Iata CRTANIBRA if rit GOITO } E t poi pla ti 0 hi toro îa HEI ML } DS ni deR39 00743 ì ROEGIA Hi TICACLES MIO, bi ) iui Tg Mia: DARLE mi pri deli 7 bro int BE vee gt nn iiast _ La si Hi i VILIPIIRIE LE Lina == 33 pie cesto <= i AMUBREA È ie DARIPR ARA i dini Lio . f Hi LU i it tt VIDI i. L.. st tn si AMIN La si .. Mer to SUI br) È DSi x; BM = CÈ n i il Nn Vel Hit È LI k;t (Hi QUA IR nuo Mt ; sO SUA Ceno | ; vii Î in Gipi Ù GAI Ate pi it Ùi t fol bip RI i Male tte di lb i. Ro Ei Da Dic si i VELI io ii ti io iti 7 Ù tig] A È; IH ti INIT Ù ch ini deli DONA At: Hot .- i ji IS ‘ Î "i ITTAARI i Bhe pu; ‘ 1 RIit \ J È i ICT] DIAGISLI tt H'; Ian Ri TREO Lt | è k - III han (ct Hd; RERO, da di Sh: 3 n° RI Riano ; ì; AA lo nio Ù ui i st RR RitI Di RIE n RIOSIORAR DRE iti pa Lettini MRI NO RO) Va IMI Vinoio ‘ Î i } | H Ni “ y (07. fan l i Hb) n ee My Sb LA dun i OC II RA È | utt io ic E; di Nea. i; i uit ted casi bVi i b: ‘oi SIA, ì AR MEMORIE. DELLA REALE ACCADEMIA DRERELERSGIENZE e ro), DI TORINO. gt NE ed Op CLI u TOMO XXXVI. Pa WA Toei li x VÀ f i TORINO DALLA STAMPERIA REALE MDCCCXXXIIFà: 4 ‘ tg ; La dt - 0] x : % RE Al «aL Cat - r ra i SARA hi è MN ; a Ù A) den , ; 237 P. ? di SE €} è, ® ì I) ARC et! sa SENIOR ae RPC di CAEN ALE Ni Ù Vai da \ 3 \ \ I | i px i pani Cc Pe r | * Ag LR L'A È PR : [uit SPIA vi Ni NE EA Mi DA n: (È, «O i È Hi! O Si ti CE ì Septsaai di N ti, s 7 » ta AE Ad j “ Si iti s° A 6 ? s a i & î ) va i E i ) i ff 10» ni ) , , F PX WILITA UP VESTE i orgia y $ n I è f f P È i) a £ ud _ Sa = n Ù) - Î] Pali uu) A ed . ha 4 kr a 3 Peg ESSI : i i 3 “ i aspnicoatlo. ; x s f o) r- y î 4 i da 4 03£} di y . x S E, 7 : l è. RTRT LR Fàa Ero RA ; h ci #; E vg 6- CRAL ; $' Frmssnrst a / : Ri Ze 23 ù { E a s ù 9 è pi |} | s . A La g (111) INDICE DELCTOMIOLTXAXVI ——_ 3 fo 4 E ii Ein degli Accademici Nazionali. . .... . . Pag. (vi) Mutazioni accadute nel Corpo Accademico, dopo la pubbli- cazione del precedente Volume —. . SUE LI ai ev) Doni fatti alla Reale Accademia delle Sciénzé: AGR la stampa deli orarie precede ®, SRD 020, Seo 331) 49 16 Cry) CLASSE DI SCIENZE MATEMATICHE E FISICHE. Notizia Storica intorno ai Lavori della Classe di Scienze fisiche e matematiche dal 1830 a tutto il 1831, scritta dal Cavaliere Professore Giacinto CARENA, Segretario di ossa Glasse* >". <# ; si i eda” Elogio Storico deirrenadizio) Profesdari Giovanni Rarihi Balbis, scritto dall’Accademico Avvocato Collegiato Luigi ETA e pe At A e le del RRLA OA e RORES TETRA o 00) MEMORIE. Essai géognostique dars les deux vallées voisines de Stura x et de Vinay, par Ange Sismonpa, Assistant à École A AR e (tv) Mémoire sur deux nouveaux sels doubles d’argent et de fer, «ag: Analyse de l'eau de Saint-Genis dans le but particulier de par le Professeur Lavanii at è eee déterminer la proportion de ljode , par le Professeur Dave e) PARE GAP DEE e sa Memoire sur quelques ossemens fossiles trouvés en Piémont par, de Professeue Borsoni e e A, Meémoire sur le développement des termes du cinquième ordre qui font partie du coeflicient de la grande inéga- lité de Jupiter et Saturne, par Monsieur PLani . . » Illustrationes rariorum surpium horti botanici R. Univ. Taurin. Auctore ‘Professore Josepho: Mons. (i None Recherches chimiques sur les altérations de la bile extraite du cadavre d'une femme qui était. affectée. de | manie, par le Professeur Lavinio * nat Ae N Quelques observations sur le gissement des. Trachytes en général et du Trachyte des Monts Euganéens en par- uculier “par Monsieur DA RI RO O Meémoire sur la force élastique de la vapeur du. mereure à différentes temperatures, par Monsieur le Chevalier AFOCARRPI9! Rae alb e e n Memoria per servire alla storia naturale di una specie di Cecidomia che vive sugli Iperici, del Professore Giuseppe (EA VI GIONA De OOO ORE E O Saggio chimico-medico sulla presenza simultanea del Prussiato ‘di ferro, e di una materia zuccherina in una partico- lare varietà d’orina umana , del Medico Collegiato G. Lorenzo Caxtù, Professore straordinario di Chimica generale applicata alle Arti nella R. Università —. . » Osservazioni intorno alla Tiliguerta o Caliscertula di Cetti ( Lacerta Tiliguerta Gm. ), del Professore. Giuseppe GEN IR rl RA ge SA I I. () i CLASSE DI SCIENZE MORALI, STORICHE E FILOLOGICHE. Programmi dei premii proposti dalla Classe nei mesi di giugno 1830 e giugno ne Pao, Della Politica e delle Lettere, del Cavaliere Giuseppe Manno Notizia delle antiche Biblioteche della Real Casa di Savoia, di S. Ecc. il Conte Gianfrancesco GaLeANI NAPIONE DI VOCCONAROMI e a e Delle Finanze della Monarchia di Savoia nei secoli. XIII e XIV; Discorsi quattro; e 1.° Della Forma della Mo- narchia; di Luigi CrsRARIO . RI VANO IT LTT Ricerche intorno ad alcune cose antiche dissotterrate in Torino negli anni 1830-1831, del Cavaliere Giulio Corpero pI S. QuiINTINO. a TIRO STRO REALE Delle Finanze della Monarchia di Savoia ne’ secoli XI[I e XIV. Delle Entrate della Corona, Discorso 2.°, di EniaisCrapario:. i: ge ») 63. Ud, e IMPARI ci07 no) allob sincati eib@ Via » : Ù = n 3 x ih l d° 90 | ‘TROGLATa: «lagro RIPETE, sedi. sar È ai: ‘ROIO Mi ES SERE FER II DO: VON IROAIO esi E ni LI 5 Mi) rc PI MIE ISLA dra agdat sli HIEST rigo: usi isla iano 3A VON oi eine 168] Quguig. +. sù, argini MCTOISTA Sertioesadara dia rsOila! LL gazatioI stlob-> aoitilo falla fi xo SIT SR Mn ailogati dfpemancà inoft sllsb aBosnifdit Siti Ti salate nico MOL DITARI indguhr) 00sII GRA LU adtroi), Jondo a ib ia vati Sara RA oti403m 3 ii FAAIZo Jlopge:, du diven ib TE nasa nisi striaaii todi -oti alia ice in atloe PSA tp. iron Do VIZI 3 a A ie i soia) Lain, il Saigon» gii ga: msi itazzi and vin Fat, SETA bo rriglai CRESCITA. ail osifava) ia ia ù 1851-0881 hitia siga ili: wi sit Bedi ana Strata af 16, RIO II ossa ta: siora@. i ‘RidoaponIA sliob asarogi? (ott + tie me SIA SI , sì ‘ IN è ” Ò he panv { ‘ ù A è gi = 4 La CD la i > ” = ' soit para ) IT « ES e der TE A È: LEA W5 dx LR t dat . petto » DI ’ eg , è v ‘ pe 3w 4 a ei # pts x A = vbb ì : LO LO nai E " 3 fi SAI - Crati giù a Di » È —_ be x \ v . A 3 - 4 # LI + (vir) ELENCO DEGLI ACCADEMICI NAZIONALI AL XXX DI NOVEMBRE DEL MDCCCXXXII. Presidente. Barso, Conte Prospero, Ministro di Stato, Cavaliere di Gran Croce, decorato della Gran'Banda dell'Ordine de’ Ss. Maurizio e Lazzaro , Cavaliere dell’ Ordine Civile di Savoja, Presidente della Sezione Finanziera del Consiglio di Stato, Decurione della Città di Torino. Vice-Presidente. Lascaris pi VentimIGLIA, Marchese Agostino, Maggior Generale, Scudiere nella Real Corte, Commendatore dell'Ordine de’ Ss. Mau- rizio e Lazzaro, Membro del Real Ordine Militare di Savoja, Ca- valiere dell’ Ordine di Leopoldo, Consigliere di Stato ordinario , Vice-Presidente della Regia Camera d’Agricoltura e di Commercio, Direttore della Reale Società Agraria, Decurione della Città di Torino. Tesoriere. Pryron, Abate Amedeo, Teologo Collegiato, Professore di Lingue Orientali nella Regia Università, Cavaliere dell'Ordine Militare de’ Santi Maurizio e Lazzaro, e dell'Ordine Civile di Savoja. (vin) CLASSE DI SCIENZE FISICHE E MATEMATICHE Direttore. GioserT, Giovanni Antonio, Professore di Chimica Generale ed Applicata alle Arti, nella Regia Università. Segretario. Carena Giacinto , Professore di Filosofia, Professore Straordinario degli Studi Fisici nella Regia Accademia Militare, Cavaliere e Con- sigliere dell'Ordine Civile di Savoja. Accademici residenti. Barso, Conte predetto. Micxerorti, Cavaliere Ignazio , Ispettore generale nel Corpo Reale degli Ingegneri Civili , e delle Miniere, Direttore dei Regii Canali, Professore emerito di Matematica nella Regia Università , Direttore del Regio Stabilimento Idraulico, Membro della Società Italiana di Scienze residente in Modena, e della Real Società Agraria di Torino, Cavaliere dell'Ordine Militare de Ss. Maurizio e Lazzaro, Membro del Congresso Permanente delle Acque e Strade, e del Regio Consiglio degli Edili, Decurione della Città di Torino. Rossi Francesco, Professore Emerito di Chirurgia nella Regia Università, Chirurgo delle LL. MM. e Reale Famiglia, Chirurgo Generale del Regio Esercito, Cavaliere dell'Ordine Militare de’ Ss. Maurizio e Lazzaro, Cavaliere e Consigliere dell'Ordine Civile di Savoja. U Provana, Conte Michele Saverio, Intendente Generale, Bibliote- cario di S. M., Presidente della R. Commissione di Revisione de libri e delle stampe, Decurione della Città di Torino. (1x) Bone Giorgio, Professore d’Idraulica Rella Regia Università , Cavaliere dell'Ordine Civile di Savoja. i Prana Giovanni, Regio Astronomo, Professore d’Analisi nella Regia Università, Direttore Generale degli Studi nella Regia Ac- cademia Militare, Commendatore dell'Ordine Militare de’Ss. Maurizio e Lazzaro, della Corona Ferrea d° Austria, Cavaliere e Consigliere dell'Ordine Civile di Savoja. MicneLottI Vittorio , Professore di Chimica Medico-farmaceutica nella Regia Università, Membro del Consiglio delle Miniere, Pro- fessore di Metallurgia e d’Analisi dei Minerali nella Regia Scuola Teorico-pratica di Moutiers. Cisa pi Gresy, Cavaliere Tommaso, Professore Emerito di Mec- canica nella Regia Università , Cavaliere dell'Ordine Militare dei Ss. Maurizio e Lazzaro. Berrinceri Carlo Francesco, Medico di Corte, Dottore Collegiato di Medicina. Avocapro pi QuareGna, Cavaliere Amedeo, Professore Emerito di Fisica Sublime nella Regia Università, Mastro Uditore nella Regia Camera de’ Conti, Cavaliere dell'Ordine Civile di Savoja. Corna Luigi, Avvocato Collegiato. Re, Gianfrancesco, Professore di Botanica e di Materia Medica nella Regia Scuola Veterinaria. Lascaris pi VentimigLIA , Marchese Agostino , predetto. Moris Giuseppe Giacinto, Professore di Materia Medica e di Botanica nella Regia Università , Consigliere nel Magistrato del Protomedicato , Direttore del R. Orto Botanico. Lavini Giuseppe , Dottore in Filosofia, Professore Sostituito di Chimica Medica e Farmaceutica nella Regia Università. Cantù Gian Lorenzo, Dottor Collegiato di Medicina, Professore Straordinario di Chimica Generale applicata alle Arti, nella Regia Università, Membro del Consiglio delle Miniere. DecLra Marmora, Cavaliere Alberto, Luogotenente Colonnello nel Corpo Reale dello Stato Maggiore Generale , Membro del Real Tom. xxxvi I (x) Ordine Militare di Savoja, Cavaliere. e Consigliere dell’ Ordine Civile di Savoja. Gevnì Giuseppe; Professore di Zoologia , e Direttore del Museo Zoologico della Regia Università di Torino. 1] Accademici Nazionali non residenti in Torino. GauriERI, Cavaliere Giuseppe , Ispettore Generale de’ Boschi a Milano, Cavaliere dell'Ordine Militare de’ Ss. Maurizio e Lazzaro , im Milano. MuLrteDo Ambrogio, Professore Emerito di Matematica, Cavaliere dell'Ordine Civile di Savoja , in Genova. Borcnis G. A., Ingegnere Civile, in Parigi. Bouvarp Alessio , Membro dell'Istituto di Francia e dell’Ufficio delle Longitudini , in Parigi. BertEro, Dottore in Medicina , in Alba. i Moson Giuseppe, Professore di Chimica, in Genova. Berrorovni Antonio, Professore di Botanica, in Bologna. Viviani Domenico; Professore di Botanica e di Storia Naturale nella R. Università di Genova, Cavaliere dell'Ordine Militare. dei Ss. Maurizio e Lazzaro, in Genova. Losana Matteo, Teologo, Preposto di Santa Maria in Lombriasco. Marranini Stefano , di Mortara, Professore di Fisica e di Mate- matica applicata nel Regio Liceo di Venezia. (1) CLASSE DI SCIENZE MORALI, STORICHE E FILOLOGICHE renne | | |_ Direttore. Provana , Conte Michele Saverio, predetto. Segretario. Gazzera, Abate Costanzo, Professore di Filosofia, Assistente nella Biblioteca della Regia Università. Accademici residenti. Rorro pi ReveLLo, nata Saluzzo, Contessa Diodata. Sauzzo pi MenusicLIo , Cavaliere. Cesare , Maggior Generale , Governatore delle LL. AA. RR. i Duchi di Savoja e di Genova, Commendatore dell'Ordine Militare de’ Ss. Maurizio e Lazzaro , Cavaliere dell'Ordine Civile di Savoja, Comandante Generale della Regia Accademia Militare, Membro del Consiglio delle Arti, De- curione della Città di Torino. Provana, Conte , predetto. Carena, Professore, predetto. BoucÒeron Carlo, Segretario di Stato onorario, Professore di Eloquenza Latina e Greca nella Regia Università, Professore di Belle Lettere nella Regia Accademia Militare, Cavaliere dell’Ordine de’ Ss. Maurizio e Lazzaro. Piinoxn, Abate Amedeo , predetto. Baruccni, Abate Pietro Ignazio, Direttore del Museo d’antichità, Professore emerito di Logica e Metafisica nella Regia Università. Bessone, Abate Giuseppe, Dottor Collegiato in Leggi, Consi- gliere Canonista di S. M. (xn) Cospeno de Conti di San Quintino, Cavaliere Giulio. Broxpr, Conte Luigi, Marchese di Baprxo, Maggiordomo e So- praintendente Generale della Casa ed Azienda della fu S. A. R.la Duchessa del Chiablese, Commendatore dell'Ordine Militare de’Santi Mamrizio e Lazzaro. Gazzera , Professore predetto. Somis pi Cmavrie, Conte Giambatista , Presidente. Maxso,, Cavaliere Giuseppe, Primo Ufliziale della Regia Segre- teria di Stato per gli affari interni, Consigliere nel Supremo Con- siglio di Sardegna, Commendatore dell'Ordine Militare de’Ss. Mau- rizio e Lazzaro, Cavaliere e Consigliere dell’Ordine Civile di Savoja. FaLLeTTI pr BaroLo, Marchese Tancredi, Decurione della Città di Torino. Ssuri p'IcLiano , Cavaliere Lodovico, Consigliere di Legazione , Commissario Generale dei Confini, Cavaliere dell’ Ordine Militare de' Ss. Maurizio e Lazzaro, e dell'Ordine Civile di Savoja. Omoper Francesco, Cavaliere degli Ordini Militari de’ Ss. Mau- rizio e Lazzaro, e di Savoja, Direttore. degli Studi Militari nella Reale Accademia Militare, Colonnello Comandante il 1.° Reggimento d’'Artiglieria. Scropis pi SaLerRANno, Conte Federico, Senatore nel Reale Senato di Piemonte. dal Barso, Conte Cesare, Cavaliere dell’ Ordine Civile di Saroja , Colonnello ne Regii Eserciti. Cisrario, Nobile Giovanni Luigi, Intendente, Sostituito del Pro- curatore Generale di S. M. SaLuzzo pi MexusieLio, Conte Alessandro, Ministro di Stato, Maggiore Generale, Cavaliere di Gran Croce, decorato del Gran Cordone dell'Ordine de’ Ss. Maurizio e Lazzaro, Commefidatore dell'Ordine Imperiale di Leopoldo, Presidente della Sezione dell’In- terno nel Consiglio di Stato. DeLLa Marmora, Cavaliere Alberto , predetto. (xm) Accademici Nazionali non residenti in Torino. Borra Carlo, Dottor Collegiato, Cavaliere dell'Ordine Civile di » \ Savoja, in Parigi. Fra Carlo, Bibliotecario della Chigiana, in Roma. De MaIsTRE; Conte Saverio, Generale negli Eserciti dell'Imperatore di tutte le Russie, Cavaliere dell'Ordine Civile di Savoja, in Pie- troburgo. Rayxmonp, Giorgio Maria:, Regio Professore, in Ciamberì. De LocÒe pe Movxy, Conte Francesco, Maggior Generale nel Regio Esercito, in Ciamberì. Barre , Cavaliere D. Lodovico, Segretario della R. Società Agraria ed Economica, in Cagliari. Serra, Marchese D. Girolamo, in Genova. ACCADEMICI STRANTERI. Classe di Scienze Fisiche e Matematiche. ( di antica nomina ). Paori, Cavaliere Pietro, in Pisa. De CanpoLLe Augusto, Professore di Botanica, a Ginevra. ( Nominati nell'adunanza generale del 20-gennaio 1833 ). Araco , Domenico Francesco Giovanni, Membro e Segretario dell'Istituto di Fraricia, per le Scienze Fisiche e Matematiche , Membro dell’Uffizio delle Longitudini, a Parigi. BerzeLIo, J. J., Professore di Chimica, a Stoccolma. Savi, Gaetano , Professore di Botanica, a Pisa. Humsorpor, Barone Alessandro, Membro della Reale Accademia delle Scienze di Berlino. \ (xv) Porssow, Simeone Dionigi, Membro dell'Istituto di Francia, e e dell’Uffizio delle Longitudini, a Parigi. Gauss, Carlo Federigo , Consigliere , Direttore della Specola Astronomica e Professore nell’Università di Gottinga. VenturoLI; Cavaliere Giuseppe, Professore emerito della Uni- versità di Bologna, Presidente del Consiglio degli Ispettori d’Acque e Strade, a Roma. Gay-Lussac, Luigi Giuseppe, Membro dell'Istituto di Francia , a Parigi. Classe di Scienze Morali, Storiche e Filologiche. ( Di antica nomina ). . SitvestrE DI SAcy, Barone, Antonio, Membro dell’ Istituto di Francia, a Parigi. DepérET, Professore emerito , a Parigi. DeceRAanpo, Barone Maria Giuseppe, Membro dell’ Istituto di Francia, a Parigi. ( Nominati nell’adunanza generale del 20 di gennaio 1833 ). Mar, Monsignor Angelo, Bibliotecario della Vaticana, a Roma. Brucrère, Barone di Bananre , Amabile Guglielmo Prospero , Membro dell'Istituto di Francia, Pari, e Ambasciatore di Francia presso S. M. il Re di Sardegna, a Parigi. Pasrorer, Marchese Claudio Emanuele Giuseppe Pietro, Membro dell'Istituto di Francia, a Parigi. Manzoni, Alessandro, Accademico della Crusca , a Milano. Saviony, F. C. Professore nella Regia Università, e Membro della Reale Accademia delle Scienze, di Berlino. ‘ Lerrone, Giovanni Antonio, Membro dell'Istituto di Francia, Conservatore della R. Biblioteca, a Parigi. Borcuese, Conte Bartolomeo , a Roma. (xv) MUTAZIONI PA / / accadute nel Corpo Accademico dopo la pubblicazione del precedente. Volume. Hess cessato di vivere i seguenti Accademici : Carlo Ranponi, Primo Architetto Civile di S. M., Capitano nel Corpo Reale degli Ingegneri Civili, Membro della Classe di Scienze Morali!, Storiche e Filologiche, morto il 13 di novembre 1831, e Cavaliere Giacomo Alessio Vicnarn pi S. Rear, Cavaliere di Gran Croce, Intendente Generale d’Azienda, Membro della Classe di Scienze Fisiche e Matematiche, morto il 13 di novembre 1832; Accademici residenti. Borson, Abate Stefano, Professore di Mineralogia ecc., Membro della Classe di Scienze Fisiche e Matematiche, morto il 25 di di- cembre 1832. Abate Gianbernardo Derossi, Professore di Lingue Orientali nell'Università di Parma, Accademico non residente; il 23 di marzo 1831. Barone Giorgio Cuvier, Membro dell'Istituto di Francia, Acca- demico straniero, in Parigi; il 13 di maggio 1832. Conte Giovanni Antonio Cnaprar , Pari di Francia, Membro dell'Istituto di Francia, Accademico straniero, in Parigi, il 29 di luglio 1832. Barone Di ZAcn, Accademico ‘straniero, nel settembre 1832. (xvi) NOMINE. Signor Giuseppe Genè, Professore di Zoologia e Direttore del Museo Zoologico della Regia Università di Torino, nominato il 15 di gennaio 1832 ad Accademico residente per la Classe di Scienze Fisiche e Matematiche. Marchese Gerolamo SerRA, di Genova, nominato il 1.° di dicem- bre 1831 ad Accademico non residente per la Classe di Scienze Morali, Storiche e Filologiche. Teologo Matteo Losana , Preposto di S. Maria in Lombriasco, nominato il 29 di gennaio 1832 ad Accademico non residente per la Classe di Scienze Fisiche e Matematiche. Signor Stefano Marranini, di Mortara, Professore di Fisica. e di Matematica applicata nel Regio Liceo di Venezia, nominato il 9 di decembre 1832 ad Accademico non residente per la Classe delle Scienze Fisiche e Matematiche. Inoltre, nell'adunanza generale del 20 di gennajo 1833, l’Acca- demia ha nominato a tutti i posti vacanti di Accademici. stranieri, come a pag. XI. PENSIONI ACCADEMICHE. S. M. in udienza del ro di dicembre 1831 ha conceduto all’Ace- cademico Cavaliere Giacomo Alessio VicH®arp DI S. ReaL la pensione di cui godeva l’Accademico Carlo Ranpont. Nell’udienza del 24 di novembre 1832 la prefata M. S. ha conceduto all’Accademico Cavaliere e Commendatore Giuseppe Manno la pen- sione di cui godeva il predetto Accademico Cavaliere Vicwarp DI S. Reat. E nell'udienza del 5 di gennajo 1833 S. M. ha conceduto all'Ac- cademico Professore Gianfrancesco Re la pensione di cuì godeva l’Accademico Professore Borson. (xvi). DONT: | FATTI DI ALLA REALE ACCADEMIA DELLE SCIENZE ‘(dal 7 luglio 1831 al:30 di novembre 1832 ) Di la distribution par \mois. des conceptions et des. naissances de l'homme; considérée ‘dans ses rapports. avec Jes saisons, avec le climat, avec le retour périodique annuel des époques du travail et de repos, d’abondance et de rareté des vivres, et avec quelques institutions. et coutumes sociales; par J. R. Villermé, 1 vol. in 8.°, Annales d’Hygiène publique et de Medecine legale, in 8.9 Séance publique annuelle des quatre Académies de l’Institut de France, du samedi 30 avril 1831, présidée par M. Lethière, Pré- sident de l’Académie Royale des Beaux-Arts. Paris, Didot 1831, in 4.° Discours prononcés dans la séance publique tenue par lAcadémie Frangaise, pour la réception de M. Viennet, le 5 mai 1831. Paris, Didot, 1831, in 4.9 Discours prononcés dans la séance publique tenue par l'Académie Francaise, pour la réception de M. Cousin, le 5. mai 1831. Paris, Didot, 1831, in 4.° Discours de M. le Baron Silvestre, membre de l’Institut, Secré- taire perpétuel de la Société Royale et centrale d’Agriculture, pro- noncé aux funérailles de M. A. Aubert Dupetit-Thouars, membre de l’Institut, de la Société Royale et centrale d’Agriculture etc., le 13 mai 1831. Didot, in 4.° De quelques questions relatives au Meétissage dans les races d’a- nimaux domestiques , par J.-B. Huzard fils, Chevalier de la Légion Tom. xxxvr INI DONATORI n Villerme Huzard Dufresne Giovanetti , Vittadini Berruti Provana Botto Ponza (xv) d'honneur, Médecin vétérinaire » etc. Paris, M.me Huzard, 1831, in 8.0 Programme des prix proposés par la Société Royale et Centrale d'Agriculture dans sa séance publique du 10 avril 1831, pour la découverte des meilleurs moyens de prévenir et d’arréter les ravages de l’alucite , nommée aussi teigne, papillon, pou volant des grains, MeSHuzard , dn 8 Abhandlungen der Koniglichen Akademie der Wissenschaften zu Berlin. Aus dem Jahre 1827. Nebst der Geschichte der Akademie in diesem Zeitraum. Berlin 1830, 1.vol. in 4 Note sur la cinchonine, considérée comme médicament , et ré- flexions sur la médication, sur l'action: des substances salifiables introduites dans l’estomac, et sur celle du nitrate d’argent; par P. Dufresne, Docteur en Médecine; 1831, in 8. Degli Statuti Novaresi. Commentario dell'Avvocato Giacomo Gio- vanetti, Assessore aggiunto del Tribunale di Prefettura, e Consi- gliere della Città di Novara. Torino, Chirio e Mina, 1830, 1 vol. in 8.° Monographia Tuberacearum, auctore Carolo Vittadini. Mediolani, Rusconi 1831, in 4.° ‘ Saggio sugli Spedali di Torino, del Dottore Secondo Berruti , membro e Consigliere. del Collegio Medico di Torino ecc. ecc: Torino; Stamperia Reale, 1831, in 8.° Pro solemni funere quod Aug. Taurinorum in de Philippiana Eusebii A.D. nTkal. augustas anno MDCCCXXXI Martnaro DesceEnEYs celebrat Mauritius frater Eques, Tribunus militum, pro inspectore militum selectorum custodum securitatis publicae Comitum itinerum Regis Inscriptiones. M. X. P. Edentibus Chirio et Mina, in fol. Elementi di Fisica Sperimentale . ad uso delle Regie Scuole. di Filosofia; di G. D. Botto, Professore di Fisica nella R. Università di Torino. Torino 1830, Stamperia Reale,.in 8.°, parte 1.8 e 2.8 Vocabolario Piemontese -Italiano, di Michele Ponza da Cavour. Torino 1830 ; Stamperia Reale, 1 vol in 8.° i #, (x1x) Repertorio di Ostetricia teorica e pratica, compilato ‘ad uso dei Medici, Chirurgi, Ostetrici e Levatrici, di Giovanni Sannicola, Dottore in Medicina e Chirurgia; Professore di Ostetricia ed Istrut- tore delle Levatrici, Medico-Chirurgo in Venafro e Pozzilli ecc., fascicolo 1.° Napoli 1831, Filiastre-Sebezio, in 8.° Prix fondé par M. le Comte de Volney, Jugement sur le Con- cours de 1830, et programme pour l'année 1832, in 4.° Extrait d’un rapport sur les sculptures d’Olympie, fait au nom de la Commission de l’Institut, par M. Raoul-Rochette , in 4° Mesure de la richesse francaise , par le Baron Charles Dupin, Membre de l’Académie Royale des Sciences, in 4.° Séance publique de T'Institut de France, du lundi 27 juin 1831, présidée par M. Dumeril, in 4.° Annonce des prix décernes par l’Académie Royale des Sciences pour l'année 1831, in 4° Programme des prix proposes par lAcadémie Royale des Sciences pour les années 1832 et 1833, in 4.° Bibliothèque de Photius , Patriarche de Constantinople, traduite en Frangais, précédée d’une Notice sur la vie de Photius , d’une analyse raisonnée de ses ouvrages, accompagnée de notes historiques et philosophiques , et terminée par une ample table des matières, «in-0° Programme. Supplément à la Biographie Universelle. Prospectus, in 8.° Mémoires tirés des papiers d’un homme d’Etat, ou Histoire secrète de la politique des Cabinets de la guerre de la Revolution, depuis 1792 jusqu'en 1815 , in 8.° Extrait du Prospectus général de l’Union Encyclopédique pour la propagation des Sciences utiles, par la publication de l’Encyclo- pédie portative, ou Bibliothèque Universellè des Sciences et des Lettres, des Arts et des Métiers , de l'Histoire, de la Géographie et des Voyages; divisée en 3 grandes séries, in 8.° Lettre sur la Lithotritie uretrale, suivie d'une revue de l'état actuel de la méthode lithotritique, par le Docteur Civiale , Paris, Baillière , 1831, 1 vol. in 8° Sannicola De-Gregory Civiale Peretti Benoiston de Chdteauneuf Provana Elice Paravia Magarotto (33) Di-una sostanza rinvenuta nell’Ornus: Eunropea-Person, Fraxinus Ornus ;. Linn. Esame chimico fatto dal Professore :Pietro \Peretti.?, Del rame dei vini. Del medesimo. Estratto .dal Giornale Arcadico. De l’influence de certaines. professions sur le; développement de la Phthisie pulmonaire , à l’occasion d'une ‘industrie particulière à la Commune de Meusnes, département:.de|Loir-et-Cher,; par;M. Benoiston de Chateauneuf. f. Fxtrait des Annales d’ Iygiène publigue et de Medecine legale ) in 8.° i Pro solemni funere Columbiani Chiaveroti Archiepiscopi Tauri- mensis. Viri Illustriss. et Reverendiss..quod Augustae ;, Taurinorum celebrant Canonici Ecclesiae Metropolitanae A. D. VITI kal. septem= bris, anno MDCCCXXXI. Inscriptiones MX. Provana., Edentibus Chirio et Mina, in fol. Scoperta di una singolare rottura dei fili. Genoa 1831, 1, foglio di stampa. Ù Le lettere di Plinio ‘il Giovane ; tradotte ed illustrate da Pier- Alessandro Paravia Jadrense. Venezia, Tipografia di Commercio, 1830, due tomi in 8.° Sonetti di Giuseppe Bartoli, raccolti e messi in luce da Pier- Alessandro Paravia, preceduti. dalla vita. del medesimo. Bettoni , 1818, in 8.° Sul principio della composizione delle forze, Memoria. dell’Ab. Antonio Magarotto, Professore ‘di Fisica e Matematica applicata nell’I. R. Liceo di Vicenza, Socio dell’Accademia di Padova. Vi- cenza 1826, Parise e Compagno, in 8.° Ragionamento sopra la legge con cui si rifrange la luce passando da uno in altro mezzo di diversa densità, o natura; dell’Ab. Antonio Magarotto, Professore di Fisica nell’L R. Liceo di Vicenza, ecc. Venezia 1814; .Pinellî, in 8: Discorso sull'origine della gragnuola con alcune riflessioni sui paragrandini ; dell'Abate Antonio. Magarotto, Professore di Fisica nell’I. R. Liceo di Vicenza, ecc. Vicenza, Parise e Compagno, 1825, in/8.° i - (xx1) ‘Analisi di una Memoria sopra il ChoZera-morbus ( Tifo mucoso ) del signor Cavaliere Professore Rossi. Torino, Mancio, Speirani e Comp. 1831, in 8.° .1 Analyse des .travaux de l’Académie Royale des Sciences, pendant VYannée: 1830. Partie physique. Par M. le Baron Cuvier, Secrétaire perpétuel. In his Memorie della Società Italiana delle Scienze, residente in Modena. Tomo XX, fascicolo secondo delle Memorie di Matematica, 1 vol. Nn 4° Lezione di Vincenzo Follini sopra due Edizioni del Secolo XV. Firenze , 1831; 8.° Sulla proposizione il Mondo va da se; Dissertazione del Causidico Giovanni Momo; quinta edizione redatta sulla prima di Firenze. Torino ; Tipografia Cassone, Marzorati e Vercellotti, 1831, in 8.° Analyse. d’un Mémoire de. M. C. Gazzera, relatif è un Décret de patronage et de clientelle, et à quelques autres antiquités de la Sardaigne. Par M. Champollion-Figeac. Paris, Firmin Didot, in 8. Cenni statistici e geografici della Reggenza di Algeri, di Graberg D’Hemsò. Milano , Nervetti, Tipografo-librajo , 1830, in 8.° Opustoli su le Rivoluzioni del Globo, del Sacerdote Ignazio Pa- radisi, notomizzati dal Cavaliere Jacopo Graberg D'Hemsò. Pisa , fratelli Nistri e Comp., 1831, in 8° Alcuni cenni sull’Agricoltura nell'Impero di Marocco. Lezione del Cavaliere Jacopo Graberg D’Hemsò ,. detta nell’ I. e R. Accademia dei Georgofili. Firenze, Pezzati, 1831, in 8.° Viaggio del sig. Cavaliere Renato Caillié a Tombuctù. Estratto dall’Antologia di Firenze, n.° 116, agosto 1830, in 8.° Prospetto del commercio di Tripoli d'Africa e delle sue relazioni con quello dell’Italia. Articolo -3.° estratto dall’Antologia n.° 111 marzo 1830. Firenze , Pezzati , 1830. Om Literaturens Tilvaext under de tre danske Konger Fre- derik V. Christian VII, og Frederik VI in 8.° 2? Rossi De-Gregory Società Italiana delle Scienze Molini Momo Champollion- Figeac Graberg D'Hemso Carlo Cristiano Rafn P. Balbo Società Accademica di Savoia Fea Ghirelli E. Osann. (xx) Veber die Konigliche Gesellschaft fiir Nordische Alterthumskunde zu Kopenhagen. Von Ludwig Giesebrecht. Stettin, 1828. Bei Friederich Heinrich Morin, in 8.° r Sampyktir Hins Konùngliga Norraena Fornfraeda Fèlags. Ved- taegter for det Kongelige nordiske oldskrift-selskab. Andet oplag. Kjobenhavn. Trikt I Hart V frid. popps Bogtr. 1829, in 8.° Fac simile di un Poema_ Krakcumal del Re Ragnar Lodbrog in lingua Islandese. Fac simile di un Manoscritto di un Saga, Cronica dei pirati di Jomsborg , in lingua Islandese. Extrait du Reéglement de la Société Royale des Antiquaires du Nord à Copenhague. Necrologia. Tommaso de Ocheda. (Estratto dall'Antologia n.° 105) ni .B:° Tilui Memoire de la Société Royale Académique de Savoie. Tom. V. Chambéry, 1831, in 8.° Eloge historique du Geéncral Comte de Boigne. Par M. l’Abbé Turinaz, Docteur en Théologie, Professeur de philosophie au Sé- minaire. Chambéry, 1831, in 8.° Storia delle Saline d’Ostia, Dissertazione storica ; fisica, legale dell’Avvocato Carlo Fea. Roma, 1831, in 8.° Relazione dell'Aurora boreale, veduta in Roma e in altre parti d'Italia, ecc. Osservazioni critiche dell'Avvocato D. Carlo Fea. Roma 1831, in 8.° Risposta del Consigliere Giovan-Carlo Unger all’opuscolo dell’ Avvocato Carlo Fea dell'Aurora boreale, con osservazioni critiche. Roma, 1831, in 8.° ; Appendice alla Relazione dell'Aurora boreale in risposta a tre oppositori. Dell’Avvocato Carlo Fea. Roma, 1831, in 8.° Precetti igienici contro il Cholera-morbo. Di Luigi Ghirelli mem- bro dell'I. e R. Istituto di Scienze di Siena, ecc. Roma 1831, 8.° Physikalisch-medicinische Darstellung der bekannten Heilquellen der vorziiglichsten Lander Europa's.. Von E. Osann, Professeur (xx) der Medecin zu Berlin. Erster Theil. Berlin, bei Ferdinand Diimmter 1829 1 vol. in 8.° Quadro fisico Medico delle acque minerali conosciute dei princi- pali paesi dell'Europa, di E. Osann Professore di Medicina a Berlino. Berlino 1829, parte prima, in $8.° Epitafio posto sulla tomba di Monsignore Chiaveroti, Arcivescovo di Torino, in 4.° Storia del commercio tra il Levante e l'Europa. Opera del signor G. B. Deping, notomizzata dal Cav. J. Graberg di Hemsò. (Estratto dall’Antologia ni 127 e 128). Firenze , Pezzati, 1831, in 8.° Résumé d'un Mémoire sur la Mécanique Celeste , et sur un nouveau calcul appelé Calcul des limites ; par M. Augustin Cauchy, Membre de l’Institut de France. Turin, octobre 1831, in 4.° piccolo. Diatribe de recta morum ratione ut summo tuendae valetudinis praesidio. Civibus Academicis die XXVII junii MDCCCXXX dicavit Michaél a Lenhossèk, M. D. Insign. Ordin. Reg. Suecici Vasaei Eques, S. C. et R. A. M. ad excels. Consil. Reg. Locumt. Hung. a Consiliis, Studii Med. Chir. Director, Ordinis Medicorum R. S. U. H. Praeses, compl. cruit. Academ. et Societ. membrum. Budae, typis Regiae Scientiarum Hungaricae. Observanda circa Febrim Scarlatinam. Budae, typis Typographiae Regiae Universitatis Hungaricae , 1826 in 4.° lustructio pro mortuorum revisoribus in liberis Regiis Civitatibus Regni Hungariae constitutis. Budae, typis. Regiae Universitatis Hungaricae, 1828, in 3.° Summa praeceptorum in administrando Variolae Vaccinae negotio per Regnum Hungariae observandorum quam altiore Jussu concin- navit Michaél Lenhossèk. Budae typis Typographiae Regiae Univers. Hungaricae , 1829, in 8.0 Institatio circa Medico-legalem cadaverum humanorum investiga- tionem pro Physicis, Medicis et Chirurgis Regni Hungariae, Budae, typis Typographiae Regiae, Univers. Hungaricae, 1829, in 8,° Provana Graberg di Hemsò Cauchy Lenhossèk V. Pe Thiollaz Manno Michelotti (xxrv) Normativum in merito legalium cadaverum. humanorum investi- gationum , ac sectionum et praestandarum renunciationum medico- forensium. Budae , die 20 januarii 1829, in fol. Deductio regularum politicarum, per regni jurisdictiones immi- nente aut jam vigente Cholera orientali vel alio quodam pestifero morbo ordinandarum. In fol. Anweisung nach welchersich die forsteher der gemeinder in jenen Fiilten zu verbalten haben, wenn die morgenlandische Brechruhr oder eine andere ansteckende Krankheit in der nahe-hersfeht, oder aber in ihrer ortschaft selbst ausbricht. Anweisung fir die politischen Commissare welche in den, von der orientalischen Brechruhr oder einer anderen anstechenden pe- startingen Krankeit befallonen ortschafien , die erforderlichen ges- chafte zu besergen haben. Instructio pro Medicis et Chirurgis, quibus aegrotorum cura vi- gente Cholera orientali, vel alio quodam pestifero morbo incumbit. Commissione delle monete. Raccolta degli Atti e Documenti com- provanti le imperfezioni dell’antico metodo sinora adoperato pel saggio dell’oro e dell'argento; coll’indicazione de’ miglioramenti che vi si possono introdurre in seguito alle sperienze fattesi in Londra, Parigi, e presso l’Amministrazione centrale delle Regie Zecche in Torino. Torino, Chirio e Mina, 1831, 1 vol. in 4° Petit Catéchisme è l’usage du Diocèse d’Anneci, contenant deux abrégés; le premier pour étre enseigné pendant f'Avent et le Ca- réme aux enfans qu'on prepare à la première Communion; le second pour les jeunes enfans, avec l’abrégé de la prière. Imprimé par ordre de M." Claude Francois de Thiollaz EÉvéque d’Anneci, Con- seiller du Roi. Anneci, Burdet Ainé Imprimeur et Libraire du Clergé , 1820, in 8.° piccolo. Della For una delle Parole , Libri lane! Del Cavaliere Giuseppe Manno, Membro della R. Accademia delle Scienze di Torino ecc. ece. Torino, 1831, Giuseppe Pomba, tomi due in 12. (xxv) Della struttura degli organi elementari nelle piante e delle loro funzioni nella vita vegetabile; con otto tavole incise in rame; del Cavaliere Domenico Viviani, Professore. di Botanica e di Storia na- turale nella Regia Università di Genova, Membro onorario dell'Isti- tuto Reale di Londra, Socio della Reale Accademia delle Scienze di Torino, ec. Genova, Yves Gravier Librajo, 1831, 1 vol. in 8.° con otto tavole separate, in 4.° Dessin d'un Bouc de la haute Eeypte, introduit en Piémont par M. Bonafous. Du desséchement des terres cultivables sujettes à étre inondées; par M. le V.!° Heéricart de Thury, Vice-Président de la Société Royale et Centrale d’Agriculture. Paris, M.®° Huzard, 1831, in 8.° Académie Francaise. Séance publique de l’Institut de France, du g aoùt 1831, presidée par M. Lebrun, Directeur. Prix Montyon décernés cette année, et annonces des prix à deécerner. Firmin Didot, in 4° Séance publique de l’Académie Frangaise, du 9 aodt 1831, pré- sidée par M. Lebrun, Directeur, Annonce du prix d’Éloquence pour 1832, prix d’Éloquence et de Pogsie pour 1830 et 1837. Firmin Didot frères, in 4.° Séance publique de lAcadémie Francaise, du 9 aodt 1831, pré- sidée par M. Lebrun, Directeur. Prix extraordinaire, de 10000 ff. sur les fonds restés disponibles des legs Montyon, destinés à re- compenser les ouvrages utiles aux moeurs. Firmin Didot fréres, in 4.° Séance publique de PAcadémie Frangaise, "du 9 aoùt 1831, pré- sidée par M. Lebrun, Directeur. Rapport du Secrétaire perpétuel de l’Académie sur le concours au prix d’Eloquence de l'année 1830, remis à 1831. Séance publique de l’Académie Frangaise, du 9 aodt 1831, pré- sidée par M. Lebrun, Directeur. Rapport du Secrétaire perpétuel de l’Académie sur le concours de Poésie de l'année 1831. Didot frères, in 4.° Épitre è un jeune Romantique sur la Gloire Littéraire de la Tom. xxxvi IV Viviani Bonafous Huzard fils Bonino Direzione dell’ Instituto di Corri sp. Archeologica di Roma (xxvI) France, pièce qui a remporté le prix de Pogsie, décerné par l’Aca- démie Frangaise dans la Séance publique du 9 acùàt 1831. Par M. A. Bignan. Paris, Didot frères, 1831, in 4.° EÉloge historique de Chrétien-Guillaume Lamoignon de Malesherbes. Discours qui a remporté le prix d’Éloquence , décerné par l’Acade- mie Frangaise dans sa Séance du 9 aotit 1831. Par M. A. Bazin, Avocat à la Cour Royale de Paris. Paris, Didot frères; 1831, in 4.° Académie Royale des Beaux-Arts de lInstitut de France. Séance publique annuelle, du samedi premier octobre 1831, présidée par M. Lethigre, en l’absence de M. Quatremere de Quiney. M. Garnier remplira les foncetions de Secrétaire. Didot frères , in 4.° Academie Royale des Beaux-Arts. Discours improvisé aux. funé- railles de M. Cartellier. Par M. Emeric-David, Membre de l’Aca- démie des Inscriptions et Belles-Lettres, le 14 juin 1831. Didot frères, in 4° Annonce des prix décernés par l'Académie Royale des Sciences de France pour l'année 1830. Didot, in 4.° Programme des prix proposés par l’Académie Royale des Sciences dans sa Séance publique du lundi 27 juin 1831. Didot frères, in 4:° Rapport fait à l'Académie Royale des Inscriptions et Belles- Lettres, dans sa Séance du 15 uillet 1831; par sa Commission des Antiquités de la France. Didot frères, in 4. Eloge funèbre prononcé par le Baron Charles Dupin, Membre l'Académie des Sciences et du Conseil de lAmirauté, aux funé- railles de M. le Baron Sané, Membre de l’Académie des Sciences, etc. Didot frères, in 4.° Biografia Medica Piemontese. Torino, Bianco, 1824, 1825, 2 vol. in 8.° Regolamenti dello Instituto di Corrispondenza Archeologica. 1 foglio di stampa, in 8.° Rapporto intorno i vasi Volcenti, diretto all’Instituto di Corrispon- denza Archeologica da Edoardo Gerliard , Segretario . dell’Instituto medesimo. Roma. Estratto dagli Annali dell’Instituto, 1831, 1 vol. in 8.* (xxvir) Degli Ornamenti d’Architettura e delle loro Simmetrie, colle re- gole teorico-pratiche per ben profilare ogni genere di cornici. Opera di Carlo Randoni Architetto. Parma, Stamperia Blancha, 1813, in 4.° Lettera del signor Professore Elice, sull’origine dell’Elettricità atmosferica. 4 pagine in 3.° Osservazioni intorno ai Vocabolarj della lingua italiana, special- mente per quella parte che ragguarda alle definizioni delle cose concernenti alle Scienze Naturali, del Professore Giacinto Carena. Torino, presso Giuseppe Pomba, 1831, 1 vol. in 8.° Analyse des travaux de l'Académie Royale des Sciences, pendant l'année 1830. Partie Physique. Par M. le Baron Cuvier, Secrétaire perpetuel. In 4. Notes Biographiques pour faire suite à l'éloge de M. Fourier, prononceé par M. Cousin dans la Séance publique de l’Académie Frangaise, le 5 mai 1831. Paris, Didot frères 1831, in 4.° Philosophical Transactions of the Royal Society of London. For the year MDCCCXXX. Part IL London, Richard Taylor, MDCCCXXX, in 4.° Philosophical Transactions of the Royal Society of London. For the year MDCCCXXXI. Part I. London, MDCCCXXXI, in 4. Astronomical Observations Made at the Armagh Observatory by T. R. Robinson. D. D. Part II. Of vol. I. Published by order of the Governors of the observatory. London, Printed for priestley and weale. MDCCCXXX. Proceedings of the Royal Society. 1830-1831. Numi 1, 2,3, ai i 8° Esercitazioni scientifiche e letterarie dell’Ateneo di Venezia. Tomo 1. Venezia, Picotti Editore, 1827, 1 vol. in 4.° Storia del Re di Sardegna Carlo Emanuele il Grande, dedicata a S. M. Carlo Alberto Re di Sardegna. 2 vol. Tipografia Reale, ISdLgoit 45 Elencus plantarum quae in Horto Ducali Botanico Parmensi anno MDCCCXXVI coluutur et quae exsiccatae pro’ mutua offeruntur Cernusco Elice e Carena Huzard R. Società di Londra Ateneo di Venezia Segreteria Interni G. Jan Gences Amati Ferrucci L Martini Segretèria Interni Marin Linussio nu Ghi (8 1) bi] _ (xxvIn) commutatione; a Georgio Jan in Ducali Universitate Botanicis Pro- fessore ac Horti Ducalis Praeses. Parmae, in fol., 1831. Conspectus methodicus testaceorum in collectione mea extantium. An. 1830. Georgii Jan. In 4-° i Nouvelles Considerations historiques et critiques sur l’Auteur et le livre de l'Imitation de J. C. ou précis et résumé des faits et des motifs qui ont déterminé la restitution de ce livre a Jean Gerson. ParvJ.{Ba4Ma Gencers Paris, 418321; vima0o Ricerche storico-critico-scientifiche sulle origini, scoperte, e per- zionamenti fatti nelle Lettere, nelle Arti, e nelte Scienze, con al- cuni tratti biografici degli Autori più distinti. Opera dell'Abate D. Giacinto Amati, Parroco di S. M. de’ Servi e Conservatore della Biblioteca Ambrosiana di Milano. Milano, Pirotta, 1828-30, 5 vol. in 8.° Excerpta e Lexico Epigraphico Morcelliano vocibus. italicis in usum Tironum digesta, edente , Michaèéle Ferruccio. Bononiae , 1830, in 4° Della Colera Indica, per Lorenzo Martini. Torino, Fodratti, 1831, 1) vol sin u6 Rapporto della Regia Commissione Medica Piemontese sul Cholera morbus, scritto dai Dottori Berruti e Trompeo, membri di essa. Torino , Fodratti, 1832, in 8.° Éloge historique de M. le General de Boigne. Hommage de la Chambre Royale d’Agriculture et de Commerce de Savoie, à la meémoire du Bienfaiteur de son Pays. Par L.-J. Marin. Lu à la Séance du 8 juillet 1830, et imprimé par ordre de la Chambre. Chambéry, Routia, in 8. Lettere scientifiche appartenenti alla corrispondenza del Dottore Luigi Linussio di Tolmezzo con varii illustri Dotti italiani e stra- nieri. Venezia, Alvisopoli , 1831, in 8.° Di un avvelenamento prodotto da una varietà dell’Agaricus Myo- myces. Memoria del Dottore Lorenzo Ghiglini. Genova, Gravier, 1832, in 8.° (xxx) Del ‘Tremuoto avvenuto nella Gittà e Provincia di S. Remo l’anno 1831. Relazione dell’Intendente Alberto Nota, Cavaliere dell'Ordine Civile di Savoia, Accademico della Crusca, dell’Accademia Reale delle Scienze di Marsiglia, ec. ec. Pinerolo, 1832, Tipografia Ghighetti , in 8.0. Lettere due Archeologiche di D. Celestino Cavedoni. In 8.° Mo- dena, 1830. Iscrizioni pei funerali del Duca Gio. Francesco Melzi. Del Dottor Gioanni Labus. Milano, 1832, in 8.° Leggi e provvedimenti di sanità per gli Stati di terra ferma di S. M. il Re di Sardegna. Torino, Stamperia Reale, in fol. 1831. Storia metallica della Real Casa di Savoia. Torino, Stamperia Reale, 1828, in fol L'Architettura antica descritta e dimostrata coi monumenti dall’Ar- chitetto Luigi Canina. Sezione INI. Architettura Romana. Fascicolo II e IV. Roma, dai Tipi dell'Editore, 1831. In fol. grande. La Georgica di P. Virgilio Marone tradotta in terza rima dal Marchese Luigi Biondi Romano. .Torino, Chirio e Mina, 1832, 1 vol. in 4.° Notizie intorno alla origine ed al progresso dell'Arte Tipografica in Saluzzo, date dal Professore Costanzo Gazzera, Segretario della Reale Accademia delle Scienze di Torino. Saluzzo, 1831, Lobetti- Bodoni, in 8. Omaggio offerto alle MM. LL. il Re Carlo Alberto e la Regina Maria Teresa dall'Accademia Filarmonica di Torino, 1832, Fo dratti, in 4.° | i Quatrième notice sur les plantes rares cultivées dans le Jardin de Genève. Par M. De Candolle , Professeur et Directeur du Jardin Botanique ( Lue à la Société de Physique et d’Histoire Naturelle de Genève le 4 juin dai ) Geneve, ‘di i CIC LArss 1831, in 4° Nota Gazzera Labus Segreteria dell’ Interno Gloria d'ordine di S. M. Canina Biondi Gazzera Felice Vicino e De Candolle I Compilatori Rendu Botto Colla Biondi Accademia di Lisbona (xxx) ; Bibliothèque Homoeopathique; Journal publié a Genève par une Société de Meédecins. Prospectus. De l’influence des Gouvernemens monarchiques sur la culture des Lettres, des Sciences et des Arts. Par M. le Chanoine Rendu, Secrétaire adjoint de la Société Royale Académique de Savoie, etc. Anneci, Burdet, 1832, in 8° Elementi di Fisica Sperimentale ad uso delle Regie Scuole di Filosofia. Di G. D. Botto, Professore di Fisica nella Regia Uni- versità di Torino. Appendice. In 8.° Elogio storico dell’Accademico Professore Giovanni Battista Balbis, scritto dall’Accademico Avvocato Collegiato Luigi. Colla. Torino , 1832, Stamperia Reale, in 4.° Atti della Reale Accademia delle Belle Arti per l’anno 1831, 1832. Discorso del Marchese Biondi, letto nell'occasione dell'apertura dell’anno accademico. Torino, 1832, in fol, Historia e Memorias da R. Academia das Sciencias de Lisboa. Tom. X. Parte II 1830, e Tom. XI. Parte I. 1831. Lisboa, na Typografia: da mesma Academia. Vol. 2, in 4.° Flora Cochinchinensis sistens plantas in regno Cochinchina na- scentes, quibus accedunt aliae observatae Sinensi Imperio , Africa Orientali, Indiaeque locis variis etc. ( labore et studio Joannis de Loureiro ). Regiae Scientiarum Academiae Ulyssiponensis Socii: jussu Acad. R. Scient. in lucem edita Ulyssiponae, anno 1790, 2 vol. in 4.° Dissertacones chronologicas e criticas sobre a historia e jurispru- dencia Ecclesiastica e Civil de Portugal, publicadas por ordem da Academia R. das Sciencias de Lisboa, pelo seu Socio Joao Pedro Riberio. Lisboa, na Typografia da mesma Academia. Anno 1810 - 1829, Tomi 4 in 6 vol., in 4 Principios de musica ou exposigao methodica das doutrinas. da sua composigao e execugao. Auctor Rodrigo Ferreira Da Costa: Cavalleiro da Ordem de Christo, Bacharel Formado nas Faculdades de Leis e Mathematica , e Socio da Academia Real das Sciencias. Lisboa, na Typografia da mesma Academia, 1820 - 24. 2 vol. in 4-° (xxx) Flora pharmaceutica e alimentar Portugueza, ou Tractado da- quelles vegetaes indigenas de Portugal e outros nelle cultivados ; Cujos productos sao usados, ou susceptiveis de se usar como re- medios e alimentos, distribuidos segundo o systema Linneano em Classes; Ordens, Generos, e Especies com os seu caracteres ge- nericos, e especificos. Offerecida A. Academia Real das Sciencias de Lisboa. Por Jeronymo Joaquim de Figueiredo , Cavalleiro da Ordem de Christo, e Lente de materia Medica, e Pharmacia na Universidade de Coimbra. Lisboa, na Typografia da Academia R. das Sciencias , 1825, 1 vol. in 4.° Diario da Viagem que em visita, e correigao das povoagoes da Capitania de S. Joze do Rio Negro fez o ouvidor, e Intendente Geral da mesma Francisco Xavier Ribeiro de Sampaio. No anno de 1774 e 1775. Lisboa, 1825, in 4° Noticia dos manuscriptos: pertencentes ao direito publico externo diplomatico de Portugal e a historia e litteratura do mesmo paiz, examinados e colligidos pelo segundo Visconde de Santarem. Lisboa, 1827 ; in 4-° Ensaio economico sobre o commercio de Portugal e suas Colonias publicado de ordem da Academia Real. das Scievcias, pelo seu Socio D. José Joaquim da Cunha de Azaredo Goutinho. Terceira ‘edigao. Lisboa , 1828, in 4° Historia dos Soberanos Mohametanos das primeiras quatro dyna- stias e de parte da quinta que reinarao na Mauritania, escripta em Arabe por Abu-mohamed Assaleh, traduzida e anotada por Fr. Jozé de Santo Antonio Moura, ec. Lisboa, 1828, in 4.° Vestigios da Lingoa Arabica em Portugal, composto por ordem da Academia Real das Sciencias de Lisboa por Fr. Joao de Sousa, e augmentado e annotado por Fr. Jozé de Santo Antonio. Moura. Lisboa, 1730, in 4.° Paschalis Josephi Melli Freirii, Acad. Reg. Scient. Olisip. Socii, in Regio Ordinum. Militarium Collegio Collegae, et publici apud ‘Conimbricensem Academiam Juris Patrii Professoris. Ord. Institu- Savi Paolo Steer (xxxm) tionum Juris Civilis Lusitani cum publici tum privati. Jussu Acad. Reg. Scientiarum in lucem éditus. 4 vol. in 4. Liber I. De Jure publico. Editio quarta. Liber II. De Jure privato. Editio tertia. Liber III. De Jure rerum, Editio tertia. Liber IV. De Obligationibus. et, Actionibus, Editio tertia. Olisipone, ex Typographia ejusdem Academiae, 1800-10. 4 vol. 4° Paschalis Josephi Mellii Freirit, Acad. Reg. Scient, Olisip. Socii, in Regio Equestrium Ordinum Collegio Collegae ; et. publici apud Conimbricensem Academiam Juris Patrii Professoris emeriti Ord. Institutionum Juris Criminalis Lusitani jussu Acad. Reg. Scientiaram in lucem editus; Liber singularis. Editio tertia. Olisipone ; ex. Ty- pographia ejusdem Academiae, anno cio. 19Cce. x. 1 vol. in ‘4.9 Paschalis Josephi Mellit Freirit, Acad. Regiae Scient. Olisip. Soci, etc. Ord. Historiae. Juris Civilis Lusitani. Liber. singularis. Jussu Acad. Regiae Scient, in lucem editus. Accedunt de Jure + Consultis Lusitanis, et recta Patrii Juris interpretandi ratione. Capita duo. Editio quarta. Secundum exemplar editum ann. cio. 19c6. LIxxviTI, sed emendatior. Olisipone, cx Typographia ejusdem Academiae anno cio. Iccc. vi. i vol. in 4.0 Dominici Vandelli Academiaè Régalis Scientiarum Olisiponensis Socii etc. Viridarium Grisley Lusitanicum Linnaeanis nominibus il- lustratum jussu Academiae in lucem editum. Olisipone, ex Typogr. Reg. Acad. Scientiarum Olisiponensis 1789, in 16. Ricerche fisiche e chimiche sulla Chara o Putéra, onde conoscere se questa pianta possa aver parte nell’origine della cattiv’aria. Pisa, Nistri, 1831, in 3.9 Quaedam de Cholera generatim, et speciatim de Cholera Asiatico» Europaea contagiosa praelectiones habitae coram discipulis a Martino Francisco Stéer, Doctore Med. et Chir. Professore P. O. Path. et Mat. Med. etc. Membro facultatis Medicae Patavinae, Musaei Patho- logiae et Pharmacologiae Directore, inelyti Com. Barsiensis tabulaé jud. Assessore. Patavii, ex Officina Valentini Crescini, 1831, in ge (xxxmi) ‘Lettera del Dottore G. Montesanto al Dottore Stéer sulla qui- stione: Se si possa con vantaggio applicare direttamente il metodo endermico alla terapia del Cholera ( Art. estratto dalla Gazzetta Privilegiata di Venezia, 29 settembre 1831, N.° 219 ). Indicazione Topografica di Roma antica, dell’Architetto Luigi Canina. Roma, dai Tipi dello stesso Canina, 183r, r vol. in 4°, con Carta Atlantica dell’antica Roma, Memorie storico-diplomatiche appartenenti alla Città ed ai Mar- chesi di Saluzzo, raccolte dallAvvocato Delfino Muletti Saluzzese , e pubblicate con addizioni e note da Carlo Muletti. Tomo V. Saluzzo, Lobetti-Bodoni, 1831, in 8.9 Fig. Opuscoli concernenti: alla Storia di Saluzzo ; di Giovanni Giacomo de Fia, di Bernardino Orsello, e di Giovanni Lodovico Vivaldo: Saluzzo, 1831, Lobetti-Bodoni, in 8.° Programme du Prix de Mathématiques proposé par l’Académie Royale des Sciences de S. Petersbourg dans sa séance publique du 29 décembre, 1831, in 8.0 Lettere del signor Professore Ferdinando Elice, indirizzate all'Aw- chitetto. €. Luigi Foppiani. Estratte dal Giornale Ligustico, fa- scicolo IV, anno 1831, in 8.9 ‘ Sui condotti delle acque dai tetti. Miglioramenti proposti da Angelo Bellani. Estratto dagli Annali Universali d’Agricoltura, ecc. Novem- bre e dicembre 183r, in 8.° Della rugiada, della brima, e della temperatura dell’aria in vasi chiusi. Riflessioni di Angelo Bellani. Estratto dagli Annali Univer- sali d’Agricoltura, ecc. Novembre e’ dicembre 183r, in 8.° Dell’origine di alcune: fontane. Riflessioni del signor’ Canonico Angelo Bellani, Membro di molte Accademie, é Società di Scienze, Lettere ed Arti. In 4.9 La Corona Ferrea del Regno d'Italia, considerata T. Come Monù- mento d’arte. IT. Come Monumento Storico. ITT. Come Monumento: Sacro: Memoria apologetica di Angelo Bellani, Canonico nella Regia Insigne Basilica di Monza, letta all’I. R. Istituto di Scienze, Lettere ed Tom. xxxvI v Canina Muletti Accademia di Pietroburgo Elice Bellant Società Agraria R. Segreteria di Stato ( Interni ) Orti Quaglia Malacarne Accademia di Padova Steer Amati (xxxav) Arti in Milano; e dedicata a S.A. I. il Serenissimo Principe Rainieri, Arciduca d'Austria, e Vice-Re del Regno Lombardo-V enelo, ecc. ecc. Milano, Sertori, 1819, 1 vol. in 4.0 Articolo silla Corona Ferrea. Estratto dal Giogo dell'Italiana Letteratura. Padova, settembre e ottobre 1819, con Note critiche. Venezia, 1821, Picotti,:in 4.° Calendario Georgico della Reale Società Agraria di Torino per l’anno bisestile 1832. Torino, Chirio e Mina, in 8.9 Istruzione popolare sui principali mezzi da impiegarsi per gua- rentirsi dal Cholera-Morbus, e sulle regole da seguirsi. allorchè questo morbo si manifesta. Torino, Stamperia Reale, 1832, in 8.° Intorno ai confini del Territorio Veronese e Trentino. Disserta- zione di G. Orti, Nobile Veronese. Verona, 1830, Tipografia del Gabinetto Letteratura, in 8.° Manuale dell’Artificiere del Corpo Reale d’Artiglieria di S. M. il Re di Sardegna, del Cavaliere D. Z. Quaglia, Tenente Colonnello d’Artiglieria, Direttore del Regio Laboratorio, e Membro della Società Agraria di Torino. Torino, Fodratti, 1830-32, 2 vol. in 8.° Manuale della Storia Naturale di Giovanni Federico Blumenbach recato in Italiano sull’r1 edizione dal Dottor Malacarne, coll’aggiunta d'importanti note, e corredato di molte emende ed ampliazioni co- municate dall’Autore e dal Professore Hausman. Milano, Fontana, 1826-30, 6 vol. in 8.° Nuovi Saggi dell’I. R. Accademia di Scienze, Lettere ed Arti di Padova. Vol. 3. Padova, Minerva, 1831, in 4.9 Cenni intorno alla natura del morbo che infierì nell'Ungheria nell’anno 1831 sotto il nome di Colera Asiatico, del Professore Mar- tino Francesco Stéer. Padova, Seminario, 1832, in 8.° Succinte memorie intorno le sedici antiche colonne presso S. Lo- renzo , esposte dal Professore Architetto Carlo Amati nella circo- stanza della ricostruzione e riordinamento del corso di Porta. Ti- cinese ; coll’ordine progressivo delle scoperte che possono servire. di seguito all’illustrazione dal medesimo pubblicata nell’anno 1821. Milano ,. Pirola, 1831, in fol. grande. (xxxv) Sull’educazione della prima Infanzia della classe indigente; brevi cenni dedicati alle persone caritatevoli. Torino, Chirio e Mina, 19324: 1: Gio Nouvelles Recherches sur la Nature et le Traitement du Choléra Asiatique; par le Docteur A. Matthey. Genève , 1832, in 8.° Traitement du Choléra-morbus par le gaz oxigène. Par J. Coster, Docteur en Médecine, Membre de la Commission de Salubrité du quartier du Louvre. Paris, Setier, 1832, in 8.° Comento sopra una Greca Iscrizione mutila trovata a Scandriglia, di Bernardo Quaranta, Professore di Archeologia, e Letteratura Greca nella Regia Università di Napoli, Regio Poliglotto, inter- prete dei Papiri Ercolanesi, Socio della Reale Accademia Borbo- nica, ecc. Napoli, 1826, Stamperia Reale, in 4.° Saggio intorno ai Sinonomi della mafia Italiana; di Giuseppe Grassi, Torinese. Undecima edizione, coll’ aggiuuta di nuovi articoli. Torino, Marietti, 1832, in 8.9 Operette varie di Giuseppe Grassi, Torinese.. Torino, Marietti, 1832; in: 8.9 Notizie compendiate elementari intorno al Calendario sia Civile, sia Ecclesiastico, del Professore Giacinto, Carena, Membro delle due classi della Reale Accademia delle Scienze, Segretario di quella di Scienze fisiche e matematiche, della Reale Società Agraria, ecc., Cavaliere e Consigliere dell'Ordine Civile di Savoia. Seconda edi- zione riveduta ed ampliata dall'Autore. Torino, 1832, Stamperia Reale, in 4.° a Bibliothèque Homoeopatique, publiée à Genève par une Société de Medecins. Tome premier. Paris, 1832, Baillière, in 8.0 Beitrage zur anatomie, zootomie und physiologie von Arnold Adolf Berthold der medezin, chirurgie Doctor, lehrendem. physio- logen, zootomen und arzte an der DIA ctr Universitat, ec. PAR 18531, in 8.0 MAPKOY ANTONINOY AYTOKPATOPOX TON EIZ EAYTON. BIBIA IB' IIEPXIYTI MEOEPMHNEYSANTO& 1Q0XH® AMNEP. EN BIENNHI THX AYSTPIAZ. 1831, in 80 Falletti di Barolo Matthey Coster Quaranta Peyron Carena I Compilatori Berthold Somis Pugno Baille Interni Vay Cacciatore Accademia delle Scienze di Palermo Cacciatore Martina (xxxv1) È In funere Caesaris Joanninii Cebae. Comitis Sancti Michaélis Inscriptiones J. B. Somis. Taur. Fontana, 1832, in fokoifola inn In ingressione solemni ad Sedem Episcopalem Segusinam Ill. ac Rev. Petri Antonii Cirio VI Kal. Junias 1832. Inscriptiones J. B. Somis. Taur. Fontana, in fol. Petro Antonio Cirio Praesuli Segusino Sedem Episcopalem adeunti Poésis Josephi Pugno Praesbyteri Segusi. In 4-0, 1832. Iscrizioni del Cavaliere Lodovico Baille pei solenni funerali di S. M. Maria Teresa d'Austria celebrati in Cagliari. Cagliari, 1831, in fol. Orazione detta nella Metropolitana di Torino per le esequie di S. M. la Regina Vedova Maria Teresa da Monsignor G. B. Accusani, Vescovo di Vigevano. Torino, Stamperia Reale, 1832, in fol. Nuovo Saggio sulla Pellagra, di A. Vay, Dottore in Medicina e Chirurgia. Torino, 1832, Eredi Bianco, in 8.° De redigendis ad unicam seriem comparabilem meteorologicis ubique factis observationibus conventio proposita et tabulae suppu- tatae ab Equite Nicolao Cacciatore, Regii Observatorit Panormitani Directore , in Studiorum Universitate antecessore , Topographici militaris Officii Astronomiae et Geodesiae Regio Professore, facul- tatum exercitus et legalis, rei medicae Regio mathesis examinatore, Societatis Astronomicae Londinensis Sodale, etc. Panormi, 1832, Solli, in 4.9 Statuti dell’Accademia delle Scienze e Belle Lettere di Palermo. Palermo , 1832, Stamperia Reale , in 8.9 Osservazioni sulla Cometa apparsa in gennaio 1831, dirette al signor N. N. Professore di . .... nella Regia Università di Pa- lermo da Innocenzo Cacciatore; Assistente Piazzi nel Real Osser- vatorio di Palermo. Palermo, 1831, presso la Tipografia del Gior- nale letterario , in 8.9 Osservazioni della Cometa apparsa in aprile 1830, fatte nel Real Osservatorio di Palermo da Luigi Martina, primo Assistente. (xxxvIr) Recherches sur le Mécanisme de la voix humaine, ouvrage qui a obtenu un prix à la Société des Sciences physiques et chimiques de Paris; par F. Bennati. Paris, Baillière , 1832, 1 vol. in 8.° Osservazioni sulle abitudini e sulla larva dell’Apalus dimaculatus, del Dottor Giuseppe Genè, della Facoltà Filosofica di Pavia, ecc. ecc. Memoria inserita nel bimestre II. dell’anno 1831 degli Annali delle Scienze del Regno Lombardo Veneto. Padova, Tipografia del Se- minario, 1831 , in 4.° Memoria per servire alla Storia naturale di una specie di Ceci- domia che vive sugli iperici; del Professore Giuseppe Genè, Torino, 1832 im04:0 Osservazioni sopra gli articoli Olivo ed Olio del nuovo Dizionario ragionato ed universale di Agricoltura ; del Socio e Segretario Fran- cesco Baldassini; in 8.° Considerazioni sul modo con cui si suppone, che i Molluschi Litofagi perforino le rocce, di Francesco Baldassini. Bologna, 1830, Marsigli , in 8.° Prolusione alla prima adunanza dell’Accademia Agraria in Pesaro, letta la sera dei 30 gennaio 1829, da Francesco Baldassini Segre- tario. Pesaro, Nobili, 1829, in 8.° Sull’anteriorità di Antonio Felice Marsigli sopra Reaumur nella teoria della formazione e dell’accrescimento delle conchiglie. Nota del Marchese Francesco Baldassini, Segretario dell'Accademia Agra- ria di Pesaro; in 4.9 Remarques explicatives sur les trente-trois sections de la carte du Rhin et de ses ramifications jusque dans la mer et jusque dans la Suder-See. Remarques hydrotechniques sur la bonification du Waterstaat de la Hollande. Munich; 1832, par M. le Ghevalier Wiebeking, in 4.° Architecture-civile, théorique et pratique, enrichie d'une histoire descriptive et analytique des édifices aticiens et modernes les plus remarquables. Par le Chevalier Wiebeking. Prospectis. In 4° Cartes hydrographiques et topographiques de la plus grande partie Bennati Genè Baldassini Wiebeking R. Società di Londra Tod Stoffella G. Orti Fea (xxxvm) navigable du Rhin et de toutes les ramifications de ce fleuve jusque dans la mer et jusque dans la Suder-See, ainsi que de la Meuse en aval de Boxmeer. Par le Chevalier Wiebeking. Prospectus. In 4.° Philosophical transactions of the Royal Society of London. For the year MDCCCXXXI. Part II London, Richard Taylor, 1831, in 4.° grande. Annals and Antiquities of Rajast-han, or the Central and Western Rajpoot States of India. 67 Lieutenant-Colonel James Tod Late political agent to the Rajpoot States. Vol. 2. London, Elder, 1832, in 4.9 grand. fig. Illustrazione del Monumento eretto dalla Città di Trento al suo Patrono Caio Valerio Mariano, opera postuma dell'’Ab. Girolamo Tartarotti Roveretano, supplita nella parte mancante dall’Ab. Bart. Gius. Stoffella Dalla Croce. Rovereto, Marchesani, 1824, in 4.° gr. Discorso sopra un’Iscrizione Trentina del tempo degli Antonini, pubblicato dal Conte Benedetto Giovanelli, Podestà di Trento, nel trasporto di quella dal Castello al Palazzo municipale. Trento, 1824; Monauni, in 8.° i Saggio di Bart. Gius. Stoffella Dalla Croce sopra i confini del Territorio Veronese e Trentino a’ tempi Romani. Milano, 1826, Bonfanti , in 8.° Esame di alcuni scritti archeologici del signor C. Benedetto Giovanelli. Fascicolo primo. Cento Osservazioni al Discorso sopra l’Iscrizione Trentina. Verona, 1827, Bisesti, in 8.° Lettera If. del Nobile signore Girolamo Asquini al, chiarissimo signor Abate D. Lodovico Dalla Torre, nella quale si descrive un ponte mirabile formato dalla natura, e due grotte curiosissime, il tutto nel:territorio della Provincia di Verona, con alcune osser- vazioni relative intorno alla Divina Commedia di Dante Alighieri. Verona, 1829, Bisesti, in 4.° Delle lodi di Romolo e Roma secondo l’idea di una nuova Storia Romana; discorso dell'Avvocato D. Carlo Fea, recitato nell’Acca- demia «dei Sabini 21 aprile 1832, Roma, in 8.0 (e XIX) Il Natale di Roma. Cantata del Cavaliere Giambatista Rasi, Con- sole Generale di S. M. Sarda, ecc. Roma, 1832, in 8.0 “. Abhandlungen der Koniglichen Akademie der Wissenschaften zu Berlin. Aus dem Jahre 1828. Nebst der Geschichte der Akademie in diesem Zeitraum. Berlin: Gedruckt in der Pruckerei der Koni- glichen Akademie der Wissenschafien. 1831, 1 vol. in 4.9 Abhandlungen der Koniglichen Akademie der Wissenschaften zu Berlin. Aus dem Jahre 1829. Nebst der Geschichte der Akademie in diesem Zeitraum. Berlin. Gedruckt in der Druckerei der Koni- glichen Akademie der Wissenschaften. 1832, 1 vol. in 4° Untersuchung iber die gegenseitigen Storungen des Jupiters und Saturns. Von P. A. Hansen, Professeur and Director der Ernesti- nischen Sternsvarte Seeberg. Eine von der Koniglichen Akademie der Wissenschaften zu Berlin am 8 juli 1830 gekronte Preisschrift. Berlin. Gedruckt in der Akademischen Druckerei 1831. 1 vol. in 4.° Storia della Città e della Diocesi di Como, esposta in dieci libri dal Professore Cantù. Como, presso i Figli di Carlantonio Ostinelli, 1829-31, 2 vol. in 8.9, con due carte geografiche. Comparaison de différentes methodes tachygraphiques et sténo- graphiques, etc. Par M. Jomard. Paris, 1831, in 8.° Quelques remarques sur les. nouvelles découvertes des frères Lander dans l’Afrique équatoriale, etc. P.M. Jomard. Paris, 1831, in 8.° Rapport sur la Collection ethnographique de M. Lamare-Picquot, etc. Par M. Jomard. Paris, 1831, in 8.9 Storia di un uomo stato morsicato da un gatto rabbioso, nel quale si erano manifestati i sintomi precursori della rabbia, guarito colla cauterizzazione delle pustule sublinguali, del Dottore in Chi- . rurgia Tommaso Ferrari gi Chirurgo Maggiore del. presidio della Cittadella e de’ Forti di Alessandria, Chirurgo dell’Opera pia Po- mesana, ecc. Alessandria, 1832, Capriolo, in 8.° Memoria sul Cholera-morbus di Parigi, dei Dottori Trompeo e De-Rolandis, Medici Consultori della R. Commissione Sanitaria di Torino ( Estr. dal Rep. Medico Ch. del Piemonte N.° 30 pubbli- Rasi Accademia R. delle Scienze di Berlino Cantù Jomard Rossi Trompeo Istituto di Francia Bonafous PDatta De Candolle Alasia R. Segreteria ( Interni ) (xL) cato dal D. De-Rolandis ). Torino, Mancio, Speirani e Comp , 1832, in 8.0 Notices et extraits des Manusecrits. de: la Bibliothèque du Roi et autres Bibliothè ques; publiés par l'Institut Royal de. France, fai- sant suite aux notices et extraits lus au Comité établi dans VAca- démie des Inscriptions et Belles-Lettres. Tome. douzième. Paris, Imprimerie Royale, 1831, 1 vol. in 4.0 Annuaire. pour l'an 1832 présenté au Roi par le Bureau des. Longitudes. Paris, Bacheliewx père et fils, 1831, r vol. in r2. Annuaire de l’Institut Royal de France pour 1832. Discours de M. le Baron de Walckenaer, Président de lAca- démie, prononcé aux funérailles de M. Ghampollion le: Jeune te © mars 1832, in 4.° Extrait du rapport sur le Concours, pour des: Mémoires et des Observations de Vétérinaire pratique: M."° Huzard', 1831, in 8-2 Storia de’ Principi di Savoia del ramo: d’Acaia., Signori del Pie- monte , dal MCCXCIV al MCCECXVILE, premiata dalla R. Ac-. cademia delle Scienze di Torino Torino; Stamperia Reale, 1832, 2 vol. in 3.9 Mémoire sur la famille des Anonacées , et en particulier sur les: espèces du Pays des Birmans, par M. Alphonse. De Candolle. Genève , A. L. Vignier 1832, im 4.9 «Essai sur la théorie des: assolemens, par M. A. P. De Candolle, Professeur d’Histoire naturelle. Genève , Vignier , 1832, in 8.° Ragionamento. sopra: cinque oggetti meccanici inventati da Carlo Alasia di. Torino:, e presentati. alla pubblica esposizione . dell’anno -1832. Torino, Favale, in 3.9 | Verificazione della necessità , utilità e facilità di ripristinare Pan- tico Porto Neroniano di Anzio, e Dimostrazione del metodo e delle spese occorrenti per eseguirlo ; di Giovanni Battista Rasi, Console. generale di. S. Mi Sarda. negli Stati della S; Sede , con num. 3 piante, e annotazioni; e comi l'analisi. delle Memorie del Cavaliere. Carlo Fontana, del Mareschal, e del Boscovicli sw tal questione. Roma, 25, Lino Contedini , in 8.° i (xL1) Sul Porto Romano di Ostia e di Fiumicino; Osservazioni istoriche di Giovanni Battista Rasi, ecc., con una Pianta del corso del Te- vere da Roma a Fiumicino. Roma, 1826, 8.° Appendice e conferma ai due Ouitedlie intitolati, l'uno: Dimo- strazione ; e l’altro, Verificazione della necessità , sitilità, e facilità di ripristinare l'antico Porto Neroniano d'Anzio ; di Giovanni Bat- tista Rasi, ecc. Con una Pianta. Roma, 1826, in 8.° Conferma all’Appendice ai due Opuscoli intitolati, l'uno: Dimo- strazione ; e l’altro, Verificazione della necessità di ripristinare l'antico Porto Neroniano d’Anzio , e di distruggere il moderno In- nocenziano. Di Giovanni Battista Rasi Console generale ecc. Con numero tre Piante del Porto e dei fondaci nel suo interno, e nel paraggio all’esterno. Roma, 1826, Contedini , in 8.° Sul Tevere e sua navigazione da Fiumicino a Roma, di Giovanni Battista Rasi. Roma; 1827, Salvioni, 1 vol. in 8.° Lettere del signor Professore Elice, indirizzate all’ Architetto C. Luigi Foppiani, in 8.° ( Estratto dal nuovo Giornale Eigustico, fascicolo V, anno 183r ). Rapport sur l'Instruction publique de Genève , lù à la Cérémonie des Promotions le 18 juin 1832; par M. De Candolle , Recteur. Genève, Cherbuliez, 1832, in 8.0 Elogio di Ermenegildo Pini, già C. R. B. Cavaliere della Co- rona Ferrea, Professore di Storia Naturale e di Chimica, Membro del Consiglio delle Miniere, ed Ispettore ‘generale della pubblica Istruzione del cessato Regno d’Italia, ecc. Scritto da Cesare Ro- vida, già C. R. B. Cavaliere professo della Sacra Religione de’ Ss. Maurizio e Lazzaro di Savoja, I. R. Professore di Matematica nel Liceo di Milano in Porta Nuova ecc. ec. Milano, Trutti e Comp., 1332, in 8.° Mémoire sur les opérations Géodesiques des Pyrenées , et la comparaison du niveau des deux mers; par M. Coraboeuf, Lieutenant- Colonel au Corps des Ingénieurs. Paris, Imprimerie Royale, 1831, in 4.9 Tom. xxxvI VI Elice Rovida Coraboeuf (x1n)) Gibelli Dell'’Economia del frutto dell'olivo e suo prodotto , di Giuseppe Gibelli, Meccanista. Torino, 1832, Pomba, in 8.0 luoco Introduzione allo studio della economia industriale, 0 princip) di economia civile applicati all’uso delle forze; del signor Francesco Fuoco. Napoli, 1820, Trani, in 8.° Bertini Prospetto Clinico del venerando Spedale Maggiore della Sacra Religione ed Ordine Militare de’ Ss. Maurizio e Lazzaro, dal 1824 al 1831, per B. Bertini, Medico ordinario in detto Affedale: Torino, Fodratti, 1832, in 8.0 Vegezzi Note filologiche sovra VII vocaboli dinotanti ufficio 10 dignità di persona nell'Asia, che leggonsi nell’Orlando Furioso, scritte da Gio- venale Vegezzi. Torino, 1832, Pomba, in 8.9 Sclopis Documenti ragguardanti alla Storia della vita di Tommaso Fran- cesco di Savoia, Principe di Carignano, raccolti. ed illustrati dal Conte Federico Sclopis. Torino ; 1832, Pomba ; in 8.° Arri Di un volgarizzamento della Quarta Deca. di T. Livio, giudicato di Giovanni. Boccaccio dal Teologo Gianantonio Arri, Assistente) alla Biblioteca della R. Università. Torino , 1832, ;Pomba,. in 8.0 Montesanto Storia ragionata di Paraplegia antica. con fenomeni. straordinarii in. persona vivente. Letta all'Accademia di Padova nelle sedute 17 giugno 1828, e 19 aprile 1831 da Giuseppe Montesanto Socio ai- tivo? Milano, Società dégli Annali Universali delle. Scienze . e dell’ Industria ,.1831, in 8.0 Ci Pio Iscrizione funebre posta sulla tomba del Cavaliere Matteo Agnesi di Degeneys nel cimitero. di Dora. fol.° Società Mémoires de la Société de Physique et d’Histoire Naturelle ;de di {rinevra —Genève.. Tome cinquième! Genève, 1832, Vignier, 1 vol. in 4.0 Pezzana Catalogo dei donativi fatti alla Ducale Biblioteca Parmense, dal principio dell’anno 1804 al 1831. Parma, 1831. Ducale Tipografia, in 3.9 À PHo; Nivellement barométrique des Cevennes; par.M.le B. d'Hombres (-d ves #3 (-Firmas ), Chevalier de la Légion d’Honneur, Docteur ès-Sciences, Membre de plusieurs Sociéiés Savantes. Nimes, Durand-belle, 1832; in 8.° (xLm) Opera di Chimica per i liquidi in generale. Ricette composte e C. di Gazzera garantite dall’autore signor Conte di Gazzera, Professore di Chi- mica. Genova, Gravier, 1832, in 8.° Epidemia vainolosa del 1829 in Torino, con Cenni relativi al Griva suo primo apparire in qualche Provincia littorale nel 1828, ed alla diffusione dalla Capitale a varie Provincie dell’intorno nel 1830. Aggiuntivi i lavori vaccinici e le osservazioni degli Operatori . per T. D. Griva del Collegio Medico di Torino, Vice-Direttore Generale delle vaccinazioni. Torino, 1831, Fodratti, 1 vol. in 8.° Prospetto statistico-clinico-psichiatrico con classificazione dei ri- Bertolini coverati nel Manicomio, del Dottore Cipriano Bertolini, Medico primario del pio Istituto. Torino, 1832, Ghiringhello e Comp., 1 ‘vol. in 8.° Elenco degli alberi fruttiferi, e altre piante vendibili dalla Dita Barca Francesco Burdin maggiore e Comp., a Torino. Un fol. di stampa. Notizia sull’azione chimica delle correnti magneto-elettriche di Botto G. D. Botto, Professore di Fisica nella R. Università di Torino; in 8.° Cenni brevissimi sopra i boschi e le selve degli Stati di Terra- - Bazdessarre ferma di S. M. il Re di Sardegna. Edizione seconda. Torino; 1832, Ferrero Stamperia Reale, in 8.° Cours syphilitiques, faits aux Ecoles de Médecine A Paris en 1809 Petit-Radet ‘et années suivantes , ou Histoire des affections tant aigues que cro- niques dérivéees d'une infection vénérienne } avec leurs symptomes et leur traitement; par M. Petit-Radel, Ancien Chirurgien Major etc. Paris, 1812, 2 vol.'in 8.0 Examen analytique et tableau comparatif des synchronismes de l’Histoire des tems héroiques de la Grèce; par L. C. F. Petit-Radel, Membre de l'Institut de France. Paris, V629/0 4 vol. ia 4 Voyage historique, chorographique et philosophique dans les prin- cipales villes de l'Italie en 1811 et 1812; par M. Petit-Radel, Ancien Chirurgien Major du Roi, ete. Paris, 1815, 3 vol. in 8.0 Institutions de Médecine , ou Exposé sur la théorie et la pratique de cette science, d’apiès les Auteurs anciens et modernes , Ouvrage Champollion- Figeac (xLIv) didactique , concernant les connaissances geénérales nécessaires? ceux qui se destinent è exercer l’art de guérir; par P. H. Petit- Radel, Docteur Regent, et Professeur de la ci-devant Faculté de Medecine de’ Paris, etc. Paris, an IX, 2 vol. in 8.9 Essai sur le Lait, considéré médicinalement sous ses. différens aspects, ou Histoire de ce qui a rapport à ce fluide chez les fem- mes, les enfans et les adultes, soit qu'on le regarde comme cause de maladie, comme aliment, ou comme médicament; par M. Petit- Radel, Docteur-Régent de la Faculté de Médecine de Paris, etc. Paris:;f 1786; vol. in 8.0 Visite à la prison de Philadelphie, ou Enoneé exact de la sage administration qui a lieu dans les divers départemens de cette Mai- son, Ouvrage où l’on trouve: l’Histoire successive de la réformation des loix pénales de la Pensylvanie; avec des Observations sur l’im- politique et l’injustice des peines capitales; en forme de lettre un Ami; par Robert J. Turnebull. Traduit de l’anglais, et augmenté d'un plan qui en offre les différentes parties; par le D. Petit-Radel, Professeur aux Écoles de Médecine de Paris. Paris, l'an VIII, in 8.° Lettre de M. Edward Dodwell à M. Petit-Radel, Membre. de l’Académie des Inscriptions et Belles-Lettres (Extraite de l'Universel du 19 juin 1829 ). Paris, in 8.0 Nouvelles recherches sur la ville Gauloise D’Uxellodunum, assiégée et prise par J. César; rédigées d’après l’examen des lieux et des fouilles récentes, et accompagnees de plans topographiques et de planches d’antiquités; par M. Champollion-Figeac. Paris, 1820, 1 vol. in 4-° Correspondance de M. de Bréquigny relative à ses recherches sur l’Histoire de France dans les Archives d’Angleterre , publiée d’après les pièces originales par M. Champollion-Figeac. Paris, 1831, in 8.° Due esemplari. Dissertation sur l’Étymologie; par M. Champollion-Figeac. Paris, in 3.° Discours prononcés à l’occasion de la Translation des Cendres (xLv) de Boileau-Despréaux, en l'Église paroissiale de Saint-Germain-des- Prés, par MM. les Présidens des deux Académies dont cet Auteur fat Membre. Le mercredi 14 juillet 1819 (Extrait du Moniteur). In 8.° Notice sur le diurnal du Roi René II, manuscrit de la Biblio- ihbèque du Roi, nouvelle acquisition; par M. Aimé Champollion fils, employé aux manuscrits de la méme Bibliothèque. Paris, in 8 Due esemplari. Nécrologie. Champollion le jeune. In 8.° Gràgas, seu Codex juris Islandorum qui nominatur Gràgas ex duobus manuscriptis Bibliothecae Regiae, nunc primum editus, praemissa commentatione historica et. critica ab J. F. G. Schlegel conscripta. Hawvniae, 1829, 2 vol.‘in 4.° Rapport au Conseil supérieur de santé sur le Choléra-morbus pestilentiel par Alex. Moreau de Jonnés. Paris, 1831, Cosson, 1. vol. 10.80 Appel aux nations commercantes. Question de Longitude sur mer, soumise aux Académies savantes de l’Europe; par Demonville. Paris, Demonville, 1832, in 8.° Catalogo dei Prodotti dell'industria de’ Regi Stati ammessi alla seconda triennale Esposizione dell’anno 1832, e degli oggetti di Belle Arti che ne accrescono l’ornamento. Torino, Chirio e Mina, 1092, ln:8-° Supplimento. al Catalogo degli Oggetti d’industria e di Belle Arti, presentati dopo la Compilazione del Catalogo precedente. Giudicio della R. Camera d'Agricoltura e di Commercio di Torino sui Prodotti dell'industria de’ Regi Stati, ammessi alla pubblica trien- nale Esposizione dell’anno 1832. Torino, Chirio e Mina, in 8.° Vedute di Sardegna. Quattro litografie, rappresentanti le vedute di Porto Torres, Monmastir, Codrongianus e di Monte Murado. Discours prononcé à l'ouverture de la Session de la Société Hel- vétique des Sciences Naturelles, par M. A. P. De Candolle, Pré- sident de cette Societe, le 26 juillet 1832, in 8.° Schlegel Moreau de Jonnés Demonville Lascaris De Candolle Società Filosofica Americana Fla YS Godman Instituto di Francia Huzard (xLvI) Transactions of the American Philosophical Society, held at Philadelphia. Vol. IV. New series. Part. I. Philadelphia, James Kay, pei and C. 1831, in 4° ‘+ Description of a Fragment of the Flead of a New Fossil Animal, discovered in a Marl Pit, near Moorestown, New Jersey. By Isaac Flays. In 4° Description of a New Genus and New Species of. Extinct Mam- miferons Quadruped. By John D. Godman, in 4.° Programme de Souscription pour le monument è éléver a George Cuvier dans le jardin des plantes. Faris, 1832, Firmin Didot frères. Mémoires de l’Académie Royale des Sciences de France. Tom. XI. Paris, Didot, 1832, in 4° fig. Histoire et Mémoires de l’Institut Royal de France, Académie des Inscriptions et Belles Lettres. Tom. IX. Paris, Imp. Royale, 1831. Rapport sur un mémoire de.M. le B. de Morogues de l’utilité des machines, de leurs inconvéniens et des moyens d’y remédier; in 4-° 1832. | Funerailles de M. le Baron Cuvier, discours de M. Jouy; in 4° Id. Discours de M. Geoffroy-Saint-Hilaire et Dumeril. Discours de MM. Silvestre de Sacy et E. Burnouf aux funérailles de M. S. Martin; in 4° ‘ Discours de M. Arago prononcé aux funérailles de M. Guvier; in 4.° Discours de MM. Serres et Silvestre de Sacy aux funérailles de M. le B. Portal; in 4° Discours de M. Hase prononcé aux funcrailles de M. Thurot; in 4.° Discours de M. Geoflroy-Saint-Hilaire aux funérailles de M. Sé- rullas; in 4.° i Discours de M. Chevreul aux funérailles de M. Sérullas; in 4.° Discours de M. le B. Thénard aux funérailles de M. Chaptal; in 4.° Id. de M. le B. Charles Dupin aux funérailles de M, Chaptal; in 4.° Recueil de lectures faites :à l’Académie Francaise pour la. ré- ception de M. Jay; in 4° | (xLvn) Recueil de lectures faites dans la Séance publique annuelle du g adut 1832, jour anniversaire de l’acceptation de la Charte; in 4.° Programme de la Séance publique du 29 avril 1832, in 4° Extrait du rapport sur le Concours des Mémoires et des Obser- vations de Vetérinaire pratique. Commissaires MM. Tessier, Huzard -père et fils. Aug. Ivart. 1831. Traitement du Choléra-morbus; par MM. Gaimard et Gerardin, Membres et Commissaires de l’Académie Royale de Medecine, en- voyés en Russie par le Gouvernement Frangais pour étudier le Choléra. Paris, 1832, in 8.° O Statutes of the Royal Society. 1831, London, in 4.° Instruments and apparatus Belonging to the Royal Society. In 4.° Portraits in possession of the Royal Society. In 4.° Astronomie solaire simplifiée, fondée sur les observations tant anciennes que du moyen ‘age, et prouvant l’exclusion des variations séculaires théoriques introduites dans les calculs des lieux du soleil; par bi Marcoz.WParis,"De*Bure'"Hfreres "1832, 1vol’in 8° An historical Review of the rise, progress, present state, and prospects, of the Silk culture, manufacture, and trade , in Europe etc. America. Philadelphia, Lydia R. Bailey, 1831, in 8° Opere periodiche donate alla R. Accademia delle Scienze dai loro Autori o Editori, dopo la pubblicazione del precedente Volume. Repertorio di Agricoltura pratica e di Economia domestica, coll’ag- giunto di un Ballettino Tecnologico; del Medico Rocco Ragazzoni, Professore di Fisico-Chimica nella R. Accademia Militare, Membro del Consiglio delle Miniere, ec. Torino, Fodratti, in 8.° Dal fa- scicolo XLII del 1831, sino al LIX del 1832. Annales de la Société. d'Horticulture de Paris et Journal spécial de l'état et des progrès du Jardinage. Paris, Mad.° Huzard, in 8° Dal fascicolo 43 di marzo 1831, sino al 60 di agosto 1832. Gaimard et Gerardin Società Rf. di Londra Marcoz Du Ponceau Il Compilatore I Compilatori TAP fi sg ta). E pe al stern spit OA I Mirano rod - Ci MOR, "H ‘tti “ammo DI 99 Moni A Sato rari; hi AFRETORESRT VEGOT TE nb ite siria are amristanit i pinne 8% dnoni SR ahi ‘dt ne? “ER ne “Be sir rr er? coin” VETRATA ESTONIA RINO RN i MEO, SE | tear ink ig lil da si ici 1a gi “iii Hi rt X Sri vtr uao Sti RSTOstD (ib asa P + SESTO Turisti 8 Stade Rees Aly? ai . aatidinotE Ù tema vita) ‘28 of sato oi i suit Micia tai i serena LTL) i afelio. i Rate csi Atene vate: esatte: en AS, \ailr cun s gi il Un ret Att PE SARE dui ti int adr Tal 391608190, avvolti ui NPER elia alri peter dea; siga tie FierhPonionarinaii pi ian | Mio rid nn PASTE RA lame mi Infinita» srt © IR TROIA WIFI Ri da po Vin ta? dra Cin n Cure OOO TAN Pri sp» 19 Locri CLELIA ERESIA cr n "Tea ORE 5 seppi silla al ans ani Trota 'Rdp ia SITL OE & “Via È PER Pacchi COSSLARTIOE crt e RICCI opa “titty MAS Roi rat SERRA ZITO vga ari tà PBrvott 143 id rig ua . 9 Lara (ie LITIRNO DET i Sh: Ara | AILHI va dit tas 18 797% 10) I RE nat siii ‘preti sr alati pu «conti 37, (01721 10008 LS sasso . $ be: & gra LIO aaa ta @ PR » ® Sy. sc O I z y ” * 4 ORE amet sirdaelarod Sio a doni adi FR Meta ; Sironi ti ST SE ‘pa rada us Và «ini sù A i suctatie 3; 1199) n sso Ma A ottanta e iii SL alici 9 PI TTI DLL sli cisti» ima SETE Toe! ud SHIA ‘Te pedata p' GARA Vinfit ili dates mia Mia COORTE niro 5A! 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Freddo invernale maggiore fuori di città che non in sulla Specola meteorologica dell’Accademia. 1) Segretario, nel rassegnare alla Classe le tavole delle osserva- zioni meteorologiche fatte nella Specola accademica nel precedente mese di dicembre, presenta ad un tempo stesso una tavola di os- servazioni termometriche fatte nello stesso mese dal signor Pietro Giusta, giardmiere capo dell’orto botanico della Regia Università alla Villa Reale del Valentino. Da questa tavola si scorge che la mattina del 26, quando al levar del sole il termometro sulla Spe- cola indicava — 10°, 4 R., nell’orto suddetto il termometro segnò — 12°. Simile differenza ed anche maggiore era stata altre volte avvertita, e trovasi registrata nella Notizia Storica per l’anno 1826, Vol. XXXI. Tom. xxxvr. I II Istruzione sulle trombe idrauliche , scale e macchine, per gli incendii, sul regolar servizio di esse, e sul modo di estinguere e di prevenire gli incendii: per uso degli operai Guardie del fuoco; di P. G. LASA. Il Marchese Lascaris, deputato col Conte Provana, fece favore- vole relazione intorno al predetto lavoro manoscritto, opera dell’Im- gegnere Paolo Giacomo Lana, Capitano Comandante la Compagnia degli Operai Guardie del fuoco. Quest'opera è divisa in tre parti: la prima concerne puramente alla parte meccanica degli ordigni e stromenti; la seconda tratta dell'uso di essi, e del servizio delle Guardie del fuoco; la terza accenna le varie specie d’incendii, e i modi di împedirli o di estinguerti. Candele di Spermaceti e di Stearina. Il Segretario legge il parere disteso dal condeputaio Cavaliere Avogapro, intorno a certe candele presentate dal signor Lorenzo Loreti, le une diafane di Spermaceti, le altre opache di Stearina mista con alquanto di cera, e che il signor Loreri chiama Can- dele economiche di composizione. Opinarono i deputati, che le candele di Spermaceti, o bianco di balena , siano da tenersi pura- mente come cosa di lusso, oltrecchè son fatte con materta esotica , a danno forse della maggiore produzione di una materia indigena, quale è la cera. Quanto alle candele chiamate economiche di com- posizione, dagli esperimenti fattine dai deputati non risultò che siano di uso veramente economico , cioè che esse , o per intrinseca bontà, o per basso prezzo, siano di molto preferibili alle buone candele ordinarie di sevo. Tuttavia è da dirsi che il signer Loreti, da quanto pare, fu il primo a fare in grande, nei Regii Stati, l'utile separazione della Stearina e dell’Elaina dal sevo; epperciò la Classe, approvando le conclusioni dei deputati, giudicò degna di qualche ricompensa l'in- Ii presa del signor LoreTI, onde incoraggiarlo all’acquisto delle mac- chine di energica compressione , quali si richiedono per l’economica separazione dei due materiali suddetti dal sevo. Saggio Geognostico sulle due valli, della Stura e di Vinadio. Il Professore Vittorio MicneLoTTI, collega nella deputazione col Cavaliere Avocapro, fece relazione intorno all’Essaî Geognostique dans les deux vallées voisines , de Stura et de Vinay del signor Angelo Siswonpa allora Assistente , ora Professore Sostituito nella Scuola Miueralogica. Di questa Memoria noi non riferiamo qui se non il solo titolo , giacchè essa trovasi stampata in questo stesso volume. Il Cavaliere Alberto peLLa Marmora legge una parte di un sno lavoro, intitolato: Osservazioni Geognostiche sopra alcune rocce raccolte in varie Province d'Italia, e nelle Isole di Corsica e di Sicilia. 24 di gennajo. Ricerche Chimiche sopra la china. In questadunanza fu letta dal Segretario una memoria del cor- rispondente , signor Pietro PeretTI, Piemontese , Professore di Far- macia nell’Arclhiginnasio Romano, intitolata: Nuove Ricerche chi- miche sopra la china, intorno alla quale Memoria dagli Accademici Cavaliere Avoganro, e Professore Vittorio MrcneLOTTI , questi re- latore , era stato fatto in precedente adunanza favorevole rapporto, seguito da deliberazione della Classe che del lavoro anzidetto s’ab- bia a dare in questa parte storica un compendio. Il Professore Peretti prende le mosse dagli ultimi lavori dei TV signori Henry e Prisson, riferiti nel Giornale di Farmacia, di Pa- rigi, pei mesi di giugno e di agosto del 1827. Cotesti Chimici asseriscono che i principii attivi del cortice pe- ruviano, la chinina e la cinconina , oltre che vi si trovano in com- binazione coll’acido chinico , in istato di sopra-chinati , sono di più combinati col rosso-cinconico ( Tannino ); e ciò essi tentano di dimostrare da che la decozione di china col raffreddamento si fa torbida, e lascia un precipitato di color rosso di mattone, il qual precipitato, secondo essi, è un composto del rosso cinconico coi principii attivi predetti. Ora il Professore PereTTI imprende a dimo- strare che l’anzidetto composto altro non è se non il gallato di chinina e di cinconina, in mescolanza col tannino , e con la ma- teria colorante gialla. Se una decozione bollente e limpida di china, col raffreddarsi sintorbida, ciò succede, secondo l'Autore, perchè la decozione contiene il gallato di chinina e di cinconina , anzi il sopra-gallato e il sopra-chinato di. queste basi; ora i gallati essendo, come è noto, poco solubili a freddo, di necessità debbono depositarsi col raffreddamento, a vece che i chinati, che sono solubilissimi , ri- mangonsi disciolti. Il rosso cinconico , e la materia colorante gialla son tenuti in soluzione dall’acido gallico , e forse dall’acido chinico in eccesso: il gallato , precipitandosi, sirascina seco un poco dei due principii anzidetti, anch'essi poco solubili a freddo, ed ecco come il precipitato che ne risulta è formato di gallato di chinina, e di cinconina, di rosso cinconico, e della sostanza colorante gialla. L'Autore, procacciatasi una sufliciente quantità di questo preci- pitato , l’ha posto di nuovo nell’acqua bollente: la soluzione da prima limpida, s'intorbidò col raffreddarsi; cambiò alcun poco in rosso la carta tinta col girasole, ed aveva un sapore amaro astrin- gente. Traitato col liquore -di ‘potassa cotesto precipitato, tutta la parte colorante gialla fu disciolta: filtrato il liquido ( che era di un colore giallo-rosso cupo ), la parte insolubile si mostrò essere un miscuglio amaro asiringente di chinina, di cinconina e di tan- > nino. Nella decozione di china, dopo la separazione di questo pre- cipitato, versando alcune gocce di liquore di potassa, che appena sia capace a saturare l’eccesso dell'acido sia gallico , sia chinico , si ottiene un nuovo precipitato di gallato di chinina e di cinconina, di tannino, e di sostanza colorante gialla; che se il liquore di po- tassa sia versato in eccesso, i chinati e i gallati vengono decom- posti, € si avrà un precipitato , il quale sarà formato di chinina, di cinconina, di tannino e di calce , rimanendo nel liquido alcalino la sostanza gialla. La calce proviene dalla scomposizione del chi- nato di calce contenuto nella decozione. Che la decozione di china, con la giunta di piccola dose di po- tassa, dia un precipitato , ciò era già stato asserito dai sopracitati signori Henry e Prisson; ma questi Chimici tenevano che il preci- pitato non fosse composto d’altro che di rosso cinconico e di chi- nina, giacchè non fanno essi parola del gallato di chinina trova- tovi dal nostro Autore. Questi conchiude adunque , che l’intorbidamento di una decozione di china che va raflreddandosi, è dovuto al gallato di chinina; e crede inoltre che nella corteccia della china, come in quella di molte altre piante, il tannino si trovi combinato coll’acido gallico; che questo è il suo vero solvente : tolto il quale mediante una base alcalina, il tannino si rende insolubile nell'acqua. L’autore corro- bora questo suo ragionamento con la sposizione di quanto accade trattando con la potassa la decozione di galla, della corteccia della quercia, e di altre simili piante. Il Professore PerertI nella sua Memoria riferisce quindi minuta- mente parecchie chimiche operazioni, dalle quali deduce che « Nella china esistono la chinina e la cinconina non solamente unite all’ acido chinico in istato di sopra-chinati, ma ancora in combinazione eoll’acido gallico, epperciò formanti i gallati degli anzidetti due primcipii. » « Che l’acido gallico, e forse anche l'acido chinico , in eccesso VI sono quelli che tengono in soluzione il rosso cinconico e la materia colorante gialla. » « Che tolti questi acidi, mediante un ossido metallico , il tannino e la sostanza colorante gialla divengono insolubili nell'acqua, e pre- cipitano. » « Perciò sembra men giusto il dire che i principi attivi della china siano capaci di formare combinazioni chimiche col rosso cin- conico 0 colla sostanza colorante gialla; ma abbia a dirsi che queste sostanze sono unite semplicemente allo stato di mescolanza. » Il Professore PereTI riferisce altre chimiche indagini da lui fatte intorno a questo argomento, dal complesso delle quali risulta un nuovo e forse miglior metodo di ottenere il solfato di chinina senza l'intervento di acido estraneo ; egli ha decomposto il sopra-chinato di chinina e di cinconina coll’idrato di potassa ; ha separato la cin- conina coll’alcool bollente, e trattando il residuo coll’acido solforico, e con pochissima quantità di carbone animale, ha ottenuto il sol- fato di chinina bianchissimo e cristallizzato. Vettura meccanica mossa per forza d'uomo. - Il Cavaliere Bmone, deputato col Cavaliere Avocapro, fece rap- porto intorno a certa vettura meccanica presentata dal signor Ce- sare Ponzio, Uftiziale Pagatere della Brigata Piemonte, la qual vettura vien messa in moto da un uomo che vi sta entro; questa vettura fu giudicata potersi adoperare con qualche vantaggio e con economia da persone indisposte, o valetudinarie o convalescenti. 7 di marzo 1830. Mastice per sigilli. Il Marchese Lascaris, condeputati i Professori MicneLoTTI e La- vini, lesse il parere intorno a certi saggi di mastice presentati dal VII signor SaLuce, Chimico-Farmacista, e Membro della Società Reale Accademica di Savoia, il quale , preso d’ammirazione per la bella conservazione di oltre sei secoli del sigillo apposto a una carta del Conie Tommaso di Savoia, cercò di analizzarne e imitarne la com- posizione , sulla fiducia che possa riuscir preferibile a quella della cera lacca, adoperata oggidì allo stesso uso nelle Cancellerie. I deputati opinarono, che quando cotesti varii mastici siano composti di parti più sottili, più aderenti fra di loro, e più liscie, e sian resi così più atti a ricevere e a ritenere solidamente le impronte, essi potranno servire a torre e conservare l’impronta di caratteri, di medaglie, di bassi-rilievi, e supplire al gesso, allo zolfo, e forse anche al bismuto, e alla lega di Darcet, a siffatti usi generalmente adoperati. Nuovo torchio tipografico. Il Tipografo-libraio Giuseppe Pomba, il quale nel precedente anno aveva ottenuto privilegio per l’introduzione e per l’uso di certo nuovo Zorchio Tipografico, inventato dal signor MiLLer, avendo riconosciuto che a cotesto torchio erano stati fatti di poi conside- rabili perfezionamenti, per cui il foglio viene a stamparsi bianca e volta, cioè dalle due parti, nel medesimo tempo, chiese a S. M. che l’ottenuto privilegio , anzi che al primo torchio semplice, ve- nisse applicato a questo secondo, detto doppio , dai signori Applegath e Cowper, quale si trova figurato e descritto nel Journal of Science ecc., (1828, n° V, pag. 183. I deputati, Conte Provana , Cavalieri Bipoxe e Avocapro, questi relatore , opinarono che questa seconda domanda fosse da accogliersi favorevolmente , siccome quella che dal canto dell’ utilità ha un fondamento ancora maggiore della prima. Infatti dall'uso di cotesto meccanismo introdotto nell’officina ti- pografica del signor Pomba, son or due anni, cioè nel maggio del 1830, risulta ehe con questa macchina, mossa da due uomini, ser- VIII vita da due fanciulli, uno de’ quali pone il foglio bianco, l’altro lo ritira stampato dalle due parti, e coll’assistenza di un abile la- vorante che colloca le forme, regola il registro, e invigila sul ge- nerale andamento del lavoro, si stampano da dieci a dodici fogli in un nunuto. 21 di marzo 1830. ' Si fa lettura di una Memoria dell’Accademico Cavaliere Alberto peLLA Marmora, intitolata: Ossergazioni Geologiche sopra alcuni terreni del Piemonte , e specialmente sopra i terreni terziarii , per servire alla ricerca delle acque sotterranee pel mezzo del trivella- mento. Il Professore Lavini legge: Memoire sur deux nouveaux sels doubles , d’argent et de fer. ( Stampata in questo stesso Volume, pag. 11 ). 18 aprile 1830. Pozzi trivellati. In questa adunanza si legge una lettera, con la quale il Primo Segretario di Stato per gli affari interni informa l’Eccellentissimo Presidente, e l’Accademia , che S. M. si è degnata d’incoraggiare l'esperimento dei pozzi trivellati , alla foggia Artesiana, con desti- nare un premio di due mila lire per ciascuno dei tre primi pozzi che saranno trivellati con buon successo in qualunque delle Pro- vince de’ Regii Stati in Terraferma. Il Segretario , sull’autorità di una lettera del Cavaliere ViaLarpI, Intendente Generale della Divisione d'Alessandria, comunica. un fatto recentemente accaduto in Felizzano, ove nello scavamento di IX un pozzo ordinario non si trovò racqua alla profondità di otto me- tri, che è quella dei pozzi. in quel paese; ma alla profondità di metri diciasette e mezzo sì trovò acqua zampiltante dal fondo, la quale sali e si mantenne a um solo metro al dissotto del circostante suolo, e pare che quando cotest’acqua: fosse. stata ricevuta in tubi o canelli, si sarebbe probabilmente innalzata fin sopra il terreno. Il Professore Lavinr legge: Analyse de Peau de 'S..Genis, dans le but particulier de déterminer la proportion de l’Iode ( V. pag. 19 di questo Volume ): Il Professore Moris. legge : W/ustraziones Rariorum Stirpium Horti Botanici Regiae Universitatis Taurinensis. ( V. pag. 177 ). 6 di giugno 1830. Nuovo battipalo a scatto. Il Cavaliere Bipone, collega nella deputazione col Cavaliere Cisa pi Gresy, fece rapporto intorno a certo ordigno meccanico, pro- posto dal signor Eusebio Morinatti, Uffiziale nel Corpo degli In- gegneri Civili, con lo scopo di accrescere i vantaggi della Berta , o Battipalo, a scatto; ordigno che dai deputati e dalla Classe fu giudicato degno di onorevole menzione in questa Storica. Notizia, c meritevole dell'attenzione degli Ingegneri, di quelli specialmente che avessero l'opportunità di porlo in pratica, onde comprovarne i vantaggi con l’esperienza; dalia quale sola, in siffatti casì, si può ricavare una conchiudente dimostrazione. L'Autore, dopo di aver enumerate le varie sorta di macchine percuzienti , destinate a piantar pali nel terreno , e affondarveli a diverse profondità , prende ad esaminare le più rinomate fra co- teste macchine, quelle soprattutto nelle quali il maglio è a scatta, Tom. xxxvi 2 »4 le quali furono adoperate nella costruzione di. opere celebri } da Ingegneri Inglesi, Francesi ed Italiani. In tutte coteste macchine, dopo seguito lo scatto, e disceso il maglio, sha a svolgere la fune per tutta l'altezza della caduta af- finchè l'uncino attaccato all'estremità di essa sia nuovamente collo- cato entro l'anello del maglio per sollevarlo di nuovo, locchè esige un tempo considerabile, e fa che riescano troppo distanti l’uno dall'altro i colpi del maglio, e minore sia in conseguenza l’effetto utile della macchina. i Il signor MorimATTI propone due capi di fune, pendenti da due carrucole che uno stesso meccanismo fa girare in senso contrario, ili modo che, mentre il maglio ascende, tirato da uma delle fumi, l'altra fune discende: e quando, dopo lo scatto , il maglio è ca- duto sulla testa del palo, già trovasi pronta la seconda fune, il cui uncino da un lavorante viene immediatamente introdotto nell’ anello del maglio, che viene subito tirato all’insà , per ricadere di nuovo, con colpi spessi e frequenti quasi del doppio di quello si possa ottenere coi meccanismi "finora adoperati. Affinchè poi non si abbia perdita di forza per l’obbliquità del tiramento , le due carrucole , impernate nello stesso asse, hanno un leggier movimento di traslazione , per cui ciascuna di esse, al- ternatamente vien situata in modo che la sua gola corrisponda ver- iicalmente al punto d’attacco del maglio ; e questa traslazione viene operata con un solo spinger di leva che fa un lavorante, in quello stesso intervallo di tempo che l’altro lavorante predetto pone nell’ anello del maglio or l’uno or l’altro degli uncini delle due funi. Il Professore Borson lesse: Sur quelques ossemens fossiles trouves en Piemont. ( V. pag. 33 ). xI 28 di novembre 1830. - Fornace da calcinu, a fuoco continuato , alimentato coll’antracite. Il Professore Mic®ELoTTI , condeputati i colleghi Professori Bi pone e Avocanro , fece rapporto favorevole interno alla domanda di privilegio fatta dal signor Antonio Elia GastALDI, per una par- ticolare fornace a fuoco continuato ( four coulant dei Francesi ) onde cuocere le pietre da calcina coll’antracite della Thuile, îù Val d’Aosta. La fornace proposta dal signor GasraLpi per verità non è se non una modificazione delle molte adoperate in Inghilterra, nella Francia, e nel Belgio , nelle quali la pietra calcare e il combusti- bile sono disposti alternatamente a strati, sì che tutto il calore che si svolge dalla combustione è utilmente applicato alla calcinazione della pietra. Parve tuttavia utilissima l'introduzione di simile artifizio ne Regii Stati, principalmente nella Valle d'Aosta, ove prodigiosa è la quantità del combustibile che vi s'impiega nelle varie fucine , epperciò riesce opportunissimo l'uso di un altro combustibile. 30 di gennaio 1831. Polvere caduta dall'atmosfera, e raccolta sulla fregata Carro Ferice; nel Mediterraneo. L'accademico Conte Provani comunica alla Classe , come argo- mento di utile esame, una piccola quantità di sabbia, datagli in Genova dal signor Capitano Todon, Uffiziale di bordo , e Profes- sore nel Reale Collegio di Marineria , la quale sabbia era accom- pagnata dalla seguente nota: Poussière ramassée à bord de la fre- gate le Cuarves-Firix dans la journeè du 15 mai 1830, pendant qu'elle se trouvait So milles environ au nord de Tunis. Ce sable” XII > ayant été transporté par un vent d'E.-S.-E. variable au S.-E., devait venir des déserts des environs de la Grande Syrte, c’est-à- dire qu'il devait avoir parcouru une distance d’au moins 600 milles de 60 au degre. La goèlette qui nous apporta des dépéches è Tunis, et qui se trouvait alors au nord de la Corse, plus de 250 muilles plus loin, en ayant eu elle aussi, il est probable que ce sable aura parcouru un espace de près de g00 dà 1000 milles. « Il Professore MicneLoTTI trovò in questa polvere 1.° una grande quantità di selce; 2.° calce, di cui una piccola parte è allo stato di solfato, e il rimanente a quello di carbonato ; 3.° idrociorato di soda; 4.* un poco d’alumina; 5.° alcuni indizii di magnesia; 6.° una considerabile dose di ferro , unito a vn poco di manganese. Quanto all'origine di cotesta polvere il predetto Accademico pende a crederla volcanica. Checchè ne sia; la Classe ordinò che nella Parte Storica del volume accademico la memoria di questo fatto s'abbia a conservare. 6 di marzo 1831. Il Professore Moris lesse: /Wustrationes Rariorum Stirpium Horti Botanici R. Universitatis Taurinensis. Fasciculus alter, in conti- nuazione del primo, che fu letto il 18 di aprile del passato anno, e che trovasi stampato in questo Volume a pag. 177. ) 8:di maggio 1831. Oggetti di storia naturale venuti d'America. L'accademico Detiore Carlo BertERO , il quale. per. la seconda volta viaggia nelle Province dell'America Meridionale, spintovi dall ‘amore della Botanica, non trascura di far messe di altre cose na- turali, e di ‘queste mandò in quest'anno un buon numero all'Acca- *demia nostra. La Classe ordinò. che in questa Storica Notizia spe- XII ciale menzione fosse fatta di un tal dono di quell'intrepido viaggia- tore, compacsano e collega nostro, notoriamente benemerito della scienza naturale. Le cose mandate dal Dottore BertERo appartengono per la più parte a varie classi di Molluschi , quasi tutti marini e testacei. Sonvi tuttavia altri corpi appartenenti ad alire divisioni del regno ‘ani- male, e anche alcuni pochi minerali , oltre quattordici piccole mo- nete di rame di Calcutta, Singapour, e Bengala. Il Professore Canena, deputato col Professore Moris, per inca- rico avutone dalla Classe, rese conto sommariamente dei principali fra cotesti corpi, alcuni ai quali sembrarono più rari, e forse non per anco descritti dai Zoologi; tali a modo seni sono i se- guenti : Asferias , parecchi esemplari i quali appartengono: alla di- visione delle ScuteZlate di Lam. , ma differiscono da esse tutte pel numero dei raggi, che in questa specie è 21-23. Cyprina Islandica: una specie simile trovasi fossile in Piemonte, ma varia per maggiore grossezza, per le strie obsolete nella parte posteriore , e pel colore rossigno di alcuni individui che trovansi nella collezione dell’Accademico relatore , a vece che l'esemplare fresco mandato dal BertERo è interamente bianco , e striato da per tutto. Una Nerita affine alla N. Chlorostoma di Lam. , ma tuttavia diversa. ; Halyotis iris? ma varia per grossezza considerabilmente maggiore; diametro trasverso più. di 5 pollici francesi: longitudinale poco meno di 7. Turritella, di una spécie che ‘non sembra rifevirsi a niuna di quelle del Lam. Una specie analoga, tuttavia distinta, l'abbiamo fossile in Piemonte. Tre uccelletti appartenenti tutti e tre al genere Zrochilus Lin., Orthorhynchus LaAcer., nomi che il signor Lesson ( Mist. Natur. des oiseaux-mouches , Paris, 1829). pensòe di mutare in ngsello di Ornismya. XIV Uno di essi è il maschio dell'Ornismya Cora. Less. pag: 52. pl. 6; ( Orthorh. Cora Guérin, Iconograph. du règne anim. n livr. ois. pi. 25 ). Il Dottore Berrero lo prese in gennaio del 1830, nei contorni di Lima. Il secondo è il maschio dell’Ornisnya Sephaniodes (Lxss. pag. 69, pl. 14 ), e dall’Accademico predetto fu preso in maggio del 1830 nel Chilì e nelle vicinanze di Valparaiso. Il terzo non si trova menzionato nella citata monografia del signor Lesson. H Dottore BerrERO vi appose l'annotazione, del sesso fem- minino , e fu preso da lui nello stesso mese, e nello stesso bmogo del precedente. L'annotazione predetta del sesso e la natura dei caratteri che nei Colibri sogliono distinguere il maschio dalla femmina, pongono fuori di dubbio che quest’individuo è la femmina del precedente, la quale non trovasi nè descritta, nè figurata nella citata recentissima mo- uografia del signor Lesson, nè in alcuna altra opera dai deputati conosciuta. Siccome poi nella citata opera del Lesson la descrizione del maschio è solamente in lingua francese , così per ragione di uniformità , e forse anche a maggiore-soddisfazione degli Ornitologi, si riferisce qui la descrizione latina di ambedue i sessi, quale fu letta alla Classe dal predetto Accademico relatore. Ornismya Sephaniodes Less. Rectirostris , corpore viridi ni- tente, cauda subfurcata , rectricibus virescentibus immaculatis , re- migibus fuscis, capite aurato nitente, gula grisea viridi punctata. ttabitat in Cile ( Chilì ) prope Valparaiso. O. Sephaniodes % corpore capiteque virescente , subtus albo vi- ridique punctato, cauda subaequali, rectricibus apice albo fimbriatis. Organo senza canne. “I signor Giuseppe Maria Pomi, di Varallo, ha presentato uno stromento, che è una sorta d'organo, da lui chiamato grande viola a cembalo. L'accademico CoLLa, deputato coi colleghi Binowe e xv Carena, tesse in quest'adunanza il parere chiestone dal Governo: Lo stromento è costrutto esteriormente come un cembalo, ma è fatto a foggia d'organo, vale a dire il suono è prodotto dall'aria. Questa è spinta da un mantice in una cassa di legno , d'onde toc- cando i tasti, essa esce da piccole aperture paralellogramme ret- tangole , intagliate in lastrette metalliche , contro le quali, per di sotto, cioè internamente sono applicate altrettante linguette me- talliche. Alcune poche di quelle aperture, corrispondenti ai suoni più gravi, sono munite di certi prolungamenti, pure metallici, rap- presentanti come altrettante canne, ma di lunghezza non maggiore di un pollice. I suoni acuti di questo stromento imitano l'oboe, i gravi il fagotto. I deputati non poterono non iscorgere una cerla analogia tra questo stromento e la fitz-armonica del Viennese signor Fox. In quest'adunanza il Professore Lavini lesse: Recherches chimi- ques sur l’alteration “de la bile extraite du cadavre d'une femme qui était affectée de manie. ( V. la pag. 201 di questo Volume ). 23 di maggio 1831. Osservazioni intorno ad animali marini del Mediterraneo. Il Segretario , deputato col Professore Grosent, fece rapporto intorno a un lavoro del corrispondente signor Antonio Risso , il qual lavoro è intitolato : Notice sur quelques animaua marins ob- serves sur la cote de Nice. —Nella impossibilità in cui trovaronsi i deputati di avere sott'occhio gli animali in natura, anche a fine di procurare che da abili dise- gnatori della Capitale venissero migliorate alcune delle figure unite alla Memoria, e informati anche dall’Autore stesso non aver egli per ora altra intenzione fuori quella di prender data di cotesto suo xFI lavoro , di cui egli ha in pensiero di dare fra non molto all'Aeca: demia la continuazione , i deputati anzidetti conchiusero, e la Classe approvò, che menzi ae di questa Memoria del signor Rrsso fosse fatta nella Parte Storica di questo Volume accademico , affine di conservare a questo indefesso Naturalista il merito cui la novità di coteste specie potesse dargli diritto. Esse sono le seguenti : Pesci. CLinus nerii. BLENNIUS cirratus. Molluschi. Doris purpurea: D. variegata: EoLipia lutescens : E. caerulescens. CLaveLLina meridionalis, SALPA latissima : S. pun- ctata: S. aurantiaca. Annelidi. AmpurtrIiTES volubilis. Crustacei. Panparus rouxti. CaLappa webiana. PrANIZA smaragdina. 12 di giugno 1831. Calce fosfatata, trovata in Val di Lanzo. Il Professore MicueLorTi, deputato col Professore Borsow, fa rapporto intorno ad una Memoria del signor Angelo Sismonpa, sulla calce fosfatata da lui rinvenuta nella valle di Lanzo; il qual lavoro e dai deputati e dalla Classe fa giudicato degno di onorevole men- zione nella Parte Storica del Volume accademico. Trachiti dei Monti Euganei. In questa adunanza si legge: Quelques observations sur le gis- ment des Trachytes en genéral, et du Trachyte des Monts Eu- gancens en particulier; lavoro del Conte Niccolò. Da Rro, Direttore della Facoltà Filosofica dell'IT. R. Università di Padova, corrispon- dente dell’Accademia nostra , ecc. Intorno al qual lavoro dai deputati Bonson è Carena era stato fatto in precedente adunanza favorevole rapporto. Questa. Memoria è stampata a pag. 207 di questo Volume. XVII 26 di giugno 1831, N Cavaliere Prana lesse: Addition «è la Note: sur la partie du coefficient de la grande inégalité. de Jupiter ct Saturne , qui de: pend du carré de la force periurbatrice etc. ro di luglio 1831. Scoloramento dei panni lani, per esser ritinti di altro colore. I Professore Gianlorenzo Cantù, deputato coi Professori. V.° MicneLorti e Carena, lesse alla Classe in questa adunanza il pa- rere, chiesto «dal Governo, sulla domanda di privilegio fatta da Gio- vanni Travelli, tintore , per certo suo particolare artifizio di sco- lorare i panni lani, già ridotu in abiti, e nè anche nuovi, per quindi ritingerli di altro colore. Dagli esperimenti eseguiti dal Travelli alla presenza dei deputati risultò 1.° che il metodo di lui è fondato sulla qualità scolorante di un corpo per verità notissimo, ma non ancora adoperato , che si sappia, a un tal uso ne’ Regii Stati, specialmente nel modo con cui l’adopera il richiedente ; 2.° che i panni in tal maniera scolo: rati non sembrano scapitare di loro forza, almeno a un grado sen- sibile. i Terremoto nella provincia di S. Remo. Il Cavaliere Avocapro, deputato col Professore Carena, fece rapporto intorno alla Relazione del Cavaliere Alberto Nora, già Vice-Intendente a S. Remo, ( ora Intendente a Pinerolo ) sul ter- remoto che dal 26 di maggio ( 1831 ) in poi scosse quella città, e altri luoghi di quella provincia. La descrizione dei fatti che accompagnarono e seguirono quel Tom. xxxvI 3 X\HI disastro è fatta con molta accuratezza e diviene più autorevole per la carica stessa dell'Autore, la quale dovette agevolargli le in- dagini da lui fatte per ragione d’officio. Ordinò la Classe che i principali fatti dal Cavaliere Nora riferiti fossero in questa Storica Notizia registrati. perchè la Memoria ne sia conservata ne’ suoi Volumi. La prima scossa di questo terremoto fu il giovedì 26 di maggio 1831 , alle ore undici e mezzo del mattino, preceduta da un gran romore sotterraneo, come di un rotamento di più carri gravati di lamine di ferro; durò il tutto circa quattordici minuti secondi , con moto, dapprima verticale, poi di ondulazione. Una seconda ma leggerissima scossa fu sentita la sera del giorno stesso , alle nove ore; poi due altre più forti, una alle dieci e mezzo , l’altra alle undici e mezzo di quello stesso giorno. Due altre nel mattino del 27, poi altre moltissime nei giorni e nei mesi seguenti sino al dicembre di quell’anno. In tutto quell’intervallo di tempo furono osservati quegli stessi fenomeni atmosferici e terrestri che sogliono precedere od accom- pagnare gli scuotimenti della terra riferiti dagli scrittori , come a dire variazioni frequenti nel colore dell’aria : ‘ritiramento momenta- neo del mare dalla consueta sponda, con iscuotimento delle navi, come se la carena avesse dato in secco: sollevamento insolito nelle acque di alcuni pozzi, fatte torbide, impetuose e gorgoglianti : abbassamento o anche prosciugamento di alcuni altri: inquietudine impaziente degli animali domestici , ecc. - A tutto questo è da aggiungersi una specie di tromba , o colonna d’acqua, sollevatasi dal lago di S. Benedetto , larga alcuni metri quadrati, alta due, la quale, dopo aver percorso con moto rapido e vorticoso un sessanta metri, si formò in un globo di denso fumo , e poi dileguossi, senza che le rimanenti acque del lago apparis- sero menomamente agitate. Il barometro pare non abbia fatto variazioni di conto, essendosi XIX il mercurio quasi sempre mantenuto: all'altezza di circa vent'otto pollici, quale a un di presso compete a un paese di marina. In generale le commozioni. furono meno violente ne’ paesi a po- nente di S. Remo, più gagliarde negli altri. Fin dalla prima scossa traballarono in S. Remo ad occhi veggenti i campanili, le case, e gli edificii anche i più sodi. Poche furono le fabbriche rimaste illese. Le case diroccate dal terremoto in varie terre di quella desolata provincia furono a centinaia: a centinaia pure furon quelle fatte . demolire dalla pubblica potestà , perchè sfasciate come esse erano, minacciavano ulteriore intera rovina. al primo nuovo tremore della terra, con evidente danno delle persone. In quel disastro nelle varie terre di quella provincia nove per- sone perdettero miseramente la vita, schiacciate sotto i rovinati tetti, alcune in modo orribilmente compassionevole. Un ben mag- gior numero di persone rimasero più o meno gravemente ferite e mal conce. Fra coloro che ebber salva la persona, moltissimi. si trovarono bisognevoli di ricovero e di alimento, tutti di conforto. E qui l'Autore discorre dei pronti soccorsi d’ogni maniera dati in tale congiuntura da lui, non dimenticando quei maggiori ottennti di poi dal provvido Sovrano. ( La Relazione da cui fu tratto questo sunto, fu poi pubblicata dall’Autore con le stampe di Paolo Ghi- ghetti , in Pinerolo, 1832, in-8° ). Il Cavaliere Avocapro termina la lettura, già cominciata in pre- cedente adunanza , di una sua Memoria Sur Za force clastique de la vapeur du mercure à différentes temperatures. ( Stampata a pag. 215 di questo Volume ). Il Professore Moris lesse: Alantae Chilenses novae minusve co- guitae. - Il Professore Bipone: Recherches experimentales et théoriques sur.les contractions partielles des veines d’eau, et'sur Vecoulement par des tuyaux additionnels intériéeurs, et extérièurs. Lx L'Avvocato Corra: Plantae rariores in regionibus Chiliensibus a - cl. M.D. BerrERo nuper detectae, et ab A. Corra in lucem editae. - ( Questa, e le due precedenti Memorie, verranno stampate nel seguente Volume ). 