HARVARD UNIVERSITY. LIBRARY OF THE MUSEUM OF COMPARATIVE ZOOLOGY. Ka NNO NE: cn ; )CADEADI Gho VGA ARERREZIEZ RR} LIS NZPTAZAZA KA TZATRTEYET TA Te pei È; 3 K _ 130° AGRO, SERIE, SECONDA PZ Y TLTTTZ XY PZ ?yTZZyz<= ; n omo LVII MEMORIE DELLA REALE ACCADEMIA DELLE SCIENZE DI TORINO MEMORIE REALE ACCADEMIA DELLE SCIENZE DI TORINO SERIE SECONDA Tomo LVII TORINO CARLO CLAUSEN Libraio della .R. Accademia delle Selenze 1907 SCIENZE FISICHE, MATEMATICHE E NATURALI PEAS CLASSE DI SCIENZE FISICHE, MATEMATICHE E NATURALI Ricerche intorno allo Stambecco delle Alpi: Parte II; Memoria del Socio Lorenzo CameRANO (con 2 Tavole) . ; : : Pag. Di alcune Nummuliti e Orbitoidi dell'Appennino ligure ce Memoria della Dott. CreLta PARIScA (con 2 Tavole). Ricerche sperimentali sulla conduttività termica e sul calore specifico dei tessuti di lana e cotone; Memoria del Dott. DonATo OTTOLENGHI Sui gruppi continui infiniti di trasformazioni di contatto dello spazio; Memoria di Ugo AmarpI : 5 La variazione dell’ “ Artemia salina ,, (Linn .) di Cagliari sotto Dpr Do salsedine; Memoria del Dott. Cesare Arrow (con 4 diagrammi) . Intorno al grado di approssimazione che si raggiunge nel risolvere i triangoli geodetici sopra una superficie aulungue; Memoria del Socio corrispon- dente PaoLo PIZZETTI . 5 Acidi mono- e bialchilcianvinilacetici; Merioria, II del desio ono Goinan Sulla velocità di propagazione delle onde sismiche nel terremoto della Calabria del giorno 8 settembre 1905; Memoria di G. B. Rizzo (con 2 Tavole) Ricerche sui Crostacei della Polinesia. Decapodi, Stomatopodi, Anisopodi e. Isopodi; Memoria del Dott. Giuseppe NoBILI (con 3 Tavole) Contributo alla conoscenza degli elementi costitutivi. della polpa splenica; Ricerche anatomiche e sperimentali del Prof. Pro Foà (con 1 Tav.) Ca _ » ll VI snlatian cità balzi RICERCHE INTORNO ALLO STAMBECCO DELLE ALPI PARTE SECONDA MEMORIA DEL SOCIO Prof. LORENZO CAMERANO Approvata nell'adunanza del 13 Maggio 1906. Come già ho avuto occasione di dire nella prima parte del mio lavoro, il cranio dello stambecco delle Alpi è fino ad ora stato studiato in un numero assai scarso di esemplari, tanto che mancano i dati per giudicare delle modalità di variazione delle varie sue parti. Non tutti i cranî che fanno parte del numero materiale che ho avuto a mia disposizione e che ho menzionato nella prima parte del mio lavoro, sono completi: la maggior parte manca, come suole spesso avvenire pei cranî dei grossi ruminanti delle collezioni, della mandibola: non scarsi sono pure gli esemplari incompleti sopratutto nella porzione occipitale o nella regione degli intermascellari. Ho cercato ad ogni modo di utilizzare per lo studio tutti i cranî, anche gli incompleti, per poter riunire il maggior numero possibile di dati. Per le misure comparative ho seguito il metodo del coefficiente somatico (*) ed ho scelto per lunghezza base la distanza che passa trasversalmente fra le metà dei fori sopraciliari. Questa misura può essere presa nella quasi totalità dei cranî incom- pleti perchè appartiene al frontale che viene quasi sempre conservato colle corna anche quando queste vengono preparate a scopo ornamentale. Il determinare l’età di un cranio che non sia provvisto degli astucci cornei non è sempre cosa agevole e si può fare solo approssimativamente, tenendo conto delle avvertenze, già dette nella prima parte di questo lavoro, relative allo sviluppo dei nuclei ossei delle corna. L’esame della dentatura quando si è già formata completamente la dentatura defi- (*) Confr. L. CamerANO, Lo studio quantitativo degli organismi ed il coefficiente somatico, “ Boll. | Musei di Zool. e Anat. Comp. di Torino ,, vol. XV, n. 375 (1900) — La lunghezza base nel metodo somatometrico in Zoologia, “ Idem ,, vol. XVI, n. 394 (1901) — Osservazioni intorno all'applicazione del metodo somatometrico, “Idem ,, vol. XIX, n. 461 (1904). Serie II. Tow. LVII. A 2 LORENZO CAMERANO nitiva o permanente può servire solo in parte. Come è noto, la dentatura di latte è costituita dai tre primi molari e per la mandibola anche dalla serie degli incisivi, i quali vengono successivamente sostituiti dagli incisivi permanenti a cominciare dagli interni e procedendo agli esterni. Non ho potuto, tuttavia, procedere ad uno studio minuto del fenomeno della muta dei denti per mancanza di materiale conveniente. Il cranio più giovane che ho osservato ha tre molari di latte ed uno permanente nella mascella superiore. I molari da latte li ho osservati ancora in un cranio in cui era già completamente spuntato anche il 5° molare nella mascella superiore. Nei cranî in cui nella mascella superiore il 6° molare stava uscendo, i tre primi molari da latte erano già stati sostituiti da quelli della dentatura permanente. Per quanto riguarda gli incisivi della mandibola ed i suoi molari non ho osserva- zioni sicure, poichè non solo le mandibole esaminate sono assai scarse (è questa una parte del capo che dai cacciatori difficilmente viene conservata), ma spesso esse mancano al tutto o in parte degli incisivi. Forse nello stambecco le cose procedono come nel camoscio (*). Per giudicare dell'età di un cranio di stambecco maschio con dentatura permanente completa è d’uopo tener conto del valore della lunghezza base, dello sviluppo dei nuclei ossei delle corna, della condizione in cui si trovano le suture craniche e faciali e del logorìo dei denti. Ho disposto negli specchietti che seguono i cranî studiati in ordine di crescente ampiezza della misura base: confrontando questi specchietti con quelli della prima parte del presente lavoro che sono in rapporto collo sviluppo delle corna, si può avere un’idea approssimativa dell’età dei cranî stessi. Si può ritenere, in linea generale, che i cranì di stambecco maschio delle Alpi che hanno una misura base variabile da 42,5 a 54 (**) sono assai giovani e per lo più con residuo di dentatura da latte e con dentatura permanente incompleta: che i cranî con ‘misura base variabile da 55 e 56,5, sono pure giovani; ma con dentatura permanente, completa o col solo 6° molare in via di uscita: che i cranî con misura base variabile da 57 a 60 sono di media età con dentatura permanente completa; che i cranî con misura base varia- bile da 61 a 66 sono adulti e con corna molto sviluppate; che finalmente i cranî con misura base variabile da 67 a 71 sono da considerarsi come vecchi. Tutto ciò, ripeto, va inteso in linea generale, poichè, come già ho fatto osservare nella prima parte del mio lavoro a proposito del saldarsi delle suture craniche e faciali, talvolta si incontrano cranî di individui assai vecchi colla misura base com- presa fra 62 e 66. Questi cranî presentano uno sviluppo grandissimo delle corna, ed esso ha, come dirò meglio in seguito, ostacolata la cresciuta di varie parti del cranio e forse ha provocato la precoce saldatura di varie suture. Nello studio del cranio dello stambecco maschio è da aversi in principale consi- derazione l’azione delle corna. Le corna col loro peso notevolissimo che va continua- ’ (*) Confr. Nurscne, Die Altersbestimmung des Schwarz und Gemswildes nach dem Gebiss., “ Deutschen Jiger Zeitung ,, vol. IX, 1887. (#*) Ricordo che la misura base è espressa in millimetri. Le RICERCHE INTORNO ALLO STAMBECCO DELLE ALPI 3 mente crescendo, mentre il cranio ingrossa (*), esercitano un'azione speciale sulla forma generale del cranio e sopra quella di varie ossa. Il Diirst nelle sue ricerche intorno alle Lois mécaniques dans le développement du crane des cavicornes, “ Comptes- Rendus Ac. Paris ,, v. 137 (1903), ha studiato quest’azione nella serie dei cavicorni, Nella serie dei cranî di stambecchi maschi di età progressivamente crescente da me studiata, si verificano varie delle leggi del Dirst in una maniera spiccata, come si può vedere dalle pagine che seguono. Nei cranî di stambecco maschio lo spessore delle ossa che delimitano la cavità cranica va notevolmente crescendo coll’invecchiare dell'animale e collo svilupparsi delle corna. Lo spessore si fa sopratutto notevole nel parietale e nell’occipitale, il che porta ad una diminuzione dell’ampiezza della cavità cranica. Lo sviluppo grande dello spessore dell’ occipitale e del parietale, dà alla parte cranica una robustezza speciale che è in rapporto collo sviluppo dei legamenti e dei muscoli che a questa parte si inseriscono. Ne consegue che mentre le dimensioni esterne della parte cranica non variano molto nei cranî delle diverse età, e anzi nei cranî vecchi pre- sentano, rispetto ai giovani, un accrescimento relativamente piccolo, lo spessore invece delle ossa che la stessa cavità delimitano va spiccatamente aumentando verso la parte interna. Lo spessore di queste parti cresce si può dire parallelamente allo spessore dei nuclei ossei, al loro sviluppo e all'aumentare complessivo del peso delle corna. Il massimo spessore viene raggiunto dall’occipitale nella regione della cresta occi- pitale e nelle regioni vicine. Ho riferito negli specchietti seguenti non solo le misure comparative delle varie parti dei cranî studiate, calcolate in 360°mi somatici: ma anche le misure assolute espresse in millimetri, affinchè esse possano servire anche a chi voglia usare un altro metodo di calcolo per le misure comparative. Anche per le.ossa del cranio, come già per le corna, ho cercato in modo parti- colare se vi fossero deviazioni nei loro caratteri da poter far credere a fenomeni di ibridismo colla capra domestica, e precisamente colla razza di questa che si trova nella valle di Ceresole, vicina ai luoghi abitati ‘dallo stambecco. Nessun cranio ha presentato il più piccolo accenno da far credere che esso abbia appartenuto ad un individuo di sangue misto. Cranî di stambecco maschio. L'esame delle misure comparative riunite negli specchietti seguenti fa vedere come nei cranî giovani la lunghezza sia proporzionalmente maggiore che non negli adulti e nei vecchi rispetto alla larghezza. Si ha qui la conferma della legge del (*) Il peso dei due astucci cornei appartenenti a cranî vecchi (lunghezza base da 67 a 71)è di chilogrammi 3,5 e 4; aggiungendo il peso nei nuclei ossei, si viene ad un peso totale approssima-. tivo di chilogrammi 4,800 e 5,300. Nell'animale vivente il peso di queste parti, come agevolmente si comprende, è alquanto maggiore. Secondo alcuni autori il peso delle corna in esemplari molto vecchi e con corna eccezionalmente lunghe (metri 1,15) può raggiungere anche i 15 chilogrammi. 4 LORENZO CAMERANO Diirst (*) che dice: lo sviluppo grande che assumono le corna col crescere dell’età dell'animale fa sì che la lunghezza del cranio cresca molto più lentamente della lar- ghezza sopratutto nella regione frontale, e fa sì che i diametri delle ossa che sono diretti nel senso della lunghezza del cranio siano nei cranî con grande sviluppo di corna proporzionalmente minori che non nei cranî giovani con corna poco sviluppate. Il crescere in altezza del cranio coll’età, procede invece di pari passo dell’allar- garsi del cranio stesso nella regione frontale, e le proporzioni si mantengono simili nei cranî delle varie età. Il cranio presenta tuttavia, rispetto al fenomeno ora menzionato, una certa differenza fra la parte faciale e la parte cervicale. Quest'ultima appare crescere più liberamente e più rapidamente in lunghezza della prima, come risulta dalle misure comparative della lunghezza del parietale e della lunghezza dell’occipitale. Lunghezza base Lunghezza dell’occipitale Lungh. del parietale del mezzo Da 42,5 a 54 Classi estreme 353-399 Classi estreme 210-258 di 55 2 373-432 a) 203-249 da 56 a 56,5 7 412 x 206-257 TDI OB » 354-422 7 202-255 pn59 (60 ” 366-390 5 183-262 DI Lat) 3 343-424 ‘5 186-244 Pin (i e " 338-394 17 195-246 o lai È 338-371 5, 211-238 SO AE 5 330-360 È 185-224 I diametri trasversali che interessano l'ampiezza della cavità cranica sono pro- porzionatamente maggiori nei cranî giovani. Lo svilupparsi grande delle corna e il loro divergere sui lati del cranio impediscono nei cranî adulti e vecchi un aceresci- mento proporzionale all’accrescimento della faccia anteriore del frontale. Mass, largh. dei pa- Lungh. base rietali alla sutura fronto-parietale Distanza minima fra i processi stiloidei Da 42,5 a 54 CI. est. 488-565 CI. est. 428-509 CI. est. 537-623 CI. est. 397-423 di 55 x 485-576 c 459-511 » 521-655 3 478 da 56 a 56,5 x 482-579 a 437-514 » 540-656 » 463-482 Roi 10805 : 472-544 È 437-506 n 503-656 5 360-482 Id. alla sutura Massimo diametro parieto-temporale bitemporale TROIE 060 È 470-543 -_, 433-488 » 519-641 ; 384-462 ” 61,, 62,5 co 459-540 n 424-476 n 552-598 ; 354-447 » 63, 64 5 434-516 ò 411-458 » 512-584 5 360-418 n 69 66 n 454-510 ” 404-449 n 526-598 ” 443 MORA: x 434-489. , 411-430 n 526-538 3 381-385 (*) Les lois mécaniques dans le développement du cràne des cavicornes, “ Comptes-Rend, Ac. se Paris » Vol. 137, pag. 343 (1903). RICERCHE INTORNO ALLO STAMBECCO DELLE ALPI (SAS gine anteriore del foramen magnum alla punta dell’in- Lunghezza base Lunghezza del cranio dal mar- termascellare Classi estreme da 42,5 a 54 1448-1611 di 55 1701 da 56 a 56,5 _ MRDIZI —1:D8;b 1335-1509 Me59I 60 1421-1581 mic6di.,,162,5 1398-1540 HANO3I 164 1362-1507 MANDI 066 1330-1440 cROLAI 1370 Lunghezza base Lunghezza del cranio dalla crista occipitalis alla punta dell’intermascellare 1514-1707 1774 1403-1596 1488-1590 1405-1662 1408-1764 1435-1501 1418-1479 del foro sottorbitario al margine dell'orbita Dal margine posteriore Classi estreme dalla crista occipitalis alla radice dei nasali Lunghezza del cranio 860-916 937 907 807-888 774-897 720-885 715-860 776-875 768-806 dell’intermascellare e il foro sopraciliare Distanza fra l’apice posteriore Cl. estreme Spessore del cranio fra l'apice posteriore della sutura me- diana dei palatini e il punto mediano della radice dei nasali Cl. estreme 390-454 393-471 427-450 373-474 403-450 366-454 372-434 360-443 370-430 Distanza fra l’apice anteriore dell’intermascellare al margine posteriore del foro sottorbitario da 42,5 a 54 di 55 da 56 a 56,5 Classi estreme 347-441 400-459 399-446 360-468 378-462 378-425 377-424 366-421 360-376 Classi estreme 441-525 459-498 452-476 397-492 378-476 397-447 349-439 377-404 344-407 Classi estreme 466-572 517-583 548 466-565 492-570 472-540 458-521 482-510 434-478 tura mediana, palatina dei mascell. a livello del 1° mo- Spessore del cranio fra la su- lare ed i nasali CI. estreme 246-299 288-308 316-322 234-329 262-329 261-314 259-327 266-294 252-269 Anche nella regione condiloidea dell’occipitale si verifica la diminuzione delle pro- DS porzioni nei cranî adulti rispetto ai giovani, la qual cosa è pure, secondo le osser- vazioni generali del Diirst (op. cit.), conseguenza del grande sviluppo delle corna. 6 LORENZO CAMERANO pa pa H Ri ® È ® . (9) È (5) È È z do | 8 Zol È o È DEE à ok (A Qu (SI Qu à Za pai La ini eni pa AR 53 p) Sa SE o (355 «È 2 a da) 2 OR 52 i AU o a A o 9 S 3a DES s 5a o 9 DA (5) ®-= ® Dea ® Di. D ae e Rig ERO PR O Ra a ER- "35 a fo Ur:BS) a so CMS) E è o CIS) S ; arsi S ; © su S a o DE: S d O ca i | &i3 Sail 3 ed Fe Pt ea Rei e dl È D RU Re sg ee Se se e E e e À SCI St ME ciel» 5-5" dB gS cis. | E SR Ss do ©g | E Pa | E sa | E es E ST ic; ge 3 gu BS; gu «& E; A E A = A È A (aa) [ca) à [aa) 46 180 9376 59 140 348 62 157 366 64 152 955 delle corna al margine delle orbite Lunghezza base Minima distanza fra le basi dei nuclei ossei delle corna (al principio delle rugosità) Massima larghezza del frontale alla base dei nuclei ossei Massima larghezza del frontale fra i margini estremi delle orbite sopra la sutura fronto-jugale Massima larghezza del frontale alla sutùra fronto-lacrimale Massima larghezza del frontale | agli apici anteriori | | | | I Classi estreme|Classi estreme | Cl. estreme | CI. estreme | CI. estreme da 42,5 a 54 174-237 576-833 817-929 394-633 195-235 di 55 111-164 655-760 793-897 524-648 183-223 da 56 a 56,5 122-199 643-739 791-887 559-611 180-229 TI 112-180 632-733 746-885 528-632 174-224 que 0 134-177 | 634-695 750-846 555-624 174-207 n 6 629 118-171 627-696 759-844 540-620 171-218 » 639 , 64 107-212 602-670 738-814 529-591 166-203 pIDOTMMDO. 104-161 615-665 748-787 521-576 177-216 SOTA, ZA 110-161 603-666 720-762 532-553 172-188 La distanza fra le basi dei nuclei ossei delle corna diminuisce proporzionatamente col crescere dei nuclei stessi e coll’invecchiare dell'animale. Una diminuzione nelle proporzioni si osserva anche negli altri diametri trasversali del frontale che passano RICERCHE INTORNO ALLO STAMBECCO DELLE ALPI 7 per regioni sulle quali l’azione del crescente peso delle corna, coll’invecchiare del- l’animale, si fa sentire più direttamente. La cosa si fa particolarmente evidente nei cranî a lunghezza base da 67 a 71, che sono quelli che presentano il maggior sviluppo delle corna. Il frontale è certamente la parte del cranio, che per lo sviluppo grande delle corna, presenta le maggiori variazioni nelle proporzioni delle sue varie regioni ; l’azione del peso crescente, peso che, come è noto, è relativamente assai grande, esercita un'azione modificatrice speciale sull’accrescimento delle varie parti. Il Dirst (op. cit.) ritiene che la diminuzione dello sviluppo delle corna nei rumi- nanti cavicorni conceda al cranio di svilupparsi in lunghezza; mentre il grande svilupparsi delle corna fa predominare lo sviluppo dei diametri trasversali del cranio. Lunghezza base Lunghezza della sutura bifrontale da 42,5 a 54 Classi estreme 585-767 di 55 P 655-792 da 56 a 56,5 à 662-733 Sr N56 5 619-758 » 59 , 60 È 647-739 oleR0205 5 593-761 » 68, 64 5 596-716 s 65 , 66 v 604-709 AIROLA] 3 604-661 Lungh. fra il foro sopraciliare e il margine dell’orbita alla sutura fronto-lacrimale Distanza dal foro sopraciliare all'apice anteriore del frontale Distanza dall’apice anter. del frontale al margine orbitale lungo la sut. fronto-lacrimale Distanza dall’apice anter. del frontale all’apice anteriore della sutura bifrontale Lunghezza base | Classi estreme | Classi estreme | Classi estreme | Classi estreme i da 42,5 a 54 154-194 251-298 220-285 135-197 di 55 147-190 229-250 216-269 120-183 «da 56 a 56,5 141-174 212-257 229-257 126-161 SIMO, VO BIO 114-202 221-273 218-279 117-164 PSI 00 128-171 201-262 201-264 126-159 Saipem zio 134-177 215-254 218-250 106-139 » 63 , 64 138-163 191-258 201-269 120-158 65 , 66 - 138-161 194-249 207-260 111-155 bian! 132-149. 204-236 208-231 113-150 Nelle modificazioni delle proporzioni delle varie parti del cranio che si verificano nello stambecco nostrale a misura che i cranî invecchiano e le corna crescono si 8 LORENZO CAMERANO verifica la legge sopradetta sia per le dimensioni totali di lunghezza del cranio, sia nelle singole misure delle parti delle varie ossa che sono disposte nella direzione dei diametri longitudinali del cranio stesso, come l'esame degli specchietti di misure comparative unite a questo lavoro lo dimostra. La cosa è tuttavia meno spiccata per la lunghezza del parietale e per la lun- ghezza dell’occipitale, come sopra è stato detto. Dall'esame delle misure si può dedurre il modo di variare della parte anteriore del frontale. i L’accrescimento del frontale secondo il diametro trasversale che passa fra i fori sopraciliari non è seguito da un proporzionale accrescersi della regione orbitaria anteriore e dei margini lacrimali e nasali del frontale stesso. La sutura bifrontale non si salda che tardissimo ed anche in cranî molto vecchi può trovarsi libera: mentre la saldatura, almeno parziale, del frontale col lacrimale sul contorno della orbita può essere precoce (come si è visto nella prima parte di questo lavoro). Così pure si dica per la sutura nasale frontale, la quale facilmente si presenta saldata anche in cranî non molto vecchi. Ne segue che, mentre l’accrescimento del frontale per la sutura bifrontale segue in misura relativamente rapida, l'accrescimento delle altre parti sopradette, procede molto più lentamente e in guisa tale che queste parti, coll'invecchiare dell’animale, vengono a trovarsi proporzionatamente più piccole. Il contorno generale dell’orbita è grossolanamente rotondeggiante. La porzione frontale è ad arco regolare nel tratto in cui forma la porzione superiore dell’orbita; è quasi diritto nella porzione che discende a formare il margine posteriore dell’orbita e più o meno diritto o inclinato verso l’esterno, nella parte discendente verso il lacrimale. La porzione del zigomatico che costituisce il margine inferiore dell’orbita non è incurvata simmetricamente all'arco superiore dell’orbita, ma presenta una incurvatura più accentuata verso la parte esterna ed inferiore, curva che va facen- dosi più spiccata col crescere dell'animale. Nel suo complesso il contorno dell’orbita ha il margine anteriore e il margine posteriore spiccatamente rettilinei e paralleli, ed ha i margini superiore ed inferiore incurvati. Il contorno dell'orbita della capra domestica maschio è notevolmente diverso, come mostra la figura unita a questo lavoro, nel margine superiore fortemente incurvato in alto, quasi ad arco sesto acuto, e nel margine anteriore spiccatamente obliquo verso l’interno dell’orbita. Nei numerosi cranîì di stambecchi maschi da me osservati, pur essendo alquanto variabile il contorno dell’orbita, sopratutto nell’incurvatura del margine inferiore, nessun esemplare ha presentato variazioni che accennino ad assumere la forma caratteristica della capra domestica. I diametri massimi antero-posteriore e trasversale dell’orbita, misurati sul suo margine esterno, variano nelle loro proporzioni colla grossezza e coll’età del cranio nel modo seguente: RICERCHE INTORNO ALLO STAMBECCO DELLE ALPI 9 Diametro Diametro trasversale massimo antero-posteriore. massimo (valori espressi in 360*5mi som.) Lungh. base da 42,5 a 54 Classi estreme 269-313 Classi estreme 285-313 3 di 55 9 262-295 > 262-282 s da 56 a 56,5 5 257-276 Ga 255-270 5 di 57 5 258-284 % 258-272 n » 58 LA 248-283 È 236-273 n n 99 È ; 238-275 3, 298-268 LI BR60 fs 246-252 È) 240-252 © OIL 5 236-260 % 236-254 È da 62 a 62,5 inca 232-261 o) 232-250 n di 63 n 229-258 6 229-252 È , 64 n S2525R n 225-258 Ri 0) si 227-249 È 227-244 ua, 6 3 235 3 224 e, sa OV 7 ‘ 226-231 s 226-231 ” » 68 ” 222 5 222 4 MOI 5 214-219 $ 209-219 a MOTO È 291 i i 216 E sali cal 5 238 ; 233 Tenendo conto delle misure assolute dei due diametri sopradetti dell’orbita (valori espressi in millimetri) si ha, come si scorge dagli specchietti delle misure, che quando il cranio ha.raggiunto nella sua cresciuta una lunghezza base da 49 a 50 millimetri, l’orbita nelle sue dimensioni ha raggiunto pure lo sviluppo che con- serverà nell’accrescimento ulteriore del cranio. Ne consegue che varieranno invece notevolmente i rapporti proporzionali dell'orbita stessa col cranio a mano a mano che questo cresce, come dimostrano le misure dei diametri dell’orbita espresse in 360esimi somatici. In altre parole crescendo il cranio l’orbita ci appare proporzionata- mente più piccola. Il margine posteriore-inferiore dell'orbita è notevolmente più sporgente del margine anteriore-superiore. Il contorno dell’orbita è spiccatamente inclinato dallo indietro in avanti. La differenza fra la massima larghezza dei frontali misurata al margine dell’orbita, sopra alla sutura fronto-jugale e la massima larghezza dei frontali misurata al margine dell'orbita alla sutura fronto-lacrimale divisa per 2, può dare un’idea della sporgenza del margine posteriore dell’orbita rispetto al suo margine anteriore. La maggior sporgenza si osserva in generale poco al disopra della sutura fronto- Jugale. Serie II. Tom. LVII. B 10 Lunghezza base da 42,5 a 53,5 » 94 3 97,9 aos io9 PMO MOD N04 DIO DION, SERosIo A LORENZO CAMERANO Classi di varianti 121-132,50-135,50-142,50-143,50-145-152,50-155 99,50 -101-101,50,-104,50,-117-118,50-119-120-120,50- 121,50-124,-125 -126,50,-128-131,50-133-134,50- 137,50-138-144 97,50-98,50-99-100,50-102,50-103-103,50,-104,50-105,50s- 108,50-109-110,50-111,50,-112-112,50,-113-115-116- 1183-119-1213-122,-127,503-130,505-143 88,50-91-94-95,50-99-102-103,-104,50-106-106,50-107,503 -108-109-109,50-110,50,-1123-113,503-114-116,503- 118-120-120,50-122-123 94,50-98,50-101,50,-1033-104-104,50-106-107;-109-109,50- 110-111,503-112-122,50 91-99,50-101-102-104,50-105-105,50-108-110,50-113,50 90-98-101,50-103-109 î Il margine posteriore-inferiore dell'orbita è più sporgente nei crani giovani che nei cranî più vecchi, e così pure nei primi è maggiore l'inclinazione dell’orbita. Considerando complessivamente i dati di misura sopra riferiti risulta che la diminu- zione della inclinazione si fa proporzionatamente minore a cominciare da cranî con lunghezza base eguale a mill. 60. In questi cranî lo sviluppo delle corna è di già assai notevole: non pare tuttavia che il progressivo svilupparsi delle corna abbia una determinata azione diretta sull’inclinazione dell’orbita. Lo spessore del margine posteriore-inferiore dell'orbita misurato alla. sutura fronto-jugale è variabile press'a poco analogamente nelle serie di cranî di varia età. Lunghezza base da 42 a 53,5 Classi estreme 15-24 » n 54 , 57,9 ” |. 9-32 5 f058: 7059 È 12-31 3 Veoh 625 i 12-30 . n, 09 n 04 È 14-26 ’ nm O DIE AI È 16-33 3 sea6 Soi à 21-25 La stessa cosa si dica per la larghezza della sutura fronto-jugale. Lunghezza base da 57 a 59 Classi estreme 56-82 » » 60, 63 5 69-96 ’ AS E! 3 61-79 Il zigomatico o jugale esaminato in situ nel cranio, presenta nelle sue parti che appaiono alla superficie esterna del capo osseo le misure seguenti : RICERCHE INTORNO ALLO STAMBECCO DELLE ALPI ge} Lunghezza base Distanza fra l'angolo ant. e post. Distanza fra l’angolo sup. ed infer. da 42,5 a 54 Classi estreme 563-603 Classi estreme 246-290 di 55 Ù) 563-603 5 269-301 da 56 a 56,5 i 6; 594-585 Ri 255-296 Retbii)098;5 x 503-588 3 242-298 IRD9760. R 512-576 5 250-312 n, 61, 62,5 5 496-587 7 238-296 ».63, 64 î) 490-540 + 248-327 3105: ,, 66 È 499-537 > 244-283 n SITA ; 461-505 ; 236-269 isla Vai Lunghezza massima Lungh. della sutura Lunghezza massima dell’apofisi orbitale zigomatico-lacrimale dell’apofisi temporale da 42,5 a 54 Classi estr. 68-96 Classi estr. 191-258 Classi estr. 123-164 di 55 s 72-98 3 210-216 A 151 da 56 a 56,0 5 64-77 5 199-225 7 129-161 OUT © SI 5 49-87 5 174-224 5 130-155 ii DELA, ; 48-98 5 183-222 , 128-171 pi 0 AAE2Go 5 46-83 È 180-232 5 94-165 » 63, 64 5 34-84 ; 180-217 cn 115-160 RA DD, 60 5 90-78 î 188-211 7 122-150 PMO, dl: 5 64-81 5 162-188 3 113-145 Il zigomatico, come appare dalle misure comparative sopra riferite, è propor- zionatamente più lungo nei cranî giovani che non in quelli vecchi, mentre conserva ad un dipresso le stesse proporzioni di altezza col crescere delle dimensioni del cranio. Ad ostacolare la sua cresciuta in lunghezza influisce probabilmente lo svilupparsi delle corna che agiscono col loro peso secondo la osservazione generale del Diirst (*), secondo la quale lo sviluppo in lunghezza del cranio sarebbe ostacolato dallo svilup- parsi di grandi corna. La stessa cosa si osserva per lo sviluppo della lunghezza dell’apofisi temporale del zigomatico che è pure disposta nel senso della lunghezza del cranio. L’apofisi orbitale del zigomatico invece, che è disposta nel senso della altezza del cranio, segue lo stesso andamento di sviluppo della distanza che è fra l’angolo anteriore e posteriore del zigomatico stesso. ‘Variazioni assai spiccate si osservano sulla faccia esterna del zigomatico, sopra- tutto per ciò che riguarda l’area di inserzione del massetere, la costa zigomatica e in complesso tutta la porzione del zigomatico che costituisce la porzione inferiore- superiore dell’orbita. La cresta zigomatica nella sua porzione che corre dal disotto della sutura zigomatica-lacrimale è molto variabile di sviluppo ed anche di posizione rispetto al decorso della sutura stessa. In generale si può dire che lo sviluppo della cresta zigomatica è maggiore nei cranî adulti che non nei giovani, e va crescendo coll’in- vecchiare dell'animale. (*) Les lois mécaniques dans le développement du crane des cavicornes, “ Comptes-Rend. Ac. Sc. Paris ,, vol. 137, pag. 343 (1903). 12 LORENZO CAMERANO Il Busk (*) ed il Forsyth Major (#*) traggono caratteri differenziali fra i cranî delle varie specie di stambecchi, è utile perciò vedere come la parte in questione varii nello stambecco delle Alpi, esaminandola in una serie numerosa di individui. La cresta zigomatica non corre parallela alla sutura zigomatico-lacrimale; ma forma con essa un angolo più o meno ampio per modo che si determina una sorta di triangolo col vertice verso l’orbita e la base sulla sutura zigomatico-mascellare: uno dei lati è formato dalla sutura zigomatico-lacrimale per una porzione sua più o meno lunga, e l’altro lato dalla cresta zigomatica stessa. L'ampiezza della base di questo triangolo e la lunghezza dei suoi lati variano notevolmente, e quindi il vertice del triangolo stesso si trova più o meno vicino all’orbita. Per mostrare le modalità principali del variare del decorso della cresta zigomatica rispetto alla sutura zigomatico-lacrimale riferisco le misure seguenti : Lunghezza base del cranio = 46. A Lunghezza della base del triangolo =55 (***). B Lunghezza del lato del triangolo formato dalla cresta zigomatica = 110 (***). Lunghezza base del cranio =55:A39, B39 — A 56, BI11. È 5 56: A71, B129— A77, B109. È 5 = 57:A47, B133 — A82, B114. 58: A50, B124—A31, B99 — A 87, B93 (#***) — A 56, B124, A37, B75 — A983, B93 (**##4). n » ) 7 =59:A67, B134 — A67, B92 — A55, B122 — A88, B85 — A73, B122. 7 x = 60:A48, B90 — A78, B90 — A48, B126 (##e88), A 7 = 61: A38, B130 — A59, B112 (#******) — A65, B83. ; P = 62: 4105, B139 — A 58, B122 — A128, B139 — A.64, B116 — A46, B128 — A52, B139 (Ft), y ; =63:A69, B86 — 4683, B92 — A69, B103 — 499, B120, — A69, B103. ) : = 64:A73, BI41 — A58, B107 — A23, B124 — ASI, B101 — A56, B113 — A84, B84 — 4,73, B62 — A45, B101 — A5I1, B56 (#86). ; : = 65:A100, B105 — A55, B111 — A61, B89 — A88, B116 — 4389, B100. ] TA pae RZ ; £ =71:A51, B101. (*) On the ancient or quaternary Fauna of Gibraltar, ecc., “ Transact. Zool. Sco, London ,, X, p. II, 1877. (#*) Materiali per una storia degli stambecchi, “ Atti Soc. Toscana Sc. Nat. ” vol. VIII, 1879. (##*) Le misure sono espresse in 360esmi somatici. (#**) Questa misura è dal lato sinistro: a destra si ha invece: A50, B75. (#*#***) In 4 cranî colla misura base=58 la cresta zigomatica è appena segnata e in massima parte parallela alla sutura zigomatico-lacrimale. (#*#***) In un cranio come nella nota precedente (***##). RICERCHE INTORNO ALLO STAMBECCO DELLE ALPI 13 Nei casi in cui la misura A è molto piccola rispetto alla misura B la cresta zigomatica è quasi parallela alla sutura zigomatico-lacrimale; come si vede dallo specchietto sopra riferito, questi casi si incontrano in cranî a tutti gli stadi di sviluppo. Nei casi in cui la misura A è eguale o presso a che eguale alla misura B, la cresta zigomatica è fortemente inclinata verso la sutura zigomatico-lacrimale; in qualche caso anche la inclinazione è tale che il lato A del triangolo, assunto come base, è maggiore del lato B. L'altezza della cresta zigomatica è pure assai variabile: in generale essa è maggiore nei cranî vecchi che non nei giovani, la qual cosa coincide colla maggior profondità nei primi della fossa masseterica. Sono frequenti le assimmetrie di sviluppo della cresta zigomatica anche nel suo decorso nei due lati del cranio, assimmetrie che si osservano più o meno spiccate in cranî di tutte le età. La cresta zigomatica nel suo prolungamento che corre sotto il margine orbitale è spiccatamente più sviluppata nei cranî vecchi che non nei giovani: in taluni cranî molto vecchi diviene fortissima. La fossa masseterica va facendosi sempre più profonda coll’invecchiare dell’ani- male ed induce il margine inferiore-posteriore orbitale del zigomatico a spostarsi verso l’esterno, tanto che guardando un cranio giovane di faccia, in generale, il margine inferiore-posteriore dell’orbita è meno sporgente del margine inferiore-poste- riore dell'orbita stessa, o giunge allo stesso livello, od ancora sporge appena sul primo: mentre osservando un cranio adulto o vecchio il margine inferiore-posteriore dell’orbita che è formato dal zigomatico, sporge in modo relativamente notevole rispetto al margine superiore-posteriore. Il lacrimale esaminato è situ nel cranio presenta i seguenti dati di misura presi sulle parti che appaiono all’esterno sul cranio stesso : 2 E È 2 2 E (ni tai + A nei 32 dro Meo sé ro 9 eae cane CALA Mo) mia n'a N° g NOE d =N=e=85 NPI Sid d È SG a Dia g.a A Ra: a dea ‘His a ZE pa ‘E SS A TRON i pai E=87 sr.d 2 SIMO ®© © gd Fe =| eo aa Ba pd a dao sal Na Na : = =i SÉ AOT dr etc Sa, inni d'a AS as 3 © DE end 60,5 a > © Ei ii Ci 5 n t=1 is} HI Hi Ha Lungh. base | Cl. estreme | CI. estreme | C1. estreme |CI. estreme (CI. estreme| CI. estr. da 42,5 a 64) 118-131 169-204 164-195 74-105 112-150 | 271-353 di 55 105-118 177-210 183-190 66-79 105-118 | 334-347 da 56 a 56,5 96-115 188-212 148-186 58-89 116-129 | 316-354 » 57 , 58,5) 88-149 149-215 124-217 62-135 93-168 | 311-367 PISO, 90-150 180-214 | 159-232 61-92 96-146 | 299-348 » 62,5 87-118 174-226 134-195 58-87 883-128 | 289-366 » 63, 64 86-158 163-206 141-195 45-92 80-126 | 270-344 66 89-94 155-194 144-177 44-100 94-111 | 277-327 (a! 82-134 162-188 139-172 64-127 64-106 | 274-333 TL LORENZO CAMERANO Esaminando anzitutto la lunghezza massima si osserva che col crescere del cranio la lunghezza massima cresce pure in modo che si conservano presso a poco le stesse proporzioni rispetto al diametro trasversale del cranio che passa pei fori sopraciliari (lunghezza base). Si nota tuttavia che l'accrescimento in lunghezza del lacrimale è più scarso nei cranî adulti e vecchi e perciò in essi la lunghezza del lacrimale stesso appare proporzionatamente un po’ più piccola. Nella sua larghezza il lacrimale non segue l’allargarsi della parte frontale del cranio e perciò, a misura che il cranio invecchia, il lacrimale appare essere progressi- vamente più piccolo rispetto alla larghezza del frontale. La lunghezza del margine orbitale del lacrimale presenta fra i cranî giovani ed i vecchi analoghe differenze di proporzioni che presenta l’ampiezza dell’intiero contorno orbitale (confr. il variare dei diametri antero-posteriore e trasversale del- l’orbita). La sutura esterna del frontale col lacrimale varia relativamente poco coll’in- vecchiare del cranio nelle sue proporzioni. In.altre parole il crescere in lunghezza di questa parte del lacrimale si fa presso a poco nella stessa misura in cui avviene l'accrescimento del diametro trasversale del frontale (fra i fori sopraciliari) assunto come lunghezza base. La sutura lacrimo-mascellare è assai variabile di lunghezza con differenze notevoli anche in cranî della stessa lunghezza base; anche il suo decorso è irregolare e spesso assimmetrico nei due lacrimali dello stesso cranio. La lunghezza del margine del lacrimale che è a contatto colla lacuna naso- lacrimo-frontale a cominciare da cranî con lunghezza base da 56 a 57 mill. non presenta nei suoi valori massimi e nei suoi valori minimi differenze notevoli. Esso può variare alquanto nella sua configurazione: in generale è pressochè rettilineo, talvolta si piega ad angolo verso la sua metà colla concavità rivolta verso la lacuna: in nessun caso ho osservato la forma convessa spiccatissima che assume nella capra domestica. Le ossa nasali esaminate in situ nel cranio presentano nella loro parte esterna le misure seguenti : Largh. dei due nas. a livello Id.a livello del margine LR Lungh. massima dei mntnli degli apici anter. dei frontali poster. del foro sottorb.. da 42,5 a 54 Classi estr. 603-615 Classi estr. 165-190 Classi estr. 120-158 di 55 5 544-642 È 177-216 n 144-197 da 56 a 56,5 : 559-579 > 180-199 - 154-180 ay AVE EEA) È 503-632 - 160-202 5 124-177 od 60) o 912-622 ; 171-198 È) 140-180 Role R02:5 5 502-594 È 163-212 ì 136-189 , 63, 64 » 507-573 È 163-189 È 126-172 » 65 , 66 n 499-541 SEA 161-188 Pi 122-180 » 67 , 71 5 483-575 2 162-183 NI 132-153 La lunghezza totale delle ossa nasali è proporzionatamente più lunga nei cranî giovani che non negli adulti e nei vecchi. La larghezza invece ci appare presso a poco proporzionatamente costante nei cranî di varie età, sopratutto per ciò che RICERCHE INTORNO ALLO STAMBECCO DELLE ALPI 15 riguarda la loro regione prossimale. Si vede che l’accrescimento in larghezza dei nasali in tale regione si prosegue col crescere in larghezza del cranio nella regione che è a contatto colla parte anteriore del frontale. La larghezza misurata a metà circa dei nasali varia maggiormente. In generale è minore nei cranî giovani che non negli adulti e nei vecchi. Ne risulta una forma complessiva dei nasali differente, come mostrano le figure unite a questo lavoro. Dalle figure stesse si vede come sia notevolmente variabile la forma del margine del nasale che è a contatto col frontale ed anche l'estremità distale del nasale stesso. Anche l’incurvatura della faccia superiore del nasale è variabile, per modo che si trovano nasali ora superiormente quasi piani, ora spiccatamente ricurvi. Nei cranî giovani in cui il frontale è più diritto nella sua parte anteriore, ed anche non raramente sporgente allo innanzi, che non nei cranî adulti e vecchi, la porzione prossimale dei frontali è più spiccatamente incurvata trasversalmente che non nei cranî adulti e vecchi. In nessuno degli esemplari da me esaminati le variazioni dei nasali fanno avvici- nare la forma di essi a quelli della capra comune, i quali sono proporzionatamente, in modo notevole, più corti, più larghi e più incurvati nella loro regione prossimale. Nei cranî di stambecco la massima larghezza dei nasali riuniti, misurata a livello degli apici anteriori dei frontali, portata di fianco sul mascellare superiore, a partire dal margine posteriore del foro sottorbitario, sta notevolmente all’indentro dell’apice anteriore-dei nasali, mentre nella capra comune oltrepassa notevolmente l’apice stesso. Lacuna fra il frontale, il lacrimale ed il nasale -.T'®TT_< VV rr'e®o——_ _w____F_P€—_______T____—6—_—Pm__ ommwwenw—-<«_/|'FYO«ÉTrT_.Yr—.r,r<-—- Lunghezza base Lunghezza massima Larghezza massima da 42,5 a 54 Classi estreme 127-203 Classi estreme 27-45 di 55 È 183-190 5 29-46 da 56 a 56,5 x; 127-167 n 26-33 m07 4 59;0 È 129-186 i 22-41 peo 160 5 108-183 n 24-42 Ried 625 n 116-207 n 24-47 » 63 , 64 i 118-183 hi 20-43 o AARGIO à 116-155 t) 22-33 BS CO AL 5 116-161 6; 21-35 La larghezza massima della lacuna si mantiene nei cranî giovani e adulti (fino verso a mill. 63-64 di lunghezza base) di proporzioni spiccatamente costanti; nei cranî più vecchi (lunghezza base da 65 a 71) il suo accrescimento non prosegue in egual misura e perciò essa ci appare più piccola. La stessa cosa si osserva per la lunghezza massima. La lacuna nel suo complesso ha forma di un triangolo allungato. Nel cranio della capra domestica maschio (razza di val di Ceresole) essa è grossolanamente quadrangolare per la diversa forma del margine del lacrimale che è a contatto colla lacuna stessa. Nello stambecco non sono rare le assimmetrie di forma e di sviluppo della lacuna mei due lati del cranio. 16 LORENZO CAMERANO Nei cranî giovani la larghezza bimascellare ai tubera maxillaria è proporzionata- mente maggiore che non nei cranî adulti e vecchi; la stessa cosa si può dire per gli altri diametri trasversali bimascellari. Anche l’altezza del mascellare misurata sul lato suo esterno, come risulta dai dati qui riferiti, è proporzionatamente maggiore nei cranî giovani che non negli altri. Lunghezza base Larghezza bimascellare Larghezza bimascellare Larghezza bimascellare fra i tubera maxillaria alla base del 1° molare alla base dell’ult. molare da 42,5 a 54 Classi estr. 440-489 Classi estr. 244-263 Classi estr. — — di 55 x 445-459 3 242 È — — da 56 a 56,5 z 437-502 ; 244-283 3; 421-424 ION, ROTA 5; 416-493 n 205-272 5 404-484 PE 0) si 421-468 5 226-258 5; 390-476 noli 62,5 5 413-511 5 209-267 3 395-437 pafi6dr at 64 " 417-464 a 206-259 x 360-418 » 65 » 66 >) 399-449 î 205-266 3 333-410 dg erp n 419-446 alza ec 1 370-497 Meno variabile appare la lunghezza della sutura palatina dei mascellari, e in genere la lunghezza totale del mascellare stesso; il che dipende dalla forma com- plessiva della regione faciale del cranio, la quale appare più tozza, più alta e più spessa proporzionatamente nei giovani che non negli adulti. Distanza dalla base Distanza dalla base Lungh. della sut. palat. Lunghezza base del 5° molare al nasale del 1° molare all’intermase. dei mascellari da 42,5 a 54 Classi estr. 373-449 Classi estr. 221-298 Classi estr. 280-337 di 55 ; 304-367 : 229-242 : 394-360 da 56 a 56,5 5 354-382 È 231-261 n 296-382 AA MER 5 311-360 x 199-255 5 295-398 pp (0) > 311-354 S 207-252 5 276-360 F LOI gl0200 - 314-366 5 198-248 5 302-377 n 63 , 64 3 298-338 & 197-253 : 276-360 PMO D0O È 310-355 5 188-260 5 294-332 nolo ai È 319-338 x 172-221 5 279-317 La fossa che è in rapporto col foro sottorbitario è in generale molto sviluppata, sebbene di forma e dimensioni variabili, sia nei cranî giovani che negli adulti e nei vecchi, come risulta dalle misure seguenti e dalle figure unite a questo lavoro. Lo spazio occupato in lunghezza dai molari nel mascellare superiore, considerato a partire dai cranî in cui Ja dentatura è permanente e in cui tutti i molari sono completamente usciti, è proporzionatamente maggiore nei cranî giovani che non nei crani adulti e vecchi. RICERCHE INTORNO ALLO STAMBECCO DELLE ALPI -_ =J Lunghezza base da 56 a 56,5 AMOTA ORO 594160) podi 60255 69 64 005 (66 LCA SANA Lungh. dello spazio occupato dai molari super. Classi estreme 414-450 > 385-447 i 384-421 È 372-448 È 355-435 È 355-399 i 354-419 ds #.9 © d5g.9 IS) (Geri IS FAREZICI o | 526 degl gs 3525 del e/s583 Bel g 3548) 88 a | 835) ag] 355933) #8 | 5|85g35) #6] 5|885g35) Es HP d'a d © HE dA è a BPSA da BE SA ao s|GSes Aa S 3 El da S ea da S DA da S|Esssl o2l S|5g45 og] 3|fF559 sS| 38553 03 @| 5553 ss] ®| 355) ae] ©|Asfo| #8] ®|AS4s| 32 G| 453 S| Glg2zsl sa] A|8s23 S53| F|AstS 43 SSES| 9 ERE Asdg A ASESÌ A 44 | 164 86 | 59) 134 GUN Gal Ses95 0 O Ma e 55 | 151 79 |59| 159 VORioaN 6 76 | 64| 96 73 55 | 170 85. 590122 850 62, S8010 76. | 64| 141 73 56 | 161 84 |59| 140 Ara 02 i 87 |64| 152 79 57.| 158 82 |59| 146 92 | 63| 160 74 |64| 101 84 SRI 88 |59]| 153 io alza SoeiGaA 670. 66 57-| 145 SR IGOn Mass 72 | 63| 126 74 |65| 88 78 57 | 114 76 | 60) 132 78 | 63| 155 86 | 65| 155 78 58 | 118 7 60 | 156 90 | 63} 132 eo 72 SSMMiGs 106 |/60.| 174 90 | 63| 126 69 |67| 75 70 58 | 106 Bioon616| zi 77 | 63 155 80... 68 | 148 69 58 | 161 75 |61| 142 65 163 | 126 80 | 70) 123 71 58 | 143 So 36 89 | 64} 146 ai slo 71 58 | 149 87 | 61! 159 | 100 l64| 165 79 58 | 155 75 | 62| 105 52 | 64| 129 62 58 | 56 50 | 62| 163 93 | 64| 129 73 Col crescere in età del cranio la disposizione dei denti molari cambia alquanto. Hssi si dispongono in una linea che è talvolta un po’ più arcuata che non nei cranî giovani. Forse a produrre questo cambiamento, che non è tuttavia costante, influisce il grande sviluppo ed il grande peso delle corna, come asserisce il Dirst nel lavoro ripetutamente citato. Lunghezza base Lungh. mass. dell’intermascellare da 42,5 a 54 Classi estreme 525-642 Classi estreme di 55 È 090-662 ; da 56 a 56,5 7 637 ; ALT mete î 537-664 5 FIHAR00 3 561-654 î poli 62,5 5 558-622 5) RIMOSSO S 540-647 î) TRO 00 si 576-982 ;) GA Poi È 529-585 ; Serie II. Tox. LVII. 30-48 36-52 41-45 31-51 39-60 98-64 34-52 36-05 36-46 Largh. mass. dell’intermase. nella sua porz. esterna compr. fra il nas. e il mase. 18 LORENZO CAMERANO Gli intermascellari coi loro apici posteriori si protendono più o meno in avanti verso i lacrimali: in qualche caso vi giungono molto vicini. L'andamento del margine superiore-anteriore è vario, come mostrano le figure unite a questo lavoro: ma tuttavia esso è sempre meno fortemente incurvato che non nella capra comune. Lunghezza base da 42,5 a 54 di a 09 NG 55 a 56,5 ROGO » 60 » 62,5 » 64 » 66 RA Lungh. dell’apofisi interna dell’intermascellare Classi estr. 246-384 341-386 350 273-386 317-366 305-367 293-338 294-321 286-317 Lungh. massima dell’apert. incisiva dell’intermascell. Classi estr. 217-282 216-262 210 190-261 189-282 186-258 189-253 183-227 164-199 Largh. massima dell'apertura incisiva Classi estr. 33-41 5 39-39 - R 32 3 31-43 - 24-39 6 30-41 ; 23-34 5 33-39 5 21-32 Lo spessore dell’intermascellare cresce col crescere ed invecchiare del cranio per modo che le sue proporzioni si conservano in complesso costanti. Lungh. base La larghezza Spessore dell’intermase. 31 Lungh. base 62 62 62 62 Lunghezza base da 42,5 a 54 da di 95 rad Lungh. base Mino 37 62 29 36 63 29 30 63 97 36 63 34 36 63 34 35 64 39 24 64 39 41 65 39 38 65 39 35 63 33 35 67 32 41 67 92 44 68 42 35 71 35 35 29 massima dell’apertura nasale varia nel modo seguente: Larghezza mass. dell'apertura nasale Classi estreme 150-242 ” 183 174 143-193 140-180 151-189 135-172 144-172 138-166 RICERCHE INTORNO ALLO STAMBECCO DELLE ALPI 19 La forma dell’apertura nasale non è molto variabile: essa può essere a lati più o meno incurvati o più o meno diritti: i lati sono più convergenti in generale nei cranî giovani che non nei cranî vecchi: non è notevolmente diversa da quella della capra. Lunghezza base da 42,5 a 54 di 55 da 56 a 56,5 MRO, T08D 3 STAGE Pod, 02,5 PROSS 64 RING 5 (66 PRG pt Lungh. della sutura mediana dei palatini Classi estreme 93-156 » » ” n » 124-157 127 112-152 96-134 98-165 96-149 100-155 123-129 Largh, mass. dei due palatini uniti Classi estreme 254-282 n » x 249-295 230 242-297 232-287 232-279 229-276 233-283 231-269. La forma della sutura dei palatini coi mascellari è alquanto variabile, senza tuttavia raggiungere la forma che presenta nella capra comune. È da osservare inoltre che i fori palatini sono spiccatamente collocati all’indietro della sutura platino-mascellare e non sulla sutura stessa come ha luogo nella capra comune. Nel numeroso materiale di cranî di stambecchi maschi da me osservato, nessun esemplare ha presentato a questo riguardo tendenza ad assumere i caratteri caprini. LORENZO CAMERANO 20 Cranì di stambecco maschio — Misure assolute espresse in millimetri. aIeIoeados 030} JI ® QI [[PosemI9gUT, [op ‘980d oorde.] Biz ezuegsIi(] Do) [i] 70 60 70 = = QIe[[POSEIIKIIZUIT,][Op VuIsseuI eZ20 SUNT 72 75 77 90.| 71 85 | 71 100| 73 — 1re[pooseta T9p eugejed vangns ejop ezz0gsang | 338 | 62 | 53 | 104| 69 51 OTIEFT107J08 0107 [op sIotIagsod autsIgta |e( VqIquo, [ep SurtsItI Je 55 | 48 | 82 | 63 70 | 55 | 101) 76 70 | 60 100) 71 68 | 62 | 105] 63 72 | 63 40 | 81 65.| 49 | 93 | 70 63 | 51 63 | 52 73 | 54 74 41 6l TIOTIOdNS 1IM|OUr Tep IE ogedno90 orzeds o][op ezz04sun] 59 | 55 | 41 51 45 68 68 68 68 70 I|]estu 19p BuIssemI VZz0qGUNT] | 96 | 66 70 77 88 | 65 89 | 59 83 98 9 90 93 | 62 90 @[egrd1990,][0p ezzoqgun ol 58 60 | 87 ozzeur ou o]egonied Jop tzzogSung 40 | 64 39 | _ 36 38 | 59 o[eyuoxxiq t1ngns e[[op ezzoySun i 88 | 33 96 | 34 | 52 | 82 78 | 32 93 = Wai 104| 37 103| 35 104| 32 104| 37 | 60 104| 33 | 57 | 87 113 103| 35 113| 36 107 103 106 TTuseu T po o1g]owr $] [Op O[[PAL[ ® ‘ost tap i Rurpejed ‘por eingns R] Gif orueIo foprssadg |° 84 | 90 | 33 | 48 50 | 114| 34 | 60 49 | 109! 37 50 | 112 51 | 108] 34 n "peru ‘jus e[[op ‘980d sorde ] eaporuzio [op ‘ss9dg I]estu r9p ‘pei eTop ‘pow ogund jr 9 ‘9eqed 10p an 60 | 47 | 100 63 | 44 | 108 69 | 48 | 109 69 | 48 46 | 29| — 67 58 | 35 58 | 36 70 TTeseu Op aoIpei el[e sumnpdr990 075849 [ep otugIO [op ‘U4SUNT - 128 | 64 | 37 | 101] 33 | 58 | 87 98 45 | 103| 38 n rn Î 143 | 72| 47 |121| 38 | 66 134 | 75 135 | 67 183 | 66 dol 117 | 57 141 Q1t][edsturToguT,][op egund [pe st1npidt090 DIST‘ E][ep orueIo |op ‘qSun |? ‘TeostwioguI {op egund e]ge vnubinu vaumnios [ep ‘que eurSItoI Jep otutIo [op ‘qHUNT av 197 | 206 207 | 218 260 | 271 TIGITIORICOS 1IOF I BI BZUEISI(] 5}) 95 513) 56 56 56 56 56 57 57 57 57 QUIPIO,pP_0IQUNN | 142,0 2 46 3 | 48 4 | 48 5 | 49 52 53 59,9 9| 54 6 7 8 280 29 | 57 | 2382 | 243 15 | 50 30 sl 19 | 56 29 | 56,5 10 | 55 11 12 | 55 13 14 | 55 16 Il 18 22 23 | 56 24 | 56 26 27 20 21 Segue RICERCHE INTORNO ALLO STAMBECCO DELLE ALPI Numero d’ordine O 41 Ut WD Distanza dall’apice ant. dell’intermascellare al margine posteriore del foro sottorbitario Lunghezza dell’apofisi interna dell’intermascellare Lunghezza massima dell’aperfura incisiva dell'intermascellare Massima, larghezza del frontale alla base dei nuclei ossei delle corna delle orbite sopra la sutura fronto-jugale alla sutura fronto-lacrimale Massima larghezza del frontale agli apici anteriori Massima larghezza del parietale alla sutura fronto-parietale Massima larghezza del parietale alla sutura parieto-temporale Massimo diametro bitemporale Distanza minima, fra i processi stiloidei Larghezza dei due nasali al livello ì degli apici anteriori dei frontali del foro sottorbitario 38 STARETE ESE RE LEE | dat=| EL | ES Sd a Sgh | SE gia (ISS (sa | Ag d'a Ss 19 20 Juli (35S 17 | 26 261126 14 | 30 18 | 26 20 23 | 21 SERIE AR +23 Bh] 28 19 | 17 23 | 24 24.| 25 — | 23 tea :99) 20 | 31 22 | 26 BZD 1° ita 19) CEMOR 30 Con 20.| 27 24 | 26 — dk 20 | 18 19 | 21 CAS D6 19 | 22 11890199 Esa 023 21,5| 21 23 SME 112 co Massima largh. del front. fra i margini esterni do | Massima largh. del front. al marg. dell'e orbite 3 | Largh. dei due nasali a livello del marg. post. 27 28 29 TEC 07 75 | 54 | 24 | 19 83 |58|25|21 A ECZO 73 | 54 | 23 | 19 Se | | 27528 IO) PO NS, PR O nia a La a O 85 | |28|22 a RL eo 100 | 78 | 28 | 24 Est 49922 0 845 | 22481 Ba 92 | 72) 29| 24 SS SZ A ga | — | 28 | 25 DER ci Og RE 100 76 3 an. | 95.91 |-25 BAL SL 199: 107 SZ I Sa. Se 39 128 86 | 742922 E sedile 06 pag de 90 128 e ERE) 90 | — | 31 | 23 20. DEI) 195 Oli io e (26 Gai ie EL LORENZO CAMERANO 22 Segue 0I1qUUIOSIZ [9 È: sà x OICR RM a vzzendan e Rd 3843444188888 318847] a Las |GS% 5 4% Re : 85158 /S/]]1131S1IS$SITIIIISTISSITTISIII QIONojur 0 ortottedns ojosur.] ta; ezuegsig |" Im | no | # siahes Hg + Ted * o e 2R12518/]|11818118=]|[{|118!|#8}{[I8II] Q10119950d 0 0I0119FUB 0]OGUE,] BI; ZUEISI(] fee Ji Belbe- oa Db vo: 190 D * oqesnt 29 1910 Ne] 191019 0 n Na) No) Ri elia 3 ode 1 gl | Mapa | #0 lv||]oodtdga gen go | | * —®A _—_ varquo [op o[reroastaz omisstm ompuria | G5SST|T]| |SSSSE|Fsa]3] | ]S8SSSYS333S8S [| |S eiuqrogtap sropogsod-oroue oussena opoumiale ESFSET] | FEES /FSL|T] | |QRISIIGFISIT] [3 n duroo 19 19 19 i vafor] eusogso aiodiene e ppi maepigop ami sce] (A © ee Re ee oreTposemzoguz [pe azero sT tp osta mea e 88 1831811185 /8118[KK{{I1I[SK|S8]6KI6[KK] oTestu qu arepowe sg Top ostq seg È 1388183] 1133]S|8[IKKII1l3{|53{3}KS8]]] run rugered onp top vmssemi ezzegSier le 38 188/8111188] {SS TTT1118$KSSASKISTTI] vAISTOUI ranqrode op eussewr ezzogsiet |g |-9 | Elo | VD PO IT =SST3 N IRR TR [10023 [1010 | a n abc 2a ojesnu vangiode pop vesti: ezzogier la Sd | Sa ETTI ISII TIKI TI[[{&GSG[R&SISITIITI WR RE 8 705 Bd |$ | | 15% | | | | | | | | REG” MESS Is | | 88 | | | I 016 [2DsetaIa ‘v2z0q Bu] e SS Les |E| | IS8VIHESSEI I EEE cupio,p oovImA | raossonc as 3a3£252283A8*8SNLISF88S8858 RICERCHE INTORNO ALLO STAMBECCO DELLE ALPI Segue Q]equoa;rg #Ingns efjop -Toque «de. 0 Sc} : RL "que AR s CIASZ | St] SISSI PASSI || RG] O[EWILIOE]-0]uo1z BIngne e] 0Sun] ‘grqro ‘Savi el, DEE o he : Q]equo1z Top “moque sorde, ep ezuegsig ie qs o R|58Z3I58SS835 | | [S83S88s8SS83[ [5 SIEUNTAION coon seen FRISSESIEE t ozoLIegue orde quereriorados 0107 ep ‘qsig |F_co cd a dd | || MRI |] ||] s5Fs0s sas] 8 -_ —_ — — LI SI EOS OO TN OERITe s SLTLTNTEAI | ANLOSTEEERENNA | |TERASNSQhSOFT]|#F “quo, I19P ‘SICUI [19 ‘]IOGIdOS 010] JI VIF EZIVISII AAA | IATA SRISISISISISESISISISa RS : s ; narnia Mae vuriseem sog — wr |a Fe |a] ]|©$|5 [8411111 1®] og]o|e#|t]] UISSUUI MZZO SUNT — elestu JI: po i 29 [5t]%][1®2]12||{288S||}1\12}|®8]8|JEZ[|{|] OewITIOE] JI ‘O[Equo1z ]IL Vip CUNOET] Pa ILA 08 NGI | NA qu Iii aqua eTEtIIDE] Top tumsseui ezz0tS un] e Sslsasslsl{TS315]155KKKKT{1S] [83 K SKI, Ò DÈ into orzo tp vare venni | | i ]E]E1]SSAQZI IMI [IT [IS TIB&8[[[ISITTI D ADS £ pre Im Gre[poseurourIouI GIngne EIop, vezenioni (i elesse eee Q]BWITIOE]-08BU-0YU0Ap CUnIE] B][o9 E HS: [es | 29 | | |gA o) | na | | | | © | 4 | | | | NS [ | | | 0Jggquoo 8 afewinIoe] [op eursitii jop ‘qsun | RIT Lai TATA Mii AI COGI oe) TRCt Depositi | #8 |88181|188]8 00480 0 Coat a @|EuILIOE] ]Op turegso vImque e][op tzz0qsUNT IG | quelo co I | 60 alice) | mai cn otegzo amflivm ona T9 XE AE ee Ra QUewInIOR] ]Op. ezzogsunT e e e ri Au ua rm s>- eqturnioe[-00qeuroStz vamqns egpop ezzogSun] |> FE|3S|82|[1IS[S|{[#8]||{||{|S 18 Ss Eee O) ù i + Fab i ni Re Lerrpuea I8IIII ouqps0p 0s90nN | paosoorooStazIESSSLAGRAFTNRASASZILZRESE 24 Cranì di stambecco maschio — Misure assolute espresse in millimetri. LORENZO CAMERANO su S |8 FE HE sas 3 3 (=) as sE So ea é |#2£|8s|S |eF| fs bei Pa | SaS 2g iso 2 _| BE|a2|s#|S8|B£ a |ae|we|fs|s3|gs|sf È |25|d2| 3333 S8|35 © |BE|#5|35|39°|\23|2a o | {3|CA|/csa|de | Ago 5 |me|ss|og 2/58 |s° a |£SIda| ER e) 5 _|SF5|Afe|8ES|g#|/#85| 09 z |edres | sal EE 8 |8s|salgza| 357 SEN Salt SEE Bei Si a= E O A [fsla "| |S8|38 385 |5 |s28E Sa: hat |a eo È | ne | 1 2 3 4 | 5 6 39 | 57.h-|- || 40|57|-|-|-|-|- era NARA 42 | 58 |225|240|135| 67 | 44 3 | 58 |215|226|130| 62 | 43 44 | 58 | — | 240|133]| 60 | 43 45| 58| — | —|— {68 | 50 46/58|T—|—-|[|—-{j=-{|—- 47|58|T—|—-{[|-{|-|—- 48 | 58 |243|254|138| 64 | 46 49/58|—-|—-{[|—_-|—-|_- 50 | 58 |242|257|143| 66 | 45 51/58|T—|—-{—-}|-|- 52 | 58] — | — [130] 64| 47 53 | 58) — | — | 138] 65 | 48 54 | 58] — | — [135] 61 | 47 Sr eng MS SSA ENO 56 | 589/ — | —|— |63] 45 57 | 58 | 242|255|137]| 61 | 48 GIS ( OO E SE SY ESA NE 59 | 58 | 242|254|143]| 69 | 53 60 | 58 | — | — | 134! 65 | 48 61|58|/|—|—-|—-]|--|- 62/58|—-|—-|—- e da 63/|58/|—|—|—-|—-|—- 64.158,55 — |— | — 65 {58,0 — |—|—-|T—-| 66|59|—|—-|—-|—-|—- 67 | 59| — | — |130| 68 | 43 68 | 59 | —|— |137| 70 | 49 69|59|—|—-|—-|-|- 70) 59) — | — | 147) 68 | 54 711|59|—|—-|—-|—-{|—- 72 | 59 |283|244|131| 66 | 45 73 | 59| — | — | 144] 66 | 46 74|59|—|—|— |68]|45 | 59|—|-|=-]|—-|_ 76 | 59 |246|253|140| 69 | 47 Lunghezza della sutura bifrontale 118 108 | 113 109 103 106 114 JeL9 107 106 115 114 109 110 Lunghezza del parietale nel mezzo 116 Lunghezza dell’occipitale Lunghezza massima dei nasali Lunghezza dello spazio occupato dai molari superiori Dal margine posteriore del foro sottorbitario al margine dell'orbita Lunghezza della sutura palatina dei mascellari 13 Lunghezza massima dell’intermascellare Distanza fra l'apice post. dell’intermascellare e il foro sopraciliare Numero d'ordine Segue Distanza dall’apice ant. dell’intermascellare al margine posteriore del foro sottorbitario 81 83 83 83 Lunghezza dell’apofisi interna dell’intermascellare 55 52 58 56 Lunghezza massima dell'apertura incisiva dell’intermascellare 35 sl 39 43 RICERCHE INTORNO ALLO STAMBECCO DELLE ALPI Lunghezza della sutura mediana dei palatini delle corna (al principio delle rugosità) Minima distanza fra le basi dei nuclei ossei Massima larghezza del frontale alla base dei nuclei ossei delle corna Massima largh. del front. fra i margini esterni delle orbite sopra la sutura fronto-]jugale Massima largh. del front. al marg. delle orbite alla sutura fronto-lacrimale Massima larghezza del frontale agli apici anteriori Massima larghezza del parietale alla sutura fronto-parietale Massima larghezza del parietale alla sutura parieto-temporale Massimo diametro bitemporale Distanza minima fra i processi stiloidei Larghezza dei due nasali al livello degli apici anteriori dei frontali 25 del foro sottorbitario 22 Serie II. Tow. LVII. 114 110 114 114 105 111 22 | Largh. dei due nasali a livello del marg. post. [=] Numero d'ordine Larghezza bimascellare fra 1 tubera mazxillaria del 1° molare Larghezza bimascellare alla base dell’ultimo molare Larghezza massima dell'apertura nasale Larghezza massima dell’apertura incisiva LORENZO CAMERANO [] DES 55) s |FEol 5|e|8/8s8 d \CS (RSS S| 5854 20 Cs SRL GOMEZ © |a | SH 3 [GRASSE È |a |a E d Ss | Pel A STRO sor est” 788 39 — 4155 des2ulpz 39 | 50 | 32 | 5,5 46|53 | 40| 5 RA 44|58|38| 6 MERI 43|56|37| 8 41|60|42| 4,5 429 | 58. 38|— 40| 55 | 38{— Co 56 7 40 | 57 | 40} 7 43 | 57 | 40.| 6 42|57 |36| 11 dA (\057 d0410pr— = lee 41 | 54 |:84| 7 49 das {badi e Ml EI 14;; SR ITO AT ite qe=dRE 46|56|39| 8 42|57|37| 7 43 58. lesz a È el Meg 38|53|41 8 Diametro massimo antero-posteriore dell'orbita Diametro massimo traversale dell'orbita a ° - = 40 0 | co Spessore del margine dell’orbita alla sutura fronto-jugale - Co) L coco co va 9 co co arco a | Nooo | | ov (Sal ur (SAI 09 001 00 00.1 c0 | | 10 o (Sai Distanza fra l'angolo anteriore e posteriore del zigomatico PS (o) Distanza fra l'angolo superiore e inferiore del zigomatico I - © Lunghezza massima dell’apofisi orbitale del zigomatico IIomELT] » sIiszeliil5[[e[[I2R|sE25885b8851]81] Numero d’ordine assima dell’apofisi temporale del zigomatico Lunghezza m RICERCHE INTORNO ALLO STAMBECCO DELLE ALPI EA S Dì) È Qi EC] (ai [o] i e S è = 8 |\8S 83} S|3SA z a Sell aa En) 3) se sa|s | gs 38/8351 sd So|gg|a8| S| |8s) 8 SE sdlisslsel eg ES) $ | SB Eos ez (eg) A È EL | 94 D si IS Da SFies|gs 3|8| A|al| 786 Bela [asl 3/8 g|si| 1 |£E cale Mes Si S iIsfli "a | Fe Bei saldi E pai E i |e8|&|5|4|5g È [ni s = DS) RA RDS È 48 49 50 51 52 53 5i (#1 56 SI i tei SEO 1; as gi (i gip ipo Aa |cig pi gt pe SI rp letpia ice lg 18|31:|26| 12|18 | 50 | 27 | 45| 24 16 |28,5| 20 |11,5115 | 47 | 21) 6 | 23 24 | 32 |29|18|26| 58| — | — | 23 Re e I ER en apollo) laaz DEA gi ed lo alto rapina bag Lise gui pda Ds 27 18|24|28|10|17 | 55 | 22 28 iui ra fù cei 25 NS A ei ali (pddine la fi 29 22 TSE IEEE Ae di EAT FEES TOS o 18|29|26|10|18| 55.| 26) 5 | 24 14 |32|80|23|18 | 51 | 25 | 35| 28 16 | 27|29|15|18 | 54 | 29 | 5,5 | 26 16|30|29|11|15 | 54 | 21) 6,5| 22 16|29|29|14|17 | 52 | 80 | 5 | 28 15|82|35 |11|16| 52|22| 5 | 28 ei i ge Li parlo ly glo lag 15/30/25 |10|15 | 50| 25 4 | 26 16|33|27|12|16 | 58 | 27| 4 | 25 16120 |sa6'|025t|.27 |istidi ol +3. |i24 2 | ES ANA O] NETTE Ea SE 3) ATA] RE E =5 1821 16,5 28 |27,5| 12/17 | 51| 21| 4 | 24 Ae 48 Li | ES] RA ES a a oa 1580/2518] 19 | 50. 220) 40 | 24 i | get) | pae = Ein 6 [tel Sai ei pece ge ig oa 1025 Si Sera i log sisi e aid (oo 16| 35 |132|10|-238 | 56.| 26] 5. | 24 15|30|38|12|24 | 54 | 30 | 6,5| 24 15|31|22 (1116 |49|:24| 3 | 26 PO A RES SII PESA PSE RL OT 19 |:83|26|10|19 | 53:| 22] 4 | 25 Dist. dal foro sopraciliare all'apice anteriore del frontale Distanza dall'apice anteriore del frontale al marg. orbit. lungo la sutura fronto-lacrimale 27 Distanza dall’apice anteriore del frontale all’ap. anter. della sutura bifrontale 28 Numero d’ordine LORENZO CAMERANO Cranì di stambecco maschio — Misure assolute espresse in millimetri. Distanza fra i fori sopraciliari (Lunghezza base) Lungh. del cranio dal margine ant. del foramen magnum alla punta dell’intermascell. alla radice dei nasali Lungh. del cranio dalla crista occipitalis alla punta dell’intermascellare Lungh. del cranio dalla crista occipitalis Spess. del cranio fra l’apice post. della sut. med. Spess, del cranio fra la sutura med. palatina dei masc. a livello del 1° molare ed i nasali Lunghezza della sutura bifrontale Lunghezza del parietale nel mezzo Lunghezza dell’occipitale Lunghezza massima dei nasali Lunghezza dello spazio occupato dai molari superiori al margine dell’orbita Lunghezza della sutura palatina dei mascellari Lunghezza massima dell’intermascellare “| dei palat. e il punto med. della rad. dei nasali | 6% | DO LO 111 » | Dal margine posteriore del foro sottorbitario (0) Distanza fra l'apice post. dell’intermascellare e il foro sopraciliare Segue RICERCHE INTORNO ALLO STAMBECCO DELLE ALPI Numero d'ordine Distanza dall'apice ant. dell’intermascellare al margine posteriore del foro sottorbitario Lunghezza dell’apofisi interna dell’intermascellare Lunghezza massima dell'apertura incisiva dell’intermascellare fe di og 5 2a & | SS/$ E = S E = SE a ® o 2 "© Sì Ss |» = x = = = Fo = = Da = S |22| 29| gé | AE] s3 sa) S| E | 4/3 “dl £o Sl EE pai (ES Sals0| Ss S65|AS/SF|se|sf| #| 23/88 esl-3| 33] 78 |iilaflai[gi| g| - | F5|5- se|2E | S8| Se |S£|Se|SE|S8 | s | g58|e2 ag |gR&-85|SalSa| Wa delo2| E| È Si 25 Slc S| sà 83/828 s5lS| gs | a°|E2 Ss |3° ws) 5° /Gels®@|sslai s| #|G8|5e ® (SS) sg| SE|seli [fa f3 sl s | 48/33 Rea e EE 5: Ho E = 5D SPLE | ESS i 5 19 20 21 22 23 dA 25 26 NEL 28 29 30 AZIZ 325 1885-806105: 72] |22 DIM Ai RAI SAAS ZON 82 DI dl 91130 |La7 di Ab) 49, 11355970) RU SA) 7660 La Leal 39.24 Shi (20M (01936 LOON 24 | Sag o 1.ak |30 92 AG) d12 1335101 33082) ai 9-04 20 | 27 21 | 28 | 114 | 138|104| 3287/75 101) 77 | 38 | 28 fl 201) #15 |3141--103:/-397% 884) 770101) ——|l30 |.26 20 | 27 | 111| 138| 99|85|88|77|94| 75 | s2 | 26 28 | 29 | 107 | 138|103| 37 | 82|72|95| 61 | 36 | 25 Adani) das (8190810013293. —M —eè 4 20 | 23 Sat ia Rls 100)-33- BL La li |).98 | 26 20 | 23 | 110 | 138|96|29|83|74|93| 65! 29 | 25 DEI NRIS RI40L103: 95. 85 kb &l 2/36 |-27 Sag ds (0140-105133 SL leh i. 33 | 7 .28 | 22 | 114|-188| 98] 33.) 89|78| 99] — | 29 | 23 2 | 28 | 109/1381) 95] 31|83|—|—|— | 82 |28 DR DA 118 4368950908) 84 Leh Lod ..59 | DA 22 | 22 | 113 |\137|101| 81.| 84|750| 97] — | 81 | 26 TE Se a Sa O a CC 26 | 28 | 117 | 140|104|35:| 87 75.97] — | 34 | 26 18 | 24 | 112) 190) 93|32|83|75|93| 67 | 32 | 26 29 | 28 | 118| 148 |108| 35 | 93 | 82 [103] 61 | 33 [32,5 Dia ES 91377 099 ZIE ET] 80» At) 31 | 28 usi (200 (415 \-130-| 97-| 33-/-Sd-L76-|- 99 72-90 | LO 20 | 24 | 114 |137| 98|38|79/73|—|— | 38 | 27 gd 240 dii (p139r} 100) 919} 88.) 770) + Sf | 25 aSi da) (RIN ngr98-| 38-|eg0 — th. -—|31 | 26 Pubs iz gs oiooL aria ui ll. \.32 | 27 21 | 27 | 109 | 133| 99|38|84|77|96|72| 32 | 26 28 | 23 | Lil |0134|\97.|81:|88.|-74.| 95| —.| 28 | 28 21 | 23113 | 138) 98|32|89|79|100] 77 | 31 | 27 21 BE COSI Z4060] 35 85] 78099) — | — | 25 | 114| 133) 9630/80) —|—|—| s0 | 25 17 | 29 | 115 |t188,} 10%} 95: 88] — |—|—=:| Sf | 27 21 | 25 | 115 | 142:103| 35 | 88|78|98| 65 | 33 | 27 19 | 20 | 114 | 135102|31|88|—|—|— | 3230 20 | 25 | 115 | 187! 96|30| 88|76|102| 73 | 29 | 27 20 | 37 32| 84|73| 97] 73] 32 | 28 110 136 | 100 30 Numero d'ordine LORENZO CAMERANO Segue Spessore del margine dell’orbita alla sutura fronto-]jugale Distanza fra l'angolo anteriore e posteriore g r i) del zigomatico Distanza fra l'angolo superiore e inferiore del zigomatico ® GI £ SC Eea Sele | ELE s | & 5|o | È 8 2 5 E Rd Si fcBeg bee] SS Chie ee) 0 RE SelfSligl 3|3|S|x|3|85| S|É 33 84|534-HL| ATEI ARESE SE] Ses eta le Rie (ba = BI Bca SUN gue Se Oa i ITA CEE e e CRCR ALE e |& Sl les ao: RS SA:3; 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ca Ste ©/:£ Cora È a |48|/4o0|& |S#e]|#s]| e | S des | È 3 |s#le8|s2|S8|Selé || E o |E|S8|33|35|ga\33/#|5|& s |28|ég|Sf|sA/8 5g £|S|.8 S gel f8|s3|35|sf|382|#|8|5 © |S$|sa|sa|az #8 \23\.5|#|S e |23 m|S8|s88| 538) a | gl 5 |a g2|.o3|98|So|£5/5|2|s HSE dia 8 Sg z |egB|Ss|55|5e|9&\#2| S|s| Fc ieri a RE z SÈ Sals dio PA Ei a A |&i|e#la |ss|S8 5/3 fs | pra l 2 3 7 Seni 5 6 Là 8 9 115. 68| —|— |142| — | 50|106]| 36 | 59 Lie: east [92] 8 | 2e/ AL MES ir: | ‘6gal dee ae 70 arr ang ee TS: 639 ae ee e 119 | eg lea e 190: | 169, === |e-tle (Cee 121 [1633 —del li g4 64 e 122 | 63 |240/273|150] 73 | 49/115] 38 | 65 123 | 64 |260|269|152| 77 | 53|112| 39 | 64 124 | 64 |242|259|146| 73 | 50 |110| 35 | 68 das: Veda ie AAA 126 | 64 — | — |147| 73 | 48 |107| 35 | 67 127 | 64| — |250|127| 74|48|106|37 | — 128 | 64| — | — |143| 70 | 48 | 116| 37 | 63 Ce eo 130 | 64 | — |250|132| 66 | 52|109[35| — dali (64 ed e A99»| 641 — sita tiva (Mede Ne 138 | 64| —|— |147|78|51]|115|35|63 194 | 644 — g/l sg tea 135 | 65 |253|263|142| 75 | 53 |109| 43 | 62 136 | 65 | 250|265/147| 73 | 50 |124| 39 | 62 137 | 65 |240|259|140| 70 | 49 |119| 38 | 61 138 | 65 |260|271]|148| 68 | 48 |120| 41 | 67 139 | 65| — | — |151| 71|52|128|40| 65 140 | 65| — | — |158| 80 | 50|122] 40 | 67 141 |65| — | — |140| 65 | 53|118| 40 | 63 149 | 66.) — dl Re = Aa E 143 | 67 |257|264|150] 80 | 47 [123] 37 | 66 144 | 67 275|143| 70 | 48|121|37|— 145 (68. ei ae 146; | (680 — eg Ie 145: | (690) — Und ee patina LAB (690 — di A alata te 149: (70)| —}s— IM 2 aa 110) 40 150 | 71] — | — |156| 77 |53 |126| 44 65 Lunghezza massima dei nasali Lunghezza dello spazio occupato dai molari superiori Dal margine posteriore del foro sottorbitario al margine dell'orbita Lunghezza della sutura palatina dei mascellari Lunghezza massima dell’intermascellare Distanza fra l’apice post. dell’intermascellare e il foro sopraciliare RICERCHE INTORNO ALLO STAMBECCO DELLE ALPI 39 Segue Do UE ® Fo È | al & Sto) el 2a) coro) fot (RS [aaa SERRE (RR ee FOIS Se e Noe SA 2 |as | 9.9 e |ag S533|Î (88|fa|3s|f3|38|Fa| AF il i |2a 29 Sl |\aS|ss|sSélssleo|ge ssl53|s8/se|se| | &| S| Fs o |Ee|3f ds5|s8/SA|Se|Sa| 88 Sg|Sé SE 2 | gs | 38) 28 E |25|ss|Fe|oel# 2/55 sale 5|SS|53 SS S| d | 85) sg dere e ie e EEA (LE | SS Se i oa pe | SIE SIC | (ST AES Re | Si E 16 1 1s 19 Î 20 21 22 23 24 i 251 | 26 27 28 29 30 Ho|-|-—-}|—{|- | 22 | 112|137|102| 30 | 86 | 78 |100| 70 6) 25 116 | 80 | 56 | 27 | 26 | 25 | 115|138|100| 33 | S1|—|—-| — 92 25 117|— — | 20!20 | 110|133| 94 | 33 | 85/—|—-|—- 30 22 118 | 80 | 55 | 38 | 21 | 26 | 114/137| 99 | 30 | 80 —|— | —- 30 23 Jo) — — | — | 23 |112|135| 98 | 29 | 80 —|—| — 30 26 0, —|—-|—|— | 21 |[113|138/100| 33 | 80/|—|—-| — 92 30 12L|—=|-—-|—|{_—- | 22 |117|139|100] 30. 80| —| — | — Sl 25 122 | 90°| 56 | 38 | 22 | 30 |114| 139/100] 35 | 90 | 80|102| 69 9] 25 123! 90 | 60 | 45 | 23 | 19 | 117|141|1083| 36 | 88 | 78 | 99| 68 5) 28 424) 80%) 57 38/23 | 25 | 117|136|100| 32 | 88 | 78 | 99 | 64 29 25 125| —|-—-|— | 20 | 20 | 116] 138|101|.35 | 84 | 76 |103| 74 39 30 126) — | —|— |17 | 24 |112|137|102| 33 | 91.|74| 91) — 92 28 127 | 80 | 58 | 40 | 19 | 21 | 115|138|100| 32 | 84|—|— | — b) 28 128|—|-|—- 123 | 23 |117|137]| 98 | 30|89|78|97]| — 92 26 129 | 88 | 54 | 41| 21 | 24 |118/139|100| 33 | 841|—|—- | — 32 24 130 | 85 | 52 | 41) 25 | 28 |107/131| 94 | 34/77|—|—- | 32 26 131 |85| —|—|— {24 |114|135| 97 | 33|80|—-|—-]|— 50 24 132 | 85 | 60 | 45 | 21 | 25 | 113|138|102|.54 | 84 | —|—-| 50 24 138 | — | — | — | 22 | 22 | 119|141|103| 34 |) 90 | 77 |100| 70 38 28 134 | — | — | | 17 | 20 |113|143|105| 34 | $5 | 73 | 98| 67 92 27 135 | 92 — | — | 23 | 28 | 117, 141| 101| 34 | 86 | 78 |104| 71 S4 | 32,5 136 | 87 | 58 | 41 | 24 | 21 | 118] 139|103| 32 | 90 | 80 |105| — 92 26 137.) 89 | 53 | 40-| 19 } 26 | 111|136| 98. | 35 | 86 | 75 | 95 | 80 29 22 138 | 90 | 56 | 33 | 26 | 29 | 119) 136|103| 33 | 68 | 76) 95| — 24 28 1839 | — | —- | — | 18 | 21 |120|142|103| 39 | 87 | 77 \102| — s4 27 140 | — | — | — | 28 | 26 | 120|142|104| 35 | 92 | 81 |108| — = — dd -<|-|—- {21 | 21 |114/135| 94 | 35 | 827395] — S4 — 142} —|—-|-|— |19|121|140|103| 35| 90 —|— | — 99 31 143 | 89 | 59 | 34 | 24 | 30 | 12t|140|103|.35 | 91 | 80| 98| 71 94 26 Med: | 800 59 |87.|:25 23 124/140) 102135 |-88 80) — | — 32 27 145 | 82 54 | 31 | — | 28 |114|138|102| 33/82 —|—-| — 33 29 146 | 89| — | —|— | 23 | 119|140|103| 34 | 85| —|— | — 33 25 147|—-|—-|—-|- | 23 |124|146|105| 36 | 90 | 81| —| — 99 27 148|—|—-|-—-|—- | 21 ]|121|143|104| 3390, 79 — | — 3) 28 149 | — |—- || 24 | 22 | 123|147|107) 34 | 87) 82) —| — 99 26 150) — ||| 25 | 25 |122| 148/105] 34 | 91 | 81 |105| 76 399 30 Serie II. Tom. LVII. 4 Numero d'ordine 124 150 Larghezza bimascellare Segue fra i tubera mazillaria Larghezza bimascellare alla base del 1° molare Larghezza bimascellare alla base dell’ultimo molare Larghezza massima dell'apertura nasale Larghezza massima dell’apertura incisiva dt ||] VITI] [T]ess]]a]loo|a[||aeas@] Larghezza massima dei due palatini uniti LORENZO CAMERANO Sì 18511 4 Dalla base del 5° molare al nasale | Dalla base del 1° molare all’intermascellare (3) [2 HH (E «| Largh, mass. dell'interm. nellasua porz, esterna 00 4215000 | | or u00 Noe) u ur co4 | | 00 00 002° | | © | SL 040 | ou compresa fra il nasale ed il mascellare è| Diametro massimo antero-posteriore dell'orbita Diametro massimo traversale dell'orbita Spessore del margine dell'orbita alla sutura fronto-jugale Perego uo Livo vd 19 Ut 03 dI I H= 09 ot 00 9 0° nutr pal Ut ut D E Gai 3 o | & SG se SÈ SE| af | 8 o. | e. ss. UN MISI gN tor | Sa | da Lo] SSR a si a ES; = S DÌ S E a, | B6EI5 48 44 45 891 4619 91 45 — 92 47 13 87 44: — 94 57 9 96 47 _ 90 48 3 97 48 14: 93 44 EL 88 48 15 95 48 ale! 93 47 6 88 | 45 | 11,5 — 47 12 93 47 13 93 48 15 92 47 _ 92 45 14 90 44 13 94 dd 14 97 51 12 97 51 12 92 44 10 94 46 12 91 50 15 91 46 13 91 48 _ Numero d’ordine 122 123 124 125 126 127 128 129 130 131 132 133 134 135 136 137 138 139 140 141 142 143 assima dell'apofisi temporale del zigomatico Lunghezza m Segue | Ca «| Lunghezza della sutura zigomatico-lacrimale RICERCHE INTORNO ALLO STAMBECCO DELLE Lunghezza del lacrimale al suo margine orbitale a della sutura esterna del lacrimale col frontale Lunghezz 32 Lungh. del margine del lacrimale a contatto colla lacuna fronto-naso-lacrimale Lunghezza della sutura lacrimo-mascellare Larghezza massima del lacrimale Lunghezza massima del lacrimale Lacuna fra il frontale il lacrimale ed il nasale — Lunghezza massima Idem — Larghezza massima ALPI alla sutura fronto-lacrimale Dist. dal foro sopraciliare all'apice anteriore del frontale Distanza dall’apice anteriore del frontale al marg. orbit. lungo la sutura fronto-lacrimale 39 Distanza dall’apice anteriore del frontale all’ap. anter. della sutura bifrontale [Su [ui | cr Npo ur cooatuaur | puo | x O uv DID ODI Ha uv ||||ea|poo a u s| Distanza fra il foro sopracil. e il marg. dell’orb. LA DD (er) DDINIDN SS DIN INOONNDODNNN (© rie A GS MO ONION I [9] (DA: 27 DO (db) 27 DI ID o 24 ui (ca) HB JAIO5OH > H> 00 > STIA 36 Numero d’ordine o 0-1 VIN Cranì di stambecco maschio — Misure espresse in 360°3imì somatici. Distanza fra i fori sopraciliari (Lunghezza base) Lungh. del cranio dal margine ant. del Lungh. del cranio dalla crista occipitalis alla punta dell’intermascellare Lungh. del cranio dalla crista occipitalis alla radice dei nasali della rad. dei nasali apice post. della sut. med. dei palat. e il punto med. Spess. del cranio fra l° LORENZO CAMERANO Spess. del cranio fra la sutura med, palatina dei mase. a livello del 1° molare ed i nasali | foramen magnum alla punta dell’intermascell. - 916 | (5) ou (©) 454|2 Lunghezza della sutura bifrontale Lunghezza del parietale nel mezzo Lunghezza dell’occipitale Lunghezza massima dei nasali Lunghezza dello spazio occupato dai molari superiori Dal margine posteriore del foro sottorbitario al margine dell’orbita palatina dei mascellari Lunghezza della sutura Lunghezza massima dell’intermascellare (pi) Di [iS] (06) H>oti “I 431 i op} cs1 SI PSI | Pio DO Ux Distanza fra l’apice post. dell’intermascellare e il foro sopraciliare u | 5 dI Numero d'ordine o 00-41 Ut VID Segue Distanza dall’apice ant. dell’intermascellare al margine posteriore del foro sottorbitario Gi Te D (er) Lunghezza dell’apofisi interna dell’intermascellare Lunghezza massima dell'apertura incisiva dell’intermascellare RICERCHE INTORNO Lunghezza della sutura mediana dei palatini Minima distanza fra le basi dei nuclei ossei delle corna (al principio delle rugosità) Massima larghezza del frontale alla base i dei nuclei ossei delle corna delle orbite sopra la sutura fronto-]jugale «| Massima largh. del front. fra i margini esterni alla sutura fronto-lacrimale Massima largh. del front. al marg. delle orbite Massima larghezza del frontale agli apici anteriori alla sutura fronto-parietale Massima larghezza del parietale Massima larghezza del parietale alla sutura parieto-temporale ALLO STAMBECCO DELLE ALPI Massimo diametro bitemporale Distanza minima fra i processi stiloidei li degli apici anteriori dei fronta Larghezza dei due nasali al livello 37 «| Largh. dei due nasali a livello del marg. post. del foro sottorbitario DO DI IST v< 195 225 HDH >o w (00 0 182 174 151 151 111 157 702 708 O 00 dI uo To) DO pa 00 00 00 00 Dì VI I VolN Ment0®) 929 817 852 793 832 875 897 812 897 829 836 791 836 791 887 841 881 872 885 803 790 872 860 803 822 853 822 959 b 498 517 485 576 491 557 495 547: 482 934 495 489 502 579 497 |: 506 512 544 480 480 918 518 512 925 487 506 506 ° Numero d’ordine 0 041 Uta VID Larghezza bimascellare fra i tubera mazxillaria bimascellare alla base del 1° molare Larghezza Larghezza bimascellare alla base dell’ultimo molare Larghezza massima dell'apertura nasale Larghezza massima dell'apertura incisiva LORENZO CAMERANO Larghezza massima dei due palatini uniti Dalla base del 5° molare al nasale Largh. mass. dell’interm. nella sua porz. esterna compresa fra il nasale ed il mascellare Epossore del margine dell'orbita Diametro massimo trasversale dell’orbita alla sutura fronto-jugale MEA a co i. DO ut pra 282 2| Dalla base del 1° molare all’intermascellare ITITS5]| SE1 58 8 Ut H> 00 [\Mer}er] *|Diametro massimo antero-posteriore dell'orbita 296 I DI DI (lie al DODO - Distanza fra l'angolo anteriore e posteriore del zigomatico |Bés dI dI © Distanza fra l’angolo superiore e inferiore del zigomatico | EgtE-BEsEr2e è (0 e) Dl DI» Lunghezza massima dell’apofisi orbitale del zigomatico 72 RICERCHE INTORNO ALLO STAMBECCO DELLE ALPI 39 Segue Sto SI ll ea ae SE © $ CERN sia ia Eels EE = © = S| 0 = a G i:-= S © Sd Pea] S n Blas| # [08/8 gii) dl a|31| S | 35) i3| 88) EEE oe MS eee e a ea sE | ERRACEr oa ae s |È ® |& | È E Silio e È IS CS ee 46 47 48 49 50 dl 52 53 54 55 56 5 58 59 1 | 123|178|123|169|165| 98 212] 271 | 127 | 38 | 169 | 254 | 220 | 148 2 | 164|219|125|204|164|102|133| 345 | 172 | 31 | 172 | 298 | 274 | 196 S|\|—-|-{[|j—-|-|-]|—_-|-|- — — | 180 | 293 |! 285 | 165 Elisa 225 MI 05) M95: L05500) 353209645778, N293%|240, 35 5 | 147|191|118|169|176| 74 |125| 301 | 176 | 37 | 154 | 279 | 235 | 140 6|—-|_-|_-|=-|—-{|-|-{|- —_ — | 159| — = —_ | 136/258 129|204|170| 81 |112| 340 | 183-| 27 | 194 | 251 | 251 | 197 8|—-|—-|-{|{-]|-|_-]|-|- —_ — IM — — — Op] _ — | 147 | 247 | 234 | 120 0|-|_-|-|—-|-{|-{|-|-}!tl-{JT-{[=-Jl=-}|,|-|- lL| —|— |105|197|183| 79 |105| 341 | 190 | 39 | 164 | 236 | 242 | 138 42 (151 |(210:| 118177190] 66 | 111| 334 | 183 | 29. | 151 | 229 | 216 | 138 B/{=-|T—-]|-{|=-]|—-{|-|=-|- = — | 170 | 242 | 255 | 131 14 | 151| 216|118|210|183| 66 |118| 347 | 183 | 46 | 190 | 242 | 269 | 131 5|—-|—- {|1188|—-|—-]|_-|_-|- —_ — | 157 | 255 | 242 | 183 16|—-|—-|-|—-]|=-]|_-]|_-]|_- — — | 177 | 229 | 249 | 177 17 |129|199| 96 |199| 148 116| 328 | 161 | 33 | 174 | 251 | 254 | 158 18 | 161|225|109|212|186| 58 | 129) 354 | 167 | 26 | 174 | 257 | 257 | 135 19|-|—-|96|—-|—- — | — — — | 159. | 212 | 231 | 129 20|—|T—-|=-|—-|-]|=-]|=-|_- _ — | 141 | 288 | 244 | 161 21|/—-|—-]|-|—-|-|_-|_-|- _ — | 141 | 244 | 238 | 129 22|-|—-]|-]|_-|_-]|=-{Jl=-|- — |141| — cn La 23 n Se SS E. = — = e = e — 24| —| —_ — | — _ = _ = _ 25 | 159|204|115|185|166| 89 [127 316 | 127 | 29 | 153 | 223 | 229 | 140 26 — — | — | — 164 | 246 | 240 | 126 272|-|-|[|=-|-]|-|-|-|- = — | 171) 215 | 240 | 126 28 | 183|228| 88 | 196|190| 70 | 114| 348 | 183 | 32 | 202 | 246 | 253 | 139 29 | 158) 190| 88 | 183|126| 88 | 114| 322 | 133 | 41 | 164 | 246 | 246 | 164 80|—|—-|—-]|—-|—- — | — —_ — | 139 | 221 | 228 | 133 8L{—-|—-|_-{=-|=-|=]|-=|=- |177 | 38 | 183 | 221 | 228 | 139 82{—-|—-|=-|[|—-|_-{J=]|-|_- — — | 177 | 259 | 253 | 152 33|—-|—-|- — — | — |139 | 38 | 171 | 246 | 246 | 145 34 |139|228, 88 | 215| 234; 82 | 101] 367 | 164 | 25 | 183 | 259 | 259 | 152 359|—-|—- | — | — — — | 164| — = — 86|—|—-|_-|_-|_-|-|-|_- — a e Me = = 3T|—-|-|_- —|=-|-|_- —_ — | | — — 38|—-|—-j_|—-]|-]|-{|_-|- — — |1152.| 284]: 234.| 139 "n 40 LORENZO CAMERANO Cranì di stambecco maschio — Misure espresse in 360°%ì somatici. e il foro sopraciliare Sd $i (eo z ‘3 IlnS 28 case le Gi Su 25 el gle Ele ei e © | E&|EFP|SO|O0C| 50 £ za Du | 7 | S| 5 D) 3 |E8/Rs| sere Sales 0 eee ea A ie a RR s |\eF|s=|\e7\s5\83|53|3|s|8|5|S5|52/83| S |&ilazla |ss|SS\ 8 Se e e SS tw | | SES | a S A È S3|5 |E |[szA/SÉ 7 3 s 1 2 3a RATTO an 5 5] 8 9 10 nu |" 13 li I S91 gegio pill) Sol _Lah toga 54 e e 40 | 9600 — | (2 ES LUCETI Lalcogliliagga bi MOI dll 3600! el — 144 eee 42 | 360 [1397/1490] 838| 416 | 273| 633 | 230|354|546|404|379| 317 | 578 43 | 860 |1335|1403] 807| 385 | 267 | 658|230|366|435|441|360| 317 | 497 44 |360| — [1490] 826|373|267|683|211| — |540|404|397]| 317 | 590 45.360) — | — | — [422|311] — | —|— |584|447| — | 372 | 664 46 |360/ —|—-|bk-{=|_{67I1{-{-|=-j{={1={ {= ATI 3604 — WE |EL |-='l(—= (A83(000 E 48 | 360|1509|1577|857|397|286|708|236!|385|559|404|422] 329 | 615 49 ‘| 360 il | 22 | Lal paglia Lo isp 2 ME LaNe = peg 50 |360/1503/1596| 888|410|279|708|.230|385|571|385|410| 360 | 609 51 |360) — |—{|—|—- | — |671|205|373|565| —|—| — ! 609 52 |360] — | — | 807|397|292]683!|236|360|559|391|397| 317 | — 53 |360| — | — |857|404|298]715|211|373| — |397|391| 329] — 54 1360) — | — | 838|379|292|708|217|373|503]435|416| — | — 55 |360| — | — | — | 404|298|689|217|422| — |428[428] — | — 56 | 360 391 |279|633|205 546 | 435|404| 329 | 584 58 1360] — |—|—|— | — |[658/230| — |553|—|—{|— | —- 59 | 360 /1503/1587| 888 | 428 | 329| 677| 255|373| — |422|385| 354 | 602 60 | 360| — | — | 832|404|298|696|211|385| — |416|435| 335 | — 61/360 — |—|--|T—|—-]|69|—{|-|-|-|-{|=- | 62 |360 — | — | —| —|—|727|230| — |590|410|] — | 366 | 646 63 (3601 —|—|—-|—-]|—- |671| — TL e e — 64 1360) — | — | — | 406] 295| 702/203) — |— |418|387| 295) — 65 360 — | — | — — 677 —-{|—-{|{-{J=-{|J-|_- | 66! 60M e | Sa | 6a8 12991 972525] PO LONSLe 67 [360] — | — |793|415|262]|658|220} — |519] — |378| 287 | — 68% 360° —4-=_ 148361427 | 299 708/200 69 |360| — | — | —| —|— |739|226| — | 610]|415|409| 360 | 622 10 | 360 — ‘|-— |1897 |.415 | 329] 653]/232|— |561| [3420 == 714300 — que | | 25 |1_Sk647/ | Re 72 | 360 1421]1488) 799| 403 | 275 | 702 214| 366|549|397]|415| 311 | 561 73 |360| — | — | 878|403|281|995|214| — |537:|415]|458| 348 | 604 14° |360| — | — |P |415|275]665|226| — ‘531/421 4038/731108) — 45 960] — 1 || 671/ eee 76 |360]|1581|1544] 854] 421 |287]708|183|366]512!/415|] — | 354 | 580 | Distanza fra l’apice post. dell’intermascellare ur Numero d'ordine Distanza dall’apice ant. dell’intermascellare Segue al margine posteriore del foro sottorbitario 494 506 506 906 Lunghezza dell’apofisi interna dell’intermascellare 336 317 354 342 Lwghezza massima dell'apertura incisiva dell’intermascellare 214 189 201 262 RICERCHE INTORNO ALLO STAMBECCO DELLE ALPI Lunghezza della sutura mediana dei palatini Minima distanza fra le basi dei nuclei ossci delle corna (al principio delle rugosità) Massima larghezza del frontale alla base dei nuclei ossei delle cora «| Massima largh. del front. fra i margini esterni delle orbite sopra la sutura fronto-]ugale alla sutura fronto-lacrimale | Massima largh. del front. al marg. delle orbite ichezza del frontale D anteriori alla sutura fronto-parietale Massima larghezza del parietale Massima larghezza del parietale alla sutura parieto-temporale Massimo diametro bitemporale Distanza minima fra i processi stiloidei Larghezza dei due nasali al livello degli ‘apici anteriori dei frontali 41 »>| Largh. dei due nasali a livello del marg. post. del foro sottorbitario 2% ga S | 19 20 21 2° 3 Di 25 20 27 28 SONE) 0 — | 139] 695|S41| — | — | 5061461| 626 | 379 | — — — | 158|695| — | — | — | 581|506| 632 | — = _ — | 131] 657 | 833|570| — [501] — | — — —_ _- — | 168| 964} 782 |559|211|503|441| 528 | 360 | 199 | 143 124|180| 640|758 | 534|186|478|428| 503 | 391 | 186 | 130 112|143|677|814|528|1S6|484|441| — — | 161 | 1530 118|130|702|832|596|174| —|—- | — | 168 | 161 — |137]|664}820]|602|193|503| — | — — | 180 | 168 — | 161| 683; 851|609| 205|515| — | — — |174| — 143 | 149] 689|851| 609/199] 515|460| 596 | 422 | 177 | 161 — | — | 677|826|596|174| —| — | — — | 186 | 161 143) 155| 683| 807 | 584! 199| 522|453| 578 | 404 | 186 | 168 — | 143| 658| 807 | 596 | 180| 484| 447 | 578 | 428 | 168 | 161 130|130|227|845|584|205]|478|447| 534| — | 186 | 124 124| 118) 733 | 814|578|174|484|441| 553 | — | 168 | 143 137|161]|702|746|540|205|503]|435| 546 | — | 186 | 130 130|124| 664| 820| 565] 205|472|435| 578 | — | 186 | 137 118|155| 652|795|540|186|497| — | — — | 168 | 130 112|118|714|838|621]|224|540]|478| 596 | — | 186 | 168 — | 143| 664| 826! 584|2051478| — | — — | 193 | 155 124 | 155| 652|807|602|199|509|447| 578 | — | 186 | 174 149 | 124] 708) 807 | 609| 186) 503|472| 615 | 478 | — | — — | 112|654| — | 546|211|497{ — | — — | 174 | 137 130 |155|702|826|615|199|509| — | — — | 199 | 168 — | 168|658|801|565|211|497| —| — — | 186 | 155 135| 172] 633|781|572|185|480|437| 529 | — | 160 | 135 — | 166|707|8S18|597| — (523|—| —- | —- — | — — | 177|659|787|580|201|488|451| 573 | — | 195 | 171 116|171| 634) 750 |555|207|470|433| 519 | — | 189 | 140 122| 134| 683| 811|573|207|506|458| 5956 | — | 189 | 171 — | 146|695|817|592|189|543|458| — 98165 110) 159| 671) 793 | 692|195]|512|458| 604| — | 171 | 159 MASS et 61020] 519 ee d72 | 153 140) 134| 695| 824| 598 | 183! 512|458: 555 | 384 | 177 | 153 134 | 140) 641|805|573|195|470|433| 543 | 427 | 189 | 146 122|153|671|817|592|183|506|451| — — | 177 | 146 — | 159|683|799|592|183|500| — | — — | 183 | 153 134|134]|677|811]|567]|207]|494|445]| 567 | — | 189 | 171 F Serie II. Tom. LVII. Numero d'ordine Larghezza bimascellare Segue fra i tubera mamillaria del 1° molare Larghezza bimascellare alla base 451| 244 439 | 250 445 | 226 445 | 256 zz bimascellare alla base dell’ultimo molare Larghe al Larghezza massima dell'apertura nasale Larghezza massima dell’apertura incisiva E LORENZO CAMERANO Larghezza massima dei due palatini uniti Dalla base del 5° molare al nasale Dalla base del 1° molare all'intermascellare È Largh. mass.dell’interm. nella sua porz, esterna compresa fra il nasale ed il mascellare | Diametro massimo antero-posteriore dell'orbita 250 268 275 256 256 250 256 Diametro massimo traversale dell'orbita Spessore del margine dell'orbita alla sutura fronto-jugale Distanza fra l'angolo anteriore e posteriore del zigomatico Distanza fra l'angolo superiore e inferiore del zigomatico assima dell’apofisi orbitale del zigomatico Lunghezza m RICERCHE INTORNO ALLO STAMBECCO DELLE ALPI 49 Segue 2 | E 2 |Se Ele 3 Ci ae a E Sile) o \2° 52158 2 3 È SE: & Sela Stioae - 8 dae sie ai EEE eee a ae) Re seg) EE 5 |z8| 2 |8-|2°| As] s | A |#, SEE er es als |eela|s|l ass) | |88)8 (85068 CE Sii an bee SE Ri £ | elia e DG a 2- |A $ A A = 45 47 48 49 0 ol 52 53 54 55 56 57 08 59 39| — = ei gpiiipio FOl el) AS LOA RAI 0, SIA A e O) i SS E e ME e e Sla] e 49 |137|205|112|193|161}| 75 |112| 311|168| 28 | 149 | 248 | 230 | 149 43 | 143|174| 99 |177|124| 71| 98|292|130| 37 | 143) 230 | 230 | 124 44 | 149} 199/149|193|180| 81 |161| 329) — | — | 143| 255 | 242 | 137 i REA e 168 | 255 | 267 | 124 Me A ent 138. 2900286 |"130 272 N ET IAT Rare Ro la \5 SN! LSr| q682300 (948! 161 48 | 143|217]|112|149|174| 62 | 106] 342 | 137 | 31 | 174| 261 | 248 | 149 25 / EA A E E RI SCE IIC, 50 [155199 | —{|_ —.|137|248|236 | 143 CO EEE 143 | 255 | 279 | 137 52 |'155|186|112]180|161| 62 |112| 342 |161| 31 | 149|236 | 242 | 143 53 | 143|199| 87 |199|186|143|112|317 | 155 | 22 | 174| 248 | 248 | 130 54 |130|180| 99 |168|180} 90 |112| 335 | 180 | 34 | 161| 273 | 236 | 130 55 | 149/217] 99/186|180| 68 | 93 | 335 | 130 | 40 | 137 | 261 | 242 | 137 56 |137|211| 99 |168|180| 87 |106| 323 | 186 | 31 | 143 | 242 | 218 | 130 57 |143|224| 98 |199|217| 68 | 99 | 323|187 | 31 | 174| 242 | 261 | 149 A i e e ea col Legea Lagg0) 224 | 197 59 | 143 193| 93 |186/155| 62| 98 | 311|155 | 25 | 161] 224 | 255 | 137 60 | 137|217] 99 |205|168| 75 | 99 | 329| 168) 25 | 155|236|242} — Gil — | — | 99|180|161|155|168| 317) — | — |149| 255/230 | 118 e 3" 91° 155) 280 | 2556130 on dee) 180 | abk |-242|"143 64 | — |185|101|172|169] 92 [105] 314|129| 25 | 150| 228 | 234 | 117 EI] VS 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incisiva LORENZO CAMERANO Larghezza massima dei due palatini uniti Dalla base del 5° molare al nasale | Dalla base del 1° molare all’intermascellare - Largh. mass. dell’interm, nella sua porz. esterna compresa fra il nasale ed il mascellare Diametro massimo trasversale dell’ovbita Spessore del margine dell'orbita 9 & € 8 RESSE] = DO 42 we | [e eMo 0) 45 | 47 ITISEIS 1 *|Diametro massimo antero-posteriore dell'orbita ID è UU 238 250 244 241 Da) DO (Ser) DI IM 250 250 244 244 248 235 alla sutura fronto-jugale Distanza fra l’angolo anteriore e posteriore del zigomatico Distanza fra l’angolo superiore e inferiore del zigomatico Lunghezza massima dell’apofisi orbitale del zigomatico Numero d’ordine Segue Lunghezza massima: dell’apofisi temporale del zigomatico 2| Lunghezza della sutura zigomatico-lacrimale Lunghezza del lacrimale - al suo margine orbitale RICERCHE INTORNO ALLO STAMBECCO DELLE ALPI a della sutura esterna del lacrimale col frontale Lunghezz ontatto colla lacuna fronto-naso-lacrimale Lungh. del margine del lacrimale a e Lunghezza della sutura lacrimo-mascellare Larghezza massima, dell lacrimale Lunghezza massima del lacrimale Lacuna fra il frontale il lacrimale ed il nasale — Lunghezza massima Tdem — Larghezza massima Distanza fra il foro sopracil. e il marg. dell’orb. alla sutura fronto-lacrimale Dist. dal foro sopraciliare all'apice anteriore del frontale Distanza dall’apice anteriore del frontale al marg. orbit. lungo la sutura fronto-lacrimale 47 Distanza dall’apice anteriore del frontale all’ap. anter. della sutura bifrontale un ts] DO (0) DD 262 i 48 Numero d’ordine Cranì di stambecco maschio — Misure espresse in 360mi somatici. del cranio dalla crista occipitalis ice post. della sut. med. d. della rad. dei nasali LORENZO CAMERANO livello del 1° niolare ed i nasali 269 I 6538 | | I a € S|£ .& s © 2_|B=|23|2"3 Selice lea. |8°|097|C3a. sala E ce be | Ss|22 FRS ba Malt BR: DI Prc e UE 25|Sg|SE|Sf DRE Pg (680|£,/ Fase a |FÉ|as|as\s°lge| 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|120|647|762|548|188|469/423; — | — | 172 | 141 148 — |. —-|—-|- |110|632|746|543]|172|469|412/538| — | 162 | 146 149 | — | — | — | 123|113|632|756|550|175|447|421] —| — | 170 | 134 150 | — | — | — | 127|127|619|750|532|172|461|411|532| 385 | 147 | 152 Serie II. Tow. LVII. LORENZO CAMERANO ® E Is) ® i E SE E | 8 5 à ® © E 5 ui a |©3| = © "ta È iS od le dedi i Saas gas \oall age Ca eroi o ES eee. # | BP|E | 2 E © 9 È 3 (BRlsglesl &| Z| es | &| E |eg 3 | E |pel 38 #8 88 cioe MEG Eee Rea ee iaia 9 | (28: io ee Riel acetta € o | È a | & | Bdlesl ga], aa 3 | ESSA] 80| S| || 808 | als | s 02/88) ad e Re Sla | S.|B8| S| # 8° 0 o S| SEED de e Ea a g | SSA) a ca 03 LS ce | Sr ER Sa ER a 2 |&-|gUlgS ili ig |3|s8) d| | 87|9| a° ai SORRISE Cade Baal IS e E e a HS HS|d rs & a a 2 CARI a abrr: & be! 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Il numero dei cranî più o meno completi di stambecco femmina che ho potuto studiare non è sufficiente per procedere a considerazioni intorno alla variazione delle loro parti, sopratutto pel fatto che le loro lunghezze basi variano soltanto da mill. 46 a 49. Dai dati raccolti si nota che lo sviluppo delle varie parti del cranio, come ad esempio i diametri trasversali del frontale, procede più liberamente che non nei cranî dei maschi, non subendo l’azione del peso delle corna che nelle femmine sono poco sviluppate. Il Forsyth Major, nella sua opera ripetutamente citata, menziona alcune differenze fra ilecranio della femmina e quello del maschio dello stambecco nella forma dei nasali, nella forma dei frontali, nelle fosse infraorbitali, nei nuclei delle corna. Già si è parlato nella prima parte di questo lavoro dei caratteri che presentano i nuclei ossei delle corna delle femmine e della porzione del frontale che è in rap- porto con essì direttamente. Delle altre differenze la più spiccata è quella della forma dei nasali, i quali sono nella femmina relativamente molto meno convessi sia dall’avanti allo indietro che da un lato all’altro che non nei maschi. Le ossa del cranio delle femmine non raggiungono lo PIEdEo ed il peso di quelle dei maschi. Spiccatissime si osservano le differenze fra i nasali delle femmine di stambecco e quelle di capra comune e fra le lacune ed anche, sebbene in grado un po’ minore che non fra i cranî maschi delle due specie, fra la forma del contorno dell’orbita. Anche i crani di stambecco femmina da me studiati, non hanno BO alcun accenno di ibridismo con capra domestica. 93 eIgijogidos 0107 JI ® Q1e[[99sewI9FuI, [ap ‘380d 991de,] BI ezuegsI( Q1e][2OStUI9JUI]]Op ewIssEUI eZ20qSUNI] 596 948 IIE][POstuT 19p eumejed eInqus e[[op ezzogSunr 659 13 EIIquro, [ep oursmemta qe OTTCYIQIO]GOS OTO} ]Op arorIosod eursIgTa ]e(] 398 nonredns rI2[owr TRp oqedno90 o12eds o[[ap ezzeqsuni] I]estu ‘op VwISSsEWI eZZ0 SUNT 503 | 465 9]eg1d1090, [PP ezzogsunT 498 |452| 391 683 | 480 | 488| 375 | 690 503 OZzout jeu aqeqorizd [op ezzogsun a[equoIziq eangns e][op ezz0 Sung 82 75 87 74 | 33 642 987 TTestu I po e1g]owa s] ]9P OTT®4I] è ‘osewa r0p VuIqeed “por einns Re] gi oTtuRII [op 'ss9dg 600 42 | 86 | 32 37 40 40 Misure assolute espresse in millimetri. I[estu Top ‘ns e][op ‘por ogundi jr è ‘geged top ‘pow ‘qns'e][op'qs0d eord®.] gay otuRTO ]9p :s50dg 56 | 43 | 81° 52 | 97 57 57 Misure espresse in 360°imi somatici. Cranì di stambecco femmina. TTeSeu IOp 9oIpri Ele st0pdr090 PISTHI "E[{RP OIURIO ]Op ‘USUNT 122 RICERCHE INTORNO ALLO STAMBECCO DELLE ALPI Q1e][oosewI9gur,[[ep egund egge SUPNIdI7I0 PISIHI RT[Ep OTUR.IO [Op "USUNT 390 | 278 | 548 428 | 315 | 645 | 240 428 | 300 935 | 429 | 329 | 620 | 268 | 398 238 (105) 59 240116) 60 | 37 *[[eostwnIsguI {op eqund ejpe wunubvu vawniof Tp ‘que ewrsIttI [ep outro Jp QSUN'T (08tq ezzogsunr) TIRI]IOGAdOS TITO} t VIp EZURISI(] — |1785| 788 | 443 |300 | 563 = SR 853 | 441 | 272 | 544|243| — |639|492|456| 382 | 676 | 529 1 46 QUIPIO,p_QIQUINN 4 | 47 |196|227 116) 55 2 | 46 3| 47 5 | 48 6 | 48 7|48 8 | 48 9148) 1049) 1 |860 21360 3 |360 1 4 |360|1501|1739) 889 | 421 | 283 | 666 | 245 | 383 5 | 360 6 |360 7 |360 360 * 9 |360 10 |360 LORENZO CAMERANO 54 Segue Cranì di stambecco femmina. Misure assolute espresse in millimetri. Oriegiq1ojz0s 040} 9p ‘qs0d “Sat Jp O][oA1] è reseu onp top ‘qSaer] TITEquo:} Tp Trotrague T0IdE IT5Op OJTOAI] ]B Ifeseu onp 19p ezzoqsIe] I9pIo]Iqs ISS9001d I WI} VUIIUTWI VZUBISI(] O]RI0dWI9FI OIFAUTEIP. OTMISSEH a[e1odwog-0gormed vingus e][e aqegotmted [op ezzoqgre] VISSUTI o[egormed-07uo1; Inqus e]je oTegetmed [op tzzo4S1e] ULISSE nuotrague TtIde 15% Q]equoIz [op ezzoySie] VISSE O[BUILIOR[-0Fuo1f eInqus Re OFIquO a][ap “Sue [e ‘quo1y [op 'USIE] CUTISSEN opesnf-0guo1; #ingns e] Ridos apiquo ol[op IUI99SO IUISUBUL L VIS ‘ZUO [OP "USIE] VUISSEN BUI0O A][Op 10sS0 rojonu T19p OStq B][e o]eguo:z Op ezzoySag[ RULISSE] (tIIsoSTI a|j[op ordioutIA qe) tUI09 a]1op TASSO TO[Onu LOp ISBQ 9] BI} VZUUISIP VUITUT] tutgened 19p VUBIpom BINJns V|[op ezz0qsunt QIB]]0OSBULIOYUI, [OP WAISIOUI vinqpiode [op guIsstuI R2z0qSUNT QI1R][998BMIIOFUL, [OP guegui IsTOd®. 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Na] 02IETOSIZ ]Op GEE SoS eegiquo Istode [ep tuIsstI ezzo sun È ui fluexe 001JBUIOSTZ [Op a [pe a es QIOLIQfuI 9 eIOLtAdns 0]0Sue,] iz ezuegsig | © (a) sli 09IJRUIOSIZ ]OP ki | | Î e |g9 QI0L9gsod 9 exo1t9Jue 0[osSue,.] tap ezuegsig | S > 00 | 00 0 o]esn(-0quo1; eingns ee | tqIquo,][ep eursIRuI [Op o10ss9dg s olona n, Ss H | |uooa EJIquo,J19p O]EsICARIZ OUIISSEUI 0I1JOTIRI(] | fanleacSE i 5 Î ° | 0° |SOrH eJIquO,]Jop 9101199s0d-o19gue omTISstUI 0IJOWIEI( | e | Saleen ei Q.e[[PosVut JI po ejestw Jr gap tsorduroo eur99so ‘z10d ans o I. [[ep:ssgur* seas 9gs9 ‘Z10d ens'e]fou*w1I9Jur[op:s8gux'qS1eg QIB[[POSEUTIAWUI TR exelowa LI [op oseq eleg | 8° ||8S8|S58|BSE Oestu Te 21e]ow1 56 [Op ostq elleg Eee Eee Ju QIA | 900 | Iqrun tutpe]ed onp 19p VUISSEUI VZZ0]STeT | alt LI Oa e Cee AISIOUI BInguade j[op tunsseta vezzo qsIet | 28 ||| babo OA Le a Di S si o]eseu vanquode [ap tuisseut ezzoqSI 5 UE | | PO | | EE] QIe|OUI 00II)N,][®P s |[1]®|[®|8 OSE U]je, 0IE][OOSV IT EZZOSICT < 29 o ew QIEIOwt pT TOP 8 |||8|28]|Sg astq eppe e1e][eoseuatg, ezzeqBaer sì " n lecco | ea DILD]}CDUL Dogna T Raz 3 ||[8|SC|£® QdE[[eosetuTq ezzo Sert È é | Sr | né QuIpIo,p 019wxnN | aan Misure espresse in 360° somatici. lel le e eee |1|13//S|8= Gi D'ni |}_KS"}-1559:S5 © ol Sb eee E Uma! CO 00 (coli ] di |q|or |SSSwWw n'ai MA n | DO SO0H H+|ceco|osaqao mn IAN AIM [RSS 00 O | 00 1 II |en|i3n|Soa ISTRIMMES TA BUTI id | 0, 0 + |un |SA|SS ddl md ' PA È 1.00 | MIAII | I | |Ge|0d0o |& CEI ISIS Mele e LISTS 45 N lun m |1ISTISISS + dd I ]IRI8SIS® ql'laqaalaa 00: Dad. | 0° [Rf] sic as Si d' Jo dA % mMamsbseroa o LORENZO CAMERANO 96 Segue Cranì di stambecco femmina. Misure assolute espresse in millimetri. o[ejuoafig tatigns e[fop «toque «deje Misure espresse in 3608im: somatici. to) Plsegi SH9%0 [Sd ci Q[equoa; [ap o10r19pue d901dt ]ep ezuegsig qeir SAAGAA Q|ewaLIOE]-0gu01] gInqns e] oSun] ‘qrquo ‘Brea qe emEA | Faeno Q[equo1z [op s1ottogue doIde [[ep ezuegsI( 5 MMM | PAD A SIETMONTAIOD 5 SES |Q2FXZ9 eIontogue corde ]je èterflogidos 0107 [ep ‘9A | ®? FO AM I MAMAHAA No) Qt ItIOR]-0guory vamqns e]]e 0 # GRIN NONA ‘quo. 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Mandibola - Misure assolute espresse in millimetri. 07 Misure espresse in 3608mi somatici assumendo per lunghezza base a no 3 iS: Co Gig agili gia SÉ Grill n bi (n i a CI AD Pr Ra E 2|su| #|s|88|35|35) Sf 35 3 |33|585|88| 33 oi O ENS | E e È 5 SIE | CRI zo (EEE AE GERE S |g3| 3 o |SZ| Ba | 85 Zi LES SEE zi AE A ESS sie] ala] È] 888 SE in sé E SE SERE © Se| ES 29 Ania (SEE Cabo EE QRS A | 8 |Col® © Ss | Sat] sL|7°348 30) e8 uao a i E a | SF|52| S9|929|5ps| Z| SO =" 20006 CTS aa 3 < E va) SI ms 34 720039 17 29° 31 | 17 | 13 | 18 | 19 21,5] 20 (-46(1) Di 49 |-84 | 68/38 | 16 | 30 | 32,5| 14 | 13 |22,5) 13 | 22,5| 18 | 490) 3 |172| 99 | 66|45| 28 | 31 | 35 | 17 |15|24 |15} 20 | 27 |58 #00 208: | 102 | 78/53 | 25 | 30°) 39 | 19 | 15|25 | 49| 29 | 26 | 62 5. | 200 | 108| 75| 49] 25 | 30 | 38 | 20 | 15|25 | 17) 26 | 26 [63 6 | 201 | 116 84 | 54! 20 | 29 | 43,5| 19 | 17| 29 |17,5| 81 | 24 | 63 7 | 196 | 118| 78|54| 24 | 32 | 43,5| 16 |15|25 | 18| 29 | 26 |64 8 | 192] 101) 69/51] 24 | 28 | 36 |145/ 14|28 | 17| 30 | 23|65 Sos tod gt 52 215% 31,5 40) 18-17 |23,5|17 29 | 24/67 la stessa distanza usata pei cranì, vale a dire la distanza fra i fori sopraciliari. 1237 1095 1068 1208 1146 1152 1103 1064 1063 DIL UT0IN 658 617 615 593 590 665 664 960 958 564 500 410 453 430 481 439 382 435 305 279 279 308 281 309 304 283 279 133 118 143 145 143 115 135 133 105 227 221 193 174 172 166 180 155 169 243 239 217 227 218 249 245 199 215 133 141 | 165 149 145 145 166 141 155 126 168 165 124 168 149 178 163 166 156 157 132 168 209 149 138 146 127 129 360(1) 360(3) 360 360 360 360 360 360 360 Il numero delle mandibole unite ai relativi cranî che ho potuto avere a mia disposizione è troppo scarso per poter procedere a considerazioni intorno al variare di questa parte del capo. Ho avuto anche un certo numero di mandibole isolate delle quali qui seguono le misure. Siccome può essere utile, sopratutto pel confronto coi resti fossili, di conoscere le proporzioni relative delle varie porzioni della mandi- bola dello stambecco delle Alpi, ho assunto per le mandibole isolate come lunghezza base, la lunghezza dal condilo alla base del 1° incisivo. Nella tabella delle misure (') Nella mascella superiore del cranio a cui appartengono vi è ancora la dentatura da latte. Serie II. Tom. LVII. H 98 LORENZO CAMERANO espresse in 360°s®' somatici, che segue, sono incluse pure le nove mandibole sopra- dette, le di cui misure sono calcolate assumendo la stessa lunghezza base. Le figure delle mandibole unite a questo lavoro dànno un’idea migliore di qualunque descrizione della loro forma e di alcune loro variazioni. Mandibole isolate - Misure assolute espresse in millimetri. | 2 JE LS|RE Usi = 2 ESTA) pi asl san\[asi e EM ES = | 8S| 88 if A EI) EER DO cia S 2 ca Bu B's sila | Eos 9 S ° «£ 5 e So (3) E FA) 2 SQ cè È se A | o |#5| 38 dai sa n Si | 10] 190-| 103 | 223° |-48 |..19 11| 190 | 100] 70 | 52 | 23 12| 191] 105 | 70 | 47 | 22,5 13a| (191 | 108.|2700|52) 123 14 | 192| 100| 72 | 50 | 22,5 15 | 195 | 106 | 68 | 51 | 23,5 16 | 196 | 105) 76 | 50 | 24,5 17| 208 | 108) 71°) 54.| 24 18 | 203 | 100] 72 | 52 | 23 204 | 106} 74 | 53. | 23 (4) Vedi nota alla pagina precedente. 360 360 360 360 | 360 360 | 360 360 360 360 360 360 360 360 360 360 360 360 360 | 203 1:91 207 194 190 198 204 188 190 196 193 217 189 185 208 191 177 188 176 164 164 138 138 133 132 132 135 | 129 126 134 143 147 135 150 126 128 131 135 #99 | 94 Altezza della mandibola a livello del 5° molare Altezza mass. dell’apofisi coronoide Larghezza dell’apofisi coronoide alla base Spessore massimo del mascellare a livello del 5° molare Misure espresse in 360°5mi somatici assumendo per lungh. base la lungh. della mandibola dal condilo alla 92 89 94 110 89 98 95 94 92 99 95 106 97 96 110 94 92 39 39 49 36 dd 42 41 42 45 43 45 44 39 45 Diametro trasversale massimo del condilo Spessore del mascellare sulla tuberosità mascellare C) 2 ela GRAFE d'R'S| s Faslal cse|gL Sg Se SPESSE fe SR s#8| 83 pa 9 (SÌ A 24 | 24 26 | 30 30 |23,5 26 | 28 31 ci 29 25 la 29 |27,5 29 |27,5 28 È base del 1° incisivo. si lit) 4601) 42. |56 UT RICERCHE INTORNO ALLO STAMBECCO DELLE ALPI 59 Denti. Non descriverò minutamente la forma dei denti dello stambecco nostrale: le figure unite a questo lavoro valgono meglio di qualunque lunga descrizione. Nel numeroso materiale da me studiato ho trovato non rare le alterazioni pro- dotte da processi patologici interessanti sopratutto la regione alveolare. L'aspetto della corona del dente può variare abbastanza notevolmente secondo lo stato suo di usura, e talvolta si hanno corone logorate in modo al tutto irregolare per anomalie di sviluppo dei denti della porzione corrispondente della mascella opposta. Forsyth Major nell’opera ripetutamente citata dice a pag. 42: “ La C. Ibex generalmente non ha che due premolari inferiori. In una mandibola di individuo non adulto manca ogni traccia di alveolo del p.; inf. (premolare primo o anteriore). Nel cranio al quale appartiene la detta mandibola, il prem.3 sup. lavora sulla metà anteriore del pr., inf. avendo la medesima lunghezza: la parte posteriore del pr., infe- riore combacia con quella anteriore del pr. sup. ,. Fra 16 mandibole da me studiate ne ho trovato una in cui il primo molare inferiore (1° premolare secondo Forsyth Major) manca totalmente in ambo le parti, ed una in cui non esiste a destra: mentre è normalmente sviluppato a sinistra. In tutte le altre mandibole il 1° molare inferiore è normalmente sviluppato. Maschi - Cranì con dentatura da latte - Mascella superiore. Misure assolute espresse in millimetri. E S 2 2 È È È 9 Td Td [Si Si (>) i ti n Di tri n =] © Pa a ! E D = & a CS e a a a a CS) a a È ® È 5 E El El g E g El s El A Ea v 3 E= E «A .E .B Risi =; .A Ri=. DE . e vd EA HA EA EA % EA FA E) i E E È 2 E Q ( SÌ ci 3) È (a Co) (Di ) To] 2 | 8 E E È E E] 5] A 5] E E A | & IS » . si . 2 = 5 ‘ ; , ; ‘ E) ES; «i si si RS] a di «(fede ae bo) [hi] S 4 =] A [Si pa [=] # [=] pa [=] a s E) 5 = E =; 5 = 85; da iù = 5 sea Ei 3 © E) ® ® E) ® 9 d 9 E) E) ® e Rel al i tei i xi i _ = i — i =i i 3 ° GS) E) GC) © o) © ° © © DS) = si = = = = = = si | = sl È > = SÌ à î ES G FS) m © ES) il [E ; 5 12 W 13 8 155| 75/0) — |-0|- 2 48 7 BI i o AID 8 15,5] 8,5 | 16,5) 9 |—@) — Misure espresse in 360°mì somatici. Sett 96 AZ LORA o ETNIE Me 64 | V| — 2 | 360 | 53 | 41 | 83 | 56 | 86 | 60 e: 64 | 124) 68 | — | (') Per la riduzione delle misure dei denti in 360€imi somatici si assuma la lunghezza base usata pel cranio. (?) Non sono ancora spuntati. Numero progressivo Lunghezza base 1° Molare lungh. mass. della corona LORENZO CAMERANO . Maschi - Denti della mascella superiore. = Misure assolute espresse in millimetri. 1° Molare largh. massima id. | (en) D (Sd (co (SAS uu du |a DID DIO JIA WNT SACE uu Da “ D t2,: DI | Pu x D ut (ca NUO STID Ch ES] (er) ur ‘al 29 | TIDN PALO a | mu] |aoa|]||a I (Si a a a [oi ca Sip e = li pe Sta got Pipa E "I E E] f E i2i Si £ Ss rs di rs i i pa A e Sg: ESE Sl SS Ai e px: pmi Divi rl [Moie Sei 8585 —|— | 14.|10 7.) 7 |6,5.| 11 |10,5|95 | 14,5 BOSE Ro 0 30 MA i li i 8-.| #5::965 db de 7,5.|8,25|7,5 | 10| 12) 11 SES RIO 00) 210 ci VG OR A i al E betta trarre lr Pi A RO FAC I: i I Big CR O, A e E ONE Si SE ee dl | 10 go e 7 | 875| 75 | do || gelo di E 9 | 14,5) 10 | 16 & (95 | 1 | e 5 | 8 |75 [10 (Res 85: | 7,5 | di | Asa 6 |7,5| 8 |8,5 | 95. | 13 | 105) 165 5 9 826 ME 6. Wo] 88 a LE 660/84 |: (88 (Veglie: IL5 6 (1855 1) 84 RE E ao 6:99: cr E ant e 25 10,| 9 le dl | 85 .|_16 |_10,| 175 67,5 | 65/8 |95 | J5| 1a E RA E 60/850] 87] 88 |, |a 5:| 8 |8,25|75. [95] 10.| 11 di 09 108 95 fs ee Sul 848. (8 | PE ADI 5|85 |85 | 8 | 9 |10,5| 10,5 5° Molare lungh. massima id. | 5° Molare largh. massima id. 6° Molare lungh. massima id. 6° Molare largh, massima id. Numero progressivo RICERCHE INTORNO ALLO STAMBECCO DELLE ALPI Segue Maschi - Denti della mascella superiore. Misure assolute espresse in millimetri. È (S) ® si È; e e @ 3) e è (5) (SÌ DS * RR Ces: ivi - | Re: sla|el&|# | | £| | ®| &| ® [EEA EACIE RICER: (5) ° ° (e) (e) ° ° 9° (e) [el ° 30304040: mi ri N N do Co) - Di DD NO) © etici etae i) vr 6 O eh) | 13 | 20 ia oa i se Lo. 10,5 0135 (db 17. | 13. | 2l 63 | 6,5 Gai el eo 10 (ida idea 22 SaR iena) St85 (95 | 12,5] 12 16. |, da [1205 sic gie n) 181 16) 12 120 e enti: PS 8445 105) db Le | 12,5) 20 64-| 6 BESCT:oR Sg 5 e 15 15195 i et 05 8 8 I IR 145 125] 22 Resina | 600 8 (S5:| 860 LL 10,5] 12, | 15. | 18 | 22 pesi (osi sa 8a] 9, 1025/10) | 12, | 14 (135) 19 ae 10 LL | L51642) 20 panza (Gg! So 8° 8a 95 105] Li (6 | 12 | 19 agiivon (orgli ss 0a) i) 1 |14,5|.12,5). 20 65.| — | — | 825|8,25| 10) 9. | 14 | 10 | 17 | 10 | 18 6-85) #0 9 8,75) 13,5) 15.) 16 | 10,5| 17 Amt i-40 (9 Ze (il I 165) 10 | 0 18 GafliiiGe Posi Sa. Sal Sa LO dx 42, | 14 | 18 [122,5 MUGiNINO | Go CAB (Spe (10) | 9 18: 12: | 16. 18 | 20 we =|-{|=|=|=|=]|155]| 12 | 15 | 14,5] 25 Denti della mandibola di stambecco maschio. a 1° molare - 5 2° molare - e 3° molare - d 4° molare - e 5° molare - f 6° molare. 61 6° Molare largh. massima id. 62 Numero progressivo Lunghezza base LORENZO CAMERANO Maschi - Denti della mascella superiore. Misure espresse in 360°smi somatici. 1° Molare lungh. mass. della corona 1° Molare largh. massima id 2° Molare oe massima id. 2° Molare largh. massima id. 3° Molare lungh. massima id. 3° Molare largh. massima id. 4° Molare lungh. massima id. 4° Molare largh. massima id. 5° Molare lungh. massima id. Ho (=) > (>) Di DO rs = > ) (°r) 41 | 35 | 53-44 | 65.| 47 | 97 | 59 | 100 41 | 48 | 59 | 53 | 65 | 50 | 94 | 59 | 103 38 |35 | 44.| 47 | 67 | 57 | 68 | 68 | 89 — |-|-{|-{-|-=-| 8659 | st 35 | 35 | 50 | 47 | 47 | 58 | 65 | 65 | 89 41 | 38 | 47 | 49 | 44 | 56 | 59 | 65 | 83 4l |-988) 52 | 52 | 46 |55 | 70 lega? 35 | 35. | 46 | 46.| 46 | 58 | 70 | 64 | 93 41 | 88 | 46 | 46 | 46 | 55 | 55 | 61 | 84 38 | 885/49 49}. 46%] 520 61.| 610|.8 | È Molare largh. massima id. 6° Molare lungh. massima id. ie Molare largh. massima id. RICERCHE INTORNO ALLO STAMBECCO DELLE ALPI 63 Segue Maschi - Denti della mascella superiore. Misure espresse in 36025imi somatici. Numero progressivo Lunghezza base 1° Molare lungh. mass. della corona 1° Molare largh. massima id. 2° Molare lungh. massima, id. 2° Molare largh. massima id. 3° Molare lungh. massima, id. 3° Molare largh. massima id. 4° Molare lungh. massima id. 4° Molare largh. massima id. 5° Molare lungh. massima id. È Molare largh. massima id. 6° Molare lungh. massima id 6° Molare largh. massima id. (30) fm I Di (©) (vel “I DD o (29 DO ra (©) > (») (SI 00 “I Ur Dì (310) i >) (lo) = (14 (n (N (SAS = (31: 3200360) 43 | 3% | 54 | 46| 57 | 60 | 77 | 63 | 97 | 74 | 120 | 74 I denti permanenti della mascella superiore variano nel modo seguente nelle loro misure assolute della larghezza e della lunghezza massime, misurate sulla corona, in situ. Ho osservato le classi di varianti seguenti, a fianco delle quali ho segnato le frequenze: 1° Molare - Lunghezza massima: 6,9-6,513-715-7,53. de x - Larghezza È 55-5,5g-693-6,512-73-7,25. 20 n - Lunghezza 5 73-7,259-7,5;-813-8,25-8,59-99-9,50-10. 29 gp do Larghezza S 6-6,5-77-7,5-819-8,254-8,56-8,75-9-9,5. 31 A - Lunghezza so 6,5-73-7,54-816-95-105-115-11,59-15. 3° i - Larghezza 5 8,-8,25-8,59-8,75-911-9,514-1010-10,25-10,5-11;-11,5. 64 LORENZO CAMERANO 4° Molare - Lunghezza massima: 9y-9,53-103-10;5-1111,5;-12-12,5,-18,-13,5x-14- sio iGna 4° ”» zi Larghezza ” 9,09-101-10,53-1115-11,511-12,,-15. 5° 5 - Lunghezza n 11,5-12-12,5,-13,5-1410-14,54-1519-15,99-16,1-16,5- 175-17,5-185-19. 5° Pi - Larghezza » 9,5,-10;-10,53-11,-11,5;-12,9-12,55-13g-13,5-14,5- 16-17. 6° A - Lunghezza = 15-163-16,50-173-187-19-19,5-20,5-21,-21,59-225- 22,5-23-25. 6° 5 - Larghezza È 8-9,-103-113-11,53-12,9-12,5g-1310-14-15. Le misure dei denti permanenti ridotte in 360esm somatici prendendo per misura base la stessa che venne scelta per le altre dimensioni del cranio dànno le serie di varianti e di frequenze seguenti: 1° Molare - Lunghezza massima: 32-33-34-353-363-377-383-3%;-40,-41;-43,-443-46. 1° ” a Larghezza » 29-31,-32-33-34-35;-36,-3710-38-39-403-433-44. 20 ” = Lunghezza ” 39-42-433-449-45-467-473-48-49, -509 Gi 51- 525- 59g- 54-559-063-07-59-62. 2° x - Larghezza 3 393 - 409-429 - 434 -449-453-469-473-481-493 - 50,4 -513- 523-53,-D4-56-59. 90 $ - Lunghezza > 40-433-44-45,:46;-47;-48-49-503-513-52-53-55,-56,- 57-59-62-653-67-68-71-74. go, - Larghezza |, — 46,-47-48-49-50,-51-52-58j=54y-55,-565573-58- 599-60-613-625-639-67-71-72. 4° 5 - Lunghezza 3 54-55-563-58-595-619-625-632-653-67-683-700- 71-72- 739-754-763-77-78-793-81:86-87-89-90-92-933-94- 97-105. 4° 5 - Larghezza s 53-55-56-58-593-61;-62-639 -643-653-66-67-68, -69;- 709-719-72-73-74-753-83. 5° 3 - Lunghezza È 71-75-76-78-799-80,-82,-83-84; -85-86-87,-893 - 90, - 913-92-93-94-95-96-97-98,-99,-100-101,-102-103- 106-107-110-116. 5a ” = Larghezza ”» I; 53-55-58,-59-61-62; -650-67,-68-690-703-713-723- 73,-813-94-100-104. 6° È - Lunghezza Î 93-94,-97-98-100-103-105-106-1073-110,-111-112,- 1133-115-117-118,-119-120, -121-124;-125-1263- 128-130-131-134-137-158. 6° 5 - Larghezza î 52,-55-56-59-61-62, - 64-66-67-683 - 700- 713 - 723-732- 743-753-76-783-793-813-82,-93-112. RICERCHE INTORNO ALLO STAMBECCO DELLE ALPI Misure assolute espresse in millimetri. è 5 SS 8 | At || ® . ci Pit 3 Rie > sd S|s 1 47 ql 9,0 2 47 7 6 amis 7 | 5 4 48 7 6,9 5 48|— | -— 6 490% 6 1 |360| 54 | 42 2 |360| 54 | 46 3()| 360 | 53 | 38 4 |360| 53 | 49 ISU R 3 6 |360| 51 | 64 Femmine - Mascella superiore. 2° Molare lungh. massima id. H 00 og 4 Sw 2° Molare largh. massima id. 00 0090 4 uo ut 3° Molare lungh. massima, id. 3° Molare largh. massima id. 4° Molare lungh. massima id. 4° Molare largh. massima id. 5° Molare lungh. massima id. 113 .123 120 110 107 bo Molare largh. massima id. (> Il 1°, 2°, 3° molare sono della 1° dentizione; il 6° non è ancora spuntato. (2) Vedi nota precedente. Serre II. Tom. LVII. 6° Molare lungh. massima id. n 00 00 DO (>) (ari 00 138 158 150 132 65 6° Molare largh. massima id. _ SOS Ta n | earn 66 Maschèò - Denti della mandibola - Misure assolute espresse in millimetri. LORENZO CAMERANO 29910 1919 19 39 : . LD SONICA e | ia pi emissent ‘pSre] OAISDUI p| ER | Ds I ee: | 10 19 tO) ; sei ‘48 oli SSR pi emwissewi ‘qSun] OAISIOU] cb mag] |a Sea ci No) si 19 19 an NEI) Na) . . SHE (SSA i INIERI Pi EWISSEWI *YSIE] OAISIVDU] 2 FETO | | io) | GOES a Di Pt 8 PANE SRO 19 GI ‘pi esse *“gSun] CAISIOU Li Ù 2 PI I USUN] OAISIDU] 0g ora igicoconit aio Sia Na) -”_- par n PI ISSB SIR] GIV[ON of SL (a soon go 8 3 mira lia PRE "pr VUUISSEII “THUN] FIB[ON cf Tai e di Saia ce nità da ea E e aaa enni ‘pr emussea ‘QSIE] CIV[ON “| 3 Horo i I "pi @UISSEUI ‘Qqoun] dI - ti sa - hi I MOT IOTe TO ce Ad ei EA io ao) ‘pi vuxssea *YSIB] SIVC]ON «| 00 iN MP INI REN aa TI Re ao) al] . \ . ad ini PI EMISSEUI ‘]IUN] SIE[ON g| © 0000 a) SEEN wear RITI 10 E) I, o È IA 29 e, te) pi vuissea *YSIe] SION oI Ed |M gueas | 10 Lù a tai x a et0.109 V[[ap ‘sstur ‘SUN 2IC[ON ol is | iconico) adito | E TOM ostq ezzeqguag POQTAINNAKICSS5APOSOS N <00 108 S e oAIss8IS0Id 019WwNN I Cio tac ene I il Ì | | | | | | | (*) Dente della 1* dentizione. (€) Il 6° molare non è ancora spuntato. (©) Nelle mandibole isolate che seguono la lunghezza base è la lunghezza del condilo alla base dell’incisivo. (') Il 1° molare permanente non è ancora interamente spuntato. (4) Il 1° molare non è spuntato. (*) Il 1° molare non esiste a destra mentre è ben sviluppato a sinistra. RICERCHE INTORNO ALLO STAMBECCO DELLE ALPI Maschi. 67 Misure espresse in 360°wì som. dei denti delle mandibole (n. 1 a 10 del prec. specchietto) unite ai cranì e colla Numero progressivo Lunghezza base 1° Molare lungh. mass. della corona 1° Molare largh. massima id. 2° Molare lungh. massima id. 2° Molare largh. massima id. 3° Molare largh. massima id. 3° Molare lungh. massima id. 4° Molare lungh. massima id. 4° Molare largh. massima id. 5° Molare lungh. massima id. prendendo come misura base la lungh. della mandibola dal condilo alla base de | 51 360 13 1 360| — 3/36) 11|360) 9, 121 360| 10 13) 360 14/360) — 360) — 1360|35|29|41 360 | 29| 26) 46 360 | 34| 23 | 40 128 48\& OD JD Ut VD I (er) ° 360| —|—|50 SIM 360| —| — 44 360 da 44 (I.numeri progressivi si riferiscono allo specchietto precedente). 1019 (EN (El 17 915 9 12 | 9 |13 sia 1/15 9 (15 061 LaBep14| LLO4A2 9/12 12 18 I 4 CA Nofier (cn) (16) = Ho un Ve} _ (=) DO (dA i 51 125! 63 110.51 | 5° Molare largh. massima id. | 6° Molare lungh. massima id. | 1° Imcisivo lungh. massima id. 1° Incisivo largh. massima id. 1 2° Incisivo lungh. massima id. 2° Incisivo largh. massima id. misura base che è stata adottata per questi. 3° Incisivo lungh. massima id. id. 3° Incisivo largh. massima 4° Incisivo lungh. massima id. 4° Incisivo largh. massima id. 6° Molare largh. massima id. Misure espresse in 360% somatici 22|14|30 21|17|30 18| 14/25 | 15/1222 |.16|12|21 | 14/18/19 | 17/1220 | 18/124 | 19/12/25 | 18/1221 191321 |.15,|:27 1164217 | 1223 15112119)15|23! |17 15 16 13 14 16 15 13 PES \14 36 | 36 praitosi — | 15/10 —|15 16|15 15 10 13 15 13 i 10 mobo ut | 0] vo doi L 51|31|51|31|58|27|29|20 — |46|29|40|29|28|18|22/20 47|43|22|37|20|40|19|34]|16 Cei SN e i Aa e pere ea e at 63|37|26|37|29|34|27|34|26 52|32|26|32|26|29|26|29|26 39|48|20|39|17|84|17|28/11 50 — ha 43 |89|17|40|16|36|16|21|13 1° incisivo. do 0 00 | 0 | vUD0O sac: | 2 | IWA . 68 Fig. LORENZO CAMERANO SPIEGAZIONE DELLE FIGURE TAVOLA I (Le figure, salvo indicazione speciale, sono rimpiccolite). Stambecchi puro sangue. 1 — Cranio di maschio vecchio. T—- Id. id. vecchio. 9—- Id id. adulto. 2—- Id. id. giovane; il 6° molare non è ancora completamente uscito; den- tatura permanente. 4 Id. id giovane. 8—- Id id giovane. 5 Id. femmina, con dentatura permanente. 10 Id. maschio giovane. 6 — Id. id adulto. 18 — Id, id vecchio. 19 — Id. id adulto, con dente sopranumerario. 20 — Id id giovane, con dentatura di latte. 1h e Id. id vecchio, sezionato. 12 — Id. id adulto id. 1I7—- 1d id. adulto id. Î 15 — Mandibola di maschio adulto; dentatura permanente col primo molare. 16 — Id. id. id. ; non esiste il primo molare. 21 — Vomere di un cranio di maschio adulto. i 18 — Foro sottorbitario di cranio di maschio adulto. 14 — Id. st; Pat id. 30 — Sesto molare del mascellare superiore destro, visto dalla faccia esterna. 32 — Td. id. id. id. 26 — Id. id. id. visto dalla faccia interna: da cranio vecchio. 31 — Id. bi id. id. id. 25 — Id. id. id. sinistro, id. id. 23 — Id. id. id. 3 id. id. 22 — Quinto molare id. id. destro, visto dalla faccia interna. 29 — Quarto id. id. id. » visto dalla faccia esterna. 24 — Terzo id. id. id. sinistro id. id. 37 — id. id. id. id. 34-35-36 — Primo molare superiore. 27-28-33 — Secondo molare superiore. destro, visto dalla faccia interna. RICERCHE INTORNO ALLO STAMBECCO DELLE ALPI 69 TAVOLA II (Le fisure, salvo indicazioni in contrario, sono in grandezza naturale). Stambecco maschio di puro sangue. 1 — Ossa nasali di un cranio di lunghezza base eguale a mill. 63. 2 Id. id. 65. 3 Idi vr id. 47. 4 Id. id. 59. 5 — Id. id. 62. 6 — Id. id. 63. (fe Id. id. 49. 8— Id. id. 46. 9 — Ossa nasali, porzione distale, con divisione anomala longitudinale (come nella fig. 1) di un cranio di lunghezza base eguale a mill. 60. 11 — Profilo della sezione trasversale dei nasali condotta a livello del margine posteriore del foro sottorbitario di un cranio con lunghezza base eguale a mill. 63. 15 — Id, id. id. base eguale a mill. 47. 17 — Id. id. id. base eguale a mill. 62. 13 — Profilo della sezione trasversale dei nasali condotta a livello degli apici anteriori dei frontali di un cranio con lunghezza base eguale a mill. 61. 12 — Id. id. id. base eguale a mill. 65. 18 — Perimetro del margine dell’orbita di un cranio con lungh. base equivalente a mill. 49. 20, — Id. id. id. id. 56. 21 — Id. id. id. id. 61. (a lacrimale - d frontale - e zigomatico). 22 — Palatini di un cranio con lunghezza base eguale a mill. 54. 23 — Id. id. id. 68. 24 — Id. id. id. 59 (a fori palatini). 26 — Zigomatico destro di un cranio con lunghezza base eguale a mill. 64. 2° —- Id sinistro dello stesso cranio. 28 — Id. sinistro di un cranio con lunghezza base eguale a mill. 62. 29 — Id. sinistro id. id. id. 56. 30, — Id. destro id. id. id. 57. dd Id. destro id. id. id. 61 (a cresta zigomatica - d orbita - c mascellare superiore). 32 — Lacrimale di un cranio con lunghezza base eguale a mill. 47. 33 — Td. id. 63. 34 — Id. id. 54. 35 — Id. id. 46 (a frontale - 5 lacuna fronto-naso-lacrimale - ec zigomatico - d mascellare superiore). 37 — Lacuna fronto-naso-lacrimale di un cranio con lunghezza base eguale a mill. 60. 38 — Td. id. id. 95, 39 — Id. id. id. 44. 4l — Id. id. id. 54. 42 — Id. id. id. 64. 43 — Id. destra id. id. 65. 44 46 47 48 49 50 51 LORENZO CAMERANO — RICERCHE INTORNO ALLO STAMBECCO DELLE ALPI . 56 — Lacuna fronto-naso-lacrimale sinistra di un cranio con lunghezza base eguale a mill. 65 (a frontale - b lacrimale - c nasale - @ mascellare superiore). — Intermascellare visto di un fianco di un cranio con lungh. base eguale a mill. 47. —_ Id. id. id. 68. — Id. id. id. di. — Id. id. id. 65. - Id. id. id. 62 (a intermascellare - d nasale - c mascellare superiore). — Nasale visto di fianco di un cranio con lunghezza base eguale a mill. 60. — Profilo antero-posteriore del frontale sino alla linea che passa pel margine ante- riore dei nuclei ossei delle corna e dei nasali fino al loro apice distale, di un cranio con lunghezza base eguale a mill. 62. — Id. di un cranio con lunghezza base eguale a mill. 46. — 1d id. 48. — Id. id. 55 (@ nasali - d frontale). Capra domestica maschio. — Nagali. — Palatini (a fori palatini). — Lacrimale (a frontale - è lacuna, ecc. - e zigomatico - 4 mascellare superiore). — Lacuna fronto-naso-lacrimale (a frontale - è lacrimale - e nasale - 4 mascellare sup.). —- Perimetro dell'orbita (a lacrimale - > frontale - e zigomatico). — Profilo dei nasali, sezione condotta a livello del margine post. del foro sottorbiturio. — Profilo dei nasali, sezione condotta a livello degli apici anteriori dei frontali. — Intermascellare visto di fianco (a intermascellare - d nasale - c mascellare superiore). — Profilo antero-posteriore del frontale fino alla linea che passa pel margine anteriore dei nuelei ossei delle corna e dei nasali fino al loro apice distale (a nasali - è frontale) L. CAMERANO - Ricerche intorno allo Stambecco delle Alpi. Parte II" Tav, 1 Nemozie della R. Accad. delle Scienze di Forino, Serie |l' Vol. LVII L.CAMERANO- Ricerche intorno allo Stambeoco delle Alpi. Partell — Tav. IL > Nd. Dei Accad.0h.d. Ocienze di Corno, EL sc fio mate nat.- Serie 2° EC i : .- Serie 2° Como LVIL. + Pigr6 / 7 a & fig), Anfo 030) rigso! Fig.s6 ® LoTA ch 5 i Fig: 27 Pig:52 Pig:54 Lit. Salussolia, Torino I.tamerano dis. dalvero DI ALCUNE NUMMULITI E ORBITOIDI DELL'APPENNINO LIGURE-PIEMONTESE MEMORIA DELLA Dott. CLELIA PARISCH Approvata nell'adunanza del 13 Maggio 1906. INTRODUZIONE Nulla dirò della geologia della regione da cui provengono i foraminiferi studiati in questo lavoro, rimandando a quanto ne scrissero specialmente Issel, Sacco e Rovereto. Dirò invece che sin dal 1888 il dott. A. Tellini, in questo stesso Museo ‘ Geologico, studiava le Nummuliti della regione ligure-piemontese, e le illustrava in una interessantissima pubblicazione uscita nello stesso anno (1). Come complemento a quello del Tellini, si deve considerare il mio lavoro, poichè da quell’epoca si arricchì notevolmente il materiale di studio, cui si aggiunsero inoltre delle Operculine e delle Lepidocycline. La revisione della fauna ed il muovo studio erano opportuni anche per il motivo che da quell'epoca le ricerche su questi foraminiferi hanno molto progredito, e parecchie specie vanno ora interpretate diversamente; così dal lato stratigrafico nuove considerazioni si possono fare, e parecchie d’allora vanno modi- ficate. — Scostandomi dal Tellini che seguì la classificazione del De La Harpe, basata sui caratteri interni ed esterni delle forme, seguii la classificazione del Dott. Prever (2), che divide il genere Nummulites in Camerina e Lenticulina, suddi- Visibili nei sottogeneri Bruguieriae e Laharpeiae, Giimbeliae e Paronaeae, compren- denti rispettivamente le nummuliti reticolate, reticolate granulate, striate granulate e striate. Non trovai che Paronacae e Bruguieriae; una sola specie di Gmbeliae (operculiniformis), e nessuna Laharpeia. (1) Teurini A., 1888, Nummulitidee tere. Alta Italia Occidentale. Roma, vol. VII, “ Boll. Società ‘Geol. Ital. ,. (2) Prever P. L., 1902, Nummuliti di Forca di Presta e di Potenza. Ginevra, “ Mém. Société Paléont. Suisse ,, XXIX. 72 CLELIA PARISCH 2 Le località a cui appartengono i miei fossili, disposte quasi con continuità e collocate all'incirca in un semicerchio da Carrosio a Carcare sono: Voltaggio sul torrente Lemme (a mezza strada fra Novi e Genova), Belforte, Cassinelle, Grognardo e Ponzone (a sud di Acqui), sino a Sassello e S. Giustina; poi volgendo a mezzodì lungo la valle della Bormida, si trovano Dego, Costalupara, Cairo Montenotte, paesi tutti situati uno a sud dell’altro sino a Carcare. Essi erano sino a poco tempo fa ritenuti tutti oligocenici (Tongriano), ma già il Dott. Prever in un suo recente lavoro (1) accennò che in parecchi di essi affiorava l’eocene: difatti trovai delle specie nel mio materiale, indiscutibilmente bartoniane, in località spettanti geologicamente al Sannoisiano e allo Stampiano. Così la Paronaea miocontorta tra Carrosio e Voltaggio, a Case Mongiardino presso Belforte, a Carcare, a Dego; la Paronaea contorta a Car- care, la Paronuea striata a Cassinelle e lungo la strada fra Carrosio e Voltaggio dimostrano che in queste località è rappresentata non solo parte dell’oligocene, ma altresì la parte superiore dell’eocene. Si sapeva che nel bacino ligure-piemontese erano presenti delle Operculine e Lepidocycline, ma uno studio dettagliato su di esse non era ancor stato fatto per alcuna località. Rimando per quanto si riferisce alla distribuzione stratigrafica delle Lepidocycline a quanto espone nei suoi lavori (2) il Dott. Prever che assieme con Douvillé confrontò queste forme di Orbitoides con quelli degli altri bacini dal punto di vista della loro distribuzione nei terreni del terziario medio. Le lepidocycline da me studiate sono di dimensioni abbastanza grandi, non superano però i 30 mm. di diametro, sono poco spesse al margine e rigonfie al centro, ed appartengono a quel gruppo sprovvisto o quasi di granulazioni che caratterizzano dovunque l’Aquitaniano. Nelle località in cui furono rinvenute (Sassello, Costalupara, Carcare, Montalero, Molere presso Ceva), si riteneva che esse fossero associate alle Nummuliti e fossero di età tongriana, viceversa a Molere e S. Giustina, le Nummuliti si trovano in oriz- | zonti posti inferiormente e nei quali si trova la nota fauna oligocenica a molluschi di questa località; superiormente poi si trovano le lepidocycline le quali fanno con- cludere che tali orizzonti debbono considerarsi come Aquitaniani, come quelli che contengono eguali lepidocycline di Malo, Malta, Peyrere, ecc. Questi fossili, che si presentano cementati nella roccia, o in individui isolati per -degradazione meteorica, provengono oltre che dalla collezione Sismonda e Gastaldi, anche dalla collezione Rovereto, e in parte furono pure raccolte dal sig. E. Forma. In un elenco, dopo le singole descrizioni, indicherò secondo la loro relativa abbon- danza la distribuzione delle specie che ho descritte; ritengo inutile citare i molti autori consultati in questo studio, e rimando alla bibliografia pubblicata dal Dott. Prever (3) ed alle aggiunte di prossima pubblicazione. Con riconoscente pensiero ringrazio il Dott. Prever che mi iniziò in questo studio, il marchese G. Rovereto, che cortesemente favorì il materiale, e il Prof. Parona, che nella sua consueta bontà, mi fu gentile di cure e consigli. (1) Prever, I terreni nummulitici di Gassino e di Biarritz. Torino, © Atti Acc. Reale delle Scienze ,, 1905-906. (2) Prever, Osservaz. sulla sottof. Orbitoidinae. Perugia, © Rivista ital. di Paleont. ,, 1904. (3) Prever, Mem. cit., 1902. 9 DI ALCUNE NUMMULITI E ORBITOIDI DELL'APPENNINO LIGURE-PIEMONTESE 13 DESCRIZIONE DELLE SPECIE NUMMULITES Lamek 1801. LENTICULINA Lamck 1804. Paronaea Prever 1902. 1. Paronaca Guidi n. f. Tav. I, fig. 1-2:3. Dimensioni: Diametro mm. 1 !/o. Spessore mm. 11/3. Giri in numero di 2 su un raggio di !/, mm. Setti 3 in 1/, del 1° giro. Setti 5 in !/, del 2° giro. È una nummulite di piccole dimensioni, circolare, leggermente rigonfia al centro. Il margine si presenta acuto con una lieve depressione, e lascia vedere nell’ultima sua parte l'apertura boccale. La superficie della conchiglia è adorna di strie flessuose. Il passo spirale si slancia molto ampio già all’inizio, dopo si mantiene costante. La lamina che nasce abbastanza spessa, rimane tutta eguale e regolare lungo il percorso della spira. Numerosi sono i setti che hanno forma curva e si impiantano perpendi- colari alla lamina: essi sono più fini di questa lamina, ed egualmente sottili, tanto al loro centro di figura, come all’attacco superiore e inferiore; lasciano vedere i filetti sepimentali componenti. L'angolo postero-superiore è arrotondato e le camere prismatiche o rettangolari, molto irregolari. Differisce dalla Nummulites budensis per la spira molto meno ampia, e i setti più diritti. Nella nitida i setti sono più piegati e la lamina più sottile. La pulchella ha più giri spirali, maggior numero di sepimenti e di forma differente. Anche la wemmelensis ha una spira che cresce più rapidamente. La Puronaea vasca ha più giri, lamina più spessa e camere più alte e allungate. — Si trova comune a Cassinelle (sotto i Bruzzi) e a Belforte (Bric Cochera). 2. Paronaea sub-Guidi n. f. Tav. I, fig. 4. Porta una camera centrale circolare e molto grande, talora un po’ schiacciata, e la prima loggia seriale semilunare. Per il resto, questa nummulite si presenta come la precedente. La Paronaca Boucheri ha più giri e camere più alte, anche la camera centrale ha forma differente, e così la prima seriale. La sub-budensis e la sub-nitida oltre avere i setti facilmente distinguibili da questa, portano la camera centrale più piccola. È comune a Belforte (Bric Cochera). Seme II. Tox. LVII. J 74 CLELIA PARISCH 4 3. Paronaca Limae n. f. Tav. I, fig. 5. Dimensioni: Diametro mm. 2 1/0. Spessore mm. 2. Giri spirali 3 su un raggio di mm. 1 1/,. Setti 3 in !/, del 1° siro. Setti 4 in !/, del 2° giro. Setti 5 in !/, del 3° giro. La conchiglia è di media grandezza, leggermente rigonfia verso il centro, dove presenta una piccola area spianata. La superficie porta delle strie flessuose, nume- rose, e il margine è dentellato. Passo spirale che aumenta regolarmente, ampio; lamina spirale a spessore cre- scente. Setti molto irregolari, a losanga, impiantati talvolta perpendieolarmente, tal’altra obliquamente alla lamina spirale. È sovente visibile l’apertura inferiore delle camere alla base dei setti, si scorgono i filetti sepimentali componenti; l'angolo postero-superiore è acuto, le camere rombiche. Assomiglia per la forma esterna alla Nummulites budensis, così anche sono eguali il numero dei setti e dei giri spirali, tuttavia la dudensis ha lamina più sottile e che non cresce lungo il percorso, i setti sono più ricurvi e le camere hanno forma diversa. La nitida è più grande e poi le camere sono più alte, più arcuate e la lamina più esile. Assomiglierebbe pure ad una giovane dowil/ei, ma il passo spirale è assai più stretto e i setti non così ricurvi. La vasca ha camere più allungate e più giri spi- rali. La differente forma dei setti e della lamina, la loro irregolarità, la distinguono anche dall’elegans. Si riconosce dalla Paronaea Guidi per le maggiori dimensioni, per il maggior numero di giri spirali, per la spira qui più irregolare, i sepimenti più curvi, la lamina meno sottile e le camere differenti nella forma. Si trova comune a Cassinelle (Rio Gabette). 4. Paronaea sub-Linae n. f. Tav. I, fig. 6. È come la precedente, solo presenta una camera centrale, circolare, grande. La sub-budensis ha camera centrale più piccola, così pure la sub-nztida. La Tour- noneri porta spira più ampia, lamina più sottile, setti più ricurvi. La Boucheri ha più giri e camere più alte e allungate. Le ornamentazioni della superficie la diffe- renziano dalla Bruguieria Fichteli, ma anche in sezione si riconosce dai setti. Si distingue dalla Paronaea Sub-Guidi, oltre che per il diverso aspetto della spira e delle camere, anche per avere la camera centrale più grande. È comune a Cassinelle (Rio Gabette). 5 DI ALCUNE NUMMULITI E ORBITOIDI DELL APPENNINO LIGURE-PIEMONTESE 75 5. Var. Mariae n. Tav. I, fig. 7. Le dimensioni sono come nella tipo, però le strie sulla superficie esterna si pre- sentano differenti: sottili cioè al centro e allargate verso la periferia dove cadono a pieghe; queste fascie molto spesse, sono intercalate da depressioni. L'orlo è ispes- sito. Spira come la tipo, setti irregolari, piegati, talora curvi. Camere subrettango- lari, sempre irregolari. Manca la camera centrale. Fu trovata a Cassinelle (Reg. Ciapin). 6. Paronaea miocontorta (Tellini). Tav. I, fig. 8-9. 1888 — Num. miocontorta, Terni, Num. terz. A. Italia Occ., Parte I, pag. 19, nave QViIafio N45 1894 — Num. veronensis, OppenzeIMm, Ueber die Num. Venetianischen Tert., Berlin, pag. 26, fig. 6-7. Questa nummulite corrisponde alla descrizione che ne fece il Tellini. Egli la dice comune specialmente al tongriano inferiore e medio, la maggior parte invece di quelle che ho sott'occhio sono del tongriano superiore. Ritengo da distruggersi la Nummulites veronensis di Oppenheim che non è che una miocontorta, difatti ne pre- senta tutti i caratteri: eguali dimensioni, stessa forma rigonfia, margine leggermente ondulato e rialzato, strie distinte flessuose al centro e pioventi diritte alla periferia, alcune dividentisi dicotomicamente: spira regolare e discretamente ampia, lamina che si ispessisce lungo il suo percorso, setti leggermente ricurvi, numerosi, subpa- ralleli, ingrossati alla base dove cadono perpendicolari alla lamina, angolo postero- superiore arrotondato, e camere seriali rettangolari: caratteri tutti della miocontorta. Comunissime a Carrosio, a Cassinelle (Rio Gabette), a Dego (Costalupara), co- mune a Voltaggio, a Belforte (Bric Cochera) e a Carcare. 7. Paronaea sub-miocontorta n. f. Tav. I, fig. 10-11-12. Ha una camera centrale di dimensioni medie, spira regolare, setti molto nume- rosi, alcuni molto ricurvi; la lamina a un certo punto non aumenta più in spessore, ma si conserva costante. Camere rettangolari, altre prismatiche; dimensioni del- l’omologa. Differisce dalla Puronaea sub-Ramondi perchè la camera centrale di questa è più grande, i setti in minor numero e molto più ricurvi, e la lamina più spessa. L’an- golo postero-superiore è poi più arrotondato. Si distingue dalla sub-Beaumonti perchè la sub-miocontorta ha più setti, più inclinati, più distanti un dall’altro, e l’angolo postero-superiore più curvo. Comunissima a Carcare e comune a Cassinelle. 76 CLELIA PARISCH 6 8. Var. eacilis Tellini. Tav. I, fig. 13-14-15. 1888 — Num. miocontorta, var. exilis, TeLuni, Num. terz. A. I. Oc., pag. 21, fig. 5. Le differenze di queste varietà dalla tipo sono quelle date del Tellini, per i ca- ratteri esteriori: conchiglia esilissima, strie marcate e flessuose, margine sottile, ondulato che porta un solco distinto. Per la sezione interna osservo in alcuni esemplari di questa varietà che ho sot- t'occhio, che la spira si svolge più rapidamente che nella nummulite tipo, i setti non sono così ricurvi, la lamina cresce meno lungo il suo percorso e la spira è nel com- plesso irregolare. — In un esemplare trovato a Cassinelle, osservo che-i giri spirali crescono fino al 4° o 5° giro e poi decrescono nei giri susseguenti. — Assomiglia questa varietà alla Paronaea vasca var. tenuispira, ma si riconosce da essa per la disposizione della spira e dei setti, per la forma della lamina qui molto più spessa. Ha poi dimensioni sempre maggiori alla vasea. E simile pure per le dimensioni e la forma esterna alla Num. bericensis, benchè qui le strie esterne siano più-diritte; la spira interna però è a sviluppo più rapido, e i setti anche si presentano differenti: arcuati alla loro base e molto più curvi. Comune a Cassinelle, comunissima a Lerma (oltre il Rio). 9. Var. crassa Tellini. Tav. I, fig. 16-17. 1888 — Num. miocontorta, var. crassa, TeLuini, Num. terz. A. I. 0., pag. 21. Corrisponde alla descrizione data dal Tellini, che attribuisce la sua grossezza all’abbondanza di sali calcarei esistenti nell'ambiente. Differisce dalla Paronaca vasca var. incrassata per la differente curvatura dei setti e maggior numero di giri spirali. Per la differente disposizione della lamina e dei setti si distingue pure dalla Paronaea Rosai var. obesa. Si riconosce dalla con- torta per i setti più sottili e più curvi. Comunissimo a Carcare. 10. Paronaca Tchihatcheffi (d' Arch.) var. depressa Tellini. Tav. I, fis. 19. 1388 — Num. Tchihatcheffi var. depressa, TeLuinI, N. terz. A. I. O., parte I, pag. 29. 1890 — N. Tchihatcheffi, var. depressa, TeLuini, Num. della Majella, is. Tremiti e prom. Garganico, Boll. Soc. Geol. Ital., IX, pag. 16. 1902 — Paronaea Tchih. var. depressa, Prever, N. Forca di Presta e di Potenza, pag. 70-71, tav. IV, fig. 1-2. Conchiglia schiacciata in confronto della tipo. Ha margine subacuto, strie sot- tilissime, ondulate, numerose, dimensioni medie. Spira subregolare coi giri spirali che crescono fortemente nei due primi giri, e poi vanno decrescendo. Lamina dapprima 7? DI ALCUNE NUMMULITI E ORBITOIDI DELL'APPENNINO LIGURE-PIEMONTESE TU sottilissima, poi cresce fino all'ultimo giro in cui ridiventa sottile. Setti differentis- simi, fatto attribuito dal Dott. Prever alla grandissima longevità di questa specie che si trova in tutto l’eocene. Essi sono subequidistanti, di spessore medio, ingros- sati nella parte inferiore; nei primi giri sono normali alla lamina spirale, poi si van facendo sempre più obliqui, specialmente alla periferia; sono fatti ad arco, si incur- vano poco dopo la base, e la loro curva va così crescendo che verso l'apice diventano quasi paralleli alle lamine. Si vedono i filetti settali componenti. Camere falciformi, la centrale molto grande, subcircolare, la 1° loggia a forma semilunare, le due o tre susseguenti larghe e schiacciate. La camera centrale ha parete doppia, il 1° giro di lamina circondandola. — Se la tipo Paronacea Tehihatcheffi si distingue dalla curvi- spira per la forma più rigonfia, parrebbe che questa varietà essendo più depressa si possa confondere con essa; tuttavia osservandole bene si nota una differenza nel margine arrotondato e nell’assenza di granulazioni nella depressa. Tuttavia differi- scono tra loro per caratteri interni, per la forma della spira, inclinazione e numero dei setti. Differisce dalla KRowalti, oltre che per la differente forma delle strie esterne e per la mancanza di granulazioni, anche per l’irregolarità maggiore del giro spi- rale, per il maggior numero di setti, e per l’angolo postero-superiore molto acuto; i setti poi sono più spessi e più curvi. Ne fu trovato un solo esemplare a Cassinelle (sotto i Bruzzi). 11. Var. Roveretoi n. Tav. I, fig. 18. Dimensioni: Diametro mm. 6. Spessore mm. 2 1/. Giri spirali 5 su un raggio di mm. 3. Setti 3 nel 1° giro. Setti 6 nel 3° giro. Setti 6 nel 4° giro. La conchiglia è lenticolare, con strie più grosse e più lontane una dall’altra che la tipo, fiessuose, numerose. È molto ingrossata, specialmente verso il centro, il mar- gine si presenta ondulato. La spira grandissima nel secondo giro, diventa la metà nel terzo giro, e più stretta ancora si va facendo verso il margine. Lamina spessa nei due primi giri, poi ridiventa subito più sottile, mentre nella TeWihatcheffi tipo è sottile al centro, si ispessisce in seguito, e ritorna sottile solo nell'ultimo giro. Ca- mera centrale ben circolare, e un po’ più piccola che nella tipo. Setti irregolari, più visibili, camere e angolo postero-superiore come nella tipo. Si trova a Cassinelle (sotto i Bruzzi), ciò che dimostra che in questa località si trova anche dell’eocene, essendo questa specie del Bartoniano. 78 CLELIA PARISCH 8 12. Paronaea Rosai (Tellini). Tav. I, fig. 20-21. 1888 — Num. Rosai, TeLuini, Num. terz. A. I. Oc., parte I, pag. 22, tav. VIII, LLC a na Specie creata dal Tellini per alcune forme del tongriano medio e superiore pie- montese, parecchi degli esemplari che ho sott'occhio sono però anche del tongriano inferiore, facies arenacea. Si presentano come la descrizione che ne dà il Tellini, dimensioni medie, conchiglia rigonfia, bordo ottuso, un po’ rialzato, strie flessuose, fini al centro, ispessite alla periferia; spira regolare, lamina spessa che cresce nei primi cinque giri, poi si mantiene costante, setti subequidistanti, curvi specialmente. negli ultimi giri; perpendicolari alla lamina inferiore, visibili i filetti sepimentali, angolo postero-superiore arrotondato. Forma a microsfera, camere rettangolari nei giri centrali mediani, falciformi alla periferia. — Differisce dalla Paronaea contorta per l'irregolarità delle camere, per i caratteri dei setti e dell'angolo postero-supe- riore. Si vede poi nella sezione trasversale che le estremità della Paronaea Rosai (che è a forma di lente rigonfia), sono piuttosto ottuse, mentre nella contorta sono acute. Poi la lamina cresce nella Rosai dal centro alla periferia nella sezione trasver- sale, mentre nella sezione della contorta è tutta eguale. La contorta è poi general- mente più grossa e più ben conservata, nella Rosai manca invece sovente la lamina esterna ed ha la superficie anche inprontata dai granuli di roccia dura. Assomiglia alla striata per i caratteri esterni, benchè non sia sottile al margine come questa, ma molto ingrossata. Ma nell'interno si nota subito la differenza per la maggior quantità di giri della striata, per la maggior regolarità di questa nelle spire, per la mancanza di camera centrale visibile. Comune tra Carrosio e Voltaggio, a Lerma e a Carcare; comunissima a Belforte (Brie Cochera), a Dego (Costalupara) e a Cassinelle (sotto i Bruzzi, R. Amine e Reg. Ciapin). 13. Var. obesa n. Tav. I, fig. 22-23-24. Conchiglia molto più rigonfia della tipo, anche verso il margine, che è smussato. Strie più marcate che nella Rosai tipo; assomiglierebbe per la forma esterna più alla Paronaea contorta che alla Rosai, ma differisce dalla contorta per i caratteri interni che sono della Rosai. Comune a Carcare. 14. Paronaea Bouillei (De La Harpe). Tav. I, fig. 25-26. 1879 — Num. Bouillei, De La Harpe, Num. falaises de Biarritz, Bull. Soc. de Borda à Dax, 4®° année, p. 142, pl. 1’, fig. 1-3. 1881 — Num. Bouillei, De La Harpe, Num. falaises de Biarritz, Bull. Soc. Borda, 6me année, p. 231, ete. 9 DI ALCUNE NUMMULITI E ORBITOIDI DELL'APPENNINO LIGURE-PIEMONTESE 79 Dimensioni: Diametro da 7 a 9 mm. Spessore 1 mm. Giri 6 su un raggio di mm. 5. Setti 5 in !/, del 2° giro. Setti 7 in !/, del 8° giro. Setti 9 in !/, del 5° giro. Gli esemplari che ho sott'occhio, si accordano colla descrizione che ne dà il De La Harpe. Osservando le figure date nella sua opera sulle “ Nummuliti Svizzere , osservo però che le mie talora hanno una lamina spirale un po’ più spessa. Forma subregolare, quasi piana, appena leggermente rigonfia al centro. Superficie liscia, sulla quale ci sono strie raggiate, molto fini, quasi diritte, un po’ ricurve al centro, e vanno a finire verso il margine con una fine dentellatura; margine acuto. Passo spirale che cresce molto rapidamente, lamina sottile, setti diritti, perpendicolari nel punto d’attacco colla lamina; verso il mezzo però si piegano a gomito, e si affilano alla loro estremità. Camere seriali alte, incomplete, ricurve, assottigliate all'indietro, manca la centrale. — È riconoscibile da qualsiasi altra specie, per la sua spira molto aperta e per la forma caratteristica dei setti. Ne ho trovato parecchie nel materiale di Belforte (Bric Cochera), e molte in quello di Cassinelle (sotto i Bruzzi e Rio Gabette). o 15. Var. laxispira n. Tav. I, fig. 27. Dimensioni: Diametro mm. 3. Spessore mm. 1. Giri spirali 4 su un raggio di mm. 1 1/s. Setti 4 in 1/, del 2° giro. Setti 5 in !/, del 3° giro. Setti 7 in 1/, del 4° giro. Dimensioni minori della tipo. Forma subregolare, discoidea, rigonfia al centro. Le strie sono ricurve ad S più che nella tipo, quasi a zig-zag. L'orlo è rilevato con una leggera depressione che non si nota nella tipo, come neppure c’è in questa il mamellone che si vede nell’esemplare che ho sott'occhio. Il passo cresce rapidamente, în special modo all’inizio, e si conserva ampio per tutto il percorso. La lamina è più sottile che nella Bowi/lei. I setti non sempre sono attaccati perpendicolari alla base, come nella descrizione che dà il De La Harpe della tipo, ma talora un po’ ricurvi. Le camere si presentano irregolari, molto ricurve; non si nota però quell'as- sottigliarsi all'indietro, caratteristico della Bowilleî del De La Harpe. Differisce dalla Num. vasca per la sottigliezza della lamina spirale e per la maggior altezza delle camere di forma differente, in conseguenza di differenti setti. Comune a Cassinelle (Rio Gabette). 80 CLELIA PARISCH ; 10 16. Paronaea vasca (Joly et Leymerie). Tav. I, fig. 28-29-30. 1848 — Num. vasca, Joy et LevwerIE, Mém. Acad. de Toulouse, 3° sér., vol. IV, p. 215, pl. I, fig. 15-16, pl. II, fig... 1853 — N. vasca (pars), D’ArcHiac et Harwe, Mon. de Num., f. 145, fig. ila, è, @d (non fig. 11c, 12). 1879-1881 — N. vasca, Pa. De LA Harpe, Descr. N. falaises Biarritz, p. 145, pl. I, fig. II* (1879), p. 230-242 (1881). 1880-83 — N. vasca, De La Harpe, Étude Num. de Suisse et révis. espèces BonhaRE genres Num. As., p. 177, pl. VII, fig. 24 a 32. È 1888 — N. vasca, TeLuini, Num. Terz. A. I. Oc., fig. 29. Esemplari che corrispondono alle descrizioni conosciute. Comuni a Belforte, co- munissimi a Costalupara e Cassinelle (Rio Gabette, sotto i Bruzzi; Reg. Ciapin). 17. Var. italica n. Tav. I, fig. 32. Dimensioni: Diametro mm. 9. Spessore mm. 2. Giri 6 su un raggio di mm. 5. Setti 8 in !/, del 3° giro. Setti 11 in !/, del 5° giro. Differisce dalla tipo perchè è più depressa, e le strie sono tutte ondulate e in- trecciantisi, e non così diritte come nella Vasca. Queste strie non raggiungono il vertice, ma gli girano attorno. L'orlo presenta una depressione ed è ben sviluppato. I setti sono più numerosi che nella vasca tipo, ma identica la loro forma, eguali le camere e il giro di spira. I caratteri interni della spira, la distinguono facilmente da una miocontorta, a cui assomiglierebbe a primo aspetto per le ornamentazioni esterne e per l’esilità della conchiglia. Forma comune a Belforte (Bric Cochera). 18. Var. tenwispira De La Harpe. Tav. I, fig. 31. 1883 — Num. vasca, var. . eaziogità, De LA Harpe, Étude Num. Suisse, tav. dI, fig. 29-32. La lamina spirale è sottile per tutto il percorso, questa è la particolarità che. differenzia questa forma dalla vasca tipo. Per i caratteri esterni è eguale, ma depressa talora molto al bordo e ondulatissima. Alcuni esemplari osservo che hanno la spira molto irregolare, ha i giri molto stretti al centro e che si lanciano ampi alla peri- — feria, e regolari. Le camere dei primi giri, per questa irregolarità, restano talora 4 Het DI ALCUNE NUMMULITI E ORBITOIDI DELL APPENNINO LIGURE-PIEMONTESE 81 piccolissime in confronto a quelle degli ultimi giri. Assomiglia un poco per i carat- teri esterni alla Paronaea Boucheri var. variabilis, ma ne differisce nella sezione per la disposizione e forma dei sepimenti settali e della lamina; essenzialmente poi per la mancanza della camera centrale, che nella variadilis c'è invece e grande, e seguita dalla prima seriale grande come la centrale, tanto da dare idea di una camera bipartita. Comune a Costalupara (Dego), rara a Belforte. 19. Paronaea Boucheri De La Harpe. Tav. I, fig. 33-34-35. 1853 — Num. vasca (pars) D’Arcniac et Harme, Mon. des Num., p. 145, pl. IX, fig. 12 (non fig. ll a d.). 1860 — Num. germanica (pars), BornemanN, Foraminif. der Tertizrbildungen der Umgegend von Magdebourg, Zeitschr. d. deut. geol. Gesellsch., vol. XII, p. 158, pl. VI, fig. 6°°-8-9. 1875 — Num. striata (pars), HantKEN, Die fauna der Clavulina-Szaboi-Schichten, Mitth. u. d. Jahrb. d. K. ung. geol. Anst., vol. IV, p. 85, pl. XII, fig. 5. 1879-1881 — Num. Boucheri, De La Harpe, Num. falaises de Biarritz; (1879), vol. IV, p. 146, pl. I, fig. IV; (1881), vol. VI, pag. 230-243. 1883 — Num. Boucheri, De La Harpe, Étude Num. de la Suisse, parte III, p. 179, tav. VII, fig. 33-59. .1888 — Num. Boucheri, TeLLini, Num. terz. A. I. Oc., parte I. Molti esemplari a Grognardo, numerosi “a Belforte e a Cassinelle (sotto i Bruzzi e Reg. Ciapin). 20. Var. variabilis (Tellini). Tav. I, fig. 36-37-38-39-40. _ 1877 — Num. striata, var. alpestris, De La Harpe, Note sur les Num. des Alpes Occid., Soc. Helv. Sc. Nat. Lausanne. 1888 — Num. variabilis, Tertini, Num. terz. Alta Italia occ., pag. 38, tav. VII, EIectit, Riferisco gli individui che Tellini riteneva specificamente distinti sotto il nome di Nummulites variabilis, alla Paronaca Boucheri, della quale a parer mio costitui- scono una varietà. Difatti il numero dei setti in un quarto di giro, il loro ispessi- È) mento mediano, l'essere leggermente voltati indietro alla base ove hanno pure un leggiero ispessimento, la regolarità della lamina spirale e della spira la quale cresce | rapidamente al suo inizio e si mantiene dopo solo in leggero aumento sino al mar- gine, la forma perfettamente circolare della camera centrale, munita di pareti a spes- | sore eguale quasi a quella della lamina nei primi giri, la presenza e la forma della } prima camera seriale, e ancora la forma delle camere seriali, tutti questi caratteri Ù $ mi persuadono a tale riferimento. È. Serie II. Tow. LVII. K 82 CLELIA PARISCH 12 Anche i caratteri esterni, cioè la forma del margine, il numero, spessore, forma delle strie m’inducono pure a simile cambiamento. Le dimensioni anche sono simili. Le sole differenze che corrono fra questa forma e la Boucheri, sarebbero rappresen- tate: 1°) dal poco spessore della conchiglia, essendo invece la Boucheri tipo rigonfia, e con un bottone centrale — 2°) dalla lamina spirale che è un po’ più sottile che nella Boucheri. Osservo però che a somiglianza di ciò che accade per la Paronaea vasca, ove fra gli individui rigonfi e a bottone centrale (var. incrassata), ne esistono senza il bottone centrale, e sottili, e colla lamina spirale sottile (var. tenuispira), così accade nella Paronaea Boucheri, e la Nummulites variabilis di Tellini, altro non è che una varietà della Bowcheri, e precisamente una varietà che corrisponde alla varietà “ tenuispira , nella Paronaea vasca. — Noto un esemplare di Belforte in cui si vede il passaggio della Puronaea Boucheri alla sua varietà variabilis. La conchiglia si pre- senta cioè come la variabilis, ma non è così sottile verso il bordo, che si trova qui meno distinto e più irregolare. — La var. variabilis si riconosce dalla Boucheri va- rietà fenwispira, per la conchiglia più depressa, le strie più contorte, talora dicotome, mentre nella fenuispira sono pressochè diritte; poi le strie cadendo sul margine, vi fanno una dentellatura molto ben visibile. I setti sono meno arcuati e la lamina non così uniformemente sottile come nella tenuispira. Rara a Lerma, comune tra Grognardo e Ponzone, e a Cassinelle (Cascina Val- lerano), comunissima a Carrosio e a Voltaggio (un Km. a nord). 21. Var. incrassata De La Harpe. Tav. I, fig. 41. 1883 — Num. Boucheri, var. incrassata, De LA HARPE, Étude des Num. de la Suisse, etc., tav. VII, fig. 52 a 59. Differisce dalla tipo per essere molto più rigonfia e sferica, coperta di strie grosse e rade. La camera centrale è più grande, i setti più irregolari, poco curvi, taluni più avvicinati, altri più discosti. Le camere sono ineguali, anche il giro di spira è un po’ più irregolare, e la lamina spirale è pressochè tutta egualmente spessa. Differisce dalla Paronaea striata var. obesa, per gli stessi caratteri interni per cui la striata differisce dalla Boucheri; l’obesa poi ha le strie molto più fini e l’orlo più smussato. Rarissima a Belforte (Bric Cochera). 22. Paronaea Tournoueri (De La Harpe). Tav. I, fig. 42-43. 1879 — Num. Tournoueri, De La Harpr, Descr. Num. Biarritz, Bull. Soc. Borda à Dax, 4%° année, pag. 143, tav. I, fig. II. J 1881 — Num. Tournoueri, De La Harpe, Descr. Num. Biarritz, Bull. Soc. de Borda à Dax, 6”° année, pag. 230, ecc. 13 DI ALCUNE NUMMULITI E ORBITOIDI DELL APPENNINO LIGURE-PIEMONTESE 83 1883 — Num. Tournoveri, De La Harpe, Etude Num. Suis., parte III (postuma), pag. 166, tav. VI, fig. 12-21. 1888 — Num. Tournoueri, Teutini, Num. Terz. A. I. Oc., parte I, pag. 42, tav. VIII, fig. 8°°-9. Il Tellini descrivendo questa specie l’ascrive con dubbio alla Tournoueri di De La Harpe perchè le sue nummuliti presentano un giro di più di quelle e hanno forma più sottile. Le Paronaeae che ho sott'occhio corrispondono alla descrizione che ne dà il Tellini: forma cioè un pochino rigonfia, non schiacciata come quella del De La Harpe. Margine acuto, granulazioni chiare al centro; strie poche, grosse e un po’ curve, non fini e diritte come nella Tournoveri di De La Harpe. Per il resto, eccetto la presenza di un giro spirale di più, sono concordi le descrizioni: lamina sottile al centro, con spessore via via crescente, setti paralleli, perpendicolari alla lamina e curvi e assottigliati nella loro parte superiore, camera centrale piccola, angolo postero-superiore arrotondato. Differisce dalla Boucheri per la sottigliezza della lamina spirale e l'altezza delle sue camere. Comune a Belforte (Bric Cochera) e a Costalupara (Dego). — Comunissima a Colletta di Carcare e a Cassinelle (sotto i Bruzzi e Reg. Ciapin). 23. Var. laxispira De La Harpe. Tav. I, fig. 44-45-46. 1879 — N. Tournoueri, var. laxispira, De La Harp£, Descr. Num. Biarritz, pag. 8. 1881 — N. Tournoueri, var. laxispira, De La Harpe, Num. de la Suisse, pag. 167, pl. VI, fig. 18-19. Differisce dalla tipo per la spira molto aperta ed ampia. Spira un po’ irrego- lare e setti non sempre paralleli, lamina spessa già al principio in alcuni esemplari. La Nummulites operculiniformis ‘assomiglia molto a questa varietà della Tour- nouerî, tuttavia se ne distingue perchè l’operculiniformis ha minor numero di giri su un raggio maggiore, spira molto più slanciata e perciò camere più alte e di forma differente. Anche la figura esterna è riconoscibile. Comune a Cassinelle (Cascina Vallerano), e ad est di Carcare. — Comunissima a Costalupara (Dego). 24. Paronaea nitida (De La Harpe). Tav. II, fig. 1. 1883 — Num. nitida, Do La Harpe, Etude N. Suis., etc., fig. 36-37-39, tav. V (non 35 nè 360). Dimensioni: Diametro mm. 4. Spessore mm. 1-1 !/,. Giri 5 su un raggio di mm. 3. Setti in numero di 4 in !/, del 1° giro. Setti in numero di 5 in !/, del 3° giro. Setti in numero di 8 in !/, del 5° giro. 84 CLELIA PARISCH 14 Corrisponde per la configurazione esterna agli esemplari del De La Harpe: con- chiglia sublenticolare, leggermente rigonfia, depressione al margine, che è sottilissimo. Strie fini, flessuose, spesse al centro con piccole granulazioni e mamellone. ‘Per l’interno si avvicina alle fig. 36-39 costituenti per la presenza e assenza di camera centrale, una coppia. Spira regolare, a passo ampio, lamina di medio spes- sore, più fine negli ultimi giri, setti perpendicolari alla lamina inferiore, benchè a prima vista non sembri, e ricurvi nella loro parte superiore dove si assottigliano; man mano che si allontanano dal centro, si allontanano fra loro l’un dall’altro, camere più alte che larghe, arcuate, subrettangolari, angolo postero-superiore acuto. Differisce dalle figg. 35 e 36 della tavola V del De La Harpe per i setti meno flessuosi e per il giro di spira meno ampio e che si presenta differente. Noto che “la 35 , invece non è una nitida, è invece da ravvicinarsi alla fig. 19 della stessa tavola, è cioè una pulchella. Rara a Belforte (Bric Cochera), comune a Cassinelle (sotto i Bruzzi e Cascina Vallerano). 25. Paronaea sub-nitida (De La Harpe). Tav. II, fig. 2. 1883 — N. sub-nitida, De La Harpe, Étude N. Suis. et révision espèces éoc. genres Num., tav. V, fig. 38-39. Eguali dimensioni e caratteri esterni e interni della Puronaea nitida, camera centrale di media grandezza e circolare. Comune a Cassinelle (Rio Gabette). 26. Paronaea striata (d’Orb.). Var. pedemontana Tellini. Tav. II, fig. 3-4-5. 1888 — N. striata, var. pedemontana, TeLuini, N. terz. A. I. Oc., parte I, pag. 32. Osservo che questa specie per esser stata trovata a Cassinelle, dimostra che in tale località vi è dell’eocene, essendo la Paronaea striata del Bartoniamo. — Tellini la distingue dalla tipo per avere strie meno visibili, forma più rigonfia, loggia centrale più grande della prima seriale e setti meno numerosi e arcuati. — Gli esem- plari che ho sott’occhio, corrispondenti per la forma dei setti e delle camere alla descrizione del Tellini, ne differiscono però per avere una spira stretta al centro, quantunque molto regolare, e la lamina per tutto il suo percorso più alta della metà dell’altezza delle logge. — Assomiglia per la sua forma rigonfiata e strie sottili alla Boucheri, ma la forma della camera centrale e della prima seriale, e il minor numero di giri per rapporto al diametro maggiore, la fanno distinguere. — Lo svolgersi della spira più stretto la differenzia pure dalla N. Ramondi. Comune a Cassinelle (Rio Gabette). 15 DI ALCUNE NUMMULITI E ORBITOIDI DELL APPENNINO LIGURE-PIEMONTESE 85 27. Var. carrosiensis Tellini. Tav. II, fig. 6-7-8. 1888 — N. striata, var. carrosiensis, TeLLINI, N. terz. A. I. Oc., parte I, pag. 34. Dimensioni: Diametro mm. 3,5. Spessore mm. 1,5. Giri spirali 5 su un raggio di !/, mm. Setti 2 in !/, del 1° giro. Setti 3 in !/, del 2° giro. Setti 4 in !/, del 5° giro. Anche a Carrosio e Voltaggio dove furono trovate queste forme, deve affiorare l’eocene, come ho già detto per Cassinelle, a proposito della var. pedemontana. È una nummulite subglobosa, ottusa al margine, porta alla superficie delle strie sottili, leggiere, ad arco. Spira subregolare, a passo molto ampio negli ultimi due giri, lamina assai più sottile che nella var. pedemontana, camera centrale grandissima, setti irre- golari, alcuni ricurvi, altri solo impiantati obliquamente. Angolo postero-superiore ottuso, camere subrettangolari, alcune quadrate. — Il margine che è ottuso e più la forma dei setti e la spira meno slanciata la distinguono dalla nitida; la configu- razione esterna la differenzia dalla Num. Fichteli a cui assomiglia assai internamente. Rara a Carrosio e a Voltaggio, e a Montalero (La Cascinetta). 28. Paronaea contorta (Desh.). Tav. II, fig. 9-10-11. 1888 — N. contorta, TeLtini, Num. terz. A. I. Oc., pag. 18 (vedi sinonimia). Anche questa nummulite, ascritta alla località Carcare, dimostra qui esservi dell’eocene, perchè è una specie caratteristica del Bartoniano. Gli esemplari che ho sott'occhio sono corrispondenti alle descrizioni del De La Harpe, noto però che a differenza dei suoi esemplari in cui il passo spirale si fa più piccolo verso il mar- gine, in quelli che ho sott'occhio, il passo cresce lentamente, benchè in modo ine- guale, sempre fino al bordo. La forma dei setti e della lamina non la lasciano confondere nè colla Rosai, nè colla vasca var. incrassata, nè colla miocontorta var. crassa, simili per la forma esterna. Ne furono trovati parecchi esemplari a Carcare. 29. Paronaea sub-budensis Prever. Tav. II, fig. 12. 1875 — N. budensis, HantKEN, Fauna Clavul. Szab. Schicht., pag. 85, pl. 12, fig. 4. 1881 — N. bdudensis, De La Harpe, N. Suis., pl. V, fig. 24-34, pag. 163. Dimensioni: Diametro mm. 2. Spessore mm. 1/y. Giri 3 su un raggio di mm. 1. Setti 5 in !/, del 2° giro. Setti 6 in !/, del 8° giro. 86 CLELIA PARISCH 16 È una nummulite piccola, depressa, lenticolare, con superficie liscia, con strie ricurve ad S larghe. La spira è regolare, il passo cresce molto rapidamente, la lamina è sottile. Setti equidistanti, arcuati fin dalla loro base, poco inclinati, regolari, di medio spessore; grande camera centrale. Camere falciformi, angolo postero-superiore arrotondato. Differisce da una giovane Heeri per il numero dei setti che è metà in questa num- mulite. Assomiglia pure per la spira operculiniforme alla Bowi/lei, ma ha spira più aperta e i setti si incurvano differentemente, cioè nella dudensis già dalla base, mentre nelle Bowillei solo al centro. Molto rara a Cassinelle (sotto i Bruzzi). Giimbelia Prever 1902. 30. Gimbelia operculiniformis (Tellini). Tav. II, fig. 13-14. 1888 — Num. operculiniformis, TeLLINI, Num. terz. A. I. Oc., p. 40, tav. VIII, fig. 10-11. Dimensioni: Diametro mm. 3 1/3. Spessore mm. 0,4. Giri 3 su un raggio di mm. 2. Setti 3 in !/, del 1° giro. Setti 8 in !/, del 3° giro. Nummulite discoidea, sottile, con piccolo mamellone da cui partono strie falci- formi. Orlo rilevato sul rimanente della conchiglia, visibile l'apertura boccale. Spira regolare, a passo rapidamente crescente, lamina sottile, setti numerosi, sottili, paral- leli, normali alla lamina inferiore e molto curvi ad arco nella loro parte superiore, angolo postero-superiore arrotondato, camere falciformi. La spira rapidissima nell’accrescimento fa distinguere questa specie da tutte le altre; caratteristici sono i setti per la forma o disposizione loro, e la configurazione esterna della conchiglia. Comune a Belforte (Bric Cochera), e alle falde del M. Tambura a ponente di Santa Giustina. Comunissima a Grognardo, Ponzone, Dego (Villa del Piano), presso Carcare, e a Cassinelle (sotto S. Defendente, sotto i Bruzzi, Reg. Ciapin). 81. Var. granulata n. Tav. II, fig. 15-16. È una nummulite delle dimensioni della tipo, discoidea, molto sottile, depressa, coll’orlo lievemente rilevato, che lascia molto ben visibile l’apertura boccale; è coperta di strie ad S di una certa ampiezza. La conchiglia è ornata di granulazioni più o meno grosse, disposte in linee raggianti dal centro, nel quale sono in maggior numero e più grosse. Per l'interno è come la tipo, in qualche esemplare noto un po’ d’irre- golarità nella lamina e nella curva dei setti, talora angolari e non ben arrotondati, così da determinare qua e là delle piccole irregolarità nella forma dell’angolo postero- Ib7 DI ALCUNE NUMMULITI E ORBITOIDI DELL APPENNINO LIGURE-PIEMONTESE 87 superiore. — Facendo le sezioni trasversali mi convinsi a mettere queste forme nel genere Nummulites e non tra le Operculinae, a cui pare assomiglino, perchè le lamine esterne vidi che abbracciano i giri interni in modo perfetto. Comune tra Ponzone e Grognardo e a Cassinelle (Reg. Ciapin). CAMERINA Lamek 1804. Bruguieria Prever 1902. 32. Bruguieria Fichteli (Micht.). Tav. II, fig. 17-18. 1888 — N. Fiehteli, TeLtini, N, A. It. Occ., pag. 56 (vedi sinonimia). Molti esemplari ne furono trovati a Voltaggio, a Sassello (Rio dei Zunini), tra Grognardo e Ponzone; e ad Acqui in macigni nummulitici sovrapposti alla poddinga). Moltissimi esemplari poi di Carrosio, Carcare, Dego (Villa del Piano), e Cassinelle (Rio Gabette — sotto i Bruzzi — sotto San Defendente — Cascina Vallerano e Reg. Ciapin). 33. Var. Vialei n. Tav. II, fig. 20-21-22-23. Nummulite piccola, rigonfia, a forma lenticolare, con margine ottuso e superficie portante dei punti a spirale. Ha una lamina spirale molto spessa che cresce pochis- simo lungo il suo percorso; questo carattere la fa una varietà della tipo. Le camere sono schiacciate, e i setti perpendicolari e molto ingrossati all'attacco superiore. Grande camera centrale, e anche la prima seriale molto grande. Assomiglierebbe di primo aspetto alla Bruguieria intermedia, ma oltre che per la presenza della camera centrale, se ne distingue per le minori dimensioni, e perchè nell’intermedia il giro di spira invece di essere regolarmente crescente, verso la periferia diminuisce. Comune tra Grognardo e Ponzone e a Cassinelle. 34. Var. garansensis Joly et Leymerie. * Tav. II, fig. 19. 1848 — Num. garansiana, Joy et Levmerie, Mém. Acad. Sc. de Toulouse, vol. IV, p. 214, pl. I, fig. 9-12, pl. II, fig. 8. 1850 — Nummulina garans., D’ArcHtAc, Hist. progrès Geéol., vol. III, p. 237. 1853 — Nummulites garansensis, D’ArcaIAc, p. 101, pl. III, fig. 6a, 7Tabedefg. 1879 — Num. garansensis, De La Harpe, Num. falaises de Biarritz. Differisce dalla tipo perchè è rigonfia, con la conchiglia improntata di granuli “di roccia calcarea e con dei pori, e col bordo ottuso e arrotondato. I caratteri interni sono quelli della Fichtelî tipo, setti appena arcuati, angolo postero-superiore quasi retto, camera centrale di media grandezza, ecc. Comune a Costalupara (Dego) e a Cassinelle. 88 \ CLELIA PARISCH ‘ 18 35. Bruguieria intermedia (D’Archiac). 1846 — Nummulina intermedia, D’ArcH., De foss. Bayonne, p. 199. 1853 — N. garansensis (pars), D’ArcHIac, Monogr,, pl. III, fig. 6a, p. 101. 1888 — N. intermedia, TeLuINI, Num. A. It. Oc., p. 58, tav. VIII, fig. 16 (vedi sinon.). Numerosi gli esemplari di questa specie, trovata a Carrosio, Belforte (Bric Co- chera), Carcare, Grognardo, Ponzone, Dego e Cassinelle (Bric del Ratto a sud del paese — sotto i Bruzzi — Cascina Vallerano e Reg. Ciapin). 36. Var. bormiensis Tellini. Tav. II, fig. 24-25. 1888 — Num. intermedia, var. bormiensis, TeLLINI, N. terz. A. It., vol. VII, pag. 55; tav. VIII, fig. 14°, 14°, 15, 17. Tellini la distingue dalla tipo, perchè più depressa, più piccola, con reticolatura più visibile, bordo rialzato, spira con meno giri, lamina irregolarissima e sottile, flessuosa, setti non diritti ma angolari, e in minor numero così che alla periferia presentano lunghi spazi vuoti, tra l’uno e l’altro, e angolo postero-superiore molto più acuto che nella specie tipo. — Trovai delle forme corrispondenti a questa varietà nel materiale di Lerma, Carcare, Grognardo, Ponzone, Costalupara e Cassinelle (sotto San Defendente — sotto i Bruzzi Reg. Ciapin e Cascina Vallerano). OPERCULINA d’Orb. 87. Operculina complanata Defrance. Tav. II, fig. 26. 1822 — Lenticulites complanata, Derrance, Dict. Sc. Nat., vol. XXV, p. 453. 1826 — Operculina complanata, D'OrBieny, Ann. Se. Nat., vol. VII, p. 281, pl. XIV, fig. 7-10. Dimensioni: Diametro mm. 6-8. Spessore mm. 1. Giri spirali 2 su un raggio di 3 mm. Setti 5 in !/, del 1° giro. Setti 8 in !/, del 2° giro. La conchiglia che può essere piana o ondulata, lascia vedere per trasparenza sulla superficie i setti. — L'orlo è sottile, il passo cresce molto ampliamente. I setti sono perpendicolari alla base, sono molto ricurvi formando una grande curva prima di raggiungere la lamina sovrastante, sono molto irregolari. — La lamina spirale è° sottile, l'angolo postero-superiore arrotondato, e le camere molto lunghe o strette, assai arcuate. Comune a Grognardo, Carcare, Costalupara (Dego). 19 ‘DI ALCUNE NUMMULITI E ORBITOIDI DELL APPENNINO LIGURE-PIEMONTESE 89 38. Var. granulosa Leymerie. Tav. II, fig. 27. 1846 — Operculina granulosa, Levmerie, Mém. sur le terr." Numm. d. Corbières, ete., sér. II, vol. I, p. 359, pl. XIII, fig. 12 ad. 1875 — Opercul. granulosa, HantKEN, Die fauna der Clav. Szaboi Schichten, p. 80. 1884 — Op. complanata, var. granulosa, H. B. Brapy, Chall. Report, vol. IX, p. 743, pl. CXII, fig. 6, 7, 9 and 10. ll — Operculina complanata, var. granulosa, Newron and HoLrenp, On some Fossils from the Islands of Formose and Rin-Kiu, Journ. of the Coll. of Sc., Imp. Univ. Tokyo, p. 14, pl. III, fig. 4-5. La configurazione esterna e le dimensioni sono nel complesso come quelle della tipo, ma ha di notevole lungo le strie sepimentali tante granulazioni che nel centro della conchiglia si ingrossano e formano come una rosetta di granulazioni molto ben visibili, che costituiscono come un mamellone piccolo centrale. Talora si trovano delle granulazioni anche in mezzo alle strie. — Per l’interno è tal quale, ho trovato una forma a megalosfera: questa camera è di media grandezza, circolare. Comune a Grognardo. 39. Operculina Preveriì n. f. e, Tav. II, fig. 28-29. Dimensioni: Diametro mm. 4-5. Spessore !/, mm. Giri di spira 3 su un raggio di 2 mm. Setti 3 in !/, del 1° giro. Setti 4 in !/, del 2° giro. Setti 7 in !/, del 3° giro. È una forma piccola e delicata, con l’orlo ispessito. La spira è aperta, special- mente nel terzo giro. I setti non sono tanto ravvicinati, sono poco ricurvi, subpa- ralleli, la lamina spirale è abbastanza spessa, specialmente alla periferia. — Angolo postero-superiore acuto. Camere più alte che larghe — Forma a microsfera. Differisce dalla Operculina complanata per avere un giro spirale di più e meno ampio. Minor numero di setti, i quali sono assai più distanti l’un dall’altro, meno curvi e cadono differentemente sulla lamina spirale, si allargano cadendo alla base. — Nel complesso è più regolare, camere meno curve e meno strette. Comunissima a Grognardo. 40. Var. elegans n. Tav. II, fig. 30-31-32. Configurazione esterna, dimensioni e forma della spira eguali alla Operculina Preveri; si notano però sulle strie delle granulazioni molto ben visibili e belle, e nel centro una granulazione più grossa che costituisce come un piccolo mamellone. Serie II. Tom. LVII. L 90 CLELIA PARISCH 20 Differisce dalla Operculina complanata var. granulosa per avere più giri spirali e meno ampi, specialmente l’ultimo; poi i setti sono differenti. Comune a Cassinelle (sotto i Bruzzi). 41. Operculina Formai n. f. Tav. II, fig. 33-34-35. 1846 — Opere. ammonea, Levmerie, Mém. Soc. géol. France, 2° série, 1 tom., p. 359, ae RI 1875 — Opere. ammonea, HantKEN, Die fauna Clav. Szaboi Schichten, 1 Th. Fora- miniferen, p. 80, t. XII, fig. 2 (non 1). 1890 — Opere. ammonea, TeLuni, Num. Majella, isole Tremiti, prom. Garganico, p. 44, tav. XII, fig. 24 (non 23). Dimensioni: Diametro mm. 3. Spessore !/, mm. Setti 4 in !/, del 1° giro. Setti 5 in !/, del 2° giro. Setti 6 in !/, del 8° giro. Forma piccola, tenue, coperta di strie sottili; si vede la spira sottostante che è sollevata un po’ verso il centro della conchiglia. Si ha come una depressione prima dell'ultimo giro periferico. — Spira poco aperta, setti che si impiantano perpendi- colarmente alla lamina inferiore, obliqui, e che si incurvano nella parte superiore ad angolo, attaccandosi poi alla Jamina superiore ad angolo acuto: sono paralleli, rego- lari, abbastanza spessi. Camere più larghe nella parte superiore che nell’inferiore. Lamina che cresce man mano, abbastanza spessa nell’ultimo giro; la camera centrale è di media grandezza, circolare. Differisce dalle altre forme trovate di operculine, per avere i setti più spessi e di forma differente, quasi ad angolo. La spira è assai meno aperta delle altre, spe- cialmente nell’ultimo giro. Anche dall’esterno si vede una differenza, essendo meno visibile la spira sottostante. Differisce dall’Operculina ammonea per avere più setti; nell’ammonea difatti questi sono appena uno nel primo giro, due nel secondo, tre nel terzo. L'orlo si presenta un’inezia più sottile, e la lamina spirale un po’ più sottile, mentre che nell’ammonea nel terzo giro la lamina è spessa il doppio del secondo. Comune a Costalupara (Dego) e comunissima a Carcare. . ORBITOIDES D’Orb. 1847. LEPIDOCYCLINA Giimbel 1868. 42. Lepidocyclina dilatata (Michelotti). Tav. II, fig. 36-37. 1904 — Lepidocyclina dilatata, Liémxore et Dovvirré, Sur le genre Lepidocyclina, Mém. Soc, Géolog. France, Paléont., tome XII, n. 32, pag. 12 (vedi sinonim.), pl. I, fig. 2; pl. II, fig. 8-21; pl. III, fig. 10-15, p. 12. 21 DI ALCUNE NUMMULITI E ORBITOIDI DELL'APPENNINO LIGURE-PIEMONTESE 91 Sono foraminiferi molto grandi, raggiungono i 30 o 40 millimetri di diametro, La conchiglia è lenticolare, ondulata, rigonfia al centro. Sulla superficie ci sono tante piccole granulazioni e pieghe a reticolo, che ricordano la Bruguieria Fichteli e Vin- termedia. — Il margine si presenta tagliente, un po’ rialzato. Nell’interno si vede una reticolatura a maglie esagonali, piccolissime, con pareti sottili, e due dei lati sono costituiti come da un arco di cerchio. Nella sezione tangenziale si notano i pilastri piccoli, ma molto brillanti. Nelle dilatatae a megalosfera, la camera sarebbe subcircolare, grandissima e circondata da un guscio spesso e robusto. Questa lepidocyclina differisce dalle lepidocycline a grande forma come essa: la Raulini e la Mantelli, per la differente camera centrale; poi qui si notano nella sezione tangenziale dei punti lucenti che costituiscono i pilastri e che mancano nelle due sopradette. La Lepidocyclina elephantina ha dimensioni molto più grandi, è di em. 10 generalmente; la Lepidocyclina Chaperi ha la camera centrale molto differente simile alle lepidocycline specie americane. La Lepidocyclina Gallieni ha logge molto più strette, separate da pilastri più grossi che quelli della dilatata. Rara a Sassello (Rio dei Zunini) e a Carcare. — Comunissima a Costalupara e a Ceva. i 43. Var. Schlumbergeri Lémoine et Douvillé. Tav. II, fig. 38. 1904 — Lepidocyclina Schlumbergeri, Lémome et DovviLLé, Mém. Soc. Géol. France, Paléont., tome XII, p. 14, pl. I, fig. 10; pl. II, fig. 6. Ho trovato forme microsferiche. Ha dimensioni grandi: 30 o 40 mm. La con- chiglia è fatta a sella, rigonfia al centro a mamellone e coperta di pieghe raggrin- zate come nella dilatata. Margine tagliente ondulato. La sezione interna mostra la reticolatura a maglie esagonali piccolissime, che si presenta come quella della Lepi- docyclina dilatata. Nella sezione tangenziale si vede al centro qualche pilastro più grosso e più brillante che quelli della dilatata. La camera centrale è come quella della dilatata. Della Lepidocyclina Schlumbergeri di Lemoine et Douvillé ho fatto una varietà della dilatata, perchè i soli caratteri differenziali tra queste due forme, costituiti in tre o quattro pilastri più grossi, e nella forma esterna ripiegata a sella, cid che può dipendere solamente da condizioni d'ambiente, non mi sembrano abbastanza suffi- cienti da costituire una nuova specie. Il poco materiale non mi permette di constatare se questa non sia piuttosto una semplice dilatata. Rara a Carcare. 44. Lepidocyclina Mantelli (Morton). i Tav. II, fig. 39. 1904 — Lepidocyclina Mantelli, Lémorne et DouviLLé, Sur le genre Lepidocyclina, pag. 10 (ved. sinonim.), pl. I, fig. 4; pl. II, fig. 18; pl. III, fig. 7 e 12. x Ha un diametro di 25 o 30 millimetri. Non è mai ondulata, è discoide, con un leggero mamellone' al centro. È tutta a reticolature fini, e mai si vedono le granu- 92 CLELIA PARISCH 292 lazioni. Margine tagliente, acuto. La reticolatura interna è a maglie esagonali, colle due pareti laterali opposte, più corte delle due superiori e inferiori che si congiun- gono ciascuna tra loro, così che le maglie sembrano più larghe che alte. In sezione tangenziale si nota la mancanza assoluta di pilastri. La camera centrale è costituita di due logge circolari, quasi entrambe della stessa grandezza, attaccate assieme. Anche la Lepidocyclina Raulini manca di pilastri, ma la Mantelli differenzia da queste forme per le maglie un po’ più allargate che allungate, mentre la Raulini ha il carattere opposto. Poi se ne distingue per la forma della camera centrale, il qual carattere pure la distingue dalla dilatata, da cui anche si stacca per la mancanza dei punti brillanti nella sezione tangenziale, costituiti dai pilastri. Rara a Molere (Ceva). 45. Lepidocyclina Raulini Lémoine et Douvillé. Tav. II, fig. 40. 1904 — Lepidocyclina Raulini, Léworne et DouviLLé, Sur le genre Lepidocyclina, p. 11 (ved. sinonim.), pl. I, fig. 3, 6, 9, 13, 16; pl. II, fig. 3-10; pl. II, fig. 4-14. Questa lepidocyclina raggiunge un diametro di due o tre centimetri, è discoide, rigonfia al centro; ha solo leggera tendenza alla forma a sella; si vede alla super- ficie come una rete formata dalle pareti delle maglie sottostanti. Margine acuto. Le pareti delle logge interne sono abbastanza spesse, si vede bene questo carattere fa- cendo le sezioni tangenziali. Mancano i pilastri che si vedono nelle sezioni sotto forma di punti brillanti. La forma delle camere varia dalla forma di un esagono allungato fino a quella di un rettangolo; le pareti dei lati sono maggiori in lunghezza delle pareti superiori; alla periferia queste logge sono più schiacciate. La camera centrale di questa lepidocyclina, molto grande, è composta di due logge circolari, una addentrata nell’altra; un guscio molto spesso serve di rivestimento alla più grande delle logge. Si distingue dalla Lepid. Mantelli, a cui si accosta, per la mancanza di pilastri; ne differisce per il carattere diverso della loggia centrale, e perchè le maglie sono più allungate; questa forma può essere ondulata, mentre quella no. Differisce dalla dilatata, oltre che per la forma della camera centrale, anche per la mancanza di pilastri. Rara a Montalero. i 23 DI ALCUNE NUMMULITI E ORBITOIDI DELL’APPENNINO Quadro della distribuzione delle specie Nummulites Lamek Paronaea Guidi, Parisch el a) sb nali sei za agi are) (I ng e. de dt, sub-Guidi, Parisch. Linae, Parisch sub-Linae, Parisch i Linae, var. Mariae, Parisch miocontorta, Tellini sub-miocontorta, Parisch : miocontorta, var. exilis, Tellini miocontorta, var. crassa, Tellini Tchihatcheffi, var. depressa, Tellini var. Roveretoi, Parisch Rosai, "Tellini. P var. obesa, Parisch Bouillei, 2 La Harpe è . laxispira, Parisch vasca, ma i Leymerie » Var. italica, Parisch r. tenuispira, Harpe. “Botte; Harpe si var. variabilis ‘(Tellini) - var. incrassata, Harpe Tournoueri, De La Harpe ) var. laxispira, Harpe . nitida, De La Harpe sub-nitida, De La Harpe striata, var. pedemontana, Tellini . » var. carrosiensis, Tellini ‘contorta, Desh. sub-budensis Prever . Giimbelia operculiniformis Tellini . var. granulata Parisch . Bruguieria Fichteli, Aol » » a 5 r. Vialei, Parisch È DR pi Jol. Leym. intermedia, D’Archiac . È var. bormiensis, Tellini Operculinae d’Orb. . Operculina'complanata, Defr. » n LI n var. granulosa Leym. Preveri, Parisch . A var. elegans, Parisch Formai, Parisch . Lepidocyclinae Giimb. perire dilatata, Micht. » Li) » » var. Schlumb., Lém. Douv.- Mantelli, Morton È Raulini, Lémoine et Douvillé . Carrosio Voltaggio | | | cc, c cel ce ce e Lerma ce Belforte Cassinelle (SIRIO) ce ce LIGURE-PIEMONTESE descritte. ° gd © T|2|e|3E dlol= 22 Sd|N|2/5 oialmiao RIE S||2/5 3 (© * î ce ce Cc ce c|ice e ce ce cel cc (46) c|ice CIUGIE ce cic (4 ce, cc ce cice (HH c c Cc ce (6) K ce Dal R. Museo Geologico di Torino, 1906. | S. Giustina | Montalero Carcare ce ce ce ce ce ce È 93 esso Ceva Molere do ce 94 CLELIA PARISCH 24 SPIEGAZIONE DELLE TAVOLE TAVOLA I 1. Paronaea Guidi, Parisch 2. 5 SA Rarsch 3. A 5 Parisch 4. 5 sub-Guidi, Parisch . Di A Linae, Parisch 6. 5 sub-Linae, Parisch . A 5 Linae, var. Mariae, Parisch 8. 5 miocontorta, Tellini 9. n 5; Tellini 10. n sub-miocontorta, Parisch 11. A 4 Parisch 12. 5 È Parisch do: z miocontorta, var. exilis, Tellini 14. È 5 - Tellini 15. % 3 5 Tellini 16. 5 5 var. crassa, Tellini DZ. A 5 Tellini 18. A Tchihatchefi, var. Roveretoi, Bi 19. È bi var. depressa, Tellini 20. A Rosai, Tellini . 21. 4 s Tellini. 22. z s var. obesa, Parisch 23. 5 A d Parisch 24. A i Parisch 25. < Boone, De La Harpe 26. 3 a. De La Harpe DI: y È, var. laxispira, uni 28. 5 vasca, Joly et Leymerie . 29. o » Joly et Leymerie . 30. 5 » Joly et Leymerie . 31. : vasca, var. tenuispira, De La Rat 32. “ A ar. italica, Parisch 33. ” vr De La Harpe . 34. 3 s De La Harpe . 35. 5 6 De La Harpe . 36. a " var. variabilis (Tellini) 37. 5 " i (Tellini) 38. > x - (Tellini) 39. è i Ù (Tellini) 40. È 2 P (Tellini) . " 4l. 5 © var. inerassata, De La Harpe 42. Ò Tournoneri, De La Harpe 43. n x De La Harpe 4 ( 44. n "i var. laxispira, De La Harpe 45. = "; 3 De La Harpe 46. 5 5 È De La Harpe Cassinelle SL Belforte Hus Cassinelle EG Belforte XxX. b Cassinelle XK a ” X 3 > XI Carrosio Vas Belforte Xoa Carcare ara Cassinelle DL » Xx 5 ” x 9 Lerma De Cassinelle XxX 8 Carcare D@: n x 5 Cassinelle x ” XA n X 5 Belforte >, Carcare Xi » xo » X 3 Cassinelle X 8 ” XxX 5 ’ xs Bo X 5 Costalupara X 5 Cassinelle Kid Dego X 5 Belforte OE: n X 5 3 xs Grognardo —X 3 ’ x 5 ’ Xx 3 Lerma Yad Cassinelle Si Grognardo — X 5 Belforte PA Cassinelle Xx 3 n x 5 Costalupara XX 5 Carcare SOL n XxX b . 25 DI ALCUNE NUMMULITI E ORBITOIDI DELL'APPENNINO LIGURE-PIEMONTESE 95 TAVOLA II. 1. Paronaea nitida, De La Harpe : E £ 5 Belforte SCIE 2 a sub-nitida, De La Harpe ; ; . Cassinelle Xx 5 3. ; striata, var. pedemontana, Tellini È XK 5 ZL È È 5 Tellini . o i x 3 5 È i a Tellini 5 XW05 6 n É var. carrosiensis, Tellini . i Carrosio ICE 7 s 3 A Tellini 4 é Voltaggio XxX 5 8 5 5 n Tellini . È 5 X 5 di D contorta, Desh. ; 3 ° , è Carcare SC 5 10. 5 3 Desh. u ) È c 3 i x è ele 3 5 Desh. 5 Ve) 12. A sub-budensis, Prever . ; S ; Cassinelle Do 13. Giimbelia operculiniformis, Tellini . Tae. 5 Grognardo X 3 14. - n Tellini . ; 5 YO 15. 5 s r. granulata, Pacisch Ponzone YI 8 16. 3 5 ; Parisch n > 5 17. Bruguieria Fichteli, Michelotti : ; A 5 Sassello xs 18. Pi È Michelotti i î Cassinelle Do 19. A n var. garansensis, Joly et ionm Dego Su 20. s A var. Vialei, Parisch } 7 Ponzone Seo Dil » a 5 Parisch ) È ; ab 22 n n A Parisch , . Grognardo ><00) DISSE intermedia, var. bormiensis, Tellini : Lerma pui 25. 5 a 5 Tellini . Cassinelle Yo 26. Operculina complanata, Defrance . ) . Grognardo = X 5 27. 5 P var. granulosa, dn x A pala 28. E Preveri, Parisch . È | - È È, 5) 29. a = Parisch È XxX 5 30. È 4 var. elegans, Parisch . 3 Cassinelle MD: Signa é A Parisch . . u X 5 32. 5 È 5 Parisch ? È s > 6) 33. 5 Formai, Parisch . ; È È . Carcare eo 34. sa = Parisch 7 È > SARO 35. 5 La Parisch . . . ; .- Costalupara /X 5 36. Lepidocyclina dilatata, Michelotti . ; . . Costalupara g. n. 37. È A Michelotti . n GUIDE 38. x , var. Schlumbergeri, Lém. et Down. Carcare X 4 39. DI Mantelli, Morton 6 7 P Molere X 4 40. n Raulini, Lémoine et; Do nmille è : Carcare X 4 | | i GE i PEA soin Ù Pa E dustanti. » Ca da PPT Li . it: ide si , x (aibia” % di È AIM NOLA a n È on c _ ù : i » do! ì MPUTTALA Ai tl (Ai ssa0o199 i rpuo BR mal ei ig TRO" 1 Retile PORRO, PSR «Hol tou abog der; stata x è {al , . 4 e IL ‘ ‘ . r ilo $ , . x 0 vp "I « fusi: LTT 4 * Ù) . (LES » ii ; 74 x ; gi Ci ai 7 DRS aan pa É i " - (ME slurrsiitag int vi i, Pi d ai I atolua ta, stay î + Lia bali li darai de Si ì RAMONE RE 11] vit Ela BRA OE cati paret.: tal ta got ai apparire dre Ù i lpeiva È VAT «ki, br, , mana sail i isole? Latavalarenzenga Ate LI tati sui dt e »- dig DE Pell vende MNiemozie della Rh. Accad. delle Scienze di Sozino, Serie Il Vol. LVII G. PARISCH. - Di alcune Nummuliti e Orbitoidi. ecc. Tav. | E, Forma fot MNtemozie della R. Accad. delfe Scienze di Sozino, Serie Il" Vol. LVII G. PARISCH. - Di alcune Nummuliti e Orbitoidi. ecc. Tav. Il 38 E. Forma fot i j "i i RICERICELENS PERI MENTA I SULLA CONDUTTIVITÀ TERMICA E SUL CALORE SPECIFICO DEI TESSUTI DI LANA E DI COTONE MEMORIA DEL Dr. DONATO OTTOLENGHI ASSISTENTE ALL'ISTITUTO D’IGIENE DELL'UNIVERSITÀ DI SIBNA Appr. nell'adunanza del 17 Giugno 1906. Max Rubner, nel discutere in un suo studio (*) l’importanza che, fra le nostre condizioni di vita, hanno le vestimenta, non esita a dichiarare che essa è paragonabile a quella che si suole ordinariamente riconoscere all’abitazione e agli alimenti. L’esat- tezza di questo giudizio è chiara, sol che si pensi agli uffici essenziali dei nostri abiti, e ci dà ragione dell’amore con cui l’igiene pubblica si occupa a punto della que- stione del vestiario, tanto più opportunamente, quanto, nella società moderna, per molti gruppi d’individui — o numerosi, come negli eserciti, o bisognosi di cure par- ticolari, come nei ricoverati degli ospedali — la scelta del vestito non è lasciata al gusto e al criterio di ciascuno, bensì è riserbata al parere di poche persone. Particolarmente da questo lato, la somiglianza, direi, di valore fra il vestito e l’abitazione e la razione alimentare è quanto mai palese, non meno della necessità che alle norme da osservarsi nel giudicare di ciascuno di quei tre oggetti, sia posto per fortdamento anche tutto ciò che l'indagine scientifica ha precisato intorno alle loro più importanti proprietà. Così, per quanto riguarda il vestito, nel dare la pre- ferenza a certe sorta di ‘abiti e, meglio, a certi generi di tessuti da abiti, è evidente | che si deve tener conto sopratutto delle loro proprietà fisiche, e in ispecie delle pro- prietà termiche; ma badare anche al loro comportamento nelle operazioni ordinarie di lavatura e di disinfezione, e a tutti quegli altri caratteri che valgono a precisare — come le differenti stoffe siano diversamente adatte a trasmettere le malattie infettive. Già da tempo quindi, gli studiosi si sono preoccupati di raccogliere gran copia di dati intorno ai tessuti che più interessano l’igiene, e specialmente intorno ai tes- (') Max Rusner, Experimentelle Untersuchungen ùber die moderne Bekleidungsysteme, “ Arch. f. Hygiene , 1897, Bd. 29, pag. 269. Serre II. Tox. LVII. M 98 DONATO OTTOLENGHI 92 suti di lana e di cotone, i quali rappresentano le due varietà più degne di conside- razione, i primi perchè rispondono bene al maggior numero delle condizioni che si devono imporre ai tessuti da far vestiari, i secondi, per il poco prezzo e per la resi- stenza ai comuni disinfettanti. Alcuni risultati sperimentali ottenuti dagli AA. però, a cagione delle condizioni non interamente soddisfacenti in cui questi hanno lavorato, non si possono ritenere definitivi. Sopratutto su due argomenti di singolare impor- tanza — la conduttività termica e il calore specifico — a me è parso che fossero veramente opportune nuove ricerche, che ho istituito, scegliendo come materiali di studio i tipi più comuni di tessuti di lana e di cotone che servono per vestiario intimo (*). Le conclusioni a cui mi hanno condotto queste esperienze non sono forse senza interesse per l'igiene, onde ho creduto di poterle rendere di pubblica ragione. I. — Esperienze di Rubner e di Lees sulla conduttività termica dei tessuti. Lo studio della conduttività termica dei tessuti, con intendimenti e con metodi rigorosi, è stato fatto finora da Rubner e da Lees. Rubner (*) si è valso per tale scopo di due apparecchi differenti. Uno di essi è formato da due cilindri coassiali di ottone, separati l’uno dall’altro da un’interca- pedine dello spessore di 1 cm., nella quale si pone la sostanza in esame. Nel cilindro interno si fa passare una corrente d’acqua calda e, quando tutto il sistema è nella fase di regime, si immerge l'apparecchio in una gran vasca di acqua .che viene con- tinuamente rinnovata, in modo da mantenere la superficie esterna dell’apparecchio stesso a temperatura costante. Conoscendosi la quantità M d’acqua che, in un certo intervallo di tempo 2, passa nel cilindro interno, e la sua temperatura all'entrata (#:) e all'uscita (#,), e poi la differenza costante di temperatura (#, — t,) fra lo spazio racchiuso nel cilindro interno e il bagno esterno, si ha subito che, trattandosi di piccoli intervalli di temperatura, sarà, se X è un certo coefficiente di conduttività della sostanza posta fra i due cilindri: M(t.—t,.)= Ke(tn—- tg) e quindi __ M(t:— ta) K By Z(tm = tr) (4) La maggior parte dei tessuti usati in queste ricerche mi vennero inviati, per mia preghiera, direttamente dalle Fabbriche, che volentieri nomino qui anche in segno di ringraziamento. Esse sono: Società italiana per l'industria dei tessuti stampati, in Milano; Manifattura Tosi, a Busto Arsizio; Cotonificio Cantoni, a Castellanza; Fratelli Bosio e Manifattura L. Usiglîi e C. a Torino; Cotonificio Leumann presso Torino; Pellegrino Pontecorvo e C., a Pisa; Lanificio Giovanni Rossi, a Schio. Altri campioni, tanto di lana che di cotone, furono comperati in varî negozi di Napoli. (?) Max Ruswer, Das Warmelcitungsvermigen der Gewebe unserer Kleidung, “ Arch. f. Hygiene " 1895, Bd. 24, pag. 346. Cfr. anche gli altri numerosi lavori sulle proprietà termiche delle stoffe che Rubner e i suoi allievi hanno successivamente pubblicato in quello stesso Archivio. 3 RICERCHE SPERIMENTALI SULLA CONDUTTIVITÀ TERMICA, ECO. 99 Questo metodo permette di determinare la quantità totale di calore che passa nell'unità di tempo attraverso all’apparecchio, e che varia, secondo quanto ha rico- nosciuto Rubner, con la quantità e la qualità di sostanza usata nell’esperimento. Dai valori di X si potrebbe, con calcoli convenienti, ricavare forse anche il vero coeffi- ciente di conduttività interna delle stoffe; ma Rubner ha usato quest’apparecchio solamente per controllare alcuni risultati generali che egli aveva ottenuto da un altro, suscettibile di dare migliori risultati, e che quindi c’interessa maggiormente, cioè dal calorimetro di Stefan. : Questo è formato di due cilindri verticali coassiali di ottone, di differente gran- dezza: il cilindro minore è posto nell'altro in modo che tutt’attorno, fra i due, resti uno spazio di altezza uniforme, ed è fissato in tale posizione per mezzo d’un tappo che chiude contemporaneamente un orifizio praticato nel centro della superficie di base superiore dell’uno e dell’altro cilindro. Questo tappo è attraversato verticalmente da un tubo di vetro graduato e ripiegato a guisa di un U rovesciato, di cui una branca — più corta — penetra poco sotto il tappo, e l’altra — molto più lunga — pesca all’esterno in un recipiente pieno di mercurio. L'apparecchio, con l’intercape- dine riempita della sostanza in esame, dopo essere stato esposto per lungo tempo ad una determinata temperatura, per es., a quella dell’ambiente, finchè abbia assunto in ogni parte la stessa temperatura, viene, ad un determinato istante, immerso in una miscela di acqua e ghiaccio : raffreddandosi per ciò il cilindro interno, pieno d’aria, un po’ di mercurio s'innalza nel tubo ad U; e dal tempo che il liquido im- piega ad élevarsi per tratti uguali successivi si deduce l'andamento della tempera- tura nell'’apparecchio in funzione del tempo, e quindi anche la conduttività della sostanza posta fra i due cilindri. Questo calorimetro era stato ideato da Stefan per lo studio della conduttività dei gas e usato poi da Winckelmann per.i gas e per i liquidi; ma già Schuhmeister (1), nel 1877, aveva pubblicato delle interessanti esperienze sulla conduttività della lana, del cotone e della seta, determinata a punto col calorimetro di Stefan. Quest’A. però, aveva dedotto dalle sue misure semplicemente dei valori relativi; inoltre aveva tra- sceurato di modificare convenientemente la formola proposta da Stefan per il calcolo della conduttività dei gas col suo apparecchio, la quale così com’è non può valere nel caso delle stoffe. Invero, per la formula di Stefan è ammesso implicitamente che l'equivalente in acqua della sostanza posta nel calorimetro sia nullo o tanto pic- colo da potersi trascurare: ciò, con molta approssimazione, è vero per i gas, perchè la massa di questi contenuta nel calorimetro è estremamente piccola, ma evidente- mente non è più vero quando si operi con le stoffe, per le quali quindi bisogna ricercare una espressione del raffreddamento in cui sia anche tenuto conto del calore che è immagazzinato in esse. E molto giustamente Rubner, nel riprendere questo studio, ha voluto badare a tutto ciò, fissando le dimensioni più adatte del calorimetro, modificando la formola di Stefan, e ricavando dalle sue misure i valori assoluti dei coefficienti di condut- tività. (4) J. Scauamersrer, Versuche iiber das Viirmeleitungsvermigen der Baumwolle, Schafwolle und Seide, “ Sitzungsber. d. K. Akad. d. Wissensch. ,, II Abth. 1877, pag. 283. 100 DONATO OTTOLENGHI 4 Se però il calorimetro di Stefan può sembrare sufficientemente adatto per la determinazione della conduttività termica delle fibre tessili, chè queste vi possono venire poste sempre con un determinato ordine e quindi la misura eseguita, pes es., sui peli di cotone può essere considerata come fatta sensibilmente nelle stesse con- dizioni che quella sui fili di seta o sui peli di lana, salvo la differenza nella sostanza; lo stesso non può più dirsi certamente nel caso in cui sì studino i tessuti. Senza dilungarmi ora su questo punto, sul quale avrò da ritornare in seguito, è chiaro infatti che, data la struttura del calorimetro di Stefan, il riempimento di esso, in alcuni casi, riuscirà fatto con un solo strato di stoffa, ma in altri casi, con due o più; che inoltre le stoffe non potranno venire disposte, nell’intercapedine del calorimetro, uniformemente in ogni punto, nè in ogni punto ugualmente pigiate e ugualmente dirette rispetto alle superficî dei cilindri dell'apparecchio. E però i valori delle misure eseguite a codesto modo finiscono per essere la risultante di tante cause che non è possibile precisare, e tanto meno disciplinare in materiali già per sè poco adatti a ricerche rigorose e corrette. Di qui una grande incertezza che affetta così i risultati sperimentali di Rubner come le considerazioni e i calcoli che si vollero fondare su quelli. In condizioni d’esperimento diverse e, apparentemente, più favorevoli si è messo il Lees (!). L'apparecchio ideato da questo consiste essenzialmente di una sbarra di ottone tagliata nel mezzo, secondo un piano normale all'asse, e sospesa orizzontal- mente: uno dei capi è mobile sì da poter annullare o rendere arbitrariamente ampio lo spazio che vi è fra le due porzioni della sbarra. Un estremo di questa è riscal- dato con una corrente di vapor d'acqua a 100°; l’altro è raffreddato da una corrente d’acqua; e l’aria intorno alla sbarra è mantenuta ad una temperatura pressochè costante. Per mezzo di piccoli pozzetti pieni di mercurio, scavati nella sbarra, sim- metricamente all'asse e opposti l'uno all’altro a due a due, in punti determinati dalla teoria, si può in ogni istante, per mezzo di pinzette termoelettriche, raccogliere tre valori della temperatura nella parte calda della sbarra e tre nella parte fredda. Se le due porzioni della sbarra sono a contatto fra loro, dalla distribuzione della temperatura, quando si è raggiunta la fase di regime, dalle costanti dell’apparecchio e dalla conoscenza della temperatura ambiente e del coefficiente di trasmissione esterna della sbarra — determinato a parte —, si calcola il coefficiente di condut- tività del metallo che costituisce la sbarra. Analogamente, se fra le due porzioni della sbarra, si pone un disco di stoffa, dalla nuova distribuzione della temperatura nella sbarra, dal coefficiente di conduttività del metallo onde questa risulta, e dalle dimensioni del disco di stoffa si ricava, con un calcolo non troppo laborioso, il coef- ficiente di conduttività della stoffa. L'apparecchio di Lees ha il pregio di permettere lo studio dei tessuti distesi, ma, come gli apparecchi analoghi per la determinazione della conduttività interna, adoperati da Angstròm e da altri, e fondati sulla osservazione di temperature sta- (') Cnarces H. Lees, On the termal conductivities of Crystals and other bad conductors, “ Philoso- phical Transact. of the Roy. Soc. of London ,, (A) 1892, Vol. 183, pag. 481. PÒ 15) RICERCHE SPERIMENTALI SULLA CONDUTTIVITÀ TERMICA, ECC. 101 zionarie, ha il difetto (!) che, siccome il termine % di conduttività compare nei cal- coli unicamente in espressioni della forma TA (essendo % il coefficiente di trasmis- sione esterna) il valore delle quali è di norma inferiore, e talora di molto, all’unità, piccoli errori d'osservazione rispetto ad %# — e sono quasi inevitabili — influenzano notevolmente il valore di %. Ciò non è invece per gli altri metodi — ormai univer- salmente preferiti — fondati, come quello del calorimetro di Stefan, sull’osservazione della temperatura variabile in funzione del tempo; poichè, in questi casi, il valore di % si ricava direttamente dall’esperimento e può essere quindi calcolato col maggior rigore, mentre il termine di X non ha più che un'importanza secondaria di semplice correzione. Si noti poi che il metodo di Lees richiede per ogni misura un tempo assai lungo; chè, sebbene egli affermi di aver raggiunta la fase di regime dopo un'ora e mezza, a me, che ho eseguito un certo numero di prove con un apparecchio costruito secondo le indicazioni date dal Lees (?), bastavano appena tre o quattro ore. Quanto ai risultati avuti da questo A. nelle sue esperienze sulle stoffe, pur riserbandomi di riportarne in seguito i valori numerici, dirò subito che essi non hanno molta importanza, sopratutto perchè sono troppo poco numerosi, e perchè, affine di ottenere un buon contatto, egli poneva frala sbarra e il tessuto un sottile straterello di mercurio, che non si esclude potesse infiltrarsi in parte nell’interno della stoffa, modificando profondamente le condizioni del sistema. Lo stesso A., in collaborazione con Chorlton (*), ha proposto un altro metodo, di uso più corrente, e adatto per quei casi in cui si vogliano solo avere dei dati discretamente approssimativi. L'apparecchio ideato da questi AA. consiste di una scatola cilindrica metallica del diametro di cm. 11,4 e dell'altezza di cm. 3, entro la quale circola il vapor d’acqua a 100°. Essa poggia su un disco del materiale in esame, il quale, alla sua volta, è disteso su un disco d'ottone di diametro uguale a quello della scatola, sospeso orizzontalmente per mezzo di tre fili attaccati, in basso, all'orlo del disco e, in alto, all’anello di un sostegno. Il disco si trova a 30 cm. sopra un tavolo: un termometro disposto orizzontalmente a 10 cm. sopra il tavolo stesso, un altro che penetra in una cavità radiale del disco e un terzo, situato in una cavità della base inferiore della scatola, dànno le tre temperature che, insieme alle dimen- sioni della stoffa, sono gli unici dati necessarî per calcolare il coefficiente di con- duttività nella fase di regime, quando si sia determinato prima, separatamente, il coefficiente di trasmissione esterna dell’apparecchio. Anche con questo metodo — con cui pure si ha il vantaggio di sperimentare su una quantità discretamente grande di stoffa ben distesa — il termine di trasmis- ‘sione esterna ha troppa importanza; e poichè l’apparecchio è sospeso nell’aria, e quindi si trova in condizioni poco adatte per evitare errori grossolani, le misure fatte # ; (1) Cfr. Lezioni di Fisica tecnica, del prof. L. Lowsarpi, Tecnologia del calore (Torino, Litografia Salussolia, 1905), pag. 72. (*) Queste esperienze vennero eseguite nell'Istituto di Fisica dell'Università di Siena, grazie al gentile consenso del Chiar.®° Direttore Prof. S. Lussana. (*) Cmarves H. Lees e J. D. CHorLron, On @ simple apparatus for determining the thermal con- «ductivities of cements and other substances used in the Arts,-© Philosoph. Magaz. ,, 1896, pag. 495. 102 DONATO OTTOLENGHI 6 con esso, che avrò occasione di citare più innanzi, non possono non essere molto malsicure. Insomma, nessuno dei metodi usati finora è interamente soddisfacente. Un metodo adatto allo studio della conduttività termica dei tessuti, deve avere in sè non solo il rigore raggiungibile, per es., col calorimetro di Stefan, ma anche un modo di spe- rimentare che permetta facilmente e sicuramente di disporre le stoffe come si usano nella pratica, e di paragonare bene fra loro tutte le diverse osservazioni. A queste condizioni fondamentali pare rispondere meglio d’ogni altro il metodo usato da Weber (1) per lo studio della conduttività termica dei liquidi, che egli stesso aveva preconizzato per la determinazione della conduttività dei gas e dei cattivi conduttori. Nelle mie ricerche, mi sono valso a punto del procedimento di Weber, per con- siglio del Chiar.®° Prof. Lombardi, al quale sono lieto di poter esprimere ancora la mia gratitudine per i molti e preziosi suggerimenti con cui ha voluto aiutarmi nel mio studio, e per la larga e cortese ospitalità che mi concesse nell’ Istituto che egli dirige. II. — Metodo di H. Y. Weber per la determinazione della conduttività termica dei liquidi. L'apparecchio di Weber è costituito di un grosso disco di rame che poggia, con l’interposizione di uno strato della sostanza da studiare, sopra un altro disco di rame, più sottile e di diametro un po’ maggiore del primo. Un coperchio metallico di di- mensioni convenienti limita, appoggiandosi sul disco inferiore, un piccolo spazio di aria attorno e sopra al disco superiore. L'apparecchio, allestito e portato alla stessa temperatura in ogni punto, a un certo istante è rapidamente raffreddato all’esterno, per es., per mezzo di ghiaccio con cui lo si circondi d'ogni parte. In tali condizioni, il disco inferiore di rame e la superficie inferiore della sostanza, posta fra i due dischi, assumono, in brevissimo tempo, la temperatura del ghiaccio; e il fenomeno che, per ciò, succede nel sistema, è rappresentato da un flusso continuo di calore, di decrescente intensità, dal disco superiore all’inferiore attraverso alla sostanza che li divide, e da una cessione con- tinua di calore dalla superficie della base superiore e dalla superficie laterale del disco superiore, per irradiazione, conduzione e convezione, all'aria racchiusa sotto al coperchio, La teoria di questo metodo è molto complicata e, naturalmente, non occorre venga sviluppata qui: mi limiterò semplicemente ad alcuni cenni che sono necessarî per bene intendere ciò che verrà esposto in seguito. Ammesso che la temperatura del disco inferiore e del coperchio sia, ad ecce- zione dei primissimi istanti del raffreddamento, costante e eguale a quella del ghiaccio che circonda l'apparecchio, Weber dimostra anzitutto che ogni punto del disco supe- (') H. F. Weser, Untersuchungen ùber die Warmeleitung in Fliissigheiten, “ Wied. Ann. ,, 1880, N. F., Bd. X, pag. 103. VI RICERCHE SPERIMENTALI SULLA CONDUTTIVITÀ TERMICA, ECC. 103 riore di rame — sempre ad eccezione dei primissimi momenti — ha una temperatura %, che differisce dal valor medio della temperatura del disco al massimo di !/go di grado, in modo che essa, con grande approssimazione, può essere considerata come funzione solo del tempo. E poichè Weber ammette che fra la superficie di base infe- riore del disco e la superiore della sostanza (questa trattazione si riferisce alle espe- rienze sui liquidi) non vi sia discontinuità di temperatura, ne segue che la tempera- tura v;, di un punto del disco è uguale alla temperatura v della superficie superiore della lamina liquida, (1) u, = Premesso ciò, se si stabilisce un sistema di coordinate cilindriche (x, 7, @) il cui asse coincida con l’asse della lamina liquida e la cui origine sia alla superficie inferiore di questa, la trasmissione del calore nell’interno della lamina liquida avviene secondo l’equazione differenziale: A (GORI du 1 du Cana a elba di (2) in cui p e c sono rispettivamente la densità e il calore specifico del liquido, % è il coefficiente di conduttività e # indica il tempo. Come soluzione generale di questa equazione, e soddisfacente a condizioni ai limiti che qui non occorre ricordare, può essere posta la seguente: SALSE SE à + u=Ae £ senge + Bisen(7 2)e CERA + Basen(&£ 2)e a +..{X E MESIA i VSIAFZE. sn X i Imre ui Cathy e 8 joi +. (3) La quantità 9 sarà definita più innanzi. Le costanti A, B,, B., ecc., ad eccezione della prima, spariscono dalla formula per le semplificazioni che si possono fare. Ora, nelle esperienze di Weber sui liquidi, A, spessore della lamina liquida, è dell’ordine di È di cm., la quantità ta è presso che costante in tutti i liquidi usati dal Weber ed eguale a circa 0,070 (nelle unità scelte da Weber, cioè centimetro grammo” minuto grado); e però l'esponente 1a La n? (in cui n è uno dei termini della serie dei numeri naturali) è uguale a circa 17,5 n°, ossia il valore di ciascuno dei termini seritti fra le prime parentesi nella (3), dopo pochi secondi da quando si è iniziato l’esperimento, diventa straordinariamente piccolo. Ciò dimostra che le superfici isotermiche nell’interno della lamina liquida sono parallele fra loro e alle basi dello ‘strato e permette di sostituire alla (3) la seguente espressione: ee ae. u=Ae © senge. (4) Questa però deve soddisfare ad una condizione. Se M,, c,,}, sono rispettivamente la massa, il calore specifico e il coefficiente di trasmissione esterna del disco supe- 104 DONATO OTTOLENGHI 8 riore, F, è la somma della superficie di base superiore e della superficie laterale dello stesso disco, F la superficie della sua base inferiore, uguale alla superficie superiore della lamina liquida, e % è il coefficiente di conduttività del liquido; avremo che, nel tempo dt, dalla superficie inferiore F del disco sarà ceduta, per conduttività della lamina liquida, una quantità di calore espressa da du at kF =" dt (per e = A) x (in cui x è una delle coordinate, di cui si è già detto). Dal resto della superficie del disco sarà poi ceduta per trasmissione all’aria un’altra quantità di calore espresso da | h, F,u, dt. In conseguenza la temperatura del disco superiore varierà di du,, e la quantità di calore perduta da esso sarà uguale a — Me dui, = Avremo perciò: — Mc; (i) =h Ft, + kF(S dt La e per la (1): (5) ò sar Mic, (i) = hy F,uz—a ss kF(S) . A punto questa equazione limite deve soddisfare la (4) e la soddisfa quando per q si prenda una delle radici dell'equazione : Mec; È gsen(g4) = %Fcos (94) + 7, F,sen (9A). (6) Le infinite radici 91 9s 93... di questa equazione, sostituite nella (4), dànno altrettante soluzioni elementari del problema; la cui soluzione generale è quindi: ohi Levihi u=A,sengigre © : + Assenggre +... (7) Ma i valori dei quadrati di 9;gs..., con l'aumentare dell’indice, divengono rapi- damente assai grandi, ossia il valore dei termini del 2° membro di quell’espressione col crescere dell’indice diminuisce straordinariamente presto, e tanto più presto quanto maggiore è il tempo # decorso dal principio dell'esperienza; per cui, dopo un cérto tempo, che, nelle ricerche di Weber sui liquidi, era di 30-60", tutti i termini della (7), a cominciare dal 2° possono venire trascurati. Mediante queste importanti semplificazioni il calcolo di % si riduce ad osservare per una serie di tempi t;, ti+1, fi+2..., da un certo istante #; dopo l’inizio dell’esperi- mento, le temperature w;, w'i+1, #';+2... del disco superiore, a determinare il decre- 9 RICERCHE SPERIMENTALI SULLA CONDUTTIVITÀ TERMICA, ECC. 105 si ) — di quelle temperature in un certo intervallo di tempo, da #; a t:+n, e sostituirne il valore nella espressione: mento logaritmico — log(- 1 be Re — Snck log (1° i) ® u i+n La grandezza 9g, che compare qui, è la radice più piccola della seguente equa- zione trascendente, che si ricava dalla (6): _—_ FApe 1 : gAtanggA = Mo, EL Fed i 3 — kMic (9A? A questa equazione, sostituendo alla massa M, il prodotto A,Fp,, si può dare la forma più simmetrica: SMR pio 1 Si A, ; cat Feb _1 (9) kEFpicsAhi * (dA) nella quale i simboli hanno il significato che già conosciamo. Dalla (9) il valore di g non può, evidentemente, essere ricavato che per suc- hFipcA? 5 kEpicsh, Weber sui liquidi aveva solo un piccolissimo valore, egli, per prima approssimazione, calcolava la radice più piccola dell'equazione semplificata: cessiva approssimazione: per ciò, siecome il fattore nelle esperienze di Ape Aipici p) gAtanggA = | con questa radice otteneva un primo valore approssimato di % che, sostituito nella (9), ” permetteva di dedurre un valore più approssimato di g, e quindi anche un valore - più approssimato di %. Per risolvere la (8) però, oltre a calcolare q1, bisogna anche determinare il coef- | ficiente di trasmissione %,. A tale scopo il disco superiore dell'apparecchio di Weber | viene sospeso entro la cavità limitata dal coperchio; poi si ripete, nella maniera Î solita, l'operazione del raffreddamento. In tale condizione, il disco perde calore solo to per irradiazione, conduttività e convezione dell’ aria; e la quantità di calore che Sn i è ceduta da esso, nell’unità di tempo, è — M ci ed è uguale alla quantità di calore ‘che, nella stessa unità di tempo, è trasmessa dalla superficie totale del disco F + F1. fijetto h, il coefficiente di trasmissione, si ha l’equazione differenziale: — Me, di = h(F+ F)u, u dona Seri II. Tox. LVII. N 106 DONATO OTTOLENGHI 10 e, integrando fra due limiti di tempo #, e fs, e quindi: (10) LL Gea Così, da tante coppie di valori della temperatura del disco durante il raffredda- mento si possono ricavare altrettanti valori del decremento logaritmico log (4) la - D cui media, sostituita nella (10), dà modo di calcolare #;. Questo coefficiente però non ha che l’importanza di un termine di correzione, ed è questo un pregio del metodo di Weber, il quale si distingue anche per la sem- plicità e per la grande precisione che permette di raggiungere nelle misure, quando si abbia cura di determinare con esattezza la temperatura del disco di rame che si raffredda. A questo scopo risponde egregiamente una pinza termoelettrica, una sal- datura della quale è unita al disco e l’altra è nel ghiaccio o nel liquido che si ado- pera per raffreddare l'apparecchio. Dalle deviazioni di un galvanometro adatto, inserito nel circuito della pinza, si calcolano subito le corrispondenti differenze di tempera- tura, quando precedentemente si siano determinate per una serie di differenze di temperatura delle saldature della stessa pinzetta le corrispondenti deviazioni dell’ago del galvanometro. Se poi le deviazioni del galvanometro sono proporzionali alle dif- ferenze di temperatura fra le due saldature, cosa che, trattandosi di differenze di temperature molto esigue, si realizza di solito con grande approssimazione, è evidente che, nel caso nostro, il calcolo diventa più spiccio, poichè si può nella (8) e nella (10) sostituire alle temperature w, vs ... le deviazioni osservate sj ss ..... Lorberg (*) ha ripreso, un anno dopo, il problema analitico trattato da Weber, studiando in forma affatto generale il flusso di calore che si ha attraverso » cilindri di ugual raggio ma di differente sostanza, sovrapposti l’uno all’altro, che abbiano originariamente, in tutti i punti, la stessa temperatura «, e che, a un dato istante, vengano portati in uno spazio limitato da pareti mantenute ad una temperatura co- stante, alla quale si viene a trovare anche la base del cilindro inferiore. Riman- dando per la soluzione completa del problema di Lorberg all'opera originale, mi restringerò a riassumere qui solamente alcuni appunti mossi da quest'A. a Weber, che interessano direttamente il mio studio. Anzitutto Lorberg osserva che Weber ha trascurato di tener conto nelle sue esperienze del coefficiente di trasmissione esterna delle sostanze che poneva fra i due dischi dell'apparecchio. La correzione relativa a questa perdita di calore, dovendo riguardare solo la superficie laterale del cilindro di sostanza, ossia una superficie assai piccola rispetto a quella di base in contatto coi dischi, può darsi che in molti (4) H. Lorsera, Ueber Warmeleitung in einem System von Cylindern, und ber die experimentelle Bestimmung der Leitungsfihigkeit des Wassers, “ Wied. Ann. ,, 1881, N. F. Bd, 14, pag. 291. î i 1 11 RICERCHE SPERIMENTALI SULLA CONDUTTIVITÀ TERMICA, ECC. 107 casi sia trascurabile a fronte della quantità di calore che viene trasmessa per con- duttività, e quindi non modifichi sensibilmente il valore di %, ma non è detto che lo sia sempre, sopratutto quando si prendano in esame dei cattivi conduttori. Se si vuol tener conto di questo coefficiente, si dovrebbe usare la seguente for- mola, proposta da Lorberg, in cui però ho sostituito ai simboli scelti da lui quelli adoperati finora: I (EI) pena Bor 8A] Lane ++ tatti pid, 4a (ae: j _ 2 Pili Te R$ =, Ep REI 7 In questa formola, % è il coefficiente di trasmissione esterna della sostanza posta fra i due dischi, pu? è il decremento logaritmico delle temperature osservate al disco superiore durante il raffreddamento, il valore di N è dato da: (11) 1 Ape pa Api Po Na 2 iu pere: Api do è la radice più piccola dell'equazione: gtangg= PE ; r è il raggio del cilindro di sostanza studiata, A, è lo spessore del disco inferiore metallico dell'apparecchio, e %, è il coefficiente di conduttività dei due dischi me- tallici. Un'altra questione importante trattata da Lorberg è quella che riguarda il modo con cui viene calcolato il decremento logaritmico da Weber. Questi aveva notato nelle sue esperienze sui liquidi — in cui si verificava di solito dal principio alla fine del- l'osservazione una caduta di temperatura di circa 10° — che il decremento logaritmico non restava costante per tutto uno stesso esperimento, come avrebbe voluto la teoria, ma andava diminuendo manifestamente e abbastanza regolarmente col diminuire della temperatura del disco. Per spiegare questo fatto, Weber ritenne di dover ammet- tere clre la conduttività nei liquidi sia una grandezza variabile anche entro brevi limiti di temperatura, e giudicò che, per averne dei valori sufficientemente appros- simati, bastasse assumere, nel calcolo, come decremento logaritmico medio, fra la temperatura all’inizio e quella al termine dell’esperimento, la media dei decrementi logaritmici delle temperature intermedie osservate: il X calcolato in tal modo sarebbe il coefficiente di conduttività media fra le due differenze di temperature estreme. Lorberg invece, dopo aver rilevato che, sviluppando la teoria dell'apparecchio di Weber nell'ipotesi che % e anche ?,, pe, pic, siano — come ammetterebbe Weber — funzioni della temperatura, non si riesce tuttavia a dar ragione delle variazioni del decremento osservate da questo, suppone invece che il fatto accennato dipenda dalle condizioni stesse dell’esperimento. Secondo la descrizione che Weber ci dà del suo modo di sperimentare, il sistema dei due dischi di rame e della lamina liquida 108 DONATO OTTOLENGHI 12 distesa fra essi, a un dato istante, veniva deposto su una piastra di ghiaccio e, immediatamente dopo, circondato con un coperchio di rame costantemente raffred- dato a 0°. Ora — osserva Lorberg — è difficile affermare che, in tal modo, al disopra del disco superiore, fin dal principio delle osservazioni, vi sia la stessa temperatura che al disco inferiore; è invece più probabile che vi sia una tempera- tura alquanto superiore e che per conseguenza si stabilisca, nei cilindri, una certa temperatura stazionaria che va aggiunta alla temperatura variabile calcolata in base all’ipotesi che l’ambiente intorno ai dischi dell’apparecchio sia tutto uniformemente a 0°. Questa temperatura variabile, come sappiamo, è espressa per il disco supe- riore da una funzione logaritmica della forma: U= Ae. Se quindi indichiamo con t l'eccesso stazionario di temperatura del disco supe- riore sullo 0°, che si verificherebbe nell'ipotesi accennata che al di sopra del sistema dei dischi vi sia una temperatura un po’ superiore a 0°, il vero eccesso di tempe- ratura u, del disco superiore su 0°, ossia il vero eccesso della temperatura a cui si trova la saldatura della pila termoelettrica, infissa nel disco superiore, sulla tempe- ratura dell’altra saldatura tenuta nel ghiaccio, sarà u=T+ Ae". (12) Posto ciò, Lorberg rifà il calcolo del decremento logaritmico, secondo queste premesse, su alcune serie pubblicate da Weber nel suo lavoro, e trova, a conferma della sua ipotesi, che i nuovi valori del decremento non presentano più le variazioni osservate da quest’Autore, o, per lo meno, esse diventano così piccole da poter venire intieramente spiegate dagli inevitabili errori di lettura delle deviazioni del galvanometro. Ciò che importa notare ancora è che, in queste serie di Weber, ri- guardanti l’acqua, il decremento logaritmico medio invece che essere uguale a 0,3680, è, secondo il calcolo di Lorberg, uguale a 0,39556: conseguentemente il valore di % passa da 0,0768 a 0,08266, differenza veramente notevole. Vediamo ora come proceda Lorberg nel calcolare il valore di u? dalla (12). In questa espressione, sostituiamo, per semplicità, alle temperature le corrispondenti deviazioni del galvanometro, che, tanto nel caso di Weber come nel mio, erano pro- porzionali alle differenze di temperatura fra le due saldature della coppia termoelet- trica. Se x è la deviazione osservata e s è quella corrispondente a t, avremo: a=s + den. (13) Di qui un valore molto approssimato di u? si può calcolare subito. Indichiamo con At l'intervallo di tempo che passa fra due successive letture al galvanometro che servono per il calcolo del decremento logaritmico; all'istante in cui incomincia l'osservazione sarà #= 0, e quindi, per la (13): (a) r==8+ 4; 13 RICERCHE SPERIMENTALI SULLA CONDUTTIVITÀ TERMICA, ECC. 109 |’; se z;%, sono le letture successive, sarà: (5) x, =S+ Ae ht Mi(€) va =S+ Ae 9008, Supponendo, con Lorberg, che s sia già divenuto costante all’inizio dell’esperi- mento, e sottraendo membro a membro dalla (a) la (8) e dalla (5) la (c), si ottiene: x co a, = A(1 — e dt) 4 di — da = Ae MPN(1 — ed) t da cui: i le cei NI $ 72 li Analogamente (!), si ha: È u2A#= log lo; = log a spe (14) È «Con la media delle serie di valori che si ricavano in tal modo, si ottiene il valore approssimato di u? richiesto. Però Lorberg, allo scopo di raggiungere un’approssi- 19 mazione anche maggiore, si serve di tale valore di u? semplicemente per risolvere la seguente: __ da —_ecWAty tes (05) Questa espressione si deduce subito dalla relazione: Q—-8 se, er (16) fi Xo 77 8 e quest'altra dalla (13). Finalmente, il valore di s dà modo di risolvere la: È ni che si ricava dalla (16). Così si ha un nuovo valore di u?, più fortemente approssimato del precedente. Anche in questo caso, oltre alla serie dei valori dati dalla (17), è bene calcolare altre serie secondo le seguenti: log 2 — p?ht (17) do S = 3° °g3—-s DE RAY (18) al assumere la media di tutte come valore del decremento logaritmico. Ricorderò per ultimo un’osservazione di Gràtz (*) a proposito del coefficiente di a Ia (!) Lorberg, nella sua Memoria, non riporta che le espressioni :finali per il calcolo di Mu: a me 108 è parso però che fosse utile accennare a tutte queste trasformazioni, anche perchè il lettore si possa | fare un'idea più chiara del ragionamento di Lorberg e dell'esempio di un calcolo di p°, ricavato E dalle. mie osservazioni, che avrò occasione di esporre in seguito. fi (?) L. Graetz, Ueber die Wiirmeleitungsfohigkeit von Flissigkeiten, “© Wiedemann Ann. ,, 1885, N. F., Bd. 25, pag. 337. 110 DONATO OTTOLENGHI 14 trasmissione del disco superiore. Egli rileva che, col metodo seguito da Weber per la determinazione di questo coefficiente, si ottiene un valore medio del coefficiente che compete alla superficie inferiore e di quello che compete alla superficie superiore e laterale; ma, nella superficie superiore, la quantità di calore trasmesso dev'essere superiore alle altre per i movimenti convettivi più energici dell’aria, onde il valore di %, dedotto da Weber è per quanto riguarda questa superficie minore del vero. E poichè, nelle esperienze di conduttività, è appunto e sopratutto il coefficiente di trasmissione di questa superficie superiore che interviene nel calcolo, ne seguirà un errore in meno nel calcolo del termine contenente %,, e per conseguenza un errore in più nel valore di %. Per fortuna però A, non compare, nelle formole da cui si ricava #, che con l’importanza di un termine di correzione, e però una piccola dif- ferenza del valore di %, non deve avere conseguenze notevoli sui risultati della mi- sura di &. III. — Esperienze proprie: apparecchio e metodo d’osservazione. L'apparecchio che ho usato nelle mie esperienze, essenzialmente identico a quello descritto da Weber, era formato di due dischi cilindrici di rame con la superficie nichelata; il disco inferiore aveva un raggio di cm. 15,5 e l’altezza di em. 0,5, il superiore il raggio di cm. 13,35, e l'altezza di cm. 1,438. Nel disco inferiore, a cem. 0,4 della superficie laterale, era scavata tutt’attorno una doccia poco profonda nella quale posava l’orlo di base del coperchio anch’esso cilindrico. Questo era di zinco, alto cm. 6,5 e con un raggio interno di cm. 14,8. Il disco inferiore presen- tava poi nella parte centrale una superficie circolare piana del raggio di cm. 13,5, leggermente rilevata sul resto del disco, sulla quale veniva a poggiare esattamente la superficie inferiore del disco superiore, oppure, nelle esperienze di conduttività, la stoffa posta fra i due dischi. Per la determinazione della temperatura del disco superiore, usai una coppia termoelettrica di rame e costantana in connessione con un eccellente galvanometro di Thomson a piccola resistenza interna: la lettura delle deviazioni era fatta col metodo di Poggendorff, tenendo la scala alla distanza di em. 120. Il magnete direttore del galvanometro fu messo in posizione tale che, pur per- mettendo una grande sensibilità, mantenesse il più possibilmente stabile lo zero, condizione questa indispensabile per le osservazioni con l'apparecchio di Weber, che richiede delle letture molto frequenti e obbliga quindi a mantenere il circuito costan- temente chiuso durante tutto un esperimento, Nel modo detto, lo zero restò d’ordi- nario invariato; in qualche caso si spostò, ma così poco e regolarmente solo in un verso o nell'altro da permettere una correzione sufficientemente semplice e sicura delle deviazioni intermedie, per mezzo d’interpolazione lineare. Con le misure di taratura della pila termoelettrica, fatte prima di applicarla al disco, furono descritte le curve relative, e poichè le deviazioni erano proporzionali alle differenze di temperatura delle saldature, nel calcolo si sostituirono ai valori delle temperature quelli delle deviazioni. Riguardo alla sensibilità raggiunta nella determinazione delle temperature, basti dire che, per una differenza di temperatura 15 RICERCHE SPERIMENTALI SULLA CONDUTTIVITÀ TERMICA, ECO. till fra le due saldature di 14°,60 C., si otteneva una deviazione al galvanometro cor-. rispondente a 300 divisioni della scala: e siccome era facile apprezzare il decimo di divisione, le letture si potevano fare a meno di 0°,005. Il fattore di riduzione, per passare dalle deviazioni lette alle temperature in gradi centigradi, era, per conse- guenza, circa 1/33. Per controllare giornalmente la costanza delle condizioni del circuito, ogni mat- tino, prima di incominciare le osservazioni, vi si inseriva una pila Daniell con una adatta resistenza, e si misurava la deviazione che la corrente generata produceva nel galvanometro. Nei tre mesi che durarono le ricerche con l'apparecchio di Weber, tale deviazione restò sempre sensibilmente costante. AI centro della superficie di base superiore del disco superiore era scavato un piccolissimo foro profondo circa 2 mm.in cui venne saldata una delle estremità della pila termoelettrica: i due fili, isolati l'uno dall’altro, oltre che dal rivestimento di seta, anche da tubetti di vetro, passavano poi a traverso al tappo che chiudeva un foro praticato nel coperchio. Avendo dovuto scegliere il ghiaccio per raffreddare l'apparecchio, questa opera- zione era eseguita così: l'apparecchio, chiuso col coperchio e tenuto prima nell’am- biente finchè avesse assunto in ogni parte la stessa temperatura, era, a un dato momento, portato su parallelopipedi di ghiaccio disposti in modo da offrire all’appa- recchio stesso una superficie di sostegno piana e un po’ più ampia della superficie inferiore del disco inferiore: subito dopo, si ammucchiava un grosso strato di ghiaccio frantumato tutto intorno e sopra il coperchio. Quanto alla saldatura libera della pila termoelettrica, in alcune esperienze pre- liminari essa venne immersa nel ghiaccio pesto; ma poi, dubitando che, in queste condizioni, potesse accadere che un po’ d’acqua di fusione restasse imprigionata fra i pezzetti di ghiaccio e che quindi la saldatura non fosse costantemente a 0°, pre- ferii impegnarla fra i blocchi di ghiaccio e la base dell’apparecchio. Il peso di questo ultimo valeva a scacciare, mano mano che si formava, l’acqua di fusione del ghiaccio, e così, tanto il disco inferiore quando la saldatura della pila —i cui fili erano man- tenuti isolati dall’involucro di seta e da un avvolgimento sottile di carta bibula im- bevuta di petrolio —, dovevano presumibilmente trovarsi a 0° durante tutta l’osser- vazione. Accennerò infine che, per impedire la penetrazione di vapor acqueo o di acqua nell'interno dell'apparecchio, lungo la commessura del coperchio col disco inferiore veniva disteso un buon strato di mastice impermeabile, e che allo stesso modo si assicurava la chiusura perfetta del foro praticato nel coperchio, in cui si trovava un tappo per il quale passavano i fili della coppia termoelettrica. IV. — Determinazione del coefficiente h, . Calcolo del decremento logaritmico nelle osservazioni con i tessuti. La misura che occorse fare per prima fu quella del coefficiente di trasmissione esterna %, del disco superiore. Questo per ciò venne posto a metà altezza dello spazio limitato dal coperchio, tenendolo sollevato in questa posizione per mezzo di tre pic- 112 DONATO OTTOLENGHI 16 coli parallelopipedi retti di legno secco. L'apparecchio, lasciato prima a sò per alcune ore alla temperatura ambiente, venne poi circondato di ghiaccio, nel modo detto; le letture al galvanometro, incominciate circa mezz'ora dopo l’inizio del raffreddamento, erano fatte di minuto in minuto. La determinazione del coefficiente 4%, venne ripe- tuta più volte nel corso delle ricerche e con i decrementi logaritmici medì trovati, bene concordanti fra loro, per una caduta di temperatura da 10° a 2° — entro ai quali limiti sono comprese anche tutte le misure fatte successivamente nelle stoffe —, venne per mezzo della (10) calcolato il coefficiente di trasmissione esterna, che ri- sultò in media uguale a 0,0000836, assumendo per unità, come in tutte le altre ricerche, il centimetro, il grammo, il secondo, il grado. Conviene notare che, in queste osservazioni, i decrementi logaritmici dedotti direttamente dalle letture al galvano- metro, in genere, diminuivano di grandezza con l’abbassarsi della temperatura del disco. Ciò non si verificava più se si usava, per la determinazione dei decrementi, il procedimento di Lorberg, il quale pertanto fu seguìto nel calcolo. Assicuratomi con questi e altri esperimenti (!) del buon funzionamento dell’ap- parecchio, iniziai le ricerche sulle stoffe. Dati gli scopi del mio studio, prescelsi quei tipi di tessuti che si usano più frequentemente nella pratica per vestiario intimo, e praticai le misure su campioni nuovi, ma diligentemente lavati, affine di privarli, sopratutto quelli di cotone, dell'apparecchio che contengono. Ritenni pure utile di non operare su materiali artificialmente seccati, bensì di adoperare i tessuti con quello stato di media umidità, con cuì sogliono venire in contatto col nostro corpo, tenendo però conto di tutti questi particolari per i calcoli successivi. Le stoffe lavate e stirate, senza comprimerle molto, erano lasciate a sè per alcuni giorni nelle condizioni di temperatura e di umidità dell'ambiente in cui si facevano le osservazioni, poi erano tagliate in dischi circolari che si adattassero esattamente alle superfici di contatto dell'apparecchio. Questo veniva allestito con la stoffa in esame, chiuso col coperchio accuratamente guernito di mastice, per impedire l’ingresso dell’acqua e il rinnovamento dell’aria, e poi lasciato alla temperatura ambiente, in modo che assumesse in ogni punto una temperatura uniforme. Immerso poi nel ghiaccio, si approfittava della poca conduttività delle stoffe, la quale faceva sì che la caduta di temperatura del disco superiore non fosse mai troppo rapida, per incominciare le osservazioni, in media, 10' dopo il principio del raffreddamento. La ragione di ciò era che, per quanto fu detto a proposito della teoria del metodo di Weber, dopo quel tempo il valore dell’esponente + Li n?, che compare nella (4), era in ogni caso divenuto, anche nelle mie esperienze, grande abbastanza . da rendere possibile la notevole semplificazione che conosciamo dell’espressione (4). (') Una di queste esperienze venne fatta sull’aria (aria della stanza mediamente umida): lo spessore dello strato, ottenuto tenendo sollevato il disco superiore dell'apparecchio con tre pezzetti di ebonite, era di cm. 0,083. Il coefficiente di conduttività trovato fu #= 0,0000589. Se si vuol tener conto del calore irradiato dal disco superiore e prendere come coefficiente approssimativo d'ir- radiazione quello dei metalli lucidi, #:= 0,0000036, se ne dedurrebbe X=" 0,0000553. I valori fissati dagli autori per la conduttività dell'aria, sono: 0,0000558 (Stefan: non è portata la correzione per l’irradiazione); 0,0000556 a 0° (Schleiermacher); 0,0000561, 0,00005747 a 6°,1 (Winckelmann: questi però, in altre ricerche, aveva trovato invece 0,0000525 fra 18° e 8°). 17 ‘ RICERCHE SPERIMENTALI SULLA CONDUTTIVITÀ TERMICA, ECC. 113 D'altra parte, con i dati che sono andato raccogliendo nel corso delle mie misure, è risultato pure che le condizioni necessarie per le altre semplificazioni della teoria di Weber erano sufficientemente soddisfatte, in guisa da permettermi un’ applicazione corretta del suo metodo. Avendo poi notato che, anche nelle serie fatte con le stoffe, il decremento loga- ritmico andava più o meno regolarmente diminuendo di valore, dal principio alla fine dell’osservazione, provai a ricercare se questa variazione scompariva, quando in luogo del metodo solito, usassi per la determinazione del decremento il metodo di Lorberg. E a questo proposito parmi utile riportare nelle tabelle che seguono il pro- tocollo di un'esperienza, tra le meno lunghe, anche per dare un’idea del modo con cui procedevano le osservazioni e dei calcoli relativi ad esse. TABELLA A. 28 Dicembre 1905 - Stoffa G. SIE) logi =" La i POI SPETTRO log 0 reo) î XCn+5 LCn+57Xn+10 Cn+5 Cn+15 Xn+57Ln+20 ECn+5Cn4+-25 Cn45b=TCn+-30 MIO 130,5 0,06138 —0,05369 0,05876 0,06362 0,06363 0,06443 p 6201 6057 6194 6548 6550 6481 123,5 6391 9117 7075 7017 6953 6683 i 6298 8242 6989 6800 6723 6420 116,6 sr 6324 8472 7200 7020 6550 6609 Mb 113,3 6256 * 6457 6977 6805 6828 MI 110,1 6224 6352 6853 6770 6633 0,06527 NU 106,6 5974 4681 5704 5986 5813 fi 103,8 6003 5522 5898 6045 5771 fi 100,8 5997 5704 6105 5691 5944 10 98,1 6225 758800 7127 6997 ME 954 — 6204 7442 7037 - 6762 0,06412 pi ‘92,9 — 6168 6872 6790 6310 904 6075 6328 6367 5880 (87.8 6040 6567 5683 6048 15 8 6019 6367 6624 298,7 6018 6559 6332 0,06469 80,6 6062 6695 5958 78,6 6036 6412 5603 ci 5962 4675 5732 4 ta 5967 6923 5937 6070 0,06469 1 5968 5115 4 5981 4685 _ 66,6 6154 6942 64,5 5828 62,8 5918 = 0,06406 61,1 6095 59,6 6176 .57,8 6036 56,4 De Mu=0,06106 Mu? medio = 0,06452 53,1 51,7 u?—0,14059 u? = 0,14856 (50,9 Serie II. Tom. LVII. o DONATO OTTOLENGHI 18 114 TABELLA A’. gn Gn!” " In , In nn _-_ > Oo RAI tinti || GI GIGI GI GIGI GIGI II (en Il n EI HAD GI CIA GI 00.00 | S | # IATA Gi ii iii GI Il la + | sdadnoor 4 au Ono DN | | + e E E E ni toni | Il (7a) ele n RE RIT I Rey o e E a Sg aonqiimtn cdafdaoseeronsoensniopnima Chair te ER Sec e etc SATANA REATI ARIANNA EE | 0,61 PESFILO = an TSF90‘0 = ompewt 3tyr i sal A j 097900 = 9899 : Tgz9 4 EREDE e = 2 977900=aM7 rosa Sta do: E Foa 8679 i 123 s i PAGA 9899 si 5 5 9SI8I GEF9 & 3 9T08I 8079 È È 977900=M7 - (82201 si Obi reca - Po E i Tu T89gR e 7 RR a LS 3 i 98961 00081 $ # EINSdRa a S 88961 L19831 :CRrO e a LL SOLE a FLIGI 96871 ‘pg ane -_ Sì 977900=3t7 FIIGI POLTI fica È a» 89061 GILTI SES ; d BL698 T6E6I 1 9SLTI 689 p G009g FSC6I 648GEI N 2199 DE È 18688 E9861 (TA L0S9 Ra S ‘999900 = sN 66997 68361 IT6CI SSN] rn z Ser TI9SE 8I86I (0X51 7) GR 02098 FRE È 91368 06998 _FSOGI TARE E LR a” BR °& T0gGg 089SE SFIGI : 3 CIRO e a Di 68368 | 16996 ‘ ETGGI + RUEL Ra ga A 89F90°0 == 177 60668. 