecques tous moyens ct Industrie pourchasses dacquerir la benivolence du moderne Roy des Romains, Non pas par manière de soy donner en proye, ne aussi en totelle liberté, Mais seullement avecques bonne facon luy fère cognoistre quaves grant desir luy fère services, Et pareillement que les aultres entendent que soyes agréable à sa magesté et quil vous veulle tenir en protection comme bon parent et membre de lempire. Et ansi procurer nouvelle intelligence avecques nostre sainct père, avec la reputation que scaures bien fère. Lequel sainct père de plusieurs ans en ca sest cogneu en tous les grans afferes des chrestien avoir obtenu grosse auctorité. Et combien que en lung et aultres lieux è laventure ny fust ainsi preste la demostrance de lintention Interieure que lon desireroyt, Le temps le pourra porter plus grande. Et daultre part quant ont entendra que les deputez par bons practiqueront en cestes courtz pour ce que tous ne scauront le secret, et que raisonablement lon doit plus tost penser en vostre faveur, que au contraire, Pource que aultrement vosditz deputez ny demoureroient point, Voz ennemys, ou ceulx qualaventure avoient pensé de vous mordre, changeront, propost et nouseront vous regarder de maulvays oeil. Cependant le temps vous conseillera pour pourveoir au demourant. Et mons.” de Saleneuve, qui se dit estre allé pour fère vostre salutacion audict empereur demourant quelque peu de temps en celles bandes sous coleur davoir fait ung effaict, comme saige, pourra par voye indirecte entendre plusieurs aultres choses que vous pourront donner Introduction (1) Arch. di Stato di Torino. Lettere Vescovi, loc. cit. Seissel al Duca. Torino, 17 agosto (1519). “ Mons.” en ensuivant ce quil vous a pleu mander, lon a faict faire les feuz de Joye lundj du soir pour lelection du Roy des Romains tant en la place de vostre chasteau, que en celle de la ville et sur la tour du commun, et aussi ceans et faict tirer artillerie et sonner cloches ainsin quil est de coustume en tel cas, et a esté retardée la chose deux Jours pourtant que vostre artillerie nestoit pas.en ordre pour tirer ,. (2) Zd., Torino, 19 agosto 1519. 13 LA POLITICA SABAUDA CON FRANCIA E SPAGNA DAL 1515 AL 1533 261 à beaucoup daultres novelles provisions qui se pourront fère plus è laise et propost, Ne Jamais homme vous pourra imputer que vous soyez demonstré plùs dung costé que daultre, veu que sellon vostre coustume vous scaures bien deporter, et aussi que vous et plus grantz soyez tenuz luy fère service avecques les dehues remonstrances (1) ,. Il consiglio dell’arcivescovo fu seguito in gran parte. Oltre all’invio del signor Salleneuve in Spagna a congratularsi, il Duca diede impulso ad una pratica di matri- monio tra lui e Beatrice, secondogenita del re di Portogallo, Emanuele, che allora seguiva in tutto la politica spagnuola. Il nuovo re dei Romani, desideroso di cat- tivarsi in ogni modo il Duca, mandò a Lisbona il signor de la Chaux per aiutare i messi sabaudi, Lodovico Gallier, signore di Bressieu, ed il segretario Claudio Chatel, che trattavano col re circa la dote (2). Quindi, nel gennaio del 1520, partì da Barcellona, lasciando l'arcivescovo di Saragozza vicerò di Catalogna, si recò in Castiglia, raccolse le Cortes, discutendovi gli affari dello Stato, ed imbarcatosi quindi alla Coruîia s'avviò verso Fiandra. Prima di salpare (3) fece intendere al Duca per bocca di Pietro Lambert, signore de la Croix, recatosi pur esso in Ispagna, e per lettera del Gorrevod che avrebbe desiderato vedere lui ed il fratel suo, Filippo, il conte del Genevese, in Ger- mania (4). Il Duca rispose essere pronto ad eseguire quanto l’imperatore ordinava : volesse però S. M. indirizzargli lettere categoriche su tal materia. Ma Carlo V, che temeva di eccitare gelosia e sospetti quando fosse comparso in Fiandra con seguito troppo numeroso, procrastinò l’invito (5). Quando tuttavia fu giunto sul suolo fiammingo disse tosto al Lambert, che s'era recato ad attenderlo (6), e scrisse al Duca di andare al suo fianco o di mandarvi il fratel suo (7). Il 13 agosto 1520, il Duca diede procura al conte del Genevese per fare in nome suo giuramento al nuovo Cesare (8) ed il 16 ottobre Filippo giungeva a Maestricht ben ricevuto, ed in tempo per assistere alle cerimonie (9). Queste s'erano (1) Circa la vita del Seissel, vedi Durararn, De Claudii Seisseliù vita et operibus. Parisiis, Hachette, 1892. Vedi anche un importante consiglio dato dal medesimo al Duca nel 1516 in CarveTI, Storia della diplomazia della Corte di Savoia, vol. 1° (1494-1601), Torino, Bocca, 1875, pagg. 532-46. (2) Archivio di Stato di Torino. Matrimoni, m.17, fasc. 5, n. 1. La Chaux al Duca, Coruîa, 24 aprile (1519). L’ambasciatore scrive che non ostante i suoi sforzi, non gli fu possibile strappare al re un aumento di dote. — Circa l’invio del Bressieu e del Chàtel, vedi CLarnertA, Notizie storiche intorno alla vita ed ai tempi di Beatrice di Portogallo, duchessa di Savoia, con documenti. Torino, Botta, 1863, pagg. 26 e 103-124. (3) Vedi sulla politica del nuovo imperatore in quest'anno, Héorrer, Zur Kritik und Quellen kunde der ersten Regierungsjahre Kaiser Karl V, in “ Denkschriften der Kais. Akad. d. Wissen- schaften zu Wien, Phil.-hist. Kl.,, XXVIII e l’importante introduzione del Wrebe nel volume 2° dei Deutsche Reichstagsakten unter Kaiser Karl V. Gotha, Perthes, 1896. (4) Archivio di Stato di Torino. Lettere particolari. Gorrevod al Duca. Bourg, 31 gennaio (1520). Id., al conte del Genevese ed al Duca. Bourg, 24 febbraio (1520). (5) Lett. cit. al conte del Genevese. (6) Nel viaggio per Fiandra erasi il Lambert fermato a Marnay presso il Gorrevod dal quale aveva tratto consigli e notizie. V. Arch. di Stato dì Torino. Lettere principi. Svizzera, m. 8 (Vallese). Lambert al Duca. Besancon 15 aprile (1520) e Gorrevod al Duca. Marnay, 15 aprile (1520). (7) Lawsert, Mémoires, col. 850. Vedi per questi fatti Carlo II, ecc., pag. 15. — Arch. di Stato di Torino. Alemagna. Lettere Principi, m. 1°. Carlo V al Duca. Gand, 10 giugno 1520. (8) Arch. di Stato di Torino. Materie d’Impero, cat. 1° (Investiture), m. 1°, n. 5. Procura del Duca, Torino, 13 agosto 1520 e Z4., Forma di giuramento prestato da Filippo all'Imperatore. (9) Arch. di Stato di Torino. Lettere particolari. Gorrevod al Duca. Maestricht, 18 ottobre (1520): © Monseigneur. Plaise vous savoir que mons. vostre frère arryva Jey le xvi de ce mois, Et ce mesme 2602 i ARTURO SEGRE 14 ritardate causa la pestilenza scoppiata in Acquisgrana con tale strage che non erano mancate proposte di eseguire la funzione a Colonia. Ma alla fine d’ottobre le con- dizioni sanitarie di quella città migliorarono, sicchè venne la cosa stabilita pel 23 del mese (1). Il nuovo imperatore intanto trionfava in ogni suo disegno politico. Prima della incoronazione, conoscendo i vivi malumori francesi (2), aveva visitato in Inghilterra lo zio Enrico VII (3), ed avutone ricambio a Gravelines (4). Enrico, nonostante prece- dente abboccamento con Francesco I, abbracciò la causa del potente nipote. In Italia poi questi s'era guadagnato l’amicizia del Duca coll’usargli riguardi e favorirlo nel matrimonio disegnato con Beatrice (5), sebbene non riuscisse ad impedire che difficoltà varie insorgessero nell'esecuzione del contratto. Il re Emanuele si mostrava irremo- vibile circa la dote, che il Duca avrebbe voluto prima di 300.000 ducati in contanti e 100.000 in gioie (6), e poi almeno di 200.000. Il Gorrevod consigliò il Duca ad insistere sull’ultima cifra, ma, ove non riuscisse a piegare il re, cercò di persuaderlo ad accomodarsi seco lui in qualche modo, sia per ragioni politiche, sia perchè solo apparentemente una grossa dote recava vantaggio ad un sovrano. Se infatti per disgrazia la consorte premoriva, quello doveva restituire, se privo di figli, la dote, il Jour a fait la reverence au Roy, Lequel lui a faiet de lhonneur et fort bon recueil. Comme Jespère que serez plus aulong avertis par lettre de mondict s" vostre frère. Et espère puis que le commen- cement a esté si bon que la fin sen ensuyvra encore meilleure, dont Je seray bon soliciteur de tout mon pouvoir ,. (1) Zd.: “ Monseigneur. A cause de quelque mortalité de peste qua esté à Aix le sacre et coron- nement du Roy a esté retardé, et desiroient les princes electeurs que le sacre et. le coronnement se fist è Cologne. Toutesfois Il est si bien venu que la mortalité est cessée a Aix, Moyennant le bon ordre que lon y a mis. Et a ceste cause est conclud que mardi prouchain xxm° de ce mois, le Roy sera sacré et prandra sa coronne à Aix. Et y sont tous les electeurs, reservé le marquis de bran- dembourg qua envoyé ‘ses ambassadeurs pour assister en son lieu et le Roy de Bohème et de hongrie a pareillement envoyé son ambasadeur quest pour assister en son lieu ,. (2) Arch. di Stato di Torino. Svizzera. Lettere principi, loc. cit. Lambert al Duca, lett. cit. ©“ Mon- seigneur. Il (i Gorrecod) ma monstré des nouvelles quil a despaigne que Jay extraict telles. Le Roy de France a faict donner par ses ambass. parolles de menasses au Roy et demande que avant son partement despaigne il ait seheurté du mariaige et avoir huyt por hostaige, quatre des plus grans despaigne et quatre de heynault, Ou aultrement fault que lamytié dentre eulx rompe. Lon luy a faict response de bonne parolles, Car è cella lon ne veult entendre, Mais sasseheurera lon du roy dangleterre. Et quant lon sera en Flandres, on verra que ce sera. Len a despeché è Naples et Alemaigne cestassavoir è Naples quilz se tiennent prestz et sur leur garde, Et quilz fassent venir à eulx larmée daffrique, En Allemaigne que les electeurs escripvent au roy de France par homme exprès luy disant quil ne savance è commencer quelque Jeu avecq declarations pour lempereur et aultres notifications necessaires. Je croy quil na garde de commencer. Mais cest pour nous cuyder amuser et garder de passer. Mais ne poura, Car lon a bien pourveu de bons coustes et pour le present ne nous peult donner empesche... ;. (3) Mrewer, I, 245-46. } (4) Id., pag. 255. — Arch. di Stato di Torino. Lettere particolari. Gorrevod al Duca. Bruxelles, 5 giugno (1520), Bruges, 28 luglio (1520). (5) Arch. di Stato di Torino, loc. cit., lettera del Gorrevod, 15 giugno: “ Mons? Lempereur desire bien de savoir si aurez conclus vostre mariaige de Portugal et semble bien à sa Magesté et à tous ceulx de son conseil que nesle debvez dilayer ne mectre en roupture en fasson que ce soit. Et quant è moy, que suis vostre très humble subiectz et serviteur, suis bien de leurs mesmes advis ;. (6) JA. Matrimoni, m. 17, fase. 5°, n. 1%. Risposta del Duca alla proposizione fattagli da Ono- rato Cays. 15 LA POLITICA SABAUDA CON FRANCIA E SPAGNA DAL 1515 AL 1583 263 che poteva ridurlo in gravi angustie (1). Il consiglio del Gorrevod fu seguito, ed il Duca s’accontentò di 150.000 ducati, che i suoi ambasciatori, Claudio di Balleyson, barone di S. Germain, e Chiaffredo Pasero, avvocato fiscale, il 26 marzo 1521 pattui- rono definitivamente col re portoghese (2). Alla fine d’agosto la giovane principessa salpava coi messi ducali dalle rive della patria sua, e dopo varia fortuna di mare, giungeva a Marsiglia, il 21 settembre (3) ed il 29 a Villafranca. Il 1° ottobre a Nizza in mezzo al giubilo di tutto un popolo ed alla presenza di un rappresentante impe- riale (4) si celebravano le nozze (5). Francesco I, pieno di sdegno contro l’imperatore, che dopo aver trionfato nel- l’elezione dove egli pure erasi presentato quale aspirante, gli aveva anche tolto l'alleanza inglese, maturava contro di lui disegni di vendetta. Egli vedeva nella peni- sola il duca di Savoia svincolarsi dai legami che a lui lo avvincevano da lunghi anni, (1) Zd. Lettere particolari. Gorrevod al Duca, Bourg, 20 febbraio (1520): “ Monseigneur, Je ne me donne pas marveilles si le Roy de Portugal ne vous a fait de bien grans offres, veu que voz gens navoient puissance de conclure avec lui, Et aussi vous advertis bien quil est bon mesnaigier Ht ne donne pas legièrement ses ducas. — Monseigneur. Je trouve tres bon le despeche que fectes à vostre secretaire Chastel de parsister sur les deux cens mil escuz aux condicion contenues en vostre mémoire et me semble que le Roy du Portugal ne pourra bonnement differer de conclure avec vous sur les demandes que lui fectes, que Je trouve toutes raisonnables. — Monseigneur, Si vous plait, vous prandrez mon petit advis de bonne part, qui est tel que si le Roy du Portugal ne vouloit entièrement vous bailler ce que vous demandez, si me semble Il que vous ne devries laisser pour peu de chose de fere une bonne conclusion de ceste matière Pour plusieurs bonnes raisons, que vous entendez mieulx que moy. Et aussi Jay tousjours ouyr dire aux saiges que ce nest pas grant bien è ung prince davoir grans deniers de mariaige, Pour ce que sil advient le cas de restitution de mariaige, Cela est cause bien souvant de pourter grand domaige aux maisons des princes, Et que lon doit mieulx extimer les bonnes et grandes alliances que largent ,. (2) CrarentA, Notizie storiche, ecc., pagg. 31-32. — Fece però il Duca dapprima molte lagnanze ai due ambasciatori, accusandoli d’aver oltrepassato la loro commissione, sia circa la somma della dote, sia per aver consentito ad obbligarlo d’un reddito annuo alla consorte di 20,000. ducati, di cui 5000 assegnati sulle terre tenute fino alla morte da Bianca di Monferrato e 15,000 su altre terre dello Stato. La risposta tuttavia del Balleyson e del Pasero fu tale da persuadere il Duca che la loro decisione era stata buona e conforme alle istruzioni da lui stesso date. Arch. di Stato di Torino. Matrimoni cit., fasc. 5°, n. 4. Lisbona, 12 giugno (1521) Balleyson e Pasero al Duca. — Non priva d'interesse è pur una del Pasero al segretario ducale Vulliet. V. Id. Protocolli ducali, n. 170, fol. 195. Lisbona, 11 aprile (1521) (latina). Circa la morte di Bianca di Monferrato (della quale Ussecnio, Bianca di M., ecc., pagg. 307 e segg.) vedi Arch. di Stato di Torino. Lettere vescovi. Torino Arcivescovato, m. 1°. Seissel al Duca. Torino, 16 aprile (1519): © Monseigneur Nous avons esté a Cargnan et achevé les exeques de feu madame Blanche, En quoy Colombière a prins beaucop de la peine y a très bien servy ,. (8) In., Matrimoni, loc. cit, n. 4. Balleyson e Pasero al Duca. Marsiglia, 21 settembre (1521). (4) Gaczarp, Le chapitre des Ambassades dans les comptes des Receveurs généraua des finances de 1507 è 1524 (im “ Compte rendu des séances de la Commission Royale d’histoire ,. Bruxelles, 1879, serie 4*, vol. VI), pag. 264. Il st Ferry Carondelet, arcidiacono di Besangon e Consigliere imperiale, partì dall’abbazia di Mont-Benoît “ avec certaines instructions et mémoires à luy envoyées par l’Empereur, avec quinze chevaulx et autant de personnes, le xv° de septembre xvcxxr, et allé devers mons* le duc de Savoye, tant pour estre présent de part le dit seigneur Empereur aux nopces dudit duc qu'il devoit lors tenir avec l’une des filles du roy de Portugal (sic), et pour aucunes matières et affaires secretz ,. Fece ritorno a Mont-Benoît dopo 51 giorni d’assenza. (5) CrarertA, Op. cit., pagg. 37-39. — Cars pe Prervas, Chronique Nicgoise de Jean Badat (1516-67), in “ Romania ,, XXV (1896), pag. 56. Ricorda il Badat che il giorno prima del matrimonio, 29 set- tembre, il Duca fece visita a Beatrice. 264 ARTURO SEGRE 16 e nonostante le numerose offerte (1), unirsi in matrimonio a principessa di idee e di affetti spagnuoli, e lasciare al fianco dell’imperatore il fratel suo, il conte del Genevese. Sicchò esso, mentre iniziava le ostilità nel Lussemburgo e nella Navarra, acere- sceva le sue forze in Italia, ed intimava pure allo zio di richiamare il conte. Stretto d'ogni parte dalla Francia, temendo ad ogni istante l’invasione delle sue terre, Carlo non seppe resistere, e credendo che un'assoluta neutralità avrebbe risparmiato mali e sofferenze allo Stato suo, mandò ordine al fratello di abbandonare la corte impe- riale. Carlo V ne fece altissime meraviglie (2). In una lettera molto vivace al Duca il 25 luglio 1521 disse che bene era stupito di simil ordine : sapere perfettamente di dove veniva l’intimazione, ma essere il re di Francia stato l'aggressore, e quindi aver obbligo tutti i principi dell'impero di aiutare lui imperatore a rintuzzare l’aggressione. Volesse adunque il Duca far note le sue intenzioni al riguardo senza indugio, chè in quanto al conte del Genevese questi aveva abbracciato il suo servizio e mai se ne sarebbe dipartito (3). Questa lettera, altiera e disdegnosa, dovette porre il Duca in grande imbarazzo. L'imperatore lo sospettava collegato di Francia, e solo le calde parole del conte di Pondevaux, il Gorrevod, lo trattennero da aperta rottura col Duca. D'altra parte il re voleva passo e viveri alle sue genti. Il Duca scelse la via meno aspra: accordò al re quanto voleva, mantenendosi quanto al resto in assoluta neu- tralità. La guerra scoppiò nella penisola (4). Il generalissimo dell’esercito spagnuolo e (1) Vedi Carlo II ecc., pag. 18. — Arch. di Stato di Torino. Lettere particolari. Arbyé al Duca, 15 ottobre 1518. “ Tout le monde se marie que vous et mons vostre frère. Je vous promectz, mons», que tous ceulx qui vous ayment dient que vous y dobièz entendre ,. (2) Arch. di Stato di Torino. Lettere particolari. Gorrevod al Duca. Marnay, 29 marzo (1521). (8) Id. Alemagna. Lettere principi, mazzo 1°. Carlo V al Duca. Gand, 25 luglio 1521. — L’impe- ratore conosceva tuttavia che il Duca aveva accordato il passo ai Francesi nel suo Stato per necessità. Vedi Wxrepr, Deutsche Reichstagsakien ecc., pag. 830. Tunstall al Wolsey. Worms, 22 marzo 1521. — Carlo V aveva voluto lasciare al re l’inizio delle ostilità, per mostrare al mondo sua non essere la colpa della guerra. Questo proponimento aveva maturato egli prima ancora di allontanarsi dalla Spagna. V. Arch. di Stato di Torino. Svizzera. Lettere principi, m. 8°. Lett. cit. del Lambert al Duca da Besangon, 15 aprile (1520), © Monseigneur. Est la substance des nouvelles quil (i Gorrevod) a pour le present quil estime estre fort grandes et telles quil en presume guerre et grosse. Car Ze roy des Romains estoît tousiours en propos de non riens commencer ny rompre le traicté, sy les aultres nen estoyent les infracteurs. Et puis quilz ont faiet tenir telz propos, Il peult conjecturer que le Roy des Romains et son conseil donneront ordre en leur cas, el adviseront de suyvre leurs droictz et querelle... ;. (4) Le ostilità veramente cominciarono nel Lussemburgo e nella Navarra, v. De Leva, II, 77 e sgg. — Carlo II, ecc., pagg. 17-20. Vedi anche Arch. di Stato di Torino. Lettere particolari. Gorrevod al Duca. Marnay, 29 marzo (1521): “ Lempereur a esté avertir (sic) comme mess. Robert faict quelque assemblée de gens darmes. Aussi fait mons. de gheldres et à ceste cause lempereur a despecher (sic) mons.” de Nassau et mons” de diesta (?) pour aler en Flandres donner ordre aux frontières. Et davantaige fait mectre dix mil lansquenetz sus pour les envoyer là ou besoing sera ,. — In quei giorni l’imperatore attendeva alle questioni religiose, e citava Martin Lutero a comparirgli innanzi. Ia. “ Lempereur a mander (sic) querre maistre Martin Leuther et doit estre è ses pasques àè Volmes ,. V. anche su questo periodo di storia: Larmmrr, Monumenta Vaticana Historiam Ecclesiasticam sae- culi XVI illustrantia. Freiburg i. B., Herder, 1861. — Jonanx, Der Reichstag zu Worms im Jahre 1521. Nach den Briefen des pipstlichen Nuntius Hieronymus Aleander, in “ Abhandlungen der hist. Classe der K. bayer. Akademie der Wissenschaften ,, XI (Minchen, 1868), pags. 57-146. — Parte dei dispacci dell’Aleandro da Worms fu pubblicata di nuovo o per la prima volta dal Baran, Monumenta refor- mationis Lutheranae ex tabulariis secretioribus S. Sedis 1521-25, Ratisbona, 1884, ed in versione 107; LA POLITICA SABAUDA CON FRANCIA E SPAGNA DAL 1515 aL 1538 265 pontificio, Prospero Colonna, vecchio e prudente duce, tolse al Lautrec ed al fratel suo, il maresciallo di Lescun, buona parte della Lombardia ed entrò a Milano entro il 1521. Pochi mesi dopo la vittoria della Bicocca dava stabilmente la Lombardia in mano al duca di Bari, Francesco II Sforza, che riebbe così lo Stato avito, mentre pur viveva l’antico duca Massimiliano, suo fratello (1). Il Colonna, seguendo il felice corso degli eventi, volle strappare ai Francesi la repubblica di Genova, che sotto il governo, del doge Ottaviano Fregoso aveva seguito le parti del re, e vi riuscì nella prima metà di giugno dello stesso anno 1522 (2). La preda fu ricchissima e la città rimase al nuovo doge di parte imperiale, Antoniotto Adorno, in condizioni tristissime (3). Ormai le genti imperiali rumoreggiavano ai confini del Ducato sabaudo ed il Duca vedeva con preoccupazione l’arrivo delle soldatesche vittoriose. Il Colonna gli aveva bensì scritto lettere molto cortesi e piene in apparenza di ottimi propositi, ma penetrò poi nel territorio piemontese mirando all’occupazione del marchesato di Saluzzo, il cui signore Michele Antonio era ribelle all'impero, come fautore e gene- rale dell’esercito francese (4). D'altro canto Francesco I in una sua lettera menava alte querele sui maltrattamenti sofferti dal suo esercito durante la ritirata di Lombardia. Sebbene nell’animo dei Piemontesi, in ispecie di quelli di Vercelli, poca buona volontà esistesse verso i soldati di Francia, tuttavia il fatto a-cui accennava il re non era accaduto in territorio ducale, sibbene in terra francese. Inoltre il Duca, per quanto tedesca dal Karkorr, Die Depeschen des Nuntius Aleander vom Wormser Reichstage 1521, ibersetzt und erliutert. Halle, Niemeyer, 1897 (2* ed. La prima fu del 1886). — Su Lutero alla dieta di Worms, V. oltre le op. cit.: KoLper, Luther und der Reichstag zu Worms 1521, Halle, Niemeyer, 1883 e Kavkorr, Briefe, Depeschen und Berichte iiber Luther vom Wormser Reichstage 1521, aus dem Englischen, Italienischen und Spanischen dibersetzt und erliutert. Halle, Niemeyer, 1898. (1) I primi rovesci nel 1521 aveva sopportato il Lescun nel suo tentativo contro Reggio. Vedi De Leva, II, 82 e seg. — Miewer, 1, 291 e sgg. Vedi anche Arch. di Stato di Torino. Lettere parti- colari. Francesco Richardon, signor di Chambuet, alla duchessa Beatrice, Rivoli, 4 luglio (1521). Il Lescun “ entra dedans Reges et cuyda estre prisonnier oultre le dangès quil cuyda estre tué et fust tué Alexandrino parant du s* Jehan Jacques (Trivulzio) qui avoit sa compaignie et boniard (?) heust couppé les janbes, non obstant lon ne scait sil mourra. Les hommes darmes estoyent hors la ville dudict Reges et ne laissarent entrer dedans sinon ledict mons.” de Lexu accompagné de dix ou douze hommes darmes, là ou il luy en cuyda prendre mal. Le pape a revolté contre le Roy, et si mons.” de Lexu oust heu tué, toute litallie estoit revoltée ,. — Vedi sul colpo di mano del Lexun a Reggio, sulla morte di Alessandro Trivulzio e l'umiliazione del francese in genere il GuicciarpINi, Storia d'Italia, libro XIV, cap. 1°. (2) Gurccerarpini, libro XIV, cap. 4° e 5°. — De Leva, II, SS-141. — Mrener, I, 3826-40. (3) GurociarDinI, libro XIV, cap. 5°. — Miener, I, 3840. — Archivio di Stato di Torino, loc. cit. Richardon alla duchessa di Nemours, Filiberta di Savoia, 13 giugno (1522): “ Vous en scavrez assez et ne vous scauroye escripre les maulx qui ont esté en la perte qui sy est faict et a esté prinse pouvrement. Le pilliage est estimé a six cens mil escuz comme mons” de Bagnol a dit, qui vyent du Montferrat devers madame la marquise è cause du mariage de mons.” de Challant. Et dit quellé terriblement estenué à cause des gens de guerre quelle a sur ses pays et de la composicion quelle a faict au s.r Prospere colonne de vingt cing mil escuz, dont elle a payé dix mil content et fault quelle paye la reste dans deux ou troys Jour. Oultre ce quilz ont prins bledz vins et aultres choses quilz font conduire en Alexandrie, Et ont fait. deux pontz, lun sur Pod et laultre sur Esture pour aller au devant des Francois ,. (4) Jd.: © .....Bt vous asseure que ledict s-" Prospère escript a monsegneur les melleur lettres du monde et encoures au seoir une. Je ne scay sil tiendra ce quil dit. Die nous vueille vider. (5) Prowis, Memoriale di Gio. Andrea Saluzzo di Castellar dal 1482 al 1528, in “ Miscellanea di storia italiana ,, VIII (1869), pagg. 572-77. — Carlo II ecc., pag. 33. Serie II. Tom. L. 34 266 ARTURO SEGRE 18 aveva potuto, era stato largo coi soldati regii di ampia ospitalità e riguardi (1). Egli non tenne dunque conto del malumore regio, ma pensò a proteggere il Vercellese (2), che il Colonna con tanta facilità invadeva. Vercelli fu messa rapidamente in istato di difesa, vennero raccolti nei luoghi opportuni viveri e provvigioni pei bisogni delle medesime (3), colla fiducia di risparmiare dure prove al ducato. 4. — Mentre questi avvenimenti si svolgevano in Piemonte fatti non meno importanti nella nostra storia avvenivano presso la corte imperiale. Il conte del Genevese, Filippo di Savoia, quando il fratello l’aveva richiamato, s'era ‘con lentezza messo in viaggio, non senza istruzioni segrete, forse, dell’imperatore per istaccare affatto il Duca dalla Francia (4). Nel giugno del 1522 aveva fatto nuovamente ritorno in Fiandra, e come l’imperatore, desideroso di rinserrare i legami col re d'Inghilterra (5), Enrico VIN, s'era recato a Windsor (6), egli pure aveva passato la Manica tro- vando dai due sovrani squisita accoglienza (7). Filippo seguì Carlo V nel suo ritorno (1) Lett. cit. del Richardon. “ Jestoye près à party (sic) pour porter toutes nouvelles au roy, mas Il y a envyron six Jours quil escripvit une lettre quasi comme deffiance, de quoy mondict seig.® cuydast enragé et non sans cause. Et estoit que le s. daulbigny avoit escript audict roy quil avoit esté fait aulcune vyolance aux serviteurs du roy sur les pays de mondict seig.* Mais cestoit sur celluy du roy. Je ne scay quilz veuillent dire ainsi le desesperé attendu la peyne et le travail que mondict seig.” en a prins et prant Journellement. Encoures na pas deux Jours que mons de Vaul- denesse et le capy.*° de lartillerie du roy ont esté Icy, lesquelz Il a fait guider et conduyre de la plus grosse affection du mond ,. Arch. di Stato di Torino. Protocolli ducali, reg. n. 155 (1522 e 1523), fol. 34, 84. Commissione per condurre e provvedere di vitto e d'alloggio le truppe francesi ritornanti da Lecco e Trezzo, poi da Cremona. (2) Zd., fol. 56. Commissione a Ludovico dei ss.” e conti di Castellamonte e Giacomo dei ss.” di Scalenghe di recarsi a Vercelli e provvedere alla difesa. Vigone, 30 maggio 1522. (8) Zd., fol. 64. Commissione a Chiaberto di Piossasco dei ss. di Scalenghe, 1522. (4) Rawpon-Browx, Calendar of State papers and manuscripts existing inthe Archives of Venise, ece., vol. 3° (1520-26). London, Longmans, Green and Co., 1869, pag. 250 nota. Gaspare Contarini ‘alla Signoria, Oudenarde, 12 dicembre 1521. Segnala la partenza del conte verso Savoia. (5) Mrcwen, I, 345. (6) Tl re Enrico si fece arbitro tra Carlo V e Francesco I. Non avendo questi accettato la tregua da lui proposta, entrò in lega con Carlo V e mandò una sfida al re francese. Arch. di Stato di Torino. Lettere particolari. Gorrevod al Duca. Londra, 8 giugno (1522). “ Mons” Pour vous avertir des bonnes nouvelles de la m.'° de lempereur Cest que le Roy de France a reffuser la tresvee, que le Roy dangleterre sest declairer à la guerre avec lempereur contre ledict Roy de France, Et la faict deffier par son herault darmes nommé Clerance. Et depuis la desfiance les francais sont venuz courir la terre de Guynes et Jusques près de Calaix de sorte que le feug est maintenant si alumer qui fauldroit beaucop deau pour le pouvoir estaindre. — Mons” Je ne vous seroye amoitié escripre lhonneur et bon recueil que le Roy et la Roynne dangleterre ensemble les princes du Royaulme ont fait è lempereur depuis son arryyée, Et font encoires Journellement. Et a fait fère le Roy dan- gleterre Joustes et tournoix pour festoyer lempereur et fait assembler dung gros nombre de dames et de tous les princes et nobles de ce Royaulme. Et si fait le plus gros triumphe quil est possible de fere. — Mons* lempereur fera la feste de Pentecoste en ceste cité avec le Roy dangleterre. Hit après se partira pour sen aler au port danthone (Southampton) pour se mectre sur mer et fere son voyaige en Espaigne. Mais Je suis seur, mons”, que devant quilz partent densemble quilz concluront plusieurs bonnes choses dont vous oirez parler cy après ,. (7) Lett. cit. © Mons. Jay esté avertir (sic) comme mons: le Conte vostre frère est arryver (sie) en Flandre, dont Jay avertis (sic) lempereur qui en a esté tresjoyeulx de sa venue. Et luy a escript qui le vienne trouver en ce Royaulme dangleterre pour avoir sa part de lhonneur et de la bonne chière que lon lui fait et croys que pourra ‘trryver à temps devant que lempereu en parte. Et ay dresser (sic) que lempereur et le Roy dangleterre lui feront bon recueil et leur sera le bien venu. — Mons. Jay aussi soliciter (sic) que le Roy dangleterre a escript à Calais à ses officiers quilz fassent fr de 19 LA POLITICA SABAUDA CON FRANCIA E SPAGNA DAL 1515 AL 1588 267 in Ispagna (1), finchè durante la primavera del 1523 l'imperatore, desideroso di compensare la, sua fedeltà, dietro consiglio del Gorrevod (2), lo elesse marchese di Saluzzo, spodestandone Michele Antonio, legittimo signore, perchè seguace dei Francesi e comandante di loro genti. Ma sia che il Duca non abbia ritenuto buono il mo- mento, sia che il marchese, quando vide le genti spagnuole invadere il Saluzzese, abbia cercato di placare l’irritato monarca, certo è che la cosa non ebbe allora seguito, tanto più che nell'estate di quell’anno stesso riappariva nelle terre piemontesi un nuovo esercito regio, comandato da Guglielmo Gouffier, signore di Bonnivet, ammi- raglio di Francia. Innanzi al nuovo pericolo il Duca non era rimasto inoperoso ed aveva pur cer- cato di interporre la sua opera mediatrice fra irivali. Ma l’imperatore rispondeva enumerando le gravi colpe del re, e mettendo per condizione assoluta lo sgombro del- l’Italia dai Francesi (3). Il re all'incontro, sebbene scosso dalla ribellione del cone- stabile Carlo di Bourbon (4), non intendeva cedere nulla dei suoi diritti, e bramava di scendere personalmente nella penisola. Sicchè le aperture del Duca non riuscirono ad altro che a mitigare l’antica inimicizia del re, che fece dichiarazione pubblica di rinun- ziare ad ogni diritto sulle terre sabaude, come conte di Provenza e duca di Milano (5). passer et conduire seurement oultre la mer mons.” le Conte vostre frère Jusque en ce Royaulme, et quilz lui fassent toute laide et adresse qui lui sera necessaire pour son passaige et pour la seurté de sa personne ,. (1) Miewer, I, 846. — Cardo, II, ecc., pag. 82. (2) Arch. di Stato di Torino, loc. cit. Gorrevod al Duca. Valladolid, 28 ottobre (1522): £ Mons.?, Comme celui qui desire le bien et accroissement dhonneur de vostre estat et celluy de mons. le conte vostre frère, Jay soliciter envers lempereur tellement que sa Mayesté est deliberer (sic) de lui donner le marquisat de Saluces, Et donna ordre de le fère prandre par son armée dytalie. Et après le fera mectre entre les mains de mondict s." le Conte vostre frère. Mons® Jay parler de cest affère a mondict s. le Conte, vostre frère, lequel ma respondu qui ny hostroit ny vouldroit entendre, Sans vous en premièrement avertir et en savoir vostre bon plesir, Dont, mons. Jay esté tresjoyeulx cou- gnoissant lhonneur et la Reverance quil vous pourte et le luy ay louher. — Mons? Vous pourrez panser si cecy mectroit point vostre estat en quelque inconveniant et en manderez vostre bon vouloir, Car si vous estes dadvis qui se doige executer, lon le fera, synon, lon rompra bien laffère, et layra lon les choses en-lestat quelles sont è present. Et ce que Jen ay mis en avant a eté, mons, pour vous aider fère service, Et pourchassant laugmentation de lestat de vous mons” et de mondit:.s.” le Conte vostre frère ,. (in un foglietto) “ Monseigneur, Depuis ma lettre escripte Jay faict sentyr plus avant ledit affère, vous asseurant que lempereur est en trebon vollonté, Pourquoy me semble avoier compris toute choses. Que ne reste synon qui vous plaise advisé dentendre par quelque mohien de tous costé ce que sen dira, Mesmement devers meseurs le ligues. Et après vous plaise mavertir en bref de votre bon voulloier et plaisir ,. (3) Id. Alemagna. Lettere principi. Carlo V al Duca. Valladolid, 11 giugno 1523. — Vedi anche y. HòrLer, Papst Adrian VI (1522-23), Wien, Braumiiller, 1880, pag. 543. Il v. Hòfler trae la notizia da un dispaccio di Gaspare Contarini pubbl. dal Rawpown-Brown nel Calendar, ecc., II, n. 751. — Nel 1522 aveva il Duca fatto ossequiare il Pontefice Adriano VI, quando si recò dalla Spagna Roma, con ambasciatore straordinario. V. Op. cit. del v. Hòrrer, pag. 159. (4) Vedi Mrewner, I, 487-89. — Arch. di Stato di Torino. Lettere particolari. Chiafiredo Pasero al Duca. Torino, 81 gennaio (1524): “ Monseg.® Je vous envoye une lettre que me ha escryt le Juge Mage de Niza, pour la quele pores vheoyr les noveles que um ditz tant de mons de bourbom que de mons. de alabretz et se il fusont vrayes le reaume de Franza aura biaucoup è endurer ,. Queste notizie del Pasero provenivano forse dagli avvisi che si spargevano sui processi aperti in Francia dopo la cospirazione de Bourbon. (5) Vedi tra l’altro Carlo JI ecc., pag. 24. 268 ARTURO SEGRE 20 Sul povero Piemonte, già tanto dissanguato (1), si rovesciò adunque il nuovo uragano che scendeva le Alpi, mentre il ribelle duca di Bourbon raggiungeva l’Italia, ed ai primi dei 1524 assumeva la carica di luogotenente generale nella penisola (2) e si recava presso l’esercito imperiale, comandato non più da Prospero Colonna, morto in quei giorni, ma dal vicerò di Napoli, D. Carlo di Lannoy. Altrove discorremmo delle vicende francesi nella nuova campagna (3). Il Bonnivet prese l'offensiva, occupò Lodi e Cremona, e mise il blocco a Milano. Ma ben presto l’abilità degli imperiali lo costrinse a ripiegare su Abbiategrasso. Un distaccamento di sue genti alla fine del 1523 fu battuto a Rebecco da Giovanni de’ Medici con gravi danni (4), mentre il vicerè di Napoli stringeva Lodi con alcune genti, e si collocava col meglio dei suoi a quattro o sei miglia da Abbiategrasso, circuendo il comandante francese con tanta pertinacia che ai primi di febbraio lo costringeva a mandare parte delle genti sull’altra riva del Ticino. Il Vercellese correva serio pericolo di essere manomesso, tanto più che gli abi- tanti con imprudenza mostravano poco buon animo al Bonnivet e lo provocavano di con- tinuo (5). Il Bonnivet attendeva truppe svizzere e soccorsi di Francia, ma al loro arrivo la sua posizione non accennava a migliorare mentre all'incontro i rinforzi di Tedeschi, dal Lannoy sollecitati (6), permettevano all’esercito imperiale di prendere risolutamente (1) Vedi Luzio, Fabrizio Maramaldo. Nuovi documenti, Ancona, Morelli, 1883, pag. 53. Maramaldo al marchese di Mantova. Milano, 7 maggio 1523. Narra eccessi degli imperiali in Piemonte. (2) Arch. di Stato di Torino. Lettere particolari. Il conte Sinibaldo Fiesco a Roberto Torto. Genova, 6 e 18 sennaio 1524. L'imperatore offriva al Bourbon, ove volesse, ospitalità in Ispagna ed in Italia lo faceva “ per privilegi} amplissimi, suo locumtenente nelle bande de qua et capo principale de tutta l'impresa con ordine de provederli galliardamente. Accettò il comando nella peni- sola e da Genova si porterà ala volta di Milano per revedersi con quelli I.mi s.t et far facende ,. V. ivi anche altre lettere dello stesso. (3) Carlo II ece., pagg. 21-23. — Sulla morte del Colonna e sugli avvenimenti di questi anni, vedi Fumi, Una nuova cronaca di Perugia e Notizie di cose peruzine nella Biblioteca vaticana, in “ Bol- lettino della R. Deput. di storia patria per l'Umbria ,, vol. V (Perugia, 1899), pag. 697 e sgg. (4) GurccrarpIni, libro XV, cap. 3°. — Mrennr, I, 484. — Il Bayard che vi comandava corse gra- vissimo pericolo. V. lett. cit. del Pasero. “ Monseg.: um ha heu noveles certaynes de la defeta, de la compagnia de mons” de bayard, lequel ha heu de lafère è eschaper, comant desjà vous ay escrist, et voyant que les affères se chaufomt fortz, Il seroyt biens expediant de avoyr qeuquun vers mons. ladmiragl pour scavoyr Jornelment de noveles ,. (in un foglietto): © Mons. la defayte de Rebech est biaucoup plus grande que Je ne vous ay escrit, car Il gli ha esté defaist quatre o cinq compagnies que estiont la fleur de gams darmes du roy et mons» de bayard, mons." de Vandomes, et complain et autres sont eschapez plus pour la grace de dieu que aultrement ,. (5) Carlo II, ecc., pag. 22. — Lett. cit. del Pasero: © Mons” mes. Philibert de Vilenova est alé vers le camp avec une bone bamde de gams. Il entamtz fere sa compagnie. Par ansy que Je ay entendu, mons ladmirayl veudroytz que il logast rier le Verceloys, ce è quoy deves biem avoyr de ladvys, car se il se festz Je crayms que oultre ce que un tyrera la guerre em vostre pays, que la consequanse de tous coutes ne soyt dangereuse et que Il ne soyt cause des Inconveniams biaucoup ,. — Altra del medesimo da Torino, 9 febbraio (1524): © Mons." les cosses de cesb guere se echaufont ‘ fortz et larmea de lamperur se est venu metre è quatre o sys migla près de biagras et une autre partie se est alé metre près de lodes et Il soint ausy près que Il faudra em briefs que Il se batont. Mons. ladmiragl atamdant li secors des suysses ne atamtz que à se defamdre et ha fayt paser tous les bagages et une partie des gams darmes deza le tisym. Et il est dangier que ces gams ne vienent um soyr o um matin o a Novara o a Vigeval par ly coper les vivres et le contraymdre à se metre au chams ,. (6) GurccrarDINI, Op. cit., loc. cit. — Lett. cit. del Pasero, Torino, 31 gennaio (1524): “ Mons? les vr lansquenetz que deviont venir è Milan ne sont anchor venus, et Je crayms que, se les espagnos se metremt emsamble une foys avech eux, que les francoys auront de lafère biaucoup ;. 