11 di ottobre 1831. © Quest’adumanza fu tenuta pel Cavaliere Caucny, Membro dell’Isti- tuto di Francia, il quale vi lesse varii brani di una lunga scrittura, intitolata: Memoire sur la Mecanique ‘Celeste. Questa lettura dà origine a parecchie riflessioni esposte tratto tratto dall’accademico Cavaliere Prana, il quale dichiara inoltre che in due pieghi sigil- lati, consegnati da lui al Segretario , nei giorni 2 e 6 del prece- dente settembre, egli ha trattato uno dei molti punti trattati dal Cavaliere Gaucny, ed è lo svolgimento generale della funzione la quale serve per esprimere le forze perturbatrici dei pianeti. Il Cavaliere Caveny chiese quindi di ritirare per poco la sua Memoria, dopo che il Segretario , a richiesta di lui, ne avesse fir- mate tutte e singole le pagine; e fu quindi pubblicato dall’Autore; coì metodi della litografia, un Resumeé d'un Meémoire sur la Meca- nique Celeste, et sur un nouveau calcul, appelé calcul des limites. 27 di novembre 1831, Macchine d'arti e mestieri. In quest’adunanza fu comunicata una lettera indiritta all’Eccel- lentissimo Conte Barro, Presidente, dal Primo Segretario di Stato per gli affari interni, Conte De l’Escarène, onde informare l’Ac- cademia che alcune macchine, modelli e disegni, tenuti per l’ad- dietro dal soppresso Consiglio di Commercio, ora vengono affidati alla Reale Accademia delle Scienze, la quale ha già il carico di custodire le cose privilegiate in materia d’industria: - XXI . La Classe venne quindi informata dal Segretario come fin d’ora, in una sala al pian terreno del Palazzo ove risiede l'Accademia, sono state allogate le anzidette macchine, le quali, aggiunte alle cose depositate e da depositarsi da chiunque ottiene privilegii, € a quelle altre che, per cura del Governo e pel zelo de’ privati, venissero in seguito procacciate, formeranno il cominciamento di un generale Deposito d’Arti e Mestieri, o se così più piace, un Museo d’Industria, il quale accrescerà la generale istruzione , con- correndo , a questo utile scopo, con gli altri ricchissimi Musei , onde si fa di giorno in giorno più nobilmente adorna questa bel- lissima Capitale. Osservazioni sull’osso Ioide di alcuni rettili. Il Dottore BeLuincERI, a nome di una Giunta di cui fa parte il Cavaliere Rossi, e il Segretario , fece relazione intorno a un Essaix sur los hyoide de quelques reptiles ; lavoro del Preposto Matteo LosanA, corrispondente ( ora Accademico non residente ). Disarmamento de’ ponti a grandi archi. A nome di altra Giunta ( Cavalieri Gresy e Bone, questi re- latore ), si rese conto sul Saggio di un nuovo metodo di eseguire il disarmamento dei ponti a grandi archi, proposto dall’Imgegnere signor Eusebio MorinatTI. Cotesto progetto consiste nel disporre l'armatura in modo che l’arco sia sostenuto da un sufficiente nu- mero di chiavarde lavorate a vite, le quali poi nel disarmamento si allentano; sì che gli archi poco per volta si assestino e prendano la posizione che loro conviene. J I deputati osservarono che il proposto metodo , oltre la grave spesa, sembra poter esser soggetto ad un altro inconveniente. dal canto della meccanica, e questo è il possibile schiacciamento pro- dotto dalla grandissima pressione degli archi su di una superficie xXTI proporzionatamente molto piccola, quale è quella che risulta dalla somma delle spire delle viti. Epperciò i deputati proposero che questo loro parere venisse comunicato all'Autore. Si fece quindi lettura di uno scritto del Professore Genè, intito- lato: 4femoria per servire alla Storia Naturale di una specie di Cecidomia , che vive sugli Iperici; ( è stampata a pag. 287 di questo Volume ). Il Cavaliere Cavucuy, invitato a quest'adunanza, lesse: Resume d'un Memoire sur les rapports qui existent entre le calcul des residus, et le calcul des limites, et sur les avantages que presentent les deux nouveaux calculs dans la resolution des equations alge- briques ou transcendantes. 27 di dicembre 183. L'Avvocato Corra lesse l’Elogio Storico dellAccademico Profes- sore Giambattista BaLzis. ( V. pag. xxvm di questo Volume ). Il Professore Cantù: Memoria Chimico-medica intorno alla si- multanea presenza del prussiato di ferro, e d'una materia zucche- rina in una particolare varietà d’orina umana ( V. pag. 295 ). Formazione del Tannino. Gli Accademici Professori Mrc®eLoTTI, e LaAvini, nell'adunanza del 12 di giugno di questo stesso anno , avevan fatto rapporto in- torno ad una Memoria Sw Tannino , rassegnata all'Accademia dal corrispondente compaesano nostro ; il signor Pietro PeretTI, Pro- fessore di Farmacia nell’Archiginnasio Romano. In quel rapporto i deputati dissero esser necessarii alcuni schiarimenti: ottenuti questi dalla cortesia dell'Autore, i deputati in questo secondo parere con- XXIII chiusero che cotesto lavoro , ove sono ingegnose ricerche , merita di esser fatto noto ai Chimici con darne un sunto nella presente Storica Notizia. Principale scopo del Professore PerETTI, è di indagare la vera natura del tannino, il quale finora, secondo lui, non si ottenne mai perfettamente puro. A scansamento di ogni equivoco, in questo sunto io riferirò ta- lora le stesse parole , o a un di presso, adoperate dall’Autore. « Fra i metodi, dice egli, proposti per ottenere il tannino, quello che merita la preferenza ( sebbene complicatissimo ) è il metodo del signor BerzeLIo, riferito negli Annali di Chimica e di Fisica , Parigi, 1828, fascicolo di aprile, pag. 385. Il tannino di questo celebre Fisico è veramente il puro tannino, benchè esso confessi esser sempre misto con acido gallico ». « Le mie esperienze fanno conoscere che l’acido gallico è indi- spensabile alla formazione del tannino , il quale, quando è prepa- rato coi metodi anteriori a quello del BerzeLIO, contiene principal- mente tre sostanze : due elettro-negative, ed una elettro-positiva ; a vece che, se è preparato col metodo del BerzeLIo, non contiene se non le due elettro-negative, che son quelle necessarie per la formazione del tannino. Le tre sostanze del primo sono l’acido gal- lico, una sostanza colorante gialla solida, e una sostanza colorante gialla falsa ». L'Autore chiama solido quello di cotesti due corpi, il quale è alto a dare un colore solido, cioè resistente per più lungo tempo al cloro, all’acido nitrico ecc., e falso l’altro, che ha qualità con- trarie. « Quest'ultima ( la sostanza colorante gialla fusa ) non è ne- 5 cessaria alla formazione del tannino, il quale, quando è puro, come è quello del BerzeLio, non è se non un composto d’acido gallico che tiene in soluzione la sostanza gialla fissa, la quale, benchè io non l’abbia potuto ottenere scevra d’acido gallico , ho tutta ragione di credere che sia l'acido ellagico del signor CneyReuL; xXIV e così l’acido gallico e l'acido ellagico , secondo il mio modo di vedere, formerebbero il tannino ». Per accertare questa sua opinione l’Autore ha fatto varie spe- rienze che sono minutamente descritte nella sua Memoria, dalle quali egli crede potersi dedurre 1.° che l’acido gallico è indispen- sabile alla formazione del tannino; 2.° che la decozione di galla contiene di acido gallico più di quanto è necessario alla formazione del tannino ; 3.° che l’anzidetta sostanza gialla fissa è lo stesso acido ellagico ; 4.° che quest’acido è della natura di quelli che talora fanno funzione di base, e che nel caso presente esso si comporta veramente non come acido, ma come base, la quale; unita all’acido gallico , forma il tannino , ecc. ». Prolungazione del termine del Concorso al Quesito accademico. L'Accademia nel Volume XXXIV delle sue Memorie , a pag. III aveva pubblicato il seguente Quesito, con assegnamento di premio da darsi all’autore del miglior lavoro di argomento chimico 0 mec- canico, scientificamente trattato, e particolarmente applicato all’in- cremento delle arti che sono od esser possono convenevolmente in- trodotte ne’ Regii Stati, comprese quelle che atte siano a migliorare la nostra agricoltura. i In conformità del Programma, il giudizio del Concorso dovendo essere pronunziato non più tardi del dicembre di quest'anno (1831), il Cavaliere Avocapro , a nome di una numerosa Giunta Accade- mica; ne lesse il rapporto in quest’adunanza. Risulta da esso: 1.° che nel Calendario Georgico della Reale Società Agraria di Torino, per l’anno 1831, è stato per verità pubblicato un lavoro impor- tante, Sopra la scorza della Robinia Pseudo-acacia , e de’ suoi usi nelle arti e nélla economia ( cioè per far corde, per supplire alla lana ‘nei materassi, e per fabbricare carta ). Ma a mente del Pro- gramma, cotesto lavoro ‘non può concorrere, essendone ' Autore un XXV Accademico nostro , il Professore Grosert, il quale di più è uno dei deputati; 2.° che una breve scrittura, ove si propone di estrarre dai raspi dell'uva la potassa necessaria alle arti nostre, venne tras- messa all'Accademia assai tempo dopo scaduto il termine prefisse” dal Programma; scrittura inoltre nella quale le cose sono anzi iu- dicate e proposte, che dichiarate e provate nei modi voluti dal Programma; 3.° che nel tempo prefisso è stata ricevuta una Me- moria manoscritta Sulla Manifattura dell'acido idroclorico , della soda fattizia, e del sotto-cloruro di calce. Lavoro che parve pre- gievole per molti versi, ma non per tutti quelli che esige il pub- blicato Programma. La Classe , approvando la proposta della Gianta prolunga il termine del Concorso sino a tutto dicembre del 1832. Tom. xxxvi 4 Ù) iù i \ il i Mi ì ì x l YA ‘ p k A, pei ee ij 4 La Y Co La ‘ — È "a > d AMMESOT SO a CCIIEDT MII edita qua da Ue LITI li Apo GOA (OM ANCTITO TE È AES dodo fe "ade via 1 Sea se e * R | irnrigol (ha n dere ; Mb iper Rb td I sc d, ALS Fg si nia Pinelbbar ‘dala; La STAGIONI Race, li otubasa ceh ‘de dini ‘Tnaen “Halo dc i vai l'oste Iurtik deiod 19%n3 a Stu. "alloo E Mt] A "7 SEGA "ia af frost (AL GL si n ateo "deli Vr. pa i ib 5 3 SSA; > ARECIIVI ADI 6 ad ata ‘aqua or ‘o Mata (GOT i, È % Necd ati 6 dg n E, FILS ryu SAAS Soi Spa SC Se AO DIARI Lot 4 v TRALARO tot Ere, or dd UTI San 9 schilti 1} Guado Hi) I Î La 8 Noli e NDR, LE 124 ooaig — La Alia a % 7 "ev ed. e A tri i ' [a n Bait) fut GICOMDIG Ri spia DAR ; SIMO DIA Artmaieaponti alesile vis * A se a i bi ; È ‘ 4 Pi E t " ì sl PEER) Re ROOT IIa Gre dona) 1319 eis: YR i RARO SIG > a ' vr x I È 6 i " , ” ul È cs 4 ì r ni Ù n . LV Li a n » DI Ri & | vii. 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G d = so si b Ph hà } 9 ? î È e “de; TONO IERI fo DI ORA VO liti dii n P % j Di i 4 ti (od e ì I w + î $ Î x sax Mo S 5 A ; ; si h Ù Pe è w = nei Li 4 Ù di k f i e CI ] = ti c Pa *, pa XXVII ELOGIO STORICO DELL’ ACCADEMICO PROFESSORE GIOVANNI BATTISTA BALBIS DALL’ACCADEMICO AVVOCATO COLLEGIATO LUIGI COLLA Quanto debba riuscire grato a questo sapientissimo Consesso lo rammentargli i principali fatti che nel mondo scientifico resero immortale il nome di uno de’ suoi più distinti Soc], facile si è il concepirlo se si ponga mente all'amore che desso nutre per la conservazione, e propagazione «della propria gloria. Ma di non lieve incarico sarà per me il toccare la meta che mi sono prefisso: grave ostacolo io incontro primieramente nel dover portare giudicio intorno a parecchie cose estranee in parte alle mie cognizioni: altro mi si affaccia nella particolare amicizia onde dalla mia età giovanile sino alla morte di lui strettamente gli fui vincolato ; il primo sarà forse cagione di difetto nel mio nar- rare ; il secondo può esserla di eccesso. Se non che a queste mancanze suppliranno, ne son certo, le diligenze che io feci nella ricerca dei fatti, la compiacenza che ebbero alcuni dei suoi Col- leghi e Corrispondenti di somministrarmi non poche interessanti notizie , ed infine la benignità dell'animo vostro. XXVIII Nacque il BaLsis nel luogo di Moretta, Provincia di Saluzzo, il 17 novembre 1765 da ottimi Genitori di distinta condizione. Iniziato nelle prime lettere in patria sua, recossi a Torino, ove continuò gli stud} di Filosofia e Medicina nel Collegio detto delle Provincie, una fra le più utili antiche instituzioni patrie , la quale procacciò al Piemonte una serie non interrotta d’uomini il- lustri tanto nella Magistratura, quanto in ogni ramo di Scienze. Appena laureato in Medicina, prima ancora che compisse Vetà d'anni venti e uno, fu egli prescielto a Ripetitore nell’anzidetto Collegio , carica la quale si riserbava a colui, che nel corso degli studj aveva dati non equivoci saggi di preferenza sugli altri Alunni e per la sua condotta morale, e pel suo ingegno , e per la tenacità del suo proposito, senza considerazione ad altre qualità accidentali. Trascorso il termine che dai regolamenti della Regia Università sì richiede per essere aggregato ai Collegii delle diverse facoltà , egli riportò sugli altri la palma, e fu nel 1786 proclamato Dottore del Collegio di Medicina , onore tanto più segnalato in quanto che per liberi suffragj del Collegio al solo merito si conferisce. Discepolo dell’Arrioni e camminando sulle traccie del; Dana e del BeLLarRDI aveva nei suoi studj, fors'anche per naturale inclina- zione alle cose semplici, una. predilezione particolare per quello delle piante , che cercava avidamente , come. ape il fiore , nelle sue frequenti peregrinazioni. di concordia, ed. ajuto a quei tre Dotti. Ed un argomento già ne aveva egli somministrato nelle sue tesi d'aggregazione (1), ove, fra le altre materie con molta maestria trattate , aveva dato un, saggio della varia indole delle acque nella nutrizione dei vegetabili, ed un altro sull'efficacia di molte piante indigene adoperate come rimedj; nei quali sagg) nulla omise di quanto potesse essere in quell'epoca al livello delle scienze, e di (1) 1788. 20 februarii: Augustae Taurinorum > excrdebat Jo. Michaél Briolus. XXIX quanto dalle sue esperienze aveva potuto ritrarre , dimostrando in un tempo istesso quanto vasta già fosse la sua erudizione, e come dai più puri fonti della lingua latina avesse attinto quel conciso ed elegante stile che sempre lo distinse nelle sue non poche scritture. Però non erasi trascurata dal nostro nascente Botanico alcuna delle altre parti della scienza medica, chè anche la clinica , con non poco successo , erasi da esso esercita; mentre coltivava an- ch'egli con qualche inclinazione la Storia Naturale degli insetti; e prova ne diede quando trovandosi col C.° Piovano verso l’estre- mità della valle di Gesso a ricerca di piante, ed essendogli stato presentato un insetto non conosciuto , fu il primo a determinarlo sotto il nome di Cerambix alpinus: in quella stessa occasione fece egli l’enumerazione delle piante che crescono intorno alle sorgenti di Valdieri , la quale trovasi alla pag. 115 de l’analyse des caux de Fuudier data alla luce dall’insigne Professore e Collega nostro GiosERT. Ma di questi primi stud) del Baris quello che in tale epoca gli abbia recato un reale vantaggio si fu certamente la Clinica, avve- gnachè gettato nell’anno 1794, per dolorose circostanze, dalla nostra patria in estere contrade, fu nel novembre dell’anno istesso eletto a Medico delle Armate francesi; e poco dopo , nel 1797, le sue assidue cure, e le sue sollecitudini negli Ospedali lo fecero innalzare al grado di fungente le vegi di Medico in capo dell’Ar- mata d’Italia. A malgrado però dei doveri della sua carica , e del particolare modo con cui la eserciva pel suo eccellentissimo cuore , non po- teva egli allontanarsi dallo studio dell’amabile scienza; e si fu ap- punto in questepoca, cioè dal 1794 sino sul finire del 1798, e nei var paesi percorsi dall’Armata pendenti le sue differenti vi- cende , che egli coglieva quante piante se gli affacciavano , ne preparava le diagnosi o descrizioni, e nulla ometteva sulle schede che univa agli esemplari, delle particolarità di luogo , stazione, XXX clima, epoca del fiorire e del fruttificare e di simili altre circo- stanze le quali contribuiscono cotanto all’avanzamento della scienza. Ripatriatosi il Barers nel dicembre del 1798, in quell’epoca in cui la patria nostra erasi occupata da’ Galli, fece parte per brevissimo tempo del Governo da essi provvisoriamente: stabilito ; ma quegli ben tosto allontanati , riprese egli la sua condotta di Medico dell’Armata, che abbandonò poi definitivamente nel 180r. In questa epoca, che chiamerò la seconda della sua illustre vita, venne il Barpis eletto a Professore di Botanica, e Materia Medica nella nostra Università, ed a Direttore dell’ Orto botanico. Quanto attivo ed efficace sia stato lo zelo di lui pel corso di anni 13 nei quali coprì le anzidette cariche e per lo insegna- mento , e nel riordinare ed accrescere |’ Orto botanico, e per far progredire la scienza colle varie scritture che videro la luce, lo rendono manifesto la pubblica testimonianza , la corrispondenza coi più rinomati Autori stranieri e Corpi scientifici, la sua ammes- sione a molti fra questi, ed infine il tenore delle scritture medesime. Ed incominciando dallo insegnamento , diremo che in quanto alle sue lezioni botaniche, accorrevano non solamerite coloro che per regolamento vi erano obbligati, ma ben anche moltissimi Alunni di estranee classi, e parecchi forestieri, tanta era la fama che. egli erasi già acquistata per la chiarezza nel dire, la nitidezza dello stile, e sovratutto per la estrema dolcezza con cui accoglieva e scioglieva quante interrogazioni, e difficoltà gli si presentassero dagli ascoltanti. Era poi bello il vederlo ne’ giorni destinati alle corse botaniche, accompagnato più volte da centinaja di giovani che gli facevan corona gareggiando chi fra di loro potesse presentargli una tenera erbetta, od un nascente fiorellino acciocchè ne determinasse la specie ; le sue risposte erano oracoli ; e vi aggiungeva i caratteri che la, distinguevano ; e se di qualche particolare proprietà fisica o medica era dotata, la palesava; e così l’erbajuolo, il farmacista, XXXI il botanico ed il medico, ciascheduno nell'arte che voleva pre- sciegliere , acquistava, senza quasi avvedersene, le più esatte cognizioni; e mai non sì videro nè prima nè dopo di lui più nu- merose e più utili corse botaniche. E per dire dell'orto botanico, faremo osservare che dall'epoca in cui cessò l’ALLionI di potervi assistere sino a quella in cui il BALBIS ne fu prescielto a Direttore, nessuno essenziale riordina» mento vi si era potuto dare per mancanza di mezzi fimanzieri in quei diflicili tempi; la particolare predilezione che vi aveva l’Ignazio MorinerI, custode in capo e valentissimo giardiniere botanico, bastò bensì a conservare , per quanto le sue cognizioni gli per- | mettevano sotto l’egida del Direttore , le piante esistenti, e, l’or- dine prestabilito, ma ben altro si desiderava per mantenergli quel lustro che ad un pubblico stabilimento di tal fatta si conveniva. Conserve difettose ed in pessimo stato di riparazione , confusione di piante, mancanza di nuovi ragionati catalogi , tutto ne faceva temere l’ imminente rovina. Gli sforzi del Barpis ne lo preserva- rono (1), sebbene egli fosse privo dei principali mezzi per farlo salire a quel grado di celebrità che in questi ultimi tempi, prima per la speciale protezione accordata da un Ministro di gloriosa memoria, poscia per le sollecitudini del chiarissimo nostro Collega il Professore Moris, e per le facilità che egli ottiene dal degnis- simo Magistrato , cui ne è confidata la cura (2), ebbe meritamente ad acquistare. ® (1) Poco potè ottenere il BaLsis dal Governo d’allora per le spese che occorrevano , e le nuove piante, di cui egli arricchì il giardino , le dovette piuttosto alla generosità de’suoi corrispondenti , ed alla cura sua per le seminazioni e piantagioni, che non alle annue re- tribuzioni destinate alla conservazione dell’orto; e negli ultimi tempi in cui dovette abban- donarlo era grandemente accresciuto , e le piante erano per la massima parte determinate con precisione , come lo attestano i catalogi annui che egli pubblicava, .e specialmente il confronto di quello del 1801 che fu il primo, coll’ultimo del 1813 in cui si annoverano 5453 specie, eccedendo di 1900 il numero di quelle riferite nel primo. (2) Mentre la direzione dell’orto era confidata al chiarissimo Professore BiroL1 erasi già ottenuta la costruzione di alcune conserve a vetri verticali ; ma poi sotto il Ministero del XXXII Passando ora alle scritture, le quali nell'epoca di cui parliamo tanto merito accrebbero al BaLBis, oltre ai catalogi nei quali pa- recchie interessanlissime osservazioni s’ incontrano , accenneremo come principali le seguenti : ( .° L’ Elenco delle piante crescenti nei dinérhi di Torino fu uno dei primi lavori dati alla luce dal nostro Baxzis colla dedica al Medico in capo dell’Armata d’Italia GurrAume che lo aveva accompagnato in parecchie corse botaniche, principalmente nelle vicinanze di Nizza ed Antibo (©); questa operetta contiene l’enu- merazione per ordine alfabetico di 970 vegetabili che nascono spon- taneamente nel raggio di sei miglia attorno la nostra Città, colla indicazione del nome botanico volgare ed officinale, di quello dell’Autore , del preciso sito ove crescono, della classe Linneana, e del numero corrispondente a quello, col quale sono annotate le piante nella Flora dell’ALLionI. 2.° Tien dietro a questo utile lavoro nella stessa edizione Cavaliere Rocet pe Cnorex se ne è ordinata la formazione di un’altra estesissima a vetri inclinati sulla norma di quella di cui io diedi la descrizione e disegno nel 6.9 volume del mio Antolegista botanico pag. 309 e tav. XVI. Quindi si andarono sempre aumentando le riparazioni alle antiche conserve; si fecero molte ampliazioni, e cangiamenti nei movimenti di terreno e direzione dell’acqua j si procacciarono nuove e rarissime piante esotiche ; si determinarono con esattezza tulte le piante esistenti; si distribuirono queste con molto in- gegno ed ordine secondo i metodi di Linxeo'e di Jussiev, separando le officinali dalle altre ; e già trovasi destinat®* per le prime un vasto sito graziosamente adorno di alberi ed arboscelli, nel quale ad ore determinate , e sotto certi regolamenti sarà d’ora innanzi li- bero l’accesso per chi brama di studiare le piante sul vivo; locchè tutto si deve all’attività ed abilità del citato sig. Professore, ajutato dai giardinieri in capo signori Carlo MANnHEFELDT, esimio conoscitore e coltivatore in ispecie delle piante esotiche , e Pietro Giusta , il quale per le sue frequentissime corse botaniche acquistò vaste cognizioni sulle indigene, e secon- dato in particolare modo dallo zelantissimo sig. Conte Bruno pr S. Giorcio , Riformatore ed Ispettore degli Stabilimenti della R. Università, la cui sollecitudine per quello dell’orto botanico è certamente superiore ad ogni elogio. (1) Elenco delle piante crescenti nei contorni di Torino, compilato dal Cittadino Gioanni Battista Barzis , Medico dell’Armata francese in Italia. - Torino anno IX repubblicano , dalla Stamp. Filantr., 1 vol, in 8.2 dî pag. 101 compresovi l’Additamentum ad floram Pedemontanain. XXXII! l’Additamentum ad Floram Pedemontanam, distribuito secondo il sistema di Linxeo; nel quaie opuscolo si dà la diagnosi o la de- scrizione di 4o piante non ancora riferite nè nell’accennata Flora dell’ALLioni , nè nel suo Auctarium , nè nell’appendice del BeL- LArpI ; dodici fra quelle furono determinate come nuove dall’Autore, cioè il Crocus medius che pare però una varietà del sazivus di Linneo o del vernus di W.; l’Agrostis intermedia assai prossima all’alpina di Linneo ; la oa Molinerii creduta dallo SprenceL identica colla P. alpina di Linneo , e colla cenisia dell'’ALLionI (1): il Cynosurus cylindricus rapportato dallo SprencEL qual varietà del C. caeruleus di Linneo ( Sessleria caerulea Arp. ); il Juncus acuminatus ‘che è forse una sola varietà del J. conglomeratus i Linneo a pannocchia più piccola; la Medicago glomerata ; la Lactuca segusiana (2); l Ophrys aestiva e V'autumnalis, rappor- tate poscia amendue dal Rrcnarp al genere Spiranthes e dal Canporce alla Meottia ; la Carex androgyna che SprenceL crede identica colla €. dicolor dell’ALLioni; la Pteris acrosticha ora Cheilanthes odora Sw., la stessa dell’Adiantum pusillum Qell'Ax- LioNI giusta l'opinione dello SerenceL; il Zichen pulmonarioides omesso dai moderni e che pur si distingue dal Z. pulmonarius di Linveo ( Sticta pulmonacea Acx. ) per la sua superficie vellosa e le sue lacinie quasi rotonde ; ed infine la Conferva tremelloides , anche omessa dagli Autori, sostanza che ben non sapresti se piut- tosto fra le Conferve o le Tremelle si debba annoverare. 3.° Una delle prime cure del BaLsis, come Direttore dell’orto botanico , era stata quella di rettificare la separazione che già dal tempo dell’ALLioni erasi fatta delle piante officinali, le quali eransi distribuite in. altrettante distinte areole; ma sebbene nell’anno 1805, per cura dell’Amministratore generale del Piemonte sulle istanze (1) Di questa stirpe pubblicò poi la figura nella Miscellanea botanica alla tav. 5 con una varietà della Moeringia muscosa di Linneo. (2) Anche di questa diede la figura nell’anzidetta Miscellanea alla tav. 8. Tom. xxxvI. / 5 XXXIV del Direttore, alcune concessioni si fossero accordate all’orto, e che anzi egli avesse decretato che questo fosse sotto gli auspic) dell’ Imperatrice GrusePPINA, la quale molta predilezione portava all’amabile scienza, tuttavia mancavano i siti ed i fondi per lo perfezionamento di tale utilissima distribuzione; credette perciò il nostro Direttore essere pregio dell’opera il render di pubblica ra- gione un catalogo di quelle piante distribuito secondo il numero delle areole , aggiuntovi quello del catalogo generale manoscritto esistente nell’orto , corrispondente tale numero a quello della pianta; questo lavoro per renderlo più vantaggioso agli Alunni, fu corre- dato del nome officinale della pianta, di quello ‘della scienza, dell’ indicazione della classe Linneana, e di brevi note relative alle virtù e proprietà del vegetabile (1). 4° Ma una ben più importante scrittura vide poscia la luce sotto il titolo di Miscellanea botanica (2); ivi sì annoverano coll’ordine Linneano le stirpi più rare coltivate nell’orto botanico. non meno che alcune altre da aggiungersi alla Zora pedemontana ed all'elenco delle piante che crescono circa Torino: questo lavoro per quanto riguarda alle piante indigene è il frutto di nuove peregrinazioni che il Baris in compagnia dell’Ignazio MorineRI aveva intraprese e con molta fatica portate a termine sulle più aspre Alpi nostre, come sul Monviso, sul monte Genevra, nella valle di Queiras, in quella di Pragellate, sul monte Cenisio ed altri luoghi; aveva egli pure fatto di nuovo percorrere dal solo MorimeRI anzidetto le da esso già esaminate regioni più calde della Ziguria , dei con- torni di Nizza e delle Alpi marittime, onde copiosa messe. di (1) Enumeratio plantarum officinalium horti botanici Taurinensis augustae gallorum Im- peratrici Josephinae. - Taurini a. XIII (1805) ex Typographia Philantropica: vol. I in 8. di pag. 62. (2) Miscellanea botanica auciore Jo. Baptista Barsis in Athenaeo Taur. mater. med. et bot. Profess., Hort. publ. et Mus. rerum naturalium Direct. , nation. Scient. Acad. Taurin. et Soc. Agr. Sodali. - 1. vol. in 4 di pagine 68 con 11 tavole; questo layoro è inserto nel vol. 7 degli atti della nostra Accademia p- 318, e fu letto il 3 piovoso an. XI. XELY piante rare ne aveva riportata. Egli perciò descrive in quel suo lavoro 192 stirpi, fra le quali registrò le 14 seguenti come affatto nuove: Zris triflora (tav. 1), pianta coltivata nell’orto di cui non accenna la patria, ma che lo SrreENGEL ci attesta essere spontanea in Italia; Zris desertorum (tav. 2), parimente coltivato senza in- dicazione di patria; lo SrrenceL annovera bensì un Z. desertorune di GiLpENsTADT quale sinonimo dell’ J. Giudenstadiiana di Lerecmxa, ma io lo credo diverso da quello del Barsis a torto omesso dallo stesso SprENGEL , giacchè, oltre altre differenze, si ravvisa prin> cipale la presenza della barba di cui è priva ‘la. stirpe del Giir- DENSTADT: Potamogeton alpinum prossimo, al dir dell'Autore, al P. lucens di Linneo, ma che SprencEL crede identico col P. rx- fescens di ScurAD.; Potamogeton augustanum (tav. 3 ) approvato dai più recenti Botanici: Asclepias villosa (tav. 4 ) omessa dallo SpRENGEL, prossima alla /aniflora di Forskov ( Canahia laniflora R. Br. ), ma diversa per le sue foglie cordate ed oblunghe , è non lineari: Sedum monregalense (tav. 6) che dallo SprencEL si crede identico col S. cruciatum Desr., le cui foglie. però sono semicilindriche e non ‘oblunghe come nella stirpe del Barris: Ra- nunculus saxatilis omesso dallo SrrencEL, affine al R. i/lyricus di Linneo , ma diverso per le sue foglie radicali lobate, più prossimo al R. illyricus di Vir. e forse identico con questo: Dracoce- phalum chamaedryoides (tav. 7) approvato da’ moderni: Crepis praecox (tav. 9) omessa dallo SprexceL, prossima alla Cr. vesi- caria di Linneo ( Borkhausia vesicaria Spr. )} ma diversa nell’an- todio al dire del Barsrs; inoltre io osservai avere questa le foglie superiori lanciuolate ed intiere, quando nella stirpe del Barp1s quelle sono astato-saettate e dentate alla base: Amaranthus pro- stratus (tav. ro). che già erasi così chiamato dal BeLcarpi, e fu per la prima volta scoperto contro i muri vicino alla bollente della città d’Acqui, ma che dappoi si vide frequente nella Liguria, ed in molti altri luoghi del Piemonte, siecome ci attesta il chiarissimo XXXVI nostro Collega il Professore RE (1): Cluvaria granulosa (tav. 11. f. 1) omessa dallo SprenceL, affine alla CI. eylindrica Butt. (C?. fragilis Hormsk ? ), ma avente lo stipite di colore arancio ed il capitolo granellato e. coccineo: Peziza laricina (.tavat12;;:f-2,) parimente omessa dallo SprengeL , e forse identica colla 2. chry- socoma del BuLLiarn: Peziza Batschii (tav. 11. f. 3), varietà cospicua della /. cochleata Hups: giusta l’opinione del BarscH (2): Phallus hyemalis (tav. 11. £. 4), piccolissima e rarissima stirpe ora riferita fra le Morchelle, e ritrovata al settentrione di un muro presso il Po: Agaricus albidus (tav. 11. f£. 5), citato dallo SprenceL qual varietà dell’/. variabdilis del Persoon; ma si osservi che questo è parassito degli alberi, e la specie del Barpis è ter- restre, come lA. depluens Barsk col quale ha perciò e per altri caratteri molta maggiore affinità. 5.° Merita pure particolare menzione una breve memoria del nostro Autore sul genere Dianthus di Linneo (3), nella quale per alcune esperienze da esso fatte per via di semi sul D. a/pinus, sul D. virgineus, e sul D. plumarius , stabilisce quanto polimorfe siano cotali specie , la prima delle quali sia forse il tipo del D. caryo- phyltus, pianta da cui i giardinieri tante singolari e splendidissime varietà ottengono: a queste osservazioni succede la descrizione di ire nuove specie di quel genere tutte spontanee del Piemonte, il- lustrate con distinte tavole: esse sono il-D. a/pestris (tav. 1 ) colto nei pascoli piani delle Alpi marittime; il /D. furcatus (tav. 2), ed il D. tener (tav. 3 ), amendue scoperti dal MoLixeRI a bordo dei campi nelle montagne di 7enda: queste tre stirpi furono, ap- provate dal CanpoLLe nel suo Prodromus, non così dallo SprenGEL il quale nel suo Systema riconosce soltanto la seconda. (#) Flora torinese vol. 2. p. 127. (2) Elene. fungor. p. 225. tav. 28. f. 158. (3) Observations sur les OFillets avec la description de trois nouvelles espéces de Dianthus : di pag. 4 con tre tavole. - Memoires de l’Ac. des sciences litter. et beaux arts de Turin pour les annces X et XI. premiére partie : pag. 11, letta l’ 8 termidoro an. IX. XXXVII 6.° A questa Memoria Accademica succede un’altra relativa a tre specie di Marchantia (1), due di cui già riferite dallo Scopoti e maggiormente illustrate dal Barsis, (M. triandra tav. 1. fig. e M. quadrata rav. 1. fig: 2); la terza poi ( M. fragrans tav. 2) affatto nuova spandente un soavissimo odore analogo a quello delle fragole, fu ritrovata presso alla prima su di una specie di podingo alle sponde del Po lungo il giardino del Valentino; questa stirpe fu approvata dallo SprenceL, ma sull’autorità del NeEs ri- fonica al genere Fimbriaria di quest’ultimo Autore. 7.° È pure degna di riguardo una scritta. sul ‘genere Crepis di Linneo (2), alla quale si aggiunge la diagnosi o descrizione di 58 stirpi crittogame spontanee del Piemonte; questo lavoro è cor- redato di due tavole rappresentanti, oltre il Zichen vw/pinus di Linneo, quattro nuove specie. La Crepis ambigua (tav. 1) così chiamata dal nostro Autore per. il dubbio che nacque in lui se per avere il pappo sessile , e per alcuni altri. più minuti caratteri del seme dovesse riferirsi al genere //ieracium ovvero al genere Crepis, o ben anche al nuovo genere Drepania creato da Jussrev : queste sue osservazioni spinsero i posteriori botanici a meglio de- .terminare alcuni generi della Tribù delle Cicoracee , e quella sua muova stirpe adottata dal Canporre collo stesso nome triviale , ma ‘riferita al genere Drepania, fu poscia da Persoon e dallo SpRENGEL unita al genere 7o/pis sull’autorità del BenroLoni (3), che l’aveva chiamata 7. virgata, nome cangiato dal Persoon in quello di ‘altissima , primo che lo stesso BaLsis le aveva imposto avanti che (1) Sur trois nouvelles espéces d’Hepatiques à ajouter dà la Flore du Piémont - di p. 5 con due tavole , letta il ro fiorile an. X. Ved. il vol. sovra citato a pag. 73. (2) De Crepidis nova specie; adduntur etiam aliquot cryptogamae florae pedemontanae ; auctore Jo. Baptista Bars, perlecta die 14 nivosi an. XII. - vol. 8 dell’Accademia suddetta per gli anni XII-XIII. pag. 66. (3) Rar. Lig. pl. dec. I. p. 15 - il Barsis nella sua posteriore memoria che porta il titolo di Miscellanea altera disse anch'egli alla pagina 29 doversi questa pianta riunire al genere Tolpis; ma ritenne il nome di 7°. virgata impostole dal BentoLom ; vedasi anche il Cata- logo del Bausis dell’anno 1813. p. 77. XXXVI la sottomettesse a quel maturo esame risultante dall’anzidetta Me- moria, e ciò perchè non fosse ‘confusa con altra Tolpis. virgata del Brvona. Le altre nuove specie sono il Mwucor floculentus (tav. f. 1); la Peziza amentacea ‘( tav: 2. £. 3)} amendue omesse dallo SprenceL; e lo Sphaerocarpos icinnabarinus; che è però la Stemonitis botrytis di Gwmet. ; rapportata mi Persoon e SprENGEL sotto il genere Z7'ichia. 8.° Nell'anno stesso uscì alla luce l’altra Memoria che porla il titolo di Miscellanea: altera (1), redatta collo stesso ordine ‘e ' colla stessa maestria di quella sovra riferita al n.° 4. Essa contiene la de- serizione di 1rI stirpi fra le quali sifannoverano .come nuove le sei seguenti: P/yteuma cordata, pianta: della valle: di Pesio a torto omessa dallo SerencEL, non ‘potendosi riferire nè alla 2%. cordata di ViLn.; che. è. una. varietà. dell’ordicularis L., nè alla Ph. Charmelii dello stesso! Vinit. , cui è bensì affine, -ma distinta per le foglie: dello stelo cordate ‘e dentatei;;e non lineari ed'intieris- sime; Scorzonera muricata creduta» dallo. SprenceL»vuna semplice varietà della Sc. Jaciniata L.; sebbene il: BauB1s ci attesti, che i caratteri, i quali la distinguono , «si mantennero costanti nelle. di- verse piante per parecchi anni. hate da semi :. Apargia bulbosa , omessa, dallo. SprenceL , la stessa; secondo! l’Anutore:,. della Picris tuberosa dell'ALLioni, ma./diversa a mio senso da quella del La- pEYROUSE :. Ziéracium tuberosum: identico. coll’ 7. dulbosum ; che è il Zeontodon. bulbosus di Linweo, trasferito nel genere /lieracium per avere il pappo peloso ‘e. sessile;;-;a malgrado di. quale consi- derazione lo SprenceL il ritenne fra i Zeontodon; comunque però appartenga all’uno od all’altro genere, il nome triviale impostogli da Linneo dee ritenersi come più ‘antico, e non surrogargli quello (1) Miscellanea altera botanica auctore Jo. Baptista BaLsis suffragiis adprobata imp. Ax. Taur. die 19 junit 1806 - di pagine 43 con due tavole: vol, IX per gli anni 1805-1806 pag. 199. XXXIX di tuberosum : Crepis nicaeensis , pianta del nostro litorale, rico- nosciuta dai moderni quale stirpe nuova, ma riferita dallo Sprencer per autorità del Link al genere Borkhausia: Centaurea procumbens (tav. 1), pianticella rarissima scoperta dal MoLineri presso Utelle ed approvata. dai moderni: Orchis provincialis (tav. 2), affine alle O. Morio e pallens di Linneo, ma diversa per i caratteri ri- levati dal Barzis e riconosciuta diffatti dai posteriori Botanici. 9° A compimento dei tre suoi primi lavori s’accinse il BaLsis alla compilazione di una Flora torinese che fece di pubblica ra- gione nell’anno 1806 (1): ivi con succinte. ma. esattissime frasi , inseguendo il sistema di Linneo , e la nomenclatura dei più rino- mati Botanici , e qualche noterella aggiungendovi , l'Autore descrive le piante che nel raggio di un miriametro e mezzo crescono circa la nostra Città, e da 970 che egli ne aveva annoverate nell’elenco citato sotto il n.° 1 del presente Elogio, ne porta il numero a 1234 le quali formano 420 generi. Questa. Flora portatile è un’opera indispensabile per chi voglia in poco tempo iniparare e rinvenire le piante del nostro distretto, ed erasi appunto dall’Autore com- pilata ad uso de’ suoi Alunni, e per vieppiù loro inspirare l’amore della scienza. 10.° Non di minore importanza hassi a considerare il fascicolo 1.° delle stirpiumeno conosciute o forse nuove dell'Orto botanico, il quale fascicolo fu pure coronato coi suffragy di quest'Accademia (2). Ivi il: BaLsis, premessa una eruditissima narrazione dell’origine e progressi degli Orti botanici in Europa, e di alcuni par- ticolari su quanti uomini illustri il precedettero nella direzione e (1) Flora taurinensis seu enumeratio plantarum circa Taurinensem urbem crescentium , auctore Jo. Bapt. Barsis etc. - Taurini 1806 ex typographia Jo. Giossi. I. vol. in $ di pagine 224 , oltre la prefazione e l'indice. (2) Horti Academici Taurinensis stirpium minus cognitarum aut forte novarum icones et descriptiones - Fasciculus primus, Auctore Jo. Bapt. Barsis, Taurini MDCCCX, ex typis Imperialis Academiae Scientiarum - vol. I di pagine 28 con 7 tavole, l’ultima delle quali rappresenta il disegno dell’orto - inserto nel vol. Accad per gli anni 1809-1810. pag. 347. XL maneggio di quello di Torino , descrive sei nuove stirpi colle loro relative figure, cioè il Solanum decurrens (tav. 1) che dai mo- derni in onore di lui venne poi adottato col nome di So/anzwni Balbisii; V Artemisia pedemontana (tav. 2), creduta dallo SprexcEL identica coll’ Artemisia Zanata del. WrLtp., sebbene in questa le foglie siano tutte palmato-moltifide , e nell’altra le superiori siano pennatifide e sessili ; il Cucubalus fimbriatus (tav. 3), ora anno- verato fra le Silene: il Selinum elegans (tav. 4), riferito quindi dallo SperenceL al S. lineare di ScnuwacÒer, ed in oggi dal CAnpoLLe nel recente suo lavoro sulle Ombe/Zifere trasferito nel genere Peu- cedanum sotto il nome di P. rablense per autorità del Kock (1): la quale pianta si riferisce anche al Selinum Bellardi che così aveva chiamata il Barsis una varietà del suo S. elegans, la quale ha più lunghe le lacinie delle foglie, e l'involucro con poche fogliette (2), la Psoralea lathyriflora (tav. 5) dapprima omessa dallo SprencEL nel suo Systema, ma poscia rapportata nelle Curae posteriores : ed infine l’ Ewpatorium Armani ( tav. 6) annoverato dallo SpreNcEL fra le Melanantherae di Ric®arp, non saprei su quale fondamento), imperciocchè queste abbiano il pappo restato ed il recettacolo pa- gliaceo , quando nella pianta del Barsis il pappo. è setaceo, il recettacolo nudo: forse lo SpreNGEL esaminò soltanto la descri- zione nella quale si sono omessi tali caratteri perchè proprii del genere Ewpatorium e così sottointesi, ma nella figura che la il- lustra dessi sono patenti. 11.° Fra mezzo a questi gravi lavori non intralasciava il nostro Professore di occuparsi seriamente e con eguale successo delle altre parti dell’affidatogli insegnamento, perciocchè nell’anno 1811 pubblicava i suoi trattati intorno alla materia medica, con parec- chie osservazioni tratte dalle particolari esperienze che egli aveva (1) Kock. umb. disp. in nov. act. nat. cur: 1824. p. 94: DC: Pr. vol. IV. p. 181. n. 27. (2) Selinum Bellardi Balb. cat. st. h. Academ. Taur.-1812. p. 68. Peucedanum rablense var. fi. Bellardi DC. 1 c. Peucedanum lineare var. Spr. syst. l. p. 909. n. 10. XLI fatte negli ospedali quando era medico delle Armate, trattati scritti con eleganza, chiarezza, e precisione, ed in modo ad al. lettare gli allievi al loro studio, ed a renderlo dilettevole piuttosto che no, e così di un’utilità reale (1). r2.° Ebbi già ad accennare il catalogo delle stirpi dell'orto bo- tanico torinese dell’anno 1813, che fu l’ultimo pubblicato dal Baris (2); ma qui ci occorre parlarne più di proposito per rife- rire, inseguendo l’ordine cronologico, le altre specie da esso create, e con apposite diagnosi ivi succintamente descritte. Eccole nell’or- dine alfabetico che vi stanno poste. 1.° Apocynum intermedium ( p. 13 ) omesso dagli Autori più recenti forse per la grande af- finità che vi si ravvisa coll’4. cannabinum L., dal quale si distingue appena per essere alquanto più. velloso. 2.° Campanula baldensis ( p. 20 ) riferita dallo SreupeL alla C. Zorey del Porcini che è veramente la stessa, ed amendue taciute dallo SpreNGEL; qualunque però sia il nome che si voglia ritenere, la specie, sebbene pros- sima alla C. patula, è nuova , e si distingue da questa principal- mente per la ruvidezza di tutte le sue parti. 3.° Carduus dubius (p. 21) ottima specie indigena del nostro Piemonte, confermata dallo SprenceL, sebbene egli ne taccia la stazione indicata però in detto catalogo , cioè lungo il torrente Ervo poco tungi dalla città d’Acqui. 4° Cassia cernua (p. 22), la quale si riconobbe poscia essere la stessa che la C. su/cata già descritta da DC. nel catalogo dell'orto di Monpellieri ed ora riferita nel suo Prodromo vol. 2. p- 498. 5.° Clitoria Broussonetii (p. 26), muova stirpe, la cui patria s’ ignora, annoverata in oggi dal DC. fra le Cologanie di KuntH, ma che io giudico doversi piuttosto riferire al genere Ga- lactia di P. Brown, e che ritengo sotto il nome di G. 2rousso- netiù ne’ miei manoscritti; essa ha molta affinità colla CQitoria (1) Materies medica praelectionibus academicis accommodata, auctore Jo. Bapt. BaArs1s etc. MDCCCXI in aedibus Academiae Taurinensis typis Vincentii Bianco, 2. vol. in 4. (a) Ved. sopr. p. 7. nota 1. Tom. xxxvi 6 ALII Galactiae L., ora Galactia pendula di Persoon. 6.° Delphinium ver- dunense (p. 51), lo stesso che il D. Garumnae Lapexr. se crediamo allo StEUpEL, amendue omessi dai moderni, e che sarà probabilmente. sotto qualche altro nome annoverato dal DC: nella sezione del Delphinellum , giacchè BaLsis ci assicura avere il net- ario a due petali; uno fra i caratteri che. costituiscono quella sezione. 7.° Gladiolus elatus ( p. 38), pianta nata da’ semi prove- nuti dal Capo di Buona-Speranza, affine al G/. communis L., ma più alta coi fiori più intensamente porporini. 8.° Gnaphalium asteroides (p. 38 ) omesso dai moderni, prossimo al Gn. collinum al dir dell'Autore, e da me non conosciuto. 9. Hedisarum corsicum ( p. 39) anmoverato dal DC. come sinonimo. dell’ //. capitatum Desr., ed omesso dallo SprexceL; raffrontati i miei esemplari, io lo credo piuttosto l #7. paZlidum dello stesso Desr., e tale lo ri- tengo ne’ miei manoscritti. ro.° Zieracium Villarsii: (p. 41) lo stesso che il 77. suxatile ViLr. , cui l'Autore cangiò il nome tri- viale per non confonderlo coll’ 77. samazile di Jacquis; quella pianta pare essere identica con quella in oggi conosciuta sotto il nome di Apargia Villarsii. 11.° Iberis Molinerii (p. 43) che è LZ. ciliata dell'’Arzioni, diversa dall’ /. ciliata di W.; il chiarissimo signor CanpoL.e stimò meglio conservarle il nome datole dall’Arcioni come più antico, e chiamò carica la ciltata del W. (1). 12° Zris syl- vatica ( p. 44) a torto omessa, dallo SprexceL. e confusa coll /. graminea «di L., dalla quale si distingue costantemente per lo stelo più umile, le foglie più ampie ed assai più lunghe dello stelo istesso. 13.° Morus punila (p. 52): le diversità addotte dall’Autorve per distinguere questo gelsetto dal gelso comune, non posso ere- derle sufficienti per. formarne una specie propria, la quale in realtà non venne adottata. 14 Nerium dubium ( p. 53 ) lo stesso del N. /avescens Spix., ‘ricevuto bensì nel Systema-di-R. et S. (1) DC. syst. p. 4oz. XLIII ma che bene esaminato non può quasi separarsi dal NV. odorum di Arr. del quale esso forma vina graziosissima varietà a fiori giallo- gnoli. 15.° Solanum echinocarpor (p. 73 ) creduto dall’Autore assai prossimo al S. cornutum Law. ; io non lo possedo nè il vidi mai; lo SprencEL non ne parla; e se si confronta la diagnosi del BaLgis con quella del Brepeweyer riferita da R. e S. (1) di un Solano avente lo stesso nome triviale, convien dire che questo sia diverso dalla stirpe del BaLsis, conciossiachè questa ha le foglie pennati- fide, e Valtra intierissime. 16. Varronia salvifolia (p. 79): non trovo citata da verun Autore questa stirpe : lo SprencEL , il quale unisce il genere /arronia a quello Cordia ; riferisce bensì una C. salvifolia di Juss., ma la brevità delle frasi tanto del BALsIS quanto dello SrreNnGEL non mi permette di pronunciare se quelle due stirpi siano identiche. Tutte le narrate cose accrebbero grandemente la fama del nostro Barsis e presso di noi, e negli esteri Paesi; e fu precisamente nell'epoca sovra citata, cioè dal 1801 al 1814 che egli fu eletto Membro di questa Accademia delle Scienze, Socio della nostra Società di Agricoltura che presedette, e corrispondente di molte straniere Società scientifiche; che egli aumentò le sue corrispon- denze al segno che appena gli rimaneva tempo a’ suoi lavori; che infine egli fu dal celebre Wirrpenow salutato colla dedica di un nuovo genere , la Balbisia (2), genere approvato da tutti i più moderni Autori, il quale comprendeva la sola Balbisia elongata , cui però nei tempi più recenti un’altra stirpe si aggiunse col nome di B. caledoniae (3). (1) Syst. veget. vol. IV. p. 659. (4) Hoc genus in honorem cl. Jo. Bapt. BaLzis, Professoris Taurinensis dixi. W. Sp. pl. III. p. 2314. (3) Srnenc. syst. IIL p. 569. Anche il CavamiLtes aveva in onore del Barsis formato una Balbisia di una pianta nuova delle Ossalidee ritrovata nel Chilè; ma questa non si sostenne perchè si riconobbe identica col Ledocarpon chilense di Desr., al dir dello stesso Spneno. II. p. 432 XLIV Ma qui comincia un’altra epoca non meno dolorosa per lui, quanto gli era stata la prima, sebbene egualmente luminosa che la seconda. Ristorate nel 1814 le cose politiche nella Patria nostra, egli cessò dalla carica di Professore e Direttore dell’ Orto, e non fu compreso nella nuova pianta della Reale Accademia; però non andò guari che per munificenza Sovrana se gli diede il titolo di Professore emerito con assegnamento di un discreto stipendio ; e qualche tempo dopo venne rieletto Socio di questa R. Accademia, e della R. Società d’Agricoltura. Privo così da principio d’ogni impiego , erasi il BarBis ritirato in una piccola casa di campagna situata nella regione detta della Crocetta ad un mezzo miglio di distanza da Torino presso all’ Orto sperimentale della nostra R. Società di Agricoltura, la cui direzione erasi confidata al Chimico Evasio BorsareLLi, Membro della stessa Società, proprietario della suddetta casa, uomo altrettanto gene- roso , quanto perito nell’arte sua, ed intimo amico di lui: ivi si tratteneva il BaLers ora a porgere ajuto e consiglio al Direttore intorno alle esperienze praticate nell’ Orto, ora a coltivare alcune rarissime piante in un orticello attiguo al suo abituro, ora a ri- cevere colla massima cordialità gli amici, ed i forestieri che lo visitavano, ora a dare sesto al suo ricchissimo erbario, ora a descrivere piante , ora e di giorno e di notte a visitare i poveri infermi del vicinato, ed a prestare loro gratuitamente i soccorsi dell’arte, e sempre ad occuparsi per accumulare nuove cognizioni. E non si dee qui passare sotto silenzio che il nostro Botanico era in quell’epoca, come in generale lo erano in ispecie i Botanici italiani e tedeschi, talmente nemico del metodo così detto naturale , e talmente ligio al sistema Linneano, che si adirava perfino talvolta qualora se gli parlava, non già di preferenza comparativa, ma della sola utilità che dal primo poteva ricavare la scienza ; e si fu appunto in quel ritiro che, pregato da un. suo amico, il quale però era quanto lui Linneano , di sagrificare alcune ore allo studio XLV particolare del Genera plantarum di Sussiev, dell’allora recente Théorie élementaire del CAnporce , e degli opuscoli del R. Brown., vi accondiscese , ed in poco tempo pervenne a conoscere perfet- tamente l’utilità di quel metodo, come ne diede poscia non equi- voche prove nella sua ZVora lionese, della quale avremo occasione di parlar di proposito. Intanto erasi dal chiarissimo sig. Nocca, allora Professore di Botanica nella R. I. Università di Pavia, progettata la pubblica- zione di una Flora di quei dintorni, la quale vide poscia la luce in due volumi, il primo nell’anno 1816, e l'altro nel 1821 sotto il nome di FVora ticinensis (1). Seppe il Professore pavese profittare dell’involontario ozio di Barsis, e degl’immensi suoi lavori, e del generoso suo cuore nell’invitarlo ad essere il suo collaboratore in un così esteso ed arduo lavoro; e non andò errato nel suo pro- getto, avvegnachè alcuni anni abbia desso consunto alla peregri- nazione di quelle campagne , alla determinazione, e descrizione delle piante che vi sono spontanee, insomma a radunare gran parte del materiale di cui quella Flora è composta (2). (1) Flora ticinensis seu enumeratio plantarum quas in peregrinationibus multiplicibus plures per annos solertissime in papiensi agro peractis observarunt et collegerunt Dominicus Nocca et Joannes Baptista BaL1s , publici rei herbariae Professores: Tom. I. class. I-XIV. Ticini, ex typographia Jo. Jacobi Capelli, 1816 - Tom. II. class. XV-XXIV. idem 1821. Tre sole specie nuove trovansi ivi registrate, le quali sono omesse dallo SprencEL, cioè Medicago Noccae (tom. 2. p. 74. tav. 1) molto affife alla M. carstiensis di JAcquin, ma che Barsis credette diversa per non avere essa le foglie dilatate alla base, e principalmente per avere gli aculei del legume capillari e raggianti: Clavaria setosa (1. c. p. 345. t. 28. f. 2 ) trovata nei prati umidi presso i muschi: ed Erineum urediniforme (1. c. p. 369. t. 20. f. 35 che nasce sulla superficie inferiore delle foglie dell’ AInus glutinosa Wixup. (2) Non credasi già che con questa osservazione io ardiscea di detrarre la. menoma parte al merito del Prof. NoccaA, il quale mi onorò sempre della sua amicizia, ed al quale la scienza è debitrice di moltissime dotte scritture: io ripeto soltanto un fatto attestato dai due dei primarii Botanici dell’ Europa, dal CAnporLe il quale nelsuo cenno necrologico del "Bausis ( Bibl. univ. février 1831. p. 214 ) dice: « Nocca avait depuis long temps recueilli » les matériaux d’une Flore des environs de Payie, mais n’avait pas osé en entreprendre Li VI » Ed a malgrado di tale sua distrazione non poteva scostarsi il DaLBis dalla Patria nostra, e dalle sue native produzioni, e dai suoi cari concittadini, avendo di quel suo amore dato un eminente contrassegno nella prefazione dell’ Elenco delle più recenti stirpi, che egli pensava doversi aggiungere alla Flora pedemontana (1), lavoro che egli dedicò a questa Reale Accademia, e dove annovera per ordine alfabetico 302. piante per la maggior parte crittogame, fra cui sono nuove la Caulinia intermedia , il Gymnostomum cuspi- datum, e lo Ayloma carpini, tutte omesse, non si sa per qual motivo, dallo SPRENGEL. Questo eminente zelo dell'Autore in tempi per lui infelici co- tanto prova quanto scapito abbia sofferto la Botanica del Piemonte nell'essere stato presso straniera nazione impiegato il Barpis, av- vegnachè egli solo potesse in quell’epoca essere il ristoratore della Flora pedemontana , opera divenuta già di necessità estrema per elevare in questa parte la Patria nostra al livello della scienza, ed al grado cui sono pervenute le altre nazioni; se non che dob- biamo sperare dalla protezione che il Re nostro Signore accorda alle Scienze, dallo zelo de’ Magistrati cui è commessa la ‘cura di questo ramo, e dall’ indefesso studio dell’attuale nostro Professore , » scul la rédaction : il s’associa -Balbig dans cette entreprise, ou plutot la lui confia tout » en entier » ; dallo SprexceL, il quale nell’ indice degli Autori, stampato in calce del 4.° volume del suo Systema alla pag. 349, accennando Barsis e la Flora ticinese, sì spiega così : « eo potissimum et Dom. Nocca auctoribus ». (1) Elenchus recentium stirpium quas pedemontanae Florae addendas censet Jo. Baptista Barris M. D. exhibitus die 26 maii 1816. Augustae Taurinorum ex Typographia Regia -- di pag. 11 compreso un Elenco che l'Autore aveva già presentato all’Accademia nel 1806. Di questi Elenchi, riunitevi anche alcune piante dapprima omesse, si fece una ristampa con alcune addizioni a’ piedi dell’ Elogio dell’ALLionI , scritto con somma maestria dal chiarissimo Prof. Buniva - Reflezions sur tous les ourrages du D. Charles Auuiona etc. Turin chez F. Galletti, XLVII di vedere fra breve compiuti in tal parte i voti de’ seguaci di Flora. La fama acquistata dal Barsrs era tale presso le estere nazioni, che alcune gareggiavano per averlo, e la vinse la città di Lione, la quale chiamollo a se nell’anno 1819 per lo insegnamento della Botanica, e per la direzione dell’ Orto, carica che si era sempre conferita ai più distinti Personaggi. Lione può meritarsi a giusto titolo il nome della culla de’Botanici francesi avendo dato il giorno ai celebri fratelli Jussiev, al PerroLazzi, al De-rA-TourreTtE, al SonweraT, al Girisert, ed al Desean , al quale succedette im- mediatamente nello insegnamento il nostro Barsis: e quanto sia stato dall’esito coronata la scelta di quel Consiglio municipale, ne faranno fede i brevi cenni che passo a dare sulle cure di lui. Una delle sue prime sollecitudini fu quella di dare un ordine al vasto Orto botanico di quella Città, il quale negli ultimi tempi erasi alquanto trascurato ; riprese perciò le corrispondenze che già aveva in Torino coi Professori e Direttori dei principali Orti d’ Europa, e per mezzo d’un’annua pubblicazione dei catalogi de’ semi da commutarsi, ne spediva e riceveva annualmente una copia per cui potè arricchire e l’ Orto suo , e quelli de’ suoi cor- rispondenti di rare e muove piante. Ottenne inoltre che una nuova e vasta conserva vi fosse costrutta, e mulla tralasciò di quanto potesse contribuire all’abbellimento di quel giardino , la cui ridente situazione non potrebbe desiderarsi migliore. Eguale impegno pose pure a riordinare l’ Erbario, aumentando nello stesso tempo quello suo proprio, che seco aveva fatto tras- portare, tanto di piante esotiche, quanto di quelle dei dintorni di Lione, e del monte Pilat, che, quantunque fuori territorio, figurò sempre nella statistica botanica del Lionese. 1.e sue corse botaniche erano perciò frequentissime, e ne era seeon- dato non solamente da’ suoi allievi, ma ben anche da molti amatori che frequentavano la sua scuola, fra cui si distinguevano parecchie Signore, e fra le altre la Dama LonteT, il cui infatigabile zelo, XLVII al dire del Barsis, l’aveva posta al primo rango dei Botanici della Provincia (1). Ma il principale divisamento. del. nostro Professore era quello di pubblicare una Flora lionese, che, a malgrado dei valenti Bo- tanici i quali lo avevano preceduto, mancava ancora alla Francia già ricca di parecchie Flore parziali delle Provincie anche meno vaste e meno felici per la vegetazione; a questa principale mira erano dirette le sue peregrinazioni ed i viaggi che fece a Parigi ed a Ginevra all’oggetto di consultare gli immensi Erbarj del Museo di Storia Naturale, e dei più celebri Botanici di quelle Città ; e nessuno può esprimere con quale cordialità, per non dire entusiasmo , sia stato ricevuto il Barsis da’ que’ Dotti, i quali andavano a gara chi fra di loro l’ayrebbe più grandemente festeggiato. Frattanto nel 1820 era nominato Membro della R. Accademia delle Scienze, della Società di Medicina, e di quella d’Agricoltura nell’anzidetta Città; nel 1822 vi fondava la Società Linneana ; e nel 1826 tutte le presedeva ; riceveva da’ suoi corrispondenti piante secche, parecchie ne determinava, ed a’ suoi amici comunicava. Ed in proposito di queste comunicazioni non deesi passar sotto silenzio la ricca messe di piante delle Antille, procurategli dal suo più celebre allievo Collega nostro il Dottore BertERO all’occasione del suo primo viaggio per quelle Isole : migliaja di stirpi, fra le quali parecchie affatto nuove e quasi tutte rarissime , molte di cui ac- compagnate da descrizioni od altre note interessanti dallo insigne scopritore estese sul luogo e sulle piante vive, componevano quella raccolta, la quale opportunamente .si sarebbe potuta conservare intatta per, servire alla compilazione di una Flora di quei paesi, e specialmente della Guadalupa , le ‘cui regioni furono con mag- giore ozio e più minutamente visitate da quel valoroso viaggiatore; ma fossero le grandi occupazioni del BaLzis, o la modestia sua temendo di non riuscire perfettamente in cotale ardua impresa, ovvero ancora il desiderio suo che tosto si rendesse palese il nome (1) Flore lyonnaise, préface pag. XII. XLIX del Benreno , il fatto sta che egli partecipò a’ più celebri Botanici d’ Europa quelle fra le piante che giudicò più rare, onde ne av- venne il male che desse furono separatamente pubblicate in pa- recchie memorie, e. particolarmente nelle ‘opere universali del Prodromus. del CannpoLLe. e del Systema dello SprENGEL, non senza frequenti ripetizioni e varie contraddizioni , e spesse volte con differenti nomi, e con semplici frasi inette per lo più a farne conoscere i genuini caratteri di distinzione. Ora non vi sia discaro che io vi accenni con quanta affettuosità , e generosità non solamente contraccambiasse il BALBIS pendente la sua dimora in Lione di dieci e più anni le officiosità ricevute da’ suoi amici, ma come ben anche trattasse con ispeciale riguardo tutti i suoi concittadini Piemontesi che andavano a visitarlo; e possiamo asserire che nessuno esiste fra i nostri di qualsivoglia condizione, siasi anche di passaggio ritrovato in quella Città, il quale non abbia ricevuto da lui qualche benefizio ; tanto e sì grande era il suo: cuore, e tanto agiva su questo il sacro amore di Patria a dispetto di ristrettissima fortuna ! In'mezzo a tante cure, a tanti affetti, a tanti contrasti, com- parve infine alla luce quell’opera la. quale doveva terminare la luminosa: carriera dell'amico nostro , ed al nome suo immortalità acquistare: voglio dire della Zora lionese (1); la ‘cui analisi sa- rebbe nella mia narrazione ;soverchia per. ritrovarsi più o meno estesa nei differenti > giornali: scientifici ,. e specialmente poi nel Repertorio medico-chirurgo di Torino n. 31, serie seconda; analisi fatta dal sig. Dottore Collegiato Bowxixo:, altro ‘degli insigni allievi del Barsis ; alla. quale e per la concisione; e per l’esat- tezza , e per la verità che traluce in tutte le osservazioni, nulla (1) lore lyonnaise ou description des plantes qui croissent dans les environs. de Lyon, et sur le Mont Pilat, par le Docteur J. B. Barris - Lyon, imprimerie de C. Coque, tome premier, 1827 - in due parti di p. 890 oltre la prefazione e la tavola sinottica de’ generi - tome Il 1828 di p. 371 compresa la tavola generale. Tom. xxxvi 7 L si potrebbe aggiungere : mentre pertanto io mi riferisco intiera- mente a questa dotta scrittura, accennerò le: specie nuove che nella anzidetta Flora s'incontrano, sebbene già: rilevate dal Dottore Bono, acciocchè da questo mio qualunque siasi Elogio possa-il Leggitore come in un solo quadro riconoscere tutte:le stirpi create dal Batsrs (1): .desse sono quanto alle piante wascularie esogene ( dicotiledoni ); il Z/ieracium Lortetiae ; ‘stirpe raccolta sul monte Pilat dalla sovra menzionata signora LortET e ad essa meritamente dedicata; e quanto alle cellularie ©( acotiledoni ), il: Zycoperdon Michelianum così chiamato in onore del celebre. MicneLr, e na- scente in autunno sulla terra sabbioniccia; il Zycoperdon casta- neaeforme prossimo all’ ardosiaceum: del CAnpoLce , trovato nei pascoli del monte /i/at fisso al terreno per un leggerissimo punto ; la Peziza amplissima raccolta’ dal sig. Aunier sulla nuda terra; l Erineum Pruni sparso sulla superficie inferiore delle. foglie -del Prunus domestica; e finalmente la Z'elephora Montagnea scoperta dal sig. Chirurgo Monracne sotto l’epidermide dei giovani rami del /raxinus excelsior. Ma fossero queste sue straordinarie fatiche, o le privazioni ed affezioni dell'animo che in tante vicende aveva il BaLpIs pazien- temente tollerate , o la riunione di più cagioni, andavano le forze sue lentamente bensì, ma sensibilmente diminuendo , come dalla stessa corrispondenza sua, anche i suoi amici lontani se ne ac- corgevano , e come il.vidimo noi tutti fin dalla prima sua gita che fece in Torino nell'autunno dell’anno 1827; per quali cagioni fu poi costretto nel 1830 a chiedere replicatamente di essere ‘di- spensato da ogni sua carica, dimessione che ottenne dappoi non (1) Qui intendo di parlare delle sole stirpi nuove create e pubblicate dal BaLsis, mentre ben molte altre s° incontrano nelle opere di differenti Autori citate come sue, ma da esso non pubblicate, quali sarebbero l’ Acacia Spinit DC. Prodr. Il. 460 , della quale io diedi la descrizione e figura nell’ Append. III. ad H. Ripul. tab. V; il Ranunculus cymbalariaefolius Moris St. Sard. I. p. 3; il Carduus Morisii - Moris 1. c. p. 25 ecc. ecc. LI , senza grave rincrescimento di quel. Corpo Municipale che glicio attestò anche nell’avergli procurata un’annua assegnazione rilevante alla metà dello stipendio, e non senza. rammarico de’ suoi nuovi concittadini. i quali presagivano da essa un’eterna separazione da lui. Diffatii in settembre dell’anno stesso, preso da essi lagrimevole commiato ; ‘se ne partì alla volta di Torino seco facendo traspor- tare la scelta sua Biblioteca, ed .il. ricchissimo Erbario che con tanta fatica © perizia aveva in sì lunga serie d’anni. accumulato , e che sempre aveva tenuto separato da quello dell’ArLioni, stato depositato presso i suoi Parenti in Moretta. Dell’ Erbario dell’ALtioni dispose in dono a favore del chiaro sig Matteo Bonaroux, uno de’ più zelanti ‘coltivatori della Storia Naturale , giusto ammiratore, e generoso amico del Bar5is, L’ Erbario poi particolare legò egli al suo prediletto nipote Dottore Vincenzo Bausis, figlio dell'unico di lui fratello Dottore anch'egli in Medicina che con molto successo esercita in patria sua (1). Se non che nulla godette il Nipote delle largizioni dello Zio, del quale era la più cara speranza (2), imperciocchè pochi mesi dopo la morte di questi fu egli colto da improvvisa encefalitide per cui cessò di vivere nel fior dell'età sua e nelle braccia degli aftlittissimi Genitori, i quali, nel breve spazio di alcuni giorni , (1) Quest’ Erbario particolare passò poscia alla Regia Università per sollecitudine del Professore Moris e per ispeciale cura di S. E. il Primo Presidente (Capo del Magistrato della Riforma, C. Gronia, il quale nei primi giorni del felice avvenimento al Trono del Re nostro Carro Arsenro per la protezione che egli accorda alle Scienze, ne ottenne l’acquisto ; ed ora trovasi depositato nelle sale dell’ Orto Botanico coi molti altri Erbarii che le arricchiscono. (2) Il Dottore Vincenzo Barzis, giovane di acutissimo ingegno, appena terminata la sua pratica sotto la direzione dell’ insigne Professore Dottore RizzettI, si occupava assiduamente alla cura degl’ infermi del Regio Spedale di S. Gioanni di questa Città, ed ambiva ad essere aggregato al Collegio di Medicina; il perchè aveva già pronti alcuni trattati, onde con fon- damento .egli formava la più cara speranza dello Zio nubile, LII dovettero pure compiangere la perdita di una loro amata figliuola : e così cruda morte ti facesti doloroso giuoco degli oggetti più cari di una delle più rispettabili famiglie! Si perdoni al mio giusto cordoglio questa breve digressione dal filo del mio dire, e di ritorno al nostro Professore, additerò che di giorno in giorno si spegnevano in lui le forze fisiche, e le fa- coltà intellettuali , e la sua solita vivacità , e perfino quella ilarità che gli era per così dire propria, e che mista con qualche lagrima mostrava egli soltanto al momento in cui un amico se gli appros- simava; emozione la quale dipinse al vivo il suo cuore sino all’estremo sospiro , che avvolgendo l’anima sua portolla in Cielo nel mattino del 13 febbrajo 1831. Ma un’eterna testimonianza del merito suo, e del rispetto alla sua memoria diedero tosto i veri suoi amici ed ammiratori de’suoi pregj , coll’avergli fatto ‘erigere nel Campo-Santo un decoroso mo- numento (1); mentre i giornali scientifici con. cenni necrologici (1) Questo monumento, il cui disegno. debbesi al chiarissimo signor Ingegnere Gaetano Lomsarpi, autore del progetto del Campo-Santo, e la cui esecuzione fu diretta dall’egregio sig. Professore Giacomo SpaLca, ha in altezza metri 5 ed in base metro 1 in ogni lato: esso presenta un’elegante piramide tronca di marmo bianco di Frabosa , alla base della quale in sul lato rivolto ad Aquilone vedesi scolpita la effigie del defunto. La piramide posa su di un piedistallo, che le serve di basamento, dello stesso marmo , con cimasa a frontispizii ed orecchioni , in uno de’ quali frontispizii, cioè in quello sottoposto all’effigie , vedesi in basso rilievo la Balbisia elongata rovesciata quasi in atto di dolore ; e nel dado del piedistallo fra due fiaccole parimente rovesciate dal dado stesso ricavato in basso rilievo, leggesi la seguente iscrizione; JO. :- BAPTISTAE . BALBIS g OPTIMO - CIVI ET : REI - HERBARIAE - CULTORI INTER : ITALOS SUMMO AMICI POSUERUNT 1881 . LIII ripieni di giusti elogîi, annunziavano all’ Europa la perdita che la scienza e gli amici avevano fatta per la morte di lui (5). Termino la mia narrazione, gli occhi stillanti, con riferire il testo di una nota cordialmente rimessami sulle mie preghiere dal nostro non mai abbastanza celebrato Professore CanavenI, il quale in compagnia delli chiarissimi signori Professori Buniva e D. Arrurno assistette il Barpis nella sua ultima infermità. « Maestoso d’aspetto (dice egli ), ben fatto della persona, d'alta » statura, e di costituzione quant’altri felice , prometteva il Dottore » Bacsis una tarda longevità , cui sarebbe sicuramente pervenuto , » se, troppo confidando nella natia sua robustezza, accinto non » si fosse a stud} e lavori di troppo alie sue forze superiori , i » quali sopra il suo petto fecero specialmente impressione per » essere questo rispettivamente men forte, e perchè il nostro » Dottore fin da’ primi anni di sua luminosa carriera usò sempre » di levarsi alcune ore prima del giorno con rimanersi seduto e » quasi immobile e fisso in lunghe e serie meditazioni. » E di qui nacque la lunga e penosa malattia che lo tolse di » vita. » Affannoso nel respiro , anche ad un leggier moto, nè più atto » ad un lungo parlare , soffrì alcune fiate sputi sanguigni annun- » ziatori di maggior rovina , finchè nell’ultimo mese del viver suo, » fatto più ansante e debole di forze, colto fu da nuovo sgorgo » cruento, da tosse, da grande ansamento, e da febbre, che, » dopo una lunga e penosissima lotta che fu una vera agonia di » molti giorni, lo spensero. (1) Veggasi specialmente l’annunzio del Canpotte nel sovracitato volume della Bibliotheque universelle, ove, dopo avere,accennate le opere del Barsis, l’Autore termina così: « son » coeur, son caractère moral font une partie nécessaire de ‘’éloge de ses travaux, tant il » savait unir ses affections et ses goùts scientifiques. Je ne crains donc pas d’exprimer ici » les regrets profonds de l’amitié après ayoir rappelé les services que BaLsis a rendus à la » science. » LIV = » » » Egli stesso conobbe l’estremo suo pericolo , ed esso prima, senza l’altrui consiglio, prontamente chiese i soccorsi della Re- ligione , dichiarò mortale la sua malattia, e consolava i congiunti e gli amici, e con invitto coraggio mirò il vicino suo termine. » Se dal finire s’argomenta rettamente la vita, è forza il dire, che dessa fu tutta e virtuosa e forte e generosa ». MEMORIE DELLA CLASSE DI SCIENZE FISICHE , E MATEMATICHE. # i fr Lutero da» ua I | bgli- È | i ATTI ERI PRUIRACT Coro AGR | Cio thoe “y RA Tratto e E TUIDRARA ut t Agi tata tu i oa, naz AGO AIN Luo A. bi ANAIIDE” ESSAI GEOGNOSTIQUE DANS LES DEUX VALLÉES VOISINES DE STURA ET DE VINAY PAR ANGE SISMONDA ASSISTANT À L’'ÉCOLE DE MINÉRALOGIE Lu à la seance du 13 fevrier 1830. IDA parcourant la vallée de la Stura et de Vinay pour faire des recherches minéralogiques, je me suis aussi occupé de quelques observations géognostiques , que jose soumettre au jugement. de cette illustre Académie , dont jimplore l’indulgence pour ce premier essai de mes études. La première est parcourue par une riviere nommee , la Stura , qui lui donne son mom. Cette rivière prend sa source à lArgen- tiere, et vient aboutir è Coni, dans un terram de transport, que M. BroncniarT appelle Clysmien , et qui appartient au genre que le méme Auteur a nommeé Detritigue dans son nouvel ouvrage de 1829, qui a pour titre, Zubleaw des terrains qui composent l'écorce du Globe. Les montagnes, qui bordent les deux còtes de la rivi&re sont presque toutes calcaires; elles alternent avec des roches fragmen- taires, et des phyllades. Tom. xxxvi k - 2 ESSAI GEÉOGNOSTIQUE ETC. Ces roches en general sont situées par bandes, dont plusieurs ont une extension considérable. Cependant je n'ai pas observe une seule de ces bandes particulières se prolonger sans interruption d'une extrémité à lautre de la vallée. Il est vrai, que quelques uns de ces groupes ont pris une ex- tension assez considérable pour faire croire qu'elles forment des terrains particuliers ; mais cette idée est bientòt abbandonée lorsqu’on trouve que toutes ces formations alternent entr'elles , de maniere , que celle qu'on voit dominer dans une localité, se trouve subordonnée dans une autre ; et cette manière d’étre prouve assez bien, que tous ces groupes appartiennent à une seule, et méme formation. Ces roches passent très-souvent des unes aux autres, en pré- sentant beaucoup de variétés. Pour éviter des répétitions, je me contenterai de donner dans cet Essai une . courte description de celles, qui méritent le plus d’attention de la part du géognoste. Le calcaire de cette contrée s’étend jusque dans la vallée de Vaudier, située au sud de celle de la Stura. Dans la partie qui se irouve au nord dudit pays Vaudier, notre Gouvernement possède des carrières qui fournissent un excellent marbre très-connu , d'un blanc légérement gris-cendré , qui de nuance en nuance passe au gris-bleuatre. : Dans un temps , ces carrières ont fourni des masses d’une gros- seur assez considerable ; comme le font voir plusieurs monumens, parmi lesquels je me contente de citer les superbes colonnes qui ornent l’Eglise du S. Esprit de notre Capitale, mais aujourd’hui on en tire à. peine de quoi faire des petites tables. Le calcaire de la vallée de la Stura presente. des. varietés. ex- trémement nombreuses dans sa structure. Les principales: peuvent se réduire au calcaire compacte , et au calcaire schisteux; et toutes les autres n’en sont que de simples modifications : les couleurs les plus communes de ces calcaires sont le gris-cendré , passant par differentes gradations au noir. PAR ANGÉ SISMONDA 3 Le calcaire très-varié en nuances se présente tout au long de la contrée, avec une pàte, qui n'est pas assez fine pour recevoir un beau poli: Sa cassure est écailleuse , passant è la cristalline. On ne trouve pas dans cette vallée. de grandes masses de cal- caire , qui soient entièrement noires: celui quon a exploité è Mojola, subordonné au calcaire gris., est noir, traversé de. veines spathiques blanches. Près de Demonte, et au milieu de la vallée se trouve une roche isolée , sur laquelle fut jadis bàti le fort. de ceinom: la moitié de cette roche qui: regarde Demonte est formée parune variété de calcaire , qui est noir traversé de veines jaunes, et blanches, comme celui de Porto Venere sur le Cap. Occidental de la Spezia, et l’autre moitié qui regarde Coni, est de. calcaire gris , veiné de blane.. Cette chaux carbonatée donne une odeur de bitume, lorsqu'elle est frottée avec un corps dur: ce qui avait déjà été observé. par M-. De Rosiant dans la haute vallée ; mais que personne jusqu'à présent n’avait remarqué dans le calcaire de la basse vallée. On ne doit pas oublier cependant, que cette odeur bitumineuse ne se manifeste , que , lorsque cette chaux carbonatée est. échauffée par le soleil, ou artificiellement. La stratification de ce calcaire est nette, et bien determinée. De temps à.autre on y rencontre des espèces de grottes,- qui ont une profondeur de denx à cinq métres.. On rencontre . aussi à divers étages de ces montagnes des: pliteaux, qui sont si ordinaires dans les montagnes calcaires, dont les plus spacicux ont environ vingt.métres carrés : ils sont supportés par:;une roche 'abrupte, qui termine à sa sommité par. des escarpemens très-Glevés , et presque sans verdure. La stratification , et les grottes qu'on vient d’annoncer:; peuvent s'observer dans une localité. nommée Bordone, qui. sestrouve entre Demonte ,. et Aisone. } Dans toutes les roches, qui owner levtertrainide-cette wvallée, on ne saurait distinguer une série de supérposition biendeterminke: 4. ESSAI GÉOGNOSTIQUE ETC. cette maniere confuse d’étre ne m'a pas permis de suivre l’ordre d’observation, et de description que je m'étais proposé dans ce court voyage : c'est-à-dire de commencer par les. formations plus. nou- velles , et de descendre ensuite aux plus anciennes.: C'est l'absence de cet ordre de succession régulière dans la formation de ce ter- rain, qui m'engageat à placer ici les différentes. roches qui le composent , plutòt d’après leur structure , et leur nature minéra- logique , que d’après leur position relative. Suivant ce principe nous devons à present nous occuper. d’une roche , propre aux terrains de transition, que M Broxeman , dans son nouvel ouvrage cité ci-dessus, appelle terrains //emi2ysiens, et du genre quil a nommé Fragmenteux. Cette roche est la méme que ce célébre Auteur appelle Anagenite, et que les mineurs du Hartz, à cause de sa couleur, ont nommé Grauwacke : nom aujourd-hui regu par tous les Allemands. Cette rocke fragmentaire est tout-à-fait semblable à celle qui se trouve è Trient dans le Vallais, et, comme celle-là, elle est traversée par des vemes cristallisées : elle fait effervescence dans l’acide nitrique, lorsqu'elle a été mise en poudre. È Les roches soit homogènes, soit hétérogènes , qui ont concouru à la formation de cette anagénite , semblent appartenir en grande partie aux terrains de transition , soit /emilysiens, et em partie aussi aux terrains primitifs , soit Agalysiens. Cette roche se trouve tout au long de la vallée, mais plus par- ticulicrement entre Demonte, et Aisone, en couches presque tou- jours subordonnées anx groupes schisteux. Elle appartient par con- sequent , dans l’idee des neptuniens , è la partie plus ancienne de ce terrain. | Lorsque l'anagénite vient à manquer, ce qui arrive bien souvent, elle est remplacée par les schistes , ou phyllades soit satinés , soit pailletés , soit par des ardoises ete., qui sont les roches , qui unies au calcaire forment la plus grande partie du terrain intermédiaire de cette vallée ; sans quon puisse décider avec certitude quelle est la PAR ANGE SISMONDA 5 variété de ces deux roches qui domine. Mais d’après ce na Jai pu observer, lune est aussi répandue que l’autre. Quelques-uns de ces schistes ont beaucoup de ressemblance avec certains schistes primitifs : ils sont également très-communs aux deux còtés de la vallée. En quelques endroits ces schistes surmontent le calcaire , et se mélent avec lui: en général ils sonttrès-nettement stratifiés ; mais, en les suivant pendant quelques lieues , et dans plusieurs endroits de la vallée , comme je l’ai fait, on voit souvent que leur stratification tient à prendre une forme ondulée, et con- tournée. Ces phyllades, et notamment les satinés , et paillettes , sont, comme ceux des alpes de la Tarantaise qua decrits M." BrocGanr, traversés par des veines de chaux carbonatée spathique , et de quartz. Tout près de Demonte, on voit un filom de quartz. dans le phyllade pailleté, qu'on a exploité pour alimenter la fabrique des cristaux de la Chiusa , près Coni. Dans ce filon on trouve de beaux cristaux de chaux carbonatée , et du fer spathique, mélés à son péroxide hydraté. En résumant tout ce que je viens de dire. plus haut, ‘sur la texture, la nature , et surtout, sur la succession qui existe entre ces roches de nature diverse , et particulitrement entre la roche fragmentaire , c’est-à-dire de belle qui est formeée par les debris des autres, nous sommes engagés à les rapporterà la classe des terr als de transition soit Z/émilysiens. Jobserve en outre que toutes. les roches ci-dessus annoneges ont une grande ressemblance minéra- logique ; et géognostique , avec celles de la Tarantaise, qui sont mises dans la classe des terrains intermédiaires par beauconp de Géologues. Je ne dissimule pas, que, pour classifier avec plus de. precision dans les terrains semi-cristallisés , soit Z/emilysiens, les roches de la vallée inférieure de la Stura, il nous faudrait des indices de corps organisés fossiles, caractérisant particulièrement la formation intermédiaire ; indices, qui jusquici ont échappés aux. recherches 6 ESSAI GÉOGNOSTIQUE ETC. les plus exactes faites soit par moi-méme , soit par d’autres per- sonnes, parmi les débris , et les crevasses que les ‘ agens atmos- phériques, ont opéré sur ces montagnes:.malgré celà je ne crois pas. devoir changer d’opinion, puisque, lorsque M." Brocganr publia en 1807 son excellent Mémoire sur les rochesde la Taran- taise , dont les résultats ‘ont été recus par tous les Minéralogistes, on n’avait pas encore trouvé des coquilles ou autres indices d’or- ganisation parmi ces montagnes , qu'il avait cependant placées par anticipation parmi les terrains de transition; et ce ne fut qu’après un laps de temps assez considérable , que mon savant Professeur Borson , les fit connaître le premier, dans une notice publiége . dans le volume XXXIII des Mémoires: de cette Académie. Il est très-probable que la méme chose arrivera pour les roches de ‘la Stura, d’autant plus, que dans la partie supérieure de cette vallée, près Sambucco , où le calcaire, et toutes les autres roches con- servent les mémes caractères minéralogiques , et géognostiques , on trouve des bélemnites, et des ammonites. Ces. fossiles , selon MM- Dausuisson et Porrier pe SAINT-BricE, sont des témoins ir- réfragables des terrains de transition, cu Hemilysiens. Or ces bélemnites , et ces ammonites, dans cette partie de Ja haute vallée, ont été trouvés par le savant Naturaliste ALLIoxI, et décrits dans son Oryctographie Piémontaise pag. 50 et 52, et ensuite cités par M." le Chevalier De RosiLanT, dans son préciewx Essai Géographique des États de S. M. (a). En remontant cette vallée de la Stura , sur la gauche, on trouve une montagne dite Lergemoletto. C'est presque à la sommité de cette. montagne, que M. Curron, Ingenieur des mines , et Di- recteur de celles de Vinay, a fait ouvrir de nouveau une galerie pour la recherche du plomb sulfuré argentifère. Dans cette ga- (a) V. Mém. de l’Acad. tom. L pag. 153. PAR ANGE SISMONDA 9] lerie j'ai trouvé pour la première fois des cristaux de plomb car- bonaté , que. je ne ‘crois pas avoir. été rencontres jusqu'ici , dans les autres mines de plomb, qu'on exploite dans les États de S. M. Ces cristaux sont tantòt blancs , transparents, tantòt jaundtres , et presque opaques. Ils sont tendres, et rayent à peine le calcaire: leur cassure est vitreuse , avec des reflets gras: leur forme. est prismatique; mais il ne m’a pas été possible, dans les échantillons que je garde ; d’en déterminer la variété, malgré l’éclat de leurs faces; et leur apparence de nettete. ‘Car. ces. cristaux sont très- petits. et. mdclés , et ont leur sommité nichée dans la gangue : ce qui les rend informes , et très-confus. L’acide nitrique concentré dissout très-difficilement ces cristaux; mais il opere très-bien; quand il est étendu d’eau. La dissolution est précipitée par tous les réactifs propres à deécéler le plomb : chose que je laisse à part, parceque elle est très-connue. Exposés au chalumeau, ces cristaux petillent. beaucoup , ce qui m'avait fait soupconner qu'ils devaient contenir de l'eau; et ce que j'ai ensuite verifié, en employant la méthode dont mon très-respecta- ble Professeur, M." MicneLoTTI , s'est servi pour examiner la mine de Monteponi dans la Sardaigne (4). Ces cristaux de plomb carbonaté se trouvent dans les cavités du quarz, qui sert de gangue au plomb sulphuré. Jai examiné ce quarz, et Jai trouvé qu'il contient également une petite quantité de plomb carbonate. Je n'ai rien à dire sur la manière qu'on peut l’utiliser., si on vient à le trouver en grande quantité ( chose qui m'est pas hors du probable ), parceque ce point a été trop bien traité dans le Memoire ci-dessus cité du Professeur MicueLoTTI pour ne laisser plus rien à désirer. (a) V. Mémoires de l’Académie vol. XXX pag. 45. 8 ESSAI GÉOGNOSTIQUE ETC. Après avoir ainsi examiné une grande partie de la vallée de la Stura, toujours en compagnie de mon savant Professeur Borson, qui a bien voulu meclairer de ses conseils, et m'encourager à ces recherches; nous nous sommes dcartés à gauche, en nous dirigeant vers une branche de cette vallée , qui conduit aux bains très-connus de Vinay, et qu'on appelle pour cela la vallée des bains. Cette petite vallée des bains est creusée dans un terram que je crois primitif, et que je pense se rapporter è celui que M5 Broncwart appelle , dans l’ouvrage cité , Agalysien Hypozoique. Les montagnes laterales de cette petite vallée sont formées de gneiss, qui, d'après le mèéme Auteur, diffère du granite, et par sa structure stratifice, et par sa formation. Ce gneiss passe souvent à un veritable granite , et d’autres fois au micaschiste ; et toutes ces roches ont une stratification presque verticale. Parmi les principes qui composent ce gneiss , le plus abondant est le felspath ; celui-ci se décompose très-facilement, et produit une terre, qui est entraînée par les eaux aux pieds des montagnes, où elle forme un sol assez fertile, qui augmente de jour en jour. Car c'est à cette méme deécomposition qu'on doit attribuer le dé- tachement des blocs en partie déja tombés, en partie préts è tomber, donnant à la vallée une forme découpée , et produisant de nombreux enfoncemens, qui ont recu par leshabitans différents noms : à cette cause continuelle de destruction, il faut ajouter l'eau, qui pénétrant dans leurs crevasses, et gelant pendant l’hiver, produit mécaniquement de pareils effets. En quittant les bains, au bout d’ume demi-heure de chemin en- viron, on monte à la minière de plomb sulfuré argentifère , qui est exploitée pour compte du Gouvernement, et dont le Directeur qui nous a comblés d’honnétetés , et M.° CoLomsini, tous deux Ingénieurs des mines, nous ont fait voir les galeries établies è différentes hauteurs, au moyen des quelles on exploite le filon presque vertical de cette minière. Ce plomb sulfuré est. mélé avec quelque peu de fer , et de cuivre pyriteux, d’antimoine , et PAR ANGE SISMONDA 9 de zinc sulfaré. Ce dernier ne manque jamais; il abonde beaucoup; ce qui rend le lavage du minérai bien plus long , et plus diflicile, parceque , s'il ne vient pas à étre presque tout transporté par Tean, le schilik qu'on obtient est d'un plus difficile traitement. Il est probable, que ce filon qu'on exploite à droite, et à gauche de ladite vallée , existait Jadis sans interruption d’un còté à l’autre : et il n°a probablement été rompu quà l’époque de la formation de la vallée, qui aujourd’hui les sépare. On, peut presque s’en assurer, en observant » que la gangue de la mine, et les roches, qui composent les moniagnes, sont de méme nature d’ un còté, et de l’autre de la vallée. La chaux fluatée amorphe , et quelque peu de chaux carbona- tée, sont les minérais qui servent de gangue è cè filon de galène. La chaux fluatée est tantòt colorée en bleudtre , tantòt en verdà- tre , et tantòt en rose. On trouve dans les vides de ce fiion des cristaux cubiques de chaux fluatée très-réguliers. La petite vallce de Vinay est fermée par les montagnes dites Corborant. Ces montagnes appariiennent à deux formations bien distinetes : l’une, probablement eptunienne, est, comme le resiant de la vallée, formée de gneiss, qui passe au micaschiste , et ces roches stratifices appartiennent aux terrains Aga/ysiens. L’autre, peut-étre Zyphonienne; est formée par un granite massif, avec structure porfiroide, qui s'éleve de dessous le gneiss, et qui le recouvre ensuite. Ce gissement m’a engagé à regarder ce granite , comme appartenant è la classe des terrains, que M. BroncniaRT a dernitrement nommés Plutonigue , ou d’Epanchement , et. non pas comme granite MNeptunien , qui d’après des observations ré- centes, se trouve toujours comme roche subordonnée aux terrains stratifiés. Dans ces montagnes, Jai trouvé en grande quantité une substance noire, qui jusqu'ici fut prise pour de l’amphibole; comme d’abord je l’ai cru moi-méme; mais , en l’examinant plus attenlivement, je me suis convaincu, que c'est la tourmaline-schorl de M. Broxenianrs. Tom. xxxvi 5 10 ESSAI GEOGNOSTIQUE ETC. Cette tourmaline, que, malgré mes recherches , ‘je n'ai pu irouver regulièrement cristallisée, présente des prismes groupés très-alongés, qui forment des masses bacillaires, ou des agrégats de cristaux entrélacés , dont les intervalles sont remplis parla ma- titre de la roche environnante. Echauffée elle devient électrique ; caractère qui n’appartient pas à l’amphibole: au chalumeau elle fond facilement , avec bouillone- ment, et donne un émail grisàtre. L’amphibole au contraire donne un verre noir; avec le borax, elle donne un verre transparent verdàtre ; tandis que l’amphibole donne un verre moins intense en couleur. Cette tourmaline se trouve dans un micaschiste , dont le mica n'est pas disposé comme à l’ordinaire; mais il est en grandes lames, rassemblées par nids. Dans ce micaschiste sè trouvent aussi des grenats cristallisés en dodécaédres rhomboidaux émarginés. Tous près des galeries situées sur le versant du sud de la vallée, se trouvent des blocs de gneiss, parmi lesquels, yen ai trouvé qui contiennent de petits cristaux d’epidote gris. Cet indice m'a enga- gé à faire des recherches pour le trouver en place; mais elles ont été vaines: et Jespère qu’avec le temps quelque observateur plus attentif, ou plus heureux, viendra le découvrir dans son gissement; parceque la conservation des angles dans les blocs, et dans les petits cristaux, ne laisse pas supposer qu'ils ayent été transportés là, par la grande debacle qui à creusé tant de vallées dans les alpes. MEMOIRE SUR DEUX NOUVEAUX SELS DOUBLES D’ARGENT ET DE FER PAR LE PROFESSEUR LAVINI Lu dans la seance du 21 mars 1830 . Dans mon Memoire precedent, lu à l’Academie le 24 février 1828 Jai décrit un sulfate double d’argent, et de fer obtenu dans une operation particulière , dans le quel j'ai cru devoir considerer. le fer à Vétat de tritoxide , et J'ai cerché à en déterminer la composi- tion atomique ; Jai annoncé en meme tems, que j'allais m'occuper de l’examen du sel, qu'on obtient, ainsi que cela est connu depuis long tems , en précipitant une solution de nitràte d’argent par le protosulfate de fer, dans le but de reconnaître si le fer s'y trouve dans le méme état d’oxidation, et d’en déterminer de méme les proportions des principes constituans. Ce sont lesrésultats de cette recherche , que je vais communiquer è l’Academie dansle présent 12 ‘ SUR DEUX NOUVEAUX SELS DOUBLES ETC. Meémoire. J°y ajoute l'examen du sel, que l’on obtient en précipi- tant la solution du nitrate d’argent par le tritosulfate de fer. J'ai préparé une solution de nitrate d’argent parfaitement neutre, et je lai partagée en deux portions égales. Sur l’une j'ai versé une solution de protosulfate de fer, sur l’autre une solution de tri- tosulfate du méme metal. La solution de nitrate d’argent mélée avec celle de protosulfate de fer? étant renfermée dans une petite bouteille, laissa déposer de ; l'argent metallique ; mais au bout de quelques mois l’argent a disparu, et a formé avec le sel de fer un sel de couleur jaune d’ocre, dans lequel on ne pouvait appercevoir la plus petite parcelle d’argent metallique. L’autre partie de la solution qui a été mélée avec le tritosulfate de fer , a formé d'abord un précipité jaundtre , qui , après quelque tems, étant souvent rémué, se réduisit en une poussière d’une couleur semblable à celle du précipité par le protosulfate , mais beaucoup plus foncée. Examen , et analyse du sel provenant du mélange du nitrate d'argent avec le protosulfate de fer. Une grande quantité d'eau a été nécessaire pour dissoudre le depot formé par ce melange : la solution étant filtrée , abandona sur le filtre une certaine quantité d’oxide de fer. Soumise à l’éva- poration la liqueur devint noiràtre , et finit pour déposer de petits cristaux disposés en forme d’ailes , et qui paroissaient de forme prismatique. Un gramme de ce sel cristallisé fut dissout dans une suffisante quantité d’eau: il en a falla presqu'un litre pour la compléte so- n PAR LE PROFESSEUR LAVINI IO lution , ce qui fait en poids environ milles parties d'eau pour en dissoudre une de sel, En décomposant ce gramme de sel par le moyen de l'hydro- chiorate de soude j'ai obtenu 0,856 de chlorure d’argent , ce qui répond à 0,645 d’argent, lequel porté è l’état d’oxide donne 0,693. La méme solution précipitée par l’hydro-chlorate de barite donna une quantité de sulfate de barite, qui contenait 0,102 d’acide sulfuri- que. Enfin j'ai obtenu de la méme solution, par les moyens connus, une quantité d’oxide de fer rouge, ou tritoride, qui se trouva peser 0,026. La quantité d’oxide d’argent 0,693 exigerait 0,235 d’acide sul- furique pour étre porté à l’état de sulfate d’argent ordinaire, mais puisque l’analyse n'a donné que 0,102 d’acide sulfarique , il faut, que cet oxide soit ici à l’état de sulfate basique. Si on suppose , que l’oxide ne soit uni dans ce sel, quà la moitié de la quantite d’acide , qui constitue le sulfate ordinaire, on auroit dù avoir 0,117 d’acide sulfurique combiné avec lui, ce qui est encore un peu au dessus de la quantité trouvée par l’expérience , sur laquelle ce- pendant doit étre prise encore la petite quantité, qui doit étre combinée avec l’oxide de fer ; mais cela peut étre attribué aux pertes inévitables dans l’analyse. Cela posé , une gramme du sel double dont il s'agit contiendrait 0,693 -+0,117 ou 0,810 de sulfate basique d’argent suppose. D'un autre còté le fer contenu dans ie sel double parait devoir ètre supposé aussi former avec l’acide sulfarique un sel basique , comme le sulfate d’argent au quel il est uni, d’autant plus, que la quantité d’acide sulfurique doit y étre fort petite, puisque celle mdiquée par l'analyse est déjà un peu mroindre, que celle qui doit entrer dans le sulfate d’argent. Si nous supposons, que le fer forme ici ce méme sel basique à base de tritoxide , ( que 14 SUR DEUX NOUVEAUX SELS DOUBLES ETC. BerzeLIvs a appelé su/phas se-ferricus, que Jai cru devoir admettre dans le sel double , qui a fait l’objet de mon Mémoire précedent, et qui contient sur 100 parties environ 80 de tritoxide de fer, et 20 d’acide sulfurique ) les 0,026 de tritoxide de fer en exigeront 0,007 environ d’acide sulfurique , et formeront ainsi. 0,033 de sulfate basique de tritoxide de fer. Ces deux sulfates d’argent, et de fer formeraient ainsi en tout, le poid de 0,810-+-0,033=0,843, et il resterait par conséquent 0,197 ou environ 16 pour cent du sel analysé, qui devraient étre attribués à de l'eau restée dans le sel analysé , lequel n’avait eté desseché que au bain-marie. En effet ayant porté une certaine quantité de sel deja desseché au bain-marie-à la chaleur rouge il y edt une diminution de poids de 13 pour cent environ, ce qui ne s'éloigne pas beaucoup du résultat calculé , soit, que cette eau fut simplement interposée dans le sel, et retenue par une affinité hygrometrique , soit quelle y fut combinée comme de l'eau. d'i- dratation. En faisant abstraction de cette eau, le sel double considéré è V’état anhydre serait composé , d'après ce qui précède , des. deux sels indiqués dans la proportion de 0,813 de sulfate basique d’ar- gent, et 0,033 de sulfate basique de fer sur 0,843 de selanhydre, ce qui revient à 0,961 du premier sel, et 0,039 du second, en prenant pour unité le poid du sel anhydre. Si maintenant on cherche à réduire cette composition en atomes on trouve, qu'elle répond à 9 atomes de sulfate basique d’argent sur un atome de su/phas se-ferricus. En effet Vatome d’argent è l’état de sulfate basique , tel que nous l’avons supposé, est d’après les anciennes tables de BerzeLIUs 2903 +50r=3404, et celui de fer à l’état de sw/phas se-ferricus considéré comme formé d'un atome de tritoxide de fer, et d’un demi atome d’acide sulfurique est 978, 4+-250,6=1229. En calculant d’après ses bases ontrou- ve, quun composé de 9 atomes du premier, et un atome du se- PAR LE PROFESSEUR LAVINI 15 cond doit contenir en poid 0,9614 de l'un, et 0,0386 de l’autre , ce qui, en supposant le dernier chiffre, s’accorde exactement avec le résultat de l’analyse. On auroit encore le méme reésultat , en calculant d’'après les nouvelles tables de BerzeLius, dans lesquelles il à reduit à moitié l’atome tant de l’argent , que du fer. Ainsi la composition du nouveau sel double à Vétat anhydre serait. représente selon les anciens atomes de BerzELIUS par la formule gAgS + FeS: ou 18AgS+ Fe?S , et selon les nouveaux atomes par 1BAgS!+ Ze Si ou 18AgS+FeS. On voit donc , que ce sel différerait de celui, qui a fait l’objet de mon Mémoire précédent, en ce que le sulfate d’argent y serait basique, ne contenant que la moitié d’acide sulfurique, avec lequel il est uni dans le sulfate ordinaire , et qu’en outre le nombre d’a- tomes d’argent à l'état de sulfate pour chaque atome de fer ne serait que la moitié de ce quil était dans le sel susdit. Analyse du sel provenant du melange du nitrate d’argent avec le tritosulfate de fer. Ce sel traité comme le précédent m’a donné pourle poids d’une gram. gramme. 0,848 de chlorure d’argent, qui répondent à 0,639 d’ar- gent meétallique , et à 0,686 d’oxide d’argent; et en outre 0,106 d’acide sulfurique , et 0,034 de oxide rouge de fer. Les 0,686 : d’oxide d’argent en exigeraient 0,232 d’acide sulfurique pour for- mer du sulfate ordinaire ; l’analyse n’ayant encore ici donné qu'un peu moins de la moitié de ce nombre, on peut admettre , que l’argent est ici comme dans le sel précédent à l’état de sulfate T| , 16 SUR DEUX NOUVEAUX SELS DOUBLES ETC. basique , ne contenant que la moitié de lacide du sulfate ordinai- re; le poids de ce sulfate sera done 0,686+0,116—=0,802. Quant au fer, tout porte à croire, quil est ici à l’état de trito- xide , puisque c'est dans cet état, qui se trouvait déja dans le tri- tosulfate employé à sa formation ; mais on a la méme raison, que pour le sel précédent de penser , que ce. tritoxide ne forme avec acide sulfurique , quun sel très-basique, qui est probablement encore le su/phas se-ferricus de BerzeLIvs. Dans cette supposition les: 0,034 de tritoxide doivent étre unis à environs 0,008 d’acide sulfurique , et former par là 0,042 de sulfate, qui réunis avec les 0,802 de sulfate d’argent forment un poids total de 0,844. Ce qui manque à une gramme, savoir 0,156 doit étre l'eau encore con- tenue dans le sel analysé , qui avait été desséché au bain-marie : c'est encore environ 16 pour cent, comme pour le sel précé- dent. D’après celà ce sel considéré à l’état anydre serait forme de o,gdo du sulfate basique d’argent, et de 0,050 de su/phas se- ferricus. La proportionen atomes, qui s’accorde le mieux avec ce résultat est de 7 atomes du premier sel basique, sur un atome du second. En effet en calculant dans cette supposition , et d’aprés les poids des atomes de ses deux sels indiqués plus haut, la composition de ce sel double devrait étre 0,9502 de sulfate d’argent, et 0,0498 de su/lphas se-ferricus, qui réduite à trois chiffres ne differe pas de la composition observée. Ainsi ce sel double ne différerait du précédent , que par la pro- portion différente de deux sels composans, qui dans l'un serait de g atomes , et dans: l’autre de 7 atomes seulement de sel à base d’argent sur une atome de sel de fer. PAR LE PROFESSEUR LAVINI 1” Faces theoriques sur la formation de ces sels doubles. Quant au premier de ces sels on peut demander: pourquoi dans l'opgration qui donne lieu à sa formation , l’argent se précipite d’abord à Veétat metallique , et comment cet argent se chan ge ensuite dans le double sel? Il parait que l’argent pour se réduire cède son oxigèéne au fer du protosulfate , et se change par là en sulfate è base de tritoxide; mais l’acide nitrique se fait libre ; cet acide libre avec le tems fait repasser l’argent metallique à V'état d’oxide, qui séjournant avec le sulfate à base de tritoxide , lui enlève une portion d’acide sulfurique , et de tritoxide de fer pour constituer le double sulfate. It est connu, que les dissolutions du sulfate de fer dissolvent l’argent à chaud, et que ce metal se précipite par le refroidisse- ment; mais M." Wesrar a trouvé dernièrement ( Journ. de Ph. aoùt 1829 ), quil ne se précipite pas en totalité, et que l’argent peut par conséquent se dissoudre à la température ordinaire dans une solution de sulfate de fer, et en quantité d'autant plus con- siderable, que celle-ci est plus acide. En effet Pacide sulfurique étendu n'a pas d’action sur l’argent à la temperature ordinaire , mais, pour que cette action ait lieu, il suffit selon l’observation de M. WesLar d’ajouter une goutte de solution de sulfate de fer. Il faut admettre , dit il, que l’oxigène de l’air est transmis è l’ar- gent .par l'intermediaire de la solution de fer; l’oxide de fer, dans le moment où il cède de l’oxygène à l'argent, en reprend de l’air environnant ; mais dans notre cas, l’argent se trouvant en contact de l’acide nitrique libre, n'a besoin que de décomposer cet acide pour s’oxider, et se combiner ensuite avec l’acide sulfa- rique , et avec le tritoxide de fer. Tom. xxxvi E 15 SUR DEUX NOUVEAUX SELS DOUBLES ETC. Quant au second des sels doubles, dont nous avons parlé , celui qu'on obtient par le mélange du nitrate d’argent avec le tritosulfate de fer, on peut concevoir aisement la formation, en considerant, que l’oxide d’argent séparé de l’acide nitrique se trouve en presence de l’acide sulfurique , et du tritoxide de fer , qui forment ses deux principes constituans, et peut par consé- quent sy unir dans les proportions , que l'observation nous a indiquées. Lo ANALYSE DE L’EAU DE SAINT-GÉENIS DANS LE BUT PARTICULIER DE DÉTERMINER LA PROPORTION DE L'IODE PAR LE PROFESSEUR LAVINI Lu dans la seance du 16 mai 1830. RS: minérale de S.-Géenis en Piemont a rendu depuis long tems des services très-importants à la médecine dans le traitement d'une foule de maladies ; aussi à-t-elle déjà attiré l’attention de quelques chimistes (a). Jai cru devoir reprendre son analyse dans le but de déterminer la nature des materiaux y contenus, aussi exactement que le com- porte l’état actuel de la science , et de mettre par-là les médecins A méme d’assigner plus précisement la cause de ses bons effets sur l'économie animale, d’en mieux approprier l’usage à la diversité des indications, et méme peut-étre d'en multiplier les applications. (a) Monsieur le comte Brézet a publié une dissertation bien étenduc , et pleine de faits intéressants sur cette eau, ainsi, que sur plusicurs autres. Voyez Mémoires de l’Acade- mie des Sciences 1786-1787. ; 20 ANALYSE DE L’EAU DE S.-GÉNIS e. Observations faites à la source de l'eau de S.-Genis. L'eau de S.-Geénis Jaillit, et est recueillie dans un bassin, aux pieds d'une vaste colline dite de Castagneto, pròche de Chivasso , è environ quatre lieues è Vest de Turin; il y-en-a deux sources: à peu de distance lune de l’autre : la moins riche de matériaux est situce à gauche, la meilleure , et la plus abondante se trouve è droite; c'est sur celle-ci, que j'ai entrepris mes récherches analy- tiques ; Je mentrerai point dans des details topographiques, et géo- logiques sur l’endroit d’où elle sécoule, et sur les divers terrains d'où elle peut tirer son origine ; ce sont-là des points étrangers l’objet de mes recherches. Jai trouvé sa temperature de cinq degrés Réaumur, celle de l’athmosphère étant +09; mais cette temperature doit suivre nécéssairement les vicissitudes de celle de air, l'eau se trouvant ici à peu-près à la surface du sol. Du trou du rocher, où l'eau provient, il sort presque périodi- quement en forme de bulles une substance gazeuse, incolore, d’une odeur très-forte de gaz hydrosulfurique. Jen ai recueilli environ vingt-trois pouces CUBO dans une demi-heure, lorsque je visitai cette source la premiere fois avec Monsieur le Professeur Buniva , et Monsieur le Chevalier BrumnaTI: je me servi pour cela d’un en- tonnoir assez-grand , fourni d’un robinet , auquel j'ai adapté une vessie bien mouillée, et exactement privée d’air atmosphérique. Une partie de ce gaz agité avec de l’acetate de plomb neutre y a produit un preécipité noir, ce qui annonce l’acide hydrosulfu- rique. Une seconde partie secouge dans l’eau de barite a produit. un précipité blanc effervescent par les acides. Ce gaz contenait donc de l’acide carbonique. Une troisième partie privée du gaz hydrosulfurique , et du gaz PAR LE PROFESSEUR LAVINI Gi carbonique était introduite dans un tube sur le mercure avec de l'eau colorée par le tournesol , et mélée de gaz deutoxide d’azote pur, l'eau colorée n'a pas sensiblement rougi, ce qui prouve, que le gaz en question est tout-à-fait exempt de gaz oxygène. Une quatrième partie enfin de ce gaz , qui avait séjourné , et avait été secoué avec une solution de potasse caustique, et ainsi privée des acides hydrosulfurique , et carbonique se trouva étein- dre les corps brilants , ei ne pouvait étre par conséquent, que de l’azote. Caractères physiques , et chimiques de l'eau. L’eau de S.-Génis, lorsquelle a séjourné quelque tems dans le bassin à la source méme , sans qu'on l’ait agitée , se recouvre d'une couche , ou pellicule de souffre hydraté très-blanc , dù à la décomposition de l’immense quantité de gaz hydrosulfurique , qui sexhale continuellement du fond du bassin , ainsi, que je Vai déjà dit ; on peut enflammer ce gaz à plusieurs reprises à mesure, qu'il se dégage , et qu'il vient en contact de l’air: bien souvent le bassin est rempli de bulles , qui en couvrent la surface entière , et la flamme , qui se propage par tout le bassin offre alors un joli coup l'oeil. Une certaine quantité de ce soufre hydraté est aussi parsemcée sur tes bords du ruisseau, qui coule du premier réservoir dans un autre vaste bassin à quelques pieds de distance, et il se forme dans celui-ci un dépòt fangeux, qui exhale de tems à autre, et sur-tout , lorsqu’on agite le fond, une quantité de gaz hydrosul- furique : ce gaz est probablement accompagne ici de gaz hydrogène carburé , produit propre des eaux stagnantes par les matières or- ganiques végetales en décomposition. Du reste l’cau en question est limpide; la saveur est légèrement 22 ANALYSE DE L’EAU DE S.-GÉNIS salée , alcalinulée , hydrosulfurée ; son odeur est hépatique au plus haut dégré à la source , en raison du gaz. acide hydrosulfurique , dont elle est saturée , mais par une temperature de + 80 Reaumur continuée pendant quelque temps, ce gaz s’en dégage en totalité avec les autres fluides aériformes qui l’y accompagnent. Les réactifs principaux ont fait reconnaître dans cette eau les ingrediens suivans. I, lie \syrop de ‘violettes. . 0.0. (> (Un*alcali libre. “ilL'eau ide ‘barite 0.10. acide fcarbonique. ° L’oxalìte d’ammoniaque....... . La chaux. ° L’idrochlorate de barite ........ L’acide sulfurique. Le nitrate d’argent ........... L’acide hydrochlorique ° L'hydrochlorate de platin fut négatif. ° 2 3 4 SD) 6 . . . . Experiences Eudiometriques sur les gaz contenus dans leau en bouteilles bien bouchees , et goudronnees pour l’usage medicinal. De l’eau de S.-Geénis, contenue dans une bouteille bien bouchée, et goudronnée pour l’usage meédicinal, fut versée avec toute précau- tion dans un ballon de cristal de ‘la capacité d'un litre, qui fut parfaitement rempli: j°y ai adapté exactement un tube à très-petit orifice, que j'ai rempli d'eau, pour exclure l’air atmosphérique, et Jen ai engagé l’extremité recourbée sous une petite cloche graduée, venversée sur l’appareil hydargyro-pneumatique. J'ai porté Veau è l’ébullition , et je l’ai maintenue dans cet état jusqu'à ce, que je me suis convaincu, qu'il ne se degagoit plus que de la vapeur aqueuse : alors j'ai éloigné le ballon , et j'ai laissé refroidir l’appareil à mercure. Le caz dans la cloche fut parfailement seché par du to) PAR LE PROFESSEUR LAVINI 20 chlorure de calcium , qui fut ensuite enleve de la cloche soigneu- sement. Le volume de gaz sec à la température de 7 i R., et sous la pression baromeétrique de 74,3 centimètres se trouva alors de qua- rante deux centimètres cubes. di Ce gaz ayant séjourné , et ayant été agité souvent sur le mer- cure, en a noirci la surface, et ainsi il fut privé de son soufre , sans avoir diminué de volume, comme, cela devait étre , puisque le gaz hydrosulfurique contient un volume de gaz hydrogène égal au sien. i Les 42 centimètres cubes de ce gaz, par le moyen de la po- tasse caustique furent diminués de 19, 5 centimètres cubes , di- minution dùe au gaz acide-carbonique. Les 22, 5 cent. cubes résidus furent introduits dans un Eudio- métre à mercure , avec l’addition de ro cent. cubes de gaz oxy- gène , et on les y fit détonner; d’après la diminution du volume , qui en fut la suite , j'ai reconnu, que la proportion du gaz hydro- gène y était de 5 cent. cubes. Le gaz obtenu de la détonnation fut porté au contact du phos- phore pour en enlever l’excés de l’oxygène; le résidu se trouva de 17, 5 cent. cubes , que j'ai reconnu étre de pur gaz azote. Jai tenu compte dans toutes ces opérations des températures, et des pressions , auxquelles les gaz étaient soumis, ainsi que de la ca- pillarité des tubes employes, lorsqu'ils étaient assez petits pour qu@elle y fùt sensible. Par conséquent les quarante-deux centimètres cubes du gaz employé étaient composés de 19,5 de gaz acide carbonique 5,0 de gaz hydrogène sulfuré 17,5 de gaz azote Total 42,0, le 12 pourcentà-peu-près de gaz hydrogène sulphuré. 24 ANALYSE DE L’EAU DE S.-GÉNIS Recherches sur la proportion de l’iode dans l'eau de S.-Genis. Jusqu'à présent les chimistes, qui se sont occupés de larecher- che de l’iode dans les eaux minérales, se sont contenté de constater son existence par l’apparition de la couleur bleue, que donne sa combinaison avec l’amidon :. en effet lorsqu’on réduit au tiers par l’évaporation de l’eau de S.-Génis, ou autre qui contienne ce prin- cipe , qu'on y méle tant-soit-peu de solution d’amidon , et que , par le moyen de quelques bulles de chlore on enlève l’hydrogène avec lequel l’iode est combiné dans les eaux minérales ( où il se trouve toujours à l’état d’hydryodate ), on obtient è l’instant l’ami- don ioduré d’un très-beau bleu; mais mon but étant celui de dé- terminer la proportion de l’iode contenu dans l'eau de S.-Geénis , Jai procédé de la manière suivante (a). Six grammes du sel provenant de l’évaporation de l’eau en que- stion ont été séches à + 80 R. J'ai soumis ce sel à action de l'alcool à 61 degrés ( la température étant + 7 R. ), que jy versai à trois reprises ; la liqueur, qui en résulta de couleur rose pale , a donné par l’évaporation une trés-petite quantité de matière saline : celle-ci dissoute avec de l’eau fut mélée à une dissolution d’amidon ; en y faisant passer alors du gaz chlore par un tube d’un très-petit diamètre , afin de ne faire passer aucune portion d’iode à l’état d’acide chloro-iodique, j'ai obtenu iout l’iode en amidon ioduré ; je l’ai lavé à grande eau, jusqu'à ce que les eaux du la- (a) J'aurai pu me borner ici à décrire le procédé qui m’a le mieux réussi, mais j'ai eru devoir donner le détail méme des essais infructueux , que j'ai faits avant d’y parvenir pour épargner la peine à d’autres de les tenter; d’ailleurs les accidents, gui se sont présentés dans ces essais ne seront peut-étre pas dénués d’intéret pour les Chimistes. Lal PAÈ LE PROFESSEUR LAVINI 25 vage ne troublassent plus. le nitrate d’argent. Cet amidon ioduré soumis à l’action de l’alcool fut parfaitement decoloré , et l’alcool prit une couleur légérement rougeàtre-obscure. Par l’évaporation de l'alcool y'obtins une matière noirdtre, qui in- troduite dans un tube pour y étre fondue è feu de lampe, se bour- ‘soufla; et dégagea des produits propres aux substances végetales en décomposition ; ici liode , probablement combiné avec de l’hy- drogène fourni par une portion de matière végétale , qui était pas- sée avec lui dans l’alcool, fut exhàlé à l’état d’acide hydriodique , puisqu'il ne s'est pas montré sous la forme de vapeur violette, qui lui est propre. J'ai répéte cette expérience avec de l’éther au lieu de Valeool; les résultats furent à peu-près les mémes. Ce procédé n’est donc pas propre à fournir l’iode isolé. Voici un autre tentative. Une assez grande quantité d’amidon ioduré ayant été agité avec de l’eau dans une bouteille, jy fis passer un courant d’acide hy- drosulfurique pour ramener l’iode à l’état d’acide hydriodique ; lorsque la matière fut parfaitement decolorée j'ai filtré, et évaporé; la liqueur manifesta bientòt les caractères de l’acide hydriodique , mais quelques flocons étaient suspendus dans l’eau, ce qui démon- tra l’existence de quelque partie d'amidon; en effet ayant traité une portion de la méme liqueur , après la filtration, avec du ni- trate d’argent, j'obtins une précipité jaundtre , qui avait toute l’ap- parence de l’iodure d’argent, mais qui toute fois, après avoir été séché , se montra parsemé de quelques parcelles noires, annon- cant l’existence d’un peu de matière organique due à l’amidon, et qui n’avait pù étre séparée en totalité de la liqueur par la fil- tration. Cependant je lai introduit dans un très-petit creuset de platine sur une lampe , et garni d’un tube renversé , et bien ap- puié, je l’échauffai , après y avoir mis quelques . gouttes d’acide carbonique ; mais je mai pù découvrir la moindre production de Tom. xxxvI D 26 ANALYSE DE L’EAU DE S.