66498 9EFOI 3 SERE S Ra 5 x Wa 9FITE 84897 S9F6L > IRSOGR asi a a E È #L88£ i 88768 TI9SE 888680 SE Sat ss 5 79888 87168 80LSE oleole Ses a 16888 EL988 «99897 (RR I = -d 16188 LVGGE Ae RAT A i SIOE DE 0gS8£60 Wd 424531 6ESSE0O = 2 116 DONATO OTTOLENGHI 20 Nella 12 colonna della Tabella A, sono indicati i tempi, espressi in minuti primi, in cui si facevano le letture; nella 2* colonna sono riferite le deviazioni del galva- nometro già ridotte alla tangente dell’arco; nella 3* colonna si trovano i logaritmi decimali del rapporto fra due letture separate da un intervallo di tempo di 5’. Chia- mando M il modulo dei logaritmi decimali, questi rapporti sono uguali a Mp?: la loro media è 0,06106 e quindi u? = 0,1406. Nelle colonne seguenti sono i valori approssimati di Mu? ottenuti secondo la (14) a pag. 13: si ottiene così un valore medio di Mu? = 0,06452, e di up? = 0,14856 che è notevolmente diverso da quello che si deduce col modo di calcolare di Weber. Con questo valore approssimato di u® si calcolano, secondo la (15) a pag. 13, i valori di Gn = ny — €" En In" = Tato — Carita A RI —343 In = Tnz15 — € DL n che sono raccolti nella tabella 4’, e i valori di: 1— e =0,1381 1—e-%' = 0,1571 1 — e-81° = 0,3596 1— et = 04481 1— e = (,5243 1 — e-80 = 0,5899. Così si risolve, rispetto ad s, l’espressione (15) a pag. 13. Per mezzo poi della media dei valori di s — notevolmente concordanti — si deducono dalla (17) e dalla (18) dei nuovi e più approssimati valori di Mu? (v. Tab. A‘). La media di questi ultimi dà il decremento logaritmico u? = 0,14854, che si riferisce però — è bene ricordarlo — ad un intervallo di tempo At = 300", Come si vede dall’esempio riportato, le variazioni del decremento logaritmico, quando si ricorra al procedimento consigliato da Lorberg, mancano quasi completa- mente o, per lo meno, si riducono a quelle spiegabili con gli inevitabili errori di lettura. Questo esempio dimostra ancora che il decremento dedotto nel modo usato da Weber riuscirebbe non poco più basso; e poichè uguali risultati ebbi da altre serie, ritenni necessario rifare il calcolo del decremento in tutte le mie esperienze secondo il metodo di Lorberg. Avendo osservato poi, in molte misure scelte a punto fra quelle in cui il decremento presentava le maggiori variazioni, che il valore di s oscillava sempre entro limiti vicini, e che il calcolo del decremento per mezzo della (17) e (18) dava valori che, a fronte di quelli ottenuti con la (14), non pre- tori) , credetti di potermi accontentare del valore di u? fornito da quest’ultima formola, evitando così calcoli assai lunghi. sentavano se non differenze piccolissime (in genere dell’ordine di E 21 RICERCHE SPERIMENTALI SULLA CONDUTTIVITÀ TERMICA, ECC. 117 Frattanto, dalle serie calcolate in modo completo secondo Lorberg, risulta il fatto interessante — a cui ho già accennato — che s non suol eccedere un valore assai piccolo, variabile però da caso a caso con le condizioni sperimentali, come si vede nella seguente tabella dei valori medî di s: 4,52 2,90 Nea 2,89 0,60 7,06 n 4,82 3,83 37,0 Da ciò, poichè il fattore di riduzione delle deviazioni del galvanometro alle tem- dia 3 1 : perature era, come si disse, circa }}, seguirebbe che t sarebbe stato per vero sempre poco differente da 0°, andando da un minimo di pochi centesimi a qualche decimo di grado sopra lo zero. 5 Con molte stoffe, e sopratutto con quelle che meglio rappresentano i tipi di tessuti presi in esame, le osservazioni sullo stesso disco di stoffa e, per quanto era possibile, nelle identiche condizioni, furono ripetute due o più volte. Senza riportare qui tutti i decrementi logaritmici ricavati da tali ricerche, dirò subito che, salvo pochi casi, in cui essi erano profondamente concordanti, come, per es., nei casi seguenti Stoffa C — pu? = 0,10016 u? = 0,10048 Stoffa T — u? = 0,30914 ‘pe = 0,30903; d’ordinario si notarono fra i decrementi avuti da una stessa stoffa, in diversi espe- rimenti, delle differenze dell’1-2 °/,, che però non possono parere troppo forti, dato il genere di materiale che studiavo. Nel caso in cui la misura fu ripetuta, fu usata, per il calcolo, la media dei valori trovati. V— Spessore, densità, calore specifico deì tessuti esaminati. Di - La risoluzione dell'equazione di Weber per il calcolo del coefficiente di condut- a tività richiede che, oltre il decremento logaritmico che si ricava dall’esperimento, | siano noti il coefficiente di trasmissione del disco, del quale fu già indicato il valore, | poi le costanti dell'apparecchio che riferirò nel raccogliere i risultati delle esperienze, infine lo spessore, la densità e il calore specifico della sostanza studiata. . Spessore. — Siccome le stoffe, durante l’esperimento si trovavano sotto una | discreta pressione — il peso del disco superiore era di circa 7 kg. — si ritenne È opportuno di non incominciare le osservazioni del raffreddamento se non dopo trascorso } i tempo necessario (1-2 ore) affinchè le fibre delle stoffe si fossero assettate e quindi | le stoffe avessero assunto uno spessore invariabile. Questo veniva misurato, dopo 118 DONATO OTTOLENGHI 22 finito l'esperimento, dalla differenza di livello del disco superiore da quando pog- giava sulla stoffa a quando era rimesso direttamente in contatto col disco inferiore. A tale scopo si poneva sul disco superiore, in posizione determinata, un treppiedi metallico rigidamente connesso con un’asta verticale, in cui era praticata una pic- cola apertura provveduta di reticolo; e poi si rilevava l'altezza del reticolo per mezzo di un catetometro. Densità. — La densità apparente dei tessuti, nel loro stato naturale d’umidità, era facilmente dedotta dal loro peso e dal volume che occupavano fra i due dischi dell'apparecchio. Le pesate, fatte dopo l'esperimento, perchè comprendessero anche la quantità d’acqua contenuta nei tessuti al momento dell’osservazione, vennero tutte ridotte al vuoto. Calore specifico. — Sul calore specifico delle fibbre tessili, che io sappia, non vi sono altre ricerche se non quelle eseguite, parecchi anni or sono, da Rubner (!) col metodo delle mescolanze. Secondo questo A., il calore specifico della lana sarebbe 0,560, quello del cotone 0,495. A me parve che questi valori avessero bisogno di essere sottoposti a un con- trollo, prima di venire usati nel mio studio, e per due ragioni. Anzitutto Rubner non dà alcuna indicazione sul contenuto d’acqua dei campioni di fibre tessili ado- perati, ma si restringe a dire ch’erano secchi all'aria: espressione, per vero, troppo vaga e malsicura. Inoltre, il metodo della mescolanza, senza speciali cautele e op- portuni artifizîi, non è certo il più adatto per fissare la grandezza del calore specifico di sostanze igroscopiche come la lana e il cotone, di sostanze cioè, che, secondo ogni verisimiglianza, devono sviluppar calore durante la loro immersione nell'acqua del calorimetro. Effettivamente, anche Rubner accennò alla possibilità di questo fatto, ma senza annettervi importanza; e trascurò di tenerne conto nelle sue esperienze. Nel riprendere la questione del calore specifico dei tessuti di lana e di cotone, mi sono proposto quindi di usare materiali in uno stato di secchezza ben definito; e anche di misurare l’eventuale sviluppo di calore per umettamento, affine di rico- noscerne l’importanza. - Mi sono valso per queste ricerche del calorimetro a fusione di ghiaccio di Bunsen (?). Esso è troppo noto perchè occorra di ripeterne qui la descrizione: basterà che ac- cenni ad alcuni particolari che possono avere qualche interesse. Affine di mantenere l'apparecchio in equilibrio termico, invece di circondarlo, come consigliò Bunsen, con neve assolutamente esente da impurità, che non avevo (!) Max Rusner, Die Wirmeleitungsvermigen der Grunastoffe unserer Kleidung, © Arch. f. Hygiene ;; 1395, Bd. 24, pag. 300. (2) R. Buxsen, Calorimetrische Untersuchungen, “ Poggendorff Ann. ,, 1870, Bd. 141, pag. 1. Il riempimento dell'apparecchio con acqua distillata e bollita e con mercurio riesce egregia» mente bene seguendo le istruzioni esposte minutamente da Bunsen, ma la produzione del cilindro. di ghiaccio intorno alla provetta che trovasi nella parte espansa del calorimetro e che chiamerò. per brevità provetta calorimetrica, mediante la circolazione dentro a questa di alcool, raffreddato entro boccie metalliche circondate da una miscela di neve e sale, suol mettere a dura prova la. pazienza dell'operatore e richiede molte ore. Si può invece renderla un'operazione assai più lesta,. procedendo così: il calorimetro viene ravvolto tutto, fin presso le aperture superiori, con ghiaccio fimamente frantumato, e, quando con ciò si sia ottenuto un disereto raffreddamento, si mette in azione l'apparecchio a circolazione continua d'alcool fino a portare la temperatura dell’acqua con- . 25 RICERCHE SPERIMENTALI SULLA UONDUTTIVITÀ TERMICA, ECC. 119 a disposizione, io, seguendo il suggerimento di Schuller e Wartha (!), immersi il calorimetro in un recipiente di zinco, pieno d’acqua distillata, che, tutto intorno alla parete, era stata prima fatta congelare per un’altezza di cm. 1,5 circa: e alla su- perticie libera di quest'acqua deposi poi un grosso strato di neve ottenuta dal raschia- mento di blocchi di acqua distillata congelata. Così il calorimetro veniva a trovarsi tutto circondato da un ambiente alla temperatura uniforme e costante di 0°, che era mantenuta per lungo tempo tale circondando il recipiente di zinco con un alto strato di ghiaccio frantumato, contenuto alla sua volta in un grosso cilindro di zinco chiuso in una scatola di legno. Quello e questa erano provveduti di fori per lo scolo dell’acqua di fusione: e il ghiaccio, a seconda del bisogno, era rinnovato una o due volte al giorno. Una serie di coperchi, anch'essi convenientemente provveduti di ghiaccio, completavano l'insieme dell’apparecchio, in modo che nell’interno della sca- tola di legno sporgesse dai recipienti metallici per pochi mm. solo la bocca della provetta calorimetrica e il pozzetto di mercurio in cui pescava un estremo del tubo graduato. Con tali cautele l'apparecchio funzionò sempre bene; e i ben noti spostamenti del mercurio nella scala, proprîì del calorimetro di Bunsen, erano, nel caso mio, molto piccoli e regolari, si da permetterne una buona correzione. La temperatura della stanza, in cui si facevano le osservazioni, oscillò fra 10° e 109,5. Per le letture mi valsi di un cannocchiale posto a circa 2 m. dalla scala. Sic- come con esso era facile apprezzare il decimo di divisione e ciascuna divisione cor- rispondeva, in cifra tonda, a calorie 1,8, ne segue che usando, come feci, quantità di materiale sufficienti a dare degli spostamenti del filamento di mercurio non infe- riori a 20 divisioni, l’errore probabile massimo dipendente dalla lettura era £ 1 °/o. Per il calcolo dei risultati mi valsi della nota formola e = col in cuic è il calore specifico della sostanza riferito a quello dell’acqua posto uguale a 1, p il peso, t la temperatura della sostanza, e w, calore ceduto dalla sostanza, è dato da w = 882,10, nella quale v è il volume, espresso in em?, di cui è diminuito il mercurio nella scala e 882,1 è un fattore desunto dalla teoria dell'apparecchio (?). tenuta nel calorimetro ad alcuni gradi sotto 0°, il che richiede poco più di un’ora e si riconosce dalla forte adesione dei pezzetti di ghiaccio alle pareti dell’apparecchio : allora, si prende un filo di platino o di ferro ricotto, se ne sfrega un estremo sullo straterello di brina che si è andata deponendo sui tubi in cui circola l’alcool, in modo che ve ne aderisca qualche cristallino, e poi Jo s'introduce nell’apparecchio sì da riuscire, con questo estremo, presso al fondo della provetta calorimetrica. Si vede tosto, non so se per l’arrivo di questi cristallini, o per l’agitazione prodotta che l’acqua in sopraffusione contenuta nell’apparecchio congela in massa, mentre, per il calore syiluppato da questo fenomeno, il ghiaccio circostante e aderente all’apparecchio stesso, si distacca da questo e lo lascia perfettamente libero. Ritirato il filo di platino o di ferro, si continua la circola- zione dell’alcool finchè intorno alla provetta calorimetrica si sia formato un cilindro di ghiacchio compatto dello spessore di almeno 1 cm. e si siano fusi tutti gli altri cristallini di ghiaccio diffusi per l’acqua. Poi si lava bene l'apparecchio all’esterno con acqua distillata, si pulisce la provetta (e la si riempie fino a una conveniente altezza con acqua distillata e bollita. (!) A. Scaurcer e V. Warrna, Calorimetrische Untersuchungen, “ Wiedemann Ann. ,; 1877, N. F., Bd. 2, pag. 359. (®) Cfr. A. Wiiwer, Lehrb. d. Erperimentalphysik, Leipzig, 1896, II Bd., pag. 469. 120 DONATO OTTUOLENGHI 24 Dopo aver riconosciuto, per mezzo di prove fatte con acqua distillata e bollita, che i valori dati dall’apparecchio erano sufficientemente conformi al vero, una prima serie d’esperienze fu eseguita per fissare l'ordine di grandezza del calore specifico delle stoffe e del calore sviluppato eventualmente da esse per umettamento. I risultati riguardanti il calore specifico, ottenuti con campioni di stoffe seccati a 105°-110° e scaldati poi a 100°, dimostrano una certa differenza fra la lana e il cotone, ma presentano, da un campione all’altro di tessuti della stessa sostanza, delle differenze marcate, che richiedono una spiegazione, tanto più necessaria quanto più simili fra loro compaiono invece i valori che si riferiscono ad uno stesso campione in due successive esperienze. Valga un esempio: flanella di cotone . . . e = 0,407 (1° determinazione). - 5 peo ae ADR (Pa ù ). tela idiscotonene ni uiguri =<0892X{1a $ ) " , 3 Ru ar «on 39128 3 ). flanella di lana, A. . . c = 0,426. È 5 BIVIO Ora, la spiegazione di queste differenze apparirà chiara, se si considera: 1°, che tanto la lana quanto il cotone sviluppano una notevole quantità di calore per umet- tamento; 2°, che alcuni tessuti s'imbevono d’acqua con estrema lentezza, e quindi anche con estrema lentezza e per piccolissime frazioni sviluppano il calore d’umet- tamento che loro compete, sì che, specialmente verso la fine dell’esperienza, gli spo- stamenti del mercurio nella scala divengono poco o punto apprezzabili e i valori che si ricavano dall’osservazione possono facilmente essere inferiori al vero. Così cen due varietà di tessuti della stessa sostanza può accadere che si abbiano risultati diversi, sebbene calore specifico e calore d’umettamento sia uguale nei due casi. . Dei varì modi tentati per la dimostrazione del calore d’umettamento descriverò solo il seguente che a me parve il più adatto, almeno per dare un'idea approssima- tiva di questo fenomeno. La stoffa in esame arrotolata a formare un cilindretto non troppo compatto, dell'altezza di pochi em. e del diametro di 1 cm., seccata a 105°-110°, era fissata ad una sottile asticella d'alluminio infissa a traverso il tappo che chiudeva la provetta calorimetrica. Questa asticella, con l’estremo recante la stoffa, giungeva un po’ sopra la superficie libera dell’acqua nella provetta, con l’altro estremo sopravanzava per un buon tratto sul tappo. La stoffa, che si trovava così rinchiusa nell'ambiente del calorimetro a 0°, era lasciata a sè tutta una notte, in modo che assumesse uniformemente tale temperatura; poi — dopo avere per un’ora di 15' in 15' determinata la posizione del mercurio nella scala e riconosciuto che gli spostamenti di esso fossero solamente quelli proprî dell'apparecchio, chè la scarsa conduttività e la piccola massa dell’asticella dell'alluminio pescante in parte nell’aria a 10° non poteva dare luogo a somministrazione sensibile di calore nell'interno della provetta calorimetrica — si faceva immergere la stoffa nell'acqua, spingendo in basso l’asticella d'alluminio: quindi si leggeva il conseguente spostamento del fila- mento di mercurio. 25 RICERCHE SPERIMENTALI SULLA CONDUTTIVITÀ TERMICA, ECC. 120 Orbene, operando in tal guisa, con tutte le stoffe esaminate, e furono molte, si ebbe a notare sempre uno sviluppo di calore più o meno marcato. Citerò, fra i tanti, solo questi due esempi, chè, del resto, queste misure non hanno, come vedremo, che valore qualitativo : 1. flanella di lana, A — gr. 0,9371 — calorie 7,517 — per gr. calorie 8,021. 2. tela di cotone — , 2,2040— , 8,440 — DI 5 3,927. Se si considera che, secondo i valori che troveremo in seguito, quella quantità di flanella di lana, scaldata a 100° e poi raffreddata fino a 0°, cederebbe per solo calore specifico, circa 30 calorie, e la tela, 76, si ha che, quando a queste quan- tità di calore si aggiungessero quelle sviluppate per umettamento, si commetterebbe un errore in più di circa il 18 °/, nel 1° caso, e del 10 °/, circa nel 2°. Questi risultati, sostanzialmente concordanti con quelli avuti da altre stoffe, acquistano anche maggior valore dal fatto che, secondo il bello studio di Linroth (1) sul potere igroscopico delle stoffe — le cui conclusioni ho potuto confermare nel determinare l'umidità dei miei campioni — i tessuti di lana hanno un potere igro- scopico notevolmente più alto, quasi doppio, di quello dei tessuti di cotone: e dimo- strano che il calore d’umettamento è tutt'altro che trascurabile nello studio di questi calori specifici. Sebbené le condizioni dei citati esperimenti mi paressero tali da escludere ogni causa d’errore grossolana, si poteva tuttavia dubitare che le stoffe, tenute per una notte a 0°, non avessero perciò ceduto tutto il calore immagazzinato, e che quindi, all'atto dell’immersione nell'acqua, grazie alla buona conduttività di questa che le veniva ad imbevere completamente, si sprigionasse ad un tratto quel residuo di calore. L'ipotesi non è verosimile, perchè se le stoffe contenevano, prima dell’im- mersione, ancora 7-8 calorie, come nell'esempio citato, anche se sospese nell’aria, dovevano, per la buona sensibilità del calorimetro, dimostrarlo col ritirarsi progres- sivo del mercurio nella scala, e poi perchè, dato il calore specifico delle stoffe stesse — determinato nel modo che vedremo — esse, provenendo da un ambiente a 10°, non potevano contenere fin dal principio — per es. le stoffe di cui è stato fatto cenno prima — più di 3 calorie, la lana, e più di 6, la tela. In ogni modo ritenni utile di-eseguire questa prova diretta: legai tutt’attorno al bulbo di un termometro gr. 0,8484 di flanella di lana A, seccata prima a 105°, poi misi il termometro a traverso il tappo che chiudeva la provetta calorimetrica, in modo da giungere col bulbo a qualche cm. dall'acqua. Dopo 12 ore, il termometro che sporgeva con quasi tutto il cannello fuori dell'apparecchio, segnava 0°,40; il mercurio nella scala del calorimetro diminuiva, come fece poi tutto il resto della giornata negli intervalli di altre misure, di ‘/1, di divisione ogni 15'. Allora, spingendo in basso il termometro, immersi bulbo e stoffa nell'acqua: appena fatta l’immersione, la temperatura s’ in- nalzò rapidamente, salendo in pochi minuti a 1°,70, e poi incominciò a decrescere (4) K. Linrora, “ Zeitsch. f. Biologie ,, 1881, Bd. 17, pag. 184. Serre II. Tom. LVII. î P 122 DONATO OTTOLENGHI 26 lentamente e tornò dopo circa 45' a 0°,40. Nel frattempo, il mercurio nella scala del calorimetro si era spostato in brevissimo tempo di oltre 6 divisioni. Pareva quindi naturale, per la misura dei calori specifici, di fare una doppia serie d’esperienze: determinare, da un lato, il calore totale ceduto da un campione di stoffa portato ad una certa temperatura e, d’altro lato, il calore sviluppato dallo stesso campione per umettamento. A parte però la poca esattezza che presentano di solito i metodi per differenza, una serie di prove eseguite in questo modo mi per- suase presto della non opportunità di seguire tal via, sia perchè non tutte le stoffe, come già si disse, s'imbevono rapidamente d’acqua, ma alcune vi impiegano parecchie ore, onde una grande lentezza nelle misure e conseguentemente una notevole causa d'errore; e sia perchè le stoffe secche a 105° poste, per le prove d’umettamento, nell’aria della provetta calorimetrica e quivi lasciate necessariamente parecchie ore, dovevano andare mano mano caricandosi d’umidità, sì che il calore sviluppato per umettamento doveva riuscire di-quantità nom precisabile, inferiore a quello che effet- tivamente avrebbe dovuto produrre la sostanza secca a 105°. Abbandonata anche l’idea di chiudere i campioni di stoffa entro piccoli recipienti impermeabili all'acqua, e pur desiderando di usare il calorimetro di Bunsen che, per la sensibilità e per l'esclusione di termini di correzione, sì raccomandava singolarmente, risolsi di sosti- tuire nella provetta calorimetrica il mercurio all'acqua. In questa guisa, non solo tolsi di mezzo la questione dell’umettamento, ma ottenni pure un funzionamento così soddisfacente, anche per la rapidità con cui dalle stoffe veniva ceduto il calore che contenevano — l'equilibrio era raggiunto di regola già dopo 5'-10' —; che parmi di poter raccomandare questa piccola modificazione del calorimetro di Bunsen come preziosa in molte circostanze. Per quanto riguarda gli altri particolari di tecnica, basteranno pochi cenni. I campioni di stoffa arrotolati in forma di cilindretti che entrassero facilmente nella provetta calorimetrica, vennero seccati a 105°-110° fino a costanza di peso, chè a quella temperatura non pare siano a temere alterazioni delle fibre tessili, mentre-invece la massima parte dell’acqua, anche secondo le ricerche di Linroth, va perduta. Le pesate furono sempre ridotte a vuoto. Una certa difficoltà è offerta dal riscaldamento a 100° della sostanza da gettare nel calorimetro, difficoltà che non può dirsi felicemente superata coi dispositivi di Bunsen o di Wartha e Schuller. Io, dopo alcuni tentativi, procedetti a questo modo: il campione di stoffa, già seccato, era posto in un ordinario tubo da saggi ben secco e chiuso da un buon tappo di sughero: il tubo era poi messo in uno dei soliti appa- recchi per la determinazione del punto 100 dei termometri, in modo che non spor- gesse all’esterno che per un tratto brevissimo. Si continuava per un'ora il riscalda- mento a 100°: poi, l'apparecchio veniva trasportato accanto al calorimetro, si estraeva il tubo da saggi e se ne faceva cadere il contenuto nella provetta calorimetrica, il cui tappo portava infissa, nella parte inferiore, una sottile asticella d'alluminio, suf- ficientemente lunga per obbligare le stoffe a restare immerse nel mercurio. Con varî esperimenti mi potei persuadere che il riscaldamento a 100° per un'ora era bastevole per portare a questa temperatura tutto quanto il campione di tessuto e che, nelle varie manipolazioni per introdurre il materiale nel calorimetro — le quali del resto, con un po’ di pratica, duravano pochi secondi —, si avevano delle 27 RICERCHE SPERIMENTALI SULLA CONDUTTIVITÀ TERMICA, ECO. 123 perdite di calore abbastanza piccole per potersi trascurare. Di ciò possono fornire una prova i seguenti valori del calore specifico dell’alluminio e del nickel, determi- nati con lo stesso procedimento che seguii per le stoffe: Alluminio ati nei=10215 Nickel neri = 007 valori che si accordano bene, sopratutto quello del nickel — che era certamente puro — con quelli ottenuti dagli autori (*), salvo un errore in meno di circa l’1 °/o, del quale probabilmente devono essere affetti tutti gli altri raccolti da me. I risultati delle esperienze sui tessuti, scartando naturalmente quelli riferentisi ad esperienze in cui le varie manipolazioni erano riuscite in qualche modo difettose, sono fra loro molto concordanti, poichè tutti quelli di stoffe della stessa sostanza, lana o cotone, presentano differenze dal valor medio minori dell’1°. E siccome queste differenze sono spiegabili interamente con gli errori sperimentali, bisogna con- cludere che il calore specifico della lana e del cotone, nei limiti di esattezza consentiti dall’apparecchio che adoperavo, non presenta variazioni sensibili in rapporto colla varietà delle stoffe, almeno se si tratta, come nel caso mio, di tessuti lavati e non colorati. La media dei valori trovati sui seguenti materiali: rÎ Rasato Felpato Gioco] a) Stoffe di cotone Tela 5) Stoffe di lana A De a Maglia Maglia Flanella c) Cotone idrofilo È È sperimentati quasi tutti due o più volte, è la seguente: - TS Stoffe di cotone, seccate a 110°. . . e — 0,312. (incluso cotone idrofilo) ‘ Stoffe di lana, seccate a 110°. . . e 0,324. Nel:desumere questi valori, si consideravano i campioni come costituiti solo da | fibre tessili e del po’ d’umidità che può restare a 110°, e non si teneva conto del- l’aria imprigionata nel tessuto, ma evidentemente questo termine nelle mie esperienze non poteva avere che un valore assolutamente trascurabile. I valori trovati sì riferiscono però alle stoffe seccate a 110°, mentre, nelle osser- vazioni con l'apparecchio di Weber, esse vengono usate secche all'aria. Per fare le ypportune riduzioni, i dischi di tessuto che avevano servito per le misure di raffred- "N i | (4) Il calore specifico dell’alluminio è, secondo Regnault, 0,21224 (fra 15°-97°), secondo Lorenz, 0,2088 (a 50°), secondo Naccari, 0,2135 a (20°), secondo Richard 0,224 (a 20°) e secondo Bernini 0,2166 ha (col calorimetro di Bunsen fra 169,5 e 0°). Il calore specifico del Nichel puro, fra 21° e 99°, è 0,1084 . (Voigt). 124 DONATO OTTOLENGHI 98 ci damento, dopo pesati, furono anch'essi seccati a 110° fino a costanza di peso, e poi nuovamente pesati. L'umidità determinata a questo modo, per differenza fra le due pesate, riuscì presso che costante nei campioni di ciascuna delle due specie di tessuti, e precisamente era in media del 7,3 °/ per le stoffe di cotone e del 12,9°/, nelle stoffe di lana. Onde, ponendo che il calore specifico riferito all’unità di peso dei tessuti sia uguale alla somma delle quantità di calore competenti per la variazione unitaria di temperatura ai singoli pesi di sostanza costituenti la miscela — il che si può ammettere come sufficientemente approssimato per questo genere di ricerche —, e trascurando l’aria, dato il peso straordinariamente piccolo con cui questa entrava nella composizione dei tessuti, si possono fissare, per i calcoli successivi, questi valori: Stoffe di cotone . ... e==0,362 Farglan a i Rici 107018 VI. — Coefficiente di conduttività termica dei tessuti esaminati — Osser- vazioni sul contatto imperfetto dei tessuti nell’apparecchio di Weber e sul loro coefficiente di trasmissione esterna. Raccolti, nei modi indicati, i valori di %,, A, p, c, della (8) e della (9) a pag. 9, si possono dedurre i coefficienti di conduttività dalle stoffe prese in esame, per mezzo ancora dei decrementi logaritmici calcolati dall’esperimento e dei ‘seguenti valori che si riferiscono al disco superiore dell’apparecchio: = GI 1,488. Pi=' 5 SASSI: CAZ=ADE 0,0938331. F,= cm.? 680,49. DER SES La risoluzione della (8) e della (9) non presenta alcuna difficoltà, ma riesce un po’ lunga la ricerca della radice più piccola 9, dell’equazione trascendente (a) aAtanggh = 90e, dalla quale si calcola un primo valore di £ che, sostituito nella (9), dà modo di otte- nere un valore fortemente approssimato di g e quindi di %. Io mi sono valso del seguente procedimento: ho preparata una tabella dei valori dell’angolo, espresso in radianti (9A), corrispondenti a quelli dell'arco crescenti di grado in grado, e a lato ho segnato i valori della tangente (tang gA) e del prodotto di questi e dei primi Ape Aipicy ® vavo subito dalla tabella due coppie di valori discretamente vicini, fra i quali do- veva trovarsi, rispettivamente, il valore esatto di qA e di tang 9A che soddisfacesse (9A tang gA). Così, appena determinato il valore numerico del rapporto rica- 29 RICERCHE SPERIMENTALI SULLA CONDUTTIVITÀ TERMICA, ECC. 125 alla (a). Per ottenere poi quest'ultimo, ponevo alcuni valori successivi di gA inter- medîì a quelli fissati prima come estremi, calcolavo, con la regola d’interpolazione di Newton, quelli corrispondenti di tang 94, finchè, dopo alcuni tentativi, riuscivo ad avere i valori richiesti. Nella Tabella I sono stati raccolti i coefficienti di conduttività di alcune stoffe di lana e di cotone calcolati nel modo indicato. 3 TABELLA I. A p Te a) Stoffe di lana. 1. Flanella 0,075 0,26 0,0000839 Di Ù 0,130 0,20 0,0000865 Ds È 0,160 0,19 0,0000865 4 Hi 0,160 0,18 0,0000889 5) 5 0,285 0,16 0,0000870 6. Maglia 0,065 0,23 0,0000788 B) Stoffe di cotone. 1. Flanella 0,060 0,32 0,0000991 2 i 0,075 0,26 0,0001248 3 7 0,085 0,20 __ 0,0000954 4. 3 0,087 0,19 0,0001105 Halisvo: 0,090 0,23 0,0001002 6. P 0,130 0,25 0,0001197 7. Maglia 0,070 0,26 0,0001410 8. Mollettone 0,120 0,32 0,0000895 9. Felpato 0,125 0,24 0,0001416 10, dl 0,140 0,27 0,0001003 TRO 0,165 0,20 0,0001183 28 5 0,253 0;24 0,0001504 13. Rasato 0,075 0,31 0,0001276 IO È 0,095 0,27 0,0001259 Mot i 0,098 0,25 0,0001144 16. ; 0,125 0,31 0,0001614 17. Tela (2 strati) 0,095 0,42 0,0001544 Y) Ovatta di cotone. Th 3 0,068 0,07 0,0000666 2. Ù 0,150 0,08 0,0000731 Per indicare i diversi generi di tessuti mi sono valso dei nomi comunemente usati nel commercio: e qui basterà ricordare che il mollettone è un tessuto che asso- miglia un po’ alla flanella, ma è molto più denso di questa ed ha i peli che decorrono quasi orizzontalmente, ricordando assai l'aspetto di un feltro; che i felpati — i quali servono per la fabbricazione dei corpetti di maglia, a punto così detti felpati — sono tessuti a maglia, di cui un verso è riccamente provveduto di peli, più o meno lunghi; 126 DONATO OTTOLENGHI 30 x che infine il rasato è un tessuto che ha un verso come la tela e l’altro peloso, ma con peli molto corti, in modo da somigliare, da questo verso, alla notissima felpa (peluche) che si usa per abiti e per mobili. Prima di discutere i risultati che ho trascritti, conviene fare alcune osservazioni che non sono senza importanza. La teoria del metodo di Weber e, per conseguenza, il calcolo del coefficiente di conduttività nella maniera indicata da questo A., presuppongono, come si è visto, la. condizione necessaria che, fra le superfici di contatto dell’apparecchio e quelle della sostanza posta fra i due dischi, non esistano discontinuità di temperatura. Questa condizione può ritenersi soddisfatta nel caso in cui la sostanza sia, per es., un liquido; ma evidentemente lo stesso non può dirsi quando, come nel caso mio, si tratti di materiali che formano un contatto assai imperfetto con le superfici affacciantisi dei dischi. È facile intendere invero che, ponendo fra i dischi dell'apparecchio di Weber uno strato di tessuto che li tocca più o meno intimamente e non in tutti i punti, la caduta di temperatura che si osserva fra un disco e l’altro non avviene interamente nell'interno della stoffa: si avrà una prima caduta fra il disco superiore e la super- ficie superiore della stoffa, poi un'altra entro questa, e un’altra infine fra la super- ficie inferiore della stoffa e il disco inferiore. Sebbene la presenza dell’aria, le irre- golarità e le lacune della stoffa, l'esistenza di superfici più o meno ricche di peli ecc., complichino straordinariamente questo fenomeno, sì da renderlo forse assolutamente inadatto ad una sicura espressione analitica, nondimeno, con qualche semplificazione che non ci deve allontanare troppo dal vero, il problema si può ricondurre a quello del flusso di calore che si verifica fra due superfici piane, a temperatura differente, che limitino uno spazio occupato in parte da aria e in parte da una parete solida terminata da faccie laterali sensibilmente piane e parallele alle prime. Una tratta- zione da questo punto di vista può fornire forse qualche criterio sull'importanza che ha il contatto imperfetto delle stoffe coi dischi e fissare con una certa approssima- zione il suo ordine di grandezza. Infatti, se noi, valendoci dei concetti che la fisica tecnica sviluppa intorno al problema della trasmissione del calore a traverso pareti lambite da fluidi stagnanti (!), chiamiamo A il coefficiente di trasmissione totale dalla superficie isotermica della base inferiore del disco superiore al disco inferiore dell'apparecchio di Weber per ogni unità di superficie, e con la reciproca 4 il coefficiente di resistenza totale alla trasmissione del calore; questo, anche nel caso nostro, risulterà evidentemente com- posto di una somma di termini relativi alle successive resistenze che s'incontrano alla trasmissione. Queste sonò la resistenza opposta dai contatti imperfetti i © su- periore e inferiore, fra stoffa e dischi, e la resistenza 2 nell’ interno della stoffa, proporzionale direttamente allo spessore A e inversamente alla conduttività % della stoffa. Potremo quindi scrivere: (4) Lethal =|p (4) Cfr. Lowsarpr, loc. cit., pag. 111 e segg. RICERCHE SPERIMENTALI SULLA CONDUTTIVITÀ TERMICA, ECC. 127 supponiamo che la resistenza al contatto dalle due faccie della stoffa sia uguale È. il che si verificherà, almeno con sufficiente approssimazione, quando queste due | faccie siano ugualmente costituite —, per cui sia, più semplicemente: ‘altra parte, dopo avere fatta la misura di + su una stoffa di determinato spes- n° ripetiamo la misura su un’altra stoffa, ig alla 5a ma di spessore, E, ATA Ai FE k S e A to, e due prasoni relative alle due esperienze, eliminando #, sì potrà ricavare il valore pt | Per ciò occorrerà conoscere, oltre ai valori! di A e di A}, anche quelli di + = ma questi si ricavano facilmente dalle stesse esperienze di raffreddamento tte con l’apparecchio di Weber. Di fatto, chiamando « nell’istanté ?, la tempera- a, del disco SHperiore, da 9580; durante l'esperimento, viene torna per got Fisfura del disco si abbasserà nell'unità di tempo di di , e l'equazione del raf- ento potrà essere scritta nella forma (AP+ hxF)u= — Me: 57, ndenti a due istanti determinati #,fs, si ottiene: (AF+ MF) 7 o — t) = log Are F(ty = ta) Melog Pt) 128 DONATO OTTOLENGHI 99 Con quest’artifizio ho cercato di determinare © Siccome però non è possibile avere dei campioni di stoffa identici in tutto, salvo che nello spessore, com'è pre- supposto nel precedente ragionamento, ho dovuto ricorrere all’espediente di aumen- tare lo spessore di una data stoffa sovrapponendone più strati nell’apparecchio. Questo modo di esperimentare non è certo rigoroso, sia perchè due o più strati di stoffa non sì possono paragonare, per es., per ciò che riguarda la tessitura, ad uno strato solo, ma di spessore uguale alla somma di quelli, e sia perchè fra stoffa e stoffa si creano delle nuove discontinuità per la temperatura. Le quali due principali cause d’errore, l'una per l’interrotta continuità delle fibre a traverso tutto il complesso di stoffa, e l’altra per la caduta di temperatura fra le superfici di contatto reciproco dei dischi di stoffa — probabilmente però molto piccola in causa della buona adesione che si stabilisce fra i tessuti —, concorrono evidentemente a diminuire la grandezza del RO see: , è termine —, che quindi, calcolato a questo modo, può considerarsi solo come grosso- c° lanamente approssimato e un po’ inferiore al vero. Che con l’aumentare del numero degli strati di una medesima stoffa posti fra i dischi dell'apparecchio di Weber, cresca notevolmente il coefficiente apparente di conduttività, risulta subito dalla seguente Tabella II, nella quale % fu calcolato con la solita formola di Weber: TABELLA II. N° degli strati A i) k Stoffe di lana. Flanella . 1 0,130 0,20 0,0000865 È 3 0,385 0,21 0,0000903 Maglia 1 0,065 0,23 0,0000788 bi 2 0,130 0,23 0,0000894 ni” 3 0,195 0,24 0,0000950 Stoffe di cotone. | Flanella. 2 0,165 0,20 0,0000980 è 4 0,345 0,20 0,0001021 Maglia 1 0,070 0,26 0,0001410 5 cd E 3 0,195 0,28 0,0001549 Rasato (pelo all’interno) . 2 0,180 0,25 0,0001083 o È : 4 0,385 0,25 0,0001244 » (pelo verso idischi) 2 0,180 0,25 0,0001150 È pere 4 0,875 = 0,25 0,0001222 Tela 2 0,095 0,42 0,0001544 ” 8 0,350 0,45 0,0001770 Però, non tutte le esperienze riferite nella Tabella II hanno significato deci- sivo, nè tutte si prestano per il calcolo di i: poichè quando col variare del numero i di strati di stoffa è variata anche la densità del loro insieme, non possiamo stabilire per quanto entri, nell’accrescimento della grandezza di %, la variazione di A, e per Sa 33 RICERCHE SPERIMENTALI SULLA CONDUTTIVITÀ TERMICA, ECC. 129 «quanto la variazione di p. Certo si è che, a parità delle altre condizioni, con l’aumen- tare di p aumenta anche %; ma la (c;) che è posta a fondamento di questa tratta- zione richiede che % sia costante: e, per conseguenza, di tutte le serie della Tabella II si presterebbero al caso nostro solo quelle in cui mi è riuscito di mantenere costante ì, il valore di p mentre variava quello di A. Vi è però da fare un'osservazione. Dai valori della stessa Tabella II riferentisi alla maglia, si ha: Maglia di lana 1 strato p=0,23-j =818 1 : 2 strati p—0,29---— 1422 290 di ; 3 strati p= 0,24 =i1991. È 1 est 1 196 Ora, ponendo successivamente nella (c3), "NICAR, - 609, Re 569, , + i = 1178, e risolvendola rispetto a %, si ottengono tre valori di X, che, sosti- 3 i tuiti nella (0,), dànno rispettivamente tre valori di Di , ossia 204, 284, 224, non molto differenti fra loro. Se, per mezzo di questi ultimi, si correggono i coefficienti di con- duttività determinati col metodo di Weber, si ha, a seconda del valore di È. usato | per ciò: 4 1 strato 2 strati 3 strati Maglia di lana — per £ =204 £—0,000105 0,0001050,000104 SEI ; per £ —284 £=0,000120 0,000112 0,000111 z $ per È = 224 &=0,000109 0,000106 0,000107. K Se invece, per determinare "> SÌ usa la media dei % trovati con la (ce), i valori i coefficienti di conduttività ottenuti col metodo di Weber ma corretti con È medio, o i seguenti: 5 Maglia di lana 1 strato %4= 0,000105 *. N 2 strati X=0,000105 3 3 strati X=0,000104. Tutti questi valori dimostrano: 1° che, determinando la resistenza al contatto con inerenti a tal sorta di esperienze, si possono considerare come sufficientemente con- cordanti; 2° che, per una variazione discreta della densità nella massa del tessuto 130 ; DONATO OTTOLENGHI ELSE sarebbe condotti a non tenerne conto per il calcolo della grandezza approssimativa di quella che ho chiamata resistenza al contatto. Siccome però, questa conclusione si fonda sopra una sola esperienza, nè io ho avuto occasione di raccoglierne altre che si prestino a controllare i risultati rica- vati da quella, così, nel riportare nella Tabella II i valori di edi , segnerò fra pa- rentesi quelli tra essi che, derivando da osservazioni in cui col variare di A variò anche p, si devono considerare come meno sicuri, nel senso che, con molta probabi- lità, sono — relativamente agli altri — un po’ troppo alti. TaseLca III. Tessuti di lana. I (Flanella ; z = 1469 = —178 per A=0,130) 2. Maglia 5 = 813 È =204 perA=0,065 Tessuti di cotone. 1. Flanella . -=1640 £ = 199 per A=0,165 2. (Maglia pi perA=0,070) 3. Rasato (superficie liscia verso i dischi) += 1620 > =497 per A=0,180 4. Rasato (superficie pelosa verso i dischi) "i == 1529 i =224 per A=0,180 5. (Tela i += 597 È —100 per A=0,095) Frattanto da ciò che fu esposto appare chiaro, che se di ogni stoffa, e con dif- ferenti spessori di esse, si facessero delle misure di conduttività, le precedenti rela- zioni ci darebbero modo di correggere, per rispetto all’imperfetto contatto, i valori del coefficiente di conduttività dedotto con il metodo di Weber. Praticamente però si può fare a meno di una serie così numerosa di esperienze, poichè si può ammet- tere che da stoffa a stoffa della stessa sostanza e della stessa tessitura il valore SI6Z È GER ; a di < vari molto poco, e basta quindi fissare la grandezza di questo termine sola- mente per i tipi differenti di tessuti di lana e di cotone. Ottenuti cotesti valori dit, la correzione dei coefficienti calcolati con la for- mola di Weber riesce abbastanza spedita. Riprendiamo infatti l'equazione nella quale % indica il vero coefficiente di conduttività della stoffa, e dividiamo ambo i membri di essa per D; avremo: 95 RICERCHE SPERIMENTALI SULLA CONDUTTIVITÀ TERMICA, ECO. RES. Ora A è, come sappiamo, la quantità di calore che nell'unità di tempo passa attraverso 1 cm? di sezione dall’uno all’altro disco dell'apparecchio di Weber. Se £, è il valore del coefficiente di conduttività trovato con la formola di Weber, ossia nell'ipotesi che non esistano discontinuità di temperatura fra le superfici dei dischi e quelle della stoffa, è pio, TE AnaraRZIO) Quindi : 2 A A Si ht gi gerani k Re Di qui: 2 2 c (64 ke A Cc Così, conoscendosi i valori di È per ogni tipo di tessuto (!) e quelli di + per ogni stoffa, si possono correggere con qualche approssimazione i valori dei coefficienti di conduttività dedotti dalla formola di Weber. Resta ora a considerare un’altra questione interessante ed è quella che si rife- risce alla quantità di calore che i campioni di stoffa cedono dalle parti periferiche che non sono in contatto coi dischi dell'apparecchio di Weber. In grazia alla dispo- sizione e alle dimensioni di questo, per cui solo una parte esigua del campione resta libera verso l’aria, è presumibile che tale cessione di calore sia molto piccola in con- fronto di quella che è trasmessa per conduttività: in ogni modo, è bene determinarne per lo meno l’ordine di grandezza. Ho già riportato in principio (v. pag. 11) una formola proposta da Lorberg per il calcolo di %, nel caso che si voglia tener conto del coefficiente di trasmissione esterna 4 della sostanza in esame. Con questa formola, lasciando imprecisato il valore di 4, ho fatto alcuni calcoli del coefficiente di conduttività per due stoffe, delle quali una aveva uno degli spessori più piccoli e l’altra uno dei più grandi dei tessuti che ho esaminato, e ciò con lo scopo di fissare entro due limiti estremi il valore di %. Nella 1° di queste stoffe essendo A= 0,075, p= 0,26, n? = 0,30908 per At= 300”, | si ha: a) | E=(0,0008572. 100024 20024) ). 010686 1— 0,004269 nella 2° essendo A=0,285, p=0,16, u? — 0,10265 per At= 300”, si ha: o) k=(0,001762 10200) 0,06576. 1 — 0,0015697 (1) Per i felpati, non avendo fatte esperienze apposite, ho assunto, nei calcoli successivi, come valore di i, della superficie a maglia il valore corrispondente trovato per la maglia di cotone, della superficie pelosa il valore trovato per la flanella di cotone. 132 DONATO OTTOLENGHI 36 Ora, quale valore può essere attribuito ad 4? Io m’ero proposto di determinare sperimentalmente questo coefficiente, per l’importanza che esso ha non solo in questa correzione, ma anche fra le proprietà termiche delle stoffe. Cercai di giungere allo scopo studiando il raffreddamento di cilindri metallici, ripieni d’acqua calda, ravvolti all’esterno da stoffa e posti in ambienti pieni d’aria con le pareti a temperatura costante: la discussione analitica del problema non presentava difficoltà, ma richie- deva, per la soluzione, che si conoscesse esattamente la temperatura della superficie di stoffa in contatto col cilindro caldo. L'ipotesi che questa temperatura fosse sensi- bilmente identica a quella della superficie metallica, risultò non corrispondente al vero dai calcoli delle osservazioni fatte: le quali anzi, deponevano per una notevole discon tinuità di temperatura, analogamente a ciò che si verifica nell’apparecchio di Weber. Sebbene pertanto finora non abbia potuto determinare direttamente il valore di », parmi tuttavia che il suo ordine di grandezza possa venire fissato con qualche approssimazione. È lecito infatti supporre che, trattandosi nel caso nostro di piccole differenze di temperatura, il calore trasmesso dalla porzione della stoffa che, nell'ap- parecchio di Weber, è lambita dall’aria, per unità di superficie e di tempo, e per una differenza di temperatura di 1°, sia dato senz'altro dalla somma del coefficiente di irradiazione ?, e del coefficiente che generalmente si denomina di convezione e nella definizione del quale si ammette per solito uniforme la temperatura del mezzo circostante. Indicheremo complessivamente questa somma di coefficienti con h=i4-c. Ora, per il primo, in un calcolo di approssimazione, possiamo assumere i valori determinati da Péclet per il cotone e per la lana, oppure quelli più grandi, raccolti da Rubner (!) per le stesse sostanze tessute. Scegliendo questi ultimi, che si riferi- scono ad una temperatura ambiente di 15°, avremo che i, in media in unità pratiche, è uguale a 4,5 grandi cal. per m? e per ora, ossia nelle unità scelte in questo lavoro uguale a 0,00012 piccole calorie per cm? e per 1”. Quanto al coefficiente di con- vezione esso evidentemente non deve essere molto differente da quello che ha il disco superiore dell'apparecchio di Weber: di questo noi sappiamo già che h,= i, + ca = 0,00008358 in cui è, e cy sono i coefficienti di irradiazione e di convezione che si riferiscono al disco. Ma i,, poichè il disco era nichelato e il coefficiente d’irradiazione, a parità delle altre condizioni, dipende dalla costituzione dello strato superficiale del corpo irradiante, avrà un valore presumibilmente simile a quelli dei metalli lucidi e, sce- gliendo fra questi il minorè, non molto diverso quindi da quello dell'argento, che, secondo Péclet e alla temperatura di 15°, è uguale a 0,13 Cal., ossia, nelle nostre: unità, 0,0000036 cal.; per cui c, sarà probabilmente al massimo dell'ordine di 0,00008 e 4 dell'ordine di 0,0002. Supposto ciò, si avrebbe, per i due campioni di stoffa di cui ci stiamo occupando, il termine contenente % nella (a) dell'ordine di grandezza (4) M. Rusner, Das Strahlungsvermigen der Kleidungstoffe nach absolutem Maasse, * Arch. f. Byg. »; 1898, 17 Bd., pag. 1. _ et” 37 RICERCHE SPERIMENTALI SULLA CONDUTTIVITÀ TERMICA, ECC. 133 di 0,0006 e nella (8) dell’ordine di 0,007, ossia di tal grandezza da non variare che, al massimo, di circa 1°/, il valore del numeratore del 2° membro nella formula di risoluzione di Lorberg, e quindi anche il valore di %. Certo, non può darsi che una importanza relativa a questa conclusione, sopratutto per l’incertezza nel valore del coefficiente di convezione, ima tutto ci lascia supporre che verosimilmente, con gli spessori di stoffe usati nelle mie esperienze, la quantità di calore ceduta da esse per trasmissione all’aria, non sia mai di tale entità da portare notevoli modificazioni ai coefficienti di conduttività, quando di essa non sia tenuto conto nel calcolo. Nè sarà inutile aggiungere che, quando si trascuri %, il calcolo del coefficiente di conduttività delle stoffe con la formola di Lorberg, dà valori così vicino a quelli che si desumono dalla formola di Weber, che non pare necessario di preferire la prima, che richiede calcoli assai più lunghi e laboriosi di questa. Per es., nelle stoffe | citate ad (a) e (8) a pag. 34, si ha col metodo di Lorberg (e) X = 0,0000843 (8) #X= 0,0000871, e con il metodo di Weber (a) X = 0,0000839 (B) X= 0,0000870. VII. — Riassunto dei risultati. Nella seguente Tabella IV ho raccolto i risultati delle mie esperienze sulla condut- tività dei tessuti ponendo, accanto ai coefficienti determinati direttamente con il . metodo di Weber, quelli corretti per mezzo dei valori approssimativi di "ci trovati. Sono posti fra parentesi i coefficienti che furono corretti con i valori meno sicuri di, es. Cc Da questi risultati si possono trarre alcune conclusioni interessanti che sarà bene enumerare brevemente. Anzitutto, sia che si prendano in considerazione i coefficienti di conduttività i pr: dalle esperienze oppure i CORGAT e sia ca si raffrontino tessuti che abbiano 3 le stoffe di SIA Quelle hanno un coefficiente di conduttività medio dell’ordine di i i 0,00009 (corretto :0,00010 circa), mentre queste ultime hanno un coefficiente medio pi dell’ ordine di 0,00012 (corretto : 0,00015 circa). a D'altra parte, fra i campioni di uno stesso genere di tessuto si hanno delle di- jerete variazioni nella grandezza del coefficiente di conduttività, le quali non sempre di; scompaiono applicando la correzione relativa al contatto imperfetto, ed è probabile 3 dipendano da differenze di struttura. Nondimeno è possibile distinguere, per es., fra U di tessuti di cotone, dei gruppi di stoffe con conduttività manifestamente I, da — quella di altri gruppi. Così, i rasati avrebbero una conduttività maggiore delle fla- 134 DONATO OTTOLENGHI 38 nelle e ad essi si accosterebbero, per questo riguardo, la maglia e, più, la tela, mentre i felpati sarebbero da porsi fra i rasati e le flanelle. ‘ Ancora: alcuni coefficienti che parrebbero troppo bassi — come quelli della maglia di lana, del mollettone e di alcune fianelle di cotone —, diventano, se corretti, d’un ordine di grandezza che li rende paragonabili a quelli degli altri campioni di stoffe della stessa sostanza. TaseLa IV. Tessuti di lana. A p k k (corretto) 1. Flanella 0,075 0,26 0,0000839 (0,000104) 2 È 0,130 0,20 0,0000865 (0,000105) 8. È 0,160 0,19 0,0000865 (0,000096) 4. Ri 0,160 0,18 0,0000889 (0,000104) bi S 0,285 0,16 0,0000870 (0,000092) 6. Maglia 0,065 0,23 0,0000788 * 0,000105 Tessuti di cotone. 1. Flanella 0,060 0,32 0,0000991 0,000148 2 > 0,075 0,26 0,0001248 0,000187 3 3 0,085 0,20 0,0000954 0,000124 4. 5 0,087 0,19 0,0001105 0,000148 bi È 0,090 0,23 0,0001002 0,000129 6. n 0,130 0,25 0,0001197 0,000147 7. Maglia 0,070 0,26 0,0001410 (0,000166) 8. Mollettone 0,120 0,32 0,0000895 0,000105 9. Felpato 0,125 0,24 0,0001416 0,000168 10. P 0,140 0,27 0,0001003 0,000111 Thi È 0,165 0,20 0,0001183 0,000131 12. p 0,253 0,24 0,0001504 0,000164 13. Rasato 0,075 0,31 0,0001276 0,000294 dt a 0,095 0,27 0,0001259 0,000226 TO RS 0,098 0,25 0,0001144 0,000187 Mor 0,125 0,31 0,0001614 0,000282 17. Tela (2 strati) 0,095 0,42 0,0001554 (0,000187) 18. Ovatta 0,068 0,07 0,0000666 —_ 10% 0,150 0,08 0,0000731 — Nel considerare questi risultati e sopratutto nel tenerne conto per il problema igienico del vestiario, non si deve dimenticare che la determinazione del coefficiente di conduttività, con l’appareechio di Weber, è stata fatta su stoffe assoggettate ad una pressione notevolmente più alta di quelle che esse sopportano d’ordinario in pratica, e, più precisamente, nel caso mio, ad una pressione di gr. 12,68 per cm?, Il che significa che le stesse stoffe, poste sul nostro corpo nelle condizioni normali, avranno un coefficiente di conduttività più basso che non nei miei esperimenti, per la maggior quantità d’aria che verranno a contenere nelle loro maglie, e tanto più di 39 RICERCHE SPERIMENTALI SULLA CONDUTTIVITÀ TERMICA, ECC. 135 basso quanto più grande è la. loro compressibilità. Se toccherà ad altre ricerche di determinare la variazione della conduttività col diminuire della pressione sopportata da un tessuto, frattanto però il metodo di Weber ha permesso di fissare con qualche precisione e in condizioni ben definite e uniformi per le differenti stoffe, i coefficienti di conduttività, e di raffrontare, con un certo rigore, tessuti di diversa costituzione e di diverso spessore, il che non è certo senza importanza per l’igiene. VII. — Osservazioni sui coefficienti di conduttività termica dei tessuti raccolti da Rubner e da Lees. Sarebbe ora interessante di confrontare i dati raccolti da me con quelli pubbli- cati dagli Autori che si sono occupati di questo argomento; ma le troppo differenti condizioni d'esperimento non mi consentono che poche e brevi osservazioni. Dei dati raccolti da Rubner e dai suoi allievi, mi restringerò a riportare nella seguente Tabella (!) i valori delle misure assolute fatte da loro col calorimetro di Stefan, che possono in qualche modo venire raffrontati coi miei: i (Densità A del Calirinotro | della stoffa SPE Leo k Stoffe di lana. 1. Cascemirra 51,05 6 (0,11) 0,364 0,0000643 2. 3 22,6 6 (0,26) 5 0,0000742 3. Flanella 22,6 4,5 (0,19) 0,105 0,0000737 Mino :; 51,05 6,14 (0,12) 0,0000713 Dora È 6,62 (0,12) 0,0000778 6. Maglia È 6,1 (0,11) 0,179 0,0000695 7. Crespo a) n 6 (0,11) 0,133. 0,0000905 Begiroteo:o 5) 9 5,81 (0,10) 0,141 0,0000871 die sirio) Ù 4,85 (0,09) 0,115 0,0000812 È ta d) n 6,96 (0,13) 0,141 0,0000795 HSIoS e) E 5,99 (0,11) . 0,124 0,0000813 Stoffe di cotone. : 1. Flanella 51,05 6,04 (0,11) 0,0000833 2. Maglia Ù 6,40 (0,12) 0,199 0,0000916 3. Crespo a) 7 4,42 (0,08) 0,157 0,0000884 Asst 000) d 4,06 (0,07) 0,137 0,0000915 Detta c) È 4,98 (0,09) 0,104 0,0000893 bed) È 4,62 (0,09) 0,142 0,0000910 (A, e) si 4,96 (0,09) 0,148 0,0000982 PRIE5: A} È 4,82 (0,09) 0,116 0,0000944 8 Oper 1 59) b 5,91 (0,11) 0,110 0,0001095 10. Shirting hi 6 (0,11) 0,869 0,0001083 __ 11. Velluto 22,6 Sid (0,14) 0,194 0,0001058 | 12. Ovatta 51,05 6 (0,11) 0,219 0,0000816 È (4) Per i valori, riferiti nella tabella, riguardanti la cascemirra, le flanelle e le maglie v. © Arch. ‘i f. Hyg. ,,1895, Bd. 24, pag. 357 e segg.; per quelli dei crespi v. “ Arch. f. Hyg. ,, 1896, Bd. 27, pag. 86 esegg.; per quello del velluto “ Ivi ,, pag. 103, e per lo shirting e l'ovatta, “ Arch. f. Hyg. ,, 1898, Bd. 32, pag. 290 e segg. 196 DONATO OTTOLENGHI 40 Questi valori, se dimostrano abbastanza bene una certa differenza fra i tessuti di lana e quelli di cotone, hanno però, di sopratutto interessante qui, di essere più bassi di quelli corrispondenti calcolati da me, eccezion fatta per l’ovatta di cotone. A primo aspetto parrebbe che ciò deve dipendere dalla minore densità che nel calo- rimetro di Stefan aveva la massa di stoffa; ma l’esame attento della Tabella pre- cedente mi fa dubitare che codesta causa, per lo meno, non sia la sola. Invero, la flanella di lana N. 3 di Rubner con una densità di 0,19 dà #= 0,0000737, la fla- nella di lana N. 3 mia con un’ugual densità dà invece 0,0000865. D'altra parte, se si confrontano la densità che, nelle esperienze di Rubner, ha la massa riempiente l’intercapedine del calorimetro con la densità propria al tessuto che ha servito per il riempimento, si rileva che questa, esclusi pochi casi, è sempre superiore a quella. Ciò indica evidentemente che, nella maggior parte delle esperienze di Rubner e dei suoi allievi, i pezzi di stoffa posti nel calorimetro erano separati gli uni dagli altri da spazî d’aria più o meno ampî e che quindi la conduttività da loro non veniva misurata allo stato naturale del tessuto, bensì in una condizione di mescolanza di questo con una quantità d’aria predominante. E questo fatto, per la minore condut- tività che ha l’aria a fronte delle fibre tessili, per la facilità che quegli spazîì liberi esistenti fra pezzo e pezzo di tessuto dessero luogo ad altrettante resistenze alla trasmissione del calore, si doveva tradurre in una diminuzione artificiale del coeffi- ciente di conduttività della stoffa propriamente detta. Con ciò, poichè il valore di tali resistenze non può essere in niun modo preci- sato, ho dichiarato implicitamente che i coefficienti raccolti da Rubner appaiono subito poco sicuri. Ma questa conclusione è rafforzata da un'ulteriore esame della stessa Tabella, poichè se si considerano i pesi di stoffa, usati nelle differenti espe- rienze, sì vede che questi sono tutt'altro che costanti, e ciò non può significare se non che, da volta a volta, il riempimento è riuscito diverso, sia per disposizione e sia per compressione del materiale. Il che è quanto dire che molte di queste misure, non solo hanno dato forzatamente dei risultati d’incerto significato, ma anche che esse nen sono punto paragonabili fra loro. Anzi, riflettendo alla costruzione del calorimetro di Stefan, vien fatto di dubitare se veramente fosse possibile di disporvi le stoffe in modo che esse coi loro versi fossero in ogni punto disposte parallelamente alle su- perfici metalliche, o se piuttosto in qualche caso non sia accaduto che il riempimento riuscisse un. po’ irregolare sì che porzioni di stoffa assumessero altre direzioni, modi- ficando con ciò singolarmente le condizioni della trasmissione del calore. Chè la dire- zione delle fibre rispetto alle superfici fra cui avviene la caduta di temperatura ha così grande importanza da richiedere, già fu detto, che uno studio, con speciale ri- guardo pratico, della conduttività dei tessuti, sia fatto disponendo il tessuto esatta- mente nelle condizioni in cui si troverebbe sul nostro corpo, ossia coni versi paral- leli a quelle superfici. Su questo punto, già trattato da Schuhmeister (*), che si collega strettamente col nostro problema, qualche parola di più non sembrerà superflua. Se sì suppone che, nell’unità di volume a traverso cui avviene-il flusso di calore, vi sia una miscela d’aria e di fibre tessili dirette in senso normale alle superfici, fra (4) Loc. cit. 41 RICERCHE SPERIMENTALI SULLA CONDUTTIVITÀ TERMICA, ECC. 137 le quali si osserva la caduta di temperatura # — fo, avremo, chiamando %,, la con- duttività della miscela, %, quella dell’aria, %s quella delle fibre tessili relativamente all'aria, S;, Ss le sezioni trasversali occupate, rispettivamente, dall’aria e dalle fibre tessili, e è la distanza fra le due superfici S: 1 La; 1 TemS(t— to) ma i (#18: E — ks Sa +) to); ma S=S,+S.=1e d= 1, ossia: , kn = kxS1 + kySs. 1) . Se invece le fibre tessili sono disposte parallelamente alle superfici S, chia- 1 5 po c mando 7a la resistenza alla trasmissione totale del calore, + la resistenza alla tras- m 4 | missione per ogni unità di volume dell’aria, e i quella per unità di volume delle a i fibre tessili, — tenendo conto che in queste sostanze la resistenza risultante è pro- porzionale direttamente allo spessore e inversamente alla superficie — si avrà: ò ò da TemS (tito) = i sia Da) (de to) ’ cioè, se S=1: A LAZIALI RES Ad £ ne tra (II) Ora. se si chiamano v, € v3 i volumi occupati dall’aria e dalle fibre tessili, e — si moltiplicano ambo i membri della (1) per è e ambo i membri della (II) per $, si tengono le due relazioni: : lm = lv, + kavg (III) do BISI Cnr i (IV) km le (5 de .x posto #,= 1 e X,= 37 (che è, secondo i calcoli di Schuhmeister, il valore kn =0,5+37X0,5=19, e, nel caso che le fibre decorano parallelamente a quelle superfici, 7 Llopa, db 0 laser km 1 nr 37 n.° E =1,95. 138 DONATO OTTOLENGHI 42 Ma poichè Rubner non ci dà alcuna indicazione precisa del modo con cui faceva il riempimento del calorimetro, non converrà insistere su questo punto, che ho voluto ricordare specialmente per la importanza generale che ha nella nostra questione. Resta ferma invece la conclusione che le misure di questo Autore hanno con- dotto a risultati non solamente inferiori al vero ma anche non paragonabili fra loro. Che non siano paragonabili fra loro, l'ammise del resto lo stesso Rubner, il quale per ciò ha cercato di ovviare a questo grave inconveniente correggendo i valori ricavati dall’esperimento col riportarli tutti ad una stessa densità del contenuto del calorimetro. A tale scopo (') deduceva dai valori sperimentali e assoluti della. con- duttività i valori relativi all'aria. Le differenze fra questi e la conduttività dell’aria posta uguale a 100, rappresenterebbero gli aumenti relativi della conduttività del- l’intercapedine del calorimetro da quando contiene solamente aria a quando contiene aria e tessuto. Conoscendosi il peso di tessuto adoperato per l'esperimento e il peso che sarebbe occorso adoperare affinchè la miscela d’aria e di stoffa avesse nel calo- rimetro una densità fissa — scelta come tipo per tutte le misure —, si possono allora calcolare i valori relativi all'aria della conduttività per quella data densità. Questi valori relativi si trasformano poi in assoluti, mediante la conoscenza del coef- ficiente di conduttività dell’aria, determinato a parte con lo stesso calorimetro. Tutto ciò deriva dalla premessa che, se si indica con %, la conduttività di una miscela d’aria e di fibre tessili relativa all'aria, con X; la conduttività dell’aria e con.P il peso della sostanza, sia km = ki + aP, dove a è una costante da ricavarsi dall’esperimento. Questa relazione fu posta da Schuhmeister, perchè egli aveva notato nelle sue esperienze che col crescere del peso di una data sostanza messa nel calorimetro aumentava la conduttività, e che, calcolando a con i suoi dati, si avevano dei valori, per vero poco concordanti, ma che, non essendo in rapporto nè con P nè con %,, facevano accettare provvisoria- mente quella formula. Rubner ha fatto in proposito delle nuove prove con le fibre tessili, e per mezzo del calorimetro di Stefan ha ottenuto quanto segue: Lana Seta Cotone k Km E a ka km R 1) a ki km P a 1 1,064 2 0,082 1 1,166 2 0,0830 1° 1,263 2° 0,131 1 1,287 4 0,072 1 1,278 4 0,0695 d 1,414 4 0,108 1 1,364 6 0,067 1 1,363 6 0,0605 1 1,674 6 0,112 E con l’altro apparecchio che fu descritto a suo tempo, analoghe esperienze hanno ‘dato: à i Lana Cotone kl'ba P a bia dba P a Lo AI2E 25 0,0084 Ted 25 0,0068 Tal 50 0,0062 1. 1,48 50 0,0096 vie i s1ci 75 0,0051 1 1,49 75 0,0066 (IRR EE; 100 0,0047 IL a, 100 0,0073 (') “ Arch. f. Hygiene ,, 1895, Bd. 24, pag. 350. V. anche “ Ivi ,, pagg. 317-321. 43 RICERCHE SPERIMENTALI SULLA CONDUTTIVITÀ TERMICA, ECC. 139 x Ora, queste cifre dimostrano che a è in rapporto ben fisso con %, e con P, poichè diminuisce ordinatamente col crescere di questi. Nè la piccola irregolarità che È: si osserva nei dati del cotone ottenuti dal calorimetro di Stefan e anche quella che compare nei risultati relativi al cotone dedotti per mezzo dell’altro apparecchio, sono | certo sufficienti a smentire tale conclusione e a farci accettare a per una costante. 3 Del resto, da quanto s'è detto a pag. 41, è facile vedere che la relazione A = ap “a È | non poteva valere per i casi studiati da Rubner. Invero, se si considera la (III) e i (IV), poichè per ipotesi v-+ v»= 1, dalla (III) si ricava h DE Eat E) m e dalla (IV): dl 1 Da di pote di: Fm la L Tea | © quindi: ui 1 kg (ks — ky)og Km Teylea ossia: key In = GT. VI Fo — (ke — ki)vs So) La (V) è veramente della forma %,=%#,-+ aP, e vale quando le fibre tessili no normali alle superfici isotermiche; ma la (VI), che sì riferisce al caso in cui fibre sono disposte parallelamente a queste, è evidentemente più complicata. Ed lalmente più complicata è la relazione da applicarsi qualora le fibre fossero dirette a tutti i sensi. Ricorderò infine i risultati ottenuti da Lees e da Lees e Chorlton, sebbene, per > ragioni già dette e perchè lo spessore delle stoffe venne misurato da loro solo rossimativamente, essi non possono avere soverchia importanza. Col metodo della rra divisa, il nastro di cotone diede X = 0,000548, la flanella di lana X = 0,000227; l’altro apparecchio, il calicò secco diede X= 0,00018,- umido (1,6 °/, d'umidità) ,00022; la flanella di lana secca, #=0,00013, umida (1° d'umidità) 0,00018, e gnata (10 °/, d'umidità) X = 0,00018. * Istituto di Fisica Tecnica della R. Scuola Superiore Politecnica in Napoli, diretto dal Prof. L. LomsarpI. SAL AL nr i ani “ce i drag ti dida DE JI SR cotone gt bars dheib, ang dia pi Ialia Cei sor rally lè Ditianonaggai o È Neu i } ora, sadici ‘atiempiti 03 “tot der doble #08 Nr RA idiot PRESTATA: di Sen 71 Sort) Indi nigi pei SUO GRUPPI CONTINUI INFINITI ) DI TRASFORMAZIONI DI CONTATTO DELLO SPAZIO MEMORIA DI UGO AMALDI Approvata nell’ Adunanza del 17 Giugno 1906. ì Lal: To mi sono proposto di determinare tutti i tipi di gruppi continui infiniti di trasformazioni di contatto dello spazio; e poichè mi è sembrato che una prima parte “delle mie ricerche potesse anche da sola offrire qualche interesse, mi permetto di orre qui i miei primi risultati. A ®(e, Y, 2, de Si = cost. “4 Per ciò che riguarda sia le ragioni che suggeriscono l’opportunità di prender le mosse da questo problema, sia la natura dei gruppi che restano esclusi da questa prima ricerca, rimando al capitolo II, nel quale si troveranno esposti i criteri che esiedond alla nostra determinazione. I gruppi finiti caratterizzati dalla stessa proprietà suindicata furono determinati sig. Scuerrers nella sua Dissertazione di Lipsia (!), compiuta sotto l'impulso e irezione stessa del Lie, al quale lo ScHerrers fa risalire le vedute generali, ondo cui nel suo lavoro è impostata la questione. Di tali vedute io mi sono larga- nte avvantaggiato ; e, in tutta la ricerca, l'interessante Dissertazione dello ScHEFFERS, © evidenti ragioni di analogia, mi è tornata assai utile. Bestimmung einer Klasse von Beriihrungstransformationsgruppen des dreifach ausgedehnten , © Acta mathematica ,, t. 14, 1891, pag. 111-178. Di recente il sig. Oseen ha determinato gli uppi finiti di trasformazioni di contatto dello spazio, eccezion fatta per una certa classe di i cui tipi non si conoscono ancora. Per le citazioni esatte dei lavori dell’Oseen, vedi il cap. JI. ICE UGO AMALDI 92 To, valendomi, fin dove ho potuto, di considerazioni geometriche e sintetiche, ho cercato di allontanare quanto più mi è stato possibile il momento, in cui, per la natura stessa del problema, fu pur necessario di ricorrere ai procedimenti pretta- mente formali ed analitici. La teoria generale dei gruppi continui infiniti, sventuratamente, non ha ricevuto dal suo grande Autore se non un primo abbozzo; e ancora oggi, pur dopo i risultati fondamentali dell’EnceL e del MepoLAGHI e i più recenti lavori del Vessior e del CaRrrAN, è ben lontana da un soddisfacente assetto organico. A codesta scarsa teoria generale io, col presente lavoro, ho mirato a recare- qualche contributo, non privo d'interesse, di esempi concreti e di illustrazioni determinate. Ma sopra tutto io mi sono indotto a queste ricerche con l’intendimento di contri- buire allo sviluppo di quella teoria di integrazione delle equazioni a derivate parziali di ordine superiore al primo, di cui il Lie ha dato un saggio nella Memoria: Zur allgemeinen Theorie der partiellen Differentialgleichungen beliebiger Ordung (1). In sostanza, ogni equazione alle derivate parziali, che ammette un gruppo infinito di trasformazioni, è integrabile col metodo che potrem dire di DarBoux e Lie (2): cosicchè da una classificazione dei gruppi continui infiniti di trasformazioni di contatto dello spazio deriverà una classificazione razionale di una classe importantissima di equazioni alle derivate parziali (in due variabili) integrabili coi metodi noti sin qui. Qualcuno forse, pensando al grande numero dei tipi di gruppi infiniti di trasforma zioni di contatto, dubiterà della utilità e, quasi, della possibilità effettiva di una tale classificazione delle equazioni a derivate parziali integrabili col metodo di DARBoUX e Lie. Ma non è difficile fissare a priori dei criteri di eliminazione, che permettano senz'altro di escludere quei tipi di gruppi che in ordine alla integrazione delle equa- zioni a derivate parziali, riuscirebbero, in qualche senso, superfiui. Si ha di ciò un esempio in una bella memoria del sig. MepoLaGHI (*), nella quale l’autore ha recato un primo notevole contributo all'accennata teoria d'integrazione del Lie, determinando i tipi essenziali di equazioni alle derivate parziali del 2° ordine in due variabili indipendenti, che ammettono un gruppo infinito di trasformazioni puntuali. (!) “ Leipz. Berichte ,, Bd. 47, 1895, pag. 583-128. Cfr. anche Beupos, “ Comptes Rendus ,, 1894-95. (?) Ibidem, cap. 4, pag. 112. Cfr. anche Goursar, Lecons sur l'intégration des &quations aux dérivées partielles du second ordre, t. TI, pag. 190. (*) Classificazione delle equazioni alle derivate parziali del secondo ordine, che ammettono un gruppo infinito di trasformazioni puntuali, * Annali di Mat, ,, t.I della S. III, pag. 229 e segg. a GRUPPI INFINITI DI TRASFORMAZIONI DI CONTATTO — 143 I. Il sistema modulare caratteristico di un gruppo continuo di trasformazioni di contatto. 1. Il Lie notoriamente chiama gruppo continuo infinito ogni schiera di tras- | formazioni: Lo ca (ire; 01) i 0) tali che: a) sia soddisfatta la proprietà gruppale; è) le funzioni #; siano le più G enerali soluzioni di un sistema di equazioni alle derivate parziali (equazioni di È definizione delle trasformazioni finite); c) le #,; dipendano non soltanto da un numero finito di costanti arbitrarie (1). | Una schiera siffatta di trasformazioni, se comprende la trasformazione identica, $ contiene anche infinite trasformazioni infinitesime: . A c; + E:(01, 22,3 La) d, (ale) tali che combinando per integrazione, in qualsiasi modo, infinite di esse si ottiene sempre una trasformazione finita del gruppo primitivo. E questo insieme di trasforma- i i infinitesime gode delle seguenti proprietà: a) le , sono le più generali soluzioni un sistema di equazioni lineari omogenee alle derivate parziali (equazioni di defini- 1e delle trasformazioni infinitesime); $) le &; dipendono non soltanto da un numero di costanti arbitrarie; 1) insieme con ogni possibile coppia di trasformazioni ai=t+ Hdi ,xe=2;+ nd ‘tiene all'insieme la trasformazione infinitesima n dei Ore pd a, ni di (I dr, l dey Joe 1 sando la classica notazione delle trasformazioni infinitesime mediante operatori enziali lineari del primo ordine, quest’ultima condizione dà che con ogni coppia Chan pr 1 3 Die Grundlagen fiir die Theorie der unendlichen continuirlichen Transformationsgruppen, Jeipziger Berichte ,, 1891, pag. 317). 144 i UGO AMALDI 4 Ora il Lie ha dimostrato (1) (ed è questo sostanzialmente il suo secondo teorema fondamentale della teoria dei gruppi infiniti) che ogni insieme di trasformazioni infini- tesime, il quale goda delle proprietà a), 8), r), è l'insieme delle trasformazioni infinitesime di un ben determinato gruppo continuo infinito di trasformazioni. Perciò il Lig designava un sistema siffatto col nome di gruppo infinito di trasformazioni infinitesime (2). 2.— Applichiamo le precedenti considerazioni al caso delle trasformazioni di contatto dello spazio ordinario. i; In questo interpreteremo x, y, = come coordinate cartesiane di punto e, riguar- dando come dipendente da x e y, assumeremo : PR RI rt) CZ: come coordinate di un piano della stella di centro «, y, 2. Così le x, y, 2, peg si potranno assumere a coordinate di un elemento di superficie, e le trasformazioni di contatto saranno caratterizzate come le trasformazioni degli 00° elementi dello spazio: gi Ae) y =Y(0,Y, 2; p; 9) (1) ai= Zeit) pi =) q =@(r, Y, 8, Ps 9) che trasformano in sè stessa l'equazione pfaffiana: da — pda — qdy= 0, cioè soddisfanno ad un'equazione : (2) de' — p'de — q'idy = p (da — pdx — gdy) dove p (moltiplicatore della trasformazione di contatto) è una funzione di , y, 2, pg sottoposta all’unica condizione di non essere identicamente nulla. Noi ammetteremo costantemente che le X, Y, Z, P, Q siano funzioni analitiche dei cinque loro argomenti. Se facciamo che codeste cinque funzioni assumano, le une indipendentemente dalle altre, ogni possibile determinazione, otteniamo il gruppo di tutte le trasforma- zioni di contatto (analitiche) dello spazio, il quale è manifestamente un gruppo continuo infinito nel senso del Lir. (%) Lie, Die Grundlagen u. s. w., II, pag. 391. (*) Ibidem. ; 5 GRUPPI INFINITI DI TRASFORMAZIONI DI CONTATTO 145 Ciò si vede, forse, nel modo più immediato, interpretando le (1) come trasforma- zioni puntuali nello spazio a cinque dimensioni x, y, 2, p,g: le equazioni di definizione del gruppo sono riassunte nell’equazione (2), la quale, rispetto alle trasformazioni infinitesime, dice, come è ben noto, che gli incrementi che una qualsiasi trasforma- zione infinitesima di contatto imprime alle cinque coordinate di un elemento generico, sono esprimibili linearmente per mezzo di un’unica funzione completamente arbitraria delle cinque coordinate (funzione caratteristica della trasformazione infinitesima di contatto) e delle sue derivate del primo ordine. Si ha precisamente, se W è la fun- zione caratteristica : RA O I leader og = dg? de = w sil dp sini dg ce E O non eg dy dda Appare di qui manifesta la convenienza di sostituire alla considerazione delle equazioni di definizione delle trasformazioni infinitesime quella delle equazioni di definizione delle rispettive funzioni caratteristiche. Ora una qualsiasi combinazione lineare (a coefficienti costanti) di due trasfor- mazioni infinitesime 4, X, + 4» X> ha per funzione caratteristica la medesima com- binazione lineare delle rispettive funzioni caratteristiche a, W, + a,W.; e all’alternata (XX) corrisponde come funzione caratteristica la : __dW.dW. dMWMbdW, | dW dWa dMbdW Wai dp da Dv 07, dy dg _ dW,dW Sul dW,dWa _dWdWa LILLA dW, i (3 de da dp sie n d= de si Wi Da Wa o Perciò le funzioni caratteristiche delle trasformazioni infinitesime di contatto di un gruppo infinito G costituiscono un sistema modulare o modulo (0, secondo il PINCHERLE, spazio lineare) di funzioni di x,y, 2, p, q, caratterizzato dalle seguenti pro- prietà: 4) il suo elemento generico è la più generale soluzione di un sistema di equazioni lineari ed omogenee alle derivate parziali; B) questa soluzione generale dipende non soltanto da un numero finito di costanti arbitrarie; C) il sistema modu- lare è chiuso rispetto all’operazione di parentesi } {; cioè se W,,W sono due suoi elementi, appartiene ad esso anche la funzione }W,, Wal. Viceversa, dal secondo teorema fondamentale del Lie risulta che ogni sistema di funzioni soddisfacente alle condizioni A), B), 0) definisce un ben determinato gruppo continuo infinito G di trasformazioni di contatto. Codesto sistema di funzioni si dirà per brevità modulo caratteristico del gruppo G. Notiamo in primo luogo che un modulo di funzioni soddisfacente alle condizioni A) e C), ma non alla 5), cioè un modulo finito (dipendente da un numero finito di costanti arbitrarie) dà luogo ad un gruppo continuo, ma finito. Ed in secondo luogo ricordiamo che il modulo caratteristico M di un gruppo G è, rispetto alle trasfor- mazioni di contatto, covariante al gruppo; in quanto il gruppo trasformato CGC— Serie II. Tom. LVII. Ss 146 UGO AMALDI = 6 mediante una trasformazione di contatto C, ammette come modulo caratteristico il modulo pN, dove p sia il moltiplicatore della trasformazione di contatto € e, natural mente, nelle funzioni di pM si sostituiscano alle antiche variabili le loro espressioni per mezzo delle nuove. Ciò vale in particolare per un gruppo ad un sol parametro, cioè generato da un’unica trasformazione infinitesima. I. Enunciato del problema e generalità. 8.— Risulta da quanto precede che il problema della determinazione dei tipi di gruppi continui infiniti di trasformazioni di contatto dello spazio equivale a quello di determinare i tipi, rispetto, ben inteso, al gruppo totale delle trasformazioni di contatto, dei moduli di funzioni di x, y, z, p, q, che soddisfanno alle condizioni A), B), 0). Ma questa riduzione del problema è puramente formale, e non si riuscirebbe a procedere oltre di un passo se non si spezzasse il problema in una serie di que- stioni minori, abbordabili ciascuna da un particolare punto di vista. Interpretiamo al solito le trasformazioni di contatto dello $3 come trasforma- zioni puntuali dello S; «, y, 2, D, 4. Il sig. KowALEWSKI (!) ha notato come ogni gruppo infinito, il quale trasformi in sè un'equazione pfaffiana e operi in S; primitivamente, è simile al gruppo totale delle trasformazioni di contatto di Ss. Restano quindi da considerare i gruppi infiniti che nello $; degli elementi di superficie operano imprimitivamente. La prima classe che si presenta di gruppi siffatti è quella dei gruppi, pei quali la divisione di S; in varietà di imprimitività è data da co! V,: ® (2, 2,y,p,gà="cost., ossia, tornando in S;, dei gruppi continui infiniti di trasformazioni di contatto di Ss, che trasformano in sè una schiera di o! equazioni alle derivate parziali del primo — ordine: dz de d (e. LC, Y db "I = cost. Sono questi i gruppi, di cui saranno determinati i tipi nel presente lavoro. Alla determinazione degli altri gruppi, che ammettono ciascuno una schiera invariante di equazioni : i ®; (2, 7, y, p, A) = cost. VIZIO dove r è uguale o a 2, o a 3, o a 4, o a 5, spero di potere in altra occasione recare qualche notevole contributo. Intanto fin d'ora noterò come parecchie delle considera- (1) Die primitiven Transformationsgruppen in fiinf Veranderlichen (‘ Leipziger Berichte ,, 1899, — pag. 69). : 7) . 7 GRUPPI INFINITI DI TRASFORMAZIONI DI CONTATTO 147 zioni, svolte pei casi analoghi dei gruppi finiti dal sig. OsrEN (!), si trasportano utilmente ai gruppi infiniti. Così in particolare si dimostra con pochi tratti di penna j che ogni gruppo corrispondente al caso r =3 equivale a qualcuno dei tipi, che noi È qui determineremo. 4. — Limitando oramai le nostre considerazioni ai gruppi che ammettono una schiera invariante di co! V,, possiamo anzitutto immaginare ridotta la (1), mediante una trasformazione di contatto, alla forma: y= cost; in altre parole considereremo i gruppi che in $S; trasformano le une nelle altre le co! varietà di co4 elementi di superficie, i cui punti-sostegno appartengono ai piani | paralleli al piano «2. Un gruppo G siffatto indurrà su codeste co! varietà di c04 elementi un gruppo g, il quale, come risulta dalla notoria classificazione dei gruppi continui in una sola variabile, presenterà necessariamente uno dei seguenti casi: I: si ridurrà alla sola identità ; TI; I,; II;: sarà finito e, rispettivamente, ad uno, due o tre parametri ; IL: sarà infinito, cioè coinciderà col gruppo totale: in una sola variabile. In base a ciò noi divideremo i nostri gruppi in due categorie, assegnando alla prima quelli che lascian ferma ogni singola varietà y = cost.; e suddivideremo gli altri, cioè i gruppi della seconda categoria, in quattro classi a seconda che essi subordinano nella schiera delle co! varietà y= cost., un gruppo co!, 00? 008 o il gruppo totale in una variabile. Un qualsiasi gruppo infinito G della II categoria ammette certamente un sotto- gruppo invariante G,, che lascia ferma ogni singola varietà y= cost., ed appartiene quindi alla categoria I. « —. questo gruppo G è necessariamente infinito, se il gruppo G subordina nella | schiera delle co! varietà y = cost. un gruppo finito, cioè se G appartiene alla 1?, 28 0 8° classe; mentre, se G appartiene alla classe 4°, G, può anche essere finito. Noi vediamo di qui intanto come la determinazione dei gruppi della II categoria si possa agevolmente compiere non appena siano noti i gruppi (infiniti e finiti) della I. Il procedimento da tenere sarà il seguente. Scelto un gruppo infinito G, della pri categoria, per avere i corrispondenti gruppi della II categoria e appartenenti alla prima, seconda, terza classe dovremo aggiungere a G, rispettivamente una, due o tre | trasformazioni infinitesime della forma : IL = ht + ESE mto gt + sof +o î) Yi=tf+yf+mf+af ta ahi +PLinif Tpett+ai ; IO) Ueber einige irreduciblen Gruppen von Berùhrungstransformationen im Raume, “ Ofversigt of È K. Vetenskaps-Ak. Fòrhandlingar 1901 ,. — Ueber die eudlichen, continuierlichen, irreduciblen Berihr- | ungstransformationsgruppen im Raume, Dissertation, Lund., 1901, 148 UGO AMALDI 8 determinando le funzioni &;, ti, ;, ; in modo che per ogni trasformazione infinitesima X di G, l’alternata (Y;-X) appartenga a G, e di più le tre alternate: (YoY,), (Yot>), (Y1Y9) siano, a meno di trasformazioni infinitesime di G,, uguali rispettivamente ad: Vr ZI, Per ottenere poi i gruppi della quarta classe, dovremo considerare successiva- mente ogni gruppo Go, sia finito sia infinito, che trasformi in sò ogni singola varietà y= cost., e aggiungere ad esso una trasformazione infinitesima : sf de rp=tt +9 +aft+x st +r dove la © rappresenta una funzione arbitraria di y e le funzioni &, m, x. Z di 2, :0,Y, 9,9 vanno determinate in modo, che per ogni trasformazione infinitesima X di G, la (Yp X) appartenga al G, stesso e di più l’alternata di due trasformazioni Yy sia ancora, a meno di una trasformazione di G,, una trasformazione Yyp . 5. — Risulta da quanto precede, che noi dobbiamo anzitutto occuparci dei gruppi della I categoria. Le trasformazioni infinitesime di un gruppo G siffatto dovranno imprimere alla coordinata y un incremento nullo, cosicchè saranno della forma: x=bL4nd i pali, ma se dalla trasformazione infinitesima risaliamo alla sua funzione caratteristica W e teniamo conto che l’incremento di y è dato da bi , concludiamo che la W e, quindi anche, le £, te Z, sono indipendenti da q. | Possiamo allora notare con lo ScHEFFERS (1. c.) che le viastonmaziani infinitesime accorciate : A XE, ee SER, in ogni piano generico y = cost. generano un gruppo G di trasformazione di contatto. Ciò si vede sia in modo geometrico diretto, sia notando che codeste trasformazioni infinitesime ammettono l’equazione invariante : de — pda=0. In altre parole e riferendoci alle funzioni caratteristiche, noi abbiamo che è modulo caratteristico di un qualsiasi gruppo Go della I categoria è formato da funzioni | di z, x, ped y, tali che, ove în esse si ponga y= cost., sî ottiene il modulo caratte- ristico di un gruppo di trasformazioni di contatto del piano xz. 9 GRUPPI INFINITI DI TRASFORMAZIONI DI CONTATTO 149 Noi quindi prenderemo successivamente a considerare il modulo caratteristico m di ciascun gruppo di trasformazioni di contatto del ‘piano 2, 2 (modulo che sarà costituito di funzioni di 2,2, p) e determineremo, rispetto al gruppo di tutte le trasformazioni di contatto dello spazio, tutti i tipi di moduli soddisfacenti alle condi- zioni A), B), C) del n° 2, che si possono formare combinando linearmente gli elementi di m, mediante coefficienti che siano funzioni della sola y. 6. — Abbiamo visto come la nostra ricerca ci conduca a considerare tutti i tipi di gruppi di trasformazioni di contatto del piano. Ma un'osservazione dello ScHEFFERS (1) permette anche a noi di abbreviare la via. Noi, com'è naturale, ci proponiamo di determinare i gruppi di trasformazioni di contatto di S; drreducibili, cioè i gruppi che non sono equivalenti, mediante una trasformazione di contatto a gruppi puntuali (estesi agli elementi differenziali del 1° ordine). Ora lo ScHerrers ha dimostrato che se si assume come gruppo accorciato G, un gruppo piano reducibile, è tale altresì ogni gruppo G, della I categoria, a cui esso dia origine; e se G, è reducibile sono pur reducibili tutti i gruppi della II categoria che ad esso corrispondono. Noi perciò dei gruppi di trasformazioni di contatto del piano considereremo soltanto quelli irreducibili. Essi ‘sono ben noti dalle ricerche del Lie e si riducono ai seguenti sei tipi, di cui tre sono finiti e tre infiniti (?): a) gruppo c0!° delle trasformazioni di contatto che ammettono come invariante il sistema lineare di parabole : ae=@4,0+ 2a9a | 43; questo gruppo, che noi designeremo con gio, ammette il modulo caratteristico definito delle seguenti dieci funzioni (8): al LE X, Py di, TP; P', pic 2a, x (xp Ra 22), p(ep né 22), (

| Vi =="9 “A zi=Z(x, y, è, p) | p.= Ple, y, =, p) Vs _ (A ” 2, P. 9), convien ricorrere a una particolare rappresentazione degli co° elementi superfic di $s sui punti di uno $;, la quale generalizza la ben nota rappresentazione d elementi lineari del piano sui punti dello spazio, che fù sistematicamente dal Lie (!). Scelto in Ss un sistema di coordinate cartesiane x, (i= 1, 2, 3, 4, 5), poni (3) 2,=2, n=p, a =xp— 2, m=Y%=9 L'equazione : yi (4) da — pdx — qdy= 0 si trasforma allora nell'equazione pfaffiana : (5) d&y — xydxy + x3dx, + 2xsdz,=0, la quale definisce in S; un particolare sistema nullo. È Ad una qualsiasi trasformazione di contatto di S, corrisponderà i in Ss una ras mazione puntuale che trasforma in sè la (5): così ad ogni varietà a due di me 19158 Pre i i Ed net dr (1) Ueber Complere, insbesondere Linien- und Kugel-Complere, mit Anwendung 8 10, * 9 Mat Annalen ,, Bd. V (1872). Cfr. anche Lue-Scnerrens, Geometrie der TRE GRUPPI INFINITI DI TRASFORMAZIONI DI CONTATTO 153 lementi superficiali a due a due uniti (punto, curva o superficie) corrisponderà i una varietà a due dimensioni appartenente al sistema nullo (5), nel senso che tangente ad essa in ogni suo punto P, giacerà sullo S, che la (5) coordina bo P stesso. In particolare alle varietà di elementi aventi per sostegno le para- 1), cioè alle: a= @,0° + 2ase + 43, Y bo as, p=2 (ace +4 43), ponderanno in S; gli 04 SL: dan za da =0 Dax, — xo — 2ag = 0 e r—-agy=0. Perciò il gruppo G, che corrisponde ad [1] mediante le (3), sarà il più ampio ruppo puntuale di S; che lascia fermo ogni S, ry= cost. e permuta gli uni negli altri gli co4 Ss (6). Ma abbiamo di più che il gruppo G, come risulta dalle (2) e (3), mmette equazioni finite della forma: xi = X (1, c2, 13, 24) rg = Xa(2,, %2, £3, 24) es = Xs(2,, ca, 73, La) ei=% Si to =As(21, Tn Ta, La, 2) 2agr, + 3 + 2ag= 0 2a,rx — r° — 2ag=0 dello S, considerato cogli S, (6). a co8 rette costituiscono il complesso lineare definito nello Sy considerato = x,°) dall’equazione accorciata (invariante rispetto al gruppo subordinato des — e,dxs + egde,= 0; e che trasforma in sè il complesso lineare (8). Ma è notorio che questo È Pa e) is” 154 UGO AMATDI MO £ gruppo è proiettivo ed 0019: onde concludiamo che per avere le equazioni finite del gruppo accorciato G basta considerare in S; le equazioni finite del gruppo proiet- tivo co1° del complesso (8), sostituire in esse ad ognuno dei dieci parametri una funzione arbitraria di x, e aggiungere alle tre equazioni così ottenute la 2, = x. Il gruppo accorciato così ottenuto dipende in modo essenziale da dieci funzioni arbitrarie di x,, come appunto il gruppo primitivo G; cosicchè ad ogni trasforma- zione del gruppo accorciato corrisponderà un numero finito di trasformazioni del gruppo G e la quinta equazione di questo : Ria o'i = X; (11, Ca; %3, Ca; do) non conterrà nessun ulteriore elemento arbitrario. Questa si otterrà tenendo conto della condizione, che insieme con le altre quattro, deve trasformare in sè l'equazione (5). Notiamo che in sostanza il gruppo del complesso (8) subordinato dal gruppo accorciato G in ciascun Sg x, = x,° corrisponde mediante le (3) al gruppo di trasfor- mazioni di contatto piane che il gruppo accorciato di [1] subordina su ogni piano y= cost., cioè al gruppo 0019 delle trasformazioni di contatto delle solite parabole. Questa corrispondenza fra codesti due gruppi finiti a 10 parametri è precisamente attuata dalla già ricordata rappresentazione del Lir (degli elementi lineari del piano sui punti dello spazio), che è definita dalle prime tre equazioni (3) (1). Ci sarà utile nel seguito il possedere le relazioni di isomorfismo che così si sta- biliscono fra codesti due gruppi finiti 001°; se al solito rappresentiamo le trasformazioni infinitesime di contatto per mezzo delle rispettive funzioni caratteristiche le accen- nate relazioni sono le seguenti, come risulta da un calcolo elementarissimo (£): 1 02; PT DI - ta | (10) ac — 2a, 3h aperm st RA peo 2a, di ; d DITO ap— 2a nz +e ur (4) Veramente il Lre pone xx= x, #3= 3 p, ta=2— 7% (2) Si ricordi che la trasformazione infinitesima corrispondente alla funzione caratteristica Wè data da } A o, GRUPPI INFINITI DI TRASFORMAZIONI DI CONTATTO 155 i d alep 2a) o ast + (ml de, + da si + ag Li Jin fr tag tear) (e) fi (ep — 2e)? 2° 2%; (eri da band %3 pai Î È pel gruppo [2], del quale ci serviranno nel seguito le equazioni no, che si deter- | minano agevolmente in base appunto a siffatte considerazioni. i SOT gruppo G corrispondente a [2] in S; è tale che il suo gruppo accorciato n subordina in ogni Sg «= 0, x, = <,° il gruppo co delle proiettività che trasformano È in sè il complesso lineare (8) e lascian fermo lo Ss improprio (cfr. le (10)) cioè il ti gruppo delle affinità del complesso in sè medesimo. Ora le equazioni finite di codesto È gruppo co” di S:, come risulta da un calcolo che credo inutile riprodurre, sono date da: U = 0101 + eg09' + 65 (e10, — 2903 = =0) (12) o = 0301 + eseg' + %3 = (eses — e106) 21" + (2405 — 2909) 2" + (10, — 0203) €3' + er, OVE €, €3,...., €, Sono parametri arbitrarî: e allora, sostituendo in queste equazioni _ ad ogni parametro e; una funzione arbitraria n; della sola x, e determinando la 5 in funzione delle x;", in modo che la equazione pfaffiana (5) sia invariante, troviamo e le equazioni finite di G sono: x, = N21 + naco' + ns MOGGI ; j (mina — noNg:== 0) | = ng + naeg 4 ne x3 = (N35 — nMe) 21" + (Mans — none)! + (nina — NoNg) 23" +m ica bt; 2ae5=2(MMa— NaM3)ez' + ang — no'na)e'îH4-(8nang'+no'n3—8na'nanaind!) Jie: 29 + + (Mans! — nom) e + a e — Ms)! + 2(nane' — nam3') za! + Pa + Mina + na'my + ngng' — na'n3) 23 + nsng — ns; — n7, 1 Mi Doni Ni — da, (i=1, 2, 00)) 7) i qui, applicando le (3) è facile ricavare le equazioni finite del gruppo [2]; hè di queste non ci occorrerà di valerci, tralascierò di scriverle; solo noterò oltiplicatore della trasformazione di contatto generica di [2] è dato da: peu mM) 0. 156 UGO AMALDI 16 deducano quelle del gruppo [7], che subordina su ciascun piano invariante il gruppo piano irreducibile 00°. è Come risulta dalle (10) il gruppo corrispondente in S; al gruppo [7] è tale che | il suo gruppo accorciato (relativo allo S, #5=0) subordina in ciascuno S3 x,= cost., 25 = 0 il gruppo co$ delle affinità equivalenti, che trasformano in sè il solito complesso | lineare (8). della sostituzione lineare, troviamo che si dovrà porre: (ei Cala e3 63)? Sl gruppo [2] sottoponendo in queste le funzioni n alla relazione : Mila — MMs=l1; cosicchè le trasformazioni di contatto del gruppo [7] trasformano in sè stesso pfaffiano : de — pda — qdy. ALI 1a: Un altro sottogruppo di [1] che a noi tornerà vantaggioso è avente il modulo caratteristico : (14) psr(ep — 22), Poy(rp — 22), Prolep — 22}, zione (3) degli elementi superficiali di S3 sui punti di S;, ammette un gruppo accorcia che in ogni Le o = 0, x,= 0 subordina, come risulta dalle (11), il SHITO Pi D) mia alata tiri sb) ò (15) mita È +% sé sta 3 d) asl tt+at+tat Y), (!) Le equazioni delle trasformazioni di contatto del gruppo [2] si trovano già nella - citata Dissertazione dello ScHEFFERS. MW 17 GRUPPI INFINITI DI TRASFORMAZIONI DI CONTATTO 157 mel quale si riconosce il gruppo delle omografie biassiali paraboliche, che trasformano in sè il complesso (8) e hanno per assi le co! rette del complesso appartenenti ad i di un punto (1 =%,=%3=0) e, quindi, ad un piano (x3=0). ì Scritte le equazioni finite di (15), il che si ottiene con una facile integrazione, | si trova, seguendo il solito procedimento (n. 8) che le equazioni del gruppo infinito di S; sono date da: | al= da + Neca si 1 1_ ng, — Nera — 21093 al = da — MgC3 3 1 — ng, — Noa — 2o®s , CE] Ghai= 3 1— nge, — nsza — 2M10%3 cy = La 5 = fe, Co, Lg, Lay 5) Pato dove, al solito, le ng, n9, nio designano funzioni arbitrarie di x, e abbiamo tralasciato scrivere la complicata e per noi inutile espressione di f. Di qui si ricavan subito, per mezzo delle (3), le equazioni delle trasformazioni di contatto del gruppo (14); che a noi per altro non è necessario di avere esplicita- mente scritte (1). IV. Riduzione a forma canonica di una funzione caratteristica di seconda specie. dà 2. — Ponendo qui termine alla già lunga digressione sulle equazioni finite erà in ciascun S3 x; =0, x,= cost. il 9,0 totale del complesso lineare (8) del ‘precedente. i sato uno ‘generico di codesti S, p. es. lo S$ x5=0, x, = xi, consideriamo a trasformazione infinitesima generica di 910, intendendo con ciò una trasfor- nfinitesima, che lasci fermi soltanto quattro punti (naturalmente non com- Ri quindi nessun piano all’infuori delle facce del tetraedro e nessuna retta ori dei sei spigoli di esso. Poichè il nostro gruppo I' dipende da funzioni arbitrarie, rasformazione infinitesima X° verrà subordinata in $$ da infinite trasfor- I | moltiplicatore della trasformazione di contatto corrispondente alla (16) è dato da: p=(1 — neo; — Neca — 2Mywa)7®. ber dira Ser infatti codesta trasformazione 7 dà luogo in ciascuno Sf a5=0, x, = 23 ad 158 UGO AMALDI 18 infinitesime di T ve ne saranno certamente di tali che subordinino anche in S3 (come in ‘S°) una trasformazione infinitesima generica; e poichè il coincidere e il sovrap- porsi di punti o rette o piani uniti dipende da condizioni algebriche, noi, tenuto conto della natura analitica delle nostre funzioni, potremo così procedere passo passo e concludere che él nostro gruppo T contiene certamente delle trasformazioni infinitesime, che in crascuno degli S3 x5 = 0, x = cost. (eccettuato al più un numero finito di essi) subordinano delle trasformazioni infinitesime generiche. Indicando una di codeste trasformazioni infinitesime di T con X, sia X la corri- spondente trasformazione infinitesima di l, e sia: (1) W= a, + age +agp + aux + asep + 0gp° + ax(xp — 22) + + agelap — 22) + os(ep — 22) + anolap — 20° la rispettiva fanzione caratteristica in I°, dove al solito le e; designano funzioni della sola y. Uno qualsiasi dei piani invarianti in S$ rispetto alla trasformazione infinitesima accorciata X descriverà, al variare e di S° nel fascio di Ss x, = cost. entro lo Sy. =/0 una varietà : Yi(@aer + Yo(ca)zo + Tales +ra(ta) = 0, 1 la quale sarà invariante rispetto alla X e, poichè codesta equazione è indipendente da %;, 4 i anche rispetto alla trasformazione completa X di S;. E notiamo che si può senz'altro. supporre che la funzione Y,(x,) non sia identicamente nulla; giacchè, se così fosse, basterebbe eseguire prima una trasformazione : | 1 T) fa - %g, &g = tn, ta =, de = DD) n', ottenuta dalla (12) ponendosi: mel=1 mn=m=m=Mm=0, mM traslazione parallela all’asse 3. si DO n(ci). al n. prec., e trasformiamo îl gruppo l mediante una trasformazione (16) tl in cui siasi posto: [cap. prec.], avrà in ciascuno di codesti S3 come Sy unito lo Ss improprio. Ciò vuol dire, se ci riferiamo alle funzioni caratteristiche e teniamo conto € 19 GRUPPI INFINITI DI TRASFORMAZIONI DI CONTATTO 159 (10) (11) del n. 8, che la funzione caratteristica di I° corrispondente alla trasforma- | zione infinitesima X* appartiene al gruppo [2], ossia è della forma: W' =B, + 820 830 + Bae? +- Bs0p 4- Rep? + 87 (ep — 22) | dove le 8; designano funzioni della sola y. Se T è Le trasformazione di contatto di I' corrispondente alla trasformazione di [, e p è il moltiplicatore di T, la funzione W' si otterrà dalla W sostituendo lla pW alle variabili <, y, 2, p le loro trasformate mediante la T (n. 2). | Possiamo quindi concludere che di ogni tipo di sottogruppi infiniti di [1], che ordinino su ogni piano y= cost. il gruppo piano finito massimo, sì può sempre ere come rappresentante un gruppo, fra le cui funzioni caratteristiche ve ne siano Bi + Bar + 830 + Rae? + B;ep + Rep? 4 B.(ap — 22), o di più che la corrispondente trasformazione infinitesima di Ss, accorciata allo =0, subordini in ogni S3x3=0, x4= cost. una trasformazione protettiva GENERICA. Mi. — Ma, per mezzo di trasformazioni di [1], una qualsiasi funzione della na (2) si può ridurre ad una forma notevolmente più semplice. Serviamoci all’uopo più generale trasformazione del gruppo [2]; se teniamo conto delle equazioni (12) Ila (13) del cap. prec., abbiamo che la funzione caratteristica (2) vien trasfor- ta, ‘mediante l’accennata trasformazione generale del gruppo [2], nella funzione te, in cui per semplicità rappresentiamo ancora con x, y, p, 2 le variabili nuove: (mama — mons) [Bx + Roms + Bams + Ban$ + Bamame + Poni + Bin + + (1804 28ms + (Bs — Solme]m + [Bs + (Bs + Bons + 29omo ma) + + (o + 28,ms + (85 — Ba)mo]mo + [Bs + (5 + B7)ns + 28mo]no)p + + ([Banî + Bamims + Bani) 22 + (2Bmimo + Bs [mama + mois] + 2Bomgna) ap + (Binî + Barona + Bonî) 0°] + 8, (ep — 22). tta di disporre delle n; in modo da annullare il massimo numero possibile . Ora, ricordando che deve essere (n. 9) niMa — NoM3 #0, B— 48,8=*+0, ) annullare i i coefficienti di x? e (p%; prendendo ;- U, 9 rispettivamente uguali 4 radici distinte dell'equazione: BA? + BA4- Bo= 0. 4 160 UGO AMALDI 20 ‘Allora dalla (4) risulta che per annullare i coefficienti di x e p è necessario soddisfare simultaneamente alle: Ba + 2Bans + (85 — B7)ne= 0 6 i. 88 + (B6+ B7)n5 + 2BgMe = 0; il che è possibile se è: (7) i B$Î — 48,B6 — 85==0. scegliere nz in modo che si annulli nella (3) anche il termine indipendente da x e p: — cosicchè la (3) assumerà la forma: a) ap + B (xp — 2e) dove a e R sono funzioni di y. | Se invece, pur sussistendo le (5), (7), è B,=0, la (3) sarà riducibile alla forma: 5) axp + 8. Supponiamo in secondo luogo che essendo ancora verificata la (5), sia poi nullo il determinante delle (6), cioè sia (8) Bi — 48,86 —Bi= 0: allora se le (6) hanno i coefficienti proporzionali potremo ancora annullare i coeffi-. t) e il termine indipendente da %,p; cosicchè rimarrà una funzione della forma: ax + Bep +1 (ep— 22); e poichè la condizione (8) dà: Bom si conclude che la (3) avrà in questo caso la forma: c) Lot ax + 282 o la forma: ‘ ax + 28 (ep — 2). Ma quest’ultima funzione si riduce alla forma della precedente mediani la trasformazione di contatto: i è VI I RESA IAA ei L=TPpp=xra=2—- 0... 21 GRUPPI INFINITI DI TRASFORMAZIONI DI CONTATTO 161 | che nasce dalla trasformazione di S3 (rotazione di un quadrante intorno all’asse 3) ei TE6E: Diete) (ese 1 Xi = La, Lo =%1, dg = %g, ao * la quale alla sua volta si deduce dalla (12) del cap. prec. ponendovi i m=—-h3=—-1, m=n=n=%h=N=0. 4 Resta così da discutere il caso, in cui, essendo ì, u Bî i 48,86 == 0, i ha la forma: Bi + Bot 4 Bsp + (850 + Bep)? + B(ep — 22). be al gruppo [2] (cfr. le (12) del cap. prec.) = Ba + Bep , p'= B5'p x'p' — 22 = xp— 2e, ecc. # Bi + rec + rp+ e! + Biap — 2e); a ricordando la (3) si vede senz'altro che se è B7==0 la funzione è trasfor- ile in una funzione della forma: o b ap® + Blep— 22). esta funzione è subito riducibile ad uno dei tipi già enumerati: consideriamo cieca n . . . . ù 6 la omografia biassiale armonica del solito nostro complesso lineare a, r=0, x 1=0 e. x,+%3=0) x, —-1+0, proche rispetto al complesso (*)), e la corrispondente trasformazione di pa xp —-22 ola Adi, p b] p'° saio © Lie dello spazio rigato sullo spazio delle sfere fa corrispondere ad ogni sfera del zio una congruenza lineare appartenente al complesso lineare fondamentale del primo congruenza avente per direttrici due rette polari reciproche rispetto al complesso, ecc. 162 UGO AMALDI 929 Si vede subito che mediante questa trasformazione di contatto, il cui moltipli- catore è p_°, la (11) si trasforma in una funzione del tipo 5). Se invece nella (10) è B,=0, codesta funzione vien trasformata dalla più sonni: trasformazione del gruppo [2] nella (mam — mama) [B1 + roms 4 rame + né +- (Pro + 2nshni + rama)o + + (ra + 2ng] No + YsMdp + nie + 2nmMaep + nìp°] x onde basta scegliere ns=0 per annullare i coefficienti di xp e p°: e se-è 13+#+0, 4 il coefficiente di p non si potrà annullare, giacchè deve essere n4=#=0 (si ricordi la condizione (4)); mentre sì possono annullare tutti gli altri, soddisfacendo alle | Îra ab 2n5] mn yang =0 8 + vas + Yale +-né=0, cosicchè risulta una funzione del tipo d) ap + pe?. non si potrà ridurre a zero, o avremo una funzione del tipo (tn (13) at pe. Oramai ad esaurire la nostra discussione non rimane più che considerare il caso in cui nella (1) sia Bg=B;=B8=0: se B,=#=0 hasta soddisfare alle Bs — Bme=0, B8+8ms=0 B1 + Bons + Ban + Bn = 0 per ridurre la (1) (cfr. la (2)) alla forma: Ja ode vio A ale 2e) \ che rientra nel tipo a). E se infine è 8, = 0, è manifesto che la (1) si può 1 ri dont o alla forma: o alla forma: f) a, N "x = 08 GRUPPI INFINITI DI TRASFORMAZIONI DI CONTATTO 163 Qui da ultimo possiamo notare come la funzione (13) si possa ridurre mediante | ‘una trasformazione del gruppo [1] alla forma e) o alla forma f). Se infatti nella (13) fosse a=0 basterebbe eseguire la trasformazione di contatto corrispondente alla È omografia biassiale armonica di assi x, —1, x0. —x3=0 e x: +1, 204-ag3=0 pie 1 __ 2a — cp MEN RP a a = ’ = o + pa — al1+129); d asformazione di contatto corrispondente alla omografia assiale parabolica che ha ponendo nelle (16) del n. 11 ns= ir", n= 0, no=0, 2 otite il moltiplicatore (1 —iy':x) 7° ed opera sulla « la sostituzione x EE È ore 1—iYha”? è trasforma, come tosto sì verifica, la (30) nella funzione Mi 1); a(1 + 2iv'ha), e è reducibile senz'altro alla forma e). jamo con ciò compiuto la discussione relativa alla riduzione a forma canonica i funzione (1) per mezzo di trasformazioni di contatto del nostro gruppo [1]. z= a, +4 2agx + 43. hò i nostri resultati sono, sotto questo rispetto, concordi con quelli del THE (*), abbiamo una riprova dell’esattezza delle nostre deduzioni. “i Abbiamo visto al n prec. che una qualstvoglia funzione caratteristica [2] | a _Bi+ Bse + Pap + Bee + Bs + Pap? + Prep — 20) stimmung aller Untergruppen der projectiven Gruppe des linearen Complexes, “ Archiv for c og Naturv. ,, Bd. 15 (1891). : Ù 164 UGO AMALDI 24 è reducibile ad una delle forme canoniche &), d), c), 4), e), f). Ma, per quanto si è detto al n.11, a noi interessano soltanto le funzioni caratteristiche (1) a cui in S; corrispondono trasformazioni infinitesime, la cui trasformazione accorciata subordini in ogni S53 x =0, x,= cost. una trasformazione infinitesima generica nel senso con- venuto al n. 11. Ora per avere codesta trasformazione infinitesima subordinata in Sg x, = 0, a, = 3, basta porre y= xi nella funzione caratteristica di cui si tratta | {o in altre parole considerare i coefficienti B come costanti) e poi tener conto delle relazioni di isomorfismo (10) del n. 8. Troviamo così 2 ò ò òf df 3, satin e dra 5) crp+B ca(mt og I) + 281 e o wii cela) ati e) ax af) f) LL) co 2a I n Ora è facile convincersi che di queste trasformazioni infinitesime è generica soltanto la a); ed anzi la stessa a) perde questo suo carattere non appena sia o cao P_i e Rio ZAR gruppi, che fra le loro funzioni caratteristiche contengono funzioni della forma : (15) w= a(y)xp + B(y) (ep — 22) dove le a, B soddisfanno alle condizioni (16) a=-0, B+0, a +-B=0, a—B=0. (!) In generale la «) lascia fermi soltanto il punto origine e i punti all'infinito degli assi dinati: ma se B=0 restano fermi anche tutti i punti dell'asse delle x3: ed analogamente se a= Per a=f sono uniti tutti i punti dell'asse xs e tutti i punti improprii del piano x%3: menti questi due ultimi sono manifestamente riducibili l’uno all’altro. La 5) ammette soltanto tre punti uniti distinti, uno dei quali ammette un punto unito tamente vicino: i tre punti uniti sono i tre punti improprii degli assi e quello che va co due volte è il punto all'infinito dell’asse x3. Rispetto alla c) restano fermi soltanto dl punti: i punti all'infinito dalle Ta e dell’as piano X;X3 (l'una e l’altro appartenenti al colate La d) lascia fermo un sol punto (il punto improprio dell'asse 3) e una sola retta Mi. al complesso) cioè la retta impropria del piano Tata. rette del complesso giacenti nel piano #=0 e sul piano all’infinito. La f) infine è una traslazione e lascia perciò fermi tutti i punti impropri e tutte le re una stella impropria (avente per centro il punto improprio dell'asse 3). Lai 25 GRUPPI INFINITI DI TRASFORMAZIONI DI CONTATTO 165 V. Sulle equazioni di definizione del modulo caratteristico. 15. — Prendiamo a considerare un sottogruppo infinito T del gruppo [1]. Il suo modulo caratteristico M soddisfarà alle condizioni A), B), C) del n. 2. Mentre una funzione caratteristica di I GL) W=0,+ c3% + a3p + ose? + asep + agp? + a7(xp — 22) + + a3x(2p — 22) + asp(ep — 22) + ao (ep — 2e)? varia, descrivendo l’intero modulo M, ciascuna delle dieci funzioni componenti a; varierà in un modulo m; di funzioni della sola y. Poichè il modulo M deve dipendere non soltanto da. un numero finito di costanti arbitrarie, sarà tale altresì uno almeno dei moduli parziali m;; e poichè supponiamo | che M rappresenti la soluzione generale di un sistema di equazioni differenziali (alle relativa a;; cioè questa a; sarà una “ funzione arbitraria , della y (1). ‘1 se nei diversi moduli parziali m; riferiamo fra di loro le determinazioni delle a; | che possono essere assunte a componenti di una medesima funzione caratteristica W, La dimensione e la base (o sistema fondamentale) di ciascun modulo m; e le entuali corrispondenze fra modulo e modulo dipendono dalle equazioni di definizione modulo M, le quali sono, come sappiamo, lineari ed omogenee. Ma se teniamo jo del fatto che la soluzione generale di codesto sistema di equazioni è della ma (1), vediamo che esso è equivalente a un certo sistema di equazioni differen- ziali lineari omogenee fra le dieci funzioni a; della sola variabile y; cioè ad un stema (S) di equazioni della forma: vi 10 di LZ; F(a)=0, le F; sono forme differenziali lineari; sia precisamente da; da; dai Gilo)=Bon0 Bri FA Pe dy dy° —. dy”i e le f;; designano funzioni della sola y. 166 UGO AMALDI i 26 darebbe per y = cost. una relazione lineare fra i coefficienti delle funzioni caratteri- stiche del 410 piano, e quindi il nostro gruppo I° non subordinerebbe, contro l'ipotesi, su ogni piano y= cost. il gruppo finito massimo. Ora per procedere oltre dobbiamo finalmente tener conto della condizione Cl), cui deve soddisfare il modulo N, condizione per la quale codesto modulo deve con- tenere insieme con ogni coppia di funzioni W, W, anche la alternata }W, W,{. Questo fatto e il risultato del n. 14 ci permetteranno di giungere rapidamente al nostro risultato, se terremo conto delle seguenti osservazioni relative al sistema (S), le quali sono pressochè evidenti a priori, ma che credo conveniente di giustificare esplicitamente. 16. — Supponiamo, dunque, che p funzioni a; (?£=1,2,3,...,9) di y siano la soluzione più generale di un sistema (S) di equazioni differenziali lineari della forma (4) SIE) 0 = oh e supponiamo, per semplicità, che il sistema (S) sia già ridotto a tale forma che ogni equazione, la quale sia deducibile da esso mediante eliminazioni algebriche e derivazioni, si possa ricavare dalle equazioni di () con sole eliminazioni algebriche. A noi importa di vedere quali conseguenze risultino per le funzioni a; dalla ipotesi che esistano p moltiplicatori (non nulli) p; (îi=1,2,..., 9) A DUE A DUE DISUGUALI e cosîffatti che insieme con ogni soluzione a; (i=1,2,..., p) il sistema (S) ammetta la soluzione pio; (i=1,2,..., p). Se i moltiplicatori sono tutti indipendenti da y, insieme con ogni equazione (4) di (S) sussisteranno anche le; Lp: F.(a)=0 (s=1,2, ..)); onde, essendo diverso da zero il determinante: |prt| -(r8=1yQ 1-2 si conclude che, apparterranno al sistema ($S) anche tutte le equazioni DIA CONAI) (2) Perciò il sistema (5) sarà costituito da sole equazioni differenziali ordinarie ad una sola funzione incognita ciascuna: cosicchè le singole funzioni a; sono fra loro indipendenti, nel senso che ciascuna di esse può assumere ogni determinazione di cui è suscettibile, comunque si fissino le determinazioni delle altre a; nei rispettivi moduli. i Consideriamo in secondo luogo il caso, in cui i moltiplicatori sono in parte costanti e in parte dipendenti da y. Supponiamo, per fissare le idee, che le prime 2

, cxp—2e. Il gruppo più ampio di questa categoria è il gruppo [2] di cui determina al n. 9 le equazioni finite: (2) Pi Par, PsP, Par®, Prep, Dept, Pr(ep — 22) @;= funz. arbit. diy (i=1,...,7) (1) Lue-Encet, Theorie der Transformationsgruppen, BA. II, pag. 437. 0, GRUPPI INFINITI DI TRASFORMAZIONI DI CONTATTO 173 È, Ora si tratta in sostanza di determinarne i sottogruppi infiniti, che operano Sin, ciascun piano y= cost. come il gruppo totale stesso. Sia I un cosiffatto sotto- gruppo di [2]. Se è l' il gruppo di trasformazioni puntuali di S;, corrispondente a I, remo che il gruppo l, accorciato di l, subordina in ogni Sy 2, = cost., x3=0 ll gruppo co” delle affinità che trasformano in sè il solito complesso lineare. Allora stesse considerazioni dei nn. 12, 13 ci permettono di affermare che il modulo ratteristico del gruppo I o di un altro sottogruppo di [2] equivalente a I dentro stesso gruppo [2], contiene certamente delle funzioni della forma: = 0(y) xp + B(4) (xp — 2e) a=-0, B==0, a—B=-0, a+48+0. | Possiamo quindi ripetere il procedimento seguìto nel cap. prec. per il gruppo [1]. Presa una funzione caratteristica generica di T «20 w= 0, + 0 + a3p+ asa + a5ep + &p° + az (ep — 22), e potremo supporre che nessuna delle a, sia nulla, avremo che al gruppo I° appar- anche la funzione caratteristica }W,wi= 2Ba, + (O — 0)03% + (8 + a)p — 200,2? + 2a0;p?. i qui concludiamo che i coefficienti a;, a, di xp e xp — 22 sono suscettibili 28, B—a, B+a, —2a, 2a. i qui intanto si conclude che per ag =07=0 le funzioni 0,, d3, 43, 04, 0g SONO caso fra loro indipendenti nel senso detto al n.15. oi nessuna delle espressioni dh L, Pi di, XP; pb 174 UGO AMALDI s4 è contenuto come sottogruppo invariante. Possiamo quindi supporre sia che anche 07 sia arbitraria, sia che essa ammetta un modulo finito di determinazioni. Nel primo caso riotteniamo il gruppo [2]; nel secondo troviamo il nuovo gruppo Pi, Pa, Pa), Pyr?, P5rp, Pep? o;(ep— 22) (=1,2,...,4) [8] Q;= funz. arb. di y o, = funz. determ. di y (cfr. n. 12). Ma il caso B= cost. qui non si può più ridurre senz’altro al caso a= cost., perchè la trasformazione di contatto 1 2a — a'p z don) PE , cei armonica del complesso in sè, cosicchè, non appartenendo al gruppo [2], non trasfo questo gruppo in sè stesso, ma in un altro sottogruppo di [1] (!). Dobbiamo dunque esaminare i quattro casi seguenti: a) BE={costs d) a—f=cost.; c) o= cost; d) (costs pi ="cost 24. — a) Se la sola 8 è costante, abbiamo subito che le funzioni dg, dg, a cui corrispondono moltiplicatori dipendenti da y, sono arbitrarie. Ma alloi P 102%, d3p{= — 04903, }y28, Up°j= — 4040 %p (') Precisamente nel gruppo 1, x, 4%, xp,

due funzioni, per ao; =0,=0, non possono ammettere altra determinazione ori dell’unità: onde risulta, in particolare, che fa parte del modulo del gruppo ne ep=—+}a, P°|. i consideri allora una qualsiasi funzione del gruppo contenente xp e «ep — 22, Wi, = B4a° + Boop + Bsp? + Ba(ap — 2e) (1). Jap, Wi {= 28,0? — 2B:p? lo i termini in xp, x«p—22, concludiamo che deve essere B,= cost., fp = cost., W., si può ridurre alla forma: Bsep + B,(ep — 22): }o?, Beep + Bi(ep — 2e){= — 2B;2? che è necessariamente 8; = cost., cosicchè riassumendo, abbiamo che i 176 UGO AMALDI 36 | Pi Por, Ps, Qi, CP, p° [4] | Pa (xp — 22) @;=funz. arbit. diy (i=1,2,3,4) Pi, Pod, Ps); 2, Pz PÈ, 0; (cp — 2e) (RZ) ir @;= funz. arb. di. y (1, 2,9) o; = funz. det. di y; (i=1,2,...,4) d) Supponiamo da ultimo a = cost., 8= cost. Allora, a priori, conosciamo solo la indipendenza, per = 07=0, delle funzioni 0; 9, 03, 04, 0; e ciascuna di queste funzioni può anche ammettere soltanto un modulo finito di determinazioni. Se si suppone che sia arbitraria o 0, o 0, si ricade su uno dei due gruppi del. caso 4), come risulta dall'esame della tabella del n. 20. Analogamente, se si parte. dall'ipotesi che sia arbitraria la as o 0g, si giunge ad uno dei gruppi del caso c). Supponiamo allora che sia arbitraria la a, (e nessuna delle ag, 03, 04, 0; le quali ammetteranno ciascuna un numero finito di determinazioni linearmente indipen- denti). Ragionando come nel caso c) si trova che a, e a; ammettono ciascuna, per as=0a7=0, la sola deter minazione costante; e che appartiene al modulo del gruppo la funzione xp. Allora, in primo luogo, dalle 1092, pi = — 2asp, }asp, x°2|= 2azx deduciamo che i due moduli finiti delle determinazioni dei coefficienti 0, ag di « ep sono identici. . 4 Presa poi dal modulo del nostro gruppo una funzione W, = Bax + Bsp + Bsa? + Bsep 4 Boo? + B7(2p — 22), la quale contenga xp e xp — 2e, ricaviamo dalla 3 } cp, Wi = Ba — BgP + 2B,e° — 2Bep?, (nella quale mancano i termini in xp, xp —22) che deve essere B,= cost., Bs= cost. e che B», 8; debbono appartenere rispettivamente ai moduli finiti delle determinazio i di 03, 03. Perciò la W, si può ridurre a B5ep + Bx(ep—2e), ‘e allora, come nel caso c), si conclude 8; = cost. Me 37 GRUPPI INFINITI DI TRASFORMAZIONI DI CONTATTO 177 Quanto infine al coefficiente a, di «p — 2e, risulta dalla È f } gx, az (ep — 22)\ — 0307 che anche a7 non può ammettere altra determinazione all’infuori della costante. Giungiamo così al gruppo ®, 0,r, 0; E) d°, dP, P', xp — 2 (CEE IO) @= funz. arb. di y o;= funz. determ. di y mente che a,, a;, & ammettono la sola determinazione costante, e che 07 è indipen- nte dalle altre a,. Ma allora la }01, dn (20 — 2e){= 0 07 questione è, contro la nostra ipotesi, finito. ù ui di 25. — Per compiere la determinazione dei gruppi della I categoria, che su 1, Li Pi d?, XP, PP. Il più ampio gruppo di questa specie è il gruppo "a Pr, Par, Pap, Pal?, Psp, Pep? p,= funz. arbit. di y (26) obbiamo determinarne i sottogruppi che su ciascun piano y= cost. operano ppo [7] stesso. ì : dalla discussione del n.13 che una funzione del modulo caratteristico I. Tom. LVII 1984 iù Joo! fyt sl X 178 UGO AMALDI 38 di [7] si può sempre ridurre, mediante una trasformazione del gruppo [2], ad una delle forme : (3) B+ @xp, ap-+ Be?, a+ Be? (1), ax, a, dove a, 8 sono funzioni di y. Siccome il gruppo [7] è un sottogruppo invariante di [2], avremo che presa una funzione caratteristica qualsiasi W in un sottogruppo di [7], si potrà trasfor- ‘ mare codesto sottogruppo, mediante una trasformazione di [2], in un altro sottogruppo del medesimo gruppo [7] tale che in esso la funzione caratteristica corrispondente alla W abbia precisamente una delle forme suindicate. a Ma se di più teniamo conto delle proprietà geometriche dei gruppi proiettivi di S3 che corrispondono rispettivamente ai gruppi co! generati dalle varie funzioni (8), concludiamo agevolmente, in base a considerazioni del tutto analoghe a quelle del n. 14, che in ogni tipo di sottogruppi di [7], che subordinino su ciascun piano il gruppo piano irreducibile 08, esistono certamente dei gruppi, che fra le loro funzioni caratte= ristiche contengono funzioni della forma: 00) w=8+ azp, dove a=0, B==0. Considerato allora un sottogruppo I di [7] contenente una funzione della forma (4), e presa una qualsiasi altra sua funzione caratteristica W=a, + 09x + agp + 042° + a5op + pp?, ‘ avremo che anche la }W,wi= — d09x + aazp — 2a0,? + 2aa;p? appartiene a T. Risulta di qui che i coefficienti a,, a; di 1 e xp sono suscettibili della determi- nazione zero, e che per a,=0;=0, gli altri coefficienti 4, 03, 04, 0% (che ammettono rispettivamente i quattro moltiplicatori _ —a, a, —2a, 2a diversi da zero e a due a due disuguali) sono indipendenti. Ma per procedere oltre convien distinguere il caso in cui a è costante da quello in cui a dipende da y. In quest’ultimo caso si ha senz'altro che le 03, 03, 04, 0; sono arbitrarie; 0, tenuto conto delle }09x, dgpf = — 0903, }040%, ap?{ = — 40,0%p, si conclude anche l’arbitrarietà dei coefficienti di 1 e di p, onde risulta il gruppo [7]. | (*) Si ricordi che al n. 13 per dimostrare che la a +2? è trasformabile nella ax o nella a, ci siamo serviti di trasformazioni di contatto appartenenti al gruppo [1] ma non al gruppo [2]. È 39 GRUPPI INFINITI DI TRASFORMAZIONI DI CONTATTO 179 Sia in secondo luogo a= cost. Poichè in questo caso null’altro si sa @ priori 1 all’infuori della indipendenza di ag, 03, 04, ag per a, =0;=0, bisogna esaminare le varie ipotesi possibili. Se si suppone arbitrario il coefficiente 0 di p? o il coeffi- ciente a, di x, se ne deduce l’arbitrarietà delle altre funzioni d,. D'altra parte dalle (2) del n. 24 ricaviamo che se le funzioni a,, o non sono arbitrarie, non possono ammettere, per a, = 0; = 0, altra determinazione all’infuori dell’unità. In tal caso si avrà nel gruppo anche la funzione xp. Supponiamo allora che sia arbitraria la 03 oppure la as. Se ne ricava immediata- mente l’arbitrarietà di a, e si ottiene il gruppo Pi, Psr, OP, 2, vp, p° [8] @;= funz. arbit. di y (î=1, 2, 3) Se invece si ammette che i coefficienti di x e p siano ciascuno variabile in | un modulo finito, si dimostra che questi due moduli debbono essere identici; e poichè jearmente indipendenti conduce ad un gruppo finito, si conclude che l’ultimo tipo gruppi della specie qui considerata è Pi 0,1, 0;5D; 0°, €p, pi (@=71,% 4) g=funz. arb. di y o;=funz. det. di y VII. Gruppi della prima categoria ROMS TEA tenente ai tre tipi di gruppi ineiniti irreducibili Pi trasformazioni Montat piane (n. 6), ivo sante D° nostra ricerca in tre parti; e cominceremo (€, 2, p) 180 UGO AMALDI 40 Il più ampio di siffatti gruppi è evidentemente il gruppo totale delle trasforma- zioni di contatto che lascian fermo ogni piano y= cost., Pe, Y, 2, D) [10] @= funz. arbit. di x,y, 2, p e noi dobbiamo qui determinarne i sottogruppi, che operano su ciascun piano y= cost. come il gruppo totale stesso. 3 Indicando con I uno di codesti sottogruppi, fissiamo un piano invariante generico y=y° e consideriamo in esso il solito sistema lineare di parabole (1) as=@,£ + 2a3x + a,y=Y, e il rispettivo gruppo #10 di trasformazioni di contatto piane. L’insieme delle trasformazioni di I° che trasformano in sè le parabole (1) costi- tuiscono manifestamente un sottogruppo I° di I, che subordinando sul piano y=y° l’intero Y10, è irreducibile. Sul piano y=y', infinitamente vicino a y="y°, il gruppo I° subordinerà un gruppo piano irreducibile, il quale naturalmente può essere o infinito o finito; ma in quest'ultimo caso sarà almeno co19, e poichè, come ha dimostrato il Lie, il solo tipo di gruppi finiti piani irreducibili 001° è quello del g,0 delle solite parabole, avremo che I° subordinerà sul piano y=y' un gruppo g'u, appartenente al tipo del go e perciò trasformabile in questo mediante una certa trasformazione di contatto piana. | Se poi I° è infinito, esso, dovendo essere irreducibile e d’altra parte dovendo contenere delle funzioni caratteristiche di grado superiore al primo rispetto a 2 (giacchè in caso contrario subordinerebbe sul piano y=y° il g7 o il Y5, anzichè il Y10), subordinerà ancora sul piano y=y' il gruppo totale delle trasformazioni di contatto piane; cosicchè si potranno ripetere su I, le considerazioni precedenti, fissando sul piano y=y' le parabole 2a= 0,0 + 2a9x + a, y=y'. Vediamo così che fissando questo sistema di parabole o su di un certo numero | finito di piani successivi od, occorrendo, su tutti i piani y= cost. di un certo strato | o dell'intero spazio, si otterrà un sottogruppo di T, il quale sarà irreducibile, e su ogni piano y= cost. subordinerà un gruppo finito 001° di trasformazioni di con- tatto, appartenente al tipo del gio. Mi La trasformazione di contatto (piana) che trasforma siffatto gruppo piano nel gio | varierà in generale da piano a piano, cosicchè le sue equazioni dipenderanno dal para- metro Y: a'= X(e, p, 2, 4) (2) p'=P(x, p, 2,9) a' = Z(,0p; 09) 41 GRUPPI INFINITI DI TRASFORMAZIONI DI CONTATTO 181 e si ridurranno all’identità sui piani y=cost., sui quali (come su y=y°) il gruppo 001° è identico al gio. Ma si può manifestamente determinare una funzione Q di x, y, 2, p; 9, tale che le equazioni y=Y (2°) g=@(, y, 2, P, 9) 9 aggiunte alle (2) definiscano una trasformazione 7° di contatto dello spazio. Ora | questa trasformazione 7, lasciando fermo ogni piano y=cost., trasformerà il gruppo I° in un altro sottogruppo I" di [10], e il gruppo x in un sottogruppo y' di I", il quale sarà irreducibile e subordinerà su ciascun piano invariante il gio delle parabole. Tenendo quindi conto del nostro resultato del n. 21 e del resultato dello ScHErFERS ivi ricordato, concludiamo che él nostro gruppo I" conterrà come sottogruppo o il gruppo infinito Pi) Ps2, PsP, Par, Pstp, Pep? Pr(vp — 22) Psr (ep — 22), Pop(ep — 22), Pio(rp — 22)? | (Q;=funz. arbit. di y) 1, e, p, e, xp, p°, ap—22, clap — 22), plap— 22), (p— 2e)?. 27. — Cominciamo dal caso in cui I” contiene il gruppo [1]. Ponendo per vp de; W= arr po, l,mm arbitrario corrispondentemente alla determinazione zero e tutte le altre i. iò nella (4) DESIO senz'altro SpEDOnTe che i feet di Sul minimo siano Ciò premesso, prendiamo a considerare una funzione caratteristica W del nostro po e fra i suoi termini di minimo grado consideriamo quelli che contengono p $ CETTE A a, apr codesto termine. i 182 UGO AMALDI 49, | Allora, combinando la W per parentesi, successivamente s volte con la x?, per la quale è (1): }a?, e'priì = und ma} pri v, otteniamo una nuova funzione W, del gruppo, contenente a meno di fattori numerici, il termine x CRA ts v e tale che gli altri termini di grado r4+-s-+# saranno, rispetto a v, di grado minore di #. Perciò se combiniamo # volte la W, con la x, per la quale: 3 EA MEN agi noe otterremo infine una funzione della forma: = + Wa Ti de sia Too] dove i termini non scritti si intendono (come faremo costantemente in questo capitolo) di grado superiore a quello scritto. Ma allora, combinando la W, successivamente con la p?, per cui }p?, x'p"v| = Ma p"v", troviamo nel gruppo le funzioni: O, tipi. (i=1, 2, ..., r+s+td e alternando con le %, p, le quali dànno: jo; a'p"| TO map”, }D; e'p” } = lap", si verifica che esistono in I" anche tutte le funzioni analoghe (la cui parte cioè di grado minimo è monomia rispetto ad + e p e indipendente da v) di grado minore. In particolare si otterranno le funzioni d’ordine 3; e se si tien conto delle } xp, x" =(m—- 1)enh, 0, dp" =2010+m+n—- 2a po, troviamo che per ogni possibile terna 7, m, n di numeri interi esiste nel gruppo una — funzione della forma: ip dysed'p"0 +... (4) Questa e le altre formole che ripetutamente useremo nel presente capitolo sono casi parti: colari della : farp'o, alpe =(s — rm) + prin L[(1+m—- De — (+ s — 2e]attpttmgttna, 43 GRUPPI INFINITI DI TRASFORMAZIONI DI CONFATTO 183 dove la a è una funzione di y che possiamo supporre regolare e diversa da zero per y="0, giacchè in caso contrario basterebbe eseguire una conveniente traslazione lungo l’asse y. Se allora sviluppiamo la a,;. secondo le potenze di y e ordiniamo le W secondo le potenze di x,y, p, v, abbiamo che per ogni terna di numeri interi Z, m, n vi è nel gruppo una funzione : ì il cpv 4 ...., dove i termini non scritti costituiscono una serie di potenze di <, y, p, v, i cui termini di minimo grado hanno grado maggiore di /4- m + n. Basta infine tener presente che nel gruppo si ha ogni funzione @(y)v, qualunque sia g, e che: iy'o, apo {= [2 +m+ 2 —1)]y'cp"o", per concludere che per ogni quaderna di numeri interi i, 1, m, n esiste nel gruppo una funzione: i ©) faepo + ...., i r dove è termini non scritti sono rispetto ad x, y, pe v di grado maggiore di i+14+m+-n: zioni d'ordine %, dalle quali non si possano dedurre per combinazione lineare funzioni d'ordine superiore. «Ciò che noi per ora non sappiamo si è, se in ciascuna funzione (5) i termini «Ma facile dimostrare che le funzioni caratteristiche del nostro culo non ni (possono soddisfare ad alcuna equazione di definizione (tolta, ben inteso, Ta dr 7% 0) A questo scopo immaginiamo anzitutto di ridurre le eventuali equazioni di defini- ione el modulo Oa di I” ala SOSTELIE cu normale (1): RTEGLLETO CATS DSi pura dy' dat dp” do 2 T,s,t,u dv dad pd T,s,t,u dove r + st+t+u2) q ‘1 dove i termini non scritti sono, rispetto ad «, p, v, di grado superiore ad 24m +. Ora importa far vedere che, se si esclude il caso trattato al n. prec., le fun- zioni (7) sono indipendenti da y. Si osservi infatti in primo luogo che dalla (7), mediante combinazione per parentesi con le (3), si può giungere o alla xp... av+.... o alla e l'una e l’altra, combinate con la (7) stessa, ci dicono che fra le determinazioni del coefficiente di x'p"v vi è, insieme con a, anche a? e quindi 08,.... Perciò il modulo | in cui può variare a è infinito, e si può assumere per a una funzione arbitraria. — Poichè ciò si può ripetere di ogni funzione (7) ricadiamo sul caso del n. prec. Volendo — escludere questo caso, dovremo ammettere che in ogni funzione (7) il coefficiente a si riduca ad una costante; e dal procedimento or ora indicato risulta altresì che ciò vale anche per le funzioni del primo o second’ordine, le quali perciò debbono ridursi | tutte alle sole (3). i Ma si può di più vedere che nessun coefficiente di (7) può dipendere da DIE giacchè, se fosse funzione di y il coefficiente R del termine in e"y°0, dove natural- mente sia x + s +-t> + m + n, basterebbe combinare la (7) # volte con la 1, s volte con la x, r volte con la p, per ottenere una funzione È BElSni ‘ onde risulta, per quanto si è detto sopra, che R è costante. 45. GRUPPI INFINITI DI TRASFORMAZIONI DI CONTATTO 185 Concludiamo quindi che in questo caso le funzioni di I” sono tutte indipendenti da y: ed allora, tenuto conto della presenza nel gruppo di una funzione della forma dpo 4 ...., n | qualunque sia la terna di esponenti /, w, , si dimostra, con lo stesso procedimento | seguìto al n. prec., che le funzioni caratteristiche di I", considerate come funzioni | di «, p, v non sono legate da nessuna equazione di definizione (‘); cosicchè il gruppo > dato da ®(d, 2, p) @= funz. arb. di «, 2; p im 29. Lie] più ampio gruppo della prima categoria, che subordini su ciascun piano A invariante il gruppo di tutte le trasformazioni di contatto, che trasformano fra di loro le variabili x, p, cioè il gruppo piano Tala &; p (€, PD) è manifestamente il gruppo di modulo caratteristico: | P(e, Y, PD); 2P1(4) | ®, @,= funz. arb. ora, tenendo conto della: ox), la, vp) = 9: — po: SÈ | che il gruppo [12] ammette come sottogruppo invariante il gruppo: P(x, y, P) @=funz. arbit. è il più ampio gruppo della prima categoria, che subordini su ogni piano > il gruppo piano totale delle trasformazioni di contatto che trasformano faffiano i de — pax ‘gruppo piano ; P(1, D). * n uppo totale delle trasformazioni di contatto dello spazio, cioè ove si considerino le î caratteristiche come funzioni di x, y, 2, p. 9, le equazioni di definizione del modulo co di [11] sono: J 186 UGO AMATDI 46 Se allora consideriamo un sottogruppo I di [12], operante su y= cost. come il gruppo [12] stesso, e trascuriamo le sue funzioni caratteristiche dipendenti da 2, otteniamo un gruppo I, che è contenuto in I come sottogruppo invariante e nello stesso tempo è contenuto nel gruppo [17] ed opera su ciascun piano invariante come il gruppo [17] medesimo ('). Siamo così condotti ad occuparci anzitutto dei sottogruppi di [17]. 30. — Prendiamo dunque a considerare un sottogruppo I" di [17], il quale operi su ciascun piano y= cost. come il gruppo [17] medesimo. Rispetto a questo I” possiamo procedere come al n. 26 abbiamo ragionato sul gruppo I là considerato. Fissando il solito sistema lineare di parabole su un certo numero di piani y= cost. od occorrendo su tutti i piani di un certo strato, si giunge a dimostrare che il gruppo I" stesso o un suo equivalente per mezzo di una opportuna trasformazione di contatto dello spazio, contiene un sottogruppo irreducibile e tale che su ciascun piano invariante subordina il g; i i 7 In altre parole il gruppo I' contiene come sottogruppo uno dei gruppi [7], [8], [9], oppure l’unico gruppo finito che soddisfi a codeste condizioni, il quale è dato da (?) . x, xp, p° gx, iP, 0;9,, T, (8) À | an hg 1=1;2;5 o) G;, =funz. det. di y In ogni caso il nostro gruppo I” contiene delle funzioni di primo e secondo | ordine in x, p della forma (9) O;:t, 0;P) ®°, dp; DE Ora, valendoci delle (9) e seguendo un procedimento analogo a quello del n. 27. (basterà, in sostanza, supporre ivi che manchino i fattori in v) si dimostra che per ogni coppia di numeri interi /, m esiste in I" una funzione (10) artpr A .... dove a, che non varia con / ed m, può essere funzione di y e i termini non scritti sono, rispetto ad x e p, di grado maggiore di / + m. i e (') Risulta di qui senz'altro che il gruppo I è irreducibile; ma ciò si potrebbe anche dimostrare a priori: cfr. il ragionamento dello ScrerFERs in un caso analogo (I. c., pag. 131). (3) ScrerFERS, l. c. 47 GRUPPI INFINITI DI TRASFORMAZIONI DI CONTATTO 187 Ma allora mediante successive combinazioni delle (10) con le 0;x, 0;p si trova nel gruppo anche una funzione della forma (1) Rap fu, dove, manifestamente, u è funzione di y, se tali sono le 0; o la a o e le une e l’altra. Ma allora, combinando la (11) con la (10), si trova che il coefficiente di x/p” nella (10) deve ammettere le infinite determinazioni 0, uo, u?a,...; onde si conclude che a è arbitraria; e, come al n. 27, per ogni terna di interi i, Z, m, esiste nel gruppo I una funzione Ma di qui con procedimento analogo a quello tenuto alla fine del n. 27 deduciamo che il modulo caratteristico di I” (costituito di funzioni di x, y, p) non può ammet- tere nessuna equazione di definizione (1); cosicchè il nostro gruppo deve in questo | caso coincidere col gruppo [17]. Se vogliamo escludere questo caso, dobbiamo manifestamente supporre che nelle (10) siano indipendenti da y non solo i primi termini ma anche tutti i sue- È | cessivi, e che le funzioni di primo ordine in x e p si riducano appunto alle sto x, p. Nulla possiamo dire @ prior? circa le eventuali funzioni caratteristiche dipendenti lla sola y: esse possono ridursi alla sola costante o avere un numero finito di dano, ia. ap, pi alpi. op ure contiene questo gruppo come sottogruppo invariante. . Circa il gruppo (12), col solito ragionamento della fine del n. 27 si ritrova che i funzioni non possono esser legate da alcuna equazione di definizione, cosicchè [ppo contiene ogni possibile funzione di e p. i seconda poi dei tre casi che già accennammo potersi presentare per le fun- caratteristiche della sola y, otteniamo i tre gruppi seguenti: Pe; p); P1(4) ®, p,= funz. arb. 188 UGO AMALDI 48 P(x, p), 0;(4) @= funz. arbit. [19] o; = funz. det. a =A1502; RM P(#, p) a [20] cà I = funz. arb. 31.— A questo punto possiamo oramai determinare con pochi tratti di penna i sottogruppi del gruppo [12] à ®(c,Y.p) Pi), il quale su ogni piano y==cost. subordina il gruppo di tutte le trasformazioni che tras- formano fra di loro la x e la p (trasformazioni di contatto a moltiplicatore costante). — All’uopo dovremo aggiungere a ciascuno dei precedenti gruppi [17]...[20] una funzione della forma i u()z + v(&, 4, D). Nel caso [17] potremo manifestamente supporre senz'altro v=0; e quanto alla u, poichè essa non è sottoposta a nessuna condizione, potrà essere o arbitraria — oppure variabile entro un modulo finito. La prima ipotesi ci conduce al gruppo [12]; — la seconda al gruppo È p(r, Y, p), 20:;(4) [13] (i=1, 2, ..., 4) = funz. arb.; 0;= funz. det. Nel caso [18] la: dv do dv do Ls. le pi IRSA, BE iero ei eo e + pp i per p=%, p, xp dà, rispettivamente, che le funzioni: » dv gd do 1h der P pria 49 GRUPPI INFINITI DI TRASFORMAZIONI DI CONTATTO 189 B; — della sola y e di una funzione di x e p. Di qui risulta che u deve essere costante Ù e che la v è una funzione delle x e p, onde risulta il gruppo: P(x, p), vi(y), = ®, g;=funz. arbit. Analogamente nei casi [19], [20], si trovano, senza difficoltà, i gruppi: (2,2), CY), 2 @= funz. arbit.; 0;= funz. det. CERA | P(, p), 2 | = funz. arbit. | ‘IX. Tabella dei gruppi della prima categoria. El Raccolgo i tipi dei gruppi determinati sin qui nel quadro seguente, nel n le lettere ®, ®,, ®»,.... rappresento delle funzioni arbitrarie dei rispettivi menti, mentre con 01, 03,...., 0, designo delle funzioni determinate, che si sup- no, del resto, qualsivogliano, ma linearmente indipendenti. LEI ‘ J ea Gruppo che su ogni piano invariante y = cost. subordina il gruppo piano irreducibile 0010. Bi | P:(4), 10), POM), PPM), e20s(4), 2°D:) | (ep — 2200), SM rep — 22)psy), Pep —2e)ws(y), (ep —22)° Proly) : Meyer Ostptar | pu ; { | A fy , deo” DS | —B.— Gruppi che su ogni piano invariante subordinano vi il gruppo piano irreducibile co. 1); 20.0), DPS), SPAM), apOsl9), PVI), (22 — 221010) 190 UGO AMALDI Pi(4), 192(9), PP3(9), °P.(Y), 12054), P°Pe(4), (co — 22)0;(4) [8] (EM A20851) Pi(%), x®2(4), PPs(4), do, XP, DÈ, (ep — 2e)pa(y) | P1(4), 12(4); PP3(4), 2, xp, p°, (co — 22)0:(4) 5 (5) . (EM) [6] Pi(4), #0:(y), pO:(y), €, Uuye I +rsf ta 2 t+1%, e da ultimo una trasformazione infinitesima: h) df h) î) Db) (2) Yp=ET Lago pata dove @ rappresenta una funzione arbitraria di y. Tutto così si ridurrebbe a determinare volta per volta le funzioni &;, m;, xi, 2: e %, mt, x, Z di «, y, 2, p, q, in modo che sussistano le solite proprietà gruppali: delle trasformazioni infinitesime. Ma noi opereremo anche qui sulle funzioni caratteristiche; e perciò snai ci importa di determinare la forma delle funzioni caratteristiche generatrici delle (1) e (2). Ricordando che l'incremento della y corrispondente ad una funzione caratte- ristica W è sE (n. 2), troviamo che per le (1), (2) sarà rispettivamente dw dg 11990); e quindi le funzioni caratteristiche relative alle (1), (2) saranno della forma W=gq+ wo, 4, 2, p) (8) W, = Y4q +y, (e, Ya, ») W.=%g+ys(2, 4 2, P) Wop= P(7)9 + y(w, Y, 2, D). 53 GRUPPI INFINITI DI TRASFORMAZIONI DI CONTATTO 193 Noi ora, considerando ogni singolo gruppo G della prima categoria e il rispettivo ‘ modulo caratteristico M, dovremo formare i moduli | (M, Wo (M, Wo, Wi) (MV, Wo Wi Wa) (MW, Wo), determinando in ciascun caso le w; e w, in modo che ciascuno di codesti quattro moduli sia il modulo caratteristico di un gruppo infinito. 85. — Cominciamo dal gruppo 5 P0), 01), 29.0), 200), I), PP) (ep — 22)pY), «(ep — 22)9:(Y), Pep — 22)Psy), (ep — 22); È e consideriamo anzitutto il corrispondente gruppo della quarta classe. Poichè quest’ul- 1P(Y)1 + we, 4, 2, p),Wi=0 (mod. (1) È Ma perla proprietà distributiva delle parentesi questa congruenza si può scrivere 10m, Wi+ una W=0 (mod. (11) + ul 43), W=S0 " (mod. [1]). E allora, notando che ogni funzione del modulo di [1] si cambia in una funzione odulo stesso, quando la si moltiplichi per una funzione qualsiasi di y e la si rispetto ad y, concludiamo che deve essere \MirPL ue, Yi 2; P),Wi=0 sli {nc x (mod. [1]). altre parole, aggiungendo al modulo di |1] tutte le possibili determinazioni A w (corrispondenti alle determinazioni della @(y)) si deve ottenere il modulo di ruppo della prima categoria, contenente come sottogruppo invariante il gruppo [1]. t solo gruppo della prima categoria, che contenga il sottogruppo [1] è il gruppo 10] delle trasformazioni di contatto che lasciano fermo ogni piano y = cost.; esto gruppo [10] non ammette il gruppo [1] come sottogruppo invariante; _ Seri II. Tow. LVII. z 194 UGO AMALDI 54 cosicchè si conclude che l'aggiunta delle y al modulo di {1] non può ampliare questo modulo, ossia Y(q, Y,%, 2) = 0, (mod. [1]). Possiamo quindi porre senz'altro u=0 e otteniamo i seguenti quattro gruppi Pi(4), LP9(4), PPs(Y), L°Ps(4), LPP5(), P°Ps(4), (©p Ar 22) P7(4), | - [1], rep — 22) s(y), P(ep — 22) Ps(y); (ep — 22° 10(4) q | | [1] [1]a I I YI [1] [1]e 1, YI: Ya [1] fue P(Y)q = funz. arb. 36. — Nel caso del gruppo [2] si dimostra con procedimento perfettamente analogo a quello del n. prec. che si può senz’altro porre y=0 onde si ottengono i quattro gruppi ra) Py), 124), 29s(1), 204), 2954), d°PeY), (22 — 22) 914) [2] » bGb GRUPPI INFINITI DI TRASFORMAZIONI DI CONTATTO 195 a 37. — Il gruppo [8] Pi(4), £P2(4), PPS), 2°P.(4), 005(4), 2°P:), (cp — 22) 0; (7) (eee) ede qualche particolare considerazione. Perchè la Wy trasformi in sè il gruppo [3] è necessario (e sufficiente) che per ogni funzione caratteristica W di [3] si abbia IM +e, mi=0, (ed. [8]). Ora supponiamo dapprima che la W sia indipendente dalle (xp-22)0;(y), cioè za al sottogruppo [7] di [3]. ra, qualunque sia @(y), abbiamo evidentemente REY ci; # om =o, (mod. [8)); hè dovrà essere i }y, Wi=0 (mod. [3]). Mon. i a altre parole, il modulo ottenuto aggiungendo le determinazioni di y al modulo > definire un gruppo della prima categoria che contenga [7] come sotto-. invariante; ma il più ampio gruppo siffatto è precisamente il gruppo [2]; - lta che sarà necessariamente y= a.(y)(cp _ 2e) (mod. [8]). po avremo una, due, tre o infinite funzioni della forma P(y)1 + (4) (0 — 22). o » - 196 UGO AMALDI : 56 dove a, sarà determinata a meno di una combinazione lineare a coefficienti costanti di 03, 02, ..., 0, 0, come diremo, a meno di un elemento del modulo (0;,03,03,..., Ck). Se a, non è nulla (0, ciò che è lo stesso, equivalente a zero rispetto al modulo ora indicato) si può sempre ridurla tale, mediante una trasformazione di contatto che non alteri la forma delle altre funzioni del gruppo (!). Tale è la trasformazione x=n2', p=np', =n°(2" +1) (1) I 14 I , , y=y', g=n°g' — nn'(e'p' — 22' — 2), dove si è posto E n= ALTA Rat Basta notare che la (7) ammette il moltiplicatore n? per riconoscere che essa trasforma la a+ %(4) (ep — 22) nella q- Ciò premesso torniamo alla (4). Se in essa poniamo W=0;(2p — 22), (i=1, 2,1, 1) siamo condotti alla P(4) Di (ep—- 22) =0 (mod. [3]) ossia (6) P(y) si = (mod. 01, 99, ..., 1). Se la ©(y) ammette la sola determinazione 1, cioè se consideriamo il gruppo della prima classe, il sistema di equazioni 189 (7) * =0 (mod. 01, 03, 0)) af ci dice che le 0; debbono essere un sistema fondamentale di soluzioni di un sistema — di equazioni differenziali lineari a coefficienti costanti; e quindi, indicando con @;, (49,..., ay delle costanti e con m;,..., my dei numeri tali che î RAD my + mg + n Pmtx=h% avremo che le 0; saranno della forma ’ (8) eU, Yet, ..., ye (i=1; 2,102 (1. c., pag. 148). 57 GRUPPI INFINITI DI TRASFORMAZIONI DI CONTATTO 197 Otteniamo così intanto il gruppo Pi (4), cP2(Y), PPM), raPL(Y), 20P(Y), 2°P5 4) (xp — 2a)e®, y(ep — 2e)e"#, ..., y"(ep — 2a) (@=1,2,...,%) q ®;= funz. arb.; @a;= cost. det. . Se invece la @(y) ammette le due determinazioni 1 e y, cosicchè nel gruppo ce la g esista una funzione della forma YI + 91 (4) (ep — 22) (6) ci dà, oltre la (7), anche la -= (mod. 6, 03, ...; 01). — Queste. congruenze ci portano senz a a concludere che nelle (8) da, =@=.. = 0; e che quindi il modulo delle 0, è dato dall'insieme dei polinomi Do i grado non superiore ad un certo numero m. a allora dalla 1g, yg + ()(ep— 2a) =9+ = (ep — 22) amo che deve essere da, SBa rs (mod. 1, y, ...,y”) indicando con a una costante cd; — aynti: beniamo il gruppo P:(Y), Py), P0:(Y), PLY), PPM), P°P:(4) (ep — 22), y(ep — 2e), ..., y"(ep — 22) q cd + ae"t! (ep — 2e) Qi tMiz ari; = cost. det. do; ì Yy #7) = 2 (mod. (CRE a;-) Ta), 198 UGO AMALDI 58 dalle quali resulta senz'altro che le 6; debbono ridursi alla costante, e'compare nel gruppo la sola funzione xp — 22. Ciò vale a maggiore ragione quando la @(y) sia arbitraria: perciò trattiamo ora quest'ultimo caso, il quale comprende in sè quello, in cui ® ha le tre determinazioni 1, y, y?. Nella funzione ®@(y)9 + (xp — 22)a(y), le funzioni @ e @ non possono essere indipendenti, perchè in tal caso il gruppo conterrebbe, contro le conclusioni pre- cedenti, funzioni della forma (xp — 22)a(y), per a== cost. Ora la relazione fra a e @ non può essere che un'equazione lineare finita o differenziale. Per considerare il caso più generale avremo (0) E:(®=F) 3 dove XY, ed F rappresentano due forme differenziali lineari. Ora notiamo che, poichè le 0; si riducono tutte alla costante, alla determinazione zero di @ può corrispondere per a la sola determinazione costante. Quindi concludiamo che la 7; o è di primo ordine o di ordine zero, e nel primo caso è identicamente F,(0) = È cosicchè, la (10) diventa . i , di (10") = 10) Ma poichè, dopo l’eseguita trasformazione, nel gruppo compare la funzione 9g, la (10') deve essere soddisfatta quando si ponga @= cost., a= cost. Di qui risulta — j intanto che la Y manca del termine d’ordine zero. D'altra parte, dalla 199 + (cp — 2e)a(y), Pq + (cp — 22)a(y){ = =" da — da =(0 tod gi discende che la (10’), insieme con le soluzioni a, 9, ed a, p deve ammettere anche la — da da - dg do. (11) Ga Sag ww in particolare, ponendo @= 1, a =0 si ha che in virtù della (10’) deve sussistere anche la dia da 2) «0 Ta 3 ‘80 cioè deve essere identicamente ; \ d d | palio e. la F, commutabile con la derivazione, è a coefficienti costanti, e della forma (*): F = _de + a Ual + +t a, a . A. lay I RE TTRE (!) Cfr. per es.: PinckerLe-AmanpI, Le operazioni distributive, ecc., pag. 120. _ 59 GRUPPI INFINITI DI TRASFORMAZIONI DI CONTATTO 199 | cosicchè la (10'), trascurando la costante di integrazione resa inutile dalla presenza i Dale gruppo della funzione «p — 2e, diventa a=a,Pt+a9P +... + a,g®. Siamo così ricondotti al caso in cui nella (10) la 7, è d’ordine zero. Considerando ex novo questo caso e ponendo a—=0@+0,9'|L....|-a,9, ia a) che le a; sono costanti; e infine, tenendo conto della condizione che l’equa- i precedente deve essere soddisfatta dalle (11) quando a, 9 e a, 9 siano due o, =a=..=a,=0, a= 44 a 9. Pi(4); EP2(4); PP2(Y), L°P1(Y), 0954); P°Pg(Y) xp— 28 qua + doy(ep—2e), y4+ (004 +2a,y) (ep —2e) g;= funz. arb.; 4, @,=cost. det. Pi(4); 2P2(Y), PPM), PLY), 1004); P°Pe(Y) cp — 22 9(Y)d + (#00 + 410°) (cp — 22) ®;, p=funz. arb.; @, a,=cost. det. — Pel gruppo [4] Pi(1), COM), POs(V), 2°, 22, 2°, (ep — 22) 9.4) P(y)a + Lai Y; &, P) 200 UGO AMALDI 60 È è (mod. [4]); € Il (>) onde si ottengono, al solito, i gruppi Pi(4), P2(4), 2934), #?, ... PU i e ap — 2a 4 YI = funz. arb. fado... Di upicro | Supponiamo in terzo luogo che nel gruppo siavi anche una funzione della forma Ya + 22(y) (ep — 22). Ta va + tslep— 2a) =2 + (en 28) ; d ) ug 99 + dslen — 2a) =y9+yG? (ep — 22) i LR e, ove a designi una costante, . pf tto) 5100101 sia d,=4Y; MEA AYO; ="0 (mod. 01,92; 22507). Lit x » qui risulta, se m è il massimo esponente delle o;, + SA ° t do=m 204 UGO AMALDI 64 e si ottiene il gruppo DU) e Pi PI «n Py" a, xp, pî [6]s ep _ 2 I YI: GA + my(ep — 22) @= funz. arb. Ci resta da considerare il caso, in cui il gruppo contiene una funzione P(4)4 + a(y) (ep — 22) dove ® è arbitraria. Basta cercare la determinazione di a che può corrispondere a g=%y? e poi tener conto della (15), per concludere che è m=0 e ottenere il gruppo Pi (4), Xy Pi tà Xp, p* xp— 2e [6]. n ®e(Y)9 Qi = Po = funz. arb. 41. — Ci restano da determinare i gruppi corrispondenti al gruppo piano irreduci- bile co5. Valgono in sostanza le stesse considerazioni dei n. prec.; perciò possiamo limitarci a dar quasi esclusivamente i resultati. i Partendo dal gruppo [7] Pi(y), cP(4), PPM), °P1(4), 22954), 2°Ps(4), per il quale il massimo gruppo della prima categoria, che lo contenga come sotto- | gruppo invariante è il gruppo [2], si trova subito che la W,y ha la solita forma — È P(Y)1 + a(y) (xp — 22). Si può allora fare in modo che a sia nulla non soltanto per p= 0, ma anche — per p= 1. Allora la relazione tra a e @ è certamente della forma (cfr. n. 37) | a= F(9) e nella forma differenziale lineare Y mancherà il termine d'ordine zero. Di più, ragio-. nando come al n. 37. già citato, si trova che deve essere, se @ rappresenta y costante, do a—=a—_-, di GRUPPI INFINITI DI TRASFORMAZIONI DI CONTATTO 205 Otteniamo insomma i gruppi seguenti: | Pil), £9-(y), pos), 2°0Y), 209:(4), 2°9:(4) q ®;= funz. arb. | [7] I v+alep— 20) a= cost. det. | I [7] I y1+a(wp— 22), y4 + 2ay (op —22) a= cost. det. Gi eni P(y)4 + a' (ep — 2e) @= funz. arb.; «= cost. det. — Similmente in corrispondenza del gruppo [8] si trovano i gruppi | Pily), cosY), DOs(Y), ©, «0, p° Ù V rà ì q i 4 = funz. arb. (8) q y+alep— 22) a= cost. det. pacino nl 268 © ya+alep—22), ya + 2ay(ep — 22) | [8] | ®()a+a0' (0-29) p= funz. arb. Gi 206 UGO AMALDI ) 66 48. — Resta il caso del gruppo |9] P(Y), LO(Y), PO;(4), ma LP, Di pel quale valgono considerazioni perfettamente analoghe a quelle del n. 40. Credo inutile insistere sulle lievi differenze che corrono tra l’un caso e l’altro e perciò mi limito ad assegnare il resultato: D(Y), ces, eye, eye, ..., aymiet Î pes, pye, pPyres, Son Pyiest ì "I E [9]; Gn 0) OL q il à @=funz. arb.; c;=cost. det. La P(Y), LC, y, <<. dYy" x È da DR p ce [9]: DI: Cp, p? I ya + alep — 22) g=funz. arb.; a=cost. det. P(4), L, CY, gr At) Ly" i Ps PI PI cn PI 9 [9]: rp, p | 1, 1+5 (@_22), 44+my(ep—22) p= funz. arbi ®:(y), %, P, 2°, ©p, p> » (9). ®: (1)9 Meral o 1 pr Po = funz. arb. | di 67 GRUPPI INFINITI DI TRASFORMAZIONI DI CONTATTO »207 XI — Gruppi della seconda categoria, il cui sottogruppo invariante di massimo subordina sui piani uniti un gruppo infinito. "4 44. — Rispetto al modulo del gruppo [10] vi. P(x, Y, 2, p) abbiamo manifestamente 3 Pi(Ma tale, 4 a, p) = (Mg | cosicchè si hanno senz'altro i gruppi È Va x P(2, y, 2, PD), 4 P(x, Y, 2, p), 4, YA [10]: q= funz. arb. @= funz. arb. } P(e, Y 2,P), I YI; Ya P(£, Y, & DÌ, Pi (4) q 10], @= funz. arb. ®, P,= funz. arb. kid dra, | Possiamo notare che il gruppo [10], è il più ampio gruppo continuo di tras- iom di contatto che trasforma in sè la schiera co! di varietà y=cost.; cosicchè ti fra loro rispetto al gruppo totale delle trasformazioni di contatto dello spazio. [4 x x n è 15. — Il gruppo [11] (e, 2, p)-contiene le funzioni 1, x, p; 2°, ...: ora, aggiunta ruppo una funzione } Pa(Y)1+ «2,4; 2, Da }1, gg +oj=0 (mod. [11]) da =" (mod. [11]). i ja, ®igd + =0, dau(#, Y D) = 0 - (mod. (a, £, p)) che u, è somma di una funzione delle x e p, equivalente a zero, e di una 2(x, y) delle sole x, y; e allora in base alla, 4 RT ì i }P, P4+%|=0 208. UGO AMALDI 68 ossia si conclude che la a, è equivalente ad una funzione 03(y) della sola y. Ma dalla }ep — 22, Pg + agf=0 ossia — 2xaz = 0 risulta che ag = 0; onde si ottengono i quattro gruppi [11]; p (e, %, PD), 1 |3 [11]. 9 (e, % P) do 49 | [11]: o(e, 2, p) 4,91 4à9 |}° 111], Ple, 2, p);, P10)g ®@, p;.=funz. arb. 46. — Se si parte dal gruppo [12] (1) p(r, , p), eP1(4) e si considera la solita Po()4 + Ale, Y, 2, PD), si trovano, in base all’esistenza nel gruppo delle funzioni 1, «, p, 1°, p°, le relazioni Li } (2) 5 i i i (mod. ®(, 4, 2), P:(Y)9) | [04 (#4 [14 ( des +0 =0 da +27 0 ‘i le quali portano a concludere, come agevolmente si verifica, che a= 0. Dunque ° è È { pei abbiamo i gruppi P(7, Y, 2), 2P1 (9), 4, 49 P(2, Y, P), 2P1(Y);4 112]; | i (12h, ®, 9; =funz. arb. ®, p,=funz. arb. p(x, Y, D), =0 (mod. 04, Gg, ...,Ox) B 210 UGO AMALDI 70 E in secondo luogo dalle d d la, ga +uel=g+ Gr }a, 4a +oef=2ya + Gr e Iyg + e, si i aL si deduce, indicando con a una costante, ci = 2aYy, 0, = 2ay?. Ma allora basta eseguire la trasformazione di contatto sg yy, ee (3) ie sa fi, x pepe, g=— e (q'—alsp' —22) di moltiplicatore e, per ridurre le (4) YI + 2ayz, y°q + 2ay?2 rispettivamente (e a meno di funzioni del gruppo) ad (5) YI, Y°q. Poichè la (3) non altera le altre funzioni del gruppo otteniamo anzitutto il gruppo P(, Y, P), (13;] q vI, Va = funz. arb. e in secondo luogo, poichè nel caso in cui la 9; è arbitraria si ha dalla forma delle (5) che tra 9, ed a non può sussistere nessuna relazione, otteniamo il gruppo: i- P(x, Y, D), 2 [18], Pi (4)g ®, p,= funz. arb. 48. — Peri gruppi [14], [15], [16] basta valersi delle solite coligrdanzo; per ottenere senza difficoltà i gruppi (*) È O (') Pei gruppi [15], [16] si trova, in base alle solite congruenze, che nella @(y)dg +a la a deve ridursi ad una funzione della sola y; dopo di che si riduce la g+ 0;(y) alla forma g mediante la. trasformazione di contatto che risulta dalle (12') del n. 9, ponendovi n= n3=1, Mm=%= TS ì m=2 | al)ay. Ual GRUPPI INFINITI DI TRASFORMAZIONI DI CONTATTO 211 | Pi(1, p), Po(Y), @ _ Pi (1, p), ps(4), 2 q ; [14]; d YI ®, p,=funz. arb. ®, @,=funz. arb. È. Pa (0, D), Ps(4), 2 Pi(2, p), Pel), è [14], CRI AO SA [14], Ps(4)4 | ®, gp, =funz. arb. ®1; Po, Pg =funz. arb. | - (€, p), e, ye, ..., yen, a i=1,2,.., K q @=funz. arb.: c'=cost. det. | Ple, 2); 4; 9 0 Y 2 | 4 YI+ ay* @= funz. arb.; m>0 | p(x, p), 2. _I gruppi che si ottengono da questo sono a Bu. p(2, p), 2 P(x, p), e ai i [16]» q, 49 = funz. arb. @= funz. arb. p(e, PD) ® | Pi (2, DÌ ® ; | 4 YI, 4GA+ ay ps(Y)4 + 4924) eni ela, | ®= fanz. arb. | ®,, pe= funz. arb. n è = cost. det. 212 UGO AMALDI 72 49.— Dato il gruppo [17] P(e, 4, D) è facile convincersi, con le solite considerazioni, che il più ampio gruppo della prima x categoria che lo contenga come sottogruppo invariante è il gruppo [12] P(e, y, D), Pi(y)2, cosicchè quando si voglia ampliare [17] mediante una funzione Psa + v(e, y, 2,9) RO si «potrà senz'altro supporre, per l'osservazione del n. 35, che sia y=a(y)2. Nella funzione che così si ottiene (6) Po())9 + 0(y)2, la quale trasforma in sè il gruppo [17], comunque si scelgano ©» ed a, queste due funzioni non possono essere indipendenti, giacchè in tal caso avremmo nel gruppo, contro l'ipotesi, delle funzioni del tipo B(y)z; e, per questa medesima ragione, ad ogni determinazione di ‘"py deve corrispondere un’unica determinazione per a. Avremo dunque, indicando con F una forma differenziale lineare, (7) a= F(9)): se allora eseguiamo una trasformazione di contatto che riduca a zero la determina- zione di a corrispondente a p=1 (n. 37), e teniamo conto della condizione che le (6) debbono formare gruppo, troviamo, come al n. 37, che la (7) è della forma du aPy dove a indica una costante fissa. Troviamo così i gruppi seguenti : ®(, Y, p) ®(x, y, D) [17]; q [17], q, ya + az = funz. arb. = funz. arb. ® (2, Y, p) Pi (0, Y, 2) [17]a dy+az, yqg+ 2aya | (AI: ®s(4)9g + d295(4) @=funz. arb.: a= cost. ®i, Pa = funz. arb. LI prat di. 73 GRUPPI INFINITI DI TRASFORMAZIONI DI CONTATTO 213 5O. — Pel gruppo (18) Pil), 24) _® ®3(4)4 + ax, Y, 2, p) | deve essere a=2, dove a designa una costante che deve essere determinata per ciascuna determinazione di ®z, giacchè se fosse arbitraria ricadremmo su gruppi | già ottenuti partendo dal gruppo [14]. Ma se riduciamo, mediante la solita trasforma- | zione di contatto, la g + az alla forma g, vediamo dalla 19, Yak anef= my" q le si può senz'altro supporre a=0 in tutte le (8), salvo il caso in cui m ammette . sole determinazioni 0 ed 1. Otteniamo così i gruppi ® (2, p), 92(4) | P1(£, p), ®9 (4) Q ya+az (4 ’ [18]. 21% @1, pa = funz. arb. ®1; Po = funz. arb. a= cost. det. | Pi (1,2), P2(4) Pi (2, p), Pa(4) 4 44 Yd [18], ®s (4) 9 ®;, @ = funz. arb. ! _| ®1,»,®3=funz.arb. | Bi. Considerando il gruppo [19] ®, (2, p), T:(4) (= 2001) li caso a=<. cost. + funz. di y; e poi, ridotta mediante una trasformazione tatto che non alteri la forma delle altre funzioni del gruppo (cfr. n' 47, 48) la a+ %(y) alla forma 9g, dalle 6 __ do: i CRC) a doi DA =0 (mod. 0, 99, LUO) 0); (2, D), 00, yes, ..., yet (= 19) q = funz. arb.; c.= cost. det. IC ; UGO AMALDI 74 Se aggiungiamo la yg + a,2 + a;(y), ricaviamo anzitutto dalle i = (mod. O, To, DOCEI On) che le costanti c;, cs, ..., c4 sono tutte nulle. E, in secondo luogo, combinando la nuova funzione colla 9g troviamo d, = dy"*'; cosicchè risulta il gruppo: | Pi (e, D, Ys Y, ORA UM q, ya + az + by" ae ®@, = funz. arb.; m>0 [19]; a, b= cost. det. Ma se qui cerchiamo di ampliare ulteriormente il gruppo mediante l'aggiunta della y°9 + 432 + ag(y), troviamo che, affinchè ciò sia possibile, deve essere m=0: cosicchè otteniamo un gruppo il quale ammette come sottogruppo invariante il gruppo |20] P(x, p). Partendo da questo, si trovano, con le solite considerazioni, i seguenti gruppi della seconda categoria: P(x, p), 9: ya + az ®(2, p), 4 [20]; sia [20])) | @=funz.arb. |, @ = funz. arb. a=-cost. det. Ple, p), d, YI YA+- ay | Pic. p), P2(4)9 +-@92'(4) [20]s @ = funz. arb. sit [2006 ®:;9s = funz, arb. | a= cost. det. a= cost. det. XII. Gruppi della seconda categoria il cui sottogruppo invariante massimo è finito. gruppo infinito. Ci rimangono quindi da determinare i gruppi infiniti che trasformar i me 75 GRUPPI INFINITI DI TRASFORMAZIONI DI CONTATTO 215 teranno naturalmente gli co! piani del fascio invariante secondo il gruppo (infinito) totale in una sola variabile. - Ora ogni gruppo irreducibile finito di trasformazioni di contatto dello spazio che lascia fermo ogni piano y="cost., appartiene, come ha dimostrato lo ScHErreRs (1), ad uno dei seguenti tre tipi : È, Di 2) 1,9, Pi d, XP; PÈ, dp T_ 22, v(ep Fa 22), P(xp I 22), (xp NA de)? 00) 0:(Y)0;(4), T(y), 20:(y), 20:(4), ©°, @p, p°, ap — 2e :(4)9;(4), t(4), 209); po.Y), 4°, «p, p?, (Eire ei ese) . dove le 0;, t, sono funzioni determinate di y, sottoposte alla sola condizione che le o; siano linearmente indipendenti fra loro e le t, siano linearmente indipendenti . fra loro e dalle %? funzioni 0,;0;. Le t, possono anche essere tutte nulle: mentre i detto 0; almeno una sarà diversa da zero. Noi qui dobbiamo cercar di ampliare ciascuno di codesti tre gruppi aggiungendo una funzione della forma P(4)a + v(2; Y, 2, 2) dove © designa una funzione arbitraria. Cominciamo dal gruppo 0010, Poichè l’alternata di ®(y)g con ognuna delle funzioni (1) è nulla, troviamo che alternate della w colle varie funzioni (1) devono appartenere al modulo delle stesse zioni (1): in altre parole aggiungendo alle (1) tutte le determinazioni di w si e ottenere un gruppo della prima categoria, avente per sottogruppo invariante gruppo (1). Ma i soli gruppi della prima categoria che contengano come sottogruppo il gn sPpo (1) sono il gruppo Pay). cP2(4), PP(Y), 2°P(4), cPP5(4); 2P°P5(4), (2 — 22)p(y) e(ep — 2e)®s(4), P(ep — 22)P(4), (20 — 22)?@10(4) P(2, Y, 2, D), [11] ®(x, 2, p) I, XL, Py di LP, PD Xp — 22, x(cp si 2e), P(ep Lor 22), (cp E 22)? n P(Y)q p= funz. arb. 216 UGO AMALDI È 76 538. — Per determinare i gruppi infiniti corrispondenti ai gruppi (2) e (3) potremmo ricorrere senz'altro a considerazioni analoghe alle precedenti. Ma per ragioni di brevità preferiamo valerci anzitutto di un risultato dello ScHEFFERS. Questi ha dimostrato (!) che i gruppi (2) (8) non si possono ampliare mediante l'aggiunta di tre funzioni della forma q+ ao(c, Y, 2, 2), ya+ (2, 2,2), Ya + 0s(€, 4, 2,2) se non nel caso in cui sia 0;,=1, 7n=1 (2=1,..., è; 1="1,..., K); e in questo caso si può senz'altro ridurre le 0, 0, as a Zero. i Ciò varrà a maggior ragione per noi, che vogliamo aggiungere una funzione della forma | ®(Y)9 + y(7, 4, 2 2), dove @ deve esser suscettibile di ogni possibile determinazione. Ora è facile vedere come ad ogni @ deva corrispondere per w la determinazione zero (a meno, naturalmente, di funzioni del sottogruppo invariante). Invero, se desi- gniamo con az la determinazione di w corrispondente a p=y?, deduciamo dalle Dì) 1a ya +os{=3P94+ Gp va VI+ (= 2909+3 che ag = 0, e allora dalle ya, va\=vy9, }v°q, y'ga(=2y%9, ... si conclude che per ogni determinazione di @ la w è nulla. Si ottengono così i due gruppi seguenti: 1, x, Pi x, TP, PÈ, CI ea 22 122], P(4)9 @= funz. arb. 1, x, p,, | au'0UOf) | 08898 È Ei È ù E > |° sE © d BE 8 È D4nL IP vom 2 | e odio) S| ESE | (P2M4%IP vomg 2 Se od109) 5 S |E S 3 89 agse onp B |86 È 58 È S 3° 5'® | ajse onp B |B© 5 i E: ni 91[9u 0 “i « 3 5 dee js el[ou È ES Co Teese ere 5081 o e E TTT le109s orrep : Da S 2 BIMOUBIT SERTION [Pp_ezzoqSungp OISSEN 08 da Ss 2 VIIUBITY EEN [ep ezzays un Sla ° Q®. |B SE 3-35 5 [I 09gqoooma ta Cas as 2 . IOILYWOS wwss098 NI ITMLOCTIY WINSIN AEHISASH TLOTOSSV HYNSIN I '' étIr111kRzmmm èc-èWut_—_m_m_—m—m_1m—m—m—mmm ‘o e IIOGQEL 231 LA VARIAZIONE DELL’ “ ARTEMIA SALINA ” (LINN.) DI CAGLIARI, ECC. 625 | 86 | 87 | SISI SY SET | 096 | 664 3 a OSE MOGA VA RG RE OT SOF | LEG| GFL 79 | 76 | 96 878 66 For |096| 782 i È 89 | SG | 07 8-8 GE OST |GE8E| 688 OST | SG | SF 6-8 66 07S| 098), 006 a 3 091 | 66 | 07 6-3 06 0S7|066| 008 6 Ia | 8g Lr9 TE LT | 096 | 278 a ; 00L | GG | 07 79 GG SLY |GL6| 978 865 | #6 | h| O0I-0T (4 877 |096| 808 p i COmusGa o OIEO 45 S87|068| 928 69L | 96 | 27 | SEGI 66 664 |096| 688 5 % F7L | 66 | 07 | SISI 66 087 |908| 992 08I | 66 | 07 FE 66 07S| 096) 006 si è OSL | 66 | OP EG sE 0F7S|0968| 006 Ir | SE|IH| 89 gg |L87|098) 183 c a SIT | Go | 88| 86 06 |0SF|L66| 484 S9I | Zé | SV | 606 76 669 | 096 688 5 r SAL.| SG | GF | GI6 (45 067 | L66| 268 TEL | T6 | SG 676 ve POP | 096| #98 à À (0) AS AS 6-6 06 SOF | S66| 00. VAT 9 N07 hr9 la FIS|096| 748 Pi 5 GET ESE 479 GG OGF|STE| SIL 666 | 66 | GS LL SI 689 |096| 676 P x SLI | 66 | 07 li OT 0SF|GLE| Sez 91 |F3|75S| FY te |965/098| 968 a n 871 |06|%5| #F OG |0SF|G08| GsL 681 66 S| FE 61 |6FS|09E| 606 " v LET | 2T1|9E| PE SI |L26F|088| 204 EST | 66 | Fk OT SE LIS| 096] 228 = è FEI | Se | 48) OT 06 T77 | L06| 87L 69L | 06 | GF iva Ta |669|096| 688 4 8SI | 86 | OF PV 06 G67 | LEG| 688 GGI | IG | GF GS 06 364 |098| 698 |(Ao01| è FEI | 06 | 07 CAS 6I 697 |866| 008 2 ©) 2 ss È Sig |E > | moouop | ossog | s È |E È 5 |È > |° Fa 3 g se | È DIMMI EP) woang 2 de od10) 3a GRASSE da (02407 EIPP ORIO 2 SE odi09 ESE S È |S°® | agse onp B |B° 3 |È S Pila 9 © | aqse enp B |8° se lfsg_|° | et RIO bl IDE se |a° ui ibi a pÙ == RE \RI0ORSIO) ssa 45 S È emppueag | SOUNN [0p. ezzegsung QIQUasoy 4g Ea S 3 empurag | *I9UIDN [®p tzzoysunr ES: BCE Co o E 5 © ol Il 0qpooori | © © CIRCE TOTLVINOS 150096 NI HILOCIT HOST HLOTOSSV HUOSIN ‘36 e llogq®a 12 (eran = 00 00 o el aero) (ori ea dense Das ) 00 mi ' ’ (er) o[[ou LE VOI [op _ezzaqSun 181 508 608 6P8 SIL L6L 918 06. 662 918 708 968 L9L GPL 982 ST8 89£ —_————_—_———__ | 232 TOLLVINOS 10096 NI ILLOCTI MIASTN » ®» “ “ “ (6)00T suo UO) oTtqostu ]ou auuazuEe I QIQuIoAON 47 [IT 09joooma QuLioyeWN coorno 29 29 Ia a Ip II [P ezzegSIeT SO Qin de (6) Heel dedi Na] Uni t i9 19 00 gie a09 cea a Inn IAHAINAI AIOMSSNH NING AI AIINA OGINA QIOUTMI assy 21015888 QUWUnoONLS5IN JO SIM LI #0 Hd uieleZe=: o lei Pi DI ia ‘ de SCR) upqoumagg | SONUN pop uzzogSun] OMUUO) GR E 9 È QARIRLN [op_uzzogSun] ì Pdl |S4 | 1 ogposona | 8° È ni IOILVIOS num 098 NI IILLOCIN MMASIN STORIA MLOTOSSV WUOSIN Ì CESARE ARTOM 234 2 | 6-6 (45 609 | 098 | 698 i Ù GE. 6-6 1 E | 686] 026] 99 9G | Ineste]puy od jp vosu; | 609 | 008 | 698 ci c; GF | Huosneyng odi jop eosny | FSE | OLT| 399 187 gior Reeve ZIV09Gi 28 Salaztoiehi 07 99° | 06 |686/I06] 689 ji] PILISjoIL Kid 867 | 096) 882 4 3 GELTISEO 96 |GF8|886| 089 | SG GE OT 667|098| 658 | “ i St 6-6 8 |SOF|666) 269 | 66. 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DI CAGLIARI, ECC. 235 15 ceG QJRIIOJEN BHO 87 T8_| 26. | SF T=6 ZL 967 | 096 | 962 i si SF 9L | SG | 07 TG L FIF|866| GG E 06.| F6.| GY 676 06 0S7 |098| 078 : dl Sq 06 | FE | GF 6 06 0SF7|096| 0T8 6g 46 | SE | 66 676 VI 097 | 098| 068 È i SSR R0OT EIA 07 GG TI. |OLF|OZE, 078 GS 86 | IG | 86 876 PI 868 | 096| SSL d 4 GS O7 | 6 | OF 616 SI 8IF|SLZE| 962 SU OF | Te | 96 676 GG 007 |098| 095 |“ i 89 SF | EG) 0F 676 FE. |0SF|SOF| SS8 6S 84 | SG Fy Str SG 867 | 096 | 862 3 a FS 08 | 66 | SF SF SG 0SF | 0LE| 068 05, 69 | 6G| IF GI 06 667 | 096 68L È A ST O REGA GI GG GLT | 966| 898 AT 99 | 61 | 86 939 LG 9T7 | 096 | 94 È z Ly 6S | 06 | 07 I9RS 86 L6F |846E| ST8 SE TE | 66 | 26 676 8I T66|096 | ISZ * È 07 SG | 96 | GF 678 TG SFF|0IF| SS8 8f 69 | IG | 07 676 8L GIF | 096 | (644 091 Q PS L9 Ka | SV GG 06 GLT | SOY, 428 | ] 7 ‘081 | 06 | SF | Hnosnem odg jep tony | 07FS | 098 | 006 a 3 OST | 08 | SF | nuosnegmgy od” pop tommy | 0FS !09£| 006 GFI | 96 | 66 Gao ENZO]! 60S | 096 | 698 x Ù SST | 86 | Ghe 676 (06 079 |486| 466 GGI | SG | GF i n GIS|096| 628 5 i 08I | 86 | 0 È é -L09 | LEP | PEOI 66I | 86 | IF | nnosnengy odg op eran | 687 | 098 | 678 K A SFI | FE | 97) Huosnegnyi odn jop rommy | OGG |-GOP| SS6 06 | _|® suo QUO) | OSSOG DE È & B E ESS E NOS S i] (©) DE ogse omp È D o E N E Si ki ® se aqse onp È D o SE Bag $ og[ou Ha resine Si È ogou % DA Si® RAI —_ > — e (LS) su ® o x . ——_s"— Tn e o, DATE 21030s oTTop AZIO ii. 3 eo n 970998 aT]op He; S 2 empouetg | STOUUNN [op èzzogsunj O12IqGOT oL ns S i erqpuerg | SOUUN [Pp ezzegSunp pio (SB E |S._.E ° © IT ogqooota | 9 ® 16 CESARE ARTOM 236 od109 [ap «Togue epred Lt) (05) QUIOppe,] 213 Vzue12gI(] 08 |0S7 06 | 69 T-6 8 | 06 9-6 08 |0SS cs | I G-7 07 0SF 66 | 6S 6-6 SG OST 88 | ES G-E Ia |027 ES | GS ù o 087 43 | 87 | nuosneymny ody jep tommy | GOF 06 | 06 pepe | SG LTS Ig | 0 £ ‘i 0LF ‘98 | LF | nuosnenyy od [op voy | LE I LE | 9G | HuosneynK od I9p tommy | BEL 86 | 09 676 8I GL9 GE | LS (3) GG GIL SE | 69 | nuosneyMmy odi} [op tosuy | 09 6 | 09 9- SE ILS SE | 69 LL LE | GL GFP| 9 6-8 Gh GL9 96 | 09 GE 06 GL9 06 | IS dal SE LTS III 34 0g |0T8 Eb È > none S SEE RO cp da ne E © | agst onp E a][eu TTT |a[098s anop | c10umN CIPUVIT 49 | 61 | SG | #7 T-6 SE 628|098| 662 È È 08 8S| 88 | SG | SE 9-6 IG 886|0968| 872 di 4 SL OL | 19 N98 e S-F EE TL8|098| TEZ i Ùi S8 GG| 67 | 06 | 87 8-3 8 607 | 098| 692 4 È 09 <9 | 67 | S| 9 Gee 6I 607|098| 69L |“ ; GL 69 | I8 | 68 SF Le ; 168/098) TSL di sl SL 99 | 33 | 08 | SF î È 067 |E88| es 86 | € i ln Le i, TUOSHVIN]Y Odi) Jap toanj | GOP | 09E| 838 016 lo) 06 | GS | LF | Huosnegpny od jp tosny | GOP| GIE| OZ E casa Pa Fasti a E = i Eh lei [©] t; 3 t 3 (ta [4 (0) È A E > | sto) | osses | 88 | fFilg | Da 23 # s|cE Le vong | È | S£| oduop st € S|5E|RE Poe vong | £ |SÉ| odron ESE s|G® 8 | ope onp 8 |85 | ED de |9° | SFEE Bi an 5 ® | aa È aTou Acea = Fa È 28 aTou 29, pu Regni ore S]0jas'ellop|le= a re an SE, Ri safe = AR[o10s oops a da IS) o1oun PO6I BH Di da 01QUINN ran Siglo CS UINPURIT i N [0p tzzoqsun] OISSEN 04 n È PI CIQPUBAT Ip qsung SE. 3 8 Broni (E SAZA 11 ogpooora |° © SÌ IOLLVINOS 1unso098 NI IILOCIM UUOSIN OTSEIPRET ILOTOSSY TUOASIN __———————===rr£a_rr——__—_—_—_—_—_—_r_r_r_r_m_x_x_—_—_—_———_————111.—+++++++++++++——+—+—+—++-—-pRlT “" ]y—kh@011_ — — _—_!1— a ]Y YTOrea]@oo]' ——r---rcr— GI ElIiogeL LA VARIAZIONE DELL’ “ ARTEMIA SALINA , (LINN.) DI CAGLIARI, ECO. 243 43 IDILVINOS 150096 NI TLIOCII HIASIN TI 09]ooorI Q[eLiOYeNT ULATOSSV TUOSIN |- sa | | | | il | Î | | | i | | Î 99 | GL | GF] 96 a 5 G8F|09E| ez b È Se | SF |9z|09 x E OLE | SEE S6F 99 | E | S| 79 > 5 807 | 09£| 89Z Ù a Se \uLa |a up n É Ge |SEc| LLF GE | 99 | SE | 99 | nuosnegny sd Ip tommy | GIF |098| 9LL | 088 9 | 08 | SE | SZ | Sg | nuosnegny odg op rom | 093! 33) SSF | 2 8 | FE | 39 S È 888/098| 8FL 3 È 08 |a | SF a À 08 |09Z| 0FS 9LT | 0F | 9 4 “4 986|098| 968 a 3 OTT | SE | OF E È SEE |SEZ| 099 001 | 28 | ez i dì 097 |098| 08 b È LO gene SG E E SIE|LFE| 99 PRI | SV | GL 5 È POS |098| 798 è a 06 | 08 | SF " x SIE! Sec] 079 SE | SC | 79 " a G6E|098| SL x a Sia per il maschio, sia per la femmina le maggiori dimensioni si Ficcontuananti ad una salsedine abbastanza elevata (17°?). In salsedini poi più elevate ancora (24° e 25° B.) si riscontrarono esemplari in media di dimensioni maggiori che non nelle basse concentrazioni (8° e 10° B.). Nelle salsedini superiori ai 25° B. si riscontrarono poi gli esemplari con le minime dimensioni. 3 } Dal diagramma N. 1 osservando la curva della variazione nella lunghezza totale del corpo, sia della femmina, sia del maschio, appare una grande irregolarità nella variazione della lunghezza del corpo. Risulta poi evidente, comparando le due curve, la costante minor lunghezza del maschio, il quale segue però parallelamente tutte le irregolari variazioni della femmina. Si conchiude: 1° La salsedine esercita sullo sviluppo generale del corpo dell’Artemia un ‘ influsso soltanto relativo: solamente le concentrazioni superiori ai 25° B. impediscono — il normale sviluppo dell’Artemia. 2° La concentrazione media dai 13° ai 17° B. unita a tutte le altre condizioni | buone generali di vita deve forse riguardarsi l’optimum per la vita e per lo sviluppo dell’ Artemia. i 25 LA VARIAZIONE DELL“ ARTEMIA SALINA , (LINN.) DI CAGLIARI, Ecc. 245 3° La variazione della lunghezza totale del corpo dell’Artemia di Cagliari si avvicina molto di più alla variazione dell’Artemia di Odessa che non dell’Artemia di Molla-Kary. VARIAZIONE DELLA PARTE ANTERIORE DEL corpo. — Nel diagramma N. 1 sono ripor- tate le lunghezze medie assolute del capo-torace, sia della femmina, sia del maschio per ciascun grado di concentrazione. — Risulta: 1° Quantunque di poco, la parte anteriore del corpo è a parità di concentra- zione costantemente più corta nel maschio che nella femmina. 2° Come. per la lunghezza totale del corpo, le salsedini elevate (24°, 25° B.) non impediscono il normale sviluppo della parte anteriore del corpo; mentre impe- discono evidentemente tale sviluppo le elevatissime concentrazioni (27° e 28° B.). VARIAZIONE DELL'ADDOME, — Non venne tracciata la curva della variazione asso- luta di tale parte del corpo la quale venne insieme ad altre parti del corpo studiata in relazione allo sviluppo della parte anteriore del corpo. Ad ogni modo le lunghezze medie assolute dell'addome si possono facilmente dedurre, sottraendo dalle varie lunghezze totali del corpo le rispettive lunghezze del capo-torace. Le differenze che così risulterebbero, sono graficamente espresse dalla distanza che vi è tra la curva della lunghezza del corpo e la rispettiva curva della parte anteriore di questo. : i È VARIAZIONE NELLA LARGHEZZA DEL II° PAIO DI ANTENNE DEL MASCHIO. — Le medie misure assolute del 2° paio di antenne del maschio sono pure riportate nel dia- gramma N. 1. — Risulta: 1° Quanto maggiore è lo sviluppo del corpo, tanto più sviluppate sono le se- conde antenne del maschio dell’Artemia salina. 2° Le altissime concentrazioni impediscono il normale sviluppo del 2° paio di antenne, così come hanno impedito il normale sviluppo di tutte le altre parti del corpo. VARIAZIONE DELL'ADDOME RELATIVAMENTE ALLA PARTE ANTERIORE DEL CORPO. — Fa- cendo un rapporto medio massimo ed uno minimo tra la parte anteriore del corpo .e l'addome del maschio e della femmina, risulta: Eapporto medio massimo: per la femmina 15:22 e ciò a 24° B. — per il maschio 15:19 e ciò a 25° B. Rapporto medio minimo: per la femmina 15:18 e ciò a 8° B. — peril maschio 15:16 e ciò a 17° () B. Risulta così, che sia per la femmina, sia per il maschio la maggior lunghezza dell'addome si riscontra nelle alte concentrazioni (24° e 25°) e che le minori dimensioni si riscontrano per la femmina nelle basse (8° B), per il maschio nelle medie (17° (?) B.). Ciò del resto risulta anche dal diagramma N. 2 in cui furono riportate ridotte in 360esimi somatici le medie delle differenze tra l'addome e la parte anteriore del E 246 CESARE ARTOM 26 | corpo. Risulta in tal modo evidente di quanto l'addome sopravanza la parte ante- riore del corpo per ciascun grado di concentrazione. Dall'esame del diagramma e dalla comparazione tra le due curve di variazione risulta : 1° La sensibile minor lunghezza a parità di concentrazione dell'addome del maschio in confronto con quello della femmina. (Tale minor lunghezza è dovuta prin- cipalmente al fatto che i tre primi segmenti dell'addome della femmina sono gene- ralmente più lunghi del doppio dei corrispondenti tre primi segmenti dell’addome del maschio). 2° Una grande irregolarità nelle due curve di variazioni. Dalla minima concentrazione (8° B.) sino a quella di 20° B. le curve della va- riazione dell'addome sono talmente variabili che non è possibile dire se la maggiore o minore lunghezza dell'addome dipenda dalla salsedine o se piuttosto non dipenda da qualche altro influsso. Dai 20° ai 25° B. l'addome, sia della femmina, sia del maschio, cresce invece regolarmente col crescere della salsedine sino a raggiungere un mas- simo mai raggiunto in nessuna concentrazione a 24° B. e a 25° B., dimensioni che sono abbastanza notevoli anche in senso assoluto, tanto che le dimensioni complessive del corpo dell’Artemia in tali concentrazioni sono ragguardevoli, specialmente per lo sviluppo dell'addome. Si conchiude riassumendo: 3 1° Le salsedini elevate (tra i 20° e 25° B.) forse in unione con la temperatura esercitano un evidente influsso sullo sviluppo dell'addome, il quale diventa più lungo e più sottile; altre cause però possono evidentemente esercitare in grado forse meno elevato il medesimo influsso su tale parte del corpo. 2° Le elevatissime concentrazioni (27° e 28° B.) impediscono insieme col nor- male sviluppo del corpo anche il regolare sviluppo dell'addome. 3° Il rapporto tra la parte anteriore del corpo e l’addome dell’Artemia di Cagliari, varia da 15:15 sino 15:27, varia cioè entro limiti che si avvicinano molto di più a quelli osservati dallo ScamanKEwIrscH ad Odessa (da 15:18 sino a 15:30) — che non a quelli osservati da SAamreR e Hevmons a Molla-Kary (16:18 sino a 16:19) (4, pag. 8). VARIAZIONE DELLA FURCA. — Massima lunghezza riscontrata a 10° (?) B. (vedi tabella 2): per la femmina 40 centesimi di millimetro, e cioè circa 1/19 della lun- ghezza totale del corpo — per il maschio 50 centesimi di millimetro e cioè circa 1/1» della lunghezza totale del corpo. ; Minima lunghezza riscontrata a 28° (vedi tabella 13%): Furca nulla, sia per la. femmina, sia per il maschio. ; La furca è così la parte del corpo dell’Artemia che varia maggiormente. Nel diagramma N. 3 sono riportate le dimensioni della furca ridotte i in 360esimi somatici per ciascun grado di concentrazione. Dall'esame di tale diagramma e dalla comparazione asia due curve di varia- zione risulta: 0aît 188 1° La furca del maschio (soventi anche assolutamente parlando) è relativa- mente allo sviluppo della parte anteriore del corpo, sempre di dimensioni maggiori. che nella femmina. Cao. LA VARIAZIONE DELL“ ARTEMIA SALINA , (LINN.) DI CAGLIARI, ECO. 247 2° La furca raggiunge il massimo del suo sviluppo nelle basse concentrazioni (8°-10° B.); un medio sviluppo nelle medie (10°-20° B.); un minimo sviluppo nelle alte concentrazioni (20°-25° B.); manca talora completamente nelle altissime (27°-28° B.). 3° Vi è talora tendenza nella /urca del maschio ad uno sviluppo quasi nor- male (fig. 2) anche in elevate concentrazioni (20°-21°). VARIAZIONE NEL NUMERO DELLE SETOLE DELLA FURCA. — Un certo numero di setole pennate sporgono dai margini (esterno ed interno) di ciascuna asta della furca. Quanto più è sviluppata la furca tanto maggiore è in genere il numero di tali setole. La furca del maschio, in genere più sviluppata che non quella della femmina, porta così | un maggior numero di setole. 4 Massimo nel numero delle setole (vedi tabella 2): per la femmina 13 setole per | ciascuna asta della furca (10° (?) B.) — per il maschio 20 setole per ciascuna asta della furca (10° B.). 4 i Il numero delle setole diminuisce col crescere della salsedine; nelle elevatissime ‘concentrazioni (27°, 28° B.) possono del tutto mancare. Nel diagramma N. 3 è riportato il numero delle setole per ciascuna asta della . furca ad ogni grado di concentrazione. Dall'esame e dalla comparazione delle due curve (tratto punteggiato) risulta: 1° Im quasi tutte le concentrazioni un numero medio di setole maggiore nella — furca del maschio che in quella della femmina. 2° Un numero massimo di setole nelle basse concentrazioni (8°-10° B. - fig. 12); | un numero medio assai variabile nelle medie concentrazioni (da 10° a 20°B. - figg. 2 e 3); un numero minimo nelle elevate concentrazioni (da 20° a 25° B. - fig. 4); talora una | mancanza assoluta nelle elevatissime (27°-28 B.). 3° Una costanza assai notevole nel numero delle setole sulla furca della fem- mina dopo i 20° B. (tipo di furca mlhausenii schietto, fig. 4). fa 4° Una tendenza nel maschio ad avere talora anche nelle elevate concentra- | zioni una furca con un certo numero di setole (figg. 2 e 3). È CONCLUSIONI GENERALI RIGUARDO ALLA VARIAZIONE DELLA FURCA E DEL NUMERO DELLE | SETOLE A SECONDA DELLA SALSEDINE: È 1° La salsedine esercita un evidentissimo e assai notevole influsso sulla furca e sul numero delle setole. i 2° La variazione è, si può dire, costante ed uguale nelle basse concentrazioni (da 8° a 10° B. - fig. 1°) e nelle alte concentrazioni (da 20° a 28°- fig. 4); mentre sono possibili tutte le variazioni nelle medie concentrazioni (da 10° a 20° B.). 3° La femmina dell’ Artemia più che il maschio presenta uma variazione del tutto costante, specialmente nelle concentrazioni superiori ai 21° B. (47 esemplari femmine, tutte senza eccezione del tipo milhausenii schietto (fig. 4)). 4’ Nel numero delle setole della furca nella costanza della variazione almeno nelle basse e nelle alte concentrazioni l’Artemia di Cagliari varia come l’ Artemia di r Odessa ed è invece den lontana dalla variazione che presenta l'Artemia di Molla-Kary. 248 CESARE ARTOM 28 VARIAZIONE DELLA BRANCHIA NELLE DIMENSIONI AssoLutE. — La branchia è di forma ovale più o meno allungata e venne misurata nella sua lunghezza (asse maggiore) e nella sua larghezza (asse minore). Nella seguente tabella sono ripetute tali dimensioni di cui sono anche riferiti i rapporti onde poter constatare se oltre alle dimensioni anche la forma della branchia varia col variare della salsedine. (N. B.) Le medie per la concentrazione di 28° hanno un valore solamente re- lativo, perchè pochi furono gli esemplari sessualmente maturi trovati a tale eleva- tissima concentrazione (solamente 7 9 e 3 è). Tabella della variazione nelle dimensioni e nella forma della branchia a seconda della salsedine. Branchia della femmina Branchia del maschio T—T_-T__T _—_ {44—._____ 1] ‘SE % Medie delle dimensioni e loro rapporto Medie delle dimensioni e loro rapporto Le sa: Lunghezza | Larghezza Lunghezza ! Larghezza 8° 40,9 28,1 3:1,695 39 22,9 SALI 10° (?) 40,4 23 deriva 38,9 22 3: 1,695 13° 48 27,8 9:1,74 44,5 26,2 ER era 14° 43 27,4 3: 1,905 40,6 23,5 8:1,725 16° 45 27,2 3:1,8 41,9 24,4 9:1,74 17° (?) 59,6 36,9 3: 1,845 50,1 30,3 3:1,8 18° 52,7 31,5 3:1,8 44,1 25,7 3:1,74 20° 41,6 25,9 3:1,815 40 23,3 911,74 21° 47 30,5 3.21,95 38,6 25 3:1,95 240 53,2 36,6 3: 2,07 49,1 32 3: 1,95 25° 57,4 37 3: 1,935 47 ) 30,8 3:1,965 27° 44 26,5 3: 1,815 41,8 25,7 311,845 28° 43,6 26,8 3: 3: 1,695 Lai (0.0) rsa (dd rs (cr) DI (er) Dall'esame della tabella risulta: 1° La branchia è di dimensioni massime quando massimo è lo sviluppo del corpo. Così a 17° (?) B. a massime dimensioni del corpo corrispondono le massime di- mensioni della branchia. i i 2° Il maschio dell’Artemia (a parità di salsedine sempre di dimensioni generali minori della femmina) possiede una branchia costantemente più piccola di quella della femmina. ud Facendo poi astrazione della sopradetta concentrazione di 17° B, (?) ed eccettuando — le elevatissime concentrazioni (27° e 28° B.) in cui la forte salsedine impedendo lo sviluppo di tutte le parti del corpo arresta (però in modo appena sensibile) anche lo sviluppo della branchia, risulta ancora dalla tabella che le minime medie dimen- i 29 LA VARIAZIONE DELL“ ARTEMIA SALINA » (LINN.) DI CAGLIARI, ECO. 249 sioni assolute della branchia, sia della 9 sia del è, si riscontrano @ 8° e 10° B. (basse concentrazioni); e le massime dimensioni a 24° e 25° B. (elevate concentrazioni). Si ha cioè: Medie dimensioni minime a 8° e 10° B. per la ‘9 per il È Lunghezza 0! 406 Lunghezza Omm, 39 Larghezza 0", 23 Larghezza 02m 22 e cioè: Lunghezza 1/39 ; Lunghezza 1/50 Larghezza 1/39 Larghezza 1/5 della rispettiva media lunghezza totale del corpo. Medie dimensioni massime a 24° e 25° B. ! 1 î » : per la 9 per il è Lunghezza 00m 574 Lunghezza 0%, 491 Larghezza 0®m, 37 Larghezza 0,32 e cioè: ; Lunghezza !/1g Lunghezza 1/g Larghezza 1/og Larghezza 1/57 . della rispettiva media lunghezza totale del corpo. Riguardo alle dimensioni assolute della branchia dell’Artemia di Cagliari si conchiude: 1° Tali dimensioni sono intermedie tra quelle della branchia dell’ Artemia di Odessa e quelle della branchia dell’Artemia di Molla-Kary. 2° Dalla concentrazione di 8° a quella di 25° la branchia dell’Artemia di Cagliari cresce sensibilmente nelle sue dimensioni assolute come cresce la branchia __dell’Artemia di Odessa, mentre la branchia dell’ Artemia di Molla-Kary diminuisce col _* crescere della salsedine (*). VARIAZIONE DELLA BRANCHIA RELATIVAMENTE ALLA PARTE ANTERIORE DEL CORPO. — : Nel diagramma N. 4 sono riportate le medie delle dimensioni della branchia a cia- | scuna concentrazione ridotte in 360°8î®i somatici. Risulta : Un massimo sviluppo relativo della branchia nelle elevatissime concentrazioni (27° e 28°) in conseguenza del fatto che la forte salsedine mentre impedisce in modo ii della branchia, che raggiunge dimensioni pressochè normali. i (*) Conviene notare però che mentre a 24° e 25° B. l’Artemia di Molla-Kary è notevolmente | degradata dalla salsedine nella lunghezza del corpo, l’Artemia invece di Cagliari raggiunge a tali Lo ‘concentrazioni dimensioni normali. Serie II. Tom. LVII. i ai 250 CESARE ARTOM 30 VARIAZIONE NELLA FORMA DELLA BRANCHIA. — Dall'esame dei rapporti tra le due dimensioni sopra riferiti risulta: n 1° La branchia del maschio è a parità di concentrazione in generale di forma più allungata che non la branchia della femmina. 2° Il rapporto tra le due dimensioni della branchia, sia per la femmina, sia per il maschio, varia col variare della salsedine. Infatti: Rapporto medio tra la lunghezza e la larghezza della branchia per la 9 per il È È a 24° B. 3:2,07 a 25° B. 3: 1,965 Gi a- 8° B. 33695 a 10° B. 3:1,695. Risulta quindi che la branchia ha tendenza ad assumere una forma ovale- rotonda nelle alte concentrazioni ed una forma ovale-allungata nelle basse. CONCLUSIONI GENERALI RELATIVE AL VARIARE DELLA BRANCHIA A SECONDA DELLA SAL- sEDINE. — L'influsso della salsedine sulla branchia è abbastanza evidente; essa cresce in generale nelle sue dimensioni assolute e diventa ovale-rotondeggiante nelle elevate concentrazioni, precisamente come ebbe ad osservare lo ScaMANKEWITSCH e contro & | quello che ebbero ad osservare SamreR e Heymons (5, pag. 30). Relativamente poi allo sviluppo totale del corpo si riscontra una quasi perfetta | analogia tra le dimensioni della branchia dell’Artemia di Cagliari e le dimensioni della branchia dell’Artemia di Odessa (6, pag. 105). Di modo che sì conchiude: | La branchia dell’Artemia Salina di Cagliari varia sotto l'influsso della salsedine — nello stesso modo in cui varia la branchia dell’Artemia di Odessa. 4 Conclusioni generali relative alla variazione dell’ “ Artemia salina ,, dì Cagliari. La salsedine esercita (come abbiamo sopra dimostrato) un evidente influsso sulle varie parti del corpo dell'Ar/emia, sia femmina, sia maschio. ‘ L’infiusso più evidente e veramente notevole è quello che la salsedine esercita sulla furca. i Per tale influsso la furca giù nelle medie concentrazioni non si sviluppa normal- mente, e nelle elevate concentrazioni 0 prende una forma caratteristica (furca tipo miilhau-. senti) oppure può anche mancare del tutto. ; L’influsso della salsedine è così tale da determinare la formazione di alme due tipi (uno delle basse concentrazioni - fig. 1%): tipo Artemia salina; (e uno @ alte concentrazioni - fig. 4): tipo Artemia milhausenii; così discosti tra loro per forma della furca e per il numero delle setole che furono fatte del genere Artemia due specie diverse (4, pag. 370). Siccome però esistono tutte le forme di passaggio (fig. 2 e fig. 3) tra questi tipi nelle medie concentrazioni in cui sono possibili tutte le variazioni, così è ass SL LA VARIAZIONE DELL'“ ARTEMIA SALINA » (LINN.) DI CAGLIARI, ECC. 251 lutamente evidente che il tipo mwlhausenti non è che l’Artemia salina, in cui special- mente la furca, in causa dell’influsso delle elevate concentrazioni, non ha potuto crescere e svilupparsi normalmente. Le mie conclusioni a questo riguardo concordano quindi precisamente con quelle di Sawrer e Hevmons (5, pag. 46): “ Dieser MWMhauseni Typus gehòrt aber in den Formen Kreis der Artemia salina hinein; er is unzueifelhaft durch alle Uberginge mit anderen Variations-typen der Artemia salina verbunden ,. Le mie osservazioni sulla variazione dell’Artemia salina di Cagliari, non con- cordano invece con quelle fatte sulla Artemia di Molla-Kary in due punti: 1° I limiti entro i quali oscilla la variazione dell’Artemia salina di Cagliari sono notevolmente diversi dai limiti entro i quali oscilla la variazione dell’ Artemia salina di Molla-Kary. 2° Avendo SAmrER e Heyvmons trovato nelle concentrazioni inferiori ai 10° B. tutti i tipi di Artemia (persino quello del tipo mi/hausenii schietto) e avendo poi a 24° B. (massima concentrazione) trovato solamente cinque esemplari su 71 del tipo milhau- | semi schietto (5, pag. 27) essi si trovano costretti a concludere che neppure ad una bassa e neppure ad un'elevata concentrazione corrispondono due determinati tipi di Artemie con variazione costante e caratteristica. Le mie ricerche invece avendo stabilito che se l’Artemia nasce, si sviluppa e vive per un certo tempo o nelle basse concentrazioni (inferiore ai 10° B.) o nelle alte | (superiori ai 20° B.) essa acquisisce caratteri differenziali assai evidenti e assai co- stanti, conducono alla conclusione che esistono nell’ Artemia salina di Cagliari due forme ben differenti, ciascuna delle quali è caratteristica o di un ambiente relativa- mente poco salso (sotto i 10° B.) o di un ambiente molto salso (sopra i 20° B.). In quest'ultimo punto il disaccordo è veramente notevole, perchè secondo SAMTER e Hrymons l’ambiente salso non potrebbe produrre in definitiva una variazione costante e caratteristica; secondo le mie ricerche invece l'influsso della salsedine può determinare (eccetto che nelle medie concentrazioni) una variazione abbastanza costante, ma sopratutto caratteristica. Questa variazione (specialmente sotto l'influsso di una forte salsedine) è @sso- lutamente costante, come abbiamo visto nella femmina, notevolmente meno costante invece nel maschio. i È evidente cioè (vedi tabelle 7-84-9*, ecc., e diagramma 3°) che ad una elevata | salsedine, mentre la furca della femmina è costantemente del tipo mwlhausenii schietto, soventi la furca del maschio presenta ancora un certo numero di setole. ANIKIN (*) ebbe ad osservare questo fatto e conchiuse che i maschi dell’ Artemia x sono meno variabili della femmina. Questa conclusione non è forse perfettamente | esatta. ‘e Si deve infatti notare che il maschio possiede anche nelle basse concentrazioni una furca più sviluppata ed un numero di setole maggiore che non la femmina. Si | comprende quindi che quella stessa concentrazione che cagiona una determinata va- riazione nella femmina non potrà generalmente produrre un eguale effetto sul maschio. È (* Non ho potuto esaminare il lavoro dell’Anrkin. Di tale lavoro ho solamente letta la recen- | sione contenuta nel “ Zoologischer Jahresbericht ,, 1899; Crustacea, pag. 27. 252 CESARE ARTOM ED) Perciò quello che Anikin interpreta come minore variabilità è invece il risultato di una differenza sessuale la quale a parità di condizioni ha tendenza a conservarsi,” come risulta evidente dal diagramma 3°. Che se ad una eguale concentrazione anche la furca del maschio si riducesse costantemente al tipo mi/hausenii, a questa concelu- sione bisognerebbe venire: ; Che il maschio dell’Artemia è più variabile della femmina. , La variazione dell’Artemia salina di Cagliari nella lunghezza del corpo (così oscillante nelle medie concentrazioni), nella variabilità del rapporto tra l'addome e la parte anteriore del corpo, nelle modificazioni che subisce la branchia, nelle dimen- sioni della furca e nel numero delle setole e infine nella costante e caratteristica variazione nelle basse e nelle alte concentrazioni, si approssima assai alla variazione dell’Artemia di Odessa (secondo ScAMANKEWITSCH), mentre si discosta notevolmente dalla variazione dell’ Artemia di Molla-Kary (secondo SAWTER e Hermons). Ora, ammettendo che i risultati a cui sono giunti questi ultimi si debbano con- siderare perfettamente attendibili, si deve venire a questa conclusione: “ Che sull’Artemia esclusivamente partenogenetica (Molla-Kary), Vinflusso della sal- “ sedine è diverso che sulla forma a riproduzione con fecondazione (Cagliari e forse “ Odessa) ,. BIBLIOGRAFIA (1) Artom C., Osservazioni generali sull“ Artemia salina , Leach delle saline di Cagliari, “ Zoologischer Anzeiger ,, Bd. XXIX, n. 9, pag. 284-291, 1905. (2) In. Ricerche sperimentali sulla riproduzione dell “ Artemia salina,, di Cagliari, “ Biologisches Centralblatt ,, 1906. Bd. XXVI, n. 1, pag. 26-82. (3) Camerano L., Lo studio quantitativo degli organismi ed il coefficiente somatico, “ Bollettino dei Musei di Zool. e di Anat. Comp.'* della R. Università di Torino ,, vol. XV, n. 375-1900. (4) Mine Epwarps M., Histoire naturelle des Crustacés, t. III, pag. 369. Paris, 1840. (5) Samrer M. und Hrwmons R., Die variationen bei “ Artemia salina,, Leach und ihre Abhin- gigheit von ausseren Einflussen, “ Anhang zu den Abhandlungen der Kgl. preus- sischen Akad. d. Wissenschaften ,, Berlin, 1902. (6) Scamankewmnson W. I, Ueber das Verhiiltnis der “ Artemia salina ,, M. Edw. eu “ Artemia | miilhausenii,, M. Edw. und dem Genus “ Branchipus,, Schaff., “ Zeitschr. f. wiss. Zool. ,, Bd. XXV, pag. 103-116, 1875. (7) Ip. Zur Kenntnis des Einflusses der ausseren Lebensbedingungen auf die Organi- sation der Thiere, “ Zeitschrift f. w. Zool. ,, Bd. XXIX, pag. 429-494, 1877. 33 LA VARIAZIONE DELL“ ARTEMIA SALINA , (LINN.) DI CAGLIARI, ECC. 258 SPIEGAZIONE DEL DIAGRAMMA TI. Variazione nelle dimensioni assolute dell’Artemia salina Linn. di Cagliari a seconda del grado di salsedine (da 8° B. a 28° B.). 1° Variazione della lunghezza totale del corpo. Violetto (tratto continuo) — Curva della variazione della 9. Rosso (tratto continuo) — Curva della variazione del è. — Inumeri esprimono in cen- tesimi di millimetro le dimensioni medie delle Artemie per ogni concentrazione. — Ogni decimo di millimetro di tali dimensioni è riportato su un millimetro dell’ordinata. 2° Variazione nel 2° paio di antenne del 3. Nero (tratto continuo) — Curva della variazione. — I numeri esprimono in centesimi di millimetro le medie larghezze del 2° segmento del 2° paio di antenne per ogni concen- trazione. — Ogni centesimo di millimetro di tali dimensioni è riportato su un millimetro dell’ordinata. 3° Variazione della parte anteriore del corpo. Violetto (tratto punteggiato) — Curva della variazione della 9. Rosso (tratto punteggiato) — Curva della variazione del è. — I numeri esprimono in centesimi di millimetro le dimensioni medie di tale parte del corpo per ogni concentra- zione. Ogni decimo di millimetro di tali dimensioni è riportato su di un millimetro nel- l’asse delle ordinate. SPIEGAZIONE DEL DIAGRAMMA II. Variazione della lunghezza dell'addome relativamente alla lunghezza della parte anteriore del corpo nell’Artemia salina Linn. di Cagliari a seconda del grado di salsedine (da 8° B. a 28° B.). Nel diagramma vennero riportate le medie delle differenze (ridotte in 360°mi somatici) tra l’addome e la parte anteriore del corpo per ogni grado di concentrazione. | Violetto (tratto continuo) — Curva della variazione della 9. | Rosso (tratto continuo) — Curva della variazione del è. — I numeri esprimono le sopradette medie ridotte in 360°5ni somatici. 4/,;o somatico è riportato su un millimetro nell’ asse delle ordinate. fa SPIEGAZIONE DEL DIAGRAMMA III. pi Variazione nella lunghezza della furca relativamente alla lunghezza della parte anteriore del corpo e variazione nel numero delle setole a seconda del grado di salsedine (da 8° B. a 28° B.). li n / Nel diagramma vennero riportate le medie (ridotte in 360*=mi somatici) delle dimensioni della furca ed il numero medio di setole che presenta ogni asta della furca per ogni con- | centrazione, ariazione nella lunghezza della furca. Violetto (tratto continuo) — Curva della variazione della 9. Rosso (tratto continuo) — Curva della variazione del è. — I numeri esprimono le sopradette medie ridotte in 360°simi somatici. ‘/,,, somatico è riportato su 4 millimetri dell’ordinata. 254 CESARE ARTOM — LA VARIAZIONE DELL “ ARTEMIA SALINA , (LINN.), ECC. 94 v) 2° Variazione nel numero delle setole per ogni asta della furca. Violetto (tratto punteggiato) — Curva della variazione della 9. Rosso (tratto punteggiato) — Curva della variazione del è. — I numeri esprimono il numero medio di setole per ogni asta della furca. Ogni setola della furca è riportata nel- l’asse delle ordinate su uno spazio di 10 millimetri. SPIEGAZIONE DEL DIAGRAMMA IV. Variazione nelle dimensioni della branchia relativamente alla lunghezza della parte anteriore del corpo per ogni grado di salsedine (da 8° B. a 28° B.).ì 1° Variazione nella lunghezza della branchia (asse maggiore). Violetto (tratto continuo) — Curva della variazione della $. Rosso (tratto continuo) — Curva della variazione del È. 2° Variazione nella larghezza della branchia (asse minore). Violetto (tratto punteggiato) — Curva della variazione della 9. Rosso (tratto punteggiato) — Curva della variazione del è. — I numeri nel corso delle curve esprimono le medie delle dimensioni della branchia per ogni grado di concentrazione ridotto in 360m' somatici. !/,, somatico è riportato su 4 millimetri nell’asse delle ordinate. Nota. — Im tutti i diagrammi i tredici gradi di concentrazione considerati sono sempre riportati su tredici centimetri sulla linea delle ascisse. ( Ola ona di' Corno, Chisa fiomate nat.- Serie 2° Como IVI ARTOM C.-La variazione dell’Artemia salina. iamoegaemne Ì ITTELELLI fn 1 SSNEESCISEiazieniaziZe! Sil aa PEPPEFEEETL PERE LEE ue o ® Ipnenaetnpo [atatulbasesenedesacesiozenati<62= { Ì 3 Diagramma 1 o . Diagramma 2 FURCA DELL'ARTEMIAISALINA LIN. DI CAGLIARI 39 volte Ing? mu Figure ricarali da microfitografie g. 43 Fi Tipo Milhausenii delle RIAE, 2 © S e CESSO N oo o è € SMNSIRZ; o SS È 8 a © è Ss s- E -S S DE >» © è = 5 = SÈ LOGO è 3 Fig. 1° Tipo delle basse concentrazion!. elevate concentrazioni. 25° COUS, piso Dia Torino 28° 27° 25° 20° 18° al 00) 16° 4 BHE 10° 13° 14° HE i (es.Artom dis. if li ; ; 3 Hebo INTORNO AL (GRADO DI APPROSSIMAZIONE mi | CHE SI RAGGIUNGE NEL RISOLVERE I TRIANGOLI GEODETICI SOPRA UNA SUPERFICIE QUALUNQUE MEMORIA Prof. PAOLO PIZZETTI SOCIO CORRISPONDENTE Approvata nell’ Adunanza del 28 Maggio 1906. I metodi che comunemente si seguono nella Geodesia per la risoluzione dei lî geodetici sono o esplicitamente fondati sopra sviluppi in serie, o almeno no, per mezzo di tali sviluppi, essere in qualche modo giustificati. Ma, in ogni nè è dimostrata la convergenza delle serie, nè è assegnato un limite superiore rore che le particolari regole adottate traggono seco. riangolo sferico ad un triangolo geodetico qualunque; e indicando poi la via per l’analoga ricerca dei limiti degli errori cui si va incontro nel caso agone della lunghezza ridotta di un arco di geodetica a una superficie qualunque, con quella sopra una sfera opra un piano. iamo, sopra una superficie S, un sistema di coordinate geodetiche polari i punto arbitrario P) chiamando « la distanza geodetica del polo P dal merico M, v l'angolo che il raggio PM fa con una direzione fissa nel piano in P. Il quadrato dell’elemento lineare della S avrà l’espressione : ds = du? +- g* . de, 2056 i PAOLO PIZZETTI 2 dove y (lunghezza ridotta dell'arco PM secondo la denominazione di CaRISTOFFEL) sod- disfà all’equazione : (1) 0 — Kg, du? essendo X la curvatura assoluta della superficie in M, e di più alle condizioni: (2) g=0, = per u=0. Se la superficie ammette in ogni punto il piano tangente e se la giacitura di questo piano varia con continuità da un punto all’altro, esistono in ogni punto e sono finiti e continui i valori della 9g e della sua derivata prima rispetto ad « (1). Ciò si verifica pure nei punti di intersezione della geodetica v con linee lungo le quali la curvatura X presenti discontinuità ordinarie. Tenuto conto di ciò, la equa- zione (1) insieme colle condizioni (2) definiscono senza ambiguità il valore di g per ogni valore di vu e di ». Per una sfera di raggio È, posto: (8) K= a l'espressione di g è: 1 I g' = Rsen “ = e sen(u Ko). Poniamo: 0) f=g_g. Dalla (1) e (2) e dalle analoghe per g', deduciamo: (5) ST 4 Kof= (Ko Kg, (6) f=0, f=0 per u=0. Integrando la (5) col consueto metodo per le equazioni differenziali lineari con secondo membro, si ottiene, tenuto conto delle (6): f=Rtco08 + ti (K — Koy)gsen 5: .du— Rsen 5 [lr — Koyygeos = . du. Sostituendo, per chiarezza, sotto i segni di integrazione la lettera « alla u, e sommando i due integrali in un solo: =-R|&— Ky)y-sen "x . de (!) Caristorren, Allg. Theorie des Geodit. Dreiecks, “ Abh. Akad, Berlin , (1868), pagg. 131-2. 3 INTORNO AL GRADO DI APPROSSIMAZIONE, ECC. 257 dove l’indice x sta a ricordare che nelle espressioni di X e di 9 si intende sosti- tuita la lettera x alla u. Quindi finalmente, per la (4): # È. 1 (7) g= Rsen È via LA 9(Ko— K)sen £ # T de (= +) In particolare, per &=c0: (8) g=u— È 9EK.u— x). de. Le formole (7) (8) servono nel modo migliore al paragone dei valori che assume g sopra una superficie qualunque con quelli che in particolare sono relativi alla sfera di raggio qualunque È, e al piano. i Dalla (7) poi si deduce che se, lungo una qualunque geodetica @ uscente da P, la curvatura X si mantiene inferiore a K,="1:k?, la 9 (la quale, per le (2), è È. nulla in Pe positiva per valori abbastanza piccoli di u) non potrà annullarsi se | non per valori di wu maggiori di tÈ. Infatti, finchè y non diventa negativo ed uStER } può dunque aver luogo se non quando v abbia oltrepassato il valore TR. ì Inversamente, se la curvatura X si mantiene superiore a K=1:?, la g si annullerà (oltrechò in P) per un valore almeno di « inferiore a mR. Infatti, posto È, nella (7) u= mE, si ha per g il valore: R ge -[ (K.— K)g:sen (n —_ s) Nd e (per essere K.>X,) l'uguaglianza non può sussistere se g, non assume valori negativi fra 0 e mR (1). — Limiti fra è quali è compreso dl valore di y per ogni valore di u. Paragone fra una superficie qualunque e talune sfere. a) la curvatura assoluta sia ovunque positiva e finita; 6) che un punto scelto a piacere determini, insieme col polo, una sola congiun- 258 PAOLO PIZZETTI 4 Così, per un ellissoide di rotazione schiacciato (semiasse maggiore a, eccentricità e) il massimo valore di X essendo 1:@?(1— e?), il raggio geodetico della ora detta ° 1" regione è Ta ViI= è. (Per l’ellissoide terrestre Besseliano aste raggio è circa 19970 Kilometri). Si deduce subito dalla (8) che, se la @) e è) sono verificate sarà ovunque : (9) gu—K;|" 2u—a).de=ucK. 3 Dalla (7) poi deduciamo che: a) Se poniamo R,=1:|X,, dove K, è il massimo valore di X come si è detto ora, sarà in ogni punto della considerata regione di superficie: u g>È,sen pr 3 8) Se, reciprocamente, K3=1:5 esprime il minimo valore di K, sarà ovunque: R BI g (10') |KT-Ko| =i_ fi GK, de. Quest'ultima dimostra che, sempre nelle ipotesi @) e 8), la derivata dg: òd% è, salvo per «=0, algebricamente minore dell’unità ed è sempre decrescente al cre- | scere di w. Si ha poi dalla (14): dg su Eur du 7 5 RE (=) __Indicheremo con «, questo limite m.È,:2. Entro la circonferenza geodetica di raggio u, la derivata dg :du non potrà pertanto divenire negativa. (Per l’ellissoide Besseliano vu, = 7ay 1— e? = 9985 Kilometri) x n Consideriamo ancora, per un punto qualunque M(u, v), la differenza: PT aa Tiglio du g du SETA o _y È (XK, — K.)g: 008 3° . da AI al doge gl D= fi (K, — Eo)g.sen £ de. e al massimo fra i valori che X assume lungo il raggio geodetico PM, si ha punto M: D<0; 260 PAOLO PIZZETTI 6 3 8) Paragonando invece la superficie colla sfera la cui curvatura è uguale al minimo valore di X, si ha: (17) D>0; 1) Se invece intendiamo che K,=1:.F? esprima la curvatura della superficie nel polo P delle coordinate e adottiamo la ipotesi (10'), la (16) porge: Dr sen > - dea < == UL) D'altra parte (vi n° 2) g> TE sen(u Y E), sen(u VE), ques A senluVK)2 37 —_- R 2 gg > * sen? (u dt _ Ki) ; quindi: T) hu? (17725) D< =» dove: 2 P=1-3K essendo, al solito, indicato con K, il massimo valore di X. 4.— Paragone dei valori di y per due superficie qualunque. La formola (7) può essere generalizzata paragonando fra loro due superficie qualunque S, 5", su ciascuna delle quali venga assunto un sistema di coordinate polari geodetiche, e facendo corrispondere fra loro due determinate geodetiche uscenti dai rispettivi poli, e, su queste, due punti ai quali competano valori eguali della «. Chiameremo 9,9", K, K' le espressioni della lunghezza ridotta e della curvatura asso- | luta per le due superficie rispettive. Dalle (1), (2) e dalle analoghe per g' otteniamo : d(g— 9 _Kg+K' t. due (18) ip Beni g_g'=0, dg 0 peru=0. cd 53 Può quindi la differenza 9 — g' esprimersi colla formola (7) generalizzata co) È porvi g' in luogo di Rsen È "i K,' invece di K, e invece di sen pn ponendo quella. funzione 8(, x), finita per tutti i valori di v e x che si eg a »‘eontiderare, la quale soddisfà alla equazione: i (19) LAO — K;/.0(u, 2), du? Td INTORNO AL GRADO DI APPROSSIMAZIONE, ECC. 261 e di più alle condizioni: ; do (20) eee Si ha così: €1) g—-g =[ 9. — K)01, 2). de. Derivando infatti otteniamo, tenuto conto della prima delle (20): du 9) do (eg — K) È da Sed ye - ME] +e). de du? | dove le lettere X e 9 senza indice denotano funzioni della w. “ Quindi, per le (19), (20): VOTO — ke -K)-K'['g(K— K)6w vj da. dè Alia 2)0(%, i Eliminando la espressione integrale fra questa e la formola (21) si vede che la prima delle (18) è verificata. Le altre due lo sono evidentemente. a Quanto alla 0(v, x) essa può esprimersi facilmente per mezzo della g' (!). Ma | a noi basta, per quanto riguarda l’esistenza e le proprietà della funzione stessa, | osservare che essa, definita dalle (19) e (20), non è altro che la novella espressione assume il coefficiente g' (sulla sup. S') quando il polo delle coordinate si sposti un arco x lungo il raggio geodetico che si considera. O da questa riflessione, ure dalle (19) e (20), deduciamo che, analogamente alle (9), (10), vale per la 0 la ia disuguaglianza : u—a>0uap>u—o— 2 E, (u trio i si avrà: n È ui — pae > i I du È Da dt dove la e è indipendente dalla «. E poichè per u=x si ha 0=0, È i pare ato Quindi sostituendo nella (24) le (21) (22) si ottiene (1): (25) DE zl, Ix9: (KI — K)da. fr Nella ipotesi (23) avremo dunque: DE! in seta È n+2 o hunt! (25’) |Dj< va f heidi EP dove P=1— La UG essendo K, il massimo dei valori che la curvatura assume sulla S e sulla S'. 5.— Sviluppo in serie della curvatura assoluta vi per lVellissoide di risoluzione schiacciato. Per le applicazioni delle formole del n. precedente al caso delle reti geodetiche occorre poter sviluppare in serie, per potenze crescenti dell’arco «, la curvatura assoluta dell’ellissoide di rotazione schiacciato. L'espressione di tale curvatura in un punto di latitudine @ è: __ (1- e sen*)? na a(1— e) D'altra parte, per un elemento lineare qualsiasi dell’ellissoide stesso, la derivata : della latitudine rispetto iall’arco è: dp __ (1— e?sen*p)"/acosa Dita all — e?) s dove a è l’azimut contato da Nord verso Est; e per un elemento di geodetica la 4 derivata dell’azimut rispetto all’arco è: Fo dazi (1 — e?sen?9)":. tang@. sena du a io) 2 ) Con queste formole è facile calcolare quante derivate si vogliano della mi 3 ad «. Si ha così: (1) Più semplicemente la (25) si dimostra osservando che: 1 d ES SERRA og e da PD) gole CA donde, integrando ed osservando che y si annulla con «, si ottiene la (25). 9 INTORNO AL GRADO DI APPROSSIMAZIONE, ECO. 263 dK n n 2 20) nad Sy sen2@cosa(1 — e? sen?p)" ; dè 4 LI e 2 Ia “ Sea (1 — e?sen?@)} — 4@îcosa 2gen20)3 2 PIYose RE = dae e'sen?@)? (1 — 2sen?p — 6e?sen?p + 7e?sentg). ad | Il 2° membro è della forma: 4 Acosta + Bsen?a, 1 (dove A e B non dipendono da a) e raggiunge quindi un valor massimo numerico col porvi a=0, oppure a= 90°. E facile, con questa riflessione, verificare che in ogni caso: 26) de? a6(1 a e) dx dui i Abbiamo quindi collo sviluppo di TayLor, chiamando al solito X, la curvatura | nel punto scelto come polo delle coordinate polari: 2. K=K,— a sen2@; (1 — e?sen2@;)":.cosv + e | dove: - Ali 6. Limitazione di una certa porzione di superficie Considerando, come precedentemente, superficie a curvatura positiva, sostituiremo innanzi alla condizione 5) (n. 2) la ipotesi che la porzione Y di superficie da 844 T VE,’ K, è il massimo valore della curvatura assoluta o in tutta quanta la superficie almeno in una DORIANA di essa n quale pope) in sè i la X. Per le cose al | più, in qualche Roio: della circonferenza limite dove la detta derivata potrà nullarsi. Fissato che sia il valore K,, una tale porzione Y resta perfettamente deter- ita per ogni punto P della superficie. La chiameremo emisferoide relativo al polo P. ezza ridotta 9 andrà crescendo lungo ogni geodetica a partire da P fino rio, epperò essa non potrà annullarsi in alcun punto, all’ infuori del polo; izione 5) (n. 2) sarà dunque soddisfatta e le formole stabilite fin qui saranno 264 PAOLO PIZZETTI 10 Indicando con ! (v. figura) una qualunque geodetica AB non uscente da P, chia- miamo ® l'angolo che, in un punto A, la / fa col raggio geodetico PA. Intendiamo quest’angolo contato, a partire dal raggio geodetico percorso nel senso della « ere- scente, ruotando intorno ad A da quella banda dalla quale cresce la v fino a trovare la direzione secondo la quale si considera crescente l’arco s sulla /. Le formole differenziali: (27) g.dv= ds. sen, (28) du = ds. così, AR (29) d=_-;7-%, (delle quali le due prime valgono per un elemento lineare qualsiasi della superficie, la terza per un elemento di geodetica) dànno in modo ovvio: y (30) g.dv= du. tang®ò, LR .du= — cot0 .d9, 9g du | ovvero: Co Da: (31) d.logsend = — Lo: . du. Poichè un punto e la tangente in esso individuano una geodetica, nessuna geodetica A non passante per P potrà in alcun punto avere l’angolo 9=0 0.a 7. Ne segue che; se per fissare le idee supponiamo che in un punto A, la geodetica / abbia l'angolo 80 compreso fra 0 e r, dovrà l'angolo 0 restar compreso entro questi limiti in tutti i punti della 9a quindi, per la (27), la v crescerà continuamente con s. Per questo e per la formola (29) la 2 a partire da 4, o si allontanerà di continuo dal polo lor ovvero base La i casì in cui @, sia compreso fra t e 2r, basta invertire il senso positivo delle v; con che l'angolo 8 cresce o diminuisce di 180° e si ricade nei casi precedenti. | 11 INTORNO AL GRADO DI APPROSSIMAZIONE, ECC. 265 È chiaro che, essendo per le (27) (29): e il fattore di ds nel secondo membro mantenendosi diverso da zero per tutti i punti della 7, dentro la considerata porzione di superficie, ad incrementi finiti dell’angolo 9 corrisponderanno incrementi pure finiti dell'arco s, e quindi, per la (27), incrementi finiti della ®. Da tutto ciò risulta che ogni geodetica nell'interno dell’emisferoide è costituita di un arco di lunghezza finita che incontra in due punti il contorno e passa una volta, e una volta sola, a minima distanza dal polo. Vedremo nel successivo n. 7 che se PAB è un triangolo geodetico (contenuto entro l’emisferoide) avente un vertice nel polo P e rettangolo in A, i cateti PA, AB di esso sono minori di E: Ne segue che: 1° ogni arco di geodetica, nell’emisfe- AA 4 roide, ha lunghezza non maggiore di m:VK,; 2° che se si assume come polo il vertice B, il triangolo PAB sarà contenuto entro l’emisferoide relativo a questo polo. Dalla prima di queste conseguenze risulta che, entro l’emisferoide, due punti sono collegati da una sola geodetica (n. 2). Dalle cose dette riguardo al modo di variare della « lungo una geodetica si deduce poi che se APB è un triangolo geodetico qualunque, contenuto nell’emisfe- | roide relativo al vertice P, il massimo valore della coordinata « per i punti del lato AB sarà l’uno o l’altro dei due lati P.4, PB. In tutto quanto segue i triangoli che si avranno a considerare s’intenderanno i sempre compresi entro l’emisferoide relativo a quello dei vertici che sarà indicato i con P. Per questo è necessario e sufficiente che gli altri due vertici siano contenuti entro la detta regione. 7.— Limiti superiore ed inferiore per gli elementi di un triangolo geodetico rettangolo. Consideriamo un triangolo geodetico PAB rettangolo in A, e indichiamo con bi, %s il massimo e il minimo valore della curvatura assoluta entro il triangolo, o | generalmente entro una porzione di superficie la quale comprenda in sè tutto triangolo. Pongasi : » Ù di 1 Ri=-= Ra= = 1 y A ’ 2 ’ PA,= PAPA —%; di det=— Pabi=*RBi=% 266 PAOLO PIZZETTI 12 Osserviamo che, essendo %, non maggiore di quel limite che nei numeri prece- denti è indicato con K,, e il triangolo PAB essendo compreso nell’emisferoide relativo a P, i lati PA, PB non potranno essere maggiori di 4 E,, il quale è alla sua volta minore di ul E.. Quindi gli archi P,A4,, P,B, sulla sfera S,, e gli archi PA, PB, sulla 5, non saranno maggiori di un quarto del rispettivo cerchio massimo. Facciamo corrispondere punto a punto gli archi geodetici AB, 4,B,, AB: in guisa che a punti corrispondenti competano uguali valori della «. Ciò è legittimo di fare in quanto che lungo l'arco AB (v. n. precedente) la w cresce di continuo da , ad «, e lo stesso avviene lungo gli archi A,B,, AsB.. _ Chiamiamo 0 l'angolo PBA; 0, 93 gli angoli corrispondenti sulle due sfere; integrando le (3') ed osservando che log sen &6=0, avremo: logsen0 = — ji n n du, N VANTO logsend, = — JE, Hi A du, logsendo = — i w -- du, ove gi Ys indicano le espressioni di g per le sfere S;, Ss rispettivamente. Sottraendo abbiamo: log neue sil (1 de se) du. Ora per quanto si è detto al n° 4, le espressioni integrande sono negativa la prima, positiva la seconda; quindi, poichè gli angoli @, 8,, 93 sono compresi fra 0 e * sarà: (32) 0,>0>@a. Indichiamo con v, v;, v» gli angoli in P, P., P: nei tre triangoli. Avremo, inte- | grando la (30): sea u lx Pe fi G tango. du. Scrivendo le espressioni analoghe per v;, v ed osservando che, per punti corr 01 spondenti, sono soddisfatte le (32) e di più (n° 2, osservazioni a e Rf): GVD> Va Finalmente, chiamando s, s,, ss le lunghezze rispett.® dei tre archi AB, AB; 3 AB, si ha dalla (28): “il Patt 11) = [he ed analoghe. così 13 INTORNO AL GRADO DI APPROSSIMAZIONE, ECC. 267 Quindi per la (32): (34) S1>S>S2. Dunque: fissate le lunghezze dell'ipotenusa e di un cateto di un triangolo geodetico rettangolo sopra una superficie a curvatura positiva, gli altri tre elementi del triangolo (cateto e due angoli) hanno valori rispettivamente compresi fra quelli dei corrispondenti elementi dei triangoli analoghi descritti sulle sfere î cui raggi sono 1:Vki, 1: Vks. O in altre parole: se per la risoluzione approssimata di un triangolo geodetico rettangolo, del quale sia data l’ipotenusa ed un cateto, si adoprano le formole di trigono- metria sferica, adottando successivamente come raggio della sfera 1:Vk, ed 1:Vks, si ottengono dei limiti superiori ed inferiori degli altri tre elementi del triangolo. Qui k,, ks esprimono, lo ricordiamo, il massimo e il minimo della curvatura assoluta nella regione occupata dal triangolo. I limiti 0,, 02, $1; 50, 1, 72 sono dati, com'è chiaro, dalle formole (1): ri . sen(u Vk,) = sen(uoV&k), seg; . sen(u ks) = Senlvo Via) 1 (85) © cosfsi)/t;). costuyX,) = costuk), cos(s,Vk>). costu#,) = costulk) coso; . tang(u/k,) =tang(wk), cosv,.tang(uV£:) =tang(wykg). Poichè, per quel che si è detto al principio di questo paragrafo, l’arco PB, non È È è > di un quadrante, sarà s1< E , © @ fortiori, per la (34) sarà s minore di questo limite. À 1° Esempio. — Si consideri sull’ellissoide Besseliano un triangolo rettangolo com- | preso nella zona fra i paralleli di 39° e 42° latitudine, e si abbia: u=300km —w=150km. î Le curvature assolute ki, ks alle latitudini 39° e 42° sio per semilogaritmi Di LA (prendendo per unità il metro): logV/ X,= 3,195 66120 — 10 = logl #,==3,195 51095 — 10. S1 i S9 ni 0m,0166, Vi = Va = 0/”,0456, 0, = 0, ni 0”,0228. ile differenze 0, — 03, 0 — 03; s1— 53 conviene ricorrere agli sviluppi in serie: o—0o,=(V% — Vi) e .. ed analoghi nia 1; utang(ul®,) — wtang(w Ve) — sstengle.) ) cotg(s Jbl = Ae — (2°— w)cotgo, +... E 2u hat MD Di sen(2u V%,) sii sen(2uo nia) eRengi 268 PAOLO PIZZETTI Me: 2° Esempio. — Il triangolo sia compreso nella zona fra 41° e 42° lat.°, e sia: u=100 km. w=50 km. Avremo: 5 logV/%, = 3,195 56130 —logV %,=-3,195 31095 — 10 SI = So = 02,00021, Vi ni Vo = 0”,0016, 0, i CA = 0",0008. 8. — Altra forma del risultato precedente. Caso di un triangolo geodetico qualunque. Possiamo presentare sotto una forma un po’ diversa il risultato del numero precedente. Poichè gli archi P, A;, 4,B, sono entrambi minori di un quadrante, si verifica facilmente (ed è geometricamente evidente) che nel triangolo sferico P, AB, | il lato « diminuisce e l'angolo 6; cresce al diminuire del lato /4:B;(= s;). Quindi, se lungo l’arco A4;B, spostiamo il punto B; in B;' in guisa che risulti : arco (A4,B,')= arco (AB) = s(P,B; A) = (chi >A. Analogamente sulla sfera S spostiamo il punto Bs lungo l'arco 43B; in guisa che: arco (43B3')= arco(AB)= s>s3; risulterà : arco (P,B.')>arco (P,B.)=w (37) angolo (PB, A.) <(P,BsA4) = 0s<0. Avremo così sulle due sfere i due triangoli rettangoli P,A,B,', PsAsBs' dei quali i cateti saranno uguali ai cateti del dato triangolo geodetico PAB; la ipotenusa e è due angoli di quest’ultimo triangolo saranno rispettivamente compresi fra la ipotenusa e gli angoli corrispondenti dei due triangoli sferici ora detti. Le disuguaglianze (36) (37) dimostrano veramente questo enunciato soltanto per quanto riguarda gli angoli in B, B,', Bs. Ma la cosa risulta dimostrata anche per. gli angoli in P, P,, P, assumendo come polo di coordinate il vertice B anzichè il vertice P. Ciò è lecito fare perchè (n. 6 in fine) il triangolo PAB è tutto contenuto nell’emisferoide relativo al punto B. o/M Tutte le cose dette in questo e nel precedente paragrafo restano inalterate puaganl i i triangolo PAB, invece che rettangolo, sia ottusangolo în A, e i triangoli corrispon- denti sulle sfere S,, Ss abbiano i loro angoli in A;, As uguali all'angolo PAB. Se l’angolo in A fosse acuto, il modo di paragone qui seguito non è più legittimo perchè il valore minimo della v lungo l’arco geodetico AB°sarà generalmente diverso dai minimi analoghi lungo A;B,, 4sB,. | (ES INTORNO AL GRADO DI APPROSSIMAZIONE, ECC. 269 Un triangolo PAB del quale gli angoli in A e B siano acuti può essere diviso in due triangoli rettangoli col condurre da P la geodetica PH ortogonale sopra AB. Si costruiscano allora sulla sfera S, la coppia di triangoli P,H\A;, P,H,B; rettangoli in H; coi cateti uguali a quelli omonimi dei triangoli PHA, PHB. E si costruiscano sulla S, i triangoli P,H,A,, P.H,B, colle analoghe condizioni. Avremo così sulle due sfere due triangoli sferici che avranno ciascuno un lato (4,B;, 43B:) uguale al lato AB del dato triangolo geodetico. Gli altri 5 elementi del triangolo. geodetico PAB saranno compresi fra i corrispondenti elementi dei due triangoli sferici. 9. — Paragone di un triangolo geodetico rettangolo con un triangolo sferico rettangolo descritto sopra la così detta sfera osculatrice in uno dei vertici. Chiamiamo per comodità e seguendo l’uso di taluni trattatisti, sfera osculatrice in un punto di una superficie, una sfera il cui raggio sia uguale alla inversa della radice quadrata della curvatura assoluta della superficie in quel punto. Paragoneremo ora il triangolo geodetico PAB, rettangolo in A, con uno sferico | P'A'B', rettangolo in A’ e descritto sulla sfera osculatrice in P. Il raggio di questa | sfera sarà l: VE, se, colla notazione del n. 2, chiamiamo X, la curvatura assoluta della superficie in P. Supporremo : 1 arco. (P'A)=(PA)=w, 3 arco (P'B')=(PB)=%, e; facendo corrispondere ad un punto M qualunque della geodetica AB il punto M' sull’arco di cerchio massimo A'B' pel quale arco (P'M')= arco (PM), avremo come 1 dg 1 do) dii o\g du g du qualsiasi della superficie si ha: |EK-—KlVa (1 vo 2) sarà: Vsen?y — seny, = V sen(y — yo)sen(y + Yo) >VA = di (1 n di si) Quindi dalla (42): hu — un8) sen (uo) ka) hu (8 — 8) dae o o'|_ Fu —uo)sen (ut ki) — rwolu — wo) ( ) I n° 122; les(u® — uo) i 12P,Va—=w dove si è posto: (44) P(1 — Ep, le P,. Posto: 3 = seny, l’ultima disuguaglianza può scriversi: 8 (43) le e| ed assume il valore massimo 0,656... per y= 49°.43'. Quindi in ogni caso: 3 (43) jo —e']<0,0548 42, 1 Si può osservare che, essendo u<%, queste diseguaglianze stanno ancora se in luogo di P, si pone: 6 Ri 1 Go È ku? che è minore del P, definito dalla (44). | Nel caso dell’ellissoide di rotazione possiamo porre: PB Medit Ze” La 1 i See Me e ed abbiamo: 4 | Stelo n } ai — e) (1 Sa Ts) a(1— e) Supposto u= 250 Km. abbiamo, per l’ellissoide Besseliano: |0—e"|<0”,0092. (28) e dalla analoga per la sfera abbiamo: ie MA ene Fngia HR cos® coso' du. | D'altra parte: AMEO SAIRRET i Dro enOn, così coso' ap 8) cos'0n 1 1 h così così’ < 12P gene 28 sen?0, (u ) costa, * sen*0, __—sen’yoseny cos”, } sen?y — sen?yg {5/2 * 272 PAOLO PIZZETTI * #18 Ed osservando che (sena):> x (1 = 2) con calcoli analoghi ai precedenti abbiamo: 1 sen’, . Unlu P cos'é Qu— 99 Î12 ove si è posto: i D 24 8 (47) o=P(1-t2)=(1-%%) (ta) Sostituendo nelle (45) (46) ed indicando, per maggior chiarezza, con x anzichè con v, la variabile d’integrazione: | Re gl | < huo? ls (2° = UoÎ) dx 12 Juo (a°— wo) Qe | Il 2° membro si accresce quando in Q, si attribuisca ad x il valore massimo «; sicchè: hu (Vale — wo) huo? u x°.dr o (U c.da ss 4 de = | = Luill —_ ——lj= | 12.0 Juo (@° — w?)f 120 | Juo Ve—uo 1a, di uo (2 + uo) Va — IRR Atos [È Va — ud 3, ut Via uè ot Va = ud } ie 2 11) 2 uilog Uo “o un tu Posto: do sen = pica dl 1 3 Y sen?y cosy ra VELI °° don? ale Sena DOSE F(1)= sen 1} g COST + g Sen Ylog cotg 3 LLpenti possiamo scrivere: Mt; hu (48) ls—-s'|< 120 F(1). Diamo qui i valori numerici della Y per alcuni valori di y: ti BT Y F(1) Y F(1) ( 0° 0, 30° 0,1956 60° 0,5003 . (a 10° 0,0174 40° 0,3375 70° 0,4303 20° 0,0810 500 0,4573 80° 0,2494 90° 0. Il massimo ha luogo per y=59°10' circa; ed è <0,5007. Quindi: | Co Is s']<0,048, Mi, bi so loh ciniengi geodetici essendo piccoli di fronte ai raggi di curvatura, quel divisore risulta ass poco diverso da 1 e non ha quindi un'influenza sensibile nel calcolo numerico del grado di approssimazione. Si può poi semplificare il calcolo osservando che, per essere u<%, Sarà: i o>(1-% k) (1- wk)>1— 4 uk 19 INTORNO AL GRADO DI APPROSSIMAZIONE, ECC. 273 e che le diseguaglianze precedenti restano quindi valide, se a @ si sostituisce: 4 11 uk. Q Gi uk Le formole cessano naturalmente di avere un significato quando @' si annulli, ciò che non avviene per valori di « inferiori a Va. Nel caso dell’ellissoide di rota- ‘zione schiacciato questo limite è: 31—- e) _—_ è pai fe &i logi i 5500 Km. circa per l’ellissoide Bessel. 11. — Continuazione — Confronto fra gli angoli P e P'. Indicando con v l'angolo APB e con v' l'angolo A'P'B' avremo coll’integrazione della (30) e della analoga per la sfera: AA (4 (tango tang@' SE È (49) v—-v= (È a cova ) . du i 1 ; “ divini Ù = fi (tangò — tang0) . du + (A tang0' ; _ 1) . du. Ora: tang0 — tango’ = (0 — @/) cos'e dove 0, è compreso fra 0 e 6’. Abbiamo un limite superiore del 2° membro ponendo per 6_ 6' il 2° membro della (42) e per 0, l’angolo 0, definito dalla (41). Così: 23: — %°) senò, LA |tang® — tang0'|< - * 19P coso Deducendo dalla (41) l’espressione di È è: ed osservando che g>+ sen(uVk,), Sa Vi i con calcoli analoghi a quelli del n° Li ilepaagi otteniamo : hugu(u? — un) 13 ra 7 9g | tango tang0 I E 12908 — MOVA __Indicando con 2, invece che con «, la variabile d’integrazione avremo quindi va E P n u ca — w) de Di (tang0 — tango’). du<—" a = uefa 0° | Abbiamo poi: pe 9g Il 1299 o” Ua PE da Lu? tango'< tang0, < Fawn! dove P.,=1 6 ki I 1 rai u? I99>x% sen?(uy k.)>u?P pi 3h Serie II. Tom. LVII. si 274 PAOLO PIZZETTI . 20 E poichè il prodotto PP, è maggiore della quantità indicata con Q, avremo: 1 ni == z| tang0'< huzgu? 120V = ww 2 l (È i 1) tango’. du< Iiryiirlesntan o den “o g 12 g uo Va-uì , Sommando questa colla (50) ed osservando che i secondi membri crescono quando nella Q, si ponga per « il valor massimo «, avremo finalmente: i hu (1 ( (2 — w8) ni ES O 2 na | | 12.9 Ja (e°— wo) y =} Eseguite le integrazioni e posto come nel n° precedente = = seny: hu? (51) lo 0 < 7 ; (Per A=43 il segno è indifferente) . E poichè ò è al più uguale a AA, e d’altra parte | BC— B'C'| è minore della somma dei secondi membri delle (54), avremo: (55) |BC— "O" << }" F(n) +2 F(r)t + Ca 4A = n sen (u, Ka) sen(B'+ romeno (4=4 4 0(N) +0 ®(ra){). e potrebbero analogamente calcolare i limiti superiori degli errori nel dali degli angoli B e C; le formole date nei nn. 9, 11 e 12 forniscono quanto occorre per un tale calcolo. 23 INTORNO AL GRADO DI APPROSSIMAZIONE, ECC. 277 Il limite dato dalla (55) è molto prossimo al vero valor numerico della «diffe- renza BC B"C', quando, come di solito avviene nelle applicazioni geodetiche, i lati del triangolo siano assai piccoli di fronte al raggio 1:VX,. Ma con calcoli meno complicati possiamo avere un limite superiore meno prossimo. Basta nella formola (55) porre l’unità al posto di sen(B'+...), sostituire uVE, in luogo di sen(u, VE) e alle funzioni F, ® attribuire i loro valori massimi 0,501 e 1,380 rispettivamente. Si ha così: (551) |BO— B'C"|< 0,043% (i SE = + 0,115 (5 +2). Per Q, Q, si possono porre i limiti inferiori: Q=1—--iuik, @=1- 5a. Per l’ellissoide di rotazione schiacciato si ha in particolare: 2eì aF(1 na ef 3) 1a e. li Pad: = , E per l’ellissoide Besseliano, assumendo per unità lineare il metro: log 0,043 % = 6,35082 — 30 J log 0,1154= 6,77805 — 30 log =%,=6,393630 — 20. 14. — Esempio. Sull’ellissoide Besseliano sia dato il triangolo ABC coi dati: un = AC= 250 Km., u,= AB= 200 Km., A=125°. Sia 42° la latitudine di A sicchè logV/K;= 3,1955109 — 10. Avremo colla (55’): log@, = 9,99943 — 10 log@,=9,99910 — 10 |BC— B'O"| < 07,041. Colla formola (55) si ha un limite notevolmente più basso. Abbiamo qui: uo = 102,5 Km. NA 90040 re F(r) = 0,210 F(13) = 0,065 ®(1,) = 0,88 ® (13) = 0,65 | Quindi dalla (55): |BC— B'O"| < 08,0105 {Si osservi che il lato BC è di circa 400 Km.). 278 PAOLO PIZZETTI DL 15. — Procedimento relativo a metodi più generali di risoluzione approssimata. Assunto sulla superficie S e nella regione limitata, intorno ad un punto P, nel modo detto al n. 6, il solito sistema di coordinate polari geodetiche, polo in P, ed assegnati due punti A(wo, vo), B(«, 0), il terzo lato s=(A4B) e l'angolo in B del triangolo geodetico PAB, considerati come funzioni di « e v, soddisfanno alle equa- zioni differenziali : d È) (1) 3, 7 0988, (2) > = 9.sen0. Poniamo ora che, mediante un procedimento qualsiasi, si siano espressi gli elementi s e 0 mediante le formole approssimate : | (3). s= S(U, 0; 0, do), 0 = B(w, v, vo, Vo) hi ! | dove i secondi membri sono funzioni finite insieme colle loro derivate di ordine qualunque rispetto alle u.e v, per tutti i valori v e v da 0 a 27, e per tutti i valori di ve u da 0 fino al limite massimo %; definito al n. 6. Affinchè le (3) diano una risoluzione approssimata «del triangolo geodetico, occorrerà naturalmente che quelle espressioni di s e @ sostituite nella (1) la soddisfacciano con una certa approssima- zione; e che le stesse espressioni sostituite nella (2) forniscano per yg una espressione, che diremo g', la quale, sviluppata in serie rispetto ad «, coincida, per un certo numero di termini, col noto sviluppo di g: d ia o g=> da ligt-.: (dove « è il valore della curvatura X in P, ed / il valore, per w=v, della derivata dK:du). Noi supporremo, in ogni caso, che le formole d’approssimazione (3) siano talî che l’espressione g' della yg dedotta dalla (2) per mezzo delle (8) soddisfaccia alle condizioni seguenti : 1° che, per u=0, gdr = lo di ; b: 2° che il rapporto # 7a assuma, per u=0, un valore indipendente da v; | 3° che la derivata À; h) dig assuma, per u=0, un'espressione della forma: g du a? lo cose + mo sen v dove 2, ed mo sono pei da v; forma : l, cosv + 2m; cosv. senv + n sen? © dove 2, mi, n, sono indipendenti da v. E così di' seguito. 25 INTORNO AL GRADO DI APPROSSIMAZIONE, ECO. 279 Quando tali condizioni siano soddisfatte, esisterà una superficie (*) .S' tale .che la forma del quadrato dell'elemento lineare di essa, in coordinate pol. geodetiche, sia della forma: ds ® = du? + g'*, de. Allora le formole (8), dato che soddisfacciano alla (1), risolveranno esattamente il problema del calcolo di s e 9 per questa superficie ausiliaria S'. Ciò posto, si calcoli colla formola : O) K=— la curvatura della superficie S'; e quella K della data superficie S si sviluppi colla serie: ON Ke a+ELa che, prolungata per un conveniente numero di termini, scriveremo nella forma: (55). K=f(u09)+R, dove È è il resto del quale intenderemo valutato un limite superiore L per ogni valore di «. Consideriamo ora la geodetica AM la quale sulla superficie S parte dal punto A(uo%) facendo un angolo retto col raggio geodetico PA, e analogamente sulla S' la geodetica A'M' che parte dal punto A'(uo v) ad angolo retto con P'A'. Facciamo | corrispondere punto a punto le due geodetiche AM, A'M', in guisa che a punti corri- spondenti M, M' competano uguali valori della w. Allora paragonando ciascuno dei due triangoli geodetici PAM, P'A'M' con un triangolo sferico rettangolo come si è fatto nei nn. 9, 10, 11, risulta che la diffe- | renza v —v' pei punti corrispondenti M, M' sarà al più eguale a: | (6) 0,115 09 (1 + Lu) | dove Re Q sono le quantità definite in quei paragrafi per la superficie S, ed #' Q' le quantità analoghe per la S'. Dalle formole (4) e (5') si potrà dedurre una espressione del limite superiore della differenza : È e ì pei punti corrispondenti M, M', osservando (è bene ricordarlo), che an coordinata w i p° attribuito lo stesso valore in @ e in (5), mentre alla v vanno attribuiti rispettiva- (4) È superfluo osservare che la natura di questa superficie ausiliaria dipenderà generalmente, ‘oltrechè dalla forma delle (3), anche dalle coordinate w% del vertice A deltriangolo geodetico dato sulla Sw 280 PAOLO PIZZETTI 26 mente i due valori v, v' la cui massima differenza è espressa dalla (6). Ottenuta così una relazione del tipo \K-K'| ZN AN CNHC CCN CNC CON oppure | CO CO HO.C CO NA NH NH dimostra che è il nucleo cianico C sotto forma di 0 che rimane; 7 NC.CN / NCH .CN | mentre se fosse l’altro gruppo cianico si dovrebbe avere un acido isomero: C°H5 = CH. 000H AD) CN . B?C x 4 | il che non è in questo. nè in altri casi. La formola (I) è dunque quella che ha il | maggior grado di probabilità. De Dai composti monocianici poi si dovrebbe allora ottenere un acido non azotato, | come ad esempio: "alta C°H5 | (© (EE [(009) H°C COOH Non ho studiato l’azione dell'acido solforico a diversi gradi di concentrazione sugli di alchilcianvinilacetici. Potrebbe essere un mezzo questo per arrivare agli acidi (III) R R i =cCH C=CH 0 boom e RHO door COOH door 7 CN - HCC : izza molto più difficilmente il gruppo cianico terziario: N 0-0 292 | ICILIO GUARESCHI 6 Lo stesso gruppo cianico secondario però diventa relativamente più stabile quando invece di essere attaccato a due atomi di carbonio diversi, si trova come negli acidi cianvinilacrilici attaccato ad un solo atomo di carbonio per due valenze, cioè come: =C=CH.CN come appunto anche nel geranionitrile: cH° CH? | Nc=cH.CHE? CH? C=CH.CN CH8/ Ciò non toglie però che se si prolunga l’azione dell’acido solforico si idrolizza anche l’altro gruppo cianico; ed è questa la causa per la quale in alcuni casi non si ottiene che poco prodotto. Se si parte invece dai composti bicianici saturi: RR mo C <> CNHC _CHON da me ottenuti dai chetoni coll’etere cianacetico, allora essendo identici i due gruppi cianici si saponificano egualmente ed il prodotto finale è un acido 88 dialchilglutarico R_R Sa HOCO . H°C. ©. CH?, COOH come ho dimostrato nella mia nota sovra ricordata e come farò meglio vedere in una seconda memoria su altri acidi glutarici bialchilsostituiti che in questo pal) ho ottenuto. La colorazione rossa che io già altra volta ho ottenuto dai composti: trovato la causa di questa colorazione. Gli acidi, { Sr; ACIDI MONO- E BIALCHILCIANVINILACETICI 293 b | in generale» non si colorano coll’acqua di bromo, come non si colorano i derivati a catena chiusa da cui provengono. f i Interessanti devono essere i prodotti di riduzione degli acidi cianvinilacetici bialchilsostituiti; dovrebbero dare gli acidi saturi: Ba; LI HOCOCH . CH . CH°. CN » A A da cui gli aBdialchildamidoacidi : LL È HOCOCH. CH . CH? CH?NH? 4 e da questi passare alle a ossi BY dia/chilpiperidine : "che per altra via non credo siano state ancora ottenute. In generale si osserva che gli acidi f monoalchilici sono quelli che dànno le ioni colorate più spiccate e che si alterano di più in presenza degli alcali. . Per quanto in alcune parti queste ricerche sugli acidi cianvinilacetici siano ora incomplete, pure ho voluto pubblicarle perchè molto probabilmente non mi Iperò più di questo argomento. IL Acido fmetilycianvinilacetico (sin. acido Yciano Bmetil butenoico). CH8 | | HO” CON ECC ='CHON) questo l’acido già da me descritto nella mia prima nota (1). disco: b PAT È c c come a suo tempo dissi, si prepara coll’aldeide acetica oppure decomponendo il com- 294 ICILIO GUARESCHI - 8 Un campione dell'acido purissimo, fusibile a 199°-200°, conservato in tubetto chiuso bene, dopo circa due a tre anni diventò di un bel colore azzurro d'oltremare; anche il vetro era colorato, iridescente. Un altro campione riparato anch'esso dalla luce si conservò meglio e colorò meno il vetro. Il sale di rame di quest’acido è caratteristico; si ottiene trattando la solu- zione acquosa dell’acido con soluzione di acetato di rame aggiunto a poco a poco; il liquido prima ingiallisce poi deposita dei cristalli pesanti che hanno sempre lo stesso aspetto, più piccoli se depositati rapidamente, più grossi se lentamente formati. I [N Dopo un certo tempo il liquido nel quale sono immersi i cristalli è violetto roseo che ricorda la reazione colorata del biuret. Sono cristalli di color gi bruno che ricordano le varie forme dell’acido urico. La figura qui unita può dare wi idea del modo di presentarsi di questi bellissimi e minuti cristallini. colorato posto che si ha coll’acetone. Per ragioni, che ora non è il caso di discutere, io ho provato, già da ter i 0 a preparare anche il derivato triclorurato: a (0)Ì / N i dia ef i . CN r co co - «i a A NH , facendo agire il cloralio o l’idrato di cloralio sull'etere cianacetico in presenza di ammoniaca; in questo caso la reazione è straordinariamente viva, tutta la massa EB sl diluita, col fosfato di sodio, ecc., la miscela PA e non sì riesce sa avere prod È una curiosissima reazione. Così sì comportano anche il bromalio ed il butileloralio. su questi fatti, tentando la reazione in solventi che non siano l’acqua. 9 ACIDI MONO- E BIALCHILCIANVINILACETICI 295 e Acido ametilg metilycianvinilacetico (sin. acido YcianB metilametilBbutenoico). CH? CH? {SEI HOCO.HC —C=CHCON Preparai quest’acido dalla metilcianmetilglutaconimide (achetoBcianymetilg'metil- a'ossidiidropiridina): i bd È 1 o dal suo sale ammonico che io ottenni nel 1895 (1). «Gr. 5 di metilcianmetilglutaconimide mescolati con 70 cm? di acido solforico al 60 °/, furono fatti bollire per circa un’ora e mezza. In una esperienza col sale am- — monico feci bollire 3 ore con 75 cm? di acido solforico; ma è bene non protrarre troppo l'ebollizione. Diluendo e lasciando poi a sè il liquido giallognolo si deposita una massa bianca che raccolta e lavata bene con acqua ghiacciata si ricristallizza | dall'acqua bollente. Si ottiene circa 1.7 a 2.5 gr. di prodotto in ogni operazione. Dal | sale ammonico ne ottenni 2.5 gr. I. Gr. 0.1738 di sostanza secca a 100° diedero 15.8 cm di N a 149.5 e 732.5 mm. II. Gr. 0.2018 diedero 0.4416 di CO? e 0.1184 di H?20. Da cui: trovato calcolato per C°H°NO? I II jo == — 59.78 60.43 E = — 6.56 6.47 Ne 10.41 — 10.07 Scaldato a 100° non perde di peso. L'acido ametilBmetily cianvinilacetico cristallizza in prismi aghiformi incolori o jppena lievissimamente giallognoli. Lentamente all’aria o in contatto del vetro si lora in violetto. È solubile poco nell’acqua fredda, più nella bollente, poco solubile nell’alcol e nell’etere. Fonde a 191°.5-192° in liquido quasi incoloro. Sublima in aghi È ; 296 A ICILIO GUARESCHI « 10 incolori brillanti, fusibile di nuovo a 191°-192°, e lasciando appena una lievissima traccia di residuo carbonoso. : L’acido puro scolora l’acqua di bromo; aggiungendo acqua di bromo in eccesso poi scaldando, il liquido si fa incoloro, poi continuando a scaldare diventa intensa- mente violetto e per raffreddamento dà precipitato cristallino giallo. Sciolto in acido solforico concentrato non si colora. La soluzione acquosa col cloruro ferrico non si colora, o lievemente, in violetto fugace, ma precipita in bianco, dando l’acido 1.2.3.6tetrametil.4.5-dicianortodiidroftalico, quasi insolubile nell'acqua ed il cloruro ferrico rimane ridotto a cloruro ferroso. Già a freddo, e meglio a caldo, riduce rapidamente l’acido fosfomolibdico, dando colorazione azzurra (1). - Neutralizzato con ammoniaca e lasciato all’aria lentamente si colora in violetto intenso, che in seguito a poco a poco passa al verde. Trattato con carbonato ammonico si scioglie con effervescenza e quasi subito si colora in azzurro chiaro che va di mano in mano aumentando e dopo alcune ore è di color azzurro cupo; la colorazione è molto intensa, specialmente verso la superficie. Alcalinizzato con ammoniaca e trattato con nitrato d’argento, dà un precipitato giallo cedrino che diventa subito roseo-bruno. Fu impossibile analizzare questo sale d'argento. La soluzione trattata col cloruro mercurico, dà un composto bianco, che non è — però calomelano. Coll’acetato di rame la soluzione si colora in giallo, e a poco a poco, continuando ad aggiungere l’acetato, dà un sale di rame di color giallo bruno che pare un sale neutro corrispondente alla composizione (C'HSNO?)?Cu. Un dosamento di rame sul sale, secco nel vuoto a 100°-105°, diede: Gr. 0.3851 di sostanza fornirono 0.0915 di Cu0O, pari a 0.0781 di Cu. Cioè: trovato calcolato per (CTH*NO?)