21 LA POLITICA SABAUDA CON FRANCIA E SPAGNA DAL 1515 AL 1533 269 l'offensiva. Il Bonnivet, incapace a resistere, dovette ripiegare su Mortara, e fu ven- tura che il marchese di Pescara, Ferdinando d’Avalos, fosse malato, chè forse la ritirata dei Francesi si sarebbe volta in catastrofe completa (1). Migliorato il Pescara fu ripreso l'inseguimento ed il Lannoy tagliò i viveri all’ ammiraglio. Alla fin di marzo il Bonnivet era in condizioni disperate (2), ed il Consiglio di Stato residente a Torino, nell’ assenza del Duca trattenuto oltr’Alpe, vedeva con dolorosa appren- sione il ritorno delle orde spagnuole. “ Si mal pramtz au francoys ,, scriveva Chiaf- fredo Pasero al Duca. “ Je ne doubte poynt, mes me tiems asuré que cest vostre pays aura tant de mal que Il am viendra pitié a tout le monde , (3). Volevano i consiglieri rafforzare Vercelli, temendo qualche colpo di mano sia dai Francesi, sia dagli impe- riali, ma paventavano di allarmare i cittadini, e spingerli ad atti inconsulti (4). D'altra parte l’anarchia cresceva nel contado ed in tutto il Piemonte. Bande di briganti correvano il paese commettendovi impunemente ogni eccesso (5) e colla sicurezza pubblica venuta meno scadeva pure il commercio, essendo interrotte spesso le comuni- cazioni tra città e città. I duci imperiali mostravano poco buon animo verso il ducato: il dì 11 marzo a Torino un loro araldo chiedeva imperiosamente viveri (6), e ben altre domande il (1) Arch. di Stato di Torino; loc. cit. Pasero al Duca. Torino, 28 marzo (1524): “ Monseg® les gams de lanperur omt estes em propos de lever leur camp et um ne peut scavoyr la oint il se voliont aler loger. Tout foys pour la gran maladie que ha le marquis de Peschara, ansy que um ditz, il sont anchor è Gambalo et um ne peult bonnemant scavoir ne quant Il partiront ne ount il iront ,. (2) Zd., Torino, 25 marzo 1524 e Torino, 31 marzo (1526): £ Monsegnur. Les espagnos fomt tout; leur efort pour garder que le camp des francoys ne ayet de vivres et è mon advys les francoys seront em briefz contraynt o de combatre o de abandoner le lieu de Mortara, omt il soint, et aucun diset que Il iront vers Casal, ce que ne puys croyre, pour le pasage du Po... et pour biau coup de autres raysoms, et autres cuydont que il se retyreront è Novara, ce que è mon adyys est plus verisamblable, vheu que il omt fest grose provisiom de vivres em la dite vile et que Il seront plus près du secors des suizes ,. (8) Lett. cit. del Pasero del 9 febbraio. (4) Lett. cit. del Pasero del 31 marzo: © Monsegnur. Um est après pour envoyer qeuque gams de biem à Vercegl et de fère au presamt venyr le governur è sa meysom pour qeuque tamps. Il nous ha samblé que Il ne pourteroyt poynt de profitz è la matiera, vheu que la vile pour sa venua se pouroyt metre em qeuque suspitiom, pour la quele Il viendroyt qeuque desordre. Pour quoy il ha semblé à mons. le canzelier et les autres de vostre consegl que il est mieux que il demuret, que il se am viegnetz, moiemant que ceux que um ly doyt emvoyer ne sont pas anchor prest pour monter à cheval pour y aler, et quant um veyra estre expediant que il abandonet, vheu qeuque suspitiom que est contre luy estant la vile bien pourveuée. Um les advertira de votre vouloyr et ledit governur ne faudra poynt è fère tout ce que vostre bon pleysir sera luy comander ,. (5) Riferirò uno dei tanti casi di brigantaggio. Arch. di Stato di Torino, loc. cit. Pasero al Duca. Torino, 28 marzo (1524): “ Monsegnur devant hier une heure o deux devant mydy le home que tient la posta du roy a Cyvas faysoyt couryr un pachetz du roy au camp, et quant il fust em virom um migle loymtam de la dite vile, Il rencontra cimq homes è cyval que ly ostaront leditz pachet et le contraymdront è se retourner a la dite vile. Et ceux mesmes am retournant trovaront près du port de la Doyre bautya [a Dora Baltea] um serviteur de la poste de Ciglam que pourtoyt um autre pachetz que venoy de camp et que um devoyt pourter au roy, lequel samblemant ly ostaront et combiem que ceux de Cyvax et ceux de Ciglam leur siomt ales è près pour recovrer les ditz pachetz, ne avoms peu scavoyr que gams ce somt, ne omt il se siont retyres et ceux que pourtiont les pachetz ne am ocint poynt conu, car ansy que Il disont Il aviont de faux visages et um fera tout ce que posible sera pour scavoyr que gams ce soiet et pour am fere ce que Justice pourtetz ,. (6) Z4., Pasero al Duca. Torino, 11 marzo 1524: “ Mons? Il est tout asture (sic) venu um trom- 270 ARTURO. SEGRE 92 governo s’attendeva di giorno in giorno. Il nuovo presidente del Consiglio di Stato, Chiaffredo Pasero, magistrato severo e risoluto, a cui dobbiamo molte fra le notizie raccolte nel presente studio (1), prometteva bensì di guardare in viso la situazione e d’usare energia (2), ma gli istanti apparivano difficilissimi. Alla fame nell’esercito del Bonnivet si univa l’insubordinazione delle genti svizzere, che mal soffrivano i comandanti francesi (3). Inoltre la ritirata lenta, ma continua, dell’ esercito, non ostante le helle parole d’un ministro regio (4), favoriva le scorrerie spagnuole, che infestavaro il Vercellese tutto, si spingevano a Desana, Trino, ed in quel d’Asti (5). Per dieci giorni i due eserciti stettero a fronte, senz'altro avvenimento che l’occupa- zione di Stradella da parte degli imperiali. Ma la flotta spagnuola di Napoli sotto gli ordini di D. Ugo di Moncada, risalendo le acque liguri, minacciava le. coste: di Provenza. Urgeva che Nizza ed il suo castello fossero messe al sicuro da ogni colpo di mano imperiale o, francese (6). Colla ritirata definitiva del Bonnivet su Mortara pete du camp de lamperur et cuyde que il soyt venu pour avoyr des vivres pour leur cause et fère instance que um aura asez fere à contamter tous deux les partyes et ce que Je vous souvant foys eseryt Je crayns que il ne viegne em efetz ,. (1) Vedi più avanti alcuni dati sulla vita di questo personaggio. (2) Id.: “ Monseg.” um ceint (?) les bom mariniers quant em mer est grose et dangereuse for- tune, et combien que les aferes son em gros trouble et que nous ne sioms poynt asures de ce que est advenyr, Tout foys um espoyre em Dieu et em vous, que les choses se adreseront em qeuque bone seurté et de mon couté Je espoyr de me aquiter em sourte que vous y vous pays et suget auront cause de se contamter ,. (3) Id., Torino, 22 marzo 1524: 5 Monseig." Ces armées sont tous Jour selom leur costume et gli ha troys Jors que Il ne fomt pas gran mal et il somt em espoyr de qeuque trève et troys Jors pasés les gams du marquis de Saluces prirent um espagnol, leguel les suises volurent thuer, quant il fust è Vigevol, et le veuglant defandre mons. le marquis um suize decharge contre luy une colovryne et Il ne fagli poynt guères que Il ne thua leditz seg. marquis ,. — Il marchese di Saluzzo, era Michele Antonio. (4) Zd., Torino, 25 marzo 1524. Manda una di Carlo Solaro, signore di Moretta, a lui indirizzata da Novara, 8 marzo 1524. (5) Lett. cit. del 25 marzo. Le strettezze dei Francesi crescevano, “ ....ausy que Je ay pen entendre de som [del Moretta] serviteur, les vivres au camp des francoys comansont è estre chiers, et de fem et de pagla pour les cyvaux um ne am scet plus trouer et ansy que Il me ha ditz leur enemys ne am omt pas fort plus grose somme que eux. — Monseig.® Ansy que Je vous ay escryt, Je doubtoys que ces gams ne superchasont vostre pays, ce que Il omt fayt et les francoys suyvront et viendront à mon advis è Novara et ce Jeu se fera bien près de vostre pays, estant les. cosses come Il somt. Tout foys et la fauta des vivres et tous playm de aultres cosses pouriont facilmant conduyre les afferes de autre seurte, ce que dieu ne veugletz pas. — Monseg. les espagnos omt fayt de coraryes Jusques près de Vercegl, et au presamt pour le droyt chemin de Novara les vivres ne osoint plus aler, mes am les menetz pour un chemin, qui est desus Casalvalom et dela il voint a Novara et se autre secors em brief ne viemt aux francoys, um doubtet que Il auront ases afère à avoyr de vivres. Les espagnos somt ausy venu à Dezana et de la omt fayt une coreria Jusques è Tryno et une autre banda est venu couryr Jusques à nom (Nor), que est à deux migle de Ast, et tout le pays est em grose timur et se autre cose sorviendra, Je ne faudray poynt à vous am advertyr ,. (6) Zd., Torino, 1524 (altra del 25 marzo): © Monseg® Il ha près de dys Jours que ces armées ne se somt pas fayt grand mal, les um contre les autres, il ne fust la prise de la Stradele, la omt estant em viron um o um (?) cams francoys, lesqueux voyant leur cas ne se pourter pas trop bien se ran- diront et om esté biem trayté, et se sont retyré à Lodes, et um dit que les defamses que le papa ha fait oint esté cause de ce biem. Tout foys è mon advys ne les um ne les autres ne se um fiont pas trop. Je ay ausy heu noveles devers Genes, que le seg bugo de moncada fest armer les galeres que Il avoyt fait desarmer, et que Il se apresta pour aler vers provance, et Il ne seroyt que biem que le capitayne de vostre chatiau de Nice fust de retour au ditz chatiau le plus tost que luy posible seroyt ,. 29 LA POLITICA SABAUDA CON FRANCIA ‘E SPAGNA DAL 1515 AL 1533 271 le cose andarono a precipizio. Il Bonnivet, ferito, lasciò il comando ‘al Bayard eda Francesco di Vendòme, signore di S.t Pol. Costoro sgombrarono il Novarese, ma il Bayard, colpito da ferita mortale tra Lessona e Quaregna il 29 aprile 1524 cadde prigioniero (1). D. Carlo di Lannoy, non ostante le insistenti lettere del Duca e le preghiere di Bartollomeo Arborio di Gattinara, nipote del Gran Cancelliere imperiale, Mercurino, sotto colore di impedire che Vercelli fosse occupata dai Francesi, occupò la città e vi mise presidio (2). I Piemontesi erano alla discrezione dell’altiaro duce spagnuolo. Il Duca trattenuto sempre di là dai monti dalla rivoluzione di Ginevra e dalle questioni cogli Svizzeri (8), mandò a Torino la consorte, Beatrice, confidando che la presenza sua avrebbe agito efficacemente sui comandanti imperiali (4). Ài primi di maggio si sparse la voce che il Lannoy ritirava le genti verso Alessandria, ma purtroppo la cosa non aveva fondamento. Intanto a Torino il dì 8 maggio si celebravano i funerali del povero Bayard, morto in seguito alle ferite, e le genti del marchese Pescara rendevano l’ultimo omaggio all'ultimo rappresentante dell’età ca- valleresca (5). La venuta di Beatrice era indispensabile a frenare gli abusi imperiali. L’occu- pazione arbitraria di Vercelli e le ostilità che il Lannoy faceva apertamente ai sudditi (1) Carnamanp, Du lieu ou Bayard a été tué. Grenoble, Allier, 1892. Carlo II, ecc., pag. 23. — Sul Bayard, vedi Morsio, Lettere storiche di Bonnivet. Montmorency, Mazzarino, degli Sfosza, Estensi e d'altri. Milano, tip. dei Classici italiani, 1838, ed i documenti di recente editi dal Molard (Paris, impr. Nationale, 1897, pag. 79). (2) Archivio di Stato di Torino. Lettere particolari. Bartollomeo Arborio di Gattinara al Duca. Campo imperiale, 29 marzo (1524): £ Mons Jay receu vostre lettre du xxm° de mars, par la quele me recomandes vos afferes donant ayde et adresse è ceux que envoyeres devers mons. le viceroy et mons” de broubon. Mons® Il est pieca que ay dit à ceux que haves envoyés devers ledict viceroy et depuys luy signifié à vostre chancelier, qui seroyt bien fet davoyr après de ces deux seigneurs aucun bon personage: toutesfoys Jusques è ceste heure y ny est aulcun venu ,. — Id., Vercelli, 15 aprile (1524): ©“ Mons® Jay travaillé tant que cestoyt pour la saulvacion de mon aume que les Jens de nostre armée ne prissent logis dedans Vercegl et que vostre pays et subiectz ne fusent dommagées, et à ceste cause dernitrement Je suys venu è Vercegl avec la permission de mons.” de broubon et mons. le viceroy, que nully viendroyt ycy lozer envoyant ceux de Vercegl vivres à nostre camp et non recevant dedans la ville les francoys. Quant Je pensoye havoyr beaucop fet pour vostre service et pour le bien de voz suiectz, le bruyt est venu que les francoys voulloyent entrer en ceste ville et leur venoit du consté de Yvree soucours. Et pour ceste cause Il ha semblé auditz seigneurs de broubon et viceroy et autres capitaines que pour asseurer larmée de lempereur, Il estoyt neces- saire ycy lojer aucun nombre de Jens, aumoins Jusques à tant que vous heusses mis dedans la ville aucune bonne garnison. Mons. Il ma depleu que on aye fet chose dont fors ne sares trop content; mais les superieurs hont aussy volu. Ledit Mons” de broubon par ses lettres ce matin voz en ha donné aucune rayson, aussy fet è ceste heure mons” le marquis de pesquara, et de surplus sares advisé par lettres de mons. le gouverneur longecomba. Touchant è moy ay fet ce que ma semblé estre vostre service et aussy lay dit et diray la ou besoing sera ,. (3) V. sulle questioni Ginevrine tra l’altro GauniERr, Histoire de Genève des origines à Vannée 1611, tomo 2° (1501-37), Genève, Rey et Malavallon, 1896, pagg. 175-338. (4) Carlo II, ece., pagg. 26-27. (5) Archivio di Stato di Torino. Lettere particolari. Pasero al Duca. Torino, 8 maggio (1524). “ Monsegnur. Ce matin ay heu noveles comant larmea de lempereur est pour aler vers Alexandria et vous prometz que, se ausy sera, Il fera gran pleysir à biau coup de gams et ausy que Jay entemdu Il gli ha em la dite vile une bone bamda de gams, près que tous Italiens, les queux um esperet que em randant la ditz vile feront leur apoymtemant de puoyr demorer è leur meysoms. Monsegnur au Jour dy um ha aporté le cors de feu mons. de bayard em cest vile et il gli ha des gams du marquis de Peschara que le acompagniont et vous prometz que il gli fomt del honur biaucoup ,. 272 ARTURO SEGRE 94 ducali colpivano il Duca nel suo amor proprio. Il vicerè lo incolpava dell’ospitalità e passo concesso ai Francesi, senza badare che lo stesso imperatore col quale egli s'era adoperato per ristabilire la pace nella cristianità, aveva riconosciuto non essere possibile da parte sua l’ impedire a quelli il passo (1). In realtà sembra che il Lannoy avesse motivi suoi particolari d’inimicizia verso il Duca, e che d'altra parte mancando di danaro per sopperire ai bisogni dei soldati abusasse della vittoria pur di mantenere le sue genti senza spesa ed impedire lo sfacelo dell’esercito. Simili arbitrii naturalmente procurarono vivissime proteste dal Duca al maresciallo di Borgogna, Lorenzo di Gorrevod, l’unico ministro imperiale che sentisse affetto sincero pel suo antico principe, e che prove non dubbie avesse dato, specie durante i viaggi del conte del Genevese in Fiandra e Germania, col soccorrere il principe sabaudo ripetutamente in danaro, e più ancora quando, accortosi che, non ostante le doti personali, Filippo era cattivo amministratore, n’aveva avvertito il Duca e suggeritogli l’invio presso il fratello di qualche prudente ed economo ministro, che sopperisse alle qualità deficienti del giovane principe (2). Infine nel 1521 stesso all’inizio delle vittorie impe- riali sul Lautrec e sul Lescun, il Gorrevod, pregato dal Duca, aveva chiesto ed ottenuto dall'imperatore una lettera a Prospero Colonna, in cui si ordinava al valente duce di non recare danno alcuno alle terre sabaude, ove ad esse s’accostasse (3). Informato adunque dei, nuovi eccessi, indubbiamente contrari alla volontà dell’imperatore, il Gorrevod consigliò il Duca a mandare pronte lagnanze in Corte. Scrisse intanto calde lettere al Bourbon, avvertendolo che l’imperatore avrebbe disapprovato simile licenze, (1) Carlo II, ecc., pag. 25. (2) Arch. di Stato di Torino, loc. cit., Gorrevod al Duca. Gand, 25 luglio (1522): “ Mons Je nay point entendu Jusques è la venue de Challes pour fère service à mons” le Comte vostre frère de quelque somme dargent. Car dez que lempereur se partit de Wolmes, mons* le Comte me fit dire qui navoit point dargent pour pouvoir deslouger. Et Je tins main que Je lui fiz avancer par lar- gentier de lempereur deux mil francs sur sa pancion et sur le terme avenir. Et depuis que nous fumes è Bruxelles Il me dit et fit dire qui navoit de quoy pouvoir soubstenir son estat. Et lors Je lui prestay de mon argent Cinq cens escus dor au soleil, Et cent florins dor, et solicitay que lem- pereur lui donna en don mil frans. Et depuis que Challes a esté arryvé en ce lieu de Gand, mons* le Comte ma avertie qui navoit de quoy deslouger de ceste ville, A ceste cause Je luy ay encoures prestez sept cens .....Mais cela ne lui peult aider. Car tout mon vaillant ne souffiroit point pour lentretenir trois mois et fournir è ses voulentés. Pourquoy, mons. Il est de besoing que vous lui aidez et que vous y pourvoyez. — Mons*® Mons” le Conte vostre frère se conduit très bien de sa personne, quant il devers lempereur, Mais lon ma dit qui ny a point dordre ny de conduicte en ses afferes. Et è ceste cause, mons”, pour vostre honneur et cellui de mons.” le Conte vostre frère. Et son bien il est plus que necessaire que vous lui envoyez ung bon personnage, pour estre aupres de sa personne, Et pour avoir le gouvernement de sa maison et de ses afferes. Car aultrement Je me doubte que, si trouve gens qui lui vuillet prester, qui ne sendebte et qui ne fasse chose que ne lui seroict prouffitables, dont Je vous avertir voulentiers, Mons+*, pour mon debvoir et acquist, et vous supplie mons.” qui vous plaise y donner si bon ordre que vostre honneur et le sien y soit garder. Et de moy, mons, Je mectray tousjours peinne de lui fère tous les services qui me sera possible, comme suis tenu de fère ,. (8) Ia., Bruges, 21 agosto (1521): “ Mons® Jay solliciter avec mons. le Conte vostre frère une lettre que lempereur escript au s* prospe Colonne, cappitaine générale de ses gens darmes en ytalie, Par la quelle sa Magestée lui mande que ou cas que larmée approuche voz pays quil ne souffre en fasson quelconque faire aucune foulle è voz subiectz, Car ilz veult quilz soient soulaigez, comme les siens propres ,. — Qualche mese prima la dieta imperiale di Nirnberg aveva imposto al Duca 2324 fiorini per la sua parte di contribuzione, come principe dell’Impero, a combattere il Turco. V. Id., Materie d'impero, cart. 4, Contribuzioni imperiali, m. 1°, n. 4, Nirnberg, 7 genn. 1528. 25 LA POLITICA SABAUDA CON FRANCIA E! SPAGNA DAL 1515 AL 153% 273 ed infine diede al Duca l’unico consiglio, che senza passione un ministro di Carlo V, ma fedele suddito sabaudo, poteva offrire in tali frangenti, di tenere assoluta neutra- lità nelle questioni tra l’imperatore ed il re, e non inclinare nè all’una parte, nè all'altra (1). i; Gli ordini imperiali adunque e l’opera efficace di Beatrice coadiuvata dal cognato, Filippo, conte del Genevese, tornato nell’estate di quell’anno dalla Spagna (2), valsero a frenare alquanto il mal umore del Lannoy ed ottenere la liberazione di Vercelli. Si confidava che avendo l’invasione di Provenza, iniziata dal contestabile di Bourbon e dal Pescara, già assottigliato le file degli imperiali accampati nelle terre piemontesi (3), mentre il Lannoy cercava danari a prestito in Genova per soddisfare le paghe alle restanti milizie, nella metà di luglio il Piemonte fosse sgombrato dalle genti spagnole (4). «“ Pour companse des maux que Il omt fait ,, chiosava con amara ironia il Pasero, «“ que somt innumerables, il leyromt la peste è Saviglian et a biaucoup de autre lieu (1) 7@., Marnay, 4 marzo (1524): “ ..... et treuve bien estrange la maulvaise voulenté que peult sembler les gens ont è vous pourter dommaige en vostre pais de Piémont, Car Je suis bien asseuré que ce nest pas la voulenté de lempereur. Et pour y obvier me semble que debviez envoyer dever S.M., si desia ne le aviez fait, pour luy remonstrer cest affuire, luy suppliant qui luy plaise escripre bonnes lettres à mons. de bourbon et aultres ses cappitainnes, quilz nentrepegnent Riens sur voz pais et subgectz, Et quilz ny pourtent nulz dommaiges. Et Je ne faiz doulte que lempereur leur escripra et deffendra bien expressement de non riens entreprendre sur voz pais. — Monseigneur. Jay escript a mons” de bourbon par son controleur, maistre Loys Marey, de cest affaires, Et luy ay bien donné à entendre que Je suis seur que lempereur ne se contenteroit quil entreprint ou fit faire aulcuns dommaiges sus voz pais et subgectz, Et toutes aultres remonstrances qui ma semblé estre convenables et necessaires, de sorte que Je erois fermement que ma lettre proffitera et quil nentre- prendra ny souffrira que lon face nulz dommaiges sur voz pais. Monseigneur, Je vous supplie qui vous plaise avoir souvenance que pour la seurté et preservation de vostre estat et de voz pais, vous ne vous debvez declairer pour le Roy de France ny pour lempereur, muis devez demeurer neutre, comment avez fait Jusques Icy. Et ce que Jen dis, monseigneur, est pour mon acquist du devoir que Jay è vous, monseigneur ,. (2) V. Carlo II ecc., pag. 34. — Il Conte corse serio pericolo di cadere in mano dei Francesi che correvano quei mari. V. Arch. di Stato di Torino, loc. cit. Pasero al Duca. Torino, 8 luglio (1524): “ Monseg.® Je ay receu la lettre que Il vous a pleu moy eseryre et tochant laffère de la charaque que venoyt de espagne em la quele um dizoit li estre mons? le conte vostre frère et le seg prince de Orenga. Um ha noveles que ele ha esté em fort gros damgier et que Il avoyt perdu laubre et toutes les voyles, mes que pour la grace de dieu le batiau se sauva près du pori. de Calarj em Sardegna et que em la dit yle se retrovont les ditz seg.” et ausy que Je ay entendu de sens Il devast estre party certayns breguntins pour aler mener ledit segnurs, et pour mieux scavoyr du tout la verité Je ay escryt è Genes et a Niza pour emvoyer mesage espres em sardegna, se il faudra pour am savoyr la verité et espoyr em briefz em avoyr seures noveles, les queles Je espoyr que Il seront bones ,. — Il principe d’Orange, Filiberto di Chàlon fu catturato dai Francesi presso Villafranca, il che provocò uni momento di sdegno in Carlo V, al quale pareva che il Duca lasciasse violare la sua neutralità. Mandò quindi al medesimo lagnanze ed ingiunzioni. Arch. di Stato di Torino. Alemagna. Lettere principi, m. 1°. Carlo V al Duca. Valladolid, 16 agosto 1524. (3) Lett. cit. del Pasero. (4) Jd.: © Mons. le vyroy est alé à Genes pour avoyr argent et payer ces gams darmes, que ne fait conte de partir sans argant et les gams de pié que estiont demoré omt estez payés et il marchent après des autres. — Monseig. um croyt que ces gandarmes que somt em nostre pays delogeront dedans six o vuyt Jour ,. — Ciò non impedì che poi nel mese d’agosto per mandare una compagnia del capitano D. Fernando de Figueroa a Novara le concedesse il vicerè alloggio presso Torino a Gassino. Il Figueroa avrebbe voluto ossequiare la Duchessa, ma trovò chiuse a Torino le porte, ed i particolari di Gassino gli usarono ostilità e non vollero alloggiare i soldati. V. Id. Figueroa alla Duchessa, © Gastinon , e “ Gaso ,, 14 e 15 agosto (1524). Serie II. Tom. L. 39 274 ARTURO SEGRE 26 de ce pays ,. Ma in realtà, non ostante tutti gli sforzi e gli ordini imperiali (1), il Lannoy non sgombrò il Piemonte, se non quando la nuova calata dei Francesi ne l’obbligò. 5. — Francesco I scendeva in persona a vendicare le ripetute sconfitte dei suoi luogotenenti. Fino dal 1523 egli aveva perduto l'alleanza della Repubblica di Venezia, che impensierita delle vittorie imperiali era venuta a patti col fortunato Carlo V (2), ma in compenso aveva persuaso il Duca suo zio, ad un accordo segreto, per cui otte- neva passo in Savoia e viveri quanti occorrevano (3). Ebbe il Duca la cautela di tener celato questo accordo, per non inimicarsi l’imperatore, che nell'istruzione affi- data al conte del Genevese, quando aveva lasciato la Spagna, erasi spiegato in forma viva circa l'ospitalità ed i soccorsi trovati sempre dai Francesi in Piemonte, espri- mendo il desiderio che la cosa più non continuasse (4). Era una condotta subdola quella del Duca in questi anni. Ma dobbiamo considerare che le circostanze politiche imponevano a Carlo necessariamente di far buon viso al potente nipote, tanto più allora (1) Zd., Lett. partie. Gorrevod al Duca. Valladolid, 12 marzo (1524): “ Des incontinent que arrivay en ceste ville men allay rendre devers mons” le conte, vostre frere, et après luy avoir faict la reverence et donne vos lettres luy monstray les Instructions et luy dis tout ce quil vous pleut me donner charge, Et touchant aux vostres concernant les receulx et ennuys que les gens de la duché de Milan avoient faict sur vostre pays, pource que lesdictes Instruction se adressoient à mondict s" vostre frère, et quil nestoit è ceste cause expedient que Jen deusse parler à lempereur. Parquoy les ayant communiquees è mons” le grant maistre et è mons.” le chancellier les Rendez è mondict seig.” vostre frère, Dont ce men remectz à ce que par luy pense vous en sera escript ,. (2) V. De Leva. Micwer. — Arch. di Stato di Torino. Roma. Lettere ministri, m. 1°. Il segretario Rubat al Duca. Roma, 10 agosto 1523. — V. lo sdegno del re contro i Veneziani in RAwpon-Brown, Calendar cit., II, 340, n. 751. Contarini al Doge, Burgos, 12 settembre 1523. — Con facile profezia Andrea Pietramellata nel dicembre di questo anno 1524, prevedeva nuove sciagure all'Italia, pur rivolgendo al buon Dio la preghiera: “© italos Italiam, galos Galiam, hispanos hyspaniam et alias nationes suas regiones regna et imperia potiri et his frui et gaudere sine tanta ...sanguinis effusione ,. Vedi Marvezzi, Diario meteorologico di Andrea Pietramellara per Vanno 1524, in © Atti e Memorie della R. Deputazione di storia patria per le provincie di Romagna ,, serie 3*, vol. II (1883-84), pag. 486. (3) Carlo IIg ecc., pag. 30. (4) Arch. di Stato di Torino. Alemagna. Lettere principi, m.1°: © Mémoire à nostre cousin Messire Philippe de Savoie, conte de Genesve, Marquis de Saluces, et de ce quil aura è dire et faire depar nous devers nostre cousin le duc de Savoye son frère, ou il va presentement ,. Burgos, 12 giugno 1524. © Dira en oultre que combien tenons pour excusé ledict due vostre cousin du pas- sage des francoys en ytalie et de la faveur et assistence que en ce lesdicts francois ont eu de ses pays de Pyemont tant de vivres que autrement, puis quil nestoit en son pouvoir dy resister, Neantmoins puis que è present sommes adverty que nostre armee est en lieu ou leddict duc peut monstrer par effet comme bon prince et vassal du sainct empire que ce qua esté fait en faveur de noz ennemys par ses pays et subiectz a esté plus par contrainete que de son grez, et pour non faire destruire sesdiets pays et que voluntairement Il soit plus enclin è favoriser et assister nostre- dicte armée que celle de noz ennemiz; desirons et requerons que ledict duc nostre cousin le veuille ainsi mectre par oeuvre, Et nous donner clerement è cognoistre lamour quil nous pourte et la observance du devoir et fidelité quil a è nous et au sainct empire, priant et requerant que à cest effect il veuille pourveoir que noz lieutenans, capitaines et gens de guerre en se offrant la occasion de sercher ou poursuivir et chasser nos ennemys ou de les assieger, assaillir et combatre quelque part quilz soient, ou quilz se retirent puisse avoir libre passage, faveur, assistence et vivres partous les pays de nostredict cousin et que nosdicts lieutenants capitaines et gens de guerre soient receuz fors et faibles en toutes les citez, villes et terres de sesdicts pays ou ilz se vouldroient loger, Retirer..... 2% LA POLITICA SABAUDA CON FRANCIA E SPAGNA DAL 1515 AL 1538 275 in cui era venuta meno Filiberta, sua sorella, duchessa di Nemours, la quale vivendo in continua relazione colla reggente Luisa e col re stesso, poteva molto a suo favore. La fine della duchessa di Nemours avvenuta a Billaz il 4 aprile 1524 (1) lasciava quasi vuota d’influenza sabauda la corte di Francia. Il re fece del resto buone condi- zioni allo zio, a cui promise una pensione annua non appena avesse ristabilito il suo dominio in Lombardia (2). Sicchè quando vide il Bourbon ed il Pescara occupati nell’ assedio di Marsiglia comparve d'improvviso in Piemonte, obbligando le genti disseminate del Lannoy a ritirarsi precipitosamente quasi senza opposizione. Il Lannoy ripiegò sollecito in Lombardia, sgombrò Milano, dove non si sentiva di resistere, e ridusse ogni sforzo a Pavia, che un illustre capitano, D. Antonio de Leyva, promet- teva difendere sino all'ultimo. Il resto dell’esercito, fu distribuito parte a Soncino, parte a Lodi, dove il Lannoy attese a riordinare le sue genti per riprendere in seguito le ostilità. Il Duca fornì, secondo i patti, ai Francesi i viveri occorrenti. Ma la resistenza di Pavia fu la rovina del re. Francesco, ritenendo sicura la vittoria, respinse nel- l'inverno 1524-25 le proposte di accordo che il Duca, fattosi nuovamente mediatore tra lui e Carlo V, gli aveva messo innanzi (3), ed il de Leyva trattenne i Francesi sotto la piazza, sinchè il 24 febbraio 1525 l’esercito del Lannoy si accostò a liberare la città, e sconfisse il re facendolo prigioniero con molti principali della sua Corte. Questo colpo decisivo all'esercito francese mise di nuovo il Piemonte in pericolo d’inva- sione da parte degli imperiali. Il Duca aveva nella presente campagna come nelle precedenti giuocato a partita doppia. Nel suo intimo favorevole sempre all'imperatore, ma sdegnato coi luogotenenti, aveva accordato il passo e facilitazioni varie al re, ed ottenuto in compenso ampie promesse (4). D'altro canto aveva tenuto al servizio imperiale il fratel suo Filippo, al quale impediva poi di entrare agli stipendi regii. Ma l’imperatore si disgustava (1) Il Guiczenon, II, 180, dice la morte avvenuta a Virieu le Grand. Invece dal seguente docu- mento appare Billaz il luogo fatale alla principessa. V. Arch. camerale di Torino. Conto dei tesorieri generali di Savoia, reg. n. 185 (1525-26), fol. 106: “ Le quatre Jour davril milcene quens vingt quatre du commandement de monseigneur et de mons” le president des comptes, Je André Ravoyre despartiz de Chambery a heure de vespres pour aller è Billaz, ou ledict Jour estoit trespassé ma tresredoubte dame Madame Philiberte de Savoye, duchesse de Nemours, Ou Je desmouray tant pour prendre linventayres de ses bagues et biens meubles, lequel Jenvoyay Incontinant à Mons”... , — Filiberta lasciò erede universale il Duca. Arch. di Stato di Torino. Testamenti, m. 4°, 8 ottobre 1523. Da vario tempo era malata. (2) Carlo II, ecc., pagg. 37-38. (3) V. Carlo II, ece., pagg. 36-39. — V. anche Baran, Clemente VII e VItalia de suoi tempi. Milano, Ghezzi, 1887, pag. 7. È citata una lettera del Duca al Pontefice su tal materia. (4) L’11 novembre 1524 le promesse s’ erano convertite in un accordo firmato a S. Lanfranco presso Pavia. Il re ivi concedeva allo zio pensione di 10,000 ducati sui redditi del ducato di Milano, in ricompensa delle spese sopportate dal Duca nel passaggio delle genti francesi. Tale pensione sarebbe decorsa dal giorno in cui la Lombardia fosse tutta in mano del re. V. Arch. di Stato di Torino. Trattati diversi, m. 6°, n. 8. Guiczenon, II, 203. Carlo II ecc., pag. 38. Circa la storia degli avvenimenti dopo la battaglia di Pavia oltre alle opere citate del Baran e del pr Leva vedi RavroLi, Le guerre dei sette anni sotto Clemente VII, ece., in “ Arch. della Società romana di storia patria ,, VI (1883), pag. 303-444. — Viren, Dopo la battaglia di Pavia (marzo- giugno 1525), in “ Arch. storico italiano ,, serie 5%, VI (1890), pagg. 247-66. — Proressione, Dalla battaglia di Pavia al sacco di Roma, parte 1%: Dalla battaglia di Pavia al trattato di Madrid. Verona, Drucker e Tedeschi, 1890. 976 ARTURO SEGRE 298 di questa condotta ambigua, nè del tutto favorevole ai suoi interessi, e dopo le citate sollecitazioni del giugno 1524 perchè venisse rifiutato il passo al re, e si impe- disse ai nobili piemontesi e savoiardi d’accordare favori ai suoi nemici, invitò il Duca a comunicargli i diritti della sua casa all’omaggio dei marchesi di Saluzzo, prima di obbligare il conte del Genevese, investito allora del marchesato, al giuramento di fedeltà (1), e gli lasciò scorgere senza veli la sua diffidenza. La politica doppia doveva procurare al Duca altre complicazioni gravi dopo la bat- taglia di Pavia. Il Lannoy, padrone nuovamente di Milano, non sapeva come sfamare e provvedere le paghe al suo esercito: il Milanese era esausto e le paghe di Spagna non giungevano. Il conte del Genevese cercò di evitare l’accantonamento degli imperiali in Piemonte, ma il Lannoy pretese somme esorbitanti, e durante le trattative violò i confini alloggiando senz'altro i soldati nel Vercellese ed anche in Torino. Dopo lunghi dibattiti fu stabilito lo sborso di 30.000 scudi. Il difficile stava nel raccoglierli (2). Gli abitanti di Vercelli, per quanto desiderosi di liberarsi dagli Spagnioli, rifiutavano al Duca ogni contribuzione (8). Ed intanto soprusi intollerabili commetteva nella città un commissario spagnuolo, di nome Acunha, che si permetteva di ispezionare le case dei principali cittadini e sotto colore di ricercare robe francesi taglieggiava le singole famiglie (4). I tumulti ricominciarono quindi nel contado da parte delle popolazioni che non volevano comportare le angherie dei soldati. A Cigliano gli abitanti chiusero le porte innanzi a certe compagnie spagnuole che dovevano alloggiarvi. Per evitare inconvenienti il signor di Cavalerleone, che teneva l’interim del governo di Vercelli, accorse e si sforzò di calmare l’irritazione universale. Gli fu risposto: essere volon- terosi d’ubbidire al Duca, mai di introdurre nel paese gente nemica. Preferire la morte per opera della giustizia ducale agli strazi dei soldati spagnuoli (5). Mandarono intanto (1) Arch. di Stato di Torino. Alemagna. Lettere principi, m. 1°, Memoriale cit. al conte del Gene- vese. Burgos, 12 giugno 1524. L'imperatore circa ai feudatari sabaudi che tenevano le parti di Francia, voleva che il Duca procedesse con severità, offrendosi, qualora per motivi politici non osasse, di agire personalmente come imperatore. Quanto al marchesato di Saluzzo, ove l’esercito del Lannoy non avesse potuto occuparlo: “ cu que pour poursuyr noz ennemys et entrer en France, leur fust mestier prendre chemin par autre quartier que par ledict marquis, que en ce cas lediet Duc nostre cousin, veant en ce lopportunité, tant pour le bien de son dict frère, que pour mieulx asseurer les passages et entrees des sesdict pays, luy bailler toute layde et assistence possible, de ses pays et subiectz pour pouvoir acquerir la Reelle et actuelle possession dudict marquisat et dicelluy paisiblement Jouir et user ,. (2) Carlo II, ecc., pag. 42. — L’avversione del Lannoy pel Duca pare avesse origine tra l’altro dal matrimonio del medesimo colla contessa d’Entremont, figlia del conte dello stesso feudo. Costui era morto ed il Lannoy ne voleva la successione feudale. V. Arch. di Stato di Torino, loc. cit. Memo- riale dell’imper. cit. Raccomanda al Duca: “ les affaires de nostre vice Roy de Naples et de la contesse de entremont sa femme, et le priera de par nous vouloir faire advancer le proces quil a à cause de la succession du feu conte dentremont, pere de la diete contesse et autres ses prede- CESSEUrS ,. Î (3) Arch. di Stato di Torino. Lettere: particolari. Gio. Luigi s." di Cavalerleone al Duca. Vercelli, 9 marzo (1525): “Jay eu par response diffinitive que Il ny a moyen de trouver argent en ceste ville ne pour moyen de ceuls dade (è d'Adda, banchieri di Milano), ne aultre manière ,. Su pegni si potevano forse trarre 600 od 800 scudi. — Id., Vercelli, 11 marzo (1525). — Il Cavalerleone doveva coi danari riscossi recarsi a Milano presso il conte del Genevese, ma non potendo trar nulla, stimava inutile, anzi dannoso il viaggio e chiedeva istruzioni alla duchessa Beatrice. Ia., lett. cit. (4) Za., Vercelli, 21 aprile (1525). (5) Za., Vercelli, 2 aprile (1525). Che: © ...douvrir è leurs ennemis Il ne vouliont pas, et quilz amiont mieulx de morir par vostre Justice que par leurs mayns ,. 