-GÉNIS vapeur d’iode; il n'y eut, que dégagement d’acide sulfureux, d’eau, de gaz acide carbonique; l’iode encore ici avait été probablement converti en acide hydriodique par l’hydrogène fourni pour la matière organique. Ainsi convaincu, que ce moyen d’isoler l’iode était impropre. j’ai renoncé à l’usage de l’amidon , et Je suis parvenu è obtenir l’iode par le moyen suivant, qui a été indiqué par M." SerruLAS , de l’Institut de France, à l’occasion de l’analyse de quelques sels (Jour. de Pharm. novembre 1829 ). Un decagramme de sel fourni par l'eau de S.-Génis fut soumis à l'action de l'alcool; la solution en ayant été evaporée, le résidu fut repris par de l’eau, celleci a dù redissoudre le chlorure, et l’iodure de sodinm, ces deux composés furent précipités par le nitrate d’argent sous forme d’'iodure , et chlorure d’argent: j'ai fait cette opération loin de la lumière le plus quil m’a été possible , pour empécher l’altération de ces produits; le précipité bien lavé fut versé à l’instant dans de l’ammoniaque caustique très-pure, et le mélange agité pendant quelques temps; tout le chlorure fut ainsi dissout par l’ammoniaque , laissant pour résidu une substance gre- nuleuse de couleur jaunatre, qui devait étre l’iodure d’argent : ayant séparée l’ammoniaque du sédiment , je recueillis le précipité par le moyen de la filtration , et je le fis sécher ; mais j'observai, que ce précipité avait de petites parcelles fibreuses adhérentes , que je soupgonnai d’abord étre de la glairine fibreuse , substan- ce, que Monsieur AnGLADA a trouvée dans plusieurs eaux miné- rales sulfureuses (a); mais qui pouvaient bien étre en partie de petites parcelles de papier des filtres emplové pour recueillir le preci pue. {a) Je m'occuperai dans un autre Mémoire de V'examen de l’eau de S. Génis par rapport à cette substance organique , je chercheraì en méme temps à vérifier si cette cau con- tient du brome , en opérant sur une très-grande quantité d’eau , lorsque la saison sera plus favorable. PAR LE PROFESSEUR LAVINI 7 37 Ce sédiment ayant éte chauffé à la lampe avec l’addition d’acide sulfurique , la décomposition de l’iodure d’argent s’annonga par l’apparition de l’iode en vapeur violette , mais cette vapeur fut ac- compagnée d’une matière huileuse épaisse, qui empécha l’iode de s'isoler , et de se déposer en état de pureté avec les caractères qui lui sont propres. Convaincu que celui-ci était essentiellement le procédé à suivre, et qu'il fallait absolument écarter la filtration, et éviter tout contact avec une matière organique quelconque, Jai répété l'expérience ci-dessus, en substituant à la filtration la simple décantation des liqueurs , et j'ai obtenu ainsi du décagramme de sel employé , Go milligrammes d’iodure d’argent , lequel introduit dans un tube , et par l’addition d'une suffisante quantité d’acide sulfurique laissa échapper l'iode sous la forme ordinaire de vapeur violette, et cette vapeur se condensa par le refroidissement en minces paillettes lui- santes micacces couleur d’acier, qui tapissèrent les parois du tube. Les soixante milligrammes d’iodure d’argent répondent à 45 milligrammes de iodure de sodium, qui devaient se trouver dans un décagramme de sel tiré de l’eau de S.-Génis, c’est-à-dire è 45 parties sur 10000 du sel, ‘ou un peu moins d'un demi pour cent, Analyse complète des substances salines qui se trouvent dans leau de S.-Genis. Pour procéder à l’analyse des substances salines, qui se trouvent en solution dans l'eau de S.-Génis, je me suis procuré une quan- tité assez considerable de sel par l’évaporation de l’eau. Jaurai pu operer sur ces substances réduites à l’état. entiérement. sec, et fondues, car, comme elles ne renferment'aucun hydrosulfate, ainsi que je m'en suis assuré par l’action de l’acide arsénieux , et que 28 ANALYSE DE L'EAU DE S.-GÉNIS le sulfate de soude n’y entre qu'en très-petite proportion , elles se vitrifient aisément, en raison de la quantité considérable de sous-carbonate de soude, qui y entre sans la moindre décomposi- tion du moins lorsqu'on considère l’iodure , et le chlorure de so- dium qui font partie des résultats de cette analyse comme. se irouvant dans cet état, abstraction faite des élémens de l’eau, qui seroient nécessaires pour les réduire à l’état de. hydriodate , et d’hydrochlorate ; mais pour écarter tous le doutes de changement de composition pendant la dessiccation complete , et la fusion , j'ai cru devoir faire mon analyse sur le sel desséché seulementà 80°R. en determinant par une expérience préalable la proportion d’eau quil contenait encore en cet état ; dans cette vue Jen ai prisune certaine quantité , que je desséchais ‘è la dite température de $oR. et l’ayant ensuite fondue , Jai trouvé, qu'elle avait diminué . de 15 : pour cent, c’est-à-dire, que le résidu desséché à 80 contenait encore cette proportion d'eau, ou des élémens, dont on devait tenir compte dans l’analyse. Une décagramme de sel susdit seché à +80 R. fut dissout dans l'eau; une substance insoluble s'en sépara; celle-ci bien lavée , et ldecag. séchée è 80 R. pesait 0,0340, cu 340 milligram. il Ce résidu insoluble dans l'eau, mélé avec «cinq parties de potasse pure fut porté à la fusion ; ensuite dissout dans l’eau , moyennant l’acide hydrochlorique yen ai obtenu silice 0,0084. La solution re- stante traitée avec de l’hydrosulfate d’ammoniaque donna un pré- cipité noir, le quel par le moyen des réactifs employés à cet usage me donna oxide de fer 0,0022 , et alumine 0,0005. Et la méme solution par l’oxalate d’ammoniaque donna de l’oxalate de chaux, qui par le moyen de la calcination fut porté à l’état de chaux pure , et réduite par le calcul en carbonate de chaux; le poids de ce dernier fut de 0,0117. En réunissant ces produits on a la somme de 0,0288, et ajoutant 0,0053 d’eau en raison de 15 ; PÀR LE PROFESSEUR LAVINI 29 vu pour ‘cent de la substance insoluble , on a 0,0341, poids presqu' identique avec celui de cette substance insoluble. La solution saline , selon ce que j'ai dit plus haut}, donne exacte- ment 0,0060 de iodure d’argent, lequel réduit en iodure de so- dium représente la proportion de 0,0045. Le reste de-la solution ayant été suffisament délayée dans l'eau jen ai obtenu par le moyen de l’acetate de barite un précipité , qui séché à chaleur rouge se trouva du poids de 0,1700 , et que Jai reconnu composé du sulfate , et de carbonate de barite, moyen- nant la solution de celui-ci dans l’acide hydrochlorique j'ai trouvé que la proportion du sulfate de barite était 0,0085, quantité , qui réduite en sulfate de soude par le calcul donne 0,0050. En re- tranchant de 0,1700 le poids 0,0085 de sulfate de barite on a 0,1615 pour le poids du carbonate, qui réduit9en sous-carbonate de soude représenie en poid 0,0909 de ce sel à Veétat anhydre. La solution restante par lacetate d’argent donna chloruve d’ar- gent fondu 1,7045 , lequel réduit en chlorure de sodium a donné 0,6g65. Je me suis assuré , que la base du sulfate , et du carbonate , était réellement la soude, etcelle du chlorure était le sodium, dans les sels analysés en retirant par l’évaporation les acétates produits dans la solution par les opérations précedentes , et les réduisant par la calcination en sous carbonate de soude, qui se montra avec les caractères qui lui sont propres. En évaluant Peau, que le décagramme de substance analysée aurait perdu en raison du 15 i pour cent; y compris celle qui pourrait étre formée par la réduction de l’hydriodate , et de l’hy- drochlorate en iodure , et chlorure , on a 0,1550 à ajouter aux ré- sultats précédens de l’analyse. Les produits de l’analyse d’un décagramme de la substance sa- line contenue dans leau de S.-Génis, et desséchée à Bo R. sont donc les suivans: 30 ANALYSE DE L’EAU DE S.-GÉNIS Slice e OR 0,0084 Oxvdesdeifere «la 0,0022 Alumine ) ... la: le. 0,0005 i Carbonate de chaux ...... 099070 fo Todure de sodimm... 1, 0,0045 Suliate de. 0nde 900. LI. 0,0050 Sous-carbonate de soude .... 0,0905 Chlorure de sodium ......... 0,6965 Eau3o Gta rie 0 Sa . 0,1550 Peter I NEO AO 0,0197 Totali agi sica tune 1,0000 Pour rapporter maintenant les quantités de ces différens sels è celle de l'eau, qui les tient en solution, il suffit de savoir quelle est la quantité totale des substances salines contenue dans un vo- lume déterminé de ceite eau. Or Jai trouvé, que six litres d’eau de S. Geénis donnent 1,8120 décagram. de substance saline dessé- chée comme ci-dessus à la temperature de 80 R.; d’où il suit, qu’un decalitre d’eau. en aurait donné 3,0200 décagram. Il suffit donc de multiplier les. quantités précedentes de chacune des sub- stances par 3,02 cent. pour avoir en parties du décagramme les quantités contenues. dans un deécalitre d’eau , ou, ce qui revient au méme, pour avoir en partie du gramme les quantités contenues dans un litre d’eau. On trouve ainsi, qu’un litre d’eau contient : PAR LE PROFESSEUR LAVINI 31 gram Se e GRA Grxide de dtenio i (eor . 0,0066 Aluminé; . 2. 10008. dusuoliz:. ‘1050088 - Carbonate de chaux......... 0,0535 Todure de;:sadium......}..... 0,0136 Sulfate”"de ‘soude ... .....-... 0,0151 Sous-carbonate de soude..... 0,2733 Chlorure de sodium ......... 2,1034 Fota: «0%a Puog. 69 Dos 2,4924 En sorte que la quantité totale des substances solides à l'état anydre contenues dans un livre d’ean est environ deux grammes et demie. On a vu plus haut, qu’un litre d’eau contient en outre 42 centimètres cubes de gaz, dont 19,5 de gaz acide carbonique , 5 d’acide hydrosulfurique , et 17,5 d’azote. Si on calcule les quantités correspondantes en grains, et en centièmes de grains contenues dans une livre medicinale equivalente à dix onces de la livre commune, et qui contient 5760 grains, on trouve: grains Silice®l". DEDE ci satiro, PX Oxydé detfentieno. ii MATER 04 Alumni o EE 0,01 . Carbonate de chaux ..... CERO Fodure de ‘sodium‘’..;. 0.14 0,08 Sulfate de soude ....... Et aO:dg Sous-carbonate de soude .... 1,57 Chlorure de sodium ....... 13151 Total. Wo i POTRO 14,35 \ 32 ANALYSE DE L'EAU DE $.-GÉENIS Ainsi une livre medicinale d'eau de S. Geénis contiendrait un peu plus de 14 grains de-substances solides, dans les quelles le iodu- è) re de sodium entrerait seulement pour —. de. grain. 100 Si l’on veut considerer cet iodure à l’état d’hydriodate, il faudra y ajouter le poids de l’oxygène , et de l’hydrogène nécessaire pour convertir le sodium en soude , et l’iode en acide hydriodique , et le poids de l’hydriodate de soude contenu dans une livre médicinale 9 d'eau deviendra d’environ “a de grain, en sorte qu'il faudroit I réunir environ onzes livres d’eau pour avoir un igrain d’hydriodate de soude 33 MEMOIRE SUR QUELQUES OSSEMENS FOSSILES TROUVÉS EN PIÉMONT PAR LE PROFESSEUR BORSON Lu à la seance du 6 juin 1830. bic recherches sur les ossemens fossiles, que la terre et les cavernes recélent dans leur sein, sont dévenues une des plus impor- tantes et des plus curieuses parties de la géognosie. Ce sont des signaux, qui servent à nous diriger dans l’investigation des couches qui suivent celles de la surface de la terre, et qui nous aident è fixer les époques de leur formation. Partout on en consigne l’histoire dans les archives de la science et les dépouilles de ces animaux de l’ancien monde font aujourd'huy un des plus curieux ornemens des musées. Après avoir fait connaître que le Mastodonte à dents étroites, dont les restes sont si communs sur les bords de l’Ohio et ailleurs, habitait également les plaines du Piémont , et que la grande espèce de ce pachyderme n’était pas étrangère à ce pays (a), il me reste encore à parler de quelques ossemens que ce Musée possède , et qui peuvent étre une partie intéressante de l'histoire naturelle de notre patrie. («) V. Recherches sur les ossemens fossiles etc., tom. III. page 375, où M.r le Baron Cuvier s'exprime ainsi: « Je doutais encore que le grand Mastodonte en Amerique, eùt laissé de ses dépouilles en Europe. Je ne puis guère conserver cette - ìncertitude , depuis que M.r l'Abbé Borsoy, Professeur de Minéralogie è Turin, m’a adressé le modèle en platre d’une dent trouvée dans le territoire d’Asti lieu où l’on a découvert plusieurs dents de Mastodonte à dents étroites ». Tom. xXXvI E , si abondant , au meme 34 MÉMOIRE SUR QUELQUES OSSEMENS FOSSILES ETC. LÀ Cerf fossile d’Irlande. Ce cerf à bois gigantesque a toujours été regardé par les natu- ralistes , comme une espèce inconnue sur le globe , et le plus cé- lébre des ruminans fossiles. C’est ainsi qu'en parle M." le Baron Cuvier, dans son grand ouvrage sur les ossemens fossiles , tome IV. pag. 77, nouvelle édition, où il donne les motifs pour lesquels ce fossile si remarquable ne peut étre attribué ni à Vélan , ni au renne. Fondé sur ces raisons je n’hésite pas à mettre au rang des cerfs d’Irlande fossiles la téte , fig. 1, que jai lhonneur de pré- senter à l’Académie, et que M." Cuvier a. vue lors de son voyage en cette ville , dans la persuasion où je suis qu'elle pourra inspi- rer quelque intérét sous le rapport de sa conservation , et parce qu'elle a été trouvée en ce pays. Je vais donner la mesure de ses parties : metr. De l'extrémité d'une corne à l’autre en ligne droite . 1,34 De Vextrémité de la partie occipitale de la téte jusqu'au bout des os maxillaires qui a été brisé , et en sui- vanti les courbuves ib -ssgieki soi tocmalicà sid «Ms. D'un orbite de l'oeil à l’autre en suivant la courbure . 0,24 Longueur des bois de la droite , c’est-à-dire , depuis le merrain jusqu'à Vextrémité qui a été brisée , en ligne droite@.... . e Ro: SIM RI ao Jai dessiné , fig. 2, cette extrémité de la droite pour faire voir son extréme dilatation qu'on apercoit à-peine , en voyant la téte de face. Sa plus grande largeur est 0,645. On y voit les sillons tracés par les veines, dont cette partie de notre fossile est encore couverte. La partie noire a en arriere, qui dépasse celle du de- vant, montre l’endroit où ce grand andouiller se divise en deux plaques, en laissant un vide au milieu. Par ces restes qui sont PAR LE PROFESSEUR BORSON PS brisés, on peut juger de la grandeur que devait avoir ce bois, lorsqu'il était en son entier, c’est-à-dire , lorsqu'il était muni de toutes ses pointes, comme on le voit dans quelques autres individus de cet animal que les auteurs ont fait graver. Je me crois dispense de faire connaître le derriere de cette téte, qui certainement est une des mieux conservées qu'on ale découvertes; parce que cette partie de la notre est en tout parfaitement sem- blable à celle que M." Cuvier a fait graver , tome IV. pl. vir, fig. 4 de l’ouvrage cite. On observera que la dernière molaire est à peine usée ; ce qui joint aux traces des veines qui paroissent sur la dernière empau- mure , fig. 2, dont yai parlé, montre que cet individu était d’un jeune dge. L’andouiller , qui immédiatement au dessus de la couronne doit se porter en avant et ensuite se tourner en haut , est brisé dans les deux bois de la téte : les deux autres qui suivent, le sont éga- lement : il n'y a que les extrémités dilatées qui, quoique brisées, annoncent qu'elles devaient avoir une longueur démesurée. M.° BroccHi , dans sa conchiologia subapennina , tome I p.194, dit simplement qu'on a trouvé un cerf fossile d’Irlande aux environs de Voghère , et qu'il est au Musée de Turin; peut-étre veut-il parler du notre , qui faisait partie du Musée ancien dit de 1'Uni- versité , qui consistait principalement en coquilles naturelles et en autres parties appartenant à la Zoologie , qui etaient le fruit du voyage aux Indes, du Docteur Donati. Cette téte fut deterrée, le long du cours du Pò, en un lieu qui se trouve vis-à-vis da bourg dit Arena, en décembre 1776 par les frères Domenico et Stefano Pane , qui chercaient du poisson le long de ce fleuve: elle fut envoyée , ainsi que les deux autres tétes dont je parlerai ci-aprés , par M.* Secca, pour lors Intendant , à ce que je presume, de Voghère , à S. E. M." le Comte Lanrrancni , Président du Magi- strat de la Reforme , qui le fit placer dans le Musée susdit, lequel 36 SUR QUELQUES OSSEMENS FOSSILES ETC. en 1801 fut réuni à celui que l’Academie des sciences commengait à former des dons de quelques uns de ses membres (a). Je ne puis m’empécher d’entrer ici dans les vues de M." Cuvier et de répeter après lui. « Ainsi le cerf à bois gigantesque a laissé de ses dépouilles non seulement dans les îles britanniques , mais en diverses contrées de l'Europe , et les couches où on les déter- re paroissent de méme nature que celles qui enveloppent les os d’éléphant et de rhinocéros de l’ancien monde; mais pourquoi de- vient-il plus rare à mesure qu'on s'avance vers l’orient et le nord , où les éléphants au contraire deviennent plus nombreux; pourquoi, comme les anciens Celtes , était-il ainsi relégué vers les extrémités occidentales de l'Europe, et n’a-t-il pas été découvert en Sibérie ? Ce sont des questions sur lesquelles la géologie demeure encore muette , et le demeurera probablement long temps ». Il. Deux tétes fossiles , qui ne diffèrent presqu’en rien de celles de l Aurochs. e On a dispute sur l'origine de ces tétes fossiles : les uns les ont attribuées au Buffle; les autres à l’Arni. Je ne saurais mienx faire que de suivre le sentiment du pere de l’anatomie comparée , qui a terminé ces questions, en faisant voir la veritable origine de ces sortes de fossiles. M.' le Baron Cuvier, dans l’ouvrage cité page 142, parlant d'une téte de cette sorte de fossiles, qu'il avait vue au Musée de Pavie , dit qu'elle est une de mieux conservées qu'il avait vues. Ile provenait des terrains de la Lombardie : et comme les deux (a) Voyez la préface du catalogue raisonné de cette collection minéralogique qui parut en 1811. PAR LE PROFESSEUR BORSON 37 que je presente , et qui appartiennent à ce Musée, ont été trouvées dans les alluvions du Pò , non loin de Pavie, je donne ici les mesures de l’une et celle des deux autres , afin d’établir une com- paraison, qui peut étre en faveur des notres. Tète fossile de Pavie. Celles du Musée de Turin. Fig. 3. Fig. 4. D'une extrémité des cornes Bui CR n è.l'autreen ligne droite .-... i ...).. 11,126... . 0,99 - . è 1,088 Entre le bases des cornes . . . 0,36 ... 0,42 ... 0,40 Depuis la créte occipitale jusqu’au bout des intermaxil- lies (aaa no rt 43 ao 1g Pic oy A 05344 Circonférence du noyau è Mortiniidostieorneni (e ari e 03972 A iP0,d006 Diamètre du noyau des cornes', à leur origine . ur s = ——— /° /° TVÀ: 2-4-C0$2(0-—0)+=c052(0-4-v)—2c0529"=2C0520} 64 î i {7% 277" COS(V'mp) 47"? }® Tom. xxxvI G 50 SUR LE DÉVELOPPEMENT DÉS TERMES ETC. Soient r=zatau,; r=dka'u,;, vantte—I+0,; vaent4i=IH+y,, les valeurs elliptiques de r, 7’, , 0. D’après le 3.° Chapitre du Livre Il de la Mécanique Celeste, on a ue cos q+È {1—cos29}+ 3 e'{cosg—cos3g} +30 {cos ag—c0s4g} 125 45 5 Sp) ie °cos5g+ 3. .e cos dg —— A e’cosq-+ete.; fa u/=-ecosg'+£ {1-cos29'] sò e'"{cosg'-cos3g'} + 30 ‘{cos29'-cos4g'} 2 12° '5cos5g'+ dg! *cossgi= 3 tan +etc.; ps s=v9e sì 2 ? sin2 + (1 sin 39 - I sin een - I! sina ) a csi. ia 10 ; + T essing— 0 sin39+ 97 .eîsin5g ett.; v/=2e/sing 1» Ze*simage (12 sin3g- zsing)+e( SIA 4g-- sin 29) / i e'° sing'— Di e'°sin3g' sari e'° sin5g'+ etc. ; en faisant,, pour plus de simplicité , qentte—%;: . gqan't+d—-d'. Maintenant , si dans la valeur précédente de A on écrit, respe- ctivement, a ja', nét+:—II, rné+e—Il, à la place de r, 7, 0, 1) * v, et si l’on fait, pour abréger, pantcnt+d—t; D=n't+nt+4+s—211; la question sera réduite à developper suivant les différens. ordres des excentricités et de l’inclinaison des orbites ; Tu La fonction I a m' Scosp— —m' fa —2a0' cospta* | *; PAR M. PLANA 5I ° La fonction 2 d — dpr m ‘2 cospt. m'aa'cosp f a*—2a4' cosp+a'*}7 y ra ? (DES, 2 ’ ra -i +i.m za 0081) Fi: m'aa'cosDja*—2aa' cospta"} *; 4 ® 3.° La fonction È m' 57 '{cosp-=cos D} de m'aa'y'f cosp—cos Dj} fa*—2aa'cosp+a"} * 3 11, 12+0052p+cos2 D-2c0s2(n't+-I)- 2c082(n6+e-I)} . a mad) PT __—_ E e eV I {a —2ad' cosp+a'} lorsqu’on attribue aux quantités a, d', p, D,nt+—Il, nt+:—II, les accroissemens respectifs, au, ; aus, o'to.; +90; 0; 0. S II Developpement de la fonction pa ’ a , tai a m—_ cosp—m {a'— 200’ cosp+-a'? } (2) Si, sans changer les valeurs de a, a', et p, ondeveloppe cette fonction suivant les cosinus de l’arc p et de ses multiples , on aura une série de la forme (0) m'. 1 4%-4. spad. 008 2p fe etc. 3 laquelle, à cause ide cosip=cos —ip, peut étre représentée par / (i . . . , ° le symbole n. 2Acosip, la caractéristique 2 des intégrales finies étant relative aux nombres entiers depuis = —0%, jusquà i=00; la valeur #=@ étant comprise dans ce nombre infini de valeurs : ibm. Se) mais alors il faut observer que A=4. 52 SUR LE DÉVELOPPEMENT DES TERMES ETC: Cette manière d’écrire la série précédente a l’avantage d’expri- mer fort simplement le produit de cette série .par le sinus ou le cosinus d’un angle quelconque f. Car il est aisé de .voir qu'on a (0) (i) sint. 2A cos.ip=YAsin(p+f), (i) (i) cosf.ZAco®. ci Ò 2k+1 (i) 2k+1 (i) sint. Zi. Asinip=— Si. 4008140); pourvu que le nombre & soit entier, et qu'on ait soin de prendre 7 positivement et négativement. Ces trois équations peuvent étre regardées comme trois lemmes dont nous ferons un fréquent usage dans le cours de ce Mémoire. : E È i (6) ea . i ì La quantité 4 étant évidemment fonction de «a et de d', l'on (i) a ici à developper la fonction A cosip entre les trois varia- bles a, d', et p. Or, si l'on ar en général , par w une fonction de trois variables x, y, 2, on scait que, ces variables devenant £+%, y+%, 3+2; % devient La i peg. 7 da dy dz UO URLALI IA PELI +2 LE dae IR. c° dd FL: La da. dy° dz? dydz (di ga di 73 dU diu! i, da A du : l ia he i +37 ii = al i 1.2.3 d'u i diéead; 1; diu «ix33 DS a PS zg2 ai a ssi el ‘d'iu-7,- AUS pi RI “dat dop 4 das pa WEA; dada lag? dydz23 ; Lia i A du U 1,33 a UH 773 du RC 2.34 d'u EP dd. di U daga ica 1 sedia sarti di reo Sid ii ei + 12 dh . hlk+-12. LOS ea); ‘dadzdy? d3dy? dy dydadx? PAR M. PLANA 1a i 53 due nie, far Pa it La d°u di u +5. IR45. GA, «hl Biesse rale ui phi dadyi n AME EIRE d'us:-.5a Da al d'a 3; +10. de pit ripe dt, l PIO + 2 3.4.5 - A (4A 3J.a d° uu ‘273 +10 TAG -h8k°-4= LO. Traci VAL d’u ue d°u la diugi sa, SRO TÀ .hkl an SB IM d'u d°u id u ì .h .272 Ù .Khz1? 27,2 +30 ada k°t+-30 SUPE kh°1+-30.- Ed .Lh?k +etc., par conséquent , si l'on désigne par Pla partie, Di: Patria +. paesi et par Q, S, 77, 7°, celles qui sont multipliées, respectivement I I I I ’ par 2 A on aura, pour le développement de I (i) la fonetion 2 E Acosip, les valeurs suivantes de £ SV 2 Pa A 2 ? ” (i) (1) Pz mis A cosiperi. saldi cosip+ È. u,'Za' LA 'cosip anali er sihlia — —(v/—v,)Zi A.smip; 2 (d) I ! 24) Q= ut 2 SEL cosip+ —. alza DA cosip-(y) —v, )zedi \cosip m ddO di . ni uu Zad 7, = ‘cosip—t2. ul, —e)zi. Ti sa .sin ip ; ’ () Mie xi fa SILA Ni) = (Ip) Zia Ta Sin; 54 SUR LE DÉVELOPPEMENT DES TERMES ETC. 7 340) m 3 sd i n," > ad A è a —. a vi + COSZ a —.C0S? si 12 nuca da'3 p D'AO ww: _——_.C0SZ da?da' p DAS cia LAY. «GOsp—i(01 —v,)Zia* <<” . sin jp ’ (©) m 7 al m' +—(m_o,) Zi . SOIA sa uru/'>a*a' FELL u!*u Za'*a io dada'» SA ra (9/1 Pr isa Bd cosi da RO 4 pa S % | u)*(0/—v,)Zia'* ere sa dA m' , A Dia ' ! 2 2,0 U/ , , . us(v, via ag Spot (Vw, ) Ziaa Tag SIP; d'4° m' diAia SÙ dedi e i «ui Za'--—.c0s PI ge sta “2a'47 “ i larici —p, Zi .cosip a | = ii S I —x (0°) () O, us(o'—v Prial: sinip—4.7 gl (0/0) Zia'? —. sinip da' dat 4 A) , dada” COS

da'" Rio . COSip i Pe) m' d°A4 Ribi (gni ssi 4 sini AM - psv 0 rapa i A. sinipzz 4, U, Za'a' 3 Ta 5 m' d'A°, 1 ta . ql (0 —v,)Zia Ta SIP m! (i) ALIA 224% .cosip— ta dada O 0) i. SE, ai) Zia ad = TA simip+ ra. .U(9,)/=y,)' Zita 04. - COSip PAR M. PLANA 55 (è) m! 5 Ai) +74, '(9/—y Sia ina utul*Zaha Pero cos ip 5 40) d° 40 , 3 *3 . . rg 0 SA "(0 —V,) Zi a’. Sinip 24 f m dl. aaa gi È 10° A° . Lia +. kx (ita DZIACA = sinip—2*. su (0) Zia . cosip Muy (01, VLia'* d Los ip- Li .usu/(v1-v,)Zia'a' Pro sinyp n u(01-v,)Zia''a inni sin ip 1 uu(01-v,) Zaa' DEL P isinip 105 si «uu (0/—v,) Zia'a” pica! sinip 2. neu 010 Zita LL cos ip ala Lei ulu,*(v/—v,) Zi'a'a* Sed cosip . (3) Maintenant, pour avoir les valeurs de P, Q, S, 7, 7 or- données suivant les puissances et les produits des excentricités e, e', il faut chercher, dans le méme ordre, les valeurs des fonctions u, ul, uò, u/*, etc. qui multiplient celles affectées de la cara- ctéristique Z. C'est à quoi l’on parvient au moyen des valeurs de u,; u'; v,; v/; posées dans le N.° (1). Mais avant d’entreprendre ce penible calcul, il est nécessaire de connaîftre les arcs qui peu- vent introduire l’argument 5n't— ant. L'on scait que cet argument ne peut se trouver que parmi les quantites des ordres 3, 5, 7, etc. Donc, en négligeant les quan- tités supérieures au cinquième ordré , il n’y aura que_ les. angles compris dans la série Spr ip+39; ip+39'; ip+29+9'; Ss | dia i daino CI FE ini cir È qui pourront renfermer l’arc 5n''—2nt ;<€n prenant respéctivement pour è les nombres 5, 2, 4,3, 6, 1. 56 SUR LE DÉVELOPPEMENT DES TERMES ETC. Il suit de là, que dans les valeurs de 2,°, 21,3, w,,, w/*, etc. il sera permis de négliger tous les termes. du quatrième ordre sans exception, et tous. ceux du troisième et cinquième ordre , qui se trouvent affectés du sinus cu du cosinus d’un angle différent de 3g, 3q',:29+9', 29'+9q, 4q—g', 4q9'—q- On pourrait nous objecter ici qu'il .y a d'autres angles, outre ceux de la série (A), qui peuvent renfermer 5n't—2nt; tel est, par. exemple, l’angle jp 4-69 —39", en faisant :=8. Mais il est aisé de se convaincre quil n'y a’ que cenx de la série (4) qui puissent étre donnés par les valeurs de u, wu, etc. déduites des séries du N.° (1), en rejettant tous les termes supérieurs au cinquième ordre. Cela posé, on trouvera les résultats suivans : 2 2 2 e 9 5 ==. C0$2 — —-.€°).C0$99; un=z+ 7.0 1+(> "6 ) s3g; la la vu? =+4. cos 29 EE 9). cos 3g'; ; (v/-v )=2(e°+e*)-2e°.cos2g-2e'?.cos 29'+4ee'.cos(g+g')-4ee'.cos(q-q') e e —Fe): cos 39 — (2.e°— e e*).cos39' | si 30Scob) e‘. cos(4gQ — ME. eG'. cost 49.4) E È edit . re = eci) . cos(29 +9) + (ide t cet. v0).c06(24+9); uul= 7 .c08(9+9') LE = iai. .ede'.cosìg' = SAM q SA *. cos( 4g i +($ SET ele 3 -cos(29'+9) ele. 3 ; 035) + (ente oa ce). cos(29-+9') ; PAR M. PLANA 97 (0) Vv) ie. sinag—-ee' 7 sin(g+g9')—ee. sin(g'—g) 9 3 IIS AE 13 SIETE +( e quit )sin3g+ 7. ee . sin3g' +3 ; ip Sclinco . ee‘. sin(49’—9) pi ai URI baci: 4 Eri ° f +(-3 . ee +7 ee + e'e' ) sin(29'+9) I 273 dA * iN: I ee'4t de). sin(2449); + ui(v/-9,)=—-e. sinag+ed .sin(g+9)+e0. sin(9—9) 13. 115 . Tear “0'263, sin3y+(—$. e4+ 0°). sindg +10. de.sin(4y—9)—3. ee! sin(49—9) ee'? 3 : ET cicii —3. ee). sin(29+9) +(3 deli deli ce sin(29 +9’); Bis 48 64” ) < Alnar: MOLO u, aa +>. €). 00834; I ALI AT È: u, = ( +e ) 00839 - 30 | (0/-vi= ( 2eì- 3 eb si . ese e). .Sin 39 + (anti so 1.684 2 e 9). sin3g' L 7a 1 II 283 i Par detssin(4y == mec'*, sin ( 4qg'-q) +( 6ee'*-—8ee!4+- È c'e”) «sin(29-+9) - (-600+800-È. e). sin(29+-9'); Tom. xxxvi H 58 SUR LE DÉVELOPPEMENT DES TERMES ETC. ee! * ug pp cos Sq — Tgse e'°. cos Sd ragp . cos(4g—9°) ee” CEX, 4.04 1263 : , : +7. 008(29 cab tae 7 +33: Pe). cos(29+9); ee? ra 3 i uu. ee - cos$g +7. cossg =. cos(4g—gq) e'*e CO 3.) see Ì cei A dui "e ©) - cos(29+9)+ —— . c05(29+9"); +32 3 eo 5 TO, Oa elet . ut(v/—v.)= leva +7 3 ; sinigta .ee'3.sin3qg'— 5 sin(49g-9' ) a TAMA A 5 ì ele 3 £ ale agi È sin(29+9)+(P—T+< . sin(2949'); IRAN PIT, UO ADITRS gi --d 15 I ee i t. ul (v/—v)= ge sint (7 Ge") si034 3 Sin(49 q) + (-3 CA DIVI ‘sin(29+9)+È . ee .sin(29+9'); 16 16 , INS: n P e Ò uu, (nate eì. sin3g—-%. e e'*. sin3g' — 55° e‘. sin(4q—gq') IG, ? ee'* di . ek ; ho ssin(49=)+(2-7. ee «7: e’ ).sin(29+9) € +23 nt 4 I +(T+:de — 0°). sin(29+9'); u,(0/—_v,)} = ( e— i ci GIG ) cos dg -} ed”. cos.34! 59 da , 283 ti tag £ SOStAd ed) ra ee'. cos(4g'—g) + (ce' "E ee'*+ dA ee). cos(29'+9) +(- 200 d +22 ei — 3-Ce").cos(ag+g); PAR M. PLANA 59 3 ul(v/=9,) =_i. eîzì dosSgot (e _ - int ee' » . cos àg' +0. c'e. cos (4]Q— d)+% si . ee’. cos(4qg'=q) 3 3.f*, ea ees—3 . ce) . cos(29'+9) 4 23 + (Ce-3 . C'e 33° ed) .cos(29+9'); Se 3 gl e. cos3g; uli=1. e*.cosdg' ; 4 3/2 ubul=— 7. 00839 + x.e'ei.cos(4g—9)+È. e'e'?.cos(29'4+9); 9 2AUS 3 “ 3 uu, =— 3. C08 3g' + 3 ee. cos(4g'-9)+ 1a:0°0°.008(24+-9'); ni ele? ere? 3 ese? e?e'* uu, ui cORdg= pre . COS paga .005(29'+g)- =. cos(29+q'); (0/—y,)}i=—(15. e°+30, eÎe*). cos3g—( 15. e'5+30.0%e'*) cos 3q/' +15. e'e'. cos(4g=9') +15. ee". cos(4g'=q) +30. ce. cos(29'+-qg) +30. e'e'. cos(29 +9"); u,(v/ = v=(È e54 22. e e). sin3g—e*e'?. sin 39' (0-47 q q — Fee. sin(4g—g) +3. ce". sin(49—9) 3 h2 15 Ù = ’ 9 2 dI I 3 r\- + (700-700! )sin(29 +9)+(De e ?_6ese®).sin(24+9 ); 60 SUR LE DEVELOPPEMENT' DES TERMES ETC. (0/0) =ete'sin3g=( D+ 7 c'e) . sin3g' —_ 55 . ee .sin(4g—g9') + $ . ee‘*sin(4Q'—9) 9 pee-6.001) .sin(29'+9)- (Gee Let )sin(24-9) s Sala u(v'—v,) =(2 e'+eìe ) 00834 .ete”.c0s3g/'—E..ete'. 008 (44-9') rà a_3 +iee c0s(29+9)(3. ee' oa ee ve cos(29+q'); us) ==i. e'e'?.cos3g + (1. e noe). cos 3g .e'te.cos(4q'-q) 6 e i olio ) .c0s(29/+9)+2 . e*€°. cos(29+9'); uul(v/—v)=- . efe'*.cos 3g-1.c'e'.cos(49-9')-Z . ee". cos(4g'-q) red e "TUBA ic sg ) . cOS( 29 +9)-3- e°e'*. cos( 29+9') +1. c'e? . cos3g'4+e'e'. cos(29+g"); ( 3 i 3 ! ci , 15 3.pl c 7 u,(u)—y,) =35 «e.sindg+z-e%e -sin(49=9')-33 .e'e'?. sin(29'+q); ni Sitaagi'ca ea: TO di u, (o _e)=zze .sin39 — ge”. sin(4g-g)+==. e8e .sin(29+%9'); uu, (vi —V, = tg se sin3g+7. ee”. sin 3g. ee"..sin(44/-9) Gi ee!“ + ee ).sin(29+9)-z.ee*sin(29-9); ulun (vv) Lele”. sin3g- Do. ee *. sin3g'+ sì e‘e'.sin(49-g’) 14; x ferie 4° L,| 16 . q 5a 3 - 3 Sol = +e e.sin(29+9)=(2z.ceL.e e’ ) .sin(29+9'); PAR M. PLANA - GI = ia: 00839; 5 52 —-_.e'. cos39'; si TGR (0/—y,)}=(10.0°-+40.e'?).sin3g —(10.e°+40.e%e'').sin3g' — 10.e'e*.sin(4g—g')+10.ee'*.sin(49'—9) +(40.ee"+60.e"eÈ).sin(29+49)—(40.e'e*+60.e°e').sin(24+9'); Ù Ie uiul,=— 2. cos(lg=g')=F-- 008(29+9); UA 14 ulu=—. cos(4g'—g) ra . c0s(29+9); 16 eìel? 3 uful*=— go‘ cs sq— ge. cos(29'+9); ; ESC See? us'ut=—- . cos dg' — E: cos(29-+9'); u,(v,-v,)5=(3e?+12e%"?).cos39g-4e'e'.cos(49-g')-ce'*.cos(4g'-q) +(4ee''+6ee'*). cos(29'+q)-(8e'e'+12.e°e'*).cos(29+9"); ul(9/-v,f=(3e' + 12.e°'"?).cos3g'-e'e'.cos(4g-q')-4ee'*.cos(4g'-q) \ -(8ee''+12.e'"e* ).cos(29'+4)+(4e'e'+6e° e'*).cos(29+4); UNA lei u,(0/-v,)= — Le sin39- 3 .sin(49-9')+ _. sin(29+9'); di f4 14 u/*(0/-9,) -È . e'*. sin3g'+ =. sin(49/-9)-—. sin(29/+9); un (0/-y,) = - (- + Bee) . sin3g— ee. sin3g'+ 3.ox0.sin(4g-4') na GG sin(ag'+9)+È . ee. sin(29+9'); u,(v/-v,)=e"e5.sin39+ (È . e°+ 3e*e!* ).sin 39/- .e'“e.sin(4g'-q) lee. sin(29+9)—î. elle. sin(29+9'); 62 SUR LE DÉVELOPPEMENT DES TERMES ETC. SE 1 MA c'e PILSIZOLI us (0-0) =(}c “n )cos39 + = - cos4g q') +3. ee’. cos(29'+-q)—c'e'. cos(29+9');. ; I e'e'* ee'* I uv.) = ( È e — =", . cosdg'+ nti cos(4g'—9q ) LI? / 3 3 0/3 ! — ce'*. cos( 29 Ta ee. cos(29 +9"); ' a EEE, ] eci: ’ i uao) (ver = 2. sin(4g=g) = ©. sin(49'—9) + (ce+ì ce) sin(29/+9)-(ec'+2.00) .sn(29+9'); iù si” na E us u(v-v,)=- 3 .e‘e'.sin(4q- q*È :ele". sin(29'+9) i .c'e'.sin(29+9'); uu (01=v)=g 0 -sin(4g/-9)+ Fees (24'»9)-3.2e.sin(29-9'); ese? ee' 35/2 - tte (0-9, = ——.c0s$g+ n .005(4g-9)- F=:008(2949)-2.2e%.c0s(29+9); 2-93 14 13 c'e' I s uu (0,-v)= — cos 3g'+ TR cos(49-9 )- ee”. COS (2949) .cos(29+9’); 3522 213 ee : e DIN I . I ’ . utu,v'-v)== “grin dq+ % ssindg'-3z-e'e?°.sin(29'+ ia @e'.sin(29+9'). Pour faciliter la vérification des coefficiens numériques renfer- més dans les résultats précédens, voîci les fractions. constituantes -l de ceux qui sont composes de plus d’une partie. . PLANA Tila 5 63 283 79 13 ve SEM DIE dn "ga a (E Ve a MADRI gr. Si rap 40 (FTA, IO, 3241 4 VA 4 2? SIERRA pl SI: ppi rg Regtiozg i, pedase ia) Fara] sio a pi 0a Dal Sarda = SI Tripi INS ITOE, iena nità eu _=-j 2 (a se ti ACE Bo e ro lt Dot Sar Ba 48 I Mg CRETA BT, I 5 dA fera 35 SUNT IO rata a 4 CO, I. Ga-4=.4 8° 3a’ 64 SUR LE DÉVELOPPEMENT DES TERMES ETC. LA 1, 4615 SUei ESM I 53 Die _ SE 24 Rd, d0r 58 "346 7 160 160.016 16’ 23€ 3, 3 O qilia3, dii I 009. Id 15 128 4 EGR ASTI LAS 4ST 204. "#0 8 Tu lid, MORO S) LORI SES, CORE MPA SE. arto aaa ne 80 RATA pg LA SSR Ta gi 109 0h è LE.LIK I 5 = — — —————_ w—__m —_ —- — e nai 513 evi Bi 004,808 anda. 4h BB (4) A’ l’aide des résultats que nous venons d’établir , il ne sera pas difficile d’obtenir les termes que les valeurs de P?, Q, S, 77, T°, donnent dans les différens ordres. Pour avoir les termes de l’ordre zéro, et ceux du premier or- dre , il suffira d’avoir égard à la valeur de P, laquelle donnera une fonction de la forme m' Piz 4 icossp- Fe. cos (ip +9) +E; e' .cos(ip+g'), x Pra: à (i (i) (i) (i=1) (1)... EL ZA.cosip+Ee.cos(ip+q) +E,e' .cos(iptntte=t), 2 » puisque ip+g'=(i+1)p+nt+c=v'. De cette manière l’on aura spa (i) -«» ns pat | (1) / (i=1) A a dA a(im1)4 5 ce qui fait coincider la fonction (I) avec la valeur donnée pour Ri dans la page 276 du 1.7 Volume de la Mécanique Celeste. PAR M. PLANA 65 (5) Il est fort aisé d’obtenir cette valeur de R par le procédé suivant. Soit peur plus de simplicité, v'—yg=0, et Ia, Ù 2 1+00 (i) m'.r così m i —m'} r°—2rr'c0s9+4r"? = 20 Mecosi9; 00 PE n! 3 +00 le signe Z® indiquant qu'on doit prendre la somme des termes -— 0 (i) que donne la formule 2 cosi? en y substituant pour i, zéro, et tous les nombres entiers depuis i=—00 jusqu'à :=-+00. 1 RARO I Il est évident que les quantités 2, 9 deviennent respectivement égales à celles désignées plus haut par Fevp s lorsqu'on y fait e=0, e'=o0. Cela posé, si nous considérons A comme une fonction des deux excentricités e et e', on pourra former son développement suivant les puissances et les produits de ces deux lettres, à Vaide du théorème de Maclaurin relatif aux fonctions entre deux variables. Il suit de là, qu'en négligeant e*, e'*, ee', on a (0) 7 MESSIA) m' 2 d.Mcosi0 m ai = ue x=" 20 0 Acosip+ XY ) 9 d. Meosi9 20 e D'RES de' 2 pourvu qu'on fasse e=o, e'=0 après les différentiations. Or nous avons di Mcosid di dr cosio sedie eo de — de de da Mi ua I Meri] da, sio —iMsini9.d . Donc en faisant e=o0, e'=o0, on aura ==, MA; d=p; Tom. XXXVI I de 66 SUR LE DÉVELOPPEMENT DES TERMES ETC. dr - dprlo , dy È dv! , Were 2sin(néi+e—@) ; : TA 2sin(n't+e—9') 3 el par conséquent 10) ) d.Mcosî9 CAI: NL cli ea Ta cosip.cos(nt+:—@) + 2iAsinip.sin(nt-+—®); ( d (i) (i) 1.M cosi? e = == Ti c0sip.cos(n't+d—a')— ai 45 4 ip.sin(n't4+-—9'); 7 0) a +90 i I «#00 (i) x=? DO Acosip—2 o zo dI albiiatd cos(ip+nt+:—%) 2 da (i) nm ISO vd nd . , TREAT —— e ia —T— 21 cos(ip+n't+:—9'); 2230 -0 da ce qui s’accorde avec la fonction (I) trouvée plus haut, en faisant attention qu'on peut remplacer /p+r't+ — d' par ' i m (i+-1)pH4-nt+e—9', ct mettre le coefficient de — — e' sous la forme 2 a) +00 SDA i 1) d xmla'——2(i-1)4 cos(ipt+nt+e—9'). — 00 da : (6) Cherchons maintenant les termes du second ordre. La valeur de P donnera dans ce cas une fonction de la forme , (i) () (iz) F.cosip+F.cos(ip+29)+F,.cos(ip+2nt+20—20) ARE] et l’on trouvera , . (i) (i) ci) n dA di Fi idee ea 4 da p” da' 3 © d elok ig v m Di re + ZA d 2 Po, (i=2) 7 (ima) rare la DA-Sina)A f PAR M. PLANA 67 Substituant dans la valeur de Q pour 2°, w/*, uu, etc. leurs valeurs. du second ordre, Von obtiendra une fonetion de la forme, (6) (i) (i=2) i H.cosip+-IH,.cos(ip+-29)H4-71,.cos(ip4+2nt+2:— 29") (i=1) (+1) Se (2) +/,.cos(ip+ant + 2—d—d')+/L,.cos(ip—3+v9') en posant, pour plus de simplicité , CONA e d'Arda e da AL Hr, > SE a A A° ii (i) 2 Ali) (i) rs CALI ria 4 +2 di A 4 da* (i--2) 09l 2 A(i-2) x È Haze la Li aina)a sima) 4 }; 0 np Te dA‘) dA) | e Zec' ptt per (ESILI) DIGI dI mr (ENI ARI) lia 4 1a Saggio ( ) E PALI (i r)a da Ali 1) 4 3 (i+1) ]> (+1 AR) pe al A sa 4: dada' dA pre oo) (ina Lain) EA (660 L En réurissant les fonctions (1) et-(2) il ne sera pas difficile d’en conclure les valeurs des coefficiens désignés par M®, MO, MO, Ds IV9, N, NA dans la page 12 du 3." Volume de la Mé- canique Celeste, pourvu que l'on fasse abstraction des termes multipliés par y°. (7) Avant de calculer les termes du 3.° ordre , nous remarque- rons, que les résultats de cet ordre posés dans le N. 3 font voir que les termes qu'ls produiront seront tous fonetion de l’un de ces quatre angles, savoir: ip+3g; ip+3g'; ip+29+9'; ip+29'+q- ", les valeurs qu'il faut donner à è dans ces angles pour avoir Sn't—2nt sont toutes plus grandes que l’unité ; par conséquent le Lu i) , m . terme —_cosp qui est renfermé dans le symbole = 24cosip, n'a 68 SUR LE DÉVELOPPEMENT DES TERMES ETC. aucune influence sur les quantités du 3.° ordre. Il suit de lì qu'il sera permis, dans ce cas-ci, d’avoir simplement égard à la fonction © Li —m'(a°—2aa' cospta') ?, a laquelle, en posant&a=—, se transforme en a I 2 m' ax — (120 c0sp ta PERE Soit actuellement , 3 100 O) (1—-22cosp+a°) =70: +: cosp+-b: cos2p+ etc.; î ©) (1) _(a) Ì . sulità les coefficiens d: , di, di, etc. étant des fonctions de « faciles à déterminer par les meéthodes connues. Si, conformément à ce qui a été dit dans le N.° 2, on repré- Pe ici sente cette série par le symbole eb: cosip, on aura 2 O m'_ di 30 IS a mio. ; suirgri Zi7 cosdp. è la place de 7 2 4 cos ip. Done pour avoir les ter- mes du 3.° ordre , il faudra changer les signes de P, Q, S, et sup- (0) ì bi segì iu poser ensuite A4=-. Mais , avant de calculer ces termes, nous a e IEVTQRO RO OLIO plagerons ici les valeurs des coefficiens différentiels de la quantité 4 , pris jusqu’au 5.° ordre inclusivement. () ” di a 2 2 Puisque A=- et «=— on trouvera, a a PAR M. PLANA i 609 ) 0) dA I db» d'bs cagna ob: + 407, GERE: ge ì (i) (d) PA inf a dd cd Tad API + Ea N @ Gi dA I abi dai a“ dai? dd , si di sb, dda . i O) Di tdi dd DA dda did. dA dat Te? (i) ali di A I dala (i) d‘4 I I (4) È EI db, did db» 24bx + +96; 720 ia 0a A ea Te Ù dba sab dba "ai 120 da 8a} Teche Ta D ; db abi = ier+ 7a “dat {° el apr dibi. d'bi 244 U Tg +96a Ta 120° da Re da 3 ; 70 SUR LE DEÉVELOPPEMENT DES TERMES ETC. 7 1 li ppt ‘ da'da a' da da v° de A) 0) i) IO) nr d°A I 3d’bi d'a sd'ba : da° Teda:= "di 20GÎ TE 10 ei da dat? (i) i (ì) d°A4 db» d'b: d' pi d° bi dè 60° sla 222 God E DELI + 15a ga dat Ti a SI (0) db dba È 12068 + 6004 dai + +-600 2° dai +200% 77 od AE, We è a a = Sio 0) NI 6) é f 5 LAO en + 254 dak- rr da È ‘ Kos db. Ko d°bi Ki «dba n) 1200777 7-+ 2404 =? +-1200f => 04 "i da da dg i dall da das a INA ;d' bi + 204° ua rta si 465 18; De: (8) Au reste , il n'est pas fort difficile ‘de. former Fexpression 5 «e EVS: ic a sénérale de ces cocfficiens différentiels. Soit bi=F(3)* on pourra ‘ Ò Substituant dans ces équations à la place de A sa valeur en \t) 3, bi, il viendra, 2 (3) (a) r db: db: d'b: Mm= I VCR go Ù 78 (359 bidone Fai (3) (3) (4) ca (1) m! bi 3, db: 6. d'b: add: e LIA A he e I T_ _@ 4 258) 5 5 FACCI ORE da + RT da Gis = = (4) 3 (4) Ì Na, m 6. b 9/ o d°b: pa ,d bi a az I pria o LI EM DI e i 16 59 + “usapa E, da dai ) e Di db db oe mu abi I Ric 1 sM= 75 (390. bi 4194: ai +ah e ipa i) Ces coefficiens s'accordent parfaitement avec ceux qui leur cor- respondent dans la page 23 du 3.° Volume de la Mécanique Celeste. PAR M. PLANA 77 (10) Passons aciuellement à la recherche des termes du 5.° ordre. a 2A A rid site Commencons par nous occuper du terme 72 3700SP, qui forme la la première partie de la fonciion que nous considérons. SUASA. Si nous mettons ce terme sous la forme -—. — cosip, on x 2 a pourra calculer les termes qu'il donne par son développement, en 7 O a | faisant 4= — dans les valeurs de P,.0, S, 7, 7, et considé- a? rant è comme égal è l’unité. Or , il est aisé de voir qu'il ne peut y avoir dans le cas actuel que le seul angle p+49'—g qui puisse renfermer 5n't—2nt; par conséquent il faudra rejeter dans les termes du cinquième ordre poses dans le N.° 3 tous ceux qui ne sont pas multipliés par le sinus ou le cosinus de 49'—g . Avec cette attention on trouvera aisément pour 2, Q, S, 77, T les valeurs suivantes : : Pia m' d* 24° 6. eg) dA (1) ta — 64. aa' dada a+ 128.4 da 74124 ; DAL GIIARA (1) (1) De zi dA (ad 4 o DR 4Dk,04 Fado: 7 250 ne dada 29°% da * si 168 () ) 7 dA dA O) + 283. a 7 +472. fr 566. A DI Tono noti 3 pi (Ole 2 m! — 12,40" dada’ * to na * ada 0D 24; lr a 0%; Er PCI 768 CNS 10° 540 nas VACCA me as (4) 168. aa dig dg 120: ag 7240 .A dd DÀ di PA 1° £ né K: 5 a a Ca > Si Sissi ero ieata aereo i” 766 ©) ©) 1) di d°4 dA (1) — 8.a" AE 32. da Tala "3 64.0 324 73 SUR LE DÉVELOPPEMENT DES TERMES ETC. Les seconds membres de ces équations doivent avoir pour mul- tiplicateur ee'‘cos(p+4g'—9); ainsi en formant la somme P+Q+S+Z+T", on aura le terme Fee'*cos(pi-4g'=g).\U. . 00 (1) en faisant (1) (1) (1) (1) 4 dA 2 ini 20 n Rit + 150.40" dA dada © da Me ada n) dada? mn' dd d°4° d°4° du” Paz DATES SE 13 E pà LI Vai REATO 3 x SICRI: 768 +40.4 dal 300.0 PD 500 .ua' br Tua + 92° di À + 1000.a'-——1250. ag” da! (4) Pour avoir les valeurs des coefficiens différentiels de 4 qui en- (1) trent dans cette expression, il suffira de faire 8: = dans les va- , , (0) = li leurs générales du N.° 7, ce qui donnera 3125 5° d'Fama—-=mn'a. 768 768° ) . * , 3 (1) al Avant d’aller plus loin remarquons qu'en faisant d=— dans l’expression précédente de /", on aurait: 7,500 Sui 268° è * ! ra mi a d' FTT) . bin ianzeet =m 3 7 a Mais on sait qu'on doit faire E AE 15, lorsqu'on consi- a dère l’action de nm sur n. Ainsi il suffira È. remplacer le terme P AI par le terme PERI = pour pouvoir ensuite deduire , à : ; Bai. gt a ; e, x l’aide de la simple multiplication par Pie la valeur de A relative m au cas où l’on demande la perturbation de 72 causée par 7. PAR M. PLANA 79 (11) Cela posé, nous allons calculer les termes du cinquième ordre qui résultent du développement de la fonction (1) I RERE m bi I 2 L/ 2 z pi $ —m' (4° 240 COSp+a —=— — E: cos . ( p+ra°) 7 osp Pour plus de simplicité , nous chercherons en particulier chacun des termes que cette fonction doit donner. Il est clair d’abord qu'on aura un terme de la forme, (0) Nee''cos(p+ig'=g):. . . ..... (2) de plus il est evident que l’on obtiendra la valeur du coefficient (1) (0) È (1) N en faisant A=— aleur de / du numéro précedent. Il suit de là Pe sab: Gra N23 +384*- (12) Soit +438 a Nd'“cos(2p+39') Ma) le terme consécutif à celui que nous venons de considérer. En faisant 7=2 dans les valeurs générales de 2,0, $,/7, 7, et ayant seulement égard aux termes qui peuvent avoir e'° pour coefficient, on trouvera, en omettant le multiplicateur commun e'*cos(2p+3g'): 768 da' m' A d'd° dd (a) “i ET: 1084 °-77. 79204 dai + 29924 ; m 4° î Pop S=— 18a'° ;+-3200° 77 —-21964 di + grad" 80 SUR LE DÉVELOPPEMENT DES TERMES ETC. 2 (2) (2) (2) d e NA A d°A4 dA (2) y— —_ P4 rad’ 4 ' : 5 v= 708 z| — 4a % 2 +12d'° T 3 + 3364 HAL: — 22404 Ta YSS4OA | ; (2) (2) (2) SMD? peo ed ua 1a dA LE taz dd (a) | = Sci 2a Fr +324 Da “agri z42 284 È 7684 da 10244 . Donc en formantla somme des seconds membres de ces équations , on aura (a) (a) (a) | (1) he 4° d' Ha d'A4 c: ta N=— sE] prat, 64 Ea 7-+8924'° - — 62594' 4 4 12884401 (2) i ©) di ou bien, en substituant pour 4 sa valeur 73 | @) () 0 O m db. d'bi dib° sd bi db 00 a' N= Prg | 202670: + 722307 gi 10940 4820 qa 41% 2—-U "TAI | Il y a encore un terme qui est affecté de l’arsument dii ; dont la forme est (1) Nere 'cos(@p 499) e (4) En omettant toujours, pour abréger, le facteur commun e'e'cos(2p+3g'), on trouvera dans ce cas-ci; DEIRA (2) (2) m' d°4 4 dA CETTE 7200 Tada' da (° (2) (2) (2) (a) È d*4 d'A d*A d’A4 aa, Ere a du Dieu l'a S m dure da da' A005 dada! > Jr da° "SANO dadu' ; = GR ì a) | pa dd dA — 960 a 7° Tai DI +33284" PAR Ma PLANA 81 ) (2) (2) (Ad DA dA d'A VA Bad® 73 — 24. RO Tin da og ga dada” da*da' dada? È n! dd. igad e 14° V=— rm 7 dA "58 +- 384 a 480 . sa ——+334 . aa Ti brava > da'da* Li da! * a (2) (2) — 3456 .a' i aa 0A (2) (2) d'A rosate DA! __ 64 eo ‘FP da'* 9 2,03 Aa _ —48.a m 8 (2) (2) (2) / e ded DESSA , di — 256.a rm MA DIR —3072.a' Ta —,+- 4006. a) La somme de ces équations donnera, (2) - (2) (2) ia d'‘A4 d' va d' A IONI al ire alli Cere pg PET PLANA / 2) (2) SERIO PA PA° dA a 08 — 144.ad'? dir 64.475; = 888.aa' PIE + 11520 (2) (2) PA dA — 944. a* dA _ 1958, a TT. past 3 ou bien 3 DO | 0 24396. b1 + 8144.a = — 3692.0° —: Pv m' ; da de 768 (a) n (2) 2 RE, d: bi rtoalti Lasi e. — Dig 4 a rei É 2 Ido pe 4. a . (13) Cherchons actuellement les termes su résultent de la valeur /=3 Soit, Née'‘cos(3p+4 29'4+q) . la forme du premier de ces termes. On trouvera dans ce cas Tom. xxXxvI Î a Vu SUR LE DÉEVELOPPEMEN#T DES TERMES ETC. (3) (3) Sta 64. aa' ci +384. PILOTI dA _ 1584. A° (3 (3) (3) jB. a LE + 552.ad' su 288 pid = a'? Alida Der «dir d A E dada'* dada! h° da' * Di (3) 2 Hus alZ43312 2 a 13824) a (3) (3) (3) d*A4 rad A DE i — 108.40 rt 1728.ad' ORA — 648.4 3) 0) 3 (3) — 6480 . da 10368.4'È4 — 38880 ee; (3) o (3) (3) 5 4 3 4.aa'' a +24 i n= 48.a 2 - ga (3) (3) (3) + 1723. aa' —=- — 5184. a 4 4 10368. a 104. 4° cs Il | ‘Sl 3 co PL —_s07 Il swit de là que (3) (3) (3) uDA sed di sal 4 da CIIIEPE. rr dada oa da da'* (2) (3) (8) (8) d'A — 288 .a'' 1A 44072. ad' È Ta 986.0 33 6) — 14232. al 34432. a nd gg 5a da f (3) LI Dea — 109392.51 —/2668.a-— + 1064 .a° —: (2) n 2 da da? aN= — si Ù iii s db: d'ba d'ba +1972.0°- rai Lian er Ta! La forme du Ti terme qui se trouve multiplié par le meme cosinus est (a) NN e'’e'cos(Ipte29'4g) . è... (6). PAR M. PLANA 83 On trouvera maintenant (2 (3) (3) 2) (3) = 36.ad! - dA ina. a TA ago. gola 4 : 7 dada' PALIO RI. Pa: 2h A sd 2 (fe aa Gee ; 2 pete La TTI ci ife, Ci e: 24.a°a “ni 18.40 = SOA tan a = pros ds CANTATA 0) — 36. aa' -_. 1242. a —648.a dA 168044 d'a did PA d'A° 3,/ 2_l2 3 € 4 3-P r2.a°d TopriàU a Tag: T90-d a 216.a a agaai (3) (3) (3) (3) m' «d*d dA na: d°A4 = “que fa Lei v LIE da ° 708 + 126.44 A - + 540 .a' 2 1080.aa' Tag 197807 ; dan dA — 3888 va' “ali tatago, a di4° dA d'a’ PA Senta Ly 3 del 6 1 SE 84.a da?da Ida + 18.0 iron 672 a da?da' (2) I (3) (3) a puoi dA dA 768 108.aa 37 ——-+306.d PAL asra aa ada + 2448 T (3) (3) — 792. sani ca —5508.a dA ‘p:1108. SZ — 403924" A° ou bien 84 SUR LE DÉVELOPPEMENT DES TERMES ETC. dba dba — 53064. bi S43136; 21,3 +2088.08 de” 768 (3) (8) dba d'ba MAZZA + 1710.04 da ++. 192. d Tg 73 +6. © Te (14) Relativement au terme dont la forme est (3) N c'eicos(4p+29+9'); - |. . . (7) on aura ci ded da' dA 3} SSDUAL ad 1352. a dA 816. "ig 3 da*da' (4) (4) — 48 .a°a' LIZINENTI a LA 736.00 SEA (4) (4) ) È 1A dA (4) + 5888.d =— 4096 .4'—4+-32768 "A dada' (4) (4) ? (4) (4) (4) d*A d°A r_adA . 2a! pt 52. FPSS . f E da DST +3072. aa (4) — 24576.a di + 15360.a' CEST 122880.4 7 ' da da' (4) (4) (4) (4) i) 4 74 3 i cda dd 32.44 ana ricca ned n mi! da'das dat da'daò da SR ta 0 140 — 40 aa' see 9) (E Paine da I 1072. 96. 32768. 638 310na. 4° partant }5 10 7 Pi r7 3 04° Ata G Ri «LA Prg L'E 30 Ape * dada! dae das aes a da*da' Desa da 0) ; pag LA (4) di4° tar m (N (d sta a ea Dot 3 = + 96.a°a x 1696 . aa " 768.0 SE (4) + 13568. al4_ 4768. add, 38144. 4° PAR M + PLANA 85 dh I ,d° bi i A29020: b1+-21728. SAR Tg i alan 7 768 MIO (4) d°b » d'bs d°b: — 364 dig —TIO da 40% Tab Relativement au terme dont la forme est N.ee'*cos(4p+29+9g'). . è. . on trouvera (4) Q=— mn 36 .aa' i dai (4) Po di dA (4) Da a 3 -——960. di 6 DE 96.4 —+- 360.4 96 ; na 8 (4) PO pg Lo 120 gi 102 FAZI 10° 4 x 244 dada! * LO ha eda FAS-d da? 240,0 da'* 768 pg (4) Di si 7 I a I Los “4/ + 48.aa 3; 1152.4 7a 2298. d'a 16128.4 IO a ” (4 (4) hl 130° ata d' at € ada o FIaade — 163..a°a =; m! 3 (4) vi ] (4) (4) pr ZE LA : = — 28 20 Cai .a a D gl 2 a bi 768\+-288.aa'* 77 —I quis 900 apra, (4) 4) (4) | 1920 . aa' dA -+09216 dA 230 2 dd Sme E © rr ia bero agi EOS gi ; (4) 6. ail: 00 sO yglarra A OGG 6iaa L one i da?da' 3 4 dada" 9 q Cha '3da —768:a dada'* n m! dA 6 L= IM 4304; LA roy, di sd —3092 a 4 la (4) (4) qa dA — 6 al {ba «dada arie Ar 24596. a a 196608. Vv, 86 SUR LE DÉVELOPPEMENT DES TERMES ETC. Faisant la somme de ces équations on aura (4) (4) (4) d'A d'A agli È È «2 36.a°a!® 4-84 aa 6.aa e 36.a°a Dn +84 - E o (4) p4 DAL ta eat sedano (9) n' re dada'? Lai da° di di da' 3 ua 768 x (4) (4) Ù — 7980. aa' d n £4 .d°4 : dada' da? (4) (4) di dA + 57120. a-7729080. a ‘at 179520. 0 d’où l’on conelut (4) (4) 848.41 + B408a.a 21 agro se DL +0. ; dl m' : sde4 vela 74 e n — 708 3000.a'? #ài —- + 2400.a? 5P —— 2400. aaa | da di 5 (5) | + 54000.a n 8000 .a' 7 +-300000. 4 SUR LE DEVELOPPEMENT DES TERMES ETC. 88 $ (5) (5) (5) (5) UP a d' d'A * Alga RS TS Ah 3 ta A 0-7, ++ 120.047 — 400.4° —- ++ 1200. da'* —t—- tail dada? da* da'* 4 da? dada" Ta 368 (5) (5) (5) / dA dad di : , (5) — 12000.4° +- 4000 . a'* -—- — 120000. d — — 400000. 4 da da da? 2 La somme de ces valeurs donnera (5) (5) (5) 5 | 3 3 DE Gs d'A d'A d34 4 aa dida: 9 cai dada: +84" tra dada +0690-4022 dada!* x (5) (5) (5) (5) N cani o.aa! dA 00.4 Ural ida. dae pae 600 pe 7683 ro dada! "= da' 9 ; dada 79 "ada (5) (5) ,d°4 di dA +1520.a"? Da — 69600. «agg 1340. a' dat 102000. wp ou bien 65) 6) "ba 51000 hi L65I68: a Lo ee trugta: — 152000 .db: — 65163.a —: — 4220. 2 da 7 de 7 (4) m a N, digg (6) (5) 16) / Ndibb d'b» ‘ Vba + 920. Vai e SR rod. 2! Tae 4. De (16) Enfin, le dernier terme, dont la forme est Ne'e cos(6p+4g—G') (12) donnera m' O gar d° 34 sh: dA ctr da°° 483 4° Cana N aa 1 a da d'd° d'A° d'd° , 133 - 2°, SARA f I Canio da’ dal A da” agito dada ARRE = fa 3 7 BAI DIS8. a' sE 12225612 4° + 16992. ‘7a dai [A Si PAR M. PLANA (6) (6) (6) d' d*A GA Pra: 3} SEAL, 2-f TOA °—___ Vv m LA dida AGDEdia da*da' eta dat Siae — 7 468 (0) (6) (6) 7 dA dA i — 5616. a * 72970. a —25920.4 te a 1040. Pi (6) (6 (6) (6 mit DA IAN 14 Ta da dg Ia gg SO DTA DI L00 e da' (0) 0) 6 m d'A 2 , T=— Gi + 864.d'a I, —- +6912. ad ih 10368. Ed / 6 da, A + 82944. a at 297 736.a' 57 —, + 248832. o a partant 4° dd did DA" TARA, Pi 3 Ce | i dada 06 TA SOGLIA j +-444.a ap da' (6) (6) (6) _45) m! d}A N==— 768 + 432.0" 77 + 2216. da! o 4 4-532 8.a i dgio dA° + 26592. a, 9A +3768.. a'7 7a +49216.. Viù , ou bien (6) 2749) ATEI 41448. bi 1418392. a 2; 41780. Ti PE TOLGIANERI (C a 7 768 SO) d di 4 (0) (6) — 156.aî —L —29 podio: a db, da d da En rassemblant les termes que nous avons trouvés depuis le N° 10, on aura tous ceux du cinquième ordre qui peuvent étre donnés par la fonction que nous considérons. TOM. XXXVI M va d>4 da da' 90 SUR LE DEVELOPPEMENT DES TERMES ETC. S IV. Exposition d'une autre methode pour developper' la fonction Dim pra i Ya st m' = cosp—m'(a'—2a0'. copta?) ®. (* (17) On peut obtenir les résultats précédens par une autre méthode qui a été déjà indiquée dans le N.° 5: nous allons l’ex- poser avec toute la genéralité qu'elle comporte. Reprenons la considération de la fonction X (V. p. 65), REIT ; (A) et remarquons d’abord, qu’en nommant 77° ‘un terme quelconque de l’ordre ) appartenant au développement de cette fonction, on a (i) A) Macof d'Mcosis H = . i) Rella a ? also (de) * (de) en faisant pour plus de simplicité 2 A I0_I)QA—2)... Q-u+1) Ag and. DO o) et se rappelant qu'on doit, après les différentiations , faire e=0, e'=0 ; de plus, on aura l’attention de supposer égal à l’unité le numeérateur X(X1—1)...(X—p+1) lorsque p=o0. Q Do) ” . a — (i) È Cela posé , jobserve qu'on peut exprimer d . “M cosi0 par (È) a NAT i a UGLOO. (4 Mad. cosi9) ; en appliquant à la caracteristique 4 les exposans qui naissent du developpement du binome, et en ayant soin de remplacer la somme du premier et du dernier terme ; d’abord par (4. LA (cosi0)+( 4. cosìs Vi a (*) Cette méthode ne faisait pas partie du Mémoire présenté le 24 juin de l’année 1827: j'ai déposé le manuscrit qui la contient au Secretariat de l’ Académie, le 2 du mois de septembre de l'année 1831. f PAR M. PLANA 9I et ensuite par pela (i) o si 0 (è) pica (0) (9 RESSE i Md cia tota MI MEM A così0. Mais la puissance m du binome a +6 peut étre mise sous la forme (ab RT, Usi où la caractéristigue (?) indique, qu'on doit prendre la somme ° des termes qui resultent de la formule soumise à ce signe, en don- nant à {} les valeurs 0, 1,2,3.. . . n, Done, en posant vi OM) 0-1) Apa) nt) ì REL RN b 3 nous aurons, conformement à cette notation ; \— n \—u—B 6 (4. Mid. cosi9 ) io N (4. M°) x (4. cosi) ; et par conséquent : i —6b do 20 0)+0 X—w DV M° glicosio Pap DIO e î H ON ae (è Pai] ITA a eden a i Maintenant, si l’on applique à la !différentiation relative dà e le méme principe qui vient d’étre appliqué à la différentiation re- lative à e, on en conclura quen faisant pour abréger , MEER e OTIS soa . ? on a d-8-8) + (u—a) Ias dl + hr stila —B / A . h)... n= N56 DIG) sa. 61) N'4)y na) —X Ai | Lerininà (de) (de) * (de) (de') Pour former les coefficiens différentiels de M A je remarque qu’en deésignant par F°(7, 7") cette fonction de r et r', on peut DI 92 SUR LE DÉVELOPPEMENT DES TERMES ETC. écrire Me F(r, r')=F(a+r—-a,d+r'—d'). «—_Donc, en développant cette fonction suivant les puissances de n I. , (i) r-a,7r'—a', et faisant attention que /(a, d')=4, on aura m (i) OLONA rca ra dd A Gaza LR AR Mr ET a da 63 dad Ae! m—k Jp (E pourvu que chaque terme de la forme ne (da) (&—a) ii nad 4° 7 dv AW soit changé en (r—a)"(r —a')? CACCIA après le deve- loppement des differens binomes. Il suit de là que PAIS: a+ {ra ac deo A edi id === Mir corgi, nen Ù Ù ? (del. (delyto \el ao eo (de) (del) d’où l’on tire d*+8 MO co ELIO] gut, lara alte (1_a) ai fa 20 ACE ea an 0) ni ; (de) (de) © ti (de (da) (da ) (2) (A a E en faisant £L = rico Dani n esi o Il est clair que cette équation revient à celle-ci : d'1ENO co gel LO) Cal ra) 7 a 2 (om) ls Rane . x) m—_x Mg I: INT i aa (GRA Mais nous voulons la valeur que recoit ce coefficient différen-' È tiel lorsque e=0,, e'=0; ce qui donne r-a=0; r'—d'=0; donc la plus grande valeur que puisse avoir m est le plus grand PAR M. PLANA 93 des deux nombres &', {/; et la plus grande valeur que puisse avoir x est le plus petit de ces deux mémes nombres. Ainsi, en ad- mettant que <' surpasse f8', il viendra ; dit i as L a! mae XxX B' d'(r—a) d'(r'—a DI 8 ZL S(m) ari 3 (2) rare Xx “ME LEA i fe? (de ea (del) : Rada) (da) (de) ( de') Soit 2 l’anomalie excentrique ; on aura r—a=—a.ecosw; ra =—ad'.e'cosu. L’application de la série de Lagrange à V'équa- tion de Kepler donne (en écrivant simplement né au lieu de ntt+te—9), a. f sin nt (cosnt) ‘ne ed È À m_Xr=-1 = / SN NÉ snt) ndt a in°. n6(cosnt) (e cos ) set (m_-x) ene + e*d* . Di M—LTI seg Sani. in°. n6 (cosnt) ndt LA ( ) 3 d3 > pray RO MAMI f sint.n6(cos nt) ndt I A39i rd + etc. De là il est facile de conclure , qu’en posant, pour plus de simplicité : n =(sinnt 0 slo Sep (cosné Neto ; = sinn'6)} Dr: (cosn' Neo on a (lorsque eo, e =, b) d* (ecosu)-* (mM (1.2.3... EC dea (def I.itsial Pe a'-m4x eee Li dÎ (e'cosu)© x .(1:2.3..B), di pi e)i 1.2.3.. f'—x Done en posant, pour abréger, 94 SUR LE DÉVELOPPEMENT DES. TERMES ETC. p'2 a(m_x) (123 aa (1.2.3... q'—m+x)(1. 2.3... fax)? nous aurons cette formule générale pour calculer les coefficiens @ differentiels de Ia fonction I, savoir: # 1 d° +80 (2)... RS ef) o das Cu, (a) (a ) “i SE do C!7Mm+® E dB+%y 3 (m) ru Cal”. IRE TE TE re i DE PRO DR) (da). (da') (ado: CIÒ + (18) Considérons maintenant les coefficiens différentiels de cosi0=cosig'. cosiv+siniy' . sinzo . D’après cette équation , il est d’abord clair qu'on a di cosi? _ AR d* cosi d' siniv_, d°siniv' Rd MIA Cela posé , si l'on imagine les forictions cosiv, siniv dévelop- pées sous la forme . cos iv=cosint+eP,+e° P,+e' P,+ ete.; siniv== sin int +eQ,+e,Q,+6;0;+ etc.; où P,, P, ete.; Q,, Q. etc. designent des fonctions de nt indé- pendantes de e, on en tirera immédiatement, lorsqu’on fait e=0, après les difféerentiations : dicasi ESE —— (12.3... B)Pg ; n —è. 2.3... 8)Qg - (de) (def Les mémes séries donnent les valeurs de cosiv' en y changeant e, n en e', n'. Donc en accentuant les lettres P, Q pour indi- quer ce changement, il viendra 3)... == (12.3... @)(1. 2. REC) PyP,+Q0,}; PAR M. PLANA 9Ò de sorte qu'il ne manque plus rien pour exprimer, en general, le coefficient n°. (19) Relativement aux fonctions P,, 2, etc. Q,, Q. ete., voici la manière de les exprimer avec un grand degreé de généralité. Une légère réflexion démontre d’abord, que la forme du développement de cosiv doit étre celle-ci : Soit g=nf, on aura (4)... cosip=C,+C,c0os9+C,c0529-+C;cos3p+ ete.; et il ne faut pas perdre de vue qu'ici, 9 tient la place de nt+:— a, et 0 la place de v—a. En multipliant par dg les deux membres de l’équation précé- dente , et intégrant ensuite depuis 9=0 jusquà g=27, ilest clair qu'on a 37 2. I : C, = — A cosip.dp. an (-] En integrant par parties le second membre de cette équation on en tire anC,=9cosiv+i f gsiniv. dv. Mais les limites de v sont les mémes que celles de 9; partant nous avons 27 C=r+4 Sg. siniv. do è on D’après les formules du mouvement elliptique, on a È SE TRA: du Qquu—esinu; d=YiTe. ; I — ECOSL cosu—e F Vi—e?.sinw cosv= —_- ; sings Sie] I-—-€@COSU 1—Ccoswu Donc en faisant, pour plus de simplicité , cosu—e ; I—e?. Sin cosvo=P= —__-; IRR id SETE : I-@eC0S% i I—@COS4 96 SUR LE DÉVELOPPEMENT DES TERMES ETC. et observant que i y' (P+0V=) -(P_0V2). A siniv= nous aurons 27 îVi=e: fdu(u—esinu) Tl ; (0)... C=t+EaRil ZZZ (Ne P_i |. 4rY—1 I —CC0S | Cedo ( Q ) En multipliant les deux membres de l’équation (4) par coskg. do, et intégrant ensuite entre les limites o=0, g=27, nous aurons 27 I 3 ? I c,=1 / cosiv . coskg . da i mx ° pui ia $ i L'intégration par partes donne Cie Ta costo . sin kg +if sinkg. sin dp . idv ° Mais le premier de ces deux termes devient toujours nul aux deux limites; partant nous avons 27 C, = / sinke. siniv . dv ; d’où lon tire, à l’aide des aa précédentes , ha ii siae ; : ae feel (Pu QVZ1) —(P_QV=7)}: Considérons maintenant les coefliciens de l’équation (7)... siniv=D,sing+D,sin29 + D; sin 39 + etc. En multipliant les deux membres de cette équation par sin kp.dg, et intégrant ensuite, depuis g=0 , jusqu'à g=27, nous aurons 27 » Di = 2 sini. sinkg . dp. ‘ En intégrant par parties on obiient PAR M. PLANA 97 rica. nf, =" i siniv.coskp-— / cosko.cosiv. idy 7 ì Mais, aux deux limites de l’intégrale , le premier terme de cette expression conserve la méme valeur; ainsi il est clair que i 27 i : Di= 1 S coste . cosip. dv; d’où l’on tire 27 _ Vr RA, pn ov—\.p_0v—il (Reg 2kr Le cos Tal SE der En substituant pour P et Q leurs valeurs dans les formules (5), (6), (8), et faisant, pour plus de simplicité, = cosu+)Y—r. sin ; U!'=cosu—Y=r.sinw; ili RES] rm IRA E MT I+Y1—e I+-Y1—e: nous aurons LT iVice du(u—e sinu) DR De a+. / (1—ecosu) | (U—ey )-(U'-er I ; i 27 iVi—=-e? du.sin}ku—ke sinu} U E Di Ara ene= —— . i Seo DIZcr! A (10).:.C 2krV=1 (1-ecosu)t ( i ) 3 » o 27 Vie? du.cos)ku-kKesinw} (mi Dee (We PY(W-ep" 3 È MAFIE. i+I 2kr È (1-cosw) Pour faciliter le développement de ces fonctions suivant eles puissances de e , on remarquera qu'en faisant G9= SI ona (U—eV)=(U'—eV')= >» G° e {[cos(îy)wY=tsin(iy)u]Z*{cos(iy)u-y=tsin(iy)]7" | - Tom. XXXVI N 98 SUR LE DÉVELOPPEMENT DES TERMES ETC. e rey ira Vice: plot) (do SIA 1utdr. Maintenant si l'on fait E = nous aurons VA (3) 3 E y: (2) (5) => T E (V=1) sini; METER all (— 1)(P=r)sin È ° et par conséquent (12)...(U-e/)=(U—eP')= i (9) yY 5. (a) E: z Z(») G ccos(i—y)u. ZSvE T =) (VET) sini : (00000 G o) 3; (5) 3 CLANSHI +X>»G esin(i—y)u.X@ET lie(-1) ya) sin°w . Relativement à la fonction £ , on sait que (i et les trois fonctions u—esinu sin A(w—esinu) cosk(m—ecosu) (1—ecosu)*? (1—ecosu)* ? (1—esinu)? ? il ne sera pas difficile de les developper suivant les puissances dea e, en posant = (43) VAI) CS ete 2 di (1—ecosu) =1+(i+1)ecosu + *in ) k°e?sinu k'eisin'u sin 7. k(u—esinu)=}1—- —T_+ —-1— eto. ku COS io PAIA (A COS | a kieSsiniu cos x. Kesinun == aero etto. = denza | sa Ì ao sn Les valeurs speciales des limites entre lesquelles il faut exécu- ter les intégrations précédentes donneront lieu à des simplifica- tions ; mais je donnerai ailleurs les details relatifs à cet objet. PAR M. PLANA 99 (20) Avant de finir ce paragraphe je ferai remarquer, que les coefficiens du développement de la fonction peuvent étre expri- més d’une autre maniere à l’aide des intégrales définies doubles. En effet , soit R=H, . COS ie eteri, un terme quelconque de l’ordre ) renfermé dans ce développement. En multipliant par cosj(X—i)ge —9}d9 les deux membres de cette équation , et intégrant ensuite depuis g=0 jusqu'à 9==7, il viendra da { SR? =ql "ATO 2()—-î) LN AETO Jhreos ia Deo de=—IH . Figi Sta: sin (io 9, ): Maintenant, si l'on maltiplie les deux membres de cette der- nière équation par sin(i9' la] ! ‘ a nAÒÌ m 1 Ore 9, )dg' , on aura, aprés avoir integre entre les mémes limites o et x; CESDIEAE SE ear > tg sin(i0' 200 fa Tpcos En faisant dans ceti formule A=0, on aura pis ii) far sin(io'—9,) VA pour l’expression analytique des coefficiens de l’ordre % apparte- nans aux termes semblables à ceux de l’ordre zéro. On sait d’ail- leurs, que la quantité constante représentée par 9, doit étre de la forme pe+p'5'+p"Il; p, p', p' étant des nombres entiers dont la somme p+p'+p" est égale à X. On peut aussi imaginer la valeur de / developpée dans une suite infinie de termes périodiques composés de couples de la forme Acos(ip+i'd')+Bsin(ip+i'); dans lesquels i et i' désignent des nombres entiers, et 9, ' les longitudes moyennes des deux pla- nétes: alors on aura R=2)} Acos(ip+i'g')+Bsin(ip+i'9') 100 SUR LE DÉVELOPPEMENT DES TERMES ETC. Ù Donc en multipliant les deux membres de cette équatioh, suc- cessivement, par cos(ip+i’9'). dedd' , sin(io+i'g'). dedg', et inté- grant ensuite entre les limites o et 27, on obtient 27 27 A.2n°= dp | Rcostio+i'0'). do; ° 27 27 Bb uarnt= dg f Rsin(ip4i'g).dg' Relativement au terme du développement de R qui répond è î=0, è =o, il est clair\que, en le nommant 4,, on a 27 27 4=7-/J% {ndo 5 3 Je ferai observer ici, en passant, que la fonction des élémens des deux orbites représentée par 4,, pourrait servir pour com- poser , sous forme finie , les équations différentielles propres à dé- terminer la partie séculaire de la variation des élémens elliptiques des planètes. Cette maniere d’exprimer les coefficiens du déve- loppement de la fonction RA est tout-à-fait analogue è celle que D'Alembert paraît avoir employée le premier dans le 2. Volume de ses Rech.° sur le système du Monde. Depuis, cette méme mé- thode , a été appliquée avec succès par MM. Legendre, Fourier, Bessel etc. Et M" Poisson ( en 1816 ) en a indiqué l’application au cas particulier dont il est ici question. (Voyez la page 50° du 1. Volume des Nouveaux Mémoires de l’Academie des Sciences de Parisoy rali Il sera utile de consulter sur ce point l’analyse publiée par M» Mansen dans les N. 168 et 179 du Journal de M. Schuma- cher: et surtout plusieurs Mémoires de M." Bessel qui ont un rap- port plus ou moins direct avec ce probléme. PAR M. PLANA IOI SV. Developpement de la fonction 2 a y? s 28 —- m cospat. m'aa'cosp.(a'—2.4a' cosp+a'?) * a 2 y P da + m' 5 cosp—L. m'aa' cosD.(a*—2.aa' cosp+a'*) ? 4 (21) Soit =, et ia ORIO (1—2.acosp+ a) = - bi4+b3 cosp+b3 cos 2p+ bi ‘cos 3p+ etc. Si, conformément à ce qui a été dit dans le N.° 2, on repré- È. O a 7 : sente cette série parle symbole —2d:cosip; la fonction qu'il s’agit D 2 de developper deviendra équivalente à et a: m! 4 cosp+£. ms bs costi+1)p 4 42 i 2 2 f (0) È ? Tm LAS ii .m 7e0sD TG Le cos(ip+D) ou bien è y 1% T ua —_L.m % cospte L. 2 = n 5 Bcosip 4 a 4 5 (G) # 4 (1) Ho si pl. £ cos De d .P >Boos(ip+ 25) 4 a' 4 en posant (i) O) RI08 MILE sant+e—II, Wo: et remarquant que ip+D=(i+1)p+2s . 102 SUR LE DEVELOPPEMENT DES TERMES ETC. La fonction (G) donne immédiatement les termes du second ordre qu'il faut ajouter à ceux du méme ordre obtenus dans le N.° 6, pour avoir tous ceux qui sont rapportés dans la page 12 du Tome 3.° de la Mécanique Geleste. (22) Pour avoir les termes du 3. ordre, il suffira de developper la fonction (G) suivant les premières puissances des excentricités e ete', puisque, étant multipliée par y°, elle est déjà du second ordre. Mais, en employant la formule qui donne la valeur. de (N. 2) pour developper les trois termes m' 2% m' 20 m' (#3) yi —.—-cosD; — . YBceostip 5a! o ag! 2 Po il est aisé de voir quil n’en peut résulter aucun, renfermant la quantité 5r'£— 277; par conséquent il suffira d’avoir égard à la fonction 2 (iI) dsl x Beos(ip+25). 9 Cela posé , attribuons d’abord à s l’accroissement cos(ip +25) deviendra cos(ip+25)— 29, sin(ijp-+25)+ etc., partant on aura à développer la fonction A ri) y nl _ 60 (en RIA 2 Bcos(ptas)+{. 29, .3Bsin(ip+2s) È en y considérant s comme une quantité constante. Comme 29,=4esing+ etc., le second terme de cette fonction est du 3.° ordre; il suffit donc d’y supposer #:=5 (la seule valeur de è qui puisse introduire l’argument 5n'#e—2n6), et l'on aura ey? (4) —<--m'Bcos(5p+25+q) Me SERATE); Si l’on prend è positivement et négativement dans le premier terme de la fonction (4), on a Y ue (1) )? m! (i+1) rn Z Bcos(ip +25). 3Bcos(ip—25). 103 il est clair PAR M. PLANA Pour deévelopper le premier de ces deux termes, qu'il suffit de multiplier par -L la valeur de P (N° 2), et d’y (è) (î-1) changer 4 en B, et ip en ip+25; de sorte qu'on aura (i-1) DI (i=1) SE U/ dB y m mr IP cos (p+as)— Dl nda 77 cos(ip+2:) = (i=1) ©)? ff “n Sessi a LL cos(ip+25)+ 7 ce LA —y,)X >EB sip 25) 2 Maintenant si l’on fait u,=—ecosg; u)'=—e'cosg'; v'—v,=2e'sing'—aesing, et si l’on observe qu'il n'y a que les valeurs i=5, des termes tels que ceux que nous. cherchons, on obtiendra i=/4, qui donnent (4) ey? dB (4) i a +10.8 | cos(5p+25+9) = ( 3) +e la “i 8.5 CO A A) slm! a Le terme È — XBcos(ijp—25) men peut donner aucun; ainsi la valeur CORRA de P, réunie au terme désigné plus haut par («), c’est-à-dire , la fonction S.mlat dB SE B' ‘ {cos(5p+25+9) 1.2 15° + m' a 8. B * {cos(4p+25+9') représente tous les termes du troisiéme ordre qui resultent du développement de la fonction (G). Mais nous avons i i (3) >_ (3) B= MY) 3 B= La 3 = 2 4 2 104 SUR LE DEVELOPPEMENT DES TERMES ETC. (4); (4) (3) (3) dB'i a /j0 dbax. ; dB 7, 0 = dbs _— bs OE a ( di Ar —=—---[2bz+0% > ); da a 7 de da 2 7, done, en substituant ces valeurs dans la fonction précédente , on aura 0) Img G ey cos(in't-ant+ ddl —26—5—2I ) (2) + Ge'ycos(bn't-ant+ 5 —2:—-59'—21I1), en posant i na hs; i 0) (1) (4) dò 3 ce a. Mm db 5 Y x "a _ Gee mf 3a. 3); G=-.— o..dD5 40 “e FANO i ome: GTO 3 da da Ces termes coincident parfaitement avec ceux qui leur corres- pondent dans la page 23 du Tome 3.° de la Mécanique Celeste. (23) Passons actuellement à la recherche des termes du cin- quième ordre. Il est évident que l’on aura ces termes en développant la fonction (G) suivant les quantités du 3.° ordre relativement aux excentricités. Mais avant d’entreprendre ce développement, nous re- marquerons que la partie nf 2 x u — si AN i cos p+ ROM 4 a' a' 4 de cette fonction n’en peut donner aucun; ainsi la question. est réduite à deévelopper simplement les termes yi m' ra, Po m' (i1) ’ cugtr 3B Sn: 2Bcos(ip +25). A cet effet, attribuons d’abord à s l’accroissement v,; cos(ip+25) deviendra cos(jp+25) — 29,sÎn (19425) —29,°cOS(ip +25) + do osin(ip+2s)+ete; partant on aura à developper la fonction (P,i PAR M. PLANA. To , (1) (i-1) Pt. vi aiar) nj2 (i-1) +4: Pro 3Bsin(ip+25)+L.£ _ .. 40 EB cos(ip+ 25) >... (K) 2A LA »3Hsin (1p+23) en y considéerant s comme une | quantité constante. (24) Cela posé , commencons par développer le premier terme n m! (im1) . 3B cOSip . 4° _Si l'on prend ? positivement et négativement , ce terme devient egal à » , (i1) (i=1) i La B +B )cosip, et le signe E ne .s’étend alors qu’à toutes les valeurs entières et positives de 7: mais en lui donnant la forme (i) po È - de Eri: (8°+ COS” , on pourra de nouveau donner à 7 toutes les valeurs entières posi- tives et négatives. Maintenant, si l’on compare cette fonction avec celle que nous avons développée dans le N.° 9g, on verra: 1.° que la fonction qui resulte de son développement peut étre inise sous la forme 0) | Î 1) y? M'e'cos(2p+-3g')+IM'e''ecos(3p4+29'+9) 8 (a) ) + M'ee cos(4p+3q9+9g)+M'e SRI (2) (3) ° que l’on obtiendra les valeurs de mu au, M' pi Men b AI (9) changeant les signes des premières valeurs de M, 5 "M 3 Met ei Gm (+ 0) en écrivant 8 + 8° è la place de 4; de sorte qu'on aura Tom. XXXVI (0) 106 SUR LE DÉVELOPPEMENT DES TERMES ETC. . la sal) lia) Col india dB AB HO w —236.(8+2 bia ICE A ) . 48 O) PRI VERO ba (Tia d°B° gara pa dn i) da3 da ) o ‘Page de 001 (en sk fi LL a) [Ada Tagli (1) 2 M'=— dd la dr +51. (a È - Da +6. i crea DL is (2) (4) dB dB dB d*B bip pino Mb i Mn 13 | ha \- DCO PO a unica (Bo AI, ) sa, ri) (3) (3)° ,_(:(5) dB. Z 3 248 ‘1 M' "16, \e DIA +e) le ire RIA Menti, Ab de g ig apo i dada! n dada! agi dada! DE da*da' ) ip pia; dr i, mA gie o si , dB Ca dB + 24. (eT ca (È Te O da = ) Pi (i) (i) F En se rappelant maintenant que B=— abi » Pon en tirera —; = i (04 fu dE beta Dar x ( (Ò) io ); eri PAR M. PLANA 107 ì (i) (i) i dB e (de di A, a pori MI STE ro E, lid Biba /2 6 Wos/nidips ye a' Ehi va (605 6a 7 2-4 & d 72 ) b) (i) i (è) (i) d° a () dbs d°bs ! Aestg elle cora aa dad 1" (abi 407 2 = & To” ) ’ diidalo ab E TO E (i) ti) (i) d*B x ©) db 3 d' pa Ldibs PETALI 124° dai + ai da 32 5), DE: dba dba na A a da (627 te bat e ala (i) d? Di 3 d'hs ): att — 2 (6% bonne apri ‘ad Fei ’ ce qui donnera (3) 590 ( bi she ) 4255 (ad abi i ) Oy sh Fd) M — TOA 1) db ( Lips + Soa e A toi) | SEE na d'a E IC ,d 3 db) (#4 O d°05 [eso (dti bip o ei sa (3) (3) 580 ne 1 234 (23 dee SOR da al'=— 16 sas (elia e i) (abit) da t08 SUR LE DÉVELOPPEMENT DES TERMES ETC, (4) (6) i) ix db:8 4% db 3x7 554 (6545 ) ( pena Sinne 4 Fa > SRI n gta” a e _—- ( 6 . + (eta i) (agli) Fr) m! (i-1) £ (25) Le second terme ir -— £Bcos(ip +25) de la fonction (K) donne . (1) m' (i+1) TL 3Bcos(ip+as) =." EBcos(ip—25) 2 en prenant è positivement et négativement. En appliquant ici les va- 2 ni (î+1) leurs de ?, Q, S pour développer le terme — 3 — 3Bcos(ip— 25), on voit qu'il n’en peut résulter aucun de ceux que nous cherchons. En effet, les argumens, que les quantités w, , u,°, 2, «/ etc. renfer- ment parmi les termes du troisième ordre sont 9, g',29—9', 29'—-g, 3g, 3q', 29+g'; 29'+q: or il est évident que , quelque $oit la valeur de i, aucun d’eux ne peut donner 5n'#—2n£; étant ‘ajouté ou retranché de ip—2s. Il suit de là que nous aurons à develop- 2 A (i+-1) per seulement le terme mei Ps Bcos (ip +25), en y considé- rant 7 comme un nombre qui ne peut avoir que des valeurs en- tières et positives, Les argumens qui dans le cas actuel renferment 5r't— 2n£, sont Pp+ 2549; P+2549'; ip+25s+29—9'; ip+25+29—-q; ainsi il est nécessaire de calculer les termes du troisième ordre des quantités w, ; w,°3 w/ 2; etc. en tenant compte seulement de ceux multipliés par le sinus ou le cosinus des angles g ,g', 29 —9) 29'—q, ce qui donnera les résultats suivans : u,= 3 cosg; u'=ae'’cosg'; v/—v=—, e’ sing' +le sing ; 8 i ; 4 PAR M, PLANA ii fol VELE 109 3 e'3 ALE oSg ; u*=z— —c089'; . 5 5 ) 5 2) Ù la Ri (o/—-v)= ze/c0sg+7 e'* cosq ee Foxag 9g) see cos(29'-q) ee'? cos(29—g9')+ n cos(29'=9); u'= Cono: 4 ade SA Da Po: 8 q 2 q 4 , VARE, (I SQIENDA, 5 12,3 Ù e°e' . } uv) =—-ge sing + e°e sng—gz0e sin(29 —q)+— sin(29 —q ) 3 ee? u,(v/—v,)= Ze"’sing'—ee' °sing i e?e'sin (2g—-gq)— Ty sin (29'=q ) ; 3 uî=—7e'cosg; ul*>=—e''cosq'; 4 (9, —o,) = —(6e°+12e'*)sing+(6e'*+12'e*) sing' — 6e'*e sin(29'—-qg)+6e'e*sin(29—9'); tal dol urul=— - cos ir cos(29—g'); fa la La ee ee i uu, — —— cos ira cos(29'—g); e) ere. uo —o, )=_sing+ee' sing'— 2a sin(29—9'); eg? ee u'*(e/—v,)= — sing —eesing+—=sin(29'—9); ta 339 / u,ui(v/—v)= _ sin (29 — 9) —sin(29—9'); u,(v,' o, = (e°+201")cosg+ee'?cos(29'—q)+ 2e°e' cos(29—9') ; us(e/—o,)})=—(e''+2e'e°)cosg+e*e'cos(29—-q')+2eecos(29'—9). Cela posé , si l’on designe par -L(Ne4N.e0° cos(Ip+25+9) 8 1 N pP wi q 3 le premier terme du développement de la fonction que nous ana I lysons on trouvera que , dans le cas actuel, les fonctions P, Q, $ P== Io SUR LE DÉVÉLOPPEMENT DES TERMES ETC. ont les valeurs suivantes : (4) 3 (4)) emi 3a diro. B DE ” (4) ì e (20° Vo) VR ALe B ) m | da? 16 Pio i fa , al“ FIaes (4a Tr RR a €) (4) (4) e (ati oa no i dB (4) m' da3* ° da di a d'B° dB 6 + ee'? Crt sa d'i__ -+-200. ‘a24 20008 dada'* da' da Il suit de ces Sa que l’on a (4) in' d3B d »p' dB calare i — 740. B' > (4) di Bi sid :p° d°B dB 24 la > ACI RE w a? ra +20.4 EB 4, ad reed ld TLV META (4) ? 10 (4) + 40.d' cio, — 2000. da' ou bien MO), (4) db Ph db N=-22(- —808.b=—44.a£ dr 5.a Sb La pb Yi a (4) (4) (4) Ù 2 3 IN=—23(— 2156. bs —100. abi 3g DD daga ba 16 da da? da 2/2) (a) 4 Ne?4N, ce) cos(4p+25+g") 4 ): la forme du terme qui suit celui que nous venons de considérer. PAR OM. PLANA © 111 Dans ce cas, on aura (3) FI] dB " i \ ì dlgs #5, Pa Pà di }34 dn 8 B ut i LA db >} è (4 dB =; SL ad da LI si de IR Bi )+de (4 ad dada — BO Sa x (3) oi e* ( TT7+8 Por + 64 is 4D iS ri rs 10 pp PR (3) o 2, Rave 2_.l Ù Te | E 4 B +e ( 2.0°a Tedatno a 8.a gg 1024 d'où l’on conclut È PB 1B° 1° SIGLA e Va oc = le 0 a 907 +080.B sE, ( (3) (3) (3) LO 16 ig +4. aa' tra 2 co Roy PR da? taadalii da N=Tg6G ‘ (3) b) — 128 ne 1024 Ri 4 128.077 + 1024. ou bien (2) m'a DEE È pi ba - d 5° d =—-G 8 db lit ii 3 A ol ui +2 da Dc PE das o); N. (a) m'a 7 a) 36.4 E 3, dbi Pia: a] Se ngn 1240. + c di 2 Ra) Relativement au terme dont la forme est x. Nee cos(6p +25+29—g'); on trouvera db Side a Ji 112 SUR LE DÉVELOPPEMENT DES TERMES ETC. 3 2 aa db, +12. PRA] aa Lo A00071 a' Tr vin mo da*da’ da’ Sg (5) (5) + 288.a 22 41728." et par consequent dB" si di (6) = ee fa. iii Pu 3648 i LE 2. Qu a) a) ae e ir pece e (5) dB (5) + 114.477 7 13608.B ou bien {5) dbs dba dba a N=—E%(-13 6.05+80. Catimini der 7 da° da È Enfin, relativement au dernier terme dont la forme est 2 (4) S _ ni ee'* cos(3p+25+29'—g), s on trouvera lizziol: I FISSO 18° 130 di = ILA la e Lario = dir ia ù n ar 16000204 Tara TOA da 13: Ta +9°-P i; ) (a) d'B , dB sd dB (IR m e” dada: 1 !? 1% dada! Adel da SÙ 1B (a) — 36.07 +216. 2 partant 2 dB ‘ «PAR: M. ‘PLANA:*/ "i 113 (2) (2) (2) Ia d°B 6 pe Be 14 aa d° B wi he dada 0° dal °° dada re gi (a) (a) ) d +51 aa 17 --306.8° B ou bien (a) (a) (4) ni 4 dbs db: : d°b3 lg cor dé daò (26) Occupons nous maintenant du développement de la fonction an Mz — 425. b3+5. a. a? 2 / 1) £ È n. 20,25 sin(ip+-25). . . . .(b), + qui forme le troisième terme de celle désignée par (K.). En rai- sonnant, comme dans le cas précédent, on verra qu'il faut prendre pour è les valeurs entières et positives seulement. Cela posé, si l'on substitue à la place de 29, sa valevr S Sr Bir DS SIE 4e sin q+3e sin 29 — ge'sing + Te sin 39 , on pig que la fonction (2) se réduit è n)3 (im1) ’ (i=1) L. he 4e. DL >Beos(ip+as—g)—L. de he. 2 >Bcos(ip+25+9) y? 5 (i1) mi! (i=1) . sm i sm scs (pas +29) + TL 3 =Bcos(iptas+9), en omettant les termes qui ne peuvent en buo 0 aucun de ceux que nous cherchons. A m'y? (1) i Le premier terme 7 02Bcos (ip+25—gq) donne par son dé- veloppement la fonction (4) ey (| dB" dB CLI dii + 18. (Ao. B Ycos(5p+25+9) (2) (2) e''eym' r ,,d°B dB O) SE CN (& da? 4 ad TTT! .B )cos(3p+25+29/—9) (3) (3) (3) e*e')°m' d*B dB , dB (3) ’ + (2.ad IA 16.4 x 16.4 = Par 129.5 )cos(ip+2:+9)) Tom. xxxvI P 114 SUR LE DÉVELOPPEMENT DES TERMES ETC. ny2 (ERI i Le second terme — "i m'XBcos(ip+25+q) donne la fonction (4) (4) (e a lE + È ) c0s(5p+25+9) * da da' eym' ‘8 (5) | een al .B° Lab , dB | ri Tuo tua Voda et do 41920 DA ar 144. B Iper e-e')°m' ito A si COLE (04 EA, — 8.a di 8: +64. B eta, (1) Le troisièéme terme — 2 res Ds Bcos(ip+-25+29) donne le terme (4) 5.m'y°e dB _ ; tesa 64 ( — 4 da t!9:P ) cos(ip+25+9) (5) (ld = ID B |) 005 (Gp+2s+24—9 ) i : ib e GA) Enfin la fonction ui Po I sBcos(ip+25+9) donne le terme 2 E “em! B cos(5p+25+9) . La somme des termes que nous avons trouvés dans ce N.° donne un resultat de la forme (1) (1) (2) mp Y{Ce'+-C,ce'*}cos(5p+25+q)+Cee'cos(4p+25+9') 38 (3) (4) 4 + Cece'*cos(3p4+25+29'—q)+Ce?c'cos(6p+25429—9') où l'on a | (o rp 1B° È n) 48° | C=12.4 2 + A ee : C,=—-48.d' — | da da da' ) PAR M. PLANA rIÒ dal ; (2) (2) (3) 2 (2) pa a TE — 168. Fabia BE: (5) (5) (5) (4) d*B dB dB 5) ' ab i REA x C=—24.aa Tia 288.43 258 477 39gG0h At; ou bien dCZ2 1810. b3+222. Pelo d È Dot] ; da da? ETA la. pai | ; (2) a'C=z-=— 3840 ba + 384. Ue, —___ (2) (2) a) @) d°bs a CZaf1020. b3 + 240. a Di pra. a. de | (5) (5) (4) è d'C=— 2820. bi — 66. Ap a LO; i x da (27) Pour avoir les termés qui resultent du dév eloppement de la fonction m' (RS) e 7 —. 20, 2B cos(ip+25) on y fera 20, = 4e'—4e°cosaq + de' cosj—-5e'cos3y , ce qui, en omettant les termes inutiles , donnera n! (1) a 0* Un (i1) ve — SBcos(ip+2s) 1 È XBcos(ip+25#42]) 2 a ì TRI a 1 XB cos(ip+25 "0 (p+25+-9). 116 SUR LE DEVELOPPEMENT DES TERMES ETC. Le developpement de cette fonction en donne une de la forme I (2) 1a K e' cos(5p+ 25+-qY)+ K e'e' cos(4p+25+9') ca (3) ) 4 +Ke?e' cos(6p+25+29—9') et on trouve aisément 4) (1) mi! (4) 2 — a=— +55 -4B È da (a) JB0 a) a m N =——(20'-—32.B ); 2 da ) ou bien, ; 55) _ (2) (3) dK= mn. 2 (20. de: +2074); (3) m' (5) de ad K=z—-—.a(—20. RIESI 2 a da a 8) Enfin le dernier terme "y2 / ; 4 4003 Bio RR 2 de la fonction (K), donnera le terme m! (4) — ye 56 3 e cOS(Ip+25+9). (29) En finissant ce paragraphe , je ferai observer que, d’après la fonction designée par (K) dans la page 105 , la fonction pc —- (cosD—cosp)} -(1—-2%. cosp+a:) 7? peut étre mise sous la forme R PAR M. PLANA i 117 20 2A . $ — 2(1-—cosas) — cosp —2.—; sinp . sin 25 a a TI v m' È MA - 5; (i) __Gt1) i i (K > DOGE Cena +} 1-(1-29,°)c0525+ vo3P, )asinas >(B+5B )cosip i—1) (i+1) ( +] (1-29,°) sin 25+ (0-30?) 2C0$ 25 i>(B —B )sinip lorsqu'on neéglige les termes multipliés par 9, 0,° etc. Il ne faut pas perdre de vue, qu'ici, on peut donner à i toutes les valeurs entières positives et négatives, y compris zéro; et que l’on a sa=nt+e—II; B=THR. a Pour faciliter le développement ultérieur de la formule (K'), jajouterai, que l'on a 2 È j I (1-29) cos25+ ( Vv, 3") asino I aaa (2e-7© ) cos(25—9)— (2e— 70 )cos(as+ q) : p A 7 e cos(as—s9)— e c0s(25+29)— CA e'cos (25-34) —Le'c0s (25+39); (1—20,0)sina5+ ( (ini 3%) Na cosina (1—2e*)sinas— ( 20— 3 e' ) sin(2s—gq) + (2e- "a e' )sin(25+9) 59 12 DE aggate : a +7 e sin(a5—29)+7 e'sin(25+29) +3 e'sin(as—39)+ esin(25+39) . Il est presque superflu d’avertir qu'on pourra developper chacun des termes de la fonction (K'), à l’aide des. formules qui deter- minent les valeurs des fonctions désignées par P, Q, S. 118 SUR LE DEÉVELOPPEMENT DES TERMES ETC. S VI. Developpement de la fonction sE St . (cosp—cosD) > fa .m'aa') (cosp=cosD). (a—-2040' cosptea'* ) -) inlata?. {2+C052p+cos ci E cos 2(724+—Il )} 4 (a'—244' cosp+a'*) (30) Ici, comme dans les cas précédens , nous aurons égard aux termes qui peuvent renfermer l’argument 5r'#—2n7. En négligeant en conséquence la partie de cette fonction qui n’en peut donner aucun, elle se réduira à 3 -} TE m'y'icosD.(a*—2ad'cospta'*) ? 9) —} asa m'yi aa’ {cosa D—2c0s8s'—2c0ss} (a-—240'cospta') È, en posant san't4—I, sent+e—Il. Cette fonction se transforme aisément en 3 7! (im1) 9 63: —3B cos(ip+25)—7 pourvu que l’on ait soin d’omettre les termes inutiles, et que l'on fasse m' (i-2) : Tad — ZCcos(ip+4s), GR pa 0 ==; col Bis ; = bs. 2 Pour développer ces deux termes, commengons par donner à s l’accroissement o, ; en s’arrétant à la première puissance de cette 19 quantité , on aura PAR M. PLANA 119 dn STO ia, Fat x unic aizieiicos So a B ER > sta cos(ip+4s) 3 Cha lia TI L al o, Udo, sin(jp+25)+ dre pt sin(ip+ 45) - Cette fonction étant developpée suivant les premières puissances . des excentricités , en donnera une de la forme “ Ba Crcar core Pea past) m'Y +P AR —q)+P (CCM et l’on trouvera (3) : (4) (2) 8) foogeli cao È Di | 3 2 da 8. da' (3) 3 I Vor (3) Li e fo i i i e }ia ie 128 ada 4° ou bien 3 i E 0 3 di Aus | 4 D 3 z MISANTE, È a P=— es(b3 + a ahi ea (10. b5+27,°)! (3 do (hoR Mii 7, î LZ à 2 ; CIO a P=3%G GIURA pero a P=TE ela (gbs—e 2) ; (Que (i) I (è) | en vertu des équations 8 = —, LARA ; == «bsx. a! 2 (44 2 (31) En réunissant maintenant tous tes termes du 5.° ordre que nous avons trouvés depuis le N.° 10, on obtient la valeur suivante de a'R, savoir: 120 SUR LE DÉVELOPPEMENT DES TERMES ETC. ol N° e0'‘c08(9—Ka' +9). e SSR a TARP rag ga N + e'etcos(ì—ja4a'), LE TERGIVOTRE Io ci) dr etero: ibridi cl +( N° S4-N e 4 N" Ai (0-35). sa (AV) +(N' ee ee "4 N. ‘cep )cos(9—-28'—3). (V) (11) (12) m'a' } +(IN. 64. "A Fal dey)cos(f-25—9") Bi (LL, 68 (14) (15) 1 ina rn "001 vi ‘p+N. ee"P)cos—s_aM). c) SQUILLO) +N' RT SE cp) Lele o sali (10. €) +N° eri dda oe) ee AO (20) PN. e gico a) MR (21) +Ndey cos oral): eee eat) où l’on a fait @O=dn't—2nt+-5'—2e, et (0) __5 0) dla sd RE: Me Nn=b. a—-31380: + 132,4 15562, + 4384, +33, +, ; 1) BERTO, 7 2 33 SG NE a N=4144801+18392 4 + 178041564, —294—% ; (2) (2) . .2 .3 +4 SE) a N=202670:+-7223a,—1094x,—4822,—-4ra,—a,; (*) Pour simplifier l'écriture de ces coefficiens, je suppose, que les signes a, ; DA (4) (k) d'hi . d'h 2 x 00, représentent, respectivement, les quantités a da ? da PAR M. PLANA i 121 (3) (2) Ò na sISI ‘4 ata) d N= 248960: +-8144a,— 36924, — 1436 e,— 140044, 3 dN=a 1180 (0°-+0:)+510 (a, +2) +60 (4. +4 )+a (4 +0) i; (5) (5) - »è +3 4 .5 a'N=— 118400: —65604;—5922; + 1524;-4+-264;+%;; (6) (5) . -2 23) A «5 a N=— 15200006: —65168x;—4720;+-920%;+ 1284;+-4%;; (6) ” . "2 eo «3 SE) a Na 1108 (6 +b: )+ A (242) +54(4+%) +2 (+e ) ) > (8) (3) ge ui vat BE) +4 .5 aNz=— 1093928: — 423684; + 10644; + 15720; +1524;+4%;; ran i9 ; (3) . ER SCA 13 % 35 a' N==53064b: — 234363 + 2088; +1710%; + 1922; +6%; ; a ima 3570 (0°+02 )+-1470( +) +94 +e )+6(£ +.) | ; (11) (4) 5 Da 5 . ‘5 ad N= 429120: + 217284,+-640a, —864 vi Z116a/—4a, (12 (4) n 5 "a 5 li È d N22 1998480:+-820324,+29704, — 18542, — 210%; —6% 7 (3) pagAR ile e. dNZa 3480 (si +b: )+ 1404(d%+%)+ 168 (c; +4; )+6(2 + a; ) ; (14) 1 (3) de "a "3 | a'N=. « }4860/ + 1984;=1085; —6ba; | E (6) z, 3, ù, a IN x | & |1680b:—3604;—1924;— 124; Î - 2 (16) (4) -» "2 E UNZ—}558003 —B4a,= 1144/—6%, ; e) (17) (4) : a y aN=— 127440: + 504a,—204a, = 12 d, i ; (18) (2) " ne E; N a} —510b5+510%,-+126.4-6%, i; Tom. xXxxvi | Q 122 SUR LE DÉVELOPPEMENT DES:TERMES ETC. (19) (5) “ ..2 ? sin(25'—5 +211)=5,9332346(+) . 123 Log.F.ee'isin(40'-w)=6,3073245(-) Log. ee ‘cos=6,8027021(+) . 9,8769183(—) . 5,7409349(—) . 5,0605513 (—) . 6,3209330(—) . 6,6849496(—) . 6,0045660 (—) + 6,1293124(—) . 6,2652958 (—) .5,4489288(—) + 6,4847274(+) . 6,6207108(+) . 5,8043438(+) - 6,4557164(+) . 9,9384322(—) . 5,7384483 (4) . 5,9114863(+) + 6,0474697 (+) ; 9,0237923 () + 9,1597757(—) 5,2311027(+) . 4,3434087 (—) Les valeurs numériques posées dans les pages 81, 82, 85 du 3. Vol. de la M.* C.° fournissent les logarithmes suivans : SUR LE DEVELOPPEMENT: DES TERMES ETC. (1) Log. b:1=9,7928402 ; 4, = 9,9075495 | d =9,8803134; ai =— 091952945 ai = 0,8706086 ; = 1,9602820 . (3) Log. db: = 9,0717900; (ce, c3= 9,5979148 ; Pa ==0,021D19D; ca =0,3990119; ai =0,9001709; a =1,57 SITI Log. da =8,4446068.; &;=9,1755349; vu, =9,8354847; a; =0,4315039 ; di =1,0016458; a; =1,6299468. 2) s - Log. pix; 10097 ; a,=9,7800746; ‘@,=0,0199726.; A =0,3182440; ai =0,8876249; a:=1,5651120.. Log. bi =8,7524495 ; a,=9;3930207 ; 2, =9,9497893; ci =0,4418798; ai =0,9525537 ; = 1,5966258. Log. 9: =8, 1440914; a, =8,9501831 a “= 0,6946049 ; & =0,3848436; do = 1,0209015 5 ci = 1,6433847 . PAR M. PLANA PI) ig (3) (2) (4) Log. a (b3+b3)=0,3880402 ; Log. « (b:+13)=0,1939573 $ x ( 2, +4; )=0,8855620 o a ( 244, )= 0,8000086 ; 7, ( a +% )=1,4695874 3 % (è +<)= 1,4359639 ; 2(&,-+2) )=2,1549696. a (c +4) )=2,1371480. (6) Log. x (b8-+b3)=9,9825862; Log. a (03+h4)=9,7610167; u ( asta; )=0,6792875 : a ( dtt )=0,5344835 : a ( a; +2; )= 1,3802196; a (i+)= 1,2983074 ; a (4542; )=2,1085568. a (2 + )=2,0657174 . Log. «. b3=0,0551572 = Log. a. bs =9;8491444 ; | a. a,=0,60092 LO; . x3=0,4985475 : a. a, = 1,1793303; aa 1,1489784; a. a =1,8551383, u. % =1,8417906.. Log. a. b5=9,63101 19; Log. «. B3=9,4050793; d. 20365528; . CA Q=0,2113177; o. a, = 1,0854786 ; u. ds = 0,9959997; a. a, = 1,8162272. 4. 4; =1,7703375. 126 SUR LE DÉVELOPPEMENT DES TERMES ETG. Les équations (mepsi=ti abî —( I +e)b: (1-@)55= 6. abs (1 +e)05 ; a (ino) ss=22. ie Zi 2) bei (4) 3 (4) 5 (1a )a Va = (4+9 a° ) a° bs —5 ; bs : 3) Nedo (3) RO (1) a =(3+82°)a°bs —3.a°b5 ; donnent (3) (4) (8) Log. «b: =0,6016243; Log. 2h: =0,563650 1; Log. «b5=0,3196084 ; (3) (4) ROLE ,db5 Log. & n= 1,0803772; Log. a 1” 1,1630009. D’après cela il ‘est facile de trouver les résultats que voiei: 5 — . D°a=1704,12; a N 2181,75.. Log. 3,3388050 ; ad NÉ 77971 - Log. 3,6794015; IN RAT! "353000854; a NZ 2697647. . ‘4,4309852; pre 7072,84 3 3,8495940 ; a N= 14854,63:. + -. 4,0718618; a N= 32:60) ...:-5: 91002045: daN 1930;07). 1 wu 33;28 50725, daN 8856,36.. . 3,9472797; ANS 3489,94. . .3,5428180(—); dNed 1003,47 - . 3,0015044 (—); PNAE 410,02 . . 2,6128050 (—); (6) a' N=—13285,15. CNS Ta (8) a N=— 23274, 5 INTE Haga;96..0. a N=2—20/25,99 . 4,1233665 (—); . 3,5397221 (—); . .4,366880n (—); . 3,8640873 (1); . .4,3101833 (—); (17) a N=— 3348,66. ; (18) a N= (19) a'N==— ‘3277,38. (20) a N= 3789,58.. 398,50. . 32,98. .3,5248711 (>); "3,9 790901G .3,5155268 (—); . 2,6004937; | . + 1,9189734(—)-. PAR M. PLANA 127 Donc les différens termes de l’expression de d'f, posée dans Ì ’ la page 120, introduiront dans celle de $ les parties suivantes, savoir : — 1",385. sind —0",443 . cos? ; — 0,677 . sin9-0",720. così ; (0",533+0",178+0",102=0",813)sin9—(5",489+1",838+1",049=8",376)cos9 ; (0",306+5",547+0",221=6",074)sin9-(0",184+3",340+0",133)=3",657)cos 9; —(15",410+3",540+2",064=21",014)sin0+(1",798+0",413+0",241=2",452)cos9; (0!,644+4",969+0",418=6",031)sin9+(1",885+14",552+1”,223=17",660)cos0: — (0",215-0",284=-0",06g )sin8+(-0",080+0",105=0",025 )cos? ; — (0",004+0",048=0",052 )sin8+(0",030+0",337=0",367)cos@ ; — 0",207 . sind+0",325. così; — 0",284 . sin0+0",020 . cos@; — 0,007. sin? —0",002 . cos? ; —0”,000 . sin0+0",001 . così; La réunion de ces. parties donne <=—10",639. sin9+-7",552 . così pour la perturbation du moyen mouvement de Jupiter due à l’action de Saturne. En multipliant cette valeur de $ par — 2 VE , il viendra = +25",787.siné—18",305. cos? (*) pour la perturbation réciproque du moyen mouvement de Sazurne. (*) A la rigueur, il faudrait ici avoir égard au changement qui a lieu dans la valeur de (0) a'N 3 lorsqu’on considère l’action de 772 sur m'. Mais , la remarque faite à ce sujet dans la page 78 rend ce changement nul, en observant que, en général n°aî=7"? Diet, que ’ men È n 2 dans ce cas particulier on peut faire , sans erreur sensible , Aa : de sorte que, ona n posa 2.290 25 5° LTS ara ev res (94 . CLA . 768 768 S)=e 4° 1768 128 SUR LE DÉVELOPPEMENT DES TERMES ETC. (33) Feu Burckhardt est , comme je l’ai déjà dit au commencement de ce Mémoire , l’auteur des résultats publiés en 1802 dans les pages 27 et 28 du 3.° Vol: de la M.° C.° Plusieurs années après, vers 1810, le méme Astronome a publié dans le Tome 9 des Mémoires de l’Institut de France un système de formules genérales qui naissent du développement de la méme fonction A. En fai- . sant /=5 dans les formules posées dans les pages 5g, 60, 6r de la ‘seconde partie de ce Volume, je m’attendais à trouver Burckhardt d’accord avec lui- méme. Mais, le résultat qui convient à cette valeur particulière de 7 est presque tout-à-fait différent de ‘celui ‘que le méme autevr avait communiqué è Laplace pour étre inséré dans son Ouvrage. Je ne puis còncevoir la cause da silence com- plet que Burckhardt a gardé sur ce point; persuadé qu'il «avait lui-méme re- marqué cette discordance frappante. Si Burckhardt avait publié ses calculs inter-' meédiaires , on verrait le point où commence la divergence , et on saurait tes causes qui ont exigé un changement dans les résultats publiés , amterieurement. C'est pour suppléer à cette lacune laissée par Burckhurdt; c'est afin de faciliter une vérification réclamée plutòt par la dignité de la science, que par la petite correction sur le résultat numérique definitif , que j'ai pris le parti dè publier le detail de l’analyse par laquelle j'ai trouvé les termes'du développement de la | fonction a'R , tels que je les ai donnés réunis vers la fin du paragraphe précédent. (34) Le resultat qu'on vient de trouver a été calculé sans avoir égard à la petite variation séculaire des élémens: mais si l’on voulait en tenir compte , il faudrait employer la formale suivante. | am MA 708 pondant qu'il introduit dans lexpression de g: ‘cn a d’abord di) ; E se MSI ona SM sin(6— E et de là on tire, en integrant par parties , Soit cos(9—f) un terme quelconque de «'R et 3 le terme corres- (1) O) }740) 2 MO; 3 M® <= P00s9 | I sinf— 02 M cost 3d*.M®sinB = 4d°. MOcosf ue I (Sn on)di Cncanpae (Gn'anfdé — (i) (dgj è (è) 3 Asi e. ) Mcost+ ad. MOsinB 34? MOcost A4d'. M®sinf di (5 —2n)di (Sn'—2hn)de Gn'—2n)dt PAR M. PLANA ì 129 . I a. Vi d Actuellement, si l’on néglige les termes multipliés par — dt? 2 2 . i | © , . x . ou par 7, cette expression de $ se réduit è celle-ci : si Ò) na 2c0sì dM.. 6cosf - dM © c=Poost)fi nz | Grana delizia) a da M®cos f} salt clp isti, AME 6sinB = dB dM® — Fsin@ feet o SSN FIELP_2aJp Gneo Nati ai È È Gina) (5n'- an) di (5n'-a2n)* di' dt La petitesse des termes multipliés par y° permet aussi de né- gliger la partie produite par la variation de 7; ce qui donne pour dM © 7 ne expression de la forme (4 dM MO de — MO (06 + Rwwee n KO et KA'A designant des figo” entiers. On peut ST sans erreur sensible , les termes multipliés dB dM® ; Podio dM® . —. did > e méme tous ceux multipliés par o qui se raient donnés par le 7.°, 8.0... et 12.° terme dela valeur de a'R Alors, en nommant f®, B®, f@, B9, BO, BA les valeurs de & qui répondent, respectivement , aux six premiers termes de a'£ on aura, en faisant la somme des valeurs de $©; t= £$ Fcos?. MAsin8 — Fsìn0. M®cosf } +3 { Fcos?. MOsinB—Zsin?. MOcost } BO 2de 2de' +(U'cosìt +7! We ana: — 2] par 5 G I _ (Ucos0+Z sind) re ag * où l’on fait, pour plus de simplicité : : bi.-E BA E A ]e—"“ ee] ae . Litio Ì | Tom. xxxVi R 130: SUR LE DÉVELOPPEMENT DÉS TERMES ETC. (0) (0) (1) (1) (3) (a) N.ee'‘cosf+4N.ee'cosf+2/V. e’e'*cosf 65) (6) (7) (3) + (5. e°+3N .e'e'?-+3V. e'y°)cosf U=—F (9) 0) (0) 0 È +(N.ee'44+3.e'e'?4+IV. ee'?))cosf (ni) (12) (13) (5) +(4NV.e'et+aN.e*e''42V. c'e) )cosf (0) (0) (1) (1) 4N . ee‘ cost + N. e'e'cosf (2) (3) (4) (2) (6) (3) | + (5.0! 43. e°e'3+3V.e'*)° )cosf+2N.e'?e*cosf U!'=—F (8) Det VI (4) +(4N.ee''+2N.ce'e'* +2. ee'?))cos f} +(N' 6/43 rare 4 ep) cos" Y = ce que devient V en y changeant les cosinus en sinus. V'= ce que devient U' en y changeant les cosinus en sinus. D’après les résultats numériques trouves dans la page 127, nous avons: U= (0,356+1",530+16",641+0",663+2",576+9",938+0",836) — (1,335+2",708+15",410+10",620+2",064)=+0",363; U'= - (2",665+0",534+0",306+11",094+0",644+14",907+0",418) —(5/,540+0",677+61",640+7",080+4",128)=-48",497 ; V= (0,443+2",880+3",676+0",920+10",020+0",399) —(1",798+1",239+0",241+7",540+29",104+2",446)=-24",030; V'= (1",772+0",720+27',445+5",514+3",147+6",680); —(7",192+0",826+0",482+1",385 + 43" 656+1",223)=-9",996. Maintenant, si l'on prend 5n' — an=4528,287 , et d_ 1,016936; de = _1,984469: da dt (V. pages 64 et 125 du 3.° Volume de la M.° C.°) ' 245028101 da _ 50,539038; » PAR M. PLANA 13L on aura : 2de ade! Log. als = 7,9704549; Log. ica =81928142(+); ( ) d’où l’on tire i Î ade (Ucos 647 sin) la Ù (U'cos$+ sin 0) =+-0!7560 . cos9+4=0”,1554 . sin0 . =+0/',0034. cos? — 0",22/45 . sing; Pour calculer la partie. de £ dépendante des angles B, je re- agdaa e, do. di marque que, d’après les valeurs précédentes de de? do 9; 190) det dB® “i =217,4969; si =26,0981 ; SE = rpg,a 171 ) (3) (4) (5) P_ = 6040170: d = 140,9398 3 o ="102,6576 ; de | i Log. CE MAIA Nombre 0,04803085 3 d8O casata toi : (Eni an) de 151606750 SI I a 0,0057633; dB) i i TCA = 8,5994482; .-< 100. 0,0895970; dBA 6 5280300, 0 0,0L4210) è Gri-on)di 7 duci i Mc dg (can 930899: (+ +. 03031123; 36) (A SE , e ——7==8,35545505.(.:.... .0j022690,; (Sn'-an)di È : 4 et par conséquent B9=0,0660; BO zz:0;o1163 ; BA 200839; B9=0,02905; B9 =0,0653; BS.= 0,0469. 132 SUR LE DÉVELOPPEMENT DES TERMES ETC. Cela pose il est clair, que les termes (I), (II)... (VI) trouvés dans la page 127 introduisent dans la valeur de & les parties suivantes ; | (I). . . +. —0”,0g9141. sind—0",02924. così; (II) . . . . . —0",00787. sin9—0",00837.:c089; (IE) . . .. . +. m0"”,06821. sind—0",70274. così; (IV)... .. +0",17615. sin9—0”,10605 . così; (V) . . 0... —1",37221. sin0+0",1602î. così; (VD - + -+0",28285. sin9+-0",82820. così. La réunion de ces parties et des deux autres trouvces plus haut, donne — 1",0134. sin9+0",9014.. così. Parmi les termes que nous avons négligés dans l’expression de $, voici ceux qu'on peut regarder comme les plus considérables ; 15,410. 6489de 15" 410. SEPSAdE | AS edt*(5n'—2n)? e'dt*(5n'—2n)° 3X15",410 de. de' E ) sind Pe _è® — — <55 1 (5n'—2n)°| edit e'de ‘dt 4,969. 648 2de . 4",969. 6d80 3de' edt*(5n'—2n) a Peli allen) IXr4! 3992 { de de' (e n | a) + 6(3 e'dt 2 (» PAR Mic PLANA > - 137 Dad 3 15 ses taf > 4 i IRE aree I). a e'(3 300549") e (0089 300859") 3 (lv (1 sinag' 1? sin 4g) +e!” (- ta sing'-522sin5g') +e‘ (= 13 sinoq -17.n4g) +05( sing» “2 sin5g) +eo(1 sin(g'-g)- ie sin(44+9)-SsinBg=9)+ _ sin(39'+9 )) — ce!‘ (27 sing-8 sin(29'-9)- =. sin(49+9)) +e@(2sin (deg sin(g*+9)- sin(g- 39)-2 sin(9'+39)) +c'e( 27 sing'+8 sin(g'- 29) ta (9'+49) ) +ee(2 sin 29' — 2 sin 29 2 sin (29'- 29)) +e"e°( ca) 2 sin q'+ di sin(g'- 2q)-=7 sin( 39 29)+2asin(39'+ 29)) +0%°(Èsin 9+32 sin(29'-9)-=37 sin(29'- 39) 2 sin(29+ 39)) 3 utul= ee (7 c0s(g'*+9)+7008(g/-9)-7005(9'+39)-7.c0s (1-39 )) pui. cosg- 3008 (29'-q)+ 3008 (29'-3q )+7008 (29'+ 39)) +e ‘(7 + To 29 " cos29g'— 3008 (29' +29)-3.008(29'- -29)) +0( 7008 q'+ ti cos (q-29)=7> 008(3y/=29)-d. cos(3g'+ 29)) + ete' (700s(9- 29)-7005(9/+49)) 3 Tom. xxxvi S 138 SUR LE DEVELONAZAEIOT DES TERMES ETC. ubi, 00° (Fcos(g'+9)+7c0s(d=9)-7c0s(39/44)-008(39'-9)) —ce"(700s q'-z00s (qg'-29)+ 3008 (39'- 29)+7c05(39/+29)) +ee:(3 è cosag — 7008 2] — 3005(29+ 29) -z00s (2q'-29 )) +e(4, cosg+ 2 cos(29'-g) -3-cos( 29-3g)- = cos(29+ 39)) +ee" (3 cos(29'-g)- 7008(44*9)) ; ui(00-v)= e ° sin 29— Losing e’ } sing + sinsg i +e'e' (-Isin(g+9)-Isin(g-9)+Isin (g'+ 3g)+Isin(g'-39) ) mn | 2 sin(ag-9)-Fsin (24-39)-È sin(29'+ 39)) +ce"( - sin29' + Si sin(29'+ 29)+ Isin (29'-29)) — ere ( 5 sin g' + -6 sin (g'- Po: ta sin(39'-29)- ggsin( 3g'+ 29)) — ce‘ (Isin(g-29)-zsin(g'+ 4q )) ; u(6/-v)= @ (sin giù 1a sing) + el (Ling! sin59') +e (=sin(44+9)-Ssin(g1-9)-Isin(3g"+9)+isin(39'-9)) ed? (3.sin(g- 29)- SI sin (3g— 29)+sin( 3q'+ 29)) —ee°( 3 sin 29 È sin(29'+29)- 2 sin (24'-29)) +e'e"( gsing - az sin (29'-q)+ qgsin (29'-3q)- pesi (29'+ 39)) —c'( Zsin(29/-9)+ sn(49'+9)) PAR M. PLANA 139 mad (12 V)=00!* (= sin +9) sing 9 + win (39 +9) + i sin(39/-9) ) +e sing sin(g'-29) + I sin(3g/-29) +5) sim(39' +29) ) +e ( L sin (9'+9)--] 1647 )-Esin(9/+ 39) +Esin(g'- 34)) -e"( I sîn => sin(2 I EROI ‘4-2 re 29) 16107732 TI 3a II Fa i D)) +ee( 2sîn ag—zsin agl4- sin(29/'—29) ) — ce'* 19524 no sin ( id+9)) —e'e ( asi (424) + 0 sit 4/+-49)) ; u, (0 -v.)=.- e ( 3— 200529 + Zcos 4a) +e" (7) coso AD ni I 00859) +e'e' ( 700s(9'+9)— 1e0s(g —9)—7005(9+39) 42008 (g'-39) ) id 5 33 A + e'e ( 70089 — il cos (24-49) +37 cos(29'-39)-32c0s(29'+ 39)) 16: Duce. SRL, +ee"(—3cos(y+4)—7005(9/-9)+7005(34-+9)+7005(39—9)) MED e rr 4i i +e Al TA q'—-Foos 1° CRE coi Ra RAT cos (39/29 )) 2/2 3 + ee ( I — COS 37 — COS tre (aan) 4 283 +00 (—L eosg feta 9) + 193 005(44/+9)) ne (i costa) Lc0s(9+4)) 140 SUR LE DÉVELOPPEMENT DES TERMES ETC. us(e/-v)= e"( god cos 29 ‘+7c0s49' +e (3 dl — cosg' = ° cos 5g' ) +ee?(. Tcos(g'+9)— Zeos(g—9)— 0a B89-9)) 5 +e ( : cosg'— 41 cos (g'—-29)— so cos(3g' +29) + 3 cos (39-29) | +e'e' (— 7005(9+9)—7005(9—-9)+2c05(9/+39)+2c0: (/—39)) +e" ( - cosg— Zcos (29'—q)— 240% (29439) + È cos (29-39)) +e%e"(1 — cos 29'— cos PESO (29'+29 )+ Zicos (29'—2 )) 4 4' | | + ee" (cos (29-)—® cos (4g'+9) ) +e '(-Lc0sg' —f00s(9—29) +22 cos (g' +4); 4 4 RAI Pars os4gi —e° }— cos — 1 c0s5 | ; U, e Rai te al i VERI “È È) la es n STORE: RI r TA (i ria ul ce i 5 +3 00829 + 7 00549 j_e 1 cosg A | ; 3054Y 321 3 , 3 ' I , I Ù î utul= ‘ee ( 3008(9'+9)+gc05(9—9)+7005(9 +39)+ 7 c0s(9-3g)) 3 —e'e' ( | 3 cosq _ È cos(ag'—9)— = cos(29'+39)= 1. cos(29-39)) 3 ' _e' e' ( 2 cos d'—c08(9/+49)) ; 13 ’ 3 7 3 7 I 7 I I | u'u= c0°( 3008(9+9)+3008(9—-9)+7008(34/+9)+3 c0s(39-9)) : cosg— = cos(g'-29)— cos (39'+ 29)- —=cos(3g'-29) 8 y a DE TARAE muadii | 3 cosg— 5 (49+9)): PAR M. PLANA 141 tl lele ($-+700829/+700529+ 7.008 (29'+29) +7 c0s(29'—29) ) — 000} 1 0059 +tcos(—29)— 1 05(341429)— 1005(34—) | — c'e» 7 cosg+ 3008(29'—g)—7-005(29+ 3g) — 3008 (29-39)] 9 (vl =, i el* (6—8cos 29'+2 008 4g') +*( 10 cos g'/ +5 cos5g' ) + e' 6—8 cos 29 + 2c0s 49 | e I 10 c0s4 +5 cos dg + ée'? I 24.cos(g'+9)=24.c05(g'-g)—8.cos(3g'+9)+8.c0s(3g'-9) I +00 | 30.cosg'— 39 .cos(g'-29)+10.cos(39'+29)+20 .c0s(3g-29)| guehe! 24.c0s(g'+qg)=24.cos(g'-q)—8:c0s(g'+39)+8. cos (9'- "} +000| 30 .cosg=—30.cos(29'-9) + 10.00s(29/+39)+20.cos(29-3g)| +00) 24—24.c05.29'-24.c0s29+12.05(29/+29)+12.c0s(29'- si —c| 3o.cos(29/'—q)+15.c05(49'-+4g) | — ele’ 30.cos(g' = 29)+15.cos(g'+ 49) | 3 u(vlv}a= è ( 2 sin 29 — sin 4q DIG (3 sing— sin 5g ) +e'e' — 3sin(g'+9)-3sin(g'-9)+3sin(g'+39)+3sin(g-39) 21 4 +00) —3sin(g!+9)-3sin(g=9)+sin(34'+9)+sin(34-9)| sing+2sîn (ag'-9)+Ssiù(29/+ 3q)- T sin(29'— 39)| O —ce| 142 SUR LE DÉVELOPPEMENT ‘DES TERMES ETC. + ce 3sing'- ca sin(g'* 27) -Listn( 394 39 }+sin( 39'- 29) +ee| Gsin2g9-3sìn(27'+27)+3sin(27/- 29){ ee } 12 sin(2/-9)- 5 sin(49'+9) Kal xii ae ZI sa tot + e‘e 7 5109 SOR PRES e eo) | : uv) es (— 2 sin 29'+ sin 49) — el’ (3 sin g' — ‘O sin 54') + ec" 35in(g+9)=3sin(g'=9)=3sin(3g!+9)+ Jsin (39-97) +00 ra sing'- 2 sin (g'-29)+ 3 sim( 3g + 3)+ 7 sin(dg'— 29) +01 3sin(9'4+9)-3sin(g-g)=sin(g'+39) +sin(9'-37) | —e| 3:sing + la sin(29'-g9)- Le sim(ag/+39 )-'7.sin(29-39)| +00) — 65m 294+3 sin(29+29)+3 sin(29/-279) RI SOIPIRO, È SI 1 RPS? — ce! Pi adi la sin(491+9)} pa ce| 1° sin(g-29)+ È & sin(9'+49) È uva e ( = 1 00s 49) ei (5 700895 I 6085 9) +e'e! cos(g'+g)+cos(g'—9)}+cos(g'+39 )_cos(g39){ | —e'e?} cos q+ 7008(29' —q)— 7.008(29' +39)+3 cos (29'—3q) pa +001 I + C0827 = COS agi" A cos(ag'4+29)—=c0s(29'—29) PAR M. PLANA 143 I 5 O i +6") — cosg' + 2 009 (g_-29)— 8 cos(3q'+-29)— 3009 (3g'— 29) 9° ci 3 ’ +e( Zad (9-29) +5 cos(g'+ 4g) ) 3 uv) e*( 2. cos 4g' Mero (7c0s g_i cos5g' } +ce" ( c0s(g' +9) —cos(g'—-q)+cos(39' +9) — cos(39'—9)) —- ce ( cosg'+ 3 cos(g'— 29) — 3 cos(39/+29)+3 cos(3q' —2g )) 25/2 | ! Y P - f +e°e ( L +.00$ 29 —C0$ ag coS(29) +29) — 7605 (29 —29)) +e""( - cosg + 3 cos(29'—9)T a cos(29'+ 39)—3 cos(29'—39) ) uf 3 ! 13 | + ee di 3, - d) + 008 (49 +9)) 3 wu/(01-v)Y=c0| 700s(9'+9)+ 7 008(9'—9)—=c0s(g+3g)-- cos(y'-39) | =ee:(1 cosg— 3 cos(29'—g)—Zcos(29'+39)+ 7 cos(29—39) ) +ee"( 3c0s(9'+9)+7008(4/—9)—=605(29/4+9)--=c0s(39-9)) -<'£( — 008 q—- cos(g— 29)—7 cos(39'+29)+5- cos (3g'- 24)) + ee (cos (29'+29) — leog ( 29'—29)) —ee:(- 700s9—c0s(29'—9)+ 7 cos(49'+9)) c'e ( 7 0089" cos(g'—29)+ 3 005(9+49)) ; 144 SUR LE DÉVELOPPEMENT DES TERMES ETC. ; na AR I - fi b ut (v/-v,)= e'( Lsinag+3sin 4g ) +e (I sing +2 sin 59 ) < SA, 5 +e'e' (- 7 solgAr9) 7g (g-9)= jsia(9+39)— gsm (9-39) 3 LO. ? e î bid 4 —ee°( 3, Sin(29—9)+ 3 sin(29/+39) +5 sin(29—39) ) +c'e'( sing — 3sin(g+49)); 39° sn LA A DE È NO u'(0-v)= e*( —- sinag—zsin4g')—e 16889 +32 sin59') +e" ( zsin(g/+9)—7sin(9—9)+7sin(394+9)—3 sin(39-9)) | Toto bi P. Shoe: +ee"(— 32 sin(g—29)+3> sin(39'+29) —3sin(39'— 29) ) ee" ( sin qu 3sin(49+9)) ; (0) v)=-e"e( qs +9)+ 7 sin(g—-9)+ 751 (39/49) +7 sin (89 —g )) | +e6"( 7 sin q'+3zsin(9— 29)+gsîn(39'+29)— 2 sin( dg'— 29) ) | +e" ( 3Sinag+7sin(29/+29) +7 sin(ag/—29)) — e'e' ‘ d; sing — + sin(29’—gqg)— $ sin(29'+39)+ 3} sin(29- 39)) | da. -B O +ee(: )+-% g°08(49+9) È u, ‘alt — ele ti 008g+ 008 (29—9)+ 008 (29 -39)+ 7g 005 (29-39); ulu>=—e'e* } cos fto —2 )+--1: cos( 3 -2 )+- cos(3 +2 i: AA geni e 0829); u,(v/-v)\=— e! 2c0s]g +5 cos 59 +e) 12. cos(g—29)—4. cos(3g'—29)+4. cos(39'+ 29 ele I 12.cosg—-6.cos(29/—q)+6.cos(29'—3g )+6..cos(29'+39){ — ee'* 6. cosg—4 - c0s(29'—9)+cos(49/'+9)| +00 }8. cos(qg—29)44. cos(g+49) fi Tom. xxxvi T 146 SUR LE DÉVELOPPEMENT' DES TERMES ETC. ye e’ È 2.cosg' +5. cos 5g' —Ce"(12.c089—6.c0s(g—24)+6.00s(39'—29)+-6.c0s(341+-29) ) +e" 12. cos( 29 —qg)—4. cos(29'—37)+4. cos(29'+3g )) + ce (3 cos(29/—q)+4 c0s(49'+9) ) — c'e' ( 6.cosg'—4. cos(g—29)+cos(9'+49) ) ; nui(v/-v)=— e IE sin 9 + 7 sin5g | + c'e‘ 7 sing + sin (9—29)+ psin( q+ 49) | ; u'(0,/-9,) e°17 sing + g sin59 | ee |Fsing— i sin(ag—g)+gsin(49+9) |; u (dv e sin'q — sin59/ +ete' sin dI sin(4+40) +00} 3. sin d +3 sin(g— 29) —1 ig = sin(391—-29) SER Za sing + Î sin(2/—9)— 2 sin( 29 + 39) +2 sin (29-39)| ; I MT e su Lake (i GRZ TI i SIONE Ù | 16° (0/-0 Dì n e sing — 3 sin99 | ee I 3. sing mR +-e'e'' | 3. sing/— 2 sin(g— 29)—2 sin( 3g +29) 2sin(39—29] rata | 3» sing — È sin(49/-=9)—! sin( 29/+39)+sin(29—39)| ; me) PAR M. PLANA 147 i MC #, = È e’ — 0089 chi 7008 59 | siii | Catia 29)—-c0s(/+ 4) 4 DI) af 3 È ) la )=-Icos(29 39). ce I Ontg FE OS — = 7eos(29 cLaatà toi cosg— 7-c0s54/ \+cte) cos(29—-9)—- cos (4g +9) | 3 cosg '_ 700s(d_29)— 7 c0s(34 +29) 7 c0s(3g'-24 Di: o £) I5 afu'(0v/-v.) = ee" (sin (29'— q) —Isin(49+9) ) 3 tc A +-e'e' (sin(y/—29) +2 sin (g +49) + ee (Èsin q—29)+È sin(39'+ 29) —È sin(39'— 29) ) +e/e" ( - sin( aq'=q)—È sin(29'+-3q ) 2 sin(29 —3q )) SAT] 3 3. I I DI 7 TL p usu,(v'-v,)= e e" (3sin(ag- I) +7 Sin(29 +39) + g SIn(29—39 ) ) +06 ( zsin(d—29)—g sin(9 +49)): | i do. NYA rec i u'u(v'-v,)= ee (È sin(g'—29)— 3 sin(39'+29) + g sin(39 — 29) ) 4 I. , 1 EE +e! (2 sin (29 —9)+gsîn(49+9)) ; uu (v'-v)=— ee (+ COS q ct cos( {9+9)) 4 +ee?(c0s(g—a pet 3g - cos (39 | q=-2q —3005( q+29) +7 008; d—29)) —e'e"(1c0s9+ 7°0S(29-9)—700s( 29+39)+ 700s(24- 39)) ; 148 SUR LE DÉVELOPPEMENT DES TERMES ETC. ulu(v!-v) == 7 cosg — 7008 (94 o) : I I I È e e"( 008 qQ+ goose ad)rrazcos (84+29)—7 c0s(39-29)) +06!" (2005(29—9)—700s(29+39)+2c0s (29—39))); ; ; bs ie i ; | uu (v/-v.)= ©e?(7 sing + gsin(9—29)+3 sin(39+29)+gsin(39—29) ) -e'( 7 Sing— gsin(29-9)+3 sin(29 + 39) —g sin(24—39)); | (36) Cela posé, si l’on fait È A) 3 ’ a RE grat m'. 5 cosp—m' («200 copta ) = ZA cosìp, d*+*A4 (A) . , . È a ai . K ES del et si l’on convient de representer la fonction ata'* ERE par d ki'!. on aura | | I I jusqu’ang quantités du quatrième ordre inclusivement : | A Tn cos(v'—v)— ir Me: == è REA | i E (a % + iaia )+es (-2 4 4 I 2 2 4 e DIM 0,56 de DR PA dI +e2| A ( 198 ig Ren. 6 tera 31 138 Il ALe | +0] » EUM a 3) ie, 16 +53+G È x Lie PISA cai Ì DS “fa N) 22 REA SE ali SS pla ue a _— | +03] 7 d pi A sd sitachae +78 | DI cd Sla + af 12 e2|- ra) i ]+ees [rd ta de fe ARL 2-1 | e | cos(Ap+g9) | +0>[ aLe SII —1u)-e(3+ 3) 3 —' [een] 2 sti +) ea pe +3)-° 16 PAR M. PLANA . 2) “2 s,; TE esa” S| -—e' ex} AN Mi E) le du aa _—— — — --—rr 2 4 4 8 23] P(L+)- GA) 4 di pratix +ag)+a(3-p°+1-3) + e' 2 elit) +a +e i td 2) a i(7 A (+ da(-3+3) + e°e'? pe a (- - XE 5) + + TE da (4- + Ca sf PR) cap 3" +3 D 33 1h) + d +5 Cig c +7) + e'i5 ; e (+7 ) )-} D+ LR (a+ —dd (+3) +e°eX self) prete (44))+ Tom. xxXVI cos()Pp+24) cos ()p+29') SUR LE DEÉVELOPPEMENT DES TERMES ETC. e | À \d! i [O cexf AV EL - 2 x 4 TAO ca * 2A — 4 agi pes + di + #4) i 4 I ni = 2 “ ii "ade 16° SE NET: cos()p*9'-9) , (4) ; n 3 | i — d ( + da Lap 6° pei) MEI 5 Sd +3) | ie È LIRSII MCR LR e, da 4, (+3 d 5-e(5-3 da a (3 og | )d' e) 494 vetrata a 2] . . 4 ca ne Ls - SOT d data i = Ri 0 et 1 "VEE. e) IN LETTO (-, n) da' k Vera 3a ENG 806 en e ana peos0p+g 1 0) 75 Ysa( 2) pi DI. E A (5 3° “= +d oe: + J+d I6 2 È - 32 * gala <) a(+ Si LA LIA d PIO «Le d | 32 32 i 8 nu 8 16 i (CO GTI, 2 atua (3r+2) 0 Ng +1 ! a cos 0p-+29/+0) | Ltad(3+7 i 68.0 dra | (23 7 ) VARI, n° > Il (a 8% ES li (> À 7) d (è L %) | 2094, ti ig Ve ld cos ip +29=9) | e ili a) Le 8 mai Il ; (1/5, 26 LA ge \ IDA, ve i) — d a )+a (3 +e e Sd i da; DE cos()p+g9' +29) i 3 cia PNL - | | -| dU (3 r i S 56 | PAR M. PLANA I5I Ma Pa SO I pat) d° __ dd dad (3+7) + — 16 Ho; COS QOp+g= 29 ) wr” | —A PDT Vca(3,44 ra 2) i (5- 3) si SO) +03] 4° ( pr La (È YI) d' (3 2) FI cos ()p+3g') (0 Tae p0 i(> SAVA 3) sie 7 3) api Date 4 3 16° i, Th 32° eo, % +e%e"xXt+dd > G 7 E) SE: not "(&; X+- i did = i cos()p+29'- -29) d'd'’ Pi "(+ o) i (0/25 2 337) & ) (a i \ -l(r Ia lc +d(3 = ) x 4 aa +e (GF + e ) + sà ) cos()p+29'+29) siga gl "al A ) 20) gl af (- ) d°d'* #43 "E Ja lt (A) /103 283, +È | i, Gr a 3840 DO) e i(—: arr 3-5 ì. i cos()p+ 49) + d° o” ? +++ Dad (A)f 103, 283 ; 59 4 va pù. 16 mu 1 a r4 ia +È) fa fio, (6 +d(5 3+E +) d RON cos0p+ 49") 152 SUR LE DÉVELOPPEMENT DES TERMES ETC. -— 4° ($*+i +7) —d ++ È) +ee'!% +4 (349 +i 7) (ta 9 Pr cos()p+39'+9) (+3) (++ 9 Entra Pa ETA a ui + e'eìs + (Rui) O +5) cos()p+39+9') +d° La - è +e (-4 bor ra 5, LAB | PD spinti f + ee'' £ i, $ È VO a È cos ()p+39'-q ds Gi 32° 8 8°8/ 48 RS ditte) ù | + e'e' 2 cos()p-39+9" dal (33- A, (3)-pe2(&- n.4 3 Il ne faut pas perdre de vue, que, dans cette formule, le signe 2 s’étend à toutes les valeurs de ) entières positives et négatives, y compris zéro. (37) Pour développer la partie de la fonciion R qui se trouve multipliée par | 7 (voyez page 49), Je remarque que d’après la formule posée dans la page 117,| on obtiendra cette partie en posant, pour plus de simplicité; | PAR M. PLANA. 153 =— 1 (1—-00825) 7 pr cOsp—t simas.f apt —7 C0Sp 5 | MIC / »N ny2 / (A) i (100825). 2 C 'cosìp+sinas: fap. 23 D cosìp; À cos(25s—q)— c0s(25+-9)] co > G* cosàp i RE 4 LESS, GI — SL | sin(a9—9)—sin(25+9) fp. 3 D cosÀp; 2)? / 7\ i dI I 2 COS Sg e cOS( 254 29) [esc on 4 4 nda LEA - 2 sin as — zsin(25—29)—"?sin(254-29) | fap esp 1° cos p; et en cherchant, à Vaide de la formule precedente , les termes multipliés par 7°, ey ey, ey, °°, ee'Y°, qui se trouvent dans le développement de la fonetion Y+Y'+Y"+Y". Suivant ce principe on trouvera: , a Developpement de 7 cosp= (4 3 (1 —le—Le")cosp ze c0s(p+9)+= cos (p—9)+2e%cos (p +9") a si 3 - 2 2 i Ù Ù ; dl +7 c0s(p+29)+35€ COS (p—a9g) + Pe cos(p+ aq) +3 e*cos(p—29') +ee' cos(p+q/—q)—3ee' cos(p+g' +9) / LI Developpement de = sc los \ pia I (A) - (Sx (A) d, 24) la ) 1 S\ . \ s) i -e| xc Lpd | cos Op+9)+e21 ic S| cos()p+g') MOL) cos ) p Tom. xxxvI. Vv 154 SUR LE DEVELOPPEMENT DES TERMES ETC. )) /5 7 ) i,” — etc ") sti dI cos(\p + 29) »)/5 \? ) RU +3) c' UR )-(F+3)c+"7| cos(Xp+ 29') , =D. si ge "| i. +03) c' i pla ai cos()p4g'—g) = Ma NN Ad rta e pdl+ LI c08(1p+9+9); en observant, que, pour abréger, on a écrit k+& (2) k_#kd (0: P? È ad! au lieu de «& a sera sl da da' (| Î (A) . I % Il est clair qu'on aura le développement del x.D' cosìp en changeant € ni | m' (4) en D' dans celui de 2 CO cosìp. Conformément aux formules posces dans les pages 106, 107, et la notation definie | dans la page 120, nous avons ici; x XE n fascal: 3 e (A+1) S È | "o ot (020) al‘; ah) i È È 1 î > (G3 + G; cos()p + 29') ne (A + ed (6; CA *' )cosp+g'—9) \—- DI + ce's (6; RL +) cos(p+g9+9) (A— 1) (A+1 ) ZG, cos ( )p + 25 ) + 3G, cos()p— 25) 1 i > = Lo e2G, 'ACOslOpi dg dnas) + 268 FI costapertal) Te x + 056; i cos Op+g'+25)+02G; selena (p+g'—25) \— 1) A a ESTA ; c0sOp+29+25)+ 26, vi MRI PET (A+1 Fg + 056; "cos (p4ad'& 25) + e'*ZG, ’ cos(\p+29/—25) +1) ia — À BeeZ, Da COS Op+tg'—q+ 25) + ce' 26; COS Qp+g'—q — 25) (A+ pel - ce 26 lcos(p+g'4+-qitas)+-el2G, ; cos(3p+g'+9—25) PAR M, PLANA Developpement de la fonction Y"= cos()p+9'—25+9) )p— 25) 9 cos()p+g'—25—g) OLE) +e i 3 da° x À 56‘ Ae e, I o eo 2 NE À \ da + ET Les Op Last ez. Tx cos ()p +29 —25) XA LI +56; O cos pregi ea = a) Lusi (1-1) (2+1)" 2G, cos()p+254+9)+3G, cos ()p—25—9) 3 \À— d:;, + eXG, ") cos(p+25+29)+ 026," 7!) cos( x - À + 026; dia + gl+25+9)+02G; si Developpement de la fonction Y" = di — 3 Gp x: I i cos()p +25) —7 cos QOp—29+ as) 1 cOS()p+29+ 25)| 8 ad (24 1) d 13 i + zh; cos(p—25) 3 cos()p+29q9—25)— E 008 Op—29—2s } où l'on a fait pour plus de simplicité i - ) — È —_ SEA Mae+e)i(-l)o rd: 30, 327.3 ar: da (Rito) ni - da - Gc U2-(0+1)5 see DA 3 2 da (4-1) i — i — ei, es 158 SUR LE DÉVELOPPEMENT DES TERMES ETC. > (A—-1) (A- 1) "i SS ini ) Sa i— DI db di ; ci an (+31) bi DEC a_i +00 5 4 di n da da a (2% (Ai A— 6) À° \ — À NCL, ARA (3+ 5 ene 2 )5 ù +(| +) i +1 eh 4 Cra do GL AO alari oto BR Gs =—-(1-3-) )e: gp Ae pa ; da 1 da (A°79) fa) NS da : eO ML (tie du da? (A À On aura les valeurs de ei da ; G' 9 Hara At Gea par le seul a changement de p+ G. au lieu de 3) E Maintenant, si l’on fait la réunion de ces parties, on aura 3 voce : 2r pa ui = Li cos (V — v)—-cos(y +0) | I ( = COS (00) +7 — (2-e°—e2'?){cos(p+ 25) —cosp} —de f cos(p+-g +25) —cos(p+9) } + e {cos(p—q+25)—cos(p—g)} +4e'{cos(p+g'+25)—cos(p+9')} peo z }cos(p+24+25)-cos(p-+29)| + ze 1 cos(p -29-+25)- cos (p-29) ara lcos (p+29'+25)-cos(p+2g') +7 CA I cos(p-—29'+25)-cos (p-29)} | + 2ee'{cos(p+g'-g+25)-cos(p+9'-9)}-6ee'{cos(p+g'+9+25)-cos(p+9'+4)} PAR M. PLANA 159 Te 2 ee NES =(G. ERICA ' )eosjp+es(G. ec — )cosp+q) , XA À (A—-1) À \ SÒ e2((G: Lu ci +) costp+M)+e(6, na: G sf a 0p +29) x À +02(64 cl ETÀ e \ + 0015 (GT + GT ) cos (p+9 9) — x \— 26," ei | TA ''{cos()p +25) DI DI — z{a, O n ni 3 à cos()p — 25) prand + e2(6, il ')) cos (9 -+9+25) LI sh e(G. 36% 1) cos0p+g—ss) ) — O) + e'ZG, ù cos Op+g'i+25)+e'2G; Mia Le resa (A— (A+1 — 2eXG, 1) costa dna + 2e5G, ) cos(Ap==g—23) x xe a), + e2(G, Gi du Bi 7) cos ()p+29+25) DI LI SA x + e>(G. 1,6, i RT LO) cos()p+29—25) (A fe 1 i — 3 +ge'2b; 'cos)p—29+25) +1 e Sb, e) (A-P-1I *—— fn i + e'*2 I s cos()p+29' +25) +e'* EG, ) cos(p+29'—25) 160 SUR LE DÉVELOPPEMENT DES TERMES ETC. +ee3(G5° —' —2G, )oos0p+9-9+25) À À +ed3(G, pae 1) cos0p+g 9-2) 009) 0 ia) + cee3( 6, + 2G; ) cos (+9 +9+25) (A+1) (A+ 1) +cc'>( G. — 2G; cos ()p+g9'+q — 25) Pour completer les termes du quatrième ordre qui appartiennent au dé - veloppement de la fonction A, il faudra aussi avoir égard à ceux multipliés par 7y', lesquels sont tous compris dans la fonction 3 7, Ti I n —.m' -,7 (cosp—cosD I-—-Zb; così Tu 16 al' (CO ) d145 di 3 714 PI (A) s — —;.m' -—y'{2-+c0s2p+c0s20D—2c0s.25' —2c0s.25} Ed; cosìp, a a comme il est aisé de le conclure des formules posées dans la page 118. (38) Les résultats qu'on vient de trouver fournissent aisément la valeur particulière de R, indépendante des moyens mouvemens, qui sert au, calcul des inégalités seculaires. Pour cela on fera: X=0, dans les coefficiens de cos )p, cos )p+29—25); A=— 1, dans les coefficiens de cos()p+9'—g), cos ()p+g'+q—25); \=—2, dans les coefliciens de cos ()p+-29'— 29); cos()p+29'—29); ce qui donnera, en désignant, par & cette valeur par- ticulitre de AR; PAR M. PLANA R= I 0 ca ù di° I dA Bd dA 1 ad) 2 AS Cda 2° da ) ari 4 (& dal g “dan pe pi I ee 2 ps PAD Ie ) =» ATER o TL e*el? dA O, CSA A Tea Di) i aa, Lia ero eta A apra ficos.o A gn ET dada' TOS & Ta da' da' È dada" Ci E: ti da*da" y° x (1) VEDE 1) db; / I d°b3 agi BICE +£L.