?Cu Sr —. — 2 Cu 9/o 18.9 ALSSZ Quest’acido riduce prontamente il permanganato potassico. Riduce istantaneamente il cloruro d’oro. Non riduce il reattivo di Fehling. Il vetro della boccetta entro cui si conserva quest’acido si colora lentamente in magnifico color rosso porpora; l’acido però anche dopo tre anni ha mantenuto intatto il suo punto di fusione ed è rimasto quasi incoloro come era prima. È la lieve alca- linità del vetro che produce la colorazione. (1) V. la mia nota: Acidi 1.2.diidroftalici esasostituiti, in “ Atti della R. Acc. delle Scienze di _ Torino ,, 1903, vol. XXXVIII. ‘ 11 ACIDI MONO- E BIALCHILCIANVINILACETICI 297 II. Acido ocetilf metily cianvinilacetico (sin. aciîdoyciano8 metilaetilB butenoico). CH® È —=CH.CN C*H°. HO bo OH Lo preparo partendo dal sale di ammonio della metilcianetilglutaconimide: ci (0) ZN C°H°.HC _C.CN | | CO CO N.NH' Scaldo per circa 2 ore, 6 gr. di questo composto con 90 cm di acido solforico al 60 °/o mantenendo moderata e regolare ebollizione. Si sviluppa molto C0?. Dopo raffreddamento diluisco con ghiaccio e lentamente si deposita una polvere granulosa, bianca, cristallina, mista ad aghi prismatici. i Il prodotto raccolto e lavato con acqua fredda deve essere ricristallizzato dal- l’acqua bollente, ma bisogna farlo depositare presto, agitando e raffreddando per È: evitare che all’aria la soluzione si colori in violaceo. In ogni operazione ottengo 2.5 1 a 3 gr. di prodotto. Il calcolato sarebbe 4.7. Non perde di peso nel vuoto, nè a 100°-110°. i I. Gr. 0.1346 di sostanza secca a 110° diedero 0.3096 di CO? e 0.0894 H?0. | II. Gr. 0.1438 diedero 11.7 cm* di N a 11° e 738 mm. Da cui: trovato calcolato per C'H'NO? I II (CR 62.73 — 62.74 = 7.43 — 7.18 Ri = — 9,49 9.15 Quest’acido cristallizza in aghi prismatici o anche in prismi corti incolori, poco solubili nell'acqua fredda, solubili a caldo, poco nell’alcol, non solubili nell’etere o | pochissimo. Fonde a 175°-176°; scaldato rapidamente sublima senza quasi lasciar | residuo ed alle volte il sublimato si colora in verde e in rosso. Si comporta come acido monobasico : Gr. 0.1004 di acido furono neutralizzati da 6.4 cm3 di NaOH di cui 1 cm? con- teneva 0.0041 di Na0H, cioè 26.2 °/,; per C8H!NO? si calcola 26.1 O Serie II. Tom. LVII. mi 298 ICILIO GUARESCHI: - 12 Alcalinizzato con ammoniaca dà un liquido azzurro violaceo molto intenso dopo alcuni giorni; col carbonato sodico diventa prima roseo, poi violetto. La soluzione acquosa alcalinizzata con ammoniaca e trattata con nitrato d’ar- gento dà precipitato giallo cedrino che lentamente imbrunisce, e più presto a caldo. Assorbe il bromo; fatto bollire con acqua di bromo si colora in violetto e per raffreddamento dà prodotto cristallino bianco. Riduce a freddo, e meglio a caldo, l’acido fosfomolibdico, colorando il liquido in azzurro. Sciolto in potassa e poi trattato con solfato di rame non precipita, neanche se si fa bollire il liquido azzurro. > La soluzione acquosa non precipita col cloruro di bario. - Reagisce vivamente coll’acido nitrico e scolora prontamente il permanganato. La soluzione acquosa col cloruro ferrico non si colora o appena’ in violetto fu- gacemente (mentre la metiletilglutaconimide da cui proviene si colora in azzurro), ma bensì, anche dalla soluzione diluita, dà un precipitato bianco, in massa gelati- nosa, cristallina, costituito da «acido 1.2.3.6dimetildietildicianortodiidroftalico. IV. Acido ametilfetilycianvinilacetico (sin. acido ciano fetilametil Bbutenoico). C°H° 6 = CHON | CB°. HC coon Questo acido isomero del precedente (II) si dovrebbe formare dalla Bmetilycian-. glutaconimide: C°H5 | C N CH°.C C.CN Ì HO.C CO ” - NH che Sabbatani (1) ottenne dall’etere propionilpropionico con etere cianacetico ed aw- moniaca. fee Avevo a mia disposizione solamente un piccolo campione di Bmetily etilcianglu i taconimide pura, fusibile a 261°-262°, che era stata preparata col metodo Sabbatani dal Dr. Torrese. (1) £ Atti della R. Accad. delle Scienze di Torino ,, 1897, t. XXXII. 13 ACIDI MONO- E BIALCHILCIANVINILACETICI 299 Lo trattai col solito metodo, cioè con acido solforico al 60 °/0; sì sviluppò molto acido carbonico ed ottenni dopo diluzione del liquido acido freddo un prodotto quasi bianco che ricristallizzai dall'acqua bollente. Solubile in alcol e quasi nulla nell’etere, fondeva verso 200°; non era ancora puro e non l’ho analizzato. Con ammoniaca e nitrato d’argento dà precipitato giallo che quasi subito, a temperatura ordinaria, diventa di color rosso bruno. Riduce prontamente l’acido fosfo- molibdico con colore azzurro; assorbe il bromo, ecc. i V. Acido Bpropilycianvinilacetico (sin. acido yciano8 propil8 butenoico). CHE, CH?, CH? C= CHON H?C i doon È isomero dei due acidi precedenti metiletilcianvinilacetici. Si forma dal sale ammonico della propildicianglutaconimide: C*H" C i /N CN. î n . CN NH'0.C CO pd NH finta dall’aldeide butilica normale. ‘a Quando si scaldano 4 gr. del detto sale ammonico con 30 cm? di acido solfo- co al 60°/, si sviluppa molta anidride carbonica; dopo circa un'ora lascio raffred- e diluisco con acqua. Si deposita il nuovo acido in polvere cristallina; ricri- Izzata dall’alcol, in cui è molto solubile, si ha puro. Non bisogna adoperare troppo acido solforico nè prolungare troppo l’azione del trovato calcolato per C*HHNO? INPUT 94 9.15 300 ICILIO GUARESCHI 14 Quest’acido cristallizza dall’alcol caldo in prismetti o in aghi, alle volte si se- para anche in polvere che sembra NERE È discretamente solubile nell’acqua hol- lente, pochissimo nell’etere. Fonde verso -225°227° scomponendosi. Dà le reazioni degli acidi di RI gruppo in modo spiccatissimo, come il derivato Bmonometilico. Alcalinizzato con ammoniaca e trattato con nitrato d’argento dà un precipitato giallo, che lentamente a freddo, e rapidamente a caldo, diventa rosso-bruno. Assorbe il bromo e scaldato all’ebollizione con acqua di bromo in eccesso dà una magnifica colorazione rosso-fucsina. Col nitrito potassico colorazione azzurra intensa. Col cloruro ferrico colorazione e precipitato violetto intenso. i Col solfato di rame la soluzione acquosa dà precipitato cristallino in aghi giallo-ranciati. La carta entro la quale si sono asciugati i precipitati umidi, stando all’aria si colora in rosso-fucsina. VI. Acido gisopropilycianvinilacetico (sin. acidoycian8 isopropil B butenoico). CH(CH°? C=CHCN "i COOH Si ottiene dall’isopropildicianglutaconimide (sale ammonico): CH(CH?? | C /N Cani Da co Co SH NNH* no che si prepara coll’aldeide isobutilica. È isomero dei tre precedenti. si Scaldando 5-6 gr. del sale ammonico precedente con 90-100 cm? di acido sol- | foricdb al 60 °/, si osserva effervescenza, sviluppo di CO? ed il liquido rimane quas Ù incoloro, limpido. Dopo circa un’ora lasciando raffreddare non si deposita nulla, nem- meno dopo diluzione con acqua; solamente dopo alcuni giorni si hanno dei hei cri stalli che fondono a 177°-178° e che dànno tutte le reazioni degli acidi di questo gruppo. L'acido conservato a lungo imbrunisce. Non ne ho continuato lo studio. 15 ACIDI MONO- E BIALCHILCIANVINILACETICI 301 # VII. Acido apropil3metilycianvinilacetico (sin. acido ycianoBmetilapropilbutenoico). cH° | 6 =CH.CN È C*H . HC COOH j Ottenuto come gli acidi precedenti per l’azione dell’acido solforico al 60 °/, sulla _ metilpropilcianglutaconimide: N: Cc AN C*H".C C.CN HO.C CO INA NH 2 gr. di metilpropilcianglutaconimide con 25 a 30 cm? di acido solforico al 60 9/0. . Sì fa bollire per circa un'ora e mezzo, poi si diluisce e dopo completo raffreddamento | si raccolgono i cristalli che si ricristallizzano dall'acqua bollente. Gr. 0.1252 di sostanza secca diedero 9.8 cm* di N a 11° e 722 mm. Da cui: i trovato calcolato per C°H!*N0? 7 a edi gin “SI N % 8.98 8.38 Gr. 0.1178 dell’acido richiedono per la neutralizzazione con soda 1t. ({em:= 0.0041) 6.9 cm? cioè 0.02823 ossia 23.9 °%. Per C°H!8NO? = 167 si calcola Roo ==24:3. i Quest’acido cristallizza in prismi aghiformi incolori o lievemente giallognoli, mento di bromo che diede: CL) ai A È Gr. 0.1593 fornirono 0.1777 di AgBr da cui: trovato calcolato per C°H!#Br°N0® n —. Ps —. Bd 47.47 48.9 302 ICILIO GUARESCHI 16 x La quantità di bromo assorbita corrisponde però quasi alla quantità teorica: 0.5 di acido, ad esempio, assorbono circa 0.5 di bromo; che è quasi il calcolato per C°H!8NO? +4- Br?. : Questo acido bibromurato si ridiscioglie a caldo nell'acqua e poi ricristallizza in aghi. L'acido apropil8metilt Rei in soluzione alcalina ammoniacale recente dà col nitrato d’argento un bel precipitato giallo che diventa bruno anche a freddo. Coll'’ammoniaca, e lasciato a sò, diventa azzurro. In generale si colora cogli alcali. Sfregato col vetro ordinario, come ad esempio col tappo della boccetta in cui si con- serva, si colora in azzurro intenso. Col percloruro di ferro la sua soluzione dà un abbondante precipitato bian cristallino, costituito dall’acido 1.2.3. Caimi rano oftalico, ed il cloruro ferrico è ridotto a cloruro ferroso. La soluzione acquosa coll’acetato di rame dà abbondante precipitato rossastro, non ben cristallizzato. VIE Acido fessilycianvinilacetico (sin. acido YcianoB essil 8 butenoico). Gr. 5 di sale ammonico della yessildicianglutaconimide furono scaldati per circa 1 ora a 11/, con 30 cm? di acido solforico a 60 °/,. Si sviluppa molta anidride car- bonica. Lasciato raffreddare, diluisco con acqua, poi raccolgo il prodotto cristallino che lavo bene; il prodotto grezzo così ottenuto pesa 3.5 a 3.9. Da 5 gr. teoricamente si dovrebbe ottenere 3.7 di prodotto. Il prodotto grezzo ho trattato con acqua bol- lente in cui è pochissimo solubile per vedere se vi era dell’imide inalterata, ma non ne ho trovato. Allora ho ricristallizzato il prodotto dall’alcol a 60 °/, nel quale si scioglie abbastanza bene a caldo e cristallizza. Non sono riuscito ad avere un prodotto che fondesse entro limiti ristretti; tutte le porzioni ottenute fondevano a 175°-180°, ma davano segni di fusione anche prima. Non l’ho analizzato. Quest’acido si scioglie con effervescenza nel carbonato di ammonio dando quasi subito un precipitato cristallino e liquido azzurro. Scaldato lievemente con nitrito potassico si colora in azzurro. Assorbe il bramoy dando un acido bromurato incoloro, nella proporzione di circa Br? per 1 mol. di composto. Scaldato con acqua di bromo in eccesso, dà un liquido torbido, alquanto roseo, i che deposita goccie oleose. | Alcalinizzato con ammoniaca e poi trattato col nitrato d’argento dà precipitato giallo che molto lentamente a freddo e molto rapidamente a caldo passa al bruno-rosso. Ho tentato di analizzare questo sale d’argento raccogliendolo subito, lavandolo | poi e disseccandolo nel vuoto, ma durante le operazioni si colora e quando ho dosato — l'argento, tutto il prodotto era di color bruno scuro. 17 ACIDI MONO- E BIALOHILCIANVINILAGCETICI T13]08) IX. Acido $ fenily cianvinilacetico di | (sin. acido YcianoBfenil Bbutenoico). CH? i = CHCON die H°C . COOH Preparo questo bellissimo acido, che ho appena accennato nella mia prima me- | moria sugli acidi cianvinilacetici, in due modi: dalla cianfenilglutaconimide: C°H° Cc JR AN CN.C C.CN [tb NH*OC CO ZA NH Più conveniente è prepararlo da quest’ultimo corpo che si ottiene dall’aldeide oica con etere cianacetico ed ammoniaca. Gr. 6.5 di dicianfenilglutaconimide mescolati con 130 cm8 di acido solforico ) °/o sono scaldati sino ad effervescenza regolare per 1'/ a 2 ore. Il composto na sciolto comincia a sviluppare C0?. Dopo raffreddamento si ha una massa cri- llina bianca; diluisco con acqua, lascio a sè e poi filtro. Il prodotto ben lavato a pompa con acqua fredda si ricristallizza dall’alcol bollente. Il prodotto ottenuto \ a 8.5 gr., mentre se ne deve ottenere 4.7. 2 Questo acido è anidro. i I Gr. 0.1859 diedero 0.4758 di CO? e 0.0888 di H?O. MIDI: Gr. 0.1407, .., 0.3625 di CO? e 0.065 di H?0. ‘ Mearro569n 10.4 em? di N a 10°.7 e 739 mm. trovato calcolato per C'H°NO® I II III = 69.82 70.27 — 70.58 = 5.00 5.13 —_ 4.81 = _ — (69000 7.50 304 ICILIO GUARESCHI 18 L'acido ycian8fenilfbutenoico cristallizza dall’alcol in belle lamine incolore o lievemente giallognole; cristallizza bene anche dall’acido acetico glaciale; è pochis- simo solubile nell'acqua e nell’etere. Fonde a 256°-257°. Si scioglie con effervescenza nel carbonato ammonico dando un liquido di colore violaceo che quasi subito passa al bruno, poi rapidamente al verde smeraldo ed infine azzurro-verde intensissimo, cupo, stabile; anche dopo molti giorni il colore è intenso e forse più di prima. Coll’ammoniaca si ha la stessa reazione, ma riesce meglio col carbonato. Il liquido colorato precipita con acido cloridrico e rimane di colore azzurro; si ridiscioglie di nuovo nell’ammoniaca con colore azzurro. Si colora prima in violaceo, poi in verde col carbonato sodico. Non si colora colla potassa caustica, nè colla metilamina. Neutralizzato o alcalinizzato con ammoniaca e trattato subito con nitrato d’ar- gento dà un bel precipitato giallo verdognolo, o cedrino se è recentissimo, che a caldo passa subito al rosso scuro, e lentamente a freddo. Col nitrito potassico dà lentamente colorazione violacea-azzurra, poi azzurro cupo e non verde come la cianfenilglutaconimide da cui proviene. Assorbe il bromo nella proporzione di Br® per ogni molecola, ma non ho esa- minato l’acido bromurato che si forma. Fatto bollire con eccesso d’acqua di bromo dà colorazione violacea, intorbida, poi per raffreddamento dà cristalli incolori o rossi, mentre la cianfenilglutaconimide da cui deriva dà intensa colorazione rosso-violetta e liquido limpido. Riduce il permanganato già a freddo. Ho scaldato a 150°-160° per due ore a b. d’olio 1 p. di acido con 1.5 p. di ani- lina (circa 3 mol.) per vedere se si formava l’anilide o un prodotto di addizione di. questa. Il prodotto della reazione, molto colorato, ed esaurito con etere, dimostrò di | essere costituito da quasi tutto l’acido inalterato. X. Acido 8m. totilr cianvinilacetico (sin. acido ycianoB m. totil 8 butenoico). pen CH? m. C= CHON 9 LA ì Wi COOH Si prepara dall’aldeide m.toluica trasformandola in sale di ammonio della p.tolil- dicianglutaconimide: C°H*. CH? m. Pe ORO RETI NH‘0.C CO 19 ACIDI MONO- E BIALCHILCIANVINILACETICI 3805 Questo composto fatto bollire per due ore con acido solforico al 60 °% (circa 40 a 50 cm? per 3 gr.) sviluppa molto acido carbonico e dopo raffreddamento dà una massa solida, che diluita con acqua e lasciata a sè, si filtra e si lava alla pompa, poi si ricristallizza dall’acido acetico glaciale e bollente. A 110°-120° non si altera, nè perde di peso. Gr. 0.1570 di sostanza disseccata fornirono 9.9 cm? di N a 12° e 729.2 mm. Da cui: trovato calcolato per C'*H'!NO® INS) 7.2 6.85 L’acido Rm.tolilycianvinilacetico cristallizza dall’acido acetico in prismi corti pesanti, appena giallognoli, o quasi incolori. È insolubile nell'acqua, poco solubile | nell’alcol, insolubile nell’etere. Fonde a 255°-257° in liquido rosso. Si scioglie in | ammoniaca e la soluzione col nitrato d’argento dà un voluminoso precipitato giallo | fioccoso che a freddo non imbrunisce tanto facilmente; però dopo alcune ore è rosso- . bruno; a caldo il precipitato diventa rapidamente ranciato, poi rosso-bruno. | La soluzione alcolica si colora in violetto intenso col cloruro ferrico. n Anche questo acido assorbe una quantità di bromo che corrisponde pressochè al prodotto di addizione con Br?. XI. Acido feumilycianvinilacetico (sin. acido Yciano8cumilBbutenoico). C°H*. C°H' n. t I C=CHON Arce COOH Preparato dal sale di ammonio della ycumildicianglutaconimide: C°H*. C*H" n. FÀ DI È . CN CO CO iS N.NH* ottenuta coll’aldeide cuminica. | Gr. 4 del sale ammonico si scaldano con 70 em* di acido solforico al 60 °/. Dopo circa un’ora tutto è sciolto; si sviluppa regolarmente CO? e dopo circa 2 ore si cessa di riscaldare. Dopo raffreddamento si ha una massa compatta cristallina che diluita con acqua si lascia a sè. Raccolto e lavato, il precipitato si ricristallizza . dall’alcol concentrato. Serie II. Tox. LVII. ni 306 ICILIO GUARESCHI “120 Gr. 0.1550 fornirono 8.7 cm? di N a 15° e 734 mm. Da cui: trovato calcolato per C!*H!5NO® PP — N% 6.4 6.11 x Quest’acido è pochissimo solubile nell'acqua. La soluzione ammoniacale col ni- trato di argento si comporta come gli altri acidi del gruppo. Quest’acido fonde verso 240°, ma non bene. XII. i Pi Acido abenzilgmetily cianvinilacetico (sin. acido YcianoBmetila benzil8 butenoico). CH? 6 = CHON C'H°CH?. HC door Si forma in piccola quantità dal corrispondente derivato benzilico ottenuto dal- l'etere benzilacetacetico con etere cianacetico, cioò la benzilcianmetilglutaconimide (1). Non l'ho analizzato. Cristalli incolori, fusibili a 156°-157°, pochissimo solubili nell'acqua. Con ammo- niaca e nitrato d’argento dà precipitato giallo che imbrunisce a temperatura ordi- naria. La soluzione in alcol diluito dà precipitato giallo coll’acetato di rame; col | cloruro ferrico si colora in violetto e dà precipitato bianco. Assorbe il bromo, ecc. | È solubile nell’ammoniaca, colla quale si colora in verde-azzurro, poi in turchino intenso. Ho ottenuto anche gli acidi: REtil\cianvinilacetico : 2g» | C='CH... GN RE COOH aIsobutil'rcianvinilacetico: CH?.CH(CH*f C= CHON Di COOH \ 1#i (1) Sintesi di composti piridinici, ecc., “ Mem. della R. Accad. delle Scienze di Torino ,, t. LV, p. 299. sione Lo f î La, 21 ACIDI MONO- E BIALCHILCIANVINILACETICI 307 I a Isopropil Bmetilycianvinilacetico : j : RR A C= CHON CH3.HC | COOH aallitB metily cianvinilacetico : C*H5, HO | COOH ma solamente in piccola quantità e non li ho analizzati. Hanno però tutti i caratteri | degli altri acidi che ho descritto più sopra. «—_ . Dal composto: ù sono ancora riuscito ad ottenere l’acido più semplice della serie, cioè l’acido inilacetico o YcianoBbutenoico: CH=CH . CN H°C | COOH Im una prossima memoria spero di poter descrivere gli acidi BRdialchilglutarici, \ io già da alcuni anni ho preparato in modo analogo agli acidi ciandialchilvinil- ci, per l’azione dell'acido solforico al 60°/, sulle RRdialchildicianglutarimidi : RR SOA Cc gi sfociato di de) ibiope sat 00 dhe LAT Nec e it RT STO visi pi Ùù, ni RETTO SR RAS MIPAVCAI + Ata sali ARR Let xo, LA } ta Sela ont TL E è i) led. % > ati; iti pe sed0g ib evinpa: nni point bidotarbezio [blow iigs ognilanza aDbarg ii via at Luton paia atlon ih % Latta SULLA VELOCITÀ DI PROPAGAZIONE DELLE ONDE SISMICHE NEL TERREMOTO DELLA CALABRIA del giorno 8 Settembre 1905 MEMORIA DI G. B. RIZZO (con 2 TAVOLE) Approvata nell'adunanza del 17 Giugno 1906. I Ragione del lavoro. — Il giorno 8 settembre 1905, circa le ore 2 e 43 minuti di tempo medio dell’ Europa Centrale, un violento terremoto scosse una gran parte della Calabria e la regione orientale della Sicilia. La scossa fu particolarmente intensa dalla parte del versante tirrenico, lungo una linea che va da Aiello, nella BEotinca di Cosenza, a Monteleone nella provincia di Catanzaro. Moltissime abitazioni di contadini sparse nelle campagne e un gran numero di villaggi furono quasi interamente distrutti ed anche molte città furono così scon- È volte dal movimento del suolo, che la maggior parte degli edifizi, pure fra quelli più solidamente costruiti, crollarono a terra, o vennero tanto danneggiati, da non essere più abitabili. E moltissime furono anche le vittime umane: più di cinquecento persone perirono | miseramente fra le rovine e circa duemila furono più o meno gravemente ferite. Il grande disastro che colpiva tutta una sventurata regione, già tante volte i provata dal medesimo flagello, suscitò un profondo compianto negli animi di tutti, 4 in Italia e all’estero; e in tutte le classi sociali vi fu una nobile gara per recare | sollievo alla sventurata Calabria. S. M. il Re accorse fra i primi nei luoghi più i. desolati, soccorrendo i bisognosi, confortando gli afflitti e dando a tutti un bellissimo esempio di affetto e di sollecitudine. Il Ministro della Pubblica Istruzione incaricò di studiare questo fenomeno una — Commissione, nella quale ebbe cura di chiamare molti fra i più illustri cultori della . fisica terrestre e di quel ramo delle scienze naturali che comunemente si chiama la geodinamica. 310 G. B. RIZZO 9 Questa Commissione attende ora ai suoi lavori e, per quanto io so, ha preso a studiare la correlazione fra l'intensità del movimento sismico e le condizioni geologiche del suolo, ei fenomeni osservati in occasione della scossa, volgendo parti- colarménte l’attenzione alle variazioni di livello, che possono essere sopravvenute nei luoghi colpiti dal terremoto, per la qual cosa ha deliberato che si ripetano le misure delle quote dei punti trigonometrici della Calabria e della Sicilia. To che sono nato ed ho compiuto i miei studi ai piedi delle Alpi, in una regione dove i fenomeni sismici sensibili hanno una frequenza e una intensità di gran lunga minore che non nelle altre regioni d’Italia, ero a questi studi Homo novus; ma poichè la mia sorte ha voluto che fossi chiamato a Messina a insegnarvi la fisica terrestre e a dirigere un Osservatorio nel quale la parte sismica ha una importanza gran- dissima, ho creduto mio stretto dovere di dedicarmi allo studio delle varie questioni i che riguardano i terremoti, e con tanto maggior impegno, quanto, per il passato; era stata minore l’attenzione da me posta a questo ramo della fisica terrestre. Terminato l’anno accademico, mi ero trattenuto a Messina fino al principio del mese di settembre, a cagione dell’eclisse di sole del 30 agosto, intorno al quale avevo preparato alcune osservazioni e per attendere ai lavori di installazione di un nuovo sismografo all'Osservatorio: me ne allontanai il giorno 6 settembre, per recarmi ad Innsbruck, dove si adunava una Conferenza promossa dal Comitato Meteorologico Internazionale. Colà appresi la funesta notizia del terremoto della Calabria, che era . stato registrato da quasi tutti gli Osservatorii sismici disseminati sulla ‘superficie del globo, ed ivi stesso formai il disegno di questo lavoro, incoraggiato dai benevoli con- sigli di molti autorevoli cultori della sismologia, i quali, da ogni paese, erano pure convenuti ad Innsbruck, e furono tanto gentili da offrirmi, per il mio studio, i dia- grammi ottenuti nei loro Osservatorii. Appena finiti i lavori della Conferenza, ritornai a Messina il più presto che mi fu possibile e di qui intrapresi un'escursione nei paesi colpiti dal terremoto, parte a piedi e parte a cavallo, raccogliendo notizie e facendo osservazioni sui fenomeni che avevano, o che sembravano avere relazione col movimento sismico. Per un doveroso riguardo verso gli illustri Scienziati che formano la Commis- sione governativa alla quale ho accennato (parecchi dei quali io venero come miei maestri) non tratterò qui di aleuno degli argomenti che formano oggetto degli studi della Commissione medesima; e, per non oltrepassare i limiti che sono imposti per le Memorie dai regolamenti accademici, nel presente lavoro mi occuperò di una questione sola, cioè della velocità di propagazione delle onde sismiche generate dal terremoto della Calabria; il quale argomento (che ora per la prima volta, oso dire, sì può studiare con la necessaria estensione e disponendo di un ricco materiale di osservazione) ha una grande importanza per la conoscenza delle proprietà fisiche della crosta terrestre e può anche fornire degli elementi preziosi per risolvere. S dibattuta questione della origine dei terremoti. x Epicentro della scossa. — In un primo studio dei terremoti si è ammesso che i movimenti sismici si propaghino a guisa di onde sensibilmente sferiche intorno ad un centro di scuotimento, che si trova ad una profondità più o meno grande al disotto della superficie terrestre e al quale, come è noto, si diede il nome di ipocentro.. 3) SULLA VELOCITÀ DI PROPAGAZIONE DELLE ONDE SISMICHE, ECC. S11 Quando le onde hanno raggiunto la superficie terrestre, sopra un’area che in generale ha il suo centro sulla verticale passante per l’ipocentro, allora si propagano tutto all’intorno di quell’area, in modo analogo a quello con cui si propagano le onde che increspano la superficie dell’acqua. Si può dire che le onde sismiche si propagano intorno al punto in cui la verticale passante per l’ipocentro incontra la superficie terrestre, e a questo punto si suol dare il nome di epicentro. Ora il Suess (1) ha dimostrato che i movimenti del suolo e specialmente i ter- remoti dell’Italia meridionale si producono lungo certe soluzioni di continuità o fratture, che si sono aperte nella roccia più antica sulla quale si disposero i terreni sedimentari. Analizzando la successione e la distribuzione dei movimenti del suolo che furono prodotti nei memorabili terremoti della Calabria dell’anno 1783 e con- frontando questi risultati delle osservazioni sismiche coi rilievi geologici, il Suess ha dimostrato che una di queste linee di frattura percorre la Calabria e la Sicilia a guisa di un grande arco, quasi circolare, che, partendo da Cosenza, Rogliano, Girifalco, Terranova, S. Cristina, Oppido, Reggio, taglia la Sicilia da Al a Bronte, a Palizzi, avendo il suo centro nella regione delle isole Lipari. Oltre a questa frattura principale, che si può chiamare periferica, ve ne sono delle altre, presso a poco rettilinee, le quali irradiano come a ventaglio dal centro | della prima, intersecando la Calabria e la Sicilia: una, fra le altre, presso Rende in | direzione da SW a NE, un’altra dal Golfo di S. Eufemia a quello di Squillace, ecc. Nelle regioni, dove ciascuna di queste fratture radiali incontra la frattura | periferica, la roccia primaria presenta la massima libertà di movimento e, quando | ‘avviene una scossa, quivi si hanno come delle regioni ventrali di immani lamine | elastiche. Quivi sono più intensi i movimenti sismici e soltanto le diverse condi- zioni dei materiali sedimentari, la varia inclinazione della roccia primaria rispetto È all'orizzonte e poi il modo con cui sono gettate le fondamenta e sono eseguite le ‘costruzioni degli edifizi possono determinare la particolare distribuzione dei danni prodotti dal terremoto. Come ho detto, il Suess fu condotto ad ammettere l’esistenza di una frattura periferica che attraversa la Calabria da Cosenza a Reggio e poi si prolunga nella Sicilia, specialmente dallo studio della distribuzione dei movimenti del suolo durante | i terremoti dell’anno 1783; infatti, in quell’anno, le regioni disposte lungo questa linea furono quelle che provarono i massimi rivolgimenti. Ora dall'esame della . distribuzione dei movimenti del suolo nel terremoto dell’anno 1905, di cui ci occu- | piamo, sembra manifesto che, oltre alla linea di frattura periferica di cui parla Suess, ve ne debba essere un’altra, nella concavità della medesima, la quale par- Monteleone, Cessaniti, ece. Infatti, nell’ultimo terremoto, lungo questa linea si ebbero i movimenti più terribili, i maggiori danni, le repliche più frequenti e più intense. È Per lo studio della propagazione del movimento sismico alla superficie terrestre siamo ammettere che il centro di. propagazione, a cui si può conservare il nome fo) E. Surss, Die Erdbeben der Sùd-Italien, “ Denk. d. Wiener Akad, d. Wiss. ,, XXXIV, 1, pag. TE 15; e nell'opera: Das Antlit: der Erde, Bd. I, Leipzig, 1885. 312 : G. B. RIZZO 4 di epicentro, sia stato nell'incontro della seconda linea di frattura periferica con la frattura radiale passante per il Golfo di S. Eufemia e possiamo ammettere che sia determinato dalle coordinate seguenti: o, = 38° 50" N No = 16° 6' R. Ora della scossa. — Le diverse relazioni intorno all’ora in cui avvenne la prima scossa del terremoto, che fu la più forte, dànno dei valori generalmente com- presi fra 2*40" e 2°50%, la maggior parte dànno 2° 45". Una così grande disparità - nelle ore segnate dipende quasi in tutto dallo stato degli orologi. Si otterrebbe forse un valore poco lontano dal vero, prendendo la media di tutti i valori segnalati; ma possiamo stabilire l'ora esatta della scossa seguendo un’altra via. I due Osservatorii sismici più vicini all’epicentro, nei quali si facciano rigorose determinazioni di tempo, sono quelli di Messina e di Catania, che si trovano rispettiva- mente alla distanza di 84 Km. e 174 Km. dall’epicentro. Ora gli istanti in cui il movimento pervenne a questi Osservatorii sono esattamente determinati e si ha per Messina : Dad 30198 (t. m. E. C.) e per Catania: 2 43 30. 5. 3 l La media velocità apparente, con cui l’onda sismica si è propagata dalla distanza di Messina a quella di Catania, è dunque di Km. 6,9 al minuto secondo. a Ammettendo che la velocità di propagazione dall’epicentro a Messina sia la stessa, come da questa città fino alla distanza di Catania, si avrebbe quale istante della scossa: 2° 43% 55. Ma questo è un valore troppo basso, perchè certamente la velocità di propagazione del movimento dall’epicentro a Messina fu più grande che non fra le distanze di Messina e Catania, perciò il medesimo va considerato come un limite inferiore dell'ora che cerchiamo. i D'altra parte potrebbe darsi che, essendo sufficientemente profonda l’origine della scossa, od essendo questa molto estesa lungo la linea di frattura periferica, il movimento fosse arrivato a Messina con pochissimo ritardo, dopo che giunse all’epi- centro, e allora si avrebbe per l'ora della scossa un valore di poco inferiore a 2% 43% 178 | e questo va considerato come un limite superiore; perciò possiamo ammettere che. l’ora probabile in cui avvenne la scossa sia 2° 48% 115 (1). Nel fare i confronti con le ore in cui avvennero le registrazioni negli Osser- vatorii sismici, siccome per molte di queste ore l’approssimazione è limitata al decimo di minuto primo ed è inoltre opportuno riferire tutte le ore al meridiano di Greenwich, terremo come istante della scossa del grande terremoto Calabro del giorno 8 set- tembre 1905 1h.430,9 (tempo medio civile di Greenwich). (1) Il valore così trovato concorda bene con quello che si può dedurre, a lavoro compiuto, conoscendo la velocità media di propagazione del movimento sismico per î primi 100 Km. intorno all’epicentro. Questa velocità risulta uguale a 20,8 Km. al min. sec., perciò si otterrebbe come istante della scossa 2% 48% 135, E prendendo il valore medio, si ottiene: 22 43% 12? (t. m. E. C.). 5 SULLA VELOCITÀ DI PROPAGAZIONE DELLE ONDE SISMICHE, ECC. 313 Estensione del movimento. — Il terremoto che recò tanta desolazione nella Calabria, si propagò, con intensità sensibile all'uomo, da una parte fino alla costa orientale della Sicilia (Messina, Catania, Siracusa) e dall’altra a tutta la Basilicata, a Lecce, a Bari, a Foggia, ad Avellino, a Salerno, Napoli, Benevento: ma la scossa fu tale che il movimento, sotto forma di ondulazioni percettibili cogli strumenti sismici, si estese a quasi tutta la superficie terrestre. Tutti i direttori degli istituti dove si fanno osservazioni sismiche, anche quelli che non ho ancora l'onore di conoscere personalmente, mi hanno mandato le loro osservazioni, con una bontà e una cortesia di.cui sono loro molto grato. Molti vi hanno aggiunto le copie, od anche gli originali delle registrazioni ottenute il giorno del terremoto ed ebbero eziandio delle benevoli parole di incoraggiamento per me e delle espressioni di simpatia per il nostro paese così dolorosamente colpito da quel flagello: io serberò sempre un caro ricordo della loro gentilezza e vivamente li ringrazio (1). i Per lo studio della velocità di propagazione dei movimenti sismici ho potuto disporre delle osservazioni fatte nelle stazioni seguenti: accanto al nome di ciascuna stazione vi è il numero d’ordine, secondo le distanze crescenti, a partire dall’epicentro, col quale sono poi riassunte, in altrettanti quadri, le rispettive osservazioni. } - Italia. Caggiano (Salerno) . . . . . [3] Pavia. RA AN 5) ee... La. a a MI Quarto-Castello (Firenze) . . . [18] dii, OTTO [2] Rocca di Papa (Roma) . [6] Me e... 112] Salo iBrescia) 0 Slan e 22] Mr a... [5] STEIN PEA A [9] e... .. [1] Oo oe i IO] MijiNimco (Catania) . . . . .. [4] Une i [8] — Padova . ser. ID. [20] Venezia a etalo elleb o/e0129 [18] Europa e regioni finitime del Mediterraneo. ° Achalkalaki (Asia) . . . . . [50] TRA IRR RO 171) mnncco 0. . . .. . . [41] Dorpat AS A A ein 10] TIVA ta RE OE RARO ATA 152] bs (Asia) . . . .... [46] Rimase Raiti Sh diete es pLSI] el; RE A LE] Gapunioenie:® Liza zii dla Medi 40598] I E POL CASI ERO Re E (DO) Mito) 0 [42] Heerenveen 99) i i SAM [47] E e I RI I2TRO] a Mauritius (T. F. Claxton F. R. A. S.), Quito (Gonnessiat), Rio Janeiro (A. Silvado), Zi-ka-wei L. Froc. S. J.); o nelle quali non si ottenne alcuna registrazione a cagione di qualche inconve- e accidentale: Charcow (L. v. Struve), Nikolajeft (L. Kortazzi), ecc. Delle osservazioni magnetiche, e mi vennero anche gentilmente mandate da molte stazioni, farò uno studio a parte. Serie II. Tom, LVII. o! S14 G. B. RIZZO 6 Téna, a10ishiv4ab alinet 4o03 bdo at08/26) PuntatDelgadan Sol omolanotai [57] Kiet nile &nî.- 300 el SI Ste'ernandoli 206. peo pe gene Krememilnster tti © RIF 6] Saralevo attrae ASuSIO Mess DI [7] Monaco, di. Bavieta a, Mr NIERIRe Sthides a he, ciao RR Lipsia. ic Horse (cidienea Sieenni SI DErasburgo,.: Le spericaga La a Liverpool!" Sire e RI Temesvafiy ci sas o Casse e «> Lubiana i A Roi Tifis (Asta) ii ea O 0*-Gyalla 20 MER Ao] WOPBONRE pn A PERO TRAINA ii Mosca? 5, SLEtà IRR TIA NN] Tirdestiet: 10, Se IAA Ng Payfly 08 4 IU E, MII WEolon st TE MARRA O REA LI Pla venti Vee, Ri IMA BAI Upsala 1 1 alto AE Pola "3 PILAR: Rd SD: AMA, SDA] Vienna! WERE. O at AO a Potedam9!giu RAHIszi oo 40041 Ala9] Altre regioni. Apia; Rainoa).;n o. tana alii Manilla (Is. Filippine) . [72] Baltimora (St. U. A.) . . . . [64] Osaka (Giappone) [70] Batavia (Is. Giava). . . . . [73] Perth (Australia Occ.) . [76] Bombay Geni e A MO] Pilar (Argentina) [75] 8 Calcutta (, ; [62] Takubaya (Messico) . [74] I Capo di RE Siermii (Africa) [67] Taschkent (Russia As.) [58] 6 Cheltenham (S.U.A.). . . . [65] Tokyo (Giappone) Mia Christchurch (N. Zelanda). . . [79] Toronto (Canadà) ; [63] Honolulu (Is. Sandwich) . . . [77] Trinidad (Picc. Antille) [68] Kodaiksnal (India) . . . . . [61] Victoria (Canada) [69] Irkutsk: (Russia (AB)... N60] Vieques (Porto Rico) [66] Calcolo delle distanze. — Per calcolare la distanza di una stazione dall’epi- centro ho determinato prima l'ampiezza dell’arco di circolo massimo che passa per Ù l'epicentro e per la stazione considerata. vel Se si indica con a questo arco, con 9, e \ le coordinate geografiche dell’epi- | centro e con @ e ) le coordinate medesime per l’altra stazione, si ha, come è noto: cosa = sing sin®y + cosg cospy cos(A — My). Ottenuto a, se ne deduce facilmente la distanza lineare d misurata sulla circonferenza a del circolo massimo, moltiplicando per a la lunghezza del grado medio del meridiano. E per ottenere la distanza d’ misurata lungo la corda basta Rpplicazos una notissima proposizione di trigonometria. Si avrà pertanto : d=. 1115307 X a d' = 12733F% XX sin 5 ; 7 SULLA VELOCITÀ DI PROPAGAZIONE DELLE ONDE SISMICHE, ECC. 815 IL Riassunto delle osservazioni. Negli specchi che seguono ho riassunto tutte le osservazioni che mi sono per- venute intorno alle registrazioni sismiche, alle quali hanno dato luogo i movimenti prodotti dal terremoto della Calabria. In generale queste osservazioni si sogliono raccogliere secondo schemi differenti, nei differenti paesi; ma ho cercato di ridurle ad uno schema unico, adottando quello che, nelle notazioni, mi parve più vicino alla nostra lingua. Spiegazione dei segni. — Il carattere della scossa l’ho indicato, per quanto riguarda l’intensità, nella scala del Mercalli da I a X; gli indici 1, 2 e 83 si rife- riscono all’ampiezza della registrazione, indicando con 1 una registrazione debole, | con 2 una mediocre e con 3 una registrazione grande. Ho poi indicato | con »v la registrazione del terremoto vicino (vicimus) g rato "a È A lontano (remotus) | prot 5 E lontanissimo (ultimo remotus). i Riguardo alla fase (1), P indica il principio della prima fase preliminare (undae primae) S Di , seconda; a (undae secundae) L : 5 n fase principale (undae longae) M 3 i ; fase massima (undae marimae) C È 7 n fase successiva (coda) F È il termine della registrazione (finis). (1) È noto che, se si analizza la registrazione di un terremoto in una stazione vicina all’epi- | centro, si vede che le onde incominciano tutto ad un tratto, con un'ampiezza più o meno grande e con periodo rapido, poi vanno gradatamente diminuendo di ampiezza (salvo il caso in cui si | suecedano diverse scosse) fino a smorzarsi completamente. Quando ci troviamo ad una certa distanza dall’epicentro, allora si vede che la registrazione delle grandi onde, che ora si son fatte più lente, è preceduta da altre più piccole e più rapide, le quali costituiscono la fuse preliminare della registra- zione sismica. A distanze più grandi la fase preliminare si scinde in due parti: la prima (che diciamo prime fase preliminare) è costituita da vibrazioni rapidissime e di piccola ampiezza; poi viene la seconda (Geconda fase preliminare), la quale consta di vibrazioni più ampie e più lente. La fase principale è la parte più cospicua della registrazione e comprende uno o più massimi generalmente ben definiti, con periodo che diventa sempre più lungo col crescere della distanza dall’epicentro. Quando termina la fase principale, si ha ancora una nuova serie di oscillazioni poco ampie, le quali si distinguono per una maggiore lentezza del periodo. Nei sismogrammi dovuti a movimenti di origine molto lontana, specialmente con certi sismo- fi che sono più sensibili alle onde più lunghe, la prima fase preliminare riesce talora così debole, che non è più visibile. 316 G. B. RIZZO 8 Le lettere N od E poste come indici significano che la fase corrispondente è stimata sulla direzione N-S o nella direzione E-W ; l’indice V denota la componente verticale. Quando vi sono diversi massimi sono indicati con altri indici M,, M,, ecc. Il simbolo ? (impetus) significa che la registrazione è netta, precisa; e (emersio) significa che la registrazione si produce o cambia di carattere quasi insensibilmente. T è il periodo dell'onda sismica; A l'ampiezza della oscillazione. i t; è il tempo trascorso fra l’istante della scossa e la fase P, Ta 3 È È - P A S, T 3 n o î 5 ì L. 3 Nei diversi quadri, oltre ai dati che riguardano la stazione d’osservazione e la sua distanza dall’epicentro, vi è qualche indicazione intorno al sismografo adoperato e alle costanti del medesimo; 7) indica il periodo d’oscillazione ed I l’ingrandi- mento strumentale. 1. — Messina. Istituto di Fisica terrestre della R. Università (G. B. Rizzo). = 38° 12" N; A= 15° 33' E. p a= 0° 45 d= 84 Km. d'= 84 Km. Sismografo “ Agamennone , a due componenti; 7) = 85.9. Ora dI Carattere | Fase A VII I i | Osservazioni Per la violenza dell’urto le pennine furono lanciate via. " | | I i | si | 19490 17° | | 2. — Catania. R. Osservatorio Astronomico ed Etneo (prof. A. Riccò). @=87°30° N; \= 15° 5' E. a,=19,84' d= 174 Km. d' = 174 Km. Grande sismometrografo “ Agamennone , e microsismografo “ Vicentini ,. Carattere Fase Ora | HR A Osservazioni IVI i 1° 48 305 Sul sismometrografo. mi Me i MIRI Tr Sul microsismografo “ Vicentini , — Ti="t == 02,3. 9 SULLA VELOCITÀ DI PROPAGAZIONE DELLE ONDE SISMICHE, ECC. 817 8. — Caggiano, Salerno. © Osservatorio Meteorologico-Geodinamico (P. ALLARD). L i = 40084 N; \= 15° 30° E. cie= MOLE d= 200 Km. d' = 200 Km. Sismografo “ Agamennone ,,. | Fase | Ora | sE | A | Osservazioni Carattere i | | È IV i JP 44m Q5 | | | Gli stili scriventi furono lanciati via. i | | Ì d ; mi = = II 4. — Mineo, Catania. i Osservatorio Meteorologico-Geodinamico (Cav. Uff. G. Guzzanti). ” È , È o= 87° 15 N; X\= 14044 E. È oi 19/50: d= 215 Km. d' = 215 Km. di .Sismometrografo “ Brassart ,,. 4 | Carattere Fase Ora | | Osservazioni ko pi Î | — PTRATALI î 1° 39m | L'ora è incerta per un guasto all’o- SR | rologio ed è evidentemente errata AO | in meno. Mi sir —L’Etna si mantenne calmo. ‘A cagione dell'errore del tempo non si sono calcolati i valori di 1. a 7 5. — Ischia, Napoli. 90) . . . a R. Osservatorio Geodinamico (prof. G. GRABLOVITZ). p= 40° 44 N; \= 13° 54' E. ; A a 2007 2973 Km. '— 972 Km. Pendoli orizzontali di Grablovitz; Vasca sismica, ecc. Fase Ora a | A Osservazioni 1) te ar Gli stili uscirono dal campo della re- M 1 45 gmm 9 DazIone i n ampiezza massima F 2 30 è dedotta dalla vasca sismica. Tg 97 318 G. B. RIZZO 10 6. — Rocca di Papa, Roma. R. Osservatorio Geodinamico (prof. G. AGAMENNONE). p= 41° 46 N; A= 12043’ E. ai=19° 54 d= 434 Km. d' =433 Km. Grande sismometrografo “ Agamennone , a doppia velocità. Carattere Fase | Ora | TP: | A Osservazioni Tin P 1° 442 Q0S Si assume come istante di Z quello dh, lr) in cui si iniziò la grande velocità. me= = (048 te Il 7. — Sarajevo, Bosnia. Osservatorio Geodinamico (F. BaLnir). p= 43052: N; N—18%27H: ai 59208 d = 594 Km. d' = 592 Km. - Microsismografo “ Vicentini , a due componenti. Carattere Fase Ora Th) A Osservazioni I, v E: 1° 461328 Deve esservi qualche errore nello S 46 49 stato del cronometro o nelle let- TE 47 33 ture. L’istante della fine della registrazione non è ben determi- M 49 28 1.0 | 70m) Sio pig VE) 2 29 m=98n8 e R30 8. — Urbino. Osservatorio Meteorologico-Geodinamico (prof. T. Ampi). p= 4399043" N; X\= 12038 E. ui—199921 d= 616 Km. d'— 614%: Sismometrografo “ Agamennone , a doppia velocità, T,= 25,5; = 12. 7 Carattere Fase Ora 1h A Osservazioni IO) Je , 1° 44m 75 Una variaz. di velocità non permette. di determinare gli altri elementi. | Ti= Qm.9, 11 SULLA VELOCITÀ .DI PROPAGAZIONE DELLE ONDE SISMICHE, ECC. 319 9. — Siena. Osservatorio Meteorologico-Geodinamico della R. Università (prof. S. Lussana). pi 43020 N; di Ilo:20" BI di {00 45) d= 640 Km. d' = 638 Km. Microsismografo “ Vicentini , a due componenti. È Ù La ” “i Carattere Fase Ora | D A Osservazioni E: | da I3, | Je 1° 442 55 | Le ore sono alquanto incerte a ca- M 47009 45m gione di un errore di parallasse. o =, È 10. — Atene, Grecia. Osservatorio Astronomico (prof. D. EeINITIS). di. @ = 3872058 N; A= 23° 44' E. ì a =(09 87 d= 673 Km. de= (6/1 4 — —Sismometrografo “ Agamennone , a doppia velocità; T = 28.7. Li delic 4 | Carattere Fase | Ora Thi A Osservazioni DE 1° 44m 4s Vi è qualche incertezza nelle ore, L 45 5 a cagione di un errore di paral- M 46 7 24 | 9Qum lasse non ben determinato. Tee ARS Ti" (2003, 11. — Carloforte, Cagliari. Osservatorio Internazionale delle Latitudini (dott. L. VoLTA). BEER (299 8GNI; N=80170E. oi 6%: cia d' = 675 Km. rosismografo “ Vicentini , a due componenti; 7,= 15,1, Lh= 50. Fase 2a Ora Ti Di Osservazioni p. 1h 44m 45 certezza dell’ora +0%,15. L AO, M 46 85 TREO elite de ah e 7 TSO 320 G. B. RIZZO 12 12. — Firenze. R. Osservatorio del Museo (prof. 0. PirTEl). O ASA0ENGEN MON ANTA d = 682 Km. d' = 680 Km. i Sismometrografo “ Agamennone , a doppia velocità; To= 835.5; Z.== 10. Carattere Fase Ora gp cai Osservazioni I, P JR 4470 345 Si assume come principio della Wi 46 12 fase L l'istante in cui Incomincia -— M 47 36 79 |1]9nm la grande velocità. c SOON di 20 mi Li Tt==9m0. 18. — Quarto-Castello, Firenze. Osservatorio Geodinamico (R. STIATTESI). p.= 43° 49 N; A.= 11941 E. oi (60.6 d= 688 Km. d'= 686 Km. Pendoli orizzontali “ Stiattesi ,, modello massimo; (Z)y= 214, (Do)e=174; Li=" 50. Carattere Fase Ora 1P. A Osservazioni | = I, 0 Px 1° 44m 295 33m | L’A. dà come ora di Py 1° 43199, TÉ 4633 con lo stesso anticipo per le altre; N : LA 3 mM. 185 14.6 | 460 ma evidentemente vi è stato l’er- N ° rore di 1" nello scrivere i tempi % dio 49 sulla striscia del sismografo. 15 t,=1%3 T1=304, 14. — Pola, Austria-Ungheria. I. R. Ufficio Idrografico, Sez. Geof. (W. KessLITz). p= 44052 N; A= 13050’ E. a= 6° 16 d= 698 Km. d' = 696 Km. \ Microsismografo “ Vicentini , a tre componenti; Zo= 15,2; V)s=d)e=101, A)ve=145. TRO Carattere Fase Ora | IH A Osservazioni T,,v Py TA ZERI A cagione della rapidità del movi- Ji 45. 53 mento non si può determinare si M. 48 00 66m periodo nelle prime fasi. { N Mx ARTIST 56 F MIZLO È T,= TE T= Dea US SULLA VELOCITÀ DI PROPAGAZIONE DELLE ONDE SISMICHE, ECC. 821 A 15. — Fiume, Austria-Ungheria. dd I. R. Accademia di Marina. p= 45020’ N; \= 14°26' E. USA a= 6° 32’ d=727 Km. d'=725 Km. } dA 7 Microsismografo “ Vicentini , a due componenti. Osservazioni P 9° 45m 008 S 46 10 % s P= 1h 470 485 = ; = bl 41 Lg 03 24 L= 58 24. Mi ? PO «Ms ? Cipsnn Mo 56 42 ; TA TI=19110 e = 50. — Achalkalaki, Russia. Filiale dell’Osservatorio Fisico di Tiflis. == 410024 Ni =143027% HR od == 20° 59' d=2336 Km. d' —=2319 Km. A | Osservazioni La fine della registrazione è incerta. 994 G. B. RIZZO 26 51. — Upsala, Svezia. Istituto Meteor. della R. Univ. (prof. H. H. HirpeBrANDSSON Dir., dr. F. AxERELOM). p= 59° 51 N A—17°38" EH a=21°2" d= 2341 Km. d'= 2324 Km. Pendolo astatico del Wiechert colla massa di 1000 Kg. Carattere Fase Ora T A Osservazioni o: iP 1° 47° 505 (My) dà l’istante-in cui, per lam- i8 bl 44 8-12 | 230 piezza della registrazione, lo stilo DL usi VS scrivente uscì dalla carta. va (My) ITS 12 >800 Mx DO 12 Cc 10-15 F 3 50 = 14006 Ta ORO TEM. 52. — Edimburgo, Scozia. Osservatorio Reale (F. W. Dyson, M. A., F. R. S. Dir., Ta. Hrar Osserv.). p= 550560 NE N31 Wa PIA =IR= 28590 Pendolo orizzontale del Milne, sensibilità 1®® per 0.69. Carattere Fase Ora Ti A Osservazioni [n E 1% 48” 05 L'istante di L ritarda 0" 4* su quello Ss a indicato nella Cire. N. 13 della % 64 4 Brith. Ass. e fu nuovamente cal- M. 57 1 gm E colato sul sismogramma. Al al . Ms 200 0 17.0 (0) IL F 9 sil Ti = 48 RS A met 53. — Paysley, Scozia. “ The Coats Observatory , (DAvine CrIiLLEY Superint., DonALp MACLEAN). p= 55° 51 N A 4026 Wa = 21748 9 — 2426 Ama 0 24050) Pendolo orizzontale del Milne, sensibilità 1" per 0'.55. | Carattere Fase Ora di A | Osservazioni Tg, 7 IP. 1h 472 85 Gli elementi qui riportati, che sono Ss ir dedotti da una copia del sismo- 17 ERE gramma gentilmente inviatami, È differiscono alquanto da quelli M SY 182%.0| pubblicati nella Circ. n.13 della — M PALO 16.0 Brith. Ass., dove, ad esempio, per. loi 4 12 una svista è data come ora di L F SES quella di S. TSO Te TU 27 SULLA VELOCITÀ DI PROPAGAZIONE DELLE ONDE SISMICHE, ECC. 335 » P° 54. — Tiflis, Caucaso, Russia. Osservatorio Fisico (S. v. HLaseg Dir., P. E. STELLINE Ass.). : p= 41° 43' N; \= 44° 48! K. È e MIE d=2447 Km. d' = 2428 Km. i A. Pendoli orizzontali di Rebeur-Ehlert, W 30° S, N, E 30° S. B. Pendolo orizzontale del Milne, N-5. C. n x di Bosch, N-S. co comma za n 5 n E-W. A Meattura Fase | Ora | Ta A | . Osservazioni È è ì SENTE DI P, 1° 48% 935 Nell’apparecchio A, a cagione della pi: ap 48° 7 grande ampiezza della registra- Sp pi AS 14 zione, appena oltrepassata la fase S, nì D l’immagine luminosa uscì dui li- Sa 52 28 miti della striscia. “A Sk IS Dall’insieme di queste indicazioni fi: + si ottiene: ; 3 i > * P= 1° 48 145 î D = BOU Lg DVD 52 Ms 200 8 Ma Mo. 158 42 3.7 Mp 59 14 6.0 Fs 5 40 ca 0 x Ball, e 2 NA I F 55. — Mosca, Russia. Istituto Fisico-geografico dell’Univ. Imperiale (prof. dr. Ernesto Leysr Dir.). 0 =b5° 40" Ny X— 97° 94 El O==t220051 d= 2464 Km. d' = 2444 Km. Pendoli orizzontali di Bosch: 7, = 605, Ih= 15. ; Carattere | Fase | Ora sp A | Osservazioni i by r Pa 1% 48" 198 0.6 | Py ed Sy non hanno un'ampiezza "0 SE 52 23 5.0 apprezzabile. î L SOLA Mx DOC 25 My Be LE 13 F 20 7 me DELL fig == te=nti28.b; 336 ) G. B. RIZZO 2000 56. — Bergen, Norvegia. Stazione Sismica annessa al Museo (CARLO F. KoLDERUP). p—= 60° 24' N; A= 5018! E. a = 22° 28’ d—= 2501 Km. d' = 2480 Km. Pendoli orizzontali di Bosch; Iy= 15. LL Carattere Fase Ora ‘Di A Osservazioni I,r Sy 1° 59” 305 Nelle informazioni che gentilmente | SÉ 52 48 mi favorì il Kolderup, la registra- L 55 50 zione che incomincia a 1%5 N ù viene considerata come la fase / Lg 56 44 ponendo a 153955 il principio | Mx BUE GLO Gran della fase S; ma evidentemente | Mx 57 10 10.3 la fase P a DEA ; 9921 50 e, come succede spesso, fu masche- | Pi 14 19 rata da perturbazioni locali. E 57. — Punta Delgada, S. Michele, Isole Azzorre. 7 Servizio Meteorologico delle Azzorre (Magg. P, A. Chaves Dir). . 06 @ = 37044! N; \= 2504045 W. E ao—3281' . d—3619 Km. . d' —3565 Km. to dissi . Pendolo orizzontale del Milne; sensibilità 1"" per 0”.49.. Carattere Fase | Ora | v4: | A | Ì (Osservazioni oban L, a RP ite 50° 58 S 54 7 L 59/8 Mi PT) qrom 4 . My 10 2 4.5 va mM, 17 5 5.1 n. M 2005 1359) ne (0) | 9398 A In OIPLANTEHO eso get f29: SULLA VELOCITÀ DI PROPAGAZIONE DELLE ONDE SISMICHE, ECC. 997 b 58. — Taschkent, Russia Asiatica. t Osservatorio Astronomico e Fisico (M. Ossrporr Dir.). AO NEN1690180 a=4008/ d= 4467 Km. d' = 4369 Km. A. Pendolo orizzontale di Z6òllner-Repsold, N-S. B. A > 7 ; E-W. ba Ù di Bosch. Fase I Ora "n A Osservazioni TEA 12502 75 A cagione della grande ampiezza P 50 4 del movimento la traccia dell’im- Sì pi .magine luminosa nella fase M A di B riesce sbiadita. i E ia 5 Dal sistema delle osservazioni si ricava: È 00 9 P—= 1" 504» Lo, 00 20 EE M, TOM Goa Ms LOS ? M 10 02 8 [CA 30 ca. SUlca, F 3 53 ca T=t6:2 Ta = 90 A 59. — Bombay, India. Istituto Meteorologico, Magnetico, Astronomico e Sismologico a Colaba i (N. A. F. Moos Dir.). = 18° 54! N; X\=72°49' E. a= 52° 36’ d= 5855 Km. d' = 5642 Km. endolo orizzontale del Milne; sensibilità 1°" per 0".47. Ora IT A | Osservazioni 152% bs 200 6 ia di 28 1 QI) 43 4 3 i t=923 1,=17%4 1=2252 pre II. Tow. LVII. ri 338 : G. B. RIZZO Sa 60. — Irkutsk, Siberia. Osservatorio Magnetico e Meteorologico (A. V. VoznesseNsKY Dir.). = 520017 Ni N==104°A165 5. A d= 6595 Km. d' = 6294 Km. Pendoli orizzontali di Zòllner-Repsold. | ns Carattere Fase Ora 19 A Osservazioni I, Py 1° 592 15 gmm () | Le più ampie oscillazioni avvennero Tei oi 2,9 appunto durante il cambiamento SE ola 3 74 della carta. Pare che il movimento ta) Do 63 di suolo abbia continuato fin dopo E : alle ore 7. Lx 9 5 Dal sistema delle osservazioni si ri- cava: Al 12 8 15.3 PESI (Mi): Oo 16.5 PMO 5: (Mo)x 14 3 20.5 o (Mo)x 17 9 25.5 (Mo)g I 7 102.3 61. — Kodaikanal, Madras, India. i Osservatorio di Fisica solare (0. Mrcnie Swra, B. Sc., F. R. 8. E. E Ri Asd: Dir) — 1304 N; \= 78°15' E. p o/=(61101561 d=6894 Km. d'= 6552 Km. Pendolo orizzontale del Milne; sensibilità 1" per 0!.55. Carattere Fase Ora T 4 Osservazioni Tu P 1° 59m gs Il calcolo fatto allo stesso Osser i Ss 201 7 torio di Kodaikanal e pubb! to 18 4 anche nella circolare della Br. darebbe per L il valore: 2221 M, 22 8 Ra ma l’esame del diagramma Mg 31 0 2.0 mostra che in questo punto si F 3 43 ca invece il principio della seco i ‘—porzione della fase principale. MS ESITI TED) 81 SULLA VELOCITÀ DI PROPAGAZIONE DELLE ONDE SISMICHE, ECC. 999 62. Calcutta, India. Osservatorio di Alipore (G. W. Kiicarer Dir., I. A. CunNINGHAW). RNi=222 330 NI N — 889/20" a'— 62037! Pendolo orizzontale del Milne, oscill. K-W. d= 6970 Km. d'—=6617 Km. Carattere Fase Ora T A- Osservazioni To, | P 1° 53" 08 Nelle notizie che mi vennero comu- I i % 217 2 nicate con molta gentilezza dal fi M. 25 0 quin () prof. Cunningham, le quali furono cl % anche pubblicate nella circolare | Mi 26 6 4:5 della Brith. Ass., si dà, come prin- Mg DEI 6.0 cipio della fase P, 02 542 55; ma, un mM 98 2 DI attento esame del sismogramma Co 37 i dimostra che in quest’istante era incominciata una prima perturba- F 3 33 ca zione, indipendente dal movimento principale. È Tye=="192.8 Ta=94m.(). 63. — Toronto, Canadà. Servizio Meteorologico (R. F. Srupart, F. R. 8. C.). Î est SANO NINNI a =6/70 48) di=7587 Km. ad = 7094 Km. Pendolo orizzontale del Milne; Zh,= 15%, sensibilità 1" per 0".66. | Carattere Fase I Ora TE P.I Osservazioni Di ls P 1° 54° 05 Nell'analisi del sismogramma fatta Ss 9 ia dall’ Istituto di Toronto (la quale be. % 21 6 fu anche pubblicata) la fase S è poi a tra considerata come ZL; ma un esame PI M 21 (3 AO) più attento, e il confronto con gli si F 3 86 ca. altri sismogrammi, mostrano quale foto debba essere la vera interpreta- SORA zione. di t,= 1008 1,=20%5 T—=38m4, v'. Carattere ' Aa À 64. — Baltimora, Maryland, S. U. A. Fase | Ora o, | Br di 928 OI, 6002 Mi 23 9 My 27 2 dpi i 32 ca. THIMESA. 3 40 ca. lE t,= 20,0 srt Laboratorio Geologico della “ Johns Hopkins University , (Prof. H. F. Rem). i==23990 18' N \= 76936) We — 689,20" Pendolo orizzontale del Milne; 7)= 165. d=#610 Km. d'= 7154 Km. Osservazioni Nell’analisi del sismogramma comu- ZO 3.2 TE 3820. nicatami dal prof. Reid (la quale in verità si presenta difficile, per- chè la linea centrale era rimasta coperta e non si ha che la regi- strazione sopra.un lembo) la fase S' è stata considerata come P; ma è evidente che quest’ultima non venne chiaramente registrata e la prima traccia visibile, a 223"25, è il principio di S. 340 G. B. RIZZO 65. — Cheltenham, Maryland, S. U. A. Stazione dell’“ U. S. Coast and Geodetic Survey , (O. H. Trrrmann Sup.t; J. E. BURBANEK). p=38%44 N \=W5° 505 WS d—= 7662 Km. d' = 7197 Km. Pendoli orizzontali di Bosch; (D)y = 185.0; me Ea Carattere Fase Ora TO A Osservazioni I, u Sy gh 9m 85 A cagione della lentezza delle oscil- Sì SUI 14.0 lazioni strumentali e del debole FR 16 6 ingrandimento non sono state re- N gistrate le rapide vibrazioni del Ly TG suolo che costituiscono la prima Mx Di) fase preliminare; e a torto si è My 94 16 18.0 q=m o creduto che questa fosse incomin- Fx 93.92 SA Se componenti, @ Fg 25 Ta ==12020) ESE 66. — Vieques, Portorico, Am. Centrale. Stazione dell’“ U. S. Coast and Geodetic Survey , (0. H. Tirrmann Sup.*t, J. E. BURBANK). = 18°08" N ‘N 65°26"W a — 72° 18% 44 — 8047 Kina Vomano) Pendoli orizzontali di Bosch: (T;)y = 198.5, (T)e = 210, L= 10. Carattere Fase Ora | ch I, u | Sx Qh 3" 095 SE 809 L 15 19 Mr I T9 26 Fx Sen Fk 40 ca To = 2020 pI="!39%5 6 N18 042 020 A 0.8 Osservazioni Per le stesse ragioni indicate a pro- posito delle osservazioni di Chel- tenham non si può stabilire a 223» 095 il principio della fase P, secondo il rilievo dell’ “ U. S. Coast and Geod. Survey ,, a cui però sono debitore di tutte le altre pre- ziose informazioni e delle copie dei sismogrammi. e=9 Qt 67. — Capo di Buona Speranza, Africa. Osservatorio Reale (Sir DAvip Gru, K. C. B., F. R. S. Dir.) d ="8103 "Kina —"T765660M0ne Pendolo orizzontale del Milne; 7’ = 255, sensibilità 1®® per 0'.20. Carattere To, u Fase srt Ora |a ie 202,8 i | RO) T=326. Osservazioni Anche in questo caso conse come principio di S'l’istante in cui. divenne ampiamente visibile cm registrazione e prendiamo come principio della fase L l'istante in. cui hanno principio delle onde con un periodo di circa 485. 38 SULLA VELOCITÀ DI PROPAGAZIONE DELLE ONDE SISMICHE, ECC. 41 68. — Trinidad, Piccole Antille. Stazione Sperimentale del Dipartimento Botanico (I. H. Hart F. A. S. Sup.!). pi 05 RENE VE Oi—90AA! d= 8207 Km. d' =7639 Km. Pendolo orizzontale del Milne. ] Carattere Fase Ora Di | À | Osservazioni i K,u e QUISOR Non si possono distinguere gli altri I Ta 54 L elementi della registrazione. ij ì J a i 69. — Victoria, B. C., Canadà. Istituto Meteorologico (E. Baynes ReeD Sup.t). pi £8A2778 NE N 123922 W7 oi d= 9530 Km. d' = 8653 Km. Pendolo orizzontale del Milne; 7 = 155. Carattere Fase | Ora | 10 A | Osservazioni P I, w | E 1° 56% 15 Nella pubblicazione della Brith. Ass. Ss ea (3 ed anche nelle annotazioni da cui mu 20 0 sono accompagnati i diagrammi inviatimi dallo Stupart, si dà come M 39 9 ZIE, principio di L 2°6"15, ma l’esame F 3 28 comparativo dei diagrammi me- desimi dimostra che in quel punto si ha il principio di S. e) To Sh) u==19618: Ù; 70. — Osaka, Giappone. 9 Osservatorio Meteorologico. 9404 ZONA M13 51 a= 87° 34' d= 9747 Km. d' = 8810 Km. Pendolo orizzontale “ Omori ,, Comp. E-W; L= 20. Carattere Fase Ora 1h | A | Osservazioni detti I, sE. 156315 S 2 6 46 L 23 6 M 41 31 215.1 | 8.595 C 3 6 59 F 20 11 t—=13%8 t,=28".6 1—89%9. 1. G. B. RIZZO — Tokyo, Giappone. Lo Osservatorio Sismologico dell’Università Imperiale (F. OxorI). Sd D=49 509 MNM = 299 I = SIE ra, di 893% Km. Pendolo orizzontale “ Omori ,; Comp. E-W, T.= 205, L= 15. Carattere Fase Ora To A Osservazioni To,w iP ILS ge 1) DIANE s L 18 46 Mi, Sl 2 ZON os My 35 4 LZ OST Mg 885 IG ur IE) 4 12 ti = 29 Tg = 2900) TI, 72. — Manilla, Isole Filippine. Ufficio Meteorologico delle Filippine (P.I. ALeué S. J. Dir., M. SApERRA MAs6 des) pi 149/36” Ni; = 120058 0E =9 200/27 d= 10244 Km. d' = 9162 Km. Microsismografo “ Vicentini , a tre componenti. Carattere Fase Ora Ti A | Osservazioni TR P. 1 51m 285 La registrazione fu molto debole e 5) 9 2 00 perturbata da cause accidentali. F 4 Questi elementi sono troppo in- î certi e non si possono impiegare | per il calcolo della velocità. 73. — Batavia, Isola di Giava. Reale Osservatorio Magnetico e Meteorologico. (D* S. Fiere Dir., D' W. van Bewweven V. Dir.) a=-94°.28' = 6°8' 8; Carattere Ora Tu S | gR_7m 68 eL DINI M 50 (6 Ja OLO To Or \—= 106° 48’ E. d=10506 Km. d'= Pendolo orizzontale del Milne; sensibilità 1%m per 0/3. = 9342 Km. A Osservazioni Non v'ha dubbio che alle gU7MGS | si | ebbe il principio di Se non di qu 5) L'ora di L è incerta. TE 512,9 (P). È 35 SULLA VELOCITÀ DI PROPAGAZIONE DELLE ONDE SISMICHE, ECC. 343 74. — Takubaya, Messico. Osservatorio Astronomico Nazionale (Ing. F. VaLLe Dir.) = 19° 24! N; X= 990.12" W. È o= 9694! d=10693 Km. d' = 9468 Km. Pendoli orizzontali di Omori-Bosch. Carattere Fase Ora Di A Osservazioni Mes | cor gm 4g | Non si possono determinare altri ele- al GI SdIAZ | menti. Sulla componente N-S il È ine. | movimento si fa percettibile « 20490585 e questo è probabilmente il principio della fase principale. } Te=i2 DILIGL 75. — Pilar, Cordova, Rep. Argentina. Osservatorio Magnetico della “ Oficina Meteorolégica Argentina , (W. G. Davis). de ee a=102° 28! di= 11396 Km. d' — 9929 Km. Pendolo orizzontale del Milne; sensibilità 1mm per 0/64. Carattere | Fase. | Ora Thi A Osservazioni fed, S | Qu gr.9s L DI M, 46 4 TELE) M 48 4 i NA 53 9 F So ti 5 | Tue=20t01 Te=4405, 76. — Perth, Australia Occidentale. Osservatorio di Perth (W. Ernest Cooke, M. A., F. R. A. $.). i; vol ls i5050/ E ì a== 116° 02’ d= 12915 Km. d'=10801 Km. Pendolo orizzontale del Milne; sensibilità 1" per 0'.58. Osservazioni Ss È probabile che, dopo le prime fasi (Di della registrazione, siano soprag- M 7 4 ) qua g giunte le onde che avevano per- corso la via Italia-America-Au- stralia, e così sul diagramma si ebbe registrata la fase principale a cominciare dalle 3.375, 344 G. B. RIZZO 96 77. — Honolulu, Isole Sandwich. Osservatorio Magnetico dell“ U. S. Coast and Geodetic Survey , (S. A. Dren Oss.). p= 21° 19 N; A= 158204’ W. Ge 109 ZIE A=MMO0 ra, Pendolo orizzontale del Milne; oscill. E-W, To = 195.2, 19% per 0/39. Carattere Fase Ora tto A Osservazioni I,,u ta LE S 20 1 L 47 6 M DOO PASSO) (0) a) MAT dl Ad Ncai Ti Teti TSE 78. — Apia, Isole Samoa. Osservatorio della Società Reale delle Scienze di Gottingen (Dr. F. LIinkE). p= 139048" S; A= 171°46" W. m==dl'o402 ez RA05) diGani d' = 12408 Km. Pendolo astatico del Wiechert. | Carattere Fase Ora ‘1 AN Ar Osservazioni T,,w e P DOMISIIoE 7 2.54 | 10u |Deboli movimenti irregolari. S 26 (?) 12-17 | 10-28 | 19-45 L 56 52-36 M, SIONI 21 85 Mg lo 2 19 95 80 My ito ci 18 28 75 Cc 18 F ES) GA Ti = 202,4 Toi re 4eta9, 79. — Christchurch, Nuova Zelanda. Osservatorio Magnetico (H. F. Skey, B. Sc.). pie 1439308 ZIA a= 161° 50' d=18013 Km. d'=12574 Km. Pendolo orizzontale del Milne; 7’ = 1554, sensibilità 10m per 0/.66. Carattere Fase Ora ‘TI | A Osservazioni T,,r eP QUI 88 Si sono probabilmente sovrapposti î M BISI qmm.5 movimenti provenienti dalle due d F 4 13 direzioni contrarie e perciò non è — possibile distinguere mel sismo- gramma le varie fasi della regi- strazione. Ù Ti = 242,6. 37 SULLA VELOCITÀ DI PROPAGAZIONE DELLE ONDE SISMICHE, ECO. 345 II. Affinchè riesca più facile formarsi un concetto esatto intorno al valore della velocità con cui si propagano le onde sismiche, riassumo nella tavola seguente gli elementi che dànno per.ogni stazione la velocità media superficiale V, delle onde che costituiscono il principio della prima fase preliminare, quella delle onde che costi- tuiscono il principio della seconda fase preliminare, V2, e la velocità V delle onde che costituiscono il principio della fase principale. Gli intervalli di tempo, contati dall’istante della scossa nell’epicentro, sono espressi in minuti primi; e le velocità, per seguire l’uso generale, sono espresse in chilometri al minuto secondo. TABELLA I. N. Stazione RA Ti Ta | T Vi Va V Messinal. o... 84 0.1 14.0 Caramanti. | 1.1: 174 0.3 9.7 Gaceiano ti. i Li. 200 (1.0) (3.3) Tema (II) UVE: 273 0.6 7.6 Rocca di Papa . . 434 0.8 0.8 1.1 9.0 9.0 6.6 Urpmo di pe. 616 0.9 0.9 Lo INS) JI) 6.8 BICnafa ida et. 640 1.0 1.0 1.6 10.7 | 10.7 6.7 LT A AE 673 1.2 13) DIO 9.2 8.5 4.8 Carloforte: ! Ul. 677 12 1.2 1.4 9.4 9.4 8.1 Brenzone ew] 040. 682 14 1.4 — 8.1 8.1 - Quarto-Castello . . 688 1,8 1.3 54 8.8 8.8 Sd Batage e A006, 698 IR SIAT DET 6.8 6.8 4.3 TRS I IE 727 1.8 3.0 55) 6.7 4.0 SE Belgrado. | 1h, 757 2.2 2.8 4.8 Dez 5.5 2.9 iBrrespeste dea... 783 og — — IST, — == imWisnezia ei, e: 798 1.1 De gl 12.1 = 2.6 Wapianaet i bei 798 si — 3.4 12.1 — 3.9 labadova: of, i | 811 Ter ES 4.3 8.0 = Sul Temesvdr . . . . 879 1.8 - = 8.1 = i Salon OA EL 883 1.8 4.2 4.7 8.2 3.5 31 Mavi RE 0 920 1.9 4.2 4.9 8.1 Sur 9.1 Morino #1 1°, Li 981 2.0 3.3 59 8.2 4,9 gpl OcGvallag oc 1020 1.8 4.0 4.8 9.4 4.3 HI Kremsmiinster. . . 1037 2.5 — 5.0 6.9 — SI WicnnaKsi e, a 1048 Zali — 5.2 8.3 —_ d4 Monaco stavo ci 1098 2.5 — 5.4 1/5) — 3.4 Grenoble: è... 1109 — — 5.0 — —_ SU Hohenheim. . . . 1232 2.5 5.4 6.9 8.2 3.8 3.0 Strasburgo . . . .| 1274 137 4.0 _ 12.5 5.3 _ CTACOVIARIO. (. 1289 16; bll 6.0 9.3 4.2 3.6 Heidelberg. . . .| 1297 2.5 — — 8.6 — —_ Elauene ene n. 1336 2.6 — — 8.5 —_ — Morkosgg ent e. 1347 2.8 5.2 7.4 8.0 4.8 3.0 VOR, 13983 2.8 5.4 6.7 8.3 4.8 3.5 Serie II. Tom. LVII. si 346 G. B. RIZZO 98 N. Stazione Tielenza Ti Ta T Vi Vo vi Sis A 2.9 5.6 (3 8.2 4.2 3.3 38. | Gottingen .... . .| 1492 3.2 5.9 185 7.8 4.2 3.3 9900 BP ots darne one Mel520 3.2 5.9 — 8.0 4.3 | AO MUCCA Ag Mo 3.4 Dar 6.7 7.9 4.7 4.0 41 | Amburgo . . ..| 1703 3.7 — TA (SÙ e 3.9 49) GIGSIIdS ARC MISS 3.7 — 7.5 8.5 — 4.2, 440 ROW RE e ea METODO, 3.8 - —_ 8.8 — - 40000 RSSREe ro and o RN 1979 4.2 — 7.6 7.9 = 44 4600 Bat uni RISE Nea Rein sa (61098 E) — — 8.5 — dii 47 | Cormmbrag ditte e ZI0 4.0 = 8.5 8.6 — 4.1 48: VDirverpool ite ee 2176 4.0 — — gal — — 49 MD or pate e een M2300 4.6 Soa 02 8.4 4.5 3.8 50 | Achalkalaki . . .| 2336 4.8 8.7 | 124 8.1 4.5 Sali | 51 Upsala te eee 2311 4.6 8.5 | 12.6 8.5 4.6 9.2 | 52 | Edimburgo. . . .| 2376 4,8 8.6 | 11.2 8.2 4.6 3.5 59 RBayslevA A Re 2126 4.6 8.5. || 113 8.8 4.7 | 3.6 | 54 TIM RE MST 5.0 92 | 14.0 8.1 4.4 2.9 55 Moscati Ae 2161 5.1 9.2 | 12.5 8.0 4.5 3} 560 |NBercen Aeree e: 2501 _ 9.3 | 12.6 — 4.5 3.9 57 | Punta Delgada . .| 3619 130 i Lon 8.3 5.3 3.6 58 | Taschkent . . . .| 4467 7.2 9.0 | d7.L | 104,483 4.3 DI CUBO pay ORMONI MS SD5 9.3 | 17.4 | 22.2 | 10.5 5.6 4.4 6001 iris eta N6595 SION e 205 IAA 6.2 4.0 61 | Kodaikanal. . . .| 6894 967 ist5 i 9 I2A 9 6.2 3-9 620 | Calcutta eee 6979 9.8 IEZZO LES — 3.4 69°. Torontor fe 753 L08205 3 STAMINEG 6.1 8.9 64° Raltim ora Re MAIO — |20.0 | 33.0 — 6.3 3.8 65 | Cheltenham . . .| 7662 — | 20.0| 32.9 — 6.3 SRO) 66: VIequestefte eee 8047 — |20.0 | 32.1 _ 6.7 4.2 67 | Capo di Buona Sper. | 8103 | — | 20.8 | 32.6 | — 6.5 4.1 69. | Victoria) BC 9530 29 022090 680025 7.0 4.3 70 | Osaka ee STAR] RI RAS RR 6.9 4.1 TA | Tokyo Reg 98120 dI 23198 5024 6.8 4.6 19 Bativia i Re 0506 — |244 _ —_ 7.2 —_ (4° Takobay af L06938 — | 25.6 — — 6.9 — 157 VElabeE sE RISO 96 — | 26.7 | 44.5 — 7A 4.3 16. | Perth 4.3 0020 e 2015 RARE 52 —il., = Al — 77 | Honolulu... | 19314 aj 219 Q96:91 | 64.403 6.0 34 (8:00 Apia: 4 0 5 2040 RR 2 6.6 3:9 79 | Christchurch . . .|(18013. | 24.6 n — {114 = — 790) Christchurch . . .|21987 | 24.6 = — | 14.9 — —. Nella tabella precedente vi sono parecchie lacune, dovute al fatto che non in tutti i sismogrammi si poterono determinare con sicurezza î diversi elementi della registrazione e inoltre vi sono delle variazioni accidentali nei valori delle velocità (*) Valori corrispondenti alla stazione di Christchurch, nella supposizione che il movimento vi. 4 giunga attraverso all'America. 39 SULLA VELOCITÀ DI PROPAGAZIONE DELLE ONDE SISMICHE, ECC. S47 medie trovate, le quali variazioni possono essere apparenti, cioè dovute ad errori di osservazione o di interpretazione dei sismogrammi, ovvero possono anche essere reali, cioè dovute a delle effettive variazioni della velocità di propagazione, per le speciali condizioni geologiche e fisiche di una determinata regione. Tuttavia, mal- grado queste lacune e queste irregolarità, si vede chiaramente quale sia l’ordine di grandezza della velocità apparente delle tre forme caratteristiche di ondulazioni, con cui si propagano i movimenti sismici. Si sono fatte varie ipotesi per spiegare come codesti gruppi di ondulazioni im- piegano un tempo differente per giungere in un determinato punto e perciò risultano distinti nei diagrammi del terremoto e sembrano propagarsi con diverse velocità; ma il problema non è ancora bene risolto. I limiti assegnati al mio lavoro non mi permettono di discutere ora siffatta questione, e spero di farlo un’altra volta: intanto possiamo considerare ciascuno dei tre principali sistemi di ondulazioni costituenti il movimento sismico come dotati di una propria velocità superficiale, che per maggior precisione chiamiamo velocità superficiale apparente, e che misuriamo come il rap- porto fra la lunghezza dell’arco di circolo massimo compreso fra l'epicentro e il luogo d'osservazione e il tempo impiegato nella propagazione del movimento. Come si vede dalla tabella precedente queste velocità presentano una proprietà | comune: esse vanno rapidamente diminuendo fino ad una certa distanza e poi cre- scono nuovamente. i Le leggi di queste variazioni si possono studiare opportunamente ricorrendo ad una costruzione grafica: nella tav. I (in due scale diverse, una più ampia, per la 1 regione Europea-Mediterranea, e l’altra più piccola, in cui sono considerate anche le stazioni che si trovano alle più grandi distanze) coi dati delle osservazioni ho costruito, per le tre forme caratteristiche di ondulazioni, le curve 0A, 0B, OC, che chiamiamo diagrammi della propagazione del movimento sismico, ovvero odografe di Schmidt (1), prendendo come ascisse le distanze, alle quali si propagano i movimenti e come ordinate i tempi impiegati nella propagazione. Le curve sono abbastanza ben determinate dai punti che servono a costruirle, e, quantunque, in generale, sia pericoloso rappresentare la legge di un fenomeno | con una curva tracciata a mano,-perchè vi è sempre qualche cosa di arbitrario, in questo caso, per la copia delle osservazioni e per il sufficiente accordo fra la maggior parte delle medesime, possiamo ammettere che esse, con molta approssimazione, rappresentino le leggi con cui, al variare della distanza dall’epicentro, varia la velo- cità di propagazione delle onde sismiche. Dalle curve medesime si possono poi dedurre i valori più probabili degli intervalli | di tempo e delle medie velocità superficiali apparenti delle onde sismiche fra l’epi- | centro e una distanza qualunque. (1) A queste curve A. Schmidt di Stuttgart (A. Scam, Wellenbewegung und Erdbeben, “ Jahres- hefte des Vereins fir vaterlandische Naturkunde in Viirttemberg ,. XLIV Jahrg., pag. 248, 1888) dato il nome di curve odografe; ma siccome la parola odografa ha in meccanica un altro signi- ficato datole dall’ Hamilton, è opportuno distinguere le curve medesime chiamandole odografe di — Schmidt del movimento sismico. 348 G. B. RIZZO 40 Kccone un esempio, con le stesse notazioni come nella tabella I. TageLLa II. | Distanza dall’epicentro Ti To | T Vi Va Vi 100 Km. 0.08 0.08 0.08 2.055 20.8 20.8 200005 0.20 0.20 0.20 16.7 16.7 16.7 30.065 0.36 0.41. | 0.52 13.9 12.2 9.6 4.0. 00005 0.56 0.68 0.99 11.8 9.8 6.7 SO, 0.80 1.05 1.50 10.4 7.9 5.6 600, 1.05 1.55 22 9.5 6.5 4.8 10005 1.50 2.10 2.75 9.0 5.6 4.2 800, 1.57 2.67 | 3.46 8.5 5.0 3.9 900, 1.85 DIO LO) 8.1 4.7 SIA 1000, 2.10 DIO STA MAIO 1.9 4.6 3.5 Le 0.01 3.20 5.89 7.64 7,8 4.2 99 2000 ., 4.14 (e OS LOS 8.1 4.4 3}0) 2500. , 4,97 9.09 12.95 8.4 4.6 9.4 3000, 5.69 10.40 14.35 8.8 4.8 BRA) 00 6.33 62 i 1651 9.2 5.0 3.6 4000, 6.89 12.80. | 18.26 9.47 5.2 3.6 4500, 7.40 13.92 | 20.20 IOLIL 5.4 del 5000, 7.90 15.02 22.12 10.5 5.5 3:8 6000, 9.00 17.20 | 25.90 Jil 5.8 3.9 7000, 10.00 19.40 29.60 11.6 6.0 3.9 8000, 11.00 21.60 33.30 12.2 6.2 4.0 9000, 12.00 23.80 37.00 1205 6.3 4.0 10.000, 13.00 26.00 40.70 12.8 6.4 4.1 15.000, 18.00 37.00 | 59.20 13.9 6.7 4.2 20.000, 23.00 48.00. | 77.70 14.5 6.9 4.3 Nella tavola II, che ha per fondo un ordinario planisfero terrestre, sono segnate le linee di eguali distanze dall’epicentro del terremoto, di 1000 in 1000 chilometri, con le principali stazioni sismiche, specialmente quelle che si trovano alle maggiori distanze dall’epicentro, le quali sono anche abbastanza distanti le une dalle altre, per non rendere confusa la rappresentazione. Per queste stazioni sono indicate le differenze fra il tempo effettivamente impiegato dalle onde sismiche nell’arrivarvi e il tempo medesimo dedotto dalle odografe dello Schmidt. L'esame di codeste diffe- renze potrebbe mostrare se, in qualche speciale direzione, le onde sismiche abbiano una velocità più grande o più piccola della media; ma, come si vede dalla tavola, per ora non è possibile risolvere la questione. Per ogni punto si può anche determinare il valor vero della velocità del movi- mento sismico: a noi basta determinare le medie velocità superficiali W,, W., W, corrispondenti alle tre fasi del movimento, fra due punti abbastanza vicini, perchè, nell'intervallo fra essi compreso, queste velocità non presentino che delle variazioni relativamente piccole. 41 SULLA VELOCITÀ DI PROPAGAZIONE DELLE ONDE SISMICHE, ECC. 349 Ecco alcuni risultati. TABELLA III. Intervallo Wi Wa W 0-100 Km. 20.8 20.8 20.8 100-200 5 NSE9 13.9 13.9 200-300 5 10.4 (9) 5.2 300-400 5 7.9 6.2 3.6 400-500 3 6.9 4.5 3.9 500-600 D, 6.7 3.9 2.8 600-700 i 6.4 3.0 2.6 700-800 s 6.2 2.9 2.4 800-900 5 6.2 3.2 2.5 900-1000 ” 6.4 3.4 2.6 1000-1500 5 7.6 3.8 2.9 1500-2000 5 8.8 4.9 dd 2000-2500 5 10.0 5.5 GLU 2500-3000 PI TI.d 6.3 4,2 3000-3500 5 13.0 6.8 4.3 3500-4000 ci 14.9 7.1 4.9 4000-4500 È 16.3 133 4.4 4500-5000 a 16.7 TA 4.4 5000-6000 5 16.7 1145) 4.5 6000-7000 n 16.7 7.6 4.5 7000-8000 3 16.7 7.6 4.5 8000-9000, 16.7 7.6 4.5 9000-10000 , IG 7.6 4.5 10000-15000 , 1037 7.6 4.5 15000-20000 , 16.7 7.6 4.5 Queste tabelle (II e III) con la tavola I, riassumono la maggior parte del mio lavoro. I tre più importanti sistemi di ondulazioni con cui si propaga un movimento sismico, i quali sono definiti dalle due fasi preliminari e dalla fase principale della registrazione, sono dapprima sovrapposti; ma poi si separano gli uni dagli altri; e quanto è maggiore la distanza a cui giunge il movimento, è anche più grande l’inter- vallo di tempo che separa gli istanti in cui principiano le registrazioni delle tre fasi considerate. Su questi principii sono fondate tutte le regole empiriche, con le quali si determinano le distanze dall’epicentro di un terremoto mediante l’analisi dei cor- rispondenti sismogrammi. Codeste velocità superficiali diminuiscono rapidamente fino ad una certa distanza dall’epicentro, dove prendono dei valori minimi e poi vanno nuovamente crescendo, sebbene con molto maggiore lentezza. Nel punto in cui avviene il cambiamento di segno nella variazione della velocità le odografe di Schmidt presentano un punto di flesso; e viceversa l’ascissa del punto di flesso di un’odografa determina la distanza dall’epicentro a cui corrisponde la minima velocità di propagazione. 350 6. B. RIZZO — SULLA VELOCITÀ DI PROPAGAZIONE DELLE ONDE SISMICHE, ECC. 42 Tanto la grandezza di questi valori minimi della velocità, quanto la distanza alla quale vengono raggiunti dipendono probabilmente, oltre che dalla natura delle rocce, dalla intensità delle scosse; ed è evidente che codesta distanza dipende dalla profondità del centro di scuotimento sotto la superficie terrestre (1). Nel caso nostro la velocità superficiale andò diminuendo fino alla distanza di circa 800 Km., dove si ebbe per i primi tremiti preliminari ì W, = 6.2 IS sec. per il principio della seconda fase Km. Wi=29 =. sec. e per le prime ondulazioni della fase principale Km. sec. l/= 24 e). Da questo punto i valori delle velocità delle tre forme di movimento incomin- ciarono nuovamente a crescere e raggiunsero successivamente gli altri valori indicati nella tabella precedente. Come si vede nella medesima tabella, codesti valori delle velocità raggiungono poi i limiti: Wi MIA ESM o Wed W 4.5” ad una distanza di circa 6000 Km. dall’epicentro e sembra che questi siano vera- mente, nel caso nostro, dei limiti delle velocità superficiali delle onde sismiche. Ma è probabile che anche i valori di queste velocità limiti e la distanza dall’epicentro, alla quale i medesimi vengono raggiunti, dipendano dai caratteri della scossa e dalle jproprietà dei materiali, attraverso ai quali si propaga il movimento. (1) Sopra il calcolo della profondità degli ipocentri nei movimenti sismici; Atti di questa Reale Accademia, vol. XLI, pag. 1061, 1906. (2) Il Faidiga (“ Mittheilungen der Erdbeben-Commission der Kais. Akad. d. Wiss. in Wien ,, N. F., n. XVII, 1903) discutendo le osservazioni raccolte fino alla distanza di 1784 Km. dall’epicentro, in occasione del terremoto di Sinj nella Dalmazia, nel giorno 2 luglio 1903, trovò che la minima velocità del primo rapido incremento della registrazione sismica — che probabilmente corrisponde al principio della seconda parte della fase principale — aveva raggiunto il valore minimo di Km. 1,33 al minuto secondo alla distanza di 399 Km. dall’epicentro. QULLIT AFOSSTIOSFIT 1 a espe ocune paese icaona Sissaicna î 2987 @fuovIg 000090 I PERRETPREREREREETERLLEE | aaa 9887 WULT] PIanS 7 FO È i Li PEEEFIT: x VO LOIZAA Deng DuORgIpP odo) aa — CR è pali i I Se Rini e ie did L) Î dm DPI REFTIOO, so6- BA IR TR a e A RICERCHE SUI CROSTACEI DELLA POLINESIA DECAPODI, STOMATOPODI, ANISOPODI E ISOPODI MEMORIA DEL Dr. GIUSEPPE NOBILI Approvata nell'adunanza del 13 Maggio 1906. Il Dr. G. SeuRrAT, incaricato dal Governo francese di una missione zoologica alle isole Gambier e per parecchi anni direttore del laboratorio zoologico di Rikitea nell’isola Mangareva, raccolse durante la sua lunga permanenza in quelle isole remote al Museo di Storia Naturale di Parigi. Per la cortesia del Prof. E. L. BouvieR la | parte dei Crostacei venne a me affidata per lo studio. In questa memoria pubblico li Ufficiali della R. N. Liguria al comando di S. A. R. il Duca degli Abruzzi i donati al Museo Zoologico di Torino. . Miò grato esprimere i sensi della mia più viva riconoscenza al Prof. E. L. BouvieR che mi confidò l'importante materiale. 352 GIUSEPPE NOBILI 9 Ordine DECAPODA NATANTIA PENAEIDEA Fam.: Sergestidae. Lucifer typus Thomps. (Tav. I, fig. 1) Cfr. Bark, Challeng. Macr., p. 464, pl. 83. Numerosi esemplari dei due sessi raccolti alla superficie a Mangareva. Questi esemplari corrispondono generalmente bene alla descrizione di BATE, ma bisogna notare parecchie differenze. Essa è assai probabilmente la stessa specie già figurata da Semper (Zeitsch. f. Wiss. Zool. XXII, 1872, p. 305, pl. XXII, fig. 1-5), perchè la forma del 6° segmento addominale del maschio è la stessa (SemPER fig. 5). Essa s’accorda colla descrizione di Spence Barr per la presenza di spinule all’angolo inferiore formato dai segmenti del pleon, ma queste spinule sono minutissime, piut- tosto angoli dentiformi e visibili solo ad un assai forte ingrandimento, non così nette e molto sporgenti come nella figura della femmina della tavola del CrALLENGER. Le spine non sono rappresentate nel maschio, ma Barr avverte nel testo che vi sono anche, ma un poco più piccole che nella femmina, come nei miei esemplari. Il segmento antennale è rostrato anteriormente; un’altra piccola spinula vi è anche a ciascun angolo anteriore. All’inizio del segmento antennale dal carapace vi è anche una spinula per ciascun lato sul margine anteriore del carapace. Il segmento anten- nale è lungo il doppio o poco più del carapace. In un maschio ben sviluppato abbiamo le misure seguenti: occhio mill. 0,55; segmento antennale mill. 1,58; carapace 0,77; 4° segmento addominale - mill. 1; 5° segmento 0,44; 6° segmento mill. 1,77; telson mill. 0.72; esopodo degli uropodi 1,66; endopodo mill. 1,11. Gli occhi sono un poco più brevi che nelle figure di Barr essendo sempre un poco più corti o subeguali al primo articolo del peduncolo antennulare, e generalmente meno di '/3 della lun- ghezza del segmento antennale. Lo scafocerite stiliforme è sempre distintamente più lungo dell’occhio. Il fimocerite è presente, ed è gracile e filiforme. Degli articoli addominali il 6° è nel maschio armato di due spine che per forma e posizione sono identiche a quelle figurate da Semper e da Bark; l’ultima spina differisce da quella di L. Reynaudii Edw. e da quella di L. Hanseni Nob. per essere acuta, non arrotondata e ricurva all'apice. La femmina ha una sola spinula, quella terminale che appare più gracile e più corta che nella figura di Barr. Il telson è provvisto nel maschio dalla parte inferiore di un tubercolo arrotondato parzialmente e obliquo all’indietro, come nella figura di Barr e nella figura 5 di Semper. Il telson è lungo meno di metà del 6° segmento e dell’endopodo degli uropodi. L'endopodo degli uropodi è distintamente più lungo del telson e lungo circa i */, dell’esopodo. L’esopodo termina alla sua estremità esterna in una spina (questa manca nella fig. 5 di SemPER che però corrisponde perfettamente a questa specie pei dettagli di forma È) RICERCHE SUI CROSTACEI DELLA POLINESIA î 399 e le proporzioni). Il telson termina con sei spine: due esterne assai lunghe e denti- | colate, due submediane più brevi e due interne brevissime. Il petasma è fortemente sviluppato; e ciascuna parte ha aspetto fungiforme, rassomigliando a quello di L. Reynaudti (cfr. DonRrN, Zeitschr. f. Wiss. Zool., XXI, 1871, «pi. 27, fig. 8); ma è provvisto lateralmente di due striscie corzee, libere, quasi spiniformi. Il petasma è fortemente inserito sul peduncolo del 1° pleopodo (il quale porta al disopra di esso una sporgenza conica) ed è mosso da muscoli. Le due striscie sono libere e pel loro aspetto corneo lucente sono ben distinte dai muscoli. EUCYPHIDEA Atya spinipes Newp. Newport, A. M. N. H., XIX, 1847, p. 159. — OrrmannN, Proc. Acad. N. Sc. Phila- delphia 1894. — Bouvier, Bull. Scient. Fr. Belg., XXXIX, 1905, p. 111. } In un ruscello a Gatavakè. Quattro individui. ì Athanas Djiboutensis H. Cout. . Coumière, Bull. Mus. Paris, 1897, n. 6, p. 233; Ann. Sc. Nat. (7), IX, p. 62 e 177, , fig.4 e 207 (1899), Bull. Soc. Philom. (9), V, 1903, p. 75; Alph. Maled. Laccad., di p. 856, fig. 129. Athanas sulcatipes BorrADAILE, Proc. Zool. Soc., 1898, p. 1011, pl. 65, fig. 9. Due esemplari, l’uno di Rikitea, l’altro della laguna di Hikueru vengono attri- buiti a questa specie colla quale concordano pei caratteri del rostro, delle antenne e delle spine oculari. Le zampe del 1° paio mancano in entrambi gli esemplari. Arete maruteensis Coutière. | Courière,- Alph. Maled. Laccad., p. 868 (1904), Bull. Mus. Paris 1905, I, p. 18 (figura). | Arete dorsalis var. pacificus Courière, Bull. Mus. 1904, II, p. 58. 9 Questa specie vive in commensalismo esterno con due specie di Echinodermi | Heterocentrotus mamillatus Klein. e Echinothrix turcarum. Cinque esemplari furono raccolti a Marutea Sullo Heterocentrotus, uno a Fakarawa, uno a Rikitea, due all’isola i Hao sulla Echinothrix, altri nella stessa località sopra Heterocentrotus. Soventi gli esemplari di questa specie offrono gradi di passaggio verso Arete dorsalis Stm. Gen. Synalpheus Bate. Synalpheus nilandensis H. Cout. i H. CouribrE, Alph. Maled. Laccad., 1904, p. 871, pl. LXX, fig. 4. Mangareva. Tearia. Due maschi e una femmina. Questi esemplari concordano bene “colla descrizione e le figure; differiscono solo per la spina interna sul margine termi- nale del telson più lunga. Tearia 25 m. Un maschiò commensale dell’ostrica perlifera. Quota specie è nota | solo delle isole Maldive e Laccadive. . Serie II. Tow., LVII. mi GIUSEPPE NOBILI 4 CI ur Sa Synalpheus brachyceros Nob. (Tav. I, fig. 8). Noerti, Bull. Mus. Paris, 1906, p. 256. Makatea. Una femmina. La punta rostrale è più gracile che le due punte laterali, le quali sono. prolunga- menti ottusi delle volte orbitali. La punta mediana è insensibilmente più lunga delle due punte orbitali, più gracile, e giunge un poco oltre alla metà del primo articolo delle antenne. Il peduncolo delle antennule è breve; il primo articolo, misurato lungo il bordo esterno è appena più lungo del secondo; il terzo è più lungo del secondo - di circa 1/3 della lunghezza di questo. Lo stilocerite lanceolato acuto, giunge alla metà del secondo articolo. La spina esterna del basicerite è breve; raggiunge la lunghezza del primo articolo del peduncolo antennulare; la spina superiore è ridottissima. Il carpocerite oltrepassa il peduncolo delle antennule di tutta la lunghezza del terzo articolo di questa; lo scafocerite giunge colla sua ‘parte laminare fino alla metà del carpocerite; esso è molto largo, poichè misura la metà della sua lunghezza. La punta invece è breve, ma larga. Il chelipede maggiore ha il mero inerme internamente; formante un angolo assai acuto alla sua estremità distale posteriore. La palma è molto rigonfia, ed è larga poco più di metà della sua lunghezza (rapporto 27:50); all’estremità del suo bordo superiore non porta alcun dente o lobo acuto, ma è troncata. Il dito mobile ha la punta arrotondata, ed è lungo più di !/3 della lunghezza del bordo superiore della palma. Il margine prensorio del dito fisso porta delle setole e non si prolunga in avanti. Il chelipede minore ha l’angolo distale posteriore del mero ancora più forte che il chelipede maggiore; la mano è gracile con palma e dita subeguali (rapporto 26 : 25), e la palma un poco più alta che la metà della sua lunghezza. Le zampe del 2° paio sono assai brevi. Gli articoli del carpo stanno fra loro nel rapporto di 40, 23, 15, 15, 30 (A). La mano è lunga quasi quanto i tre ultimi articoli del carpo presi insieme. Le zampe del 3° paio non hanno spinule sul mero nè sul carpo. Il mero è lungo tre volte la sua larghezza; il carpo è lungo i 3/, del mero, e il propodite meno di 4/5. Il dattilopodite è forte; provvisto di due unguicoli. L'unghia inferiore è più breve di quella superiore; alla base essa ne è un poco più stretta (10 :9); ma l'unghia superiore si assottiglia quindi molto e perciò essa appare molto più stretta che l'unghia inferiore. Il telson ha l’estremità troncata rotondata, con due spine agli angoli esterni, — delle quali la più interna è notevolmente più lunga della esterna. L'esopodo deri 1 uropodi ha anche due spine, disuguali. Lunghezza MAS: Alpheus collumianus Stm. Stmson, Proc. Acad. Nat. Sc. Philadelphia, 1860, p. 30 — OrtMANN, Zool. Jahrb. Syst., V, 1890, p. 483, t. 36, f£. 15 %-m — CoutiùRE, dei Maled. Laccad., | 1904, p. 881. i Marutea del Sud. Un maschio ed una femmina. ala ai 5 RICERCHE SUI CROSTACEI DELLA POLINESIA 9855 Alpheus mitis Dana. DANA, l. cit., p. 540, pl. 36, f. 1. Due giovani esemplari della laguna di Fakahina, molto mutilati, appartengono quasi certamente alla specie di DANA, pochissimo nota, pel loro rostro acuto e ben carenato all’indietro, arrivante quasi alla estremità del 1° articolo delle antennule pel 2° articolo del peduncolo delle antennule appena più lungo del primo. Lo scafocerite oltrepassa alquanto l’apice del peduncolo antennulare; ma la sua punta non oltrepassa il carpocerite, come nella figura di DANA. Bisogna però notare che la lunghezza di questo articolo varia nei due esemplari. Le zampe del 1° paio s’accordano colla figura. Il mero ha una piccola spina apicale sul margine interno. Il 2° paio di zampe manca nei due esemplari. Alpheus ventrosus Edw. H. Mirne EpwaRps, H. N. Cr., II, 1837, p. 352. Alpheus laevis RANDALL (e Avor.). Rikitea 5 m. Un maschio. Alpheus insignis Hell. HELLER, SB. Akad. Wiss. Wien, 44, 1861, p. 269, taf. 3, fig. 17-18; De Man, Abh; Senckenh. Ges., XXV, 1902, p. 864, taf. 26, fig. 60; CouriÈrE, Annales Sc.. Nat. (8), vol. IX, p. 89, fig. 55, e Alph. Maled. Laccad., p. 899. Rikitea. Fondo a Halimede 10 m. Un maschio. Rikitea. Fondo a Halimede 5-8 m. Due maschi mutilati — Rikitea. 2 m. 3 femmine. Laguna di Mangareva 20 m. Un maschio. Atpheus aculeipes var. tryphopus. Nor, l. cit., p. 257. 7 Cfr. A. aculeipes CouribrE, Alph. Maled. Laccad., p. 892, nov., pl. 79, fig. 31. Una femmina ovigera raccolta a Marokau e in cattive condizioni di conserva- ‘zione offre il bordo frontale formato da una punta rostrale brevissima, continuata all'indietro in forma di carena, e da due sporgenze rotondate delle volte oculari, i esattamente come Alpheus aculeipes Cour. Le antennule, le antenne, lo stilo e lo sca- . focerite hanno la stessa disposizione di questa specie, e le. zampe del primo paio vi | si accordano anche sufficientemente. Ma la forma delle altre zampe è notevolmente | differente. Sulle zampe del 2° paio gli articoli del carpo stanno fra loro in rapporti — diversi perchè il primo articolo è notevolmente più lungo che nell’A/pheus aculeipes | ove esso misura meno di '/; della lunghezza del secondo, il quale naturalmente in questa varietà diviene notevolmente più breve della somma dei 3 seguenti. «Sulle zampe del 3° paio l’ischio non ha spina; il meropodite è più tozzo, lungo solo 3 volte la sua larghezza (5 volte in aculeipes), provvisto come in aculeipes di una forte spina apicale, ma mancante della serio di circa 20 spinule, che nell’aculeipes no più forti nella femmina. Il carpo è spinoso all’estremità del suo bordo inferiore, uma manca della spina alla metà di esso, Infine il propodite non ha che 4-5 paia | di spine, e il dattilopodite è semplice. i. “i 356 GIUSEPPE NOBILI 6 Il telson oltre alle spine laterali ha il margine terminale irto di circa 12 spinule più brevi; il ramo esterno degli uropodi, oltre alle due spine all'estremità del mar- gine esterno, ha sul margine terminale una ventina di spinule; il ramo interno degli uropodi ha circa 20 spine o spinule decrescenti in lunghezza dalle più esterne lungo S il margine superiore verso il margine interno che è soltanto denticolato. ‘ Alpheus parvirostris Dana. DANA, U. S. Expl. Exp. Crust., I, 1852, p. 551, pl. 33, f. 3; De Man, Arch. f. Nat. 1887, p. 517, e Abh. Senckenb. Ges., XXV, 1902. — Ortmann, Zool. Jahrb. Syst., V, 1890, p. 483 — BorRrADpAILE, Proc. Zool. Soc., 1898, p. 10. = Courière, Alph. Maled. Laccad., 1904, p. 906 e Bull. Mus. Paris, 1905, DIP ZO: Rikitea. Quattro esemplari. Mangareva. Un maschio. Rikitea. Fondo di Halîmede e Coralline. Undici esemplari. Alpheus strenuus Dana. Dana, U. S. Expl. Exp. Crust., I, 1852, p. 543, pl. 34, fig. 4 — Coumàre, Not. Leyd. Mus., XIX, 1897, p. 199; Alph. Maled. Laccad., p. 913, pl. LXXXVII, fig.53.* Hao. Récif esterno. Due maschi e una femmina ovigera. Nei due maschi il rostro oltrepassa alquanto l’apice del primo articolo del peduncolo antennulare. Alpheus lobidens De Haan. De Haan, F. Jap. Crust., p. 179 — OrtmANN, Il. cit., p. 474, tav. XXXVI, fig. 13 — Courière, Not. Leyd. Mus., XIX, 1897, p. 199. Rikitea, littorale, sotto le pietre. Parecchi esemplari dei due sessi. Atpheus pacificus Dana. DANA, l. cit., p. 542, pl. 34, fig. 5 — CouriàùRrE, Alph. Maled. Laccad., p. 909, pl. 75 e 76, fig. 47. : Alpheus gracilidigitus Miers, Zool. Alert., p. 287, pl. 25, fig. 32, 1884; Dr Man, Mém. Soc. Zool. France, 1898, p. 324, pl. IV, fig. 5. Rikitea. Un maschio. Alpheus euchiroides Nob. (Tav. I, fig. 6). NoBini, l. cit., p. 257. Due esemplari, un maschio ed una femmina raccolti sulla sponda del plateau - esterno di Marutea a N. W. Questa specie appartiene al gruppo dell'A. Edwards, ma più specialmente a quelle forme che come A. parvirostris, A. hippothoé, A. euchirus e A. acanthomerus hanno una forte spina all'estremità del margine infero-interno del meropodite delle zampe ambulatorie. La femmina è lunga mill. 12; il maschio mill. 13. La punta rostrale è acuta, _ ben convessa sul dorso e ben separata mediante solchi dalle vòlte oculari; essa non raggiunge l'estremità del primo articolo del peduncolo delle antenne. Il bordo orbi- E vi RICERCHE SUI CROSTACEI DELLA POLINESIA 857 tale anteriore si riattacca al rostro per un decorso ad S, e forma quindi da ciascun lato del rostro due lobi sporgenti e subrotondati. Il peduncolo delle antennule ha gli articoli brevi; il primo articolo però è un poco più lungo del 2°, e questo è subeguale o un poco più lungo del terzo. Lo stilocerite lanceolato-acuto oltrepassa di ® poco l’apice del primo articolo. Il basicerite non ha spina; lo scafocerite giunge colla punta a. breve distanza dall’apice del carpocerite, ma la porzione laminare è assai più breve; il carpocerite oltrepassa il peduncolo antennulare di una porzione subeguale alla lunghezza dell’ultimo articolo di questo. Le zampe del primo paio sono fortemente disuguali. Il mero ha un’acuta spina | all'estremità del suo bordo interno. La mano ha la palma alta un poco meno di metà della sua lunghezza, e provvista delle due insenature sul margine superiore e su quello inferiore caratteristiche del gruppo Edwards, ma relativamente piccole e brevi, coi margini arrotondati. I solchi sono anche pochissimo marcati. La zampa minore ha pure una spina sul mero; la mano è piuttosto grossa, a margini convessi, restringentisi presso l'articolazione delle dita, senza formare però | insenature; le dita sono assai pelose, ma non a forma di becco di Balaeniceps, e sono . alquanto più lunghe della palma. S Le zampe del 2° paio sono gracili e piuttosto brevi. Gli articoli del carpo stanno | fra loro secondo i rapporti numerici di 15:9:5:5:8. Il primo articolo è dunque i 1 2/3 volte più lungo del secondo. La mano è lunga come i due ultimi articoli del carpo. 4 Le zampe seguenti sono piuttosto tozze. Il meropodite offre una forte spina alla È sua estremità distale inferiore; il corpo è liscio, il propodite ha 5-6 paia di spinule; il dattilopodite non ha unguicolo accessorio. Il telson termina ai due lati con due spine disuguali e fra le lunghe setole v'è anche impiantata qualche breve spinula mobile; l’endropodo degli uropodi ha sei spine sul margine esterno; l’esopodo due all’articolazione e piccole spinule mobili fra le ciglia. Alpheus parvirostris DANA differisce per numerosi caratteri, fra i quali basterà ‘accennare alla presenza di una forte spina sul basicerite. SÙ A. euchirus DANA pare assai più affine, ma la forma delle pinze figurate da DANA è differente, e del mero DANA dice: apicem non spinigero, il che non corrisponde alla mia specie. Il 2° articolo del peduncolo delle antenne è un poco più lungo del i primo; nell’euchiroides avviene il contrario. Il primo articolo del carpo è anche note- volmente più lungo. i A. hippothoe De Man differisce nettamente per la forma diversa della parte . frontale e delle grosse zampe, e per le proporzioni assai differenti degli articoli carpali | del 2° paio di zampe. È: A. pareuchirus Cout. ha la spina meropodale ridotta ad un semplice angolo | retto, ecc. Ea A. acanthomerus Ortm. è ben distinto, e verrà descritto più tardi. È, Alpheus hoplites Nob. (Tav. I, fig. 7). ‘Nor, l. cit., p. 257. Questa specie appartiene anche al gruppo dell'A. Edvardsti ed è più specialmente | vicina ad A. euchirus Dana. La descrizione di DANA è troppo breve e le sue figure 398 GIUSEPPE NOBILI Î 8 troppo schematiche perchè si possa, come anche per l'A. euchiroides, stabilire in modo preciso la differenza fra le due forme. Il bordo frontale è armato di tre punte, l’una la rostrale, le due altre oculari; ma mentre nell’A. euchiroides la punta rostrale è assai lunga e più fortemente separata, all’indietro dalle vòlte oculari, le quali formano in avanti due lobi ottusi e molto più brevi della punta, nell’A. Roplites il rostro è breve, subeguale alle punte oculari che sono acute, cosicchè la regione frontale ha aspetto di Syna/pheus o di Alpheinus, mentre però la specie per la presenza di epipodi toracici e per tutti gli altri carat- teri è senza dubbio un Alpheinus. Il peduncolo delle antennule ha nei suoi vari articoli proporzioni differenti: il - primo è subeguale al terzo, mentre il secondo è lungo 14'/s volte il primo. Lo stilocerite raggiunge appena l'apice del 1° articolo. Il basicerite non ha spina; lo scafocerite giunge colla punta all'estremità del car- pocerite e colla porzione laminare, che è assai stretta, supera l'estremità del 2° articolo del peduncolo antennulare di una porzione un poco maggiore della metà dell’ultimo articolo. La zampa maggiore del 1° paio non differisce da quella di A. euchiroîdes, se non nell'essere proporzionalmente più allungata. La zampa minore invece ne è distin- tissima. IZ mero non ha spina apicale interna. La mano è più grande e più allungata, le dita sono appena i ®/3 della palma, e la palma porta superiormente un incavo prima delle dita, inferiormente è intera. Il dito mobile ha lunghi peli presso il margine prensorio e il dorso liscio, ma i peli non sono sopra creste oblique determinanti la forma a becco di Balaeniceps. Le zampe del 2° paio hanno il primo articolo carpale uguale al 2°; la mano subeguale alla somma dei tre ultimi articoli del carpo. Le zampe seguenti hanno l’ischio con una spina, il mero provvisto di una forte spina apicale inferiore e lungo meno di 3 volte la sua maggior larghezza. Il carpo è inerme; il propodite porta 5-6 paia di spinule; il dattilopodite offre un unguicolo accessorio ben distinto (fig. 7 a). Il telson è lungo un poco più di due volte la sua larghezza all’apice; questo non offre che le due spine agli angoli, il resto del suo margine non porta che lunghe ciglia. L’esopodo degli uropodi offre due sole spine all’articolazione distale; il mar- gine esterno dell’endopodo porta 6 spine. Saron gibberosus (Edw.). Cfr. Nositi, Bull. Scient. Fr. Belg., XL, 1906, p. 35 (Ubi syn.). Rikitea. 2 metri. Un maschio. Laguna di Omanu. Un giovane. Periclimenes Petitthouarsi var. denticulata Nob. NoBiLI, l. cit., p. 257. i Un esemplare pescato a Gatavakè a 25 m. di profondità corrisponde per la maggior parte dei suoi caratteri alla P. petitthouarsi, ma differisce da esemplari dell’ Eritrea di questa specie per parecchi caratteri importanti : 1° Le pinze delle zampe del 1° paio sono minutamente denticolate come nella specie, ma sono notevolmente più grosse e provviste di grossi peli fascicolati; 9 RICERCHE SUI CROSTACEI DELLA POLINESIA 359 2° Il meropodite del 2° paio porta inferiormente quattro spine, il carpo porta alla sua estremità tre spine; 3° Il dito fisso della pinza porta circa 25 denticoli, decrescenti verso l’apice, il dito mobile 10; e non vi sono sul dito fisso le concavità corrispondenti alle spor- genze del dito mobile, così caratteristiche della Petitthouarsi tipica; 4° Il propodite dell'unica zampa ambulatoria conservata porta inferiormente 14 spinule. if Il rostro è lungo quanto lo scafocerite ed ha "/3-denti; non vi sono spine sopra- orbitali. Periclimenes ensifrons Dana. Anchistia ensifrons DANA, |. cit., p. 580, pl. 38, fig. 1 — Dx Man, Arch. f. Naturg., 3 1887, p. 545 — Orrmann, Jen. Denkschr., VII, 1894, p. 16. Periclimenes ensifrons BorrAaDAILE, Ann. Mag. N. Hist. (7), II, 1898, p. 382 — NOBILI, Ann. Sc. Nat., (IX) vol. IV, p. 49, 1906; De Man, Abh. Senckenh. Ges., XXV, 1902, p. 826. _Periclimenes vitiensis BoRRADAILE, l. cit., p. 383, ‘Proc. Zool. Soc., 1898, p. 1005, pl. 64, fig. 6-65. Laguna di Amanu. Un esemplare giovane mutilato. Laguna di Fakahina. Un esemplare giovane. Questo esemplare differisce dalla descrizione di Dr Maw. L’unica zampa presente del 2° paio è molto gracile ed ha le misure seguenti: mero mill. 2; carpo mill. 2,8; mano mill. 3,6; palma mill. 2,15; — dita 1,46. Il carpo è quindi in questo esemplare più lungo del mero, mentre nella femmina di Ternate, descritta da Dr Man esso è più breve. Inoltre il carpo è completamente inerme alla sua estremità, cioè manca della spinula descritta da Dr Man, e perciò si accorda perfettamente colla descrizione di DANA: carpo longo apice inermi, obtuso. L’apice inferiore del mero è invece armato di una spinula acuta. E - assai probabile che questa specie abbia numerose varietà, una delle quali potrebbe i essere la P. vitiensis Borr. e un’altra la forma di Ternate. Genonadytes meleagrinae Peters. — Liadeimgn: MB. Akad. Berlin, 1878, p. 836 — Lio ca Willoy' s Resi DA IV, p. 409. tonia meleagrinae Bate, Challeng. Macr., p. 707, pl. 124, fig. 1-2 ._—Amanu. Nella madreperla. Un maschio. __—Rikitea. Un maschio ed una femmina. Gen. Anchistus Borr. 93 Anchistus Miersi De Man. Harpilius Miersi De Man — J, Linn. Soc., XXII, 1888, p. 274, pl. 22, fig. 6-10 — | Wwureveoce, Mem. Austr. Mus., III 7 histus Miersi BorraDAILE, Ann. Mag. Nat. Hist. (7), II, 1898, p. 387. BILI, Bull. Scient. Fr. Belg., XL, 1906, p. 48. ._ Mangareva-Tearia. 7 maschi e 13 femmine, Tearia. 25 m. Commensale dell’ostrica perlifera. 7 femmine e 6 maschi. 360 GIUSEPPE NOBILI 10 . Gen. Sfegopontonia Nob. Stegopontonia commensalis Nob. (Tav. I, fig. 2). Nogiti, l. cit., p. 258. Un solo esemplare maschio preso nella laguna di Hao ove vive commensale del Vana, Echinothrix turcarum, mi sembra meritevole di costituire un nuovo genere. Le parti boccali non differiscono sensibilmente da quelle delle Coralliocaris e generi affini. Ma il rostro invece di essere disposto verticalmente come in tutti i Pontoniidi è disposto orizzontalmente, cioè si estende come una larga lamina trian- golare sopra le antennule, ricoprendone il peduncolo, come pure ricopre alla sua base parte degli occhi (fig. 2 a). Il rostro oltrepassa l'estremità dei peduncoli anten- nulari, ma non raggiunge l’estremità degli scafoceriti, che sono stretti e molto allun- gati, con una spina all’estremità del bordo esterno, e con lunghe ciglia all’apice. Il rostro è superiormente concavo, e termina in punta acuta; alla base è alquanto ristretto, ma si dilata verso il mezzo, così che la sua forma è lanceolata; esso è di poco più breve del carapace. Il carapace, per rapporto al grande sviluppo del- l'addome e del telson, appare assai breve. Esso ron porta alcuna spina, salvo una minutissima spina antennale. Le antennule sono conformate come negli altri Pontoniidi, cioè di un flagello più esile e lungo, e d’un grosso flagello breve che dopo 5-6 articoli si divide brevissimamente all’apice. Le zampe del primo paio sono molto gracili ed uguali; brevi. Il mero è lungo mill. 1,8; il carpo obconico e alquanto dilatato all’apice mill. 1,8; la mano è lunga mill. 1,6; le dita sono oltre a quattro volte più lunghe della brevissima porzione palmare, misurando in lunghezza mill. 1,3. Le dita sono escavate e concave interna- mente e il loro margine è fittamente provvisto di minute setole. Le zampe del 2° paio sono fortemente disuguali, non solo di dimensioni ma anche di forma. La più grossa è quella di destra, la quale ha forma Pontoniide, cioè col carpo brevissimo e rotondato e la mano ingrossata ed allungata. Le misure di questa zampa sono: mero mill. 1,66; carpo mill. 0,83; mano mill. 6,27; dita mill. 2,25. Le dita chiudono bene ed hanno due denti ciascuno, alternanti. La zampa sinistra ha invece, pel suo carpo allungato e la mano breve e non rigonfia, l’aspetto Palemonide. Il meropodite è lungo mill. 2,2; il carpo è gracile, allungato, allargato alquanto alla estremità, quasi uguale in lunghezza al mero, ed un poco più lungo della mano: la sua lunghezza è di mill. 2; la mano è lunga mill. 1,88; le dita sono convesse, più lunghe notevolmente che la palma, misurando mill. 1,33. Le dita tanto del 2° paio che del primo non si aprono verticalmente, ma orizzon- talmente all’infuori. Delle zampe seguenti esiste nell'ultimo esemplare solo una. Essa è breve coi varî articoli inermi; il dattilopodite è drewvissimo, termina in un uncino provvisto alla base di una doppia sporgenza laminare, ornata di numerosi peli brevi. Peli brevi e molto abbondanti si osservano pure all’estremità del propodite. Il colore del vivo è violetto scuro, con linee laterali bianche (Seurat). Lun- ghezza mill. 20. 11 RICERCHE SUI CROSTACEI DELLA POLINESIA 361 x Palaemon (Eupalaemon) lar. Fab. Cfr. Palaemon lar. OrtmaANN, Zool. Jahrb. Syst., V, 1891, p. 724 — De Man, Weber's Zool. Ergebn., p. 445 (1892); Abh. Senck. Nat. Ges., XXV, 1902, p. 774; Trans. Linn. Soc. (2), IX, p. 291, pl. 18, f. 1 — Nogeini, Ann. Mus. Civ. Genova, XL, 1900, p. 482 — CourièrE, Ann. Sc. Nat. (VIII), XII, 1901, p. 292, pl. XII, fig. 25-27. Bithynis lar. Sp. Bate, Challeng. Macr., p. 789, pl. 129, fig. 1 (1888). Palaemon spectabilis HeLLeR, Crust. Novara, p. 113, pl. X, fig. 8, 1865 (sinonimia in CouTIÈRE, l. cit.). Vaituoru, Papenoo (Tahiti). Un grosso maschio lungo 147 mill. Tahiti. Rivière de Faa. Una femmina ovigera lunga mill. 65, il cui rostro pre- senta 8/3 denti. La femmina di Faa è mutilata; il grosso maschio invece conserva le due zampe, le quali offrono le misure seguenti: Lunghezza totale sinistra 195 destra 193 i 5 del mero La 39 ù 38 ; 3 del carpo 7 35 D; 95 È 7 della mano 5 95 5 88 TIE E eee, bdrltiscoi i È delle dita È 36 È 34 È Le zampe del 2° paio hanno uno splendido colore violetto cupo; l’articolazione | delle dita è aranciata; la mano offre macchie chiare rotonde. Lo stesso colore vio- | letto occupa il dorso del carapace e quello dei segmenti addominali e del telson; | come pure il margine superiore del rostro. Questo esemplare appartiene, come i quattro di Tahiti descritti da De Man nel 1904, alla forma P. spectadilis Hell. che non può però essere separata specificamente da P. lar. Il rostro dell'esemplare di Vaituoru è lungo quanto lo scafocerite, ed offre superior- — mente 8 denti, inferiormente 2. Palaemon (Eupalaemon) dispar v. Marteus. Pr. fr von Marreus, Arch. f. Naturg., 1868, p. 41 — Mrers, Ann. Mag., Nat. | Hist. (5), V, 1880, p. 383; DE Man, Arch. f. Naturg., 1887, p. 556; Weber's Zool. Ergebn., p. 427, pl. 26, f. 34; Not. Leyd. Mus., XV, 1893, p. 304; Abh. Senk. Ges., XXV, p. 766 — OrtmANN, l. cit., p.718 — CouTIÈRE, Il. cit., p. 329, pl. 14, fig. 41-43 — Trarrwirz, Abhandl. Dresd. Mus., 1890-91, p. 15 — SozenKEL, Verh. Nat. Ges. Basel, XIII, 1902, p. 508 — NozIni, l. cit., p. 480. | Questa specie fu raccolta dal Seurat in grande abbondanza nelle riviere di Tahiti. Rivière de Vaituoru-Papenoo. 24 esemplari. Rivière de Faarapa. Quattro maschi e una femmina ovigera. Serre II. Tow, LVII. u! 362 GIUSEPPE NOBILI 12 Due maschi adulti di Papenoo hanno le dimensioni seguenti: Lunghezza totale mill. . 80 61 Lungh. totale della zampa del 2° Po - sin. 140 destra 84 sin. 92 destra 56 Lunghezza del mero ; dA 24 > brit L0: 5a 11 x del carpo : ? 4 MAI RES) ala TO ;; Il7 x della palma . È ; sn 48 STRA SE aai 5 17,5 se della mano . 3 “ i DU A 20 set È 12 3 delle dita : x î IRETTRIS]: È SINCE 9 i 5,5 Denti del rostro . 2 - i a o. Cla Palaemon (Parapalaemon) aemulus Nob. (Tav. I, fig. 5). Nositi, l. cit., p. 258. Un maschio e una femmina raccolti nel ruscello di Gatavakè a 180 m. d'altezza. Il maschio misura 64 mill. di lunghezza dall’apice del rostro a quello del telson. Il carapace è liscio. Il rostro è alquanto alto sul carapace e debolmente diretto in basso, ma colla punta un poco rialzata ; esso è lungo esattamente quanto il peduncolo delle antennule, quindi distintamente più breve dello scafocerite. Esso porta superiormente 10 denti, i primi quattro dei quali sono collocati sul carapace; il quinto è collocato sopra gli occhi. Questi denti sono acuti; diretti obliquamente in avanti, e gli ultimi sono un poco più piccoli dei primi. Fra i denti stanno impiantati numerosi peli. La punta è lunga quanto i due denti precedenti ed è debolmente rialzata. Il margine del rostro è percorso da una cresta robusta. Il margine inferiore è munito di 3 denti. La spina antennale è robusta; dietro e sotto di essa, ben distante dal margine del carapace vi è la spina epatica, la quale è molto acuta e robusta, e trovasi impiantata in corrispondenza dello spazio fra il 2° e il 8° dente rostrale. La superficie dorsale del telson ha le solite due paia di spinule; il paio prossi- male è impiantato un poco oltre la metà del telson. L’estremità termina in breve punta: ai lati vi sono due spinule per ciascuna parte, delle quali la interna è notevol.. mente più lunga dell’esterna. i I maxillipedi esterni raggiungono l’apice del peduncolo delle antennule. Le zampe del 1° paio oltrepassano con poco più di un terzo del carpo l'estremità dello scafo- cerite; il loro carpo è lungo mill. 8 3/,, la mano mill. 5; le dita, provviste di ciuffi di peli, sono subeguali alla palma. Gli articoli basali, l’ischio e il mero delle zampe del primo paio sono scabri di tubercoletti acuti. Le zampe del 2° paio sono distintamente disuguali; la maggiore, staccata dal corpo, misura mill. 106 di lunghezza, e la minore, pure staccata, mill. 76,5. Entrambe le zampe sono dunque più lunghe del corpo. Esse sono coperte di minuti tubercoletti. che si fanno più acuti lungo il margine interno. Le misure dei varî articoli delle due zampe sono; Lunghezza del mero . _. . . > {8 < 14 n del carpo |... E 51129 320,5 Larghezza del carpo all’ apice 3 To MIFAGHa) Lunghezza della mano |. . . TARZO n 905 n ©. della palma 28 ni20 5 delle dita . » 28 n, 10,5 Larghezza della palma VIGO SCO) Spessore È ; SS Man2:3/ 19 RICERCHE SUI CROSTACEI DELLA POLINESIA 369 Come appare da queste misure il carpo è in ambe le chele lungo 11/s volte il mero, la mano è lunga più di 1!/, volte il carpo sulla grossa chela e !/, volta sulla piccola. Le dita sulla zampa maggiore sono lunghe i 2/3 della palma, ed appena la metà di essa sulla zampa minore. Il mero ed il carpo sono cilindrici e pur dilatan- dosi il carpo all’apice non può dirsi compresso; essa ha la forma che si osserva negli Eupalaemon. La mano invece, pur non essendo dilatata perchè nella zampa maggiore è larga quanto l’apice del carpo, e sulla minore lo è poco di più, è distintamente compressa, e piuttosto appiattita, essendo il rapporto fra la lunghezza e lo spessore della palma di 1:9 sulla. zampa maggiore e di 1 :7 sulla minore. Questa specie va quindi riferita al sottogenere Parapalaemon. Le dita hanno un armatura caratteristica. Il dito mobile della grossa chela offre verso il suo terzo basale un grosso dente, il quale è preceduto presso l’articola- zione da due denti più piccoli; segue poi verso la metà un altro grosso dente; oltre il quale fino all'estremità si susseguono 15-16 paia di tubercoletti nerastri, poco più grossi che i tubercoli che rivestono il dito. Il dito fisso offre cinque denticoli presso alla base, indi un grosso dente poco prima della metà, indi la stessa serie di tuberco- letti rotondi appaiati. Gli apici sono curvi e le dita non chiudono. Sulla mano minore si ripete presso a poco la stessa disposizione, ma le dita sono assai più brevi e più arcuate e distanti. Le zampe seguenti sono relativamente brevi, raggiungendo appena quelle del terzo paio l’apice dello scafocerite; ma sono grosse e fittamente scabre di granuli appuntiti come i chelipedi. La femmina, carica di uova è lunga 58 mill. Essa non presenta disgraziatamente che la zampa destra. Il rostro è conformato come nel maschio, ma ha !2/3 denti, dei quali cinque collocati sul carapace. Tutte le zampe sono assai meno armate che nel maschio, come di regola. La zampa destra del 2° paio è assai più breve del carpo; il suo mero è lungo mill. 7,5; il carpo mill. 10,5; la mano mill. 16; la palma mill. 9. Le dita chiudono bene; e quanto alla disposizione dei denti si ritrova la stessa che nei maschi; ma al posto dei tubercoli nella seconda metà vi è una linea tagliente continua. |: : Gen. Leander Desm. Leander debilis (Dana). ino: debilis DANA, U.S. Expl. Exp., I, 1852, p. 585, pl. 38, fig. 6-7. Leander debilis Simpson, Proc. Acad. N. Sc. Philadelphia, 1860, p. 40 — OrTMANN, Zool. Jahrb. Syst., V, 1890, p. 515 (pars) — Dx Man, Abh. Senkenh. Ges., XXV, 1902, p. 808 — Lenz, Zool. Jabrb. Syst., XIV, 1901, p. 435. ._ Rikitea. Littorale, numerosi esemplari. Rikitea a marea alta, 9 esemplari. Laguna i Hao, 10 esemplari. Questi esemplari si accordano meglio colla descrizione e le figure di DANA che colla descrizione di De Man. Cid proviene probabilmente dal fatto che essi furono raccolti in località più vicina alla località originaria del tipo (Isole Sandwich), mentre da specie è forse rappresentata a Ternate da una varietà a zampe più lunghe. 964 GIUSEPPE NOBILI 14 Il rostro in quasi tutti oltrepassa notevolmente lo scafocerite. Esso negli indi- piatt denti in due casì e Darl ca 5 ZI n.un D41 5) in due casi pure e vidui di Hao offre altro individuo. Negli esemplari del littorale di Rikitea abbiamo individui e Sii in un individuo e so in un altro. DANA da È denti. in cinque È nelle zampe del 2° paio che questi esemplari si accordano di più colla. descri- zione e la figura di Dana. Esse sono gracilissime @ subeguali a quelle del 1° paio; ricondotte in avanti esse non raggiungono o raggiungono scarsamente l’apice dello _ scafocerite. Ciò è precisamente quanto si osserva nella figura 6 di Dana, mentre De MAN osservò che negli esemplari di Ternate le zampe del 2° paio superano lo scafocerite con tutta la mano. Gli esemplari polinesiani sono quindi tipici, mentre quelli di Ternate sono probabilmente una varietà. In un giovane esemplare di Rikitea il carpo del 2° paio è lungo mill. 2,5 e la mano è lunga mill. 1,87. Gen. Amphipalaemon Nobili : (PaLAEMONOPSIS Borr.). Amphipalaemon Seurati Nob. (Tav. I, fig. 3). NoBiti, l. cit., p. 259. Un solo esemplare maschio, mutilato, di Tearia, a 12 braccia. Il nome di Amphipalaemon fu proposto da me nel 1901 per sostituire Di monopsis Borr., nome già impiegato da Stimpson (1). La specie raccolta dal Dr. Seurat corrisponde per tutti i caratteri generici al genere di BoRRADAILE, avendo tre flagelli alle antennule, dei quali il flagello maggiore è saldato solo alla base per 4 articoli col flagello gracile. All’indietro degli occhi sul carapace vi è la sporgenza trian- golare descritta nell’A. Willeyi; vi è solo la spina antennale; le zampe del 2° paio hanno lo stesso tipo e il loro carpo è brevissimo. Le mandibole mancano di palpo. Questa specie differisce notevolmente dall’unica del genere A. Willeyi, special- mente pei caratteri del suo rostro. Il rostro è lungo quanto lo scafocerite, quindi più lungo del peduncolo delle antennule. Esso porta superiormente 11 denti, i quali non cominciano dal carapace, ma cominciano dopo un breve tratto inerme del rostro, circa a metà dei peduncoli oculari. Il rostro è quasi diritto e molto alto. Inferiormente esso porta 8 denti. Le antenne interne hanno una spinula all'estremità del primo e del secondo articolo. Le mandibole sono divise nettamente nei due processi incisivo e molare, entrambi fortemente sviluppati e divisi in denti. I maxillipedi esterni sono assai brevi. Le zampe del primo paio non raggiungono l’apice dello scafocerite’ le loro dita sono un poco più lunghe della palma. Le zampe del 2° paio sono relativamente grosse; | < il loro mero è inerme, il carpo brevissimo ed obconico, ingrossato; la mano è anche rigonfia, colle dita di un terzo più brevi della palma. (1) Nosiui, Boll. Mus. Torino, XVI, 1901, n. 402, p. 5. d) 15 A RICERCHE SUI CROSTACEI DELLA POLINESIA > 365 Le zampe del 2° paio raggiungono ed oltrepassano di poco l’apice dello scafocerite. Le zampe seguenti sono gracili e piuttosto brevi, inermi, salvo per alcune spinule sul bordo inferiore del propodite. GnathophyUHum tridens Nob. (Tav. I, fig. 4). NoBizi, l. cit., p. 259. Una femmina raccolta nei récifs esterni di Rikitea. Questa specie differisce da Gn. americanum (= Gn. fasciolatum Stimps = Gn. zebra Richt.) pel numero dei denti del rostro, per l'armatura del telson e pei caratteri dei suoi pereopodi. Il rostro raggiunge appena la metà del primo articolo del peduncolo antennu- lare; esso ha la stessa forma che in Gn. americanum, ma è armato di soli tre denti al disopra, in luogo di 5-6 e di nessun dente sul bordo inferiore. Gn. americanum ha un dente sul margine inferiore che può però mancare talvolta. La cresta rostrale non si continua sul carapace al di là del punto in cui prendono origine le creste laterali assai forti. Gli occhi oltrepassano alquanto l’estremità del primo articolo del peduncolo antennulare. Questo articolo è provvisto di uno stilocerite ben svilup- pato che raggiunge quasi l’estremità dell’articolo; all’estremità dello stesso articolo vi è ancora una spina esterna. Il primo articolo del peduncolo delle antennule è distintamente più lungo che i due seguenti presi insieme; il secondo e il terzo sono subeguali. I due flagelli sono corti, l’uno è gracile, l’altro molto rigonfio e diviso all’apice in due fiagelli, l’uno composto di pochi articoli, l’altro più lungo. Lo scafo- cerite è largo, corto e provvisto di una spina all’estremità del suo margine esterno. Le zampe mascellari esterne hanno la forma opercolare caratteristica di questo genere. L’estremità dell’articolo allargato è troncata. I maxillipedi del 2° paio hanno .i primi articoli molto dilatati, e gli articoli terminali anche allargati e ripiegantisi contro il margine interno dei primi articoli, e appoggiati ad una sporgenza di questo margine. Il secondo mazxillipede, quando gli ultimi articoli sono ripiegati, diventa anch'esso opercoliforme (fig. 4 5). I primi maxillipedi e le seconde mascelle hanno la lacinia media sviluppatissima; quella della mascella armata di una doppia serie di spinule, la lacinia inferiore pare nulla. Le mandibole sono semplici, e per la formaricordano quelle di Processa e di Crangon, colla estremità dentata e setolosa. Le zampe del 1° paio oltrepassano lo scafocerite con quasi tutta la lunghezza del carpo; esse sono dunque più lunghe che in Gn. fasciolatum ove secondo Der MAN oltrepassano lo scafocerite colla sola mano. Le zampe del 2° paio sono più lunghe © più robuste; la porzione palmare della mano è lunga due volte le dita. Le dita delle zampe ambulatorie sono biunguicolate. Il telson ha tre spine su ciascun margine, delle quali l’ultima è subterminale; l'estremità è armata di due lunghe spine e di due spine corte. Il colore è disposto per fascie, brune; vi sono sette fascie sul carapace e quat- — tordici sull’addome. 366 GIUSEPPE NOBILI 16 STENOPIDEA Stenopus hispidus Oliv. Mine Epwarps, H. N. Cr., II, p. 407, pl. 25, f. 1 — Dana, U. S. Expl. Ex., p. 607, pl. XL, f. 8 — Apawms e Wire, Samarang Crust., 1850, p. 61, pl. 12, f. 6 — Bark, Challeng. Macr., p. 211, pl. 30. è Hao. Récif esterno. Due esemplari. Secondo le annotazioni del Dr. SeurAT, alla base dei chelipedi di questa specie vi è una macchia violetta-azzurra; il corpo del- l’animale vivente è di un bianco trasparente, sul quale spiccano vivacemente le _ fascie rosse. REPTANTIA LORICATA Panutlirus penicillatus (Oliv.). Cfr. lit. in NoBiLi, Ann. Se. Nat. (IX), IV, 1906, p. 88. Hao. Récif esterno. Un esemplare giovanissimo lungo mill. 30. Questo esemplare, benchè presenti nei solchi addominali una differenza notevole, appartiene tuttavia al P. penicillatus. L’esognato del 3° paio di maxillipedi è breve, senza flagello, e giunge fino alla metà dell'articolo seguente o ischiognatite ; sui maxillipedi del secondo paio vi è un esognato ben sviluppato con flagello cilindrico multiarticolato. Il segmento antennulare porta nel mezzo del suo margine anteriore una spina, un'altra spina a ciascuna estremità e due denticoli nel mezzo. Il peduncolo delle antennule è più breve del peduncolo delle antenne, mentre negli adulti avviene il contrario. Il segmento antennale porta due forti spine, precedute alla base da due spine assai piccole. Gli epimeri addominali sono acuti, con un dente posteriormente, e col margine anteriore denticolato. I segmenti addominali portano solchi piligeri, ma tutti distintamente interrotti nel mezzo, al contrario di ciò che avviene negli adulti che hanno i solchi continui. Parribacus antarcticus (Rh.). Ibacus antarcticus Miune Epwarbs, H. N. Cr., 2, 1837, p. 287; Abt. Cuv. R. Anim. Crust., pl. 45, f. 3 — DANA, ], cit., p. 518, pl. 32, fig. 6. Paribacus antarcticus Dana. Stimpson, Proc. Acad. Philadelphia, 1860, p. 92 — Orrmann, Zool. Jahrb. Syst., VI, 1891, p. 45 (ubi syn.). Rikitea. Una femmina. Isola Hao. Due giovani maschi. Nome mangareviano: Opapa; nometahitiano: Tianee; nome delle Gambier: Atamarw. PAGURIDEA Diogenes Gardineri, Ale. | Atocock, Cat. Ind. Crust. Pagur., 1905, p. 73, pl. VII, fig. 3. Questa specie descritta nel 1905 e conosciuta finora solo delle isole Maldive è rappresentata da due esemplari raccolti a Marutea del Sud, e da parecchi di Rikitea. Gli occhi sono disuguali, più lunghi che il peduncolo antennale, ma più brevi che il d7 RICERCHE SUI CROSTACEI DELLA POLINESIA 367 peduncolo antennulare. Le scaglie alla base dei peduncoli oculari sono divise all’apice in spinule. La mano maggiore offre nella sua superficie esterna nel mezzo una serie longitu- dinale di 6-7 spinule, di cui le prime quattro sono ricurve e forti. Lo spazio fra questa serie di spine e i due bordi è granuloso. La piccola mano è molto gracile ed allungata: il bordo superiore della palma porta 3 spinule. Le zampe ambulatorie hanno solo una spinula alla estremità del carpo. Clibanarius corallinus (Edw.). Pagurus corallinus Miune Epwarps, Ann. Sc. Nat. (3), X, 1848, p. 63. Ulibanarius obesomanus (? corallinus) Dana, U. S. Expl. Exp. Crust., I, p. 468, pl. XXIX, fig. 8 a-e. Clibanarius corallinus ALcock, Cat. Ind. Crust., p. 48, i V, f. 1 (ubiì syn.) — De MAN, Arch. f. Nat., 1887, p. 447. Motù di Puamu, récif esterno, un grosso maschio nella conchiglia di un Turbo. Apataki, quindici esemplari. Hao, otto esemplari. Le misure del grosso esemplare di Puamu sono: Lunghezza mediana del carapace mill. 23 a della porzione cefalica , 12 Larghezza massima . . dr, 14,5 Lunghezza del margine frontale . , 5) P degli occhi 5 RO 9 Questo esemplare s’accorda per ogni punto colla ‘descrizione di ALcocx. Noterò solo che la punta rostrale oltrepassa alquanto gli angoli antennali. Gli articoli distali del flagello antennale sono alquanto rigonfi inferiormente, come in P. enopsis, ma un È poco meno. I carpi del 2° e 3° paio portano all'estremità un’acuta spina nascosta fra i peli. Clibanarius zebra Dana. È Dana, 1. cit., p. 465, pl. 29, fig. 5.a-d — BoRRADAILE, P. Z. S., 1898, p. 463. Hao. Due esemplari. A Clibanarius striolatus Dana. ; Cfr. Arcocg, L. cit., p. 46, pl. IV, fig. 7 (ubi syn.). ._Apia-Samoa (R. N. Liguria). Un maschio. Clibanarius aequabilis Dana. 3 Bo. U. S. Expl. Exp. Crust., pl. I, 1852, p. 464, pl. 29, fig. 4a-f — AuriviLuIvs Bih. «Svenska Vetersk. Akad. Handl. XXIV, IV, 1, 1898, p. 12, pl. IV, fig. 8. Clibanarius aequabilis var. Merguiensis De Max, J. Linn. Soc. Zool., XXII, 1888, p. 247 n. —'‘An1000K, 1. cit., p. 47, pl. IV, fig. 5. Taraouroa. Laguna, 10 esemplari. Rikitea, numerosi esemplari. Questa specie ha una colorazione variabilissima. Gli esemplari di Taraouroa 368 GIUSEPPE NOBILI 18 hanno i chelipedi rossicci, il mero e il carpo delle zampe ambulatorie giallastri soffusi di rossiccio; i dattilopoditi bianchi talora con una linea rossa sul bordo superiore e su quello inferiore e le unghie cornee. I propoditi sono giallastri con una linea rossa sul bordo inferiore ed una sul bordo superiore, e l’estremità rossa. Gli esem- plari di Rikitea hanno i chelipedi bruni; le zampe ambulatorie sempre coi dattilo- poditi bianchi, ma col mero, carpo, e propodite più o meno fortemente tinte di un azzurro-violaceo cupo, che lascia presso le basi degli articoli e lungo îl bordo superiore del mero degli spazî biancastri o giallicci. Questa colorazione concorda con quella descritta da DANA per il suo esemplare di Tahiti: Specimen from Tahiti has the legs dark blue but not striped. DANA però in questo esemplare notò che gli occhi sono più brevi dei peduncoli antennulari, mentre in questi delle isole Gambier essi superano il peduncolo delle antennule con una parte della cornea. Calcinus elegans Edw. Cfr. ALcock, Cat. Ind., pag. 1905, p. 55, pl. V, fig. 2 (ubi syn.). Isola Hao, récif esterno; Rikitea, 6 individui; Apataki, 3 individui; Tagatau, 2 esemplari; Mangareva, 1 es.; Marutea del Sud, 2 maschi; Marutea, récif esterno, 1 femmina; Wakatihi, 1 es.; Makaroa, 2 maschi, uno in Nerîta maxima; Kamaka, 1 maschio; Amanu, nei tubi di Vermetus, 2 es., ecc. sc Il colore della mano maggiore nei giovani è giallo o talora verde; negli adulti bruno-scuro. Nei giovani le zampe sono anellate di bianco e di rosso vivo; negli adulti di rosso cupo e azzurro. Uno degli esemplari, una femmina dell’isola Hao vive in una Cypraea, e in conseguenza della strettissima e lunga apertura della conchiglia anche il torace dell’individuo ‘è molto appiattito. I peduncoli oculari sono azzurri, quelli antennali gialli. Calcinus Herbstii De Man. Calcinus Herbstii De MAN, Arch. f. Nat., 1887, p. 437 — OrtmANN, Zool. Jahrb. Syst., VI, 1892, p. 292 — ALcocx, l. cit., p. 53, pl. V, fig. 4 (ubi syn.). Pagurus tibicen HA. Minne EpwaARDS nec Cancer tibicen HrrBsr. Hao, récif esterno, numerosi esemplari; Tagatau, 4 es.; Hikueru, 3 es.; Marutea, 5 es.; Fakahina, 8 es.; Rikitea, récif madreporici littorali a 2 metri, 1 esemplare; Canale di Waiatekene, 5 es.; Motù di Puamu, 1 maschio; Motù di Taraourouroa, 4 esemplari; Kamaka, 1 maschio; Tahiti, 1 maschio, ecc. Questa specie è molto variabile nella sua colorazione. Si possono fare nei numerosi esemplari raccolti dal Dr. SeurAT due gruppi, l’uno corrispondente più o meno ai colori dati da AL000x, l’altro assai differente. Nel primo gruppo il carapace è azzurro o gialliccio; la grossa mano bianca nella parte anteriore, indi nera o bruna o bluastra o aranciata; il carpo e il mero dello stesso colore della palma, ma il mero marginato di bianco. Le zampe ambulatorie sono aranciate o brunastre, con una fascia longitu- dinale e parte di una seconda sul mero e sul carpo; le dita sono bianche con un anello rosso o bruno poco prima della punta e una macchia rossa lateralmente. Questa è la forma più comune ed il colore aranciato o nero del carpo e della palma non è per nulla in rapporto col sesso. Gli esemplari del secondo gruppo hanno la palma, } 19 RICERCHE SUI CROSTACEI DELLA POLINESIA 369 il carpo ed il mero verdastri; il mero ed il carpo delle zampe ambulatorie verdastri con due fascie brune, ma il propodite bianco con due anelli verdastri variegati di bruno alle due estremità. I giovani sono bianchi con un anello rosso alle articolazioni. Due esemplari di Hao abitano l’uno una Cypraea, l’altro un Conus a strettissima apertura. Calcinus Herbstii var. lividus Edw. | Pagurus lividus H. Mrrwe Epwarps, Ann. Sc. Nat. (3), X, 1848, p. 63. Calcinus Herbstii var. lividus BorraDAILE, P. Z. S., 1898, p. 462 — ArLcocr, l. cit., p. 55. | Marutea. Una femmina ovigera. Che P. lividus non sia che una varietà di colorazione del C. Herbstii viene pro- | vato dal fatto che sette esemplari di C. Herbstii della laguna di Fakahina sono __intermedii per la colorazione fra le due forme, essendo essi verdastri con fascie di bruno o di rossiccio molto smorte. Calcinus latens Rand. . Dava, U. S. Expl. Exp. Crust., 1852, p. 459, pl. 28, f. 11 — HILGENDORP, M. B. Akad. # Berlin, 1878, p. Cerea Zool. Jahrb. Syst., VI, 1892, p. 293 — ALcock, 1. cit., p. 58, pl. V, fig.5 — Nosiu, Bull. Scient. Fr. Belg., XL, 1906, p. 83, pl. V, fig. 20. Hao, récif esterno. Una femmina. pa Calcinus terrae-reginae Haswell. È: Haswexs, Proc. Linn. Soc. N. S. W., VI, 1881-82, p. 760; Cat. Austr. Crust., 1882, | p. 158 — De Max, Arch. f. Nat., LITI, 1887, p. 489; Journ. Linn. Soc., XXII, 1888, p. 226 — Arcocr, l. cit., p. 57, pl. V, fig. 7. Bic: nitidus HeLLer, Novara Crust., p. 89, taf. 7, fig. 4. Bilo, Mangareva, 3 esemplari; Laguna di Fakahina, 8 es.; Laguna di Hao, 1 esem- plare i in una conchiglia di Fusus perforata dalle not lunga 10 cm. e pesante 4 grammi. Per l’enorme sproporzione fra la grossezza e il peso della conchiglia a piccolezza dell’animale, questo era certamente obbligato “a restare immobile, tatto analogo a quello osservato da Bouvier pel Troglopagurus jousseaumei. Di questa specie furono anche raccolti due esemplari a Hikueru; e una dozzina ti ti giovani ma colle femmine già ovigere sul récif esterno di. Hi Questi esemplari concordano benissimo, anche pel colore, colle descrizioni di ALcoox e li ho quindi riferiti senza alcun dubbio a questa specie. Ma pei loro caratteri ossi si accorderebbero ugualmente bene col C. nitidus di HeLLER, la cui descrizione isponde anche, salvo pel colore. Ma l'esemplare di HeLLER poteva essere scolorito, ad ogni modo, tenuto conto della grande variazione di colore in altre specie, s. C. Herbsti) e nello stesso .terrae-reginae, mi pare molto probabile che questa “LS del 1882 sia identica a C. nitidus del 1865. Serre II. Tox. LVII. È MW 870 GIUSEPPE NOBILI 20 Pagurus punctulatus Oliv. Cancer megistos HerBstT, Krabben, ILL, IV, p. 23, 1804, pl. LXI, fig. 1. Pagurus punctulatus Orivier, Enc. Méth., VIII, 181, p. 641 — Arcocx, l. cit., p. 81, pl. 8, fig. 1 (ubi syn.). Isola Hao. Due femmine, una grossa in Dolium sp. Tagatau. Una femmina ovigera. Motù di Ohura-Hao. Due maschi. Io credo che questa specie dovrebbe prendere il nome di Pagurus megistos, perchè osservando la figura di Hersst si vede chiaramente dalla metà anteriore, abbastanza esatta, che questo autore intendeva realmente rappresentare la forma che sette anni più tardi OLivier chiamò P. punctulatus, benchè colla fantasia l’abbia poi dotato nella metà posteriore di un addome a 8 articoli e di una natatoia di cinque pezzi uguali (!). Pagurus euopsis Dana. Pagurus euopsis Dana, U.S. Expl. Exp. Crust., I, 1852, p. 452, pl. XXVIII, fig. a-e. — De Man, Arch. f. Nat., 1887, p. 429 — Orrwmann, Zool. Jahrb. Syst., VI, 1892, p. 286 — ata 1. cit., p. 86, pl. IX, fig. 2 (ubi liter) — NoBiti, Bull. Scient. Fr. Belg., XL, 1906, p. 82. Pagurus depressus HeLuer, Sitz. Akad. Wien, XLIV, 1861, p.248 — De af Arch. Nat., 1887, p. 431. Dardanus Helleriù PauLson, Icab1o8. Paroospasa. Kpack. nona Sa 1875, p. 9070 pl. 12, fig. 4-4c. i Isola Hao. Laguna, 2 maschi e 2 fummo: Questi esemplari hanno una colorazione differente da quella di altri delle coste d’Arabia e del Golfo Persico. Questi ultimi avevano un colore generale brunastro : violaceo, che si accorda meglio collo slate-colour attribuito da Ancock a questa specie, — mentre negli esemplari Polinesiani il colore è rosso-sangue maechiettato di bianco. | La fascia sui mero- e carpopoditi del 2° e 3° paio di zampe è nettissima e rossa. ì I peli di tutto il corpo sono in parte rossi ed in parte gialli colla punta sempre bianca. Questi esemplari offrono nettissima la dilatazione degli articoli distali del flagello — delle antenne, e appartengono alla vera forma evopsis a torace non depresso, come | nella, forma depressus. ì Pagurus deformis Edw. 7 H. Mine Epwarps, Ann, Se. Nat. (2), VI, 1836, p. 272, pl. 14, fig. 2; H N. Cr., | 2, 1837, p. 222 — Mrers, Zool. Erebus Terror, Crust., p. 3, pl. 2, f. 8, 1875. — Hircempore, MB. Akad. Berlin, 1878, p. 818, pl. 3, pci 6-7 — AL6o0o e 1. cit., p. 88, pl. IX, fig. 4 (udiî syn.). Laguna di Hao. In Turbo setosus. Tre maschi e due femmine; uno dei maschi A in Dolium perdix. Motù di Ohura-Hao. Un maschio. ‘'Chénal de Vaiate Kénè. Due maschi. ? Mangareva. Un maschio. Tutti i maschi hanno le aperture sessuali al 3° paio di zampe corrispondenti alle femmine, come fu già notato da altri autori. Ue 21 “ RICERCHE SUI CROSTACEI DELLA POLINESIA 871 Aniculus aniculus (Fab.). Cir. Axoco0cK, l. cit., p. 97, pl. 7, fig. 4. Marokau, récif esterno, 2 femmine; Marutea del Sud, récif esterno, 3 femmine | e 2 maschi; Fakahina, récif esterno, 2 maschi e 3 femmine in Turbo setosus Gmel. 4 In una femmina di Marutea del Sud gli scutuli delle zampe sono gialli, orlati | in avanti di rosso; negli altri esemplari gli scutuli sono soffusi di bluastro. I peli all'estremità delle dita hanno colore rosso rubino, gli altri sono gialli coll’apice bianco. ” Gen. Eupagurus Brandt. SS Eupagurus maorus Nob. (Tav. I, fig. 9). | Nosu, l. cit., p. 259. * Una femmina ovigera di Rikitea. i. Il carapace è lungo 6 mill. La parte cefalica è ben convessa, quasi liscia, poco | pelosa e provvista di qualche punto impresso nelle parti anteriori. Il rostro è ben | formato e triangolare, giungente circa a metà delle squamule oftalmiche. I denti . laterali sono quasi nulli. MI peduncoli oculari sono corti e grossi; le cornee sono ingrossate e più larghe peduncoli. I peduncoli delle antennule giungono alla base delle cornee e superano l'occhio coi fiagelli. Gli occhi sono lunghi quanto l’acicolo antennale; i peduncoli e antenne superano l’occhio di più di metà del loro ultimo articolo. L’acicolo ungo, esile: e cigliato. Le squamule oftalmiche sono irregolarmente triangolari, istanti fra loro alla base, e non dentate all’apice. Il flagello antennale è quasi privo di peli, ed è più lungo del cefalotorace. .I chelipedi sono gracili e allungati. Sul chelipede destro il mero non sporge inferiormente; la sua superficie ha alcuni granuli finissimi disposti in serio, i bordi erficie offre granuli minutissimi e sparsi. La faccia inferiore convessa offre pure ro linee longitudinali di granulazioni assai minute. La mano è allungata e stretta, i espansa lateralmente. Il suo margine superiore e interno porta due creste denti- >; un’altra cresta decorre lungo il margine inferiore, e un’altra nel mezzo. Fra ;a mediana e le due laterali sono disposte serie minori di granuli acuti. Sul fisso decorrono linee di granulazioni acute, che sono la continuazione di quelle la palma. Una forte cresta decorre sul dito mobile. La faccia inferiore della mano linee longitudinali di granulazioni come il carpo. La zampa minore è ornata linee longitudinali come la maggiore, ma le linee sono più salienti, e la zampa tic Le zampe ambulatorie hanno il mero, il carpo e il propodite provvisti inferior- ente e superiormente di lunghi peli, rari e sparsi, impiantati in piccole intaccature 972 GIUSEPPE NOBILI 29 del bordo inferiore un’acuta spinula. Il dito è più lungo del propodo e porta inferior- mente 6-7 spinule. Le linee granulose dei chelipedi sono rossastre ; sulle zampe ambulatorie vi sono linee longitudinali di colore analogo, il che dà a questa specie un aspetto striolato come certi Clibanarius. Due specie di Eupagurus sono note nei mari Polinesiani, entrambe descritte da Orrtwann. L'una E. samoénsis rassomiglia a questa per la forma degli occhi e il rapporto fra la lunghezza di questi e quella delle antenne, ma la mano maggiore ha una forma notevolmente differente: il carpo e la mano sono molto pelosi, e le - dita delle zampe ambulatorie sono più brevi dei propoditi; l’altra E. laevimanus di Tahiti si distingue subito per la mano maggiore assolutamente liscia. Gen. Amagagurus Hend. Anapagurus polynesiensis Nob. (Tav. I, fig. 10). NoBini, l. cit., p. 260. Un maschio di Rikitea, 5 metri. ' Questa specie è affine ad A. australiensis, ma se la descrizione e le figure di HENDERSON sono esatte, ne è certamente distinta. È o Il carapace è quasi liscio nella porzione cefalica calcificata, molto convesso sulle regioni branchiali. Vi sono alcune asperità pilifere in prossimità della regione gastrica | e lungo essa. Il margine frontale forma una sporgenza arrotondata che si avanza 4 quanto le due sporgenze laterali. Gli occhi sono notevolmente più lunghi del pedun- colo delle antenne ed anche di quello delle antennule. Nell’A. australiensis esso supera quello delle antenne ma non quello delle antennule che è più lungo di esso. Le squamule oftalmiche sono armate di 5 spinule. L’acicolo antennale giunge appena a metà degli occhi, la sporgenza laterale del 2° articolo del peduncolo antennale è ben sviluppata. Il flagello è di mediocre lunghezza con qualche lungo ciglio sparso. I maxillipedi esterni hanno il flagello dell’esognato non segmentato. L’ischio- gnatite presenta 10 denti acuti dalla parte interna; il mero- e il carpognatite ter- minano all’estremità del bordo esterno in una punta conica e acuta. I chelipedi sono i mediocremente disuguali. Il mero del chelipede destro è spinuloso sui tre margini — (HENDERSON non menziona nè figura asperità alcuna in questo segmento nell’A. austra- — liensis). Il carpo offre due serie di spinule ricurve in avanti tanto sul bordo esterno — che su quello interno. I due margini della mano sono anche “forniti di una serie | di 8-10 denti spiniformi. La superficie porta” pure due brevi serie di asperità, pel _ resto è liscia. Le due dita sono pure denticolate sui bordi, e provviste di lunghe — ciglia. La zampa minore è conformata allo stesso modo, ma ta superficie fra le serie spinose è più fortemente armata. Le zampe ambulatorie sono molto gracili. Il mero e il propodite sono subdenti- colati, e nelle. intaccature portano setole brevemente pennate. Il carpo è armato. superiormente di 8 forti denti. Il propodite è armato di una spinula all’apice del 23 RICERCHE SUI CROSTACEI DELLA POLINESIA 373 inferiormente di 3 piccole spinule. Il tubo sessuale alla base del 5° pereopodo sinistro è ben sviluppato, lungo e descrive un solo giro. 4 A. australiensis differisce per gli occhi più brevi del peduncolo antennulare, pei chelipedi meno armati e pel carpo delle zampe ambulatorie liscio. Coenobita clypeatus Lat. Micns EpwaARDS, H. N. Cr., II, 1837, p. 239 — DANA, L. cit., p. 473, pl. XXX, fig. 4 — Hireenporr, Decken’s Reise Ost. Afr., III, 1, 1869, p. 98, pl. VI, fig. 3c,4@ Bouvrer, Bull. Soc. Philom. (8), 2, 1889-90, p. 143 —- Dr Man, Abb. Senckenb. Ges., XXV, 1902, p. 741, pl. 24, f. 4 — Ortwann, Zool. Jahrb. Syst., VI, 1892, p. 816, pl. XII, fig. 20 — Arcocx, l. cit., p. 142, pl. XV, fig. 1, 1a. Motù di Ohura, Isola Hao, due grossi maschi. Nome indigeno Unga puhuhi. Colore violaceo cupo, come in un grosso esemplare. Laguna di Hao, due femmine, appartenenti alla forma a mano sinistra liscia e con un principio di carena sul terzo distale del propodite del 3° paio sinistro, cioè alla var. brevimana-Dana. Amanu, una femmina, anche della var. brevimana-Dana. Coenobita rugosus Edw. Mine Epwarps, H. N. Cr., II, 1837, p. 241 — DANA, l. cit., p. 471, pl. 30, fig.1 — HILGENDORF, l. cit., p. 99, taf. VI, fig. 2, 3a, 46 — TarcIonI-TozzertI, “ Magenta ,, Crost., p. 282, tav. XIII, f. 6 a-e — RicatERs, in Mobius-Meeresf. Maur. Seych., 1880, p. 160, taf. 17, f. 14-17 — Bouvier, l. cit., p. 144 — OrtmanN, l. cit., p. 317, taf. 12, fig. 22 — NoBrui, Ann. Mus. Civ. Genova, XL, 1900, p. 494 — % Atc00K, 1. cit., p. 143, pl. XIV, fig. 3-3a (ubi syn.). i i ì: C. compressa var. rugosa Bouvier, Bull. Soc. Philom. Paris (8), V, 1892-93, p. 25. — —‘’11Hao. Due maschi e cinque giovani. ——’Motù de Ohura. Cinque esemplari. A _Kaukura. Un esemplare. | Var. granulosa BouvirR. —_ Marutea. Due esemplari. Motù de Ohura. Sei esemplari. Coenobita perlatus Edw. “Muxs Eowarps, H. N. Cr., II, 1837, p. 242 e Cuvier R. Anim., pl. XLIV, fig. 1 — — —’Bouvier, l. cit., p. 148 — OrtmANN, l. cit., p. 319, pl. XII, fig. 25 — ALCOCK, 1. cit., p. 145, pl. XIV, fig. 2-24 — Srurar, Bull. Mus. Paris, 1904, n. 5, p. 238. —_—’‘Hao. Un maschio e tre femmine. —Amanu. Un maschio e una femmina. — Marutea, laguna. Un maschio e una femmina. Taraouroa, isole Gambier. Un maschio giovane. __Kaukura. Numerosi esemplari giovani. 974 GIUSEPPE NOBILI 24 Coenobita spinosus Edw. H. Mine Epwarps, H. N. Cr., t. 2, 1837, p. 242 — BouviER, l. cit., p. 144 — ORTMANN Zool. Jahrb. Syst., VI, 1892, p. 318, taf. 12, fig. 24. Coenobita bruenna DANA, 1. cit., p. 470, pl. 29, fig. 100-5. Birgus hirsutus Hess, Arch. f. Nat., 1865, p. 162, taf. VII, fig. 16. Amanu, una grossa femmina in una conchiglia di Turbo setosus Gmel. Nome indigeno Unga kagakaga. Questo esemplare corrisponde bene alle descrizioni di Mine Epwarps e di Ortmann. La porzione anteriore del carapace è molto convessa, anteriormente liscia ma alquanto granulata e pelosa sui fianchi e posteriormente. La convessità della porzione anteriore è anche maggiore che in C. clypeatus, e molto più forte che in tutti gli altri Coemobita, escluso il C. Olivieri. I tubercoli conici appuntiti (petites épines courtes di Mine EpwaARDS) sono assai numerosi su tutti gli articoli dal carpo in avanti. Il propodite del 3° paio sinistro è convesso in fuori e la sua faccia esterna passa nella faccia superiore senza demarcazione. Il dito dello stesso paio non è appiattito ma neppure convesso come quello del 3° paio destro ed è ornato di due serie di tubercoli appuntiti sulla faccia esterna, di una serie sul margine inferiore e di 4 sulla faccia superiore, delle quali una più esterna sul limite fra la faccia supe- riore e la esterna. Le regioni branchiali offrono la disposizione descritta da Mine EpwaArps. La loro prima parte è distintamente dilatata all’infuori; mentre la seconda è meno dilatata all’indietro e più breve che nelle altre specie. Il colore è bruno rossastro sul carapace e bruno tendente al violaceo sulle zampe. Il ciuffo di setole all’interno delle due mani è giallo. i Coenobita Olivieri Owen. Owen, Zool., “ Blossom ,, 1839, p. 34; Haswernt, l. cit., 1882, p. 160 — Bouvizz, l. cit., p. 144 — ? LancHestEr, Ann. Mag. Nat. Hist. (7), VI, 1900, p. 260. Taraouroa, isole Gambier, una grossa femmina. Nome indigeno Unga kagakaga. Tarawao, costa est di Tahiti, una femmina in un guscio di Bancoul (Aleurites molue- cana) (1) Uà, Papenoo, Tahiti nelle conchiglie di Turbo setosus Gmel. Il Coenobita Olivieri può bene essere considerato, come vuole OrTmANN, quale una varietà di spinosus, ma è, ad ogni modo, una varietà ben distinta, se viene intesa come la intende Bouvier. Gli esemplari polinesiani del Dr. SeurAT differiscono dall’unico individuo di C. spinosus per avere le zampe molto meno spinose e pelose; (1) Non è infrequente che i Paguridi di questo gruppo abitino in gusci di frutti anzichè in conchiglie. Il Coenobita clypeatus quando è assai grosso si alloga in mezze noci di cocco. Un giovane esemplare di questa specie fu trovato dal Dr. Elio Modigliani a Engano in un guscio emisferico, forse di palma (Cfr. Nositr, Ann. Mus. Genova, XL, 1900). Osorio segnalò il fatto che i C. rugosus del Golfo di Guinea abitano talora nei gusci di Z/zis quineensis. Dana scrive della O. brunnea di Urolu: Abdomen nuce myristico saepe tectum. 25 RICERCHE SUI CROSTACEI DELLA POLINESIA 875 in certi casi, anzi, quasi liscie; perchè il dito della 3* zampa sinistra presenta una faccetta piana, liscia, mentre quello di spinosus è cilindrico e spinoso. La conformazione del carapace è la stessa nelle due specie. Il carapace è molto convesso e liscio in avanti; le regioni branchiali sono dilatate in avanti e poco all’in- dietro. In questi esemplari la granulazione delle parti laterali del carapace è minore che in quello di C. spinosus. L'esemplare di Santubong descritto da LancHESTER (loc. cit.) mi pare appartenga a qualche altra specie. Birgus latro (Linn.). Cfr. Arcoox, l. cit., p. 150, pl. XVI (ubi syn.) — Seurat, Bull. Mus. Paris, 1905, p. 147. Isola Amanu. Un maschio giovane (nome indigeno Xaver). Gen. Gafatheafdea: Galathea affinis Ortm. (Tav. I, fig. 11). OrmMANN, Zool. Jahrb. Syst., VI, 1892, p. 249, 252, taf. 11, fig. 9 — Dx Man, Abh. Senckenb. Ges., XXV, 1902, p. 711 — Noziuz, Boll. Mus. Torino, XX, 1905, n. 506, p. 3. | ‘ Rikitea 2 m., Ohura, Laguna, 1 maschio, 1 femmina. Gatavakè, 1 maschio, 2 femmine. Laguna di Mangareva, 1 femmina. Marutea del Sud, 1 maschio. Hao, 4 esemplari. La descrizione di OrtMANN è molto breve, e quella particolareggiata di De MAN | mon corrisponde interamente a questi esemplari, i quali s’accordano con essa per quasi tutti i caratteri, ma ne differiscono per avere le chele notevolmente più spinose. Credo tuttavia che i miei esemplari corrispondano veramente a G. affinis che è specie | polinesiana, anche perchè OrtmANN dice che la sua specie s’avvicina per le sue zampe a G. spinosirostris Dana, il che è precisamente il caso pei miei esemplari. D*9 Il rostro ha la stessa forma che nella affinis. Esso è, come notò De Man, un poco più lungo che largo alla base, ed è armato di quattro denti per ciascuna parte, dei quali i due prossimali sono più piccoli degli altri due. La cuspide del rostro, i esaminata al microscopio, risulta provvista alla base su ciascun margine di 2-3 denti- 08 La EEeioo o è concava e DE: Do la MELI del LORO, e al LIL : Dottia. Baite è A netta. L’ischio dei maxillipedi esterno è un poco più breve o subeguale al mero, prov- visto all’apice di una piccola spinula, acuto all’apice del bordo esterno. Il mero ha | un forte dente. La cresta interna dell’ischio è armata di circa 22 denti. «Il mero dei chelipedi nel maschio offre una forte spina all’estremità del suo bordo inferiore interno; alla quale seguono un poco più all'indietro e al disopra due ‘o una spinula più brevi; il margine anteriore articolare ha due spine più piccole 976 GIUSEPPE NOBILI 26 ed una ne offre l’estremità del margine esterno. La superficie è irta di altre spinule minori. Il carpo offre internamente una forte spina conica, preceduta e seguìta da un paio di altre minori; il margine esterno è minutamente spinuloso, la superficie dorsale offre due serie di spinule e delle asperità. La mano non ha che 2-3 denticoli sul margine interno e due serie di minute spinule sulla superficie dorsale. Il bordo esterno presenta una serie di 12-14 spinule che si estende fino all’apice del dito fisso, e che nella porzione palmare è fiancheggiata da un’altra serie parallela. Le dita . sono subeguali alla palma od anche un poco più lunghe. Il dito mobile ha uua spor- genza denticolata alla base, alla quale segue un dente conico; quindi talora un altro dente; quindi il margine è finamente denticolato fino alla punta che è larga, escavata, e assai pelosa. Il dito fisso ha pure una larga sporgenza dentata alla base e talora anche un dente conico in seguito. I chelipedi delle femmine sono notevolmente più gracili, ma in compenso le spine sono molto più acute e robuste, specialmente quelle sul margine della mano stessa. Le dita combaciano quasi e sono finamente denticolate nella femmina, mentre sono distanti nei maschi. I I chelipedi sono irti di numerose setole nei due sessi. | Le zampe ambulatorie sono brevi. Il margine superiore del mero è denticolato, l'estremità del margine inferiore ha due denti; il carpo porta 3-4 denti superior- mente; 3 denti si trovano al principio del bordo superiore del propodite, e 5 spinule sul bordo inferiore. Il più grosso esemplare, un maschio di Rikitea, ha il carapace lungo 6 mill. Un maschio della laguna di Ohura. Galathea megalochira Nob. (Tav. I, fig. 12). Nogiti, l. cit., p. 260. Questa specie si distingue nettamente per la forma del suo rostro, dei mazxilli- pedi esterni.e delle schele. Il rostro è molto largo, e non ha che 3 denti per lato, disposti nel modo seguente: presso la punta, la quale è assai breve, stanno 2 denti (uno per ciascun lato), i cui margini laterali sono concavi e divergono all’infuori ed all’indietro attaccandosi per una curva ai secondi denti. Il margine di questi è quasi diritto e si prolunga fino ai denti del 3° paio che sono assai piccoli. Manca il paio di denti alla base del rostro. Non vi sono spinule sul carapace in avanti della regione gastrica. | Le linee pelose sono ben distinte; il solco cefalico ben netto. I margini laterali hanno 6-7 spinule. Gli occhi sono piccoli. ‘ I maxillipedi esterni hanno l’ischio più lungo del mero, prolungato in un forte È angolo spiniforme alla sua estremità interna, e pure saliente all’estremità esterna; | la cresta infero-interna porta circa 15 denti. Il mero non ha spine sul suo margine, ma la sua estremità è fortemente dentiforme. | I chelipedi sono fortemente disuguali; il maggiore è il destro. Il mero di questo i chelipede, che è gracilè alla base, si ingrossa fortemente all’apice, così che assume — aspetto di clava; il suo margine interno è armato di 3 spinule e di una più forte e ricurva all'apice, la superficie porta pure qualche dente o spina ricurva. Il carpo | 97 RICERCHE SUI CROSTACEI DELLA POLINESIA SIR è fortemente dilatato all’apice che è quasi troncato, ed è armato interamente di ‘un forte dente preceduto da un dente più piccolo e seguìto da un dente apicale troncato. La mano è larga, sub-depressa, coi bordi quasi inermi, poichè vi sono soltanto 3-4 denticoli poco salienti sul margine esterno ; le dita sono più brevi della palma, acute, arcuate, largamente distanti, con solo un dente sul dito mobile. La chela sinistra è notevolmente più piccola, ma ha la stessa disposizione col mero ingrossato e il carpo corto e largo; la mano è più distintamente dentata sul bordo esterno; le dita combaciano. Le zampe ambulatorie hanno il carpo assai breve. Il carapace è lungo mill. 3. Petrolisthes rufescens Hell. Cfr, Nositi, Boll. Sc. Fr. Belg., XL, 1906, p. 66 (ubi lit.). Rikitea. Cinque esemplari. Petrolisthes Bosci (Aud.). Cfr. NoBILI, l. cit., p. 66 (ubi lit.). Sakarava, récif. Un individuo giovane. bagni I rar” ? Petrolisthes militaris (Hell.). Porcellana militaris HeLLer, Verh. zool. bot, Ges. Wien 1862, p. 523; Crust. Novara, 1868, p. 75 — De Man, Arch. Nat., 1887, p. 410. Petrolisthes militaris OrrmANN, Zool. Jahrb. Syst., VI, 1892, p. 265 et X, 1897, p. 289 — HenpERSON, l. cit., p. 427. Ho qualche dubbio che un giovane esemplare mutilato raccolto a Marutea del Sud | appartenga veramente a questa specie. I margini laterali del carapace hanno solo tre spine, cioè una epibranchiale e le due altre all'indietro. La superficie del carapace | non è traversata da linee come nel P. annulipes che HENDERSON e ORTMANN consi- | derano identico a P. wilitaris. La superficie della mano offre scabrosità numerose, e il suo margine esterno è finissimamente denticolato e provvisto di peli. I lobi . laterali del fronte non sono denticolati. I meropoditi delle zampe ambulatorie non — hanno spine al disopra; quelli delle prime due paia hanno anche una spina alla | estremità del loro margine inferiore. 19 Il mero dei chelipedi ha due piccole spine alla estremità della sua faccia infe- | riore; il margine interno del carpo ha quattro denti acuti. HIPPIDEA Remipes pacificus Dana. Remipes pacificus DANA, 1. cit., p. 407, pl. 25, f. 7 — Dr Max, Zool. Jahrb. Syst., IX, 1896, p. 476 et X, 1897, pl. 33, fig. 53; Abh. Senckenb. Ges., XXV, 1902, p. 690 — BoRRADAILE, F. Geog. Mald. Laccad., XIII, p. 751. Serie II. Toxw, LVII. xt 378 GIUSEPPE NOBILI 28 Remipes testudinarius Miers, J. Linn. Soc., XIV, 1879, p. 317, pl. 5, fig. 1 (nec R. # Latreille). Rikitea. Tre maschi e tre femmine: “ Vit sur les plages sableuses et s’enfonce dans le sable avec une très-grande rapidité ,, (SeurAT). Nome indigeno Onu-Onu. Hab.: Isole Viti (DANA); Isole Sandwich (Dana); Atjeh e Ternate (De Man); Maldiva e Minikoi (BoRRADAILE). BRACHYURA PRIMIGENIA Cryptodromia coronata Stimpson. Simpson, Proc. Acad. N. Sc. Philadelphia, 1858, p. 239 — De MAN, Arch. f. Nat., 1887, p. 398, pl. XVIII, fig. 2 — Orrtmann, Zool. Jahrb. Syst. VI, 1892, p. 543. Rikitea, fondi a Halimede. Una femmina. Questa specie è nota delle isole Bonin, di Amboina e di Samoa. Dynomene hispida Desm. DesmarEstT, Cons. Gen. Crust., p. 133, pl. XVIII, f. 2 — Gugrin, Iconogr. R. Anim., pì. XIV, f. 2 — Miuns-Epwarps H., H. N. Cr., 2, p. 180; Abl. R. Anim., pl. XL, fig. 2 — A. Miunr-Epwarps, Ann. Sc. Nat. (6), VIII, 1879, art. 3, p. 5, pl. XII, pl. XIII, fig. 1-15 — AtLcocx, Cat. Ind. Decap. - Dromides, p. 74 (ubi syn.). Marutea-Vaitutaki, récif esterno. Un maschio. BRACHYURA OXYSTOMA | Calappa hepatica (Linn.). (Calappa tuberculata Fabr.). Cfr. ALcocx, J. As. Soc. Bengal., LXV, 1899, p. 142. Laguna di Marutea, fondo di sabbia 5 m. un maschio. Mangareva, una femmina che correva nella sabbia. Nome indigeno: Tipotîi. Hao, due maschi. Marutea del sud, un maschio. Gatavakè, un maschio. Gen. Ebalfa Leach. Ebalia erosa (A. M. Edw.). Phlyxia erosa A. Mine Epwarps, Jour. Mus. Godeffroy, I, rv, 1873, p. 262, e Nouv. A Arch. Mus. Paris, X, 1874, p. 47, pl. III, fig. 2. È Ebalia erosa Mrers, Challeng. Brach., 1886, p. 305 — Orrmann, Zool. Jahrb. Syst., d VI, 1892, p. 580 — Arcocr, l. cit., p. 189 (ubi syn.). 1 Nel récif della laguna di Marutea, un maschio lungo mill. 12 e largo mill. 10. ù S’accorda benissimo colla descrizione di Arcock, ma delle protuberanze sulle. regioni branchiali non è sviluppata che una ‘per ciascuna parte, però assai forte- mente. Le tre protuberanze cordiali sono ben. distinte, 29 RICERCHE SUI CROSTACEI DELLA POLINESIA 9879 La regione intestinale sporge all’indietro in forma di lungo lobo conico, molto più lungo dei due lobi dentiformi del margine posteriore. Nella figura di Mine Epwars il lobo corrispondente a questa regione è rotondato e assai breve. La figura accennata rappresenta una femmina, e forse vi è in questa specie differenza fra maschi e fem- mine quanto allo sviluppo della regione intestinale, o questa si sviluppa di più nei . vecchi esemplari. Gen. FMeferonucia Alcock. Heteronucia venusta Nob. (Tav. I, fig. 14). NoBiLi, 1. cit., p. 260. Tre maschi di Ohura. Questa specie s'accorda pei caratteri delle sue orbite completamente chiuse, per le dita dei chelipedi verticali e più lunghe della palma, curvate in dentro, per le zampe quasi interamente scoperte col genere Heteronucia Alc., ma differisce notevol- mente da H. vesiculosa Ale. Il carapace del più grosso maschio misura mill. 3.25 di larghezza per mill. 2,62 di lunghezza, quello di un altro esemplare mill. 2,8 di larghezza per mill. 2,18 di lunghezza. Il carapace è dunque distintamente più largo che lungo. La forma generale | è subglobosa, con un fronte ben distinto, coi margini spinulosi, e la superficie tuber- colata e coperta in ogni luogo, anche sulle spine e sui tubercoli, di minuti granuli. Le regioni, salvo le mediane, sono mediocremente distinte. Il fronte è ben distinto e saliente, ma incassato alla base fra le parti boccali salienti al disotto, fra le regioni | pterigostomiche spinose di fianco e la convessità del carapace al disopra. Esso è diviso da una netta fessura a fondo rotondato in due larghi lobi, ciascuno dei quali ha il margine anteriore obliquo in dentro, e provvisto alla sua estremità interna di un dente. Questo dente è meno netto negli esemplari più giovani. I margini del . fronte sono denticolati; la sua superficie finamente granulata con una serie di tubercoli Ù conici alla base, preceduta da 2-3 tubercoli per ciascun lobo. L'angolo orbitale supero- | esterno è distinto e dentiforme, come pure l’angolo infero-esterno ; l'orbita è netta- — mente separata dalle fosse antennulari. Le regioni pterigostomiche, esaminando 9 Ù P Le parti laterali del carapace sono assai convesse, e sono armate di 4-5 tubercoli conici e quasi spiniformi, ai quali seguono posteriormente altri tubercoli submar- ali, ve ne sono altri più piccoli che vanno decrescendo verso le regioni mediane saliente, è arrotondato e provvisto di tubercoli non sporgenti. È La faccia inferiore del corpo è granulata finamente, ovunque. Il margine anteriore È del quadro boccale triangolare ove vengono a convergere gli apici dei due maxillipedi è sporgente, in forma quasi di piecolo becco; ai due lati del quadro boccale stanno | due forti sporgenze coniche granulate e denticolate. Il merognato è lungo circa i ?/, dell’ischiognato; i maxillipedi sono fittamente granulati. L’addome del maschio, com- 850 GIUSEPPE NOBILI 30 pletamente granulato, è diviso in 7 articoli, ma appare diviso in 6 articoli perchè il 8° e 4° sono fusi insieme; prima di questo articolo alla base sono visibili i due primi articoli brevissimi; il 5° articolo è separato da una sutura ben netta dal 3°-4° fusi insieme; il 6° è breve, convesso e arrotondato ai margini; l’ultimo è lunghis- simo, triangolare, e si protende in avanti fino alle basi degli ischiognati ed è prov- visto di tubercolo. I chelipedi sono robusti ed uguali, fittamente granulati su tutti gli articoli. Il mero sporge anteriormente e posteriormente in un tubercolo conico, la sua superficie è irregolare e all’apice lobata. Il carpo è breve e anch'esso lobato. La mano è grossa, rigonfia, colla palma più breve delle dita e provvista delle due costrizioni basali. Le dita sono minutamente denticolate e granulate; chiudono verticalmente, e il dito fisso è più grosso del dito mobile. Le zampe ambulatorie sono minutamente ma densamente granulate; il mero- podite presenta dorsalmente due sporgenze dentiformi; il dattilopodite è più lungo del propodite. Gen. Mesia Leach. Nursia mimetica (Tav. I, fig. 13). NoBiti, l. cit., p. 261. Due femmine raccolte a Rikitea, 4-5 m., nei fondi di frammenti di Halimede opuntia rassomigliano straordinariamente, come notava il Dr. Seurat nell’etichetta accompagnante gli esemplari, alle racchette dell’alga calcarea, ed abbiamo qui certo un caso di rassomiglianza protettiva. La racchetta di Halimede opuntia che accom- pagna gli esemplari, benchè più lobata, rassomiglia moltissimo ad essi per l’aspetto calcareo, il colore bianchiccio e quasi lo stesso spessore e si comprende bene che questi piccoli animali nascosti o striscianti in un fondo di frammenti che rassomi- gliano ad essi per l’aspetto, siano validamente protetti. La più grossa delle femmine ha il carapace largo mill. 3,8 e lungo mill. 2, 8. Il carapace è provvisto di tre sole costole, l’una che va dal fronte alla regione gastrica, e si continua quindi più attenuata all'indietro ove termina in un grosso rigonfiamento tubercoliforme, e due costole epibranchiali che si connettono obliqua- mente alla prima. La superficie fra le costole è naturalmente concava e debolissima- mente granulosa. Le costole stesse sono minutamente granulate e punteggiate; più grossamente punteggiato è il tubercolo posteriore formato dalla regione intestinale. Il fronte è leggermente bilobato. La regione subepatica e parte della pterigostomica formano una faccetta stretta e inclinata in basso che è quasi invisibile dal disopra. I maxillipedi esterni, le parti inferiori del cefalotorace e l'addome delle femmine sono microscopicamente granulati. I chelipedi sono finamente granulati su tutti gli articoli e su tutte le faccie; più distintamente sul mero. Il carpo è brevissimo. La mano presenta distintamente due costrizioni basali; il suo margine superiore è concavo, l’inferiore convesso. Le dita sono anche granulose: distintamente più lunghe della palma e finamente dentate. Le zampe ambulatorie sono granulate su tutti gli articoli; il dattilopodite è più lungo del propodite. 31 RICERCHE SUI CROSTACEI DELLA POLINESIA 381 Nucia rosea Nob. NoBii, l. cit., p. 261. Laguna di Mangareva, Takù, 20 metri. Benchè il facies di questa specie sia alquanto differente da quello di N. Pfefferi e N. tubercolosa, io credo che essa debba rientrare nel genere Nucia per la sua forma generale, per le orbite che lasciano l’occhio scoperto in parte, pel largo spazio fra le orbite e la bocca, pel suo esognato stretto e diritto. Il carapace è più largo che lungo, misura cioè 9,5 mill. di lunghezza e 11,5 mill. di larghezza. Esso è distintamente lobulato al disopra, ma, considerato nel suo insieme, poco convesso; il fronte è più saliente che quello di N. Pfefferi; il margine posteriore del corpo è ben separato e saliente; le regioni pterigostomiche ben sporgono in fuori in forma di lobo conico-triangolare, che però non giunge in avanti all’altezza del fronte. Tutta la superficie del carapace e delle zampe è coperta da numerose granula- i zioni molto depresse, discoidali, ben separate le une dalle altre, ma molto ravvicinate 4 fra loro, però non confluenti. Sulle regioni branchiali vi sono cinque prominenze i piccole, arrotondate, analoghe a quelle di N. Pfefferi. Ogni regione branchiale è separata dalle regioni medio-longitudinali del carapace da un solco debole e superfi- ciale, ma distinto; i due solchi convergono in avanti e così la regione gastrica rimane delimitata in forma di lungo triangolo. L’area cardio-intestinale è molto convessa e ben delimitata all’ingiro da un solco stretto e profondo ; essa «è arrotondata in avanti, ma un poco prolungata all'indietro ed appare pertanto cordiforme. Il fronte è solcato superiormente e diviso in avanti in due lobi triangolari; dietro questa sporgenza i margini delle regioni branchiali offrono ancora quattro sporgenze conico-triangolari, più forti che quelle di N. Pfefferi e N. pulchella, l’ultima delle quali è posta presso | il margine posteriore. Il margine posteriore, che è ben isolato e molto saliente, è diviso nettamente in due lobi triangolari. Le antenne sono ben sviluppate. I chelipedi sono uguali, e appena più lunghi che la larghezza del carapace. Essi | sono coperti dagli stessi granuli del carapace, disposti allo stesso modo; il mero ha . qualche nodulo alla sua estremità; il carpo 2-3 noduli sul margine esterno, la mano ha un tubercolo alla base sul bordo superiore, e alcuni dei granuli di questo margine | non sono depressi come gli altri ma convessi e quindi leggermente salienti sul piano degli altri. Le dita sono piuttosto deboli, solcate; esse chiudono bene e offrono dei i peli biondi, sparsi; alcuni peli si osservano pure sulla palma. Le dita sono più brevi | della mano. Le zampe ambulatorie hanno gli articoli, le dita eccettuate, piuttosto rigonfi, | sopratutto alla estremità. Il mero delle tre prime paia non è visibile dal disopra | che all'estremità, il resto è nascosto sotto il carapace. a Lo sterno è piuttosto grossamente punteggiato che granulato; l’addome del | maschio è composto di 5 articoli, ed è privo di tubercolo sull’ultimo. Il colore generale è roseo molto vivace. GIUSEPPE NOBILI BrA I [0 0) DD OXYRHYNCHA Menaethius monoceros (Lat.). Menaethius monoceros H. Mine EpwaRDS, H. N. Cr. I, p. 339 — A. MiLne EpwarDS, Nouv. Arch. Mus., IV, 1868, p. 70 et VIII, 1872, p. 252, 259 — AtLcocK, J. A. S. B., LXIV, 1895, p. 197 (udì syn.). Hao. Cinque individui. Laguna di Ohura-Hao. Due femmine ovigere. Tylocarcinus gracilis Miers. Mrers, Ann. Mag. Nat. Hist. (5), 4, 1879, p. 15. Laguna e récif di Ohura, isola Hao, nelle Valonia. Numerosi esemplari. Rikitea, récifs madreporici a 5 m., 1 maschio. Laguna di Rikitea, nelle madrepore, 2 maschi. Questa specie si modifica molto col crescere. Il carapace in un giovanissimo esemplare di Rikitea lungo il dorso è interamente liscio, ma le zampe sono già tubercolate, e il primo paio di zampe ambulatorie offre una armatura già forte sul mero, il quale ha una distintissima spina apicale seguìta da 2 o 3 denti. Negli esemplari adulti mero, carpo e propodite offrono alcune lunghe spine. Sul carapace degli adulti si osservano 4 tubercoli in serie sulla regione gastrica preceduti da parecchi altri, che talora sono disposti in due serie di 3 e di 2 tubercoli. Sulla regione cordiale e intestinale i tubercoli sono molto depressi; essi sono piuttosto nodulosità depresse delle regioni che veri tubercoli. Sulla regione intestinale si osserva una disposizione caratteristica di sei tubercoli formanti un circolo intorno ad un tubercolo centrale. Il carapace e le zampe sono coperti di minuti peli molto ‘brevi. Il carapace e le spine sono macchiettati e anellati di rosa. Parthenope horrida Fab. Cfr. Arcocx, l. cit., p. 279; SrteBBING, South Afr. Crust., III, 1905, p. 27. Hao. Un grosso maschio. Nome indigeno: ÉRokea. Laguna di Fagatau. Una femmina. Mangareva. Due maschi grossissimi. Eumedon convictor Bouv. et Seur. BouvieR et Seurat, CR. Acad. Se., 1905. Hao. Tre femmine. Su questa specie che vive commensale nel periprocto del “ Vana , (Echinothrix turcarum) leggasi il lavoro citato di Bouvier et Seurat. Essa mi pare assai affine e forse identica a Echinoecus pentagonus M. Rathbun 1894 delle isole Sandwich ed anche a Liomedon pentagonus Klunzinger 1906 del Mar Rosso. sg) RICERCHE SUI CROSTACEI DELLA POLINESIA 883 CYCLOMETOPA Neptunus (Achelous) granulatus Edw. Cfr. Arcoox, J. A. S. B., LXVIII, 1899, p. 32, 45 (udi syn.). Vivaio del Laboratorio Zoologico di Rikitea. Due femmine: “ Court sur le sable et s'y enfonce avec une grande rapidité , (SEURAT). _Neptunus (Hellenus) longispinosus (Dana). __Amphitrite longispinosa DANA, 1. cit., p. 277, pl. XVII, fig. 2 ac. __ Amphitrite vigilans DANA, 1. cit., p. 278, pl. XVIII, fig. 3a-d. Xiphonectes leptocheles A. Mine EpwARDS, Nouv. Arch. Mus., IX, 1873, p. 159, pl.IV,f. 1. Neptunus (Hellenus) longispinosus ALcocr, 1. cit., p. 32, 40 (udì syn.). Marutea del Sud. Una femmina ovigera. I margini latero-anteriori del carapace portano 8 denti, compresa la spina. Thalamita coeruleipes Jacq. Luc. Jacquinor et Lucas, Voy. Pole Sud. Crust., pl. V, fig. 6 — A. Mirne-EpwarRps, Arch. Mus., X, p. 363 — De Man, Zool. Jahrb. Syst., VIII, 1895, p. 568, IX taf., XIV, fig. 12. l Kamaka. Un maschio. È L'articolo basilare delle antenne porta una cresta sollevata divisa in quattro i spine, delle quali le due anteriori sono più forti. Per la forma del fronte e delle | orbite s’accorda colla figura di Dr Man. Il carapace offre macchie azzurrognole, e Thalamita integra Dana. Dana, Il. cit., p. 281, pl. XVII, f. 6a-d — Aroocx, 1. cit., p. 74, 85 (ubi syn.). — —Gatavakò. Un maschio. : Thalamita admete Herbst. — Mangareva. Un maschio. & — Kaukura. Un maschio. Tholamita admete var. Edwarastii Borr. alamita admete var. 2 — ALcocE, l. cit., p. 84. BL GIUSEPPE NOBILI d4 Un esemplare femmina raccolto a Rikitea nella fanghiglia del littorale è tipico perchè anche la parte superiore della mano è liscia. In questo esemplare però il 4° dente laterale è interamente scomparso. Due esemplari, l’uno senza chelipede col 4° dente ridottissimo, l’altro molto gio- vane, della laguna dell’isola Timoe, appartengono assai probabilmente a questa varietà. Thalamita pilumnoides var. gatavakensis Nob. Nogiti, l. cit., p. 262. Cfr. Th. pilumnoides BorrADAILE, F. Mald. Laccad. Portun. p. 207, fig. 38. Quattro piccoli esemplari presi a 25 m. di profondità, fra i quali una femmina ovigera. Questi esemplari rassomigliano moltissimo a giovani di Thalamita admete, ma differiscono da questa specie per l’articolo basilare dell’antenna più breve della, lar- ghezza dell’orbita. Essi differiscono dal tipo di TR. pilumnoides di Minikoi pei caratteri seguenti: i lobi orbitali esterni sono più diritti e più lunghi: l’articolo basilare del- l’antenna porta 5-6 denticoli ottusi. Il terzo dente laterale (non vi sono che quattro denti) è più piccolo degli altri ma di poco. Il propodite dell'ultimo paio di zampe offre 4-5 spinule. La mano avrebbe 5 spine, ma la quinta è ridotta assai come nella. Th. Alcocki e forse tu trascurata da BoRRADAILE. Thalamita Alcocki De Man. De Man, Abh. Senckenb. Naturf. Ges., XXV, 1902, p. 646. Tagatau, un maschio. Si accorda in tutto colla descrizione del tipo di Ternate, differendo solo per avere le creste granulose dietro alla regione gastrica poco marcate, per avere invece due piccole linee granulose sui lobi epigastrici (non descritte da De MAN) e per avere quattro spine in luogo di cinque sul propodo del 5° paio! Ma queste sono variazioni troppo frequenti nelle Talamite per aver valore. Thalamita Bouvieri Nob. (Tav. II, fig. 2). NoBiLi, l. cit., p. 262. Rikitea. Fondi a Halimede, 10 m., due femmine. Appartiene al gruppo delle specie con articolo basilare delle antenne più breve della larghezza dell'orbita. Il fronte è diviso in 4 lobi, esclusi gli orbitali interni. I due lobi mediani sono diritti, non convessi in avanti e larghi un poco meno di 4 volte i due lobi esterni i quali sono rotondati in avanti. I lobi orbitali interni sono obliqui, ma non curvi. L'articolo basilare dell'antenna è più breve della larghezza dell'orbita; esso porta una carena molto breve e bassa, non visibile dal disopra. Il carapace è assolutamente glabro, e privo quasi delle linee trasverse granulose, non offrendo che quella che parte dall’ultimo dente laterale, la quale però è rappre- sentata solo dai tratti laterali, mancando il tratto mediano sulla regione gastrica. — | 85 RICERCHE SUI CROSTACEI DELLA POLINESIA 385 I margini laterali sembrano convergere all’indietro, perchè il primo dente, o orbitale, è il più lungo. Essi non hanno che 4 denti, dei quali il 2° e il 4° sono minori del primo, il 3° è rudimentale, anzi in una delle femmine esso manca interamente. Il mero dei chelipedi offre anteriormente 3 spine, il suo bordo è liscio. Il carpo non ha che la spina interna; le spinule delle altre specie sono qui rappresentate solo da piccoli tubercoli. La mano, come il carpo, non ha granuli. La mano non ha che le due creste della parte superiore e quella inferiore decorrente sul dito fisso; vi è una spina presso all’articolazione del carpo, un’altra ben sviluppata ed una ridotta sul dorso della palma; le due spine al termine delle due creste superiori ._ della palma, sopra l'articolazione del dito, mancano. La palma è assolutamente liscia. Il propodite del 5° paio di zampe porta inferiormente 6 spinule. È. «Le specie di Thalamita ad articolo basilare delle antenne e a fronte quadri- lobate differiscono tutte da Th. Bouvierî per parecchi caratteri. Th. woodmasoni Ale. e la sua varietà taprobanica differiscono nettamente per la forma dei lobi frontali, per la presente di linee trasverse granulose sul carapace, ecc. Analogamente differisce Th. cooperi Borr. Queste tre specie hanno inoltre 5 denti laterali. TR. De Mani Nob. che ha solo 4 denti, differisce per la forma del fronte, pel carapace peloso e costato, ecc. ; Dedico questa specie al prof. K. L. Bouvier. Thalamita Seurati Nob. (Tav. II, fig. 1). ; Nogiti, l. cit., p. 262. Questa specie, rappresentata da una femmina ovigera di Marutea, appartiene allo stesso gruppo della precedente. Essa, pei suoi margini antero-laterali che diver- 4 gono all’infuori, più che di solito avvenga in questo genere acquista un facies di gd Charybdis. Però la larghezza del fronte, il numero dei denti laterali e i caratteri delle antenne ne assicurano la posizione nel genere Thalamita. Il carapace e le appendici sono abbondantemente pelosi; il carapace porta linee sverse granulose: una sulla regione cardiaca, una fra i due denti estremi, una interrotta sulla regione gastrica, due lineette protogastriche e due epigastriche. Il dÀ fonte è diviso in 4 lobi, dei quali i due esterni sono piccolissimi e subtriangolari, gli interni larghissimi e largamente smarginati. L'articolo basilare delle antenne è più breve della larghezza orbitale ed è provvisto di una distinta cresta fornita di grossi granuli acuti. I denti laterali sono spiniformi, gracili e relativamente assai puEni. Essi sono cinque, il quarto è rudimentale; il quinto non è più grosso ma è più lungo degli altri. _ Il mero dei chelipedi porta anteriormente 3 spine; il suo bordo posteriore e faccia inferiore sono distintamente rugoso-granulati. Il carpo ha tre spinule oltre Ila spina interna, e la sua superficie è cospicuamente granulata. La mano ha 5 spine; ) perficie fra le spine è grossamente granulata; la sua faccia esterna ha tre grosse reste salienti e granulose, in più delle due superiori. Le dita sono subeguali alla’ ‘palma e fortemente scanalate. Le zampe ambulatorie sono pelose. Il propodite del 5° paio ha circa 8 spinule ormente. Larghezza del carapace coi denti mill. 10,5; lunghezza mill. 6. Serie II. Tow. LVII. Da (e (6.0) (en) GIUSEPPE NOBILI 36 dhalamita minuscula Nob. (Tav. I, fig. 15). Nogiti, l. cit., p. 262. Questa specie, rappresentata da sei esemplari di Vahitahi e da due di Kaukura ha dimensioni minime. Il più grosso esemplare di Vahitahi misura mill. 4,46 di larghezza massima per mill. 3,5 di lunghezza. Essa appartiene al gruppo od articolo antennale breve e più precisamente a quello di Th. oculea Alc. La superficie del carapace è poco pelosa, quasi glabra e poco lineata: vi è una linea assai debole sulla regione cordiale, una interrotta nel mezzo partente dal dente ultimo di ciascuna parte; una interrotta sulla regione gastrica. I lobi epigastrici sono marcati, ma sprovvisti di linee granulose. Il bordo posteriore del carapace è diritto e alquanto sollevato, largo un poco più di !/3 della larghezza del carapace. La regione frontale è molto larga; la distanza fra le estremità dei lobi sopraor- bitali interni è di più di metà della larghezza del carapace (2,6 X 4,46). Il fronte propriamente detto è diviso in due larghi lobi arrotondati in avanti e debolmente granulosi; i lobi sopraorbitali interni sono piccoli e obliqui. I margini antero-laterali convergono all’indietro; essi sono armati di 4 denti soltanto in tutti gli otto esemplari; il primo dente o orbitale esterno è il più forte; il secondo è acuto e ben sviluppato; il terzo rudimentale; il quarto spiniforme ma più esile del secondo. Le orbite hanno inclinazione dorsale. L'articolo basilare della antenna che è più breve della larghezza dell'orbita porta una cresta molto sporgente, parzialmente visibile dal disopra e microscopicamente denticolata. I chelipedi hanno tre spine sul margine anteriore del mero; il carpo è mediocre- mente granuloso ed è armato di quattro spinule sulla superficie esterna e della solita grossa spina interna; la mano è poco granulata ed è provvista di 4 spine; la sua superficie esterna porta 3 creste longitudinali, in più delle due solite della parte superiore. Il propodite delle zampe del 5° paio non ha spinule. Th. oculea differisce nettamente pel forte sviluppo delle linee granulari sul cara- pace, per avere 5 denti, ecc. Caphyra rotundifrons var. tridens Richters. Ricaters, Decap. Maur. Seych., 1880, p. 154, taf. VI, fig. 23-24 — NoBIu, Ann. Mus. Zool. Napoli, I, 1901, n. 3, p. 11. Teone Kura. Un maschio. Rikitea 2 m. Un maschio e quattro femmine. Carupa lueviuscula Hell. Cfr. Arcock, J. A. S. B., LXVIH, 1899, p. 26 (udî syn.). Akamaru. Un maschio adulto. Marutea-Vaitutaki. Un esemplare giovanissimo, Carpilius maculatus (Linn.). Cfr. Arcock, J. A. S. B., LXVII, p. 7 (ubi syn.). Laguna di Hao-Ohura. Una grossa femmina larga mill. 139 e lunga mill. 100. 37 RICERCHE SUI CROSTACEI DELLA POLINESIA 387 Carpilodes rugatus Dana. Cfr. Arcock, l. cit., p. 85 (udì syn.). Canale di Waiatekè, un maschio di colore vinoso. Marutea del Sud, Waitutaki, una femmina giovane col carapace interamente bianco e le zampe rosse. Rikitea, un maschio. Carpilodes Vaillantianus A. M. Edw. Marutea del Sud, tre maschi. Questa specie è forse solo una varietà della precedente. Ma lasciando in sospeso tale questione che richiederebbe grossi materiali, indicherò un’altra differenza fra le due forme che si osserva negli esemplari Polinesiani: le zampe ambulatorie di C. rugatus hanno, presso il margine superiore del mero, piccole fossette che dànno a questa parte un aspetto leggermente eroso e più irregolare che nel C. vaillantianus. 1 i Carpilodes monticulosus A.M. E. A. Mine Epwarps, Nouv. Arch. Mus. IX, 1873, p. 181, pl. V, fig. 1 — De Man, Arch. f. Nat., 1887, p. 233 — Orrtmann, Denschr. Jena, VIII, 1894, p. 51 — AtLcock, 1. cit., p. 86 — Lenz, Zool. Jahrb. Syst., XIV, 1901, p. 463. Marutea del Sud, un maschio e una femmina. Questi esemplari s'accordano colle descrizioni citate e quanto alla colorazione hanno quella stessa dell'esemplare di Amboina di Dr Man e di quello di Dar es Salaam di OrrmanN, cioè le zampe rosso corallo e il carapace bianco-gialliccio con | macchie rosse simmetriche per rapporto alla linea mediana del corpo. A. Mirne Epwarps descrive nel testo la stessa colorazione, ma poi la tavola figura un esemplare violetto carico. ALcock descrive il colore come rosso-porpora carico colle zampe più chiare. Ciò prova che questa specie varia molto quanto al colore. Ho — —Hao. Nuova Caledonia (A. Mirne Epwarps), Amboina (Dr Man), Andamane — (Arcocx), Rotuma (BorraparLe), Laysan (Lenz), Dar es Saalam (OrtmANN), Maldive e Minikoi (BoRRADAILE). Liomera Richtersi (De Man). __Marutea-Vaitutaki, récif esterno. Un maschio. x Liomera granosimana A.M. Edw. A. Mine Epwarps, Nouv. Arch. Mus., I, 1865, p. 222, pl. XI, fig. 5 e TX, 1873, p. 177 Yi — Ortwann, Zool. Jahrb. Syst., VII, 1893, p. 451 — NogBini, Ann. Sc. Nat. (IX), vol. IV, 1906. | Una femmina di Marutea-Vaitutaki, récif esterno. Questo esemplare ha i solchi iterregionali meglio marcati che altri esemplari confrontati del Mar Rosso. 388 GIUSEPPE NOBILI 98 Atergatis Aoridus (Rumph.). Cfr. Ancock, l. cit., p. 98 (ubi syn.). Ohura. Un maschio giovane. Lophactaea granulosa (Riuùpp.). Xantho granulosus RiippeL, Beschr. Abb., 24 Krabb. roth. Meer., 1880, p. 24, pl. V, £.3._ Lophactaea granulosa A. Mirne-EpwArps, Nouv. Arch. Mus., I, 1865, p. 247 — Hrt- cenporr, MB. Akad. Berlin, 1898, p. 787 — Dr Moon Not. Leyd. Mus., III, 1881, p. 95; Arch. f. Nat., 1887, p. 245; Abh. Senckenb. Ges., XXV, 1902, p. 582 — Atcocg, l. cit., p. 100, 101. Marutea. Un grosso maschio, largo 45 mill. e lungo 81 mill. Rikitea, fondi di Halimede, profondità 5-8 metri. Nessuno dei due esemplari offre la cresta granulosa sul margine superiore della mano che spesso si osserva in L. granulosa, e che si distingue da quella di L. cri- stata per essere più bassa e formata di granuli ravvicinati e per lo più non saldati, così che le sue pareti non sono liscie come quelle della cresta di cristata (Cfr. NoBiLI, Ann. Se. Nat. Zool. (IX), IV, 1906, p. 231). i CÀ Zozymus aeneus (Linn.). Cfr. ALcock, l. cit., p. 104 (udi syn.). Fakahina, récif esterno. Una femmina giovane. Lophozorzymus superbus A. M. Edw. A. Mine EbwARDS, Nouv. Arch. Mus. IX, 1873, p. 205 — De Man, Arch. f. Mamo 1887, p. 269 (nec Xantho superbus DANA). Laguna di Mangareva-Taku. Un maschio. Marutea Vaitutaki. Un maschio. Marutea del Sud. Un maschio. Zozymodes carinipes Hell. Zoeymodes carinipes HeLLer, SB. Akad. Wien, 43, 1861, p. 327, taf. II, fig. 16-18 — NogiLi, Ann. Sc. Nat. Zool. (IX), vol. IV, 1906. Atergatis carinipes PAULSON, DEN Paxoospasa. Kpacx. Mop., 1875, p. 18, pl. IV, È fig. 4-46. Leptodius (Xanthodius) cristatus BorraDAILE, F. Geogr. Mald. Laccad. Mar. Crust., III, p. 252, fig. 51. 1 Tagatau, una femmina ovigera. S'accorda benissimo cogli esemplari del Mar Rosso — (NoBrt, I. cit.) e colla figura di PauLSsoN, molto migliore di quella originale di HrL1rR. Di Questa specie era nota solo del Mar Rosso e delle Maldive. 39 RICERCHE SUI CROSTACEI DELLA POLINESIA -389 Euxanthus exculptus var. rugosus Miers. Mrers, Zool. Alert., p. 527 — BorraADAILE, F. Geog. Mald. Laccad. Mar. Crust., III, p. 259, fig. 4lc. Rikitea, nel vivaio, fondo di sabbia, un maschio largo mill. 28, lungo mill. 18. Le gibbosità del carapace sono mediocremente sporgenti, ma distintamente punteg- giate. Il carpo, quando i chelipedi sono ripiegati, forma esternamente una grossa sporgenza conica ben rappresentata nella figura di Borradaile. 7 i j Xantho (Eudora) tetraodon Heller. | Eudora tetraodon Heuer, Novara Crust., p. 14, taf. 2, fig. 2 q Hao, récif esterno. Hao, récif esterno. Un maschio, lungo mill. 36 e largo mill. 57, accordantesi esattamente colla descrizione di HELLER. Questa specie non era finora conosciuta che per l’esemplare-tipo femmina rac- colto ad Auckland dalla Novara. L’esemplare era infestato dalla parte destra dal grosso Bopiride Siagntione Giardi Nob. che viene descritto in seguito. Leptodius exaratus (Edw.). Cfr. Arcock, l. cit., p. 118 (ubi syn.). Hao. Una femmina ovigera. Leptodius gracilis (Dana). | Chlorodius DANA, l. cit., p. 210, pl. XI, fig. 13 — Leptodius De Man, Arch. f. Nat., 1887, p. 287, pl. XI, fig. 13 — Lenz, Abh. Senckenb. Ges., XXVII, 1905, p. 353. | Leptodius exaratus var. gracilis Mrers “ Alert ,, Crust., p. 530. Rikitea, vivaio, fondo di sabbia. Una femmina ovigera. ” MEDA sanguineus (Edw.). "E Expl. Exp. Crvist IP 1859, p. 207, pb I; sani ai a-d. Leptodius sanguineus A. MiLne-EpwaARDs, Nouv. Arch. Mus., IV, 1868, p. 71 et IX, |. 1873, p. 224 — De Man, Zool. Jahrb. Syst., VIII, 1895, p. 525 — ALcock, (1. cit, p. 118-119 (ubi syn.). | Chlorodius nodosus (RanpALI) DANA, 1. cit., p. 210, pl. XI, fig. 14 a-g. Chlorodius Edwardsi HeLreRr, SB. Akad. Wien, XLIII, 1861, p. 336. | Rikitea. Vivaio, fondo di sabbia. Due maschi e tre femmine. «Il carapace delle femmine e degli esemplari giovani è più punteggiato e più convesso che quello dei maschi adulti. ——Marutea, tre maschi che pel loro carapace più depresso variano nel senso di 390 GIUSEPPE NOBILI 40 Etisus laevimanus Rand. RanpaLi, J. Ac. Nat, Sc. Philadelphia, 1859, p. 115 — DANA, l. cit., p. X, fig. 14-06 — Arcocz, l. cit., p. 131 (ubi syn.). Etisus macrodactylus Lucas in JAcquinor, Voy. Astrolabe, Crust., p. 30, pl. IX, fig. 2. Etisus maculatus HeLLer, SB. Akad. Wien, XLIII, 1861, p. 9. Mangareva. Un maschio. Rikitea. Una femmina. > Etisodes electra (Herbst). Cfr. Arcock, l. cit., p. 133 — NoBIzi, Bull. Scient. Fr. Belg., XL, 1906, p. 122 (ubi syn.). Rikitea, fondi di Halmede, 5-8 metri. Tre maschi e tre femmine. Hikueru. Tre maschi e tre femmine. Marutea del Sud. Due maschi e una femmina. Actaea cavipes Dana. Actaeodes cavipes Dana U.S. Expl. Exp. Crust., I, 1852, p. 199, pl. 11, fig. 5. Actaca cavipes A. Mine Epwarps, Nouv. Arch. Mus. I, 1865, p. 280 — OrrMANN, Zool. Jahrb. Syst., VII, 1893, p. 456, e Jen. Denschr., VIII, 1894, p. 50 — AtLcock, ]. cit., p. 147 — Dr Man, Abh. Senck. Ges., XXV, 1902, p. 614. Rikitea. Fondo di Halmede 5-8 m. Un maschio ed una femmina. Laguna di Mangareva-Takù. Un maschio. Ohura. Un maschio. I lobi frontali sono convessi in avanti; non vi sono fossette sul carapace fra le granulazioni, e i lobi laterali sono ben formati anche nel maschio. Questi esem- plari appartengono dunque alla forma tipica, non alla varietà di Ternate descritta da De Man. Actaea consobrina A. M. Edw. A. Mrune Epwarps, Journ. Mus. Godeffroy, IV, p. 8. Marutea del Sud. Una femmina. La descrizione di A. MrLne EpwaRrDS è eccessivamente breve e non si può quindi essere certi di avere realmente ritrovato questa specie non più segnalata dopo la prima descrizione del 1873. In ogni modo i pochi caratteri dati nella descrizione, come pure le differenze stabilite dall’Autore fra questa specie e A. hirsutissima e A. kraussi A. EpwaArps nec HeLLER (1) corrispondono. Data anche la relativa vici- nanza della località del tipo (Upolu) credo che la mia identificazione sia esatta. Il carapace è largo mill. 18 e lungo mill. 12. Esso è distintamente convesso in senso longitudinale, pochissimo in senso trasversale, benchè i lobi laterali siano declivi. La sua superficie offre lobulazione quasi completa ed anche le parti posteriori (1) Questa specie è Actaea Alphonsi Nob. Cfr. Nosini, Note synonimique sur Actaea Kraussi, Bull. Muséum Paris, 1905, n. 4, p. 235. 4I RICERCHE SUI CROSTACEI DELLA POLINESIA 891 i sono lobulate. Tutti i lobi L sono completamente separati, anche 5L da 6L; la regione cardiaca è cordiforme e ben circoscritta, separata nettamente dalla gastrica, dalla intestinale e dalla 3. La regione o areola mesogastrica è nettamente separata; le protogastriche sono divise completamente fino al solco mesogastrico ; il lobo esterno è leggermente più largo del lobo interno. Questo si fonde completamente in avanti colle areole epigastriche e postfrontali, estendendosi in una sola zona granulata. I solchi interlobulari e interregionali sono netti, profondi e lisci; le areole sono provviste di numerosissimi granuli subconici, intorno ai quali stanno impiantati numerosi peli biondo-fulvi, quasi rigidi, i quali, come osserva A. Mrrne EpwARDS, sono differenti da quelli di A. A/phonsi. Essi sono più brevi, più grossi e più setolosi. Le areole sono ben nette nei contorni, ma a superficie quasi depressa, non convessa come quelle di A. Rippellii e di A. rufopunctata. Il lobo protogastrico esterno ha circa 45 granuli. I margini latero-anteriori del carapace sono un poco più lunghi dei margini latero-posteriori. Essi sono divisi in quattro lobi arrotondati, non sporgenti special- mente ma ben distinti. Il primo lobo è dato dall'angolo orbitale esterno, ed è più lungo del secondo; il secondo è un poco più breve del terzo; il quarto è portato più all'indietro, così che la maggiore larghezza del carapace trovasi al terzo dente. I margini postero-laterali sono diritti, non concavi come in A. hirsutissima (1). Il fronte è ricurvato in basso; i due lobi mediani sono poco salienti, ma, sono ‘separati da una fessura molto larga. Il bordo frontale è granulato. Le orbite sono nettamente separate da un ‘solco parallelo alla loro curva; il loro bordo superiore presenta due solchi che interessano solo lo strato di granuli ma non la vélta del- l'orbita. I peduncoli oculari sono tanto granulati come il carapace. Le regioni pteri- | gostomiche e le subbranchiali sono granulate; i granuli diminuiscono di dimensione procedendo dalle vicinanze del bordo del carapace verso le parti epimerali. I maxillipedi | sono punteggiati; lo sterno e l'addome punteggiati e pelosi; i primi due articoli _ dell'addome granulati. 1 I chelipedi sono relativamente grossi. La superficie esterna del mero è fina- | mente punteggiata e pelosa, granulosa presso i margini. Il carpo è ornato degli stessi granuli subconici e degli stessi peli del carapace, ed ha un principio di lobulazione perchè i granuli sono distribuiti in zone separate da solchi lisci. La, mano è pure — armata degli stessi granuli, ma un poco più grossi; quelli sulla porzione superiore | amch'essi distribuiti in gruppi irregolari separati da solchi lisci, gli altri sulla faccia esterna ed inferiore distribuiti in linee longitudinali, ma piuttosto distanti fra loro cal e più grossi, così che su ciascuna linea non si contano più di dodici grossi granuli. tanto lunga. Le dita sono robuste ma brevi. Il dito mobile è fortemente arcuato, rofondamente solcato fino quasi alla punta, granulato e peloso sulle costole fino _( Nella descrizione A. Miwve Epwarps dice: Bords latéro-postérieurs très- -concaves, ma, nella scussione RO corregge PERA AAA, il CARE; dicendo sue A. CAT detice da 392 GIUSEPPE NOBILI 492 ai 3/, o più della sua lunghezza; il suo margine prensorio è armato di tre grossi denti. Il dito fisso presenta quattro denti tubercoliformi alla base, due dal lato esterno, due dal lato interno, seguiti poi da un grosso tubercolo conico. La faccia interna della mano è debolmente granulata, ma fortemente punteggiata; alla base di ciascun dito dalla parte interna sta un forte ciuffo di peli dorati. L’apice delle dita è acuto. Le zampe ambulatorie sono granulate e pelose come il carapace; il carpo porta esternamente un solco profondo. Actaea rufopunctata (Edw.). Xantho rufopunctatus H. Mine Epwarps, H. N. Cr., I, p. 389. Actaea rufopunctata A. Mine EpwarDSs, Nouv. Arch. Mus., I, 1865, p. 268, pl. XVIII fig. 1-1a — Arcocx, l. cit., p. 142 — Dr Man, Abh. Senckenb. Ges., XXVI, 1902, p. 607 — Nozizi, Boll. Mus. Torino, XX, 1905, n. 506, p. 10 e Ann. Sc. Nat. Zool. (IX), IV, 1906, p. 252 — V. anche De Man, Not. Leyd. Mus., XIII, 1891, p. 2-4 (nella descrizione di Actaea rugata). Marutea, plateau esterno. Un giovane maschio appartenente alla forma tipica con cinque lobi laterali, e coi lobi frontali ad angolo retto. Il lobo protogastrico interno, il lobo 5L, e un lobo laterale in avanti di esso sono coperti di tubercoli rossicci, gli altri di tubercoli perlacei. Actaea lata Borr. BorraADAILE, F. Geog. Mald. Laccad., Xanthidae, p. 254, fig. 53. Marutea, Vaitutaki. Récif esterno. Un maschio largo mill. 6, lungo mill. 4,5. S'accorda interamente colla descrizione di BorrADAILE, ma il colore è unifor- memente grigio-bluastro, il che dipende forse dall’età più giovanile. Daira perlata (Herbst). Cfr. Arcock, l. cit., 155 (ubi syn.). Isola Hao. Due grosse femmine. Il colore è roseo con abbondanti macchie brune, specialmente alla base dei tubercoli. Xanthias nmitidulus (Dana). Xanthodes nitidulus Dana, U. S. Expl. Exp. I, 1852, p. 177, pl. 8, fig. 11. Marutea del Sud. Un maschio. Xanthias notatus (Dana). Xanthodes notatus DANA, l. cit., p. 178, pl. VIII, fig. 12, a-b. — ALCcOGK, I. cit., p. 158 È (ubi syn.). i i d Marutea del Sud, tre maschi. Marutea, un maschio. Makatea, un maschio. Récif . 3 Dr di Fakarava, un maschio. 43 RICERCHE SUI CROSTACEI DELLA POLINESIA 393 NXanthias Lamarcki (Edw.). Xantho Lamarcki Mirne EpwaARDS, H. N. Cr., I, p. 391. — OrtMANN, l. c., p. 444, 448. Xanthodes Lamarcki A. Misne Epwarps, Nouv. Arch. Mus., IX, 1873, p. 200, pl. 7, f.3. — ALCOCK, l. cit., p. 157 (udì syn.). Xanthodes gronosomanus DANA, 1. cit., p. 175, pl. 8, fig. 10. Hikueru. Un maschio. Isola Timoe. Laguna, 1 metro. Una femmina. Chlorodius niger (Forsk.). Cfr. ALcock, l. cit., p. 160 (ubi syn.). Laguna di Hao. Una femmina. À Laguna di Tikahan. Una femmina. : Marutea. Due giovani corrispondenti a Ch. cytherea Dana. Gatavakè, 25 m. Un giovane corrispondente a Ch. nedbulosus Dana. Cnlorodius laevissimus Dana. 3 Dava, l. cit., p. 215, pl. XII, ft. 4a-9. — Atrcocxk, l. cit., p. 161. — BoRRADAILE, F. Geog. Mald. Laccad., Xanthidae, p. 259. Rikitea, fondi di Halimede, profondità 10 metri 25 ex. Mangareva, sei esemplari; nei Codium, due maschi. Gatavakè, 25 m., sei esem- | plari. Ohura, 2 maschi. Phymodius ungulatus (Edw.). F Chlorodius ungulatus Mine Epwarps H., N. Cr., I, p. 400, pl. XVI, fig. 6-8. — DANA, B 1. cit., p. 205, pl. XI, fig. 8 a-d. Phymodius ungulatus A. Miune Ebwarps, Nouv. Arch. Mus., IX, 1873, p. 218. — De Man, Zool. Jahrb. Syst., VIII, 1895, p. 524. — ALcocg, l. cit., p. 162 (ubi syn.). — Nogiti, Annales Hist. Nat. Mus. Hungar., 1905, p. 490. Rikitea, récifs madreporici littorali, profondità 2 metri. Tre maschi. Gen. Pilodius Dana. Pilodius nitidus Dana. di, Un maschio di Kaukura si accorda assai bene colla descrizione e colla figura i Dana, e i caratteri delle antenne corrispondono a quelli dati da De Man pel ere Pilodius ristretto, dopochè A. Mirne EpwArps ne separò i Chlorodopsis. Il ndo articolo del peduncolo delle antenne esterne si dirige verso l’orbita, congiun- dosi col suo apice interno al prolungamento sotto frontale, e senza mandare L rolungamenti verso l’orbita come nel genere Chlorodgpsis, così che il flagello giace | Seae IL Tow LVIL 2! 394 GIUSEPPE NOBILI dd liberamente nell'orbita. La forma della regione antennale corrisponde alla figura di Dana. Nel Pilodius pugil invece il flagello viene escluso dall’orbita da un prolunga- mento del suo secondo articolo che riempie il lato orbitale, e perciò P. pugil è un Chlorodopsis. Il carapace dell'esemplare di Kaukura è largo 8,5 mill. e lungo mill. 5 8/,. La superficie ne è nettamente areolata; ad occhio nudo la superficie delle areole appare liscia, ma alla lente si rileva minutissimamente zigrinato e punteggiato. Il fronte è convesso in avanti, debolmente inciso nel mezzo, coi lobi laterali piccoli, ben separato da un solco obliquo dalle orbite. La regione gastrica è nettamente circo- scritta; le areole protogastriche sono divise longitudinalmente fino a metà ; le postfron- tali mancano. 2L, 5L e 6L sono distinte e separate. 1L, 3L e 4L sono un poco più sollevate che le altre areole ed un poco oblique infuori, non però dentiformi come quelle di C7/. pugil. 1 è ben separata da 2 e posteriormente 1P è distinta dalle 2P. L’angolo orbitale esterno è ben formato, ma subottuso; dietro di esso vi sono quattro denti, dei quali i due primi sono debolmente denticolati, e meno curvi e spiniformi dei due ultimi. I chelipedi sono debolmente disuguali. Il mero ha il bordo posteriore denticolato; i 3-4 ultimi denti sono spiniformi; il margine anteriore ha due spine, la superficie è granulata verso l’apice; il carpo è ricoperto di tubercoli conici appuntiti ed offre due spine gracili dal lato interno. La mano porta tubercoli appuntiti disposti in serie, quelli superiori assai più forti. Le dita sono forti, scanalate, distintamente escavate all’apice, nere coll’apice bianco, e provviste di qualche denticolo alla base. Il margine prensorio porta tre denti distinti per ciascun dito. Le zampe ambulatorie sono abbondantemente provviste di lunghi peli giallicci. Il mero porta superiormente brevi ma acute spinule ; la sua faccia esterna è scabra, il margine inferiore è finemente crenulato con un denticolo più forte presso l’apice. Il margine superiore del carpo ha tre serie di spinule; quello del propodite due; la faccia esterna di entrambi gli articoli è scabra di minuti granuli. Lo sterno è finamente zigrinato. x Il colore è verdastro, colle chele rosse. Pilodius sceabriculus Dana. DANA, L cit., p. 220, pl. 12, fig. 9. Marutea del Sud, una femmina. Laguna di Timoe, un maschio ed una femmina. Laguna di Fakaina, un maschio. Marutea, plateau esterno, una femmina ovigera. Fakarava, un giovane maschio. Questa specie è ben distinta dalla precedente. Nel più grosso esemplare (la femmina di Marutea del Sud) il carapace è largo. mill. 11 e lungo mill. 7. Esso è più convesso che in P. ritidus. Nella sua parte anteriore esso è distintamente scabro per la presenza di minuti granuli; la parte posteriore anche finamente granulosa, ma i granuli sono visibili solo alla lente. La parte anteriore del carapace è anche più nettamente areolata. Il fronte è diviso. nettamente nel mezzo da una piccola incisione: i lobî mediani sono arcuati, gli esterni. acuti, un poco più che in P. mitidus. Il margine frontale è finamente granulato ; lo. 45 RICERCHE SUI CROSTACEI DELLA POLINESIA 395 spazio fra il margine frontale, i lobi epigastrici e la superficie dei lobi sopraor- bitali interni è distintamente granulato. La regione gastrica, le areole 5L e 2L sono granulate: le areole 1L, 3L e 4L sono subacute e coperte di granulazioni più grosse e più aspre. La regione gastrica è ben delimitata; le areole protogastriche non sono divise nella loro prima metà come quelle di P. mitidus, offrono solo traccie affatto superficiali di divisione. I lobi epigastrici sono separati. 1 non è separata i da 2; oscurissima è la separazione fra la 1P e le 2P. Vi possono tre o quattro denti epibranchiali, perchè talora-E non si sviluppa; questi denti sono spiniformi, î curvi e granulati alla base, come nei Pilumaus. } I chelipedi sono nettamente disuguali. Il mero è granulato sulla faccia esterna e sul bordo superiore; questo non è denticolato e spinuloso come in P. nitidus, potendo [però avere uno o due denti verso l’apice; il suo margine anteriore è armato di tre ‘spine, indi denticolato. Il carpo ha la superficie coperta di granuli, spesso riuniti in gruppi irregolari, e porta due spinule dalla parte interna. Le mani sono intera- mente coperte sulla superficie esterna di granuli ben distinti, più grossi nella metà | superiore, indi diminuenti gradualmente verso il basso. Questi granuli hanno ten- denza a disporsi in linee, non però bene ordinate. Le dita sono scanalate, con pochi granuli alla base, curve ed escavate all'apice; nere. i Le zampe ambulatorie sono armate presso a poco come nella specie precedente, ma meno pelose. Il dattilopodite è distintamente più lungo che il bordo superiore A del propodite. L’esemplare a è brunastro coi granuli rossicci; un esemplare di Timoe e quello di Marutea sono verdastri con una larga fascia nerastra che occupa tutto il mezzo del carapace; gli altri sono verdastri. ? Pilodius pubescens Dana. | Dana, l. cit., p.217, pl. 12, fig. 6. — De Man, Abhandl. Senckenh. Ges., XXV, 1902, p. 619. Un maschio molto giovane di Ohura, largo solo mill. 5 e lungo 31/3, s'accorda assai bene colla descrizione di De MAN, ma differisce per l'assenza dei tre tubercoli Chlorodopsis pugil Dana. Pilodius La Dana, Proc. Ac. N. Sc. Philadelphia, 1852, p. 80; U.S. Exp. Crust., ù Li I, 1852, p. 217, pl. XII, fig. 8. — HrLrer, Novara Crust., p. 19. Ihlorodopsis spinipes ALcocz, 1. da p. 169 (nec Pilodius spinipes HELLER). Rikitea. Quattro maschi e sette femmine. Questi esemplari che si accordano benissimo colla descrizione e colla figura di iNA si accordano anche ottimamente colla descrizione che Arcoo€ dà di Oh2. spinipes. ArLcock aveva scritto: “ This species is suspiciously like to Pilodius pugil ,. Avendo a osservato questi numerosi esemplari provenienti dalla Polinesia, cioè dalla patria ssa di P. pugil, non mi può rimanere dubbio che la specie di ALcocg sia identica quella descritta da Dana. i Ma CHI. suinigra Arcock «non è, io credo, Pilodius spinipes Hell. Io ho avuto 396 GIUSEPPE NOBILI 46 campo di esaminare molte centinaia di esemplari di Pil. spiipes provenienti da varie località del Mar Rosso, patria d’origine della specie di HrLLER, ed ho potuto consta- tare che nessuno di questi esemplari poteva adattarsi bene alla descrizione di Chl. spinipes di ALcock, mentre che essi si accordavano bene con quello di Chi. Wood- Masoni ALcocx. Le tre differenze stabilite dal chiarissimo carcinologo (pag. 171) si incontrano in tutti o quasi gli esemplari, e confermano trattarsi di due forme diffe- renti, di cui l’una viene ora da me ritenuta identica a Pilodius pugil. L'esame dei tipi di HeLLER avrebbe potuto chiarire la questione, ma dal Museo di Vienna al quale — li richiesi, mi fu risposto che essi non si trovano più e si ritengono perduti. Tuttavia la presenza esclusiva della forma Wood-Masoni nella località di origine dello spiripes mi induce ad ammettere che Wood-Masoni sia identico a spinipes Hell., mentre spinipes di ALcock, ed anche con ogni probabilità di A. Mrrne Epwarps, sia identico a P. pugil. HeLLeR non dà nella sua descrizione caratteri eccessivamente sicuri per chiarire la questione. Noterò solo che alcuni caratteri permettono di concludere nel senso della identità di Wood-Masoni con spinipes HeLLER: il fronte descritto da HeLLER come avente i lobi mediani mit 3-4 feinen Zahnchen besetet; le orbite, i due denticoli diber und unter dem Rande, unmittelbar hinter der Augenhéle, ecc. (1). Concludendo quindi ritengo che Chi. spinipes Arcock è identico a Pilodius pugil DANA e che il vero P. spinipes HeLLER sia il Chlorodopsis Wood- Masoni ALcocx. Chi. spinipes De Man (Arch. Nat. 1887, p. 283) è probabilmente anch’esso un esemplare di P. pugil, perchè Dr MAN non menziona che tre denti dietro alle orbite. Chi. spinipes CALMAN (Trans. Linn. Soc. (2) vir, 1900, p. 12) molto probabilmente appartiene al vero spinipes. Chnlorodopsis granulata (Stm.) Miers. ? Pilodius granulatus Stimpson, Proc. Ac. N. Sc. Philad., 1858, p. 34. Chlorodopsis granulatus Mrers, “ Alert , Crust., p. 216, pl. XXI, fig. A. Un maschio giovanissimo di Marutea del Sud concorda assai bene colla deseri- zione di MreRs, differendo solo pel fatto che i carpopoditi ambulatorî hanno alcuni granuli conici acuti, visibili solo a un forte ingrandimento. Chlorodopsis areolata (Edw.) (Tav. 2, fig. 3). Chlorodius areolatus Miune Epwarps H., N. Cr., I, p. 400. Chlorodopsis areolatus A. Miune EpwaRDS, Nouv. Arch. Mus., IX, 1873, p. 231, pl. VII, fig. 8. — MIERS, Alert. Crust., p. 532. — Dr Man, Not. Leyd. Mus., XII, 1890, p. 54. — Atrcock, l. cit., p. 166 (ubi syn.). Etisodes colatus DANA, l. cit. . Rikitea. Vivaio, fondi di sabbia. Un maschio. Hikueru. Laguna. Un maschio giovane. Laguna di Mangareva. Un maschio. Marutea del Sud. Due maschi, (1) Uno dei due denticoli, quello sotto l’orbita, è il primo dente epibranchiale, l’altro simme- i trico ad esso, ma al disopra, è il tubercolo spiniforme corrispondente all’areola 1L. Tanto questo dente che il tubercolo 1L sono ben sviluppati in spinifer Hell., e assai ridotti e poco appariscenti | in CAI. pugil. ) 47 RICERCHE SUI CROSTACEI DELLA POLINESIA 397 Questi esemplari concordano non solo colle varie descrizioni di Chl. areolatus, | ma anche con quella di Etisodes coclatus Dana. Le particolarità notate da DANA, i sopratutto quelle della regione cordiale o areola 1P, si riscontrano identiche in questi esemplari: così i granuli che sono più sparsi sui lobi ben salienti del carapace rive- stono tuffa la superficie del lobo 1P, notando anche che i granuli che sono arrotondati sugli altri lobi divengono più depressi su 1P. Vi sono circa 40 granuli sul lobo esterno dell’areola protogastrica. Il lobo 1P o regione cordiale è inciso in avanti, come notarono Dana e Dr Max e si prolunga posteriormente in punta entro alla È depressione profonda che separa 1P dalle 2P, come nella figura di Dana e come nella sua descrizione: Areolet 1P has a pointed prominence in the middle of posterior side and an emargination corresponding on the anterior margin. Mi pare quindi certo er che E. celatus sia identico a Chl. areolatus, come già dubitava A. Mine EpwaRDS. La disposizione della regione antennale è identica alla figura di Dana. È I chelipedi, che sono subeguali e allungati nei giovani, divengono ineguali e più alti negli adulti, e le granulazioni che sono più regolarmente disposte in serie nei | giovani divengono più sparse negli adulti (cfr. figura di Dana con la mia figura). Cyclodius ornatus Dana. A Dana, 1. cit., p. 223, pl. XII, fig. 11 a-g. — Arcocg, l. cit., p. 171. ” . Laguna di Fakahina. Un maschio. Marutea del Sud. Una femmina. Cyclodius gracilis Dana. , | Dana, Il. cit., p. 224, p. 224, pl. XII, fig. 12 a-b. —Un giovane maschio lungo mill. 4 e largo 5 della laguna di Fakahina, ed un altro giovane di Rikitea. Cymo Andreossyi var. melanodactyla. mE ymo melanodactylus De Haan, F. Jap. Crust., p. 22. — DANA, I. cit., p. 225, pl. XII, fig.1. — Orrmann, Zool. Jahrb. Syst., VII, 1893-94, p. 442. — ALcock, ; 1. cit., p. 174. Cymo Andreossyi var. melanodactyJa Mrers, Alert Crust., p. 533. — De Man, J. L. $., XXII, 1887, p. 35. . Hao, récif esterno, un maschio. Otepa, una femmina. Mangareva. Nelle madrepore, quattro maschi. Pseudozius caystrus (Ad. Wh.). 995 GIUSEPPE NOBILI 48 Gen. Péefumsmins Leach. Pilummnus globosus Dana. DANA, l. cit., p. 236, pl. 13, fig. 10. — De Max, N. Leyd. Mus., XII, 1890, p. 59, pl. 3, fig. 3. Marutea. Vaitutaki. Reécif esterno. Un maschio. Questo esemplare si accorda assai bene colla descrizione di De Man, ma differisce pel suo fronte molto più largo e pel dito mobile del grosso chelipede solcato. L’esemplare di Marutea ha il carapace — largo mill. 2,88 e la distanza interorbitale larga mill. 1,2. Bisogna però notare che questo esemplare è notevolmente più piccolo di quello descritto da De MAN che è largo 16 mill., e queste differenze potrebbero essere dovute all’età molto più giovanile. Pilumnus margaritatus Ortm. Ortmann, Zool. Jahrb. Syst., VII, 1893, p. 436. Rikitea. Due maschi e una femmina. Pilumnus parvulus Nob. NoBiti, l. cit., p. 263. Questa specie sembra essere assai affine a P. australis WarreLeGGE. Essa è | rappresentata da parecchi esemplari raccolti a Gatavakè (25 m.), a Rikitea, a Man- gareva e a Tokaerere. Il carapace, mediocremente convesso, è finamente peloso anteriormente; posteriormente i peli sono più rari. Vi sono in avanti dei lunghi peli impiantati fra i peli più brevi, ma sono setacei, non claviformi come quelli di P. pro- pinquus Nob. La superficie del carapace, tolti i peli, è liscia, senza granulazioni, eccettochè presso i denti, e quasi senza divisioni di regioni. La regione gastrica è però ben delimitata. I margini anteriori sono assai brevi, i postero-laterali più lunghi; il margine posteriore lungo un poco più di metà della larghezza del carapace. Il carapace in un maschio di Gatavakè misura (comprese le spine) mill. 6,5 di larghezza e 4,5 di lunghezza. Il fronte è diviso in due lobi mediani separati da una breve fessura a V, appena denticolati; i lobi laterali sono dentiformi e brevi, ben separati dalle orbite. Il margine superiore delle orbite è intero, con due piccole fessure; il margine inferiore è denticolato, col lobo interno brevemente spiniforme, e separato esternamente da una stretta fessura dall'angolo orbitale esterno. Questo è acuto, spiniforme, ma più breve dei tre denti seguenti. Questi sono spiniformi, acuti, subeguali e talora hanno qualche granulo acuto sui bordi presso la base. | Vi è un piccolo dente subepatico. I chelipedi sono disuguali. Il margine anteriore dell’ischio è denticolato, con una. spinula apicale. Il margine anteriore del mero è pure denticolato con due spinule; il margine superiore ha quattro denticoli; il margine inferiore è liscio. Il carpo porta — tubercoli conici sulla superficie, nascosti fra i peli, ed una piccola spinula sopra | l'angolo interno. La mano maggiore è provvista di granuli conici o subacuti e peli solo sulla metà della sua superficie; le dita non sono solcate; la mano minore. ha peli e granuli acuti subspiniformi su tutta la superficie; le sue dita sono solcate. 49 RICERCHE SUI CROSTACEI DELLA POLINESIA 999 Le zampe ambulatorie sono anch’esse pelose e lunghe 1 ‘/, volte il corpo. Il meropodite è armato al disopra di alcune spinule, delle quali una apicale; il carpo- podite di una sola spinula apicale. P. australis WarreLeccE sembra differire per l'angolo orbitale esterno non spini- forme, il bordo orbitale superiore with only the faintest trace of a sinus; le spine del margine laterale sono disuguali; il carpopodite ha tre spinule assai lunghe; inoltre il carapace è meno allargato, il rapporto fra la larghezza e la lunghezza essendo di 1,2, mentre esso è di 1,44 nel P. parvulus. P. hirsutus Stimpson nella descrizione pubblicata da Miss RarzBUN (Bull. mus. C. Z. Harv. Coll. XXXIX, p. 129) non ha dente subepatico. P. elatus A. Mine Epwarps delle isole Samoa si accorda per certi caratteri della descrizione con questa specie, ma è descritto in modo troppo incompleto. Tuttavia per la carapace.... remarquablement déprimée, e per le pattes antérieures couvertes de petites granulations aplaties sembra essere un’altra specie. P. propinquus Nob. porta anche peli claviformi, ha carapace più convesso, margini anteriori più lunghi e l’angolo carpale interno più acuto. Pilumnus merodentatus Nob. NoBrni, l. cit., p. 263. Un maschio di Rikitea potrebbe essere un esemplare completamente adulto della specie precedente, ma ciò pare improbabile prima perchè esemplari di P. parvulus più piccoli del maschio descritto portano già le uova, e poi perchè nessuno degli esemplari offre traccie delle spine sul bordo inferiore del meropodite. i Il maschio di Rikitea ha 11 mill. di larghezza per 8,5 mill. di lunghezza. Il | rapporto fra queste due misure è quindi di 1,29; cioè il carapace è più stretto. Esso è anche meglio diviso in regioni, e queste regioni sono granulate. Nel P. parvulus — la superficie può parere granulata per i residui peli tolti per esaminare le regioni, in questa specie si tratta di veri granuli. Il fronte è granulato, ben nettamente | separato in due lobi rotondati da una larga fessura; i lobi mediani sono relativa- | mente più stretti che nella specie precedente e sporgono di più che i piccoli lobi esterni dentiformi. Le orbite sono conformate come nella specie precedente, ma il bordo superiore è distintamente crenulato. Vi è un dente subepatico. Vi sono tre denti laterali spiniformi, i primi due con un denticolo accessorio. I chelipedi rasso- | migliano a quelli della specie precedente, ma i tubercoli sono più depressi. Le zampe ì ambulatorie sono più lunghe, due volte la larghezza del corpo; il mero porta superior- | mente 3-4 spine ed una apicale; inferiormente il suo bordo ha parecchi denti conici, . dei quali gli anteriori sono più grossi e ben visibili. Il carpo non ha spina apicale carapace e le zampe sono pelosi come nella specie precedente. Pilumnus tahitensis De Man. e Man, N. Leyd. Mus., XII, 1899, p. 61, pl. 3, fig. 4. — ORrrMANN, l. cit., p. 437. Marutea del Sud. Un maschio. 1 400 GIUSEPPE NOBILI 50 Gen. Actumnus Dana. Actumnus Bonnieri Nob. NogiLi, Bull. Mus. Paris, 1905, n. 3, p. 163; Bull. Scient. Fr. Belg., XL, 1906, p. 132, pl. 6, fig. 32; Ann. Sc. Nat. (IX), IV, 1906. Rikitea. Fondo a Halimede. Un maschio. Marutea del Sud. Un maschio. Entrambi questi esemplari sono giovanissimi. Le regioni del carapace nei giovani sono meno salienti e assai meno granulate che negli adulti; e gli individui rassomigliano quindi ad A. setifer De HAan. Da questa specie si distinguono però sempre per la regione cordiale bipartita. A Actumnus globulus Heller. HeLLer, S. B. Akad. Wien, XLIII, p. 341, pl. 3, fig. 23. — A. Mine Epwarps, Nouv. Arch. Mus., I, 1865, p. 286, pl. XVIII, fig. 4. — OrrmanN, Denkschr. Jena, VII, 189, p. 52. — NoBrzi, Ann. Sc. Nat. (VII), 1v, 1906. Un esemplare giovanissimo di Ohura concorda perfettamente coll’A. globulus del Mar Rosso per il fronte diviso in due larghi lobi. I margini laterali del cara- pace presentano tre Zobi dietro all'angolo orbitale invece di due soli come nell'adulto. Ma questi lobi sono laminari e separati da strette fessure. Durante l’accrescimento i due lobi posteriori separati nel giovane si saldano (nell’adulto si trova talora traccia di questa origine) formando il largo secondo lobo, mentre il primo, che è assai piccolo — nei giovani, si dilata crescendo. Due femmine della laguna di Hikueru, una ovigera, assai piccola, sono nelle stesse condizioni. La disposizione delle regioni e dei lobuli sul carapace è la stessa come in un maschio assai più grosso del Mar Rosso, ma i lobi dorsali sono nel maschio adulto Eritreo molto più convessi e separati da solchi più netti. Dacryopilumnus Nob. Nogiti, l. cit., p. 263. ‘ Carapace largo in avanti, ristrettissimo posteriormente, a margini laterali interi convergenti, non lobulato. Fronte molto deflesso, a margine superiore alquanto con- cavo, formante in basso una lamina larghissima, separata dalle orbite da fosse pro- | fonde. Orbite circolari e perfettamente chiuse. Antenne interne trasverse. Antenne esterne scomparse o senza flagello. Maxillipedi coll’ischio prolungato in avanti del mero, il cui bordo interno è obliquo e coperto in gran parte dalla sporgenza del- l’ischio; flagello inserito dalla parte interna col carpo in gran parte invisibile dal difuori. Oreste endostomiali forti e complete. Dacryopilumnus eremita Nob. (Tav. 2, fig. 4). Nogiti, l. cit., p. 264. Gli esemplari furono raccolti nei buchi delle madrepore morte sul luogo a Rikitea, a Makatea, all’isola Hao, a Amann. Il carapace ha la sua maggiore larghezza fra le orbite; posteriormente i suoî | margini convergono molto, in modo che il suo margine posteriore misura appena un 51 RICERCHE SUI CROSTACEI DELLA POLINESIA 401 quinto della maggior larghezza. Tutta la superficie del carapace è minutamente granu- losa, una linea più distinta di granuli si dirige sul carapace dal punto ove comincia la forte convergenza dei margini laterali. Le orbite sono perfettamente circolari e assolutamente sprovviste di fessure. Il bordo frontale superiore è concavo, e diviso in quattro lobi liscò e più salienti da solchi. Al disotto il fronte declive si protende enormemente formando nel mezzo una lamina convessa e non granulata, la quale talora è congiunta posteriormente coi due lobi mediani del bordo frontale superiore, talora invece ne è separata. Questa lamina si estende fino alla regione antennale ed è separata da ciascuna orbita da depressioni o fosse profonde e irregolari, benchè ante- riormente vada ad attaccarsi all'orbita. Per questo sviluppo del fronte o della regione sottofrontale, nessuna parte delle antenne o dell’apparato boccale è visibile dall’alto. Le antennule sono nascoste sotto il fronte in due cavità ben formate e ben separate da un setto. Le antenne sono scomparse. Si possono interpretare come residuo delle antenne un piccolo articolo interposto fra le fossette antennulari e la tumida piastra sottofrontale, e forse anche come un secondo articolo una sutura che s'incontra talora in fondo alle fosse che separano le orbite dal fronte, dimostrando così che le antenne seguivano in origine la solita direzione, dalle vicinanze della epistoma verso le orbite. Però flagello non se ne osserva affatto? I maxillipedi sono ben sviluppati e chiudono bene la bocca. L’ischio è più lungo del mero e si avanza triangolarmente davanti a questo, di modo che il bordo interno del mero è obliquo e in gran parte collocato dietro al prolungamento dell’ischio. T due articoli hanno i margini leggermente denticolati. Il palpo si inserisce dietro al mero, sulla faccia interna, così che il carpo è in gran parte nascosto e solo il prognatite e il dattilognatite sono liberi. L’esognate ha flagello. Il margine labiale ha due distinte fessure subcircolari e il palato ha due forti creste che si continuano fino alla estremità anteriore. ? I chelipedi sono relativamente grossi. Il carpo e la mano sono coperti di numerosi | granuli e di peli; il margine superiore della mano è acuto e più fortemente granu- lato; #e dita sono brevi, ben dentate e di color bruno; il dito mobile granulato alla base. 1 Le zampe ambulatorie sono brevi; esse hanno il bordo superiore e inferiore del mero finamente denticolati; due piccole creste denticolate decorrono sul carpo e 9 sul propodite. Il dattilopodite è robusto, ha un solo unguicolo, ed è un poco più breve del propodite. Larghezza mill. 5 !/», lunghezza mill. 4. Gen. Platyozius Borradaile. Di Platyozius perpusillus Nob. VogiI, l. cit., p. 264. Un piccolo esemplare maschio raccolto all'isola Hao e misurante mill. 1,75 di da ‘ghezza massima per 1,45 di lunghezza, corrisponde bene per ogni carattere al genere o sottogenere Platyozius Borr., e pel facies al Platyozius laevis Borr. (Xanthidae Geog. Maid. Laccad., p. 243, fig. 45), avendo come esso carapace appiattito, con hissima distanza fronto-orbitale, con fronte sporgente e senza lobi laterali, cheli- Serie II. Tom. LVII. i a° 409 GIUSEPPE NOBILI 52 pedi gracili e uguali, e zampe gracili e molto lunghe. Nel complesso esso rassomiglia strettamente alla forma di BorrAIDALE, ma differisce: 1° Dietro all’angolo orbitale che è acuto e denticolato, vi sono soltanto due denti epibranchiali, i quali sono anch'essi acuti e denticolati; 2° I chelipedi non sono lisci, ma il mero ha due spinule acute sul bordo anteriore, il carpo ha una spinula interna acuta, le mani portano numerosi tubercoli acuti. Le dita sono escavate; 3° Il mero delle zampe ambulatorie è minutamente denticolato; le dita ter- minano in due forti unguicoli, dei quali l’inferiore è più forte e quello superiore è molto sottile. Lea Gen. Parapleurophrycofides Nob. Parapleurophrycoides roseus Nob. (Tav. 2, fig. 5). Nogiti, l. cit., p. 264. Un piccolo esemplare maschio raccolto a Marutea, récif esterno. Questo esemplare ha nel suo aspetto una rassomiglianza esterna con Pleuro- Manella spinipes (De MAN), ma ne differisce per parecchi caratteri e specialmente per la forma dei mazxillipedi (1). Il carapace è largo mill. 1,7 e lungo mill. 1,3. Esso è mediocremente convesso in senso longitudinale ed i suoi margini convergono poco all’indietro. Il fronte è largo 0,88 mill. ed è diviso in quattro lobi pochissimo marcati ed è declive. Dalla divisione fra i lobi interni e i lobi esterni, che sono assai più piccoli, parte un solco che decorre lungo l’orbita fino al primo dente laterale. La superficie del carapace è tutta coperta di minutissimi peli; le regioni vi. sono poco distinte; tuttavia si può riconoscere bene la parte anteriore della regione mesogastrica che si prolunga in un solco distinto verso il fronte. I lobi epatici sono convessi e alquanto sollevati sopra il piano dei denti laterali. La regione cordiale è mediocremente distinguibile. & Le orbite sono oblique, ed il loro bordo superiore offre traccia di una fessura. Il loro bordo inferiore è basso, mediocremente granulato. Le antenne hanno tutti gli articoli del peduncolo liberi; il primo assai lungo riempie quasi il iato orbitario, il secondo è pure collocato nel iato, il terzo è libero e porta il flagello piuttosto breve. Le antennule occupano fossette molto ampie, scavate sotto il fronte, nelle quali sono disposte obliquamente. Il quadro boccale è largo in avanti, ma i suoi margini laterali convergono all’in- dietro, così che esso è più stretto all’indietro che in avanti. L’ischio dei maxillipedi (1) Le due forme di Pleurophrycus descritte non appartengono certo allo stesso genere. PI. cri statipes A. Mine Epw., ha fronte stretto e sporgente; il merognato delle zampe esterne molto dila- tato in fuori e arrotondato; l'addome del maschio diviso in 7 articoli. P. spinipes De Man ha fronte largo, merognati stretti e triangolari, addome del maschio è diviso in 4-5 articoli, avendone parecchi saldati. La forma generale del corpo appare anche diversa. Miss Rarmsun nel suo recente lavoro sui Crostacei delle isole Hawai (Bull. U.S. Fish Comm. for 1903, pubblicato 27 gennaio 1906) ha pro- | posto per questa specie il nome di Manella. Questi generi dovrebbero essere ristudiati sui tipi | perchè la loro posizione è incerta. A. Mirne Epwarps pose 7. cristatipes negli Oxistomi; Mrrrs lo col- | loca fra gli Oxirinchi; De MAN colloca PI. spinipes fra i Coristoidei; Miss Rarason trasporta la stessa forma fra i Palicidae; quanto alla mia forma essa parmi piuttosto un Ciclometopo affine ai Pilumni. vanni 53 RICERCHE SUI CROSTACEI DELLA POLINESIA 403 è più largo e più lungo del mero, il mero sporge debolmente col suo margine esterno convesso, e porta il palpo assai forte al suo angolo anteriore interno. I margini laterali del carapace portano tre denti dei quali il primo è l’angolo orbitale esterno; tra questo e il secondo dente sta un tubercolo; il secondo dente porta anteriormente un altro denticolo ed è più lungo del primo e del terzo. Dietro al terzo vt è un tubercoletto, rudimento di un dente. Presso la regione gastrica e sulle regioni laterali vi sono alcuni granuli quasi impercettibili. I chelipedi hanno il mero armato di una spinula sul margine anteriore e di denticoli ottusi sul margine superiore; il carpo ha una sporgenza spiniforme interna e la sua superficie è ornata di tubercoletti acuti. La mano ha la faccia esterna tutta coperta di tubercoletti acuti che si dispongono in serie. Le dita sono acute e di colore brunastro. Le zampe ambulatorie sono assai lunghe e provviste di peli sparsi. Il mero porta sul suo margine superiore alcune spinule; il carpo ha due esigue creste e termina all’apice in una spinula; i propoditi hanno i margini irregolari, ma non propriamente dentati; i dattilopoditi sono lunghi, acuti e semplici. L’addome del maschio ha sette articoli. Le creste endostomiali sono fortemente sviluppate. Colore uniformemente roseo. Il facies generale dell’animale, la forma dei suoi maxillipedi e i caratteri delle antenne non permettono di includere questa forma nei generi a me noti. È d’altra parte difficile assegnargli caratteri generici ben netti. Esso potrebbe essere definito così: carapace quadrangolare, con tre denti laterali, fronte largo, deflesso, quadrilobato, orbite grandi oblique. Antenne libere nell'angolo orbitale interno. Quadro boccale ristretto all’indietro; ischiognato più largo del mero; mero un poco dilatato esterna- ‘mente; palpo grosso; creste endostomiali forti. Eriphia laevimana Lat. Cfr. ALcock, l. cit., p. 214. Gatavakè, nella sabbia. Un maschio. Taraouroa. Una femmina. Tauere. Un maschio. Trapezia bella Dana. DANA, l. cit., p. 254, pl. 15, fig. 2. È Trapezia digitalis bella Orrwann, Zool. Jahrb. Syst., X, 1897, p. 203, 208. Laguna di Hao. Tre maschi. Secondo il Dr. Seurat il colore di questi animali si armonizza con quello delle A Pocillopora sulle quali vivono. | Questa specie è finora nota solo dell’arcipelago delle Paumotù. > i 0. : Trapezia speciosa Dana. - Trapezia speciosa DANA, l. cit., p. 253, pl. 15, fig. 1. — Rrcarers, Decap. Maur. Bè: Seych., p. 151, t. XVI, fig. 9-12. Trapezia digitalis speciosa OrtMANN, l. cit., p. 203, 208. Isola Marutea, plateau esterno. Un maschio. 404 GIUSEPPE NOBILI : 54 Tetralia glaberrima (Herbst). Cfr. OrtMANN, l. cit., p. 209 (udì syn.). Isola Marutea, plateau esterno. Un maschio. Domecia hispida End. et Soul. Erpoux et SouLever, Voy. Bonite, Zool., I, p. 235, pl. II, fig. 5-10. — Lucas in Jacquinot, Voy. Astrolabe, Crust., p. 50, pl. IV, fig. 3-7. — Arcocx, l. cit., p. 230 (udì syn.). — Borraparte, F. Geog. Mald. Laccad., Xanthidae, p. 263, fig. 4le. Isola Hao, récif esterno. Un maschio. CATAMETOPA Grapsus grapsus (Linn.). Cfr. Arcock, J. A. S. B., LXIX, p. 392 (udì syn.). Isola Kamaka. Un grosso maschio. Isola Hao. Un maschio e due femmine. Nome indigeno Papaikea. Grapsus strigosus (Herbst). Cfr. ALcoc, l. cit., p. 393 (udi syn.). Hao, récif. Una femmina. Geograpsus Grayi (Edw.). Cfr. ALcock, l. cit., p. 395 (udì syn.). Plateau di Papenoo. Tahiti, altezza 50 metri. Un maschio. Geograpsus crinipes Dana. Cfr. ALcock, l. cit., p. 396 (ubi syn.). Pukapuka. Un maschio. Metopograpsus thukuhar (Owen). Grapsus thukuhar Owrn, Capt. Beechey's Voy. Zool., p. 80, pl. XXIV, fig. 3. Metopograpsus thukuhar Mune EpwaArps, Ann. Sc. Nat. (3), XX, 1853, p.1 Jahrb. Syst., IX, 1897, p. 76. — Lenz, Zool. Jahrb. Syst., XIV, 1901, 1 Rikitea, littorale. Una femmina. Nome indigeno Kakama. Laguna di Hao. Una femmina. i Nella femmina di Rikitea la colorazione è identica alla citata figura . la femmina di Hao è verdastra con grosse marmoreggiature brune. 55 RICERCHE SUI CROSTACEI DELLA POLINESIA 405 Metopograpsus messor (Forsk.). Cfr. ALcock, l. cit., p. 397 (ubi syn.). Apia-Samoa (R. N. Liguria). Alcuni esemplari. Heterograpsus crenulatus (Guér.). Cfr. Kinesuey, Proc. Acad. N. Sc. Philadelphia, 1880, p. 208. Tahiti (M. de Beausacq). Quattro maschi. Gen. Sesamma Say. Sesarma (Metasesarma) Rousseauri. Metasesarma Rousseauxi H. Mivne Epwarps, Ann. Sc. N. (3), XX, p. 188 (1883); Arch. Mus. Paris, VII, p. 158, pl. X, f. 1 (1855). — Dr Man, Zool. Jahrb. Syst., IV, 1889, p. 439 e M. Weber, Ergebn. II, 1892, p. 350. — HenpERson, Trans. : Linn. Soc. London Zool. (2), V, p. 393. — Ortmann, Zool. Jahrb. Syst., VII, ° 1894, p. 717. — Nosrti, Ann. Hist. Nat. Mus. Hung., III, 1905, p. 501. i Sesarma (Metasesarma) Rousseauxi De Man, Zool. Jahrhb. Syst., IX, 1895, p. 138 e X, taf. 29, fig. 28. — Nosini, Ann. Mus. Civ. Genova, XL, 1900, p. 506. Metasesarma-rugulosa HeLLeR, Crust. Novara, 1885, p. 65. 7 Laguna disseccata di Taraouroa, nell'acqua salmastra sotto le pietre 11 esem- È ‘plari. Taraouroa, in acqua dolce. Un maschio. Questi esemplari per essere distintamente granulati corrispondono alla mM. rugu= — losa Hell. di Tahiti, che non può però essere considerata distinta da M. Eousseauri, | come già pensò Der Man nel 1889. Sesarma (Sesurma) angustifrons A. M. E. Sesarma angustifrons A. Mrine Epwarps, Nouv. Arch. Mus., V, Bull, p. 16. — De Man, Zool. Jahrb. Syst., II, 1887, p. 655 e 2bid., IV, 1889, p. 432, taf. X, fig. 10 e Not. Leyd. Mus., XXI, 1899, p. 134-138 (passim in descript. Ses. am- phinomes), pl. XII, fig. 17. Rivière Vaituoru a Papenoo. Tahiti. Una femmina, circa 10,5 mill. di distanza aorbitale. La cresta interna della mano pel sesso e la gioventù dell’esemplare Sesarma (Sesarma) trapezovidea Guér. Fiume di Papenoo. Tahiti. Un maschio troppo giovane per poter essere deter- 406 GIUSEPPE NOBILI 56 Sesarma quadrata Fab. Cfr. Sesarma quadratum Arcocx, l. cit., -p. 413 (ubi syn.). Apia, Samoa (R. N. Liguria). | Plagusia speciosa Dana. Dana U. S. Exp. Crust., I, 1852, p. 369, pl. 25, fig. 9. — Mrers, A. M. N. H. (5), I, 1878, p. 151. — Kinestey, Proc. Acad. Philadelphia, 1880, p. 223. — De Man, Not. Leyd. Mus., XII, 1890, p. 89. — OrtwaANN, Zool. Jahrb. Syst., VIII, 1894, p. 731. — BorrapaILE, P. Z. S., 1900, p. 591. Da Isola Hao. Un maschio e una femmina. Questa specie è nota solo della Polinesia, ove fu trovata alle Tuamotù, a Tahiti e a Funafuti. Plagusia squamosa (Herbst). Cfr. Plagusia depressa var. squamosa ALcock, l. cit., p. 437 (ubi syn.). Mangareva. Un grosso maschio. Kamaka. Un maschio. Percnon planissimus (Herbst). Cfr. Leiolophus planissimus ALcocx, l. cit., p. 439 (ubi syn.). Percnon planissimus RatHBUN, Proc. U. S. Nat. Mus., XXII, 1900, p. 281. — NOBILI, 1 Ann. Hist. Nat. Mus. Hung., 1905, II, p. 502. Un maschio e due femmine. Marutea. Un maschio. sc Tutti gli esemplari offrono degli spazi glabri sul carapace; ben netta special- mente è una linea diritta e regolare che traversa longitudinalmente il carapace nel mezzo. Le mani del giovane maschio di Hao e quelle delle due femmine non sono solcate al disopra. È Percnon affinis (Edw.). Acanthopus affinis A. Muns Epwarps, Ann. Sc. Nat. (3), XX, 1853, p. 180. Ho creduto riconoscere in due esemplari, un maschio di Gatavakè ed una fi mina di Mangareva l’ Acanthopus affinis che Mrers considerava identico a planissimu Se la mia identificazione è esatta la specie, pure essendo vicinissima a planissimus. ne sarebbe distinta. tra planissimus e abbreviatus DANA. P. affinis offre una combinazione dei c delle due specie, ed è precisamente ciò che lo distingue. Mi limiterò a dare le e le differenze, e i pochi caratteri che forse sono proprî di questa specie. Il carapace è più largo o più corto, e in ciò esso tiene piuttosto di abbr ciato il carapace, nella femmina, ha la larghezza d’una Plagusia più che di un eno 57 RICERCHE SUI CROSTACEI DELLA POLINESIA 407 quello di Percnon planissimus. Non vi sono spazi glabri, nè linea dorsale longitu- . dinale glabra; vi è un gruppo di tubercoli sulla regione cardiaca disposti in una figura a foggia di \__}, tre in linea obliqua per ogni lato e tre in linea transversa. } Ove in planissimus esistono aree nude e non granulate cioè presso e intorno alla | regione gastrica, sulle regioni branchiali e parallelamente al margine posteriore del | carapace, in affinis vi sono granuli che sporgono fra i peli. I margini laterali del | carapace sono armati di quattro spine, delle quali la seconda è rudimentale nella femmina di Mangareva, e ben formata nel maschio di Gatavakò. Le spinule sul mar- x gine sopraccigliare paiono più forti che in planissimus. Il margine dell’epistoma ha tre spine, come planissimus, mentre in abbreviatus | ve ne è una sola. i I chelipedi hanno le mani molto più strette che planissimus, e la palma netta- mente solcata al disopra in entrambi i sessi, carattere di abbreviatus. Il margine 1iperiore della mano è provvisto anche di 2-3 spine. P. planissimus P. affinis Ò o) o) 9 Lunghezza del carapace mill. 16 TOR 15 13,5 Larghezza id. 2 15 14 121); II, . Questa specie è nota solo delle isole Sandwich. Cardiosoma carnifex (Herbst). Arcocg, l. cit., p. 445. Hao. Una femmina. Nome indigeno Tupa. Tahiti. Un maschio giovane. . Isola Bora-Bora. Tahiti (R. N. Liguria). Museo di Torino. Una femmina. Epigrapsus politus Hell. ArcocK, l. cit., p. 443. 408 GIUSEPPE NOBILI 58 Uca Gaimardiì Edw. Gelasimus Gaimardi Mine Epwarps, Ann. Sc. Nat. (3), XVIII, 1852, p. 150, pl. 4, fig. 17. — De Man, Not. Leyd. Mus., XIII, 1891, p. 39. , Uca Gaimardi NogiLi, Ann. Mus. Civ. Genova, XL, 1899, p. 274. Apia-Samoa (R. N. Liguria). Uca Marionis Desm. "0 Cfr. Gelasimus M. Ancoox, 1. cit., p. 359 (udì syn.). Apia-Samoa (R. N. Liguria). ” Uca tetragonon (Herbst). Cfr. Gelasimus tetragonon ALcock, l. cit., p. 353 (ubi syn.). Uca tetragonon NoBizi, Bull. Scient. Fr. Belg., XL, 1906. i Rikitea, sette maschi e una femmina. Gatavakè Kirimino, numerosi esemplari. Le femmine offrono nei meropoditi le stesse differenze dai maschi che io ho descritto negli esemplari del Mar Rosso. ; Uca chlorophthalma (Lat.). Gelasimus chlorophthalmus Lat. H. Mivne EpwaARrDs, H. N. Cr., II, 1837, p. 54; Ann. È Sc. Nat. Zool. (8), XVIII, 1852, p. 150, pl. XIV, fig.9. — Gu£érin, Iconog. R. Anim. Crust., pl. 4, f. 8. — De Man, Not. Leyd. Mus., XIII, 1891, p. 22, 41. Taravao-Tahiti. Un maschio il cui carapace è largo mill. 22. NE; \ Questo esemplare si accorda benissimo colla descrizione di De MAN, ma sarebbe. necessario aver un grande numero di esemplari, per essere sicuri che esso non sia il giovane di U. Gaimardi, perchè la lunghezza proporzionale delle dita e della palma è un carattere che varia molto secondo l’età. i Macrophthalmus consobrinus Nob. NoBiti, l. cit., p. 265. Un grosso esemplare maschio raccolto nella sabbia del vivaio di Rikite vicinissimo per la maggior parte dei suoi caratteri a M. converus Stm., ma ne di risce pel numero dei denti laterali e per l'armatura delle zampe ambulatorie. Il carapace misura 34 mill. di larghezza fra gli angoli orbitali esterni e mill. di lunghezza; esso è dunque largo il doppio della sua lunghezza. La regione ga è ben delimitata ed è, come la cordiale, assolutamente liscia; le regioni epatich branchiali sono invece finamente granulose; i granuli divengono più grossi | i margini laterali, e formano un ammasso distinto su ogni regione branchiale, in senso longitudinale. Sui margini laterali vi sono soltanto due denti, dei di terzo dente. Il fronte misurato fra i peduncoli oculari è largo 21/, m sua estremità è largo mill. 3,5. Le orbite sono molto oblique ; il loro margine . 