29 LA POLITICA SABAUDA CON FRANCIA E SPAGNA DAL 1515 AL 1533 277 al vicerè offrendo una somma di danaro in sostituzione dell'obbligo d’alloggio, e ne ebbero permesso. Il Cavalerleone e D. Giovanni de Leyva, fratello dell’illustre difensore di Pavia, che comandava le genti entrate a Vercelli, tornarono il giorno dopo a Cigliano per assistere alla partenza degli Spagnuoli accampati all'aperto. I Ciglianesi sborsarono 160 scudi per le spese fatte dai soldati nel mantenersi fuori della terra. Ma le compagnie ne pretesero 300, e nacque un tumulto. Gli Spagnuoli appiccarono il fuoco alle case esterne della terra, ed il Cavalerleone ed il de Leyva dovettero assistere impotenti a quegli atti vandalici (1), che in altro paese, sotto altro principe di maggior potenza, sarebbero stati vendicati colle armi. Frattanto a Milano il conte del Genevese, ed Antonio Rubat, tesoriere della Duchessa, consegnavano al vicerè ben 20.000 scudi e 2000 al Bourbon: ne mancavano ancora 8000, e questi giunsero il 19 aprile portati da Francesco Richardon, signore di Chambuet. Filippo mandò tosto il Richardon col signore di Salleneuve presso il Lannoy per avvertirlo che i danari erano pronti, ma il superbo vicerò rispose fredda- mente che gli ordini imperiali recavano di alloggiare le genti d’arme nel Piemonte, sebbene non a discrezione. Egli negò che le angherie sofferte dai poveri abitanti del Vercellese si dovessero alle truppe spagnuole, ma le attribuì a soldati francesi arruolati nel suo esercito, e promise di farli punire. La discussione finale venne rimessa di qualche giorno, poichè il vicerè ed il conte intendevano visitare il re prigioniero a Pizzighettone: in questo abboccamento forse sarebbesi decisa la pace o la continua- zione delle ostilità con Francia. Ma intanto una cosa appariva certa ed è che dopo tanto spreco di danaro e tante sofferenze il vicerè teneva in nessun conto i patti ed obbligava le terre del Piemonte a sopportare ancora il peso delle milizie imperiali (2). La disperazione nello Stato ducale era grande. Pochi giorni prima a Vercelli avevano rayvivato le speranze alcune lettere di Filippo di Savoia per lo sgombero delle genti d’arme, e Giovanni de Leyva mostrando buone intenzioni erasi recato in persona a regolare la partenza dei soldati dal contado. Mancava ancora la designa- zione della contrada di Lombardia che doveva ospitare quelle genti. Già i Vercellesi respiravano (3), fiduciosi di liberarsi dall’Acunha, che negli ultimi giorni aveva fatto prigioniero un gentiluomo ottuagenario, Francesco di Caresana, per estorcergli danaro ed era riuscito a trarne ben 500 scudi (4), quando improvvisamente il vicerè sospese la partenza. L'abboccamento del Lannoy col re a Pizzighettone e le proposte mandate di (1) Za., lett. cit. (2) Carlo II ecc., pagg. 44-45. Il Duca pareva anche poco soddisfatto dell’ opera di Filippo, vedendo che il risultato delle trattative non era quale egli sperava. V. anche Arch. di Stato di Torino. Lettere particolari. Richardon al Duca. Milano, 21 aprile (1525): © ...Mons-* Je ne voys point dapparence de lever ses gens quilz ne soit de retour de pisquiton, car tout y gist ou la paix ou la guerre et scaurons ou Ilz debvront marché. Le pappe manda hier de largent Icy ,. (in un foglietto): © Monseigneur. La vraye resolution de ce affère ne se peult scavoir Jusques audict retour, ‘Car, cellon quilz besougneront avecques le Roy, larmee passera les montz, ou retournera en dega, et sil ne veult soy condescendre à ce que luy sera presenté, Jentans que dans huyt ou dix Jours Il passeront ,. (3) Id., Cavalerleone al Duca. Vercelli, 16 aprile (1525). (4) Id., Vercelli, 21 aprile (1525). 278 ARTURO SEGRE 30 Spagna dall'imperatore (1) non piacquero a nessuna delle parti, quindi il vicerè decise di trasportare l’augusto prigioniero in Ispagna, perchè ivi trattasse direttamente con Carlo V (2). Lunghi mesi durarono le trattative, mentre il Piemonte gemeva pur sempre ed i soldati vivevano a discrezione. Il conte del Genevese pattuì allora col marchese di Pescara, succeduto al Lannoy nel comando, mediante lo shborso di altri 15.000 scudi la partenza di tutta la fanteria spagnuola e tedesca (3). Riuscì difficilissimo il raccogliere di nuovo somma così ingente. I Cumeesi, quelli di Piossasco e dei rispettivi territori opposero molte difficoltà a sborsare la parte loro fissata dal commissario ducale. Da alcuni comuni, quali Peveragno e Boves che avevano già tanto sofferto dalla permanenza delle milizie, non fu possibile trarre un soldo (4). Eppure il 20 agosto i quindici mila scudi erano consegnati ai tesorieri imperiali (5). Il Duca frattanto, lasciato il governo alla consorte Beatrice, da due mesi aveva abbandonato Torino per visitare a Lione la reggente di Francia, Luisa, sua sorella, che desiderava conferire con lui (6). Il conte del Genevese poi, dopo avere, come vedemmo, attenuato con ogni mezzo le sofferenze dei popoli, desideroso di occupare il marchesato di Saluzzo, da tanto tempo promessogli (7), riuscì a persuadere il marchese di Pescara ad una spedizione. Alfonso d’Avalos, marchese del Vasto, fu incaricato dell'impresa, e nel mese di luglio il marchesato tutto fu sottomesso, ed il governo poco dopo affidato a Filippo (8). Ma fu breve sogno; nel mese d'ottobre (1) V. su questi fatti Mrawner, II, 90-98. De Leva, II, 250 e ss. V. copia delle proposte imperiali in Arch. di Stato di Torino. Materie politiche. Negoz. con Vienna, m. 1°, n. 2. Madrid, 25 marzo 1525. (2) V. tra l’altro Arch. di Stato di Torino. Lettere particolari. Contessa Francesca Fieschi-Gonzaga al sig. Rubino Torto. Sabbionetta, 26 ciugno 1525. (3) Carlo II, ecc., pag. 46. (4) Arch. di Stato di Torino. Lettere particolari. Filiberto Solaro (du Solier) alla Duchessa. Fossano 8 luglio (1525): “ ...Au regart de ceulx de Peuverain et de Beuvez Ie croy quil en fauldra faire prez que autant, car oultre ce que depuis ma comission les espagnolz y ont lougé en gros nombre et tué gentz et saccaigé Jusques à trouver les biens quilz avoyent rettiré aux montaignes, au deslouger Il y ont laissé la pèste dont Ilz en sont bannis du pais; et landemain la tempeste leur a emporté toutz leurs biens Jusques è thuer lez bestes et oyseaulx à la campaigne. Non obstant ce la Je lez ay faict venir Jusques aux portes de Cony et leur ay parlé au myeulx que Jay peu pour en avoyr quelque partie de leur ratte; la conclusion de leur responce a esté quilz me prioient que Je envoiasse de gentz de bien pour visiter leur cas et me informer à la verité de leurs affaires et que si Je trouvoie quilz eussent moyen ny facon de contribuer à ceste charge, Ilz estoient contentz de le faire de bon cueur; mais aussi si Je trouvoie aultrement, Je ne lez voulsisse poynt constraindre à limpossible; car Ilz ne me scauroient rien bailler si non leurs persones ou leurs enfans en gaige, ce quil feroient voulentier pour gaigner lez despens; dont vous pouvez considerer ce quil en fauldra rabattre ,. (5) Ropricuez Virna, Italia desde la batalla de Pavia hasta el suco de Roma. Madrid, Navarro, 1885, pag. S5. L’abate di Najera all'imperatore. Vercelli, 20 agosto 1525. © El conde de Ginevra dié 15,000 escudos ,. A (6) Carlo IL ecc., pagg. 40-41. — Ropricurz Vira, op. cit., pag. 79. Lope de Soria all’impera- tore. Sestri, 7 luglio 1525. (7) Nel 1524 già vi era stato un principio di occupazione. V. Carlo II, ecc. pag. 33. (8) Nel mese d’agosto vennero occupate le ultime piazze ancora soggette a Michele Antonio. V. Carlo II, ecc., pag. 48 e Arch. di Stato di Torino. Lettere particolari. Bernardino di Mombello, conte di Frossasco, al Duca. Vercelli, 20 agosto (1525): “ .....ces segnyeurs om prys resolusyom de prontement despescher laffèere de Saluces, dom mons* vostre frère na past assez Jans, selom que le besoyng requyert. Parquoy ma aresté, et sy ne change de propos, sera fet dedans la fyn de se moys, out Il iy aura de testes rompues ,. S1 LA POLITICA SABAUDA CON FRANCIA E SPAGNA DAL 1515 AL 1533 279 gli imperiali sgombrarono il marchesato e la marchesa Margherita di Foix lo ritolse al principe sabaudo (1). Per mettere fine alle lunghe sofferenze (2) il Duca aveva pochi giorni dopo la battaglia di Pavia, mandato in Ispagna Luigi Gorrat, signore di Escrivieux. Il Gorrat aveva commissione di felicitare Carlo V dei prosperi eventi, consigliandolo nondimeno a pace, e chiedere l'invio d’un suo ambasciatore in Piemonte per sorvegliare le mosse del Lannoy ed impedire gli arbitri. Carlo V accolse favorevolmente l'oratore sabaudo, ma rispose parergli l'invio dell’ambasciatore cosa ormai inutile, causa l’indugio che ancora sarebbe avvenuto; più rapido effetto avrebbero prodotto alcune lettere sue al Lannoy ed al Bourbon (3). Esso però s’ingannava, e quando, dopo reite- rati ordini (4), vide il risultato nullo, non approvando il consiglio dell'abate di Najera, Fernando Marino, di trattenere il Duca con parole, (5), creò ambasciatore in Savoia Lopez Hurtado di Mendoza (6). Costui si recò alla sua missione, ma giunse a Chambéry in condizioni miserrime di salute. Poichè la cosa urgeva, sebbene malato il Mendoza ripartì nell'agosto 1525 su d’una lettiga alla volta di Piemonte, e nel dicembre dello (1) Proms, Memoriale di Gio. Andrea Saluzzo di Castellar dal 1482 al 1528, in “ Miscellanea di storia italiana ,, VIII (1869), pagg. 601-2. — Carlo II, ecc., pag. 48. (2) Tra le genti che più minacciavano le terre sabaude primesgiavano quelle del famoso Fabrizio Maramaldo. V. Arch. di Stato di Torino. Lettere partie. Cavalerleone al Duca. Milano, 6 dic. (1525). Sulla data di questa lettera, vedi pag. 32, nota 10. (V. la minuta in Id. Minute lettere della Corte (Carlo ILL), m. 5°): “ ...et ainsy lung escript a Fabricio Maramao qui est en Ast coronel de tous les Italiens, quil ne fasse ne permetta tère poynt de comission è personne que soy de larmee pour louger en voz pays ». — Circa la vita del Maramaldo [De Brasus, Fabrizio Maramaldo e i suoi antenati, in “ Archivio storico per le provincie napoletane ,, I (1876), II (1877) e III (1878)] e la sua permanenza in Asti, vedi Luzio, Fabrizio Maramaldo, cit., pagg. 30 e 74, ma specialmente Vassatto, Gli Astigiani sotto la dominazione straniera (1379-1531), in * Arch. stor. ital. ,, serie 4%, vol. II (1878), pag. 381; Fabrizio Maramaldo e gli Agostiniani in Asti, in © Miscell. di storia ital. ,, serie 2*, XIII (1890); MMatteo Prandone difensore d’ Asti nel 1526 contro Fabrizio Maramaldo, in © Atti della R. Acca- demia delle Scienze di Torino ,, XXV (1890), pagg. 214-39. (3) Arch. di Stato di Torino. Alemagna. Lettere principi, m. 1°, Carlo V al Duca. Madrid, 26 marzo 1525: © Je ne fais point de doubte que avant larrivee de cestes, le collateral Gorrat sera devers vous ,, e da lui intenderete la mia ottima volontà verso la pace. “ Et quelque grande victoire quil ait pleu è Dieu menvoyer ny suis moins enclin, mais davantage que par avant, Esperant que moy et mes alliez aurons maintenant nostre raison par la dicte paix, que par ce pourra estre plus ferme et plus seure, En estirpant les racines dont tant de guerres sont pululees et Rendant è chascun le sien. Synon il fauldra que Je use de la victoire que dieu ma donné et suyvir mon emprinse, Ce que certes me desplairoit pour le bien de la dicte chrestienté. Au moins chascun cougnoistra que me seray tousiours mis en tout devoir. — Au surplus quant è la preservacion de voz pays et subiectz pource quil seroit trop tard de vous envoyer homme propre pour resider auprez de vous, Comme vous avez fait requerir par votredict collateral Gorrat, avons cependant advisé de supplir par lectres, que sur ce escriprons à nostre frère, cousin et lieutenant général le duc de bourbonnoys et dauvergne, Et au conte de Entremont, nostre Viceroy de Naples et capitaine général, desquelles verrez la copie ,. (4) Id., Toledo, 28 maggio 1525: “ Il me desplait grandement des foulles et oppressions faictes sur voz payz et subiectz, Car ce na esté ny est mon intencion de souffrir telz mesfaictz (?) mesmes contre vous, que Jay tousiours tenu et tiens pour mon bon cousin et allyé et loyal prince du sainet empire ,. E promette di scrivere al Bourbon ed al vicerè. (5) Roprieuez Vitta, pag. 75. L’abate di Najera a Carlo V. Milano, 14 giugno 1525. Il Duca di Savoia aveva chiesto lo sgombro delle sue terre, presentando lettere imperiali, ma non si vedeva modo nè luogo ove alloggiare le genti. Quindi “ con el Duque se usarin todas las buenas palabras que fueren posibles, fasta que certificado desto V. M. mande lo que mas fuere su servicio ,. (6) Carlo II ecc., pag. 50. Arch. di Stato di Torino, loc. cit. Carlo V al Duca. Toledo, 27 luglio 1525. 280 ARTURO SEGRE 32 stesso anno era a Milano, dove il signor di Cavalerleone lo raggiungeva per lagnarsi a nome della Duchessa che nessun provvedimento conveniente fosse ancor stato preso (1). Si noti che l’imperatore dopo l’invio del Mendoza aveva di nuovo scritto al marchese di Pescara (2), al solito con effetto nullo. Si diedero buone parole al Cavalerleone. Il marchese del Vasto l’assicurò che circa alcuni soprusi commessi da gente spagnuola a Mulazzano sarebbesi fatto seria inchiesta, e dato ordine di restituire quanto fosse stato tolto. Promise pure che Fabrizio Maramaldo, colonnello degli Italiani, avrebbe ricevuto ordini perentori di non permettere ai suoi alloggio in terra piemontese (3). Un capitano spagnuolo a Moncalieri, Giovanni d'Ibarra, pretendendo alcune centinaia di scudi dalla Duchessa, s’era permesso di far prigioni vari abitanti, e bravava di arrestare e tagliaggiare quanti volesse (4). Ebbe ordine di porre in libertà i prigionieri, dietro promessa d'un sussidio (5). Ma su alcuni punti non riusà il Cavalerleone a conchiudere nulla col marchese del Vasto. Infine il Mendoza promise di recarsi presto a Torino (6), e fu tutto. Allora il Gorrat fu rinviato in Ispagna nella fine dell’anno (7) per reclamare altre e più energiche disposizioni (8). Le cose imperiali attraversavano un periodo poco felice: la congiura del Morone così imprudentemente scoperta dall’autore stesso al Pescara, aveva riaperto la guerra in Lombardia, ed il duca Francesco II Sforza si trovava assediato nel castello di Milano da quell’esercito stesso che l'aveva sostenuto contro i Francesi. I Veneziani ed il Pontefice, Clemente VII, tenevano un contegno molto equivoco, lasciando sospet- tare connivenza collo Sforza. La reggente, Luisa di Savoia, faceva pace e lega col re d'Inghilterra, Enrico VII, e pareva accingersi a nuova spedizione nella penisola (9). Infine il marchese di Pescara, veniva a morte il 3 dicembre (10), grave perdita all’eser- cito imperiale. Ma il trattato di Madrid che il 14 gennaio 1526 l’imperatore ed il re sottoscrissero (11), parve restituire la tranquillità alla penisola. Tutti gioirono, in (1) Arch. di Stato di Torino. Lettere particolari, lett. cit. del Cavalerleone del 6 dicembre. — V. Curlo IIg ecc., pagg. 50-51. (2) Arch. di Stato di Torino. AUemagna. Lettere principi, m.1°. Carlo V al marchese di Pescara (copia). Toledo, 7 agosto 1525. (3) Lett. cit. del Cavalerleone. (4) Id., Minute lettere del duca Carlo ILI, m. 3°. Ibarra alla Duchessa, 25 novembre 1525. (5) Za., lett. cit. — Nel settembre invece di togliere le genti dal Piemonte il Pescara vi man- dava altri 2000 lanzichenecchi, non sapendo dove alloggiarli. Rawpox-Browx, IM, 481, n. 1114. Il Doge all’Orio. Venezia, 18 settembre 1525. (6) Za., Op. cit. (7) Arch. Camerale di Torino. Conti cit., reg. cit., fol. 212. Ordine del Duca. Torino, 25 dic. 1525: “ Geénéral. Deslivres au collateral Mess.® Loys Gorrat la somme de cent et cinquante-escus soleil pour aller devers lempereur ou nous lenvoyons pour noz affères... ,. (8) Carlo II, ecc., pag. 53. (9) Ta. (10) Dre Leva, II, 302. Baraw, pag. 19. Ropricuez Vicra, pag. 104. Lope Hurtado de Mendoza all'imperatore. Milano, 6 dicembre 1525. — Ciò ne mostra che la data 6 dicembre attribuita alla lettera del Cavalerleone (Arch. di Stato di Torino. Lettere particolari) è inesatta, poichè ivi il ministro ducale parla del Pescara come tuttora in vita: © Car luy me ha demandé affin quil fest entamdre tout au seig.” marquis de Pescara, Ce que tout incontinant y la fest. Je ne suys pas entré, pour ce quil est ancors fort malade, combyen quìl demeure ung peu mieulx que ces Jours passes, Et les medicins disent que au present Il est hors de dangier, quoy quil aye ancors ung peu de terzane... Ma deppuys deux Jours en ca le marquis se pourte assez bien, de manière que Ile tienent pour guerj ,. (11) Du Mont, Corps universel diplomatique, tomo IV, p. 1%. Amsterdam, 1726, pag. 40. — Vedi Carlo III, ecc., pag. 53. ; 39 LA POLITICA SABAUDA CON FRANCIA E SPAGNA DAL 1515 AL 1533 281 ispecie i Piemontesi, i quali confidavano che Francesco I, rinsavito dai rovesci e dalla non breve prigionia, avrebbe d’allora in poi cercato tranquillità. Ma quelli che conoscevano l’uomo non si rallegrarono nè si fecero illusioni al riguardo. Il gran cancelliere di Spagna, Mercurino Arborio di Gattinara, si oppose quanto potè alla liberazione del re, e poco mancò non rassegnasse le dimissioni, quando seppe che l’imperatore erasi piegato dietro consiglio del Lannoy a restituire in libertà il temuto rivale (1). Ed il grande ministro aveva ragione. Il re prima ancora di lasciare il suolo di Spagna già palesava il suo malcontento delle condizioni impostegli nel trattato, e faceva sospettare un'esecuzione delle medesime tutt’altro che pronta (2). Quanto al nostro Duca, egli s'era adoperato onestamente prima e dopo Pavia in favore della pace e del re prigioniero. Il Gorrat accompagnò Francesco nel suo regno; il Lambert andò in nome del Duca ad ossequiarlo, per modo che il re in un momento di riconoscenza ebbe per lo zio espressioni di calda affabilità (3). Ma le parole di un sovrano così volubile e poco mantenitore delle promesse meritavano davvero molta fede ? (1) Serassi, Lettere del conte Baldassar Castiglione ora per la prima volta date in luce, vol. 2°. Padova, Comino, 1771, pagg. 27, 31. Castiglione all’ arcivescovo di Capua. Toledo, 6 febbraio e 24 marzo 1526. (2) Id., pag. 29, id. Toledo, 18 febbraio 1526. “ Il Christianissimo, secondo che mostrano li suoi e dicono apertamente, si parte mal contento ,. - (3) Carlo III, ecc., pagg. 54-56. Serie II. Tom. L. ] 36 282 ARTURO SEGRE 94 Capitolo II (1526-27). SOMMARIO 1. Sofferenze e malumori in Piemonte dopo la pace di Madrid. — 2. Disposizioni di Francesco I al ritorno dalla prigionìa. Reazione violenta dei Piemontesi contro gii Spagnuoli. Il Duca si rivolge al re, temendo rappresaglie dagli imperiali. Missione del sig. di Confignon in Ispagna e Portogallo. — 3. Nuovo accostamento di Carlo all’amicizia imperiale dopo la lega di Cognac. Ripresa delle ostilità in Lombardia. Minaccie e moine di Francesco I al Duca. — 4. Trat- tative di matrimonio fra il principe di Piemonte, Luigi, primogenito del Duca, e Margherita di Valois, figlia del re. Ambasciata straordinaria del Duca alla corte francese. Il re cerca d’indurre lo zio ad una lega con lui, ma il Duca persiste nella neutralità. — 5. Il pontefice Clemente VII, fa tregua col vicerè Lannoy. Tuttavia il duca di Bourbon invade le terre della Chiesa. Sacco di Roma (6 maggio 1527). Minaccie del de Leyva contro il Vercellese e prov- vedimenti. Calata del Lautrec e del Navarro. Loro progressi (agosto-settembre 1527). 1. — La pace di Madrid del 14 gennaio 1526 e la conseguente liberazione del re mediante consegna del Delfino Francesco e di Enrico, duca d'Orléans, come ostaggi, se rallentarono e trattennero nuove ostilità tra Francia e Spagna per alcuni mesi (1), cioè fin quando il re non fu rientrato nello Stato suo, non migliorarono che lievemente le condizioni del Piemonte, insanguinato e sofferente dal passaggio e stanziamento delle genti imperiali. L'invio di Lope Hurtado di Mendoza con pieni poteri ad allontanare le milizie da quella regione, non aveva, come vedemmo, prodotto notevoli risultati. Il Piemonte continuava a gemere, ed il Duca era costretto a rimanere in Savoia, trattenuto dalle questioni di Ginevra e degli Svizzeri, che di giorno in giorno si face- vano più gravi. Beatrice di Portogallo, la bella ed intelligente compagna del Duca, stava a Torino per salvaguardare gli interessi dello Stato di fronte ai capitani del- l’imperatore, i soprusi dei quali non avevano limiti. Sdegno profondo, e massima alterazione degli animi mostravano le popolazioni, e se il timore e la prudenza dei ministri sabaudi non avesse trattenuto e temperato lo sdegno crescente, fiumi di sangue spagnuolo sarebbero corsi nelle vie delle città e borgate piemontesi. A Vercelli confessava fin dall’ aprile 1525 il signor di Cavalerleone essere gli animi già così eccitati che in sua assenza qualche gran tumulto avrebbe paventato (2). A Cavaglià il conte Filippo Torniello, comandante di genti spagnuole, catturava bestiami e persone, sicchè il signor di Musinens, Luigi di Chatillon, grande scudiere del Duca, e suo principale ministro in Piemonte, d’accordo col Consiglio Ducale scrisse a Milano e mandò per bocca del Cavalerleone aspre lagnanze (3). Il Musinens s’inquietava, avendo certa notizia che il marchese del Vasto ed il de Leyva pensavano di occupare quante terre potevano per stanziarvi truppe, e consigliava il suo principe per lettera a (1) V. cap. precedente. (2) Arch. di Stato di Torino. Lettere particolari. Lett. cit. del Cavalerleone da Vercelli, 21 aprile (1525). (8) Za., Musinens al Duca. Torino, 11 marzo (1526). 35 LA POLITICA SABAUDA CON FRANCIA E SPAGNA DAL 1515 AL 1538 283 ritornare senz'altro in Torino, dove la sua presenza avrebbe evitato sciagure al Piemonte (1). Se però quello intendeva rassegnarsi al destino e tenere il contegno remissivo degli anni trascorsi, il Chatillon non esitava a dichiarare essere meglio se ne rimanesse oltr’'Alpi, essendo miglior cosa che gli eccessi avvenissero in sua assenza, che non sotto i suoi occhi a rendere così più manifesta la sua impotenza. Almeno il prestigio personale sarebbe rimasto intatto (2). Neanche l’inviolabilità dei rappresentanti ducali veniva rispettata dai sedicenti amici dello Stato sabaudo; nel marzo 1525, ad esempio, alcuni soldati spagnuoli avevano osato arrestare in quel di Vercelli il signor di Confignon, ambasciatore del Duca, e pretenderne taglia di 500 scudi (3). Questo stato di cose aveva portato molto disordine e grande confusione in ogni ramo del- l'ordinamento pubblico; la sicurezza personale era insufficiente, la giustizia mancava di vigore e di forza, e quel ch'è peggio, talora degenerava nella più scellerata delle ingiustizie (4). Anche il Monferrato gemeva sotto il peso delle contribuzioni; il marchese Boni- fazio Paleologo, cioè la sua madre e tutrice, Anna d’Alengon, offriva ai rapaci ministri imperiali ben 50.000 scudi, pur di liberarsi dalle genti spagnuole, ma invano. Prefe- rivano gli usurpatori vivere a discrezione sul piccolo Stato che ricevere una somma di danaro, la quale troppo rapidamente sarebbe stata inghiottita (5). A Milano poi il marchese del Vasto ed il de Leyva tenendo assediato il castello ed occupata la città militarmente imponevano ai cittadini balzelli su balzelli, tanto che ad una ultima imposizione di 15.000 scudi sui mercanti della città, costoro si presentarono irritati al marchese, il quale in forma cortese dichiarò che ben riconosceva le sofferenze ed (1) Za., Torino, 15 marzo (1526): “... Car vostre presence augmenteroit le cueur de voz subgectz, qui cougnoistroyent la bonne voulenté que leur portes ,. (2) Ia. (3) Zd., Confignon al Duca. Vercelli, 22 marzo (1525): “ Touchant mon affere Jay bien des lettres du s” Jehan Leve (Giovanni de Leyva), quest yci pour mandé aus espagnios qui mont pris pour venir ycy pour regardé de rebattre Ce qui sera possible des cinq cens escus de Rancon. Mais ilz ne se peulent trouver. Toutesfois Je ranvoye ancores aujordhuy par tout pour les fère venir. Jay belle peur que ne servis de rians, car Ilz ny feront aultre. Toutesfoys long y fera tout ce que sera pos- sible, Vous suppliant. Monseigneur, très humblement mavoir pour recomandé, car le terme sapproche de me retourné prisonier ou de payé..,. Si vede che il Confignon era libero sulla parola, e che il suo costituiva un vero ricatto da parte di truppe spagnuole, all’ insaputa dei primi duci imperiali, poichè i suoi aggressori si rendevano invisibili. (4) Id., Filiberto Solaro al Duca. Torino, 1 aprile (1526). Un pover’uomo imprigionato a Savi gliano, mentre era tornato nel suo paese dietro un ampio salvacondotto accordato dal Duca ai briganti ed ai banditi dello Stato, venne messo alla tortura prima dei tre giorni che la legge accordava agli arrestati per difendersi e raccogliere informazioni. Il disgraziato protestò, ma il Governo non tenne conto dei suoi lamenti e volle procurarne la condanna ad ogni costo. Un dottore di leggi onestamente non si prestò a tanta infamia. Il presidente Chiaffredo Pasero, scrive il Solaro, affidò la causa ad un secondo, che conchiuse potersi dare solo una pena pecuniaria. Allora si ricercò un terzo dottore, a cui venne regalato uno scudo, invitandolo a pronunziare sentenza di morte, mentre pur esso da principio sosteneva essere la cosa impossibile. “ Il a esté si homme de bien ,, ironicamente continua il Solaro, “ que plus tost que rendre lescu Il la condemné è estre pendu et la sentence est entre les mains du prepost, quj nattend si non que ces troys Jours dez festez soyent passez pour la fayre despechier ,. — È esatto il racconto del Solaro? Lo ignoro, ma parmi riveli almeno il disordine che esisteva nell’amministrazione della giustizia. (5) Sanuro, I Diari, LI (Venezia, 1898), col. 176. — Garrorro peL Carretto, Cronica del Monfer- rato in “ Mon. bist. patr. SS. ,, III (Torino, 1848), col. 1278-89. 284 ARTURO SEGRE 36 i danni della città, assicurò che avrebbe scritto e parlato, ma intanto raccomandò loro la pazienza (1). Egli sentiva il fuoco che covava sotto la cenere, e tomeva qualche scoppio improvviso e disastroso all’esercito cesareo. Intanto il de Leyva avvi- sava per lettera l’imperatore che l’Italia tutta ribolliva (2), e consigliava di tenere la penisola imbavagliata occupando per sempre la Lombardia (83). A Roma il pontefice Clemente VII non sapeva darsi pace degli arbitri e tra- cotanza dei ministri imperiali, sicchè tutta l’Italia era piena di profonda avversione per Carlo V, ma, come la Germania (4), non osava muoversi. Persino il conte del Genevese, Filippo di Savoia, che vedemmo tanto fedele all'imperatore, ‘ora andava raffreddando il suo zelo. La pace di Madrid e la restituzione fatta al marchese Michele Antonio di Saluzzo delle terre occupategli, avevano leso i diritti acquisiti dal conte sul marchesato (5). Certo l’imperatore col piegarsi a tale accordo, credette di allontanare uno dei motivi principali di inimicizia colla Francia, ma non badò che nel tempo stesso col ritogliere al conte il dono già fattogli dava una grave ferita all’amor proprio di un principe ardente ai suoi servizi, ed al quale la reggente Luisa di Savoia nel dicembre 1525 aveva negato persino un salvacondotto, tacciandolo di smoderata passione imperiale (6), mentre rincuorava un vassallo infedele, Michele Antonio, che aveva tenuto perennemente aperto ai Francesi il passo in Italia ed era ad essi legato da salda amicizia. E le conseguenze ben presto si videro in Piemonte. Margherita di Foix, dopo aver conosciuto con gaudio vivissimo la reintegrazione del figlio nello stato avito (7), (1) Sanuro, LI, 209. (2) Za., 177: °...et ha ditto grandissimo mal de tutta Italia, ma Cesare fa poco conto di le sue parole e mostra voler pace con tutti ,. (3) Miner. Lettere di Girolamo Morone (° Miscell. di stor. ital. ,,, III), pag. 506. — Barax, pag. 19. (4) Al principio della calata regia nel 1524, molta aspettazione avevano i Tedeschi. Baran, Mo- numenta reformationis Lutheranae ex tabulartis secretioribus Sanctae Sedis. Ratisbona, 1884, pag. 397. Il card. Campeggio al Sadoleto. Vienna, 17 novembre 1524. (5) Du Monr, Corps universel diplomatique ecc., pag. 400-10. Trattato di Madrid. V. il cap. XLIV (pag. 409), che riguarda Saluzzo. Non v'ha la più piccola menzione di Filippo. (6) Arch. di Stato di Torino. Lettere particolari. Gio. Giacomo di Bernezzo, sig.:* di Rossana, amb. sabaudo in Francia, al Duca. S.* Just presso Lione, 5 dicembre (1525). “ Monseigneur. Jay parlé àè madicte dame pour le saufconduit de monseigneur vostre frère suyvant ce qu’il vous a pleu me mander luy dire. A quoy elle ma respondu:“ Mon frère scait bien ce que Je luy en ay tousiours mandé que sy cest pour ses affaires, Je nen vouldroye faire nulle difficulté, et sy lon luy en parle, Il pourra dire qu'il en na desia rescript et qu'il en rescripra encores pour lavoyr ,. Et cest, Mon- seigneur, pour tousiours dellayer. Aujourduy Jay receu un aultre lettre quil vous a pleu me mandé, hou Jay troué ung billet pour le mesme affaire, dont Je suis aller trouer mons» le tresorier Ro- bertet (lorimont Robertet, tesoriere del regno), qui ma dit totallemant que madicte dame ne permettra point encores ledict saufconduict pour quelque peu de tanps. Jay taché vers luy que pour le moins elle vous en rescript lotroy hou le reffus. A quoy, monseigneur, Il ma respondu quelle ne le fera point doubtant que mondict seigneur, vostre frère; nen advertit lempereur, ce dont Il porroit estre mary, car desia son anbassadeur quy est icy set plaint que lons a reffusé plusieurs saufconduict aux Jans de lempereur, et que sy ansy est, lempereur les reffusera aussy de son cousté, que viendroyt mal apoinct. Il ma au surplus dit, Monseigneur, quil est davis que encores pour ung peu de tamps vous entre- tenes mondict seigneur vostre frère, et que vous ne le boutes point hors desperance, que madicte dame ne luy donne bien son saufconduict et ce gue Zon en faict ce nest que pour que lon tient fort grant amy de mons* de Bourbon ,. (7) Id., Pasero al Duca. Torino, 16 febbraio 1526. “ Monseigneur. Je ay entendu comant ma- dama la marquesa de Saluces ha emvoyé dire au seg. marquys du Guast que Il a heu noveles que TATE i l î ua aa 97 LA POLITICA SABAUDA CON FRANCIA E SPAGNA DAL 1515 AL 1533 285 coll’aiuto d'una mano di soldati italiani ribellatisi all'imperatore per mancanza di paghe, invase alcune terre ducali (1). I facinorosi coglievano l'occasione opportuna, e commettevano assassini e ruberie, opponendosi colla forza agli stessi funzionari del governo, impotenti a frenarli. Il Duca, occupatissimo nelle cose di Ginevra, ormai in piena ribellione, tribolato dalle ostilità dei Friburghesi e Bernesi, che lo minac- ciavano di guerra aperta (2), scriveva alla consorte, Beatrice, di temporeggiare e trattenere la marchesa con buone parole (3). Intanto sollecitava nel marzo 1526 soccorso dai comandanti imperiali, ma solo a stento (4) riusciva ad ottenere 300 fanti (5). A questo punto intervenne l’imperatore, il quale fece intendere che avocava a sè la questione del Duca col marchese di Saluzzo (6), sicchè pel momento cessò lo strepito delle armi. Si noti pure che Carlo V in quei giorni investì il vicerè di Napoli, D. Carlo di Lannoy, del contado d'Asti, per togliere di mezzo questo pomo di discordia tra lui ed il re di Francia (7). Quanta soddisfazione debba aver provato il nostro Duca a questa notizia è facile immaginare, ricordando le questioni sue personali col vicerè! (8). 2. — Francesco I di ritorno nel suo regno, înacerbito dalla sofferta prigionia, trovò ben presto buon argomento per violare i capitoli della pace e mancare alla fede data. Il Pontefice, Venezia, il duca di Milano, ridotto agli estremi nel suo castello, invo- cavano l’aiuto francese per liberare l’Italia dagli imperiali. D'altro canto il Piemonte dissanguato dagli arbitrii spagnuoli, ed ora invitato a provveder danaro pei bisogni dello Stato, mostrava volontà pessima (9). La voce diffusasi che i ministri imperiali avevano chiesto al Duca alloggio per nuove genti mise del tutto sottosopra il paese. lampereur ha investi le marquis de Saluces som fis du ditz marquisatz et que Il offerisetz au dit seig.® marquis du Guast et le ditz marquisat et tout ce que Il avoyt moyemant le gains de guerre que Il gli avoyt ,. (1) Sauro, XLI, 25 e 65. — Di qui la lettera dell’imperatore al marchese del Vasto (Arch. di Stato di Torino. Allemagna. Lettere principi, m. 1°). © Ill. marchio consiliarie collateralis et peditum in Italia capitanee generalis, nostri fidelis dilecti. Nos havemos entendido que algunos soldados dese nuestro esercito diz que dizen y publican que quieren yr 4 servir al marques de Salucio contra el duque de Saboya, y por que estando el amor y buena voluntad que es entre nos y el dicho duque seria esto muy ageno de la intencion, y seriamos dello deservido, os encargamos y mandamos que no solamente proveais y tengais forma como persona alguna dese dicho nuestro exército no vaia a faborescer al dicho marques contra el dicho duque, mas aun dagais al dicho duque el favor y aiuda que pudierdes, y por que avemos tan bien entendido que algunos de los dichos soldados pasen con hazer dano en algunas tierras del dicho duque y amenazan de querer tornar & alojar en su estado, proveereis asimismo que esto no se haga ,. Siviglia, 28 aprile 1526. — Ciò oltre agli arbitrii spa- gnuoli in varie terre, Faule, Polonghera, ecc. V. id., Lettere partie. Pasero al Duca. Lett. cit. (2) Id., Lett. del Pasero, (3) Arch. di Stato di Torino. Minute lettere del Duca Carlo ILI, m. 3°. Beatrice al Duca, 1526. (4) Santo, col. 13. (5) Ja., col. 90. (6) V. Za., col. 13 e col. 90. — Si noti che nel mese precedente i duci imperiali avevano man- dato in soccorso a Beatrice 300 archibugieri e 100 cavalleggieri. V. Arch. camerale di Torino. Conto dei tes. gen, dì Savoia, n. 185, fol. 253. Ordine di pagare 20 scudi del sole al capitano delle genti. Torino, 18 febbraio 1526. — Ma avendo bisogno d’altra gente per le cose di Ginevra il Duca fece spedire il dottor Castillo a Milano per chiedere nuovi soccorsi. Jd., fol. 242-43: ©... pour avoir quelque bon nombre des chevaulx legiers et gens de piedz pour les envoyer à Genève ,. (7) Sanuro, XLI, 176. (8) Zd., col. 173. Aprile 1526. ©... L’imperator li ha dato Asti, et za mandato a tuor il possesso ,. (9) Arch. di Stato di Torino. Lettere particolari. Pasero al Duca. Lett. cit. del 16 febbraio 1526. 