(e4+e°)(0; + 204_+ 2° 2 8a a' 10 % 2 da? 3 (1) (2) = 0 +Labr 4 ab ) 4 Se: dA° 3 RASO dA si hl ARE AM e FOTI Cs(eé i LARA dÉ di) - — t- dda 4 "aa daF 2 dada * 8°° dada +m'ce'cos(o — d') di e" |. dA ra; dA PAR o 1, d'A — (a -—- +a' — +-da° ——-+- — 4 da'* Ae da S dada" 8° dada’ ) ( (2) (0) (0) \<°4 | Sg) (2 Ya diates db: 1. db: I a dbi \ 8 al ti (9 d 2 x 2 da da 9 = ) pd A® Mica A® u A® ( DK; sal; da vai dl Tada! 3 d° A dA) d' AM) d' A +me'e "" cos(2095— 25' pr epesati 9, gi ne RI, pe a ESA I ( ) o eg gg I e A o) d'A°) d all ele, K Ri 64 a°a Teda (1) (1) ue ey « 3 db: 1 db: e ——. _ z Ò 89 °0S (211 = 25) 25 —+- & Ti -Rufrta do Xx | Tom. xxxvi. n c0sS.0 162 SUR LE DÉVELOPPEMENT DES TERMES ETC. ° RA Sa 3 SAS ; cos(211— 29')( a è da Va Îi abi 29) I Ce *) (04 $ 20. 3 +m' 3) .-,cos(2I1—a—d')i a Ah (41 AE Les termes de cette formule, dépendans du coefficient 4%, donnent a a! un resultat 77, soit en y faisant A = soit en posant 44; a ce qui confirme un théorème facile à démontrer « priori; savoir, que le coefficient de n°, appartenant au développement de la fonction R, doit demeurer le méme lorsqu’on considère l’action réciproque de la planète m sur la planète n°. En consequence il suffit de faire (0) Ò 1 ©) d'AYV2 di Maid — bi 3 DAY =—b: , pour obtenir une valeur de RR applicable aux deux planètes par le seul changement de m, au lieu de m'. Maintenant, è l’aide des formules posées dans les pages 68 69, on aura aiséement l’expression suivante de 4'R, en fonction des n (0) (1) (0) (5) (2) (0) (2) coefliciens di , di , bi bag ba bi ADS 2) \ \ 0) (0) ) (0) (0) (0) 1,0). 1 i db» db: ev(edibi 1: d'a mil 40) o > 4a? )x d° 4° 3 agata gi Da MEA 2 da da” TC (0) __(0) {o e'' db. db: ad'bi Lor d'b. ta ( 62 i: ir ge ada rap A 3 da da did --4 0% dea (0) )) NO) (0) e*el* db. n dbi gabri 11 adi — 7, 2 Jil 2 4 20 2 = a 2 3 da 2 da dé 4 da ( db: PI P° 1) 7 3 L 2 3 cSd 2 bi 4 È NO, +0) o(0 + 2a _i 4a ) 8 de 2 da 9 3/00 i oe — — y' 4 (0; abi 4-p&di ) 32 DOVA, dic ALE RC PAR M. PLANA © 163 nica, (1) e? d bi ud bi _ . d'b: +3(& - 462 4-4 ses) 32 Va de da' +m'ee' cos(i-v') ) \ / (i [ 1) O, db db E urna da 10/9 spe gii ) da? da da (0) (0) (2) (2) Y db3 I db db3 i ,d°b: 2( gr Apa 3 ) — SG do > +a +74 3 da 4° de da 4° da } i ©) cogli ih Pb db di e” 7” I Di di —m — 67 08 (20 — 20')i 12.0: — 120 3. Hi Br 84 rp I 64 x da da das 3,0. db db 2)2 I 3 I 253 Bi! cos ( 21— 27). ad - 53 +Pa_ 3 ag 8 z da 3° da db: 2,2 2 3 — nl cos( 21-29). Rig SS 3 da? 6a» dii 1 sab i er CT cos(2ll — o —v)a.t a Me. ( $ da 4A de ; L’expression du coefficient designé par O dans la page 58 des \ Mémoires de l’Institut de France pour l’année 1808 (second semestre) donne ( en y faisant #= 0) un coeflicient de m'ee'cos(a — 7 ) différent de celui que je viens de trouver: mais il est aisé de dé- montrer que le coeflicient x 164 SUR LE DÉVELOPPEMENT DES TERMES ETC. Da e? fi AS dA P. LEO d d' A DA 3 {6A + 10.a4- — 24. —— — 4a ——P — at —— Zad da da da da | el? dA dA d'AW d'A°, +_-'!-164 —58.a — — 42.0? -IO.di 0 e 32 da 4 da? da “da Ne qui resulte de cette formule de Burckhardt, est fautif , puisqu'il bra, Dego) a ma pas la propriété de devenir nul, lorsqu’on y fait AV=-, a / “ ? U A ou 44 =-, comme cela doit étre, (4 2 8 IX. Termes du cinquième ordre de la fonction mr Da 1 cos:(v0)=m |r* Carr! coso) ret, reductibles à la forme M cos(ip+5.nt+{). (39) Il est aisé de voir que ces termes sont ceux de la forme Me cos (Ip+5qg) +MUV e"? cos()p + 5g") +Me'e' cos(Ip+4g+9q )+Me''ecos)p+4g9'+9) +MWe'e'? cos(Ip+3qg+29")+Me" e cos()p+3g' +24), f SA ; k (AES CO Ng qui resultent du développement de la fonction — XA cos)p, en 2 attribuant aux trois quantités a, a', p les accroissemens respectifs au,, a'u,, 9,—-0,. Donc, en appliquant ici les formules générales désignées par P, Q, S, /, T dans le $ III, et prenant. conve- nablement les termes de z,°, w'°, (9,— 0,)? etc. parmi ceux déjà developpés dans le $ précédent, on obtiendra sans difficulté le resultat suivant. PAR M. PLANA. + +3 D ta o +) dl 3 cos(d—v)— {r?—2rr'cos(v'—0)4+r" a 1097 NA o DEE Si i ola dr DOO 0 384 n) 125 II do LL San {Y ss — 768 TSE 95 {8 \ e di 13 9 2 x +2 È Do ove d 17 na + 384 ro) ‘+(1-3) SR i it i 78° a dioao (Dar II ) 475. : 19; _ (at 10@5t 0805 +7 i = (È tÒ a (Giai ros ; 7 oa n dl ni [OSE (as + 384 3840 | 103, pEzdo Lio IC N d Lo Tai 394 a 16 n° +1) Ri Li 283 36 e Hi Di | A o) de Ni 200ar 3 a I NI n se TRX+)d Db ce’ ari arie 5 ì 9a Da +) dd a pinta I dd — 354 ada +e) ddl‘ 768 cos (Ip +5g ) 3 (Ap+d9') È +9) + c'e'X + e?e'% 103 ( I 60 Pre: Afro SUR LE DÉVELOPPEMENT DES TERMES ETC. LOI 30 — — X+ | cos(p+ 4g +9') 192 13 128 dt d' di 384 — A 192 +) -(3;-, i ito, TE bob e X° È NE, e, has 33 )ed+ GR SG) TREE )3 + $ - È +a'+% 3 3 | (ALMA Pi o ) 2 8 cos()p+-3g'+ 2; +; perse a) SOM À Vaia al: | 9 sca UO +e ad 2) dal? + ci) 1a Sg sa ul i (at Si na fa fiato p: 384 2 ro PAR M. PLANA 16m d) (— »u 23 5 La Ca 192 24 D 33 )a MW +(- og Sace i 2 PETS Rat 96 + 96 48 n) ( 6 DAME ST N64, 7 64 16 La Sol Lo r fa GR +5) cos ()p+39+29') 3 3 HA x > I 5 EN i SR (sta) (tata) 3 9 Xx soa RN 108) asta) 23 Bi 64 PETRI 192 96 de+( 7 384 . . . (A) A A x . Maintenant, si l’on fait d'4A° =— B on trouvera, à l’aide des for- mules posées dans les pages 68-70, que cette expression se trans- forme en celle-ci, savoir: . 168 SUR LE DÉVÉLOPPEMENT DES TERMES ETC. mi hi - o... di; cos (v'—v)—a'{r*—a2rr'cos(g'—v)+r"} = LI DI bi (2194.) —3360.)°-+ 1790) —400.)4+32.)5 ) (A) db, + a n (625 —2640.)+-2375.)— 760.) +80.) ) PISO] 3955 +77 (—500+1040.)—540.)*-+80.)") cos()p+ 59) AA +e 7g (190—170.44-40X°) db I ia (—20+10)) +e77-(1) (A) b, (3125+8174-)+-7055.)*+-2710.)'+-480.\X4+32.)°) de + Ta (7845+ 10820.) +-5255.)°+1080.)°+80.)4) 2 db; 53/0 > + a a (3890+3290.)+900.)2-+80.)") cos ()p+5g') À), db + Ta (670+-330.X+-40.)°) À db Pa + a' dai (45+10.)) + Ta (1) PAR M, PLANA È 169; PA { 1° Mao \+ 129.)°— 446.)°-+-224.)4—32.4° ) Cal + a (128—138.)—4ig. RE pr Se Xi ) PI % ab ) = +7 (—80—98.2-4-252.3°—80.)' ) cos( ip dg 4g") +e 7 (70.)—40.2°) A avi” dei +a4 TA (7—10.)) + a “do (1) À dbi - (824-4-2474.)-+-2147.)°+712.)* +80.) ea -+- a? 2 (1024+ 1448. )-4612.2° +80.) ) cosl)pid-ig'+9) 51 È + a} Ta (312 230.)+40.2" ) LA x db db +a' “e (32-+ 10.) ) +90 73 (1) bi ana, Vietata \°4+-998.)° 4304. +32.) ) È Tom. xxxvr. Y I70 13.52 CSI >> MT +75 (—36—148.1+36.2°+80.}') SUR LE DEVELOPPEMENT DES TERMES ETC. (4) bi (104.X+114.)°—134.X°—48.)4+-32.)° ) abi A I aio (go+-3.2— 271.X — 24.1 +80.)4) À FIN cos()p+3j +29") | di) 2 +7 (—23-+30.X+4+-40.)? ) 76 À as) ETA (G+ 10.)) + 2 de 1) o - Aa dat À pid) L 2 da À d 53 + a da (3—302.X1—324.2°+80.)°) cos ()p + 3dY + 29): A d 35 + o (—81—130.)—40.)°) 2 dot À DI db de i (135.).+217.)°—d0.4#—128.)" —32.)° ) À ab +2—— (156+175.\—305.)?— 344.2" +4+80.)4) oi pi E Iy 0 (1) / Ces mémes termes ont été calcules par Burckhardt, et nous sommes” sur ce point d’accord avec lui. PAR M. PLANA I7I (40) J'ai donné dans le volume 35 des Mémoires de l'Académie des Sciences de Turin (voyez pages 397-98) l’expression des quatre (i) premiers coefficiens différentiels de la fonction 0! ,sons une forme qui facilite le calcul numgrique de ces quantités transcendantes : en cherchant de la méme manière celle du cinquième j'ai obtenu cette équation ; | (i) DELE da — — (1a). — (240+50.0°+35.54+ 1074-55 ) +2°(12+89.i+-287.i°+- 127 si 455.01+4+-3.0°) o | —@(55-+gg.i+-662.1* + 142.1 + 120.1' +28?) bi + a°(170—199.i+-888.i° — 42.0 4+-130.11—20 ) +a"(137—261.î—688.i:4aggi— mo.it+-3.i° ) +2'(120—274.i4-225.1°—85.2°+ 15. ii) (24-+-35.i° +e!) —-a°(113-+162.0°+ 4.i') dei 1) cb: + 2'(212-+4+-304.i1°+6.0')—2°(13-+262.i°4-4i') î +-a8(274+-85.i°+i' ) Au reste, il est aisé de voir, que, en general, on a une équation de la forme li) lbs (î) ; sa ( 1a fa a=b (H+ H,a4-H,ot+-Hyo8..,4-H,0"} (i21) +(2i—-1)ab: {G,+ Ga 4 Gia'... 4 Gy" 7°}; où H,, H,,...H, désignent des fonctions entières de è du degré n; et G,, G,, G;... G, des fonctions entières de ?* dont le degré est exprimé par r.—2, si n est pair; et par n—1, si n est impair. r72 SUR LE DÉVELOPPEMNT DES TERMES ETC. L'idée qui se présente la première pour deéterminer la loi de ces fonctions est, de substituer dans léquation précédente les valeurs ( G=- 1) : ; de 5: et nous ' *P 5550 LI Ad aurons sL::Lrrd a Pa:T,, dolls =—-=P( I —).fo- mule dans laquelle toutes les quantités qui forment le second nom- bre sont ‘connues , d’après ‘ce qui précède. PAR M. LE CHEVALIER AVOGADRO. 237 On serait arrivé au méme résultat en considerant immédiate- ment les pressions mémes totale, et partielles soutenues par Vair, et par la vapeur dispersée dans le volume total du mélange. En effet si la ‘force élastique vu pression exerete parl'air, sous le vo- lume 5a, et è la température ‘0°, est p +3,5, sa pression sous le 162 6300 vrai £ (1-+-0,00003.#) en ayant égard à la dilatation du verre), I-+- 0,00370 . £ I + 0,00003 . £ volume apparent Z .0u 52-+ 4 — .t (qui répond au volume ‘et è la température #, deviendra-? -(p+ 3,5). ; qui équivaut sensiblement à 5 (p+3,5) (1-+0,00375.£—o0 E 00003.£), ou + (p +3,5 )(1-+-0,00372.£); mais la pression ou force PRE È 5 54 dked élastique totale donnée par'l’observation est e Bed ou P; q P E 7 ‘ I=b È 5550 donc la pression .exercée par la vapeur .répandue dans le méme volume, om sa tension 7’ sera r=p_?? (P+3,5)(1+-0,00372.£). Or 52(p+3,5)(1-+-0,00372.t), d’après la signification que nous avons donnée ci-dessus à Z, revient à ZP; donc | IP YI : T=P—_T= P( I va comme -ci-dessus (1). Si au liea du volume initial 52, et de la différence initiale (1) Dans tous .les calculs des volumes de la vapeur dùs aux différentes pressions, et réci- proquement, j'ai pris pour base la loi de Mariotte. Cette loi pourrait bien n’avoir pas lieu exactement: pour les: températures et pressions della: vapeur très-rapprochées de. celles qui donnent. lieu à sa condensation en liquide; mais nous, n’ayons,jusqu'ici aucune donnée-pour corriger les petites erreurs qui pourraient en résùlter dans la fixation du maximum de pres- sion que la vapeur peut soutenir aux différentes températures. 233 MÉMOIRE SUR KA FORCE ELASTIQUE ETC. de niveau 3,5, on avait eu d'autres valeurs quelconques pour ces quantités , il n'y aurait, pour appliquer notre formule, qu'è y substituer ces valeurs aux nombres 52, et 3,5. Dans la réduction à 0° de la colonne de mercure qui forme la différence finale de niveau, et qui entre dans la formule , j'ai supposé que cette colonne avait en entier la méme température £ communiquée à l’huile , où l’appareil est plongé. Cela n'est pas tout-à-fait exact; car dans la plus part des observations une partie assez considérable de cette colonne répond à la partie de l’appareil qui est hors de l'huile , et doit en conséquence avoir une tempé- rature inférieure à #; mais il serait difficile d’évaluer quelle est la température moyenne de cette partie , et comme il ne s’agit que d’une correction dont l’effet total est peu considérable, il ne peut résulter aucune erreur sensible de la supposition que nous avons admise d’une température égale à # dans toute cette colonne. Jai en outre négligé, dans tous les calculs précédens, comme de fort peu de conséquence, l’effet provenant de la dilatation linéaire du laiton de l’échelle sur laquelle le tube est attaché, savoir j'ai consideré les hauteurs du mercure dans l’appareil comme indiquées par des divisions tracées sur une échelle invariable, au lieu qu’elles le sont sur cette échelle de laiton qui s’allonge elle-méme par la chaleur. S. IL Série des observations , et calcul de la tension de la vapeur du mercure qui en resulte, aux differentes temperatures. 6. Jai mis mon appareil en expérience avec le thermometre à coté dans l’'huile contenue dans un pot de terre vernissé , le ba- roméètre marquant une pression atmosphérique de 747"”. Je plagai le vase sur un petit fourneau, et je le fis chauffer lentement ; le mercure de l’appareil monta peu-à-peu dans la branche ouverte , è mesure que le thermomètre marquait l’élévation graduelle de la PAR M. LE CHEVALIER AVOGADRO. 239 température de l’huile , et de l’appareil; je notai successivement les points de l’échelle auxquels le mercure répondait à chaque temperature indiquée par le thermométre , de 5 en 5 degrés. J'ai poussé la température jusqu’è 300° C, après quoi je couvris de ‘cendre les charbons allumés pour laisser refroidir lentement l’ap- pareil, sans òter le vase de dessus le fourneau, et fobservai encore les élévations décroissantes auxquelles le mercure se trouvait sur l’échelle à chaque température indiquée par le thermoméire dans cette marche descendante. L’expérience entière dura en tout en- viron 3 heures, en sorte que le rechauffement et le refroidissement se firent très-lentement, et il y avait un temps assez considérable entre les indications du thermoméètre de 5 en 5 degres. Au reste je ne rapporterai ici que les observations relatives à la température 230° et au-dessus, parce que, comme on verra ci-après , la tension de la vapeur du mercure est trop peu considérable à des tempé- ratures moins élevées , pour que la détermination puisse en étre faite avec quelque exactitude par le genre d’expériences dont il s'agit. Je me bornerai aussi aux observations faites de 10° en 10° seulement de température; ce sont les: seules que jaie calculges , en considérant que les observations intermédiaires n’ajouteraient rien à l’exactitude des résultats, ces observations devenant alors trop rapprochées pour présenter une marche bien régulière, d’après les erreurs dont elles sont susceptibles. Voici donc la table de ces résultats immeédiats de l’observation, savoir marquant les points de l’échelle en millimétres , auxquels je voyais repondre le mercure de l’appareil dans la branche ou- verte, à mesure que le thermomètre atteignait successivement chaque temperature. On se rappellera que le zéro de l’échelle est un point placé à 44 millimètres au-dessus de celui où le mercure se trou- vait initialement à la température 12°,5, ouà 46" : au-dessus du point auquel il aurait répondu è la température 0°, en sorte que les nombres positifs sont comptés en montant au-dessus de ce point, et les négatifs en descendant au-dessous. 240 MÉMOIRE SUR LA FORCE ÉLASTIQUE ETC. Température Hauteur du mercure dans l’échelle de l’appareil. ‘indiquée par le thermomttre. Marche ascendante. © Marche descendante. Hg pe die ariet gn ate angie Popani AG 3 rire Spr rasati o abolite ateo TIA a IS ale ALE Dept dI 9° 1006 "60 ERA i È 10 ATO RR Ma Se ei 17 Cara SRI RO, 27 200) Gite Bic bit 105 ate 37 i O DR Te Goti On voit par cette table, que dans la marche descendante ‘le mercure s’est tenu constamment plus bas pour les températures correspondantes, que dans la marche ascendante. En outre l’expé- rience étant finie , et l’appareil refroidi , et tiré de l'huile, je re- marquai que la température de l’air dans la chambre étant tou- jours d’environ 12° :,' le mercure sur l’échelle ne se tenait. plus À — 44°" environ, comme avant l’expérience, mais à-peu-prés à — 50", en sorte quil y avait eu un abaissement d’environ 6 millimétres; ainsi la quantité primitive d’air s’est trouvée diminuée, après l’opération, d’une portion répondante à un volume capable d'occuper 6 millimétres dans le tube à la temperature 12°,5 (1). (1) Il pourrait venir à l’esprit que cette diminution ne fùt qu’une apparence occasionnée par une dilatatîion permanente de la boule par la chaleur qu'elle avait éprouvée; mais cette supposition me semble inadmissible pour une boule qui n’avait été souffiée que quelques jours PAR M. LE CHEVALIER AVOGADRO. 241 x On ne peut attribuer cette circonstance. à ce que le volume de Pair et de la vapeur produite dans les degres les plus élevés de température soit devenu supérieur à la capacité de la boule, et de la branche qui en est terminée, en sorte que la portion man- quante se soit échappée en passant par dessous le coude inférieur du tube, et remontant par l’autre branche ; car il aurait fallu pour cela que tout le mercure et été chassé dans la branche ouverte, et y eit par consequent occupé une longueur de 162 millimétres, et méme un peu plus, en raison de sa dilatation par la chaleur ; or le mercure. n'est. monte qu'à + 6o”" de l’échelle, dont le zéro se trouve: à environ 62” ‘au-dessus du coude, et n'a occupé ainsi dans la branche ouverte qu'une longueur d’un peu plus de 120”, d’où il suit qu'il ne peut pas méme étre sorti entiérement de la boule. D'un autre còté je ne vois aucune probabilité à croire que dans l’intervalle de quelques heures qu’a duré l’expérience , Vair de la boule se soit glissé entre le mercure, et les parois du tube, ainsi que. cela a lieu à la longue dans les gaz renfermés sous des auparavant., et n’avait par conséquent pas eu le temps de se contracter comme cela arrive à la longue dans-la boule des thermomètres. On pourrait aussi étre tenté d’attribuer l’abaissement de Ta colonne de mercure dans la branche ouverte mon à vne ascension d’un volume. équivalent. dans la boule , mais è ‘une diminution.de la quantité du mercure méme, par (son évaporation dans la branche ouverte, en raison de la chaleur à laquelle il a éte exposé ; mais cette supposition me semble aussi tout-à-fait inadmissible. Une longueur de plus de' 15 centimètres du tube restait hors de l’huile, et plus de 5 centimètres de cette longueur dépassaient méme Péchelle de laiton sur laquelle le tuhe était attaché , en sorte que l’extrémité supérieure du tube n’a dù prendre qu’une température très-inférieure à celle à laquelle le mercure a été exposé ; et le mercure dans sa plus grande ascension restait lui-méme de plus de 10 centimètres au-dessous' de l’ouverture supérieure du tube. La vapeur du mercure qui a dù sans doute se former au- dessus de sa surface dans la branche ouverte pendant l’expérience, a donc dù se condenser en très-grande partie avant d’arriver à l’ouverture du tube, et retomber sur la surface du mercure méme en gouttelettes imperceptibles. Je doìs ajouter, que Vovverture du tube était fermée par une pelotte de coton , assez légérement pour laisser une libre communication è la pression entre l’air du tube, et l’air extérieur , mais de manière à ralentir de beaucoup la dissipation de la vapeur de mercure qui aurait pù s'élever jusqu’à la partie supérieure du tube. Tom. xxxvr. Hh 249 MEMOIRE SUR LA FORCE ÉLASTIQUE! ÉTC. cloches de verre sur le mercure ; vet le'long des 'tibes des’ baro: metres , selon les observations de Faraday et de Daniell. Je ne vois donc d’autre moyen d’expliquer cette diminution du volume de l’air, que par l’oxidation d'une petite portion du mercure aux dépens du gaz oxigène y contenu, pendant son exposition aut plus hauts degrés de temperature. ‘A la vérité je. n'ai remarque aus cune trace d’oxide après l’opération ni sur la surface du mercure, ni sur les parois ‘intérieures de la boule; mais on ne doit pas en étre surpris , si l’on réfléchit è la petitesse. de la quantité d’oxide qui a pù se former par l’absorption d’environ un dixième seule- ment de centimètre cube de gaz oxigène , ce à quoi revient à- peu-près la diminution observée , d’après les dimensions de l’ap- pareil. Si telle est en effet la cause de la diminution de l’air; elle doit avoir eù lieu progressivement dans les plus hauts degrés de tempéra- ture , et avoir continué encore, quoique avec une rapidité successi- vement moindre dans la marche descendante de celle-ci , sans qu'on puisse assigner ni la temperature à laquelle cette diminution a com- mencé, ou eessé de se faire, ni la marche qu'elle a suivie. Il n°y a donc d’autre moyen d’y avoir égard, et de faire aux observations la correc- tion quelle exige en raison de la difference d’espace qui en est résulté pour contenir la vapeur du mercure aux différentes températures, que de la considérer comme s’étant opérée en entier à la fin. de la marche ascendante , et avant le commencement de la marche de- scendante des températures, savoir au moment où la température a été le plus élevée, et où elle a dù se faire en effet le plus ra- pidement, en sorte que la marche ascendante soit rapportée à la quantité d’air primitive, telle. que nous l’avons trouvée dans l’expé- rience préliminaire indiquée dans le $ précédent, savoir équivalente à 5a" de longueur sur le tube, et la marche descendante à une quantite d’air moindre , et qu'on doit déterminer par le point où le mercure s'est fixé dans l’appareil après le refroidissement. En appliquant la correction de cette manière on commet réel- lement une erreur, tant pour la marche ascendanie que pour la PAR M. LE CHEVALIER AVOGADRO. 243 descendante ; car dans la première on suppose que la quantite d’air est restee toujours telle qu'elle était au commencement, tandis qu'elle s’est un peu diminuée , surtout dans les degrés les plus élevés, ce qui a dù produire une diminution dans la quantité de vapeur qui s'y serait formée ; en sorte qu'en n’ayant pas égard à cette circonstance ; on juge la marche des tensions moins rapide quelle ne l’est réellement; dans la marche descendante au con- traire on considère la quantité d’air dans les températures supé- rieures comme moindre qu'elle ne l’était, et on est conduit par là à admettre par rapport aux élévations de la température une marche des tensions plus rapide que la véritable.. Mais les erreurs ayant lieu ainsi en sens contraire dans les deux marches ascendante et descendante, elles doivent se compenser à-peu-près dans les moyennes des résultats déduits de l’une et de l’autre marche, et la correction ainsi employée , et déjà peu considerable en elle-méme , ne peut en. consequence s’éloigner notablement du vrai. Ce qui confirme la convenance de cette. correction c'est que dans les expériences que Javais faites précédemment avec l’autre appareil, dont j'ai fait men- tion plus haut, et où le mercure après l’expérience était revenu à très-peu-près au méme point où il était avant l’expérience ( pro- bablement à cause que l’oxidation du mercure, qui n’y présentait qu’une petite surface à l’air, y avait. été insensible,, ou peut-éire aussi n’y avait ew lieu du tout, la température. n°y ayant pas été poussée si haut) la marche descendante avait présenté constamment des élévations du mercure plus grandes que la marche ascendante pour les températures correspondantes; et il est facile d’en rendre raison, en observant que le thermomètre, ayant sa boule en con- tact avec le fond du vase, auquel. était. appliquée., la. chaleur , et ayant moins de masse que l’appareil avec son échelle, devait s’échaut fer plus rapidement que la masse entière de l’huile, et par là plus aussi que l’appareil, et l’air y renfermé; l'élévation du mercure dans l’appa- reil, pendant l'échauffement ou dans la marche ascendante , devait donc répondre à une temperature moins élevée que celle qui était 244 MÉMOIRE SUR LA FORCE ÉLASTIQUE' ETC. indiquée par le thermomètre. ‘Par des raisonis. analogues, dans le refroidissement , le mercure du thermomètre devait se refroidir plus rapidement que la masse de l’huile , et l’appareil y plongé cet les hauteurs du mercure dans l’échelle devaient répondre ‘en consé- quence à des temperatures plus élevées que celles indiquées par le thermoméètre , et étre par là plus considérables que celles-ci ne le comportaient. Si done le contraire a eu lieu dans l’expérience, dont il s’agit ici, c'est qu’en effet Ia marche descendanie appar- tient à une moindre quantité d’air et par conséquent à un. moin- dre espace pour contenir la vapeur, que la marche ascendaste. D’après ces considérations, pour conclure, par une moyenne eritre les résultats des deux marches, la tension réelle de la vapeur.à chaque température , et corriger è la fois l’effet des deux causes d’erreur, dont on vient de parler , agissant en sens contraire dans les deux marches, il faudra ealculer séparément les tensions cor- respondantes à chaque températare d’apròs les deux marches; lune en partant de la quantité d’air représentée » par une ‘longueur de tube de 52 millimètres , de la manière indiquée dans le S$ précé- dent, l’autre par une formule analogue appliquce à la supposition d’une quantité d’air moindre , et telle qu'elle est devenue par la perte indiquée. m. Nous avons vu, que d’après la position où le mercure s'est trouvé dans l’appareil è la fin de Vexpérience à 12° ! de tempé- rature , la perte a dù étre d'un voluine qui à cette temperature , et à-peu-près sous la pression atmosphérique; est représenté par une longueur de 6 millimètres sur le tube. Ainsi dans cet état la colonne d’air qui au commencement de l’expérience , à la méme température , et à-peu-près à la méme pression, était de 54"" en- viron, s'est réduite è 54 —6 où 48" de longueur du tube. Mais par le refroidissement de 12°,5 è 0°, température initiale è laquelle nous rapportons mos calculs, cette colonne se serait raccourcie a-peu-près de 2 millimètres, et se serait reduite à 46", que nous considérerons en conséquence comme représentant la' quantité d’air PAR M. LE CHEVALIER AVOGADRO: 245 réduite à 0° dans lappareil, et à laquelle doivent sè rapporter les observations pendant la marche descendante des temperatures: D'un autre còté le mercure dans la brariche ouverte; qui ‘a 12°,95 de température s'est trouvé répondre à —50"" de l’échelle, serait de- scendu è — 52” environ ,. et comme le mercure dans la boule est resté sensiblement à + 50", la pression initiale; rapportée à l’état de l’appareil è 0°, sera ainsi de p-—2, p étant la pression atmo- sphérique exprimée en millimètres de mercure. Cela posé ; la pression atmosphérique ayant été p=747 pen- - dant l’expérience , la. pression initiale sera. 747 +3,5 = 750,5, ou en nombre rond 750" relativement à la marche ascendante , et 747 —- 2 745"" relativement à la marche descendante. On aura donc, dans la formule T=P( I =i , pour la marche ascendante , sal i Mi ipo 20b. 990, | I=52(1i+#t.0,00372 (VIENE TE) » pere) £ 2 x I DoGA 162 L= 52 +4 3094: 305 b ati 5oBO et pour la marche descéndante, ; E I1=46(1+t.0,00372). DL prg rn É : + 5550 fol 162 aA4b—2 Pre! 74 e ; I 246 MÉMOIRE SUR LA FORCE ÉLASTIQUE ETC. La quantité a s’obtient pour chaque température, en ajoutant à la hauteur du mercure sur l’échelle indiquée dans le tableau des observations , la quantité 46 : pour la marche ascendante, et 52 pour la marche descendante , puisque tel est l’abaissement du mer- cure dans sa position initiale supposée , au-dessous de zéro de l’é- chelle, pour les deux marches respectivement. Quant à la quantité b, qui n'est toujours que de quelques millimètres, on l’obtient par approximation , comme je l’ai déjà dit , en évaluant l’épaisseur de la tranche de la boule dont le volume soit équivalent à la lon- 162 E ° ‘ 3 gueur a — = - # dans le tube, qui est laccroissement réel de 6300 volume du mélange d’air et de vapeur de mercure, en partant du volume primitif de l’air. Dans cette évaluation on peut supposer , comme plus haut, le rapport de 18 à 1 entre la section de la boule , passant par son centre, et la section du tube, ce rapport étant à-peu-près celui des carrés des diamètres. Je donnerai ici, pour servir d’exemple, le calcul détaillé pour l’observation relative à la limite extrème des températures, à la- quelle Jai poussé l’expérience , savoir à 300°, en la considerant comme la dernière de la marche ascendante, quoique le résultat qui s'en déduit ne puisse étre réuni avec aucun autre, n°’y ayant pas réellement de marche descendante qui réponde à cette limite. Le mercure à cette temperature ayant été à 60" sur l’echelle de l’appareil, on aura a = 60 + 46j= 106,5; l’accroissement du volume de l’air, ou le volume de la depression à l'intérieur de la boule , en faisant ict #t= 300, sera 106,5 — 162.300 6300 en parties de la longueur du tube. Pour évaluer la quantité 2 nous rapellerons que la quantité de mercure contenue dans la boule , équivaut à 112””" environ de longueur du tube; la boule doit donc sétre presque vidée, y étant seulement resté un volume de mercure correspondant à 13°" environ sur le tube. Si la boule s’était vi- =—oo,o — 7,7i1—'98,87, PAR M. LE CHEVALIER AVOGADRO. 247 dée entiérement, la dépression aurait été du demi-diamétre de la boule, environ 7,5, plus un millimètre, ou un millimétre et demi, dont le mercure se trouvait initialement au-dessus du centre de la boule, et ainsi d’environ 9g””"; les 13 millimétres restant peuvent étre considérés comme occupant au fond de la boule une calotte de 3: millimètres d’épaisseur; ainsi la dépression peut-étre évaluée à 5 : millimétres; c’est la valeur de 2. On a d’ailleurs ici I +£.0,00372=1+300. 0,00372 = 2,116; Ei Ol Zoo 54 RL PACI FA GERAIS ie Partant pu 52:1750,42,136 82524 da SII TAI pera I Kk5JD 747 wa 1,054 plaza 82524 82524 > = —— 90,33, 747 + 109,6 856,69” _ = da + 93,8 = 150,8 , P.-=.8596,65 tro _ 96:33 don T= P(1—+)=8566 (» oto = 856,6(1—0,6388) = 856,6.0,3612 = 309,40. Ainsi d’après cette observation la tension de la vapeur du mercure à 300° de température serait d'environ 309 } millimétres de mercure. 8. Il serait inutile. d'entrer dans un semblable détail pour le cal- cul de toutes les observations comprises dans le tableau. Je me contenterai de rapporter les résultats que ce calcul m’a donnés pour chaque observation, tant pour la marche ascendante que pour la marche descendante des temperatures. 248 MÉMOIRE SUR LA FORCE ÉLASTIQUE ETC. i rara SU Li remain: Températures. Tension de la vapeur du mercure en millimètres de mercure è 0° Marche ascendante. © Marche descendante. Moyenne: = ador murano SP igani 64m 30 2eere, 581.0 240, PSI TIA penis. 80,02 250. . rOrac;@do a Ito I 5t/er Econ ;88 200000 124 90. I4I s90dera ed LI 302. (1) 20 ASS 1D1 2905 INGE,TO., Le a EDS 2A 200 184 “07 LL 24 TO Ea ,59 30 320-368. 27904. (852,51 S00L vat 3og 40 On voit que la marche descendante rapportée ainsi è une co- lonne d’air de 46”, telle que nous l’avons supposée relativement è cette marche au lieu de 52" qu'elle était dans la marche ascen- dante, donne partout des tensions un peu plus fortes que la marche ascendante. Cela est conforme è ce que j'avais deja observé en faisant usage du premier apparel que javais fait construire , et dépend, selon toute apparence, de la cause que yen ai indiquée , et qui (3) Je noterai ici, que pour cette température 260° , qui était la plus haute , à taquelle jeusse poussé les obsérvations avec le premier appareil, dont j'ai parlé au commencement de ce mémoire , j'avais trouvé environ 11270 pour la tension de la vapeur du mercure , c’est-à-dire 21 millimètres de moins, ou environ les 415 de cette tension , telle qu'elle ré- sulte ici des observations faites avee le nouvel appareil; cette différence d’un cinquieme doit étre Verreur qui provenait du défaut de construction du premier appareil, par suite duquel l’air renfermé dans la boule ne pouvait se charger de la vapeur du mercure au maximum répondant à chaque température ; il y a toute raison de croire, comme je l’ai deja dit, que cette erreur a disparu en entier, ou à très-peu-près, dans le nouvel appareil, dont la con- struction est à un si haut degré plus fayorable è la formation, et à la diffusion de la va- peur dans l’air de la boule. PAR M: LE'CHEVALIER ‘AVOGADRO. 249 doit produire une erreur en sens contraire d'une marche à l’antre. Les moyennes deéduites: des deux marches:pour chaque température peuvent donc étre regardées comme les tensions de la vapeur du mercure indiquées: par nos expériences , avec le degré d’exactitude qu'elles. peuvent. comporter. On concoit qu'on ne peut compter dans ces valeurs des: tensions qu’elles nous ont données, sur les fractions de millimétres, ni. méme sur une. précision telle à exclure des er- reurs de quelques millimètres; quoique Jaie cru devoir les rapporter dans le tableau avec les centièmes de millimètres, telles que le calcul des observations les donne immédiatement (1). Au reste, ni les, résultats de chacune- des deux marches, ascendante. et descendante séparément , ni par conséquent leurs moyennes ne nous présentent dans leur suite aucun saut brusque, ou irrégularité frappante, qui doive nous porter à regardér aucun de ces résultats ‘comme visiblement: fautif par sa comparaison avec les autres. QuelyNies essais de calculs analogues aux précédens, que j'ai faits sur des ‘observations relatives à des températures inférieures à 230°, m’ont convaincu qu'une telle régularité ne-peut plus: s’obtenir à ces températures moins éleyées, et pour. les: petites. tensions qui doivent y répondre. Pour en concevoir la raison, il suffit d’obser- ver, que lorsque la tension devient très-petite , la longueur Z— / . (1) On .pourrait me reprocher de n’avoir pas cherché à donner toute l’exactitude possible à mes observations thermomeétriques correspondantes aux élévations du mercure dans l’ap- pareil , en corrigeant., par la méthode connue de Bessel; ou autre €quivalente, les petites irrégularités que la marche de mon thermomètre pouvait présenter par le défaut de cylin- dricité parfaite du tube; en.donnant.au reservoir du thermomètre-la forme-eonvenable pour , qu’il accusàt exactement la temperature moyenne de toute la masse fluide , ou ‘employant méme pour cela plusieurs thermomètres ; en tenant :compte de l’errenr qui pouvait provenir de ce que toute la colonne. de mercure du thermomètre n’était, pas plongée dans l’huile etc. Mais de ses différentes. attentions les unes n’auraient tendu qu’à un accroissement d’exacti- tude illusoire , vù les sources d’èrreurs plus considérables que présentent les observations dont-il s’agit ’après:les procédés:, et avec les appareils idont; je me suis servi; Jes sautres mauraient fait que compliquer les apparcilsy et rendre plusidifficiles les observations mémes, et les exposer par là à d’autres causes d’erreurs. TOM. XXXVI Ti 250 MÉMOIRE SUR LA FORCE ÉLASTIQUE ETC. qui serait occupée par la vapeur du mercure, condensée isolément sous la pression commune: que. soutient actuellement le melange. d’air, et de vapeur, devient une ‘petite portion de la longueur to- tale Z déterminée par l’observation , en sorte quien supposant la longueur £ calculée juste d'après la température et la pression ;; une très-petite erreur sur la longueur Z, change beaucoup; propor- tionneliement, la Jongueur Z — Z, et son rapport è la longueur io «aL totale ZL, c’est-à-dire la quantité Z i ou I + » d'où dépend la détermination de la tension de la vapeur. En genéral cette dé- termination est susceptible d’une beaucoup plus grande précision pour les hautes températures, où Z—/ est une quantité considé- rable, que pour celles successivement plus basses, où cette. quan- tité va en diminuant. C'est ce qu'on verra clairement en conside - rant, par exemple , les résultats des deux observations qui forment les limites supérieure et inférieure de notre série®dans la marche ascendante. Ainsi. dans celle relative à la température 300°, pour laquelle j'ai rapporté ci-dessus le calcul detaillé , on a L—l= 150,8—096,3= 54,5, et parlà Eroi I + 109900127 comme on a vù. Supposons qu'on eùt fait une erreur en plus d’un' millimètre dans l’observation de l'ascension @ du mercure dans l’ap- pareil; cela en aura occasionné une égale dans la valeur de £, en sorte que la vraie valeur de Z serait 149,8 au lieu de 150,8; par là ZL — /= 53,9 au lieu de 54,5, en negligeant la petite va- riation que / devrait subir par le changement de pression, et on trouvera I — > = 1 — 0,6431= 0,3569, ou à très-peu-près 0,357 au lieu de 0,3612; et comme la pression ? n’aura changé que d’une irès-petite quantité, on aura à très-peu-près T = 856,6. 0,357 = 306%" en nombre rond, au lieu de 309 que nous avons trouvé ; ainsi une erreur d’un millimètre dans l’obser- vation immédiate en produira une d’environ 3 millimètres dans la è PAR M. LE CHEVALIER AVOGADRO. 251 tension ‘de la vapeur qu’on en deduit, qui est de plus de 300"””, , x . 2 t) G ’ OI c’est-à-dire ne produira qu’'une erreur de moins d’un centième de la quantité qu'il s’agissait de déterminer. Mais ce degré de précision ira en diminuant , comme. nous avons dit, pour les temperatures successivement plus basses. Dans notre observation relative à 230° qui est la plus basse de celles, sur lesquelles nous avons cru pouvoir compter, on trouve, d’après les données que nous avons adoptées pour la marche ascendante , bi=90;43>;:; Li =196;5g , il=>80.1;35 0,33 d’où = 801,3 ( po 95 90,99 = 51,92, qui est la tension marquée dans le tableau ci-dessus ; =801,3 (1 —0,9392)=801,3.0,0648 maintenant supposons qu'on change d’un millimètre la détermina- tion du point où s'est arrété le mercure sur l’échelle de l’appareil, ou la valeur. de a, et par conséquent de Z, et qu’on ait ainsi, par exemple L= 95,59; la pression totale P? ne changera encore ici que d'une quantité très-petite, et il en est de méme de 7, mais 90:33 qui multiplie P, deviendra 1 — De:88) = 96,59 99,99 1 — 0,944==0,056 au lieu de 0,065 quil était en supposant L= 96,59. le coefficient 1 — Par conséquent la valeur de 7° qu'on en déduira, sera à celle que nous avons calculée , d’après notre observation, comme 56 à 65 environ, c’est-à-dire sera de 44 millimétres au lieu de 52 environ que nous avons trouvé ; l’erreur sera ainsi de 8 millimètres, qui font ici un peu plus de — de la quantité è déterminer. 7 Cette influence des erreurs d’observation augmentant plus rapidement encore pour les températures au-dessous de 230° , il en résultera, soit dans la marche ascendante, soit dans la descen- dante , et par là dans la moyenne des résultats des deux marches, par la plus petite erreur, des écarts trop considerable pour qu'on puisse attribuer à ces résultats quelque exactitude ; et les essais , dont j'ai parlé, ont confirmé cette consequence par l’irrégularité de 252 MÉMOIRE SUR LA PORCE \ÉLASTIQUE ETC. la marche des tensions -qu'ils in’ont présentée vau-zdessous de ‘ce point. C'est pourquoi je n'ai [pas méme. veru ‘idevoir TaPpporter ces observations. i ob tistaion'e ae ar Je remarquerai encore ici, en fmissant. cè paragraphe ; que les observations faites pendant la marche ascendante , se sont mon- trées susceptibles d'une plus grande précision que celles de la marche descendante , parce que dans les :premières le sommet de la colonne de mercure prend une forme convexe bien déterminée, et dont on voit clairement le point supérieur , \tandis que dans les secondes l’adhérence du mercure aux parois du tube fait pren- dre à la surface de ce liquide , qui doit suecessivement s’en déta- cher, en descendani, une forme irrégulière , isoivent plus élevée d'un còté que de l’antre ‘da itube , et ‘dont il faut évaluer un peu arbitrairement l'elévation moyenne ; mais comme on n'a aucun moyen d’estimer la probabilité des erreurs que cette ‘circonstance peut entraîner, ct que ces errenrs ne peuvent étre que des frac- tions de millimètres , ‘taritot ‘@n plus, tantòt en moins , J'ai cru pouvoir laisser cette cause d’erreur confondue avec les autres causes inconniues qui peuvent affecter différemment les deux marches ascen-. dante, et descendante ; et m’en tenir aux résultats ‘moyens des deux marches , tels que je les ai rapportés. + S. TIL Formules par lesquelles on peut representer la marche des tensions de la vapeur du mercure, selon nos observitioris. 9. Dans fe S précédent nous avons cherché è établir par obser- vation ‘les itensions de la vapeur du mercure pour des ‘temperatures déterminées, prises dans un ‘intervalle d’une étendue, èt ‘d’anè €té- vation ‘considérable, cet ‘intervalle étant ‘de zo degrés, et sà limite PAR Ù. LE CHEVATIER' AVOGADRO. 253 supérieure n'étanit plus éloignée ‘que de 60 scia gi ‘ta ri rate ‘de l’ébullition de ce ' liquide. Test naturel maintenant d’exdminer jusquià ‘quel point les différentes formules , ‘ou purement empiriques, et de forme entié- rement ‘arbîtraîre’, cu en partie fondées ‘sur ‘des considérations ihéoriques ;' par lesquelles on ‘a ‘le mieux réussi è représenter la marche des tensions de la vapeur aqueuse, peuvent servir, en en déterminant convénablement les constantes, à représenter la marche des tensions observées. de la ‘vapeur du mercure; soit ‘è fin de pouvoir fixer ‘au ‘moins ‘approximativement la tension de cette va- peur è d’autrès températures que celles particulières pour lesquelles les observations [ont «été faites , et dans tout l’intervalle compris entre la température où «cette tension commence è étre sensible , jusqu'à celui de l’ébullition da mercure , où elle devient égale è la pression atmosphérique ordinaire; soit pour vérifier si les idées théoriques , qui ont paru pouvoir servir de base ‘à sr ‘ùnes de ‘ces ‘fofmules , se soutiennent dans leur application %à la vapeur du mercure. Une des formes générales de fonttion que l'on ‘a troùvé le plus propres ‘è représenter la marche de la tension de la vapeur. aqueuse , dans de très-grands intervalles ‘de temperature , st celle-ci, e='(1-+at)”, dans laquelle e représerite la ‘tension ‘0a force ‘élastiquè de ‘la vapenr ‘au maximum, èn prenant pour uité la ‘pression d’une atmiosplière ‘vu ‘de ‘0%;76 de mercùre, 4 la rempe- ratiire à laquelle ‘correspond cette force, toniptée du ‘point ‘de l'ébullition du liquide , ‘et le coeflicient ‘a ; ‘aisi que Lexposant m devant ‘étre déterminiés par les observations. ‘Cètte forimile satisfaît dailletirs par sa forine "ménte à la condition ‘iécessatite ‘piè ‘e soît ‘égal à 1, c'est-à-dire à la pression atrnosphéritue, pour la tempé- rate -de ’l'ébiillition du ‘liquide, piisquwon ‘a e==1 lorsque #=0ò, quelles que soient les valeurs de «@ et ‘#. Pour les tensions ‘de la vapeur d’eau on' a trouvé que les va- leurs entières de m les plùs appropriées sont 5 ‘et 6, la première 254 MÉMOIRE SUR LÀ FORCE ÉELASTIQUE ETC. de ces valeurs avec le coeflicient @ convenablement. déterminége 3 représentant mieux les tensions supérieures à la température de l’ébullition, telles qu’elles ont. été derniérement fixées: pour les Commissaires de l'’Académie Royale des Sciences de Paris, qui se sont en consequence principalement servis de cette. formule. pour en calculer la table, et l’autre étant plus propre à représenter, avec une valeur de 4 un peu différente , les tensions. inférieures è l’ébullition, comme dans la formule que M. Tredgold a employé pow: cet usage. En déterminant méme à la fois @ et m par les deux observations les plus éloignées, l’une répondante à 0° de tem- pérature , pour laquelle la tension est de 5 millimètres de mercure ou 0,0066 d’atmosphère , l’autre à 224° C, temperature pour la- quelle la tension est de 24 atmosphères , et prenant pour unité de t une échelle entière de 100° C, les 4 étant pris positivement en montant au-dessus de la température de l’ébullition, et négativement en descendant au-dessous, je trouve que la valeur de 72 qui en ré- sulte, est peu differente de 6, savoir 5,94 environ, et que la valeur de a est 0,5706, en sorte que la formule e =(1+ 0;5706.4 )% satisfait à-peu-près à toutes les observations dans cet intervalle. Pour déterminer d’une manière semblable les deux constantes d’une formule analogue, savoir l’exposant 2, et le coefficient «a, pour les tensions de la vapeur du mercure, d’après les résultats de mes observations, je me servirai des deux observations extrèmes données par une moyenne entre les deux marches, ascendante, et descendante , savoir celles relatives aux temperatures 230° et, 290°. Pour désigner ces deux températures , d’après la signification que nous avons attribuge à £, il faut considérer que 360°—230°=130° =1,3 échelles, et 360° —290° =70°=0,7 échelles; on a done #= — 1,3 pour.la première , et #=—0,7 pour la seconde. Les deux tensions correspondantes données par nos observations, dans l’unité que nous adoptons ici, sont 58,01 cia 760 252:5.1 =0,07633, e= sw ==0,902498 PAR M. LE CHEVALIER AVOGADRO. 259 Nous avons donc pour. déterminer a et m les deux équations 0,33225=(1—a.0,7)"; 0,07633 =(1—a.1,3 )” ou 1—4.0,7==(0,33225)7; 1—4.1,3=(0,07633)"; 14 (033225) 0,7 la première donne a= scet.par la substitution de cette valeur, la seconde devient Li (0,33225 )” — ( 0,07633 yi = - ==.0,85714., et on trouve par des substitutions successives, qu'on satisfait à très- peu-près à cette équation, en faisant m = 2,873, ce qui donne 4 I —(0,33225 }87 tuta ensuite a = n EA = 0,45507. Ainsi la formule, qui 77 satisfait aux deux observations extrèmes , est e, = ((14- 0,4959076), On peut au reste, sans altérer sensiblement les résultats, prendre SI 23 pour plus de simplicité pour l’exposant 28p5=2 +=. Le coef- ficient a déterminé par l’observation à. 290° est alors 0,45480, et la formule devient e =(1+0,4548.t )?®; cette formule donne pour la tension relative à 230°, e = 0“ 07638 = 58" 04, à peine différente de 58,01 qui a donné l’observation. Si on calcule main- tenant, d’après cette formule e =(1+-0,4548.% )?*°, les tensions répondantes aux autres températures, auxquelles nos observations se rapportent, en y ajoutant méme celle relative à la température 300°, pour laquelle nous n’avons que le résultat donné par la mar- che ascendante , nous en aurons la table suivante , où les résultats x calculés sont mis à còté des résultats observés. 256 MÉMOIRE SUR LA FORCE ÉLASTIQUE. ETC. Températures. ° « Tensions de la vapeur du) mercure, | Calculées. FEO pr: Obeervica, 2didterado of,97698 = 589,04 | 58"2. 01 240 È o ,10344 Fre ea 80. ,02 250... dr 0100 1360 E RAT (GESTO) 8a 560: siii molta aABRI Bali 55 raggovuggi an Br oo te i go Torio) val “egg 327243 ' 207 ne ad 207: 08 OT010 pala ERA 0 ,99225 252. FIR Ta va DM O Zoo1g. aiciir o 40005. 304,04 On voit par ce tableau, que la formule e=(1+-0,4548.t)?*% peut-étre considéerée comme l’expression très- -approchée de l’ensem- ble de nos observations, dans da forme de fonction dont il s'agit, puisquelle satisfait exaclement aux deux observations extrèmes qui Ini ont servi de base, et S ‘aGcorde avec toutes les autres ou exac- tement , ou à un cu deux millimètres près, différence qu'on. peut sno aux irpégularités acgidentelles dans les ‘observations. On observera que le résultat, calculé relatif è à 300° est encore tant-soit peu ‘inférieur è à ‘celui que nous a donné notre observation extrème dans la marche ascendante | sà savoip Zognm, 4o, en, sorte que ce ré- sultat de l’observation peut lui-méme étre regardé , quoique avec un peu plus d’écart, comme donné par les deux marches réunies, étant le dernier de la marche ascendante , et le premier de la de- x scendante , et répondant à l’époque, où sporche ii la moitié environ de la petite perte d’air, dont fai parlé plus haut, avait déjà PAR :M. LE CHEVALIER AVOGADRO. e 25” eu lieu: On se rappellera que la formule dont-il s'agit satisfait en méme temps; par sa forme méme à la. tension de l’atmosphère , ou de 760"" qui. doit répondre à la température de l’ébullition 360°, en sorte qu'on peut dire qu'elle exprime prochainement la marche des observations dans tout l’intervalle de 130 degrés, com- pris entre 230° et 360°. 10. Une. circonstance cependant s’oppose à ce qu'on regarde cette formule, comme la véritable expression de la loi des tensions de la vapeur du mercure à toutes les températures, et.qu’elle soit applicable en particulier aux :tensions répondantes à des tempéra- tures notablement inférieures è celle où commencent nos observa- tions ci-dessus. On sait en effet:que le mercure émet dans air, méme aux températures ordinaires de l’atmosphère , de ‘la vapeur, dont l’existence se manifeste par ses effets sur l’économie animale, par son action chimique sur les métaux ete.; et d’après les expé- riences de M. Faraday, cette évaporation m’a une limite qu’aux environs de la temperature de la glace fondante. D’après cela , quoique la tension de ‘la vapeur du mercure soit trop petite à ces températures, et méme à la temperature de:l’eau bouillante, pour étre évaluée en colonnes de mercure déterminables par l’observa- tion, une formule exacte , et corforme à la loi méme de la nature, ne devrait indiquer une tension absolument nulle , qu’aux environs de la limite dont mous avons parlé. Or s’est à quoi ne satisfait pas notre formule e =.(1-+0,4548.t)?*®;-car d’après cette for- mule la tension de la vapeur du mercure devient nulle lorsque I x x nÌ 7) x . LI ,’ t=— —— =-— 2,2 à trés-peu-près, c’est-à-dire à 220 deerés 0,4548 î lE P 7 5 au-dessous de la température de l’ébullition du mercure 360°, ou à 140 degrés au-dessus, de la température de la glace fondante. D'un autre còté, si en partant. de l’observation de Faraday, on suppose la.tension..de la vapeur du mercure nulle ;à; la tempé- rature de la .glace fondante , et qu'on. combine.-cette donnée avec chacune de nos ‘observations , aux températures .230., 240, ete.., TOM. XXXVI. Kk 258 MÉMOTRE SUR LA FORCE ÉLASTIQUE ETC. on obtient une formule différente par chacune de ces combinaisons, ce qui confirme qu'on ne peut représenter à la fois avec cette forme de fonction, nos observations réunies, et le fait observé par Faraday. Dans ce cas en effet le cofficient « est REA , quelque soit n, par la condition 1r—a.3 6=0, qui donne a= 5 36" 0,27778, en sorte quon doit avoir en général e=( I+-0,27778.t)" , où il reste à déterminer n par une seule observation. Or si dans cette log e o ___———-, on substitue pour log(1-+-0,27778.t) e,.et_t, leurs valeurs correspondantes d’après nos observations pour les températures 230, 240 ; etc., on trouve par ces différentes observations ; les difféerentes valeurs. de. 72 suivantes: AA 3 qui donne m= Températures. . Valeur de m. ia n e ij S'uiiamdg rai 855 250: i sabigio HAI oo ue dighe ice N cla 5,94 ager Saki d;30 200% +), BO] 290. 550 ARE Pasto On voit que ces valeurs de 72 vont en diminuant un peu à me- sure que la température augmente. Si regardant l’inégalité de ces valeurs, qui à la vérité n’est pas très- grande, comme die aux erreurs des observations, erreurs qui dans ce cas devraient suivre aussi une ‘marche progressive, relativement aux températures , on PAR M. LE CHEVALIER AVOGADRO: 259 prend- une moyenne entre elles., on ‘anra-m== 5,374, en sorte qu'il en résultera pour représenter è la fois autant que possible Yobservation de Faraday ; et les nòtres , la formule e==(.1+4-0;27778:. £.)}, ou si l’on veut, sans altération' sensible , e=(1-+.0,27778.t) =(1+ sa a Si l’on calcule, d’après cette formule moyenne , les tensions relatives aux différentes températures, qui on fait l’objet de nos observations , il en résultera la table suivante des résultats calculés comparativement à-ceux observés : Températures. Tensions calculées. Tensions observées. ad] L: t00€ 10899 I ignora). 03:080;01 = LC) AO o. ,11312 Si ri cà 3500! dLoiafito0g TIMOR TON Odore HRR BIS REC@RE ei 317392: ‘indiegiiadi» i 33 362 Io o ,21304 161 cin Mg 165 02 280 srIÀ: (o) sig 1gB596: sob 207 dg 200 siia ORLOIIDI 20) aa 202 DI La formule. satisfait, comme on voit, à peu-près exactement à l’observation relative à 260° qui est celle du milieu dans la série de nos sept observations: mais pour les températures inférieures à celle-là les tensions calculées sont plus grandes, et pour les températures inférieures elles sont. moindres que celles observées ; les plus grandes differences vont, savoir celle en plus, pour la tem- perature 230°, à ro millimètres environ, et celle en moins, pour 260 MÉMOIRE SUR LA FORCE! ÉLASTIQUE | ETC. 290°, è 15 millimètres ‘environ. On voit encore ici la méme. pro- gression des écarts; nos‘ ‘observations donnent pour: l’intervalle qu'elles comprennent. nne marche ‘des tensions plus ‘rapidement croissante par rapport aux-températures, que ne l’admet la forme de fonction dont-il s'agit, lorsqu’on veut l’assujettir è satisfaire è l’observation de Faraday. A moins donc qu'on ne veuille regarder les résultats de nos observations comme affectés d’une erreur progressive assez consi- dérable, dont on ne saurait assigner la source, nous devons con- clùre de cette comparaison, que la forme de fonction dont-il s'agit n'est pas propre à représenter exactement les’ tensions de la va- peur du mercure à toutes les temperatures depuis 0° jusqu’'àè 360°. Il est cependant remarquable que l’exposant moyen que donnent nos observations combinées avec la limite de l’évaporation du mer- cure ‘assignée par Faraday,. soit placé ‘entre 5 et 6, précisément comme celui, qui dans cette forme de fonction est propre à repré- senter le plus exactement les tensions de la vapeur aqueuse, quoique avec une valeur de « différente ; la valeur de ce coefficient ne serait en effet qu’environ la moitié du coeflicient relatif à la vapeur aqueuse. On pourrait ‘soupgonner que l’impossibilité de satisfaire à nos observations, en partant de la limite de Faraday , par cette forme de fonction, dépendît de ce que dans nos observations les tempeé- ratures sont rapportées à celles indiquées: par le thermomètre è mercure , au lieu de l’étre aux vraies temperatures, c’est-à-dire è celles qui seraient marquées par le thermométre à air; mais Je ferai remarquer que, comme dans les températures élevées le ther- moméètre à mercure devance le thermomètre è air, c’est-à-dire in- dique des temperatures plus hautes, qu'elles ne le seraient sur ce dernier , les tensions données par nos observations sont celles cor- respondantes à des températures prises sur le thermométre è air, d’autant plus au-dessous de celles que nous avons supposées, quil s'agit de températures plus élevées; on aurait donc des tensions croissantes plus rapidement, si on les rappor tait ank températures PAR M. LE CHEVALIER AVOGADRO. 201 indiquées par le thermomètre à air; or c'est déjà par la trop grande rapidité d’accroissement dans les degrés supérieurs, que ces tensions observées s’éloignent de la loi supposée ; l’écart s'ac- croitraît donc au lien de disparaître , ou de diminuer par la sub- stitution des températures prises sur le thermomètre è air à celles indiquées par le thermomètre à mercure. Au reste le défaut de capacité de la forme de fonction dont-il s'agit pour représenter la marche des tensions de la vapeur du mercure dans toute l’étendue de 360 degrés, depuis la glace fon- dante jusqu'à l’ébullition du mercure, n’aurait droit de nous étonner, ‘qu’autant qu'on attribuerait à cette forme de fonction quelque rap- port avec des principes théoriques d’où dépendît en général la loi des tensions des vapeurs des liquides , ce que rien ne nous indique à priori; car cette forme ne renfermant que deux constantes ar- bitraires à déterminer par les observations mémes , ( abstraction faite de l’expression de la force d’une atmosphère , répondant è la temperature de l’ébullition, et à laquelle elle est assujettie par sa ‘forme) son usage, comme loi empirique, doit étre nécessairement ‘borné à un certain intervalle de température, et on peut regarder comme accidentel l’avantage qu'elle possède relativement à la loi des tensions de la vapeur aqueuse. 11, Je vais maintenant essayer de représenter nos résultats sur les tensions de la vapeur du mercure par une autre formule pu- rement empirique , mais dans laquelle on peut faire entrer autant de quantités constantes qu'on le trouve nécessaire pour représenter avec une exactitude suffisante toutes les observations connues. C'est celle que La-Place a d'abord employée avec deux constantes seule- ment pour représenter les observations de Dalton sur les tensions de la vapeur aqueuse ( Mécanique céleste, livre X, chap. 1.9 ) et que M. Biot a employée ensuite dans son Traité de Physique avec trois constantes, qu'il a trouvées nécessaires pour exprimer plus exactement la marche de ces tensions entre 0° et 100° de tem- perature. Cette formule, en désignant par 4 la tension qui a lieu 262 MÉMOIRE SUR LÀ FORCE ÉLASTIQUE ETC. à la temperature de l’ébullition du liquide, c'est-A-dire celle équi- valente à la pression atmosphérique , est de la forme - e= A.10% + bt? + ct3 + ete. (1) ou log e== log A+-at+ di +-ct + ete., e étant les tensions correspondantes aux températures , compiées du point méme de l’ebullition du liquide , et a, è, c, etc. étant des coefficiens constans à determiner par les observations. Je me bornerai de méme,; dans l’application de cette formule è la vapeur du mercure, aux trois premitres puissances de £, ce qui présentera trois -constantes à déterminer par nos observations , au lieu de denx seules qu'en présentait la forme de fonction précédente ; et nous examinerons si la formule qui en résultera satisfera à tous les faits connus relativement aux tensions. de la vapeur du mercure dans l’étendue de température de 0° à 360°. Pour plus. de commodité des calculs je prendrai encore ici une atmosphère entière de 0”,76, ou la tension qui a lieu à la température de l’ébullition du mer- cure, pour unité des tensions , et une échelle entière. thermomé- trique de 100° pour unité des températures comptées de l’ébulli- tion; mais pour éviter les ‘changemens de signe selon les diffé- rentes puissances de £, je prendrai les £ positivement en descen- dant, au lieu que nous les avons pris positivement en ascendant, et négativement en descendant dans l’emploi de la formule précé- dente: La forme générale , en observant que log 1= 0, devient ainsi simplement log e = az + dt + ct°. Nos sept observations entre 230° et 290° nous fournissent sept équations de cette forme, qu'il faudrait è la rigueur combiner par la méthode des moindres carrés —————————————————————È—E€—€EEE_——T———_——km______—_—_—_—_Z____________212_— _—— (1) Il n'est presque pas besoin de remarquer que la quantité 10 n’est ici introduite que pour l’application immédiate des logarithmes tabulaires; car en mettant la formule sous la forme b c . CISA Lot(t+ atta + et.) 5 on. voit qu’on peut la représenter en général par Du gigle Bi + y13 «te etc PAR M. LE CHEVALIER AVOGADRO. 263 pour avoir les valeurs les plus probables des coefficiens de la for- mule , d’après toutes ces observations réunies; mais nous nous contenterons d’employer à la determination des trois constantes les deux observations extrèmes répondantes à 230° et à 290°, et celle relative à la temperature intermédiaire 260°, et nous verrons jusquà quel point les autres s'accorderont avec la formule que nous en déduirons. Selon nos observations on a, pour ces trois temperatures 230°, 260°, et 290° respectivement, al 58,01 760. 133,62 760 e= li =o0 33225; log e=— 0,4785350. On a d’ailleurs ici respectivement pour les trois observations , s+ o” 07633 ; log e=== I,I 173047 =0 ,17582; log e=— 0,7549317 e ui — ion Ces observations nous fournissent donc les trois équations : — 1,1173047=2.1,3 +2(1,3) +C( 1,3) — 0,7294931 7=a4+b+c i — 0;4785350 = 4.07 +5(0,7) +C(0,7 ); en exécutant les calculs numériques , et combinant les trois équa- tions, on trouve pour les valeurs des trois constantes , a= — 0,64637; 5 = + 0,0759956 ; c = — 0,18452. Il en résulte en consequence la formule i log e = — 0,64637.t + 0,0759596. — 0,18452.f". En calculant d’après cette formule les valeurs de e, ou les tensions de la vapeur du mercure, pour toutes les températures auxquelles nos observations. se rapportent, on forme la table sui- vante des valeurs calculées comparées avec celles observées : 264 MÉMOIRE SUR'LA FORCE ÉLASTIQUE ETC. Températures. Tensions calculées. Ra, Mina DIO GI. 010909 e ISO DOTATO aloni. o ,10349 n0an65 sol. 80,02 VISI MI 0.;130907 add nie sr: ,98 bon o ,17582 rSSe RI PSR T9BI08 2001 0 gi Viet Di3221 40, (108,80) ca Ra 280 DIC 0 —;2799500! ‘'A09vt, go 0 cao 3,59 200): 438 È o 33225 nba: 51 aa I Fonsibrtsoede Mo1sS9i daino asi ii On voit que les résultats calculés par cette :formule :sorit fort peu différens de ceux que nous avait donnés la formule -précédem- ment employée avec l’exposant m, et le coefficient a -determinés par les observations mémes, et que ces résultats s’écartent à-peu- près de méme savoir au plus de un ou deux millimètres, de ceux donnés par les observations. ‘Ces écarts peuvent étre ‘encore ici attribués aux ‘erreurs des observations, dont les irrégularités acci- dentelles sont, pour ainsi dire, corrigées aussi‘ bien par l’une que par l’autre formule. 12. On observera mainténant que notre formule, par sa nature méme , ne peut' donnér la tension de la ‘vapeur absolument nulle pour aucune températùre.'La formule; avec les-signes et les valeurs des coefficiens que nous Tui avons titouves, n’indique point non: plus de minimum pour la tension; car pour la détermination de ce mi- nimum s'il avait lieu, on aurait l’équation — 0,64637 + 0,07596.2% — 0,18452.3£ = 0 PAR M. LE CHEVALIER AVOGADRO; 265 qui donne diuiia x e dirai 0599444 t=2— I, ea d'où # — 0,13922 = Y —1,16366 + (0,13722)"; quantité imaginaire. Les tensions dela vapeur du mercure doivent donc diminuer de plus en plus, d’après cette formule, par l’abaissement de la tem: pérature ; et devenir iout-à-fait insensibles , sans jamais étre ma- thématiquement nulles. i Si par exemple on cherchie , d’après sci formule , quelle doit étre la tension de sa vapeur db mercure è la temperature de la glace fondante, c’est-à-dire lorsque £ == 3, 6, on trouve log e== — 9,95046, qui répond à e= 0°”,00000000011208 = 0""000 000085 18, tension qu'on peut regarder comme physiquement nulle; puisqu'elle n’arrive pas méme à un dix-millioniéme de millimètre de mercure. L’observation de Faraday, que le mercure cesse d’émettre de la vapeur anx environs de la temperature de la glace fondante ne peut-étre considérée comme contraire à ce résultat ; car on peut bien concevoir que les moyens délicats que ce chimiste a employés pour constater la présence de cette vapeur par son action sur les métaux aient pù la lui rendre sensible jusqu’è cette temperature , mais qu’au-de-là la vapeur parvenue è un tel degré de iensité , ait échappé méme à ce genre d’observations. D’ailleurs on peut sup- poser aussi que la limite trouvée par Faraday, considérée méme comme absolue , doive éire attribuée è quelque raison physique indépendante de la loi des tensions de la vapeur, et qui à une basse température empécherait brusquement la vapeur de se for- mer, et de prendre ainsi méme la petite tension, qui d’après la loi continue des tensions aurait pù avoir lieu encore dans la va- peur une fois formée. En un mot; l’observation de Faraday , et en general celles qui prouvent la présence de la vapeur à des tem- pératures assez basses, peuvent bien former une objection contre les formules qui donnent cette tension déjà nulle à des tempéra- tures supérieures à celles auxquelles ces observations se rapportent, Tom. xxxvi LI 266 MÉMOIRE SUR LA FORCE ÉLASTIQUE ETC. comme nous l’avons và pour la formule e =(1+ at)", mais non pas contre les formules, qui donnent cette tension reéelle , quoique très-petite à des températures méme inférieures à eelles où la pré- sence de la vapeur cesse de pouvoir éire constatée par ces obser- vations. ; Si l'on cherche encore quelie serait d’après notre. formule ‘è. trois coefficiens , la tension de la vapeur du mercure à 100°, ou à la temperature de l’cau bouillante , c’est-à-dire lorsque #= 2,6, on trouve log e= —4,41019, d’où e=0©”,00003889=0"",02044, c'est-à-dire moins de 3 centièmes de millimétres, tension qu'on peut bien considérer comme ‘insensible dans toutes les expériences qu'on peut faire sur la force de la vapeur, ainsi que cela est gé- néralement admis par la vapeur du mercure à cette tempéraiure. Notre formule, quoique purement empirique, est donc propre à représenter non seulement toutes les tensions de la vapeur du mercure observées ; depuis 230° jusqu'àè 360°, temperature de son ébullitien; mais aussi toutes les ‘observations connues sur l’existence et les effets sensibles: de cette vapeur dans les températures moins élevées jusqu'à la température de la glace fondante. Jai cru en conséquence pouvoir m°en servir, pour calculer è l’usage: des phy- siciens une table des tensions de la vapeur du mercure, de 10 en ro degrés de température, depuis la température 100°, au-dessus de laquelle elle commence à présenter des fractions de ‘millimétre. un peu sensibles, jusqu'àè 360°, température de son ébullition sur le thermométre è mercure ; table qu'on irouvera à la suite de ce meémoire,, et qu'on peut 'regarder comme le résultat final de l'en- ‘semble de mes observations. Il est probable que la considération de la tension de cette vapeur pourra introduire quelque' correction nécessaire dans certaines expériences faites sur d'autres points, et où on l’avait négligée jusqu'ici , faute de la connaître;, quoique, opérant à des températures où elle commence à étre sensible. Notre formule’ se trouverait sans doute en défaut pour repre- septer méme approximativement les tensions de la vapeur du mer- PAR M. LE CHEVALIER AVOGADRO. 267 cure è des températures notablement supérieures à son ébuilition, isi elles venaient à étre observées, et on ne pourrait y étendre cette forme de fonction, qu’en y faisant entrer un plus. grand nombre de puissances de é, et par là de cofficiens à déterminer par les observations, ainsi qu'on l'a trouvé pour la formule analogue relativement à la tension de la vapeur aqueuse à des temperatures très-élevées an-dessus de celle de l’ébullition de l’eau ; mais rien n’indique que la connaissance de ces tensions de la vapeur du mercure à des températures supérieures à son'ébullition puisse étre dans ce moment de quelque utilité aux physiciens dans. les diffé- rentes expériences, où l'on fait usage de ce metal liquide. Quant à l’intervalle de température de 100° à 360° C que ma table comprend, on ne pourra sans doute compter sur les indications de cette table qu'è quelques millimétres près, quoigue jaie marqué les centièmes de millimètre , tels que ‘les donne la formule calculée sur mes observations. Des experiences faites. avec des appareils plus parfaits, et avec toute l’exactitude dont leur usage sera susceptible , pourront par la suite rendre ces indications. plus précises, que cela n'a pù étre obtenu dans une première recherche (1); mais je crois pouvoir me flatter que mes résultats représentent du moins, d'une manière assez approcheée, les circonstances principales de la marche des tensions dont il s’agit, et dont. on n’avait. jusqu’ici aucune idée. «_—L’inspection de notre tableau montre que la tension de la va- peur du mercure ne s’élève à un millimètre entier. de mercure qu’entre 130° et 140° C de température; qu'elle ne monte à en- viron un dixièéme de la pression atmosphérique que vers la tem- perature 240°, à un quart à-peu-près de cette méme pression entre 270° et 280°, à la moitié entre 310° et 320° et aux ? dans 4 les environs de 240°, température «qui-n'est plus éloignée. que de (1) Dans. ces expériences il serait aussi convenable de substituer à-l’air renfermé, dans lequel se repand la vapeur du mercure, un gaz non susceptible de se combiner ayec ce métal, tel que l’azote ou l’hydrogène, afin d’éviter la correction pour l’oxidation. * 268 MÉMOIRE SUR'LA FORCE ÉLASTIQUE ETC. _ 20 degrés de la temperature de l'ébullition du mercure, où elle soutient la pression atmosphérique entière. Je n’ai‘point étendue la table aux températures comprises entre 100° et 0°; dans ces températures plus éloignées de celles auxquelles les observations se rapportent, et où la tension est si peu consì- dérable , ma formule ne donne probablement que l'indication de l’ordre des quantités, sans qu'on puisse cotopise sur la précision des chiffres qui les expriment. 13. Dans notre formule ci-dessus nous avons pris une échelle entière de 100° pour l’unité des températures; si on voulait prendre pour unité le degré centésimal, en appellant # les températures ainsî comptées , toujours en partant de l'ébullition du mercure, AL MOSTO cane Li positivement en descendant, il n°y aurait qu'à faire £ = nat la 00 formule en # deviendrait log e= — 0;0064637.4' + 0,0000075956. #*—0,000 00018452 Do. Si de plus on voulait prendre pour unité des pressions le millimètre de mercure au lieu de la pression atmosphérique de 760”, en e 760° log e = log e' — log 760, en sorte que la formule deviendrait log e' = log 760 — 0,0064637. + ete. Enfin si on voulait prendre pour unité des pressions le mètre méme au lieu du millimètre, il n'y aurait qu'à mettre log 0,76 au lieu de log 760 dans cette formule. Si mamtenant on compare notre formule réduite è cette forme avec celle par laquelle M. Biot a représenté les observations de Dalton sur les tensions de la vapeur aqueuse, qui est,, en se bor- naut, dans les coefficiens, à cinq chiffres significatifs, i log e' =log 0,76 —. 00453734 — 0,000067320. £'* + 0,00000003374 .£'', on voit d'abord que le coefficient du terme en #' qui est le plus considérable., et qui détermine principalement la rapidité. du de- croissement de la force de la vapeur. en descendant au-dessous de ef désignant par e' la tension ainsi exprimée, on aurait e = PAR M. LE CHEVALIER:AVOGADRO. © 269 la température de l’ébullition de chaque liquide, n’arrive pas méme, par rapport à la vapeur du mercure, à la moitié de celui qui a lieu pour la vapeur de l'eau, ce qui annonce en général un decroisse- ment moins rapide pour les tensions de la vapeur du mercure, que pour celles de la vapeur d'eau; comme cela doit-étre, puisqu'à 0°, ou è 100° au-dessous de l’ébullition de l'eau, la tension de la vapeur aqueuse est déjà réduite è 5 millimètres , au lieu qu'è 100° au- dessous de l’ébullition du mercure, c’est-à-dire à la température 260°, la tension de la vapeur du mercure est encore , selon nos observations , de plus de 130"”. On voit en outre que* dans la for- mule pour la vapeur d’eau le ‘terme en #'* est négatif comme celui en #', et tend avec lui è accelerer la marche du décroissement de la tension par l’abaissement de la température , et le terme en 4’ positif où tendant à retarder cette marche , tandis qu'au contraire dans notre formule pour la vapeur du mercure, c'est le terme en #? qui est positif, où tendant à retarder le décroissement, et le terme en 2° qui est négatif, ou coopérant avec le terme en # à accélerer le décroissement de la tension; les. coefficiens de ces deux termes en #'* et en #'' présentent d’ailleurs des rapports très- différens dans les deux formules, soit entre eux, soit avec le coef- ficient de #'. | 14. Je remarqueraîi ici que connaissant la tension de la vapeur du mercure an maximum pour les différentes températures, on en pourra conclùre atsément la densité que cette vapeur ainsi portée au maxi mum de tension aura dans mune unité connue , par exemple en prenant pour unité la densité de l’air à 0° sous la pression 0",76, pourvu qu'on conmaisse la densité qui appartient è la vapeme du mer- cure en prenant pour wmité celle de l’air sous une méme tempéra- ture et pression; car si on deésigne par m cette dernière densité de la vapeur. du mercnre, ce sera aussi celle que cette vapeur aurait è la température 0°, et % la pression 0,76 en prenant pour unité celle de l’air à cette méme température et pressiofi, dans la supposition qu'elle pùt subsister à cette température et pression sans : 4 , 270 MÉMOIRE SUR LA FORCE ÉLASTIQUE ETC. se condenser en liquide ; et si 7° est la temperature qu'on consi: dere, en degrés du thermometre centigrade comptés de la glace fondante , et £ la tension de la vapeur du mercure au maximum; qui y répond, selon notre formule, cu selon la table, en millimè- tres de mercure , la densité actuelle de cette vapeur portée au maximum, exprimée en prenant pour unité celle de l’air è 0° et VUOREA LIO: E I 23004» Bi i à 0",76, sera ur Frermpne re por Ainsi si nous adinettons que la densité de la vapeur du mercure en prenant pour unité celle de l’air, sous une temperature et pression commune, soit en- viron 7, comme cela résulterait. des experiences de M. Dumas, la densité de cette vapeur au maximum à la température 7° sera gE 760 ( 1 + 0,00375. 1’) notre formule, à la temperature 100° C, la tension au maximum ..Nous avons và, par exemple, que selon de la vapeur du mercure est environ 0,03 de millimètre; on aura 0,21 donc la densité 7-——-z = 0,0002 à très-peu-près, c’est-à-dire 760.1,375 que la densité. de la vapeur du mercure, dans un air qui serait , comme on dit, saturé de vapeurs de mercure à cette. température, serait 0,0002 de la densité de l’air à 0°, et sous la pression 0”,76; et puisqu'un litre , ou décimetre cube d’air dans ces circonstances pèse 15,3, il y aura alors dans un espace d’un décimètre cube 08,00026, ou un quart de milligramme environ de vapeur de mer- cure en poids. De semblables calculs appliqués à des temperatures inférieures à 100°, par exemple à 20°, à 15°, en partant des très- petites tensions de la vapeur du mercure que la formule y indique, pourront donner en quelque maniere la mesure du danger qu'il y aura è respirer de l'air exposé à la vapeur du mercure à ces dif- férentes températures, dans des circonstances où cette vapeur pourra s'y élever à une tension plus ou moins approchante. de son maxi- mum , ou de la saturation de l’espace. «15. Dans tout ce qui précède nous avons cherché è exprimer PAR M. LE CHEVALIER AVOGADRO. © 27! par notre formule à trois coefliciens les tensions: au maximum de la Vapeur du mercure, rapportées Qux tempéralures marquées par le thermomètre ordinaire è mercure , telles qu'elles sont données immeédiatement par nos observations. On pourrait trouver la for- mule analogue , et avec des coefficiens un peu différens, qui con- viendrait. aux tensions rapportées aux temperatures prises sur le thermomètre è air corrigé de la dilatation du verre, en convertis- sant en degrés de ce thermomètre, d’après les expérieaces de Dulong et Petit les temperatures des observations dont nous nous sommes servis pour établir notre formule, et déterminant les coef- ficiens de la nouvelle formule d’après les équations fournies par les observations ‘ainsi modifiées. Mais on peut aussi convertir notre for- mule déjà trouvée dans celle qui aurait lieu pour les temperatures indiquées par le thermomètre à air. Pour cela il faut d’abord expri- mer les indications du thermométre à mercure en fonction de celles correspondantes du thermomètre à air. M. August a remarqué dans un mémoire sur ce sujet ( Annalen der Physik ‘und Chemie 1828 n.° 5 ) que d’après les experiences de Dulong et Petit les diffé- rences 2° dans la marche relative des deux ihermomeétres sont à- peu-près constantes , en sorte qu'on peut représenter la relation de leurs degrés par une fonction du 2° degré; mais il a exprimé cette relation d'une maniere un peu embarassée; pour l’établir de la manière la plus simple; nous observerons quen appelant # les degrés du thermométre à mercure , et 7 les degrés correspondans du thermomètre à air comptés les uns et les autres dela glace fon- dante., on aura, d’après la forme de fonction indiquée, t=a +0 + ct; mais il faut d’abord satisfaire è la condition. que £t=o0 lorsque 7t= 0, ce qui réduit l’expressionà {= dT + er Il faut ensuite déterminer è etc par les conditions que £ = 100 lorsque t=100, et. #= 360 lorsque = 350, conditions dont lune est imposée par la graduation méme des deux thermomètres, et l’autre est donnée par la limite extrème des observations de Dulong et Petit. On a d’après cela les deux équations. MEMOÎRE SUR LA FORCE ÉLASTIQUE ETC. (©) I N ‘* 100 = d.100 + €.10000 360 = 5.350 + .e(350 ). En les combinant on trouve dB = 0,9885714, ce =‘0;0001 14286, en sorte que la formule devient #= 0,98857714:7+-0,000114286.7. On pourrait tirer de cette formale, celle qu'on'doit avoir en comp- tant les temperatures de l’ébullition du mercure sur les ‘(denx ther- mométres; mais il est plus commode de l’établir divectement d’après ce’ que deviennent en ce cas les conditions ci-dessusj en désignant encore par £ et 7 les temperatures ainsi comptées, ces denx quan- tités doivent alors étre toutes deux nulles à la température: méme de l’ébullition du mercure, ce qui annulle le terme tont constant, et réduit la formule è la forme £=0%7 +c7*; en outre # = 260 lorsque 7= 250, c'est-à-dire à la temperature de l'ébullition de l'eau, et # = 360 lorsque 7 =:350, c’est-à-dire à la température de la glace fondante. Ainsi on a les deux équations. 260 = 0.250 +€ (250); 360 =2:350 + c(350 ); en les combmant ou trouve 5=1,06851714, c=— 0,0001142856, en sorie que la formule devient #= 1,0685714 0,000t142856.7. Mais sì on veut prendre par unîté tant de # que de 7 une échelle entire de 100 degrés, on aura #= 1,0685714.7 — 0,01142856. 7°. Si maintenant ‘on substitue eette valeur de £ dans la formule log e = — 0,64637.t + 0,075956.# — 0,18452.#°, elle devient, en supprimant les puissances de 7 supérieures è la 3.9, log e =— 0,69069.:7 + 05094117:7° — 0,22700 . 7°. Cette formule ne s’accorde pas tout-à-fait précisément avec celle en #, powr les indications des deux thermomètres qui répendent à nne méme température , è cause. des puissances-- de 7 qu'on a négligces. dans la transformation'; mais elle s'en' écarte fort-peu , et on pourrait s'en servir pour calculer une table des tensions de la vapeur du mercure rapportées: aux temperatures prises sur le thermomètre è air, analogue “à-celle que nous avons construite pour les temperatures ‘indiquées’ par le thermoméètre è mereure. On trouvera par exemple poùr +=17, c’est-à-dire pour la tempé- sr ‘PAR M, LE CHEVALIER ‘AVOGADRO., | 373. rature 250° sur le thermomètre À air; e= 0%, 15012 = 1147" 309 tandis quà la température 250° sur le thermométre ordinaire è mercure la tension de la vapeur du mercure, selon notre formule et notre table , n'est que de 103"",78. 16. Les deux formes de fonctions que nous avons employées dans. ce qui précède, pour représenter. nos observations, et. les autres faits, connus isur la tension de la vapeur du mercure è dif- féventes temperatures, n’ont été considerées que comme des formes arbitraires plus ow moins propres. à esprimer empiriquement. ces résultats, par la détermination de:;leurs constantes. Mais la loi des tensions de la vapeur. d'une. substance telle que le mercure , qui differe sì fort de-Peau et des autres liquides plus volatils, de la ten- Sion des ‘vapeurs desquels les: physiciens s'étaient .occupés jusquici , paraît irés-propre à servir d’épreuve à quelques idées theoriques quon a proposées: sur la loi des tensions des vapeurs en général, et à quelques formules auxquelles elles ont servi, an. moins en partie , de fondemerit; et; qu'on avait trouvé se vérifier jusqu'à un certain | point dans les liquides dont.nous venons de. parler ;. car si ces idees; et: ces formules.pouvaient s’étendre aussi au mercure, en les appliquant - de la :manière convenable ‘è. ce liquide, c’en serait là une confirmation très-satisfaisante ; mais:dans le cas con- traire on pourra regarder comme; purement accidentelle la confor- mité que la marche des tensions de la vapeur de l’eau, et de ‘quelques autres liquides a. présentée avec ces idées. Nous allons nous 'occuper de la comparaison de nos résultats ‘sur les tensions de la vapeur du mercure avec. quelques unes de ces idées et de ces formules théoriques.. Et d’abord. il se présente ici :le principe que. Dalton - avait autre fois avancé , savoir que la tension au maximum des vapeurs des différens liquides est la méme à des .itemperatures également distantes' de leur température respective d’ebullition, sous la pression atmosphérique , e’est-à-dire de la temperature où leur tension est ‘égale è ‘cette pression : atmosphérique; ou en d’autres: termes , Tom. xxxvI i Mm 274 MÉMOTRE SUR LA FORCE! ÉLASTIQUE ETC. que la doi des :tensions vest la méme: pour ‘tous «les liquides , abs: traction faite de la température:absolue , è laquelle. répond : pour chacun d’eux ume tension'donnée.. On a déjà. remarqué. que plu- sieurs liquides plus volatils que cl’eau et ‘dont. quelques-uns , comparés. avec l'eau, avaient ‘para à Dalton suivre cette. loi , ne s'y accordent que très-imparfaitement , et‘ Dalton méme- paraît en avoir reconnu l’inexactitude. Mais la discordance devient tout-à- fait. évidente par ‘rapport au mercure comparé avec l’eau'; car si la ‘loi dont il’ s’agit était exacte dans ces deux liquides, la tension .de la vapeur du mercure ne devrait étre que de 4 ou 5 millimètres à fa température 260° C comme cela a lieu pour la vapeur d’eau à la température 0° qui ‘est abaissée au-dessous de la température de son ébullition de 100 degrés, comme la tempé- rature 260° l'est au-dessous de la température ‘d’ébullition'du mer- cure; or c'est ce dont mes observations démontrent absolument. la fausseté , d’après ce que ‘j'ai déjà eu occasion de remarquer, et comme on pouvait sy attendre; on a vi qu'à ‘cette temperature 260° la tension de la vapeur du mercure est déjà de plus de 130 millimètres de mercure, et ‘que conformement» è ce ‘résultat > les constantes des formules empiriques que nous avons‘trouvées propres à représenter les tensions observées de la vapenr du mercure pour les différentes temperatures. comptées de celle. de l’ébultition du mercure méme , présentent des valeurs très-différentes: de celles des formules correspondantes pour la tension de la:vapeur aquénse; et telles que la diminution de tension de la vapeur du:mercure , par un abaissement donné de la température «au-dessous de. celle de son ébullition , est beaucoup. moindre que. celle qui ‘a lieu pour l'eau par un abaissement .égal de temperature avi-dessous de l’ébullition de celle-ci, ou, plus: généralement, que les tensions de la vapeur. croissent ou décroissent moins rapidement avec les aecrois- semens, et les décroissemens de. temperature pour. le mercure que pour l'eau à partir de l’ébullition respective de ces: liquides. 17. Je passe maintenantà examiner ; par rapport à son appli- .. PAR M..LE CHEVALIER AVOGADRO. 275 cation è la vapeur du mercure, une forme de fonction fondée en tout ou en partie sur des principes ihéoriques, que M. August de Berlin, et M. Roche Professenr à Toulon, ont proposés, chacun de leur còté; et sans doute sans connaître le travail l’un de l’autre, pour représenter les tensions de la vapeur d’eau è différentes tem- peratures , le premier, dans un mémoire publié dans les: Annales de Physique et de Chimie de Poggendorff en Allemagne , année 1828, n.° 5, le second dans un mémoire présenté à lAcadémie des Sciences de Paris dans la méme année 1828. Les formules de ces deux auteurs pour cet objet sont en eflet essentiellement les mémes, quoique sous deux formes en apparence difiérentes , qui en avaient fait, ce semble, méconnaître l’identité réelle , méme par les Commissaires de l’Académie -des Sciences de Paris, dans leur Rapport sur les experiences à ce sujet, dont j'ai déjà parle. La forme sous laquelle M. August a présenté sa formule est (q+n)t byn(qtet) De î e T'@ E) ; dans laquelle ‘e désigne la tension de la vapeur 4 + aqueuse, £ les degrés de température comptés de la glace fondante, n la température à laquelle a lieu l’ébullition dans l’échelle iher- mometrique que l’on emploie, © le nombre de degrés au-dessous de la glace fondante auquel répond le.zéro absolu de temperature d’après la loi de la dilatation des gaz ; savoir la temperature è laquelle le volume d’un gaz sous pression constante , deviendrait nul par le refroidissement, d'après cette loi, a la force ‘ou tension de la vapeur à la température de la glace fondante, è la pression baromeétrique à laquelle on rapporte l’ébullition de l'eau. Mais on peut genéraliser cette formule dans son application, de manière que « signifie le nombre de degrés au-dessous d’une température donnée quelconque , auquel se trouve le zéro absolu , 2. le nombre de degrés au-dessus de cette température, anquel a lieu l’ébullition, ou auquel la tension est égale à la pression de l’atmosphère, £ les degrés de température compiés de la méme température donnée , 276 MÉMOTRE SUR LA FORCE ÉLASTIQUE ETC. LI a la tension de la vapeur à cette température donnée, et è toujours la pression baromeétrique à laquelle l’ébullition se rapporte. Et si au lieu de compter les degrés de température du point auquel répond la tension a, on veut les compter de la température de l’ébullition, il n°y a qu'à substituer #' + à #,# étant la tempé- rature ainsi comptée , en sorte que la formule devient . (Q+n)(l'n) ( by n{o+t'4+n) =a(7) a ‘ou simplement QA(t4n) e SUONI en mettant 2 au lieu de w-+ n, en sorte que Q soit le nombre de degrés dont le zéro absolu se trouve au-dessous de la température d’ébullition méme. En prenant les logarithmes, on met cette for- mule sous la forme | __ Q(d+n) logie logia ge eo aa et sì pour plus de simplicité on exprime les tensions, en prenant pour unité la pression atmosphérique 0",76, en sorte que d= 1, elle se reduira à , o(d4+n )} Qo-n # —- —_— ——l=-—-l ì log e log a È (d+l) og a apro) et pourra ètre dr simplement par Qo-n logie odi mu» en faisant A=— loga. 2 ou ce qui revient au méme 4 étant une constante qu'on determine par l’observation de la valeur de e répondant è la température #= —n, qui est le nombre quelconque au-dessous de la tempé- rature de l’ébullition, anquel cette valeur est 4; puisqu’en effet n Q-n on aura par là loga=— 4. » d'où l'on tire la valeur de ‘A indiquee. PAR M. LE CHEVALIER AVOGADRO, 277 D’après la dilatation des gaz de 0,00375 du volume qu'ils ont à la température de la glace fondante, pour chaque degré centé- simal de variation de température, le zéro absolu de température ici supposé est placé , comme on sait, è ou 266 } degrés I 0,00375 au-dessous de la température de la glace fondante. En conséquence pour l’eau, dont le point d’ébullition est élevé de 1oo degrés au- dessus de la glace fondante, on aura 1,375 Q= 366,67 = Gj006955 I er oo 0,00375 Es ainsi la formule ci-dessus, en supprimant en outre l’accent de #, devient pour la vapeur aqueuse, loge=4.37g_—=> na, 9074 È 1,979 + 0,00979.t dans laquelle il n°y a plus qu'à determiner 4 par une seule ob- servation de tension de la vapeur aqueuse. Cette forme à laquelle nous avons ramené la formule de M. August revient essentiellement à celle que M. Roche a donnée à la sienne, qui est, en continuant à designer la tension de la vapeur par e, et la température compiée de l’ébullition par £, lon'e=W. ci. en effet celleci est la méme chose que Ina (esa loge=N.— 3 3 nin POSTS CELANDI e Fa total 297 BARE TO Maggio 000979 e 1,379 + 0,00375 . £° 0,00375 .é 1,375 + 0,00375.£° IN 96609r=r4: ou simplement loeie:=24: en faisant 278 MÉMOIRE SUR LA FORCE ÉLASTIQUE ETC. Le principe fondamental que M. August et. M. Roche ont donné l'un et l’autre à cette formule, est que la tension de la vapeur doit devenir nulle au point qu'on regarde comme le zéro absola de température , savoir à ou 266 } degrés sous la I 0,00375 glace fondante, ce qu’en effet il semble assez naturel de supposer; car puisque les gaz permanens mémes ne doivent plus à cetie tem- perature exercer aucune force élastique , aucune portion d’un. li- quide ne doit pouvoir s'y gazéfier. La forme de fonetion que ces physiciens ont admise satisfait à cette condition , puisqu'en faisant dans la formule générale #=.— 2, ou dans eelle pour la vapeur 13379. 0,00375” dont ce zéro absolu est au-dessous de la température d’ébullition , aqueuse, £ = — 366,67 = — qui est le nombre de degrés on obtient log e = — 4. ET et par conséquent e = 0; et si des formules empiriques qui ne satisfont pas mathématique- ment à cette méme condition , représentent d’ailleurs assez bien les observations sur la tension de la vapeur des liquides, on peut supposer que ce n'est qu’autant. qu’elles donrent à la tension de la vapeur en ce point une valeur si petite, qu'on peut la conside. rer comme physiquement nulle. Mais on aurait pù imaginer une infinité de formes de fonction différentes de celles de la formule de MM. August et Roche , qui auraient aussi satisfait rigoureusement à cette condition; en sorte que sous ce point de vue la formule dont il s’agit pourrait étre considérée comme donnée par la forme de fonction entiérement arbitraire log e = , quon peut reduire, sans en diminuer B4yé la genéralité ,, à A] gip At o = = ue _—_—_=" x Sert, B+t' PAR M, LE CHEVALIER AVOGADRO: | © 279 et dans laquelle on eùt ensuite determiné 5 par la condition que B+t=0 lorsque t=— Q, ce qui donne aussitot 8 = 0. M. August ne parait avoir cherché à donner aucun fondement théorique particulier à la forme quil a choisie; M. Roche au con- traire a cherché è prouver par des raisonnemens physiques , que cette forme est celle qui doit avoir lieu en effet par la nature des forces qui président à la loi dont il s’agit. Les Commissaires de l’Académie de Paris, dans le rapport cité , ne croient pas que les raisonnemens de M. Roche puissent obtenir l’assentiment des phy- siciens, quoiquils aient trouvé que la formule de M. Roche satis- fait très-bien à leurs propres-observations sur la marche des ten- sions de la vapeur aqueuse.. Ce serait trop m’éloigner de l’objet de ce mémoire , que de chercher ici à discuter ces raisonnemens ; ce que je crois pouvoir dire, c'est qu'ils ne me paraissent pas avoir été exposés bien clairement par l’auteur méme, du:moins à en juger, par ce qu'il en a dit dans un article publié dans le Budezin universet de M. Ferussac , mars 1830; car je n’ai pas vi le mémoire original présenté è Badlenio de Paris, lequel, je i n'a pas méme été publié jusqu'à present. 18. Mais si les principes sur lesquels cette formule est fondee, sont justes, ils doivent egalement se vérifier pour les tensions. de la vapeur du mercure, en les y appliquant convenablement, et la formule qui ‘en résultera devra: satisfaire: aux observations sur les tensions de cette vapeur, aussi bien que cela a lieu pour les tensions de la vapeur aqueuse. Pour en faire Pessai:; il n'y a qu'à mettre dans la formule générale, log e=4. + » la valeur de Q qui convient au mercure, en comptant les temperatures £ de la tem- perature de l’ébullition de ce liquide , savoir de: 360° ©; ceîte va- leur est Q = 266,67 + 360 = 626,67. On aura ainsi la formule logter—02à £ étant les degrés centésimanzx comptes t 626,67 + 0 de Pébullition du mercure, positivement en montant, et négative- 280 MÉMOIRE SUR LA FORCE ÉLASTIQUE ETC. ment en descendant , et l’unité des tensions e étant la' pression atmospheérique. | po Pour déterminer la constante 4 nous nous servirons de notre observation relative à 260°, savoir è 100° au-dessous de l’ébullition du mercure , ou à #= — 100. Nous avons trouvé à cette tempé- rature log e = — 0,7549317; on aura donc l’équation — 0,75493 = — 4. 535,67 ; d’où l'on tire 4 = 3,976; ainsi la formule devient 3,976 .4 | 626,67 + £ Si cette formule ainsi déterminée par l’observation relative è lostei= une température qui tient le milieu entre nos observations extrèmes est exacte, elle doit satisfaire à-peu-près à ces observations extrèmes, savoir à celles relatives à 230° et à 290°, pour lesquelles £= — 130, et té = — 70. Or à la première de ces températures la formule donne log e = — 1,040691, d’où e = 0“*,0gr056=69"”,20; l'ab- servation n'a donné que 58"””,01. A la temperature 290° la formule donne log e= —0,49997; d’où e = 0°,31625 = 240"”,35 , tandis que l’observation a donné 252"",5r. On voit donc que Ia formule, avec le coefficient déterminé par l’observation è 260°, donne les ten- sions aux températures inferieures è celle-là , plus grandes que celles observées, et les tensions aux températures supérieures moindres que celles observées; ce sont à-peu-près les mémes écarts, et dans le méme sens que ceux que: nous a présentés. plus haut la formule e=(1+ at)” assujettie à satisfaire à la limite de l’é- vaporation du mercure observée par Faraday; ainsi la formule théo- rique de MM. August et Roche ‘appliquée au mercure donne aux tensions de la vapeur, comme celle-lì, dans Fintervalle auquel mes observations s’étendent, une marche moins rapide relativement aux accroissemens de tempéralure , que les observations ne l’in- diquent. Cette épreuve n'est donc pas: favorable anx principes que. M. Roche a cru pouvoir servir de base è. cette formule, et à moins. PAN Mi LE CHEVALIER AVOGADRO. © 281 iju'on ite regarde mes observations comme affectées d'une erreur progressive, qui donnerait aux tensions de la vapeur du mercure une marche plus rapidement croissante qu'elle ne Pest pae cette formule ne saurait étre admise. Je dois noter ici qu’'à la rigueur le calcul ci-dessus aurait di étire fait sur les tensions rapportées aut temperatures indiquées par le thermomètre è air, puisque c'est ce thermomètre qu'on regarde comme la vraie mesure des températures selon les principes sur lesquels on a fondé la formule; mais je remarquerai encore, comme pour la formule e =(1+4£)", que cette substitution des tem- peratures da thermomètre à air, à celles du thermomètre à mer- cure ordinaire; ne ferait qu’accroitre la discordance entre les ob- servations et la formule, d’après le sens des ‘écarts que nous avons indiqués. i Il mé parait probable d’après cela, que cette formule n'a réellement attctm avantage sur toute autre formule tendante à re- présenter les tensions dont il s’agit d’une manière empirique , et qui n'aurait, comme elle, qu’une seule constante à déterminer par les observations. Elle est dans le méme cas que la formule e=(1-+at)" assujettie à l’observation de Faraday , condition qui déterminant une des deux constantes qu’ellè contient, d’une manière indépendante des autres observations , la réduit dès lors à une seule constante à déterminer par celles-ci. On a và qu'en déterminant les deux constantes 4 et m de cette méme formule par les observations mémes, on pouvait satisfaire-à nos observations autant que les irrégularités accidentelles dont elles sont nécessai- rement affectées , peuvent le permettre; mais alors on ne satisfait plus à l’observation de Faraday, ou en général à celles qui prouvent que le mercure émet de la vapeo è toutes les températures un peu supérieures à celle de la glace fondante. Ce n'est quen employant une formule è trois constantes, comme celle analogue à la formule de M. Biot pour la vapeur aqueuse, qu'on peut sa- tisfaire à la fois à ces observations, et à toutes les circonstances Tom. XxxxvI. Nn 232 MÉMOIRE SUR LA FORCE ELASTIQUE ETC. connues de la tension de la vapeur du mercure entre 0° et 360°; et c'est ainsi à des formules purement empiriques qu'il faudra sen tenir pour le moment pour représenter les tensions des Vapeurs des liquides à différentes temperatures, faute de connaissances théoriques suffisantes pour en déterminer la loi a priori. rg. Je finitai ce mémoire par un autre exemple d’idées théoriques employées pour la détermination de la loi des tensions des ‘va- peurs, et qui ne se soutiennent pas plus que les formules dont je viens de parler, à l’épreuve de leur application à la vapeur du mercure. Cet exemple me sera fourni par la forme de fonction par laquelle Jai cru autrefois moi méme ( Giornale di Fisica etc. di Pavia, 3. bimestre de 1819) pouvoir représenter la loi des tensions de la vapeur aqueuse , en la liant avec une formule que javais proposé antérieurement pour la loi de la dilatation de l’eau. Si les principes théoriques sur lesquels J’avais fondé cette liaison, et que j'ai exposés dans le mémoire cité, étaient réels, une forme de fonction semblable devrait aussi s'appliquer à la loi des tensions de la vapeur du mercure, en donnant seulement les valeurs con- venables aux constantes qu'elle renferme. La forme de. fonction dont il s’agit, en appelant e la force élastique ou tension de la vapeur , et £ la température , est loge=logE+a{Vi+% —b}, E étant la tension correspondante à la temperature d’où l’on compte les #, et 4, 4 deux constantes à déterminer par les obser- vations. Si l’on part de la temperature de l’ébullition du liquide , et qu'on prenne pour l’unité de pression la pression atmosphérique, on a log E=log1r=o0, et la formule se reduit à loge=afVi+bs:—Db|. D’après cette forme de fonction si l’on a deux tensions de la va- peur observées g, 4, répondantes à deux températures p, 9, comptées du point de l’ébullition, on aura pour déterminer a, et b, comme on peut voir dans le mémoire cité, les deux expressions PAR M. LE CHEVALIER AVOGADRO. 233 Da V (log g — log &k ). log kh. log g [ar log h.p—logg.g { log g.g — log? RL. p }° 4 (logg —log/k).log g.logh.{ logh.p = logg.g}. Cela posé, si pour appliquer la forme de fonction dont il s’agit, be = aux tensions de la vapeur du mercure, nous determinons les con- stantes a et 5 par les observations répondantes aux températures extrèmes dans notre série d’observations, 230° et 290°, pour les- quelles p == — 130, g=— 70, et selon nos observations log g = — 1,1173, logh=— 0,4785, en négligeant les chiffres ultérieurs, nous trouverons , en substituant ces valeurs dans les expressions que nous venons d’indiquer, «= 0,14607; 0°= 151,832, et par là d= 12,322, et la formule pour la tension de la vapeur du mercure devient ainsi log e= {Vt+ 151,832 — 12,322 } . 0,14607, et en effet on trouve que cette équation satisfait exactement aux deux observations sur lesquelles elle est fondée. Et si par cette formule on calcule maintenant la tension qui doit répondre à la temperature 260° intermédiaire entre ces deux là, et où # =— 100, on trouvera log e = { Y51,832 — 12,322 } 0,14607 = — 0,74826, d’où = 7854 = 199870 L’observation a donné 133"” 62 qui n’en differe que de 2 milli- métres environ, et on ne peut douter que notre formule ne satis- fasse aussi approximativement à toutes les autres observations in- termédiaires , à-peu-près comme le ferait toute autre formule em- pirique à deux constantes arbitraires, qu'on determinerait par les deux observations extrèmes. Cependant cette formule est inadmis- sible, d’après les faits connus relativement aux tensions de la va- peur du mercure à des températures inférieures; car d’après sa forme, l’expression de cette tension deviendrait imaginaire pour toute valeur negative de £ plus grande que 151, 832, laquelle rendrait négative la quantité sous le signe radical, c’est-à-dire pour 284 MÉMOIRE SUR LA FORCE ELASTIQUE ETC. PAR M. LE CHEV. AVOGADRO. toute température plus basse que ce nombre de degrés au-dessous de l’ébullition du mercure , ou pour toute température. inférieure à 208 C environ, et à cette température qui serait la limite de l'existence de la vapeur du mercure, sa tension se trouverait donnée par log e = 12,322 .0, 14607 = + 1,80007, d’où e = 0°,01585 = 12"”,05 , c’est-à-dire cette tension serait encore de 12 milli- métres environ de mercure. Cette reduction de la tension de la vapeur è l'imaginaire avait aussi lieu dans l’application de cette forme de formule à la vapeur de l’eau, dont je m'étais occupé dans le meémoire cité ; mais à cause de V’élévation beaucoup moins grande de la temperature de l’ébullition de l’eau, cette circon- stance n'était indiquée par la formule quà une température irès- basse au-dessous de celle de la glace fondante, et à laquelle l’eau ne peut jamais arriver sans se congéler, et peut-étre sans cesser d'émettre de la vapeur, en sorte qu'on pouvait la regarder comme une consequence mathematique de la loi de la tension, laquelle n'anrait. jamais pù avoir d’application physique. Dans le mercure au contraire cette circonstance vient à répondre, comme on a vîù, à une température très-élevée , et où l'observation la contredit évi- demment. Ainsi l’absurdité qui résulte de l’extension de la forme de formule dont il s'agit au mercure , monire que les idées théo- riques, d’après lesquelles je l’avais proposée pour l’eau, ou n'étaient pas fondées, ou doivent subir quelque modification essentielle dans leur application au mercure. 285 I ABUIOE Des forces elastiques ou maximum de tension de la vapeur du mer- cure de 10 en 10 dégrés C de temperature, depuis 100° jusqu'à | 360° selon les observations rapportées dans le Memoire, et la | formule empirique qui les represente. — —Ti——————— Températures. Tensions de la vapeur du mercure En prenant pour unité SUA la RA FA om 56. En millimétres de mercure. MOORC AR RO OONON 0,03 MO 1 TO00V0OGT n pt 0,07 CIAO SILA TI VERO 0 010) 0 I SEPE NOT TAPI 0,16 TO ON gr OO a 0,35 VII MOGOOGOT 0,73 PIO Tn (OGOLOOI TI i 1,43 OO LOOSE, Li 201 Wont ele 0000Da ll 4,58 (OA MOLOTOLOS, 0, 7,71 CO RA AESTIO (0) 08 RARE #15, OR CL IOS0RO9G «, /7-/0) (19,90 LIE 000790.» pr 129,00 53 EIIT TIC] SIINO VIA LO, A 015116, 0,) SMPORMPO AO DEI REIT IIC e LO, 07090 — o ie 000 DOMA cir. 2, 0,1094094 Waigo 7000 Roia i 0) LIODOL Le la A ONTO IO. 0; E70026,- vi LI SPO 10; 2214000 cd 100,90 DO ON 0027990 AI Z07)90 O 0302400 e 050 DOOR i 0,397 I0R I PIA. 30:33 SMP. Lio; 47093 a 0775 DIMISE 0 DIST A eo 10,38 SOAVE ene 0,0492608 1 400,08 SOR LO, 452500 I Lao SUOR. -00;86028600. 1 è 1 069,7 SOON MA I. 0000000). dt 00.00 LI tto ‘ansgia ui 1 x x 30. Va 0040 Sag. 286. Mat. Bou Io de Class e d Sl Pod "i Vouno . CRE = [FFEFEFEE EREDE pg tia A . di le Sc (VEDRA MEMORIA PER SERVIRE ALLA STORIA NATURALE: DI UNA SPECIE DI CECIDOMIA CHE VIVE SUGLI IPERICI peL proressore GIUSEPPE GENE Letta nell'adunanza del 29 gennajo 1832. Ii genere Cecidomya instituito da Latreille, or sono circa venti anni (1), per ricevervi la Zipu/a del ginepro di Linneo e di Degeer, contiene nello stato attuale della scienza circa ventiquattro specie di dipteri, diecisette delle quali trovansi descritte nella classica opera di Meigen (2), e sei da Vallot (3). Io sono d’avviso che pochi insetti meritino al par di questi l'attenzione del naturalista. La storia loro si ravvicina moltissimo ‘a quella dei Cinipi, e come essi hanno la singolare facoltà di eccitare sui vegetabili mostruosità svariate , la di cui formazione comunque possa talvolta apparire men difficile a concepirsi di quella delle vere Galle, non lascia (1) Considerations générales sur l’ordre naturel des Crustacès et des Insectes. (2) Klassification und Beschreibung der zweifliigligen insecten, I. p. 93. (3) V. Bulletin des Sciences Naturelles et de Geéologie par M, de Ferrussac , tom. 15. p. 318. 288 MEMORIA PER SERVIRE ALLA STORIA NATURALE ECC. però di essere , siccome opera di sì piccoli e deboli moscerini , oggetto di altissima meraviglia. A due categorie principali possonsi ridurre le mostruosità ca- gionate dalle Cecidomie nel regno vegetabile. Alcune consistono semplicemente in una alterazione; più sovente in eccesso, di certi particolari organi della pianta , quali sono le foglie , gli steli, i pi- stilli, ecc. : altre, e sono in minor numero , possonsi chiamare produzioni affatto estranee alla pianta considerata nello stato nor- male , non dissimili in ciò dalle vere Galle, che , dipendenti dal vegetabile sul quale si trovano, non ne sono però porzione naturale e necessaria. Gli autori, con una appellazione che sente un po’ troppo del generale , chiamarono Galle ambedue queste sorta di mostruosità, identificandole per la somiglianza dell'origine, e talvolta delle forme, alle vere galle prodotte dai Cinipi. La specie di Cecidomia che io intendo descrivere vive sull’ /ype- ricum perforatum e sull’rumifusum , pianticelle , come ognun sa, evvie, anzi volgarissime nei terreni incolti , aridi e sabbionosi. La mostruosità da essa eccitata sugli indicati vegetabili appartiene alla prima categoria da me or ora stabilita, e non esito a dirla una delle più belle e sorprendenti fra le curiosità naturali di analogo genere che sonosi finora osservate. Meglio che una Galla essa può dirsi una capsuletta, avente il volume di un cece all'incirca , di figura conico-sferica, un po’ ristretta e acuminata all'apice, im- piantata per la base mediagie un cortissimo e quasi non visibile picciuolo nelle ascelle od in capo ai rami dell’iperico. La tavola che unisco alla presente Memoria, tratta dal vero colla più scru- polosa esattezza, varrà più che ogni prolissa descrizione a darne una chiara e giusta idea ( V. tav. XIII di questo vol. ). Vedesi in essa, in dimensioni poco meno delle naturali, un ramo dell’ype- ricum perforatum portante otto esemplari, segnati A, A, A, A, ECC., di codesta produzione. — A chi la osserva per la prima volta in natura , senza trattarla fra le mani, apparisce siccome fatta d'un DEL PROFESSORE GIUSEPPE GENE. 289 solo pezzo, ma in realtà trovasi essere composta di due valve che altro | non sonosenon se due foglie della pianta istessa, per ragioni che verrò più tardi esponendo, stranamente ingrossate, molto concave nella parte loro interna ed esattamente applicate l’una contro l’altra per tutto l'am- bito dei bordi. La concavità delle predette valve, che non chiamerò fo- glie non compiendone veramente in tale stato gli ‘oflizi, determina una cameretta interna, nella quale vive, cresce e si trasforma la Cecidomia. La larva del Diptero, produttore e padrone di sì curioso al- bergo i oltrepassa di poco in lunghezza i due millimetri all’epoca del sùo maggiore accrescimento : la sua forma è cilindrica, allun- gata , un po’ rigonfia verso la parte anteriore , àssottigliata verso da posteriore , divisa in tredici anelli compresavi la testa, e soprat- tutto. cospicua per un bellissimo colore rosso-ranciato sì esterno che interno ; colore che è proprio di tutte le larve delle Cecidomie che io ebbi finora occasione di osservare. — La piccolezza della larva e la ‘sua mollezza non mi permisero, comunque usassi di buone: lenti, di conoscerne con precisione la struttura della bocca od a meglio dire del succhiatojo ; mi parve soltanto di ravvisarlo formato esteriormente a modo di piccolo tubercolo carnoso, retrat- tile ... manca di piedi siccome le altre larve dell’ordine , e ciò non impertanto irovasi quasi sempre stanziare sull’una o l’altra delle pareti della capsuletta (vedi fig. 2.), sia che a questo movimento d’ascesa giovino certi minutissimi bitorzoletti carnosi che parvemi di osservare alla parte sua inferiore, o sia piuttosto che a ciò serva un certo umor viscido e appiccaticcio di cui l’animaletto è spalmato tenendolo fisso alle pareti quantunque verticali, e mante- nendovelo anche. allorquando , facendo forza cogli anelli estremi del corpo ; egli si spinge da un punto all’altro delle pareti istesse Queste larve sono di rado solitarie : più sovente se ne riscon- trano due, tre, quattro, cinque e ben anche sei nella medesima capsula. Non sempre però gli abitatori di essa sono Cecidomie : assai volte trovasi con esse confusa la larva di un minuto imeno- ptero della tribà delle Calciditi, la quale, giusta il proprio istinto, Tom. xxxvi 00 2090 MEMORIA PER SERVIRE ALLA STORIA NATURALE ECC. que’ suoi compagni d’alloggio consuma e distrugge. Distinguesi quest’ospite straniero pel colore assai più sbiadato , per la statura sensibilmente maggiore e per la tinta affatto oscura che assume poco dopo esser passato allo stato di ninfa, laddove le Cecidomie continuano a ritenere anche in tale periodo di vita il lor colore rosso-ranciato , ad eccezione soltanto di que’ due o tre giorni che precedono la trasformazione loro in insetti perfetti, nei quali giorni le parti anteriori, ma più specialmente le ali, si fanno via più oscure e finiscono per diventar quasi affatto nere. La ninfa di questa nostra Cecidomia è molto somigliante per la forma a quella della specie descritta da Degeer nel volume 6.