59 RICERCHE SUI CROSTACEI DELLA POLINESIA 409 I maxillipedi esterni lasciano uno spazio vuoto fra i loro margini interni. I chelipedi sono uguali. I margini del mero sono fittamente granulati; il margine interno e quello superiore portano lunghi peli chiari. Il margine interno del carpo è provvisto di una linea granulata; l’angolo interno porta alcuni granuli acuti. La mano ha la metà superiore della sua faccia esterna granulata, la metà inferiore liscia. Lungo il margine inferiore decorre una forte cresta, fino quasi all'estremità . del dito fisso. Il margine superiore della palma è percorso da due creste granulose. Le dita sono lunghe quanto la palma; il dito mobile porta superiormente una piccola cresta denticolata, accompagnata dalla parte interna e della parte esterna di una serie di punteggiature impresse che portano lunghi peli chiari. Il dito mobile è quasi inerme; al posto ove in M. convexus vi è un grosso dente molariforme vi è qui lo un tubercoletto appena più grosso degli altri che occupano il margine prensorio. dito fisso ha un dente molariforme obliquato in avanti e diviso in 5-6 tubercoletti. a faccia interna della mano offre un compatto tomento feltroso che si estende anche È ille dita, ma nessuna spina. Lo spazio fra il confine inferiore della zona tomentosa e la cresta lungo il margine inferiore della mano è granulato. " . Il primo e l’ultimo paio delle zampe ambulatorie sono molto più brevi che il | secondo ed il terzo. Le prime tre paia hanno una spinula all'apice del mero, il quarto manca. La superficie delle prime tre paia è granulata, specialmente verso la parte riore. Il margine superiore del mero, i due margini della sua faccia inferiore e è appiattita e granulata), il margine superiore del carpo e il margine superiore uello inferiore del propodite sono minutamente denticolati, i denticoli sono disposti 2-3 serie sul margine superiore del mero. Il quarto paio è liscio, ma porta lunghi da ai x ji Man e di Arcock questa specie è affine, ma ne differisce pel carapace un joco più largo e armato di due soli denti; pel bordo superiore della palma provvisto ue linee granulose, pei meri delle zampe ambulatorie delle prime tre paia distin- INCERTAE SEDIS. Fam. Hapalocarcinidae. Cryptochirus coralliodytes Hell. rus coralliodytes HeLLer, G. B. Akad. Wien, XLIII, 1861, p. 366, taf. II, scaptus paradoxus A. Mine Epwarps, Crust. Réunion (Maillard), p. 10 (1863). — Paurson, Icabzo8 Paroospasa. Kpaca. Mop., 1875, p. 72. i 410 GIUSEPPE NOBILI i 60 Ordine STOMATOPODA Pseudosquilla ciliata (Fab.). Cfr. Mrers, Ann. Mag. Nat. Hist. (5), V, 1880, p. 108, pl. III, fig. 7-8. — Brooks, Challeng. Stomatop., p. 53, pl. 15, fig. 10. — BrgrLow, Proc. U. S. Nat. Mus., | XVII, 1894, p. 499 e Bull. U. S. Fish Comm. XX, 2, 1900, p. 154, fig. 3-4. — BorRADAILE, l. cit., p. 34. — HANnsEN, l. cit., p. 86. Laguna di Mangareva, 20 m. Un maschio. Rikitea. Un maschio giovane. Gonodactylus chiragra (Fab.). Mrers, Ann. Mag. Nat. Hist. (V), 5, 1880, p. 118. — Brooxs, Challeng. Stomat., 1886, p. 156. — De Man, Zool. Jahrb. Syst., X, 1898, p. 694, pl. 38, f. 790:9 — Borrapare, Proc. Z. Soc., 1898, p. 34, pl. V, fig. 4, pl. VI, fig. 8. — | LancHEsTER, Stomat. Mald. Laccad., p. 445 (partim). — Noziti, Bull. Scient. Fr. Belg.. XL, 1906, p. 157. i Laguna di Ohura-Hao, un giovane. Kaukura, due maschi. Laguna di Faleahina, una femmina. Récif esterno del motù di Marakuraku, 1 m., una femmina. Sl Gonodactylus furcicaudatus Miers (Tav. II, fig. 6). Mrers, l. cit., p. 124, pl. III, fig. 13-16. Protosquilla furcicaudata Brooxs, l. cit., p. 78. Makatea. Un giovane maschio lungo circa 16 mill. Questa è forse la form curiosa di Stomatopodo e la sua località di origine era finora ignorata. L’esem di Mia concorda ottimamente colla desenizione di MieRs, Ano solbi riunite in cinque gruppi. L’endopodo del primo paio di pleopodi del maschio ha una struttura ca: ristica. La dilatazione del primo articolo dell’endopodo propriamente detto estende molto al di là della base del secondo; l'articolo terminale di questo è mer naceo e non lobato, intero; il ramo mobile del forcipe è più lungo del ra: ricurvo all’apice; il ramo fisso è distintamente uncinato. sa 6l RICERCHE SUI CROSTACEI DELLA POLINESIA 411 Ordine ANISOPODA Fam. Apseudidae. î; La6 Apseudes Rikiteanus Nob. (Tav?1I, fig. 8). i A 1. cit., p. 265. Un solo esemplare di Rikitea, prof. 2 metri. L’esemplare è lungo 2-3 mill., escluse le antenne e gli uropodi. Esso è, come quello delle due specie seguenti, in cattivo stato. A giudicare dalla esiguità dell’unico i 0» presente, l'esemplare è femmina. Il margine frontale è conyesso in avanti, giungendo circa a metà della lunghezza del primo articolo del peduncolo delle antenne. I lobuli oculari sono ben sviluppati, | prominenti in avanti e subottusi all'apice. Gli occhi sono piuttosto piccoli. Il carapace segmenti pereali mancano completamente di spine sia sui lati che sulla superficie ventrale; gli epimeri non sono affatto prolungati in spine; i margini dei segmenti sono troncati. I margini dei segmenti addominali sono subacuti e rivoltati in basso; non vi sono spine ventrali sul pleon; l’ultimo è arrotondato e lungo quasi quanto î tre precedenti. Il primo articolo del peduncolo delle antenne superiori è assai grosso, lungo di due volte la sua larghezza; il secondo articolo è lungo meno di metà del 1; Il terzo è breve e molto più stretto; il flagello principale offre sette articoli isti di setole; il flagello accessorio ha cinque articoli. La squamma sul secondo icolo delle antenne inferiori è molto breve, cigliata; il terzo articolo è brevissimo; juarto lungo circa 2 volte il terzo; il quinto è più breve del quarto; il flagello posto di sei articoli. Non vi è spina epistomica. Il primo paio di gnatopodi ha la parte basale massiccia, rigonfiata; l'articolo uente anche rigonfio; il “ carpale , triangolare e relativamente allungato, lungo a tre volte la sua massima larghezza all’apice; la mano è un poco più lunga larga, ben convessa, subeguale alle dita; il dito mobile è ricurvo e non dentato, i stretto del dito fisso; il dito fisso è più largo perchè il suo manzine prensorio anso in un lungo lobo denticolato e cigliato. . Il secondo paio di gnatopodi o zampe scavatrici è abbondantemente provvisto di setole e spine, quattro sul carpo e 5-6 sul propodo dalla parte interna, come pure che spina e setola all’estremità posteriore del carpo e del propodo. Il dito e arcuato all'apice. pereopodi sono abbondantemente forniti di lunghe setole. Gli uropodi non sono molto lunghi; il flagello esterno è formato di 6 articoli; gello interno è formato di 20 articoli. È (9) 419, GIUSEPPE NOBILI G Apseudes Seurati n. sp. (Tav. II, fig. 9). Nositi, l. cit., p. 266. Un solo esemplare (femmina?) di Tokaerero, sulle valve dell’ostrica perlifera, insieme con un esemplare di Stenetrium euchirum Nob. L'esemplare è lungo 3,5 mill. Il capo forma in avanti una sporgenza triangolare ad apice acuto, coi bordi SÈ convessi, non arrivante a metà del primo articolo del peduncolo delle antenne supe- riori. I lobi oculari sono ampî e arrotondati in avanti; gli occhi sono grossi. I segmenti | pereali, come nella specie precedente, non hanno spine e gli epimeri non sono molto sviluppati. I primi tre segmenti sono notevolmente più brevi degli ultimi tre. I segmenti addominali hanno i margini subrotondati. L’ultimo segmento è lungo quasi quanto i cinque precedenti. ; Vi è una lunga spina epistomica triangolare. Mancano le spine ventrali. Le antenne sono rotte nell’unico esemplare. Il primo articolo del peduncolo delle antenne superiori è lungo più di tre volte la sua larghezza; esso porta delle intacca- ture dentiformi nelle ‘quali sono inseriti lunghi peli. Il secondo articolo è lungo un poco meno della metà del primo. Il terzo ed i fiagelli mancano. Le antenne inferiori hanno la squamma mobile del secondo articolo stretta, estendentesi fino all’estremità del quinto articolo; il terzo articolo è breve; il quarto e il quinto sono subeguali, 1 il flagello è rotto. | i Il primo gnatopodo è gracilissimo e molto allungato. La parte basale è più È gracile, più allungata e assai meno rigonfia che nella specie precedente, provvis È di un paio di grosse setole corte (o spinule?). L'articolo seguente è anche più gracile e cigliato; il carpo è gracile e molto lungo, oltre quattro volte la sua larghezza. RI RI La mano è gracile e Bien Lai Tae, meno convessa è ei più de cs margine MI espanso sottile, cigliato ma non i Il secondo gnatopodo manca nell’esemplare. I pereopodi sono più gracili, più slanciati e meno pelosi che nell’A. Rik Gli uropodi mancano. i Apseudes sp. (Tav. III, fig. 2) (affine a A. australis Hasw.). Due minutissimi esemplari trovati fra le Leptochelia lifuensis di Rikitea ap tengono per la forma del fronte ad un’altra specie di Apseudes. Disgraziatame essi mancano delle due paia di gnatopodi e dell'addome; quindi benchè per le che rimangono essi differiscano tanto dalla specie di Sruper che da A. australis . non credo sia utile dar loro un nome. i i Il capo si prolunga in avanti in una lamina a forma di triangolo alquanto 0 all'apice. L'apice della lamina è nettamente superato dalla spina epistomic molto lunga e acuta. tt] I lobi oculari sono subacuti in avanti, ma non salienti: gli occhi sono e composti di 7-8 ocelli. i 63 RICERCHE SUI CROSTACEI DELLA POLINESIA 413 Gli epimeri dei pochi segmenti toracici rimasti non sono acuti nè spinosi, ma troncati. Il primo articolo del peduncolo delle antenne interne o superiori è lungo e grosso, lungo tre volte o più il secondo ed offre alcune intaccature sul bordo interno e su quello esterno, nelle quali stanno inserite le setole; il terzo articolo è più breve del secondo. Il flagello interno delle stesse antenne offre quattro articoli appiattiti, l'esterno cinque. L’esopodo delle antenne esterne o inferiori è ovato-lineare; Di flagello di queste antenne è composto solo di 2-3 articoli. È I gnatopodi mancano negli esemplari. I pereopodi differiscono da quelli delle | due specie precedenti pel notevole sviluppo dell'ultimo articolo, il quale è anche ricurvo, e con un principio di separazione di un unguicolo terminale. Fam. Tanaidae. Tanais Seurati Nob. (Tav. II, fig. 16; II, 1). BILI, l. cit., p. 266.. Un solo esemplare femmina preso nelle Ulve che ricoprono la boa del Banco veau. i I lobi oculari sono subacuti. Le due paia di antenne sono subeguali e quelle periori hanno gli articoli piuttosto grossi, il primo lungo il doppio del secondo, tre volte il terzo, all'estremità del terzo articolo. Le altre antenne sono divise cinque articoli, dei quali il secondo è molto più breve del primo; il primo è un poco più breve del terzo, e il quinto è conico e più breve del quarto. Anch’esse hanno un ciuffo di peli all'apice del quinto articolo. Dei gnatopodi.uno solo è conservato ; il dito fisso è più largo del dito mobile finamente denticolato. I segmenti toracici sono :subarrotondati lateralmente. L’ad- ome non sporge oltre la linea laterale del torace; i suoi tre primi articoli hanno fig. 1-4. Un esemplare maschio di località non precisata, ma pur sempre delle isole Tuamotù, corrisponde, salvo per alcune differenze alle quali accennerò, a _Paratanais hraea Kossm., specie che contrariamente all'opinione del Rev. StEBBING, io credo tinta da Leptochelia minuta Dana. 4IL GIUSEPPE NOBILI 64 L'esemplare è lungo 2 mill. I segmenti del corpo corrispondono alla descrizione di Kossmann perchè i tre posteriori sono più lunghi dei tre precedenti. I lobi oculari sono subacuti in avanti; le antenne superiori sono assài lunghe; il loro peduncolo è composto di tre articoli, il primo dei quali è lunghissimo e dilatato internamente alla base. Il secondo articolo è lungo meno di metà del primo, cioè un poco più corto che nella L. minuta, secondo StEBBING (Willey's Zool. Res., V, 1900, p. 615). Il terzo invece è di poco più breve del secondo, quindi più lungo che nella L. minuta. Kossmann attribuisce quattro articoli al peduncolo delle antenne, il che è falso; il breve articolo basale che Kossmann figurò non esiste affatto. La sua figura è d’al- ‘tronde assai difettosa. L'altro, paio di antenne è assai breve, giungendo circa a metà del primo articolo delle prime antenne; il loro flagello assai gracile è diviso in tre articoli, il primo dei quali è un poco più lungo del secondo, mentre il terzo è minu- tissimo. Il flagello delle prime antenne è invece assai lungo e provvisto nell’unico esemplare di sei articoli da una parte e di otto dall'altra; Kossmann ne menziona sette; ma Srrspine osservò nella L. minuta sei e sette articoli in un esemplare e undici in un altro. Questa differenza non ha quindi alcun valore. I gnatopodi del primo paio sono allungati, gracili, più lunghi di quelli dei mesa di L. lifuensis, ma notevolmente più brevi di quelli di L. minuta e L. forresti. Le È dita sono più lunghe della porzione palmare, ma il dito fisso è È è perfettamente intero e liscio sul suo margine, quindi differente da quello di L. minuta che offre delle — sporgenze. i Di I pereopodi hanno il dito stiliforme e assai lungo, come nella figura di Kosswanwm.. L’ultimo articolo dell'addome è appuntito. Gli uropodi sono lunghi col piccolo ram 13 esterno a due articoli e il lungo ramo interno provvisto di sei articoli. | Leptochelia lifuensis Stebbins. Ceylon Pearl Oyster Report Isop., 1905, p. 7, pl. Ie. Leptochelia sp. BorrapaILE, P. Z. S., 1900, p. 797, pl. 51, fig. 2-2e. Rikitea, a 2 e a 8 m. di profondità, in fondi di Halimede e di Coralline, a Man a un metro di profondità nelle alghe calcaree, a Tikahau nelle ostriche perli Taku pure nell’ostrica perlifera. Le antenne del maschio hanno soventi 8-9 articoli al flagello. STENETRIIDAE Stenetrium Hanseni Nob. (Tav. II, fig. 3). NoBILI, l. cit., p. 266. Alcuni individui della Laguna di Fakahina, e un maschio senza località Questa specie appartiene al gruppo in cui il peduncolo delle seconde non ha lobo sul primo articolo. La forma dei suoi primi gnatopodi distingu specie dalle altre note. 65 RICERCHE SUI CROSTACEI DELLA POLINESIA 415 La testa, esclusa la lamina frontale, è lunga i #/, della sua larghezza. I suoi angoli anteriori sono prolungati in corna non dentate; il margine anteriore del capo forma ancora una sporgenza angolare fra le basi delle prime e delle seconde antenne. La lamina frontale è molto breve e diritta. Il primo articolo del peduncolo delle seconde antenne è privo di dente o lobo esterno; il secondo è brevissimo, il terzo abbastanza lungo e con esopodo breve, triangolare, provvisto di setole; il quarto articolo è breve, il quinto ed il sesto sono lunghissimi; il flagello è un poco più lungo del peduncolo. Le prime antenne sono corte; il primo articolo del loro peduncolo è un poco più grosso dei seguenti e abbraccia parzialmente il margine esterno del secondo articolo; il secondo è più corto del terzo. Il flagello è formato di 7-9 articoli ed è | più corto del peduncolo. Gli occhi sono reniformi, obliqui, più larghi all’indietro che in avanti e assai lontani dal margine laterale della testa. | I gnatopoedi del maschio hanno il terzo ed il quarto articolo non sporgenti alla | estremità esterna, il quarto con un lobo arrotondato all’estremità interna. Il quinto articolo non si prolunga all’estremità esterna, ma a quella interna forma un grosso ; lobo lunghissimo ed escavato internamente, che nasconde internamente il sesto articolo, ed alla cui estremità si appoggia il settimo articolo. La parte basale (cioè senza la | sporgenza del quinto articolo) è larga più di due volte la sua lunghezza, mentre il 1 lobo è lungo 2 !/s volte la porzione basale. Il sesto articolo ha forma amigdaloide; la | sua maggior larghezza è verso la base e all’apice si restringe; è lungo due volte la i larghezza; il margine per cui si attacca al quinto articolo è molto obliquo. Il argine interno ha un solo dente, e un piccolo dente si trova pure all’apice. Il mar- | gine estremo della sporgenza del quinto articolo è provvisto di alcuni denticoli. — Tanto questo margine che quello palmare sono provvisti di lunghi peli. Il settimo arti- lo è arcuato, con unguicolo piccolo e corti peli. | Nel maschio i gnatopodi sono allungatissimi, perchè hanno gli articoli II, HI e IV molto lunghi; nella femmina sono molto più brevi perchè gli stessi articoli sono accorciati. Nelle mie figure il gnatopodo del maschio è rappresentato ingrandito da a 20 volte, quello della femmina è ingrandito 50 volte. Il quarto articolo nella amina si prolunga posteriormente in un lobo apicale peloso ; il quinto articolo non j h Ri i ’ i È più largo verso l’estremità che alla base ed è armato all’apice di una lunga spina li qualche denticolo, con peli semplici. x Lo scudo addominale è un poco più lungo che largo, e non ha che un dente x n una piccola insenatura laterale; il suo margine terminale è rotondato, con un ccolo lobo mediano rotondato. L’esopodo degli uropodi è più corto dell’endopodo. M secondo articolo dell’endopodo degli uropodi termina in punta ottusa quasi ingolare. i Lunghezza da 4 a 5 mill. Stenetrium euchirum Nob. (Tav. II, fig. 4). ta a Gatavakè a 20 m. di profondità, è affine a S. Hanseni, ma ne differisce nettamente per la forma dei suoi gnatopodi anteriori. 416 GIUSEPPE NOBILI 66 " La forma della testa è presso a poco la stessa; come in S. Hanseni il capo è largo un poco più di 1 !/ volte la sua lunghezza; la sua estremità anteriore è acuta e prodotta in avanti; e fra questo primo dente e il peduncolo delle antennule si trova un altro dente, che è lungo quanto il primo. Lo spazio tra questi denti interni è quasi diritto, solo leggerissimamente convesso in avanti. Gli occhi sono subreni- formi, coll’estremità posteriore più larga e distante dal bordo laterale. Il dente esterno porta un piccolo denticolo. Le antenne sono conformate presso a poco come nell’altra specie; cioò il primo articolo non ha alcuna sporgenza o dente all'apice. Il primo paio di pereopodi è assai più breve che non nello S. Hanseni, e più largo; ed è conformato differentemente secondo i sessi. Il terzo articolo è assai breve, conico, dilatato in avanti e prodotto dalla parte esterna in un processo subacuto provvisto di una setola, acuto all'estremità interna. Il quarto articolo è assai largo, colle due estremità subacute e provvisto di lunghi peli. Il quinto è brevissimo, pro- dotto all’estremità interna in un lungo processo triangolare, abbondantemente peloso, che giunge circa a metà del sesto articolo. Il sesto ed il settimo articolo formano | una specie di chela perchè il bordo distale del sesto articolo è quasi piano, e assai lungo, denticolato ed inoltre si prolunga in un processo digitiforme. Il bordo esterno — 4 del sesto articolo è convesso, l’interno diritto; la sua maggiore larghezza (escluso il processo) è più che ?/s della lunghezza. Il settimo articolo è molto lungo, ed è più dilatato verso l’estremità che verso la base, e si protende assai al di là d processo del sesto. L’unguicolo del settimo articolo è ben separato, ma corto. Nell femmina abbiamo presso a poco la stessa struttura che nel maschio, ma la mand è più larga; il processo digitiforme della mano è sostituito da una lunga spina il bordo prensorio è più obliquo. Il settimo articolo non si dilata verso l’apice. Le zampe seguenti sono più lunghe che nello S. Hanseni, perchè è più lung il terzo articolo. Lo scudo addominale e gli uropodi sono conformati come nella spec precedente. Il secondo articolo dell’endopodo dei plp? è prolungato in una lunga pun conica. LR: a margini interi, ecc. Stenetrium proximum n. sp. (Tav. II, fig. 5). fosse stato descritto e figurato con ogni cura dal Rev. SrEBBING non oserei ( rarne specificamente la forma di Vahitahi. hl La femmina in questione è lunga circa mill. 3. Il capo rassomiglia a di Chiltoni; esso è largo due volte la sua lunghezza ; il suo angolo anteriore è forme, curvato; quindi fra le antenne esterne e le interne vi è un altro dente ric Il fronte nel mezzo ha una larga lamina arrotondata, ristretta e bilobata supe mente în avanti; questa lamina, quantunque sia continua col capo, è 67 RICERCHE SUI CROSTACEI DELLA POLINESIA 417 superficialmente da una sutura. Nello St. Ofiltoni vi è anche una lamina, ma questa non appare bilobata in avanti, e non è separata dal capo. Il primo articolo del pedun- colo delle seconde antenne porta un forte lobo spiniforme; il secondo è breve; il terzo è più lungo ed è provvisto di un esopodo conico e cigliato all’apice. Il primo articolo del peduncolo delle prime antenne è alquanto allargato, con una piccola ‘ sporgenza dentiforme all’estremità del margine anteriore dalla parte interna; il secondo articolo è breve e un poco allargato, il terzo più lungo e più gracile; il flagello è diviso in sette articoli. Gli occhi sono reniformi, un poco più larghi alla estremità posteriore e distanti dal margine. _ I segmenti toracici hanno l'estremità anteriore acuta e prolungata in avanti; il quarto è arrotondato ai margini, il quinto, il sesto ed il settimo sono diretti all’in- «dietro. Il pleotelson è più largo che lungo, coi margini laterali guarniti di cinque "denticoli ben distinti, e colla punta breve ed ottusa. Gli uropodi hanno l’esopodo più breve dell’endopodo. Me IL primo gnatopodo ha il secondo articolo allungato; il terzo breve ed alquanto | allargato posteriormente; il quarto prolungato all'estremità del suo margine poste- | riore in una lunga sporgenza acuta che raggiunge l’apice del quinto articolo, O pp omorte anche in una breve sporgenza acuta che giunge a metà del quinto }: articolo; questo è breve e posteriormente acuto. Il sesto articolo è lungo circa 2 '/s volte la sua larghezza; il suo margine interno è un poco concavo, il margine posteriore nvesso, il margine distale obliquo, con una lunga spina apicale e con quattro o que setole debolmente pennate. Il settimo articolo ha un unguicolo distinto e spinule sul bordo prensorio. Il margine interno degli articoli 4°, 5° e 6° porta | lunghi e numerosi peli. i Questa specie differisce da S. Chiltoni (anch’esso fondato sopra una femmina) r la sua lamina rostrale, pel suo pleotelson denticolato su tutto il margine late- per il quarto articolo dei gnatopodi prolungato fortemente all’estremità poste- Tre e acuto in avanti; pel quinto articolo acuto posteriormente; pel sesto più ngato. Le differenze saranno probabilmente maggiori quando si conosceranno i chi delle due specie. Fam. Parasellidae. Gen. Bagatus Nob. (1). tri, 1. cit., p. 267. 418 GIUSEPPE NOBILI 68 Bagatus stylodactylus n. sp. (Tav. II, fig. 11). (Tipo DEL GENERE). Notti, l. cit., p. 268. Un solo esemplare maschio di Mangareva, lungo meno di 2 mill. Il capo è largo circa 1!/, volte la sua lunghezza; i suoi angoli anteriori non sono sporgenti; il margine frontale non è saliente, anzi appare piuttosto concavo. Gli occhi sono rotondati ed inseriti lateralmente, piuttosto sporgenti. Le antenne esterne hanno un peduncolo composto di sei articoli, il terzò dei quali porta un breve esopodo lineare. il quinto ed il sesto articolo sono i più lunghi; il flagello è lungo almeno i due terzi della lunghezza del corpo. Le antenne interne sono ben sviluppate, ma più brevi del peduncolo delle antenne esterne; il loro scapo consta di tre articoli mediocremente ingrossati; il flagello di circa 8-9 articoli, con lunghi peli all'apice. Le parti boccali sono costituite come quelle degli altri Parasellidi. Le mandibole hanno un lungo palpo 3 articolato che sporge bene in avanti del fronte. Il loro processo incisivo è nettamente diviso in 5-6 denti, e porta 8-9 lunghe spine mobili dentate. Maxillule o maxillae hanno la solita struttura. Gli articoli dei maxillipedi. i sono alquanto dilatati e costituiti come in Saniropsis. - Il primo paio di zampe o primi gnatopodi, è grandemente allungato:Tutti gli arti- coli sono compressi; il secondo è brevissimo; il terzo ed il quarto allungati; il quinto | o carpo breve. Il 6° articolo ha un aspetto che ricorda il gnatopodo di certi Anfipodi; , è molto allungato, lungo un poco più di due volte la sua larghezza e provvisto nella sua metà distale di due forti denti triangolari. Il dito è falciforme, molto lungo, e si ripiega contro il bordo del propodo, costituendo così una pinza paragonabile al quella degli Anfipodi. Esso si assottiglia verso l’estremità distale. Le zampe dell secondo paio sono molto gracili e allungate; il loro quinto e sesto articolo han qualche spinula mobile; il settimo articolo è biunguicolato. Gli altri pereopodi pro costituiti come il secondo ma più brevi. i He I segmenti toracici I-III sono diretti in-avanti, il IV è trasversale e più stretto di tutti; i segmenti 5°-6°-7° sono diretti all’indietro e assai grossi. Il pleotelson è rotondato e i suoi margini non sono denticolati. Gli uropodi mancano all’unico esem- plare. Il primo paio di pleopodi offre all'estremità dei simpodi connati una su che sembra delimiti il ramo interno; questo termina con una estremità tronca allipoazito all'interno e ate colanionio SOSIO: Non riuscii ad isolare il secon del AI paio di one Una supposta femmina di questa specie (i gnatopodi mancano) porta ne $ supio sei sole uova, relativamente assai grosse, misurando 0,69 mill. di diamet Bagatus platydactylus Nob. (Tav. III, fig. 6). NoBiti, l. cit., p. sa dell’esemplare di B. stylodactylus. Mi limiterò quindi ai pochi caratteri che si e rilevare sicuramente. 69 RICERCHE SUI CROSTACEI DELLA POLINESIA 419 Le antenne mancano. La testa è, proporzionalmente alla lunghezza, più stretta; gli occhi sono reniformi e più larghi nel mezzo che alle estremità ove sono appuntiti (come in Stenetrium). Il quarto segmento toracico è più largo che in stylodactilus. Il pleotelson non è denticolato. Nell’unico gnatopodo conservato il quarto articolo è più grosso e dilatato, la sporgenza apicale del quinto più lunga e acuta; il sesto è più largo, col bordo poste- riore concavo perchè espanso all’apice; l’anteriore con due denti subapicali di forma diversa, il primo più corto ed ottuso, il secondo triangolare, acuto e più lungo; il dito si dilata verso l'estremità. Mono pleopodi del primo paio hanno anche il ramo staccato dei simpodi connati, | coll’estremità irregolare e cigliata. I pleopodi del secondo paio sono largamente | saldati alla base con quelli del primo paio ed hanno presso a poco la stessa lun- | ghezza e sporgono largamente infuori; l’esopodo è genicolato coll’articolo distale | prolungato in forma di tubo; l’endopodo è biarticolato ed in forma di uncino. .Fam. Gnathiidae. Gnathia aureola Stebb. (larva del maschio). (Tav. II, fig. 7, tav. III, fig. 7). SreBBINE, Willeys Zool. Res., Pt. V, 1900, pl. LXVI, fig. A. Un buon numero di esemplari, tutti larve allo stadio di Praniza, fu raccolto E dal Dr. Seurar nella laguna di Mangareva. Tutti gli individui furono presi sulle 1 branchie e sulle fessure branchiali di Aétobatis narinari. i Questi esemplari concordano esattamente per la forma delle antenne, delle appen- i boccali, dei pereopodi e dei pleopodi colla Gn. aureola di Lifu, Isole della Lealtà, sa pure sulla stessa specie di pesce in identiche condizioni. Essi si trovano però in due stadî alquanto più avanzati, e la segmentazione del loro corpo è quindi differente. Vi sono nella collezione larve di due grossezze differenti. Le une (fig. a) lunghe “n e colla parte compatta lunga 7 mill.; Je altre (fig. 3) lunghe appena 6,5 mill. colla parte compatta del mesosama lunga 3 mill. Le antenne del primo e del secondo paio hanno esattamente la stessa struttura È melle Gn. aureola più giovani di Lifu. Le mandibole hanno nove denti micro- all’apice incisivo, che è più stretto e più breve della parte prossimale. Le celle del primo paio quasi aciculari hanno tre denti all’apice; le mascelle del ndo paio. sono alquanto più grosse. Nel complesso sono identiche a quelle di . aurcola di Lifu. I maxillipedi sono alquanto più lunghi e con maggior numero setole. I gnatopodi ed i pereopodi non differiscono da quelli della specie citata. pure i pleopodi il cui simpodo ha due spine. » i Il corpo invece è proporzionalmente più allungato nei grossi individui. Il meso- a è durissimo e di colore bleu-nerastro in alcool, non perforabile dagli aghi per la durezza. Nella sua porzione anteriore vi sono tre lobi ben distinti nello strato icolare, sui quali lateralmente si inserisce il quarto paio di zampe toraciche e che ano così di essere l’indicazione del quarto segmento toracico, che è quindi net- 420 GIUSEPPE NOBILI 70 tamente separato. Anceus rhinobatis Kossm. del Mar Rosso, pur esso larva, ha anche la stessa struttura pel quarto segmento. Posteriormente il sesto segmento è distinto già dalla parte consolidata mediana del corpo, ma parzialmente ancora coperta dallo stesso invoglio membranaceo che riveste il mesosoma. Il sesto segmento è ben5distinto lateralmente, ove anzi copre le parti laterali del settimo che è distinguibile solo dorsalmente. Il telson è triangolare e più lungo della sua larghezza alla base. ! Nelle larve più piccole invece il quarto segmento non è affatto accennato; il mesosoma è più largo e più breve; il sesto segmento è invece ben distinto dalla massa compatta del mesosoma (1). Per lo sviluppo di una porzione a forma di collo fra il capo ed il primo segmento toracico queste larve sono assai simili a quelle di Gn, mazxillaris destinate a trasformarsi in maschi descritte da G. Swe (2), e debbono ritenersi come larve di maschi. Esse sono però in uno stadio più avanzato che la larva della figura 1 dello stesso autore; il che appare anche -dalla formazione del sesto e settimo segmento toracico che hanno già quasi acquistato la forma del maschio adulto, cioè il sesto abbraccia il settimo (cfr. Sura, fig. 3). Il colore indicato dal Dr. SeuRAT è verde metallico; quindi differente da quello degli esemplari più giovani di Lifu; ma trattandosi di animali in stadio differente di sviluppo, non credo che ciò abbia importanza. IDOTHEIDAE : d Synidotea pacifica Nob. (Tav. III, fig. 8). NOBILI, 1. cit, p. 268. Due esemplari, lunghi mill. 3 e mill. 2,3, senza località precisa, probabilmente di Mangareva. | La superficie dorsale appare leggermente scabra e irregolare, ma le irregolarità | ; non assumono forma definita di tubercoli perchè sono ‘molto depresse. Gli epimeri sono completamente saldati sui segmenti toracici 1-4; e debolmente indicati da uo benchè sempre saldati, sugli altri tre segmenti. Il capo è largo circa il doppio della sua lunghezza, cogli angoli anteriori poco articoli, dei quali il primo è assai lungo, il ssgito È è bene sviluppato, il Me N x lungo del terzo e del quinto. Le antenne interne hanno il flagello rudimentale, co posto di un solo articolo. ancora distinto. Nelle giovani Gn. «ureola di Lifu esso jo è già, ma il 6° e il 4° non lo sono an Pare quindi che in Gn. ‘aureola cominci a differenziarsi prima il vio segmento, poi il 6° e poi 71 RICERCHE SUI CROSTACEI DELLA POLINESIA 421 x Il corpo è più largo nei tre segmenti anteriori, ma non vi è grande differenza di lunghezza fra i varî segmenti che lo compongono. Il settimo segmento è notevol- mente più stretto degli altri. Il pleotelson offre tutti i segmenti saldati; uno solo visibile lateralmente per un'incisione. La sua estremità è arrotondata. Esso è lungo poco più della sua lar- ghezza. Le zampe toraciche sono brevi e non v'è differenza marcata fra la lunghezza delle prime tre paia e delle ultime quattro. L'articolo terminale dell’opercolo è irrego- larmente quadrangolare. È | CO Vidensk. Selsk. Skrift., ser. 6, vol. 3, p. 321, 340, pl. 2, fig. 6-6 6, pl. 3, fig. 1-1d. È, «— H. Riczarpson, Proc. U. G. Nat. Mus., vol. 23, 1901, p. 514; Monogr. N. Amer. Isop., 1905, p. 92. — Moore, Bull. U. G. Fish. Com., XX (1900), 1902, p.167, pl.8, fig.6-8.— SreBBING, Ceylon Pearl Oyst. Rep. Isop., 1905, p.12. È Rikitea, due esemplari. Laguna di Marutea nel récif, tre, esemplari. a Questa specie appare essere largamente distribuita nei mari tropicali. Essa è nota delle Antille, di Samoa e di Ceylan. CIROLANIDAE Cirolana parva H. J. Hansen. ALCIRONIDAE Alcirona papuana Nozizi (Tav. III, fig. 13). osti, Ann. Hist. Nat. Mus. Hung., III, 1905, p. 502, tav. XIII, fig. 5-5 4. . Motù di Tenoko. Un esemplare. Secondo un’annotazione del Dr. SEURAT questo odo, al dire degli indigeni, è parassita del pesce-pappagallo (Scarus). Questo itat si adatta meglio al genere di vita dei crostacei di questa famiglia che non pi della Nuova Guinea. Infatti due altri esemplari furono presi a Kamaka nelle le nasali di un pesce. . L’estremità del telson ha quattro spine, il ramo interno degli uropodi 8, il ramo ;erno porta undici spinule, collocate otto sul bordo esterno e tre su quello interno. x Questa specie è vicinissima ad A/lcirona Krebsi Hans. delle Antille. solo l’estremità fortemente ingrandita della lamina esterna della ò ora qui una figura intera dell'organo. 422 GIUSEPPE NOBILI 72, SPHAEROMIDAE Dynamenella codii Nob. (Tav. II, fig. 14; tav. III, fig. 10). Nogini, l. cit., p. 269. Numerosi esemplari dei due sessi, presi a Makapù, nei Codium. Le femmine di questa specie differiscono di poco dai maschi, e solo nei caratteri degli uropodi. Uno dei più grossi maschi è lungo mill. 3,6 e largo mill. 1,66. Il corpo è dunque un poco più di due volte lungo quanto largo. Esso è assai convesso, colle parti late- rali assai declivi. Il capo, visto dal disopra, è uniformemente rotondato in avanti, visto di fianco non presenta alcuna sporgenza anteriore. All’indietro esso è par- zialmente incluso nei margini del primo segmento del pereon. In avanti forma una breve e stretta sporgenza interantennale, ripiegata in basso. Il peduncolo delle prime antenne ha gli articoli alquanto appiattiti; il primo ingrossato e lungo quasi il doppio del secondo senza sporgenze all'apice; questo grosso quanto il primo e subeguale al terzo che è più sottile; il flagello è diviso in 8-9 articoli. Le seconde antenne non offrono nulla di notevole; il quarto ed il quinto articolo del loro pedun-. colo sono più lunghi di ciascuno dei tre precedenti; il flagello è diviso in 18 articoli e giunge quasi al termine del terzo segmento del pereon. L’epistoma-è una lamina triangolare ad apice molto ottuso; il labbro superiore è convesso in avanti. I maxilli- pedi hanno i lobi non molto lunghi e ad apice rotondato; la lamella del secondo articolo ha un uncino verso il mezzo del margine interno; i lobi della seconda ma- scella sono molto allungati; la lacinia esterna della prima mascella porta quattro spinule cornee all’apice e quattro altre spinule più lunghe ma setacee e dentate; la lacinia interna ha le solite quattro grosse setole piumose. La mandibola sinistra. ha la lacinia mobile bene sviluppata e lunga, divisa come il processo incisivo princi- pale in Di Dm, notevole differenza fra i segmenti II, III, IV e V. I primi segmenti osservati microscopio appaiono finamente scabri, ma non vi sono vere granulazioni che su settimo toracico e sull’addome. Gli epimeri di tutti i segmenti sono posterior troncati, non sporgenti; le suture epimerali sono piccole; il margine è leggeri inspessito sui primi tre segmenti. Il settimo segmento è più sporgente degli granulato e porta tre suture; i suoi angoli laterali si prolungano all’indietro. L segmento è assai convesso ni (ar e Sono SSA con i dato e a sbagli ga (ig. 14 Di Gli i sono appena più fonohi dal finamente crenulati sui margini; l’esopodo è un poco più breve dell’endopoc 73 RICERCHE SUI CROSTACEI DELLA POLINESIA 423 Il primo gnatopodo ha il terzo articolo quasi lungo come il secondo; il quarto obconico è dilatato e arrotondato posteriormente; il quinto brevissimo e rinchiuso | posteriormente fra il quarto e il sesto; il settimo di poco più breve del sesto, con un'unghia terminale, seguìta da un unguicolo minore e da un piccolo dente. Dalla estremità del sesto articolo si protende contro il settimo e applicato ad esso una spina uncinata abbastanza lunga. Il secondo gnatopodo e i pereopodi hanno la stessa struttura del primo, differendo solo pel fatto che il quinto articolo è libero e conico; il terzo unguicolo del settimo articolo è più robusto e gli articoli tutti sono assai più pelosi sul magine esterno. I peni sono stiliformi e molto lunghi. HM primo pleopodo ha l’endopodo molto stretto, lungo due volte la sua larghezza alla base, ma molto assottigliato in punta, triangolare. L'esopodo è ovale e un poco kh: | più lungo dell’endopodo; il simpodo ha cindgue spine, come anche quello del secondo e del terzo pleopodo. Il pleopodo del secondo paio ha l’endopodo lungo e triangolare, e sor Ad Cannet [N | l'esopodo breve e subovale; l’appendix masculina non sporge in fuori, ma è applicata | contro il margine interno del pleopodo ed è brevemente rigonfiata all’apice. ; Il terzo pleopodo ha l’endopodo più lungo dell’esopodo, lungo meno di 1!/, volte la sua larghezza basale; l’esopodo invece è breve e subrotondato. Il quarto pleopodo la grosse pieghe sopra entrambi i rami; così pure il quinto, l’esopodo del quale fire una grossa sporgenza all’estremità, due ea presso la oto ed una So cd maschi Lino nella forma generale e nella forma dell’ ila dell’ ultimo mento dalle femmine. Il corpo di un maschio è lungo mill. 3,2 e largo mill. 1,9, cioè è lungo un poco di 1/, volte la sua larghezza. Il corpo si attenua in avanti e si allarga poi ci articoli. L’epistoma è una lamina triangolare a margini concavi e ad estremità ottusa, non sporgente in avanti; il labbro superiore ha il margine distale resso. Le parti boccali non differiscono sensibilmente da quelle della specie prece- 494 GIUSEPPE NOBILI 74 I segmenti toracici sono meno convessi che nella specie precedente; il primo è il più lungo, gli altri non differiscono molto in lunghezza. Ciascun segmento ha il margine posteriore debolmente granulato. Gli epimeri sono poco salienti, angolari. Il primo segmento addominale ha il margine posteriore diritto nel mezzo con due brevi denti ai lati. Esso è mediocremente granulato ed ha due distinte suture ai lati. L'ultimo articolo è convesso nella prima parte, distintamente granulato, con due deboli costole granulose e indi prolungato in lunga punta; questa è formata dai due margini estremi dell'addome che rimangono separati e determinano quindi una lunga fessura la quale immette in una cavità triangolare, il cui margine termi- nale è provvisto di una breve sporgenza a forma di lobo. Inferiormente i margini. si ripiegano alquanto verso l’interno, determinando così una specie di canale. Gli uropodi sono alquanto più lunghi dell’estremità dell'addome, si allargano verso la estremità e terminano arrotondati; il loro margine è fimamente denticolato e breve- mente peloso; l’endopodo è alquanto più lungo dell’esopodo, colla superficie più o meno granulata. Il primo paio di pleopodi è breve, coll’esopodo un poco più lungo dell’endopodo e l’appendice masculina è ben sviluppata, più lunga dell’endopodo, acuta e cigliata. La protuberanza apicale sull’esopouo del quinto paio è forte. i Le femmine sono meno larghe dei maschi e più piccole. In esse gli uropodi sono più brevi dell'ultimo segmento e questo non ha la cavità triangolare comunicante con una fessura coll’esterno dei maschi, ma una semplice fessura terminale alquanto allungata e quasi verticale (Tav. 3, fig. 12 a). Paracassidinopsis Nob. Nogiti, l. cit., p. 268. Esemplari raccolti parte a Rikitea nei fondi di Halimede opuntia e di coralline a 2 metri, e nelle madrepore morte e parte nel récif della laguna di Marutea, tutti di piccole dimensioni, mi sembrano appartenere ad un genere nuovo di Sphaerominae eubranchiatae, perchè offrono i caratteri seguenti: Pleopodi del quarto e del quinto paio con pieghe respiratorie sui due rami. Pleopodi 1-2-3 con forti peli piumosi sui due rami; endopodo del pleopodo 1 stretto; appendix masculina del pleopodo 2 bene sviluppata; esopodo del pleopodo 3 con una articolazione presso l’estremità; sporgenza papillata dell’esopodo del pleopodo 5 me- diocre. Nessuna differenza esterna nel corpo dei maschi da quello delle femmine; in entrambi i sessi l’endopodo degli uropodi è distintamente più sviluppato dell’esopodo. Vi è invece differenza notevole negli organi boccali: nei maschi e nelle femmine giovani essi sono normali coi maxillipedi lobati, nelle femmine gestanti (la gesta- zione avviene per tasche interne); gli organi boccali sono ridottissimi. Addome ornato di quattro costole arrotondate nei due sessi, estremità debolmente smarginata. Pel complesso dei suoi caratteri questo genere, seguendo la dicotomia del mira- bile riordinamento degli Sferomidi fatto da Hansen, cadrebbe vicino a Cassidinopsis, ma da tal genere parmi sia sufficientemente distinto per la differenza sessuale marca- | tissima negli organi boccali, e per l’addome scolpito. 75 RICERCHE SUI CROSTACEI DELLA POLINESIA 495 Paracassidinopsis sculpta Nob. (Tav. II, fig. 13, Tav. III, fig. 12). Nogiti, l. cit., p. 268. Il corpo non supera i 3 mill. di lunghezza. I segmenti del torace, salvo il primo, non differiscono molto în lunghezza; gli ultimi sono però alquanto più brevi. In tutti i segmenti le parti epimerali hanno un tubercolo obliquo al principio dell’epimero che occupa tutta la larghezza del segmento sopra la sutura epimerale che è poco marcata. Il margine posteriore dei segmenti è debolmente granulato e sollevato. Il capo non offre alcuna sporgenza in avanti. La linea frontale marginale è debole e granulata. L’epistoma è una lamina a forma di trapezio, il cui margine superiore è granulato. Le antenne delle due paia sono molto brevi; quelle del primo paio hanno 6-7 articoli al flagello, quelle del secondo paio circa 10. I maxillipedi sono lobati; nel maschio gli organi boccali sono conformati come in quasi tutti gli Sferomidi; nella femmina gravida essi sono molto ridotti. I pereopodi non offrono peli dalla parte esterica, nè spine specialmente sviluppate dalla parte interna; il settimo articolo è biunguicolato col primo unguicolo più lungo del secondo. L’addome ha il primo articolo munito di tubercoli allungati o di brevi costole sporgenti, e colle solite suture ai lati che sono alquanto espansi. L'ultimo articolo è rigonfio, assai convesso, con quattro grosse costole sporgenti sulla prima parte convessa, e colla porzione distale attenuata e terminante in punta convessa superior- mente e brevemente escavata al disotto. I pleopodi delle prime tre paia hanno i rami provvisti all’apice di peli cigliati. L'esopodo del terzo paio ha una distinta articolazione presso l’apice. L’appendix masculina è ricurva e più lunga che i rami. I pleopodi del quarto e del quinto paio hanno i due rami provvisti di deboli pieghe transverse. L’esopodo del quinto paio offre una prominenza squamifera apicale e tre tubercoletti squamiferi; esso non è articolato presso l’apice. Gli uropodi sono subeguali all’ultimo segmento. Il simpodo ha una breve sporgenza dalla parte interna (fig. 13c, Tav. II); l’endopodo è ampio, minutamente crenulato e cigliato sui margini; l’esopodo è sublanceolato e lungo la metà circa dell’endopodo. ONISCOIDEA Sphaerillo montivagus B. L. Buppe Lunp, Rev. Crust. Isop. terr., II, 1904, p. 89, tav. VIII, fig. 40-42. Armadillo montivagus Buppe Lunp, Crust. Isop. terr., 1885, p. 35. Tutuila-Samoa (R. N. Liguria). Dieci esemplari. Armadillo murinus Br. Cfr. Buppe Lunp, l. cit., 1885, p. 27 e I. cit., 1904, p. 119, tav. X, fig. 20-22. Cubaris murina Ricnarpson, Isop. N. Amer., 1905, p. 645, f. 687-689. Rikitea. Un maschio. Serie II. Tom. LVII. Dì 426 GIUSEPPE NOBILI 76 Philoscia lifuensis Stebbing. StessINe, Willeys Zool. Res., Pt. V, 1900, p. 648, pl. LXIX Bs. Roruru. Tre esemplari, che attribuisco a questa specie per la forma caratte- ristica degli uropodi e pei minuti peli onde il corpo è rivestito. Essi concordano d’altronde assai bene colla descrizione fisica. Le antenne che mancavano nel tipo di Lifu, sono lunge fino a metà del corpo, irsute di brevi peli; il flagello è subeguale all'ultimo articolo del peduncolo e dei suoi articoli; il terzo è un poco più lungo dei due primi che sono subeguali. Ligia vitiensis Dana. DANA, l. cit., p. 741, pl. 49, fig. 5 a-6. — SreBBING, l. cit., p. 646. Sotto le pietre della laguna di Taraouroa, dieci esemplari. Hao, récif esterno, un esemplare. Isola Marutea, sotto le pietre in riva alla laguna, tre esemplari. Fam. Bopiridae. Gigantione Giardi Nob. (Tav. II, fig. 15; Tav. III, fig. 9). NoBiti, l. cit., p. 270. Una coppia sulle branchie di destra di Xantho (Eudora) tetraodon Hell. del- l'isola Hao, récif esterno. La femmina è lunga mill. 20 e larga mill. 19. E’animale è distintamente asim- metrico perchè le lamine pleurali di sinistra sono notevolmente più sviluppate che quelle di destra (L'animale si trovava in fondo alla camera branchiale dell’ospite colla parte destra aderente all’estremità della volta branchiale). La forma generale del corpo è dilatata e il torace ha uno sviluppo notevolmente più forte che l'addome. La testa, vista dal disopra, è allungata trasversalmente, non divisa, e profonda- mente incassata nel primo segmento toracico; essa porta in avanti una lamina frontale piuttosto spessa, carnosa, non membranosa come quella di certi altri Bopiridi, e diritta. Una porzione della testa è libera in avanti del margine del primo segmento e questa porzione porta due escrescenze carnose ben sviluppate, nettamente separate dai margini della testa e dalla lamina frontale, e anch'esse, come le pleure dei segmenti toracici, impresse di solchi e di punti, quindi come tubercolose o lobulate. Queste sporgenze, dalla parte inferiore, appaiono nettamente inserite sopra una specie di largo peduncolo che parte dalle parti laterali del capo. Sulla parte inferiore del capo non si vede dapprima che un solo paio di antenne, quelle del secondo. Le antenne del primo paio, hanno una disposizione tutt’affatto particolare, la quale è in rapporto colla modificazione dell'apparato boccale. Le mandi- bole in questo genere sono portate molto più in avanti delle antenne, e poste immediata- mente dietro e sotto il fronte, ove esse sporgono in forma di due ben distinte spinule cornee. Le antenne del primo paio, che si suppongono naturalmente disposte come negli altri Bopiridi, cioè ridottissime e dirette all'infuori, hanno qui invece disposi- er RT e Yard RICERCHE SUI CROSTACEI DELLA POLINESIA 490 zione opposta, cioò si dirigono all’indentro e si appoggiano contro il rostro mandi- bolare. Esse sono anche modificate di forma, cioè sono appiattite, allargate e composte di tre articoli, dei quali il primo è largo e si prolunga in avanti del secondo, il quale porta il terzo piccolissimo all'apice. Interpreto come maxillule e mascelle due lobi per ciascuna parte che si osservano dietro al rostro boccale, ricoperti dal maxilli- pede. I maxillipedi sono coperti esternamente dall’oostegite del primo paio di pereopodi ; essi non hanno palpo; la loro estremità anteriore è fimbriata. Le antenne sono composte di cinque articoli. Il primo segmento toracico è breve e stretto, colla estremità del margine sinistro che porta la lamina pleurale distintamente rigonfiata; la lamina pleurale è carnosa, lobulata e quasi obcordata di forma. Le lamine pleurali dei segmenti II, III e IV sono a sinistra quasi lanceolate, distintamente lobulate e il margine esterno del segmento forma presso di esse dei rigonfiamenti gibbosi poco marcati sul secondo segmento, e marcatissimi sul terzo e sul quarto. Le lamine dei segmenti V, VI e VII sono molto sviluppate, lanceolate, lobulate, e i rigonfiamenti del margine del segmento presso alla base sono molto minori. Le lamine di destra sono molto meno sviluppate e non vi sono rigonfiamenti all'estremità dei segmenti. Le pleure dei segmenti addominali sono semplici e conformate come quelle toraciche. Il telson è brevissimo, provvisto anch’esso di brevi lamine pleurali. Il primo oostegite ricopre i maxillipedi. La sua cresta interna è fortemente sporgente e grossa e alla base è divisa in lobi (fig. 90). Vi sono cinque oostegiti grossi, per ciascun lato, che si oltrepassano largamente nella linea mediana chiu- dendo completamente la cavità contenente le uova, ma che estraendo l'esemplare si guastarono in parte, e non possono quindi essere descritti accuratamente. Le zampe toraciche hanno una cresta sopra il margine anteriore del secondo articolo; l’ultimo articolo è ben distinto e uncinato (fig. 9 @). iù I pleopodi sono biramosi ma hanno struttura assai differente nelle varie specie. Quelli del primo paio (fig. 9c) hanno la forma di due larghe lamine congiunte, di cui una è allungata verso l'interno, l’altra più breve e diretta verso l’esterno; i margini sono minutamente papillati; la parte interna porta una, cresta munita di papille fimbriate. Il ramo esterno ha una sutura con tubercoletti carnosi. I pleo- podi 2-5 (fig. 9 d) sono divisi in due rami, ciascuno provvisto fittamente di minute papille ramificate; il ramo esterno è ancora diviso in due parti, di cui una si adagia contro la parete inferiore dell'addome. Degli uropodi esiste uno solo; esso consta di una parte basale cilindrica che si suddivide poi in due rami pure cilindrici, senza traccia di sutura articolare fra il peduncolo e i due rami (fig. 90). Il maschio è lungo mill. 7 e largo mill. 2,38. Tutti i suoi articoli sono ben distinti e separati fra loro da larghe incisioni; il segmento più largo è il quarto toracico. Gli angoli laterali dei primi due segmenti sono arrotondati; tutti gli altri si dirigono più o meno all’indietro. Sulla faccia centrale dei segmenti non vi sono tubercoli. La testa è allungata col margine anteriore assottigliato, quasi laminare ed alquanto curvo; la parte mediana e posteriore convessa e quasi emisferica. Gli occhi sono puntiformi ma ben distinti. Le antenne sporgono oltre la testa dal disopra; le antennule non oltrepassano il margine della testa. Viste dal basso le antennule 428 GIUSEPPE NOBILI 78 sono brevi, col primo articolo assai grosso e rigonfio; il terzo tenue e provvisto di peli. Le antenne sono assai lunghe e divise: in cinque articoli e uno basale. Il labbro è ben sviluppato e sporgente, subtriangolare e convesso, parzialmente coperto dalla ipofaringe. Le mandibole sporgono molto distintamente. Vi è un paio di maxillipedi non divisi in articoli ma ben distinti, dietro e vicino ai quali un piccolo lobo per ’ ciascuna parte rappresenta assai probabilmente le mascelle. I pereopodi hanno l’ultimo articolo ben sviluppato e uncinato. I segmenti dell'addome sono tutti distinti e articolati mobilmente fra loro. Ciascuno porta un paio di pleopodi che hanno forma di lamine piuttosto spesse e dirette all'indietro. Gli uropodi che hanno forma ovata lanceolata sono nettamente. separati dal telson. Questa forma pel carattere di tutti i somiti del corpo, compreso il: capo e il sesto pleonale provvisti di lamine pleurali, per i pleopodi del primo paio trasformati in lamine di forma speciale, per le altre paia molto ramificate, pei suoia caratteristici uropodi e per la concordanza esatta dei caratteri del maschio non può esser separata, io credo, dal genere Gigantione. Di questo genere si conosce una sola specie descritta nel 1881 da Kossmann, la Gigantione Moebii (Zeitschr. Wiss. Zool., 35, 1881, p. 655, tab. 32 e 33), trovata a Mauritius su Xanto (Eudora) impressus De HAAN (Rippellia impressa Kossmann). La specie di Kossmann è però certamente diversa.- Le lamelle pleurali sono assai diverse nella Giardi, e quanto alle antenne del primo paio se esse hanno la stessa caratteristica disposizione, cioè se sono appiattite e ripiegano all'indietro sopra l'apparato boccale, la Giardi ha i due ultimi articoli distinti e inseriti normalmente cioè consecutivamente al primo, mentre nella Moediî Kossmann descrive (p. 659) e figura (tab. 32, fig. 4) due piccoli articoli inseriti sopra e al di fuori della larga lamina formata dalla dilatazione del primo. Inoltre le antenne hanno sei articoli. Kossmann (fig. 2) rappresenta un numero maggiore di oostegiti, di quanti non si osservino di solito nei Bopiridi. Già Grarp e Bonnirr (Trav. St. Zool. Wimereux, Vol. V, 1887, p. 76) avevano detto che questa figura doveva essere inesatta. Gli oostegiti del mio esemplare sono in pessimo stato, ma io non sono riuscito a contarne più di cinque. 79 Fig. Ho Diu (Yo No SS | DD (Ai wo RICERCHE SUI CROSTACEI DELLA POLINESIA 429 SPIEGAZIONE DELLE TAVOLE TAVOLA I. Lucifer typus Thomps. Petasma X 95. È Stegopontonia commensalis Nob. L'animale visto di fianco X 4 - 24 Porzione ‘ante- riore vista dall’alto X< 4 - 25 Estremità di una zampa ambulatoria XK 55. Amphipalaemon Seurati Nob. Visto di fianco X 15 - 3a Mandibola X 15. GnathophyUum tridens Nob. Animale visto di fianco X 4 - 4a Terzo maxillipede X 4 - 4b Secondo maxillipede X 4 - 4c Primo maxillipede X 20 - 44 Prima mascella - 4e Mandibola X 20. Palaemon aemulus Nob. Rostro e parte anteriore del carapace del maschio XK2 - 5a Chelipede maggiore (grandezza naturale) - 5% Chelipede minore (grandezza naturale). Alpheus euchiroides Nob. Porzione cefalica X 5 - 6a Zampa del primo paio vista dall'esterno - 6% La stessa vista dall’interno - 6c Zampa minore del primo paio dall'interno - 64 La stessa dall’esterno. i Alpheus hoplites Nob. Porzione cefalica X 10 - 7a Dattilopodite X 40. Synalpheus brachyceros Nob. Porzione cefalica X 9 - 8@ Chelipede maggiore X 4,5 - 85 Chelipede minore X 4,5 - 8c Dattilopodite X 50. Eupagurus maorus Nob. Carapace > 4,5 - 9a Grosso chelipede X 4,5 - 90 Piccolo chelipede X 4,5 - 9e Zampa ambulatoria X 4,5. Anapagurus polynesiensis Nob. Carapace Xx 4,5 (t. s. tubo sessuale) - 104 Grosso chelipede - 10% Piccolo chelipede - 10c Zampa ambulatoria. Galathea affinis Ortm. Femmina X 4,5 - 11@ Chelipede d’un maschio X 4,5. Galathea megalochira Nob. Animale intero X 4,5 - 124 Rostro X 15 - 125 Terzo maxillipede x 15. Nursia mimetica Nob. Carapace X 9 - 13a Chelipede ){9. Heteronucia venusta Nob. Maschio X 4,5. Thalamita minuscula Nob. X 7. TAVOLA IL Thalamita Seurati Nob. X 4. Thalamita Bouvieri Nob. Chlorodopsis areolata Bdw. Chelipede maggiore di un grosso maschio X 4. Dacryopilumnus eremita Nob. Animale intero {9 - 4a Regione fronto-orbitale > 9 - 4b Terzo maxillipede X 15. Parapleurophrycoides roseus Nob. Animale intero X 15 - 5 Denti laterali X 50 - 5b Terzo maxillipede X 15. Gonodactylus furcicaudatus Miers. Endopodo del primo pleopodo del maschio X 5. Gnathia aureola Stebbing. Larve di maschi, Apseudes rikiteanus Nob. Animale intero X 15 - 8a Primo gnatopodo X 70 - 85 Secondo gnatopodo X 40 - 8e Pereopodo X 40. Apseudes Seurati Nob. Animale X 15 - 9a Primo gnatopodo X 70 - 95 Pereo- podo x 40. \ Leptochelia erythraea (Kossmann). Maschio X 15. Bagatus stylodactylus Nob. Animale intero X 14 - 114 Primo pleopodo. Dynamenella platura Nob. Maschio X 14 - 124 Addome della femmina X 20. Paracassidinopsis sculpta Nob. Femmina vista di fianco X 18 - 14a Estremità del corpo del maschio visto di sopra X 20 - 185 Addome visto dal disotto X% 20. Dynamenella codii Nob. Maschio visto di fianco X 18 - 14@ Estremità del corpo del maschio visto di sopra X 20. Gigantione Giardi Nob. Femmina X 2 - 15@ Parte anteriore del maschio vista dal disotto X 20. ; Tanais Scurati Nob. Femmina > 20 - 164 Uropodo X 70. 430 Fig. vo DON D (Sé CS 10 11 12 13 GIUSEPPE NOBILI — RICERCHE SUI CROSTACEI DELLA POLINESIA 80 TAVOLA III. Tanais Seurati Nob. Pereopodo del penultimo paio - 1a Pereopodo dell’ultimo paio. Apseudes sp. Testa %< 40 - 2a Pereopodo X 40. Stenetrium Hanseni Nob. Animale X 9 - 3a Maxillipede X 70 - 35 Seconda mascella x 70 - 3c Prima mascella X 70 - 34 Ipofaringe X 70 - 8 e Mandibola sinistra X 70 - 37 Mandibola destra X 70 - 39 Estremità della stessa più forte- mente ingrandita X 280 - 3% Antenna del primo paio X 70 - 8% Gnatopodo del . maschio x 18 - 37 Gnatopodo della femmina X 50 - 37m Primo pereopodo der maschio - 37 Secondo pereopodo del maschio 70. Stenetrium euchirum Nob. Testa e primo gnatopodo della femmina X 20 - 4a Gnato- podo del maschio Xx 50 - 40 Secondo pleopodo del maschio X 50. - Stenetrium proximum Nob. Testa della femmina X 18 - 5@ Gnatopodo della fem- mina X 50 - 5% Pleotelson X 18. Bagatus platydactylus Nob. Gnatopodo del maschio X 20 - 6a Primo pleopodo del maschio - 65 Secondo pleopodo del maschio. Gnathia aureola Stebb. Capo di una larva di maschio X 40. Synidotea pacifica Nob. % 15. Gigantione Giardi Nob. Antenne e rostro della femmina vedute dal disotto X 14 - 9a Un pereopodo della femmina X 9 - 9% Primo oostegite visto dall’interno X 9 - 9e Primo pleopodo della femmina X 5 - 94 Secondo pleopodo id. X 5 - 9e Ultimo pleopodo id. x 5 - 97 Maschio x - 99 Primo gnatopodo del maschio - 9A Addome del maschio visto dal disotto % 14. Dynamenella codii Nob. Maxillipede X 40 - 10a Mandibola sinistra X 40 - 105 Primo gnatopodo X 40 - 10c Primo pleopodo sinistro - 104 Secondo pleo- podo sinistro - 10e Terzo pleopodo sinistro - 107 Quarto pleopodo Sa - 109 Quinto pleopodo sinistro (tutte le fisure dal maschio). Dynamenella platura Nob. Maxillipede XY 20 - 11a Seconda mascella - 11% DL mascella - lle Mandibola sinistra - 114 Primo pleopodo X 30 - lle Secondo pleopodo % 80 - 117 Quinto pleopodo (maschio). Paracassidinopsis sculpta Nob. Primo pleopodo X 30 - 11a Secondo ‘pleopodo X.80 - 115 Terzo pleopodo X 30 - 12c Esopodo del 5° pleopodo X 40 (tutti del maschio) - 124 Maxillipede X 30 - 12 e Peni X 30 - 127 Seconda mascella X 30 - 129 Prima mascella X 30 - 12% Mandibola sinistra (tutte del maschio) - 12 Maxillipede della femmina gravida X 70 - 127 Seconda mascella id. X 70 - 12m Mandibola id. X 70 - 12n Lacinia esterna della prima mascella id. Alcirona papuana Nob. Maxillipede X 50 - 13 Prima mascella X 50. Uli di Corno, EL. scfio mate nat. Serie 2°Como IVIL Tav:T e az fara è IRA x15 st 100x465 ST ge delie diCorino, CL. se. Bioamnal. enat.- - Serie 2° Como IVI TvI x fo 1021) GI / 13ax 20 3 deal P co Ni i CAN Ù 15x2 1° 136 x 20 I s4ax20 p° G.NOBILI - Ricerche sui Crostacei della Polinesia. Cliecadi N diScinza di Corno, EL. acfio. matie nat.- Serie 2° Como IMI tav Ml I Ù Ù 10cx20 104 x 20 2 Mex 20 Ì Max 20 10x20 Ile x30 Iifx30 NERO 128x530 9ExI 120x30 1%mx 70. ILxS0 1Rhx30 IR x 70 Mx 16 ES LL. 1RUx 70 12nx70 q ; SI PA È 7Zax 50 Iit-Salussolia Irino CONTRIBUTO ALLA CONOSCENZA DEGLI ELEMENTI COSTITUTIVI DELLA POLPA SPLENICA RICERCHE ANATOMICHE E SPERIMENTALI DEL SOCIO Prof. PIO FOÀ Approvata nell’'Adunanza del 19 Novembre 1906. Da alcuni anni gli studiosi hanno rivolto in modo particolare la loro attenzione agli elementi della polpa splenica, essendo rimaste tuttora insolute alcune questioni sulla fisiologia normale e patologica della milza. Confermata nella vita embrionale (Foà e Salvioli) e riprodotta sperimentalmente negli animali adulti la ematopoesi splenica (Bizzozero e Salvioli), era sempre da risol- vere il quesito se la presenza di normoblasti nella milza fosse dovuta alla loro pro- duzione locale, oppure al deposito in essa di elementi provenienti in ogni caso dal midollo delle ossa. | A Negata dapprima, in base a taluni esperimenti, ogni facoltà alla milza di pro- durre dei leucociti; ridotta ad una funzione passiva o di deposito, tutt'al più seguìta È da una moltiplicazione degli elementi in sito la partecipazione della milza nelle leu- Ì ‘cemie e in taluni morbi d’infezione, sembrava tale dottrina dovesse prevalere defi- nitivamente, quando in questi ultimi anni per parte di molti autori si è richiamata . l’attenzione degli studiosi sulla reale presenza nella milza in casi d’infezioni acute, e talvolta anche nelle milze normali, di elementi mononucleati con protoplasma fornito | di granuli neutrofili, identici ai mielociti, onde si è definita col nome di “ reazione mieloide della milza , (Dominici), la presenza nella polpa splenica di elementi simili . ‘a quelli del midollo delle ossa, essendo ritenuti anche questi ultimi come elementi | propri del parenchima splenico. Frattanto la tecnica istologica ha introdotto nuovi metodi per dimostrare la ‘presenza di leucociti granulosi anche nei tessuti, e in questi ultimi tempi oltre alla soluzione triacida di Ehrlich, si adoperarono la soluzione nota col nome di Giemsa, e l’altra di May-Grinwald; la prima impiegata più specialmente da Schridde, la ‘seconda affatto recentemente da Zielen, coll’uso dell’acetone come disidratante. Anche i preparati per fissazione sui vetrini, oltre il classico metodo di Ehrlich, | si giovano assai per talune particolarità dei nuovi metodi di colorazione di May- 432 PIO FOA DI Grinwald e di Giemsa, e a completare la preparazione della polpa splenica nei tagli, giova altresì l’impiego ben noto della miscela di pironina e verde di metile, con opportuni metodi di fissazione. Per tutto ciò era pregio dell’opera il procedere ad una specie di revisione di taluni processi patologici, quali si manifestano spontanea- mente, o quali si possono sperimentalmente riprodurre, colla scorta dei nuovi metodi d’indagine e delle nuove cognizioni acquisite. Le mie indagini si rivolsero sia ai reperti cadaverici in varie sorta di malattie, sia ai reperti ottenuti sperimentalmente negli animali in varie circostanze. Quelle però, non si sono limitate a rilevare la presenza nella milza di normoblasti e di mielociti, ma anche le manifestazioni di risvegliata nutrizione degli elementi cellu- lari proprî del parenchima splenico, e la presenza nella milza di quegli elementi che in un vecchio mio lavoro pubblicato col compianto Prof. Tito Carbone, ho ritenute identiche alle piastrine del sangue circolante (Bettrige 2ur Histologie u. Physiopatho- logie der Milza der Saugethieren, “ Ziegler's Beitràge ,, Bd. V, 112, 1889) e che furono sostanzialmente confermate da Aschoff (“ Virchow's Archiv ,, Bd. 130, 1892). A questo proposito rilevo in primo luogo che il metodo di Giemsa è certamente il migliore di quanti furono in uso finora per colorare le piastrine del sangue. Io ho trovato che si possono adoperare tre metodi di fissazione: o l’alcool, o il riscalda- mento alla fiamma passando tre volte il vetrino come si fa per i bacteri, oppure il lento riscaldamento alla stufa a 90°-95° per due ore. Si colorano i vetrini passati tre volte alla fiamma col liquido di Giemsa in toto oppure leggermente allungato, secondo la concentrazione della soluzione originale come viene dalla fabbrica (Griibler), per 3-5 minuti, indi si lavano, si asciugano sulla fiamma e si montano in balsamo. Oppure si colorano i vetrini fissati 10 minuti in alcool, o riscaldati a 90°, in una soluzione allungata di Giemsa, per 4 ore o anche più, sino a 24 indifferentemente. Di solito io allestisco preparati alla fiamma o alla stufa; nei primi si vede la colorazione dell’alone protoplasmatico e della sostanza nucleare, il primo in azzurro pallido e la seconda in rosso-violetto; nei secondi si vede preferibilmente colorata la sostanza nucleare in rosso-violetto, mentre il protoplasma vi è un po meno distinto. Il sangue del cane si presta assai bene sia per la grossezza delle sue piastrine, sia per il con- torno molto spiccato che esse presentano. Rilevo fin d’ora che nei preparati a lento riscaldamento sino a 90° per due ore, spesso i globuli rossi non sono completamente fissati, onde colla colorazione Giemsa si mette in evidenza il protoplasma colorato in azzurro chiaro del globulo rosso e il rispettivo corpuscolo interno colorato vivamente in azzurro carico. Accanto a questi globuli rossi così colorati si vedono le piastrine di cui nei preparati ben riusciti è facile rilevare i caratteri che le distinguono dai corpuscoli interni dei globuli rossi. 6 i Le piastrine presentano forma, grandezza, composizione e colorazione diverse; sono infatti più grandi, spesso ovali e hanno una sostanza cromatica punteggiata colorata in rosso-violetto. Questo fatto di metacromasia è facile a dimostrarsi nelle piastrine, e non si vede mai nel corpuscolo interno. Sul differente modo di colorarsi col metodo Romanowsky delle piastrine e del corpuscolo interno dei globuli rossi, io ho già altra volta richiamato l’attenzione degli studiosi (Vedi: P. Foà, Sur les plaquettes du sang, “ Archives Italiennes de Biologie ,, tome 33, fasc. 1, Turin, 1900); ora ripetendo le preparazioni colle modificazioni del metodo Romanowsky proposte 3 | CONTRIBUTO ALLA CONOSCENZA DEGLI ELEMENTI COSTITUTIVI, ECC. 433 da Giemsa, ottenni di nuovo la dimostrazione del mio asserto. Ma anche indipen- dentemente dalla questione dei rapporti delle piastrine coi globuli rossi, resta il fatto dell’eccellenza del metodo Giemsa per la colorazione delle piastrine del sangue. Ri- sultati ugualmente dimostrativi si possono ottenere colla polpa splenica, strisciata su vetrini ben ripuliti e senza alcuna aggiunta. Indi si passano i vetrini tre volte attraverso la fiamma, o si tengono per due ore a 90° alla stufa. Nel primo caso, come per il sangue, si colorano per 3-5 minuti col liquido di Giemsa non diluito e si vedono elementi con granuli violetti al centro e con alone azzuro alla periferia; nel secondo caso, si tengono parecchie ore in una diluzione della materia colorante, indi si lavano e si asciugano sulla fiamma. Però, se con questo ultimo procedimento il risultato è costante, il primo può non riuscire, o essere poco evidente a norma di differenti qualità di soluzione Giemsa che si ricevono dalla fabbrica. In tal caso, come si disse più sopra, giova diluire un poco la soluzione originale. Nei preparati a 90° i cumuli si vedono assai distinti, ma come corpuscoli violetti, senza alone (vedi fig. 4). Strisciando ghiandole linfatiche o fegato o midollo delle ossa non si hanno i risultati che si ottengono colla polpa splenica. Non già che manchino delle particelle colorate anche nei preparati per strisciamento fatti con altri organi, ma esse sono uniformemente tinte in azzurro pallido e senza differenziazione di parti; invece, nei preparati di milza ben riusciti si vedono dei corpicciuoli e degli elementi con proto- plasma tenue azzurrognolo e con un contenuto granulare rosso-violetto (vedi figg. 2, 3). Vi sono di tali elementi isolati, ma il massimo numero formano dei cumali più o meno grossi, e fra essi si trova spesso un più grosso elemento o un più grosso corpicciuolo colorato in violetto e circondato da elementi o da corpicciuoli più pic- coli tenuti îimsieme in accumuli. Le milze di cavia, di coniglio, di cane e di uomo e quelle dei rispettivi feti dànno tutte il reperto che ho accennato, o che io per brevità di linguaggio e per il significato che attribuisco agli elementi descritti, deno- mino senz'altro come reperto di piastrine della milza. Nelle ghiandole linfatiche vi sono talora dei corpicciuoli che si colorano in vio- letto col Giemsa come segue della parte granulosa delle piastrine, ma quegli stessi si colorano in rosso colla pironina e non sono che blocchetti staccati di protoplasma. Le piastrine non si colorano, invece, a quel modo colla pironina. Una serie svariata di esperienze ho eseguito nel coniglio, cominciando dal sem- plice salasso allo scopo di verificare la così detta trasformazione mieloide della milza. Ognuno sa che la milza del coniglio difficilmente risponde al salasso colla produzione di normoblasti; certo non vi ha confronto possibile su tale rapporto fra coniglio e cavia, la cui milza risponde presto e abbondantemente. Talora si trovano conigli che sopportano bene diversi piccoli salassi, e nei quali si perviene a riscontrare nella milza alcuni pallidi normoblasti; molto spesso, però, non si ha o è minima la reazione normoblastica nella milza del coniglio. Invece, nelle milze dei conigli salas- sati ripetutamente si ha una copia abbondante di leucociti eosinofili e di leucociti pseudoeosinofili, e qualche elemento simile ai mielociti. Tra i primi ve ne sono di quelli a nucleo polimorfo e piccolo, altri a grosso nucleo appena un po’ uniforme, evidentemente giovani; altri, infine, a nucleo rotondo e a protoplasma con granuli pseudoeosinofili. Vi sono grossi elementi mononucleati che colorati col metodo Giemsa presentano granuli azzurri e granuli rossi, come si vedono anche nel midollo delle Serie II. Tow. LVII. E? 494 PIO FOÀ 4 ossa. Qua e là si trova qualche normoblasto pallido, senza alcun accenno a prolife- rare. Nell'insieme, queste milze di conigli salassati offrono una reazione mielocitica piuttosto che mieloîde nel senso vero dell’espressione, perchè se vi sono parecchi leucociti di ogni varietà, comprese le forme giovani mononucleari, scarsa, invece, e talvolta mancante affatto è la reazione normoblastica. Inoltre è da osservare che vi sono milze di conigli normali del peso di 1200-1400 grammi che presentano pure un certo numero di leucociti di ogni varietà e qualche raro mielocito. Questo potrebbe dunque essere anche ritenuto un elemento normale della milza del coniglio, sebbene non si possa escludere in modo assoluto che sia provenuto dal midollo delle ossa, non potendo noi conoscere esattamente le vere condizioni del circolo in questo ul- timo organo, in ogni fase precedente della vita dell'animale in osservazione. Nelle milze di conigli salassati più volte ho trovato rari e piccoli i cumuli di piastrine, i quali, invece, sono molto evidenti, numerosi e bene conservati nelle milze dei co- nigli normali. Nelle milze di conigli, ai quali ho provocato delle epatiti necrotiche colla inie- zione parenchimatosa nel fegato di estratto di capsule surrenali di vitello o di cavia, ho trovato dopo 5-6 giorni dalla operazione, riuscita senza complicazioni da parte del peritoneo, una viva reazione da parte dei follicoli linfatici della milza rispettiva, i quali presentavano sia nelle parti centrali, sia alla periferia numerose grosse cellule vivamente basofili, con molte figure cariocinetiche. Meno attiva è la polpa i cui cordoni presentano poche cellule giovani a granoplasma basofilo; parecchi leucociti polimorfi e qualche raro mielocito si vedono in preparati per striseiamento e colorati o col- l’Ehrlich, o col Giemsa, o col May-Grinwald. Nulla di particolare offrono in questi casi le piastrine della milza. L'esame per strisciamento del fegato su vetrini colorati col Giemsa, non rilevò nessun cumulo di piastrine. Ad ogni caso di epatiti necrotiche sperimentalmente provocate, ho veduto rispecchiarsi il processo infiammatorio nella milza in cui si rileva l’accumularsi di molti leucociti. Non ho mai potuto rilevare il caso inverso; cioè l'accumulo di leu- cociti nel fegato, producendo sperimentalmente una splenite necrotica nel medesimo animale. Ho esaminato molte milze di cavie che furono operate di iniezioni ripetute nella cavità peritoneale di piccole dosi di proteina Coli, ossia di estratti acquoso-glicerici di corpi di bacillus Coli. Le dette milze offrivano dopo 3-5 iniezioni di 2-4 c.c. cia- scuna una reazione caratteristica consistente nella ricchezza di protoplasma viva- mente basofilo che acquistano gli elementi della polpa, e nella copia grande di cel- lule basofili intorno alle trabecole e lungo le pareti vasali. In talune di quelle milze era anche palese la presenza di numerosi megacariociti in vario stadio di svi- luppo, e per il fatto che in moltissimi altri casi non ho visto lo stesso reperto, sarei spinto a supporre che anche questo indichi’ una reazione della polpa splenica alla sostanza iniettata. Questo esito fu costante nelle cavie trattate coll’estratto glicerico di b. Coli, scarsissimi erano, invece, negli animali trattati cogli estratti glicerici di b. tifi, e rari se ne ebbero cogli estratti di stafilococco. Una più moderata reazione perivascolare di cellule a protoplasma rieco e hasofilo si ebbe parzialmente coll’in- iezione peritoneale di una coltura in brodo di bacilli di tifo uccisi coll’etere. Esaminai di nuovo coi nuovi metodi le milze di cavie alle quali aveva legato 5 CONTRIBUTO ALLA CONOSCENZA DEGLI ELEMENTI COSTITUTIVI, ECC. 435 da 10-14 giorni il dotto -coledoco. I tagli presentano follicoli linfatici poco attivi prevalentemente costituiti da linfociti piccoli. Accumuli di cellule a ricco protoplasma basofilo intorno ai vasi e accanto alle trabecole; molti macrofagi con resti di leu- cociti; molte globulifere e pigmentifere ; notevolissima quantità di normoblasti di varia grossezza; molto abbondanti i leucociti polimorfi e scarsa presenza di mielo- citi. Già in un mio lavoro precedente (vedi Foà, SuMla produzione cellulare nella in- fiammazione, Torino, 1901) avevo descritto l’attività ematopoetica delle milze delle cavie cui si è fatta la legatura del dotto coledoco. Questo reperto venne più tardi confermato dal Dottor Louis Ribadeau-Dumas in un lavoro intitolato: etere et Sple- nomegalie, Paris, Jules Rousset, 1904; e attualmente io confermo di questo stesso autore l’osservazione della presenza di mononucleati a granuli pseudoesinofili (mielo- citì), onde nel caso attuale può realmente parlarsi di reazione mieloîde della milza, poichè in essa sono presenti dei mielociti e dei normoblasti. La reazione normobla- stica è in questi casi molto più viva e più costante della reazione mielocitaria. Un'ultima serie di esperienze riguarda l'iniezione di estratto di capsule di vi- tello nel parenchina della milza di coniglio o di cavia. Nei tagli di milze operate già da 4-6 giorni si osserva in primo luogo che intorno ai focolai necrotici evvi una vivace reazione da parte del parenchima, nel quale, sia intorno ai follicoli linfatici, sia intorno ai vasi e accanto alle trabecole si trovano abbondanti cumuli di cellule ricche di protoplasma vivamente basofilo. Ma in queste milze i centri principali di attività sono i follicoli linfatici, i quali sia nel centro, sia alla periferia presentano molte cellule grosse vivamente basofili, mentre le lacune venose della polpa sono rigurgitanti di sangue. Quando si esaminano queste milze dopo 5-6 giorni dall’ope- razione si trovano i cordoni della polpa ricchi di linfociti piccoli. I polimorfi sono abbondanti, e sì trova un gran numero di accumuli di piastrine ben conservate. Nei preparati passati tre volte attraverso la fiamma si vede colorato in azzurro il proto- piasma delle piastrine, in cui stanno i cumuli di granuli nucleari di colore rosso- violetto, e nei preparati riscaldati nella stufa per due ore a 90° si vedono i cumuli indicati dall’aggregazione distinta di granuli rosso-violetto il cui protoplasma circo- stante rimase incoloro. Tra i cumuli di piccole piastrine se ne vedono spesso di più grosse il doppio, quasi le prime derivassero da una divisione delle seconde. Anche nei tagli, e sopratutto in quelli fatti su milze fissate in Zenker e colorate con ematos- silima ed eosina, si possono scorgere cumuli di piastrine nelle lacune venose, e piastrine isolate nel reticolo della milza. L’ infiammazione provocata nella milza sembra che talora esageri il numero dei cumuli di piastrine; in altri casi però, la differenza è piccola tra la milza normale e la milza infiammata ; onde su ciò non si può trarre altra conclusione, che è inve- rosimile che i detti accumuli derivino da un passivo depositarsi di piastrine del sangue nei vasi della polpa a causa dell’irritazione flogistica, essendo essi esistenti anche nella milza normale e conservando essi la loro individualità anche dopo la provocata infiammazione. Gli estratti di capsule di coniglio, di cavia e di cane sono meno attivi di quelli di capsule di vitello, e questo sia per il coniglio, sia per il cane. Prima di trarre alcune altre conseguenze dall’insieme di mie esperienze, rife- | rirò anche quelle che ho compiute con pari intenti sul cane. Assoggettai dapprima alcuni cani a ripetuti e abbondanti salassi. Naturalmente 436 PIO FOÀ 6 qui non si trattava di trovare cose nuove, ma sibbene di ricercare come si mettes- sero in evidenza le cose note adoperando i metodi più recenti d’ indagine. La reazione della milza del cane alle abbondanti emorragie è veramente tipica e completa. Abbondantissima e succosa la polpa, attivo l’apparato linfatico. Nei tagli di pezzi fissati nel liquido Foà, o in Formol-Muller o in Zenker, si poteva mettere in piena evidenza l’attività proliferante e l’esagerazione nutrizia di tutti gli ele- menti, cioè delle cellule spleniche, delle plasmacellule e dei linfociti. Le prime colo- rate colla miscela di pironina e verdemetile erano a protoplasma rosa o nucleo vio- letto chiaro; le seconde presentavano la solita vivace basofilia e nuclei di linfociti di color azzurro intenso si distinguevano facilmente nei follicoli e anche lungo i cor= doni della polpa. Nella polpa abbondavano altresì i megacariociti. Abbondanti nei pre- parati per strisciamento e colorati dopo fissazione al calore sia coll’ematossilina eo- sina, sia colla triacida o col Giemsa o col May-Grimwald, si vedeva una quantità notevole di eritroblasti e di normoblasti, molti polimorfi e diversi mielociti. Quindi una vera reazione mieloide completa e insieme una reazione spleno-lin- fatica e plasmacellulare. I diversi metodi giovano ciascuno di essi per porre meglio in rilievo particolari elementi. Ritengo sia da preferire sui vetrini l’ ematossilina- eosina per gli eritroblasti, la triacida o il Giemsa o il May-Grinwald per le varie qualità di leucociti e per i mielociti. Nei tagli di pezzi fissati in liquido Foà prefe- risco la miscela di pironina e verde metile per la splendida colorazione basofila del- l'abbondante protoplasma degli elementi giovani in genere e delle plasmacellule in ispecie. Discretamente utile è anche l’uso del liquido di Zenker coll’ematossilina- eosina o col liquido di May-Griinwald per leucociti granulosi e per le piastrine, seb- bene queste ultime nei tagli sia difficile a metterle in evidenza con certezza che siano realmente piastrine, e non si presentano mai colla differenziazione delle due sostanze che le compongono. Nelle milze dei cani molto salassati le piastrine sono scarse. Queste si possono anche mettere in evidenza abbastanza bene in pezzi fissati col metodo di Marchi e colorati con ematossilina, oppure in pezzi fissati in alcool e colorati col Giemsa; però, ripeto, nei tagli non si ottengono mai preparati pienamente soddisfa- centi, e la ricerca delle piastrine è meglio eseguirla sui vetrini, per strisciamento senza liquido d’aggiunta, fissati al calore, come ho descritto più sopra, oppure in alcool, e colorati col liquido di Giemsa. i 3 Una lunga serie d’esperienze ho eseguito col metodo adoperato da Bizzozero (“Ar- chivio di Scienze Mediche ,, vol. 15, 1891) per lo studio della riproduzione delle pia- strine nel sangue circolante, vale a dire coi salassi copiosi e ripetuti immediatamente seguiti da altrettante trasfusioni del sangue estratto e defibrinato. Praticai le espe- rienze sia col metodo di Bizzozero, sia colla modificazione proposta da Sacerdotti (“ Ar- chivio di Scienze Mediche ,, vol. 25, 1901), la quale consiste nel dissanguare il cane da. esperimento e sostituire lentamente il sangue estratto con altro sangue defibrinato già preparato in precedenza e tolto ad un altro cane, sia infine introducendo dopo il salasso del sangue omogeneo defibrinato e allungato per una terza parte con una soluzione iso- tonica di cloruro di sodio. È noto che le piastrine nel sangue circolante non scompaiono mai del tutto, e che dopo un abbassamento notevole del numero esse riprendono il nu- mero preesistente o anche lo sorpassano. Io trovai un discreto numero di piastrine nel sangue anche subito dopo l'operazione, e credo che appartenessero alla circolazione pe- VI . CONTRIBUTO ALLA CONOSCENZA DEGLI ELEMENTI COSTITUTIVI, ECC. 437 riferica della cute. Può seguire, invece, che il giorno appresso le piastrine siano straor- dinariamente scarse, come a dire una o due in ogni campo microscopico, ma ben tosto al terzo giorno le piastrine sono abbondanti e spesso molto grosse e ovali e ben contor- nate, e nei preparati fissati al calore e colorati col liquido di Giemsa si scorgono dei cumuli di granuli cromatici ora al centro ors divisi in due gruppi ai poli del corpic- ciuolo. Talora appariscono figure di apparente strozzamento della piastrina, ma è diffi- cile determinare con ogni certezza che si tratti di un processo di scissione, essendo le piastrine troppo spesso agglutinate tra loro, onde la figura che pare dovuta a scissione ' potrebbe essere dovuta alla riunione di due piastrine tra loro. Però in talune forme iso- late si vedono nettamente due cumuli di granulazioni ai due poli dell'elemento. Nella più parte delle mie esperienze ho lasciato trascorrere 5-6 giorni prima di esaminare istologicamente la milza, e in quelle meglio riuscite, cioè senza alcuna com- plicazione da parte delle ferite o negli organi dell’animale stesso, ho riscontrato che non più numerosi nè più grossi del normale erano i cumuli di piastrine nei preparati di milza su vetrini, in cui erano invece abbondantissimi i leucociti polimorfi. Nei tagli si dimostrava una notevole quantità di cellule a protoplasma basofilo intorno ai vasi e alle trabecole, superiore a quella osservata nei pezzetti di milza asportati prima del- l'operazione; nonchè la presenza di parecchi megacariociti. Nel complesso, la milza ricordava quella dei cani abbondantemente salassati. Nel sangue esaminato nello stesso giorno in cui i cani furono sacrificati, cioè sei giorni dopo l'operazione, si vedevano numerose e grosse piastrine, alcune delle quali in apparente stato di scissione. In complesso da parte della milza vi è stata una discreta reazione: i polimorfi abbondanti vi furono verosimilmente depositati, essendo abbondanti anche nel sangue circolante dopo l'operazione. Forse in seguito a questa si è prodotta una congestione nella milza, e forse a questa è dovuto l’in- grossamento, o la maggiore attività funzionale delle cellule intorno ai vasi e alle trabecole, assumenti il carattere di pseudoplasmacellule. Per quanto apparentemente fossero abbondanti e grosse le piastrine nel sangue circolante, non eravi come si è detto un aumento sensibile dei cumuli di piastrine nella polpa splenica. Tre cani furono da me operati di splenectomia senza alcuna complicazione dal lato operatorio. Tre mesi dopo gli animali erano ben nutriti e perfettamente guariti dell’operazione. Uno di questi fu sacrificato al fine di ricercare le ghiandole linfatiche, il midollo delle ossa, il fegato ed altri organi, per vedere se mai fosse avvenuto in essi, in sostituzione della milza mancante, l'accumulo di piastrine che si suole in questa veri- ficare. Il reperto fu assolutamente negativo, sebbene nel sangue circolante vi fossero piastrine in discreta quantità. Gli altri due cani furono operati con generosi salassi, | seguìti da trasfusione del rispettivo sangue defibrinato. Uno di essi dopo 5 giorni Mentali Prati tei. | dall'operazione fu riassoggettato ad una seconda serie di salassi e di trasfusioni suc- cessive. Entrambi gli animali sopportarono benissimo l'operazione, ed entrambi pre- ‘sentarono sempre nel sangue delle piastrine, scarse nei primi giorni e più abbondanti dopo tre-cinque giorni dall'operazione. Le piastrine erano spesso ad accumuli, in cui si vedevano dei piccoli esemplari accanto ad altri più grossi, e ad alcuni ovali, allungati, giganteschi, nettamente contornati, con ricchezza di granuli cromatici. Talora si riscontrava un cumulo circoscritto formato da una grossissima piastrina e molte altre più piccole intorno ad essa, quasi che queste ultime derivassero da una 438 PIO FOÀ Ao 8 scomposizione di quelle. Sacrificati i due animali dopo 5 o 6 giorni dall'operazione, non si trovarono in nessun organo, ua accumuli o quelle piastrine isolate che sono immancabili nella milza. A due cani feci iniezioni ripetute di acido pirogallico (20 °/,) e ne ebbi una impo- nente distruzione di globuli rossi. Sagrificato un animale dopo 3 giorni, e morto l’altro spontaneamente dopo 4 giorni dall'ultima iniezione, non trovai cumuli di pia- strine nella milza, in cui ve n’erano poche e isolate, come piuttosto scarse erano anche nel sangue circolante. Nel cane riescono meglio i preparati poco riscaldati. Ad un cane ho fatto la legatura dell’arteria splenica e dopo un mese ne esaminai la milza. Vi trovai nei preparati per strisciamento sui vetrini diversi cumuli di piastrine, molti | polimorfi e apparentemente nessun mielocito. Osservo tuttavia che per lo studio della leucopoesi il cane presenta qualche difficoltà, perchè è difficile colorare nel proto- ‘ plasma degli elementi incolori i finissimi granuli che possiedono. La ricerca delle granulazioni leucocitarie riesce molto più facile nel coniglio, nella cavia e nell'uomo. Nei tagli si osservava che intorno ai vasi e alle trabecole erano dei cumuli non. esagerati, ma discreti di cellule abbondanti di protoplasma intensamente basofilo e con nucleo vescicolare; i follicoli erano piccoli e fatti prevalentemente di linfociti piccoli; i cordoni della polpa interposti ai cumuli suddescritti di cellule basofili, pre- sentavano evidente il loro reticolo perchè nelle maglie rispettive erano scarsi gli elementi. Le lacune venose erano abbondanti di sangue, e abbondavano altresì le cel- lule globulifere ancora bene conservate. Altri cani furono operati di legatura del tronco della vena splenica ed esaminati o dopo un mese o dopo 50 giorni (fissazione in liquido di Foà e colorazione in piro- nina e metilverde). Dopo solo un mese è piccolo il cambiamento rilevato nella polpa. splenica in confronto di un pezzetto staccato dalla milza stessa il giorno dell’opera- zione allo scopo di farne un confronto. Appena un po’ di attività manifestano le cellule intorno alle sezioni di piccoli vasi e intorno alle trabecole, ma i cordoni della polpa presentano scarsi elementi costituiti dal nucleo con poco protoplasma intorno. Invece, i tagli di milza dopo 50 giorni dalla legatura presentano una mutazione del tipo ordinario. I follicoli scarsi e piccoli con linfociti piccoli, ma ad ogni sezione di vaso e ad ogni trabecola vi sono grandi cumuli di cellule basofili grosse che si infil- trano nelle maglie del reticolo della polpa e le occupano in prevalenza. Man mano invecchiano, queste cellule perdono per plasmolisi in parte il loro protoplasma, onde si vedono molti blocchetti colorati in mezzo agli elementi cellulari e alla fine sî riducono ad un nucleo più povero di cromatina che dapprima era violetto: e ora diventa azzurro chiaro circondato da un piccolo alone rosso di protoplasma. La polpa acquistò una certa uniformità di struttura per la scarsità e piccolezza dei follicoli, e perchè tutta composta o di grossi elementi con molto protoplasma basofilo e nucleo violetto, o di più piccoli elementi derivanti dai primi a nucleo azzurro chiaro con: poco protoplasma basofilo. Fra questi elementi, oltre ai fiocchetti di protoplasma staccatisi dai grossi elementi per plasmolisi, stanno anche delle cellule a nucleo polimorfo. Nei preparati per strisciamento si vedono parecchi di questi ultimi ele- menti, alcuni dei quali eosinofili, e molti altri in cui i granuli si colorano più diffi- cilmente. Fra leucociti a nucleo reniforme grosso si trovano anche di quelli a nucleo unico e rotondo, il cui protoplasma lascia intravedere una struttura granulare. Ciò \ 9 CONTRIBUTO ALLA CONOSCENZA DEGLI ELEMENTI COSTITUTIVI, ECC. 439 avviene per vetrini molto riscaldati e colorati col Giemsa, o colla triacida anche per 1 leucociti del midollo, perchè come dissi più sopra, il cane si presta poco bene alla dimostrazione di leucociti sranulosi, ma tuttavia i predetti elementi mononucleari sono assai probabilmente a ritenersi delle cellule mielocitiche. Manca assolutamente ogni traccia di normoblasti onde non esiste una trasformazione mieloide della milza în questi casi in cui i vecchi elementi furono distrutti e la polpa si è trasformata, ma solo la probabile presenza di qualche mielocito. Scarsi sono i cumuli di piastrine nei preparati per strisciamento e colorati col Giemsa. Finalmente, un'ultima serie di cani fu operata d’iniezione parenchimatosa nella milza di estratto fresco di capsula surrenale di vitello, il quale infallantemente provoca delle infiammazioni a tipo necrotico (Vedi Foà, 1. c., Sulla produzione cellulare, ecc.). Le milze così trattate furono esaminate dopo 4-6 giorni dalla operazione e il reperto ottenuto fu scarso rispetto agli elementi ordinari della polpa, inquantochò erano rari gli elementi monocleati basofili, scarse le globulifere, i cordoni della polpa erano poveri di cellule nelle visibili maglie del reticolo, e i follicoli normali. Sui vetrini colorati al solito modo si scorgeva una discreta quantità di leucociti polimorfi, ma sopratutto spiccava nel cane come nel coniglio e nella cavia, trattati al medesimo modo, la presenza di grandi accumuli di piastrine. In uno dei cani da me operati d’iniezione parenchimatosa di estratto di capsule surrenali nella milza si vedevano piastrine discretamente abbondanti anche nel fram- mento di milza asportato per farne confronti all'atto dell’operazione, e nella milza stessa dopo 5 giorni dall'operazione, i cumuli di piastrine non erano meno grossi e numerosi. Nei preparati su vetrini passati tre volte alla fiamma e colorati col Giemsa in toto si vedeva ben colorato in azzurro e relativamente abbondante il protoplasma con uno spiccato cumulo centrale di fini granuli rosso-violetto. L'aspetto che presen- tavano questi elementi era quello di veri elementi cellulari, onde sembrerebbe che si potessero chiamare cellule piastriniche, poichè della cellula hanno il protoplasma e una sostanza nucleare. Il sangue che esce dalla milza per le piccole vene dell’ilo contiene molti cumuli di piastrine, certo non inferiori a quelli della rispettiva polpa splenica. Anche questo non sarebbe favorevole all'idea che le piastrine fossero solo depositate nella milza, e a questo concetto si opporrebbe anche il fatto di trovarvisi (esse bene individualizzate, e del non trovarsene mai nelle ghiandole linfatiche e nel midollo delle ossa. Le milze normali di cane presentano assai evidenti parecchi cumuli di piastrine mei quali se ne trova qualcuna molto più grande delle altre. Talora questi cumuli sono così regolarmente disseminati fra gli altri elementi della polpa, che si direbbero realmente così raggruppati anche nella polpa vivente e normale, ossia non si direbbe che fossero dovuti allo strisciamento della polpa sui vetrini. Continuando la ricerca delle variazioni che può presentare Ja polpa splenica ho ricercato anche un abbon- dante numero di milze prese da cadaveri umani e sebbene anche questa parte del lavoro sia necessariamente incompleta, pure reputo opportuno di esporre sintetica- mente quanto sono venuto man mano osservando. Uno dei fatti che hanno più richia- mata la mia attenzione è la relativa frequenza colla quale si trovano delle cellule mielocitiche nella polpa splenica dei cirrotici. Non in tutti i casi di cirrosi le ho riscontrate, ma molte volte esse erano evidenti e numerose. Mancavano, invece, i nor- 440 PIO FOÀ 10 moblasti, onde in questi casi dovrebbe parlarsi solo di reazione mielocitica, anzichè di reazione mieloide della milza, essendo essa limitata alla presenza di un solo degli elementi caratteristici del midollo. Nelle milze da stasi per vizi cardiaci non ho tro- vato il reperto suddetto, il che è un altro argomento valevole a differenziare quei due processi. Un altro fatto che ha richiamato la mia attenzione è la frequenza con cui si può trovare una reazione mieloide completa della milza in casi di itterizie croniche da varie cause provocate: ad esempio, da cancro del coledoco, da atrofia gialla acuta, da compressione sui dotti biliari. In questi casi segue talvolta di riscontrare nella polpa abbondante della milza, dei normoblasti, degli eritoblasti, molti leucociti poli- morfi e cellule mielocitiche. Questo reperto è tanto più degno di nota in quanto lo si ottiene anche in via sperimentale, colla legatura, ad esempio, del dotto coledoco nelle cavie, come ebbi più sopra a ricordare. Altri fatti di una grande frequenza sono la presenza nei casi di tumore spodo- geno della milza non solo di molti leucociti polimorfi, e talvolta anche di cellule mielocitiche, ma altresì di un numero notevole di evidenti piastrine o ad accumuli o isolate. È quasi costante e caratteristico nella milza dei pneumonici il reperto di grande quantità di piastrine, quali non si vedono, invece, in altri tumori splenici. <> In un caso di Corea con estrema congestione delle meningi, con pregresse endo- carditi mitralica e ventricolare, edema acuto dei polmoni, bronchite catarrale dei grossi medî bronchi, milza discretamente grossa e ricca di polpa, degenerazione grassa. dell'epitelio renale, faringite suppurativa intensa, si trovò nella milza una enorme quantità di piastrine, globuli rossi piccoli e deformi, parecchi leucociti incolori, e niente mielociti. In un altro soggetto affetto da bronchite diffusa e da edema cronico del polmone a sinistra, fu trovato un grosso aneurisma dell’aorta toracica del volume di una testa. di feto che occupava buona parte della cavità pleurica a destra. La milza era volu- minosa e la polpa vi era molto abbondante. Vi era una quantità discreta di piastrine, niente normoblasti, molti polimorfi e qualche mielocito. Nelle milze dei cardiopatici ho trovato spesso moltissime piastrine per lo più isolate e alcune di esse molto grandi vicino ad altre più piccole. In un caso di sepsi acuta in seguito ad isterectomia si trovarono nella milza abbondanti le piastrine, diversi polimorfi e qualche raro mielocito. In varî casi di anemie gravi con reperto normoblastico o megaloblastico ho no- tato eziandio la presenza di molte cellule mielocitiche nella milza. i Questi i casi più salienti fra i molti raccolti, da cui risulta non essere punto infrequente la presenza di cellule a protoplasma granuloso mononucleate nella milza, anche quando manchi ogni traccia in essa di eritropoesi, onde in questi casi non sî tratterebbe di una reazione mieloide della polpa splenica, ma solo della presenza in essa di qualche elemento mielocitico. Prima di riassumere i fatti descritti, desidero accennare al reperto che ho notato in molti casi di febbre tifoidea. Innanzi a tutto affermo di avere trovato nei preparati per strisciamento della polpa splenica dei tifosi in ogni stadio, colorati col Giemsa, scarsezza di piastrine, abbondanza di leucociti polimorfi, i quali la 2% e la 3° setti- mana in particolar modo presentano molte figure di carioressi, e infine, la presenza. di mielociti, di cellule spleniche e di linfociti. E se TI E s,_ — e A 11 CONTRIBUTO ALLA CONOSCENZA DEGLI ELEMENTI COSTITUTIVI, ECC. 441 Nei tagli l'aspetto varia naturalmente secondo gli stadi, ma importanti sono i reperti che si ricavano colla fissazione dei pezzi in liquido Foà e colorazione colla miscela di pironina e verde di metile. Alle descrizioni che si sogliono dare della struttura della polpa splenica nei primi stadi di tifo, come a dire la dilagazione del sangue, la scomparsa di molti elementi della polpa, la riduzione dei follicoli malpi- ghiani a piecoli cumuli di linfociti, le traccie di cordoni della polpa poverissimi di elementi propri e tutti sostituiti da sangue, la presenza di molti macrofagi con glo- buli rossi più o meno bene conservati, e come risulta per l’esame sopratutto dei vetrini, la copia discreta di polimorfi e di qualche mielocito, le aree più o meno estese di necrosi, possiamo aggiungere l'aspetto che la polpa viene prendendo fra la 22 e la 3? settimana e più accentuatamente verso la 4°. In questi stadi intorno ai follicoli malpighiani, ma più tipicamente intorno alle trabecole, e come un anello intorno alle sezioni dei piccoli vasi della polpa, si trovano dei cumuli più o meno abbondanti di cellule a tipo plasmacellulare, a nucleo vescicolare di colore violetto e a protoplasma abbondante di colore rosso vivo. In nessuna milza che abbia rag- giunto la 3° settimana manca questo reperto, il quale può divenire molto più spiccato verso la 5% settimana quando la polpa è già ritornata ricca di elementi, che per essere giovani sono anche vivamente basofili. Anche nelle milze di 6-7 settimane, dopo superata l'infezione si vedono molti cumuli di cellule basofili, che si diffondono ‘anche tra gli elementi dei cordoni della polpa, e il cui protoplasma a poco a poco si assottiglia abbandonando frammenti di sostanza per un processo di plasmolisi. Ciò che ha pure una discreta importanza nei reperti raccolti nei tagli di milza trattati nel modo suddetto, è la presenza e la grande evidenza con cui si colorano i bacilli di tifo. Questi si trovano ordinariamente nella polpa ad accumuli più o meno grossi e più o meno numerosi, ma la loro forza di colorazione è tale che si discernono colla massima facilità anche facendo scorrere il preparato a piccolo ingrandimento. Si colorano ugualmente bene i bacilli del tifo nelle milze fissate in alcool, ma essi si conservano meno bene che nelle milze fissate in liquido Foà, poichè non si altera ‘come coll’alcool il loro protoplasma. Può darsi che preparati fissati in liquido Foà e colorati colla miscela di pironina e verde di metile, si scolorino presto, ma è facilissimo ricolorarli, e allora tendono a conservare per lungo tempo il loro aspetto. Ho preparati in cui sono ancora evi- dentissimi dopo un anno e mezzo i cumuli di bacilli vivamente colorati. Recentemente Saathoff ha annunciato l’utilità del metodo di Pappenheim per la colorazione dei bacilli nei tessuti (Vedi Deutsche Med. Wochenschrift, 1905, $ 204). Io avevo già comunicato i buoni risultati che si ottengono per la preparazione dei bacilli del tifo nella milza e nelle ghiandole linfatiche fissate in liquido Foà e colo- rati colla miscela di Pappenheim fino dal giugno 1905 (Vedi Atti dell’Accademia di Medicina di Torino, 30 giugno 1905. Sopra la colorazione dei bacilli del tifo, ecc.). È in seguito alla costanza del suddetto reperto nelle polpe spleniche dei tifosi dalla 3% settimana in poi, quando ha luogo una progressiva rigenerazione degli ele- menti della polpa splenica, che ho cercato di ottenere un reperto consimile per via sperimentale, e m’indussi a introdurre nella cavità addominale delle cavie o dei co- migli, degli estratti acquosi glicerici di bacilli del tifo o di bacillus Coli. Come ho rilevato più sopra, questi ultimi diedero i migliori risultati perchè le milze di cavie Serie II. Tom. LVII. FÒ 449, PIO FOÀ 12 così trattate hanno presentato assai spesso una vivace basofilia di elementi intorno alle trabecole, intorno ai vasi, alla periferia dei follicoli malpighiani e nella polpa stessa. i Anche nelle milze di cavie iniettate con sospensioni di bacilli morti di tifo nella cavità peritoneale si osservavano, ma meno rilevanti, dei cumuli di grosse giovani cellule vivamente basofili. Dal che mi sembra ragionevole il concludere che l’attività maggiore degli elementi della polpa e dei grossi elementi linfatici della milza, sia che si manifesti colla più viva moltiplicazione cariocinetica, sia colla maggior copia di protoplasma basofilo intorno al nucleo, è dovuta all’azione esercitata dai corpi stessi dei bacilli, probabilmente dalle rispettive proteine. Così, se le tossine bacte- riche determinano le degenerazioni e i fatti flogistici, possono le proteine stesse dei bacilli stimolare gli elementi alla loro rigenerazione. Comunque, è certo impor- tante questo modo di manifestarsi di una maggiore attività produttiva e nutritiva negli elementi della polpa splenica, poichè è noto dalle esperienze di Pfeiffer e di Wassermann, che è in essi che si preparano sotto l’azione dei vaccini le sostanze immunizzanti. I risultati sperimentali collimano icoi reperti anatomo-patologici della milza dei tifosi. In poche altre milze di diversa provenienza mi fu dato trovare la regolare presenza di cumuli di cellule basofili come ho descritto nella tifoidea. Nelle infezioni acute, come la risipola, la pneumonite, la isepsis da suppurazione, non si vedono abitualmente i cumuli di elementi basofili suddescritti, e neppure ine ho veduto in diversi casi che ho esaminato di splenomegalie e in vari casi di ‘così detta anemia splenica. Invece, e mi parve un reperto degno di nota, ne ho riscontrato varie volte nei tumori splenici che accompagnano le cirrosi incipienti del fegato. Anche in questi casi è intorno alle trabecole e intorno alla sezione dei piccoli vasi che si trovano cumuli di cellule vivamente basofili, ma ciò che rende più pregevole il reperto, è che in questi stessi casi si trova ‘altrettanto nel tessuto interstiziale del fegato corri- spondente. i Quando la cirrosi è molto avanzata, allora, sia nel fegato, sia nella milza non si trovano più, sono molto scarse le cellule a reazione basofila del protoplasma; invece, vi si trovano spesso dei nuclei circondati da scarso protoplasma poco colo- rabile. Il predetto reperto è ;a mio giudizio importante in quanto concorre anch'esso a dimostrare la vera natura del tumore splenico dei cirrotici, che è attivo e prolife- rante sotto lo stesso stimolo che agisce simultaneamente nel connettivo del fegato, e che cessa di essere tale quando il processo diventa cronico. Su tale proposito, cioè sul rapporto che corre fra lo stato del fegato e quello della milza, pongo di nuovo in rilievo il fatto già da me rilevato (Foà, Sulla pro- duzione cellulare nell’infiammazione, 1. c.), che lesioni acute provocate direttamente nel fegato (epatiti necrotiche), provocano come si è detto più ‘addietro una variazione nella polpa ‘splenica., ossia un cumulo notevole di leucociti polimorfi e di qualche mielocito, ie una attività maggiore nei follicoli. Assai più difficilmente, se pure ‘accade, come ho rilevato più addietro, è il fatto inverso. Un solo caso nelle mie esperienze ha fatto eccezione. Nella milza di un coniglio ho iniettato un'abbondante quantità di estratto di capsule di cavia che avevo 13 CONTRIBUTO ALLA CONOSCENZA EEGLI ELEMENTI COSTITUTIVI, ECC. 445 conservato 24 ore in luogo fresco. L'animale morì spontaneamente in 48 ore con un reperto insolito, che oltre al focolaio di splenite presentava un grosso fegato rosso cupo, e tutto segnato da macchie piccole scure come di sangue coagulato, e in pari tempo vi era a destra un’epatizzazione del polmone. Nei tagli di fegato al micro- scopio ho osservato molte aree necrotiche che sembravano prevalentemente localizzate intorno alla vena centrale del lobulo, e nel polmone eravi un’essudazione fibrinosa. In questo caso la materia iniettata ha oltrepassato la milza e attraversato il fegato e il polmone destro seguendo la circolazione. In altre cinque esperienze di iniezioni nel parenchima della milza fatte con estratti di capsule surrenalî io non ho ottenuto nessuna localizzazione nel fegato. Volendo ora riassumere in breve il contenuto del presente lavoro, riaffermo che lo seopo per cui fu fatto fu quello di verificare quali elementi si riscontrino nella polpa splenica, sia normale, sia alterata, o per processi morbosi spontanei o in se- guito a processi sperimentalmente prodotti. L'esame fu eseguito o per strisciamento della polpa su vetrini e colorati in seguito a fissazione in vario modo, colla triacida di Ehrlich, col liquido di Giemsa o col May-Grinwald, oppure nei tagli colorati essi pure col May-Griinwald o col Giemsa o coll’Ehrlich, ma sopratutto colla mi- scela di Pappenheim, o coll’ematosolina-eosina secondo i varìî mezzi adoperati per la fissazione dei pezzi. L'esame delle milze normali dei cani, delle cavie e dei conigli ci consente di affermare che in tutte, sebbene non costantemente, si possono trovare degli elementi mononucleati col protoplasma munito di granuli neutrofili o rispettivamente pseudo- eosinofili. Il reperto di tali elementi in quantità non grande nella polpa splenica nel corso di varî processi morbosi, come nelle cirrosi del fegato, nelle itterizie, dopo emorragie acute abbondanti, nelle setticemie e in genere in varie malattie d’infezione, come la risipola e la pneumonite, ci consente al più di parlare di una reazione mie- locitica della milza, quando sia discretamente abbondante la presenza degli elementi mielocitici suddetti. Non esatta, invece, sarebbe la denominazione in questi casi di reazione mieloide, perchè può mancare, anzi manca ordinariamente la presenza di normoblasti. La presenza di una quantità più o meno grande di leucociti polimorfi nella milza, è un reperto frequente. Credo tuttavia si debba prestare attenzione al fatto che talora sono abbondanti non solo i leucociti polimorfi a nucleo piccolo e già raggrinzato che accenna alla vecchiaia degli elementi, ma sibbene anche i leucociti a protoplasma granuloso con grosso nucleo appena un po’ ombellicato o reniforme che sono i più giovani. Accanto a questi vi sono pure talora varì di quei leucociti che furono deno- minati forme di passaggio, e che appartengono ai mononucleati propriamente detti. Quando la presenza di giovani leucociti a grosso nucleo reniforme e a granuli neu- trofili o pseudo-eosinofili, sia manifesta, e tra essi si trovi qualche leucocito a nucleo sferico e a protoplasma munito dei predetti granuli, può sorgere il dubbio che questi non siano in realtà altro che i primi, i quali abbiano ripreso nella milza il loro aspetto primitivo mielocitico. La estrema difficoltà di trovare di questi elementi nel sangue circolante ha fatto conchiudere a Sternberg (Vedi Verhandlungen d. Deutsch. Patholog. Gesellschaft Neunte Tagung, 1905), che essi sieno effettivamente originarì della milza. Nel caso supposto 4A4 PIO FOÀ 14 potrebbero essere tuttavia d'origine midollare e il non trovarsene nel sangue circo- lante può essere un’obbiezione non decisiva, attesa la difficoltà di imbattersi proprio nel momento in cui qualche singolo elemento mielocitario è trasportato in circolo. Una decisione tratta da argomenti sicuri, e nella quale sia eliminato ogni ele- mento soggettivo, intorno all’origine delle cellule mielocitiche nella milza, se cioè, per formazione sul luogo o per mielocinesi, sembra per ora difficile, sebbene il non raro ritrovarsi di cellule mielocitiche nelle milze normali deponga per la loro origine locale. Si tratterebbe in questi casi della persistenza di elementi nella milza quali si trovano nella vita endouterina. Ma fatta astrazione da questo quesito, è interes-- sante il sapere che è frequente la presenza di cellule mielocitiche nella polpa splenica e che verosimilmente esse vi possono trovare un terreno addatto per moltiplicarsi o per trasformarsi in leucociti. Molto meno evidente risulta l’origine locale degli eritroblasti in quei casi non molto frequenti in cui si trovano nella milza adulta degli animali superiori e dell’uomo. Non si può escludere in questi casi in modo assoluto l'origine midollare anche se per caso non si vedono normoblasti nel sangue, e anche se una parte del midollo delle ossa fosse inattiva. La completa reazione mieloide della milza negli animali abbondantemente salassati, non esclude certamente che gli elementi leuco ed eritropoetici possano essere depositati nella milza e quivi molti- plicati; anzi depongono in favore di questa interpretazione i fatti che dimostrano la presenza di normoblasti nel sangue poco dopo avvenute delle gravi emorragie. Abbiamo già rilevato che nei casi di cirrosi incipiente si trovano molte cellule ricche di protoplasma basofilo privo di granuli, simultaneamente nella milza e nel connettivo giovine interstiziale del fegato, e traemmo da questo argomento, per riba- dire il concetto che il tumore splenico da cirrosi è un fatto attivo e non semplice- mente dovuto alla stasi. Altro argomento che depone per l’attività della polpa . splenica nei cirrotici è la frequente presenza in essa di cellule mielocitiche. Su tale proposito però converrà aver presente che il cirrotico è un individuo anemico in cui diventa molto attivo il midollo delle coste e delle vertebre, onde non è escluso in modo assoluto che gli elementi mielocitici nella milza possano essere derivati dal midollo. Certo, però è, che data una causa irritante che agisce come sul fegato così anche simultaneamente sulla polpa splenica, può in essa determinare la moltiplica- zione di elementi che già in piccolo numero vi fossero raccolti, e il diverso reperto di caso in caso potrebbe anche essere interpretato, colla presenza pregressa o pur no di mielociti nella milza del soggetto che venne colpito dal processo cirrotico. Una reazione mieloide completa della milza può seguire la stasi biliare sia spontanea nel- l’uomo, sia provocata sperimentalmente negli animali. Non sempre è palese lo stato setticoemico del paziente in certi casi di infezioni circoscritte (bronchiti, faringiti, pneumoniti), nei quali è pur frequente la presenza di più o meno numerose cellule mie- locitoidi nella milza. Questi elementi, come già Sternberg ha rilevato, si trovano in ogni caso di setticemia acuta. Si comprende la completa reazione mieloide della milza negli animali ripetutamente salassati e in certi casi di anemie gravi nell'uomo, solo è che in questi casi è impossibile determinare fino a che punto la reazione si possa attribuire ad una attività locale della milza, piuttosto che ad un fatto mielo- cinetico. Il reperto delle cellule mielocitiche nella milza è talora assai poco spiccato, onde 15 CONTRIBUTO ALLA CONOSCENZA DEGLI ELEMENTI COSTITUTIVI, ECC. 445 non potrebbe addursi come fatto caratteristico per il processo in corso. Diventerebbe molto importante se assurgesse ad alto grado, come avviene nelle leucemie, nelle quali probabilmente la milza può agire per conto proprio producendo leucociti anche indipendenteniente dagli elementi di origine midollare (StERNBERG, l. c.). Così si spiegherebbero i rari casi di reperto leucemico nel sangue in soggetti con tumore splenico, e con midollo delle ossa aplastico. Come è detto più sopra, nei casi in cui è raro il reperto di cellule mielocitiche nella milza, e abbondante la presenza di leucociti giovani con grosso nucleo reniforme, non si può escludere affatto il sospetto che questi per irritazione abbiano ripresa la loro forma originaria, e in tal caso essi potrebbero essere provenienti dal midollo delle ossa, ancorachè nel sangue circolante non si siano riscontrati dei mielociti. In quasi tutti i casi in cui si sono trovati mielociti nella milza prese da cadaveri, si trattava di tali processi fondamentali, come la cirrosi del fegato, le stasi biliari, le anemie gravi, le infezioni acute, in cui accade anche un più o meno grave perturbamento dell’ematopoesi nel midollo delle ossa, e per tale ragione è difficile escludere interamente nell’interpretazione del reperto nella milza, che questo sia dovuto ad un fatto mielocinetico, cioè, a trasporto di elementi dal midollo delle ossa. Certo è, che nella interpretazione di tali fenomeni vi è sempre una certa parte di soggettività, che rende meno decisiva una determi- nata interpretazione. Tuttavia, se il reperto mielocitico può lasciare aperta la discus- sione, credo che quando si tratti della presenza di normoblasti nella milza adulta dell’uomo, sia assai più probabile che si tratti di un fatto mielocinetico. È raro che la reazione mielocitica della milza si possa esattamente definire una reazione mieloide. Questa denominazione dovrebbe essere riservata ai casi assai meno frequenti in cui nella milza esistono ad un tempo cellule mielocitiche e cellule eritroblastiche. I reperti della milza di vari animali e dell’uomo, ottenuti collo studio dei pre- parati microscopici su milze preventivamente fissate in vari mezzi, dimostrano in- nanzi a tutto l’utilità di non arrestarsi ad un mezzo solo d’indagine. La fissazione in Zenker è utile colla colorazione in ematossilina-eosina, per la struttura generale del- l'organo, per la dimostrazione dei leucociti granulosi e anche per le piastrine, seb- bene queste si rappresentino male nei tagli con qualunque mezzo. È anche utile la predetta fissazione per la colorazione dei tagli in liquido di May-Grinwald per i leu- cociti granulosi. La fissazione in soluzione di acido picrico-sublimato può giovare anch'essa alla colorazione successiva mediante il liquido di Giemsa per dimostrare i leucociti gra- nulosi. La fissazione in liquido di Foà è utilissima per la dimostrazione degli elementi a tipo plasmacellulare colla miscela di pironina e verde di metile. La fissazione in Formol-Muller è anche utile per la struttura generale dell’or- gano, per la conservazione del sangue e per gli elementi a protoplasma-basofilo ; però i tagli assumono una colorazione più diffusa di quelli che provengono da pezzi fis- sati nel liquido di Foà. La legatura della vena splenica del cane provoca distruzione di elementi e suc- cessiva rigenerazione della polpa verificabile sopratutto dopo 40-45 giorni. I tagli delle milze così operate e fissate in liquido di Foà o colorate colla mi- scela di Pappenheim dimostrano un tipo istologico diverso dal normale. Scarsi e 446 PIO. FOÀ 16 piccoli follicoli, moltissimi accumuli di cellule basofili a tipo plasmacellulare intorno a trabecole e ai vasi e negli stessi cordoni della polpa. Altro tipo plasmacellulare di milza si ha dalla 3* settimana del tifo in poi, e altro tipo parziale del genere si ha nelle cirrosi recenti, e altri ancora in quelli otte- nuti colle iniezioni di proteine baeteriche nella cavità addominale della cavia e del coniglio. Da tutto ciò concludo che si deve: anche tener conto nella milza di una rea- zione basofila o pseudo-plasmacellulare, intendendo con questa denominazione sintetica la presenza di numerose cellule mononucleari nei loro luoghi di predilezione, le quali presentino un abbondante granoplasma vivamente basofilo, sia che l'elemento risponda - al tipo preciso di Marschalkò, sia. che presenti un nuelco centrale vescicolare. Questa reazione indica una attività funzionale degli elementi e una età giovine degli stessi (Askanazy), spesso congiunta ad una grande attività produttiva. Partecipano a questa reazione anche i follicoli linfatici in cui la maggiore attività si presenta nei grossi ele- menti mononucleati a protoplasma basofilo che si trovano frammisti ai piccoli linfociti o che si addensano alla periferia del follicolo. Talora questo addensamento intorno ai follicoli è il solo accenno di reazione funzionale che presenti la milza. I mezzi comuni di colorazione non servono bene a porre in rilievo la reazione plasmacellu- lare, neppure i più recenti di Giemsa o il May-Grinwald; per essa è utile, quasi ne- cessaria, la. colorazione col bleu policromo di Unna o colla miscela di Pappenheim, la quale è certamente utile anche per iscopi istologici generali. Quando la colora- zione è bene riuseita si differenziano assai facilmente i leucociti col loro nucleo az- zurro in mezzo agli altri elementi a mucleo violetto; però non serve pur troppo per le granulazioni dei leucociti, nè per le piastrine ; serve, invece, benissimo per la co- lorazione dei batteri che si trovassero mella polpa, e particolarmente per i bacilli del tifo. Infine, dalle nostre ricerche risulta l’importanza dei metodi odierni e precisa- mente del metodo di Giemsa per la dimostrazione fino ad ora trascurata delle pia- strine nella milza. È questo un reperto che hanno messo in evidenza con altri metodi, Foà e Carbone e Aschoff (. c.} e dopo di essi quasi interamente trascurato. L’evidenza dei preparati che si ottengono per strisciamento sui vetrini colorati col metodo Giemsa, rende più oggettiva la trattazione dell’argomento sebbene sia molto difficile. i Innanzi a tutto risulta che in tutte le milze si trovano degli elementi o isolati o per lo più ad accumuli che hanno tutti i caratteri delle piastrine del sangue. Sono I costituiti da un protoplasma che col Giemsa si colora in bleu chiaro e da un cu- mulo di granuli al centro dell'elemento che si colorano in rosso-violetto. Pertanto, tutto l'elemento, sebbene sia piccolo e il cumulo granulare non sia limitato appa- rentemente da una membrana mucleare, potrebbe esser tuttavia considerato come una cellula. Come fu detto più volte, non è sui tagli che convenga ricercare la pre- senza delle piastrine nella milza, ma sui vetrini coprioggetti per strisciamento della polpa senza alcun liquido d’aggiunta. I cumuli di cellule piastriniche si distinguono facilmente da tutti gli altri elementi. Nei vetrini passati tre volte alla fiamma, i detti elementi hanno protoplasma e granuli ben colorati; nei vetrini riscaldati a 90°-95° per 2 ore si vedono distinti i gruppi di corpicciuoli di color rosso-violetto. POTE E Rap a ds sla 17 CONTRIBUTO ALLA CONOSCENZA DEGLI ELEMENTI COSTITUTIVI, ECO. 447 I cani assoggettati a ripetute emorragie tosto seguìte da iniezione nelle vene di sangue omogeneo defibrinato, presentarono in corrispondenza dell’ iperleucitosi che segue alla operazione, molti leucociti polimorfi della milza, mentre non era evidente un aumento nei cumuli di piastrine. Questi non erano aumentati neppure nella milza dei cani molto salassati, nè in quella in cui si era legata da 45 giorni la vena sple- nica. Invece, fu costante il reperto di numerosi cumuli di piastrine nelle spleniti ne- icrotiche sia del cane sia del coniglio o della cavia, provocate con iniezione paren- chimatosa nella milza di estratto fresco di capsula surrenale. A dir vero, i predetti accumuli potevano vedersi anche nella polpa dei piccoli pezzetti di milza asportati prima dell’operazione. A volte sembrava che 4-5 giorni dopo l’iniezione di estratto di capsule surrenali di vitello nella milza, i detti accumuli fossero aumentati, ma in altri casi non si trovava una differenza apprezzabile pel reperto tra prima e dopo l'operazione. Una iniezione parenchimatosa mel fegato con estratto di capsule surre- mali così da avere uma epatite necrotica tipica circoscritta, non produce nessun ac- cumulo di piastrine intorno al focolaio infiammatorio, onde non si può neppure per questa ragione attribuire i detti accumuli all’azione diretta dell’iniezione in un or- gano ricco di sangue. È difficile ancora nello stato attuale delle nostre cognizioni l’interpretare l’ori- gine e l’ufficio delle piastrine nella milza. Esse sono identiche a quelle che si tro- vano in circolazione nel sangue, e si osservano numerose nelle vene che escono dalla milza, ossia nelle radici della vena splenica. D'altra parte, in cani che da più di tre mesi erano stati operati di splenectomia, ed avevano sopportato benissimo l’opera- zione, persistevano tuttavia le piastrine del sangue. Umo di questi cani fu sacrificato e non presentava alcuna milza succenturiata. I gangli linfatici addominali erano piccoli, il midollo dei femori era funzionante. In nessun organo, compreso il fegato, si sono trovate piastrine, sia isolate, sia ad accumuli come si trovano nella milza normale. D'onde originano le piastrine circolanti tuttora nel sangue? Deriverebbero esse da una continuativa proliferazione delle piastrine stesse circolanti? 0 non dovrebbero ‘esse giudicarsi :dipendenti da distruzione di globuli rossi? Nessuna forma tende nep- pure a far sospettare che la piastrina esca da un globulo rosso. Questi, quando non ‘sieno stati abbastanza fissati al calore, lasciano colorare il loro discoplasma e il loro mucleo interno, ma l’uno e l’altro si comportano diversamente dalle piastrine. In queste ‘si discerne un protoplasma azzurro e un gruppetto di granulazioni colorate in vio- letto al centro; invece protoplasma e corpuscolo interno dei globuli rossi si icolo- rano uniformemente, senza granuli differenziati, in un.colore violaceo sporco. Se glo- buli rossi si distruggono nella milza, si distruggono pure nel fegato, ove piastrine mon si vedono come nella milza. Nelle ghiandole linfatiche dei cani smilzati già da ître mesi e poscia assoggettati a ripetuti salassi con successiva iniezione del loro stesso sangue defibrinato, si è trovato dopo pochi giorni dalla operazione un grande saccumulo .di cellule globulifere fresche nelle maglie dei seni linfatici. I globuli rossi finnestati erano dunque di scarsa resistenza e presto furono inglobati dai fagociti .che in mancanza della milza si accumularono mei seni delle ghiandole linfatiche. Malgrado, però, tanta diffusione di eritrociti, non fu possibile di vedere nessuna pia- ‘strina nel parenchima delle ghiandole predette. Negli esperimenti fatti con acido pirogallico in cui vi è tanta distruzione di globuli rossi, le piastrine nella milza erano quasi scomparse. 448 PIO FOÀ 18 Nelle milze raccolte dai cadaveri, è di difficile interpretazione il reperto di ab- bondanti piastrine nei pneumonici e nei cardiopatici. Se si ha a ritenere come spo- dogena la milza dei pneumonici, è però vero anche che vi sono casi di vaste suppu- razioni nel corpo con depositi abbondanti di leucociti polimorfi nella milza, senza aumento di sorta delle piastrine. D'altronde parrebbe che un deposito semplice di piastrine dovrebbe condurre ad ammassi granulosi come quelli che costituiscono certi trombi bianchi; invece, nella milza le piastrine sono spesso bene individualizzate, e se si accumulano, resta però distinto ogni singolo elemento che compone il cumulo stesso. Insomma, vi sono argomenti che tenderebbero a far supporre che le piastrine fossero prodotte nella milza, forse derivanti da elementi più grossi che si frammentano in più piccole piastrine, le quali si trovano prima ad accumuli nella polpa splenica e poi isolate nel sangue circolante. Avrebbero esse il significato di cellule, sui generis, ma indipendenti da ogni altro elemento cellulare conosciuto della polpa splenica e del sangue. Nei casi in cui le piastrine persistono nel sangue, sebbene i soggetti sieno stati da tempo splenectomizzati, potrebbe la presenza delle piastrine essere dovuta alla loro diretta moltiplicazione nel sangue circolante. A volte, infatti, si trovano nel sangue delle piastrine in cui sembra dimostrabile un processo diretto di scissione. In conclusione: Vi sono milze fornite di una quantità più o meno grande di mie- lociti, i quali possono in iscarso numero essere anche in milze apparentemente nor- mali. Non solo nelle malattie infettive acute, ma in altri processi come nelle cirrosi, nelle stasi biliari e nelle anemie gravi, sì possono riscontrare diversi mielociti nella polpa splenica. In più rari casi si ha una vera reazione mieloide nel senso di Dominici, quando cioè alla presenza di mielociti si associa anche quella di normoblasti; in caso diverso, dovrebbesi accennare solo ad una reazione mielocitaria della polpa splenica. In casi di rigenerazione di elementi della polpa e dei follicoli, e in casi in cui gli elementi sono stimolati ad una maggiore attività nutritiva, sì osserva una reazione pseudoplasmacellulare della polpa splenica caratterizzata dalla ricchezza che offrono gli elementi della polpa di un protoplasma vivamente basofilo. Nella polpa splenica è un reperto normale la presenza di numerose piastrine o isolate o ad accumuli, che paiono identiche a quelle del sangue circolante; oppure se ne differenziano di poco, il che potrebbe essere attribuito al mezzo in cui vivono o al movimento cui sono soggette. Il sangue che esce dalla milza presenta numerose piastrine o isolate o ad accumuli. In molte malattie si trovano nella polpa splenica grandi quantità di pia- strine, che in altre sono, invece, molto scarse. Gli animali smilzati presentano tuttavia come di norma le piastrine nel sangue; queste talvolta presentano forme che farebbero ritenere verosimile la loro moltipli- cazione per scissione diretta, nel sangue circolante. Nel presente lavoro io mi sono a bella posta astenuto dall’enumerare e dal discutere tutte le ipotesi messe innanzi da vari Autori sulla origine e sulla natura delle piastrine. A tale proposito gioverà consultare il pregevole lavoro del Prof. SAacerDoTTI, Sulle piastrine del sangue dei mammiferi, “ Archivio delle Scienze mediche ,, vol. XXV, n. 17, Torino, 1901. Di data più recente possono consultarsi i lavori di Burrker, “ Miinchener Med. Woch. ,, 5 Sept. 1904. E. ScawaLBE, Veber Blutplitchen ete., Ergebnisse von Lubarsch u. Ostertay, 1904. WrIGHnT, “ The Boston Medic. and Surg. Jornal ,, 7 Jun. 1906. SaweLe, “ La Clinica medica italiana ,, Marzo 1906. Î Î Acad Redeltei Scdi Torino Classe di So. Tio Naked esere AA PIO FOA- Contribuzione alla conoscienza degli elementi della polpa splenica Lib lacchinanti e Ferrari -/avia 19 CONTRIBUTO ALLA CONOSCENZA DEGLI ELEMENTI COSTITUTIVI, ECO. 449 SPIEGAZIONE DELLA TAVOLA 4 b i Fig. I. — Figura semischematica di un taglio di milza fissata in liquido di Foà e colorata , colla miscela di pironina e verde di metile. Apparteneva ad un cane dopo 45 giorni dalla i legatura della vena splenica. In aaa, sezioni di vasi circondati da cumuli di cellule a granoplasma vivamente baso- filo a nucleo spesso eccentrico con piccoli cromosoni distinti. In d, sezione di trabecola fiancheggiata da elementi come i precedenti. In e, linfociti piccoli. Fig. IL — Preparato per strisciamento su vetrino coprioggetti di polpa splenica di coniglio in cui da 4 giorni erasi fatta una iniezione parenchimatosa di estratto di capsule surrenali di vitello nella milza. Passaggio del vetrino 3 volte alla fiamma e colorazione per 5’ con liquido di Giemsa in toto. A. In a, elementi splenici; in d, piastrine con protoplasma omogeno bleu chiaro e con- tenuto di granuli rosso-violetto; in e, globuli rossi. — B. In d, cumuli isolati di piastrine della milza predetta. Fig. III. — Preparato per strisciamento come sopra di milza di cane dopo 5 giorni dalla inie- zione parenchimatosa nella milza di estratto di capsule surrenali di vitello. Im a, elementi splenici; in d, gruppi di piastrine; in c, globuli rossi. Fig. IV. — Preparato per strisciamento di milza di cane normale, tenuto 2 ore a 95° a secco, e poi colorato lentamente colla diluzione 1:40 del liquido di Giemsa. In @, elementi splenici; in d, cumuli di piastrine rappresentate dal contenuto granuloso poco distinto, e senza distinto alone protoplasmatico intorno ad esso; in e, globuli rossi; in d, giovine leucocito a grosso nucleo reniforme e a protoplasma gremito da finissimi granuli neutrofili. Fig. V. — Preparato su vetrino coprioggetti di sangue di coniglio — 2 ore a 95°. In «, globuli rossi; in 5, piastrine; in e, leucocito polimorfo (colorazione lenta col 3 Giemsa). ì, Fig. VI. — Preparato di sangue di cane su vetrino non molto riscaldato, passandolo rapida- mente 3 volte alla fiamma (risultato incostante). Colorazione Giemsa in toto. In a, eritrociti in cui è distinto 1 “ Imnenkérper , violetto carico, circondato da un alone protoplasmatico; in d, gruppo di piastrine a fondo celeste con granuli più oscuri; in c, leucocito polimorfo.'— Questo preparato mira a dimostrare le differenze di forma, di gran- dezza e di colorazione fra il cosidetto “ Innenkérper , (corpuscolo interno) e le piastrine. Serie II. Tom. LVII. e? 5 È i È TA Ù é 6 NI . tira agdaebton* dine ; I det” na + MA olonit a : di ala de Pri pi} i roi 16 Ao quota) 5 “anita ig di I Conta I o STORIOHE E FILOLOGICHE | i INDICE CLASSE DI SCIENZE MORALI, STORICHE E FILOLOGICHE «i FITO (con due Tavole) ; o _ Lago: Sa di Amedeo VIII Duca di Savoia del 26 luglio 1498; ‘Memoria BOB Borneo en AL 1 pi in i Dil anni BIERALEN, sulla ui del De IROILOTE' LIASMOM levi di Da: Ti] i 100gd E s. TT Vis ansisiiio i cime cada nisi vimini n ironia | avpuagitò oliafracgzizico obot Lidi aincito RA ast pai io LE nti t . . . x atrosmenbi BBeZ, e 3 s ali DETW, 12) incertitudine A 19) regiam A!) peteret petit M, e 3; petit T 1) petit F ticonam DM; e è BBeZ, e » FIMoW,SF:; Heliconem & 17) discursurus M; e è VMeBBeZ, e 2 MoW,SF, e g 18) Audita ubique M; e , VMeBBeZ, e è FTW,D 19) simul et MeM, e è VBBeZ, e a e 8 TGMoW,S 2) quamadmodum Ms ??) Deest in My e è MeVBBeZ; e » Fj e g TEMoW,S ®) factum ut M, e 3 MeBBeZ, e , FTMoW,S 23) solum V 24) benivolus MeM, e » A 26) sed ex visu pri- rdii et MeTV; sic ex visu primordii et MoSFy; sed ex visu postmodum et G; secundum ee visu pri- ii et M, e 3 BBeZ, e 2; ex ». prim. et FW, ?%) devotissimis M. I GIUSEPPE BOFFITO S 2. Nec reor, amici nomen assumens, ut nonnulli forsitan obiectarent !) reatum prae- sumptionis mereri *), cum #) non minus dispares connectantur quam pares amicitiae sacramento. Nam si ‘) delectabiles et utiles amicitias inspicere libeat, illas °) persaepius inspicienti patebit 5) quae praeeminentes inferioribus coniungant personas ?), si 3) ad veram ac per se amicitiam torqueatur intuitus. Nonne summorum illustriumgue *) principum ‘°) plerumque viros fortuna obscuros, honestate praeclaros, amicos fuisse constabit? Quidni? cum etiam Dei et hominis amicitia nequaquam impediatur excessu! Quod si cuiquam quod asseritur videretur #4) indignum, Spiritum Sanctum audiat amicitiae suae participes ‘*) quosdam 4) homines ‘') profitentem. Nam in Sapientia !) de sapientia legitur: “ Quoniam infinitus thesaurus est hominibus, quo 4°) qui usi sunt participes facti sunt amicitiae !”) Dei ,. Sed habet imperitia vulgi sine discretione. iudicium; et quemadmodum solem pedalis magnitudinis arbitratur, sic circa mores ‘) vana credulitate decipitur. Nos autem ‘°) quibus optimum quod ?") est in nobis noscere datum est, gregum ?!) vestigia sectari non decet, quinimmo suis erroribus obviare tenemur °). Nam intel- lectu ac °*) ratione degentes °*), divina quadam libertate °°) dotati, nullis consuetudinibus ad- strinsimur *5). Nec mirum, quam non ipsi legibus, sed ipsis leges potius ?°) dirigantur. Liquet igitur quod superius dixi, me scilicet esse devotissimum et amicum, nullatenus esse prae- sumptum °3). 1) Deest in Me; obiectarint Bò 2) merere Wa; incurrere M, e s Fi e 3 TMoBZBeZoMeGVW,S 3) quum Edd. E così anche in seguito ‘) AMMoG; nec non M, e è BFTZBeZsW,; non del. MeV 5) d/lis M, e $ BGZBeZ,MeGVBò; Zibeat persaepius MoSFy 5) eas esse patebit Wa, 1) patebit prae- eminentes inferioribus coniugari personas VM, e o BIMoZBeZ,Me; patebit ele. personis GWiSF, e 3; patebit inferiores coniungat personas AM 8) Et si Edd. e codd. eccetto il Me 9) allustrium summo- rumque MeMVM, e », Edd. 10) principium Ma 11) videatur M, e ° BITZBeZ;MeVW,; quid sî cuiquam asserit nunc videret ind. A; quod ete. M__!) Deest in V 13) quosque MeV 1") honores À 1°) insipientia A; in Sapientiam Ms 16) qua Mo 17) usi sunt amicitie Dei AM 18) contra mores M; sic et circa unam vel alteram rem vana credulitate M\4GSF,; sic et ete. rem credulitate W,GBeZZo; sic et circa unam vel imam rem credulitate M, e è B; sic circa una vel ima er. V 19) nos enim M, e è BT BeZ.MeV; cos autem MoGSKy; nos etiam F; vos enim Wi 20) quidem M 21) Graecorum BZBeZ, 22) tenentur GSFy 23) atque M; nam intellectu divina EW, 24) vigentes MoGSFx 25) Vibertate et ratione M, e è F4Z,BeW,; quadam ratione MeV 20) astringitur AM; adstringuntur M, e a Fy e è TMo GMeSW,. Nel V la parola è illeggibile 21) potius leges V 28) praesumptuosum WyTGVSE} e gs. | [| $ 3. Praeferens ergo amicitiam vestram, quasi thesaurum carissimum ‘) providentia diligenti et accurata sollicitudine illam servare desidero *). Itaque, cum in ) dogmatibus moralis negotii *) amicitiam adaequari et salvari 5) analogo doceatur, ad retribuendum pro collatis beneficiis plus quam semel analogiam sequi ) mihi votivam est, et propter hoc") munuscula mea *) saepe multum °) conspexi ‘°) et ab 4‘) invicem segregavi, nec non segregata percentui 42) dionius gra- . tiusque ‘) vobis 44) inquirens. Neque ‘) praeeminentiae vestrae congruum comperi !) magis quam Comoedie sublimem canticam quae decoratur titulo Paradisi, et illam sub praesenti epi- stola, tamquam sub epigrammate proprio dedicatam ‘?), vobis adscribo '5), vobis offero, vobis denique recommendo. vd ‘ i 1) clarissimum BZBeZs 2) desiderio A 3) quum dogm. BZBeZ,; quam in S *) moralis philo- sophiue negotii M__, *)ad quam eo salvari ET; ad quam et salvari M.BZBeZ:MeVWW, 5) analogiam plusquam semel sequi Wa; beneficiis qui semel analogia M,BZBeZ>V; b. q. s. analogiam Me; benefici analogiam E, e g TMoGS 7) et propter quod BZBeZo 8) Deest in M 1) saepe multumque D'IMo GSW, es F)eg 10) aspexî AM 11) ad G 12) processui A 19) digniusque gratiusque VSEz; dignusque cuiusque MV: dignum quid cuiusque TEDW,; dignumque cuiusque BABeZo; dignus quam ; cuiusquam Me 1) nobis M. 15) neque ipsum VMeBZM,ZBe; neque ipsi F, e g TMOGSW, . 19) com- perii mugisque B&BeZs; comperi quam Me; magis comperi M 17) dicata V 18) ascribo M. L'EPISTOLA DI DANTE ALIGHIERI A GANGRANDE DELLA SCALA 13 S$ 4. Illud quoque praeterire silentio simpliciter inardescens non sinit !) affectus, quod in hac donatione plus domino quam dono *) honoris et famae *) conferri ‘) videri potest. Quid mirum? °) cum eius titulum 5) iam praesagium ”) de gloria vestri nominis *) amplianda °), satis hactenus ‘°) videbar ‘) expressisse quod de proposito fuit ‘°). Sed zelus !*) gratiae vestrae quam sitio, nostram ‘) parvipendens, a primordio metam praefixam urgebit ‘) ulterius. Itaque formula consummata epistolae, ad introductionem oblati operis aliquid ‘°), sub lectoris officio, compen- diose !) aggrediar. 1) illud quoque praeterire scilentio non sinit M_*) plus dono quam domino M,BZTFBeZ,BiVMeW, 9) et honoris et famae MeM; et honoris famae BZBeZ,VM, ‘) ferri BAFTM,BeZ,MeVW, *) quinimmo M,BZE, e 3 BiTMoBeZ,GVW,$S; quidni? Me *) titulo Wie a MSMeF, e 3 BSTMoG 7) praesagia VMe 3) de gloria nominis BZZ-BeGVMeW, 9) ampliandus VMe; ampliandum M 10) AM; attentis mihi M,ETMeW,; sat. attentis WoVGSFg; attentius BZBeZs 11) videbatur BZBeZ,MeM,; videar Bò 13) quod de proposito fui AM; quod de proposito M,BZTMoBeZ,VMeGW, e > SF es Bò ’9) gelus A; tenellus BZP, e s BoTMo, e BeZ°VMeGSW,M, !) vitam M;BZF, e 3 TMoBeZ:GW,S; qui vitaum MeV | invidiam Bò ’%) urg@ A; urgere facit Wa; urgebo MF, es TMoj ea GW,S; arguet MeV 19) aliquod BZBeZa 1) compendiosum ZZ,Be. Il preambolo Praefari aliqua, ete., si legge in capo all’ Epistola in alcuni codici s (cioè nel Mediceo, nel Veronese e nei due Magliabechiani) e nelle prime edizioni | (cioè in quella del Baruffaldi, del Berno, nelle due del Zatta e nell’ediz. Wittiana } del 1827). Al D'Ovidio (1) pare una di quelle presentazioni che mettono in sospetto perchè ha tutta l’aria d’una excusatio non petita o meglio d’un’insinuazione per far | sguisciare destramente come genuino un documento apocrifo. Il Vandelli (2) crede | invece naturale questo preambolo in uno che si accinga a scrivere un'introduzione . del Paradiso e suppone che derivi direttamente o indirettamente da quel commento . al Paradiso in cui la lettera era riferita, non gli sembrando cosa strana che il primo | che ne trasse copia, insieme con la lettera trascrivesse i periodi che la precedevano o che ad essa si riferivano. D'altra parte trova il latino del preambolo più conforme . al tipo classico, mentre al D’Ovidio sembra in cambio un latino non ben chiaro nè — poco insulso. Per me credo che se fosse veramente esistito un commento al Paradiso accompagnato dal presente preambolo sarebbe stato difficile che sfuggisse non solo a tutti gli antichi commentatori che saccheggiarono l’Epistola, ma anche a tutti i moderni e al Vandelli medesimo che è un così diligente e acuto studioso di codici | danteschi. i Segue la parte propriamente epistolare della Lettera, da distinguersi dalle rima- nenti due parti, dottrinale ed esegetica, tanto più che la troviamo riferita da sola in almeno due codici di nostra conoscenza, l’Ambrosiano e il Monacense. È, . L’intitolazione che la precede, per quanto enfatica, la riconobbe il D’Ovidio stesso, dopo le osservazioni del Torraca (3), come conforme agli usi del tempo, ma 4%) (1) Studi cit., pag. 451. . (2) “ Boll. d. Soc. D. It. ,, N. S., VIII, pag. 143. (3) “ Riv. d'It. ,, 1. cit., pag. 604; Sf. cit. del D. O., pag. 477. Nella salutazione e nel $ 1 rimane P erò sempre un che di troppo e d’esagerato nell’espressione, chi consideri specialmente che l’autore della lettera passa subito a trattare da pari a pari con Cangrande. Nè gli avvertimenti che intorno alle lettere dànno il Boncompagno nella Palma e Br. Latini nel Tesoro mi pare che possano piena- mente giustificare quest’eccesso. Si senta infatti quanto dicono questi due trattatisti del tempo parlando delle varie parti della lettera: “ Saluz est li commencemens de la lettre qui nome ceulx dd GIUSEPPE BOTFITO non di quel tempo solo, si potrebbe aggiungere. In ispecie “ de la Scala , risponde alla dizione usuale da Cangrande in poi, checchè ne pensi in contrario il Giuliani (1), benchè non vi risponda certamente (2) la lezione “ Aligherius , che pur troviamo nei due codici più antichi dell’ Epistola, l’Ambrosiano e il Monacense. Se manca il titolo di “ capitano generale della lega ghibellina in Lombardia , conferito a Cane il 16 die. 1318, non vuol dir nulla, perchè o l’Ep. fu composta in precedenza, come piace al Giuliani (o certo, secondo il Dionisi (3), prima del 25 ag. 1320, nel qual giorno Cane, qui detto “ vittorioso ,, era sconfitto sotto le mura di Padova), oppure, il che piace meglio al Witte (4), non tutti i titoli di Cane era obbligato l’autore a snocciolare nella sua dedicatoria (5). Strana tuttavia sembra ancora al D’ Ovidio la qualificazione di “ Florentinus natione non moribus ,; ma il Lana dice che il poeta “ si scriveva: . così , e l'esemplare Ambrosiano della D. Commedia C. 198 avrebbe appunto: “ Incipit “ comoedia Dantis Allegerii Florentini nacione non more ,; e qui Dante avrebbe potuto apporvela a bella posta per purgarsi davanti agli oechi di Cane del sospetto di guelfismo. Piuttosto io non so capire, specialmente dopo le acute osservazioni del Luiso (6), come Dante gli abbia dedicato un lavoro appena intrapreso, o non certo finito il 25 ag. 1320 e tanto meno il 16 dic. 1318, se non forse si voglia dire che egli lo fece per beni- gnarselo e domandarne soccorso, com’egli sembra fare veramente nel $ 32 (“ Urget enim me , etc.) in quella che ben fu detta dal D' Ovidio, “ sortita giullaresca , e “ uscita da pezzente , (Sf. cit. p. 471 e 477), tauto più biasimevole in quanto che egli doveva allora godere dell’ospitalità del Polentano, come prima aveva goduto dei beneficî di Cane. Quest'ultima cosa l’autore asserisce nell’esordio dell’Epistola ($ 1). “ qui la recoivent, et l’estre et la dignité de chascun, et la volenté dou cuer que cil qui envoie a “encontre celui qui recoit; ce est a dire que se il est ses amis, il li mande salus et autres douls moz qui autant valent et plus; se ce est ennemis, il se taist du il li mande aucun autre mot “ covert ou descovert mal; et se il est graindres, il li mande paroles de reverence; autressi doit “ l’om mander au per et au menor ce qui avenable est è chascun en tel maniere qu'il n’î ait vices “ dou plus ne defaut dou moin. Et sachiez que li noms de celui qui est graindres et es plus hautes “ dignitez doit tozjors estre devant, se ce n’est par cortoisie ou par humilité ou par autre chose “ semblable ,. Lî Livre du Tresor, ediz, Chabaille, Parigi, 1863, p. 492, Lib. III, parte 1*, cap. 16. ‘ Olim erant quidam qui sex esse dicebant partes epistole, scilicet salutationem, benivolentie capta- “ tionem, exordium, narrationem, petitionem et conclusionem. Postmodum alii supervenerunt bene- “ volentie captationem de predicto merito resecantes... Quorum omnium sententiam de rationis ple- “ nitudine confisus improbo indubitanter dicens tres tamen modo esse principales epistole partes, “ scilicet salutationem, petitionem et narrationem sine quibus aliqua epistola perfecta esse non potest. ..Et ubicumque titulus (id est nomen mittentis et recipientis in principio positus) cum narratione “ ponitur epistola est perfecta licet salutatio negetur, dummodo in narratione aliquod petitionis “ signum contineatur... Fundamentum est salutatio... Paries narratio... Petitio est tectum... Secun- “ darie vero partes epistole sunt infinite ,. Sumter C., Aus Leben und Schriften der Magisters Bon- compagno. Ein Beitrag zur italienischen Kulturgeschichte in dreicehnten Jahrhunderts, Freiburg i. B. und Leipzig, 1894, pag. 128. (1) Metodo cit., pag. 43. La dizione più antica, come mi suggerisce lo storico più competente in materia, il prof. co. Carlo Cipolla, era de Scala o de Secalis. (2) Cfr. M. ScaeriLLo, Alcuni capitoli A. biogr. di D., Torino, 1896, p. 66 sgg.; Pacer Tornere È Dante Dictionary, Oxford, 1898, alla par. Alighieri. (8) Preparaz. cit., 227.. (4) Dante Forsch., ì. cit. (5) Sarebbe stato anzi “ sconveniente rispetto all'uso , secondo il Cipolla. (6) Per la varia fort. di D., nel “ Giorn. Dant. ,, a. XI, pag. 85. ti Te rr —__— L'EPISTOLA DI DANTE ALIGHIERI A CANGRANDE DELLA SCALA 15 Diciamolo pur gonfio quest’esordio col D’Ov. (p. 452) e non semplicemente poetico, come vorrebbe il Torraca (p. 606) o scritto soltanto col criterio della “ captatio bene- volentiae ,. Giacchè si tratta di un’amplificazione rettorica delle lodi tributate ‘a Cangrande dall’Alighieri nel C. XVII, 85-93 del Par. (con una non lieve divergenza i notata dal Torraca tra il v. 87 e la lin. 5 dell’Ep., ediz. Moore) e del sonetto di Giovanni Quirini a Cane per invitarlo a pubblicare il Paradiso (1). i Un giochetto di parole, nota il D’'Ov., uno di quei giochetti di cui peraltro i «anche D. non si mostra sempre-alieno, è il dire che prima credeva eccessive le % lodi e poi ebbe a trovare eccessivi i fatti. Vero è che nel Convivio I, 3, lin. 79-81 . (ediz. Moore) D. aveva detto “ che la immagine per sola fama generata, sempre è _“ più ampia, quale che essa sia, che non è la cosa immaginata nel suo vero stato ,, | ma perchè questo, come osserva il Moore (p. 299-300), è un caso particolare in cui quella generale tendenza della fama ad amplificare gli avvenimenti non si avvera, non è lecito trarre la conseguenza che sia falso il fatto, come non sarebbe lecito | dire che la storia della regina Saba fosse falsa. Il paragone che l’autore fa tra sè | e la regina Saba e tra sè e Pallade, con due esempi tratti dalla storia sacra l’uno È IC dalla storia profana l’altro, come suol fare Dante, osserva il Moore (St. cit., p. 325), ma come soglion fare molti altri, aggiungerei io, mescolando autorità ed esempi | sacri e profani (2), questo paragone, dico, sarà benissimo d’impressione a impres- | sione, d'azione ad azione, come vuole il Torraca, ma non rifinisce perciò di piacere. 0 che Cane era così sottile critico da distinguere l’azione dall’agente? Se da una | parte doveva esser lusingato nel vedersi paragonato a Salomone e alle Muse, non î doveva rimanere un po interdetto nel vedere il suo ammiratore assumer la persona i della regina Saba e di Pallade? Si aggiunga che la smaccata adulazione che traspira | da queste righe non è mai stata il forte di Dante, tutt'altro. Il $ 2 può sembrare a taluno di pretto conio dantesco: quello che vi si dice dell’amicizia risponde a Convivio INI, c. 1, lin. 40 e 56; c. 11, lin. 80690; la cita- zione della Sapienza a Conv. HI, c. 15, lin. 53; la “ pedalis magnitudo , attribuita uireo al sole a Cono. ET again 162, sone Darsena Eu a pio, pe Si opzizione: * Feste non slinai à in a coi W, c. ‘96, dine 198. e De mon. I, c. 1. eccato però che anche nell’ Etica aristotelica, che appare dal $ seguente esser qui fonte dell'autore, si parli dell'amicizia in modo somigliante, anzi meglio rispon- nte; che l’eco d'una citazione scritturale (2 Petrî, c. 2, 12) si abbia nell’espres- e “ gresum vestigia , etc.; che “ pedalis , si trovi detto del sole anche in totele (De anima, II, 2, ter. 159, p. 859 d. Op. III, Ven. 1585) e in Cicerone fin. I, 6; Acad. I, 26), come suggerisce il Torraca; che pur nella S. Scrittura Rom. 2, 14), in San Tommaso (In Matt. c. 23, p. 297 del t. 3° d. Opere, Ven. 1745), Ficino (In Plat. De rep., dial. 4, p. 958 dell’ed. di Basilea, 1561) e in altri molti ica che gli uomini, in quanto son dotati di ragione dànno legge a se medesimi. No) Cfr. S. Morrurgo, D. Al. e le nuove rime di G. Quirini, nel “ Boll. d. Soc. D. It. ,, apr. 1894. i vi Torraca suppone anzi che il Quirini abbia letta tutta l'Ep. prima che fosse inviata (pag. 606). dc Si veda ad es. Brunetto Latini nel Tesoro, lib. VII, c. 21, c. 62, ecc. Venezia, 1839, pagg. 134, 16 GIUSEPPE BOPFITO Chi si meraviglia di trovare qui unite tante, almeno in apparenza, reminiscenze dan- tesche non ha presente la ristrettezza d'ambito della coltura a quel tempo, quando $i voglia scartare l'ipotesi d’una deliberata falsificazione. Lo stesso s'ha a dire della citazione dell’Etica aristotelica nel $ 3 — la quale peraltro, credo io, potrebbe riferirsi, anziche al testo greco e alla translatio antiqua, come propende a credere il Moore, al commento di Averroè (1) — e del richiamo notato dal Vandelli (p. 148) a Uguccione da Pisa e Giovanni da Genova (2) (ma perchè non anche a Vincenzo di Beauvais? Spec. II, lib. 3, c. 590, cap. 112, ed. veneta del 1591) per il significato di “ superscriptio , o “ epigrafe dedicatoria , da darsi — alla parola “ epigramma ,. L’epiteto di “ sublime , dato alla cantica terza equivale probabilmente a “ teologica ,, o almeno il Ducange registra alla parola “ sublimis , anche questo significato. Ad ogni modo, siccome si trova in tutti i codici, è difficile poter ammettere col Torraca che “ siamo debitori di questo sublime all’ignoranza “od all’arbitrio sciocco di un copista che lo sostituì ad ultimam , (p. 615). L’oscuro, anzi sibillino $ 4 ha dato molto filo da torcere ai critici. Lo Zingarelli (3) spiega: “ Potrà sembrare che il suo dono serva più all’onore e alla fama di Can- grande, come appare già dal titolo stesso, dove gli augura accrescimento di gloria, anzichè a utilità di lui, ma egli che essendo ancor nuovo della sua grazia vuol meritarsela di più si accinge al faticosissimo lavoro di dargli istruzione e scienza con l’esporgli che cosa sia quest'opera sua , ecc. Il Missirini che leggeva col Torri plus dono quam domino , e “ tenellus , tradusse: “ Nè l’affocato amor mio tacer mi lascia da questa offerta venir più onore al donatore che a Te ecc., ma nuovo nella tua grazia e di me poco curante, lo incominciato corso seguirò , Tnell’ediz. Torri, p. 113). Il D’Ovidio, pur dando la preferenza alla medesima lezione: “ L’ar- “ dente affetto che ho per voi m’impedisce di tacere come in questa donazione chi “ ci guadagna più non siete voi che ricevete il dono ma il dono stesso. Senonchè col semplice titolo Paradiso mi pare, chi ben guardi, d’aver già espresso il presagio del- l'incremento della gloria vostra, giusta il mio proposito. Eppoi, novello come sono nel favor vostro, del quale ho sete, farò ogni sforzo per giungere dal primordio alla prefissa meta col rischio della mia vita , (p. 457). Una nuova interpretazione cercò di dare il Torraca prendendo dono e domino come ablativi della causa agente, “ “ “ “% (1) Il testo greco ha: Èv maoars dè Taîg dvoiuoroerdéor pidiarg TÒ avdAoyov icdZer kai owzZer TàvY puiav (Eh. Nic., IX, c. 1 prine., vol. II d. Op., ed. Didot, 1883, pag. 104); la translatio antiqua: “ In “ omnibus autem dissimilium specierum amicitiis analogum ubique aequat et salvat amicitiam , S. Tro., Super Eth. Arist.,, Ven., Giunta, 1519, c. 135; la determinatio di Averroè: “ Quod in dis- “ similibus amicitiis analogum aequat et salvat ,, ete., Arist., Et. cum Aver. exactiss. commen- tariis, Lugduni, Ap. Jac. Giunctam, 1542, c. 142v. Il morale negotium ben nota il Moore (pag. 304) che risponde a mpayuatéo del testo greco e al negotium dell’ant. transit. (Ith. II, 2, 1; III; 9, 10). (2) Gio. Balbi da Genova ha infatti: “ Epigramma, Gramma quod est linea vel littera compo- “ nitur cum epy quod est supra et dicitur hoc epigramma -atis, idest superscripcio, scilicet titulus vel ‘ brevis annotacio eorum que diffusius dicuntur in sequenti opere, et epigramma dicitur illa super- “ scripcio que supponitur tumulo scilicet epitaphium vel que supponitur-imagini alicuius ad signi- — “ ficandum cuius imago sit et ad designandam aliquam proprietatem illius cuius est imago ,, ete. Catholicon, Magonza, 1460 (cfr. Hain, n° 2254, Copinger, I, 66) alla parola epigramma. Isidoro più brevemente: “ Epigr. est titulus quod in latinum superscriptio interpretatur; è enim super, YPOLUN “ littera vel scriptio dicitur ,. Etymol., I, c. 39, Migne, vol. 82, col. 120. (3) Dante, pag. 308. L'EPISTOLA DI DANTE ALIGHIERI A CANGRANDE DELLA SCALA 17 ma bene ne dimostrò il Vandelli l’insostenibilità. Leggendo coi codici più antichi plus domino quam dono e zelus si può tradurre, come fa il Vandelli, non allon- tanandosi troppo dal Giuliani: “ Dalla presente dedica e donazione ritrarrà più gloria “ il ricevente, cioè Cangrande, che non l’opera dedicata e offerta ,. È un elogio indiretto ch’egli fa dell’opera propria, ma lo induce a parlare in tal guisa l’ardente affetto. Ed è anche questo medesimo affetto per Cane che lo induce subito dopo a troncare la lettera per venire al sodo, quasi dicesse: “ Ma sarà meglio per amor “ di voi proceder oltre ,. Tale è il significato che a me par risultare dal periodo Sed zelus etc., quando si ponga mente sovratutto a quell’itague che lo collega col periodo seguente. I. — Proemio. . $ 5. Sicut dicit ‘) Philosophus in secundo Metaphysicorum *): “ Sicut res se habet ad esse sic se habet ad veritatem ,; cuius ratio est quia #) veritas de re quae in‘) veritate consistit tanquam in subiecto, est similitudo perfecta rei sicut est. Eorum vero quae sunt, quaedam sic sunt ut habeant esse absolutum in se, quaedam sunt ita °) ut habeant esse dependens ab alio | per relationem quamdam °), ut ea quorum esse est ”) ad 5) aliud se habere, ut relativa, sicut pater °) et filius, dominus et servus, duplum et ‘°) dimidium, totum et !') pars et huiusmodi in quantum talia. Propterea quod ‘°) esse talium dependet ‘°) ab alio, consequens est quod eorum veritas ab alio dependeat: ignorato enim dimidio nunquam cognoscitur duplum, et sic de aliis. 1) dixit BBeZ,ZsTF, e gGM 3) Mstaphysices V. *) quod Me ‘) Deest in Me *) Nel V manca 5) quaudam Be; quemdam FW, 1) MV; ut ea tempore esse et BBeZ, e » FI'W, ut eodem tempore esse et GMSH:; ut ea temp. esse est ad aliud Me 8) «b B 9) relativa, pater G; sicut rel. pater MSF; 19) Deest in Me ‘) Deest in Me ‘°) propter quodque W,M;Be; propter quoque BZ, e è F; propterea quodque TGMSE;; proptereaque quod Bò 19) dependent Wi. S 6. Volentes igitur aliqualem introductionem tradere ‘) de parte operis alicuius, oportet aliquam notitiam tradere de toto cuius est pars. Quapropter et ego, volens de parte supra no- minata totius Comoediae *) aliquid tradere per modum introductionis, aliquid de toto opere praemittendum *) existimavi *), ut facilior et perfectior sit ad partem *) introitus. Sex igitur sunt quae in principio cuiusque doctrinalis operis °) inquirenda sunt, videlicet subiectum ?), agens, forma, finis, libri titulus, et genus philosophiae. De istis tria sunt in quibus *) pars ista | quam vobis destinare proposui, variatur a toto, scilicet subiectum, forma et titulus ; in aliis vero ‘mon variatur, sicut apparet inspicienti; et ideo, circa considerationem de toto, ista tria inqui- renda seorsim °) sunt: quo facto, satis patebit ad introductionem partis. Deinde inquiremus alia tria, non solum per respectum ad totum, sed etiam per respectum ad ipsam partem oblatam. i 1) Deest in Me 2) nominata Comoediae MoSF; eg *) praemittere BeZ, e o‘) existimavit M, 5) ad partes Z, e 3 Be 5) operis doctrinalis V; doctrinalis operi Lo 7) factum VI, e s BeMi; sub. — factum Me 8) in quibusì Z° °) seorsum VBMe. $ 7. Ad evidentiam itaque dicendorum sciendum est quod istius operis non est simplex | sensus, immo dici potest polysemos 4) hoe est plurium *) sensuum; nam primus *) sensus est qui habetur per literam 4), alius est qui habetur per significata per literam. Et primus dicitur | literalis, secundus vero allegoricus sive mysticus 5). Qui modus tractandi, ut melius pateat, | potest considerari in his °) versibus: “ In exitu Israel de Aegypto, domus Jacob de populo bar- baro, facta est Iudaea sanctificatio eius, Israel potestas eius ,. Nam si literam ?) solam inspi- | ciamus significatur nobis exitus filiorum Israel *) de Aegypto, tempore Moysis; si allegoriam °) Serie II. Tom. LVII, ‘ 3 18 GIUSEPPE BOFFITO nobis significatur ‘°) nostra redemptio facta per Christum; si moralem ‘) sensum, significatur nobis conversio animae de luctu et miseria peccati ad statum gratiae; si anagogicum ‘°), signi- ficatur exitus animae sanctae ‘*) ab huius corruptionis servitute ad aeternae ‘*) gloriae Îliber- tatem. Et quamvis 4°) isti sensus mystici variis ‘5) appellentur 4°) nominibus, generaliter omnes dici ‘) possunt allegorici, cum ‘°) sint a literali sive historiali diversi. Nam allegoria dicitur ab GMoîog 2°) craece !), quod in latinum dicitur alienum sive °°) diversum. 1) polisensuum M,BeBZ, e a FW; polysensum V; polysensus Bo; polysemum GMoS; polysemon Bò 2) plurimum S_ 3) alius MoSFs ‘) Vittera BZ, e s Be 3) MoSFy; moralis sive anagogicus G; sive moralis gli altri 5) istis M,MeBo 7) ad literam VMeBo 8) Isdrael M; 9) ad allegoriam VM,MeBo 10) significatur nobis V -04!) ad moralem VM,MeBo 1°) ad anagogicum VMMeBo; si analogicum Zi e » Be 13) sanctae deest in V 14) aeternam M,jVMeBoBZ, e » BeW, 15) guomodo WiM, e 3 BZ, e 3 BeF; quoriam MeTBò; quamquam MoSFz 1!) Deest in V 1) appellantur BZ, e è BeTGEW; 18) decipî BZ, e è Be ’9) cum VBZ; e » BeBo; quum gli altri?) aZleon VGMo; ab &MNoîog graece DT; ab &NNoîog graeco FW; aMnyopia graece Zi e s Be; Lacuna in Mj e è B; ab dMNov Bo ?4) Deest in Me 22) vel Me. $ 8. His visis, manifestum est quod duplex oportet esse subiectum, circa. quod currant alterni sensus. Et ideo videndum est de subiecto huius operis, prout ad literam accipitur, deinde de subiecto prout allegorice sententiatur '). Est ergo subiectum totius operis, literaliter tantum accepti, status animarum post mortem simpliciter sumptus; nam de illo et circa °) illum totius operis versatur processus 5). Si vero accipiatur 4) opus allegorice, subiectum. est homo prout merendo et demerendo ®) per arbitrii libertatem iustitiae praemiandi et puniendi ‘) obnoxius est. i 1) consideratur V. ?) circam Ms?) Nel M; a c. 3, si legge qui in margine: “ Annotatio in “ margine sine nomine auctoris. Si vero ete. Ex istis verbis colligere potes quod secundum allego- “ ricum sensum poeta agit de Inferno isto in quo peregrinando ut viatores mereri ed denfereri pos- “ sumus ,. Nel B. è inserita nel testo anche l'indicazione della nota, cioè le parole: “ Annotatio ete. “ auctoris ,. Z, e » e Be inseriscono senz'altro la nota marginale nel testo; cioè: “ Si vero ex istis etc. © possumus ,. Il B. ha però moreri 4) accipitur V 5) aut demerendo G 5) praemianti aut punienti GMoF,; praemianti aut puniendi S. $ 9. Forma vero est duplex, forma tractatus et forma tractandi. Forma tractatus est triplex secundum triplicem divisionem. Prima divisio est qua totum opus dividitur in tres canticas; secunda qua quaelibet cantica dividitur in cantus; tertia qua quilibet !) cantus dividitur in rhythmos *). Forma sive modus tractandi est poeticus, fictivus, descriptivus *), digressivus 4), transumptivus 5); et cum hoc definitivus °) divisivus, probativus, improbativus 7) et exemplorum positivus. 1) quaelibet F °) rAytmos TM, e » F; rithimos Mo; rAythmus S 3) et descriptivus VMe 4) Cancellato nel V_ 3) Deest in V; transitivus. T*) diffinitivus BMe ) probans, improbans Me. $ 10. Libri titulus est: “ Incipit Comoedia Dantis Allagherii ‘), fiorentini natione non moribus ,. Ad cuius notitiam sciendum est quod comoedia dicitur a comos villa et oda *) quod est cantus, unde comoedia quasi villanus cantus. Et est comoedia genus quoddam *) poeticae narrationis, ab omnibus aliis differens. Differt 4) ergo a tragoedia in materia per hoc quod tra- goedia in principio est °) admirabilis et °) quieta, in fine sive ”) exitu est *) foetida et ®) horri- bilis 4°); et dicitur propter hoc a tragos quod est hircus et oda !) quasi cantus hireinus idest foetidus ‘*) ad modum hìrci, ut patet per Senecam in suis tragoediis. Comoedia vero inchoat asperitatem alicuius rei, sed eius materia prospere terminatur, ut patet per Terentium in suis comoediis. Et hine consueverunt dictatores quidam in suis salutationibus dicere loco salutis L'EPISTOLA DI DANTE ALIGHIERI A CANGRANDE DELLA SCALA 19 “ tragicum principium et comicum finem ,. Similiter differunt in modo loquendi: elate et su- blime tragoedia; comoedia vero remisse et humiliter 4); sicut vault Horatius in sua Poetica /4), ubi licentiat ‘5) aliquando *) comicos ut tragoedos loqui et sic e converso: Interdum tamen et vocem comoedia *) tollit Iratusque Chremes tumido delitigat ore, Et tragicus plerumgue dolet sermone pedestri Di Telephus et Peleus etc. ‘8) Et per**) hoc patet quod comoedia dicitur praesens opus. Nam sì ad materiam respiciamus 7%) a principio horribilis et foetida est, quia Infernus °'), in fine prospera desiderabilis °°) et grata quia Paradisus. Si ©) ad modum loquendi remissus est modus et humilis, quia locutio °) ERA vulgaris in qua et mulierculae communicant. Et sic patet quare comoedia dicitur °°). Sunt et È alia genera narrationum poeticarum, scilicet °°) carmen bucolicum, elegia, satira et sententia È; votiva °”), ut etiam per Horatium patere potest in sua Poetica *); sed de istis ad praesens nil dicendum est. i 7 1) Aligherii Mo; Alagherii MeSFz 2) comus Mo; kwWur ...et WD DTF, e gs WjS 3) quodam Be 5) differet M, 3) est F 5) est in pr. V 7) seu VM>.Me 8) Deest in VW, 9) sive VMe _ 10) Deest in W, 11) tragus, ete. Mo; tpdros ete. Wdn TF es Wi; fragos et BONS 1) fedidus Ma 19) Rumiliter et remisse V 14) Poetria Me 1%) Zicentia BZ, e » Be 16) aliter BZ, e è BeFMie o W 11) comoediae — *) Deest Tel. et P. TMoSF: ‘) Desunt in Mes 2) despiciamus BZ; e è BeW, 24) fedida est qua M, °*) et desider. Me *) Deest M, e o VBMe *) Zoguutio TMoSW, ?°) Deest Et ...dicitur GMoSF;; Et ...quia, etc. Me 20) Deest V; sicut Me 27) votive Mg 33) Poetria Me. $ 11. Potest amodo ') patere quomodo assignandum sit subiectum partis oblatae. Nam si | totius operis literaliter sumpti sic est subiectum °) status animarum post mortem non contractus sed simpliciter #) acceptus, manifestum est quod hac in parte talis status est subiectum, sed ‘) | contractus, scilicet status animarum beatarum post mortem. Et si totius operis allegorice a sumpti subiectum est homo prout merendo et ?) demerendo per arbitrii libertatem est °) iustitiae | praemiandi et puniendi ”) obnoxius, manifestum est in hae parte hoc subiectum contrabhi 5), et | est homo prout merendo °) obnoxius est iustitiae praemiandi ‘°). 5) admodo VMe 2) Deest in V. partis etc. subiectum 9) impliciter B *) non Z, e è BeFT 5oel Me )etS 7) praemianti et punienti Z, e è Be; praemianti aut p. GMoSEy È) contrarii B Deest VBZ, e ° BeFTW.Me 10) praemianti Z, e è BeGMoSFy; praemiandi et puniendi MeT. $ 12. Et sic patet ‘) de forma partis per formam adsignatam *) totius. Nam si forma tractatus 4) patebit BZ, e è Be 2) obsignatam BZ, e Be) tamen Me *) VEW,Me; canticum et rhy- Ei, canticorum et rh. Z, e » Be; canticae et cantuum gli altri 5) propria prima divisio cum V; pro forma divisio T; forma divisio prima Me; pro firma divisio prima Mi, e » BZ; e a BeW,. Di. $ 18. Patet etiam libri titulus seu de libri titulo 4). Nam ?) titulus totius libri *) est “ In- cipit Comoedia , ‘) ete. ut supra °), titulus antem °) huius partis est °): “ Incipit cantica tertia Comoediae Dantis *) quae dicitur Paradisus ,. Be i) W,TGMoSF, e 3 deest seu d. lib. tit. 2) nam si GMoSFxz 3) titulus libri G *) Comoedia Dantis M> 5) M, e 3 TFMo; deest in BZ, e 3 BeV_ ') tantum G; titulum autem S_ 7) erit GMoF4y © *) Dantis ete. M,FBMeW,. i I $ 14. Inquisitis *) his tribus in ®) quibus variatur pars a toto, videndum est de aliis tribus 5) inquisitio B; inquisitus My 2) Deest in Me 3) nulla variatio V *) a toto et pp con un taglietto nel gambo dei p Me 5) videtur esse VGTMOSF:. 20 GIUSEPPE BOFFITO $ 15. Finis totius et partis esse posset !) multiplex *), scilicet *) propingquus et remotus. Sed ‘) omissa subtili investigatione, dicendum est breviter quod finis totius et partis est re- movere viventes in hac vita de statu miseriae et perducere ad statum felicitatis. 1) potest MoSFy *) et multiplex Miea 5) sed Me *) scilicet V. $ 16. Genus 4) philosophiae *) sub quo hic in toto et parte proceditur est morale negotium seu 3) ethica, quia non ad speculandum sed ad opus inventum 4) est totum *) et pars ®). Nam si et ”) in aliquo loco vel passu 8) pertractatur ®) ad modum speculativi negotii, hoc non est gratia speculativi negotii sed gratia operis; quia, ut ait !°) Philosophus in secundo Metaphy- sicorum 4), “ ad aliquid et nune ‘°) speculantur practici aliquando , 1°). 1) genus vero VIGMoSBoFz ?) philosophicae B 3) sive T&MoSMeFz *) incoeptum GMoSFx 3) et totum V 5%) TF,eg GMoSW, deest ‘)etsi GMoSF;Bo *) passim Me °) pertractamus VMe; iractamus Bo 10) quia ait M, e-9 1) Metaphysicae V; Metaphysices Me 12) et tune GMoSFz 13) aliquando etiam speculuntur practici V. > Alla parte dottrinale della Lettera, cioè al proemio generico dottrinale dell’opera che ha offerta a Cane nella prima parte, e che non è poi altro che la cantica teo- logale (sublimis) del Paradiso, l’autore si apre la via con un ragionamento che è agevole ridurre in forma schematica: Sicut res se habet ad esse sic se habet ad veritatem Quia veritas de re quae in veritate con- (éxaotov Us Èxer TOÙ eivar, OUTW Kai Tfc < sistit est similitudo perfecta rei àinoetag, Metaph. IL, c. 1, p. 486, | sicut est. ed. Didot). Atqui hoc opus se habet ad esse ut \ Nam eorum quae sunt quaedam sic sunt ut habeant dependens, sicut pars a toto esse absolutum in se, quaedam... ut habeant Ergo sic se habet ad veritatem | esse dependens... ut totum et pars ete. In altri termini, parliamo del tutto per lumeggiare la parte dell’opera ch’io t’ho offerta. E comincia infatti a parlare delle cosiddette periochie, ossia delle nozioni ge- nerali che si reputavano necessarie all’intelligenza d’un’opera dottrinale ($ 6), segui- tando poi a discorrere, per riguardo alla prima periochia, cioè al soggetto, dei varî sensi da attribuirsi a una scrittura ($ 7), e nei successivi $$ determinando il soggetto totale e parziale dell’opera presente ($$ 8 e 11), la forma ($$ 9 e 12), il titolo del libro ($$ 10 e 13), l'agente ($ 14), il fine ($ 15) e il genere di filosofia ($ 16). Pas- siamo brevemente in rassegna questi paragrafi. $ 5. Se la distinzione tra verità assolute e verità relative e precisamente l'esempio della relazione tra padre e figlio ricorda un luogo di Dante (De Mon. IN, c. 12, lin. 35-44, ed. Moore), ricorda anche, e meglio, varî passi di Averroè, di Avicenna e chissà di quanti altri filosofi: “ Relatio communior est reliquis omnibus praedi- camentis, quia invenitur in substantia, ut pater et filius, in quantitate ut duplum et; dimidium, in qualitate, ut similis et dissimilis, in ubi ut quae in loco circumseri- buntur esse, in quando ut prius et posterius , ecc. Av., Epith. Metaph., r. I, c. 169 v. Cfr. Avicen., Metaph., tr. 3, cap. 10, c. 83, Ven. 1508. L’absolutum e il relativum si trovan anche menzionati in S. Tommaso. Cfr. ad: es. Summa 1° 22°, q. 16, a. 4, p. 87 dell’ed. d. Opere, Venezia, XXI, 1755. Al passo della Metaf. aristotelica. che L'EPISTOLA DI DANTE ALIGHIERI A CANGRANDE DELLA SCALA 21 | serve di punto di partenza al ragionamento dell’autore dell’Epistola, l’Aquinate com- menta: “ Cum enim ita sit quod ea quae sunt aliis causa essendi sunt maxime vera, sequitur quod unumquodque sicut se habet ad hoc quod sit, ita etiam se habet ad hoc quod habeat veritatem. Ea enim quorum esse non semper eodem modo se habet; i mec veritas eorum semper manet. Et ea quorum esse habet causam etiam veritatis —causam habent. Et hoc ideo quia esse rei est causa vere existimationis quam mens | habet de re. Verum enim et falsum non est in rebus sed in mente, ut dicetur 6° huius , Metaph. Ar. col comm. di S. Tomm., Ven., 1540, c. 24 r. (1). È $ 6. Sul numero e l’ordine delle premesse o periochie ch’eran reputate necessarie 4 a sapersi prima di entrare in argomento, specie quando si trattava dell’esposizione di qualche opera (2), regnò sempre molta libertà tra gli scrittori, a cominciare da Ari- stotele, che sarebbe stato il primo a distinguerle. Per Aristotele come per Seneca sono quattro le cause: la materia, la forma, l’artefice, il proponimento (3). Cicerone nel De inventione, prima di esporre i precetti dell’oratoria discorre del genere di quest'arte, dell’ufficio, della materia, delle parti (4). Giunilio Afro distingue nella superficies dictionis della Sacra Scrittura: species dictionis, auctoritas, conscriptor, modus, ordo; e suddivide la species dictionis in storica, profetica, proverbiale o allegorica, e simpliciter docens (De partibus divinae legis, in Micene, 68, col. 15). Servio nell’Eneide (eit.) parla della vita del poeta, del titolo, della qualità dei versi, del numero dei libri, del commento. Pietro di Peckam nella Lumiere as Laîs, poema anglo-normanno della metà del sec. XII, parla, nel prologo, dell’autore, del titolo, della materia, della . forma, del fine. Alessandro Neckam e Giovanni di Garlande c’informano in capo ai loro trattati lessicografici dell’auctor, della materia, dell’ intentio, della causa e del- l’utilitas (5). Cecco d’Ascoli nel suo commento all’Alcabizzo enumera la causa mate- rialis, efficiens, formalis e finalis (6), ch'erano le quattre cause su cui S. Tommaso (7) MA (1) L'enunciato del principio risponde quasi a capello a quello che si legge nelle Propositiones seu Flosculi Aristotelis, Venetiis, per Jo. Patavinum et Venturinum de Ruffinellis, 1534, c. 99r: “ Unumquodque sicut se habet ad esse ita se habet ad veritatem ,. Invece in S. Tommaso (ed. cit. nel testo) e in Averroè suona: “ Unumquodque sicut se habet ut sit ita et ad veritatem ,: a che Averroè non aggiunge di commento nient'altro che: “ est igitur ens per se et verum per se ,. (2) Tanto che Guizzardo da Bologna e Castellano da Bassano accingendosi a commentare l’ Ece- rinîs del Mussato s'esprimono così: © In libri huius principio qui Ecerinis est, ut moris est com- © mentantibus, sex solita sunt dicenda, quippe causa efficiens, finalis, formalis, materialis, cui parti “ philosophiae supponatur et quis sit libri titulus , (Ediz. Padrin, Bologna, Zanichelli, 1900, pag. 78). 08 Torraca, l. cit., pag. 618. Meno a proposito mi sembra la citazione del Lider de doctrina dicendi ettacendi di Albertano da Brescia. (8) “ Triplex causa est. Dicunt, ut scis, Stoici nostri, duo esse in rerum natura ex quibus omnia © fiant: causam et materiam... Omnis ars imitatio est naturae; itaque quod de universo dicebam, © ad haec transfer quae ab homine facienda sunt... Ergo in statua materia aes fuit, causa artifex... “€ Causam Aristoteles putat tribus modis dici. Prima, inquit, causa est ipsà materia, sine qua nihil " potest effici; secunda opifex, tertia forma, quae unicuique operi imponitur, tanauam statuae, nam “ hanc Aristoteles idos vocat. Quarta quoque, inquit, his accedit, propositum totius operis ,. SENECAE, Epistolae, LXV, p. 111 delle Opere, Roma, 1585. (4) Opera, I, Genevae, 1743, pag. 6. (5) P. Meyer, Les mss. francais de Cambridge, in “ Romania ,, VIII, 327. La partizione era pure in uso nel volgare. Cfr. l’analisi data da F. Wolf del Doctrinal d'amour nelle “ Mem. d. Accad. di Vienna ,, cl. d. st. e fil., XIII, 178. (6) Cfr. “ Bibliofilia , dell’Olschki, disp. 11°-12* e a parte. Firenze, Olschki, pag. 5. (7) Cfr. l'Zndice tomistico, to. 27° delle Opere, ed. Ven., 1759, p. 141. bu 29 GIUSEPPE BOFFITO e gli Scolastici più insistevano; e lo stesso fanno anche, rispetto alla D. Commedia: Guido da Pisa, il Boccaccio, il Butense, Pietro, Jacopo della Lana, Benvenuto (1), Filippo Villani, ecc., aggiungendo inoltre, come avevan fatto i commentatori del- l’Ecerinis, la nominazione o titolo e la supposizione o il genere di filosofia. Questa edificante uniformità, la quale, si noti bene, persiste, come si può vedere dalla nostra Tabella d’Appendice, nella determinazione ulteriore della materia, della forma, del fine, ecc., venendo a combaciare spesso e volentieri con l’Epistola, non può a meno di far nascere più d’un sospetto sull’autenticità di questa, sospetto che quasi diventa certezza al vedere che tutti gli sforzi fatti sinora per provare la dipendenza dei commenti dall’Epist., o degli uni e dell'altra da una fonte più antica, non sono appro- dati a nulla di positivo (cfr. Giorn. stor., vol. 47, p. 364 sgg.). $ 7. Non poca discrepanza si nota pure negli autori antichi e medievali rispetto alla distinzione dei varî sensi da attribuirsi alle scritture. Se per San Tommaso questi sono due, storico o letterale e spirituale o mistico suddiviso in allegorico, morale e anagogico — Summa, q. i, art. 10, p. 9, t. 20, d. Op., Ven. 1755; q. 102, a. 1, p. 558; 1° 22°. q. 102, a. 2, p. 538 — In Ep. ad Gal., cap. 4 lec. 7 circa med,, t. VII, p. 58) — per S. Agostino sono quattro, storico, etiologico, analogico e alle- gorico — De utilit. credendi, c. 3, col. Hipitad0 od: Op., ediz. di Ven. 1766 — suddiviso l’allegorico in “ allegoriam bhistoriae, allegoriam facti, allegoriam sermonis “ et allegoriam sacramenti , — De vera religione, e. 50, col. 997 del t.I; due per Rabano Mauro, storico e spirituale suddistinto in allegorico, anagogico e tropologico (Enarratio in Ep. Pauli, in Mriene, P. L., vol. 112, col. 331); due per Ugone da San Vittore, storico ed allegorico suddistinto in allegorico semplice “ cum'per visi- “ bile factum invisibile declaratur , e anagogico (De Scripturis et scriptoribus sacris, cap. 3, col. 11-12 del vol. 175 d. Patr. del Miane); quattro per Ugone da Santo Caro: “ Allegoria: allo enim alienum, @9090s quasi ducens in alium sensum. Differunt enim “ historia, allegoria, tropologia, anagoge. Historia docet quid factum, tropologia quid “ faciendum, allegoria quid intelligendum, anagogia quid appetendum , Ep. ad Gal., cap. 4 nelle Opere, Ven. 1708, t. 7, c. 161; e quattro pure, cioè storico, allegorico, tropologico, anagogico, per Giovanni Cassiano (Collationes, XIV, 7; Micene, P. L., vol. 49, 962-63), per il Venerabile Guiberto (Liber quo ordine sermo fieri debeat, Ibid., vol. 156, col. 25-26), per Adamo Scoto (De tripartito tabernaculo, Ib., vol. 198, col. 630), per Valafrido Strabone (Z3., v. 113, col. 33) ecc.; ma tre per S. Bernardo, cioè sto- rico, mistico, morale (Sermones, Ib., 183, col. 714), per Isidoro (De fide cath. adv. Jud., lib. II, c. 20), per Alano de Insulis (Z0., vol. 220, col. 209), tre pure per Alcuino (15., vol. 101, col. 108, Confessio fideî attrib. ad Alc.), cioè lo storico, l’allegorico e talora il morale, e tre per l’ab. Godefrido, cioè il letterale, lo spirituale e l’intellet- tuale (Momiliae festivales, Ib., vol. 174, col. 199); e di nuovo due per S. Gregorio Magno (Super Cantica Cant., Ib., vol. 79, col. 473) e per Riccardo da San Vittore. (1) £ Praemissa commendatione communi tam poetriae quam nostri poetae nune consequenter | “ “ quarto quae utilitas, quinto cui parti philosophiae supponatur, sexto quis libri titulus ,. Ediz. Bar- bèra, I, 1887, p. 11 sge. est ad libri literam descendendum. Ad cuius clariorem intelligentiam quaedam evidentialia extrin- | “ secus praelibentur. Et primo quaeratur quis libri auctor, secundo quae materia, tertio quae intentio, | PW è RE o L'EPISTOLA DI DANTE ALIGHIERI A CANGRANDE DELLA SCALA 23 (vol. 196, 405-6, che ripete S. Gregorio quasi alla lettera), cioè il letterale e l’alle- | gorico o spirituale: “ Allegoria enim animae longe a Deo positae quasi quandam — “machinam facit ut per illam levetur ad Deum. Interpositis quippe aenigmatibus “ dum quoddam in verbis cognoscit quod suum est, in sensu verborum intelligit quod “mon suum est et per terrena verba separatur a terra. Sic est enim Scriptura Sacra “ in verbis et sensibus sicut pictura in coloribus et rebus, et nimis stultus est qui “ sic picturae coloribus inhaeret ut res quae pictae sunt ignoret... Quia nimirum sub |“ tegmine litterae spiritualis intelligentia cooperitur , (Cfr. anche di S. Gregorio M. — le Homiliae in Ezech., vol. 76 del Migne, col. 807); e due ancora, cioè letterale e alle- | gorico, per Cassiodoro e per S. Ilario (28., vol. 70, col. 1468; vol. 9°, col. 987), due A per S. Ambrogio, cioè mistico e morale (In Psal. 118, vol. 15°, 1851), e due per | S. Girolamo, cioè letterale e spirituale (Comm. in Ep. ad Gal., Ib., 26, col. 422). . Infine Giovanni Balbi da Genova, tenendo forse presenti due passi di Rabano Mauro | (Enarr. in ep. Pa., in Migne, 112, col. 331 e De universo, Ib., 111, col. 340) scrive nel suo Catholicon: “ Et scias quod Sacra Scriptura quatuor modis potest exponi ._“ scilicet historice, tropologyce, allegorice, anagogyce. Historia docet factum, tropologia |“ faciendum, allegoria credendum, anagogia appetendum; videlicet: Littera gesta docet, . “quid credas allegoria, moralis quid agas, quo tendas anagogia. Hec patent in hac __“ dietione Iherusalem. Historice enim est quedam civitas, tropologice est tipus anime i “ fidelis, allegorice figura Ecclesie militantis, anagogice tipum gerit Ecclesie trium- phantis. De allegoria eciam supra in quarta parte dixi in tractatu de tropis. Papia |“ sic dicit: Allegoria, misterium similitudo idest templum domini quod fecit Salomon | “ tatem et homines, ecclesiam, animam et patriam celestem significat ,. Onde si otrebbe così spiegare sino a un certo segno la differenza che corre tra l’Epistola Conv. JI, c. 1, cioè letterale, allegorico, morale e anagogico, duplice nell’ Ep., cioè etterale e allegorico o mistico suddiviso in allegorico, morale e anagogico. Ma fa pecie un’altra divergenza tra l’Ep. e il Conv. nella determinazione del senso ana- onv. diventa invece senso anagogico è dato come anagogico, tra gli altri, da Cas- x i (1) Cfr. “ Giorn. Stor. d. Lett. It. ,, vol. 47, pag. 365. (2) Cassronoro, Ezpos. in psalt. in Mione, t. 50, col. 811: “ Hic exitum illum debemus accipere “ quando nos a peccatorum vinculis contingit exire ,; Hueo, etc., 1. cit.: “ De Aegypto spirituali . scil, de peccato, quod dicitur Aegyptus, quia Aegyptus tenebrae interpretatur ,; Aucusr., Contra laustum, lib. 12, c. 28: Didicimus enim labores Christi in orbe gentium quem significabat Aegyptus, 10, Op., ed. ven. 1766, col. 289; ed Enarratio in Ps., XLIII, 15: “ Educendus populus de ista Aegypto saeculi, duce Christo apparente in gloria sua ,, pag. 497 del to. 5°. Isinoro, Quaest. in Test., In Exodum, in Miane, to. 83, col. 287: “ Primo omnium septuaginta animae cum Jacob intro- runt in Aegyptum. Septuaginta discipuli ad praedicandum verbum Dei totum mittuntur in * mundum. Aliter hae septuaginta animae quae in Aegyptum ingressae sunt, mystice in numero “ remissionis accipiuntur, scilicet ut huic saeculo quod per Aegiptum figurabatur, post tanta peccata 24 GIUSEPPE BOFFITO da S. Gregorio M., da Prospero d'Aquitania, da Tertulliano, da Pietro Lombardo, da S. Girolamo, ecc. In Ugone da San Vittore (1), in San Tommaso (2) e in altri l'etimologia di allegoria si trova già, non attinta certamente, come forse fece l’autore dell’Epist., alle Derivationes di Uguccione o al Catholicon (3) di fra Giovanni Balbi. Certo si è ad ogni modo che nell'antico esemplare dell’Epistola da cui derivano i due codici Magliabechiani (cfr. $ 22), l'etimologia, come si può con probabilità argomentare dalla lacuna ivi lasciata dal copista, era data in lettere greche; e quindi l'antico esemplare, in cui tanta fiducia riponevano alcuni sostenitori del- l'autenticità risica di ringiovanire di circa un secolo. Un’osservazione del Borgognoni che è rimasta sinora, ch'io mi sappia, senza risposta, si è che Dante scrivendo a. Cane, non avrebbe dovuto limitarsi a ricercare della sua opera l’intendimento morale, di che forse a Cane poco doveva importare, ma anche e sovratutto l’in- tendimento politico. Dal confronto dei varî sensi attribuiti al versetto In ewitu dal- l’autore dell’Ep. e dal Boccaccio il Vandelli col solito acume inferisce (p. 156, n. 2} che il Boccaccio aveva sott’occhio l’Ep. quando scriveva la lezione 5% del suo com- mento. Non lo credo. Sarebbe bastato che avesse sott'occhio qualche Santo Padre o qualche scrittore ecclesiastico in cui, non ne dubitiamo punto, dovean esser regi- strati quei precisi sensi dell’Ep., prima ancora di passare nell’Ep. e nel commento boccaccesco. Neppure crederei che si debba concedere all’Ep. la precedenza sui com- menti (VANDELLI, p. 152, in nota) perchè essa s’apre la via a trattare del subdiectum con una esposizione della teorica dei quattro sensi, il che non fanno Guido da Pisa, “ et sacrilegia donaretur remissio peccatorum. Aegyptus enim hi mundus esse figuraliter multis “ prophetarum vocibus approbatur ,. Lo stesso a un di presso Rasano Mauro, Comm. in Ez., to. 108 del Migne, col. 11. Cfr. anche per Rabano l'Expositio super Jer., to. 111, col. 889, il De Universo, Ib., col. 342, le Enarrationes in Ep. P., to. 112, col. 331 e anche col. 915. S. Grecorio M., In pr. Regum Exposît. in Mrene, to. 79, col. 409: © Aegipti quidem nomine huius mundi tenebrae desi- “ gnantur. Israel autem de Aegipto ascendit quia electi omnes dum sancte vivendo proficiunt ad “ supernam patriam pertingere conantur ,. Cfr. anche col. 187. Prospero Aq., Ps. Expos., to. 5, col. 326: “ Aeg. saepe in figura totius saeculi sumitur a quo spiritaliter recedendum est... Exisse de Aeg. “cum huic saeculo renuntiaverunt ,. Tertun., De spectaculis c. 3, Ib., to. I, col. 635: “ Omnis gens “ peccatrix vocatur Aegiptus et Aethiopia ,. Prerro Lome., Comm. in Ps., Ps. 113, Migne, to. 191, col. 1019: “ Per Aegiptum vero quae interpretatur afflictio, intelligitur saeculum. Sicut ergo populus “ ille cum exiret de Aegipto sanctificatus et potens factus est in Judaea, ita christianos exeuntes “ de peccatis sanctificat confessio ,, S. GrroLamo, Brev. in Ps., sal. 113, to. 26 del Mriewe, col. 1173: “ Iste psalmus secundum historiam commemorat quando filii Israel exierunt de Aegipto, sed plus “ pertinet ad sensum quando nos liberati fumus de Aegipto, hoc est de tenebris ignorantiae pec- “ catorum nostrorum per baptismum , etc. (1) © Allegoria... quasi alieniloquium, quia aliud dicitur et altud significatur ,, ID. (2) © Allegoria dicitur ab @//0s, quod est alienum et goge ductio, quasi in alienum intellectum ducens n: In Ep. ad Gal., l. e pag. cit. (3) “ Allegoria est tropus quo aliud significatur quam dicitur... Et dicitur ab a/leon quod est “ alienum et Zogos quod est sermo vel gore quod est dicere, unde allegoria idest alieniloquium ,- Così nel Catholicon, non diversamente da Uguccione (cfr. P. Tornsre, Dante's obligations to the Magnae derivationes of Ug. da Pisa in “ Romania ,, 26, pp. 546. Io dubito però che l’autore dell'Ep. s'avva- lesse delle Derivationes dove troviamo le forme polissenos, polissenus e polixenus-“ id est, plurium ‘“ sensuum vel significationum , ed esclusa invece la forma polyremus che è proprio la più corretta e quella a cui sembra aver egli data la preferenza: “ Invenitur quandoque et polixzemus in eodem: “ sensu sed littera corrupta est ,. Servio usa la parola po/ysemus nel senso di loquace, Aen., I, 1: “ Cano polysemus sermo est ,. — Anche a proposito di polisemos, il Tommaseo finisce per adottare: la lez. Giuliani. ; i . À È L’EPISTOLA DI DANTE ALIGHIERI A CANGRANDE DELLA SCALA 25 Jacopo della Lana e il Boccaccio. Si dimentica così che l’allegoria era talmente connaturata alle menti medievali che discorrerne di proposito, senza ragione evidente, poteva parere superfluo. E un’altra cosa si dimentica, che cioè uno può esser detto falsificatore per il semplice fatto d’aver voluto all’ultimo momento far passare ai posteri qualche suo scritto col nome, poniamo, di Dante senza che egli avesse dap- prima l’intenzione di esser falsario. Domandare, come il Vandelli fa, “ posto che le cose stessero come in Jacopo, in Guido e nel Boccaccio, avrebbe forse un falsario | potuto pensare a raccogliere in una le due trattazioni? , è un supporre una deliberata È e cosciente falsificazione ch'io reputo in questo caso, come pure per la Quaestio, da escludere assolutamente. Senza ricorrere a quei commenti, anzi senza neppur quasi cono- i scerli, poteva ben uno, che non fosse stato del tutto disaccorto espositore, accostare al 4 subiectum la trattazione dei variî significati soliti ad attribuirsi a un’opera e che tutti andavano ricercando nelle Sacre Scritture. Cessa quindi anche la maraviglia del Torraca, il quale scrive: “ La pagina del Boccaccio (intorno ai sensi) somiglia molto “ al $ dell’Ep., ma quella ha minor chiarezza, questa maggiore. Il falsario s’attenne “ all’antico commento con maggior diligenza, bevve alla fonte comune con maggior * attenzione? Ma perchè.il Boccaccio e l’Ep. indagano tutti e quattro i sensi del “ versetto In eritu e Jacopo ficca a forza i primi tre nel personaggio dantesco di _ “ Minosse? Non si abbeverò Jacopo alla stessa fonte? E Pietro come gli saltò in “ capo di esporre i quattro sensi della parola Hierusalem? , (1). $ 8. Alla frase “ obnoxius iustitiae , il Moore (p. 335) trova un riscontro nel- 4 VEp. V, c. 8 fin., ma se ne possono trovare altri riscontri in S. Tommaso Summa 22 22€, I q. 87, a. 2 ad 4%; In tertium lib. Distinc. 9, q. 2, 3,7, ecc. — Non c'è ragione, come gia notò il Tommaseo, di scostarsi dalla lezione justitiae praemiandi, che non sarà | classico, ma non per questo è men chiaro (2). $ 9. Più brevemente Benvenuto: “ Forma istius libri est duplex: scilicet forma “ tractatus et forma tractandi. Forma tractatus est compositio rhytmica, suavitate . “ eloquentiae et gravitate sententiae condita. Forma tractandi est modus agendi et | “ ordo quem servat qui est multiplex, scilicet diffinitivus, divisivus, probativus et — * exemplorum positivus. Diffinitivus, quia saepe diffinit: diffinit enim fidem, spem et . ita de multis. Divisivus, quia dividit Infernum per circulos, Purgatorium per gradus, _“ Paradisum per sphaeras, et ita de multis. Probativus, quia saepe probat dicta sua |“ rationibus et persuasionibus; improbativus, quia saepe probat dicta aliorum, ut saepe “ patet. Exemplorum positivus, ut patet per totum , (Op. cit., p. 11). La parola rhytmus sia che s’intenda per versi sia che per ferzine, sembra, come ebbe già ad ‘osservare il D’Ovidio (p. 464) d’uso disforme da quello di Dante che l’adopera per rima costantemente nel De V. El., o largamente per poesia rimata (Conv. IV, c. 2, lin. 106 sgg.; I, c. 10, lin. 88) o per poesia (Inf. XIII, 48). Per verso l’Alighieri dice verso (Conv. TI, 2, lin. 60; De V. El. II, c. 1, lin. 17) o carmen nel De V. El. Se il da Buti, il Boccaccio e il Villani diedero alla parola ritmo il valore di terzina non è provato che gliel’abbia anche dato l’Alighieri. Il ritmo si trova definito nei trattati (1) Gli è che Pietro trovava l’esempio già bell'e pronto in Giovanni da Genpva, come rilevò il Vandelli (pag. 156, nota 2) o in Rabano Mauro, come aggiungo io (op. cit., 1. cit.). | (2) Nuovi Studi su Dante, Torino, Artigianelli, 1865, p. 321 sgg. Serie II. Tom. LVII. : 4 26 GIUSEPPE BOFFITO medievali così: “ Rithmus (o rithimus, come anche si diceva, ed ugualmente bene) (1) “ est consonans paritas sillabarum sub certo numero comprehensarum , (2) ed era preso ora nel senso di verso o intera frase ritmica, specialmente nelle Artes rithmandi, ora nel senso di rima, sovratutto nelle Artes erametri (3). Quanto ai modi tractandi non c'è dubbio che con essi voglia l’autore riferirsi ai diversi generi retorici e ai vari schemata lexeos e dianoeas, pei quali si possono vedere, fra l’altro, i Rhetores latini minores ed. dall’Halm, Lipsia, 1863, pp. 54, 73, 202 sgg., 485 sgg., 403, 552, ecc. In particolare il modus transumptivus, che il Tommaseo (Op. cit., 1. cit.) avrebbe voluto prendere nel senso di “ condensare, senza costringere, il. molto in poco , contrapponendolo al m. digressivus, potrebbe invece rispondere alla ueTdoTaGIS 0 ueraBacig enumerato da Giulio Rufiniano (Rhet. cit., p. 54) tra gli sche- mata lexeos, e il m. digressivus all’epanolepsis di Isidoro (10., p. 521 e Orig. lib. 29). Questa terminologia adottata per dichiarare il modus tractandi era quella che soleva adoperarsi dai commentatori (Cfr. l’ed. cit. del Commento di C. d’ Ascoli all’Alcabizzo). $ 10. Dire che tra questo paragrafo e De Vulg. El. II, c. 4, lin. 38 sgg.; Cono. I, c. 10-12, ecc., v'ha contraddizione è forse un po’ troppo, ma una certa discrepanza c'è e ci rimane nonostante l’ingegno che ci han profuso attorno il Torraca, il Van- delli e il Moore. In ispecie togliere ogni idea di sfregio all'espressione in qua et mulierculae communicant è impossibile, e tutti i passi genuini danteschi che -si citano a riscontro (De V. El. I, c. 1, lin. 6; c. 1, lin. 21, ecc.) non fanno al proposito, perchè ‘vi si parla di donne e di bambini, non di femminette; ad eccezione forse -di quello di Egl. I, lin. 52-54 dove un certo spregio si sente in quel trita e in quel Zadello, ma proveniente da Giovanni del Virgilio. Le etimologie poi di commedia e tragedia saranno ricavate, come tentò di dimostrare il Toynbee (Romania, 26, p. 542), dalle Derivationes di Uguccione; ma fa male il Moore a trarne la conseguenza che un plagiario non avrebbe potuto essere così accorto da ricorrere a questa oscura fonte dantesca. Bisognerebbe prima esser sicuri che le ovvie etimologie offerte dall’Ep. non possano provenire che dalle Derivationes di Uguccione; mentre etimologie consimili o addirittura identiche forniscono per tragedia Orazio (De arte poet. 220), Virgilio (Georg. II, 382; Egl. IL, 20) e Servio, e per commedia Festo, Varrone, Paolo Diacono (cfr. ForceLLINI, ed. Corradini, Padova, 1865 ad verd.), e per l'una e per l’altra l’ano- nimo commentatore Einsidlense di Donato (4), Isidoro (2tym. in Migne, vol. 82, col. 308), Vincenzo di Beauvais (Spec. II, lib. III, c. 110, c. 537 d. ed. veneta del 1591; V. anche il Glossario iniziale a c. 9r e 15»), il quale offre pure l’etimologia di Zirica a potu lirin che è poi quella medesima che si trova in Guido da Pisa (5), e Gio- (1) Ofr. P. Rasna, De vulg. elog. Firenze, 1896, p. cuxxxvir. (2) Cfr. G. Mari, I trattati medievali di ritmica latina, Milano, Hoepli, 1899, p. 11. (3) In., Ritmo latino e terminologia ritmica medioevale, negli “ Studi di filol. romanza ,, vol. VII — Torino, Loescher, 1901, p. 47. | i i (4) ©“ Comoedia autem dicitur a graeco quod est comos et ode; comos enim graece villa, ode “ cantus dicitur, inde comoedia carmen villanum de vilibus et inanibus rebus compositum. Tragos “ graece hircus; inde tragoedia ,. Grammatici latini ex rec. H. Keilii, vol. IV, p. 401. SR (5) Proveniente da Isidoro, come congettura il Vandelli, il quale osserva: “Im « potulirin si | nasconde senza dubbio un dmo toò e un’altra parola greca che non saprei identificare, data la inter- | pretazione che ne segue “ varietate carminum ,. Nel lessico di Giovanni da Genova trovo: “ lirin i L’EPISTOLA DI DANTE ALIGHIERI A CANGRANDE DELLA SCALA 27 vanni Balbi nel Catholicon (1). Da ultimo la citazione ut patet per Terentium in suis comoediîis, su cui a ragione insistettero il D’Ovidio e lo Scherillo, potrebbesi forse a rigor di termine e assolutamente parlando, intendersi d’una conoscenza superficiale e indiretta delle commedie di Terenzio, ma nessuno potrà mai persuaderci che meglio non s'intenda d'una conoscenza diretta e a tutti comune delle commedie terenziane. Se le tragedie di Seneca eran note ai tempi di Dante, come pone in chiaro il Tor- raca e se Dante stesso ne aveva notizia, come non si stenterà ad ammettere dopo Yarticolo del Toynbee su Seneca morale inserito nel Giorn. Stor., 35, 334, parrebbe dall’Ep. — che si serve, si noti bene, della medesima forma di citazione che per Seneca (ut patet per Senecam in suis tragoediis) — che eziandio delle commedie di Terenzio Dante e i suoi contemporanei dovessero avere piena e diretta conoscenza, quella conoscenza cioè che allora non si aveva nè si poteva avere. Delle commedie di Terenzio s'era perduto talmente la memoria da scambiarle con le favole esopiane (cfr. il cit. Spec. majus, IL, lib. 3, cap. 113, c. 53 0). . Guido da Pisa aveva egli sott'occhio questo paragrafo dell’Ep.? Non pare al Vandelli, perchè omette l’accenno all’rumilis modus loquendi; ma se egli si trovava a ciò obbligato, come nota il Vandelli stesso, dall'avere tra i fini della Commedia messo anche questo “ ut discant homines ornate et polite loqui ,, è spiegabile come, pure avendolo sott'occhio, lasciasse d’accennarvi. E se fa delle aggiunte e cita Isidoro, non è detto che uno scrittore, pur tenendone sott'occhio un altro e seguendolo, non | possa permettersi di fare sfoggio della sua particolare erudizione pescata magari | in altri libri che tiene ugualmente davanti. Non insistiamo sulla voce Poetica che nella Vita Nuova, nel Convivio, nel De V. EI. è sempre chiamata, come già notò il D’Ovidio, Poetria, e fu arbitrio del Corbinelli il mutarla in Poetica nel trattato latino, come avvertì il Rajna. È vero che un codice, il Mediceo, ha anch'esso Poetria, ma dev'essere una variante introdotta da un copista che aveva nell’orecchio la Poetria dantesca. — Per Sententia votiva cfr. OrAZIO, Arte poet., v. 76). Al Tommaseo suonava strano, ma finiva coll’accomodarsi all’ interpretazione “ graece, latine diversitas vel varietas ,; e in Papia: “ Lyrici poete dicti apotoylyriN (sic) id est a “ varietate carminum ,. Nel Glossario di Vincenzo di Beauvais, II, c. 11 0, si legge: “ Lyrici poetae “ dicti a varietate carminum. Unde litura caementum, et lyra a liniendo dicta ,. (1) “ Comedia oda quod est cantus vel laus componitur cum comos quod est villa et dicitur hoc . “ comedia id est villanus cantus vel villana laus, quia tractat de rebus rusticanis et affinis cotti- “ diane locucioni quia circa villas fiebat et recitabatur. Vel dicitur comedia a comesacione. Solebant “ enim post cibum homines ad audiendum eam convenire. Et differt a tragedia sicut in tragedia |“ dicetur. Papia autem sic dicit. Comedia est que res privatàrum et bumilium personarum compre- LS: hendit, non tam alto stilo ut tragedia sed mediocri et dulci, que sepe eciam de historica fide et | “de gravibus personis tractat. Item dicit Papia: Comedi dicti quia prius post comessaciones ad eos — “ andiendos venire solebant homines , ete. “ Tragedia Oda quod est cantus vel laus componitur cum #ragos quod est hireus, et dicitur hec _ “ tragedia -ae idest hircina laus vel hircinus cantus idest fetidus. Est enim de crudelissimis rebus, |‘ sicut qui patrem vel matrem interficit, vel comedit filium vel e converso, vel huiusmodi unde et “ tragedo dabatur hircus scilicet animal fetidum, non quod non haberet aliud dignum premium sed “ad fetorem materie designandum ete. Differunt tragedia et comedia, quia comedia privatorum | “ hominum continet facta, tragedia regum et magnatum; item comedia humili stilo describitur, tra- “ gedia alto; item comedia a tristibus incipit sed cum letis desinit, tragedia e contrario; unde in “ salutatione solemus mittere et aptare tragicum principium et comicum finem , ete. 28 y GIUSEPPE BOFFITO data dal Giuliani che ci vedeva indicata la lirica (Nuovi Studi su D., Torino, 1865, pag. 321). $ 16. Il Vandelli e prima di lui il Rocca dal totum et pars che si trova nel passo corrispondente di Guido da Pisa inferirono che questi ebbe qui sott'occhio l’Epistola. “ Se si osserva bene, così il Rocca, la distinzione totum et pars qui non ha senso, “ perchè nel proemio si parla solo del poema in generale, ma si spiega molto facil- “ mente quando si ammetta che il commentatore copiava dalla Epistola a Cangrande, “ nella quale la distinzione ha tutta la ragione d'essere, perchè l’autore parla del «“ Paradiso in particolare, oltrechè della Commedia in generale , (cfr. Bull. d. Soc. Dant. It., N. S., IV, p. 93). Ma a me veramente non pare che tfotum et pars qui non abbiano senso, trattandosi di concetti relativi, come ci ricorda l’autore stesso dell’Ep. nel $ 5 (Vedi il $ e cfr. coi passi citati di Averroè e di altri), i quali perciò spesso si trovano senza ragione evidente accoppiati. — Che poi il Boccaccio avesse sott'occhio il testo dell’Epistola o quello di Guido da Pisa o un altro qualsiasi è indifferente per noi. Questo: sembra certo, che egli cioè traduce, poichè non capisce, a quanto pare, la parola opus, la quale, assai meglio che nel De Mon. I, c. 3; c. 2, lin. 30 citato dal Giuliani e dal Moore riceve lume dall’aristotelico — Bewpntuis uÈv Yàp Téiog dinoera, mpaxtikig d éprov (Metaph. I, c. 1, p. 486 ed. cit.) che si legge una riga più su del passo citato nella chiusa del $ che nel testo greco suona così: . TPÒS TI Kal vÙv dewpodoiy oî TPpaxtikoi, - III — Commento. $ 17. His itaque praemissis, ad expositionem literae secundum quandam praelibationem accedendum est !). Circa quod praesciendum est *) quod expositio literae nil * aliud est quam formae operis manifestatio. Dividitur ergo ista pars seu ista tertia 4) cantica, quae Paradisus dicitur, principaliter in duas partes, scilicet in prologum et partem executivam *). Pars secunda incipit ibi quasi in medio primi *): “ Surgit mortalibus per diversas fauces ,. 1) accendendum S 2) Così il solo V; quod de expositione literae M, e > BZ, e è BeFW,; et ad illud pronunciandum; at illud praenunciandum GMoFs; ad illud praen. S; et illud pron. Me 3) nichil Me 4) seu tertia MeTGMoSFx 3) excusativam BZ, e » Be 5) ibi quasi in medio primi MeTV; ibi sol- tanto, tutti gli altri. $ 18. De parte prima est sciendum ‘) quod quamvis communi ratione posset exordium dici ?), proprie autem loquendo non debet dici °) nisi prologus; quod Philosophus ‘) in tertio °) Rhetoricorum videtur innuere, ubi dicit quod prooemium est in °) oratione rhetorica sicut pro- logus in poetica et praeludium in fistulatione ”). Est etiam praenotandum quod praenunciatio 5). ista quae communiter exordium dici potest, aliter fit a poetis, aliter ®) a rhetoribus. Rhetores enim consuevere ‘°) praelibare dicenda ut animum comparent auditoris; sed poetae non solum hoc faciunt, quinimmo post haec invocationem quandam emittunt. Et hoc est eis conveniens, quia ‘) multa invocatione opus **) est eis, cum ‘) aliquid contra *') communem modum hominum a superioribus substantiis petendum sit‘) quasi divinum quoddam munus. Ergo praesens prologus ‘*) dividitur in partes duas: in ‘”) prima praemittitur quid dicendum sit, L'EPISTOLA DI DANTE ALIGHIERI A CANGRANDE DELLA SCALA 29 in secunda invocatur Apollo; et incipit secunda pars ibi: “0 bone Apollo, ad ultimum la- borem , etc. 4). 1) sciendum est VBZ, e $ BeFW, 2) dici ex. VBZ, e $ BeFM,W,; dici posset ea. Me 3) dici debet Me‘) philosphus G*) secundo M, e» BZ, e » Be; quod in primo Rhetorite vid. inn. Phil. V 5) est principium in GMoSFx 1) festinatione BZ, e » Be *) praeiuratio M, e 3; praeviatio BZ, e 3 BeFW,; deviatio V. Il W, preferirebbe di leggere praefatio 9) aliter fit VBZ, e s Be 10) conces- sere MiVM, 1!) qua Me 1°) Deest in V !5) guae ceu V; quae cum Me 14) supra: GMoSFgz 15) est VM5BZ, e è BeMe 16) quia in M, e , BZ, e s BeFW, 17) opus Mi eo 18) Deest MeVW,. $ 19. Propter primam partem notandum quod ad bene exordiendum tria requiruntar, ut dicit Tullius in Nova Rhetorica, scilicet ut benevolum et attentum 4) et docilem reddat aliquis auditorem, et hoc maxime in admirabili genere causae, ut ipsemet ?) Tullius dicit. Cum 5) ergo materia circa quam versatur praesens ‘“) tractatus sit admirabilis, et propterea *) ad admi- rabile reducenda, ista tria intenduntur in principio exordii sive prologi. Nam dicit se dicturum ea quae qui ®) vidit in primo coelo retinere potuit ”). In quo dicto omnia illa tria comprehen- duntur: nam in utilitate *) dicendorum benevolentia paratur; in admirabilitate °) attentio; in possibilitate docilitas. Utilitatem innuit cum ‘°) recitaturum se dicit ea quae maxime ‘) allec- tiva sunt desideri humani, scilicet gaudia paradisi. Admirabilitatem tangit, cum promittit se tam ardua, tam sublimia dicere, scilicet conditiones regni coelestis. Possibilitatem ostendit cum dicit se dicturum quae ‘) mente retinere potuit, si enim ipse ‘) et alii poterunt. Haec omnia tanguntur in verbis illis ubi dicit se fuisse in primo coelo et quod dicere vult de regno coelesti quidquid ') in mente sua quasi thesaurum potuit retinere. Viso igitur de bonitate ac perfectione primae partis 5) prologi, ad literam accedatur. i 1) benevolum attentum M5BZ, e » BeF °*) ipse FW, *) Cum VMe; quum gli altri *) primus Me 5) et propterea M5BZ, e » BeFMeVW,; senza et gli altri 5) ex dis quae vidit GMoSFy 1) retinere ‘non potuît VM;BZ, e » Be; quae quae vidit ret. non pot. in primo coelo VMe 8%) utilitatem B °) admi- __ratione Me 10) cum VMe; quam Wi; quum gli altri 11) quae maxima M,BBe 12) dieturum | quae VBZ, e BeMe; d. ea quae gli altri 13) homo ipse MeTV 1!) quiequid BZ, e Be !) parti | BBeZjes. S 20. Dicit ergo *) quod gloria primi Motoris qui Deus est in omnibus partibus universi resplendet, sed ita ut in aliqua parte ?) magis et in *) aliqua minus. Quod autem ubique re- splendeat, ratio et auctoritas manifestat. Ratio sic. Omne quod est aut ‘) habet esse a se, aut ab alio ?). Sed constat quod habere esse a se non convenit nisi uni, scilicet primo seu principio qui Deus est, quum 5) habere esse non ”) arguat per se necesse esse *) et per se necesse esse non competat nisi uni, scilicet primo seu principio °), quod est causa omnium ‘°); ergo omnia quae sunt, praeter unum ipsum ‘), habent esse ab alio !°). Si ergo ‘*) accipiatur ultimum in universo, vel quodcumque #), manifestum est quod id habet esse ab aliquo ‘*). Et illud a quo | habet, a se vel ab aliquo habet ‘). Si a se, sic est primum; si ab aliquo ‘’) et illud similiter vel a se vel ab aliquo ‘5). Et esset sic ‘°) procedere in infinitum in causis agentibus, ut pro- — batur in tertio °°) Metaphysicorum. Et sic erit °!) devenire ad primum qui Deus est. Et sic | mediate vel immediate, omne quod est ?*) habet esse ab eo; quia ex eo quod causa °5) secunda | recipit ?*) a prima, influit super causatum ad modum recipientis et respuentis °5) radium; - propter quod causa prima est magis causa °5). Et hoc ?”) dicitur in libro De causis: “ Quod °8) | omnis causa primaria plus influit super suum °°) causatum quam causa universalis secunda ,. Sed hoc quantum ad esse. 4 i) igitur V.?) MBZ, eg BeFW, deest — °) magis in VBZ e » BeF 4) ut B 5) ab alios _BZ,es °) et quum VM,e3GSMo;es 7) Deest Me *) arguat per se non necesse est M, e 3 B; | mecesse est Zy e > Be °) Im V. deest gui Deus est usque principio 10) ominum G@ 11) praeter ipsum M, e » VBZ e 3 BeFW,; pr. unum Me 2) aliis VTBZ, e 0 BeFMeWi !) enim Mog !) non 90 GIUSEPPE BOFFITO quodeumque M, e > VBBeZ, e > Me 15) ab alio @ 1°) Deest M, e 3 BZ e 0 BeFMeVW, 1) alio G 18) alio G; aliquo et est naturaliter M, e » BBeZi e > Me 19) sic esset V 20) secundo GMoSFz 21) V; Quod quum sit impossibile, erit EfGMoS; Metaphysicorum erit ete. M, e > BBeZ, e FTMeW, 22) quod habet BBeZ; e a; quod habet esse VMe 23) qusa Z, 29 2) recipit VBZ, e $ BeFWyMe; recepîit gli altri ?) respicientis W,M, e a VBBeZi e a FMe; rejicientis T_?%) causa prima magis VMe 27) Et propter hoc G *) G deest 29) tuum B. $ 21. Quantum vero ad essentiam, probo sic. Omnis essentia, praeter primam, est causata; aliter !) essent °) plura quae 5) essent ‘) per se necesse 5): quod est impossibile. Quod *) cau- satum est ”), vel a natura 5), vel ab intellectu °); et quod ‘°) a natura est !), per consequens causatum est ab intellectu, cum natura sit opus intelligentiae. Omne ergo ‘°) quod est cau- satum, est ‘) causatum !) ab aliquo intellectu 4°) mediate ‘°) vel immediate. Cum ergo virtus sequatur essentiam cuius est virtus, si essentia sit intellectiva, virtus tota !) est unius quae #8) causat. Et sic quemadmodum prius devenire ‘°) erat ad primam causam ipsius esse, sie nunc essentiae et virtutis. Propter °°) quod patet quod omnis essentia et virtus procedat ?!) a prima et intelligentiae inferiores recipiant quasi a radiante et reddant radios superioris ad suum in- ferius ad modum speculorum. Quod satis aperte tangere videtur °°) Dionysius de coelesti hie- rarchia loquens. Et propter hoc dicitur in libro De causis quod omnis intelligentia est plena formis. Patet ergo quomodo ratio manifestat divinum lumen, id est divinam bonitatem sapien- tiam et virtutem resplendere ubique. i 1) alias VMe 3) esse M\B 3) qua B *) esse Mo 5) necesse est M3B; necesse esse VMe 5) quia M; e è VBZ e » Be; quia causata vel Me 7) Deest VM> 3) natura est MoFgS D) quum natura sit opus intelligentiue Omne ergo ete. BZ, e » Be; et quia natura est opus intelligentiae omne quod est causatum est ab aliquo, ete. FW, 1‘) quo My eos. !') Deest in VMe 2) Deest W, 19) Deest in BMe *) Deest Me ‘) Im V. desunt verba quum natura sit opus ..-intellectu *) vel mediate Me 11) si essentia intellectiva est tota et unius MeM, e è BV; si ess. sit int. est tota et unius BeZy e o FWy 18) quo MeB; quod Z; e a Be 19) devenivet B; priusquam deveniret BeZy eg ?9) per VW ?!) pro- | cedit MeVBZ, e » Be 22) viditur B. $ 22. Similiter etiam ac scientia ‘) facit auctoritas. Dicit enim Spiritus Sanctus per Hie- remiam: “ Numquid non *) coelum et terram ego impleo? , *) et in Psalmo ‘): “ Quo ibo a. spiritu tuo??) et quo a facie tua fugiam? Si ascendero in coelum tu illic es, si discendero in infernum ades. Si sumpsero pennas meas , ®) etc. Et Sapientia dicit 7) quod “ Spiritus Do- mini 5) replevit orbem terrarum , et Ecelesiast. °) quadragesimo sécundo: “ Gloria Domini plenum est opus eius ,‘°). Quod etiam scriptura paganorum contestatur; nam !) Lucanus in nono: “ Juppiter est quodcumque vides quocumque ‘) moveris ,. 1) MeM, e è VB scientius °) Desunt in VBBeZ, e 3 FMeW, *) impledbo S_*) psalmo CXKXXVIII V 5) Deest in Wi %) Si ...meas deest BeZi es 7) dicitur M. *) Domino B_*) Ecclesiastici M eg BZ, e è BFW,; Ecclesiasticus in Moz; Ecelesiastes gli altri codd. e edd. 10) Nel M, si legge qui in margine di carta 60: Adnotatio in margine antiqui exemplaris huius epistolae: — Planius © Valerius Serranus, alias Soranus, Juppiter Omnipotens rerum regumque rector Progenitor genitrizque “ Deum, Deus unum et idem ,. Il che si trova anche riferito nel testo, con qualche errore di stampa, dal B 11) unde VMe; cum B 1°) quodcumque EMeW,. $ 28. Bene ergo dictum est, cum dicit quod divinus ‘) radius, seu ?) divina gloria per universum penetrat et resplendet: penetrat quantum ad essentiam, resplendet *) quantum ad esse. Quod autem subiicit ‘) de magis et minus habet veritatem *) in manifesto, quoniam vi- demus aliquid in excellentiori gradu esse, aliquid *) vero in inferiori, ut patet de coelo et ele- mentis, quorum quidem illud incorruptibile, illa vero corruptibilia sunt. ') dictum quod M, e FW; dictum quod dicimus: Radius seu etc. BZ, e > Be 2) sive VMe 3) penetrat ...rvesplendet desunt in VW *) subîici M eo 3) de veritate BZ; e » Be 5) videmus in aliquo ewcellentiori gradu essentiam aliguam VMsMe; videmus in aliquo'...aliqua vero Mi; vid. in al. esc. gr. esse etium aliquam aliquid ete. B. L’EPISTOLA DI DANTE ALIGHIERI A CANGRANDE DELLA SCALA Si $ 24. Et postquam ‘) praemisit hanc veritatem, prosequitur ab ® ea cireumloquens para- disum, et dicit quod fuit in coelo illo quod de gloria Dei *), sive de luce, recipit affluentius. Propter quod sciendum quod illud coelum ‘) est coelum supremum continens corpora universa ‘ et a nullo contentum, intra quod omnia corpora 5) moventur, ipso in prima °) sempiterna quiete permanente °), a #) nulla corporali substantia virtutem recipiens. Et dicitur °) empyreum quod est idem quod coelum igne sive ardore ‘°) flagrans; non quod in eo sit ignis vel ardor mate- rialis sed spiritualis qui 4‘) est amor sanetus sive caritas. 4) priusquam My e » B 2) ad Zi e s Be; proseguitur ad S 3) Domini V 4) In V. deest 5) Deest in V 6) în prima V; in primo TMe; ipso in semp. gli altri 7) permanente vita et omnia sua contenta et a nulla M;; perm. vitas etc. M.Me; ipso ...permanente deest BBeZ, e $ FW, 8) et a B °) dicit Me 10) sui ardoris MeV; seu ardore M,BBeZ, e $ FW, 11) quod VBMe. ) — S 25. Quod autem de divina luce plus recipiat potest probari per duo: primo per suum | omnia continere et a nullo contineri; secundo per sempiternam suam quietem !) sive pacem. | Quantum ad primum probatur sic. Continens se habet ad contentum in naturali situ sicut for- mativum °) ad formabile, ut babetur quarto *) Physicorum. Sed in naturali situ totius universi 4 primum coelum est omnia continens; ergo se habet ad omnia sicut formativum 4) ad formabile, | quod est se habere per modum causae. Et cum omnis vis causandi sit radius quidam pro- fluens ®) a prima causa quae Deus est, manifestum est quod illud coelum quod magis habet rationem causae, magis de luce divina recipit. 1) sempiternam quietem M, e » BZ; e è BeWi; semp. quietam F 3) formatum VM; e è BMe ©) in _ quarto Moz 4) formatum VMz 2) influens VBZ, e è BeFTMeW,. $ 26. Quantum ad secundum probatur sic. Omne quod movetur, movetur propter aliquid quod non habet, quod est terminus ‘) sui motus; sicut coelum lunae movetur propter aliquam partem sui, quae non habet illud ubi 3) ad quod movetur. Et quia pars quaelibet eius *), non adepto quolibet ubi, quod “) est impossibile *), movetur °) ad aliud, inde est quod semper mo- | vetur et nunquam quiescit, ut ”) est eius appetitus. Et quod dico de coelo lunae intelligendum 9 est de omnibus praeter *) primum. Omne ergo quod movetur est in aliquo defectu et non habet | totum suum esse simul. Illud igitur ®) coelum quod a nullo movetur in se et ‘°) in qualibet È sui parte habet quidquid potest modo perfecto, ita quod *') motu non indiget ad suam per- fectionem. Et cum omnis perfectio sit radius primi quod est in summo gradu perfectionis, | manifestum est quod coelum primum ‘°) magis recipit de luce primi qui est Deus. Ista ‘°) tamen ratio videtur arguere ad destructionem Aantecedentis ita quod ‘*) simpliciter et secundum formam | arguendi non probat. Sed si consideremus materiam eius bene probat, quia de quodam sem- | piterno in quo posset ‘*) defectus sempiternari: ita quod ‘), si Deus non dedit sibi ‘’) motum, 5 patet quod non dedit sibi !5) materiam ‘°) in aliquo egentem. Et per hanc ?") suppositionem tenet argumentum ratione materiae; et similis modus arguendi est 24) ac si dicerem °°): Si homo È est, est risibilis °*); nam in omnibus convertibilibus tenet similis ratio gratia materiae. Sic ergo — patet. quod °4) quum dicit “in illo coelo quod plus de luce Dei °*) recipit , intelligit circum- loqui paradisum sive coelum empyreum. 1) terminum V ?) Deest MeBeZ, e è 3) quumlibet eius partem ademptam esse quolibet ete, V; et quia sui pars quolibet non ete. BZ, e » Be; et quia sui pars quaelibet non EM, es Wi; et q. s. p. q. eius pars adepto Me; adepta quodlibet Bò *) Deest in Me 3) impossibile est V 5) ideo movetur V ?) et VBZ, e BeFTM, e» MeW, 3) pretf: B °) ergo Me 1) Deest VBZ, e è BeMe . 4) itaque V; eo quod GMoSFz !) prima B_ !) ita Ma‘) itaque V; quae ita G; co quod MoF} 8 !°) potest BZ, es BeFMeW,; possit S 19) itague GMoF3S = 1°) illi GMoSFz 19) illî GMoSFy 19) natùram M, e VBZ, e ; BeFW, 20) ct hane Mo?!) et est sim. m. arg. VMe 2) diceremus V. 28) risi- | bile BBeZ, e » Me; visibile M, e TFW, 2) Deest in BVM;Me 25) sei My 32 GIUSEPPE BOFFITO $ 27. Praemissis quoque rationibus consequenter 4) dicit Philosophus in primo De coelo *) quod coelum tanto *) habet honorabiliorem 4) materiam istis °) inferioribus quanto magis elon- gatum est ab his quae hic sunt). Adhuc etiam ‘) posset adduci quod dicit Apostolus ad Ephesios de Christo: “ Qui ascendit super omnes coelos ut impleret *) omnia ,. Hoc est coelum © deliciaram Donhini, de quibus deliciis dicitur contra Luciferum per Ezechielem: “ Tu signaculum similitudinis, sapientia plenus et perfectus decore °), in deliciis Paradisi Dei ?°) fuisti ,. 1) consonanter vel consequenter MeT; consonanter GMoSF; *) De colo ubi dicit VMe *)tantum V 4) honoratiorem FW; materiam honorabiliorem V 5) suis MoSFxz 5) Deest in Mies V 7) et M; e » BBeZ, ea FW, *)adimpleret VBBeZ, es Me °) perfectione decorus M, es VBMe 1°) Dei par. Me. S 28. Et postquam dixit quod fuit in loco illo Paradisi, per suam circumlocutionem pro- sequitur dicens se vidisse aliqua !) quae recitare non potest qui descendit. Et reddit causam dicens quod intellectus in tantum profundat se in ipsum desiderium suum quod est Deus *), quod memoria sequi non potest. Ad quae intelligenda sciendum est quod intellectus humanus in hac vita propter connaturalitatem et affinitatem quam habet ad substantiam intellectualem separatam, quando elevatur, in tantum elevatur ut memoria post reditum deficiat propter tran- scendisse humanum modum. Et hoc insinuatur 3) nobis per Apostolum ad Corinthios loquentem, ubi dicit: “ Scio huiusmodi ‘) hominem, sive in corpore ?) sive extra corpus nescio, Deus scit, quoniam raptus est in Paradisum, et audivit arcana verba °) quae non licet homini loqui ,. Ecce postquam ?) humanam rationem intellectus ascensione 5) transierat, quae °) extra se age- rentur !°) non recordabatur. Hoc etiam ‘!) est insinuatum *°) nobis in Matthaeo, ubi tres disci- puli ceciderunt in faciem suam nihil postea recitantes quasi obliti. Et in Ezechiele sceribitur: “ Vidi et cecidi in faciem meam ,. Et ubi ista invidis non sufficiant, legant Richardum de Sancto Victore in libro De contemplatione ; legant Bernardum in libro De consideratione; legant Augustinum in libro De quantitate animae, et non invidebunt 4). Si vero in dispositionem ele- vationis tantae propter ‘) peccatum loquentis oblatrarent !), legant Danielem, ubi et Nabucho- donosor invenient contra peccatores aliqua vidisse divinitus oblivionique mandasse. Nam “ qui oriri solem suum ‘) facit super bonos et malos et pluit super iustos et iniustos , 4°) aliquando. misericorditer 18) ad conversionem ‘°), aliquando severe ad punitionem ?°) plus et va ut vult, gloriam suam quantumeumque male viventibus manifestat. 1) aliena BBeZy e a ?) in ipsum ...Deus Desunt in V 9) et salite M,BBeZ, eo FE ')Deest in M,VBMe 5) corpus V °) raptum usque ad tertium coelum et vidit are. verba ete. VMe; +. usque ad t. c. et v. arcana Dei BM, 7) per quam VBeZ, e »; per quem MjFW,; per que B 8) ascensio MeTFW,; ascensionem VBBeZ, e è Mi 9) quia BeZ, e 2; qui VBMe 10) ageretur VBZ, e » BeMe 14) et hoc Me!) insinuatur VM;BZ, e è BeFW, 1‘) et non invideant alias et non inv. Me 4) per M,BBeZ, e è FW, 15) oblaterent MeT 16) suum solem BeZi e è 17) iniustus B 18) miseri- corditus Me 19) Deest in V 20) punitatem BZ e è Be. $ 29. Vidit ergo, ut dicit, aliqua quae referre nescit et nequit rediens. Diligenter quippe. notandum est quod dicit: nescit et nequit. Nescit quia ‘) oblitus, nequit quia, si ?) recordatur 5) et contentum 4) tenet, sermo tamen deficit. Multa namque per intellectum videmus *) quibus signa vocalia desunt; quod satis Plato insinuat in suis libris per assumptionem metaphori- smorum: multa enim per lumen intellectuale vidit °) quae sermone proprio nequivit ”) exprimere. 1) qui Me 2) et si V 3) recordatus Me 4) conceptum V 5) videmus per intellectum V 5) viditque B 7) nequit BBeZ, e s F. # esse materiam sui operis; quae qualia sint et quanta, in parte executiva patebit. $ 30. Postea dicit se dicturum illa quae de regno coelesti retinere potuit; et hoc dicit i PT ATATI OL O T_T o L'EPISTOLA DI DANTE ALIGHIERI A CANGRANDE DELLA SCALA 199 S 31. Deinde cum‘) dicit: “0 bone Apollo , ete. ?), facit invocationem suam. Et divi- ditur ista pars in partes duas: in prima invocando petit; in secunda suadet Apollini petitionem factam *), remunerationem quandam praenuntians 4); et incipit secunda pars ibi: “O divina d virtus ,. Prima pars dividitur in partes duas: in prima: petit divinum auxilium; in secunda tangit necessitatem suae petitionis, quod est iustificare ipsam, et incipit ibi): “ Hucusque alterum iugum Parnassi , °) etc. 7). ì 41) cum VBZ, e » Be 4) Deest in BZ e » BeMe 3) factu B 4) pronuntians Me 5) dusti- ficare ipsam ibì MeMiV; iustif. ipsam sibi BBeZ, e * °) Parnasi BZ, e » Be ‘) Deest BZ, e è BeFMeW,. » S 32. Haec est sententia secundae partis prologi in generali: in speciali vero non exponam 4) ‘ ad praesens. Urget °) enim me rei familiaris angustia ut 5) haec et alia utilia reipublicae de- relinquere 4) oporteat. Sed spero de magnificentia vestra ut *) alias 5) habeatur ) procedendi ad utilem expositionem facultas. 1) exponit BeZ, e 2; exponat B ut BM, 9) aliter M3BBeZ, e a FWi 2) viget B; urguit Me 3) ita ut V *) omittere V 7) habetur Ms. 3) fa S 33. De !) parte vero ?) executiva 3), quae fuit divisa iuxta ‘) totum prologum, nee di- ‘videndo, nec sententiando quidquam °) dicetur ad praesens, nisi hoc quod ibi °) procedetur ascendendo de coelo in coelum et recitabitur ?) de 5) animabus beatis inventis in *) quolibet orbe et quod ‘°) vera illa ‘) beatitudo in sentiendo ‘°) veritatis principium #*) consistit; ut patet per Iohannem ibi: “ Haec est vera beatitudo ‘‘) ut cognoscant te Deum verum , etc., et per Boetium ‘) in tertio De consolatione ibi: “ Te cernere finis ,. Inde est quod ad osten- dendam ‘) gloriam beatitudinis in illis animabus, ab eis, tanquam videntibus omnem veritatem, | multa quaerentur 4) quae magnam habent utilitatem et delectationem. Et quia, invento prin- | cipio seu primo, videlicet Deo, nihil est quod ulterius quaeratur, quum ‘5) sit A et Q ‘°) idest principium et finis, ut visio Iohannis designat; in ipso Deo terminatur tractatus, qui est bene- ‘dictus in saecula saeculorum ?°). | 4) in VBBeZies MW, 2) Deest in V 4) esecutiva MoSF3 4) contra M,BBeZ, e ° FMeW, __3) quiequam BBeZ, e 2»; quocq con segno d'abbrev. sopra le consonanti finali e con un taglietto nel gambo del g Me °) ubi MBBeZ, e» V; ubique Me ’) recitatur M\VBeMe 8) in VBBeZ, e a MiMe 4 si et VBBeZ, e 3 1°) qua VBM;; quo Z, e Be; quia Me 11) ja vera VMe 12) sententie W,VM, __ FMe; sententia BBeZ, e 2 13), principio W,VM,BBeZ, e » FMe 15) vita aeterna VM,BBeZ, e $ Me A 15) Boethium G ‘'°) Così il V; ostendendum gli altri 17) queruntur M,BMe 19) cum VBBeZ, e 3 19) alpha et omega VG; aetw FTF;W,S; AQ, Z, e è Be; AO, M; e 3B; A etw Me 20) saeculorum. Eazplicit Epistola Dantis VM, e ». n Il piano del commento che l’autore traccia in questa terza parte dell’ Epistola _ è il seguente: > 1. Argomento (quid dicen- dum sit) che è esposto in generale nel $ 19 e in speciale nei $$ 20-30 senza ulteriore suddi- visione. 1. Prologo — che ma- (manca) lamente sarebbe detto esordio e, poetico com'è e non semplicemente bi retorico, comprende an- che l’invocazione e si divide perciò ($ 18) inf 2. Invocazione ad Apollo due parti: (invocatur Apollo, v. 13- 1. petit divinum au- xilium. tangit necessita- tem suae petitio- 1. invocando 9, | La terza Cantica, petit _ cioè il Para- diso, si divide in due parti _ 619 2. Parte esecutiva — ap- pena accennata nel 36) suddivisa ($ 31) in due parti, senza ulte- riore dichiarazione : $ 33: Surgit mortali-< (manca) bus etc. Dal v. 37 alla fine della 3° Cantica. Serie II. Tom. LVII. nîs (v. 16-21). 2. suadet Apollini petitionem factam remunerationem quan- dam praenuntians (v. 22-36). 94 GIUSEPPE BOFFITO Come si vede, il commento rimane così appena sfiorato e questo dopo un proe- mione di quella fatta! A che tanto strepito per nulla? verrebbe voglia di domandare. Ma il più bello si è vedere la ragione per cui l’autore lascia così tutto in tronco ($ 32), che è quella curiosa e edificante ragione a cui abbiamo già accennato in principio. In tal modo l’intiera Epistola viene ad assumere una cert’aria di mendìca, che verrebbe voglia, se la carità cristiana non consigliasse altrimenti, di scaraven- tarla dalla finestra. Prendiamo nota intanto d'una deficienza che risulta dal nostro specchietto, la mancanza cioè della suddivisione del prologo-argomento, che fa tanto più specie, chi abbia un po’ di pratica delle abitudini dei lettori e commentatori del tempo e abbia gettato solo un'occhiata sulle rime genuine di Dante, dove le divisioni e le suddivisioni e le divisioni delle suddivisioni si intrecciano e s’accavallano talmente che è spesso impossibile, senza uno sforzo, tenerci dietro. Rimane poi in tutto il suo valore, nonostante l’acuta critica del Torraca e del Van- delli, l'osservazione pregiudiziale che fece già lo Zingarelli (Rass. cret. d. lett. it., III, 182) ed è riferita dal D’Ovidio (p. 469), che cioè Dante non avrebbe mai voluto com- mentare in latino alcuni versi del Poema, dopo che aveva bensì commentato le sue rime nella Vita Nuova e nel Convivio, ma in volgare, ma dichiarando nel Convivio. solennemente e con lunga dimostrazione come sarebbe stata cosa indecente asservire il latino al volgare. Anche nella critica può trovare la sua applicazione l’assioma morale “ melior est conditio possidentis ,; e mentre per noi stanno tutte, si può dire, le opere genuine di Dante, nessun fatto al contrario può lontanamente provare che Dante usando il latino a commento di un’opera volgare, abbia avuto in animo di fare una leggiadra vendetta dei censori e maligni che lo rimproveravano d’aver usato il volgare per l'appunto. Che se sud Zectoris officio s'adoperava il latino, chi obbligava Dante a tenere a Cane una lezione cattedratica? O posto anche che per ragioni che a noi sfuggono avesse voluto montare in cattedra davanti a Cane, non sarebbe egli stato uomo da romperla con la tradizione sia cattedratica che epistolare del latino come aveva fatto nel Convivio? | $ 18. Prooemium est, ete., Arist., Rhet., II, c. 14, n. 402, ed. Didot: Tò pèv oùv Tpooiuiòv EOTIV dpyM \6you, dep év mtomoer Tpoloyog kai ev adinoer mpoavàiov. Cfr. Rhetorica Aristotelis cum Aegidii Romani valentissimis commentariis, Venezia, Scoto, 1515, c. 109v, 2* ed.: “ Prooemium quidem igitur est principium orationis, “ sicut in poesi prologus et in fistulatione praeludium ,. Il Trapezunzio traduce invece: “ Exordium igitur est orationis initium, sicuti in poesi praefatio et in lyrae pulsatione “ praeludium , Rhetor. Ar. G. Trapezuntio interprete, Lugduni, Ap. Seb. Gryphium, 1541, p. 152. : Se troviamo erordium accoppiato a prologus, come nel $ 23 penetrat a resplendet, e nel $ 29 nescit a nequit, accanto a pietà e misericordia di Conv. II, c. 11, lin. 39, lume, splendore e raggio di Conv. II, c. 14, lin. 38-48, vergogna, verecundia, stupore, e pudore, pur di Conv. IV, 25, ci sembra peraltro che non si possa da così tenui e lontani esempi, ripescati qua e là in opera di gran lena, inferire una somiglianza stilistica qualsiasi tra l’autore dell’Epist. e quello del Convivio. :$ 19. Ad bene exordiendum, ete., Cfr. Cicerone, Fhet. ad Her., I, c. 4, t. IX d. ed. cit. d. Opere, p. 190 e De invent. rhetor., lib. 1, c. 15, t. I, p. 17, col quale si RZ O pl E L'EPISTOLA DI DANTE ALIGHIERI A CANGRANDE DELLA SCALA 95 troverà più stretta corrispondenza che con Dante, Cone. II, c. 7, lin. 58 sgg.; c. 14, lin. 116. Il secondo passo ciceroniano desunto dalla Fhetorica prima, com'era chia- mato nel medio evo il De invent. rhetor., lo troviamo pure riferito, con altro d’Isidoro, da Vinc. di Beauvais (Spec. II, lib. 3, c. 101, c. 52r d. ed. cit.). $ 20-21. Concetto assai comune era quello che l’autore si indugia a chiarire in questo paragrafo e negli altri tre seguenti, cioè che la gloria di Dio risplendesse dapertutto. Posto una volta che la gloria secondo la definizione che ricorre, più o meno la stessa, in numerosi passi di Cicerone, di S. Ambrogio, di San Tommaso, nello Speculum, etc., sia una “ frequens de aliquo fama cum laude , e che il creato sia opera di Dio ne segue di necessità che la gloria di Dio sia diffusa per tutto l'universo. Che bisogno quindi ci fosse di dilungarsi tanto a dimostrare la cosa (1) non si capisce davvero, se non forse si voglia qui vedere l’eco d’una di quelle disquisi- zioni esegetiche a cui qualche passo della Sacra Scrittura, dove assai frequente ritorna quel concetto, può aver dato luogo. Troppo ci sarebbe qui da citare: mi contenterò di richiamare un luogo di San Tommaso dove a proposito dell’Ep. 1° ad Cor., c. 11, v. 1 è detto: “ Considerandum est etiam quod gloria Dei dupliciter dicitur: uno modo “£ qua Deus in se gloriosus est; ... alio modo ... claritas ejus ab eo derivata secundum “ illud Exod: ult. 32, Gloria Domini implevit illud. Et hoc modo hic dicitur quod “ vir est gloria Dei, inquantum claritas Dei immediate super virum refulget, secundum “ illud Ps. IV, 7 Signatum est , etc. Op., t. VI, Ven. 1746, p. 335. Se riduciamo in forma il ragionamento che l’autore fa nei due paragrafi per dimostrare che la gloria di Dio risplende, per ragione dell’essere, e penetra per ragion dell'essenza, in ogni parte dell'universo, avremo press'a poco il seguente schema: rbt. liti ni n Omne quod est (in universo) aut habet esse a se aut ab alio. Miu: nonchabet.esse a.se I quia habere esse non competit nisi uni, scilicet primo seu principio qui Deus est. _ Ergo habet esse ab alio. Hic alius aut habet esse a se aut ab alio. Atqui non a se. Ergo ab alio. Hic alius, etc. Atqui non est procedere in infinitum in causis agentibus. Ergo erit devenire ad primum qui Deus est. Omnis essentia, praeter primam, est causata vel a natura vel ab intellectu. Atqui essentia causata a natura est etiam causata ( quum natura sit opus in- ab intellectu ( telligentiae. Ergo omnis essentia est causata ab intellectu. Atqui omnis virtus sequitur essentiam cuius est virtus. Ergo omnis virtus est causata ab intellectu. (Atqui non est procedere in infinitum in causis agentibus. Ergo erit devenire, etc., c. sopra). Come si vede, ci troviamo in presenza di due soriti composti prevalentemente di sillogismi disgiuntivi, di cui il primo risica d’esser falso nella sua proposizione (1) Si spiega quindi come gli antichi commentatori non sentissero il bisogno di trattenersi qui 2 lungo. Cfr. Torraca, St. cit., pag. 634. 96 GIUSEPPE BOFFITO principale (Ommne quod est, etc.) quando non s’aggiunga, come abbiam fatto, la parola in universo, che il poco cauto autore dell’Epistola ha lasciato nella penna, dandoci in compenso per due volte e quasi colle medesime parole una certa prova della minore, che non prova nulla; e il secondo manca del richiamo all'ultimo sillogismo del primo, che sarebbe pur stato necessario perchè avesse tutta la sua efficacia dimostrativa. La logica non era forse il suo forte, non dico di Dante ma dell’autore dell’ Epistola. Omne quod est, etc. Più che dipendere da Conv. IV, c. 18, lin. 13-22 mi pare che dipenda dalla dimostrazione solita darsi, a cominciare da Aristotile, da tutti i teologi e filosofi della esistenza di Dio o di un primo motore. Cfr. ad es. Summa 1?, q. 2, art. 3°, Venezia, 1755, p. 13; Speculum, I, lib. 3°, c. 55, c. 34r d. ed. cit. Esset sic procedere, etc. Tutto il capo 2° del lib. 1° minore della Metafisica di Aristotele è inteso a dimostrare questo principio, cioè Ot1 YY ÈOTIV apx TIG Kai oùk dreipa TÀ altia TW OvTWwYV, OUT’ eig eÙduwpiav oùTte Kat eîdos (ediz. cit., p. 486). Il libro 1° minore della Metaf. aristotelica pare che fosse ben noto all’autore dell’Ep?