986 ARTURO SEGRE 38 Il Duca stesso, dianzi così mite, volle opporsi, scrisse a Milano che non poteva con- cedere nulla, e pubblicò un bando che lasciava ampia facoltà ai sudditi di uccidere i soldati imperiali che penetrassero nelle loro terre (1). Varie genti spagnuole allog- giavano a Racconigi, Cavallermaggiore, Poirino e Castagnole. I piemontesi tosto appro- fittarono della licenza, diedero la caccia ai soldati e li obbligarono ad abbandonare il paese (2). A Trino due compagnie di cavalleggieri furono tagliate a pezzi e svali- giate (3). Torino ‘pure si sollevò, ben 200 spagnuoli vi lasciarono la vita, e se la Duchessa non avesse protetto le altre compagnie imperiali, strage ancor maggiore sarebbe avvenuta (4). Tale resistenza armata era tuttavia pericolosa e poteva indurre il Vasto ed il de Leyva ad un'azione contro il Piemonte. Di qui la necessità d’avere un appoggio in caso di bisogno. Gian Giacomo di Bernezzo, signore di Rossana, amba- sciatore sabaudo presso la Corte francese, ebbe ordine di avvisare il re e la reggente d’ogni cosa, e pregarli di aiuto, in caso d’un invasione in Piemonte (5). La lettera del Duca giunse in buon punto ; pochi giorni prima, il 22 maggio, erasi firmata a Cognac la lega tra il re, il Pontefice, i Veneziani ed il duca di Milano (6), e null’altro desi- derava Francesco che strappare lo zio dall’amicizia imperiale. Se il marchese del Vasto ed Antonio de Leyva intraprendevano qualche ostilità contro il Piemonte, il Duca avrebbe questa volta abbandonato, e forse per sempre, l'amicizia imperiale. Il de Leyva pensò realmente ad una spedizione in Piemonte, non ostante gli uffici del signor di Cavalerleone (7); anzi il capitano Giovanni di Urbina con 6 cannoni e numerosi fanti e cavalli aveva già ordine di partire (8). Ma le notizie venute da Torino modificarono le intenzioni spagnuole. Il governo ducale infatti accettando la sfida aveva chiamato (1) Sanuro, XLI, 338. — Paiono simili ordine e decreto eccessivi e troppo arditi per un sovrano di potenza così limitata come il Duca Carlo, ma il Sanuto dà la cosa come certa. Il Duca stesso dice in una sua d’aver accordato ai sudditi di sbarazzarsi degli spagnuoli. V. nota (5). (2) V. nota 4. (3) Sanuro, XLI, 377. (4) Id., 390. e (5) Arch. di Stato di Torino. Francia. Lettere ministri, m. 1°. Il Duca al Bernezzo, 28 maggio 1526. “ Bernex. Advertisses nous de ce que pourres entendre touchant la paix dentre le Roy et lempereur, si elle sera observee, ou ce que vous semblera sen ensuyrra. Pareillement quel exploict le vyce roy aura fait dernitrement quil a esté devers le Roy. Au surplus vous dires audict s.? roy et à madame ma seur que estant de pardeca, nous avons trouvé quelques compaignies de gens de pied espaignolz dans racconix et bientost apprès en sont venues daultres bandes tant de pied que de cheval, qui ont fait maulx innumerables, dont noz subgectz estantz si mal traictez nous ont supplié leur donner congé de se deffendre, ce que ne leurs avons voulsu reffuser et Incontinent se sont mys aux champs, là ou ilz ont deffait les compaignies qui estoyent è cavallermaour, poirin et Castagnolles et sont tousiours apprès à leur donner la chasse, Et pareillement à ceulx qui estoyent dans raconiz qui lont abandonné. Toutesfoys Il est è craindre quilz ne revyenne è plus gros nombre pour oultrager noz pays et subgectz, ce que ne desliberons endurer, mas y resister de tout nostre pouvoir, priant lesditz s* et dame en cas qu’ils voulsissent oultraiser me voulsir seccourir et aider jouxte les promesses quilz nous ont tousiours faictes. Et nous advertisses de la response quilz vous feront au plus brief que pourres. ;. (6) De Leva, II, 327. — BaAran, pag. 24. (7) Arch. camerale di Torino. Conto cit., fol. 248. Torino, 6 marzo 1526. Ordine di pagare al Cavalerleone “ quenvoyons à Milan pour laffère des represaillies devers le chiefs de l’armée de l'’empereur , 30 scudi. e fol. 249. Ordine di pagare al cap. Bracamonte 10 scudi. Il Bracamonte era a Torino dal gennaio di quell’anno, ed ora andava pur esso col Cavalerleone a Milano. (8) Sawuro, col. 417. arr e fi 4 99 LA POLITICA SABAUDA CON FRANOIA E SPAGNA DAL 1515 AL 1588 287 ad una mostra generale tutti gli abitanti atti a portar armi, che erano circa 20.000. Di questi 6000 divisi in reggimenti e compagnie, ebbero ordine di raccogliersi al primo avviso in un luogo designato. Le artiglierie dello Stato erano già state appa- recchiate e distribuite nelle fortezze. Infine il governo senza esitare aveva comunicato al de Leyva ed al Vasto come “ intendendo che essi &racavano di voler mandar gente là a soi danni che si scusava con loro, se li accadeva male ,. Simile ammo- nizione fredda e minacciosa lasciava agevolmente supporre che il Duca si sentisse spalleggiato dalla Francia (1). Dopo matura riflessione Giovanni d’Urbina venne richia- mato, pensando “ che facilmente el potrebbe causare più disordine che ordine (2) ,. Il successo diede animo ai Piemontesi che svaligiarono in quei giorni altre 7 compagnie di spagnuoli, ed al Duca, il quale ripeteva sempre di voler eseguiti a suo riguardo gli ordini imperiali, e che il Piemonte venisse del tutto sgombrato dai soldati (3). Se noi dunque volessimo giudicare delle relazioni tra Savoia e Spagna dagli avvenimenti piemontesi, dovremmo conchiudere che nel 1526 esse erano alla vigilia d'una rottura. Eppure, se tra il Duca ed i ministri di Carlo V durava pessima armonia, le disposizioni personali del nostro Principe verso l’imperatore continuavano ottime ed erano proprio in quei momenti di tensione rinforzate da nuovi vincoli di parentado. Infatti negli ultimi del 1525 Carlo V aveva impalmato Elisabetta di Portogallo, sorella di questo re Giovanni INI, e della Duchessa di Savoia, divenendo in tal modo cognato del Duca. Questi adunque, non contento dei primi uffici gratu- latorii (4), destinò nel marzo 1526 in Ispagna e in Portogallo un’ambasciata appo- sita sotto il signor di Confignon, esperto diplomatico (5). Ciò proprio quando il contegno minaccioso del de Leyva incominciava a volgerlo verso Francia, il cui re era in pro- cinto di venir liberato. Ml Confignon partì nella metà di marzo 1526 (6), trovò a Mont-de-Marsan Francesco e Luisa, che visitò. Colla solita mala fede il re, che già aveva risposto al cav. Penalosa in forma poco ossequente al trattato, promise invece al nostro ambasciatore di osser- vare scrupolosamente le condizioni della pace (7). Passò in seguito il Confignon al di là dei Pirinei, ed a Vitoria incontrò il vicerè Lannoy colla nuova regina di Francia, Eleonora, sorella di Carlo V, che secondo i capitoli firmati a Madrid doveva sposare Francesco I (8), i figli del re ostaggi, D. Inigo Hernandez de Velasco, duca di Frias e conestabile di Castiglia, Ferdinando Alarcon e vari altri grandi di Spagna. L’acco- (1) Zd., e col. 392. (2), Jai, col. 392. (3) Zd., col. 448. (4) Quegli che portò la notizia si ebbe 100 scudi del sole di dono. Arch. camerale di Torino. Conti cit., fol. 390r. Torino, 27 dicembre 1525. Ordine di pagamento. “ Deslivres à lhomme du Roy de porthughal mons.” de beausiene (?), qui nous apporthe nouvellhes certainnez du mariaige de lem- pereur à l'infante donne Yzabel ma belle seur, Cent escuz soleil ,. (5) Za., fol. 140. Chambery, 14 marzo 1526. Ordine di pagare 127 fiorini ad un oste di Chambery “ pour la despence de mons. de Confignion, que mondict seigneur mande pour ambassadeur en Por- tugal, lequel a sesjourné en la dicte hostellerie vinst trois Jours entiers, sept personnes et sept chivaulx ,. (6) Id. (7) Arch. di Stato di Torino. Lettere particolari. Confignon al Duca. Vitoria, 19 aprile (1526). (8) V. Du Mowr, IV, 1° parte, ‘pag. 400-10. — V. su Eleonora, Metner, Eléonore d’Autriche ct de Bourgogne, reine de France. Paris, Fontemoing, 1895. 288 ARTURO SEGRE 40 glienza fu cordiale. Il Confignon con molta finezza, e forse non senza qualche punta d’ironia, raccomandò al vicerò le cose del Duca, pur conoscendo a fondo l'animo del suo interlocutore. Ma il Lannoy parve ricevere le espressioni dell’ambasciatore con serietà, e si protestò grato dell’onore fattogli dal Duca di confidare a lui le sue cose, promise lettere efficaci all'imperatore, e di fare “ tous les treshumbles services quil luy seroen possible de fère, Quest une des choses en ce monde quil desire autant comme vostre treshumble subjet et serviteur ,, scrisse il Confignon. L’ambasciatore sabaudo ossequiò quindi i principi ostaggi, il Delfino Francesco ed Enrico, duca di Orléans, che vide onorati molto dai nobili spagnuoli, e tenuti non da ostaggi, ma “ plus que sil estoyent au mylieu du Royaume de France ,. Solo notò piccolissimo il numero dei Francesi alloro servizio, ed il seguito costituito intieramente di Spagnuoli (1). Questo trattamento speciale non durò a lungo. Quando Carlo V conobbe le velleità bellicose del re ed il suo mancamento di parola, mutò poi i riguardi pei due principi in vera prigionia (2). Anche Eleonora, nuova regina, fece grata accoglienza al Confignon. Essa attendeva di giorno in giorno che il Lannoy e l’Alarcon l’accompagnassero presso lo sposo (3). Il 20 aprile il Confignon lasciò Vitoria, ed il 9 maggio giunse a Siviglia presso l’imperatore con accoglienza festosa, tra gli altri, anche dal gran cancelliere, Mercurino Arborio di Gattinara. Le notizie d'Italia sulle condizioni delle truppe nel ducato lombardo e sulle velleità bellicose dei principali Stati della penisola decisero Carlo V a rispedire in quei giorni il Bourbon a quella volta. Ormai alla Corte imperiale non restava più dubbio sulla mala voglia del re, che senz’altra finzione aveva detto al Lannoy, andato a Cognac, di non voler cedere assolutamente la Borgogna, nè ottempe- rare ad altri capitoli del trattato di Madrid (4). Dopo aver assistito al matrimonio del duca di Calabria, Ferdinando d'Aragona, figlio dell’ultimo re di Napoli aragonese, Federico (5), il Confignon lasciò Siviglia il 15 marzo dirigendosi verso il Portogallo (6). s. — La missione del Confignon in Ispagna servi a mantenere buone le relazioni tra il Duca e la Corte imperiale, e per riflesso a temperare i malumori del Vasto e del de Leyva. Il re di Francia aveva compreso il Duca nella lega di Cognac quale suo alleato (7), ma Carlo, quando ebbe certezza dalle lettere del Confignon che le disposizioni dell’imperatore a suo riguardo erano buone, preferì cessare dalle ostilità coi duci spagnuoli, ai quali promise 10.000 scudi, di cui 7000 sborsati dalle popolazioni con taglia apposita (8). Questo suo ritorno spontaneo all’amicizia imperiale traeva impulso da varie cause, tutte importanti. Dopo le belle parole usate agli ambascia- tori ducali, il dì della liberazione, e col Confignon, Francesco I mostrava nella (1) Lett. cit. del Confignon. (2) Mrewer, II, 4883-86. (8) Lett. cit. del Confignon. (4) Arch. di Stato di Torino. Lettere particolari. Confignon al Duca. Siviglia, 14 maggio (1526). (5) Vedi su quel principe ed in ispecie sull’infelice madre sua, oltre al noto studio del Crocg, la breve monografia del CaraseLLEsE: Andrea da Passano e la famiglia d’Isabella del Balzo d'Aragona in “ Archivio storico per le provincie napoletane ,, XXIV (1899), pag. 430-39. (6) V. lett. cit. del Confignon. (7) Sanvro, XLI, 462. — Il pontefice Clemente VII faceva conto sul Duca nella lega di Cognac. V. Baran, pag. 25, 26. (8) Sanuto, col. 484. 41 LA POLITICA SABAUDA CON FRANCIA E SPAGNA DAL 1515 AL 1588 289 primavera del 1526 nuovo principio di malanimo. Era il Duca trattenuto in Savoia dalle eterne e gravissime questioni di Ginevra (1). Egli si rivolse al nipote, pregan- dolo di adoperarsi coi cantoni di Berna e Friburgo, perchè revocassero la comborghesia accordata alla città ribelle, e gli restituissero pure l'autorità su Losanna, liberatasi fim dal 1518 da ogni dipendenza con lui. Ma il re, che, in prova d’ossequio e per mantenere un voto, nel mese d’aprile aveva visitato il S. Sudario a Chambéry (2), menò ora le cose in lungo, accogliendo con marcata freddezza la domanda (8). Egli aveva fatto eran conto sulla tensione che esisteva tra lo zio ed i comandanti imperiali in Lombardia per indurre quello a stretta alleanza; invece come già era avvenuto nel trattato di Moore alcuni mesi innanzi, così ora verso la lega di Cognac il Duca procedeva colla massima riservatezza. S' aggiunga che in via segretissima il Duca aveva cer- cato di trar profitto della catastrofe di Pavia coll’acquisto di Savona, città di passioni francesi. L'imperatore non favorevole al suo desiderio (4) alla cosa non aveva dato seguito. Tuttavia non è impossibile che qualcosa ne sia pur trapelato in Francia, e se ciò avvenne il re dovette offendersene ed allarmarsi. In conclusione anche nel 1526 Carlo si mostrava risoluto alla neutralità, non ostante l’irritazione ed i sospetti forse del potente nipote (5). Eppure di giorno in giorno la situazione politica d’Italia e del Ducato s'aggravava. D. Ugo di Moncada attraversata la Francia si recò a Torino (6), poi a Milano (7), ed infine a Roma, dove in apparenza cercò di accordare Clemente VII coll’imperatore, nella realtà diede esca al fuoco della discordia e delle ribellioni per allontanare il pontefice dalla lega con Francia (8). Fabrizio Maramaldo, colonnello della fanteria italiana, con truppe numerose tentò l’occupazione di Asti ai confini dello Stato sabaudo (9), e quindi penetrato in Alessandria e nel Monferrato, che ebbe a soffrire molto dalla sua permanenza, s’avviò alla volta di Lodi a comandarne il presidio. Ma i Veneziani, presa risolutamente l’offensiva, e guidati da Malatesta Baglioni, lo sorpre- sero ed occuparono a forza la città. S'accinsero quindi al soccorso del castello di (1) Ricorri, Storia della mon. piemontese, I, 176. — Sanuro, XLI, 92. (2) Sanuro, XLI, 173, 179, 209. (3) Za., col. 276, maggio 1526. “ Zfem scrive l’orator dil ducha di Savoia è venuto lì («a Bordeaua) aziò il Re li fazi restituir a sguizari Oxana (Losarna) et Zenevre, toltoli per essi sguizari. El qual è menato a la longa con darli parole, però che il Re non è ben satisfatto di le operation del suo Ducha ,. (4) Arch. di Stato di Torino. Vienna. Lettere a ministri, m. 1°. Lorenzo di Gorrevod al Duca. Valladolid, 13 giugno 1525. “ Jay parler (sic) touchant Savonne, mais lon ma respondu quil nestoit à ceste heure temps den parler pour aucunes raisons, que ne vous puis escripre, dont il me desplait. Car vous navez subiect ny serviteur quil plus desire laccroissement de vostre estat ... Mas pour ceste heure en laffere dudict Savonne ne se apoit fere aultre chose ,. (5) V. le sollecitazioni del re al Duca in Sanuro, XLI, 697. (6) Sanuro, XLI, 426, 437. (7) Id., 697. (8) V. per tutto Baran, pag. 31-36. — Circa la politica di Clemente VII con Carlo Vv. anche Grernen, Die politische Beziehungen Clemens’ VII zu Karl Vin dem Jahre 1523-27. Hannover, Brandes, 1887. — Per la storia generale v. Crotta, op. cit., pag. 899-925. (9) Vassarto, Habrizio Maramaldo e gli Agostiniani in Asti in “ Miscell. di storia italiana ,, serie 22, XIII (1890). — Zd., Matteo Prandone, difensore d'Asti nel 1526 contro Fabrizio Maramaldo in ©“ Atti della R. Accademia delle Scienze di Torino ;, XXV (1889-90), pag. 214-39. Serie II. Tom. L. 37 290 ARTURO SEGRE 42 Milano, dove Francesco II Sforza era agli estremi, ma l’ignavia del comandante supremo della lega, Francesco Maria della Rovere, duca d’Urbino, impedì loro ogni risoluzione ardita, e lo Sforza dovette il 24 luglio capitolare col Bourbon, giunto da poco tempo di Spagna (1). Ora tali avvenimenti ed il discredito che ne veniva al re, obbligarono questo ad apparecchiare un esercito e mandarlo nella penisola, sollecitando il passaggio nelle terre dello zio, che ne provò mediocre entusiasmo (2). Carlo non poteva lasciare la Savoia; ma vedendo imminente la discesa dei Francesi scrisse alla duchessa Beatrice di lasciare Torino senza ritardo e di raggiungerlo a Chambéry per evitare ogni incontro coi soldati (3). Beatrice tuttavia pensò, e giustamente, che abbandonare il Piemonte proprio quando esso veniva di nuovo calpestato da gente straniera e le armi rumo- reggiavano ai confini, sarebbe stata azione sconveniente e pericolosa. Il Consiglio ducale da essa raccolto fu unanime in quell’opinione (4). Essa rinunziò quindi al viaggio. Le armi infatti già si muovevano in Piemonte. Giovanni Birago, fuoruscito mila- nese ai servizi di Francia, con alcune genti rompeva in quel di Susa 400 fanti spa- gnuoli (5), ed alla fine d'agosto il marchese di Saluzzo, Michele Antonio, con 4000 fanti e 500 cavalli sboccava nelle valli piemontesi (6). Si parlava anche di molti Svizzeri che attendeva il re ad assoldare (7). Infine ai primi di settembre il marchese di Saluzzo comparve presso Asti, ma le sue forze non numerose recarono scarso conforto alla lega veneta pontificia (8). Clemente VII era stretto a Roma dalla rivolta dei Colonnesi, fomentata dal Moncada, ed il duca d’ Urbino che già era tenace nell’ immobilità, si confermava vieppiù in tale condotta vedendo che il marchese di Saluzzo aveva genti in numero esiguo. Ma il re volgeva in mente disegni ben diversi da quel che i suoi alleati forse immaginavano. La lontananza dei figli ostaggi, che sapeva trattati senza riguardo, dopo la lega di Cognac, il ricordo delle passate sconfitte, gli insuccessi militari dei Veneziani e del Pontefice, lo tenevano in tale perplessità, ch'egli non sapeva qual partito fosse più conveniente aj suoi interessi, se inchinarsi innanzi all'imperatore od iniziare vigorosamente le ostilità. Il principe d'Orange, Filiberto di Chalons, e Filippo di Savoia, conte del Genevese, prima che il marchese di Saluzzo avesse varcato i monti, s'erano sforzati d’impedirgli il passo, e si diceva che l’Orange fosse in procinto di scendere dalla Borgogna in Savoia con una banda di truppe (1) Gurcerarpini, libro XVII, cap. 3°. — De Leva, II, 3861. — Baran, pag. 30. (2) Arch. di Stato di Torino. Minute lettere del Duca Carlo III, m. 3°. Memoriale del Duca al st di Musinens (Luigi di Chatillon), suo gran seudiere, ed al s* di Bellegarde di quel che debbono dire alla Duchessa. “ Plus luy remonstreront comme Ihomme du Pape et celluy du Roy sont Tey continuellement pour presser mondict seigneuwr pour donner passaiges sur ses pays à leurs gens, ce quil ne leur pourra bonnement reffuser ,. (3) Ia. © Par le moyen duquel passaige si madicte dame bientost ne deslouge, elle les rencon- trera en chemyn, ou si elle actend quilz ayent passé trouvera tous les lougeys deshabitez et despour- veuz de tous vivres, dont elle et son train seron tres mal trectez. Parquoy mondict seigneur luy prie vouloir le plus promptement quelle pourra pour eviter la fascherie que desus ,. (4) Zd., Beatrice al Duca. Torino, 6 luglio 1526. (5) Sanuro, XLII, 302. — Su Gio. Birago, v. Lirra, Famiglie celebri italiane, vol. 8°, Milano, 1852, fasc. LXXI, tavola 1% (6) Mrener, II, 238. (7) Sanuro, XLII, 422-23. (8) Sanuro, XLII, 567. 43 LA POLITICA SABAUDA CON FRANCIA E SPAGNA DAL 1515 AL 1589 291 tedesche (1). Il Duca nostro alle aperture del re aveva sempre risposto di volere la neutralità del suo Stato, e da qualche prova indiretta lasciava sperar poco circa le disposizioni dell'animo suo. Il 7 luglio, ad esempio, a Berna l'ambasciatore sabaudo aveva divulgato che il Bourbon era giunto in Genova con 3000 archibugieri e 120 gentil- uomini, descrivendo come notevolissime le forze imperiali nella penisola. Antonio Morelet, ambasciatore del re, sdegnato della cosa che naturalmente raffreddava gli Svizzeri dall’accettare gli stipendi regi, fece una scenata al collega sabaudo, dicendo “ che si maravigliava molto che volesse fare tanto gagliarde le cose de Borbone contro del re, essendo il Duca suo parente ed avendo favorito S. M., Ie cose sue presso di questi signori, che ben conosce che non l’ha detto per altro che per invilirli a non andar in Italia, ma che lo scriverà al suo re ,. L’oratore piemontese spaurito pregò il Morelet di non palesare il fatto, ma il Morelet gli replicò “ con parole molto iniuriose , (2). Sia questo incidente, sia le minaccie del d’ Orange e del conte del Genevese, il re parve risoluto a qualche atto energico contro Savoia. Invitò dapprima il Duca a rompere guerra in Lombardia con 6000 lanzichenecchi, mandandogli al fianco Luigi des Barres, signore di Neuvy (8), poi gli scrisse in termini minacciosi perchè negasse il passo al d'Orange (4), ed evitasse ogni ostilità contro la lega (5). Ma ben presto egli ritornò sui passi fatti e timoroso di inimicarsi del tutto lo zio in quei giorni di incerta condotta e di esitazioni, cercò di cancellare l’ impressione dell’ul- tima lettera, scongiurando il Duca d’ interporre i suoi uffici coll’ imperatore per ristabilire la pace, e fare istanza al medesimo perchè entrasse nella lega di Cognac, la quale non era diretta contro alcuno, ma anzi, gli conservava un posto libero (6). Il Pontefice pur esso impensierito dalle condizioni della penisola, o d'accordo col re, o di moto proprio, due mesi dopo faceva al Duca uguale invito (7). Carlo accondiscese, un segretario piemontese si recò in Ispagna, e n’ebbe buone parole con preghiera di continuare gli uffici di paciere (8). Ma nel fatto Carlo V era troppo sdegnato contro il re ed i suoi alleati, e punto disposto a condiscendenze verso chi aveva ingannato la sua fede e non mantenuto la parola data. (1) Sanuro, XLII, 383. (2) Wirz, Akten ecc., I, 216-17, n. 109. Capino da Capo a Francesco Guicciardini. Berna, 7 luglio 1526. (3) Sanuro, XLI, 75. 3 giugno 1526. (4) Vicari, Niccolò Machiavelli ed i suoi tempi. Vol. 3°, Milano, Hoepli, 1897, pag. 449. Roberto Acciaioli agli Otto di Pratica. Amboise, 81 luglio 1526. “ Il Re ha qualche. aviso ch'il Principe d'Orange debba passare per la Savoia con una banda di Alamanni per venire in Italia, et però col Duca ha facto gran querela. et protestatione che non dia passo alli inimici sua. (5) Sanuro, XLII, 383. Agosto 1526. “ Ha scritto al duca di Savoia di questo et a Sguizari li scriva a esso Duca nom sia contra la liga ,. — Il pontefice con um suo breve rincalzò qualche tempo dopo la domanda. I4., col. 480. (6) Arch. di Stato di Torino. Roma. Lettere ministri, m. 1°. Il Duca al collaterale Aimone dei ss. di Piossasco, cons.” di Piobesi. Chambery, 26 settembre 1526. © Du sceu et bon gré du Roy Jai envoyé par dever lempereur ung myen secretaire pour luy tenir propos dentrer en la ligue et pour vouloir entendre è la paix. La response qu’ il men a faict par Jedict secr*® qui est de retour est que sa M.té men scait bon gré et me prie continuer. Vous en donrrez: advyz à nostre Sainct père et luy bailleres le pacquet que son homme que est en la court dudict s.® ma envoyé par ledict secr.te pour le luy fère tenir ,. (7) Rimanpr, Annales ecclesiastici. Vol. XII, Lucca, Venturini, 1755, pag. 580. (8) V. nota 6. 292 ARTURO SEGRE 44 4. — Il Duca vedeva quindi l'orizzonte oscurato da grossi nuvoloni. La politica neutrale, sola àncora di salvezza pei deboli in molti casi, finiva per non soddisfare alcuno dei due potenti sovrani, suoi vicini. Il suo animo, spinto dalla consorte Beatrice e dalle lunghe e cordiali relazioni, inclinava verso l’imperatore. Carlo V lo aveva sostenuto d'appoggio morale, quando a Ginevra era stata concessa la borghesia ed a Losanna la protezione di Friburgo. Il Consiglio imperiale da Esslingen aveva nel- l'aprile di quell’anno intimato ai sindaci di Losanna e di Ginevra l'abbandono della borghesia e della protezione (1). Inoltre il 28 dello stesso mese da Spagna erano venute istruzioni al balivo Giovanni Faulquier, ad Adriano de Salinas, a Giovanni Immer, luogotenente in Alsazia, ed a Giacomo Sturezel di invitare le leghe svizzere all’annul- lamento delle borghesie suddette (2), e lettere vivaci a Berna, Friburgo (8) ed al vescovo di Ginevra, Pietro de la Baume, a cui raccomandava l’imperatore di tenere buona armonia col Duca (4). Margherita d'Austria, governatrice dei Paesi Bassi, aveva unito sue lettere a quelle dell’imperatore (5), pur consigliando il Duca alla dolcezza per evitare una guerra pericolosa (6). Inoltre il 28 aprile era stato revocato il bando lanciato contro il Duca, perchè non aveva pagato la sua parte di contribuzioni im- poste nella dieta di Nirnberg del 1522’ per la guerra contro il Turco (7). Infine il 30 giugno Carlo V aveva pubblicato un’ammonizione ai suoi ministri di Lombardia, proibendo l’ingresso delle truppe in terre piemontesi (8). Con questi precedenti e data la supremazia militare di Carlo V sulla penisola 1’ unirsi a Francia Sarebbe apparso nera ingratitudine e nelle conseguenze errore politico non più rimediabile. Tuttavia la presenza del marchese di Saluzzo nell’Astigiano consigliava prudenza, tanto più che il re voleva con altri 2000 uomini fronteggiare il principe d'Orange e Filippo di Savoia in Piemonte, ove la calata dalla Borgogna fosse avvenuta (9). ll Duca promise quindi al re d’impedire al fratel suo qualunque ostilità contro le truppe francesi (10), e forse seguendo il consiglio di Beatrice tenne a fianco del marchese sotto colore di onorarlo il signor di Racconigi o quello di Vinovo (11). Ciò non bastava ancora a Francesco, che sempre intento ad incatenare il Duca alle sue mire politiche, lo sollecitava da tempo a stringere con lui nuovi legami di famiglia. Aveva Carlo (1) Genève, cat. 1%, m. 11, ni 56 e 57. Esslingen, 21 aprile 1526. (2) 7d., m. 12, n. 1. 28 aprile 1526. (3) ci, Mo © db (4). Id., n.5. (5) do principi. Conti e Duchi di Savoia prima di Carlo ILI, m. 2°. Margherita ai Cantoni Svizzeri. Malines, 21 aprile 1526. (6) Zd., Margherita al Duca. Malines, 23 aprile 1526. — V. anche Crsrarro, Origini ece., II, 246. (7) Arch. di Stato di Torino. Materie d'impero, cat. 4%, Contribuzioni imperiali, m. 1°, n. 4. Ordine di pagamento. Nirnberg, 7 gennaio 1523, n. 5. Dichiarazione di bando, 18 ottobre. 1525. Diploma di revoca, 28 aprile 1526. (8) Zd., loc. cit., m. 1°, n. 7. Granata, 80 giugno 15268. — Anche il Gattinara s’era adoperato a pro’ del Duca in tale frangente (v. Bornate, Ricerche intorno alla vita di Mercurino Gattinara, Gran cancelliere di Carlo V, pag. 75), come nell’anno prima (id., pagg. 72-73), quando il Gorrat fu man- dato in Ispagna a sollecitare provvedimenti (id., pag. 100-1). (9) Vicnari, loc. cit. (10) Sanuro, col. 488, 733. (11) Arch. di Stato dì Torino. Minute lettere del Duca Carlo III, m. 8°. Beatrice a Carlo. Torino, 23 luglio, 1526. 45 LA POLITICA SABAUDA CON FRANCIA E SPAGNA DAL 1515 AL 1533 293 un figlio in età di soli due anni, Luigi, principe di Piemonte (1). Francesco voleva fin d'allora stabilire matrimonio tra il principe bambino e Margherita sua figlia, ch'era pure in fasce. Ed il Duca finì per arrendersi. Il 22 dicembre 1526 Bertolino di Mombello, conte di Frossasco, gran maggiordomo ducale, Pietro Lambert, signor de la Croix, ed il Bernezzo, ambasciatore residente a Parigi, ebbero incarico di trattare alla Corte francese i capitoli del contratto nuziale con promessa di ratifica entro tre mesi di quanto avrebbero pattuito (2). Il re prometteva una pensione annua, il comando d’una compagnia di 60 uomini d’arme e l’ordine cavalleresco di S. Michele (3) al suo futuro genero. Partirono adunque il Frossasco ed il Lambert, e giunti a S. Germain en Laye col Bernezzo visitarono la reggente Luisa di Savoia, assistettero alle nuzze del re di Navarra, Enrico d’Albret con Margherita di Valois, duchessa d’Alengon, di Anna di Montmorency, gran maggiordomo e maresciallo di Francia, colla figlia di Renato, il Bastardo di Savoia, Maddalena, ed a quello dell'ammiraglio di Francia, Filippo di Chabot, signor di Brion (4). Il 15 gennaio esposero la loro commissione alla presenza dei ministri regii. Il Duca chiedeva dote cospicua pel figlio suo, ma dal canto loro i Francesi volevano grosso doario alla principessa, e su questi due punti vi furono nutrite discussioni. Le principesse francesi ricevevano di solito dote di 50.000 scudi; il re però nel suo testamento, ultimo aveva stanziato alle figlie sue 100.000. scudi. Quindi i ministri dissero che Margherita avrebbe ricevuto di certo tale somma, ma insistettero per conoscere la cifra del doario. Gli ambasciatori sabaudi, che su questa materia pare non avessero sufficienti istruzioni, fecero “ les plus honnestes responces , che trovarono, senza impegnarsi per quel giorno. Durante le lunghe ore della seduta avevano temuto sempre qualche invito ad un'alleanza politica, ma per fortuna i ministri regi non entrarono in argomento. Chiesero tuttavia al Duca anche su questa, materia istruzioni precise (5). Frattanto il re, assente da S. Germain già prima che gli ambasciatori sabaudi vi giungessero, fece ritorno, e ricevette il Frossasco ed il Bernezzo con molta cortesia dicendosi contentissimo del futuro matrimonio, che sperava arra di più stretto legame (6). Era un’allusione scoperta all'alleanza così poco desiderata dal Duca e dai suoi, e ben presto all’allusione tenne dietro una lettera all’ambasciatore francese in Savoia, Luigi des Barres, signore di Neuvy, per far presente al Duca com’esso re non avendo ottenuto dall'imperatore la restituzione dei figli ostaggi e l'adempimento delle oneste domande fatte, aveva, deliberato in piena armonia col re d'Inghilterra di muovere guerra “ si forte et si rude de toutes parts , (1) V. Crarerta, Notizie storiche intorno alla vita ed ai fempi di Beatrice di Portogallo, duchessa di Savoia, con documenti. Torino, Botta, 1863, pag. 53. i (2) Jd., La mission du Seigneur de Barres, envoyé extraordinaire de Francois IV Roi de France à la cour de Charles III Duc de Savoie d'apròs des documents inédits in “ Mém. de l’Acad. des Sciences, Belles Lettres et Arts de Savoie ,, série 8°, VIII (1880), pag. 355 e 360-64. (8) Arch. di Stato di Torino. Matrimoni, m. 19, fasc. 1°, n. 2. Contratto di matrimonio. S.* Ger- main en Laye, 1 e 7 aprile 1526(7). Vi è riprodotta l'istruzione del Duca ai 3 amb. da Chambéry, 22 dicembre 1526. (4) Id., Francia. Lettere ministri, m. 1°. Bernezzo e Frossasco al Duca. St Germain en Lage, 12 gennaio 1527. Circa il matrimonio del Montmoreney v. Dvcrue, Anne de Montmorency, grand maître et connétable de France..... Paris, Plon, 1885, op. cit., pag. 70. Sanuro, XLIII, 707. (5) Arch. di Stato di Torino, loc. cit. S.' Germain en Laye, 15 gennaio 1527. (6) Z@., S.t Germain en Laye, 26 gennaio 1527. 294 i ARTURÒ SEGRE 46 che il suo nemico avrebbe appreso con suo danno l'errore commesso. Non dubitare che al Duca la cocciutaggine imperiale avrebbe recato profondo rammarico, ma che al maresciallo di Lautrec, Odet di Foix, destinato a nuova impresa nella penisola, non sarebbero mancati mezzi ed istruzioni sufficienti per agire con successo. Un corpo di lanzichenecchi dalla Lombardia voleva recarsi nella Borgogna francese ed occuparla; il re pregava il Duca di impedirgli il passaggio, anche a costo di levar genti, chè egli in tal caso l'avrebbe provveduto di 1200 o 1300 soldati a proprie spese (1). Tutto intento a cattivarsi lo zio (2), Francesco scrisse al marchese di Saluzzo rimproverandolo di molestie avute da commercianti di Piemonte per opera di com- missarî saluzzesi (8), ed accordò ampio salvacondotto ad un gentiluomo portoghese, Diego de Costis, che la Duchessa mandava in Portogallo (4). Ma il Duca, uomo intelligente ed abile schermitore, conosceva troppo bene il nipote per lasciarsi trascinare a qualche passo compromettente. Certo gli imperiali gli davano spesso motivi a lagnanze. Il conte Filippo Torniello, che teneva Novara a nome dell’imperatore, commetteva arbitrii in quel di Vercelli. Ma il marchese dî Saluzzo dal canto suo non cessava dall’ordire insidie a suoi danni (5), ed il balivo di Tours, personaggio d’autorità in Francia, trovandosi a Berna riceveva i complimenti dei Ginevrini colà residenti, e porgeva orecchio alle loro insinuazioni (6). AHe lagnanze che il Duca faceva, il re con melate parole e belle promesse pretendeva d’avere ancor esso motivi di poca soddisfazione. Un gentiluomo francese tornato di Piemonte gli aveva riferito che nel visitare il principe di Piemonte erano pervenute ai suoi orecchi espressioni poco riverenti di alcune donne della Corte all'indirizzo suo. Il Lambert assicurò Francesco che si trattava d’'un’insimuazione maligna, ed il Duca con breve inchiesta stabilì trattarsi realmente d’un’invenzione poco spiritosa del gentiluomo (7). (1) Arch. di Stato di Torino. Protocolli ducali, n. 143 (Vulliet, n. 10) (1513-40), fol. 62. Il re al de Barres. S.! Germain en Laye, 8 febbraio 1527. — CLarETTA, op. cit., pag. 355 e 364-66. (2) DessarDINs, Négociations de la France avec la Toscane. Paris, Impr. Impériale, 1861, pag. 915. Roberto Acciajuoli a Gianmatteo Ghiberti ed a Jacopo Salviati. Poissy, 3 marzo 1527. “ Alli giorni passati il Re mi disse che il duca di Savoia gli avea fatto domandare la, sua figlinola seconda per il suo primogenito, e che gliene voleva dare ad ogni modo, per ritirare quel signore e monsignor de Genève in sua amicizia; nè di poi si è inteso altro ch'io di certo possa scrivere ,. — Rawpon- Browx, Calendar cit., vol. IV (1527-33). London, 1871, pag. 21. Sebastiano Giustinian al Doge. Poissy, 13 febbraio 1527. (8) Arch. di Stato di Torino. Francia. Lettere principi, m. 1°. Il re al Duca. S.t Germain en Laye, 15 febbraio 1527. (4) Id., Francia. Lettere ministri, m. 1°. Copia del salvocondotto. S.* Germain en Laye, 20 feb- braio 1527. ) (5) Jd., Lettere principi. Carlo III, m. 8°. Il Duca al Frossasco ed al Lambert. Chambéry, 5 gen- naio 1527. “ Despuîs ma despeche faite Jay heu le double dune lettre du marquis de Salluces qui ne cesse Jour et nuyt de machiner tout ce quil peult contre moy et nommement laffaire dont Il se remecte sur Loys de Chastillon. Cest pour lentreprise de Verceil et pour sen saisir taichant de gaigner gens et des principaulx à ces effect. Et ledict contenen fait pas moins comme verrez par le double dune aultre lettre dudict Chastillon. De quoy Jespere bien quil se trouveront frustrez et ne trouveront mes subgectz à qui Ilz saddressent de si maulvaise nature que de vouloir four- voyer de leur debvoir envers. moy. Si trouve Je toutesfoys ceste facon de faire fort estrange, Et ne puis croire que ce soit du sceu et vouloir du roy ne de madame ,. (6) I Ginevrini spargevano voce che il Duca avesse provato contento della catastrofe di Pavia. Id., lett. cit. (7) Ia., Chambéry, 10 gennaio 1527. 47 LA POLITICA SABAUDA CON FRANCIA E SPAGNA DAL 1515 AL 1533 295 L'incidente non ebbe seguito, ma il Duca impensierito da queste ostilità velate da un manto di cortesia, volle continuare nell’antica riservatezza. Il re invece dava commissione il 8 marzo di quell’anno a Giovanni Brinon, signore di Bilaines, primo presidente del parlamento di Rohan, a Francesco di T'ournon, arci- vescovo di Bourges, Florimond Robertet, tesoriere di Francia, Antonio du Prat, arci- vescovo di Sens e cancelliere del regno, ed al Montmorency di conchiudere coi rappresentanti del Duca il matrimonio (1). Il 7 aprile i capitoli del contratto nuziale erano firmati. La dote saliva a 100.000 scudi pagabili metà il dì del matrimonio, metà nei quattro anni successivi, e doveva essere restituita ove Margherita morisse senza discendenza; il doario era fissato a 10.000 scudi annui. Quando il principe avesse compiuto l’età di quattordici anni, Margherita sarebbe stata rimessa agli ufficiali del Duca, a Lione, od a Montluel, dove il principe l’avrebbe sposata (2). Il Frossasco ed il Lambert, compiuta la loro missione, fecero ritorno a Chambéry con lettere del re e di Luisa e non senza qualche istruzione segreta che riguar- dava probabilmente l'alleanza franco-sabauda (8). Le minaccie velate del conte Filippo Torniello e dei colonnelli imperiali Gio. Battista di Lodrone e Brunoro di Gambara su Vercelli, che mostravano timore non cadesse in mano dei Francesi (4), inclinavano in quei giorni il Duca al grave passo, tanto più occorrendogli per terminare le questioni con Ginevra ed accordarsi col vescovo Pietro de la Baume, una lettera del re al conte di Montrevel, fratello del vescovo, col quale doveva trovarsi a Bourg-en-Bresse {5). Scelse, come sempre, una via di mezzo. Invece di chiedere al re un corpo di genti a salvaguardare Vercelli (6), lo pregò di un soccorso in danaro, e fece assoldare truppe dal conte Renato di Challant e dal signor di Candye (7). Ma Francesco I dell’alleanza offerta al Duca voleva accettazione incondizionata, siechè Carlo per evi- tare ogni possibile coercizione, l’11 marzo 1527 a Torino alla presenza dei più notevoli personaggi della sua Corte fece alta e solenne riserva di non mai dichiararsi nemico dell’imperatore nè del pontefice (8). Il re ne mostrò corruccio, ed ebbe poi a dire al Lambert che se il Duca voleva restrizioni nell’alleanza “ quil la lairroit la et se ser- Viroit des grandz de ses pays voulust il ou non , (9). 5. — Gravi avvenimenti si svolsero nella penisola durante la primavera e l'estate 1527. Il pontefice Clemente VII, scorato dalle enormità dei Colonnesi in Roma, stretto dagli imperiali, dopo un tentativo vano di soverchiarli nel reame di Napoli per mezzo di Renzo Orsini da Ceri, cedette alla fortuna avversa, ed aprì trattative di pace coi luogotenenti di Carlo V. Il vicerò Don Carlo di Lannoy mandò a Roma Cesare Fieramosca, che già nel mese precedente s’era affaticato in proposte d’ac- (1) Zd., Matrimoni, m. 19, fasc. 1, n. 1. (2) Id., n. 2 cit. (3) Zd., n. 2. Francesco I al Duca. Luisa a id. S.t Germain en Laye, 10 aprile 1527. (4) Id., Lettere principi ecc. Il Duca al Lambert. Chambéry, 29 marzo 1527. (5) Jd., Chambéry, 27 marzo 1527. (6) Lett. cit. del 5 gennaio 1527. (7) Id., Il Duca: al Frossasco, Lambert e Bernezzo. Chambéry, 20 marzo 1527. (8) CrarentA, La mission ecc., p. 356 e 3867-70 (doc. 4°). — V. anche Lawsert, Mémoires in “ Mon. hist. patr. SS. ,, I, col. 855. (9) Lameerm, loc. cit. 296 ARTURO SEGRE 48 cordo (1), ed il 16 marzo 1527, non ostante le preghiere e minaccie dell’ambasciatore francese e dei Veneziani, indusse il pontefice ad una tregua di otto mesi (2). Pochi giorni appresso il Lannoy in persona entrò in Roma con grande pompa e combinò col papa le ultime modalità. L'ambasciatore piemontese Giacomo di Lanzo, che fece visita al vicerè, trovò buon viso, ed il 29 marzo fu avvertito del datario, Gio. Matteo Ghiberti (3), che il Duca era stato nominato nella tregua come parente e confederato di Sua Santità ed aveva un mese di tempo per accettare, o no. Il Lanzo rispose che in caso di pace definitiva il Duca avrebbe con piacere veduto il suo Stato compreso nell’accordo, ma non forse in una tregua, com'era quella, essendosi scrupolosamente conservato neutrale durante l’intiera guerra (4). E veramente se entrare nella tregua poteva riuscir utile liberando il Piemonte da oppressioni imperiali, che sarebbero forse riapparse quando l’imperatore avesse trionfato sui Francesi (5), l’aderirvi era come un riconoscere di aver partecipato alla guerra. Ma non ebbe il Duca bisogno di rispondere su tal materia. Fin dai primi di gennaio il Bourbon, avuto notizia dell'impresa napoletana iniziata dal Pontefice, vedendo il marchese di Saluzzo muoversi nelle Romagne (6), era uscito da Milano, aveva raggiunto i lanzichenecchi luterani di Giorgio di Frundsherg, calati dalla Germania, e s'era avviato alla volta degli Stati pontifici, allettando i soldati colla speranza di grasso bottino. All'ingresso della Toscana venne a conoscere le trattative di Roma e la tregua colà fatta. Tutti stavano in ansia circa la sua con- dotta dopo simile notizia che il Lannoy gli aveva recato personalmente. Le genti tedesche mancavano di paghe, e tutti sentivano che difficilmente, senza grave sacrifizio di danaro, si sarebbero indotte a ritornare sui loro passi. D'altro canto i Veneziani, ai quali erasi lasciato un mese di tempo per entrare ancor essi nella tregua, continuavano le pratiche coi re di Francia ed Inghilterra per attirare nuove milizie in Italia ed opprimere gli imperiali. Genova inoltre, timorosa delle fortifica- zioni erette a Savona dai Francesi, otteneva da Antonio de Leyva l’invio dei conti di Lodrone, di Gambara e Torniello per assediare quella città e strapparla al re (7). (1) Gurccrarpini, libro XVIII, cap. 1°. Baran, pag. 46. — Arch. di Stato di Torino. Roma. Lettere ministri, m. 1°, Giacomo Lanceo al Duca. Roma, 25 febbraio 1527. (2) Op. cit. e Arch. di Stato di Torino, loc. cit. Roma, 15 marzo 1527. (3) Baran, pag. 48. V. nota (4). (4) Arch. di Stato di Torino. loc. cit. Roma, 29 marzo 1527. “ Questa matina il Datario mi ha dieto da parte dil papa facesse intender ad v. Ex.