°, pag. 404 e seg., delle sue celebri Memorie, ed ivi rappresentata alla tavola 25, fig. 13. — È di figura ovale e porta alla testa due punte coniche , diritte , a maniera di corna. La lunghezza di queste appendici , risguardate dall’osservatore Svezzese siccome organi di respirazione, varia considerabilmente da individuo a individuo , avendovene alcuni che le hanno lunghe pressochè quanto la terza parte del torace, ed altri nei quali sono a mala pena discernibili. Io non ebbi opportunità di chiarirmi se la diversità di proporzione di questi organi accenni differenza di sesso, o se sia meramente accidentale ... Queste ninfe, non altrimenti di quelle state osservate da Degeer, hanno bisogno per vivere non solamente di rimaner chiuse nei loro alberghi, ma vuolsi eziandio che questi conservinsi freschi, vege- tanti e capaci perciò di fornire esalazioni che le umetti e le. rin- freschi. Le ninfe di tutte le capsule strappate alla pianta e tenute a secco vi morirono e si diseccarono costantemente senza arrivare allo stato d’insetto alato. Per essere testimonj di quest’ultima» loro trasformazione convien mantenere in una boccetta piena d’acqua , ovveramente far vegetare in apposito vasetto la pianticella dell’ipe- rico. Veggonsi allora, a tempo debito, uscire le Cecidomie dichia- rate , lasciando impegnata tra una valva e l’altra di quel loro al- bergo la spoglia della ninfa che abbandonano: giacchè egli è ap- DEL PROFESSORE GIUSEPPE GENE. 291 punto coll’obbligare codeste valve a discostarsi l'una dall’altra che se ne procurano agevolmente l'uscita. Codeste piccole tipularie rivestite delle loro ultime forme non sono più lunghe di quattro millimetri, ed hanno le antenne di di- versa forma secondo il sesso. Nei maschi sono composte di artico- lazioni cilindriche, guernite di molti peli assai lunghi e poste a qualche distanza le une dalle altre; nelle femine in vece le artico- lazioni sono assai più ravvicinate e congiunte apice ad apice in modo da non lasciare che un leggerissimo intervallo fra loro ; i peli vi sono altresì molto più rari e corti. — Il capo e il torace sono lisci, lucenti , sparsi di poca peluria: le ali, uniformemente ‘cenerine , vellose su tutta la superficie, con una frangia di peli più lunghi ai margini , percorse da tre sole nervature e fortemente ristrette alla base, si addossano orizzontalmente l’una all’altra e ricuoprono nello stato di tranquillità tutta la parte superiore dell’ addome. Questo è sottile nel maschio, di grossezza quasi eguale. im tutta la sua lunghezza e fornito all’estremità da uncini e da lami- nette probabilmente destinate a ritenere la femina durante l’accop- piamento : negli individui di quest'altro sesso l'addome è molto più rigonfio , assottigliato verso la estremità e terminato da due sorta di tubi allongati e cilindrici che sortono e rientrano l’uno nell’altro come i pezzi d’un cannocchiale , ed il cui offizio non può che ri- ferirsi alla deposizione delle uova — I piedi poi sono lunghi quanto il corpo, semplici, pelosi, con cinque articoli a ciascun tarso , il primo corto, il secondo lunghissimo , gli altri brevi quasi eguali: la lunghezza del tarso sorpassa quella delle tibie ed è terminato da uncini. Al primo apparire sotto le forme perfeite queste Cecidomie sono interamente di colore sanguigno , eccettuatene le ali: a poco a poco però le parti vanno prendendo una tinta bruna, finchè, dopo uno spazio di tempo più o men considerevole secondo la temperatura dell'ambiente , trovansi affatto nere , eccettuato l'addome delle fe- mine che conserva quel primitivo colore , interrotto però da mac- 292 MEMORIA PER SERVIRE ALLA STORIA NATURALE ECC. chie o fascie trasversali nere sul dorso dei segmenti. Degeer, il quale osservò l’accennato colore soltanto sul ventre della femina e lo vide sparire dopo la deposizione delle uova che appunto sono rosse in questi insetti, giudicò doversi esso ripetere dalla presenza delle uova stesse : senonchè la sua diffusione in tutte le parti del corpo da me osservata , e la sua esistenza anche negli individui maschi provano ad evidenza il contrario. È verissimo che il ventre della femina perde quasi del tutto quel colore in seguito alla de- posizione delle uova; ma più che all’uscita delle uova stesse ciò devesi accagionare all’avvizzimento in cui cadono per essa le pareti addominali e al conseguente ravvicinamento , che ha luogo ; delle fascie nere dorsali per noi poc'anzi menzionate. Raccogliendo quanto dissi fin qui intorno alla forma di questa Cecidomia , trovo essere tanta e siffatta la sua somiglianza. con quella descritta e figurata da Degeer ( Zipula juniperina , Linn. , Cecidomya juniperina, Meig.) che io sarei per rianirle in una sola e identica specie. Siccome però mi è noto quanto sia facile il ca- dere in abbagli a voler portare giudizj di sinonimia dietro la sem- plice scorta delle descrizioni e delle tavole, così amo meglio rimet- termi al futuro e ‘attendere che mi si presenti l'occasione , indarno finora con ogni studio ricercata, di vedere in natura codest’ultima, e farne con quella che descrivo un attento e ragionato confronto. Infrattanto però non so astenermi dall’assicurare che le figure 15 e 18 della tavola già citata di Degeer convengono pienamente e per quanto è concesso ad opera d’intaglio alle Cecidomie, maschio e femina, dell'iperico , a tanto che, ritenendomi dispensato dal ri- produrle sulla tavola che unisco alla presente Memoria, rimetto ad esse quelli fra i miei lettori, nei quali nascesse brama di penetrare più addentro in siffatto argomento. Rimane ora che «da noi si conosca per qual modo’ possano quelle due foglie che costituiscono la capsuletta, assumere forma e posì- tura tanto diverse da quelle che loro sarebbero naturali. Questa ricerca, già stata istituita dall’illustre Degeer per l’analoga mostruo- DEL PROFESSORE GIUSEPPE GENÌ. 293 sità prodotta sul ginepro dalla Cecidomia di questo nome, non è nè nuova nè difficile, e le spiegazioni che essa ammette sono per- fettamente soddisfacenti, solo che alle molte ragioni di fatto sulle quali queste si fondano si mesca un po’ di congettura sul mezzo mecanico ovver chimico , col quale l’inerme animaletto determina primierissimamente quella alterazione nella economia della pianta; mezzo che ‘di qualunque natura vogliasi in fine supporre probabil- mente sfuggirà sempre per codesta sua natura medesima ai nostri sensi. Ho detto che le capsulette stanno: impiantate nelle ascelle dell’ iperico od all'apice de’ suoi rami, cioè nei siti della pianta d'onde escono i nuovi getti o bottoni: conchiudasi adunque con Degeer che esse sono prodotte dai bottoni medesimi , punti dapprima od altramente offesi dall’insetto, e che da ciascun bottone offeso nasce, in ‘vece di un'ramo, una capsuletta. La ragione per cui questa riscontrasi costantemente formata di: due foglie sta nella natura spe- cifica degli iperici medesimi. In queste pianticelle le foglie sono opposte due a due, e perciò anche l’apice dei giovani germoglj è costantemente terminato da due foglietie. — Ora l’insetto che vuol provvedere alla propagazione della propria specie , punge od insi- nua qualche umore corrodente nel bottone , e depone uno 0 più uova nella piaga: da queste sbucciano da lì a non molto le larve, e sia che esse distruggano per se stesse le interne foglioline del bottone continuamente succhiandole , sia che tale distruzione venga operata dall'azione diretta della puntura o dell'umore accennato , il sugo nutriente che al crescimento di quelle parti era destinato , si rivolge tutto alle due foglie esterne rimaste illese. Come è facile lo immaginare , queste cominciano allora ad ingrossare fuor di mi- sura. — Non egualmente facile mi sembra il dar ragione della con- cavità e dell’esatto combaciamento dei bordi , in cui mantengonsi nel crescere, a segno da costituire quella interna cameretta e chiu- derla perfettamente. Forsechè tale è la forma e posizione naturale delle piccole foglie nel tempo che stanno chiuse nel bottone, e 294 MEMORIA PER SERVIRE ALLA STORIA NATURALE ECC. forsechè siffatta forma e posizione vien determinata e mantenuta dalla presenza stessa e dall'azione delle larve , giacchè egli è un fatto assai rimarchevole , che poco dopo usciti gli insetti perfetti , la capsuletta si apre, e non di rado le sue valve diminuiscono di spessore , sì allungano , e riprendono a poco a poco la forma e gli altri caratteri delle foglie normali... Trovansi queste capsulette in ogni tempo dell’anno , ma più spe- cialmente in primavera ed autunno. Le riscontrai soltanto sull’ Hype- ricum perforatum e sull'humifusum , ma è assai probabile che. si producano anche sulle altre specie. men comuni di questo genere. Molti anni sono , prima che mi procurassi quel tanto di erudizione botanica che poscia riconobbi essenzialmente necessario a chi vuol istudiare con profitto proprio e d’altrui il ramo di zoologia che ri- guarda gl’insetti , io aveva creduto che esse fossero niente meno che una parte affatto naturale degli iperici accennati, e propria- mente i semi di essi, tanta era la regolarità, la.costanza di forma e dirò anche la copia loro su quelle due sorta di piante per av- ventura oltremodo moltiplicate nei luoghi ove in allora mi trovava. Non tardai poscia ad accorgermi di ciò .che erano in fatto; ma comunque ciò sia piacemi d'aver accennato questo mio errore , perchè so essere stato anche d’altri, e perchè lo considero con molta probabilità siccome l’unica cagione per cui le suddette pro- duzioni non divennero assai tempo prima oggetto d'esame per co- loro cui spettano siffatte ricerche. (R delle Sedi oreno Claft. de S (hè mal. Lon . 36. Lev NLpag.294,. a a * ’ “ ; : Ù v n 7 a e Peg? (na è fa Pt A x L e 4 2% det ae ei Du di fre dà £ PRI 2 7 j Z o 34 9. x PA % { fu , 4 j a) DITS RE 10 Mya IO 1x7 2 E] ri n Ri vi î e î f { d% invi a Pa sog? Pa" = AIRLAE } g a Ls i bi dd £ CSIÒ 7 E VW MILR pato » 2 È sa e è NG i RACER Ari ras da VERITA DORIS, 10 SRSA0IC8 bi n i si rv U'is x 94,3 + 49 99° 7 dp VI ; for î si PoRa PP ME AMMIRA TAL) I2SIARS tb, SASÀ ui - Le he > sai {a Ò Aa - è + : 3 f r : f Ig { >. iftb 4 PA ITI pi PA ia AU sig deo ti & e, i bo; ar b: 4 o MSLESSII): Ali & di La et id isf . sg $ ld x i Boo licia lol Lg ae dog 3 ni $ Da f j PI 7 2 ” 2 d î si is ohrnadic sn p) LO H c $ iui siss mp £ È, À : 2} af 5 L PIANI Ripi à Ì } if IRPI CÌ i È LI BOHIGLIS è LOI 9? . ab Alt ageda, Ot ti i {o € Patti % dii 37 Gt più deb > p Lal È ) : JODLi 3 DAVE 9nalna - I 3; ” “i “rr . 3 n tal €. Bi: OTO 02, 1 ì #6 1: = a DS » é #f n : LU % 309 Du ‘ADDITION AU MEMOIRE SUR LE DÉVELOPPEMENT DES TERMES ETC. Ea rar Mr PLANA | ; (Voyez page 45-196 ). | a S XI. | Remarque sur la manière d'exécuter le developpement de la fonction x z m' ‘A cos (9'—v)—m' {r°—-2rr'cos(#—p)+r"} (41) Lorsqu’on suppose y=0, et qu'il est uniquement question de developper cette fonction suivant les puissances et les produits des deux excentricités e et e', il convient de faire disparaître, déès wi e i (A) ARI le commencement , les coefficiens différentiels de 4° relatifs à a’. En reprenant, sous ce point de vue, les formules posées dans les pages 53-55, et faisant la somme P+Q+S+/+7) on trouvera aisément, à l’aide des équations données dans les pages 68-70, la la formule suivante; où la lettre ) remplace la lettre è. I a n' 5; cos(v'—v)—m'(rt—orr'cos(é—v)+r") 2 = psi { Prcosìp—i(v'/—0,)Q'sin)p} (4) + a = {P"cos)p—i(v,'—9,)Q"sin)p} (A) Ù 2 © > + a° ce { P""cosìp—A(e/—9,)Q"sin)p} (A) + aÈ = { P” cosìp—A(e/—0)Q” sin)p} d'AY DAY 4 Iv DE: oNTRAI 5 PI ala 7 {PP cosìp —) (0 —0,) Q” sin)p} + a To P” cosìp Tom. xxxvi. Rr 310 SUR LE DEVELOPPEMENT DES TERMES ETC. Da ) Ù ; L'=1 —u! + ul>—u/? + uu, dis = (ol—v)(eul+u/=u/) + (olo) (1 —u/ de 1 4 Q=iu'+u lu +uir (0/0) (1-4'+ ul) + E (0/—v, P'=(u,—u/)(1—-2u/+3u/ — 4u/' + 5u)" ) n - (0/=9,) (uu +24? zu u'—3Zu/? + Suu)? ) 4 PI ai ia V, (uu); ; ) a QUI MU) E (0/0) (2 + 21 /): I T e pi 2 Î | (lia ' ; s Reti U, ° Uu,uU, = 5 U, U, +3u,u, 2 -+3u, o la — 6u,u,} +3u,u!— 5u/'"+10%,u;" 2 ) 4 (olo, ou ul ut —ul*+3u)'+3v/u— 6u,u)?}; L I I I 3a: 3 i Qazun+-u,— 3% Un ul? —3u, u/* + 5 ulun+3u)'—6u,u;'? 2 À , f v Ù SENTE + ut ul — — (9/0) (ul+u— 2); pe (uî—u?)—-(u/u?— uu!) 4-2 (uu — uu) 5 : +3(u“—u/uò)+5 (uul'uu)_z (u/5—-uuò) d° ca ini (uf—u/*+3u, u,'>—3u/u,) 3 O =p7(u NR a CA u'—u,u'*)+2(uu'*—u, u)+3(4, Hu, u, | PAR M. PLANA. 3II p'=-p(ut+u))— î (u/uò + uu) + 7 uu =D (usi +u/u,' ) È — ius uP+ 7 (+1) 3 = ul*)—7 (ulutt uu) “ uu: i prat (uu) 5 (ulus—uul') + =; (uu) . On pourrait exprimer autrement ces fonctions de w,; w,, v/—v;: mais la longueur déjà trop considérable de ce Mémoire m’empéche d’exposer ici les autres recherches que j'ai fait sur ce sujet. wo aP)=—-0,000287; 3312 SUITE DE LA NOTE IMPRIMÉE DANS LE VOLUME PRÉCÉDENT PAR M.r PLANA ( Voyez page 4oa ). Caleul de dî, en faismt dans son expression i=8. GY =50" 70 a'H® = 0,00032; IN= — 20",27 dg g, = 0 VARIO Eu = 0 Log. Lic — 1 )GO= 1,8246892 : Lig L= 1,6705128; Log DI HO 22 1;6274737; Log. 2 f-H9=1,65019g1 (— ) Log. 8. II° = 0,7894422; Log RE. = 1,4461422(—) Log. 6. ch == 1,6134423 Log. sd _ 1,2990818 (—) Log. La I = 0,8183138; Log Ego = 0,8661426 (—) Log. Lalli _ 1,4805503 (—); Log. 4. 19 _ 1,5343869; noi 2 alla I,09921025 Log. Sar = 1,7205665 (—):; Log 26 ila = 1,3465391 (—):; Log. 2A a fa 1,4181622. òc=sin5n''—2nt+g,(—0,2786)+-cos5n't—2nt+g,(+0",0196) +sin5n''—2nt+g,,(—0',1769)+cos5n't—2nt+g,(+0",0124 ) +sin5n'e—2nt +f,(—0',2159)+coson't—2nt +f,(+0",0101) + sin 5n't—2nt+f,,(—0" 2390 )4-cos ret t—2nt+-f,;(-+0",0036); d’où l’on tire dt=(—0",2786—0",1769—0",2159—0',23go= —0",g9104)sin(5n't—2nt) +(0”,0196+0”,0124+0",0101-+0",0036=+-0”,0458)cos(5n't—2nt); : m a Ns dc =— —- ma a Ou peut regarder comme insensibles les valeurs de d$ et d9" qui répondent à des valeurs de i plus grandes que huit. = +2",2003.sin(5n'#—2nt)—0"”,110gcos (dn't—ant). MEMORIE I DEERLA (CIA SSE SCIENZE MORALI, STORICHE E FILOLOGICHE. PROGRAMMA DEL PREMIO PROPOSTO BALLA CLASSE DELLE SCIENZE MORALI, STORICHE E FILOLOGICHE | ” nel mese di giugno 1830. La ricerca dei doemmenti, e la critica di essi nelle storie ristrette e speciali, sono senza dubbio gli studi più utili all’avanzamento della scienza storica. Tuttavia giova talvolta allargar gli argomenti, moltiplicare i paragoni, e considerare le generalità, le quali ben chiarite riflettono poi nuova luce sugli eventi più particolari. L'Ac- cademia intende del paro promuovere queste due parti. d’ogni buona e compiuta critica; epperciò avendo già premiato alcuni lavori di Storia specialmente mostrale, ora ha deliberato proporre una disquisizione critica spettante alla Storia generale d’Italia. Quindi ha scelto un argomento, che quanto più è stato trattato antica- mente ed ultimamente da nazionali e stranieri, tanto più abbisogna oramai d'esser definito con una metodica esposizione. Adunque ella desidera un lavoro storico-critico Swe Zrstituzioni Municipali in Italia, dalla caduta dell’Imperio Occidentale al fine dell'Imperio della Casa di Svevia (Hohenstaufen), dall'anno 476 al 1254. E-più particolarmente : 1.° Che fatto un ritratto delle ultime instituzioni municipali ro- mane, si vengano distinguendo le mutazioni succedute in ogni età sotto 1 Goti, i Greci, i Longobardi, i Carolingi, mentre il regno e l’imperio erano disputati tra Principi Italiani, Francesi e Ger- mani, e in ultimo sotto gl’Emperatori e i Re delle due case di Franconia e Svevia. 2.° Che sulla questione della più o meno intera distruzione di quelle instituzioni romane, si renda particolare ragione degli scrit- tori. che tennero per Yuna o per l’alira parte, particolarmente Tomo xxxvr. Sigonio (1), Fumagalli (2), Lupi (3); Sismondi (4), ratori (5), Savigny (6), Leo (7) e Pagnoncelli (8). 3.° Che a definire, quanto sia possibile, tale questione, e ridurla a distinte particolari certezze, si raccolgano e si illustrino quanti più si possono Diplomi Imperiali ed altri documenti atti a chiarire concessioni di diritti e governi municipali; ovvero si dimostri quali città esercitarono tali diritti senza aver mai di siffatte concessioni. Jl premio sarà una medaglia d’oro del valore di seicento lire. I lavori -dovranno essere presentati prima. del fine di ottobre 1832, in lingua italiana, latina o francese , manoscritti e senza nome d'autore. Essi porteranno un'epigrafe, ed avranno unita una polizza si- gillata con dentro il nome e l'indirizzo dell’autore, e di fuori la stessa epigrafe posta sullo scritto. Se da questo non sarà vinto il premio , la polizza non aprirassi e sarà bruciata. Sono esclusi dal concorso i soli Accademici residenti. Il giudizio sarà pronunziato nel primo trimestre del mille otto- cento trentatre. I pieghi dovranno essere diretti per la posta od altrimenti, ma sigillati e franchi di porto, alla Reale Accademia delle Scienze di Torino. Quando non vengano per la posta, dovranno essere con- segnati all’uffizio dell’Accademia medesima, dove al portatore se ne darà la ricevuta. Torino il 15 giugno 1830- 1) De Regno Italiae. Lib. VII. ) Antichità Longobardico-Milanesi. Dissert. VI. XL XXI. 3) Cod. Diplomat. Civit. et Eccles. Bergomatis. 2 vol. in fol.. (4) Histoire des Republ. Italiennes; principalmente i Capi I. II. V. VI. (5) Antiquit. Italiae medit aevi; principalmente le Dissert. XVII XXII. XLV. XLVI. XLVII. XLVII. XLIX, L. LIL. (6) Geschichte des Romischen Rechts in Mitteralter. Heidelberg 1811-1816. (7) Eniwicklung der verffassung der Longobardischen Staedte. Hamburgo 1824 8.vo. (8) Sull’antichissima origine e successione dei governi municipali nelle Città Italiane. Bergamo 1823. 2 vol. 8.vo i (2 (3 Il PresImENTE L’Accademico Segretario Aggiunto Conte Prospero BALBO. Prof. Costanzo GAZZERA. PROGRAMMA DEL PREMIO PROPOSTO DALLA CLASSE DELLE SCIENZE MORALI, STORICHE E FILOLOGICHE nel mese di giugno 1831. L’innalzamento al trono Sabaudo della linea secondogenita, nella persona dell’Augusto Re Carro Arserto, ha richiamato l’atten-, zione degli eruditi su gli illustri progenitori della famiglia regnante, le geste dei quali o non sono abbastanza conosciute, o non ven- nero sin’ora, quanto si conviene, degnamente celebrate. La vita operosa e le magnanime azioni del principe Tommaso , figliuolo ultimogenito del duca Carlo Emanuele I, e stipite de’ prin- cipi di Carignano, note appieno ai pochi che fecero particolare studio della storia o politica o militare della patria nostra, non lo sono in ugual modo all’universale. è Verso questo fine di illustrarne la vita, volle indirizzare le mire degli scrittori, e particolarmente de’ nazionali, il cavaliere Ferdi- nando Dalpozzo, coll’assegnare un premio da vincersi, a giudizio dell’Accademia, dall’autore del miglior Elogio storico del Principe Tommaso di Savoja, stipite del ramo di Savoja Carignano. Il premio sarà una medaglia d’oro del valore di seicento lire. | I lavori in lingua italiana, latina o francese , manoscritti e Senza — nome d’autore, dovranno essere presentati prima del fine dell’anno mille otiocento trentadue. à Essi porteranno un'epigrafe, ed avranno unita una polizza si- gillata, con dentro il nome e l’indirizzo dell'autore, e di fuori la stessa epigrafe posta sullo scritto. Se da questo non sarà vinto il premio , la polizza non aprirassi, e sarà bruciata. Sono esclusi dal concorso i soli Accademici residenti. i Il giudizio sarà pronunziato nel primo semestre dell’anno mille ottocento trentatre. I pieghi dovranno essere «diretti, per la posta od altrimenti, ma sigillati e franchi di porto, ala Reale Accademia delle Scienze di Torino. Quando non vengano per la posta, dovranno essere con- segnati all’uffizio dell’Accademia medesima, dove al portatore se ne darà ricevuta. Torino il 17 giugno 1831. Il PresIDENTE Conte ProsPERo BaLBO L’Accademico Segretario Professore CosTANZO GAZZERA © DELLA POLITICA E PELLE LETTERE DEL CAV. GIUSEPPE MANNO Letta nelle adunanze 18 novembre 1830; 6, 27 gennajo, 17 febbrajo c 24 marzo 1831 e Marc. Mediocriter doctas magnos in republica viros et doctissimos homines non nimis in republica versatos, multos commemorare possumus. Qui vero utraque ve excelleret, ut et doctrinae studiis et regenda civitate princeps\esset, quis facile praeter hunc ( Demetriunì Phalereum.) inveniri potest? Artic. Puto posse. Cicer. De legib. IM. 6. 7 I: L: operazioni degli uomini di stato sono governate dal senno e dalla fortuna, e giudicate nondimeno dalla malignità come se la fortuna non v'avesse parte. Gli errori non sono mai sceverati dalle disgrazie, e perciò tutto dicesi errore nelle cose mal tornate. Non si vuole mai scernere nelle azioni politiche quello che muove dalla volontà di chi comanda, e quello che essenzialmente dipende dalla disposizione d’animo o dall’abilità di chi obbedisce ; e perciò contro alle sole autorità più elevate è indiritta la censura. Tali censure le più riguardano agl’individui, e possono qualche volta essere fallaci; altre riguardano ancora a classi intiere di persone, e sono sempre temerarie. Io mi ho proposto di esaminare una delle sentenze generalmente accreditate in tal materia, quella cioè per cui si vuole che l’uomo letterato o scienziato sia inabile al maneggio degli affari politici. Argomento questo, che ai miei occhi è dell’importanza la più grande: giacchè se è vero che le cose Tomo xxxvr x à DELLA POLITICA di stato richieggono uomini, come suol dirsi, speciali, sono degne di studio le ragioni e le condizioni di tale specialità; e se ciò sì chiarisce falso, è opportuna ed utile l’investigazione de’ motivi pe quali si è potuto credere, che le cose nelle quali il buon giudizio è più necessario , e il giudizio erroneo è più dannoso, -non possano o deggiano essere trattate da quegli uomini che hanno il senno più esercitato a conoscere la verità ed a schivare gli errori. Il. Il letterato che si vuole escluso dal maneggio delle bisogne po- litiche non è già quello il quale ha attinto nelle diverse fonti del sapere quanto basta comunemente agli uomini ben nati o ben educati: poichè a nissuno cadde finora in pensiero di riserbare il governo de’ popoli agl’ignoranti. Si escludono solamente coloro, che delle lettere e delle scienze fanno una pubblica professione, o vi hanno posto amore tale, che non più dilettazione ma necessità di tutta la vita è per essi lo studio. Veggiamo adunque quale possa essere l’incompatibilità fra questi tali e le faccende politiche. HI. Primiera e sustanziale condizione in chi governa è la rettitudine dell'animo. Per questa negli affari i quali concernono all’universalità de’ cittadini, l’uomo di stato sceglie que’ soli partiti che all’univer- salità maggiormente si convengono; e nelle cose che tornano anche a benefizio d’un individuo non entra mai questo benefizio a dare maggior peso alle deliberazioni , se il vantaggio privato non ha riguardo a tal persona, che dall’opera sua meglio che. da quella di qualunque altro deggia aspettarsi l'incremento: o la conservazione del pubblico bene. Per questa stessa virtù della rettitudine l’uomo di stato è guardingo contro alle passioni di chi è chiamato a se- condarlo nelle sue operazioni. Egli sa che quanti sono i gradi pe’ E DELLE LETTERE 3 quali si sale ‘e si scende nell’esercizio del potere, tante sono le facilità o gli ostacoli che vi s'incontrano pel buono o cattivo suc- ‘cesso delle cose; con questa differenza solamente, che ne’ gradi superiori la malleveria maggiore che richiedesi dalle persone e la maggior luce in cui son vedute possono servire ad afforzare la loro virtù; ed all’opposto. tanto è più facile la corruttela quanto chi vi sì espone è più ignorato e più oscuro. Or siccome non è dato a nissuno di vedere per se solo le parti tutte di un’operazione poli- tica, e di necessità addiviene che una parte di consiglio o di ri- cerche o di esecuzione sia commessa ad altri, la rettitudine dell’uomo di stato entra per così dire nella coscienza altrui, e con occhio perspicace esamina l'indole, l'ingegno, le correlazioni, le fiacchezze di ciascuno; ed egli accorda oggi la sua confidenza a quello stesso cui. la negherà al domane; o spia le occasioni per sorprendere inav- veduta la passione e farne giudizio; o contrappone il giudizio de' parziali a quello degli spassionati; o riserba a se quelle parti nelle quali ei dispera di essere ben inteso o ben obbedito. La rettitudine dell’uomo di stato fa anche sì che ei diventi guar- dingo contro alle passioni dei suoi amici. Beato colui che infino dalla fanciullezza non altri legami ebbe a stringere che quelli pre- parati dalle virtuose inclinazioni e dagl’imnocenti affetti. Allora egli non vedrà attorno a se nella prosperità che quegli stessi avrebbe incontrato nel più basso della disavventura. Ma a pochi è conceduta tanta felicità. L’amistà della maggior parte degli uomini è come un principio imperfetto dato ad uni lavoro, di cui siccome gitteranno le sorti si ripiglierà o si lascerà in dimenticanza la continuazione. Basta il più leggiero appicco di antiche correlazioni perchè intorno all'uomo possente si moltiplichi la schiera degli amici. Quegli lo è perchè congiunto di sangue, od almeno come tale chiaritosi nel giorno stesso del tuo innalzamento: quell'altro perchè nella gioventù fu tuo socio di passatempo: questi era il confidente di tuo padre, e quell’altro è il cliente della tua famiglia: quell’antico tuo collega nelle scuole di cui sono già trent'anni non avevi più veduto la 4 "DELLA POLITICA: faccia, non ha per quanto ei ti dice fatto altro di meglio in questi trent'anni che contemplare tacitamente le fasi tutte della tua gloria crescente, e compiacersene tanto più come più accostavansi ‘alla pienezza, non più abile a rattenere lo sfogo delle proprie accla- mazioni, dappoichè hai già tocco il sommo della fortuna. Ora cia- scheduna di siffatte amicizie è per parte dell’uomo di stato una esercitazione continua della virtù di cui ragioniamo; tanto è l’arti fizio del pregare, tanta la costanza del rimembrare, tanta la fallacia nell’informare , tanta la dissimulazione nel sopportare le contrarietà, e la svegliatezza nel corre dappoi il buon momento. La rettitudine giova eziandio all'uomo di stato in rispetto ai pro- pri nemici: poichè talvolta il personale risentimento sembra zelo di giustizia ,, e si giudica della maniera con cui taluno si compor- terà verso lo stato col paragone del contegno suo verso di noi. La rettitudine in fine rende luomo pubblico cauto contro a se stesso, cioè contro alle proprie opinioni; nulla essendo più dannoso per uno stato, che quella pretensione all’infallibilità per cui noi sappiamo , veggiamo ed operiamo meglio di qualunque altro. Queste, sio mal non m'appongo, sono le condizioni principali che deggiono desiderarsi in chi governa, per quanto concerne alla rettitudine dell'animo. Resta pertanto a riconoscere se tale corredo di virtù non possa trovarsi nel cuore di un letterato. IV. Nessumo vorrà certamente avvilire in tal maniera le lettere e le scienze, che osi di affermare non potersi lo studio conciliare. con quella virtà, poichè ciò sarebbe stolidezza. Non vi sarà nè pure alcuno che creda non poter accordarsi lo studio con quel vigore d'animo e con quella dispostezza alla resistenza per cui si distingue la virtà inoperante dalla virtù posta in cimento: poichè le anime nostre ‘hanno entro a loro stesse non solamente quella dote virtuosa di cui sono state privilegiate da Dio, ma quella tempera ancora E DELLE LETTERE 5 di mente dubbiosa o -risoluta; di mutabile 0, costante volontà, che appellasi: carattere ,, e che particolarmente distingue le diverse mi. sure del merito e del vizio; raro essendo di trovare fra i virtuosi chi lo sia sempre, e comunissimo il-trovare chi lo sia stato qualche volta. Non potendo dunque. cader il dubbio sulla virtù per se stessa, e sui gradi suoi di valore, ma solamente sulla più o meno facile pratica di essa, io mi farò ad esaminare se in quella educazione che, per così dire, ciascheduno dee dare alla propria virtà, lo studio serva d’impedimento a metter in esercizio la rettitudine dell'animo, o d'occasione per rallèéntarne le mosse. Vrsg di Vi Il mezzo migliore per usar saggiamente della propria virtù si è di ‘studiarne’ la portata , onde conoscere insino a qual punto l’animo sostenga: le prove, ed in qual punto deggiano esser migliorate le nostre forze morali. Il letterato in tale studio ha comuni con tutti gli altri womini que’ mezzi che sono effetto della naturale disposi- zione dell'animo; ‘ha per se il mezzo speciale d’un’altra simile esercitazione, che facilmente lo guida a ben giudicare del suo valor morale. Egli è già avvezzo ‘a misurare le forze del proprio ingegno. Fi ne studiò la tendenza allorquando scelse fra i var) studj lo studio più accomodato . alla propria inclinazione. Ei ne indagò la tempera quando al primo assaggio fatto dello studio prediletto si confortò nell’assunto impegno. Ei fe’ un uso graduato della propria intelligenza passando dai principy alle parti più complicate della scienza, e ripassando quindi da queste stesse cognizioni più ardue ai principj medesimi, che considerati la seconda volta furono da lui trovati fecondissimi. Ei diffidò più volte della sua attitudine, e si giovò de’consigli altrui, e degli errori proprj. Ei diffidò della stabilità delle sue forze, ed alternò la fatica col riposo e la fiorita colla fruttuosa erudizione. Lo studio suo in somma fu una rifles- sione continua sopra di se stesso, e un continuo aggiustare alle 6 DELLA POLITICA forze della mente le difficoltà dell'oggetto postole innanzi. Con la qual cosa se il letterato ha già un abito e un abito ragionato di rientrare in se medesimo per giudicare di cose egualmente spiri- tuali e non meno nobili o’ meno importanti di ciò che lo sieno' Je virtù morali, ha anche agevolato ‘a se il vantaggio di poter nelle operazioni dell’animo che a queste virtù morali si riferiscono, vedere più facilmente quello che il cuor nostro comporta e quello che egli ricusa. VI. Un altro mezzo eziandio avanza al letterato, sia per formare questo giudizio , sia per operare rettamente, cioè l'esperimento ch’ei fe’ più volte per cagione del suo studio di questa stessa virtù morale di cui l’uomo di stato ha così gran bisogno. Anche il let- terato nel pubblicare le proprie opinioni, ebbe in vista più volte il bene dell’universalità dei cittadini, e tentennò perciò lungo tempo in prima fra la sentenza la più accetta e la più utile, fra il van- taggio altrui e il profitto proprio, e qualche fiata ancora fra il vantaggio altrui e'l proprio danno. Quindi esperimento fatto. d’ar- dente amore pel pubblico bene. Il letterato ebbe anch'esso ad esser tentato a far troppa onoranza ad un privato colle sue scritture, ed a raccorre dovizioso» frutto cella piacenteria, e per fino del silenzio. Tuttavia ei tacque ciò che potea ingraziarlo, e parlò parole dispia- centi ai grandi. E così fe’ esperimento d’imparzialità e di coraggio. Il letterato ha anch’ei bisogno di cooperatori, sia che inviti in proprio soccorso altri studiosi, sia che si ajuti delle fatiche dei trapassati. Ma ei non gittasi alla cieca e senza diffidenza in braccio altrui : perchè giudica ‘in prima di qual diligenza e di quale perspicacia sieno dotati i suoi compagni; e la critica letteraria lo ha ammaestrato a conoscere il lato debole di ogni buono scrittore, ed a fare in qualche parte il suo pro anche degli autori manco accreditati. E perciò esperimento fatto nel portar giudizio degli altrui ajuti. Il E DELLE LETTERE 9 letterato ha pur egli i suoi amici che lo vezzeggiano facendo plauso alle scritture imperfette, e commendando argomenti frivoli od empi. E se ciò non ostante ei seppe tenere nello scrittojo le carte gio- vanili, ed appellare dalla sentenza degli amici a quella di se stesso, e se nella scelta degli argomenti per nulla stimò quella gloria contro alla quale potesse rivoltarsi la propria coscienza, ei fe’ cer- tamente un gagliardo esperimento del grado delle sue forze nel ributtare le lusinghe. della falsa amicizia. Anche il letterato ha i suoi nemici , o diventati tali per accidentali ragioni o più frequen- temente per discordanza di opinioni e per ispirito di parte. Se dunque egli esaminando le scritture di chi fu a lui privatamente ostile, seppe dimenticare l’autore; se. entrando a discutere quistioni che accennano alle opinioni di partito seppe. stare in mezzo le due fazioni, ei die’ per certo tale arra dell'animo suo, che non si può dubitare, non abbia egli fatto un’eccellente prova del vigore della propria virtù, nel serbar inalterata la sua rettitudine al cospetto de’ nemici. Egli infine ha da stare guardingo contro alle. proprie opinioni, avvezzo qual è. a vedere l'immensa distanza. che passa fra le sentenze di uomini egualmente grandi e probi, come i tempi, o l'incremento delle altre scienze , o le scoperte del caso, o le in- ‘venzioni dell'industria, o le mutate condizioni civili. de’ popoli si accomodano più facilmente ad una o ad altra opinione. Da un let- terato adunque si può per prova fattane aspettare) anche in tal rispetto quella diffidenza di se stesso, che si diceva elemento su- stanziale della virtù politica. Nè è da dirsi che la virtù sua sia per iscemare variandosi 0g- getto: poichè non solo dalle grandi alle grandi cose, ma anche dagli affari leggerissimi agl'importanti si può formar giusta con- ghiettura dell’altrui, virtù. Della quale perciò si può dire per V’or- dinario quello che Paolo Emilio rispondeva ai greci maravigliatisi della minuta diligenza di sì gran generale negli apprestamenti delle feste da lui celebrate dopo le sue vittorie nella Macedonia: « essere « cioè egualmente necessaria la perspicacia a ben ordinare un fe- 8 DELLA POLITICA « stino, come ad indirizzare una battaglia; acciò questa torni la più « disastrosa al nemico, e quello sia il più possibile. gradito ai « convitati (1). NE Ò Accennato così quanto ha rispetto alla rettitudine , e lasciando che i principj generali testè sviluppati servano egualmente per le altre virtù politiche, consideriamo solamente ciò che di particolare dee notarsi nel ragionare delle modificazioni ‘che tali virtù possono avere nel cuore di nn letterato. Fra le quali virtù niun’altra dopo la rettitadine è di più gran momento che la prudenza. La prudenza da Cicerone a buon diritto giudicata necessaria in tutte le arti (2) è specialmente utile all'uomo di stato, onde. pre- servarlo dalla precipitanza de’ giudizj ; il quale vizio induce ad ab- bracciare le cose incognite come fossero già note; e ad acconsentire ad esse temerariamente. Vizio che non con miglior mezzo può essere schivato, salvo che adoperando nel considerar gli affari il tempo e la diligenza necessaria (3). L'uomo studioso in nessun'altra virtà po» litica potrà forse trovarsi esercitato, come in questa; sia che abbia timidamente incominciato i suoi studj, e perciò soprastando più volte prima di assicurarsi delle cose; sia che ponendovisi addentro con animo avventato, ed imprendendo a far cose che erano sopra la sua facoltà, l'esperimento della infruttuosa sua presunzione lo abbia fatto uscir d’inganno. Nè il disinganno de’ letterati è -fatto come quello de’ politici. Questo giunge assai tardi : poichè mentre i favore del Principe tiene in seggio l’imprudente, la precipitanza nell’esaminare le cose è appellata prontezza di giudizio, la temerità nell’eseguirle animo risoluto, la pertinacia negli errori costanza di cuore. I quali rispetti punto non s’adoprano ‘allorquando trattasi di (1) Plut. in vit. Paul. Emil (2) Cic. de fin. V. (3) Cic. de Offic. I. E; DELLE LETTERE 9 gastigare l’avventataggine di uno scrittore; ma sorge tosto 0. un giornalista mordente che gli rivede severamente le partite, o. gli viene al fianco un amico che lo illumina, o un nimico che lo umilia , o l’opera sua dimentica e senz’avventori resta infilata negli scaffali del librajo, argomento tacito sì ma incontrastabile della te- merità dell’autore. VIII. )uesto è sapere, diceva uno dei più arguti scrittori dell’anti- pers 5 chità (1), veder non. già quello che ti sta fra i piedi, ma le cose gni dì a far questa prova, la quale se non è propriamente prudenza, è cer- che sono per avvenire. E l’uomo politico è chiamato 0 tamente mezzo necessario di tal virtù. Egli ha perciò a sua re- gola la scienza delle cose passate, che sono imagini non fallaci del futuro. Egli ha l’esperienza de’ proprj suoi fatti, i quali ammaestran- dolo dell'efficacia de’ mezzi da lui adoperati altra volta, lo assicurano del novello impiego che è per farne. Egli si ajuta ancora della cognizione degli ostacoli che possono attraversarsi al suo intento, e studiando il grado di resistenza che saranno per opporre li com- batte anticipatamente onde non esser colto alla sprovveduta. Ed anche in ciò l’uomo letterato ha speciali sussidj ne’ suoi studj. Ma gni- zioni necessarie all'uomo di stato, dappoichè giova in questo ar- di questi cadrà meglio il ragionare dove terrò conto delle co gomento. il considerare partitamente le virtù del cuore , e le doti o i lavori dell’ingegno. 9:S Intanto continuando a discorrere sopra i var) effetti o i diversi espedienti della prudenza nella condotta delle cose politiche , dirò | ———_-->v__———_———rrrr _———————————————t@t@@cc’—c@@.@ (1) Terenzio. Tomo xxxvr. 2 TO DELLA POLITICA che parte necessaria di questa difficile virtù si è il mutare consi- glio, come entra nell’animo nostro un diverso convincimento. Suc- cede ogni dì nel maneggio de’ governi quello che nelle cose ordi- narie della vita: poichè non può un uomo così diligentemente e minutamente disporre ed ordinare le parti tutte de’suoi negozj, che gli accidenti, il correre dell’età, l’uso medesimo delle cose non vi apportino sempre un qualche mutamento. Una consulta malamente provocata sparge di falsa luce l’aspetto della quistione che trattasi. Un mezzo di esecuzione rimaso inosservato è cagione della ruina di un'operazione in tutti gli altri rispetti ben ordinata. Le teorie le più brillanti della civile economia poste al cimento de?’ fatti si trovano qualche fiata difettive, perchè nelle cose governate da tante instabili ed oscure cagioni è raro il caso in cui si possa sicura- mente fondare un principio generale. Tante sono in una parola le contrarietà che incontransi non solo ne’ negozj azzardati, ma nelle cose stesse le meglio apprestate, che il cedere ‘all'impero de’ con- trar) avvenimenti, e il cangiare o temperare le prese deliberazioni è virtù che tanto vale, quanto importa il cansare i più grandi disastri. Chi però sarà in tali vicende più proclive ad arrendersi di colui che nel periodo intiero di una vita studiosa, ha consumato i suoi giorni emendando gli errori delle proprie opinioni, o notando gli errori delle opinioni altrui? Due sono le cose per cui difficultasi quel disinganno. O una tempera- d'animo per cui, sia orgoglio, sia impazienza di novella disamina, l’uomo tenace ribaditasi in capo la propria opinione ritrosisce contro ad ogni tentativo fatto per istornarnelo. Ed in tal caso io non veggo come questo vizio tutto morale, o muova dalla natura, o venga inserito nell'animo per gli abiti dell'educazione, possa meglio abbarbicarsi nel cuore dello scienziato, che in quello di qualunque altro uomo. O pure la re- sistenza nasce da vizio dell’intelletto, il quale lasciasi talmente oc- cupare dalla primiera persuasione, che perde per così dire la li- bertà del giudizio nell’esaminare l’opposta sentenza, ed allora è chiaro trovarsi tutto il vantaggio da ‘canto del letterato; nel quale — E DELLE LETTERE LI tanto ha di momento l’esercizio più frequente della propria intelli- genza, ch’ei ne riesce più abile e più pronto a considerare i di- versi. ed i contrarj aspetti di un medesimo negozio. Anzi se voglia- mo internarci in questa considerazione della ritrosia dell’intelletto a uscir d’inganno, riconosceremo essere ciò che dicesi intelletto preoccupato lo stesso che dire intelletto circoscritto in angusti termini : poichè se si arriva a conoscere una muova e vittoriosa ragione, è impossibile che l’animo non se le sottometta; tale es- sendo Vevidenza della verità, che non può esservi chi la vegga e non la riconosca. Allorchè ‘dunque gli uomini di una sola sentenza ricusano il disinganno, dicasi pure che non cape nel giudizio loro la ragione del disinganno, e che la tempera del loro ingegno ac- comodata alle apparenti dimostrazioni di una sentenza fallace non patisce le considerazioni più astruse o più ardue alle quali è d’uopo innalzarsi nello studiare la sentenza vera. Nella qual cosa quanta sia la superiorità dell’uomo letterato sopra gli altri, non è d’uopo ch'io ’1 dica. X. Alle considerazioni sulla prudenza politica conseguitano natural- mente quelle sulla moderazione: perchè o questa si riguarda come virtù abituale dell'animo’, ed è figliuola della prudenza; o si applica alle gravi faccende, ed è allora la prudenza medesima, la quale ei ammaestra, che di rado torna vantaggioso l’avventurare il sue- cesso intiero di un affare, e che le più volte maggiore si è il no- cumento che deriva dal non lasciar luogo veruno a penitenza , che l'utilità la quale può ritrarsi dal recar a pieno compimento un negozio. Nell’ assunto però preso ad esaminare questa virtù dee tra- passarsi con brevi parole: giacchè allorquando trattasi di doti puramente morali può chiamarsi fortunato chi le possiede , e più ancora chi bene le usa; ma se havvi di quegli sfortunati che non 12 DELLA POLITICA le posseggono, non havvi certamente di quelli de’ quali sia per- messo il dire che non possono esserne forniti, e molto meno se non d’individui si parli, ma di classi intere di persone , e di classi elette. E con questa osservazione io ragunerò compendiosamente in un sol luogo quanto può essere detto di più sostanziale sopra le tante altre morali prerogative di cui l’uomo di stato abbisogna. XI. Egli abbisogna di fermezza onde piantarsi immobile, e non la- sciarsi mai ritrarre all’aspetto delle difficoltà. Egli abbisogna di coraggio civile per ispregiare i clamori di coloro ai quali è d'uopo apprestare i rimedj salutari come a fanciulli incapaci d’altro pen siero, che quello mosso dalle sensazioni presenti: egli ne abbiso- gna ancora per opporre il petto a quegli altri ai quali a maniera di furiosi e di mentecatti conviene amministrare i rimedi forzata- mente. Egli abbisogna di amore al lavoro, poichè le alte magistra- ture non sono tanto onori quanto fatiche, e la fatica che non si ama, o non si fa o si fa malamente. Egli abbisogna di amabilità di maniere, acciò la verità possa venire a lui, e di paziente atten- zione acciò la verità possa parlargli. Egli abbisogna di sagacità per distinguere dalla verità la maschera di essa, e di antivedimento per rimuovere ogni ostacolo acciò la verità che ha trovato libera la via fra l’oppresso e il ministro, la trovi anche sgombra fra il ministro e il trono. Egli ha bisogno di altezza di sensi acciò non vegga al disopra di se che il principe e la giustizia, e comportisi verso quelle che chiamansi superiorità sociali in maniera che i grandi personaggi sieno sempre al suo cospetto più grandi che possenti. Egli abbisogna di una certa temperanza di rispettosa schiettezza , per cui all’orecchio del Sovrano arrivi sempre la voce del vero, ma vi arrivi come a Sovrano: quindi nè confidenza che abbassi il principe, nè viltà che degradi il ministro. Egli abbisogna di di- gnità di forme perchè il comando è seria faccenda; e di severità E DELLE LETTERE 13 di costumi, perchè chi comanda non è mai invisibile. Egli abbiso- gna soprattutto d’idee e di sentimenti religiosi, perchè chi spera tutto dagli uomini, o paventa gli uomini soli; è quello di cui gli uomini deggiono fidarsi meno. Egli abbisogna di zelo tale pel pubblico prò, che gli paja diletto la fatica ch’ei dura, e vantaggio il danno personale che può tornargli, e calamità propria la calamità del po- polo. Egli abbisogna in fine non solo di tutte quelle virtù morali che formano la felicità del famigliare e domestico consorzio , ma di quelle ancora fatte per una sfera più ampia di correlazioni e di dipendenze; o almeno se le virtù chiamate pubbliche non sono altro che le stesse private virtù esercitate più largamente, ei dee possedere queste in tal grado da poterne fare il miglior uso acco- modato alla sua positura. Or siccome niuno vi sarà che voglia disconoscere l'utilità e ne- è cessità di tali pregi in un ministro, così niun uomo ragionevole potrà asserire che questi pregi quantunque distribuiti assai inegual- gualmente , lo sieno però in modo ; che si posseggano costantemente da una medesima classe di persone, e da un’altra non possano giammai conseguirsi. Che anzi, se gli eccellenti uomini di stato sono rari in certi luoghi e in certi tempi, forse ciò addiviene , perchè le scelte fannosi fra pochi; e perciò un buon ministro cesserebbe di essere stimato un frutto peregrino, se si reputasse, qual è frutto proprio di ogni terreno. 3 XII. Tai pregi essendo di natura uniforme poteano essere disaminati con un solo ragionamento. Havvi però un’altra dote politica , che mezzo morale e mezzo intellettuale, merita per l'importanza sua se ne tenga in questo luogo più disteso conto. È questa il così detto uso di mondo, pel quale gli uomini che trovansi di conti- nuo in riguardo di altri uomini di ogni tempera e di ‘ogni classe , acquistano per se stessi l’abito di manifestare i soli loro sentimenti 14 DELLA POLITICA non offensivi, e studiano negli altri insino a qual punto sappiano essi usare la medesima cautela. Da questa mescolanza di diffidenza di cuore e di acume di mente nasce quella avvedutezza, per cui si ravvisa a primo tratto in chi s’accosta , se egli è sagace o di poca levatura, schietto od infinto, passionato od imparziale, di gene- rosa o meschina natura. E di quest'avvedutezza grandemente gio- vasi l’uomo di stato non solamente per ischermirsi/ dagli artifizj degli ipocriti, e per schivare: gli errori delle buone apparenze, ma soprattutto nelle scelte che dee fare per l’amministrazione del go- verno, delle quali le tante che fannosi co’ panni in su gli occhi sono per molti giusto argomento onde affermare che il conoscere gli uomini è ne’ ministri dote più importante che comune. Forse potrà dirsi con egual ragione , che se tal prerogativa non è comune nelle altre classi di persone, sia anche più rara fra i letterati. Chiusi nel loro gabinetto, impiegando nella meditazione le molte ore che disperdonsi nei così chiamati doveri sociali, disgu- stati più volte di non incontrare nelle cose di quaggiù quel bello ideale che careggiarono nella loro fantasia, e che può del pari concepirsi nelle astrazioni fatte sopra le cose fisiche come sui mo- vimenti morali dell’animo , presi in somma d’ardente affetto pel loro studio, e meno curanti perciò di quanto li distoglie dai pen- sieri prediletti, eglino contraggono le tante volte un abito o di ripugnanza per gli altri negoz), o di spregio per le idee e per le faccende comuni, o più di frequente acquistano nei dolci lavori delle lettere una tal quale mollezza e bontà di cuore, che li rende od incapaci di sopportare il peso della pubblica amministrazione , od inabili a resistere alle mille contrarietà quotidiane, che l'uomo di stato incontra nelle sue operazioni, o facili ad esser aggirati in quel cerchio di persone scaltrite che non manca giammai intorno al potere. Io non niego che lo studio abbia in se tanta soavità, che se ne disgradi per l’uomo saggio ogni favore ed ogni onoranza mondana. Non niego che lo studio innalzi l’animo a tanta nobiltà di sensi da Acc (7 E DELLE LETTERE ; 190) . fav apparire come poste in assai basso stato molte delle cose delle quali menasi più gran rumore fra gli uomini. Ma non perciò vo- glio affermare, che quella spassionatezza ed indifferenza sia frutto del solo studio, o siane effetto necessario ed universale. Non v'ha professione , non vha maniera di vita anche privata, che non at- tacchi fortemente l’uomo virtuoso agli abiti che vi ha contratto , e lo studioso non ama meglio i suoi libri e le sue scritture, di ciò che il padre di famiglia ami i domestici penetrali e i cari pegni dell’amor suo, o l’uomo industrioso i suoi ingegni e i suoi trovati, o il trafficante i suoi negozi. E se ristringonsi le riflessioni dalle cure o private o libere alle pubbliche, ogni maniera di pubblico officio è come un modello entro al quale s’informano egualmente uno dopo l’altro gli uomini chiamati ad esercitarlo; e perciò, come dicesi, che i servigi aulici rendono somiglianti fra loro persone poste in distanti paesi, così anche può dirsi, che dappertutto i giudici si assomigliano in qualche rispetto fra loro, e dappertutto gli amministratori hanno eguali maniere, non già per le forme estrinseche, ma per lo spirito da cui sono animati che spira dap- pertutto egualmente. Onde trovasi quasi sempre nelle persone eser- citate a render la giustizia una severità di massime e uno scrupo- leggiar di forme, che quanto è necessario nel porre i fatti in con- fronto della legge scritta, altrettanto può tornar dannoso nel rag- guagliare i pubblici bisogni coi rimedj da apportarvisi. Come per una ragione di egual origine l'amministratore o scambia le più volte l'interesse pubblico per l'interesse fiscale, o non bastantemente costretto da regole lascia luogo all’arbitrio laddove ha già il suo impero la legge. Qual cosa adunque conseguita da tutto ciò ? Che il letterato è al pari di tutti gli altri uomini governato dai propri abiti, o lo è anche più strettamente; ma non già ch’ei non possa serbare la libertà dell’animo e delle sue applicazioni, o mutar pensieri e cure. Se dunque il letterato non ama i pubblici negozj, ben gliene torni. Qualora però la natura de’ suoi studj, o la sua positura sociale, o - 16 DELLA POLITICA Pocchio perspicace del principe, che talvolta si affisa in luogo dove non è pregato a volgersi, son cagione che il letterato chia- misi a lasciare il pacifico suo scrittojo ed a sottentrare al peso de’ pubblici negozj, allora dee solamente desiderarsi che il letterato sia un uomo dabbene: perchè l’uomo dabbene e scevro d’ambizione farà squittinio rigoroso nella propria coscienza; e s’ei non. sentesi tale da rispondere alla grandezza de’ novelli doveri, ei li ricuserà. Ma se egli accetta l’incarico , ciò sarà argomento che non gli è mancato quelluso di mondo, e quell’accortezza che acquistasi nel conversare coi cattivi: giacchè non perchè i letterati amino gli stud) solitar) hanno da esser tenuti in conto di salvatichi, o di abi- tatori di un diverso mondo: nè la finezza della continuata pratica è da porre in confronto con la penetrazione e con la sicurezza del primo muover d'occhio dell’uomo perspicace. XIII. Veggiamo adesso se come dal lato: delle doti morali. così anche per ragione dei pregi dell’intelletto l’uomo dedicato alle scienze o alle lettere debba riputarsi abile alla trattazione delle faccende po- litiche. Già sopra si è detto essere necessaria all'uomo politico la notizia delle cose in addietro avvenute onde giudicare e conghietturare dell’ avvenire. Gli stud} storici che gli sono necessarj sono in particolare oltre la storia patria quelli ragguardanti ai paesi, i quali per ragione di commercio, di vicinanza, di politica dipendenza, o di politiche convenzioni, hanno con il paese che si governa comuni o distinti i vantaggi, libera o necessaria la corrispondenza delle pubbliche operazioni. Nella qual cosa tanto è lontano che il letterato sia per iscapitare , che l’uomo di stato dee in tal rispetto essere quasi un letterato : poichè il suo studio nella storia dei tempi andati non dee già essere, come quello degli uomini tolti dal mezzo, una cogni- zione nuda di alcuni ordini di fatti o importanti o curiosi, ma un E DELLE LETTERE 17 giudizio continuo della moralità delle azioni, e delle cagioni che le produssero ; e una rivista di fatti, sperperati per l’uomo volgare , e per lui rispondenti l’uno all’altro , col confronto de’ quali ei s°av- vezza non a metter in filza una genealogia di nomi o i fasti di po- che illustri famiglie, ma a misurare il grado di civiltà ne’ popoli , a riconoscere l’effetto delle buone instituzioni, a commendare per leggi perfette quelle sole che sono più acconce all’indole ed alla capacità de’ sovernati, a ridurre in somma lo studio della storia per mezzo della filosofia a que’ finali risultamenti, i quali riprodu- cendosi infallibilmente ogni qual volta ritornano le medesime ca- gioni, sono vera scienza per l’uomo studioso, e sicuro avvertimento per l’uomo politico. XIV. Si è anche sopra accennato, che nella cognizione de’ mezzi di governo e degli ostacoli che si attraversano alle operazioni politi- che, era studio sustanziale quello dello stato attuale .del paese , cioè dell’attitudine sua materiale alle cose che vogliono innovarsi , e della disposizione d’animo de’ governati. Questa cognizione ele- vata giustamente in questi nostri tempi alla dignità di scienza, in quanto ragguarda ai metodi più agevoli e più chiari di ordinare le notizie statistiche, mon richiede già grande perspicacia d’intelletto , ma solamente attenzione di mente e pazienza di lavoro; o per me- glio dire ricerca solamente amore al proprio officio , giacchè colui che volonteroso . si accinge ad un'impresa non cura la noja o la molestia di qualunque minuta indagazione che gli sia perciò neces- saria. E meno di qualunque altro la curerà lo scienziato, che in minutissime ed anche disamene investigazioni spende tratto tratto il suo tempo, o per vedere ciò che altri ha scritto sulla materia da lui trattata , o perchè una prima ricerca risveglia la curiosità della seconda, od anche per iscopo indeterminato e per solo amore al sapere. Veggansi perciò i fogli manuali, e i così detti zibaldoni TOMO XXXVI. Ò 18 DELLA POLITICA dell’uomo studioso. Tu vi trovi talvolta una serie ordinata di ricer- che scientifiche , e compendiato o posto insieme il frutto di diverse letture : più sovente una mescolata di materie disparate, oride alla notazione d’uno squarcio di autore classico tien dietro l'estratto di un giornale, a due bei versi il cenno di una scoperta mecanica, ad una data di tempo o di luogo appartenente alla vita di un grand’uo- mo il nome di una pianta le cui ragioni di famiglia sono state di fresco chiarite, ad un ricordo storico di fatto peregrino .un vezzo di lingua, ad una sentenza che ha venti secoli di vita un pensiero venuto d’improvviso in mente allo scrittore, e tenuto come in de- posito fra quelle carte perchè vegga la luce in tempo opportuno; giacchè le felici concezioni vengono alle volte come le altre buone fortune , senza essere aspettate. Ad uomini così avvezzi a far conserva di ogni ricordo od impor- tante o dilettoso, non può tornare nuovo o molesto l'aver sott’oc- chio e il paragonare quei risultamenti che appellansi di aritmetica politica, i quali hanno per l’uomo di stato la maggiore importanza, e talvolta anche sono cagione per lui di gran compiacimento. .Non vha in effetto scoperta nelle cose antiche che possa esser raggua- gliata nel diletto con quella se non iscoperta almeno dimostrazione degli effetti prodotti. da’ politici’ ordinamenti. Nè wha illustrazione nello studio delle antiche vicende che sia più lampeggiante del. ta- cito argomento che da; qualcuna di ‘quelle cifre s’inferisce. Giacchè la prosperità di un paese di rado resta occulta o dubbiosa; ma si chiarisce con l'incremento della popolazione, con l’agiatezza delle classi mezzane, col fruttuoso lavoro degli opera), col numero delle industrie , col bilancio vantaggioso del' commercio attivo e passivo; come la civiltà sua si manifesta nello stato della legislazione, nella rarità de’ misfatti, nelle instituzioni di pubblica beneficenza, mella purità delle pratiche religiose 3'nell’indirizzamento de’ buoni! stud. E DELLE LETTERE 19 XV. Il fondamento però di tali lavori è posto nella scienza dell’eco- nomia civile o politica, di recente rinata, od almeno di recente più ampiamente professata, di cui, sia detto in passando, gl’ita- liani diedero le prime lezioni e fecero i più antichi sperimenti. Forse è danno di tale scienza quello che tiene alcune altre scienze in una continua vibrazione di diverse o contrarie e sempre infelici prove, l’amore cioè dei sistemi generali: poichè lo sforzo che bi- sogna fare onde ridurre tutte le varie operazioni dell’uomo com- pagnevole ad un solo movente, o per risolvere le medesime ope- razioni in maniera che s’indirizzino ad un solo scopo, obbliga gli scrittori a curar meno l'evidenza de’ fatti che la corrispondenza di essi alle teorie. Per la qual ragione nell’aver ritrovato difettive al confronto delle cose reali alcune di tali teorie, io pensava qualche volta, che siccome ogni clima ha in qualche rispetto la sua me- dicina speciale, così dovesse ogni provincia aver qualche regola separata di civile economia: giacchè a poco o nulla giova la co- munione dei canoni fondamentali che formano una scienza di astra- zioni, «quando nella pratica tante sono le maniere di mettere ad effetto que’ principj, quante sono le diversità degli uomini e delle cose con cui deggiono essere ragguagliati. Io perciò porto opinione che se l’uomo di stato il quale ignora o spregia le massime di tale scienza corre rischio di cadere ne’ più dannosi abbagli, colui che vuole in ogni evento ed immutevolmente uniformarsi ai precetti della scienza corre pericolo uguale. Laonde siccome in dubbia luce non l'occhio solamente è nostra norma, ma si chiama in ajuto la mano, che tentando ne assicuri di ciò che ci si para innanzi, così negli affari di stato l'occhio solo della scienza senza il soccorso degli sperimenti fatti nelle condizioni d’ogni luogo può guidare erronea- mente. Comunque siasi, la regola per governarsi in tali materie è nel cuore e nella mente del ministro, cioè nella pacatezza, im- parzialità e sincerità delle discussioni, nella copia de’ lumi che vi 20° DELLA POLITICA si apportano, nella forza e profondità del ragionamento. Delle quali cose tutte, per le osservazioni di sopra fatte, meno che in qua- lunque altra persona dee trovarsi difetto negli uomini per profes- sione studiosi. XVI. Dirassi forse che in tale giudizio può ad essi mancare quell’espe- rienza di negoz] politici, la quale supplisce alle volte alla scienza, e non è colla sola scienza compensata. Ma è d’uopo non perder di vista che l'esperienza mon è così la pratica di molti anni, come la cognizione sincera de’ fatti, e il conto aggiustato delle cagioni dalle quali mossero. Più dunque che il tempo giova l'ingegno; e il giovanetto che incomincia la sua carriera ha perciò più volte la vista più penetrante e più sicura di coloro che attemparono nel mestiere. E se in ogni età si videro, e nella nostra specialmente , dalle pro- fessioni le più disparate e le più umili, sorgere in un tratto come per prodigio uomini di quasi innata maestria, che in un sol passo arrivarono e lasciarono tosto per lunghissimo spazio dietro a se coloro che erano passati pei gradi tutti dell’antico formolario , ciò prova che il vigore la risolutezza , la perspicacia e le altre virtù che abbreviano il tirocinio dell'esperienza non sono concedute o. negate ad alcun ordine di persone; e che gli uomini sommi sono solamente rari, perchè non si sanno ricercare o riconoscere. XVII Molte altre sono le scienze che l’uomo politico dee conoscere addentro, od almeno averne fatto assaggio tale, che vaglia a farlo giudicare per se solo del valore delle consulte da lui dimandate sugli affari di stato. Gli è necessario fra gli altri lo studio della giurispru- denza. E questa non così gli è utile per quanto ragguarda alle private ragioni, quanto perchè tale studio fatto con l’ajuto della | | | | E DELLE LETTERE 21 filosofia avvezza l'animo a ponderare ogni negozio colle bilance della giustizia; la quale avendo per l’ordinario due sole risposte a fare in ogni quistione, distoglie luomo che vi si è addimesticato da quella meschinità de’ partiti mezzani, i quali anche dove non partoriseono danno, sono sempre un perditempo ; nissuna cosa giovando meglio ad arrestare le pratiche de’ presontuosi o de’ malvagi come quello spedito non si può fare, che distrugge di primo tratto tutte le macchine apprestate ; siccome nissuna cosa incoraggia maggiormente i maneggi, o facilita gl'ingiusti temperamenti ai quali la lunghezza ‘ del tempo presta l'occasione in alcuni affari, al pari di quelle me- late parole, che sotto nome di riserva, di novella disamina, e di mezza concessione e mezzo rifiuto lasciano il ministro avviluppato senza necessità in un negozio imperfetto, e il chiedente dubbioso fra la confidenza el disinganno. XVIIE È pur necessaria al ministro una cognizione non del tutto leg- giera delle scienze naturali e fisiche. Queste hanno così stretta cor- relazione coll’agricoltura coll’industria e col commercio del paese, che un ministro dee avere di esse la notizia che basti a fargli co- noscere, se un nuovo progetto meriti disamina , se un nuovo inge- gno voglia esser protetto, se una novella apertura di traffico pro- metta buona riuscita. Nè si dica che non maneano ai ministri le consulte degli uomini consumati nella scienza, co’ quali egli si con- siglia: perchè è regola di governo che i consigli sieno consigli, e e le deliberazioni non si confondano sempre con. essi. Tante sono le: condizioni di. un negozio le quali non deggione mettersi in eon- sulta, o. per cui .il consigliere. è sprovveduto di mezzi. di giudi- zio; @ tanto, sono diversi gli aspetti delle cose secondo Valtezza donde sone. vedute, che il ministro icome dee esser. egli: il giu- dice del primo movimento da darsi agli affari, così dee esserlo dei decisivi ordinamenti. Per la qual cosa l'uomo di stato digiuno di 22% DELLA POLITICA ‘principj scientifici dovendo essere governato interamente dall’opi- nione altrui, mettesi nel pericolo di operare imperfettamente, come imperfette per vari accidenti possono essere state le disamine com- messe a chi, avess’'anch’egli tutta l’attitudine , non ha quello che chiamasi interesse per la cosa; il quale sia amor di gloria, sia ti- more del conto che dee rendersi del successo degli affari, non può essere così vivo nel cuore di un consigliere come in quello del ministro. Onde anche nelle cose politiche come nelle civili e fa- migliari io stimo vera la sentenza la quale vuole che ciascheduno faccia il suo officio. XIX. Non è d'uopo il dire, come in alcune parti delle scienze esatte sia necessario al ministro il proprio studio: poichè se il soccorso di qualche studio almeno elementare di tali scienze è indispensa- bile nell'amministrazione del proprio patrimonio, solo che sia al- quanto esteso il maneggio de’ privati affari, come non lo sarà pel governo di uno stato, e nell’indirizzamento a dare ai molti e com- plicati negozj che ne sono la materia ? XX. Non è d'uopo nè pure di notare che tali osservazioni possono con eguale ragionamento e ‘con eguale temperanza esser applicate a parecchie altre scienze, l’uso delle quali ‘ne’ termini de’ diversi affari politici è come pietra d’assaggio per assicurarsi del valore delle cose. Solo nel dar termine a questa enumerazione degli studi scientifici necessarj all'uomo di stato ‘io dirò, che quanto è discosto dal vero chi stimasse questi studj vano lusso di sapere in un mi- nistro; tanto lo sarebbe chi volesse render impossibile un buon ministro richiedendo da lui studj profondi in tanta moltitudine e ricchezza di scienze. Non havvi uomo enciclopedico, e molto meno _2 E DELLE LETTERE 253 può esserlo un ministro. Egli dee conoscere le varie province scientifiche pressochè al pari di quelle del proprio paese; le quali non vha d’uopo ch’egli abbia minutamente visitato ricercando ogni rivo ed ogni colle, ma basta a lui che ne sappia la positura, la distesa, le produzioni, le dipendenze territoriali, lo stato della po- polazione, quelle cose in somma sulle quali in caso di bisogno o di opportunità possa far fondamento per maggiori ricerche. XXI. Dove tuttavia si dovessero pretermettere tutte queste considera- zioni, mon potrebb’essere passata in silenzio un’altra gravissima ragione sopra la necessità di quegli study. Gli stud) pubblici abbi- sognano sempre di direzione e di regola, gli stud) privati d’inco- raggiamento. Come il ministro novizio nelle scienze saprà compiere a sì alti e rilevanti doveri? Come non correrà il rischio di lasciare inonorati e senza conforto alcuni studj, che per la severità loro attraggono: a pena l’attenzione comune, e per l’asprezza loro vo- gliono uomini portati da gagliardo amore per la scienza, od inca- lorati dalla speranza del favore ? - Come resisterà alla corrente di certi study di moda che futili o dannosi conducono i più begl’in- gegni a lavorare in terra sterile o in terra ripiena di piante male- fiche? Come conoscerà la spendita infruttuosa di tempo che fassi eol rimetter. in onore alcune disputazioni delle quali la storia lette- raria dei secoli passati ‘ci palesa la vanità? Come schiverà il ci- mento cui ‘s’espone talvolta la quiete de’ cittadini, permettendo il ritorno di ‘alcune «altre disputazioni, delle quali la storia anche po- litica degli stessi ‘secoli ha dimostrato il pericolo? Come distinguere le ricche e: feconde ‘scritture. dalle opere meschine e senza frutto ? Come le nobili»fatiche dello scrittore ‘originale da quelle di coloro che possono esser appellati indoratori delle opere altrui, e che non abbondano ma formicano oggidì in ogni luogo? Come in una parola potrà essere indirizzatore di studj l’uomo non. studioso? ©» DELLA POLITICA (S) —» XXIL Con queste riflessioni, per mezzo delle quali non solamente è chiarito l'ufficio del ministro, ma dimostrato ancora di quanto mo- mento possa essere per lo stato la scelta d’un ministro scienziato, i0 pongo termine alla disamina : di questo assunto: particolare, che riguardava ai soli scienziati; e passo a considerare quanto in questo rispetto può dirsi per l’altra classe degli uomini studiosi, cioè pe’ letterati. è Molti non considerano le lettere che come fiore del sapere. E fosse anche ciò vero, e non dovessero giammai questi fiori allegare e divenir frutti, sarebbe sempre necessario al ministro uno studio il quale ingentilisce l'animo irrigidito dalle gravi meditazioni, e con- forta la mente spossata per le quotidiane fatiche. Ad essi ancora può essere perciò indirizzato quel noto consiglio di Platone a Xe- nocrate, sagrifica alle grazie: poichè, per servirmi delle parole del più illustre scrittore latino che fu ad un tempo illustre uomo di stato, le altre dilettazioni nè sono «di tutti i tempi, mè di tutti i luoghi, nè di tutte l'età; ma gli studj «delle lettere nutrono l’ado= lescenza, rallegrano la vecchiaja, sono ornamento nostro nelle eose prospere, rifugio e conforto nelle avverse, dilettano in mezzo alle faccende domestiche, nonsi attraversano al successo «dei nostri negozi esterni, con noi pernottano, viaggiano , villeggiano (1). Ma non è vero. che le lettere sieno solamente ‘un aggradevole passa- tempo. Esse sono l’espressione la più nobile de’ più nobili pensieri, la dipintura la più verace della natura, Ja molla segreta del cuore dell’uomo, e il mezzo più sicuro per govername la volontà. E se le scienze ci associano quasi alla somma possanza del creatore; le lettere sollevano alquanto il velo che cuopre le belle forme divine, e ne danno un'idea della suprema bontà. 1 letterati illustri. sono perciò giustamente stimati l’ornamento delle nazioni in mezzo alle ——++++©- ttt III III (1) Gicer. pro Arch. Poet, . i anaani) E DELLÉ LETTERE 95 quali nacquero, perchè nell’intelletto di essi ha Iddio ‘stampato meglio che in qualunque altro più visibile orma; e a differenza delle scienze che hanno fasi diverse e diverse sentenze secondo i tempi, il bello delle lettere, quel: bello ch'è la veste più preziosa del vero, è og- gidì quello stesso che era già nella mente di Dio allorchè ordinò le leggi della natura, quello stesso che la natura ben contemplata ha fatto passare come in uno speglio ,nel cuore dei più eletti in- gegni, e che da generazione in generazione ha formato le delizie degli uomini colti. XXIL Lasciamo però anche da banda questi pregi da nessuno discono- sciuti; non potrà negarsi non ‘sia oggidì la letteratura ‘un pubblico bisogno nello stato di \crescente civiltà delle ‘nazioni. Il perchè sic- come ogni bisogno ‘dei popoli entra necessariamente nel numero dei ‘doveri dell’uomo politico, è obbligo indispensabile per lui (al pari di ciò che testè si motava ‘per le scienze ) di ben addirizzare gli stadj Jetterarj, d’'incoraggiare le buone ‘scuole, di distinguere e guiderdonare i nobili ingegni. Egli dee dunque avere un giusto senso del bello letterario , il quale non si acquista senza studio. E allora non prenderà in iscambio dell’eloquenza laffettazione di frasi peregrine, e saprà discernere il ‘brio dalla leggerezza, la diligenza dalla ricerca di ogni minutaglia, e i pregi apparenti dai pregi veri. Allora saprà ‘anche per se stesso conoscere le buone e le dammose dottrine, e metter per così dire il peso del suo favore nel guscio della bilancia, quando nel correre di malvagi tempi il giudizio delle cose letterarie è nelle mani d’uomini usciti fuori delle buone strade. Il qual favore forse si dovrà un giorno chiedere altamente se si allarga l'invasione idelle matte ‘opinioni di coloro, che ricer- cando il bello letterario nella ‘natura ‘guasta, 10 fuori della natura , sono già in sulla via per ricondurre le tettere ad unanovella barbarie. Allora l’uomo «i stato saprà rimeritare degnamente le scritture dei Tomo xxxvi. 4 26 DELLA POLITICA letterati; e non si rinnoveranno gli esempi di quel ministro ‘che premiava un sonetto dell’Achillini, come avrebbe potuto premiare i versi di Virgilio pel giovine Marcello; e di chi scrivendo Pietro Corneille privilegiava le rime di Chapelain. U XXXIV. Non è questa tuttavia la sola cagione per cui la letteratura e la politica deggiono darsi la mano. Havvene un'altra di tanto più grande importanza, quanto più poco considerata. Le scritture dell'uomo di stato o deggiano veder la luce e passar così sotto gli occhi degli stranieri, o deggiano aggirarsi solamente fra le mani de’ nazionali sono sempre l’espressione della sovrana volontà; e dovrebbero per- ciò rispondere nella dignità dello stile alla grandezza del principe, nella proprietà alla condizione delle materie che trattansi in suo nome, nella temperanza alla delicatezza di tali materie , ed alle cautele che esse richieggono. Non si vuole già da me, che lo stile segretariesco sia un esemplare di stile classico, o che la chiarezza e la precisione si tengano in minor conto che le serupolose avver- tenze de’ più severi legislatori delle favelle. Ma havvi una immensa distanza fra lo scrivere purgatissimo e lo scorretto , fra una tem- perata libertà nell’adoprar parole di nobile uso, e l'ignoranza della lingua, fra ciò che sarebbe ridevole per una squisitezza e lavoro di frasi non adeguate al suggetto, e ciò che lo è per la bassezza o scempiataggine delle forme di dire. E ciò sia inteso solamente per le scritture ordinarie. XXV. Ma sonovi. fra le scritture dell’uomo di stato scritture tali, che tutta vogliono la finezza l’altezza e l’artifizio. dello scrittore il più addestrato a colorare acconciamente le proprie idee. In certi casi ogni parola può racchiudere un mistero , e valer più o meno siccome E DELLE LETTERE 27 saranno per gittare le sorti; in certi altri casi ogni parola dee.es- sere mezzo evidente: di chiarezza ed argomento invincibile contro alle future ‘interpretazioni. In certe condizioni di tempi si parla risolutamente come dall'alto, e in certe altre con artifiziata paca- tezza come da chi è nel basso. In certe occasioni si combatte, ed in altre si schiva una sentenza. Ora si mettono in mostra, ed ora si fanno veder da lungi gli argomenti migliori. Or si parla lun- ‘-gamente di ciò che meno cale, e quasi alla sfuggita si tocca la molla più possente del negozio; ora si scambia l’artifizio del tacere con quello del parlare, e si. mostra di voler aprire ‘il proprio ani- mo, acciò gli altri possano leggervi quello solo che noi vogliamo. Scritture di tanto momento male si commettono ad altri. Il mini- stro stesso dee allora stringer la penna, ed egli solo è fatto per esprimere degnamente quello che meglio di ogni altro egli dee comprendere. Ma il ministro si troverà al dissotto del suo debito, se negli altri suoi studj non hanno avuto gran parte le lettere; se per queste non ha arricchito la sua mente delle varie maniere di espressione colle quali può essere avvivato un medesimo pensiero ; se non ha acquistato per esse la sottigliezza di gusto che fra queste diverse maniere gli fa tosto ravvisare quella che meglio risponde al bisogno ; se, in una parola, non è egli così padrone delle pro- prie idee ch’ei possa ritrarle in carta quali le concepisce nell’intel- letto: giacchè basta è vero per concepire altamente e nobilmente l'aver l'ingegno nobile ed alto, ma perchè queste idee producansi in luce senza essere digradate della nativa dignità, uopo è di avere sopra l'ingegno l’uso di bene scrivere. E come assennatamente dicea Cicerone dello stile mal acconcio con cui prima di lui era- no state le materie filosofiche trattate dai latini, può ben avvenire che taluno rettamente senta, e nondimeno non possa esprimersi politamente. Nel qual caso, soggiungea egli, coloro che scrivono i proprj pensieri senza posseder l’arte di ordinarli ed illustrarli e di cattivare col diletto l'animo del leggitore , abusano intemperante- mente dell’ozio e delle lettere; nè hanno a far altro di meglio , 25 DELLA POLITICA: che. di leggere i libri loro nel mezzo di quelle persone che bra- mano per se stesse la licenza di così scrivere (1). XXVI Qui dunque brilla particolarmente. l’utile opera del ministro let- terato , il quale scrive pel principe come seriverebbe per la pro- pria gloria. Allora gli atti di un governo che per la picciolezza sua ha poca parte nell’attenzione degli stranieri sono ricercati e letti, e le cose che per se stesse resterebbero ignorate si propa- gano pel solo merito dello scrittore. Allora il sovrano parla come conviensi a sovrano , e il rispetto che per ogni riguardo-se gli dee è anche cattivato dalla nobile maniera con cui è sempre palesata la sua volontà. E tolgasi pure dal capo la falsa opinione chiunque credesse, che nei negoz]) di stato le forme di dire: sieno lieve cosa. Quando luomo di stato tratta un affare ha bisogno le più volte di persuadere altrui. Quando ei comanda la stessa persuasione gli è di grandissimo ajuto ; giacchè meglio si obbedisce quando l’animo è convinto , e le passioni ed affezioni degli uomini, come osservò Plutarco ragionando della eloquenza politica di Pericle (2), sono come tuoni e accordi dell'anima, che vogliono essere ‘suonati da mano: maestra. In ogni caso pertanto l’uomo di stato dee essere fornito. di quelle doti che vagliano a dare alle seritture sue tutta la maggior perfezione appropriata al suggetto. XXVIE La storia di tutti i tempi dimostra quanto sia felice questa col- leganza della politica e delle lettere. Non voglio: im tale rispetto dir cose troppo note , perchè meglio giova il ragionare che esemplificare. (1) Cic. Tuscul. I. fa)-Iù vit. Perick E DELLE LETTERE 29 DI Accennerò nondimeno alcuni nomi più illustri, i quali dimostrano evidentemente che nell'antica e nella moderna età brillarono so- vente unite quelle due doti. Sebbene per ciò che appartiene ai tempi antichi io veggo una ragione speciale di tal unione. Lo studio degli antichi era più spontaneo che il nostro. Mancavano ad essi quei tanti ajuti di pubblica instituzione che abbondarono dappoi ; mancava soprattutto il gran mezzo di studio nato con la stampa. Pochi pertanto ed eletti uomini guidati da gagliarda inclinazione al sapere davansi agli stud); ed era quasi di necessità che in mezzo ad essi si dovessero trovare gli uomini abili a trattare le cose pub- bliche , le quali anche per coloro che spregiano in questo riguardo le scienze e le lettere non possono venir condotte senza um qualche studio. Le lettere oltre a ciò mescolavansi coi negozi politici degli antichi, chiamati per le maniere del loro governo a ragionare in pubblico delle bisogne più importanti dello stato. Per quesie ra- gioni Pitagora fu legislatore, e Platone uomo di stato. Per ugual motivo Solone era poeta, e Marco Catone storico ed oratore illu- stre , e filosofi ed oratori illustri erano il giovine Catone e Marco Bruto. Per ciò l’amore ardente delle lettere o della filosofia trova.. vasi congiunto colla scienza politica in Pericle, in Dione, nel se- condo Scipione, in Ottaviano Augusto. Perciò i più bei commen- tarj di guerra si debbono al più gran capitano de’tempi antichi ; e Senofonte comandò egli stesso e descrisse una delle più ben av- visate operazioni guerresche dei greci. Perciò il più grande degli scrittori latini fu un gran Console; e uno dei migliori imperatori di Roma une scrittore di filosofia morale. Perciò nei tempi mede- simi dell'impero , quando minoravasi ogni di il mumero dei grandi uomini, moi troviamo mita la dignità di Console, e la riputazione di Console illustre nel giovane Plinio, in Cornelio Tacito, in Dione Cassio, in Simmaco; e troviamo un saggio e coraggioso consigliere di principi in Dione Crisostomo, e un ministro di gran cuore in Ulpiano. Perciò l’animosa regina di Palmira guidossi col senno di Longino, e it Goto Feedorico ebbe accanto a se Boezio e Cassiodoro. —» 30 DELLA POLITICA Perciò scendendo in giù nella stessa storia dei Longobardi e dei due imperj Franco e Germanico , veggonsi quei pochissimi uomini che ebbero fama di sapere e di lettere diventare gli amministratori dei negozi maggiori dei loro principi. E tal era presso all’ultimo re dei Longobardi lo storico di essi Warnefrido, meglio cono- sciuto col nome di Paolo Diacono. Tale appresso al distruttore del regno Longobardico fu quell’Alcuino maestro e consigliere di Carlo M., al quale è dovuto se nell'impero glorioso di lui si ag- giunse agli altri vanti quello di aver ridestato ed onorato i buoni stud). Tale fu due secoli dappoi quel vasto e caldo ingegno di S. Bernardo, il quale tanta autorità ebbe ad esercitare sugli uomini della sua età, che rari sono nella storia gli esempi di chi al pari di lui abbia volto a suo talento le menti dell’universale dei popoli. Tale fu dopo altri due secoli quel Cancelliere Pier delle Vigne il quale, per servirmi delle parole di Dante, sapea volgere in modo assai soave le chiavi del cuore di Federigo I. imperatore, serran- dolo e disserrandolo a sua posta, benchè poscia gran disavventura gliene sia tornata. XXVIIE Ma dappoichè le scienze furono più ben' coltivate, e le lettere lo furono se non più bene da maggior numero di persone, la pro- fessione di scienziato e di letterato acquistò un carattere più spe- ciale. Ogni scienza allargata oltre agli ‘antichi termini volle per se tutto l’uomo. Le lettere diventarono quasi un privato mestiere. Quindi avvenne ciò che nelle industrie; vale a dire, che accrescen- dosi i bisogni e il lusso, si moltiplicarono non solamente le arti , ma ogni arte ebbe le sue divisioni , e le divisioni ebbero gradi di- versi di finezza e di bontà, ed ognuno di questi gradi servì a di- stinguere una professione separata. E si videro allora in ciascuna scienza uomini di quella sola scienza, ed in ogni provincia letteraria uomini di nient’altro curanti, salvo del loro studio; come per ugual E DELLE LETTERE 3I ragione si videro in ogni pubblica magistratura candidati paghi di possedere il corredo di scienze e di lettere ch'è strettamente ne- cessario e nulla più, e tuttavia abili o fortunati nel maneggiare i grandi affari. i Nulladimeno anche dopo avvenuta tal mutazione molti furono coloro che seppero renderst chiari in ambe le maniere. E per tacere dell’età più. vicme a noi, e della nostra (nella quale se abbondano unite que- ste due glorie in alcune regioni e soprabbondano in alcune altre ciò debbesi a particolari ragioni dei tempi) non havvi provincia d’Eu- ropa la quale dopo il risorgimento delle lettere non vada debitrice di grandi opere politiche al consiglio d'uomini per professione studiosi. XXIX. La vecchia Francia perciò onorò come uomo di gran senno nelle cose politiche e come scrittore degno di riguardo, secondo le condi- zioni dei tempi, quel Filippo di Mornay chiamato giustamente l’uomo saggio dell’Enriade , ministro ottimo d’un ottimo re, ed autore di molte opere di politica di filologia e di religione. Lo stesso otti- mo re stimò grandemente come uomo politico il presidente De Thou autore della storia dei suoi tempi e di molte poesie latine. Eguale onore diede pure la vecchia Francia al cancelliere Dagues- seau, rinomato per dottrina di stato, per vigore e costanza d’ani- mo, per l'amor suo alle lettere coltivate da lui anche nell'età la più avanzata; e a quell’altro non meno celebrato cancelliere Michele de l'Hopital , il cui nome risveglia l’idea del complesso di tutte le virtù necessarie ‘ad un uomo pubblico , quella non eccettuata dello studio delle lettere, ch'egli professò come poeta, come oratore, e come scrittore di memorie storiche. Il cardinale di Bernis fu meglio pre- giato dalla vecchia Francia per le opere sue letterarie che pel suo 5 condo le difficoltà di quei tempi, può il suo ministero esser ri- cordato con qualche lode. Così quantunque l'abate Mably non abbia ministero. Pure sei verrà giudicato anche in questo rispetto se- 3a DELLA POLITICA mai fatto un passo verso la fortuna e siasi ridotto alle sole fatiche letterarie, pure può egli essere con eguale elogio annoverato fra i celebri uomini di stato francesi, avuta ragione del penetrante suo antivedimento nei negoz] politici, per, cui pronosticando tutte le maggiori mutazioni avvenute in America e in Europa, e quelle so- pra le altre della sua patria, vedea già egli nella luce del suo in- telletto, come doveano fra breve tempo spigare e gramire in co- piosa messe i semi di nuove cose politiche gittati nella sua età. XXX. L'Inghilterra al pari della Francia può nei tempi dei quali si parla mostrarne, come dalla professione dei buoni studj si faccia scala a maneggiare le faccende di stato. L'Inghilterra, nella quale i primi semi di ogni civiltà e di ogni sapere furono gittati da un sovrano, che fu allo stesso tempo amatore e coltivatore zelante. d’ogni studio e savissimo regnante, cioè da Alfredo con ragione intitolato : grande. Io non voglio temer conto veruno del gran can- celliere Bacone di Verulamio , non lewverato solamente e Scientifico, ma restauratore delle scienze in Europa, a benefizio delle quali riaccese egli la fiaccola della filosofia. Non voglio dico tenerne conto veruno , perchè alla grande sua fama di scientifico male rispose la condotta sua politica. L'Inghilterra però amnovera fra i suoi scrittori l’altro celebre suo cancelliere Tommaso Morè; è il cardinal Polo, e il duca di Buckingam, ministri prudenti ed abili in tempi ‘assai malagevoli; e il visconte di Bolingbroke ministro appropriato ai migliori tempi in cui visse; e Davide Hume, la cui gloria di eccellente storico non dee far obbliare i servigi importanti da lui renduti alla Gran-Brettagna in varie ambascerie, e nel partecipare al governo del regno. E DELLE LETTERE 35 XXXI. | Si potrebbero: così passare in rassegna le altre signorie; fra le quali anche due delle più recenti di quelle che precedettero la: no- vella era: politica, cioè la Prussia e le province unite d'America , annoverano fra le' glorie loro maggiori, quella il regno di Fede- rico IT, e queste la gran parte presa nella guerra dell’indipen- denza dall'autore della Scienza: del buon uomo Riccardo, e delle novelle: scoperte elettriche. XXXIR É però per noi di egnale momento. e. di maggior diletto: il raglio- nare della sola Italia, anche perchè nei tempi dei quali si. è parlato l'argomento. riuscirà assai. meglio dimostrato serivendo di un paese, nel, quale. di gran lunga è maggiore che in. qualunque. altro il: nu- mero degli womini, meritevoli im quel. rispetto. di ricordanza. E certamente. dee tornar caro agl’italiami il rammentare, come quegli. uomini medesimi: che noi: veneriamo per creatori della. vol- gare favella. e. per vestitutori: della letteratura',, abbiano: anche gio- vato ‘al loro secolo. col consiglio e. colte. opere. politiche. Sa ognuno che: il: famoso, re. napoletano. Roberto: d’Angiò:,, nella corte. del quale. le lettere. e la favella. italiana. ebbero .così felice e benagurato ‘ac- coglimenta , questo re che. chiamavasi. il. Salomone. del suo. secolo, e il quale, com/ei diceva, avrebbe. meglio:rinunciato. alla sua. corona che ai suoi stud}, questo. re che sopra all'amore suo per le scienze fa: per molte altre virtù sovrano ‘eccellente., fu. egli. stesso. ed. elo- quente: oratore , ed.abile filosofo,, e medico esperto ,, e profondamente versato nelle materie teologiche le più astratte. Sa ognuno che gon- faloniere e priore di Firenze fu Dino Compagui; che priore ed ambasciatore della repubblica fu Dante Alighieri; che ambasciatore presso a diversi principi, ed ambasciatore abilissimo fu Francesco Petrarca. E si sa ancora, che se questi uomini i quali la lingua Tomo xxxvi. 5 34 (DELLA POLITICA: italiana dee riconoscere per suoi padri riunirono in se i pregi di uomini di stato e di scrittori sommi, egual pregio toccò in tempi posteriori a colui che della stessa lingua fu giustamente chiamato H balio; cioè al cardinale Pietro Bembo. I Nè la lingua sola ebbe in Italia a creatori ed educatori uomini privilegiati di una ed altra virtù, ma fu bel destino della letteratura intiera l'avere a protettore .e a sostegno principale un uomo che l'Europa tutta venerò come il più gran politico del suo secolo, e che la storia letteraria d’Italia annovera fra gli scrittori suoi più tersi. Nè qui ho d'uopo di spiegare che io intendo parlare di quel Lorenzo de’ Medici, il quale fu al tempo stesso indirizzatore de’ maggiori negozi dell'età sua, mecenate di cui è difficile trovare nella storia o il più generoso o il più abile, e letterato di finis- simo gusto. È anche noto quanti servigi abbiano renduto alla repubblica fio- rentina il dotto traduttore delle vite di Plutarco, ed autore delle note sopra la morale d’Aristoteke Donato Acciajuoli, e lo storico delle cro- ciate Benedetto Accolti. È noto come il principe degli storici italiani Francesco Guicciardini fu benchè in freschissima età ambasciatore della medesima repubblica e ambasciatore fortunato presso al re d'Aragona, governatore per Leone X di Modena e Reggio, difen- sore di Parma assediata, presidente della Romagna con amplissima podestà per Clemente VII, e luogotenente generale del suo eser- cito in tutto lo stato ecclesiastico; come in tali svariati incarichi abbia egli saputo conciliarsi tanta riputazione, da essere tenuto, per ciò che scrivevane il Bocchi (1), uno dei sette saggi d’Italia; e come per queste molte sue virtù diventasse caro all'Imperatore Garlo V, il quale solea dire a coloro che maravigliavansi della grand’entratura acquistata presso di lui da quello storico: in wn istante io posso fare cento grandi, ma în vent'anni io non saprei fare un Guicciardino. (1) In Elog. E DELLE LETTERE 35 È pur cosa conosciuta, come il continuatore delle storie del Guicciardino Giovan Battista Adriani fu segretario della repubblica fiorentina, e godette nell'esercizio di tal carica della pubblica stima, Ed è cosa conosciutissima che fra i molti segretar) della medesima repubblica uno ve n’ebbe, il cui nome (qualunque sia l'opinione che voglia seguirsi sulla sincerità e sullo scopo delle sue dottrine politiche ) non perirà giammai, o vogliasi considerarlo come politico della più profonda accortezza, o come scrittore del più gagliardo polso. XXXIII. Non essendomi possibile di qui registrare i nomi tutti dei tanti scrittori italiani celebri per faccende politiche o pel buon go- verno dei popoli, io mi contenterò di accennare la singolare attitu- dine mostrata nelle negoziazioni delle cose di stato dai veneti scrit- tori. Gasparo Contarini ed Andrea Navagero , e dal rinomato doge della medesima repubblica Marco Foscarini, autore della dotta ed eloquente storia della letteratura veneziana e di altre insigni scrit- ture (1). Accennerò del pari il valore politico dei rinomati nostri poeti Georgici Luigi Alamanni tanto caro al re Francesco I, e Giovanni Rucellai inviato di Leone X presso allo stesso principe. Accennerò la prudenza ed integrità di Bartolommeo Cavalcanti al- lorchè trattava gli affari commessigli dal Pontefice Paolo III , e da Enrico II di Francia; la destrezza di Annibal Caro nella sua am- basceria a Carlo V pel duca di Parma Pier Luigi Farnese: il buon successo della legazione commessa all’autore dell’esimio libro del Cortegiano Baldassare Castiglione, inviato del duca d’Urbino presso ad Enrico VIII, che fregiollo delle divise di cavaliere della così detta (1) È nota la bella sua relazione dello Stato di Savoja, onorevolissima pei nostri principi, recentemente data alla luce. Si è anche recentemente dato alla luce in Venezia in occa- sione di illustri nozze un lavoro postumo dello stesso. egregio Doge, intitolato: Ragionamenti sulla letteratura della nobiltà Veneziana. Alvisopoli 1826, 36 DELLA POLITICA giarrettiera; e la molta pratica di buon governo mostrata nelle più gravi cariche «della repubblica veneta da quello istesso Paolo Paruta che dettò con tanto senno » ‘con tanta gravità di elocuzione i wvi- nomati suoi Discorsi politici, e ile sue note sopra Tacito. Dirò an- che ‘ciò ‘che forse molti degli ammiratori del :più ammirabile fra i poeti moderni non sonosi :curati «di ricercare, «che Lodovico Ariosto ‘trattò con rara abilità alcuni dei più importanti negozj del duca di Ferrara ; che fa per lui commissario della Garfagnana; ch'egli sedò e pacificò quella provincia; dove non tornogli certamente vana la sua gran fama poetica, alloraquando colto un giorno alla sprovve- duta dai malandrini che correvano quelle terre , e riconosciuto da uno di essi per l’autore del Furioso, caddero que’ malfattori ai suoi piedi rispettando nel poeta per ‘cui eransi deliziati il governatore che li perseguitava. XXXIV. Anche il secolo XVII, il quale per da letteratura ‘italiana fu meno ‘infelice ‘di quello ‘che ;generalmente è ‘creduto , e dle strava- ganze del quale ‘più «di «quello «che «generalmente ssi pensa si rind ] vellano nell’età mostra, amche quel secolo diede all'Italia ‘uomini egregi, che ‘la illustrarono al tempo stesso «con la :penna € con da saviezza ‘e perspicacia politica. :E per mon allungarmi .di ‘troppo in siffatti ricordi, ‘bastano a dar lode ‘in questo aispetto ‘all'Italia .i nomi ‘illustri «del Magalotti «e del ‘cardinale ‘Bentivoglio. XXXV. Se. non «clre ‘lamore di *brewità ce da imotorietà de’ fatti , «che »:m’in- dussero ‘a *ricordare «con brevi parole «queste. glorie ‘italiane , ‘non possono far sì che io tralasci un altro argomento di tanto maggiore importanza , in quanto che gli esempi infino ad ora prodotti appartengono al uomini considerati ‘individualmente , e quello ‘che ‘sono «per addurre ragguarda ad uomini che hanno l’uno.con l’altro strettissima correlazione. «Io ‘voglio .parlare dei Romani Pontefici, E DELLE LETTERE. 3% ‘considerandoli non come capi della cristianità , 'ma «quali ‘sovrani «dello stato della chiesa. ‘Questa ‘sovranità ebbe igià mei più remoti tempi per fondamento principale de grandi virtù dei papi di quell'età. Ma ila virtù sola non basta ia fondare le signorìe, «a mantenerle , ad accrescerle. Forza d’animo vi si richiede , costanza di :proponimenti, gagliardìa di risoluzioni, opportunità «di opere. Ed abbiavi pure di coloro che ‘scrivendo sempre con ‘ispirito :di parte , e giudicando degli nomini delle altre età con le regole fatte dieci secoli .dappoi, disconoscono il meltissimo di che la sciviltà emropea è debitrice ai pontefici , mon perciò potrà negarsi da ‘essi, mon siasi anche nei tempi di maggior ottenebrazione dell’intelletto .continuata nella cattedra ro- mana una «osservanza di politici «consigli , per cui acconciamente ai tempi diversi i romani pontefici 0 avanzarono la loro signoria ‘o la condussero al suo consolidamento. I papi furono sovente nei ‘tempi »mezzani gli :womini ‘migliori del loro secolo; «ed indirizzarono perciò i megozj ‘tutti dell'età loro con »quella superiorità , «con la quale ;in ‘ogni tempo gli uomini dotati di straordinaria :possanza di mente edi ttempera forte di volontà condussero il comune degli aromini. I Pontefici venuti dappoi, posti :in condizione diversa , € conosciuto i tempi diventar più difficili, non così dovettero studiare di mostrarsi ‘arbitri ‘delle ragioni altrui, come di essere ccustodi «delle proprie. In «una ied altra però di queste :positure :palesarono ‘essi quella tanta :sagacità di ‘giudizio , «e risoluzione «di -cuore ch'è ‘conosciuta :da ‘tutti. Sagacità la quale entrò «anch'essa in ‘conto , perchè politica italiana :significasse ine’isecoli «passati sovrana accor- tezza. Nè «di quest’accortezza dovrebbero mai ‘gl’italiani ripudiare la memoria, anche dove fosse detto che sla virtù la :più utile di «alouni politici ‘accorti sia «stata ila «doppiezza. Poichè Wutilità «di tali uomini non ssi stima per quello che essi. vagliono iper sse stessi, ma per quello in :éhe. sopravvanzano .gli alti. Onde se .gl'italiani ebbero fama «di essere infiniti , ciò prova ‘non igià ch’essi lo :furono più degli altri, ma solo che seppero esserlo più «abilmente : ‘poichè 38 DELLA POLITICA forse non verrà mai tempo (come fino ad ora certamente non venne ) in cui l’aperta sincerità, la quale è anche virtù rara fra uno ed altruomo, diventi virtù quotidiana nelle correlazioni fia una ed altra signorìa; e coloro che predicono o sperano l'età dell'oro pei tempi venturi sono nè più nè meno nell’errore di co- loro che hanno potuto crederla pei tempi passati. Ritornando intanto in via io non posso lasciar di meravigliarmi nel pensare che in sì lunga serie d’anni, uomini tanto diversi d’ori- gine e d’indole , governandosi sempre con principj uniformi, pren- dendo tutti dello stesso spirito, e fermando per così dire i loro pensieri alla medesima àncora, sieno pervenuti a solidare un’opera, che lavoro di molti potrebbe parere divisamento di un solo. La qual cosa non così dee recar stupore , quando nelle famiglie dei regnanti veggonsi religiosamente osservate le medesime politiche tradizioni: giacchè l’educazione e l'impero stesso delle naturali affe- zioni ne perpetuano d’uno in altro regno il rispetto. Ma dee cer- tamente tal cosa parere osservabile in uomini non legati fra essi da alcun vincolo naturale, e chiamati ordinariamente a succedersi l’uno all’altro in età grave, quando cioè le grandi imprese costano maggiormente , e le imprese stesse minori si fanno tiepidamente , e come il volgo suol dire a lascia podere. Pure questi uomini, molti dei quali possono gloriosamente esser citati sopra gli altri quali esemplari di valentissimi uomini di stato, non d’altra classe per l’ordinario furono tolti che dalla classe degli uomini per professione studiosi; e molti di essi abbandonando il chiostro e i libri, come Cincinnato avea lasciato il suo poderetto , riempirono in breve tempo il mondo di loro fama, e ne tennero vigorosamente nelle mani i destini. Fra i libri adunque non si corrompe la vigoria nativa dell’animo; e ben lungi dal poter dire che la coltura delle scienze e delle lettere serva d’incomodo e di disajuto alle virtù politiche, d’uopo è confessare, che chi è da molto tale rimane anche nel rivolgere a quegli studj tutto il suo animo. E:DELLE LETTERE d9 XXXVI. : Affinchè però la sentenza cada in giusta parte, dicasi piuttosto che lo studio dà impedimento ad amare, non già a trattare le fac- cende di stato. E come potrà amarle chi ha gustato il beato ozio delle lettere e delle scienze? In quest’ozio, ossia nell’astenersi da ogni pubblico affare, alcuni degli antichi saggi faceano consistere la vera sapienza. E perciò riferisce Cicerone che Pitagora interrogato dal principe dei Fliasi, quali fossero i filosofi, e qual differenza passasse fra essi e gli altri uomini, rispondeagli, essere somigliante la vita umana ai mercati che teneansi con grande apparato di giuochi e frequenza di gente, dove altri cercavano celebrità e corone negli esercizi atletici, altri venivano per mercanteggiare, ed alcuni più pochi e più generosi vi si conducevano non per procacciarsi plauso o profitto, ma solo per cagione di vedere e di studiosamente inda- gare quello che vi si facesse e in che guisa. Così anche nella vita altri servire alla gloria, altri al denajo, e pochi e rari trasandate le altre cose darsi allo studio della natura. Questi essere i veri sa- pienti e filosofi, lo studio dei quali ad ogni altro officio della vita umana soprastava (1). Questa sentenza però è falsa, e i più saggi pensano che la vita attiva e laboriosa, quella specialmente che serve al benefizio degli uomini, e che può conciliarsi assai bene con la meditazione delle cose ad essi più utili, dee essere anteposta alla quieta contemplazione delle verità scientifiche.. Ma non per questo può disapprovarsi lo studioso, il quale avendo contratto amore per la solitudine e per la tranquillità, non cura le bisogne politiche. Se mancagli l’interior confidenza di soddisfare al novello suo officio; non vi ha pel saggio ragione veruna che possa indurlo a scambiare la vita la più serena con la più tempestosa, prendendo a maneggiare negozi, nei quali la malignità umana è sempre presta ad attraversarsi alle opere del ministro che tenta di fare il bene, od a calunniare (1) Tuscul. V in pr. {o DELLA POLITICA E DELLE LETTERE le intenzioni di chi lo ha già operato. Il saggio studioso sopra gli altri non potrà giammai lasciar di considerare, che la gloria lette- raria o tosto o tarili guiderdona il merito letterario; nel. mentre che il merito: politico, il quale talvolta è grandissimo: neii soli sforzi fatti im una buona ma infruttuosa impresa; resta non sola ignorato, ma depresso; e la gloria sè concede più. che: alla bontà: dei mezzi alla sorte del buon: successa. Se pure: havvi. gloria. e favore politico; quando veggiamo: ugualmente mal accette gli uomini; di graude e di piccola portata, e proverbiatie del. pari: gli uomini delle: apposte e delle mezzare sentenze. Onde: di rado: addiviene: che l’uomo di: stato non. sia e mal corrisposto: dai contemporanei: e dimenticato dai posteri. Il letterato: perciò 0 scevro d’ambizione. rimirerd com imdif- ferenza ogni maniera: di gloria; o se il desiderio. della. pubblica stima: gli scalda il petto, vorrà egli stima più sicura e più. durabile di quella che procacciasi dall'uomo politieo; al quale pud essere sem- pre indirizzata l'avvertenza fatta a Temistocle dali suo genitore ,. al- lorchè mostramdogli lumghresso il littorale d’Atene gli avanzi: delle vecchie galere della. republica gittati. quà e là senza: che: nissuno. ne tenesse: ib menomo conta, diceagli, che il popolo: compertavasi. del pari verso gli uomini pubblici , dappoichè mon poteano» più: servirto (n). XXXVII. Sia dunque, come si diceva, gloria maggiore pel letterato, se’ conscio della propria ripugnanza al maneggio delle case di governo, ne ricusa l’incarico. Ma se la propria: coscienza non lo distoglie da ciò, dicasi a lui quello che Mylord' Hallifax diceva al celebre serit- tore Giovanni Addisson, allorchè invitavalo: ad assumere la carica di segretario di stato di Giorgio II: Za vostra penna ha servito infino ad ora alla vostra gloria ; serva adesso alla gloria del re e della patria: (1) Plutarc. in Temist. n — io —— I NOTIZIA DELLE ANTICHE BIBLIOTECHE DELLA REAL, CASA DI SAVOIA vi S. E. ir Conte Granrrancesco Gareani Narione DI Cocconato —_—— tree Letta nelle adunanze dei 9g febbraio e 13 aprile 1826. I Sovrani della real casa di Savoia, per ragion dei dominii loro posti ai confini d’Italia, ognora esposti alle aggressioni di potenti confinanti avidi d’invaderla, furono costretti a rivolgere i pensieri loro piuttosto alle armi che non alle cose di lettere. « Non mancarono, ciò non ostante, in mezzo alle continue guerre, di provvedere agli studi segnatamente delle ‘severe discipline. Una prova tra le altre si è la cura che si presero, forse anche prima dei monarchi di francia, di raccogliere una biblioteca. L’erudito ed aceurato bibliografo e indefesso raccoglitore di aned- doti riguardanti cose patrie, il fa nostro collega Barone Vernazza, ricavò. da’ conti de’ tesorieri di Savoia, che interno all’anno 1435 esisteva già la libreria dei duchi, e da un antico catalogo de’ MSS. esistenti negli archivi della real Casa sì rileva, che assai nume- rosa di codici era già la sopraccennata libreria, disposta in pa- recchi forzieri, secondo l’uso di quella età e conforme ai costumi di allora quando i principi e gran signori soliti a cangiar frequen- temente di domicilio , libri ed archivi medesimamente trasportavano presso di loro, persino in guerra. Disposti in parecchi consimili forzieri erano pure i libri della famosa biblioteca del celebre car- dinale Bessarione, da lui lasciata alla repubblica di Venezia, e per cui tanto si accrebbe la famosa una volta biblioteca di S. Marco. Tomo xxxvi. 6 V. Henault. Cronol. ultima edizione, V. il ricavo fattone dal fu Avv, Cattaneo, v. Nota, di carattere del B. Vernazza in fine, V. Guichenon. Rosmini, Vita del Filelfo STENDI num. 250. 257. 42 NOTIZIA Più stabile peraltro divenne quella de’nostri sovrani verso il fine del secolo XV, con divenire più ferma in Ciamberì quindi in Ver- celli la residenza loro. Come si venisse poi ad arricchire di prege- voli e classici autori verso il fine del secolo medesimo, massima- mente dopo trovata e rapidamente diffusa la stampa, lo impariamo da una lista di libri fatti pulitamente legare in Ciamberì per uso del giovane duca Filiberto I nell’anno 1476. Comprende questa le epistole di Cicerone, le metamorfosi ed altre opere di Ovidio , Giustino, Erodoto, Macrobio, Festo, le eleganze di Lorenzo Valla, ed altri libri di tal fatta, tra quali è notabile un libro di ortografia comperato in Venezia, e fatto portar da Milano da per- sona spedita espressamente colà, libro che dicendosi miniato si ha motivo di credere, che fosse manoscritto , e pulitamente e ricca- mente fregiato per allettar il giovane principe a farne studio. Nè è da credere che dal dotto Beroaldo, che ne era lo Institutore , si trascurasse mezzo veruno per invogliarlo a coltivare la classica letteratura, che in quest'epoca faceva le delizie in Italia dei prin- cipi e gran signori. Nè mancavano tra principali ministri di quel sovrano chi ad uno stesso oggetto efficacemente si adoperasse. Ruffino Demorri, gen- tiluomo di Cuneo, consigliere e generale delle finanze del mede- simo duca, personaggio che univa la coltura delle lettere al ma- neggio degli affari, e come buon piemontese favoriva i chiari in- gegni italiani, si fu quello che impegnò il rinomato Filelfo a det- tare un’operetta contenente que’ documenti, che più utili egli cre- desse per la istruzione di esso principe. Di questa ne dà un cenno il sig. cav. Carlo Rosmini, uno dei più chiari letterati, e dell’an- tica ottima scuola che ancora è viva in Italia, nella pienissima ed eruditissima vita del Filelfo che egli dettò, e colla quale in un colle altre di Vittorino da Feltre e di Guarino Veronese tanto il- lustrò la storia letteraria del secolo XV. : Più particolari notizie della biblioteca che vi ha ogni ragion di credere che sotto il breve regno del duca Filiberto I si fosse e DELLE ANTICHE BIBLIOTECHE ECC. 4ò raccolta assai copiosa e scelta, è difficile oltremodo il rintracciarle in mezzo alle vicende ed alle invasioni degli stranieri eserciti che afflissero in principio del secolo XVI queste nostre contrade. Con quanta cura, non ostante il continuo cangiar di residenza, di cui è detto sopra, avessero raccolto libri i nostri principi, lo impariamo da un raro documento, di cui non sarà inutile il ra- gionar brevemente. Esiste ne’ Regi archivi di corte un catalogo manoscritto in più volumi, che contiene l’inventaro delle scritture che si conservavano nell’archivio ducale nell’anno 1445, regnando il duca Lodovico. Ora in uno di questi volumi si legge un assai lungo catalogo de’ libri esistenti ne’castelli, case e cappelle ducali di Sciamberì, Genova, Pont-d’Ains e Torino negli anni 14098 e 1503, cioè durante il breve regno del duca Filiberto II. Se ne togliamo alcuni libri delle prime stampe, la massima parte de’ libri sono manoscritti, dal che si fa manifesto , che già da gran tempo e prima dell’invenzione dell’arte tipografica, si era pensato di formar librerie in più luoghi dai nostri sovrani. Per mala sorte a quell’epoca non era per anco nota la bibliografia, ed il compilatore di quel catalogo, non altrimente che si trattasse di stendere un inventario di masserizie , non seguì altro ordine che quello dei forzieri in cui si trovavano i codici. Sono perciò descritti alla rinfusa romanzi, cronache, libri sacri ed ascetici di lingua latina e francese, reli- quie , arredi preziosi, armi persino, iurcassi e balestre , con im- magini sacre, smalti, ed ogni cosa che trovavasi accidentalmente in ciascuno di que’ forzieri. Il sesto poi, la forma dei codici e libri non è dinotato in altra guisa fuorchè con quella di libro grande , di libro grosso, mezzano o piccolo, e di molti non seppe il com- pilatore specificarne il titolo, se non se con dire, che incomincia il codice con tali o tali altre parole. In somma quel compilatore non era, nè a que tempi potea essere un bibliografo; e Dio vo- lesse che al giorno d’oggi non vi fossero tuttora persone, e che talvolta hanno ingerenza nella direzione di stabilimenti letterari, le quali si danno erroneamente a credere, che il compilare indici 44 NOTIZIA “di manoscritti che richiederebbono la perizia «di un Apostolo Ze- no, o di un Jacopo Morelli, possano stendersi da un semplice scritturale. i Ad ogni modo peraltro, non ostante l’imperizia dell’estensore del catalogo di cui si tratta, una idea di quell’antica biblioteca, o biblioteche che vogliam dire de’ nostri sovrani, si può ricavare in sino ad un certo segno da quell’informe antico lavoro.. Quello di cui si compiace l’autor della descrizione di que’ codici, si è il de- scriverne la forma esteriore, le coperte, i fermagli, le indorature, i fregi, i chiodi, le armi; e non solo la forma estrinseca, e la legatura de’ libri diligentemente da quel buon antico compilatore si descrive, ma eziandio quella de’ forzieri che li contengono, più esperto a formar registro appunto di massarizie, che non di codici. Dobbiamo però sapergli grado di avere distinto i manoscritti (che sono com'è detto la massima parte) dai pochi libri stampati, e di aver accennato la materia se in carta 0 in pergamena, e di aver distinto particolarmente que’ codici che erano messi a oro splendidamente e miniati, cose tutte che colpiscono qualunque uomo anche senza lettere. Ma venendo a ciò che più importa, vale a dire alle materie di cui trattano 1 libri registrati in quel catalogo, sebbene perla man- canza di titolo in tanti di essi non si possa aver un’adequata idea di quella biblioteca, tuttavia primieramente si può dire in generale che era piuttosto una raccolta di codici manoscritti, che non di libri stampati, il che ne dimostra l’antichità. Im secondo luogo che la massima parte di detti codici erano dettati in antica lingua fran- cese. Infatti molte sono le cronache in quell’idioma, molti i ro- manzi, e libri di cavalleria e di caccia, ed alcune antiche tradu- zioni in quel linguaggio ed anche in versi, alcuni pure di argo- mento sacro ed ascetici. Quantunque poi il corpo, direi così, e la sostanza principale di quelle raccolte al di là de’ monti consi- stesse «in libri francesi, non vi mancano peraltro anche alcuni libri latini ed italiani, de’ quali per buona sorte il compilatore del DELLE ANTICHE BIBLIOTECHE ECC. 45 catalogo ne potè leggere, e ne trascrisse il titolo; e così tra libri latini un Valerio Massimo miniato e messo a oro ed azzuro ; un Lucano, manoscritto ‘in foglio ed in pergamena, coperto di velluto turchino colle armi di Cipro, che forse era stato -del re di Cipro Giano di Savoia. Libri latini delle prime stampe «ra rarissime si trovarono pure in que’ forzieri, e forse erano quelli stessi che pu- litamente eransi fatti ligare in Sciamberì per uso del duca Fili- berto I di cui è detto sopra. Tali sono il Cicerone de Officiis, se- condo ogni verosimiglianza della prima rarissima edizione di Magon- za, un Giovenale, un Ovidio, le eleganze del Valla, ed un opu- scolo del Filelfo probabilmente : quel medesimo che venne da lui indirizzato al duca Filiberto I. Del resto, quantunque in quella età nella corte di Savoia non avessero ancora allignato le lettere e l’amena letteratura d’Italia , pochi per conseguente sieno i codici in lingua italiana, primeggia peraltro tra essi un Dante manoscritto , di lettera come ivi dicesi già allora vecchia. Nè questo era il solo codice di Dante, trovan- dosene un altro ivi descritto, e che si qualifica Gran Dante ma- noscritto in pergamena. Del Boccaccio non solo un testo a penna delle Cento Novelle , ma codici eziandio si leggono accennati del Filocolo e del libro delle Donne Celebri; nè tralasciar si dee un’antica traduzione in lingua toscana delle tusculane di Cicerone, che per avventura po- trebbe esser quella di cui ho parlato altrove; e tanto meno una traduzione del Valturio delle cose militari, stampato, ma colle armi di Savoia, e con miniature e figure diverse. Non dubito che questo raro libro sia quello medesimo che tuttora si conserva nella biblioteca de’ .Regit archivi di corte, e che per diversi rispetti meriterebbe ‘una particolar descrizione. — Menzione particolare della libreria de’ nostri principi non tro- viamo più dall'anno 1503 insino all’anno 1560. Il fu Barone Ver- nazza dai conti dei tesorieri ricavò che in quell’anno eravi un Lo- dovico Nasi custode e scrittore della biblioteca ducale, dal che si V. Prefaz. alle Tuscolane» V. Catalogo fol. 143. 18 ottobre 1561. 1593. 13 febbr. 46 NOTIZIA raccoglie che quell’invitto e magnanimo principe il duca Emanuele Filiberto appena ristabilito nel possesso degli antichi. suoi Stati rivolse il pensiero come ad ogni lodevole instituto eziandio alle cose di lettere; e specialmante ad ordinare una biblioteca degna di lui. Eravi presso il duca Carlo IM di lui genitore, tuttochè. spogliato della maggior parte de’ dominii suoi nella città di Ver- celli, ove erasi ridotto, una biblioteca. Se de’ libri raccolti nei quindici forzieri sopradescritti una parte fossero passati in Ver- celli, non si può affermare ; certamente non vi passarono tutti , atteso che nell’indice della biblioteca che era in Rivoli, che porta la data dell’anno 156r, che tuttora si conserva nella biblioteca de’ Regii archivi in carattere antico (che è di sole sei pagine ) non si trovano registrati moltissimi libri, che nel più copioso assai dell’anno 1503 si leggono descritti. Altronde si trova in questo ultimo indice registrato più di un libro che non'è nè poteva essere ne’ predetti forzieri nell’anno 1503, come le Opere del Tartaglia, i Discorsi di Ascanio Centorio , il Capitano det Garimberto , le Storie latine del Bembo, le Novelle del Brugiantini, libri tutti usciti in luce dopo l’anno predetto 1503. Ad ogni modo dalle notizie ricavate da’ conti de’ tesorieri colla sua solita diligenza dal fu nostro defunto collega il barone Ver- nazza, impariamo che nell’anno 1561 Negron de’ Negri tesorier generale del duca Emanuel Filiberto, fece il pagamento della spesa per far condurre la libreria di S. A. da Vercelli sino a Ri- voli, al custode predetto di essa libreria Lodovico Nasi; e che troppo copiosa non fosse, oltre al piccolo indice. sopraccennato , risulta parimente ad evidenza dall’aver bastato tre soli carri per trasportarla da Fossano, dove da Rivoli era stata condotta a To- rino, e ciò nell’anno 1563, vale a dire l’anno immediatamente dopo, in cui ottenne il duca la restituzione di questa città , che da quell’epoca in poi divenne stabilmente la capitale degli stati della real casa. Nè sarà inutile lo avvertire che avendo il duca mentovato fatto residenza temporanea , in Rivoli prima, quindi in siii | | DELLE ANTICHE BIBLIOTECHE ECC. 47 Fossano, presso di se volle avere quella poco copiosa libreria che si era raccolta in Vercelli. Intanto non è da dire quanto nel breve giro di pochi anni, mercè le cure di quel Sovrano magnanimo, si accrescesse la biblio- 5 ordinario ed amplissimo accrescimento avea ricevuto, poichè il Be- teca ducale. Non vha dubbio che, già sin dall'anno 1574, stra- nedetti, professor di filosofia non piemontese, qualifica in un’opera sua il predetto Nasi Zibliotecae refertissimae custodem. Fra gli ac- crescimenti di essa basti lo accennare la celebratissima LoZiglota di Anversa in carta pecora regalata al duca Emanuele Filiberto nell’anno antecedente 1573 dal re di Spagna di lui cognato Fi- lippo II, di cui parla nel giornale de’ letterati d’Italia il mar- chese Maffei. Somme grandiose negli anni successivi s'impiegarono dal duca Emanuele Filiberto per l’acquisto di libri, in ispecie negli anni 1579 e 1582, anno in cui egli terminò il corso della gloriosa sua vita, per il teatro, come allora chiamavasi la galleria ducale , che comprendeva rarità d’ogni specie scientifiche ed erudite , e special- mente una scelta e copiosa libreria. Le vestigia del grande suo genitore calcò luminosamente in questa parte il figliuolo e successore di lui, il giovane e valoroso duca Carlo Emanuele I, il che formò ognora un oggetto de’ suoi pensieri durante tutto il tempo del lungo suo regno, benchè in tempi difficilissimi, ed impegnato mai sempre in guerre disa- strosissime. Moltissime sono le testimonianze che recar se ne po- trebbero; basterà accennarne alcune delle più conchiudenti, rac- colte dall’indefesso barone Vernazza sopraccennato. Recherò prima di tutte quella del Botero nel suo poema della Primavera, dove più da esatto prosatore che non da elegante poeta, della biblioteca parlando del duca Carlo Emanuel I dice: « Libreria delle quai non fu più piena » L’Alessandrina, nè la Pergamena. » E nella dedica - di quel poema di Alessandro Tesauro al prefato duca Carlo Ema- nuele I, in data dell’anno 1607, dicesi che quel bellicoso sovrano Memorie del VB. Vernazza, Botero Primav. C. VI 48 NOTIZIA « deposta la spada, spendeva le ore, che dai gravi affari dello « Stato le avanzavano, in leggere ed ordinare una ricchissima li- « breria così di stampe come di manoscritti (1). Pienissima di libri d’ogni genere e di manoscritti la diceva sin dall'anno 1610il medico Bataldi, acquistati da ogni parte : magnis ac pene incredibilibus expensis. Di un acquisto per limportare di quattro mila scudi ad un tratto per %ibri, ingegni, istrumenti di architettura lasciati dal capitano ed ingegnere Asostino Ramello, ne risulta dalle memorie raccolte dal Vernazza. Risulta pure di una compra per la somma di scudi mille duecento d’oro per la libre- ria, gioie ed altre cose che erano del medico Roggiero. Rispetto alla natura de’ libri è da notarsi che in una memoria del prelodato barone Vernazza si asserisce che i libri della galleria del duca Carlo Emanuele I erano soltanto ebrei, greci e latini, tanio grave e severa la dottrina e l’erudizione era ancora in quella età! Una prova ne somministra eziandio l'ordine dato da quel So- vrano al dotto Carlo Ravano cremonese suo bibliotecario d’insegnare le lingue ebrea, caldea, siriaca e greca a due giovani studenti. E chi sa che tra sì fatti manoscritti fossero que’ manoscritti persiani, di cui dal rinomato orientalista il sig. cav. Hammer si stese nell’anno scorso un catalogo! se non furono questi un acquisto fatto dal duca Carlo Emanuele I, non saprei in qual epoca possano essere pas- sati nella biblioteca della regia università, poichè dopo il regno di quel principe sino all'anno 1709, in cui il marchese Maffei trovò nella biblioteca annessa ai regi archivi quella copiosissima suppel- lettile di codici, non si ha memoria che siasi pensato ad impin- guare di altri manoscritti la biblioteca de’ nostri sovrani. Del resto , per ritornare alla galleria e biblioteca del duca Carlo Emanuele I, non solo venne questa celebrata dal Marini nel Pa- negirico di quelsovrano in versi, edin prosa in quello intitolato la (1) A tutti è noto quanto grandiosa somma abbia impiegato quel principe nell’aequisto dei tanto allora riputati manoscritti di Pirro Ligorio fatto nell’anno 1615. in Le e IR iii —@ DELLE ANTICHE BIBLIOTECHE ECC. 49 < Fenice, scritto dopo la di lui morte dall’abate Emanuele Tesauro, e prima di essi da Anastasio Germonio nelle sue Questioni Pome-. ridiane; non solo i dorati e ricchi scaffali celebra nel suo poema dell’Autunno il conte Lodovico S. Martino d’Aglié, ma un pieno e compito ragguaglio di essa galleria ne stese Aqwilino Coppini, di cui fece uso il Tiraboschi, onde maraviglia non poco far si dee che memoria più non ne rimanesse in principio del secolo scorso quando scrivea il Maffei. Maraviglia maggior peraltro far si dee, che nou si abbia altro riscontro del fatal incendio che si dice aver sofferto quella libreria cinquant'anni prima del 1709, in cui egli scrivea , eccetto il segno » dei danni del fuoco in molti de’ libri che sono tuttora nella biblioteca de’ regi archivi, ed in quelli che da essa passarono nella libreria della regia università. Si può soltanto as- serire che tale disastro. seguì dopo l’anno 1656, perciocchè in quell’anno appunto sappiamo, secondo che narra Valeriano Casti- slione nella relazione del ricevimento della celebre regina Cristina di Svezia, che il bibliotecario Pietro Borsieri protomedico (i pro- tomedici erano per l’ordinario anche. bibliotecari del duca a que’ tempi ) condusse quella regina alla “gran galleria dove stava la li- breria ducale copiosissima’ in ogni genere di letteratura. Sappiamo poi dal Maffei, che i libri, in gran copia salvati da quell’incendio, ed i codici, che ascendevano a più migliaia, furono riposti in un grande stanzone annesso ai regii archivi, ne’ quali irovavasi pure quando il detto cavaliere Veronese lo visitò , la ce- lebre tavola Isiaca , stimata da lui dopo gli obelischi il più prezioso monumento egizio, benchè al presente, non so se a buon diriito, si voglia far credere lavoro de’ tempi romani. Ne’ regi archivi soltanto, in principio dello scorso secolo, era concentrata la li- breria della real casa, nè libreria pubblica propriamente detta peranco non esisteva nella capitale, sebbene sin dall'anno 1608 si fosse formato qualche pensiero per radunarla, e che inoltre il conte e protomedico Bartolomeo Torini nell'anno 1706 avesse lasciato alla città di Torino, per testamento, gran parte della sua libreria, Tomo xxxvI. 