- stola che l’ha già citato una volta come libro secondo nel $ 16; ma qui il libro secondo diventa terzo, giacchè la lezione di fertio è ben sicura; il che farebbe maraviglia in uno che, come Dante, aveva così famigliare la Metafisica di Aristotele (Cfr. Kraus, Opulcit lie) Ex eo quod causa secunda recepît a prima, ete. Il che, ossia il pensare che tutte le influenze celesti ci vengono per il tramite dei raggi dei varî corpi celesti, come è detto anche più avanti a lin. 400, 466, 489 dell’ed. Moore, è proprio di Dante (Purg. XXV, 89; Par. VII, 74; VII, 3; XIX, 90; XXIX, 29; Conv. II, 7, lin. 90; II, 14, lin. 32, IV, c. 20, lin. 73, ecc.), ma anche di molti altri prima e dopo di Dante. Cfr. De coel. hier. dello Pseupo-DronicI Areopagita che l’Aut. cita più avanti (Max. Bibl. VV., PP., Lione, 1677, II, p. 151); Ars. Maewno nell'XI d. Metafisica, t. 3, c. 2, c. 163r d. ed. Veneta del 1532; MARS. Frcino, De legibus, dial. 5°, p. 1501, ed. di Basilea, 1561; e più che tutto il De causîis che l’Aut. stesso cita in questi $$ due volte (lect. 1 in prince. e lec. 10% e passim) ossia il Liber de exposttione bonitatis purae tradotto in latino nel sec. XII da Gherardo da Cremona di sur una versione araba della Zroryeiwoig GeoXoyix attribuita a Proclo (1), il quale ebbe una gran diffusione in quel secolo e nei successivi. Quum ergo virtus sequatur essentiam, cfr. S. Tuo., Pot. q. 6,7, 4. Divinum lumen idest divinam bonitatem sapientiam et virtutem resplendere ubique. Se consuona con /nf., III, 5-6 e con altri passi di Dante, come nota il Moore (p. 334), non è men vero che sia l’espressione dell’antico assioma teologico “ opera ad extra “ sunt totius Trinitatis ,. $ 22. L’appello all’autorità che si fa in questo $, come nei due precedenti s’era fatto alla ragione (cfr. anche $ 22, lin. 412; $ 27, lin. 510 sgg.), è conforme all’uso di Dante (Par., XXIV, 133; XXVI, 25, 46; De Mon., I, c. 5, lin. 11 e 20; II, c. 1, lin. 60; III, c. 16, 64-71; Epist. IV, c. 3, lin. 26, ecc.), come osserva il Moore (p. 325); (1) Cfr. Rocco Murari, IZ De causis e la sua fortuna nel medio evo, nel “ G. Stor. d. lett. ital. ,, vol. 34, pagg. 98-117. — Per i testi dello Pseudo-Dionigi e degli altri autori ‘citati si veda il mede- simo “ Giorn. Stor. ,, vol. 47, pag. 369. L'EPISTOLA DI DANTE ALIGHIERI A CANGRANDE DELLA SCALA 37 ma tutta la topica di Aristotele e dei filosofi scolastici apparisce appunto divisa in due parti principali a seconda che i luoghi donde si traggono argomenti a provare l'assunto sono con questo connessi più o meno (luoghi o ragioni artificiose), o sono ad esso estrinseci (autorità divina ed umana — luoghi mon artificiosi). — Per i passi scritturali vedi: Hier. XXIII, 24; Ps. CXXXVIII, 7-9; Sap. I, 7; Ecclesiastic., XLII, 16; e Phars. di Lucano, v. 580. _ $ 23. Quod autem subticit, etc. Il Giuliani (p. 94) e il Moore (p. 335) citano qui Par. XXXI, 22; Conv. IMI, e. 7, lin. 15; c. 14, lin. 14-28; IV, c. 21, lin. 47; De V. ELI, c. 16, 48-52; ma con più profitto si poteva citare San Tommaso, dove questo con- cetto ritorna assai di frequente. Cfr. l’ Indice tomistico, t. 27° dell’ed. cit. delle Opere alla parola Bonitas, ni 2, 3, 6, 7, 10-15, etc., alla parola Virtus, n° 26, etc. $ 24. Quello che in questo e nel seguente $ si dice dell’Empireo consuona in parte con Conv. II, c. 4, lin. 14 e 35, III c. 8, lin. 147 e con la Quaestio IV, 6; ma anche, e meglio, con Speculum Majus I, lib. 3°, capp. 88 e 89, c. 38r d. ed. cit; II, c. 10r “ empyreaignea ,; con Summa, 12, q. 66, art. 3 corp.; con 2 Distinct., 2, q.2, 2 corp., etc.; col Catholicon (ed. cit. del 1460, c. 151v) e con vari passi delle opere di S. Bonaventura (cfr. il vol. degli Indices in to. I-IV, pag. 40. Ad Claras Aquas, 1885). $ 25. Il Moore nota (p. 333) una coincidenza d'espressione con Mon. I, c. 11, lin. 130 “ quanto causa est universalior tanto magis habet rationen causae , senza osservare che tanto l’uno che l’altro passo dipendono dalla medesima fonte, cioè dal De causis citato varie volte nell’Epistola e qualche riga più in giù in quel mede- simo capo del De Mon. Cfr. anche Ind. cit. dell’Aquin. alla ‘parola Causa, ni 74, 75, 82, etc. $ 26. Questo $ sarà “ interamente dantesco , (Moore, St., III, p. 827), ma non è perciò meno interamente scolastico. Si vedano i passi cit. nel G. Stor., vol. 37, p. 370, ai quali si potrebbero aggiungere vari capi dello Speculum, I, lib. 3°, c. 30-40, c. 313, in cui si parla del moto in generale e di quello dei cieli in particolare; e varî luoghi . delle opere dell’ Aquinate (cfr. cit. Ind. alle parole: Coelum, ni 31 e 33; Motus, n' 1, 4, 26; Perfectio, 22 e 32, ecc.). Riguardo alla risibilità che secondo Dante (V. E4., II, c. 1; V. Nova, 25, lin. 17 sgg.) e secondo l’autore dell’Ep. è propria dell’uomo, ram- | mento una sentenza del commento d’Averroè che dice: “ Cum aufertur risibilitas — “ aufertur homo ,. (In 8% 75. Metaph., co. 5 — cfr. la cit. ed. delle Propositiones Arist., . Ven., 1534, c. 43r) e altre di Boezio (In Porphir., p. 91, Basilea, 1546), di Alberto Magno (In Praedicam., c. 26r, ed. veneta del 1532, ecc.), che vengono a dire il medesimo. Per la questione poi se sia giusta o no l’interpretazione di cielo empireo | data al v. 4 del Par. dall’aut. dell’Epist. si veda Lurso, Per la varia fortuna, ecc., | 2° Saggio, nel G. Dant., a. XI, p. 60 sgg. ‘27. Se Dante aveva famigliarità coi primi capi del De coelo d’Aristotele, come appare dal Conv. III, c. 5, lin. 38 segg.; II, c. 4, lin. 31 e, secondo il Moore (p. 330), anche dalla Quaestio, $$ 4 e 23, non è una ragione per negare siffatta famigliarità all’autore dell’Epistola. Nella translatio antiqua il passo a cui questi allude suona così: “ Propter quod ex omnibus utique his aliquis silogizans credet quod est aliquod « praeter corpora quae hic et circa nos [scil., come spiega l’Aquin., quatuor elementa “ et ex his composita], alterum segregatum tanto honorabiliorem habens naturam “ quanto quidem plus elongatum ab his que hic sunt ,. Arisr. Op., col. co. di Averroè 38 GIUSEPPE BOFFITO t. II, Venezia, 1483, De coelo, lib. I, tex. 16; S. Tuo. Aq., In lib. Ar. de coelo ei m., Nenctiis, Ap. Juntas, 1572, c. 6r. S. Tommaso ci richiama nella sua spiegazione a un passo del $ precedente, giacchè egli soggiunge: “ Corpora enim continentia in “ gniverso se habent ad corpora contenta sicut forma ad materiam, et actus ad “ potentiam, ut dictum est in 4c. Physicorum, lec. 8, tex. co. 49 ,. Quod dicit Ap., ete. Cfr. Ad Eph., IV, 10. De quibus deliciis dicîtur, etc. Cfr. Ezech., XXVIII, 12-13; e Moore, St. cit. 341-2. $ 28. In questo $ si potrebbe veder adombrata la “ cagione a delinquere , cioè a commettere, nel senso e coi limiti che abbiamo spiegato, il falso dell’Epistola a- Cangrande, cagione che il Torraca (p. 634 sgg.) ed altri non son riusciti a vedere. Qual più bell’argomento in mano degli ammiratori di Dante che una difesa postuma di Dante stesso contro i suoi invidiosi e detrattori che cominciarono a pullulare qua e là (cfr. Lurso, Mem. e 1. cit.) durante il primo decennio dalla morte del Poeta? (1) 0 ise questo non garbi, non doveva a quel tempo sentirsi da tutti generalmente il bisogno di sapere con sicurezza quale fosse il fine vero, l'argomento, ecc., di un’opera così universalmente ammirata? Spesso la ragion d’ essere di un’opera apocrifa, intorno alla quale noi andiam facendo mille strambe congetture, sta tutta qui, nel bisogno cioè di soddisfare a una curiosità comune a molti o a tutti; a quella guisa che la ragion d’essere della poesia popolare sta tutta nel bisogno prepotente di esprimere col canto ciò che molti o tutti sentono nel cuore. E come il poeta popolare, dopo aver dato forma concreta al sentimento del popolo, si nasconde per lo più disperdendosi tra la folla, così lo scrittore si toglie anch'egli agli occhi di tutti, lasciando che l’opera sua giunga anonima ai posteri, se pure (il che accade ancor più di frequente) mosso dall'amore che ad essa porta assai più che a sè mede- simo, non preferisce di metterla sotto la salvaguardia d’un nome famoso. Ad quae intelligenda, etc. Gli angeli eran detti appunto sostanze intellettuali separate, come li dice, nota il Moore (p. 333), Dante (Conv. II, c. 5, lin. 6; II c. 7, lin. 47; e. 13, lin. 46; Purg., XVIII, 49), torna a dirli l’autore dell’Ep., qui ed altrove ($ 18), e li aveva detti infinite volte l’Aquinate.! Cfr. l'Ind. cit., ni 32, 34, 47, 63, 65, ecc. St vero in dispositionem ... oblatrarent. Era verbo usato comunemente nel Medio Evo per “ obliqui, obmurmurare ,, come appare dal glossario di Vincenzo di Beauvais (t. II, Spec. doctr., c. 12r dell’ed. cit.). Qual maraviglia che l’adoperi anche Dante in questo significato? Cfr. Cono. IV, c. 3, lin. 59. Si vedano per le altre citazioni di questo $: 2 Cor., XII, 3-4; Matt., 17, 6; Ezech., II, 1; Dan., II, 3; Matt., V, 45. $ 29. Come quella di Terenzio, così questa citazione di Platone pare esorbitare fino a prova contraria dall'ambito della coltura dantesca. I 4bri di Platone non pos- sono ;essere il semplice Timeo, — che Dante certo conobbe nella versione di Calcidio (Cfr. IZ Timeo trad. da G. FrAccaroLI, Torino, Bocca, 1906, pp. 391 sgg.) — dato (1) Io non vedrei quindi un’obbiezione soltanto immaginata nelle parole Si vero in dispositionem elevationis tantae ...oblatrarent, ma un’obbiezione reale, la quale peraltro all'autore dell’Ep. conviene esprimere come ipotetica, per non far supporre ch’egli avesse proprio voluto scrivere contro i detrat- ; rano f tori di Dante. L EPISTOLA DI DANTE ALIGHIERI A CANGRANDE DELLA SCALA 99 anche e non concesso che la congettura del Torraca sia vera. “ Forse, così il Tor- “ raca (pp. 631-32), il $ dell’Epistola che chiarisce con l’esempio di Platone la grande “ difficoltà di trovar parole adatte a concetti altissimi fu ispirato da reminiscenze di “ due luoghi del Timo, nei quali si tocca di questa difficoltà e si chiede compati- “ mento per la spiegazione inadeguata di cose sublimi (XIII e XVIII) ,. $ 32. Urget enim, etc. Abbiamo qui, in questa lettera, non privata come insiste a dirla il Moore (p. 322), ma pubblica, analoga alle lettere nuncupatorie di tante edizioni quattrocentesche e cinquecentesche, una tacita domanda di soccorso indegna al tutto di Dante. In nessuno dei passi citati dal Torraca e dal Moore (Conv. I, 3; T, 8 fin.) Dante scende mai a stendere la mano, ma per quanto quasi mendico si rileva con fierezza di sotto i colpi della fortuna, mostrando sempre un animo nobi- lissimo, alieno da ogni viltà e bassezza. Procedendi ad utilem expositionem facultas. Non si trattava dunque di finire l’opera ma di esporre l’opera che era già finita e dedicata con questa Epistola a Cane. Tanto dedusse acutamente il Luiso (1. cit.) da questo e da altri passi dell’Ep., cioò $ 4 oblati operis; $ 11 partis oblatae, etc.; $ 3 munuscula mea ... conspexi, etc. In questo medesimo $ 3 “il paragone dell’epigrafe sarebbe senza dubbio tanto più conveniente “ ove si trattasse di tutto il Paradiso, quanto grottesco nell'altro caso: dico nel caso “ d’un epigramma lungo 34 paragrafi posto nella “ prima pagina , di un’opera che “ non si distende oltre 142 versi ,. Nec dividendo, ete., ha qualche analogia con Conv. II, c. 13, lin. 76: “ e non è “ qui mestiere di procedere dividendo e a lettera sponendo ,; ma tutti vedono che l'analogia è tutt'altro che piena. Lo fosse anche, io non saprei ravvisar qui che un altro richiamo a una consuetudine esegetica del tempo. Vera illa beatitudo, ete. Che la beatitudine celeste consistesse sovratutto nella visione di Dio, l'aveva detto e ridetto tante volte San Tommaso nella Somma » (cfr. l’Indice cit.) che l’autore dell’Ep. non aveva certo bisogno di ricorrere a Dante: Par., XXVII, 106-111; XIV, 40-42. Ab eis tanquam videntibus, etc. Che gli spiriti beati veggano in Dio ogni vero non lo dicono solo l’autore dell’Ep. e Dante (Par., XXIV, 40-42; XXVI, 106; XI, 20-21, ecc.), ma tanti altri, tra cui ad es. Ugo di Strasburgo nel Compendium theo- logicae veritatis, lib. I, capo 1°, Ven., 1584, p. 4. (Cfr. Atti di questa Ace., vol. 39°). Invento principio, ete. Si potrebbe confrontare, come fa il Moore con Purg., XXXI, 23-24, ma anche col cit. Indice tomistico (alla parola Bonum, ni 161 e 162). set I Ni dana La RI MAT ( i int è ni î mm Uno ni n siate : risata riparo ti L cigni valida s atlunttib alsoog i mad ilsug: ian pa dabi init TIA sriton sbdoh Pelati polar ai sod tà stagtig: sori inotba! sosspi pi dop cmahtdA lora Rig bg BR pd 3° f ita si (ERG p hata His visis, sex în ista Comedia breviter indagemus: primo subiectum, idest cnusam materialem; secundo formam, idest causam formalem; tertio nuetorem idest causam agentem; quarto finem, idest causam finalem; quinto genus philosophie idest sub quo genere philosophie ista comedia comprendatur sive decurrat; sexto et ultimo libri titulum, idest quo titulo liber ut debeat intitulari. Circa primum, nota quod subiectum huius operis est dupplex, scilicet literale et allegoricum. Si enim acci- piatur literaliter, dico quod subiectum huius operis est status animarum post mortem simpliciter sumptus, qui quidem status dividitur in tres partes, prout conditio animarum. Prima pars est illarum animarum que eternaliter in Inferno dampnantur; secundus status seu conditio, est illarum animarum que voluntarie stant in penis, ut deo satisfaciant de commissis, scilicet in Purgatorio: tertius status, seu conditio, est illarum animarum que sunt in beata gloria Ohristi, bono eterno ac summo eter- naliter coniunetarum et ista pars dicitur Paradisus. Et sic patet quo- modo subiectum huius operis est status animarum post mortem sìm- pliciter sumptus nam de illo et circa illum totus huius operis versatur processus. Si vero subiectum accipiatur allegorice, dico quod subiectum, sive materia, est ipse homo, prout merendo vel demerendo pro arbitrii libertate iustitine premiandi vel puniendi obnoxius est, propter quod meritum sive culpam tribuitur ipsi homini gloria sive pena; nam de pena sive gloria ipsì homini attributa nobis narranda, sive manifestanda, intentio versatur autoris. Et sie patet quod est subieetum in hoc opere sive causa materialis. Circa secundum vero idest circa causam formalem, nota quod enusn formalis in hoc opere est dupplex scilicet forma tracta- tus et forma tractandi. Forma tractatus est triplex secundum triplicem divisionem quam recipit sive continet liber iste. Prima divisio est, qua totum opus dividitur in canticas, et iste sunt tres, scilicet Infernus, Purgatorium et Paradisus; secunda, qua quelibet cantica dividitur in cantus, nam prima cantica dividitur in cantus 34, secunda in cantus 33, tertia în totidem, et sic totum opus continet centum cantus. Tertia vero divisio est qua quilibet cantus dividitur in rithimos. Est autem rithimus quoddam genus versuum quorum fines ad invicem ternatim copulantur et concordibus sillabis colligantur; et Iste est unus ex tribus dulcissimis sonis, qui magis delectat et demulcet animum auditoris et oritur ex Musica, cuius partes sunt tres scilicet Armonica, Rithimica et Metrica, sicut dicit beatus Isidorus libro tertio Fthimologiarum. Tria sunt vero: quantum ad! praesentem Comediam genera rithimorum. Primum est illud cuius rithimus continet tantummodo decem sillabas; et iste est ille cuius ultima sillaba est longa et accentuata ut ibi, “ D'Abel suo figlio et quella di Noè ,; item ibi * Abraham patriarcha et David re ,; item ibi “ E con Rachele per cui cotanta (sic) fè ,; item in tertia cantica “ Osanna sanctus Deus Sabahot ,. Isti enim rithimi non recipiunt nisi decem sillabas. Secundum genus est cuius rithimus habet duodecim sillabas; et iste est ille cuius penultima sillaba est brevis ut ibi “ Ch'era ronchioso, stretto et malagevole ,; item ibi * Parlando andava per non parer fievole ,; item ibi * A parole formar discon- venevole ,. Tertium genus est rithimus cuius habet XI sillabas et iste est ille cuius penultima sillaba est longa, ut communis usus demonstrat sicut ibi * Nel mezzo del cammin di nostra vita ete. ,. Item nota quod rithimi primi generis in una tantum debent sillaba, sive litera, con- cordare, hoc est in ultima; secundi vero debent concordare in tribus sillabis, idest in penultimis et in ultimis; et tertii in duabus ultimis sillubis tantum, ut in litera manifestissime demostratur. Et sie patet que est forma tractatus. Forma vero sive modus tractandi est poeticus, fictivus, descriptivus, disgressivus, et transumptivus; et cum hoc diffi- nitivus, divisivus, probativus, improbativus et exemplorum positivus. Et sic patet que est forma, sive modus tractandi. Circa tertium vero idest circa causam agentem, nota quod agens, sive autor huius operis, est Dantes. Fuit autem Dantes natione florentinus, nobili et antiquo sanguine natus descendens ex illis gloriosis Romanis, qui civitatem Plo- rentie, destructis Fesulis, fundaverunt, moribus insignitus et multis scientiis clare fultus et maxime scientiis poetarum. Ipse enim mortuam poesim de tenebris reduxit ad lucem et in hoc fuit imitatus Boetium qui philosophiam mortuam suo tempore suscitavit. Circa quartum, idest causam finalem, nota quod autòr istud opus composuit ad hune finem principaliter, licet et multi alii possint assignarì fines. Est autem princi. palis eius intentio removere viventes a statu miserie relinquendo pec- cata (et sic composuit Infernum), reducere ad virtutes (et sie composuît Purgatorium) ut sic eos perducat ad gloriam (et sic composuit Paradisum). Fines vero alii, qui possunt assignari in hoc opere, sunt tres: primus ut discant homines omate et polite loqui: nullus enim mortalis potest sibi in lingue gloria comparari. Revera potest ipse dicere verbum pro- phete dicentis: “ Deus dedit mihi linguam eruditam ,; et illud: “ lingua mea calamus seribe, velociter scribentis ,. Ipse enim fuit calamus Spi- ritus Saneti, cum quo calamo ipse Spiritus Sanctus velociter scripsit nobis et penas dampnatorum et gloriam beatorum. Ipse etiam Spiritus Sanctus per istum redarguit scelera prelatorum et regum et principum orbis terre. Secundus finis est ut libros poetarum, qui erant totaliter derelicti et quasi oblivioni traditi, in quibus sunt multa utilia et ad bene videndum necessaria, renovaret, quia sine ipsis ad cognitionem sue Comedie accedere non valemus. Tertius finis est ut vitam pessimam malorum hominum et maxime prelatorum et principum exemplariter condempnaret; bonorum autem et virtuosorum per exempla que poniît, multipliciter commendaret. Mt sie patet que est causa finalis in hoc opere. Circa quintum, idest sub quo genere philosophie ista Comedia decurrat, nota quod istud genus est morale negotium sive ethica, quia non ad speculandum sed ad opus inventum et fictum est totum et pars. Nam si in aliquo loco vel passu tractatur ad modum speculativi negotij, hoc non est gratia speculativi negotij principaliter, sed operis; quia ut ait philosophus secundo meta- phjsice, ad aliquid et nunc speculantur pratici aliquando. Et sie patet sub qua philosophia comprehendatur ista altissima Co- media. Circa sextum vero et ultimum, hoc est circa titulum, nota quod libri titulus est iste: Incipit profundissima et altissima Comedia Dantis, excellentissimi poete. “ Que quidem Comedia in tres canticas est divisa: prima dicitur Infernus; secunda Purgatorium et tertia Paradisus. Profun- dissima dicitur quia tractat de Inferis; altissima vero, quia traetat de Superis. Comedia autem ideo dicitur, quia in principio est horribilis sed in fine delectabilis. Ad cuius maiorem et clariorem evidentiam est sciendum, quod quatuor sunt genera poetarum, quorum quodlibet genus primam (sic) habet scientiam. Quidam vero dicuntur poete lirici, qui in operibus suis omnes carminum varietates ineludunt,, et dicuntur lirici a Potulirin (sic) greco, idest varietate carminum; unde et lira dicta, que habet varias cordas. Hoc genere carminum usus est David in com- ponendo Psalterium, unde Arator Sancte Romane Fcclesie Cardinalis Jacopo della Lana. (Bologna, Tip. Regia, 1866, pp. 103-105). [e] Ad intelligenza della presente Comedia, sì come usano li espositori in le scienze, è da notare quattro cose. La prima cioè la ma- terin ovvero subistto della presente opera. La seconda cosa quale è la forma e onde tolle tale nome overo titolo del libro. La terza cosa quale è la cagione efliciente. La quarta cosa ed ultima quale è la cagione finale overo a che utilitade ell’è diretta e sotto quale filosofia ella è sottoposta. 10) avegnia ch'io mi senta insufficiente a tanta opera, tuttavia per conferire e agiugnere quel poco intelletto, che a quello, che è datore di tutte le grazie, è piaciuto di prestarmi, a quello overo quelli sufficienti li quali dopo me verranno, togliendo per autorità quello che dice lo presente autore nel primo capitolo del Paradiso: Poca favilla gran fiamma seconda, colla loro ottima grazia e perfetto intelletto compieranno quello che per me sarà lassato; tegnendo sempre che ogni esposizione, inter- pretazione, allegoria, sentenzia, postilla overo glosa che per me sarà fatta, se sì consona e dice con lo tenere della santa madre Ecclesia romana ho per ferma e diritta, se deviasse, discrepasse, overo avesse altro senso, infino ad ora lo casso e tegno per vano e di nessun valore. La prima cosa, com'è detto, è da no- tare la materia overo subietto della presente opera, la quale è lo stato delle anime dopo la morte; lo quale universalmente, siccome ello parte lo suo volume, è di tre condizioni. La prima condizione è quelle anime le quali sono dannate e sono in pene e senzil.spe- ranza d'uscire di quelle. La seconda condi- zione è quelle anime le quali sono in pene, ma hanno speranza dopo sua purgazione di uscire di quelle e andare in vita eterna, e questa parte è appellata Purgatorio. La terza condizione è quelle anime le quali sono in gloria eternale pasciute, piene e contente di suo stato. E questa appella Paradiso. Or questa è la materia della presente opera overo subietto. Un altro modo può esser considerando la materia overo subietto d'essa: cioè lo uomo lo quale per lo libero arbitrio può meritare overo peccare; per lo quale merito overo colpa ello li è attribuito gloria overo punito all’altro mondo. La seconda cosa che è da notare è ln forma e ’l nome, overo titolo di essa € si può considerare in due modi: l'uno è la forma de’ versi li quali sono ritimi qui constituiti in diversi capitoli li quali poi sono in le predette tre parti. L'altro modo è la forma poetica la quale è fittiva e di esempli positivi, dalla qual forma ello tolle lo nome overo titulo cioè Comedia che è quasi a dire villano dittato, cioè che antica- mente li villani sonando sue sestole overo pive si ritimavano. Ed è da sapere che le più spezie di poetiche dittazioni frall’altre quelle che cominciano stato fatigoso e arduo e vanno migliorando stato insino in perfetto essere hanno nome Comedie. E perchè questa è simiglievole a quella che comincia allo Inferno e poi continua in Purgatorio poi ter- mina al Paradiso ch'è stato perfetto, questo assonse per nome Comedia. La terza cosa cioè la cagione efficiente che è da notare fu l'autore di quella cioè Dante Allighieri da Firenze del quale testimonia la presente Comedin ch'è uomo di grande scienza e di onestà e virtudiosa vita. La quarta ed ultima cosa che è da notare è la finale cagione della ditta Comedia, cioè a che fine e intenzione ella fue fatta la quale si può considerare in tre modi. Lo primo per manifestare polita parlatura. Secondo per narrare molte novelle le quali tornano molto a destro ad udire per esemplo alcuna fiata. Nerzo e ultimo per rimuovere le persone che sono al mondo dal vivere misero e in peccato e produrle al vir- tuoso e grazioso stato. E in quanto tratta de’ modi, de' costumi e vita mondana si è sottoposta a filosofia morale, la quale hae per suo subbietto li atti umani. Pietro di Dante. (Firenze, Piatti, 1845, pp. 3-12). ra) l Porro in praesenti nostro opere, ut in quolibet alio actuali, qua- druplex erit causa intimanda: scilicet causa efficiens, muterialis, for- malis et finalis. Magistraliter solet addi quis sit libri titulus, et cui parti philosophiae supponitur. Causa efficiens in hoc opere, velut in domo fienda nedificator, est Dantes Allagherii de Florentia, gloriosus theologus, philosophus et poeta: quae causa efficiens non agit nisi in quantum movetur a fine, de quo infra dicam et quì finis non movet nisi secundum quod est in intentione, et ideo respectus illius effectus, qui est in intentione, est efficiens causa per se. Unde sì quid in actione contingit, quod non fuerit in intentione agentis illius, erit causa per accidens et non per se. Causa materialis est quod dictus noster auetor in hoe poemate intendit poetice vulgariter interdum pertractare de Inferno, Purga- torio cum Paradiso terrestri et Paradiso coelesti, prout localiter et renliter possunt et debent intelligi; ac etiam de dietis quatuor locis interdum intendit scribere, prout moraliter et allegorice poterit, figurando dieta loca et passiones et passionatos eorum, ac beatos et felices et bentitudines eorum hine nostro mundo et nobis mortalibus viventibus vitiose, vel viventibus nobis separatis & vitiis, nos de eis purgando, ac nobis sancte ae virtuose et perfecte viventibus, ut infra latius explicabo. Causa formalis duplex est, scilicet forma tractatus et forma trae- tandi. Forma tractatus est divisio ipsius libri, qui dividitur et par- titur per tres libros; qui libri postea dividuntur per centum capitula; quae capitula postea dividuntur per suas partes et Rythimos., Forma tractandi est septemcuplex, prout septemcuplex est sensus quo utitur in hoc poemate noster autor. Nam primo utitur quodam sensu quì dicitur literalis, sive super- ficialis et parabolicus; hoe est quod scribit quaedam, quae non impor- tabunt aliud intellectum nisì ut litera sola sonabit, nam non omnia hic scripta includunt sententiam, sed propter verba sententiam et figuram importantia inseruntur. Unde Augustinus in 15° de Civitate Dei ait: non omnia, quae gesta narrantur, significare aliquid putanda sunt sed propter illa, quae aliquid significant, attexuntur. Solo vomere terra perscinditur, sed ut hoc fieri possit, etiam cetera alia membra aratri sunt necessaria. Et ut scribitur in Decretis: licet in veteri lege nulla sub figura ponantur, tamen quaedam ad literam sunt solum intelligenda ut in praecepto illo: non occides, non moecha- beris ete. Secundo utitur quodam sensu, qui dicitur historicus, dietus ab historia: quae historia dieitur ab historin, quod est videre, ex eo quod ea quae in historia narrantur, ac si essent subjecta visui decla- rantur: et continet res veras et verisimiles. Nam haec vox Terusalem historice intelligitur ipsa civitas terrestris, quae est in Syria, in illa parte quae dicitur Palestina ete. idest gesta. 'Tertio utitur quodam sensu, qui dicitur apologeticus, ab apologus, qui est oratio, quae nec veras nec verisimiles res continet, est tamen inventa ad instructionem transumptivam hominum. Unde philosophus: transferentes secundum aliquam similitudinem. De quo stylo ait Horatius sic in Poetria: Scribendi recte sapere est et principium et fons. Ficta voluptatis causa sint proxima veris, Nec quodeumque velit poscat sibi fabula credi. Omne tulit punctum que miscuit utile dulci, Nam prodesse volunt, aut delectare poetae. Ut etiam facit iste muctor, reducendo fabulas tales ad nostram informationem. Et differt a fabula, quae dicitur a fando, quae nihil informationis habet nisi vocem. Tamen poeta eis fabulis utitur aut delectationis causa, aut rerum naturam ostendendo, aut propter mores informandos, secundum Isidorum Ethimolog.: de cuius speciebus vide Macrobium de sommo Scipionis circa principium. Quarto utitur alio sensu, qui dicitur metaphoricus, qui dicitur a meta, quod est extra, et fora naturam, unde metaphora, quasi sermo sive oratio extra naturam: ut cum auctor noster fingit lignum loqui prout facit infra in XIII Capitulo Inferni. Quinto utitur alio sensu, qui dicitur allegoricus, quod idem est quam alienum; nam allegoria dicitur ab alleon quod est alienum. Et differt a metaphorico superdieto, quod allegoricus loquitur intra se; metaphoricus extra se, ut ecce: haec vox Hjerusalem quae histo- rice, ut dixi, pro terrestri civitate accipitur, allegorice pro civitate Dei militante. Et seribitur allegorice, quando per id quod factum est intelligitur aliud quod factum sit, ut ecce de duello David cum Golia, quod significat bellum commissum per Christum cum Diabolo in ara crucis. Sic et cum auetor iste dicit se descendisse in Infernum per phantasiam intellectualiter, non personaliter, prout fecit, intel- ligit se descendisse ad infimum statum vitiorum et inde exisse ete. Sexto utitur alio sensu, qui dicitur tropologicus, unde tropologia dicitur quasi moralis intellectus et dicitur a tropos, quasi conversio; ut cum verba nostra convertimur ad mores informandos. Et scribitur tropologice quoniam per id quod factum est datur intelligi quod faciendum sit, ut haec vox Hjerusalem tropologice nccipitur pro anima fideli. Septimo utitur quodam alio sensu, que dicitur anagogicus, unde anagogia, idest spiritualis intellectus, sive superior; unde dicta vox Hjerusalem anagogice intelligitur coelestis et triumphans Fcelesia. Nam anagogice quis loquitur, cum datur intelligi quod desideratum est, et cum per terrena dantur intelligi coelestia; unde dicitur ab ama, quod est supra, et goge, quod est ducere, Ad quae praedicta facit quod dicit Gregorius in moralibus: quaedam historica exposi- tione transcurrimus et per allegoriam typica investigatione perseru- tamur; quaedam per sola allegoricae moralitatis instructa discutimus, Nam aliqua juxta literam intelligi nequeunt; nam literaliter talia accepta non instructionem sed errorem inducerent. Num si ad literam intelligeremus illum sanetum virum Job, ubi dicit: eligit suspendium anima mea, et mortem ossa mea, quid erroneum esset. Igitur ipse Job et alii scribentes sub talibus superdictis sensibus intelligi debent; et etiam auctor noster. Nam quis sani intellectus crederet ipsum ita descendisse et talia vidisse nisi cum distincetione dictorum mo- dorum loquendi ad figuram? Nam non est ipse literalis sensus ipsa figura, sed id quod est figuratum; nam et cum seribitur brachium Dei, ut in Joan. 22, ex dicto Isuiae, non est sensus quod brachium Deo sit, sed id quod per brachium significatur, scilicet virtus operativa. Amodo cum auctor loquitur et describit talem et talem in Inferno, Purgatorio et Paradiso, cum dictis sensibus diversimode intelligatur, Boccaccio. (Firenze, Fraticelli, 1844, pp. 13-22). [e] Avanti che alla lettera del testo si vegna, estimo siano da vedere tre cose, le quali generalmente si sogliono cercare ne' principii di ciascuna cosa che appartegna a dottrina: la primiera è di mostrare quante e quali siano le cause di questo libro; la seconda, qual sia il titolo del libro; la terza, a qual parte di filosofia sia il pre- sente libro supposto. Le cause di questo libro son quattro: la materiale, la formale, la efficiente, e la finale. La materiale è nella presente opera doppia, così come è doppio il suggetto, il quale è colla materia una mede- sima cosa; perciocchè altro è quello del senso litterale, e altro quello del senso allegorico, li quali nel presente libro amenduni sono, siccome manifestamente apparirà nel processo. È adunque il suggetto, secondo il senso litterale, lo stato dell’anime dopo la morte de' corpi sem- plicemente preso; perciocchè di quello, e intorno a quello, tutto il processo della presente opera intende. Il sug- getto secondo il senso allegorico è, come l'uomo per lo libero arbitrio meritando e demeritando, è alla giustizia di guiderdonare e di punire obbligato. La causa formale è similmente doppia, perciocchè ella è la forma del trat- tare, e la forma del trattato. La forma del trattato è divisa in tre, secondo la triplice divisione del libro. La prima divi- sione è quella secondo la quale tutta l'opera si divide cioè in tre cantiche. La seconda divisione è quella secondo la quale ciascuna delle tre cantiche si divide in canti. La terza divisione è quella secondo la quale ciascuno canto si divide in ritmi. La forma, o vero il modo del trattare è poetico, fittivo, discrittivo, e digressivo e transitivo: e con questo difinitivo, divisivo, probativo, reprobativo, e positivo d'esempli. La causa efficiente è esso medesimo, Dante Alighieri, del quale più distesamente diremo ap- presso, dove del titolo del libro parleremo. La causa finale della presente opera è in muoyere quegli che della presente vita vivono, dallo stato della miseria allo stato della felicità. La seconda cosa principale che è da vedere, è qual sia il titolo del presente libro, il quale secondo alcuni è questo: Incomincia la Commedia di Dante Ali ghieri Fiorentino. Alcun attro, seguendo» più l’intenzione dell'autore, dice il titolo essere questo: Incominciano le cantiche della Commedia di Dante Alighieri Fiorentino; la quale, perciocchè, come detto è, è in tre parti divisa, dice il titolo di questa prima parte essere incominciata la prima cantica delle cantiche della Commedia di Dante Alighieri: volendo per questo mostrare, dovere il titolo di tutta l'opera essere: Cominciano le cantiche della Com- media di Dante, ec. e come detto è. Ma perchè questo poco resulta, il lasceremo nell’arbitrio degli scrittori, e verremo a quello perchè all'nutore dovè parere di do- verlo così intitolare, dicendo la cagione del titolo secondo, perciocchè in quello si conterrà la cagione del primo, il quale quasi da tutti è usitato. E ad evidenza di questo, secondo il mio giudicio, è da sapere, siccome i musici ogni loro artificio formano sopra certe dimensioni di tempi lunghi e brevi, e acuti e gravi, e dalle varietà di quelle, con debita e misurata proporzione congiunta, e quello poi appellano cantico; così i poeti, non sola- mente quelli che in latino scrivono, ma eziandio coloro, che come il nostro autore fa, volgarmente dettano, com- ponendo i loro versi, secondo la diversa qualità d'essi, di certo, e determinato numero di piedi intra sè mede- simo, dopo certa e limitata quantità di parole consonanti, siccome nel presente trattato veggiamo, che essendo tutti i ritmi d'egual numero di sillabe, sempre il terzo piè nella sua fine è consonante alla fine del primo, che in quella consonanza finisce: perchè pare, che a questi co- talî usi, o opere composte per versi, quello nome sì con- vegna che i musici alla loro invenzione danno, come davanti dicemmo, cioè canti: e per conseguente quella opera che di molti canti è composta doversi cantica ap- pellarè, cioè cosa în sè contenente più canti. Appresso si dimostra nel titolo, questo libro essere appellato Com- media: a notizia della qual cosa è da sapere, che le poetiche narrazioni sono di più e varie maniere, siccome è Tragedia, Satira e Commedia, Buccolica, Elegia, Lirica ed altre. Ma volendo di quella sola che al presente titolo appartiene vedere, vogliono alcuni mal convenìrsi a questo libro questo titolo, argomentando primieramente dal significato del vocabolo, e appresso dal modo del trat- tare di commedia, il quale pare molto essere differente da quello che l'autore serva in questo libro. Dicono adunque primieramente mal convenirsi le cose cantate in questo libro col significato del vocabolo, perciocchè Commedia vuole tanto dire quanto Canto di villa, com- posto da Comos, che in latino viene a dire Villa, e Odos, che viene a dire Canto: e i canti villeschi, come noi sappiamo, sono di basse materie, siccome di loro qui- stioni intorno al cultivare della terra, o conservazioni di loro bestiame, o di lor bassi e rozzi innamoramenti e costumi rurali; a' quali in alcuno atto non sono con- formi le cose narrate in alcuna parte della presente opera, ma sono di persone eccellenti, di singolari e nota- bili operazioni degli uomini viziosi e virtuosi, degli effetti della penitenza, de’ costumi degli angeli, e della divina essenza. Oltre a questo, lo stilo comico è umile e rimesso, acciocchè alla materia sia conforme, quello che della presente opera dire non sì può; perciocchè quantunque in volgare scritto sia, nel quale pare che comunichino le femminette, egli è nondimeno ornato, e leggiadro, e sublime, delle quali cose nulla sente il volgare delle femmine: non dico però, che se in versi latini fosse, non mutato il peso delle parole volgari, ch'egli non fosse molto più artificioso e più sublime, perciocchè molto più arte è nel parlare latino che nel moderno. E appresso dell'arte spettante al commedo, mai nella commedia non usa riconducere sè medesimo in alcun atto a parlare, Francesco da Buti. (Pisa, Frat. Nistri, 1858, I, pp. 5-11). {£] Sì come dicono tutti li esponitori nelli principi delli autori, si richiede di manifestare tre cose principalmente, cioè le cagioni et appresso la nominazione e poi la sup- posizione dell'opera, E quanto al primo è da sapere che le cagioni che sono da investigare nelli principi delli autori, sono quattro, cioè cagione materiale, formale, efficiente e finale. Ft in questo nominato poema la ca- gione prima, cioè materiale che tanto è a dire quanto il soggetto di che l’autore parla, si è litteralmente lo stato dell'anime dopo la separazione del corpo, et allegorica- mente o vero moralmente è lo premio o vero la pena a che l'uomo s'obliga vivendo in questa vita per lo libero arbitrio, La cagione seconda cioè formale, è doppia, cioè la forma del trattato e il modo del trattare: la forma del trattato è la divisione del libro che si divide tutto in tre cantiche, E la prima cantica, che appo li volgari sì chiama Inferno si divide in XXXIII canti. E la se- conda che si chiama da quelli medesimi Purgatorio si divide in XXXIII canti. E la terza che si chiama Para- diso sì divide ancora in XXXIII canti. E ciascuno canto sì divide nelli suoi ritimi o vero ternari, e li ritimi o vero ternari si dividono in versi. Lo modo del trattare è poetico, fittivo, descrittivo, digressivo, transuntivo et ancora diffinitivo, divisivo, probativo, improbativo et esemplipositivo. La cagione terza che è efficiente è l'au- tore nominato, cioè Dante Allighieri fiorentino del quale si dirà nel titolo del libro. La cagione quarta che è finale, nel presente poema è arrecare li uomini viventi nel mondo della miseria del vizio alla felicità della virtù, La seconda cosa che è da vedere, è la nominazione del poema. E quanto a questo è da saper che la nomi- nazione speciale di questo poema ovvero titolo che altri lo vogliano chiamare è: Incominciasi la Comedia di Dante Alighieri fiorentino. Et altri sono :che intitolano così: Incominciasi la prima delle cantiche della Comedia di di Dante Alighieri fiorentino, intitolando la prima. Ma intitolando tutta l’opera dicono: Incominciansi le can- tiche della Comedia di Dante Alighieri fiorentino. Sopra il quale titolo è da vedere due cose principalmente; cioè prima perchè tutta l’opera si chiama Comedia; et a questo sì può rispondere perchè l’autore medesimo la nominò così, come appare nella prima cantica del canto XXI che comincia così: Così di ponte ece.; e nel XVI canto della detta prima cantica: Ma qui tacer ece. Ecco che nella prima cantica in due luoghi chiama la sua opera Comedia. E la cagione che il mosse credo che fosse questa, che la Comedia è torbido principio e lieto fine, e così à questo poema che prima tratta dell'inferno e dei vizi, che sono cosa turbulenta e all'ultimo tratta delle virtù e della felicità dei beati che è cosa lieta. Le ragioni che si potrebbero far contra, a mostrare che questo nome non si convenia a questa opera e le soluzioni a ciò, al presente lascio per osservare la brevità e perchè messer Giovanni Boccacci nella sua lettura che cominciò, assai sofficientemente le tocca. Et oltre a questo ora è da vedere la seconda cosa, cioè perchè si chiamano cantiche le sue principali parti, a che si può dire: Perchè sono composte di diversì canti come fu detto di sopra, e ciascun canto di versi misurati con certo numero di sillabe di- stinte per ternari sì che cantar sì possono, e così tor- nando dall’ultimo al primo. Perchè sono li versi distinti in ternario sì, che cantar si possono, sì chiamano i capi- toli canti, e così li nomina l’autore ove dice nel canto trigesimo 3° della prima cantica: E le altre due che il canto suso appella; e nel canto XX di detta prima can- tica: Di nuova pena ecc., e, perchè ì capitoli sono chia- mati canti, si conviene che tutte le parti si chiamino cantiche et a similitudine della comedia che sì interpreta in lingua latina canto villesco. Et è qui da notare che tutti li canti non sono d'una misura; imperò che quale è di 43 ternari, e quali di meno e quali di più, et & tutti è uno versetto posto nella fine solo per compiere la consonancia del verso mediatore del ternario et ogni verso è di 11 sillabe, se la penultima sillaba è lunga e, s'ella è brieve, è di dodici, sì come appare ece. ecc. Et oltre alle predette cose sopra il detto titolo è da vedere chi fu questo autore nominato nel titolo Dante. Ft a questo doviamo sapere che l’autore del presente poema, sì come testifica il titulo, fu Dante Alighieri, per ischiatta nobile uomo della città di Fiorenza, ecc. ecc. Ora resta del suo nome dire alcun cosa; cioè ch'elli fu nominato Dante; cioè donatore, lo quale nome degna- mente li si conviene: imperò che graziosamente fece dono altrui di quello che Idio li avea prestato, messo inanzi a tutti questo suo tesoro, nel quale si truova onesto diletto e salutevole utilità da chi lo vuole cercare con caritatevole ingegno. E per questo nome in questa sua opera si fa nominare a due persone eccellentissime; cioè Beutrice, la quale, apparendoli in sul trionfale 40 de dg ant di DI tubi Î ni STRO DI PETITTATTA DOBIGLT DN: Midi uti br: TIRO le ig e n n di | } } Mariotti UTRITTA RIE VARI e (PROTO 5Ù, to bi t MAGA ) J AA Ù pi t i ip / Suit ta pf PENTI, giù né DI Y Va) È t Tuo Mati ana 199) n Ul Wii asi ì ti fio Il 17) LI I N È ULI tI 3 sa } i è È U Il î Y 4° . ; i tale tà Ì | 4 i bite f 3 lenti.n È nie ia i A quasa board U } i eva ° kai laico are mini cc AL Và pali quasi Moena lupa stria de #4 dl seo al È: coni pad IR UP, banane MET E Ì perni il ug; Of [a] tractus scil Et sì totius operis allegorice sumpti subiectum est homo, prout merendo et demerendo per arbitrii libertatem est licet “status animarum beatarum post mortem ,, Tustitine praemianti aut punienti obnoxius; manifestum est in hac parte hoc subiectum contrahi, et est homo, prout merendo obnoxius est Iustitine praemianti. 12. Et sic patet de forma partis per formam adsignatam totius. Nam, si forma tractatus in toto est triplex, in hac parte tantum est duplex, scilicet divisio Canticae ot cantuum. Non eius potest esse propria forma divisio prima, quum ista pars sit primae divisionis. 13. Patet etiam libri titulus. Nam si titulus totius libri est: “Incipit comoedia ,, ete., ut supra; titulus autem huius partis erit: * Incipit cantica tertia comoediae Dantis, quae dicitur Paradisus ,, 14, Inquisitis his tribus in quibus variatur pars a toto, videndum est de aliis tribus in quibus yariatio mulla est a toto. Agens igitur totius et partis est ille qui dietus est, et totaliter videtur esse. 15. Finis totius et partis esse potest multiplex, scilicet propinquus et remotus. Sed omissa subtili investigatione, dicendum est breviter, quod finis totius et partis est, ‘removere viventes in hac vita de statu miseriae, et per- ducere ad statum felicitatis ,. 16. Genus vero philosophiae, sub quo hic in toto et parte proceditur, est morale negotium sive Ethica; quia non ad speculandum sed ad opus incoeptum est totum. Nam etsi in aliquo loco vel passu pertractatur ad modum speculativi negotii, hoc non est gratia speculativi negotii, sed gratia operis, quia, ut aît Philosophus in secundo Metaphisicorum, ad aliquid et tune speculantur practici aliquando. Borriro. — 2. (b] > super actus Apostolorum ait: “ Psulterium lirici composuere pedes ,. Quidam dicuntur satirici eo quod pleni sunt omni facundia, sive a satu- ritate vel copia; de pluribus enim rebus simul locuntur; et dicuntur satirici, sive satiri, a quadam scientia poetica que dicìtur satyra; et, sicut dicit quedam glosa super Persium, satyra est lauta mensa multis generibus frugum repleta, que consuevit offerri Veneri in sacrificio. Et ista de causa istud secundum genus poetice narrationis dicitur satyra, quia abundat reprehensione vitij et commendatione virtutis. Vel satyra dicitur a Satjro, deo silvarum. Satjri enim sunt quedam animalia ab umbilico supra formam hominis habentia, et ab umbilico deorsum habent formam caprinam; in capite habent duo cornua et nasum uncinatum. Sunt nutem isti satyri leves et psaltantes nudi et dicaces et omnium subsannatores. Sic ista scientia poetarum est levis, quia cito saltat de vitio in virtutem, et de virtute in vitium; nuda et dicax dicitur, quia aperte vitia reprehendit; subsannatrix est, quia deridet vitiosos. Quidam dicuntur tragedi, et eorum scientia dicitur tragedia. Est autem tragedia quedam poetica narratio que în principio est admirabilis et grata, in fine vero sive exitu est fetida et orribilis, et propter hoc dicitur a “trago ,, quod est hircus, et “ oda , quod est cantus; inde tragedia, quasi cantus hircinus idest fetidus ad modum hirci, ut patet per Se. necam in suis tragediis. Vel ut dicit beatus Isidorus VIII libro ethimo- logiarum, tragedi dicuntur eo quod initio canentibus premium erat hircus quem Greci tragos vocant; unde et Horatius “ Carmine qui tragico vilem certavit ob hircum ,. Quidam vero dicuntur comici, et eorum sclentia comedia dicitur. Est autem comedia quedam narratio poetica, qui in principio habet asperitatem ulicuius miserie sed eius materia prospere terminatur, ut patet per Terentium in suis comediis. Dicitur autem liber iste Comedia, quia in principio sue narrationis, seu descriptionis habet asperitatem et horribilitatem quia tractat de penis Inferni; in fine vero continet iocunditatem et delectationem quia tractat de gaudiis Paradisi. Inter poetas lyricos Boetius et Sjmonides obtinent principatum; inter Satyros Oratius et Persius; inter tragedos Homerus et Virgilius; inter comicos autem Plautius (sic) et Terentius. Dantes autem potest dici non solum comicus propter suam comediam, sed etiam poeta lyricus propter diversitatem rithimorum et propter dulcifuum et mellifiuum, quem reddunt sonum; et satyricus propter reprehensionem vitioram et commendationem virtutum quas facit et tragedus propter magnilia gesta que narrat sublimium personarum. Et sic patet libri titulus. Postquam vero manifestata sunt illa sex que in quolibet doctrinali opere sunt querenda, est sciendum quod ista Comedia continet quatuor sensus, quemadmodum et scientia theologie. Concurrit enim in hoc poesia cum theologia, quia utraque scientia quadrupliciter potest exponi; ymo ab antiquis doctoribus ponitur poesia in numero theologie. Seribit enim beatus Augustinus libro VII de civitate Dei quod Marcus Varro tria genera theologie esse posuit: unum scilicet, fabulosum, quo utuntur poete; alterum naturale, quo utuntur philosophi; tertium verum civile, quo utuntur populi. Primus namque intellectus, sive sensus quem con- tinet Comedia dicitur hjstoricus, secundus allegoricus; tertius tropo- logicus; quartus vero et ultimus dicitur anagogicus. Primus, dico, intel- lectus est hjstoricus: iste intellectus non se extendit nisi ad literam sicut quando accipimus “ Minorem , (sic) judicem et assessorem inferni qui disiudicat animas descendentes. Secundus intellectus est allegoricus, per quem intelligo quod liteva, sive hjstoria, unum significat in cortice et aliud in medullo; et secundum istum intellectum allegoricum Minos tenet figuram divine iustitie. Tèrtius intellectus est tropologicus sive moralis, per quem intelligo quomodo me ipsum debeo iudicare; et se- cundum istum intellectum Minos tenet figuram rationis humane que debet regere totum hominem, sive remorsus conscientie, qui debet mala facta corrigere. Quartus vero et ultimus intellectus est anagogicus, per quem sperare debeo digna recipere pro commissis; et secundum istum intellectum Minos tenet figuram spei, qua mediante penam pro peccatis et gloriam pro virtutibus sperare debemus. [e] Munifestate le cose che proponemmo che erano da notare si è da sapere che univer- salmente la detta Comedia può avere quattro sensi. Lo primo sì è litterale overo istoriale, lo quale senso non sì estende più innanzi che come suona la lettera, e quelli termini in li quali ella è posta; siccome quand'ello pone Minos in lo inferno per uno demonio giudicatore delle anime. Lo secondo senso è allegorico, per lo quale lo termine della litteratura significa altro che ello non suona come ad interpretare lo ditto Minos la giu- stizia la quale giudica le anime secondo sua condizione. Lo terzo senso è detto tropo- logico cioè morale, per lo quale s'interpreta lo ditto Minos siccome uno Re che fu in Creti che fu giusto e virtudioso: donando a' viziosi pena e a’ virtudiosi merito. Così moralmente si pone uno giudice in inferno lo quale dicerne per la condizione delle anime lo luogo e pena che sì li aviene. Lo quarto senso è detto senso anagogico per lo quale s'interpreta spiritualmente li esempli e com- parazioni della detta Comedia, sì come quando fa menzione d’alcuna persona che non si dee intendere che quella persona sia perciò in inferno o altrove, perchè è ignoto e secreto ai mondani, ma spirituale s'intende che quello vizio che è attribuito a colui overo vertude, per tale modo è purgato, overo re- munerato, per la institian di Dio. [d] ut poeta, cuius officium est ut, ea quae vere gesta sunt in alias species obliquis figurationibus cum decore aliquo conversa traducat, secundum Isidorum. Causa vero finalis in hoc poemate est ut, descriptis poenis, crucia- tibus et suppliciis contentis in hoc suo libro rationabiliter contin- gendis vitiosis, ne laudibus et gloriis contingendis virtuosis, vitiosos homines a vitiis removeat, et remotos ad purgandum se ipsos dirigat, ut dicit psalmista: docebo iniquos vias tuas, et impii ad te conver- tentur; atque perfectos in sanctitate et virtute corroboret. Ad quod philosophus: finis humani boni în virtute consistit. Et Seneca: propone animo tuo bona futura et mala, ut illa moderare queas, ista sustinere. Et ecce finis ad quem seribit. Libri titulus est: Comoedia Dantis Allegherii, et quare sic vocetur adverte. Antiquitus in theatro quod erat area semicircularis, et in eius medio erat domuncula, quae scena dicebatur in qua erat pulpitum et super id ascendebut poeta ut cantor, et sun cnuiina ut cantiones recitabat, extra vero erant mimi joculatores, carminum pronuntiationem gestu corporis effigiantes per adaptationem ad quemlibet, ex cuius persona ipse poeta loquebatur; unde cum loquebatur, pone de Junone conquerente de Hercule pri- vigno suo, mimi sicut recitabat, ita effigiabant Junonem invocare Furias infernales ad infestandum ipsum Herculem; et si tale pul- pitum, seu domunculam, ascendebat poeta, qui de more villico caneret, talis cantus dicebatur comoedia. Nam dicitur a comos, quod est villa et oda, cantus, quasi villicus cantus; et quod eius stjlus erat în ma: teria incipiente a tristi recitatione et finiente in laetam unde adhuc scribentes interdum loco salutationis dicunt tragicum principium et comicum finem. Et quod auctor iste ita scribere intendebat, incipiendo ab Inferno et finiendo in Paradisum, sic eius poema voluit nominari, Item quod poeta in comoedia debet loqui remisse et non alte ut Terentius in suis comoediis fecit; ad quod Horatius: Interdumque tamen vocem comoedia tollit, Iratusque Chremes tumido delitigat ore; et Isidorus Ethimolog.: Comoedi sunt, qui privatorum hominum acta cantabant; per quod vide quare vulgariter Dantes, ut comicus, humilis et remissus seripsit et loquendo vulgariter, ut faciunt rustici et qui- libet idiota. Tragedia vero est alius poeticus stjlus et cantus et op- positus comoediae; nam incipit a laetis et finit in tristibus. Et dicitur a tragos quod est hirquus et oda cantus quasi hirquinus cantus, quod talia canentibus, antiqua gesta videlicet et facinora regum luctuoso cantu, dabatur hirquus in praemium, secundum Isidorum. Unde Horatius: Carmine qui tragico vilem certavit ob hirquum, Et loquitur elate et clamose; unde Boetius in lib. de Consolatione: quid aliud tragoediarum deflet clamor ete. Et ex his Seneca certa sua poemata tragoedia titulavit. Sunt et alii poetici cantus etiam secundum sua significata diversimode nominati, scilicet elegiacus, idest desolativus ut in Boetio; bucolicus, idest pastoralis, ut Virgilius in Bucolicis; georgicus, idest terrestris, ut idem Virgilius in Geor- gicis; item satyrus idest reprehensivus ut in Horatio, Juvenale et Persio: item lyricus idest delectabilis, ut in Ovidio. Nune videndum cui parti philosophiae supponatur. Unde dico quod supponitur ethicae, idest morali philosophiae. Et demum veniamus ad titulum et ru- bricam specialem istius primae canticae et libri, quae sic debet scribi: Incipiunt prima cantica Comoediae Dantis Allegherii in quibus trac- tatur de descensu ad inferos. Circa quod instandum est aliquantulum, more Ulpiani jurisconsulti tractaturi de jure dicentis: juri operam daturo prius nosse oportet unde nomen juris descendit. Ita et nos nune operam daturos ad noscendum de descensu inferni, oportet noscere unde talis descensus dicatur. Ad quod animadvertendum est, quod Homerus primo graece: secundo Virgilius latine, ut gentiles et pagani et ceteri alii, ut Claudianus: tertio Dantes materne de hoc descensu, ut Christianus, poetice pertractarunt: et sie diverse sed quantum ad moralitatem ad idem intenderunt, non autem quantum ad naturalem talem descensum. Unde est notandum quod quadruplex dicitur descensus ad inferos: scilicet naturalis, virtuosus, vitiosus, artificialis et nigromanticus ete. ete. [e] ma sempre a varie persone, che in diversi luoghi e tempi, e per diverse cagioni deduce a parlare insieme, fa ragio- nare quello che crede che appartenga al tema impreso dalla commedia. Dove in questo libro, lasciato l'artificio del commedo, l'autore spessissime volte, e quasi sempre or di sè e ora d’altrui ragionando favella, E similmente nelle commedie non s'usano comparizioni, nè recitazioni d'altre storie che di quelle che al tema nssunto appar- tengono; dove in questo libro si pongono comparazioni infinite, e assai storie si raccontano che dirittamente non fanno al principale intento, Sono ancora le cose che nelle commedie si raccontano, cose che per avventura mai non furono, quantunque non sieno sì strane dai costumi degli uomini che essere state non possano. La sustanziale storia del presente libro dello essere dannati i peccatori che ne' loro peccati muoiono a perpetua pena, e quegli che nella grazia di Dio trapassano essere allevati alla eterna gloria, è secondo la cattolica fede vera, e stata sempre. Chiamano, oltre a tutto questo, i commedi le parti intra sè distinte delle loro commedie, storie; perciocchè recitando li commedi quelli nel luogo detto scena, nel mezzo del teatro, quante volte introduceano varie persone a ragionare, tante della scena uscivano i Mimi trasformati da quelli che prima avevano parlato e fatto alcun atto, e in forma di quelli che parlare do- veano davanti dal popolo riguardante e ascoltante, il commedo che raccontava: dove il nostro autore chiama le parti della sua commedia. E così, acciocchè fine po- gnamo agli argomenti, pare, come di sopra è detto, non convenirsi a questo libro nome di commedia. Nè si può dire, non essere stato della mente dell'autore che questo libro non si chiamasse commedia, come talvolta ad alcuno di alcuna sua opera è avvenuto, conciossiacosachè esso medesimo nel xxr. canto di questa prima cantica il chiami commedia, dicendo: Così di ponte in ponte altro parlando, Che la mia Commedia cantar non cura, ecc. Che adunque diremo alle obiezioni fatte? Credo, con- ciossiacosachè oculatissimo uomo fosse l’autore, lui non avere avuto riguardo alle parti che nelle commedie si contengono, ma al titolo, e da quello avere il suo libro dinominato, figurativamente parlando. Il titolo della com- media è, per quello che per Plauto e per Terenzio, che furono poeti comici, si può comprendere, che la com- media abbia turbolento principio, e pieno di romori e di discordie, e poi l'ultima parte di quella finisca in pace e in tranquillità: al quale tutto è ottimamente conforme il libro presente; perciocchè egli incomincia da' dolori e dalle tribulazioni infernali, e finisce nel riposo, e nella pace e nella gloria la quale hanno i beati in vita eterna. E questo dee poter bastare a fare che così fatto nome sì possa di ragione convenire a questo libro. Resta a vedere chì fosse l’autore di questo libro: la qual cosa non pure in questo libro, ma in ciascuno altro pare di necessità di doversi sapere; e questo acciocchè noi non prestiamo solamente fede a chi non la merita; conciossiachè noi leggiamo: Qui misere credit, creditur esse miser. E qual cosa è più misera che credere al pa- tricida dell'umanità e pietà, all’invidioso della Scrittura, o all’eretico della fede cattolica? Rade volte avviene che alcuno contro alla sua professione favelli: voglionsi adunque esaminare la vita e' costumi e gli studii degli uomini, acciocchè noi cognosciamo quanta fede sia da prestare alle loro parole. Fu adunque autore del pre- sente libro, siccome il titolo ne testimonia, Dante Ali ghieri, per ischiatta nobile uomo della nostra città. E questo basti intorno al titolo avere scritto. La terza cosa principale, la quale dissi essere da in- vestigare, è a qual parte di filosofia sia sottoposto il pre- sente libro, il quale, secondo îl mio giudicio, è sottoposto alla parte morale, ovvero etica; perciocchè quantunque in alcuno passo si tratti per modo speculativo, non è perciò per cagione di speculazione ciò posto, ma per cagione dell’opera, la quale quivi ha quel modo richiesto di trattare. Espedite le tre cose sopraddette, è da vedere della rubrica particulare che segue, cioè: Incomincia il primo Canto dell'Inferno, ecc. ecc. Per la qual cosa si può meritamente dire questo libro essere polisenno, cioè di più sensi, de’ quali è il primo senso quello il quale egli ha nelle cose significate per la lettera siccome voi potete aver di sopra nella esposizion litterale udito: e chiamasi questo senso litterale, e così è. Il secondo senso è allegorico o vero morale, il quale acciocchè voi comprendiate meglio esemplificando vel dichiarerdò in questi versi: Zu emitu Israel de Agypto, domus Jacob de populo barbaro: facta est Judea sancti- ficatio ejus, Israel potestas ejus. De’ quali se noi guar deremo a quello che la lettera suona solamente, vedremo esserci significato l’uscimento de’ figliuoli di Israel d'Egitto al tempo di Moisè; e se noi guarderemo alla allegoria, vedremo esserci mostrata la nostra redenzione fatta per Cristo: e se noi guarderemo al senso morale, vedremo es- serci mostrata la conversione dell'anima nostra, dal pianto e dalla miseria del peccato allo stato della grazia; e se noì guarderemo al senso anagogico, vederemo esserci dimostrato l'uscimento dell'anima santa dalla corruzione della presente servitudine, alla libertà della gloria eter- nale. E così come questi sensi mistici sono generalmente per varii nomi appellati, tutti nondimeno sì possono ap- pellare allegorici; conciosiacosachè essi sieno diversi dal senso litterale, o vero istoriale. E questo è, perciocchè allegoria è detta da un vocabolo greco, detto alZeon, il quale in latino suona alieno, ovvero diverso: e perciò dissi questo libro esser polisenno, perciocchè tutti questi sensi, da chi tritamente volesse guardare, gli si potreb- bono in assai parti dare. #0 (f] carro del celestiale esercito in sulla suprema altezza del monte di Purgatorio, intende essere la santa teologia, dalla quale si dee credere ogni divino ministerio essere inteso; e questo insieme con li altri; cioè che l’autore nostro per divina disposizione fosse chiamato Dante: e però da lei si fa chiamare così nel 30 canto della se- conda cantica ove dice: Dante, perchè Virgilio se ne vada ecc. Et appresso si fa nominare ad Adam primo nostro padre, lo quale fu nominatore di tutte le cose se- condo la loro proprietade, datali da Dio la sapienzia di ciò, e questo appare nel 26 della terza cantica ove dice: Dante, la voglia tua discerno meglio ecc. E per questo appare che Dante è nome che si conviene al nostro autore per le sue opere, che à graziosamente donate a ciascuno, significandosi et appropriandosi questo mede- simo per quello che si dice comunemente: Nomina et pronomina sunt consequentia rerum. La seconda cosa, che è da vedere principalmente innanzi che sì venga al testo, è a qual parte di filosofia sia sottoposto questo poema; et a questo si può rispondere che è sottoposto alla parte morale o vero etica: imperò che, benchè in alcuno passo si tratti per modo speculativo, non è per cagione del- l'opera che abbi richiesto questo modo di trattare; ma incidentemente per alcuna materia occurrente. E questo basti a quello che si richiede ne' principi delli autori. y Î Ì : soi db taria? tari. 385 issatt otra PATTI dat mune a na | uri statradit Hidan 19% aigarastod, dii a A td dini i i pl Ù ni cent tandadtimtor ino ta dato ito utt deo traino neg ni i nu ta yi vafod ten ta Sttoeda0d: tre don di va ani ‘Bbaag £ dal } é Tr} tarare rai aio TI "lizod od obi I i tdi tit leva Mot Ja qa è dagrtol gh dodpa dik Ù ; Mavi [ a VIT 17 wii \ “adoi ni saibetntirà ALDA mo da dala và cpr vttagi di is. agoiliaa volute dati it a | i pie ria | ui il tric afro dano i 11) ; ila: pa NA 1390 wi "ntagikivio” 9 iva ‘tir via Bri SII di uao st PE Gr SIISH 9 de built, SBpar TRI LE 0, Sa more sete o du riore o ite patito gagt Cagha. 1) A2ogt upadisspora y onca va ppt por bi i È 5 Gate Put a FI dolori leche n 3 est > lupi antuizt desi Jona ri p filato NETTE PER Vu: o, nil Pal SIA Sha x Loggia ari se : son i vestono: Longo, ELE, Mure API NS, si bf pa ” impe feni pe 3 tà attesti sntobbi ii, inf vid fate ini Live: road bart perte US altra #5 Ù nt renti Abbi sqoiiapiiase gi LMdup ansioso hp surtenari - i i ‘ iqionini da. ddr 46 ssitti sint boîtp, 1945 È | S siro fa ae bi SUR) ny mot da iloatete viti Vie » uj da ti ( 7 i È ” mM x Send pali cei po pa ia sfed a 215 cop don asidgobolidg! 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Lidi intona i vab peso Rergoo munmpescg' € cm TALI do poni sai , A boni GLI STATUTI DI AMEDEO VIII DUCA DI SAVOIA N si, LI i 26 luglio 1428 MEMORIA DEL Dott. GIAN CARLO BURAGGI Approvata nell'adunanza del 5 Maggio 1907. statuti relativi al procedimento giudiziario civile, con cui lo stesso duca aveva lat < ona anni prima la propria opera legislativa, prendendo le mosse da uno Tali statuti furono promulgati in Chambéry il 26 luglio 1423, O cioè vige- ancora ell Stato i gli statuti generali dari da pregio ni nel 1379; sì abrogati da nuove disposizioni, ma alcuni altri non andarono soggetti a veruna cazione; onde abbiamo ragione di credere che la loro vita si estendesse ben 49, GIAN CARLO BURAGGI 2 b iis Gli statuti del 26 luglio 1423 non furono mai stampati (1). Questa circostanza, se concorre, a spiegare l'oblio in cui caddero dopo che andarono in desuetudine, nulla però toglie al loro valore intrinseco, come non ne menoma punto l’autenticità. Che infatti Amedeo VIII avesse già pubblicato altre leggi prima della definitiva rac- colta del 1430, risulta dal proemio di quest’ultimo codice, ove vengono ricordati gli imperfetti tentativi così degli antecessori come del duca stesso (2). Un richiamo pre- |. ciso poi agli statuti giudiziari nostri lo troviamo nel Sommario dei Decreti Sabaudi di Giovanni Nevizano, il quale ne cita due capi e ci avverte ch’essi non trovansi nelle raccolte a stampa (3). Un ultimo argomento infine non solo sta a prova della loro reale promulgazione, ma ci fa supporre altresì, come si è già notato, che una parte di essi rimanesse in vigore anche dopo la redazione del 1430. Nel 1533 il duca Carlo II, dietro vive istanze delle assemblee dei tre Stati, si accinse a una radicale riforma delle leggi sabaude; e tale opera egli compiè non raccogliendo sol- tanto le proprie nuove disposizioni, ma riportando quanto dell’antica legislazione rispondeva ancora ai bisogni dei tempi (4). Orbene tra i decreti dei suoi predeces- sori che egli comprese nella sua compilazione si trovano appunto sei capi degli statuti del 1423. Se a tale fatto aggiungiamo che la copia in cui essi ci giunsero è contenuta insieme con i decreti del 1430 in un codice trascritto per scopo eviden- temente pratico nel 1466, non parrà senza fondamento l’ipotesi avanzata che una parte di essi imperasse nel ducato sabaudo per oltre un secolo. Per spiegare poi n (1) Essi, oltre che inediti, rimasero fin qui pur anco quasi ignorati, non avendosene altrimenti notizia che per un cenno del Nevizano (v. oltre). Non ne fanno parola gli autori piemontesi: nè i raccoglitori e commentatori, dal Sora al Dusomn, nè gli storici, dal Gurcuenon al Gasonto, nè i giu- risti, dallo Scropis al Nani. (2) “... nonnulla nostri progenitores inclita, et nos successive zelo iustitiae ducti statuta felicia in pluribus codicillis redacta condidimus... , (Stat. Amedeo VIII, 1480, Proemio). — Anche alcune addizioni agli statuti di Amedeo VI del 1379 sono da attribuirsi ad Amedeo VIII V. €. Nani, Nuova edizione degli statuti del 1379 di Amedeo VI di Savoia (© Miscellanea di storia italiana ,, t. XXI), p. 252, e E. PevereLLi, Il Consiglio di Stato nella Monarchia di Stvoia, Roma, 1888, p. 34. (3) “ Interlocutoria nec quo ad partem nec quo ad iudicem unquam transeat in rem iudicatam quominus possit per ipsum iudicem qui eam tulit vel superiorem reparari non obstante temporis lapsu, ita decrevit dux Amedeus, MCCCCxxiij. die xxvj. Julii, non est in impressis, — “sunt. qui inducunt hoc decretum probare quod causa nullitatis regulatur ut causa appellationis, Hoe clarius cavebatur suprascripto decreto Amedei non impresso dum ibi dicitur: Appellatio a diffinitiva | terminetur infra medium annum et mensem a die lati gravaminis, alias sit causa tam supplicationis — quam appellationis et nullitatis ipso iure deserta, sed videbatur abrogatum supra ex prohemio ,. (Summarium Decretorum Sabaudiae ordinem iudiciarium concernentium, per clariss. Jurisconsultum D. Joannem Nevizanom civem Asten. M.D.XXII, f. 44). 1 capi cui si allude sono il 7 e il 3. — Non. sono del resto questi i soli statuti non compresi nelle antiche raccolte a stampa. Così, ad es., lo stesso Nevizano (ibidem, f. 47) ricorda l’editto di Amedeo IX del 15 maggio 1467 (pubblicato di poi | i dal BoreLni, Editti antichi e nuovi de’ Sovrani Prencipi della R. Casa di Savoia, Torino, 1681, p. 92). con queste parole: “ ... ita decrevit Amadeus dux, 1467, die 15 maij, non est impressum x. (4) Tale Re di Carlo II è inedita e formerà oggegto di un altro mio studio. Per rag. guagli sul codice che la contiene v. oltre. i 3 GLI STATUTI DI AMEDEO VIII DUCA DI SAVOIA DEL 26 LueLIo 1423 43 questa coesistenza di statuti, basta aver presente che il codice del 1430 non abrogò tutte le leggi anteriori, ma soltanto quelle contrarie alle nuove disposizioni (1); per cui i punti degli statuti nostri, relativamente ai quali nulla venne innovato, dovet- tero riguardarsi come rimasti in vigore (2). III. Degli statuti del 1423 non ci giunse l'originale [A] (3). Ecco le fonti che mi fu dato rintracciare. La sola copia [B] completa che mi sia nota si trova in un codice contenente gli statuti di Amedeo VIII del 1430, conservato nella Biblioteca Nazionale di Torino con la segnatura H. I. 15 (4). È questo un volume cartaceo in-folio, della seconda metà del sec. XV, di carte VII-66 scritte su due colonne e numerate da mano re- cente. Sul f. I sta quest’intestazione probabilmente del sec. XVII: “ Amedei 8 Sab. Ducis Statuta Dominicalia ,. I ff. 1-4r. contengono gli statuti nostri, i quali occu- pano 13 colonne del manoscritto. Dalla 2* col. del f. 4. alla 12 col. del f. 66». (1) © Omnibus aliis nostris et praedecessorum nostrorum libris et scriptis in hac parte edictis ad tollendum confusionem praesentis libri statutorum nostrorum edictione nostra et dictorum prae- decessorum nostrorum statuta opportuna comprehendentibus, quibus per praesentia statuta de- rogatur, cassatis et irritis, aliis in suis robore et firmitate remanentibus , (Stat. Amedeo VIII, 1430, Proemio). (2) Abbiamo la seguente corrispondenza tra gli statuti del 1423 e quelli del 1430. Il c. 1 degli statuti del 1423 dà origine ai c. 126, 129 e 130 del L. Il degli statuti del 1430; il c. 2 al c. 127; il e. 3 ai ce. 162, 163; il e. 6 al ec. 164; i c. 10 e 12 ni c. 121, 122, 123, 124; il c.13 al c. 171; il e. 14 al e. 172. Mancano nei Decreti del 1430 disposizioni che facciano riscontro ai c. 4,5, 7,8, 9, 11. Sono questi appunto î capi che dovettero rimanere in vigore anche dopo l’anno 1430. Cinque di essì (4, 5, 7, 8, 9) furono compresi nella raccolta del 1533 di Carlo II, il quale vi aggiunse il e. 8 che, quantunque revocato dai c. 162 e 163 del L. II degli statuti del 1430, trattava dell’ap- pello in modo più ampio e completo di essi. Il Nevizano riferendosi a quel capo dichiarava che | esso doveva ritenersi abrogato dal proemio dei Decreti del 1430. Ciò era effettivamente; bisogna | però notare che egli facendo tale affermazione partiva da un falso presupposto; poichè nel suo riassunto del proemio aveva usato questi termini “ Alia sua et antecessorum Ducum decreta abro- | gando ,, mentre il testo suonava “ Omnibus .... quibus per praesentia statuta derogatur cassatis et | irritis, aliis in suis robore et firmitate remanentibus n° — Per provare poi come anche in tarda epoca fossero noti e presenti ai legislatori i più antichi statuti, riporto queste parole di un decreto (14) del 1477 della duchessa Iolanda, relativo al tempus instantiae delle cause civili: © Super ter- | minis instantiarum causarum civilium extra curiam consilii nobiscum et cum praefato filio nostro | duce Sabaudiae residentis coram quibuscunque iudicibus ventilantium et ventilandarum tam ex ve- teri statuto in capitulo incipiente: Item consilium omnes causas cognoscere et terminare possit: Ex quo etiam ex praedicta generali reformatione ditionis Sabaudiae in capitulo incipiente ad cau- | sarum civilium abreviationem... ,. Orbene lo statuto “Item consilium... , è il e. 8 degli statuti di Amedeo VI del 1379. Le parole di Jolanda sono ripetute da Filiberto I (Stat. 1480, c. 9). (8) Manca anche la minuta nella Serie dei Protocolli dei Segretari Ducali conservata nell’Ar- | chivio di Stato di Torino. i (4) Il Catalogo di Pasrni, RivaureLLA e Berta (Codices manuscripti Bibliothecae Regii Taurinensis Athenaei, Torino, 1749, vol. II, p. 95) così lo descrive: “ Codex COCXCIII. h. VI. 25. Chartaceus, duplici exaratus columna, constans foliis 66, saeculi XV. in quo Awepri vin, Sanauprar Ducis de- creta, atque statuta circa ordinem causarum civilium. AA calcem vero legitur: Expleta sunt decreta haec dominicalia per me Dersanum (sic) Tappareli ete. ;. È ricordato pure in A. Manno e V. Prowrs, | Bibliografia storica degli Stati della Monarchia di Savoia, Torino, Bocca, 1884, vol. I, p. 203, n. 2837. 44 GIAN CARLO BURAGGI " 4 vanno gli statuti del 17 giugno 1430. Le carte HIV ». racchiudono l'indice di questi ultimi a partire dal c. 56 del L. II (1); da ciò emerge che al codice mancano alcuni fogli in principio, ragione per cui difetta l’indice degli statuti del 1423. La dicitura « Incipiunt decreta illustrissimi ac excellentissimi domini domini nostri Sabbaudie ducis etc. super ordine causarum civilium edita feliciter. Amen. , sta in testa alle due colonne del primo f., quasi che dovesse riferirsi all’intero codice. A me pare invece che ne sia più appropriato il riferimento ai soli statuti del 1423. Le rubriche e le prime lettere dei capi sono in rosso; con un piccolo tratto rosso sono pure segnate le altre maiuscole. In calce agli statuti del 1430 (f. 66 7.) sono i nomi del-. l’amanuense e del proprietario del codice con la data del compimento della copia in questi termini: “ Expleta sunt decreta hec dominicalia per me Bersanum Tappareli de Savilliano ad opus magnifici ed potentis viri domini Gottofredi ex dominis Stram- bini et ex comitibus Sancti Martini etc. de anno domini millesimo HII° Lxvi° de mense madii ad laudem omnipotentis et gloriose eius matris. Amen. (2) , — L'in- cendio della Biblioteca Nazionale di Torino del 26 gennaio 1904 danneggiò alquanto il codice; il dorso ne rimase in gran parte bruciato, e fu pure lambita dalle fiamme ‘e carbonizzata la sommità. Lo scritto per altro nulla ebbe a soffrire dal fuoco, ma rimase parecchio deteriorato dall'acqua; infatti verso l’alto dei fogli il carattere è evanido ed è scomparsa a dirittura l’antica numerazione (8). Una copia [C] di sei capi (3, 4, 5, 7, 8, 9) degli statuti del 1423 si trova in un codice contenente la compilazione degli statuti sabaudi del 1533, conservato nella Biblioteca dell'Archivio di Stato di Torino con la segnatura T.I 4. È esso un volume cartaceo in-folio di cc. 190 non numerate, scritto presumibilmente all’epoca della riforma statutaria. Il primo f. reca quest’intestazione: “ Refformatio statutorum Sabaudie novissime de anno domini millesimo quingentesimo trigesimo tercio edita per illu.mun et excel.,mun dominum nostrum dominum Karolum secundum eiusdem no- minis Sabaudie etc. ducem ,. Essendo la compilazione fatta sullo stampo della rac- colta di Amedeo VIII del 1430, sotto le rubriche di questa sono riunite le disposi- zioni così vecchie come nuove. Il c. 3 degli statuti del/1423 è riportato al c. 161 del L. II (£.100 7.-101 v. del ms.) con la rubrica “ De appellationibus recipiendis , e lo si designa come “ Constitutio antiqua comitis Sabaudie ,,, attribuendolo così erroneamente o a un predecessore di Amedeo VIII, o a questo medesimo principe prima della sua nomina a duca (1416). Di esso è omessa l’ultima parte che comincia con le parole: (1) Nei fi. IV — VII» sono trascritte le rubriche di 9 libri del Codice Giustinianeo. Al f. 66 DE. è il principio di un editto del duca Amedeo. (2) Il codice della Biblioteca Nazionale contiene numerose postille marginali, la maggior parte delle quali non fa che riassumere il testo degli statuti nei punti più salienti. In mezzo ad esse però vi sono anche dei richiami tra gli statuti del 14238 e quelli del 1430; così la glossa dei c. 6 e 12 degli statuti del 1423 rimanda ai capi 164 e 121 del L. II degli statuti del 1430, e viceversa quella di questi ultimi rimanda ai primi. Tali richiami hanno per noi una particolare importanza perchè ci provano la coesistenza delle due redazioni di statuti. (3) L'Inventario dei codici superstiti greci e latini antichi della Biblioteca Nazionale di Torino: C. Creorra, G. De Sanoris e C. Frari, Inventario dei codici cartacei latini antichi, Torino, Loescher, 1904, p. 533, n. 764, fa questa menzione del codice: “ Pas, lat. CCCXCIII (H. I. 15), a. 1466. Amadei VII (sic), Sabaudiae ducis, Decreta atque Statuta. — Alquanto macchiato dall'acqua ;. i 5 GLI STATUTI DI AMEDEO VIII DUCA DI SAVOIA DEL 26 LueLIo 1423 45 « Taliter in predictis... ,, come quella che contenendo i termini dei giudizi di ap- pello non era più consona al mutato ordinamento giudiziario. Così pure non sono riportati în exfenso i brani delle decretali, ma solo citati. I c. 4 e 5 sono riprodotti assieme (L. II, c. 163, f. 103 v.-104 r.) e anch’essi sono compresi sotto l’indicazione «_“ Constitutio comitis Sabaudie ,. Il c. 7 (L.II, c. 162, f. 102 v.-103 r.) è intestato “ Sta- tutum comitis Sabaudie quod tam (sic) interlogqutoria non transit in rem iudicatam ,. | T e. 8 e 9 sono riportati in fine al codice (f. 189 +.-190 r.) e così designati “ Con- stitutio Amedei primi Sabaudie ducis nundum impressa ,, ed hanno la rubrica “ De positionibus ,. Una copia [D] infine dei primi tre capi degli statuti nostri si trova nel vol. 61 È (n. 33) della “ Raccolta di Documenti patrii , custodita nella Biblioteca di S. M. in _ Torino (1). Tale copia consta di ff. 11 non numerati e risale con probabilità al prin- j cipio del sec. XIX. È tratta dal codice della Biblioteca Nazionale, come risulta da questa dichiarazione contenuta nel primo f.: “ Ex codice chartaceo, in-fol., duplici | exarato columna, in bibliotheca Regii Taurinensis Athenaèi. H. VI. 25. catal. Tom. 2 | pag. 95, Middizione data in appendice è condotta sul ms. della Nazionale di Torino. . Riguardo al metodo di pubblicazione avverto che ho collocato alla debita sede le maiuscole, ho corretto la punteggiatura e messa la v al posto della « consonante e la « al posto della v vocale (2). Ho inoltre aggiunto ai capi la numerazione man- | cante nel codice, ponendola in parentesi di fianco alle rubriche. Nel ms. della Na- « zionale i c. 8 e 9 sono disposti in ordine inverso a quello in cui io li pubblico. Ciò | accadde perchè l’amanuense, dopo aver scritto la rubrica del c. 8 vi fece seguire il testo del c. 9, e alla rubrica del c. 9 fece tener dietro il testo del c. 8; per cor- | reggere poi l’errore pose un richiamo alle rubriche anzichè ai capi, invertendone così ì l’ordine primitivo. Mi sono attenuto alla disposizione delle rubriche: è questo l’or- . dine logico, seguito pure dal codice del 1533. Nel resto ho riprodotto fedelmente ms. con la sua ortografia e i suoi errori. Di questi dò in parentesi alcune corre- | zioni che si impongono. Riporto poi in nota le varianti principali, escluse. quindi quelle puramente ortografiche, del codice del 1533 [C] per i c. 3, 4, 5, 7, 8,9. Per le Mscretali dò le varianti dell'edizione critica del Friedberg (3). DIVE Gli statuti giudiziari del 1423 furono promulgati de consilio procerum et... peri- dui Le assemblee dei tre Stati della monarchia sabauda non vi ebbero quindi Pigua pesronzia come era age nel sec. XIII per gli EE di Pietro II e come | ’1‘(1)_Essa è così indicata nel Catalogo degli Statutî Municipali di quella Biblioteca: “ Decreta civili et criminalia (sic) ab Amedeo VIII Sabaudiae duce edita 1423 , (2) È questo sostanzialmente il metodo adottato dall’Istituto Bibisco Italiano per le sue Dr blicazioni. V. l’Organico per i lavori dell'Istituto Storico Italiano in Bullettino Ist. St. It., n. 4, p.7 sg . pure stesso BulZ., n. 28, p. x1 898. (3) Corpus Juris Canonici, editio lipsiensis secunda ete., Tauchnitz, 1879-1881. È Ù 46 GIAN CARLO BURAGGI 6 senziarono alla loro promulgazione sono riportati, come d'uso, in calce al documento. In tale elenco figurano i principali personaggi del ducato; molti di essi li ritroviamo presenti alla pubblicazione dei decreti del 1430 (1), e di parecchi abbiamo altrimenti notizia (2). Una parte preponderante nella compilazione degli statuti dovette senza dubbio esser riservata al Gran Cancelliere di Savoia e al Segretario ducale (3). Mentre il nome del primo, Giovanni di Beaufort, figura in principio dell’elenco, manca invece, nella nostra copia, quello del secondo. Riesce difficile colmare la lacuna, non essendo noto se in quell'epoca tale carica fosse coperta da Giovanni Bombat o da Guglielmo de Bolomier (4). Gli statuti nostri inoltre, come quelli anteriori di Pietro II e di Amedeo VI e quelli posteriori di Amedeo VIII, sono statuti generali, che cioè estendono la loro efficacia a tutto il territorio soggetto al principe sabaudo. I loro precetti invero sono diretti ai magistrati tutti del paese, così di qua come di là dai monti, e le loro norme sono imposte tanto nei possedimenti immediati quanto in quelli mediati (5). Poichè manca in essi la dichiarazione delle terre esonerate dalla loro osservanza (6), dobbiamo ritenere che nell’intenzione del legislatore non dovesse esservi alcuna ec- cezione alla loro applicabilità. Siccome poi Amedeo VIII nel 1418 aveva riunito ai propri dominî quelli dei principi di Acaia, gli statuti dovettero aver vigore anche in Piemonte. Non sappiamo con quanta fortuna questo primo tentativo del duca sabaudo si sia fatto strada. Ove si ricordino le opposizioni mosse di poi agli statuti del 1430 (7), e ove si rifletta che vi sono fondate ipotesi che non meno osteggiate (1) Sono i seguenti: Joannes de Belloforti, Gaspardus de Monte Maiori, Henricus de Columberio, Lambertus Odoneti, Condree, Glaudius de Saxo, Anthonius Carioni, Petrus de Mentone, Joannes Re- verditi, Guigonetus Merescalli. (2) Manfredus ex Marchionibus Saluciarum ([G. Garcir peLLa LoGera], Cariche del Piemonte, To- rino, 1798, I, p.107); Joannes de Saysello (ibidem, I, 108); Joannes de Compexio (éb., I, 27); Joannes Servagii (ib., I, 337); Urbanus Ciriserii (#b., I, 159, 342). Il Bastardys de Sabaudia è Umberto, figlio naturale di Amedeo VII. V. Lirta, Famiglie Celebri, V, tav. IX. ; (8) Negli statuti del 1430 il Gran Cancelliere, che è lo stesso Giovanni di Beaufort, e il Segre- tario sono nominati a parte nella clausola finale, come coloro cui erano state affidate la pubblica zione e la materiale compilazione del codice. V. E. Burnier, Histoire du Sénat de Savoie, Paris, Durand, 1864, p. 73; F. ScLopis, Storia della antica legislazione del Piemonte, Torino, 1833, p. 121. (4) V. Ganui, op. cit., III, 17-18. . i (5) Gli statuti infatti recano: “ per totum territorium nostrum ditioni mediate vel immediate subditum , (c. 1). Così sono indicate le persone cui si rivolge il legislatore: “ omnes ius dicentes seu dicere debentes, maiores magistratus vel minores, quiconque iudices cuiuscunque dignitatis vel potestatis existant , (c. 1); “ omnes magistratus tocius territori dicte nostre ditioni subditi mediate vel immediate, ac etiam alîi quicunque iudices vel ius dicentes maiores et minores , (c. 3). Una prova della applicazione degli statuti così di qua come di là dai monti ci è offerta dallo stesso e. 3, il quale fissa per la durata dei giudizi di appello termini vari, a seconda che si tratti di sentenze — pronunziate nell’una o nell’altra patria. Î È (6) Tale dichiarazione si trova negli statuti del 1430 (Proemio) e comprende le terre piemon- tesi. Malgrado essa il PevereLtI (op. cit., p. 51) afferma la sottomissione del Piemonte a quelli _ statuti. La nega invece il Burner (op. cit., p. 70, n. 2). si (7) Protestarono il paese di Vaud (V. Crerario, Degli Statuti d’ Amedeo VIII, in Studi Stori Dir Torino, 1851, p. 383) e il ducato d’Aosta (V. ScLopis, Considerazioni storiche intorno alle antiche As- semblee rappresentative del Piemonte e della Savoia, in Historiae Patriae Monumenta, Comitiorum IL da col. 50 e 114). j la GLI STATUTI DI AMEDEO VIII DUCA DI SAVOIA DEL 26 LueLio 1423 47 fossero state per l’innanzi le leggi di Pietro II e di Amedeo VI (1), si può sospet- tare che qualche feudatario o comune rifiutasse di accettarne le disposizioni. Queste sono raccolte in quattordici capi, undici dei quali intestati con una ru- brica (2), e toccano i seguenti punti: a) il processo planario (c. 1, 2, 5); 6) le positiones (c. 8, 9); c) le interlocutorie (c. 7): d) l’appello (c. 3, 4, 5, 6); e) l'esecuzione (c. 13, 14); f) gli avvocati (c. 10, 12); g) i procuratori (c. 11). VA Il principale scopo che Amedeo VIII, sulle orme di Pietro II e di Amedeo VI, sì prefisse promulgando gli statuti del 1423, fu di accelerare il procedimento giudi- ziario civile. Il processo romano-canonico di rito ordinario (solemnis ordo iudiciarius), negli ultimi stadî della sua elaborazione, sia per la necessità della redazione degli atti in iscritto, sia per la complessità e il formalismo delle prove, si svolgeva con la mas- ‘sima lentezza ed aveva una durata eccedente ogni limite. Come rimedio contro tali difetti venne sorgendo accanto ad esso, così nella legislazione canonica come nella | laica, un tipo di procedimento più spedito e meglio rispondente alle urgenti neces- sità della pratica; procedimento che nelle fonti fu designato con la formula sum- | marie (o simpliciter), de plano, sine strepitu et figura iudicii, e le cui modalità furono determinate dalla famosa decretale Saepe (3), pubblicata dal pontefice Clemente V | nel 1306 (4). | Nello Stato Sabaudo fin dal sec. XII si era manifestata una tendenza a ridurre | le formalità dei giudizi; e il processo planario vi aveva fatto i suoi primi passi con 9 gli statuti di Pietro II, contenenti qualche provvedimento diretto a diminuire l’ec- | cessivo ritardo dei processi (5). Amedeo VI di poi, nel 1379, quando cioè il diritto ‘canonico aveva già compiuto l'elaborazione del procedimento sommario, ne aveva (1) V. Ricorti, Storia della Monarchia Piemontese, Firenze, Barbera, 1861, I, p. 88. (2) Mancando, come si è notato, i fogli del codice che contenevano l’indice, non possiamo sup- " plire alle rubriche omesse. (8) 0. 2 Clem. De verb. sign. (5. 11). | (4) V. H. C. Briecces, Zinleitung in die Theorie des summarischen Prozesse, Leipzig, 1859; A. Lamves, Studii di diritto statutario. 1. IL procedimento sommario o planario negli statuti. Milano, Hoepli, 1887. | (5) Nonera sempre necessaria la presentazione del Zibellus nè la solennità della Vis contestatio, ed era posto un freno alle eccezioni dilatorie. Stat. Pietro II, art. 3, De causiîs in quibus libellus non offertur, art. 5, De exceptionibus dilatoriis non admittendis, art. 7, De litis contestatione. V. pure art. 1 e 2, e C. Nani, Gli Statuti di Pietro II conte di Savoia (Memorie della R. Accademia delle Scienze di ico, S. 2°, T. XXXIII) p. 80 e sgg. a 46 GIAN CARLO BURAGGI 8 accolto la nota formula, senza però indugiarsi a specificarne la portata (1); seguendo in ciò l'esempio degli statuti contemporanei, che difficilmente indicavano come in pratica tal procedimento si concretasse' (2). In tal punto venivano gli statuti del 1423 a precisare in qual modo dovesse svolgersi il procedimento accelerato. Amedeo VIII infatti, dopo aver disposto che nelle cause civili si procedesse summarte, simpliciter et de plano,-sine strepitu indici et figura, sola facti veritate inspecta (3), ordinava che tali parole si intendessero se- condo l’illustrazione fattane dalla Clementina Saepe, il cui tenore riproduceva a maggior evidenza (4). Una simile inserzione della decretale Saepe in leggi laiche non trova molti riscontri, poichè se sono in gran numero gli statuti che si uniformano al suo disposto e ne riproducono talvolta persino qualche frase, sono pochissimi invece quelli che dichiarano la fonte cui hanno attinto, e meno ancora quelli che riportano l’intera Clementina (5). Gli elementi costitutivi pertanto del procedimento planario sono negli statuti nostri in massima quelli della decretale Saepe: non è necessaria la presentazione del libellus, nè la solennità della Vitis contestatio; non si sospende il processo per le ferie ob necessitatem hominum indultae, ma bensì per quelle in honorem dei; il giudice ab- brevia più che è possibile la lite respingendo le dilazioni e quanto altro può por-. tarla in lungo, senza però impedire le prove necessarie e le difese legittime e senza escludere i giuramenti de calumnia vel malicia sive de veritate dicenda. Non v'è d’uopo (1) Stat. Amedeo VI, 1379, c. 8. V. C. Nani, Gli Statuti dell'anno 1379 di Amedeo VI conte di Savoia (Memorie della R. Accademia delle Scienze di Torino, S. 2°, T. XXXIV) p. 122. (2) Larres, op. cit., p. 10. È (3) La formula del procedimento planario negli statuti di Amedeo VI (c. 8) era: “ summarie, simpliciter, et de plano, sine strepitu et figura iudicii ,. Negli statuti del 1430 (II. 126) diventa: “ summarie, simpliciter et de plano sine iudicii strepitu et figura, sed sola facti veritate inspecta ordinis iudiciarii et subtili observatione civili praetermissa et non servata ,; e nei Nuovi Decreti di Carlo Emanuele I del 1582 (III. 1) “ sommariamente, semplicemente, de plano, et senza strepito, et figura di giudicio, havendo solamente riguardo alla verità del fatto, et alla forma che per questi ordini nostri è stata stabilita, lasciando e posponendo ogni solennità ,. — Il procedimento planario sì applicava secondo i nostri statuti in tutte le cause “ civiles vel pecuniariae ,. Così pure gli statuti del 1430 (II. 126): “ in omnibus litibus et causis civilibus et pecuniariis ,; e i Nuovi De- creti (III, 1): “ in tutte le cause civili e pecuniarie ,. Il Sora (Commentaria ad decreta antiqua ac nova Serenissimorum Ducum Sabaudiae, Torino, 1607, p. 870, glo. III, n. 1) dopo aver definito la | causa civile come quella “ cuius emolumentum parti privatae applicatur ,, così commentava il passo riportato dei Nuovi Decreti: “ Causarum civilium plures possent fieri distinetiones. Hic lo- quitur de causis civilibus pecuniariis, scilicet in hoc versicu. primum in:genere, secundo in specie — de omnibus pecuniariis... Nam pecunia varias parit causas, quum omnium criminum mater sit. (4) C. 1. ‘ (5) Fra questi ultimi si possono citare gli statuti di Sale, i quali, dopo aver ordinato, analo- ; È gamente agli statuti di Pavia, che la formula del procedimento accelerato sia interpretata conforme alla decretale di Clemente V, ne riportano poi in extenso il testo. V. Statuta Communitatis Salarum, — Dertonae, apud Bartholomaeum Bullam, MDCI, Statuta Civilia, 118, f. 138: © Item statuimus, quod — verba summarie de plano, sine strepitu, et figura iuditii comprehensa in statutis communis Salarum intelligantur secundum clementinam sepe extra de verborum significatione sepe contingit quod caussas... 7; Statuta Civitatis et Principatus Papiae, Ticini, ex Typographia Hieronymi Bartoli, MDXC, i Statuta civilia, 137, f. 118. Questi esempi sono addotti dal Larres, op. cit., p. 52. Ni 9 GLI STATUTI DI AMEDEO VIII DUCA DI SAVOIA DEL 26 LueLIo 1423 49 di atti scritti, pur essendo tenuto il magistrato a registrare le esposizioni orali e a dare in iscritto la sentenza. Tali principî accettati nel 1423 nei termini in cui il pontefice li poneva, dichia- randone lealmente la fonte, vennero di poi appropriati e assimilati dalla legislazione ducale sabauda; e negli statuti del 1430 diedero origine a varie disposizioni speciali J il cui nucleo era costituito da brani tolti di peso dalla decretale (1). L Se non che il processo de plano del diritto statutario si scostava in qualche ; parte dai precetti canonici; così mentre questi lasciavano al giudice facoltà di pro- « mnunziare la sentenza appena che gli paresse opportuno (2), il diritto statutario invece stabiliva termini rigorosi per l'esaurimento della causa. Anche gli statuti sabaudi del 1423 corressero in tal senso la Clementina, fissando la durata del giudizio. Il tempus instantiae negli statuti di Amedeo VI era di un anno per le cause di «primo grado (3). Amedeo VIII prolungò di un mese tale termine, ottenendo così che le parti avessero un intero anno di tempo per le loro produzioni, e che al giudice | fosse riservato un mese per esaminare gli atti e preparare la sentenza (4). Questa | innovazione fu accolta anche negli statuti del 1450, nei quali anzi è trascritto quasi letteralmente il relativo capo del 1423 (5). (1) Stat. Amedeo VIII. 1430. II. c. 126, De iudiciis et causarum cognitionibus: quod in cognitione | causarum procedatur summarie simpliciter et de plano; c. 129, In litis exordio petitio debet fieri verbo vel în scriptis et in actis causae inserì, deinde litis contestatio; ec. 130, Judices debeant intendere ad | abbreviationem causarum, dilationes et subterfugia repellendo. (2) “ Sententiam vero diffinitivam... proferat, etiam, si ei videbitur, conclusione non facta, prout ex petitione et probatione, et aliis actitatis in causa fuerit faciendum , (c. 2, Clem. De verb. sign. (5. 11)). : (3) Stat. Amedeo VI. 1379, ce. 8. LEO MIOAIZA ; Statuti del 1423. Statuti del 1430. n (ORD Ti IT nci 127, _“ Quod cause debeant terminari infra annum et “ De terminis instantiarum in cognitione cau- sarum servandis. — Ordinamus preterea ut ipsi magistratus ius Ad causarum civilium abbreviationem ne fiant dicentes et iudices de quibus supra, omnes poene immortales, tempus instantiarum prima- suas causas de quibus supra per diffinitivas rum ipsarum causarum ad profictum subditorum sentencias terminare et decidere debeant et te- moderantes, hoc edicto statuimus et decernimus ntur infra annum et mensem continuos, in- in causis civilibus extra curiam consilii nostri dos a die in quam cadit prime citationis nobiscum residentis motis et movendis ac trac- ius vocationis terminus; quem annum et tandis terminum instantiae esse unius anni et nensem pro termino instancie statuimus et or- mensis unius pro actis visitandis a die traditae vel factae petitionis eius super quo causa mota fuerit numerandum, ultrà quem ipsarum causa- rum instantiam prorogari seu extendi prohibe- mus: nisi forsan in arduis auditores seu iudices ipsarum causarum huiusmodi instantiam ex iusta causa decreverint ultra dictum tempus protel- landam: quo casu ipsam instantiam ultra sex menses dictum annum immediate sequentes et unum mensem pro visitandis actis prorogari Serie II. Tow. LVII. î 7 50 GIAN CARLO BURAGGI 10 Il quale contemplava altresì i casi in cui il giudizio poteva essere interrotto senza che la durata di tale interruzione si calcolasse nel ferminus instantiae (adizione Ordinantes etiam ut partes ipse, tam actoris quam rei, teneantur et debeant inten- tionem suam et causam iustificasse et sua acta portasse, misisse vel tradidisse ius dicere de- benti magistratui vel iudici, saltim infra annum predictum supra per nos statutum, mense de quo supra ius dicere debenti pro actis visitandis et sententia sua dicenda, scribenda et demum proferenda remanente, ita ut supra actis por- tatis, altera tantum parte sua acta portante, ius dari debeat et sententia diffinitiva proferri. Quem annum et mensem nullatenus volumus, etiam consensu partium, infra ipsum tempus quo sentencia diffinitiva profertur, prolongari posse; nisi tamen ultima dies mensis cum anno supra per nos instancie statuto, feriata in ho- norem dei existat. Quo casu, si ipsa die ultima sic ut supra fertur assignatio cadat vel citatio per ius dicere debentem ad diffiniendum facta, cadat tunc ipsa assignatio vel dies citationis ad proximam sequentem diem non feriatam. Pre- fingentes eciam ipsius anni et mensis terminum | ipsi instancie, partibus tamen coram ipso primo iudice litigantibus, seu in lite et causa proce- dentibus. Non intendentes, si coram alio iudice litigarent ipse partes, et ideo vel alias a liti gando coram ipso primo iudice supersederent vel desisterent, vel etiam si ferie repentine in- ducte essent, illud tempus in quo sie a litigando coram ipso primo iudice ipse partes desisterent, vel alias ut supra a litigando cessarent, finibus dicti anni et mensis ut supra per nos instancie prefiniti ullatenus limitari, sed omnino non in- tendimus dicto tempore cursum instancie labi. Decernentes etiam ut quicquid post dietum annum et mensem continuos, ut supra comple- tos, fuerit in iudiciis agitatum, illud esse om- nino irritum et inane, ac nullius valoris et mo- menti. Actis tamen infra dictum annum inter partes agitatis, remanentibus validis, ita ut, si ipse partes vel earum altera decreverit causam in nova instancia reassumere, illam reassumere possint et valeant in statu quo erat tempore ipsius instancie finite per lapsum anni et men- sis supra per nos eidem instancie prefiniti, actis ipsis in ipso anno agitatis semper fidem facien- tibus. Que predicta reassumptio fiat coram eodem iudice ut supra, prius tamen et ante talem reassumptionem solutis expensis per par- tem per quam steterit quominus causa in ipso anno et mense de quo supra diffinitive fuerit prohibemus, sub poenis iudicibus causas ultra debitum terminum protellantibus a iure inflictis per quencunque nostri praesentis edicti trans- gressorem substinendis. Ordinantes quod ipsae partes litigantes tam actores quam rei teneantur et debeant intentionem suam et causam iusti- ficasse et acta sua portare et tradere ius dicere debenti infra annum, et si fuerit prorogatum ut supra infra terminum prorogationis, mense de quo supra ius dicere debenti pro actis visitandis, sententia dictanda, et proferenda salvo rema- nente: ita ut super actis portatis altera tantum parte acta sua tradente ius dici debeat atque possit et diffinitiva proferri sententia. i Quem ter- minum instantiae causarum ipsi instantiae prefi- | gimus, partibus tamen coram ipso primo iudice | litigantibus; seu in lite et causa procedentibus: Non intendentes sì coram alio iudice litigarent ipsae partes, et hoc ideo vel alias a litigando co- ram ipso primo iudice ipsae partes supersederent. vel desisterent vel alias ut supra ipsae partes cessarent a litigando, finibus dicti anni et mensis per nos ut supra instantiae praefiniti nullate- nus limitari, sed omnino intendimus dicto tem- pore cursum instantiae non currere. Decernentes etiam ut quicquid post dictum terminum ut supra statutum completum, fuerit in iudiciis agitatum, illud esse omnino irritum et inane: Actis tamen infra dictum terminum inter partes agitatis remanentibus validis ut sì ipsae partes vel altera ipsarum decreverint causam in novam instantiam reassumere, illam reassumere possint et valeant actis praedictis in tempore primae instantiae agitatis semper fidem facientibus: Px- Ù pensas autem litis infra dictum terminum in- stantiae non decisae solvi volumus per partem . nta “ il GLI STATUTI DI AMEDEO VIII DUCA DI SAVOIA DEL 26 LueLio 1423 51 di altro magistrato, ferie repentine). Ad essi bisogna aggiungere quello, che forma oggetto di una disposizione separata, del compromesso tra le parti (1). Tutto ciò poi che si fosse compiuto trascorso il termine di tredici mesi doveva essere riguar- dato come nullo, senza però che gli atti della causa perdessero il loro valore; di modo che se le parti avessero voluto riassumere l'istanza, avrebbero potuto farlo riprendendo il giudizio nello stato in cui era allo spirare del tempo fissato per il suo esaurimento. Relativamente al procedimento planario è ancora notevole una caratteristica del | diritto sabaudo: tutte le cause cioè, e non solo alcune specificamente determinate, tanto in prima quanto in seconda istanza, dovevano essere trattate sommariamente. . Così aveva decretato Amedeo VI e così decretava ora Amedeo VII. Questa dispo- | sizione parrebbe confermare l'ipotesi che a un certo punto il processo ordinario | seomparisse del tutto per cedere il campo al processo accelerato (2). Se è vero però | che praticamente il sommario divenne il tipo normale di procedimento nelle curie | sabaude, non è men vero che accanto ad esso sopravvisse il solemnis ordo iudiciarius. Lo attestano infatti le ultime parole della Clementina Saepe, riportate dagli statuti . sabaudi così nella redazione del 1423 come in quella del 1430 (3). L'estensione del resto della cognizione de plano a tutte le cause ci spiega la relativa lunghezza della | loro durata, giacchè il sempus instantiae fissato da Amedeo VIII è più lungo di quello | che ordinariamente fissino gli statuti. 000 terminata alteri parti diffinitivam appetenti. Pena quibuscunque magistratibus et iudicibus | seu ius dicere debentibus contra et preter no- per quam steterit quominus infra terminum causa dictae instantiae diffinitive fuerit termi- nata alteri parti diffinitivam petenti. È huiusmodi statutum venientibus, seu illud cat ur, decem librarum forcium pro qualibet | vice imminente nostro fisco irremissibiliter ap- In causis autem tam primarum instantiarum quam appel- lationum vel supplicationum coram consilio nostro nobiscum residente vertentes vel etiam ventilantes in posterum tempus instantiarum per haec nostra statuta praefixum currere no- lumus. , (Dall’edizione del Bevilaqua. Torino, 1586). iglbi testo del 1430 non contiene altra modificazione importante all'infuori della possibilità di un ì olungamento del terminus instantiae, prolungamento vietato in ogni caso nel 1423. peyers. 2) V. BrieGLeB, op. cit., a LIA e contro di lui Larres, 0 op. dh p. 9 e sgg. Inoltre PertiLe, aa _® Stat. Amedeo VIII. 1430. I 126: “ Si tamen in bra aaa et causis solemnis ordo ì iciarius in toto vel in parte non contradicentibus partibus litigantibus observetur non erit pro- us ‘propter hoc irritus nec irritandus ,. Così pure i Nuovi Decreti. 1582. III. 1: “ Però occor- ndo che in alcuna lite si proceda con le solennità ordinarie, senza contradittione delle parti, non gtiamo, che in tal caso s’incorra alcuna pena, nè che s'interida esser contravenuto a questo or- 39 GIAN CARLO BURAGGI 12 VAL La distinzione tra il procedimento accelerato e l’ordinario, se era di gran peso riguardo ai termini e alle solennità processuali, non esercitava invece alcuna influenza sulle parti essenziali del giudizio. Infatti nella cognizione de plano basata sulla Cle- mentina Saepe rimanevano inalterati i principî che regolavano il procedimento pro- batorio- e i mezzi per prepararlo nel solemniîs ordo iudiciarius (1). Questo, allo scopo di agevolare il còmpito della parte cui incombeva l’onus pro- bandi, le dava modo di ottenere la confessione dell'avversario sui punti controversi, mediante l’istituto delle positiones. Secondo tale sistema, la parte che si accingeva a provare la propria intentio, scomponeva l'oggetto della lite in tante proposizioni asseverate da giuramento (positiones), cui la controparte, giurando anch'essa, doveva rispondere in maniera affermativa o negativa (responsiones) (2). Solo nel caso in cui l'avversario avesse negato si proseguiva il giudizio, del quale era in tal modo net- tamente circoscritto l’àùmbito e stabilmente fissata la base. La decretale .Saepe rico- nobbe esplicitamente l’istituto delle posizioni, che doveva le proprie origini non già al diritto canonico, ma alla legislazione statutaria (3), per cui esso divenne un capo- saldo non solo del procedimento ordinario, ma anche di quello accelerato. Data pertanto la sua importanza, non reca meraviglia che in un complesso di disposizioni procedurali così compendioso come gli statuti del 1423, gli sieno dedi- cati due interi capi. Prima di Amedeo VIII non trovasi nelle leggi dei principi. sabaudi altra disposizione relativa a questo argomento, all'infuori del divieto fatto da Pietro Il agli avvocati di consigliare i clienti nelle risposte alle posizioni dell’av- versario, a meno che esse fossero duplices, obscure, vel impertinentes (4). Ma tale lacuna si spiega facilmente ricordando come accanto agli statuti imperasse pur sempre il diritto comune, il quale regolava minutamente questa materia. E principî di diritto comune ribadisce appunto lo, statuto del 1423. Esso si sofferma su questi due punti: a) Se una parte si rende contumace o ricusa di rispon- dere alle posizioni presentatele, queste si reputano confessate; 0) Incorre in una pena chi nega una posizione il cui contenuto, di per sè notorio, viene poi giudizial- mente provato vero. (1) V. Gross, Die Beweistheorie im canonischen Process, I: Allgemeiner Teil, Wien, 1867, p. 15-16. (2) V. Gross, op. cit., p. 38-39, 71-74. Il Durante, dopo aver definito la posîtio come una “ brevis verborum formula, mentem ponentis continens, ad veritatem eliciendam concepta , (Speculum, L. II, | P. II, tit. De positionibus, $ 1), così ne indica lo scopo “ ut ponens relevetur ab onere probationis per confessionem adversarii , (ibidem, $ 2, n. 1). Tale funzione è indicata altresì dalla Clementina Suepe: “ ad faciliorem expeditionem litium propter partium confessionem ,. — Le parti ponendo o rispondendo giuravano de calumnia. V. SAaLvioLI, Jusiurandum de calumnia, Palermo, 1888, p. 59 e sge. (3) Quanto all'introduzione delle posizioni nel diritto canonico Jomannes AnpreAE nota: “ Vide, quod inhoneste reprehendit Cy. ut supra canonistas, dicens, quod docent positiones inductas de iure | civili, hoc esse falsum;... Dicamus ergo cum Cle. statim alleg. quod ab usu inductae sunt, postea per ius canonicum approbatae, dilatatae etiam ad forum civile de facto , (Additiones ad Durantis Speculum, L. II, P. II, De posit. $ 1). La Clementina Sqepe invero dice: “ usus longaevus in causis admisit ,. (4) Stat. Pietro II, c. 8. — V. Nani, Stat. di P. II, p. 83. 13 GLI STATUTI DI AMEDEO VIII DUCA DI SAVOIA DEL 26 LUGLIO 1423 59 a) Il primo concetto non era connaturato all'essenza della positio; pure un . elemento del valore pratico di questa stava appunto nella minaccia della poena con- fessi fatta a chi non avesse risposto (1). Così disponevano e il diritto canonico (2) e non pochi statuti. In questi era però assai mutevole il criterio onde determinare quali circostanze dovessero concorrere, oltre la mancata risposta o la contumacia, | perchè si giungesse a quel risultato. Secondo il nostro statuto, tosto che l’una parte avesse presentato le proprie | posizioni, doveva esser citata la parte avversaria perchè vi rispondesse. Poteva } accadere che nel giorno fissato questa comparisse, ma non desse le risposte, oppure | rimanesse contumace. Nel primo caso il giudice le intimava di rispondere minac- | ciandola di ritenere diversamente confessate le posizioni. Nel secondo era ripetuta È la citazione con la medesima minaccia. Solo qualora, in entrambi i casi, la parte | avesse perseverato nel proprio rifiuto a rispondere o nella contumacia, le posizioni È si avevano per confessate (3). A Lo statuto tollera quindi due dilationes ad respondendum, e richiede che la seconda sia data con la comminazione esplicita che si riterrebbero confessate le : posizioni alle quali non si fosse risposto. Esso ammette inoltre che lo iussus de re- | spondendo possa essere fatto alla parte così in persona propria come in persona del procuratore; e, non facendo differenza tra la comparsa personale e quella per pro- curatore, riconosce implicitamente la facoltà di ponere o di respondere per mezzo di questi. Evidentemente in tale ipotesi si applicavano le regole di diritto comune (4). Non si può a meno di notare che la necessità di due citazioni e della commi- natio per ottenere l’effetto della confessio, contrasta alquanto con la procedura acce- lerata di cui lo statuto vorrebbe la costante applicazione, sembrando tali formalità addirsi piuttosto al procedimento ordinario. Negli statuti del 1480 infatti, allo scopo di maggiormente abbreviare i giudizi, si ordina che sia concesso un solo termine ad respondendum positionibus (5). ; In questi ultimi statuti per altro non abbiamo che detta norma relativa alle 3 posizioni. Per trovare un provvedimento che faccia riscontro al capo esaminato degli | statuti del 1423 bisogna giungere ai decreti della duchessa Jolanda del 1477 (6). b) Il secondo punto contemplato dallo statuto è relativo al caso in cui taluno (1) V. Perrite, op. cit., VI°, p. 104. Era sempre la contumacia che si puniva, perchè “ qui tacet in iudicio interrogatus, reputatur contumax , (Durante, L. II, P. II, De posit., 8 9, n. 2). (2) O. 2. De confessis in VI° (2, 9). MEN): C..8. (4) Il procuratore doveva essere munito di mandato speciale. Non si poteva rispondere per mezzo di procuratore se l'avversario aveva asseverato le posizioni personalmente. V. Sora, op. cit., p. 426, glo. I, n. 7, 9, 11. Stat. Jolanda, 1477, c. 9; Stat. Filiberto I. 1480, c. 7. (5) Stat. Amedeo VIII. 1430. II, 134. (6) C. 9. Esso concede due dilazioni, di cui la seconda si intende data con la comminatio, anche se questa non sia espressa. Filiberto I (Stat. 1480, c. 7) tollera tre dilazioni, le ultime due accom- pagnate da comminatio. Filippo (Stat. 1497, $ 4) richiamandosi allo statuto di Filiberto I ammette che la comminatio si ritenga fatta anche se omessa. Carlo Emanuele I (Nuovi Decreti. 1582, L. III, e. 16) fissa per le risposte il termine di cinque giorni dalla presentazione delle posizioni, e non ri- | chiede nè la comminatio nè alcuna altra formalità. Per l’interpretazione di questa costituzione, V. Sora, op. cit., p. 425 è sgg. . il contenuto della posizione fosse notorio (sit publica vor et fama): 2° che ne venisse = 54 GIAN CARLO BURAGGI 14 rispondesse il falso. Essendo la risposta data sotto vincolo di giuramento, colui si rendeva reo di spergiuro, e come tale veniva punito. Era opinione che in siffatta +. evenienza dovessero aversi per confessate tutte le posizioni (1); ma lo statuto nostro non contempla tale effetto del mendacio, limitandosi ad infliggere una forte pena pecuniaria (2). Nella quale si incorreva sempre che si avverassero due condizioni: 1° che provata legitime la verità. Siccome poi si faceva questione dai dottori se agli effetti della pena la risposta de credulitate equivalesse quella de scientia, lo statuto dichiara essere indifferente che la parte abbia esplicitamente negato o si sia servita della formula non credit (3). Sono trattate altresì alla stessa stregua le risposte fatte per- sonalmente dai contendenti e quelle date per mezzo di procuratore. Gli statuti del 1430, come si è notato, tacciono in questa materia; e la prima disposizione che segua quella del 1423 si ha solo nel 1582 (4). VII. Le norme che nei nostri statuti regolano la procedura dei giudizi di appello. sono di pretta derivazione canonica. . Secondo il diritto canonico la parte appellante, per poter iniziare la nuova cogni- zione della causa nanti il magistrato superiore, doveva ottenere dal giudice « quo i libelli dimissorii 0 apostoli, comprovanti il seguito appello. Il giudice @ quo poteva concederli (apostoli dimissorti) o rifiutarli (apostolî refutatorii). In seguito all’interpo- — sizione di appello poi il giudice ad quem inviava ordine (inkibitio) al giudice @ quo. di sospendere la prosecuzione del giudizio o gli atti di esecuzione della sentenza di primo grado. Il diritto canonico inoltre, scostandosi dal disposto del diritto romano, estese l'appello anche alle sentenze interlocutorie. L'appello da queste però, a diffe- — renza di quello da sentenze definitive per cui bastava la dichiarazione verbale, pi doveva essere presentato in iscritto; nè potevano nel secondo giudizio venir addotte nuove prove (5). i (1) Sora, op. cit., p. 432, glo. 24, n. 2. di (2) C. 9. Per le pene del falso respondens, V. Durante, L. II, P. II, De posit., 89. J (3) Era questa la formola adoperata normalmente per negare. V. Gross, op. cit., p. 72-73; SaLvioLI, op. cit., p. 61. Il Durante aveva risolto la questione nel senso del nostro statuto: “ Sed. nunquid est differentia, quo ad poenam inter negantem et se non credere respondentem?... Ego dico plane, quod aeque praeiudicat responsio de credulitate, sicut et scientia , (Speculum, L. IL P. II, $ 9, n. 8). Egli faceva tuttavia differenza tra il fatto proprio e il fatto altrui, richiedendo in | questo per l'applicazione della pena, la persistenza nella negazione. Così pure Jomannas De Dro: | “in suo facto negans et non credens eodem modo punitur, si convincitur postea, in facto alieno G non, misi certificatus perseveret in negatione, vel in non credendo , (Cavillationes, lib. VW, e. XVI, — n. 10). — In Francia il re Francesco I nel 1539 proibì che le risposte fossero fatte per credit, “ quia ,, nota il Resurre, “ partes super his frequenter perjerabant, existimantes falso se non ligari, si jurarent per non credit ,, (V. Vaw Pspen, Jus Ecclesiastieum Universum, p. II, tit. VII, c. 5, n. 41). — (4) Nuovi Decreti di Carlo Emanuele I, L. III, e. 16. Questo decreto fissa una pena per ogni i posizione negata di cui il negante verisimilmente poteva avere notizia e che fosse provata nel me- desimo giudizio o in quello di appello; tale pena poi viene divisa tra la parte e il fisco, mentre a questo è devoluta per intero negli statuti del 1423. V. Sora, op. cit., p. 424 sgg. dl (5) V. Mortara, L’Appello nel Diritto Canonico (Digesto Italiano, v.2 Appello civile, tit. I, sez. Il); 1 Van Espea, op. cit., P. III, tit. X. } POT È: 15 GLI STATUTI DI AMEDEO VIII DUCA DI SAVOIA DEL 26 Luccio 1423 5A i n Tutti questi principî vengono accolti nei nostri statuti, i quali anzi, non limi- . tandosi a derivare dal diritto canonico le loro norme, riportano integralmente due brani di decretali. Essi annoverano anzitutto tre mezzi per impugnare le sentenze: l’appellatio, la supplicatio e la nullitas, trattandoli però tutti alla stessa stregua. Il magistrato quo, dietro dichiarazione di appello verbale o scritta, a seconda che si trattasse sentenza definitiva o interlocutoria, doveva rilasciare gli apostoli incontinenti vel Uim in crastinum, fissando contemporaneamente un termine per la prosecuzione del- l'appello. Nel caso che, non ritenendo fondato .il reclamo, rilasciasse apostoli refu- tatordi, doveva specificare le ragioni del suo operato. Il giudice ad quem a sua volta, se l'appello era stato legalmente proposto, concedeva all’appellante le Zitterae citatoriae | per poter citare la parte appellata. In tali litterae contenevasi altresì l’intimazione le parti di produrre gli atti del precedente giudizio, e l'ordine al giudice @ quo al suo cancelliere (notarius) di rilasciarli entro tre giorni dalla richiesta. Nel giorno sato poi, sia che le parti comparissero entrambe, sia che una di esse rimanesse contumace, il giudice pronunciava ugualmente la sentenza. Relativamente alle inter- locutorie era vietato al giudice ad quem di concedere inibitoria se non gli constasse duzioni di documenti (1). Lo statuto del 1423 ammette quindi l'appello dalle sentenze interlocutorie. astio fatto merita di essere rimarca, i il SUL di comportarsi o el 1430 (2) SI la norma canonica, nel 1513 (3) sonde il e quella È na; nel La (4) torna in onore il principio canonico per essere nuovamente lotevole poi che Line i giudizi di dppolio debbono essere espletati con rito ario; per il che ancora qui è ripetuta la nota formula della cognizione de plano, e norme che regolavano l’appello valevano anche, come si è accennato, per la catio e la nullitas (7). Per contro, i decreti del 1430 provvedevano soltanto | ) Stat. Amedeo VIII. 1430. II, 162. @ Stat. Carlo II. 1513. 10. rig ) Stat. Carlo IT. 1533. II, 161 (Mediti). Riportano lo statuto del 1423. | (5) Nuovi Decreti. Carlo Emanuele I. 1582. III, 28. dr (6) Non è del resto questa che la ripetizione di una disposizione di Amedeo VI (Stat. 1379, . 10). (7) Per il valore di questi termini, V. la glossa di Innocenzo IV (c. 4. X. De in integrum resti- (1. 41) in v.° supplicavît): “ ... supplicatio dicitur large quaelibet praecum porrectio, dicitur 1 stricte quaedam benignitas superioris ad removendum quae male acta credit... Solus autem 56 GIAN CARLO BURAGGI 16 relativamente all’appellatio e alla supplicatio; onde sorse il dubbio se le loro disposi- zioni dovessero estendersi anche a quel terzo mezzo per impugnare le sentenze (1). Per l’esaurimento dei giudizi :di appello erano fissati termini perentori. Trattandosi di appello da sentenza definitiva, dovevasi il giudizio terminare entro 7 mesi, dei quali 6 utili alle parti, 1 al giudice (2). Trattandosi di sentenza interlocutoria avevasi riguardo al luogo in cui tale sentenza era stata pronunciata. Se così il giudizio di primo grado come quello di appello erano tenuti nella stessa patria (cismontana o ultramontana), il termine era di 40 giorni. Se invece l’interlocutoria era stata emessa al di qua delle Alpi, dal Cenisio al Piccolo S. Bernardo (Columna Jovis), e l’appello veniva proseguito al di là, il termine era portato a due mesi (3). Qualora però il magistrato superiore, dopo la definizione dell’appello dall’interlocutoria, avesse trat- tenuto la causa principale, doveva applicarsi per la durata di questa il noto termine dei giudizi di primo grado di undici mesi (4). Valeva poi anche qui la regola posta per essi di non computare nel terminus instantiae il tempo trascorso dalle parti in compromessi (5). L'appello da sentenza interlocutoria aveva per effetto la sospensione del giudizio principale: occorreva perciò che il legislatore si premunisse contro la possibilità di appelli proposti al solo fine di ritardare la risoluzione della controversia. È a questo scopo che il principe sabaudo punisce i temere appellantes (6). Questa disposizione si ricollega a un principio canonico accolto e ampliato dai nostri statuti: la revoca- bilità della sentenza interlocutoria. Essa infatti, secondo il nostro statuto, non passava mai in cosa giudicata nè rispetto alle parti, nè rispetto al giudice (7). Ciò posto, la parte che si credeva gravata poteva sempre ottenere la riparazione della sentenza dallo stesso giudice che l’aveva emessa, senza ricorrere al rimedio dell’appello al giudice superiore. Al qual fine le era lecito fare nuove produzioni di documenti, princeps vel praefectus cognoscet de supplicatione, et sic tantum eis supplicabitur... supplicare licet ab eo a quo non licet appellare ,; e Durante (Speculum, lib. IV, p. II, tit. De Appellationibus, $ 1, n. 11): ©... duas habet quis vias ad impugnandam sententiam, scilicet unam nullitatis per quam petet sententiam nullam pronunciari, quia quod nullum est, amplius annullari, vel rumpi non potest... i (1) V. al riguardo le parole del Nevizano riportate a p. 42, n. 3. (2) Anche qui Amedeo VIII, come già per i giudizi di primo grado, non faceva che prolungezel 1 di un mese il termine stabilito dagli statuti di Amedeo VI (c. 8). I Decreti del 1430, mentre per le cause di prima istanza accettavano l’innovazione dello statuto nostro, per le cause di appello | invece tornavano a fissarne la durata in sei mesi come gli statuti di Amedeo VI, pur ammettendo che in casi speciali tale termine potesse essere raddoppiato (II, 163). (3) Essendo gli statuti promulgati in Savoia, a Chambéry, è per noi citra montes quello che per | essi è ultra. 1 (4) C. 4. (5) C. 5. (6) C. 6. (7) C. 7. Che l’interlocutoria non passasse mai in giudicato rispetto al giudice era una mas sima canonica accettata dai glossatori. V. Durante (1. II, p. III, De appellatione, $ 5, n. 10) “...in-. terlocutoria non transit, quo ad iudicem, in rem iudicatam: unde postea poterit eam, quando vo- luerit, si sibi videbitur, revocare... et in hoc etiam omnes Doctores Bon. in nostra privata exami- natione concordaverunt ,. Essa passava però, secondo la loro dottrina, in cosa giudicata rispetto | alle parti dopo dieci giorni. V. Durante, ibidem. — La disposizione del nostro statuto è ricordata, come notammo, nel Sommario dei Decreti Sabaudi del Nevizano. V. la n.3 a p. 42. ; 17 GLI STATUTI DI AMEDEO VIII DUCA DI SAVOIA DEL 26 LueLio 1423 tr? mentre ciò era vietato nanti il giudice d'appello. Colui che nel giudizio di secondo | grado quindi avesse riportato la conferma della sentenza interlocutoria, aveva contro di sè la presunzione che il suo appello fosse frustratorio e per questa ragione era punito. La pena variava secondo-il valore della causa, estendendosi così al procu- ratore come al dominus, ed era maggiore per il primo nel caso che avesse agito | senza mandato del secondo (1). di Conviene da ultimo avvertire che all’epoca della promulgazione dei nostri statuti sussistevano ancora in Piemonte e in Savoia i numerosi tribunali di appello aboliti | nel 1430, in seguito alla riforma attuata nel codice di quell’anno (2). VHI Passata che fosse la sentenza in cosa giudicata, bisognava addivenire alla sua ‘esecuzione. Era questa la seconda e non meno importante fase dell’azione giudiziaria, Le norme che in essi regolano il procedimento esecutivo sono diverse a seconda si tratti di azioni reali o di azioni personali. Ma se i due tipi di procedura si ostano l’uno dall’altro nel loro svolgimento, vanno invece paralleli nel periodo «due momenti, di preparazione l’uno, di vera esecuzione l’altro. Ly uttuosamente questo termine, gli ripete l’intimazione, rafforzandola con una pena eiore e concedendo altri otto giorni di tempo. Dopo i quali, ove il condannato | mantenga renitente, si addiviene all’esecuzione. A questo punto però cessano le esatti che si succedono nell’un caso e mell’altro. . Trattandosi di azione reale, il giudice aveva libera scelta tra due vie: la missio ssessionem per manum militarem del vincitore nei beni, o l'arresto personale del dannato. Nella prima ipotesi il principe accordava una speciale protezione alla na del vincitore e alle cose aggiudicategli, ponendo così il primo come le seconde la sua salvaguardia; ad indicare visibilmente la quale venivano erette sui beni fl) I temerari appellanti erano puniti dagli statuti del 1430 al c. 164 del L. Il: Temere appel- lantes puniuntur secundum ius, et appellantes ab ordinationibus iudicialibus poenam XL. solidorum in- t., p. 489 sgg. (2) Stat. Amedeo VIII. 1430. II, 161. V. Ricomm, op. cit., I, 93 sgg.; PeverELLI, op. cit., 69 sgg.; NIER, Op. cit., 42 sgg.; e per l'ordinamento giudiziario prima del 1430, V. Nani, Stat. Am. VI, sgg.; ScLopis, St. d. antica legislaz. d. Piemonte, 233 sgg.; Drowisormi, Storia della Magistratura intese, Torino, Roux e Favale, 1331, cap. II. (8) C. 13. Serie II. Tow. LVII. 8 58 GIAN CARLO BURAGGI 18 Nell’azione personale invece la via da seguire era unica. Dopo che per la seconda volta si era infruttuosamente ingiunto al debitore di adempiere l'obbligazione, si procedeva al suo arresto. E qualora ciò fosse impossibile per la sua contumacia, si addiveniva senz'altro all'esecuzione reale con le seguenti modalità. L’esecutore com- pieva un pignoramento delle sostanze del reo proporzionato all'ammontare del debito (levatio que sufficiat); tale pignoramento si estendeva a tutti i beni così mobili come immobili, essendo lasciata la massima libertà di scelta all’arbitrio dell’esecutore. Avvenuto il pignoramento, dovéva notificarsi al condannato. Questa notificazione era fatta a lui personalmente, ove si avesse la possibilità di trovarlo; qualora fosse irre-. peribile, si distingueva a seconda che avesse o meno domicilio nel paese. Nel primo 4 caso era valida la notificazione fatta alle persone rinvenute al suo domicilio, e non rinvenendovisi alcuno quella compiuta mediante affissione di copia del documento alla porta della casa, o voce preconis. Nel secondo caso il pignoramento era sempre notificato voce preconis nel luogo dell’esecuzione. Con la notificazione si intimava ancora una volta al debitore di ottemperare al giudicato nel termine di quindici giorni. Spirato questo termine e riuscita vana l’intimazione, l’esecutore, col concorso di due o più persone probe, procedeva alla stima giurata dei beni; dopo di che essi veni- vano dati in paga al creditore. Anche qui le cose e la persona del creditore erano poste sotto la salvaguardia del duca, come simbolo della quale innalzavansi sui beni _ le insegne del principe. Se trattavasi di immobili, la immissione in possesso del cre- ditore non era però definitiva; poichè egli, nel caso che il debitore entro sei mesi si fosse presentato e dichiarato pronto a pagare il debito e a risarcire le spese e i danni, doveva restituirgli l'immobile, facendo tuttavia propri i frutti percetti (1). Al primo esame di queste disposizioni ci si rivela la prevalenza dell'esecuzione sulla persona in confronto di quella sulle cose. Giacchè se nei giudizi basati su azioni reali il giudice può scegliere tra la missio in possessionem del creditore nei heni e l’arresto del debitore, nei giudizi di azione personale invece è prescritto di addivenire immediatamente a quest’atto; e soltanto nel caso in cui il condannato si renda 4 contumace si procede subito alla Zevatio de piynore. Questo sistema non trova grande applicazione nella legislazione statutaria italiana, ove è più frequente l’uso di ricorrere all'arresto solo qualora l'esecuzione sulle sostanze non basti a soddisfare il creditore (2), 4 o quanto meno di lasciare facoltà a quest’ultimo di anteporre l’esecuzione personale — a quella reale, senza però fargliene imposizione (3). Anche nello Stato sabaudo del | resto i principî accolti negli statuti del 1423 furono di poi alquanto mitigati. Secondo il | codice del 1430 infatti nelle azioni reali il giudice può far procedere all’arresto del reo solo quando questi si opponga all'immissione in possesso del vincitore nei beni, e nelle. | azioni personali è permesso al creditore di scegliere fra l’esecuzione personale e quella | reale (4). Il pignoramento giudiziale è nel nostro statuto retto da norme che si scost I° 2 ano (1) C. 14. (2) PertiLE, op. cit.,VI?, p. 853 sgg. (3) Ibidem, p. 358. Me (4) Stat. Amedeo VIII. 1430. II, 171, 172. Per le garanzie che circondano l'arresto in materia civile, V. ibidem 86, e l'illustrazione di questo capo fatta dal Sora (op. cit., p. 215 sgg.). 19 GLI STATUTI DI AMEDEO VIII DUCA DI SAVOIA DEL 26 LueLio 1423 59 în parte da quelle accolte nell’anteriore legislazione sabauda. Mentre infatti rispetto agli altri punti del procedimento esecutivo non provvedevano nè gli statuti di Pietro II nè quelli di Amedeo VI, la pignorazione era regolata invece da due articoli addizio- nali del Conte Verde. Di questi è necessario riassumere brevemente il contenuto per poterne fare il confronto con le disposizioni del 1423. Essi contemplavano soltanto il caso di esecuzione immobiliare, e stabilivano che, eseguito il pignoramento, si | attendessero otto giorni per vendere le cose -pignorate; che tale vendita si facesse all'asta in tre giorni di mercato; che dopo di essa il venditore avesse quindici giorni di tempo per riscattare i beni venduti pagando il debito e le spese, e che trascorso infruttuosamente questo termine, il compratore fosse immesso giudizialmente nel possesso reale dei beni acquistati. Il pignoramento poi doveva essere fatto da un agente del tribunale e in seguito a mandato del giudice; il mandato, la pignorazione e il deliberamento dovevano venir notificati al debitore; e il chierico addetto alla curia era tenuto a redigere istrumenti da cui constasse di ciascuno di tali atti (1). ; «Di questi principî alcuni sono sopravvissuti, altri hanno ceduto il campo a prin- cipì opposti. Anche negli statuti del 1423 in ogni atto dell’esecuzione si ha l’inter- vento del giudice che dà un carattere di legalità a tutto il procedimento; permane in essi l'obbligo che chi procede al pignoramento sia un ufficiale del tribunale; perdura CR ‘necessità della sua notificazione al debitore, ma è radicalmente mutato il modo x conforme al diritto romano, è sottentrata la dazio in solutum. x È noto del resto che lo jus distrahendi non è stato sempre dell'essenza del eno, specie nel diritto germanico, il quale preferiva che il pegno diventasse pro- do ne dalla norma comune quella che ci tocca registrare; se il concetto non fosse stato ripreso assai più tardi nella legislazione della monarchia sabauda, e precisa- è, m Inte nelle RR. CC. del 1723, 1729, 1770, qualche articolo delle quali è precorso lai nostri statuti (3). ) Stat. Amedeo VI. 1379. add. 23 e 24. V. Nani, Di una nuova copia degli Statuti di Amedeo VI E 1379 (Memorie della R. Accademia delle Scienze, S. II, t. XXXV) p. 7 e sgg. De); (2) Stat. Amedeo VIII. 1430. II. 172, 173, 175. Così pure i Nuovi Decreti del 1582. lib. III c. 38, 39. i È (3) Le RR. CC. del 1770, come quelle del 1723 e del 1729, ordinavano la vendita all’asta sol- o dei beni mobili, assegnandoli al creditore in difetto di offerte. I beni stabili invece venivano pre aggiudicati al creditore “a giusto estimo, detratti i carichi sopra di essi esistenti, col be- 60 .GIAN CARLO BURAGGI 20 Ha un evidente addentellato nel diritto germanico la facoltà lasciata al debi- tore di riscattare le cose oppignorategli e date in pagamento al creditore. Se negli statuti di Amedeo VI tale facoltà era in aperto contrasto con gli altri principî ivi accolti, qui invece essa poggia su di un fondamento logico; in quanto che il debi- tore non riscatta più il pegno da un terzo, ma dal creditore; e quindi i sei mesi di tempo che gli son dati per il riscatto possono riguardarsi come un’ultima morta per l'adempimento dell’obbligazione (1). Il riscatto nel nostro statuto è ammesso soltanto per gli immobili; e la ragione di questo disposto appare evidente quando si ricordi l’importanza della proprietà fondiaria rispetto al patrimonio famigliare, e__ la conseguente preferenza data in origine alla esecuzione sui mobili. cn La persona del creditore e i beni assegnatigli giudizialmente godevano di una speciale protezione del principe, venendo posti sotto la sua salvaguardia. In ciò si ha un aspetto di quella tukitio regii nominis che a vantaggio del debole fu su larga scala esercitata, specialmente nello Stato sabaudo ove oltre questa ebbe svariate altre applicazioni (2). Da ultimo, l’uso di innalzare sui fondi i penicelli (3) recanti le insegne ducali ha analogia col sistema germanico di apporvi un fascio di paglia (wifa) o di segnarli con una croce (4). Conviene però notare che nel caso nostro i pericelli non stanno tanto a denotare che il proprietario non ha più la disponibilità dei beni, quanto @ notificare che essi sono tutelati dalla salvaguardia del principe (5). nefizio del terzo di meno del loro valore ,. Solo nel caso che, eccedendo detti beni la somma do- | vuta, il creditore non fosse in grado di pagare il di più, aveva la facoltà di farli subastare (L. III, tit. XXXII, art. 39, 48). (1) Il termine per il riscatto era di 15 giorni negli statuti di Amedeo VI (add. 24). Divenne di 6 mesi nei Nuovi Decreti di Carlo Emanuele I del 1582 (lib. III, c. 89) e di un anno nelle dg RR. CC. del 1770 (Lib. III, tit. XXXII, art. 49). Così i Nuovi Decreti come le RR. CC. stabilivano, al pari del nostro statuto, che i frutti restassero al creditore. (2) Basterà ricordare l'istituzione dell’avvocato dei poveri (V. Nani, Stat. Am. VI, p. 118; a NISOTTI, Op. cit., p. 39), e il rinvio al consiglio del principe delle ‘cause miserabilium personarum (V. Nanz, Stat. Am. VI, p. 105, Stat. Pietro II, p. 83). (3) V. Du Cancer, Glossarium, v.° Pennones. i (4) Per la croce v. ALerecar, Die Gewere, Koònigsberg, 1828, p. 44. Derivazioni di tale uso ger- manico si trovano in Aosta. V. Coutumiîer d'Aoste, L. V, tit. III, “ Des appositions de croix ,. Ivi si usavano però anche, come in Francia, i penuncelli: “ [Les Mestraux] seront aussi punis è disere- tion de justice, lors qu’ils apposeront croix, seels, peronceaue ou autres indices et marques d’exe. cution... , (ibidem, L. I, tit. XIII, art. 22). Per i rapporti tra il paronceau franco e la wifa germa- — nica, V. Lattes, Parole e simboli: Wifa, Brandon e Wiza (Rendiconti del R. Ist. Lomb. di sc. e lett, — S. II, vol. XXXIII (5) L'uso dell’apposizione delle insegne del principe durò a lungo nelle leggi sabaude. Stat. Amedeo VIII. 1430. II 175: © Et in signum et effectum levationis de pignore in executionem rei iudicatae illico ponantur et reducantur ad manus curiae nostrae illius loci, ac in illis penuncelli armorum mnostrorum si sint praedia, possessiones et res corporales apponantur ,. Nuovi Decreti. 1582. III, 37: © acciochè nessuno possa pretendere d’ignoranza, che siano ridutti sotto la custodia, et protettione nostra, subito che essi pegni saranno levati per pegno, si attacheranno le Arme nostre ai muri delle case, et dove commodamente si potranno mettere... ,; ibidem, 39: “ ... et per Ì segno della pignoratione fatta in essecutione della cosa giudicata, et che essi beni sono ridutti | sotto la mano, et custodia del Magistrato, vogliamo, che sieno poste, et attaccate le arme nostre. sopra essi beni, che saranno case, possessioni... ,. 21 GLI STATUTI DI AMEDEO VIII DUCA DI SAVOIA DEL 26 Luccio 1423 6l IX. I nostri statuti non si occupano di altre persone componenti l’ordine giudiziario, all'infuori degli avvocati e dei procuratori (1). Le due professioni si mantennero nella legislazione piemontese, conforme al prin- cipio di diritto romano, sempre distinte. Gli avvocati, secondo le disposizioni del 1423, prima di essere ammessi a patro- cinare, erano tenuti a prestare un giuramento in cui si riassumevano i doveri ine- renti al loro ufficio. Tale giuramento, a quanto pare, richiedevasi una volta tanto, al principio dell’esercizio della professione; e non doveva essere ripetuto ogni anno, come si usò di poi (2). Era ricevuto dal magistrato nella cui giurisdizione risiedeva | il patrono; ma gli avvocati di Chambéry giuravano presso il Consiglio colà residente. A questo Collegio inoltre venivano comunicati i giuramenti prestati nanti le minori | autorità giudiziarie. Erano precipui doveri degli avvocati: non accettare cause ingiuste e abbandonare quelle che dopo l’accettazione si fossero rivelate tali; non presentare I posizioni o articoli non attinenti al merito della causa, nè allegare consuetudini non | vere; procurare di spedire nel più breve tempo, e secondo le norme statutarie redatte | circa l'accelerazione dei giudizi, le cause patrocinate; non cercare dilazioni e sotter- fugi; non pattuire con la parte de quota litis e in genere assoggettarsi agli obblighi imposti ai patroni dal codice giustinianeo, secondo la cui formola dovevasi giurare (3). 4 Ad evitare poi che alcuno dei contendenti potesse rimanere privo dell'assistenza di un avvocato, non era lecito a questi di rifiutare il suo patrocinio senza giusti motivi; na poteva il magistrato costringerlo a prestare l’opera propria in favore di chi ne d abbisognasse (4). Da ultimo gli avvocati erano tenuti a sottoscrivere le loro produ- | zioni sotto pena di non vederle accettate in giudizio (5). Ù (1) Im fatto di autorità giudiziarie gli statuti parlano genericamente di “ ius dicentes seu dicere | debentes, maiores magistratus vel minores, iudices cuiuscunque dignitatis vel potestatis ,. È men- zionato una volta il “ Consilium Chamberiaci residens , (c. 10). Quali esecutori delle sentenze sono ricordati i “ castellani ac ceteri executores , (c. 13). (2) Il Sora, nel commento al c. 2, 1. INI dei Nuovi Decreti del 1582 (glossa ad Avvocato giurato) nota: “ qui scilicet iuraverit, prout singulis annis primo die iuridico fieri consuevit post festa Natalia ad formam l. rem non novam , (op. cit., p.374, glo. IX, n. 1). V. inoltre RR. CC. 1723, L. II, tit. INI, c. IV, 5; id. 1729, L. II, tit. III, c. IV, 6. (8) C. 10. — La formula del Codice Giustinianeo era questa: “ Quod omni quidem virtute sua ommnique ope, quod verum et iustum existimaverint, clientibus suis inserere procurabunt: nihil studii inquentes, quod sibi possibile est: non autem credita sibi causa cognita, quod improba sit, vel ‘penitus desperata, et ex mendacibus allegationibus composita, ipsi scientes prudentesque mala con- scientia liti patrocinabuntur: sed et si certamine procedente aliquid tale sibi cognitum fuerit, a causa recedent, ab huiusmodi communione sese penitus separantes , (1. 14. Cod. De iudiciis (3. 1))). ù (4) G. 12. Tale obbligo, derivante dal carattere di munus publicum che aveva assunto l'esercizio dell'avvocatura, era già stato imposto da Amedeo VI (c. 28). Amedeo VIII negli statuti del 1430 (II, 122) ordinava che qualora una delle parti si fosse accaparrati i migliori avvocati, dovesse es- serne fatta dal giudice una distribuzione fra le parti. Ù (5) C. 12. Così pure Stat. Amedeo VIII. 1480. II, 121; Stat. Jolanda. 1477, 3; Stat. Filiberto I. 1480, 3; Nuovi Se e Carlo ire 1582. III, 2; RR. cc. 723 NAZIO II; Mid: (1770, IT IX, 62 ' GIAN CARLO BURAGGI 29, Tutti questi doveri, comuni del resto alla legislazione contemporanea (1), pas- sarono dalla redazione degli statuti del 1423 a quella del 1430, e in questa ciascuno di essi diede origine a un'apposita rubrica (2). È Come gli avvocati, così pure i procuratori dovevano vincolarsi con giuramento a rispettare le norme che regolavano la loro professione. Era loro vietato l’accet- tare cause ingiuste o il continuare il loro ministero in quelle che tali si fossero di poi palesate ; era loro proibito il pactum de quota litis, nè era permesso alcun altro patto con i clienti in frode degli avvocati; era pure loro imposta scrupolosa corret- tezza circa gli onorari di questi ultimi; non era infine tollerato che essi si prestas- sero a ricorsi illeciti (8). fs Se relativamente agli avvocati non mancano nelle leggi dei principi sabaudi disposizioni prima e dopo quelle del 1423, riguardo ai procuratori invece difettano così negli statuti di Pietro II e di Amedeo VI, come in quelli di Amedeo VIII del 1430. X. Tali gli statuti giudiziari del 26 luglio 1423. In essi abbiamo trovato prevalenti i principî canonici (processo planario, posizioni, interlocutorie, appello), viva l’influenza romana (avvocati, procuratori), notevole ancora qualche traccia di idee germaniche (esecuzione). Istituti che già avevano richiamato l’attenzione dei precedenti legisla- tori, vengono sistemati definitivamente (processo planario) o subiscono una trasfor- mazione (esecuzione); mentre argomenti su cui essi non si erano ancora soffermati, | ricevono per la prima volta le cure di Amedeo VIII (posizioni, interlocutorie, procu- ratori). Delle loro disposizioni, alcune le vediamo accolte dai Decreti del 1430 (pro- -3 cesso planario, appello, avvocati), altre respinte, ma risorte in leggi posteriori (esecu- zione), altre infine rimaste in vigore anche dopo il 1430 e nuovamente promulgate da Carlo II nel 1533 (c. 4, 5, 7, 8, 9). È quindi notevole il posto che gli statuti nostri occupano nell’antica legislazione dei principi sabaudi, figurando essi in prima. linea tra le poche leggi che precedettero la grande riforma di Amedeo VIII. (1) V. PermiLe, op. cit., VI!, p. 282 sgg. Per il Piemonte, V. Dioxisormi, op. cit., I, 330 sgg. (2) Stat. Amedeo VIII. 1430. II, c. 121, De qualitate et iuramento advocatorum; c. 122, De datione et distributione advocatorum parti non habenti facienda; c. 123, Advocati durante lite non debent pa- — admittantur dictamina advocatorum vana, superflua, et ad merita causarum non facientia, (3) CA DS GLI STATUTI DI AMEDEO VIII DUCA DI SAVOIA DEL 26 LuecLio 1423 65 si | DECRETA ILLUSTRISSIMI AU EXCELLENTISSIMI DOMINI DOMINI NOSTRI SABBAUDIN DUCIS ETC. SUPER ORDINE CAUSARUM CIVILIUM EDITA FELICITER. AMEN. mepeus dux Sabaudie, Chablaysii et Auguste princeps, marchio in Italia, comes Pedemoncium, A Gebenensis, Valentinensisque et Diensis, ac imperialis vicarius, umiversis et singulis pre- | sentes litteras inspecturis rei geste memoriam cum salute. E; (a publice tuhitio fomentum de stipite duarum radicum summens, armorum pariter atque legum, vimque suam exinde muniens, cordi nobis, spiritu exarante paraclito, induxit semper | mostri animi curas rebus communibus avidissime impendere, comodaque subditorum investi- gare, et eorum diligenti cura calamitatibus mederi, simulque publicum bonum statum ac di- G gnitatem omnibus privatis comodis preponere. Cum nostre incombat dignitati principaliter ymo | et administrationi, primum nos totum ipsi rei publice exhibere et metiri quid in toto corpore | rei publice nostre cuius vice fruimur diligenter opus sit; cum et ipsa divini muneris benefitio animata summa equitate et ratione quodam moderamine regatur, namque in re publica nostra | capitis obtinere locum dignoscimur deo et qui vices illius agunt in terris subditi, igitur armate | radicis, que castrensem et cruentam exercet miliciam, in aliquibus proximis partibus ultra quam | ratio exposcat suos prebere vigores, in nostris vero nutu divino munimine providere de pre- | senti non egentes, inermis que iusticiam expedit et iuris niilicie servit aliquibus, ad solacium et iuvamen nostre rei publice providere cupientes, licet utrique necessaria existat disciplina, cum utriusque insignis existat ut plurimum milicia quantum maxime conterint iudicia, ad so- i lamen nostri populi sequencia decrevimus preferre programata. Comodis igitur subditorum | nostrorum quantum est possibile providere cupientes, et modum et ordinem abbreviationi cau- ; o sarum in iudiciis per totum territorium nostrum ditioni mediate vel immediate subditum favorem . benivolum imponere, affectantes ne ipse lites, ut quasi de presenti existunt, penitus fiant | immortales, per presentes statuimus quod omnes ius dicentes seu dicere debentes, maiores ma- | gistratus vel minores, quiconque iudices cuiuscunque dignitatis vel potestatis existant, omnes 3 causas coram eis ventilantes seu ventilandas, civiles vel pecuniarias, in primis ipsarum causarum | instanciis cognoscere et terminare debeant et teneantur || * summarie, simpliciter et de plano, sine | strepitu iudicii et figura, sola facti veritate inspecta, secundum declaracionem, interpretacionem | et disposicionem Clementine Sepe, extra De verborum significacione, in Clementinis; ipsam Cle- | mentinam, quantum dicta verba summarie etc. interpretatur et declarat, inconcusse in iudiciis | servando et secundum illius disposicionem procedendo. Cuius Clementine textum ad litteram de verbo ad verbum presenti volumus inseri pagine et iubemus. ice, 60l.2. 64 GIAN CARLO BURAGGI 24 Capitulum*. .\ EPE contingit, quod causas committimus, et in earum aliquibus simpliciter et de plano, ac S sine strepitu et fisura iudicii procedi mandamus; de quorum significacione verborum è multis contenditur, et qualiter procedi debeat dubitatur. Nos autem, dubitationem huiusmodi, quantum est nobis possibile, delicere ? cupientes, hac in perpetuum valitura constitutione sta- tuimus *, ut iudex, cui taliter causam comittimus, necessario non exigat libellum, litis con- testationem non postulet, tempore etiam feriarum, ob necessitatem “ hominum indultarum a iure, procedere valeat, amputet dilationum materiam, litem, quanto? poterit, faciat breviorem, exceptiones, appellationes, dilationes ° frustratorias repellendo, parcium, advocatorum et procu- ratorum contentiones et iurgia, testiumque superfluam multitudinem refrenando. Non sic tamen index litem breviet ”, quin probationes necessarie et defensiones legiptime admittantur. Oita- tionem vero ac prestationem iuramenti de calumpnia vel malicia, sive de veritate dicenda, ne veritas occultetur, per comissionem huiusmodi intellisimus non excludi. Verum quia iuxta pe- ticionis formam pronunciatio sequi debet: pro parte agentis, et etiam rei, si quid petere vo- lnerit, est in ipso litis exordio peticio facienda sive in scriptis sive verbo, actis tamen continuo, ut, super quibus positiones et articuli formari debeant, haberi® plenior certitudo, et ut fiat diffinitio clarior, inserenda. Et quia positiones ad faciliorem expeditionem litium propter parcium confessionem®, et articulos ad ‘° clariorem probationem usus longevus in causis admisit: nos, huiusmodi usum observari volentes, statuimus, ut iudex, sic deputatus a nobis, nisi aliud de parcium voluntate procedat, ad dandum simul utrosque positiones * et! articulos!! terminum dare possit, et ad exhibendum omnia acta et munimenta, quibus partes uti volunt in causa, post dationem articulorum diem certam, quandocunque sibi videbitur, valeat assignare, eo salvo, quod, ubi remissionem fieri contingerit ‘2, pro testibus producendis possint etiam instrumenta produci, assignatione huiusmodi non obstante. Interrogabit eciam || * partes sive ad earum in- stanciam, sive ex offitio suo‘, quandocunque * hoc equitas suadebit. Sentenciam vero diffini- tivam, citatis ad id, non! perhemptorie #, partibus, in scriptis, et, prout sibi magis placuerit, stans vel sedens proferat, etiam si ei videbitur conclusione non facta, prout ex petitione et probatione et aliis actitatis in causa fuerit !? faciendum. Que omnia etiam in alîis ‘3 casibus, in quibus per aliam constitutionem nostram vel alias procedi potest simpliciter et de plano ae sine strepitu et figura iudicii volumus observari. Si tamen in premissis casibus solemnis ordo iudiciarius in toto vel in parte non contradicentibus partibus observetur: non erit processus propter hoc irritus, nec !® irritandus. i [2] Quod cause debeant terminari infra annum et menssem. () RDINAMUS preterea ut ipsi magistratus ius dicentes et iudices de quibus supra, omnes suas causas de quibus supra per diffinitivas sentencias terminare et decidere debeant et teneantur ‘I infra annum et mensem continuos, incohandos a die in quam cadit prime citationis seu in ius — vocationis terminus; quem annum et mensem pro termino instancie statuimus et ordinamus. 1. c. 2 Clem. De verb. sign. (5. 11). 2. FrrepBERG: decidere. 3. FrieDBERG: sancimus. 4. FrrepseRE: î necessitates. 5, FriepserG: quantum. 6. Friepeerc: dilatorias et frustr. 7. FriepserRG: abbreviet. 8. FriepBERG: possit haberi. 9. FrrepBERG: confessiones. 10. FriepeERG: ob. 11. Manca in FrieDBERG. 12. FriepBERG: contingeret. 13. Manca in Friepsere. 14. Friepsere: ubicunque. 15. FrieDBERG: licet non. 16. FrrepsERG: peremptorio. 17. Manca in Farensere. 18. Friepsere: illis. 19. FrmeDerRE: | nec etiam. * COLIVNCOLDELA A 925 GLI STATUTI DI AMEDEO VIII DUCA DI SAVOIA DEL 26 LueLIo 1423 65 e. et causam iustificasse et sua acta portasse, misisse vel tradidisse ius dicere debenti magistratui vel iudici, saltim infra annum predictum supra per nos statutum, mense de quo supra ius dicere debenti pro actis visitandis et sententia sua dicenda, scribenda et demum proferenda remanente, ita ut supra actis portatis, altera tantum parte sua acta portante, ius dari debeat et sententia diffinitiva proferri. Quem annum et mensem nullatenus volumus, etiam consensu partium, infra K ipsum tempus quo sentencia diffinitiva profertur, prolomigari posse; nisi tamen ultima dies | mensis cum anno supra per nos instancie statuto, feriata in honorem dei existat. Quo casu, si ipsa die ultima sic ut supra fertur assignatio cadat vel citatio per ius dicere debentem ad 9 diffiniendam facta, cadat tunc ipsa assignatio vel dies citationis ad proximam sequentem diem | non feriatam. Prefingentes eciam ipsius anni et mensis terminum ipsi instancie, partibus tamen | coram ipso primo iudice litigantibus, seu in lite et causa procedentibus. Non intendentes, si | coram alio iudice litigarent ipse partes, et ideo vel alias a litigando coram ipso primo iudice supersederent vel desisterent, vel etiam si ferie repentine inducte essent, illud tempus in quo sic a litigando coram || *ipso primo iudice ipse partes desisterent, vel alias ut supra a litigando | cessarent, finibus dieti anni et mensis ut supra per nos instancie prefiniti ullatenus limitari, | sed omnino non intendimus dicto tempore cursum instancie labi. Decernentes etiam ut quicquid ost dietum annum et mensem continuos, ut supra completos, fuerit in iudiciis agitatum, illud esse omnino irritum et inane, ac nullius valoris et momenti. Actis tamen infra dictum annum inter partes agitatis, remanentibus validis, ita ut, si ipse partes vel earum altera decreverit ausam im nova instancia reassumere, illam reassumere possint et valeant in statu quo erat empore ipsius instancie finite per lapsum anni et mensis supra per nos eidem instancie prefi- niti, actis ipsis in ipso anno agitatis semper fidem facientibus. Que predicta reassumptio fiat | coram eodem iudice ut supra, prius tamen et ante talem reassumptionem solutis expensis per artem per quam steterit quominus causa in ipso anno et mense de quo supra diffinitive fuerit minata alteri parti diffinitivam appetenti. Pena quibuscunque magistratibus et iudicibus seu dicere debentibus contra et preter nostrum huiusmodi statutum venientibus, seu illud non plentibus, videlicet magistratibus superioribus a quibus non appellatur sed supplicatur, em libraram forcium pro qualibet vice imminente nostro fisco irremissibiliter applicanda. tr! statuimus et ordinamus quod omnes? magistratus tocius territorii dicte nostre itioni subditi mediate vel immediate, ac etiam alii quicunque iudices vel® ius dicentes ‘ iniores et minores, omnes causas suas civiles et pecuniarias, tam supplicationis quam etiam 5 tionis, nullitatis © alterius vertentes ?, terminare debeant et teneantur summarie, sim- : et de plano, sine® iudicii strepitu et figura, sola facti veritate inspecta. Nec ‘ possint beant, super quavis supplicatione vel appellatione a quavis interlocutoria seu gravamine inhibitoriam concedere, nisi facta eis fide de ipsa appellatione vel supplicacione, ac postolis dimissoriis vel refutatoriis. Quin ymo nec! ipsam talem supplicacionem vel tionem seu nullitatem possint ! nec debeant recipere!, nisi ipsa talis supplicatio vel llatio seu! nullitas, que ‘ ab interlocutoria vel alio gravamine '° emanaverat ‘”, in scriptis t posita 8 et tradita 1°, et °° in ea causa gravaminis verisimilis ?!, que?** si ?° probata ?° foret ?* Da 1. B ha in margine: De appellationibus. 2. C: cum omnes. 3. C: seu. 4. C: ius dicere bentes. 5. Muncain C. 6.C:etnullitatis. 7.C:alteriusve recursus. 8. Manca in C. 9. C: ac sine. . C: non. 11. Manca in C. 12. C: non possint. 13. C: admittere seu recip. 14. C: sive. 15. Manca in C. 16. 0: simili gravamine. 17. C: emanata. 18. C: interposita. 19. deducta. 20. Manca in C. 21. C: verisimiliter. 22. Mancain C. 23..C: fuerit. Cadivi, col. Zi Sert II. Tox. LVII. 9 66 GIAN CARLO BURAGGI 26 iusta propter quod appellatur vel supplicatur, in* ipsa supplicacione vel appellatione sen nul- litate sit ® legitime expressa. Quam causam tantum expressam || in tali supplicatione vel appel- latione seu? nullitate et non aliam, liceat supplicanti vel appellanti prosequi. Ita ut processus primi iudicis iustificetur vel impugnetur tantummodo ex eis que * acta fuerunt® vel® exuibita 8 jiudicis ex novis aut de novo coram primo iudice”, nec possit quovis modo processus primi probandis causis iustificari vel impugnari; sed servetur in predictis ad litteram, et secundum eius? tenorem et dispositionem, capitulum Cordi, in!° principio !, extra 4° De appellationibus, in VI°, et capitulum Appellanti, De appellationibus, in Clementinis; que capitula et eorum dispo- sitionem etiam in foro civili vires sortiri volumus et iubemus, ac etiam ad supplicationis .et nullitatis causam extendi. Quorum tenores sequuntur. L alli Capitulum +. (} oRDI nobis est lites minuere et a laboribus relevare subiectos. Statuimus !* igitur, ut, si quis in iudicio vel extra super interlocutoria vel gravamine aliquo ad nos duxerit appellandum, causam appellationis in scriptis assignare deproperet, petat appostolos, quos ei precipimus exhi- — beri; in quibus appellationis causam iudex‘* exprimat, et cur appellatio non sit admissa, vel si appellationi forte 4 ex superioris reverencia sit delatum ete. Sequitur tenor Clementine Appellanti etc., in Clementinis. - Clementina #3. ACE ab interlocutoria vel a gravamine iudicis, non causas licet alias prosequi, quam. in appellatione sua nominatim dumtaxat expressas, nec processus primi iudicis ex novis _ aut de novo probandis iustificari potest vel etiam impugnari, sed tantum ex illis, que acta i fuerunt vel exhibita coram ipso. NI TAtUENTES ut! supra! ut ipse magistratus vel iudex ad cod supplicatur !° vel appellatur 18, — presentata sibi supplicatione vel appellatione seu nullitate, si fuerit de iure deferendum !° per nos statuta et ordinata recipienda, citatorias suas parti supplicanti vel appellanti conceda : litteras per quas pars supplicata vel appellata citetur ad aliquam diem quantum fieri poterit breviorem, locorum distancia et personarum qualitate inspectis. In quibus etiam litteris partibus intimetur ut die citationis omnia sua exhibeant acta, cum cominacione quod super actis partis ipsa acta °° exhibentis, si altera pars sua non exhibuerit, proferetur sententia diffinitiva. Assignan- turque ?' in ipsis litteris partes ad aliam certam diem ad audiendum ius in ?° ipsis actis et causa * supplicationis 28, nullitatis ®* vel appellationis ®*; mandetur et °* etiam in ipsis litteris iudici. ì È t 24 cravamen a quo supplicatur *8 fr a quo et notario cause ipsius instancie, quathenus acta cause e facta. 8. C: ipsius primi. 9. C: ipsum. 10. Marca în C. 11. c. 1, De appell. in VI° (2. 15 12. FriepBERG: sancimus. 13. Manca in Friepsero. 14. FrrepsERG: forsan. 15. c. 5 Clem. De appell. (2. 12). 16. Manca in C. 17. C:fuerit supplicatum. 18. C:appellatum. 19. C:et secundum supra per nos. 20. Manca în C. 21. C: assignenturque. 22. C: super. 23. Manca în C. 24. 0: ipsius instantie et. 25. C: supplicatum. i Ì @ & Ee2ixi colti 27 GLI STATUTI DI AMEDEO VIII DUCA DI SAVOIA DEL 26 LuGeLIO 1423 67 vel appellatur!, incontinenti exhibitis sibi dictis litteris iudicis ad quem vel saltim infra tres dies a tempore || * dicte exhibitionis litterarum numerandos, expediat ® ipsa * acta et gravamen parti supplicanti vel appellanti seu nullitatem proponenti, sumptibus suis moderatis. Quod si non fecerit ?, per presentes volumus et decernimus magistratum vel iudicem a quo penam centum solidorum forcium ineurrisse °, et notario” ipsorum actorum et cause penam quinquaginta soli- dorum forcium ipso iure nobis applicandam incurrisse ®. Qua die assignationis et° partibus comparentibus, seu altera tantum, aliam!° per contumaciam absentem #, magistratus vel index ad quem et coram quo tale procedit litigium, suam proferre sententiam diffinitivam approba- ‘toriam vel reprobatoriam non differat. Magistratus vero vel index a quo supplicatur 4° vel 1? appel- latur‘, supplicatione !* vel! appellatione ‘? sibi exhibita vel! remissa!* a quacunque inter- | locutoria vel diffinitiva, incontinenti vel saltim‘* in crastinum, apostolos supplicanti vel appellanti to ge expedire teneatur! et debeat !°. Nec non etiam‘ terminum quantum poterit breviorem, secundum locorum distanciam, eidem!” prefingere ‘* ad suam supplicationem vel appellationem prosequi incoandum. Et si forte decreverit !° talis magistratus vel index appostolos concedere refuta- torios, causam quare tales appostolos concedit®° in?! ipsis ®! appostolis®! exprimere non postponat. Taliter in predictis prenominati magistratus et iudex, ceterique ius dicentes ad quos tales supplicationes vel appellationes devolvuntur se habentes quod, si causa supplicationis vel appel- lationis ab interlocutoria vel sravamine a partibus citra montes Cynisii montis et Columne Jovis emanaverit, vel etiam ultra si ultra appellatio devolvatur, fimem per diffinitivam accipiat infra quadriginta dies. Si autem a partibus ultra dietos montes Cynisii et Columne Jovis ete. li nt nà emanaverit, et ad partes citra montes devenerit, finem accipiat ipsa causa per diffinitivam ut supra infra duorum mensium spacium, a tempore presentationis appellationis ipsi iudici ad quem facte numerandorum, partibus tamen coram ipso ad quem litigantibus et in causa coram eodem | prosequentibus, ut supra in presenti proximo statuto est expressum. Si autem talis supplicatio vel appellatio a diffinitiva sententia emanaverit undecunque, finem accipiat per diffinitivam ipsa causa infra dimidium annum et mensena predictis terminis a tempore sententiaram vel ordi- | nationis litterarum seu gravaminis illati numerandorum, ita ut partes teneantur iustificare | causam et sua acta portasse iudici seu magistratui infra sex menses, sic ut super actis portantis jus dari possit, quoniam volumus indicem mensem habere ad decidendum et visitandum acta. fa etiam ut sì ultima dies mensis esset feriata in honorem dei, et ipsa die deberet iudex suam 7 proferre sentenciam, cadut assignatio ad ipsam sententiam proferendam ad sequentem diem roximam non feriatam. Decernentes etiam post dictos septem menses con || ** tinuos ut supra Quod iudex appellacionis, sì causam principalem retinuerit, decidere debeat infra annum et menssem. >] is statuimus et ordinamus quod, si ab aliqua interlocutoria vel gravamine fuerit ad supe- | riorem per appellationem vel supplicationem recursum, magistratus ?° vel iudex ad quem, | post diffinicionem eiusdem interlocutorie vel gravaminis, causam principalem ad se retinuerit, 1. C: appellatum. 2. Manca in C. 3. C.: expediant. 4. Manca in C. 5.C: fecerint. 6. C: ipso. ure nobis applicandam incurrere et. 7.C:notarium. 8. C:incurrere. 9. Manca in C. 10. C: alia. C: absente. 12. Manca in C. 13. C: statim. 14. C: teneantur. 15. C: debeant. 16. C: et. Manca in C. 18.C: prefigere. 19. C:decrevit. 20. C: det. 21. Manca in C. 22. 0: et magistr. Ste2r., col. 2. * c.2v.,, col. 1. 68 GIAN CARLO BURAGGI i 28 ipsa! causa principalis debeat per diffinitivam finem assumere infra annum et mensem de quo supra in nostro primo statuto pro termino prime instancie prefinito ®, et secundum modum in ipso statuto descriptum, non computato tempore quo, ratione dicte® interlocutorie vel grava- minis, coram ipso ius dicente ad quem fuerit, ratione dicte interlocutorie vel sravaminis, litigatum. [5] Quod durantibus compromisso instancia non currit. {È statuimus et ordinamus quod, si partes contingat durantibus predietis instanciis, tam î causarum principalium quam appellationum, nullitatum vel supplicationum, compromissum ad invicem facere, et se de questionibus suis compromittere, pro # tune tempore quo talia durabunt compromissa, tempora instanciaram non currunt ?. [6] Qui temere appellacionem prosequitur ipso facto incurverit penam solidorum centum forcium. fra statuimus et ordinamus quod, si quis appellaverit vel supplicaverit ab aliqua inter- locutoria per aliquem ex magistratibus seu iudicibus iusve dicentibus in toto territorio nostro mediate vel immediate subditis, et talis supplicans vel appellans reperiatur frustratorie appel- lasse vel supplicasse et sine gravamine vel alias non legitime, ita quod mereatur in ipsa causa appellationis sentenciam contra reportare approbatoriam interlocutorie a qua extitit appellatum Ni vel supplicatum, que tamen in rem transiverit iudicatam, quod eo casu talis temerarie sup- I plicans vel appellans, ad temerariam suam appellationem vel supplicationem, ipso facto incurrat penam, videlicet si fuerit procurator qui appellaverit et prosequutus fuerit sine mandato novo sui magistratui [magistri], centum solidorum forcium; si autem fuerit dominus qui appellaverit, vel etiam si procurator appellaverit et dominus voluerit appellationem prosequi per se vel per procuratorem, puniatur ipse dominus eciam in centum solidis fortibus fisco nostro applicandis. È Et hoc si causa fuerit a centum solidis infra. Si autem fuerit | causa a centum solidis supra, 4 tune eo casu proxime dicto ||* procurator qui sine novo mandato prosequutus fuerit talem appellationem ipso facto penam ducentorum solidorum forcium incurrat, dominus vero quo b supra etiam penam ducentorum solidorum forcium incurrat ipso facto. d [7] Interloqutoria semper potest revocari et nunquam transsit in rem iudicatam quo adi indicem vel partem. , pa statuimus et ordinamus quod sententia interlocutoria lata contra quemvis ex litigantibus. quo ad partem vel iudicem nullatenus in rem transeat iùdicatam, quin, si ius dicenti videat reparanda semper, non obstante temporum “ lapsu, per superiorem vel eundem iudicem repar possit et valeat. 1. C: quod tune ipsa. 2. C: precinctis. 3. Manca in C. 4. C: quod. 5. C: currant 6. C: temporis. ‘ i i Go). 9 29 GLI STATUTI DI AMEDEO VIII DUCA DI SAVOIA DEL 26 LucLIO 1423 69 [8] Tradditis posicionibus debet pars citari ut ipsis respondeat, et si secundo neglererit _ venire pronuncientur pro confessatis. ff statuimus et ordinamus quod, positionibus traditis per quanconque parcium, citetur vel assignetur altera pars vel! eius procurator ad respondendum ipsis positionibus. Lee sì forte die? pationis vel citationis non veniat, vel respondere negligat, possit iniungi * ipsi parti, sì‘ sic ° compareat, alias autem eius procuratori, si per procuratorem compareat °, per ” ius ? | dicentem ‘ ut” respondeat ” cum cominatione predicta ” quod alias habebuntur pro confessatis. Vel etiam, si nemo compareat, possit pars ipsa citari responsura ipsis positionibus, cum comi- È natione predicta quod alias habebuntur pro confessatis. Qui si negligant * venire capi respondere, vel alter ipsorum, tune exinde positiones debeant haberi pro confessatis, et sic ® perinde ac sì fuissent confessate. Ita quod ‘° iussus de respondendo in personam procuratoris vel etiam ì | absentis, et nullo modo per se vel procuratorem ‘! comparentis ‘°, tamen citati ut supra, con- î fessatus 1° habeatur, et sic ‘4 perinde ac si iussus ! factus 1° 2) in propriam perssonam ‘ipsius domini in causa principali. dì Negans posiciones que probentur per vocem et uni incurrit ipso facto penam centum solidorum forcium. sitionem, de qua et °° contenta ?! in eadem sit publica vox et fama, negaverit, seu eidem per um non credit responderit, et postea legitime probetur ipsum respondentem veritatem sse, quod talis posicionem negans ut supra ipso facto penam incurrat, ratione dicte sue itionis, centum solidorum forcium ipso ** facto ?? fisco nostro applicandam. _»montes quam ultra, de advocatis in eorum iudicatura existentibus et iuramentis eorundem ant certificare dictum nostrum conscilium Chamberiaci ressidens de omnibus advocatis : seu. 2. C: diem. 8. C: iniungi per ius dicentem. 4. C: per. 5. C: se. 6. C: compa- t vel respondeant. 7. Manca in C. 8.C:negligat. 9.C:sint. 10.C: ut. 11. C: per procurat. comparentes. 13. C: factus. 14. C: si. 15. C: ipse iussus. 16. C: sequutus. 17. C: litti- ribus. 18. C: eorum. 19. C: constituti. 20. C: in. 21. C: contentis. 22. Manca in C. ® c.3r., col. 1. 79 GIAN CARLO BURAGGI 30 causis scienter patrocinium non prestabunt, quin ymo sive ab inictio sive post facto cogno- verint causam esse iniustam dum et quando eis constiterit de iustitia ipsius cause, ipsam causam dimitent et a procurando [patrocinando] in ipsa causa dessistent; quod etiam imper- tinentes articulos et positiones scienter non facient, consuetudines, quas veras esse non credi- derint, non allegabunt vel proponent; causas quas suscipient, pro posse suo et secundum ordinem statuttorum nostrorum ut supra proxime descriptorum, quam citius poterunt expedient; quod in ipsis causis dilationes et subterfugia maxime non querent; quod de quotta litis non patiscentur; et seneraliter prestent sacramentum de quo in L. Rem non novam, $ Patroni, C. De iudiciis. Contra vel preter nostrum statutum facientibus, pro qualibet vice qua contra- fecisse reperiantur, pena centum sollidorum fortium ipso facto comissa et phischo nostro RSI canda irremissibiliter eminente. Do [11] * De iuramento prestando per procuratores. Contrafucientibus pena C solidorum. Te ut medella vitiose radici aponatur, que radix per dolossos procuratores signifficatur, statuimus et ordinamus ut et ipsi procuratores iurent etiam quod dilligenter et fideliter officium procure exercebunt; quod causarum iniustarum procuracionem scienter non recipient; quod si nen ab initio ex post facto tamen si siverint causam esse iniustam, a procuratione talis cause statim dessistent; quod non paciscentur de quota litis; quod in fraudem advoca- torum nulum pactum cum clientulis suis facient, nec in salario ipsorum, advocatorum ipsos advocatos ullo modo fraudabunt, nec fraudari procurabunt vel consullent; et quod non impetra- bunt, vel impetrari facient vel procurabunt, litteras iniustas vel iniquas sceu contra rationem. Pena contrafacientibus nostro fischo applicanda vigintiquinque solidorum fortium pro qualibet vice qua talia admiserint eminente. [12] De iuramento advocatorum et mandato ut se subscribant in scripturis suis. pe statuimus et ordinamus quod quiconque advocati in curiis coram magistratibus, iudicibus vel aliis ius dicentibus tocius territorii nobis mediate vel immediate subditi patrocinari vo- lentes, possint compelli per eos quibus patrocinabuntur magistratus; iudices, ius dicentes, offi-. ciarios tamen nostros ad prestandum patrocinium cuique prout ius dicentis decreverit auctoritas, nisi iustam causam excusationis habeant. Volentes ut ipsi omnes advocati in propositis suis que 9 facient in scriptis coram ius dicentibus se signent, ut sciatur quis advocatus talia fecerit pro- — posita, et an contra tenorem per nos supra statutum proposuerit vel non. Ordinantes per presentes ut nulla proposita in scriptis admittatur coram dictis ius dicentibus de quibus supra, nisi talia in scriptis proposita sint signata alterius advocatorum manu ut supra territorii nostri | mediate vel immediate subditi. Pena ius dicentibus talia proposita non signata ut supra admit- tentibus, fisco nostro applicanda, visintiquinque solidorum forcium pro qualibet vice qua talia admiserint eminente. [13] De exequcione sententiarum in actione reali. - l pi quia non sufficeret sentencias ferri nisi et ipse debite executioni demanderentur, sta- tuimus et ordinamus quod post sententiam latam que in rem transiverit iudicatam, s sententia ipsa fuerit in reali actione lata, iniungatur vel mandetur parti condannate, sub pena o AI 31 GLI STATUTI DI AMEDEO VIII DUCA DI SAVOIA DEL 26 LueLio 1423 71 arbitrio ius dicentis proponenda et ex post ipso facto committenda, ut restituat rem ad quam restituendam fuerit condanata parti victrici infra octo dies, a die iniunctionis vel executionis — mandati numerandos. Quod si fecerit, ulterius non est opus querele. Si autem non fecerit, sed morosa fuerit ipsa pars ad predicta implenda et iniunetioni vel mandato obtemperandum, | imiungatur vel mandetur iterum eidem parti condannate, sub maiori pena arbitrio iudicis etc. et ipso facto comittenda ut supra, infra alios octo dies numerandos ut supra a die iniunctionis vel executionis mandati, dictam talem rem restituat. Quod si non fecerit ipse condannatus, sed | morosus fuerit, mittatur in possessionem victor bonorum sibi restituendorum incontinenti per manum militarem, hoc est per officiales nostros. Et ut tucius et sine scandalo fiat, ponatur ipsa res restituenda ac etiam victor, qui in possessionem mittetur, in salvagardia nostri ducis | prefati, penicellis nostris in re ipsa positis in signum salvagardie; in qua || salvagardia intelli- | gamtur ipso facto ipsì victor et res positi. Statuentes quod infrangentes ipsam salvamgardiam debeant pena in futurum [infractorum] salvegardie puniri. Vel etiam, post lapsum ultimorum octo dieram de quibus supra fit mentio, de mandato ius dicentis, qui sententiam de cuius executione tractatur protulerit, detineatur et arrestetur condanatus ad restituendum in ipsa sententia prout ipsi ius dicenti videbitur detinendus, nec inde relaxetur, nisi mandatum ipsius ius dicentis paruerit. Castellanis ac ceteris executoribus per presens nostrum statutum iniun- gentes eb mandantes ut mandatis ius dicencium seu ius dicere debencium, in dictis et aliis | quibuscunque executionibus sententiarum per ipsos latarum, maxime obediant et pareant sine quavis difficultate. Et hoc sub pena centum solidorum forcium pro quolibet castellano vel tali | executore, et qualibet vice qua non obedierint, ipso facto et sine aliqua declaratione comit- | tenda et fisco nostro irremissibiliter applicanda. Dantes per presentes ipsis ius dicere debentibus berum arbitrium ut altero dictorum duorum modorum supra proxime descriptorum possint, debeant et teneantur per eos iudicata et pronunciata debite executioni demandari. Qi vero sententia ipsa vel ordinatio fuerit super actione personali lata vel alia quacunque, !% tune per ius dicentem, qui talem protulerit sententiam vel ordinationem, iniungatur vel i ndetur condempnato, sub pena iudicis arbitrio imponenda et ipso iure et facto committenda, inus det et faciat vel alias compleat id ad quod fuerit condampnatus victori, infra octo s a die iniunctionis vel exequcionis mandati numerandos. Quod si fecerit, sententia vel ordi- io sua debittam habebit exequcionem. Si autem non fecerit, sed morosa fuerit ipsa pars, um iniungatur vel mandetur ei, sub maiori pena ipso iure et facto ut supra committenda, um, incontinenti arrestetur et detineatur ipse condempnatus et morosus ut supra, de man- o ius dicentis qui talem protulerit sentenciam et ordinacionem, prout ipsi ius dicenti vide- r detinendus. Et hoc si perssona talis condempnati haberi possit vel valeat. Alias autem levatio que sufficiat, etiam verbalis, de bonis talis condempnati, mobillibus et immobilibus, e quibus voluerit ipse exequtor, de hiis ||**tamen que reperientur ipse condamnatus tem- ‘e condemnationis possidere, non habita consideratione ad dicta bona mobilia et immobilia, e ad ordinem vel prioritatem ac posteritatem ipsorum bonorum, sed levet quo voluerit ipse recutor de ipsis bonis. Qua levatione facta notificet ius dicens vel executor ipsi condanato tra quem levata fuerint talia bona, si ipsum condannatum reperire possit; alias autem in * e.83v., col. 1. * c.3v., col. 2. 72 GIAN CARLO BURAGGI 32 loco sui domicilii, si domicilium habeat, personis in ipso domicilio repertis sufficiat notificatio de qua supra et infra fieri per affictionem copie litterarum in porta domicilii talis condannati, ac etiam voce preconis, ita ut dicta notificatio utroque predictorum modorum, casu predicto quo nemo. in domicilio talis condamnati reperiatur, fieri debeat. Si autem nullum domicilium habeat talis condamnatus, sufficiat notificatio de qua supra facta voce preconis in loco ubi talis sit executio. Que notificatio erit ut ipse condanatus infra terminum quindecim dierum, a die notificationis ut supra facte numerandorum, adimpleat dando vel faciendo aut alias victori ea ad que fuerit condamnatus. Alias autem ipse ius dicens mandet executori ut, secum vocatis duobus probis vel pluribus viris bone oppinionis et fame, talia bona sic ut supra levata, cum iuramento per ipsos probos ac etiam ipsum executorem prestando, probe et legaliter extiment, et demum pro precio pro quo fuerint extimata et ipsa bona victori usque ad suam debitam quantitatem expediant, pluri valore condanato contra quem fit executio reservato. Salvo tamen iure cuiuslibet alterius in ipsis bonis habere pretendentis. Ita ut ipsa bona et res in quibus victor mittetur in possessionem, necnon et ipse missus, ponatur in salvagardia nostri prefati ducis, penuncellis nostris in rebus ipsis positis in signum salvegardie, ut tucius et sine scan- dalo talis procedat executio. In quam salvamgardiam, per presentes statuimus et declaramus ipso iure et facto ipsum victorem et res positos fore. Infrangentes ipsam salvamgardiam, ut infractores nostre proprie salvegardie, per presentes puniri statuendo. Volumus tamen, et per presentes decernimus, quod, si talis condamnatus ut supra contra quem fit executio, post pre- dicta infra dimidium annum venerit et paratus fuerit victori debitum solvere cum expensis et omni damno, quod tune talis victor, si res que ut supra fuit levata et ipsi victori expedita fuerit immobilis, teneatur, solutione sibi de predictis facta, ipsam rem immobilem condanato infra tempus predictum medii || * anni, a tempore expeditionis ipsius rei de quo supra nume- randum, tradere, restituere et expedire, fructibus tamen per ipsum victorem perceptis suis effectis et sibi remanentibus. N os autem huiusmodi statuta, que harum serie de consilio procerum et dicionis nostre peri-. | torum duximus promulganda, ex nune in antea vires inconcussas volentes obtinere, illa per universa et singula ipsorum capitula volumus et mandamus per universos ipsius ditionis nostre censores modernos et posteros servare, et protinus servari facere illesa. Aliis tamen statutis per nos et predecessores nostros hactenus factis, quibus per premissa non extitit dero- gatum, in suo robore permansuris. hi Datum in castro nostro Chamberiaci die vicesima sexta mensis iulii, anno domini millesimo — quatercentesimo vicesimo tercio. ‘n Per dominum presentibus dominis: Joanne de Bertrandis archiepiscopo Cherensi. "i Intermoneum de Aquis. Joanne de Belloforti cancellario. - dl Bastardo de Sabaudia. : : A Gaspardo de Monte Maiori. , Manfredo ex marchionibus Saluciarum. sl Miolam de Chivrone. i Alte Ville. Joanne de Saysello. Joanne de Compezxio. Joanne Servagii presidente Camere Computorum. Henrico de Columberio. * le. dix.) col.6E GLI STATUTI DI AMEDEO VIII DUCA DI SAVOIA DEL 26 LueLIo 1423 Lamberto Odoneti presidente Consilii Chamberiaci residentis. Petro Amblardi magistro hospicii. Ludovico de Compexio. Condree. Urbano Ciriserii collaterale Consilii cum domino residentis. Petro Bonivardi. Glaudo de Saxo magistro hospicii. Joanne de Albadio. Guillielmo de Sancto Martino. Burnone Cachexrani. Tu Anthonio Carioni. Guillielmo de Calcibus iudice Sabaudie. Gratiano de Castelione magistro hospicii. Petro de Mentone baylivo Gebennesii. Joanne Marchiandi. | Rodulfo de Fesignaco. Martino Picheti indice Moranensi et Tharetansiensi. canne Reverditi iudice Gebennesii. etro Veronensi. Joanne Bloclandi procuratore fiscali. Joanne de Intermoneum ete. p Gi; o’netus Merescalli tesaurario. 10 73 ‘ Gia Y IWrATE. Lib 6 hbrabinotircitanetbA doudanad ( parti i î i É . ct 7 sl tnt IIS INCI Palio di ST Ù) n siga tini donata è x , dati: dica { tug grati alroataticr mme pJesnitit i Voci jbnarisoti.vsta! sj intricata sui her Rote) (YITRPMRATI h PERS TASSE RR, Ò pai area lt mosiduni adora. alt. a priasitipi) pete toni i dapirnti asgnitadaaa padishi DATATI Imvifliggi 3 dI Lmraisare po dg si MEDI, i agidi ti POTITO : interi ab etipboti traf.sr jadaiti.pa sb È nijadà. assai. itibronase on spore i inao nea 7 pietra, Pa Ci iprali. jnciatsg0tgà ibnalaoiW ng ani s ind Et) sati nil af osiunagle cusgi: è dieraoisì. Ulacemalk fieno Ò 31 sani = îe DVI vst RA 9 A I RIFUGIATI ITALIANI IN FRANCIA NEGLI anni 1799-1800 P a SULLA SCORTA DEL vw ì DIARIO DI VINCENZO LANCETTI E DI DOCUMENTI INEDITI DAGLI ARCHIVI D’ITALIA E DI FRANCIA MEMORIA DEL Dott. GIUSEPPE MANACORDA Approvata nell'adunanza del 5 Maggio 1907. TE PARTE I. d Introduzione - Le fonti. Pochi periodi storici presentano in breve volgere di tempo tanti e sì gravi yvenimenti, quanti l’ Europa, e l’Italia in particolare, videro svolgersi negli anni 9-800. Un'improvvisa bufera di reazione, sollevatasi durante l’assenza del Bonaparte, erversa per 13 mesi sull'Italia, percorsa e posta a sacco dalle truppe austro-russe, bardata dai navigli inglesi, sommossa all’interno dalle insurrezioni sanfedistiche, ppressa dalle effimere restaurazioni di alcuni troni, eretti sulle rovine delle piccole blichette di carta, che un soffio ha spazzato via. Per un anno la Francia, rinno- , i miracoli del ’93, tien testa all’ Europa intera coalizzata per spegnere in essa olare del pensiero e della vita politica nuova, e intanto l’uomo che nell’esile chiudeva i destini di due secoli, ricomparso d'improvviso in Francia, afferra ,samente il potere, sgombrando il terreno, col colpo di Stato di Brumaio, da governo inetto — il Direttorio — e guida le armi francesi sui campi di Marengo, poche ore, non solo decidono la sorte del trionfo, dell’egemonia francese e della he la Francia diffonde, ma ancora racchiudono il destino della gloria dell’uomo Ricchissima oramai è la letteratura storica che si riferisce a quei 13 mesi di azione, ma molto più per la parte che riguarda Napoli, ove più sanguinosa e feroce la restaurazione, e molto meno per la parte che interessa la Repubblica Cisalpina, i provincie, già appartenenti all'Austria, al papa ed ai ducati dell’ Emilia, ritor- ono tutte sotto il dominio imperiale. Della reazione austriaca l’un lato — quello 76 GIUSEPPE MANACORDA 2 del Finzi (1), del D'Ancona (2) e del Bellorini (3); l’altro lato — quello cioè della emigrazione in Francia dei cisalpini sfuggiti all'Austria — resta quasi del tutto ignoto, non possedendo noi finora altre notizie che quelle dateci dal Botta (4), che fu magna pars negli avvenimenti di quell’anno, arricchite da varie altre forniteci dai suoi biografi, come il Dionisotti (5) e il Roberti (6). Qualche notizia e qualche documento ci è pure offerto da un altro articolo del Roberti (7) e dal Cicognara nelle sue © Memorie e nella sua Corrispondenza illustrata dal Malamani (8), senza contare sal- | tuari appunti che si possono raccogliere qua e là nelle opere dello Zanoli (9), del Melzi (10), del Cusani (11), del Franchetti (12), del De Cugnac (13) o nelle corrispon- — denze diplomatiche del tempo, edite dal Cantù (14), o negli epistolari del Monti (15), del Foscolo (16) o del Fantoni. Raccogliere tutte queste notizie ed aggiungerne delle altre desunte dal materiale manoscritto disseminato qua e là, ecco il modesto compito che mi sono assunto, lieto — se con queste pagine, non solo potrò sciogliere in parte il voto di Carlo Dejob (17), che augurò anni sono sorgesse presto una storia delle immigrazioni politiche degli | italiani in Francia, ma ancora e più se mi sarà dato di indagare ed osservare, nel | labirinto delle vicende di quell’anno, la formazione dello spirito nazionale degli italiani; | — se potrò rilevare come essi in quei giorni si riscotessero dalla secolare apatia ed indifferenza, la quale faceva loro parere non interessante il gran dramma che in casa loro ed a spese loro Austria e Francia, passato ed avvenire, rappresentavano sotto i loro occhi; — se mi riuscirà infine di sorprendere e spiare nelle loro prime ed impac- ciate mosse politiche in pro’ della patria una e indipendente e nelle loro prove i (1) I Deportati Cisalpini - Diario del Deportato Zaccaria Carpi di Revere, pubblicato dai fratelli — Finzi, suoi discendenti. Mantova, Mondovi, 1903. î (2) Francesco AposroLi, Le lettere sirmiensi, riprodotte ed illustrate da Aressanpro D'Ancona, colla. vita dell'autore scritta dal prof. Bigoni. Roma-Milano, Albrighi e Segati, 1906 (in “ Bibl. stor. del. Risorg. Ital. ,). pri 9 (3) IL ritorno a Milano dei patrioti cisalpini imprigionati dall'Austria, in “ Boll. Uff. del 1° Con-. gresso storico del Risorgimento Nazionale ,. Milano; novembre 1905, n° 8. «bi (4) Storia d’Italia dal 1789 al 1814; cito l'edizione di Milano, Reina, 1850. (5) Vita di Carlo Botta. Torino, Roux e Favale, 1867. (6) Un anno della vita di Carlo Botta, in “ Nuova Antologia ,, 16 febbraio 1901. Sarà citato per abbreviazione RoBERtI. : od (7) Per la storia dell'emigrazione cisalpina in Francia durante il periodo austro-russo, in © Rivista . storica del Risorgimento Ital. ,, vol. III, fasc. 6, ann. 1898. Cit. Doc. Rob. ; (8) Venezia, 1888, 2 voll. (9) Sulla milizia cisalpina italiana - Cenni storici-statistici dal 1796 al 1814. Milano, Borroni e Scotti, 1845, 2 voll. ch (10) Francesco Metzi D’Erri duca di Lodi. Milano, Brigola, 1865, con Documenti e lettere inedite di Napoleone, Eugenio Beauharnais, ecc. È (11) Storia di Milano. Milano, Albertari, 1867, vol. V. | L (12) Storia politica d’Italia dal 1789 al 1799. Milano, Vallardi, 1878, pag. 406. H{oh9g (13) Campagne de l’armée de réserve en 1800. Paris, Librairie militaire Chapelot, 1892, voll. 2. (14) Corrispondenza dei diplomatici della repubblica e del regno d’Italia (1796-1814). Milano, Agnelli, 1884. Ho tenuto presente anche le altre lettere da lui edite in “ Mem. dell’Istit. Lomb. XV, ser. III, vol. VI, 149, > i (15) Raccolto dai prot. Mazzamnri e Bertoni. Torino, Roux, 1893. (16) Fa parte della collezione delle Opere del Le Monnier (1850-62), vol. VI-VII. 4 (17) Un bel libro da fare, in Raccolta di studi critici dedicata ad Alessandro D'Ancona. Firenze, Barbèra, 1901, pag. 133. 3 . I RIFUGIATI ITALIANI IN FRANCIA NEGLI ANNI 1799-1800 Tara | militari di quei dì, miste di slanci e di incertezze, quel risorgere del genio politico e | militare italiano che cinquant'anni dopo doveva rifulgere nel Cavour e nel Garibaldi (1). A Il materiale manoscritto a cui ho attinto è il seguente: i J T. Diario inedito di Vincenzo Lancetti, che va dal giorno della battaglia di Cassano (28 aprile 1799) e della fuga del Governo cisalpino di Milano alla ricostitu- — zione della repubblica dopo Marengo (2). BE II. Documenti dell'Archivio di Stato di Milano — Affari Esteri — Una Saetta porta sul dorso il titolo: I Direttorio cisalpino în Francia, ma in realtà contiene documenti varî, non numerati, riferentisi ad anni posteriori per la maggior parte, e ochi agli anni 1799-800. Tra questi sono le lettere che riporto in Appendice, scam- late in quei mesi fra il Direttorio cisalpino rifugiato a-Chambéry e l'ambasciatore Rivaud o il segretario suo Bignon, che continuava a risiedere presso il Governo | cisalpino, nominalmente in funzione. IN. Carte di Pietro Custodi, oggi conservate nella Biblioteca Nazionale di Parigi ed illustrate da Lucien Auvray (3). Tra queste trovansi lettere di varî al Lancetti, a lui vendute al Custodi negli ultimi anni della sua vita. i . IV. Due documenti favoritimi gentilmente da M" Lemoine, archivista del Mini- ro della guerra di Francia, e quivi esistenti. | V. Carte Paribelli, autografi di Cesare Paribelli, inviato dalla Repubblica par- enopea a Parigi. Oggi dette carte sono possedute dall’avv. Cesare Paribelli di Milano, ipote del su ricordato uomo politico, valtellinese di nascita, e napoletano di adozione. otite carte, ora provvisoriamente deposte al Museo storico del Risorgimento italiano Milano (Castello Sforzesco), si servì già anni sono Benedetto Croce (4), dopo che r conto della Società storica napoletana ne ebbe fatto trarre copia. | VI. Carte Ruggeri, già appartenenti a Francesco Antonio Ciaia di Martinafranca se), collega del Paribelli nella legazione partenopea a Parigi. Anche di Spa arte, conservate dalla Società storica napoletana, si giovò il Croce. _ VII. Carte dell'Archivio del Ministero degli Affari esteri di Francia (5) e del- Archivio di Stato di Parigi. Liu = 1) È notissimo come nel ’95, debellato il Piemonte, non un principe oppose resistenza a Napo- e, e Venezia si lasciò vendere. L’apatia era a tale che quando già i francesi invasori erano i giornali di Milano non si curavano neppure di darne notizia (L. Corro, I giornali della repub- i cisalpina, in “ Illustrazione italiana ,, 9 agosto 1885) e il Vicario di provvisione Nava, a chi a resistere rispondeva “ che la città non si è mai imbarazzata della guerra sussistente fra le enze belligeranti e non sarebbe mai convenuto di recedere da questo partito ,, v. Memorie di oa Arch. stor. lomb. ,, XXIX, pag. 80 e segg., edite dal Burri. Sulla indifferenza musulmana resti spiriti efr. A. D'Ancona, in “ Nuova Antologia ,, 16 gennaio 1903. — Cfr. pure pag. 23 esente lavoro a proposito dell’indole del Lancetti. . (2) Conservasi nella Biblioteca Governativa di Cremona che lo acquistò anni sono dal libraio Hoepli (cfr. “ Arch. stor. lomb. ,, XVI, 513). È segnato 4, @, 8,23: consta di 22 fogli protocollo di tura del Lancetti, ineguale, talora fittissima. Una copia ms. del Diario conserva l’Avv. Seletti 0. Im “ Bulletin Italien , di Bordeaux, ann. 1903, pag. 308 e ann. 1904, pag. 149, 244, 316. Relazione dei patriotti napoletani col Direttorio (1799-1801), in “ Arch. stor. nap. ,, anno 1902, 4 e 235. — Agli esuli napoletani in Francia nel 1799 è pure dedicato l’ultimo capitolo del e di Arronso PrrreLra, L’anno 1799. nella provincia di Campobasso, Caserta, Maione, 1900. capitolo è fondato sulle carte di Andrea Valiante conservate a Ielsi. 6) I documenti dell’Arch. del Ministero degli Affari Esteri riferentisi alla Cisalpina sono tutti 78 GIUSEPPE MANACORDA È 4 Alcuni di questi documenti saranno riprodotti per intero in apposita Appendice con note; i meno importanti li cito come fonte in appoggio alla notizia. Aggiungo che mi sono ancora giovato come fonte dei giornali del tempo, sopra tutto del Moniteur, periodico ufficioso, e qualche volta ho pure attinto notizie nella ricca colle- zione di opuscoli posseduta dalla Biblioteca Comunale di Cremona, che è annessa alla governativa (1). i : Una sola fonte mi è stata irraggiungibile, ed è una ricca raccolta di lettere di esuli napoletani, ed in particolare di Guglielmo e Florestano Pepe: essa trovasi presso il parroco di Ielsi (Molise), Don Michele D'Amico (2), dal quale con ogni insistenza non ho avuto che una vana promessa di aiuto. Auguro ad altro studioso miglior fortuna con lui (2). PARTE II I. — La fine di una Repubblica. Sul finire dell’aprile 1799 le vittorie austro-russe si susseguivano rapidamente e i vincitori, incalzando i vinti, raggiungevano presto la linea de l’Adda, dietro la quale s'era ridotto il gen. Scherer (3). A_Milano il panico dei patrioti cresceva e cresceva il fermento: primo a fuggire fin dal 13 aprile, odorando il vento infido, era stato il ministro È di polizia Pioltini! (4). Il Direttorio cisalpino — composto di Marescalchi, Adelasio, Luosi, Vertemate Franchi, Sopransi — invano fece spargere ad arte fino all’ultimo no- tizie ottimiste(5); esso medesimo, mentre pubblicamente chiamava imbecille il fuggitivo Pioltini, sentiva prossimo lo sfacelo e pensava allo scampo. Quando ancora le milizie | cisalpine accanto alle francesi fronteggiavano il nemico (6), segretamente i cinque reg- gitori apparecchiavano la fuga, dando ordine fin dal finir di Germinale alla municipa- lità di tener pronti cavalli e carrozze per i rappresentanti della nazione (7). Il 4 Fiorile il nuovo ministro di polizia, Perseguiti, avvertiva il Direttorio che egli aveva oramai raccolti in un volume colla seguente intitolazione : Archives des Affaires Htrangères, vol. 57 - Milan, 1799 et 1800, ans 8 et 9; le cite Rivaud, ambassadeur; le citen Bignon, secrétaire; le citen Petiet, ministre (372 pièces). — Saranno citati per abbreviazione: Arch. Min. Est., col numero della carta. (1) Quanti e quanti cortesi e valenti studiosi ho incomodato e quante grazie debbo loro! Anzi tutto sono debitore all'amico dott. Ferdinando Neri ed al sig. Lucien Auvray della Nazionale di Parigi, dei quali il primo ottenne per me l’accesso all'Archivio del Ministero degli Esteri (grazie. ai buoni uffici dell'ambasciatore Tornielli) e vi compì ricerche, il secondo esplorò per me le carte Custodi, i giornali del tempo e qualche catalogo drammatico. A Torino mi favorì il dott. Salvatore Foà, a Napoli, dietro cortesi schiarimenti di B. Croce, attinse per me materiale nelle carte Ruggeri | il sig. Tentori, studente di lettere. Di indicazioni e libri mi fu ancor cortese il cav. Perrella di | Cantalupo Sannita, il cav. Testa di Ielsi (Campobasso) e il dott. Giuseppe Gallavresi. (2) Cfr. PerreLLA, 533. : (3) Per il quadro generale degli avvenimenti tengo presente: 1° I commentari della Rivoluzione francese, di Lazzaro Papi, tom. IV (cito l’ed. Lucca, Giusti, 1831), lib. X-XII; 2° Coppi, Annali d'Italia, 1799-800 (Roma, Salviucci, 1848); 3° Truers, Histoire de la Révolution francaise (cit. l'ed. | Bruxelles, Gamar, 1840), tom. II; 4° Lemmi, Le origini del Risorgimento, in “ Biblioteca Villari », Milano, Hoepli, 1906. (4) V. nota al Diario, giorno 14 Pratile, ann. VIII. “a (5) Borra, XVI, 258. PI (6) Non senza parecchie diserzioni, a dir vero, tanto che il Direttorio Cisalpino proprio il 3 Fiorile pigliava provvedimenti circa i “ vili disertori ,, Arch. Min. Est., c. 230. t (7) Arch. St. d. Mil., cartella cit. È 5 I RIFUGIATI ITALIANI IN FRANCIA NEGLI ANNI 1799-1800 19 | apparecchiate per la spedizione le casse contenenti le carte di maggior rilievo del | suo ministero (1). Tanti segreti preparativi trapelavano certamente e l’ansia e la irrequietudine pubblica ne traevano nuovo incremento. Il giorno 6 Fiorile, i rappre- | sentanti dei due Consigli legislativi, juniori e seniori, tenuti al buio fino allora del ro stato delle cose, scrissero una lettera, fiera nel tono, inconcludente nel contenuto A ero esecutivo 0). Che volevano essi? Le cose precipitavano: un confuso e@ nervoso malessere, un indefinibile e sordo malcontento, un bisogno di protestare contro qualcuno, fors'anche di chiedere aiuto a qualcuno, fa capolino qua e là nella tortuosa indeterminatezza delle frasi. Il vero e sostanziale scopo di quel messaggio Î del Corpo legislativo — il quale più aperto appare nella lettera che il dì appresso il Presidente degli Anziani rivolse al Direttorio (3) — mostrarono d’averlo compreso cinque reggitori, nominando il di seguente 7 Fiorile il capo battaglione Paini immissario straordinario coll’incarico di ritirare dalla municipalità (la quale pare esse anch'essa perduta la testa) quelle carrozze e cavalli già invano richieste per vire ai membri dei due Consigli legislativi, “ nel caso — diceva il Direttorio — che le mattina dell’8 Fiorile giunse dal campo di Cassano a Milano un messaggio tto al Rivaud e da questo comunicato al D. E. che toglieva ogni speranza; poche dopo, eccone un altro secco, nervoso, rapido come un fulmine, che diceva in scio) sanguinosi verso ovest, in una fuga pazza di terrore fino oltre Milano (7). Giovanni Nato era appena il lacrimoso giorno; Rumore alcun non odo e genti rade Per la via sottoposta erano attorno. Come stormo di augei, se appressar vede Di nibbio o di poana edace artiglio, Svolazza e si sofferma e parte e riede; Quei miseri così nel gran periglio Erran torbidi e incerti e regna in essi Confusion, disordine e scompiglio, Chi celar tenta il suo terror, chi espressi Ne mostra i segni, chi nel mal che teme Cauto contiensi e chi monta agli eccessi. Chi va, chi vien, chi palpita e chi geme Chi tace, chi favella e chi d’affanno Piange e sospira e chi minaccia e freme. Vedila in Appendice per ordine di data. Idem. ) Arch. Stat. Mil. — Protocollo del D. E. in cartella cit. Maramani, I, 139. (6) V. entrambe in Appendice. Il secondo biglietto fu già pubblicato dal Cusani (V, 258), ma diverso dal testo originale. Cfr. Diario, 8 Fiorile, VII. 80 GIUSEPPE MANACORDA 6 Pallidi in viso guatando si vanno, E irresoluti in quella parte e in questa Portano il piede e lo perchè non sanno. Sol precipite fuga ad essi resta, E s'odon dirla l’un l’altro all'orecchio; Ma la fuga anche è impresa ardua e funesta (1). Rivaud, secondo il Pindemonte, “ dei tiranni esempio e specchio ,, aveva pensato alla salvezza propria, non a quella degli altri. Intanto il tempo stringe e chi vuol fuggire non ha un minuto da indugiare. Nel tafferuglio di francesi fuggenti mancano i cavalli e i carri. Fu salvo ogni destriero; ogni giumento Le rubate ricchezze addur sol deve, E oltr'Alpe trasportar l’italo argento! Nello spasimo del momento crescevano le grida e i lamenti; Fran per ogni via contrasti e tante Confuse grida, clamorosi accenti Mutue rampogne non udite inante, Varie inchieste e risposte dubbie e genti Raccolte in erocchi e popolar bisbiglio HE in mille modi raccontati eventi (2). , Qualche cittadino propone la resistenza ad oltranza, ma ne è sconsigliato; qualche altro sente la vergogna della fuga e, pieno forse l’animo di ricordi romani, tante volte rinfrescati dalle declamazioni dell'assemblea, propone di restare e morire. Il tempo passa mentre Propongon tutti e non risolve alcuno. Il tramonto sanguigno di quel dì funesto è vicino. L'ampia città di popolo frequente Parea deserta e le romite strade Non trascorrea la sbigottita gente. Regnava alto silenzio in le ‘contrade E sol l'orecchio intento avvien discerna ASINO ronzìo tra le persone rade 10 avvolta nelle tenebre e nel Itifto, finchè la mattina un plotone di dor non si | spinse fino a piazza del duomo; allora preti, nobili, vittime della tirannide di piazza, | sbucarono a cantar inni in chiesa e a ridere alle spalle degli invincibili france mentre i cosacchi perseguivano per le strade i cittadini gettando il laccio ai sospet al grido di Jacob Jacob (4). Lontano oltre il Ticino galoppava, tra i carriaggi avvo! da un turbinio di polvere, una folla di magistrati, soldati, cittadini di quella che era stata la Repubblica cisalpina (5). (1) BrApe@o, Poesie e lettere di Giovanni Pindemonte. Bologna, Zanichelli, 1883. o Ci n. (2) Id.,, c. I | (3), Id., c. II. (4) Borra, XVI, 273. (5) V. l’epitaffio della Cisalpina in ZanoLini, Antonio Aldini e i suoi tempi. Firenze, Le Monni 1864, I, 336. In un satirico Dialogo tra il generale Scherer, comandante l'ex armata francese in Itai e il cittadino Barras, presidente dello scadente Direttorio francese (Cremona, Manini, 1799), legge Barras — E i Consigli cisalpini? Scherrer — I due Consigli, sempre senza consiglio, si sono disciolti a riserva ni quei pochi fra 7 I RIFUGIATI ITALIANI IN FRANCIA NEGLI ANNI 1799-1800 81 Fino a qual punto le accuse del Pindemonte e di altri molti contro il Direttorio ed il Rivaud sono fondate? Quale parte è da attribuirsi al bisogno, comune in quei che soffrono, di accusare e odiare qualcuno come causa del proprio soffrire? Certa- mente contro lo Scherer si appuntò l’odio non solo degli italiani, ma dei francesi stessi, sicchè persino le donne di Chambéry tramarono di trucidarlo (1). Processato, destituito (2), egli scomparve dalla scena politica e militare, colpito dalla disistima del Governo, che già prima di Cassano gli aveva tolto il comando per darlo al Moreau, il quale non era giunto in tempo (8). Contro il Rivaud, nonostante i melliflui com- 4 plimenti che il Direttorio fuggiasco continuava a prodigargli (4), si levò alta la pro- | testa e l’accusa di dilapidazione e di viltà, portate dai fuorusciti italiani fino innanzi al Corpo legislativo francese (5). A Il prudente Rivaud nel fulmineo suo dispaccio dal campo di Cassano non si era | dimenticato di fissare al Direttorio, come itinerario della ritirata, la strada per Buffa- i lora e Novara (6). “ Degli altri repubblicani che fuggivano — scrive il Botta — e con loro le donne ed i figliuoli, che erano uno spettacolo compassionevole (7), i più | se ne partivano poveri, perchè avendo mostrato ai ladronecci piuttosto sdegno che alle terga gli svegliavano dal lusinghevole sonno, chè anzi varcando, miseri, esuli e squallidi le Alpi durissime, andavano ancora sognando la loro felice Repubblica: iloro membri, i quali vengono a ricovrarsi in Francia, il quale va a diventare il paese dei disperati , i (pag. 11). | E poco appresso, parlando del Direttorio cisalpino, si dice che esso è “ colpevole anche di avere vilmente fuggendo degradata la dignità repubblicana, piuttosto che morir fermo al suo posto come gli antichi senatori di Roma ,. Aguzza satira della rettorica classicheggiante dei giacobini, ma non | tutto giusta. Parecchi rappresentanti — scriveva il Rivaud da Torino al Ministro degli Esteri 1 Fiorile — erano rimasti a Milano confidando nella clemenza del vincitore, dando così, diceva li, ben triste prova del loro patriottismo. Altri si rifugiarono sul Bolognese presso le truppe del } i Hoz. Fino allora egli non aveva notizia che di 4 rappresentanti fuggiaschi (Arch. Min. Est, c. 96 fe cchistto però che riproduco in Appendice (Doc. 14 Germinale VIII), ne denuncia 20. (1) Cfr. Diario, 29 Fiorile VII e nota. (2) V. Appendice, Doc. 14 Termidoro e frammenti del discorso Briot in data 7 Termidoro. (3) V. Id., Doc. 8 Fiorile VII, 1°. _ (4) V. Id., Doc. 18 Pratile. (5) V. Id., Doc, 14 Termidoro e frammenti cit. (6) V. Id., 8 Floreale 1°. su). Moltissimi esuli ce avevano con sè la loro moglie, come il ministro Caleppio (Diario, +6 Nevoso). Il Varisco, oltre la sitogale, aveva con sè la A (id., 29 Termidoro), ;l Monti fu giunto in Francia dalla moglie (id., 20 Vendemmiale), prima riparata a Genova; Andrea Valdante eva con sè moglie e due figli (PrrreLra, 523). Si ha pure notizie di una cremonese (id., 21 Fiorile). Fi in generale la nota al giorno 2 Fiorile VIII e lo specchietto in Appendice, Doc. 14 Germinale VIII. a ero come nota al Diario, 18 Fiorile, (8) Lib. XVI, pag. 254. Serre II. Tom. LVII. 11 82 GIUSEPPE MANACORDA 8 La turba confusa dei fuggiaschi giunse a Novara il giorno 9 Fiorile, dopo affan- nose corse e irrequiete attese sui port? affollati al passar del Ticino in Buffalora. Poi, senza attendere altri ordini del Rivaud, come le notizie del nemico li pungevano, affrettarono la fuga verso Torino e li sferzava oramai anche la paura delle bande realiste dei contadini insorti, che, guidati da Branda dei Luccioni, scorrazzavano le campagne abbattendo gli alberi della libertà e sollevando croci (1). A Torino il panico già diffuso crebbe alla vista dei fuggitivi cisalpini: l’Amministrazione pie- montese, abbandonata a sè dopo la fuga dell’ambasciatore Musset, era smarrita e cittadini per resistere fino all’ultimo, chi desiderava una feroce rappresaglia contro i nobili per intimorire i reazionari, come già a Parigi nelle giornate di settembre del ‘92, chi infine proponeva di arrestare e portare in Francia, come ostaggi, i capo- rioni del partito realista (3). Frequenti erano gli allarmi, anche notturni, temendosi, quel che poi avvenne, che le bande o, come si diceva, la massa cristiana entrasse di sorpresa nottetempo in Torino col favore del partito monarchico, fortissimo nella ex capitale sabauda (4). Pochi giorni si trattennero i fuggiaschi in Torino: fin dal giorno 15 Fiorile, sentendosi mal sicuri, dietro consiglio del Rivaud (5), Direttorio, rappresentanti e cittadini s'incamminavano verso la Francia pel Monginevra. Di qua dalle Alpi ovunque fervevano preparativi di guerra ad afforzare castelli e far gente (6); È si allestiva quella estrema resistenza, che per opera dei valdesi doveva poi opporsi sparsa ed a guerriglie per quelle gole alpine (7). Al di là delle Alpi in quei dì fatali, È i rinforzi francesi che venivano verso l’Italia, coscritti (8), preti francesi forse diretti | verso i sospirati austriaci (9), incontravano per la stessa via papa Pio VI portato | i vecchissimo in lettiga (10), ostaggi piemontesi arrestati (11), patriotî cisalpini che cercavano scampo all'ira austriaca sotto le grandi ali della repubblica madre, truppe cisalpine accompagnanti oltre Alpe prigionieri austriaci (12), il gen. Scherer scon- fitto (13). Drammatico via vai di infelici perseguitanti e perseguitati, vittime tutte pietose, atomi di polvere sollevati dai loro abituali ripostigli da quella bufera irresi- È stibile di odî, di guerra senza quartiere! 5 Alle spalle dei fuggiaschi il MOVGEL, nuovo Eeperalissumo francese, spente si (1) Diario, 10 Fiorile e nota 1; Borra, ib. 264-65. (2) Era composta di Pellisseri, Rossignoli, Capriata e Geymet. Cfr. Borra, XVI, 262 e nota all Diario, 12 Fiorile. (8) V. note al Diario, giorn. 12, 13 Fiorile. (4) Diario, 13 Fiorile nota e 14 id. (5) Appendice, Doc. 23 Pratile. (6) Diario, 17 e 18 Fiorile. (7) Cfr. nota 7 al Diario, giorn. 18 Fiorile. (8) Diario, 21, 23, 24 Fiorile e note 4, 13 Pratile. (9) Id., 22 Fiorile. (10) Cfr. nota al Diario, giorno 22 Fiorile. (11) Diario, giorno 20 Fiorile. Ù 50 prigionieri austriaci a Digione. (13) Appendice, Doc., 8 Fiorile, 1°. 9 I RIFUGIATI ITALIANI IN FRANCIA NEGLI ANNI 1799-1800 83 pini a frenar l’impeto degli assalitori, a rompere le comunicazioni, a sminuzzarne le forze, impegnandole in molti piccoli assedì (1). Così tra guerriglie e battaglie, tra una sortita ed una resa, il residuo dell’esercito d’Italia s’apparecchiava ad attendere il Mac Donald prima, che doveva giungere da Napoli, poi un liberatore, Championnet, Bonaparte, uno insomma, dacchè in tutto quell’anno di attesa, alto sovrasta un pen- siero nella mente di francesi ed italiani, che cioè la sorte delle armi non poteva in ultimo non arridere ai soldati della libertà (2). Nei trepidi cuori fino al dì di Marengo l’ansia dell'attesa non tolse la speranza e si pensò all’assetto futuro del- - l'Italia da riconquistarsi, sicuri come se ognuno a sè stesso dicesse: Eppur convien che novità risponda!... ; Genova era divenuta l'estrema rocca del dominio francese in Italia: ivi s'era | raccolto il Moreau, afforzato nelle valli dell'Appennino in attesa del Mac Donald. Ed a Genova convenivano ‘da ogni parte i fuggiaschi ottimisti, quelli cioè che all’ar- rivo delle truppe da Napoli, speravano in una prossima ripresa dell’offensiva, la quale avesse fatto riguadagnare la linea del Mincio. Fin dal 25 aprile, prima della rotta di Cassano il principe d’Angri, napoletano, era accorso a Genova da Milano e seriveva al Paribelli: “ Qui è il rifugio di molti forestieri. Siamo molti napoletani e l’altro giorno arrivò qui Giuseppe Serra di Cassano, ministro di quella repubblica. Questa mattina si vede la flotta francese , (3). Dopo la rotta di Cassano corsero a Genova numerosi i cisalpini: “ Qui formicolano da per tutto i cisalpini; — scriveva il Bossi il 5 agosto al Visconti in Ginevra — in questi ultimi giorni si sono aggiunti moltissimi toscani, romani e napoletani e se non si libera il mare, non so come si potrà fare per la necessaria sussistenza , (4). Ma la via di riviera, se non quella di mare, fu libera ancora per un pezzo, sicchè molti dei rifugiati, come videro attorno a Genova farsi più stretto il cerchio dei nemici, passarono in Francia: così il Cico- gnara e il duca di Cassano (5). Ed in Francia ancora ripararono i patrioti piemontesi e l’Amministrazione loro dopo le ultime resistenze, superando le roccie scoscese tra la tormenta in una notturna fuga leggendaria (6). Buon per loro, se riuscirono a porsi in salvo, chè li attendevano, se lombardi, le prigioni di Dalmazia, se piemontesi, i rigori della magistratura regia sostenuta dalle armi austriache (7): dovunque le contumelie della plebaglia sanfedista. Nel più triste dei casi, chi fuggì non perdette se non i beni confiscati dall’Austria ai più compromessi (8): ma che era ciò se in quei dì i patrioti napoletani perdevano la (1) Borra, id., 257. — Zanoni, II, 10-13. (2) Borra, id., 278. (3) Croce, pag. 141, nota 3. (4) Canrù, Diplom., pag. 225.. (5) Questi due andarono in Francia il 16 agosto 1799 per la Cornice (Maramasi, I, 139). (6) Cfr. la cit. lettera del Capriata ed. dal BrancnI e riprodotta in nota. (7) Per le condanne dei repubblicani piemontesi cfr. G. Grorcenni, Il processo dei giacobini casa- lesi, in “ Rivista stor. d. prov. di Alessandria ,, ann. 1900. Un elenco di condannati trovasi nella stessa “ Rivista ,, ann. 1903, pag. 11. ; (8) La plebaglia milanese però saccheggiò anche il palazzo del Serbelloni (Borra, id. 255). Ebbero confiscati i beni i seguenti cittadini: Galeazzo Serbelloni, Francesco Visconti, Francesco Melzi, Gae- tano Porro, Alberto Alemagna, Ottavio Mozzoni, Pietro Moscati, Gio. Sommariva, Fedele Sopransi, Cesare Pelegatti, Giuseppe Pioltini, Carlo Nicoli, Felice Lattuada. Era prescritto che i loro debitori 84 GIUSEPPE MANACORDA 10 vita sui patiboli? Milano si addormentò per un anno tra le paterne braccia impe- riali-regie, sgombra di tutti i francesi che le avevano scosso il sonno col vociare continuo di libertà (1), cullata dalle cantilene dei Te Deum di ringraziamento e di riparazione, unico sfogo concesso agli abitanti, dice il Gioia (2), per distrarsi dal troppo meditare sulle ruberie nuove e sui saccheggi austro-russi capitati loro addosso dopo quelli francesi. Imperatore? Repubblica? — doveva chiedersi l'agricoltore lom-. bardo — per me sono sinonimi e vogliono dire: pagare, essere derubati! Gli italiani, . per dirla con Jacopo Ortis, gemevano “ fra due potenti nazioni, che nemiche giurate, feroci, eterne, si collegavano soltanto per incepparli, e dove la loro forza non valeva, gli uni li ingannavan con l’entusiasmo di libertà, gli altri con fanatismi di religione , (3). II. — Due governi italiani in Francia. Una delle prime cure del Direttorio cisalpino appena giunto in Francia fu di insegnare ai suoi amministrati rimasti in patria che non bisogna fuggire. Per mezzo del generale Moreau, esso scriveva in data 23 Pratile da Chambéry ai Commissari del potere esecutivo dei dipartimenti del Crostolo, del Panaro, del Reno e del basso Po, confermando loro i poteri di cui erano investiti e consigliandoli a dedicarsi intie- ramente alla patria, a rimaner fermi al loro posto, a convincere i cittadini che la peggior sciagura è quella di perdere la patria e che “ perde la patria chi l’abban- dona nel pericolo , (4). Benissimo! Essi però, i Direttori, erano fuggiti, — poveretti! — dietro “ gli inviti dell’ambasciatore francese che erano quelli del suo Governo e che li avevano obbligati ad abbandonare prima Milano e poi Torino ,. Di questa fuga intrapresa per ubbidienza — e che ubbidienza frettolosa! —i Direttori con candida semplicità davano pure avviso al Visconti, ministro cisalpino in Svizzera, “ L’urto degli inimici — scrivevano essi — fu così inaspettato e violento che il Governo ebbe appena un'ora di tempo per disporsi alla partenza, ordinatagli dall’ ambasciatore Rivaud. Questa strettezza di tempo e la costernazione del momento ci ha lasciato solo il tempo di riflettere di porre in salvo le persone, senza aver potuto riunire i mezzi necessari per il traslocamento del Governo e sua sussistenza , (5). — Le prime disposizioni del Governo francese in pro del Direttorio e dei rifugiati cisalpini furono o affittuari dovessero pagare alla cassa di religione in Milano. Cfr. l’editto in Raccolta di editti, proclami, ecc. del Governo austriaco. Milano, 1799, pag. 139. Credendolo inedito lo ripubblicò il Bonora, in Panteon dei martiri della libertà italiana - I Cisalpini. Milano, 1869, pag. 146, e ricomparve ancora nell’“ Arch. stor. Lomb. ,, XIV, 894. — Il Serbelloni il 18 Vendemmiale comunicava al Ministro degli Esteri francese la lista di coloro cui l’Austria aveva confiscati i beni ed invocava l'appoggio del Direttorio (Arch. Min. Hst., 256). (1) “ Tutti li forastieri (e sotto tale denominazione si intenderanno tutte le persone di qualunque sesso, grado e condizione che non sono sudditi di S. M.), che dopo l’epoca del 1° maggio 1796 in avanti si sono domiciliati in questo Stato, dovranno assolutamente uscirne al termine di tre giorni dalla pubblicazione del presente , (ed. dal Bonora, pag. 148). (2) Nell’opuscolo anonimo, ma certamente suo: I francesi, è tedeschi, i russi in Lombardia nel 1799. Milano, 1805. È assai raro, ma la Biblioteca Comunale di Cremona ne conserva una copia segnata D.d. 6.2.2. . (3) Ultime lettere di Jacopo Ortis - Lett. 26 ottobre 1797. (4) V. detta lettera in Appendice per data. (5) Cantù, Diplom., pag. 21. Mii I RIFUGIATI ITALIANI IN FRANCIA NEGLI ANNI 1799-1800 85 lodevolmente sollecite e generose; un decreto del Direttorio francese in data 3 Pra- tile stabiliva che l'’Amministrazione centrale del Dipartimento dell'Isère doveva in- formarsi del giorno in cui il Direttorio cisalpino sarebbe giunto a Grenoble, sede | assegnatagli, e doveva recarsi a riceverlo per offrirgli una sede in un palazzo pubblico | convenientemente arredato, non che una guardia d’onore (1). Tali ordini, trasmessi il } 5 Pratile dal Ministro dell'Interno al Commissario del P. E. del Dipartimento, pro- ‘8 ‘vocarono un’apposita seduta del Consiglio di Amministrazione, il quale deliberava di allestire il necessario e di informarsi subito dall’Amministrazione del Monte Bianco y (Chambéry) in che giorno il Direttorio cisalpino sarebbe arrivato a Grenoble (2). . Intanto il citt. Bignon, — segretario dell'ambasciata francese presso il Governo cisal- | pino e reggente l’ufficio dopo la partenza del Rivaud per Parigi — il 15 Pratile, informava i quattro Direttori — dacchè Adelasio era rimasto a Milano, tacciato di . tradimento — che il Governo francese aveva loro assegnato per sede Grenoble (3). La lettera di risposta del Direttorio cisalpino, in data del 16 (4), tra la profiuvie di È Mfleciicionti e di ringraziamenti, lascia scorgere non poca incertezza di propositi circa l'opportunità di andare a stabilirsi in Grenoble; basta a tal fine confrontare il testo definitivo della lettera colle frasi più impegnative che nella minuta furono can- | cellate. Quanto alla guardia d’onore ‘offertagli, il Direttorio avvertiva che aveva "condotto seco una piccola scorta di dragoni cisalpini, i quali, privi di ogni mezzo, tutto ora attendevano dalla generosità francese. Pare che il Bignon non leggesse ne la lettera del Direttorio, o tra le righe di quella, alcuna esitazione circa l'andata _ a Grenoble (5), sicchè nella risposta da lui scritta al Direttorio il dì stesso 16 Pra- tile, persuaso che l’arrivo del Governo rifugiato a Grenoble fosse prossimo, con cor- tese premura chiedeva l’elenco, non solo dei ministri e dei rappresentanti cisalpini, ancora dei segretari e dei domestici, per poter provvedere ad alloggiare tutti; «dragoni cisalpini poi — avvertiva egli — avrebbero avuto lo stesso trattamento delle truppe francesi in tempo di pace (6). A Grenoble stessa, fin dal giorno 11, cor- reva la voce che il Direttorio cisalpino si sarebbe stabilito in quella città (7), la quale È ndava diventando il focolare della emigrazione italiana. Pure, da una nuova frase di una lettera del Direttorio al Bignon, in data 17, riflettente il dubbio che a Gre- noble non si potesse alloggiare tanta gente, diveniva sempre più manifesta la rilut- nza dei Direttori ad andare a stabilirsi colà (8). Fu solo il 18 che il Direttorio nalmente, scrivendo a Parigi al Rivaud per ringraziarlo di un primo sussidio di @ Doc. Rob., pag. 583. In data 13 Pratile il Ministro degli Esteri scriveva a quelli dell'Interno e delle Finanze pel caso che fosse occorso provvedere al Direttorio cisalpino per una lunga dimora Francia (Arch. Min. Est., 129). (2) Doc. Rob., ibid. (3) Arch. d. Stat. Mil., filza cit. (4) V. Appendice, per data. La guardia d'onore cisalpina fu poi tolta al Direttorio e restitui- -# dal 1° Console il 20 Germinale VIII, in segno di deferenza pel suo grado e le sue sventure. . Documenti in Zaworini, 1, 341. 6) Egli infatti il 17 Pratile scriveva al Ministero informandolo che i Direttori erano disposti ad andare a Grenoble; li avvertiva però che occorrevano ancora 8 o 10 giorni per allestire la casa ch. Min. Est., c. 129). i 6) Arch. St. Mil., ibid. (7) Diario, giorn, 11 Pratile e 19 id. (8) Arch. St. Mil., ibid. 86 GIUSEPPE MANACORDA 12 50 mila lire ottenuto dal Governo francese pei cisalpini, dichiarava apertamente di non volersi assumere la ripartizione dei sussidi fra gli emigrati per non incorrere in nuovi odî degli irrequieti fuorusciti, ed aggiungeva di non desiderare di portarsi da Chambéry a Grenoble (1). La ragione palese e confessata era questa: nel Dipar- timento del Mont-Blane la partenza del Direttorio cisalpino avrebbe sollevato un allarme, quasi che i nemici si avvicinassero. Non lasciavano però del tutto nascosta la vera e più importante ragione della loro poca voglia di andare a Grenoble, che era l’amore del quieto vivere, dacchè colà si erano dati convegno i più scalmanati retori di piazza della Cisalpina, odiatori acerrimi e feroci del Direttorio, contro del quale macchinavano e tramavano (2). Quando il segretario Bignon seppe che il Di- rettorio cisalpino aveva cambiato proposito e non voleva più saperne di venire a Grenoble, scrisse ai Direttori alquanto seccato, ricordando loro che oramai a Grenoble eransi fatte delle spese per preparare gli alloggi e che, dopo tutto, se vi era qualche rifugiato ribelle e malintenzionato verso i Direttori, questi avrebbero dovuto temere le mene di colui, meno che altrove, a Grenoble, ove il Governo francese aveva tutte le comodità di far sorvegliare i turbolenti (3). Tutta la lettera del 24 Pratile scritta al Bignon dal Direttorio è diretta allo scopo di distruggere l’effetto di quella troppo ingenua confessione sfuggita, della paura che gli incutevano gli agitatori di Gre- noble (4). Forse, quando i Direttori scrivevano che di fronte alla eventualità di una, — 4 invasione straniera in Francia non si sentivano più sicuri a Grenoble che a Chambéry, essi erano in buona fede, tanto più che appunto in quei dì, sentendo l’appres- sarsi del nemico nelle gole alpine, i grenoblesi inviavano al Governo francese una | É petizione, perchè provvedesse alla sicurezza della città (5). D'altra parte poi l’otti- — mismo del Direttorio cisalpino circa le cose di guerra era in quei dì tale e tanto, da fargli credere che gli austro-russi non fossero affatto forti come si credeva e che, se fossero arrivati dei rinforzi dalla Francia, con una sola battaglia si sarebbe potuto respingerli oltre l'Adige (6). A scuotere i Direttori dai loro rosei sogni stra- J tegici, venne pochi dì dopo un biglietto del Bignon annunziante la presa di Susa da |. ) i (1) V. in Appendice, per data. (2) Cfr. Diario, 23 Termidoro e nota 3 detto giorno. — Più apertamente uno dei quattro diver tori spiegò a voce il motivo vero della loro riluttanza ad andare a Grenoble. Il Bignon lo comuni. di cava il giorno 20 al Ministero (Arch. Min. Est., 131). ; (3) Arch. St. Mil., ibid. e Appendice, Doc. 21 Pratile. Il Ministro degli Esteri infatti il 13 Mes 3 sidoro avvertiva il i di polizia dei timori del Direttorio cisalpino circa gli esuli di Grenoble, — e questi il 4 Messidoro gli rispondeva che assumeva informazioni per sapere se tali apprensio erano fondate (Arch. Min. Est., e. 158-159). Il 7 Messidoro, in seguito a ciò, il Ministro degli Ester scriveva al Serbelloni, garantendo la sicurezza di Grenoble (Ivi, 162). ù (4) V. in Appendice, per data. Il Bignon la trasmise tradotta in francese a Parigi (Arch. Mi Est., 139). Intanto, per allontanare ogni probabilità di andata a Grenoble, il Direttorio il 19 ave già scritto all'’Amministrazione dell’Isère per annunziargli è ritardo della sua venuta, e questa av risposto che sospendeva i preparativi (Arch. Min. Est., e. 137). (5) Diario, giorno 16 Pratile e nota 1. Di tale petizione del 16 Pratile fa cenno anche il Bi nella sua lettera al Ministro in data 20 Pratile, deplorando che i cisalpini l'avessero firmata attribue dosi un diritto dei cittadini francesi (Arch. Min. Est., 131). Il Bignon però, fin dal 12 Pratile, av scritto a Parigi che si temeva l’avanzata degli austriaci in Savoia, che i cisalpini erano in g fermento per ciò e che occorreva designare una città interna — non Lione però — come luogo ritirata. Egli non avrebbe però concesso passaporti fino a nuovo ordine (Arch. Min. Est., 124- (6) Lettera 17 Pratile del Direttorio al Visconti in Arch. St. Mil., ibid. - a I RIFUGIATI ITALIANI IN FRANCIA NEGLI ANNI 1799-1800 87 parte degli alleati (1): se avessero superato il Cenisio, la prima città sul loro cam- mino sarebbe stata Chambéry. Bignon (come già Rivaud dal campo di Cassano) li avvisava che, in caso di avanzata nemica, egli si sarebbe ritirato în un dipartimento dell’interno. Ancora quello stesso dì, dal Visconti, ministro in Svizzera, giungeva al | Direttorio notizia del progresso dei russi da quella parte: la Savoia correva rischio di trovarsi chiusa fra due braccia di ferro, fra austriaci e russi! Allora il Direttorio cisalpino cominciò a non trovare più molto sicura la residenza di Chambéry e scri- veva al Bignon chiedendo istruzioni pel caso che avesse dovuto sloggiare dalla Sa- È voia (2). Poteva parer superflua la domanda, dacchè a Grenoble una casa arredata li attendeva: ma una cosa oramai pareva sicura, che a Grenoble in ogni caso non conveniva andare. Adesso non era più il caso di parlare di falsi allarmi da non darsi ai savoiardi; no, no. La vera ragione era che a Grenoble vi erano i peggiori nemici.....i compatriotti! Povera larva di Governo questo Direttorio, cacciato dallo Stato, destituito di mezzi e di autorità, chiuso fra tre nemici, due aperti ed in armi, un terzo sordamente congiurante! (3). — Passato il momento del pericolo, il Diret- torio rimase definitivamente a Chambéry (4) e Bignon il 10 Messidoro si congedava da esso per recarsi a Parigi, restituendo cavalli e carrozze di proprietà della Repub- . il segretario Canzoli, rispondendo al Bignon, tra i saluti e gli augurî, non dimenticava | di insistere — delicatamente — per sapere se, oltre a cavalli e carrozze, l'ambasciata . francese conservasse ancora qualche cosa di proprietà della repubblica alleata “ e | ciò non per altro che per evitare maldicenze e malanimo , (5). In tre anni i pro- . consoli francesi in Italia ne avevano fatte tante che..... non si sa mai!! Dopo tutto tale scrupolosa meticolosità del Canzoli era un salutare effetto della tenace lotta miziata dai fuorusciti italiani contro i dilapidatori francesi. A Grenoble, dirette al Direttorio cisalpino, erano giunte in quel dì L. 3600 e 18 posate d’argento; l’Am- | di una novità che tornava ben grata agli italiani. A spese di chi vissero i membri del Direttorio cisalpino durante i.tredici mesi? (7). (1) Biglietto in data 24 Pratile, ibid. (2) Arch. Stat. Mil., ibid. (3) Segretamente era ostile al Direttorio cisalpino lo stesso Bignon, il quale in un suo “ Rapport — sur'les derniers évenemens qui ont eu lieu dans la République Cisalpine ,, scritto poco dopo Cas- sano, denunciava al Governo francese i 4 Direttori come del tutto esautorati “ par la précipitation ttarli come individui “la cui esistenza in Francia non deve essere se non quella di rifugiati ettabili, che hanno ottenuto un asilo , (Ivi, 335). (4) il 24 Messidoro il Serbelloni, insistendo presso il Governo perchè si lasciasse a Chambéry il Direttorio, osservava che a Grenoble nulla era pronto (Arch. Min. Est., 182). Ad ogni modo il. ‘consenso di restare a Chambéry non venne se non dopo che il Talleyrand il 4 Termidoro ebbe chiesto il parere del Direttorio francese (Ivi). —_— (5) Id. Id. (Arch. Min. Est., 183-184). | (6) Doc. Rob., pag. 586. (7) Secondo il Borra (XVI, 254) il Direttorio aveva portato con sè del denaro, ma questo fu equestrato dai nemici a Novara. Non mi pare verosimile, perchè il Direttorio partì da Novara indi- 88 GIUSEPPE MANACORDA RIE La fretta con cui erano partiti da Milano — scrivono essi al Visconti — non aveva loro dato tempo di provvedersi di mezzi di sussistenza: le magre 3600 lire giunte a Grenoble, loro dirette, erano state distribuite ai rifugiati più bisognosi, nè durante l’esiglio quel Governo senza governanti potè attingere da alcuna parte mezzi di vita. Nella minuta della citata lettera 16 Pratile al Bignon, la frase esplicita e dignitosa; “ Bien éloignée d’etre trop è charge de la Commune de Grenoble , è stata pruden- temente cancellata e sostituita con l’altra molto più generica “ nous sommes bien contents de tout ce que l’Amm.® de l’Isère croira conforme aux sentiments d’hospi- talité qui l’animent ,. w Nella lettera 18 Pratile al Rivaud, a proposito delle difficoltà che presentava la ripartizione del primo sussidio di L. 50 mila concesso dal Governo francese, fra tanti individui bisognosi non meno che petulanti, il Direttorio si mostrava persuaso di non poter evitare le critiche “ se anche dal reparto escludesse sè stesso, il che forse sarebbe contrario alle disposizioni del Governo francese , (1). Il Governo cisalpino in- somma, non era alieno in tante angustie dall’accettare i soccorsi della nazione fran- cese, purchè il Governo repubblicano lo avesse voluto. Erano fuggiti per ubbidienza,. — e per ubbidienza volevano aver l’aria di accettare l’aiuto straniero, impari restituzione del resto delle ruberie sofferte in tre anni di libertà! — Il 19 Pratile Bignon era avvertito adunque esplicitamente dal Direttorio cisalpino che il Serbelloni, ambascia- tore a Parigi, aveva reso noto il proposito del Governo francese di provvedere al sostentamento del Direttorio stesso (2). Però la notizia data dal Serbelloni non assi- curava ancora del tutto i Direttori che non nascondevano il loro malcontento perchè “ una cognizione formale e precisa della disposizione non l'avessero , (3). Si può essere sicuri che la conferma venne e che, come i soldati di truppa furono mantenuti dal Governo francese, — come dal 7 Frimale ebbero metà stipendio gli ufficiali cisalpini che fino allora avevano visto dalla Francia i loro cavalli alimentati più di loro stessi, — come tutti gli esuli ebbero dopo il 7 Frimale assicurato il pane quotidiano (4), così — anche il Governo cisalpino provvide ai proprì bisogni durante quei mesi per mezzo della generosità francese con sussidi, se non lauti, almeno sufficienti in tempi di Ù tante angustie (5). Infelice rudere tarlato di Governo quel Direttorio cisalpino, esau- torato, minacciato, ridotto di numero per la defezione di Adelasio e a volta a volta — sturbato (Diario, 9 Fiorile). Da una lettera dell’Amministrazione del Monte Bianco in data 6 Pratile al Ministro degli Esteri sappiamo che, nonostante il buon volere dei cittadini di Chambéry, tra 1 quali molti privati offerivano masserizie e letti al Direttorio, questo era ridotto a cercarsi una pen- i sione privata (Arch. Min. Est., 120). (1) Da tali parole il Bignon comprese che il Direttorio tia attendeva che il Governo frai AM cese provvedesse al suo mantenimento e si affrettava il 18 Pratile stesso a chiedere spiegazioni i proposito al ministro Talleyrand (Arch. Min. Est., 129). o (2) Il Bignon però fin dal giorno 11 aveva ricevuto ordine dal Talleyrand di soccorrere iiroti ; torio coi fondi a sua disposizione (Arch. Min. Est., 123). (3) Arch. Stat. Mil., ibid. (4) Cfr. Appendice, Doc. 7 Frimale. i na AO notizia DET, che l'affitto di casa a Chambéry fu pagato colla quota di sussì dei più bisognosi (ivi 287). 15 I RIFUGIATI ITALIANI IN FRANCIA NEGLI ANNI 1799-1800 89 per le peregrinazioni politiche e diplomatiche degli altri suoi membri (1), sopraffatto, paralizzato dall’autorità francese che lo ospitava e nutriva e ridotto incapace di qual- | siasi atto, della promozione finanche di un suo ufficiale (2) e della distribuzione dei sussidi, assediato dalle richieste dei funzionari suoi non pagati (3), e neppure lasciato | in pace da chi, come il Lancetti, nello sfacelo completo dello Stato, pensava ancora far carriera su per i gradini di una gerarchia cisalpina, esistente oramai solo più ulla carta! (4). Il Governo francese fu dapprincipio non meno sollecito nel soccorrere il Diret- . torio che nel dare aiuto agli altri maggiorenti cisalpini e più specialmente ai rap- resentanti del popolo: l'eguaglianza fra quei cittadini era, già si sa, più teorica che atica! Fin dal 4 Pratile il Bignon aveva chiesto alla municipalità di Grenoble che gli venissero segnalati i membri del Corpo legislativo cisalpino e le autorità rifu- | giate per poter provveder loro prontamente dei soccorsi, dacchè — diceva egli — ces patriotes réfugiés doivent trouver des amis et des frères partout où il y a des publicains » (5) ed il citt. Real, Commissario del P. E. del Dipartimento dell’Isère, spondeva il 6 Pratile che i grenoblesi facevano ottima accoglienza agli esuli ita- , benchè la strettezza dei mezzi vietasse loro di mostrarsi ospitali come avreb- ‘o voluto (6). Il Lancetti, che a Grenoble si trattenne parecchi giorni visitando iblioteche e musei, nota le premure delle autorità per ospitare i fuorusciti (7) e per teggerli contro le soverchierie (8), e ci lascia una bella descrizione della festa ella riconoscenza celebratasi il 10 Pratile a Grenoble per dare il benvenuto agli ; suli italiani (9). Banchetti, musiche, brindisi, spari di cannone, entusiasmo patriot- 0, spirito di fraternità vivissimo, tutto prometteva ai raminghi patrioti italiani men duro l’esiglio di quello che essi stessi s'aspettavano e di quello ancora che — senza torto della Francia — esso fu. L'elenco dei rappresentanti cisalpini giungeva Bignon il 16, e trai più bisognosi si segnalava Cavedoni, Cabrini e Cavagnari (10). che dei più miseri fra i rifugiati di Chambéry il Bignon chiedeva i nomi per poter iutare tutti al più presto (11). Giungevano intanto le prime 50 mila lire di sussidio; A 0 Diario, 23 Fiorile VIII e note. «_— (2) Id., 19 Fiorile VIII e segg.: cfr. note. È (3) “I vostri funzionari privi da 4 mesi di sussidi in preda ai più gran bisogni ricorrono a voi ottenere un qualunque soccorso - Gambini, Tambroni, Monti Vincenzo - Chambéry, 28 Bru- io, ann. VIII ,, Cantù, Diplom., 175. — Altra richiesta di rimunerazione fece al Direttorio il heroni il 10 Pratile VIII, appena seppe del primo sussidio di 50 mila lire concesso dal Governo ese. Egli attendeva lo stipendio di inviato speciale a Parigi dal 3 Germinale, Cannù, ivi. Vinistro (Arch. Min. Est., c. 122). | (7) Diario, 27 Fiorile e segg. (8) 1d., 26 Pratile. (9) Diario, 10 Pratile; cfr. nota. (10) Arch. Stat. Mil., ibid. (11) Tra i più bisognosi fin dal 3 Pratile era stato segnalato il rappresentante Pietro Zorzi, Serie II. Tom. LVII. * 12 alone Arce een 90 GIUSEPPE MANACORDA 16 che si poteva far di più? — Appresso il soverchio affollarsi degli esuli, l’irrequieta loro turbolenza, le discordie loro da una parte, e dall’altra la lentezza burocratica nella distribuzione dei sussidi, turbarono quel primo commovente quadro di fraternità fra i due popoli. Ma di questo mi occuperò in seguito. A Grenoble intanto la casa arredata pel Direttorio cisalpino, che non aveva voluto recarvisi, non rimase vuota, chè l’Amministrazione piemontese — altra larva di Governo spazzata via dal turbine della reazione — dopo aver sostato nella riti- rata a Pinerolo e a Briangon, venne alla fine sul principiar di luglio a stabilirsi in Grenoble (1). da III. — Triste esiglio. Poveri, lontani dal loro paese e dalle loro famiglie, delusi dall’improvviso crollo dei loro ideali politici, sferzati dall’odio reciproco, irritati dai mutui sospetti, agitati dall’ansia di un avvenire incerto che non si sa di quanto prolungherà le loro .pene, torturati dall’alternativa continua di buone e di cattive notizie degli eserciti, non me- ritano forse quegli infelici esuli i rimproveri che alcuni storici hanno loro rivolto per le turbolenze, le agitazioni, le congiure continue che pullularono fra loro. A dire il vero i progetti pazzi sono spesso frammisti ai più generosi, la calunnia al meritato disprezzo, il tutto intensificato dal nervosismo spasmodico di quei mesi di fame e di attesa, in mezzo ad un popolo saturo ancor dell’ebbrezza eroica e criminale della rivoluzione. Nessuno osa giustificare, ma ognuno deve sapersi spiegare il malcon- tento, sia pur eccessivo, verso il Direttorio, indubbiamente colpevole di inesperienza, di imprevidenza ed anche un po’ di soverchia preoccupazione della salvezza. propria, se non, come pensavano, di viltà, di tradimento, di furto (2). Ma come rimproverare agli esuli i sospetti esagerati quando la defezione di Adelasio li rendeva giustificati? La notizia del tradimento di lui si diffuse presto fra i fuorusciti e tolse a loro l’ul- tima illusione, l’ultima gioia, la fiducia reciproca. Il Lancetti ed il Monti ne furono inorriditi (8); il Serbelloni scriveva: “ sopra ogni altro resterà notato di infamia,il nome di Adelasio, ex dittatore dei Cisalpini, che per salvare sè stesso sì fece dela- tore all’Austria di ciò che Melzi trattava a Rastadt coi plenipotenziari Goerz e Leibach, e, veduta l’irreparabile caduta della repubblica, empiè una carrozza di grosso valsente e se ne andò a Novara per porlo in salvo; poi di celato tornando a Milano — sotto colore di matrimonio colla marchesa Serponti, — svelò al nemico gli archivi e, quel che è peggio, additò alla vendetta del vincitore il nome dei più caldi fautori — della repubblica , (4). Noi abbiamo visto il Direttorio cisalpino temere la vicinanza dei fuorusciti di Grenoble quasi altrettanto che degli austro-russi. Ed a Grenoble veramente s’erano dato convegno il Franzini, il Pozzi, il Salvator, il Delù (5), i più scalmanati insomma tra i piazzaioli. Avevano costoro costituito una specie di Comi- (1) Rosermi, pag. 734. (2) V. pag. 44, sussidi. Lett. Bocalosi. (3) Diario, 7 Pratile e nota 5. (4) In “ Mercurio britannico , cit. dal Merzi, I, 283. (5) Su questi fuorusciti cfr. note al Diario, giorni 10 Termidoro, 30 Fiorile, 10 Fiorile. 17 I RIFUGIATI ITALIANI IN FRANCIA NEGLI ANNI 1799-1800 91 tato di vigilanza sul Direttorio cisalpino e la sorveglianza loro era così severa e poco scrupolosa che giungevano persino, pare, ad aprire le lettere dirette al Diret- torio o da questo spedite, lettere che chissà con quale fitta rete di corruzioni riuscivano ad intercettare (1). Fondata a Grenoble una cosiddetta Società patriottica italiana, essi avevano fatto un progetto di costituzione nuova; avevano accusato e proscritto i membri del Direttorio residenti a Chambéry e persino sconfessati e deposti gli impiegati pubblici, compreso il Lancetti (2). Salvator, il più sfegatato di tutti, si recò apposta — attesta il Cusani — da Grenoble a Chambéry per pugnalare il direttore Luosi, dal quale pretendeva 600 lire di sussidio per sè solo (3). Il Bignon | il 20 Pratile (4) aveva sentito il dovere di avvertire il Governo francese che in mezzo ai fuorusciti di Grenoble ve n'erano parecchi la cui passione per l’intrigo e le fazioni dava motivo di inquietudine ai loro’ compaesani. Si temeva che qualcuno di cotesti turbolenti abusasse della: ospitalità francese attirando l'odio su tutti gli esuli. Gli uomini — diceva — hanno la smania dell’intrigo e di voler pigliar parte a ogni affare. Costoro hanno diffuso per Grenoble le più ingiuriose accuse contro il Direttorio loro, il quale, timido, non veniva in quella città appunto perchè | sapeva l'opinione pubblica prevenuta a suo sfavore. Poco dopo, il 9 Messidoro (5), i 4 Direttori stessi da Chambéry scrivevano ai loro “ cari e grandi amici del Diret- torio francese , sfogandosi contro gli indocili loro amministrati. “ L'intrigo e la | malevolenza — dicevano — hanno congiurato contro di noi ed hanno spiegato un ; sistema il più profondamente perfido ,. Essi si sentivano superiori* alla calunnia, | perciò tacevano. Però “la malevolenza sostenuta dall’audacia — aggiungevano — gia gustato i suoi prodotti tendenti a consumare la dissoluzione di quella ombra di | Governo, che noi siamo stati e saremo sempre gelosi per la nostra parte di conser- alia ,. E melanconicamente soggiungevano: “ ciò che ci contrista di più si è che {1) V. Lettera del Luosi direttore al Lancetti in Appendice, Doc. 20 Piovoso e Diario, 10 Ter- doro. (2) Diario, giorno 23 Termidoro, nota 3. — Anche a Parigi non mancavano i nemici del Diret- torio e chi sospettava della fede del Melzi, plenipotenziario cisalpino al Congresso di Rastadt (Lett. : del Labus in Metzi, I, 507). — (3) Cusani, V, 316. | (4 Arch, Min. Est,, c. 131. (5) Ivi, c. 185, 86. (6) Cusani, V, 313. 92 GIUSEPPE MANACORDA 18 tuiscono la pagina men bella del nostro risorgimento! In pochi mesi le turbolenze di alcuni scamiciati avevano fatto sì che la simpatia e la fraternità, con cui i francesi avevano dapprima accolto i fuorusciti, si erano mutate in sospetto che tutti involgeva, buoni e cattivi (1). Oramai in Francia rifugiato italiano voleva dire agitatore, tur- bolento, uomo che pesca nel torbido» e forse anche peggio — spia della coalizione ‘europea che minacciava la Francia! (2). I buoni sopportavano le conseguenze delle agitazioni inconsulte dei pazzi e la pubblica disistima che questi s'erano guadagnata. Così si spiega come a poco a poco il trattamento dei francesi, così cordiale dapprima, divenisse sempre più aspro e talora crudele verso i rifugiati (3). Aveva il Governo _ francese anch'egli i suoi torti; il piano suo appare evidente fin da principio essere quello di aiutare i rifugiati e soccorrerli, ma ad un patto; che essi non si occupino di politica e non mostrino di pigliar troppo sul serio le parole, patria, libertà e così via, il cui valore, specie pel Talleyrand, ogni giorno più appariva utile in campo di rettorica, inutile e ingombrante in diplomazia (4). Così, se l’ex vescovo fatto mi- nistro riceve con molta freddezza, anzi scortesia, gli inviati napoletani che vengono i a perorare la causa della loro repubblica infelicissima e prossima alla fine, — se spedisce spicciamente costoro da Parigi a Napoli, perchè raccontino le loro miserie — feroce ironia! — al Faypoult, commissario civile, che ne era la causa princi- pale (5), — se si arresta il segretario della legazione napoletana Caracciolo (6), — se si confina a 40 miglia dalla capitale l'ex principe di Moliterno (7) ed altrettanto sì fa al Botta (8),'rei di sognare e di preparare per la loro patria altro avvenire che non è quello disposto dalla diplomazia francese, non aliena dall’ottenere la pace a prezzo di un nuovo mercato di Campoformio, — se tutto questo avviene da un lato, è un fatto però che quelli fra gli emigrati i quali, come il buon Lancetti, si erano trovati a recitare la parte del martire della libertà, senza quasi saperne il perchè, uomini d’ordine, pronti sempre all’obbedienza come Don Abbondio, ebbero invece cariche ed onori ed ogni attestazione di riguardo e di stima. Le agitazioni politiche, fossero esse generose e veramente patriottiche come quelle del Botta, o nol fossero, | (1) Diario, 27 Fruttidoro. (2) Lo sospettavano molti francesi ed italiani. Cfr. Doc. Rob., pag. 586. Il Serbelloni del Pozzi scriveva: “ Il Pozzi, che tanto sbracciasi per infiammare gli animi sulle sorti future d’Italia, è uno sciagurato agli stipendi dell'Austria, già sussurrone ed eccitatore di torbidi in Pavia , in “ Mereutio britannico , cit. Anche il Governo francese sospettava che fra gli esuli si mescolassero spie della coalizione. V. Appendice, Doc. 30 Termidoro. (3) Diario, 24 Termidoro. (4) La lettera del Grecy in Sarnm-ALsrn, Vie d. gén. Championnet, Paris, Poulet-Malassins, 1861, pag. 362 e segg., ricorda appunto come gli uomini politici di Francia avevano due linguaggi diversi, uno roboante e rettorico parlando in pubblico, l’altro circospetto e evasivo in privato. (5)- Croce, pag. 141. (6) Appendice. Doc. 9 Termidoro. dl (7) Croce, loc. cit. sd (8) Lo narra il Botta stesso nella lett. 22 giugno ’99 al Ministro degli Esteri, edita dal Pavesto; 1 (Faenza, Conti, 1875, pag. 142), ricordata dal Francaemti, Storia, pag. 406, e dal Brancur. Il decreto d'espulsione procurato dal Duval fu però ritirato. Cfr. Brancar, III, 248 e lettera del Botta al Pico in data 10 luglio, in Carurmi, Storia della monarchia di Savoia durante la rivoluzione e Lante Torino, Roux e Viarengo, 1897, II, 64. i 19 I RIFUGIATI ITALIANI IN FRANCIA NEGLI ANNI 1799-1800 93 erano sempre ugualmente moleste alla Francia ufficiale, se non al popolo francese. La sorveglianza della polizia, che coinvolgeva in un sospetto i veri ed i falsi patriotti, inasprì la irrequietudine e il malcontento. Severe misure di sorveglianza ordinava il ministro ai funzionari, specialmente di Marsiglia, ove formicolavano i napoletani, di Grenoble, ove brulicavano cisalpini e piemontesi, di Parigi e di Bordeaux, invase da una turba di gente, piovuta spesso non si sapeva donde nè perchè (1). Pare infatti — e lo attesta il Cicognara (2) — che nella emigrazione si fosse mescolata, come sempre avviene, della canaglia, degli avventurieri, dei pitocchi che facevano di pro- fessione il martire politico per beccare il magro sussidio e per pescare nel torbido. A questa feccia di gente, che il profondo sommovimento sociale aveva portato a galla, va attribuita la colpa di quegli improvvisi, ed all’apparenza ingiusti, sfratti dati ai fuorusciti (3): sfratti che talvolta, come le gride spagnuole, restavano ineseguiti, | tal’altra in pieno inverno causavano una triste peregrinazione di turbe cenciose, di individui marcianti a piedi sotto la neve, colle loro donne, coi loro vecchi (4). No- tizie di arresti di fuorusciti, di processi e persino di condanne capitali non mancano nei documenti (5). Talora di queste energiche disposizioni del Governo francese noi | sappiamo la causa e possiamo anche giustificarle. Molto posteriore a Marengo è la nota congiura architettata contro il primo Console dallo scultore corso Ceracchi. i Qualcuno degli esuli italiani, rimasto in Francia anche dopo Marengo, si trovò coin- i volto nella trama e tra questi Giovanni Pindemonte, generoso nell’affetto suo verso la patria e nell’odio stesso contro Napoleone — che dell’Italia accennava già a voler fare tanti piccoli feudi di famiglia — ma imprudente tanto da far dire al Marescalchi che egli per la sua ingenuità non pareva talvolta dotato di quell’ingegno che pur | si rivela nelle sue opere (6). Di un’altra congiura contro Napoleone, pure posteriore alla battaglia di Marengo, abbiamo una vaga testimonianza che ci presenta l’ex — ambasciatore Serbelloni tra i congiurati (7). Nulla di più verosimile che quegli uomini 1) (1) V. Appendice. Doc. 30 Termidoro. (2) “ Molti [rifugiati] hanno speculato sull’abbandonarla e tanti e tanti ne sono usciti, non per necessità politiche, ma per circostanze particolari e quanti non transigerebbero adesso con qualche viltà! ,, Maramani, 155. — Di sedicenti martiri politici per mestiere dava notizia il Serbelloni al Governo francese nella sua lettera del 14 Germinale VIII (Arch. Min. Est., 319). — Nella lettera "# del 19 Floreale VIII lo stesso Serbelloni parla di rifugiati la cui condotta equivoca e intrigante fa | supporre che abbiano lasciata la loro patria per sfuggire i tribunali e dar la caccia ai sussidi (Ivi, 341). Non era già forse la Cisalpina stessa stata asilo di poeti cacciatori di impiego ed immorali, come | il Lattanzi? Il Foscolo li staffilava e li additava (Ultime lettere di I. O., lett. 4 dicembre 1797). (3) Diario, 25 Termidoro e 26 Brumale; cfr. nota ivi. na (4) V. Doc. Rob., 589. — Ne incontrava per istrada il Lancetti viaggiante anch’egli a piedi sotto la neve (Diario, 1 Ventoso e seggi). ; (5) PeereLLA, pag. 526-527. — Una fucilazione di un emigrato è ricordata con tutta indifferenza f dal Lancetti (Diario, 29 Brumale). — Arresti di fuorusciti, fatti a casaccio, segnala pure il Diario, _ 23 Messidoro. — Indagini poliziesche su 80 individui, sui quali il Serbelloni stesso dette pessime ‘informazioni; sono ricordate nella lettera di lui del 19 Floreale VIII al Ministro degli Esteri (Arch. Min. Est., 341) — Altre volte il Talleyrand chiedeva al Serbelloni notizie su Paolo Greppi, sul Cel- . lentani e Nicola Scrofani, siciliano (Ivi, 312). È, (6) Brànego, LIX, LX. — Cfr. Cusani, VI, 56. — V. Diario, 10 Brumale, nota. pi: (7) Mémoires sur le Consulat (1799-1804) par un ancien Conseiller d’État. Paris, Ponthieu, 1827, | pag. 18. Secondo queste Memorie Napoleone stesso nel 1802 avrebbe rimproverato ai Comizi di a Lione il Serbelloni per aver dato 300 lire a un certo Fouilloux, onde lo assassinasse. 