® come Soa S.tè in questa concordia ha nominato v. Ex.* come suo parente et confederato, et che v. Ex.® haveva termine un mese ad acceptar o refutar. To li ho dicto che facendossi pace universale v. Hx.* haveria piacer esserli compreso, ma facendossj concordia particolare, per la quale v. Ex. havesse restare inimico dalcuno principe christiano, non so come se contentaria intrarli per haver sempre servato neutralità. Et oltra che v. Ex.* vorria intender in che modo sta, a ciò sapesse quello haveria ad acceptar o refutar, Mi ha dicto la sub- stantia esser la suspension darme al modo già ho seripto. Li ho domandato se v. Ex.* intrandoli seria obligata ad alcuna cosa. Me ha dicto de non, et se li Capitoli fossero stati messi a neto me haveria dato la copia, quale ancora non è data ni a Francia ni ad altro ,. (5) J4., Lett. cit. , (6) SrarrertI, Lettere inedite di Francesco Guicciardini in © Atti e mem. della R. Deputazione di storia patria per le provincie modenesi ,, serie IV, vol. VIII (1897), pag. 55. Guicciardini al card. Innocenzo Cybo. Parma, 12 dicembre 1526. © Dal marchese di Saluzzo ho adviso che risolutamente doveva levarsi hieri, et io lo sollecito quanto posso e mi persuado non mancerà di quanto ha pro- messo con tanta efficacia ,. (7) Sanuro, XLIV, 535. Lettera da Lodi, 18 aprile 1527. Arch. di Stato di Torino. Lettere par- 49 LA POLITICA SABAUDA CON FRANCIA E SPAGNA DAL 1515 AL 1533 297 Infine si diceva che il gran cancelliere di Spagna, Mercurino Arborio di Gattinara, fosse in mare navigando verso i lidi italiani, e questa venuta intrigava pure gli animi già eccitati (1). In Piemonte dominava sempre l’apprensione circa la condotta degli imperiali, che pur essendo stati cacciati dagli abitanti (2), continuavano a danneg- giare le terre di confine colla Lombardia, specie il Vercellese, dove il conte Filippo Torniello si segnalava per ingordigia e malvagità (3). Ma anche nelle terre subalpine l’attenzione era alquanto distratta dalle cose dell’Italia centrale, dalla quale s’atten- devano notizie. Ben presto si seppe che il Bourbon, forse di segreta connivenza col Lannoy, si rifiutava d’accettare la tregua, già firmata dal vicerè, e continuava la marcia, quando Clemente VII, fiducioso nelle parole dello Spagnuolo, aveva disciolto le sue truppe. Il 6 maggio Roma cadeva nelle mani delle soldatesche imperiali che vi compievano quel saccheggio rimasto colla rovina di Firenze nel 1530 la pagina più triste della storia italiana nel secolo XVI (4). Francesco I, che aveva per tanti mesi lasciato i collegati italiani in balìa del nemico, salvo le poche genti mandate col marchese di Saluzzo, le quali si compor- tavano più da briganti che da veri soldati (5), unitosi fin dal 24 aprile in aperta ticolari. Pasero al Duca, Torino, 23 aprile 1527. © Monsegnur um est atemdant scavoir quele response aura faitz mons. de bourbom et som armea au vyroy de naples que est alé vers eux pour leur fere confirmer les chapitres de la treva faite pour treys moys et um doubtetz fortz que ladite armea ne voudra poynt acepter la dite trève, se le papa et les florentins ne le leur donont pour le mayns cant o deux camtz mile escus pour poyer la dite armea, et quant um le leur dora biem, Il gle sera anchor de lafere de sortyr du pays du papa cest armea. Les Veneciens oint heu um moys de pro- rogatiom pour povoyr eintre em cest tresve, et Il foint groses pratiches avech les roys de Franza et angelterra pour recomanser la guerra em Italia, et ansy que Je ay entendu Il se soint profertz de poyer la moyté de toute la despance que se fera em cest guerre. Le marquis du guast ansy que um dist se est retyré à Ferrara avech opinion de se retyrer à sa meysom pour qeuque Indignatiom que Il ha heu contre (?) mons” de bourbom ,. (1) Il Pasero suggeriva al Duca di mandare all’arrivo del cancelliere qualche gentiluomo presso l'illustre personaggio per conoscere le novità. V. I@., loco cit. “ Um atamd em briefz noveles que le grand camzelier de spagna doigct ariver em ytalia et seroyt è mon advys biem fait que de vostre part fust tous Jour près de luy qeugque home de biem tant pour estre adverty des occurant, que pour tous playm de autres afferes et se lempereur viemset, ansy que um dist, em Italia il faudra biem de bon heure pamser ce que pour vous sera afere ,. (2) Sanuto, loc. cit. (3) Pasero, lett. cit.: © Les gams-que estiont dedams gasom oint estes contraymt à raindre les prisonniers et le bestial que Il aviont mené du ditz lieu et se nous gains heusointz heu des vivres et que um les ust volsu suyvre hors de vostre pays, Il fusoint estes defait, ce que pour fortune fust ésté le mieux. Les gains du conte Philippe oint forny carexana albam et grex, et se um ne luy donet qeuque bom remède ‘il feront du mal biaucoup, tamt ala cité de Vercegl, que aux viles, et sambedy et dimanche pasé Il viendront couryr Juques près du point de la riviera de serfs et um craymt que ce ne soyt comansement de um Jeu que ne achevera pas sy toust, et um estoyt dadvys de envoyer vers Vercegl les gains que um avoyt fait em piemont. Mes ceux de Vercegl disoint que Il ne seriont avoyr moyem de doner è vivre è tamtz de gains, ce que nous ha gardé de les envoyer, et um ceuque est retorné è leur meysom et um est après pour vheoyr se um poura trouver moyem de fere caint o deux caint chivaux, car sams eux ceux de Vercegl ne auseront sourtyr des portes de la vile et vous daces se perderont, et tous les Jours tant les gains du conte Philipe que ceux que soint em la Darole procureront qeuquun des vos soyetz prisoniers et Jes deroberont et compo- serointz, ce que sera tot de destrutiom de vos pays et sugetz ,. (4) GuicciarpInI, libro XVII, ap. 3°. Miaxer, 326-36. Baran, pag. 61-66. ScauLz, Der ‘ Sacco di Roma’. Karls Truppen in Rom (1527-28), Halle, Niemeyer, 1894. (5) Sanvro, XLV, 10. Giovanni Vitturi lettera. Borgo S. Lorenzo, 29 aprile 1527. “ Io non potria Serie II. Tow. L. 38 298 ARTURO SEGRE 50 confederazione col re d'Inghilterra, aveva richiesto in forma vivace all'imperatore la restituzione dei figli e l’adesione della pace (1). Il risultato fu naturalmente nullo. Bensì conosciuto il saccheggio di Roma, vedendo che le deboli forze del marchese di Saluzzo non riuscivano ad opera notevole (2), pattuì coi Veneziani di assoldare 10.000 svizzeri pagati metà da lui, metà dalla Repubblica, e di mandare 10.000 sol- dati francesi sotto Pietro Navarro ed il maresciallo. di Lautrec, quale capitano generale della lega (3), affidando ad Andrea Doria la direzione suprema delle cose di mare. i Il Lautree non indugiò ad avviarsi verso le Alpi, ma prima ch'egli arrivasse di qua dai monti, il 1° luglio Antonio de Leyva sorprese Gian Giacomo de’ Medici, marchese di Musso, che era agli stipendi del re, e lo battè presso Villa di Carato, a non molta distanza da Milano (4). Fosse questo piccolo trionfo, o l’antipatia natu- rale alle cose sabaude che lo indurisse, il de Leyva colse l’ occasione di questo piccolo trionfo per reclamare imperiosamente dal governo piemontese un certo numero di cavalli e quantità di grano. Il Consiglio ducale di Torino, non sapendo come schermirsi, mandò alla volta di Milano lo scudiere Amedeo di Bernezzo per calmare il temuto duce spagnuolo e concertare qualche possibile accomodamento. Ma giunto a Novara il Bernezzo fu sconsigliato di più oltre procedere dal conte Filippo Torniello, che affermava grande l’ira del de Leyva dopo gli ultimi avve- nimenti di Piemonte, e più opportuno il procrastinare. S'offrì il Torniello di intes- sere qualche pratica, dicendosi molto ossequente al Duca, ed il Bernezzo, che non sapeva qual partito prendere, acconsentì (5). Era il de Leyva in quei giorni stretto da gravi angustie; privo di danaro doveva sopperire colle taglie ai bisogni dei soldati. Inchiodato su d’una lettiga da mali alle gambe non poteva salire a cavallo nei combat- timenti. Eppure con 6000 fanti e 200 uomini d’arme presso Marignano teneva in rispetto il duca Francesco Sforza che disponeva di ben 10.000 fanti e 1500 uomini d’arme. Egli spillava ancora dalle borse milanesi quasi esauste 50.000 scudi e da Novara e contado ben 220 scudi al giorno (6). Così conservava la Lombardia all'imperatore, dir li gran danni che fanno queste gente di Francesco Monsignor fratello del signor Marchese, che Turchi non fariano li danni che fanno loro, et li inimici non fanno tanto male, et tamen non vieneno castigati, et per non esser loro pagati se fanno così licentiosi ,. (1) Gurcorarnini, libro XVII, cap. 4°. Du Monm, IV, parte I, pag. 477-78. (2) Arch. di Stato di Torino. Lettere particolari. Gio. Giacomo di Bernezzo, s.:° di Rossana, al Duca. Parigi, 31 maggio (1527). Si diceva che l’esercito imperiale chiedesse al pontefice 300.000 ducati e volesse condurlo in Ispagna. “ Larmée qui va pour le secourir partit le xrx° de ce moys. Ilz pou- voyent metre troys Jours è aller Jusques là, parquoy lon panse que les premières nouvelles que long en aura seront quilz seront batus hou saulvé le pape, ce que dieu veuglie par sa grace, car aultremant Illest è presumir quillaura grant scisme et trouble en la crestienté ,. (3) Sanuro, XLV, 264. (4) GurccrarninI, soc. cit. Sanuro, XLUV, 580, 582. (5) Arch. di Stato di Torino. Lettere particolari. Amedeo di Bernezzo al Duca. Vercelli, 6 luglio 1527. (6) Z9. “ Milano sta poveramente et cussì lo Millaneyse, per che lo s- Anthonio a imposto uno tagliono di L" scudi. Novara et lo Novarese paga ogni giorno m°xx scudi et besogna che lo dicto pagamento sia facto infra li xrr del presente. May fu veduta tal ruyna. Lo s." Anthonio sta malle ,. — Vera dunque poco da sperare dal de Leyva. E qualche mese prima il Pasero s'era fatto l'illu- sione che rivolgendosi a lui si potessero impedire le incursioni del Torniello! V. lett. cit. del Pasero, 23 aprile: “ Monsignur. Il seroyt plus que expediant einvoyer vers le sig: Anthogne de leyve qeuque 51 LA POLITICA SABAUDA CON FRANCIA E SPAGNA DAL 1515 AL 158 299 senza cedere terreno nè perdersi d'animo, anche se, come nel Monferrato, i suoi luogo- tenenti non sapevano comportarsi con uguale abilità e perdevano nelle sommosse dei popoli irritati centinaia di soldati (1). Eppure gli era noto l’appressarsi del nuovo esercito francese, e non sperava soccorso alcuno dall’esercito imperiale che, dopo aver gavazzato nel sangue e negli averi dei miseri romani, andava riparando verso il reame di Napoli. Il duca di Savoia durante questi avvenimenti aveva di nuovo ricevuto buone parole dal re, il quale intento ad assicurare libero il passo al Lautrec, nel parlare coll’am- basciatore piemontese, Gio. Giacomo di Bernezzo, si mostrava sicuro della riuscita, e lasciava intravvedere la possibilità di un abboccamento collo zio. “ Mons. de Savoye et moy ,, così diceva, “ sommes une mesme chose. Illest mon oncle et Je suys son nepveu. Il se peult asseurer quil me troura tousiours è son ecomandemant. Mandez luy que de laffere d’angleterre Je le tiens pour conclux. Nous nous debvons trouer ensemble le Roy dangleterre et. moy, que pourra estre environ la my Juing. Ce faict par après avoyr donné ordre à mes frontières, Je panse de prandre le chemin vers Lyon, hout Jexpère de le veoyr , (2). Ma fidandosi parcamente delle buone parole Carlo raccomandava al Consiglio di Stato di Piemonte ed in particolare al presidente, Chiaffredo Pasero, di tener d’occhio gli Svizzeri, assoldati dal re e dai Veneziani, che scendevano attraverso il contado d'Ivrea, e di provveder loro in questa città viveri ed alloggio (3). L’ordine fu eseguito ed il Pasero consigliò anche questa volta il Duca a tenere un rappresentante, possibilmente il conte di Racconigi, Bernardino di Savoia, od il signor di Vinovo a fianco del Lautrec (4). Il conte Pietro Navarro frattanto da Savona giungeva nell’Astigiano nella metà di luglio, e, quando il Lautrec entrava a Lione (5), egli già aveva raggiunto il presidio d'Asti e s’accingeva a minacciare Alessandria (6). Gli Svizzeri da Ivrea giunsero alla fine del mese in Asti e ne ripar- bom personage, afim que Il mist ordre que sus vostre pays ces violances ne se fisoint plus, et de einvoyer vers mons. de bourbon Il seroyt fort difficil pour estre fortz lointain et pour estre les chemin fortz mal seur ,. (1) Pasero al Duca. Torino, 13 luglio 1527. “ Les vilein de Monferatz um defait une compagnie que avoyt fait mes. Glaude Raspa de vostre suget et voysims, que estiomt emvirom y° homes et um ditz que peux de eux somt eschapes, que Il ne siont mort o prys et aler asture sur les camps. Il ne festypas troup bien, car il gli ha-tous playn de mauvays garsom, que ne font que mal fère ,. (2) Z@., Bernezzo al Duca. Parigi, 14 maggio (1527). i (3) Zd., Pasero al Duca. Torino, 13 luglio (1527). © Monsegnur. hier Je receu deux voustres lettres pour lesqueles me mandes que um emvoyet comisayres em Ivrea pour le pasage de mesiurs les suizes. et desja troys Jour pasé avoys emvoyé lettres de comisiom em blamch pour le collateral scaglot, et hier ly ain einvoyé anchor deux autres et espoys que il troueront et lougis et vivres quant il voudront paser, combiem que um ne scet poynt que il siomt ansy prest à paser comant um ditz ,. (4) Id. “ Mons”. Se mons” de lautrech pasatz, ausy que um ditz, Il faudroit que um ly emvoyast geuque bom personage pour le acompagner et ly fere qeuque offres de vostre partz, et se Il vous samblat que mons? le conte de Raconys o mons. de Vineufz o qeuque antre fust bom è ce fere, Il seroyt bom dy pourvheoyr de bone heure et ly doner moyem que Il puisomt biem servir et tou- chant les comisayres que conduyront les gains darmes um ly pourvoyra ases ,. (5) Sanuro, XLV, 532. (6) Lett. cit. del Pasero del 13 luglio. “ Mons” le comte Navaro ha prys le chatiau de Viugle pour composition et le conte de loudrone ha anchor (?) le siège au um chatiau de monferat, qui est près de alixandria cinq migle et um ne scet come um fera. 300 ARTURO SEGRE 52 .tirono col Navarro il 29, lasciando sconosciute le loro intenzioni (1). In realtà mirava il Navarro ad occupare Bosco Marengo nell’Alessandrino e minacciare il cuore della Lombardia (2). La condizione degli imperiali si faceva così gravissima, e non dobbiamo meravigliarci se il de Leyva allora consigliò Carlo V alla pace (3). Troppe erano le difficoltà che stringevano quell’insigne capitano, il quale, affranto dalle malattie e con ‘ poche migliaia di soldati, teneva sottomesso un popolo sdegnatissimo, ed ora doveva rintuzzare un fresco esercito di nemici (4). Il Lautrec giunse alla fine del mese a Susa (5), il 1° agosto a Moncalieri, dove il Pasero coi principali del consiglio si recarono ad ossequiarlo. Il maresciallo fece ottimo viso, esprimendo viva riconoscenza delle cure e riguardi usati al suo esercito sia nel provvederlo di viveri, sia d’alloggio. Pregò si tenessero pronti battelli e ponti per traversare i fiumi. Il Pasero e gli altri promisero di eseguire i suoi desideri, purchè avesse riguardo alle spese sofferte dallo Stato negli anni trascorsi e nel presente. Il Lautrec assicurò che non avrebbe mancato di meditarvi, e di questa risposta dovet- tero star paghi i ministri ducali (6). Voleva il Lautrec passare col minor rumore possibile sperando cogliere alla sprovveduta il de Leyva, ed il Pasero faceva trista- mente voti per la riuscita dei disegni francesi, poichè in caso di loro sconfitta preve- deva pel disgraziato Piemonte una ripetizione dei casi del 1524 e 1525 (7). Avrebbero i Francesi desiderato che la compagnia d’uomini d’arme del principe di Piemonte partecipasse alla nuova campagna ed instavano col Pasero, perchè venisse preparata (1) Arch. di Stato di Torino. Lettere partie. Pasero al Duca. Torino, 29 luglio 1527. © Mons. hier au soyr les suizes alaront em Ast et le conte Navaro samtamd leur venue ha emvoyé ces gains entre alexandria et le castelas et le ditz suizes ce matin de bone heure soint party de ast pour suivre les gains du dit comte Navaro et um ne scet anchor quiel chemin il prandront o aler vers Genes o aseger alexandria o aler vers pavia o aler vers florance pour retyrer mons®* le marquis de Saluces et ces gains et se Joymdre avec eux et em briefz um sera ce que Il omt delibéré de fere et quel chemin il prandront ,. — ll Lautrec aveva ordinato al Navarro di recarsi incontro agli Svizzeri. SAnuro, XLV, 532, (2) Samuto, col. 596. (3) Lanz, Correspondenza ecc., I, 244. (4) Sanuro, XLV, 363. (5) Lett. cit. del Pasero. “ Mons” au Jour dy soint arivé à Moncalier x1) pièces de artegliaria et deux o troys bamdes de gaindarmes et um dit que mons® de Lautrech ce soyr doyt venyr à Suse ,. (6) Arch. di Stato di Torino. Lett. partie. Pasero al Duca. Torino, 1 agosto 1527. © Monseignur ... pour scavoyr à quele heure Il (Zautrec) partiroyt envoyames um chivaucheur et devant que Il fust de retour heumes noveles que ledit seg.” de Lautrech venoyt diner è Moncalier, et montames in- continant è cheval et le alymes trouer è moncalier, umt il fist è mons. le governur et à tous nous autres bone chère, se contentant fortz de ce que um avoyt fait touchant les provisioms et autres cosses que de sa partz nous avioms estes requises et le acompagnames depuys plus que de um migla et il nous fist retorner, nous priant que volsioms fère tenyr prest les batiaux que seriont sur vous pays et fere tenyr le pomt al estat que Il-estoytz, ce que um se offert de fere, moyennant que du pasé et de le advenyr il volust avoyr gqeugue regard aux depamses faytes. A quoy il dit que gli aura du regard et se il fest autremant Je doubte fort que il faudra que Il me coutet qeuque cosse ,. (7) Id. “ Monsegnur. ces gams se um voint asès painsifs et au mayns bruyt du monde et dieu veuglietz que leur affère prosperetz, car se Il fisoint comant Il oint autrefoys fait, cest pays seroyt du tout destruytz. Tout foys Dieu pour sa grace ne obliera pas de nous guarder, comant Il ha fait Juques au presamtz ,. Infatti gli stessi alleati di Francia ignoravano dove si trovasse il Lautrec in quei giorni. Sanuro, XLV, 598. Da lettera di Gio. Battista Speciano, commissario del Duca di Milano. Marignano, 8 agosto 1527. “... Ove sii la persona del signor Lautrec non se ha ancor nova ,. 59 LA POLITICA SABAUDA CON FRANCIA E SPAGNA DAL 1515 AL 1588 301 ed unita alle loro genti. Ma il Duca, a cui pareva che l’invio d’una compagnia sotto il nome del figlio suo fosse un’ esplicita manifestazione di inimicizia contro l’impe- ratore, si guardò dal soddisfare alle domande, e persistette nella neutralità (1). E fu in quei momenti decisione saggia e prudente, poichè l’azione sua avrebbe offerto buon argomento al de Leyva, suo nemico personale, per iniziare ostilità contro di lui, quando la sorte delle armi gli avesse arriso. (1) Lett. cit. del Pasero, “ Mons.", le seg.” galéas Visconte et tous playm de autres, cuydant que la compagnia de mons.” nostre prince fust desja presta, me demamdaront quant elle marcheroyt et omt Il estoyt, et se estoyt em bom ordre. A quoy respondy que quant il vous plera que Il seroyt prest, Non par le nombre de la dite compagnie, mes una biaucoup plus gramd pour fère ce que Il vous pleroyt comander. Toute foys è ce que Il remonstront Il usomt volsu une response precise et non pas en termes generaux et Il leur sambletz et non sam cause que la ditz compagnie leur ust doné de la faveur et creditz biaucoup ,. Ancora nella metà d'agosto mancava all'esercito francese la compagnia del principe. SanutO, col. 635. Lista delle compagnie francesi. “© Vi manca la compagnia del principe de Savoa, la qual si aspetta ,. — Invece un ambasciatore fu accreditato dal Duca presso il Lautrec. V. SAnuro, XLVI, 434. 802 ARTURO SEGRE ì od Capitolo III (1528-29). SOMMARIO 1. Trattative vane di pace tra Francesco I e Carlo V per iniziativa del Duca. Tristi condizioni del Piemonte. Progressi del Lautrec nel reame di Napoli. Calata del Saint-Pol. — 2. La ribellione dei signori di Beuil nel contado di Nizza. Matrimonio di Filippo di Savoia, conte del Genevese, in Francia contro la volontà del Duca e prime conseguenze di tale passo. — 3. Morte del Lautrec, catastrofe di Aversa e morte del marchese Michele Antonio di Saluzzo (agosto-ottobre 1528). Torbidi nel Saluzzese e guerra civile per la successione tra Gio. Luigi e Francesco, fratelli del defunto marchese. Minaccie del de Leyva contro il Piemonte ed accordo fatto col governo sabaudo. — 4. Difficoltà economiche del ducato. I disordini di Vische, di Crescentino e di Desana. Amor di novità d’Agostino Grimaldi, signor di Monaco. Tentativo vano del Duca d’acquistare Monaco per cambio. — 5. Nuove trattative di pace iniziate dal Duca in Ispagna. Il congresso di Cambray. Francesco di Saluzzo ottiene il marchesato. Catastrofe del Saint-Pol a Landriano (21 giugno 1529) e sue conseguenze. — 6. Aumento di truppe imperiali in Lom- bardia. Pace di Cambray (5 agosto 1529). 1. — La continuazione della guerra spiaceva al re, a cui mancavano i mezzi e la volontà di combattere nella penisola, per quanto in apparenza il saccheggio di Roma fosse considerato da lui come affronto personale (1}. Nuove trattative volle adunque Francesco aprire coll’imperatore, ed anche in quest'occasione servì come inter- mediario il Duca di Savoia, al cui figlio, Luigi, principe di Piemonte, il 27 settembre aveva egli concesso l’ordine di S. Michele (2). Il Duca mandò Filiberto de la Baume, signore di Perex, in Ispagna (3), ed in seguito il fratello Filippo. Il 10 dicembre già Filippo era di ritorno a Parigi con mediocre risultato. La risposta di Carlo V era stata che avrebbe lasciato il ducato di Milano allo Sforza, purchè alla morte di questo lo occupasse chi ne aveva diritto, oppure qualche arbitro, riconosciuto da ambe le parti, desse sentenza su tal materia, od infine lasciando le cose nello statu quo, e le parti tenes- sero ognuna quanto occupavano (4). Non erano queste condizioni da appagare il re (5), sicchè la guerra continuò, ed il Lautrec, che già s'era impadronito di Bosco Marengo, di Alessandria e di Pavia, abbandonando questa città al saccheggio delle sue genti (6), mentre a Genova, per opera di Andrea Doria, ristabiliva senza difficoltà (1) Arch. di Stato di Torino. Francia. Lettere principi, m. 1°. Francesco I al cardinale vescovo di Ivrea. Parigi, 25 luglio 1527. Prometteva vendetta. (2) CrarbrtA, La mission ece., pag. 357 e 370-72; doc. 5°. — Sanuro, XLV, 194. Compiègne, 30 settembre 1527. “...Item come [il re] havia fatto de l’ordine di San Michiel cinque, primo el d’Ingeltera, il fiol del duca di Savoia ...,. (8) Arch. di Stato di Torino. Protocolli ducali, n. 160, fol. 70. Chambéry, 21 giugno 1527. Salvo- condotto al Perex. (4) Sanuro, XLVI, 403-4. Lettere da Parigi dell’orator veneto, 11 dicembre 1527. © Dil zonzer li a la corte, venuto di Spagna, mons. di Zenevre, barba del Re, ...,. (5) Zd., e col. 442. (6) GurccrarpInI, libro XVIII, cap. 4° e 5°. — Miewen, De Leva e BaLan, op. cit. 55 LA POLITICA SABAUDA CON FRANCIA E sPAGNA DAL 1515 AL 1588 303 la dominazione francese (1), marciò sollecito verso l’Italia centrale, dove s’unì al marchese di Saluzzo, ed alla fine di gennaio 1528 fece ingresso ad Ancona (2). Ma era tardi. Il Pontefice, stretto dalla necessità, dopo lungo assedio, aveva capitolato cogli imperiali in Castel S. Angelo per liberare finalmente Roma dalle orde spagnuole, che, secondo già accennammo, cariche di bottino andavano ritirandosi lentamente nel reame, dove mirava appunto il Lautrec (3). La guerra pareva s’allontanasse dalle terre sabaude, quando il de Leyva, stretto dalla fame, decise l’invio di tutte le genti spagnuole ed italiane del suo esercito verso Novara, perchè unite a quelle del Torniello entrassero a Vercelli e vendicassero il rifiuto fattogli d’un carico di biade (4). Fu un momento a Torino di vivo panico. Non mancavano in Vercelli alcune opere di fortificazioni erette a spizzico, e conti- nuate negli ultimi tempi (5), non ostante le difficoltà che gli ecclesiastici facevano per contribuire alle spese (6). Ma le condizioni interne del Piemonte erano così tristi che un'invasione nuova poteva essere la rovina completa della signoria sabauda. Numerosi briganti infestavano le strade e le campagne. Non ordine, non giustizia, amministrazione scompigliata; in una parola il ducato era in un periodo di così rapida decomposizione, che gli stessi ministri piemontesi del consiglio di Torino non riuscivano a porvi argine. Tra Biella e Vercelli numerosi mercanti erano stati negli ultimi giorni derubati d'ogni mercanzia, sicchè il commercio era arenato (7). Forse le preghiere del Consiglio ducale (8) e la temuta disapprovazione dell’ imperatore trattennero il de Leyva dall’effettuaro la minaccia, ma non per questo la condizione del paese migliorò. La causa prima di tanta anarchia era la lontananza del Duca, trattenuto a Chambéry dalle cose di religione e politiche. Delle prime in appa- (1) Sarre, Documents sur la principauté de Monaco, II (Monaco, 1890), pag. 365, doc. ccccri. De Leyva ad Agostino Grimaldi, s* di Monaco. Milano, 3 settembre 1527. (2) Mrewsr, II, 411, nota 11. Lautrec al re. Ancona, 29 gennaio 1528. (3) Gurcerarpini, loc. cit. (4) Sanuro, XLVI, 471. (5) Arch. di Stato di Torino. Protocolli ducali, n. 160, fol. 150. Chambéry, 8 novembre 1527. Ordine al gover di Vercelli di compiere le fortificazioni della città, facendovi concorrere gli ecclesiastici ed i laici. — Trovo che fin dal mese d’agosto si tenevano a Vercelli almeno 100 fanti di presidio. Arch. camerale di Torino. Conto dei tesor. gen. di Savoia, n.189, fol. 1517. Chambéry, 21 agosto 1527. Ordine di pagare a Luigi di Chatillon, sig® di Musinens, gran scudiere, 100 scudi “ et hoc pro sol- vendis centum peditibus pro garda Vercellarum constitutis ,. — Era governatore di Vercelli Luigi di Bonvillars, sig. di Mezières, eletto nel 1527. Arch. di Stato di Torino. Protoc. ducali, n. 160, fol. 100. (6) Za., Materie ecclesiastiche, cat. 13, m. 1° (Immunità Reale, Traffiggio Vercellese), n. 14. Memo- riale dei Vercellesi al Papa per obbligare gli ecclesiastici a contribuire nelle fortificazioni della città. Vercelli, 5 febbraio 1528. Vi si'dice giustamente Vercelli essere “ clipeum et propugnaculum patrie pedemontane , verso la Lombardia. (7) Ia., Lettere particolari. Pasero al Duca. Torino, 22 febbraio 1528. “ Monsegnur. Ces. Jours pasés omt estes derobé biaucoup tant marchams que autre gams que aliont de Biela a Vercegl et tous playm de autres aux villages alamtour et de la Doyre bautia de une vile è lautre. Um ne peut aler que Il ne soyt derobé o mal trayté ,. (8) Zd., Torino, 18 gennaio 1528. “ Monsegnur. Ces gains que estiont à Novara, ansy que um emtand, se aprochoint de Vercegl et qui ne ly metra qeuque bom ordre Il gly pouroyt venyr del Inconveniant, auquel puys le cas fayt bonemant um ne pouroyt pourvhoyr sans grose depamse. Pour quoy de rechiefs treshumblemant vous supplie que vostre bom plesyr soyt de ly doner qeuque bom ordre, ce que sams argant è peyne um poura o sera fere, et de en avoyr de mons» le général, Il ne gly ha ordre. Pour quoy se autre moyem ne sy pramt um doubtet que les cosses Iront tresmal ,. 304 ARTURO SEGRE 56 renza si liberava esso con una adunanza dei tre Stati in Chambéry, il 19 febbraio, dove metteva al bando la riforma luterana (1), ma nelle seconde trovava pur sempre nume- rosi intoppi e difficoltà nuove. Il re volubile, in questi istanti tutto intento ad acqui- stare le grazie dello zio, il 6 marzo gli faceva rimettere dal signor de Barres l’ordine di S. Michele pel principe di Piemonte, sicchè il Duca ricevendolo con grande apparato ratificò i capitoli del matrimonio tra il figlio suo e la principessa francese (2). Inoltre conosciute le minaccie del de Leyva su Vercelli, offrì il re al Bernezzo di scrivere al duca di Milano perchè mandasse genti a presidiare quella città. L’oratore sabaudo declinò l’offerta, osservando che l’intromettere altri negli affari piemontesi non poteva riuscir cosa grata al Duca (3). Comprendeva il Duca che le carezze francesi dovevano nascondere qualche segreto fine, e nell’estate del 1528 ebbe a sincerarsene, quando il re decise l'invio in Italia di nuove genti sotto Francesco di Bourbon-Vendòme, signore di S.ì Pol. Le notizie dell’Italia meridionale erano buone; i progressi del Lautrec continui e notevoli. Nella seconda metà d’aprile l’esercito francese stringeva Napoli, respin- geva il 25 giugno una sortita importante del principe d'Orange, Filiberto di Chalon, succeduto al Bourbon nel comando dell’esercito imperiale. Il re imbaldanzito mandò un araldo in Ispagna a sfidare l’imperatore, ma n’ebbe risposta fiera e risoluta. Carlo V dichiarò che sebbene il re avesse mancato alla sua parola, egli avrebbe tenuto contro lui il campo quando gli fosse piaciuto, e mandato un suo araldo a Parigi per ren- dergli la sfida (4). Alcune migliaia di fanti allora comandate dal signor di S.* Pol (1) Scropis, Degli stati generali e d’altre istituzioni politiche del Piemonte e della Savoia. Torino, Stamperia Reale, 1851, pag. 306-11. Chambéry, 19 febbraio 1528. (2) CrarETTA, op. cit., pag. 358 e 375-76 (doc. 7° ed 8°). V. anche Arch. di Stato di Torino. Matri- moni, m. 19, fasc. 1, ni 6e 7. — Il re aveva ratificato alla sua volta i capitoli fin dal 26 settembre 1527, v. “ vostre treshumble et treshobeissant suget et servitur. La Chambre ,. (2) Lett. cit. del Pasero del 15 luglio. “* Monseigneur, Um ne ha anchor heu noveles de ce que le seg." Anthoyne de leva ayet fait que les Veneciens et um pamset que som alea ne est pas seu- lemant pour se trouer avech les veneciems, mes pour doner meglur moyem aux lainsquenetz que desamdont pour lampereur que somt emviron xm® et im chivaux de povoyr paser sams damgier. Le conte de Belioieux ausy que um ha heu noveles est emtré dedams Nove et um ne peut bonemant pamser se luy et le conte Philipe prandront le chemin de Alixandria o de Ast, auquel lieu francoys mons” de Saluces se fortifiet tant que Il peut. Tout fouys pour la peste que ly est Il aura ases afere è se povoyr tenir. Um ha ausy noveles que a..., que est près de Savona troys miola, somt arivés vir o vini barches venant de Spagna, que omt pourté em viron de quatre mil espagnol et biaucoup de vivres et munitiom, et um pamset que pour fauta de vivres Il ne seiourneront gueres en ce pays, mes que Il pranderont le chemin pour aler vers les autres ,. Il Piemonte era in condizioni miserande, ed il Pasero si preoccupava giustamente del passaggio di tante genti, che bisognava mantenere. — Id., Lett. cit. “ Monsegnur. Il est fort doubter que ne ayant le estat de Milan ne ausy les autres pays circonvoysins vivres que Il ne nous fagletz aprester les lougis pour ces gams, lesqueux est à doubter que è la fym ne se veuglont asurer de ce pays tant pour avoyr les pasages em leur puisamsa que pour tous playne de autres cosses, que um peut Serie II. Tom. L. 41 922 ARTURO SEGRE 74 Il de Leyva inorgoglito dalla prospera fortuna, ne approfittò subito contro il governo ducale. Si lagnò aspramente dei Vercellesi che rintuzzavano le bande imperiali affa- mate ed avide di bottino, e li accusò di fare a queste ogni male possibile e d’essere “ pys quennemys declairés ,, affermando “ que sil nestait pour lhonneur de madame quest leur vraye saulvegarde et laquelle ilz portent seur la teste, il en feroit telle vengeance quilz prendroyent exemple de mieulx vivre une aultrefoys ,. Vercelli impau- rita tentò un accordo col conte Filippo Torniello, rappresentante del de Leyva in Novara, ma il duce spagnuolo si rifiutò di ratificarlo, come deciso alle ostilità. Essa si rivolse allora al Duca supplicandolo di provvedimenti (1), ed il consiglio di Torino riparò alla meglio alle prime necessità e mandò anche presidio a Lanzo ed in altre piazze in attesa delle operazioni imperiali (2). Era quindi necessità assoluta pel Ducato che la pace venisse senza indugio fir- mata, ed anche era necessario il ritorno del Duca a Torino (3), tra l’altro per rice- vere l’imperatore, la cui venuta in Italia si attendeva di giorno in giorno (4). Voleva infatti Carlo V visitare la penisola, ricevere la corona imperiale e cattivarsi gli animi dei principi italiani, solo mezzo efficace ad assicurargli il predominio sulla penisola (5). Tl 5 agosto le due dame componevano le lunghe questioni e firmavano il trattato detto di Cambray. La Francia cedeva all'imperatore ogni diritto sulle terre italiane, prometteva lo sgombro di Asti, Barletta e delle città ancora occupate, ed abban- donava con insigne mala fede i suoi alleati. L'imperatore dal canto suo s'iÎmpegnava a liberare i principi ostaggi mediante una grossa somma di danaro. Nel trattato il Duca fu incluso quale confederato dell’imperatore (6). Così dopo un periodo di osti- lità e fatti d'armi di ben nove anni quasi continui la pace era restituita alla penisola. ases pamser, et qui ne ly pamsera à ces et a tous playms de autres afferes de bone heure, Je crayms que vous afferes et les noustres iront très mal ,. (1) Zd., Protocolli ducali, N. 87, fol. 55-58. (2) Ia., Francia. Lettere ministri, m. 1°. Il consiglio ducale al Duca. Luglio 1526. (8) Ia. (4) Lamsern, col. 857. — GavaAnGos, Calendar of Letters ecc., vol. IV, p. 1° (1529-30), London, 1879, pag. 109-10. Istruzione dell’imper. ad Eustacchio Chapuis. Barcellona, 25 giug no 1529. (5) LameeRT, op. cit. i (6) Du Monr, IV, p. 2%, pag. 14. — GranveLLe, Papiers d'Etat, vol. 1° (Paris, 1841), pagg. 464-70. — Sulla pace di Cambray v. Bucnourz, Geschichte der Regierung Ferdinand des Ersten, vol. 3° (Wien, Schaumburg e C., 1832), pagg. 138-39. — De Leva, II, 541. — Baran, pag. 131. (0) 75 LA POLITICA SABAUDA CON FRANCIA E SPAGNA DAL 1515 AL 1538 BYE Capitolo IV (1529-83). SOMMARIO 1. Carlo V a Monaco e visita fattagli da Francesco Richardon, sig.** di Chambuet (agosto 1529). Carlo va a Genova. Prima e seconda ambasciata sabauda ad ossequiarlo. Causa del loro invio. Arresto del Lambert in Francia. È decisa la spedizione anche d’una terza ambasciata sotto Chiaffredo Pasero. — 2. Viaggio di Carlo V a Bologna. Liberazione del Lambert in Francia. Istruzione del Duca al Pasero. — 3. Il Pasero a Bologna: sue trattative e notizie. — 4. Il Duca e la Duchessa a Bologna (marzo 1580). Incoronazione di Carlo V e parte avutavi dal Duca. Ottimo viso del- l’imperatore a lui ed alla Duchessa. Loro ritorno in Piemonte. — 5. Liberazione dei principi francesi ostaggi ed uffizi del Duca. La questione del Monferrato. Maneggi di Federico Gonzaga, duca di Mantova. Ambasciata sabauda ad Augusta: risultato. Grave errore del Duca verso la marchesa di Monferrato. Matrimonio del Gonzaga con Margherita Paleologo (settembre 1531). — 6. Carlo V fa donazione d’Asti a Beatrice. Ira del re di Francia ed ostilità del medesimo. Morte di Luisa di Savoia. Gravi minaccie del re nel 1533. — 7. Conclusione. 1. — Il 26 luglio 1529 l’imperatore s’ imbarcava a Barcellona sulla flotta di Andrea Doria (1), preceduto da un’avanguardia di 11 galere, che già il 3 agosto pas- savano nelle acque di Nizza (2). Era in questa città per ordine del Duca da forse un mese (3) Francesco Richardon, signore di Chambuet, probabilmente per le continue trattative col signore di Monaco. Non essendo improbabile lo sbarco dell’imperatore, vollero quei cittadini che il Richardon vi si fermasse e prendesse gli opportuni provvedimenti a ben ricevere un tanto ospite. Tutti erano agitati dalla novità della cosa e volevano imitare gli onori che la Signoria genovese ed il Grimaldi appresta- vano al monarca. Quattro personaggi infatti appartenenti alle famiglie principali di Genova, un Fiesco, un Grimaldi, un Doria ed uno Spinola su due galere andavano incontro all'imperatore colle chiavi in oro della città. Il signore di Monaco pure teneva pronte due grosse chiavi auree che intendeva offrire alla Maestà Cesarea per mano del nipote e successore, Onorato Grimaldi, ancora fanciullo (4). Il Richardon vietò allora ai Nizzardi di uscire dalla città per entrare a servizio o dell’ impe- ratore o del re di Francia, e fece preparare il castello, dove mise buona guardia. Egli temeva in cuor suo sorprese o di Spagna o di Francia e desiderava che il suo signore non fosse mai tacciato di violazione dell’antica neutralità. Il 5 agosto Carlo V giunse a Villafranca, e quindi a Monaco, dove fece ingresso colla sola galera che lo trasportava, accompagnato dal suo cameriere maggiore, il conte Enrico di Nassau, e da Carlo di Poupet, signore de la Chaux. Ognuno rimase meravi- gliato della semplicità di tale arrivo nei lidi provenzali. Tuttavia le accoglienze (1) V. fra gli altri Romano, Cronaca del soggiorno di Carlo V in Italia (dal 26 luglio 1529 al 25 aprile 1530). Milano, Hoepli, 1892, pag. 77. (2) Arch. di Stato di Torino. Lettere particolari. Richardon al Duca. Nizza, 3 agosto (1529). (2 lettere). (3) Arch. camerale di Torino. Conto tes. gen. di Savoia, n. 191, fol. 1827. Chambéry, 15 giugno 1529. Ordine di pagare al Richardon 30 scudi “ pro eundo Niciam ubi eum dominus ire iussit ,. (4) Lett. cit. del Richardon. 