7 V. Tiraboschi. T. VII. p.I num. 184. 18 Giornale dei letterati d'Italia TROVI. pag. 40 Castiglione Relazione del ricevimenio della Regina di Svezia. Maffei loc. cit. (Sx Q NOTIZIA sperando , com'egli si esprime, che si potesse fondare una biblio- teca per uso de’ poveri letterati, il che soggiunge non si può otte- nere salvo che qualche anima pia la vada poco a poco formando. Che qualche buon effetto abbia partorito il virtuoso desiderio di quel savio e benefico personaggio si può arguire dalla tradizione di cui chi scrive ha inteso mentre era giovanetto conservarsi la me- moria, che in vicinanza del palazzo della città esistesse una sala con libri che chiamavasi lo studio; e un più stringente argomento ne è pure, che nella pubblica libreria della Regia Università si ritrovano tuttora parecchi libri col nome di proprio pugno del pro- tomedico Torini prenominato, che ogni ragion si ha da credere che da quel pubblico, ma piccolo stabilimento sieno poi passati nel grandiosissimo della biblioteca dell’Università. Ma dalla biblioteca antica. de’ nostri sovrani doviziosissima di codici e di libri rari, divenuta, dopo il disastro dell'incendio di cui è detto sopra, biblioteca de’regii archivi, ricevette nel riapri- mento delia regia università circa il 1720, per opera del magna- nimo re Vittorio Amedeo, la massima, la principale sua dote. Co- pioso catalogo di edizioni del t40o ha avuto chi scrive tra le mani che dalla libreria de’ regii ‘archivi si sono trasmessi alla regia università; e quelle migliaia di codici ebraici, greci e latini, ed in lingua antica francese che erano in essa biblioteca degli archivi regi, de’ quali ragiona il Maffei, che ivi li visitò, sebben di volo, tutti, se ne togliamo il codice delle lettere del conte Baldassare Castiglione, Lattanzio ed i manoscritti di Pirro Ligorio furono per ordine sovrano con regale munificenza resi pubblici, e formano la principale ricchezza, e l’ornamento della biblioteca della regia università. Dalla biblioteca dei regii archivi si trassero pure quasi da fe- conda miniera in grandissima parte i libri coi quali venne formata la libreria del regio ecclesiastico convitto di Superga; ed ho sotto gli occhi il catalogo di duecento e più volumi, la massima parte in folio , tutti unicamente appartenenti alla giurisprudenza, che nel (9) DELLE ANTICHE BIBLIOTECHE ECC. 5I 1731 dai regii archivi per ordine sovrano passarono ad arricchire la biblioteca di Superga. Non accade al presente di venir divisando qualmente nella lunga pace che si godette nel corso di più di qua- ranta anni prima del fine dello scorso secolo XVII si andassero sempre accrescendo le biblioteche, segnatamente quella della Regia università , nell’abolizione di alcuni ordini regolari. Fu allora che da Arona passò nella università il rarissimo codice de Zmitatione Christi, denominato appunto il codice di Arona, che diede materia a questi ultimi tempi ad alcuni letterati francesi di nuovi scritti dopo le con- troversie. famose agitate in quelli del Mabillon; ma che per altro prima di essi era stato preso in disamina da chi scrive con intento direttamente opposto a quello de’ moderni francesi. Fatali intanto poscia alle biblioteche, come alle lettere tutte, ed ai buoni costumi ed alla tranquillità pubblica, furono gli ultimi anni del passato secolo, ed i primi del presente. Dispersa ed annullata la libreria dei regii archivi di còrte, succeduta a quelle famosis- sime di Emanuele Filiberto e di Carlo Emanuele I, che si potea riguardar come la madre delle altre , quella parte soltanto se ne salvò, che per buona sorte era stata trasportata nelle sale di questa Accademia nostra. Lo stesso intervenne a quella del convitto ec- clesiastico di Superga, che in parte eziandio ivi ricoverata, e quindi restituita a quello stabilimento , cosicchè l'Accademia sia rispetto a’ regii archivi come al convitto di Superga può essere conside- rata in questo particolare come depositaria e custode benefica. Non solo poi la dispersione e le rapine congiurarono ne’ tempi di cui si parla contro le biblioteche, ma eziandio gli incendi, come in quello degli avanzi ancora grandiosi della libreria già scelta e copiosissima annessa al collegio de’ gesuiti andata in fiamme quan- do da’ francesi colle palle incendiarie fulminarono , nell’anno 1799, la città di Torino; e la biblioteca stessa della università , quan- tunque stabilimento letterario favorito in apparenza da’ nuovi domi- natori, venne spogliata de’ suoi cimeli i più rari e preziosi, e tra gli altri fu trasportata a Parigi la sopraccennata Poliglota in perga- mena di Anversa. 5a NOTIZIA Sorsero pertanto in appresso giorni più lieti. Ridonata' la pace all’europa, e rientrati ne loro stati ‘di terra-ferma i reali nostri sovrani , si ricuperarono in massima parte i codici ed i libri che aveano passate le alpi. Nuovi e grandiosi accrescimenti si fecero alla biblioteca della regia università ; e tra gli altri degni sono di essere mai sempre con intimo senso di riconoscenza rammentati. il dono, quindi il legato di un numero grande di manoscritti e di libri rari con liberalità signorile lasciati ad essa biblioteca dal già nostro dotto collega il fu abate Tommaso Valperga di Galuso, di cui ne abbiamo un indice dalla mano maestra dell’altro. collega no- stro il sig. professore Peyron, munificenza della quale. non man- cherà di far menzione senza dubbio un altro ‘accademico nostro il sig. professore Bucheron nelle memorie in cui ne descrisse la vita e gli studi del defunto Abate colla consueta sua eleganza e squi- sito gusto di lingua latina, che con impazienza aspettiamo che esca alla pubblica luce; e così pure con egual premura dagli eruditi tutti si brama che dal prelodato sig. professore Peyron s'illustras- sero i codici ebraici e greci che in gran numero dalla regia bi- blioteca degli archivi passarono in quella della università, ‘e dall’altro erudito bibliografo pur collega nostro il sig. professore Gazzera que’ tanti manoscritti latini, italiani, ed in lingua antica francese dettati. Troppo imperfetto e mancante per più rispetti è il catalogo di essi codici, che sebbene splendidamente stampato, uscì al pub- blico molti anni or sono passati, ed innanzi al quale, con giusta meraviglia del Tiraboschi, nulla si narra della origine e de’ progressi delle biblioteche nostre , nè della provenienza dei manoscritti, de’ quali per altro replicatamente avea ragionato il Maffei, di cui non vedo però che abbia fatto uso lo stesso Tiraboschi. Ma tanto la biblioteca della regia università, quanto quella pure de regi archivi di corte , riordinata con non poca fatica dopo le soprascritte disgustose vicende , nobile e grande accrescimento avreb- bono ricevuto, qualora circostanze avverse non avessero impedito che si facesse il progettato acquisto della sceltissima libreria già DELLE ANTICHE BIBLIOTECHE ECC. 55 propria del fu conte e presidente in secondo ne’ regii archivi Mon- iagnini, e libreria già per incumbenza avutane dal Magistrato della Riforma esaminata con occhio critico da quel valente bibliotecario ch'egli è ed espertissimo in fatto di edizioni, e del pregio de’ libri il sig. avvocato Bessone nostro collega, acquisto per cui eziandio molto si adoperò chi scrive: ma Diîs aliter visum; e somme senza paragone più grandiose vennero impiegate in altri oggetti riguardati pure come letterari. Arr. IL Siccome co’ volumi in gran copia raccolti nell’ antica biblioteca propria de’nostri sovrani, che poscia dopo il disastro dell’incendio di cui è detto sopra, si unì ai regii archivi, venne formata la prima dotazione della pubblica libreria della università , e di al- tre librerie eziandio, eredesi perciò opporiuno di aggiungere a questa breve notizia delle biblioteche della real casa alcun cenno, di quanto di più notabile, principalmente per ciò che riguarda i manoscritti, rimase dopo tante vicende, dispersioni, e depreda- zioni nella sopraccennata biblioteca de’ regii archivi. Non parlerò de libri che si ricuperarono ed in essa si conten- gono di materie proprie per gli studj di cose di Stato , tra quali, come avvertì il Maffei, molti che trattano di gius pubblico ger- . manico , nè di quelli di giurisdizione ecclesiastica , stud} capitalis- simi una volta de’ nostri giureconsulti, non delle collezioni dei trattati tra le potenze di Europa, non di quelli di storia patria. Osserverò soltanto che molti libri si hanno , e rari assai, di arte militare , e segnatamente di fortificazione ; antichi dettati in lingua italiana, tra quali quello del celebre De-Marchi , riprodotto splendidamente a questi ultimi tempi, e la traduzione di Cesare colle figure e col proemio del Palladio, da quali come da tanti altri libri; si prova ad evidenza qualmente l’Italia, anche nella milizia, fu maestra delle altre nazioni che ora primeggiano in 54 NOTIZIA Europa. Anche in fatto di geografia alcuna delle prime edizioni di Tolomeo ed altri libri italiani antichi e latini eziandio, o tradotti A dimostrano con quale ardore si attendesse da nostri maggiori a siffatto studio. Ma venendo a manoscritti primeggiano tra essi parecchi degni di speciale menzione. Troppo celebre è il codice di Lattanzio di cui parlò a lungo il Maffei, e pubblicato dal tedesco Pfaft , ricu- perato da Parigi dove era stato trasportato negli ultimi sciagurati tempi. Da Parigi parimente si ottenne di riavere i famosi mano- scritti di Pirro Ligorio, con grandioso sborso di danaro acquistati dal magnifico duca Carlo Emanuele I, come si può vedere anche nella storia della letteratura italiana del Tiraboschi. So che pa- recchie medaglie sospette ed iscrizioni spurie in quella immensa raccolta trovarono gli antiquarj versati nella numismatica e nella lapidaria, ma oltre all'essere tale il destino di tutti i raccoglitori (e massimamente di coloro che primi si accinsero a tali imprese) di venir ingannati da loro corrispondenti; si dee avvertire che forse soverchiamente venne biasimato il Ligorio ; ed il dotto illu- stratore dei frammenti de’ fasti capitolini, il sig. Bartolommeo Borghesi, che fu in questi ultimi anni in Torino, è a dire che non ne abbia così cattiva idea. Di fatto molte ore Egli impiegò ne’ regi archivi per consultarlo , e sento che tanto da questo antiquario di grido, quanto da altri valent’ uomini nella lapidaria addottrinati siasi scoperto che genuine sono, e scevre d’ ogni so- spetto non poche iscrizioni riferite dal Ligorio, della di cui auten- ticità dapprima si dubitava. Altro pregio singolare dell’ infatigabile antiquario napolitano, che si vuole specialmente avvertire, si è quello di essere stato egli quasi di professione architetto , e lo avere con diligenza somma inserito nella sua voluminosa opera moltissimi disegni di monumenti architettonici , alcuni de’ quali esistevano per anco a’ tempi suoi, e che al presente per ingiuria de’ tempi, o per non curanza degli uomini andarono a male. Di tale verità può renderne testimonianza chi scrive, avendo in quei DELLE ANTICHE BIBLIOTECHE ECC. 55 disegni trovate alcune particolarità riguardanti il non mai abba- stanza celebrato antico edificio del Panteon, che attesi i pretesi ristauri posteriori ora più non compaiono; e non ha guari che un architetto francese persuaso di questa verità ne fece attento e di- ligente esame. Ciò posto, se a giorni nostri sarebbe impresa inop- portuna una edizione di tutta V opera del Ligorio , che inoltre riuscirebbe dispendiosissima, sarebbe per altro desiderabile, che qualche valentuomo , che fosse in tutte le parti dell’ antiquaria profondamente instrutto e che abbondasse di ozio , si assumesse incarico di fare scelta ragionata , di quanto ravvisasse di prege- vole e degno di venir a giorni nostri in luce tra gli infiniti monu- menti , iscrizioni, medaglie di cui troppo abbondano que’ volumi , ogni cosa illustrando con brevi ma conchiudenti annotazioni. Quello che si dice dell’ opera di Pirro Ligorio si può dire a un dipresso dell’ altra opera pur manoscritta di un più recente e più critico scrittore , che pure si è ricuperata , ed esiste di nuovo nei regii archivi in originale, voglio dire la storia delle alpi marittime di Pietro Gioffredo già precettore del re Vittorio Amedeo II, di cui il fa barone Vernazza scrisse la vita, ed autore dell’ opera intitolata MVicea Civitas che meritò di essere inserita nella colle- zione delle cose d’Italia nel Burmanno. Se non che in vece di farne estratto forse sarebbe meglio, che servisse di materiali, onde impinguare una storia del Piemonte qualora una aver se ne potesse degna di tal nome per quanto riguarda la contea specialmente di Nizza, famosa contrada ne’ tempi romani, edi di cui popoli per affettuosa e mai interrota devozione a nostri sovrani non la cedono a nessun di quelli delle altre provincie dei reali dominii. Che se delle sopraccennate due. opere voluminose esistenti nei regii archivyy non occorrerebbe per li motivi or divisati il procu- rarne edizioni, lo stesso non si dee dir di un altro prezioso co- dice, che parimente tra manoscritti si conserva. Contiene questo le lettere di negozj del celebre coltissimo scrittore del secolo XVI. Il conte Baldassar Castiglione già ambasciator del papa Clemente 56 NOTIZIA VII presso 1 imperator Carlo V. Vero è che moltissime di queste lettere già videro la luce per opera del benemerito ab. Serassi ; ma il nostro codice, seritto,. come lo dimostra la forma del carat- tere nel secolo stesso XVI, moltissimi ed importanti spacci com- prende tuttora inediti. Già il mentovato barone Vernazza alcune poche lettere ne pubblicò quasi. per saggio , ne’ volumi dell’ Ac- cademia, ma pregio dell’ opera sarebbe, che le tante altre (che tutte tuttora sconosciute comprende quel prezioso codice ) vedes- sero la luce con alcune annotazioni istoriche che sempre più ri- schiarassero i fatti e le negoziazioni di quell'epoca famosa, in cui, se diritto si risguarda, nacque quel diritto pubblico di europa che prima degli sconvolgimenti degli ultimi tempi tanto avea con- tribuito , per più di due interi secoli, alla prosperità e coltura di tutte le nazioni incivilite. In questa maniera si verrebbe ogni volta più a comprovare come la lingua italiana, prima e meglio della francese, sia stata resa capace, e adattatissima a trattar di affari grandi di Stato. E che ne sia il vero per lasciar da parte le legazioni del troppo celebre segretario fiorentino di cui si hanno e ristampe ‘e traduzioni in lingue straniere , venute a giorni. nosiri di bel nuovo in grande estimazione , in un colla sanguinaria politica de’ rivoltosi che ; se- condo una espressione dello stesso segretario fiorentino, si ingegnano di tessere astutamente colla forza i loro male orditi perversi dise- gni, per lasciar dico questi carteggi da parte, come pure, perchè ristrette ad affari di non grande momento, le lettere di negozj del colto Annibal Caro. D’ altra parte quali modelli, e quanti di- spacci ministeriali presenta la famosa raccolta di lettere de’ principi a principi di cui si ha più d'una edizione nello stesso secolo XVI, e che furono tradotte anche nello stesso secolo in lingua antica francese? E questo uso di adoperar la lingua nostra anche diri- gendo gli spacci a monarchi e gran signori stranieri si mantenne in vigore e continuò eziandio nelle corti italiane inoltrato il secolo XVII, mentre già regnava in Francia il potente e guerriero Luigi DELLE ANTICHE BIBLIOTECHE ECC. 57 XIV. Le lettere del célebre scrittor delle storie di Fiandra il car- dinale Bentivoglio , dettate prima della metà di quel secolo, e quelle del cardinale: Bonvisi verso il fine del medesimo, oltre a tanti car- teggi inediti, ne sono una prova manifesta. I trattati stessi si sten- devano rispetto alle corti d’Italia in lingua italiana, ed in idioma latino rispetto alle corti straniere. Allora fu che la politica italiana era in sì gran credito, che come a tutti è noto, il nunzio del papa Fabio Chigi, poi sommo pontefice ed il patrizio veneto Contarini furono quelli che in qualità di ministri del papa e della repubblica Veneta scelti per mediatori, aprirono i primi congressi della famosa pace di Vestfalia. Non fu se non se verso il principio del secolo seguente XVIII, che atteso il fastoso e brillante regno di Luigi XIV sopraccennato, per soverchia riputazione delle cose francesi invalse con falsa opinione presso molti anche italiani, che non si potessero trattare affari di Stato e negoziar colle Corti straniere eccetto valendosi della lingua francese. Ma venendo di bel nuovo ai codici, prima di terminar di ra- gionarne, debbo far menzione brevemente di uno, che come era ben di dovere, dovea rimanere nella biblioteca de’ regii archivi. Si è questo il missale di Amedeo VIII eletto sommo pontefice nel concilio di Basilea, miniato, e che porta in fronte le armi di Savoia colla tiara e colle due chiavi, del quale prezioso codice e di alcune particolarità che contiene ho dato qualche cenno altrove. Nè qui sarà fuor di proposito di far menzione del voluminoso bollario MS. di lui, che rimasto ora presso i Ginevrini, e che ebbe il modo di ricu- perare da quella repubblica il fu presidente ne’ regii archivi barone Foncet in occasione di un trattato per li confini; bollario che servi- rebbe assaissimo a smentire le accuse del Poggio e di alcuni altri anche moderni scrittori contro quel savio e virtuoso sovrano, e ad impinguare l’opera del dotto e sfortunato Monod, intitolata a buona ragione Amedeus Pacificus, ogni qual volta alcuno si rivolgesse ad illustrare quel periodo interessante e per diversi rispetti rilevantis- simo della storia nostra. Tomo xxxvi. 8 NB. Il carteggio Ael celebre nego- ziatore il march. di Uriero è tulto iu lingua italiana. Disc. intorno al Canto 1V, dell’Iuf.di Danic» 58 NOTIZIA Troppo lunga cosa sarebbe il discorrere de? libri pregevoli” che in questa biblioteca si contengono. Toccherò di volo di alcune edizioni in pergamena, tra le quali il volume in foglio piccolo del’ concilio di Trento, in membrane appunto splendidamente stampato da Paolo Manuzio, che venne regalato al duca Emanuele Filiberto ; ed una traduzione in lingua francese antica del libro del Boccaccio delle donne illustri, stampato pure in pergamena con miniature; libro al quale, se fosse stata abrasa la nota tipografica, avrebbe potuto di leggieri ingannare l’acquisitore, tanto si rassomiglia ad un bel co- dice manoscritto, come venne, per quanto si assicura, ingannato Lorenzo de’ Medici rispetto alla biblia Mogontina, il solo libro stampato, che per tale motivo si conserva tra manoscritti della laurenziana. Del resto, sebbene com'è detto sopra, molte delle prime edizioni del 1400 sieno dalla biblioteca degli archivi passati alla pubblica libreria della regia università, alcuni ve ne restarono di cui non occorre di parlare. Di uno soltanto credo di dover fare particolar menzione per la sua singolarità, e per esser libro che deve rimanere come erudito cimelio riguardante i nostri reali sovrani ne’ regi archivi. Già si è accennato sopra che molti sono i libri di arte militare an- tichi di autori italiani rari e curiosi che fanno parte di questa li- breria. Tra essi esisteva già sin dal principio del secolo XVI una traduzione dell’opera di Roberto Valturio in lingua italiana, di cui sì è ragionato sopra; ma ora questa più non esiste, e convien dire che nelle varie vicende delle biblioteche, che eranvi in più luoghi dei dominii de’ nostri sovrani prima del regno del duca Emanuele Filiberto siasi smarrita. Più di una edizione del secolo XVI in lingua latina di quello scrittore, che riputavasi il più antico di scienza di guerra si ha nella libreria de’ regi archivi, ed una traduzione eziandio in lingua francese venuta inluce in quello stesso secolo. Ma il vero libro di cui intendo di ragionare si è un’eiizione dell'opera di Val- turio eseguita in Verona nell’anno 1483: siè questo uno di que? libri in cui quantunque stampati, procuravano, secondo che ne’primi anni DELLE ANTICHE BIBLIOTECHE ECC. 59 della stampa si costumava, di emulare i codici più splendidi e signorili; non solo miniate ne sono e messe a oro le lettere iniziali, non solo vi si vede in fronte il nome ele armi di un personaggio della illustre famiglia di Varax, ma inoltre nel margine inferiore di parecchi de’ primi libri dell’opera, vi si vedono miniate le effigie di alcuni dei principi più illustri della real casa; le effigie, massimamenie de’ più antichi, non si possono considerar come ritratti, e sono essi rap- presentati colle vesti, armi ed abbigliamenti che erano in uso sul fine del secolo XV, in cui vennero dipinti. Si potrebbe ciò non ostante fare alcuna considerazione intorno alla forma delle croci e delle armi gentilizie a cui alcuni di essi si appoggiano ed ai motti scritti ac- canto ad essi, oltre al nome loro. A cagion d'esempio a lato di Ame- deo VI leggesi il motto fert come institutore dell'ordine del collare, ed Amedeo VII colla tiara ed in abito pontificale. Tra essi vi sono alcuni santi come S. Maurizio, in petto a cui si vede la croce nella forma stessa che ora si porta da’ cavalieri di quell’ordine, ma di co- lore. non bianco, ma vermiglio; ed un S. Guglielmo di savoia arcive- scovo di Cantorbery. Ma quello che rende più curioso quel raro libro si è la seguente annotazione MS. che leggesi ne’ primi fogli bianchi di esso «Librum sacris vultibus , simbolisque Sabaudorum retro Prin- cipum illustre Postliminio recepit inclitus Dux Emanuel Philibertus votum L. M. solvente Lescurio J. C. Gratianopol. Anno Christi CIDIOLXXIX. Mense aug.. : Quel buon antico francese giureconsulto quanto non si dimostra in quel breve suo scritto di una natura diversa da quella di alcuni moderni suoi nazionali, i quali non solo trovano difficoltà nel resti- tuire i libri, manoscritti e quadri rapiti ne’ tempi sciagurati della ul- tima invasione del Piemonte, ma pretendono di giustificare la rapina, del che a buon diritto ne gii riprende il nostro collega il sig. prof. Gazzera. Ma diasi lode al vero, non così pensa l’ingenuo dotto ed imparziale sig. Quatremere di Quincy, il quale sentendo declamare contro le restituzioni che si fecero de suoi monumenti alle straniere potenze, esclamò, non senza un savio sorriso: abbiamo noi rapiti in Gazzera Eroidì di Ovidio p. 29. 60 NOTIZIA DELLE ANTICHE BIBLIOTECHE ECC. europa | sì fatte cose; ed ora facciamo la meraviglia che le nazioni vogliano rivendicare ciò che è proprio di loro? Oltre at libri molte altre nobili reliquie dell'antica galleria de’ nostri sovrani erano insino a questi ultimi tempi rimaste ne’regi archivi di corte. Non fu se non se dopo aperto il museo di antichità alla uni- versità degli studii, che da’regi archivi passò in esso museo la fa- mosa una volta tavola isiaca, stimata, come già s'è detto, dal mar- chese Scipione Maffei, dopo gli obelischi di Roma, il più prezioso monumento che si sapesse dell’antico e misterioso Egitto. Intorno a questo, a suggerimento di chi scrive, lungo e dotto lavoro avea intrapreso il collega nostro conte Giuseppe Franchi di Pont, di cui piangiamo da un anno appunto la perdita irreparabile, e ciò alcuni anni prima, che con calore sì grande si rianimassero gli studi delle antichità egizie. Del pregio poi in cui al presente tener si debba quella tavola, ne recheranno giudizio que?’ dottissimi letterati, che hanno rivolte le fatiche loro a coltivare a’ giorni nostri quell’arcana, astrusa e difficilissima parte dell’antiquaria. Preziosi avanzi dell’antica galleria de’ nostri Sovrani rimasta negli archivi regii erano moltissimi cartoni originali di famosi pittori, la maggior parte de’ quali furono depredati ne’ malaugurati tempi della invasione francese. Parecchi però ciò non pertanto rimasero, e vi sì conservano tuttora, che per essere in tele assai ampie, non riu- sciva così agevole il trafugarli. Tra questi alcuni vi si vedono se- snatamente della scuola milanese, giudicati pregevoli dagli intelli- genti, come in ispecie un cartone del quadro della cena del Si- gnore, che è in Milano nella chiesa della passione, del celebre nostro Gaudenzio Ferrari, uno de’capi di quella scuola. Reliquie della galleria erano parimente alcuni vecchi quadri re- centissimamente fatti trasportare dagli archivi sopraccennati di corte nelle sale dei regii palazzi. Due di questi sono una nostra donna col bambino attribuita a Pietro Perugino, ed una famosa crocifissione creduta di Alberto Duro, e da altri di Luca di Olanda. 6r ‘Conto del Tesoriere generale dal primo d'ottobre 1476, al primo d'ottobre 1477. Libravit Magistro Rolandino religatori librorum habitatori Cham- beriaci subscriptos undecim florenos et sex grossos p. p. sibi per Ill.m Pominam nostram debitos pro religatura -librorum prefati filii nostri ut in rotullo cujus tenor talis est continentie. Primo. Infrascripti libri fuerunt dati ad religandum Magistro Rolan- dino habitatori Chamberiaci pro uno floreno quolibet volu- mine, facta dedutione hac exceptis duobus majoribus pro XX. grossis quolibet. Macrobius de Saturnalibus. XV. gross. Metamorphoseos de Atfastis. XV. gross. Epistole Ciceronis. XII. gross. Plura opera Ovidii. XII. gross. Justinus de Saluciis. XII. gross. Herodotus Ystorialtum. XII. gross. Helegancie Laurencii Valle. XII. gross. Festus potaperiis de Rano. XII. gross. Grammatica Elegance. XII. gross. Lometus. XII. gross. Janacillis de Persius. XII. gross. Cui quidem rotullo superius inserto est annexa littera prefate Illustrissime Domine nostre — Date Chamberiaci die secunda mensis junii Anno Domini 1477. Item 62 Item solutis Domino Ambroxio de Corregio de Mediolano pro uno libro appellato Ortographia de’ tortolli empto Veneciis illumi- natum, legatum quaternatum et copertum incluso portu frangini de bone de Ypporrigia qui eum portavit a Mediolano. Montemmelianum die undecima iullii dicti anni (1476) XXV. flor. Audiffredi 653 DELLE FINANZE DELLA MONARCHIA DI SAVOIA NE secoLI xIl E xinl DISCORSI QUATTRO pi Luici Cisrario rm Letti nelle adunanze 2 e 23 giugno, e 1 dicembre 1831. n PROEMIO i Gu scrittori delle memorie nostre diligenti indagatori di genea- logie e di blasoni non furono ugualmente solleciti di rappresen- tarci nè le forme con cui si reggeva la monarchia, nè le leggi che regolavano i pubblici edi privati interessi. Ond’è, che le storie genealogiche ed in parte anche le militari, furono esposte più volte in varie lingue e con vario successo, ma la storia civile, alla quale più principalmente s’appartiene l’intitolarsi maestra della vita ; per- chè tutti ci svela i veri aspetti de’ tempi e delle cose, e che ne guida a conoscere la vera condizione di quelle antiche genti, non solo in que momenti d’ebbrezza o di triste necessità in cui l'una contro all’altra sollevasi, ma nella continuata successione degli an- ni, e quando la loro felicità dipende dalla virtù, dall'industria pro- pria, dalle leggi e dalle arti politiche con cui son governati; questa storia, dico, venne infelicemente finor trasandata. 64 PROEMIO Una delle sue parti più sostanziali‘, e ‘forse la men conosciuta, è il ritratto negli ordini con cui si governava la riscossione e l’am- ministrazione delle entrate della corona ne’ primi secoli della mo- narchia; ond’io persuaso che il trasandarla è sommergere il più potente argomento da cui si possa giudicare della vera qualità di quelle età remote, ho rivolto i miei studi a tal soggetto, ed ho con lunghe e faticose indagini raccolto un numero di notizie atto a darne sufficiente contezza per li tempi che corsero, sotto ad una serie di gloriosissimi principi, dalla morte d’Amedeo IV (1253 ) fino ai primordii del pacifico regno d’Amedeo VIII verso il 14oe. Ma perchè troppo imperfette riuscirebbero siffatte notizie ove non si conoscesse qual fosse allora la forma di questo governo, premet- terò un breve ragguaglio. su questa materia, che, oltre all’esser nuova ed utile farà luce alla sopravvegnente. Sarà dunque l’opera mia distinta in quattro discorsi; il primo de’ quali tratterà della forma della monarchia di Savoia; il secondo delle entrate della co- rona; il terzo dell’amministrazione del danajo pubblico ; il quarto dei prezzi delle cose; e sarà chiave e misura di ciò che si sarà ragionato ne’ precedenti. Vi prego, valorosi Accademici, di ricevere benignamente questi discorsi siecome un primo segno della gratitudine che vi professo per avermi ascritto nel glorioso vostro ceto, ove siedono con tanto splendore molti che mi furono, qual con la viva voce, qual con le dotte scritture, maestri, ed a cui presiede un inclito personaggio cui non è straniera nissuna specie di gloria, da noi con figliale riverenza onorato , riverito e benedetto da tutti. (N) CL ‘” DISCORSO PRIMO. << DELLA FORMA DELLA MONARCHIA DI SAVOTA. | Divisione della Monarchia. Nuovi acquisti nel secolo XIITI. Ufficio de’ Balii; de’ Castellani; de’ Giudici. Giudici delle appellazioni. ‘ Giudicî straordinari. Giudice, de’ malefizi. Procuratori fiscali. Consiglio. Consiglio residente a Ciamberì. Parlamenti generali. Statuti di Amedeo VI. Autorità Sovrana. Varii ceti di sudditi. Terre libere. Ordini di successione. In principio del secolo decimoquarto la monarchia di Savoia era divisa in otto baliati, sei de’ quali al di là, due al di qua dall’Alpi. AI di là dall’Alpi erano i baliati di Savoia, del Novalese , del Viennese, di Borgo, del Baugé e del Ciablese. AI di qua dall’Alpi erano i baliati di Val di Susa e di Val d'Aosta (1). Ogni baliato consisteva di molte castellanie; il balio governava per se medesimo quella che venia creduta la più importante, ed aveva impero su tutte le altre. Così il balio di Savoia tenea la castellania di Monmegliano; quel di Novalese era castellano di Voyron; il balio del Viennese tenea S. Giorgio di Speranza; il balio di Borgo era castellano di essa . terra di Borgo; quel di Baugé eralo di Rossiglione, quel di Cia- blese di Chillon; quel di Val di Susa, d’Avigliana; quello di Val d'Aosta, d’Aosta e di Castellargento. Il baliato di Savoia comprendeva, oltre la Savoia propria , la Moriana e la Tarantasia , e noverava diciotto castellanie , di cui le principali erano Ciamberì, Monmegliano , Conflans , Borghetto , Acquabella , la Rocchetta e Salins. (1) V. il documento num. 1. Tomo xxxvr. (0) 66 DELLA FORMA Il baliato della Novalésa! contava sétiè casiéllanie fra cui nea: Pontebelvicino, e Yenne. Il baliato 4% Viennese. n’avea nove, fra. cui-S, Giorgio di Spe- ranza e S. Sinforiano. Il baliato di Baugé, sette; fra cui Rossiglione, sibi 3.8 S. Ramberto. Il baliato del Ciablese si componeva di. sedici cessi lanias fra le quali erano il castello di Ginevra, Aix, Tonone, Chillon, Vevey e Murat. Il baliato di Val d'Aosta era di cinque castellanie : Aosta, Ga- stellargento, Bard e Donnaz, Montaldo, ed Ivrea (1). Il baliato di Val di Susa n’avea tre; Susa, Avigliana e Rivoli; se gli giunsero nel 1311 le castellanie di Caselle, Ciriè e Lanzo, le quali vennero poi tuttavia da Margarita di Sidia Marchesana di Monferrato usufruite finchè visse (2). Oltre a ciò erano i principi di Savoia guardiani perpetui della città vescovile di Belley , nella quale perciò teneano guarnigione ed eserci- tavano giurisdizione (3); ed aveano parte di signoria nella città di Losanna e nella valle di Lutry in seguito ad accordo conchiuso nel 1316 col Vescovo Pietro (4), il quale tuttavia ne avea limitato la durazione alla vita d'Amedeo V, e del suo primogenito Odoardo. 2. Notevoli accrescimenti ricevè la monarchia dall'immortale Ame- deo VI, poichè nel 1347 se le aggiunse la repubblica di Chieri in Piemonte , acquisto comune col principe d’Acaja (5); nel 1351 il Fossignì per cambio fattone col primogenito del re di Francia , succeduto ai Delfini Viennesi, a cui furon dismesse le castellanie di Tournon e di Voyron , le terre e signorie poste tra il Guier e il (1) Ivrea era tenuta per indiviso dal conte, e dal principe d’Acaja, v. il documento n. 2. (a) Guglielmo de Monte Aymonis fu il primo ad intitolarsi judex Vallis Secusiae et Ca- napiscit nel 1311. Vedine il conto negli Archivi Camerali. {3) Conto di Pier Albi di s. Genisio guardiano della città di Belley pel 1310. (4) V. il documento num. 3. (5) Storia di Chieri vol. 1. p. 39t. DELLA MONARCHIA: DI SAVOIA. 67 Rodano, e.varie.terre,e signorie del Viennese (1); Nell'anno medesimo Amedeo VI dilatò la sua signoria nel:Canavese ricevendo l'omaggio de’ conti di S.Martino (2). Ott'anni dopo comprò da Catterina unica figliuola di. ;Ludoyico di Savoia signor di Vaud. tutte le. ragioni che potean competerle su: quella baronia; che sì componea delle terre e. castellanie . di: Nyons; Rolle, Morgex, Meldun, Romont; Rue, Estavayé ,, Yverdun, Clées.e Vaurru (3). Nel 1379: passò volontaria- mente alla. sua devozione ;la. terra. di Biella , ‘e. seguitarono quell’ esempio; molte, ville vicine (4). Nel. 1382, \trovandosi: Amedeo VI in. Rivoli, ordinaria dimora de’ principi di Savoia di qua dall’Alpi, vennero a;giurargli obbedienza gli uomini di Cuneo (5). Finalmente nel 1388 Amedeo VII .figliviolo e successore, di lui, distese il suo imperio mella, medesima guisa di volontaria dedizione, che è il più glorioso, di tutti, i modi, d'acquisto , sulle contee di Nizza e. di Ven- timiglia, e sulle terre di Sospello e di Barcellona ‘(6),. e verso i medesimi tempi, 0. poco dopo, sul capitanato di Vinadio e di Val di Stura»:(7). Tute, le quali: genti abitatrici delle parti meridionali del Piemonte e della Francia, mon.trovando nello sciolto reggi- mento .d’un. monarca lontano quella, sicura giustizia, e quell’effi- cacia, di protezione che sono i due bisogni principalissimi. d’ogni popolo, ed i fini. per, cui si, riduce in congregazioni di famiglie a vivere. sotto l’impero d’incomode leggi, , ricoverarono, benchè di- verse di lingua e di costumi dalle due opposte falde dell’Alpi ma- (1) Guichenon hist. généal. 1. 405. (2) Copia autentica dell’atto di dedizione è posseduta dal sig. conte Cortina di Malgrà; è errore del Guichenon e d’altri il riferirla al 1350. (3) Conto di Gio. Ravais cancelliere di Savoia dal febbrajo 1359 all’aprile 1360. Arch. Cam, (4) Mulatera memorie cronolegiche di Bîella p. 71. (5) Partenio i secoli di Cuneo , 81. — Chiesa Corona Reale, 1. 331. — Chiesa storie del Piemonte 378. (6) Corona Reale , 2. 88. (7) Conto di Giovanni Girardi di Bossonens capitano e castellano di Vinadio e Val di Stura dal ar maggio al 2 d’ottobre 1392. Arch. Cam. 63 2TO VAC DELABIAIORMAI 4. LTT rittime ; sotto al potente vessillo della Croce. di. Savoia come. ‘sotto alla tutela d’un padre comune. Il paese di Vaud e la baronia di F sodi) formarono due. nuovi baliati. Le terre di qualche importanza acquistate al di qua dall’Alpi come Chieri, Biella e Cuneo venivano governate per! mezzo di Vi. carii che conducean seco uno 0 due giudici. Vinadio e Val di Stava venian rette da un ufficiale col titolo di Capitano. A Nizza si man- dava un governatore; e nel resto continuavano ‘ad osservarsi gli ordini stabiliti ab antico dai conti di Provenza e mantenuti dai re Angioini (1). ij. si (4j In questo novero: ‘degli stati della monarchia di Savoia nom ho compreso che quelli di ‘cui il Conte riteneva il dominio utile, ed ho perciò tralasciato il paese di Vaud e quella parte del Piemonte che obbediva ai principi d’Acaja; sebbene questi la riconoscessero: in feudo dalla linea regnante (2). 3. Il balio era general comandante nella sua provincia. In tempo di pace mantenea la pubblica tranquillità. Attendea soprattutto ad’ impedire le risse e le prepotenze de’ nobili e de’ comuni. Soprav- vedea le esecuzioni della giustizia. Prendea segrete informazioni sui portamenti de’ castellani e degli altri ufficiali. Visitava ed afforzava le rocche e le terre, è per tutto cid eseguire avea larga autorità di comando sui castellani e. sugli ufficiali inferiori; oltre a ‘ciò ‘po- tea, quando lo credesse necessario, far eserciti e cavalcate. In tempo di guerra chiamava il bando e il retrobando , ed erano («) Gonto d’Andrea di Grolée governatore di Nizza et totîus terre provincie dal luglie 1399 al gennajo 1402. Arch. Cam. : (2) Il Piemonte, primachè fosse ceduto a Filippo, era retto in nome del conte di Savoia da un vicario o luogotenente generale. E dopo Îà metà del secolo seguente quando i conti di Savoia ebbero di bel nuovo grandissima ingerenza in questo Stato, vi tennero un gover- nator generale col titolo di capitano. V’ amministrava poi la giustizia un’ giudice generale. Conto d’ Amedeo di Confleto vicario del Piemonte e castellano di Carignano 1291-1292. - Conto di Raimondo Ferrandi castellano di Carignano 1292-1293. — Conto di Matteo Petiti castellano di Carignano 1303-1304. hat fe 1 DE TA MONARCHIA DI SAVOIA. 69 baroni ed i castellani tenuti di far capo a lui e di marciare sotto alle sue bandiere. i i 4-1 castellani erano comandanti nel distretto della loro castella- nia; ‘sopravvedeaniò li riscossione delle entrate del principe, che si facéa dai mistrali, sa/terîî , stradieri, pontonieri, pedagieri , co- rearii ed altri esattori (1); appaltavano dazj, gabelle , pescagioni, forni, molini; amministravano le tenute demaniali dipendenti da cia- scuna castellania. Giudicavano soli, o col consiglio di savi o per mezzo d’un giudice le cause sì civili che criminali, che richiedeano d’es- sere spedite sommariamente, ed aveano eziandio facoltà di comporre quest'ultime per moneta, eccettuandone solo i misfatti capitali (2). I balii ed i castellani duravano per l’ordinario un anno in ufli- cio, € più o meno secondo il piacer del sovrano. Aveano stanza nella fortezza che governavano, e provvisione più o meno copiosa secondo il novero de’sergenti e delle guardie di cui erano obbligati di fornirla. Quest’obbligo era di dieci tra uomini d'arme e guardie pel castello importantissimo di Monmegliano nel 1263; di cinque ser- genti e di due guardie per Susa nel 1265; d’otto sergenti e di quat- tro guardie dieci anni dopo pel castello di Bard. La qual guerni- nigione, occorrendo la morte del conte, o qualche caso di guerra od altro sospetto era raddoppiata, e certe volte rinterzata e qua- druplicata (3). Aveano inoltre per Pordinario i castellani parte nelle (1) Salterii si chiamavano i gastaldi o massai. Corearii gli economi di beni o di rendite in terre ecclesiastiche. (2) Nelle lettere di deputazione in castellano di Caraglio di Bastardo de’Franchelinis nel 1372 si legge: Custodiam regimen et exercitium causarum civilium et criminalium et quo- rumlibet legitimorum actuum examen cognitionem et determinacionem nec non quod possit componere et concordare sub quibuscumque causis vel casibus delictis velcriminibus ex-ceptis criminibus homicidit proditionis et rebelionis cidem Bastardo concedimus plenam potestatem. Dal conto dello stesso castellano. Arch. Cam. (3) In expensis Braye cum duobus sociis în equis et armis, Petro de Augusta cum equo et armis, Berardo de S. Andrea cum duobus equis, octo clientibus tam clientum quam gaytiarum quos tenuit per tres menses post mortem Domini Petri Comitis propter guerram LV. libr. Conto della castellania di Susa d’Umberto di Balma 1267-1268. Arch. Cam. 70 DELLA FORMA pene pecuniali, ed eziandio autorità d’imporne pe’ loro precetti non osservati; la quale autorità era in certi casi attribuita perfino ai mistrali. Infime da tutti gli atti a cui procedeano in virtù «del loro ufficio ricoglieano, con ragione 0 senza; qualche. provento. Ogni castellania si componea di varie terre. Quelle d’Avigliana e di Lanzo erano sicuramente tra le più vaste, perocchè la prima contava sotto al suo vessillo Giaveno, S. Ambrogio, la Chiusa; Rubiana, Almese, Caselette e undici altri comuni (1); la seconda s'allargava su per le popolose valli di Ceres, d'Ala, di Lemie e d’Usseglio , e confinava colla Moriana. .. 5. La divisione giudiciale seguitava per l’ordinario la politica , vale a dire, che ciascun baliato aveva un ‘giudice, eccettuandone solamente quel di Savoia, che per rispetto della maggior grandezza era spartito in due giudicature, l’una detta di Savoia, l’altra di Moriana e di Tarantasia, e quelli di Novalesa e di Baugé ; che per contraria ragione formavano una sola giudicatura. Giudicavano essi sia le cause civili sia le criminali, le quali per la maggior parte si risolveano! in condannagioni pecuniali, essen- done per le carte di franchezza delle molte terre libere , e per gli statuti di Savoia , eccettuati solamente i malefizi più gravi, cioè le varie spezie d'omicidio, di falsità e di euberia. I micidiali , i ru- batori delle strade erano per l’ordinario appiccati o decapitati (2); l'alto tradimento era punito colla decollazione preceduta da tor- menti nell’esser condotto alla giustizia ; la falsità coll’orribile sup- plizio del fuoco, e talora con quello più orribile d’esser fatto mo- rire nell'olio, o nell'acqua bollente (3). | (1) Lettere d’ Amedeo, VIE del 23 d’agosto 1386 Arch. Cam. (2) Conto di Pietro de Honciau mistrale di Ciamberì 1270-1271. (3) Nel 1342 a Ciamberì Pier di Lione e Teobaldo di Troes falsificatori di monete furono fatti morire il primo nell’acqua bollente , il secondo nel fuoco. L’anno precedente nella stessa terra furono cavati gli occhi a tre ladri; e nove anni prima ad un falso testimonio fu tagliata la lingua. DELLA MONARCHIA DI SAVOIA vii "Gli ebrei efano. qualche vola lc Una piede (1). Le donne almegale (2). Talora per maggior grado d’infamia s’'usava d’appiccar insieme col colpevole anche un’asina (3). Il furto era punito coll'esiglio, colla berlina , colla fustigazione, col taglio dell’orecchio, del naso, della mano , del piede, con un segno sulla fronte, colla perdita di un occhio, e se grave o replicato colla forca o coll’annegamento , se- condo i luoghi (4). La pena' capitale era poi sempre accompagnata dalla confisca di tutti i beni (5). Queste leggi penali, miti per quanto ragguardava ai delitti mi- nori che si pnnivano con sole pene pecuniali, erano crudelissime e talora, come abbiam veduto, anche atroci pe’ maggiori misfatti; rispetto ai quali s’usava ancora nel processo informativo l’iniquo ajuto della tortura (6). 6. Per le cause civili e per le criminali della specie men rea potevasi, secondo l’importanza della causa o de’ contendenti ed in- quisiti, appellare dalle sentenze de’ giudici provinciali al giudice (1) In factura fulcharum in quibus fuerunt duo judei suspensi per pedes et in stipendiis quinque clientum ipsos custodientium per unam noctem xvi sol. vienn. blanch. Conto di Rodolfo Barralis castellano di Ciamberì 1300-1301. Arch. Cam. (2) In pane dato cuidam mulieri quam pro furto captam tenuit per xv dies et postea fuit summersa. Conto della castellania di Conflans di Brunone di Chignino 1325. Arch, Cam. — Conto di Giachemino di Lanzo castellano del Borghetto 1305. {3) In quadam asina empta et suspensa cum dicto latrone etc. x sol. vin den. Conto di Goffredo de Amasino balio di Savoia e castellano di Monmegliano 1267-1268, Arch. Cam. (4) Conto del castellano di Bard Amedeo de Viry , 1295. — Conto di Pietro de Cordon castellano di Carignano 1309-1311. — Pro justitia facienda de Bertino de Rossana latrone qui habuit crepatum oculum. Conto del Chiavario di Savigliano Rubeo Maonerio 1320- 1321. Arch. Cam. (5) Ze. reddit computum de xuvil solid. x den. rec. de bonis cujusdam latronis suspensi hoe anno.Conto d’Ugo di Grammont castellano di Chillon 1266-1267. Arch. Cam. (6) V. il documento num. 4. — Nel conto precitato di Rubeo Maonerio Chiavario di Savigliano si trova ricordo di somme pagate pro tormentando Bartholomeo Vasco qui fierat . eriminatus de falsa moneta. DELLA FORMA 1 w delle appellazioni (4), 0 ricorrere per supplicazione. al consiglio, il quale, talora chiamava a se la causa, talora mandava al giudice, di dar nuova sentenza, dopo d’aver meglio considerato le ragioni delle parti (2). ; i , Le cause criminali di questa specie erano per lo più definite nelle assise che i giudici provinciali dovean tenere nelle varie terre, di loro giurisdizione almeno quattro volte all'anno; obbligo. da savia considerazione introdotto perchè i popoli nell'andar a ragione in luoghi lontani non patissero troppo disagio; ben accorgendosi que’ legislatori che non riceve intera giustizia chi la riceve con troppo indugio, con troppa spesa, o con troppa difficolià ; era- no, dico, simili cause definite o per sentenza, 0 per. accordo, perchè allora era lecito , come tutti sanno, non solo pe’ minori de- titti, ma sovente per misfatti assai gravi, transiger col fisco (3). Ma nelle cause che potean trar seco grave pena corporale ; e massime quando il colpevole era sostenuto in carcere, siccome dagli statuti era lodevolmente prescritta la massima speditezza ,' e che troppo sovente accadea che il giudice fosse occupato in am- bascerie od in altri negozi pel Conte, o per diversa cagione im- pedito, s’usava in simili casi appena un delitto era commesso ed il presunto colpevole carcerato , deputar un commissario che sen- tenziasse; del che sono assai frequenti gli esempi (4), e solenne IT___IIIIIIDIMDIÉ—mMm ee o-o-> _Ètk Py Y/Y//0///lddl1\»*)Ì+k WOTII( [ele (1) Recepit a Johanne Chaberti de Tervolay condempnato in vul libras fortium escucel- latorum et de quibus appellaverat ut in computo precedenti et dicit quod judex appellationum dictam condempnationem mitigavit ad vi libr. fortium: vi libr. escucell. Conto di Giovanni Divite castellano di Ciamberì 1330-1331. Arch, Gam. (2) Così fece rispetto a Giovanni ‘Girardi condannato in 40 soldi forti escucellati , che si lagnò di non essere stato sentito nelle sue difese. Conto della castellania di Ciamberì di Girino di s. Saforino 1339-1340. Arch. Cam, (3) Conto di Giovanni Cornu giudice di Savoia 1311-1312. — Conto di Pier Silvestri giudice del Baugé e del Novalese 1310-1311. Arch. Cam. (4) Lib. domino Hugoni de Montechaboudi pro sentenciandis Peroudo Chapellerii qui fuit submersus, Petro Porrier qui fuit ‘combustus , videlicet pro quolibet ipsorum duos solidos gross. turonensium ; et domino Jacobo Rate quondam duos solidos grossorum turonensium pro sentenciando Druneto de Tervolay qui fuit treynatus et suspensus etc. Conto della Ca- stellania di Ciamberì di Filippo Provana giudice delle cause d’appello 1332-1333. Arch. Cam. DELLA MONARCHIA DI SAVOIA. 73 quello che ne porge ilconto di Percivalle di Chissy castellano d’Aye, di Cluses e dì Ballon nel 1343; ivi si legge essersi pagata una somma pel pane dato a Mermeto Clyment di Condyres,. accusato d'aver messo fuoco alla casa di Ginodo Margueron; perlocchè gli fu tagliata la testa; e soggiunge «e lo tenne nove settimane e due dì aspettando « il. giudice del paese del Conte che era stato mandato a Milano, « e perchè non venne così presto lo fece condannare da un savio « del, paese del signor di Gayo.» Non ho trovato memoria d’un giu- dice speciale pe malefizi prima dell’anno 1372 (1). | Non di rado il ‘giudice teneva altresì una castellania nello stesso baliato. 0 fuori; cosa che, oltre all’impacciarli in uffici di natura troppo diversa, potea nuocere anche grandemente al bene della giustizia, postochè come castellani erano subordinati al balio e te- nuti ad obbedirlo, e come giudici no, e poteva accadere che l’oh- bedienza prescritta per una carica nuocesse alla tanto necessaria indipendenza dell’altra. Di siffatti esempi, a cui m’abbattei molto spesso; ne addurrò due soli. L'uno di Pier d'Altavilla giudice di Val di Susa, e castellano di Rivoli nel 1318; l’altro di Giorgio di Sollier giudice di Baugé e di Novalesa e castellano di Seissello nel 1339, e soli ottanni dopo questo gentiluomo assunto alla dignità di cancelliere di Savoia era nello stesso tempo castellano di Ciamberì. In tutte le giudicature era un procuratore del Conte, eda Ciam- berì un procuratore generale; l’ufficio loro rispondeva in parte alla moderna carica d’avvocato fiscale, e consistea nel sostener i diritti del sovrano sì nel civile come nel criminale avanti al giu- dice del suo distretto , od avanti al giudice delle appellazioni ed al consiglio (2). (1) Conto d’Aimone Lupi delle spese dell’ospizio di Bona di Borbone contessa di Savoia 1371-1372 Arch, Cam. (2) Conto di Rieciardo Tavelli giudice del Baugé e del Novalese 1330 Arch. Cam. Ab- hondano gli esempi anche de’procuratori del Conte in un baliato, che erano nel medesimo tempo giudici in un altro baliato , © castellani. Tomo xxxvr. 10 74 DELLA FORMA Non aveano le cause demaniali tribunale privilegiato; usava so- lamente il Conte commetterne talvolta la cognizione a più d'un giudice affinchè nella comunion de’ consigli s'avesse maggior fondamento di retta giustizia. Così essendo nel 1317 insorte alcune questioni tra il castellano di Susa ed Arrigo abate di S. Giusto, Amedeo V con lettere del 21 d’aprile di quell'anno deputò il giudice di Val di Susa e quello di Moriana e di Tarantasia che definissero la con- troversia in contradittorio de’suoi procuratori a termini di ra- gione (1). è g- Sedeva infine appresso. al Conte un consiglio composto di prelati, di baroni, e di giurisperiti, il quale oltre al consultare nelle cose di stato, sia che riguardassero la politica esteriore ov- vero l’interna amministrazione, provvedea sui ricorsi concernenti materie di grazia e di giustizia, e spediva i decreti sigillati col sigillo suo proprio, che era la croce posta in mezzo di parecchi giri di cerchi e di semicerchi. Oltre a ciò avea balia di chiamar a se e di giudicare ogni causa sì civile che criminale con autorità suprema (2). (1) Arch. Cam. Abbazia di s. Giusto. (2) Vobis generali consilio illustris viri domini Amedei comitis Sabaudiae supplicat frater Henricus humilis abbas s. Justi de Secusia quod cum in pluribus causis negociis et questio- nibus ad jus predicti monasterii pertinentibus per officiales dicti dom. comitis in valle Secusie et maxime per castellanum Secusie jus predicti monasterii perturbetur vobis placeat salvis juribus predicti monasterit et privilegiis sibi a predicto domino comite et ejus predecessoribus concessis procedere quantum de jure fuerit justicia mediante. primo namque conqueritur ect. Il consiglio per lettere date a Ciamberì il primo d’agosto 1316 mandò al giudice di Valdi Susa d’instrurre la causa, e di trasmettergli poscia ogni cosa , perchè potesse provvedere a’'termini di ragione. Arch. Cam. Abbazia di s. Giusto. De C. libr. viennensibius receptis a Ruffino Sanyo de Confleto pro quadam composicione fucta cum consiliariis domini comitis pro eo quia inculpabatur de morte Cauorcini Confleti. Conto d’Antonio di Clermont 1310-1311. Recepit a Guiconeto Peranis dicto Pilot de Chamberiaco condempnato per consilium do- mini comitis quia induxit fraudolenter Johannetum de Salvagia et ejus matrem ad faciendum falsum testimonium coram judice Sabaudie. C. libr. fort. escucellatorum. Conto di Filippe Provana castellano di Ciamberì 1333-1334. Arch. Cam. DELLA MONARCHIA DI SAVOIA. n5 ‘Un altro ufficio de’ consiglieri, nè certo il meno importante, era di levar il conto che rendeano, sovente al cospetto dello stesso sovrano, « castellani, i mistrali, ed ogni altro amministratore, di riscontrarne le ragioni e le partite, e, dove il bilancio battesse, d’approvarli.. Ma via più grande era la podestà del consiglio, quando il Conte assentavasi dallo stato, perocchè allora assumeva il reale esercizio della sovranità; provvedeva ai casi di guerra, raccoglieva eserciti e cavalcate, prescrivea le imprese da farsi, tassava gli stipendii de’ cavalieri, degli uomini d'arme, de’ sergenti, delle guardie; consen- tiva sospension d’armi, e tregue e riscatti e liberazioni di. prigio- nierî; rimettea condannagioni pecuniali, dava tempo ai debitori del fisco, spediva mandati di pagamento, ordinava ed approvava la ven- ‘dita delle derrate raccolte dalle possessioni, o dai censuari e livel- lari del Conte; infine concedea rimunerazioni a coloro che per qualche egregio fatto se n'erano renduti meritevoli, come accadde nel 1312 quando ricompensò i buoni servigi renduti da Guglielmeto di Dorures in occasione della ricuperazione d’Ambrognì, col dono della mistralia d’Eyton (1). A questo temporaneo esercizio dell’assoluto potere attribuito al consiglio non partecipavano nè la contessa di Savoja, nè il principe ereditario ancorchè in età ‘abile al governo ; che anzi le spese ad (1) Zibravit Johanni de Urteriis baillivo Beugesit pro sexaginta clientibus ponendis in munitionem Ambroniaci in defectu treugarum de mandato consilit domini L.lib. vien. Conto d’Antonio di Clermont ricevitore dei danari del Conte 1311. Arch. Cam. Conto di Giovanni Bonnivardi castellano di Salins 1312. Conto di fietro Marechal balio d’Aosta castellano di Castellargento 1322-1323. R. ab Hugone Evrardi eo quod percusserat Aymonetum perronetum de 1xx sol. fort. in quibus fuerat condempnatus deductis 1 solidis foriium sibi remissis per generale consilium domini ut per litteram dicti consiliù datam in assisiis generalibus XI die mensis mait anno CCCXVI — xx solidos fortium escucellatorum. Conto della Castellania di Conflans d’ Umberteto di Conflans 1316-1317. Conto di Jacopo di Bordeaux castellano del Borghetto 1325-1326. Item reddit computum de vil xl Zibris wul sol. vil denariis viennens. esperonatis receptis a Johanne Rusti pro venditione sibi facta de bladis domini Avilane per consilium domini comitis. Conto d’Antonio di Clermont r310-1311. — Conto di Giovanni Cornu 1312. Arch, Cam. 76 DELLA FORMA ambedue necessarie doveano con lettere del consiglio venir appro- vate; e lo furono nel 1311 quelle del corredo di Catterina figliuola d’Amedeo V destinata sposa a Leopoldo duca d'Austria; e l’anno seguente la lettera della Contessa, che ordinava si pagasse il sa- lario di Guieta di Chignin, nudrice della sua bambina , dovette , per ricevere eseguimento , essere accompagnata da lettera del con- siglio (1). Nè prima d’Amedeo VI si trova, in assenza del Conte, attribuita alla Contessa di Savoia autorità di governo. La più antica notizia di quel consiglio, a cui mi sia abbattuto, è del 1588, e contiene il ricordo d'una legittimazione conceduta a Pier Voleyri, che pagò per tal grazia dicianove lire mauriziane ; delle quali venti soldi apparieneano al consiglio; venti si davano pel sigillo ; venti per la Contessa, il rimanente pel Conte (2). Nel secolo seguente s’intitolava: generale consiglio dell’illustre uomo Amedeo Conte di Savoia, e quasi sempre ne facean parte oltre ai baroni, ai cavalieri, ai giurisperiti ed ai minori prelati i vescovi di Moriana, di Losanna, di Belley, e talora anche l’arcivescovo di Tarantasia. Nel 1323 addì 16 d'ottobre morì in Avignone, in casa del car- dinale Luca Fieschi, Amedeo V (3). Odoardo figliuolo e successore di lui, dopo d’aver assunto il 27 dello stesso mese. il titolo di Conte di Savoia ricevè il 7 di no- vembre nel castello di Ciamberì il giuramento. de’ suoi consiglieri presenti. Essi erano Stefano della Balma decano della chiesa di Lione, Odone. di Chandyeu balio di Savoia, Jacopo di Boczesel balio di (1) Conto di Giovanni Cornù precitato. Arch. Cam. (2) Conto dell’ospizio del conte, di Stefano di s. Reguemberto 1288-1289. Arch. Cam. | (3) Anno Domini M. CCC. XXIII indictione VI die dominica XVI die mensis octobris apud Avinionem in domo domini Luce de Flisco cardinalis obiit inclite recordationis dominus «Amedeus Sabaudie comes illustris. Die Jovis XXWIÎ die mensis predicti dominus Edoaxdùs sejus filius assumpsit titulum comitis comitatus Sabaudie. Dai protocolli del notajo Reynaudi. Arch. Cam. i sit Iniuetisto 16 DELLA MONARCHIA DI SAVOIA. vie] Voyron , “Antonio -di Barve, Umberto de Sala, Piero di Chiara- monte , Giovanni -Bommivardi, è Pier Francisci (1). .. I primo adunque era un ecclesiastico , poi venian due balli ; Antonio di Barge era cavaliere e giureconsulto, e quest'ultima qua- lità non impedì che fosse eletto poco dopo balio di Savoia. Um- berto de Sala era similmente cavaliere e giureconsulto, e quattr'anni dopo Odoardo lo meritò de’ servigi renduti al padre ed a se con- cedendogli in feudo perpetuo la mistralia delle parrocchie di Cou e di Vimenes (2). Gli altri erano cherici, cioè uomini che non avean grado negli studi generali di Parigi o di Bologna, ma che pure aveano' in quelle famose scuole o da privati maestri apparata ragione. Il Chiaramonte ed il Francisci tornavano pure allora da Avignone, ed aveano accompagnato il corpo del loro defunto so- vrano, col quale era altresì venuto il preposto di S. Maria d’Avi- gnone mandato dal papa (3). 10. Non ad Aimone, come fu creduto finora, ma sibbene al conte Odoardo si vuole attribuire l'istituzione d’un consiglio resi- dente a Ciamberì. Considerò questo principe quanto disagio patis- sero i popoli dovendo ricorrere ad un consiglio , che , seguitando la persona del sovrano in tutte le parti de’suoi dominii nelle quali per affari di stato e di guerra dovea continuamente aggirarsi, non avea mai sede certa; ‘e perciò saviamente provvide ordinando un consiglio che risiedesse perpetuamente in Ciamberì, terra che già dal principio del secolo potea considerarsi come una capitale, benchè l’ordinaria dimora del principe e della sua famiglia, e la stanza del suo tesoro fosse ancora al Borghetto (4). (1) Dai protocolli dello stesso notajo. (2) Ivi. (3) Libravit sibi ipsi cui dominus ipsos debebat pro precio unius cupe argenti cum coper- cello ponderantis quinque marchas et duas uncias argenti date per dominum preposito S. Mariae Avînionis nuncio domini Pape qui venerat cum corpore dicti domini comitis quon- dam. XL solidos grossorum turonensium. Conto dell’ospizio del conte, d’ Antonio di Clermont 11323-1324: Arch. Gam. (4) Computus domini Humlberti de Castelletto consiliariù. domini residentis apud Chambe- 78 DELLA FORMA Volle pe Odoardo che una parte del suo consiglio vi ri- siedesse; nè pare che ne separasse la giurisdizione da quella dell’an- tico consiglio , poichè ne’ tempi che seguitarono troviamo la stessa autorità sì giudiciale che politica essere da ambedue i consigli esercitata (1). Del consiglio residente a Ciamberì si ha memoria fin dal 1327 nel qual anno e ne’ due seguenti n'era cancelliere , o sigillifero Umberto di Castelletto con provvisione di cento soldi grossi tornesi, che va- leano altrettanti fiorini d'oro. Hannosi di quel tempo riscontri di molte grazie fatte da questo consiglio a condannati in pene pecu- niali, e si trova, che essendo sospetto di guerradi S. Antonio ai col Delfino, il consiglio mandò fra Francesco di Voyron dell’ordine castellani di Johannages, di Chabouz e d’altri luoghi del Vien- nese e del Lionese per avvisarli di far buona guardia, e per far incetta di vettovaglie e di munizioni da guerra. Poco dopo la metà di quel secolo , quando Amedeo VI punì con l’armi le follie di Jacopo principe d’Acaja suo cugino, a cui occupò per qualche anno lo Stato, deputò un giudice delle appellazioni di riacum pro domino et custodis sigilli consilit domini apud Chamberiacum de receptis et li- bratis per ipsum pro Domino a festo circumcisionis Domini anno a nativitate ejusdem M. CCC. XXVIII usque ad octavam diem mensis octobris esclusive anno M. CCC. XXIX et sciendum quod quandocumque dominus per idem tempus stetit în terra sua dictum si- gillum nichil operatum est vel saltem modicum sed sigillum proprium hospiciù domini (cioè quello che poi fu tenuto dal cancelliere di Savoia ). Nel medesimo conto si legge : Libravit sibi ipsi capienti centum solidos grossorum turo- nensium de salario per annum quamdiu vacabit apud Chamberiacum in negociis domini ut per literam domini de testimonio et mandato datam Burgeti die XIIII mensis novembris anno CCC XXVII. (1) Recepit a certis hominibus de Fosano, Genola, Salmatorio et locorum aliorum Guelfe partis pro sigillo litere per ‘quam dominus sibi et suis remisit et quitavit omnes condempna- ciones penas et banna in quibus condempnati nuper fuerunt per consilium domini cum eo residens occasione cujusdam rumoris seu rixe habite nuper apud Foxanum inter homines partis Guelfe et partis Jobeline ex quo dominus habuit ab eislem ducentos florenos auri magni ponderis. ITII frans awri. Conto di Girardo Destres cancelliere di Savoia 1377-1379. Conto d’Umberto de Aulanova Procuratore generale del conte , de’ proventi del sigillo del Consiglio residente a Ciamberì 1342-1343. DELLA MONARCHIA DI SAVOIA 79 Val di Susa, del Canavese, e del Piemonte (1), e dopo la morte di Jacopo; quando ebbe la tutela de’ figliuoli di lui , credette forse opportuno di stabilire un consiglio residente anche al di qua dai monti. Di tal: consiglio infatti. ho trovato riscontro nell’anno 1374 e poi appresso più volte; ed ebbe sede talora a Rivoli, talora a Torino (2). 11. Del rimanente non aveano ancora i principi inframesso l’an- tica consuetudine d’esercitare personalmente la più nobile prero- gativa della sovranità, quella di giudicare. Onde nel secolo XIII si ha memoria dei placiti tenuti dai conti di Savoja or nell’una or nell’altra parte de’ loro dominii. Nel 1267 Giovanni di Mongelato avea provvisione di 40. lire all'anno wt sequeretur placita domini; il che sembra indicarne la frequenza. Maestro Pier Lombardi riscosse nell’anno medesimo dieci lire pe’ placiti che il Conte tenne avanti di se in Monmegliano (3). Ne’ tempi seguenti s’ hanno molte altre memorie di simili parla- menti generali tenuti dal Conte in varii luoghi del suo stato. A Ciamberì pare che si celebrassero più d'una volta all'anno. .$’ ha riscontro d’uno che vi fu tenuto verso l’ognissanti del 1315, per la qual occasione fu cresciuta di sette sergenti la guernigione del ‘castello. Un altro se ne dovea tenere nel maggio dell'anno seguente, alla cognizione del quale si era rimandata la differenza vertente tra il castellano di Ciamberì ed Uomobono Asinari pel dritto di guardia che questi allegava di non esser obbligato a pagare (4). (1) Recepit a domino Girardo de Galeriis de Raconixo constituto judice causarum appel- lationum Vallis Secusie, Canapicii et Pedemontis per unum annum sub salario LX floreno- rum I flor. b. p. Conto di Giovanni Ravais cancelliere di Savoia 1359-1360. Arch. Cam: (2) Conto di Jacopino di Revigliasco chiavario di Torino 1374-1377. — Conto dell’ ospizio del conte, di Tommaso Orselli 1373-1376. — Conto di Girardo Destres cancellier di Sa» voia 1385-1388. Arch. Cam. (3) Conto di Goffredo de Amasino balio di Savoia e castellano di Monmegliano 1267-1268. (4) De X florenis auri quos debebat bonus homo Asinarius et ejus nepotes non computat nec computavit in computo precedenti, quia dicunt quod ipsam gardam demandaverunt domino et propter hoc dicunt se esse quitos de dicta garda et quia castellanus hec negabat 30° DELLA FORMA Nel 1324 Guglielmo preposto di Montegiove si querelò al Conte di Savoia delle molestie che gli dava il castellano d’Evian, circa all'esercizio del mero ‘e del misto impero ne’ beni che Giovanni del Dugnyer suo predecessore aveva acquistati dai signori di Cly. Fu discussa la causa nel parlamento generale, che in febbrajo di quell’anno tenne Odoardo in Chillon , e uditi i testimonii e-“consi© derata attentamente la questione dai giureconsulti da cui il Conte era assistito , si definirono le controversie e si dichiarò fra la altre cose competere alla casa di Montegiove il dritto di rizzar i segni del merg imperio vicino a Novez sopra S. Gingolphe (1). Le questioni che sorgeano fra potenti erano appunto quelle che più volontieri si riserbavano ‘alla solennità di que’ parlamenti ‘gene- rali ne' quali non si potea temere, che la prepotenza delle private passioni prevalesse ‘alla giustizia; col che si recava efficace rimedio alle molte imperfezioni da cui erano a que’ tempi corrotti gli or- dini giudiziali. Due anni dopo Odoardo essendosi recato nella valle. d’Aosta affine di far riconoscere luogo per luogo gli obblighi, gli omaggi; e le fedeltà consuete, sedendo il 21 di novembre nel giardino del Vescovo, in Aosta , secondo le antiche usanze, intorniato da’ suoi prelati, baroni, e giureconsulti in presenza dei signori di Quart, di Fenix, di Montegioveto , di Nuns, di Cly, di Castiglione, di Sarro, di Verrex, e di molti altri Pari, Nobili, e Castellani di quel ducato , disse : che , avendo egli il diritto di alzar tribunale e di render giustizia ovunque gli paresse nella Valle d'Aosta, co- mandava ad essi pari e nobili di seguitarlo, affermando che anche in loro assenza avrebbe tenuto ragione, perchè così aveva autorità di fare. AI che i pari non contradissero , protestando solo di tener et alii petunt jus sibi dici et interim ipsos non compelli remissum est negocium in proximo parlamento quod tenebitur apud Chamberiacum mense mati. Conto di Bartolomeo Barralis castellano di Ciamberì 1315-1316. (1) Ne”protocolli del notajo Rejnaudî. Arch. Cam. DELLA MONARCHIA DI: SAVOIA. Si in feudo da. lui la giurisdizione sulle strade pubbliche, e perciò affermando appartener loro la punizione dei delitti che vi si com- metteano:, non al conte, che avea dato indizio di volerlo fare. La qual protestazione non fu dal conte accettata (1). Furono meno frequenti ne’ tempi che vennero poi questi parla- menti generali. Narra il Capré che durante la tutela d’ Amedeo VI, nel 1345, fu ordinato che si tenessero una volta all’ anno e non più (2). Del rimanente men vivo dovette risentirsene il bisogno poichè con savie leggi sì diè miglior forma ai tribunali, maggior regolarità ai giudizi. 12. E di tal beneficio fu la Savoia debitrice a quel gran principe Amedeo VI il quale, non si sa bene in qual anno, pubblicò uno statuto di sessantacinque capi pieno di savissimi ordinamenti , il primo de’ quali è la deputazione d’un avvocato provvisionato da lui che patrocinasse gratuitamente le cause de’ poveri ; pietosa institu- zione che sta ancora ai dì nostri (3). La somma delle altre ‘ordi- nazioni mi è paruta troppo importante perch’ io non abbia de- siderio d’ esporla brevemente. (1) Cum eidem domino comiti competat ut asserit sedem tenere et justiciam facere ubi- cumque in valle augusta idem dominus comes precepit predictis paribus ut ipsum sequi debeant per dictam vallem pro justicia facienda ; alioquin idem dominus comes justiciam fuceret in ipsorum absencia quod facere potest ut asserit ubicumque in valle predicta. Ne? protocolli dello stesso notajo. ù (2) Traité historique de la Chambre des comptes de Savoie. (3) Copia autentica di questi statuti è nell’ Archivio della R. Camera de’conti. Manca la data dell’anno, ma dai titoli che assume il principe e dalla qualità delle monete che vi si ricordano , e da altri riscontri, si vede chiaramente non potersi attribuire ad altro principe che ad Amedeo VI. Cominciano così : princeps illustris et magnificus dominus noster dominus Amedeus Sabaudie comes, Chablasii , et Auguste dux et in Italia marchio et princeps desiderio desiderans utilitati suorum subditorum salubriter providere etc. Primo quia sepe contingit hactenus et in futurum contingere posset pauperes et miserabiles personasin judiciisinteresse tam agendo quam defendendo que jura sua vel agendo vel: defendendo prosegui vel tueri non possent obstante eorum paupertate vult statuit prefatus dominus noster Sabaudie comes quod in villa Chamberiaci resideat unus jurista qui erit in causis et aliis actibus personarum pauperum advocatus cuî prefatus princeps dominus noster Sabaudie comes constituet salarium certum per annum. Tomo xxxvI. II 82 DELLA FORMA Nel consiglio residente a Ciamberì, oltre al cancelliere o sigillifero sederanno due collaterali , e l’avvocato , ed il procurator fiscali. Mancando uno o due di loro i rimanenti decideranno con la me- desima autorità. Non avrà voce in consiglio chi essendo avvocato o giudice infe- riore avrà patrocinato o deciso la causa portata alla cognizione del consiglio. Ogni causa portata al consiglio sarà terminata fra l anno sempli- cemente , senza strepito o forma di giudizio. Nello stesso termine decideranno le cause i giudici inferiori. Il giudice delle appellazioni fra sei mesi. Hanno balìa di sedere al banco del consiglio i prelati, il can- cellier di Savoia, tutti in somma i membri dell’ altro consiglio. La relazione delle citazioni si farà per iscritto. Il consiglio ha potere di chiamar avanti di se qualunque persona suddita del conte, qualunque sia il grado che tenga. E così qua- lunque causa quando lo ricerchi o la molta autorità o la molta mi- seria delle persone, o la rilevanza della causa, od altra giusta cagione secondo stimerà il consiglio, il quale potrà ritener le cause, ancorchè le parti ne chiedessero la rimessione all’ordinario. I contumaci pagheranno le multe seguenti: cioè se agricoltori e manovali 5 soldi viennesi ; se nobili, borghesi o notai 25 soldi viennesi; se cavalieri banderesi 10 lire; le quali pene s’intenderanno per la prima contumacia, e saranno per ogni nuova contumacia progressivamente addoppiate. Ed oltre a queste che s’incorreranno di pien dritto sarà lecito al consiglio di stabilirne altre nelle let- tere di citazione. I giudici terranno le assise ne’ luoghi consueti almeno quattro volte all’anno. I giudici de’banderesi risiederanno nella terra de’ medesimi o in quella del conte. Conosceranno nelle cause civili fino alla sentenza inclusive ; nelle criminali fino a sentenza esclusive. Le cause criminali dovranno terminarsi nelle assise , poichè sarà DELLA MONARCHIA DI SAVOIA 83 spirato il tempo della difesa. Potranno tuttavia i giudici ove la grandezza della causa, od un grave dubbio di diritto lo consiglino rimetterne la decisione alle assise seguenti. Fuori di questi casi ‘il giudice moroso pagherà un fiorino per ogni dì di ritardo. Le cause de’ carcerati si definiscano fra dieci dì dopochè sarà spirato il termine per la difesa, o che dal ditenuto ne sarà fatta istanza; salvochè il giudice sia impedito da malattia , od occupato in affari del conte. Gli istromenti in buona forma che saranno stati dal giudice si- gillati avranno esecuzione parata. Agli spogliati notoriamente si soccorra d’uflicio dal giudice colla rimessione in possesso. Il segretario della curia condurrà a termine le informazioni fra dieci dì dall’arresto. Niun castellano potrà comporre cause criminali se non nelle as- sise; e si registreranno gli accordi in presenza del procuratore del conte e del giudice. Niun accordo avrà luogo primachè |)’ in- quisizione sia scritta ne’ registri delle curie. Niun accordo si farà pe’ misfatti che si puniscono con pena ca- pitale ; nè per quelli di falsità.. Niun castellano od altro ufficiale sia così ardito che liberi un arrestato se nol comanda chi lo fece arrestare ; salvochè così vo- glia il consiglio che ha balìa d’ordinare la liberazione di qualunque carcerato. Nissuno ardisca di citar altrui avanti alla curia ecclesiastica per affari non ecclesiastici sotto pena di 100 soldi forti da pagarsi dal citante ed eziandio dal citato se non l’avrà rivelato. Niun laico ceda debiti, obbligazioni od azioni ad un chierico coll’occasione della qual cessione possa esser chiamato avanti alla curia ecclesiastica. Il con- travventore perderà la causa, e la cosa ceduta, e pagherà 100 soldi forti, se citato avanti la curia ecclesiastica non l’avrà rivelato. Le cose de’ pupilli, o minori che non si possono conservare, o che non son necessarie saran vendute all’incanto. Il prezzo si convertirà 84 DELLA FORMA SI .]» O . . . . LI . . . x in utilità del pupillo secondo il consiglio de’ prossimiori. Questo avrà: luogo nel caso che il padre non avesse ordinato. diversamente. ‘La quitanza del tutore dovrà farsi giudicialmente ; nè il giudice l’approverà prima d’ aver preso diligente informazione de’ porta- menti del tutore dagli amici della famiglia. I segretarit consegneranno tutti gli anni al custode della crota di Ciamberì il registro degli istromenti ricevuti pel conte. Oltre a questi statuti altri ve n’ hanno riguardanti la tassa dei. dritti dovuti ai giudici, castellani, segretari , mistrali ,, de’ quali ultimi in ispecie si frenò con gravi pene l’insolenza e l’ avidità. L'intenzione di queste leggi è, come si vede , eccellente. Le disposizioni in generale son buone; ma ben mi par da ri- prendere la troppa gravità della pena comminata a’giudici morosi; pena che, come accade, di tutte quelle non preporzionate al man- camento non fu, penso, mai applicata ; essendo vero che pena ec- cessiva equivale ad impunità. 13. Sedea nel grado supremo il conte di Savoia il quale eserci- tava solo, o per mezzo del consiglio da lui nominato, l’assoluta sua autorità la quale non ricevea la menoma alterazione dalla sua di- pendenza verso l’impero, dipendenza che non si stendea a tutte le: parti de’suoi dominii e che era stata sempre più di riverenza che di soggezione. Non avea la sovrana podestà altri confini che quelli che le imponcano le leggi e le consuetudini feudali, e le franchezze ch'ella medesima avea conceduto ai comuni o che i comuni nell’atto di dedizione aveano avuto cura di riservarsi, e dell’une e dell’altre prometteva il principe l'osservanza con giuramento. I sudditi de’ conti di Savoia eràno più anticamente divisi in cin- que ceti. Il primo de’ religiosi. Il secondo de’baroni e de’ cavalieri banderesi ; il terzo de’ nobili; il quarto de’ censuarii e de’ livellarii; V nltimo de’ tagliabili. Tutti i vescovi, tutti i capitoli, tutte le case religiose avean feudi e signorie con maggiore o minor giurisdizione , € per conseguenza vassalli e sudditi. Lo stesso conte di Savoia tenea feudi moventi DELLA MONARCHIA DI SAVOIA. 85 dal diretto dominio. de’ vescovi di Sion e di Losanna ai quali ne faceva omaggio. Così Odoardo riconobbe il 3 dicembre 1327 il castello di Chillon da Aimone vescovo di Sion e gliene giurò fe- deltà , ed Aimone fè omaggio a lui del castello di Morges e della strada. pubblica, dalla croce de Otans fino ai confini della sua diocesi (1). Baroni o cavalieri banderesi erano quelli che alzavano in batta- glia bandiera propria sotto alla quale convenivano i nobili di mi- nore stato che tenean feudi da loro. Possessori di molte terre e castella e tenute sulle quali parecchi aveano la piena giurisdizione ed il mero e misto imperio, ed alcuni fin anche i dritti regali (2), sarebbero stati per qualità di signoria poco differenti dallo stesso sovrano , se questi non avesse avuto autorità di chiamarli in giu- dicio avanti di se ; di ricevere i ricorsi de’ loro sudditi che a lui si compiangevano. di qualche ingiustizia; d’ obbligarli a seguitarlo ne’ suoi eserciti in guerra, e nelle cavalcate , d’ impedirli di levar passaggi e d’ impor nuove tasse e gabelle; se non avesse quasi dappertutto riservata a se medesimo l'esclusiva giurisdizione sulla strada pubblica e così sui delitti che vi si commetteano anche dai sudditi de’ baroni e de’ religiosi (3); se infine essi baroni non fos- . (1) Nos Odoardus comes Sabaudie et Aymo episcopus Sedunensis convenientes in unum apud aquam de Morgia prope Conthegium Sedunensis diocesis ad invicem fecimus alter alteri homa- gium et fidelitates prout nostri fecerunt predecessores. Et nos Comes predictus recognoscimus nos tenere in feudum a dicto domino episcopo et eeclesia sedunensi feudum Chillionis cum per- tinenuis dicti feudi et nos dictus episcopus confitemur et recognoscimus nos tenere in feudum @ dicto domino Comite stratam pubblicam a cruce de Otans superius usque ad finem diocesis no- stre ; item feudum de Morgia nostre diocesis ect. Ne’ protocolli del notajo Rejnaudi. Arch. Cam. (2) L’investitura concessa a,Bertranno di Monmegliano dal.conte Tommaso il 29 agosto 12279 si stende a quanto possiede, nella parrocchia di Brusolo dalla Dora alla sommità dei monti cum omni, districtu dominio et iurisdictione nomine liberi et nobilis feudi cum omni imperio et iurisdictione et foudro regali eo modo et forma quibus ipse dominus comes predictis utebatur. Ne”protocolli del notajo Rejnaudi. (3) L’aceordo fatto da, Amedeo V nel 1315 col monastero della Novalesa sulla rispettiva giurisdizione dice così: Exrcepto mero imperio et iurisdictione qualibet puniendi homicidas 86 DELLA FORMA sero stati del pari che i prelati e religiosi obbligati a consentire che il conte levasse da loro proprii vassalli qualche sussidio. Il ceto de’ nobili era composto de’ signori di piccioli feudi con giurisdizione, di quelli che per ufficio o per gradi accademici si erano innalzati a tal dignità, e dei discendenti degli antichi uomini liberi detti Rackimbourg appresso ai Franchi, Arimanni appresso al Longobardi; i quali, oltre al tenere le loro possessioni in piena proprietà, accompagnavano il conte ne’ parlamenti generali detti placiti o malli , ed aveano il pieno esercizio di tutti que’ dritti ci- vili che formavano il caput de’ Romani (1). IH numero di costoro s’ andò assottigliando , perchè prevalendo gli ordini feudali quasi tutti fecero de’ loro beni atto d’ accomandigia o a qualche potente barone o al conte, e li riconobbero da lui; ma tuttavia è vero che la loro nobiltà non sorgea dal feudo nobile, ma avea più alti principii e di molto anteriori alla ragione feudale. La franchezza da ogni tributo, da ogni balzello , od accatto fuorchè da quelli ch’ essi medesimi consentivano a titolo di dono, la giurisdizione più o men piena sulle terre, o ville, o vicinanze che possedeano, il privilegio d’essere deputati balii, o castellani , di venir decorati dell’ alto grado ‘della cavalleria (2) costituivano le principali prerogative di questa condizione d’ uomini. Il quart’ordine era composto di quelli che teneano case e po- deri in ragione di feudo rustico, di censo , o di livello ed erano fures latrones raptores et proditores et homines ipsius prioratus delinquentes tam in strata pubblica regali quam mercatores et alios euntes et redeuntes ultra montes, le quali cose il eonte a se riserva. Ne’protocolli del notajo predetto. (1) Savigoy, histoire du droit Romain au moyen dge, tom. r.er (2) Le lettere di nobiltà concedute da Carlo V re di Francia in novembre del 1372 a Nicolò des Villars fratello del vescovo di Troyes, contengono il seguente capo : Ita quod idem Nicolaus et ipsius liberi ac tota posteritas eorumdem masculina in legitimo matrimonio procreata et procreanda quandocumque et a quocumque milite voluerint militiae cingulo valeant decorari. Promptuariuur sacrarum antiquitatum Tricassine dioecesis auct. Nicolao — Camusat. fol. 216. (n ea DELLA MONARCHIA DI SAVOIA. 87 obbligati a certe annuali prestazioni di danaro ; di grano, di pani, di torte, di castagne, di costerecci, di capponi, di galline, d’uova , di pepe, di gengevero, e talora di melagrani e d’altrettali cose bizzarre e straordinarie da pagarsi a certi luoghi ed a certi giorni segnalati. Oltre a ciò avean debito di servizi personali per le for- tificazioni del castello, e per la guardia del medesimo, d’opere di buoi, di falce, di correggiato ed altre simili intorno ai beni ed alle cose del conte, al quale eran tenuti servire in guerra con usbergo , gorgiera, celata, scudo, spada e lancia; ed il quale eran tenuti di raccettare o con tutto il suo seguito o con un nu- mero determinato di seguaci quando si recava alle loro case; e benchè non vi si recasse dovean tuttavia pagare una tassa ferma annuale pel dritto d’albergo. I quali obblighi fin quì annoverati non debbono intendersi siccome ciascun censuale o livellario tutti gli avesse, ma sibbene la maggior parte (1). Veniano in ultimo luogo i tagliabili la miseranda condizione dei quali consistea non tanto nel pagare un annua taglia in quella somma che era per antica consuetudine o per accordo stabilita od in quella che il conte determinava a piacer suo (4ta/liabiles ad misericordiam ) ma sibbene nell’essere considerati come veri servi anzi come stromenti affissi ed incarnati a quelle tali possessioni colle quali si vendeano, donavano , permutavano contrattandosi non altrimenti che le greggie e gli armenti , e le masserizie ; e nell'essere incapaci di vera proprietà e perciò incapaci di far ie- stamento; onde; sebbene ai figliuoli da lor procreati si lasciassero per tolleranza godere i medesimi beni, mancando questi ogni loro avere era devoluto al signore (2); ed infine nel non poter senza (1) Borghini. De’ vescovi Fiorentini. (a) Erat homo talliabilis domini propter quod omnia bona ejus domino pertinebant cum de- cesserit sine heredibus de suo corpore procreatis. Conto di Girardo Destres cancelliere di Sayoja 1385-1388. Arch. Cam. Borghini, de’veseovi Fiorentini. Histoire du Dauphiné et des princes qui ont porté le nom de Dauphins tom. 1.er p.81. 38 DELLA FORMA pena nè prender moglie, nè maritar le figlinole in famiglie che non fossero similmente tagliabili ‘del Conte (1). 14. È noto che gli ordini municipali de’ Romani non furono mai del tutto spenti nè anche quando l’Italia e la Francia furono affogate dai barbari; onde anche al di là delle alpi sopravvissero, almeno nelle città popolose, alla universale rovina. Verso il mille quando il commercio cominciò a render gli uomini solleciti e procaccianti e quindi danarosi e periti di varie genti e di varii costumi pe’ lun- ghi viaggi intrapresi , il desiderio di più gentil condizione li mosse a chiedere qualche forma di municipio, e agevolmente l’ottennero. Fin dal secolo XII hanno i conti di savoia conceduto a qualche terra di reggersi a comune; le prime franchezze di Susa risalgono ad Amedeo III morto nel 1148 (2), e le prime d’Aosta concedute da Tommaso hanno la data del 1188:(3). Nel secolo XII le con- cessioni di franchezza e di libertà anche alle ville di minor riguardo furono sicuramente in gran numero. Queste carte di.franchezza e di libertà conteneano il novero de’ dritti politici Pesercizio de’ quali era conceduto ai loro abitanti come di formar corpo di comunità, di elegger sindaci, ed economi che li rappresentassero, e che am- ministrassero le rendite comunali, e talora di levar qualche gabella, o qualche tassa per sopperire alle spese necessarie (4); ed ancora (1) De octo solidis receptis de quodam homine domini qui intravit per maritagium casale alterius domini. Conto di Jacopo de Leydes castellano di Contheys e di Sallien. 1269. R. a Jacobo dicto de Vuron pro matrimonio filie sue ; et est sciendum quod quando aliquis de hominibus domini qui vulgariter hudriescent maritat filium vel filiam fratrem so- vorem vel nepotem extra hospicium dominus potest percipere ab eodem si voluerit tantum-- dem quantum dat de pecunia in dotem . . . . x solidos albe monete. Conto di Guglielmo di Castiglione castellano di Grassembourg 1348. Arch. Cam. (2) Storia di Chieri tom. 1. 571. (3) Terraneo , Memorie sopra la Valle d’Aosta. MS. della biblioteca di S. E. il conte P. Balbo , Ministro di Stato. È (4) Omnes burgenses dicte ville debent ponere in communi si opus est. . . . Capellani et clerici ponant in communi, et in munitione ville prout jus exigit et ponere consueverunt. Carta di libertà di S. Lorenzo del Ponte conceduta da Amedeo V. Protocolli del . notaio DELLA MONARCHIA DI SAVOIA. 89 d’ assistere il castellano a render ragione massime in quelle con- giunture sulle quali non provvedendo lo statuto era necessario ri- trarsi alle antiche osservanze. Conteneano ancora quelle carte l’as- soluzione dalle taglie , dalle lelde , e dai servizi personali e talora la franchezza dalla gabella e dai passaggi per tutta la terra del conte. Attribuivasi ai borghesi la facoltà di testare, si dichiarava che morendo alcuno intestato , non il fisco, ma i prossimiori gli succedessero fino al quarto, ovvero fino al quinto grado inclusive (1); Limitavasi ancora in favor del commercio la rigorosa prescrizione della legge d’ubena. Definivasi da quali gravezze dovessero i bor- ghesi andar esenti, quali pagare e in che somma, e prometteano i sovrani solennemente di non imporre accatti, balzelli, maletolte nè altre gravezze senza il loro consentimento ; regolavansi minuta- mente le condannagioni pecuniali e le ammende de’ leggieri tra- scorsi, e statuivasi quanti soldi dovesse pagare chi ponesse mano alla spada; quanti chi con ‘animo d’ offendere porgesse fuor di casa o mezza o tutta la lancia; quanto chi desse un pugno in dì di mercato; quanto chi fosse cagione che sangue scorresse; quanto la moglie che facesse fallo al marito; quanto per una ferita san- guinosa; quanto se il sangue si vedrà sparso per terra e così per molti altri simili e minori casi, e fino per ingiurie verbali (2). Pei misfatti d’alto tradimento, di ladroneccio, e di falsità, e per gli Rejnaudi. Ivi anche si legge: Si viator transit per villam non debet ei questio retardari , sed debet ei judicium statim fieri. Omnes debent excubias exceptis sacerdotibus et militi- bus. Ut supra. (1) Nella carta di libertà di S. Lorenzo del Ponte si fegge: Sî burgensis moriatur et faciat testamentum, testamentum ‘psius observetur } etsi ab ‘intestato decedat propinquiores sibi suc- cedant , et si non appareant expectentur ‘per annum unum ét diem et nisi veniant infra dictum tempus fiat de rebus et bonis ipstus quod justicia suadebit ; et si aliquis mercator aut pere- grinus vel‘viatar morietur ‘hoc idem :debet fieri. Protocolli Rejnaudi. (3) De verbis injuriosis dictis extra presenciam judicum vel officialium nostrorum si in- juriatùus sibî petit emendam nullum bannum debét domino nisi talia sint verba pro quibus possit indici duellum. Carta delle franchezze di S. Branchier confermata da Amedeo V. Protocolli del notaio ‘Rejnaudi. Tomo xxxvI. 12 90 DELLA FORMA omicidit si dichiarava che il colpevole starebbe alla misericordia del conte (sit în misericordia domini: sub nostro velle sit). Il che volea dire che sarebbe giudicato a pena capitale od al guasto di qualche membro se pure il conte non si risolvea ad accettare una grossa ammenda pecuniale. i Assegnavasi ancora in quelle carte di libertà la durazione del servigio militare che ciascuna terra dovea prestare al conte ed i confini entro ai quali si dovea prestare. Così per esempio il comune di S. Branchier dovea servir per un mese in tutto il vescovado Sedunense, e intorno al lago sì veramente, che da quello non si dilungassero più d’una giornata di cammino. Il comune d’Evian dovea il medesimo servigio ne’ vescovadi di Ginevra , Losanna e Sion; finito il mese, se il Conte volea trattenerli dovea far loro le spese (1). Determinavansi eziandio i confini della terra franca, che ad Evian correa lo spazio di dugento tese intorno alla villa ; largivasi pure al comune l’uso di pascoli e di boschi; ma il nerbo e la sostanza di tali franchezze si facea consistere in ciò che un borghese non potesse essere imprigionato ad arbitrio degli ufficiali del Conte. Perciò d’ordinario si stabiliva che nissun borghese potesse esser tratto prigione quando trovasse chi rispondesse per lui, fuorchè fosse. omicida , ladrone , traditor manifesto , o falsario ; o reo in somma di misfatto capitale. Così nelle carte di libertà di S.:Bran- cherio e di Tonone, ed in quella d’Evian (2). Qualche volta an- (1) V. i documenti N. 5 e 6. (2) Nella carta di libertà già mentovata di S. Lorenzo del Ponte si legge: Infra terminos Franchesie dicte ville nullus debet capi quamdiu paratus fuerit stare juri nisi latro sit aut traditor vel talis qui penam meruerit corporalem. In quella di S. Branchier si legge : Yo- lumus et concedimus quod nullus capi debeat nec eciam detineri per personam in villa S, Brancheri vel infra ipsius ville Franchesie terminos infrascriptos quamdiu. paratus. fuerit eum effectu ydonee cautionis de stando juri in curia nostra nisi sit latro homicida vel pro- ditor manifestus vel aliud enorme delictum perpetraverit pro quo meruerit sentenciam ca- pitalem. Item quod nullus capiatur per personam vel detineatur nisi pro maleficio et tune si paratus est dare fidejussorem de parendo juri non capiatur nege detineatur nisi pro enor- DELLA MONARCHIA DI SAVOIA YI cora si dichiarava che niuno potesse esser tratto in giudicio fuor della terra di cui era borghese, salvochè fosse trovato nel luogo del contratto (1). Opportunamente nella concessione di tali privilegi s'aggiungeva la correzione degli abusi che l'avidità degli agenti fiscali aveva intro- dotti, come di levar la tassa detta delle tese anche per le case disabitate; d’occupar i beni di quelli che a torto od a ragione sospettavano essere stati, vivendo, prestatori ad usura; e dove al Conte competeva, come a Susa, la tutela de’ pupilli e delle vedove delegarne il nobile ufficio a chi profferiva più moneta. Onde il sovrano espressamente dichiarava non esser dovuta la gravezza delle tese per le case disabitate (2); non doversi occupare i beni degli usurai, ed in certi luoghi doversi solamente occupar quelli degli usurai manifesti (3). Ed in quanto alla tutela de’ Segusini le parole della carta del 1233 son queste: « L’uso de’ Segusini è tale, che « le vedove e gli orfani sieno sotto la nostra tutela perchè ne sia « difeso e non manomesso l'avere. Il tutore nominato per testa- « mento eserciti quietamente il suo ufficio secondo la volontà del « testatore. Se alcuno preoccupato da morte non avrà dato tutore « a suoi figliuoli, siccome la tutela di questi a noi appartiene , mibus delictis et manifestis ut superius dictum est — Nella carta di libertà di Tonone con- fermata da Odoardo nel 1324 si eccettua solo colui che tale et tantum delictum videretur commisisse ex quo mors vel membrorum mutilatio deberet inferri. Ne’protocolli del notaio Rejnaudi. Arch. Cam. (1) Carta di libertà di Chatelard en Bauges conceduta da Amedeo V nel 1301. Areh. Cam. (2) Carta di confermazione deHe franchezze di S. Maurizio d’ Agauno del 3 di febbraio 1324. Protocolli del not. Rejnaudi. Arch. Cam. (3) Preterea nos dictus comes et dictis nostris burgensibus concedimus in perpetuum pro nobis et successoribus nostris quod in usurariis manifestis et non manifestis sive decedant testati sive non qualitercumque et quocumque loco decedant de rebus et bonis ipsorum nichil possimus ratione exercitit usurarum ullo tempore exigere vel habere nec in vita nec in morte, nec post mortem ipsorum sed eorum res , et bona deveniant ad heredes et propin- quiores eorum. Carta di libertà di S. Lorenzo del Ponte. Un privilegio così largo si trova tuttavia raramente conceduto. 92 DELLA FORMA « volendo accrescere in eiò la libertà de' Segusini promettiamo so- « lennemente di conferirla secondo il consiglio degli amiei delta « famiglia a coloro ch’essi riputeranno più abili a sostenerla.» E postochè ci siam condotti a parlare di questa notevolissima carta di libertà, ci giova ancora riferirne tm'altra singolar concessione : « Se alcuno farà prigione in guerra (così lo statuto) un villano, o « un donzello, un pedone, od un saettatore di qualunque condi- « zione sia, rimanga in suo potere con tutto il bottino che avrà « fatto in tal occasione; d’un cavaliere abbia il cavallo e le armi « coll’altra preda che avrà fatta, ma ne renda a noi la persona. » (1) Per mezzo di queste carte di franchezza, con liberal enore dai sovrani di Savoia concedute, e massime da Tommaso, da Amedeo IV, da Pietro, da Filippo e da Amedeo V, venne a formarsi un altro importante ceto di sudditi, che seguitava allato allato quello de’ nobili, che fu sovente utile alfa potenza del Conte, e che non abbracciò mai consigli contrari alla dignità della corona. E siccome i privilegi di cui godeano i borghesi dovean renderne molto desiderata la condizione, erano eziandio definiti it tempo e la forma con cui st potea dagli strani acquistare nella terra libera il dritto di naturalità ; ed era la dimora d'un anno e un dì senza richiamo del loro antico signore, al che in altri luoghi s’aggiun- geva l'obbligazione di comprar casa e beni della valuta che veniva assegnata. Nè mancano esempi di persone ricevute dal Conte in suoi uomini e comborghesi di qualche terra; come di Nicoleto Beccuti a Rivoli nel 1323, d'Andrea Dargil a Lompnes nel 1357; e talora questo privilegio si concedeva a tempo; e per due soli anni ottenne l’uso delle franchezze d’Avigliana Filippo di Bulgaro, cittadino d'Ivrea, nel 1386 o 87 (2). (1) Storia di Chieri tom. 1. 675. (2) V. il documento num. 7. Conti di Giovanni Ravays cancelliere di Savoia; e di Gi rardo Destres altresì cancelliere di Savoia. DELLA MONARCHIA DI SAVOIA 93 Prima di por termine a questa materia non voglio tralasciar di ricordare un nobilissimo statuto che si legge nella carta di fran- chezza di Chatelard en Bauge il quale dice così: « Se un ricco « contenderà con un povero il comune sarà tenuto di dar consi- « glio al povero. » 15. La contea di Savoia cogli stati arinessi solea trasmettersi di maschio in maschio per ordine di primogenitura. Nel secolo XI Pietro ed Amedeo figliuoli d'Adélaide ne tennero forse insieme la signoria, ma essa rion fu mai divisa, é le baronie che se ne spic- carono per contentare qualche principé collaterale furono date in feudo movente dal diretto dominio del conte di Savoia e coll’obbligo dell’omaggio ligio (1). Il titoto di primogenito era talmente cousi- derato come un titolo di maggioranza, che non solo gli uomini, ma perfin le donne ne facean uso; e Biarica moglie d’Odoardo s’intito- lava primogenita dell’illustre uomo Roberto duca di Borgogna (2). L'esclusione delle femmine fu similmente sempre osservata, onde alla morte d’Odoardo non furono accettate le domande di Giovanna duchessa di Brettagna sua figliuola, e la corona passò ad Aimone suo fratello, perchè tale era l’antica osservanza della contea, e per- chè così aveva ordinato; come vedremo, Amedeo V. Del rimanente Vesclusione delle femmine finchè durano i maschi è cosa altamente comandata dall’interesse de’ popoli, alla felicità de’ quali conferisce moltissimo l'aver un principe di stirpe usata ab antico a governarli, nato e cresciuto fra loro, imbevuto de’ loro (1) E così pure il dotalizio delle contesse di Savoia. Nelle lettere testimoniali d’ Anselmo vescovo di Moriana e di Falco vescovo di Grenoble date nel 1268 in occasione delle diffe- renze insorte tra Cecilia del Balzo vedova d’Amedco IV e Pietro conte di Savoia rispetto al castello di Monmegliano sta scritto: Item consuetum erat in domo Sabaudie quod domine viris suis . . . ( lacuna; forse defunctis ) licet dotalicia sua haberent et tenerent fidelitates iamen domini comites habebant et tenebant. Arch. Cam. (2) Convenzione tra Odoardo conte di Savoia, Aimone suo fratello, e Bianca contessa di Savoia del 5 marzo 1324. Arch. Cam. Protocollo num. #. 94 DELLA FORMA usi, de’ loro costumi,,e fin de’ loro pregiudizi medesimi. Onde l’ab bate di S. Ramberto. facendo nel 1196 donazione del castello di Cornillon a Tommaso illustre conte di Savoia , gli proibiva di se- pararlo dalla contea, o con darlo in dote alle figlie o in altra guisa (1). Ma non sempre, invece fu atteso l'ordine della rappresentazione, perciocchè nel 1263 Pietro succedette a Bonifacio a pregiudizio di ‘Tommaso suo nipote: e nel 1285 Amedeo V occupò il trono a pre- giudizio di Filippo, che fu poi principe d’Acaia. Ond’ebbe poi gran cura di far inserire nella forma del giuramento di fedeltà la pro. messa d’'obbedire ad esso non meno che a’suoi legittimi discendenti (2). Questo principe consapevole de travagli che gli avea suscitati l'esclusione di Filippo per cui avea poi dovuto dismettergli il Pie- monte, volle, finchè gli durava il tempo, regolare l'ordine della sua successione. Onde chiamati a se Odoardo ed Aimone suoi figliuoli assegnò a quest'ultimo la terra di Baugé ed altri feudi e signorie per tenerle in nobile baronia ed in feudo ligio, coll’obbligo della fedeltà e co’ servigi consueti verso il conte di Savoia; dichiarò che, mancando Odoardo, senza figliuoli, la contea colle sue appartenenze dovesse passare ad Aimone, e che le figlie si maritassero nobil- mente con dote proporzionata al loro stato, in danaro e non in beni; che mancando altresì Aimone senza prole maschia, la corona dovesse trasferirsi a quel maschio del nome e del sangue di Savoia che sarebbe designato da lui o da Odoardo 0. da-Aimone ; e che le femmine fossero dotate convenientemente in danaro. Queste savie disposizioni d’Amedeo V furono compiutamente ese- guite, e siccome Odoardo dal suo matrimonio con Bianca di Bor- r gogna non avea che una figlia che fu poi duchessa di Brettagna , (1) V. il documento num. 8. (2) Per esempio il vicario di Torino prometteva di tener fedelmente il castello munito di otto sergenti e di due guardie, e di non consegnarlo nisi prefato domino nostro comiti aut ejus mandato et heredi ab ipso ex recita linea descendenti. Conto di Freylino Loyra chia- vario di Torino 1291-1292. Arch. Cam. | Ì DELLA MONARCHIA DI SAVOIA 95 già durante il suo regno le fedeltà de’ vassalli prometteano obbe- dienza a lui ed a’ suoi discendenti maschi, e mancando questi ad Aimone ed ai discendenti maschi d'Aimone (1). Ebbe questi due figlinoli Amedeo e Giovanni, e nel testamento fatto l’undici di giugno 1343 ordinò che la contea di Savoia si trasmettesse ad Amedeo suo primogenito ed ai discendenti maschi di lui; ed in loro mancanza a Giovanni ed a’ suoi discendenti ma- schi, ai quali sostituì ancora Ludovico di Savoia signor di Vaud, ed a questo Amedeo conte di Ginevra, con evidente pregiudizio del Jato de’ principi d’Acaia (2). Finalmente Amedeo VI nel suo testamento del 27 febbraio 1383 volle ed ordinò in conformità delle disposizioni de’ suoi predecessori che, finchè saranno figliuoli maschi della stirpe e del nome de’ conti di Savoia non vengano mai chiamate a succeder le figlie (3). (1) V. il documento num. g. (2) Guichenon hist. généal. preuves. (3) Guichenon preuves de l’hist. géncal. 220. ni ai | co ì suovsa fa pina iti an — —-* set‘ orts014sttro (Ndr (RDS ‘af ori ‘cinta Wa fib isastimp ‘obra terni ‘(Ends i: sbidbocib forme ii ES a, x?) sind tb totem Triobrobzih db bolli. cotta iogià sub’ iràsip” Sage ENT! ofen ia ibi inibonte vote AI Um olpamieiast fano vintisyoio” s i: giovs@ ib Basmo0 af'9do' gaibio 1 F; 3 b , ta LL ® £ r 1. F + è LAB 14 2448 | ina hbiaohib b854 fat olii sort, usa dsl vota ua sesnititzdit inpobritsozib foue nba ibaeroit ‘ftasò ieri Gia) sti bg , u0P Gb so0gie riovs@ ib coitobmb siootta findisàbà “tatipiio io: ab visi biria9 it) gttsnhiro sto) “Pivot ih stadd'asffonit vidas d è Da a k (eY'einal'W igloo bosa! 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Castellanie Voyronis, Sancti Laurentii, Pontis Bellivicini, S. Ge- nesii, insule de Ciers, Dolomiaci, Yenne et Chamiati. ‘Bailiva Viennesii. Castellanie de Chabouz, coste S. Andree et Boczoselli, S. Johan- nis de Bornay, Septimi, S. Georgii Sperenchii, Fallarvii et_ Vui- pillerie, S. Symphoriani, Aziaci, Johannages. Bailiva Burgi. Castellanie Burgi, Coloigniaci, Trefforcii, S. Stephani, Jasseronis, Bohemencii, Sancti Andree, Pontis Yndis, Ambroniaci, S. Germani. Bailiva Beugesii. Castellanie S. Raguemberti, Lonpnarum, Rosseillonis, Saysselli, Balonis, Aye et Cluse. Bailliva Chablasii. Castellanie Gebenne, Versoye, Aquarie, Alingii et Thononis, Aquiani et Fisterne , S. Mauricii Agaunensis, Saxonis et Intermon- cium, Conthegii et Saillionis, Chillionis, Turris Viviaci, Viviaci , Castri S. Dionisi in fruencia , Perniaci, Mureti. Bailiva vallis Auguste. Castellanie Castri Argenti, Auguste, Bardi et Donacii, Montis- alti, Ypporigie. Bailiva Vallis Secusie. -Castellanie Secusie , Avillanie , Rippolarum. 100 DELLA FORMA LE Patti deditizii della città d'Ivrea. (15 novembre 1313) Dal libro delle convenzioni della città d’Ivrea. In nomine Domini amen: Infrascripta sunt pacta et conventiones facta et celebrata inter illustres dominos nostros Amedeum comitem Sabbaudie et Philip- pum de Sabaudia Principem Achaye per se et eorum heredes ex una parte et comune et. homines civitatis Yporegie ex altera anno millesimo tricentesimo decimo tertio die decimoquinto novembris. In primis quod dicti domini et eorum heredes et successores vel alterius ipsorum masculi et ab eis legitime descendentes amodo in anthea perpetuo habeant et habere debeant dominium et segnoriam merum et mistum imperium et omnimodam iuridictionem civitatis Ipporegie districtus et pertinentias eiusdem et exercitium predicto- rem super dicta civitate districtu et pertinentiis in personis et su- per personas quascumque dicte civitatis iuridictionis districtus , et pertinentiarum que nunc sunt et fuerint in futurum per se vel nun- tios eorundem. Item quod predictum comune et universitas sive eorum sindici eor. nomine et omnes credendarii nomine ipsorum comunis uni- versitatis et singularum personar. et singulares persone ipsius civi- tatis iurent et iurare debeant ad Sancta Dei Evangelia tacto libro © fidelitatem dictis dominis recipientibus pro se et heredibus suis predictis: et quod a modo in anthea erunt fideles ipsis dominis et eorum heredibus ut supra. et quod attendent et observabunt omnia et singula capitula : que in forma fidelitatis nova et veteri continentur. Item quod predicti domini vel aliquis eorum offitialis vel nuntius non possit imponere excutere capere vel exigere a comuni Ippo- regie vel aliquibus singularibus personis ipsius civitatis vel districtus DELLA MONARCHIA DI SAVOIA. TOI aliquod fodrum taleam collectam vel impositionem quocumque modo censeatur propter supra vel infra sibi concessa nisi de eorum quo- rum negotium tangeret procederet voluntate nec aliquid aliud: Et ita tamen quod non obstante fidelitate predicta iamdicti cives et districtuales possint de possessionibus suis vendere alienare et con- trahere sicut ante faciebant. Salvo et reservato predictis dominis et eorum heredibus ut supra mero et misto imperio : et iuridictione predictis. Item quod predicti domini et eorum heredes ut supra habeant et percipiant perse vel per alium seu alios omnia et singula banna et condemnationes sportulas. et iudicaturas. que haberi percipi ei exigi poterunt et debebunt ratione meri et misti imperii civitatis Ipporegie in districtu et pertinentiis predictis in rebus ac personis quibuscumque et gabellam salis cum pedagio salis consueto : que gabellatura est solid. II imperial. pro quolibet stario salis et pe- dagium denarior. decemocto pro quolibet stario ac pedagium grani et aliarum rerum quod consuevit percipi ad portam de fontana et pedagium porte bardi consueium pedagium molarum consuetum et pedagium equorum nuper impositum per bone memorie dominum henricum septimum Romanorum Imperatorem: et predicta exer- ciant et exerceri faciant predicti domini et administrari per quos- cumque voluerini prout ipsorum fuerit voluntatis : Eo acto quod iu civitate Ipporegie non possit aportari sal nisi ad gabellam ipsorum dominorum. Nec etiam alibi per civitatem vel districtum Ippore- gie : Et qui contrafecerit ipsum salem et bestias defferentes perdat: Et ultra hoc sollidos LX Imperiales pro bamno qualibet vice et quolibet stario. Et plus et minus pront a predictis dominis solvere compellatur. Item quod nulla persona possit emere vel vendere sal ad gros- sum nisì in dicta gabella et exercitariis vel ab exercitatore dando et solvendo exercitatori sive gabeliatori dicte gabelle pro uo- libet stario' sollidos duos imperiales. pro gabellatura denarios de- cemocto imperial. pro pedagio cujuslibet starii prout debei et 102 A DELLA FORMA consuetum est solum pedagium. Et plus et minus prout rata majo- ris et minoris mensure. Et pro predictis gabellatura et pedagio teneatur ipse exercitor dum in gabella salem habuerit volentibus emere vendere et traddere dummodo ementes secum de pretio sint concordes. Hoc acto quod quicumque contrafecerit nomine pene solvat pro qualibet vice et quolibet stario sollidos LX Imperial. et merchandiam perdat una cum bestiis eam defferentibus: que pena merchandia et bestie predictis dominis aplicentur: eo salvo quod non obstantibus predictis quilibet civis Ipporegie fouens larem in ipsa civitate et subditus et habitans in districtu Ipporedie possit et sibi liceat impune emere adducere seu adduci facere ad do- mum suam pro suo proprio usu et domus atque familie sue salem sibi necessarinm ad utendum et non merchandum vel aliter alie- nandum sine aliqua gabellatura vel pedagio inde solvendis. Et qui- cumque in hiis fraudem comiserit merchandiam et bestias deffe- rentes perdat et bamnum sollidorum LX Imper. solvat pro qualibet vice et quolibet stario : et plus et minus secundum mensure quan- titatem. quequidem predictis dominis aplicentur: Item quod cives et habitantes in civitate Ipporedie et suburbiis Ipporegie non obstantibus predictis possint et eis liceat in Ippo- regia et suburbiis vendere salem ad minutum dummodo ipsum sa- lem emant et accipiant in gabella et a gabellatore predictis sol- vendo gabellaturam dicti salis scilicet sollidos duos Imperial. pro quolibet stario salis prout superius est expressum et dummodo ad minutum vendatur et extra civitatem Ipporedie non portetur. Item quod non obstantibus omnibus supradictis vel aliquod pre- dictor. cives Ipporedie videlicet dominus ebalius domini de vallexia, cet de ponte sancti martini possint ducere et duci facere de civi- tate Ipporedie et districtu sine pedagio aliquo solvendo secondum eorum pacta quolibet anno star ocligentos grani videlicet dominus: eballus staria quattuor centum et domini de vallexia et de ponte sancti martini star. quattuor centum ad mensuram Ipporegie. Item quod eo acto, quod per predicta vel aliquod predietor. non: DELLA MONARCHIA DI SAVOIA 103 fiat preiuditium alicui civi Ipporegie in eius iurisdictione, mero et mixto Impio et alijfs honorentiis que et quas haberent extra dictam civitatem in districtu in aliquibus terris et possessionibus seu ho- minibus. et in omni -suo jure remaneant ipsi cives spetialiter in iuridisct® quam habet dominus petrus de soleriis vice comes in bayo qui habet juridictionem merum et mistum imperium in ho- mines bay de omnibus contractibus vel quasi ut malefitiis vel quasi que fierent vel committerentur inter predictos homines de bayo in ipso loco et poderio bay. de quibus dicti domini vel aliquis rector Ipporegie non possint se intromittere sed ipsi domino petro et suis heredibus remaneant pleno iure. Item quod comune Ipporedie possit et sibi liceat facere et con- dere singulis annis quandocumque eis videbitur statuta et alias or- dinationes et reformationes dummodo non sint contraria sive con- trarie repugnantes seu repugnantia pactis presentibus vel infra- scriptis nec fidelitati seu fidelitatis capitulis facte vel fiende eisdem per dictum comune et singulares homines civitatis Ipporegie et districtus et idem domini et eorum vicarii offitiales et rectores qui fuerint pro tempore teneantur ipsa eorum statuta ordinationes et reformationes tam factas quam fiendas observare et facere observari. Item quod comune Ipporegie per duos menses ante exitum re- giminis vicarii precedentis possit elligere sibi vicarium quolibet anno secundum modum infrascriptum videlicet quattuor de terra subditos dictorum dominorum vel alterius ipsorum et obedientibus eis. et ipsi domini unum ex dictis quattuor ellectis concorditer nominatis teneantur dare et confirmare dicto comuni quem volue- rint dicti domini. et si infra octo dies introitus primi mensis di- ctorum duorum mensium non nominaverint concorditer quattuor , tum predicti domini tamquam domini dent et ordinent eis vica- rium quem voluerint dummodo sit miles vel castellanus vel de ge- nere millitum vel bonus civis vel persona nobilis. et si dicti quat- tuor sic ellecti nominati ipsum regimen recipere recusarent tune comune Ipporegie possit iterum alios nominare secondum predictam 104 DELLA FORMA formam et teneantur dare ipsi domini dicto Vicario pro suo salario unius anni libras sexcentum Imperial. ad minus pro quibus teneatur ipse vicarius tenere unum millitem sive sotium et duos bonos iu- dices citramontanos et familiam condecentes. - Item quod predicti domini teneantur expensas infrascriptas fa- cere atque salarium rectorum et salarium iudicum collegii videlicet sollidos XX. Imperial. pro quolibet iudice collegi quolibet anno in nativitate domini servitoram nuntiorum’ et preconum et aliorum offitialium curie et regimini necessariorum. et ultra hec teneantur dare singulis annis predicto comuni libras centum quinquaginta Im- perial. bonorum pro expensis necessariis ejusdem comunis et ely- mosinis fatiendis. eo acto quod si comune Ipporegie mitteret ali- quotiens ambaxiatores vel nuntios ad. mandatum seu requisitionem dominorum predictorum vel alterius ipsorum teneantur dicti domini solvere eis salarium consuetum pro expensis. Item quod quilibet vicarius qui fuerit pro tempore eius miles et iudices si cum eo venerint in eorum adventu antequam descen- dant de equis teneantur iurare ad Sancta Dei Evangelia eorum re- gimen, facere et complere secundum formam pactorum supradicto- rum et secondum formam statutorum comunis Ipporegie factorum et fiendorum, et omnia ipsa statuta observare et observari facere bona fide et non contrafacere vel venire. que statuta non sint con- traria vel repugnantia pactis predictis vel fidelitati predictorum do- minorum ut superius est expressum: et in deffectu statutorum secundum iura comunia et bonas consuetudines predicte civitatis Ipporegie. et si miles aut iudex non venerint cum vicario quando venerint jurare teneantur quotiens fuerint requisiti non obstante predictis seu aliquot predictorum. Item quod predicti domini ordinent et ponent in dicta civitate clavarium quem voluerint et alios offitiales necessarios dicto comuni pro facto suo et notarios iusticie et maleficiorum possit idem comune more solito ordinare: liceat tamen vicario qui pro tempore fuerit si aliquem notarium insufficientem ad malefitia esse cognoverit vel DELLA MONARCHIA DI SAVOIA 105 invenerit. alium sufficientem ponendum illa vice usque ad novam ellectionem sequentem. qui clavarius recipiat proventus et redditus ad dictos dominos expectantes in dicta civitate et districtu. et qui iuvet solvere salaria superius memorata et predictas libras centum quinquaginta Imperial. ut est dictuam. Nec habeat clavarius vocem procuratoris ut est dictum sicut hactenus consuevit. . Item quod predictum comune Ipporegie et homines Ipporegie et suburbiorum villarum et districtus eins teneantur et debeant ire in exercitu et cavalcata predictorum dominorum vel alterius ipso- rum per spalium viginti quattuor dierum numerando primum an- num a die conventionis presentis computalo in viginti quattmor diebus predictis tempore eundi ad locum et redeundi de loco ubi exercitus vel cavalcata per ipsos dominos vel ipsorum alterum fuerit assignatus. Hoc acto quod qualibet die eundi et redeundi XV. mi- liaria computentur. et hoc teneantur facere predicti homines et comune pro medietate comunis. et ire in predictos exercitus ad petitionein dominorum vel rectorum eorundem expensis ipsius co- imunis et hominum vel alterius ipsorum per quadraginta miliaria completa a civitate Ipporegie computanda et citra montes. Vltra montes avitem videlicet montes Iovis et colopne Iovis et montem cinixium nec ultra quadraginta milliaria ire in exercitu cogi vel compelli non possint. et intelligantur pro medietate comunis in predictos exercitus et cavalcatas ire si medietas capitum domorum vel focorum vel eorum qui familie presunt iverint personaliter vel Gilium fratrem nepotem vel alium bonum clientem bene armatum miserint loco sui. et si per aliquos dies minus quod dietos visintiguattuor ad petitionem dictorum dominorum vel alterius ipsorum semel vel plu- ries in exercitus vel cavalcatas ipsorum (iverint) teneantur nihilomi- nus ad suplementum, usque ad perfectionem viginti quattuor dierum superius iamdictorum. Hoc acto et quod si predictum comune et homines non fuerint requisiti per dictos dominos vel eorum alterum vel nuntios eorum ad predictos exercitus vel cavalcatas accedere vel etiam requisiti predictorum dierum numerum non compleverint non Tomo xxxvr. 