94 GIUSEPPE MANACORDA : 20 della rivoluzione, i quali avevano tanto declamato ed imprecato contro le tirannidi, fremessero in segreto ora che il piccolo generale corso raccoglieva ogni dì più nella sua mano la somma delle cose e libertà, unità, indipendenza divenivano nomi vani senza soggetto, vecchi ferri dell’oratoria di piazza. Pur facendo la debita parte di torto agli italiani rifugiati, che col loro contegno provocarono le repressioni, è inne- gabile, dicevo, che non sempre la Francia, o meglio, la burocrazia francese, fu se- rena nel giudicare e nel reprimere o compatire i rifugiati, a seconda del caso. Ricordo il commissario ordinatore Dubreton, dell’esercito della riserva, testardo nel negare al Lancetti le competenze che gli spettavano per il decreto 7 Frimale (1), antipa- tico quando — non so con qual fondamento, in tanta radunata di truppe, quante raccoglievansi a Digione — designa proprio i cisalpini come devastatori e saccheg- giatori di caserme (2). Leopoldo Cicognara, che Napoleone aveva voluto conoscere ed aveva mandato a chiamare dal Dandolo, in una lettera alla moglie del 7 no- vembre 1799, narra questo aneddoto significante (3): “ Così nel ragionare non sapendo e non volendo domandar nulla per me, mi sovvenne che il ministro Rheinhard, che era stato agente e commissario del Direttorio, prima in Svizzera, poi in Toscana, e non s'era fatto punto amare per certe animosità particolari, aveva provocato un decreto per cui tutti i toscani venivano espulsi da Parigi e costretti a scegliersi in Francia un altro domicilio, pregandolo di mitigare un ordine che divideva dagli altri italiani tanti rispettabili ed anche illustri fratelli di sventura, che l’ammiravano ed amavano ed in lui avevano riposta ogni speranza di rivedere la patria; gli no- minai Vaccà-Berlinghieri (4), Lampredi (5), Castinelli (6), Morosi (7) ed altri che riscotevano la stima e l'ammirazione degli stessi sapienti francesi. Mi lasciò dire guardandomi fisso negli occhi con una bontà infinita, poi mi rispose che io potevo esser ben certo che egli non ne sapeva nulla, e che questo doveva essere un intrigo, che andassi subito da Fouché in suo nome, perchè l’ordine fosse revocato ,. Corse il Cicognara dal ministro di polizia accompagnato da un aiutante di Napoleone e il Fouché finse di essere lieto della sospensione dell’ordine, che era effetto di private vendette. Anche l’accusa di continua turbolenza ed agitazione data agli esuli, va esami nata con discernimento adunque; chè se, per l’eccitabilità sempre desta nell’incalzare di sì gravi avvenimenti, fermentavano i più pazzi progetti politici, si delineavano ancora, vedremo, nelle menti più equilibrate, i disegni più logici e generosi pel bene della patria. Pure le più terribili requisitorie contro gli esuli, più che in carte fran- cesì, si leggono in scritti di altri fuorusciti, tanto l’ira di parte frugava l’animo di quegli } infelici, non concordi, come i polli di manzoniana memoria, neppure nella comunanza (1) Diario, giorn. 6 Germinale. (2) De Cuando, I, 62. (3) Maramani, 179. di (4) Vaccà-Berlingheri, celebre chirurgo pisano e padre di Andrea, che studiò a Parigi durante l’esiglio del padre e divenne pure celebre chirurgo. 1 ‘ (5) Urbano Lampredi, fiorentino (1761-1838), già professore a Siena e a Roma ove nel “ Monitore — Romano , da lui diretto aveva attaccato il Faypoult. Col Buttura e col Gianni provocò il Monti nella “ Revue littéraire , a proposito del Bardo della Selva Nera. V. un’ode di Labindo a lui diretta | nell’edizione delle poesie del Fantoni fatta dal Sonerti (Torino, Triverio, 1889, p. 289). (6) Castinelli, letterato pisano, padre di Giovanni, che fu professore all’Università pisana. i (7) Giuseppe Morosi, pisano, prete e professore di matematica all’Università pisana (1772-1840). > i È Vail I RIFUGIATI ITALIANI IN FRANCIA NEGLI ANNI 1799-1800 95 della sciagura. Giovanni Labus (1), un rivoluzionarietto annacquato che finirà archeo- logo cristiano, ci ha lasciato lettere interessantissime ed utili come fonte storica, quando si sappia alle sue parole fare la debita tara (2). “ Scimmie politiche — scriveva il 2 Fruttidoro — cadute qui dal cielo per organizzare costituenti, assemblee e dettar leggi, nello stolto lor capo, a non so qual nazione! Sbalordite e confuse or vanno quali talpe tentennando qua e là, nè s’arrischiano a passeggiar molto per timor panico di sinistre avventure. Il magniloquente Poggi, il diplomatico Savoldi, che direttore si spaccia, l’onnipotente Pozzi, quel novello signor Tuttesalle. quei bravi insomma che facevano tanta pompa dei fatti loro, or si contentan speranzarci nelle future elezioni. E buon pro’ lor faccia, chè allora il destino nostro sarà fissato per sempre. Qui non so trattenere la bile di che mi empie il quadro rapido dei rifugiati. Miserabili! Colà [a Milano] gli intriganti trattano di sleali, di traditori coloro che a vicenda predicano quelli assassini, ladri, infami. Qui si trincia di punta e di taglio sui detti e sui respiri delle infelici vittime che lor si parano dinnanzi. Da per tutto una smodata smania di primeggiare in patriottismo, in moralità, in sapere, lacerandosi a vicenda unicamente. Buon per noi che alcuni uomini savi, alla testa degli affari, hanno separato già l’acque da l’acque ,. Pochi giorni appresso, l’8 Fruttidoro, il Labus stesso, rincarando la dose, scriveva da Parigi: “i nostri fratelli e amici ricominciano la leggenda di un governo provvisorio italiano. Pozzi ne conosce già i mezzi, anzi le prime organiche leggi, Fantoni a Grenoble decreta deputazioni a Joubert cella nota dei candidati, Poggi va qui spiegando certa aria istrionico-diplomatica e pretendesi l'ambasciatore prestabilito a rimpiazzar Serbhel- loni. Fu già ben augurato quel popolo che fosse governato da un re filosofo: or qual bene augurar non dobbiamo ai cisalpini, se verranno mai governati da questi patrioti leibniziani? E gli è pur ridicola cosa veder come fanno e disfanno sulle dita 1 sistemi governativi, e quello voglion cacciare in prigione, quell’altro condannar all’infamia, là stabilire comitati rivoluzionari, qua ghigliottine perenni, l’uno far ministro de l’interno, l’altro de la finanza, perchè così vogliono o non vogliono il Direttorio e i Consigli. Insensati! non ancora conoscono i Consigli ed il Direttorio , (8). Più tardi nel cuor de l'inverno l’implacabile Labus aggiungeva ai compagni d’esiglio l’accusa di toglier il pane l’un all’altro di bocca e imprecava ai “ cari fratelli, che pensan piuttosto a libare l’aurata tazza, che strappano dalle labbra di altri non ancor sazi, che alle nostre miserie ,. Da quell’ambiente d’uomini turbolenti e irrequieti si (1) V. nota; giorno 26 Pratile. (2) Edite dal Metzi, I, 507 e segg. (8) Il Cicognara non era meno aspro: “I molti italiani che sono qui — scriveva alla moglie — mon sono capaci di unirsi e stare assieme, neanche pochi istanti: amano la patria per istinto, ma | non sanno che cosa ella sia, quando hanno perduto di vista il campanile della parrocchia; tanti altri hanno mostrato d'amarla per meglio rubarla e profittare del furto altrui e, fatto il sacco, sareb- bero andati volontieri anche in Turchia... V'è chi questua compassione ed impieghi e non sono pochi, altri intriga e traffica il suo ingegno e la sua abilità nei raggiri, alcuni sono accarezzati per il nome che portano e le ricchezze che posseggono, pochi si sono dati a studiare nelle arti e nelle scienze e sostengono con decenza il nome italiano. Perciò non è meraviglia che i fuorusciti sentano in Francia i mali che pativano in Italia; il sospetto, l’invidia, la maldicenza, la discordia, li terrà | sempre disuniti, inquieti, malcontenti. I francesi lo sanno e non hanno torto di trattarci con durezza ,, — Macawasi, 155. 96 GIUSEPPE MANACORDA 29 staccò presto il Botta, un sognatore anch’egli, ma che aveva avuto il merito, ve- dremo, di mettere d’accordo per un momento quelle mille teste effervescenti su un progetto unico nobilissimo: l’unità e l'indipendenza d’Italia. Un mese dopo la famosa petizione, egli, sfiduciato dei francesi, stomacato degli esuli, stretto dal bisogno, se ne partiva da Parigi. “ Voglio tornare — scriveva egli il 22 agosto — al servizio militare: qui ritengo non poter giovare ad alcuno. Havvi tra i patrioti piemontesi completa anarchia, onde il buon esito riesce impossibile. I patrioti si straziano l’un l’altro per screziature di opinioni e per fatti, o supposti, o sinistramente interpretati. | Del resto la Diplomazia di questo tempo ron fa per me; ti prego dunque di soste-. nermi presso l’Amministrazione, — soggiungeva al Geymet — ond’io cessi dalla Com- missione , (1). Dei tanti progetti politici pullulati in quei mesi in quelle teste in ebullizione, quale ricordo è rimasto, quale effetto derivò? L’odiato Direttorio dopo Marengo seom- parve, ma non lo spazzò via alcuna congiura, bensì il pugno di ferro di Napoleone, il quale vi sostituì una forma di repubblica sempre più vicina alla monarchia, che egli | già sognava. Oggi appena si pispiglia il nome dell’Angioi, profugo sardo e firma-. tario della petizione Botta, il quale, in quell’anno così grave di guerre in Francia, si arrabattò a procurargliene un’altra, aizzando la Repubblica a tentare un colpo | di mano sulla Sardegna, onde cacciarne il re. Prometteva egli l’appog ggio dei profes- sori e degli studenti di Cagliari e di Sassari. E il colpo di mano fu tentato: nella | primavera dell’anno VII una nave carica di fuorusciti sardi salpò dalla Corsica e | s'avvicinò alla Sardegna. La sua comparsa suscitò un po’ di fermento nelle città del nord dell’isola, subito represso dalle truppe regie: la promessa spedizione mili- tare, che doveva essere guidata dal generale Cervoni e dal Saliceti, se ne andò in fumo ed all’Angioi del suo progettone non rimase che la magra soddisfazione di. scrivere due anni dopo al Talleyrand, pregandolo di tener a freno il re di Sardegna, — che perseguitava ancora quei patriotti, i quali si erano agitati al tempo della fallita impresa dell’anno VIII (2). Ottenere la proclamazione, magari solo platonica, dell’ indipendenza e dell’ me italiana, — abbattere il Direttorio cisalpino per sostituirvi una forma più democra- tica di Governo, — tenere o no il Piemonte unito alla Francia, — espellere dalla Sardegna il re sabaudo, — riscattare l’onta di Campoformio, liberando il Veneto dalla signoria austriaca, — ecco i più noti progetti che turbinavano nelle me (1) Brancmi, IMI, 252. (2) Brancar, IV, 512. — Carumm; vol. II, 64. (3) Diario, giorno 28 Messidoro. 23 I RIFUGIATI ITALIANI IN FRANCIA NEGLI ANNI 1799-1800 97 tuzioni? Ah poter tornare a casa, rivedere la moglie, i figli! ecco l’unico, l’intenso e continuo loro desiderio. Comandasse l’imperatore o i francesi, fosse di moda il codino o la pettinatura alla Brutus, per loro, uomini d’ordine, l'essenziale era ritro- vare l’equilibrio, riafferrare il bandolo della vita: quanto al resto essi erano pronti sempre ad obbedire!(1). Questi intimi pensieri il prudente Lancetti confidava al segreto suo diario, lungi il sospetto dell’indiscrezione dei posteri. Vicino a lui un altro #ravet, più ingenuo e sincero, sospirava il buon tempo antico e il quieto patriar- cale dominio austriaco. Dopo tutto, se l’imperial-regio Governo mostrava ora ‘ai Lombardi le unghie, non erano forse stati loro i primi a tradirlo per correre in braccio ad una chimera, la libertà francese? Povero Cocchetti! Egli, imprudente, sfo- gava a voce alta il suo amaro rammarico; qualcuno l’udì e il Direttorio lo destituì dall'ufficio! (2). Il Direttorio, moribondo, non aveva più autorità per promuovere i suoi funzionari, ma per destituirli, sì! Errerebbe però chi credesse che quei tredici mesi passati in Francia trascorres- sero per tutti gli esuli senza gioie e sorrisi. Quei pochi fra i rifugiati che avevano avuto l’avvedutezza, nella furia del partire, di munirsi di un buon viatico di quat- trini, poterono per un buon tratto evitar la miseria e spassarsela (8). Il Lancetti e parecchi suoi amici furono frequentatori assidui del teatro; vi andavano le sere di cattivo umore per consolarsi (4), le sere delle buone notizie per far festa (5). Visite a musei e gallerie (6), riviste militari (7), esperimenti areonautici e telegrafici — duce Mascheroni (8) — gite a Versailles ed a Calais (9), partite di bigliardo (10), con- versazioni eleganti (11), erano passatempi troppo abituali a quei rivoluzionari così settecenteschi ancora, oppressi in quei dì dalla noia del far nulla. Discordie politiche, antipatie personali, antagonismi di regione non mancavano (12), ma tutto ciò non guastava loro il sangue, nè li distraeva dalle due più gradite occupazioni: far versi e far... all'amore! Oh i versi! dai bellissimi della Mascheroniana del Monti, ai me- diocri del Pindemonte, del Fantoni (13), del Gianni e del Cerretti, giù giù è tutta una versomania che invade gli spiriti. Il Pindemonte sull’Alpe saluta con un sonetto l’Italia che lascia (14), poi descrive la scena di Parigi illuminata, che egli di notte (1) Diario, giorno 14 Fruttidoro. (2) Id., giorno 19 Pratile, nota 3. (3) Giuseppe Guidicini, lagnandosi il 3 Piovoso del ritardo della distribuzione dei sussidi, osser- vava che i rifugiati a Parigi avrebbero dovuto essere soccorsi per ultimo, perchè col dimorare colà e col darsi spasso mostravano di essere ben provvisti (Arch. Min. Est., 305). (4) Diario, 17 Fruttidoro. (5) Id., 8 Fruttidoro, 2, 4 Vendemmiale, 13 Frimale. (6) Id., 1 Pratile, 17 Termidoro. (7) Id., 10 Termidoro, 30 Fruttidoro, 1 Vendemmiale e nota. (8) Id., 13 e 20 Messidoro, 8 e 15 Termidoro. (9) Id., 19 e 30 Termidoro, Cfr. 6 Fruttidoro. (10) Id., 14 Fruttidoro. (11) Id., 29 Brumale. (12) Ofr. passo cit. del Cicognara e Diario, 25 Piovoso. La Cicognara da Genova scriveva "RI marito: “ Sta in guardia contro Serbelloni e specialmente contro i piemontesi ,, Maramani, 145. (13) Il Fantoni era stato fatto membro del Liceo di scienze ed arti di Grenoble e quivi tesse un suo inno all'Ente supremo. Cfr. A. Sorerti, Le Odi di Giovanni Fantoni, ediz. cit., pag. xxvim. (14) Edito in Parnaso Democratico, Bologna, 1801, tom. II, pag. 66 e riprodotto dal Briprso nel- l’ediz. cit. Serie II. Tom. LVII. 13 98 | GIUSEPPE MANACORDA 2A contempla dall’alto della villa dell'amico Ginguené (1); il Lancetti rimaneggia il suo vecchio poema sui palloni areostatici, che porta con sè nelle sue peregrinazioni, come fra Cristoforo il pane del perdono (2), mette in versi le sue avventure di esule, lancia una invettiva ai papi (3), brontola in rima contro gli austro-russi che hanno avuto il torto di vincere (4) e canta e canta sempre e dovunque. Muore Joubert, ed ecco che egli celebra le virtù dell’eroe in versi, che un altro esule, il piemontese Cotti, mette in musica (5): camminando a piedi di città in città, im- provvisa (6); al campo di Digione, tra gli uffiziali, alla mensa del generale Lechi, scioglie ancora la vena ai versi (7). Il Gianni spreme versi lacrimosi in morte di un fanciullo (8), un anonimo napoletano incita in versi il Ciaia ed il Paribelli a provvedere agli esuli affamati (9). L’arte — unico spirto @ loro vita raminga — li consola e li... nutre (10). I napoletani infatti applicano i loro talenti musicali a rinforzo delle finanze esauste e dànno accademie di poesia e di musica (11). Che più? . Tanti furori poetici dànno origine — settecentescamente — a una Raccolta (12). Non è più questa volta una delle solite raccolte per nozze, o per monacazioni, o per en- trate di vescovi: trema nei versi, in generale non belli, di quegli infelici un pensiero sospiroso della patria lontana e oppressa, tumultua il furore dei tribuni di piazza, freme la nota patriottica sincera. Ah il dolore che li frugava, la sofferenza che li sferzava aveva dunque scosso quelle anime fino a pochi anni innanzi stagnanti nel- l’ozio letterario dell’Accademia! Colla vita pubblica anche la letteratura e l’arte si risvegliavano. Era la primavera della nuova Italia, primavera di fiori e di spine, di speranze immature e di dure prove! E le donne e gli amori dei nostri? Le ansie politiche non avevano fatto scor- dare le belle avventure galanti della Milano pariniana. Il Botta, pieno il cuore ancora del soave ricordo di Teresa Paroletti, andava tuttavia in visibilio ad un tratto per una certa testolina di dama romana passatagli sott’occhi a Grenoble: la Pikler forse? (13). Il Cavedoni e il Lancetti, quest’ultimo impenitente cacciatore di gonnelle e visitatore assiduo di “ fanciulle da piacere , (14), si dividono fraternamente le grazie di due avventuriere di Fossombrone, Lutgarda Banchetti e sorella (15): il gene- (1) Bràpeco, pag. 71 e 164. ù (2) V. in seguito Notizie bio-bibliografiche sul L. (3) Diario, 12 Pratile VII; 11 Pratile e 27 Fiorile VIII. (4) Id., 9 e 13 Messidoro. (5) Id., 11 e 12 Fruttidoro. (6) Id., 8 Germinale. (7) Id., 24 Ventoso. (8) Id., 27 Termidoro. (9) Croce, 246. (10) Diario, 27 Fruttidoro e 3 Complementario. (11) Id., 23 Germinale, 1° Fiorile. (12) Raccolta di poesie repubblicane dei più celebri fan viventi fatta da N. Srorno BoLoGnINI (Parigi, nella Stamperia Galletti, anno VIII, in-8°, pp. 118). Contiene poesie di V. Monti, G. Pinde- monte, F. Gianni, L. L., G. Fantoni, G. Torti, A. Buttura, G. Greppi, R. Facchiroli, L. Mascheroni, Serafino Maffei, Ceroni, Luigi Rossi, Ignazio pesate Giunio Poggi (Cfr. BrApego, 164; Croce, 115). (13) Roserti, 740. (14) 15 Fiorile, 5 Messidoro. (15) Diario, 20, 28, 29 e 30 Germinale; Id., 4 Pratile. (E i I | n 925 I RIFUGIATI ITALIANI IN FRANCIA NEGLI ANNI 1799-1800 99 rale Lechi ha al campo la sua bella e dietro la Legione italica “ si forma il depo- sito , — frase lancettiana — delle donne cisalpine (1). A Parigi Carlo Imbonati e Giulia Beccaria filano indisturbati il perfetto idillio sotto gli occhi del buon Masche- roni e del Lancetti ingenuo, che li crede marito e moglie. Honni soit qui mal y pense! (2). Qualche avventuriera si occupava di politica e si dava attorno a tessere congiure ed a far proseliti. “ Annetta Vadori era una vera Aspasietta. Essa fu edu- cata dal Fortis e divenne amica dell'avvocato Gallino... Nel 1799 Gallino venne a Pisa ed ella andò a Parigi ed abitò nella stessa casa del Gianni. Ella però vedeva sovente il fratello d'Ippolito, Giovanni [Pindemonte]. Il Gobbo [Gianni] aveva introdotto la Vadori nella conversazione della madre di Napoleone, e nel giorno del suo ono- mastico ella fece dei versi facili ed eleganti, che mi lesse. Il giorno dopo, alla sera in cui fu arrestato Ceracchi al teatro, fu arrestato Gio. Pindemonte e gli si trova- rono addosso dei biglietti dell’Annetta. Bonaparte, andando il giorno dopo a veder sua madre, ve la trovò, e prima di andarsene le disse a parte: “ c’en est assez de cette italienne; il faut la renvoyer , e fu consegnata al generale Fiorella, che la condusse calda calda a Milano, ove io la incontrai colla Tron e il sior Zorzi dal prof. Fontana. Essa mi raccontò tutto quanto vi ho scritto , (3). Così fra gioie e dolori trascorrevano la vita dell’esiglio gli italiani, nè fa quindi meraviglia che, mentre i più savi come il Lancetti ed il Cicognara, dopo le prime vittorie francesi, rientravano in patria presso le spose che attendevano, altri, attratti dalla gaia vita francese, si trattenessero oltre Alpe. Così fece il Monti, nonostante l’attrattiva della cattedra d’eloquenza a Pavia: chiedeva egli anticipi da Parigi, ma con pretesti procrastinava la partenza (4). Eppure fu lui che, come chiusa dell’ab- bondante produzione poetica fomentata dall’esiglio, sciolse al ritorno il gaio canto: Bella Italia, amate sponde, Pur vi torno a riveder, Trema in petto e si confonde L’alma oppressa dal piacer. IV. — Per l’unità e l'indipendenza d’Italia. Non vi è dubbio che di tutti i progetti politici sorti nella mente dei nostri in quell’anno di esiglio e di dolore il più nobile, il più tenacemente e concordemente per- seguito, fu quello di fare dell’Italia uno stato solo e grande; sogno prematuro forse, perchè tre anni di vita nuova avevano sì, scosso il torpore delle membra nostre, ma non maturati gli animi alla vita pubblica, nè il cuore alle armi. Molti studiosi non paghi di quel poco che sopra un argomento di tanto rilievo scrisse il Botta nella sua Storia (5), si sono dati ad indagare il movimento di pensiero che determinò quel- (1) Diario, 7, 8 Pratile, anno VIII. (2) Id., 7 Messidoro. (3) Lettera di Giovanni Rosini a Benassù Montanari edita dal BrApeGo, pag. x. (4) Mazzarini, Epistolario, pag. 332; Cfr. Canrù, Vincenzo Monti e Vetà che fu sua, Milano, Treves, 1879, pag. 31. (5) Lib. XVI cit. in fine. 100 GIUSEPPE MANACORDA 26 l'atto, il quale costituisce la prima memorabile affermazione dei diritti nazionali ita- liani. Carlo Boncompagni dapprima, sulla scorta dell’epistolario bottiano (1), poi il Dionisotti, il D'Ancona (2) e più recentemente il Franchetti (3) nella sua Storia ed in due articoli pubblicati sulla Nuova Antologia, da ultimo con nuovo contributo di documenti il Roberti, il Croce nei cit. articoli e il Momigliano (4) sì occuparono di proposito di quell’interessante fermento di idee. Io ritesserò qui brevemente la storia dei fatti che nel ‘99 rispecchiarono quelle tendenze, e mi gioverò all’uopo di più d’un documento o inedito o trascurato. - Furono dapprincipio i francesi stessi, a dir vero, che al loro primo giungere in _ Italia cercarono di ridestare in noi il sopito spirito politico, il quale dopo la caduta dei Comuni, raccolto l'estremo sforzo in Machiavelli, sonnecchiava sol più nelle decadenti repubbliche di Genova e di Venezia. Nel 1796 era stato infatti bandito il concorso sul tema: “ Quale dei Governi liberi meglio convenga alla felicità d’Italia ,. — La novità del soggetto e la libertà di poter dire ciò che si voleva fece pullulare, in quella prima ubriacatura democratica, i progetti più pazzi; ma non mancarono uomini di niente e di cuore, come il Botta, Melchiorre Gioia ed il Fantuzzi, i quali medita- rono disegni, arditi forse, ed immaturi, ma assennati e patriottici. Il Fantuzzi, bel tipo di poeta e di soldato — morì poi generale nell’ 800 all'assedio di Genova — sognava di fondare in Italia dieci piccole repubblichette confederate, con senato proprio, e dirette da un senato centrale rappresentante il potere esecutivo. Pieno l’animo delle letture del Rousseau, egli proponeva la Demostocrazia, ossia la distinzione dei . tre poteri: esecutivo interno, esecutivo esterno e legislativo, riservato alla universa- lità dei cittadini. Voleva educazione laica, non cattolica, dei cittadini, perchè il buon cattolico, intento alla patria celeste, non può essere buon cittadino (5). — Melchiorre Gioia invece fu sin dal ’98 un ferventissimo fautore dell'unità italiana; egli nella sua memoria presentata al concorso ricordava che le divisioni regionali fomentano le gelosie locali, sicchè le piccole repubbliche, stremandosi l’una l’altra, finiscono d'essere preda dello straniero. Egli non avrebbe più voluto sentire parlare di tori- nesi, di siciliani, di toscani, ma di italiani (6). L’aver ottenuto il Gioia nel 1798 il premio del concorso mostra quanto cammino avesse fatto fin d'allora l’idea dell'unità d’Italia. Tre anni di esperienza ben triste del regime così detto di libertà, portato (1) In “ Atti, della R. Accad, delle Scienze di Torino, anno 1867, pagg. 259 e segg. (2) Unità e Federazione, in “ Varietà storiche e letterarie ,. Milano, Treves, 1889, II, 399. (3) Cfr. Francaerti, Storia cit., 374 e segg. e nella nuova edizione interrotta, pag. 34-41. — In., Dell’unità italiana nel 1799; in “ Nuova Antologia ,, 1° aprile 1890. — In., Della Rivoluzione — i francese e della coscienza politica nazionale italiana, in “ Nuova Antologia ,, 1° aprile 1889. (4) Un pubblicista, economista e filosofo del sec. XVIII: Melchiorre Gioia. Torino, Bocca, 1904. Lo stesso professore Momreriano lesse al “ Congresso storico del Risorgimento italiano , una memoria A sull'idea dell’umità italiana, che è tuttora inedita. Ne dette una notizia l’autore stesso sul giornale quotidiano IZ Secolo, 18 novembre 1906. — Tenni pure presente il Trvaroni (Storia critica del Risor- | gimento italiano, Torino, Bocca, 1889, pag. 161). Non ho potuto procurarmi un articolo del Burn 23 sull'idea dell’unità italiana dal Parini al Manzoni. (5) G. Fantuzzi, Discorso filosofico politico sopra al quesito proposto ecc. Milano, Veladini, anno I della libertà italiana. Il Momigliano ha studiato questo Discorso nell ms. dell'Archivio di Milano. | Cfr. IZ Secolo cit. (6) Dissertazione sul problema: Quale dei Governi liberi ecc. Lugano, Ruggia,, 1833. — Vedila anche nelle Opere minori, vol. IV, pag. 97. sei ar si nni AO re. 27 I RIFUGIATI ITALIANI IN FRANCIA NEGLI ANNI 1799-1800 101 dai francesi, avevano trasformate quelle esercitazioni scolastiche di politicanti sfac- cendati o teorici, in impellenti bisogni del popolo. Il filosofismo settecentista, che fu padre della rivoluzione, era stato di natura sua cosmopolita, come la coltura del finir del ‘700; ma a quel modo stesso che la coalizione europea, tendente a soffocare la rivoluzione francese, dette forte impulso al sentimento nazionale e patriottico che nei rivoluzionari teorici pareva sopito, così da noi in Italia le depredazioni, le vio- lenze, i turpi mercati, come quello di Campoformio, riaccesero il sentimento nazionale, rendendo persuasa la borghesia intellettuale, fautrice di novità, di alcuni capisaldi politici inoppugnabili. Nel ’99 tutti gli intelligenti erano oramai convinti che tedeschi o francesi non potessero essere dell’Italia altro che tiranni e sfruttatori; che nessun popolo esce dai confini suoi per un motivo ideale, come s'era creduto dei francesi; che non si spende denaro e sangue pel solo gusto cavalleresco di liberare altri popoli senza tornaconto economico; che infine l’Italia doveva attendere la propria rigene- razione, dalle virtù civili, dal valore militare e dalla concordia dei suoi figli. Già sul principio del 1799, avanti l’invasione austro-russa, si era suscitato un moto diretto dai generali cisalpini Pino, Lahoz e Teullié e secondato da molti altri, alcuni dei quali non erano alieni dall’appoggiarsi pel momento financo all'Austria, pur di liberare l’Italia dai proconsoli francesi insaziabili. Costituirono costoro una società detta dei Faggi, avente suo centro in Bologna, ramificazioni ovunque (1). Non tutti però erano d’accordo sul da farsi: molti, per gratitudine verso i francesi liberatori e per paura di perdere la libertà già conquistata correndo dietro ad una problematica indipendenza nazionale, micchiavano in vario senso. Cacciati i francesi dagli austro- russi, quando si vide che l’Austria null'altro voleva che la pura e semplice ricosti- tuzione dello statu quo del ‘96, al programma di una fazione dei Faggi si attenne solo più il giovane Lahoz, il quale, com'è noto, abbandonò le insegne francesi e rientrò generale a servizio dell'Austria, da cui era uscito tre anni innanzi come tenente. Ma il Lahoz, messosi alla testa delle bande insorte dei contadini marchigiani, morì sotto le mura di Ancona, combattendo contro i cisalpini, avanti agli occhi del Pino, e il nome suo passò alla storia, glorificato da alcuni come primo martire della indipendenza italiana, vilipeso dai più per la mancata fede e per l’aiuto dato alla | reazione (2). I molti italiani che, incalzati dagli austriaci, nella primavera del ’99 varcavano le Alpi, portavano con sè freschi ricordi delle angherie patite dai francesi. Ora essi veni- vano a vedere da vicino quei paesi, quegli uomini tanto noti nel mondo; conoscevano insomma de visu quella leggendaria Francia della rivoluzione, coi suoi eroi, coi suoi | slanci, colle sue energie, della quale fino allora essi avevano dovuto farsi un’ idea | ben vaga o sfavorevole, vedendola rappresentata dal Faypoult, dai Trouvé e dai Rivaud. Dopo tante ambascerie inascoltate, era questa finalmente l’occasione di sfo- gare il malcontento a lungo represso. Le proteste contro i dilapidatori non si scom- | pagnano mai nelle varie petizioni e nelle lettere degli esuli dall’invocazione dell’unità e dell’indipendenza della patria, ma appaiono unite a quelle da un vincolo inscindi- (1) FrancmentI, Storia, 374 e segg. — Borra, XIV, 67. (2) V. Diario, 20 Vendemmiale, nota 7. 102 GIUSEPPE MANACORDA 28 bile di causa ed effetto, o meglio di male e rimedio (1). “ Im quel tempo gli italiani ricoverati in Francia — scrive il Botta — cioè quelli che si erano acquistato maggior credito nelle faccende, avevano persuaso a loro medesimi che, in tanta tempesta di fortuna, grande mezzo a far risorgere l’Italia ed aiutare lo sforzo della Francia per ricuperarla, fosse il disegno di unirla tutta in un solo stato, perchè non dubitavano che a quelle parole di unità italiana, gli italiani bramosamente non concorressero a procurarla , (2). L'amico del Botta, il Robert, scriveva da Parigi all’ Amministrazione piemontese in Grenoble: “ non sarebbe inopportuna cosa se andaste già via spar- gendo fra tutti i patriotti l’idea dell’unità della Repubblica italiana. Abbiamo fatto a questo soggetto una lunga memoria [quella annessa, vedremo, alla petizione], che probabilmente si stamperà , (3). L'ora pareva matura: “ quelli fra i repubblicani ita- liani — dice il Botta — che cacciati dalla patria avevano cercato riparo in Francia, molto insistevano e con le parole e con gli scritti e con le opere nel proposito del- l'indipendenza ed unità italiana, persuadendosi che con questo nome in fronte aves- sero i francesi, e chi sentiva con loro, a far correre i popoli in loro favore. Joubert secondava questi sforzi con volontà sincera. Li secondava altresì, ma solo con qualche dimostrazione esteriore e non con l’animo, il Direttorio, desideroso di riacquistare il dominio d’Italia e confidando che questo generoso ed alto proposito fosse per essere mezzo potente all'esecuzione , (4). La grande idea dell'unità della patria, accolta ovunque erano rifugiati gli italiani, a Parigi, a Grenoble, a Genova stessa, stretta dal nemico, ebbe virtù di quetare per un momento i dissidi e le lotte. A Grenoble, ove si annidavano i più scapigliati, | l’ultima decade di Messidoro, appena si ebbe sentore della petizione redatta dal Botta, i fuorusciti convennero a banchetto “ onde fraternizzare e dissipare qualche ombra di emulazione e di dissapore che sembrava inalzarsi. Vi fu la maggior armonia ed una discreta allegria , (5). Intanto si stampavano a Grenoble alcune memorie “ in tutto — tendenti a dimostrare i vantaggi dello stabilimento di una sola repubblica ,. Così scriveva il Rossignoli prima che la petizione fosse presentata. Ma a Grenoble non si sapeva ancora che l’anima del movimento unitario a (Parigi era il Botta stesso, | sicchè era una gara, il Botta a fare e l’Amministrazione a scuoterlo perchè facesse. “I cisalpini — gli scriveva il Pico il 10 luglio — fanno ogni possibile per la lega j d'Italia in una repubblica e noi dobbiamo sapere da tutti altri che da voi che cosa | essi fanno a Parigi? Perchè non secondare i passi di coloro che potranno portare | maggior felicità al Piemonte? Perchè non stampar memorie? Perchè non parlare? Botta, tu hai pianto nel perdere il nome di italiano ed ora che cosa fai? , (6). La | risposta del Botta fu tutto uno zampillo lirico di patriottismo e si chiudeva fatidi- camente: “ volesse il cielo che non si parlasse più di cisalpini, toscani, romani, pie-l montesi, ma il nome italiano fosse l’unico e solo nostro nome , (7). #13 RR (1) Diario, 23 Messidoro nota 1. È (2) Lib. XVI. Ta (3) RoserTI, 736. -4 (4) Lib. XVIII, cit. dal Croce, pag. 166. i A (5) RosertI, ibid. E (6) Brancai, III, 247. ) (7) Ibid., 248. i "0 29 I RIFUGIATI ITALIANI IN FRANCIA NEGLI ANNI 1799-1800 103 A Genova avveniva quel che vedemmo a Grenoble. “ Qui tutti gli italiani di maggior fama — scriveva il ministro cisalpino Bossi — come Cicognara, Serra, San- tangelo, Dandolo, Alessandri, Smancini, Varese, Tassoni, Cortese, la Monti anelano all'unità della patria , (1). E pochi giorni appresso, il 12 agosto, ripeteva: “ molti italiani si lusingano da alcuni giorni che l’Italia libera possa esser fortunata in una sola repubblica e che debba aver luogo subito dopo l’ingresso dell’armata repubbli- cana una Convenzione nazionale che si vuole adunare in Firenze o in Bologna , (2). Rigalleggiavano nelle memorie, come si vede, i progetti teorici del ‘96 e si propa- gavano attivamente a voce e per le stampe. Usciva infatti in Genova nel ’99 un Indirizzo dei patriotti italiani rifugiati al popolo francese ed ai suoi rappresentanti (3), che non pare sia da confondersi colla petizione che il Paribelli, come vedremo, fece firmare in Genova ai rifugiati italiani. Io non ho notizia se non-di una opposizione | fatta a questo concorde moto patriottico, ed essa non venne dal brontoloné Labus, che, pur fustigando i sognatori di repubbliche di carta, finiva col firmare la petizione del Botta — non dal Direttorio cisalpino, al quale anzi va data lode perchè più che il bene — della piccola repubblica sognava ia felicità di tutta Italia (4). Essa venne dal Porro, un ex nobile puro sangue, ora sfegatato demagogo: egli da Nizza, poco prima di | morire, il 7 dicembre ‘99, scriveva: “ Alcuni cervelli singolari si misero a Genova in una specie di club che chiamano non so se Comitato o Convenzione italiana. Qui hanno fatto un progetto di costituzione che giudico ridicolo dalla sola cosa che io | so: essi hanno fissato .Perugia per la sede del Governo italico , (5). — A Genova adunque le fantasie fervide, i cuori accesi e le menti dei nuovi Machiavelli fermen- tavano non meno che a Grenoble (6). Ma che trovava di ridicolo il Porro? A me una cosa sola pare veramente strana e ridicola: in tanto lavorio di fantasia per cercare in tre anni, dal ‘96 al ’99, la futura capitale d’Italia o la sede della Convenzione, e | per trovarla centrale, come mai fanno capolino i nomi di Bologna, di Firenze, di . Reggio Emilia, di Perugia? E Roma?? Ah quei rivoluzionari anticlericali! , D Tra le molte lettere, i molti indirizzi e le petizioni scritte in quell’anno dagli | italiani patriotti (per la prima volta meritevoli di quel nome) due petizioni, l'una . redatta da Carlo Botta, l’altra da Francesco Paribelli, meritano speciale attenzione, | sia pel numero e la qualità dei firmatari, sia per non essere state indirizzate a questo o quel ministro o generale, ma al Corpo legislativo, cioè al Popolo francese. Fran- cesco Paribelli aveva dapprima osteggiato i disegni della Società dei Raggi, ma poi, | specie dopo la scortese accoglienza fatta dal Talleyrand all'ambasciata napoletana, erasi persuaso, che dalla Francia poco l’Italia aveva da attendere, ed allora divenne È uno dei più caldi fautori dell’unità e della indipendenza d’Italia. Egli era in viaggio terrestre da Napoli a Parigi con segreti incarichi del Governo partenopeo, quando lo (1) Merzi, I, 251. (2) Cantù, Diplom., 26. (3) D'Ancona, Unità e Fed. cit., 320. (4) Appendice, doc. 23 Pratile. (5) Cantù, Diplom,, T4. ; (6) Non so su che base il Mrtzr affermi che nel ’99 i Liguri brigavano, più per farsi una repub- . blica da sè, che per l’unità nazionale. 104 GIUSEPPE MANACORDA 390 sorprese la bufera delle sconfitte francesi e lo travolse tra i fuggiaschi a Genova (1). Quivi sul finir di giugno egli redigeva una petizione diretta al Corpo legislativo fran- cese, che fu firmata da parecchi esuli di varie regioni, pur troppo a noi non noti (2). La petizione protestava contro le ruberie dei Verri francesi e proseguiva manife- stando il desiderio comune di combattere contro gli austriaci a fianco dei francesi per dividerne la gloria, ma a patto che la Francia proclamasse la fondazione di una grande repubblica italiana, vista la debolezza delle piccole repubblichette, facile preda dei forti nemici. Nicola Cellentani (3), altro napoletano che si trovava in Genova, il 28 giugno consegnava al Ciaia, collega del Paribelli, una sua speciale lettera diretta al Sieyes, nuovo membro del Direttorio francese (4). Il Cellentani era uno dei pochi rimasti fedeli al programma della federazione e non dell'unità, sicchè la sua peti- | zione, dopo le immancabili proteste contro le dilapidazioni degli emissari francesi, chiedeva ch'e si facessero combattere gli italiani per la loro indipendenza e federa- zione. Egli, che ignorava ancora la caduta della repubblica partenopea avvenuta pochi dì innanzi, esaltava il valore delle truppe napoletane e profetizzava che i francesi a fianco di tali truppe non avrebbero mancato di battere gli austriaci. E ricordava ancora al citt. Sieyes come altre volte, parlando con lui, egli avesse condannato il sistema di sbocconcellare le repubbliche intorno alla Francia, invece che crearne delle grandi a sostegno della repubblica madre. Rievocava alla memoria del Sieyes un suo progetto — ahimè che progetto! — di fare in Italia una repubblica sola dal Po in giù, lasciando, si capisce, padrona la Francia dal Po in su, e, ciò per non dare ombra agli altri Stati. Mantenesse ora il Direttorio quel voto agli italiani che soffrivano | per la libertà e per la patria: era tempo oramai di dare all'Italia un assetto defini- tivo e di por fine alle spogliazioni. Per quanto non biasimevole del tutto, è però triste il vedere da Genova in due giorni consecutivi partire due petizioni opposte: l'una generosa e ben pensata del Paribelli, l’altra, frutto di convenienze ed opportu- È nità politiche, dettata dal Cellentani, il quale pur sempre voleva lasciata sotto il dominio straniero larga plaga d'Italia! 3 Il Paribelli ed il Ciaia partirono da Genova verso Parigi portando con sè scritti, più che sulla carta, nel cuore, i voti dei patriotti italiani che in Genova si apparec= chiavano a sostenere l’assedio; passarono per Grenoble, ove forse raccolsero altre — firme ed il 17 Termidoro erano già a Parigi (5). ol Mentre a Genova il Paribelli ed il Cellentani si adoperavano in vario modo per. l’Italia, a Parigi il Botta davasi attorno tra i rifugiati per accogliere adesioni ad un | progetto ben preciso e netto: l’unità e l'indipendenza di tutta l’Italia. Faceva il Botta una propaganda infaticabile, correndo in fiaere (nuovo veicolo per lui) (6) da un capo all’altro di Parigi in cerca di amici e proseliti da guadagnare e di firme | da raccogliere. A pranzo in casa del generale Joubert, poche settimane prima della morte di lui, il Botta sosteneva i diritti d’Italia in presenza dei generali francesi più (1) V. Diario, nota 17 termidoro. (2) La pubblicò a pag. 157, il Croce, che ne trovò una copia senza le firme. (3) V. Diario, nota 27: Termidoro. (4) Edita dal Sammr-Acsin, 357. (5) Diario, sotto tale data. (6) RoseRtTI, 738, nota. 31 I RIFUGIATI ITALIANI IN FRANCIA NEGLI ANNI 1799-1800 105 in voga, Bernadotte, Augereau, Jourdan, nonchè del commissario Saliceti e di Luciano Bonaparte (1). Il 28 Messidoro il Botta ed il Robert scrivevano al Governo pie- montese in Grenoble: “ Continuamente andiamo gridando: unità di repubblica, Con- venzione italica, libertà agli italiani di adottare quella costituzione repubblicana che sarà di loro maggior grado e convenienza, e vi possiamo assicurare che molti rap- presentanti (francesi) sono stati tratti al nostro parere dall’evidenza dei nostri ragio- namenti. In questo momento si stampa una Memoria su questo argomento, che vi faremo pervenire. Ci siamo messi su questo proposito in relazione con parecchi dei cisalpini e crediate che non cediamo di zelo a nessuno , (2). E chiudeva colle me- morabili parole già ricordate, auguranti prossima la fine di ogni distinzione tra ita- liani e italiani. Da Grenoble, letta }Ja Memoria del Botta, il Fantoni gli scriveva: “ ho piacere che le mie idee sulla unità della repubblica siansi incontrate colle tue, che ho'lette estese in quella tua serittura , (3). Erano quelli appunto i giorni in cui il Labus inveiva contro i patriotti di Grenoble: il buon uomo, se si accaniva contro ‘ gli esuli per questi loro progetti, aveva tutti i torti e le sue accuse perdono ogni valore. Proprio il 28 Messidoro a Parigi anche il Lancetti firmava la petizione, perchè la firmavano altri! Jl diario suo porta traccia delle animate conversazioni che quell’avve- nimento dovette suscitare fra gli esuli (4). La petizione finalmente fu presentata al Con- siglio legislativo nella seduta del 14 Termidoro (1° agosto) dal rappresentante Briot (5). Alla petizione andavano uniti tre scritti (6): 1° Aperew sur les causes qui ont dégradé V’esprit public (sic) en Italie et sur les moyens de le relever, 2° Le cri d'Italie, 3° Adresse au peuple francais et è ses représentants pour une Société de patriotes italiens réfugiés. Questi scritti, dice il processo verbale della seduta, si riferivano alle spogliazioni d'Italia da .parte degli agenti francesi. Il Briot chiedeva che il Corpo legislativo fa- cesse un messaggio al Direttorio per chiedergli conto: 1° del risultato delle denuncie fatte contro l’ex generale Scherer e del procedimento cui doveva essere sottoposto, 2° del procedimento a carico dell'ex ambasciatore Trouvé, violatore della costituzione e del trattato d’alleanza fatto colla Cisalpina, 3° delle inchieste contro Rivaud, Faypoult ed altri agenti francesi, nonchè contro il generale Grouchy, tutti più o meno sospetti di malversazioni a danno degli Italiani. silicati i i A i e È i (1) In., 736. (2) Brancar, IH, 248. (3) Carurtr, II, 64. (4) Diario, 28 e 29 Messidoro. (5) Il Deputato Briot fu più tardi sotto Giuseppe Bonaparte intendente degli Abruzzi. — RoseRrtI, 737, nota. Il discorso da lui pronunciato in quella famosa seduta è a stampa ed ha per titolo: Corps législatif — Conseil des Cing-cents — Discours prononcé par Briot (du Doubs) en présentant au Conseil trois écrits des patriotes Italiens réfugiés. Stance du 14 Thermid. ann. VII. Paris, Impr. Nation. Thermidor, ann. VII. — V. alcuni passi in Appendice. (6) Appendice, doc. 14 e 15 Termidoro; Drowisorti, Vol. II, pag. 509. La petizione è firmata dai seguenti: Piemontesi, Botta, Cavalli, Robert, Gio. Barié, Ant. Barié, Carlo Bocca libraio, Ricchini, Garelli, Travaglio — Cisalpini, Alemagna (Diario, n. 18 Fiorile, VII), Pederzoli (id., 13 Termidoro), Poggi (id.), Savoldi (id.), Caleppio (id., 7 Messidoro), Mascheroni (id., 9 Messidoro), Franzini (id., 10 Ter- midoro), G. Mantovani (id., 18 Fiorile), Pozzi (id., 30 Fiorile), Labus (id., 26 Pratile), Testi (id., 16 Ter- midoro), Moccini (id., 7, 30 Termidoro) — Veneziani, Ippoliti, Corner, Barbaran, Clas — Napoletand, Ciaia, Grecy — Romani, Manucci Paolo. Serie II. Tom. LVII. 14 106 GIUSEPPE MANACORDA 99 Quale fu il risultato di questo organizzato assalto? La nomina di una Commis- sione per studiare, cioè per seppellire, ogni cosa, proprio come si fa oggi! La petizione del Botta, conservataci dal Dionisotti senza data, comincia al solito denunziando i nuovi Verri spogliatori d’Italia e chiede che i popoli alleati vengano posti sotto la salvaguardia del popolo francese; invita poscia i rappresentanti a ri- volgere uno sguardo all'Italia divisa e straziata da interni nemici, battuta e corsa da eserciti stranieri e li prega di dichiararla libera dalle Alpi alla Sicilia e di con- vocare una Convenzione nazionale italiana per darle un Governo. Non tema la Francia la rivalità della futura grande repubblica finitima, giacchè i popoli liberi gareggiano solo nell’amicizia. Come Roma non fu mai sì grande come quando disponeva delle terre ove era accampato l’Africano, così la Francia non potrà essere mai sì grande come proclamando libera ed una l’Italia, proprio quando essa è calpestata dalle orde barbariche. — Quanta nobiltà di pensiero, pur tra la retorica dell’immancabile remi- niscenza classica ed i fumi dell’idealismo politico più ingenuo! Si era tanto infer- vorato il Botta nel disegno grandioso, e tanto si dava attorno per quello, che, come dissi, il Duval volle espellerlo da Parigi ed obbligarlo a starsene lontano non meno di 20 leghe; ma per sua fortuna il decreto di espulsione fu cassato. Attese allora alla sua professione di medico, pieno però il cuore di speranze e di trepidi dubbi e fremente nell’aspettativa dell'esito della petizione. “ Me la vo. scantonando di taglio — scriveva l’11 agosto al Pico — al* mio povero mestiere di ufficiale di sanità, contento nella mia oscurità e fortunato se l’alto turbine politico non verrà a raggirarmi ed opprimermi in questa bassa valle. Hai pur ragione quando mi narri di volertene star a bada, se non si dichiara solennemente, prima di metter piede sulla i soglia, l'indipendenza italiana. Io pure sono fermo in questo proposito. Sarà dichia- rata? Non lo so. Pace, pace, si va gridando, e questo suono così gradito all’umanità è terribile e fatale in questo momento agli italiani. O Joubert! O Joubert! Quanto è grande la tua scena! tutti gli italiani ti aiutano colla mente e col cuore e ti aiu- terebbero colle braccia, seppur si volesse. Ma certa politica riguardosa e timida ti sta contro. Ahi povera Italia che fosti per tanti secoli taglieggiata e manomessa dai barbari che non si infingevano e lo fosti ai dì nostri sotto il nome di libertà! In chi dobbiamo or più fidare? Per altrò una vittoria di Joubert potrebbe essere come l’iride dopo un nero temporale. Voglia il cielo che la conquista d’Italia per le armi francesi ci faccia sentire che siamo stati liberati dalla servitù e non dobbiamo dire come quel- l’asino che non voleva fidarsi, perchè sapeva di dover portar sempre due basti , (1). — Ahimè! Pochi giorni appresso Joubert era ucciso a Novi e il suo esercito sconfitto! Passò un mese e dell’esito della petizione nulla si sapeva. Pure gli esuli di Parigi non cessavano dall’occuparsene. Una lettera del Botta in data 28 agosto da Parigi ricorda Savoldi, Franzini, Pozzi, Paribelli, “ i quali bramosamente s’adoprano per la comune causa , (2). Ma dopo i gravi rovesci militari, chi aveva ancor tes per dar loro retta? Qualche diplomatico francese in vacanza — come il Bignon Sa esercitava a far piani politici sulla questione italiana, scrivendo e stampando una | Memoria sul tema spinoso del “ sistema seguito precedentemente dalla Francia verso (1) Brancai, III, 253. (2) Pavesro, 165. 33 I RIFUGIATI ITALIANI IN FRANCIA NEGLI ANNI 1799-1800 107 la Cisalpina , (1). Dopo qualche tempo, sul finir d’agosto, a rompere il silenzio era venuta la lettera di Bernadotte agli italiani rifugiati per invitarli alle armi sotto le bandiere di Championnet e di Joubert (2). Il proposito del Botta, che gli italiani non dovessero prendere le armi, se prima non sapevano bene per chi combattevano, se per la loro patria o per altri, costituisce il nocciolo delle varie risposte provocate dalla lettera di Bernadotte. Fedele Grecy, esule napoletano, rispose direttamente al Ministro il 7 Fruttidoro, ringraziandolo dell’invito alle armi e dicendo che gli italiani sarebbero stati orgogliosi di combattere sotto Joubert e Championnet; ma pur troppo — aggiungeva — nella lettera vostra noi non vediamo alcuna garanzia per l'avvenire. Noi abbiamo denunziati a voi i malversatori ed essi vanno tuttora impuniti. Pa- zienza! Ma per il futuro noi chiediamo una garanzia! Dopo aver ricordato le spoglia- zioni, i tradimenti, l’onta di Campoformio, egli chiedeva: si ripeterà tutto ciò in avvenire? Gli uomini del Direttorio e del Corpo legislativo, pieni il cuore di filan- tropia e di amore della libertà, parlano della libertà d'Italia che la Francia creerà a sua gloria, ma quando sono nell’esercizio delle loro funzioni tentennano ed hanno mille riguardi e prudenze. Che si voglia ottenere la pace a prezzo di cessione di provincie italiane? Italia, Svizzera, Olanda e Belgio costituiscono 30 milioni di abi- tanti che potrebbero, coi 24 della Francia, fare una coalizione europea democratica formidabile. Invece i francesi, uccisori del re, preferiscono inginocchiarsi ai piedi del re di Prussia. Gli italiani, eredi delle virtù degli avi, saranno sempre repubblicani, o morranno. Essi non vogliono trattare da pari a pari colla Francia, riconoscendosi più deboli, ma chiedono di essere assicurati che essi non saranno venduti come branchi di pecore e che l’esercito repubblicano che entrerà in Italia, non sarà la guardia del corpo di un Commissario civile più crudele degli austriaci, il quale freddamente cal- coli nel suo gabinetto ciò che convenga rubare, mentre i soldati si battono. Per il Grecy vale più un soldato francese che tutti gli uomini politici retori e falsi. I miseri italiani attendono di sapere se essi saranno francesi, austriaci o italiani! Conclude invocando che il Parlamento francese proclami questi principî: 1° Che tutti i paesi italiani che saranno liberati dai francesi, o che si libereranno da sè, saranno liberi ed indipendenti, con un’ organizzazione provvisoria, ordinata dal Corpo legislativo francese. — 2° I membri dei varî Governi provvisori radunati a Roma (finalmente!) formeranno una Convenzione nazionale incaricata di fondare la Repubblica italiana, una, indipendente, democratica ed indivisibile. — 3° La Repubblica francese ne ga- rantirà l’esistenza e l’integrità e i rappresentanti d’Italia siederanno nel Congresso europeo per la pace generale. — 4° (utile a sapersi!) Gli esattori delle imposte sa- ranno italiani e non francesi (3). — Quale la risposta del Governo francese? Silenzio! . AI più, privatamente ed a voce, qualche uomo politico rispondeva con un rinvio di tutte queste questioni a dopo le future vittorie. Dopo tutto, prima di sistemare | l’Italia bisognava riconquistarla! (4). — E la stessa sorte toccò all'indirizzo che in | risposta alla lettera del Bernadotte redassero e firmarono molti rifugiati di Grenoble (1) La indirizzò al Direttorio cisalpino il 3 Fruttidoro e il Franchi, membro del Direttorio, lo ringraziava con lettera da Chambéry dell’8 Vendemmiale (Arch. di Stato di Milano, filza cit.). (2) Appendice, Doc. 6 Fruttidoro. (3) Samr-Arsin, 362 e segg. (4) Croce, 168. 108 GIUSEPPE MANACORDA 934 il 12 Fruttidoro (1). Era giunta la triste notizia della rotta di Novi e della morte dello Joubert. In quell’ora angosciosa, mentre l'estrema rovina pareva sovrastasse alla Francia, i nostri — retori impenitenti nella forma infiorata di ricordi classici — levavano ancora alto il grido di dolore per la patria loro lontana ed oppressa. Si cancellino — invocano — i confini tra provincia e provincia d’Italia e la legione italica che si va formando affratelli in una prima comunanza di vittoria e di sangue gli uomini delle varie città. Gli italiani fuorusciti correranno sotto le bandiere appena sapranno di combattere per la loro patria. — Se bene la cruda realtà storica ci riveli, come vedremo, che tanto entusiasmo militare non animava ancora i nostri, e che tra uomini delle varie provincie non esistevano rapporti di cordiale simpatia, pure piace e commuove questa schietta, argentina squilla guerresca per l'indipendenza d’Italia mezzo secolo prima del 48, tre anni dopo l’indisturbato mercimonio di Venezia. Ma i tempi erano immaturi! Nella legione italica prima, e poi, per lunghi anni, attra- verso l’Europa, sotto bandiere straniere, gli italiani dovevano maneggiare le armi e indurare i corpi e temprare gli animi alla guerra, non per la patria loro, ma per consolidare ed estendere i dominî di un uomo: triste, ma non inutile scuola! Vin- cenzo Cuoco, esule anch’egli in Francia, con meno enfasi, ma con profondo sense del reale aveva scritto in quei mesi: “ se io dovessi parlare al Governo francese per l’Italia, gli direi liberamente che, o conviene liberarla tutta o non toccarla , (2). Egli prevedeva ciò che poi accadde! - Coll’avanzar del tempo, come il fervore delle battaglie si rinnova attorno a Genova, ultima rocca; come l’inverno avanza ed i dolori, i patimenti stremano gli italiani raminghi, a poco a poco ogni loro protesta e loro grido si fa fioco e quasi È tace. Ultima si inalza la voce del Foscolo che da Genova saluta lo Championnet successore dello Joubert (3), come lo salutano il Paribelli ed il Fantoni. Il saluto del Foscolo, che porta la data del 18 Vendemmiale, non reca solo l'augurio di vittoria; il dolore di Jacopo Ortis per la patria tradita si spande velato in quella lettera. Il poeta repubblicano, giovane ed ardente, confessa di sapere che “ niuna nazione ha conquistato provincie per inalzarle rivali della propria DONenZA », ma pure egli invita il generale a farsi fondatore di una repubblica italiana indipendente, cominciando dal costituire della Liguria un dipartimento del futuro Stato. Confischi lo Championnet i beni dei fuorusciti aristocratici e li distribuisca ai soldati; attragga i nobili nel- l'orbita della vita nuova, allettandoli con pubblici uffici; i preti li lusinghi coll’oro, anzichè perseguitarli; così ne farà non dei martiri, ma dei sacerdoti di libertà. Risvegli la coscienza nazionale italiana, convochi una Costituente, diffonda la libertà colla somma speranza e il sommo terrore. Non tema le persecuzioni; se soggiacerà vittima, risplenderà in futuro la sua fama! — Poeta, spirito imbevuto di classicismo, saturo di ricordi machiavelleschi! ‘ k Ma il Direttorio morituro ha troppe lotte interne ed esterne da irouieggiii i nè ha tempo di leggere gli indirizzi dei patriotti italiani. Ecco riappare in Francia si miracolosamente Bonaparte reduce dall'Egitto; col colpo di Stato del 18 brumaio spazza — dalla scena il Direttorio, afferra il timone dello Stato, riorganizza l’esercito, l’ammi- (1) Appendice, Doc. tale data. (2) Saggio storico sulla Rivoluzione di Napoli scritto nel ’99. (3) V. in Opere cit., vol. I, pag. 11. PE 35 I RIFUGIATI ITALIANI IN FRANCIA NEGLI ANNI 1799-1800 109 nistrazione, concentra in sè i voti, l'avvenire di un popolo (1). L'inverno del 1799-800 e la primavera è epoca di azione, non di parole (2). Viene alfine nel giugno la vit- toria e la patria è sgombra dagli austro-russi (3). Ahimè! quale delusione per gli italiani patriotti! Alcuni, i migliori, non si addormentarono, come i più, sotto il nuovo potere, contenti di rivedere i loro paesi, i loro cari, accecati dallo sfolgorio della gloria napoleonica. Il Botta era in piena luna di miele (4), pure in Francia era ancora uno dei più caldi fautori della causa italiana (5). Vegliava ancora il Paribelli: egli a Napoleone scriveva ricordandogli la necessità di riunire le sparse membra d'Italia, e quando nel 1800 rispose ad un questionario propostogli dal Bonaparte circa la pos- sibilità di una nuova invasione in Napoli, il Paribelli insistè nell’idea sua dell’unità italiana, pur riconoscendo che le divisioni antiche di stato avevano condotto gli Ita- liani a considerarsi stranieri fra loro (6). Ultima voce in prò dell’Italia nell’anno IX fu quella di Francesco Lomonaco, napoletano, già esule nel ‘99 e nell’800 in Francia ed in Svizzera. Nel suo Rapporto al citt. Carnot, ministro della guerra, egli scriveva: “ Qual riparo a tanti mali? Qual rimedio a piaghe sì profonde? (7). Come imprimere alle depresse ed avvilite fisionomie italiane il suggello dell'antica grandezza e maestà? Uno dei principali mezzi, secondo me, è l'unione. Perchè termini il monopolio inglese e i vili isolani cessino di arricchirsi sulle rovine del continente, perchè si oppongano argini all’ambizione dell'Austria, la Francia abbia una fedele alleata, la condotta della Prussia sia meno equivoca, il gran colosso dell'impero russo stia immobile nei ghiacci del nord, la Spagna divenga sta- bile amica della gran repubblica, perchè in una parola vi sia in Europa bilancia po- litica e si dissecchi la sorgente delle guerre, è d’uopo che l’Italia sia fusa in un solo Governo, facendo un fascio di sue forze. Realizzandosi questas@lea, gli italiani, avendo mazione, acquisteranno spirito di nazionalità, avendo governo, diverranno politici e guerrieri, avendo patria godranno della libertà e di tutti i beni che ne derivano, formando una gran massa di popolazione saranno penetrati dai sentimenti della forza e dell’orgoglio pubblico e stabiliranno una potenza che non sarà soggetta agli assalti dello straniero, giacchè guai a quella nazione che per dirigere i suoi affari domestici ha bisogno del soccorso altrui! ,. Vox 'clamantis in deserto! Mai, credo, per la mente di Napoleone passò l’idea dell’unità e della libertà d’Italia! (8). (1) Il Direttorio cisalpino, dopo il colpo di Stato del Brumaio, scrisse due volte al primo Console per congratularsi del suo avvento al potere e per esortarlo a liberare ...la Cisalpina! Cfr. Appendice, Doc. 26 Nevoso. (2) V. in Diario, 21 Vendemmiale e segg., l’effetto dell'arrivo di Napoleone sugli spiriti francesi. Cfr. id. 23 Brumale e segg. per l’eco suscitata dal colpo di Stato. Cfr. anche note. (3) Dopo Marengo il Direttorio di Chambéry non mancò di ringraziare Napoleone della vittoria e della liberazione della Cisalpina (V. lett. in Appendice, Doc. 28 Pratile VIII) e un tal Gagliuffi. esule gli dedicava una retorica incensata a stampa (Arch. Min. Est., 349). (4) Aveva sposato il 9 giugno 1800 Antonietta Viervil di Chambéry. (5) Cantù, Diplom., 168, Lettera del Ventura al Comitato delle Relazioni estere il 17 sett. 1800. (6) Carte Paribelli, non numerate. Croce, 254. (7) Milano, anno IX (2* ediz.). Cfr. Mazzoni, L’Ottocento, Milano, Vallardi, in corso di pubbli- cazione, pag. 210-211. (8) Per altri tentativi fatti dai napoletani in pro’ dell’Italia dopo Marengo, cfr. Croce, La fine di Mammone, in “ Arch. Stor. Nap. ,, 1905, pag. 458. — In., L'emigrazione italiana a Parigi nel 1803, ; ivi, 1906, pag. 125. 110 GIUSEPPE MANACORDA 36 V. — La Legione italica. La Legione Italica ha un'importanza grandissima nella storia militare italiana, perchè essa fu il primo corpo che accolse in sè italiani d’ogni regione e mosse — almeno nell’intenzione di chi la componeva — a liberare l’Italia dallo straniero per costituirla indipendente. Di più: da tre anni soli le milizie cisalpine combattendo a fianco alle francesi, sull’Adige nel ‘97, poi, nel ‘99, nelle varie fortezze assediate dal nemico, si erano venute esercitando alle armi, alle quali gli italiani, se si eccettuano i piemontesi, erano da un pezzo non usi. Di questa prima prova militare nazionale, che ebbe esito felice, dettero brevi cenni lo Zanoli (1), il Jacopetti il quale vi prese parte (2), il Lombroso (3) e Napoleone stesso (4); poi tra i moderni se ne occuparono gli studiosi di cose militari, particolarmente il De Cugnac, benemerito per la grande copia dei documenti recati in mezzo, e da noi, con deplorevole super- ficialità, il De Medici (5), che saccheggiò il De Cugnac, ed un acre critico anonimo di lui, che null’altro fece se non negar fede ai dati che il De Medici aveva attinto alla sicura fonte del De Cugnac (6). Gli storici civili poco hanno scritto di questo avvenimento (7): solo il Croce (8) addusse qualche utile documento, al quale vengono ora ad aggiungersi le notizie forniteci dal Lancetti nel suo Diario, non molte, se si vuole, ma interessanti, più che per la parte strategica, per ciò che si riferisce allo spirito che animava i componenti la legione, e per la vita militare di quei primissimi soldati d’Italia. Dopo la rotta di Cassano una parte delle milizie cisalpine, vedemmo, passò in Francia, quali addette al Direttorio come guardia del Corpo, quali per accompagnare alcuni prigionieri austriaci; altre ancora, provenienti dal presidio di Milano, costi- tuite in corpo a sè, furono dal Governo francese subito inviate verso Nizza, ove combatterono colle milizie repubblicane alla difesa delle Alpi marittime (9). Delle altre milizie cisalpine chiuse nei forti d’Italia, parte, via via che i presidî capito- lavano, furono condotte prigioniere in Austria (10), parte furono condotte a Genova e di là, fin che la via del mare fu aperta, passarono in Francia, prigioniere, sulla parola data di non più combattere fino allo scambio dei prigioni (11). Alcune poche milizie cisalpine, rimaste nell'Emilia dopo la battaglia di Cassano, appresso la defezione A di Lahoz, si batterono a Cento, poi, ricongiuntesi coll’esercito di Mac-Donald che (1) Op. cit. (2) Biografie di Achille Fontanelli, di Francesco Teodoro Arese e di Pietro Feuillé, Milano, Borroni e Scotti, 1845, pag. 100. (8) Galleria militare. Vita dei generali, marescialli ed ammiragli, ecc. Miao Borroni e Scotti, 1845, vol. I: Vita di Giuseppe Lechi. . (4) Corrispondenza, è. VII. * (5) Za DIE italica da Digione a Trento, in “ Rivista militare italiana ,, 1904, pag. 2070. (6) Cfr. “ Rivista di fanteria ,, XIII, 11-12, 1904, p, 770, Per lo studio storico della storia. bi: (7) Borra, Storia d’Italia dal 1799 al 1814. Cusani, V, 342. Ja (8) Op. cit. i 13" (9) Diario, 23-24 Pratilè e note. n (10) Zawori, II, 11-13. : È fo (11) In., 418, 419, un rg ] È Ir P » È | , 37 I RIFUGIATI ITALIANI IN FRANCIA NEGLI ANNI 1799-1800 111 veniva da Napoli, combatterono alla Trebbia e, sconfitte, cogli avanzi delle milizie francesi, per la Garfagnana, Lucca, Massa e la Riviera di ‘ponente passarono a Genova, ove rimasero fino alla fine dell’assedio: tra queste ultime trovavasi, com'è noto, il Foscolo. Alle milizie cisalpine passate in Francia furono assegnate varie sedi qua e là, ed al loro mantenimento provvide il Governo francese, usando loro il trattamento stesso delle truppe francesi non combattenti (1). Gli ufficiali però non ebbero dap- prima se non il foraggio dei cavalli, poscia, dopo la prima chiamata alle armi, otten- nero la mezza paga (2), ed infine lo stipendio intiero, a partire dal giorno in cui posero piede sul territorio prima occupato dal nemico (3). Il Corpo ausiliario polacco, dopo la rotta di Cassano, passò al servizio della Francia e sotto il gen. Dombrowski combattò a Novi; qualche raro ufficiale polacco passò a Parigi (4); altri pochissimi, che si trovavano in Francia nella primavera del ‘99, chiesero ed ottennero dal Diret- torio cisalpino di raggiungere il loro corpo a Genova (5). Nelle note al diario io ho cercato di coordinare le notizie che sulla Legione italica ci danno le fonti finora edite colle aggiunte che il diario stesso reca. Qui debbo limitarmi, per non ripetermi, a fissare le linee generali del fatto, illuminandole dal punto di vista particolarmente politico. — L'idea di formare una legione tutta di italiani rifugiati non spetta, come finora si è creduto, a Napoleone, ma risale al Bernadotte, ministro della guerra nell’estate del ’99. L'invasione austro-russa, spin- tasi nelle valli alpine, minacciava allora le provincie francesi di confine, ove, come vedemmo, cresceva il fermento e il panico nelle popolazioni, che invocavano pronta difesa (6). Si formò allora l’esercito delle Alpi, di cui fu affidato il comando allo Cham- pionnet, che il rivolgimento del 30 aprile aveva prosciolto dalle accuse; esso doveva tener lontano dal confine il nemico e al tempo stesso distrarne le forze verso ovest allontanandole da Genova, ove si recava il Joubert, successore del Moreau. L'esercito delle Alpi doveva essere formato di 30 mila uomini, ma in realtà ne raccolse sempre assai meno. Fu appunto per ingrossare le file di questo esercito che il Bernadotte, non sapendo ove attingere altre forze, mentre già cinque eserciti francesi erano in campo, pensò di armare i fuorusciti italiani, militari o no, purchè volonterosi. Il desiderio di riconquistare la patria, pensava egli, doveva far accorrere numerosi gli italiani per combattere sotto lo Championnet, il generale più a loro caro, e per (1) Appendice, Doc. 16 Pratile. I Doc. Rob. a pag. 592 danno notizie di spese fatte per provve- dere viveri e vestiari a soldati cisalpini e polacchi. (2) Ivi. Cfr. Diario 21 Ventoso. Gli ufficiali cisalpini che si recavano al campo di Dijon gode- vano anche indennità di trasferta (Diario, 22 Piovoso). Pur troppo questi pagamenti erano tutt'altro | che puntuali. Il 5 Frimale parecchi ufficiali cisalpini di stanza a Grenoble scrivevano protestando contro il noto Dubreton che non li voleva pagare, nonostante le lettere del ministro della guerra (Arch. Min. Est., c. 266). (3) De Cuemac, Lettera di Berthier, 26 aprile 1800, I, pag. 57. Mezza paga prima, e paga intiera dopo, non furono però mai puntualmente riscotibili (Diario, 17 Germinale, Croce, 244). (4) Diario, 2 Fruttidoro. (5) Con lettera 2 Pratile, anno VII, il D. E. cisalpino raccomandava al ini gli ufficiali Zagolski, Regiulski, capo battaglione il 1°, ed aiutante maggiore il 2°, nella legione polacca, desiderosi d'andare a Genova. Essi erano in credito di alcune mesate (Arch. St. Mil., filza cit.). Il generale Dombrowski però sul principio dell'inverno rientrò in Francia (Diario, 29 Frimale). (6) Diario, 16 Pratile. 112 GIUSEPPE MANACORDA 38 aprirsi gli sbocchi delle Alpi. Fu allora che egli lanciò il proclama del 7 Fruttidoro, nel quale tra l’altisonanza tronfia e retorica, vibrava pure una nota, che non poteva, secondo lui, restare senza eco nei cuori italiani (1). Pur troppo, come vedemmo, gli italiani erano oramai troppo sfiduciati dei fran- cesi; essi insomma, prima di impugnare le armi e versare il loro sangue, volevano sapere, e con ragione, per chi combattevano, se per la liberazione della patria o per il consolidamento del dominio francese, come purtroppo avvenne (2). La nota lettera di risposta dei rifugiati di Grenoble al ministro e quella del Grecy, chiedevano garanzie e poi garanzie. Ma intanto nella verbosità sonora dei proclami e dei contro- proclami, il tempo passava e la sorte delle armi volgeva al peggio; battuti i francesi a Novi e ucciso il Joubert, i letterati italiani a Bernadotte scrivevano sì il 12 Frutti- doro versando lacrime sul morto eroe e promettendo di posare la penna e di impu- gnare le armi per correre sotto le bandiere dello Championnet; ma in realtà non partivano e tentennavano fra i se, i ma, i purchè, e via di seguito (3). Comunque, pas- sati 40 giorni, il 16 Vendemmiale, ben 2 mila cisalpini eransi radunati a Grenoble (4) sotto un ufficiale superiore cisalpino, che doveva essere il Lechi, il quale appunto in ottobre, secondo lo Zanoli (5), era stato incaricato di recarsi in Provenza a racco- gliere volontari cisalpini e reparti sparsi di truppe italiane. Che ne fu di questa colonna? Perchè il Lancetti, che era partito da Parigi in seguito alla -chiamata alle armi di Bernadotte (6). invece di recarsi a Grenoble, o, per la riviera ligure, a Genova, per la quale città s'era fatto firmare il passaporto, tirò diritto da Lione verso Mar- siglia, appunto in quei giorni di Vendemmiale, in cui i 2 mila cisalpini convenivano a Grenoble? Il passaporto del Lancetti porta la data 30 Fruttidoro ed è posteriore quindi di un mese alla rotta di Novi (7): non si può quindi supporre che la nuova dello sfacelo dell’esercito d’Italia sia stato ciò che indusse il Lancetti a divergere l'itinerario da Genova. Quanto ai 2 mila cisalpini radunati a Grenoble in ottobre, non abbiamo nessuna testimonianza che comprovi od escluda la loro partecipazione alle fazioni ed alle guerriglie che sul finir di ottobre si svolsero nelle valli alpestri tra francesi ed austriaci e che sul principio di novembre ebbero il loro epilogo nella sconfitta toccata dallo Championnet a Genola, tra Savigliano e Fossano (8). Comunque sia, certo è che la battaglia di Genola e il sopraggiungere dell’inverno dovette rompere le file della colonna italiana, fosse essa in attesa di combattere o avesse già com- battuto. L'idea tuttavia di costituire un corpo di italiani era stata lanciata e presto (1) V. in Appendice, per data. (2) Anche di molti comandanti francesi era a loro dubbia la fede; se veneravano il Joubert e lo Championnet, vedemmo le loro accuse contro Scherer e Grouchy: i napoletani avevano denun- ziata la viltà del Mejan che s'era arreso a Napoli. Il Lancetti tacciava di vile la resa di Milano (Diario, 21 Pratile VII) e non sapeva darsi pace di quella di Mantova (28 Termidoro). ‘(3) V. in Appendice per data. Non tutti fecero così: Il Mazzucchelli ad es. chiedeva il 22 Hai tidoro di essere ammesso nell’esercito anche per trovare un pane (Arch. Min. Est., 250). (4) Doc. Rob., 585. (5) I, 6. Cfr. Diario, 2 Brumale e 11 Frimale, note. 1 (6) Anzi il Lancetti pareva dapprima risoluto ad impugnare le armi (Diario, 29 Termidoro, 2 Fruttidoro). Ad ogni modo fu la lettera del Bernadotte che lo fece partir da Parigi (7 Fruttidoro). (7) Conservasi nelle sue carte nella Biblioteca Comunale di Cremona. Pos (8) Pare però che vi pigliassero parte, se sì pensa che il Fantoni, che era tra gli esuli di Grenoble, si trovò alla battaglia di Genola e dopo la sconfitta fu chiuso in Genova (SotrrtI, pag. xxx1). 39 I RIFUGIATI ITALIANI IN FRANCIA NEGLI ANNI 1799-1800 Lato o tardi doveva tradursi in atto. — Che Napoleone appena ritornato dall’ Egitto pensasse ad una nuova spedizione in Italia per liberare l’esercito rimastovi dall’orribile stretta e per riconquistare le provincie perdute, era cosa naturale e se ne parlava dovunque (1). Il grande affaccendarsi di Lechi su e giù attraverso la Francia, sicchè il 10 Frimale egli arriva a Marsiglia, il 13 ne riparte ed il 17 è già a Parigi (2), è dovuto, come osserva il Cicognara, appunto al progetto della costituzione della Legione italica. TM 25 Nevoso (3) arriva a Marsiglia l’ordine a tutti i cisalpini di portarsi a Digione per formare la Legione italica; il 30 i cisalpini, e probabilmente anche i napoletani | residenti in Marsiglia (4), sono passati in rivista dal gen. Nogues. Comincia allora quel triste spettacolo della lotta sorda dei cisalpini per sottrarsi al servizio militare; il Lancetti approfitta della sua posizione di capo-cisalpino per esimere quanti più | può: due soli cisalpini in tutta Marsiglia egli era stato costretto a riconoscere abili, ed anche quei due, non sappiamo con quale pretesto, riuscì a “ salvare , (5). Quando le autorità francesi, stanche forse della canzonatura, ricorsero al mezzo energico di far arrestare i renitenti, fu un coro unanime di proteste, e tra i protestanti il primo fu il Lancetti (6), il quale in ultimo si decise di partire anche lui il 22 Piovoso (7) | pensando — a combattere forse? — no! — a procurarsi un buon posto e una buona | protezione dal gen. Vignolle, come già aveva cercato di avere dal gen. Toullié uffici | e stipendi (8). Quando sui primi di marzo, cioè alla metà di Ventoso, i cisalpini e i napoletani cominciano da ogni parte a confluire a Digione, volenti o nolenti, e un decreto di Napoleone in data 8 marzo (9) fissa le basi della formazione della Legione | italica, destinata a costituire la 6* divisione dell’armata di riserva, i preparativi | di guerra oramai non si tengono più nascosti: falliti i tentativi pacifici di Napoleone, | che aveva scritto all'imperatore d’Austria invano (10), la soluzione restava alle armi, eil Bonaparte affrettava una preparazione formidabile (11). Il I° Console non era uomo | che amasse le tergiversazioni, i pianti, le declamazioni: emesso il decreto dell’8 marzo, | il ministro di polizia Fouché sfrattò senz'altro da Parigi tutti i rifugiati (12); per obbligarli ad accorrere sotto le armi fece loro sapere che il sussidio di 15 soldi (1) V. Diario, 2 Brumale. È (2) Id., 11 Frimale, cfr. note. 2 (3) Id., per data. (4) Id. id. e nota PrrreLLA, 582. î (5) Id., 2 Piovoso. — V. in Appendice Doc. 23 Frimale, la lettera del Serbelloni al Ministro della guerra per “ salvare , i cisalpini dal servizio militare. | (6) Id., 3 Piovoso. (7) Id., per data. (8) Id., 26 Brumale. ì (9) De Cuenac, I, 38. Di tale decreto non fu data comunicazione al Serbelloni: essendosene egli lagnato gli fu risposto dal ministro Carnot il 17 Germinale che gli ordini del Ministero della guerra non avevano bisogno dell’intervento del Ministro cisalpino (Arch. Min, Est., 316). Rispetto all’obbligo militare la Francia considerava i cisalpini nè più nè meno che suoi sudditi! (10) De Cuenac, I, 38. (11) Il Cicognara il 12 marzo 1800 scriveva alla moglie: “ Oggi pare che non vi sia più dubbio | che avremo la guerra e le misure prese da quest'uomo unico e fortunato sono più che rassicuranti. I suoi talenti sono meravigliosi, la fortuna gli è stata costante. Dovrà egli perdere, ora che la Francia, ha mezzi più potenti che mai e li ha posti tutti in sua mano ? In quattro mesi egli ha potuto tornar dall'Egitto attraverso le squadre nemiche che coprivano il mare, rovesciare un fantasma di Governo imetto, dare una nuova Costituzione alla Francia ,. MaramanI, 183. 4 (12) Croce, 245. Serie II. Tom. LVII. 15 114 GIUSEPPE MANACORDA 40 al giorno non sarebbe più stato pagato se non a Bourg-en-Bresse, luogo assegnato alla Legione italica (1). Subito gli ambasciatori cisalpino, romano e partenopeo si dettero attorno per la revoca del decreto di sfratto: il Paribelli, incaricato di redigere a nome di tutti una nota al ministro Talleyrand (2), pur lodando il disposto del I° Console, biasimava la crudeltà del Fouché, capo della polizia, ricordando che molti fuorusciti mancavano del necessario pel viaggio, — che molti di essi avevano oggetti da vendere, crediti da esigere e via, — che molti erano ammalati o vecchi e per loro la partenza equivaleva alla morte, — che infine l’affollarsi improvviso di tanta gente sulla via di Digione, avrebbe reso difficili e costosi gli alloggiamenti e i viveri. Chiedeva quindi il Paribelli a nome di tutti che si invocasse dai Consoli la sospensiva al decreto della polizia, che si fissasse un modo di esecuzione del decreto consolare più conveniente alla generosità francese ed alla dignità italiana, che si stabilissero i requisiti per l’esenzione e i modi di farli valere. Infine essi pregavano che si procrastinasse a 6 giorni il termine di sfratto, fissato a 3 dalla polizia, e si facesse sapere — si guardi l’ingenua domanda in bocca di democratici! — se anche coloro che a Parigi vivevano del proprio, senza percepire sussidî, si dovessero rite- nere obbligati al servizio militare; tale il concetto della milizia in quegli uomini sorti allora alla libertà! Il gran da fare che si dettero gli ambasciatori italiani ottenne in parte l'intento: il decreto consolare escludeva dal servizio militare le donne, i vecchi e i fanciulli. Qualche nuovo motivo di esenzione dovette poi essere aggiunto, — forse quello molto elastico dei motivi di salute, — sicchè, come suole avve- nire, per quella maglia rotta sfuggirono più di metà i pesciolini (3). Solo il segretario i della Prefettura di polizia, il 24 Pratile scriveva ai membri della Commissione cisalpina dei sussidî che tutti i rifugiati esenti dal servizio militare dovevano farsi iscrivere al registro di polizia generale (4). Perchè? Non sappiamo: ma in generale forse si può ritenere che il Governo francese avesse le sue buone ragioni per voler vedere in viso coloro che dopo tanto declamare si mostravano i più imbelli: neanche a farlo apposta erano fra essi i più focosi pennaioli, Salfi, Franzini e il piè-veloce Pioltini! (5). Quanta retorica bellicosa fatta a proposito di quella prima impresa militare italiana, sfuma e svapora se si osservano i fatti ad occhio nudo, da vicino, sgombrando il terreno dalla superficiale vegetazione di proclami e di editti, di peti- zioni e di pistolotti! Ma si rallegrino i cuori; i fatti, anche ridotti alla pura verità, costituiscono : sempre una bella pagina nella storia nostra. Ecco d'altra parte notizie sicure di ufficiali, specialmente napoletani, da poco arrivati, che chiedono ed insistono per A (1) De Cuenac, I, 57. Copia di tale decreto trovasi all’Arch. Nation., A. F., IV, 12, pl. »: n° puis. e all’Arch. Min. Est., e. 389. (2) Carte Paribelli. Per conto dei Cisalpini il Serbelloni non si tenne di scrivere il 19. Fiorile. J un’altra lettera al Governo francese, nella quale ripeteva l’idea che chi non riceveva sussidi potesse restare a Parigi. Egli faceva presente che fra i Cisalpini eranvi molti artisti, scienziati, gente tran- quilla e rispettabile, nonchè rappresentanti, impiegati, ex direttori: per tutti costoro sarebbe stato una grave sventura vedersi confusi colla canaglia dei rifugiati di mestiere. Bel concetto della milizia, | riservata ai bricconi! (Arch. Min. Est., c. 341. V. Appendice, documento 19 Fiorile VIII). (4 (3) V. Diario, 13, 14 Pratile VIII e note. (4) Carte Paribelli. (5) V. nota giorno 14 Pratile VIII. 41 I RIFUGIATI ITALIANI IN FRANCIA NEGLI ANNI 1799-1800 115 essere ammessi nella Legione italica: sono 20 ufficiali d’artiglieria napoletani e 10 di marina che il 1° Piovoso si fanno raccomandare dal Ciaia e dal Paribelli al generale Berthier (1). Ecco il 22 Fiorile 39 ufficiali napoletani, testè arrivati, e 77 soldati di truppa, o sottufficiali, che spontaneamente dichiarano “ di voler continuare la car- riera delle armi in difesa della patria e di marciare al campo a loro indicato , (2), mentre solo un ufficiale e nove soldati dichiarano di non poter pigliar parte alla spedizione. Ecco il 15 Fiorile il Ministro della guerra chiedere al Ciaia ed al Paribelli informazioni su certi ufficiali napoletani che domandano di essere ammessi a servire nell'esercito francese, dacchè il ruolo della Legione italica è appena sufficiente per la metà degli ufficiali aventi diritto (3). La Francia accolse tutte queste offerte e del numero esuberante di ufficiali costituì una compagnia apposta, nella quale molti valorosi — e tra questi Guglielmo Pepe (4) — militarono come semplici soldati, finchè al finir della campagna non riebbero il loro grado (5). Al 24 Ventoso l’orga- nizzazione era pronta edi quadri venivano portati a Parigi (6): seguivano esercita- zioni al campo, istruzioni per gli ufficiali, allenamenti di scherma (7). Anche gli ufficiali della guardia nazionale delle varie repubblichette d’Italia vengono organizzati in un corpo a parte (8) e finalmente il 2 Germinale le truppe partono da Dijon per Bourg-en-Bresse, luogo loro assegnato. Sono truppe mal vestite ed esauste di patimento, ma il Lechi le contempla con orgoglio di generale e di italiano, quasi presente quanto fuoco di entusiasmo, quanto spirito di sacrifizio possano nutrire quei cuori di soldati for- manti, cinquant'anni prima dell’epopea italiana. l'avanguardia dell’esercito nazionale (9). Certo, milizie raccogliticcie e malfuse, costituite da uomini in gran parte nuovi alle armi, di ufficiali improvvisati e, pur troppo, anche di elementi spurì ed eterogenei, non escluso qualche tedesco (10), non dovevano essere troppo disciplinate. A parte le accuse del Dubreton brontolone, il Lancetti e il Cavedoni si buscano dei giorni d’arresto per essere scesi agli uffici dello stato maggiore nelle ore di chiusura (11); il generale in capo, alla vigilia di partire per la guerra, pensa troppo alla sua promozione, alla carriera ed allo stipendio (12). Alle belle donnine pensano generali ed ufficiali: alla legione tien dietro, dissi, un deposito non solo di viveri, di munizioni e di armi, ma anche di... amiche, non esclusa l’Alessandrina, la bella del gen. Lechi (18). Pure, come l'ordine viene, la Legione italica avanza arditamente all’avanguardia guidata dal gen. Lannes e per Ginevra, Vevey, Martigny, superate le Alpi, sbocca in Pie- (1) Croce, 242. (2) PereELLA, 528. (3) Carte Paribelli. Anche il noto principe Pignatelli di Moliterno aveva chiesto di entrare nel- l’esercito e fu esaudito (Arch. Min. Est., 316). (4) Diario, 30 Nevoso, nota. (5) Id., 27 e 29 Ventoso, nota. (6) Id., per data. (7) Id., 27 Ventoso, 6 e 7 Fiorile. (8) Id., 29 Ventoso. (9) V. Lettera di Lechi in data 6 Germinale, in Croce, 243. Cfr. Diario, nota tale giorno. (10) Diario, 27 Germinale. (11) Id., 25 Germinale. Cfr. 21, 22, 23 Germinale. (12) Id., 15 e 21 Fiorile. (18) Id., 7 e 8 Pratile. 116 GIUSEPPE MANACORDA 49 monte (1), fuga gli austriaci a Varallo e, operando come ala sinistra dell’esercito francese, avanza verso l’Adda; con valore s'impadronisce del ponte di Lecco, con- quistando cannoni e prigionieri e togliendo al nemico la flottiglia che batteva il lago di Como (2). E tenne il campo la Legione italica per nove mesi continui, seguendo i francesi di vittoria in vittoria fino nel Trentino, ove il valore dei suoi meritava gli elogi che il generalissimo Berthier scriveva al Lechi in data 18 gennaio 1801. Tale la storia della Legione italica: storia mista di piccole viltà e di eroismi, di virtù e di vizî, che ricorda colle sue deficienze i tristi tempi dei pigri cuori e della servitù propria degli imbelli, ma che prelude coi suoi slanci all’epopea guer- resca della generazione seguente, la quale, vestita d'ira e di ferro, Sorse cantando a chiedere la guerra. VI. — Di che vissero gli esuli. Triste storia questa: storia di dolori e di fame, di nobili sforzi fatti per lottare colla miseria e di avvilienti accattonaggi, di commovente e generosa solidarietà e pur troppo anche di vergognosa speculazione o di indegni sospetti tra esuli e com- paesani, che la sventura almeno doveva stringer fra loro. Era stata così improvvisa per molti la notizia della rotta di Cassano e la fuga, che erano partiti-senza aver tempo di provvedersi del necessario per vivere fuori di patria, non si sapeva per quanto tempo. I ricchi stessi, perchè colti all'improvviso, erano usciti dal paese loro con ben poco in tasca, senza poter prevedere che la lunga guerra, la quale si sarebbe svolta tra la Francia e la Lombardia, avrebbe rese difficili le comunicazioni e quindi l'invio di denaro. Serbelloni medesimo, il riechissimo ex-patrizio, avrebbe forse dovuto ricorrere, come il suo collega Galdi, ambasciatore in Olanda, ad un prestito per vivere, se la generosità di un suo fittabile, Grassi, non gli avesse portato a Parigi; attraverso a mille pericoli, quel tanto che aveva potuto salvare alla confisca austriaca e, pare, all’ingordigia del fratello, ufficiale dell’esercito jimperiale (83). L’ex-conte Leopoldo Cicognara mise a profitto la sua abilità di pittore per procurarsi il pane (4); l’ex-principessa di Belmonte si umiliava a chiedere sussidi, pur non sapendo rinun- ziare “ per lunga abitudine, età e salute ,, alla aristocratica comodità d’una carrozza (5). Uomini di ingegno come il Mascheroni son costretti ad insistere impazientemente presso il Direttorio per riscuotere certi loro assegni, chè la miseria li stringe (6). Pietro Napoli-Signorelli, il noto storico del teatro, a 65 anni è ridotto a farsi scri- vere in francese una supplica, vantando le sue benemerenze, per aver pane (7); Vin- (1) Per tutte le mosse della legione, note per altre fonti, cfr. nota, giorno 7 Pratile, VIII. (2) V. ordine del giorno di Vignolle in data 19 Pratile VIII: “Il gen. Lechi alla testa della brava brigata cisalpina forzò il passaggio del ponte di Lecco, prese 4 pezzi di cannone e fece alcuni prigionieri. Egli si impadronì di tutta la flottiglia tenuta dal nemico sul lago di Como ,. Raccolta degli ordini, proclami, editti, avvisi, pubblicati dal 15 Pratile, anno VII, Cremona, Feraboli, vol. I, p. 19. (3) Appendice, doc. 15 Messidoro e Diario, 19 Messidoro. (4) MaraxanI, 75. (5) Croce, 246, nota. (6) Cantù, Diplom., 175 cit. (7) Croce, 245. Cfr. Diario, 18 Termidoro, nota sul Gianni. 43 I RIFUGIATI ITALIANI IN FRANCIA NEGLI ANNI 1799-1800 LI 7 cenzo Monti, dopo aver invano insistito per essere pagato come segretario del Diret- torio (1), dopo aver persino deluso gli spasimi dello stomaco colle more delle siepi, si riduce a Parigi presso il Marescalchi, che generosamente gli concede pane ed ospizio (2). Fa onore ai nostri l’aver tentato, fin che fu possibile, di sottrarsi alla miseria col lavoro, mettendo a profitto quelle abilità e quelle attitudini che forse non si erano procurate a scopo professionale. Nicola Basti, napoletano, si aiutava a Parigi dando lezioni di italiano (3), come lezioni d’italiano, probabilmente non gratuite, imparti il Lancetti a Grenoble (4). I giornali di questa città, nota il Roberti, recano frequenti avvisi di italiani che si offrono al pubblico per dar lezioni (5). Fra i napo- letani, dissi, molti si ricordano della loro speciale disposizione alla musica ed al canto e danno pubblici spettacoli di concerto e di canto (6). Altri traggono profitto dalla loro abilità nella scherma (7); che più? in caso estremo vendono gli infelici i pochi oggetti di valore che hanno con sè (8), e si aiutano l’un l’altro cedendosi oggetti usati con pagamento a dilazione (9). I più ricchi non rifiutarono di soccorrere i più poveri; abbiamo già visto in proposito quali meriti si acquistasse il Mare- scalchi: altrettanto fece il Balabio, facoltoso milanese (10), e Carlo Testi, uomo di stato e di studio (11). Il Lancetti stesso, quando potè, condivise cogli amici le sue non laute riserve finanziarie (12), e chi non era in grado di aiutare, si adoperava in' pro’ degli infelici raccomandandoli, come fece lo scrittore Alberto Fortis, che scrisse a Napoleone raccomandando Lamberti, Signorelli e Monti, stretti dal bisogno (13). Fra soldati non mancarono commoventi prove di buon cuore; gli ausiliari polacchi rimasti in Genova, imposero volontariamente a se stessi una tassa sul loro modesto soldo per aiutare i bisognosi (14). Qualche napoletano, o per senso di dignità o per non sottrarre aiuto ai più infelici, o per entrambe le cause, rifiutò i sussidi a lui offerti dalla Municipalità di Marsiglia (15). Certo, di fronte a questi nobili tratti di abne- gazione e di dignità, non mancarono pur troppo i casi di ingorda e disonesta specu- lazione. Essi però sono più difficili ad accertarsi: in quell’ambiente di odio e di sospetti, ove vivevano gli esuli, chi può prestar fede alle accuse, talvolta atroci, che si lanciano l’un l’altro? Ecco lo stesso ambasciatore Serbelloni che — chissà con qual fondamento! — chiama il poeta Fantoni “ scialacquatore di quel denaro che la (1) Cantù, Diplom., 175 cit. Lettera 28 Brumaio, anno VIII. (2) Monti, Lettera al Bettinelli, in Opere, ed. Resnati, pag. 457, nota: “ Per non esser di peso & veruno, io vivevo, è fatto noto e mi glorio di dirlo, di frutti raccolti colle mie mani sotto gli alberi delle campagne di Chambéry ,. (3) Croce, 95, nota. (4) Diario, 14 e 16 Pratile VII. (5) RoseztI, 739. (6) Diario, 23 Germinale e 1° Fiorile. (7) Id., 6 Fiorile cit. (8) Id., 22 Piovoso. (9) Id., 30 Ventoso. (10) Metzi, I, 231. (11) Maramani, 150. — Cfr. Diario 16 Termidoro. sà (12) Diario, 12 Termidoro e 17 Brumale. (13) Monni, Lettera al Bettinelli cit. (14) Zavwori, II, 420. (15) PergeLLA, 532. 118 GIUSEPPE MANACORDA 44 pietà dei francesi aveva raccolto pei miseri raminghi italiani , (1). D'altra parte, ecco un cittadino Bocalosi che accusa il Direttorio cisalpino di aver portato con sè da Milano delle somme considerevoli e di papparsele comodamente ad insaputa dei poveri rifugiati che muoiono di fame; egli aggiunge l’accusa al Direttorio stesso di aver tolto a suo profitto la somma assegnata dalla Francia agli esuli, dando a cia- scuno di questi sole L. 60 (2). Alla fin fine il Direttorio non aveva tutti i torti nel non voler maneggiar denari in momento di tanti sospetti ! La pagina più bella della storia di quell’anno fortunoso è quella in cui si ricor- dano le commoventi prove di fraternità che i francesi dettero agli italiani: pagina commovente, dico, che fa dimenticare quasi i torti della nazione amica, i cui rap- i presentanti per tre anni avevano dilapidati i nostri beni, i cui reggitori chiudevano le orecchie e il cuore agli appelli generosi dei nostri, invocanti per la patria libertà e indipendenza. Erano appena arrivati in Francia i fuorusciti, quando il Governo francese assegnava per primo soccorso ai cisalpini L. 50 mila: le aveva ottenute, pare, il Rivaud descrivendo al Governo francese l’affliggente penuria dei fuggiaschi (3), ed il Direttorio cisalpino, pur esimendosi dal còmpito di distribuirle, si affrettava il 18 Fiorile a ringraziare l’ambasciatore francese (4). Vero è che il Ministro degli esteri, Talleyrand, conoscendo quanto la cifra fosse inferiore al bisogno, preavvisava i cisalpini (5), a mezzo del Bignon, che per altre elargizioni sarebbe occorso l’inter- vento del Corpo legislativo e che il Direttorio francese non avrebbe molto tardato a richiamare l’attenzione di esso su questo grave argomento. La promessa fu man- tenuta, e sollecitamente, colla legge 28 Pratile, che assegnava L. 200 mila ai cisalpini, sicchò già il 6 Messidoro Serbelloni poteva mostrare al Lancetti tutto il conteggio |. pronto per la distribuzione delle restanti 150 mila lire votate per legge dal Parlamento pei soli cisalpini (6). Ahimè! questa volta i denari furono più facili a trovarsi che a distribuirsi : la burocrazia imperava già, come oggi, per ingarbugliare le cose! — Due mesi passarono, e il Serbelloni il 2 Fruttidoro chiamava il Lancetti per preparare una nota dei rifugiati, desunta da quella del Direttorio, e gli confidava di aver in animo di creare una Commissione (7). Ab, le Commissioni! esse studiavano (si direbbe | ora) la distribuzione dei sussidi! Aspetta cavallo..... con quel che segue! Nè più spedite camminavano le cose fuori di Parigi: a Grenoble non si ha menzione di distribuzione di soccorsi provenienti dalle 200 mila lire, se non il dì 8 Fruttidoro (8), e questa fu fatta, presente il rappresentante Gerolami, solo ai più bisognosi! Alle ; (1) Im “ Mercurio Britannico , cit. La brutta accusa contro il Fantoni è ripetuta pure in una nota ms. di mano del Cerretti apposta ad una satira antifantoniana del Cerretti stesso. Secondo | detta nota, Labindo avrebbe fatto a Grenoble una colletta pei fuorusciti, che fruttò 80 luigi, e poi — sarebbe fuggito coi denari raccolti (SoLermI, pag. xxvm). (2) Cantù, Diplom., 25. (3) Arch. Min. Est., 110. (4) Appendice, doc. tale data. Il 10 Messidoro il Direttorio cisalpino aveva già riscosso le: 50 mila lire e le veniva distribuendo: a tale scopo aveva mandato a Grenoble uno dei segretari, ; per fare il computo dei rifugiati là dimoranti (Arch. Min. Est., c. 167). (5) Lettera del Talleyrand al Bignon (Arch. St. Milano, filza cit. e Arch. Min, Est., 136, 137). (6) Diario, 6 Messidoro. — Cusani, V, 306. — FrancÒ®eErtI, Stor., luogo cit. — De East, Milano e la Repubblica cisalpina. Milano, Dumolard, 1879, pag. 284, 29. (7) Diario, per data. (8) Doc. Rob., 584. 45 I RIFUGIATI ITALIANI IN FRANCIA NEGLI ANNI 1799-1800 119 autorità di Grenoble ricorsero pure per sussidi i rifugiati cisalpini di Chambéry, racco- mandati dal Direttorio esule, ed ebbero una quota di 50 franchi ognuno (1); 60 invece, ne ebbero tre cisalpini degenti all'ospedale di Nîmes. Fontanelli e Bolognini, che per essersi stabiliti a Montpellier, erano stati dimenticati nella distribuzione dei primi soccorsi fatta il 15 Termidoro colle prime 50 mila lire, ebbero per risarcimento 60 lire, ossia 10 di più degli altri nella seconda distribuzione (2). La somma totale asse- gnata di 200 mila lire, fu senza alcun dubbio generosa per parte della Francia, in un momento di tanto sfacelo militare e finanziario: ma 50 o 60 lire per ciascuno degli esuli non bastò, com'era naturale, a rinfrescare l’arsura dei loro smunti borsellini. Pochi giorni dopo fatta la distribuzione, l’irrequietudine, i lamenti degli infelici e le strida ricominciarono più forti di prima: se ne sente un'eco nella lettera dei patriotti di Grenoble al Bernadotte in data 12 Fruttidoro (3), nè fa meraviglia che il Ministro della guerra sentisse il bisogno di scrivere il 24 Fruttidoro al Direttorio (4), racco- mandandogli di soccorrere i rifugiati di Grenoble (piemontesi e cisalpini) e quei di Marsiglia, in gran parte napoletani, vittime delle spogliazioni fatte loro in mare dagli inglesi. Il coro dei lamenti durante quei mesi e mesi di aspettativa segnava un cre- scendo spaventoso: al Cicognara che descriveva alla moglie gli orrori di quella miseria (5) ella così rispondeva: “ Non mi meraviglio dell'abbandono in cui sono lasciati i miseri profughi, perchè i protettori dei diritti degli uomini hanno molta filosofia per le sventure dei loro simili , (6). Finissimo ed amaro sarcasmo, sebbene ingiusto! Ma a chi non intorbida la mente lo strazio del bisogno proprio o dei suoi cari? A poco a poco, col declinare della stagione bella e l’avanzarsi della brutta, anche i più nobili e generosi fra i rifugiati si mostrano preoccupati più del pane che della politica, quasi dicevo della patria. Botta, dissi, era ritornato al suo ufficio di medico militare; Ciaia e Paribelli, al Bonaparte reduce dall’ Egitto, chiedevano che si procurasse loro un impiego o si dessero loro in locazione dei beni nazionali, coll’obbligo di pagarne una parte dei frutti allo Stato, ed aggiungevano che se i rifugiati aristocratici francesi in Austria avevano trovato cariche ed uffici, era ben giusto che altrettanto trovassero in Francia le vittime italiane della libertà (7). I segretari del Direttorio di Chambéry, sul finir di Brumaio, già fu detto, rivolgevano al loro Governo un supremo appello per essere aiutati, dicendo di essere privi di ogni cosa necessaria e di non aver toccato un piccolo sussidio da 4 mesi, da quando cioè erano state distribuite le prime 50 mila lire. Lo strazio di quella situazione (1) Id., 587. (2) Id. (3) Appendice, per data (4) Id., id. (5) “ Sono stato eletto a far parte della Commissione di distribuzione dei soccorsi ai fuorusciti cisalpini. Da circa un mese che mi trovo a Parigi [eravamo quindi sul principio d'ottobre] non c'è stato da distribuire a tutti quelli che stanno sul territorio francese che press'a poco trenta franchi a testa. Pare un soccorso decretato dalla Repubblica di S. Marino! Fa vergogna a chi lo dà e umilia chi lo riceve. In Francia e specialmente a Parigi sono moltissimi italiani pieni di bisogni ,. Maramani, 154. (6) Id., id. (7) Carte Paribelli. — Il Paribelli voleva recarsi a Genova presso lo Championnet “ sicuro di trovarvi un fucile e un pane , (Croce, 240). 120 GIUSEPPE MANACORDA 46 insopportabile spinge quegli infelici a confronti ben tristi: Carlo Botta, 11 novembre, scrive al Cavalli che i nobili piemontesi portati in Francia come ostaggi e scarce- rati a Digione “ se la godono bellamente per le contrade e le case della città ,. Ed aggiungeva con amaro sarcasmo: “ Manco male! la deve andar così la cosa, perciocchè i nostri patriotti sono altrettanti pitocchi che altro non hanno fuor che la virtù e la mediocrità della fortuna, quando che gli statichi sono tutta gente nobile e piena di buon denaro. Laonde devono incontrar favore presso tutti e persino presso i repub- blicani del secol nostro, che è un bel secolo in verità! , (1). Le insistenze, i contrasti, i dispetti di quei lunghi mesi di aspettativa e di miseria si riflettono nei carteggi conservatici nell’ Archivio del Ministero degli esteri (2). Si dovette dapprima eliminare la concorrenza dei cisalpini rifugiati a Genova, che vole- vano pure essi la loro quota di sussidi. Tolti di mezzo costoro, come il tempo avan- zava e i denari non venivano, un buon numero di cisalpini rifugiati a Chambéry ste- sero una petizione al Direttorio colà sedente, protestando perchè molti cittadini erano stati arbitrariamente esclusi dall’elenco dei soccorrendi, e gli altri che v’erano com- presi, nonostante l’avviso loro dato della spedizione di 65 lire ciascuno, non avevano ancor toccato un centesimo (3). La petizione, col deplorevole ritardo di oltre un mese, fu trasmessa dal Direttorio cisalpino al Ministro degli affari esteri francese, e di rin- calzo il 22 Frimale (4) lo stesso Direttorio avvertiva detto Ministero: — che il Bianchi d'Adda s'era dimesso da Ministro della guerra per non poter più sostenere con decoro l'ufficio, — che al Governo cisalpino mancavano i mezzi persino per le spese postali — e che era ben iniquo. che (sebbene la seconda rata del sussidio fosse già stata ver- sata) l'esecuzione della volontà del Governo francese fosse in balìa di individui, i quali | mostravano di curarsene così poco (5). Coi soliti giri e rigiri burocratici la petizione dei rifugiati di Chambéry fu dal Ministro degli esteri passata al Serbelloni per aver spiegazioni, e questi, infatti, in data 30 Frimale, comunicava al Ministro l'elenco dei mandati fino allora fatti (6). Venivano adunque i denari a goccia a goccia, ma venivano anche più veloci le spiegazioni — per non dire le risposte per le rime — della Commissione dei sussidi, bersaglio di tanti odì e ingiurie (7). Sua prima cura — diceva essa al Ministro degli esteri nella sua lettera del 25 Frimale — era stata quella di com- — pilare un elenco di tutti i cisalpini sparsi sul territorio francese, ed a tal fine nominò. a Nizza, Chambéry, Marsiglia e Grenoble due cisalpini incaricati di compilarlo, com- prendendovi tutti i cisalpini, per nascita e per legge, dimoranti in Francia, esclusi i militari. A Marsiglia, a Grenoble ed a Nizza nessuno — diceva la Commissione — (1) Carunri, II, 63. (2) Arch. Min. Fst., c. 190. ) (3) V. Appendice, doc. 8 Brumaio. (4) Id., 14 Frimale. (5) Ibid., e. 274. (6) Ibid., c. 276, 277. Ecco l'allegato: Ord. 8 Vendemmiale, N. 2, L. 10.000 [riscosse ?] 16 Vendemmiale TATA SFEONAL0:0001e ei 12 Brumale Id. 23 Brumale a Ag DO 2 Frimale Id. 1 Frimale n NOE gi 0000 RZ male Id. 11 Frimale 1 6; 5 10,000 (7) Arch. Min. Est., ib., 278. I Commissari firmati sono Compagnoni, Savonarola, Pelosi, 47 I RIFUGIATI ITALIANI IN FRANCIA NEGLI ANNI 1799-1800 121 era stato escluso : se ciò era avvenuto a Chambéry, se ne doveva dar colpa ai dele- gati. Del resto era ben strano che tra i sottoscritti al reclamo si trovasse il citta- dino Bernardoni (1), che appunto era uno dei delegati di Chambéry. Costui attribuiva alla Commissione ciò che doveva imputare a se stesso, dacchè la Commissione non aveva altra norma per la distribuzione, se non il catalogo. Rivedendo poi le buccie ai signori firmatari del reclamo, la Commissione dichiarava d’aver escluso dal sussidio il De Stefanis e la sua famiglia, perchè non cisalpini, e il Dal Fiume, perchè non dimorava in Francia, ma era passato in Genova, esonerandosi dal compilare il catalogo. Male adunque aveva fatto il Guidicini a firmare per lui. Quanto alle cause della ritar- data distribuzione, le 10 mila lire riscosse dal Serbelloni il 16 Vendemmiale furono subito distribuite ai Ministri cisalpini presso i Governi esteri, poi ai rifugiati di Parigi, Marsiglia e Nizza; le altre 10 mila lire furono riscosse solo il 12 Brumaio, cioè 4 giorni dopo il reclamo di quei di Chambéry, e il giorno 13 fu subito spedita a Chambéry la somma richiesta dal catalogo di quei rifugiati. La Commissione dei sussidi chiudeva dichiarando il reclamo “ per ogni parte precipitato , ed affermando la perfetta sua diligenza e rettitudine. Ahimè! I sussidi tardavano, tardavano sempre, checchè dicesse la Commissione! Ecco il 18 Nevoso un’altra memoria dei rifugiati di Grenoble, firmata dal Guidicini, dal Monti, dal Cerretti, che si lagnano di non aver riscosso un centesimo. Più tardi, il 14 Piovoso (2), quando oramai il magro sussidio era giunto a ristorare gli stomachi esausti, il Direttorio di Chambéry non . lasciava passar sotto silenzio le accuse della Commissione dei sussidi e scriveva al È Direttorio francese, difendendo l’operato dei due delegati al catalogo in Chambéry, __ Bernardoni e Lachini (3), e insistendo sul fatto che l’elenco dei 28 sussidiati non cor- | rispondeva affatto a quello dei 70 rifugiati di Chambéry. Dicevano: non furono com- | presi nei sussidiati alcuni estremamente bisognosi, ed invece vi furono compresi alcuni agiati; furono soccorsi domestici e militari e dimenticati funzionari pubblici | e autorità costituite. “ Fa d’uopo dunque concludere — diceva il Direttorio — che il solo capriccio, l’arbitrio, la parzialità, l'ingiustizia avevano servito di norma a | questa provvisoria prima distribuzione ,. L'arrivo di Napoleone, lo stabilimento del Consolato e il nuovo rapido impulso dato alla vita francese, come ad ogni altra cosa, così dette ordine anche alla sommi- | nistrazione dei sussidi agli emigrati. Venti giorni appena dopo il colpo di Stato, il | decreto consolare del 7 Frimaio dispose che a tutti i rifugiati si corrispondesse un | sussidio giornaliero di L. 0,75 (4): a quelli fra gli esuli che avessero avuto un grado | militare si assegnava già la mezza paga, corrispondente all'ufficio loro dal dì dell’ar- ruolamento (5). Era poco, ma rappresentava per ciascuno, nell’imminenza dell’in- (1) Esiste del Bernardoni un’autodifesa, in data 4 Piovoso, diretta al Direttorio francese contro le accuse della Commissione: egli si riferisce ad alcune sue lettere precedenti in cui segnalava i — nomi dei rappresentanti esclusi dalla Commissione, ricorda le proteste sue pei ritardi, per aver ‘visto solo 28 su 70 dotati di sussidio e ricorda le dimissioni da lui date il 17 Nevoso dall’ufficio di compilatore del catalogo per le tante seccature avute (ibid., 282). (2) Ibid., c. 288. (3) Ibid., c. 302-304. (4) Carte Paribelli e Croce, 240-41. — Diario, 6 e 11 Nevoso. — V. il Decreto in Appendice, Doc. 7 Frimale VIII. (5) Diario, 21 Ventoso, e Lett. cit. del gen. Berthier in De Cuenac, I, 57. Serie II. Tom. LVII. 16 122 GIUSEPPE MANACORDA 48 è verno, la sicurezza della quotidiana sussistenza (1), e per la Francia stessa era quello il solo mezzo di ovviare al grave inconveniente di ospitare una turba affamata e turbolenta. Il sussidio fisso giornaliero da distribuirsi nelle singole città a mezzo di capi-emigrati (2), a ciò eletti, era un aiuto più continuo e puntuale che non fosse quello finora adottato delle grandi somme da ripartirsi con complicato e lungo con- teggio. Lo Stato da parte sua, conosciuto il numero dei rifugiati, poteva rendersi conto con precisione della somma quotidiana da iscriversi al passivo sul capitolo delle spese per la Legione italica. In realtà, la distribuzione del nuovo genere di sussidio apparve subito più spiccia e pronta che non quella vecchia. A Marsiglia; ove capo dei cisalpini fu nominato il Lancetti, nonostante le inevitabili complicazioni burocratiche, i sussidi, che potevano essere riscossi in denaro ed in pane, cominciarono a distribuirsi il 20 Nevoso (8) ai cisalpini, alquanto più tardi ai rifugiati di altre pro- vincie (4). Accadde in qualche luogo che il nuovo sussidio giornaliero arrivasse quasi contemporaneamente alle 55 lire derivanti dalla ripartizione delle 200 mila lire. A Grenoble, ad esempio, solo il 6 Frimale giunsero dalla Legazione cisalpina di Parigi le quote spettanti a 134 rifugiati ed altre molte arrivarono il 21 Nevoso (5), e quando esse giunsero, se non esagera il Botta, alcuno di quegli infelici era già morto di fame (6). Che più? Il Lancetti, colle sue peregrinazioni su e giù per la Francia, aveva così complicato la “ pratica , del sussidio, spettantegli fin dall’estate del ‘99, che finì di riscuoterlo 111 Piovoso (7), quando cioè da circa un mese gli decorreva già la mezza paga come capitano cisalpino. Certo non è da credere che sempre e in ogni caso la riscossione del sussidio giornaliero procedesse spiccia e rapida: Ciaia e Pari- belli, anzi, il 10 Piovoso scrivevano una lettera al generale Berthier, ministro della guerra, avvertendolo che da ogni parte arrivavano a loro reclami dei rifugiati che non potevano riscuotere i loro 75 centesimi giornalieri, o la mezza paga, se militari. “ Nonostante le circolari — dicevano — i vostri ordini sono quasi per nulla eseguiti, e gli uni sono forzati a delle marcie quasi continue nell’inverno, privi di mezzi, colle loro famiglie, a rischio della vita, mentre gli altri nei dipartimenti languiscono nella più squallida miseria (8) ,. Il Lancetti, ad esempio, la prima sua mezza mesata di capitano non la riscosse che il 17 Germinale, l’altra al 1° Fiorile (9), quando non era più a Marsiglia, ma a Digione. Allorchè nella primavera dell’800 l’esercito di riserva si venne radunando a Digione ed alla Legione italica fu assegnato per stanza Bourg-en-Bresse, un decreto consolare del maggio, come già vedemmo, per obbligare gli italiani ad accorrere sotto le armi, dispose che il sussidio giornaliero non fosse più (1) Fatto il ragguaglio coi prezzi del tempo, 0,75 corrispondono a circa 1,20 oggi. (2) Diario, nota 11 Nevoso. (3) Id., per data. Dove si apprende che invece del sussidio in denaro potevasi avere razioni di pane secondo il disposto del decreto. Pei ritardi cfr. 17 Nevoso. i (4) I toscani ed i romani il 20 Nevoso avevano ancora nulla riscosso (Diario, per data). (5) Doc. Rob., 585. (6) RosERtI, 590. Cfr. lettera del Botta al Cavalli del dicembre. — Il Porro da Nizza il 7 dicembre scriveva che nè egli nè gli altri cisalpini là residenti avevano ancor riscosso sussidio: ed a lui, con- fiscati i beni, più nulla restava a Milano! (Cantù, Diplom., 73). (7) Diario, per data. (8) Carte Paribelli. (9) Diario, per data. 49 I RIFUGIATI ITALIANI IN FRANCIA NEGLI ANNI 1799-1800 123 Ù riscotibile, se non a Bourg (1). Molti, vedemmo, elusero la disposizione, nonostante lo zelo del Fouché, ministro di polizia, che espulse gli esuli da Parigi: ma è certo che quelle milizie italiche, le quali agli occhi del generale Lechi apparivano smunte e lacere, poterono, in poche settimane di vita regolata e di nutrizione sufficiente, porsi in grado di affrontare vigorosamente le marcie alpine e le fatiche di quella fortunata campagna (2). Se gravi furono i disagi economici sopportati dai cisalpini durante l’esiglio, non furono meno aspri e lunghi quelli toccati ai piemontesi, i quali anzi furono più dimenticati dai francesi. Erasi appena insediata l’Amministrazione piemontese a Gre- noble, quando, avendo avuto sentore delle 50 mila lire di sussidio concesse dal Diret- torio francese ai cisalpini, scrisse il 27 maggio a Parigi al Botta ed al Robert (3), loro legati, perchè chiedessero al Governo francese una eguale somma pei rifugiati piemontesi ed implorassero che le milizie francesi combattenti in Piemonte non sac- | cheggiassero le campagne, già taglieggiate dal continuo passar di eserciti. Ma il Botta e il Robert erano in quei giorni troppo preoccupati della petizione per l’unità | e l’indipendenza d’Italia: la questione dei sussidi era passata per loro in seconda linea, nè fa meraviglia il sapere che essi si limitarono a raccomandare che ai più bisognosi fra i piemontesi fosse dato brevi manu qualche aiuto (4). Da Grenoble però | nonsi cessava di insistere : “ gli stessi vostri compatriotti — scriveva loro il 17 luglio Pico, segretario dell’Amministrazione— i quali sanno la vostra missione, accusano l’Am- A | ministrazione, quasi non avesse pensiero pel bene pubblico. Di più, i rifugiati pie- montesi si trovano in estrema miseria, e l’Amministrazione ehe, come ben sapete, non ebbe mai fondi, — salvo trenta mille lire in biglietti, coi quali dovette far fronte alle | spese durante il suo soggiorno in Piemonte, — si trova anch'essa al sommo angustiata, Li tanto per la sua giornaliera sussistenza, quanto per poter soccorrere gli infelici suoi ‘amministratori, gemono nella miseria. Si era pur scritto a voi più volte per ottenere | qualche sussidio, ma nemmeno una risposta. È possibile che vi siate dimenticato di | essere piemontese? Non lo voglio credere! Conosco abbastanza il vostro cuore e la | vostra energia. Ma, per carità, scrivete qualche cosa , (6). In verità, Botta e Robert, | passata l’urgenza della petizione, ora insistevano pei sussidi, e finalmente, ai primi 4 d’agosto, il Direttorio presentava ai Consigli un messaggio per ottenere un sussidio di 100 mila lire ai rifugiati non cisalpini, come due mesi avanti ne aveva ottenuto (1) De Cuenac, I, 57. — Cfr. Doc. Rob., 4 Pratile, ann. VIII, pag. 587. pa (2) Cfr. cit. lettera del Lechi in Diario, 6 Germinale, nota. (8) V. in Brawoxr, III, 246. (4) Rosermi, 736. (5) Branca, 246. (6) In., 247. £ (7) Roserti, 738. — La legge 28 Termidoro assegnava in blocco 100 mila lire a tutti i rifugiati italiani, non cisalpini. Per la distribuzione fu nominata una Commissione di 3 francesi e 8 italiani, | presieduta dall’Abrial. La nomina di costui a ministro di giustizia e le dimissioni di altri furono causa dei ritardi (Arch. Min. Est., 324-5). 124 GIUSEPPE MANACORDA 50 Ma anche di queste 100 mila lire la distribuzione e la ripartizione furono lente e complicate. La Commissione generale dei sussidi nominata a Parigi, dopo lunga attesa, assegnò ai piemontesi rifugiati ai Grenoble, che erano oltre mille, L. 800 da distribuire, il che faceva in tutto 60 cent. a testa (1). Il Botta era intanto ritornato a Grenoble ed aveva avuto l’incarico di distribuire ai suoi compagni di sventura quell’irrisoria elemosina. “ Dopo che ho ricevuto la tua lettera, colla quale mi annunci le concesse 800 lire a favore dei rifugiati — scriveva egli a Parigi al Cavalli il 9 dicembre 1800 — non ho più ricevuto altra lettera su questo particolare, nè da te, nè da Robert, nè da altri. Ti ho pregato e ti prego di dispensarmi da quella. commissione, perchè non ho tempo, e le 800 lire sono al certo stranamente modica somma per tanti sventurati. In tanto qui si muore di fame! E non ti par terribile cosa che dopo aver i cisalpini ricevuti per due volte i sussidi, gli altri italiani non abbiano ricevuto un soldo? Che fa la Commissione a Parigi? dicono i disperati. Non so se chi ha, possa immedesimarsi in chi non ha, e sentirne gli orribili bisogni, ma ti dico che qui si muore di fame, di freddo e di disperazione. Se tù vedessi il povero vecchio Morandi passeggiare intirizzito e mezzo morto dal freddo e dalla fame, avresti compassione e diresti che si deve usare ogni più presto ed efficace rimedio per venire in aiuto loro. Si crede forse, perchè non sono morti finora, che non abbiano da morire e possano tirare avanti? Eppure alcuni sono già morti, sì, morti di fame! Cosa nefanda a dirsi! Cosa vogliono dire questi indugi i quali fanno sì che i soccorsi non si dovrebbero più accettare, se non fosse l’estrema necessità, che non conosce legge, e nemmeno quella della grandezza d’animo e del rispetto che ognuno deve a se stesso? Ti dico che se i patriotti avessero un altro debol filo di vita, dovrebbero rifiutare | questi soccorsi tanto promessi, tanta vergogna fanno cotesti indugi; e non pensate di mandare le meschine 800 lire, che è una cosa da farli disperare! Ti parlo con impeto, caro Cavalli, perchè la miseria è estrema e la pietà la quale muovono è anche estrema. Qui abbiamo una morìa che ha principiato negli ospedali e si propaga nella città. Così vanno le cose per la benevola volontà di coloro che tanto vantano l'umanità e lasciano mancare di tutto coloro che difendono essi, le loro grandi pro- prietà e la causa della libertà, che va di traverso a battere negli scogli , (2). Quadro terribile e certo esatto! Ma come non pensare che in quei dì, nell'estremo f sforzo della Francia contro l Europa, i figli del popolo, combattendo per qualche cosa di più che per la patria, — pei principî della Rivoluzione, — morivano a cen- tinaia in Liguria, per ferite non curate, su giacigli di paglia, estenuati dai digiuni e dall’abbandono ? (3). Vennero anche pei piemontesi i giorni di miseria sì, ma di pane sicuro col sus- sidio giornaliero fissato dai Consoli, e vennero i giorni della primavera nuova appor- tatrice di guerra, ma sorridente di nuove speranze. Poi, dopo Marengo, quelli fra i nostri che non avevano militato nella Legione | italica, sciamarono lietamente fuori dei loro tristi rifugi, aiutati dai sussidi che i È (1) Rosermi, 741. (2) Branca, III, 253-54. (3) Sarwr-Atsin, 340 e segg. 51 I RIFUGIATI ITALIANI IN FRANCIA NEGLI ANNI 1799-1800 125 provvidi parenti fecero loro pietosamente pervenire in Francia (1). La gioia di rive- dere la patria fece ai più scordare le patite angustie; ma il Botta, oramai padre di famiglia e desideroso di più queto e agiato vivere, ricordò le miserie patite e la fame, cui non era sufficiente rimedio la mezza paga di ufficiale medico, ed assieme col Robert, — che per non essere ufficiale e per la sua qualità di legato dell’Amministra- zione piemontese, era stato escluso da ogni sussidio (2), — scrisse il 26 settembre 1800 al Governo repubblicano restaurato, chiedendo un indennizzo di L. 500 mensili per il tempo trascorso in missione a Parigi, e non dimenticò lo storico di ricordare le 100 mila di sussidio per opera sua concesse ai piemontesi! (8). Ma forse fra tutti gli italiani rifugiati in Francia negli anni 1799-800 i più infe- lici per mancanza di mezzi furono i napoletani, pel bene dei quali pur vigilava continua e sollecita la cura dei loro delegati Ciaia e Paribelli. Nuoceva loro il giun- gere in Francia alla spicciolata, via via che uscivano le sentenze di sfratto (4); da ciò conseguiva che i bisognosi da soccorrere al momento della distribuzione erano sempre più numerosi che nel giorno in cui era stata assegnata la somma comples- siva. Quanto grande fosse questa, non so dire, solo risulta che la distribuzione’ di essa andò ancor più per le lunghe che non quella delle 200 mila lire ai cisalpini e delle 100 mila ai piemontesi, e giunse quando già era in vigore da un pezzo il sus- sidio giornaliero. A_Marsiglia solo il di 13 Nevoso si fece una distribuzione di soccorsi ai rifugiati napoletani della prima spedizione, ed i beneficati — in tutto 183 indi- vidui — ebbero somme varie a seconda del diverso bisogno, da un minimo di L. 12 ad un massimo di L. 60 (5). In tutto furono distribuite a Marsiglia in quel giorno L. 3557, ed a Tolone, ove era capo-emigrato il Valiante, sappiamo pure, da una lista di sussidiati, che il 20 Germinale tutti avevano ricevuto la loro porzione di sussidio in L..... 12! (6). Va però notato che ai primi arrivati in Francia qualche soccorso brevi manu era stato distribuito fin dal mese di Fruttidoro, e che in seguito per tutto l’anno il Ciaia e il Paribelli, a seconda del bisogno del momento, qua e là disseminarono aiuti e sussidi a chi loro si rivolgeva, rilevandone ricevuta (7). Questo modo irregolare, saltuario, di soccorso, portato al colmo del sistema dai napoletani, doveva necessariamente generare malumori e sospetti. Una prova l’abbiamo nel reclamo che i rifugiati napoletani rivolsero alla Commissione dei sussidi, convinti che (1) “ Di molte migliaia di rifugiati che qui si trovavano tutti sono partiti per la loro patria, perchè tutti hanno ricevuto immediatamente dalle loro case opportuni sussidi ,. Monti, lettera 26 giugno 1800, in vol. cit. dell’Opere, ed. Resnati, pag. 39. — Vollero prima di partire bussare ancora una volta a quattrini e scrissero una lettera, ove è bellamente mescolato l’entusiasmo patriot- tico e la pitoccheria della questua. V. in Appendice, Documento 3 Messidoro VIII. (2) Carte Paribelli. (3) Cfr. Rosermi, Lettere inedite di Carlo Botta, Ugo Foscolo e Vincenzo Cuoco, in “ Giorn. stor. d. Lett. Ital. ,, XXIII, 424. (4) Cfr. Prrrutra, pag. 524, 527, ecc. Il 6 Fruttidoro arrivarono 15 legni con sula guarnigione di Capua; 137 individui giunsero l’8 Nevoso, 114 di Castel dell’ Ovo arrivarono in Vendemmiale, 116, tutti militari, arrivarono il 22 Fiorile. Di altri danno notizie le Carte Ruggeri, d'onde appren- diamo che giunsero altri il 28 Ventoso, altri il 15 Fiorile ed altri persino il 20 Messidoro, anno VIII. (5) Carte Ruggeri, c. 235-236. (6) PerrELLA, 530. (7) Molte ricevute individuali conservano le carte Ruggeri con date di T'ermidoro, Vendemmiale, Brumale, fol. 249-299. ? 126 GIUSEPPE MANACORDA 52 la distribuzione a loro fatta in Nevoso fosse di 275 in totale, inferiore a quello che avrebbe dovuto essere (1). Le complicate operazioni di conteggio conservateci dai documenti e il continuo contraddittorio tra la Commissione dei sussidi e i sussidiati sul modo di impostare i conti, sono testimoni del disordine con cui quel sistema di soccorso funzionava. Ma anche pei rifugiati napoletani, come Dio volle, giunse prov- videnziale il decreto consolare pel sussidio giornaliero fisso, che, col solito burocera- tico ritardo, cominciò ad essere distribuito nel mese di Ventoso. Nella sola Marsiglia, pur togliendo quelli che lo avevano rifiutato, lo godevano ben 548 napoletani! (2). Spuntò finalmente la bella giornata di Marengo: i cisalpini e i piemontesi riguadagnarono la. loro patria: non così i napoletani. Pure la distribuzione dei sussidi cessò indistinta- mente per tutti. Ancora una volta il Ciaia ed il Paribelli si rivolsero al I° Console, chiedendogli che il sussidio venisse continuato a quegli infelici, ancor privi della patria: essi oramai erano abituati a vivere con quello, e d’altra parte il loro numero si era di molto assottigliato, perchè molti erano passati in Italia, o come soldati, o volontariamente, disposti a stabilirsi nella nuova repubblica italica (3). E l'istanza, pare, fu ancor una volta esaudita. VII. — Un po’ di statistica dell'emigrazione. Non è cosa facile stabilire quanti furono gli emigrati italiani in Francia in quell’anno fortunoso. Il Roberti trova, nei giornali del tempo, la notizia che nella sola Grenoble in principio della emigrazione fossero oltre 10 mila i rifugiati di ogni parte d’Italia ed altri 6 mila si trovassero sparsi qua e là nel Dipartimento del- l’Isère, di cui Grenoble è capoluogo, senza contare gli altri sparpagliati in altri Dipartimenti, in particolare a Chambéry ed a Nizza (4). Le cifre sono senza dubbio esagerate, e forse non senza intenzione, per mostrare al Governo l’intollerabile agglo- meramento di popolazione verificatosi a Grenoble ed indurlo a prendere provvedi- mento per sfollare la città; il che fu poi fatto. Dalla lettera del 18 Pratile (5), scritta dal Direttorio cisalpino, apprendiamo che in quel dì — cioè 40 giorni appena dopo la rotta di Cassano — i cisalpini rifugiati a Grenoble erano poco più di 34, una quarantina forse; ma è pur vero che a quell’epoca, come attesta il Lancetti (6), essi crescevano ogni dì più, e che i piemontesi giunsero solo un mese dopo, appresso l’entrata degli austro-russi in Torino e si raccolsero particolarmente a Grenoble, ove ebbe sede la loro Amministrazione. In genere nel ricercare il numero dei fuorusciti non va tenuto troppo conto delle cifre che abbiamo di italiani residenti in una data città in un dato giorno (7): il continuo loro passare di città in città, come dimostra il Diario, ci porterebbe a contare più volte gli stessi individui. Dei cisalpini ad esempio, sappiamo che essi dapprima si affollarono a Grenoble, poi si dispersero per (1) Carte Ruggeri, fol. 241-42. (2) PerrELLA, 582. (3) Carte Paribelli. (4) RoserTI, 734. 2 (5) Appendice, Doc. per data. (6) Diario, 18 Pratile. (7) A Chambéry ad es. il 14 Piovoso erano 70 (Arch. Min. Est., 306). | A 1] 1 1 A i b i ì, 3 53 I RIFUGIATI ITALIANI IN FRANCIA NEGLI ANNI 1799-1800 127 la Francia volontariamente, portandosi in gran numero verso Parigi (1). In seguito alla lettera di Bernadotte, molti, e tra essi il Lancetti, si affollarono di nuovo verso il confine, o per prendere le armi, o per essere pronti a passare in Italia in caso che la vittoria arridesse. Fallita l'impresa dello Championnet colla rotta di Genola, Grenoble si trovò di nuovo soffocata dall’affluenza dei cisalpini: oltre quelli che vi avevano preso stabile dimora, ben 2 mila erano accorsi, vedemmo, per prendere le armi, altri per veder che piega pigliavano le cose. Erano in tutto da 4 a 5 mila i cisalpini in Grenoble sui primi di Frimaio, secondo una nota del giornale ufficioso Moniteur (2), ed allora si rese necessario, in seguito alle proteste dei grenoblesi, lo sfollamento, che ebbe luogo in due riprese, l’una in Frimaio (3), l’altra in Nevoso (4). — Un elenco nominativo completo dei cisalpini rifugiati non è possibile, perchè esso dovrebbe essere, in ogni caso, compilato su fonti particolari e non generali. Il Diario del Lancetti infatti non ricorda certamente i nomi di tutti i cisalpini dimoranti nelle città per le quali l'A. passò; d'altra parte il ruolo della Legione italica datoci dallo Zanoli (5) conserva solo i nomi degli ufficiali e non degli uomini di truppa. e gli stessi elenchi di sussidiati, ben numerosi del resto, editi dal Roberti, non v’ha dubbio che siano incompleti, perchè non figurano in essi molti nomi che compaiono nel Diario, nel Ruolo della Legione italica, o nella stessa Yiliazione dei rei di Stato (6), frammisti ai napoletani. Un computo approssimativo del numero dei cisalpini lo possiamo fare dividendo la somma totale dei sussidi assegnati dal Governo per la quota toccata a ciascuno. Così le prime 50 mila assegnate dal Talleyrand fruttarono, pare, L. 10 o 12 a testa, il che vuol dire (tenendo conto di coloro che per dimen- ticanza non ebbero sussidio) che i rifugiati cisalpini erano in tutto circa 5 mila, esclusi, ben inteso, i soldati di truppa, mantenuti direttamente dal Governo francese. Le altre 150 mila lire votate dal Parlamento fruttarono in media 50 lire a testa, il che porta ad un totale di tremila sussidiati. In genere, con sufficiente approssi- mazione, si può ritenere che i cisalpini rifugiati, esclusi i soldati di truppa, i quali erano sotto le armi già prima dell’esiglio, erano in tutto da 4 a 5 mila (7). Per stabilire il numero degli emigrati napoletani abbiamo cifre sufficientemente sicure, dateci dalla Filazione, la quale tien nota di coloro che da Napoli partono, delle liste del Valiante e delle carte Ruggeri, le quali registrano quelli che arri- vano in Francia. Ma nè le cifre della Filiazione, nè quelle del Valiante, e neppure quelle del Ruggeri, sono complete e concordano fra loro: gli elenchi infatti editi dal Perrella e quelli ms. del Ruggeri offrono molti nomi che nella iliazione non (1) Diario, 26 Pratile. (2) “ Moniteur ,, 8 Frimaire. ((3) Ibid. (4) Doc. Rob., 585. (5) I, 144. (6) Filiazione dei rei di Stato, condannati dalla Suprema Giunta di Stato e dai visitatori generali, în vita 0 a tempo, ad essere deportati dai Reali dominî. Napoli, Stamperia Reale, 1800. Filiazione di coloro che condannati dalla Suprema Giunta sono stati asportati in Marsiglia sotto pena della morte nel caso che ritornassero nei Reali dominî senza il reale permesso (ibid.). (7) Infatti la tabella trasmessa dal Serbelloni al Ministro degli esteri in data 14 Floreale VIII (v. Appendice, Documento per data) denunzia 471 cisalpini non militari (400 per nascita, 71 per legge) e 129 impiegati: in tutto 600 non militari. Le tabelle del Dr Cuenac danno d'altra parte circa 4000 militari cisalpini al momento della partenza della Legione italica. 128 GIUSEPPE MANACORDA 54 figurano. Ciò non fa meraviglia, se si tien conto che la Yiliazione enumera soltanto poco più di un migliaio di individui sfrattati dal regno per sentenza del magistrato borbonico e deportati in Marsiglia. Mancano quindi all’elenco tutti coloro che esu- larono spontaneamente, senza attendere il giudizio, coloro che, come il Ciaia, il Paribelli, il Moliterno, il Cellentani, si trovavano in Francia già prima della caduta della Partenopea, e coloro infine i quali figurano in un altro elenco che fa seguito alla Filiazione e furono dal magistrato borbonico semplicemente sfrattati dal regno, ma non deportati in Francia, bensì lasciati liberi d’andare ove volessero. Certa- mente la maggior parte di costoro emigrò in Francia, giacchè Turchia (Grecia com- presa), Dalmazia, Malta, tutti i paesi insomma attorno al regno, erano loro ostili. La cifra più sicura sul numero dei napoletani in Francia ce la offre il Paribelli nel- l’ultima sua petizione ai Consoli su ricordata e diretta ad ottenere ai napoletani la conservazione del sussidio, anche dopo la battaglia di Marengo. In essa dice che prima della campagna dell’esercito di riserva i fuorusciti napoletani in Francia erano in tutto 3500, mentre ora sono soltanto più 500 (1). Confesso però che la cifra parmi esagerata, dacchè risulta che a Marsiglia — la città più affollata dai napoletani come loro punto di sbarco — il 30 Ventoso anno VIII i fuorusciti erano in tutto 548 (2). Anche tenuto conto dello sparpagliamento fatto nelle città del sud (3), la cifra è un po’ piccola in confronto del totale di 3500. d Quanto al numero dei piemontesi emigrati, abbiamo solo una vaga testimonianza in una lettera del Pico, che parla di più di mille compatriotti languenti in miseria a Grenoble (4): sarà da intendersi questo numero ad litteram, o come iperbole? Per il totale di tutti’ gli italiani la cifra più sicura è quella dei componenti la | Legione italica, che, dal documento fornitoci dal De Cugnac, risulta composta di uomini 6000, compresi ufficiali e soldati. Moltissimi però, o per una buona ragione di età, di sesso o di salute, o con un pretesto, si sottrassero al servizio militare, e tra essì quasi tutti quelli ricordati nel Diario del Lancetti. Secondo quel che dice il Monti (5), oltre 1000 furono gli italiani rimasti a Grenoble durante la guerra, pronti a passare il confine alle prime notizie di vittorie: dei napoletani 500 almeno, per testimonianza del Paribelli, rimasero in Francia; italiani poi di ogni regione, — come il Lancetti, il Salfi, il Cicognara, entrarono in Italia alla spicciolata (6). Conclu- dendo, non credo di andare lontano dal vero supponendo che gli italiani esuli di ogni parte d’Italia, militari o no, sommassero tutti assieme a circa 10 mila individui d’ogni età, sesso e condizione. Si Ed a proposito della condizione sociale degli emigrati, va notato che di questi 10 mila individui i nomi pervenuti a noi — che sono soltanto quelli delle fonti. citate e quelli della Filiazione, in tutto men di duemila — sono generalmente delle persone più note, in particolare per rispetto ai cisalpini. Errerebbe quindi colui il quale, percorrendo coll’occhio le qualifiche indicanti la professione degli emigrati, con- | (1) Carte Paribelli. (2) PeRRELLA, 532 cit. «Di (3) A Nîmes, a Avignone, a Lione, ece., secondo gli elenchi Ruggeri. Cfr. Diario, 30 Vendemmiale. (4) Brancxt, III, 247. Li (5) Lett. cit., 26 giugno 1800. (6) Diario, 15 Pratile VIII e segg. e note. 55 I RIFUGIATI ITALIANI IN FRANCIA NEGLI ANNI 1799-1800 129 cludesse senz'altro che quella prima migrazione politica non fosse popolare, ma proveniente solo dalla borghesia intellettuale, largamente rappresentata, è vero, da avvocati, medici, professori e preti. Nei vari documenti molti nomi — quelli general- mente forniti dagli elenchi dei sussidiati — non hanno indicazione di professione, sicchè non sappiamo a che classe appartenessero. Fra gli 8 mila individui di cui non conosciamo neppure il nome — anche se si tolgono circa 2 mila che emigrarono come soldati e si trovarono travolti quindi nelle vicende politiche più per forza delle cose che per loro elezione — restano ben seimila individui, fra i quali le varie classi sociali dovevano essere rappresentate. Ne abbiamo una prova nel Diario del Lancetti, che ci dà notizie di popolani emigrati, quali quel Gilioni, cremonese (1), servo di lui, di Giuseppe Benedetti milanese (2) e di quel cuoco che prima aveva servito il Lancetti e poi il generale Mac-Donald. Emigrarono costoro perchè personal- mente compromessi, o solo per seguire la sorte del loro padrone esule? Comunque sia, certo è che relativamente le classi sociali borghesi e colte erano più largamente rappresentate nell’emigrazione e ne è prova la sproporzione nel seno della Legione italica tra il numero dei soldati e quello degli ufficiali, molti dei quali militarono come uomini di truppa, già dissi, in un battaglione a parte. PARTE III. Notizie bio-bibliografiche su Vincenzo Lancetti. Vita francese degli anni VII e VIII nel Diario di lui. Di Vincenzo Lancetti nessuno finora si è occupato di proposito per studiare la sua attività molteplice nella vita pubblica, negli studi di storia e di erudizione, nell’arte. Le notizie che abbiamo di lui ci provengono da un cenno necrologico di Domenico Codara (3), dalle opere sue — alle quali possiamo ora aggiungere il Diario, — da una diligente nota dell’Auvray (4) e da alcuni cenni sparsi qua e là in vari studi recenti e riviste. — Nacque il Lancetti a Cremona nel 1767, secondo il Codara, o meglio nel 1766, se si tien conto che egli stesso ci dice che nel 1783, quando iniziò il suo poema (5), IZ Mongolfiero, aveva 17 anni. Suo padre, chirurgo, lo condusse a Milano, ove frequentò le lezioni del Parini. Venuti i francesi in Lom- bardia, il giovane Lancetti, che già aveva occupato uffici sotto l’Austria (6), fu fatto membro della Municipalità di Cremona dall’agente militare francese Escudier (7), ed in tale ufficio pronunziò orazioni pubbliche per l'innalzamento dell’albero della libertà. Sul finire del ’97 egli era a Milano, ove al Circolo costituzionale, presenti il Foscolo, (1) Diario, 1 Messidoro. (2) Id., 24 Piovoso. — Anche a ce. 303 dell’Arch. Min. Est. si fa menzione di domestici. Cfr. pag. 47. (3) Cenni necrologici del letterato Vincenzo Lancetti, cremonese, scritti da Domenico Copara. Monza, Tip. Corbetta, 1851, 4 pagg. (4) Artie. cit. ‘ (5) Prefazione all'edizione 1803. Il passaporto suo di partenza da Parigi, in data 30 Fruttidoro, gli assegna 33 anni. : (6) Diario, 14 Fruttidoro. (7) Id., 2 Vendemmiale. Serie II. Tom. LVII. 17 130 GIUSEPPE MANACORDA 56 il Fantoni, il Pindemonte, aveva letto; la sera del 10 dicembre, alcune sue ottave applauditissime, nelle quali Proteo profetizzava che l'Italia sarebbe stata presto tutta libera ed unita (1). Strinse quivi amicizia col Foscolo, dal quale udì al Circolo stesso, il 3 gennaio ’98, declamare alcuni versi di gratitudine dei fuorusciti veneti, fatti cittadini della Cisalpina; il poeta giurava a nome loro di consacrarsi interamente alla difesa della libertà “ed alla rigenerazione della patria comune, l’Italia ,. Il ‘ Lancetti ebbe presto un posto di segretario al Ministero della guerra cisalpino, e colla rapidità di carriera propria di quei tempi, nel 1799, quando dovette esulare in Francia, era già capo-divisione (2), equiparato, nella gerarchia militare, a capitano di Stato Maggiore (3). Tale suo grado fece sì che durante i tredici mesi d’esiglio venissero a lui affidati incarichi vari per la distribuzione dei sussidi (4), e per l’or- ganizzazione della Legione italica; a Marsiglia fu anche capo dei cisalpini rifugiati (5). Ritornato a Milano prima di Marengo, e non colla Legione italica, fu segretario generale del Ministero della guerra e direttore generale delle Scuole militari (6). Tra i letterati intanto presiedette fin dal 1811 l'Accademia dei trasformati. Nel 1814 i marescialli austriaci lo mantennero capo-direttore dell’ Archivio generale di guerra (7), posto che occupò tranquillamente per moltissimi anni, intento oramai solo all’ufficio ed alle lettere, che egli, come il Monti, volse ad adulare i nuovi padroni (8). Morì nel 1851. — Il Lancetti fu fecondissimo scrittore in prosa e in versi, ma solo una parte delle sue opere sono a stampa. Eccone l’elenco: I. Areostiade | ossia | Il Mongolfiero | Poema di V. L. C.| —Milano, presso Agnello Nobili, 1803; due volumi in-16, 20 canti, in 8% rima. — Di questo poema il Lancetti stesso ci dice che lo ideò da giovanetto, lo ritoccò a Cremona, lo finì nel °94; durante gli avvenimenti politici dal 96 al ’99 non se ne occupò più, ma nei mesi dell’esilio lo rimaneggiò daccapo e pensò anche di stamparlo per trarne sol-. | lievo alle sue miserie (9). Invece non lo pubblicò, se non nel 1802, e non intiero (10). II. Della vita ‘e delle opere di Marco Gerolamo Vida. — Milano, Crespi, 1831, in-8°. IIL Di Publio Alfeno Varo, cremonese, console romano, dissertazione. — Milano, Mulini, 1818, in-8°. | Ù IV. Cabrino Fondulo. Frammento della storia lombarda del see. XIV. — Milano, — 1827, 2 voll. (11). 'V. Pseudonimia, ovvero Tavole alfabetiche dei nomi finti 0 supposti degli scrittori, A con la contrapposizione dei veri. — Milano, Pirola, 1836, 1 vol. (1) G. Mazzoni, A Milano cento anni fa, in “ Nuova Antologia ,, 16 giugno ’98, pag. 579-584. — 3 (2) Appendice, Doc. 14 Messidoro e 20 Piovoso, (3) Diario, 22 Piovoso. (4) Id., 2 Fruttidoro. (5) Id., 11 Nevoso. (6) Zawori, I, 220. (7) “ Arch. Stor. Lomb. ,, III, 78. : f (8) Ibid. (9) Diario, 4 Complementario. 7 (10) Il Borrrro nel suo. Saggio di ce e aereonautica mostra di conoscere solo l'edizione del 1803 .da lui ricordata nelle Aggiunte, in “ Bibliofilia ,, gennaio-febbraio 1907, pag. 392. (308 (11) Di questo romanzo storico ha dato il sunto G. Acnorr nel suo men che mediocre lavoro Gli x albori del romanzo storico in Italia e i primi imitatori di Walter Scott. Piacenza, Favari, 1906, pag. 159. POTE € 57 I RIFUGIATI ITALIANI IN FRANCIA NEGLI ANNI 1799-1800 11 VI. Biografia cremonese, ossia Dizionario storico delle famiglie e persone per qualsivoglia titolo memorabili e chiare spettanti alla città di Cremona. — Milano, Tipo- grafia del Commercio, 1819, 3 voll. (interrotto: comprende solo le lettere A, B e 0). VII. Discorso del citt."° Vincenzo Lancetti, membro della Municipalità di Cremona, recitato alla medesima in occasione della di lei rinnovazione, seguita il giorno 16 Ven- demmiale, anno V della Rep. Fran. (7 ottobre 1796). — Cremona, 1796. VIII. Per la consacrazione e faustissimo ritorno da Roma dell'IU.mo e Rev,mo Mons. Omobono Offredi Ambrosini, vescovo di Cremona. Rime. — Cremona, Manini, 1791, in-8°. IX. Piantandosi in Cremona l'albero della libertà il 14 luglio 1796. Ode. — Cre- mona, Feraboli, 1796. X. La morte del gen.* Duphaut. Ode. — Milano, Stamperia italiana e francese, s. a. n. d. in-16°. XI. Versi conviviali ai citt. Castiglioni-Stampa di Milano. — Milano, 1804. XI. Memorie intorno ai poeti laureati di ogni tempo di ogni nazione, raccolte da V. L., cremonese. — Milano, a spese di P. Manzoni, tip. Borroni e Scotti, 1839, in-8°, pp. 686, con ritratto dell’autore. i XIII. SeLitz Franco (pseudonimo di V. L.). Rivista generale dei libri usciti in luce nel Regno Lombardo-Veneto nell’anno 1825. — Milano, Manini, 1826 (1). XIV. Storia della filosofia moderna dal risorgimento delle lettere fino a Kant del sig. Amedeo Buhle, professore a Gottinga. — Milano, Tip. del Commercio, 1825 (traduzione dal tedesco). Aggiungiamo che del Lancetti il Parnaso democratico contiene: — I. Il Con- gresso dei fiumi, canto (pag. 89). — II La libertà, ode (pag. 97). — IIL Per l’ere- zione dell'albero della liberta, ode (pag. 104, ristampa). — IV. La morte del gen.* Duphaut, canto (pag. 52, ristampa). Dello stesso Lancetti il Mazzoni segnala ancora a stampa parecchie lettere nel Giornale del Circolo Costituzionale, da lui illustrato, ed il Coraccini ricorda anche la versione del Satiricon di Petronio, nota pure all’Auvray, il quale indica del nostro (1) Che lo Splitz sia il Lancetti lo dice egli stesso nella sua Pseudonimia, come ha rilevato il Fassò: Intorno alla fortuna di Walter Scott in Italia, in “ Atti d. R. Accad. d. Scienze di Torino ,, vol. XLI, disp. 6, ann. 1905-906, pag. 385. — Segnalo in questo opuscolo del Lancetti un passo in cui, dopo aver parlato del Sermone sulla Mitologia del Monti, si dà notizia di una “ Consolazione a Vincenzo Monti allusiva al di lui sermone sulla Mitologia - Altro sermone di A. M., Milano, Paolo Cavalletti, in-8° grande. — Scrive il Lancetti: “ Altro sermone? Lo è poi veramente secondo i modelli e gli insegnamenti dei maestri dell’arte? Non ho udito alcuno di questi che lo asserisca. A chi e di che e con quali parole? Io non so chi sia questo sig. A. M., che altri a prima giunta stimò essere quel sommo poeta lirico milanese di Alessandro Manzoni, perchè conosciuto fautore della opinione antimitologica. Ma i versi del sig. Manzoni portano seco un tale splendore che non è possibile non ravvisare la fonte da cui derivano. Questi all’incontro mostrano ogni studio per rendersi oscuri e contorti. Probabilmente la circostanza del momento, un puntiglio, un capriccio li ha dettati e fatti correre al torchio e forse anche l’autor medesimo ne va a quest'ora dolente. Due campioni più gagliardi di lui sono usciti nei giorni scorsi, — uno a Cremona con un carme cui dà titolo Meditazioni poetiche, ed è del sig. Tedaldi Fores, noto per altri distinti componimenti, — l’altro a Milano con altro sermone intitolato l’ Antimitologia, sotto il nome di un Giuseppe Belloni ,. 132 GIUSEPPE MANACORDA 58 anche una versione del Fi/ostrato (Milano, Sonzogno, 1828-31, 2 voll. in-8°, citati dal Gamba) (1). Fra le opere manoscritte che si conservano nella Biblioteca Governativa di Cremona, — la quale le acquistò nel 1889 dall’Hoepli che le ebbe dalla famiglia Lancetti (2) — vanno ricordate, oltre al Diario, parecchi abbozzi di melodrammi e poemi. Il più interessante è quello intitolato Haiti o l'Isola di S. Domingo, scritto in onore di Napoleone e fatto rivedere dal Foscolo, che vi aggiunse parecchie correzioni (3). Della ricchissima corrispondenza del Lancetti restano parecchi volumi in ordine alfabetico nella Governativa di Cremona, ma impauperiti delle lettere del Foscolo, del Monti, del Porta, del Gianni, del Romagnosi e di altri, che in numero di ben 588 furono dal Lancetti stesso vendute al Custodi ed ora conservansi nella Biblioteca Nazionale di Parigi (4). Tra quelle che restano a Cremona sono da notarsi alcune del Dragoni, piacentino, storico di Cremona; del Robolotti, storico cremonese; del | Coppi, autore degli Annali d’Italia, per compilare i quali non poco si giovò dell’opera del nostro. — Altre carte lancettiane possiedono l'avv. Emilio Seletti di Milano e il march. Sommi Picenardi (5). Di altre opere mss. di lui si ha notizia, ma non trovo traccia. Tali sono: La storia documentata di Napoleone I, ricordata dal Codara; una Storia imparziale dei tumulti di Milano del 1814, che fu dal Lancetti mandata ms. al Coppi in Roma e da questi fu restituita all'autore nel 1826, come si apprende dal su ricordato carteggio; infine quei vari componimenti che il Lancetti stesso ricorda nel Diario, oggi tutti irreperibili, come la Papomacchia (6), poema; La lettera agli austro-russi; La barca d’ Auxerre (7), la Lancetteide (8) ed altri. Il carattere del Lancetti si rispecchia nitidamente nel suo Diario e non è inop- portuno fissarne le linee principali, anche per saper valutare nel dovuto valore di fonte storica quelle pagine intime e confidenziali del letterato cremonese. Rivoluzio- nario d’occasione, più che di profonda convinzione, il Lancetti si era trovato, dissi, tra- volto dalle cose, a far la parte di vittima politica, quasi senza saperne il perchè: la sua filosofia della vita è tutta compendiata in quelle curiose riflessioni da lui confidate al suo Diario sotto la data 14 Fruttidoro. Alla fin fine — egli chiedeva a se stesso — perchè sono io qui solo, esule, povero? Ho sempre ubbidito, ecco il torto mio! sempre ubbidito, comandasse l’imperatore o i demagoghi francesi! Non sono un individuo pericoloso — diceva compiacendosi — e purtroppo dobbiamo aggiungere non era neppure un cittadino maturo alla vita pubblica cosciente; nel continuo mutar ban- diera, nella mancanza di ogni idea, nel facilismo poetico, troppo era ancora figlio di quel frollo settecento, che contemplò con l’indifferenza dell’estraneo il grande dramma. i AU (1) Il Fassò segnala del Lancetti anche una versione di un romanzo dello Scott, L'ufficiale di fortuna, uscita nel 1822, ed il PrepARI (Bibliografia enciclopedica milanese, Milano, Carrara, 1857) una Storia dei re Longobardi fino a Francesco I, edita nel 1815. (2) “ Arch. stor. Od » XVI, 513. si (3) V. saggi in “ Arch. stor. lomb. ;, III, 78 e segg. 106 (4) Cfr. Auvray, art. cit. Per le lettere del Lancetti cfr. Ortino-FumagaLtI, n. 762, 828, 4788, 5252. Bi (5) “ Arch. stor. lomb. ,, II, 94. — Sappiamo da molte lettere del Coppi che il Lancetti aveva a lui inviato molti mss. per la Storia delle milizie italiche nelle campagne di Spagna, Russia, ece. | (6) 11 e 12 Pratile. sa (7) Diario, 8 Vendemmiale. (8) Diario, 12 Pratile. 59 I RIFUGIATI ITALIANI IN FRANCIA NEGLI ANNI 1799-1800 133 tra ciò che fu e ciò che sarà, il quale si svolgeva dopo il ’96 sotto i suoi occhi tra francesi e austriaci, concordi solo nell’opprimere e spremere il popolo, cui non restava che la virtù di saper sempre ubbidire (1). Indole mitissima, il Lancetti, amante dei divertimenti e sopra tutto del teatro, impenitente cacciatore di gonnelle, — sicchè nel Diario si è convenuto sopprimere, molti, troppi ricordi di visite e di colloqui intimi con relative conseguenze patologiche, — amante però del quieto vivere casalingo e dei buoni piatti paesani (2), fuggì con orrore i turbolenti che abbondavano fra gli esuli, spiacendogli persino che la sua qualità di fuoruscito potesse farlo confondere con loro (3). Firmò, vedemmo, la petizione per l’indipendenza e l’unità d’Italia, solo perchè altri la firmavano, senza capir bene l’importanza dell’atto, pago che gli amici appro- vassero il suo operato (4). Ufficiale dello Stato Maggiore, lo vedemmo preoccupato molto più — bisogna pur dirlo — dello stipendio e dell’acquisto delle spalline, del cappello e via (5), che non di affrontare il nemico a lancia e spada: anzi, così poco bellicoso era il suo spirito, che, non contento di sottrarre il suo braccio alla Legione italica col pretesto di una commissione datagli dal Lechi e di un misero furuncolo (6), fa tutto ciò che può per esentare dal servizio militare il maggior numero di cisal- pini (7). Non era il solo, povero Lancetti, ad aver orrore del sangue .e ad attendere la restituzione della patria a prezzo delle fatiche altrui, cioè dei francesi, i cui frutti alla fin fine avrebbe raccolti la Francia e non l’Italia. Moltissimi, vedemmo, sfug- girono, non sappiamo come, al reclutamento (8): il Cicognara, quando già l’armata di riserva era in moto, scriveva candidamente alla moglie: “io mi trovo in una e 9 a da nici i È perplessità grande per tutti questi avvenimenti che sovrastano e decideranno dei destini d'Italia, ma son fermo nel mio proposito di tenermi straniero a tutto, fuorchè alla mia famiglia , (9). Come circostanza attenuante pel Lancetti, bisogna constatare che egli sentiva in sè il disagio, l’irrequietudine morale ed anche un po’ la vergogna di chi non fa il suo dovere per riguadagnarsi la patria perduta (10); ma quel bene- detto stipendio! quella benedetta carriera! Alla vigilia di passare in Italia colla Legione affligge il Direttorio cisalpino, a servizio del quale — servizio civile e non militare — vuol entrare (11). Consigliato dai Direttori a proseguire la carriera mili- tare, colla lusinga del posto di ispettore generale al Ministero della guerra, esita ad accettare, perchè non sa quanto gli daranno di stipendio (12). Quanto al resto, in un periodo di esaltazioni e di pazzie, il Lancetti merita lode per la sua equanimità: irreligioso (13), ma non massone, non vuole, d’accordo col Foscolo, che si perseguitino ‘ (1) Cfr. Introd. pres. lav. (2) Diario, 14 Vendemmiale. | (8) Ia., 27 Fruttidoro. (4) Id., 28 Messidoro cit. (5) Id., 80 Ventoso. (6) Id., 7 Pratile VIII. (7) Id., 30 Nevoso cit. . (8) Id., 13, 14 Pratile VIII cit. î (9) Maramani, 186. (10) Diario, 23, 25, 27 Fiorile e 7 Pratile VII. (11) Id., 20 Fiorile VIII cit. (12) Id., 4 Pratile VIII. (13) Id., 7 Frimale, 21 Fiorile VIII. Cfr. 6 Piovoso. 134 GIUSEPPE MANACORDA 60 i preti, perchè equivale a rafforzarne il partito (1); troppo debole per difendere la patria, ha pure qualche pensiero affettuoso per essa, quando teme che se ne faccia mercimonio in una nuova Campoformio (2) e protesta in cuor suo, vedendo manomesse e non ben custodite le opere d’arte che i francesi hanno predato all’Italia (3). Deli- catissimo negli affetti domestici, nonostante le frequentissime scappate extra-coniu- gali, ha spesso accenti commoventissimi di dolore per la lontananza della sposa, dei figli, uno dei quali natogli durante l’esiglio (4): egli sogna la sua famiglia, i suoi bimbi, si commuove alla vista dei genitori che hanno presso di sè i loro bambini, piange se un dramma gli presenta una situazione simile alla sua. Se si eccettuano gli scalmanati di Grenoble, come il Salvator, il Delù e compagni, Lancetti, Cicognara, Monti, e per certi aspetti il Botta stesso, si presentano a noi come uomini pacifici, amanti del queto vivere patriarcale, impreparati alla vita in- tensa, agitata, dei tempi loro toccati. Nè fa meraviglia che tutti, ‘compreso il Botta, il Paribelli, il Monti e il Lancetti, morissero sotto la dominazione austriaca, mutati in uomini d'ordine al servizio dell'Austria o dei re, stanchi della vita affannosa da loro vissuta, sfiduciati della libertà sotto il quale nome avevano visto essere compresi tanto la demagogia e il disordine della Cisalpina, quanto il dispotismo militaresco e megalomane dell'impero napoleonico. Il Diario del Lancetti costituisce una curiosa fonte, credo, anche per la vita francese di quell’anno gravido di avvenimenti militari, che vide il 18 Brumaio le forme repubblicane avviarsi rapidamente verso il dispotismo: benchè i fatti accen- nati dal Lancetti siano quasi tutti noti, non è inutile vedere come giudicava la \ Francia uno straniero, costretto a viverci in mezzo ed a percorrerla tutta quanta in su e in giù in pochi mesi. Il ‘93 era oramai passato da un pezzo e l'equilibrio s0- ciale dopo quella profonda scossa, ogni dì più si rassodava; le congiure delle donne di Chambéry contro lo Scherer (5), la minaccia di tumulti a Parigi dopo la chiusura del Club del maneggio (6), qualche tafferuglio segnalato alle Tuilerie (7) sono gli ultimi guizzi del sanculottismo, che il braccio vigoroso di Napoleone domerà. Si diffonde un senso di stanchezza, un desiderio da una parte di pace interna dopo tanti tumulti (e Napo- leone saprà darla), dall’altra di pace esterna dopo tante guerre, la quale dovrà essere attesa ancora ben quindici anni (8). La Francia sul finir del ‘99 era disposta ad un ultimo sforzo, ad un ultimo sacrificio di dolore e di sangue; pur che si potesse uscire fuori da quella stretta orrenda, onde l’Europa conservatrice coalizzata la cingeva. | Essa cercava l’uomo capace di spezzare quel cerchio di ferro: a volta a volta un’onda di voti e di speranza salì verso uno dei generali più in voga, prima verso lo Championnet, onesto reduce dalle vittorie di Napoli, poi verso Massena, vincitore di Zurigo, che (1) Diario, 21 Fiorile VIII. (2) Id., 27 Brumaio. (3) Id., 6 Complementare. (4) Id., 13, 23, 24 Fruttidoro, 2 Vendemmiale, 7 Frimale, 5 Complementare, 9 Vendemmiale. (5) Id., 29 Fiorile VII, cit. : (6) Id., 26 Termidoro. (7) Id., 23, 24 Messidoro. (8) Id., 27, 28 Brumale. i; È Y î da 61 I RIFUGIATI ITALIANI IN FRANCIA NEGLI ANNI 1799-1800 135 passava da Marsiglia diretto a Genova quasi bloccata (1). Al teatro il generale ebbe per parecchie sere applausi, voti, inni e poesie; echeggiò, è vero, qualche fischio; forse qualche solitario più degli altri sfiduciato nell’esercito ed amante di pace! Quando compare ad Antibo Bonaparte, la Francia lo risaluta come un Deus ex machina ve- nuto a sciogliere il nodo complicato della situazione (2). Nel riconoscere il suo talento strategico tutti sono concordi e tutti sperano in lui, ma il colpo di Stato suscita commenti e irrequietudini in vario senso (3). A Marsiglia le notizie giungono in ritardo e confuse; si comprende in barlume che la vittoria sui coalizzati si avrà a prezzo della perduta libertà e che un tiranno si avanza. Pure la vigoria colla quale il Bonaparte riordina le finanze, assesta le amministrazioni, purga le strade infestate dai briganti (4), acquista a lui le simpatie di tutti: al proclama da lui rivolto ai giovani francesi, risponde la nazione levandosi tutta in arme e l’esercito di riserva parte fiducioso della vittoria (5). Frequentissime durante l’annata le feste repubblicane destinate a tener desto l'entusiasmo patriottico; con riviste e illuminazioni si solennizza al 14 luglio l’anni- versario della Bastiglia, e — un colpo al cerchio, l’altro alla botte! — si comme- mora ufficialmente al 9 Termidoro la caduta del Robespierre. Ecco la festa in me- moria della giornata del 10 agosto, e l’altra a ricordo del 18 Fruttidoro, anniversario dell'avvento del Direttorio. Solenne parve al L. quella del 1° Vendemmiale, il capo d'anno repubblicano; ma al Cicognara parve assai meschina. A Marsiglia, più che altrove, era tuttora acceso l’entusiasmo repubblicano, sì che ogni decade facevasi un'offerta alla libertà con relativa esposizione di bandiere (6). Pure, passato il primo . Sbalordimento, anche a Marsiglia l'avvenimento del 18 Brumaio fu solennizzato con una cantata in teatro (7). Interessantissime sono le notizie religiose: oramai ogni dì più il culto decadario cadeya in discredito e i templi solo più erano frequentati nelle ceri- monie ufficiali. A Grenoble però, per la festa della ricorrenza del decadì il tempio deca- dario si affolla e si celebrano quivi dei matrimoni secondo il rito repubblicano (8). Altrove gli altari della patria sono quasi del tutto scomparsi, sì che il L. si meraviglia di trovarne ancora uno a Macon. Il popolo, più che le feste repubblicane, continua a celebrare le feste religiose: in Marsiglia il Natale sospende la vita di tutta la città (9); nei paesi di campagna si festeggia il carnevale patriarcalmente (10). A Grenoble il 4 Pratile VII il basso popolo accorre alla festa del Corpus Domini (11); a Lione il vescovo — giurato — pontifica in mezzo al popolo l’11 Ventoso (12); a Chambéry nel mese di Fiorile del 1800 si celebra assai più la domenica che non il decadì (13) (1) Diario, 17, 18, 19, 20 Nevoso. (2) Id., 21 Vendemmiale e segg. (3) Id., 27, 28 Brumale. (4) Id., 29 Piovoso e note. (5) De Cuenac, I, 43. (6) Diario, 10 Brumale, 30 Frimale. _(7) Id., 28 Brumale. ; (8) Id., 30 Fiorile VII. (9) Id., 3, 4 Nevoso. (10) Id., 6 Ventoso. (11) Id., per data. (12) Id., id. Cfr. invece pel culto decadario a Lione 30 Pratile. (13) Id., 21 Fiorile VIII. 136 GIUSEPPE MANACORDA 62 ed altrettanto avviene in quel torno a Lione, ove il tempio decadario il dì di festa è deserto. La fine della persecuzione religiosa era oramai necessaria anche agli occhi di alcuni fra i più scalmanati (1) e quel che più importa faceva parte del programma del Bonaparte, il quale assai più temeva dai giacobini che dai conservatori. Durante l’anno VIII furono aperte in Parigi ben 15 chiese al culto cattolico, furono revocati i decreti di deportazione dei preti ribelli e al giuramento fu sostituita la semplice promessa di fedeltà alla Costituzione. Per la vittoria di Marengo nel giugno dell’800 fu cantato a Notre-Dame un solenne Ze Deum e nel Natale seguente, a Parigi, ripristinato il seminario di S. Sulpizio, veniva cantata dai chierici e dai preti, già deportati, la messa solenne di mezzanotte. Le cose si avviavano verso il Concordato (2). Un ultimo sguardo al Diario del Lancetti ci permette di fare una riflessione che fa onore ai francesi. Sei guerre si combattevano dalla Francia in quell’anno: in Olanda contro gli inglesi, sul Reno, sul Danubio, in Italia da vari eserciti, in Egitto, ed in ultimo nella Vandea di nuovo insorta. Eppure a Parigi, a Lione, a Marsiglia i teatri erano affollati ogni sera; numerose le nuove opere liriche ed in prosa; uomini di scienza come Garnerin e Blanchard attendevano alle loro scoperte, la borghesia ai suoi traffici, la gioventù anche ai suoi vizi. Si è stanchi della guerra, ma nessuno rifiuta di combattere: le disfatte della Trebbia e di Novi non suscitano tumulti pubblici. Tale la concezione serena, pagana della vita in quegli uomini e lo sprezzo della morte: dalle ombre chinesi o dai balletti dei teatri si passava senza protesta in pochi dì ai campi insanguinati di Marengo! (1) V. nota al Diario giorno 21 Fiorile, anno VII. (2) Lanzac pe Lasorie, La vie religieuse à Paris du coup d’Etat de Brumaire è la promulgation du Concordat (1799-1802), in “ Le Correspondent ,, 10 nov.-10 dicembre 1904. Libri più di frequente citati nelle note al DIARIO, oltre a quelli già ricordati. Cantù, La repubblica, il regno d’Italia e la Toscana, in “ Arch. Stor. Ital. ,, ann. 1882 e segg. > Casini, Il citt. Vincenzo Monti, in “ Nuova Antologia, n; 15 giugno 1894. Ip., 1 deputati al Congresso cispadano del 1796-97, in “ Rivista stor. del Risorgimento italiano ,, 1898. «d rca et Larousse, Dictionnaire des Opéras. Paris, Librairie Larousse, s. a. Coraccini, Storia dell'amministrazione del regno d’Italia durante il regno d’Italia. Milano, Veladini. — De Tipaupo, Biografia degli italiani illustri nelle scienze, lettere ed arti del sec. XVILI e dei contemporanei, | Venezia, 1834-36, voll. 8. ) Fiorini, Atti del Congresso cispadano, in “ Bibl. storica del Risorg. ital. ,, Prima Serie, Vol. I. Roma, 7 Dante Alighieri. 5 GranneTTI, Trentaquattro anni di cronistoria milanese, 1825-1858. Milano, Cogliati, 1903. | GrepPI, La Rivoluzione francese nel carteggio di un osservatore italiano (Paolo Greppi). Mino Ss Hoepli, 1900-902. n Norwins, Storia di Napoleone, tradotta da Gerolamo Saronio con aggiunte. Milano, Arzione, 1852. 4 Nouvelle biographie générale. Paris, Didot, 1854. Roserr et Rosiner, Dictionnaire historique et biogri aphique de la Révolution et de VEmpire. Paris, s. a. RosertI, Il citt. Ranza, ricerche documentate in “ Miscellanea di storia italiana ,, vol. XXIX. Torino, — Bocca, 1890. 0 VarprIGHI, Estratti di un carteggio famigliare e privato ai tempi della repubblica cisalpina e italica. — fi Modena, Gaddi, 1872. “i Vannucci, I martiri della libertà italiana dal 1794 al 1848. Memorie. Firenze, pata Edit. Fior., 1848. 63 I RIFUGIATI ITALIANI IN FRANCIA NEGLI ANNI 1799-1800 137 DIARIO DI VINCENZO LANCETTI Anno VII. 8 ZFiorile. — Parto da Milano alle 34/ pomeridiane !. Un miglio fuori, preso un ferito °. La sera a Magenta. Mancanza d’alloggi. Cena con 4 volon- tari usseri *. Letto in vettura. 9 Fiorile. — A Buffalora, indi al Ticino !. Pazienza per il passaggio del fiume. Co- lazione ivi fatta. Passaggio e arrivo a Novara. Confusione. Ritrovo degli amici. Visita al Direttorio ? ed all’ambasciatore, che vidima i passaporti. Colazione in casa di una sorella di un amico. Partenza ed arrivo a Vercelli, prendendo meco Tordorò ® e De Meester ‘. 10 Piorile. — Arrivo a Cigliano ed ivi fiera. Pranzo. Notizie di male disposizioni di paesani‘. Abbandono del mio Carlo ?. Riparto per Chivasso, passando vari porti e fiumi. Strade durissime. Arrivo a Chivasso. Incontro con Salvator e Bour- deaun ‘, con cui dormiamo. Eccesso di prezzi. Axno VII, 8 Fiorile (27 aprile 1799). — 1. Cfr. Parte II, Cap. I. — 2. Un ferito della battaglia di Cassano abbandonato e disperso un miglio ad ovest di Milano, fin dalle 3 '/, del giorno 27: tale la rotta dei francesi! — 3. Il reggimento usseri cisalpino, sbandato a Cassano, si raccolse poi a Versailles. 9 Fiorile (28 aprile). — 1.Il passaggio del Ticino sì effettuava sul porto (v. giorn. 10), ossia sopra una grossa chiatta, su cui si mettevano le carrozze e i carri: di qui la perdita di tempo, data la ressa. — 2. Il Direttorio cisalpino era fuggito da Milano con l'ambasciatore francese Rivaud, contem- _ poraneamente al Lancetti. Il Direttorio, nella citata sua lettera all’ambasciatore cisalpino Visconti, aggiunge di essere fuggito sì, ma.... a sue spese! I direttori erano Luosi, Sopransi, Marescalchi ‘e Franchi. Per Adelasio v. 7 Pratile. — 3. Giovanni Tordorò, milanese, nel 1796 era commissario ordinatore in capo della 3* Divisione del Ministero della Guerra (Coraccini, sud n0m.). Nel ’97, unita Mantova alla Cisalpina, fu commissario ivi per ordinarvi la Municipalità (Luzro, Francesi e Giacobini in Mantova dal 1797 al 1799, Roma, Albrighi, pag. 125). Nel ’98 era a Milano, capo della polizia; il 23 Germinale emanò un editto pubblicato dal Canrù (in A. S. L., VII, 182. Cfr. il Luzio, 184, n. 4), con cui condannava ad una multa Antonio Litta per avere “ disonorato suo padre col titolo di mar- chese , posto sull’annunzio mortuario di lui. Nel riordinamento della milizia del 1800, fu fatto com- | missario di guerra (Zawnotr, I, 140) e ff. di ministro (Is., 220), indi direttore generale, carica che poi ebbe titolo di ministro (Is., 235). — 4. Filippo de Meester, milanese, nell'ordinamento della milizia cisalpina del 1800 figura sotto-ispettore alle rassegne (Zanoni, I, 146), poi nel 1801 ispettore, e governa- . tore del Collegio degli orfani militari (Ie., 226). Contro tale grado coneesso al De Meester, e contro altri | uffici dati agli ufficiali e poeti Gasparinetti e Ceroni, protestava il Foscolo nella lettera 24 luglio 1801, . diretta al Ministro della Guerra, Teullié. Il De Meester però, durante la reazione austro-russa, non riparò in Francia, main Liguria, dove, per decreto del Direttorio residente a Chambéry, fu nominato | ufficiale superiore dei soldati cisalpini chiusi in Genova (Zanori, II, 420). 10 Fiorile (29 aprile). — 1. Capitanata da Branda Lucioni, specie di Fra Diavolo piemontese, ex-ufficiale imperiale, la così detta Massa cristiana di contadini insorti contro i francesi, scorrazzava già il paese terrorizzando (Carurmi, op. cit., II, 47; Borra, XVI, 264). — 2. Piccolo figlio del L. — 3. Uno dei più scalmanati repubblicani, oriundo spagnolo (Cusani, passim). Se dovessimo prestar fede al BecammINI, il velenoso storico della reazione, Salvator, Porro e Rasori nel 1796 sarebbero corsi incontro a Napoleone, chiedendogli permesso di uccidere i più facoltosi nobili milanesi (Storia del memorabile triennale governo francese, ecc. Milano, 1799. — Cfr. Invasione francese in Italia nel 1796 — da Memorie inedite di Francesco Nava, cit. in “ Arch. storico lomb.,, XXIX, 120). — 4. L'incerta lezione non ci permette di identificarlo. Serre II. Tom. LVII. pe 5 18 138 È GIUSEPPE MANACORDA 64 11 Fiorile. — A Torino. Alloggio per grazia. Pranzo all’albergo. Punto d’unione. Visita al Direttorio *, che va alla Villa della Regina. Bellezza del paese. Teatro Carignano. 12 Fiorile. — Fermo a Torino. Aprimento del Circolo. Disposizioni dei patrioti 4. Offerta di andare al quartier generale ®. Ritirata continua. Università ed iseri- zioni*. Teatro alla sera‘ Spargimento di buone notizie.. Caffè dei patrioti. Visita alla Vignolle ?. 13 Fiorile. — Resto a Torino. Arrivo di ono 14 Fiorile. — Ordine di partire !. Sospensione dell’ordine di partire quanto ai militari. Abbattimento dei patrioti. Batte la sera la generale. Allarme e paura dei bri- — ganti e dei nemici. Risoluzione di partire. Ricupero del cavallo di sella. 15 Fiorile. — Parto per Pinerolo. Comandante amico ed energico. PD....... Alloggio presso un oste municipale e patriota. Pranzo allegro con molti rappresentanti e intellicenza di star uniti. Risoluzione di andarmene a Fenestrelle. 16 Fiorile. — Viaggio penoso a Fenestrelle. Bell’ordine del paese. Arrivo. Bontà di quegli abitanti. Alloggio miserabile, ma cordiale. 17 Fiorile-x— Si resta a Fenestrelle, ma il comandante avverte che bisogna i: subito. Visita alla fortezza. Compra dei basti. Abbandono della vettura. Ri- cerca di un domestico e fortuna a trovarlo, oltre un altro uomo. Arrivano cannonieri. 18 Fiorile. — Partenza da Fenestrelle. Incapacità dell’uomo vecchio a- condurre il pulledro troppo carico. Pericolo replicato che non cadesse da una rupe altis- sima. Mio timore e per la qualità del cammino e per la curiosità indiscreta degli abitanti! Arrivo a Frais: ivi nuova che i Tedeschi fossero a Susana 11 Fiorile (30 aprile). — 1. Lo stesso giorno era giunto pure a Torino il Direttorio cisalpino col ministro Rivaud ed i rappresentanti cisalpini fuggiaschi (Carurm, II, 48). 12 Fiorile (1° maggio). — 1. L'arrivo dei profughi cisalpini destò grande fermento a Torino. I patriotti piemontesi chiedevano al rappresentante francese, l’ex-prete Musset, che i soldati si radu- nassero a difendere la città. Musset però era fuggito, lasciando il potere al generale Moreau; che si ritirava. Questi nominò quattro amministratori (Pellissier, Rossignoli, Geymet e Capriata) e andò il giorno dopo in Alessandria incontro al Mac-Donald, che si era mosso da Napoli per rinforzare il disfatto esercito francese (CarumTI, ib.). — 2. Al quartier generale di Moreau ad Alessandria, come ufficiale cisalpino, sebbene il L. fosse sempre stato addetto al Ministero della Guerra (ivi). — 8. Gli. Austro-Russi, passato il Ticino il 29, entrarono il 30 a Novara. In tale frangente i patriotti torinesi armarono 800 studenti dell’Università, al grido di Repubblica 0 morte. Strano che il L., pure essendo entrato nell'Università, non abbia segnalato alcun fermento. — 4. Il teatro era aperto, mail cittadino Bongiovanni segnala nelle sue Memorie, citate dal Carurti (II, 52, nota), che nel palco della munici- palità, Gandolfi, Cotti di Brusasco (v. giorn. 11 Fruttidoro), Ferrero-Ormea, Castelborgo e qualche altro | discutevano se conveniva stare a Torino o mettersi in salvo in Francia. Erano di quest’avviso Ferrero, È Castelborgo e Bongiovanni. —- 5. Moglie del generale Vignolle, POSTE ex-ministro della Guerra | della Cisalpina (v. giorn. 25 Termidoro). È 13 Fiorile (2 maggio). — 1. Il generale Fiorella Pasquale Antonio, nativo della Corsica ed | ex-generale in capo delle truppe cisalpine. (Zanoni, I, 148), fu lasciato dal Moreau a presidiare il castello di Torino. Gli Austro-Russi entrarono a Torino il 27 maggio, aiutati dalla stessa guardia nazionale, che aprì loro le porte. Fiorella però, nel forte, resistette fino al 29 giugno (Zanotr, II, 12; Parr, IV, 119; Borra, XVI). Fatto prigioniero, fu deportato in Dalmazia, ove lo vide l’Apostoli, trattato come un delinquente. Fu poi generale di divisione del regno d’Italia e senatore; comandante militare nel 1814 durante i 100 giorni, fu poi destituito (nota, D'Ancona, ivi, pag. 350). 14 Fiorile (3 maggio). — 1. Dato dall’ambasciatore Rivaud (v.. Appendice, Doc. 23 Pratile). 18 Fiorile (7 maggio). — 1. Perchè i contadini erano realisti in Piemonte come altrove. I mon-. tanari infatti della valle del Pellice pochi giorni appresso insorsero e, uniti a quei di Giaveno, — 65 $ RIFUGIATI ITALIANI IN FRANCIA NEGLI ANNI 1799-1800 139 (Susa?). Nostra incertezza. Uomo spedito innanzi per prevenirne i rappresen- tanti e veneziani? e risoluzione di proseguire fino ad altro villaggio. Conferma della nuova 5. Arrivo a Pragelato. Sempre, sempre disastroso. Ritiro in alcune di quelle capanne. Ospitalità e cognizioni di uno di quei montanari. Spedizione di 4 uomini, due per Sestières, due per Susana e concilio che vi si tiene per vedere ciò che convenga fare. Alemagna‘, Morali* e Mantovani® partiti. Cu- riosità degli abitanti e indiscrezione nei prezzi. Notizia che non vi è nulla. Partenza. Viaggio penosissimo sulla montagna di Sestières ?. Arrivo a Sestières. Mancanza di alloggio. I veneziani restano, noi continuiamo. Tormenta e neve pericolosissima. Finalmente arrivo a Campolasso (Champlas) del Colle, ove attaccarono le alture della Perosa senza riuscire a scacciarne i repubblicani (v. Lettera del Capriata ai cittadini Botta e Robert a Parigi, in data 20 Pratile, VII, in Brancxt, op. cit., III, 244). — 2. Vene- ziani o ex-veneziani, come chiamavansi quelli che, dopo Campoformio, dalle provincie venete eransi rifugiati nella Cisalpina, ottenendovi per legge la cittadinanza ed ora fuggivano gli austriaci (V. pres. lav., pag. 53, nota 7). — 3. La notizia, come dice appresso il L., era insussistente e dettata solo dalla paura, dacchè l’esercito di Souvarow trovavasi in quei giorni tra Casale ed Alessandria di fronte al Moreau, col quale scaramucciava presso Valenza il 12 maggio, perdendo il generale russo Chuborf (Cfr. Grorcetri, Diario del canonico De Conti in “ Riv. stor. d. prov. d'Alessandria ,, anno IX, 1900). — 4. Alberto Alemagna fin dal 1796 aveva fatto parte dell’Amministrazione generale della Lombardia, successa il 22 settembre alla Amministrazione militare francese (Zanoni, I, 229). Nel ’97 aveva fatto parte del Comitato che aveva preparato la famosa festa della Federazione, celebratasi il 21 Messidoro (9 luglio) in presenza del Bonaparte (Cusani, V, 150). Poi, con Isimbaldi e Rossi, era stato membro della Commissione incaricata di riferire sul Banco di S. Giorgio (v. un passo della relazione in Cantù, Corrisp. d. dipl., pag. 74, nota). Era stato tra i rappresentanti juniori nel ’97 e nel °98, prima e dopo della riforma del Trouvé (Zawori, I, 232-338). A lui, come tra i più compro- messi, furono dall’Austria confiscati i beni (Cfr. pag. 9, n. 8 pres. lav.). — 5. Ottavio Morali è detto di Bergamo, prete e cisalpino (Roserm, Doc., pag. 591). Il De Trerarpo dà la biografia di lui, scritta dall’Ambrosoli, donde si rileva che il M. fu professore di greco a Brera, amico del Mascheroni e più tardi accademico della Crusca. Curò un'edizione del Furioso e da vecchio ebbe incarico dall'Austria di preparare per le scuole un dizionario greco-italiano. Morì il 13 febbraio 1826 [Cfr. la Nouvelle bio- graphie, che attinge al Dr Trenno, e il Granweror, secondo.il quale il Morali fu pure bibliotecario a Brera e professore al Liceo S. Alessandro (pag. 49)]. Nella Cisalpina era stato rappresentante Juniore nel ’97 e nel ’98 (Zanoni, I, 232, 233). — 6. Probabilmente trattasi di quel G. Mantovani ‘(e non Gillantovani, come per isbaglio leggesi nel Drowrsorti) che firmò la petizione redatta dal Botta (v. pag. 31, n.6 pres. lav.). G. Mantovani, ferrarese, ex-prete, fu rappresentante di Ferrara al Congresso Cispadano (Frorini, Atti d. C. C., alleg. 2, e Casini, I deputati al C'. C. ecc., pag. 143, nota 3, pag. 187). — 7. Ecco come descriveva il passo del Monginevra nella citata lettera il Capriata, che per- corse una strada laterale pochi giorni appresso al L.: “ La strada è diabolica: i muli ed i cavalli vi possono passare, ma non senza rischio e di giorno..... Partimmo a piedi verso le ore 11 di notte: tenebre folte, il rumore della fiumana, la malvagità delle strade, resa peggiore dalle pioggie dei giorni antecedenti, il rischio di precipitar dalle roccie e di cadere nel fiume rendevano il cammino triste e sospiroso. Siamo giunti sul far del giorno a Prales, indi al Ghigo, ove poco ci siamo trat- tenuti anche per precauzione; abbiamo passato il colle, o piuttosto il monte di Mian e siamo giunti al Cou du Col. Per buona sorte vi era una stalla con vacche. Si prese ristoro, procurato, ossia inviato, dal Ghigo. Giungono verso sera due sgraziati avvisi che gli insorgenti volevano penetrare colà in quella stessa sera o nella notte: v'era l’apparenza che ciò potesse essere vero. Si prende la risoluzione di partire, risoluzione quanto ardita dir si può. Vi era la salita di sei ore di cammino ‘ per la neve e v'era tormenta. Si vuol partire e si parte verso notte. Io solo, col mio domestico, non voglio morir di gelo e me ne sto colle vacche. Gli altri partono; ascendono per quattro buone ore; la Provvidenza fa cessare la tormenta per tre ore; riprende quando tutti sono sulla cima del monte; se riprende dieci minuti prima, non so se se ne salva uno , (Brancur, l. c.). Su l’ultima resistenza dei patriotti piemontesi nelle vallate alpine attorno a Pinerolo dà notizie lo stesso ricordato MarauDA in un suo Tableau du Piémont sous le régime des rois, avec un précis sur les Vaudois et une notice sur les barbets (Turin, l’an. XI, pag. 213-220), e qualche notizia aggiunse recentemente L. C. BoLnea, 140 GIUSEPPE MANACORDA i 66 trovo gli altri. Buona accoglienza, buon alloggio e buona cena. Gli altri dor- mono in scuderia. Io con Savonarola *, in letto. 19 Fiorile. — Furto di una valigia. Uomo spedito ad Alemagna, perchè torni. Pa- gamento e partenza. Si arriva a Susana con buon viaggio. Non vi si trova vino e si continua. Notizia che i Tedeschi sono respinti da Milano!. Strano arrampicamento per la montagna e per il Tourniqué. Uomini che preparano la strada? Buona colazione nel secondo villaggio dopo il Tourniqué, ove co- mincia la Francia. Riparto. Costeggio della Duranza che là comincia. Bellezza delle montagne verso la Francia. Arrivo a Briangon. Alloggio, ed io subito È a letto. Sa 20 Fiorile. — Si resta a Briancon. Ostaggi piemontesi! Nuove buone di Cham- pionnet ®, ma continua il passaggio. Risoluzione di restare con molti altri. Ricerca di una vettura. Arriva Alemagna. Vendita di cannoni. Pericolo di requisizione di cavalli. Ospitalità e aristocrazia. Compro una carretta per 4 luigi. 21 Fiorile. — Risoluzione di partire e partenza. Uso della carretta per molti. Mi pongo a cavallo e mi stanco e lo cedo. Si rompe la carretta e si raddrizza. Finalmente si rompe del tutto e se ne caricano i cavalli, abbandonandola sulla strada. Si passa a La Bessée e La Roche. Lago in questo orrido paese: Si ab- “ brevia la strada, fingendo un passeggio a Milano e sì arriva a S' Crespin, ossia Mont Dauphin. Alloggio in casa di Stefano Aimar. Suo carattere: suo patrio- tismo. Incontro di una cremonese. Dormo vestito. Trovo i coscritti in catene *. 22 Fiorile. — Si parte da S.* Crespin e si arriva a Embrun. Strada facendo ci fer-. miamo a Chateauroux, ossia Montroux, dove facciamo un’ ottima colazione. Troviamo preti che ci domandano del papa! Dormiamo malamente, secondo il solito, presso un negoziante. Al Caffè dei patrioti accoglienza, rosolio e discorsi. Bevo assai. La rivoluzione in una terra del Piemonte (Torino, Clausen, 1905). — 8. Di Padova, ex-gesuita, fu rap- presentante juniore nel 1796, poi nel ’98 (Zanoti, I, 232, 233) e come tale è designato nei Doc. Rob. Dal Coraccini apprendo che morì sotto il regno d’Italia, dopo d’essersi rifatto frate. 19 Fiorile (3 maggio). — 1. Tutt'altro! Il 4 maggio, anzi, il castello di Milano si era arreso agli austriaci; il 5 era caduta Peschiera, e proprio in quel dì, 8 maggio, capitolava Pizzighettone! — 2. Per l’arrivo di rinforzi francesi (Cfr. giorn. 28 Fiorile). 1 20 Fiorile (9 maggio). — 1. Per consiglio del Musset e del Cotti di Brusasco erano stati arrestati e deportati in Francia come ostaggi, all’appressarsi di Souvarow, dei nobili piemontesi realisti, cioè il principe della Cisterna, il marchese Alfieri e figlio, i marchesi dal Borgo, di Prié, di Caluso, di Pamparato, di Massel, i conti di Polonghera, di Piossasco, di Scalenghe, d'Entraque, d’Hauteville, | Radicati, Rebuffo, Ferreri, Prati, Alciati, Avogadro, Gattinara, nonchè il patriotta principe di Savoia- Carignano, padre di Carlo Alberto, una specie di Filippo Égalité piemontese (Canurm, II, 42). Detti «M ostaggi furono poi rimandati liberi da Napoleone nel marzo 1800, e ben notava la Cicognara scri- vendo al marito, che la generosità dei francesi fu mal ricambiata dall'Austria, che continuava & tenere chiusi a Petervaradino e altrove i patriotti cisalpini. — 2. Richiamato, come è noto, da — Napoli, dove era l'idolo dei repubblicani, e processato dal Direttorio, non troppo contento forse per le contese col commissario Faypoult e per la sua poca abilità nello spremere denaro ai napoletani ‘liberati (Conuorta, Storia del Reame di Napoli, cap. IX, lib. IV; Francmenri, Mac-Donald e la Repub- — blica partenopea, in © Nuova Antologia ,, giugno-luglio 1892; Samr-Ausn, Championnet, général des armées de la République francaise, cit. Paris, Poulet-Malassins, 1861, p. 371) — Ora era stato prosciolto. 21 Fiorile (10 maggio). — 1. Per il pericolo di diserzioni e fughe; cfr. pag. 4 nota»6 pres. lavoro e De Cuewac, I, 17. 5 ; : é 22 Fiorile (11 maggio) — 1. Papa Pio VI, prigioniero dei francesi, era passato pel Mon nevra pochi giorni prima, il 24 aprile, diretto, come si sa, a Valenza, ove morì il 29 agosto di quell’anno. i "DAI : 67 I RIFUGIATI ITALIANI IN FRANCIA NEGLI ANNI 1799-1800 TA 23 Fiorile. — La mattina eravamo risolti di rimanersi a Embrun, ma un raggio di sole fa venir voglia di partire e si va, lasciando i cavalli indietro onde ripo- sassero e partissero all'indomani, come seguì. Partono gli altri prima di noi. To e il collega vogliam raggiungerli e camminiamo. Vento, pioggia e fango altissimo, indi grandine, indi fiumi da passare a guazzo, sassi immensi, insomma tutti gli incomodi. Passando da Savines vidimo eseguirsi l’estrazione dei coscritti!. Continuammo a Chorges, ove noù troviamo alloggio in paese, ma ci vien dato a Mortaret, monte vicino, che ci faticò estremamente. Cena di latte e vino. Era il giorno di Pentecoste. Freddo, noia e dolori. Coscrizione militare: 17 sopra 51. 24 Hiorile. — La mattina di buon’ ora continuiamo sopra Gap, centrale del diparti- mento delle Alte Alpi. Incontro di coscritti. Ospitalità e curiosità. Compra di scarpe. Mausoleo del maresciallo Bonne, duca di Lesdiguières *..... La pioggia continua. Incontro Peraldi?, coonato di Franceschi. Moccini resta presso il Commissionario. Cerco una vettura inutilmente. 25 Hiorile. — Partono i compagni rappresentanti per Grenoble e giusta le stazioni. Io mi accordo col Corriere per partire all'indomani e do le mie disposizioni pei cavalli e per gli amici. Liete notizie di guerra‘. Indignazione per l’assas- sinio di Bonnier e di Roberiot ®. Pioggia continua, che non cessa nè la notte, nè il prossimo giorno. 26 Fiorile. — Partiamo da Gap le 5 del mattino con acqua. Compagnia di M.m° e M® Tessier e loro pettegolezzi. Si fa colazione a Butinelle. Si pranza a Corps con molta decenza, benchè in mezzo alle montagne. Si va a dormire decente- mente alla Mùre. Là sentiamo che a Grenoble si visitano le valigie degli im- piegati francesi. 27 Fiiorile. — Si continua il viaggio. Bellezza della valle sottoposta e di quattro laghetti. Si arriva a Grenoble a mezzogiorno. Vengo alloggiato in casa di una vecchia, il cui letto d’alloggio era occupato da una figlia moribonda. E mi si 23 Fiorile (12 maggio). — 1. Il 24 settembre 1798, il Direttorio, in forza della legge 5 set- tembre 1798 sulla coscrizione, aveva chiamato sotto le armi tre classi di giovani dai 20 ai 23 anni, collo scopo di porre in armi 200 mila uomini. La prima classe dei giovani di 20 anni riuscì composta tuttavia solo di 51 mila uomini; le altre due classi dei giovani di 21 e 22 anni raggiunsero la somma di 82 mila uomini: in tutto 133 mila uomini. Queste due ultime classi erano però state chiamate sotto le armi il 17 aprile 1799 ed erano questi appunto i coscritti che il L. vedeva. Va infatti notato che i soldati i quali si trovavano sotto le armi prima della legge del 1798 erano detti r'équisi- tionnaires dalla legge 23 agosto 1793 sulla requisizione o leva; quelli chiamati per virtù della legge del ’98 furono detti coscritti (De Cuewac, I, 16, nota). 24 Fiorile (13 maggio). — 1. La cattedrale di Gap, oggi demolita, conteneva appunto in una cappella il monumento del connestabile di Lesdiguières, trasportatovi dal castello omonimo. Oggi esso è alla prefettura. È opera di Jacob Richier del 1500. — 2. Nessuna notizia trovo di Peraldi; pel generale Franceschi, v. nota giorno 29 Termidoro. 25 Fiorile (14 maggio). — 1. Forse era giunta l'eco della scaramuccia di Valenza, vinta dal Moreau il 12 maggio (Cfr. nota giorno 18 Fiorile, 3 e Pari, IV, 112). — 2. I due delegati francesi al Congresso di Rastadt, assassinati, come è noto, il 9 Fiorile, mentre partivano dal convegno e per ordine, pare, della Corte austriaca. Il Direttorio, fors'anche per accendere nuovo odio contro l’Austria, ordind dovunque funerali e commemorazioni nei templi decadari. In ogni scuola o tribu- nale, narra il Papi (IV, 70), fu affissa una targa commemorante l’assassinio e incitante alla vendetta; uno stendardo con su scritto: Vendetta alle ombre dei cittadini Bonnier e Roberiot, fu dato alle armate. Nel Consiglio dei 500, quando, facendosi l’appello, si arrivava ai loro nomi, il presidente rispondeva per loro: “ Vendetta! ,. Il Serbelloni, in data 17 Floreale, aveva scritto al ministro Talleyrand le condoglianze del Governo cisalpino per quell’eccidio (“ Arch. Min. Est. ,, c. 123). 149 GIUSEPPE MANACORDA 68 cambia in casa di M.®® Duclot, cognata di un ministro di Torino. Verifico la visita che la Municipalità fa agli impiegati. Energia patriottica. Gabinetto letterario. i 28 Fiorile. — Vengono buone notizie da l’armata e si confermano. Aspetto invano i cavalli ed i compagni. Mi faccio dare la carta di sicurezza. 29 Fiorile. — Soggiorno sempre a Grenoble. Le donne di Chambéry si uniscono per trucidare Scherer, il quale è, dicesi, rifugiato a Lione, ove si è scoperta una con- giura. Dubbio di recarsi colà in quelli che vi volevano andare. Arrivo di Cabrini? e di Cometti #. Zamperini 4 resta addietro. 30 Fiorile. — Continua il soggiorno a Grenoble. Vado al tempio decadario. Bella funzione assistita dal generale, Stato Maggiore e autorità costituite !. Concorso affollato di gente. Musica ed inni repubblicani. Discorsi che vi si leggono. Apostrofe ai Cisalpini. Matrimonî fatti? Ritrovo Zamperini. Bella giornata. Bel corso ai giardini ed al corso. Bellezza del sesso e sua leggiadria. File di donne, una più bella e più galante dell’altra. Isimbaldi* e Lattuada ‘, indi 28 Fiorile (17 maggio). — 1. Forse la conferma dello scontro di Valenza e, — se non è troppo presto, data l’assenza a quel tempo del telegrafo ottico attraverso le Alpi, — vago sentore delle scaramuccie di Marengo e di San Giuliano, favorevoli ai francesi, combattute il 16 maggio (Pari, IV, 112). 29 Fiorile (18 maggio). — 1. Solita sorte dei generali sconfitti! Contro lo Scherer si avventò G. Pindemonte chiamandolo : duce inetto e vile, Che al sempre invitto esercito francese Insegnò della fuga il nuovo stile; ed aggiungendo che il generale: nel sanguigno attacco Bellicoso non mai montò cavallo, Ma in cocchio aureo le vie scorrea vigliacco, O giacea su le piume, o a mensa assiso, Marte obliando, si votava a Bacco. Cfr. le petizioni ai legislatori, e i brani del discorso Briot, per le accuse contro Scherer in Appendice, Doc. 14 Termidoro. — 2. Valeriano Cabrini, modenese, o di Carpi, secondo lo Zanoli, collega del L. al Ministero della Guerra cisalpino (Doc. Rob., 592, el Zanoti, I, 220), era già stato nel ’97 segretario della Giunta di difesa generale della Cispadana, di cui era presidente il Cico- gnara (Cantù, Vincenzo Monti e Vetà che fu sua, cit. pag. 158). — 3. Gregorio Cometti, autore di un opuscolo sull’ unità d'Italia, fu segretario del Serbelloni in Parigi (v. giorno 6 Messidoro), e come tale lo vediamo firmato nel certificato redatto a Parigi il 17 Brumale, anno IX, col quale si dichiarava che il Monti per ragioni di salute non poteva assumere il suo insegnamento a Pavia (Mazzaninti, Epistolario, 332, e Cantù, op. cit., 81; De Casrro, 62). — 4. Bartolomeo Zamperini di Milano, ricordato anche nei Doc. Robd., pag. 590. 30 Fiorile (19 maggio). — 1. V. pag. 61 del pres. lav. circa le condizioni religiose in Francia nel 1799. — 2. S'intende col rito decadario. — 3. Carlo Innocenzo Isimbaldi, fin dal 1796, aveva | fatto parte con Alemagna dell’Amministrazione civile della Lombardia (Zanoti, I, 229), poi era stato — eletto rappresentante tra gli juriori (Is., 232) e più tardi fu sotto il regno d’Italia direttore della zecca (Is., 341). Per la sua dottrina scientifica fu da Napoleone fatto membro del Consiglio delle miniere e della Commissione dei pesi e misure ed ebbe titolo di barone (CorAcomi, sub. zom.). — 4. È il notissimo Felice Lattuada, ex-parroco di Varese e uno tra i più scalmanati e pazzeschi dema- | goghi. Quando il 22 Brumale dell’anno VI era stato eletto rappresentante fra gli juniori, aveva | scritto ai suoi parrocchiani una lettera per dimettersi da parroco e per consigliarli a stare in guardia contro gli ipocriti, i quali “ spacciano a loro profitto come pietà e devozione molte abusive pratiche, che in realtà non sono che ridicole superstizioni ,, ed augurava loro un parroco che avesse l’anima repubblicana. Egli si vantava di avere a Varese combattuto l’aristocrazia, indotti i giovani ad arruolarsi e î cittadini tutti a formare la guardia nazionale (v. lettera in Merz, I, 880). È un fatto che il Lattuada fin dal 1796, appena arrivati i francesi, aveva scritto una lettera ai parrocchiani, 69 I RIFUGIATI ITALIANI IN FRANCIA NEGLI ANNI 1799-1800 143 Pozzi®, Alemagna e Mantovani partono per Parigi. Tordorò ha pure risolto lo stesso e va dopo domani. 1 Pratile. — Resto sempre a Grenoble. Continua il bel tempo. Visita alla biblioteca, gabinetto di storia naturale, ove trovansi rari uccelli, colibri e mosche, ed al Gabinetto particolare del bibliotecario, che ci regala alcuni gessi. 2 Pratile. — Continuo ad essere a Grenoble. Tordorò parte per Parigi. Voci che il ; re di Prussia abbia dichiarato guerra all'imperatore !. Passeggio con vari amici fuori di porta di Francia e sì va a mangiare alla francese con ova e latte ar- rostito, cioè in crescenza. Mia conversazione col cavaliere di Marnas, grande aristocratico, che vuol dirsi patriota arrabbiato e dice male di tutto e di tutti. 3 Pratile. — Resto sempre a Grenoble. Mi si ammala un altro cavallo, il sauro. Spesa eccedente che mi costa, compreso il servitore. 4 Pratile. — Festa del Corpus Domini. Vado a vedere la già Cattedrale. Divozione del basso popolo. Brutta chiesa. Semplice pontificale del vescovo *. Arrivo della 105* brigata, che passa tosto in Italia ?. 5 Pratile. — Le notizie sono poco buone. Dicesi quartier generale a Cuneo. Verso sera si migliorano. Si verifica che il quartier generale è a- Carmagnola !. Ci perchè li accogliessero bene e piantassero l’albero della libertà (Ib., 146), e pare anzi che ancor prima del ‘96 egli tenesse nel Varesotto segrete conventicole rivoluzionarie entro capanne di paglia (In., IT, 2). Non fa meraviglia certo che con un tal parroco i giovani varesotti si affrettassero nel ’96 ad abbattere e spogliare santi e madonne. A Milano era tra i più esagerati nemici dei preti; coll’altro ex-frate, Salfi, ebbe parte nel '97 nel famoso Ballo del papa (v. nota giorn. 13 Pratile VIII), e pure nel ’97, nel conciliabolo della Società della Pubblica Istruzione, sostenne la necessità del divorzio, come neces- sario “ alla moltiplicazione degli individui nella repubblica ,. Per conto suo, nel Consiglio cisalpino, chiese il permesso di ammogliarsi e propose si togliesse per legge ogni impedimento di ammogliarsi anche ai minori. Negò la pensione ai religiosi dei conventi soppressi, perchè “ servirono l’impostura a danno della nazione ,. Fattosi massone, divennero famose nei circoli le sue invettive anticlericali (Cusani, V, 185, 192 ece.; Bonora, 60; Dr Castro, 128 ecc.). Durante l’esiglio del 1799, l’Austria gli confiscò i beni. Di ritorno, protetto dal generale Brune, esercitò l'avvocatura ed ebbe varî offici. Morì nel 1817 (Coraccini, sub z0m.) e lasciò memorie manoscritte che si conservano fra le carte del Custodi (Auvray, pag. 325). Il Verri così lo dipinge: “ era uno dei più odiosi al popolo; la sua meschina figura è quella di un piccolo preticciolo d’un aspetto piuttosto ridicolo e malvestito, che pazzamente si muove quando parla, e lo fa male e sempre col tono di catechismo... Era stato cattivo avvocato e curiale dell'arcivescovo ed alunno dell’economato, ma nel fondo era uomo da nulla e smanioso di far parlar di sè ,. Il Monti, annunziando al Rangone che nella riforma Trouvé, il Lattuada non era stato escluso dal Corpo legislativo, il 23 agosto '98 scriveva: “ anche il pazzo Lattuada è stato pri- viligiato , (Mazzarini, I, pag. 303). Perciò forse allude al Lattuada questo passo della Maschero- niana (c. 1): Vidi chierche e cocolle armar la plebe, Consumar colpe che d'Atreo le cene E le vendette vincerian di Tebe. — 5. Pozzi non ebbe cariche, per quel che risulta, sotto la Cisalpina, ma è rammentato nella let- tera 26 agosto dal Botta fra quelli che lavoravano pel bene d’Italia durante l’esiglio. Firmò infatti la petizione Botta (v. pag. 31, n. 6 pres. lav.). Il Dr Casmro, non senza perchè, lo pone fra i più irre- quieti e turbolenti fuorusciti italiani (pag. 88). V. infatti quello che di lui scrivevano il Labus (pag. 21 pres. lav.) e il Serbelloni. 2 Pratile (21 maggio). — 1. Non era vero, ma verosimile, almeno secondo le speranze del Diret- torio, che il Grecy, nella nota lettera al Bernadotte, accusava di condurre la Francia, giustiziera di un re, “è genoux devant Ze roî de Prusse!!, (SAmr-Auein, 366). 4 Pratile (23 maggio) — 1. Cfr. pag. 61 pres. lav. — 2. Ecco i rinforzi che il Moreau ricevette e che fece credere molto più numerosi per spaventare gli austriaci (Parr, IV, 112). 5 Pratile (24 maggio) — 1. Il Moreau, nonostante che avesse respinti i russi a Valenza ed a S. Giuliano, si ritirò da Alessandria, lasciandovi, secondo la sua tattica, un presidio per impegnare 144 GIUSEPPE MANACORDA 70 duole l'insorgenza dei paesani. Affabilità del Citt.r° Turio, bolognese, chi- | | TUrgO °. 6 Pratile. — Vado per andare alla Cour, grotta posta ai piedi della montagna di là dell'Isère, ma la grossezza del fiume lo impedisce. 7 Pratile. — Veniamo avvertiti che molti cittadini di Grenoble desiderano di avere dei Cisalpini in loro casa!, che Serbelloni? e Rivaud® ne dimandano i nomi per soccorrerli giusta la volontà del governo e che decadì prossima avremo un pranzo dalle autorità costituite. Pare prepararsi in Francia dai patrioti qualche grande affare segretamente ‘. Nomina di Sieyès li fa sperare. Si voci- fera che la Prussia abbia dichiarato la guerra all'imperatore. Leggesi sulle gazzette francesi che Adelasio? ed Arauco® siano al governo di Milano. Baz- il nemico, come aveva fatto già nelle piazze forti di Lombardia, presidio che capitolò poi,, dissi nel luglio. Il Moreau, rimasto con soli 26 mila uomini, dopo d'aver esitato tra il ritirarsi nel nord del Piemonte, per tendere la mano a Massena, o nel sud, per attendere Mac-Donald, già partito da Napoli, si ritirò a Cuneo, dove ricevette i ricordati rinforzi. — 2. Null’altro che il nome ci fu dato trovare di questo personaggio. 7 Pratile (26 maggio). — 1.Il Bovra scrive: “ Tutte le terre francesi alle quali lo spettacolo degli esuli era pergenuto, emulavano le une le altre. Chambéry, Grenoble e Marsiglia si dimostrarono, per questi benigni Tiguardi, piuttosto ammirabili che singolari ,. — Anche pel Direttorio cisalpino, dissi l’ 11 Pratile, l’Amministrazione dell’Isère, in seguito a sollecitazioni del Direttorio francese, prendeva disposizioni per il modo di alloggiarlo convenientemente (Doc. Rob., 583). — 2. L’ex-duca Gian Galeazzo Serbelloni, nato nel 1744 dal duca Gabrio e dalla duchessa Maria Vittoria Ottoboni, allievo del Parini, grande di Spagna, decurione nel 1777, ciambellano dell’imperatore, prefetto della Confraternita di San Giovanni decollato, — nel quale ufficio nel 1775 si era non poco adoperato perchè un assassino si confessasse prima del supplizio; — al primo giunger dei francesi, fattosi mas- dI sone, aveva abbracciato con ardore le nuove idee, gettato via in piazza l'insegna di grande di Spagna “la quale non può definirsi, aveva detto egli, che un’insegna di servitù ,. Però a Gian Galeazzo Serbelloni non poco giovò il bel nome aristocratico, per essere subito mandato dalla Cisalpina straor- dinario, con Nicoli e Sopranzi, a Parigi nel '96 e per essere presto nominato presidente del Direttorio Esecutivo, benchè; a giudizio del Verri (pag. 408), fosse “ uomo assolutamente nullo ,. Fu Napoleone stesso, — del quale aveva nel’96 il Serbelloni accompagnato da Parigi a Milano la sposa Giuseppina, ospitandola nel suo palazzo patrizio, — colui. che indicd al Governo francese il Serbelloni come molto adatto a far parte del Direttorio cisalpino “ per l'influenza che dà la ricchezza , ed anche perchè era 4 oramai così compromesso cogli austriaci, che i francesi se ne potevano fidare. Su proposta dell’amba- sciatore francese Trouvé, il Serbelloni era stato mandato nel ‘98 ambasciatore cisalpino a Parigi, insi- stentemente chiamatovi dal Governo francese (v. lettere del Monrr 11 agosto ’98, 15 Termidoro e 5 Vendemmiale ; in MazzatINnTI, Epist.) nonostante le esitazioni del Direttorio cisalpino. Nominato ambasciatore a Parigi, continuò ad esercitare le sue funzioni durante quel burrascoso anno 1799-800, mentre da Milano il Governo austriaco gli confiscava i beni (Cfr. pag. 9, n. 8 pres. lavoro) e la plebe gli saccheggiava il palazzo (Borra, lib. XVI, pag. 235; Cusani, V, 15, 17, 215, 293 ecc.) - Cfr. NAPOLEONE) — Corrispondenza, tom. INI, 45; Carpucer, Storia del Giorno di G. P., Bologna, Zanichelli, 1892, pag. 26; Boxota, 60. — 3. Dai Doc. Rob., pag. 586, apprendiamo infatti che il Rivaud, il noto ambasciatore fran- cese presso la Cisalpina, aveva scritto al Commissario del P. E., presso l’Amministrazione dell'Isère, chiedendogli i nomi dei fuorusciti facenti parte del Corpo legislativo cisalpino e delle altre soli % cisalpine bisognose di soccorso, per poterlo sollecitare dal Governo francese, cfr. pag. 15 pres. lav. — 4. Preparavasi effettivamente l'avvenimento che poi accadde il 18 giugno, ossia la caduta di tre decori ( e la sostituzione di nuovi membri d'idee più avanzate, la liberazione di Championnet, ecc. Il 16 Fiorile, infatti (17 maggio), scaduto dal Direttorio il Rewbell, Sieyès, allora ambasciatore a Berlino, era stato iS la legge 22 Fiorile che usurpavagli i poteri (SAmr-Avsin, 229). — 5. Ex-direttore, bergamasco, l’un non fuggito da Milano dopo la restaurazione austro-russa, il che fece con ragione parlar di pe mento. Si DDL il Rasa della Mascheroniana : 71 I RIFUGIATI ITALIANI IN FRANCIA NEGLI ANNI 1799-1800 145 zetta” e Manzoni® nella polizia. Timori che l’armata si ritiri e speranza che avanzi. Passaggio di coscritti?. Notizie della massa cristiana e di una solle- vazione in Torino °. 8 Pratile. — Si aspettano nuove degli «amici rimasti a Briancon *. Cambio di alloggio e vado in casa del citt.° Roland. Arrivano due Milanesi ed annunciano gli orrori commessi a danno dei patrioti in Milano? Scrivo a mio padre ed a Fasoli 3, mandando le lettere a Genova ad Alessi* e di là a Parma. Dubito che siano recapitate. Compie oggi un mese dalla mia partenza da Milano. 9 Pratile. — Sorte un manifesto per la festa di domani, ove sono nominati i Cisal- pini. Sl sparano verso sera i cannoni per annunziarla. Arrivano altri Cisalpini e Piemontesi e portano che i nostri colleghi che erano a Briangon vengono a raggiungerci 4. 10 Pratile. — Festa della riconoscenza *!. A 6 ore, indi a 10, si sparano i cannoni. Festa della riconoscenza al tempio decadario. Feriti rappresentanti le armate I del Danubio, II del Reno, HI d’Italia, IV dell'Egitto e d'Oriente, V d’In- ghilterra, VI dell'interno e guardia nazionale, incoronati a nome della Comune di Grenoble dal Presidente della Municipalità. Effusione di cuore, lacrime e spettacolo commovente. Dopo, le solite funzioni al tempio. Ivi, un francese prende un italiano e un ferito, o altro refugiato, e processionalmente, preceduti da bande militari, si va.fuori porta Bonne fra gli applausi del popolo, in casa di Noel, trattore. A me tocca un giudice di pace. Tenda disposta pel convito Vidi in cocchio Adelasio ed in catene Paradisi e Fontana. Oh, sventurati ! Virtù dunque ebbe del fallir le pene ? — 6. Arauco, milanese, già ministro delle Finanze nella Cisalpina (Zanoti, I, 230) e segretario gene- rale del Direttorio nel 1798 (In., 233), fu poi membro della Commissione del governo della Lombardia creata da Napoleone dopo Marengo, il che dimostra falso il sospetto di tradimento (In., 235). — 7. Il Bazzetta fu dal Coccastelli, commissario imperiale di Milano, chiamato a far parte della Com- missione di polizia, creata dal generale Melas. -— 8. Ne facevano parte anche Giovanni Manzoni, — zio del Coccastelli, detto il gentilometto di Lecco, perchè appartenente alla piccola nobiltà di quel paese — e il Draghi. Contro questa Commissione di polizia fu scritto l’epigramma:: Lap. i sn rr item nn A Due han di bestie il nome, un la figura; î Ma tutti e tre son bestie di natura. 9 (Cfr. D'Ancona, Lettere Sirmiensi, p. 242). — 9.V. nota ai giorni 28 Fiorile e 4 Pratile. — 10. V. nota | ai giorni 10 Fiorile, 13, 18 id. 8 Pratile (27 maggio). — 1. Il Bignon scriveva al Ministro dell’Interno il 7 Pratile che molti fuggitivi erano fermi a Pinerolo e Fenestrelle, altri erano a-Briangon, e fra essi qualche rappresentante, tutti molto bisognosi (“ Arch. Min. Est. ,, 121). — 2. Dopo la caduta del castello di Milano (4 maggio), | erano cominciati gli arresti e le deportazioni dei patriotti, pei quali rinvio al D'Ancona (Lettere Str- | miensi di F. Apostoli cit.), i saccheggi alle case dei patriotti, le ruberie e gli incendi dei sanfedisti, | gli assassinî di giacobini per opera di cosacchi, ecc. (Cfr. Cusani, V, passim; cfr. pag. 6 e 9 pres. lav.). = 3. Non lo ritrovo nominato in alcun documento. — 4. Id. 9 Pratile (28 maggio). — 1. A Grenoble prese poi stanza l’Amministrazione piemontese, ma il 9 Pratile essa non v'era ancor giunta e trovavasi ad Aiguilles, donde è datata la lettera del Capriata | su ricordata. Da Briangon, infatti, accompagnato da una lettera del commissario Farnaud all’Ammi- | nistrazione municipale di Grenoble, partiva per Grenoble il 9 Pratile lo Zorzi, uno degli ex-vene- | ziani su ricordati, rappresentante cisalpino, accompagnato, dissi, dalla sua famiglia di 11 persone, | vittima, secondo la lettera, delle idee nuove, per le quali aveva perduto in Venezia un'immensa | sostanza. L’11 Pratile poi partivano da Briangon per Brescia sei amministratori di Brescia ed il | giudice di pace di quella città (Doc. Rob., pag. 587). 10 Pratile (29 maggio), — 1. Di questa festa, che doveva dare in certo qual modo il benve- nuto ai fuorusciti italiani, il Roserti (Un anno della vita ece., pag. 735) trovò il resoconto in un Serie II. Tom. LVII. 19 , lì 146 GIUSEPPE MANACORDA 79, di 200 e più persone. Pranzo magnifico. Brindisi d’altri e mio. Canzoni patrio- tiche italiane e francesi col Presidente e gen." Miller? Lasabette (2) ed altri. Dopo si ritorna alla Municipalità collo stesso ordine. La pioggia ci divide. 11 Pratile. — Sento che il Direttorio Cisalpino venga a Grenoble. Il mio ministro sento recarsi a Chambéry ?. Il mio ospite finalmente mi dà dei libri italiani. cioè Dante, Petrarca e le Rime oneste?. Finisco il terzo canto del poema mio Papomachia*. Arrivo di Oliva ?, Massa, Ferreri ”. 12 Pratile. — Notizie buone. Comincio una nuova cantica, che penso intitolare la Lancetteide. 13 Pratile. — Arrivo continuo di coscritti. Sempre nuove speranze e muovi timori. | Finisco la prima cantica soprannominata. 14 Pratile.— Comincio a dar lezione d'italiano alla mia padroncina di casa. Sento | le iniquità dei signori cremonesi *, bresciani, ecc. 16 Pratile. — Le lezioni della mia scolara mi interessano. Mia melanconia per le giornale grenoblese del tempo, il Clairvoyant, donde apprendiamo che tra gli esuli il poeta Fantoni o Labindo inneggiò alla fratellanza italo-francese, e Cavedoni, ex-rappresentante cisalpino, propose un plauso al generale che avrebbe piantato lo stendardo della libertà a Pietroburgo. È passato un secolo e quel generale non è venuto! — 2. Comandava il corpo d’esercito che cercò di sua inizia- tiva di recare aiuto al Moreau. “ Vogliamo rientrare in Piemonte al più presto, — scriveva il 20 Pra- tile il Capriata nella citata lettera; — pare che il generale Miller, che è a Briangon, abbia intenzione di penetrarvi per le valli. Rossignol e Pico partiranno domani per parlargli e sentire come la pensa ,. 11 Pratile (30 maggio). — 1. Questa notizia è l’eco della ricordata lettera 11 Pratile, con cui si ordinava di tener pronto l'alloggio pel Direttorio cisalpino che arrivava a Grenoble (v. nota 1, giorn. 7 Pratile). — 2. Cioè il Ministro della Guerra cisalpino, che era il Bianchi d'Adda (Zanoni, I, 56; v. nota, 25 Pratile, 1). — 3. Le Rime oneste, titolo dato a varie raccolte di versi, edite in varî tempi e luoghi. — 4. Nulla ho trovato tra le carte del Lancetti di questo poema; per quel che appare dal titolo, doveva essere una tirata antipapale (Cfr. pag. 58 pres. lav.). — 5. Oliva, cre- monese, già rappresentante juniore nel "97 e nel ’98 e collega di Vincenzo Monti nell'ordinamento delle Romagne, dopo la loro annessione alla Cisalpina: questo incarico fruttò ad entrambi un processo finito in nulla. L’Oliva era anche poeta, e di lui, nel Parnaso democratico, si legge un’ode per l’inal- zamento dell'Albero della Libertà a Cremona (I, 78). — 6. Massa Giuseppe di Modena, già segretario- redattore del Consiglio dei juniori. — 7. Probabilmente quel Ferrero d’Ormea, già a noi noto, nobile piemontese (v. nota 4, giorn. 12 Fiorile). 14 Pratile (2 giugno). — 1. A Cremona infierì la reazione del ’99, sbizzarrendosi non solo in tridui, riparazioni e abbattimento di alberi, ma in una profluvie di opuscoli e satire antifrancesi e antirivoluzionarie che usciva dalla Stamperia della Noce, come dalla Stamperia del Manini, allora deportato, gli anni innanzi erano usciti opuscoli rivoluzionari. La collezione Ala-Ponzone, esistente nella Biblioteca governativa, è ricchissima di questi opuscoli. Segnalo qui una Bosinada cremonesa per i lader Giacoben — de l'Italia e è so confen, uscita appunto dalla Tipografia della Noce nel 1799. — Dei Giacobini si dice: Part bandit, part in presòn, Ste sicur che si ingannat; Sarat sù come i capòn, Ne ghe dubi che i Frances A spettà la soa sentenza Torna pu in de sti paes. Per fa un po’ la penitenza Sp DERE Delle soe iniquità; Pense mai se i torna pu, % Vel possives figurà ! Ste pur le, ste sarat su, Sion Le e dei Mi Cun speransa ste a spetà Se gh’avesses la speranza Che i ve vegna a liberà, Che torness quì de la Franza, Fin che turna Bonapart Qui birbon che.v'ha incantat, De l’Egit a quart quart! Ma Bonaparte invece venne presto e li liberò! i 16 Pratile (4 giugno). — 1. Dopo la presa di Torino (27 maggio), mentre nel castello Fiorella. n resisteva ancora, forti corpi degli alleati avanzavano nelle valli alpine. Dalla lettera citata del Capriata, i ; “ LIA Ù Î 4 Ù 73 I RIFUGIATI ITALIANI IN FRANCIA NEGLI ANNI 1799-1800 147 replicate nuove che i nemici si accostano alla frontiera !. Secondo indirizzo dei Grenoblesi al governo, firmato anche da alcuni italiani, non da me?. 17 Pratile. — Arrivo del gen.l* Lechi ed altri; progetti di andare a Parigi o a Nizza *. Mia tristezza per la caduta del Castel di Milano ?. 18 Pratile. — Vedo nuovi amici militari testè arrivati. Finisco la seconda cantica delle Lamentazioni!. Tengo nuove che Fenestrelle e Monginevra è libero ?, che la congiunzione de l’armate di Napoli è fatta con quella di Moreau * e che Massena ha portato nuove vittorie. Preparativi in Grenoble per la festa del 20 4. 19 Pratile. — Sì aspetta il Direttorio * ed invece arrivano Alborghetti * e Cocchetti 3. Pare confermata la nuova della congiunzione delle armate di Napoli e d’Italia. apprendiamo che sui primi di giugno già 15 mila austro-russi (se non son troppi !) tenevano quartier generale ad Orbassano, e mentre i contadini insorgevano, gli alleati si impadronivano di Luserna» di Torre Pellice, di San Giovanni, di Perosa, ece. Intanto pochi francesi, capitanati dal comandante Niboyet, ed i patriotti guidati dal Rossignol e dal Marauda, alla testa dei Valdesi, facevano gli ultimi sforzi di resistenza. — 2. Indirizzo al Governo per essere difesi nell’imminenza di un’invasione austro- russa. Fu in seguito a queste insistenze delle provincie di confine che, secondo il Sarnt-Arsin (pag. 232), fu creato l’esercito delle Alpi con 30 mila uomini, a cui il Bernadotte prepose lo Championnet. 17 Pratile (5 giugno). — 1. Le poche milizie cisalpine che non capitolarono colle francesi a Milano, Mantova, Alessandria, Ancona, Genova, ripararono in Francia qua e là, ma in particolare a Versailles gli usseri, ed in Provenza la fanteria, ove, formata a battaglione accentrato in Lavenzo, cooperò alla difesa delle Alpi Marittime, sotto il capo-brigata Mazzucchelli Luigi (Zamora, II, 11. Cfr. p. 36 pres.lav.). Perciò il L. pensava di recarsi a Parigi o a Nizza. — Lechi Giuseppe è il noto generale bresciano, primogenito del conte Faustino Lechi e fratello di Angelo e Teodoro, ufficiali cisalpini e poi generali. Nel 1797, la notte dal 17 al 18 marzo, i bresciani, sollevatisi contro la Serenissima, avevano nominato loro comandante il Lechi (Cusani, 78), allora trentenne. Riunitisi alla Cisalpina 1 bresciani, egli nell'esercito cisalpino fu sino al 1799 generale di brigata col La-Hoz, sotto il Fio- rella. Sul principio del '99 era in Svizzera col Jourdan, ma all’apparire degli austro-russi ritornò in Italia, ove seguì la ritirata del Moreau (Zawoti, II, 11). Nell'inverno '99-900 e nella primavera fu incaricato di riorganizzare la Legione italica, che poi egli guidò attraverso alle Alpi alle vittorie di Varallo e di Lecco, segnalate in un ordine del giorno del generale Vignolle (De Cuenac, II, 245; v. appresso tutto ciò che si riferisce alla Legione italica). Nel 1800 fu fatto generale di divisione. Fu ai comizi di Lione nel 1802, rappresentante del Mella. Nel 1806 combattè a Napoli, nel 1808 in Spagna e fu governatore di Barcellona, ove resistette, pare, al tentativo di corruzione fattogli dal | generale Vives, spagnuolo. Caduto in disgrazia di Napoleone e sospetto di malversazione, fu carce- rato, ma assolto. Passò quindi al servizio di Murat a Napoli, i cui disegni ambiziosi egli favoriva. Nel 1814 marciò alla testa della spedizione dei napoletani in Alta Italia ed entrò in Firenze, pub- blicando un proclama invitante a combattere per l'indipendenza d'Italia. Il 24 febbraio 1814 egli, per conto di Murat, ed il Fouché, per conto di Napoleone, firmarono una convenzione per la cessione fatta dai francesi ai napoletani dei forti di Castel S. Angelo (ove era assediato Miollis) e di Civitavecchia. Pare che nel 1814 fosse intermediario tra i congiurati militari lombardi, fra i quali era suo fratello Teodoro, e Murat (Lemmi, 429). Morì, secondo il D'Ancona, nel 1836 e fu sepolto a Brescia (Cfr. Low- Broso, Galleria militare, I, 194; D'Ancona, Lettere Sirmiensi, pag. 255; Coracomi, sub nom.j A. LumBroso, Il generale Teodoro Lechi in “ Riv. stor. del Risorg. ital. ,, 1898, pag. 319). Dell’ambizione del Lechi, | il quale nel 1802 pare aspirasse alla carriera diplomatica, e del suo carattere dette un pessimo | giudizio il Marescalchi in una lettera al Melzi il 1° aprile 1802 (Merzi, I, pag. 212). Le lettere di lui, edite dal De Cugnac e dal Crock, ci serviranno in seguito per illustrare le notizie del diario sulla Legione italica. — 2. Avvenuta il 4 maggio (v. nota giorno 19 Fiorile). 18 Pratile (6 giugno). — 1. Anche di queste non trovo traccia, nè fra i manoscritti, nè fra le stampe del L. — 2. La lettera del Capriata smentisce affatto la rosea opinione del L. (v. nota 1 giorn. 16 Pratile). — 3. False dicerie! Mac-Donald non era ancora giunto neanche a contatto coi... nemici. Ed altrettanto dicasi delle vittorie del Massena. — 4. V. nota 2 giorn. 25 Fiorile e 20 Pratile. 19 Pratile (7 giugno). — 1. Vedemmo che il Direttorio cisalpino si fermò invece definitivamente a Chambéry. — 2. Si conoscono due Alborghetti, Pietro e Giordano, entrambi rappresentanti. Pietro era juniore nel ’96 (Zanoni, I, 231), Giordano nel ’98 (In., 233). Non mi è possibile precisare quale dei due sia costui. — 3. Rappresentante juriore nel 1796 (In., 332), poi nel 1799 segretario del Mini- 148 ì GIUSEPPE MANACORDA 74 20 :Pratile.— Giorno dedicato anche per legge a celebrare i funerali di Bonnier e Roberiot !. 21 Pratile.— Mi risolvo di andare a Parigi. Arrivo di Mombelli*. Nuove di Milano e della vil resa del Castello ® e della legge che confisca tutti i beni degli emi- grati* Nuove di Torino e della resistenza del general Fiorella ‘. 23 Pratile.— Il giovine ufficiale Riva, dovendo partire per Nizza colla guarnigione, viene di buon’ ora a vedermi e gli do una camicia. Arriva a Grenoble il pro- clama del Corpo legislativo ai Francesi con suo messaggio al Direttorio: si stampa e si vende: notizie che Sieyès accetta. Notizie di persecuzione in Mi- lano, dopo la caduta della cittadella ®. ; 24 Pratile. — I Cisalpini già di guarnigione a Milano partono per Nizza*. Ambro- sioni * e Manenti® si risolvono di venir meco. 25 Pratile. — Preparo i miei bauli, scrivo al Ministro‘, valendomi del Cap.» Gra- sceni? che si porta a Chambéry. Prendo congedo dagli amici e lascio a Cabrini L. 128 abilitandolo a ritirare dal Direttorio esecutivo quella qualunque somma che si pagasse agli impiegati cisalpini?. E 26 Pratile. — Mia partenza per Lione alle 6 di mattina con Ambrosioni e Labus4. Mi accorgo di aver perduto la valigia, in cui ho la biancheria, il portafoglio, stero degli esteri tenuto da Arauco (Arch. St. Mil., Protocollo del Direttorio cisalpino). Durante l’esiglio, stette dapprima a Chambéry presso il Direttorio, ma da lettera di questo al Serbelloni in data 5 Messidoro apprendiamo che il Cocchetti fu destituito dai Direttori “ perchè veramente stanchi e stomacati degli elogi che questo pubblico impiegato, che in passato faceva pompa di caldo patriot- tismo, prodigava ora alla condotta degli austriaci nella Cisalpina , (Arch. d. St. di Milano, Affari esteri, Il Direttorio in Francia. Cfr. pag. 23 pres. lav.). 20 Pratile (8 giugno). — 1. V. nota 2 giorno 25 Fiorile. 21 Pratile (9 giugno). — 1. Nessuna notizia trovo di questo personaggio. — 2. Nel castello di Milano, arresosi dopo breve resistenza il 4 maggio, erano 1500 soldati cisalpini ed altrettanti fran- cesi (Zanori, II, 11). Si gridò allora al tradimento. Vero, o non vero che fosse, certo è che Napo- leone, di ritorno dall'Egitto, credette opportuno di sottoporre a processo molti ufficiali che avevano reso troppo facilmente le fortezze al nemico (De Cuenac, I, 7). — 3. V. pag. 9 del pres. lav. — 4. V. nota giorn. 13 Fiorile. 23 Pratile (11 giugno) — 1. V. nota 1 giorn. 17 Pratile. L'uffiziale Riva deve essere quel Riva Rolando che poi troviamo capitano degli usseri cisalpini nella Legione italica (Zanori, I, 145). — 2. V. nota 4, giorn. 7 Pratile. — 3. V. nota 2, giorn. 8 Pratile, e 7 Pratile, note 7 e 8. 24 Pratile (12 giugno). — 1. V. nota 1, 17 Pratile. — 2. Giuseppe Ambrosioni era stato membro del Consiglio dei giovani nel 1796 e nel ’98; poi, dopo la riforma del Brune, fu nei seriori (Zamora, I, 232-233). — 3. Nei Doc. Rob., 592 è detto medico, membro del Consiglio dei giovani, bergamasco. 25 Pratile (13 giugno). — 1. Al Ministro della guerra cisalpino, Bianchi d’Adda, che era a Chambéry col Direttorio (Zanoti, 1, 56, e 11 Pratile, 2). — 2. Nei varî ruoli militari, editi dallo Zaxoti, troviamo solo un Gherardo Grasceni, sottotenente nel 1803 nella guardia del Presidente (1, 173). Evidentemente non può essere questo. — 3. Nel gran bisogno degli esuli ricorre spesso il ricordo di crediti che essi vantavano verso il Governo, considerandosi essi ancora in servizio. Ma dove poteva attingere ora i fondi il Direttorio, che era un Governo senza governandi e che era partito da Milano, come esso scriveva, senza un soldo ? Con sussidi e poi colla mezza paga si prov- vide in parte alla sorte degli esuli, in specie impiegati (v. Parte II, cap. VI pres. lav.). Qui ricor- diamo una volta tanto che lo Zanoi, il quale ebbe parte importante nell’amministrazione finanziaria dell’esercito cisalpino, ci avverte che nel 1799 interi corpi cisalpini furono formati e pagati a spese della Francia e che nei primi 4 mesi del ’99 la Cisalpina spese L. 7.675.000 per le truppe cisalpine e polacche e 6.000.000 per quelle ausiliarie francesi (I, 108, 110). 26 Pratile (14 giugno). — 1. Giovanni Labus, bresciano, già ufficiale di polizia cisalpina e inviato come tale a Parigi nel 1799, fu uno dei più tiepidi e prudenti fra i rivoluzionari. Benchè firmasse la petizione diretta ad ottenere la libertà e l’indipendenza d’Italia, pure le sue lettere da Parigi durante l’esiglio sono, vedemmo, una requisitoria, spesso ingiusta, contro i suoi connazionali fuorusciti 75 I RIFUGIATI ITALIANI IN FRANCIA NEGLI ANNI 1799-1800 149 i il Mongolfiero e l'argento. Ritorno indietro: domando a tutte le case, e non 4 vi è chi sappia nulla. Mi è forza tornare a Grenoble, lasciando la vettura con n Ambrosioni. La Municipalità non era ancora entrata. Mi si manda dal giudice + di pace e dal Commissario del P. E. Ottengo autorizzazione di perquisire colla forza armata del giudice e una lettera del Commissario al comando della Guardia nazionale del Cantone. Trovo molto interessamento in tutti. Si va, si visita, si perlustra: non sì trova nulla e nessuno sa nulla. Io avevo lasciato la nota degli effetti al Comando. Disperato di trovare la valigia, mangio un boccone. Eravamo a mezza lega da Voiron, quando mi raggiunge il solito cor- riere che da Grenoble va ogni giorno a Lione e mi annuncia che la valigia si è trovata. A Voiron si fa conversazione con M.m° Flavigni, moglie dell’aiut.* gen. di questo nome, che ora comanda Fenestrelle. ? 27 Pratile. — L'espresso è tornato con una lettera da Grenoble, che mi dice di an- ì dare in persona a riconoscere la roba, perchè la valigia fu aperta. Prendo un cavallo a nolo che mi dilomba e arrivo in men di tre ore a Grenoble. Andiamo dal giudice di pace. Fanno arrestare un certo Faure e un certo Riviére, rei di aver trafugato la valigia caduta. Si sgridano per aver commesso questa cru- deltà ad un rifugiato. Mi si fa firmare l’atto d’accusa e parto alle 12. 28 Pratile. — Alle quattro si parte, onde far 10 leghe e arrivare a Lione. Prima delle 7 siamo a Lione. Bella sorpresa che mi cagiona il ponte di pietra, indi quello di legno. Eravi corso lungo il Rodano, essendo domenica. Non vedo Ambrosioni, nè Labus, che credetti arrivati. Le donne di Lione non si vestono di buon gusto come le Grenoblesi, ma sono belle. Due teatri aperti. La città è in istato d’assedio. î 29 Pratile. — Rovine di Lione e segnatamente alla piazza Beleour: non vi è più nè ponte, nè bastioni. Trovo Ambrosioni e Labus, che erano arrivati prima di me, e Pavesi! con suo figlio. L'ospedale è servito da chirurghi e speziali femmine. Vado a teatro, dove si rappresenta la commedia intitolata Le follie amorose * e si canta un’opera, Tourbenne (?) ossia il Pescatore svedese®. Mi piace la musica di Bruni ed anche gli attori e sopratutto il coro. La vecchia madre del pescatore Tourbenne era veramente vecchia e cantava, ciò che mi piacque molto. Bella la libertà delle donne, che se ne vengono sole. Si sparge la nuova della presa di Milano. vanni: pochissimo concorso. Vado ancora al teatro SI ove si nta "3 Panurgo all'isola delle Lanterne', opera buffa con balli obbligati all’opera, i contro i loro progetti politici, spesso generosi (v. pag. 21 pres. lav.). Fu archeologo ed epigrafista ll’Austria. Studioso di storia sacra, scrisse molte vite di Santi e collaborò ai asti della Chiesa che si pubblicarono a Milano negli anni 1824-25. Si ricorda di questo rivoluzionario sui gereris uno studio su alcuni monumenti epigrafici cristiani scoperti in Milano nel 1824 in Sant'Ambrogio lano, 1824). In fondo era uomo ligio alla tradizione, che la bufera rivoluzionaria per poco deviò . dalla via che era la sua. Da vecchio, compiendo la parabola stessa percorsa dal Botta e dal Monti, | fu un assolutista e perciò caro all'Austria. Lettere di lui al Gazzera pubblica ora lo Sramernr negli Atti di questa Accademia. 29 Pratile(17 giugno). — 1. Pavesi Angelo, padre, è detto lodigiano, proprietario, già municipalista — 2 Lodi e commissario del P. E. (Doc. Rob., 592). Già nel ’96 aveva fatto parte della provvisoria — Amministrazione civile della Lombardia, e come membro di detta Amministrazione appare firmato | nella lettera 30 Frimale, anno V, diretta dal Governo lombardo al Congresso cispadano di Reggio - (Forni, Atti, pag. 88). — 2. Delle Follie amorose non trovo notizia. — 3. Ip., In. 30 Pratile (18 giugno). — 1. Panurgo all'isola delle Lanterne, commedia-opera in 3 atti, in versi, 150 i GIUSEPPE MANACORDA 76 spettacolo che per la musica e per l'esecuzione mi è piaciuto moltissimo, sicchè credo un errore degli italiani la superbia che hanno della loro musica, la quale non dico non essere la migliore, ma credo che lo sia in causa della miglior lingua. Mi accordo per andare a Parigi con Ambrosioni. 1° Messidoro. — Ricevo la visita di M. Antonio Spreafico, già da moltissimi anni domiciliato e possessore a Lione. Vado a visitare la Biblioteca. Faccio visitare il passaporto. Licenzio il servitore Stefano Gilioni, cremonese, cui rilascio un certificato. 2 Messidoro. — Si parte poco dopo le tre di notte in diligenza, che conteneva 12 persone. Si passa il ponte sulla Sòna. Sollecitudine della diligenza. Si arriva. la sera a Roanne, dove si passa la Loira a guazzo. 3 Messidoro. — Ci leviamo alle 12 '/ e ad un’ ora del mattino sì parte da Roanne. Si pranza a Moulins, capitale del Borbonese, bella ma spopolata città, dove siamo assediati da una quantità di donne, che ci vogliono vendere per forza forbici, coltelli, ed altre manifatture d’acciaio veramente belle. Continuiamo il nostro viaggio e andiamo a dormire verso la mezza notte a Nevers, bella città. Abbiamo fatto almeno 140 miglia. 4 Messidoro.— Alle sei e mezzo si parte da Nevers sempre in carriola. Queste car- riole a cavalli si cambiano ogni 5 o 6 leghe. Si è molto incomodi, ma si vola. La sera arriviamo a Nemours, altra bella città costeggiata dal Loing. Si ri- prende la vettura e si continua il viaggio tutta la notte. Strada facendo, con- cepisco di scrivere due operette, cioè una tragedia e un ringraziamento ai Tedeschi. 5 Messidoro. — Sempre in continuo viaggio, arriviamo a Fontainebleau dopo aver | passato, ossia costeggiato per più leghe una bellissima foresta. Quanto più ci 1 ; avviciniamo a Parigi, sempre miglior spettacolo. Alle 5 ‘/, arriviamo a Parigi. La diligenza si ferma ad un albergo nella contrada S. nel sobborgo di S. Mar- cello. Poi io e Ambrosioni e due francesi compagni di viaggio, prendiamo un fiacre, ossia una carrozza a nolo, e ci facciamo portare nel centro della città, dove prendiamo due camere mobigliate nella contrada Saint Denis in casa di certo Marcellot. Ci laviamo e mutiamo e sortiamo/ Andiamo a passeggiare ai | bolevardi e sulla sera ai portici del palazzo reale. Quantità di fanciulle da piacere. Bellezza di tutti questi tipi inutile a replicare, e buon gusto. Inutil- mente abbiamo cercato vedere degli italiani; sul tardi. troviamo finalmente alcuni piemontesi!. Sappiamo i cangiamenti avvenuti nel governo ? ev le sue buone disposizioni per l’Italia 8. parole del Conte di Provenza e di Morel de Chedeville, musica di Grétry, rappresentata all'Opéra di Parigi il 25 gennaio 1785. Secondo lo stesso Grétry, Panurgo sarebbe stata la prima opera del ; tutto comica comparsa all'Opéra. Il soggetto è tolto da Rabelais. va 5 Messidoro (23 giugno). — 1. Probabilmente questi piemontesi non erano altro che Carlo Botta. e Giulio Robert, venuti in Francia prima dell’Amministrazione piemontese volta in fuga, quali com- missari del Piemonte presso il Direttorio (CarutmI, II, 54; Roserti, Un anno della vita di Carlo Botta d cit. Cfr. pag. 30 del pres. lav.). — 2. Cfr. nota 4, giorn. 7 Pratile. — 3. Francesco Antonio Ciaia,. 6 venuto a Parigi col Paribelli colla nota legazione e presentato dal Colleoni al Cometti, segretario del Serbelloni, il 25 giugno, ignorando ancora la caduta della Partenopea avvenuta il 18, con- dividendo le speranze del L. sul nuovo Direttorio, scriveva a Napoli al fratello Ignazio, poeta, poi i vittima della reazione del ’99: “ Gli affari prendono buona piega: è d’uopo approfittare del momenti Spedite subito una persona con le credenziali per far riconoscere la nostra repubblica, e, se è oppor: È tuno, concludere un trattato d’alleanza , (Croce, p. 163). E il Botta, in una lettera del 30 giugno, — diceva: “ Chi governa adesso è più amico della libertà italiana di quei che sono espulsi. Potremo A Bri I RIFUGIATI ITALIANI IN FRANCIA NEGLI ANNI 1799-1800 ito! 6 Messidoro. — Parigi. Informatomi del domicilio dell’ambasciatore Serbelloni in contrada Babilone, andiamo a trovarlo e ne abbiamo la più graziosa acco- glienza. Ivi troviamo Cometti, segretario di legazione, il giovane Conti*, che è unito a Mascheroni*, Stefani” rapp.t* e Tordorò. Visti e registrati i nostri passaporti e noi invitati a pranzo dall’ambasciatore, andiamo all’amministra- zione centrale del Dipartimento della Senna per farli registrare, dove li la- sciamo, ritirando una carta, che poi ci conviene portare al Dicastero, via Bureau centrale, che parimenti la vidima, e ci resta come carta di sicurezza per un mese. Vedo i cavalli già di Venezia‘, i bagni sul fiume, e mille eccellenti cose. Pranziamo dall’ambasciatore, il quale si dà la pena di trovarci alloggio in una casa contigua, ove dimorano anche Alemagna, Pozzi e Mantovani. Dopo pranzo vado alle Tuileries, indi ai Campi Elisi, ove tra mille spettacoli mi fermo a vedere un uomo che sonava in una volta 5 istrumenti......... Alla mattina Serbelloni ci annuncia la nuova di una vittoria riportata da Magdo- nald presso Modena ?, ciò che si conferma ufficialmente alla sera, e ci comunicò 7 tutto il conteggio avuto per la somministrazione di 200 mila lire ai Cisalpini p ordinata per legge °. 7 Messidoro. — Parigi. Vado a visitare la figlia del RE Beccaria, maritata in «—Imbonati* Ivi conosco anche Vassalli?, torinese, uno dei delegati per lo sta- di nuovo, se un desiderio di emigrati non m’inganna, rivedere i nostri campi, (Roserti, Un anno ecc., 736). |_—6 Messidoro (24 giugno). — 1. Personaggio difficile ad identificare, dato il casato assai comune. Un Francesco Conti figura tra i rappresentanti cisalpini nel 1796 ed un altro Conti, dottore, ma | senza nome di battesimo, è rappresentante cisalpino nel 1798 (Zawotr, I, 231-32). Quest'ultimo è pro- — babilmente quello che il Monti, nella lettera ad Antonio Festa in data 5 Vendemmiale, VI, dice | che era stato chiamato a far parte di una Commissione di otto legislatori, con a capo il Faypoult, | per riordinare le finanze cisalpine (Mazzarinti, I, 308). Senonchè questo Conti, facendo parte del Consiglio dei seriori, non può essere quello giovane ricordato dal L. E nemmeno può essere quel | medico Conti, mandato dai bolognesi nel ’96 col Salvioli, legato presso il Direttorio (Cusani, V, 57), che è forse quello stesso proposto senatore nel 1802 pel Rubicone, del quale il Melzi riferiva che era di carattere versatile ed equivoco, ricco, ma poco stimato. — 2. Il notissimo scienziato e poeta bergamasco, autore dell’Invito a Lesbia Cidonia, erasi recato a Parigi, chiamato a far parte della . Commissione per lo stabilimento dei pesi e misure (sistema metrico decimale). A Parigi il diario Lancetti ce lo presenta intento alle novità scientifiche del tempo, come il telegrafo (13 Messidoro) e l’areonautica, allora in voga. Non si dimenticava però della patria, e noi lo vediamo tra i firma- tari della petizione Botta. Poco prima della caduta della Cisalpina, egli anzi aveva avuto certo | mandato speciale di rappresentanza dal 3 Germinale presso il Direttorio francese, e con lettera i Pratile, anno VII, chiedeva al Direttorio cisalpino l'indennizzo spettantegli (Cantù, Dipl., 175). n sappiamo quanto di vero vi sia in quel che afferma il De Treaupo (IV, 116), che cioè il Masche- roni, perduto l’ufficio di commissario dei pesi e misure, insegnò, per campare, matematica in un collegio. La sua morte avvenuta, pare ormai derto, il 14 luglio 1800 a Parigi, offerse argomento alla nota cantica del Monti. Dopo la sua morte scrisse una commemorazione di lui il Lalande sul — Magazzino enciclopedico (anno V, tom. II, pag. 416). Egli aveva sempre fatto parte del Corpo legisla- tivo cisalpino dal ’98 al ’99 (Zamora, 231-338), e il 22 giugno 1800 cera stato già chiamato a far parte della Commissione straordinaria di Governo della Lombardia (ivi, 235). — 8. Non figura tra i rap- | presentanti nello Zanon: e neppure nel Norwins. — 4. I cavalli di San Marco portati via da Napo- ne. — 5. Il 10 e 12 giugno, infatti, Mac-Donald, in varî scontri presso Modena, respingeva i deschi del generale Hohenzollern, ma presto veniva in soccorso di costui il Souvarow, e allora, com'è noto, i francesi ebbero piena disfatta alla Trebbia. — 6. V. pag. 44 pres. lav. 7 Messidoro (25 giugno). — 1. Curioso e significante qui pro quo! La madre di Alessandro Man- zoni era separata dal marito. — 2. Vassalli Eandi Antonio Maria, prete, celebre fisico e matematico | piemontese, professore all’Università di Torino dal ’92, era nato nel 1761 ivi, e morì pure a Torino nel 1823. Durante la sua permanenza a Parigi lesse all'Accademia di medicina un suo lavoro sull’affinità 152 GIUSEPPE MANACORDA 78 bilimento dei pesi e misure. Giro in seguito con Sinibaldi® quasi tutto il ba- stione degl’italiani, vedo le porte S.' Denis e compro le E/egantiae latini ser- monis* in due tomi del Meursio, bella edizione e ben legata per 4 lire di Francia, e il Vendemmiatore* e la Priapea® per 36 soldi, il Libro dei perchè? per 30 e un bell’ Ovidio per 6 soldi. Al dopo pranzo andiamo a wisitare il ministro Caleppio * e la sua sposa, indi andiamo ai Campi Elisi, ove entriamo a vedere lo scheletro della testa di una balena pescata all’isola di S.'* Margherita. 8 Messidoro.— Vado da Serbelloni, indi con Conti mi porto al negozio di Didot!, ove raccolgo varie opere stereotipe che mì riservo di comprare. Indi mi reco al negozio di Molini, toscano, che già da 50 anni sta a Parigi e vi compro molti libri e ne trovo molti più italiani interessantissimi ..... 9 Messidoro.— Piove allegramente e quindi mi fermo a scrivere un passo di lettera agli Austro-Russi. Trovo al luogo del pranzo Mascheroni, la Beccaria e Im- dei gas. Dopo Marengo, ritornato professore a Torino, fu membro della Consulta legislativa. Nel 1814 il re di Sardegna lo pensionò e gli dette l'ufficio di segretario all'Accademia delle Scienze. Diresse pure il Museo e l'Osservatorio di Torino. Il noto diplomatico cisalpino e pittore Luigi Bossi, il. 6 febbraio 1799, scriveva da Torino al Direttorio cisalpino sul Vassalli: “ Non poteva cadermi più in acconcio la commissione che vi è piaciuto di darmi coll’ultimo dispaccio relativo al cittadino Vassalli, professore di fisica, destinato matematico conferente a Parigi per parte del Governo prov: visorio del Piemonte. Io, conosciuto da lui giù da molto tempo per cognizioni scientifiche e rac- comandato a lui personalmente nella mia ultima venuta a Torino, ero già molto ben avanzato nella sua confidenza, quando s'è avanzata la nuova sua destinazione. Egli, a dir vero, non si è mai aperto con me in modo da mostrare con chiarezza il suo sentimento, come io pure non ho fatto che tenergli un linguaggio generale e che fosse lontano assolutamente da qualunque sorta di partito; ho potuto però — rilevare che egli non sarebbe stato certamente nemico dell’unione [colla Francia], che l'avrebbe anche promossa per evitare i lunghi danni di un Governo provvisorio protratto oltre i primi giorni della rivo- luzione. Dopo la ricevuta della vostra lettera, io l’ho nuovamente coltivato, gli ho parlato di politica più da vicino, l’ho impegnato a combinarsi in Parigi col dott. Mascheroni, anche per le viste politiche che avrebbero potuto giovare ai loro paesi rispettivi; l’ho accompagnato con mie lettere molto detta- gliate al cittadino Serbelloni ed a Mascheroni medesimo, ed oggi alle 2 è partito per Parigi, mostran- domi la più buona intenzione , (Cantù, Dipl. Cis., pag. 171). — 8. Forse Cesare Sinibaldi, poi chi- rurgo di 1* classe nel battaglione veterani (Zanoni, I, 170). — 4. Le | Wlegantiae latini sermonis, nota compilazione scolastica. (Cfr. Graesse). — 5. Il noto poemetto scollacciato di Luigi Tansillo. — 6. Nota raccolta di poesie oscene, di cui la prima edizione segnalata dal Bruner risale al 1506 (Francoforte), % e l’altra, padovana, al 1664. Una terza edizione fu fatta a Lipsia nel 1781, in aggiunta al Satiricon — di Petronio. — 7. Probabilmente trattasi del Libro dei Perchè, colla Pastorella del Cav. Marino e la novella dell'Angelo Gabriele. Pelusio, MMMDXIV (1758), in-8°, di pag. 91 (Bruner). È opera in versi licenziosa. — 8. Nobile bergamasco, già ambasciatore della Cisalpina in Spagna (Zawota, I, 234); riti- ; ratosia Parigi nel maggio ’99, riceveva in casa sua i fautori dell’unità d’Italia (Cusani, V, 307), intorno | alla quale, secondo il De Castro, scrisse anche un opuscolo. Lo troviamo infatti tra i firmatari della petizione Botta. Egli sapeva a sue spese che voleva dire essere sottoposti a preponderanza straniera, — giacchè nel 1798 il Direttorio cisalpino lo aveva già nominato ambasciatore a Parigi, ma il Trouyé aveva avvertito che si sarebbe esposto il Caleppio ad un rifiuto, perchè si voleva il Serbelloni. Ebbe in compenso nel 1799, ritirato dall’ambasciata di Spagna, il Ministero degli esteri (Lettere del Monti al Testa, 9 Vendemmiale ’98 e 25 Piovoso ?99; MazzamINtI, soa I, 827). Il Melzi, quando il 31 Caleppio era candidato senatore, dava di lui il seguente giudizio : “ Uno dei primi rivoluzionari di Bergamo, poi ministro in Spagna e degli affari esteri, nominalmente, a causa delle circostanze (il ’99): | mediocrità di mezzi, circondato da pessimi elementi ,. Il Coraccrni lo giudica uomo più zelante c È dotto. Il GrannerTI (p. 240) ricorda che ei fece costruire a sue spese una strada in Val Camonica. 8 Messidoro (26 giugno). — 1. Firmin Didot (1764-1830), della grande famiglia di tipografi fran- cesi, secondo figlio di Francesco Ambrogio e nipote di Pietro l’aîné, aveva inventato nel 1797 la stereotipia, e la sua invenzione l’aveva applicata ad un'edizione illustrata di Virgilio in:18°, che, dicono, si vendeva per soli 75 cent. vo 79 I RIFUGIATI ITALIANI IN FRANCIA NEGLI ANNI 1799-1800 1589 bonati. Con Imbonati e Tordorò andiamo ad un’ accademia di arti e scienze e non ne proviamo soddisfazione. Alla sera alle ombre chinesi *. 10 Messidoro. — Giorno di decadì. Visito attentamente le Tuileries. Dopo pranzo andiamo alla compagnia a Rivoli. Meraviglie di questo bel giardino, della sua illuminazione e dell’Orfeo ed Euridice!, che vi è presentata con fuochi d’artificio. Finisce alle 11 di sera e mi trovo distante più di una lega da casa. 11 Messidoro. — La sera vado al teatro dell’Ambigu-Comique, al Baloardo del Tempio, ove non si rappresentano che pantomimi. — Il primo è la Selva Nera *, l’altro il Pigmalione ®; questo secondo mi è molto piaciuto. 