324 ARTURO SEGRE 76 non furono meno oneste e liete: fuochi di gioia, spari d’artiglieria, addobbi sontuosi, grida, applausi vennero largiti dalle popolazioni all’ augusto ospite. L’ imperatore assistette ad una messa cogli scarsi gentiluomini del seguito, talchè se il Grimaldi avesse voluto preparargli qualche brutta sorpresa la cosa non sarebbe riuscita diffi- cile. Il Richardon andò pure a Monaco e conferì col Nassau e col de la Chaux. Da qualche tempo l'atteggiamento ostile dei Genovesi contro la gabella del sale di Nizza (1) dava serie inquietudini al Duca. Il Richardon ne tenne parola coi due signori, che lo consigliarono d’avvertirne l’imperatore. Era questi molto favorevole ai Genovesi dopo la rottura loro con Francia: non conveniva quindi rispondere alle ostilità con subite rappresaglie, ma piuttosto convincere l’imperatore stesso del buon diritto ducale, ed indurlo ad usare il suo prestigio a pro’ del Duca. Ottenuta udienza il Richardon s’ attenne ai consigli ricevuti, ed accompagnato da Gio. Francesco Gallerate e da Luigi di Savoia, conte di Pancalieri, espose al grande monarca le novità dei Genovesi contro la gabella, la cui esistenza rimontava a “ quatre ou since centz ans en ca , ed era sempre stata sancita da tutti gli im- peratori. Rispose Carlo V gradire l’avviso, poichè i Genovesi sollecitavano appunto da lui concessioni dannose alla gabella, mentre era sua ferma intenzione di miglio- rare le cose ducali, non d’abbassarle, e che avrebbe scritto al Duca non appena fosse arrivato a Genova. Credeva Carlo V che il cognato e la Duchessa gli si recassero incontro, poichè alcuni ministri piemontesi avevano commesso l’ imprudenza di par- largli del viaggio come di cosa sicura. Il Richardon, interrogato su tal materia, non seppe che rispondere: “ ... Et pleut a Dieu ,, scrisse indispettito, “ que ceulx la que ly ont dict que series Icy vous et madame se heussent mordu la lengue et ne se fussent tant avansses de parler, car il ne fus point venu dans votre port, sil ne fusse l’esperance de vous trouver ,. Egli si preoccupava molto dei commenti che dell’as- senza dei suoi principi, dopo l’ arbitraria promessa, doveva fare con tutta probabilità l’imperatore, tanto più insistendo Antonio de Leyva nelle lagnanze e nell’additare il Duca come francese arrabbiato e nemico della causa imperiale (2). È vero che Carlo V non ignorava le difficoltà d’oltr’ Alpe ed economiche, che affliggevano il Duca; ma l’animo dell’uomo non è spesso difeso a sufficienza dalle insinuazioni maligne. Dopo una fermata a Monaco di quattro giorni, l'imperatore ripartì alla volta di Genova. Le galere della sua flotta erano in cattivo assetto; il vento spirava loro contrario, sicchè proseguivano nel viaggio con molta difficoltà. Se la flotta francese (1) Le ostilità risalivano a molti anni prima, almeno al 1506. V. CanricarIs, Carlo di Savoia e î torbidi genovesi del 1506-7 in È Atti della Società ligure di storia patria ,, XXIII (1890), pags. 525- 700. — Pel 1529 v. Arch. di Stato di Torino. Lettere particolari. Pasero al Duca. Torino, 15 agosto 1529. “ Monsegnur. Tant des pratiches que se fomt pour vous fere perdre votre gabelle du scel que des abus que se fomt è vostre ditz gabele am seres adverty pour le tresoryer Rubat, avech le quel ay tenu sur ce qeuque propos et vostre bom plesyr sera avoir le tout biem emtandu ly doner qeuque bom ordre ,. (2) Lett. cit. del Richardon. ©... Monseig. Si les afferes prenent anfms que lentendet, seret une grosse chose, car Je suis certifié pour vray par vous amys quils desimulent, selon que Je cognois que Anthoene de Leave (sic) est Journelement contre de vous en disant que tenez espies au duché de Milan pour advertyr le Roy et tout plain daultres paroules quil mande de vous meschement. Il ne tachet que de prendre Verseil et de ce Il demande tout Jour lempereur en disant quil le pren- droyt dans deux Jours ,. TOT LA POLITICA SABAUDA CON FRANCIA E SPAGNA DAL 1515 aL 1583 325 le avesse assalito alla spicciolata, buon numero sarebbe cadute in potere del re e l’imperatore posto in grave pericolo; ma i Francesi apparivano desiderosi di goder- sela a Marsiglia più che di tentare operazioni militari. Avevano del resto provato a loro spese quanto fosse pericolosa la violazione dei patti. La fortuna arrideva dunque al giovane imperatore (1), che il 9 agosto entrava a Savona ed il 12 era solenne- mente accolto a Genova (2). Il Duca avrebbe voluto lasciare la Savoia e recarsi incontro al cognato, ma an- cora gli affari e lo stato interessante di Beatrice ne l’impedirono. Pensò quindi al- l'invio immediato d’un’ambasciata per le prime cerimonie, non sembrandogli sufficienti gli uffici del Richardon, e di spedirne poi in seguito un’ altra composta d’ eminenti personaggi. La prima venne tosto costituita da Filiberto de la Baume, signore di Perex, e dal signor di Pedraves. Della seconda dovevano far parte Luigi di Gorrevod, vescovo di Moriana, fratello del conte di Pondevaux, e Bernardino di Savoia, signore di Racconigi. Partirono il Pedraves ed il de la Baume per tempo, sperando di rag- giungere l’imperatore a Savona, ma giunsero quand’esso entrava a Genova. In com- penso trovarono a Savona il gran cancelliere, Mercurino Arborio di Gattinara, che fece loro ottimo viso, con molte espressioni di buona volontà pel Duca, suo principe naturale. Il Gattinara consigliò il pronto invio dell'ambasciata solenne. Il vescovo di Moriana aveva in quei giorni saputo che il fratello, il conte di Pondevaux, era ma- lato, e non credeva opportuno recarsi in missione, ma il Gattinara trovò il motivo insufficiente. Il Pontefice aveva mandato, si diceva, quattro cappelli cardinalizi all’im- peratore con facoltà di concederli a chi gli paresse e Carlo V ne destinava uno al vescovo. Non era dunque il caso che questi declinasse la missione. Insistette inoltre il Gattinara sulla necessità che anche il Duca visitasse Il imperatore. I due amba- sciatori procedettero quindi verso Genova. Carlo V fu con essi affabile, ed alle loro scuse circa l'assenza del Duca a Nizza, quand’egli era passato in quei mari, rispose aver anticipato il viaggio contro la sua intenzione, ma per le esortazioni dei suoi, che vedevano il tempo favorevole; essere desideroso di vedere il Duca e la Duchessa, pur comprendendo i buoni motivi che ne ritardavano la venuta. Egli era ancora grandemente impressionato dai modi che il Richardon aveva con lui usato, sicchè non fece altra insistenza circa il Duca e Beatrice, ma solo pel vescovo di Moriana, dicendo che le condizioni di salute del sran maggiordomo erano migliorate. Ma (1) Lett. cit. del Richardon. (2) Grorpani, Della venuta e dimora in Bologna del sommo Pontefice Clemente VII per la corona zione di Carlo V Imperatore celebrata l'anno MDXXX. Cronaca con note, documenti ed incisioni. Bo- logna, tip. alla Volpe, 1842, pag. 4. — Romano, op. cit., pagg. 78-85. — Circa il viaggio di Carlo V in Italia v. anche Casanova, Un esemplare delle lettere che si scrissero Carlo Ve Clemente VII (1530) per la convocazione di un concilio, con correzioni autografe di F. Guicciardini in © Arch. stor. ital. ,, serie 5%, vol. VII (1891). — Crarenta, Carlo Ve Clemente VII, il loro arrivo al congresso di Bologna e Vassedio di Firenze del 1530, secondo il legato di Savoia a Roma, a proposito della odierna pubbli- cazione di una corrispondenza epistolare di quei due potentati in “ Atti della R. Accademia delle Scienze di Torino ,, XXVIII (1892-93). — Casanova, Lettere di Carlo V a Clemente VII (1527-33). Firenze, Galileiana, 1893. — Barpi, Carlo V e Vassedio di Firenze in “ Arch. stor. ital. ;, serie 5%, XI (1893). — Sull’assedio di Firenze v. FaLcemtI-Fossami, Assedio di Firenze. Contributo, vol. 2. Palermo, Gian- none e Lamantia, 1885. 326 ARTURO SEGRE 78 poche ore dopo l'udienza giunse improvvisa di Spagna la notizia della morte del- l'illustre ministro (1). Intanto a Genova affluivano principi ed ambasciatori per ossequiare la Maestà Cesarea. Il Pontefice stesso, pur tanto offeso nel 1527, spediva a quella volta cinque cardinali e chiedeva l'unione del nipote Alessandro de’ Medici colla figlia illegittima dell’imperatore. I marchesi di Mantova e del Monferrato s’apprestavano a recarsi in persona a Genova (2), sicchè diveniva urgente che 1’ ambasciata solenne del Duca partisse. E si mosse infatti nell'agosto, forse, guidata dal vescovo di Moriana e da Carlo de la Chambre, signore di Sermoyac e barone di Maximieu (3). Gravi motivi d'interesse particolare richiedevano un’abile diplomazia presso l’im- peratore, per vincere alcune difficoltà che menomavano il prestigio ducale in Piemonte. Il conte di Crescentino, malcontento delle opposizioni fatte alle sue violenze, come vedemmo, s'era rimesso alla volontà imperiale e non appena ebbe conosciuto l’arrivo di Carlo V a Genova, s'era affrettato a quella volta, sotto colore di farsi riconfer- mare i privilegi della sua casa, distrutti nell’eccidio dei suoi nipoti (4), ma in realtà per ottenere mano libera sul povero comune. Al fianco dell’ imperatore stava pure, e con miglior ragione, Gio. Bartollomeo Tizzone, conte di Desana, che voleva impetrare dall'imperatore la restituzione dei suoi beni feudali. Tener d’occhio quindi e combat- tere al bisogno le domande dei due signori era cosa di molta importanza. S'aggiunga che il Duca da molti anni andava acquistando man mano la proprietà di vari feudi nel contado di Cocconato, coll’intenzione di rivendicare in tempo non lontano tutto il territorio al suo dominio. Tra il 1518 ed il 1519 alcuni Radicati, signori di parte del contado, gli avevano venduto numerose terre (5). Ma i principali si mostravano restii ad ogni persuasione. Era il contado diviso in tre parti, KRobello, Brozolo e Casalborgone con Passerano e Primeglio (6). Ora il duca di Milano elevava pur esso diritti sul contado, sicchè diveniva probabile che anche tale questione dovesse deci- dersi presso l’imperatore. Restavano in ultimo le scorrerie del capitano spagnuolo Valcercha, già disertore dell’esercito imperiale e passato a quello di Francia, ed ora, (1) Arch. di Stato di Torino. Lettere particolari. Perex al Duca. Genova, 15 agosto (1529). (2) Id., Pasero al Duca. Torino, 15 luglio 1529. (3) Z4., Bologna, 11 gennaio 1530. — Anche il de la Chaux in una sua (Le Gray, Négociations, II, 698-99) ricorda l'ambasciata del Moriana. Sgraziatamente nessun’altra notizia su di essa potei rinvenire. Del vescovo esistono poche lettere nell'Archivio di Stato di Torino (Lettere vescovi. Moriana) insignificanti, del La Chambre nessuna, per quanto mi venne comunicato, che riguardi il suo viaggio a Genova. i (4) Jd., Tizzone al Duca. Crescentino, 12 agosto 1529. © Subbito havuto vera notitia del giongere di lo Imperator in Genoa con buon volere di V. Ex. havendome pur questi huomini, come debbe haver inteso, sino quando seguete l’orrenda morte de li, fu signor Conte et Contessa, mei nepoti, a 1 quali Dio perdoni, robato et bruggiato li privilegi} di casa mia, fazo pensiero transferirme da S. M. per ricercarne confirmatione ,. (5) Id., Provincia d’Asti, m. 13 (Cocconato), n.ì 10, 11, 12, 13, 14, 16, 18, 20 e 21. — Circa questo trattato col Duca, v. Pinconr, Augusta Taurinorum. Torino, Bevilacqua, 1577, pag. 69. “1518. Taurini conveniunt aliquot Coconati et Radicatae comites, qui Carolo Duci ius ipsorum comitatuum cedunt. Bernardus, inquam, in Brosolum, Joanninus filius Dominici, Alemanus et Vullielmus filius Conradi, Raphael filius Vullielmi, atque alii Coconates, in quam ditionem Pedemontio contiguam et permixtam Philibertus: dux aliique duces iam aspirabunt ,. (6) Arch. di Stato di Torino. Loc. cit., n. 27. Memorie sulle differenze del Duca coi conti di Coc- conato. 1529-30. “ Discours et me.*...touchant l’affère de Coconnat ,. 79 LA POLITICA SABAUDA CON FRANCIA E SPAGNA DAL 1515 AL 1583 927 dopo la battaglia di Landriano, dinuovo al servizio del de Leyva. Il Valcercha cor- rendo le terre piemontesi aveva occupato Verrua, e vi si manteneva non ostante gli ordini imperiali, e dava occasione a lagnanze continue (1). La situazione politica colla Francia erasi di nuovo oscurata. Quando il re aveva conosciuto l’arrivo dell’impera- tore a Genova, la sua meraviglia dolorosa non s'era nascosta (2). Meditava fors’egli qualche sorpresa sulla flotta imperiale, pur violando i patti, come già altre volte, oppure nutriva in animo qualche nuova invasione nella penisola, dalla quale prefe- riva tener lontano il vittorioso nemico od infine temeva un’invasione nel cuore dei suoi stati? Certo è che Filippo Chabot, signore di Brion, ammiraglio di Francia, ed Antonio de la Fayette, signore di Pontgibault e di Monteil-Gelac vennero tosto man- dati alla volta di Genova per chiedere la ratifica del trattato di Cambray. Ma intanto al Lambert, che era stato il nunzio dell’arrivo imperiale, veniva prorogata l’udienza di congedo. E quando finalmente gli giunsero le lettere di congedo, partito verso Parigi, il 19 agosto si vide arrestato e chiuso nel castello d’Arques, senza un motivo nè spiegazione (3). La notizia fu appresa alla corte sabauda con meraviglia e sgo- mento. Il signore de la Chaux che visitò il Duca in quei giorni a nome dell’impera- tore, riteneva che le ostilità francesi traessero origine dall’impedimento che il signore di Lullin, Aimone di Ginevra, governatore del paese di Vaud, “ bien-honneste et saige gentil homme ,, aveva dato a genti svizzere e vallesane di raggiungere alcuni mesi prima il conte di Saint-Pol in Piemonte, con molto utile alle cose imperiali (4). Ma questa spiegazione non era sufficiente. Il Duca, già malcontento per la cattura arbi- traria che i ministri del re avevano fatta di due navi cariche di sale appartenenti alla gabella di Nizza, non trattenne la propria indignazione. Non potendo ancora per le numerose occupazioni andare in persona a tutelare presso l’imperatore i suoi molteplici interessi, era naturale che Carlo pensasse all’invio di qualche nuovo ambasciatore non più di parata e di cerimonia, come il vescovo di Moriana, ma d'azione. Le ultime notizie che venivano dal resto d’Italia rendevano opportuna la presenza nella corte imperiale di qualche abile diplomatico piemontese. Infatti la Repubblica veneta non smetteva del tutto l'atteggiamento bellicoso assunto dopo la lega di Cognac, e non diveniva impossibile che continuando le ostilità cogli imperiali porgesse occasione al Duca di riavere il tanto sospirato reame di Cipro (5). Fu deliberato adungue--linvio d’un’ ultima ambasciata, della quale venne affidata la direzione all’illustre presidente del consiglio di stato di Torino, Chiaffredo Pasero (6). Il Pasero, come ben vedemmo, era una delle prime autorità nello Stato; (1) V. Zd., Lettere partic. Pasero al Duca. Torino, 15 agosto 1529. — Sul passaggio del Valcercha alla parte francese, v. Sanuro, XLIX, 185. (2) Lamserr, Mémoires, col. 859. ©... montrait en estre fort marry ,. (3) Id., loc. cit. (4) Le Gray, Négociations ecc., II, 700-1. Poupet de la Chaux all'imperatore. Lione, 23 set- tembre 1529. (5) Arch. di Stato di Torino. Lettere particolari. Pasero al Duca. Lett. cit. da Torino, 15 luglio 1529. “© Les Veneciems se reforsont et donnont argant tant à gams de pié que de chival, et vheu que il auront del affere biaucoup, quj uset une armea pour mere prestre à qeuque bone inteligance avech lampereur et ceux de Rodez, um auseroyt emporter vostre reaume de Cipres avech peu de despanse ,. (6) Metteva però qual condizione necessaria di ricevere il danaro pel viaggio prima di partire. — Arch. di Stato di Torino. Loc. cit. Torino, 15 agosto 1529. ©“... et ayant la borse fornye seray 328 ARTURO SEGRE 80 egli serviva da lunghi anni come magistrato (1). Avvocato fiscale e patrimoniale nel secondo decennio del secolo, ben presto collaterale del consiglio ed ambasciatore in Portogallo, quando Beatrice venne impalmata, il 7 marzo del 1524, essendo vacata la dignità di presidente dell’alto consiglio, in premio dei molti servigi aveva ottenuto quella carica, che in seguito aveva tenuto e prometteva tenere con onore fino agli ultimi giorni di sua vita (2). Pratico nei maneggi, abile diplomatico, buon giurecon- sulto, niuno meglio di lui poteva sostenere gli interessi sabaudi a Bologna, dove il Pontefice Clemente VII si recava ad incontrare l’imperatore (3). 2. — Carlo V il 6 settembre partì da Genova: a Piacenza trovò il de Leyva (4) e senza indugi s'incamminò verso le terre del duca di Ferrara. Dubitavasi a Torino se volesse prendere a Milano la corona di ferro, oppure intendesse proseguire il viaggio fino a Roma per ricevere colà entrambe le dignità, quella regia e quella imperiale (5). Appariva. nondimeno più probabile la seconda opinione, sebbene le notizie d'Austria fossero pessime e segnalassero progressi minacciosi nel Turco (6). In ogni caso era naturale che l’imperatore accelerasse le cose per accorrere al più presto dove la sua presenza fosse necessaria. Quindi occorreva spedire sen- z'altro il Pasero, in previsione di impossibilità assoluta da parte del Duca d’inter- venire alle cerimonie di Bologna. Gli ultimi avvenimenti francesi ne lo spronavano. A Piacenza Filippo Chabot, signore di Brion, ammiraglio di Francia (7) ed Antonio de la Fayette, signore di Pongibault e di Monteil-Gelac, ambasciatori straordinari del re, ricevettero da Carlo V la ratifica al trattato di Cambray. Il primo effetto di tale avvenimento fu la restituzione della libertà al Lambert, ma in qual modo! Il valoroso presidente della camera dei conti non s'era mai piegato dinanzi alla vio- lenza. Lettere e proteste sue si erano succedute senza posa alla reggente Luisa ed prest à partyr, quant vostre bom plesyr sera avech ceux que il vous pleyra deputer, et quant il vous pleut metre au nombre de vous ambassadur le prothonotayre de Stupunys, Il gly Ira très voluntier et vous fera de le honur. Car il est personage vertueux et fort home de bien et ha de quoy pourter le fray et depamse que il fera sams que pour asture Il vous donet autre charge ,. (1) V. sul Pasero, De NovettLIs, Biografia di illustri Saviglianesi. Torino, Giovanini e Fiore, 1840, pag. 64. — TurLemti, Storia di Savigliano, vol. 3° (Savigliano, Bressa, 1883-88), pagg. 576-77. (2) Arch. di Stato di Torino. Protocolli ducali, n. 157, fol. 59-60. Patenti di nomina del Pasero a presidente del consiglio ecc. Ginevra, 7 marzo 1524. In esse si enumerano i meriti del nuovo eletto: “...quanta animi bonitate et magnitudine rerum omnium experientia prudencia concilij in rebus tractandis moderatione semper exercuerit , ed in ispecie la legazione di Portogallo: “...Quot etiam legationes pro nobis gloriose et sapienter obierit et eam presertim omnium faustissima qua apud Serenissimum Lusitanorum Regem coniugium Cum Illustrissima consorte nostra Beatrice non sine ingenti labore et solercia tractavit ,. (3) Zd., Roma. Lettere ministri, m. 1°. Lanceo al Duca. Bologna, 4 novembre 1529, pubbl. dal Crarerta, Carlo V e Clemente VII, ecc., pagg. 644-51. — Circa l'ingresso del papa a Bologna v. Gror- DANI, Della venuta ece., pag. 6 ss. e Romano, pagg. 100-1. (4) Romano, pag. 95. (5) Arch. di Stato di Torino. Lett. partie. Pasero al Duca. Torino, 5 settembre 1529. (6) Sanuro, LII, 111. (7) II Chabot giunto a Susa il 30 settembre fu ricevuto a nome del Duca nostro dai ss di Confignon e di Staponix che gli portarono lettere ducali “ tres-honnèstes ,. Egli procedette a Torino di dove ripartì il 12 ottobre. V. De BarruéLemy, Chabot de Brion, amiral de France, gouverneur de Bourgogne, d’apròs sa correspondance inédite, in “ Revue des questions historiques ,, XX (1876), pag. 177, nota. — Sulla vita cel Chabot v. Marrimesu, L'amiral Chabot, s.” de Brion (tra le Positions des thèses soutenues è VHcole des Chartes). Paris, Plon, 1883. Sl LA POLITICA SABAUDA CON FRANCIA E SPAGNA DAL 1515 AL 1538 329 al re, finchè il giorno di S. Andrea giunse nel suo carcere il Bernezzo, ambascia- tore residente del Duca, con alcuni ufficiali francesi, che lo liberarono. Ebbe restituita parte delle sue carte, ma gli vollero strappare una ricevuta generale di tutto. Egli oppose un rifiuto netto, e chiese invece per la millesima volta spiegazioni circa; il suo arresto; fu invitato a tacere e seguire a Parigi il Bernezzo. Così fece, ma colà sollecitò un'udienza dal re. Questi acconsentì a patto non dicesse verbo sul passato. Il Lambert non volle piegarsi e ripartì verso Chambéry senza più ricercar altro. Il Duca lo ricevette colla solita amorevolezza, e fece indagare dal Bernezzo la verità. Ma nulla potè trarne. Solo venne insinuato che l’ arresto del presidente era stato voluto da Margherita d'Austria e dai suoi, con preghiera di mettere del tutto la cosa in tacere (1). La prepotenza e la violazione fatta al diritto delle genti nella persona del Lambert dovette influire non poco nel manifesto accostarsi del Duca all'imperatore durante gli ultimi mesi del 1529. Il 26 ottobre il Duca, di ritorno a Torino dopo lunghissima assenza, dava al Pasero le istruzioni per l’ ambasciata. La prima, di indole ufficiale, conteneva solo parole di cortesia verso il cognato, e dichiarazioni d'affetto e di ossequenza. Vi si esprimeva il contento per la pace conchiusa colla Francia, e dolore dei vantaggi Turchi in Ungheria e dei molti fastidi che travagliavano quel re, Ferdinando, fratello del- l’imperatore. Si dava pur facoltà al Pasero di rimanere a fianco del potente monarca durante le sue trattative col Pontefice, e gli veniva raccomandato di mandare con frequenza notizie. La seconda istruzione, e segreta, abbracciava le varie questioni che allora agitavano la diplomazia piemontese. Temeva il Duca che nella pace o tregua probabile col duca di Milano pensassero gli imperiali d’alloggiare in Piemonte le mi- lizie che presidiavano la Lombardia. Qualora di ciò fosse tenuto discorso, doveva il Pasero opporvisi risolutamente. All’incontro se le ostilità fossero continuate, specie contro la Repubblica Veneta, aveva il Pasero facoltà di presentare i diritti sabaudi sopra Cipro, ma come ricordo, non in forma che potesse sollevare questione. Temeva il Duca che il marchese di Monferrato, Bonifacio Paleologo, movesse lamento per terri- tori posseduti in altri tempi dai suoi antenati, ed ora a lui appartenenti. Ove questo avvenisse e se ne facesse parola il Pasero doveva rispondere senza reticenze che nulla possedeva il suo principe che non fosse di buon diritto, e che n’era pronto a man- dare le più ampie informazioni al riguardo. Quanto a Desana, il cui signore era nel seguito imperiale (2), era bene rappresentare all'imperatore le numerose scorrerie che gli usurpatori del luogo facevano nelle terre vicine. Solo il rispetto all’autorità im- periale aver trattenuto finora il Duca dal punire come meritavano simili facinorosi. Volesse S. M. metter termine alla difficile posizione del conte di Desana e ripristi- narlo nell’avito possesso. Con altre istruzioni di minor importanza, tra le quali una riguardava le pretese del duca di Milano sul contado di Cocconato, ed un’altra ac- cennava alle male lingue che accusavano falsamente il Duca di cattivo animo, si chiudeva il lungo memoriale (3). (1) Lamsert, col. 859. (2) Entrerà a Bologna coll’imperatore. Sanuro, LII, 262. I sig.” italiani del corteo imperiale erano il marchese di Monferrato, il duca Alessandro de’ Medici, “...42 signor di Desana...,. (3) Arch. di Stato di Torino. Negoziazioni con Vienna, m. 1°, n 3 e 4. Istruzioni del Duca a Chiaffredo Pasero, Torino, 26 ottobre 1529. — Il Pasero in una sua prima del ritorno del Duca a Serie Il. Tom. L. 42 390 ARTURO SEGRE 89 Il 2 ottobre il Papa entrava a Bologna, seguito pochi giorni dopo dal neo car- dinale (1), Mercurino Arborio di Gattinara, gran cancelliere imperiale. Giacomo di Lanzo, ambasciatore del Duca presso il Pontefice, s’affrettò a visitarlo e n’ebbe grata accoglienza ed offerta di servizi. L’appoggio dell’illustre piemontese poteva essere di ‘non piccolo momento agli interessi ducali. Il 4 novembre, dopo successive fermate a Parma, Reggio e Modena, Carlo V faceva anch'egli solenne ingresso a Bologna (2), dove il Pasero giungeva pur esso il 12 novembre (8). 8. — Le prime lettere del Pasero da Bologna sgraziatamente non ci sono per- venute. Pare che gli uffici di complimento siano stati da lui eseguiti con rapidità, ma che al contrario egli abbia incontrato intoppi nelle questioni riguardanti gli affari interni del Piemonte, tant'è che il 28 novembre chiese al Duca nuove istruzioni (4). Tenne d’occhio intanto, durante la forzata inazione, gli avvenimenti politici che si svolgevano a lui intorno. I Veneziani ed il Duca di Milano da un canto desideravano por termine alle ostilità e conchiudere coll’ imperatore un trattato di pace, mentre dall’altra l’imperatore s’adoperava a comporre le differenze tra il duca di Ferrara, Alfonso I, ed il Pontefice, e questi mandava l’ambasciator francese alla sua corte, Gabriele di Gramont, vescovo di Tarbes, presso il re Francesco I per invitarlo a soc- correre il re d'Ungheria, Ferdinando, contro il Turco (5), ufficio rincalzato pure dal- l’imperatore che offriva al re un abboccamento a Torino, luogo neutro, per concertare le operazioni convenienti contro il nemico della cristianità (6). Un punto difficile a trattare col re di Francia era la questione dell’Astigiano: doleva al re di rinunziare a quelle terre, fondamento in gran parte dei suoi diritti sulla Lombardia. Vedemmo che Asti era stata concessa in feudo dall'imperatore al vicerò di Napoli, D. Carlo di Lannoy. Morto questi nel 1528 vi si erano ristabiliti i Francesi, ed ora l’imperatore voleva che la città rimanesse in feudo ai figli del defunto. Il re, sebbene disposto a tutto pur di evitare il riaprirsi delle ostilità, offriva un compenso in danaro agli eredi del vicerò. Ma l’imperatore, deciso ad allontanare d’Italia il rivale, stette fermo nelle sue decisioni, tanto più essendo migliori le notizie che venivano d'Austria. I Turchi andavano ritirandosi verso Buda, lasciando genti a fronteggiare il re d’ Un- gheria, che valorosamente teneva la campagna. Quindi Vienna non correva più peri- coli, e Carlo V col Pontefice pensava di raccogliere soccorsi per Ferdinando, il quale prometteva, ove ricevesse danari a sufficienza per le paghe dei soldati, di ricac- ciare il Turco nei suoi confini (7). Torino, aveva consigliato si dessero istruzioni più minute possibili a chi fosse mandato presso l’im- peratore. V. Id., Lett. partic. Lett. cit. del 15 agosto. (1) V. circa la sua nomina le lettere del Lanzo, ambasciatore del Duca, in CLaRETTA, op. cit., pagg. 6387-41. ì (2) CrareTTA, op. cit., pagg. 644-51. Lett. del Lanzo da Bologna, 14 novembre 1529. — Circa l’ingresso e la fermata di Carlo V a Modena v. Campori, Carlo V in Modena in “ Arch. stor. italiano ,. Appendice, vol. VI, e SriweLni, Sosta in Modena di Carlo V (1°-4 novembre 1529) in “ Atti e me- morie della R. Deputazione di storia patria per le provincie modenesi ,, serie 4%, vol. VIII (1897), pagg. 182-211. (3) Lett. cit. del Lanzo. (4) Arch. di Stato di Torino. Lettere particolari. Pasero al Duca. (5) Zd., Pasero al Duca. Bologna, 1° dicembre 1529. (6) Sanoro, LII, 826. (7) Lett. cit. del Pasero del 1° dicembre, e altra da Bologna, 13 dicembre 1529. 89 LA POLITICA SABAUDA CON FRANCIA E SPAGNA DAL 1515 AL 1533 981 Il Pasero frattanto coi gentiluomini di Cocconato, venuti a sostenere i diritti del Duca sul contado, si presentò al gran cancelliere, il Gattinara, ed ottenne senza dif- ficoltà quindici giorni di proroga per mettere innanzi i documenti sui quali si fonda- vano le pretensioni sabaude. Era l’imperatore allora tutto intento all’accordo definitivo col duca di Milano e ad opprimere i Fiorentini, che resistevano ai voleri del Pon- tefice, e negavano ai Medici, se non il ritorno in patria, la signoria da essi ambita (1). Si rivolse allora il Pasero al conte di Desana, Gio. Bartollomeo Tizzone, per mettere fine almeno a questa questione. Il Duca con fine astuzia, sotto colore di liberarsi definitivamente dei facinorosi che occupavano Desana, aveva l’11 novembre, dopo la partenza del Pasero, conchiuso col signor de la Facondière la compera del feudo per 6000 scudi d’oro del sole, salvo il beneplacito imperiale (2). Quando il Tizzone co- nobbe il fatto, scrisse tosto al Duca, esprimendo la fiducia che ogni cosa gli verrebbe restituita. Meritare i suoi servizi buon ricordo, e d’altra parte essere stabilita nel trattato di Cambray appunto la restituzione delle terre e possedimenti ai partigiani del re di Francia e dell’imperatore che li avessero perduti (3). Ma così non l’intendeva il Duca, che sperava compensare il Tizzone con qualche somma di danaro e tenersi i suoi possedimenti. Il Pasero, che ben conosceva la tenacità del conte, nutriva scarsa fiducia sull’esito dell’offerta, ed avrebbe voluto che il Duca senz’altro rinunziasse a simil disegno e restituisse le terre (4). Il conte infatti sollecitò l'appoggio imperiale, e Carlo V gli promise la reintegrazione, sicchè quando il Pasero gli ebbe proposto la cessione di Desana mediante compenso, egli rifiutò nettamente, e scrisse al Duca in forma risoluta che mai avrebbe ceduto cosa che gli apparteneva (5). L'imperatore (1) ZA. — Il Roxaxo, pag. 142, nota 1, afferma che la risoluzione di restituire allo Sforza il ducato di Milano fu presa non più tardi del 3 dicembre, ed adduce in prova un documento dell’Ar- chivio Gonzaga di Mantova. La lettera del Pasero è una riprova. (2) Arch. di Stato di Torino. Provincia di Vercelli, m.15 (Desana), n. 19. Torino, 11 novembre 1529. (3) Zd., Lettere particolari. Tizzone al Duca. Bologna, 1° dicembre 1529. “ Essendo quivi venuto nova certa de v. E. o el suo Governator di Vercelli (Luigi di Bonvillars, s.@ di Mezières) in nome di quella ha tolto de man de quelli che gli stavano intrusi el loco mio di Dexana, ne ho avuto summo apiacer, così per la publica utilità de la patria, come per el ben et proprio comodo, tenendomi asse- curato da v. Ex.ti* manco per la naturale virtù sua, e come Principe aequo et iustissimo, Che quanto anche per la mia verso di quello summa, et affectionata servitù (che non penso dover già da lei esser posto in oblio), che Ella non lo habbia tolto di mano de dicti iniqui detentori, se non ad beneficio mio, como quello a cui dicto loco di ragion spetta, et allo quale per tenor del trattato fatto tra queste M.tà C.* et Christ.m® ditto re Christ. dovea de presenti remetterlo. Et così la prego et supplico che la degni di far di sorte e con effetto secundo la confidentia che ho in lei, che dicto mio loco con le artegliarie e munitioni et altre robe in quello trovate sij consignato e remesso alle mani di miei agenti, che con queste mie allei venerano ,. (4) Id., Pasero al Duca. Bologna, 3 e 5 dicembre 1529. (5) Id., Tizzone al Duca. Bologna, 6 dicembre 1529. © Dalo Ill. s.% Ambasciador suo mons» il Presidente Paiser ho inteiso quanto per nome di v. Ex. mi ha esposto del suo bon voler verso mi. E certamente per la mia summa verso lei servitù et osservantia io non mi son mai persuaso, nè anche mi persuado che quello chessa v. Ex. ha facto intoier el loco mio di mane quelli iniqui detentori non lhabia facto se non per farmi beneficio et commodo per esserli stato quello affectio- nato s.!** che li son stato sempre et anche lo avenir lintendo de esser .... Circa al resto de che mi ha parlato dicto st Ambasc.9* io non saprei risolvermivi al presente per havermi e questa matina e altre volte sua Ces.® y Cath. M.tà declarato suo animo esser totale de remettermi a casa mia segundo la contenuta del tractato di Cambrai. Per il che non saperia como partirme honestamente dall'ordine di S. M. Ma v. E. stia assecurata che restituto che sia in dieto mio loco, se may cosa 392 ARTURO SEGRE 84 ed il Gattinara, approvando il trattato del Duca col la Facondière, insistettero pur essi sulla restituzione del conte, ripetendo che si trattava di cosa sancita nei capi- toli di Cambray (1). Giungeva intanto a Bologna un ambasciatore del re d’Inghilterra, Enrico VIII, mentre partivano i marchesi di Mantova e del Monferrato in aperto dissidio (2). Du- rante la loro permanenza a Bologna gravi parole erano corse tra i due principi, essendo il Paleologo sdegnato dell’inqualificabile condotta del Gonzaga colla sorella sua, a lui promessa da molti anni, e ch'egli con inusitata mala fede ora voleva ab- bandonare (3). Le difficoltà del momento per l’imperafore consistevano nell’ accomo- dare la questione d'Asti, della quale voleva liberarsi rimettendola alla vedova del Lannoy. Le cose di Saluzzo erano lasciate nello stato in cui si trovavano (4). Il 4 di- cembre giunse a Bologna notizia della nascita di una figlia al Duca, e nel tempo stesso il Duca mandò facoltà al Pasero di ritornare in patria, non appena avesse messo termine alle molte cose che tuttora restavano da appianare, ove l’imperatore andasse a Roma. Avrebbe voluto il Pasero un’udienza dall'imperatore e dal Ponte- fice, per sollecitare lettere e brevi alle città di Losanna e Ginevra, ribelle al Duca ed alla religione, ma, occupati dalle trattative coll’ambasciatore d'Inghilterra, Carlo V e Clemente VII non poterono ricevere l'oratore sabaudo (5). Del resto ben presto il Duca avrebbe personalmente patrocinato i suoi interessi. Ormai, dopo il felice parto della Duchessa, e non ostante l’imperatore scusasse anche la sua assenza (6), egli era risoluto al viaggio. Timore d’ offendere il re Francesco I non nutriva più il Duca, sia per avere informato l’ombroso nipote della decisione (7), sia pel ritardo col quale il viaggio avveniva, ed infine probabilmente sentendosi ancor ferito dal caso del Lambert. Il 6 dicembre ebbe il Pasero udienza dall'imperatore, il giorno seguente dal Pontefice; ambidue mostrarono vivo contento della nascita avvenuta nella corte sabauda, sopratutto l’imperatore molto affezionato alla Duchessa, sua cognata. Egli anzi attendeva notizie dall’imperatrice, che era in avanzata gravi- danza. Parlò il Pasero delle cose di Ginevra e Losanna e delle ostilità dei cantoni Svizzeri: sia il Papa che l’imperatore promisero sollecita spedizione di bolle e let- tere. Desiderava il Duca che l'abbazia di S. Ponzio presso Nizza fosse unita al ve- scovato di quella città; qui la cosa appariva meno sicura, sebbene il Pontefice non si dimostrasse in principio contrario. Oltre a varie altre questioni di minor impor- alcuna nè alcun contracto de esso havrò far con Principe del mondo, più presto ne ho da gratifficar et compir con v. Ex. che con alcun altro ,. (1) Zd., Roma. Lettere ministri, m. 1°. Pasero al Duca. Bologna, 7 dicembre 1529 e Lett. partie. Id., 10 dicembre 1529. (2) Lett. cit. del Pasero del 3 e 5 dicembre. (3) V. lett. cit. del Pasero del 3 dicembre. — Circa l’indegno agire di Federico Gonzaga v. DavarI, Federico Gonzaga ela famiglia Paleologa di Monferrato (1515-33) in “ Giornale ligustico ,, XVII (1890), pag. 450. (4) Lett. cit. del Pasero del 5 dicembre. (5) Il de Ja Chaux aveva esortato l'imperatore a risparmiare sì grande spesa al Duca, già tanto tribolato. — Le Gray, op. cit., pagg. 98-99. (6) Za., e lettera del 7 dicembre. — Circa la nascita della figlia al Duca di nome Caterina, v. Pin- cone, Augusta Taurinorum cit., pag. 71. (7) Gurczenox, II, 205. 