14 106 : DELLA FORMA possint per dictos dominos vel eorum nuntios compelli in sequen- tibus annis de co quo de dictis viginti quattuor diebus in toto vel in parte anno preterito non servivissent. Predictis autem viginti quattuor diebus teneantur predictum comune et homines pro me- dietate ut supra dictum est ipsorum propriis expensis ipsis dominis pro jure et in. corum exercitu ire continue et interpolate prout ipsorum dominorum fuerit voluntatis usque ad complementum di- ctorum viginti quattuor dierum. Item quod dicti domini teneantur civitatem Ipporedie et distri- ctum et omnes eius cives habitantes et districtuales ipsius civitatis et omnia bona et iura Ipporegie ubicumque sint gubernare salvare et deffendere manutenere et pro eis facere pacem et. guerram et etiam recuperare et recuperari facere suo posse et bona fide omnia iura dicte civitatis Ipporegie et singularum personarum. Item quod predicti domini et eorum heredes ut supra habeant in perpetuum et iuste teneant et possideant atque custodiant ca- strum bolengi cum pertinenuis et iuribus eiusdem castri eorum propriis expensis ita tamen quod castellanus qui pro tempore fuerit in ipso castro vel qui custodiam ipsius castri habuerit teneatur promittere et iurare quod nihil ab hominibus ville bolengi indebite exiorquerit nec per suos fieri vel extorqueri permittet sed eos et eorum bona et civium Ipporegie et aliorum qui in dicto loco et ipporegiensi districtu habent possessiones et bona gubernabit et custodiet bona fide. i Item quod dicti domini non possint mittere, ducere vel duci facere aliquos cives vel habitantes Ipporegie ad aliquem locum in obsides nec ipsi teneantur nec compellantur nec et eos constrin- gere nisi iusta causa et vera subesset vel iustitia suaderet. Item quod predicti domini possint facere et fieri facere et hedi- ficare castra unum et plura et fortalicias in civitate Ipporegie et extra in districtu ubicamque voluerint super terreno comunis Ipporegie expensis ipsorum dominorum sine pretio aliquo dando pro solo, et etiam super solo hedificato singularum personarum — DELLA MONARCHIA DI SAVOIA. 107 dummodo de pretio ipsius soli conveniant cum domino dicti soli et aliter non. Item quod predicti domini non possint in civitate Ipporegie vel districtu aliquas possessiones que sint in contentione inter aliquas personas dicte civitatis vel districtus acquirere emere vel per do- nationem aliquar vel alio quocumque modo recipere vel retinere nisi de vendentium et concedentium donantium et alienantium fieret voluntate. Et tunc teneantur ipse res sic alienate subire comunis onera prout debent. Item quod dicti domini teneantur et. debeant suo posse et bona fide facere et curare quod omnes discordie que sunt et essent pro tempore inter homines civitatis Ipporegie se- dentur. Et quod inter ipsos fiat pax et concordia et quod ad pre- dicta facienda ipsos compellere possint sub certis penis et bannis et aliis remediis ad eorum liberam voluntatem. Et hoc consilio trium bonorum hominum pro qualibet parte elligendorum. Item quod predicti domini et eorum vicari res possessiones et iura proprietates possessionis et quecumque alia ubicumque sint dicti. comunis et singularum personarum bona fide et suo posse teneantur et debeant manutenere deffendere et recuperare a qua- cumque persona si contra ius ammissa sint vel ab aliis detinerentur vel de cetero admitterentur vel invaderentur. Et super hiis exibere iustitiam quam brevius poterint summarie et de plano et dicto comuni atque.cuilibet singulari persone dicte civitatis dare favorem et ad cea recuperanda auxilium et iuvamen. Item quod dicti domini et eorum vicari in dicta civitate te- neantur reddere. ius in palatio comunis tantum. Et intelligatur ipsum palatium ubi dicti domini duxerint ordinandum. Item actum est quod a modo in anthea in perpetuum non fiat nec possit fieri in credentia Ipporegie aliquod partitum ad fabas vel alter asconssum seu privatum pro aliquibus rebus seu negotiis tangentibus ipsos dominos vel ipsorum aliquem seu negotia eorumdem. Item quod omnia pacta et conventiones predicte intelligantur esse facte salvo jure domini epi Ipporegiensis in fidelitatibus si 103 DELLA FORMA quas sibi debent singulares persone civitatis predicte pro aliquibus possessionibus scu rebus et iuribus quas singuli tenere reperirentur ab codem ita tamen quod non obstantibus fidelitatibus domini epi semper primitus ad fidelitatem dictorum dominorum et eorum he- redum teneantur. Item quod predicti domini teneantur homnes banitos futuros civitatis Ipporedie pro maleflitiis tenere similiter banitos per totam corum terram et ipsos capere seu capi facere ad petitionem omnium quorum intererit et de eis facere quod iusticia suadebit. Item quod omnia et singula pacta suprascripta et infrascripta non possint diminui mutari vel aliter infringi directo vel indirecto ingenio vel aliquo modo in damnum vel preiuditium dictorum do- minorum vel heredum suorum vel comunis Ipporegie vel alierius ipsorum. Item quod predicti domini comes et princeps et dominus Edoar- dus dicti domini comitis primogenitus iurare debeant corporaliter ad Sancta Dei Evangelia omnia supra et infrascripta pacta et con- ventiones attendere et observare et attendi et observari facere suo posse et bona fide et non contravenire aliquo modo vel ingenio. Et idem iuramentum fiat et renovetur in mutatione cuiuslibet do- mini per quemlibet eorum successorem et similiter comune et ho- mines Ipporegie teneantur facere et renovare iuramentum fidelitatis in qualibet mutatione domini novi: Que ommia et singula predicti domini comes et princeps et dominus Edoardus ex una parte pro se et eorum heredibus: et iamdicti sindici eorum nomine et vice et nomine totius comunis Ipporegie et singularium personarum dicte civitatis et corum heredum iuraverunt ad Sancta Dei Evangelia corporaliter tacta attendere et observare ommi tempore et contra mon venire sed ea inviolabiliter observare. Amedeus ‘comes sabaudie dux chablaysy et anguste in italia marchio ac [princeps. Universis presentes litteras inspecturis. Rey geste prospere noticiam cum salute. Nuper pro. parte dilectorum DELLA MONARCHIA DI SAVOIA. 109 fidelinm nostrorum comunis et hominum miversitatis et loci nostre civitatis Ipporedie facta nobis oretenus supplicatio continebat. Qua- tenus pacta conventiones statuta et capitula ac libertates et pre- vilegia sibi hactenus cum eis facta et inhita ac sibi datas et data concessas et concessa per quondam inclite recordationis dominum Amedeum comitem sabaudie dominum et genitorem nostrum ca- rissimum eisdem dignaremur benigne et favorabiliter confirmare. Nos itaque auditis supplicatione et requisitione predictis dictos ho- mines eb comune ac districtuales ipsius civitatis desiderantes tam- quam nostros caros homines et fideles ceteris precaros favorabiliter pertractare attentis sincere dillectionis affectibus quibus eisdem in nobis possibilibus cogimur et volumus favorabiliter respondere que- rentes et merito ut per supplicatorum nobis predictorum concessionem ipsa civitas cum districtu laudabilia suscipiat incrementa ex nostra recita scieniia non inprovide nec per errorem super infrascriptis prehabita deliberatione matura pacta conventiones statuta capi- tula franchisias libertatos et privilegia per quondam inclite recor- dationis dominum dominum Amedeum comitem sabaudie genitorem nostrum carissimum ipsis supplicantibus alias confirmatas et confir- mata concessas et concessa et inhita cum eis per cundem pro nobis ac heredibus et successoribus nostris tenore presentium laudamus approbamus confirmamus et omnino rattifficamus iuxta et secundum ipsorum et ipsaram et cuiuslibet corundem formam seriem conti- nentiam et effectum. Tpsas cumque et ipsa ac omnia et singula in eis contenta per iuramentum nostram ad Sancta Dei Evangelia propter hec corporaliter per nos prestitum et sub nostrorum obli- gatione bonorum quorumcumque dictis hominibus et comuni ac di- strictui heredibus et successoribus eorundem servare attendere pro- mittimus im suis singulis partibus et non contrafacere vel venire omni iuri actioni condictioni benefitio previlegio consuetudini et statuto quo et quibus simul vel divisim contrafacere vel venire pos- semus tenore presentinm renuntiantes expresse. Universis et sin- gulis capitaneis baylivis potestatibus iudicibus castellanis et aliis IIO DELLA FORMA offitialibus iusticiariis nostris presentibus et futuris mandantes expres- sius per presentes quathenus predicta omnia et singula in presentibus nostris litteris declarata et comphensa prefatis hominibus et comuni ac heredibus et successoribus Ipporegiensium et cujuslibet eorundem servent attendent et attendi et observari ab omnibus fatiant bona fide et inviolabiliter cum effectu. Nihil in contrarium attemptando seu fieri vel attemptari patiendo per aliquem quovis modo. Datum Thaurini die XIIII decembris anno domini millesimo tricentesimo octagesimo quinto cum nostri proprii appensione sigilli in premis- sorum robur et testimonium veritatis. Per dominum presentibus domino ybleto de chalant capitaneo pedemontis et petro gerbasy. UNI. Convenzione di Pietro Vescovo di Losanna con Amedeo Y Conte di Savoia ed Odoardo suo figliuolo. { 17 giugno 1316) Dai protocolli del Notaio Reinaud. Arch. Cam. Nos Guillelmus de castellione miles ballivus gebennesii et cha- blasii pro illustri et potenti viro domino Amedeo comite sabaudie; Bertholomeus abbas s. mauricii. aganensis; Iohannes praepositus montisiovis ; Guillelmus prior Lustriaci; Tolannes de bagniolo miles castellanus. chillionis; Bellio de Mari iudex gebennesii et chablasii pro eodem domino, comite et castellanus s. mauricii aganensis; et Reymondus de Festerna castellanus turris de perz consiliari do- mini comitis memorati notum facimus universis quod cum societas et confederatio contracta fuerit super iurisdictione mero et mixto imperio civitatis Lausane et vallis Lustriaci inter Reverendum in Xpo patrem dominum Petrum. dei gratia episcopum Lausanensem et nos nomine et ex parte illustris principis domini Amedei comitis predicti et domini Eduardi eius fili et super mutuis auxiliis inter se faciendis, ad vitam ipsorum dominorum comitis et Eduardi tan- tummodo et non ultra. Nos omnes supradicti et quilibet nostrum DELLA MONARCHIA DI SAVOIA TUPCRI: promitiimus bona fide dicto dno episcopo nos curaturos et facturos quod domini comes et Eduardus predicti observabunt facient et attendent domino episcopo Lausanensi suisque successoribus ac ca- pitulo civibus et habitatoribus civitatis Lausanensis et vallis Lustriaci articulos infrascriptos et de observatione predictorum dabnnt et concedent dno episcopo capitulo civibus. et habitatoribus litteras sigillis suis sigillatas ipsos articulos una cum toto tenore litere super societate et confederacione predictis interipsos dominos epi- scopum comitem et Eduardum confecte continentes; qui quidem articuli suni hii. In primis quod dicti dominus comes et dns Eduar- dus tenentur prestare auxilium consilium et favorem contra omnes suis propriis sumptibus et expensis et eciam contra suos ad recu- perandum et defendendum iura et iurisdicionem quecumque sint et res ecclesie Lausanensis episcopi capituli civium et habitatorum predictorum ecclesie episcopo capitulo civibus et habitatoribus supra- dictis; item quod dicti dominus comes et dominus Eduardus non possunt edificare castrum seu domum fortem in locis predictis seu iurisdictione temporali dictorum domini episcopi capituli et ecclesie Lausanensis nec oflicium seu aliquam iurisdictionem vel dominium acquirere vel instituere; item cum ipsi dom. comes et dom. Eduardus debeant habere ad vitam suam tantum medietatem omnium fruciuum obvencionum et financiarum eschetarum ratione delicti obveniencium propter datam provicxionem meri et mixti imperii et omnimode iu- risdictionis et dominii temporalis civitatis Lausanen. et suburbiorum et vallis Lustriaci excepta castellania et parochia s. symphoriani et de Gleronla et excepto iure monete Lausanensis predicti dnus comes et dnus Eduardus debent quemdam deputare nomine epi- scopi et ecclesie Lausanensis ad exercendum dictam iurisdictionem in locis predictis qui non sit nec fuerit aliquo tempore inimicus vel rebellis ecclesie Lausan. et debet iurare semper in principio sui regiminis publice in curia Lausanensi presente dicto domino episcopo vel mandato suo speciali si interesse vel mittere voluerit officium diete iurisdictionis bene et fideliter exercere iura libertates ma | DELLA FORMA et consuetudines civitatis Lausan. et vallis Lustriaci et habitatorum dictorum locorum observare et dicto d. episcopo suisque successo- ribus medietatem omnium ‘obventionum eschetarum integre reddere absque dilacione nec aliquid sine consensu dicti (episcopi) vel man- dati ‘sui potest marciare; item quod si contingeret. aliquem capi vel detineri personaliter debet poni et detineri in fortaliciis domini episcopi ita tamen quod debet restitui ballivo qui pro tempore fuerit ad requisicionem suam vel sui mandati et distringi debet et puniri secundum consuetudines Lausanne hactenus observatas: item quod preconisatio fieri debet in locis predictis nomine dom. epi- scopi Lausan. et ballivi alio nomine non ‘expresso. Item si contin- geret quod a!iqua bona immobilia caderent in commissum ex causa delicti prefati dnus comes et Eduardus ea non possunt retinere ad manus suas sed habeant medietatem precii si vendantur vel exsti- macionis comunis si non vendantur exceptis feudis ad episcopum vel capitulum spectantibus que si caderent in commissum debent ipsis episcopo et capitulo pleno iure remanere ; item quod ipsi domini comes et Eduardus non possunt nec debent iurisdictionem oflicialis Lausannen. in aliquo impedire quominus possit cognoscere de causis de quibus potest vel consuevit cognoscere de consuetudine vel de iure sed debet invare et deffendere contra omnes qui dictam iurisdi- ctionem impedirent. nee uti debent aliquo sigillo in contractibus nisi sigillo curie Lausan. vel decani; item quod passamenta faeta in locis predictis temporibus retroactis non possint impugnari nec re- tractari sed debent in suo robore remanere nec debent se de ipsis passamentis intromittere nisi de licencia domini episcopi memo- rati. item quod dnus episcopus si habeat causam vel questionem contra aliquem vel aliquis contra eum non tenetur litigare coram illo qui positus fuit in oflicio. prediete inrisdictionis exercende sed litigare prout consuevit ; item dom. comes castrum de villarsel et turrym de goursy quam tenet ad manum suam tenetur reddere do- mino. episcopo et ecclesie Lausanensi facta concordia inter ipsum dominum episcopum et doum Ludovieun -de Sabaudia super que- DELLA MONARCHIA DI SAVOIA 113 stionibus de quibus compromiserunt in ipsum dominum comitem vel si non concordarit statim finito tempore compromissi predicti quod debet durare usque ad festum beati michaelis et prorogari potest usque ad pascha et non ultra nec ante restitucionem castri et turris predictorum debet reddere prior Lustriaci duo comiìti lite- ram confectam super conventionibus habitis inter ipsos di 0s cpi- scopum comitem et Eduardum et penes ipsum priorem depositam; sed facta restitucione predictorum castri et turris ecclesie Lausa- nensis ut supradictus prior literam predictam dicto domino comiti vel dno Edduardo reddere teneatur; it. quod post decessum dicio- rum dnor. comitis et Eduardi dietus epus et sui successores possint auctoritate. propria apprehendere et reasumere totam jurisdictionem locorum predictorum et quod ille qui esset pro ipsis iu iurisdictione predicia teneatur statim exire nec possit aliquam possessionem vel proprietatem allegare; sed omnia iura possessiones et dominia dicto d. episcopo et ecclesie Lansanensi remaneant et ad ipsum transeant ipso. facto si autem dni comes vel Eduardus nollent predictas con- ventiones facere videlicet literas sigillis suis sigillatas tradere de con- vencionibus supradictis vel reddere recusarent dicta castra finito tem- pore compromissi predicto eo ipso sit littera predicta quam habet in deposito dietus prior Lustriaci irrita et imanis et omnia contenta in ipsa; ipsumg. reddere teneatur dictus prior dom. episcopo su- pradieto; et si dicti dni comes vel Eduardus recusarent sine iusta | causa personaliter requisiti certificati loco et tempore competenti alias convenciones predictas in presenti litteras contentas adimplere predieta littera sit similiter eo ipso irrita et inanis et omnia in ipsa conteata in quorum omnium premissorum testimonium nos ballivus abbas prepositus prior ; Johannes de Bagnolio et Raymondas de Festerna predicti sigilla nosira; nos que Bellio iudex predictus si- gillum curie prefati domini comitis presentibus litteris duximus ap- ponendum. datum et actum Lausanne anno dom. millesimo CCG. sexdecimo die iovis post festum beati Barnabe apostoli. Tomo xxxvi. 19 II DSS DELLA FORMA à N IV. Convenzioni d’Amedeo V con Ricciardo della Camera Visconte di Moriana (25 gennaio 1309) Dagli Arch. Camer. Anno domini millesimo tercentesimo nono indictione septima octavo kalendas februarii per hoc presens publicum instrumentum cunctis appareat evidenter, quod cum inter illustrem virum domi- num Amedeum comitem sabaudie eiusque familiares ex una parte. et nobilem virum dominum Richardum dominum camere vicecomi- tem mauriane ex altera. questio obscuritas et altercatio diucius ventilata fuisse super usu vicecomitatus mauriane ‘ad ipsum domi- num richardum pertinentis seu modis utendi dicto vicecomitatu tandem dicte partes tractatu reverendi in Xpo patris domini Ber- trandi dei gratia Tharentasiensis archiepiscopi et nobilium virorum dominorum hugonis de rupercula militis et domini Anthony de bargiis clerici et familiaris dicti domini comitis ad bonam con- cordiam et claritatem modis venerunt inferius denotatis. et primo videlicet convenerunt et concordaverunt quod omnes malefactores delinquentes in vicecomitatu mauriane sive capiantur per gentes ipsius domini comitis sive per gentes ipsius vicecomitis sive per aliam quamcumque personam quorum maleficiorum punimentum seu ius puniendi ad ipsum dominum comitem pertinent custodiantur in carceribus congruentibus ipsius vicecomitis ut inde iustitia fieri possit prout fuerit rationis et ipsi vicecomiti seu gentibus suis hoc requi- rentibus ad custodiendum in carceribus ipsius vicecomitis tradantur per castellanum maurriane et ceteros officiales ipsius domini comitis sine eo quod castellanus aut ceteris officiales seu familiares ipsius domini comitis vel castellani ipsos captos spolient eorum vestibus cuiuscumque ipsi malefactores sini homines et cuiuscumqne condi- tionis existant. item convenerunt concordaverunt quod si iudex dicti DELLA MONARCHIA DI SAVOIA 15 domini comitis aut ipsius castellanus mauriane ordinaret ipsos captos fore relarxandos, datis fideiussoribus. de redeundo in carceres su- pradictas. quod dictus vicecomes seu gentes ipsius recipiant. tam- quam familiares ipsius domini comitis cautiones et fideiussiones, que pro inde, fierent que cautiones et fideiussiones sint et esse de- beant arbitrio ipsius iudicis vel castellani. item convenerunt et con- cordaverunt quod dictus vicecomes per se et per familiares suos possit capere et. detinere omnes malefactores seu delinquentes in singulis partibus dicti vicecomitatus eos videlicet. qui. non essent homines dicti domini comitis et qui committerent maleficia propter que pena corporalis esset infligenda eisdem ac etiam eos quibus non esset infligenda dum tamen persone essent extranee seu de aliis partibus quam de mauriana vel essent persone fugitive seu talis quas esset verisimile fugere de facili ob timorem ipsius maleficii que persone extranee seu fugitive non essent. parate cavere ydonee in continenti at cum effectu de iudicio sisti et iudicato solvendo ratione eius malefici. de quo inculparentur. item convenerunt et concordaverunt quod dictus vicecomes eiusque familiares et offi- ciales teneantur si inde requisiti fuerint per officiales ipsius domini comitis seu castellani sui mauriane iuvare ipsum castellanum et offi- ciales predictos ad capiendum et detinendum ipsos malefactores de- linquentes in dicto vicecomitatu et eciam. ad manifestandum et revelandum dicto castellano maleficia que committerentur in ipso vicecomitatu si inde aliquid sciverint. item conveneruni et concor- daverunt quod inquisitiones que fient aut fieri habebunt vel debe- bunt ratione maleficiorum que committerentur in dicto vicecomitatu per dictos malefactores fiant per castellanum seu ceteros officiales ipsius domini comitis. item convenerunt et concordaverunt quod si dicte inquisitiones faciende fuerint . per tormenta sive questiones quod fiant per iudicem dicti domini comitis seu castellanum suum mauriane in domo ipsius vicecomitis et ad mandatum et preceptum ipsius iudicis sive castellani tantum et non aliter. hoc acto et decla- rato quod ipsa torsio sive suppositio questionum fiat per familiares 16 i DELTA Forma ipsiùs vicecomitis mandato et'arbitrio ‘indicis seu ‘castellani predicti. qui ‘eciàm ‘ad ‘predicta videnda” et° cidinanda possint si voluerint interesse. item ‘convenerunt ét concordaverunt quod ius condem- pnandi et absolvendi delinquentes. predictos in dicto vicecomitatu pertineat ad ipsum dominum comitem et quod ipsi delinquentes condempnentur vel absolvantur per iudicem' ipsius. domini comitis. item convenerunt et concordaverunt quod illi delinquentes seu ma- lefactores predicti qui fuerint absoluti ab ipso iudice relavsentur a carceribus. item convenerunt et concordaverunt quod executio illorum qui fuerint condempnati si pena corporalis secundum teno- rem condempnationis eisdem fuerit infiigenda fiat in locis consuetis per ipsum vicecomitem aut eius familiares. item convenerunt et concordaverant quod ius puniendi delinquentes in viis seu stratis publicis sitis ex utraque parte arcus tendentibus per longitudinem mauriane quibus gentes utuntur ad eundum versus vallem secusie ‘et a valle secusie veniendo versus sabaudiam pertineat dicto domino comiti. item convenerunt et concordaverant quod alie vie site in terra dicti vicecomitis ex gratia pro transversalibus et privatis et non publicis habeantur quantam ad ius predictum puniendi delin- quentes in eis ut supra. item convenerunt et concordaverunt quod infra villas positas in dicto vicecomitatà quantum ad ius predictum puniendi delinquentes im viis publicis via publica habeatur et intel- ligatur media via que esset inter diras carrerias coopertas et quod ipse carrerie cooperte a latere exeuntes pro Iocis privatis et non pro viis publicis quantum ad ius predictum habeantur et intelligan- tur. item convenerunt et concordaverunt quod dictus vicecomes ratione sui vicecomitatus habeat et percipiat in bampnis et penis et multis iudicatis seu condempnatis per ividicem ipsius domini comitis et eciam in concordatis ratione eorum maleficiorum que committerentur in ipso vicecomitatu terciam partem habito respectu ad ipsam condempnationem habendam capiendam et levandam ultra -quantitatem contentam in ipsa ‘condempnatione super bonis et de bonis ipsorum malefactorum et hoc sive ipsum maleficium committatur DESLA MONARCHIA DI SAVOIA. I°1%7 in ipsis viis publicis sive alibi. item convenerunt et concordaverunt quod de penis bannis sen multis que inponerentur seu indiceren- tur aliquibus personis per familiares ipsius domini comitis aut castellani sui mauriane ob hoc ut obediretur alicui precepto domi- mus comes per se et per alterum possit concordare et grattam facere seu remissionem et ante sententiam et post sententiam et quod in illis penis bannis seu multis et in casibus predictis si dictus dominus comes seu eius familiares concordiam aut gratiam fecerit aut fecerint quod dictus vicecomes dictam terciam partem accipiat considerata solum quantitate quam dominus comes inde haberet et non. considerata quantitate expressa seu inserta in sen- tentia sen condempnatione. item convenerunt et concordaverunt quod dictus vicecomes per se et familiares suos pro predicta tercia parte sibi contingente habenda exigenda et recuperanda possit ga- giare et gagiari facere congruenter condempnatos et concordatos si suam terciam partem solvere essentialiter recusarent. item con- venerunt et concordaverunt quod dictus vicecomes per se aut per familiares suos teneatur prius requirere castellanum aut mistralem domini comitis in mauriana quod sibi solvi faciant dictam terciam partem quam gagiet pro ipsa ut supra dictum est. et si forte dictus castellanas aut mistralis differret malicia aut negligentia per decem dies continuandos a tempore requisitionis facere satisfieri dicto vicecomiti aut eius mandato de dicta tercia parte convenerunt et concordaverunt quod ab inde in antea dictus vicecomes per se et per alteram possit pro dicta tercia parte habenda et exigenda prout supra dictum est gagiare. item convenerunt et concordaverunt quod castellanus mauriane qui nunc est et qui pro tempore fuerit te- neatur iurare ad sancta dei evangelia ipsi vicecomiti hoc requirenti manifestare et declarare eidem vicecomiti aut eius locum tenenti infra tres dies postquam per ipsum vicecomitem aut eius locum tenentem inde fuerit requisitus condempnationes et concordias factas pro predictis maleficiis et quantitates ipsarum condempnationum et concordiarum et insuper iurare ipsum vicecomitem et eius Jocum 118 DELLÀ FORMA tenentem ad habendum et recuperandum terciam partem supe- rius memoratam. item convenerunt et concordaverunt quod dictus vicecomes nichil possit. petere vel requirere ratione sui viceco- mitatus in aliis eschetis et obventionibus dicto domino comiti in inauriana. item voluerunt et concordaverunt quod iurisditio et se- gnoria quam dictus vicecomes habet alia ratione quam ratione dicti vicecomitatus salve remaneant. ipsi vicecomiti nec per predi- cta preter quam in premissis aliquod preiudicium generetur pre- cipientes dicte partes de premissis fieri duo publica instrumenta eiusdem tenoris unum videlicet pro dicto domino comite aliud vero pro dicto vicecomite per me notarium infrascriptum. actum in castro chamberiaci in camera media iuxta magnam salam ubi testes inter- fuerunt vocati et rogati dominus B. dei gratia tharentasiensis ar- chiepiscopus dominus Hugo de rupercula dominus Gonterius de cuyna dominus Petrus. marescalci milites dominus Anthonius de bargiis Guido de saysello dominus de bordellis magister Petrus de cella nova Aymarus de mailliis domicellus Petrus lardena de camera et plures alii fidedigni ibidem presentes videntes et audientes. Ego Anthonius Guillelmus mimi de sancto ragueberto auctoritate imperiali et domini comitis notarius publicus hiis omnibus presens interfui ea rogatus recepi publicavi signavi et tradidi fideliter pra dicto domino comite. Nos vero Amedeus comes sabaudie et nos dictus Richardus vice- comes mauriane qui predictum vicecomitatum esse confitemur de feudo dicti domini comitis et nos ipsum vicecomitatum ab ipso do- mino comite tenere in feudum sigilla nostra presenti publico instru- mento duximus apponenda in robur et testimonium omnium pre- missorum. mandantes eciam nos dictus comes et precipientes iudici castellano et ceteris mistralibus et officialibus nostris maùriane qui nunc sunt et qui pro tempore fuerint ut predicta omnia et singula suprascripta firmiter et fideliter et sine aliqua fraudis dissimulatione faciant custodiant et observent. DELLA MONARCHIA DI. SAVOIA. 159 V Confermazione delle franchezze e libertà del comune d’ Evian. (primo febbraio 1324 ) Dai protocolli del Notaio Reinaudi. Arch. Cam. Odduardus comes sabaudie et in ythaillia marchio. universis pre- sentibus et futuris rei geste noticiam cum salute. per dilectos bur- genses et habitatores ville nostre aquiani nobis extitit sepissime supplicatum. quod cum olim per inclite recordationis dominos pe- trum et philippum patruos nostros ac carissimum dominum et pa- trem nostrum dominum Amedeum quondam comites sabaudie pre- decessores nostros franchesie libertates et immunitates quamplurime concesse fuerint burgensibus et habitatoribus predictis in pluribus et diversis literaram voluminibus recollecte et per diversorum temporum intervalla. quod quia per totidem scripturarum multitu- dinem quodam modo confusio perditionis ac oblivionis periculum sequebatur dignaremur omnes literas franchesiarum libertatum et immunitatum ville predicte in unum volumen redigere et si quid in eisdem ambiguum fuerit presentibus literis declarare. nos ipso- rum burgensium et habitatorum supplicationi et precibus inclinati et dictorum predecessorum nostrorum vestigiis inherenies infrascri- ptas franchesias libertates immunitates et privilegia prefatis burgen- sibus et habitatoribus ville nostre predicte et posteritati eorumdem pro nobis et heredibus ac successoribus nostris renovamus decla- ramus concedimus et donamus et ipsas renovationem declarationem concessionem et donationem ne propter oblivionis dispendium pro- cessu temporis evanescant per modos infrascriptos , scriptura pre- senti duximus eternandos. in primis quidem volumus et concedimus quod si quis per annum et diem burgensis et iuratus ville pre- dicte extiterit sine calumpnia repetentis exinde habendus est ut burgensis. quod si infra annum et diem repetitus fuerit et probatus 120: DELLA FORMA fore repetentis. villa non debet eum retinere probationis autem modus super repetitionem talis erit. primo debebit repetens homi- nem repetitum probare suum esse tailliabilem yel non taillabilem et ad cum pertinere iure hereditario emptionis dotis vel donationis per iuramentum suum cum tribus ydoneis testibus vel cum dauobus iurantibus illud idem. homines tamen nostri tailliabiles non poterunt ad iuramentum et burgesiam dicte ville recipi sine nostro con- sensu speciali. item volumus et concedimus quod predicti burgen- ses et habitatores ville predicte qui nunc sunt et qui pro tem- pore fuerint possint et eis liceat ( lacuna ) et eis videbitur expedire eligere ponere et ordinare quatuor probos homines ex ipsis quos duxerint cligendos et ipsos quatuor constitnere et facere sym dicos procuratores seu yconomos dicte ville et habitantium in ‘eadem. qui quidem quatuor sic electi possint et eis liceat levas et contri- butiones comunes inter ipsos burgenses et habitatores facere ordi- nare et recipere et recuperare et pro ipsa recuperatione pignorare auctoritate sua propria sine licentia castellani yel mistralis vel ali- cuius alterius magistratus tam pro cavalcatis et expensis cavalcata- run quam pro aliis suis negociis quibuscumque. ita tamen quod de hiis que predicti quatuor syndici pro predictis recipient et levabunt aliis probis hominibus dicte ville bonum computum , et rationem, legittimam reddere teneantur. item volumus quod predicti quatuor syndici possint et cis liceat quandocumque voluerint recipere ad iaramentum ei franchesiam diete ville omnes et singulos homines quicumque sint et cuiuscumgque conditionis existant mandato nostro vel alicuius ofliciarii nostri super hoc minime requisito exceptis ho- minibus nostris tailliabitibus ut supra continetur in franchesia et hoc nobis salvo quod homines nostri: remancant et cum pretestu libertatis presentis non possint ad aliud dominium se transferre et in omnibus aliis casibus volumus ipsos presenti franchesia gaudere. item volumus et concedimis quod predicti quatuor syndici qui pro tempore positi. fuerint et electi ab omnibus cavalcatis sint liberi et immunes obsidionis necessitate et casu de fortiori dumtavat . DELLA MONARCHIA DI SAVOIA. 12I ‘exceptis. et exceptis illis de dicta villa qui debent vel assueti fuerint ad cavalcatas ire cum equo vel curserio valente triginta libras ge- bennenses. item ‘volumus: et concedimus quod dicti burgenses et liabitatores dicte ville utantur et fruantur pascuis comunibus ‘pro sue. libito' ‘volontatis per totum districtum et dominium nostrum a ripa lacus usque ‘ad aquam de vgina ‘et a drancia usque ad nemus de brest et ipsa pascua accensare alicui non debemus sine consensu burgensium predictorum. item burgensis et quicumque per annum et diem vel plus steterit ut (/acura) si voluerit recedere et alibi se transferre libere potest et castellanus seu villa debent ipsum et bona sua conducere per unam diem et unam. noctem. item burgenses dicte ville qui per annum in dicta villa steterint ut burgenses li- bere possunt in foro dicte ville. emere et vendere sine leyda per ipsos solvenda. item de domibus et casalibus que vendentur infra villam aquiani habere debemus videlicet a venditore duodecim de- narios. ‘et ab emptore tercium decimum denarium et ipsas domos et casalia pro pretio (Zacuna) voluerimus retinere infra quindecim dies postquam nobis vel castellano nostro dicti loci qui pro tem- pore fuerit extiterit nunciatum et non ultra. item burgensis burgensi dare poterit domum et casale dummodo non det in frandem vel simulatam faciat donationem. quod si fecerit percipere debemus ius nostrum ut supra dictum est ac si ‘inde venditio esset facta. item de omnibus rebus immobilibus extra villam predictam ‘in toto ter- ritorio aquiani existentibus de feudo nostro que vendentur habere et percipere debeamus quindecimum precii denarium quem quidem quindecimum ‘emptor et venditor comuniter -solvere teneantur. item si burgensis inscienter ‘emerit in foro publico rem furtivam de ho- mine non suspecto et dominus rei venerit ‘et eam probaverit esse suam precium non amittet. item volumus et concedimus quod omnes et quilibet burgenses diete ville possint et eis liceat condere testa- mentum ‘et de bonis suis ordinare inter vivos per donationes vel modo alio quocumque aut in ultima volontate testando codicillando legando donando causa mortis et quos -voluerit heredes instituere Tomo xxxvr. 16 122 cd DELLA FORMA cuiuscumque conditiones existant sive sit legitimus sive illegitimus vel bastardus seu et usurarius manifestus et quod eius ordinatio valeat et inconcussa firmiter teneatur. item si aliquis burgensis dicte ville sine testamento vel ordinatione alia decesserit. bona ipsius de- cedentis mobilia et immobilia perveniant primo ad liberos si quos habet alioquin ad proximiores eius. usque ad quartum gradum eon- sanguineitatis inclusive computatis gradibus secundum canonicam equitatem. eciamsi decedens bastardus vel illegitimus fuerit sive usurarius manifestus. nolumus itaque quod bona aliquorum usura- riorum in dicta villa habitantium processu temporis .moriturorum impediantur saisiantur vel. aliquatenus perturbentur per aliquos castellanos vel familiares nostros seu iustitiarios occasione aliqua qua sint et expresse dicantur usurarii. qued si contra fient illud esse volumus irritum (/ecurna ) usurarios et eorum heredes et bona in manumortua ratione usurarie pravitatis pro nobis et nostris per- petue solvimus et quittamus si autem ( ec. ) intestatus decesserit sine liberis nepotibus vel aliis propinquis usq.ad quartum gradum dominus ei succedet et bona ipsius deffuncti ( Zac. ) vel poni fa- ciet in manu duorum proborum hominum qui clamores deffuncti per consilium castellani emendent et sedent usque ad valorem bo- norum deffuncti et si quod residuum fuerit domini erit. uxor vero superstes predicti intestati pro dote et dotalicio quod ei datur se- cundum usum patrie sit contenta. et si quis peregrinus vel viator moriatur in villa dominus debet per annum et diem bona ipsius per duos probos homines facere custodiri et si infra annum et diem venerit. aliquis et probaverit bona illius defumeti ad se pertinere restituantur ei dicta bona expensis factis in exequiis dicti defuncti deductis.. si vero infra dictum tempus nullus venerit dominus de dictis bonis sedabit clamores et solvet debita iam dicti defuncti et si quid residuum fuerit suum erit. item volumus et concedimus quod ulias personabiliter capi debeat vel et detineri in dicta villa vel infra ipsius ville franchesie terminos sine iudicio vel cognitione nisi fuerit homicida vel proditor vel nisi tale delictum enorme commiserit per DELLA MONARCHIA DI SAVOIA 123 quod meruerit sententiam capitalem. item. omnes burgenses . et advene et habitatores dicte ville sunt:;de iuriditione domini et debent: in sua curia litigare. item si clamorem burgensis vel aliquis fecerit de aliquo debitore vel de iniuriante usque ad quantitatem decem so- lidorum et infra de plano clamore solvat. duodecim denarios. a decem solidis vero superius tres solidos. adversarius adversario suo vestituet dictos tres solidos vel duodecim denarios et debitum solvet et illatam iniuriam ad. dictum curie domini emendabit. qui per- cutit de pugno debet domino tres: solidos et passo duodecim de- narios. si de palma quinque solidos et passo viginti denarios. de pede septem solidos et passo. duos solidos quatuor denarios. et si aliquis aliquem ceperit per capillos cum duabus manibus debet do- mino decem solidos et passo. tres solidos et quatuor denarios. si cum una manu quinque solidos et passo viginti denarios. qui san- guinem extraxerit ab aliquo iniuriose et sanguis sit sparsus debet domino sexaginta solidos et passo triginta solidos. qui percutit de baculo sine sanguinis effusione et mortis periculo debet domino de- cem solidos. si sanguis exit debet domino sexaginta solidos. si per- cussus ex icta moritur ille qui percuxit est in misericordia domini. qui prohiciet lapidem contra aliquem volens cum percutere. si ictus lapidis appareat in terra vel in pariete vel si percutit sine mortis periculo ( Zucuna. ) debet domino sexaginta solidos. si quis ali- quem occiderit bona occidentis et corpus sunt domini. bona farum qui confessi sunt de furto vel ( Zacuna ) sunt in misericordia domini et bona etiam proditorum. si quis de die domum vicini sui fregerit maliciose in villa debet domino sexaginta solidos si de nocte iamquam latro est in misericordia domini. in omnibus autem init riis supradictis. si passus iniuriam clamorem fecerit per visum curie domini debet ei satisfatio fieri competenter. deprehensique in adul- terio ambo simul per villam fustigentur vel dedecus suum redimant si maluerint sexaginta solidos. item de quolibet modio vini vendito ad minutum seu tabernam debet habere dominus dimidiam octavam vini de dimidio vini unum quarteronum et inferius: pro rata. item 124 2:07) DELLA FORMA: dominus habet unum mensem integrum in anno videlicet mensem maii ad vendendum.vinum suum. quod: debet esse purum et sine pravo sapore infra quem mensem. nullus alius: debet. viuum vendere ad tabernam. sive ad minutam: mensuram et si quis infra dictum mensem vinum vendiderit vinum si quidem in vase remanserit est in iniuria domini et: :si totum vas venditum fuerit venditor tantum- dem domino debet dare. volumus tamen quod infra dictum mensem quilibet. burgensis possit vinum suum ibidem vendere in grosso cui- libet qui vinum emere voluerit ad portandum extra dictam villam dum tamen ipsum vinum. in grosso venditum non remaneat infra parrochias aquiani et. novaselle. item. quocienscumque. dominus vo- luerit possit. ad. se ‘facere ‘venire omnes mensuras: et ille pe- nes quem reperta: fuerit falsa. mensura: debet. domino tres. solidos ct mensuram perdet. si quis falsa wlna vel: falso pondere utatur est in misericordia \dommi et. si quis. habet duas mensuras. vel duo pondera videlicet parva et magna vel parvam pondus et magnum et ad magnunr vel magnam ‘emit. eb ad parvum vel parvam: vendit in misericordia. domini est. item omnes ementes: vel vendentes ad forum aquiani debent: esse sub custodia: domini ville videlicet a flumine: arne usque ad sanctum: mauricium et. per totum clacum eundo: per, unam: diem ‘morando et redeundo per alteram diem. ‘et si quis frangit forum aliquem ibi percuciendo valnerando vel tra- hendo vel aliquem rebus suis spoliando. debet sexaginta solidos de banno et iniuriam passo emendam facere competentem. et si per- cussus. vumeratus propter hoc moritur ille qui vuineraverit est in misericordia domini. item die qua mercatum fuerit in dicta villa nemo: debet vendere in villa extra domum: vel plateam mercati seu fori. bladum carnes: et alia que. in domo mercati debent vendi. quod si fecerinit illud quod vendetur sit in misericordia domini. item dominus habebit leydam videlicet de blado secundum quod consue- verit' dari ( in. foro dei thonons de boue de vacha habebit dominus ‘pro leyda unum den. de equo mulo et iumento quatuor denarios de asino et asina dnos den. de porcho oue mutone et capra unum DELLA MONARCHIA DI SAVOIA. 125 obolum. de vitulo capriolo vel agniculo qui venditur duos solidos vel ultra similiter unum obolum. si inferius nichil. de pannis telis mercibus et de hiis que in mercato venduntar ad pondus quia mer- catores solvunt stationes fori alia leyda non dabitar de eisdem. item burgenses. cum opus fuerit exceptis quatuor syndicis ut supra ibunt in cavalcatis domini propriis expensis tantum semel in anno per unum mensem videlicet in episcopatu gebennensi lausanensi et se- dunensi. si vero ultra ducantur debet eis providere dominus in ex. pensis. item si aliquis de periurio. convinetus fuerit ponatur in scala aut solvat. sexaginta solidos de banno. item de rixis que fient in villa debetur credi illi qui interfuerint utriusque sexus tam parvis quam magpnis. item navigium est illorum de villa predicta et domi- nus debet habere quartum denarium de lucro nullis deductis expen- sis. item dominum et omnes illos qui secum irent debent portare per lacuna et dominus debet eis in cibo et potu providere vel pro singulo homine pro qualibet comestione dare duos denarios. item si aliquis recedat de. foro qui aliquid de quo leyda debeat vendi- derit et leydam absportaverit debet domino sexaginta solidos de banno: nisi infra noctem ipsam reddiderit. item dominus habet tey: sas domorum et casalium in villa; videlicet pro. qualibet teysa a parte anteriori domus sex denarios gebennenses per annum in festo beati michaelis. item dominus debet habere in villa molendina et furnos et burgenses debent molere in dictis molendinis et far- neare in dictis furnis. item in omnibus supradictis emendis que fient passis damprum vel iniuriam potest dominus facere taxationem et moderationem competentem si viderit expedire. in hiis vero omnibus in quibas homines incurrant bannum mulier si incurrat illud non debet solvere nisi. medietatem. illius: banni. item concedi- mus dictis burgensibus: nundinas in: dieta villa quolibet anno quarta” die festi beati martini yemalis duraturas per tres dies. item retinemus nobis quarantenam im dieta villa, videlicet. credenciam: per quadra- ginta dies, secundum: bonam consuetudinem alianim villaram fran- charum' de sabaudia quam credenciam dicti burgenses: pro se et 126 DELLA FORMA suis successoribus nobis concedunt. item qui carnes truyonas ven- diderit pro purcello vel unam carnem pro alia solvat pro banno decem solidos. item qui carnes morticinas vel morbosas vel gra- natas vel aliter vitiosas in macello vendiderit nisi emptorem de morbo vel vicio certioraverit. solvat pro banno viginti solidos et quilibet macellarius ( Zacuna ) accusare venditorem huiusmodi per suum iuramentum. item quod ( /ucuza ) et confines predi- ctarum franchisiarum libertatum et immunitatnm et infra quos pre- dicte libertates et immunitates servari debent sunt hii videlicet ducente theise circumquaque cictam villam ex utraque parte tam per terram quam per aquam. item volumus quod nullus de foro aquiani extra portas dicte ville per dimidiam leucam .aliquid emat quod ad forum aportetur et si quis contrafecerit solvat pro banno ires solidos et rem emptam amittat. item si aliquis vilis persona dixerit verba contumeliosa burgensi et burgensis eum de pugno vel de palma percuxerit sine tamen effusione sanguinis nisi leviter per nares vel per os ad bannum minime teneatur. item de verbis in- iuriosis dictis non in presencia iudicis vel officiariorum nostrorum si iniuriatus sibi petit emendam adiudicari nullum bannum debetur domino nisi sint verba talia pro quibus possit indici duellum. item nullus possit vendere vinum ad tabernam in dicta villa nec infra confines predictos franchisie dicte ville nisi sit burgensis ville eius- dem. item volumus et concedimus quod domus alicuius burgensis diete ville non possit vel debeat claudi vel hostia domus firmari pro casu aliquo nisi pro usagiis domini pro ipsa domo debitis re- cuperandis dum tamen alia bona sufficiencia reperiantur domini dicte domus. item prohibemus ne aliquis officiarius noster vel fami- liaris curie percipiant vel exigant exactionem aliquam pro saisina vel dissaisina cuiusvis rei saisite sed contenti sint de satisfactione laboris sui secundum statuta sabaudie comitatus et si casus pro quo saisina facta fuerit talis sit pro quo clama debeatur ipsam percipere debeamus. item prohibemus quod nullus familiaris curie nisi baillivus iudex. vel castellanus dicti loci possint vel eis liceat aliquas penas “n DELLA MONARCHIA DI SAVOIA. 127 sive multas alicui burgensi imponere nisi esset pro eniménti peri- culo scandalo sive rixa pro quibus periculum sit in mora et tam in illo casu quam ir aliis si pene sive multe immoderate imposite fuerint ad arbitrium et examen iudicis moderate postea reducantur. item prohibemus quod nulle capre cuiuscumque sint sustineantur vel permittantur depasci in nemore de brest in quo nos pro furnis nostris aquiani et dicti burgenses pro suis necessitatibus usum ha- bemus. et hanc nostram prohibitionem servari perpetue iubomus per castellanos nostros aquiani qui pro tempore fuerint sub banno quinque solidorum et pro capra qualibet que ibidem reperta fuerit. cuius banni duodecim denarii forestario et residuum nobis. inte- griter applicetur. item volumus quod omnes usum habentes in dicto nemore de brest cuiuscumque conditionis existant ad expensas utiles et necessarias que fient pro statu et utilitate dicti nemoris contri- buere teneantur. ita tamen quod ad taxationem faciendam in con- tributione ipsarum expensarum vocentur duo homines de qualibet parochia de extra villam predictam aquiani. item volumus quod nulli familiares curie exigere vel percipere debeant pro labore suo “quam mittuntur ad pignorandum vel ad ‘alios quosvis actus . nisi prout et quantum in statutis comitatus sabaudie continetur. item nolumus sed expresse prohibemus quod nullus quicumque sit ven- dat vinum in dicta villa nisi de vino crescente in territorio vinea- rum ipsius loci quamdiu predicti burgenses et habitatores de vino ipsius territorii habuerint ad vendendum et ibi invenietur venale vel nisi per syndicos predictos aliter fuerit ordinatum. item volu- mus quod si aliqua ambiguitas processu temporis oriretur in expo- sitione alicuius presencium libertatum quod melior interpretatio et iuri propinquior semper fiat pro burgensibus supradictis. item volumus quod omnes et singule litere per predictos predecessores nostros olim concesse super franchisiis et immunitatibus ville pre- diete in suo robore perpetuo perseverent. pro predictis autem re- nontiatione declaratione concessione et donatione habuisse confite- mur a burgensibus supradictis quatuor libras grossorum turonensium 128 DELLA FORMA in pecunia numerata promittentes bona fide nostra omnia et sin+ gula supradicta pro nobis et heredibus et successoribus nostris rata grata firma habere perpetuo et tenere et nullo tempore contrafa: cere vel venire. mandantes et precipientes tenore presentium bail- livo et iudici nostris Chablaysii procuratori nostro dicte baillive. castellanoque aquiani et fisterne qui nunc sunt et pro tempore fuerint quatenus omnia et singula supradicta inconcussa teneant et observent sub iuramentis quibus ratione officiorum sibi commisso- rum vel committendorum nobis tenentur vel inposteram nobis et nostris heredibus tenebuntur nec aliquo colore exquisito modo aliquo contrafaciant vel opponant. in cuius rei etc. datum et actum in castro chillionis die mercurii prima die mensis februari anno a nativitate domini m. ccc. xxmnl. VI. Carta delle franchezze e libertà del comune di Billiew conceduta da ‘Odoardo conte di Savoia ( 16 marzo 1324 ) Dai protocolli del: Notaio Reinaudi. Arch. Cam. In dei ommipotentis etc. nos ect. notum facimus universis quod nos volentes locis et ville nostre de Billian et Burgenses et habitantes dicte ville comoditatibus providere facimus constituimus et ordinamus et nunc imperpetuum pro nobis et ‘successoribus nostris dictam villam et omnes et singulos habitantes dicte ville francam et liberam francos et liberos ab omni et qualibet taillia et specie taillie et. exactione pecuniaria insuper ordinantes dictam villam et burgenses et habitato- res eius regi et teneri secundum franchesiam et privilegia supra et infrascripta videlicet ut quilibet burgensis et habitator ville predicte sive masculus sive femina possit de ‘bonis suis testare’ sicut voluerit secundum iura comunia et quod ordinatio valeat et observetui I DELLA MONARCHIA DI SAVOIA. 129 si vero decesserit-intestatus succedant ei primo liberi si quos ha- buerit eis vero non existentibus succedant ei proximiores agnati vel cognati vel ascendentes. usque ad quartum gradum inclusive secundum. iura comunia. eis vero deficientibus ‘et testamento non condito per deffunctum successio ad nos pertineat solvendo debita sepulturartn et beneficium defuncti usque ad valorem bonorum de- fancti. et in casu in quo non apparerent testamentum vel liberi vel proximi usque ad quartum gradum nos vel noster castellanus solutis claris debitis et sepultura defuncti deponamus de consilio aliquorum proborum virorum dicte ville res et bona dicti defuncti penes duos probos viros dicte ville usque ad unum annum et diem custodienda et ita quod si infra dictum annum et diem legitime apparuerit proximus defuncti usque ad quartum gradum eidem dicta bona successionis iure tradantur. sin autem ex nunc habeamus nos dicta bona ut supra. volentes etiam et concedentes nos comes pre- dictus quod bona burgensium et habitatorum dicte ville de billiaco decedentium sive sint ipsa bona infra franchesiam dicte ville de bil- liaco sive extra in terram nostram minime saisiantur annotentur iure casu vel consuetudine usu vel privilegio que habemus in bonis mo- bilibus usurariorum decedentium quamvis ‘ ille defunctus usurarios contractus exercuerit et exercuisse proponatur et si in hoc con- trafactum fuerit saisine annotationi et occupationi factis et castel- lano non pareatur impune. quicumque moram contraxerit in dicta villa de billiaco per annum et diem sine reclamatione domini sui et iuraverit servare honorem et statum nostrum et successorum nostrorum et burgesiam ville tamquam burgensis dicte ville de billiaco et habitator servetur et habeatur. qui forum dicte ville fregerit centum solidos pro banno nobis dabit ( lacuna ) fracture et emendabit competenter iniuriam passo et ultra solutum bannum ( lacuna ) infrascripte. qui furtive . leydam deportaverit viginti solidos dabit pro banno ( facuna ) per aliquam (lucuna ) ipsa die quittus est. et si nullum invenerit ipsa die per quem remittat leydam debet caute ponere sub lapide. et duos lapides in testimonium Tomo xxxvi. ù Im 130 DELLA FORMA . 00 hitic et inde et octava dlie ibi aecipere coram testibus et reddére et erit quittàs de batino. burgensis diete ville non ‘dabit leydam preter baigas bovum qui occidentur in macello caùsa vendendi' prout ‘est corisiéetuifti iieé etiam pedagiini mec barrelagium nobis vel succes- sofibus nostris per totam tertam rnostram: nisi cum extraheantur res vel mercaridie de terra nostra et tune in extractione pedagium tamen si quod est debitum. vel consuetum in castro vel territorio castri pet quod traherent sine aliqua leyda solvere teneantur a ga- bellis nostris non eximentur. de hiis autem que vendentur infra- dictam villam vel extra solvatur leyda per alios non burgenses prout usque rnutit est consueturn. qui percuxerit infra banna. ville -illiaci de pugno tres solidos nobis dabit pro banno. qui de palma quinque solidos. qui de pede decem solidos et semper in omnibus supra et infrascriptis iniuriam passo competentem emendam. qui evaginaverit cutellum vel unim erisem vel ‘extraxerit lanceam per unum cubitum ‘extra domum causa hominem percutiendi sexaginta ‘solidos dabit pro banno. qui ‘de petra percuxérit vel traxerit lapi- dem hominem percutiendi causa ita quod ‘ictus appareat im pariete vel în terra debet nobis sexaginta solidos pro banno. qui traxerit capillos alteriàs cun duabus manibus debet nobis viginti solidos. -si cum una manù ‘idecem solidos. qui percuxerit alium usque ad effusioriem sanguinis sexaginta solidos dabit pro banno. si ‘de gladio valneraverit viginti libras debet pio banno. et si valneratus inde mortuus fuerit vulherator misericordie domini subiacebit. qui de ba- culo percuxerit sexaginta solidos dabit pio bantio. qui domum vicini violenter intraverit vel alicuius burtgerisis decem libras dabit pro ban- no. si garcio vel garcia dixerit aliquo tempore liomini probo vel mulieri diete ville billiaci convicium ét probus homo vel mulier det ei alapam de pugno vel de palma bannum non debet. mulier si delinquerit ita quod puniti debeat pecunialiter debet tun dimidium bannum, quod debet homo. qui falsa mensura vel pondere scienter vel grossa conscientià et supina usus fuerit tres solidos debet pro banno pro prima vice qua reprehensus fuerit. et pro. secunda DELLA MONARCHIA DI SAVOIA 13: viginti solidos ‘et ultra secundum ius comune puniatur. salvo. quod si idem semper inventus fuèrit habere duas mensuras alteram .ima- iorem .et alteram minorem decem libras dabit pro anno. de omni clama non criminosa ;et saysina. nos habebimus. sex denarios.ge- bennenses ab eo cuius culpa facta fuerit dicta clama vel saysina. qui adulterium icomiserit sexaginta solidos dabit pro banno. de sin- gulis domtbus unus homo si ;in ea ‘habitaverit ad nostras cavalcatas per se vel idoneum substitutum ad suas expensas debet sequi nos mel mandatum nostrum per duas. dies tamen cum hic fuerit pro- clamatum aut bannum ssexaginta «solidorum solvere debeat .exceptis.cle- ricis qui ad hoc nonstenentur set aliis qui infirmitatem vel aliam icausam \remansionis sue ostenderent imanifestam. et. infra terminos ville billiaci nullus -burgensis-vel -habitator dicte ville billiaci capia- ur iet si paratus fuerit et obtulerit dare fideinssionem ydoneam de stantlo'inri. et si captus -fuerit privata auctoritate spredicta relaxetur misi de latrocinio \proditione aut homicidio vel casu alio inculpetur de iquo:metito capi débeat: persona. omnes.debent, excubias ville ;bil- liaci exceptis clericis: item nullus burgensis dicte ville ;billiaci.con- veniatur super aliquo contractu .vel .remitatur nisi .in dieta villa billiaci preterquam si «inveniatur in loco contractus vel. nisi ad ;hec se obligaverit \expresse. .nos qpossumus facere :domum mercati .in villa billiaci ;si volnerimus. iverumtamen quilibet ,burgensis vel ha- bitator ville billiaci possit vendere numatas suas in domo sua vel ‘ante «domum suam. quecumque ,casalia diete ville billiaci debent nobis quatuor denarios gebennenises de:qualibet teysa a fronte car- rerie quolibet anno cin festo beati ;andrei apostoli. et de unaquaque domo que alienabitur que sit ide feodo ;nosiro nos habebimus lau- demium et.venditionem consuetas vet de aliis tercium decimum de- riarium. qui percussus fuerit in memore ;vel de nocte probare pos- sit per ;junum textem .percussionem ‘alioquin si per unum textem non probat inculpatus saltem iuret se non -fecisse Let si hoc-fecerit sit quittus nisi de ;novo probetur.contra ipsum ut supra et si ;iu- rare noluerit iussus iunare «pro confesso ‘habeatur. qui aliquem in 132 DELLA FORMA r domo sua percuxerit duplex bannum dabit. burgenses et habitatores dicte ville billiaci teneanturmolere blada et coquere panes ad fur- nos nostros et molendina nostra quos furnos et'molendina furnea- rios et mugnesios ibidem habere et tenere debeamus ad sufficien- tiam ville billiaci pro multuris et fornagiis consuetis. adito quod si forte dicti burgenses et habitatores ville billiaci non possint in nostris molendinis molere blada sine mora cum apportata essent ibidem quod ea blada possint alibi portare ad molendum ad quod- cumque molendinum vellent si non possent statim molere dicta blada ut supra. aut si invenirent aliam personam molentem et super hiis credatur iuramento domini vel portitoris bladorum ad dicta nostra molendina. qui vendiderit pisces leydam non debet. item volumus quod omnis successor noster prima vice qua venerit in villa recepto iuramento fidelitatis a burgensibus: ville billiaci iuret se servaturum franchesias et privilegia supradicta. Et quilibet ca- stellanus dicte ville iuret ipsam franchesiam observare. item si quis non burgensis intulerit extra franchesiam dicte ville billiaci iniu- riam in persona vel rebus burgensium dicte ville billiaci et ille et dominus eius super hoc requisitus non voluerit emendare burgenses dicte ville possint inde pignorare de consilio et licentia castellani. cum negocia aliqua incumbet fieri pro villa ( /acuna ) volumus quod duo probi homines de villa eligantur consilio castellani nostri’ qui una cum dicto castellano ipsorum negociorum expeditioni intendant. banna autem et termini dicte ville billiaci et franchesie protendun- tura strata publica de donano inferius. et a predicta strata per charreyum fustarum usque ad nantum de merlo et a predicto% nanto de merlo usque ad quendam terminum. positum in carreria del pontais versus boschetum sancti iohannis et ab eodem termino dicte carrerie prout tendit ipsa carreria usque ad fontem del bui- gnion et a predicto fonte usque ad nantum ville per terminos positos. ‘et a predicto’ nanto prout ipse nantus durat insuperius usque ad molendinum nostrum de boscho. et a predicto molendino usque ad predictam stratam de donano per terminos positos inter I DELLA MONARCHIA. DI SAVOIA. 133 ipsum molendinum et dictam stratam. quam franchesiam libertatem privilegia et statuta nos comes predictus promittimus ect. et in quo- rum ect. dat. Chamberiaci die decima sexta marcii millesimo tercen- lesimo vigesuno quarto. VII. Amedeo V. conferma la concessione della borghesia di Rivoli in fuvore di Nicoleto Beccuti e de’ suoi figliuoli. ( 3 gennaio 1323 ) d 8 Dai protocolli del Notaio Reinaud. Arch. Cam. Nos Amedeus comes sabaudie notum facimus universis quod cum nos in homines et comburgenses nostros ville Rippolarum admisis- semus et recepissemus dilectos nostros nicoletum beccuti stepha- num et manuelem: fratres et filios dicti nicoleti , privilegiis liberta- tibusque et franchesia dicti loci Rippolarum uti et gaudere concesso prout gaudent et utuntur ceteri burgenses dicte ville Rippolarum ita tamen quod ipsi tenebantur habere infra villam predictam do- mum et cum ipsa domo infra certum tempus de rebus et posses- sionibus acquirere infra castellaniam Rippolarum infra dictum tempus videlicet quousque de rebus et possessionibus acquisierint ut supra usque ad valorem tercentarum librarum monete cursibilis nobis vel mandato nostro solvere tenebantur annis singulis decem solidos turonens. quorum solutio cessare debebat facta acquisitione ut su- pra ect. et nobis constet. per relationem dilecti fidelis nostri guil- lelmi borrelli burgensis ville predicte quod dicti pater ac filii habent infra castellaniam dicte ville cum dicta domo ex emptione vel alia acquisitione de rebus ac possessionibus usque ad valorem quantitatis dictarum trescentarum librarum et ultra ect. nos dictos patrem et filios iterum in homines et comburgenses nostros admittimus et recipimus ; volumus quoque ipsos deinceps uti et gaudere privilegiis 134 DELLA FORMA” . franchesia et aliis quibuscumq. libertatibus quibus utuntur et gau- dent ceteri. comburgenses dicte ville. dat. Ripulis tercia die mensis iannuarii anno domini m. ccc. xxnl. VII. Convenzione dell'abbate di S. Ramberto con Tommaso conte di Savoia. ( 30 novembre 11096 ) Dai protocolli del Notaio ‘Reinaudi. Arch. Cam. In nomine domini nostri Jesu ‘Christi. Ego Raynerius dictus abbas S. Regueberti et noster conventus talem facimus convencio- nem cum Thoma illustri comite savoye. nrum castrum quod dicitur carnilions dedimus ei et successoribus :suis habendum in perpetuam tali conditione ne illud :possit ‘alienare .a :comitatu neque filiam suam dotare nec alio imodo. costam totam que est a muro :inferins a ‘parte abbacie et domum confrate retinemus ‘nobis et abbacie ha- bendam ‘in perpetuum. nostri homines qui in ‘costa illa domos ha- bebunt ‘nichil aliud comiti debebunt nisi hoc. tamen iurabunt: quod bona fide iuvent “comitem in defensionem icastri.. et comes iuravit quod persone eorum et res ibi sint salve et tute. dedimus etiam comiti ‘a fontana gaudini ‘usque ‘ad ‘aggerem buvgi iet arfossato quod est in ‘collo ‘castri ‘usque ‘ad atquam que dicitur arbarona :sub tali conditione. ‘funi et imolendini ‘qui sunt ‘vel inposterum sfierent iin- fra terminos ‘istos.. et leyda lingarum ‘et domborum erunt cabbacie in ‘perpetinim. ‘comes’ habebit -bannos ‘et iusticias ‘infra terminos istos. omnes alie obventiones que infra ‘terminos ‘istos ‘accipientur leyidas ‘et census domorum ‘vel si ‘que alie -dbveniunt et duo men- ses ‘de banno ‘vini qui accipivntur ‘a natale domini usque vall ‘cara- mentranum abbacie erunt ‘ét comiti omnino ‘communes. pedagium trosséllorum ‘comitis erit ‘exceptis quod de :simgulis habebit «duos monos. ‘in “alio :pedagio quocumque modo perveniat habebit ‘abbacia DELLA MONARCHIA DI SAVOIA. 135 ‘sextafa pattem. portionem abbacie accipiet nuncius quem abbacia ciristituerit. comes etiam proprium mnuncium habebit si voluerit in portione sua. abbas ‘et abbatia quemeumque voluerit instituet pre- positum seu mistralem totius burgi; et erit homo ligius abbatis. iurabit tamen quod fideliter reddat abbati et comiti cuicumque suam porcionem obveniencium infra terminos supradictos. in rebus que extra terminos illos sunt posite nichil dedit_ abbas vel abbatia penitus comiti sed totum sibi retinuit tam in personis hominum quam in aliis rebus excepto quod fidelitates nobilium cum eorum feudis quas ecclesia hodie ibi habebat a petra crispa usque ad pe- tram arcuinam dedit abbas et abbatia comiti in perpetuum ut fi- delitates et consuetudines quas abbatie debebant deinceps faciant comiti. abbas et monachi de quibus congruum videbitur et eciam homines omnes abbatie iurabunt comiti quod fideliter iuvabunt co- miti et suos in castri defensione. predicte conventiones semper ‘sunt innovande tam ad abbatis quam ad comitis mutationem. ille qui erit castellanus icastri de comitis mandato iurabit quod istas -‘conventiones bona fide servet toti abbatie et suis pertmentiis. Ego Thomas comes mauriamnensis et savoye et marchio ytaillie conventiones in ista carta ‘contentas veras esse confiteor et supra ‘sancta evangelia iuravimus nos ‘ea bona fide servaturos semper abbati et abbatie. iuravimus etiam ‘abbati fidelitatem de castro. et quod bona fide semper :defendemus abbaciam et res ipsius. man- dantes et obbligantes posteros nostros ut etipsi idem faciant. inter fidelitates autem nobilium retinuit abbatia fidlelitatem quam debebat aymo de langes. ut autem predicte converitiones \plenius exequan- tur post comitem et ‘pro comite iuraverunt “isti. Aymericus. de ‘ Brianczono. Guigo de Theys. Amedeus et Humbertus de Vileta. Bomnivardas de Vienna. si vero quod ‘absit comes-a dictis conven- tionibus resiliret episcopi gravianopolitanus et mauriannensis in quorum presencia choc factum ‘est. de mandato ‘ipsius :comitis ipsum ‘ ‘comitem et terram ‘suam in eorum episcopatu tenentur interdicere. donec ipse comes plenius satisfaceret. actum est hoc ‘apud Cham- 136 DELLA FORMA | i beriacum in templo anno dominice incarnationis millesimo centesimo nonagesimo sexto in festo b. andree celestino papa pie presidente. henrico romanorum imperatore feliciter regnante. regnaudo archiep. | lugdunensi existente. datum per manus mauricii notarii. | IX. Confermazione degli ordini stabiliti da Amedeo V. rispetto alla successione alla contea di Savoia. ( 5 marzo 1324 ) | I | Arch. Camer. In nomine domini amen - anno a nativitate eiusdem millesimo ccc xxml inditione septima. die quinta mensis martii circa meri- : dianam horam. pontificatus sanctissimi patris domini Io. divina pro- videncia pape xxiT. anno octavo. per hoc presens publicum instru- - mentum cunctis appareat evidenter. quod viris magnificis dominis I Odduardo comite sabaudie ex. una parte et ‘aymone de sabaudia eius fratre ex altera. constitutis in presencia nostri et aliorum no- | tariorum et testium infrascriptorum personaliter pro omnibus et singulis infrascriptis ipsi domini scientes gratis atque spontanei. de iure suo et de facto plene instructi et informati ut asserunt non vi non dolo non metu inducti nec ab aliquo introducti fecerunt inter se pacta conventiones promissiones stipulationes iuramenta obligationes confessiones infrascriptas et infrascripta in manibus nostri et. aliorum notariorum infrascriptorum ut personarum publi- } carum stipulantium et. sollempniter recipiencium vice nomine et ad oppus dictarum parcium et omnium et singulorum quorum interest et poterit interesse. et altera pars alteri stipulanti et re- cipienti per formam et per verba que inferius continentur et per tenorem quem sequitur. i DELLA MONARCHIA DI SAVOIA. 137 Nous Odduars-cuens de savoie. ‘et nous Aymes de savoye -freres dou dit notre chier segneur le conte faisons assavoir a touz ceuz que verront ces presentes lettres que nons certiffie: a plain de lordenance laquele a fait entre nous notres chiers sirés-et. peres de bone memoire conte de savoie la quele ordenance nous avons iure en la vie de dit notre chier segneur et pere datandre et de garder et la quel ordenance sensuit es articles. dessouz ecritz. ce est lentencion que nous. ame cuens de. savoie entendons a faire sus le partage de ayme notre filz. premierement nous voulons que le ditz aymes ait les chateaus les: villes les mandemenz. fiez rerefiez iustices © et. segnories autes et basses. ensambles les appartenances soient appartenanz a la. terre de baugie ou dautrepart qui sont dedanz les chastellenies qui sansuivent. et ces chauses tiengne en noblete et. baronie reserve a nous et a nous. successours contes de savoie droit de fieu et le service des fiez cest a savoir baugie saint trivier de cortas. pont: de vauz. aynes aynieres marbo saint martin le chatel. pont de vele. chasteyllion en dombes. foyssie boyssey saint lorent. et le droit delescheoyte moss. henri de cha- vannes. en gardant au dit moss. henry ses convenances. item volons quil ayt le chastel de saint germain les mandemenz et toutes ses apparteinances en partage. item volons quil ayt les fiez rerefiez services usages proprietees possessions et domaneures les queles nous Odduars tenons outre la sonne par devers macon les quelles se tiengnent ou deyvent tenir deu fyeu de baugie. item que toutes ces chouses dessus dites et toutes les autres les queles acquirroit liditz aymes dedanz les fins des chastellenies dessus dites que ne seroient dautrui fieu pertegne tiengne et doive tenir les ditz aymes pour soi et-pour ses hoirs en fieu et en homage lige de nous et dou dit edduart et en apres de nous dou dit edduart et de ses successours contes de savoie. item volons que sil deffailliert don dit edduart sainz hoir masle de son cors que la conte de savoie ensamble ses appartenances. appartiengne et dovie appartenir au dit ayme apres de nous. et que la fille que li ditz edduars a et Tomo xxxvI. 18 138 ATI DELLA FORMA: autres filles se elles iestoyent de li fussent mariees ‘en argent selons leur estat bien et noblemant: et selons la maniere des convenan- ces qui furent faites cu temps dou mariage edduart et ‘se il estait einsi que li ditz edduars eust autre filles dautre: feme ‘de loial ma- riage. nous volons ausi que. elles ‘soient mariees en argent‘bien cet saufisamment selons lour estat et ‘sil estoit ainsi que: le ditz aymes deffaillist sanz hoir masle disons volons que se il avoit filles quelles soient mariees en argent selont leur ‘estat :et ence cas la conte en samble son partage desus dit appartiegnes a celi don nom dow lignage de savoye masle que nous: ordenerons: ou se:nous ne lor- deneyons. a celi de qui ordeneroit li ditz ‘edduars. et se: nous ne li ditz edduars. ne.lavient ordene a celi a qui: ordeneroit li ditz aymes. notre entancion: sì est que cu cas’ que li ditz aymes ne re- cognitroit: nous et le:dit edduart et serviroit come ses segnour en faysant come bons. vassaz doit fere vers. son segnour. ou que il feroit mariage alliances ou covenances ou ayde ‘contre nos persones et nous hoirs masle :. . . . . . ( religua desunt) RIGERCHE ©: s i usi INTORNO AD ALCUNE COSE ANTICHE DISSOTTERRATE IN TORINO nen anni 1880 E 1831 DEL CAV. GIULIO CORDERO DI S. QUINTINO Lette nell'adunanza del 22 di marza 1832, Nelo scorso anno 1830, e nei primi mesi dell’anno corrente , mentre qui in Torino si stavano scavando le fondamenta ed i sot- terranei delle due nuove case con portici, colle quali si volle prolungare , verso la grande piazza di Emanuele Filiberto, la via detta d’Italia, e l’attigua piazzetta o mercato delle frutta, dov'era, a nostro ricordo, la porta della città, si trovò essere stato quivi un fosso assai vasto, scavato in antico nel terreno ghiaioso e di alluvione proprio di quel sito, sopra il quale, come è noto, tutta è fabbricata questa città. i Ho veduto che la direzione di quel fosso segue una linea, la quale, partendo dall’angolo meridionale del vicino publico macello, attraversa obliquamente la mentovata piazzetta, e si protrae verso il mezzo della nuova casa, che si sta costruendo, a mano sinistra di chi vuol uscire della città. Quanto poi si prolungasse quel fosso , sì nell’una che nell’altra sua estremità, gli scavi parziali che finora si sono colà praticati non sono stati suflicienti a manifestarcelo. Seguitava esso probabil- mente l'andamento delle antiche mura, colle quali doveva essere munita la Colonia Augusta dei Taurini. Ma questa non è che una 140 RICERCHE conghiettura, perchè ora di quelle mura rimane appena qualche memoria debole e mal sicura, come si dirà meglio fra poco. La profondità di quel fosso, sotto il piano antico di Torino, non è eguale nè regolare per tutto. L'ho trovata in alcuni luoghi superare i sei metri verso la metà della sua ampiezza; era ‘però sempre alquanto minore verso le sponde. La sua larghezza stava fra i dodici ed i tredici metri. Era quel fosso pieno intieramente di una terra grassa, di natura argillosa, del solito colore bruno rossiccio della creta ordinaria , e così pura e scevra da sassi e dalla ghiaia che, per poco, si direbbe essere stata purgata con arte prima che fosse deposta colà. E che quella terra vi sia stata veramente portata d’altronde, è fatto abbastanza palese, per quanto a me pare, dalla qualità del terreno circostante, il quale, come ho già notato, è ben di tutt’al- tra natura. Ma con quale intendimento sia stato dai nostri maggiori esca- vato quel fosso, e di poi colmato in quella guisa, sieuramente non senza fatica e spesa grandissima, con una sorta di terra che non si trova in que’ contorni, è cosa da ben considerarsi prima di defmirla. Ecco i due quesiti cui mi pare si debba cercare di rispondere prima d’ogni altra cosa in questo esame. — Con quale scopo una sì gran mole di terra, così omogenea e pura, tanto diversa dal terreno che le sta intorno, può ella essere stata trasportata in quel fosso, nel pomerio della città? — In qual tempo, e da chi mai sarà stato praticato un sì fatto lavoro ? Intorno alla prima quistione io conghietturava da prima che in quel sito, in tempi assai remoti, potesse essere stato un publico cimitero. E veramente a questo supposto non ripugnava e la si- tuazione di quello fuori dell’abitato, presso una delle porte della città, lungo una delle strade primarie che ad essa conduceva- no, dove appunto usavano i Romani collocare i loro sepolcri; e finalmente nè pure vi ostava una quantità grande di vasi di RO DEL CAV. DI S. QUINTINO 14i terra. cotta, 1 quali, come dirò poi, furono trovati sepolti in quella terra. Proseguendo però più avanti quegli scavi, e meglio esaminati i vasi or mentovati , io mi avvidi che tutti, tranne uno solo, erano voti, ovvero pieni soltanto di quella stessa argilla in cui si stavano; che quivi non era vestigio alcuno o di ossa combuste o di cenere o di carboni, nè altro indizio qualunque di un antico sepolcreto, nel quale, dentro que’vasi, fossero stati deposti gli avanzi dei ca- daveri abbruciati. ‘To ebbi quindi a mutare d’'avviso; e, mosso dal gran numero di que’ vasi che si andava ogni dì via via scoprendo, già quasi mi dava a credere che in quel sito potesse essere stata altre volte una figulina , dove ed urne ed embrici e mattoni e stoviglie d’ogni maniera si fabbricassero , secondo l’uso degli antichi. Se non che dovetti ben presto nuovamente ricredermi quando osservai che que’ vasi, benchè fossero per la maggior parte di quel solito co- lore laterizio, che hanno le stoviglie fatte colla creta ordinaria, non erano però tutti compagni. Non pochi infatti ve n’erano di un colore bianco giallognolo, non diverso da quello che presen- tano le opere di terra cotta fatte colla nostra preziosa terra di Castellamonte. Di più, oltre che in que’ luoghi non si sono trovati nè gli avanzi di alcuna fornace, nè quei soliti mucchi di scarti e frantumi di vasi, i quali sempre sogliono ritrovarsi dove erano le loro officine, sarebbe stata ancora fuor d’ogni misura eccedente a quell’uopo la quantità dell'argilla quivi accumulata. Mi si presentò allora un’altra maniera di sciogliere il proposto problema, la quale, se non erro, parmi doversi preferire ad ogni altra, essendo di- tutte la più verisimile, e la più consentanea nel tempo stesso alle costumanze degli antichi, ed all’autorità dei loro scrittori. Io direi adunque che quel fosso sia stato anticamente una con- serva, 0, vogliam dire, un magazzino dove sì sotterravano i vini, 142 RICERCHE che si volevano lungamente serbare. Ed ecco gli argomenti che sembrano favorire questo mio parere. Dee primieramente avvertirsi; che ivasi sopramentavati non sono già urne nè doglii a largo ventre; ma sono vere ‘anfore; varie sì e per ampiezza e per qualità di materia; ma tutte della medesima: forma tonda ed allungata assai; tutte munite . di due maniglie, affinchè potessero facilmente essere trasportate; di collo stretto onde meglio sigillarle; col fondo terminato in punta per conficcarle agevolmente nella rena, ovvero nel terreno. Vere anfore vinarie in somma; così dette, per. essere il più sovente destinate alla cu- stodia del vino. Ed a quest'uopo in qual altra terra o sostanza potevano queste essere. più convenientemente sepolte che nell’ar- gilla, senza dubbio di tutte la più idonea a guarentirle dall’umido, ed a separarle intieramente. dall’aria esteriore? Quantunque il maggior numero di que’ vasi fosse già stato guasto ed infranto in diverse escavazioni colà in altri tempi praticate, molti ne rimasero però ancora conservati a perfezione, nè mai toccati per lo innanzi. Giacevano essi in quella creta alla profondità di due in tre me- tri, disposti regolarmente in varie file, a qualche distanza l’uno dall'altro, e divisi in due ordini o piani per uno strato di circa un mezzo metro di quella terra. Alcuni di que’ vasi, scavati in mia_ presenza, erano capovolti, ossia situati colla bocca all’ingiù; non oserei però affermare la medesima cosa di tutti. i Senza dubbio sopra quei due ordini di anfore, da principio, ve ne dovea essere un altro; ma, posto in tal modo quasi alla super- ficie del terreno, sarebbe un prodigio se, col volger dei secoli, sotto le mura stesse della città, quello non fosse stato ritrovato e distrutto, come ora da noi è stato disperso il rimanente. Dopo tutto ciò resta ad esaminarsi come tutti questi particolari sieno conformi a ciò che dagli antichi si soleva praticare onde provvedere alla conservazione dei loro vini. Quante cautele fossero da essi adoperate sia nello scegliere e A TORI DEL CAV. DI S. QUINTINO 143 preparare i vasi vinarii,, come nel collocarli nel luogo più conve- niente, si può vedere presso tutti i loro scrittori, che hanno trattato di cose villerecce (1). Più d'ogni altro va partitamente accennando quelle pratiche C. Plinio, nel libro decimoquarto della sua storia naturale. Quivi leggiamo che quando il vino, che si voleva mettere in serbo, era ‘abbastanza depurato nelle botti, le quali, già fin d’allora , in questi nostri paesi subalpini, erano fatte di legno e ben cerchiate , si trasferiva invasi di terra cotta di minor capa- cità, la forma dei quali. era prescritta dall'uso. Dovevano questi essere di ventre angusto, e di forma oblunga. Quando si volevano riporre ‘si chiudevano prima ben bene con pece 0 mastice ovvero col gesso; poi ‘a certe distanze determinate, si seppellivano nel terreno più 0 meno profondamente a seconda della temperatura del sito ,, e della qualità del vino. Per lo più erano i vini meno robusti che si conservavano in tal guisa ; i più generosi si custo- divano con minori precauzioni. nelle celle vinarie, le quali, per solito, stavano nella parte superiore della casa. Non è quindi me- raviglia se que’ nostri. maggiori si vedevano talvolta costretti ad accendervi il fuoco, affinchè il vino, nel massimo rigore del freddo, non venisse a patire (2). Ma anche più chiaramente al ‘caso nostro si esprime Palladio Rutilio , ‘trattando lo stesso argomento nel capo undecimo del suo trattato: De Re Rustica. Ecco le sue parole : In' vasculo gypso diligenter includis (vinum), et ad vetustatem re- servas. Melius tamen si in minora et picata vascula :proximo vere transfundas, et gypsata diligenter operias , et in terrena et frigidu (1) V. Catonis. De fe rustica. Cap. 107. Columellae. De Re rustica. Cap. XII $ 29.; 30. (2) Circa Alpes vasis condunt , circulisque cingunt ( vin ), atque etiam bieme gelida ignibus rigorem arcent : .. . . Mitiores plagae doliis condunt, infodiuntque terrace tota, aut ad portionem situs . . : . ‘Tradunturque et haec praecepta. Doliis etiam intervalla dari, ne inter sese vitia serpant, contagione vini semper ocyssima. Picari opor- tet . . . quin et figuras referre; ventruosa ac patula minus utilia . . . . Imbecilla vina demissis in terram doliis servanda; valida expositis. Plin. Nat. hist. Lib, XIV $ 27. I 44 € RICERCHE cella recondas ; vel arenis fluvialibus, vel codem solo vascula ex aliqua parte submergas. Hoc nulla vitiatur aetate , si tamen dili- genter effeceris. Palladii.. De Re Rustica. Lib. XI. S 17. E che veramente gli antichi, o, per dir meglio, i Romani, avessero in gran pregio il vino molto invecchiato, e che ogni cura ponessero nel ben conservarlo ‘lo sappiamo anche da Orazio», .il quale in quella sua ode intitolata ad un’anfora di vino massico la invoca quasi fosse nata ad un tempo stesso con esso lui, per- chè era stata riposta nella cella nell’anno medesimo della sua na- scita, essendo console L. Manlio Torquato (1). Siccome quest’anfora d’Orazio , così non poche fia quelle che si vanno ogni dì quà e là dissotterrando si trovano. improntate del nome dei consoli dei loro tempi. Altrevolte vi si segnava sopra col pennello la qualità del vino in esse racchiuso. Duce, di fatto, ho veduto scritto sopra uno di que’ vasi, trovato, non è gran tem- po, nella Valtellina, ed ora posseduto. dall’illustre mio amico, il sig. Felice Cataneo, direttore dell’imperiale museo. numismatico in Milano. A me però non venne mài fatto di scoprire alcuna di quelle note sulle anfore dei nostri scavi. Con tutto ciò, quando non sorgano altre maggiori difficoltà contro questo mio modo di rendere ragione e dell’opera di quel fosso, e della terra ivi trasportata, e dei vasi in tanta copia sepolti in quella, non cesserò dal tenerlo, se non per cosa chiara affatto e palese, almeno come la più. probabile d’ogni altra. (1) AD AMPHORAM O nata mecum , Consule Manlio , Seu tu querelas , sive geris iocos, Seu rixam et insanos amores , Seu facilem , pia testa, somnum , Quocumque lectum nomine Massicum Servas , moveri digna bono die, Descende , Corvino iubente , Promere languidiora vina. Horat. Lib. HI. carm. 2e. DEL CAV: DI S: QUINTINO 145 | Anzi se pongo mente alla grande profondità ed estensione di quel fosso medesimo, alla sua situazione in luogo sì prossimo all’abi- tato, alla quantità di quelle anfore, per capacità e materia assai diverse fra loro, io sta per dire che quello era una conserva o cella vinaria destinata a publico uso. Non altrimenti che in alcune con- trade d’Italia, in Toscana specialmente, ad imitazione degli anti- chi (1), anche. a dì nostri si scavano, in siti publici, certi pozzi detti buche, affidati per lo più, durante la notte, alla custodia di grossi canî, dove, mediante una giusta retribuzione , è lecito ad ognuno di riporre i suoi grani, onde serbarli oltre l’anno, e sot- trarli agli inconvenienti cui sogliono andar soggetti nella calda stagione. : Nè mancano esempii di altre somiglianti conserve vinarie. Chiun- que ha visitati gli stupendi avanzi della sepolta Pompeia, è sceso, senza dubbio, negli spaziosi sotterranei della villa già posseduta da un Ario Diomede, fuor delle porte di quella disgraziata città. Quando que’ sotterranei vennero purgati dalla terra e dal lapillo di cui erano ingombri, furono trovati pieni in gran parte di an- fore simili in tutto alle nostre; e moltissime ve ne rimangono an- che adesso. Molte pure, ed insieme riunite, ne furono scoperte , non ha guari, dall’egregio nostro collega il Marchese di Badino D. Luigi Biondi, in varii scavi da lui felicemente tentati nell’Agro Romano; nè ad altro uso che alla conservazione del vino egli crede che quei vasi fossero stati colà anticamente destinati. Ora se tutti questi argomenti sembrano per avventura soddisfare al primo dei due proposti quesiti, più convincenti ancora sono quelli che ne vengono somministrati da questi nostri scavi medesimi, (1) Possunt etiam defossa frumenta servari, sicut transmarinis quibusdam provinciis, ubi puteoram in modum, quos appellant siros, exbausta humus editos a se fruetus recipit. Sed nos in nostris regionibus, quae redundant uligine, magis illam positionem pensilis horrei, et hano curam pavimentorum et parietum probamus. (Columellae. De Re Rust. Lib. I cap. 6. Tomo xxxvI. 19 146 RICERCHE onde sciogliere convenientemente anche il secondo, vale a dire , assegnare l’ età cui si debba ascrivere il trasporto della mentovata argilla nel fosso ghiaioso del quale si ragiona. n fatti mentre, nel mese di marzo dell’anno 1831, quella terra si andava rimestando per toglierla di là, onde preparare le fondamenta alla nuova casa che la Sacra Religione de Ss. Maurizio e Lazzaro fa edificare in quel luogo, si sono trovate alcune medaglie, ossia monete romane sì d’argento come di rame, tutte appartenenti , per quanto mi è stato riferito, ai tempi dell’imperatore Cesare Augusto: siccome a lui appartiene sicuramente una di esse che per sorte è venuta nelle mie mani, ed è tuttora presso di me. È questa una medaglia assai comune, di terzo modulo in bronzo, battuta probabilmente nella zecca di Lione, verso il principio dell’era volgare, a fine di perpetuare la memoria della dedicazione dell’ara famosa, che sessanta popoli delle Gallie vollero innalzare in quella città ad onore di Augusto, verso l’anno di Roma 743; come ab- biamo da Strabone » lib. IV. Ecco la descrizione di questa moneta: Caput Augusti laureatum ROMae - ET : AVGusto — Ara inter duas Victorias basi in- sistentes * RE - IIl - formae. E qui si dee notare che la profondità in cui quelle monete fu- rono scoperte era tale da non potersi credere che sieno state poste, ovvero casualmente smarrite in quel fosso in altro tempo che allora quando vi furono collocate quelle anfore , o gettatavi quella terra medesima. Ora questo tempo non sarà certamente anteriore all’ età di Au- gusto , poichè prima di lui non potevano essere monete improntate del suo nome. Pare quindi sommamente probabile che quel lavoro sia stato eseguito o durante il regno di quel principe , che ebbe fine nel quattordecimo anno dell’era volgare, o poco dappoi, quando LI DEL CAV. DI S. QUINTINO. 147 le monete d’ Augusto dovevano .essere tuttavia le più frequenti e numerose (1). Nè medaglie d’altra età, od altro monumento storico qualunque ci è stato somministrato da quegli scavi; in que’ luoghi almeno dove quell’ argilla non era per anco stata smossa ed escavata , siccome lo fu più volte di poi in diversi tempi. E veramente nel medio evo, e nei secoli che gli tennero dietro, quel terreno non andò immune da molte vicende. Nell’ angusto spazio di tredici metri, per cui s’allargava quel fosso, si sono sco- perte le fondamenta di tre recinti della città, differenti fra loro per età , per materiali e per maniera di costruzione. Il più ristretto di que’ recinti, quello, cioè , che meno degli altri sì scostava dal centro di Torino, e dalle sue abitazioni, si vide chiaramente essere la continuazione di quell’antico muro di cinta, di struttura tuttavia romana, fatto di grandissimi mattoni fra loro ottimamente commessi, del quale rimangono anch’oggi alcuni avanzi colà vicino, dove sono le rimesse del reale palazzo, e dove altre volte s’apriva la vecchia porta palatina, che faceva parte di quel Lr_rZZZZZZNnIUL azar ii { IVRBISROMAB] Bi: PNAESICINI ‘:. NTRONOREIPVBL LR OTT AT TO PETE N RTLA CEN Vetro ira nti: sE ISALVENSIVM. | |. E VBENVMANATIM "i TOLLENTINATIVIM | Bi (PPLA NINENSIVM È TAVSARFIDELI RONREIPAV i IVSERo \ Ab. Denina Lorino Lit. DFoska vie DT RS b Ù = A sai È | DELLE FINANZE DELLA MONARCHIA DI SAVOIA NE’ secoLI xnl E xl DISCORSI QUATTRO pi Lurci CiBRARIO Letti nelle adunanze 2 e 23 giugno, e 1 dicembre 1831. DISCORSO SECONDO DELLE ENTRATE DELLA CORONA Frutti delle terre demaniali. Varie maniere di censi. Riscatto de’ servizi. Trezeno e lodi. Placiti della morte. Treni. T’erragio. Tese. Culmagio. Pensioni de’ giudei; de’ Caorsini o Lombardi. Condizioni del commercio. Pedaggi. Accordi co’ mercatanti. Lelde. Multe e confiscazioni. Tasse sui contratti. Dritti di giustizia e di cancet- leria. Bannalità. Pesca. Monete. Soldo e lira di conto. Varie specie de’ fiorini d’oro ; loro valore. Valore de’ grossi tornesi; dell’obolo e del bisante d’oro. Varie monete di Savoia; lega ; peso; rimedi e signoraggio. Miniere. Successioni. Cose trovate. Avvocazia delle chiese. Costume. Caccia delle fiere e degli animali ‘ selvaggi. Sussidii; modo di chiederli e di consentirli; varie specie di sussidii. 13 IS entrate della corona ne’ tempi di cui parliamo si componeano de’ frutti delle vaste possessioni demaniali annesse a ciascuna ca- stellania, e dei tributi ; il qual nome io intendo in larga significa- zione € lo fo comune: 158 DELLE ENTRATE 1.° Alle imposte sugli stabili, che comprendeano le taglie, le tese, le terze vendite, le caducità , i placiti della morte del signor di- retto e del-:signor utile ; ed anche ai censi ed ai livelli. 2.° Alla redenzione de’ servigi sì reali che personali. 3.° Alla taglia de’ giudei, ed alle pensioni che pagavano i Caor- sini o Lombardi. 4. Alle gabelle sul traffico grosso e minuto, e sull’industria, cioè ai pedaggi, alle lelde, al pesaggio , al macellagio , al bancag- gio, e simili. 5.° Alle confiscazioni ed alle pene pecuniali. 6.° Ai dritti sulle contrattazioni, ed a quelli di giustizia e di cancelleria. i 2.° Ai dritti di dominio eminente , che abbracciano le bannalità , le bandite , la ragion privativa de’ fiumi e torrenti, il signoraggio delle monete e delle miniere, le successioni de’ forestieri, le suc- cessioni vacanti e le cose trovate; le salvaguardie, e l’avvocazia delle chiese e dei monasterii. 8.° Alle costume, cioè a certi dritti segnalati e singolari fondati sopra l’antica osservanza. g-° In ultimo luogo ai sussidii. La necessità di sopperire ai bisogni dello stato rende legittimo l’uso d'ogni tributo e sia pur, grave e straordinario. Ma ogni ma- niera di tributo debb’essere ordinata. in guisa che nè ecceda di molto siffatti bisogni, nè si consumi nel nascere per troppe spese di riscossione , nè l’atto del ricoglierli - sia grave ed oltraggioso ai cittadini, od inceppi quelle operazioni della vita civile per cui prin- cipalmente mantengonsi e vengono in fiore le città ed i regni; sopra tutto poi è special qualità de’tributi dover essere ben collocati ed universali ; ed il frutto che se ne ritragge non si può gittare o consumar ciecamente, ma debb’essere con severa ragione utilmente ed, onestamente . adoperato. Ai tributi che si levavano appresso a tutte le nazioni de’ tempi lontani di cui discorriamo, mancava la maggior parte delle condizioni DELLA MONARCHIA DI SAVOIA. 159 testè. annoverate, perchè regolandosi non con leggi generali ma co’ patti di private contrattazioni o coll’antica consuetudine, era- no varii secondo i luoghi e secondo le persone. Nel: modo di levarli verano usi bizzarri ; e in chi li levava non bastante freno alla cupidigia; eranvi ad ogni passo dogane interne, quasi argini respingenti del commercio. Eranvi infine pel ceto de? religiosi, e per quello de’ nobili franchezza da quasi tutti i tributi; pe’ coloni e lavoratori aggravio d’infinite prestazioni. Gioverà adunque, a noi che viviamo in tempi assai più lieti, riandar brevemente questa parte della civil condizione d’età pel valicar di tanti secoli da noi disgiunte , e noteremo, che, sebbene il nostro assunto si restringe allo stato di Savoia, tuttavia le osser- vanze che nel medesimo troveremo erano quasi le medesime ne’ re- gni e ne’ principati vicini. I. Aveanvi nel giro d’ogni castellania vaste tenute demaniali il ‘ ritratto delle quali era assai riguardevole sia che si dessero ‘a fitto sia che si coltivassero per conto del principe; e più vaste erano naturalmente: ne’ luoghi dov’esso tenea l’ordinaria sua residenza, come furono Monmegliano e Voyron, poi il Borghetto e Ciamberì, e quindi, dopo la metà del secolo XIII, Ripaglia, in Savoia (1); e di qua dall’Alpi la insigne terra di Rivoli, dove noteremo per sola curiosità che la raccolta del vino nelle vigne del Conte fu nel 1266 di 529 sestieri, 306 de’ quali di quella specie più scelta d’uve che si chiama anche al dì d’oggi ribbiolo (2). La quantità delle vettovaglie raccolte da tanti poderi superava di molto i bisogni che n’avea la corte di Savoia ancorchè magnifica (1) Conto dell’ospizio del conte di Savoia e di Borgogna di Vincenzo Chierico 1269 e seg. Conto di Pier Mourerì castellano del Borghetto dell’anno 1290. Conto dell’ospizio di Bona di Borbone, contessa di Savoia d’ Antonio Mayletti, per l’anno 1370. Arch. Camer. (2) De CCXXIII sextariis recepti de exitu vinearum domini hoc anno. De CCCVI sext. vini receptis de exitu vincarum de nibiol hoc anno. Conto d’Umberto de Balma castellano di Rivoli. 160 DELLE :ENTRATE e per numero di scudieri, di cherici, di paggi e di valletti ,, e per frequenza di conviti, e per abbondanza d’elemosine; onde l’avanzo si vendea; ed aflinchè più agevole riuscisse lo spaccio della der- rata che in maggior copia sopravanzava, qual era il vino, proibivasi negli statuti di molte ville, sotto pena pecuniale ad ‘ogni privato , di venderne nello spazio di 15 dì o d'un mese di ciascun anno (1). La qual proibizione fu ai borghesi di Tonon moderata dal conte Odoardo e ristretta la vendita all’ingrosso (2). Di que’ beni che non poteano darsi a fitto quali erano le foreste : ed i pascoli se ne tassava l’uso in certa somma. Chiamavasi fore- stagio od affoagio (3) il tributo che pagava chi andava a far legna nelle. selve comitali, passonagio la tassa di chi vandava a còr ghiande (4); erbagio o pasqueyragio quel che si dava per la ra- gione di condur bestie ai pascoli comuni, e talora ramagio ovvero fidancia bestiarum extranearum. Ma in quest'ultimo caso era piut- tosto un riconoscimento della protezione che ad esse si prometteva, che un permesso di pascolare (5). Infine pagavasi la/pagio 0 cha- (1) Reddit computum de III lib. fortium receptis de banno vini qui venditur prima die martis post pascha anno quolibet et durat per mensem unum. Conto della castellania di Aiguebelle del 1275. Comes habebit in villa bannum venditionis vinî mense quo elegerit anno quolibet per unum mensem. Carta di franchezza di Chatelard en Bauge. A S. Branchier il bando del vino durava 15 dì. Carta di franchezza di S. Branchier. Archivi Camerali. (2) V. documento num. I. (3) Idem reddit computum de XII solidis receptis pro affoagio hoc anno et levatur a quolibet capiente ligna in bosco comitali ad collum tres denarios et unum faysiculum li- gnorum cet a quolibet capiente ligna cum bestia quatuor dinarios nec debent capere quercus castaneas vel albores fructiferas. Conto della castellania d’Aiguebelle del 1276. Conta di Giovanni Divite castellano di Ciamberì del 1328. Conto di Nicolò Bersatoris di Cavallermaggiore del 1327. Arch. Camerali. (4) Passonagium. De passonagio mihil quia non fuerunt ibi glandes. Conto d’Aimoneto Curbaudi ricevidore delle entrate della castellania di Chillon del 1317. Arch. Cam. (5) Conto della castellania di Mommegliano di Guido Bonard del 1281. Conto già citato di Cavallermaggiore. De erbagio bestiarum extranearum venientium ad pasquegrandum in pascuis commu- DELLA MONARCHIA DI SAVOIA 161 vannagio da chi tenea le sue greggi sugli erbosi dorsi dell’alpi dal giugno all’ottobre, e nelle capanne (chavanne ) che vi costruiva attendeva a formar latticinii (1). Il forestagio pagavasi in danaro o in legna, e talora eziandio ifi certa misura di biade. L’erbagio e l’alpagio con formaggi e latteruoli ; ed eziandio con agnella e vitelle , e talora in danari. II. Le nazioni che in diversi tempi vennero di Germania ad oc- cupar le Gallie e l’Italia, impadronitesi per ragion di conquista di tutti i terreni, parte ne tennero per se, parte ne diedero a col- tivare agli antichi abitatori con patti più o meno duri secondo la propria cupidità e la condizione delle persone. Con simili patti s’in- poneva al cessionario l'obbligo di servizi personali, d’opere di buoi, di falce, di correggiato , di taglie in somma ferma od indetermi- nata , di censi e d’altre prestazioni di derrate o di danari, talune annuali , talune a certi tempi ed a certe occasioni solamente. Le terre che i capi di quelle tribù vittoriose partiron fra toro le fecero coltivare ai miseri presi in guerra e da loro condotti in ischiavità; i quali penso abbiam dato origine a quell’infimo ordine della plebe che si chiamò de’ tagliabili. Perciocchè argomento che niun uomo che avesse avuto balla di se medesimo avrebbe con- nibus montheoli levantur pro qualibet bestia equina duo denarii maurisienses ; et pro quo- libet bove seu vacha unus obulus; cè pro qualibet o\e seu castrone una pogesia. Conto della castellania di S. Maurizio del 1343. Arch. Cam. - (©) De exitu alpagiorum montium de Albarousa de Ona de Ozona de Recula de Verna . de Oysegnet et levantur in dictis montibus pro qualibet chavanna ubi fit fructus unus caseus et unus seraceus de grossioribus; que ibi inveniuntur. Conto della castellania di Chillon d’Umberto bastardo di Savoia, balio del Chiablese 1344-45. Id. redd. computum de XLI solid. IIII danariis receptis pro pasqueragio alpis de uxelles pro bestiis Lombardis et dantur pro pasqueragio dictarum bestiarum Lombardarum quando - veniunt ibi ad pascua octo solidi. Conto di Ribaldo di Rivalta castellano di Lanzo del 1313. Conto d’Umberto di Bardonnéche castellano di Flumet del 1294. Conto della castellania di Conflans del 1325. Conto d’Umberto bastardo di Sayoia castellano di Moriana nel 1347. Conto della castellania di Cavorre di Martino di Castellamonte del 1361. Arch. Cam. Tomo xxxvi. 21 162 DELLE ENTRATE sentito le inique condizioni da cui erano oppressi. Le vaste partite di terreni ritenute dai vincitori diedero origine ai franchi allodii ed ai feudi, ma poi, prevalendo le condizioni di questi ultimi, le possessioni tenute in franco allodlio si rimutarono quasi tutte ‘in teudi; la significazione della qual parola s’allargò poi tanto, che non solo applicossi alle terre tenute a censo od a livello, ma ezian- dio alle pensioni ed all'uso di mobili e di semoventi; onde nel secolo XITIII vera ancora in Val d'Aosta chi teneva in feudo dal Conte un cavallo e ne pagava un annuo riconoscimento (1). Siccome pertanto eran varie le ragioni con cui dai diversi ordini de’ fedeli si riteneva l'utile dominio de’beni posseduti, così varii erano eziandio i tributi che li aggravavano. I tagliabili; oltre a non. poche angherie e di servigi personali e d’opere d’animali, pa- gavano un’annua taglia od assegnata in somma certa o rimessa alla iercè del Conte. I censuarii pagavano annue prestazioni di da- nari, di quarti di bue, di castrati, di capponi, di torte, di pani, di biade, di fieno, di noci, di castagne, di melagrani ed altri frutti sotto a nomi di censi, «di fodro, di costume, d’affoagio, di capo- neria, di panateria, d’avenagio, di fenateria', di messe del castel- lano, di druclii, di cheneveria , di breveria, di menayde , che per l'ordinario erano prestazioni di pani e d’altre cose mangerecce , di marescalcia e di cavallagio, il nome de’ quali significa abbastanza esser tributo destinato al mantenimento de’ cavalli del Conte (2). (1) Guglielmetto de turre de Stipulis pagava perciò 30 soldi Vanno. Conto di Giovanni de . Ferraris balio d’Aosta castellano di Castellargento 1314. A) De XIII solid. VI. denar. r. de cheneveria de Viona hoc anno. De LX solid. VI danar. r. de breveria de Viennesio Chablasio et de ultra Rodanun. De XII solid. INI danar. r. de domino Guidone de pontevitreo de drueliis quas sole- bant capere familiares comitis Sabaudie. ; De XXI libr. XIX solid. de taillis hominum qui sunt adcensati ad voluntatem domini. De II modiis XI cupis (avene) r. de predictis hominis de Monteruel pro marescalcia. De VII solid. r. de receptis et recepticulis et drueliis debitis familie domini comitis apud bez per annum. De XV solid. r. de Capellano de Monteruel pro redempcione unius recepti quod debebat | DELLA MONARCHIA DI SAVOIA. 1605 Oggetto ‘a que’ tempi di gran momento come per le storie è noto; e come il chiarisce ancora il trovare fra i riconoscimenti de’ fedeli del Conte di Savoia stipulata sovente l’annua prestazione d’un cen- tinaio di ferri da cavallo coi chiodi (1). III Fra le obbligazioni de’ vassalli era poi anche quella d’alber- gare il Conte col suo seguito quando si recava alle loro case ; e sebbene egli assai di rado se ne prevalesse, pagavano tuttavia co- loro che veran soggetti una tassa annuale per ricomperarsene , quasichè avesse dovuto usarne perpetuamente. Chiamavasi a/der- garia , ricetto, o gieto ( droit de gite ); e così un ufficio di cor- 8 tesia'e ‘di riverenza, che ciascuno, secondo le sue forze, si reche- episcopo Sedunensi cum XV equis hoc anno. Conto della castellania di Chillon degli anni 1257 e seguenti. i De V sextar. frumenti r. apud Iargieu et in parochia pro breveria et pro messe castel lani ét capiuntur ibi in quolibet hospicio hominum dom. Comitis due gerbe per annum una pro breveria et alia pro messe castellani. in quolibet hospicio hominum aliorum nobilium una gerba tantum pro breveria. De III panibus r. de hominibus de Sala pro menaydis. De tribus partibus unius galline r. in manso de Gratalo et del Vilar. Conto della castellania di Chatelard en bauge degli anni 1282 e seguenti. - Conto della castellania di Mommegliano de’ medesimi anni. De XXI gallinis r. apud Chamberiacum Barberas et apud Villetam pro chaponeria et levatur in quolibet foco una gallina semel in anno. De XXXIX turtis in dicta castellania de redditu per annum. Conto della castellania di Ciamberì del 1300-1301. Id. reddit computum de CCXXVIII panibus r. de panateria in mandamento Rothe ubi capitur'in quolib. hospicio unus panis valens unum denarium exceptis villis de Mornens de Allens et hospiciis: viduarum in quibus nibil capitur. Conto della castellania di Rue di Gio. Guersi 1273-74. Conto della castellania della Rocchetta del 1332. Il censo dovuto da un fedele del Conte a Rivoli era un fagiano. Un altro censo era di 12 melagrani. Conto di Pier de Balma castellano di Rivoli nel 1339. R. Ab Aymoneto Stefano et Guigone Vachi unum os miolare de redditu per annum. Conto di Costantino di Giaglione castellano di Ciamberì del 1341. (1) de XXII sextar. avene r. de burgensibus. Montismeliani pro franchimento ville Mon- tismeliani per annum cum centum ferris ad'equos et clavellis ad cosdem. Conto di Goffredo de Amasin castellano di Mommegliano del 1263. 164 DELLE ENTRATE rebbe oggi ad onore di esercitare , vestiva allora d’un balzello (1). Similmente ai servizi personali, detti anche manopere, quali eran l'obbligo d’arar i campi, di falcare i prati del Conte, di ‘tra- sportarne le biade e le vettovaglie ne’ magazzini destinati a. con- servarle, di lavorare attorno alle fortificazioni del castello, di far la guardia la notte era assegnato in danari un valore; e così pure alle. opere d’animali, chiamate con altro nome corvate; ed era in arbitrio del Conte voler le manopere o le corvate, o contentarsi del compenso in danaro (2). il duro aspetto Così pel riscatto del cariagio pagavano que’ d'Andes e di Villie nella castellania di Saxon due denari Mauriziani per fuoco ; e gli uomini della castellania di Blonay pagavano pure un’annua tassa pel riscatto del gaytagio (3). Fra i servizi personali imposti ai fedeli del Conte per cagione delle terre possedute, il solo che tenesse in se qualche segno di gentilezza era il militare, al quale eran chiamati per tanti giorni d’ogni anno ed infra certi confini. Militavano pedestri recando l’arme dalle loro case; e viveano talora a proprie spese, talora a spese del Conte. In tempo di pace quelle annuali chiamate risolveansi (1) r. A rectore domus templi S. Michaelis pro recepto per ipsum debito domino semel in anno XV solid. fortium esperonatorum antiquorum. Conto d’Umberto bastardo di Savoia castellano di Moriana 1346-47. De € solid. r. de redempcione unius gieti debiti domino in valle Everdunensi per annum et est in voluntate domini capere dictum gietum vel redempcionem. Conto della castellania d’Yverdun del 1266. (2) De X solid. r. de eisdem hominibus (burgì Montisiovis) pro redempcione manuopere quam debent castro de Chillon singulis annis per tres dies cum expensis propriis videlicet de quolibet hospicio unus homo et est in voluntate domini recuperare dictam manuoperam vel redempcionem. Conto della castellania di Chilion del 1266. Levatur pro quolibet bove unus denarius fortis ter in anno. Conto di Pier dì Gerbais mistrale del Novalese 1273-74- (3) Conto di Bonifacio de Mota castellano di Saxon 1377-78. Conto di Girardo Marescalci castellano di Blonay 1367-68. DELLA MONARCHIA DI SAVOIA 165 in semplici mostre e cavalcate, e da queste più facilmente potean essì per danaro ricomperarsi (1). | Nel secolo XIII, quando i costumi eran più semplici, migliori le usanze, e che ogni cittadino si recava a pregio di correre ad una prima chiamata all’armi, raramente si trova memoria di multe imposte a chi avesse mancato di seguire il Conte nelle sue guerre. Ma nel secolo seguente, quando per fatale sventura d’Italia co- minciarono ad essere adoperate le braccia mercenarie delle com- pagnie forestiere, che vendeano, come cantava leggiadramente il Petrarca, l’alma a prezzo, e alzando il dito scherzavano colla morte, increbbe ai popoli di spendere con disagio e pericolo, guerreg- giando , que’ giorni che eran usi passare quietamente trafficando e godendo, e cominciaronsi a ricomperar per moneta dall'obbligo di servir il principe in guerra. Nel 1368 gli uomini di Lemie e di Forno di Lemie pagarono cento fiormi di buon peso per essere dispensati dal seguitare Amedeo VI negli eserciti di Vigone e di Fossano (2). Nel 1386 i cittadini di Susa volendo rimanersi dal seguitare il conte Rosso nelle cavalcate ch’ebber luogo in quell’an- no, pagarono 200 fiorini di tredici denari e un obolo l’uno; ugual somma diè il comune di Rivoli; 350 ne pagò la terra di Lanzo. E al di là dall’alpi la castellania di Moriana ne pagò 1051 (3). IV. Tra gli infiniti obblighi che rampollavano dal possedimento di beni feudali, eranvi ancora le tasse che si pagavano quando ve- niano alienati, o quando per caso di morte mutavan signore. La tassa d’alienazione chiamavasi trezeno se si trattava di case, lode se si trattava d’altri beni. Ragionavasi generalmente secondo il (1) It. reddit computum de XII lib. viennens. r. de albergis de Putheo de Corcollons et rle Chalmete pro redempcione cavalcate auguste. Conto di Stefano Polein castellano d’Ai- guebelle del 1277. \ (2) r. Ab hominibus domini de Liemes et de Furno de Liemes pro quadam concordia per îpsos facta cum domino super cavalcatis Vigoni et Fossani C flor. b. p. Conto dell’ospizio alel Conte di Savoia d’Antonio Barberi 1368-69. {3) Conto degli eredi di Pietro Gerbais tesoriere generale dal 1376 al 1390. Arch. Cam. ®, 166 DELLE ENTRATE prezzo della vendita. Nel 1263 a Monmegliano levavasi per. tal rispetto, il terzodecimo danaro, tanto dal compratore che dal. ven- ditore per que’ che dimoravano fuor della terra franca: e dal ven- ditore solamente per que che prendeano stanza nella terra (1). Riscoteasi colla medesima proporzione a Chillon. A Ciamberì per le case era del 5 per 100; del 10 per 100 a Ciriè; vario in- fine secondo i luoghi (2). Ma in qualche terra pare che questo tributo fosse arbitrario e perciò talvolta durissimo. In Avigliana, a cagion d’esempio, nel 1299 il fisco tolse un quarto del prezzo. pel lardemio. d'un bosco venduto, e fino alla metà per una casa (3). All'incontro la terra di Sallanches avea privilegio di non pagare per le case vendute entro i confini della villa franca che dodici danari ginevrini qualunque fosse il prezzo a cui s’alienassero (4). e nella terra d’Yverdun simili alienazioni non importavano. altro obbligo verso il signore che d’alcune misure di vino (5). Chiamavasi placito della morte, mutagio o repreysa un aliro tri- buto che pagavasi alla morte del signor diretto od a quella del serviente del feudo, e pare che fosse eziandio proporzionato alla quantità de’ terreni posseduti (6). Nella castellania di Tarantasia nel 1326 si dava alla camera l’intero frutto d’un anno, ed il terzo (1) Sciendum quod de morantibus extra villam Montismeliani tam de emptore quam de venditore accipitur laus et de morantibus in villa accipitur tantum de venditore et quilibet de prediciis dat pro dicta laude terciumdecimum danarium. Conto della castellania di Mom- megliano del 1263. (2) Dai conti delle predette castellanie. (3) Per un bosco venduto 24 lire , 6 lire di lode. — Per una casa venduta 450 lire, 225 di trezeno. Conto di P. di Monfalcone balio di Valdisusa e castellano d’ Avigliana. (4) Et est sciendum quod quando domus vel casale venditur infra franchesiam quod do- minus ‘percipit. pro qualibet domo seu casali XII den. gebennenses tantum quovis pretio vendatur. Conto della castellania di Sallanches d’Aimone di Challant signor d’ Aimavilla, 1379-80. (5) Conto della castellania d’Yverdun d’Umberto de Colombier del 1369. (6) Id. reddit computum. de X solid, forcium r., de Caletis de toyt. pro, placito mortis domini comitis. Conto della castellania di Mommegliano 1286. Reddit computuiu quod recepit a dno Johanne domino ‘Camere pro placito dno debito DELLA MONARCHIA DI SAVOIA. 