12 Messidoro. — Andato da Serbelloni, vado con esso a visitare il ministro Caleppio, ove imparo a conoscere l’abate Casti! — Pranzo dallo stesso Serbelloni e dopo pranzo vado al teatro della repubblica ed arti, ove vedo l’opera la Carovana del Cairo *, in cui ho l’incontro di vedere a ballare Vestrio. 13 Messidoro. — Finisco la lettera agli Austro-Russi. Dopo pranzo vado a vedere con Mascheroni il Telegrafo di Mont-martre'. Alla sera al parco di Moussoux (?), ove vedo la flotta aerea, che Blanchard ® ha promesso di fare partire quanto prima, e si alza un pallone con fuochi artificiali che vola alto e lontano. 14 Messidoro. — Mi veggo nominato unitamente ad Ambrosioni sulle gazzette come testè arrivato a Parigi! Dopo pranzo vado al così detto Teatro italiano, anche detto della Commedia, in contrada Favart, e ne parto soddisfatto. 9 Messidoro (27 giugno). — 1. Noto spettacolo, ora cacciato di moda dalle proiezioni: specie di lanterna magica. { 10 Messidoro (28 giugno). — 1. L'Orfeo ed Euridice è probabilissimamente l’opera in tre atti, parole di Moline, musica di Gluck, rappresentata la prima volta all'Accademia Reale il 2 agosto } Aa Il Gluck aveya scritto però la musica su libretto italiano di Calzabigi pel tenore Guadagni. @ Dal Calzabigi il Moline lo tradusse con variazioni. A Parigi, nel 1774, fu rappresentato 49 volte di | seguito. 11 Messidoro (29 giugno). — 1. Probabilmente è la Forét noire, ou Le fils naturel, ia | in tre atti di Mussot, messa in scena l’11 settembre 1791. — 2. Pygmalion, ou Les petits sculpteurs, Miiczino in un atto, messa in scena all'Opéra comique il 18 marzo 1752 — oppure: Pygmalion, | ballo-pantomima in 2 atti di Milon, musica di differenti autori, adattato dal Lefebvre e rappre- sentato la prima volta sul teatro dell’Ambigu-Comique nel mese di Floreale, anno VII. Le circo- stanze di tempo e di luogo portano a credere si tratti di questo ultimo spettacolo. Sullo stesso | soggetto si scrissero pure molte altre opere teatrali varie, tanto in Italia che in Francia sul finire del ’700. Il Cremenr conosce tanto il Pimmalione di Cimador, rappresentato a Venezia per la prima volta nel 1788, quanto quello dell’Asioli, messo in scena a Torino nel 1789, e quello del Sirotti, dato al Carcano di Milano nel 1793. : 12 Messidoro (80 giugno). — 1. È il notissimo abate G. B. Casti di Montefiascone, poeta di corte ‘a Pietroburgo e Vienna, l’autore degli Animali parlanti, del Poema tartaro e delle notissime novelle grassoccie. Il 16 giugno 1798 egli era a Genova, donde scriveva alcune lettere edite dal Cantù (Dipl. | cis., pag. 220-21), descriventi l’ambiente repubblicano della città ligure. Egli non era a Parigi come | perseguitato politico e vi rimase fino al 1804, nel quale anno morì al 16 di febbraio. — 2. La caro- vana del Cairo, allora notissima opera in tre atti, parole di Morel de Chedeville, musica di Grétry, — rappresentata a Fontainebleau per la prima volta il 30 ottobre 1783. 13 Messidoro (1° luglio). — 1. Il telegrafo di Montmartre a segnalazioni ottiche, tentato prima dall’Amonton, era stato messo in uso dai fratelli Chappe, che nel '93 ottennero il brevetto dalla Convenzione. La linea da Parigi a Lilla funzionava già nel ’93, nel '97 quella da Parigi a Stra- | sburgo, nel '98 da Parigi a Brest. Dal diario Lancetti risulta che nel ‘99 funzionava già quella Parigi-Lione (v. giorn. 17 Vendemmiale) — 2. È il noto areonauta francese, allievo del Mongolfier, nato nel 1738, morto nel 1809. La moglie di lui, pure aeronauta, morì nella sua 67° ascensione. 14 Messidoro (2 luglio). — 1. V. Appendice, Documento di tale data. Serre II. Tom. LVII. 20 154 GIUSEPPE MANACORDA 80 15 Messidoro.—- Dopo pranzo vado al teatro della Commedia, ove si rappresenta il Trenta e quaranta * e Adolfo e Clara*, opere comiche graziosissime. 16 Messidoro. — Vado dal ministro della: guerra, che è il gen Bernadotte 4 istallato ieri, e vi vedo l’antecessore generale Millet. Il ministro s’interessa per i miei crediti verso le compagnie Thiebaud e Bodin. Per la prima vado inutil- mente al Ministero delle Finanze, trattandosi di conti dell’anno VI; per l’altra ho un appuntamento per domani ?. Al pranzo imparo a conoscere il citt.r° Fortis, letterato veneziano * stabilito a Parigi. Dopo pranzo giro tutti i Campi Elisi. Gran melanconia che soffro per essere solo e vedere tanti padri e madri coi loro teneri fanciulli ed io essere così distante dai miei. È; 17 Messidoro. — Continuo nella mia melanconia. Arrivo di Alborghetti, di Grasceni e di Paroletti 4. 18 Messidoro. — Scrivo a mia moglie per mezzo del negoziante Zucchi 4. 19 Messidoro. — Pranzo da Serbelloni, ove prego il suo fittabile Grassi * di vedere. mia moglie e farle avere mie notizie. 20 Messidoro. — Al dopo pranzo vedo due palloni elevati da Garnerin *, l’ultimo dei quali, portante un animale, finisce per disposizione dell’autore per abbru- POTRA TTI E ETA LC enne 15 Messidoro (8 luglio). — 1. Opera comica in un atto, parole di Alessandro Duval, musica di Tarchi, messa in scena al Feydeau il 19 maggio 1799. — 2. Opera comica in un atto, parole di Marsollier, musica di Dalayrac, rappresentata all'Opéra Comique il 10 febbraio 1799, divenuta -poi popolaris- sima. Dallo stesso soggetto il Frinzl trasse un’operetta rappresentata a Francoforte nel 1800. 16 Messidoro (4 laglio) — 1.Il futuro re di Svezia e Norvegia. — 2. V. nota 8 giorn. 25 Pratile. Deve trattarsi di conti del Ministero della guerra cisalpino verso compagnie di fornitori. — 3. Fortis, non Giambattista, come lo chiama il Burn (p. 188), ma Alberto, abate elegante e galante, con tinta rivoluzionaria, naturalista, antiquario, poeta, viaggiatore, un po’ di tutto insomma, membro di varie Accademie, era nato a Padova nel 1741. Scrisse un Viaggio in Dalmazia, che fu tradotto in francese dall’amica sua, contessa di Rosemberg, col titolo di Les Morlaques. Morì a Bologna nel 1809, e Carlo Amoretti, il noto bibliotecario della Ambrosiana, ne scrisse l'elogio nelle Memorie della Società di Matematica e Fisica, tom. XIV, part. I. Di lui danno la biografia il De Trratvo (I, 237), scritta da Giuseppe Vedova, la Nouvelle biographie ed altri dizionari. Fu amico del Fantoni, che gli diresse un’ode (Sorerti, 275) e varie lettere edite dal Carpucci nel suo studio sul Fantoni (Un poeta giaco- bino in formazione, in * Rivista d’Italia ,, 15 gennaio 1899, pag. 14).| Secondo il Carducci, il Fortis avrebbe voluto una federazione di repubbliche italiane. Anche del Monti il Fortis fu amico, e il poeta, in nota alla sua famosa lettera al Bettinelli (Opere, V, 459), riporta un brano di lettera del Fortis, scritta da Parigi il 28 Nevoso, anno IX, ad un alto personaggio (Napoleone), in cui difendeva il Monti come autore della Baswilliana e deplorava che egli languisse in miseria come il Napoli- Signorelli e il Lamberti, mentre i ciarlatani (intendi Gianni) se la godevano. 17 Messidoro (5 luglio). — 1. L'avvocato Modesto Paroletti, piemontese, nato nel 1767, fu diret- tore del giornale IZ Repubblicano piemontese ed autore di Un viaggio romantico pittorico delle provincie della antica e moderna Italia (Torino, Festa, 1801). Durante l’esiglio fece parte della Commissione per la distribuzione dei sussidi ai fuorusciti piemontesi. Nel 1800 fu membro della Consulta, poi dal 1807 al 1814 del Corpo legislativo francese. Dopo la restaurazione scrisse 7 secoli dî Casa Savoia. Morì il 13 novembre 1834. Suo fratello Angelo, che il Botta dice di costumi angelici e di ingegno — meraviglioso, morì nella fazione di Domodossola dell’aprile 1798, combattendo tra i repubblicani. ‘d Sua sorella Teresa fu amata dal Botta. ; 18 Messidoro (6 luglio). — 1. Costui forse si recava a Genova, non ancora bloccata, e da Genova per la Lombardia qualche comunicazione si trovava. G 19 Messidoro (7 luglio) — 1. Il Publiciste, il 16 settembre, segnalava, senza saperne il nome, i meriti di questo fittabile, il quale, salvando dalla confisca e dall'ingordigia del fratello del Serbelloni | ì quanto più potè dei beni di-lui, venne a Parigi, attraverso alla Svizzera, per consegnarli all'amba- — sciatore suo padrone (V. Appendice, Doc. 17 Messidoro). Fi Le 20 Messidoro (8 luglio) — 1. Dalla celebre famiglia Garnerin di areonauti francesi uscirono quattro famosi esploratori dell’aria: Giambattista, Olivero, Elisa (figlia di Olivero) ed Andrea Gia 81 I RIFUGIATI ITALIANI IN FRANCIA NEGLI ANNI 1799-1800 155 ciarsi e l’animale sostenuto dal paracadute viene a discendere sopra una casa presso le Tuileries. 23 Messidoro. — Alla mattina vado ai cinquecento, dove sento sempre nuove rappre- ‘sentanze contro Scherer *! e i dilapidatori e dopo pranzo al teatro delle vittorie nella contrada Bacq, dove si rappresentò fra le altre cose una graziosa com- media intitolata S'aint-Charles® ossia L’uomo ragionevole. Movimenti alle Tui- leries ed arresto di Mantovani in fallo. 24 Messidoro. — Alla sera mi si dice esservi stato qualche movimento alle Tuileries. 25 Messidoro. — Notizie più dettagliate dei successi di ieri sera. Visita a Mascheroni e a Caleppio. Alla sera al teatro di Molière, ora de’ Trovadori, in contrada S. Martino, ove recitano gli autori del teatro Louvois. 26 Messidoro. — Festa del 14 Luglio, quando fu presa la Bastiglia. Evoluzioni mili- tari al Campo di Marte. Illuminazione ai due Consigli e al Direttorio; botteghe chiuse, grandì spari di cannone, autorità presenti. 28 Messidoro. — Firmo una petizione diretta a chiedere l’unità e l'indipendenza d’Italia, atteso che vedo la firma dei rappresentanti Alemagna, Alborghetti e di Cometti, nonchè di altri piemontesi e veneziani*. Dopo pranzo al teatro Vaudeville, dove si rappresenta il Maréchal Ferrant? e Le concert aux éléphants *. La partenza seguita dei gen. Joubert e Championnet * rianima le mie speranze, che le disgrazie di Magdonald e Moreau avevano precipitate. como). Quest'ultimo, rivoluzionario come i fratelli, fatto prigioniero nel ’93 dai tedeschi e rinchiuso in un forte, pensando a fuggire, ideò il paracadute. Dopo un tentativo mal riuscito che gli vietò la prova del paracadute nel giugno ’97 (il che lo fece bersaglio ad insulti e processi), il 22 ottobre 1797, 2 3600 m. d’altezza, dicono, tagliò la fune che legava il paracadute e discese sano e salvo. Morì il 18 agosto 1823. Sua nipote Elisa fece poi 639 discese col paracadute. — Già fin dal principio del- l’areonautica, si era pensato ad approfittarne a scopo militare. La Gazzetta enciclopedica di Milano dell’11° dicembre 1798 (Cfr. Corro, art. cit., in “ Illustrazione italiana , 23 agosto 1885, pag. 126) pub- blicava la seguente strabiliante notizia : “ Si assicura che i cittadini Garnerin ed un aiutante di campo nominato Bauyvais abbiano egregiamente proposto al Direttorio di andare in Egitto sopra un pallone aerostatico per portare a Bonaparte quei dispacci che non si può sperare di fargli avere per acqua. Il gran traverso del Mediterraneo, che è di circa 600 leghe, non li atterrisce in verun modo. Essi sperano di oltrepassarlo in 60 ore ,. 23 Messidoro (11 luglio), — 1. Vedi nota 1 giorno 29 Fiorile. Scherer, dissi, era stato messo sotto processo, ma tutto finì in nulla, avendo il 18 Brumaio sopito ogni dibattito. Ritiratosi a Chamie, Scherer morì nell’agosto 1804, dimenticato, dopo aver scritte le sue memorie, o meglio un'autodifesa intitolata: Procòs des opérations militaires du général Scherer en Italie. Dai verbali delle sedute del Consiglio dei 500 risulta che in quel dì erano gli abitanti “ de la division des Termes , che chie- devano la messa in accusa dello Scherer e dei dilapidatori (p. 644). Dagli stessi verbali (pag. 579, 21 Messidoro) si apprende che si faceva carico allo Scherer d’aver venduto 60 mila proiettili dei cannoni Valenciennes al prezzo di 18 lire al mille, mentre che i vecchi proiettili stessi ne valgono 40. Cannoni dello Stato lo Scherer avrebbe sottratto dall’Arsenale di Metz (p. 694), e di dilapidazioni di lisi lagnano pure avanti i 500 i cittadini di Antibo (p. 708). Cfr. Appendice, Doc. 14 Termidoro. | — 2. Della commedia non trovo altre notizie. 28 Messidoro (16 luglio). — 1. V. pag. 31 presente lavoro. -— 2. Le maréchal Ferrant, musica di Philidor, parole di Quétant ed Anseaume, rappresentata innanzi la corte per la prima volta il 22 agosto 1761. — 3. Concert aux éléphants, parade in un atto e prosa di Barré, Radet e Desfon- | taine, uscita al Vaudeville il 16 Messidoro, VII. — 4. Lo Championnet, uscito di carcere dopo gli avvenimenti del 18 giugno, era stato nominato comandante l’esercito delle Alpi il 17 Messidoro | (5 luglio). Egli ed il Joubert (venuto a sostituire il Moreau, che dall’esercito d'Italia fu poi mandato a quello del Reno) raccoglievano tutta la fiducia degli esuli italiani, alcuni dei quali, come il Pari- belli e il Ciaia, scrivevano lettere calde di zelo e d'amor patrio (Cfr. Croce, pag. 240). Da Grenoble anche il Fantoni pare mandasse deputazioni a Joubert, secondo quel che attesta il Labus nella 156 GIUSEPPE MANACORDA 82 29 Messidoro. — Niente di particolare, salvo i discorsi con Pozzi, che approva la firma da me fatta come sopra. 30 Messidoro.— Vado alla conversazione Caleppio. Vendo la ripetizione avuta in pagamento del cavallo a Richini piemontese *. I° Termidoro. — La sera al teatro della Repubblica, ove si rappresenta l’A/zira di Voltaire !. Eccellenza degli attori, che non può essere migliore ed è qualche volta soverchia. 2 Termidoro. — La sera al teatro dell’opera, ossia della repubblica, ove si rappre- senta Panurgo all'isola delle Lanterne!. — Bravura degli attori e singolar- mente del cantante Lais e del ballerino Vestri ?. — Bellezza dello spettacolo ed eccellenza dell’orchestra. i 3 Termidoro. — Inutile tentativo di vedere Lamberti !. 5 Termidoro. — Non potendo, a causa del tempo incerto, salire la macchina di Gar- nerin, giusta la promessa, vado al teatro della città. Ivi si rappresenta Misan- tropia e pentimento * che è già la 50* recita. L'ultimo atto mi fa piangere a calde lacrime; dopo si rappresenta una farsa intitolata / vicini *, lepida e critica. lettera 8 Fruttidoro, e Andrea Valiante da Tolone gli scriveva: © Verrò da voi, cittadino generale, da cui spero d'esser posto in situazione di poter alimentare e vestire me e la mia famiglia ed esser indi da voi stesso ricondotto in Napoli , (PrrreLLA, p. 523). = 30 Messidoro (18 luglio). — 1. Nella firma della petizione Botta, si qualifica prato della Deputazione del Dipartimento del Tanaro. Non so se sia da identificarsi con quel Francesco Richini che già nel ’97 faveva parte con altri piemontesi dell'esercito cisalpino (Zanoti, I, 140). 1° Termidoro (19 luglio). — 1. La nota tragedia del Voltaire in 5 atti, rappresentata la prima volta il 27 gennaio 1736, in cui l’autore volle mettere a contrasto l’uomo primitivo coll’uomo incivilito. 2 Termidoro (20 luglio). — 1. V. nota gior. 30 Pratile. — 2. Augusto Vestri, Ze Dieu de la danse, figlio del celebre ballerino Gustavo e della ballerina Allard, nato nel 1760, morto nel 1842. Ballò fino a tarda età, facendo sempre la parte di Amore nell’Amore e Psiche (v. giorn. 18 Termidoro), sicchè fu soprannominato Le Père d’Amour. Fu professore di ballo al Conservatorio di Parigi. 8 Termidoro (21 luglio) — 1. Giacomo Lamberti, nato in Reggio Emilia nel 1762, fu dottore in leggi e professore, fratello del poeta e filologo Luigi. Deputato cispadano dapprima e come tale inviato al Bonaparte, segretario del Congresso cispadano, favorì l'unione della Cisalpina colla Cispa- dana. Avvenuta questa, fece parte del Direttorio e vi rimase, benchè al Monti paresse che contasse niente, anche dopo la crisi dell’agosto '98 (MazzatintI, 293, 303; Zanoti, I, 230). Non è vero adunque, come attesta il Casini (Z deputati ecc., pag. 102), che il Lamberti, seccato dalle intemperanze degli anarcoidi, uscisse dal Corpo legislativo. Nel ’99, dice bene il Casini, esulò in Francia, benchè il VarprIGnI (pag. 200) lo dica deportato a Cattaro. Nel 1802 fu deputato ai comizi di Lione, ove col Valdrighi e col Pavesi votò contro la presidenza di Napoleone, perchè presentiva la monarchia. Fu poi prefetto del Crostolo, e in seguito al giudizio del Melzi che lo aveva dipinto come “ molto stimato per la sua onestà e zelante nel servizio, benchè sfiduciato e stanco per gli avvenimenti che l’avevan travolto , (Metzi, I, 568), fu fatto senatore, conte, cavaliere della Legion d’onore e della corona di ferro. Dopo il 1814 si ritirò a Reggio, ma nei moti del 31 fece parte del Governo provvisorio, per cui il Tribunale statale del Duca lo condannò a 2 anni di carcere, mutato in arresto a casa, ove rimase fino alla morte (24 marzo 1838), non avendo voluto chieder grazia. Lettere di lui riferentisi al II Congresso di Modena, pubblicò il Frorini (in Riv. stor. d. Riv. ital., 1897, pag. 396). Cfr. oltre ai cit., L. Sani, Biografia di Jacopo Lamberti, Reggio, 1867. 5 Termidoro (23 luglio). — 1. Misanthropie et Repentie, dramma in 5 atti in prosa, tradotto dal tedesco di Kotzebue dal Bursay, rappresentato per la prima volta all’Odéon il 7 Nevoso, VII. Se ne trasse dopo un'opera di egual titolo. Prima esisteva già con quel titolo un'opera italiana, musica È di Carlo Conti, rappresentata al Teatro Nuovo di Napoli fin dal 1725. Notisi però che nel ms. del L. — si legge chiaramente Sentimento e non Pentimento, ma la parodia che il L. vide rappresentare il 12 Termidoro è intitolata: Misanthropie et Repentie. — 2. Sconosciuta. 83 I RIFUGIATI ITALIANI IN FRANCIA NEGLI ANNI 1799-1800 157 6 Termidoro. — La sera al teatro dell’opera, ove si rappresenta les Prétendus ', musica bellissima e si fa il ballo di Paride, che mi riesce magnifico. 7 Termidoro. — Il vento impedisce il viaggio aereo di Blanchard e Lalande !. Arrivo di Moccini ® e Marini *. 8 Termidoro. — Blanchard e Lalande, astronomo, eseguiscono il loro viaggio aereo partendo dal giardino di Tivoli verso le ore 7 !/ e rimanendo in cammino È, 17 minuti. 9 Termidoro. — Festa del 9 Termidoro (caduta di Robespierre), che si celebra sol- “I tanto nei tempî decadari. Domani si replica al Campo di Marte con assistenza delle autorità costituite e con evoluzioni militari. Lettera del ministro della Pi guerra, che mi incarica di dirigermi al pagatore dell’armata pel conto Thiebaud. 0 Termidoro. — Molini mi fa una visita e mi porta il volume del Principe del- \'Alferi copiato (sic) dall’edizione di Kehl del 1809 (sic)! facendomi associare per L. 12, tutto compreso, alle successive edizioni della Tirannide, dell'Etruria ven- dicata, poema e di altri sonetti dello stesso autore, locchè formerà 4 tomi in 12, compreso questo del Principe. — Arrivo di Poggi e di Franzini °. Ricevo lettere da Cabrini, che mi annunzia l’esame fatto delle mie a lui scritte. — Vado al Campo di Marte, ove si fanno le evoluzioni militari alla presenza delle autorità costituite, che posso vedere comodamente. Alla sera illuminazione ai due Con- sigli, come ieri Laga e musica militare a quello degli anziani, tivi... # al Teatro Montansier, dov'è la parodia di Misanthropie et i e dove sento cantare la graziosa Carolina. 6 Termidoro (24 luglio). — 1. Opera in 3 atti, parole di Rochon de Chabannes, musica di Lemoyne; messa in scena all'Accademia di musica il 2 giugno 1789; si continuò a rappresentarla per oltre 7 Termidoro (25 luglio). — 1. È noto che il celebre matematico Lalande iniziò le sue ascensioni non più, diremo così, sportive, ma scientifiche, seguìto poi dal Gay-Lussac. — 2. Uno dei firmatari la petizione Botta. Nei Doc. Rob. è detto di Brescia, negoziante; fu rappresentante cisalpino el 796 e nel ’98 (Zanoti, I, 231-233). — 3. Di Bergamo, prete e legislatore cisalpino; così i Doc. Rob. . Zanovi, 232-233). Anche il Labus lo ricorda tra gli arrivati a Parigi sui primi d’agosto. Tro- dosi nel Diario del L. notizia di certi suoi esercizi poetici, sospetto possa essere tutt'uno con quel seppe Marini, autore di un poemetto letto al Circolo Costituzionale di Milano il 9 gennaio 1798, |— La Venezia striumvirata, — poeta che il Mazzoni non potè identificare (art. cit., pag. 589. Cfr. Braoni, Prefazione alle Lettere SIIO pag. 66). | 10 Termidoro (28 luglio). — 1. “ Quanto poi alle sei mie diverse opere stampate in Kehl, — — serive l’Alfieri nel cap. XIX della sua Vita, — non voglio pubblicare per ora altro che le due prime: l'America libera e la Virtù sconosciuta, riserbando le altre a tempi men burrascosi ed in cui non mi | possa essere data la vile taccia, che non mi par meritare, d'aver io fatto coro coi ribaldi, dicendo l che essi dicono, e che pur mai non fanno, nè fare saprebbero, nè potrebbero. Con tutto ciò ho tampate quelle opere perchè l’occasione, come dissi, m’invitò ,. — 2. Altro firmatario della peti- jone Botta, uno degli scamiciati di Grenoble (v. pag. 21 Ds lavoro), tra i più irrequieti | rifugiati, benchè il Botta nella sua lettera a Labindo lo segnalasse tra quelli che lavoravano per buona causa, Carlo Franzini, già rappresentante cisalpino nel ’96 e nel ’98 (Zanon, I, 232-238), otto l’Austria era uno scrivanello del Tribunale, ma sotto i francesi era diventato, dice il Luzio (pag. 7), uno dei più scaltri ed intriganti demagoghi, oratore pubblico all’albero della libertà, vera | anima dannata del partito giacobino. Ve 12 Termidoro (30 luglio) — 1. La parodia di Misantropia e Pentimento ignota. < è, ch'io sappia, affatto 15S GIUSEPPE MANACORDA 94 13 Termidoro. — Veggo Gianni * e Pelosi ?. So essere arrivati Savoldi * e Pederzoli 4. Mi vien riferito un partito in favore dell’Italia ?. CET ERO, CET 13 Ternidoro (31 luglio). — 1. È il notissimo improvvisatore Francesco Gianni, romano, ex-sarto, pare, e nemico acerrimo del Monti. Il Vrccui (pag. 240), contro il Fasi Monrani e il De Treanpo (IV, 274) che dissero il Gianni nel 1799 essere stato deportato in Dalmazia, sostenne che egli era rimasto tra gli assediati in Genova, ove improvvisava versi accompagnato al piano dal Brusasco. Si inganna però, perchè, sì questi che quello, erano a Parigi, e pel Gianni, oltre al diario del L., fa fede anche il Labus che, da Parigi, nell'agosto 1799 scriveva di lui: © Egli sa tutto e diviene l’istrione della brigata. Nemico di Serbelloni, Cometti ed Alemagna, ondeggia fra due partiti che finiranno a renderlo disprezzabile , (Cusani, V, 312). Poeta dapprima ligio ai preti, il Gianni era fuggito da di Roma prima del Monti, che, uscito col Marmont, lo trovò a Firenze nel salotto della marchesa Venturi, ove egli lesse il Prometeo (Casini, Il cittadino Monti, in “ Nuova Antologia ,, 15 luglio 1904, pag. 215). Venuto a Milano, fu membro del Corpo legislativo nel ’98 e vi rimase anche dopo la riforma Trouvé (Zanori, 232). Fu lui, secondo il Cusani (V, 23), che fece nominare il Monti, allora suo amico, coll’Oliva, a Commissario ordinatore di Romagna e divenne poi suo accusatore incolpandolo di malversazioni (Castni, ibid., 225). Fu il Gianni, autore anch'egli di un carme in morte di Ugo Baswille, ma democratico, che nel 1798 propose, d’accordo col Lattanzi e in odio al Monti, che non potesse essere impiegato nella repubblica chi, dopo il 92, aveva scritto contro la Rivoluzione, e pare anche si adoperasse presso il generale Brune per far destituire il Monti (Mazzamnmi, I, 313). Ma egli fingeva di essersi dimenticato del poemetto da lui scritto al cardinale Albani in morte del padre di lui per conciliarsi i preti (Firenze, 1793). Appresso attribuì allo stesso cardinale Albani la strage del Baswille. Non riuscì però a rovinare il Monti e Dionigi Strocchi, contro il quale brigava (Lett. d. Monti, 4 luglio); anzi, secondo il Monti stesso, “ corse rischio due volte di essere preso a calci in c..., e un aiutante del generale Brune poco è mancato che non lo precipiti giù per le scale a forza di bastonate , (MazzamintI, 286-290). Dopo Marengo, il Gianni rimase ancora in Francia, secondo il Cantù (V. V. Monti e Vetà, ece., pag. 121) e morì nel ’23. Secondo l'Oettinger, gli estremi del Gianni sono però 1759-1822. Il Monti, per parte sua, lo ripagò d’ugual moneta. Nel c. IV della Mascheroniana così lo designa: V'ha chi, ventoso raschiator di cetra, Il pudor caccia e sè medesmo in brago E segnato da Dio corre alla Vetra. L'ultimo verso allude alla gobba del Gianni. Altrove nello stesso poemetto : Certo rettile sconcio che supplizio Di dotti orecchi cangiò l'ago in cetra. Per saggi di versi, ritratto, bibliografia del Gianni, rimando al Viccai: (p. 176, 180, 202, nota, ecc.) | ed al citato art. del Casini. Notiamo qui che un'edizione delle sue rime fu fatta a Milano pel Sil- vestri. Altri versi di lui li ritroviamo nel Parnaso democratico (raccolta di poesie repubblicane, Bologna, s. a. n. d.), ove a pag. 21 si leggono terzine estemporanee per la vittoria di Marengo; | a pag. 26 trovasi la Vendetta, canto militare, ove si leggono i famosi*versi: He Le prigioni mancarono ai vivi : Agli estinti le tombe mancàr; e a pag. 30 v'è un canto: Gli eroî francesi in Irlanda, da lui improvvisato a Genova in casa del citt. Serra, il 26 piovoso, anno VII, la quale data segna un termine ante quem pel ritorno iu Italia del Gianni. Lo storico napoletano Pietro Napoli-Signorelli, rifugiato anche lui e ridotto, vecchio, in estrema x miseria, si lagnava, dissi, in una supplica a Napoleone che non lo si soccorresse, mentre i ciarlatani À (il Gianni?) godevano pensioni (Croce, 245). — 2. Nel 1796, fra i rappresentanti cisalpini figurano Pelos Ignazio e Domenico. Nel ’98, dopo la riforma del Brune, trovo solo più Domenico tra gli juniori (Zanori I, 234). Cfr. Append., Doc. 29 Frimale.— 3. Nei Doc. Rob. è detto membro del Governo provv."° di Bresci: ed ex-direttore, destituito dal Trouvé (p. 591). Dal Direttorio, ove era successo al Serbelloni, era stat deposto per una ragione che gli fa onore: per non aver accettato, pare, i patti di alleanza, cioè sudditanza verso la Francia (Cusani, V, 520). Aveva ben ragione di essere furente per la prepotenza del | Trouvé, come lo dipingeva il Monti nella lettera 15 agosto '98 a Gius. Rangoni (MazzarintI, p. 29 mentre il Lamberti, © avviluppato nel suo manto stoico ,, giudicava necessaria la riforma. Si spieg quindi come il Monti, in altra lettera 18 dicembre al Containi (ib., 323) ce lo mostri tutto intento — a Milano a presiedere clubs e congiure, e si spiega pure come egli sia uno dei firmatari della peti- È 85 I RIFUGIATI ITALIANI IN FRANCIA NEGLI ANNI 1799-1800 159 14 Termidoro. — Favorevoli disposizioni del C. L. per l’Italia *. Vedo Savoldi e Pederzoli. 15 Termidoro. — Salita di Garnerin che poi si cala col paracadute, preceduto da 8 areostati uniti, portanti una barchetta con fantoccio e da qualche altro pallone. A Tivoli altra salita bellissima di Blanchard con una ragazza, indi gran festa. 16 Termidoro. — Alla sera visita al citt. Caleppio Terzanario (sic). Ivi conosco il citt. Testi! per la prima volta. 17 Termidoro. — Al museo. Troviamo un piacentino custode degli elefanti. Alla sera vedo Paribelli ! rappresentante a Napoli, fratello del rappresentante cisalpino. Imparo a conoscere il celebre D’Arnaud autore dei Conzes sentimentaux *. 18 Termidoro. — Alla mattina vado con Franzini a vedere la stamperia Didot l’aîné, dove ammiro la sua invenzione steorotipa, il suo Virgilio e il suo Orazio, che giudico molto preferibili a quelli del Bodoni, ed egli ci regala il suo catalogo 1. — Al dopo pranzo vado all'Opera, dove sento Zes Pretendus?®, già altra volta veduta e vedo il ballo Psiche, in cui non balla Vestri, ma sua moglie. Piacemi sopra tutto quando Zefiro la porta sulle nuvole e che ella discende contornata da nuvole che ingombrano tutto il teatro, e quando i demoni la portano giù nell’abisso, ù; e quando ella si gitta dalla vòlta dell’antro che conduce all'Inferno, con salto zione Botta. Nel Direttorio furono sostituiti al Savoldi ed all’Alessandri, il Luosi e Sopransi (ibid. Zanon, I, pag. 230), ma, secondo il Labus (Cfr. pag. 21 pres. lav.), pare che in Francia, durante l’esiglio, il Savoldi si spacciasse ancora per Direttore. Il Botta, nella sua lettera del 26 agosto, lo rammentava con Labindo, Pozzi, Ciaia e Paribelli tra quei che lavoravano perla comune causa. — 4. Giacomo Pederzoli, nei Doc. Rob. (p. 591), è detto membro del Governo provvisorio di Brescia, già legislatore eletto dal Bonaparte (Cfr. Zawoti, I, 231), ricco proprietario. Secondo il Cusanr (V, 194), uscì spontaneamente dal Corpo legislativo, nauseato dalle chiassate degli scamiciati. Egli pure appare tra i firmatari della petizione Botta. Più tardi fu senatore, su referenze del Melzi, che lo dichiarava proprietario onesto e saggio. — 5. V. nota giorn. seg. 14 Termidoro (1° agosto). — 1. È la seduta famosa in cui il Briot, rappresentante, presentò al Corpo legislativo la petizione del Botta, il Grido d'Italia e l'opuscolo sulle cause che depressero lo spirito pubblico in Italia e sui modi di rialzarlo (v. Appendice, Doc. 14 Termidoro). 16 Termidoro (8 agosto). — 1. Carlo Testi, modenese, fu ministro degli esteri della Cisalpina (Zanoti, I, 230) dopo aver fatto parte nel ‘95 del Comitato di Governo emiliano incaricato di redi- gere le prime leggi d’urgenza (ivi, 231). Nel ’98 aveva pure fatto parte del Direttorio (ivi). All'epoca della burrasca del Trouvé si era ritirato in villa. Il Monti, il 24 agosto '98, scriveva al Rangoni; “ Da principio era fissato che Savoldi, Alessandri e Testi fossero destituiti. Ora spero che Testi, ad onta del torto che si è fatto allontanandosi dal pericolo, sia salvo , (Mazzarinti, p. 298). Fu poi senatore e ministro della finanza nel Regno d’Italia nel 1814. Morì in Modena nel 1848 a 85 anni. Fu bibliofilo e lasciò una buona biblioteca (Cfr. Coracoini, sub n0m.; VaLpRIGHI, p. 212). 17 Termidoro (4 agosto). — 1. Francesco Paribelli, valtellinese napoletanizzato, come lo chiama il D'Ancona, era nato di nobile famiglia a Sondrio nel 1763. Nel 1791 era ufficiale tra gli svizzeri del re di Napoli, ma nel '93, sospetto di giacobinismo, fu incarcerato, e nonostante le premure fatte . dopo il ’96 dal ministro cisalpino, per insistenze del fratello Giovanni, rappresentante (Zanori, I, 231), non fu liberato che nel ’99, quando, costituitasi la Partenopea, fu dei 25 del Governo, Il 9 aprile ’99 si dimise dal Consiglio partenopeo, apparentemente per ritirarsi nel paese suo, in realtà | per andare a Parigi incaricato di una secreta missione. Dalle sconfitte francesi fu cacciato in Genova, dove ‘arrivò il 20 maggio, trovandosi tra infiniti altri rifugiati. Il 28 giugno faceva quivi firmare la sua petizione (v. pag. 29-30 pres. lav.). Il 5 luglio, diretto a Parigi, arrivava a Grenoble, ove sì incon- | trava collo Championnet, nominato allora generale dell’esercito delle Alpi, il quale gli dette lettere commendatizie per Parigi. Nel 1802 fu per poco agente diplomatico in Svizzera, poi ispettore alle . rassegne. Nel 1819 fu fatto colonnello austriaco, e morì pensionato a Milano nel 1847 a 84 anni | (Croce, passim). — 2. Francesco Tommaso Arnaud, novelliere e drammaturgo parigino (1718-1805), | scrittore di novelle e drammi sentimentali. 18 Termidoro (5 agosto). — 1. V. nota giorn. 8 Messidoro. — 2. V. nota giorn. 6. Termidoro. — 160 GIUSEPPE MANACORDA 86 5 che sembra pericoloso, inseguita da molti demoni, ed altri colpi di scena unici 5 Ambrosioni oggi è partito per Calais con Grasceni. — È arrivato Mec e Savonarola. 20 Termidoro.— Al dopo pranzo vado all’opera, ove si rappresenta //igenia in Aulide', musica francese (gridata furiosamente), e si balla il Telemaco ®, ballo assai gra- zioso, ove Vestri ha la sua parte come protagonista. 23 Termidoro. — Giornata famosa del 10 agosto ! che si festeggia nei tempî deca- dari, e nel Campo di Marte, ove si finge l’azione seguita veramente nel 1792 in questo giorno dal popolo contro le truppe svizzere del re. — Notizia che mi sbalordisce, agita e scombussola estremamente fino a sentirmi male; quella — della resa di Mantova *. Altri discorsi che mi affliggono delle imputazioni affibbiatemi dai patrioti esclusivi d’Italia in Grenoble ®. 24 Termidoro. — Pare confermata la presa di Mantova e ciò mi lascia nella mia convulsione. — Il Pubblicista ed il Grondeur!, giornali, accusano il troppo numero di Italiani che sono a Parigi, qualificandoli per agitatori: sento che il D. E. pensa ad ordinare la nostra partenza, ciò che accrescerà le mie disgrazie per causa di alcuni imprudenti, e forse non cisalpini. 25 Termidoro. — Sento che Serbelloni abbia in mano il decreto del D. E. che invita i cisalpini a recarsi altrove !. Vado a visitarlo. Ivi trovo una lettera di Vignolle * 8. V. nota 2 giorn. 2 Termidoro. Psiche è un ballo in tre atti di Gardel giovane, rappresentato il 14 dicembre 1790. Dal sunto che ne dà il L. si desume che trattasi della nota favola di Apuleio che dal Boiardo al Bracciolini, al Canova ha ispirato tante opere d’arte. 20 Termidoro (7 agosto). — 1. L'Ifigenia in Aulide qui ricordata è la tragedia lirica in 3 atti, parole di Rollet, musica di Gliick e suo capodopera, messo in scena a l’Opéra il 19 aprile 1774. — 2. Télémaque dans l’ile de Calypso — vi sono parecchi balli così intitolati, uno in 3 atti di Gardel giovane, con musica di Miller, rappresentato all'Accademia di musica il 23 febbraio 1790; un altro in 8 atti di Dauberval, rappresentato a Bordeaux il 7 Nevoso, anno V, ecc. 23 Termidoro (10 agosto). — 1. L'assalto al castello di Versailles, dopo del quale il re, com'è noto, venne ad abitare in Parigi. — 2. Mantova, oramai isolata, si arrese al generale austriaco Kray il 28 luglio. Gli assedianti, dopo il rinforzo ricevuto dal Souvarow, erano oramai 30 mila; gli assediati, tra francesi, cisalpini, polacchi, ecc., 10 mila circa. Deposero le armi e ritornarono in Francia prigionieri sulla parola. Il generale francese comandante la piazza, Foissac-Latour, fu sottoposto @ processo (V. in Zanoti, I, 847, notizie particolareggiate con documenti ; cfr. Parr, 121-22). A Cremona, in | tale circostanza, furono fatte solenni feste in Sant'Agata e fuochi artificiali, ed uscì fuori una delle | solite dosinade dialettali antifrancesi dalla tipografia della Noce. — 3. A Grenoble, vedemmo, dove si _ erano fermati i più irrequieti rifugiati, serpeggiava il malcontento. Il Paribelli, in una lettera allo Championnet, accusava quei fuorusciti di aver macchinato un piano di costituzione, di aver fatto mozioni sediziose in una pretesa Società patriottica italiana da loro fondata a Grenoble, e di aver | accusato e proscritto i membri del Direttorio cisalpino residenti a Chambéry. A nome appunto del ‘ Direttorio cisalpino, il Serbelloni aveva mosso lagnanze al Governo francese (Croce, 240, nota). Nulla di più facile che gli attacchi non fossero risparmiati anche al L., ligio al Direttorio e al Serbelloni. id pag. 17 pres. lav. È e del O del primo, sla Bibliotcha Nazionale, come a quella dell'Arsenale, manca L'inten annata 1799, ed a quella della Ville de Paris non ve n'è alcun numero di nessuna annata. Del | Publiciste egli ha potuto favorirmi, se non l'articolo indicato dal Lancetti, almeno uno di pochi. giorni appresso e dello stesso tono rispetto ai rifugiati (V. Appendice, Doc. 30 Termidoro). È noto | 4 che da Parigi appunto erano stati espulsi dalla polizia in quei giorni il Botta (FrancremtI, Storia, ecc, 1 3 pag. 433; Brancar, V, 246} Lett. Prco, 10 luglio) e.il duca Pignatelli di Moliterno. Il decreto di. DA del Botta rimase ineseguito. V. pag. 18 pres. lav. 1A 25 Termidoro (12 agosto). — 1. Questo, per fortuna, non si avverò mai. — 2. Il generale Martino È Vignolle, francese (1763-1824), aveva combattuto nel ’94 nell'armata di Savoia ed era poi stato È 87 I RIFUGIATI ITALIANI IN FRANCIA NEGLI ANNI 1799-1800 161 per me e ceno con lui. — Spero che la pace che io desidero possa aver luogo, e che mi rimarrà un angolo sicuro in Italia. 26 Termidoro. — Vado al teatro italiano, ove fra le altre cose vedo Montano e Stefania ', caso simile alla Ginevra dell’Ariosto, messa in scena dal nostro Pindemonte, e l’eccellenza degli autori mi colpisce a segno che soffro del furore di Montano, della pena di Stefania, del doloroso sdegno di suo padre e dei rimorsi tardi di Altamonte e mi sento male. — Nell’andare a casa mi avveggo, e ne vengo informato, che è "stata chiusa la società detta del Maneggio * per decreto del D. E. tea 27 Termidoro.— Gianni mi regala una sua cantica in morte di un ragazzo. Vedo Cellentani testè arrivato 4. È 28 Termidoro. — Vado con Tordorò a visitare Villemanzi 4 — Alla sera vado al teatro Vaudeville, ove si dà il Testamento ?, Arlecchino incombustibile* e Rabelais *. 29 Termidoro.— Scrivo a Vignolle ed a Franceschi !, gen. di brigata all’armata d’Italia, domandando loro, se credono conveniente che io mi avvicini all'Italia e raggiunga essi medesimi, onde, nel caso di vittorie, di pace, essere più capo di Stato maggiore dell’armata d'Italia e ministro della guerra della Cisalpina (Zamoti, I, 2). Prese parte alla campagna dell’800, e fu poi capo di Stato maggiore dell’armata d'Olanda, conte dell'Impero e prefetto in Corsica. Scrisse Memorie sulla campagna del 1813-14. 26 Termidoro (13 agosto). — 1. Montano e Stefania, opera in tre atti, musica di Berton, parole di Dejaure, rappresentata la prima volta all'Opéra Comique il 15 aprile 1799. Il soggetto è comunis- simo; la gelosia ne forma il nodo. L'innocenza di Stefania è infine riconosciuta, e Altamonte paga colla vita la trama infame da lui ordita. La musica è considerata il capodopera di Berton. La tra- gedia che Giovanni Pindemonte pubblicò in Venezia nel 1796 sotto lo pseudonimo di Luigi Millo (il suo servo!), intitolata: Ginevra di Scozia, trae argomento dall’Ariosto. — 2. Circolo repubblicano sotto il Direttorio, composto degli elementi giacobini più avanzati, che, col nome di Fratelli e Amici, | ‘avevano avuto autorizzazione a radunarsi appunto nel maneggio, purchè non tenessero corrispondenza e non eleggessero presidente e segretari. Vi intervenivano molti rappresentanti. Cacciati dal maneggio, sì rifugiarono nella ex-chiesa dei Domenicani nel sobborgo S. Germano, ove trattavano di far ricon- .vocare la Convenzione. 27 Termidoro (14 agosto). — 1. Gennaro Cellentani, napoletano, era stato mandato come agente diplomatico della Partenopea a Milano nell’aprile 1800, quando dalle vittorie austro-russe in Lom- bardia fu costretto a riparare in Genova, donde, come Paribelli, concepì l’idea di una nota petizione alla Camera francese per l'indipendenza della patria (Croce, 115, 152). Nel 1800 prese parte alla campagna d’Italia come capitano, e fu anzi segretario del generale in capo Berthier (Zawori, I, 145. | Cfr. lett. Cicognara 12 maggio 1800 in Maramani, 186). Seguitò poi la carriera militare sotto il regno d’Italia come ufficiale nel reggimento cacciatori a cavallo (Zamora, I, 167). Nel 1821 egli era colon- nello borbonico, e figurava tra i rivoltosi di Monteforte; fu, pare, condannato a morte (Vannuccr, II, 198, 202). Cfr. pag. 30 pres. lav. 28 Termidoro (15 agosto), — 1. Sconosciuto. — 2. Il Testamento; non trovo alcun dramma musi- cato, che per date corrisponda a questo. — 3. ArZequin incombustible, ou Vonguent, parodia dram- matica in un atto in prosa, di Bourgueil e Dieulafoy, uscita al Vaudeville il 26 Termidoro, anno VII, ì — 4. Forse Le quart d’heure de Rabelais, commedia in un atto in prosa, con ariette intercalate di Dieulafoy e Prévost, rappresentata al Vaudeville il 25 Nevoso, VII. 29 Termidoro (16 agosto). — 1. Gio. Batt. Franceschi, generale francese, còrso di nascita, nato nel 1766, morto nel 1813 a Danzica, da non confondersi col suo omonimo Gio. Batt. Franceschi, | pure generale, nato a Lione il 4 settembre 1769 e morto a Cartagena nel 1813 (Cfr. Rosert et Rosmen, Dictionnaire, sub nom.). Il primo di essi, che è quello ricordato dal L., aveva preso parte alla È campagna d’Italia nel ’96-'97. Il Monti, 1'8 Vendemmiale, ann. V (29 settembre ’97), avendogli | diretto dei versi suoi (2 Pericolo), lo ringraziava d’averli ben accolti e chiudeva dicendo: “ Desidero | però che questa mia vi trovi colla spada fuori del fodero fra lo strepito dei cannoni, e tanto occu- | pato, che non abbiate neppur tempo di leggerla. La leggerete, cittadino generale, e mi risponderete Serie II. Tom. LVII. : 21 162 GIUSEPPE MANACORDA 88 sollecito a rivedere la mia patria e famiglia. Alla sera con Lorenzi ® e Ri- chini vado al teatro degli italiani, ove si rappresenta La dote di Susetta * e Zoraîna È. 30 Termidoro. — In compagnia di Alborghetti, i due Moccini! e Varisco ? con sua moglie e sua cognata andiamo in vettura a Versailles..... Questi giochi d’acqua del parco hanno tirato da Parigi quantità di persone, fra le quali molti cisalpini, cioè Mascheroni, Sinibaldi, Tordorò, Savoldi, Pederzoli, Lavagna 5, Conti e Colleoni ‘. 1° Fruttidoro. — La sera vado al teatro Montansier, ove si rappresenta tra le altre cose Rencontres sur Rencontres*, bella musica di Gresnick e due altre com- medie tra le quali..... che è ridicola. 2 Fruttidoro. — Pranzo con Serbelloni, il quale mi fa chiamare pregandomi di fargli una nota de’ Cisalpini che sono in Francia, desunta da quella fatta dal D. E. per la distribuzione dei soccorsi, e mi dice di volere a questo effetto creare una commissione, della quale mi invita ad essere membro *. Dopo pranzo vado al teatro dell’Opera comica degli italiani, dove si rappresentano l'Enfant trouvé ou Félix® e Vl Amant jaloux*, che mi piacciono discretamente. Arrivo di Konopka* quando sarete a Vienna ,. (MazzamntI, 262). La lettera del L. ai generali Vignolle e Franceschi era stata a lui suggerita dalle notizie buone del nuovo esercito delle Alpi, che, guidato dallo Cham- pionnet, il 26 Termidoro sbucò in Piemonte, contemporaneamente a Cuneo, a Susa, alla Novalesa e _ ad Aosta (Sarvr-Arsin, p. 234). — 2. Probabilmente quello stesso capitano degli usseri cisalpini, che egli incontra poi a Marsiglia. — 3. La dote di Susetta (La dot de Suzette), commedia in un atto in prosa, con musica intercalata, rappresentata la prima volta al Favart il 19 Fruttidoro, ann. VII; la prosa era del Dejaure, la musica del Boieldieu. — 4. Zoraine et Zulnar, opera in 3 atti di Saint-Just, musica di Boieldieu, messa in scena dapprima al Favart il 21 Fiorile, VI. 30 Termidoro (17 agosto). — 1. Pietro e Giacomo Moccini, che saranno poi compagni di viaggio del L. Uno di loro, senza nome di battesimo, figura come bresciano, negoziante, nei Doc. Rob. (p. 591). Il nome del primo ci è rivelato dal Lancetti stesso e di lui noi non sappiamo alcun'altra notizia. Il secondo fu deputato juriore nel '98 (Zanovi, 234). — 2. Non è ricordato da alcun altro documento. — 3. Il nome nel ms. non è chiaro; dubito sia Alemagna. — 4. Ettore Martinengo-Colleoni, bre- sciano, già ambasciatore cisalpino presso il re di Napoli; poi presso la Partenopea (n. 1754, m. 1810), Dopo l'invasione francese nel regno di Napoli, mandava un lungo rapporto sulle condizioni del- l'Italia meridionale al Direttorio cisalpino (v. in Cantù, Diplomatici, p. 18). Scampò alle furie dei sanfedisti indossando l'uniforme prussiana (Lett. del Bossi, 28 settembre '99, ivi, 228). Era stato membro e presidente del Corpo legislativo cisalpino (Coraccixi, sud 20m.). Notizie di lui si raccolgono nell’epistolario montiano (p. 270, 291, 327) riferentisi all'accoglienza da lui avuta nel '98 alla corte. di Napoli come ambasciatore cisalpino ed al rifiuto dell'ambascieria presso la repubblica romana “ come superflua in un Governo che non ne aveva che il nome ,. Una preziosa lettera di lui sulle | ‘ condizioni di Toscana nel '99 pubblicò il Cantù (Za repubblica, il regno d’ Italia e la Toscana, in “ Arch. stor. ital. ,. Cfr. altre lettere di lui ed a lui in G. M. Bowoxr, I conti Martinengo- Colleoni. Bergamo, 1884). 1° Fruttidoro (18 agosto). — 1. Opera in un atto, musica appunto di Gresnick. Il Criment dice 9 che fu rappresentata al Montansier nell’anno 1799, senza conoscere la data della messa in scena; È potrebbe essere questa stessa dataci dal L. 2 Fruttidoro (19 agosto). — 1. V. pag. 44 pres. lav. Partito il L. da Parigi, a far parte della Com- missione furono chiamati il Cicognara (Maramani, 154), il Pelosi, il Compagnoni e il Savonarola. — 2. Vi sono due opere con questo titolo, ma questa non deve essere Ja musica di Benda, rappresentata a Goth nel 1777 (il Cr&wenr non ha notizia che sia stata rappresentata a Parigi), bensì la commedia in tre at con canti inframezzati, musica di Sédaine e parole di Monsigny, messa in scena a Parigi al Teatro Italiano il 24 novembre 1777, dopo essere stata rappresentata a Fontainebleau il 10 novembre avanti la corte. Secondo il CuemrNm, l'Opera non avrebbe avuto fortuna, e Monsigny, deluso, avrebbe ces sato di scrivere musica, Qui risulta invece che l’opera teneva ancora le scene nel 1799. — 3. Commedia. : "- © mm 89 I RIFUGIATI ITALIANI IN FRANCIA NEGLI ANNI 1799-1800 163 e di Bary che mi consolo di rivedere. Progetti di andare a Parma con un passa- porto di Azara ° e di andare a raggiungere alcuno dei quartieri generali d’Italia, cioè quello di Vignolle o di Franceschi o di Dombrowski °. 3 Fruttidoro. — Vado a vedere la Biblioteca Nazionale. Sua magnificenza e quantità di volumi, eccedente i 200.000. Vedo la miserabil figura della madonna di Loreto 4 ed un superbo masso di camei, medaglie, monete ed altre antichità di ogni paese. La sera al teatro degli italiani, ove si rappresenta Ze Secret ® e Ludo- viska *. Nuove consolanti della presa di Susa, del Monte S. Bernardo e di Acqui ‘. 4 Fruttidoro. — La sera al Montansier, ove sì rappresenta Brunet causonnier (sic) et Caroline causonnière (sic)* (nomi propri degli autori) e On fait ce qu'on peut *. La mattina visito Bary e Mascheroni. Oggi è montato Blanchard per la 50* volta. 5 Pruttidoro. — Alla sera visito Serbelloni, che mi ha invitato ier sera con suo biglietto !. Buone nuove de l’armata, che ci fanno lusingare moltissimo. Allo stesso Serbelloni consegno una lettera per mio padre con entrovi una per mia moglie, ed egli mi assicura che per la via di Genova la farà recapitare ®. im tre atti, mista a canti, parole di Héle, musica di Grétry, messa in scena a Versailles il 20 novembre 1778 ed a Parigi il 23 dicembre. È una delle migliori di Grétry e tenne per molto tempo le scene. — 4. Nè di questo polacco, nè del francese Bary o Barry trovo notizia. — 5. Giuseppe Nicola Azara, uno dei più noti diplomatici del ’700, nato in Aragona nel 1731, venne ambasciatore al Papa; fu mecenate e fautore di scavi. Fu lui che indusse la Spagna a riconoscere la repubblica francese; andò poi ambasciatore a Parigi, ove morì nel 1804 (vedine il ritratto in Greer, vol. III, e lettere in Cantù, Dipl., p. 131). — 6. Generale polacco al servizio della Cisalpina, n. a Cracovia nel 1755 e m. il 6 luglio 1818, dopo aver raggiunto il grado di generale di divisione (Zawoti, Î, 147). Dopo la rotta di Cassano, le truppe polacche sotto il generale Gio. Enrico Dombrowski passarono a servizio della Francia e combatterono in numero di circa 5 mila alla Trebbia ed a Novi (Zanotri, I, 38). Cfr. Diario, 29 Frimale. Per il Dontbrowski cfr. Lomsroso. Galleria militare, I, 119. 3 Fruttidoro (20 agosto). — 1. La Madonna di Loreto di Raffaello, il cui originale dipinto in S. Maria del Popolo vuolsi smarrito; il Louvre ne conserva una copia. Quanto alle altre rarità viste dal L., è noto che dopo le spogliazioni francesi degli anni 1796-99, i tesori d’arte, in ispecie italiani, erano fuggiti sulla riva della Senna, donde tornarono ai loro posti solo dopo il 1815, caduto Napo- leone. — 2. Dramma non identificato. — 3. Può essere la Ludoiska, opera italiana, musica del Majer, rappresentata alla Fenice di Venezia ed alla Scala nel 1796, o l’opera omonima del Caruso, rappresentata a Roma nel 1798, oppure l’opera comica in un atto, parole di Hoffmann, musica di Solié, rappresentata la prima volta al Teatro Italiano il 1° Fiorile, ann. IV, (20 aprile 1796). La Ludoviske è sconosciuta al Cuimenr. — 4. La presa di Acqui tra Alessandria e Savona era già nota in Genova il 12 agosto, sicchè il Bossi scriveva in tal giorno al Direttorio cisalpino notifitandola. Era quello un momento di esagerato ottimismo, sicchè in Genova si diceva che Massena avesse vinto i russi a Zurigo (il che avvenne poco dopo), che l'arciduca Carlo fosse stato ucciso, che Mantova fosse libera dall’assedio (a Genova si ignorava forse la capitolazione di essa), Pérignon in Alessandria, Championnet a Fossano (Cantù, Diplom., p. 25). 4 Fruttidoro (21 agosto). — 1. Brunet et Caroline, semplicemente, la intitola il Criment; parole di Ségur giovane, musica di Mengozzi. Il Crémenr sa che fu rappresentata nel 1798 al Montansier, ma non conosce il giorno. Qui però deve trattarsi di un rifacimento o parodia del melodramma di Ségur, fatto probabilmente dal La Chabaussière, il cui nome il L. ha storpiato, come si vede, al- quanto. — 2. On fait ce qu'on peut, non pas ce qu'on veut, commedia in un atto in prosa di Dorvigny, uscita sulle scene delle Variétés Amusantes il 9 novembre 1779. 5 Fruttidoro (22 agosto). — 1. I due biglietti d’invito del Serbelloni al L., che ci sono conservati | nelle carte Custodi (Ms. ital. 1562, fol. 299-300), non meritano di essere segnalati, se non per l’in- | dirizzo della casa del Lancetti: Maison dels] missions étrangères, rue de (sic) Bacq, Paris. Questa casù | era stata procurata al L. ed a parecchi altri cisalpini dal Serbelloni (v. giorn. 6 Messidoro). Doveva essere adunque una casa posta a disposizione dell'ambasciata e forse data gratuitamente ai rifu- giati. — 2. Ciò si sperava fosse possibile in seguito ai progressi dello Championnet. 164 GIUSEPPI MANACORDA 90 6 Fruttidoro. — Con Alborghetti, Varisco, i due Moccini vado a Saint-Denis, bel paese a due leghe da Parigi. 7 Fruttidoro. — La sera al teatro Montansier dove si rappresenta l’/nzendant co- médien * et les Deux Charbonniers ® nuova commedia di Cousin Jacques, che incontra. — La mattina mi vengono a trovare Tordorò e Labus e parliamo del nostro ritorno in Italia, vista la lettera di Bernadotte agli italiani rifugiati, 8 Fruttidoro. — Ecco compiersi quest'oggi il quarto mese dalla mia partenza da Milano. Perchè fra un mese non sarò io di ritorno nella mia patria, se le cose della guerra si mettono ad avere il vantaggio dalla parte dei francesi? Io spero che tra pochi giorni le vittorie di Joubert mi abbiano a determinare a raggiungerlo 4 e vorrei avere realizzati i miei crediti verso la repubblica, che me ne partirei fino da questo momento. Le buone notizie dell’armata di Mas- sena ° determinano me ed altri italiani ad andare questa sera al teatro degli italiani, dove si rappresentano è Prigioniero ® ed Adolfo e Clara*. Buona musica ed ottima azione. 9 Fruttidoro. — Altro che andare in Italia! Quanto si cambiano le notizie! Ieri ottime, oggi pessime. Un sordo rumore che sempre più cresce e riempie Parigi annuncia la perdita di una accanita battaglia, nella quale Joubert resta vittima del suo zelo, insieme a Grouchy i, e Moreau vi rimane ferito. Questa notizia accresce di credito, perchè si dice già nominato Championnet a successore di Joubert ®. Una sorda agitazione ed inquietudine si impossessa di me, tanto più che vuolsi occupata Genova dai Russi, ed anche per avere letto sull’ Osservatore 7 Fruttidoro (24 agosto). — 1. L’Intendant comédien malgré lui, commedia in un atto in prosa di Dorvigny, messa in scena al teatro delle Variétés Amusantes il 1° gennaio 1784. — 2. Les deux Charbonniers, ou Les Contrastes, vaudeville in 2 atti in prosa, con musica-intercalata, messa in scena per la prima volta appunto quella sera. L’autore della musica, Beffroy de Reigny, era conosciuto col soprannome di Cousin Jacques. — 3. La lettera di Bernadotte agli italiani rifugiati, che li invi- tava a pigliare le armi sotto Championnet, era uscita sul noto giornale ufficioso Moriteur (vedila in Appendice, Doc. 7 Fruttidoro). 8 Fruttidoro (25 agosto). — 1. L'avanzata di Joubert, successo al Moreau nel comando dell’eser- cito d'Italia, ormai chiuso in Genova, era coordinata coll’avanzata dell'esercito delle Alpi dello Cham- pionnet, che ne formava in certo qual modo l’ala sinistra. Joubert diceva che lo Championnet era metà di lui, tanto le loro mosse procedevano di concerto. Ma l’avanzata di Joubert fu fermata, come si sa, a Novi, ove il 29 Termidoro il generale francese rimase ucciso (v. giorno seguente). Cham- pionnet ne ricevette la terribile notizia al campo di Monginevra (SAmr-Arsin, 235). — 2. Notizia delle piccole vittorie del Massena su Souvarow a S. Gottardo, a Zurigo, nei giorni 13-15 agosto, da non confondersi colla rotta del mese dopo. — 3. Le Prisonnier, ou La Ressemblance, opera comica in un atto, parole di Duval, musica di Della Maria, messa in scena al Teatro Favart il 29 gennaio 1795. Ebbe grande successo e popolare, benchè il maestro ne componesse la musica, dice il Duval, in 7 giorni. — 4. Per l’Adolfo e Clara v. nota 2, giorn. 15 Messidoro. 9 Fruttidoro (26 agosto). — 1. Il generale Grouchy rimase ferito, non ucciso a Novi. Moreau, che era al campo, in sottordini di Joubert, guidò la ritirata. — 2. Appena fu nota a Parigi la sconfitta di Novi e la morte di Joubert, Bernadotte, ministro, inviò ad Embrun presso Championnet il suo aiutante Manin, colla nomina di generale in capo dell'esercito delle Alpi e d’Italia riuniti, Cham- pionnet, che sapeva in quale stato era ridotto l’esercito dopo le battaglie della Trebbia e di Novi, esitò, ma fu costretto ad accettare, e per la valle del Rodano e la riviera ligure si portò a Genova, ove intanto comandava il Moreau (Cfr. Sarms-Avsin, 235-6). Quanta fiducia ispirasse lo dimostrano le parole stesse del L. e la lettera Paribelli del 25 agosto a Championnet (Croce, 240), nella quale Si egli raccomanda al generale di tener cara la vita e di circondarsi di una falange di italiani, che È accorrerebbero attorno a lui a fargli scudo, quando avessero avuto garanzia di servire la loro du e non di cHe al Tapetinzio £ dei popoli da barattare in una nuova Campoformio. Ania ped È 91 I RIFUGIATI ITALIANI IN FRANCIA NEGLI ANNI 1799-1800 165 Vi patimenti cui fu soggetta Napoli * Pure sul tardi un dolce presentimento | mi rianima, sia che l’abituazione già da molt’ore fatta a questo dolore me lo } renda meno sensibile, sia la mia solita bottiglia di Borgogna, sia presentimento, egli è certo che me ne vado di buon'ora a casa cantando sotto voce e con voglia di cantare, cosa insolita, o almanco rarissima, dopo che sono in Francia. Piacemi anche Championnet. Ni! desperandum, Teucro duce, et auspice Teucro. 10 Fruttidoro.— La sera al giardino Ruggieri contrada Lazzaro n° 110, ove si pagano 380 soldi. Havvi ballo, ombre chinesi, giochi di volanti, un bel fuoco d’artifizio e una arlecchinata intitolata La discesa di Arlecchino all'Inferno', parodia della discesa di Orfeo, tante volte fatta a Tivoli. 11 Fruttidoro. — Pranzo da Serbelloni. La sera Brusasco * m’invita a scrivere qualche verso in morte di Joubert, che egli vorrebbe mettere in musica. Faccio cono- scenza con Buttura, poeta veronese. | 12 Fruttidoro.— Scrivo un canto a cori per la morte di Joubert, che porto a Bru- \ sasco, il quale lo aggradisce, salvo alcuni cambiamenti necessari per la musica che egli deve scrivere. — La sera al teatro di Montansier, ove si dà Boniface et sa famille! e Une soirée des Élysdes *. 18 Fruttidoro. — La sera vado a Montansier a rifarmi della noia di ieri sera. — Vi sì rappresenta una graziosa commedia, / Amante timido * e due operette per musica, L’eclisse della luna* e I due carbonai *, la quale mi è piaciuta più che la prima volta. Nuovo sentimento che fortemente provo, giacchè non mi manca mai a un grado discreto, vedendo dei mariti e dei padri passeggiare gli austro-russi, come aveva battuto i lazzaroni di Napoli (Maramani, I, 144). — 3. Ho fatto cercare inutilmente questo articolo dell’Observateur. Napoli era stata presa dai borbonici il 13 giugno, mai castelli resistettero ancora per pochi dì, arrendendosi poi, non senza sospetto di tradimento, I patriotti napoletani di Castelnuovo, appresso la resa, furono imbarcati il 26 giugno, dopo aver firmato una dichiarazione di non rientrare nel regno, pena la morte, ma solo il 15 luglio, seguìta la resa di Castel Sant'Elmo, furono spediti in Francia (Lett. di A. Valiante a Championnet, in PerreLLA, 521). Il 6 Frut- .tidoro giunsero a Tolone ben 10 legni carichi di napoletani, tutta la guarnigione di Capua, recando | notizie orribili da Napoli, come di patriotti arsi vivi, di sangue di giacobini bevuto, ece. (ivi, 524). | Forse tali notizie comunicate all'Observateur da Tolone per telegrafo, esso pubblicava il 9 Fruttidoro. | Il Botta, però, fin dal 26 giugno, era stato informato a Parigi delle cose di Napoli e scriveva al Fantoni a Grenoble: “ Ho visto Paribelli e Ciaia. Oh Dio! che atroci scene in quella sgraziata . Napoli! I russi e i turchi occupano la più bella parte del mondo , (Pavesto, 164). b 10 Fruttidoro(27 agosto). — 1. Quest'arlecchinata parodia dell’Orfeo (v. nota 1 giorn. 10 Messidoro) è ignota al Crémenr. E 11 Fruttidoro (28 agosto). — 1. L’ex-conte Cotti di Brusasco, piemontese, ci è già noto come sfegatato giacobino (v. nota 4, giorno 12 Fiorile) e come musicista (v. nota 1, giorn. 13 Termidoro). Egli era stato municipalista in Torino fin dal 12 dicembre ’98, poi nel febbraio ’99 commissario del Governo provvisorio nelle campagne, per raccogliere “voti pel plebiscito d’unione alla Francia | (Rosermi, I cittadino Ranza, pag. 156). Appresso Cassano, mentre il Musset proponeva a Torino la | deportazione degli aristocratici, il Cotti ne proponeva l’arresto in massa (Carummi, II, 42). Dopo aver | cercato invano di organizzare la resistenza agli austro-russi (ivi, 52, nota), riparò in Francia, mentre il Governo restaurato lo condannava ad una forte multa (ivi, 61, nota). , 12 Fruttidoro (29 agosto). — 1. Boniface et sa famille, ignoto. — 2. Une soirée aun Elysées, o | meglio La soirée des Champs-Hlysées, commedia in un atto in versi, con arie intercalate, di Guilbert È de Pixérécourt, rappresentata per la prima volta al Montansier il 24 Germinale, VII. AD 13 Fruttidoro (30 agosto). — 1. L'amante timido (L’amant timide). Vi sono due commedie di questo titolo (senza contarne una terza uscita nel 1806): una in prosa, in tre atti, ed in versi di | Cherensi, edita in Londra nel 1793; l’altra pure in tre atti ed in versi di ignoto autore. — 2. L’éclipse totale de lune, opera comica, musica di Weber Goffredo, messa in scena nel 1786 al Teatro di Corte _ del Wurtemberg. — 3. Per Les deux Charbonniers, V. giorn. 7 Fruttidoro, nota 2. L'opera rimase a lungo popolare per la facilità e la grazia delle melodie. +0 166 GIUSEPPE MANACORDA 92 con le loro spose e coi loro bambini e dividere seco i beni e i mali di questa misera vita. Ma io non posso imitarli, infelice che io sono! Ì 14 Fruttidoro. — Visito Mad.me Rosalia. -Il resto della giornata la passo al bigliardo con dei compagni rifugiati. Riflessioni che faccio. Perchè sono io in Francia? Cosa vi faccio? Perchè non potrei io ritornarmene in Italia? Cosa ho fatto per essermene esigliato da me medesimo? Forse perchè vi ho avuti degli impieghi onorevoli ed ho parlato e scritto in favore del governo cisalpino? To so che un uomo in società è suddito di una legge, qualunque sia la sua emanazione. Il dovere suo, il suo interesse, come individuo della società, è quello di secondare le viste della legge, non che di promuovere gli effetti. Sotto l’imperatore fui onorevolmente impiegato e la mia condotta fu lodevole, divenni repubblicano dopo il trattato di Campoformio e fui impiegato ancor più onore- volmente e la mia condotta fu sempre lodevole. Dunque sono un uomo di carattere (sîc/), un uomo di principî, e certamente il mio principio, che ogni uomo nasce suddito di una legge, se fosse impresso in tutti i cuori, non vi sareb- bero nè principi, nè magistrati di qualunque sia governo, i quali avessero motivo di trovare dei delitti in coloro che agiscono in un governo diverso. Penso di stender meglio questa mia riflessione, che mi pare che nessuna autorità potria lagnarsene. ; 15 Fruttidoro. — Scrivo un mio pensiero politico e un mio pensiero letterario. Questo consiste in un abbozzo di piano di un romanzetto che mi propongo di scrivere, intitolato Storia di un greco rifugiato a Roma ', per scrivere sotto maschera la mia dolorosa storia e quella di molti miei colleghi. L'altro consiste in un consiglio che io darei ad un principe che fosse messo al governo di una patria che in quel momento cessasse di chiamarsi libera. Questi pensieri sì troveranno tra le mie carte con la data di questo giorno. Superbo pranzo che a Tordorò edi a me presenta l’amico polacco Konopka, ove interviene il gen. Kniamisovich®. 17 Fruttidoro. — La sera con Labus vado a teatro italiano per sollevarmi. — Vi si rappresenta Renaud d’Ast *. 18 Fruttidoro. — Festa del 18 Fruttidoro*, alla quale io non assisto per somma tri- stezza, a sollievo della quale vado a Montansier, ove, si rappresenta obert...? e les Amantes prohibees ®. Il teatro costa denaro, ed io incomincio a mancarne. Leggo la morte del Mongolfier, l’eroe del mio poema, nel Publicista di que- st'oggi* Scrivo a mio padre, avendo promesso il Sig. Rovani ? di portarla. Egli parte dopo dimani per Livorno e di là per Milano. 15 Fruttidoro (1° settembre). — 1. Anche di questo scritto del L. non trovo traccia nelle sue carte. L'idea doveva essergli stata suggerita dal noto romanzo del Barzoni: I Romani in Grecia, in cui i francesi e gli italiani sono raffigurati allegoricamente, quelli come romani, questi come greci. — 2. Non identificato. 17 Fruttidoro (3 settembre). — 1. Renaud d’Ast, commedia in 2 atti e prosa, mista ad ariette, musica di Dalayrac, messa in scena al Teatro degli Italiani il 19 luglio 1787. L'argomento è tolto. dall’Oraison de Saint-Julien, novella del La Fontaine, tratta al Boccaccio. Le arie del Renaud furono A popolarissime per 40 anni, 18 Fruttidoro (4 settembre). — 1. Commemorazione del colpo di Stato del 18 Fruttidoro, anno V (4 settembre 1797), quando, invasa l'Assemblea, furono deportati due direttori e 58 deputati e ven- nero ripristinate molte leggi rivoluzionarie (Taurers, II, xxvi) — 2. Mancando metà del titolo, non so è possibile ad identificarsi. — 3. Sconosciuto. — 4. Un po’ tardi! Stefano Montgolfier era morto il 2 agosto nel villaggio di Servières, mentre era in viaggio. — 5. Forse Giuseppe Rovani, autore poi di romanzi storici, come il Manfredo Pallavicino o i Francesi e gli Sforzeschi, editi da Borroni e. Scotti nel 1845. (ad aa Cir ‘ble Lin i ina ite de dei 93 I RIFUGIATI ITALIANI IN FRANCIA NEGLI ANNI 1799-1800 167 19 Fruttidoro. — Alla sera con Savoldi, Cocchetti e Pederzoli vado al teatro della Repubblica, ove si presenta l’Eugenia* del Beaumarchais e la Scuola dei mariti di Molière ?. 20 Fruttidoro. — La sera al teatro Feydeau. Due lunghe opere vi si rappresentano e cioè Giulietta e Romeo* musica di Stybel, opera seria di cui il terzo atto mi piace assai, e i Comici ambulanti *, opera buffa di buona musica e squisita- mente cantata. 21 Fruttidoro. — La sera al teatro Feydeau, dove si rappresenta Palma! e Roma- gnesi?, ma non ne resto così soddisfatto come ieri sera. L'esempio di Romagnesi mendicante fa entrare Lorenzi e me nella riflessione di poterci trovare nel suo caso e dovere seguire l'esempio di lui, senza avere la sua abilità. 22 Fruttidoro. — Arrivo di Ambrosioni e di Grasceni*. Giornata placida e tranquilla- mente allegra che passo. Non vorrei che fosse presagio di un nuovo malore. Ob patria! oh sposa mia! oh mio figlio! ove siete? 24 Fruttidoro. — Ancora al teatro Feydeau a vedervi 1’ Astronomo *® e le Visitan- dine?. Miei trasporti di impazienza, di rabbia, di amore, di compassione, di desiderio, pensando alla mia povera moglie ed al mio fanciullo. Timore che ella sia morta di affanno e di paura, atteso il suo stato convulsionario ed il suo parto, di cui non posso aver nuove. 25 Fruttidoro. — Dubbi, paure e disperazione di ritornare in Italia entro questo inverno; mia perplessità sul partito da prendere e mio imbarazzo per la man- canza di denaro. 26 Fruttidoro. — Il tempo piovoso ci trattiene lungamente alla trattoria, dove molti cisalpini pranziamo in camera separata e finiamo per cantare varie canzoni ed arie italiane e far varî giochi di conversazione. La sera a teatro con Pozzi, dove si canta Giulietta e Romeo ® e L’auteur trompé par soi méme ?. - 19 Fruttidoro (5 settembre). — 1. L’Eugenia è un dramma in 5 atti in prosa del Beaumarchais, rappresentato la prima volta il 2 gennaio 1767; è un dramma borghese sul modello del Diderot, e per il Saggio sull’arte drammatica con cui l’autore lo accompagnò, preluse in certo qual modo al dramma romantico. — 2. È la notissima commedia del Molière, messa in scena nel giugno 1661. 20 Fruitidoro (6 settembre). — 1. Giulietta e Romeo offrirono argomento, già prima del fiorire del romanticismo, a varie opere drammatiche in musica o no. Si ricorda, ad es., Roméo et Juliette, tragedia di Ducis, rappresentata nel 1772, imitazione mal riuscita di quella dello Shakespeare e presto dimenticata. Questa vista dal L. è l’opera in 3 atti di Ségur giovane, musica di Steilbelt, rappre- sentata al Feydeau il 10 settembre ’98, dicono i cataloghi, ma il Diario corregge la data. Era una première. Un'altra opera Giulietta e Romeo in tre atti, dello Zingarelli, fu rappresentata a Milano nel 1796, poi a Parigi nel 1811. — 2. Les Comédiens ambulants; opera comica in due atti, parole di Picard, musica di Devienne, messa in scena al Teatro Feydeau con gran successo il 28 dicembre 1798. 21 Fruttidoro (7 settembre). — 1. Palma, opera storica, musica di Witt, rappresentata a Fran- ‘coforte verso il 1797. — 2. Romagnesiî, opera in un atto, parole di Lemontey, musica di Plantade, rappresentata al Feydeau, secondo il Créxenr, solo il 12 novembre 1800: la testimonianza del L. | corregge la data. 22 Fruttidoro (8 settembre). — 1. Ritornavano dalla gita fatta a Calais (Cfr. giorno 18 Termi- doro e pag. 23 pres. lav.). Questa assenza di oltre un mese da Parigi verso il nord non può essere | di solo passatempo; forse erano andati in cerca di lavoro e guadagno. 24 Fruttidoro (10 settembre). — 1. Opera comica in un atto, parole di Desfaucherets, musica di Lébrun, rappresentata al Feydeau nel 1798. — 2. Le Visitandine, opera comica in due atti, parole ; . di Picard, musica di Devienne, rappresentata al Feydeau il 7 luglio 1792. Ebbe molta voga, nono- stante il suo poco valore come satira contro i conventi. Dopo la restaurazione l’opera fu proibita, ma riapparve in scena nel 1825 col titolo: Pensionnat des jeunes demoiselles. 26 Fruttidoro (12 settembre). — 1. V. nota 1, giorn. 20 Fruttidoro. — 2. Con questo titolo l’opera è sconosciuta al Crément, ma forse è la stessa cosa dell’'Auteur dans son ménage, rappresentata al 168 GIUSEPPE MANACORDA 94 27 Fruttidoro. — Parlo a Buttura 4, perchè legga il primo canto del Mongolfiero e veda se potessi venderne il poema, che vo tutti i giorni correggendo. La sera mi ritiro di buon’ora, perchè le cose politiche sono in tale stato da temere un tumulto ed io non amo i tumulti, benchè il trovarmi fra i rifugiati potesse farmi credere facinoroso come altri. 28 Fruttidoro. — Mia risoluzione di partire da Parigi * con Cocchetti, Grasceni, Ambrosioni e fratelli Moccini e intelligenza che prendiamo a questo fine. Comincio ad incassare i miei libri con animo di lasciarli a Parigi. Dopo pranzo al teatro Feydeau, ove si rappresentano 1’ Amor filiale? e la Caverna 8. 30 Fruttidoro.— Vado a visitare Serbelloni per pregarlo di allestirmi un passa- | porto *. Indi mi porto a far visita a mad.m® Cotti di Brusasco, piemontese. Al dopo pranzo vado al Campo di Marte, ove si celebrano i funerali del gen. Joubert con l’intervento delle autorità costituite. 1° Complementario. — Vado a visitare di nuovo il C.?° Brusasco, il quale desidera qualche cambiamento in alcuna strofa della mia cantata per la morte di Joubert. Alla sera molti di noi ce ne andiamo all’opera, che è la Carovana del Cairo! e il ballo di Telemaco *, già da me veduti, ma nella prima ballano per la prima volta in Parigi e sul palco due italiani e cioè i Taglioni, fiorentini, fratello e sorella, che si accattano molti applausi e sono causa che tutti i ballerini danzano egregiamente con molta soddisfazione degli spettatori. 3 Complementario. — Alla mattina porto al C.r° Brusasco i cangiamenti da lui desi- derati; visito Savonarola. Parlo a Molini! pel mio poema. La sera al Mon- tansier a vedervi il Prigioniero *. Feydeau in quello stesso anno, con parole di Gasse e musica di Antonio Bartolomeo Bruni (Cfr. giorn. 6, Complementario). 27 Fruttidoro (18 settembre). — 1. Antonio Buttura, veronese, fu impiegato poi presso il Mini- stero degli esteri, indi console a Trieste. Scrisse moltissimo, e di lui si ha a stampa un discorso sulla pubblica istruzione (Verona, 1797); un’ode intitolata: Hommage è la gloire de Dessaix (Parigi, 1800); poesie varie (Parigi, 1801); la versione dell'Arte poetica del Boileau (ivi, 1806); versioni dal Gray, dal Racine; un saggio di storia veneta; poesie per la nascita del re di Roma, ecc. Curò pel Didot l'edizione dei classici italiani. Al Buttura accennano V. Monti nella sua Lettera all’ab. Saverio Bet- tinelli (ann. 1807), in Prose varie di V. M. (Milano, Resnati, 1841, pj 446 e 462) e A. Manzoni (Del trionfo della libertà, ed. Romussi, Milano, 1878, p. 32-34). In un cenno biografico apposto in nota alla lettera del Manzoni è detto che il Buttura nacque a Malcesine nel 1771. Dai registri dei battezzati del territorio di Verona, consultati dal Biadego, risulta invece che egli nacque il 29 marzo 1770... 28 Fruttidoro (14 settembre). — 1. Evidentemente della partenza del L. da Parigi la causa prin- cipale era di avvicinarsi alla frontiera, date le speranze comuni in Championnet (Cfr. giorn. 9 Frut- | tidoro e 8 Vendemmiale). Ma forse anche il suo dirigersi immediato verso Marsiglia si riconnette all’invito rivolto da Bernadotte agli Italiani di prendere le armi (v. Lett. 7 Fruttidoro in Appendice, { Doc. per data) ed all’ordine dato dal Direttorio agli ex-militari cisalpini di riunirsi a Tolone (Zanoni, I, 6), ove si recò a raccoglierli prima il Lechi, come dice lo Z., poi il Teullié (v. giorn. 26 Brumale). — 2. L’Amor filiale è sconosciuto al Crimenr, quando non debba identificarsi coll’Amor di figlia di Gio. Porta del 1718. — 3. La Caverne, dramma lirico in tre atti, parole di Forgeot, musica di Méhul, n rappresentata dapprima all'Opéra Comique il 4 dicembre 1795. È 30 Fruttidoro (16 settembre). — 1. Il passaporto conservasi nelle carte del L., con data appunto del 30 Fruttidoro VII, firmato da Serbelloni e Cometti. Il passaporto è per Gioni verso la quale. È Ì città le comunicazioni erano ancora così libere che... i francesi continuavano a spedir per mare in Francia le cose rubate in Italia (Maramani, I, 144). Ì 1° Complementario (17 settembre). 1 V. nota 2, giorn, 12 Messidoro. — 2. Pel Telemaco giorn. 20 Termidoro, nota 2. i: 3 Complementario (19 settembre). — 1. È il libraio e bibliografo fiorentino Giuseppe Molini Re (1772-1856), che fece parecchi viaggi in Francia e raccolse colà molti documenti di storia italiana, .da lui editi poi nel 1836-37? V. giorno 10 Termidoro. — 2. V. nota 3, giorn. 8 Fruttidoro. PR OI, ALTI I a È i 95: I RIFUGIATI ITALIANI IN FRANCIA NEGLI ANNI 1799-1800 169 4 Complementario. - Consegno a Molini il mio poema, perchè veda se lo giudichi stampabile e ne traggo ricevuta. Vado per trovare Saliceti * a nome del gen Franceschi, ma non è in casa. Imparo a conoscere Babini, famoso tenore italiano, testè arrivato da Nizza. 5 Complementario. — Vado ai Gobelin a vedervi gli arazzi e il loro lavorio e mi vi trattengo lungamente con piacere 4. Indi vado a vedere la Chiesa di Nòtre- Dame, di un antico gotico. La sera nel venire a casa, dialogizzando con Ambro- sioni, ci figuriamo di mettere piede in casa nostra e di fare una dolce sorpresa ai parenti che ci aspettano e andiamo cercando le parole che essi ci direbbero e le nostre e gli abbracci infiniti e così cerchiamo una delusione ai nostri mali reali. 6 Complementario. — Acqua dirotta e vento. Anche ieri e l’altro ieri ha piovuto, e intanto i begli arazzi sono esposti nella corte del Louvre a tutte le strava- ganze della stagione, mentre a Roma non sì esponevano che in luoghi riservati, quando il giorno era sereno. Così dicasi dei bei quadri portati d’Italia, esposti al sole nella lunga galleria. Vado al teatro Feydeau, dove si canta Romagnesi 4, L'autore in casa sua *® e Il vecchio castello *. Anno VII — 7° Vendemmiale. — Al dopo pranzo al Campo di Marte, ove si celebra la festa della fondazione della Repubblica con molta magnificenza, la quale sì prolunga anche alla sera con magnifica illuminazione a .tutti i pubblici edifizi . In tempo della festa al Campo di Marte arriva un corriere al Diret- torio, il quale legge i dispacci, indi fa suonare il Ca ira; ciò mi fa credere che porti una vittoria sia di Massena, sia dell’armata d’Italia, sia dell’Olanda, di cui ieri sera sì hanno avuto nuove di una botta data ad un corpo di Russi il 3° Complementario ?. 4 Complementario (20 settembre). — 1. È il notissimo commissario civile che seguì in Italia l’esercito di Napoleone nel ’96. Era nato a Bastia in Corsica nel 1757; a Pisa s’era laureato in legge, poi era stato deputato agli Stati generali ed alla Costituente, ove aveva fatto proclamare la Corsica definitivamente unita alla Francia e nominare il Paoli generale della guardia nazionale corsa. Nella Convenzione votò la morte del re. Come terrorista venne poi arrestato e graziato nel ’95. Dopo la campagna del ’96 fu del Consiglio dei 500; osteggiò Napoleone il 18 Brumaio. Nel 1806 fu Ministro di polizia a Napoli sotto» Giuseppe. Murat, col decreto che escludeva i francesi dagli uffici, lo espulse. Morì in Napoli, avvelenato, uscendo di casa dell’ambasciatore genovese Marghella nel 1809 (Corcerra, op. cit.; Roerner, Dictionnaire, sub nom.). 5 Complementario (21 settembre). — 1. La fabbrica di arazzi e di tappeti Gobelin risale al sec. XVII, dacchè fu Luigi XIII che nel 1626 istituì al Louvre una fabbrica diretta da Pierre Dupont e dal suo scolaro Simone Loresdet. La fabbrica fu poi protetta da Luigi XIV e dal Colbert e trasfe- rita ai Gobelins, luogo già abitato dal tintore di questo nonìe. 6 Complementario (22 settembre). — 1. Pel Romagnesi v. nota 2 giorn. 21 Fruttidoro. — 2. Per l'Autore în casa sua v. nota 2 giorn. 26 Fruttidoro. — 3. IZ vecchio castello (Le vieux chateau o La Ren- contre), opera comica in 3 atti, parole di Alessandro Duval, musica di Della Maria, messa in scena al Favart il 15 marzo 1798. b 1° Vendemmiale (23 settembre). — 1. “ Le feste del 1° Vendemmiale — scrive il Cicognara — sono state sì meschine e sì poco imponenti, come avrebbero potuto esserlo l’ingresso d’un podestà a Len- dinara. Tutto porta l'impronta del giorno e dei sentimenti delle persone. I piaceri e gli spettacoli assorbono l'universalità delle persone nell’indifferenza e nell’oblio:i primi non sono per me, i secondi mi sono impossibili, benchè una volta sia stato all'Opéra, (Maramanr, 153). — 2. Notizia della bat- taglia di Bergen, vinta appunto il 19 settembre dal generale Brune contro gli inglesi, guidati dal Duca di York, appoggiato da un corpo ausiliario russo. Serie II. Tom. LVII. È DO 170 GIUSEPPE MANACORDA 96 2 Vendemmiale. — Oggi è il quarto mese della mia partenza da Milano. Oh Dio! M'’avrai tu condotto fra le braccia della mia famiglia di qui a un altro mese? ‘ To lo spero e mi confido pure nella mia provvidenza (se). Il pensiero della famiglia mi siede nel cuore e mi rattrista, ma dipende egli da me che io non sia triste? Una sposa carissima, un ragazzo che è la pupilla dei miei occhi, un altro ragazzo che ancor non hà veduto suo padre e che io non conosco, sono oggetti sempre vivi nel mio cuore e nel mio pensiero. Vedo per la strada Escudier, altre volte agente militare in Cremona e quello che mi creò Munici- palista. Le buone notizie di Olanda e d’Italia mi elettrizzano* e fanno che io affretti coi miei compagni la partenza. Alla sera vado al teatro Feydeau, che tanto mi piace. Vi si rappresenta il Maggior Palmer *, che ha qualche ras- somiglianza colla Nina pazza *, e i Comici Ambulanti!. La musica di queste due opere mi consola e mi affligge al tempo stesso, perchè non ne divido il piacere colla mia Tognina. Poveretta!..... Ella mi attende sicuramente..... Ella piange!.... Oh quanto siamo tutti e due infelici! 3 Vendemmiale. — Visito Serbelloni e consegno il mio testamento a Tordorò. Le nuove dei movimenti delle armate d’Italia e di Svizzera', mi rendono impa- ziente di andarmene, benchè le notizie del Reno non siano molto favorevoli ai francesi. 4 Vendemmiale. — Le notizie, che si conservano buone rispetto all'Italia, e la pros- sima partenza mi rendono allegro. La sera vado, giusta la mia propensione, al teatro Feydeau, ove si rappresentano Molcar* (?) ossia L’intrigo porto- ghese e La Lezione ossia Il sorbetto ?. 5 Vendemmiale. — Risoluzione di partire il 7. La sera vado in conversazione con Caleppio. 7 Vendemmiale. — Con Ambrosioni, fratelli Moccini e Grasceni imbarco alle ore 8 sulla Senna e do un addio a Parigi, non senza rinerescimento. Prendiamo un camerino sulla diligenza, ove per stare allegri ammettiamo quattro militari francesi. Il viaggio continua sul fiume senza mai interrompere. Sulla barca havvi anche il trattore. ; 111 — rr if _mm+m1_11p1p111_l_l11lpgptt_ —11l I - 2 Vendemmiale (24 settembre). — 1. Il 80 Fruttidoro, infatti, il generale Grenier, successo a Championnet nel comando dell'esercito delle Alpi, aveva occupato Pinerolo, Savigliano, Fossano e Mondovì. Qualche soccorso si era potuto introdurre dal Duhesme in Cuneo assediata (Sarnr-Ausin, 241). — 2. Le Major Palmer, opera in tre atti, parole di Pigault-Lébrun, musica di Bruni, messa in scena al Feydeau il 26 gennaio 1797. — 3. La Nina o La pazza per amore, opera italiana, capolavoro di Paisiello, tratta dall'opera del Marsollier, rappresentata per la prima volta ‘al Teatro di Corte a Caserta nel 1787, poi a Napoli. Potrebbe però essere anche la commedia omonima del Marsollier, intercalata di ariette, che in Francia rimase più in voga che non l’opera del Paisiello. — 4. Les comédiens ambulants (v. nota 2 giorn. 20 Fruttidoro). 3 3 Vendemmiale (25 settembre). — 1. Notizia alquanto prematura della terribile e definitiva scon- fitta data dal Massena al Souvarow a Zurigo il 24 settembre. La conferma la ebbe il 6 Vendemmiale per telegrafo a Parigi (v. giorn. 17 vendemmiale). Il 1° Vendemmiale il Cicognara scriveva da Pavigi alla moglie sulla situazione militare del giorno: “Che fatale contraddizione! Saprai che il piccolo vantaggio riportato in Olanda da Brune«non compensa i danni riportati sul Reno e i trionfi del principe Carlo. La misteriosa nazione svizzera, colma di sorpresa; si sta in grande attenzione per quanto si possa fare o'possa essere successo già in Italia, dove sembra si giochi di tutto il resto, | (Maramani, 158). ; 4 Vendemmiale (26 settembre). — 1. L'incertezza della ‘grafia impedisce di identificare l’opera “A con sicurezza. — 2. La legon ou La tasse de glace, commedia in un atto ed in prosa, mista ad ariette, parole di Marsollier, musica di Dalayrac, messa in scena al Feydeau il 27 maggio 1797. È 3 97 I RIFUGIATI ITALIANI IN FRANCIA NEGLI ANNI 1799-1800 171 i 8 Vendemmuale — Continua il nostro viaggio per la Senna: alle ore 12 io smonto con Ambrosioni e Grasceni a Montereau. Pensai che la diligenza vi si fermasse. Andiamo a pranzo in una osteria ove l’ostessa è sorda. Intanto la diligenza ® prosegue e ci troviamo obbligati di camminare a piedi una lega e mezza e più per raggiungerla. Alla sera cantiamo in buona compagnia nel nostro gabi- i netto. Un'ora dopo la mezzanotte arriviamo a Sens, ove smontiamo tutti per dormire all’albergo, giacchè avevamo perduta anche la notte scorsa. La barca d’Aurerre, epistola di cui mi ideo la traccia. Dubito di avere la rogna attac- catami dall'aver giorni fa -eonversato con soldati e con dei libri sucidi. 9 Vendemmiale. — Siamo a Sens e consultiamo sul viaggio più economico, sia per noi che per la nostra robba. Finalmente partiamo in una patania e arriviamo a Joigny, ove vediamo varî prigionieri austriaci. Per venire a Joigny passiamo È per Villeneuve-le-Roi, bellissimo paesetto. 10 Vendemmiale. — Con altra patania andiamo a Auxerre. Bellezza di questa città, ove si trovano 1500 coscritti. Belle chiese, belle strade e bei baluardi per pas- seggiare. Festa che oggi si celebra in onore di Joubert. Si combina di andare 4 a piedi e far portare gli equipaggi in qualche maniera. Si contratta una pafania a questo fine. Io e Giacomo ci fermiamo per accompagnarla, posto che eravi luogo, e gli altri si avanzano a piedi verso Vermenton. Noi ci mettiamo in viaggio alle tre e mezzo pomeridiane e sentiamo che a 7 ore saremo al nostro destino, ma vengono le sette che non abbiamo fatto la metà del cammino. L’imbecille paralitico che ci guidava e il suo cavallo e la sua pataria fanno 150 anni. Noi ci seechiamo ed essendo raggiunti da una pafania a due cavalli vuota, abbandoniamo la prima con molte liti e veniamo a Vermenton, dove ceniamo bene e dormiamo male, per parte mia in causa delle cimici. 11 Vendemmiale. — Partiamo a piedi per godere della bellezza della campagna, benchè siavi vento e pioggia. A due leghe alla Porte aux colonnettes facciamo colazione di ova. A un’ora dopo mezzo dì arriviamo ad Avallon, avendo corso a piedi, in sel ore e mezzo, sette leghe, 15 o 16 miglia italiane almeno, stanchi e robusti e con intenzione di continuare. Questa passeggiata ci dà luogo a godere delle deliziose viste che presenta il territorio di Borgogna, pieno di belle e fertili e ben coltivate colline. Ad Avallon alloggiamo al Leone. Ridente e vaga città, piccola, è Avallon. Ha un passeggio pubblico, adattato alla sua popolazione e molto ameno. Gli abitanti sono molto graziosi. 12 Vendemmiale. — Ci alziamo alle 6 ‘/, e dopo aver contrattato col conduttore di un furgone che porta gli equipaggi di un generale, a fine porti anche i nostri, alle 6 partiamo alla volta di Digione. Inutilmente cerchiamo trovare una patania io e i due Moccini; Grasceni e Ambrosioni erano già partiti. Arriviamo stanchi ed arrabbiati a Guillon, dove ci ristoriamo ad un buon pasto e ceniamo lautamente con pernici. Grasceni mi ha portato il mio fagottino, sicchè mi trovo senza passaporti, senza veste da camera, pianelle ecc. 13 Vendemmiale. — Alle sei e mezza partiamo a piedi con miglior tempo per Vit- teaux bella cittadina. I nostri compagni erano già partiti. Noi pigliamo una vettura per Digione; non ci arriveremo che domani. 14 Vendemmiale.— Partiamo alle 6 da Pont-en-pr... e prima delle 10 siamo a Digione passando per Plombières. Moltissimo mi piace Digione. Vi troviamo Ambrosioni, essendo Grasceni già partito. Digione presenta belle case, fabbriche regolari, ‘strade superbe e financo ai vicoli, tutto è bello. Dopo aver scorso i baluardi, che sono ameni, e lette le gazzette, andiamo a cena. Siccome avevamo osservato, ii PIET ran n IC 172 GIUSEPPE MANACORDA 98 per la prima volta in Francia, della farina di grano turco, così ci siamo pro- posti di far la polenta. I digionesi non la usano, ma fanno di questa farina delle focacce. Pier Moccini fece la polenta e noi ne mangiammo a sazietà e bevemmo 4 bottiglie di nero Borgogna a 20 soldi la bottiglia, le quali ci misero in allegria. 15 Vendemmiale. — Alle cinque ore ci alziamo e prendiamo la volta di Chàlon. To mi carico, oltre del mantello, di un mio fagottino che mi portava Grasceni. In verità che mi pesava estremaménte. Ma ero nell'impegno e piacevami indurare nella fatica. La strada da Digione a Chàlon è amenissima. Dall’un lato e dall’altro della grande strada sonvi campi ottimamente coltivati e quasi tutti a vigne, che noi andiamo visitando per sollievo delle nostre fami. Arrivo a Nuits, piccola città di circa 3/m abitanti. Affatto alleggeriti dai fagotti, proseguiamo danzando e cantando e correndoci appresso come pazzerelli, paren- doci di essere alle vacanze autunnali a casa nostra e trovare al vicino villaggio la nostra famiglia. Giunti a Beaune, io e Giacomo andiamo a passeggiare sui Baloardi. 16 Vendemmiale. — Strada cattiva, stanchezza di ieri rende noiosa la strada. Co- mincio a gridare rabbiosamente e gli amici ridono alle mie spalle. Giungiamo a Chàlon, piccola e vaga città, ove troviamo Grasceni. 17 Vendemmiale. — Gli abitanti di Chàlon sono dolci e repubblicani. La Borgogna è una provincia che meno ha sofferto della rivoluzione. Sentiamo le rimar- cabili vittorie di Massena e di Buonaparte '. Quella di Massena la seppimo dal telegrafo di Parigi la sera del 6, prima che partissimo. 18 Vendemmiale. — Alle 3 ‘/, ci imbarchiamo sulla Séna su una nave detta l’ordi- nario, che salpa alle 4. Alle 11 scendiamo per mangiare un boccone. Le donne in frotta abbigliate stavano sul lido ad invitare i passeggeri alla loro osteria. 19 Vendemmiale. — Partiamo da Macon verso un'ora, soffrendo il freddo della notte d'ottobre. A 10 ore io e Giacomo Moccini scendiamo a mezza lega prima di Trevoux per far del moto. Io non lascio di invocare mia moglie a partecipare dell’allegria del viaggio, giacchè l’idea di andarmene ora direttamente in Italia mercè le vittorie d’ Elvezia mi rende gaio più del solito, sicchè ridiamo e scher- ziamo come fanciulloni. Arriviamo a Lione alle 3 ‘/ pom? La sera sentiamo all’albergo l’arrivo di Buonaparte a Fréjus 4. 17 Vendemmiale (9 ottobre). — 1. Forse la battaglia di Aboukir del 26 luglio, in cui Bonaparte sconfisse i turchi. 19 Vendemmiale (11 ottobre). — 1. Bonaparte sbarcò a Fréjus il 16 Vendemmiale (8 ottobre). Da Lione al Mediterraneo non esisteva ancora telegrafo? Appare strano, se pur non si deve supporre — che la grande notizia fosse già nota a Lione prima dell'arrivo del L. A Parigi il Cicognara la seri-. d veva già alla moglie il dì 9 ottobre. “ Preparati, mia Massimiliana, a sentire la più dolce consola- |. zione per la speranza di rivederci presto. Puoi dire al nostro Checco (il figlio) che l’uccellino è tor- — nato d'Egitto, che Buonaparte è in Francia e che non correranno molti mesi avanti che egli abbracci | il suo papà. È arrivato assieme a Berthier, Monge e Berthollet. Le vittorie si succedono con rapi- — dità anche sul Reno, e l’ultima riportata da Brune in Olanda costringe gli inglesi all'imbarco. Tutto questo cambiamento, operatosi in pochi giorni, produce la disunione frai coalizzati, il risorgimento — del partito dell'opposizione in Inghilterra, forse un cambiamento di Ministero, il rinvigorimento ed il credito dell’armata e dei fondi in Francia e per conseguenza del destino politico d'Europa , (Mana- mani, 154). E negli appunti della sua vita, lo stesso Cicognara così narra d'aver avuto la nuova: © Una mattina, mentre stavo lavorando ad un mio piccolo quadro, odo perla via un insolito viva, cissimo scambio di molte voci confuse, ma non ci badavo più che tanto. Di lì a poco entra Testi- È 99 I RIFUGIATI ITALIANI IN FRANCIA NEGLI Toss 1799-1800 173 20 Vendemmiale. — Lione — Alla sera io e Giacomo Moccini andiamo al teatro delle Celestine che l’altra volta non vidi. To mi incontro con Smancini *, che vien da Marsiglia e va a Parigi, e colla Monti *, che unita a Bertolazzi di Livorno, va a Chambéry a trovare il marito. Ivi pure, dopo la prima commedia detta la Lelle et bonne *,il gen! Cesare Berthier £ legge una lettera del gene- rale Alessandro *, suo fratello, da Aix annunziante il suo arrivo con Bonaparte e che domani a sera saranno a Lione per proseguire il loro viaggio per Parigi. Grandi applausi e sinceri. Io godo che si suoni il Ca ira. Un ufficiale di Stato maggiore mi racconta eziandio che Lahoz ha 15 mila uomini, che entrò in Firenze ° e mise una contribuzione di 15 scudi. Siamo sommamente lieti del concorso di tante buone nuove. 21 Vendemmiale. — Si annunzia da alcuni viaggiatori l’arrivo testè occorso di Buona- parte a Lione, che aspettavasi questa sera. Egli è sceso alle Celestine. 22 Vendemmiale. — Vado coi miei compagni in battelletto a Vienna, ove, in casa del cittadino Michoud, mi vengono consegnate tre pezze di Genova a conto del citt. Lorenzi. Restiamo ‘a Vienna. 23 Vendemmiale. — Stando alla vedetta per scoprire qualche nave di passaggio su cui imbarcarci, vi riusciamo finalmente verso le 11 ore, su un legno carico di frumento. La barca ci porta fino a Les Roches, di rimpetto a Condrieu, dove stimiamo bene di fermarci fino a domani. fuor di sè per la gioia: “ Bonaparte è sbarcato a Fréjus ,. Il pennello mi cade di mano. “ Come lo sai? , “ Tutta Parigi ne è piena! , — Il ritorno del Bonaparte fu celebrato da Gio. Pindemonte in un sonetto (Brapeco, 66) e dal Monti nella Mascheroniana (c. II). 20 Vendemmiale (12 ottobre) — 1. Smancini di Cremona è ricordato come intendente generale di guerra dallo Zanoni (I, 221), e col grado di capitano figura tra i firmatari del documento 12 Fruttidoro (Cfr. App. doc. per data). — 2. Teresa Pikler-Monti, moglie di Vincenzo, reduce da Genova (cfr. pag. 29), che vedremo (Cfr. pag. 146) a Chambéry presso il Direttorio cisalpino. Il RosertI (Un anno, ecc., 741) sospettò, ma senza fondamento, che della moglie del Monti s'invaghisse il Botta, il quale parla appunto di un incontro da lui fatto a Grenoble d'una vaghissima signora italiana (v. n* 20 Germ. vi. — 8. La belle et bonne, ou Les deux seurs, vaudeville in un atto ed in prosa di Léger, rappresentato per la prima volta al Teatro dei Vaudeville il 5 Frimale, VI. — 4. Generale capo di Stato maggiore di cavalleria (De Cuenac, II, 125). — 5.11 generale Alessandro Berthier, futuro comandante dell’esercito che vincerà a Marengo. Nel ’97-98 era stato comandante supremo dell’esercito d’Italia dopo il Bonaparte e prima del Brune.— 6. L'occupazione di Firenze per parte del Lahoz era già stata annunziata da Genova dal ® Bossi al Direttorio cisalpino nella nota lettera del 12 agosto. Ma la verità è che il generale ventiseienne Lahoz, come già abbiamo narrato altrove (pag. 27) pochi giorni prima, il 1° ottobre, era morto sotto le mura di Ancona, assediata da lui alla testa di milizie austriache e delle bande di contadini del brigante Sciabolone (Zanotr, I e II, 11, 418). Il tradimento del Lahoz (chè tale resta sempre) fu varia: mente giudicato: v'è chi, come già il Parr (lib. XI) ed un recente apologista della Civiltà cattolica ‘ (ann. 1904, pag. 46, 296, 597) vide nel Lahoz un eroe anticipato della indipendenza nazionale, a base di programma: L’ Italia farà da sè. Tuttavia il Lahoz combattè in ultimo cogli austriaci e con grado di generale austriaco (T. Casini, Pesaro nella Repubblica Cisalpina. Pesaro, 1902; Cfr. Crivetucer, Un Comune nelle Marche nel 1798-99 e îl brigante Sciabolone. Pisa, Spoerri, 1883; Sruvio Pertini, I gene rale Pino e la morte del ministro Prina. Novara, Miglio, 1907; Antonio Ewrurani, Storde e figure d'altri tempi. Fermo, Bucher, 1905; Cfr. Arch. stor. lomb., XXXIV, 249). — Primo forse in Francia a saper la notizia della defezione del Lahoz era stato il Cicognara, che, alla moglie la quale gliela aveva trasmessa, rispondeva il 28 settembre da Parigi: “ La storia di Lahoz la credo una fandonia; qui non se ne parla, (Maramant, 153). Véro è però che il Bossi fin dal 5 agosto '99 aveva scritto al Visconti, ambasciatore cisalpino in Svizzera: “ Il nostro Lahoz e Pino sono alla testa di una forte colonna che è tra il Rubicone e le frontiere di Toscana; essi affettano di dirsi indipendenti ugualmente dai francesi e dai tedeschi, ma so però che il primo ha scritto a Moreau senza datar la lettera da nessun luogo , (Cantù, Diplom., 212). 174 GIUSEPPE MANACORDA 100 2 Vendemmiale. — Partiamo da Les Roches; si passa Serrières alla destra, S' Val lier sulla sinistra; poi a destra Tournon. Alla sera arriviamo a Valenza, patria di Championnet. Faccio una sosta in Valenza per vedere la città, benchè la sera ci impedisce di vedere. Qui è morto poco tempo fa Pio VI°!. 25 Vendemmiale. — Alle cinque e mezza partesi sulla stessa barca ed arrivasi la sera ad Avignone, camminando ben 60 miglia italiane. Quivi il Rodano è violento. Passiamo il ponte di S. Spirito lungo 13 arcate, passaggio pericoloso, guardato dall’alto del ponte da molte persone accorse ad osservare come si passerebbe, ma ci riusciamo felicemente. Da per tutto è una fiumana di poveri; ci si domanda di Bonaparte e scorgiamo una confidenza universale in quest'uomo unico. i 26 Vendemmiale. — Restiamo ad Avignone, antica sede dei papi, ed andiamo a vederla. Città grande e strade piccole. Belle fabbriche e numero infinito di chiese di- strutte o dirette ad altro uso. Belle donne e vestite di cattivo gusto. Buona memoria che vi si conserva del governatore Durini !, poi cardinale. 27 Vendemmiale. — Sopra una barca carica di vino e di legno continuiamo a scen- dere il Rodano per venire a Beaucaire. Nel partire, essendovi minor numero d’uomini ed essendosi scompaginato un remo, il pilota si è lasciato prender la mano dalla corrente e andavamo furiosamente contro un mulino, cosicchè ci convenne prestarci tutti al remo per salvarci, al che riuscimmo. Arrivammo a buonora all’argine che divide in lungo il Rodano fra Beaucaire e -Tarrascona, le quali città si comunicano poi a mezzo di ponti di barche appoggiati a detti argini. Trovandoci dalla parte di Tarrascona, entriamo in questa città, che abbiamo tutto il tempo di girare. 28 Vendemmiale. — Partiamo per andare a piedi a Nîmes, discosta 4 leghe. Ci si dice essere stato ucciso il corriere a Pont-S. Esprit e vediamo pattuglie mili- tari sulla strada, locchè ci dà un poco a pensare, ma io vado innanzi e gli altri seguono 4. Mi accade però un bel colpo a sortire di Tarrascona. La gior- nata era estremamente nebbiosa. Dovendo mettermi in viaggio in quell'ora e con tal nebbia, e seguendo anche il mio costume, tenendo la pipa, m’ incammino, dopo pagato il testatico, alla porta su per il ponte di barche. A mezzo il ponte un ussero a sciabola ignuda come sentinella mi raggiunge e m’intima l’ar- resto in nome della legge per la ragione che io fumo sul ponte di legno. Vado con esso al Corpo di guardia, domando dov’ è la legge, dico che son forestiere, militare, che è piovuto tutta la notte, che vi è nebbia, che non sì potrebbe accendere il ponte con una fascina, nonchè con una foglia accesa di tabacco, che la pipa è chiusa. Nulla vale; mi si vuole obbligare a pagare tre lire od andare dal comandante della Piazza. Preferisco quest’ultimo partito e me ne vo, fra gli usseri e seguito dai compagni, dal Comandante, il quale mi fa destra- mente sentire di dare una mancia a quegli uomini. Do loro 30 soldi e parto. 24 Vendemmiale (16 ottobre). — 1. V. nota giorno 22 Fiorile. 26 Vendemmiale (17 ottobre). — 1. Mons. Durini, milanese, ultimo governatore di Avignone per conto del papa.‘ e. 28 Vendemmiale (18 ottobre). — 1. L’insurrezione realista divampante apertamente in quei dì stata fatta la legge del 24 Messidoro, che riteneva responsabili delle turbolenze interne i parenti dei fuorusciti ed autorizzava la confisca dei loro beni e l'arresto. Correvano tuttavia bandi e cartelli affissi, inneggianti a Luigi XVIII. “d MIO E I MT ne — — SS 101 I RIFUGIATI ITALIANI IN FRANCIA NEGLI ANNI 1799-1800 155 29 Vendemmiale. — Arriviamo a un'ora a Nîmes. Anche qui belle donne, ma messe di cattivo gusto. A Tarrascona sono bellissime, ma vestite in forma sì ridicola che si deformano e fanno voglia e rabbia al tempo stesso. Alloggiamo all’al- bergo del Parco, dove sentiamo aver alloggiato lungamente il citt. Paolo Greppi partito pochi giorni sono per Parigi *. 30 Vendemmiale. — Partiamo alle 11 da Nîmes e ritorniamo a Beaucaire verso le 5 ore; allegri, facciamo ben due leghe sempre gridando, correndoci appresso e giocando a raggiungerci l’un l’altro, il che ci straccò. — (Arles). Troviamo molti toscani.e napoletani i. Anche qui troviamo delle antichità rovinate e sopra tutto l’anfiteatro, di cui restano solo pochi archi e un ammasso di sepolcri e di lapidi antiche, che chiamasi Museo Arleanense, ma che la rivoluzione ha impedito di perfezionare *. I° Brumale. — Siamo imbarazzati sul nostro viaggio a Marsiglia; per mare gli inglesi! e la nausea ci danno a pensare; per terra dicesi sianvi delle bande di ladri e di assassini. 2 Brumale. — Sentiamo buone nuove che Bonaparte vuol tornarsene in Italia *. 5 Brumale. — Sera a Marsiglia. 6 Brumale. — Conversazione con molti napoletani. Notizia sparsa che Souvarow con 10 mila uomini è prigioniero *. 7 Brumale. — Arriva Pavesi con suo figlio proveniente da Parigi. 8 Brumale. — Entro all’ospedale militare per curarmi di una malattia cutanea. 9 Brumale. — Alla sera vedo Tassoni, Tamassia ?, Celentani e Molina di Monza *. 29 Vendemmiale (21 ottobre). — 1. Paolo Greppi è il noto autore di molte lettere relative alla rivoluzione francese, recentemente pubblicate da un suo discendente (La rivoluzione francese nel carteggio di un osservatore italiano. Milano, Hoepli, 1900-04, volumi 3). L'epistolario giunge però solo fino al 1798. (v. Notizie su lui in Cantù, Diplom., $1). 30 Vendemmiale (22 ottobre). — 1. 1 napoletani sbarcati fino allora a Marsiglia erano stati naturalmente sparpagliati per le città del sud come i cisalpini per quelle dell’est. — 2. Chi non ricorda i versi di Dante? Sì come ad Arli, ove il Rodano stagna... 1° Brumale (23 ottobre). — 1. Gl’inglesi per parte di mare, durante l’assedio di Genova, dettero appoggio agli austro-russi, scorrazzando lungo la riviera, il che non impedì che qualche ardito messo non passasse anche per mare, come il cisalpino Franceschi. 2 Brumale (24 ottobre), — 1. Primo accenno, molto vago, di quella che doveva essere la più gloriosa campagna napoleonica. 6 Brumale (28 ottobre). — 1. Le notizie sulla vittoria di Zurigo e sulle sue conseguenze veni- vano, com’è naturale, rinfrangiate dalle dicerie, fors'anche ad arte. Il Cicognara, il 29 settembre, così descriveva alla moglie gli effetti di quella unica vittoria in un anno di guerra. “ La rumorosa vit- toria riportata da Massena a Zurigo il 25 settembre può cambiar faccia alle cose, e operando por- tenti, potrebbe farci tornare in Italia sul fini» dell’autunno, ma... I particolari qui giunti sono della perdita dalla parte dei russi di 21.000 uomini, 30 bandiere e 140 pezzi di cannone. Ma questo non basta: ci vogliono altre vittorie ,. 9 Brumale (31 ottobre). — 1. Giulio Cesare Tassoni, già membro della Giunta di difesa gene- rale alla dritta del Po, poi membro del Consiglio dei giovani nella Cisalpina (Zanoti, I, 232) e rap- presentante di detta repubblica. Nel 1801 era ambasciatore a Genova (Cannù, Dipl., 27), nel 1808 era per conto del regno d’Italia in Toscana (ivî, 606). Morì a Milano nel 1821 (Coraccini). Durante la reazione austro-russa erasi riparato dapprima a Genova, ove il 12 agosto col Cicognara si pre- sentava allo Joubert a manifestargli le speranze di ogni classe di cittadini in lui riposte (Canrù, îib., 24), — 2. Giovanni Tamassia figura tra i membri del Consiglio dei juniorî dopo la riforma del Brune (Zawoci, I, 234). — 3. Pietro Molina: non ne so altro. 176 GIUSEPPE MANACORDA 102 10 Brumale. — Andiamo a teatro, ove si rappresenta, dopo un’offerta alla libertà (ciò che si fa tutte le decadi, nelle quali ogni casa espone una banderuola trico- lore, come in tutte le altre città dell’8* divisione comandata da Quantin (sée)), la Didone * del Piccini e IZ quadro parlante ?. A teatro trovo il tenente Fer- raris 7, con cui molto mi fermo, e in seguito il citt. Millo 4, che vien d’arrivare da Genova e dalla Lombardia e mi dà mille notizie delle cose di colà ed anche della mia famiglia e mi confida due lettere, una per Sopransi *, l’altra per Savoldi, che egli credeva poter consegnare, ma non lo può, andando a Parigi a portar denari a Pindemonte © e a Wideman ‘. 10 Brumale (1° novembre). — 1. Didon, opera in tre atti, parole di Marmontel, musica di Pic- cinni, rappresentata all'Accademia reale di musica il 1° dicembre 1783. Era piaciuta tanto a Luigi XVI, che aveva voluto sentirla tre volte di seguito. — 2. Le Tableau parlant, commedia in un atto mista ad ariette, parole d’Anseaume, musica di Grétry, messa in scena alla Comédie italienne il 26 set- tembre 1769. — 3. Forse quello stesso che nel 1803 figura capitano nella guardia del Presidente della repubblica (Zanoti, I, 177). — 4. Dal fatto che questo cittadino Millo portava denari al Pinde- monte, devo credere si tratti di Luigi Millo, servitore del Pindemonte stesso, che si servì del nome di lui come pseudonimo suo nella Ginevra di Scozia, già ricordata. Va rammentato però anche un Gaetano Millo, piemontese, già artigliere regio, poi tenente cisalpino e capitano nella campagna del’99, a cui prese parte (Cfr. G. Lomsroso, Vita dei primari generali, ecc., I, pag. 214). — d. L’avvo- cato Fedele Sopransi o Sopranzi, fautore delle idee nuove prima ancora del ’96 (Metzi, p. 87), nel ’97 era stato Ministro di polizia, ed a lui il Foscolo aveva indirizzato nel ’98 una lettera- per indurlo a prendere provvedimento contro l’uso “ tirannico , di lanciare i cocchi a gran furia, calpestando î miseri. Oltre ad un’ambascieria a Parigi nel ’96 col Serbelloni ed il Nicoli (Cusani, V, 16), fece parte del Direttorio cisalpino dopo la riforma Trouvé, ma ne fu scacciato dal Fouché e rimesso in ufficio dal Fivaud (In., 234). Secondo il Monti (Lett. 23 agosto '98), fu il Sopransi stesso che, non ricercato, ambì la carica di direttore, ricusata dall’Aldini, e tale ufficio, sempre secondo il Monti (Lett. 7 Fruttidoro), per poco gli costò la vita, per causa di una congiura tramata contro di lui dal partito dei pazzi. Il Monti stesso, nella’ lettera 24 ottobre ’98, ci dà queste notizie sulla desti- tuzione del Sopransi per opera del Fouché e del Brune: “ Dopo quattro giorni di antipapato, Sopransi è uscito dal Direttorio, ma in virtù solo di forza armata. Vi furono tre ore di contestazioni fra esso e l'ufficiale mandato da Brune, e finalmente, dopo averne fatta protesta e consegnata nelle mani di David, che a caso vi si trovò presente, cesse alla forza e sortì dal suo appartamento. Questa protesta, sottoscritta da molti ex-rappresentanti, è partita la scorsa notte per Parigi ,. Durante la destituzione, il Sopransi, secondo il Monti, alloggiò presso il Trouvé: il Brune poi si sarebbe pentito di averlo destituito per istigazione del Gianni. Comunque, certo è che il Sopransi fu presto direttore di nuovo, e, come Presidente del Direttorio, il 15 Germinale, anno VII (’99), firmava le istruzioni a Francesco Apostoli, eletto console di Ancona (Lettere Sirmiensi, ed. D'Ancona, 124) e poi altri atti (V. Appendice, Documento 23 Pratile). Fu poi deputato ai Comizi di Lione (Merzi, V, 354), e, sotto il regno d’Italia, consigliere di Cassazione. — 6. Su Gio. Pindemonte, fratello d’Ippolito e poeta egli pure, rimando all'opera spesso citata del Braneco. A Milano era stato col Fantoni e col Foscolo | uno dei poeti più in voga del Circolo Costituzionale, ove, nella famosa seduta del 10 dicembre 1797 "i presieduta dal Galdi, aveva sventolata ed appesa all'albero della libertà la bandiera cisalpina, dopo aver letti componimenti poetici (Mazzoni, pag. 10). Nel ’98 era stato eletto juriore. Fuggito da Milano dopo la rotta di Cassano, come vedemmo, riparò in Francia, per quel che qui apprendiamo, molto prima del 20 febbraio 1800, data apposta al noto sonetto sulla fuga, da lui composto nel. pas: “a sare il Monginevro (Brapeeo, 65): È Ti lascio, Italia, e nel lasciarti io sento Di patrio pianto lacrimosi i rai. Oh in qual ti lascio orribile momento! E, oh Dio, chi sa se ti vedrò più mai! A tirannide in preda ed al cruento Fanatismo e agli Sciti, or tu ti stai; To m'’espongo ai perigli e a lungo stento, E a serie infausta d’infiniti guai. }+ i 103 I RIFUGIATI ITALIANI IN FRANCIA NEGLI ANNI 1799-1800 177 11 Brumale. — Pranzo con Ferraris. Scrivo al direttore Sopransi e anche a Prandina * e a Cabrini. Al dopo pranzo vedo fucilare un Égorgeur *®. 15 Brumale. — Escono dal lazzaretto dopo la quarantena molti soldati cisalpini della terza legione ! e tra questi il generale Teullié ®, che non vedo. Domani par- Tu, culla un giorno de’ Romani Eroi, De' barbari accarezzi oggi il tragitto, E. stolta, il danno tuo veder non vuoi. Odiato io da te fuggo e proscritto Dal numero maggior dei figli tuoi, E l’amarti soltanto è il mio delitto. Salutò, dissi, il ritorno di Bonaparte dall'Egitto e lo incitò alla riconquista d’Italia scrivendogli : Vanne, restaura i nostri lunghi affanni: Per te scacciar quei mostri è un nulla; solo Basta a fugarli di tua fama il grido. (Parnaso democr., I, 54). Tmeggi al colpo di Stato del 18 Brumaio : Tu Eroe, tu Console sei. Nei tempi antiqui Ai consoli romani era serbato Punir le colpe dei monarchi iniqui. In Francia la sua venuta fu dapprima ben accolta, ed il Ginguené, letterato e uomo politico, nella Decade filosofica e letteraria di Francia (10 Ventoso, VIII, 1° marzo 1800), a proposito del sonetto su riferito, scriveva: “ Il marchese (!) Gio. Pindemonte, membro del Corpo legislativo della Repubblica cisalpina, celebre poeta tragico ed uno dei patrioti italiani che ha abbracciato con più calore e con più disinteresse la causa della libertà, costretto a fuggire, quando i russi hanno invaso questa terra 2 cui noi avevamo comandato di essere libera, e di cui sì male difesa abbiamo la libertà, egli (sio) sul Monginevro questo sonetto indirizzò alla sventurata sua patria, ove ei lasciava la moglie, i figli ed una fortuna considerevole. Egli è venuto in Francia a condividere coi numerosi e sventurati suoi compatrioti un destin vagabondo, una crudele situazione, degli amari rammarichi e delle spe- ranze timorose , (Brapego, 163; appunto trovato, tradotto in italiano tra le carte del P.). Per sua disgrazia però il Pindemonte troppo a lungo si trattenne in Francia! Da una lettera del Mare- scalchi al Pancaldi in data 3 piovoso, IX, noi apprendiamo ehe il P. fu arrestato come sospetto di congiura contro il primo Console, tenuto prigione al Tempio, e le carte sue sequestrate. Una donna, sua accusatrice, attestava che, dopo l'attentato colla macchina infernale, il P. aveva detto che se il primo Console non era caduto per effetto della macchina “ il serait péri par la poudre ,. “ Vedete in che pericolo, concludeva il Marescalchi, s'è messo quest'uomo che in tale occasione pare vera- mente imbecille , (Merzi, I, 517). — 7. Giovanni Widemann, patrizio veneto, ex-senatore dell’antica repubblica, già nel ’97 dichiaratosi per la democrazia, fu rappresentante cisalpino (Zawoti, I, 232), essendo emigrato a Milano dopo la pace di Campoformio. Suo figlio, colonnello del regno d’Italia, (In., 219) morì nella campagna di Russia (Coraccini, sub nom.). 11 Brumale (2 novembre). — 1. Carlo Prandina, commissario di guerra cisalpino fin dal 1797 (Zanozi, I, 143) e tale anche nella campagna del 1800. — 2. Piccoli spettacoli pel dopopranzo! Ma che contava la vita umana in quei dì? 15 Brumale (6 novembre). — 1. Molti soldati cisalpini, fatti prigioni nei varî forti presi agli austriaci, erano stati mandati, dissi, in Francia prigionieri sulla parola di non prendere le armi prima del cambio (Zanoti, I, 12). La quarantena era loro imposta per misure sanitarie ed era seve- rissima, sicchè a stento Napoleone, di ritorno dall'Egitto, potè esimersene (Zanoti, I, 325). — 2. Pietro Teullié, milanese, ex-avvocato e organizzatore della guardia civica nel ’96, poi generale improvvi- sato, aveva allora il grado di aiutante generale (Zanoni, I, 143). Dopo la rotta di Cassano, egli colla compagnia delle guide passò con Pino e Fontanelli in Romagna alle dipendenze di Lahoz. Dopo la defezione di questi, il Teullié entrò in Perugia, comandata dal generale Garnier, già capo del pre- | sidio francese di Roma, e colà si battè coi napoletani. Dopo la capitolazione di Castel S. Angelo fa portato in Francia, ma non come prigioniero sulla parola; perciò egli fece la campagna del 1800 (I., IT, 11). Appresso fu Ministro della guerra (I, 144), ma si dimise il 28luglio 1801 (Cantù, Dipl., 49). Militò fino al 1808, anno in cui morì in Prussia all’assedio di Colberg, combattendo. Il suo nome è seritto sull’arco dell'Étoile a Parigi, e ricordato a Milano da una via e una caserma (Cfr. Coraccmi, sub nom., le Biografie di Achille Fontanelli, Francesco Teodoro Arese e Pietro Teullié del JacopertI Serie II. Tom. LVII. 23 178 GIUSEPPE MANACORDA 104 tono per Lione *. Leggesi lettera di Championnet ai soldati dell’armata d’ Italia, i prevenendoli che vinceranno come tutte le altre armate 4. | 16 Brumale. — Vado alla sera al teatro piccolo, ove si recita il Barbiere di Siviglia * : e si canta l’opera Les Pretendus ?. 17 Brumale. — Scrivo a Varesi* che trovasi a Grasse. Vedo il gen Teullié. Visito Tassoni. Soccorro Pietro Molina. 18 Brumale. — Vado a far colazione da Teullié, che mi narra tutta la storia di Lahoz *. 19 Brumale. — Alla sera mi si assicura che Massena è a Genova con un grosso corpo i. Chi può dire la mia consolazione? Tra noì compagni cominciamo a fare dei progetti per andarcene tosto a Genova. 20 Brumale. — È in campagna il cittadino Peulié, per cui ho un biglietto d'atlosaini La sera vado al Gran Teatro, ove si ha i Rigori del Chiostro *, il Piccolo Marinaio *® e il ballo Afalanon vinta al corso da Ippomene *. 21 Brumale. — Alla sera vedo Savoldi, Pederzoli e Randini* venuti da Grenoble. 22 Brumale. — Nuove dicerie che Milano sia occupata dai francesi. 23 Brumale. — Comincio a tradurre in prosa italiana il poema nuovo francese inti- tolato la guerra degli Iddii antichi e moderni. Imparo a conoscere il ‘cittadino Berger ‘4, già comandante della marina cisalpina ed ora prigioniero di guerra a Marsiglia sua patria. Visito Teullié. Notizia sparsa del trasporto di residenza del Corpo legislativo da Parigi a Saint-Cloud ?. Varie opinioni che ella cagiona. Ordine del comandante ad ogni forestiere di partirsene entro cinque giorni *. Imbarazzo. ; 24 Brumale. — Costernazione in cui viviamo sulla notizia di Parigi, di cui non cono- sciamo nè i dettagli, nè la causa, e maggiore di quella su un rovescio sofferto più volte citate, e il vol. II della Galleria Militare del Lomsroso, ove vedesi anche il ritratto). — 3. Per unirsi all’armata d'Italia, quelli almeno non vincolati dal giuramento. — 4. Non è ricordata dal Samrt-ALBin, ma è noto che appunto in quei dì lo Championnet ritentava con uno sforzo su- premo l'offensiva, che s’infranse nella rotta di Genola (12 Brumaio). La SELES doveva portare la data dell’11 o del 12. sl 16 Brumale (7 novembre). — 1. Il notissimo dramma del Beaumarchais. — 2. V. nota giorn. 6 Ter vi midoro. 17 Brumale (8 novembre). — 1. Può essere Varese Salvatore, ufficiale di stato maggiore ed aiu- — tante di campo cisalpino fin dal '97 (ZanoLi, I, 143), ed anche Varese Rocco, rappresentante cisalpino nel ’96 (In., 281). 18 Balma (9 novembre). — 1. V. nota 6 giorno 20 Vendemmiale. 19 Brumale (10 novembre). — 1. Vane speranze che Massena fosse potuto dalla Svizzera pene- trare con un corpo in Italia a liberar Genova. 20 Brumale (11 novembre). — 1. Les Rigueurs du Cloître, commedia in due atti in prosa, con arie intercalate, rappresentata la prima volta dalla Compagnia italiana stabile del re il 23 agosto 1790 Parole di Fredée, musica di Berton. — 2. Le petit Matelot ou Le mariage impromptu, commedia in; atto e prosa, con arie intercalate, parole di Pigault-Lébrun, musica di Gaveau, messa in scena al Feydeau il 7 Nevoso, anno IV. — 83. Il Lancetti forse ha sbagliato il titolo: esiste un ballo in due atti di Baudry: Atalante vaincue, e un altro in un atto di Beletti, italiano: Atalante eb i Hippomène. 1 21 Brumale (12 novembre). — 1. Nei Doc. Rob., pag. 591, è detto di Brescia, ricco proprietario, i ex-membro del Governo provvisorio di quella città e della Commissione militare. Il 21 Nevoso era di nuovo a Grenoble. 23 Brumale (14 novembre). — 1. Non trovo di lui notizia. — 2. Primi vaghi accenni in Ma siglia del colpo di Stato del 18 Brumaio. — 3. Non trovo traccia di ordini simili emanati Governo; era un'iniziativa del comandante di Marsiglia o un ordine segreto del nuovo Gover Certo è che non ebbe effetto. i 105 I RIFUGIATI ITALIANI IN FRANCIA NEGLI ANNI 1799-1800 179 dall’armata d’Italia, di cui si parla '. Visito il citt. Rosselet, molto gentile e buon repubblicano, che mi comunica il decreto del Consiglio degli anziani sul trasporto di residenza delle autorità principali della Repubblica ? e vado con esso al circolo, ove leggesi lo stesso decreto unitamente ad un proclama ai francesi ed ai proclami di Bonaparte, creato generale in capo della guardia nazionale, comandante di Parigi ecc. Vedo Colombi cremonese 8. 26 Brumale. — In forza dell’ordine del comando contro i forestieri, vado a far vidi- mare di nuovo dal gen! comandante la piazza la mia carta di sicurezza fino a nuovo ordine *. Visito Teullié che domani parte per Lione coi suoi ufficiali e me la intendo con lui per passare al caso suo capitano aggiunto, giusto il mio certificato. Notizia di una commissione creata a Parigi per supplire al Direttorio distrutto, della quale sono membri i direttori Sieyes, Ducos e il gen Bonaparte *; vociferazione che questi sia ferito e Barras in stato d’arresto. Imbarazzi e confusione che cagionano tali notizie. 27 Brumale. — Pranzo in casa del citt° Rosselet, ove trovasi un napoletano detto Cesari, giovane di garbo. Vario effetto che produce la notizia del consolato stabilito a Parigi nelle persone su nominate e congetture che si fanno secondo . i varî partiti, tutte però tendenti alla pace ?. Io però per me credo che la Cisal- pina non arrischi di rimaner morta anche in caso della pace *. Scrivo al Diret- tore Luosi‘“ ed a Cabrini ed alla sera vado al gran teatro, dove si rappresenta 24 Brumale (15 novembre). — 1. La rotta ricordata di Genola del 12 Brumaio. — 2. È noto che il colpo di Stato del 18 Brumaio ebbe veramente l’effetto del trasporto a Saint-Cloud del Corpo legislativo e la nomina del Bonaparte a comandante del presidio di Parigi. Il Consiglio degli Anziani infatti aveva pubblicato un proclama ai francesi, in cui diceva che aveva usato del diritto conferi- togli dalla Costituzione, trasportando la sede del Corpo legislativo fuori di Parigi, ove le fazioni ne minacciavano l'indipendenza: stessero però tranquilli i parigini, chè presto i 500 sarebbero tornati. Bonaparte per conto suo pubblicò due bandi, uno ai soldati, l’altro alle guardie nazionali, annun- ziando il comando assunto del presidio di Parigi e il proposito di difendere mediante l’esercito l’imdipendenza del Corpo legislativo. — 3. Affatto sconosciuto. i 26 Brumale (17 novembre). — 1. V. giorno 6 Messidoro. — 2. Il Governo provvisorio consolare fu infatti così costituito. Napoleone non fu ferito, perchè difeso in piena assemblea e sollevato a braccia dai suoi granatieri. Non Barras, ma Moulins e Gohier furono i Direttori bloccati al Lussemburgo per un giorno. Barras fu spedito in villa. 27 Brumale (17 novembre). — 1. Cesari Gennaro è ricordato nella Filiazione come napoletano ; ma essa non ci fornisce altra notizia, se non i dati fisici. — 2. I più malcontenti erano, com'è noto, 1 Giacobini, che vedevano le cose avviarsi alla tirannide. Contro di essi sopra tutto era stato fatto il colpo di Stato del 18, agitando lo spauracchio di una nuova Convenzione, di un nuovo Comitato di Salute pubblica e del Governo del terrore. Pure delusi rimasero i realisti che, legati in segreti rap- porti col Barras, speravano prossimo il ristabilimento della monarchia. In generale, però, le continue guerre e stragi, come risulta dal Diario, avevano spossato la Nazione, e non si vedeva di malincuore che un uomo energico, con poteri quasi dittatoriali, sciogliesse il nodo di una situazione così intri- cata. — 3. Era continuo, come s’è visto, nei rifugiati italiani il timore, non del tutto infondato, di una nuova Campoformio; appunto per timore di un nuovo turpe mercato, essi invocavano garanzia, garanzia. Ancora qualche mese dopo, il 17 febbraio, il Cicognara scriveva alla moglie: “ Si sussur- rano anche a mezza voce le condizioni [della pace], e sono: alla Francia la Liguria e il Piemonte, a casa d’Austria la Repubblica Veneta e la Cisalpina, al re di Sardegna la Toscana, al Granduca di Toscana lo Stato romano, il re di Napoli a casa sua ,. E la contessa rispondeva al marito che oramai gli italiani dovevano essere persuasi che la pace non poteva farsi che a spese loro (Mara- MANI, 182). — 4. Giuseppe Luosi, bolognese, ex-conte, già membro nel ’96 della Giunta di difesa gene- rale della destra del Po (Zawotr, I, 221), poi Ministro di giustizia nella Cisalpina e infine membro del Direttorio. Destituito dal Fouché, fu ancora Ministro di giustizia sotto il regno italico e deputato alla Consulta di Lione. Fece tradurre in italiane il codice napoleonico e fece preparare un codice 180 GIUSEPPE MANACORDA 106 l’Edipo a Colono *, musica bellissima di Sacchini ed ottimamente cantata. Inoltre si rappresenta l’opera buffa «2 Diavolo a quattro *, dove il Ciabattino nella scena'delle strofe che canta, ne aggiunge alcune contenenti il voto per la pace, che sono plauditissime e fatte replicare con trasporto. 28 Brumale. — Scrivo oggi a Vignolle, che so essere a Nizza. Nuovi dettagli che le gazzette offrono sulle misure prese a Parigi. Pubblica e comune confidenza in coteste novità per la promessa pace. Indi a teatro, dove si rappresenta. 1° /m2- promptu de campagne *, la Marchande*® con un balletto e l’opera Alexis et Justine *, dopo la quale si cantano con tutto il plauso delle strofe in onore della giornata 18 Brumale. i 29 Brumale. — Ricevo lettere da Fontana * che è a Nizza e che mi scrive essergli stato rubato il denaro. Do al Capitano Eberard *, ussero cisalpino, la mia ricca cintura di ussero già usata. La sera ricevo un viglietto dalla signora Rosalie 4 che mi invita a cena. Vi trovo una conversazione di altre dame e ricche nego- * zianti cariche di gioie. La conversazione è piena di etichette. Si deplora la morte di un emigrato, che oggi è stato fucilato. Indi si gioca al Boston, che io non conosco. Sopraggiunge una bella signora italiana, nativa genovese, alla quale io come italiano tengo meglio conversazione. Ella è moglie di certo Barrière di Marsiglia, attualmente guarda-magazzino al quartier generale. Ella mi invita d’andare alla sua conversazione. Dopo qualche tempo si pone banco di bassetta, ove guadagno 4 franchi a mezzanotte. Si va alla cena che fu bella, indi si gioca a 21 e guadagno altri 5 franchi; vado a casa alle 2 dopo mezzanotte. 3 Frimale. — Ricevo lettere da Fontana che portano cattive nuove d’Italia, rispetto alla nostra armata !. Mia desolazione, per liberarmi dalla quale vado la sera civile ed uno penale italiano. Caduto il regno italico, si ritirò a vita privata. Durante l’esiglio del Direttorio, egli, che aveva corso rischio di essere assassinato dal Salvador, si dimise e passò a Parigi (Cfr. Monti, Lett. 31 agosto '98; Cusani, V, 233, 316, ecc.; Casini, 216, 228, nota; Dr Treaupo, I, 350; Cantù. Dipl., 49; Coraccini, sub nom.; Elogio del conte cav. Luigi Valdrighi, recitato dal prof. cav. Lodovico Rosellini, Modena, Zanichelli, 1863, pag. 41). Di lui scrisse una vita PeLLEGRINO Paporti (Modena, tip. Camerale, 1856), e un elogio il Coxmpaenoni (Milano, Classici, 1831). Per la parte avuta dal Luosi nella compilazione del codice civile italiano, v. DeL Giupice, Il centenario del codice Napoleone in Italia, in “ Atti d. R. Ist. Lomb. di Lett., Se. ed Arti ,, 21 febbraio 1907. — 5. Oedipe è Colone, tragedia-opera in tre atti, parole di Guillard, musica di Sacchini, rappresen- È tata all’Opéra il 1° febbraio 1787, sei mesi dopo la morte del Sacchini, con gran successo. — 6. Le diable à quatre, opera comica italiana, musica di Bernardo Porta, uscita nel 1788. 28 Brumale (19 novembre). — 1. L'Impromptu de campagne, commedia in un atto e in versi di Filippo Poisson, rappresentata la prima volta l’11 dicembre 1733. Da questa commedia fu tolto | È l’Impromptu de campagne, opera comica in un atto di Delrio, musica di Niccolò Isonard, rappre- sentata al Favart l’11 Messidoro, anno IX. — 2. La Marchande, sconosciuta, se pure non è probabil- — mente la Marchande de cerises, o la Marchande de modes, o uno dei tanti simili; il titolo è incompleto. — 3. Alexis et Justine, opera comica in 2 atti, parole di Mouvel, musica di Dezède, rappresentata a Versailles il 14 gennaio 1785, poi a Parigi alla Comédie italienne. 29 Brumale (20 novembre). — 1. Nel ruolo della Legione italica (Zanori, I, 146) Giacomo Fon- tana figura capo-battaglione; egli doveva far parte delle truppe cisalpine combattenti sulle Alpi. marittime. — 2. Nessun'altra notizia trovo di quest’ufficiale che non figura nel ruolo della Legione italica. | 3 Frimale (24 novembre). — 1. Dall'Italia doveva essere giunta notizia della presa di Ancona, avvenuta il 10 novembre. Quanto all'armata d’Italia, dopo la rotta di Genola le cose andavano 107 I RIFUGIATI ITALIANI IN FRANCIA NEGLI ANNI 1799-1800 181 a teatro cogli altri, ove si dà il ballo degli amori di Venere *, in cui il noto Titus e le tre danzanti rappresentanti le Grazie mi piacciono assai. Ivi vedo i capitani degli usseri cisalpini Galimberti ® e Lorenzi, ai quali parlo. 4 Frimale. — Visito il capo di brigata Campagnola ! e il capitano Lorenzi. Notizie di pace proposta dall’ Inghilterra, ma le nostre speranze sono state tante volte ingannate che noi crediamo non verificarle che alla prossima primavera *. Ciò mi pone nella massima desolazione. Scrivo a Teullié ed a Fontana. % EFrimale. — La scorsa notte ho sempre avuto nel pensiero mia moglie e mio figlio ed ho pessimamente dormito: Parevami sentir la voce della moglie a compas- sionare il mio stato; balzai sul letto più volte con una grande palpitazione di cuore e poi parevami di avere fra le ginocchia il mio Carlino che chiacchie- rasse meco, mostrandomi col suo ditino le cose di cui parlava. Oh Dio! Oh fortuna! Oh tu Ente reale, o immaginario, guida e perno di tutte le azioni, qualunque tu sia, caso, combinazione, volontà, conducimi presto in braccio loro! To non posso più soffrire tanto ritardo, non posso veramente più! — La sera vado al teatro delle Varietà, dove si dà la tragedia sacra di Genovieffa di Brabante *. Il secondo atto e la scena principalmente di Genovieffa in cui, stringendo il suo figlio, deplora perchè non conoscerà suo padre, mi fa piangere amaramente : tutto quello che fa allusione a qualche situazione del mio stato presente mi commuove. 8 Frimale. — Sempre nuove non buone dell’armata d’Italia. 10 Frimale. — Parlasi di una insurrezione a Genova in causa della carestia *. 11 Frimale. — Visito il Gen Lechi arrivato ieri * e vedo con esso suo fratello Capo Squadrone *, Raguzzi ® e Montebruno ‘. ° anche la peste (Sarvr-Arsin, 245). — 2. I molti balli intitolati Les Amours de Venus hanno tutti date posteriori, trattasi forse di un ballo sconosciuto. — 3. Livio Galimberti, già capitano di una compagnia di usseri formatasi a-Crema nel ’95 (Zawoti, I, 140), lo ritroviamo poi nella Legione ita- lica (I, 146). 4 Frimale (25 novembre). — 1. Campagnola Luigi, fin dal '96 comandante di uno squadrone di usseri formatosi sul territorio veneto (Zanoti, I, 14), poi nel ’97 comandante di vari corpi di caval- leria cisalpina (id., 143) e nel ’98 di un reggimento usseri (id., 144). Nel 1800 fu poi generale di | brigata della divisione cisalpina comandata dal Fiorella. — 2. Aveva ragione il L. di non prestar fede a questa diceria infondata. Dalla coalizione usciva in quei giorni la Russia, non l'Inghilterra, a cui più tardi inutilmente scrisse, offrendo la pace, Napoleone. 7 Frimale (28 novembre). — 1. Vi sono varie tragedie intitolate Genovieffa di Brabante, una in 5 atti e versi di Beraud de la Rochelle dell’anno IV; un'altra in 3 atti, di Cicile, rappresentata il 14 Brumaio VI; una terza in 5 atti, uscita a Parigi sulle scene il 30 Termidoro, anno VII, di Marais: probabilmente trattasi di questa. 10 Frimale (1° dicembre). — 1. Le truppe francesi che erano chiuse in Genova nel novembre, si ammutinarono per il ritardo delle paghe: secondo lo Zawotr, le milizie cisalpine colà rinchiuse ‘rimasero estranee alle sòémmosse, ma ottennero esse pure, come le francesi, il pagamento degli arretrati (II, 420). Presso Nizza una colonna, forte di ben 6000 soldati francesi ribelli, marciò verso Genova e fu solo la parola di Championnet che ricondusse all'obbedienza quegli uomini esasperati dalla guerra e dalla fame. Il generale comprendeva che la rivolta aveva pur troppo un fondamento di ragione e descrivendo al Governo lo stato dei malati e feriti languenti sulla paglia, senza soc- corso che di pane ed acqua, minacciava di denunziare ai padri e madri della Francia l’assassinio dei loro figli (Sarnr-Arsin, 247 e segg.). ‘ 11 Frimale (2 dicembre). — 1. Secondo lo Zanoni (I, 6), il Lechi erasi recato a Genova a rac- cogliere i residui delle milizie cisalpine per formare la Legione italica. — 2. Angelo Lechi, fratello di Giuseppe e di Teodoro, pel quale rimando al cit. art. del Lum8roso. Egli aveva combattuto alla Trebbia (Zanoti, II, 12), ove, caricando al ponte di Rubiera l'avanguardia del Klenau, protesse il pas- 182 GIUSEPPE MANACORDA 108 13 Frimale. — Partenza del Gen! Lechi, col quale pranzo 4. Mia conversazione con Cellentani e Raguzzi. La sera al teatro della Varietà, ove havvi La falsa Agnese * e il Prigioniero * ossia La Rassomiglianza. Vado a teatro pel con- tento di aver scritto alla mia cara moglie e per la speranza che ho che la mia lettera le arrivi, perchè l’ho consegnata al citt"? Giacometti * di Genova, diretta a madama Riva. 14 Frimale. — La nomina di Massena al comando dell’armata d’Italia! ci fa sperare che esso possa assumerlo discendendo con un corpo dell’armata del Danubio nel milanese pei Grigioni. 15 Frimale. — La sera vado al teatro grande, ove sì dà il Silvano * e l'Armida* * grand’opera. 16 Frimale. — Visito Tassoni. La sera vado a teatro, dove havvi le Tyraite nul* la Melomanie® o lite di donne. 20 Frimale. — La sera vado al piccolo teatro, ove si rappresenta Paolo e Virginia *, che non mi piace, e il Capitolo secondo *, che piaciami sempre. 21 Frimale. — Scrivo a Teullié e Fontana. La sera al teatrino, ove si ha Za padrona. St fa quel che si può e Rose et Colas*. saggio del treno militare di Mac-Donald. Con costui erasi poi ritirato a Genova, ove, assieme col generale Fantuzzi e collo Zanoli stesso, furono addetti allo Stato maggiore di Joubert.—3. Ufficiale commissario cisalpino, che ritrovasi firmato nel Doc. 12 Fruttidoro. — 4. Andrea Montebruno figura. capo squadrone nel ruolo della L. I. (Zawori, I, 146) e tale lo ritroviamo nel 1801 (id., 165). 13 Frimale (4 dicembre). — 1. Il generale Lechi partì per Parigi, ove lo trovava il 26 dicembre il Cicognara, intento ai lavori di organizzazione della Legione Italica. — 2. La falsa Agnese è Sco-. È nosciuta. — 3. Per il Prigioniero v. nota giorno 8 Fruttidoro. — 4. Non identificato. a . 14 Frimale (5 dicembre). — 1. Cideaccadde agli ultimi di novembre. Inutile dire che il Massena venne ad assumere, come vedremo, il comando per la via della riviera, passando per Marsiglia e Nizza, ove lo attendeva, per consegnargli il comando, lo Championnet, malato e prossimo alla fine. (v. giorn. 15 Nevoso e segg.). Al Massena, nominato generale dell’armata d’Italia, Labindo scriveva: sa Figlio de l’Alpi, cui la gelida onda Lambe del Roia, cui d’eterna gloria L'ardito nome, e il nero crin circonda | Il lauro de l’elvetica vittoria, Se in riva al Po, se in riva al Tebro torni E l’empia domi ferità barbarica, Se riconduci i desiati giorni De la tradita libertà italica Qual ti prepara il ciel di lode immensa Giusto tributo! ecc. (SoLertI, pag. 218). 15 Frimale (6 dicembre). — 1. Deve essere il Si7vain di Grétry rappresentato agli Italiani, com parole di Marmontel, il 19 febbraio 1770. È una delle migliori opere del Grétry. — 2. Per VA mida v. nota giorno 24 Frimale. 16 Frimale (8 dicembre). — 1. Le traité nul, commedia in un atto in prosa, mista ad ariett parole di Marsollier, musica di Gaveau, messa in scena al Feydeau nel 1797. — 2. La Mé/oman: ; opera comica in un atto, libretto in versi di Grenier, musica di Champein, rappresentata all'Opéra comique il 23 gennaio 1781. Ebbe successo, come opera mista di serio e di buffo. 20 Frimale (11 dicembre). — 1. Opere tratte dal romanzo del Saint-Pierre ne erano uscite . una di Kreutzer, su parole di Favières, nel 1791; l’altra di Lesueur, su parole del Dubreuil, nel 1794: quest’ultima non poco allontanantesi dal romanzo. È. probabile che il L. abbia visto l’opera del Lesueur, più diffusa i in Francia che quella tedesca. — 2. Le chapître second, opera comica in un. atto, parole di Dupaty, musica di Solié, messa in scena all'Opéra Comique il 17 giugno 1799. 21 Frimale (12 dicembre). — 1. Rose et Colas, commedia in un atto, in prosa mista ad ariette, parole di Sedaine, musica di Monsigny, messa in scena agli Italiani 1’8 marzo 1764; uno patri saggi d’opera comica. e de 109 I RIFUGIATI ITALIANI IN FRANCIA NEGLI ANNI 1799-1800 183 24 Frimale. — La sera al gran teatro, ove si dà Armida, grand’opera con ballo analogo seccantissimo, benchè di Gluck. 25 Frimale. — La sera al teatro, ove si ha Adolfo e Clara '. Visito Tassoni. Imparo a conoscere Cavalieri di Ferrara *. 27 Frimale. — La mattina visito il gen! Kraleuski *(?). La sera al teatro, ove la Melomania? e le Furberie dì Maturino 3 con un balletto. 28 Frimale. — Gioco al lotto, gioco dei disperati. La sera a teatro, ove si fa Raoul dalla barba turchina *. 29 Frimale. — Sento l’arrivo del-gene!* Dombrowski! Vado per trovarlo, ma è già partito per Parigi. 30 Frimale. — La sera a teatro, ove Offerta alla libertà, Crespino bello spirito * e il ballo Za selva nera. 1° Nevoso. — La sera al teatro, ove l’opera, che sempre mi piace, Panurgo all'isola delle Lanterne '. 2 Nevoso.— Pranzo col Commissario Raguzzi. La sera al teatro, dove i Monetari falsi*. 3 Nevoso (24 dicembre). — Chi mi avrebbe detto quando partii da Parigi che oggi non sarei stato a casa? Io avrei scommesso ogni cosa che per il Natale, giusto l’uso dei cristiani, avrei mangiato colla mia famiglia. Ora eccomi deluso. Mia moglie, mia madre piangeranno la mia assenza, tremeranno per me e saranno melanconici, quand’anche celebrassero questa sera la vigilia, secondo il solito. Anche in Marsiglia si mantiene questa usanza. Io invece me ne vado la sera al teatro che è quasi vuoto, poi alla conversazione di Tassoni fin verso le dieci, poi me ne vengo nella mia cameretta a unire la mia mestizia a quella dei parenti. 4 Nevoso (25 dicembre). — Ecco passato anche il giorno di Natale, che a casa mia sarà stato solennizzato, ed io per aver mal dormito tutta la notte in causa del gran freddo (che sono sei giorni che gelo), sono stato a letto fino alle due, poi a pranzo (ben cattivo), poi chiuso in un caffè, morto di freddo, poi alla sera un poco a teatro a vedere le Visifandine*. Vien oggi pubblicata in Mar- siglia la nuova costituzione ?. 24 Frimale (15 dicembre). — 1. L’Armide è una delle più importanti opere di Gluck, messa in scena all'Accademia reale di musica il 23 settembre 1777, composta sul libretto vecchio di Qui- nault e di Rulli. Ebbe grande successo e concorde, benchè allora fervessero le polemiche tra i fau- tori di Gluck e quei del Piccinni. 25 Frimale (16 dicembre). — 1. Per l’Adolfo e Clara v. nota al giorno 15 Messidoro. — 2. Non identificato. 27 Frimale (18 dicembre). — 1. Generale polacco al servizio della Cisalpina, ma credo sia errato il nome, perchè non figura nei quadri. — 2. Per la Mé/omanie v. nota 2 giorn. 17 Frimale. — 2. Les fourberies de Mathurin, opera comica in un atto, parole di Davesne, musica di Bambini, uscita il 5 agosto 1786. 28 Frimale (19 dicembre). — 1. Da questa commedia fu tolto poi il Raow! der Blaubart, opera comica tedesca del Fischer, uscita verso il 1307. 29 Frimale(20 dicembre). — 1. Anche il Dombrowski proveniva da Genova ed aveva combattuto, «come vedemmo, a Novi. 30 Frimale (21 dicembre). — 1. Crispin Bel-esprit, commedia in versi in un atto di Juvenon de la Tuillerie, rappresentata al teatro Mazarine l’11 luglio 1681. 1 Nevoso (22 dicembre). — 1. V. nota al giorno 30 Pratile VII. 2 Nevoso (23 dicembre). — 1. Les faua monnayeurs ou la Vengeance, dramma lirico in tre atti, parole di Cuvelier, musica di Gresnick, rappresentata al Montansier di Parigi il 2 maggio 1797. 4 Nevoso (25 dicembre). — 1. Per Les Wisitandines v. nota 2 giorn. 24 Fruttidoro. — 2. La nuova costituzione in seguito allo stabilimento del Consolato fu sottoposta a plebiscito con decreto del 184 GIUSEPPE MANACORDA 110 5 Nevoso. — Seconda festa di Natale, che, come ieri, si osserva dai marsigliesi. Pranzo con Cortesi * e la Panazzi *. La sera a teatro, dove il ballo Gli amori di Venere. Alla mattina tento inutilmente di farmi fare i fogli di via. Passa Vignolle e non lo vedo. 6 Nevoso. — Sono delegato dai Cisalpini a dar la nota di essì per fruire dei 15 soldi, dei quali abbiamo tutti bisogno !. La mattina mi impiego in questo. La sera a teatro, ove la bella commedia di Fabre d’Englantin / precettori ?. i 7 Nevoso..-- Scrivo a Fontana a Nizza, ed a Serbelloni e Vignolle a Parigi. i 9 Nevoso. — Guadagno al gioco dieci luigi, molto a tempo per la mia miseria !. La sera a teatro dove Z'’orbenne ossia Il pescatore svedese. a 11 Nevoso (1° gennaio 1800). — Il Commissario di guerra Leclere 4, delegato del gen! Saint-Hilaire alla contabilità dei rifugiati italiani in Marsiglia, per i quali i consoli hanno decretato il soccorso di 15 soldi al giorno, mi scrive nominan- i domi capo della parte cisalpina ?. Vo quindi a presentargli la nota. La sera ateatro ove il Signor di Porcaugnac * di Molière e il ballo Mirza (2) e Lindoro. i 12 Nevoso. — La sera al teatro, ove lA/ceste* che mi annoia e mi fa partire al primo. 13 Nevoso. — Vado ad abitare in casa del sig. Audibert, ove già alloggiava il capi- tano Paolucci 4. La sera al teatro, ove una bella commedia di Picard /7 co/la- ferale ossia la Diligenza di Joigny *. 22 Frimale: per tre giorni furono aperti pubblici registri, ove ogni cittadino votava, e lo nno del 18 piovoso recò l’approvazione con oltre tre milioni di voti. 5 Nevoso (26 dicembre). — 1. Cortesi era un ex-direttore delle rassegne e coscrizioni della Cisalpina, nativo di Treviso. — 2. Probabilmente moglie o sorella del dottore Panazzi. V. nota giorno 25 nevoso. 6 Nevoso (27 dicembre). — 1. V. pag. 47 pres. lav. circa i sussidi e App. Doc. 7 Frimale. — 2. Les Précepteurs, commedia in cinque atti e in versi di Fabre d'Églantine, il noto e fecondissimo commediografo francese ghigliottinato sotto il Terrore, rappresentata postuma al Teatro francese il 1° Complementare VII e stampata a Parigi l’anno VIII. Trattasi dell’intrigo di un precettore per far sposare a suo fratello una ricca vedova madre del suo allievo: è una satira contro i pedagoghi. 5 9 Nevoso (30 dicembre). — 1. Il L., infatti, causa le peregrinazioni sue, non aveva ancora neanche riscossa la sua quota di sussidio sulle 200 mila lire votate dal SEIEMO: egli la potè esigere solo l’11 Piovoso. 11 Nevoso (1° gennaio 1800). — 1. Il generale Vittorio Emanuele Leclere (1772-1802), futuro sposo di Paolina Bonaparte e cognato di Napoleone, che l’aveva aiutato nella sua rapida carriera, dopo averlo conosciuto all'assedio di Tolone del ’93, aveva fatto la campagna d’Italia del ?96, rimanen- dovi fino al ’98 sotto Berthier, che lo aveva fatto nominare generale di brigata. Il 26 agosto ’99 fa nominato generale di divisione. Non prese parte alla spedizione d'Egitto, come prova il L., con- trariamente alla biografia Michaud, ma nella primavera del 1800 militò in Germania sotto Moreau, 4 battendo l'arciduca Carlo a Fiessingen. Nel 1802, hominato generale per domare la rivolta di San Domingo, morì colà di febbre gialla. Vedi notizie e ritratto di lui in Mémoires sur V Impératrice — Joséphine nella Collection Fayard, 1907, pag. 99. — 2. “ Il deposito dei rifugiati è piuttosto una colonia, il cui capo è obbligato ad avere dei rapporti con le autorità civili e militari, coi tribu- nali, ecc. ,; così il Valiante, che fu nominato appunto capo dei rifugiati partenopei a Tolone (Prr- | RELLA, 534, nota). Il capo, infatti, doveva distribuire sussidi, vesti, ecc.; il Valiante fece anzi arri. vare da Napoli, a mezzo di suo padre, dei legni carichi di vettovaglie. — 3. 72 Signor di Pourceaugnac, — notissimo dramma del Molière. dI 12 Nevoso (2 gennaio). — 1. L'Alceste, opera di Grétry. È 13 Nevoso (3 gennaio). — 1. Amilcare Paolucci di Modena, ex-marchese, ufficiale prima di marina cisalpina, poi dell'esercito. Prese parte alla campagna del 1800 (Zanoti, I, 146) e finì gene- rale di brigata. — 2. Le Collatéral ou la Diligence de Joigny, commedia in 5 atti e in prosa, TAP- presentata la prima volta al Feydeau il 15 Brumaio, anno VIII: era dunque a Marsiglia una novità. Luigi Francesco Picard, parigino (1769-1828), è il noto fecondissimo autore di commedie. d 1 t 111 I RIFUGIATI ITALIANI IN FRANCIA NEGLI ANNI 1799-1800 185 14 Nevoso. — La sera alteatro, ove il ballo della Figlia mal custodita *, già presentato da Titus a Milano. 15 Nevoso. — Arrivo di Massena *. 16 Nevoso. — Molti cisalpini, me compreso, vanno a trovare Massena. Io prendo la parola. Ci accoglie graziosamente e ci dice che farà quanto potrà. La sera a teatro, ove il Collaterale* e Gli abitanti di Valchiusa. 17 Nevoso. — Inutili marcie per ottenere i soccorsi accordati dal consolato. Alla sera a teatro, ove Gli abitanti di Valchiusa, nella quale, in occasione di una vil- lotta, si sono cantate due strofe in onore di Massena, alle quali un temerario ha fischiato, ciò che produsse molto rumore. 18 Nevoso. — La sera a teatro, ove l’Eugenia! del Beaumarchais, che mi fa piangere, e la Casa isolata ossia il Vecchio dei Vosgi ?, che mi fa ridere. 19 Nevoso. — Finalmente mi è rimesso un bono per le razioni di pane, cominciando dal 17 al 18 andante per noi cisalpini. La sera a teatro, che è pienissimo. Vi è Massena, in onor del quale vengonò cantate alcune strofe. Vi si rappresenta Il prigioniero !, IL ballo della giostra *, che mi riesce grazioso, dopo il quale dei fuochi d’artifizio, di cui l’ultimo presenta l’iscrizione “ L’enfant chéri de la victoire 3 ,,. 20 Nevoso. — Ritiro il pane per i miei compatrioti ‘i. Sono mosso a pietà per alcuni miserabili romani e somministro loro qualche denaro. La sera a teatro, dove pure è Massena,in lode del quale si canta una canzone. Si recita 44 Secreto *. 22 Nevoso. — Morte di Championnet in Antibo !. La sera a teatro, dove L'abolizione dei diritti di Signoria ® e Lo Spirito di contraddizione. Massena è partito per Nizza. i 29 Nevoso. — Faccio una notte pessima con una febbraccia. Alla mattina mando a chiamare il bravo medico romano Panazzi* che mi visita due volte nella giornata. Molti amici vengono a vedermi. Lettera del Commissario Leclere mi annunzia dovere i rifugiati italiani abili a portar le armi andare a Dijon 14 Nevoso (4 gennaio). — 1. La Fille mal gardée ou Il n'y a quun pas du mal au bien, ballo pantomimo in 2 atti, di Dauberval, rappresentato la 1° volta a Bordeaux nel 1785. 16 Nevoso (6 gennaio). — 1. Pel CoMllaterale v. nota 13 Nevoso, 2. 18 Nevoso (8 gennaio). — 1. Cfr. nota giorn. 19 Frutt. — 2. La Muison isolée ou Le vieillard des Vosges, commedia in 2 atti in prosa, con arie intercalate, rappresentata al Teatro italiano il 22 Floreale, anno V, parole di Marsollier, musica di Dalayrac. 19 Nevoso (9 gennaio). — 1. Il Prigioniero, v.nota giorn. 8 Frutt. — 2. La Joùte, i balli noti di tale . tipo sono posteriori (1806-1811). — 3. Allusione alla vittoria di Zurigo e prova di confidenza in lui. 20 Nevoso (10 gennaio). — 1. V. pag. 48 pres. lav. — 2. Il Secreto, commedia in un atto in prosa, con arie intercalate, rappresentata all'Opéra Comique il 1° Fiorile, IV, parole di Hoffmann, musica di Solié. | 22 Nevoso (12 gennaio). — 1. Championnet morì infatti in Antibo il 9 gennaio 1800, affranto dalle fatiche e, pare, colpito da pestilenza. Il comando interinale dell'esercito fu dato al Marbot, in attesa dell'arrivo di Massena, che, all’annunzio della morte di Championnet, partì subito. Dello Championnet scrisse una commemorazione Francesco Paribelli, di cui si servì poi il Sammr-ALsIN (Croce, 247). — 2. Le droit du Seigneur forse? Molti sono nel teatro democratico di quell’epoca i drammi con press’a poco questo titolo, sicchè è difficile l’identificazione. — 3. L’Esprit de contra- diction, commedia in un atto in prosa, di Dufresny, rappresentata fin dal 1700 ed edita nel 1707. 25 Nevoso (15 gennaio). — 1. Il dott. Panazzi, romano, fu uno dei cinque direttori della repub- blica romana 0, come furono detti, consoli nel 1798. Dei cinque consoli, Angelucci, Beppi e De Mattei sì dimisero volontariamente nel settembre di quell’anno, Panazzi invece ed Ennio Quirino Visconti, il celebre archeologo, furono cacciati a forza di seggio dal generale Macdonald, che a Roma faceva e Serre II. Tom. LVII. 24 186 GIUSEPPE MANACORDA 112 per far parte della legione italica ?. Disposizione che io do a quest’eftetto mediante un avviso. 27 Nevoso. — Sorto. La sera al teatro, dove Za Madre colpevole* di Beaumarchais commedia e ZZ quadro parlante*, opera. 28 Nevoso. — Arrivo del capo brigata Spinola !. La sera a teatro, ove La Colonia ? bell’opera buffa di Sacchini. 29 Nevoso. — Vado a far colazione da Spinola. Lettera del gen! Noguès, che mi ordina la rivista di tutti i Cisalpini per domani. Mio avviso in proposito. La sera in teatro, ove il Ballo degli amori di Venere. - 30 Nevoso. — Rivista che si passa dal gen? Noguès. Ordine CISSE di andare a. Dijon. Io spero di esentare da questa miseria tutti i miei Cisalpini 4. 1° Piovoso. — Giro per procurare la carne a tutti i miei colleghi e riesco. Bello e allegro pranzo, a cui sono invitato da una compagnia di patriotti e di franchi- muratori. Si osserva che oggi è il compleanno della morte del re. 2 Piovoso. — Nuova visita ed ordine dato dal Comandante agli italiani dichiarati disfaceva magistrati, come a Milano il Trouvé, ambasciatore francese. — 2. Questo passo del diario non discorda da quanto attesta il De Cuewac (I, 54), che, cioè, l'ordine di formare la Legione Italica a Digione sia stato dato solo il 19 dicembre 1800, mettendole a capo il generale Lechi ed il com- missario di guerra Bondurand. Napoleone, dando il 25 gennaio 1800 gli ordini relativi al ministro della guerra per tutte le truppe che dovevano essere mobilitate. per formare l’armata di riserva, non nominava più le milizie italiane, ma prescriveva che un membro del Consiglio di amministra- zione di ogni corpo dovesse venire a Parigi pel 15 febbraio per render conto dello stato di equi- paggiamento delle sue truppe (Correspondance de Nap., n. 4552. De Cuanac, I, 24). Il Lechi, però, fino dal 26 dicembre era a Parigi, ove lo vedeva il Cicognara; il quale pure già sapeva che si stava organizzando la Legione Italiana e si facevano preparativi guerreschi monostante il rigore della stagione (MALAMANI; I, 208). 27 Nevoso (17 gennaio). — 1. La madre colpevole, dramma del Beaumarchais, che fa seguito al Barbiere di Siviglia ed al Matrimonio di Figaro, ma non ebbe uguale fama ed incontrò molte censure. — 2. Per il Quadro parlante v. nota giorn. 10 Brumale. 28 Nevoso (18. gennaio). — 1. Già capo battaglione della Legione!/Cispadana (Zawoti, I, 14). Non figura però tra gli ufficiali della Legione Italica. — 2. Opera comica in due atti, parole di Fra- mery, musica di Sacchini, rappresentata agli Italiani il 16 agosto 1775, che ebbe largo e duraturo SUCcesso. 29 Nevoso (19 gennaio). — 1. Questa rivista, che il Lancetti doveva passare come capo dei cisalpini residenti in Marsiglia, non risulta ordinata da alcuno dei documenti editi dal De Cuenac: doveva essere una disposizione personale del generale aiutante Noguès, che un decreto del 1° marzo del 1° console aveva chiamato a far parte dell’armata di riserva come aiutante generale (D. C., I, 45). Jean Frangois Noguès era nato a Castelneau nel 1769 e aveva percorso la carriera negli anni della rivoluzione: fu poi fatto general di brigata nel luglio 1800, di divisione nel 1805. 30 Nevoso (20 gennaio). — 1. Conosciamo già il carattere del Lancetti per non meravigliarci di questa mancanza di entusiasmo per la guerra che doveva ridonargli la patria e del bel propo- | sito di sottrarre a quella miseria nientemeno che tutti i cisalpini affidati al suo comando, residenti a Marsiglia. Non tutti i fuorusciti, come vedemmo, erano siffatti: a Marsiglia eravi allora pure Guglielmo Pepe, il quale, benchè convalescente da una grave malattia, vincendo l'opposizione dell'amico e compaesano Coppola, corse ad. arruolarsi come semplice soldato, nel battaglione, già È ricordato, costituito da ufficiali in soprannumero (V. Carrano, Vita di Guglielmo Pepe, Torino, Bian: cardi, 1857, pag. 15. Ofr. pure in Appendice, I, pag. 245, il certificato lasciato al Pepe dal Lechi). | Il PerreLLa nelle carte Valiante trova una lista nominativa di tutti i rifugiati italiani, e non napo- A i letani soltanto, che passarono una rivista a Marsiglia il 30. Vertoso: dubito debba leggersi Nevoso e che la rivista là ricordata non sia altro che questa segnalata dal L. Inapoletani passati in rassegna furono, dissi, in tutto 548, e ognuno di essi godeva del sussidio di 15 soldi votati dal Parlamento. snai ii sei dai n ei ir tnt nn e 113 I RIFUGIATI ITALIANI IN FRANCIA NEGLI ANNI 1799-1800 187 abili allarmi dai rispettivi capi di partire domani per Dijon. Io riesco a sal- vare anche i due che avevo indicati !. 3 Piovoso. — Il Comandante fa arrestare gli italiani che non son partiti !. Mie e comuni doglianze per questo. Desino con Gramini ®. Ricevo lettetà da Labus che mi scrive dall’Aia. Alla sera a teatro, ove la Fedra *. 5 Piovoso. — Gioco e guadagno, poi perdo. 6 Piovoso. — Arrivo di Varese e di Vertova‘. Pranzo colla suddetta compagnia, nella quale conosco un franco-muratore scozzese, che mi crede della società ed io lascio correre e fingo di esserlo per imparare alcuni gesti, che osservo attentamente. Alla sera a teatro dove i Monetari falsi ?. 7 Piovoso — Pranzo con Varesi. Non ho più che 4 lire e mezzo. Che triste situa- zione! Alla sera a teatro. Ricevo lettera da Teullié da Parigi. 8 Piovoso. — Rispondo a Teullié. Ricevo lettera da Fontana. La' mia povertà e la mia poca: salute unitamente alla melanconia; mi rendono di umore bestiale. Do le mie dimissioni da capo dei Cisalpini, ma mi si prega di continuare. Accon- sento fino alla mia partenza, che spero sarà presto. i 9 Piovoso. — Morte di Porro a Nizza*. tl Piovoso. — Ricevo 60 lire a conto dei soccorsi dati dalla Repubblica. Alla sera a teatro, ove la; Claudina* e un’ accademia vocale e strumentale. 12 Piovoso. — Vado a visitare Saliceti. La sera a teatro, ove i Precettorì e Le Petit Matelot!. 4 Piovoso. — Rispondò a Guerigue che mi aspetti a Parigi, dove conto’ di andare a piedi con: Varesi. La sera a'teatro, ove si balla Za figlia mal custodita. Fisso il giorno per la partenza a piedi per Dijon e Parigi 4. 2 Piovoso (22 gennaio). — 1. Ci duole che, non sapendo quanti fossero i cisalpini affidati al Lancetti, non è noto quante braccia egli abbia frodato all’esercito, riconoscendo abili dei suoi; prima due soli e poi nessuno! Certo che il 14 Germile erano in Marsiglia ancora 25 cisalpini. (Cfr. Appen- dice, loc. cit. per data). Bisogna riconoscere che il governo francese! si contentava di rassegne molto spiccie, fatte da questi capi molto alla carlona. A spiegare questa riluttanza degli italiani ad armatsi, oltre: il fatto che i tre anni di vita repubblicana non li aveva abituati alle armi, va ricordato lo spirito pubblico assai depresso di quei giorni; alcuni battaglioni di coscritti francesi, specie del sud, appunto nel gennaio 1800, erano composti di 49 o di 64 uomini, anzi che di 1000; tante erano le diserzioni! (De Cuewac, I, 17); 3 Piovoso (23 gennaio). — 1. Questi italiani arrestati, perchè non partiti; erano evidentemente tra i dichiarati abili. Non fu solo il Lancetti a lavorare per sottrarre cisalpini all’esercitò, ma anche il. Serbelloni colla sua lettera al Talleyrand del 19 Fiorile VIII. Cfr. App:,; Doc. per dali — 2. Non identificato. — 3. Nota tragedia del Racine. 6 Piovoso (26 gernaio). — 1. Non identificato. — 2. Pei Monetari falsi cfr. nota giorn: 2 Nevoso. 9 Piovoso (29 gennaio). — 1. Nobile milanese, già membro dell’Amministrazione della’ Lom- bardia: nel ’96 (Zanoni; I, 229); poi ministro della polizia, autore e promotore di decreti per l’abo- lizione dei titoli'e degli stemmi e' per ribattezzare le vie. Nel '99; dopo Cassano, era' fuggito a Genova, e di là a Nizza, d’onde il 7 dicembre scriveva al Serbelloni che, confiscatigli dall'Austria i beni, non avendo ricevuto sussidi, erà in grandi angustie (Cantù, Dipl., 73. Cfr. Coraccini, sub nomi). 11 Piovoso (31 gennaio). — 1. Claudine ou la Petite Commissionnaire, opera comica in un atto; parole di Deschamps, musica; di Bruni, messa in scena al Feydeau il 6° marzo 1794. 12 Piovoso (1° febbraio). — 1. Per Le Petit Matelot v. nota'2 giorno 20° Brumiale. 14 Piovoso (8 febbraio). — 1. Perchè questo ritorno a Parigi e non a° Digione, ove dovevansi recare i oa in ispecie il Li, da na per SE il POStO di Guia ce gene- già detto, non aveva un cuor di leone: anche la-sua mancanza nella ‘Legione Hglich, n nòn ci pare casuale, ma premeditata! 188 GIUSEPPE MANACORDA 114 15 Piovoso. — La sera a teatro, ove la tragedia Bianca e Moncassino* e l’opera I pretendenti *. 17 Piovoso.— Scrivo la Gen. Pino! a Monaco. La sera al teatro delle Varietà, dove lAbbé de l'Epée®. 18 Piovoso. — Finisco il terzo canto della mia Papomachia. La sera a teatro, ove le Yurberie di Papîno* e il ballo la Jodfte?. 21 Piovoso. — Dispongo tutto per la partenza. Scrivo a Galdi* Non riesco a ven- dere la mia scatola, nè l’orologio e non ho soldo. Do la mia dimissione da capo dei Cisalpini rifugiati. 22 Piovoso. — Si risolve di partir domani e ne otteniamo le note, io come ‘capitano di stato maggiore, Zamperini, mio segretario, come tenente, i Varesi ed i Vertua, ciascuno giusta il rango che già ebbero. Il tenente Cesari napoletano ed altri vengono con noi. Vendo a rompicollo la mia ripetizione per 7 luigi e mezzo, col patto di ricomprarla entro 70 giorni. Che più fare in questa sporca Marsiglia? Io devo tentare almeno di riveder Parigi per vedere Vignolle, che può essermi utile. Prendo congedo da tutti. 23 Piovoso. — Ricevo lettera da Cabrini, Teullié e dall'amico Riva, ciò che mi con- sola infinitamente. Rispondo subito, come pure agli altri, scrivendo anche a Bianchi d'’Adda*. La sera a teatro ove L’Abdé de V'Epée e il ballo Mirga e Lindoro. Pederzoli è nominato mio successore *. Ricevo indennizzazione diretta come capitano da Marsiglia ad Avignone. i 24 Piovoso. — Finalmente ottenuto un carretto andando dal Comandante, ce ne partiamo alle 11 del mattino e marciando per una strada infernale col fango 15 Piovoso (4 febbraio). — 1. Blanche et Montcassin ou Les Vénitiens, dramma in 5 atti, in versi, di Arnault, messo in scena al Teatro della Repubblica il 25 Vendemmiale, anno VII, ed edito l’anno stesso a Parigi dal Demonville. — 2. Per I Pretendenti v. nota giorno 6 Termidoro. 17 Piovoso (6 febbraio) — 1. Domenico Pino, milanese, aiutante generale cisalpino, trovavasi allora in Monaco, reduce da Ancona, dopo la resa di quella piazza, ove si era battuto, in uno scontro, col Lahoz. La guarnigione cisalpina di Ancona, prigioniera sulla parola (Zanotr, I, 146), giunse a Genova il 6 gennaio, ridotta a 200 uomini (Zanoni, II, 420). Appunto perchè prigioniero, il Pino non prese parte alla campagna dell'800 ed ebbe pei fatti di Ancona la promozione a generale divisionario, il che suscitò l'invidia del Lechi. Per la biografia e il ritratto di lui cfr. la cit. Galleria militare del Lumsroso, vol. II. Il nome del Pino, che fu il principal generale del regno italico, segue le fortune del regno, fino al massacro di Prina. — 2. L’Abbé de l’Epée, commedia in 5 atti, in prosa, di Bouilly, rappresentata la prima volta al Teatro della Repubblica il 23 Frimale, anno VIII, ed edita lo stesso anno a Parigi: era adunque una novità. Da questa commedia fu tratta poi l’opera italiana l’ Abbate de l’Epée, di Mosca, rappresentata a Napoli nel 1826. 18 Piovoso (7 febbraio). — 1. Erra il titolo quasi sicuramente. Saranno Les fourberies de Scapin, del Molière. — 2. V. nota giorno 19 Nevoso. } 21 Piovoso (10 febbraio). — 1. Emigrato napoletano in Lombardia e nominato dalla Cisalpina agente diplomatico in Olanda; in quell’anno burrascoso egli viveva con 3000 franchi avuti a prestito da quella Repubblica. A Milano, sotto la Cisalpina, aveva diretto un giornale. Sotto il regno di Giuseppe Bonaparte e di Murat fu a Napoli direttore dell’istruzione pubblica. Col L. fu in lunga corrispondenza e si conservano lettere di lui del 1808 al L. 22 Piovoso (11 febbraio). — 1. Su Bartolomeo Zamperini di Milano, ricordato pure tra i sussidiati nei Doc. Rob., v. 29 Fiorile, nota 4; non figura nel ruolo della Legione Italica. Forse il suo grado militare, come quello del L., era solo per equiparazione ai rispettivi uffici di capo divisione e segre- tario del Ministero della guerra cisalpino. 23 Piovoso (12 febbraio). — 1. Bianchi d’Adda Gio. Battista, già ufficiale austriaco nel ’96, dopo la resa del Castello di Milano, passò, come Lahoz, al servizio cisalpino. Fu capo brigata nel genio nel ’97, indi ministro della guerra dopo Vignolle (Zawoti, I. 56) e durante l’esiglio dimorò a Cham- béry presso il Direttorio: cisalpino. Nel 1800 fu ispettore generale per la guerra, e poi ancora ministro (ivi, 235). Cfr. Coraccini, sub nom. — 2. Come capo dei cisalpini a Marsiglia. ) ì ” } 115 I RIFUGIATI ITALIANI IN FRANCIA NEGLI ANNI 1799-1800 189 fino alle ginocchia arriviamo — compresi Vertua, Zamperini, Fortunato Rossi reggiano ', Giuseppe Benedetti ® milanese, che prendo come servitore, Collina * di Ravenna e alcuni napoletani e romani — ad Aix alle 7 della sera e prendiamo alloggio all'albergo di Roux. 25 Piovoso.— Do un piantone ai napoletani che erano con noi con molto nostro inco- modo e noi, cioè Varesi, Vertova ed io, mettiamo alla Messaggeria di Aix le nostre valigie e così scaricati ce ne partiamo alle 10 e veniamo a dormire a Lambesc. 26 Piovoso. — Partiamo da Lambesc alle 8 ‘/,. Io ho fatto una cattiva notte e mi sento stanchissimo. Ci fermiamo un poco a Pont-National e più a un altro paesetto e ceniamo allesramente. 27 Piovoso. — Alle otto ci partiamo da Orgon e dopo due fermate, onde riposarci e ristorarci, arriviamo alle tre ad Avignon, che mi piace più dell’altra volta. Sento che la strada di Valenza sia infetta dai ladri. 28 Piovoso. — Restiamo in riposo in Avignone e vedo la fonderia di rame che non ha altra simile. 29 Piovoso. — Otteniamo un carro assieme ad altri napoletani e ce ne andiamo ad Orange felicemente, non ostante la paura dei ladri che infestano questa strada. La città è piccolissima e brutta. 30 Piovoso. — Con carro, secondo il solito, prendiamo la via di Pierrelatte. Oh me infelice! Quale disgrazia mi succede! Volendo montare sul carro che era con una ruota entro un fossetto e l’altra su la riva mi scappa un piede e mi manca l'appoggio della mano, cosicchè cado stramazzoni a corpo morto e prendo una botta alle reni, che bisogna portarmi di nuovo all’albergo. Feci bene a pigliare quel Giuseppe come mio servitore, giacchè non penso che a dargli a mangiare e mi serve colla più grande carità. 1 Ventoso.— Finalmente arriviamo a Montelimar, bella cittadina; ceno in compagnia, giacchè bisogna cenare. 2 Ventoso. — Sento dolore più che mai della mia botta; ne faccio un capitolo alla maniera del Berni. 3 Ventoso. — Bisogna levarmi di letto, ove il mio dolore mi tiene inchiodato; spa- simando mi porto sulla strada alla ricerca di un carretto che mi porti a Va- lenza. I miei compagni, avendolo ottenuto, se ne sono iti innanzi: solo fedele il mio Giuseppe resta meco. Monto finalmente sul carro dei napoletani. Arrivo a Valenza a un'ora. Ivi conto fermarmi fino a domani per riposarmi. Vertora e Varesi pensano andarsene. - 4 Ventoso. — Resto a Valenza con Zamperini, Rossi e Collina e il mio servitore. Essendo la domenica grassa facciam fare un risotto alla milanese. Tranne che a pranzo, sto a letto tutto il giorno e scrivo parte di lettera su versi sciolti sdruccioli a Moccini. 5 Ventoso. — La mattina sovra una carriola vengo trasportato a S.' Vallier, dove i alloggio all'albergo della Posta, ove alloggiò Bonaparte, quando ultimamente arrivò dall'Egitto. 6 Ventoso. — La mattina mi pongo sovra il carro con il citt.?° Spinola e sua moglie e arriviamo a un’ora a Le Péage. Divertimenti di questo piccolo paese, essendo l’ultimo giorno di Carnevale. 7 Ventoso.— Arriviamo a Vienna di buon’ora e alloggiamo in casa di un negoziante, col quale parliamo dell’antichità della sua patria. 24 Piovoso (13 febbraio). — 1. Nominati solo nel Diario del L. — 2. Id. — 3. Id. 190 GIUSEPPE MANACORDA 116 8 Ventosa. — Parto per Lione, dove arrivo a 2. ore e mezzo pomeridiane. Trovo ivi Vertora, Varesi, Mombelli, Raguzzi. i 9 Ventoso.— Nevica, allegramente a Lione ed io soffro il freddo, mentre a Marsiglia 1 godeva il caldo. Mando la lettera in versi a Moccini. È 10 Ventoso. — Alla sera vado a teatro, ove la Genovieffa, Le Réve e Le Chapître second i cui versi mì piacciono estremamente. 11 Ventoso. — Risolvo di partire domani. Oh che freddo! Vado stamattina a messa, alla quale: assiste il vescovo nuovo? giurato. 12 Ventoso. — Partiamo alla mattina con una cattiva carretta e per Monfort si arriva la sera a Villefranche. =S 13 Ventoso. — Oggi andiamo a Macon. È 14 Ventoso. — Colla neve partiamo da Macon e la sera arriviamo a Tournus; ove è alzato ancora l’altare della. patria. 15 Ventoso. — Oggi a Chalon sur Séne. 16 Ventoso. — Oggi a Beaune, che mi piace più di prima. 17 Ventoso. — Oggi arriviamo a. Dijon. Una neve f....... ci accompagna e noi siamo scoperti. A. Nuits il mio carrettiere fugge, sicchè mi conviene anche guidare la carretta e consegnarla alla Municipalità .di Dijon. H vento e il freddo di questi giorni ci ha fatti frolli. 18 Ventoso. — Vedo i generali Lechi e Teullié e un mondo di amici. 19 Ventoso. — Ceno con Biscione!, indi alla tavola di Lechi. Vedo Piatti ?. 20. Ventoso. — Dispongo per domani la mia partenza con Mombelli per Parigi. La sera vado a prendere i dispacci del gen. Lechi, il quale mi annunzia l’arrivo del gen.le Hulin !, che gli notifica il prossimo. arrivo di Vignolle®. Per conse- guenza mi risolvo di non più partire e mi disimpegno. 19: Ventoso (10. marzo). — 1. Pietro Biscione, amministratore nel 1797 del dipartimento del Rubicone (Casini, N. A., 15 luglio 1894, p. 228, nota). In data 7 Fiorile, anno VII (26 aprile ’99), figura ancora come commissario straordinario del Rubicone ed in tale ufficio assicurava che il Dipar® timento, nonostante le mene dei nobili e dei preti, era tranquillo: consigliava però di formare una compagnia di 100 cittadini obbligantisi per scritto a difendere la patria (Arch. Stat. di Milano; Protocolli delle sedute del D. E). — 2. Potrebbe essere Stanislao Piatti, che più tardi, nel 1803; fu cappellano.del Collegio degli orfani dei militari (Zanoti, I, 13), ed anche Piatti Antonio, napo- letano; già tesoriere nazionale sotto la Partenopea, il quale, durante la difesa dei patriotti a S. Elmo, aveva. corrisposto al comandante francese Mejean certe somme sue; che egli poi richiese nel 1800 al ministro Bernadotte (Croce, p. 251). Quest'ultimo non è però ricordato dalla Filiazione dei rei di Stato tra i deportati a Marsiglia, essa ricorda invece un Pietro Piatti. « 7 20 Ventoso (11 marzo). — 1. 11 generale Hulin, chiamato a far parte dell'armata di riserva con decreto 10'Ventoso:(1° marzo)'del primo console:(De:Cuewnac I, 45), prese parte alla campagna dell’eser? cito di. riserva come aiutante maggiore: della: divisione Watrin' (De Cuonac, I, 644 e 649). La divi- sione Watrin.faceva parte del' corpo d'esercito che; sotto Brune, il vincitore degli inglesi in Olanda, aveva allora finito di reprimere l'insurrezione risorta in Vandea. Il De Cuenac (I, 71) pubblica l’in- teressante lettera di Napoleone a Brune in data 11 Ventoso (2 marzo), in cui lo invita a mandare — i le sue truppe dall’ovest all'est, a rinforzare l’esercito di riserva capitanato dal Berthier. La divisione Watrin' però non giunse a’ Dijon che sui primi d’aprile (Dr Cuewac, 73 e 607). Forse il generale Hulin, come aiutante maggiore, l'aveva preceduta per acquartierarla. Il Cicognara, sempre attento | % (I, 182), fin dal 27 gennaio, descrivendo i preparativi di guerra immensi in ogni parte; segnalavai 39 alla moglie che la Francia. avrebbe potuto disporre dei. 60.000 uomini che erano in Vandea col generale Brune e ne traeva auspicî a bene sperare. — 2. Il generale Vignolle, già ricordato (v.nota 2 25 Termidoro), fece la campagna d'Italia come aiutante in capo dello Stato maggior generale — (De Cuewac, I, 648). Egli era stato mandato al campo di Digione con decreto in data 12° Marzo — p (che il generale Hulin potè facilmente: prevedere: venendo da: Parigi), -e dal ministro della guerra i aveva avuto incarico di tenersi in corrispondenza attiva con tutti i generali di divisione su tutti | gli oggetti di servizio (De Cuenao, I, 45). “i | 117 I RIFUGIATI ITALIANI IN FRANCIA NEGLI ANNI 1799-1800 191 21 Ventoso. — Vado allo stato maggiore e mi si pone in sussistenza come capitano aggiunto di stato maggiore a mezza paga‘ Mi fermo allo stato maggiore e pranzo col Capo battaglione Fontana, dopo aver fatto colazione con Lechi. 22 Ventoso. — Arrivo ieri successo del reggimento usseri cisalpini *. 23 Ventoso. — Resto a colazione col Gen.!* Lechi, il quale me la offre pel tratto a venire fino a miglior condizione e mi tiene al suo stato maggiore, ponendomi al seguito. 24 Ventoso. — Dovendo partire il Capo battaglione Fontana per Parigi a portare l'operazione dell’organizzazione della Legione italica! gli consegno una lettera patetica per Vignolle®. Prendo in affitto una buona camera per L. 12 al mese, che mi vien ceduta da Biscione, benchè Grasceni voleste darmi la sua. Mi si fanno fare dei sonetti a rime obbligate in casa del gen.l* Lechi. 25 Ventoso. — Comincio ad essere un po’ più contento della mia situazione, posto che non ho da spendere un soldo per mantenermi. 26 Ventoso. — Continuo a prestare l’opera mia nel travaglio dell’organizzazione. 27 Ventoso. — Giornata freddissima che ci tocca al Parco, dove restiamo dalle 7 della mattina fino alle 7 della sera per organizzare la Legione italica, ciò che sì fa regolarmente e bene !, salvo che moltissimi ufficiali restano al seguito ?, locchè mi duole. Io faccio da aiutante di campo e da aggiunto allo stato maggiore. 21 Ventoso (12 marzo). — 1. Il Lancetti, dissi, non figura nel ruolo della Legione Italica con- servatoci dallo Zanotr (I, 144), da cui lo riprodusse il De Mepici (allegato 2°) e tanto meno è ricor- dato nella Composizione della Legione Italica, data in modo molto imperfetto dal JacopetTI (Biografie di Achille Fontanelli, Francesco Teodoro Arese e Pietro Teullié, spesso citate, pag. 100, nota). Il Lan- cetti, infatti, lavorò ad organizzare, ma non fece poi parte della spedizione. Proprio in quel giorno, 12 marzo, infatti, per ordine di Napoleone, il generale Monnier prendeva il comando effettivo della Legione Italica: a Lechi restava l'onore di prendere “ sur le champ toutes les mesures pour leur organisation et leur instruction (De Cuenac, I, 54, nota 4) ,. È naturale che il Lancetti, ex-impiegato al Ministero della guerra cisalpino, venisse subito assunto a collaborare a tale opera. — 2. Il capo battaglione Giacomo Fontana, figura nel ruolo della L. I. dato dallo Zanoti. 22 Ventoso (13 marzo). — 1. Con questa notizia concorda la tavola del De Cuemac (I, 608), ove, dandosi la situazione delle truppe al 15 marzo, di milizie italiane, sono dati come presenti a Digione sei battaglioni di fanteria (uom. 6000), due squadroni di cavalleria (uom. 454) e una compagnia di artiglieria. Il reggimento di usseri cisalpini risultava infatti di due squadroni soli, di quattro com- pagnie l'uno, ed era comandato dal capo brigata Campagnola (Zanoti, I, 147). Detto reggimento aveva svernato a Versailles (Ibid., 6). La Cisalpina, dopo il riordinamento del ’98, aveva avuto due soli reggimenti di cavalleria (ZanoLi, I, 144), ma l’uno d’essi, quello dei dragoni, già comandato dal Viani, si era sbandato dopo le rotte del 1799 (Ibid., 6). Pare però che questa cavalleria fosse..... senza cavalli, tanto che ancora il 15 maggio Napoleone da Losanna scriveva che la cavalleria ita- liana si sarebbe fornita di cavalli in Italia (De Cuenac, I, 58, nota 1). Difatti queste truppe a cavallo raggiunsero la Legione Italica nella Lombardia più tardi (Zanoni, I, 146). 24 Ventoso (15 marzo). — 1. Fin dal 1° marzo il 1° console aveva scritto al ministro della guerra: * Vous activerez l’organisation des légions italiennes de manière qu’elles puissent entrer en campagne en germinal ,. Mancando soli sei giorni al 1° Germinale, l’organizzazione della Legione era oramai pronta. — 2. Il generale Vignolle era già in viaggio da Parigi a Dijon, ove arrivò il 26 Ventoso (Cfr. Diario 28 Ventoso o 17 marzo. De Cuemac, I, 45, nota). Egli organizzò subito un ser- vizio di corrispondenza tra i vari reparti di truppe a mezzo di usseri cisalpini, i quali, scriveva egli il 30 al ministro, “ne sont en ce moment en état de faire aucun autre service , (ivi). 27 Ventoso (18 marzo). — 1. Meglio che di organizzazione ormai fatta, trattavasi ora di equi- paggiamento ed esercitazione di uomini, chè non tutti avevano militato sotto la Cisalpina. Che vi fosse grande sovrabbondanza fra i fuorusciti di ufficiali cisalpini in confronto dei soldati semplici, i quali s'erano sbandati dopo le sconfitte francesi, è provato dal fatto che degli ufficiali in soprannu- 192 GIUSEPPE MANACORDA 118 28 Ventoso. — Rendo visita al gen.* Vignolle, ieri l’altro sera arrivato, che mi ac- coglie graziosissimamente. Mia conversazione con lui e col gen.!® Hulin. Morte di Borsotti, mio capitale nemico *. 29 Ventoso. — Organizzo per ordine del Gen. il deposito degli ufficiali di guardia nazionale delle diverse nazioni d’Italia *. 30 Ventoso. — Partenza del deposito! Compro da Grasceni un cappello ed i fiocchi e spalline d’argento che mi mancano ?. In tutto fr. 60, che pagherò quando ne avrò. Siamo destinati a portarci a Bourg nell’antica provincia di Bresse, ora dipartimento de l’Ain*. Partiremo fra 8 giorni. 1° Germinale.— Il gen. Vignolle, Capo dello Stato maggiore dell’armata di riserva, 5 autorizza il gene Lechi a tenermi in attività presso il suo stato maggiore, mero si costituì, nella Legione Italica, un battaglione apposito comandato, come vedemmo, da Giuseppe Palombini (Zanoti, I, 145). A torto quindi l’anonimo della Rivista di Fanteria rimprovera al De Medici di aver esagerato nell’enumerare un numero sproporzionato di ufficiali nella legione italica. — 2. Detti ufficiali, finita la loro campagna, furono rinviati al loro paese, se stranieri (il Pepe per es.), dacchè i patti della pace lo consentivano, oppure furono assunti in regolare servizio col loro grado, se cisalpini (Zanoni, I, 9). 28 Ventoso (19 marzo). — 1. Nessuna notizia trovo di questo Borsotti. 29 Ventoso (20 marzo). — 1. Lo specchietto in data 4 maggio delle truppe italiane in Francia, edito dal De Cuenac (I, 38) e riprodotto dal De Mepici, dava come presenti qua e là sul territorio © della Repubblica, truppe cisalpine piemontesi, lucchesi, maltesi, e così via, tutti piccoli riparti, nei quali però in proporzione abbondavano gli ufficiali appartenenti alla borghesia colta e innovatrice, cui, più che ai soldati, era convenuto rifugiarsi in Francia. Ora, l'ordine ai varî reparti italiani di riunirsi alla Legione Italica a Bourg era stato dato fin dal 1° marzo per quelli stazionati in Provenza (De Cuenac, I, 54) e dal 15 marzo per tutti gli altri distaccamenti “ cisalpini, romani, piemontesi, toscani e napoletani , (ivi, nota 3). In data appunto 20 marzo poi il primo console scriveva @ Talleyrand, ministro degli esteri, invitandolo a sollecitare Serbelloni e Giustiniani, ambasciatori cisalpino l’uno, ligure l’altro a Parigi, nonchè gli agenti diplomatici partenopei, ad emettere decreti per radunare gli italiani delle varie provincie a Dijon (Correspondance, tom. VI, pag. 195, n. 4684). Sappiamo infatti che a Nizza ed Antibo il capo brigata Mazzucchelli formò un battaglione di italiani che fu poi condotto a Dijon dal capitano Giovanni Tonduti (Zanoti, I, 7). Non fa quindi meraviglia che il Lancetti, sempre come ex-addetto al Ministero della guerra, finita l’organizzazione della Legione Italica, fosse incaricato di attendere l’arrivo di questi corpi, composti in gran parte di uffi- ciali, per prenderne nota. 30 Ventoso (21 marzo). — 1. Partenza per Bourg-en-Bresse, secondo il citato ordine del 15 marzo. — 2. La divisa della Legione Italica era: Rabit verde, colletto, paramani e filettatura gialla, pan- taloni e gilet verdi, bottoni bianchi, uose gialle (per la fanteria), stivali per la cavalleria, cappello a tricorno con pennacchio rosso e nero (fanteria), kepì con visiera per la cavalleria e artiglieria. Gli ufficiali, come si vede, provvidero a vestirsi del proprio; quanto ai soldati, da una tavola del. De Cugnac (I, 703) risulta che, per conto della Legione Italica, dal 10 al 20 aprile furono prelevati dal magazzino generale di Digione 1481 camicie e 1333 paia di scarpe; ma certo queste cifre non rappresentano che una parte degli approvvigionamenti fatti da un corpo di uomini che il Lechi dichiarava bisognosi di riposo e “ des habits pour couvrir leur nudité , (ivi, 55). — 8. Fin dal 13 febbraio, gli amministratori del dipartimento della Cote d’or, essendosi mostrati preoccupati per alloggiare tante truppe, quante da ogni parte della Francia convenivano a Digione, il ministro della. guerra autorizzava il comandante della 18% divisione militare di provvedere accantonamenti in paeselli vicini a Dijon, che ne offrissero i mezzi (De Cuenac, I, 54). Il 13 marzo, per lasciar posto alle truppe sopravvenute a Dijon, il ministro dette ordine che pel 21 la Legione Italica si portasse a Bourg-en-Bresse ed il 23 marzo (2 Germinale) il generale Lechi ed il commissario Bondurand scrivevano al ministro della guerra che le truppe italiane erano partite per Bourg tutte, compresa l’ultima colonna, partita quel giorno. Aggiungevano però che il Consiglio d’amministrazione sarebbe rimasto a Dijon ancor tre giorni per ricevere i conti dei Consigli d’amministrazione dei singoli corpi. Ecco perchè il Lancetti, addetto agli uffici, il 21 marzo contava di trattenersi altri otto. giorni a Dijon. La partenza avvenne poi infatti il 7 Germinale, secondo il diario. \ Lo WIRE TE ee O e j 1 4 , ] 119 I RIFUGIATI ITALIANI IN FRANCIA NEGLI ANNI 1799-1800 193 finchè possa averne bisogno. Spero così di essere pagato anche degli arretrati, quando pagheranno '. Intanto mangio sempre con Lechi. 2 Germinale. — Arrivo di Mantovani. 3 Germinale. — Compro un berretto e do ad aggiustare il mio cappello. Bisogna pure sforzarsi a fare onore al mio grado! Quando avrò denari mi farò la mon- tura. Visito Vignolle. Comincio il canto 7 della mia Papomachia, ma man- cami l’estro. 4 Germinale. — Visito Vignolle e la famiglia Tavassi', che sta nella casa dove alloggio. co 6 Germinale. — Ordine di partire domani ‘. Infiniti movimenti che mi do per es- sere pagato di un mese? Impegni di Vignolle e sue lettere che conservo a mio onore per questo oggetto. Durezza e negativi di Dubreton ordinatore in capo. 1° Germinale (22 marzo). — 1. Dal 21 Ventoso il Lancetti, si è visto, era stato assunto dal Lechi come capitano aggiunto di Stato maggiore a mezza paga, più la mensa, offertagli dal Lechi stesso. Pra però irregolare la sua posizione e tutta di fiducia del Lechi, il quale era strettamente soggetto, come vedemmo, a un generale francese di divisione, che prima fu Monnier, poi Rey (D. C., 54). Il generale Vignolle, che, come ministro della guerra cisalpino, aveva conosciuto il L., ed ora era aiutante del capo dello Stato maggior generale Dupont (e non capo di Stato maggiore), era in grado di legittimare, a nome di Berthier, l'operato di Lechi rispetto al L. Gli arretrati che il L. attendeva dovevano essere, pare, lo stipendio suo di impiegato del Ministero per tutti i mesi tra- scorsi dal 28 aprile 1799 alla sua ripresa di servizio a Dijon. Che poi il L. ci tenesse tanto all’in- yito del Lechi a mensa, si capisce quando il Lechi stesso, nella citata lettera al ministro, segnalava “ toutes sortes de privations , sopportate fino allora dai soldati italiani. a 3 Germinale (24 marzo). — 1. Cappello e berretto da militare, pare. Curiosa pittura indiretta dello stato di quell’esercito: ecco un ufficiale di stato maggiore addetto agli uffici, che nell’immi- nenza della campagna possiede cappello, spalline e fiocchi, ma non l'uniforme, ed attende a com- prarla d’aver quattrini! E non sono più questi gli eserciti di sanculotti di sette, sei ed anche quattro anni prima, quando i francesi giunsero a Milano laceri, tanto che pochi ufficiali avevano un paio di stivali! 4 Germinale (25 marzo). — 1. Nessuna notizia di questa famiglia italiana, almeno di nome. 6 Germinale (27 marzo). — 1. Per Bourg-en-Bresse. Quali fossero in quel dì della partenza per Bourg le condizioni e le speranze della Legione italica, lo apprendiamo dalla seguente lettera del Lechi, che trascrivo dal Croce (pag. 243): “ Amico: quanto m'è stato possibile fare per i napoletani, che tanto amo e stimo e che tanto meritano, io l’ho fatto anche con visibile predilezione, assicurato sulle loro condizioni e bravura. Non è stato possibile impiegare alcuno che non fosse presente, perchè assolutamente mi fu proibito dal ministro. “ Il vostro Fasulo sarà col suo grado nel deposito e farò per lui quanto mi sarà possibile. Fate che egli si presenti a me con una vostra lettera. Per il povero De Leon non m'è stato possi bile far nulla... “ La legione è già tutta partita per Bourg. Amico, che bel corpo! Quali speranze sì sente rina- scere nel cuore un italiano! Se li vedeste in quale orribile nudità, senza paga, con un solo tozzo di pane nero! Eppure nessuna lagnanza! Piangevano di contento nel partire da Dijon col dire: ecco i primi passi verso la nostra patria. Oh italiani, o patria! Amico, quello che mi rende l’uomo più felice è l’amore, Ja confidenza che mi mostra il soldato. Ti giuro che avranno in me un amico ed un padre, che non li abbandonerà giammai. Il governo deve assolutamente servirsi di questo corpo e farne conto; ma prima vestirlo, nutrirlo per un paio di decadi, poi armarlo e io rispondo del suc- cesso di qualunque impresa. Raggiungerò la legione a Bourg fra pochi giorni. Mi si dice che il vestiario vada confezionandosi a grandi passi e che non mancheranno in avvenire di nulla. Lo voglia il cielo. PARI. : x De “ Il deposito della legione è già forte di mille e più individui quasi tutti ufficiali. Ho fatto un progetto al Ministro per utilizzare questi individui e m'aspetto riscontro. Scrivimi, amico, ed amami , (Fondo Paribelli ff. 10-11). 2. Uno dei mesi arretrati, perchè dalla ripresa del servizio effettivo a Dijon erano trascorsi soli 15 giorni. — 3. Ordinatore di guerra, ossia, diremmo noi, capo del Commissariato presso la Legione Italica era, secondo il ruolo dello Zanoli, Gaetano Barbieri; ordinatore capo di tutto l’esercito di Serre II. Tow. LVII. 25 194 GIUSEPPE MANACORDA 120 7 Germinale. — Parto col Capo batt. Dekokel!, coi capitani Parisiotti*, Cavedoni $ e Mantovani, il medico Angeloni‘ poeta, il sottotenente Bucella * e Jacopetti ‘ e andiamo parte a piedi parte a cavallo a Beaune. 8 Germinale. — Prendiamo la diligenza ed andiamo a Macon. Facciamo versi e im- provvisiamo tutto il giorno, ma non ci resta un soldo, avendo io e Mantovani spesi tutti ì nostri quattrini. 10 Germinale. — Col legno di Zannini *, indi con quello di Viani *, vengo a Bourg. Oh riserva a Ginevra era il Lambert, i cui provvedimenti amministratiyi sono studiati dal De Cuenac | nel cap. XII. L'ordinatore Dubreton Jacques Paul Toussaint era stato nominato ordinatore in capo a Dijon col decreto del 1° console dell'8 marzo 1800 (art. 3), che fissava le basi della formazione dell’armata di riserva (D. C., 38). Egli era nato il 25 maggio 1758, aveva preso parte alla liqui- dazione della Compagnia delle Indie nel 1776, ed era poi entrato al Ministero della guerra fran- cese come segretario, e poi su su di grado in grado fino a ordinatore capo nel 1793. Nel 1814 fu destituito (De Cuewac, I, 81, nota 4). Di lui v. due lettere al ministro della guerra da Dijon, l'una in data 4 Germinale (in cui in un poscritto tocca il lato appunto dei ritardati pagamenti) e l’altra dell’8 Germinale (D. C., I, 82-83). 7 Germinale (28 marzo). — 1. Spiridione De Kokel nel ruolo della Legione Italica figura, col Montebruno, capo squadrone di artiglieria (Zanorr, I, 146). — 2. Questo il nome datoci dal L.: temo però sia lo stesso individuo che nel ruolo della Legione Italica figura col nome di Panziotti e come capitano di artiglieria. — 3. Bartolomeo Cavedoni di Modena nei Doc. Rod. (p. 591) è detto uomo di legge, modenese, già membro del Governo provvisorio di Reggio e Modena e rappresentante cisalpino (Cfr. Zanoni, I, 235). A Milano, sotto la Cisalpina, faceva parte, secondo il Monti, del par- tito dei pazzi, che voleva uccidere Sopransi. Erra lo Zanori che dice il Cavedoni essere rimasto nel 1799-800 in Genova (II, 420). Il 10 Pratile VII egli anzi era già a Grenoble, ove pigliava parte al banchetto della riconoscenza pronunziando un discorso e proponendo un plauso al generale che avesse piantato lo stendardo della libertà a Pietroburgo! (v. nota giorn. 10 Pratile). Entrò defini- tivamente nella carriera militare dopo il '99, abbandonando l'avvocatura, e raggiunse il grado di colonnello, ottenendo anche la Legione d'onore e la Corona di ferro. Caduto il regno italico, sì ritirò a Castelvetro. Nel 1821, caduto in sospetto del Governo ducale, mentre stava per essere arrestato si suicidò con un colpo di pistola (VaLprIiGrnIi, 195). Già nel 1814 egli aveva fatto parte della congiura militare diretta a costituire l’Italia in unità (Vannucci, II, 11; Lem, 429-432). Nella Legione Italica ebbe ufficio di aiutante di campo aggiunto allo stato maggiore (Zanoni, I, 144). Cfr. Coraccini, sub nom. — 4. È il noto Luigi Angeloni, nato a Frosinone nel 1757, o, secondo l’Oettinger, nel '58, morto a Londra esule nel ’48. Egli era stato membro del Governo repubbli- cano di Roma nel 1798-99; dopo la caduta di questo emigrò a Parigi, ove fu implicato nella con- giura del Ceracchi. Soffrì 10 mesi di carcere. Nel 1810 scrisse uno studio su Guido Monaco, nel *14. un opuscolo Sopra l'ordinamento che aver dovrebbono i Governi d’Italia, nel 19 un altro opuscolo su L'Italia uscente il dicembre 1818 contro il Congresso di Vienna. Nel ’23 fu espulso dalla Francia e riparò a Londra, ove nel '27 pubblicò un trattato Della forza delle cose politiche e più tardi alcune Esortazioni patriottiche (cfr. Nouvelle Biographie Universelle, sub nom. Cfr. D'Ancona, Unità e feder., pag. 333. Vannucci, I, 281, nota). L'epistolario foscoliano edito dall’Orlandini e dal Mayer (Firenze, Le Monnier, 1854, vol. III, pag.156) ricorda nella lettera del Foscolo a Fortunato Prandi in data 7 maggio 1826 “ il buon vecchio di Frosinone ,, che l’aveva consigliato di scrivere in inglese e di non dir male del Boccaccio. Gli editori ricordano in nota le infinite sofferenze dell’A., morto in un ospizio, e le bat- taglie da lui sostenute per la libertà. Cfr. D'Ancona in N. A. 1903, 16 genn., p. 215 n*. — 5. Napo- letano e forse quello ricordato nella Filiazione dei rei di Stato: figura come capitano comandante di compagnia nella Legione Italica. — 6. È Giuseppe Jacopetti, che più tardi, nel ’45, scrisse quelle Biografie di Fontanelli, Arese e Teullié nella Galleria militare del Regno d’Italia, edita dal Borroni e. i Scotti. Nella Legione Italica figura come tenente (Zanotr, I, 145) aiutante di campo, aggiunto allo stato maggiore. Nel 1801 e fino al 1803 fu capitano nella campagna del Tirolo sotto il Teullié, di cui scrisse la vita; nel 1805 militò in Dalmazia come capitano dei Veliti reali (Lumsroso, op. cit., 568). Il CarrANO; nella citata Vita di Guglielmo Pepe, uscita nel ’57, rimanda alla biografia del Teullié, scritta ; È À dal Jacopetti, dicendo che questi era allora colonnello piemontese, certamente in ritiro. 10 Germinale (31 marzo). — 1. Sconosciuto. — 2. Pietro Viani, capo battaglione dei cacciatori 121 I RIFUGIATI ITALIANI IN FRANCIA NEGLI ANNI 1799-1800 195 che brutta città! Ma mi consola di vedere il tenente De Giovanni 3, il quale mi dice di avere accompagnato mia moglie a Cremona e me ne dà dei dettagli ‘. 11 Gernvinale. — Entro a servizio nello stato maggiore *. 13 Germinale. — Vado ad abitare al Castello di Challe, magnifico palazzo fuori un mezzo miglio, dove abiterà il Gen. e tutto lo stato Maggiore. Vi vado con Mantovani. 17 Germinale. — Il pagatore mi dà denari, vista la lettera di Vignolle *. Questi sono î primi denari che tocco in Francia come soldato. Arrivo di Omodeo ?, Piccoli 8, Alessandri e Fogliani®. 18 Germinale. — Arrivo dell’Aiut.'* Gen. Teullié 4. Scrivo a Vignolle per mezzo del commissario Severoli °. 19 Germinale. — Rispondo a Tassoni, a Cabrini, a cui mando un ordine di raggiun- gere il deposito della legione *. 20 Germinale. — La sera Cavedoni ed io andiano a prendere la citt.2* Lutgarda Bac- chetti! di Fossombrone e la conduciamo a cena con noi, indi alla casa nostra, avendo accettato d’esserci amica. : 21 Germinale. — Vado alla visita delle prigioni, di cui sono incaricato, ed esamino otto individui 4. a cavallo cisalpini. — 3. Come lo Zannini, così il De Giovanni, non figurano nella Legione Italica. — 4. Anche la moglie del Cicognara, durante l’esiglio del marito, si trattenne alquanto a Milano, poi, infastidita della sorveglianza poliziesca, ritornò a Ferrara, sua patria. 11 Germinale (1° aprile), — 1. Servizio come vero e proprio ufficiale di stato maggiore e non più come prima quale capitano addetto allo stato maggiore (giorno 21 Ventoso) per l’organizzazione della Legione, nè, come aveva consentito Vignolle il 1° Germinale, quale funzionario in attività presso lo stato maggiore, fin che ce n'era bisogno. Sottigliezze burocratiche ! 17 Germinale (7 aprile). — 1. Sulla condizione degli ufficiali cisalpini in Francia v. Appendice Documento 18 Pratile, pag. 135. — 2. Nel ruolo della Legione Italica figura aiutante aggiunto di stato maggiore (Zanoti, I, 144). — 3. Credo sia da identificarsi con Giuseppe Piccoli, pure aiut. di stato maggiore della Legione Italica (ib.). — 4. Sconosciuto. — 5. Gustavo Fogliani di Como è ricor- dato nei Doc. Rob. come ufficiale della guardia nazionale; non figura nella Legione Italica. 18 Germinale (8 aprile). — 1.Nel ruolo dato dallo Zanoli Pietro Teullié figura aiutante gene- rale comandante in seconda la Legione Italica e capo dello Stato maggiore. — 2. Severoli Filippo invece appare, non come commissario di guerra, ma capo brigata di fanteria. Gustavo Severoli, faentino, ufficiale della guardia nazionale ed esule a Grenoble, ricordato dai Doc. Rob., è meno probabile che sia il personaggio indicato dal L. 19 Germinale (9 aprile). — 1. Quale impiegato al Ministero della guerra della Cisalpina, non altrimenti che il Lancetti. 20 Germinale (10 aprile). — 1. Ecco una delle tante avventuriere fautrici di libertà — di molta libertà! — venute fuori in quei giorni. Di costei il gentilissimo bibliotecario di Fossombrone, signor Vernarecci, mi ha favorito i seguenti dati: era nata nel ’75 da Francesco Bacchetti. Sorella di Lutgarda fu Filippina. Uno dei loro molti fratelli — Cirillo, notaio — nel '97-99 fu grande fau- ‘tore delle idee nuove. Una tradizione vuole che Lutgarda partisse da Fossombrone con un ufficiale francese e non si sa dove e quando morisse. Forse è la Lutgarda questa donna così descritta dal Botta in una lettera al Robert, “ una certa testa venuta da Roma e che par venuta dall'isola di Scio con certi occhi i quali paiono il fuoco, o la luce, o se altro va al mondo di più bello di più vivace e raggiante. Il bello è che ella non mi ama e parte per Parigi fra pochi giorni. Quando adunque vedrai arrivare una testa romana, col viso bruno, i capelli neri e ricciuti, una testa, dico, che dovrebbe servire di modello al più grande scultore del mondo, di’: © è questa che innamorò un uomo, nel quale l’amore non dovrebbe più capire! ,. Roserti, Un anno, ece. "741. La sorella Filippina seguiva la Lutgarda nelle sue peregrinazioni patriottiche e... artistiche in Francia. Vedi 29 Germinale. 21 Germinale (11 aprile) — 1. La visita alle prigioni, beninteso, militari, ossia dei soldati cisal- pini posti agli arresti. Il già noto commissario di guerra Dubreton, che non peccava di troppa 196 GIUSEPPE MANACORDA ) 122 23 Germinale. — Riesco a far liberare gli otto individui ed un altro che sono in carcere. Alla sera a teatro, ove c'è un’accademia di napoletani. Festa di Pasqua. To credeva celebrarti a Milano o Cremona e ancora sono qui! Oh Dio! quanto è lunga questa speranza. 25 Germinale. — Io, Cavedoni, De Kokel, Fogliani ed Alessandri siam posti agli arresti per esser discesi dopo le 7 ore al Bureau, ma mi è poi levato l’arresto e dopo anche agli altri. 26 Germinale. — Cavedoni abbandona la Lutgarda, che resta meco. 27 Germinale. — Faccio porre in carcere nove tedeschi legionari rei di insubordi- nazione usata a Neuville *. 28 Germinale. — Esamino 4 dei tedeschi arrestati e mi abbisogna l’interprete, chè non ne so molto *. Faccio ammettere la Lutgarda al benefizio dei 15 soldi. 29-30 Germinale. — Con piacere conduco a spasso le due sorelle Bacchetti. 1° Fiorile.— Lettera di Tassoni che mi annunzia un soccorso di 65 L. per me. Faccio la procura, perchè le esiga. La sera a teatro, ove trovasi un’ accademia italiana. Vi canta la Trombetta. 2 Fiorile. — Acqua continua. Oggi Teullié ha tenuto un battesimo * ed ha dato un rinfresco, cui ho assistito prendendo anche un po’ di balla *. 4 Fiorile. — Lettera di Cabrini che m’imbroglia. Il Direttorio vuol farmi Ispettor centrale provvisorio del Ministero, ma se accetto, come sarò pagato? Scrivo al Direttorio che, nè voglio offrirmi, nè rifiutarmi. Vedremo. Ricevo lettera di Prandina da Lione. 5 Fiorile. — Ricevo molte lettere vecchie da Parigi, una di Luosi direttore, una del gen. Teullié, una di Fontana. 6 Fiorile. — Rispondo a Luosi. Lettera di Cortesi, Tassani! e della Panazzi, cui pure rispondo. Comincio oggi ad imparare la scherma da un maestro napoletano. 7 Fiorile. — Stamattina comincio ad andare alla teoria degli ufficiali *. 8 Fiorile. — Ecco l’anno compito oggi della mia assenza. Epoca di dolorosa me- moria. Povera mia moglie! Cari i miei figli, è un anno che non ci vediamo! [ simpatia per gli italiani, si lagnava, scrivendo in quei dì da Dijon al ministro Carnot, dei danni recati alle caserme dai prigionieri e dai cisalpini, non troppo sorvegliati. Forse per questo erano stati arrestati. 27 Germinale (17 aprile). — 1. Di tedeschi legionari, nella Legione Italica, non trovo alcuna notizia presso altre fonti: erano, come il Lahoz, soldati austriaci fatti prigionieri e convertiti alla fede nova? Abbiamo già dato notizia di austriaci portati in Francia prigionieri dal capitano cisal- pino Fontana. Potrebbero costoro essere anche quei tedeschi deportati a Marsiglia dal regno di Napoli. La Filiazione ne ricorda parecchi, che erano stati sfrattati. 28 Germinale (18 aprile). — 1. La lingua tedesca il Lancetti l’'imparò più tardi, dacchè le opere posteriori di lui mostrano che egli tradusse anche dal tedesco qualche libro (v. pag. 57, n° XIV so pres. lav.). RI 2 Fiorile (22 aprile). — 1. Non pochi fuorusciti, vedemmo (pag. 7), erano accompagnati dalle relative metà, tanto che Napoleone, nel decreto del 14 Fiorile, ann. VIII (4 maggio), in cui ricon- - fermava l'obbligo per tutti i fuorusciti di pigliar le armi, con un apposito articolo esentava dal servizio “les femmes, les enfants et les hommes Agés de plus de soixante ans, (D. C., I, 57, art. 2). Del resto anche non pochi militari francesi, tra essi i generali Vignolle e Delort, erano stati accompagnati al campo.dalle mogli (cfr. 15 Pratile). i 6 Fiorile (26 aprile). — 1. Sconosciuto, se non è un lapsus calami per Tassoni. Re 7 Fiorile (27 aprile) — 1. Studio della scherma e teoria degli ufficiali, — affrettata preparazione, alla vigilia della battaglia, di ufficiali improvvisati. trap As 123 I RIFUGIATI ITALIANI IN FRANCIA NEGLI ANNI 1799-1800 197 Oh Dio, riconducimi presto alle loro braccia!'— Mi consola la vittoria asserita di Massena. 9 Fiorile. — Oh Dio! Fosse vera la vittoria di Massena! Alcuni la negano. È oggi il compleanno, non ieri. 10 Fiorile. — Arrivano truppe e passano tutti i giorni per Ginevra !. 11 Fiorile. — Si conferma la vittoria di Massena e se ne annuncia una nuova di Moreau*. Allecramente! Fosse vero! Ricevo lettera da Cabrini che mi racco- manda Masini °. 8 Fiorile (28 aprile). — 1. I rapporti in data 17 aprile del generale Oudinot, aiutante di Mas- sena, e del generale Suchet, pubblicati sul Moniteur del 27 aprile, decantavano bensì gli sforzi fatti dal Massena a Montenotte e le perdite inflitte al nemico, ma non negavano che le comunicazioni ‘tra Massena e il Suchet erano rotte e che tutta la plaga tra Savona e il Varo era in dominio degli austriaci e della flotta inglese, la quale la teneva sotto il tiro dei suoi cannoni (D. C., I, 215). Pure in quei dì anche il Cicognara da Lione scriveva alla moglie: “ Una divisione è stata mandata di rin- forzo al Varo. Massena resiste e riporta vantaggi , (MaramanI, 186). Pare che la vittoria di Massena fosse una fandonia messa in giro al campo di Dijon, forse ad arte, e di là diffusa. Fatto sta. che le particolareggiate istruzioni datate il 7 Fiorile, che il neo ministro della guerra Carnot, per . ordine del primo console, doveva comunicare al Massena, e che contenevano il piano combinato delle tre armate del Reno (Moreau), dell’Italia (Massena) e di riserva (Berthier), non poterono essere por- tate a Genova, dopo che il Suchet, rigettato di là del Varo, aveva perduto il contatto col Massena. L’aiutante Reille, portatore di dette istruzioni, trovò l’esercito di Suchet il.22 aprile volto in riti- rata: egli si spinse audacemente fino ad Albenga ed a Pietra Ligure, e di là il 27 aprile trovò mezzo di annunziare a Napoleone che dei due ufficiali già spediti dal Suchet a portare appunti strategici al Massena, uno solo era tornato. Egli però, il Reille, si sarebbe ancora inoltrato, pronto a gettare in mare il piano di guerra, se fosse caduto in mano del nemico (De Cuenac, I, 115). D'altra parte la lettera di Massena al 1° console in data 23 aprile 1800 non lasciava illusione : essa, invocava pronti aiuti dicendo di poter resistere al più altri 15 giorni (D. O., 274, nota). — È noto” che il Monti nel c. VI del Bardo della Selva Nera descrive i villaggi della valle del Varo saccheg- giati dagli austriaci nella primavera dell’800. 10 Fiorile (80 aprile). — 1. “ Denari, viveri, munizioni, soldati e generali partono a furia per l’esercito. Da Parigi al S. Gottardo il movimento è immenso. Bonaparte partirà a momenti. Egli consola tutti, dice cose che paiono le più stravaganti del mondo e dà tali lusinghe che veramente potrebbe tacere, se non ha invidia della nostra rassegnazione. Genova tiene e terrà ancora. Il Mon- cenisio è stato occupato dai tedeschi, perchè non fu difeso e hanno messo in allarme tutta la Savoia, ma ciò non conclude nulla ,. Così il Cicognara. Il console era stato informato del vero stato delle cose in Liguria da una lettera del generale Suchet del 16 aprile e dalle altre ricordate dell’aiu- tante generale Oudinot del 17 e 19, pervenute a Parigi il 25 o 26 aprile e pubblicate il 27 nel Moniteur. Ma già prima, il 24 aprile, in Parigi, avuto sentore della ripresa dell’estilità in Liguria, | aveva scritto al ministro Carnot di dar ordine al Berthier di portare l’armata di riserva da Dijon a Ginevra e di entrare subito in Piemonte o in Lombardia, pel S. Bernardo o pel Sempione, per attaccare alle spalle Melas e costringerlo a difendere le retrovie (D. C., 178). Carnot il giorno stesso trasmetteva tale ordine a Dupont, capo di Stato maggiore di Berthier (#., 180). Di qui il passaggio di truppe per Ginevra, notato dal L. 11 Fiorile (1° maggio). — 1.Il generale Moreau, secondo l'istruzione datagli da Carnot (D. C., 110), | aveva ripassato il Reno il 25 aprile. Quanto a vittorie da lui riportate, la gioia del L. era pre- matura: la vittoria di Stockach fu da lui riportata il 3 maggio e fu annunziata per telegrafo im Parigi a Napoleone, mentre egli si accingeva a partire per Ginevra (D. C., 28). Il telesramma a Napoleone fu poi pubblicato nel Moniteur nel maggio: diceva che erano stati fatti 7 mila prigio- | mieri austriaci, presi 9 cannoni e vari magazzini. Il Cicognara però, da Aldorf, sul lago di Ginevra, | scriveva il 12 maggio alla moglie d'aver incontrato, nel suo viaggio da Losanna, 14.000 prigionieri | fatti da Moreau (Maramani, 186). Un po’ troppi, forse, anche tenendo conto delle altre vittorie riportate da Moreau il 5 e il 9 maggio a Moeskirch e a Biberach. — 2. Sconosciuto, se pure non trattasi di un errore del L., che abbia scritto Masini per Manzini, capitano di compagnia nella # | Legione Italica. Noto ancora che tra i rappresentanti juniori del 98 trovasi un Massini (Zanoni, I, 235). 198 GIUSEPPE MANACORDA 124 12 Fiorile. — Scrivo a Vignolle per mezzo del cap.?° Ferrari! Verificazione delle vittorie di Massena ?. 14 Fiorile. — Arrivo di Berthier !. Sua-rivista alla Legione italica, di cui è contento. Promozione di Pino ®. 15 Fiorile. — Ricevo ordine da Lechi di andare a Chambéry presso il Direttorio cisalpino e poi di raggiungerlo a Ginevra. Lo scopo è di ottenergli il grado concesso a Pino. Ricevo il saldo del mese di Germile e Ventoso?. Lascio qualche soldo alla Lutgarda. Mi procuro una vettura e vado volontieri. Arrivo di mezza brigata ?. Si aspetta il 1° Console questa notte ‘. Ieri notte passarono Murat, Marmont® ed altri generali. Gran movimento anche per la Legione ita- lica”. Nuova che Massena è bloccato. Confidenza comune in Bonaparte ®. 12 Fiorile (2 maggio). — 1. Nei Doc. Rob. figura un Ferrari commissario di guerra cisalpino; ma nel ruolo della Legione Italica esso non compare. — 2. Queste notizie ottimiste mentre Napo- leone dava ordine da ogni parte per liberare Massena, ormai bloccato, paiono diffuse ad arte, per tener alto il morale delle truppe dell’esercito di riserva. 14 Fiorile (4 maggio). — 1. Alessandro Berthier, nominato comandante dell’armata di riserva, era partito da Parigi, secondo il Cicognara, il 5 aprile, e gli era stato dato successore nel Mini- stero della guerra il Carnot. Napoleone però, nelle sue Memorie (VI, 196), dice che Berthier partì da Parigi il 2 aprile per assumere il comando dell’armata di riserva, che avrebbe dovuto assumere egli stesso, se la costituzione del dicembre ’99 non avesse fatto espresso divieto al 1° console di guidare eserciti. In realtà il vero condottiero dell'armata di riserva fu Napoleone. Il Berthier stesso il 8 maggio scriveva dal campo al 1° console : “ la vostra presenza mi pare indispensabile (D. C., I, 250) ,. In quella stessa lettera gli annunziava che egli avrebbe proseguito il cammino per Macon e Bourg- en-Bresse, ove avrebbe messo in moto le truppe per trovarsi il dì dopo — 6 maggio — a Ginevra. — 2. Pino, estraneo alla campagna dell’800 pel giuramento dato, fu promosso generale di divi- sione per la resistenza e la fedeltà mostrata ad Ancona (Lumsroso, luogo cit.). Cfr. giorn. 22 Pio- voso, nota. 15 Fiorile (5 maggio). — 1. La gelosia di carriera, suscitata nel Lechi per la promozione di Pino, distacca ora pur troppo il L. dalla Legione Italica, privandoci così di una fonte diretta per la storia di quella che fu la prima campagna fatta da italiani per l’indipendenza — almeno nell’intenzione loro — della patria. Notiamo che la promozione del Lechi a generale di divisione, che a campagna finita venne subito (Zanoti, 146), era in questo momento impossibile a farsi dal Direttorio Cisal- pino senza urtare suscettibilità francesi, essendo il Lechi stato posto in certo qual modo sotto tutela di un generale di divisione francese, che fu, dissi, prima il Monnier, poi il Rey (D. C. 1,54). — 2. Non è da credere che, nè il L., che era ufficiale di stato maggiore, nè gli altri ufficiali ita- liani percepissero stipendio intiero. Sappiamo anzi che quegli ufficiali in soprannumero i quali militavano come soldati per disposizione data da Berthier, il 26 aprile, avrebbero dovuto perce- pire lo stipendio spettante al loro grado da quando la Legione avesse posto piede su territorio allora occupato dal nemico (D. C., I, 57). — 3. L'arrivo della mezza brigata di cisalpini era deter- minata forse dal nuovo decreto di Napoleone in data 4 maggio; che riconfermava l'obbligo di tutti î. rifugiati italiani in Francia — eccetto le donne, i vecchi e i bambini — di recarsi a Bourg, coll’avviso che i sussidi non sarebbero stati pagati altrove che cola (D. C., 57). Altre truppe cisalpine, lucchesi, piemontesi, ecc., convenivano più tardi a Bourg, per ordine del ministro Carnot dato a Vignolle il 9 maggio (ivi, nota). — 4. Il 1° console partì da Parigi il 5 maggio a 3 ore di notte, come annun- ziava il Moniteur del 6 maggio, diretto a Dijon e Ginevra, per passare in rassegna l’armata di riserva (D. C., I, 282). Napoleone arrivò a Digione, il 7, alle 6 di mattina, avendo percorso il tratto a Parigi-Dijon in 25 ore. — 5. Gioachino Murat prese parte alla campagna come luogotenente del | generale in capo Berthier. Il 1° maggio egli era ancora a Digione, ove passava in rivista truppe, e ne riferiva al 1° console la sua pessima impressione (D. C., I, 234). Col decreto 10 maggio Murat fu fatto comandante della cavalleria (D. C., 317). — 6. Il generale Marmont era comandante in capo dell’artiglieria (D. C., 662). — 7. Il generale Berthier infatti, il 12 Floreale, e poi ancora il 14 Floreale, ossia il 4 maggio, aveva scritto al capo di Stato maggiore generale Dupont di dare ordine al Lechi di far avanzare per l'indomani, 15, alla volta di Ginevra, — ove il 12 si era stabilito il quartier generale (D.C., 246), —i battaglioni italiani facenti parte già dell'esercito cisalpino, provve- A T1425 I RIFUGIATI ITALIANI IN FRANCIA NEGLI ANNI 1799-1800 199 —_ 16 Fiorile — Parto questa mattina da Bourg con un carroccio e arrivo a Pont d’Ain. Per Amberieux, S. Rambert, Belley arrivo il 18 a Chambéry. Dopo essermi trovato l’alloggio visito la moglie di Canzoli, poi vado al Direttorio, ove trovo @ Sopransi presidente, Canzoli! e Niccoli ®, indi Luosi il giovane 5. Poi vedo Ca- brini, lo che mi rallegra. 19 Fiorile. — Ho udienza dal Direttorio. Espongo la mia commissione senza molto profitto. Vuolsi aspettare Luosi. Vedo Vertemate. Pranzo con Cabrini e Luosi : de il giovane. Vado al passeggio di Vernet. Monto al Sermeth, dove è la casa in di - cui Rousseau si compiace dire che perdette la sua verginità. 20 Fiorile. — Sopra consiglio di Cabrini scrivo al Direttorio per offrirgli il mio ser- d vizio !. Scrivo a Lechi, Mantovani, Cortesi e Lutgarda Bacchetti. Vo alquanto fe a spasso con Cerretti, ministro a Parma ?. 21 Fiorile. — Ieri decadì si è meno celebrata di oggi la domenica. L'esperienza per- + suase che la tolleranza nella religione è la massima delle virtù politiche *. “I Bisogna aspettare che la superstizione cada da sè. Arrivo di Cavedoni per cd Bir del necessario equipaggiamento (D. C., I, 252). Il restante della Legione Italica, ossia il Fe battaglione, due squadroni di usseri, l'artiglieria, le due compagnie di sott’ufficiali dette infer- i nali, le sei compagnie di granatieri e le sei di cacciatori avrebbero dovuto partire per Ginevra a' i marcie forzate e colà si sarebbéro armate il 19 Floreale. Il commissario Lambert avrebbe dovuto provvedere alle dette truppe italiane il vestiario, e Lambert infatti il giorno 16 scriveva da Lione d'aver spedito a Bourg, per le truppe che dovevan partire il 19, 400 giubbe, 400 gilet e 400 pan- taloni. — 8. Finalmente! Lo era già da un pezzo! Si vede che al campo fu reso noto solo il d ispaccio di Napoleone a Berthier in data 4 maggio, che dava Massena come definitivamente bloccato {D. C., 273). — 9. Qualche giorno prima il Cicognara scriveva alla moglie le parole su riferite i. giorn. 10 Fiorile, nota 1), spiranti piena contidenza nell’uomo fatale ritenuto invincibile. Corre- | vano allora ad arruolarsi anche numerosi volontari. » 16 Fiorile (6 maggio). — 1. Il noto segretario generale del Direttorio Cisalpino dal '99 (Vedi D jet in appendice, passim). A quell’ufficio aveva pure aspirato Vincenzo Monti. Nel 1800, dopo ngo, fu ancora segretario della Commissione provvisoria di governo (Zanoti, I, 235), poi, nel 1804, ispettore dell'istruzione pubblica (Burri, 132). — 2. Carlo Niccoli già nel "96 era stato, col Ser- mi e con Sopransi, inviato al Direttorio di Parigi. Il Verri lo giudicava uomo di somma pre- unzione, di carattere occulto, senza alcuna scienza. Secondo il Cusani, il Niccoli era intrigante, ma on abile (V., 15). Pure fu del Direttorio e uno dei più influenti nella Cisalpina. Durante l’esiglio lî furono confiscati i beni. Finì la vita 30 anni dopo, semplice impiegato di contabilità nella Delega- one di Sondrio. — 83. Figlio del direttore. 19 Piorile (9 maggio)..— 1. Vertemate Franchi, bergamasco, membro allora del Direttorio, seb- ; bene non fosse mai stato uomo di molta importanza. Cfr. App., Doc. 14 Frimale VIII. 2% 20 Fiorile (10 maggio). — 1. Servizio civile già da lui prestato negli uffici dell’Amministrazione \ della guerra, anzi che nell’esercito (Cfr. giorno 4 Pratile). — 2. Il noto poeta Luigi Cerretti di Modena, à professore in quella università, rappresentante cisalpino nel ’98 (Zanoti, I, 233), poi inviato della Cisalpina a Parma, d'onde fuggì in Francia per l’invasione austro-russa (ZA., 234). Conservò quivi nominalmente l’ufficio suo di ministro cisalpino a Parma e il Direttorio protestava contro la ommissione dei sussidi che lo chiamava ex-ministro, perchè al Direttorio solo spettava nominare estituire diplomatici (Arch. Min. Est., 303). Firmò varie petizioni pei sussidi (Ivi, 288, ecc.). ante l’esiglio corse rischio di essere ucciso, dissi, da un emigrato ultra-rivoluzionario, il medico tare De Lu (Cusani, V; 213). Dopo il Monti, nel 1805, occupò la cattedra di eloquenza a Pavia. Morì nel 1808 (Cfr. Cantù, Dipl., 173 e Vincenzo Monti, ecc., p. 51, nota). : 21 Fiorile (11 maggio). — 1. Pochi mesi prima, nella lettera allo Championnet, il Foscolo aveva ritto: “ e poichè avete bisogno degli uomini, giova secondare le loro opinioni, massime quando o universali e antichissime. Fate rispettare la religione e avvilite i ministri di essa pagandoli... ndo le opinioni dei popoli non si possono pienamente distruggerle conviene profittamne. Spetta % poi al tempo di roderle e al disprezzo di farle obliare. » E il Porro, che purera trai più scalma- nati, scriveva il 7 dicembre ’99 al Serbelloni: “ ricordatevi, cittadino Serbelloni, che il libero eser- | cizio del culto è una cosa necessaria nei nostri paesi. I limiti che vi si sono posti hanno fatto un uo ‘1 200 GIUSEPPE MANACORDA 126 sollecitar la promozione di Lechi® Egli non riesce più di me. Bisogna aspet- tare Luosi. 23 Fiorile. — Cosa è mai l’abitudine, la compagnia degli amici! Ecco due o tre giorni che sguazzo a liquori ed ecco i miei disturbi più forti che mai, oggi sopra tutto. Ma le notizie eccellenti che si hanno delle ‘vittorie al Reno 4, della marcia di Lecourbe al Tirolo? meritano bene di celebrarsi. Sono in un contrasto di desideri grandissimo. Devo rimanere per la mia commissione al Diret- torio, che bisogna che si completi all’arrivo di Marescalchi e di Luosi* ed amo rimanere, perchè bisogna che io pensi a me, e Sopransi sembrami favorevole — ma vorrei essere al mio posto, marciare con Lechi, vedere i paesi e più î ne- mici, misurarmi con essi, guadagnarmi il piacere di rivedere i miei. Questo contrasto mi mette melanconia e risolvo di andar domani ad Aix a bagnarmi. 24 Fiorile. — Mi faccio autorizzare dall’aiutante Gene Boyer a portarmi ad Aix; in pochi passi giro il villaggio e vado vedere i bagni. Al solo entrarvi l'odore del zolfo ed il calore del luogo mi fanno venire le vertigini. Conosco il medico Calleri, rifugiato piemontese !, e mi consulto con esso. 25 Fiorile. — Forse Lechi fra pochi giorni sarà a Milano ed io sono qui a medi- carmi oziosamente, quando le fatiche della guerra mi sarebbero forse più utili. Pazienza! 26 Fiorile. — Riveggo Giuseppe, mio servitore, che lasciai a Digione. Mi bagno una seconda volta. Mi duole il capo e sono annoiato di questo luogo e di questa vita. 27 Fiorile. — Non so più che mi fare! Sospiro il momento d’andare a casa o d’an- dare alla guerra a farmi ammazzare. Nonostante la musa mi solleva. Scrivo 19 ottave. Finisco il canto VII della Papomachia. Non sì direbbe a leggerlo che io fossi così malinconico. Eppure per accrescere la malinconia mi si vuol far credere che Nizza sia evacuata !. gran male all'Italia; d'altronde la libertà di esercitare il proprio culto è conforme ai principî ed ai diritti dell’uomo , (Cantù, Dipl., p. 65). — 2. Il 13 maggio Cavedoni era già ritornato al campo a Ginevra, ove lo incontrava il Cicognara assieme al Visconti, al Pino, che gli notificava la sua recente promozione, e col Marescalchi, che due giorni appresso (v. 1° Pratile) si, portò a Chambéry | come direttore. Se adunque noi ritroviamo il Cavedoni a Chambéry) e lo vediamo partire di là col Lancetti solo l’11 Pratile (31 maggio), quando già la Legione Italica era alle porte di Milano, dobbiamo supporre che il Lechi dopo il 13 maggio lo rinviasse a Chambéry ad insistere per la promozione. | 23 Fiorile (13 maggio). — 1. Quelle già ricordate di Engen, Moeskirch e Biberach, riportate da Moreau rispettivamente nei giorni 3, 5 e 9 maggio. — 2. Del gen. Lecourbe, comandante di 2500 uomini appena (D. C. 354) e di una sua entrata in Tirolo, — proprio in quei giorni in cui Napoleone per mezzo | di Carnot chiedeva a Moreau un rinforzo di 25 mila uomini comandati da Moncey (D. C. I, 253) che avrebbero dovuto scendere in Italia pel Sempione, — non trovo traccia in alcun luogo. Sappiamo anzi che, delle truppe tolte all'esercito del Reno, due mezze brigate provenivano dal corpo di Lecourbe (D. C., I,363) il che certo non sarebbe avvenuto, se Lecourbe era isolato in Tirolo. — 3. Fin dal 1° Fio- rile il Direttorio francese aveva scritto al Prefetto del Monte Bianco essere opportuno che i 4 membri — sì radunassero in un luogo, e non avendo voluto il Marescalchi ritornare a Chambéry, se non ee pochi dì, gli altri tutti si recavano a Ginevra presso di lui. Arch. Min. Est. 333.4. Î 24 Fior ile (14 maggio). — 1. Angelo Giuseppe Calleri, uomo di medicina, come da sè si ei sulla pubblica piazza, inaugurandosi l’albero della i, il 24 Frimaio ann. VII (14 dicembre 298) A (Torino, presso il citt. Soffietti, ann. VII). Nel discorso il Calleri si lagna di essere stato arrestato dal governo del re. Era stato medico del re, poi Presidente della Municipalità di Venaria, d’onde era fuggito il 1° maggio 99. 5 27 Fiorile (17 maggio). — 1. Nizza fu infatti evacuata dal Suchet, ritiratosi di là dal Varo, | l’11 maggio, ma rioccupata il 29 (dopo le frime vittorie francesi nella valle del Po) dal corpo de Suchet, rinforzato da un riparto di cavalleria speditogli da Napoleone. ; 127 I RIFUGIATI ITALIANI IN FRANCIA NEGLI ANNI 1799-1800 201 rescalchi* a Chambéry, locchè mi induce a partir subito, ma non mi riesce J î 28 Fiorile. — Ricevo lettera da Cabrini, che mi fa credere dover oggi arrivare Ma- i per mancanza d'occasione. | —29 Fiorile. — Non trovando legni, me ne torno a Chambéry a piedi. } 30 Fiorile. — Ancora non è. tornato Marescalchi. Mi risolvo a farmi medicare dal È chirurgo Campi*. Jo Pratile. — Ieri sera arrivò Marescalchi, cui subito parlai. Oggi aspetto di nuovo Cavedoni. Anderò a casa questo mese sì o no? Pare di sì! Arriva Cavedoni. 2 Pratile. — Scrivo a Vignolle per quella benedetta ordinanza di Cadolino. Visita di cerimonia ai tre direttori per raccomandare l’affare Lechi. 3 Pratile. — Visita di Cavazzuti!, che va a Ginevra. Ricevo lettera da Cortesi e dalla Lutgarda. Pranzo con Mulazzani ?, con Campi e con Cavedoni. 4 Pratile. — Rispondo alla Lutgarda che non pensi più a me e consegni i miei stracci al Commissario Mutarelli 4, cui pure serivo come anche a Cortesi e al tempo stesso a Tassoni, Cellentani e alla Panazzi. Il Direttorio mi scrive ri- fiutandomi il portafoglio ?, ma salvandomi le mie competenze e incoraggian- domi a seguire la mia carriera militare. i: 6 Pratile. — Sono forzato di rimanere a letto causa della. piaga alla gamba. Il chi- $ È rurgo Campi me la cura. | ? Pratile. — Sono impaziente di andare all’armata per essere pronto al Corpo e 1 quindi a casa, massimamente che mi si dice la legione aver avuto ordine di portarsi a Novara! ed io intanto sono qui ammalato. Perchè? per una graf- 28 Fiorile (18 maggio). — 1. Ferdinando Marescalchi, bolognese, n. nel 1764, morto a Modena nel 1816, avvocato, fu ambasciatore della Cisalpina a Vienna nel ’97 (Merzi, I, 468), nel’98 candidato al Direttorio. Egli rifiutò per istigazione, pare, di Birago (Lett. Monti, 18 Piovoso ’98, Mazza- TINTI, 275) e continuò a stare a Vienna, ove nell’agosto ’98 dava notizia dell’alleanza austro-napo- letana. Nel ’99 fu direttore contro voglia (ivi, 329); riparò a Chambéry dopo Cassano. A Parigi dopo | l'esiglio rimase come ambasciatore cisalpino succeduto a Serbelloni ed ospitò gratis il Monti (Let- tera al Bettinelli, pag. 457, nota) soccorrendo anche altri fuorusciti (Cfr. Cantù, Dipl. 155, lettera «di nomina ad ambasciatore). Ai comizi di Lione nel 1802 Talleyrand per ordine di Napoleone | cedette a Marescalchi la presidenza e fu lui a presentare al 1° Console la Consulta italiana. Nel 1804, come rappresentante italiano, assistette alla incoronazione del Bonaparte. Nel 1814 era ancora ministro del regno d'Italia: in*seguito ebbe uffici da Maria Luisa. Scrisse un commento a Plutarco e una storia della Consulta di Lione (Cfr. Coraccini sub n0m.; Casini, art. cit. e I deputati al Congresso cisalpino, pag. 140). ì é 30 Fiorile (20 maggio). — 1. Gaetano Campi fu più tardi, nel 1801, medico militare italiano addetto ai veterani (Zanoni, I, 171). 3 Pratile (23 maggio). — 1. Sconosciuto. — 2. Giovanni Mulazzani, ex conte, di Treviglio, fu rappresentante cisalpino nel ’98, dopo la riforma di Brune (Zanoni, I, 233). Più tardi fu rappresentante di Treviglio ai comizi di Lione (Mezzi, I, 561). Seguì poi la carriera della magistratura, ma nel 1808 h:) era Commissario di polizia nel dipartimento dell'Adriatico. Una lapide affissa al palazzo comunale di Treviglio lo ricorda. 4 Pratile (24 maggio). — 1. Probabilmente napoletano, giacchè nella Hiliazione dei rei di Stato figura un Mutarelli. — 2. Portafoglio? Non è strana l’ipotesi che il Lancetti avesse chiesto al Direttorio nientemeno che il Ministero della guerra cisalpino, dopo Vignolle tenuto dal Bianchi D'Adda. Si improvvisavano così i ministri allora. E il Lancetti, che al Ministero aveva prestato | servizio, fu poi infatti segretario generale del medesimo (Zanotti, I, 220). Ad ogni modo solo il dì | 11 Pratile il Bianchi D'Adda si dimise da ministro della guerra (v. sotto detto giorno). Cfr. per le aspirazioni del L. il giorno 15 Pratile. Del resto l'ufficio di ispettore centrale della guerra, offerto | dal Direttorio al Lancetti, corrispose a quello di ministro, e lo coperse il Bianchi D'Adda fin che non ebbe titolo di ministro (Zanoti, I, 235). ; 7 Pratile (27 maggio). — 1. Ecco în breve il riassunto delle operazioni della Legione Italica, Serie II. Tow. LVII. 26 dei ditte Lon ei 202 GIUSEPPE MANACORDA 128 fiatura ad un furuncolo. Arrivano molte donne cisalpine, di cui qui si forma il deposito per la legione; tra queste è l’Alessandrina, bella del gen. Lechi. 8 Pratile. — Visito l’Alessandrima permettendolo o bene o male la gamba e scrivo al gen.* Lechi. 9 Pratile. — Dicesi che i Francesi siano a Milano‘. Spero bene che presto mi metterò in viaggio per colà. Moglie, aspettami! 10 Pratile. — Sempre nuove buone e sempre speranze, anzi certezza di riveder presto i miei figli, la cara mia moglie. Arriva il Ministro della guerra che aspettavo anche per l’affare Lechi. 11 Pratile. — Il Ministro dà le sue dimissioni per non decidere l’affare Lechi*. To e Cavedoni domandiamo una risposta, che ci sì promette domani, e contiamo partir subito; io imposto una piazza col corriere per Ginevra. 12 Pratile. — Spero bene che questo sia l’ultimo foglio del mio giornale. Visita al Direttorio, Mimistro ecc. per ricevere i loro ordini, sperando essere in Italia prima di essi. Prego la citt Mutarelli di ritirare dalla Betterini, 3 camicie mie e 2 fazzoletti da naso. Parto col corriere di Ginevra. Cavedoni va a un’altra volta pel piccolo S. Bernardo. Forse a me pure conveniva di prenderla. Ma non veder Ginevra, che è così poco lontana, sarebbe uno sbaglio peggiore di quello di non aver visto Tolone, dopo essere stato tanto tempo a Marsiglia. 13 Pratile.— Arrivo a Ginevra alle 7 della mattina e vado ad alloggiare allo Scudo ; di Ginevra. Vedo Villata !, Visconti ?, Lachini *, Salfi 4, Creati, Giuliani 5, Fran- zini ed altri rifugiati. Giro a vedere Ginevra e saluto il busto di Rousseau, inalzato in mezzo al Parco. SR E TTI ATI desunto dal De Cuewac, quale ce lo offre il De Mepici (p. 2078). La Legione Italica, — o meglio, una parte di essa, dacchè il 30 maggio tre battaglioni erano a Losanna, — era partita il 16 maggio da Vevey e arrivò il 16 maggio a Martigny; il 18 passò il colle del S. Bernardo. Napoleone da Aosta, ove era arrivato, scriveva al Berthier il 22 maggio di portare all'avanguardia i distaccamenti ita- liani e di ordinare a Lechi di impadronirsi di Gressoney, inviando distaccamenti a Riva in Val Sesia ed a Biella. La legione partì il 28 da Saint Vincent e il 24 incontrava a Brusson gli austriaci; il 25 giungeva a Gressoney, d'onde spingeva pattuglie in Val Sesia. Frattanto le altre colonne avan: zavano ; il giorno 27 maggio, ore 11, Bethencourt era a Domodossola; Murat a Novara e Lechi a Riva. Il dì appresso Lechi era a Scopello Sesia, e si batteva, poi nel giorno medesimo sconfiggeva a Varallo il Rohan, fuoruscito francese al servizio austriaco (De Cunac, II, cap. Il) ; 9 Pratile (29 maggio). — 1. Notizia prematura. Murat, giunto a Novara il 27, batteva il 31 gli 59 austriaci a Turbigo, e si impadroniva della linea del Ticino. I francesi rientrarono a Milano il 2 giugno, e con essi il 1° Console, unito a Murat. Mentre il Lancetti s’illudeva che i francesi fossero a Milano, il Coccastelli, commissario, faceva spedire a Venezia i prigionieri politici cisalpini. 11 Pratile (31 maggio). — 1. Cfr. nota 2 al giorno 4 Pratile. 18 Pratile (2 giugno). — 1. Quanti italiani sfuggiti al servizio militare, nonostante il decreto di Napoleone in data 14 floreale (4 maggio), il quale esentava solo i vecchi che avevano più di 60 anni, le donne e i ragazzi! (D. C., 57, artic. 2°, e Doc. Rob., 587). E non basta: si guardi quanti il L.ne | ritrova il 14 Pratile. — Il Lumsroso (op. cit., pag. 521) dà la biografia di Gio. e Francesco Vil- lata. Probabilmente questo è Francesco, nato a Milano nel 1781, morto poi nel 1842, generale. 1 austriaco comandante il Tirolo e il Voralberg, dopo aver percorso quasi tutta la carriera nella milizia cisalpina e italiana, prendendo parte nel 1802 ai Comizi di Lione, come rappresentante mili- tare (Metzi, I, 563), poi a varie campagne, fino a quella di Russia. Era allora tenente. —- 2. Fran- cesco Visconti Aime, già membro nel *96 del Comitato di governo in Lombardia, ex mobile, poi diplomatico cisalpino inviato prima in Francia, poi nel’99 in Svizzera (Zanoni, I, 236, Canrù, Dipl., 174), quando il Direttorio cisalpino, dopo Cassano, fuggì avvertendolo colla nota lettera (v. p. 10 pres. lav.). Avendo egli coperto vari uffici nella Cisalpina (Zanori, I, 221, 229), e fors'anche perchè. massone (Bowora, 60), ebbe i beni confiscati durante l’esiglio, Ebbe antipatia pel Monti, che gliela ricambiò (MazzamintI, 311), ma nel 1804 il giovane Alessandro Manzoni compose i loro dissidi (ivi, 129 I RIFUGIATI ITALIANI IN FRANCIA NEGLI ANNI 1799-1800 203 14 Pratile. — Scrivo a Cabrini partecipandogli l’ingresso dei Francesi in Torino ed în Milano‘, nuove che ieri sera si davano per sicure in Ginevra e che oggi sembrano verificate. Vedo Pioltini® e Prandina e combiniamo di partire dopo nota). Sul Visconti, cfr. Lira, Famiglie celebri ital., vol. XVI, tav. IX, d'onde s' apprende che egli vera figlio di Alberto e di Antonia Eleonora Vidoni di Cremona: era nipote del cardinale Visconti, | arcivescovo di Milano, che voleva avviarlo alla carriera ecclesiastica. — 3. Null’altro di costui so, se non il giudizio che anni dopo Sue il Melzi di un tal Mangiarotti e di lui, candidati alla nomina al Tribunale d'Appello a Milano: “ Hanno ancor molto da fare e forse più da disfare per guada- | gnare la stima pubblica , (Marzi, II, 212). — 4. Francesco Salfi di Cosenza (1759-1832) gettò la | tonaca di frate ed abbandonò il convento, di cui era stato fatto priore dal re, dicono, per la difesa da lui fatta dei diritti dello Stato contro la Chiesa. Venuto a Milano fondò un giornale, IZ Termo- metro politico. Ricco di ingegno, già rivelato fin dall’87 in certi studi suoi antropologici, divenne a Milano ispettore dei teatri in seguito all’opera-ballo da lui scritta in dileggio del papa, intitolata I generale Colli a Roma, e nota col nome di Ballo del papa (Cfr. Mast, Il teatro giacobino, in Par- rucche e Sanculotti, pag. 361 e segg.). Era a Pavia quando scoppiò la rivolta antifrancese a Binasco, ed egli fuggì, dice il Cantù (Vincenzo Monti, ecc., pag. 16), fingendosi un Doria di Genova. Fu a Brescia segretario del governo provvisorio, poi in Valtellina. Ritornato a Milano scrisse una tra- | gedia, la Virginia di Brescia. Aveva egli pure commemorato in versi la morte del Baswille, ma con ; intenti giacobini, attribuendone la colpa ai cardinali Albani e Zelada (ivi, 18). Di qui ebbe origine . forse la sua discordia col Monti, che egli attaccò sul Termometro politico. Il Monti si difese con una lettera al Salfi (Mazzarinoi, I, 257), dicendo d’aver scritto la Baswiliana per salvarsi, essendo stato | segreto amico del Baswille e quindi sospetto ai preti; ma il Salfi ribattè la difesa del Monti aspra- mente nel Termometro del 18 agosto ’97 (per tutta questa polemica v. nota in MazzamIntT, loc. cit., e efr. Viccar, op. cit., pag. 328). Al ritorno da Parigi presiedette a Milano la Società patriottica ed il teatro omonimo, poi detto dei Filodrammatici (Cusani, 5, 861; cfr. anche pag. 19 e 108). Nel 1814 _ era & Napoli e faceva da intermediario fra la congiura militare milanese e il Murat, di cui inco- raggiò le imprese del 1815. Riparò in Francia dopo il 1815, ove pare si trovasse in strettezze, giacchè il Botta con lettera 6 novembre 1818 lo raccomandava caldamente al conte Littardi, vantando il suo ingegno (Reis, pag. 167) e avvertendo che egli stava allora proseguendo la storia letteraria d'Italia del Ginguené. A Parigi durante l’esiglio scriveva nella Revue Enciclopédique (vol. XXXIV, amm. 1836; cfr. Dryoz, in Miscellanea D'Ancona, pag. 134). Di lui si conserva a stampa, oltre alla ricor- data continuazione al Ginguené (Paris, Crapelet, 1826, 2 vol.), ristampata in Italia a Lugano (Ruggia, 1831), ed oltre al Ballo del papa, un discorso sulla storia della Grecia (Paris, Bailleu, 1822), un inno da lui scritto per ordine del gen. Brune da cantarsi a Milano in onore dei francesi morti al Mincio, riportato nel Parnaso democratico (pag. 132). Nelle Tavole massoniche (Brescia, Bettoni 5810 =1810, [ iîn-8°) leggesi un poemetto del Salfi intitolato Yramo, e non, come dice il Cusani, Ivan. Durante la reazione austro-russa, ecco come il cit. Almanacco dei giacobini descriveva il Salfi: © 9 Aprile - Un famoso predicatore, ancorchè senza merito e ingannatore e ipocrita in ogni tempo, dopo aver abiu- rata la sua stessa predicazione come una vera impostura e insegnato e predicato nei circoli l’evan- | gelio francese dei repubblicani, o per trasporto d’amore, o per necessità di vivere lontano dalla | patria e dall'Italia, è divenuto comico, e maestro e poeta dei comici, per far ridere gli ascoltanti | in teatro, dopo aver cercato di farli piangere nelle chiese. Che spettacolo! Che spettacolo! Viva la — repubblica cisalpina!,. — 5. Andrea Giuliani, ricordato tra i sussidiati cisalpini nei Doc. Rob., ed uno dei firmatari del Doe. 12 Fruttidoro, v. Appendice per data. | 14 Pratile (3 giugno). — 1. L’entrata dei francesi in Milano avvenuta, dicemmo, il 2 giugno, mon poteva essere nota a Ginevra il dì stesso, e nemmeno il dì dopo. Era un semplice st dice. Quanto — a Torino, essa fu in realtà occupata dai francesi, capitanati da Saint-Julien, solo il 20 giugno (D. C., II, 506). — 2. Avvocato, fin dal ’96 era stato scelto dalla Municipalità di Milano per studiare il reparto dei 16 milioni imposti da Napoleone alla Lombardia. Fu poi ministro di polizia ed in tale ufficio il 13 febbraio ’99 era a Bergamo ad istruire il processo all’ex-direttore Alessandri. Appena I Francesi furono rotti al Mincio, senza attendere la rotta di Cassano, il Pioltini, dissi, fu il primo a fuggire, lanciando al popolo un tronfio e sconclusionato proclama dettato dalla paura. Tl 13 aprile il Direttorio cisalpino annunziava: “Il ministro di polizia ha vilmente abbandonato il suo posto, sot- \ traendosi da questo comune. Considerando che, oltre alla mancanza al proprio dovere, ne è derivato | per lui un falso allarme nel popolo, che ha stranamente calcolati i pericoli di una guerra dalla paura di un imbecille, Pioltini è destituito, assicurate dalla polizia le sue carte ed effettivi , (Cusani, 204 GIUSEPPE MANACORDA 130 domani, insieme, Salfi, Prandina ed io; mentre Bazzoni 3 e Lachini ci avanzano innanzi. Vedo Biscione, De Giovanni ed altri. 15 Pratile. — Visconti riceve notizia ufficiale dell’ingresso dei Francesi a Milano *. Gran piacere di tutti. Gran bevimento che si fa a spese di Visconti e grande allegria. Domani parto con Salfi e con Prandina, col quale ho molti discorsi relativi al Ministero della guerra * Visito madama Vignolle, colla quale trovo Mad. Delort, moglie del Generale di questo nome. 16 Pratile. — Parto con Salfi, Prandina e Tesio! (?) verso le 8 della mattina e pren- diamo un’acqua del diavolo. Proseguiamo fino a Losanna, ove troviamo Bazzoni e Lachini che ci attendono e ci accomodiamo con un vetturino per portarci dopo dimani a Sion, giacchè le notizie verificate dei Francesi a Milano ci ren- dono impazienti. 17 Pratile. — Partiamo tutti sei da Losanna prima delle 6 della mattina in buona compagnia. Intendiamo la presa del parco d’artiglieria tedesca a Pavia, la marcia dei Francesi sopra Mantova e il blocco di Melas ?. Nostro estremo entu- siasmo. Evviva! Moglie mia e figli, fra sei giorni ci rivedremo! 18 Pratile. — Alle 4*/, sono in piedi. Che raffreddore! che malattia! ma trattasi di andare a casa: là guarirò di tutto! Arriviamo la sera a Sion, piccola città ca- pitale del Vallese, dove si parla tedesco. 19 Pratile. — Troviamo una carretta ed un cavallo a nostre spese e veniamo da Sion a Briga* a nostre spese. Trasporti militari impediscono di aver le mon- ture, così che bisogna pagar del nostro ?. Vediamo le comunità e i paesi bruciati e abbandonati due anni fa, quando insorsero. Ciò fa che noi dormiamo in Ero su un materasso. Oggi ho fatto ben venti miglia a piedi. V, 245). L'Austria confiscò anche al Pioltini i beni, cosa che il Bossi, scrivendo al Visconti, trovava ridicola (23 sett. 97, in Cantù, Dipl. 228). — 3. Bazzoni è rammentato dal Verri(p. 349) come uno degli antesignani del giacobinismo lombardo, con Salvador, Lattuada, ecc. 15 Pratile (4 giugno). — 1. La notizia ufficiale della presa di Milano al Visconti era venuta come ambasciatore cisalpino in Svizzera. — 2. Le note aspirazioni del L. al posto di ministro. — 3. Curioso e pietoso assieme vedere i generali francesi seguìti alle, retrovie dalle mogli, 0, come il generale Lechi, dalle amanti! Il generale Delort era aiutante generale addetto alla divisione Chambarlhac (D. C., 644). 16 Pratile (5 giugno). — 1. La lezione è incerta. Se è così che va letto, appare dal cognome piemontese, ma non posso identificarlo. 17 Pratile (6 giugno). — 1. Pavia fu occupata infatti dal gen. Lannes il 2 giugno, e vi si tro- varono da 3 a 400 cannoni coi loro affusti, sia d'assedio che di campagna, e relativi proiettili, 1000 barili di polvere, cartuccie, fucili, nonchè letti, vettovaglie, candele, ecc. Il Lannes ne dava avviso lo stesso giorno al Berthier (v. lettera in D. C., II, 87). — Nella lettera stessa il Lannes avver- tiva che si sarebbe potuto pigliare Mantova custodita da due soli battaglioni in gran parte lombardi, che forse avrebbero defezionato dagli austriaci. Mantova però non fu presa, e nell’armistizio di Alessandria, firmato da Berthier e Melas l’indomani di Marengo, il 15 giugno, all’art. 2, Mantova, Peschiera e Borgoforte sono lasciate agli austriaci. -—- 2. Quanto a Melas, benchè alle spalle gli si addensasse tanta bufera, ai primi di giugno COMERUANA a bombardare Genova, costringendo, il 4 giugno, Massena ad arrendersi. 