233] 85 LA POLITICA SABAUDA CON FRANCIA E SPAGNA DAL 1515 AL 1533 383 tanza chiese il Pasero ai primi di dicembre notizie al Pontefice circa il disegnato abboccamento di Torino tra il re e l’ imperatore, ma Clemente VII rispose di non averne certezza ed essere la cosa sempre in negoziato. L'imperatore promise ad ogni modo che avrebbe fatto sapere al Duca il luogo in cui potevano abboccarsi, in caso lasciasse Bologna. Ciò perchè la permanenza del medesimo lontano dai suoi Stati non fosse troppo lunga, nè gli procurasse grave dispendio. Il Pasero tuttavia raccomandò al suo signore di raccogliere molto danaro, chè le spese non gli sarebbero mancate. ‘Bra il nostro ambasciatore soddisfatto della soluzione data alle cose d'Asti. Carlo V aveva indotto la vedova del Lannoy, che apparteneva alla famiglia dei Mombello d’Entremont, suddita del Duca, ad accordare il governo d’Asti a Giacomo Fozaro dei signori di Scalenghe, gentiluomo piemontese e buon soldato, che allora militava col grado di colonnello sotto le bandiere del principe d'Orange. Le cose politiche d'Italia pareva s’avviassero pure a buona conclusione, specie a Firenze colla nomina a gonfaloniere della Repubblica di Raffaele Girolami, già nunzio del Pontefice in Ispagna e uomo di carattere conciliativo. Si godeva fiducia che l’azione di costui va- lesse a persuadere i Fiorentini a miti consigli. Anche col duca di Milano e colla Repubblica Veneta era prossimo l'accordo. Solo rimaneva aperta la lite del duca di Ferrara, Alfonso I, col Pontefice, perchè quello rifiutava lo sgombro di Reggio e di Modena (1). L’8 dicembre, festa della Concezione, l’imperatore e gli ambasciatori inglesi giu- rarono e ratificarono il trattato di Cambray con grande solennità. Carlo V era sod- disfatto. I suoi disegni trionfavano d’ogni parte. Le notizie gli recavano che la con- sorte, Isabella di Portogallo, aveva dato alla luce il 22 novembre un figlio e che Filiberto di Chalon, principe d'Orange, otteneva progressi notevoli in quel di Firenze. Soddisfatto egli, faceva viso benigno al Pasero, intento ad ottenere le lettere per Ginevra e Losanna e buona spedizione ad un ambasciatore dei cinque cantoni svizzeri cattolici (2). Era morto il vicario dell’arcivescovato di Torino. Il Pontefice mandò al Duca uno dei suoi protonotari per occupare i beni lasciati ed esigere le decime. La guerra contro Firenze, i soccorsi al re d'Ungheria e le gravi spese continue per mille cause obbligavano Clemente a cercare d’ogni parte danaro. Dura- vano bensì le trattative con Firenze per indurre la città ad una resa, ma i Fiorentini non si mostravano punto disposti a cedere la loro libertà, e d'altra parte l’impera- tore, volendo tenere nel mese d'aprile una dieta ad Augusta, sollecitava il viaggio a Roma per esservi incoronato senza maggior indugio. L'accordo col duca di Milano era ormai sancito, quello coi Veneziani imminente, ed il 31 dicembre conchiusi. En- travano così in confederazione il Pontefice, la Repubblica Veneta, il duca di Milano, le repubbliche di Genova, Pisa e Lucca, il duca di Savoia, ed i marchesi di Mantova e Monferrato (3). Le ultime difficoltà erano sempre col duca di Ferrara. Circa i ne- goziati col re di Francia per l’Astigiano causa una malattia del signore de la Chaux (1) V. lett. del Pasero del 7 dicembre. (2) Lett. cit. del Pasero del 10 dicembre. (3) Grorpani, Documenti, pag. 38. — Circa la politica veneta in questo periodo v. RomanIn, Sforza documentata di Venezia, vol. 5°, Venezia, Naratovich, 1856, pagg. 470-73, e ALserI, Relazioni degli amba- sciatori veneti, serie 22, tomo I e III? 994 ARTURO SEGRE 86 stavano le cose ancora sospese in attesa giungesse a quella corte un nuovo amba- sciatore imperiale ed il cardinale Trivulzio, protettore di Francia presso la S. Sede, che il Pontefice mandava a rincalzare gli uffici del vescovo di Tarbes. Il vescovo Tornabuoni infine partiva alla volta di Fiandra per sposare in nome d’Alessandro de’ Medici la figlia naturale dell’imperatore, Margherita (1). Il Pasero attendeva impaziente dal Duca ordini e danari. I primi giunsero, ma i secondi si fecero attendere. Il povero ambasciatore versando in gravi istrettezze per il grande rincaro del vivere a Bologna insisteva vivamente chiedendo soccorsi, e senza il timore che gli interessi del Duca cadessero in mani poco interessate, avrebbe abbandonato la città. Ma il vedere anche malcontento il gran cancelliere, perchè il Duca aveva fatto concessioni agli abitanti di Gattinara dannose all’auto- rità feudale dell’illustre ministro, ne lo tratteneva. Del resto il Duca non doveva ritardare la sua venuta, poichè l’imperatore divulgava la voce che alla fine di gen- naio sarebbe partito. Ritentò il Pasero la prova col Tizzone, signor di Desana, per indurlo definitivamente alla cessione del suo feudo, ma invano; rimase il Tizzone fermo nella prima sua volontà. Sicchè Carlo V sollecitò il Duca perchè mettesse fine alla questione e diede ordine a Luigi di Praet, suo nuovo ambasciatore in Francia, di parlarne col medesimo passando sul territorio sabaudo. Egli non voleva che i feudi imperiali nella penisola venissero usurpati dai principi, e trattandosi in questo caso di questione contemplata nella pace di Cambray commise al Praet di avvertire anche il re. Quanto alle differenze col duca di Milano pel contado di Cocconato il Pasero attendeva pur sempre le carte necessarie, in particolare la conferma dei privilegi imperiali che il Duca diceva di possedere. Altre piccole questioni restavano tuttora aperte e l’abile oratore sabaudo non voleva abbandonare il campo prima d’aver bene avviato ogni cosa (2). Tuttavia nell’attesa di istruzioni fece un viaggetto a Nostra Donna di Loreto, da cui tornò il 7 gennaio 1530, trovando finalmente danari ed istruzioni. Il 4 del mese era stato pubblicata l'alleanza fra l’imperatore, i Veneziani ed il duca di Milano, al quale furono tosto restituite le città lombarde, mentre Renzo Orsini da Ceri consegnava Barletta al capitano Ferdinando Alarcon. Venezia allora spedì un’ambasciata solenne al Pontefice ed all'imperatore di 6 personaggi, quattro al primo, Marco Dandolo, Girolamo Gradenigo, Luigi Mocenigo e Lorenzo Bragadino, due al secondo, Antonio Surian e Niccolò Tiepolo (3). Naturalmente la pace spiacque al Turco, il cui rappresentante a Venezia ne mosse vive lagnanze. Con Firenze. conti- nuarono le trattative, ma sempre con minor profitto. Il signor di Scalenghe, il quale fino allora aveva militato coll’esercito del d'Orange, eletto governatore d'Asti, partì in quei giorni alla volta del Piemonte (4). Infine Carlo V scrisse ai comuni di Ginevra e di Losanna ordinando loro di procedere contro i predicatori della riforma di Lu- tero (5), ed il Pasero s’affrettò a spedire le lettere al Duca pel recapito (6). Sperava (1) Arch. di Stato di Torino. Lettere partic. Pasero al Duca. Bologna, 18 dicembre 1529. (2) Id., Bologna, 20 dicembre 1529. (3) Grorpani, pag. 80. — V. in ALsERI, op. cit., serie 2°, vol. III, il È Maneggio della pace di Bologna tra Clemente VII, Carlo V, la Repubblica di Venezia e Francesco Sforza. 1529 ,. (4) Arch. di Stato di Torino. Loc. cit. Bologna, 8 gennaio 1530. — V. anche in CLARETTA, Op. cit., pag. 643, la lettera del Lanzo del 2 gennaio 1530. (5) Jd., Genève, cat. 1°, m. 12, n. 43. Bologna, 22 dicembre 1529. (6) Zd., Lettere particolari. Pasero al Duca. Bologna, 11 gennaio 1580. 87 LA POLITICA SABAUDA CON FRANCIA E SPAGNA DAL 1515 AL 1533 995 questi che qualche efficacia avessero sulle due città; invece non servirono forse ad altro che acuire, se pur era possibile, i dissensi tra il Duca ed i Cantoni protestanti. Colla morte di Lorenzo di Gorrevod, conte di Pondevaux e maresciallo di Bor- gogna, vacava il governo della Bressa. L'imperatore molto favorevole alla famiglia dei de la Baume, accordò subito a uno di questi, il signor di Saint Sorlin il mare- sciallato di Borgogna, ed espresse il desiderio che l’altra carica nella Bressa fosse data a Filiberto de la Baume, signore di Montfalconnet. Il signor di Perex, omonimo del suddetto, ed il Pasero ebbero invito di sostenere la proposta presso il Duca (1). Una difficoltà che il Pasero non riuscì a spuntare fu quella di Desana. Egli ne aveva parlato più volte all'imperatore, il quale s'era mostrato inflessibile. Invano egli ripetè al monarca i motivi e le offerte del Duca, ma nè esso nè il conte cedettero. Il mede- simo si dica dell’affare di Cocconato. Eppure urgeva qualche conclusione per ambedue le questioni, prima almeno che il congresso di Bologna si chiudesse, poichè il Pon- tefice voleva il 25 gennaio andare a Perugia e l’imperatore a Siena (2). 4. — Fra la metà di gennaio, quando il Duca rompeva gl’indugi e s’apprestava al viaggio con grosso seguito. Dovendo raccogliere ancora il danaro necessario e farselo concedere dagli stati generali non poteva mettersi in via sino alla metà di febbraio. Saputo adunque che l’imperatore procrastinava la partenza da Bologna fino agli ultimi di febbraio (3), raccolse 1°8 del mese a Torino i tre stati, ai quali il cancelliere Giro- lamo Ayazza chiese un sussidio. L’ottenne; furono decretati 160.000 fiorini pel Duca, 20.000 per la Duchessa e 5.000 al principe di Piemonte, Luigi (4). A Bologna forse avrebbe il Duca definito le controversie di Desana, ormai troppo lunghe ed inquie- tanti (5). Si spargevano colà voci curiose, strane, ma insistenti, e per la qualità delle persone che le propalavano degne anche di qualche considerazione. Si diceva che l’im- peratore ritardasse il viaggio a Roma, perchè dopo l’ incoronazione avrebbe dovuto eleggere un re dei Romani, e che il re di Francia facesse insistenti uffici per otte- nere questo titolo, e fosse disposto anche a visitare personalmente l’imperatore, pur d’ottenere l’intento suo (6). Sebbene nessuna probabilità vi fosse di riuscita, nè cer- tezza di attendibilità, tanto più che il re d'Ungheria aveva fatto domanda formale d’esser prescelto (7), tuttavia la cosa destava inquietudini, sapendosi che il re fran- (1) Zd., Filiberto de la Baume, sig.* di Montfalconnet al Duca. Bologna, 25 novembre 1529. “ Mons” de Sermoia, le st de Peres et moy avons devisé de quelque choze que Je leurs ay prièr vous comuniquer, ala quele ares de lavis et selon quj sera vostre bon plesir y resoudre, vous me ferez avertir et vous me trouveres prest an ce et austre chozes vous fere service de tout mon povoer. Lanpereur a donné charge à mons” de Peres è vous parler tochan le governemant de Bresse à ma faveur pour otant que madame dist davoir donné quelque promesse avant la mort du maystre (?) [#7 Gorrevod era anche gran maggiordomo imperiale], mes que si elle peust que sen escusera pour le me donné, à ce que lampereur ma dist, cest qui desireroest que me festes mestre em posesion de sete ...,.— V. anche lettera cit. del Pasero. (2) Lett. cit. del Pasero. (3) Id., Pasero al Duca. Bologna, 28 gennaio 1530. (4) Monumenta historiae patriae. Comitiorum, I, 806-41. — Il Pixcone, Augusta Taurinorum, pag. 71 dice solo “ sexaginta millium florenorum , pel Duca. (5) Lett. cit. del Pasero del 28 sennaio 1530. (6) Arch. di Stato di Torino. Lettere partie. Pasero al Duca. Bologna, 29 gennaio 1530. (7) Gurccrarpini, libro XX, cap. 1°. 336 ARTURO SEGRE 88 cese mostrava ira rattenuta della lega tra l’imperatore e gli Stati italiani (1). Carlo V adunque, desideroso di terminare spicciamente le cerimonie, rinunziò al viaggio di Roma e stabilì di ricevere le corone a re d'Italia e di imperatore nella stessa Bologna, il 22 e 24 del mese. Il Pasero, che già pensava di far ritorno in Piemonte (2), rimase colà per attendere il Duca (3). Verso la metà del mese ancora mancava la cer- tezza di tale venuta, ed il Pasero ed il Lanzo n’ erano impensieriti, quando il 17 giunse notizia sicura del prossimo arrivo di Carlo e di Beatrice (4). Il Duca aveva lasciato Torino nella metà del mese con grande seguito formato dai vescovi d'Ivrea, di Bellay, d'Aosta, dal signore di Racconigi, Bernardino di Savoia, da Bertolino di Mombello, conte di Frossasco, Luigi di Chatillon, signore di Musinens, Luigi di Bonvillars, signore di Mezières, Pietro Lambert, signore de la Croix, Francesco Solaro signore di Monasterolo, e da altri personaggi di minor conto (5). Il 23 febbraio di sera arrivò alle porte di Bologna con più di 400 cavalli, ricevuto con molto onore dai rappresentanti del Pontefice e dell’imperatore (6). La Duchessa incamminatasi forse qualche giorno dopo, andava pur essa alla volta di Bologna lungo il Po con bel se- guito. A Borgoforte trovò ampia ospitalità presso il marchese di Mantova, Federico Gonzaga, ma giunse a Bologna solo ai primi di marzo (7). Ora il 24 febbraio, due giorni dopo l’incoronazione di Carlo V a re d’Italia colla corona di ferro, era avve- nuta l’imcoronazione imperiale. Il Duca di Savoia nella cerimonia aveva portato un vestito di singolare ricchezza, manto di raso cremisino col bavero d’ermellino ed uno splendido berretto ricco di gioie, il cui valore si diceva superasse i 400.000 ducati (8). Inoltre gli era stata concessa la precedenza su tutti i principi che assistevano al congresso di Bologna; quindi anche sul duca di Milano e su quello di Baviera, poichè l’imperatore voleva che il cognato suo avesse onori superiori a qualunque altro principe (9). (1) Romano, pag. 193 ss. — Saxuro, LII, 574. (2) Lett. cit. del Pasero. (3) Arch. di Stato di Torino. Lettere ministri, m. 1°. Lanceo al Duca. Bologna, 13 febbraio 1530. “...per questa corte publicamente si tene per certa la venuta di v. Ex.®, quale etiam io desidero summamente et laspecto con devotione, cognoscendo che da essa ne procederà ad v. Ex.® riputation grande ..... et per che doppo la gionta dil s* Pedraglios ad v. Ex.*, quale intendemo esser stata dominica passata, non havemo da essa nove alcune, #7 s.” presidente ed io stamo con grande affanno di mente, dubitando non sia cascato qualche impedimento ad v. Ex.®...,. Dunque il Guiczenon, IL, 206, s'inganna quando afferma che il Pasero accompagnò il Duca a Bologna. Esso già vi era quando v'andò il Duca, e vi rimase. (4) Sanuro, LII, 594. (5) GurczENnox, loc. cit. — V. anche LamgeRrr, col. 860. (6) Grorpani, pag. 111. — Romano, pag. 196. — CrarertA, pag. 650. — Sanuro, LII, 628. Lettera da Bologna di Matteo Dandolo, 25 febbraio 1529. © Vene heri sera il duca di Savoia, con molta somaria de' cariagli et cavali assai, et una bellissima guardia di arzieri, et incontrato honoratissima- mente quanto dir si possì ,. (7) Romano, pagg. 196-97, (8) Era sfarzo non proporzionato alle condizioni economiche del ducato, e non senza ragione quella mala lingua di Pietro Aretino ne morse il Duca. V. Luzio, Un pronostico satirico di Pietro Aretino (MDXXXIIII). Bergamo, Istituto Italiano d'arti grafiche, 1900, pagg. 24-25. (9) GrorpanI, pagg. 113-133. — Romano, pag. 212. — Sanuro, LII, 625, 632, 641-45. — Durante la cerimonia in chiesa il Duca nostro e quello di Baviera stettero in piedi da una parte dell’altare, e dopo la funzione tornati al palazzo trovarono un gran pranzo apparecchiato, L'imperatore vi prese 89 LA POLITICA SABAUDA CON FRANCIA E SPAGNA DAL 1515 Ar 1533 99% Il 4 marzo sull’imbrunire giunse a Bologna la Duchessa, incontrata dall’ impe- ratore fuori porta; essa portava gioie ricchissime ed era così avvenente di persona che tutti ne rimasero profondamente colpiti (1). L’ imperatore l’ accompagnò a far riverenza e baciar il piede al Pontefice (2). Quindi per soddisfare essa ed il Duca diede commissione a tre ambasciatori che mandava.a Venezia di consigliare alla Re- pubblica la restituzione dell’isola di Cipro. Facevano pure domanda dell’ isola tre oratori sabaudi Filiberto Ferrero, vescovo d'Ivrea, Aimone di Piossasco dei signori di Piobesi, collaterale, e Luigi di Bonvillars, signore di Mezières. Altrove discorremmo dell’insuccesso sofferto dalle due missioni (3). Ciò non ostante il favore che l’impe- ratore mostrava al Duca ed a Beatrice faceva correre le più disparate voci circa le intenzioni sue a loro riguardo. Si diceva ch'egli volesse dare al cognato il titolo di re (4). Esso passava l’intiera giornata colla Duchessa, a cui portava vivo affetto (5), e dalla quale non sapeva staccarsi (6). Fu notato pure che nel visitare un giorno separatamente il Duca e l’imperatore la città, essendosi incontrati s’unirono discor- rendo con molta famigliarità fino al palazzo, incidente che diede gran pascolo alle fantasie (7). Ben presto tuttavia si conobbe che la voce del titolo regale non aveva fondamento alcuno (8). Feste con intenti più o meno politici si succedevano a Bo- logna, ed una molto notevole si vide nel palazzo Pepoli, dove avevano stanza i nostri Duchi (9). Il 20 marzo infine Carlo e Beatrice lasciarono Bologna (10), ridotti per i gravi dispendî a notevoli istrettezze economiche, che li obbligarono, sembra, ad un imprestito per sostenere le spese del ritorno (11). Essi avevano sfoggiato gioie splen- dide e vesti di gran lusso, meravigliando il pubblico (12), e tornavano ricchi di debiti parte cenando da solo in una tavola; nella stessa camera, ma ad altra tavola, sedettero il Duca nostro, quelli di Baviera e d’ Urbino, ed il marchese di Monferrato, mentre nella camera vicina stavano gli altri personaggi (Samnuro, LII, 646-50. L'amor proprio del Duca fu quindi intieramente soddisfatto nella sua andata a Bologna. Certo non poteva egli attendere accoglienza ed onori più notevoli ,. (1) GrorpanI, pagg. 160-61. — Romawo, pag. 224-26. — Sanuro, LIII, 13. (2) Sanuro, LIII, 15. (3) Cisrario, II, 250. — Sanuro, LITI, passim. — Delle relazioni tra Savoia e Venezia ecc., pagg. 38-43. (4) FaLcermi-Fossani, Assedio di Firenze, II, 154. Doc. LXXIV. — Romawo, pag. 227. — Sanuro, LIU, 12. Lettera del 2 marzo 1530. “...siè sparso voce che ’1 duca si fa re di Savoia, pur non si ha la cosa molto autentica ,. (5) Sanuro, LITI, 32. Lettera da Bologna, 7 marzo. (6) V. la nota 648 del Grorpani, pag. 162. — Sanuto, LIII, 41-2. Lettere da Bologna, 4 e 7 marzo. — V.le maligne insinuazioni dell’Aretino sulle simpatie di Carlo V per Beatrice in Luzio, Un pro- nostico ecc., pag. 9. Era anche molto commentata l’alterigia e il sussiego della Duchessa con quanti l’avvicinavano. V.i dispacci dell’oratore mantovano pubbl. dal Luzio, op. cit., pagg. 66-67. (7) Grorpani, pagg. 165-66. (8) Sanuro, LIII, 31. “ De la incoronation del duca non se ne parla più, credo non si habi da far ,. (9) GrorpanI, pag. 168. (10) Id., pag. 170. — Romano, pag. 233. — Sanuro, LIII, 64. (11) Sanuro, loc. cit. Lettera da Bologna dell’oratore Marco Antonio Venier e del Surian del 20 e 21 marzo. “... Esser partito il duca di Urbin. Item il duca di Savoia con la moier, quai ha fato una zivanza di ducati 6000, che non havea danari da partirse,. — L’Aretino preannunziava ai Piemontesi balzelli per sopperire al fasto ducale, ed anche la rovina del ducato. V. Luzio, pagg. 24-25. (12) Nella cerimonia dell’incoronazione imperiale fu notato che il Duca avevà in testa una corona di maggior valore della imperiale. Sawnuro, LII, 645. — Le gioie della Duchessa lasciarono ricordo Serie II. Tom. L. 43 938 ARTURO SEGRE 90 ed in apparenza senz’altro risultato politico che una maggior intimità coll’imperatore. Tuttavia ben presto dovevano mostrarsi le conseguenze dell'importante viaggio, felici per un lato, causa prossima dall’altro d’infinite sciagure. 5. — In Francia non senza gelosia era stato veduto l’accostamento definitivo del Duca all'imperatore. Ma il re seppe dissimulare. L’offesa grave recata allo zio mesi prima colla detenzione del Lambert lo spingeva a far buon viso, ora che la pace ristabiliva un po’ di tranquillità sulle frontiere. D'altra parte il legame dei figli, tuttora ostaggi presso l’imperatore, l’ obbligava al silenzio. Carlo V nel primo impeto di sdegno per la mancanza di fede al trattato di Madrid aveva tolto, come vedemmo, ai due principi Francesco ed Enrico ogni libertà e pompa esteriore, chiu- dendoli senza riguardo alcuno in un castello ben guardato. Nel settembre 1529 un ufficiale mandato dal re loro padre a visitarli li vide in condizioni sì infelici da ri- manerne dolorosamente colpito, e ne fece relazione molto sconfortante. Francesco e Luisa, sua madre, si rivolsero a Margherita d’ Austria perchè facesse cessare tale stato di cose, e Margherita non mancò di scrivere al possente nipote una calda let- tera (1). Ad ogni modo il pagamento della somma fissata nel trattato di Cambray obbligò l’imperatore a liberare i principi, che nel luglio 1530 rientrarono in patria (2). In tale occasione il Duca mandò ad ossequiarli il suo gran scudiero, Luigi di Cha- tillon, signore di Musinens, ed il re in contraccambio volle che ambidue col loro fratello terzogenito, Carlo, duca di Augouléme, ringraziassero per lettera lo zio (3). Ma erano parole, ed il Duca le prendeva nel loro vero significato. Ormai gli interessi sabaudi nella penisola volevano l'unione del Duca coll’imperatore. La morte per disgrazia accidentale del marchese di Monferrato, Bonifacio, il 6 giugno di quel- l’anno, lasciando la corona al vecchio Gio. Giorgio Paleologo, doveva rivolgere la duraturo in quanti le avevano vedute pel loro numero e valore. — V. Sanvro, LIMI, 215-16. Lettera di Pasino Berecio da Innsbruck, 9 maggio 1530. Dice che l’imperatore col fratello, il re Ferdinando, era andato incontro alla sorella Maria, vedova del re Luigi d'Ungheria, ed alla cognata Anna d'Un- gheria, consorte di Ferdinando: ambedue avevano gioie e perle di non grande valore “ et quelle persone che viteno la duchessa di Savoglia dicono che più assai era meglio in ordine et con magior pompa assai, et così anche a me pare per il pocho giuditio che ho ,. (1) Lanz, Correspondenz ecc., I, n. 126. Margherita a Carlo V. Bruxelles, 11 ottobre 1529. La lettera conteneva tra l’altro il seguente accalorato periodo: “ Monseigneur. Dieu vous at fet ceste grace de vous avoir donné de biaus enffans, parquoy povez mieulx santir, que vault amour de père et le regret dudict s. Roy ,. (2) Mrener, II, 488-89. (3) Arch. di Stato di Torino, Prancia. Lettere principi, m. 1°. I figli del re al Duca (senza data). “ Mons. nostre oncle. Nous avons receu les lettres que nous avez escriptes par Mons” de Muzenym vostre grant escuyer present porteur, Lequel nous a visité de vostre part et faict entendre de voz nouvelles ensemble le grant aise que avez eu de nostre delivrance et retour en ce Royaume, et le desir que avez de nous faire plaisir, De quoy tresfort vous mercyons. Et pource, mons. nostre oncle, que par luy serez adverty de lestat de nostre santé et que luy avons pryé vous dire laise que nous sera davoir quelque fois nouvelles de la vostre, pareillement la bonne affection que avons de vous faire plaisir, Estimant sa suffisance telle quil vous scaura rendre tresbon compte de tout, ferons fin à la presente Pour prier nostre s7, mons.” nostre oncle, quil vous doient ce que de bon cueur vous desirent. Vos bons nepveuz Francoys retro: “ A Mons" le Due de henry Savoye nostre oncle ,. Charles. 91 LA POLITICA SABAUDA CON FRANCIA E SPAGNA DAL 1515 AL 1588 999 mente del Duca alla. possibilità di acquistare un giorno il marchesato (1). Sgrazia- tamente la piaga ormai incancrenita di Ginevra stornava di continuo la sua atten- zione dalle cose italiane, e l’obbligava a ricorrere nuovamente presso l’imperatore, che. partito da Bologna il 22 marzo dopo aver posto termine agli affari italiani e concesso al vagante ordine Gerosolimitano l’isola di Malta (2), erasi, per Innsbruck recato ad Augusta, dove in dieta solenne voleva por fine alle questioni religiose della Germania (3). L'occasione di interessare l’imperatore ed i principi cattolici della Ger- mania alle cose di Ginevra in tale pericolo non solo politico, ma anche religioso appariva così buona, che sarebbe stata follìa il rinunziarvi (4). Inoltre i gravi avve- nimenti del Monferrato richiedevano molta attenzione e non era inutile farne anche parola alla Maestà Cesarea: solo in tal modo forse si sarebbe impedito al nuovo duca. di Mantova, Federico Gonzaga (5), la riuscita dei suoi disegni. Vedemmo infatti come il Gonzaga, che con tanta mala fede aveva procrastinato sempre e rinnegato il matrimonio com Maria; sorella primogenita del defunto marchese di Monferrato, tanto che già s'era impegnato con Giulia d'Aragona, figlia del morto re di Napoli, Federico (6),, mentre la vedova marchesa, Anna d’Alengon, praticava d’ unire Maria col duca di Milano (7), ora, vedendo; prossima l'apertura della successione monferrina aveva, disdetto il passato e ricercato nuovamente la mano di Maria. Il Pontefice, Cle- mente VII, che l’aveva svincolato nel 1428, dopo molte difficoltà, vedendo che Anna d’Alengon, nonostante l’affronto, avrebbe sempre accettato il Gonzaga come genero, cedette. L'imperatore, sebbene ancor esso riluttante per qualche tempo (8) alla fine diede egli pure il consenso. Il Papa revocò il breve di annullamento il 20 settembre, ma cinque giorni prima, il 15, improvvisamente Maria, era venuta a morte (9). (1) V. il bello studio del DavarI, Federico Gonzaga e la famiglia Paleologa ecc., pag. 40. (2) Bosro, Dell'Wistoria della Sacra religione ct IUM.ma militia di S. Giovanni Gierosolimitano, p.° 3°, pag. 82. — Arch. di Stato di Torino. Lettere ministri, m.1°. Lanceo al Duca. Roma, 16 maggio 1530. “ La loro religion ha avuto dalla M.tà Ces.® Malta libera senza tributo et senza alcuna subiection de qual si voglia sorte, excepto che S. M.tè si è riservato la nomina al vescovato di Malta in questo modo che vaccando tal Ecclesia la religion debba elliger tre persone, de le quali luna sia subdita de soa, M.tà, et facta tal election sia in facultà de soa M.tà eliser quale Hi piacerà de dicte tre per- sone, qual habbi esser vescovo. Dil che allj xr di questo fu expedita la bolla ,. (3) Dr Leva, II, 644. — Romano, pag. 286. — V. anche Arch. di Stato di Torino. Loc. cit. Lanceo al Duca. Bologna, 22 marzo 1550. 7 (4) Id., Lettere particolari. Pasero al Duca. Torino, 81 luglio 1530. “ Monsegnur. Si emtendes que mons. le metre Belagarda doyget se retrouver à cest dieta, il ne faudroyt. que il tardast plus, car alaint les affères de alemagne et de la; festa. luteriena prospères pour lampereur, amsy que um dist que il vomt, la dite Jornea se pouroyt plus toust. achever que um ne creydetz, et. som alea pouroyt estre. depuys trop tarda. Sus quoy vostre bom plesyr sera avoyr de ladvys et de mesmes depechier mons. le grand escuyer pour aler fère som voiage em:france le plus toust. que RSRiRi sera ,. Si accenna all'invio del Musinens presso i figli del re liberati. 6) Il Gonzaga fu creato duca di Mantova nel marzo 1530. V. tra.l’altro Davari, pag. 466. (6) Davari, pagg. 467-68. (7) Arch. di Stato di Torino. Pasero al Duca. Torino, 31 luglio 1530. “ Monsegnur. Le mariage du duc de Milan et de la figle aynea de Monferra, em briefz, ainsy que um. esperet, se acomplyra, combien que il gly souyt au contrayre de gram pratiches, et dieu veuglet que le tout souyt au profit tant de vous que de vous pays et sugetz , (8) Morini, Documenti di storia italiana ece., vol. 1°, Firenze, 1836, pagg: 3837-38, doc. CCCLXXII V. per le trattative di matrimonio col Gonzaga anche gli altri doc. qui pubblicati. (9) Davari, pagg. 43-46. — Arch. di Stato di Torino. Loc: cit. Gio. Andrea Tizzone, conte di Cre- 340 ARTURO SEGRE 992 Il nostro Duca, che da tempo stava vigilante innanzi ai maneggi del Gonzaga, aveva prima della morte di Maria mandato a Casale nel mese di luglio Chiaberto di Piossasco dei signori di Scalenghe sotto colore di parlare dei banditi piemontesi che davano noia al governo, ma in realtà per esplorare il marchese Gio. Giorgio, osser- varne le condizioni fisiche e morali, e per mezzo della governante delle due princi- pessine conoscere quanto occorreva ai suoi interessi ed infine porgere alla marchesana ampie offerte di servizi (1). La morte improvvisa di Maria, tosto comunicata a Bea- trice (2), il giorno stesso in cui il corpo di Filiberto di Chalons, principe d'Orange, ucciso a Gavinana, passava a Moncalieri per essere trasportato in Borgogna (8), ed al Duca (4) precipitò le mosse della corte sabauda. L’ambasciata ad Augusta fu decisa ed inviata con molta sollecitudine. Francesco Noel, signore di Bellegarde, maggiordomo ducale, e sperimentato già in altre missioni diplomatiche ebbe agli ultimi d’agosto il non facile compito di vol- gere l’imperatore ed i suoi ministri in favore dei disegni sabaudi. Il 9 settembre esso arrivò ad Augusta, conferì tosto con Filiberto de la Baume, signore di Montfalconnet, che aveva colà seguìto Carlo V, e per mezzo suo ottenne udienza due giorni dopo. Questa fu cordiale, come sempre. Carlo V disse al Bellegarde di consegnare un memo- riale su dette questioni a Nicola Perrenot di Granvelle, suo segretario. Il Bellegarde eseguì l’ordine ed ebbe le seguenti risposte: avrebbe l’imperatore scritto una let- tera ai cantoni Svizzeri per le cose di Ginevra, coll’invito di non favorire la ribel- lione di quella città, ed a trattenersi da qualunque politica di espansione. Circa la differenza di Cocconato col duca Sforza, ai protonotario apostolico Marino Caracciolo, rappresentante imperiale a Milano, avrebbe mandato ordine di esaminare la cosa e decidere a chi appartenessero i veri diritti. Infine quanto alla successione del Mon- ferrato, sebbene fosse ancora in vita il marchese Gio. Giorgio, il Bellegarde che aveva portato con sè i titoli comprovanti le ragioni sabaude su tale Stato, ebbe ‘risposta che tali carte pure sarebbero state sottoposte ad un esame, nonostante appa- risse sconvenienza il discorrere della cosa vivente il marchese. Tutti fecero ottimo viso all’oratore ducale, il re d'Ungheria, Ferdinando, le regine Maria ed Anna, tanto che esso credette l’imperatore non solo favorevole nelle cose di Ginevra (5), ma anche alle aspirazioni sul Monferrato (6), e non s'accorse che Francesco de los Covos, scentino, al Duca. Torino, 19 settembre (1530). Consigliava il Duca di pensare ai suoi casi dopo tal morte, poichè anche il vecchio marchese era in triste condizioni. — Id., Pasero al Duca. Torino, 20 settembre 1530. © Monsegnur. la figle aynea de madama la marquise de monferat vamderdy pasé ha rendu som esperit è dieu et le seg.” marquis de Monferrat som oncle est fort malade et um pamset que som affere ne durera pas lomguemant. Pour quoy, mons” il seroyt plus expédiant pamser de metre geuque bom ordre à ce que vous ay escryt et ne metre la cosse plus em loingeur, car aultremant vous afferes ne se am pourteront poymt mieux ,. (1) Ia.,' Registri lettere della corte, reg. 1529-32, fol. 177. Il Duca a Beatrice, 80 luglio 1530. (2) V.i doc. cit. a nota (9), pag. 91. (3) Cranerta, Notizie... di Beatrice ecc., pagg. 66-67. — Arch. di Stato di Torino. Loc. cit. Pasero al Duca. Torino, 50 settembre 1530. Il corpo del principe era passato il giorno prima a Moncalieri con molti onori. (4) Nota (2) e Arch. di Stato di Torino. Lettere principi. Duchi di Savoia, m. 6°. Beatrice al Duca. Torino, 19 settembre (1530). (5) Id., Genève, cat. 1°, m. 12. Bellegarde al Duca. Novembre 1530. (6) Zd., Memoriale del Bellegarde al Duca, novembre 1530. 93 LA POLITICA SABAUDA CON FRANCIA E SPAGNA DAL 1515 AL 1533 S4I primo segretario dell’imperatore, era tutto in mano al partito Gonzaga. Solo il Mont- falconnet, da buon suddito, non vedeva sicurezza nelle cose ducali, se il Duca non entrava a far parte della lega germanica che univa i vari Stati dell'impero (1). Il Bellegarde adunque, che vedeva tutto rose anche negli affari del Monferrato s'ingannava e non comprendeva il gioco occulto che si teneva ad Augusta. L’impe- ratore era ormai circuito dal duca di Mantova, suo capitano generale in Italia (2). Quindi sebbene inviasse a Torino ambasciator residente Gutierrez Lopez de Padilla (3), spinto da vari suoi ministri, sui quali agiva potentemente l’oro mantovano (4), in par- ticolare da Antonio de Leyva, nemico dichiarato del Duca e dei suoi, pendeva a favo- rire i disegni del Gonzaga. Diede bensì commissione al protonotario Caracciolo. di esaminare anche i diritti sabaudi sul Monferrato che traevano fondamento princi- pale dalla dote non sborsata di Bianca, già duchessa di Savoia (5), ma poco v’ era a sperare nell’esito. Il nostro Duca tuttavia, fiducioso probabilmente nell’avversione che il marchese Gio. Giorgio nutriva per la cognata, Anna d’Alengon, e pel Gonzaga, appena morta Maria, quando seppe che il Mantovano chiedeva la mano dell’altra prin- cipessa, Margherita, ne fece anch’egli domanda per il suo primogenito, Luigi, principe (1) Zd., Lettere particolari. Filiberto de la Baume alla Duchessa Beatrice. Augusta, 9 nov. (1530): “ Depuis quelques temps lempereur a esté adverty des ennuys et facheries que ont faict et font les suysses à monseigneur, que luy à amerement despleu, tant pour vostre ennuyt et parte de voz pays, que aussi pour lamytié qui porte è mondict seigneur. Mons. de Bellegarde et moy avons informer sa Maiesté de laffaire suyvant les lettres que monseigneur a escript à sadicte Maiesté, ausquelles Il faiet responce, Et emporte ung courrier le despeche, et pourres cougnoistre par ledict despesche plus clairement laffaire que ne vous serions escripre, Monseigneur avoit aussi escript aux electeurs et princes de lempire, ausquelz mondict s” de Bellegarde a presenté les lettres et a pour- chasser leur responces. Et jusques Icy Il na peu avoir deulx autre synon quilz disent que monsei- gneur se tient exsant du sainct empire, mesmes qui ne contribue point avec eulx à la deffence du tureq et autres charges du sainct empire. 4 que puis quil ne saide point aux charges avec eula quilz ne sont point tenuz mectre gens du champs pour luy ne pour la deffence de son pays et estat. Mais toutesfois si luy feront Ilz toute lasistance quilz pourront, Madame, il semble è tous les serviteurs de monseigneur et vostres aussi, que veu que monseigneur a à present ung empereur si prochain parent et tant alié, que seroit bien de faire praticquer de ce remectre en ceste ligue du saincet empire. Car il seroit aiser à le conduyre que considerer le bien ou lestat et pays de monseigneur est assis et constitué, cest assavoir sur les marches ditalie aussi frontière de suysses et autres voisins, dont Il a souvent molestes, que luy vient è grant fraiz, Lon pourroit faire que monseigneur seroit quitté pour bien peu de chose et que ce seroit quelgue somme arrest ce que ne monteroit jamais plus avant... ,. — Un anno più tardi un ambasciatore imperiale si recò nelle terre d’oltr’alpe del Duca per osservare le mosse dei cantoni svizzeri. V. anche Buc®oLrz, Geschichte der Rim., ecc., pagg. 343-48. Cornelio Scepper al re Ferdinevra. Ginevra, 29 dicembre 1531. (2) Davari, pag. 460. — Arch. di Stato di Torino. Roma. Lettere ministri, m. 1°. Lanceo al Duca. Torino, 7 settembre 1530. “ In Roma etiam si ha nova chel s* Marchese di Mantua è facto cap.®° generale di la M.tè Caes.* in Italia, qual nova ha dispiaciuto al s.: Marchese dil Guasto, il quale da poi la sentita si levò da Roma dove era, et se retirato a casa soa ,. (3) Lett. cit. del Monfalconnet da Augusta, 9 novembre. “ Madame, Le gentilhommé qui est despeché par sa Majesté dever vous se nomme Goutière Lopes de padilla, frere de celluy qui fut cap.?° de la communaulté du temps de la nautineries despaigne, et dobtant que lautre fust maulvais serviteur et subgectz, cest Icy est bon et est fort homme de bien et homme de qui lempereur se fie et se sert. Cest ung gentihomme (sie) de bonne maison et qui desire vous faire service. Il nest nul besoing vous supplier de le bien traicter. Car chose de sa Maiesté ne seroit estre mal traietee de vous. Par luy seres advertie de toutes choses ,. (4) L'Aretino esaltò in ispecie la venalità del Covos. Luzio, pagg. 22 e 82. (5) Arch. di Stato di Torino, Ducato di Monferrato, m. 17, n. 29. 19 ottobre 1530. 342 ARTURO SEGRE 94 di Piemonte (1). Anzi trovandosi Beatrice ammalata, e vedendo il male aggravarsi, forse. pei disgusti che la Duchessa, aveva in causa degli irregolari pagamenti fatti delle pensioni a lei fissate, e per la scarsa autorità che le sembrava avere nel ducato durante l'assenza del consorte (2), venne a questo l’infelice idea di chiedere alla mar- chesa in matrimonio la figlia, quando si spegnesse Beatrice, ed ove l’età tenera, di Luigi apparisse disadatta. Naturalmente questa proposta, che offendeva qualunque men delicato sentire, fece ridere la marchesa (8). Era infatti strano che viva ancora Beatrice pensasse il Duca ad altro matrimonio per solo fine politico. Il Pasero, con- sigliere sagace e spesso ascoltato, conoscendo che il Duca voleva anche reclamare presso Gio. Giorgio la restituzione della dote di Bianca, e rivendicare altri suoi. diritti, non esitò a sconsigliarnelo, e circa il matrimonio gli fece presente che era meglio impedire con abile diplomazia quello disegnato dal marchese Gio. Giorgio e favorire all'incontro quello di Margherita col fratello del conte palatino del Reno, desiderato dall'imperatore, senz’altra proposta. Se, nel frattempo la. Duchessa ricuperava la saluto, o per disgrazia veniva a mancare avrebb'egli potuto mutare i suoi disegni (4). Ma; il prudente consiglio del presidente di Piemonte giunse a Chambéry quando la domanda di matrimonio con Margherita era già compiuta. Fu un grave errore, tanto più che fin dal 5 ottobre a Mantova erano stati sot- toscritti i capitoli del contratto fra Margherita ed il Gonzaga. L’appoggio di Fran- cesco de los Covos vinse le ultime difficoltà dell’imperatore, che accordò la sua ap- provazione, ad ogni cosa (5), mentre il marchese Gio. Giorgio, circuito dal Gonzaga, e dalla cognata non trovava modo di stringere alcun matrimonio. Il duca di Milano cercava pur esso d’accasarsi, e dopo un tentativo verso Margherita, vedendo ormai impossibile la riuscita (6), rivolse gli occhi altrove (7). Il Pontefice, desideroso di (1) Davari, pagg. 49-50. Lettere al duca di Mantova ivi pubblicate. (2) Arch. di. Stato di Torino. Lettere particolari. Pasero al Duca. Torino, 80 settembre 1530. “ Monsegnur. Il ha troys o quatre Jours que ma tresredoubtea dama, madama vostre fama; se. est aucunement mal semtya et ha heu qeuque excès de fièvre, que ne omt pas esté petit. Moienant ce ly souyt sourvenu plus de regretz que de autre cosse, tant pour ce que ly fomt pour sa despanse et per som traym et la depanse et traym de mesieur vous emfams, que pour le pew de. auctorité et creditz que ly aves laysé, combien que de ce. Il ne am fazet semblant quelunque, et; estant, mon- segnur, emsaymte, come. scaves; et ne ayant pas troup grose complexiom ases facilment ly pouroyt souvenyr qeuque maleur, Lequel' à vous et à vostre pays pouroyt couter biaw coup plus: que um ne cuydetz. Pour quoy, monsegnur, bien sera que ly ayez plus de regard que non ne ha heu Jusques au presamt ,. (3) Davari, loc. cit. (4) Arch. di Stato di Torino, loc. cit. Pasero al Duca. Torino; 8: novembre: 1530. —. Essendo morta Margherita d'Austria, nell'agosto 1531, il Duca avea stabilito in doario a Beatrice i redditi della Bressa (Zd., Protocolli ducali, n. 143, fol. 76 e 148). (5) DavarI, pagg. 53-59. Per verità Carlo V resistette a lungo prima di cedere. Trovo che ancora nel maggio 1531 sollecitò per bocca del Caracciolo il Gonzaga ad. eseguire i patti con Giulia d’Ara- gona, ma, il' Gonzaga tenne duro. Sanuro, LIV, 430; lettere del 31 maggio 1581: “ ...il qual ducha largo modo. li disse per niun modo: volerla tuor ,. (6) De Leva, IL 90) — Davari, pag. 49 — Veramente un avviso. dell’amb.