19 Pratile (8 giugno). — 1. Briga, ai piedi del Sempione sul versante nord, oggi imbocco del tunnel. — 2. Per il valico del Sempione era passato pochi giorni prima il corpo francese del generale Bethencourt. Egli aveva incominciato la marcia da Sion il 26 maggio e la sera stessa arrivava con un drappello di 200 uomini a Devedro, d’onde scriveva al 1° Console dandogli conto della estrema difficoltà del cammino, stante i ponti rotti dal nemico sui precipizi “ que nous avons dépassés — diceva — au moyen de cordes tendues , (D. C., II, 134, nota). I saccheggi e le traccie d’incendio che il L. notava erano forse più recenti ed opera degli austriaci in ritirata. È vero che il Cicognara, — il quale ; 131 I RIFUGIATI ITALIANI IN FRANCIA NEGLI ANNI 1799-1800 205 4 È ; ; È È È 20 Pratile. — Partiamo da Brigue troppo tardi per male intelligenze; prendiamo . due muli pagandoli cinque scudi e mezzo di Francia per portare le nostre È robe. Dalle otto fino a un’ ora montiamo la montagna delle Tavernette che sj comunica col Simplon, per mezzo di un altissimo arco che dicesi eretto da Annibale e che è magnifico. Tanto la montagna delle Tavernette quanto il Simplon presentano passi terribili, precipizi orrendi, salite e discese spaventose e bruttissimi orridi nella natura. Arriviamo stanchi al paese detto del Simplon, ove beviamo un gotto, come già fecimo sulla sommità e ci viene il capriccio di andare a Devedre, lungi 5 leghe. Erano le quattro e mezza pomeridiane quando partimmo. Io mi levai le pianelle e misi gli stivali a causa di un dito che mi doleva, ma la notte ci raggiunse là su quei precipizi del monte. Io non ne poteva più. Si voleva bivaccare, ma si riflettè che si faceva peggio. Tesio, Lachini e Bazzoni camminavano avanti per farci preparare all’osteria di De- vedre minestra e letti: io, Prandina e Salfi andiamo più dolcemente, ma facen- dosi molto scuro, temevamo di cadere e d’incontrare lupi od orsi: finalmente troviamo un soldato svizzero che quasi sforziamo a ritornarsene per servirci di guida, locchè si fa con grande nostro vantaggio, giacchè avevamo ancora una grossa lega da fare. Prandina si smarrisce di coraggio e di vista. Io che ero mezzo morto, mi rianimo per sostenerlo ed affronto intrepidamente i più grandi pericoli in quei viottoli e ponticelli precipitosi. Quando il ciel volle arrivammo a Devedre, dove erano appena arrivati gli altri. Erano le undici della notte e ci vollero molte parole a farci aprire; ci ristorammo e sopra cat- tivi materassi ci coricammo. In tutto questo viaggio si incontrano vari paesetti tutti bruciati, disabitati, orrendi. Dopo la giornata della Confederazione, quella del Monte Ginevra e quella dell’organizzazione della Legione italica, non ebbi giornata peggiore di questa, che fu pur la peggiore *. ) di ritorno in Italia passò il Sempione prima ancora di Bethencourt, tanto che giunse a Milano il 26 maggio, sfuggendo per un miracolo sul Lago Maggiore alle cannoniere austriache, — aveva notato sulla via del Sempione villaggi devastati dalla guerra “ dell’anno prima ,. — Parecchie relazioni di militari pratici dei luoghi, come il gen. Mainoni, svizzero, avevano designato a Napoleone il Sem- | pione come il valico più adatto al passaggio dell’artiglieria, nonostante i precipizi che fiancheggiano la strada (D. C., II, 133). Il sottotenente Tourné, nel marzo 1800, confrontando il Gran S. Bernardo col Sempione, descriveva i mezzi pericolosi adoperati dai francesi nel 1799 pel trasporto delle arti- | glierie attraverso il Sempione. Lo stesso Tourné, accennando allo stato degli spiriti nel Vallese, diceva che la rivolta dell’anno precedente aveva avuto per causa il desiderio dell’assoluta indipen- denza del paese, l’aizzamento dei preti e i maneggi austriaci. “ La révolte a été comprimée, mais tutti armati per la rivolta; il paese era intanto senza viveri, senza mezzi di trasporto, senza spedali | (D.C, I, 107; II, 133). i 20 Pratile (9 giugno). — 1. Ecco come il Tourné descrive il passo del Sempione nel marzo pre- cedente: La strada gira sul fianco del monte; ha due o tre piedi di larghezza, è tagliata nella roccia con svolti e precipizi. Essa corre sull’orlo del precipizio, in fondo al quale è il torrente a 5 o 6000 piedi | di altezza. Dopo aver girato la montagna, si scende per un nuovo zig-zag fino al ponte detto di | Cantonsalh (il preteso ponte di Annibale). Nel bel mezzo tra le montagne vi è uno spazio profondo quasi circolare: è il punto di riunione dei due torrenti; a sinistra, ad est, havvi il Cantonsalh, | avanti, al sud, il monte del Sempione. Passato il ponte, si sale ancora per lo stretto sentiero, lungo P il fianco delle montagne e sull’orlo del precipizio formato dal torrente. La strada è ombreggiata da abeti, e sale continuamente. Anche il letto del torrente si innalza e lo si scavalca due o tre volte su ponti di legno. Si passa attraverso a blocchi di rupi e si arriva così al luogo detto Taver- mette — 2 leghe — 83 ore. Esso è uno spazio abbastanza uniforme, benchè in salita, largo da 10 a 12 tese, lungo un quarto di lega. Nel mezzo vi è un ospizio, oggi bruciato. In capo ad esso comincia o SÙ - dati 206 GIUSEPPE MANACORDA 132 21 Pratile. — Non ancor riposati delle 11 leghe di montagna di ieri, partiamo da Devedre a piedi, senza ancora vedere i due muli coi nostri effetti, che per altro si dice essere sicuri, e veniamo a Domodossola, passando per Crevola e restan- docene là a riposare il resto della giornata. i 22 Pratile. — Partiamo a cavallo da Domodossola, lasciando Tesio e Prandina a 5 ore della mattina. Passiamo per Vogogna e di là a Gravellona sul lago Mag- giore. Arrivo tutto rotto. Facciamo colazione e prendiamo un barchetto per Lesa. Facciamo portar gli effetti a spalla fino ad Intra, dove troviamo l’ex ussero guida Gottardi. Beviamo e ci imbarchiamo per Laveno con otto remi per schivare le cannoniere tedesche di Arona. Se non camminavamo, c'incap- pavamo. Da Laveno io e Salfi in sedia guidata da me, Bazzoni e Lachini a cavallo, veniamo a S. Andrea, ove pigliamo le poste e veniamo a Varese alle 9 ‘/ della sera. Che mi manca per essere a Milano? Un viaggio di 23 miglia, che farò domani. 23 Pratile. — Ultimo giorno del mio esiglio ed ultimo del mio registro. Eccomi a Milano! l’ultima rampa per la quale si arriva allo spiazzo del Sempione. La salita è diritta e rapida. Non si arriva alla cima, se non con dei zig-zag, su un torrente strettissimo; se ne contano infatti oltre a una ventina. Verso il centro v'è una specie di capanna, ove gli austriaci erano ricoverati. Lo spiazzo del Sempione è una spianata di 20 o 30 tese di larghezza, cinto da ogni parte dai monti. Qui la vegetazione cessa, la terra è coperta di neve, tranne che due o tre mesi all'anno — 1 lega — 2 ore. L’ospizio —. Nel mezzo dello spiazzo vi è un piccolo lago e le scaturigini del torrente Guima, il cui versante è dalla parte al di là del passo. Più lontano si arriva a una spianata più bassa, nel centro della quale vi è l’ospizio. È un edifizio press'a poco quadrato, a due piani, con circa 40 piedi di lunghezza per lato, capace di accogliere una compagnia. Di esso non rimangono che i muri. La | discesa diviene più rapida. Essa corre su un piano inclinato, senza passare nel mezzo, cinta da | montagne, girando a sinistra. In capo a un’ora e mezza di marcia, oltre l’ospizio, si arriva al vil- laggio del Sempione. La difficoltà del passaggio di questo piano è la neve più o meno abbondante che lo ricopre. Il passaggio che vi viene aperto non è che un sentiero stretto, il quale ogni istante scompare. Per poco che uno scarti, rischia di cadere nella neve, sovente a grande profondità. Spesso si va ancora soggetti al freddo, alla tempesta, all'esaurimento delle forze in questo passaggio lungo e penoso — una lega e mezza — un’ora e mezza —. Villaggio del Sempione. Il villaggio del Sem- pione non è che un piccolo luogo di 10 o 12 case, dove non restano che una trentina d’abitanti. Essi soffrono molto per carestia. V'è appena di che mangiare giorno per giorno. Il piano dopo il villaggio scende ancora per una mezza lega; alla fine v'è qualche capanna ed una chiesa. A sinistra v'è l'imbocco della gola che conduce a Ruden e di là a Domodossola. Questa via è più rapida e più praticabile di quella che monta al Sempione: sitraversa due volte il torrente su ponti di legno, ece..., — Ho voluto porre a riscontro due descrizioni — fatte nel 1800 a tre mesi soli di distanza — del valico del Sempione, quale era anche anteriormente alla grandiosa strada napoleonica, che parve miracolo a quei dì, e che oggi, aperto il tunnel, ha perduto la sua importanza. Un recente studio del Barsey pone in rilievo come, non ancora finita la campagna d’Italia, Napoleone, con decreto 20 Fruttidoro a. VIII (7 sett. 1800) ordinava la costruzione della strada del Sempione, affidandone la costruzione al gen. Turreau, poi all’ing. Ceard. Dai documenti editi dal Barbey risulta pure come, fino dal 1797, dopo la prima campagna d’Italia, Napoleone pensasse ad aprire una strada pel Sem- pione, iniziando pratiche diplomatiche in pari tempo per aver libero transito nel Canton Vallese. Fu dopo il trattato d’alleanza tra Svizzera e Francia, concluso il 19 agosto 1798, pel quale ai fran: cesi veniva concesso il transito per la via del Reno e del Rodano, che i vallesiani, timorosi per la propria indipendenza, si sollevarono e furono, come si vide, crudelmente domati. Altri rapporti sui piani e sui rilievi fatti fare da Napoleone, oltre quelli riferiti dal D. C., sono editi dal Barbey. La strada fu finita nel 1805, ma Napoleone non vi passò mai. (Barper: La route du Simplon. Genève, Atar, 1905 [dal 1800 al 1805]). TO EOLO CIA TA 183 I RIFUGIATI ITALIANI IN FRANCIA NEGLI ANNI 1799-1800 207 APPENDICE (N. B. — Z conservata nel trascrivere la grafia scorretta degli autografi). n LiserTÀ IN NOME DELLA REPUBBLICA CISALPINA UNA E INDIVISIBILE UGUAGLIANZA Milano li 6 Fiorile anno VII Rep..° I Consigli legislativi al Direttorio Esecutivo. I Consigli legislativi non vi possono dissimulare, Cittadini Direttori, che vedono il pericolo dell’invasione di questo Comune non effimero, come fosse in addietro. Gli individui dei Consigli, stati sin’ora fermi al loro posto, hanno un diritto, di sapere qual destino sia loro riservato. Impegnati a non autorizzare in nessuna circostanza la dissoluzione della Rappresentanza Nazio- nale e del Governo, v'invitano, citt® Direttori, nel nome della patria, ad interpellare nel l momento il citt. Rivaud, ambasciatore della Repubblica Francese, su di un ogetto (sic) tanto importante. Ecli non vorrà certamente tacersi, trattandosi della conservazione di un Governo dalla medesima francese Repubblica creato, e che rappresenta un popolo a lei attaccato con sen- . timenti, non meno di riconoscenza che con diritti di alleanza. Li Consigli attendono seduta | stante una decisiva risposta, pronti in conseguenza a passare a quelle risoluzioni degne di chi | rappresenta un popolo e consentanee a quei diritti di sicurezza, che appartengono a ciascun Il Presidente del Consiglio dei Iuniori: Vismara * È. Prverenni © Prosegr.io - CarBonesi * Segr.ro Il Consiglio degli Anziani approva. Turca14 Pres.te - Fonrana® Segr.ro - Zorzi ® Segr.tio i i (R. Arch. di Stato in Milano - Il D. E. Cisalpino in Francia — senza numerazione). Milano 7 Fiorile anno VII. Il Consiglio degli Anziani al Direttorio Esecutivo. Vi partecipo, Cittadini Direttori, che il Consiglio ha determinato che abbià corso il mes- ggio del Corpo legislativo speditovi ieri, relativo all’interpellazione che siete invitati di fare ’Ambasciatore della Repubblica francese, riguardo al caso avvenibile della traslocazione del Fontana, Prest°. (1bid.). 1. Michele Vismara, poi deportato dagli Austriaci con Francesco Apostoli (v. Lettera III). Fu poeta narrò in versi le peripezie di quella deportazione (Id., nota del D'Ancona, pag. 248). — 2. Non . figura tra i rappresentanti juniori, nè tra i seniori, nello Zaworr, I, 234. — 8. Mbk Durante la reazione austro-russa si tenne nascosto sui monti modenesi (Brconr, Pref. alle Lettere Sirmiensi, ‘pag. 72). — 4. Giacomo Turchi figura nello Zawotr (luogo cit.), come semplice rappresentante seniore. 5. Poi deportato al Cattaro e compianto dal Monti nei versi cit. — 6. Poi esule in Francia. | Cfr. Doc. Rob., 587. 208 GIUSEPPE MANACORDA 134 ARMÉE D’ITALIE LiseRTÉ EGALITÀ ÉTAT-MAJOR GÉNÎRAL Le . . . an VII de la République. Au Président du Dir. Ex. Cisalpin. Je viens de vous écrire, C.@ Président, que l’ennemi étant en mesure de passer l’ Adda en grande force, il fallait se disposer à la retraite. Je vous préviens que le point de retraite sera Novara, se dirigeant par Buffarola (sic). Avertissez le Conseil sans éclat, tant que vous pourrez. Salut, fraternité. RiIvaUD. (dbid.). ‘A Milan le 8 Floréal, 6 heures du matin. Chez le Général en chef. Je vous préviens que le général Scherer, qui avait demandé son rappel, a été remplacé, comme il demandait, par le général Moreau*. Le sénéral Scherer partira avec nous. Rivaup. A tergo: Au Citoyen Président du Directoire Exécutif Cisalpin - A lui-méme, très pressé, à Milan. (bid.). Armée D’IrALIE LiBeRTì i Egantà Le . . . en VII de la République. A Milan le 8 Floréal, an 7 de la République. Je vous écris chez le général en chef, Citoyen Président, pour vous prévenir que l’ennemi |. passe de force l’Adda et qu'il est instant de s’éloigner. Faites avertir les Conseils. : L’Ambassadeur de France: Rivaup. A tergo: Au Citoyen Président du Directoire Exécutif de la République Cisalpine - A Milan. (1bid.). Î LiBERTì Chambéry Je 16 Prairial ann. VII Rep. Ecanit AU NOM DE LA RÉPUBLIQUE CISALPINE UNE ET INDIVISIBLE Le Directoire Exéchtif Au Citoyen Bignon, Secrétaire de la Légation frangaise près la République Cisalpine. Le Directoire accuse la réception de votre lettre du 15, par la quelle il vous est plu de lui communiquer copie de l’arrété du Directoire Exécutif de la R. F. du 3 courant et la lettre y jointe du Commissaire du Pouvoir Exécutif près l’Administration Centrale du Département de l’Isère. Nous vous renvoyons ci jointes les deux pièces susdites, suivant la demande que vous nous en avez faite par une des vos lettres d’aujourd’hui. Nous ne saurions assez vous exprimer le sentiment de reconnaissance qui a été excité en nous à la vue des dispositions prises à notre égard par le Gouvernement frangais, aussi bien que de l’intérét que paraît dans la lettre du Commissaire et des expressions avec les quelles vous nous en avez donné connaissance. Nous vous devons particulièrement nos actions de gràces touchant l’offre, que vous nous venez de faire de prendre connaissance des dispositions qui . 1. La destinazione del Moreau all'esercito d'Italia era stata annunziata dal Serbelloni al Diret- torio con lettera 1° Fiorile: Moreau giunse in 8 giorni al campo, proprio il dì della sconfitta di Cassano! (Arch. Stat. Mil., cart. cit.). 135 I RIFUGIATI ITALIANI IN FRANCIA NEGLI ANNI 1799-1800 209 peuvent avoir été données ensuite sur notre compte dépendemment de l’arrété du 3 Prairial ci-dessus énoncé. Nous recevrons toujours avec plaisir tout ce que vous serez è portée de nous communiquer à ce sujet. Nous ne pouvons nous dispenser maintenant de vous inviter, Citoyen Secrétaire, à vouloir bien remercier en notre nom le Commissaire du Pouvoir Exécutif, le C" Réal, et 1’ Admini- stration Centrale du Dép' de l’Isère, de l’empressement qu'il se donnent, touchant l’exécution de l’arrété du Directoire Exécutif de Paris, qui nous regarde. Vous nous obliserez aussi en leur faisant sentir que notre intention ne sera jamais d’étre è charge de personne, en conséquence | que nous serommes (sic) bien contents de tout ce que l’Administration de l’Isère croira con- forme aux sentiments d’hospitalité qui l’animent (I). Suivant la teneur de la lettre du Commissaire Réal, nous vous envoyons l’ état. des. per- sonnes qui constituent le Directoire et sa suite. La meme communication a été faite par nous à l’Admimistration Centrale du Département du Mont Blanc, dont nous recumes hier une inter- E pellation semblable è celle du Commissaire Réal. i ] Quand plaira è l’Adm. et au Comm® Réal et qu'ils auront tout arrangé, ils n’auront qu'à nous en avertir. Nous ne partirons d’ici que sur leur avis. Il faut pourtant vous advertir que | nous avons ici un petit Corps de Dragons, qui nous a excortés jusqu’àè Chambéry. Nous ne | saurions prendre aucune détermination sur eux, parce que nous ne voudrions rendre leur sorte (sic) Dlus mauyvaise de ce qu'elle est aujourd’huy. Le volontaire est payé ici sur pied de troupes Ù n frangaises stationnées dans l’intérieur. Mais les officiers n’ont pas de paye et ne regoivent que les fourrages pour leurs chevaux, en réclamant leurs appointemens. Votre avis sur ce parti- | culier nous pourrait servir de règle. Agréez les assurances de notre estime et de notre con- sidération. Salut et fraternité. Le Président du Directoire Exécutif. Par le Directoire Exécutif Le Secrétaire Genéral — Canzona. i P.S. — Nous nous empressons de vous remettre la note des Citoyens Cisalpins, qui se trouvent; è Grenoble, et demain nous vous envoyerons aussi celle de Chambéry. i Passi cancellati e sostituiti come sopra. (I) est hien éloignée d’etre trop è la charge de la Commune de Grenoble. (II) Nous n’attendons maintenant que d’etre avertis qu'à Grenoble notre logement soit prét, | pour nous y transférer conformément è la détermination du Directoire Exécutif de Paris. ? (Ibid.). (minuta). l'era Al citt. Rivaud, ambasciatore della Repubblica francese presso la Repubblica Cisalpina 18 Pratile ‘anno VII. Cittadino ambasciatore, Abbiamo con vero piacere rilevato da recente lettera del citt.n0 Serbelloni, ambasciatore, il felice vostro arrivo in Parigi e noi sentiamo il preciso dovere di felicitarvene. Quand’anche noi fossimo pienamente persuasi del costante vostro interessamento per la Repubblica Cisalpina e pel suo governo, ad ogni modo ci ha fatto un sensibile piacere l’inten- ere dallo stesso ambasciatore Serbelloni, come egli pure ha dovuto riconoscervi animato più | che noi dei sentimenti stessi, dei quali noi abbiamo avuto le più luminose e replicate prove. Noi riconosciamo per un effetto degli uffici da voi preventivamente praticati a nostro riguardo, . la determinazione presa dal Direttorio Esecutivo della Repubblica francese per un assegno di 50 mila, che ci viene significato dal nominato ambasciatore Serbelloni e che crediamo essere pure a voi noto. Il Direttorio vi professa, cittmo Ambasciatore, anche per questo singolare atte- Seri II. Tox. LVII. 27 210 GIUSEPPE. MANACORDA 136 stato di benevolenza del Governo francese verso di noi, i più sinceri sensi della propria rico- noscenza e confida che non cesserete di tenere verso di lui raccomandata la nostra causa, la causa di una Repubblica figlia, alla di cui salute è strettamente legata la gloria della gran Nazione che l’ha creata. ; Ci spiace di dovere in mezzo alle felicitazioni ed ai ben dovuti ringraziamenti trattenervi di un oggetto che ci mette in pensiero ed in imbarazzo. Questo si è il riparto e l'applicazione di detta somma, quando sia pervenuta. Vi è noto, citt9° Ambasciatore, il numero almeno per un di presso dei Cisalpini che si sono ritirati in Francia. Questo numero si è anche accresciuto dopo la vostra partenza. L’Ammini- strazione dell'Isère ha mandato la nota di 34, ma da altri, che vengono da Grenoble, sappiamo — che ora sono molti di più. Alla maggior parte è già nota, e lo sarà in breve a tutti, la dispo- sizione di detta somma. Ciascuno vi conta sopra a misura dei propri bisogni e delle pretese di competenze che crede di avere. Se al Direttorio deve spettare la cura del riparto, ben diffi- cilmente potrà schivare la taccia di parzialità e di arbitrii. Più che facilmente non la potrà evitare, anche nel caso che dal riparto escludesse se stesso, il che forse sarebbe contro le inten- zioni del Governo francese. In ogni supposto il Direttorio vede aperto l’adito alla maldicenza ed al malcontento. — Nella situazione in cui si trova il Direttorio, troverebbe di allontanare da sè nuovi motivi di rammarico. Questo intento si otterrebbe facilmente, qualora da costì partisse la norma precisa e determinata del riparto, alla quale noi ci faremmo giusta premura: di attenerci. Non crediate, citt®° Ambasciatore, che questo sia un eccesso di delicatezza. Nelle circostanze noi riteniamo anzi la proposta come un sicuro e necessario . . .... della nostra tranquillità. Ne abbiamo scritto distesamente all’ambasciatore Serbelloni, il quale si recherà da voi per parlarvene. Noi vi preghiamo instantemente a voler interessarvi in questo argomento che per molti giusti e fondati titoli ci preme. — Attendiamo il riscontro dell’Amministrazione Centrale dell’Isère sull’allestimento di un locale pel nostro alloggio per recarci a Grenoble, giusta la determinazione del Direttorio Esecutivo. Non cessiamo dall’augurarci vicino il nostro ritorno. Intanto, sicuri che il nostro soggiorno costì possa pure promuovere e conferire ai nostri interessi, passiamo a dichiararvi la sincera nostra stima, riconoscenza e considerazione. Il Presidente del Direttorio Esecutivo. CanzoLI Segr.to P.S. Dei riflessi d’ugual natura si sono presentati anche riguardo la nostra traslocazione a Grenoble. Noi siamo contentissimi di rimanere qui, e queste autorità di proseguire a trattarci ospitalmente, massime in ‘un momento in cui la nostra partenza aumenterebbe l’allarme nel Dipartimento e da alcuni viene interpretata come una prova di poca riconoscenza ai tanti tratti di amicizia e fraternità che ci sono qui stati praticati. Ma vi si aggiungono dei motivi ancora della nostra particolare tranquillità. Perciò vi preghiamo, citt"° Ambasciatore, di appog- giarci anche in questo, onde non sia male interpretato questo nostro desiderio. (Abid.). 21 Pratile anno VII. (Al Bignon). Cittadino Segretario, Avendoci il Presidente comunicato che sulla fattavi comunicazione dei motivi da noi Rito vati per comprovare non conveniente, almeno per ora, la nostra traslocazione a Grenoble, voi avete esternato sentimenti di disapprovazione, il Direttorio v’invita, citt®° Segretario, a volergli ; È esternare gli inconvenienti che voi ritenete possano incontrarsi per avere il Direttorio Cisalpino esposte al Direttorio francese, coll’organo del suo Ambasciatore, le riflessioni per le quali crede di sospendere la sua traslocazione. — Il Presidente del Direttorio Esecutivo. Canzori Segret.,mo — (Ibid.). 110 137 I RIFUGIATI ITALIANI IN FRANCIA NEGLI ANNI 1799-1800 211 Circolare aì Commissari del P. E. nei dipartimenti del Crostolo, del Panaro, del Reno, del Basso Po e del Rubicone. Chambéry, 23 Pratile, anno VII. Le vicende della guerra e gli inviti dell’Ambasciatore francese, che son quelli del suo Governo, ci hanno obbligati ad abbandonare Milano per trasferirci a Torino e in seguito a | Chambéry. Noi qui esistiamo sotto gli auspicì della Repubblica madre e qui attendiamo lo | sviluppo dei grandi avvenimenti che si preparano, confortati dalla ferma speranza di veder ben | presto, non solo liberata dai suoi nemici la Repubblica Cisalpina, ma ancora l’Italia, la cui | salvezza è intimamente congiunta coll’onore e coll’interesse medesimo della Nazione Francese, | che tutta è in movimento per questo fine. Noi ve lo annunciamo con fiducia, Cittadino Com- ‘missario : l’aspetto imponente, terribile delle forze che la Francia dispone ci promette un avve- | nire felice. - In aspettazione pertanto dei prosperi cangiamenti che si maturano, noi vi invitiamo, cittno | Commissario, a rivestirvi di quel coraggio che le circostanze richieggono, a donar tutto voi | stesso alla patria, a farne rispettare le leggi veglianti, a ispirare nell’Amministrazione Centrale, cui presiedete, quella fermezza che debbe essere propria dei petti repubblicani e far loro final- mente comprendere che la massima delle sciagure per ogni buon cittadino si è quella di perdere la patria, e che perde la patria chiunque l’abbandona nel momento del suo maggior pericolo !. 4 Col mezzo frattanto del Generale in capo, a cui raccomandiamo la presente, noi vi invi- | tiamo a mantenere con Noi quella corrispondenza che sarà necessaria per informarvi dello stato | attuale del vostro dipartimento e per riceverne quelle istruzioni che giudicheremo del caso, riconfermandovi tutti i poteri di cui prima della nostra partenza già vi avevamo straordina- | riamente investito. 5 SOPRANZI. MontI segret.r° (Ibid.). 24 Pratile, anno VII. RAI Cittno Signor Segretario della Legazione francese presso la Repubblica Cisalpina — Chambéry. i Cittadino Segretario, È Nella responsiva vostra lettera del 21 dell’andante, vi siete compiaciuto, cittadino Segre- ; tario, di accennare al motivo pel quale voi avete ritenuto che il Direttorio abbia appoggiato dal proprio divisamento e l’istanza per la sospensione della sua traslocazione a Grenoble [tras- locazione cui aveva dapprima aderito]. Il riflesso al numero [ed alla qualità] dei rifugiati cisalpini che si trovano a Grenoble; e, | se si vuole anche, alla qualità di taluno fra essi, non sono per molto nel calcolo dei motivi per “= conveniente il IE la nostra braslocazione. Noi Seui POE TORE ORTO ue | vi sia differenza alcuna fra Grenoble e Chambéry, che in caso di progressi del nemico, forza b; sarebbe stato ritirarsi da Grenoble del pari che da Chambéry, ove fosse protratto qui il nostro soggiorno. E ci risultò per conseguenza che la nostra traslocazione sarebbe stata per lo meno di inutile rispetto all'oggetto principale, che sembra dover essere quello della sicurezza. Il secondo FEST bolognesi resistettero infatti agli austro- russi dall'aprile al giugno. Cfr. Zanorini, I, 334 e il passo di una lettera del Foscolo ivi cit. 212 GIUSEPPE MANACORDA 138 deriva da una comunicazione riservatamente fattaci da una autorità costituita, che ci sembrò meritare tutta la fede e la possibile deferenza. Ci fu fatto sentire che se il Direttorio Cisalpino si fosse ritirato da Chambéry, dopo avervi soggiornato non per tanti giorni, e si fosse ritirato in un tempo in cui il non prospero andamento degli avvenimenti di guerra dava luogo a qualche timore, non poteva a meno che si fosse eccitato dell’allarme e in questo Comune e in tutto il Dipartimento, che ciò avrebbe depresso notabilmente lo spirito pubblico, avrebbe dato ansa ai male intenzionati ed avrebbe forse anche prodotto delle deserzioni (sic) dei cittadini e fors'anche dei pubblici funzionari. Il Direttorio prescinde di buon grado dal rilevare il peso di questi motivi. Voi senza dubbio ne sentirete, Cittadino Segretario, tutta l’importanza e ci lusinghiamo che al caso di scriverne voi (ste) di bel nuovo al ministro delle relazioni estere, dargli un cenno dei suaccennati veri e pensati motivi della convenienza di sospendere per ora la nostra traslocazione a Grenoble. Salute e considerazione. Il Presidente del Direttorio Esecutivo. Canzori Segr. no (Abid.). (minuta). * [Minuta di lettera senza data]. Delle ragioni ancor più forti ci hanno determinato a pregare il Direttorio Esecutivo di permetterci di restare qui. Noi ci troviamo qui affatto contenti e tranquilli. Le Autorità hanno per noi tutti i riguardi possibili e il popolo non cessa di darci tutte le dimostrazioni di ami- cizia e di fraternità. Passando a Grenoble, si darebbe qui molto allarme. Noi vi preghiamo di interessarvi affinchè le nostre preghiere su questo punto siano esaudite dal Direttorio. Voi siete stato finora il nostro sostegno, il nostro amico. Noi siamo sicuri che lo sarete sempre, e voi potete esserlo altrettanto della nostra eterna riconoscenza e della nostra perfetta conside- razione. (1bid.). UCAR All’Amministrazione ed al Commissario del P. E. del Dipartimento dell'Isère. (Grenoble). I vostri inviti e le vostre premure per noi ci hanno ricolmi della più perfetta ricono- scenza. Permettete che noi ve ne diamo testimonio e che noi vi assicuriamo che questi sentimenti sono impressi per sempre nei nostri cuori. Tuttavia noi vi preghiamo di sospendere ancora un momento le disposizioni che voi potreste prendere per gli alloggi. In brevé noi attendiamo delle lettere da parte del nostro ambascia- tore a Parigi, che è stato avvertito dell’incomodo che voi vi siete assunto per questa faccenda. (Ibid.). Al citt.» Rivaud, ambasciatore della Repubblica francese presso la Repubblica Cisalpina — Parigi. 7 Messidoro, ann. VII. Cittadino Ambasciatore, Ieri soltanto ci pervenne la lettera che vi siete compiaciuto di dirigerci sotto il 23 Pra- tile. Dobbiamo arguire che non vi sia pervenuta la nostra del 18, che tratta dell'oggetto del riparto dei 50 mila franchi assegnati dal Governo francese e dei motivi che ci avevano indotti. a fare presente la convenîenza di tenere in sospeso la nostra traslocazione a Grenoble. Su ambedue questi oggetti ne scrivemmo contemporaneamente all’ambasciatore Serbelloni, coll’inca- rico di conferire con voi per combinare all’intento. Non rilevando alcun cenno, nemmeno nelle I RIFUGIATI ITALIANI IN FRANCIA NEGLI ANNI 1799-1800 213 lettere Serbelloni, che ve ne abbia parlato, come era stato incaricato, noi ve ne preveniamo, cittno Ambasciatore pregandovi di chiedergliene conto. Vi rinnoviamo i sentimenti e le proteste della più sincera nostra riconoscenza per gli atti Î amicizia che ci avete costantemente dimostrato. Noi siamo più che sicuri che questa non ci | verrà mai meno e ci è poi sommamente consolante il vederne rinnovare le espressioni. SC 1 Direttorio ha sempre confidato nella bontà del Governo francese, nella sua energia e a estensione dei mezzi che gli sono affidati dalla Gran Nazione. Conta e ritiene per costante she voi, citt»° Ambasciatore, non cesserete dal dare, coi vostri uffici e colle vostre rappresen- anze al Governo francese, quella direzione che sia la più gloriosa per la Gran Nazione e nel ‘senso stesso la più favorevole agli interessi della Cisalpina. Possa essa, anche per la vostra interposizione, conseguire una vera ed assoluta libertà. Aggradite intanto, citt®° Ambasciatore, le assicurazioni più sincere della nostra stima e conoscenza. Salute e considerazione. Il Presidente del Direttorio Esecutivo. Canzoni Segret.rio (Ibid.). 4 Dal giornale Le Publiciste. » fessidor, an VII. “ Paris, le 13 Messidor, “ Le citoyen Vincent Lancetti, chef de division au ministère de la guerre de la république cisalpine, et le citoyen Bernard Ambrosioni, membre du Conseil des jeunes, réfugié de Milan, nnent d’arriver è Paris ,. i Dal giornale Le Publiciste. Messidor, an VII. “ Paris, le 16 Messidor, - “ Le frère du citoyen Cerbelloni, employé au service de l’empereur en Italie *, a eu l’in- gable bassesse de s’emparer des propriétés de cet ambassadeur. Cette làcheté serait inconnue sans la générosité d’un fermier d’une des plus importantes propriétés de Serbelloni. Cet e estimable, après avoir obtenu un passe-port sous prétexte d’aller acheter des chevaux Suisse, est passé au travers des deux armées; et arrivé hier è Paris, ila remis à son pro- taire toutes les sommes qu'il avait pu réunir. Nous regrettons d’ignorer son nom? Dal giornale Le Publiciste. lhermidor, an VII. “ Paris. le 8 Thermidor. __—‘L’ancien secrétaire de la légation napolitaine è Paris, Caracioli, a été arreté, il y a fo uelques jours, et conduit au bureau central , . Il conte Fabrizio Serbelloni fratello di Galeazzo, di Alessandro e di Marcantonio, tutti allievi arini (Cfr. Carpucci, l. c.) morì infatti il 13 marzo 1800 alla battaglia di Tubinga, col grado di ale austriaco (Cfr. Oester. Militàr. Almanach, pag. 232, Wien, 1800; ne esiste copia alla Comunale emona). — 2. Cfr. Diario, 19 Messidoro. Il 16 Frimale VIII il Serbelloni scriveva al Ministro egli Esteri francese lagnandosi delle sue private disgrazie, della confisca e di un processo crimi- ale intentatogli : sfio oso invocare, diceva, la testimonianza del 1° Console: egli sa bene la con- che io ho tenuto in Italia e non ha dimenticato per quali motivi mi ha chiamato alle prime iche di Governo ,. Egli richiedeva perciò certe rifusioni di danni (Arch. Min. Est., c. 269). I diritti fono la Rramicia risalgono a un prestito fatto a Genova all’ultimo re dei francesi nel 1785 , 271) 214 GIUSEPPE MANACORDA 140 Corps législatif. | Conseil des cinq-cents. | Discours prononcé par Briot (du Doubs). | En pré- sentant au Conseil trois écrits des patriotes italiens réfugiés. (Paris, Imprimerie Nationale, Thermidor, an VII). Séance du 14 Thermidor, an VII. Représentants du Peuple, Je viens vous offrir un hommage qui doit vous retracer des tableaux douloureux, et devenir en méme temps l’objet des plus importantes méditations. Des patriotes chassés de l’Italie par l’invasion des barbares, condamnés pour jamais è la proscription et à la mort, si la liberté n’est pas reportée et défendue par nos armes dans ces belles contrées, se sont réunis pour décrire les événements qui caractérisent la plus grande, la plus làche des trahisons qui ait déshonoré notre révolution ; ils ont tracé les principaux points de vue sous lesquels doivent étre envisagés nos relations, nos projets et nos opérations en Italie; ils vous adressent l’expression de leurs sentiments, et le fruit de leurs premières réflexions. Le premier écrit que je présente a pour titre Le Cri de Italie. Après une esquisse rapide de ce qui s’est passé lors de nos premières victoires, cet écrit présente le tableau hideux de toutes les intrigues, de tous les crimes qui ont été commis, de tous les moyens par lesquels on a chaque jour cherché à détacher les Italiens de la cause de la liberté; des trahisons, des brigandages publiquement organisés par des agens conspirateurs: cet écrit rappelle plusieurs preuves, plusieurs des faits particuliers è ces divers agens; il signale la plupart des brigands soit Italiens, soit Frangais, qui ont concouru è la ruine et è l’asservissement de PItalie. Le second de ces écrits est un Apercu sur les causes qui ont dégradé Vesprit public en Italie, et sur les moyens de le relever. Il présente les événements plus en grand et sous un autre jour; il se fait remarquer sur-tout par des vues sages, et qui, au premier apergu, semblent franchement républicaines. Le troisiome enfin est une Adresse au peuple Francwis et à ses représentants, par une société de patriotes Italiens réfugiés. Cette adresse qui fixe particulièrement l’attention sur les rapports politiques et commerciaux de la France avec l’Italie, sur le système qu’il convient d’y propager et d’y défendre, ne mérite pas moins de considération et presente des questions de la plus haute importance. far On doutera quelque jour que trois mois aient vu détruite le fruit de trois ans de victoires et de travaux, que des Frangais aient préparé, organisé avec calme et impunité pendant un an, le déshonneur du nom frangais et l’asservissement d’un peuple généreux; que des géné- raux frangais, des agens frangais, aient vendu è des barbares, aux rois ennemis de la France, la liberté des nations amies, les trophées de la grande nation, les bataillons frangais, le sang, la vie de nos défenseurs. Il faudra pour obtenir sur ces faits la confiance de la posterité, il faudra exhumer les noms à jamais flétris des Schérer, des Trouvé, des Rivaud, des Faypoult, des Grouchy et de tant d’autres, qui, après avoir partagé leurs forfaits, vont sans doute par- tager leur chaàtiment. Il faudra peindre l’insolent Trouvé, foulant d’un pied sacrilège la souve- raineté des peuples, de l’autre les traités d’une alliance auguste, déshonorant la France et outrageant l’Italie, proscrivant les amis de la liberté, ordonnant le désarmement des patriotes, pronongant la dissolution du pouvoir exécutif et du sénat, et distribuant sans pudeur les pre- mières fonetions de l’Etat aux agens nommés et payés par l’Autriche, aux méprisables esclaves du plus méprisables des visirs: Rivaud abandonnant les fonctions de représentant du peuple pour aller insulter à la représentation nationale et au peuple de la Cisalpine, consommer le désarmement et la proscription des patriotes, et préparer les victoires de Suwarow et de l’armée d’Autriche: Faypoult organisant le vol et la dévastation, soulevant de toute part les esprits contre les Frangais, voulant courber un sénéral et une armée victorieuse sous la verge finan- 141 I RIFUGIATI ITALIANI IN FRANCIA NEGLI ANNI 1799-1800 215 cière d’un lache et vil satrape, et faisant dresser l’échafaud de Championnet, pour expier le crime irrémissible d’avoir détroné le roi de Naples et chassé les voleurs; Grouchy, protégeant les émigrés et les agens de l’empereur, imaginant dans le Piémont des terroristes et des factieux à désarmer, proscrivant, égorgeant, au nom de la République les patriotes du Piémont échappés à la fureur du roi de Sardeigne. Tx Et après avoir fixé le regard sur ces causes premières de la ruine de l’Italie, il faudra se faire violence et redire encore l’horrible nom de Schérer; de Schérer le ministre des voleurs, le désorganisateur de nos armées, le dilapidateur en chef de nos trésors, de nos arsenaux, de nos magasins, l’affameur de nos soldats; de Schérer dont le souvenir rappellera éternellement l’assemblage de toutes les fautes, de tous les brigandages, de toutes les perfidies, de toutes les trahisons qui ont causé le déshonneur, le chatiment ou la défection des ministres ou des généraux, dont les diverses époques de la révolution nous rappellent les noms déshonorés; on se rappellera ce Schérer protégé depuis un an par quatre hommes contre l’exéeration de la France entière, annongant orgueilleusement qu’ allatt en Italie réparer les fautes de Bona- parte, consommant la ruine de l’Italie et de l’armée avec'la rapidité de la pensée, et revenant en apprendre l’horrible nouvelle è la France, avant méme qu'elle ait entendu le premier signal du combat. i Quoi, Schérer comme général trahit sa patrie, ordonne le massacre de son armée; le lache reste sous Vérone à son arrière-garde, retranché derrière des mets et des bouteilles, tandis que sa cavalerie se perd dans les marais, tandis qu’un feu terrible détruit nos bataillons; Schérer refuse d’armer les patriotes d’Italie et les laisse égorger; il ordonne le désapprovisionnement de Mantoue et du chàteau de Milan, tandis qu'il fait laisser pour deux ans des munitions è Peschiera qui doit se rendre à la première attaque: par son infernal génie les armes et les munitions qui restent sont inutiles, et nos défenseurs désespérés trouvent des boulets de 16 et de 24 dans les forts, où il n’y avoit que des pièces de 8 et de 12; des boulets de 8 et de 12 dans ceux où il n’y avoit que des pièces de 16 et de 24; ils trouvent les obus et les bombes à còté des canons, les boulets è còté des obusiers et des mortiers : c'est encore Schérer qui place les légions et les compagnies polonaises dans les premiers forts qui doivent étre livrés è l’ennemi, afin que ces infortunés patriotes soient irrémissiblement égorgés: le général Schérer fuit, presque sans regarder derrière lui, de Verone è Mantoue, de Mantoue è Milan. et de Milan à Paris: il est poursuivi, dénoncé, accusé par l’armée toute entière, .....Et cette audacieuse trahison, si supérieure à toutes celles, dont il s’est rendu coupable pendant son ministère, n'est ni poursuivie, ni réprimée. Sans doute le Directoire Exécutif appelle à votre attention sur ces idées importantes; peut- etre il vous demandera de proclamer la République d’Italie ! et d’inscrire sur vos étendards la garantie et l’indépendance des peuples amis. Les Romains vendirent le champ sur lequel campoit Annibal; la France a proclamé la République quand l’ennemi inondoit les plaines de la Cham- pagne: c’est parce que Suwarow est è Milan, àè Turin, qu'il est digne du Peuple frangais de déclarer qu'il veut la liberté et l’indépendance de l’Italie, et que la paix et l’amitié de la grande nation s’obtiendront désormais è ce prix. Je n’insiste pas sur ces réflexions, citoyens collègues ; je les crois bien développées dans les écrits que je vous présente. ; 1. Je sais par quels moyens on a cherché è contrarier un des projet les plus dignes du peuple Prangais: pour moi je n'hésite pas è attacher la plus haute importance à la proclamation solennelle et prompte de la REPUBLIQUE ITALIENNE. Je crois y voir attaché la splendeur, les victoires, le salut peut-étre de la grande République. Cet acte de grandeur peut mettre un terme aux calamités et è la dissolution, dont l'Europe est menacée (nota del testo). 216 GIUSEPPE MANACORDA 142 Corps Leégislatifs. | Procès verbal des Séances du Conseil des Cinq-Cents (Vol. 47). | Thermidor, an VII. | Paris, Imprimerie nationale. Séance du 14 Thermidor, an VII. — Page 316. “Un membre fait hommage* au Conseil de trois écrits dignes de fixer l’attention des repré- sentans du peuple: l’un est intitulé: Apereu sur les causes qui ont dégradé Vesprit publi en Italie, et sur les moyens de le relever; l’autre a pour titre: Le Cri de l’Italie; et le troisième est Adresse au Peuple francais & à ses représentants, par une société de patriotes italiens réfugiés. Ces écrits sont relatifs aux malheurs de l’Italie et aux agents du Gouvernement frangais, qui en sont les principaux auteurs, et ne sont pas encore punis. “ L’opinant demande qu’il soit fait un message au Directoire Exécutif pour lui demander compte, 1° du résultat des deénonciations faites contre l’ex-général Scherer, et des poursuites qui doivent étre faites contre lui; 2° des poursuites qui doivent étre faites contre l’ex-ambas- sadeur Trouvé, pour avoir violé la constitution de la, Cisalpine, et le traité d’alliance fait avec cette puissance; 3° des recherches et poursuites qui doivent avoir lieu à l’égard des citoyens Rivaud 2, Faypoult 3, Rapinat 5, Amelot et autres agens dénoncés et accusés d’oppression et de dilapidations, et des généraux Schavembourg et Grouchy ®. “ Le Conseil adopte cette proposition ,. Pag. 317. — “ Le mème membre demande qu'il soit formé une commission spéciale, chargée d’examiner les écrits dont il s’agit, et toutes autres semblables adresses sur la situation de l’Italie et les événemens qui y ont eu lieu:-cette commission examinera spécialement si les écrits déposés sur le bureau doivent &tre simplement renvoyés au Directoire Hxécutif, ou s'ils doivent devenir l’objet de l’attention particulière du Corps législatif. Elle sera également chargée de présenter au Conseil un rapport sur la manière de poursuivre et de punir à l’avenir les crimes des agens diplomatiques ou civils envers les puissances alliées. “ Le Conseil adopte cette proposition: et nomme, sur la désignation du bureau, les repré- sentans du peuple Briot, Arena ®, Eschasseriaux jeune, Garrau et Porte, pour composer la com- mission dont il s’agit. “ Le Conseil ordonne, en outre, l’impression du discours de l’opinant et la distribution, au nombre de trois exemplaires, è chaque représentant du peuple ,. Dal giornale Le Publiciste. 15 Thermidor. Corps Législatif. | Conseil des Cinq-Cents. | Séance du 14 Thermidor. “ Briot fait hommage au Conseil d’un ouvrage intitulé le Cri de VItalie. Des patriotes chassés d’Italie et proscrits, pour jamais, dit l’orateur, si la liberté n’est pas reportée dans ces belles contrées, se sont réunis pour vous tracer le tableau de la plus affreuse des trahisons... 1. Cioè il Brror, cfr. pag. 31, nota 5. — 2. All’Arch. Min. Est. esistono documenti giustificativi del Rivaud per la sua condotta nella Cisalpina (c. 132, 204, 215 ecc.). — 8. Notissimo Commissario francese a Napoli. — 4. Avvocato, cognato del Direttore Rewbell, rapace proconsole francese in Svizzera, pel quale fu fatta una canzonetta che chiedeva nel ritornello, Si Rapinat vient de rapine, Ou rapine de Rapinat. Fu destituito nonostante che difendesse l’operato suo con una memoria a stampa. — 5. Notissimo generale francese, a cui si deve l'annessione del Piemonte alla Francia e la deportazione degli ostaggi aristocratici. Mentre si muovevano a lui tali accuse, egli, in Italia, combatteva a Novi, ove toccava | ben 14 ferite. Più tardi fu noto pel sospetto d’aver tradito a Waterloo. — 6. Potrebbe essere tanto Giuseppe Arena, quanto suo fratello Bartolomeo, còrsi, entrambi rappresentanti, ostilissimi a Napo- leone. Il primo, infatti, fu decapitato il 30 gennaio 1801 per la nota congiura; il secondo, nonostante le sue negative, fu ritenuto autore di quella pugnalata diretta a Napoleone il 18 Brumaio nell'As- semblea, che colpì invece un granatiere. vE6 143 I RIFUGIATI ITALIANI IN FRANCIA NEGLI ANNI 1799-1800 217 “ Briot présente deux autres ouvrages; l’un est une adresse au peuple frangais et è ses représentants, par une société de patriotes réfugiés ; le second est un apergu sur les causes qui ont dégradé l’esprit public en Italie et sur les moyens de le relever ,. Dal giornale Le Publiciste. 30 Thermidor. “ Paris, le 29 Thermidor. “ Le ministre de la police a écrit, le 27, aux administrations centrales, pour leur recom- mander une surveillance plus active que jamais : “ À l’approche des agitations, quand nos ennemis préparent des discordes civiles, le crime, dit-il, rassemble ses légions et vomit dans nos grandes cités, une population qui leur est étrangère. Paris, Lyon, Marseille, Bordeaux, et d’autres com- munes, sont depuis quelques temps peuplées d’intonnus. Que les lois modératrices et répres- sives de ces. transmigrations sinistres soient promptement exécutées. La législation des passe- ports et de police sur les étrangers est suffisante è cet égard*; ne négligez aucune de ses dispositions; que chacun y soit assujeti, sans aucune partialité ,. Gazette nationale, oa Le Moniteur Universel. N. 336. — Sextidi, 6 Fructidor, an VII. Le Ministre de la guerre aux italiens réfugiés. — Paris, le 4 Fructidor, an VII de la Répu- blique francaise, une et indivisible. Ce qui constitue un pays, ce n'est point le sol: c'est un gouvernement libre; ce qui con- Stitue une nation, ce n’est point l’habitant: c’est l’homme libre. Republicains, poursuivez dans votre amour pour la liberté: vous représentez donc ici le peuple de l’Italie! Je vais vous parler de vos intéréts. L'armée d’Italie va reprendre l’offensive. Le digne chef qui la commande, la reconduit dans votre patrie. Partez de suite, patriotes italiens, courez vous rendre au quartier-général de vos libérateurs. Joubert et Championnet organisent des légions italiques. Plusieurs d’entre vous étaient livrés è la profession des armes: ils entreront dans ces corps militaires; d’autres étaient livrés à des travaux civils: ils éclaireront de leurs lumières et seront employés. C'est è ce foyer que doivent se rallumer les feux de votre liberté. Les orands événements, liés au sort de l’Italie, dépendent de l’action simultanée de vos efforts. Soyez un faisceau d’in- struction et de force. Les tyrans, pour vous asservir, avalent commencé par vous diviser. Peut-ètre n’avait-on pas assez prévu le danger d’un système incohérent. Cette faute, comme tant d’autres, sera réparée. Les hommes libres ont appris, à leur dépens, qu’il faut frapper de masse. Voyez la France se lever toute entière en armes! Des rois menacent sa liberté; la nation renaît tout-à-coup plus forte et plus vigoureuse qu’aux premiers jours de la révolution. Un gouvernement robuste et paternel dirige ses généreux efforts. Renonceriez-vous è l’honneur de partager la victoire avec nous? et ne seriez-vous pas pro- fondément affligés de vous le voir dérober? N’y a-t-il pas assez longtemps que le Russe et l’Autriche souillent votre terre natale? Quel est celui de vous qui ne frémit dans tout son étre en fixant cette pensée ? ig: Signé, BERNADOTTE. (Reproduit dans: Réimpression de l’ancien Moniteur, Paris, t. XXIX [1843], p. 784, col. 2). 1. Un certificato di sicurezza si richiedeva ad ogni forestiero arrivante in Francia, ed una visita speciale si faceva agli impiegati di Governi esteri (Diario, 26-27 Fiorile VII). Le pratiche pei passa porti le apprendiamo pure dal Lancetti (Diario, 6 Messidoro e 26 Brumale). Serie II. Tox. LVII. 28 218 GIUSEPPE MANACORDA 144 Archives de la Guerre. 12 Frucetidor, an VII (29 aoùt 1799). Les Italiens réfugiés à Grenoble, au citoyen Bernadotte, ministre de la guerre. Citoyen Ministre, Le silence triste et pensif de l’infortune nous laisse entendre la voix plaintive de l’Italie; un cri guerrier qui nous appelle aux armes se confond avec elle. Constamment flétris par ceux- méme qui devaient se pénétrer de l’importance de nous familiariser è l’école de Mars, sì néces- salire aux républicains, lorsqu’on pouvait, lorsqu’on devait nous y conduire, nous crùmes quelques instants que ce cri n’appartenait qu'à l’émotion de notre devoir envers la patrie et è la sensi- bilité de nos maJheurs: mais des sentiments robustes et généreux l’accompagnaient et bientòt chacun reconnait avec enthousiasme qu'il venait de vous. Vous nous avez parlé, citoyen ministre, et votre discours a été interrompu, suffoqué par des voix désespérées lorsque vous pronongates: Joubert! Joubert! nous nous sommes écriés, notre Joubert n’est plus!..... Quel sort fatal préside donc à l’Italie? quel est done ce génie malfaisant qui se plait è frapper des hommes précieux et à caresser des méchants? il nous a ravi l’Aristide frangais, le vrai républicain, l’ami de l’Italie, le guerrier è toute épreuve: cette perte cruelle (nous nous sommes dit) accroit notre courroux contre les barbares qui désolent nos contrées, ses mànes seront vengées, son tombeau sera éternellement honoré par les italiens. Cette perte funeste (nous avons poursuivi) pourrait-elle se réparer ? Ah! si au ministère de la guerre, sì parmi les généraux..... tout le mond s’écrie, nous aurons un autre Joubert, è ces mots une fiatteuse et puissante espérance adoucit l’amertume qui déchire nos àmes consternées. Qui, citoyen ministre, nous nous voilons (sic) tous è notre patrie, les uns l’épée à la main, d’autres la plume; ceux-ci sauraient aussi déposer la seconde et prendre la première si quelques coups de plus pouvaient entièrement exterminer l’hideuse coalition. Nous marcherons è còté de nos braves libérateurs précédés de cette devise: L’Italie, ou la Mort. L’Italie ou la mort! mais livrera-t-on définitivement l’Italie è son entière indépendance, ou bien servira-t-elle une autre fois, l’astucieuse diplomatie, ou l’avidité de nouveaux Verrès et l’ambition de nouveaux Flaminius? verserons-nous notre sang, pour nos concitoyens, pour nous mémes, ou bien frayerons-nous le chemin è ces étres pervers et è ceux qui, parmi les italiens, ont lachement secondé leurs plans concussionaires et liberticides? Oh, combien cette douloureuse défiance, qui ne peut pàraitre hardie puisqu'elle peut-étre motivée, combien, citoyen ministre, tente-t-elle de paralyser notre ardeur et riotre dévonement à la patrie? pourrons-nous nous glorifier de tenir è une patrie? car vous nous dites que ce qui constitue une nation, ce n'est point l’habitant, c'est l'homme libre. Que dans l’orsanisation des légions italiques disparaisse è jamais, toute idée de démar- cation entre les divers états de l’Italie. Les tyrans pour nous asservir, avaient commence par nous diviser. Que votre gouvernement présente à ces légions des drapeaux portant l’inseription, terrible aux esclaves et chérie par les hommes libres de l’indépendance italienne, qu’une assu- rance solennelle voile, si c’est possible, è notre souvenir, les victimes innombrables des patriotes italiens livrés par des commandants perfides è la fureur de la coalition, qu'on cesse enfin de nous traiter en rebelles, si le caprice de la fortune nous faisait tomber au pouvoir de nos communs ennemis, là où il n'y a jamais eu aucune pacte il ne peut y avoir de rebellion, avons nous eu la lacheté de contracter avec les despotes? les scélérats! ce sont eux qui sont rebelles à la volonté des peuples, è toutes les conventions, è tous les droits. C'est par ces moyens, citoyen ministre, que nous pourrons aspirer à l’Aonneur de partager la victoire avec les phalanges frangaises, c'est alors que rows serions profondément affligés de nous le voir dérober; c'est alors qu'on pourra frapper de masse. Nous qui représentons icy le peuple d’Italie (car il est animé par nos mémes sentiments) nous pouvons déclarer que nos 145 I RIFUGIATI ITALIANI IN FRANCIA NEGLI ANNI 1799-1800 219 concitoyens assurés de leur destinée par les mesures que nous avons indiqué, viendront avec | impatience grossìr nos légions italiques et former ce foyer où doivent se rallumer les feux de notre liberté. C'est alors que..... mais ce n’est pas le temps de prédire ce qu'il arrivera de nous, il faut commander l’avenir. La patrie, la gloire, l’honneur du nom italien, les gémissements de nos frères persécutés, les assassinats exercés sur bien d’autres, votre républicaine invitation, le bruit des batailles, tout ce qui nous environne, tout nous appelle aux armes et aux travaux civils. Nous serons un faiscean d’instruction et de force et bientòt la république frangaise pourra se vanter d’avoir trouvé dans le peuple italien, son plus sincère, plus naturel et plus puis- sant allié. 5) Salut et considération. Grenoble, 12 Fructidor, an VII. P. Polfranceschi Rottigni Pietro Pietro Zorzi di Venezia Barthélemi Zamperini Giuseppe Drovetti _ B. Drovetti Luigi Andreoni Flaminio Massa Saverio Girolami Volpini Dom.°° Ant.° L. Oliva Giorgio Ricchini Albrisi Carlo Milanese Pojana Vincenzo Bartoli Anton Ricardo Cusiani Pier’ Antonio Antonio Giannetti Salvadori Ant° M* Greppi Giacomo Calvi Francesco Girolami Girolamo Archives de la Guerre. Armée d’ Italie. Ursoja Dom.° Giuseppe Maspor (?) Enrico Gazzera Angeloni Bortolo Magnetti Gio Batta Gioachino Roffi Zaramellino Manzi Agnisetta Gian Luigi Taurus Raffaele Greppi Giovanni Nassivera Giorgio Derla, corriere Clas Antoine Assinovich Giovanni Melacini Rocco Antonio Zorzi Luigi Biroti Salvador Collalto Widmann Fantoni Fabris Antonio Francesco Strolinger Giuseppe Camerana Capriata Dominique Giuseppe Panhamy (?) Domenico Voltolini Antoine Restiane Joseph Aymone Michele Cassardi Giuliani Lanzani Antonio Raguzzi Zorzi Chiappottone Calvi Michele Satiroli Pojana Ferd. Geymet Raymond Roux Melacini, capitano Rapport au Directoire Exécutit fait par le Ministre de la Guerre. Le 24 Fructidor, an 7. Citoyens Directeurs, Les peuples d’Italie doivent déjà sentir le poids et la honte de leurs chaînes et de nouveaux efforts les auront bientòt rendus libres; mais, Citoyens Directeurs, la rage du fanatisme et de la royauté a rougi l’Italie du sang des amis de la liberté. D’autres ont échappé à la mort en se renfermant dans les forts, en se rangeant et combattant sous le drapeau tricolor. Ils ont partagé les capitulations faites par nos troupes; mais, par la combinaison la plus perfide, les batimens qui les portaient, è peine sortis des ports d’Italie, ont été la proie des Anglais, qui, sans égard pour la foi des capitulations, ont entièrement deépouillé ces malheureux, mais res- pectables proscrits; ils ont abordé è Toulon dans l’état de dénuement et méme de nudité le plus absolu. 220 GIUSEPPE MANACORDA 146 Le général Championnet, Citoyens Directeurs, me donne cet avis. Plusieurs Italiens patriotes qui se sont réfugiés è Grenoble se trouvent dans le méme cas et sollicitent les plus prompts secours. Ces braves républicains trouveront à donner de nouvelles preuves de leur courage dans la Légion Italique, qui va se former, mais, Citoyens Directeurs, ce sont des secours en argent et des secours prompts qu’ils demandent. Leur dévouement et les preuves qu’ils ont’ données de leur attachement à la cause de la liberté, leur donne le droit de les attendre. Je me hate, Citoyens Directeurs, de vous faire connaître leur position, et ces nobles victimes éprouveront sùrement bientòt les effets de la sollicitude et de la cénérosité de la nation fran- Gaise, protectrice de tous les amis de la liberté. RepuspLica CisaLpina, Anno VII. Chambéry, 8 Brumaio, ann. VIII. R.° Gli infrascritti al Direttorio Cisalpino, 1 La legge 28 Pratile ann. VII R° assegna a sussidio dei rifugiati cisalpini la somma di franchi 200 mila. La quarta parte di questa somma fu pagata a voi, Cittadini Direttori, e da voi quindi distribuita. Fu in appresso nominata una Commissione di Cisalpini in Parigi dal- l’ambasciator Serbelloni, a cui incombe la giusta ripartizione dei sussidi, anche a senso del decreto del Direttorio francese del 17 Termidoro p. p. Sono seguiti altri pagamenti a conto della residuale somma, onde accorrere ai bisogni urgenti dei rifugiati. La Commissione ha pro- ceduto ad una prima distribuzione che contempla soltanto alcuni individui e dimentica tanti altri contro l’espressa volontà della suindicata legge. Nel tempo stesso in cui la Commissione trasmise l’elenco dei prescelti in Chambéry, avvertì anche li medesimi della spedizione fatta di franchi 65 per ciascheduno, ma sono trascorse più decadi ed i promessi sussidi non sono giunti. I pressanti bisogni inseparabili dalla situazione dei sottoscritti, sforzano gli uni a presentare i loro reclami per essere contemplati, e gli altri perchè venghi (séc) loro finalmente somministrato il promesso soccorso. Egli è perciò, Cittri Direttori, che i petizionari vi pregano a reclamare dal Ministro degli affari esteri della Repubblica francese la giusta e pronta distribuzione, tanto delle somme esatte, quanto di quelle che si esiggeranno (sic) in avvenire. Vi auguriamo e protestiamo salute e rispetto. Bassi Gabriele | De Stefanis Giovanni Detto per Antonia mia moglie Detto per Giuseppe mio figlio di anni 15 Cerretti, ministro a Parma Luigi Ceschi S Guidicini, rappt® Guidicini per Dal Fiume rappt® Giannini, rappresentante Tambroni, segrio Monti Teresa Pikler Monti Mingarelli Penci Giuseppe Monteggia Antonio Gambini Giovanni Carlo Grandi Bassi Francesco Bassi Giovanni L. Manfredini Allegri Francesco Campi Gaetano Antonio Scoetta (?) Rosa Carnaghi Francesco Corsini Giuseppe Ceschi G. Bernardoni Vignelli anche per Gio. Perfetti e Manfredini Antonio G. Barbieri (Arch . Min. Est. filz. cit., c. 258-59). C. Nicoli Sisto Cosmati (?) Maria Canzoli Tambroni pel Dr A. Barbieri Francesco Radice Giosuè Aronti Antonio Lucini Anacleto Salvini Fo Domenico Margaritis (Ispettt® Cie al Min'° di Polizia) | Giuseppe Mossi Vincenzo Buzzi Gaetano Moraschino Gaspare Marzorati Giuseppe Comastri 147 I RIFUGIATI ITALIANI IN FRANCIA NEGLI ANNI 1799-1800 221 Archives Nationales AF, IV, 1, pl.5,n° 6 — Guerre, Registré N° 18. | Envoyé au Ministre de la Guerre une expédition le 8 Frimaire. Minute D’ARRÈTÉ. ; Sommaire de l’arrété.. Paris, le 7 Frimaire, an 8 de la République frangaise, une et indivisible. Les Consuls de la République, après avoir entendu le rapport du Ministre de la Guerre, voulant pourvoir, autant que les circonstances actuelles peuvent le permettre, à la subsistances des Patriotes italiens qui ne peuvent rejoindre en ce moment la légion italique, arrétent ce qui suit: = Arm. 1. — Les Italiens réfugiés en France, toucherons sur la revie (sic) des Commissaires des Guerres du lieu de leur résidence une ration complète de vivres qui leur sera fournie des Magasins de la République. Arr. 2. — Dans le cas où ils préfereroient toucher la valeur de cette ration en argent, elle leur sera payée sur le pied de 75 centimes par jour. Art. 3. — La dépense occasionnée par la disposition de l’article précédent sera acquittée sur les fonds destinés à la formation de la Légion Italique et acquittée également sur les reviies des Commissaires des Guerres. BONAPARTE. Rocer Ducos. 14 Frimale, VIII (Cfr. Doc. 8 Brumaio). Il Direttorio Cisalpino al Ministero degli Esteri di Francia. Cittadino Ministro, Diversi rifugiati cisalpini ci hanno presentata la petizione che in originale vi compieghiamo. L’esposto è conforme, per quanto a noi consta, alla verità di fatto. Reclamando essi l’esecu- zione della legge 28 Pratile, nell'adempimento della quale è strettamente interessata la gloria, la generosità e lo spirito di ospitalità di cui si fa pregio la Gran Nazione verso i popoli suoi — amici ed alleati, abbiamo creduto di non poterci esimere di trasmettervi la detta petizione. Sarà vostra penetrazione, citto Ministro, l’adottare quegli efficaci e pronti provvedimenti che vi sembreranno più corrispondenti alle circostanze dei reclamanti, ed alla fiducia che i medesimi in voi solo, cittîo Ministro, possono oramai riporre. Vi auguriamo e protestiamo salute e fratellanza. Tl Presidente del Comitato Esecutivo VERTEMATE FRANCHI. Pel Direttorio Esecutivo Il Segretario Generale CANZOLI. (Arch. Min. Est., filz. cit., c. 268). Ministère des Affaires Étrangères. | Milan, vol. 57, £ 275 recto, | Talleyrand, ministre des affaires étrangères, au ministre de la guerre. | En marge: Au ministre de la guerre. Paris, 23 Frimaire, an 8. Par votre lettre du 5 de ce mois, vous m’avez informé, mon cher collègue, de la résolution prise par votre prédécessur, suivant laquelle les patriotes italiens actuellement è Paris doivent jouir de la moitié de la solde attribuée è le dernière classe du grade correspondant aux leurs dans les armées frangaises, è commencer du jour de leur arrivée è Paris, et jusqu'à ce qu'il leur soit donné une destination ultérieure. 2292 GIUSEPPE MANACORDA 148 En vous remerciant de cette information, je vous prie de vouloir: bien me dire si la réso- lution est précisement limitée aux Italiens qui sont à Paris, et si elle n'a pas été étendue è ceux qui se trouvent dans les départements. Il m’a d’ailleurs été rapporté que vous aviez déterminé certaines villes où ils devaient. se rendre à l’effet d’etre admis dans la Légion italique, et où ils recevraient, soit lesrations, soit la solde qui leur sont attribuées. Veuillez aussi me dire ce qui en est et, en sénéral me donner des éclaircissemens sur la, manière dont la résolution est exécutée. f° 275 verso. — Je vous prie, en un mot, de me communiquer ce que vous avez fait et ce que vous pourrez faire encore pour les Italiens. Ces instructions sont nécessaires pour régler la conduite de la Commission des secours établie dans mon département. Elle a un très grand nombre de malheureux è secourir et ses fonds sont très modiques. Il importe donc de prendre des mesures pour éviter les doubles employs et pour qu’on ne donne pas à ceux qui ont d’ailleurs de quoi fournir à leurs besoins. Salut et fraternitée. [Minute]. Ministère des Affaires Étrangères. | Milan. Correspondance. | Vol. 57, f° 280 recto. Ligerti AU NOM DE LA RfPUBLIQUE CISALPINE, UNE ET INDIVISIBLE EcaLItà Paris, $ Nivose, an VIII. I. G. Serbelloni, ambassadeur de la République cisalpine près la République francaise, au citoyen Talleyrand, ministre des relations extérieures de la République frangaise è Paris. Citoyen Ministre, Le Corps Législatif de la République frangaise, afin d’utiliser le zèle des réfugiés italiens qui désirent de concourir à l’affranchissement de leur patrie, ayant arrété la formation d’une légion italique, je fis à votre prédécesseur quelques observations, dont il fit part au ministre de la guerre sur les inconvénients auxquels elle donneroit lieu, si on y admettoit les militaires cisalpins; et je demandai qu’aucun n’y fùt admis, à moins qu'il ne fùàt porteur d’un congé du ministre de la guerre cisalpin. Or je viens d’apprendre avec surprise que, non seulement nos militaires pourront prendre du service dans la Légion italique, mais qu’une partie de nos troupes est méme destinée à en former le noyeau (sic). Une telle mesure, outre qu'elle n’est pas du tout conforme à la lois du Corps Législatif, qui ne parle nullement des troupes cisalpines, et qui n’a d’autre objet que d’employer les réfugiés italiens, elle entraîneroit la dissolution presque totale de nos ‘/, brigades, qui déjà ne sont que trop affaiblies par les grandes pertes qu’elles ont essuyées dans le cours de cette campagne; en‘ sorte que, à notre retour, nous n’aurions que des misérables restes d’armée, dont on ne pourroit tirer aucun parti. Je vous transmets ci-joint par copie conforme l’extrait d’un rapport fait sur cet objet au Directoire Cisalpin par notre Ministre de la Guerre. Vous y verrez en détail tous les incon- véniens qui résulteroient de l’incorporation de nos troupes à la Légion italique. Je vous prie de vouloir bien en faire part au Ministre de la guerre, et lui renouveller mes instances è ce sujet. Aoréez les assurances de ma haute considération. Salut et fraternité. [Signé :] I. G. SERBELLONI. [Original]. 149 I RIFUGIATI ITALIANI IN FRANCIA NEGLI ANNI 1799-1800 223 Ministère des Affaires Étrangères. | Milan. Correspondance. | Volume 57, f° 292 recto. Le Directoire Cisalpin è Bonaparte, 1°" Consul. LiserTÀ REPUBBLICA CISALPINA EGUAGLIANZA Il Direttorio Esecutivo al cittadino Bonaparte, Primo Console della Repub.* Francese. Parigi. Chambéry, 26 nevoso, an 8. Cittadino Console, L’Ambasciatore Serbelloni ci ha comunicato la notificazione fattagli dal Ministro delle Relazioni estere, che il Governo provyisorio della Repubblica Francese ha dato luogo al Governo definitivo, e che la somma delle cose, a nome della Nazione Francese, è a voi affidata, Cittadino Console, in ciò specialmente che concerne i rapporti della Repubblica con le Estere Nazioni. Quest’avvenimento, che deve formare epoca nei fasti della Gran Nazione, esige pure dal canto nostro le più sincere dimostrazioni. La sorte della Cisalpina, opera distinta delle vostre mani, vi è in un modo del tutto sin- golare interessata. Nel mentre prendiamo da ciò argomento di sempre più ben sperare della Patria, commet- tiamo all’Ambasciatore Serbelloni di presentarvi le leali nostre felicitazioni, pregandovi di voler prestare piena fede a quanto avrà egli a rappresentarvi in nostro nome, e sopra tutto allor- quando vi assicurerà dei fervidi voti che formiamo per la prosperità della Repubblica. Aggradite, Cittadino Console, le assicurazioni della nostra più alta e distinta conside- razione. Il Presidente del Direttorio Es.° Luosi. Pel Dirett.° Es.°, il Segr. Gen. CANZOLI. [Original]. Ministère des Affaires Étrangères. | Milan. Correspondance. | Volume 57, f° 293, recto. Le Directoire Cisalpin è Bonaparte, 1°" Consul. i LiBeRTÀ REPUBBLICA CISALPINA EGUAGLIANZA Il Direttorio Esecutivo al Cittadino Bonaparte, Primo Console della Repubblica Francese. Parigi. Chambéry, 26 Nevoso, an 8. Cittadino Console, I sentimenti che vi siete compiaciuto di comunicarci coll’organo del Ministro delle Rela- zioni estere, ci provano, Cittadino Console, che le vostre grandi occupazioni non vi fanno per- dere di vista un Alleato infelice ed impotente, che non ha che dei voti da offrirvi, e che non è che per la sua costanza e fedeltà e la vostra benevolenza e lealtà ch’egli occupa tutt'ora un posto distinto nel rango degli amici della Repubblica (sic). i Cittadino Console, la Francia vi ha chiamato a salvarla, e voi l’avete salvata. La Cisalpina vi fa sentire da tutte le parti un simil grido per vendicare la sua libertà; non sarà dunque in vaflo che essa vi avrà invocato. No, non sarà in vano, Cittadino Console. Noi veggiamo appros- 1. Dai documenti pubblicati dallo Zanotini (pag. 337-340) si apprende che del Colpo di Stato .di Brumaio il Ministro degli Esteri francese aveva dato partecipazione ufficiale al Serbelloni il 23 Brumaio, e questi l'aveva trasmessa il dì appresso al Direttorio di Chambéry, al quale però il 27 Brumaio riscriveva chiedendo nuove credenziali dirette al 1° Console. Il 14 Nevoso poi il Mini- stero degli Esteri avvertiva il Serbelloni, e questi il Direttorio Cisalpino, dello stabilimento del Governo definitivo: le lettere qui edite sono la risposta a quella. 224 GIUSEPPE MANACORDA 150 simarsi questo felice avvenimento nell’osservare uniti tanti saggi, che organizzano un Governo forte e vigoroso, e tanti bravi che sapranno secondare costantemente le vostre generose inten- zioni. Vedendo infine la nostra sorte nelle vostre mani, nudriamo nel cuore la sicura speranza che colla pace o colla vittoria rimetterete la Cisalpina in uno stato da potere offrire alla Francia un alleato non men sincero, ma più forte e meglio costituito che in passato. Ricevete, Cittadino Console, le assicurazioni della nostra più alta considerazione. Il Presidente del Dirett.rio Es.vo Luosi. Pel Dirett.rio Hs.° il Segret.° Gen. CANZOLI. [Original]. Chambéry, 20 Piovoso, an VIII. Luosi al cittadino Lancetti 4. Aggradii moltissimo la vostra lettera dei 26 Brumale, e mi affrettai a risponderle in data dei 22 Frimale. In detta risposta applaudivo ai motivi che vi avevano determinato a preferire il soggiorno di Marsiglia a quello di Chambéry e di Grenoble, vi rinnovavo i sentimenti della mia stima e del mio attaccamento, e vi pregavo di salutarmi il rappresentante Moccini. Nel mese di Nevoso v’indirizzai un'altra mia. In essa vi pregavo a significarmi ove fosse il generale Vignolle, col quale vi supponevo in corrispondenza, e vi pregavo parimenti ad indi- carmi se costì si ritrovasse il cittadino Bary, già fornitore delle truppe cisalpine:. Non avendo avuto riscontro, supposi che aveste abbandonato codesto soggiorno, e vi foste recato altrove, tanto più che di questo vostro divisamento mi avevate dato cenno nella prima vostra. Informato poscia che voi foste ancora in Marsiglia, ho dubitato che le mie lettere non vi siano pervenute, e che mi sia accaduto anche per le lettere di costì, ciò che mi è accaduto per le altre di Grenoble e di Genova, ove alcuni sedicenti patrioti, erettisi di loro privata auto- rità in una specie di comitato di vigilanza, sì sono creduti autorizzati a levare le lettere, a leggerle e trattenerle come più loro piaceva, e tutto ciò per ispirito di fratellanza, per amore della libertà, per il bene della Repubblica. Quando mai finirà questo strano abuso di cose e di nomi, e quando mai cesseremo di essere tiraneggiati dagli uomini immorali, da questi ipocriti della, libertà ? Io amo ed amerò sempre i veri patrioti, cioè gli uomini tormentati dal sacro fuoco del ben pubblico, della causa pubblica ben intesa, quei patrioti che amano l’ordine e le leggi al pari della libertà, quelli i di cui voti tendono a render tutti partecipi dei beni di questa libertà, anzichè formarne il privi- legio esclusivo della casta dei faziosi, degl’intriganti, quegli [che] vogliono depositare questa libertà sotto la vigilanza o garanzia di una autorità ben ordinata e che ricusano di abbando- narla alla protezione pericolosa di tutti i tiranni popolari, quelli in fine che in vece di disonorarsi, cercano rendersi degni di stima in mezzo alle nazioni straniere, col mezzo della loro integrità, dei loro costumi, dei loro talenti. Io non conosco, e sono persuaso che la posterità non cono- scerà altri patrioti che questi. Scusate questo mio giusto sfogo. Toglietemi dai dubbi e dalle perplessità in cui mi trovo col mezzo di uno vostro riscontro, ed aggradite le espressioni della mia stima ed amicizia, unjta- mente ai sinceri augurî di salute e prosperità. Luost ?. 1. Al foglio 433, ove trovasi l’indirizzo, leggesi di mano del Lancetti: “ Ricevuta a Bourg li 6 Fiorile, anno 8,. — 2. Al foglio 483 v° trovasi l'indirizzo di mano del Luosi: © Au citoyen Lan- cetti, chef de bureau au Ministère de [la] guerre de la R[épublique] Cisalpine. Marseille ,. La parola “ Marseille , è stata cancellata e sostituita “ è Paris ,. Le parole “ è Paris , sono state a lor volta cancellate e sostituite da una terza mano con le seguenti: “ à Bourg l’Ain ,. 151 I RIFUGIATI ITALIANI IN FRANCIA NEGLI ANNI 1799-1800 225 i Serbelloni al Ministro degli Affari Esteri." 14 Germinale, VIII. “ «J'ai l’honneur en outre de vous informer par la pièce ci jointe, que le nombre des Ci- salpins demeurans en France, les militaires excepté (sic), monte environ è 471; dont 400 natifs du pays et les autres ayant le droit de Cité, qui leur a été accordé par des actes legislatifs. “ La classe des autorités civiles et des ex employés est composé de 123: le reste est de réfugiés, quelques uns du moins soidisant tels ,. Quantité è peu près des Cisalpins réfugiés en France qui ne sont pas attachés au service militaire. zz, | __—,--r-—_————r—'r-r-— -. or _=————rr, ——1n12n , | l'a scceRRe a4/8aie 7A TE | A RSS lari DET S| 88 |. È AI Paris 11 iz 84 |13|3|3 |106|19| 9/203| 17 | 40| 2 Chambéry . Brioni 16 99| 4 64 Grenoble il 8 6) 6,2 Ia Ml Marseille 4 7 "SR LI 8| S 25 il NIGER i 1 ta 21| 6 95 En diff. endr. de la France 12 12 RONIARON 5 72 | 19] 4 | 8 |286]84|10]|410| 17 | 45 | 3 (Arch. Min. Est., filz. cit., 319 e segg.) Frammento di lettera di Serbelloni al Ministro degli Affari Esteri. 19 Fiorile, VIILO © Outre les propriétaires réfugiés, une autre classe existe, parmi ceux qui cultivent les arts, et les sciences, tenant une conduite tranquille et satisfaisante. Ily en a enfin un nombre considérables dans les Représentans, Directeurs, ex Directeurs, fonctionnaires, et ex fonctionnaires publics obligés tous de se réfugier par leur opinions poli- tiques pour se soustraire aux cachots et è la deportation, ainsi que le fait ne l’a que trop con- State è l’égard de ceux qu'il y sont resté; j'eus plusieurs fois l’honneur de vous en informer réclamant en leur faveur la protection du Gouvernement. Ce serait un surcroît de malheurs pour ces Citoyens dont les rapports et les habitudes ne leur permettroient de suivre le Corps militaires, de se voir confondre avec quelques autres, dont les principes et conduite équivoques et intrigante en France fait méme supgonner qu’ils n’ayent quitté leur Patrie que pour echapper aux poursuites des Tribunaux, ou pour un espoir spéculatif des secours, mais saurez aussi qu’à l’égard de ceux-ci je n’est (sic) pas manqué, sur l’invitation du Ministre de la Police, qui demande des renseignements sur environ quatre vingt. Cisalpins, de vous dire loyalement mon avis. Je réclame è présent l’exception de l’ordre geénéral pour des Citoyens, dont la moralité et l’amour des sciences interesse qu’ils soyent gardés tranquillement è leur Patrie natale. Les victoires aussi rapides que brillantes les y rappellent déjà. (Arch. Min. Esteri, filza cit., c. 341). P Serie II. Tom. LVII. 29 226 GIUSEPPE MANACORDA — I RIFUGIATI ITALIANI IN FRANCIA NEGLI ANNI 1799-1800 152 852. | Au Citoyen Talleyrand, Ministre des affaires étrangères. | Les réfugiés Cisalpins. Paris, ce 3 Messidor, an 8 de la République. Citoyen Ministre, i Dans le moment que Bonaparte taàche de railler (sc) sous les drapeaux de la victoire les italiens, les Cisalpins réfugiés en France ne pourront pas y accourir faute des moyens? Non, Citoyen Ministre: vous connoissez assez le sentiment qui lie chaque homme è sa Patrie; Vous connoissez les services importants, que tout Citoyen peut rendre à la chose publique, en sardant la sùreté intérieure de leur pays, en combattant l’ennemi mélé aux rangs des braves..... frangais, en s’occupant de l’Administration publique. Ces idées sensibles à votre coeur bienfaisant, suffiront pour vous donner l’empressement de nous pourvoir des moyens suffisants à nous rendre utils à votre Patrie, en donnant pour frais de route, le restant de la somme de 200 mille franes décrétée par la loi du 28 floreal de l’année passée. Salut et respect. Tommaso Pietro Zorzi, Rappte Cis.n0 Bortolo Angeleri Bartoli Antonio Riccardo, pubb.°° prof.t® Poiana Vincenzo Poiana Pierre Joseph Massa Martina Antonio, Ispett.r® Amm®® Cent.le Arcangelo Pizzati Mordeggia Pietro e figlio, milanais Bertoni Francesco Mazzucchelli, milanais Giovanni Castelli, Ispett. di Polizia Battista Ghirardi Bartolomeo Zamperini - avocat du fisc de la Reép. Fr. à Milan Diomede Ugolini, del Rubicone x Gregorio Contarini, Avvto di Ravenna Gerolamo Amaducci del Rubicone Martelli, empl. de l’Adm. d. la Guerre Berò, con la moglie e 5 figli Salvini Anacleto, ex-adm. du Verbano Rocco ? (Arch. Min. Est., filza cit., c. 352). Luigi Trevisani Giovanni Sansolini Massimiliano Barbieri Vignelli A. Savonarola Aronti Mozzi (?) Gerolami, Rapprt® Valeriani Giuseppe, cisn° Boretti Nicola, rappt® Volpini Domenico Antonio Gerolami Saverio Baldini Luigi del Rubicone Smancini, rappte Gambarini Francesco - Ispettore delle Scuole Nazli di Bologna Lodi Angelo Michele, giudice Magnetti Gio. Batt., pubblico professore di belle lettere Piatti Pietro Bottrigari Carlo - Impiegato nel Dipart. del Reno Note aggiunte (cfr. pagg. 57 e 58). I. — Lettere del Lancetti pubblicò G. Narari (Un poeta maceratese, memorie sulla vita e sulle opere di F. Ilari. Grosseto, tip. dell’Ombrone, 1898). 4 II. — La storia documentata di Napoleone, che il Codara attribuisce al Lancetti, probabilmente non è altro che la sua Bibliografia napoleonica; di detta bibliografia fu interrotta la stampa nel 1842 dalla polizia austriaca. Il ms. è conservato dall’avv. Feletti e in parte dalla Biblio- teca di Cremona. Cfr. Rivista d. Bibl. ed Arch., ann. XII, vol. XIV, n° 4, aprile 1900, pag. 64. III — Una lettera di Diodata Saluzzo al Lancetti in data 24 marzo 1836. — V. in Rivista storica della provincia di Alessandria, ann. XI, luglio 1902. ————_—ec@o————-—- LODOVICO ANTONIO MURATORI E LA ‘REPUBBLICA DI LUCCA MEMORIA DEL SOCIO GIOVANNI SFORZA Approvata nell’Adunanza del 9 Giugno 1907. Nel 1714 il Muratori riprese l’opera interrotta delle Antichità Estensi, e invece d’andare in villeggiatura, durante l’autunno fece “ un pellegrinaggio di due mesi ,, rovistando vari archivi d’Italia. Fu “ a Bobbio, a Pavia (1), a Genova, a Sarzana “ed altri luoghi della Lunigiana, a Pisa, Volterra, Siena, Arezzo, Firenze, Pistoia MTeRIZuCCa ,- 1 Nel ragguagliarne il Leibniz, gli scriveva il 19 decembre: “ A Genova nulia “ v'è, o se v'è, non s'è potuto vedere, d’antico ,; “a Volterra vidi gli archivi ,; “in Firenze e Lucca nulla potei vedere, e non mi fu aperto l’archivio episcopale “ di Pisa ,. Aggiungeva: “ In Arezzo trovai memorie della terra Obertenga, e in “ Lunigiana scoprii che fin presso al 1200 la Casa d’Este aveva posseduto in quelle “ parti i suoi antichi feudi, e mi accertai che il nostro marchese Alberto Azzo era “ stato Conte della Lunigiana , (2). In una lettera che gl’indirizzò prima di mettersi in viaggio, toccando di Tommaso Porcacchi, il genealogista de’ Malaspina, da lui giudicato “ pieno di errori ,, aveva finito con dirgli: “ certo è che i Malaspini sono “ all'oscuro delle loro antichità, e me ne son chiarito carteggiando con uno de’ più (1) Fu anche a Tortona. Infatti il 10 di settembre scriveva da Pavia a Carlo Borromeo Arese: “ In breve partirò alla volta di Tortona e di Genova ,. Accenna pure a questa sua andata a Tor- tona nella lettera a Giuseppe Malaspina di Santa Margherita del 10 gennaio 1715: “ Ho sempre “ dimenticato di chiederle se l’archivio episcopale di Tortona conservi documenti antichi. Quando “ jo passai per colà, non v'era monsig. Vescovo, nè alcuno de’ miei padroni che potesse aiutarmi a “ tal ricerca ,. Cfr. Murarori L. A., Epistolario edito da Marreo Campori, IV, 1650, e V, 1700. (@) Op. cit., IV, 1666. 298 GIOVANNI SFORZA 2 “ eruditi fra loro , (1). Intendeva parlare del marchese Giuseppe Malaspina di Santa Margherita (2); al quale, dopo il suo ritorno a Modena, scrisse: “ Spero di “ potere anche più di lei delucidare le antichità concernenti la sua casa: così avessi “ trovato presso il sig. Marchese di Fosdinovo memorie antiche , (8). Da Modena rin- novava a Guido Grandi “ la protesta delle obbligazioni , sue, “ per le tante finezze , da lui fattegli “ godere in Arezzo , (4). Da Firenze, il 19 d’ottobre così ne aveva scritto a Uberto Benvoglienti di Siena: “ Buoni archivi in Arezzo, gentilezza somma “ ancora in quelle parti, sicchè più di quel ch'io pensava mi son fermato in quella “ città , (5). Gli tornò a scrivere da Modena il 17 gennaio del ‘15: “ In Firenze non “ piacque ch'io fossi in Toscana senza portar lettera del mio Padrone Serenissimo, o “ almeno senza presentarmi a S. A. R. Nol feci, perchè non credei che occorresse, e “ niuno de’ padroni ed amici che vidi colà mi avvisò di tal obbligo. Quindi vennero “ l’ombre e poi quel poco di romore ch'ella sa (6)..... Il sospetto fu ch'io cercassi prov- “ visione per le differenze di Comacchio: del che è certo ch'io sono stato alienissimo..... “ Cosimo Della Rena in Firenze stessa ha stampata la sua serie dei Marchesi di “ Toscana, ove a tutto pasto pruova l’autorità antica de gl’ Imperatori. L’Ughelli, fiorentino (cred’io), e in Firenze (7) compose l’Italia sacra, ove ha moltissimi di tali giudizi, e niuno se n'è doluto. E in Lucca, benchè repubblica sì gelosa, il “ Fiorentini provò in tante maniere lo stesso nelle Memorie di Matilde; per nulla “ dire dell’Ammirato..... To poi nulla son per trattare di simili quistioni, e per con- “ fidarle il mio assunto, tratto dell’òrigine ed antichità della Casa d’Hste, senza impugnare alcuno. ‘A questo Trattato aggiungerò un’ Appendice d’antichi documenti; “e farò loro qualche annotazione; e tra questi ella vedrà molti altri giudicati presi in Toscana, ma senza ch’ivi sia nulla, o voglia dir nulla di pregiudizio ad alcuno, non che alla Toscana , (8). Della divisata Appendice, che poi si mutò nell'altra opera: Antiquitates Italicae medii aevi, parla anche al Leibniz: “ Ho raccolto molti “ diplomi e strumenti antichi spettanti ad altro, ma che penso di voler aggiungere “in un'appendice all'opera mia, acciocchè sia maggiormente ricercata dagli eruditi. “ Sto adunque faticando intorno a questa materia, e farò /l’opera in italiano, con “ disegno di tradurla in latino, dappoichè l’avrò pubblicata nella nostra lingua , (9). IN (1) Op. cit., IV, 1615. 4 (2) Apparteneva al ramo di Varzi; era abate commendatario di S. Marciano di Tortona e con- sigliere aulico dell’imperatore Carlo VI. (3) Op. cit., IV, 1653. (4) Op. cit., IV, 1659. (5) Op. cit., IV, 1651. (6) Nel carteggio del marchese Ippolito Antonio Bagnesi, che era al servizio di Luisa d’Orleans, moglie di Cosimo III de’ Medici, Granduca di Toscana, con Rinaldo d'Este, Duca di Modena, vi è una lacuna dal 3 settembre del 1714 al 26 gennaio del 1715. Riesce dunque impossibile chiarire in che consistessero questi “ romori, e ciò che venne scritto e operato per far tornare la calma, (7) Ferdinando Ughelli [1595-1670] nacque infatti a Firenze, ma visse il più della vita a Roma, e ascrittosi all’ Ordine dei Cisterciensi, fu abate de’ SS. Vincenzo e Anastasio alle Acque Salvie. Appunto a Roma, tra il 1642 e il 1648, pubblicò in nove volumi la sua Italia sacra, co’ torchi di Bernardino Tano. : (8) Op. cit., V, 1702. (9) Op. cit., IV, 1666. I MI N RN *— fr eee E hi de 3 LODOVICO ANTONIO MURATORI E LA REPUBBLICA DI LUCCA 229 di Del breve soggiorno da lui fatto a Lucca tocca in più d’una lettera. In quella del 23 ottobre 1714, che scrisse appunto da Lucca, si legge: “ Partii da Firenze il “ sabbato prossimo passato e passai a Pistoia, ove feci la visita di quanto ivi si “ truova d'antico, e ieri sera giunsi qua. Pioggie replicate, strade scellerate, sassi “ immensi, e però mi duol tutta la schiena co’ fianchi per lo grande sbattimento “ de’ calessi. Quello che mi consola si è il vedere che mi vo avvicinando alla patria “e agli Stati del Serenissimo Padrone; ma vorrei che il tempo divenisse buono, “ perchè non-ho gran genio a litigar col Dragone e con la Secchia, fiumi che convien “ passare senza ponti e senza barche. Intanto vo qui disponendo le cose per aver “ l’accesso in questi archivi , (1). Rammenta la sua andata a Lucca anche nella lettera a Pietro Canneti, del 5 gennaio ‘15: “ Mi ricordai subito di lei allorchè “ visitando i mss. della Biblioteca di quel Capitolo, vi osservai un tomo di lettere “ del suo Ambrosio. Ciò le serva d’avviso , (2). Tra gli altri letterati lucchesi, il Muratori strinse amicizia col P. Alessandro Pompeo Berti. Nato il 23 decembre del 1686, l’ultimo novembre del 1702 entrò nella Congregazione della Madre di Dio; e fatti i voti a Napoli il 14 decembre del 1704, tornò in patria, dove si dette allo studio della filosofia, avendo per maestri Costantino Roncaglia e Francesco Franchi, in grido a que’ giorni. Insegnò poi retorica a Napoli e filosofia e teologia morale nelle domestiche scuole della propria Congrega- zione; don Cesare d’Avalos lo fece prefetto della sua libreria al Vasto; a Roma fu consultore della Congregazione dell’Indice. Il predicare gli aprì la via a vedere non poche città e a stringere amicizia ed entrare in carteggio con parecchi uomini dotti. Morì il 23 marzo 1752 (3). Il Muratori si affezionò subito a lui, e gli scriveva il 1° gennaio del ‘15: “ Ha V. R. abilità singolare per gli studi della sacra e profana “ erudizione; v ha genio e sospira d’entrarvi a vele spiegate; ed ecco che la fortuna “ le apre un bel campo, con presentarle davanti l’urna ove si chiudono l’ossa di “ San Pantaleone martire. Me ne rallegro dunque con esso lei, e vivamente la rin- “ grazio, non solo di tale avviso, ma anche del benigno pensiero da lei formato di “ comporre, e d’inviarmi a suo tempo, una dissertazione sopra lo scoprimento di “ cotesto sacro deposito. Mi sarà essa al maggior segno cara; nè io mancherò di “ raccomandarla ai giornalisti di Venezia, affinchè o la stampino intera, o pure ne “ facciano l’estratto, se riuscisse lunga , (4). Gli scriveva di nuovo il 29 di marzo, rallegrandosi che avesse preso a rovistare gli archivi lucchesi. “ Ora.... spero che “ la sua dissertazione potrà uscire ben fiancheggiata, e armata di lancia e scudo. “ Me ne rallegro. Ma bisognava anche poter leggere di quelle membrane che hanno “Ja barba più bianca dell’altre; chè così le sarebbe forse riuscito di andare più “ addietro. Oh che caratteri scomunicati! dirà ella. È vero. Se Dio mi desse la “« grazia che potessi tornar costà (ciò le sia detto in estrema confidenza), vorrei “ ben ch’ella si mettesse gli occhiali e fosse meco alla scuola per imparare un me- (1) Op. cit., IV, 1652. (2) Op. cit., V, 1669. (3) Lucc®esini C., Della storia letteraria del Ducato Lucchese, libri sette, in Memorie e documenti per servire alla storia di Lucca, X, 174-175. (4) Muratori L. A., Epistolario, V, 1697. 290 GIOVANNI SFORZA 4 “ stiere, disgustoso sul principio, ma gustosissimo nel progresso. Basta: vedremo..... “ In una bottega d’un libraio, vicino all’osteria, dove io fui alloggiato, vidi la Storia “ fiorentina di Scipione Ammirati, con le giunte del giovane, in due volumi in foglio. “ Esso libraio ha due botteghe unite. Di grazia, mi onori, senza nominar me, di “ intenderne l’ultimo prezzo; perchè se fosse a buon mercato, la prenderei , (1). Il carteggio a mano a mano andò spesseggiando. “ Auguro una sanità felicissima “ a lei, che ha tanto merito e sì bel genio ,, ebbe a dirgli il 21 di giugno; soggiun- gendo: “ con la soma di tante sue occupazioni non so come ella possa ben soddisfare “ al suo genio erudito. Pure, chi fa buon economia del tempo, fa anche più di quello “ che si possa credere e sperare. Attenderò, a suo tempo, la dissertazione sopra l’urna “ di cotesto santo Martire. Non mi piacque il prezzo della storia dell'’Ammirato, e “ perciò altro non le scrissi intorno a questo , (2). La dissertazione promessa e aspet- tata uscì alla luce col titolo: Lettera al sig. Lodovico Antonio Muratori intorno allo scoprimento delle reliquie di San Pantaleone, martire nicomediense, scoperte nella città di Lucca nel 1714. Come nota il Lucchesini, fu il lavoro col quale il Berti “ cominciò “ad acquistar fama fino dagli anni giovanili ,; e il Muratori lo fece inserire nel Giornale de’ Letterati di Venezia (3), che allora dava in Italia il battesimo della gloria. Il grande storico si struggeva dal desiderio di rovistar parecchi degli archivi della penisola, e fin dal decembre del ’14 se ne apriva confidenzialmente col Leibniz. “ Nell'anno venturo , (son sue parole) “io bramerei di poter dare una: scorsa a “ Verona, Padova e Venezia e di poter visitare quegli archivi. Ma perchè i signori “ Veneziani son troppo gelosi e temerebbero ch'io andassi per servigio di S. M. Cesarea, “o per discoprire in favor degli Estensi cose loro nocive, vorrei francamente palesar “ loro il mio disegno et esibire che nulla copierò senza loro saputa ed assistenza. “ Ma affinchè mi riuscisse più sicuro il colpo, avrei bisogno che V. S. Ila impe- “ trasse una lettera di S. M. Brittannica, in cui sì significasse alla Repubblica Veneta “ che vorrebbe mandar persona (e non nominar me sul principio) a cercare antichità “ prima del 1200 ne’ loro .Stati, e desiderarne la loro permissione ed assistenza.... “ Raccomando ciò alla di lei bontà. Se potessi ancor ottener lettera per la Repub- “ blica di Lucca ne avrei gran piacere, perchè di noi s'ha qualche apprensione, e “ veggendo che è affare di S. M. Brittannica non si dovrebbe più far difficultà; oltre “la maggiore autorità che ha un ufizio d’un Re d'Inghilterra , (4). La lettera invocata e sperata per la Repubblica di Lucca (è soltanto delle relazioni del Muratori con Lucca che mi occupo) venne, ma tardò tanto a venire che Lodovico Antonio, insofferente e impaziente dell’indugio, col mezzo del P. Berti tentò che gli venissero aperti gli archivi ecclesiastici di quella città; tentativo piena- mente fallito, come, del resto, era ben facile il prevedere. Il Magistrato de’ Segretari della Repubblica, che tra le altre attribuzioni aveva anche quella della polizia, subito se ne adombrò e dette un reciso rifiuto. Sta lì a farne testimonianza la delibera- zione da esso pigliata 1°8 d’agosto, che mette conto trascrivere: (1) Op. cit., V, 1719. (2) Op. cit., V, 1738. (3) Tom. XXVII, p. 239 e segg. (4) Muratori L. A., Epistolario, IV, 1666. 5 LODOVICO ANTONIO MURATORI E LA REPUBBLICA DI LUCCA 281 Fu partecipato a lor Sig” (cioè i Segretari) per parte delli SS. canonici Ciuffarini e Fanucci della cattedrale, una lettera scritta da un tale Lodovico Antonio Muratori, modenese, istoriografo, al P. Alessandro Berti di S. Maria Cortelandini fino sotto li 29 giugno (1) pros- simo passato, da Modena, con fare istanza di poter ricavare dall’archivio dei medesimi SS.zi cano- nici notizie antiche di privilegi et altro, per includere nelle sue istorie: e fattesi da loro SS." sopra tale istanza le opportune riflessioni, risolsero si rendessero le dovute grazie per parte loro alli detti SS." canonici Ciuffarini e Fanucci, con rappresentarli non stimare essi proprio che si dia la detta permissione, non sapendo quali conseguenze ne possino derivare al pubblico servizio, con rimettere nelle loro mani la medesima lettera (2). Il Muratori fin dal 19 luglio aveva scritto al Berti: “ Tutto bene: la prudenza “e l’amore di cui mi degna V..R. hanno ben preso e meglio incaminato l’affare. “ Staremo dunque a vedere la risoluzione di cotesto Capitolo..... Il mio maggior “ desiderio sarebbe di visitare cotesto archivio episcopale, ove è il meglio delle “ antiche pergamene, per quanto si può raccogliere dalle Memorie di Matilde del “ celebre Fiorentini. Pel solo archivio di cotesto Capitolo io non saprei bere la “ fatica del viaggio sin costà, perchè nel catalogo di esso io non osservai cose che “ meritassero tanto incomodo, e crederei di potermi sbrigare di colà con poco e “in uno o due giorni. Perciò mi raccomando sopra ogni altra cosa a V. R. per “ l’archivio del vescovato. Quando mi possa essere dato l’adito in esso, allora sì “che farò animo alla mia poca salute per venirla a riverire in persona. E io hen “ confido di ottenere tali licenze; sì perchè chiedo grazia giusta, e costì farò sempre più conoscere la mia sincerità; e sì perchè ho sì buon mediatore. Del resto, mi “ regolerò secondo il suo prudente parere intorno alla lettera del mio Padrone Sere- “ nissimo; la qual nondimeno sarebbe superflua, se si volesse credere a quanto le “ ho scritto nell’antecedente mia (3); e io oso dire che merito mi si creda , (4). In un'altra lettera, di poco posteriore (5), gli dava questi ragguagli: “ Soggiungo ora, “ in confidenza, che quando fui costì si adoperarono per favorirmi il sig. Mario Fio- “ rentini e il sig. dott. Regali. Trovai delle ombre nei signori Canonici per l'archivio “ loro, i cui soli armari mi furono mostrati. Stranamente si figurarono che io potessi “ cercar documenti per l'Imperatore, e fors'anche contra di Roma, e che avrebbero “avuto dei miramur dal Governo. La scusa fu che senza licenza del Capitolo, il “ quale non si poteva allora adunare, non poteva lasciarsi copiare. Informai di tutto “ il signore Arciprete, che trovai galantuomo e ben disposto, non meno del signor “ Regali, e me ne venni via, perchè infatti aveva fretta. Mi fu detto in contidenza “ che il signor Mario, tutto che mio sì buon amico, era stato egli il promotore di “ tali ombre, le quali francamente ripeto che non convengono alla prudenza di cotesti “ Signori e offendono me e chi è mio Padrone. Era in villa Monsignor Vicario Gene- ta (1) Questa lettera è andata perduta. (2) R. Archivio di Stato in Lucca. Magistrato de’ Segretari; reg. 20. (3) È quella del 29 giugno, già ricordata e smarrita. (4) Muratori, Epistolario, V, 1744. (5) È senza data e nell'Epistolario (V, 1824-1825) si ritiene “ scritta prima della metà d'agosto “ e anche alla fine del luglio , del 1716. In quanto al mese niente ho da opporre: l'anno invece è indubitatamente quello anteriore. i 232 GIOVANNI SFORZA 6 n [I R n ES DS FS ES » rale, e Monsignor Vescovo non era per anche entrato (1), sicchè nè pur ivi si potè penetrare. Di tutto avviso V. R. acciocchè ben consideri di chi possa valersi, di chi fidarsi. Fu anche scritto che il signor Nicolao Lucchesini, il quale scrisse costì dopo il mio ritorno in patria, per persuadere ch'io doveva essere esaudito, avesse maggiormente imbrogliata la faccenda. Comunque sia, dico di chiedere una cosa decorosa per cotesta città e lontanissima da ogni timore di pentimento, anzi da abbracciare a due mani; e che se non la ottenessi, la troverei una durezza che non saprei digerire, perchè non vi è nè vi sarà motivo apparentemente giusto di negarmi ciò che ho in tanti altri luoghi conseguito. Ora io prego V. R., giacchè di lei mi fido più che d’ogni altro, che comunichi questi miei sentimenti ad alcuno di cotesti suoi più savi e più autorevoli religiosi. Tale credo io che sia il Padre Sardi. Poscia consulti come si debba regolare per ottenere il fine e a chi debba parlarsene; e se fosse .meglio il far venire la lettera ducale prima d’altri passi, non tarderò ad inviarla. Avuto l’assenso della Repubblica, mi figuro che non si penerà ad ottenerlo anche da Monsignor Vescovo e dai signori Canonici, o potreb- bono raccomandarlo loro gli stessi ministri della Repubblica. Rimetto alla sua prudenza il confidare quanto occorre al signor Regali, o pure il tacere per ora. Se avrò adito di venire, verrò, a Dio piacendo, dopo la metà di settembre. E V. R. non inutilmente mi favorirà della sua amorevole assistenza per impratichirsi degli antichi scomunicati caratteri. Cercheremo anche conto di S. Pantaleone..... Per motivo di buona politica verso cotesti Signori, che paiono alquanto ombrosetti, e per rispetto a chi mi ha compartito tante grazie costì, la prego di trovare il signor Alessandro Buonvisi, col fine di portargli i miei rispetti; e poi, ella come ella, ridendo, gli conti la buona ventura che ci è toccata, e cavi anche fuori la lettera, e gliela legga, essendo meglio che sappia da me, più che da altri, quanto mi è occorso contro mia voglia. L’assicuro che siam di mal umore, e questo cre- scerà, se le grazie durano ,. Il 16 di agosto gli tornava a scrivere: “ Orsù, la decisione è questa: con tutto il buon cuore di V. R., con tutti i suoi amorevoli e premurosi maneggi, io non potrò per quest'anno venire a trovarla. S'io venissi, e dovessi tornarmene con le mani piene di mosche, avrei troppo da rimproverare me stesso. All'incontro, l’aspettare che sia costì bene assicurata la grazia, porte- rebbe del tempo; ed io non ho questo tempo. Sicchè risolvo di differire ad altro tempo, che spero più propizio, il prevalermi de’ suoi benigni uffizi; e intanto mi moverò per pescare in altri luoghi, dove probabilmente incontrerò maggior fortuna. Ciò seguirà fra non so quanti giorni. Non vorrei però che per questo si trala- sciassero le diligenze costì; perchè, se si ottenesse il placet, e mi restasse tempo, forse potrei venire dentro l'autunno, o pure in prima altra occasione. Per conto della lettera del Serenissimo, non posso dirle altro per ora, mentre, avendo io ricevuto solamente ieri la stimatissima di V. R., non mi è restato tempo di comuni- carne i sensi all’A. S. Serenissima. Un punto nulladimeno di gran premura si è, (1) Monsig. Genesio Ambrogio Calchi, milanese, era stato fatto Vescovo di Lucca il 28 maggio dello stesso anno 1714. Morì il 20 gennaio del 1720 a Pisa, dove aveva dovuto ritirarsi a cagione delle sue controversie con la Repubblica. “ 7 LODOVICO ANTONIO MURATORI E LA REPUBBLICA DI LUCCA 233 che quando non vi fosse una segreta intelligenza che la lettera del Padron Sere- “ nissimo dovesse partorir buon effetto, qui non si vorrà azzardarla. Ci andrebbe il decoro di S. À. Serenissima, se venisse un rifiuto; anzi il vedersi negato un favore, che nulla costa a cotesti Signori, che è giusto e che ridonda in gloria loro, non “ potrebbe se non partorire delle amarezze e de’ pensieri di rifarsi. Ma egli è ben “ strana cosa che abbia da poter più costì l’indiscretezza d’uno o di due contra il “ buon senso e la gentilezza di tanti altri. Ora V. R. è da me pregata di parlar “ chiaro a quei signori del Magistrato , [de Segretari] “ che ella crederà più propri, “ informandoli bene dello stato dell’affare, e poscia d’avvisarmene; chè, quand’anche “ le sue lettere non mi trovassero qui, mi saranno mandate dove sarò. Da esse io «“ prenderò le mie misure , (1). Del rifiuto non n’ebbe notizia che più tardi, come si ricava dalla sua lettera del 1° di novembre: “ Dopo il pellegrinaggio di due mesi “ per la parte del Milanese, che non vidi l’anno passato, e per tutto lo Stato Veneto, “ eccomi di ritorno in patria, ove trovo lo stimatissimo foglio di V. R. Ma oh quante x “ ombre, quante difficultà costì per lasciar visitare cotesti archivi! Parmi quasi di “ poter anche conietturare che sia stato detto a lei ch’ella farebbe bene ad impac- “ ciarsi in altro. Ma non per questo vo'io desistere dal supplicare cotesti Signori “ d'una grazia, la quale ho in quest'anno ricevuta infin dai signori Veneziani, che “ pure son tanto misteriosi, avendomi essi non solo permesso, ma procurato (mercò tal d’una lettera scritta a quella Serenissima Repubblica dal mio Padron Serenissimo) “ l’adito in S. Zaccheria e in S. Giorgio maggiore di Venezia, nella cattedrale e “ in S. Giustina di Padova e così nell’altre città, avendone io riportato una gran “ messe di antiche memorie. Non credo cotesti Signori men gentili e cortesi dei “ signori Veneziani. E si ricordi bene V. R. che non chieggo di vedere l’archivio “ della città, ma solo archivi ecclesiastici, e solo per cercar documenti innocenti e “ gloriosi per cotesta Serenissima Repubblica, non volendo io interessi, liti ed affari “ politici. Parlerò in onore di tante altre chiese e città: che dovrei dire di Lucca? “ Io non diffido di ottenere tal grazia, quando mi sarà comodo di venire; ed allora “ premetterò una lettera del mio Padron Serenissimo. Intanto ella si prevaglia di “ tali notizie come giudicherà più a proposito , (2). Tocca della cosa anche nella lettera del 30 novembre: “ Ho inteso quanto basta per conto di cotesti archivi. “ A suo tempo verranno le preghiere del mio Padrone Serenissimo, e intanto si “ porterà costà il sig. Nicolao Lucchesini, il quale vedrà anch'egli di disporre dal “ suo canto le cose. Ma l'ho pregato di non far passo alcuno, se prima non avrà “ parlato con V. R., la quale mi onorerà di suggerirgli quello che le parrà più “ utile..... Adunque si compiaccia di stare in attenzione dell’arrivo di esso signore, “ perchè in breve si partirà per coteste parti , (3). Il Berti gli rispondeva l’11 de- cembre: “ Si è qua fatto il nuovo Magistrato , [de' Segretari], “ ed io tornerò a fare “ nuove istanze per questi sacrosanti archivi. Aspetterò prima però il sig. Nicolao * Lucchesini, ed ho caro che siamo due a sollecitare l’affare. Il sig. canonico però (1) Op. cit., V, 1752. (2) Op. cit., V, 1759. (8) Op. cit., V, 1765. Serie II. Tom. LVII. 30 234 GIOVANNI SFORZA 8 “ di lui fratello mi ha detto che egli non viene più. È vero ciò? , (1). Il Lucchesini, sempre fermo nel proposito di andare a Lucca, per allora non si mosse da Modena. Il Muratori il 16 marzo del ‘16 scriveva a Giuseppe Riva a Londra: “Se avrò “ sanità, nel venturo aprile penso di portarmi a Verona un’altra volta, per visitare “ l'archivio di quella cattedrale. Ma mi premerebbe più di veder gli archivi di Lucca “ e della Metropolitana di Pisa e qualche altro luogo degli Stati del Gran Duca, “ ove le gelosie di que’ Signori non mi permisero l’adito quand’io fui in quelle parti..... “ S'è pensato che S.A. scriva a Lucca, e dovrebbe credersi che non negassero; “ tuttavia siam confinanti, e s'hanno anche sospetti per S. M. Cesarea, e però non “so come andrà. V. S. ne parli al nostro sig. conte Inviato (2), anche a nome di “ S. A. Serenissima, affinchè pensi se fossero da chiedere lettere di S. M. Britannica “ pel Gran Duca e per la Repubblica di Lucca , (3). II “ Avrà ella veduto costì il nostro signor Nicolao Lucchesini e ragionato seco “ del mio affare, avendolo io pregato di prendere da lei que’ lumi che saranno più “ opportuni. Mi rimetto alla loro prudenza , (4). Così il Muratori al Berti. La lettera ‘ è del 3 d’aprile. Il Berti gli rispose il 22 di quel mese: “ Dovrei io cominciare con “un lungo lamento del sig. Nicolao Lucchesini; ma voglio scusarlo, giacchè può “essere che abbia egli scusa legittima, che io non sappia. Dapoi che egli è a Lucca “sono stato ben sei volte a trovarlo a casa sua, e mai s'è lasciato vedere, ancorchè “io sapessi di certo che egli era in casa. Gli ho scritto e non mi ha risposto. Gli “ho fatto parlare ed ha promesso di venirmi a trovare a S. Maria Cortelandini (5); “ma intanto io non lo vedo. L’incontrai un giorno con alcuni cavalieri, e dopo i “ soliti complimenti, mi dette parola di esser da me per il consaputo affare, ma a “ quest’ ora sono passati quasi quindici giorni. So che egli [è debitore di molti, e (1) Gli autografi delle lettere del Berti si conservano nell'Archivio Muratoriano, ora riunito alla Biblioteca Estense, e me ne favorì copia l’amico conte Giorgio Ferrari Moreni. (2) Il “ conte Inviato ,, al quale doveva parlare il Riva, era Fabrizio Guicciardi, che fu spedito da Rinaldo d'Este in Inghilterra al principio del 1715, per complimentare il nuovo Re Giorgio di Brunswick. Il Guicciardi il 3 aprile del 1716 scriveva al Duca: “ Havendomi accennato il Muratori “ le difficoltà incontrate nelle ricerche da esso fatte nelli archivii della Toscana et anche in quelli “ di Lucca, e sapendo io la premura particolare di S. M. per il felice proseguimento di quella Storia, © gliene ho fatto passar parola e sono stato intentionato di conseguire in breve le lettere del mede- “ simo Re al Gran Duca e a quella Repubblica, l’uso delle quali dependerà sempre dalle pruden- “ tissime deliberationi di V. A. S. havendole nelle di lei mani, il che non lascierò di sollecitare ,. Il 24 del mese stesso tornò a scrivergli: “ Nell’ingiunto mio humile foglio spero di potere includere “ le raccomandationi di S. M. a Firenze ed a Lucca, a fine che senza difficoltà il Muratori possa “ visitare quelli archivii a nome di S. M. per maggior sicurezza ,. R. Archivio di Stato in Modena. Cancelleria Ducale. Carteggio degli ambasciatori ed agenti estensi in Inghilterra. (3) MuratorI, Epistolario, V, 1789. (4) Muratori, Epistolario, V, 1794. (5) Così era chiamato il convento dove stava il P. Berti. 9 LODOVICO ANTONIO MURATORI E LA REPUBBLICA DI LUCCA 235 “ grossa somma ancor deve a’ nostri Padri; ma che per questo? Io non vo? già richie- “ derneli, nè mi pare che debba egli fuggire di parlarmi e vedermi. Pazienza! La “ grazia però s’' è ottenuta. Si è letta in Senato una lettera del suo Padrone Sere- “ nissimo, alla quale credo che a quest’ ora avrà avuto la favorevole risposta. Sicchè “V. S. Ill venga e venga presto, per mio consiglio ,. Riguardo al Lucchesini il Berti era in inganno, nè mancò di schiettamente confessarlo al Muratori di lì a pochi giorni. “ Avrà ella ricevuto una lettera che scrissi mercoledì, in cui le diceva “ qualche cosa del sig. Nicolao Lucchesini; debbo ora soggiugnerle come è poi egli “stato finalmente da me questa mattina e mi ha chiesto scusa della tardanza sua. “Ci siamo parlati a lungo del consaputo affare, circa il quale si è egli portato “ benissimo e con prudenza, avendo spogliato delle false loro prevenzioni gli animi “ di alcuni cittadini, prima di far leggere in Senato la lettera di quell’Altezza Ser.ma “Onde prego V. S. Ill=® a non farle pur motto dell’altra mia ,. La lettera del Duca a’ Lucchesi è questa: TM.mi ed Ecc.mi Sigri Per compire una storia che il dottor Muratori, mio Bibliotecario, sta facendo, al qual fine gli ottenni l’adito negli anni passati che potesse visitare gli Archivi della Toscana, del Geno- vesato e degli Stati di Milano e di Venezia, mi suggerisce egli che sperarebbe di ricavare molti buoni lumi anche dagli Archivi ecclesiastici di codesta Repubblica, quando l’E. V. volessero compiacersi di concedergli la facoltà e le assistenze delle autorità loro, acciocchè potesse venire a ricercare in persona ne’ suddetti Archivi le erudizioni che cerca. Le prego dunque a disporsi di accordare alle premure mie e di lui questo favore; assicurandole che non prenderà se non quelle notizie sole religiosamente che potranno servire al suo assunto e tornare anche in soddi- sfazione e decoro della stessa loro Repubblica, per la quale sa ben egli i riguardi e la stima distinta che ho io nel mio animo. A quest’atto delle cortesie dell’EE. VV. corrisponderò sempre io medesimo cogli obblighi tutti ben adeguati; ed intanto colla mia prontezza a servirle, ove meglio, resto per fine Modena, 29 marzo 1716 Dell EE. VV. Serv. RinaLDo D'Este. La Signoria di Lucca gli rispose: Ser.m° Sig. nostra 0ss,®° S’incontrano sempre da noi con sommo gusto le congiunture da satisfare alle nostre obbligazioni e da corrispondere a’ molti favori ricevuti dalla bontà singolare di V. A.; onde con pienezza di volontà siamo concorsi a secondare le premure contenute nell’humanissimo foglio de’ 29 del passato a favore dell’ Historia del dott. Muratori, suo Bibliotecario; e per tale effetto non lasceremo di cooperare affinchè il predetto Muratori possa rintracciare in questi Archivi ecclesiastici le memorie ed erudizioni che desidera per compimento dell’opera. Questo riscontro, sì come porta a noi quel piacere che proviamo sempre nel servire l'A. V., così rende in noi vie più accesa 236 GIOVANNI SFORZA 10 la brama di comprovare frequentemente con le opere la nostra vera osservanza, con cui inalte- rabilmente ci dichiariamo Lucca, 24 aprile 1716 Di V. A1.7® Ser,ma Aff.mi servitori GL'ANZIANI e È de la Rep.* GONFALONIERO di Lucca. Pietro Serantoni Bartolomeo Bertolini (1). Il Senato ne trattò nell'adunanza pubblica del 15 d’aprile e tornò a trattarne in- quella segreta del giorno 21. “ Fu letta , (così nella prima deliberazione) “ una lettera “ del Sig. Duca di Modena delli 29 marzo passato, scritta agli Ece.® SS a favore “ del dott. Muratori, Bibliotecario di S. A., per la missione di poter ricercare nei “ pubblici archivi ancora ecclesiastici tutte quelle notizie che possono conferire alla “ prosecuzione della sua opera historiografa. Qual lettera disse S. Ecc. , [il Gonfa- loniere] “ che si sarebbe trasmessa alla considerazione dell’Offizio sopra le Diffe- “renze , (2). Era quello che si occupava delle relazioni estere. Manifestò il proprio pensiero col memoriale seguente: Hcc.mi Sig. e Ece.mo Consiglio, Si compiacquero VV. EN. trasmettere alla nostra considerazione una lettera del Sig.® Duca di Modena, diretta a VV. EE., da poi essere stata letta nell’Ecc.®° Consiglio, in ordine all'istanza che fa il medesimo Sig. Duca alla Repubblica, acciò voglia permettere al dottore Muratori, suo Bibliotecario, di ricercare negli archivi ecclesiastici di questa città le notizie che desidera per il compimento di un’ historia che va presentemente compilando; onde, havendo noi consi- derato che in detti archivi, e particolarmente in quello dei Sigg. Canonici della cattedrale, ove supponghiamo possino farsi principalmente tali ricerche, non possino esservi che memorie antiche, che riguardino la Casa d’Este, e così pure che venghino a cessare î motivi di gelosia per quelle notizie che potessero haver relazione allo stato della Repubblica, massime ne’ tempi più freschi e moderni, crederebbemo che potessero secondarsi le premure dell'A. S.; tanto più che la persona, che doverà assistere al predetto Muratori nella ricerca delle notizie suddette, potrà sempre haver l'occhio a tutto ciò che potesse portare conseguenze per materie giurisdi- zionali. Et havendo presentito, che l’ Ill.m° Magistrato [de' Segretari] haveva nell’anno passato stimato bene di divertire una tal richiesta, fatta per parte del sig. Muratori a’ SS. Canonici di S. Martino, ricercato da noi V’Ill.m° Magistrato dei motivi, ci ha risposto in termini di rifles- sioni generali, come dalla loro deliberazione degli 8 agosto dell’anno passato, alla quale si sono rimessi; e perciò non habbiamo havuto motivo di recedere dalla suddetta opinione, riflet- tendo particolarmente che havendo il Sig. Duca ottenuta tal permissione da molti altri Prencipi, potrebbe chiamarsi poco gustato della Repubblica quando li desse una negativa per una richiesta, a parer nostro, giusta, e che non può portare al pubblico interesse alcuna con- seguenza. Che è quanto, ec. i L’Offizio delle Differenze (83). (1) R. Archivio di Stato in Modena. Cancelleria Ducale. Archivi per materia. Letterati, busta 46. (2) R. Archivio di Stato in Lucca. Consiglio Generale, deliberazione del 15 aprile 1716. (3) R. Archivio di Stato in Lucca. Offizio sopra le Differenze; reg. 101. k 11 LODOVICO ANTONIO MURATORI E LA REPUBBLICA DI LUCCA 297 Letta in Senato, “ fu rappresentato nella ringhiera, che mentre restasse appro- “ vata la detta relazione, prima di eseguirsi il detto decreto fosse espediente al ser- “ vizio pubblico di procurarsi che per mezzo di persona capace et intelligente fosse “ricercato nell’archivio dei Canonaci della cattedrale se vi ritrovassero scritture e “ notizie che potessero essere di pubblico pregiudizio il manifestarsi; per farle prima “ occultare, avanti che s'introducesse in detto archivio il soggetto raccomandato dal “ detto Sig. Duca per fare la rivista al detto archivio. E promesse S. E. ,, [il Gon- faloniere] “ che restando ottenuto il detto decreto, si sarebbe partecipato al me- “ desimo Magistrato il suddetto ricordo, acciò potesse eseguire quanto era stato “ consigliato in tal proposito. E fu dichiarato questo particolare sottoposto al giu- “ramento , (1). Il Magistrato de’ Segretari, il 7 maggio, trattò “ infatti del ricordo dato nell’Ecc.m° “ Consiglio alli giorni passati, di doversi procurare che si facesse fare il riscontro “ delle scritture dei SS." Canonaci della cattedrale, per fare remuovere da esso ar- “ chivio quelle che potessero pregiudicare al servizio pubblico, prima che si porti qua “il dottore Muratori, Bibliotecario del Sig. Duca di Modena, che ha avuto la per- “ missione di vedere e ricercare tutte le scritture che sono in detto archivio, per “formare un libro di historie, che va facendo ,; e incaricò Cesare Rapondi, uno dei componenti il Magistrato, “ di parlarne con li deputati dei detti SS.ri Canonaci che “ soprintendono al detto archivio per andarne di concerto con i medesimi , (2). Il Muratori, 1’ 8 di maggio, così esprimeva al Berti la propria contentezza “ Lodato Dio che si son costì superati gli ostacoli, che veramente non eran giusti * perchè chi mi conosce sa ch'io non son capace d’abusarmi delle grazie altrui e ab- “ borrisco forte l’ingratitudine. Io non avrei tardato a venire, anche per seguire gli “amorevoli consigli di V. R.; ma ho troppi impedimenti per ora. Mi conviene prima “andare a Verona, ove m'è restato un archivio importante da visitare. E perchè con “un viaggio vorrei far due servigi, ed io non potei vedere un archivio in Toscana, “che mi premeva, vorrei prima che fosse fatto negozio ancora per quello, affinchè ‘“ venendo costà, potessi ancora soddisfare all’altro desiderio. Finalmente io non sono “ buono da nulla nel tempo caldo, e mi assassinerei affatto se volessi lavorar con “ fretta, siccome è necessario in tali occasioni. Sicchè i miei pensieri sono solamente “ di varcar l'Appennino verso il fine d'agosto, se il Signore Iddio vorrà , (3). Il 26 di giugno era già di ritorno dal suo “ viaggetto ,. Fu alla Badia della Vangadizza, ma con poca fortuna (4). Gli restò tempo d’andarsene “la sera a Legnago e il giorno “ seguente a Verona, Quivi pure andò male la faccenda ,, perchè, sebbene avesse portata seco “la chiave per aprir l’uscio di quell’archivio ,, trovò “ che v'era un cate- “naccio di dentro ,. Se ne volò dunque a Mantova, dove con “ facilità , vide “ quel “ poco che v'era , (5). Molto gli rincrebbe d’essersi “ preso l’incomodo di tornare a “ Verona per visitare l'archivio di quella cattedrale , senza frutto alcuno. “ Con tutta (1) R. Archivio di Stato in Lucca. Riformagioni segrete, deliberazione del 21 aprile 1716. (2) R. Archivio di Stato in Lucca. Magistrato de’ Segretari, reg. 20. (3) MuratorI, Epistolario, V, 1802. (4) Op. cit., V, 1813. (5) Op. cit., V, 1815. 238 GIOVANNI SFORZA 12 “la vanguardia della Ducale di Venezia ,, scriveva al Riva, “ non ho potuto pene- “ trarvi, e però me ne tornai con un po’ di caldo al naso , (1). Dell’opera incominciata dava questi ragguagli a Giuseppe Antonio Sassi: “ Le Antichità estensi ed italiane (così “Ja intitolerò, e non Codice diplomatico) non son già nello stato che vien supposto da “V. S. Ill ma, La mole è grande, e i miei affari moltissimi, e però mi convien andare “adagio, oltre al restarmi un viaggetto da fare , (2). Era quello di Lucca. “ A me “ pare che le rispondessi e le dicessi, (ebbe a scrivergli il Berti l'8 di luglio) “che dopo la partenza del sig. Lucchesini, i sig! Canonici di S. Martino erano en- “ trati in pretenzione d’esser di nuovo pregati della consaputa grazia; imperocchè “avendola essi negata, dicono, per incontrare il gusto dell’Ill.m° Magistrato, preten- .£ dono che si ritorni a loro con supplica; e ciò forse per non parere di esser fatti “fare dal Principe secolare. Io però ne parlai col sig.* Arciprete, il quale mi disse, “ che il Principe stesso, il quale avea preso l'impegno di soddisfare alla richiesta di “ quell’Altezza circa questo punto, dovea parlarne a lui, e che egli allora ne avrebbe “ fatto consapevole il Capitolo, il quale non avrebbe per certo avuta alcuna ben mi- “nima difficoltà. Se ciò non ha ella saputo con altra mia, è bene che di presente “lo sappia ,. Il Muratori gli rispose: “ Mi dice il sig. Nicolao Lucchesini ......che “qualora io voglia venire, troverò pronte le chiavi di cotesti archivi. Adunque, a “ Dio piacendo, se altro non occorre, penso di venirmene, calato che sia il caldo della “ stagione. Ma perchè in que’ giorni che dovrò costi fermarmi vorrei una stanza “quieta per me e per lo stesso amico con cui venni l’altra volta, prego V. R.: d’in- “formarsi, e di trovarmi, se sì può, o una locanda, o una casa particolare, ove pos- “siamo stare e mangiare quello che ci aggrada. Noi siamo gente parca nel vitto, “ perchè studiare e dar molto alla bocca non si possono accordare insieme; e tanto “ più poi costì si dovrà mantenere il buon rito, giacchè vi sarà da tener la testa “ fitta sul tavolino. Aspetterò sopra ciò qualche avviso dalla di lei bontà , (8). Le cose però erano, in parte, lontane dal correr liscie e da tenersi come affatto appianate. Stanno lì a farne fede due Jettere del Berti, una del 5, l’altra del 15 agosto. Nella prima gli dice: “Se io non avessi un’ altissima stima {del suo gran merito e “non conoscessi che v'è della gloria per me in servirla, mi creda, sig. Muratori “mio carissimo, che io mi pentirei d’essermi impegnato nel consaputo affare degli “ archivi; imperocchè niuna persona onorata comparisce partigiano d’un furbo, di uno “che ha scritto contro i Sommi Pontefici, d'un nemico della Chiesa e d’un eretico. “Questo è il ritratto che ha fatto di V.S.Ill.® presso il nostro Monsig. Vescovo ed alcuni di questi signori il sig. Mario Fiorentini dopo che ha saputo che ha ella avuto la permissione di venir qua per il suo intento. Non soddisfatto egli di ciò, tutto giorno è in giro ad accender fuoco, e sembra un fanatico, talmente che “ ha fatto temere d’aver perduto il giudizio affatto. A Monsig. Vescovo ha fatto alta- “ mente apprendere il non averle V. S. Ill.ma scritto e l’esser ricorso, come si dice, “ per l’archivio del Vescovato al Principe secolare. Oggi, che io gli ho parlato, l’ho “ (1) Op. cit., V, 1816. (2) Op. cit., V, 1819. (8) Op. cit., V, 1825. st it TASSATO 13 LODOVICO ANTONIO MURATORI E LA REPUBBLICA DI LUCCA 239 “truovato ancora molto prevenuto contro di lei, e mi è arrivato a dire che nell’ar- “ chivio del Vescovato non c’entrerà. Ho poi saputo che ha continuamente agli orecchi il suddetto sig." Mario. Questi Signori poi sono imbarazzati per averle dato licenza e promesso di assisterlo nell’affare stesso; poichè il sig." Fiorentini va escla- mando che hanno fatto pessimamente. Io mi aiuto, e Dio sa quanto, a mostrare la sua retta intenzione ed a fare delle attestazioni per ella. Ma bisognerebbe che io non avessi per ora altro da fare che stare in giro per lei continuamente. To però non dispero affatto del buon esito del negozio, essendo che vi è pur qual- cheduno che la intende bene, e fra gli altri Monsig. Vicario Sardi e Monsig. Arci- prete Bartolomei. Se però volesse V. S. Ill.ma scrivere una lettera a Monsig. Ve- scovo e scusarsi di non averli scritto e supplicarlo della sua assistenza, io me ne rimetto alla prudenza sua. Egli è ben vero che adesso si accorgerà che viene da “ me. Pure faccia ella. Io mi fido della sua virtù, e son certo che ella si servirà di “ queste notizie, quanto solo si deve. Se V. S. Ill.® veniva subito dopo la lettera del suo Padrone Ser.® non ci trovavamo forse a questo. Io non aggiungerò più altro, benchè potessi dir molto. Son troppo amareggiato dal procedere del sig.* Fio- rentini, e se V. S. sapesse tutto, non potrebbe di meno di non scrivere contro di lui ,. Finisce con una preghiera e un consiglio: “ Per tutto il suddetto V.S. non si trattenga però dal venir qua presto ,. Nell’altra lettera scrive: “Ieri vidi il sig: Mario Fiorentini e mi disse che avendo saputo che io era amico di V. S. Ill m® mi pregava a volerli scrivere in sua giustificazione: che egli non avea mai detto “che V. S. Ill. fosse un eretico, che egli l’avea servita altra volta e che sentiva con disgusto che le fosse stato scritto in contrario della verità; oltre altre molte cose, che taccio e che le dirò poi qua, ove spero che tra poco a lungo riparleremo. Finì insomma promettendosi di rinvenire chi era stato colui che avea scritto a V. S. Il. circa di ciò e minacciando di fare le sue vendette. Io siccome li pro- misi di fare presso V. S. questa parte, così di presente facciola. A Lucca ci ripar- leremo..... Monsig. Vescovo ha voluto ritenere presso di sè la lunga lettera che circa questi archivi V. S. mi scrisse una volta (1); la quale io feci a lui vedere, per sua giustificazione ,. La risposta del Muratori fu questa: “ Non è sola V. R. ad accennare quanto costi si sia fatto e si faccia da quella tal persona, la quale non si dee essere molto consigliata nè colla prudenza nè colla coscienza. Altro concetto hanno di me tant’altri e specialmente i cardinali e lo stesso Papa, siccome oggi scrivo a cotesto Mons. Ve- scovo, essendosi creduto qui necessario ch'io gli scriva. Da altra parte, il ripeto, son qui giunti gli stessi avvisi, ma con questa differenza, che mi si prescrive il portarmi costà solamente verso la festa della Croce di settembre (2), nel qual tempo sarà tornato dalla visita il prelato, con supporre che il medesimo sarà per favo- rirmi. Allora porterò per lui lettera del mio Padron Serenissimo. Prima non doveva “ farsi, perchò toccava a cotesti Signori, autori principali della grazia, il fare i passi “ convenevoli col prelato suddetto. Dio buono! come è mai brutto il mondo! come “le passioni giocano anche in cuore de’ migliori e di quei che si credono più saggi « x » ES » x ES » K “ K (1) È la lettera del 29 giugno 1715, più volte ricordata, che andò smarrita. (2) La festa del famoso Volto Santo, che si celebra a Lucca il 14 di settembre. 240 GIOVANNI SFORZA 14 “ degli altri. Intanto mille grazie al suo finissimo amore. Così, a Dio piacendo, meglio “la discorreremo..... Se verrò, siccome spero, costà, mi lusingo di far conoscere ch‘ella “non ha preso a proteggere persona indegna delle grazie di loro e di lei, (1). Il Berti replicava il 23 dello stesso mese: “ Ho ricevuto due sue lettere, una de’ 7 agosto “e l’altra de’ 14. Rispondo ad amendue con dirle in sostanza che circa la festa della “ Croce ella venga allegramente, poichè è provveduto tutto. Mi assicura il sig* Ales- “sandro Buonvisi, uno de’ due cavalieri che hanno questo affare per le mani, che “V. S. Ill rimarrà pienamente servita e largamente soddisfatta a dispetto di chi “non vorrebbe. Io le ho truovato una locanda, ove ella con l’altro amico potranno “ stare, e mangiare ciò che loro aggrada. Averei veramente, carissimo sig. Muratori, “ presa volentierissimo questa occasione di servirla della paterna mia casa; ma è essa, “ di presente, sì piena di cognati e cognate, che non è stato possibile, singolarmente “con la quiete e libertà che V.S. Ill.ma desidera. Mi creda ch'io v'ho patito e v'ho “ provato non ordinaria mortificazione. Venga dunque e sia persuaso che persona “non v'è la quale più desideri di qua riverirla di me ,. Della lettera che il Muratori scrisse a monsig. Genesio Ambrogio Calchi, ve- scovo di Lucca, il 14 d’agosto, per buona fortuna conservò la minuta tra le sue carte; documento per più conti notevole. Gli diceva: Rev.mo Padre, Sig. mio e Padrone colendissimo, Sr Poca fortuna ebbi io costì l’autunno passato, perchè capitai in tempo di piena villeggia- tura. Vorrei sperarla migliore nel venturo, e perciò eccomi a far confidenza de’ miei desiderj a V. R., parendomi ella attissima, e pel suo merito e per l’amore che mi porta, a favorirmi. Ho preso ad illustrare i secoli barbari, per via di antichi documenti, siccome hanno fatto il P. Mabillone, il Baluzio, il Fiorentini, ete., e potrebbe giovare non poco a questo mio disegno il visitare cotesti archivi del Vescovato e della Cattedrale, siccome ho fatto [per] quei d’altre città dello Stato di Milano, del Genovesato, di quasi tutta la Toscana, di Parma, etc. Già ho all’ordine una gran raccolta di carte vecchie, a cui hanno altri contribuito dallo Stato Veneto e dal Regno di Napoli. Ora il mio Padron Serenissimo è per iscrivere a cotesta Repubblica per pregarla di permettermi l’adito in cotesti archivi, con le condizioni (che soggiugnerò. Ma prima che io faccia spiccare la lettera ducale, mi è paruto bene di esporre tutto a V. R. e insieme di pregarla che voglia comunicarlo a chi ella crederà più proprio per condurre a fine questo affare, che, secondo me, è picciolissimo, ma che forse potrebbe comparir grave a chi non sa ch'io, per la Dio grazia, mi pregio essere persona onorata, o pure non riflettere che il mio Padron Serenissimo non sarebbe capace di chiedere cosa alcuna di cui avessero cotesti Signori a pentirsi d’averla accordata. Le dico adunque, altro non desiderar io che documenti dall’anno 600, se ve n’ha, sino al 1200, cioè fondazioni di monasteri, chiese, spedali, bolle di Papi, privilegi d’ Imperadori e Duchi, donazioni e contratti di Marchesi, Vescovi e Signori distinti, cioè carte tali che possa tornare in vantaggio dell’erudizione antica il pubblicarle. Non cerco nè voglio cose che potessero nuocere o dispiacere alla S. Sede, a Principi, a Vescovi, nè ad alcuna privata persona, e molto meno a cotesta Ser.®® Repubblica. Solamente ne bramo di quelle che possano tornare in gloria d’essa Repubblica, alla quale m’ingegnerò di far onore secondo la mia possa e di mostrare la mia gratitudine per tal favore. E quanto più saranno gloriosi per lei i.documenti, tanto più volentieri li pubblicherò ed illustrerò. (1) Epistolario, V, 1828. IA I IO n 1, 15 LODOVICO ANTONIO MURATORI E LA REPUBBLICA DI LUCCA 241 Per assicurarsi bene di questa mia retta e sincera intenzione, pregherò cotesti Signori di volere, oltre a V. R., accordarmi per assistente chi sarà da loro giudicato più proprio, e nulla farò se non sotto gli occhi loro. Di più, nulla copierò senza loro approvazione. Anzi, copiato ch'io abbia, se così vorranno, mi esibisco di lasciare in loro mano tutte le copie, affinchè possano bene esaminarle e decidere se vi fosse cosa che mai potesse parer loro pregiudiziale; il che però (siane ella certa) non si truova negli archivi quando si sta in sole anticaglie, come le desiderate da me. Che se mai facesse ombra ad alcuno l’esser io servidore d’un Principe confinante, convien pregarlo di ricordarsi che non cerco cose dopo il 1200; e perciò nulla bramo e nulla curo di que’ tempi, ne’ quali solo possono essere occorse delle differenze di confini o di giurisdizioni, e che sarà troppo facile il conoscere ch'io non ho minimo pensiero di simili litigi, ma che cerco costà ciò che l’autunno passato ho procacciato a’ miei disegni letterarj per tante altre città d’Italia con le quali nè ha nè può avere interessi la Casa d’Este. Potrebbe ad altri nascere sospetto ch'io potessi avere in mente di cercare ricapiti per promuovere i diritti imperiali, o che almeno, s’io non ho tal disegno, i documenti stessi ch’io = desidero potessero, senza ch'io ci pensassi, promuovere essi diritti e nuocere in qualche parte a quella libertà, che costì quietamente si gode. Ed io rispondo con tutti i più santi giuramenti d’esser lontanissimo da così fatto disegno ed incapace di tanta indegnità; che indegnità appunto sarebbe il richiedere cose a cotesti Signori le quali potessero tornare in loro danno. Seconda- riamente, non potrebbe venire se non da poca cognizione e sperienza il sospettare nocumento dal divulgare le carte ch'io vo cercando; perchè non c’è persona, tinta alquanto di letteratura, che non sappia, che negli antichi tempi gl’Imperadori avevano i loro diritti in Lucca, nella Toscana tutta e sopra tutto il Regno della Lombardia. E chi volesse nascosa tal verità dovrebbe prima far bruciare infiniti libri, che la mostrano più chiara del sole. Ma ciò nulla nuoce nè può mai nuocere allo stato presente delle cose. Manifesto è che Lucca con altre città compe- rarono o sotto Ridolfo I circa il 1200, o sotto Carlo IV circa il 1360 la libertà, e 1’ hanno goduta di poi e la godono pacificamente, nè alcuno degli Augusti, benchè consapevole degli antichi tempi, contrasta loro tal'prerogativa. Anzi l'hanno essi di mano in mano confermata e la confermano a cotesta Repubblica; la quale non ha avuto veruno scrupolo di dare alle stampe tutti i suoi privilegi, anche degli ultimi tempi, e gli ho veduti io, beri sapendo che tanto essa, quanto assaissime altre città d’Italia e spezialmente di Germania sono mantenute, o sono da mantenersi nello stato presente, senza che possa in guisa veruna opporsi la cogni- zione dello stato antieo. E se così non dovesse essere si sconvolgerebbe tutto il mondo. Ma per maggiormente chiarire tal verità, si vuol ricordare che il celebre Fiorentini nella Vita di Matilda più degli altri ha portato per extensum molti di que’ documenti, de’ quali anch'io vo unicamente in traccia. Non è venuto un menomo danno ; e sarebbe anche ridicolo il temerne. Di più, l’Ughelli nell'Italia sacra ha pubblicato tanti privilegi imperiali anche dello Stato della Chiesa, di Venezia e di Lucca, e niuno s’è mai avvisato che ciò possa ridondare in danno di chi ricevè tali privilegi. E pure lo Stato della Chiesa pretende ben più che non fa ogni altro in questo genere. Anzi i Papi hanno lasciato stampare quell’opera e ne lasciano tuttavia pubblicare dell’altre, come ultimamente quella d’Osimo (5), ete., ove non s'ha menomo serupolo di dare alla luce diplomi imperiali de’ vecchi tempi; perchè si sa che questi giovano ad illustrare l’erudizione, ma non possono già nuocere ai diritti e al possesso de’ tempi pre- Senti. Torno dunque a dire, che non c’è, nè ci può essere motivo alcuno di negare questa (1) MarrorenLi L., Memorie historiche dell’antichissima e nobile città di Osimo, In Venezia, presso Andrea Poletti, 1705, in-4°. Serie II. Tox. LVII. 31 242 GIOVANNI SFORZA 16 soddisfazione alle istanze del mio Principe e questa consolazione a’ miei studj: e se si avesse pure qualche ombra o difficultà, basta accennarla, che pienamente si soddisfarà. E maggior- mente si chiede con fidanza e si spera tal grazia, perchè ciò dee ridondare solo in gloria di cotesta nobile città, la quale farò io anche conoscere mercè d’un documento da me trovato, ch’essa anticamente era capo della Toscana. Oltre di che, non si può dire che henefizio si rechi agli stessi archivi col divolgarne i più splendidi documenti. L’incendi, le guerre; le sedizioni ed altre disgrazie rubano o fanno affatto perire gli archivi. Ciò che è stampato non si perde più. Insomma, dovrebbe restarsi obbligato al genio di chi fatica per tali imprese e fa nomi- nare le città anche oltremonti per cagione de’ loro archivi (1). La risposta del Vescovo si fece aspettare a lungo, e per verità non fu tale da soddisfare il Muratori. Gli scrisse: Molto Illre e molto R.10 Sig.” mio oss.mo Doppo ritornato dalla visita pastorale di questa diocesi, che fu venerdì passato, ho ritro- vata una di lei compitissima, nella quale comprendo il rammarico che ella ha nell’haver inteso sia stato parlato meco puoco bene della sua persona, alla quale devo rispondere non poter io in modo alcuno asserire tal cosa, havendo una stima ben distinta del di lei merito, onde vorrei essere in caso di servirla secondo il mio desiderio. Stimo però bene avvisarla, che non havendo io havuto notizia alcuna delli archivi di questa città prima che mi fossero fatte le istanze di compiacerla nelle sue brame, ho voluto dapoi informarmi, ma con troppo mio dispiacere ho ricavato che essendo state le chiavi di questo del Vescovato in mano di persone diverse, secondo i diversi tempi di vacanze di questa Chiesa, non si ritrovarono più quelle scritture e docu- menti che forse potrebbero esser confacenti al disegno; onde al suo arrivo qua non potrò havere forse compita la consolazione di cooperare alla bella istoria che ella vuol perfezionare, benchè sia certo che in altri paesi non le saranno mancate abbondantissime le notizie di sua piena soddisfazione; mentre resto con offerirmi per sempre Di V. S. m.to Ill. e m.t0 Rev.&da Lucca, 8 settembre 1716 Aff.mo servitore Gengsro Vescovo di Lucca (2). Era stata preceduta da questa lettera di Mario Fiorentini: Ill.mo Sig. mio e padrone colmo Con somma displicenza ho potuto penetrare che da persona poco amorevole, per non dir maligna, siano state scritte a V. S. Ill.ma cose indegne nè mai sognate non che dette da me, e Monsig. Vescovo ne farà sempre piena et indubitata attestatione e dirà il mio operato in suo servitio. Io rimasi talmente confuso, particolarmente in sentir espressioni di. eretico e di furbo, che non mi sarei facilmente quietato se non havessi considerato che non potessero haver fatto forza nel suo animo prudente, pio e dotto, tanto più che sono conosciuto in questa città et altrove per gentiluomo di honore e di retta coscienza; con tutto ciò non ho potuto astenermi di darnele questo cenno per dileguar quei piccoli vaporetti che potessero haver adombrato la sua mente et intorbidata la vera e sincera amicitia che gli ho sempre professata e costante- (1) Muratori, Epistolario, V, 1829-1831. (2) Archivio Muratoriano nella Biblioteca Estense di Modena. B7 LODOVICO ANTONIO MURATORI E LA REPUBBLICA DI LUCCA 243 mente professerò in tutti i luoghi. Et amici di Firenze potranno attestare quanto gli ho scritto della sua persona con elogi e non con biasimi quando fu a Lucca. E V. S. sa molto bene che io lo servii quanto seppi e potevo, con tutta la confidenza, con farle vedere ancora alcune note di mio padre, fatte sopra la Matilda già stampata e sopra l’Ughelli, e le mandai quella vita di S. Silao acciò potesse vedere le note di quegli strumenti antichi che si conservano nel loro nobile Monastero, cioè di S. Giustina; le feci copiare quell’instrumento di Oberto; non ho potuto servirlo dell’altro, perchè non mi è riuscito trovarlo, come dissi al sig. Nicolao Lucchesini, che pregai scusarmi appresso V. S, Ill. et a riverirlo in mio nome, che come gentilissimo cava- liero e mio secondo cugino non dubito che l’habbia fatto con le più benigne espressioni. Quando il supremo Magistrato ad instanza di S. A. S. fece rappresentare a Monsig. Vescovo et al Capitolo della Cattedrale che haveria desiderato lasciassero vedere ne’ loro archivi alcune scritture antiche, e ne diede la cura all’Offitio o Magistrato delle Differenze, benchè non fossi presente nel Consiglio, vacando al solito di un anno, vi hanno molti stretti congionti et un zio Buonvisi, Serantoni cognati, Benassai cugini et altri quali tutti resero i voti favorevolis- simi. Procurai, d’ordine ancora del sig. Alessandro Buonvisi, uno delli deputati, che Monsig. Vescovo si compiacesse di eleggere un cancelliere del Vescovato per assistere a V. S. Il.ma il quale con ogni prontezza destinò il S-" Cristofani, cancelliero più pratico. Non accenno queste cose per havere alcun merito, ma perchè V. S. Ill.® possa conoscere di chi fidarsi et io da chi guardarmi, che non mi ascriva così bugiarde imputazioni et horrende bestemmie, nè so con qual fime o malitia, e forse per benemerito di essermi impiegato alcuna volta in suo servitio, come lo servirei di nuovo quando bisognasse, perdonandoli come vero christiano ogni falsità o inique inventioni. Supplico per tanto la sua bontà a creder che io sempre sono stato e sarò vero amico e sincero e non finto, e che mi farà la giustitia che merito, mentre, con rinnovarle la mia servitù, resto facendole riverenza. Lucca, li 31 agosto 1716. Di V. S. IMma Dey.mo et obblig.®0 servitore Mario FIORENTINI (1). Fin dal 20 di agosto il Muratori scriveva a Carlo Borromeo Arese: “ Fatta la “ Natività della Vergine io probabilmente, al dispetto della mia poca salute, farò un “ de’ soliti viaggi, ne’ quali si suda e si smagrisce non poco , (2). In una sua lettera al Leibniz del giorno appresso si legge: “ Se la sanità, sempre malmessa, mel per- “ metterà, penserei di fare un viaggio a Massa, per cercar ivi se vi fossero memorie “ antiche. Veramente ne spero poco; ma pazienza. Una sola notizia che si guadagni “ può compensare tutta la fatica e la spesa. Così avessi potuto tentare anche altri “ archivi, siccome io aveva in animo; ma con tutte le raccomandazioni di S. M. Bri- “tannica non mi resta speranza di tornare a Verona per visitar l'archivio di quella “ cattedrale, nè in Toscana per quei delle cattedrali di Firenze e di Pisa. Tutto è “ pieno di gelosie, tutto di sospetti e d’ombre, e con tutti i ripieghi da me proposti “ per sincerare altrui, nulla s'è ottenuto. Faremo senza..... Dorme intanto e dormirà “la stampa dell’opera mia, finchè io abbia fatto la scorreria, che le ho detto, nel “ venturo autunno , (3). Il 1° di settembre mandava questo biglietto a Francesco (1) Archivio Muratoriano nella Biblioteca Estense di Modena. (2) Epistolario, V, 1834. (3) Op. cit., V, 1835. DAA GIOVANNI SFORZA 18 Pappotti: “ Ha intenzionato il Padron Ser.®° chi riverisce divotamente il sig. abate “ Pappotti, di una lettera al Signor Duca di Massa, in cui l’Altezza Sua Ser.m® espo- “nendo che il dottor Muratori, suo bibliotecario, va cercando nuovi lumi per termi- “nare il suo trattato delle Antichità Estensi, e però desiderando esso d’esser ammesso “a visitar l’archivio e la biblioteca d’esso Signor Duca di Massa e di poter copiare. “ ciò che facesse al suo proposito, prega il Signor Duca suddetto di volergli accordar “ questo. Perciò il sig. abate Pappotti è pregato di ricordarlo a Sua Altezza Sere- “ nissima, e di fare in maniera che la lettera sia in ordine prima della partenza per — “ Sassuolo , (1), dove la Corte soleva villeggiare. Di lì a tre giorni scrisse al Berti: “ Rispondo alle ultime due di V. R. con dirle che, a Dio piacendo, le darò costì la “ risposta. Fatta la Natività della Vergine starò poco a mettermi in viaggio; e fra “le cose ch'io maggiormente desidero si è quella di poter godere la conversazione “di un sì onorato e zelante amico qual è V. R. La locanda mi sarà gratissima e “a nessun patto mi sarei accomodato. Così in altri paesi ho fatto, e con tutti i con- “ trasti de’ padroni ed amici l’ho vinta io , (2). Lo stesso giorno scriveva al Riva: “To son in procinto di far vela verso Lucca in traccia di antichità..... Già mi son “ congedato da Sua Altezza Serenissima..... Intanto, col nostro Gherardi, su per balze “e dirupi e a Dio piacendo rivedremo anche il mare a Massa , (3). Il giorno 7 era sempre in Modena. Lo prova questo suo biglietto: “Il sig. ab. Pappotti è devota- “ mente riverito e pregato dal Muratori il ricordare a Sua Altezza Serenissima il far “due lettere: l’una per la Repubblica di Lucca, in cui si dica venire il dott. Mura- “ tori, suo bibliotecario, per godere di que’ favori de’ quali l’ha intenzionato essa “ Repubblica; e l’altra al Vescovo di Lucca, in cui raccomandi a quel prelato il “ permesso che il Muratori possa visitare l'archivio episcopale e di estrarne que’ “lumi che potranno servire ad illustrare le antichità della Casa d'Este , (4). Della lettera da scriversi dal Duca alla Repubblica se ne trova nell'Archivio di Modena una traccia di mano stessa del Muratori; ed essendo inedita, è opportuno conoscerla. | Desiderando S. A. S. che il Muratori, suo Bibliotecario, dia compimento alla Storia della sua Ser.®2 Casa, al qual fine gli ha fatto visitare gli archivi della Toscana, del Genovesato e de gli Stati di Milano e di Venezia; e sperando che possa egli ricavare molti lumi anche da gli archivi ecclesiastici della Repubblica di Lucca, perciò scrive alla med.®a Repub.°8, pregandola di concedergli la facoltà, e gli aiuti convenevoli, acciocch’egli possa visitare essi archivi, e ritràrne quelle notizie, che giudicherà convenevoli al suo assunto; con assicurare que’ Signori di non prendere, se non cose, che possano tornare anche in soddisfazione e decoro della sud.* Repubblica (5). Il giorno 8 il Duca così scriveva ai “ SS." Anziani e Confaloniere della Repub- “blica di Lucca ,: (1) Op. cit., V, 1836. (2) Op. cit., V, 1887. (3) Op. cit., V, 1838-1839. (4) Op. cit., V, 1839-1840. (5) R. Archivio di Stato in Modena. Cancelleria Ducale. Archivi per materia. Letterati; busta 46. _ 19 LODOVICO ANTONIO MURATORI E LA REPUBBLICA DI LUCCA 245 Viene l’Abate Muratori, mio Bibliotecario, per ricevere i favori de’ quali è stato intenzio- nato cortesemente dall’ EE. VV., in ordine alle notizie di erudizione, ch’egli desidera, per illu- strare maggiormente e perfezionare la storia che sta tessendo. Non ostante però la certa sua fiducia di conseguire dalla bontà dell’EE. VV. quanto gli preme, ne’ termini e riguardi tutti più convenienti, come vedranno, io nondimeno non posso lasciare di accompagnarlo colle mie particolari raccomandazioni, perchè sappiano insieme la parte che prenderò io medesimo col mio riconoscimento nelle grazie tutte, che si compiaceranno di fargli godere; ed intanto, co’ soliti sentimenti della mia distinta stima verso la Repubblica, resto per fine, etc. (1). La lettera a “ M-» Calco Vescovo di Lucca , è del seguente tenore: In occasione che viene a Lucca l’Ab.° Muratori, mio Bibliotecario, per ricavare dal pubblico archivio le notizie, che spera di ritrovarvi concernenti all’antichità della Casa d’Este, vorrebbe insieme dalla bontà di V. S. la permissione di poter fare le stesse diligenze anche in cotesto archivio episcopale; a tal’effetto dunque lo raccomando con tutta la mia premura al cortese animo di V. S., la quale spero che sia per concorrere volontieri a favorirlo e per la nota virtù di lui medesimo, e per obbligare me ancora, che sarò sempre più, quale co’ sentimenti della mia giusta stima verso il suo merito, resto per fine, etc. (2). Con queste due lettere e con quella del Re d'Inghilterra, che si trovava nelle sue mani fin dal maggio (3), per la strada di S. Pellegrino e la valle del Serchio (4) giunse finalmente a Lucca. II. Nell’adunanza che tenne il Senato il 15 di settembre venne data lettura della seguente relazione dell’Offizio sopra le Differenze: Ecc.mi Signori, Ecc.®° Consiglio, Essendo imminente la comparsa in questa città del sig. Dott. Muratori, Bibliotecario del Sig. Duca di Modena, per fare la ricerca negli archivi di notizie antiche, e ciò in sequela della permissione al medesimo conceduta, per intercessione del predetto Sig.* Duca, mediante le sue premurose instanze a VV. EE., e dovendosi da noi adempire alle parti nostre in pro- curare, che non prenda quelle che possono pregiudicare all’Ecc.m° Consiglio, haverebbemo per un tal effetto il pensiero di procurare, che nello scrivere le memorie, che anderà ammassando, l’istesse venissero scritte da persona nationale, di nostra confidenza; la quale non potesse con- segnare al detto Muratori l’istesse scritture, se prima non sono state da noi considerate e licen- ziate; per il qual effetto, dovendosi riconoscere la fatica di chi ‘impiegherà in tal incumbenza, sarebbe necessario che l’ Ecc.®° Consiglio passasse al nostro Numero qualche assegnamento per il detto effetto, del quale non si varranno se non per pura necessità, parendo a noi, che il rico- (1) R. Archivio di Stato in Modena. Cancelleria ducale. Minutario cronologico, reg. dell’anno 1716, c. 540 v. i (2) R. Archivio di Stato in Modena. Cancelleria Ducale. Minutario cronologico, reg. del 1716, c. 541. (3) Epistolario, V, 1805. (4) Op. cit., V, 1838. + 246 GIOVANNI SFORZA 20 noscere chi fatica per esso Muratori sia ragionevole che si sopporti quello si spende dal medesimo ; ma perchè quando in ciò s’'incontrasse, difficoltà, non è dovere che una poca spesa impedisca che l’Ecc.m0 Consiglio non sia informato di quello accade in quest’affare, e perciò lo supplichiamo reverentemente a concedersi detto assegnamento, del quale, come sopra habbiamo detto, non ci varremo se non per pura necessità, che è quello che habbiamo dovuto reveren- temente rappresentare all’ EE. VV. et all’Ecc.m° Consiglio; e le facciamo humilissima reverenza. Di VV. EE. e dell’Ecc.m° Consiglio Dalla nostra residenza, 9 settembre 1716. Humiliss.M® servitore L'Offizio sopra le Differenze (1). Venne data a esaminare a Federigo Ottolini, Gio. Paolo Diversi e Filippo Vanni, che così riferirono: Ece,mi SS.wri, Ecc.mo Consiglio, Essendosi compiaciuto l’Ecc.m° Consiglio honorare il Numero nostro, con suo riverito decreto di questa mattina, di dover considerare la relazione del Magnifico e Spettabile Offitio sopra le Differenze in ordine alla deputazione di persona che possa assistere il sig. dott. Mura- tori nella ricerca delle scritture et erudizioni che desidera per la compilazione della sua historia, siamo concorsi nell’opinione de’ medesimi relatori, che sia bene deputarsi questa, di maniera che trascrivendo tutte le notizie che gli occorreranno, può renderne informato l’istesso Offitio delle Differenze per assicurarle da pubblici pregiudizi; in ordine a che, havendo il medesimo Offitio la direzione e sopraintendenza di quel particolare per il decreto dell’Ecc.mo Consiglio de’ 21 aprile passato, sarà cura di provvedere e pensare a tutto ciò che può riguardare il publico servizio; credendo noi che deve l’Ecc.m° Consiglio passare qualche assegnamento per chi doverà impiegarsi in questa assistenza. E sarà sempre bene impiegato il favore che l’Ecc.mo Consiglio farà godere al detto sig. Muratori, per l’impegno preso con lettera antecedente del Sig. Duca e per gli ufficii e premure che nuovamente interpone S. A. S. et in consideratione della raccomandatione fatta a suo favore dal Re d’Inghilterra; tanto più che la mira del pre- detto Muratori è di metter in chiaro le due Case d’Este e d’Hannover, che escono tutte da una fonte; et è sempre buona regola tenersi bene affetti li scrittori di historie, che possono, occorrendo, scrivere con, vantaggio della Repubblica. Presentiamo a le VV. EE. le minute delle lettere per il Re d’ Inghilterra e per il Sig. Duca di Modena, conforme comanda l’istesso decreto; e le facciamo humilmente reverenza. Delle EE. VV. etc. Cancelleria, 15 settembre 1716 Humil. dev. obb. servitori Li 3 cittadini (2). L’assegnamento fu accordato e vennero, approvate, anche le minute delle due lettere. A Rinaldo d'Este così fu risposto: Ser.mo Signor nostro oss, mo Dal Sig. Abb.e Muratori c’è stato reso il compitissimo foglio di V. A. Ser.ma, dal quale osservando le nuove premure a favore dell’ Historia, che egli va compilando, sì come già ci (1) R. Archivio di Stato in Lucca. Offizio sopra le Differenze. Deliberazioni, reg. 101. (2) R. Archivio di Stato in Lucca. Offizio sopra le Differenze. Deliberazioni, reg. 101. 21 LODOVICO ANTONIO MURATORI E LA REPUBBLICA DI LUCCA 247 diedemo l’honore di rappresentarle la disposizione dell'animo nostro, tutto pronto a far cono- scere all’A. V. la stima particolare che habbiamo sempre fatta dei suoi officj, così le confer- miamo gl’istessi sentimenti, con i quali sospirando di farle apparire con veri effetti la brama Vi è più accesa di servirla in tutti i rincontri, che vorrà farci godere, rinoviamo al singolar merito dell'A. V. la nostra più distinta et obligata osservanza. Lucca, 16 settembre 1716 } Aff.mi servitori Gi AnzIaNI e ( de la Rep. ConrALONIERO di Lucca. Bartolomeo Bertolini. Domenico Lucchesini. (Fuori:) AI Ser.mo Sig.® nostro oss.mo Il Sig." Duca di Modena (1). Per quello che riguarda la risposta a Giorgio I, Re d'Inghilterra, le cose non finirono lì. Esso aveva scritto alla Signoria: S' James, le 22/11 avril 1716. Tres Chers et bon Amis Estant informé qu’en quelque endroits de Vostre Republique et particulierement dans les Maisons Religieuses il se trouve d’anciens manuscripts et documents qui peuvent contribuer à eclaireir l’origine de ma Maison et fournir des lumières è ceux qui en écrivent l’histoire Jay voulu vous prier par celle cy de donner les ordres necessaires pour qu'il soit permis au S° Mura- tori, lequel vous sera recommandé par le Duc de Modène, d’en faire la recherche et de prendre copie de ce qui y aura raport. Je seray bien aise de mon còte de trouver les occasions de vous faire plaisir. Sur quoi je prie Dieu, Tres chers et bons Amis, qu'il vous tienne en sa sainte et digne garde. GrorcE R. A nos tres chers et bons Amis les Chefs et Gouverneurs de la Seigneurie Republique et Communauté de Lucques (2). (1) R. Archivio di Stato in Modena. Cancelleria Ducale. Archivi per materia. Letterati, busta n. 46. (2) Gli fu risposto dalla Repubblica: “ Sacra Real Maestà. Con la dovuta veneratione habbiamo “ ricevuto l’onore del Real foglio, con il quale la Maestà Vostra s'è degnata interporre le sue auto- “ revoli premure a favore del Dottore Muratori, acciò se le dia facoltà di ricercare negli archivi “ che sono nel nostro Dominio qualche notizia favorevole all'intento che il medesimo si è prefisso “ di scrivere l'Historia della sua Real Prosapia. Può la Maestà Vostra accertarsi, che come ascrive- “remo sempre a nostra gran fortuna di poterle dare in ogni tempo gli attestati del nostro inalte- “ rabile profondissimo ossequio, così reputerebbemo nostra particolar gloria se da' medesimi archivi “ si retraesse qualche lume che potesse conferire alla sua Regia intentione e far conoscere maggior- “ mente la sua Real Descendenza, che tanto risplende nel mondo tutto, non meno per l’antichissima € nobiltà della sua origine, quanto per le sublimi rare virtù che adornano la sua Sacra Persona e “ tutta la sua Real Casa; et inchinati al Real soglio della M. V. con tutto il maggior ossequio le “ facciamo riverenza ,. R. Archivio di Stato in Lucca. Consiglio generale, Riformagioni segrete, ‘reg. 405, c. 419 e seg. 248 GIOVANNI SFORZA 99, L’Offizio sopra le Differenze, il 29 di settembre, faceva osservare al Senato: Ecc,mi Sig.ri, Ecc.mo Consiglio, La lettera del Re d’Inghilterra, presentata a VV. EE. dal sig. dott. Muratori, ha dato occasione all’Offizio nostro di far riflessione al formulario in essa usato, che non è della dovuta convenienza verso l’EE. VV., mentre col darsi loro il titolo di Capi e Governatori, in vece di quello di Anziani e Gonfaloniere, si tratta questo Stato col termine di Signoria e Comunità; e se bene vi si legge ancora quello di Repubblica, si ha luogo di dubitare che il medesimo vi sia stato aggiunto a Modena, per corregger in parte l’omissione usata nella Segreteria d’ Inghil- terra, già che si vede posto sopra la linea dell’altre parole. Si è però da noi creduto che sia bene aprirsi col suddetto dott. Muratori di tale inconvenienza di formulario, con farli vedere la differenza di quello che praticano con VV. EE. i Re di Francia; non potendo noi dubitare che, dietro un tal esempio, sia per incontrar alla Corte d’ Inghilterra difficoltà alcuna l’istanza che si faccia di questa riforma, estimando a proposito di prevenire con tal diligenza il caso che per qualche altra occasione potesse succedere di ricever nuovamente il trattamento mede- simo; quale istanza potrà l’Ecc.mo Consiglio far promuovere o dagli uffizii del sig. Muratori, o col mezzo d’altra persona, che stimerà opportuno d’adoperarvi; potendosi ancora far vedere al suddetto, per appoggiare maggiormente la giustizia di ciò che si domanda, una lettera molto cortese di Francesco primo, Re di Francia, in cui si dà all’EE. VV. il titolo di carissimi e grandi amici; nella qual forma sentiamo che sia trattata presentemente la Repubblica di Genova; e se bene nella soprascritta della medesima, secondo l’antico uso di quelli tempi, si tegge pure il termine di Comunità, nel corpo però della lettera si vede usato quello di Repubblica. In proposito del dott. Muratori siamo a rappresentare all’ Ecc. Consiglio aver noi rive- dute le scritture da esso ricavate dagli archivi ecclesiastici, consistenti in sopra 120 strumenti, ciascheduno dei quali si è da noi considerato con attenzione, e per quanto apparisce alla nostra debolezza, non abbiamo saputo riconoscer in esse scritture cosa nissuna che possa riuscire d’aleun pregiudizio all’ Ecc.m° Consiglio, quando siano le medesime date alle stampe. La circo- stanza più notabile, che si è da noi osservata, è quella delle forme che si usano sul principio o fine della maggior parte dei detti istrumenti, che sono come appresso: Regnante Domino nostro Imperatore, ete.; ma come si tratta di tempi così antichi, cioè per la maggior parte di essi nel corso dell’undecimo secolo e per gli altri nel principio o verso la metà del dodice- simo, non è parso a noi che tali espressioni siano d’alcun momento, come neppure qualche concessioni o privilegii che apparisce in alcune d’esse scritture accordate dagli Imperatori o alli Vescovi di Lucca o a qualche monasterii, mentre si raccoglie da diverse historie aver gli Imperatori in quel tempo esercitata autorità in Italia; et anche la Contessa Matilde, che aveva senza contradizione alcuna il dominio della Toscana, riconobbe nondimeno, come risulta da uno di questi stessi istrumenti, l'autorità imperiale; e le forme medesime sopra accennate si trovano enunciate non solo nell’historia d’Italia dell’Ughelli, ma nelle Memorie della Con- tessa Matilde, stampate in questa istessa città e composte da un nostro cittadino (1), assieme con altri atti espressi dell’autorità esercitata dagli Imperatori; onde e per essere i suddetti termini resi pubblici nell’opere di diversi autori, e per giudicarsi di nissuna conseguenza, atteso l’esser cose di gran tempo anteriori all’imperio di Ridolfo primo, quando sì stabilì la nostra total libertà, giudichiamo che non sia da farvisi riflessione; e però, non comandando (1) Memorie di Matilda la Gran Contessa, propugnacolo della Chiesa, con le particolari mnotitie della sua vita e con l'antica serie degli antenati, da Francesco MariA FiorentINI restituita all’ origine della patria lucchese, In Lucca, appresso Pellegrino Bidelli, M.DC.XXXXII, in-4°, 23 LODOVICO ANTONIO MURATORI E LA REPUBBLICA DI LUCCA 249 l’Ece.mo Consiglio in contrario, si consegneranno le dette scritture al sig. dott. Muratori, quale fa premura d’essere sbrigato, sollecitando la sua partenza. Non vogliamo lasciar di partecipar all’ Ecc.m° Consiglio un pensiero che ha suggerito ad alcuno del nostro numero il suddetto Muratori, a fine che giudichi con la sua superior prudenza se sia suo servizio di secondarlo. Stima egli che fosse di convenienza della Repubblica il far conoscere al mondo che anche prima dell’imperio di Ridolfo primo aveva questa città e stato ricevuti diversi privilegi dai precedenti imperatori, quali potevano considerarsi come un inca- minamento et un principio della libertà acquistata poi pienamente da Ridolfo, di maniera che anche prima di tale acquisto non mancasse molto alla Repubblica per esser considerata in grado di un principato libero et independente. Il medesimo stima che possa contribuire a questo fine il privilegio ottenuto da Henrico imperatore sino del 1081, con cui si provede che non possa in questa città fabbricarsi alcun palazzo per uso degl’Imperatori, nè alcuna fortezza dentro il ristretto delle sei miglia, del qual privilegio ha esso trovato o la copia o il contenuto in una raccolta di memorie antiche di questa città, che si conserva appunto presso i PP. di S. Romano; avendo il medesimo ancora notizia d’altri privilegi concessi alla Repubblica, o d’acquisti da essa fatti, che stima di pubblica convenienza il render palesi. Noi abbiamo stimato nostro debito il darne parte all’Ecc.®mo Consiglio acciò possa far considerare da chi più li parrà, se sia da applicarsi a tale proposizione; facendoci sperare le molte espressioni d’obbligazione e di desiderio di servir la Ser.®® Repubblica, che ha fatte il suddetto Muratori, che non abbia altro animo se non di contribuire al maggior lustro e decoro della medesima. Con che all’EE. VV. et all’Ecc.mo Consiglio facciamo humilissima reverenza. Dalla solita residenza, 29 settembre 1716. Umiliss. dev. serv. L’Offizio sopra le Differenze. Questo “ memoriale ,. nell'adunanza del Senato del giorno successivo “fu desi- “ derato sentire, e però fu proposto e fatto leggere ,. Il Gonfaloniere (era in quel bimestre Federigo Lucchesini) “ con tale occasione , rappresentò “ com’ esso dott. Mu- “ratori s'era portato dall’E. S. con farli molte espressioni degli obblighi che profes- “sava alla Republica per le cortesie seco qua praticate, delle quali non haverebbe “lasciato di renderne consapevole ancora il Ser.m° di Modena e di conservarne una “ perpetua memoria e gratitudine, con dimostrarneli nelle sue opere, facendo del- “ l’istessa Republica ogni più decorosa commemorazione ,. E restò deliberato: “Il “ medesimo Offizio sopra le Differenze habbia autorità di resolvere e deliberare in- “torno al contenuto del primo capo del suo memoriaie letto, per la reforma della “lettera del Re d'Inghilterra, quanto stimerà più a proposito e di maggior servizio “e decoro pubblico, con le considerazioni et avvertimenti che all’istesso Offizio par- “ranno. Qual Offizio consideri l’ultimo capo del medesimo memoriale circa le memorie “ antiche della Republica, da puonersi in luce, dentro otto giorni prossimi riferisca “ quello li paresse che fosse da farsi, con soggiungere quel più che stimerà dover “ ricordare nell’istessa materia per benefizio publico , (1). Non dentro gli otto giorni voluti, ma il 15 d'ottobre espresse il proprio parere, -e lo fece con larghezza di vedute. Ecco quanto ebbe a scrivere: (1) R. Archivio di Stato in Lucca. Consiglio Generale. Deliberazione del 30 settembre 1716. Serie II. Tom. LVII. 32 250 GIOVANNI SFORZA DYI Ecc.mi Signori, Eec.mo Consiglio, Abbiamo obedito all’Ecc.m° Consiglio con far le dovute riflessioni sopra un caso d’un nostro memoriale, che si degnò di commettere alla nostra revisione, concernente il motivo dato dal Dottor Muratori d’inserire nell’istoria che va formando qualche antica memoria che sia di decoro e di lustro di questa Republica, quando se li mandino di qua le notizie et i documenti opportuni. In proposito di ciò, et in adempimento del nostro debito, diremo in primo luogo all’Ecc. Consiglio d’aver usata ogni maggior diligenza per ritrovar gli originali dei privilegi imperiali più antichi, ma senza alcun frutto, essendosi solamente ritrovate alcune copie di essi, che paiono formate, secondo l’opinione di chi ha intelligenza dei caratteri antichi, intorno al 1300; anzi si comprende da alcune note, che si vedono in un libbro più moderno, dove si contengono tutti i suddetti privilegi, che si è altre volte fatta inutilmente questa istessa dili- genza di ricercare gli originali, e però non ci resta più alcuna speranza di ritrovarli. Il Dottor Muratori ci ha però assicurati, che simili esemplari, che hanno e nel carattere e nello stile manifesti segni di antichità, sono ricevuti comunemente, e fanno prova come fos- sero scritture originali; onde stimiamo, che, per questo rispetto, i documenti da mandarsi, quali presentiamo all’Ecc.®° Consiglio, non manchino del dovuto fondamento. Resta da considerarsi se dal tenore dei tre privilegi, che abbiamo creduto esser î più ono- revoli e più opportuni al fine di cui si tratta, resulti veramente qualche prova d’una specie di libertà, se non di una intiera et assoluta independenza che godesse la Republica molto prima dell’imperio di Ridolfo. In ordine a questo, diremo all’Ece.mo Consiglio, che il Dottor Muratori sostiene esser considerabile nel privilegio concesso da Enrico Quarto il 1081 l’esenzione dalla soggezzione di doversi fabricar alcun palazzo nella città e borghi per uso degli Imperatori, di che dice trovarsi pochissimi esempi di quel tempo, come pure la concessione di non doversi fare alcuna fortezza o castello dentro il ristretto delle sei miglia. Apparisce inoltre nel suddetto privilegio una certa parzialità o predilezzione degli Imperatori verso la nostra città, a distin- zione di quella di Firenze, vedendosi espressamente esclusi i Fiorentini da poter fare commercio in Lombardia, nell’atto istesso che se ne concede ai Lucchesi la facoltà. È parso pure al Dottor Muratori, che sia cosa notabile la memoria che si ha della compra fatta dal Duca di Spoleti e Marchese di Toscana, il 1168, del territorio delle sei miglia, mentre apparisce la detta compra essersi fatta libera e senza restrizzione o riserva alcuna, e senza che in esso atto sia in modo alcuno intervenuta l'autorità imperiale, parlandosi nell’istramento o diploma per parte del suddetto Marchese di dare e concedere beni e giurisdizioni che li appartengono. Si vede inoltre nell’istesso instruntento avere avuto la nostra città anche più anticamente di quel tempo il privilegio e l’autorità di batter moneta; quale conviensi credere, che avesse corso per l’Italia, essendo in detta vendita espressa la condizione, che se ne dovesse pagare il prezzo in moneta lucchese; qual congettura dice il Dottor Muratori ricavasse ancora da altre memorie. " Osserveranno i Mag. e Spett.! Cittadini, che nel privilegio suddetto d’ Henrico dove 1’ Impe- ratore si dichiara d’abolire gli aggravi introdotti sopra questa città al tempo del Marchese Bonifazio, per inavvertenza di chi l’ha trascritto, resta interrotto .il senso, e tronco il periodo, come si conosce manifestamente dal tenore di quello dell’Imp.re Lotario, che usa appunto l’istesse forme per la suddetta abolizzione, e che è copiato più fedelmente. Si è però da noi stimato di non alterare questa copia antica, e di mandarla appunto così scorretta, come sta nell’esem- plare, bastando accennar solamente l’errore al Dottor Muratori, che ancora senz'altro cenno lo comprenderà adirittura per sè stesso. x Averebbe desiderato il medesimo Dottor Muratori d’aver qualche memoria di leghe che la Republica avesse fatto con altri Principi prima del 1200; quali atti, per sua opinione, fanno gran prova della sovranità et independenza d’un Principe; ma gli istrumenti di tutte 25 LODOVICO ANTONIO MURATORI E LA REPUBBLICA DI LUCCA 251 121 le leghe che si trovano raccolte in un volume, sono posteriori al 1300, nè per quante diligenze si siano fatte si è trovato alcun documento o memoria del tempo ch’esso vorrebbe. Abbiamo nondimeno, per non lasciar indietro diligenza alcuna, pregato il Magnifico Mario Fiorentini a yoler ricercar fra molte antiche scritture, che si trovano appresso di lui, raccolte qui, e rica- vate dagli archivii ecclesiastici dal S." Francesco Maria, suo padre, per occasione della erudita istoria da lui messa alla luce della Contessa Matilde, per vedere se trovasse fra esse scritture alcuna delle notizie che si desiderano; qual ricerca egli va facendo, nè è ancora fuor di spe- ranza di conseguire il fine; e come il negozio non è urgente, richiedendo l’opera che va facendo il sio. Muratori ancora longo tempo prima che sia condotta a fine ed in stato di pubblicarsi, sì averà modo di sodisfarsi con nuove diligenze; e come la materia può considerarsi per gelosa e delicata, averà comodo l’Ece.m° Consiglio, quando non sia pienamente appagato dei motivi da noi addotti, di commetterla a nuovo esame. Con che facciamo all’Ecc. Consiglio et a le EE. VV. humilissima riverenza. Dopo aver formata questa nostra relazione, abbiamo avuta dal Mag.°° Fiorentini la copia d’una lega conclusa coi Genovesi il 1166, la quale non abbiamo lasciato di considerare con la dovuta attenzione, ed è parso a noi che contenga sostanze coerenti all’intenzione del Dottor Mura- tori per il fine. proposto; e se bene le parole, che si leggono in fine del detto istrumento, salva fidelitate, ete., con altri termini concernenti l’autorità imperiale, inferiscono naturalmente una sorte di dependenza dall’ Imperio, non abbiamo stimato che da ciò possa trarsi alcuna conseguenza contraria alle ragioni della sovranità dell’Ecc.m° Consiglio; mentre si vuol far comprendere, secondo l’idea del Dott. Muratori, che appunto da quella dependenza, in cui tene- vano o pretendevano di tenere in quel tempo gli Imperatori tutti li Stati d’Italia, si liberò poi la nostra Republica al tempo dell’imperatore Ridolfo, con che venne a ridursi in una piena et intiera sovranità. Presentiamo all’Ecc. Consiglio la suddetta copia, assieme con gli altri docu- menti, acciò col suo superior discernimento ne faccia il giudizio che merita; e li facciamo di nuovo umilissima reverenza. Dalla nostra solita residenza, 15 ottobre 1716. Umiliss.m0 Dev.mo Ser.re L'Offizio sopra le Differenze (1). I Il Senato niente decise, e chiara n'è la ragione. Salvo ai primi magistrati di turno, era a tutti vietato l’accesso nella Tarpea (2); così chiamavasi a Lucca l’Ar- chivio pubblico, dove si custodivano con la massima gelosia le carte diplomatiche e gli atti segreti della Repubblica; gelosia che si accrebbe quando il Governo si tra- mutò da democratico in aristocratico. “ La manifestazione delle cose tutte di qualche “ importanza , d'allora in poi venne sottoposta a così rigorosi divieti, che “ lo storico “ doveva necessariamente, ancorchè per avventura non le ignorasse, tacerle affatto, “ ovvero esporle per lo meno con riservatezza ed attenuazione sì grandi da snatu- (1) R. Archivio di Stato in Lucca. Offizio sopra le Differenze. Deliberazioni, reg. 101. (2) A Lucca si andarono a mano a mano riponendo in una stanza chiusa e appartata del palazzo pubblico, dove si custodivano gli oggetti preziosi e il tesoro riservato, i privilegi, i diplomi, gli statuti, le lettere de’ principi e degli ambasciatori, le carte sulle differenze co’ Governi vicini, tutto quello insomma che riguardava le cose di Stato e che erano di soggetto geloso e di particolare interesse politico a que’ giorni. Il nome di Tarpea è poi una reminiscenza dell’aerarium sanetius di Roma, posto nell’Arca capitolina e fu comune a più altre Repubbliche nel medioevo. Ne teneva le chiavi il Cancelliere maggiore, e senza particolare licenza, non era conceduto d’ entrarvi e di legger fogli. Cfr. Bonei S., Inventario del R. Archivio di Stato in Lucca, vol. I, pp. x1v-xv. 952 GIOVANNI SFORZA +» 26 “ rarne quasi affatto la sostanza , (1); come appunto fecero Giuseppe Civitali [1511-1574], Niccolao Tucci [1541-1615] e Bartolommeo Beverini [1629-1686], i migliori e maggiori de’ tanti storici che avesse Lucca al tempo della Repubblica. Usciron dal vero, “ singolarmente quando ragionarono intorno allo stato politico di “ lei ed al fondamento legale del suo potere ,. Lucca dipendeva dall’Impero, non come feudo, ma come città imperiale; invece negli storici e ne’ cittadini era invalsa l’opinione che se ne fosse affatto svincolata. Alla Signoria stava dunque grandemente a cuore che rimanessero al più possibile ignote le carte dei vecchi tempi, così paten- temente dissonanti da questa mal fondata congettura. Il Muratori, per conseguenza, non potè vedere che gli archivi ecclesiastici, e anche questi non senza restrizioni e cautele: non potè mettere il piede nella Tarpea; ed egli stesso, conoscendone la difficoltà, non osò chiederlo. Le stesse copie de’ diplomi imperiali, da lui scoperte nella biblioteca de’ PP. Predicatori del convento’ di S. Romano, o trovate presso persone particolari, non fu creduto nè prudente nè opportuno lasciargliele nelle mani perchè le divulgasse con le stampe (2). Erra Girolamo Tommasi nell’asserire restasse il Muratori talmente irritato contro i Lucchesi “ da sfigurare al tutto la verità storica, quando prese “a narrare, tanto nelle Antichità Estensi, quanto negli Annali d’Italia, le guerre di “ Garfagnana tra Lucca e Modena sul principio del XVII secolo , (3). Certo nel rac- conto di quelle due guerre, il Muratori in più d’un particolare esce fuori del vero; e ci esce, come notò altrove il Tommasi stesso, avendogli servito “di guida ine- “ satte e inveridiche narrazioni, che ei non si diè briga di raffrontare coi documenti “ autentici, mercè dei quali avrebbe subito discoperto gli errori e quindi preso in “ sospetto anche le particolarità rimanenti , (4). E qui coglie nel segno: non nel ribadire: “ Forse hastò questa volta a disviarlo dal retto sentiero della critica, il “ mal animo concepito contro i reggitori lucchesi, per avergli (stranamente, convien “ dirlo) interdetto l’accesso nell’archivio del Governo, mentre andava studiosamente “in traccia d’antichi documenti, per trarne utilissime notizie sul medio evo ,. Non trovo nulla di strano che la Repubblica, gelosa della propria indipendenza, non consentisse si discutesse il fondamento del suo potere; trovo strano, ingiusto, falso, irriverente sospettare capace di una bassa vendetta la coscienza serena del Muratori. Lasciata Lucca, senza nemmeno vederne le ville, “ che mettono curiosità a tutti i forestieri ,, si condusse col suo compagno Gherardi (5) a Massa di Lunigiana, “ (1) Tommasi G., Sommario della storia di Lucca, nell’ Archivio storico italiano, tom. X, pp. 3-4. (2) 1 30 decembre del 1717 scriveva al Sassi: “ Non so d’aver mai veduto nè stampati nè mano- “ scritti i diplomi di Rodolfo I e Carlo IV per Lucca, perchè quella città non ha mai voluto lasciare “ stampare alcuna delle storie mss. Tuttavia userò diligenza, e mi starà a cuore di servirla, se sarà “ possibile. Le suggerisco per ora che nella libreria dei PP. Domenicani di Lucca v’'ha alcune copiose “ storie mss. di quella città, e chi avesse là qualche religioso lombardo fedele, potrebbe forse col suo © mezzo facilmente ottenere l’intento. L'anno scorso il P. reggente era ambrosiano ,. Ofr. Episto- lario, V, 1917. (3) Tommasi G., Op. cit., p. 8. (4) Op. cit., p. 492. (5) Il dott. Pietro Ercole Gherardi, che poi il 5 ottobre del 1723 dal Duca venne spedito a Vienna come segretario del principe Gio. Federico d’Este, il quale trattava gli affari di Comacchio, i crediti con Napoli, i confini con Mantova e Parma e altri negozi. “aj 27 LODOVICO ANTONIO MURATORI E LA REPUBBLICA DI LUCCA 258 (21 e di là scriveva all'amico Alessandro Pompeo Berti, il 2 d’ottobre, giorno stesso dell'arrivo: “ Noi siam qui unti e bagnati, e nulla abbiam da fare, e pure non pos- “ siamo partire. Sul supposto fattomi, anche dal P. Bambacari (1), che questo sig. Duca avesse antiche scritture, ma conservate con somma gelosia, non volli lasciare di affacciarmi e di tentar la sorte. Ci sono scritture vecchie, manoscritti ci sono, e tutto potrò vedere; ma bisognerà aspettare un poco, tanto che si scriva al conte Diana (2), partito questa mane verso Modena, per risapere da lui dove si possa mettere le mani. Può V. R. immaginarsi se mi piacque il partito, con la fretta che ho e coll’impazienza strana ch'io provo allorchè mi trovo in ozio. Proposi che bastava vedere se ci fossero rotoli e cartocci di membrana; si farà. Intanto, fatto portare un poco d'inventario di scritture, nulla si osserva prima del 1300. “ La conclusione di tutto fu che bisognava sentir la sera la prova della seconda “ Opera (3) e che mi si voleva a palazzo. Oh! a questo poi mi si commosse tutta la nera e tutta la flava bile e più quella del nostro Gherardi. Gente avvezza a non voler suggezione, solita a desinare e cenare ad ore fratesche, dover entrare in siffatto zimbello, e poi col disegno di non fermarsi ove non c’è da faticare, K “ “ “ “ “ “« “ « (1) N P. Cesare Nicolao Bambacari de’ canonici regolari lateranensi, che visse dal 13 giugno 1647 al 16 marzo 1725, era in quel tempo vicario generale di Carrara. (2) Giambattista di Girolamo Diana nacque a Massa nel 1654. Fu ministro, prima d’Alberico III, poi di Alderano I Cybo, Duchi di Massa. Morì nel 1744. Lascia alle stampe uno strano libro, inti- tolato: Sacra e universal filosofia de l’immacolata Concezion di Maria, Lucca, Frediani, 1713, che fu messo all’indice. Cfr. Gerini E., Memorie storiche d'illustri scrittori e di uomini insigni dell'antica e moderna Lunigiana, Massa, Frediani, 1829, vol. I, pp. 224-226. (3) Fin dal maggio Alderano I, Duca di Massa, aveva dato incarico a Francesco Ciampi, “ suo virtuoso di violino ,, di comporre due drammi, IZ Timocrate e il Tamerlano, © per recitarli nel Teatro del ducale palazzo il prossimo autunno ,. Il 10 d’agosto giunsero in Massa, “ chiamati dal Duca, il Mossi tenore famoso, Geminiano Remoncini soprano, Minghini contralto fiorentino, Margarita Zani bolognese e Teresa Muti modenese, con molti sonatori, siccome ancora era già venuto alla Corte Gio. Carlo Bernardi, detto il Senesino, dichiarato virtuoso di S. A. a cui aveva assegnato un pingue stipendio. Tutti questi nella loro professione erano stimati bravi cantori e sonatori e molto versati ne’ teatri... Vennero ancora per detto effetto due ballerini francesi ed un maestro di bandiera per gl’intermezzi in detti drammi..... Finalmente li 19 settembre, dopo avere il sig. Duca profusa grossa somma di contanti nel resarcimento del teatro ducale, al quale aveva aggiunto molte ricche e vaghe mutazioni di scena, oltre bellissime macchine, determinò in questa sera dare principio alla recita del Timocrate e del Tamerlano, opere assai gustevoli e per la composi- zione e per il canto; e per maggior splendidezza volle che gli abiti del Timocrate servissero solo a quello, volendo che quelli del Tamerlano fussero onninamente diversi. L’accordato stipendio a' cantori era esorbitante; ed inoltre con somma prodigalità fece continuamente molti donativi gra» tuiti alli medesimi. Di più, fece stampare molti libretti e gratuitamente li donava, accompagnati a’ forestieri con un libricciolo di cera, acciò si potessero li curiosi soddisfare nel leggerli. Fu grandissimo il concorso degli spettatori, tanto sudditi, quanto esteri, ed il teatro era molto capace e bene accomodato, le scene erano maestose, le comparse vaghissime, li recitanti, come si disse, virtuosi, e gli abiti di bellissima apparenza e per ciò fatti con spesa eccessiva. Continuarono le recite fino al sabato primo dell'Avvento, e fra tanto Francesco Ciampi preparava un altro dramma in musica, intitolato il Zeuzzone, da principiarsi a cantare dopo le feste di Natale fino a Quare- sima. Dicono che queste spese fossero incredibili e per il lauto trattamento di vitto fatto a’ comici, sì ancora per li preziosi regali a loro presentati; onde si calcola che la spesa ascendesse alla somma di 30000 pezze. Il paese però godè questo solo vantaggio che li molti forestieri che vi comparvero in tal occasione vi lasciarono molto contante ed in ispecie alle locande ed osterie, “ come suole. succedere in simili contingenze ,. Cfr. Rocca Onoarpo, Vita del Duca Alderano I Duca IV di Massa, ms. nella R. Biblioteca Estense di Modena, p. 7. “ “ “ “ 254 GIOVANNI SFORZA i 98 “ vi so dir io che si trovò in mal punto. E non ci fu verso: convenne cedere e “comandare alla filosofia che ci aiutasse, e così passammo la lunga ed eterna serata “ in mezzo ai suoni e ai canti di queste musichesse, e quando Dio volle, ci ritirammo. “Il Gherardi la biasica male ed io peggio di lui. Sono 16 ore e non sappiam che “ diamine farci, se non andar su e giù per una sola contrada e contar tutte le “ finestre e le tegole di queste case. Ci poteva egli incontrar di peggio! Ma final- “ mente converrà romper l'incanto, anche a forza di qualche sgarbo, se mai questo “ Principe non volesse capire che una grazia maggior d'ogni altra sarà quella di “ lasciarci la nostra libertà. Ho voluto scrivere a V. R. quest'avventura, perchè rida “un poco dietro alla povera filosofia, che questa volta è stata troppo corriva, ed “impari anche ella alle nostre spese. Scrivo con la doglia di capo, che insieme “ con un’impertinente pioggia mi si caricò addosso per istrada; ma questo è il meno “ che mi dia fastidio ,. La lettera ha un poscritto, fatto a Modena il giorno 6. Dice: “ Dopo avere scritta la presente in Massa, con pensiero di lasciarla ivi alla “ posta, credei meglio di portarla meco a Fivizzano; ma giunto colà non mi restò “ tempo..... Dopo avere visitati que’ pochi manoscritti e quel nulla di antico che “ mi si potè mostrare in Massa, mi misi sul forte e volli partirne il giorno appresso (1), “ col commettere quel grave scandalo di non aspettare alla sera per udire una recita “ almeno dell'Opera. Non mi poteva veder più ivi in ozio. Pioveva la mattina, ma, “ ciò non ostante, balzammo in sella e ce ne andammo. Fu cagione appunto quel “ tempo perverso ch’io non mi portai a Carrara, per visitare quell’archivio (2)..... “ Finalmente valicammo monti, torrenti, strade rovinate, e sani siam giunti a casa. “ So che anch'ella se ne rallegrerà e però gliene reco l’avviso, insieme co’ miei ringraziamenti per tanti favori fattimi da lei costì , (8). Il Berti gli rispondeva: “ Benchè io abbia riso e l’abbia insieme compatita della lunga, tediosa e vana sua dimora in Massa, adesso mi rallegro seco tanto e poi tanto che ella sia in patria, “ ove spero che si sarà interamente ristorata degl’incomodi del viaggio , (4). | (1) Antonio Volpini ne’ suoi Annali di Massa dal 1716 al 1738, che si conservano mss. nell’Ar- chivio di Stato di quella città, così parla di questo soggiorno: “ 1° ottobre. Venne da Modena un “ Bibliotecario di quel Sig. Duca, con un altro abbate, per vedere alcune scritture... 3 ottobre. Ritornò “ a Modena quel Bibliotecario doppo essere stato nella Libreria Ducale ,. (2) Il Muratori avrebbe senza dubbio cavato interessanti notizie dall’Archivio di Carrara. Gotti- fredo, vescovo di Luni, donò in perpetuo, nel 1151, quella pieve ai Canonici Lateranensi di S. Fre- diano di Lucca, i quali la governarono con ampia giurisdizione ecclesiastica fino al 1770; nel qual anno fu loro tolta dal pontefice Pio VI, che l’aggregò alla diocesi di Sarzana. I Canonici traspor- tarono a Lucca il vecchio Archivio, che dopo varie vicende fu unito a quello di Stato. (3) Muratori, Epistolario, V, 1840-43. i (4) La lettera così prosegue: “ Riverii da sua parte il sig. Alessandro Guinigi, il quale m'im- “ pose di replicarle i suoi saluti e ringraziarla divotamente. Il nostro sig. Lippi m’impone di por- “ tarle i suoi umili rispetti e di ricordarle la promessa che ci fece delle sue scritture consapute, “ siccome le ha V. S. Ill.» regalate al sig. Cristofani, il quale pure la riverisce. Il sig. Mario Fio- “ rentini fa anche il disgustato con me, ed avendo saputo che io ho alle mani le mie Memorie degli “ scrittori lucchesi, ha mandato fuora un frontespizio, che qui le accludo. Ciò ha dato a me stimolo “ di dar presto fuora il primo tomo dell’operetta mia, che sta adesso sotto gli occhi de’ revisori. Il “ P. Alessandro Trenta la riverisce devotamente ,. L’opera del Berti non vide poi la luce, e nem- meno quella del Fiorentini. Il frontispizio, che è in foglio piccolo e fu impresso co’ torchi di Dome- nico Ciuffetti, diceva: Bibliotheca Lucensis sive index auctorum Lucensium'u Mario FrorentiNo Nobili 29 LODOVICO. ANTONIO MURATORI E LA REPUBBLICA DI LUCCA 255 In più d'una lettera agli amici il Muratori fa parola delle corse avventure e delle faticose ricerche. “ S' è lavorato ben ben in Lucca ,, scriveva al Guidelli de’ conti Guidi; ripeteva al Borromeo Arese: “ Alcune settimane in Lucca, in Massa e in “ que’ contorni per cercarvi delle antichità. Me ne ritornai per balze e dirupi e con “ pioggie continue. Spero di non mettere più la povera filosofia in questo zimbello ,. Al Leibniz soggiungeva: “ Ho tentata la fortuna mia negli archivi di Lucca e della “ Lunigiana.... De’ più antichi e copiosi ch'io m’abbia veduti è l’archivio episcopale “ di Lucca e vi ho faticato molto; il tutto però inutilmente, non avendovi trovato “ cosa al proposito nostro di cui già il Fiorentini e il Rena non avessero già data “ notizia..... Nè i Marchesi della Lunigiana, nè il Duca di Massa hanno cose prima “ del 1170 , (1). Per una quantità di “ occupazioni, ma non di studio ,, che lo rubavano agli amici e anche a sè stesso, e per aver la testa “ fiacca talmente , da non potere “ da molte settimane neppure scrivere una dozzina di lettere ,, il Muratori più non si fece vivo col P. Berti fino alla metà di decembre (2). E il Berti, il 29 di novembre dovette confessargli: “ Molti di questi signori, che sono rimasti affezionati alle sue “ virtù, mi domandano di lei ed io convien che dica loro di non saperne cosa alcuna ,. Tra gli “ affezionati alle sue virtù , vi fu anche il Vescovo Calchi; il quale fin dal 16 di settembre così aveva risposto alla lettera del Duca: Altezza Ser,ma Mi ha presentato il Sig Abbate Muratori, Bibliotecario di Vostr’Altezza Serenissima, l’umanissimo suo foglio delli 8 del corrente mese; et il medesimo, io credo, haverà data reve- rente parte all’Altezza Vostra Serenissima delle esibizione che, a tenore di esso, gli ho fatte. Mi rimane ora di supplicare Vostr'Altezza Serenissima che essendo ambiziosissimo di ubbi- dirle, si degni di darmene più frequenti le occasioni, mentre con tutto l’ossequio mi ratifico Di Vostr'Altezza Seren.ma Umil.m° div.m° obl.m° servitore GeNnESIO Vescovo di Lucca (3). Il 7 gennaio del 1717 l’Offizio sopra le Differenze scriveva al Commissario di Castiglione, una delle poche terre della Garfagnana rimaste in potere della Repubblica di Lucca: Lucensi collectus. Cfr. Srorza G., Francesco Maria Fiorentini ed i suoi contemporanei lucchesi, saggio di storia letteraria del secolo XVII, Firenze, Menozzi, 1879, p. 116. Il Muratori rispondeva al Berti : “ Mi sono stati carissimi i benigni saluti de’ signori Alessandri Buonvisi e Guinigi, del signor Lippi e del signor Cristofani e del Padre Trenta. La prego, in prima occasione, di ringraziarli tutti e di “ conservarmi nella loro grazia. Dica al signor Cristofani che l’ho servito de’ rimproveri al nostro “ signor Gherardi, il quale, senza alterarsi, m'ha imposto di cordialmente riverir lui e V. R. Avrà il pubblico quest'obbligo di più a V. R. di aver mosso il nostro signor Mario a divulgare la Biblio- teca lucchese. Più però di quell'indice, son io persuaso che piacerà la compiuta relazione che ne è per dare il Padre Berti. Animo dunque a pubblicare la prima parte; chè intanto le verranno “ soccorsi dagli amici e probabilmente calerà ad altri la voglia di preoccupare un posto che era a “ lei dovuto ,. Cfr. Epistolario, V, 1852. (1) Op. cit., V, 1842, 1843 e 1844. (2) Op. cit., V, 1851. (3) R. Archivio di Stato in Modena. Cancelleria Ducale. Lettere di Vescovi esteri. Lucca. “ « “ “ 256 GIOVANNI SFORZA 30 Il].mo Signore, Si è consegnato qui al sergente Bastiano Monsacrati un calice, dentro la sua custodia, ben sigillato e coperto d’incerato, acciò lo consegni a: V. S. Ill. con una lettera, con la sopra- coperta in lingua francese, diretta al sig.re Nicolao. Lucchesini a Modana. Si contenterà V. S. Ill.ma mandare detto calice, con la prefata lettera, al sig.re Lucchesini, con pedone espresso, ma che sia securo e fedele, a fin che ‘pervenga securamente nelle mani di detto sig.re Lucchesini; rimettendosene questi SS.i alla sua prudenza. Et il mandato, che doverà portare a Modana il detto calice, sarà bene che ne procuri la solita fede di haverlo consegnato : pregandola a satisfare detto Monsacrati per il viaggio che li conviene fare a posta anche in tempo di neve (1). Quel calice era un regalo della Repubblica di Lucca al Muratori, che a ogni costo voleva tenere bene affetto e guadagnarne la penna. Nell’adunanza del Senato del 19 di quello stesso mese “ fu letto un capitolo di lettera dello spettabile Nicolao «“ Lucchesini di Modena, scritta qua allo spettabile Alessandro Guinigi, con darli “ parte dell’applauso che haveva ricevuto a quella Corte medesima il regalo del “ calice, di qua inviato per ordine et a spese publiche al dott. Muratori; quale con- “ tinuava nel suo pensiero di volere inserire nelle sue opere alcune memorie plau- “ sibili per questa Repubblica, che li era riuscito trovare nelle diligenze fatte da “ esso, con il publico assenso, nelli archivii di questa città, quando sia di satisfatione “ del Governo , (2). Il dono, ed era ben naturale, riuscì gradito al Muratori. Così mostrava al Berti il proprio contento: “ Non c'è che dire: il calice, di cui m'ha per sua bontà voluto “ regalare cotesta Ser.m® Repubblica, è una cosa suntuosa e d’ottimo gusto per la “ fattura. La Corte e quanti l’han veduto e veggono me ne han fatto e fanno i “ complimenti; ed io mi gonfio e son vicino a persuadere a me stesso d’avere del “ merito, quando un sì nobile ed alto donatore mi crede degno di sì belle dimostra- “ zioni. Il giorno prossimo della Purificazione io porterò al santo altare questo tributo, e pregherò, benchè indegno, il sommo Dio che dia prosperità perenne a cotesti “ Ecc.mi Signori e alla loro riveritissima città. Poscia nell’operaà, che ho per le mani, “ m’ingegnerò di mostrare alquanto la mia gratitudine , (8). “ IV. Intanto si accinse alla “ gran raccolta degli scrittori Rerum Itfalicarum ,; opera, che si lusingava “ darà gran lustro all'Italia , (4). “ Mancano solo alcuni “ pochi tagli in rame e subito usciranno i due primi tomi ,, scriveva al Berti il 20 aprile del 1723; e gli soggiungeva: “ Si lavora presentemente al terzo tomo. “ Mia gran fortuna è stata quella di trovare una società di cavalieri in Milano, che (1) R. Archivio di Stato in Lucca. Offizio sopra le Differenze, reg. 102. (2) R. Archivio di Stato in Lucca. Riformagione segreta del 19 gennaio 1717. (3) Epistolario, V, 1859. (4) Op. cit., VI, 2309. S1 LODOVICO ANTONIO MURATORI E LA REPUBBLICA DI LUCCA 257 “ fanno essi tutta la spesa della stampa (1). La prego di trovarmi ed inviarmi quella “ Cronichetta di Lucca (2), perchè sappia ch'io non ho cosa alcuna di quella città “ da produrre. Nulla vi osservai, fra tante storie manoscritte che ivi si conservano, “ scritto prima del 1500. Mi son raccomandato, ma indarno finora; almeno darò questo “ poco, se non potrò di più , (3). Il 14 ottobre dello stesso anno gli inviava questi ragguagli: “ Son già usciti in pubblico i due primi tomi della gran Raccolta, e spero “ che sien tali da fare onore, per la bellezza della stampa, all'Italia tutta..... In “ Milano costa ogni tomo lire 20 di quella moneta; e 15 soldi di essa moneta fanno “un paolo , (4). In un’altra lettera, che gl’inviò il 4 agosto del 1724, si legge: “ Finora quattro tomi han veduta la luce. Il quinto si avvicina al fine; e purchè “ Dio ci mantenga la pace, spero che l’impresa vada felicemente innanzi , (5). Il 24 gennaio del 1727 gli tocca di nuovo della grande impresa: “ Giacchè V. R. è “ per portarsi a Chieti, non Jasci di far ricerca se vi fosse cronica alcuna vecchia, “ inedita, o pur qualche antica carta. E perch’ella mi fece sperare una Cronichetta “ di Lucca, non la dimentichi, chè mi sarebbe cara , (6). Il 12 aprile di quello stesso anno il Senato Lucchese rimetteva “ zioni , dell’Offizio sopra le Differenze una lettera “ del sig. Girolamo Lucchesini, “in data de’ 4 stante, diretta al sig. Marcantonio Sesti (7), concernente il pensiero “ dell’Accademia di Milano, che fa imprimere l’opera del Muratori intitolata Rerum “ Italicarum Scriptores, e di cui è direttore Filippo Argelati, di dedicare alla nostra “ Repubblica il tomo XII di detta opera ,. L’Offizio, fatte le sue “ riflessioni sopra “ la medesima, ordinò si estendesse la seguente relazione , : “ alle considera- Ecc.mi SS.ri, Ecc.mo Consiglio, La lettera del sig. Girolamo Lucchesini, diretta allo spettabile Marc’ Antonio Sesti, in data de’ 4 stante, che l’EE. VV. ci hanno fatto l’onore di rimettere alle nostre considerazioni, per dover riferire all’Ecc.m° Consiglio ciò che sentiamo intorno al contenuto della medesima, con- cerne la determinazione presasi dall’Argelati, direttore della Compagnia o sia Accademia di Milano, che si è assuata all’impresa di stampare l’opera del Muratori intitolata Rerum Itali- (1) Cfr. Viscni L., La Società Palatina di Milano, studio storico, nell'Archivio storico lombardo, ann. VII (1880), fasc. III, pp. 391-566. (2) Ne fa cenno anche nella lettera scrittagli il 12 marzo 1728: “ Aspetto bene con ansietà “ la cronichetta di Lucca, e avrò più gusto di riceverla senza note; perocchè le inutili, che mi è “ convenuto di ricevere finora, mi hanno fatto perdere la voglia di metterne più alcune. Però “ venga; chè mi sarà carissima, e procurerò di fargliene onore nella prefazione ,. Cfr. Epistolario, VII, 2752. È senza dubbio l’Antica cronichetta volgare lucchese, già della Biblioteca di F. M. Fioren- tini, cod. VI, pluteo VIII, che fu poi pubblicata da Salvatore Bongi, nel 1893, a pp. 215-254 del tom. XXVI degli Atti della R. Accademia Lucchese di scienze, lettere ed arti. (3) Epistolario, VI, 2322. (4) Op. cit., VI, 2348. (5) Op. cit., VI, 2395. (6) Op. cit., VI, 2613. (7) Marcantonio Sesti, patrizio lucchese, nel 1713 favorì la fuga di Niccoletta Grillo, moglie di Alberico II Cybo, Duca di Massa, dalla casa maritale; e la Repubblica lo condannò a dieci anni di carcere ed alla privazione degli onori. Di lì a poco, peraltro, essendosi interposto l’imperatore Carlo VI, venne graziato. Cfr. Srorza G., Cronache di Massa di Lunigiana edite e illustrate, Lucca, Rocchi, 1882, pp. 299-301. Serie II. Tox. LVII. 39 258 i GIOVANNI SFORZA 32 carum Scriptores, di dedicare, col consenso di detto Muratori, il tomo duodecimo della stessa opera alla nostra Republica, come che in quello si tratti di alcuni successi accaduti al tempo di Castruccio, in conformità di quanto detto Argelati e Muratori hanno costumato verso l’Impe- ratore ed altri Principi ed ancora verso la Republica di Genova, ai quali sono stati dedicati gli altri tomi della stessa opera; avendo desiderato che dal sig. Gerolamo Lucchesini, preventi- vamente all’istanza che sarà per avanzarsi per tal dedica, si faccia qua qualche scoperta per intendere se essa sia per essere dî pubblico gradimento. Adempiendo noi per tanto a questa nostra incumbenza, siamo a riverentemente riferire di esserci comparsa di molta onorificenza ‘per la nostra Republica questa tal determinazione, non solo perchè simili dediche non vanno mai disgiunte dalla onorevolezza per quel soggetto a cui sono dirette, ma ancora perchè essendo li due primi tomi di quest'opera dedicati alla M.tà del- l'Imperatore, e gl’altri ad altri Prencipi, ne risulta anche da ciò onore alla nostra Republica, per restare così annoverata fra questi; come pure perchè contenendo questo duodecimo tomo alcuni avvenimenti seguìti al tempo di Castruccio, che anche al parere del sig.° Lucchesini non dovrebbero esser disgradevoli, sarà sempre di maggior convenienza della medesima Repu- blica, che il suo nome vada in fronte delle gesta di un suo cittadino, che si è reso sì glo- rioso al mondo non meno di quello abbia illustrata la sua patria. In considerazione adunque di tale onorificenza, che non suole disprezzarsi anco da Principi di maggior potenza, non potendo noi dubitare, che nella dedica non siano per darsi quei titoli, che giustamente si devono, e che come è solito stile di trasmettersi preventivamente la lettera dedicatoria, allora potrà riceversene una più positiva certezza, crederemmo, che l’Ecc.mo Consiglio potesse compiacersi di decretare già d’ora, che venendo fatta quest’istanza nelle debite forme, si avesse per accettata; e come, in dimostrazione del gradimento della mede- sima, è costume universale di riconoscere con qualche regalo l’attenzione di chi somministra l’op- portunità di simili onorificenze, in testimonianza ancora della generosità di chi le riceve, così stimerebbemo opportuno, che potesse decretarsi qualche somma, che al parer nostro sarebbe molto aggiustata e conveniente quella di scudi 100: da impiegarsi in tale effetto dagl’Ecc.mî Ss.rì nel suo caso. E piacendo all’Ecc.®0 Consiglio di approvare questi nostri umilissimi sentimenti, non si mancherebbe da noi di far rispondere dallo spettabile Marc’ Antonio Sesti al sig." Girolamo Luc- chesini, in conformità del resoluto, e come egli desidera, con lettera confidenziale sì, ma ostensi- bile, per remostrarle, che per suo sentimento non dubita che la determinazione dal sig. Argelati presa intorno a questa dedica non sia per essere ingrata a questo Pubblico. Lo che è quanto, etc. (1). Il 4 di giugno l’ Offizio sopra le Differenze, sentita “ la lettera del P. Alessandro Trenta al sig. Mare Antonio Palma, concernente in primo luogo la revisione che Republica, avendogliela accordata l’Argelati; e secondariamente l’avviso che in altri tomi susseguenti vi si stamperà la seconda parte delle Istorie di Lucca di Gio. Sercambi ,, deliberò di presentare un nuovo memoriale al Senato. Fu questo: Ecc.mi SS, Ecc. mo Consiglio, Dalla lettera del P. Alessandro Trenta, diretta al magnifico Palma, in data di Milano 28 del caduto, che ci diamo l’onore di presentare, comprenderà in primo luogo l’Ecc.m° Consiglio non meno l’incarico presosi da detto P.r® Alessandro di ripassare e considerare il duodecimo tomo (1) R. Archivio di Stato in Lucca. Offizio sopra le Differenze, reg. 112, c. 67 e seg. egli intraprenderà di fare del tomo XII dell’opera del Muratori, da dedicarsi alla. da: LODOVICO ANTONIO MURATORI E LA REPUBBLICA DI LUCCA 259 delle opere del Muratori, che, come è ben noto, è per dedicarsi alla Republica, per riferire in appresso se vi sia passo pregiudiziale alla medesima, quanto la pronta disposizione dell’Arge- lati di permetterne la revisione, e di consegnare ancora preventivamente la dedicatoria, con protesta di emendare tutto ciò, che fosse osservabile e da dar fastidio. E secondariamente dalla medesima verranno in cognizione i molto magnifici e spettabili Cit- tadini della morale certezza che nel decimo terzo, o decimo quarto tomo della stessa Opera sia per ineludervisi la 2.38 parte delle nostre storie scritte da Gio. Sercambi, ancora inedite. E dovendo noi, per debito della cura nostra, portare all’Ecc.z V.re et all’Ece.mo Consiglio la nostra benchè ‘debole opinione sopra questa seconda parte di lettera, già che rispetto alla prima sì rende bastantemente per sè stessa commendabile la prontezza del P.r® Alessandro Trenta nell’intraprendere tal non leggiera fatica, a seconda del desiderio dell’Ecc.mo Consiglio; le diremo per ciò, che sulla massima già stabilita di non esser servizio pubblico, che si stam- pino le nostre storie, credemmo opportuno, che dall’Ecc.®° Consiglio si desse incumbenza a chi più le paresse di procurare di divertire la stampa delle dette del Sercambi, con decretarli qualche particolare assegnamento, da valersene per l’intento bramato, che come che sarà più diffi- cile di riuscire quanto alla 2.9 parte, attesa la determinazione già presasi dalla detta Acca- demia d’imprimerla, e la facilità con cui può ottenerla dalla Biblioteca Ambrosiana, così sarà duopo di destramente adoperarsi per guadagnare quei mezzi, che saranno reputati più efficaci, con quelle promesse di gratificazioni, che, per tempo anteposte, sogliono far conseguire anche ciò che a prima vista sembrava impossibile. E perchè è sano consiglio prevedere il caso, che sia inutile questo tentativo, ed il pensare per tempo a quei ripieghi, che possono, se non in tutto, almeno in buona parte, togliere quei pregiudizi, che potrebbero derivare da questa stampa, che per verità stimiamo molto difficile che sia per riuscire di divertirla, non tanto per i motivi già detti, quanto perchè devesi trattare non con una persona particolare, ma con più, quante ne compongono la medesima Accademia, così credendo noi, che in ogni evento sia maggior servizio pubblico l’applicarsi già d’ora a lasciar correre la loro pubblicazione, ma con quelle correzioni et emende, che fossero compatibili con la verità e sostanza della storia, ci diamo perciò l’onore di riverentemente rappresentare all’Ecc.mo Consiglio, che nel medesimo tempo, che egli risolvesse di dar la cura nella maniera antedetta di divertire questa stampa, restasse ancora servito di ordinare a qualche Magistrato, o numero di cittadini, con darli parimente qualche assegnamento, di dover considerare e far considerare, per mezzo ancora di qualche soggetto nazionale, bene inteso di queste materie, le mentionate storie, tanto nella prima, che nella seconda parte, e di esaminarle, et insieme correggerle. E quando si rendesse agevole di poterle rendere purgate da quei passi, che fussero appresi per pregiudiziali, e non si fosse ottenuto l’intento di divertire la detta stampa della seconda parte, reputeremmo che fosse espediente di farle, per terza persona, offerire all’Argelati anche nella prima parte, che a lui manca, così corrette ed emendate; confidando noi, che col merito fosse per farsi nell’offerire e consentire la detta prima parte, si renderebbe più facile l’intento, che queste istorie s’impri- messero anche rispetto alla seconda parte secondo la nostra correzione, e non sull’esemplare, che sì ritrova nella detta Biblioteca Ambrosiana, quando fra l’uno e l’altro non vi sia gran varia- zione. Lo che è quanto, ete. (1). Una nuova lettera del P. Trenta al Palma porse occasione all’Offizio sopra le Differenze di presentare questo nuovo memoriale, che trovò finalmente ascolto nel- l'animo de’ Senatori : (1) R. Archivio di Stato in Lucca. Offizio sopra le Differenze, reg. 112, c. 114 t. e segg. 260 GIOVANNI SFORZA 34 Ecc.mi Sig.ri, Ecc.mo Consiglio, In seguito della fatica intrapresa di rivedere il XII tomo delle opere del Muratori, che era destinato dedicarsi alla nostra Republica, scrive il P.re Alessandro Trenta (come avranno inteso li Mag.‘ e Sp. Cittadini dalla sua lettera degl’ 11 del caduto, che ci siamo dati l’onore di presentare) non retrovarsi nel detto tomo, per ciò che risguarda noi, se non che disgrazie e ruine; onde va suggerendo, col consenso ancora dell’Argelati, che non essendo decorosa la dedica di detto XII tomo, potesse, lasciatasi questa da parte, permutarsi in quella del tomo XIII, che per il contenuto di esso, dovrebbe riuscire di maggior convenienza del- l’Ecc.m° Consiglio, e più illustrata render si potrebbe col far somministrare al sig.?© Muratori li lumi necessari intorno alle azioni di Castruccio, per valersene nel formare le note sopra la di lui Vita scritta dal Tegrimi, che ha disegnato voler inserire in questo XIII tomo. Noi, per verità, siamo rimasti molto ben tenuti al zelo e diligenza del P.r® Trenta, e per la fatica è per la puntual relazione di quanto sopra, ed uniformandoci al di lui sentimento in tutto e per tutto, crederemmo se le dovesse dare in resposta, che recusando la dedica del XII tomo, aderisca al temperamento di cambiarla in quella del XIII; purchè, doppo fatte le medesime diligenze ed osservazioni sopra di esso, non vi sì ritrovino simiglianti disgrazie, o altra cosa di poca onorificenza o di discapito dell’Ecc.m° Consiglio medesimo; onde quando l’Ecc.mo Consiglio non ci comandi in contrario in dette risposte, di cui sta in attenzione il P.r® Alessandro e l’Avgelati, ci conterremo nella suddetta maniera, nè mancheremo di fare le necessarie pra- tiche per rintracciare le notizie di publica convenienza da farsi pervenire al Muratori per l’ef- fetto suddetto. A i E poichè pende un nostro memoriale, nor per anco lettosi nell’Ecc.®° Consiglio, sopra materia attenente a quella di cui sì tratta, ci facciamo perciò lecito di pregare li Magnifici e Spettabili Cittadini ad aver la sofferenza di udirlo, credendo sia atto di pubblico servizio di prendersi intorno al medesimo qualche risoluzione (1). 4 L'incarico di “ somministrare al sig. Muratori li lumi necessari intorno alle azioni “ di Castruccio , venne affidato ad un valente erudito lucchese, il P. Gio. Domenico Mansi della Congregazione della Madre di Dio, che poi fu arcivescovo della nativa città, al quale il Muratori si affrettò a scrivere: “ Sommamente godo di aver inteso “ che V. R. sia destinata a somministrarmi notizie per illustrare la Vita di Castruccio “ scritta dal Tegrimi. Intorno a che io debbo dirle, non essere tale questa operetta “che se le abbia a fare un corredo di note, le quali si debbono riservare ad autori “ antichi, bisognosi di spiegazioni, e ad argomenti scuri, quale certamente non è la storia delle azioni di cotesto valoroso principe di Lucca. Quello dunque ch'io bra- merei, consiste in questo: cioè che mi venissero tutti quei lumi che si potessero avere « “ “ intorno al Tegrimi stesso, di cui altro io non so, se non ch'egli fu di una delle più antiche famiglie di Lucca. Secondariamente, potrei nella prefazione mettere tutti i diplomi a lui dati dal Bavaro, sì per le investiture degli Stati, come del grado di conte del sacro palazzo. E perciò, se mi saranno trasmessi, penserei d’inserirli per extensum. Terzo, avendo io veduto in Sarzana, se ben mi ricordo, la sua iscrizione sepolcrale presso quei Padri Minori Conventuali, avrei caro d’averne copia, e di sapere come sia colà un tal monumento, quando Castruccio mancò di vita costì (2). (1) R. Archivio di Stato in Lucca. Offizio sopra le Differenze, reg. 112, c. 132 t. e segg. (2) L'iscrizione che si legge nella chiesa di S. Francesco di Sarzana non riguarda Castruccio, ma il suo figliuolo Guarnerio, morto in tenera età e lì sepolto. Ne dà una descrizione FepERICO 385 LODOVICO ANTONIO MURATORI E LA REPUBBLICA DI LUCCA 261 “Io poi non truovo aver la vita del medesimo, scritta da Aldo Manucci, e parmi “ anche un’altra, composta, se pur è vero, precedentemente in Firenze (1). Mi sarebbe caro poter vedere tutto in tal congiuntura, e tutto poi restituirei. Nè vi è tempo da perdere, perchè da Milano mi vien fatta fretta. Del resto, mi auguro ben la fortuna di far conoscere il mio singolare ossequio a cotesti Illustrissimi Signori e alla loro nobile città, ricordevole sempre delle grazie e finezze che ne ho ricevuto. E volesse Iddio che i medesimi si accordassero a contribuire altre memorie e storie, ond’io potessi far onore alla lor patria. Le Repubbliche di Venezia e Genova, siccome vedrà V. R. (per tacere di tante altrecittà) mi hanno data maniera di servire alla lor gloria con pubblicare le loro antiche croniche. Solamente Lucca non vuol somministrare neppur un foglio. Ho fatto chiedere una parte della cronica di Ser Cambi, avendo io l’altra. Non l’ho potuta ottenere (2). Si farà credere alla gente che cotesta sì antica e riguardevole città sia la più povera di tutte (3), e mancherà a lei quel “ lustro che tante altre minori avranno nella mia raccolta, perchè vi si leggeranno “ le loro storie vecchie. Nè io altre storie desidero che le composte prima del 1500, “ perchè le posteriori non fanno per me. S'io fossi costì, direi tanto, che forse mi riuscirebbe di levar tutte l’ombre e gli ostacoli che impediscono la gloria propria e l’acerescimento della pubblica erudizione. Almeno V. R. che, anche più di me, ama la sua città, desidera il suo onore e conosce ch'io parlo più per suo che mio “ bene, dica e ridica quel che può in tal congiuntura , (4). . Per i privilegi accordati dall'imperatore Lodovico il Bavaro a Castruccio, il Mansi non potè compiacerlo, essendo serrati nella Tarpea, nò volendo la Repubblica a nessun costo che si trascrivessero e sì stampassero. Gli mandò invece le notizie desiderate intorno al Tegrimi e le iscrizioni sepolcrali di Castruccio stesso e de’ suoi figli Guarnertio e Giovanni. Ignoro se facesse pratiche perchè al Muratori venisse K 4 K K “ “ K “ K “ accordata copia della prima parte della Cronica del Sercambi. Forse non vi pensò Atizeri a pp. 91-106 del suo libro: I migliori monumenti sepolcrali della Liguria, Genova, Ferrando, 1849, in-4°. Nella tav. VIII ne riproduce il disegno. Cfr. Srorza G., Castruccio Castracani degli Antelminelli in Lunigiana, Modena, tip. di G. T. Vincenzi e nepoti, 1891, p. 90. (1) Il Muratori, nella sua Praefatio in Vitam Castruccti, auctore Nicolao Tegrimo, scrive : “ Ego, “ quando maiora non possum, Viftam profero Castruccii de Antelminellis, ducis Lucensis, & Nicolao “ Tegrimo scriptam, sub quo Principe revera sublime honoris et, potentiae culmen civitas illa attigit. “ Famdem quoque Vitam italico sermone descripsit Aldus Manucius junior, ac typis aenei consì- “ gnavit Romae anno 1590 omnium fusissime persequutus res gestas Castruccii. Alteram quoque “ Vitam eiusdem Principis italicis literis ante Manutium mandavit Nicolaus Machiavellus, Reipublicae “ Florentinae a secretis, vir ubique ob suas lucubrationes famosus; et haec ipsa inter eius opera “ vulgata legitur ,. (2) La seeonda parte delle Croniche di Giovanni Sercambi, tratta da un codice dell'’Ambrosiana, la pubblicò poi nel tomo XVIII, colonne 793-898. Nella Praefactio scrive: “ Quaesitus est et liber “ primus, sed inani successu. At quando quidem a Lucensibus nullum alium ego suarum rerum “ scriptorem impetrare potui, hune saltem, qualiscumque ille sit, exerere mihi placuit, neque inu- “ tilem futurum ad historiae italicae fabricam universam atque ornamentum ,. (3) Era infatti “la più povera di tutte ,. Di cronache “ composte prima del 1500 , Lucca, oltre la Cronichetta già ricordata, ha soltanto gli Annales di Tolomeo Fiadoni [1236-1327], stampati a Lione fin dal 1619, poi riprodotti nel tomo XXV della Bibliotheca Patrum e nel tomo XI de' Rerum Italicarum scriptores; e le Croniche di Giovanni Sercambi [1347-1424], che furono impresse a’ giorni nostri dall'Istituto storico italiano per cura di Salvatore Bongi. (4) Epistolario, VI, 2670-2671. pd 262 GIOVANNI SFORZA: 96 nemmeno, vista la volontà incrollabile della Signoria di non permetterne la divul- gazione. E il Muratori stesso non manca di muoverne lamento nel proemio alla Vita di Castruccio, dove piglia a segnalare agli studiosi l’antica grandezza di Lueca. Così scrive: “ Si Lucensis urbis vetustatem, nobilitatem et reliquas multi- « plices praerogativas recensendas mihi susciperem, multa mihi occurrerent ma- “ gnifica simul atque speciosa; neque paucis illustri huic argumento fieri posset “ satis. Illud tamen praeterire nolim, sub regibus Langobardis atque Italicis, Lucae “inter urbes Etruriae sive Tusciae primum honoris locum contigisse, utpote quae “ sedes Ducum fuit et provinciae caput, et una ultra Apenninum honore monetae “ insignita. Hac de re consulendus cl. v. Franciscus Maria Florentinius in monu- “‘mentis Comitissae Mathildis. Ego quoque cap. XVII Antiquitatum Estensium certio- “ ribus tabulis eamdem veritatem illustravi atque munivi. Post annum Christi mille- “ simum eadem civitas (prout fert humanarum rerum vicissitudo) varia fortuna usa “ est, modo sui iuris, modo aliorum imperio obnoxia, ita tamen ut tam ex adversis, “quam ex secundis rebus amplior ei nominis fama in historia accesserit. Sed tamen “ recepta Reipublicae forma, quam in hanc usque diem felicissime servat, prudenti “ regimine, egregiis civibus floret; ac nuper etiam titulo Archiepiscopatus a Bene- dicto XIII Pont. Max. aucta est. Ego sane optassem ut studio meo Lucensium “ gesta in hoc ipso Italicae eruditionis theatro meliori in lumine collocarentur: “ preces etiam et hortamenta adhibui. Sed nescio quibus fatis pergit eadem civitas ES “ dignitate ac luce suarum historiarum carere, aut velle carere. Quam tamen gloriam “ ceterae lubenter, immo solicite sibi procurant et uberrime consequentur , (1). Il 29 decembre l’Offizio sulle Differenze, presa in esame la “ lettera dedicatoria “ per la Repubblica, da porsi nel decimo terzo tomo delle opere del Muratori ,, col mezzo del Palma incaricarono il P. Alessandro Trenta “ di far togliere dal detto “ elogio la parola Populo, aggiunta alla parola Senatwi; ed in oltre di procurare che “ nel frontispizio di detto libro vi si ponga la parola Serenissima alla Repubblica; “e che resti, di più, in detta lettera dedicatoria reformata quella parte che discorre “ della Garfagnana ,; cosa, quest’ultima, consigliata ancora dallo stesso P. Trenta (2). L’Offizio tornò a occuparsene, ma per l’ultima volta, il 25 maggio del 1728. In primo luogo, considerò “ una lettera del P. Alessandro Trenta, diretta al signor “ Marc Antonio Palma, in data dei 14 aprile, con annesso biglietto del giorno ante- “ cedente dell’Argelati, direttore dell’Accademia Palatina di Milano, riguardante la “ dedica del tomo XIII, che in ordine però di opera è l’undecimo delle opere de “ Muratori, dedicatosi alla Repubblica nostra ,; sentì “ ancora altra lettera del “ medesimo Argelati di Milano, in data dei 21 aprile, con poscritta del detto Muratori “ di Modena, dei 30 detto, diretta al P. Gio. Domenico Mansi della Madre di Dio, “ concernente l’istessa materia ,. La lettera del Trenta al Palma è questa: Cariss.mo nepote e Sig. mio riv,mo Il tomo dedicato alla Republica è già uscito e fa una bellissima comparsa. L’Argelati tra. poco lo manderà, insieme con gli altri che mancano, secondo la nota trasmessami, e poi succes- (1) Rerum Italicarum scriptores, XI, 1309. (2) R. Archivio di Stato in Lucca. Offizio sopra le Differenze, reg. 112, c. 396 t. SY LODOVICO ANTONIO MURATORI E LA REPUBBLICA DI LUCCA 263 sivamente manderà gli altri, che si stamperanno; il dedicato si lega adesso con tutta son- tuosità (1). ? In ordine a quanto già scrissi per la lettera all’Argelati, egli o s'ingannò, o si avanzò in dirmi d’averla ricevuta dal Duca di Modena; come potrà vedere dal suo viglietto, che ricevei iersera, che ho stimato bene di mandarlo, perchè possano regolarsi. To stimerei più proprio dar l’incumbenza o a me, o chi stimeranno più proprio, di rin- graziare principalmente la compagnia de’ Cavalieri associati, quale e fa la spesa e sopraintende all'opera e fa fare le dediche (2); ed è certo che questi Cavalieri hanno fatto parlare alto al Muratori e non hanno assolutamente voluto che vi sia nella Prefazione l’iniqua sentenza di questo Senato sopra la Garfagnana, che pareva loro una bella improprietà, per non dir peggio ; e il Marchese Trivulzio (3) me ne parlò con gran sentimento e mi assicurò che tal cosa non averebbono mai permesso che si stampasse, come de facto non v'è. Mi confermo di V. S. Il],ma Milano, 14 aprile 1728 : Obbl.mo servitore e aff.M0 zio ALESSANDRO TRENTA. Ecco l’ “ annesso biglietto , : AI Molto Reverendo P. Rettore Trenta fa una riverenza l’Argelati, servitore suo ossequio- sissimo, e gli dice d'esser poi stato dal Sig." Marchese Trivulzio per la consaputa lettera; ma s'è trovata scritta al Sig." Marchese suddetto e non all’Argelati, mentre lo stesso Argelati fu in persona a presentare il tomo a S. A. S. e ritornato a Milano fece la dovuta relazione a’ cavaglieri della Compagnia delle grandi finezze ricevute dal detto Ser.®°, onde fu ordinato che (1) Questo volume, impresso in carta grande e coperto riccamente di marocchino rosso, si con- serva nella Biblioteca dell’Archivio Lucchese. Cfr. Boni S., Inventario del R. Archivio di Stato in Lucca, IV, 312, in nota. (2) Tra le “ varie cose, che la Società Palatina accordò all’Argelati vi fu “la sottoscrizione delle dedicatorie ,. (3) Il marchese Alessandro Teodoro Trivulzio morì di sessantanove anni il 17 novembre del 1763. “ Versatissimo nelle lingue, ne’ costumi, nell’indole de’ popoli e nella natura de’ Governi dell'Europa, “ frutto de’ suoi viaggi ,, lo dice il Litta; e aggiunge: “ A lui particolarmente si deve la magnifica “ biblioteca della famiglia, ricca di codici e rare edizioni, la quale, aumentata considerabilmente “ da Giangiacomo, suo nipote, è una delle più pregevoli del regno Lombardo-Veneto ,. Cfr. Linra P., Famiglia Trivulzio di Milano, tav. IV. La Società Palatina, nell’atto della sua costituzione, lo designò “ qual capo e rappresentante ;. In lui “ stava quindi la somma delle cose; e quanto a, lui debba la “ Società Palatina e la repubblica letteraria per l’attività, la longanimità e la sapienza onde riempì “ le parti sue, si riassume in queste due parole: — se tanta impresa, le mille volte a pericolo di “ rompersi a mezzo, fu condotta a felice termine, fu merito del Trivulzio — ,. Cfr. Viscni L., La Società Palatina di Milano, nell'Archivio storico lombardo, ann. VII (1880), fasc. III, p. 433. Il Carpucer [Opere; XVI, 97) così lo dipinge: “ Di questo marchese non sarà mai troppo lodato l’equanime e “ temperante giudizio e la saviezza perseverante e sapiente onde seppe condurre a buon porto l’im- “ barcazione preziosa e pericolosa. Non letterato nè scrittore, lascia per altro sentire nelle sue let- “ tere al Muratori, piene di reverenza affett.osa, l'alto concetto che ha dell'impresa tolta a condurre, “ non che della letteratura e dell'ingegno, lascia: sentire l'ingegno suo proprio per natura eloquente “ e l'animo e lo stile del gran signore e dell’uom bono ,. All’Argelati venne affidata la direzione tipografica, che adempì con amore e operosità; ma, (son parole del Vischi) “ parte per naturale impa- “ zienza, parte per presunzione di essere un Aldo od uno Stefano, volle occuparsi della collazione “ degli stampati coi codici manoscritti, o di codici con codici, del notare le varianti, e qualche “ volta anche dell’ordine istesso delle materie, onde malumori, segnatamente col Sassi, che furono “ cagione perpetua di liti, al progredire della stampa perniciosissime ,. 264 GIOVANNI SFORZA 98 si pregasse detto Sig.= Marchese a ringraziarne in nome di tutta la Società il Sig." Duca, come detto Cavaliere fece e ne riportò una clementissima e finissima risposta. Sì che, dovendo esso Argelati far presentare il tomo alla Ser.®2 Republica di Lucca per altri, pare superflua altra lettera che la stampata nel tomo; e se que’ Sigg.ri vorranno corrispondere con altra loro, o darne la commissione al P. Trenta medesimo, sarà in loro pieno arbitrio. Il detto tomo sarà quanto prima legato e lo rimetterà esso Argelati al P. Rettore acciò lo vegga, per via di farne la spedizione a Lucca co’ 3 che mancano, a misura della nota mandata. Anche esso Argelati le fa di nuovo una riverenza. Sua casa, li 13 aprile 1728. L'altra lettera dell’Argelati, con un poscritto del Muratori (1), è di questo tenore: Molto Rev.d° P. Sig. Sig. Padrone col.mo A] P. Gio. Domenico Mansi dellà Madre di Dio. Havendo ottenuto, per mezzo dell’Ill.mo Sig.r Proposto Muratori, l’onore di dedicare in nome della Società nostra Palatina il tomo XIII. a codesta Ser.®® Republica, prego con mia lettera lo stesso acciò si compiaccia di procurarmi l’altro di V. Riv.2® che è di presentarlo a codesti Signori in nome mio, nella forma e colle circostanze che ‘crederà più proprie e con- venevoli, accompagnandolo con gli atti del mio riverente e rispettosissimo ossequio. A tal fine riceverà V. Riv.2® dal Sig. Giambattista Lastrico quondam Giacomo di Genova una cassetta, scrittovi sopra il nome riverito di V. Riv.28, con ordine di fargliela tenere franca di porto e spese. Nella stessa troverà il tomo XIII. grande, legato, che è quello da presen- tarsi, con di più li tomi 11. 12. e 13. sciolti, in compimento del corpo che codesti Signori fanno, o facevano comprar costà; nè per questi occorre alcuna cosa, come tampoco non occor- rerà alcun pagamento de’ susseguenti tomi, che usciranno sino al compimento dell’opera, già che la Società continuerà per mezzo mio il dono picciolissimo sino al fine. Spero dalla somma gentilezza di V. Riv.2&, mediante il detto Muratori, questa grazia, mentre io non ho alcun merito d’ottenerla, se non quello della perfettissima stima e venerazione che ho sempre avuta per V. Riv.28, col sommo desiderio di potermi mostrare in fatti quale col maggior ossequio mi protesto i Di V. Riv.z® Milano, a’ 21 aprile 1728. P.S. Nella cassetta troverà V. Riv.28 la Vita di Castruccio d’Aldo; che ritorna alle sue mani et un tomo 13.° sciolto, che si degnerà di far avere alli Fratelli Marescandoli di costà (2) con tutto il suo commodo. Um. et obb.®0 servitore di V. Riv.z® FiLipPo ARGELATI. Riv.mo Padre S.r mio e Padrone col,mo A me ha inviato il S7° Argelati la presente, acciocchè io preghi V. R. delle grazie ch'egli spera dalla di lei bontà. Tale è la di lei gentilezza, che son certo ch’ella il favorirà a piena mano. Gliene resterò tenuto anch'io. Consegnerò io qui al S." Marchese Girolamo Lucchesini l’altro libro dove è la Vita di Castruccio, acciocchè sia fedelmente rimesso alle di lei mani. (1) È inedito, essendo sfuggito alla diligenza del marchese Matteo Campori, benemerito editore dell’Epistolario muratoriano. (2) Stampatori e librai luechesi. 39 LODOVICO ANTONIO MURATORI E LA REPUBBLICA DI LUCCA 265 Intanto starò io attendendo gli altri favori ch'io desiderava dal Ms.t° di cotesto Capitolo de’ SS.ri Canonici. So ch’ella non l’ha dimenticato. Per altro io non ho fretta. Col mio desi- derio de’ suoi comandamenti e con rassegnarle il mio rispetto mi confermo Di V. R. Modena, 30 aprile 1728 Div.mo et obbl.m0 servitore Lon. A. MuratoRI (1). L’Offizio sopra le Differenze, “ havendo inteso che dal suddetto P. Mansi fosse “ stato presentato a LL. Ecc.° il suddetto tomo dedicato, nel quale con lettere “ antecedenti aveva il P. Trenta assicurato non esservi cosa di pregiudizio o aggravio «“ della Repubblica, e che a questa erano stati dati i debiti titoli ,,- deliberò “ si “ facesse sapere all’Ill.m° Offizio dell’Entrate, che si contenti di licenziare, in mano “ del sig. Gio. Spada, uno del proprio numero, li scudi centocinquanta decretati “ dall’ Eec.m° Consiglio nell’anno decorso 1727 sotto li 2 maggio ,. Successivamente dette cura “ al suddetto sig. Spada di far pervenire all’Argelati li suddetti scudi “ centocinquanta, e di pregare il soprascritto P. Mansi a voler ringraziare per let- “ tera il detto Argelati; come ancora diedero simil cura al sig. Palma di pregare “ il menzionato P. Trenta di passare un simile ufficio di ringraziamento con li « cavalieri associati di Milano , (2). V. Il Muratori, nel secondo tomo delle sue Antiquitates Italicae medii aevi, trattando De moneta, sive jure condendi nummos, venuto a parlare di quelle di Lucca, tra le altre cose, scrive: “ In altera nummi facie, vultus hominis cum epigraphe S. VVLT. «“ DE LVCA, idest Sanctus Vultus de Luca. Ligneam nempe figuram hominis e eruce pendentis Lucenses in maiori templo summa veneratione custodiunt, per quam Divini Salvatoris nostri veram effigiem referri vetus fama tradit, opus nempe, ut sibi per- « snadent, Sancti Nicodemi, non sine prodigio ad Lucensem urbem delatum. Ego nihil “ magis quam statua illa ab imagine ac forma Christi Redemtoris alienum vidi. Neque « aliter visum fratri Nicolao Siculo Ordinis Minorum, doctissimo theologiae magistro, « qui, uti narrat Francus Sacchettus, auctor saeculi XIV, cap. 73 Novell., in publica “ concione de facie Christi Domini dicebat: Non è fatta come la faccia del Volto Santo, «“ che è colà: che ben ci vegno a crepare, se Cristo fu così fatto. At quamquam inter “ fabulas numeranda sit illius fabrica atque translatio, famae tamen antiquitas et “ imaginis illius vetustissima veneratio ac celebritas, Lucensibus non est deneganda. “ Nam vel saeculo Christi undecimo Guillelmus II, Angliae Rex, per Sanetum Vultum “ de Luca jurare consuevit, ut ex Guillelmi Malmesburiensis Historiae libro quarto, «“ atque ex Eadmero libro primo et secundo Historiae constat. Gallicus quidam auctor “ in libro, cui titulus Les amenitez de la critique, censet Anglicum illum Regem MELEase 5 per Sanctum Vultum Christi Domini pictum a Sancto Luca. À vero declinasse illum “ (1) R. Archivio di Stato in Lucca. Offizio sopra le Differenze, filza 387. (2) R. Archivio di Stato in Lucca. Offizio sopra le Differenze, reg..113, c. 161 e seg. Serie II. Tom. LVII. s4 266 GIOVANNI SFORZA 40 “ arbitror. Porro solemne fuit Lucensi populo Vultum hune Sanctum in suis nummis “ exprimere: quod quando primum factum fuerit, prorsus ignoro , (1). Il 10 marzo del 1741, annunziando al P.. Alessandro Pompeo Berti che “ presto “ uscirà il tomo quarto , delle sue Antiquitates Italicae, soggiungeva: “ Mi dicono “ che sia dispiaciuto a’ vostri signori lucchesi quanto ho detto nel tomo secondo del “ Volto Santo. Ho ben, per altro canto, lodata la città , (2). L’accenno al vecchio e venerato simulacro non solo dispiacque, ma accese ira vivissima contro di lui; la quale più anni dopo, e quando già era morto, venne manifestata anche per le stampe. Il primo a scendere in campo fu il P. Giuseppe Maria Serantoni. Scriveva: “ Dopo «i che vari critici si son persuasi che per venire dal mondo reputati virtuosi uno “ de’ mezzi sia il ritrovar motivi da dar eccezione alle sagre immagini ed alle reliquie più venerate della nostra Santa Religione, ed avendo visitati ed attaccati altri santuari, sono finalmente entrati in quello del nostro Volto Santo di Lucca; ancorchè per l’antichissima sua fama e celebrità di mille e più anni sembrasse che da ogni maledicenza dovesse rimanere preservato. Credibil però non pareva che uno de’ più dotti scrittori del nostro secolo, il quale fu il sig. Lodovico Antonio Muratori, sacerdote e pastor d’anime battezzate, fosse per fare un tal passo; e che “ per farlo fosse per ritrattarsi da tutto quanto aveva con venerazione e rispetto “ del nostro Volto Santo e de’ Lucchesi in altre opere scritto, come in quella delle “«“ Antichità Estensi ed in quella del Voto sanguinario , (3). Nelle Antichità Estensi il Muratori parla di Lucca con lode grande, ma tace affatto del Volto Santo. Ne tratta invece nell'opera De superstitione vitanda, sive censura voti sanquinarii in honorem Immaculatae Conceptionis Deiparae emissi, con queste parole: “ Firmam persuasionem “ Lucenses nutriunt, complurium saeculorum possessione firmatam, sibi esse veram “ Salvatoris e cruce pendentis imaginem, a Nicodemo, ut aiunt, effictam..... Probabi- “ litas facit ut prudens ac pia sit de obiecto illo credulitas, neque fallitur persuasio “ probabilitatis, dum res revera probabilis appareat, nec appareat falsum , (4). Si noti: l’opera De superstitione vitanda venne alla luce nel 1740; il secondo volume delle Antiquitates Italicae era uscito fuori l’anno prima. Ciò che scrive il Serantoni del “ ritrattarsi , non regge per nulla. Il Muratori, inteso essere a’ Lucchesi “ dispiaciuto , quello che nelle Antiquitates aveva detto del Volto Santo nel 1739, volle addolcirlo e mitigarlo nel 1740. Ecco tutto. Il Serantoni prosegue: “ Al Muratori “ per dir male del Volto Santo di Lucca è convenuto, con poco suo onore, contradirsi “ ed anteporre una fola del Sacchetti ed un motto sacrilego e buffonesco di fr. Nicola “ Siciliano a tutti gli autori che in ogni tempo, dal secolo VIII fino al presente (1) Muratori L. A., Antiquitates Italicae medii aevi, tom. II (Mediolani, MDCCXXXIX), col. 614. (2) Muratori, Epistolario, IX, 4121. (3) Apologia del Volto Santo di Lucca, ovvero difesa che sia un vero ritratto di Gesù Cristo penante în croce, scolpito da S. Nicodemo ne’ primi tempi della Chiesa e venuto miracolosamente a Lucca, l’anno DCCLXXXII, opera del P. Gruserer M® SerANTONI, Agostiniano dell’Osservanza di Lombardia e Priore di S. Agostino di questa città, Lucca MDCCLXV. Per Giuseppe Rocchi, p. III ® (4) Anronir LamprIDII, De superstitione vitanda, sive censura voti sanguinarii in honorem Imma- culatue Conceptionis Deiparae emissi, a Lamindo Pritanio antea oppugnati, atque a Candido Partheno- timo theologo siculo incassum vindicati, Mediolani, MDCCXL. Superiorum permissu. Prostant venales Venetiis, apud Simonem Occhi, sub signo Italiae, p. 105. 41 LODOVICO ANTONIO MURATORI E LA REPUBBLICA DI LUCCA 267 “ secolo XVIII, hanno sempre riconosciuto il nostro Volto Santo per un’opera di “ S. Nicodemo, venuta miracolosamente a Lucca, e per un vero ritratto di Gesù Cristo “ penante in croce , (1). i L’opera del Serantoni, della quale per un tempo la vigile e prudente Repub- x blica impedì la stampa (2), “ è al tutto mancante di critica , (3). Fermo nel soste- nere, che il Volto Santo “ perfettamente si rassomiglia a Gesù Cristo, penante in “ eroce ,; il fatto “ che rappresenta un uomo di 45 in 50 anni, non lo sgomenta per nulla; e affastellando numeri sopra numeri, si sforza di provare, che “ sebbene “ sul fine della sua vita non avea che 37 in 38 anni,, compariva “ di 45 in 50 sulla “ croce agonizzante , (4). Non è la sola nè la più grossa delle “ favole stravagantis- “ sime , che escono dalla penna del buon frate, “ non punto ideneo in questo genere “ di studi , (5). Trovò un fiero contradittore in Giovanni Lami, e si accapigliarono tra loro (6); ma il Lami, mentre ebbe buon giuoco nello scagliare i suoi strali contro la leggenda attribuita a Leboino (7), alla propria volta uscì di strada nel sognare e sostenere che il Volto Santo fosse trasportato a Lucca nel secolo XI, ma però dipinto, e venisse poi scolpito nel secolo seguente. Il P. Federigo Vincenzo Di Poggio dell'Ordine de’ Predicatori, nel 1783, tornò a esaminare “ quello ha scritto. del “ Volto Santo il ch. Muratori, preso dalla manùìa di criticare e deridere , (8); lavoro ristampato nel 1839 dall’ab. Pietro Pera, futuro arcivescovo di Lucca, con largo corredo di note (9). In una di esse scrive: “ È fama che quell’ eruditissimo Mode- “ nese dàsse questa cenciata ai Lucchesi, per sfogare una piccola passioncella presa “ contro il nostro paese, perchè quando visitò i nostri ricchissimi archivi, non (1) SerantoNI, Op. cit., p. V. (2) Il ms. originale si conserva nel R. Archivio di Stato in Lucca e ha questo titolo: Apologia del Volto Santo di Lucca, colla quale si difende da alcune proposizioni contro di lui impresse nella celebre opera del Sig. Lodovico Antonio Muratori, intitolata: Antiquitates Italicae Medii Aevi, e si conferma essere egli un vero ritratto del Salvatore nostro penante in croce, scolpito da San Nicodemo, e miracolosamente venuto a Lucca da’ luoghi Santi di Palestina. Benchè abbia in fine il vidit del P. Gio. Domenico Mansi revisore ecclesiastico e un’altra approvazione, che venne poi cancellata, questa copia “fu èvidentemente soppressa, o ritenuta per ordine pubblico ,. Cfr. Bower S., Inventario del R. Archivio di Stato in Lucca, IV, 319. (3) Luccnesini C., Storia letteraria del Ducato di Lucca, in Memorie e documenti per servire alla storia di Lucca; X, 265. (4) SerantonI, Op. cit., pp. 48-62. (5) Guerra A., Storia del Volto Santo di Lucca. Lucca, tip. Arciv. S. Paolino, 1881, p. 363. (6) Novelle letterarie di Firenze, vol. XXVII, col. 393-398 e 759-762; vol. XXVIII, col. 178-184, 225-234, 801-810. Serantoni G. M., Risposta al dottissimo autore delle Novelle letterarie di Firenze, Lucca, Ventu- rini, 1766, in-4°. Di pp. 16. Ip., Risposta alla seconda replica, ece. Lucca, Venturini, 1767, in-4°. (7) Di questa leggenda il R. Archivio di Stato in Lucca possiede un codice membranaceo, scritto nella prima metà del secolo XIV. Fu più volte stampata e venne tradotta in varie lingue. Il volgarizzamento fattone da I[acopo] C[iuffarini], che vide la luce a Lucca, co’ torchi di Vincenzo Busdraghi, nel 1583, fu sequestrato per ordine della Repubblica. R. Archivio di Stato in Lucca. Riformagioni segrete del 29 aprile e del 1° giugno 1583. (8) IMustrazione del Santissimo Crocifisso di Lucca, detto volgarmente il Volto Santo, scritta da N. N. Lucca, Bonsignori, 1783, in-8°. (9) IWMustrazione del SS. Crocifisso di Lucca, detto volgarmente il Volto Santo, scritta dal P. Fepe- RIGO Di Poecio. Edizione seconda, con nuove giunte e note, Lucca, tip. Ferrara e Landi, 1839, in-8°. 268 G. SFORZA — LODOVICO ANTONIO MURATORI E LA REPUBBLICA DI LUCCA 42, “ gli fu permesso, secondo la pratica di quel tempo, di veder tutto, quantunque i “ Lucchesi gli fossero cortesissimi, come è manifesto da tanti documenti che vi “ raccolse. Quanto può una leggera preoccupazione di spirito anche negli uomini “ grandi! , (1). Raccoglie e ripete l’accusa un altro lucchese, il canonico Almerico Guerra, non senza una punta di veleno. Persuaso che il Volto Santo sia “ opera di “ Nicodemo ,, e per conseguenza “ il più antico simulacro del Redentore che si veneri “in tutto il mondo ,, fa sua la sentenza del Muratori — non rare volte dovremmo dubitare, non delle parole, o delle sentenze, o dei monumenti degli antichi, ma del- l’imperizia ed ignoranza nostra —; e la fa sua, per tirarne la conseguenza: £ Così “non avesse il Muratori stesso dimenticato talvolta questo prezioso avviso!, Rico- nosce in lui “ uno tra i più chiari ingegni del secolo XVII ,; ma, essendo quello il tempo “ appunto in cui il criticismo era in voga ,, ed essendo ben raro “ che gli “ uomini, anche sommi, non ritraggano dell’indole del loro secolo e si tengano affatto “immuni dai difetti del loro tempo, censurò facilmente ciò cui avrebbe dovuto “ rispetto ,,; e “ tra le pie credenze cui recò offesa, furono alcune di quelle che riguar- “dano il simulacro , di Lucca, senza che “ niuno scopo lodevole , vi fosse “ di “ metterle in dubbio, o negarle recisamente , (2). = Del Volto Santo il Muratori, come s'è veduto, scrisse con l’acume suo: “ Ego nihil “ magis quam statua illa ab imagine ac forma Christi Redemtoris alienum vidi ,; ma però aggiunse: “ At quamquam inter fabulas numeranda sit illius fabrica atque “ translatio, famae tamen antiquitas et imaginis illius vetustissima veneratio ac ce- “ lebritas, Lucensibus non est deneganda ,. Sarebbe tempo che un uomo d’ ingegno pigliasse a illustrarla col soffio della critica; cosa che non è stata fatta fino a qui. Quanto resti a dire di nuovo, lo provò di recente il prof. Vendelino Foerster (3), che sopra il Volto Santo di Lucca raccolse più di un accenno ne’ canti degli antichi poeti provenzali. (1) Op. cit., p. 202. (2) Guerra A., Op. cit., pp. 14, 24, 366 e 367. (3) Foerster W., Le Saint Vou de Lugues, Erlangen, Verlag von Fr. Junge, 1906, in-8?, di pp. 59. V° Sì stampi: Enrico D’Ovipro, Presidente. LorENZO CAMERANO Segretario della Classe di Scienze fisiche, matematiche e naturali. Gartano DE SANCTIS Segretario della Classe di Scienze morali, storiche e filologiche. 7 Z Ù pe, È A À n a Gr E VI ì apatia | x NE 7 I] cos =, TI NA er A A PZ |. TT—,—-T-=<°FW,TWTT=-WEFEZzco: VETEZA RR RRERIERNIE, Cs3 3 Ò) (Cà - °° L A O) a % tà x È, Pa DIC ; ho) E a < n ROS NS Là D) OZZERO ZAZIORNIIEZI/ & VI == DICLI CITI (CE CA NC# i È Ì i NRSRIR AZIZ Dro ron ì Ù NO »i ù 1 Vv I