-® Venier al' Doge dice che l'offerta partiva dalla marchesa Anna. Vedi Sanuro, LITI, 403; agosto 1530: “ Come: la.mar- chesana di Monferrà solicita. il duca per dargli sua figlia per moglie. El duca voria la. neza del papa (Caterina de’ Medici) dandoli Parma e Piasenza ,. (7) Arch. di Stato di Torino, lett. cit. del Pasero del 8 novembre. Dice che il. Duca trattava d'avere una gentildonna della casa. Corner di Venezia: “ que saymt march douyt adopter:...et panse 95 LA POLITICA SABAUDA CON FRANCIA E SPAGNA DAL 1515 aL 1583 343 mantenere in Italia la pace, lo consigliò di prendere consorte atta a figliare, per togliere di mezzo per sempre la questione di Milano (1). Il re di Francia infatti pa- reva adocchiasse di nuovo con desiderio l’antico Stato, tante volte perduto (2). Ai primi di febbraio Carlo V fece consegnare, secondo i patti, i castelli di Milano e Como allo Sforza (3), al quale pareva ormai possibile una vita tranquilla. Ma la ribel- lione del marchese di Musso, Gian Giacomo de’ Medici, suo vassallo, ben presto lo tribolò ancora per molti mesi (4). Il Duca nostro non sapeva come riuscire nell’esecuzione dei suoi disegni. La sconfitta diplomatica ricevuta nel Monferrato, oltre ai calamitosi avvenimenti di Ginevra, lo travagliava di continuo. Ed intanto i disordini si succedevano in Piemonte a scapito dell’autorità sua. Mondovì, città facile alle ribellioni e scissa da partiti, obbligava il governo piemontese a vigilanza seria, ma spesso inutile (5). La giustizia era rilassata ed il prestigio ducale minimo (6). Non così avveniva a Casale, dove il Gonzaga trionfava, ed il marchese Gio. Giorgio, unica speranza che restasse al Duca, andava spegnendosi (7). Era doloroso assistere impotente alla vittoria del rivale, e perdere un'eredità così vistosa come il Monferrato, proprio quando il re di Francia andava riprendendo un contegno molto sospetto! Agli ambasciatori di Genova reca- tisi a Parigi Francesco aveva chiesto 30.000 scudi di tributo annuo, la restituzione del castello della Lanterna e del Castelletto e la ricostruzione delle mura di Sa- vona (8). Nè di ciò contento apriva grandi mene per rimettere piede nella penisola, vendicarsi dei Genovesi stessi, e scompigliare le cose nel Monferrato, colla speranza forse di liquidarne la successione a suo profitto (9). Il Gonzaga intanto sposava a que pour ce moyem il voudront guagner, comant vous ay desja eseryt, la duchié de Milan, comant il omt autre foys, pour ce moyen et pour une figle de la mesma mayson, usurpé vostre reaume de Cypre, a quoy et lampereur et vous deusies avoyr de ladvys ,. (1) Sanuto, col. 170-71, lett. del Surian da Roma, 5 e 6 dicembre 1530. (2) Sanuro, LIV, 18, lettera del Surian, 2 ottobre 1530. Il papa disse “il re di Franza vol far novità in Italia... ,. (3) Arch. di Stato di Torino. Lettere particolari. Pasero al Duca. Torino, 13 febbraio 1581. (4) Samuro, LIV, passim. — Arch. di Stato di Torino, loc. cit. Torino, 11 maggio 1531. I Grigioni alleati del duca di Milano combattevano contro il Medici. — 14., 10 giugno 1581: Il marchese di Musso ha sconfitto i Grigioni, che lo tenevano assediato a Musso. — Id., 14 agosto 1531.“ Mon- segnur. Le duc de Milan ha fort _reforsé som armea sur le lach et donet au marquis de mus del affère biau coup, et se dieu ala fim ne le aydet, som cas ne Ira Ja troup biem, ce que est fort a doubter ,. (5) Arch. di Stato di Torino, loc. cit. Torino, 11 maggio 1531: “ Monsegnur. Pour les debas et noyses que somt au presamtz au mondevys et que um doubtet que pour ladvenyr anchor ne ly donant autre ordre sourviendront, mes. Payanym du point de principaux citoyens de vostre dit cité desireroyt, pour sourtyr de ce troubles, pour geuque tàmps avoyr qeuque office des voustres et um ly avoyt parlé del office de Cavalermour et estamt vostre bom plesyr ly layser le dit office avech les prises acostumées Il voussam donra ce que vous donet le presant chatelaym du dit lieu et qeuque cosse de avantage ,. — V. anche Id., Protocolli ducali, n. 187, fol. 72-74r. © Supplication de ceulx de Montdevy qui ont esté chassez de la cité durant ces troubles , 1580 (o 1531). (6) Z@., Torino, 12 luglio 1531: © Monsegnur. La diminution de vostre auctorité et les compositiom que um pouroyt deheumant fère pour ne estre vostre Justice forte, vont tous Jour empirant et dieu scet quiele fym ces cosses auront ala longa. Pour quoy vostre bom plesyr sera ly avoyr de ladvys et ly doner lordre que meglur vous samblera. (7) Id., Torino, 12 maggio 1581. Manda una di un Damiano Curiale da Casale, 12 maggio 1581. (8) Zd., Torino, 11 maggio 1531. (9) Zd., Torino, 14 agosto 1531. © Monsegnur. Il se menet tous Jour sran pratiches du couté de 344 ARTURO SEGRE 96 Casale (1) Margherita alla presenza del de Leyva, mentre il Piemonte era attraver- sato da milizie straniere del duca di Milano e la religione riformata nella sua rapida estensione s’insinuava sottilmente alle sue porte (2). 6. — In mezzo a tanti dolori e preoccupazioni un momento di gaudio allietò il Duca, quando il 3 aprile 1531 l’imperatore quasi a compenso preventivo del Mon- ferrato, la cui eredità andava sfuggendo alla casa sabauda, investì Beatrice del contado d'Asti e del marchesato di Ceva (3), da tanto tempo desiderato (4). Il 19 maggio l'ambasciatore imperiale Gutierrez Lopes de Padilla mise la Duchessa in possesso del nuovo territorio (5), e pochi giorni dopo i commissari da essa eletti, Bernardino di Savoia, signore di Racconigi, Aimone dei signori di Piossasco, consigliere di Piobesi, Chiaberto di Piossasco dei signori di Scalenghe, Francesco Roero, abate di Six, Gaspare Capris, abate di S. Pietro e Franceschino Solaro, signor di Monasterolo (6), ne ebbero la consegna dal Padilla (7), mentre i comuni astigiani s’affrettavano a com- piere il giuramento di fedeltà. Beatrice giurò alla sua volta fedeltà all’ imperatore il 22 maggio (8), ed un mese dopo a Chambéry il Duca compiè simile atto (9). Così Asti entrò definitivamente a far parte del ducato sabaudo. Era questo certo un compenso dei gravi sacrifizi sofferti nel decennio ultimo di guerre tra Francia e Spagna. Carlo V avrebbe pur voluto fare qualcosa di più, e mentre inviava presso i cantoni svizzeri un suo consigliere per appoggiare gli inte- ressi ducali (10), pensava anche di stringere col Duca un'alleanza difensiva, messagli innanzi dal Bellegarde. Ma il Granvelle ed il signor de los Covos, principali ministri, ne lo sconsigliarono, viste le tristi condizioni del ducato, e solo proposero offrisse al cognato d’inchiuderlo nella lega che l’univa ai principi italiani (11). I brevi di Cle- mente VII nell’agosto del 1531 (12) a Carlo V, ai re di Francia, d'Inghilterra, di Por- togallo, alla Repubblica Veneta, perchè sostenessero il Duca nelle minaccie d’invasione che facevano gli Svizzeri, non approdarono a miglior risultato. Franza tant pour avoyr un bom pié em Italia, que pour se vainger de genevoys et ausy, pour metre les affere de monferrat em guarbugle, et quoy faut que um ayet bom advyz, car venand le cas Il est, fort à craymdre que le Jeu ne se Jouuast sur vostre tablier, ce que ne se pouroyt fère sams vostre gram preiudice et ausy de vostre pays que pour faute de Justice est em gran regret, et leur semblet que ne tenes compte de eux ne de leur fere fère Justice. A quoy monseg. faut que ly donyes sams dilay doner ordre... ,. (1) Davari, pag. 66. — Arch. di Stato di Torino, loc. cit., lettera cit. del Pasero del 14 agosto. Consiglia il Duca a mandar qualcuno ad assistere al matrimonio, se non ufficialmente, almeno di nascosto “ pour scavoir comant le monde se manietz ,. (2) Id., Torino, 4 settembre 1531. (3) Gurcnenon, II, 207. — Arch. di Stato di Torino. Provincia d'Asti, m. 5°, n. 14. (4) Sanuro, LIV, 110. Da Augusta, 26 ottobre 1530: “ Il duca di Savoia aspira al contado di Aste per danari ,. (5) Arch. di Stato di Torino. Provincia d'Asti, m. 5°, n. 15. (6) Za., n. 17. Torino, 22 maggio 1581. (7) JA., n. 16. Asti, 29 maggio 1581. Procure dei vassalli e comunità d'Asti per giurare fedeltà alla Duchessa. (8) Zd., n. 18. (9) Zd., n. 20. (10) Arch. di Stato di Torino. Spagna. Lett. principi, m. 1°. Carlo V al Duca. Gand, 15 maggio 15831. (11) GranveLte, Papiers d’État, vol. 1°, pagg. 490-91. — Ricomm, Storia della mon. piem., I, 211-12. (12) Arch. di Stato di Torino. Materie ecclesiast., cat. 1%, mazzo da riordinare. Roma, 11 agosto 1531. — Vedi per l’opera del Pontefice in pro’ del Duca, Wirz, Akten, ecc., vol. I, 227-65, documenti vari. 97 LA POLITICA SABAUDA CON FRANCIA E SPAGNA DAL 1515 AL 1583 345 Al contrario la donazione d'Asti fece pessima impressione in Francia. Il re aveva sempre conservato l'illusione di ricuperare un giorno quell’antico possesso dei duchi d'Orléans. Il passaggio del medesimo al Duca era per lui doppia offesa, e fu inter- pretato come una manifestazione di sentimenti ostili da parte del Duca. Ancora nella fine di marzo il re e Luisa, sua madre, avevano indirizzato gentili parole al rispet- tivo zio e fratello (1). Ma dopo quei giorni, per quanto il Duca forse si lusingasse di oltrepassare la burrasca, come tante altre del suo fortunoso regno, le cose muta- rono affatto (2). Ad accrescere l’abbisso già ampio tra zio e nipote sopravenne la morte di Luisa (3). Costei, principessa attiva e senza scrupoli, aveva dato al fratello, come vedemmo, non poche noie e fastidi: ma non s'era mai adoperata per un’aperta rottura del figlio col Duca. La sua fine, molto rimpianta dal re (4), tolse al Duca l’unica persona che potesse ancor frenare lo spirito turbolento dell’irrequieto monarca. D’allora in poi l'ostilità di Francesco contro lo zio s'accrebbe a dismisura, per quanti uffici il Duca presentasse (5). Agli ultimi di novembre 1531 il duca d’Albany, par- lando col Confignon, consigliò il Duca a scrivere in termini blandi al re, il cui animo era sempre occupato da vivo corruccio: il gran maggiordomo, il Montmorency, poteva aiutare la conciliazione, ed esso stesso si sarebbe volentieri intromesso a favore del Duca, ed avrebbe unita l’opera sua a quella del Montmoreney. Il Confignon, sebbene privo di istruzioni, accolse l’ offerta con trasporto e propose quel che meglio gli parve; ma lo Stuart conchiuse essere necessarie ampie istruzioni per lui e pel Montmorency. Solo allora la sua opera sarebbe riuscita efficace. Era desiderio dei principali fautori d’una politica d'amicizia con Savoia, la regina Eleonora, Margherita d’Augouléme, regina di Navarra, ecc., che il re dimenticasse il passato, e non gettasse il Duca intieramente nel partito imperiale, ma Francesco persistette nell’ attitudine minacciosa (6). Passarono i mesi, e l’ira del re trasse nuova esca da un nuovo incidente. Nella fine del 1532 Carlo V fece ritorno a Bologna, ed il Duca lo visitò nuovamente, ormai deciso ad unirsi con lui contro ogni minaccia del re (7). Non era atteggiamento ostile (1) Arch. di Stato di Torino. Francia. Lettere ministri, m. 1°. Il Duca al sig. di Musinens ed al Bernezzo. Chambéry, 81 marzo 1531. Ringrazia delle gentili parole del re e di Luisa. (2) Cercava infatti il Duca di vendere territori (di Chaynier, Moudon e Fleest) e case che posse- deva in Francia per non avervi più interessi, e prometteva un bel regalo al Montmorency se la cosa riusciva. — Id., loc. cit. Al sig. di Confignon, 7 agosto 1531. — Nel 1582 poi, il 30 ottobre diede pieno potere al Bernezzo di vendere tali terre al Montmorency stesso ed a sua moglie Maddalena di Savoia. Vedi Id. Protocolli ducali, m. 166, fol. 69 e 72. (3) GurrrrEy, Chronique du roi Francois cit., pag. 93. — Sanuro, LV, 48, settembre 1531. — V. Arch. di Stato di Torino. Lettere particolari. Confignon e Cholex al Duca. S. Maturain presso Gret, 25 set. tembre (1581). Il dolore del re è vivissimo: © Le Roy a dit è mons. le gran mestre quj veu que lon luy fasse autant donneur que onques fut fet à Roy ny à Reyne et a commander au chansellier qu’y a la charge des finenses que rien ny soit espargniez ,. 1 (4) V. nota precedente e Borrari, Documenti inediti sulla casa di Savoia, in “ Miscellanea di storia italiana ,, XXII, 363-75. Funerali di Luisa di Savoia, duchessa d’Angoulèéme, 17 ott. 1531. (5) Gurczenon, II, 207. (6) Arch. di Stato di Torino. Lettere particolari. Gonfignon al Duca, La Fère, 23 novembre (1531): “ ...Mais pour conclusion y vous faut avoir pacience, car le Roy ne ce peut encores appaiser et tient encores propos de revoir la conté de Nyce et aultres terres que luy appartienne par Justice et non aultrement ,. È (7) Non mi dilungo su questa visita, come nel resto degli avvenimenti che seguono per man- Serie II. Tom. L. 44 946 ARTURO SEGRE 98 quello del Duca, ma di un principe che si riteneva indipendente e non obbligato a soggezione alcuna con Francia. La Duchessa Beatrice, più che mai favorevole a re- stringere i legami coll’imperatore, allorquando la successione del Monferrato si apriva colla morte dell'ultimo Paleologo, Gio. Giorgio, il 30 aprile 1533, pensò di seguire l’im- peratore in Ispagna col principe di Piemonte, Luigi (1). Certo la sua presenza e la grande autorità ch’essa aveva su Carlo V potevano riuscire di molta efficacia per i disegni sabaudi. Il re dopo l'affare d'Asti aveva smesso del tutto il progetto di matri- monio fra Luigi e Margherita, procrastinandolo a tempo indeterminato (2). Il Duca poteva ritenersi libero: tuttavia appena decisa la partenza della consorte e del figlio mandò, il signore di Monfort in Francia a Chateaubriand, dov'era la corte, per comunicare tutto al re. Il Monfort ed il Confignon, ambasciatore residente, conferirono dapprima. col duca di Nemours, Filippo di Savoia, ch'era di nuovo in lite col Duca per certi possessi di Savoia. Quindi parlarono col Montmorency, a cui il Monfort espresse la. fiducia che: il Duca aveva nella sua opera, e disse ch’esso era meravigliato delle persi stenti ostilità regie, sicuro di non averle meritate. Il gran maggiordomo rispose che neanche per 100.000 scudi avrebbe parlato in quei giorni al re, il quale meditava di rivendicare nuovamente i suoi diritti su Nizza e sulle terre sabaude per via giuridica. Non aver egli sul re quell’autorità che serbava il cardinale Wolsey sopra il.re d’In- ghilterra, Enrico VII, essere quindi l’opera sua inutile. Lo supplicarono i due oratori di consiglio, come potesse il Duca calmare l’irritato monarca. Ma il Montmorency si strinse nelle spalle: non essere facile lo scandagliare gli occulti pensieri del re, che alle interrogazioni sempre rispondeva: “ Mons. de Savoy cest (sea) bien sila bien fest. ou mal ,. E l’opera ostile del re si manifestava a Ginevra. e presso, gli Svizzeri. La notizia ora del viaggio di Beatrice dava il tracollo alla bilancia. “ Monseigneur ,, conchiudeva il Confignon in una lettera al Duca, “ Jusques è pre- sent le droyt est, tousiours devers vous, car vous. naves fest, chose de quoy le Roy aye occasion de ce plaindre de vous par Rayson, et si vous plest, Monseigneur, vous guarderes se avantage. Et ce pandante Jespère à layde de Dieu que aures de vostre cousté, si luy plest, que le Roy cognoistra vostre bonne volenté et les services que luy aves fest par le passé, et que auvec layde de mons." le Grant Maistres et daultres vous parans, amys et serviteurs vous recouvreres la bonne grace du Roy et que tous vous, affères se porteront bien, Jen ay bonne esperance , (3). Erano parole, il Confignon ben lo sapeva (4). Ormai Francesco affilava le armi, canza di spazio. Solo noto come anche in essa il povero Duca abbia speso le, sue risorse ed il ritorno forse gli sia stato fonte larga di debiti. V. Arch. di Stato di Torino. Lettere particolari. Ayazza al Duca. Torino, 22 febbraio (1533): “ Monseigneur... Jay receu les lettres qui vous a pleu mescripre touchant vostre heureulx partement de Bolloigne et du bon recueil quaves heu tant de nostre saint père que de la M.t6 de lempereur. Nostre s' en soit loué Aussi de vostre bresve arryvee. Quant è matere dargent lon y fait toute la dillisence que possible est. Jespere que Vernache soit pieca aryvé par devers vous avecques daultre somme ,. (1) Crarerna, Notizie, ecc., pagg. 74-75. (2) Lamgert, col. 862. (3) Arch. di Stato di Torino. Lettere particolari. Chateaubriant, 80 maggio, (1533). (4) V. infatti la poscritta alla lettera suddetta: “© Je suys esté advertj que le Roy a dit depuys deux Jours ansa (en ca), que si madame et mons. le prince vont à Barsellonne qui fera de chose de quoy vous vous repantires. Mons® vostre bon pleysir sera il avoir de lavys sour tout ,. . 99 LA POLITICA SABAUDA CON FRANCIA E SPAGNA DAL 1515 AL 1533 347 pochi anni passeranno ancora in una serie d’ostilità più o meno palesi, finchè il re, credendo d’avere una parvenza legale all’usurpazione, invaderà gli Stati dello zio e se n’impadronerà (1). 7. — Così ha termine il secondo periodo della storia politica sabauda ai tempi di Carlo II. Kssa serve di preparazione alla calata francese del 1536, poichè le guerre incessanti tra il 1520 ed il 1530, le questioni d’ oltre? Alpe, mentre quelle dell’alta Ttalia erane continue, le occupazioni varie di tante e sì disparate cose, paralizzarono l’attività del Duca, indebolirono ed annullarono il suo prestigio. Carlo era principe intelligente, molto superiore per ingegno ed attitudini al fratello e predecessore, Fili- berto II. Ebbe la sventura d’un fisico disgraziato, sebbene forse il suo aspetto sia peggiorato col trascorrere degli anni e sotto il peso delle sciagure (2). Sappiamo infatti che durante la vita del fratello egli prese parte ad un torneo, e non si mostrò infe- riore agli altri (3). Suo difetto principale fu la mancanza d'energia, per la quale non seppe agire ‘contro gli Stati generali, nò ordinare una buona amministrazione (4) ed un valido esercito che gli avrebbero permesso di fronteggiare le ostilità della Francia. Gli mancò pure una linea di condotta ben netta, e dall’insieme dei fatti la sua po- litica fino al 1529 non appare che un continuo dissimulare ed infingersi tra il re e l’imperatore. La coscienza della sua debolezza lo tratteneva da ogni decisione ardita. Gli si rimproverò la neutralità ch'egli volle serbare con Francia e Spagna, ma questa era conseguenza necessaria dell’errore sopra avvertito. Come poteva Carlo schierarsi con risoluzione da una delle due parti senza un buon esercito, sul quale egli e V'al- leato suo potessero ad un tempo far conto? Di più non sempre la neutralità è un errore politico, e prima di giudicarla tale conviene esaminare accuratamente la situazione politica dell’ Italia in generale, del ducato in particolare. Carlo Emanuele I, nipote del Duca, non vorrà mai rimanere neutrale, e si troverà costretto quasi sempre a difendersi colle sole sue forze, e la- scierà dopo cinquant'anni di regno burrascoso lo Stato diminuito e Pinerolo in mano alla Francia. I principi e le città italiane che si unirono, durante la lotta tra Fran- cesco I e Carlo V, all’uno od all’altro dei due sovrani, non trassero che rovina ed abbandono. Il Pontefice, Clemente VII, vide Roma saccheggiata orrendamente, e Fi- renze cadde in balìa dei Medici e fu sacrificata a Cambray. Se il nostro Duca avesse seguito la parte del re, nel 1525-od anche prima, tutto il Piemonte sarebbesi per- (1) L'ampiezza del lavoro e la limitazione dello spazio m'impediscono di estendermi sugli avve- nimenti tra il 1531 ed il 1533, come pure di pubblicare un’appendice dei principali documenti qui citati. Essi verranno stampati altrove, come pure troveranno special trattazione i fatti suddetti. (2) V. tra l’altro, Delle relazioni tra Savoia e Venezia, ecc., pag. 33. (3) Gurcmenon, IV, p. 2*, pag. 470. Nel torneo Carlo “a bien et gaillardement combattu, et bien fait son debvoir ,. (4) Mai come nel ducato presente erasi veduto tanta anarchia nell’amministrazione della giu- stizia. Eppure niuno meglio del Duca e dei suoi ministri n’avevano contezza, ma tutti si sentivano impotenti. Vedi Arch. di Stato di Torino. Protocolli ducali, n. 168 (1528-47), fol. 2 7-3, 4. Discorso del segretario Gio. Vulliet al Duca circa i provvedimenti necessari a ristabilire l’ordine nel ducato. Manca la data, ma è certo prima del 1536. Disapprova il Vulliet che si accordino di frequente grazie prima che i processi abbiano fine, poichè alcuni potrebbero averne condanne pecuniarie, molto utili all’erario. Ritiene poi indispensabile che per “ acquerir et conserver reputation ,.si abbiano “ les armes en mains ,, “ Car sans armes et borse nest possible maintenir uns estati... ,. 948 ARTURO SEGRE 100 duto, poichè le sue forze non avrebbero mai potuto respingere i vincitori di Pavia; o se al contrario si fosse tenuto stretto al partito imperiale senza esitazioni, la Sa- voia, Nizza e fors'anche Aosta ed Ivrea ed altre terre piemontesi sarebbero cadute dopo il 1526, poichè in Lombardia le truppe imperiali erano a mala pena sufficienti a-conservare Milano ed i loro comandanti in generale ostili al Duca ed ai suoi. Quando nel 1536 Francesco I invaderà gli Stati sabaudi i governatori di Milano opporranno in generale forze insufficienti al nemico, e si cureranno solo di proteggere il loro governo. In conclusione la neutralità era forse nei tempi di cui parliamo la miglior con- dotta politica per un Duca di Savoia. Ciò non vuol dire che dovesse lo stato rima- nere privo d’armi e di difese. La neutralità poteva, anzi doveva, essere armata, che allora maggiori riguardi avrebbero usato al Piemonte gli Imperiali ed i Francesi, e non sarebbero accaduti i soprusi e le usurpazioni che rovinarono il paese tra il 1523 ed il 1530. Nel tempo stesso Francesco I avrebbe tenuto in maggior conto 1’ ami- cizia dello zio, non si sarebbe permesso un linguaggio così spesso imperioso ed arro- gante, gli Svizzeri avrebbero evitato di cozzare apertamente contro un principe forte, e, cosa di somma importanza, le condizioni interne del Piemonte avrebbero riacqui- stato la prosperità venuta meno fin dai tempi di Amedeo VII. Così la giustizia sarebbe migliorata, le strade e le città purgate dai malandrini, e la sicurezza pubblica difesa. Allora, potendo rivolgere lo sguardo fuori degli stretti confini sabaudi, la successione del Monferrato forse non sarebbe sfuggita al Duca. Allora il re Fran- cesco avrebbe frenato le sue ostili dimostrazioni dopo la cessione d'Asti. Emanuele Filiberto, ammaestrato dalle sciagure del padre suo, terrà poi in tutta la sua vita una politica di neutralità armata e conserverà intatto l’ordine e l'indipendenza dello Stato, del quale anzi accrescerà l’importanza agli occhi dell'Europa. Di queste cose non dubito che il Duca Carlo abbia avuto idea e desiderio. Sola la mancanza d'energia gl’impedì di mostrarsi sovrano assoluto, quando più che mai era necessaria tal forma di governo pel bene: dello Stato. Mancando d’armi, e non potendosi straniare dagli avvenimenti che si succedevano vicino al Piemonte, senza essere soverchiato da qualche parte, dovette sotto un’apparenza di neutralità assoluta tessere sempre intrighi e fare politica doppia, trattando di nascosto ad un tempo colle due parti per farsi credere partigiano d’ ognuna. Così scontentò tutti, ed alla fine s'inimicò interamente il re di Francia, e dovette gettarsi nelle braccia dell’im- peratore, precipitando così la sua rovina. INDICE ALFABETICO E PER MATERIE DELLE MEMORIE DELLA REALE ACCADEMIA DELLE SCIENZE DI TORINO CLASSE DI SCIENZE MORALI, STORICHE E FILOLOGICHE Serie II, Tomi XLI a L. dro ta N INDICE ALFABETICO degli Autori delle Memorie contenute nei volumi dal XLI al L, Serie II. Classe di Scienze morali, storiche e filologiche. N. B. Il numero romano indica il volume della serie II. Il numero arabico segna la. pagina. Allievo (Giuseppe). — Maine de Biran e la sua dottrina antropologica; XLV, 67. —., Federico Herbart e la sua dottrina pedagogica; XLVI, 157. —. Studi psicofisiologici; XLV, 179. Cian (Vittorio). — L'immigrazione dei Gesuiti spagnuoli letterati in Italia; XLV, 1. Gipolla (Carlo). — Di Rozone, vescovo, d'Asti e di alcuni documenti inediti che lo riguardano; XLII, 3. —. Il trattato De Monarchia di Dante Alighieri e l'opuscolo De Potestate regia et papali di Giovanni da Parigi; XLII, 325. — Considerazioni sulle Getica di Jordanes e sulle loro relazioni colla. Historia. Ge- tarum. di Cassiodoro Senatore; XLUI, 99. — L'antica biblioteca Novaliciense.e il frammento di un Codice delle. Omelie d S. Cesario; XLIV, 71. —. Appunti dal Codice Novaliciense del Martyrologium Adonis; XLIV, 115. —. Notizia di alcuni Codici della Biblioteca Novaliciense; XLIV, 193. _ Antichi inventari del Monastero della Novalesa, con la serie degli Abbati e dei Priori del medesimo; XLIV, 243. —. Brevi appunti di storia Novaliciense; XLV, 147. — La Bulla major di Cuniberta vescovo di Torino in favore della prevostura di Oulx; L, 103. —. Antichissimi aneddoti Novaliciensi; L, 127. —— Codici sconosciuti della Biblioteca Novaliciense; L, 137. Clareita (Gaudenzio). — Alfonso Corradi ricordato nei suoi lavori scientifici in rela- zione alla storia; XLIV, 89. —. Notizie per servire alla vita del gran cancelliere di Carlo V, Mercurino di Gat- tinara; XLVII, 67. —. Sulle principali vicende della Cisterna d’Asti dal secolo xv al xvim; XLVII, 165. Cogneiti Be Martiis (Salvatore). — Le più recenti indagini statistiche sugli scioperi; XLIV, 1. Duhn (Federico von) e Ferrero (Ermanno). — Le monete galliche, del medagliere del- l’Ospizio del Gran San Bernardo; XLI, 331. 352 INDICE ALFABETICO DEGLI AUTORI Ferrero (Ermanno). — Iscrizioni antiche vercellesi in aggiunta alla raccolta del P. D. Luigi Bruzza; XLI, 123. — Nuove iscrizioni ed osservazioni intorno all'ordinamento delle armate dell’impero romano; XLIX, 165. — Indici generali delle iscrizioni classarie; XLIX, 255. — Vedi Duhn (Federico von) e Ferrero (Ermanno). Fumi (Fausto Gherardo). — Il participio attivo del perfetto nelle lingue ariane; XLVII, 239. Gribaudi (Pietro). — Guglielmo Lungaspada marchese di Monferrato e Baldovino V re di Gerusalemme; L, 227. Lattes (Elia). —- L'ultima colonna della iscrizione etrusca della Mummia; XLIV, 151. Levi (Attilio). — L'elemento storico nel greco antico. Contributo allo studio dell’espres- sione metafisica; XLIX, 335. Manacorda (Giuseppe). — Galeotto Del Carretto poeta lirico e drammatico monfer- rino (14..-1530); XLIX, 47. Marinelli (Giovanni). — Cristoforo Negri. Commemorazione; XLVIE, 1. Merkel (Carlo). — La dominazione di Carlo I d'Angiò in Piemonte ed in Lombardia, e i suoi rapporti colle guerre contro re Manfredi e Corradino; XLI, 201. © Nallino (Carlo Alfonso). — I manoscritti arabi, persiani, turchi e siriaci della Biblio- teca Nazionale e della R. Accademia delle scienze di Torino; L, 1. Patetta (Federico). — La Lex Frisionum. Studii sulla sua origine e sulla critica del testo; XLIII, 1. Sa — Frammenti torinesi del Codice Teodosiano; XLV, 127. Pezzi (Domenico). — La vita scientifica di Giovanni Flechia; XLIII, 135. — Saggi d’indici sistematici illustrati con note per lo studio dell'espressione meta- forica di concetti psicologici nella lingua greca antica; Memoria I; XLVI, I. Memoria II; XLVI, 79. Pizzi (Italo). — Le somiglianze e le relazioni tra la poesia persiana e la nostra nel medio evo; XLII, 253. i Ramorino (Felice). — La pronunzia popolare dei versi quantitativi latini nei bassi tempi, ed origini della verseggiatura ritmica; XLII, 155. Renier (Rodolfo). — Ricerche sulla leggenda di Uggeri il Danese in Francia; XLI, 389. Rossi (Francesco). — Trascrizione con traduzione italiana di un testo copto del Museo di Torino; XLI, 1, — Trascrizione con traduzione italiana di un testo copto del Museo egizio di Torino. Parte I e 18; XII 1077205) i — Di alcuni manoscritti copti che si conservano nella Biblioteca Nazionale di Torino. Dal Salterio Davidico; XLIII, 223. — — Frammento di un sermone sulla penitenza e due altri sul martirio di S. Teo- doro e S. Vittore; XLIII, 301. — — Trattato Gnostico sulla particolare virtù che hanno da Dio gli spiriti celesti (25); Varianti del Salterio Davidico fra il nostro testo e quello pubbli- cato dall’Ideler (53); X.LIV, 21. Sanvisenti (Bernardo). — Sul poema di Uggeri il Danese; L, 151. Schiaparelli (Luigi). — Origini del comune di Biella; XLVI, 203. INDICE ALFABETICO DEGLI AUTORI 3583 Segre (Arturo). — La marina militare sabauda ai tempi di Emanuele Filiberto e l’opera politico-navale di Andrea Provana di Leynì; XLVII, 1. — Delle relazioni tra Savoia e Venezia da Amedeo VI a Carlo II (II) [1366-1553]; XLIX, 1. — La politica sabauda con Francia e Spagna dal 1515 al 1533; L, 249. Sforza (Giovanni). — Castruccio Castracane degli Antelminelli e gli altri Lucchesi di parte Bianca in esilio (1300-1314); XLII, 47. — Francesco Sansovino e le sue opere storiche; XLVII, 27. Sorbelli (Albano). — Il Duca di Ferrara e Cato, Virgilio e Giacomo di Castagneto. Contributo alla storia delle relazioni tra gli Estensi e lo Stato pontificio nel secolo xvi; XLIX, 127. Serie II. Tom. L. 45 DIT] pi INDICE delle materie contenute nei volumi dal XLI al L, Serie II. Archeologia. — Nuove iscrizioni ed osservazioni intorno all'ordinamento delle armate dell’impero romano; Ermanno Ferrero, XLIX, 165. — Indice generale delle iscrizioni classiarie; Ermanno FeRRERO, XLIX, 255. Bibliografia. — I manoscritti arabi, persiani, turchi e siriaci della Biblioteca Nazio- nale e della R. Accademia delle scienze di Torino; Carlo Alfonso NaLtino, L, 1. Biografie e Commemorazioni. — La vita scientifica di Giovanni Flechia; Domenico Przzi, XLIII, 135. —. Alfonso Corradi ricordato nei suoi lavori scientifici in relazione alla storia; Gau- denzio CLarertA, XLIV, 89. —. Cristoforo Negri - Commemorazione; Giovanni MarIineLLI, XLVII, 1. — Francesco Sansovino e le sue opere storiche; Giovanni Srorza, XLVII, 27. — Notizie per servire alla vita del gran cancelliere di Carlo V, Mercurino di Gat- tinara; Gaudenzio CLaretTA, XLVII, 67. Economia politica e statistica. — Le più recenti indagini statistiche sugli scioperi; Salvatore Cocnerti pe MARTHIS, XLIV, 1. Epigrafia. — Iscrizioni antiche vercellesi in aggiunta alla raccolta del P. D. Luigi Bruzza; Ermanno Ferrero, XLI, 123. — Nuove iscrizioni ed osservazioni intorno all’ordinamento delle armate dell'impero romano; Ermanno Ferrero, XLIX, 165. —. Indice generale delle iscrizioni classiarie; Ermanno Ferrero, XLIX, 255. Filologia classica. — La pronunzia popolare dei versi quantitativi latini nei bassi tempi, ed origine della verseggiatura ritmica; Felice Ramorino, XLIII, 155. — L'ultima colonna della iscrizione etrusca della Mummia; Elia LartEs, XLIV, 151. — Saggi d’indici sistematici illustrati con note per lo studio dell'espressione meta- forica di concetti psicologici nella lingua greca antica. Memoria I; Domenico Przzi, XLVI,.1. — Memoria I; XLVI, 79. — Il participio attivo del perfetto nelle lingue ariane; Fausto Gherardo Fumi, XLVII, 239. — L'elemento storico nel greco antico. Contributo allo studio dell'espressione meta- forica; Attilio Levi, XLIX, 335. Filologia orientale. — Trascrizione con traduzione italiana di un testo copto del Museo di Torino; Francesco Rossr, XLI, 1. — Trascrizione con traduzione italiana di un testo copto del Museo egizio di Torino. Parte I° e Il:; Francesco Rossi, XLII, 107, 205. — Le somiglianze e le relazioni tra la poesia persiana e la nostra nel medio evo; Italo Pizzi, XLII, 253. 356 INDICE ALFABETICO DELLE MATERIE Filologia orientale. — Di alcuni manoscritti copti che si conservano nella Biblioteca Nazionale di Torino. Dal Salterio Davidico ; Francesco Rossr, XLIII, 223. — Di alcuni manoscritti copti, ecc. - Frammento di un sermone sulla penitenza e due altri sul martirio di S. Teodoro e S. Vittore; Francesco Rossi, XLIII, 301. — Di alcuni manoscritti copti che si conservano nella Biblioteca Nazionale di Torino; Francesco Rossi, XLIV, 21. — I manoscritti arabi, persiani, turchi e siriaci della Biblioteca Nazionale e della R. Accademia delle scienze di Torino; Carlo Alfonso NALLINO, X, 1. Filosofia. — Maine de Biran e la sua dottrina antropologica; Giuseppe ALLIEVO, XLV, 67. — Studi psicofisiologici; Giuseppe ALuievo, XLV, 179. — Federico Herbart e la sua dottrina pedagogica; Giuseppe ALuirvo, XLVI, 157. Numismatica. — Le monete galliche del medagliere dell’Ospizio del Gran San Ber- nardo descritte da Federico von Dunn e Ermanno Ferrero, XLI, 331. Paleografia e Diplomatica. — L'antica biblioteca Novaliciense e il frammento di un codice delle Omelie di S. Cesario; Carlo CrpoLra, XLIV, 71. — Appunti dal Codice Novaliciense del Martyrologium Adonis; Carlo CipoLLa, KLIVERINiot -— Notizia di alcuni codici dell’ antica biblioteca Novaliciense; Carlo Crponza , XLIV, 193. — Antichi inventari del Monastero della Novalesa con le serie degli Abbati e dei Priori del medesimo; Carlo Crporna, XLIV, 243. — Brevi appunti di storia novaliciense; Carlo Cipora, XLV, 147. — La Bulla major di Cuniberto vescovo di Torino in favore della prevostura di Oulx; Carlo Crporza, L, 103. — Antichissimi aneddoti Novaliciensi; Carlo CrpoLna, L, 127. — Codici sconosciuti della Biblioteca Novaliciense; Carlo CipoLLa, L, 137. Storia civile. — La dominazione di Carlo d’Angiò in Piemonte ed in Lombardia, e i suoi rapporti colle guerre contro re Manfredi e Corradino; Carlo MERKEL, XLI, 201. — Di Rozone vescovo di Asti e di alcuni documenti inediti che lo riguardano; Carlo Creonra, XLII, 3. — Castruccio Castracane degli Antelminelli e gli altri Lucchesi di parte Bianca in esilio (1300-1314); Giovanni Srorza, XLII, 47. — Il trattato De Monarchia di Dante Alighieri, e l'opuscolo De Potestate regia et papali di Giovanni da Parigi; Carlo CrpoLna, XLII, 325. — Considerazioni sulle Getica di Jordanes e sulle loro relazioni coll’ Historia Getarum di Cassiodoro Senatore; Carlo Urporna, XLV, 147. — Origini del Comune di Biella; Luigi ScHrAPARELLI, XLVI, 203. — Francesco Sansovino e le sue opere storiche; Giovanni Srorza, XLVII, 27. — Notizie per servire alla vita del gran cancelliere di Carlo V, Mercurino di Gat- tinara; Gaudenzio CLareTTA, XLVII, 67. — La marina militare sabauda ai tempi di Emanuele Filiberto e l’opera politico- navale di Andrea Provana di Leynì; Arturo Seere, XLVII, 1. INDICE ALFABETICO DELLE MATERIE 957 Storia civile. — Sulle principali vicende della Cisterna d'Asti dal sec. xv al xvin; Gaudenzio CrareTTA, XLVIII, 165. — Delle relazioni tra Savoia e Venezia da Amedeo VI a Carlo II (III) [1366- I Arturo Segre, XLIX, 1. — Il Duca di Ferrara e Cato, Virgilio e Giacomo da Castagneto. Contributo alla storia delle relazioni tra gli Estensi e lo Stato pontificio nel secolo XVI; Albano SorseLni, XLIX, 47. — Guglielmo Lungaspada marchese di Monferrato e Baldovino V re di Gerusa- lemme; Pietro GriBAUDI, L, 227. — La politica sabauda con Francia e Spagna dal 1515-1533; Arturo SecrE, L, 249. Storia del diritto. — La Lex Frisionum, studi sulla sua origine e sulla critica del testo; Federico ParertA, XLIII, 1. — Frammenti torinesi del Codice Teodosiano; Federico PartETTA, XLV, 127. Storia letteraria. — Ricerche sulla leggenda di Uggeri il Danese in Francia; Rodolfo Renier, XLI, 389. — Il trattato De Monarchia di Dante Alighieri, e l'opuscolo De Potestate regia ct papali di Giovanni da Parigi; Carlo CreoLra, XLII, 325. — L'immigrazione dei Gesuiti spagnuoli letterati in Italia; Vittorio Cran, XLV, 1. — Galeotto del Carretto poeta lirico e drammatico monferrino (14..-1530); Giuseppe Manacorpa, XLIX, 127. — Sul poema di Uggeri il Danese; Bernardo Sanvisenti, L, 151. TAMA h i, db: È PIRLA Bal kit P. LI A V° Si stampi: GiusePPE CARLE, Presidente. AnprEA NACcARI Segretario della Classe di Scienze fisiche, matematiche e naturali. RopoLro RENIER Segretario della Classe di Scienze morali, storiche e filologiche. DI) AG LAAQ LANG 4, TERE EEEGEXR3 ETCC VA A EA INFINITY VUETERTIZI A EZAZZA E WXF £ e AA SAEESEZERNEZAESI T==W=WW=w IEZIEZRZIE n (CE WS === EYES STORE TTEZE VR SESIA i À E EZRA = 2 === = NZ ZA ARA (>= ARAZZI: Acca e dee eee oe ge Le ia = Ue I € È Ù PTTT[\TTYITYOWOEYWIEE= SS ES=Z>&ES=: —T«ES = NESAPE PEPE i AS TN= A AE <= AIZAIZASZZAIZIAI SA >< II] TAN EVI RPARRARPRPFTRTPRPAARMAERRA NELZTSAZgT=7y=>y=<>y="Zy= NZEPLZYTYTZY<, ARA RT SEL e * 7 A) NE ln) RARA OI Ceo SEE VE SEANG TE GS ACI ) (GI DO ) ROIO i LA ia ) ) È I) l N < ( ) (RA SRRZALZA RA NEI sa SEA “DIGcE CIG, , ( nuo NV VV Ve Ve Ve Vasesza N rat EEE EEE EA sm a MAM at ARIsa SIR CDIECDIECDI (QUE = Di ol dii n n i fi te ci i i iucrafli oa Ri \Lo Ca MMM, 4 093 260 339 DD) CA ER è