167 di più per la vicecontea (1). I nobili che erano franchi dalla mag- gior parte delle prestazioni testè annoverate, non erano dispensati nè dal trezeno e dai laudemii, nè dai placiti della morte. V. Ma oltre siffatti tributi che pagavansi solamente a certe oc- casioni ; altri ve n'erano che cadeano sui beni e sulle case de’ bor- ghesi e de’ paesani, e pagavansi annualmente. Tale era quello che nel 1291 si levavano in Villarfochiardo , ed in S. Antonino in val di Susa sotto al nome di zrenî d’otto denari per ogni giogo di buoi (2). Tale era quello che con nome di zerragio levavasi in qualche luogo della castellania di Chillon d'una coppa d’avena per ogni famiglia che adoperasse alla coltivazion delle terre buoi o ron- zini.(3). Tale era altresì il tributo che si levava a Yverdun nel 1266 di due o di quattro danari forti, secondo i luoghi, per ogni tesa d’orto (4). Ma queste gravezze, che aveano qualche somiglianza colle odierne taglie, erano proprie e peculiari di certi luoghi. Uni- versale invece era al di là dall’alpi l'imposta detta delle tese. vi ob mortem duorum comitum pro parte sua centum solidos fortium pro placito debito apud Cuynam et Villar. Conto della castellania di Moriana di Pietro di Mongelaz del 1346. Il rettore dello spedale di Stavayé dovea due coppi di frumento de placito seu repreysia ob mortem comitis vel tenementarii. Conto della castellania di Stavayé 1394-95. (1) r. A Peroneto filio quond. iohannis Rioudo de Villario lulie pro placito obitus dicti patris sui quond. et extimantur res feudales domini quando feudatarius decedit et tantum quantum extimantur valere per annum levatur pro placito et ultra levatur tercia pars pro vicecomitatu. Conto di Berardo di Gorzano castellano di Tarantasia del 1326. Conto della castellania di Ciamberì 1328. 1330. (2) Conto di Guglielmo de Nons balio e castellano di Susa 1291. (3) De XII cupis r. de hominibus de Pagnaes de medietate terragii de Pagnaes et levatur a quolibet hospicio excolente ad bovem vel roncinum una cupa avene pro parte domini. Conto di Guglielmo de Septemo balio del Chiablese e del Gebennese e castellano di Chil- lion 1286-87. xx (4) De L solid. II denar. r. de VH. X. tesis et dimidium ortorum a parte de montagnie videlicet ab aqua usque ad fossatum francherote ubi dat qualibet teysa quatuor denar. per annum. xx : De XXV solid. I denar. r. de VII. X. tesis et dimid. ortorum ultra dictum fossatum videlicet pro qualibet tesa duos denarios, Conto di Rodolfo d’Yyerdun castellano d'Yverdun del 1266. 168 DELLE ENTRATE VI. L'imposta delle tese colpiva le case, così chiamandosi per- chè si ragionava secondo il numero delle tese che era larga la facciata di ciascuna casa abitata. La qual sua proporzione fu in- dirizzata senza dubbio ad aggravar di maggior tributo le persone più agiate , alleggiando le più povere, e non riuscì forse che a sformar l’architettura di que’ casamenti. Siffatta gravezza era varia da l’una terra all'altra secondo gli accordi o le carte di libertà comprate dai borghesi. Era poi definito che fossero esenti da tal tributo le case in cui non s’accendesse foco, e così infatti il prin- cipe ordinava che si governasse il castellano di S. Maurizio il quale balzellava duramente i suoi soggetti obbligandoli a pagar il tributo anche per le case disabitate (1). Ricoglieansi per la gravezza delle tese, nel 1263 a Monmegliano, quattro denari forti o sei Viennesi per tesa (2); a Ciamberì nel 1300 sette denari forti per tesa (3). A Villanova di Chillon (1265) otto denari Lausanesi per tesa; a Sallanches (1379) (4) due denari Ginevrini per tesa; in Aosta 12 denari Viennesi; ed in essa città si levava un altro tributo simile a questo pel finestraggio (5). A S. Maurizio d’Agauno si facea diffe- renza tra le case poste nella via retta, e quelle poste negli altri rioni, perchè, dove le prime pagavano 12 danari Mauriziani, le seconde non pagavano che la metà (6). (1) Documento num. II. (2) Conto della castellania di Mommegliano 1263. (3) De XXVI libr. XIMI sol. X denar. obol. fortium r. de tesis domorum Cambariaci hoc anno et levantur pro qualibet teysa cujuscumque casalis a parte introitus septem denari fortes in paschate per annum. Conto di Rodolfo Barralis castellano di Ciamberì. (4) Conto d’Aimone di Challant castellano di Sallanches. (5) De VI libr. VI denar. r. de theysis domorum auguste hoc anno et levantur pro qua- Libet teysa XIl denarii in festo b. Andree deducta tercia parte quam ibi percipit episcopus. De VIII solid. r. de fenestragio civitatis auguste. Conto di Giovanni de Ferraris balie d'Aosta e castellano di Castellargento 1304-05. (6) De teysis domorum ville S. Mauricii et levantur de qualibet teysa domorum in recto vico a parte anteriori XII denar. maurisienses et extra vicum rectum sex denar. in festo S. Martini Yemalis. Conto della castellania di S. Maurizio d’Agauno del 1343. DELLA MONARCHIA DÎ SAVOIA. 169) ‘Nel borgo di Chillon i possessori delle casé non aveano altro debito che di contribuire annualmente una coppa ‘d'avena (1). Della gravezza delle tese non ho trovata memoria nè in Val di. Susa e nel Canavese, nè a Rivoli. Ma vera in altre terre del Pie- monte soggette al principe d’Acaia un tributo che chiamavasi cul- magio, e s'assomigliava alle tese , se-non che ragionavasi con mi- glior senno, adattandosi alla quantità dell’avere d’ogni famiglia. A Cavallermaggiore (1327); que’ del maggior registro pagavano per tal rispetto 5 soldi Astigiani; i mediocri tre; gli altri due (2). A Savigliano (1333) i più ricchi pagavano pel culmagio tre soldi Viennesi di moneta Saviglianese; i mezzani due; i poveri uno. Ma: in. gennaio del 1349 Jacopo principe d’Acaia li francò per dieci anni da tale tributo (3). A Busca nel 1370 era similmente di tre soldi Astigiani pe’ mag- giorenti; due pe’ mezzani; di dodici danari pe’ poveri (4). Nella terra di Vinadio questo tributo chiamavasi focaggio. Le- vavasi da ogni persona che avesse casa e foco; ed era di dodici denari Viennesi speronati per chi avesse nn valsente minore di lire 100; di due soldi Viennesi per un avere maggiore di cento , . (1) De XHI modiis XI cupis r. de hominibus manentibus in burgo Chillonis ubi quilibet habens domum debet unam cupam avene et nihil aliud debent domino nisi. quod debent ipsum carriare per lacum usque ad Aquianum vel familiam suam cum expensis ipsius do- mini. Conto della castellania di Chillon 1266-67. (2) De XL libr. r. de culmagio scu fochis personarum habitancium in Caballario cum focho et catena in festo S. Mauricii M_. CCC. XXVII et levantur ab illis de majorì re- gesto V solidi et ab illi de mediocro regesto III solidi ei ab alii de minori regesto duo solidi. Conto di Nicolò Bersatoris castellano di Cavallermaggiore 1327-28. (3) De LXXV libris vienensibus monete Saviliani r. de culmagio seu fogagio debito do- mino per annum ab hominibus Saviliani et: habitantibus ibidem et in villis subditis vide- licet pro xIlL XXIII fochis seu culmis. domorum levantur. cum anno pro quolibet culmo domus ab illis qui sunt de majori registro tres. solidi; et ab illis de mediocri registro duo solidi. et ab illis qui sunt de minori registro XII denar. Conto. della chiavaria di Savigliano di Jacopino de Milano 1333-34. — Conto d’Arrigo di Gorzano vicario di Savigliano 1361. 1363. (4) Conto d’Espagnolio Marini vicario di Busca 1369-70. Tomo xxxvI. 22 170 DELLE ENTRATE minore di dugento lire; di tre soldi pe’più ricchi. Nelle altre ville del capitanato ricoglieasi annualmente un mezzo genovino d’oro per foco (1). Era dunque in alcune principali terre del Piemonte, in sul prin- cipio del secolo XIII, già formato il cadastro , sicuro indizio di ricchezza e di civiltà, e base la meno fallace di una giusta ri- partizion de’ tributi ove l’allibramento sia fatto con maturo consi- glio, e si rinovelli dopo non troppo lunghi intervalli di tempo. Nelle terre alpine dove non vw hanno gran ricchi, e dove, se si riguarda agli abiti, ai costumi, ed ai godimenti della vita, non vhanno ricchi, il catastro o non fu mai formato o non lo fu che tardissimo, ed i tributi colpivano con pessimo errore piuttosto le persone che le cose. Così alla Perosa ogni uomo che avesse foco e catena pagava l'imposta annuale di 13 danari Viennesi (2). Degno ch'io qui ne faccia particolar memoria è un tributo di 6 danari all'anno, che si ricoglieva a Vevey dalle botteghe de’ cal- zolai che avessero porta o finestra, ed in cui si fosse lavorato un anno ed un giorno (3). VII. La nazione de’ giudei dispersa su tutta la terra avea pure trovato ricetto nella contea di Savoia, e per prezzo della soppor- tazione del principe contribuiva con taglie, con doni, con legati a crescerne le entrate. Niuna occasione che si presentasse di cavar danaro da quella razza abborrita veniva trasandata, onde i giudei erano obbligati a comprare e la facoltà di stare e di mercanteg- giare in certi luoghi determinati, perlochè pagavano una taglia an- (1) Conto di Giovanni Girardi di Bossonens capitano e castellano di Vinadio e di Val di Stura, 1392. (2) In qualibet babitatione habente fochum et cathenam seu culmen domus levantur XIII denar. viennenses. Conto della castellania della Perosa 1291-93. (3) De VII solid. r. de operatoriis sutorum ville per predictum tempus quorum quodlibet habens hostium vel fenestram dat VI den. per annum postquam in ca operatum fuerit per annum et diem. Computus Petri de Grueria de exitu majorie Viviaci 1259-62. Arch. Cam. DELLA MONARCHIA DI SAVOIA I7I nuale chiamata stagio (1); e la facoltà di trasferire il toro domicilio da un luogo all’altro , e l'autorità di ‘testare (2); e fino quando i loro corpi si rendeano alla terra, quest’ultimo atto, protetto dalla religione di tutte le nazioni, non potea farsi senza un nuovo tri- buto (3). Ne’ regni di Amedeo IV, di Pietro e di Filippo, e nei primi anni del regno d’Amedeo V ogni giudeo pattuiva co’ ministri del Conte la taglia che doveva annualmente pagare (4). Ma sotto a quest'uliimo principe tutti i giudei del suo stato cominciarono a far corpo comune. Un d’essi rispondeva in nome di tutti al prin- cipe l’annua somma pattuita, che venia poi da alcuni savi, da loro eletti, fra tutti ragionevolmente distribuita. Pare che fra le altre cose i giudei abbiano ottenuto la facoltà di trasferirsi ove loro piacesse senza comprare volta per volta il consentimento del principe, libertà di mercanteggiare e di prestare ad usura, aiuto a riscuotere i loro crediti; la loro condizione riuscì pertanto verso il principio del secolo XIII molto men dura per causa dei suddetti e d’altri simili privilegi di cui li gratificava Ame- deo V, che furono poi accennati in un salvocondotto assai notabile d’Odoardo suo figlinolo e successore (5). Vero è che siffatti accordi e privilegi non aveano durazione perpetua, ma si rinnovavano di cinque in cinque o di dieci. in dieci anni, nelle quali occasioni variava eziandio la quantità della taglia a cui s’obbligavano. Nel 1300 le somme ritratte dai giudei furono di 3481 lira 16 soldi e 6 danari Viennesi (6). (1) De XVII solid. VI denar. Laus. r. de Amydeo judeo pro XX grossis turonens. pro anno. Conto della castellania di Chilton 1286-87. (2) De X solid. r. da David judeo qui solebat morari apud Scala pro sigillo litere sibî concesse ut moretur in terra domini ubi voluerit. Conto di Pietro di Cellanova 1297-98. (3) De V solidis r. de judeis' pro cimiterio suo per annum. Conto della castellania di Ciamberì 1302. (4) De duobus florenis auri r. de Creysent judeo pro stagio suo Castellarii per. annum. ‘Conto della castellania di Chatelard en Bauge di Pietro de Haut-Villars 1297-99: (5) Documento num. II. (6) Conto di Guigone Gersi del 1300. 73 :- DELLE ENTRATE Nel 13t1 i giudei della Savoia, del Baugeé e del Viennese eran tenuti all'annua taglia di 400 lire viennesi escucellite, che valeano 460 fiorini d’oro (1). Que’ della Bressa contribuivano forse altra somma appartatamente. Nel 1327 i giudei fecer taglia di 95 lire di grossi tornesi (2). Nel 1338 pagavano 1oo fiorini d’oro alla metà d’ogni mese (3). Nel 1344 ne pagavano 116 } ne’ medesimi termini (4). Poco dopo, in occasione della feroce mortalità che devastò mezza l'Europa, il popolo che in ogni tempo ha servito e serve più alla imaginativa che alla ragione, sospettò che i giudei fosser. quelli che con arti diaboliche seminasser la peste, e si levò a furore contr’essi minacciandone il totale sterminio; onde fu forza al go- verno di raccettarli nelle fortezze. Nondimeno per dar luogo al- quanto a quella concitazion popolare ne pose sotto sequestro i. beni; i quali pochi anni dopo, non senza nuovi profitti dell’erario comitale, vennero restituiti (5). Nel 1356 ottenne la nazione giudea notabile privilegio , poichè le fu data l'autorità di deputare tre della medesima setta che giu- dicassero secondo le loro usanze i giudei di mala fama e di vita disonesta d’ambedue i sessi (6). Nel r360 la congregazione de’ giudei di Bressa pagava la taglia annuale di 100 fiorini d’oro; il rimanente de’ giudei dimorante in Savoia e al di qua dall’Ains ne pagava soli 40 (7). (1) Conto d’Antonio di Clermont tesoriere del conte di Savoia 1310-11. xx (2) r. per manum judeorum terre domini comitis pro taillia facta ipsos IMI. XV libras grossor. turonens. Conto d'Andrea Boncristiani di Pisa famigliare del conte di Savoia 1327. (3) Conto dell’ospizio della contessa di Savoia d’ Aimone Lupi, del 1338-39. (4) Conto dell’ospizio del conte di Savoia di Giovanni de Fonte chierico e famigliare di lui. (5) r. a judeis Coste pro quadam littera per ipsos obtenta ut secure reducantur in eastrum de Costa ne per christianos offenderentur . . . VIII flor. auri. Conto dei proventi del sigillo del consiglio residente in Ciamberì di Stefano di Cam- pesio 1347. 1349. (6) Conto d’Aimone di Chalant degli anni 1356-57. (7) Conto di Giovanni Ravays dottor di leggi, cavaliere , e Cancelliere di Savoia 1359-60. DELLA MONARCHIA DI SAVOIA. 193 Oltre a ciò. grosse somme. contribuivansi da quella nazione a titolo d’introgio in occasione del concedersi o del rinnovarsi le loro salvaguardie , e di non pochi aiuti fornivasi il Conte nelle sue guerre, (e generalmente in tuite le occasioni in cui dagli altri sud- diti ‘se ‘gli facean doni ‘o sussidii; ‘ed infatti nel 1311, quando Ame- deo V conte di Savoia accompagnò Arrigo VII re dei Romani in Italia, i giudei gli offerirono un presente di 500 lire di speronati per le spese del viaggio (1). AI di qua dall’alpi non ho trovato memoria di quella nazione. VII. Un'altra schiatta d’uomini odiata quasi al par de’ giudei era quella de’prestatori, che usciti in prima di Caorsa ebbero per tutto il secolo XIII il nome di Caorsini, e che poi furono con ap- pellazione più generale chiamati Lombardi. Chiamavano di tal nome i forestieri quasi tutta l’Italia occiden- tale; e quindi infatti, ma più specialmente dalla Toscana, e dalle repubbliche d’Asti e di Chieri rampollavano ‘a migliaia i prestatori, i quali e in Francia. e in Fiandra ein Inghilterra si trasferivano ad esercitar l’arte del cambio, e ricchi di proibiti guadagni torna- vano perfine alle case loro a comprar feudi e signorie. Non altra origine ebbe la grandezza di molte principalissime famiglie italiane. Ma gli immensi tesori che spesero a sostenere alte e difficili im- prese per difesa e conservazion della patria, ed i maestosi templi e gli altri edifici di cui la magnificarono, dimostrano abbastanza , che se ne’ lontani paesi avean faccia d’avari mercatanti, a casa loro tenean guisa di magnanimi principi. Questi Lombardi vezzeggiati dai grandi quando voleano accat- tarne danaro, perseguitati quando giungeva il tempo di renderlo , coprivano de’ loro banchi d'imprestito (casane), come d’una rete, la Savota ed il Piemonte; e quarido scoppiava una guerra, o prin- cipi e baroni doveano intraprender lunghi. viaggi o far altre spese, (1) Gotito d'Antonio di Clermont tesorieté del Conte 1310-17. 174 DELLE RENDITE /4 i vasellami e gli arnesi d’oro e d’argento delle corti comitali e ba- ronali passavano a siffatti banchi, ed i Lombardi assicurati li for- niano dei danari necessarii ai loro disegni. Pagavano i Lombardi individualmente una pensione al principe da cui per lettere patenti riceveano ‘privilegio. di tener banco in una terra di suo dominio e di pigliar quell’usura che nelle lettere era scritta; nè poteano crescerla senza cader in gravi ammende. Nel 1269 in tempo che Berna era soggetta al conte di Savoja Vincenzo Cherico riscosse 60 lire da’ Caorsini che andavano a fermar dimora in quella città (1). Nel 1279 Bongiovanni Vaudano e Guglielmo Vaudano Caorsini di Chieri pagavano. per la loro dimora. in Avigliana l’annua pen- sione di lire trenta (2); e senza ‘entrare in troppe particolarità basti il dire; che non v'era nè in Savoia nè in Piemonte. terra di qualche riguardo ove non fosse uno di tali banchi privilegiati te- nuti dai Turchi, Asinari; Solari; Pelletta , Scarampi, Ponziglioni, Provana, Balbi Simeoni, Moncucchi, Dodoli, Pietraviva ,, Borgo- guini, Mazzetti, Malabaila, e qualche rara volta, da un Toscano; da ciascuno de’ quali banchi si corrispondeva, come abbiam detto, alla camera del Conte l’annua pensione pattuita oltre al grosso presente che con titolo d'introgio le si faceva nel concedersi o nel rinnovarsi il privilegio che non durava per l’ordinario più di dieci anni (3). (1) Conto dell’ospizio di Savoia 1269. {2) Conto di Teobaldo di Cors castellano di Susa; Avigliana e Rivoli. Conto della castellania d’Aosta e di Castellargento 1274-75. Conto dell’ospizio del conte di Savoia d’Aimone Lupi 1344-46. 1 (3) r.. a Boniomo Pelete Alerando Ruffineto ‘Bernardo Laurentio ejus filtis quibus dominus concessit, casanas Chamberiaci de Aquis S. Ypolithi Ayme Salini ei. S. Mauritii in Taran- tasia ac terrarum domini archiepiscopi per X annos inchoandos in festo nativitatis domini quando incipiet currere a. M. CCC. LXMI sub censa annali LXIX florinor. VIII denarior. quarte partis unius denarii grossorum turonens. et habuit dominus manu Petri Gerbaisii tam - xx pro introgio quam solutione primi annì decennii VII flor. b. pond. Conto di Giovanni Gervais dottore, signore di S. Maurizio e. cancelliere 1360-62. (0 i | 4 I) DELLA MONARCHIA DI SAVOTA. 175 Nel 1311 le pensioni pagate dai Lombardi formavano la somma di 116 lire 5 soldi e 6 danari di grossi tornesi (1). IX. Ma la maggior entrata della camera del Conte derivava dalle gabelle imposte sul traffico grosso e minuto. Mentre i Pisani ed i Genovesi seguendo l’esempio de’ Veneziani navigavano in Egitto e alla Tana, e da questa città*che è centro a molti imperi moveano a far largo e profittevol commercio colla Russia, coll’Armenia, coll’Arabia e colla Persia, dilatando fino all'ultimo oriente la gloria del nome italiano, i Toscani ed i Lom bardi, contenti a minore industria , attendeano a fabbricar grossi drappi di lana che parte vendeano nel paese, parte recavano alle fiere ed ai fondachi d’oltremonte. I Fiorentini attendeano inoltre a perfezionare i panni francesi e fiamminghi che si facean venire in grosse condotte, e che si riportavano in Francia ed in Fiandra dopo di averli ritinti, cimati e mondati (2). Per tutto quasi il secolo XIII i Fiorentini, de’ quali per la bel- lezza de loro scrittori si tenner vive le memorie , erano intesi a procacciar monete servendo al lusso de’ forestieri, ma dentro la cerchia della città viveano parchissimamente. Ma nel secolo se- guente le gentildonne fiorentine deposto il grosso scarlatto d’Ypro e gli altri drappi di cui si passava la modestia delle loro avole si diedero a portare i vestimenti intagliati, ad usar panni di- pinti, divisati, adogati, traversi, partiti di due colori, ornati di fregiature d’oro, d’argento, di seta; senza parlare delle pelliccerie, e della ricchezza de’ bottoni, de’ fibbiali , delle cinture , delle trec- ciere, delle corone, e d’altre guise d’acconciatura; ond’è che vie- maggiore accrescimento pigliava il commercio , e maggior profitto eziandio si recava alle dogane da cui ad ogni passo erano assie- pate le strade, che pel Piemonte e per la Savoia metteano in Francia. __ ———P—& n (1) Dal conto di Antonio di Elermont precitato. (2) Della decima , della moneta, e della mercatura de’ Fiorentini. P. III sez. IV e V. 176 DELLE ENTRATE Nel principio del secolo XIMI erano in Firenze le botteghe d’arte di lana più di 300, ed i fondachi dell’arte di Calimala di panni oltramontani erano 20 che facean venire per anno più di 100,000 panni di valuta di trecento mila fiorini (1). Il commercio tra l’Italia e le provincie oltramontane sarebbe stato ancor più fiorente se, giusta il barbaro sistema di que’ tempi, le strade non fossero state impedite da tante dogane quante se n'incontravano in poche miglia di cammino. Le terre di Rivoli , d'Avigliana, di Susa, di Monmegliano, di Ciamberì, di Seissello , di Borgo, di Pontebelvicino, di Villanova di Chillon, di S. Mau- rizio avevano ciascuna un pedaggio, ed in breve quasi ogni castel- lania n’aveva uno, e taluna anche due, come quella del Borghetto che n’aveva uno sul lago, l’altro per la via di terra. Vero è che dall’altro lato. s’adoperava. ogni diligenza perchè i cammini corressero sicuri, onde non solo si facea pronta e severa giustizia de’ malfattori, ma i mercatanti rubati sulla strada comi- tale venivano compensati d’ogni danno, parte dalla camera, parte dalle terre nel distretto delle quali era occorso il rubamento. Del che si trova ricordo nel conto del castellano. d’Avigliana all’anno 1266, (2). Tra le molte fiere che si teneano ne’ paesi d’oltremonte, fiori- tissime eran quelle della Sciampagna, e sterminato era il numero de’ mercatanti che da ogni parte vi convenivano; e siecome i più per recarvisi colle loro condotte doveano traversare parecchi stati che, erano. spesso in guerra gli uni cogli altri, usavano mandar messaggi a’ principi di. quelle regioni a fin di riceverne la sicurtà de cammini e d’aecordar i pedaggi da pagarsi. Così trovo essersi praticato nel r268. dai Rettori della Compagnia de’ mercatanti , (1) Giovanni Villani Storie fiorentine lib. XI. c. 43. (2) Mm restitutione cujusdam summe pecunie facte cuidam mercatori derubato in itinere domini comitis ultra illud quod ville persolvunt, XL solidos, i Conto d' Umberto de Balma castellano d’Avigliana 1265-66. DELLA ‘MONARCHIA DI SAVOIA 195 Toscani, Lombardi e Provenzali, e così credo che s’adoperasse ogni volta che avessero ragion di temere od un improvviso atimento di gabella od un accidente di guerra che rompesse le strade (1). Oltre a ciò, siccome il frutto che gittavano i pedaggi e le fiere formava una delle migliori entrate de’principi, e tanto migliore perchè era quasi tntta di moneta sonante, di cui pativano allora disagio anche le corti de’ principi grandi, ‘riputavano essi propria offesa e proprio danno i danni e le offese che si faceano a’ mer- catanti, e quindi si studiavano d’impedirle ‘e di ripararle. Più volte il re di Francia ‘usò Pautorità: sua contro ai baroni che ne avessero intraprese le merci o le persone, o che fossero restii al pagamento de’ loro debiti (2); e poichè la sedia Pontificale fu per sommo in- fortunio d’Italia trasferita in Avignone, i Papi concedettero efficace protezione a que’ mercatanti, e adoperarono sovente in loro favore il mezzo potente delle censure ecclesiastiche (3). Più volte ancora il conte di Savoia ebbe perciò cause di sdegni col vescovo Sedu- nensé, ‘© co baroni del Vallese, e più volte caldamente li ricercò pe suoi messaggi, siccome ricercò eziandio il vescovo di Novara edi signori di Milano di tener sicuro il cammino (4). L’ordinario cammino de’ mercatanti era pel Moncenisio, passo o ignoto o non frequente ai Romani, ma dopo Carlo Magno, solita via non solo del traflico ma anche degli eserciti che calavano a straziare questa misera Italia ed a recarle nuovi padroni (5). Non- dimeno per più secoli ancora non fu abbandonata la ‘via molto più (1) Durandi. Piemonte Cispadano.. : (2) Decreto di Jean de Brene chevaliers et Gontiens de Paris panetiers Ie Roi de France gardes des foires de Champagne et Brie, date a Troyés in agosto 1298 sulla istanza della Conì- pagnia de’ mercatanti di Toscana e di Lombardia. Arch. Camer. (3) Breve di Papa Giovanni XXII al cardinal diacono di S. Maria «in via lata. Dato in Avignone il 12 d’aprile 1330. (4) Conto di Jacopo Vichard pedagiere di S. Maurizio 1337-38. Conto di Guglielmo di Mombello balio del Chiablese castellano dî Chillon 1346-47. (5) Napione. Dell’origine dell'Ordine di S. Giovanni di Gerusalemme, Memorie della Reale Accademia delle Scienze di Torino tom. XVII.” URI #4 Tomo xxxvi. 23 173 DELLE ENTRATE agevole del Monginevra, e da una carta del secolo XI s'impara che frequente erà ancora il passaggio . de’ mercatanti nella valle d'Oulx, e che il priorato di S. Lorenzo de’Martiri vi fa co- strutto perchè servisse eziandio di ricovero ai. viandanti (1). Si conduceano i mercatanti in Val di Susa per Testona e Rivoli di- rettamente senza ripiegar in Torino. In non molta distanza da Testona sul Po eravi, dov'è ancora oggidì, un ponte, ed ivi ap- presso in sulla riva destra uno spedale anticamente costrutto per ricovero de’ pellegrini, con una chiesetta dedicata a S. Egidio; le quali cose essendo per causa della guerra mezzo rovinate, furono dal Vescovo di Torino, sul finire. del secolo XII donate ai cava- lieri del Tempio coll’obbligo di pagarne l’annuo riconoscimento d'un marabotino d’oro (2). Per quel ponte adunque passavano i mercatanti portandosi a dirittura all'entrata: di Val di Susa con non lieve affanno e pregiudizio de’ Torinesi, che più volte vennero in aperta inimicizia colla repubblica di Testona, e che una volta la costrinsero a promettere con un trattato d’obbligar i mercatanti a pigliar la strada di Torino (3). Siffatti mercatanti eran Toscani, Liguri ed Astigiani. Prima del mille il Vescovo d'Asti distendeva il suo dominio temporale per una gran parte del Piemonte meridionale fino all’alpi marittime, e le ricchezze che dovea ritrarre da sì vasti possedimenti si dispen- savano naturalmente nella città in cui risiedeva. Gli. Astigiani, uo- mini dalla natura formati all’industria, appena si furono rialzati dalla povertà voltarono l'animo loro ai traffici; e de’ loro traffici infatti si trova memoria fin dal secolo X in un diploma d’Ottone III imperadore. Altra più solenne se n’ha da un diploma di Cor- rado il Salico del 1037. È verso il finire del secolo. medesimo poichè scossa la signoria del Vescovo s’alzarono ad onor di comune, (x) Durandi. Piemonte Traspadano. (2) Documento num. V. (3) Storia di Chieri tom. I, pag. 89. - DELLA MONARCHIA DI SAVOIA 179 ed in tanta potenza furon cresciuti, che Umberto II conte di Sa- voia strinse con loro ì patti d'una memorabile alleanza, ei li francò, fra le altre cose, da ogni pedaggio, e promise d’imdirizzar perpe- tuamente il cammino per alla volta della loro città (1). Nè gli Astigiani furono i soli de’ popoli Piemontesi che trafficas- sero in lontane regioni; perocchè seguironne l'esempio i Cheriesi, che ne furono per lungo tempo amici e confederati. Sembra inoltre che il perpetuo passaggio de’ mercatanti per Val di Susa, e il danaro che vi lasciavano, avessero fin dal principio del secolo XIII risvegliata parimente la virtà degli abitatori di quella. To n’argomento da una carta importante del 1233 da me pubblicata nella storia di Chieri, colla quale carta furono confer- mati ed ampliati i privilegi de’Segusini. Ivi sta scritto, che la fran- chezza de’ Segusini si stende fino al mar di Calabria, e che nissun uso da loro è dovuto; perocchè per tal cagione fu a tutti gli Ita- liani concesso, che nissun passaggio quà venendo paghino, e la sola metà nel ritorno. Queste parole sembrano indicare che i Se- gusini avessero indirizzato il loro commercio all'Italia meridionale, e che vi fosse assai riguardevole ; imperciocchè non si può imagi- nare; che la franchezza conceduta a tutti gli Italiani fosse senza compenso; seppure non era essa medesima un compenso dei molti favori che Amedeo IV e Tommaso suo padre aveano ricevuto da Federigo II imperatore e re di Sicilia, il quale col decorarli dell'ufficio di vicario imperiale avea preparata la prossima futura grandezza della loro stirpe. Ma tornando alla strada tenuta dai mercatanti osservo che d’un altra via tenuta dai Genovesi ci fa memoria un trattato che si con- chiuse nella terra di Cocconato nel 1232 tra Pietro Doria e Gugliel- (1) Durandi. Piemonte Cispadano p. 346. 350. Vescovi d’Asti. Codice diplomatico della chiesa d’Asti M. S. dell’Archivio del R. Economato generale de’ benefizi vacanti, che mi venne comunicato per la molta cortesia dell’egregio signor abate e cavaliere Palazzi Eco- nomo generale. 180 .0.. DELLE ENTRATE, i 3 î mo Pictavino ambasciadori della repubblica di Genova ; € Bonifacio marchese di Monferrato. Per esso il marchese promette di mantener la strada che da Asti porta per Cunengo, Remolfengo, Bonengo, Coc- conato, Tonengo, Castagneto, S. Raffaele, Gassino e Castiglione a Torino; di difendere per tutto il suo territorio le persone e le cose de’ mercatanti, e di non riscuotere pedaggio maggiore di sei soldi, e mezzo di Genova o d’Asti per carica e per torsello; infine di non imporre nè gravezze nè tolte; e delle medesime cose promi- sero la fedele osservanza i nobili vassalli di Monferrato (1). - ABI Ma il cammin più battuto, massime dai Veneziani e dai Lom- | bardi, era dopo la metà del secolo XHI quello del Sempione che li portava a Sion e quindi nello stato del Conte che si distendea, fi siccome è noto-, fin quasi alle porte di questa città. Riguardevole infatti era il frutto che la camera del Conte ritraeva dal pedaggio di Villanova di Chillon a cui facean capo le vie del Vallese e di Val d'Aosta, e quelle che metteano a Ginevra ed a Losanna, e quella che per Clees conduceva nella franca Contea e che era l’or- dinario cammino de’ mercatanti Fiamminghi. In ottantasette setti- imane e due di cominciate alla metà di settembre 1284, vi pas- sarono settemille trecentosette balle di merci di cui 4067 } di panni francesi e lombardi senza contar quelle che erano portate a foggia di cariche (2). Dieci anni dopo in ottantotto settimane e cinque giorni comim- ‘ciate al S. Andrea del 12094 vi passarono 7178 balle e 3, e 4680 ne’ tredici mesi che seguitarono. Di gran profitto riusciva altresì il pedaggio di Pontebelvicino per cui s'avviava la massima quantità delle merci che d’Italia in Francia (1) V. il docum. n. V, del quale son debitore alla cortesia del mio dotto collega il sig. cavaliere Giulio Cordero di S. Quintino , che lo trascrisse in Genova dal codice del sig. marchese Massimiliano Spinola. (a) Conto d’Ysardo giudeo ricevitore del pedaggio di Villanova di Chillon. Conto di Jagueto ricevitore dello stesso pedaggio dell’anno 1284 e seg. DELLA MONARCHIA DI SAVOIA. ISI e di Francia in Italia si trasferiva. Dal 6 d’aprile 1301 al 6 aprile 1302 vi passarono 2404 balle o torselli, e 1826 cariche. Ma il commercio aveva allora già cominciato a scadere, per essersi dal re Filippo il bello, con pessimo consiglio, peggiorata notabilmente la moneta. Via più scadde per le medesime cagioni negli anni che seguitarono, ed in breve si ridusse a segno tale che dal 13 giugno 1307 al 20 gennaio 1309 non passarono oltre a 64 torselli di panni e a 220 cariche delle solite merci (1). A questa prima e potente cagione d’affralimento s’aggiungevano gli abusi nella riscossion de’ pedaggi agevolati dalla infinita varietà delle monete secondo le quali erano ragionate le tasse, e dalla inesatta designazion delle merci; s'aggiungevano le difficoltà de’ trasporti, il pericolo d’improvvisi aumenti di gabella, e l’infestamento de’ ru- batori di strada. Il pregiudicio che sarebbe derivato allo stato di Savoia, se, come accennavano di voler fare, i mercatanti avessero intralasciato d’indirizzar per quello il loro cammino, condusse nel 1336 il conte Aimone a concedere alla compagnia de’ mercatanti di Milano, e per essa a Bertranno di Solaro e Contino Dalpozzo pro- curatori della medesima molti ed insigni privilegi, la somma dei quali fu: i. Che il Conte terrebbe sicura la strada per tutta la sua terra dall'acqua di Morgia, che è tra Contheys e Sion per terra e sul lago, e per la città di Ginevra fino a Seissello, e al di là fino alla Somma, cosicchè pagando i pedaggi consueti niuno nè mercatante nè cittadino di Milano sarebbe rubato da malfattori od altrimenti offeso nella persona, ne’ cavalli, o nella roba, e niuna balla sa- rebbe aperta. In caso contrario promettea l'ammenda del furto , dell’offesa, del danno fra giorni venti dopo quello in cui glie ne sarebbe data notizia, e circa al valore starebbe al giuramento del danneggiato. (1) Conto d’Einardo Fatout ricevitore del pedaggio di Pontebelvicino 1301-02 j di Gugliel- metto Voland 1303-07; di Airone giudeo 1307 e seg. 182 DELLE ENTRATE 2. Promettea di non consentire che s’accrescesse il prezzo dei trasporti. 3. Per le questioni che insorgessero fra i conduttori delle merci ed altri si farebbe sommaria ragione entro al giorno medesimo. ‘ 4. Niun filo d’ottone grosso o di ferro e simili si riputerebbe merceria. 5. Non si ricoglierebbe pedaggio per un cavallo grande caval- cato da un mercatante, salvochè questi avesse anche un ronzino, e montasse il cavallo per frodar il pedaggio; e su ciò si stesse al giuramento del mercatanie. 6. Non si staggirebbono le mercanzie pe’ misfatti de’ conduttori, o d’altra persona, e se danno fosse dato si farebbe sommaria giustizia. n. Nè per mutazione di signori in Lombardia, nè per condanna di tribunali, nè per rappresaglia non si trasanderebbe mai l’osser- vanza del detto guidaggio e salvocondotto; salvo contro’ colui che fosse perciò personalmente e volontariamente obbligato. 8. Per qualunque contratto, malefizio, o quasi, de’ suoi mone- tieri Lombardi, non recherebbe offesa nè danno a’mercatanti della stessa nazione. g. Per qualunque pedaggio si facesse pagare a’ suoi soggetti a Milano od in altri luoghi di Lombardia, non impedirebbe nè ri- terrebbe le persone o le robe de’mercatanti. 10. Non ricoglierebbe nissun nuovo pedaggio. 11. Promettea di difendere i cittadini e mercatanti di Milano per tutto il detto cammino contro chiunque, salvochè tre mesi prima gli avesse esso sfidati di non volerli più difendere. 12. Manterrebbe loro ogni altra buona osservanza, e niuna im- posta sarebbe accresciuta o stabilita di nuovo. : 13. Se fuori del detto guidagio i mercatanti e cittadini suddetti venissero offesi, ed i malfattori si ricoverassero sul suo territorio, ei ne farebbe pronta e severa giustizia. 14. Promettea finalmente di far ridurre in grossi tornesi le tasse di tutti i pedaggi. | DELLA MONARCHIA DI SAVOIA.‘ 183 Amedeo VI confermò nel 1347 siffatti privilegi, li estese al cam- mino per Ciamberì, Moriana, Moncenisio, e Val di Susa fino a Rivoli, e ne aggiunse alcuni per render loro più agevole il tras- porto delle merci; regolò inoltre il dritto di sosta. Confermolli altresì Amedeo VIII prima nel 1399, e poi nel 1404 (1). La tassa di ciascun pedaggio differiva secondochè si trattava di grande o di piccolo pedaggio. Il grande pedaggio pagavasi per le mercanzie che di Francia si trasportavano iri Lombardia. Il pic- colo per le mercanzie che erano destinate all’interna. consuma- zione (2). Poscia non si ragionava la mercanzia secondo la varia bontà od il vario peso, ma per torsello o per carica, o per la qualità generale di panno di Francia, di fustagni, o di pelliccerie. Onde, sebbene vi fosse gran diversità di pregio tra i drappi di Brussella della gran magione , e di Brussella della piccola magione, tra i mellati di Brugia e que’ di Lovano, tra il morello di Molino e lo scaccato di Tolosa, tra il mescleto di Malines, lo straloco di Brussella e il malbre di grana vermiglia o violacea, e vi fosse an- che varietà nel numero delle canne che ciascun panno era lungo, tutti avean tassa uguale, e tanto pagava un torsello di panni gen- tili quanto uno di grossi drappi (3). - Più ragionevol consiglio era quello che si seguitava in certi luoghi circa ai drappi d’oro, ai zendadi, ed ai panni di seta per- chè si levava in natura e per l’ordinario ogni carica si toglieva uno zendado, o un drappo d’oro o di seta. Così pure s'usava , (+) Documento ‘num. VI. (2) Et sciendum quod omnis bestia qualicumque honere sit honerata que non transit a partibus istis in Lombardiam vel de Lombardia ad partes istas non solvit nisi unum dena- rium. si autem transeat in Lombardiam vel veniat de Lombardia solvit ut supra scriptum est'et tunc vocatur magnum pedagium. quando non transit in Lombardiam vel venit intra tunc vocatur parvum. pedagium. Conto di Goffredo de Amasino castellano di Monmegliano 1263. {3) Variavano dalle 27 alle 4o canne il panno; secondo il paese e secondo la qualità. Balducci Pegolotti pratica dalla mercatura C . LXX Decima Fiorentina tom. III. 194 «$T33 3 DELLE:FENTRATE 4..îs Ni } rispetto alle spezierie delle quali ogni cinquecento libbre si levava una libbra (1). ata ‘Sq Senza entrare ne’ particolari di ciascun pedaggio accenneremo di volo qual fosse la gravezza. a cui in certi luoghi andavano soggetti i drappi italiani ‘e francesi sotto al qual nome venivano tutti que’ dl’oltramonte. i î i Nel 1263 a Monmegliano i fustagni ed altri drappi italiani pa- gavano pedaggio di sei soldi nove danari ed un obolo viennese per carica.: I panni francesi pagavano 9 soldi 9g danari ed ‘un obolo. 1l picciol pedaggio non: era che d’un danaio per carica (2). Trent'anni dopo i panni francesi. erano tassati 7 soldi 6 danari viennesi per torsello; ma essendosi il Conte nel 1294 recato in Francia, e volendo far cosa che piacesse al Re, calò improvvisa- mente quella gabella. e la ridusse a due soldi viennesi. per tor- sello (3). E poichè quell’istesso re Filippo il bello ebbe malamente alterata la bontà delle monete, che dal santo suo predecessore Lu- dovico IX. erasi fermata, con universale soddisfazione de popoli; a lega ragionevole, scemando: di giorno in giorno il concorso» de’ mer- catanti , volle il conte di Savoia allettarli con una dimimizione di gabelle; onde il torsello grosso di panni francesi de’ quali due fa- cean tre cariche non fu tassato che 18 danari viennesi; e l’alume ed il brasile che prima si gabellavano. alla ragione di: 18 danari per carica non' né pagavano più che sette (4). (1) Conto d'Andrea Giordano ricevitore del pedaggio di Susa degli anni 1295-96 e seg. Conto di Teobaldo de Cors castellano d’Avigliana 1279-80. Bs (2) V. il documento num. VII, (3) Conto di Guglielmeto Deifilio ricevidore del pedaggio’ di Monmegliano 1294-95. (4) De exitu pedagii noviescentum sexagintaseptem chargiarum pannorum Florencie fusta- neorum alettium et cere et lane transcuntium per idem tempus et levantur pro qualibet chargia XVIII denar. Vienn. — et sciendum quod de qualibet chargia alumihîs: et brasili de qua solebant levari XVIII danarii non levantur ad presens nisì septem denariî Viennenses ex ordinatione facta per dominum. Conto del pedaggio di Monmegliano 130001. DELLA MONARCHIA DI SAVOIA. 185 . A Villanova di Chillon nel 1284 un torsello di panni francesi o lombardi col sovrappeso pagava 6 soldi 4 danari e un obolo vien- nese. Una carica di tali panni 8 soldi 6 danari viennesi; dal che si vede che trattavasi di piccioli torselli ciascun de’ quali era mi- nore della carica. Oltre a ciò d’ogni balla pagavasi per dritto di sosta un obolo viennese, e d’ogni carica un danaio (1). AI pedaggio di Pontebelvicino nel 1301 si levavano d’ogni torsello di panni 5 danari, e d’ogni carica 3 danari viennesi, ma nelle quindicine che precedevano e seguitavano le feste di S. Giovanni e dell’Ognissanti crescea per antica consuetudine la gabella, e pa- gavansi 4 danari d’ogni balla; 3 danari e 3 oboli d’ogni carica (2). E quì si vede di nuovo che la carica essendo men gabellata dovéa contenere minor quantità di panno che il torsello o la balla. Nel pedaggio di Clées nel 1370 levavansi di ciascuna balla di panni francesi undici danari di grossi tornesi; d’ogni balla di panni di Fiandra, per accordo fatto co’mercatanti di quella nazione, otto danari; ed il simile per ogni balla di lana. D’ogni balla lombarda di giusto peso levavasi otto denari di grossi tornesi per la con- dotta; due danari vecchi per l'antico pedaggio, ed un obolo vec- chio pel dritto di sosta (3). (1) De CCCV lib. III solid. ob. viennens. r. de noviescentum quinquaginta septem ballis et dimidia panorum francie et lombardie transeuncium per dictum tempus et capiuntur “pro qualibet cum surrepesio VI solid. III den. et obol. Viennens. Conto precitato d’Ysardo giudeo. (2) De XLIII solid. XI denar. r. de tercentum quinquaginta tribus trossellis ducentis tri- gìnta tribus chargiis transeuntibus per villam prediciam per XV jdies ante festum nativit. b. Iohannis Baptiste et per XV dies post anno CCC et per XV dies ante festum omnium sanctorum et per XV dies post dictum festum anno eodem. et per ipsa tempora levantur duo denaria plusquam alio tempore ultra dictos quatuor denarios de pedagio pro trossello. et pro chargia tres obuli ultra dictos tres denarios de quibus dominus percipit medietatem et Robatetus de Ponte aliam medietatem ut dicit castellanus videlicet de creysua predicta. Conto di Tommaso di Castellar pedagiere di Pontebelvicino. (3) Levantur pro qualibet balla ( Lombardie) VIII denar. gross. tur. pro conductu et duo denar. veteres pro veteri pedagio et unum obulum vetus pro sosta. Conto del pedaggio di Clées di Merminodo Ruffo 1370-1371. Tomo xxxvI. (SÌ x 186 DELLE RENDITE Nel pedaggio di S. Maurizio i panni francesi pagavano due de- nari per ciascuno, oltre a 4 danari per balla di moneta mauriziana. È siccome in ogni balla entravano d’ordinario 12 panni, ciascuna costava circa 26 denari di pedaggio. D’ogni balla di mercerie e di panni d’oro davansi due soldi; d’ogni dozzina di grossi drappi bigi e bianchi (forse nazionali) non pagavasi pedaggio che nel mese d’ago- sto, ed era allora di tre oboli mauriziani; d’ogni balla di tela, di fustagni, di cera e di pelliccerie davansi 56 danari e tre Pg, e danari d’ogni balla di pelli e di cuoia (1). ii al di qua dall’alpi troviaîno essersi nel 1265 pagato a Rivoli pedaggio d’otto danari forti per ciascun torsello di panno ; per ciascun torsello d’altre mercanzie quattro. | Il minuto pedaggio era ragionato con miglior senno secondo la qualità delle mercanzie. I zendadi di cui trovo memoria fra i ri- cordi del minuto pedaggio pagavano XII soldi viennesi per ogni carica. Singolare era poi il modo con cui si levava la tassa de’ for- maggi che giù si recavan dall’alpi, perciocchè il pedagiere ne pi- gliava due, i primi che. avesse toccati (2). Nel 1279 a Susa pagavasi pedaggio di ventitre danari forti per ogni torsello di panni francesi; pagavansi 6 danari per ogni carica di fustagni; toglievasi uno zendado per ogni carica di zendadi (3). Nel 1322 visi distinguevano i panni francesi dai panni fioren-. tini; questi pagavano due soldi viennesi escucellati per ogni tor- sello; i primi otio denari di più. E poco prima eravi stata intro- dotta una nuova gabella pel mobile e pe’ guarnimenti delle case, per le vesti e per la carta, “ed era di 2 soldi e 2 danari per carica (4). (1) Conto di Jacopo Vichard pedagiere di S. Morizio d’Agauno 1338. (2) V. il documento num. VIII. (3) V. il documento num. IX. (4) Novum pedagium pro dimidia chargia garnimentorum hospicii et utensilium tran- seuntium ibidem et levantur pro qualibet chargia mercerie cere falcium cayssiarum robarum corsinorum cotoni melli papiri et similium II solid. II denar. Conto di Martino Giordani ricevitore della Castellania di Susa 1319. 1322. DELLA :HONARCHIA DI SAVOIA I 87 Ma senza entrare in altri particolari dai quali non si trarrebbe maggior chiarezza, e riducendo in breve quanto ho notato su questa materia, è da considerare in prima che la gabella era diversa se- condo i luoghi, perciò appunto che da diversi signori in diversi tempi era stata introdotta o concordata. Quindi, che per la stessa causa le cose da gabellarsi mon erano colla medesima ragione ovun- que distinte e gabellate , ma in certi pedaggi i panni di qualunque sorta erano soggetti ad una sola tassa; in altri veniano distinti i panni francesi dai lombardi otoscani, ed a ciascuno era assegnata una tassa diversa, la quale in tal caso era maggiore pe panni fran- cesi che per gli italiani. È poi da osservare che le cose più gra- vate erano i zendadi e i panni d’oro; quindi i drappi di lana ; poscia le lane e le pelli; poi gli aromi, lo zuccaro, il riso, le mandorle, i dattili, i fichi, ed altre morbidezze forestiere. Infine il ferro che si cavava e si lavorava nel Gresivodano, nella Moria- na, nelle valli d'Aosta, di Lanzo e di Susa. Le vettovaglie talora pagavan pedaggio e talora no. Grave soprattutto era il pedaggio de’ cavalli ciascun de’ quali pagava a Villanova di Chillon prima del 1284 diciasette soldi viennesi, e dopo il 1284, per grazia fatta a’ mercatanti, soli quindici (1). - i Circa alla quantità di panni contenuti in ciascun torsello essa era, come abbiam veduto, assai varia; ma pare che Fossevi il grosso e il piccolo torsello; due dei primi facean tre cariche, tre de’ se- condi ne facean due sole. In breve l’arte di governar le gabelle in guisa che gittino con- venevol frutto all’erario senza offender troppo il commercio o per imposte soverchiamente gravi, o pel modo di riscuoterle indugia- tore ed oltraggioso, o per l’inesatta distinzione delle cose gabellate che lasci luogo ad arbitrio, arte non molto ancor nota ai dì no- stri, doveva essere ed era viemen congsciuta a que’ tempi. (1) Conto già citato d’Ysardo giudeo. 188 DELLE ENTRATE Prima di chiudere il discorso su questa materia ricorderò an- cora il pedaggio di Bard, che nel, 1283 fruttò trecento e quattro lire 15 soldi e 4 danari viennesi, e 6 lire 5 soldi di sterlini. Colà passarono in quell’anno 2225 cavalli ciascuno de’ quali pagava pe- daggio di g danari viennesi; e vi passarono pure 99 cavalli degli inglesi ed una scimmia; e ciascun di questi cavalli pagarono di tassa 15 danari sterlini, che tornavano in danari viennesi l’un cin- que. Il qual aggravio d'imposta sui cavalli inglesi ‘durava tuttora nel 1312 e derivava probabilmente dal maggior pregio a cui si vendeano (1). Eranvi in questa specie di gabella alcune franchezze. Gli Asti- giani, gli uomini di Avigliana, di Rivoli, d’Aiguebelle , e della Camera mon pagavano pedaggio a Susa. Ma invece gli Astigiani pagavano più che gli altri mereatanti, in Avigliana due soldi e g danari per torsello (2). Nel 1347 î Cheriesi ottennero nell’atto della dedizione il privilegio della franchezza da qualsivoglia pedaggio per tutta la terra del Conte (3); la medesima franchezza fu conceduta agli uomini d’Agliè e di Valperga per anni venti (4). X. I dazi sul traffico minuto chiamavansi con ispeziale vocabolo lelda, ed erano la lelda del pane, del vino, del sale per cui da ciascun venditore di simili derrate si ricoglieva una parte d’essa derrata 0 qualche moneta per la lelda; la lelda del macello, che era divisa in due dazi; per l'uno apparteneano al Conte le lingue de buoi e i lombi de’ porci uccisi, e inoltre tre cosce di vacca negli ultimi giorni del carnovale (5). L'altro si chiamava coltellagio (1) Conto d’Amedeo di Viry castellano di Bard. (2) Conti già citati dei pedaggi di Susa e d’Avigliana. (3) Storia di Chieri t. 1. (4) Conto di Girardo Destres, Dettore , Cavaliere, e Cancellier di Savoia 1385-1388. (5) De VI sold. r. de lumbis et linguis de macello hoc anno. Conio della castellania di Chillon 1257. Conto di Pier di Honcyeu mistrale di Ciamberì 1270. Conto di Rodolfo Barralis castell. di Ciamberì 1300. Arch. Camer. DELLA MONARCHIA DI SAVOIA. 139 e riscuoteasi in danari da chiunque tagliasse carne. A Ciamberì nel 1270 era di 4 danari forti all'anno (1). Eravi ancora la lelda delle scarpe la quale si ricoglieva all’Ognissanti in questa forma, che un messo del Conte andava ai banchi in cui si vendeano e ne pigliava un paio a posta sua, dopochè il calzolaio n’aveva egli stesso messe da banda due paia (2). Infine la lelda colpiva quasi tutte le cose e gli animali venderecci piccioli e grossi, ed in qualche luogo non cadea che sulla vendita, in altri cadeva eziandio sull’entrata e sull’uscita (3). Eranvi certi giorni dell’anno in cui per antica consuetudine la lelda s’addoppiava. Così faceasi, per cagion d’esempio, in Avigliana ne’ quindici giorni che precedeano e ne’ quindici che seguitavano la festa d’Ognissanti (4). Nella carta delle franchezze di Chatelard en Bauge da me già citata, trovasi circa alla lelda una singolar prescrizione che rende imagine de tempi patriarcali e dice così: se alcuno uscirà della —___—_——_—_€___——_——-: —_— a (1) Includuntur in dicta firma denarii qui levantur a quolibet excoriante cum cutello in macello de quorum quolibet levantur IMI denarii fortes per annum. Conto citato di Piero de Honcyeu. — Conto di Guglielmo de Nons ricevidore delle rendite di Susa e di Busso- lino 1290-92. (2) A quolibet sutore unum par socularium quod nuncius comitis voluerit eligere in stallo îpsius sutoris duobus paribus prius electis ab ipso sutore. Conto di Guglielmo Cellario mistrale di Ciamberì 1272-73. (3) Levatur de quolibet extraneo vendente sal una manata salis — de VIII solid. fort. de exitu ponderis lane et cuiuslibet rei ponderate. — Levatur a quolibet estraneo vendente vinum pro qualibet vaysellata una meytra vini. Conti precitati di Honcyeu e di Cellario. De VII libr. VI solid. r. de pedagio vini apportati apud Secusiam ad vendendum in quo pedagio accipitur in qualibet carrata una emina vini. Conto d’Umberto de Balma rettore della castellania di Susa 1264. Levatur in qualibet banca ( macelli ) qualibet die dominica si sint ibi carnes unus denarius in quo percipit abbas Secusie terciam partem. De X solid. r. de duabus libr. et dimidia piperis que percipitur apud Secusyam a campsoribus et picoleriis Secusie et dat quilibet campsor unam libram piperis et quilibet picolerius dimidiam. Conto di Guglielmo de Nons balio e castellano di Susa 1291-92. (4) Modus levandi leydam mercati seu fori Avillanie 1343. Arch. Cam. 190 DELLE ENTRATE terra senza aver pagato la lelda pagherà 60 soldi di multa salvochè mandi alcuno a portarla; e se non troverà nissuno per cui man- darla, la riponga sotto una pietra, e rizzi quindi e quindi due pietre per segno, e l’ottavo giorno la pigli in presenza di testi- moni e la paghi.» Ai dazi sul traffico minuto voglionsi altresì riferire il pesaggio , ossia il dritto che si pagava al peso grosso ed al sottile; ed il bancaggio che i francesi chiamavano droit d'étaler, ed era la fa- coltà di tener banco in piazza, e di vendervi merci o derrate, per la qual facoltà si pagavano altre tasse (1). Del rimanente la lelda e gli altri dazi testèò accennati, come pure il pesaggio, non si pagava che dai forestieri; essendone per le carte di franchezza quasi in tutti i luoghi, e quasi in tutto , ec- cettuati i borghesi (2). XI. Contribuivano eziandio non picciol frutto alla camera del Conte le condannazioni pecuniali, inventiva delle nazioni barbariche, e sicuramente de’ tempi in cui la ragione umana era ancora di non poche tenebre avviluppata, ma che ristretta alle colpe leg- giere, e ordinata con saviezza, mira a rammorbidare la severità quasi sempre eccessiva delle leggi penali, e favorisce la libertà personale, scemando notabilmente i casi di prigionia. (1) De banchagio mercati extra porticus. Levantur de qualibet bancha sex denar. die jovis ante nativitatem Domini. Conto di P. di Monfalcone balio di val di Susa e castellano di Avigliana 1299-1300. De qualibet bancha mercerie levantur XVIII denarii fortes. Conto di Brunone di Chignin castellano di Conflans 1325. De XXVII sol. r. de exitu banchagii panateriarem et levatur de qualibet. bolengeria denariata panis qualibet dominica et fuerunt novem panaterie etc. exclusa quinta parte quam percipit abbas. Conto della castellania della Perosa 1291-92. Pro qualibet bancha merceriorum levantur sexdecim solidi viennens. per annum. Conto della castellania di Torino 1291-92. - i (2) Burgenses dicte ville non debent leydam neque pedagium ex quo steterint in dicta villa per annum cet diem. Carta già citata delle Franchezze di Chatelard en Bauge. Carta delle franchezze di s. Branchier del 10 novembre 1322. DELLA MONARCHIA DI SAVOIA I GI Abbiamo già in altro luogo fatta memoria della diligenza con cui nelle carte di libertà concedute ai comuni si registravano le pene pecuniali che varie secondo la varia qualità de’ delitti, si stabilivano,, e notata la sollecitudine con cui si contrassegnava la maggiore o minor gravità del fallo, fino ad imporre una pena diversa a chi avesse posto una mano entro la chioma altrui, e a chi ne avesse posto due. Non dico io però che la diversità delle pene corvispondesse con giusta proporzione alla varia malizia. di ciascun misfatto, nè vorrei dirlo di nessuna delle moderne legislazioni criminali a me note, che pur ci nascono in mezzo a tanto senno. Ma dico in genere, che quella infinita diligenza posta nel divisar l'uno dall’altro i misfatti, è ancora ai dì nostri esempio degno d’es- sere imitato. Nè men degna di commendazione è un’altra regola osservata da que legislatori d’addoppiar le pene in certi luoghi ove il delitto privato poteva esser causa d’un pubblico danno, o dove per la facilità di commetterlo poteva temersi che divenisse troppo frequente. Doppia infatti era a Ciamberì la pena de’ furti e delle risse in sul mercato, e in sul ponte del macello. In qualche terra simili condannagioni erano ridotte alla metà , semprechè il colpevole era una femmina. E questo pietoso riguardo alla fralezza del sesso, sarebbe forse stato più savio se si fosse solamente addattato a que’ delitti che portano più specialmente l’impronta della femminile fralezza. Nelle memorie antiche sono ricordate due specie di multe, l’una pe delitti e per le contravvenzioni in genere, e si chiamava dando; l’altra riguardava propriamente le contravvenzioni ai regolamenti sui pascoli, sugli abbeveratoi, ed altri leggieri trascorsi in cose per lo più rusiicane e campestri; e siffatte contravvenzioni rice- veano il nome di minuti richiami per contrapposto ai grandi ri- chiami, colla quale appellazione venivano negli statuti antichi de- signati i malefizi. Ancora le multe o i bandi od erano imposti per sentenza o 192 DELLE ENTRATE concordati. Nel primo caso la condannagione era tal quale venia prescritta dalle carte di franchezza, dagli statuti o dalla consuetu- dine. Nel secondo potevano esser più miti poichè concordavangi prima che l’inquisizione fosse condotta a termine (1 i Onde i ric- chi poteano calcolare fino a che numero potessero giungere le inique loro operazioni, senz "altro pregiudicio che dell’avere; pe- rocchè s'ammetteano a composizione non solo i rei di fetta tra- scorsi ai quali non era stabilita altra pena che pecuniale, ma per autorità sovrana fin anche i micidiali, pensandosi allora che il fisco potesse rinunciare all’azione che esercita non in nome suo proprio, ma in nome della società offesa. Il quale pessimo errore era sorto in que tempi assai più antichi in cui essendo quasi tutti servi del principe credeasi che col solo principe e non colla compagnia’ de’ suoi simili vi fosse corrispondenza di diritti e d’obbligazioni; onde la morte d’un d’essi tanto dovea calere quanta era la misura dell'utile che il principe ne ritraeva. Però quando il micidiale avealo compensato del danno sopportato, fu forse creduto che? im questo mondo non rimanesse più causa di punizione. Ci faremo ora a proporre qualche esempio scegliendoli tra quelli che meglio ritraggono l’indole di que’ tempi lontani. Lazzerono della Rovere signor di Vinovo, wecisore di Florio della Rovere suo consanguineo, si ricomperò dalla. pena del suo misfatto nel 1377 pagando 3000 fiorini d’oro di buon peso, e quitando le somme di cui il Conte gli era debitore (2). Grazie di simil fatta rarissime nel secolo XIII, erano molto frequenti dopo la metà del XIII poichè l'abbondanza delle ricchezze avea corrotto i costumi (1) Nel 1334 un tale incolpato. d’aver consentito un omicidio fece accordo in 5 denari di grossi tornesi visîs suis defensionibus per iudicem guia repertus fuit parum culpabilis. Conto di Filippo Provana castellano di Ciamberì. (2) r. a Lazerono de Ruore condomino vicinovi pro sigillo litere remissionis' mortis Floriî de Ruore ex quo dominus habuit tria millia florenorum auri boni et magni ponderis, et ultra dictus Lazeronus quitavit domino mostro quoddam debitum mille florenorum XXV. flor. p. p. Poi ER DELLA MONARCHIA -DI SAVOIA, ‘193 ed avvelenate per tal guisa le fonti della scienza morale da render necessaria quella riforma che fu con debol frutto tentata sul prin- cipio del secol seguente. Nel 1271, a Susa, un provenzale che aveva addosso moneta fal- sificata pagò 6 lire; Asprino di Ciamberì ricomperò nel 1300, con ro lire di forti, un suo figlinolo accusato d’aver battuto moneta falsa; e più volte si multarono varie persone o ‘per aver condotto i loro mercati a moneta forestiera, o per aver usata l’antica, oper aver rifiutata la nuova, e talora per aver detto che la moneta del Conte non era di sufficiente bontà (1); del.che si vogliono scusare i tempi che non portavano miglior frutto negli altri paesi, e ne portavano di molto peggiori in Francia ove cominciò la ladra pra- tica dello alterar le monete. Nel 1300 ad uno che portò spada in Susa. contra. lo ‘statuto della terra fu imposta pena di g soldi; nel 1301 Guglielmo Chau- bon di Monmegliano diè ricetto alla propria moglie che avea bando della persona, e questa pietà coniugale fu punita con venti soldi di multa; pena contraria non meno alla prudenza civile , che alla pubblica onestà (2). Nel 1323 ‘volendo Amedeo V recarsi in Avignone al Papa, il quale si tramettea per comporre, se fosse possibile, le differenze che da un mezzo secolo teneano in perpetua guerra i Sovrani di Savoia e i Delfini di Vienna, fece il suo cammino per Cuneo e Nizza; e nel valicar le alpi trovò in pessimo stato le strade della Moriana. Pagarono i comuni di Modana e del Borghetto, per la loro negligenza nel mantenerle, il primo dieci lire, il secondo cin- que di soldi forti (3). . (1) A Matheo de Lodi Lombardo eo quod dixit quod moneta domini comitis non erat sufficiens IV solid, grossor. Conto della castellania di Ciamberì 1343-44. (2) Conti già citati delle castellanie di Susa e di Ciamberì. Conto della castellania di Monmegliano d’Ugo di Chandyeu 1301-02. (3) Et est sciendum quod predicti homines solverunt dictas summas pecunie pro co quia fuerunt in defectu aptandi itinera maurianne. Conto di Rodolfo di Ginevra capellano del Conte di Savoia 1322-23. Tomo xxsvI. 25 194 , DELLE ENTRATE Nel 1363 Antonio Carlavario fu ammesso per accordo a pagar 40 fiorini, perchè era accusato d’aver letto negromanzia, e fatto con tal mezzo cader tempesta in Pinerolo. Prova senza dubbio di molta barbarie, ma pure di barbarie assai men fitta di quella, che in tempi a noi più vicini avrebbe messo lo sventurato negromante in sul rogo (1). Tvoviamo similmente puniti con multe più o men gravi infiniti altri misfatti ed errori, fra i quali lo spregio fatto alla giurisdizione del Conte sottoponendone alle censure gli ufliciali o le terre (2); o citandone i soggetti nella curia ecclesiastica (3); o formando car- ceri private (4); la non fatta consegna delle cose o dei danari ri- irovati; le giure de’ beccai o d’altre ‘classi (5); le risse. fra terre e terre o fra nobili e nobili (6); il rifiuto del servigio militare ; il mandarvi. altri in sua vece senza il permesso del: balio ; il partirsi dalle cavalcate o dagli eserciti anzi tempo (7); il ritardo a' pagar (1) De XL florenis r. ab Antonio Carlavario per composicionem factam cumeo per dictum dominum Principem quondam pro eo quia dictus Antonius legerat nigromanciam ex quo tompestas cecidit in Pinayrolio Conto d’ Amedeo Simeone de Balbi castellano di Pinerolo 1363. (2) De X libr. r. de Guillelmo de Gebennesio burgensi Aquebelle pro; banno quia excom- municavit castellanum Aquebelle campanis pulsatis. Conto d’Alberto di Bagnolio balio e ca- stellano di Mommegliano 1373-74. (3) De X solid. r. de Pascaleto Escofferii quia citaverat quemdam hominem in curia de- cani. Conto di Rodolfo Barralis castellano di Ciamberì 1300. r. a Jacomino Croseti manderio abbatie Secusie quia citaverat uxorem Johannis de Plano quondam subditam domini comparituram in curia domini abbatis Secusie Il flor. IX den. grossor. Conto della castellania di Susa. (4) Aimo de Sallion condannato in X lire mauriz. eo quod fecerat carcerem privatum. Conto della castellania di Chillon 1298. (5) Conto di Goffredo Ginat mistrale di Ciamberì 1275. De VI libr. r. de becariis Avillane eo quod inter se fecerant juram. Conto d’Umb. de Balma castellano’ d’Avigliana 1267-68. (6) De XLI libr. maur. r. de hominibus domine Jordane de Turre eo qued cum armis venerunt. in camino apud Massungye contra illos de s. Mauricio. Conto d’ Aimone di Sallanches castellano di Chillon 1266-67. (=) De XXX solidis de hominibus s. Anthonini pro banno cavalcate de Ast. De XL solid. r. de Michiele Leydor homine abbatis quia non fuit in exercitu Planetie. Conto della castellania di Susa 1290-92. Arch. Cam. DELLA MONARCHIA DI SAVOIA 195 i censi dovuti; l’usare i privilegi d’una terra senza esserne bor- ghese; il pigliar usure più ingorde. che le tollerate dal Conte ; il vender carni non sane; il vender pane a maggior valuta del prezzo corrente; l’usar misure false; e nel 1332 fu imposta con poca ra- gione. a un tale la pena di due fiorini d’oro. perchè doveva. aver veduto un ladro a rubar una, spada e.noll’avea. rivelato (+). Il moderato rigor delle pene stabilite contro ai misfatti politici e religiosi manifesta un governo giusto e forte. Fortezza. gli fa piacer la clemenza perchè non teme. E tutte le leggi crudeli son figlie del timore. Giustizia lo ammaestra ad esser mite soprattutto, quando per necessità di condizione è giudice in causa propria; come accade quando introduce leggi penali su tali materie o lascia vivere, le in- trodotte. ‘ «In que’ secoli antichi le leggi sanguinose degli imperadori Romani osservate in Savoia erano. tuttavia rattemperate dagli statuti e dalle carte di libertà concedute ai comuni; ed ancora dalla facoltà che aveva il principe d’ammettere composizioni anche per que’ misfatti pe quali era stabilita pena capitale. Nel 1333 Chaberto di Riviere levò rumore a Ciamberì insieme con altri compagni contro agli ufficiali del Conte in occasione del sussidio che s'era imposto; ricercato dalla giustizia diè sicurtà e non fu arrestato; fu poi condannato in 60 lire forti dal giudice. di Savoia (2). ; Nel 1292, a Chatelard, Giovanni Del Conte che facea la guida ai nemici del suo signore, misfatto per cui s’incorrerebbe al dì d'oggi, nè senza ragione, in pena capitale, mon pagò allora che 25 soldi forti di multa (3). (1) Conto della castellania di Ciamberì 1332-33. Conto della castellania di Ciamberì degli anni 1270 e seg. Conti delle castellanie d’Avigliana, di Susa, di Riyoli degli anni 1264-65 e seg. etc. (2) Conto della castellania di Ciamberì di Filippo Provana. (3) Conto della castellania di Chatelard en Bauge di Gio. Chaboud 1291-92. 196 DELLE ENTRATE Vero è che la tassa di simili accordi dipendendo non solo dalla qualità del delitto, ma dalla prova più o men piena che se n'avea, e soprattutto dalla condizione delle fortune dell’inquisito, ed anche in molta parte dall’indole più o men benigna degli ufficiali che ne trattavano, non dee far maraviglia che misfatti assai gravi fossero talvolta. perdonati ‘a minot prezzo; che non ‘altri casi di leggieri errori, come sarebbero le parole che sono spesso sfogo ingiusto e villano d'una giusta amarezza, e che sono in tali casì più degne di compassione che di castigo (1). Non era poi contro ai delitti religiosi adoperata maggior seve- rità. La bestemmia , colpa per certo gravissima, a punir la quale fu da un re di Francia imaginato l’atroce supplizio di forar la lin: gua con un ferro arroventato, era punita a Torino con una pena pecuniale (2). E Garota Rossa di Busca accusata di bigamia sì ri- comperò d'ogni pena col pagamento di 25 fiorini d'oro di buon peso nel 1370 (3). Oltre alle multe pei delitti e per le contravvenzioni alle leggi agrarie, eranvi anche quelle che si chiamano dei precetti non os- servati. Siccome non solo i balii ed i castellani, ma anche i mi- sirali e gli ufficiali inferiori aveano autorità d’accompagnare colla minaccia d’una pena pecuniale i loro comandamenti, i trasgressori de medesimi le inicorrevano di pien diritto ; e siffata consuetudine era tanto più viziosa, perchè non essendo tal podestà rinchiusa entro giusti limiti, le punizioni che s’infliggcano per tal modo eran sovente gravissime e senza una proporzione al mondo con la gran- dezza del fallo (4). (1) r. a Guillelma uxore Aymonis Barberii de Confleto pro eo quod dixerat quod magis diligebat illos de Locia quam illos de Sabaudia et quedam alia verba suspiciosa XVIII de- nar. gross. tur. Conto della castellania di Conflans del 1325. (2) Conto di Jacopino di Revigliasco chiavario di Torino 1374-77. » (3) Conto di Espagnolio Marini ‘vicario di Busca. (4) De LX solid. r. de Guillelmo Marore de Monteiz eo quod noluit obedire pene sibi imposite per familiarem balivi. concordata per balivam et judicem. Conto d’Amedeo de Chatillon castellano ‘di ‘Chillon 1305. DELLA MONARCHIA DI SAVOIA. 195 Ma prima di chiudere questa narrazione non voglio passar la memoria d'un fatto che ritrae al vivo l’imperfezione grandissima degli ordini civili e giudiciali ne’secoli di cui si ragiona. Erano fin dai tempi di Tommaso conte di Savoia potentissimi in Val di Susa i Bertrandi, siccome quelli che oltre ai feudi posse- duti in Savoia aveano nel 1227 e nella persona di un Bertranno di Mommegliano ricevuta l'investitura del feudo di Brusolo dalla Dora fino alla sommità de’ monti, con amplissima giurisdizione e col fodro regale; e che poi aveano allargata la loro signoria in S. Gio- rio ed in altri luoghi. Viveano nel 1279 Ugone e Giovanni Ber- trandi figliuoli forse o nepoti del Bertranno sopragetto , ed aveano il primo due figlinoli Monaco ed Ugone, il secondo uno solo chia- mato parimente Ugone, i quali, come portava l’indole di quella età in cui era consueto l’abuso della potenza, e lodevol cosa troppo spesso si reputava l’armata violenza, andarono colle armi e colle bandiere spiegate sopra la terra dell’abate ‘di S. Michele e piglia- rono il campanaro di S. Antonino. La terra abbaziale era soggetta al dominio eminente del conte di Savoia, il quale era perciò stato offeso in quell’attentato; onde Teobaldo di Cors castellano d’Avigliana accennava di voler. proce- dere allla condanna de’trasgressori. Ma Ugo Bertrandi saputolo in tempo impaurì talmente colle sue minacce l'Abate, che questi, uomo, a quel che sembra, di picciol cuore, andò al castellano e pagò invece del Bertrandi lire 4o viennesi, oltre a lire venti per le spese ,. soddisfacendo così l'ammenda dell’offesa ch'egli medesimo avea ricevuto (1). Conchiudendo, diciamo che il ritratto di queste varie specie di condannagioni e d’accordi, unite colle confiscazioni de’ beni degli usurai, e de’ rei di misfatto capitale, condannati o fuggitivi, era (1) Et ita fuit concordatum. per dictum abbatem qui dictos denarios solvit ob timorem dicti Hugonis Bertrandi qui super hoc ipsum minabatur. Conto della castellania d’Aviglia- na 1279-80. 198 DELLE ENTRATE uno de’ più poderosi rami d’entrata della Camera del conte di Savoia i : : Nel 1333 nella castellania di Ciamberì in men d’un anno la somma totale delle sole multe fu d’ottantadue live 5 soldi e 10 danari di forti escucellati, e 67 soldi di grossi tornesi. . Ma brutto spettacolo era pur quello di vedere due uomini rei del medesimo misfatto l’uno multato solamente d’una parte delle sue sostanze , l’altro imprigionato, guasto, tormentato, ucciso! XI. Ora l’ordine che ho pigliato a seguitare mi conduce a dir . delle tasse poste sulle contrattazioni e dei diritti di giustizia e -di cancelleria. A ghi bene intende le condizioni di que’tempi,; sarà agevole a credere, che i solenni contratti di privato a privato fos- sero piuttosto rari non essendovi vera proprietà, ed essendo in man de’ forestieri le arti meglio acconce a procacciar moneta, senza la quale pochi contratti si fanno, e niuno se ne può fare senza difficoltà. Infatti nella giudicatura di Baugé e di Novalesa nel 1330 nulla gittò la tassa dei contratti, la quale era in quel distretto pe’ con- tratti perpetui di due danari per lira oltre a 5 danapi per la pri- ima lira; e pe’ non perpetui d’un danaio per lira oltre a cinque da- nari per la prima lira (1). A Rivoli, d’ogni dazione in paga, si levavano sei denari escucel- lati per lira, e d'ogni restituzione di dote due danari della me: desima moneta di cui si dovea la dote (2). È forse questo il luogo di rammentare un diritto di due denari forti che si levava nella castellania d’Aquabella per ogni bestia che (1) Conto di Guicciardo Tavelli giudice del Baugé e del Novalese 1330. (2) Id. reddit computum quod recepit pro minutis dationibus in solutum diversis credi- toribus et levantur pro quacumque dacione in solutum sive sit magna sive parva quantitas equaliter sex denarii viennens. excucellati salvo quod si fiat datio in solutum pro dotibus tune levantur de qualibet libra duo denarii de tali moneta de qua est debitum dotis. XLIII s. VI den. vienn. excucell. Conto della castellania di Riyoli 1325. LE DELLA MONARCHIA DI SAVOIA. 109 servisse al trasporto dell’uve o del vino nel tempo delle vindemmie. Pare che colpisse solamente le bestie date a fitto. Chiamavasi 40- tagium (1). A Tonone, d’ogni contratto perpetuo si levavano 3 denari ge- bennesi per lira; d’ogni contratto non perpetuo di maggior somma di soldi 60 due denari, e di minor somma 6 danari per lira (2). Uguale era la tassa che pagavasi pe’ contratti perpetui e non per- petui de’debiti de’ Lombardi nelle castellanie di S. Branchier e d’En- tremont. E queste somme si riscuoteano nell'atto che detti con- tratti veniano sottoposti al sigillo; spezie d'insinuazione usata a que’ tempi ; ed il sigillo era tenuto da alcuni Notai che ne aveano special privilegio, e si chiamavano giurati della curia del Conte (3). Sigillavansi eziandio i testamenti e tutti i decreti che si rendeano per atti di volontaria giurisdizione; e la tassa che per ciò si rico- glieva era diversa secondo la qualità de’ negozi e delle persone; proprio e speciale della castellania di Ciriè era l’uso di rimunerar col dono di capponi l'elezione o la confermazione de’ tutori e de’ curatori (4). XIII. I dritti di giustizia si nominavano date, perchè, dice il Glossario , si levavano nella contestazione della lite, epoca da cui cominciava a correre la data della medesima. Tuttavia nella castellania di Rivoli pagavansi, per accordo del 4 di settembre 1247, metà dopo "la contestazion della lite, metà poi- chè la causa era assegnata a sentenza, in 12 danari per lira. E se il piato s’accordava, il giudice dovea star contento alla prima metà (5). (1) Conto della castellania d’Acquabella 1316-37. (2) Conto di Bonifacio di Morello giudice del Chiablese , e del Genevese 1336. (3) Conto di Gio. Albi giudice del Chiablese e del Genevese 1338-39. Conto di Roberto Pugin giudice del Fossigni, d’Aya , di Balon e di Cluses 1362-63. (4) De caponibus qui dantur ibi pro tutelis et curis XI capones. Conto di Filippo de Mouxi castellano di Ciriè 1369. (5) V. il documento n. X. 200 DELLE ENTRATE S'obbligavano tuttavia i forestieri a pagar l’intiera data alla conte- stazion della lite (1). Nella giudicatura di Baugé era di 6 danari per lira, ì quali si davano nella contestazione della lite, così dall'attore come dal con- venuto. N'era franca per consuetudine la castellania di Lompnes (2). Maggior pregio costava l’amministrazione della giustizia nella ca- stellania di Lanzo nel 1307. Ivi la data era di 12 danari per lira, che si pagavano da ciascuna delle parti nella contestazione della lite (3). : Singolare e superiore al senno che prometteano que’tempi, è la consuetudine che in questa materia. s’osservava a Vinadio: dove non si levava la data fuorchè da chi aveva torto; èd allora d'ogni lira ingiustamente domandata o negata pagavasi la tassa, per verità assai grave, di due soldi per lira, è così il dieci per cento (4). Ai dritti di giustizia si possono ancora riferire i tributi che si pa- gavano da varie terre in occasione che si tenean dal principe i parlamenti generali (5). XIV. Ma via più riguardevole era il frutto che rendeano al te- soro del principe i dritti di cancelleria i quali erano di due guise l’introgio ed il sigillo. Introgio chiamavasi quasi chi dicesse entrata; o con altro nome preysa, un dono di moneta che faceva al prin- cipe colui che era stato gratificato d’un ufficio, d'una salvaguardia, d’una licenza, d’un condono, d’ui indugio a pagar qualche pena pecuniale, o a render omaggio (su/fer: ta), infine d’una grazia qua- (1) Forenses vero tenentur solvere totam datam videlicet XII denar. pro qualibet libra incontinenii lite contestata. Conto della castellania di Rivoli di Pier de Balma 1339-40. (2) De datis apud Lompnes non computat quia non debebantur ibi de consuetudine. Conto della giudicatura di Baugè e del Novalese 1311-12. Pi (3) Conto di Giovanni di s. Morizio ricevidore delle entrate della castellania di Lanzo 1309. (4) Pro qualibet libra sit injuste petita vel etiam negata levantur duo solidi. Conto di Gio. Girardi di Bossonens capitano e castellano di Vinadio 1392. (5) De VI solid. r. de redditu pro placito generali hoc anno apud Leysin apud Curberie apud Alyo. Conto del vicedonnato d’Alyo di Guglielmo di Monteuz 1260-61. Conto di Gio. di Bagnolo cav. balio di Losanna 1321-22. DELLA MONARCHIA DI SAVOIA. 201 lunque; nè pare che vi fosse tassa ferma, ma che si patteggiasse ciascuna fiata cogli ufficiali del principe. Così nel 1300 la vicecontessa di Villar pagò 4o lire per lettere di confermazione della tritela de’ suoi figliuoli (1). Nel 1353 i tatori degli eredi di Giovanni Gillat di Lanzo pa- garono 500 fiorini d’oro di buon peso per aver lettere di confer- mazione della loro tutela; ingordissima tassa, e da chiamarsi piut- tosto balzello o malatolta che tributo. Nel medesimo anno Giorgio Asinari e Francesco de Medici diedero 80 fiorini d’ingrogio per Ja concessione della casana o del banco di Fossignì (2). Sei o sette anni dopo Astesano Provana, investito del feudo di Pianezza, pagò l’introgio di 8150 fiorini d’oro di buon peso: Oltre all’introgio un’altra tassa riscoteasi pel sigillo che s’appo- neva a ciascuna di siffatte provvisioni. Siccome a que’ tempi e per quelli che vennero poi, fino al se- colo XV, il principe non segnava nissun atto nè pubblico nè pri- vato, essi riceveano ogni loro forza dal sigillo. Due sigilli adoperava a tal uso il conte di Savoia; e nel secolo XHH e ne’ seguenti fino a tre. Quando il Conte s’assentava dallo stato , il che accadea molto sovente , il stio Consiglio si recava in mano l'indirizzo de’ pubblici affari, e adoperava il sigillo suo pro- prio. Ma vogliam notare che, mancando il custode del sigillo, niuna gelosia aveano d’usarne un altro in sua vece; onde, in assenza dei Cancelliere custode de’ sigilli, il Conte adoperava il suo sigillo se- greto ;. o quello del suo consiglio, o quello della curia delle ap- pellazioni, e della giudicatura di Savoia (3): Come per l’inzrogio così pel sigillo non pare che vi fosse tassa (1) Conto di Guglielmo Guersi castellano di Susa 1299-1300. (2) Conto di Gio. Gervais cancellier di Savoia 1360-62. (1) Conto d’Umberto di Castelletto consigliere del Conte e custode del sigillo del, con- siglio residente a Ciamberì 1328-29. Conto d’Umberto d’Aulanoya procurator generale del Conte 1342-43. Tomo xxxvi. 26 202 DELLE ENTRATE ferma, ma che si levasse secondo la RS del. privilegio e la condizione delle persone. Nel 1347 la comunità di Cherasco pagò pel sigillo della lettera che confermava le sue franchezze ‘e libertà tre scudi d’oro (1). La comunità della Camera la quale nel 1361 01362 ebbe privi- legio di levar per g anni certa gabella dai venditori di vino, pagò pel sigillo 5 fiorini di piccol peso. Un fiorino di buon peso costò a Giovanni di Blonay il sigillo della lettera che lo deputava balio di Vaud. Ugual pregio stette a Pier Bersatoris nominato giudice di Savoia, e due fiorini di buon peso costò ad Antonio Bonnivardi il sigillo della lettera per cui fu ribandito (2). i XV. Mi fo ora a discorrere del settimo de’ nove sommi capi in cui per.amor di chiarezza ho divisa la materia di questo ragiona- mento; cioè de’ dritti di dominio eminente, ai quali, senza atte- nermi troppo ciecamente alle opinioni de’ dottori, ho ‘attribuito la bannalità coattiva, le bandite, la ragion privativa dell’acque ; le monete , le miniere, le successioni de’ forestieri, le successioni vacanti, e le cose trovate; le salveguardie e l’avvocazia delle chiese e de’ monasteri, non perchè sieno i soli che derivano da quell’alta ed universale ragione, ma perchè sono quelli per li quali più specialmente ella usa sua forza incontro ai dritti ed alle pro: prietà de’ privati. Circa alla bannalità ed alle bandite troppo nota n'è la natura perch'io qui ne favelli. Alla ragion privativa dell’acque. può rife- virsi il rivaggio che si pagava nella castellania “di Stavaye, ed a Villanova di Chillon (3), e il tributo di due soldi di Losanna che si pagava in quella di Chillon da ciascun pescatore che gittasse ( È Conto della cancelleria di Savoia 1347-48. ) Conto della cancelleria di Savoia 1360-62? ( o Conto di Giovanni di s. Ciriaco castellano di Stavaye 1377- 58. Conto della castellania di Chillon 1257. DELLA MONARCHIA DI SAVOIA 203 sue reti nel Rodano (1); ed il pontonaggio di Mommegliano per cui si levava in ogni casà di quella terra in cui si tenessero bestie da basto un pane all’anno, ed in ogni casa di quelle situate oltra l’Isera una torta (2); ed il dritto sul galleggiamento (/lottage) dei fusti di legname nella Dora in Val d'Aosta, per cui d’ogni undici fusti se ne toglieva uno (3); riferisco ancora ai dritti di dominio eminente l’appalto della ragione privativa de’ giuochi proibiti, di cui si trova memoria in molte castellanie di Savoia e di Piemonte. Ma più larghe e più attente indagini richiede l’oscura ed impor- tante materia delle monete. XVI. Il dritto regale di batter moneta fu esercitato dai principi di Savoia fin dai primi tempi della loro dominazione. Amedeo TI figliuolo d’Oddone e d’Adelaide aveva una zecca in Susa, donde uscirono pel corso di due secoli e più que’ famosi denari Segu- sini, secondo i quali si regolavano le contrattazioni in molti luoghi della monarchia di Savoia. L'esercizio di simile prerogativa non fu mai inframmesso e nei tempi di cui discorriamo si ricordano varie zecche tenute a Borgo, a Ciamberì, a Pont d’Ains; a Pont de Vaux, a S. Sinforiano, a S. Maurizio d’Agauno, a Nyons, a S. Genisio, a Susa, in Avi- gliana, in Aosta, a Ivrea, a Moncalieri, a Torino, a Pinerolo. Ceduta nel 1294 da Amedeo V conte di Savoia a Filippo suo nipote la signoria di Torino e d’altre terre, questi fu sollecito di stabilirvi una zecca, e dièé, con lettere scritte in settembre del 1297, commissione a Durando Carrere, cambiatore Avignonese, di coniarvi danari grossi e piccoli; ne’ capitoli della qual commissione (1) De VII lib. IMI solid. r. de firma piscarie in cima Rodani hoc anno. Ivi. De X solid. (laus.) r. de exitu loyarum Rodani ubi levanturin qualibet loya duo solidi per annum in festo b. Nycholai. Conto della medesima castellania nel 1288. (2) Conto del pontonaggio di Mommegliano di Giovanni di s. Eustachio 1296-97. (3) Si raccolsero nel 1322-23 ottocento cinquanta fusti di legname ( billones ). Conto di Pietro Mareschal balio d’Aosta, e castellano di Castellargento. Arch. Cam. 204 DELLE ENTRATE è degna d'esser ricordata la condizione segnente : che’ se il re di Francia si rimarrà dal batter moneta in Macon, ovvero peggiorerà la moneta che vi si batte, il principe e Durando abbian balia di fare il simile. I grossi di Filippo dovean tenere otto denari ed un obolo d’ar- gento fine, e però scadeano assai dai grossi tornesi buoni, chè ne teneano undici ed un obolo. Otto soldi e cinque denari di questa moneta dovean pesare un marco al marco di Lione, vale a dire che dovean tagliarsene ror pezzi il marco (1). E qui a fin di rendere agevole l’intendimento di questa materia la quale, fra tutte quelle. che appartengono alla scienza dell’eco- nomia pubblica, è la più oscura ed avviluppata, è d'uopo ch'io ricordi che i soldi di cui qui sì ragiona non meno che la lira di cui si è fatta già molte volte e si farà parola nel processo di questi discorsi, sono monte imaginarie di cui la prima rappre- senta dodici danari, la seconda venti soldi, ovvero dugentoqua- ranta denari; onde e luna e l’altra pigliano la loro valuta dal da- naro ; e siccome di più sorta erano i danari che si batteano, i quali differivano assai l'un dall’altro di peso e di bontà, così diffe- rivano nella medesima ragiorie l'una dall’altra le lire ed i soldi se- condo eran lire o soldi di piccioli o di grossi, di forti o di debili, d'antichi o di nuovi danari, di sestini, di novéni, o di duodeni , di tuite le quali specie di danari rappresentavano le moltiplicazioni per 12 o per 240; e quello che cresce infinitamente la confusione si è, che non solo differivano l’uma dall’altra le monete di specie, di nome, e di provincia diversa, ma differian tra di esse quelle d'una specie, d’un nome, d’una zecca medesima ; perocchè quante volte si batteano quasi altrettante, talora per imperizia, più sovente per malvagità de’ monetieri, e più tardi anche per volontà de’ prin- cipi, si mutava il peso e la bontà delle monete, Onde , ne’ danari (1) Zecca e monete mazzo 1.9 Arch. Camer. DELLA MONARCHIA DI SAVOIA 200) Segusini, per esempio, si trova memoria de’ danari buoni; il che mostra che ve ne fossero de’ men buoni; di Segusini vecchi; di Segusini vecchi rinnovati (1). Ne’ danari viennesi poi, via più copiose erano le differenze, ed altri si chiamavano viennesi semplicemente , altri viennesi escucel- lati, viennesi speronati, viennesi cursibili , viennesi coll’ E; e di alcune di queste specie eranvi ancora i vecchi e i nuovi, i forti e 1 debili (2). Oltre a ciò, dalle varie zecche in cui si coniavano , chiamavansi viennesi lionesi, viennesi d’Aosta, viennesi del Conte, viennesi del Principe; vale a dire del Conte di Savoia e del Prin- cipe d’Acaia. Non essendovi pertanto alcun danaro che fosse regola e cam- pione, ed a cui tutti gli altri si potessero ragguagliare , dovea na- scere quella strana confusione, che avviluppa la mente di chi vor- rebbe a punto a punto investigar le ragioni delle monete di quei tempi e paragonarle col valor delle nostre. Il che tuttavia se pos- siamo fino ad un cerro segno ottenere, ne teniamo, come di tanti altri vantaggi, obbligo ai Fiorentini, i quali, come tutti sanno, nel 1252 dopo la sconfitta de’ Sanesi a Montalcino, quasi per trofeo della vittoria batterono il fiorin d’oro della suprema purezza di 24 carati e del peso d’una dramma; moneta, che per la bellezza e bontà sua, imitata da quasi tutte le nazioni incivilite d'Europa, si conservò con poca variazione di peso e niuma di lega fino a’ nostri tempi. Però quando si può trovare nelle memorie di que’ secoli (1) Fin dal principio del secolo XH sì trovano mentovati î danari buoni segusmi; nel 1172 sì rammentano : argenti dengriorum bonorum Secusiensis monete solidos XII. Nel 1214 Oberto Gitigo vendeva al monistero di s. Giacomo di Stura 6 eentenarii e mezzo di prato pel prezzo di ser librar. et dimid. Secusiensium veterum renovatorum. Nel 1320 v ha qui- tanza di cento soldi Segusini vecchi. Da’ documenti dell'Archivio Arcivescovile di Torino. (2) Dif@erivano anche , come ben s'intende , di valore. Il grosso tornese valeva nel 1330 8 danari di forti escucellati ; 9 denari d’oboli forti escucellati ; 30 denari di forti speronati; 20 denari di forti coll’E; 22 denari viennesi speronati; 20 damari viennesi ; 11 forti spero- nati antichi. Conto di Gio. Divite castellano di Ciamberì 1328-30. 206 DELLE ENTRATE come la tal moneta si ragionasse col fiorino d’oro, è agevole il conoscere come torni in moneta corrente. XVII. E postochè ho ricordato il fiorin d’oro, e l’utilità che da esso, come da termine di paragone, può derivare agli studi della ionetazione , mi sia concesso di soggiungere alcune notizie sconò- sciute finora sul tempo in cui cominciò ad ‘aver corso in Savoia ed in Piemonte; ‘sulle varie specie del medesimo e sul valor di ciascuna. Prima che si battesse in Firenze il fiorin d’oro, ed ancora molti anni dopo, le sole. monete d’oro, di cui si trovi memoria nella monarchia di Savoia, erano il marabotino, il bisante e l’obolo; il marabotino ci veniva di Spagna; il bisante e l’obolo erano monete Costantinopolitane sparse in occidente dai crociati, maggiore la pri- ma, minore l’altra, ma tutte due minori del fiorino (1). Una di siffatte monete era per l'ordinario il censo che pagavano i forestieri ricevuti nella salvaguardia del Conte... Cominciano poi verso il cader del secolo (dopo il 1280) a trovarsi ricordati i fio- rini d’oro; ma per molti anni ancora del secolo seguente se ne può sicuramente argomentare la rarità leggendo ne’ conti de’ castel- lani siccome erano venduti e non cambiati (2), nè divennero ve- ramente copiosi sì che servissero a condurre le contrattazioni che dopo la morte d’Amedeo V avvenuta nel 1323. Poco dopo comincia altresì a farsi memoria del fiorino di buon peso e di quello di piccol peso, e a distinguersi dall’uno e dall’al- tro il fiorino di Firenze. Al qual proposito è da rammentare, che quando per opera de’ mercatanti di Toscana cominciò a spargersi e a divolgarsi pel mondo il fiorino, piacque tanto per la sua bel- lezza e bontà che molti principi dieder mano a coniarne. Primo o almeno tra’ primi fu Alberto I duca d'Austria, che nel 1298 venne poi innalzato al trono imperiale. Seguiva siffatto esempio (1) V. l impronta del bisante , e dell’obolo nello Zanetti nuova raccolta delle monete d’Italia tom. II. (2) Un fiorin d’oro fu venduto 10 soldi 3 denari forti speronati nel 1311. Conto di Gio, Bertrandi castellano d’Acquahella. DELLA MONARCHIA DI SAVOTA. 207 Giovanni di Lucemburgo re di Boemia; e quindi faceano il soini- gliante Giovanni X.XII sommo Pontefice ed il march. di Monferrato. Tutti questi prima della morte d’Amedeo V testè notata. Dopo quell'epoca batterono in varit tempi di quel medesimo secolo il ‘fiorin d’oro il re d'Ungheria, quel d'Aragona, il Delfino Viennese, l'arcivescovo di Magonza, Giovanna regina di Napoli, il vescovo di Trecastelli, ed in breve quasi tutti i principi d'Europa (1). | Batteansi, massime in sul principio, siffatti fiorini colla mede- sima impronta de’ fiorentini, nè si divisavan da quelli che per uno piccolissimo scudetto posto appresso all'orecchio destro del precur- sore e per la leggenda del rovescio , in cui era scritto per l’ordi- nario il nome del principe che l’avea fatto coniare. Circa al peso ed alla bontà convien dire che i primi fiorini che sì coniarono in Lamagna poco o punto differissero dai fiorentini , perocchè fino ai tempi già citati d'Odoardo, trovasi ricordato senz’al- tro aggiunto il fiorino d’oro (2), quantunque da molti anni se ne battessero, come abbiam detto, in Austria ed in Boemia. Ed in fatti dopo la metà di quel secolo il fiorino vecchio. di Lamagna avanzava di valore tutti gli altri eccettuato il fiorentino da cui diffe- riva solamente la quarta parte d’un grosso (3). Cominciossi in qualche zecca per l’imperizia de’ monetieri, o per la soverchia spesa dello affinafe, o per altri motivi men degni di escusazione a peggiorar la lega; poscia scemossi anche il peso; e (1) Borghini. Della moneta fiorentina. Vettori. Fiorino d’oro illustrato 25. 57. 63. 67. 100. 103. Orsini. Storia delle monete della repubblica fiorentina XXXVII. Manni. Discorsi sopra le monete apud Argelatinm p. V: Boissin. Compendio della valuta del fiorino apud Argel. p. IV. Carli. Zecche e monete d’Italia I. 105. (a) De floreno auri debito a Francisco Rolandi notario pro firma notarie sue feudorura et inquisicionum domini. Conto d’Ugo della Rocchetta castellano d’Aiguebelle 1316-17. (3) Florenus vetus XIII denar. gross. turon. cum obulo. Florenus auri de Florencia XIII et III partes unius grossi. Conto dell’ospizio del Conte di Savoia 1374-77. 208 DELLE ENTRATE quindi nacquero le quattro diverse specie di fiorini che si trovano verso il 1330, e poi per tutto quel secolo ricordate; di 'ewi la prima .e di maggior valore era de’ fiorini di Firenze; la seconda de’ fiorini di Lamagna; la terza de’ fiorini di buon peso, cioè peg- giori di bontà solamente; la quarta de’ fiorini di picciol peso pes- giori di bontà e di peso (1), i quali ultimi sul fimir del secolo aveano maggior corso che tutti gli altri, ed erano i più adoperati nelle contrattazioni, forse perito: se n’era battuta maggior quantità. Passiamo ora a parlar del valore. Lo zecchino veneto di due danari e 17 granî di peso, e di gg7 milfesimi di fimo, è quello che più s'accosta per la sua purezza alla purezza suprema di 24 carati che gli antichi assegnavano al fiorin d’oro; se pure mon si dee dire, siccome io credo, che essendosi ne' tempi moderni assottigliati i processi dell’arte , siasi con più squisite investigazioni scoperta al- cuna particella di lega, laddove gli antichi non me trovavan nîs- suna. L’attual valore dello zecchino veneto essendo di lire rr. 82 il valore di ciascuno de’ 65 grani che pesa, è di centesimi 18 £. Ma siccome il fiorino antico di Firenze pesava una dramma ovvero tre denari fiorentini, uguali a 68 grani circa de’ nostri (2), il suo valore tornerebbe in moneta corrente a lire 12. 36 È. Ciò posto considerando questa egregia moneta che ne’ tempi di cui si discorre, rimase ferma a quel peso e a quella bontà come regola e campione, non sarà malagevole trovar il valore sia delle altre specie de’ fiorin d’oro, sia di tutte le monete di cui si può trovar la proporzione al fiorino. Per non riferire innanzi tempo quello che abbiam divisato di mettere in serbo pel quarto discorso staremo contenti a pochi esempi. (1) Conto di Nicolò Bersatoris castellano di Cavallermaggiore 1329-30. - Il fiorino di buon peso si cambiava per 46 soldi astesi*debili : tre denari astesi debili valeano due danari viennesi debili : tre soldi e 6 danari astesi debili yaleano un grosso tornese. (2) Bonneville. ‘Fraité des monnaies d’or et d’argent. 90. DELLA MONARCHIA DI SAVOIA. 209 La moneta a cui più spesso si misurava il fiorino d’oro era il grosso tornese d’argento, detto anche soldo tornese o soldo d’ar- gento , finchè valea 12 tornesi piccoli (1). Quelli che S. Ludovico e Filippo l’ardito fecero coniare, teneano ri danari e 12 grani di fino argento, e pesavano 3 danari e 7 grani e Re (2). Ma cominciò, come abbiam detto, Filippo il bello nel 1295 a peggiorar le mo- nete, avvisando con tal mezzo di ristorar Verario esausto pel suc- cesso di sue guerre infelici. E quel pessimo eonsiglio che sarà perpetua infamia al suo nome, fu seguitato da suoi successori , dimodochè colle altre monete anche i tornesi peggiorarono assai di lega e di peso, e ne andavano attorno di varie qualità. Nel 1293 otto grossi tornesi e 3/, valeano un fiorin d’oro. Onde ciascun. d’essi tornerebbe in moneta lire 1. 41. 7. Dopo il peggio- ramento n'andavano il più comunemente 12 al fiorino; e però cia- ILA c SUSE 3 scum d’essi non avea maggior valuta di lire 1. 03. &. Verso ib 1330 il fiorin di Firenze cominciò a valere 12 grossi tornesi ed un obolo, onde il grosso tornese era calato al valore di . . 6 . » . . n centesimi 98. ;;; ed il fiorino di buon peso, che ne valea soli 12, . . 5 s° tornerebbe in moneta corrente lire 11. 87. 3, che sarebbe all’in- circa il valore attuale dello zecchino veneto; laddove il fiorino di picciol peso, che era uguale ad 11 grossi tornesi e un obolo, non avreb- be oggi maggior valuta di lire 11. 37. d, Nè i grossi tornesi,* di cui abbiam parlato, furono i peggiori che si coniarono. Altri di vie (1) Il denaro tornese facea l’ufficio di soldo e di danaro ; di soldo. rispetto. ai tornesi piccioli sinchè durò a valerne 12; di danaro perchè moltiplicato per 12 e per 240 formava i soldi e le lire di grossi tornesi. Questa distinzione non avvertita trasse in errore alcuni monetografi. Avvertasi ancora che ne’ tempi, di cni parliamo , non s'usava la voce soldo al singolare, e per designar un soldo amavano meglio dir 12 danari ; e così fino a 24; ed allora diccano due soldi. Così ad esempio nel 1396 il fiorino di’ picciol peso era uguale ad un soldo di grossi tornesi; lo scudo d’oro ad. un soldo e mezzo di: grossi tornesi; tuttavia di- vean sempre cambiasi per 12 ; cambiasi per 18 danari dî grossi tornesi, (2) Le Blanc. Traité historique des monnaies de France p. 170. Tomo xxxvI. an 2I0 DELLE ENTRATE minor valuta si coniarono dopo la metà del secolo, i quali si chia- marono grossi tornesi di picciol peso di cui n’andavano 12 per un fiorino di picciol peso; dodici e un obolo per un fiorino di buon peso; tredici e un obolo per un fiorino di Lamagna; tredici e 3/; per un fiorino d’oro di Firenze; quattordici per un ducato. Dal che si vede aver errato chi disse essere stati d’ugual valore il fio- rino d’oro ed il ducato. L’obolo d'oro ragionato col fiorin di Firenze sul finir del secolo XIII apparisce essere del valore di lire 7. 06. #; ed il bisante d'oro paragonato colla stessa moneta sul principio del seguente, si scorge rispondere a lire 10. go. 7 (1). Indicando in che guisa le monete di cui si è parlato tornino nella nostra, e derivando le mie notizie dal corso del cambio , ho indicato una delle basi più certe onde argomentarne il valore. Non basta essa tuttavia a porgerne una idea esatta se non si vede qual fosse la quantità di grano che a que’ tempi altri potea con quelle monete procacciarsi, e quale con la siessa qualità e quantità di metallo si procaccierebbe al dì d'oggi. Ma di ciò si tratterà nel quarto discorso. Del rimanente , dal fiorino di Firenze in fuori, rarissime furono in ogni tempo le monete d’oro e d’argento che punto non isca- dessero dal fine, causandolo in parte la gran difficoltà di condurre (1) Conto della castellania del Borghetto degli anni 1289 c seg. Conto dell’ospizio del Conte di Savoia 1291 e seg. Conto della Castellania di Susa 1294 € seg. Conto della castellania della Rocchetta 1309 e seg. Conto della castellania di Ciamberì 1333 e seg. Conto della castellania di s. Maurizio 1342 e seg. Conto della castellania di Saxon 1377 e seg. . Conto delia castellania di Savigliano 1361 e seg. Conto dell’ospizio del Conte di Savoia 1374-77. Conto ‘del tesoriere generale dell’ospizio del Principe d’Acaia 1385 Conto della cancelleria di Savoia 1385-88. Conto d'Andrea di Grolée governatore di Nizza et totius terre provincie 1399-1402. DELLA MONARCHIA DI SAVOIA 2II il metallo a quella schiettezza che vien rappresentata nell’oro coll’ap- pellazione di 24 carati, nell’argento con quella di 12 danari, in parte ancora l’evidentissimo pericolo che sia involata e contraffatta, o fusa per lavori di orificeria. Pure, finchè ad una moneta non s’assegnava maggior valore di quello che meritassero il peso o la bontà sua, poco importava la lega od il peso, perocchè niun pregiudicio ne scendeva al po- polo a cui invece si facea frode allorchè si battean monete minori di finezza o di peso a quanto promettea la legge, da cui ricevean corso e valuta; cosa tentata in prima, credo, ascosamente dall’ava- rizia di qualche ladro monetiere, e che a grado a grado messe piede e fu pur troppo comune nelle zecche principali d'Europa ; dal che ne seguia che il popolo, per causa del peggioramento della moneta, ricevendo esempli grazia quattro in nome e tre in fatto, rendeva all’erario anche tre quando ne dovea quattro, onde quel furto si compensava; ma quando dovea procacciarsi da’ merca- tanti robe e vettovaglie, invece di quattro che prima costavano , dovea per la debiltà della moneta pagarle cinque; e quì era danno senza compenso. Ma per non uscir troppo dal disegno di questo scritto, riducen- domi a parlare dell’utile che la Camera del principe ritraeva dal batter moneta, dico, che il medesimo consistea parte nella tara, chiamata ne’ documenti antichi, rimedio, parte e precipuamente nel dritto di signoraggio. La difficoltà di condurre la proporzione della lega col fine così appuntino che rispondesse senza differenza alcuna a quello che la lesge ordinava; e l’altra difficoltà di tagliar i pezzi delle monete così giustamente, che ciascuno per se e tutti insieme tornassero del peso prescritto, appaiono, in que tempi in cui tutte le arti eran fanciulle, assai gravi. Onde fu stabilito di non tener conto d’alcune leggiere differenze che s'incontrassero nel saggiare e nel pesare le monete, sì veramente che la differenza non valicasse certi confini assegnati, i quali erano per l’ordinario di due o tre danari in peso IS DELLE ENTRATE di uno o di due grani in lega; nulladimeno alcuna volta s’impo- neva al maestro della zecca l’obbligo di ristorare di siffatta diffe- renza l’erario o il popolo supplendo colla maggior purezza e col maggior peso delle monete che seguitavano il difetto delle prime (1). Ma più comunemente questi rimedii erano un vantaggio che il priacipe cedeva al maestro delle sue monete, il quale oltre ‘a ciò era con tutti i suoi monetieri e fattori, e co’ mercatanti che re- cavano l'oro e l’argento in verghe, privilegiato d'intiera franchezza da ogni pedaggio o gabella, e tenuto per uno de’ buoni borghesi della terra del Conte. Nelle provvisioni della zecca si definiva ancora quale quantità di moneta fosse il maestro tenuto di rendere a chi portava le verghe del metallo, e così quanti danari ei potesse ritenere per suo ovrag- gio ; siccome pure qual somma fosse tenuto di contribuire alla Ca- mera del Conte per dritto di signoria sopra ogni marco di metallo monetato. XVIII. Non sarà discaro ch'io qui ricordi alcuni ordini finora ignoti de conti di Savoia in cui si può notare la varietà così dei rimedii e del dritto di signoria, come della lega, del peso e del suggello (2). Nel 1349 Amedeo VI concedette a Niccolò de Podio cittadino Valentinese la ragione di battere le seguenti monete a Ciamberì ed a Ponte d’Ains per due anni : 1.° Il danaro viennese di due danari e due grani d’argento fino per ciaseun marco di Ciamberì, e n’andavano 25 soldi per marco, vale a dire se ne dovean tagliare 25 gruppetti di 12 pezzi l'uno, e così in somma 300 pezzi il marco. Nel dritto doveano avere » (1) Item actum est quod si et quando facto computo per dictum magistrum aliquid debere populo reperiretur illud in moneta quam subsequenter ficiet reddere et emendare tenicatur et illam sequentem monetam de tanto teneater facere fortiorem vel iltud nobis solvere pyouf nostre fuerit voluntatis. (2) Zecca e monete. Mazzo 1.9 Arch. Camer. DELLA MONARCHIA DI SAVOIA. 213 l’aquila di due teste colla leggenda AMEDEvs comes; nel rovescio lo scudo dell’armi di Savoia, e la leggenda sasavpie. Venti soldi di questa moneta valevano un fiorin d’oro di buon peso. I rimedii erano di 2 grani di lega, di 3 danari di peso il marco. La signoria di due soldi e due danari il marco. 2.9 Il danaro forte di due danari ed un obole d’argento fino , n’andavano 15 soldi, cioè 180 pezzi il marco; ro soldi di questa moneta si cambiavano per un fiorin d’oro di buon peso. L'impronta era la medesima coll’impronta d’una piceiola rosa sopra lo scudo. I rimedii di due grani di lega, di due danari di peso: La signoria di tre soldi tre danari viennesi. Queste due monete eran nere; se- guita ora la bianca. 3.° I sestini; Di cinque danari con un obolo d’argento fino ; al taglio d’undici soldi, cioè di 132 pezzi il marco della medesima impronta , coll’aggiunta di quattro rose ai quattro canti dello scu- do; valeano sèi danari viennesi, tre forti; con 40 di questi danari dovea comprarsi un fiorino d’oro di buon peso. Irimedii erano di tre grani di lega, di due danari di peso. La signoria di sette soldi viennesi. 4:°I noveni; di nove danari d’argento finto al taglio d’otto soldi e di sei danari forti il marco; il che significa che 96 noveni coll’ag- giunta di sei danari forti agguagliavano il peso d’un marco. Un noveno ne valea 12 viennesi e 6 forti. L’impronta era nel dritto una corona formata d'un giglio in mezzo, e di due mezzi gigli dai lati; nel rovescio una eroce gigliata accantonata da quattro gigli, il tutto messo in mezzo di parecchi semigiri di squadra. Consentiasi il ri- medio di due grani di lega, e di due danati di peso. 5.01 duodeni; d’otto danari d’argento fino, del peso d'otto soldi il marco. Un duodeno ne valéa 12 viennesi. L’impronta era quella de’ sestini. Davansi 20 duodéeni per un fiotino di buon peso. Il ri- medio era di due grani di lega; di tre danari dî peso: H dritto di signoraggio di soldi 13 vieninesi i marco. D'un’altra specie di moneta chiamata Mavriziana fu con ordine 214 DELLE ENTRATE di quell’anno medesimo comandata la formazione. Erà di tre ma- niere: il danaro ; l’obolo, il grosso. 1.° Il danaro tenea 5 danari e un obolo d’argento fino. N’anda- vano 19 soldi, cioè 228 pezzi il marco. Mostravano nel dritto la cima d’un campanile surmontata dalla croce; col motto CHRISTIANA RELIGIO, €@ nelwrovescio una croce appuntata colla leggenda pvx cHapLasi. Il signoraggio era di sei danari mauriziani il marco. Sette soldi di questa moneta valeano il fiorin d’oro di buon peso; sei danari e un obolo ragguagliavano il grosso tornese d’argento. 2.° L’obolo era la metà del danaro della medesima lega, ed im- pronta. Il signoraggio di 12 oboli. 3.° Il grosso contenea 1o danari 21 grano d’argento fino. N’an- davano 7 soldi e 6 danari, vale a dire go pezzi il marco. Mostrava nel dritto, dentro al circolo mezzano, un cavaliere armato coll’ar- mi ed a somiglianza di S. Maurizio appoggiato in sulla spada; colla leggenda s. mavriTIvs; A. comes sa. Nel rovescio la croce come nella prima moneta, e la leggenda pvx cmasrasi. Questa moneta era quintupla del danaro, decupla dell’obolo mauriziano:. È probabile che il signoraggio, di cui l'ordine non fa memoria , fosse tassato colla medesima proporzione che nelle monete pre- cedenti. La moneta mauriziana era conosciuta più di cent'anni addietro e batteasi a S. Maurizio d'’Agauno che allora facea parte del Chiablese. Nel 1352, con lettere del 26 di marzo, il medesimo principe ordinò, credo per la prima volta, la fabbricazione di scudi e di fiorini d’oro dandone commissione a Bonacorso Borgo fiorentino , che dovea batterle a Ponte d’Ains. Gli scudi d’oro doveano esser simili nella lega, nel peso, e nel suggello a quelli del re di Francia, salvochè dove sta scritto: XPVS VINCIT SÌ dovea porre A. COMES SAB. Erano di 16 carati e n'andavano 54 il marco al marco di Troyes. Il signoraggio era di tre scudi il marco. Il rimedio l’ottavo d’un carato. Il fiorino d’oro. dovea esser simile in tutto a quel di Firenze, DELLA MONARCHIA DI SAVOIA. 515 salvochè in uno scudetto di Savoia da porsi vicino alla testa del precursore. Era di 23 carati e mezzo d’oro fino; n’andavano 69 e mezzo il marco al marco di Troyes; il signoraggio era di mezzo fiorino il marco ; il rimedio il medesimo che nello scudo. Furono nelle stesse lettere ordinate altre due monete Yuna nera, l’altra bianca, fatte a somiglianza dei Parisis di Francia. Nel 1569 si batterono altri fiorini d’oro, simili in tutto , dice l'ordine, ai fiorentini di 64 fiorini il marco al marco d’ott’onee. Il rimedio era d’un ottavo di carato di legge; non v'era tara circa il peso. Il signoraggio costava un quarto di fiorino il marco. Batteronsi ancora i grossi tornesi d’argento che teneano ott’once ed un quarto d’argento fine il marco (tanto scadeano da que’ di S. Ludovico ) di cui n’andavano 66 il marco al marco di Genova che era di 9 once; e di cui 15 faceano un fiorin d’oro. Consen- tiasi il rimedio d’un grano di lega; di mezzo grosso. di peso. Il signoraggio era di due soldi viennesi. Questi grossi tornesi mostra- vano l’armi ed il cimiero del Conte. Nel rovescio la medesima croce dell’armi sue in losanga, colle solite leggende. Il monetiere era Giovanni di Lugano, e dovea batterle a Pine- rolo, o altrove nella terra del Conte siccome gli venisse ordinato. Nel 1354 maestro Jacopino de Capitaneis di Pavia batteva in Susa il fiorimo di buon peso e quello di picciol peso. Il primo scadea dal fine un carato. Il secondo tre quarti d’un carato. Nel 1391 Ludovico Signore di Cossonay Luogotenente del Conie di Savoia diè facoltà a Giovanni di Bonacorso di coniar nella terra di Nyons lo scudo d’oro di Savoia. Dovea battersi d’eccellente schiet- tezza, cioè di 23 carati e 3/; di fine. N’andavano 61 per marco al marco di Troyes, co’ rimedii di 12 grani di peso dell’ottavo d’un carato di lega. Il maestro dovea rendere a’ mercatanti che porta- vano alla zecca l’oro di tal bontà 60 scudi 2/3 il marco. Dimodochè l’opera non era stimata che un terzo di scudo. Queste belle monete mostravano nel dritto lo scudo ed il ci- miero di Savoia, e intorno intorno ad ogni mezzo giro di squadra 216 i DELLE ENTRAPE la divisa del nedo colla leggenda Amp. D. 6. comes sas. Nel rove- scio la croce di S. Maurizio in mezzo a quattro semigiri di squadra colla leggenda DVX CHABLASIH ET AVGVSTE IN .YP. MARCHIO, Altri seudi d’oro. simili affatto ai preindicati si batterono in Avi. gliana per lettere del Conte date a Ivrea il 23 febbraio di quell’anno da Giovanetto de Reczeto di Monealieri. Il dritto di signoraggio co- stava 12 grossi d’argento, ib marco (1). Nel 1395 Giovanni Raffano, di Treffort batteva a Borgo in Bressa fiorini d'oro di buon peso e di picciol peso. I primi scadeano di un carato ed un quarto ; i secondi di tre quarti d’un carato. N’an- davano 6g e mezzo de’ primi il marco di Troyes, de’ secondi 8/4. T rimedii crano 12 grani di peso, l'ottavo d’un carato di lega. Il signoraggio era di ro danari grossi il marco pe’ fiorini di buon peso; di G danari ed un obolo di grossi tornesi rispetto agli altri. It fiorino di buon peso, era della valuta di 14 grossi e um quarto; quello di picciol peso di 12. L'impronta di questi fiorini nom era più quella de’ fiorentini, vergognandosi, credo, il giusto principe di contrassegnare col me- desimo suggello una moneta tanto scadente dalla bontà della mo- neta toscana. Il fiorino di buon peso mostrava nel dritto il busto di S. Maurizio, colla leggenda s. mAvativs AGAYn. Nel rovescio lo scudo dell’arme. di Savoia e la leggenda AmED. com. sAB. Dux | CHABLASII EB AVG H. fiorino di picciol peso avea nel dritto un S, Maurizio. a cavallo, Nel rovescio lo scudo ed il cimiero di Sa- voia colle medesime. leggende. Il rimedio. d’ambedue. le monete era di. 12 grani di peso, e d'un ottavo. di. carato. di lega per ciascun marco. Batteansi altresì in quella zecca gpossi tornesi di. 10 danari d’ar- gento del Conte di fino ; del peso: di 7 soldi e 4 danari il marco; col rimedio di tre grani di lega, d'un danaro di peso. L’impronta (1) V. il documento num. XI. DELLA MONARCHIA DI SAVOIA 217 era da l'una parte un S. Maurizio colla tunica lunga e colla spada in mano, dall'altra lo scudo di Savoia colle solite leggende. Co- minciò in tal guisa Amedeo VIII a significare colla moltiplicata imagine di S. Maurizio nelle impronte delle monete, quella spe- cial divozione al Santo Martire , che lo indusse più di trent'anni dopo a chiamar dal suo nome ed a riporre sotto la special sua protezione una novella compagnia di cavalieri che anche al dì d’oggi sì mantiene e fiorisce. Fiorini di picciol peso e di legge men sincera che i precedenti coniaronsi nel 1399 da Antonio Mulet che fu nominato in febbraio di quell’anno maestro delle monete in tutti i luoghi al di là dai monti. La finezza de medesimi giungeva a 22 carati e n ottavi ; riponendosene 89 per ogni marco di Troyes. Il rimedio era come negli altri di cui si è fatta pur ora memoria. Nel dritto di questi fiorini vedevasi effigiato l'angelo Gabriello che sostenea lo scudo di Savoia , colla leggenda AnceLvs GABRIEL. Nel rovescio il mede- simo scudo col cimiero, e colla solita leggenda. Il signoraggio era d’otto denari grossi ed un quarto, di cui 12 si cambiavano per un fiorino; i quali grossi erano al taglio di 7 soldi e 4 danari il mar- co, € di 10 danari d’argento del Conte, di fino. Nell'anno medesimo battea fiorini d’oro di qua dai monti Matteo Bonacorso figlinolo di quel Bonacorso di cui si è parlato di sopra. Erano dell’istessa legge e del medesimo peso che quelli di cui ab- biam discorso testè ; simile pur era il rimedio; uguale il signorag- gio; ma differivano nell’impronta; imperocchè da l’una parte aveano il precursore, dall'altra lo scudo di Savoia col cimiero , accompa- gnato da due nodi. Ma raccogliendo ormai le sparse fila di questo discorso, e ridu- cendomi al segno da cui mi son dipartito, dico potersi, da quanto s'è detto finora, osservare che il dritto di signoraggio era molto vario secondo i tempi e secondo la qualità de’ metalli e delle mo- nete; maggiore tuttavia d’assai nelle monete di due metalli, che in quelle d’oro e d’argento; perocchè nelle prime correva tra il nove Tomo xxxvt. 28 218 DELLE ENTRATE | e il 12 per cento ; in quelle d’oro o si parla di scudi ed in essi ascendeva a poco meno del 6 per cento; o di fiorini, e massime di quelli di miglior lega, e stava nella proporzione di 1 a 139, ed altre volte in quella di 1 a 256 per marco; ne’ grossi tornesi di cui si è data notizia non arriva all'uno e mezzo per cento. Infine si sarà osservato siccome nelle notizie da noi recate si parla del marco di Ciamberì e dell’argento del Conte. Il marco di Ciamberì era d’ott’once, metà della libbra di marco, uguale a kilogr. o. 4895. Della qualità d’argento, che si volesse significare colla indicazione d’argento del Conte non ho trovata memoria. XIX. Assai anticamente furono i principi di Savoia solleciti in- torno alla coltivazione delle miniere delle quali il paese montuoso che abitavano avea nome d’abbondare. | Fin dal 1279 un certo Alvernino era adoperato ad una miniera d’oro trovata a Champorchier prezzo Bard, e sette anni dopo un Azzo di Firenze fu mandato con altri minatori ad esaminarla (1). Alcune miniere d’argento e di ferro coltivavansi appresso alla Perosa, ma erano di piccolo rilievo. Dell’argento affinato n’andava al tesoro la quarantesima parte (2). Nel 1299 varii minatori fiorentini andavano in traccia di miniere in Val di Susa, e l’anno appresso ne facean ricerca pel monte del Gatto sul lago del Borghetto, in Savoia (3). In luglio del 1323 Gonraldo Charbonier di Friborgo avviavasi co’ suoi compagni verso la Moriana affine di dar opera alla esca- vazione d’una miniera che vi si era scoperta. Non ho trovato ri- scontri sul luogo e sulla qualità (4). (1) In stipendiis capellani Campiporcherii custodientis aurum quando dictus Alverninus lavabat terras per tres dies 11 solid. Conto d’Ugo de Mascot castellano di Bard 1279-$0. (2) Conto della castellania della Perosa 1291-1313. (3) Conto d'Andrea Giordano ricevitore del pedaggio di Susa 1299-1300. (4) Conto della castellania di Mommegliano. : DELLA MONARCHIA DI SAVOIA 219 Vent'anni dopo vera fra gli uffiziali del Conte un maestro Pietro ricercatore ed esaminatore delle miniere d’argento. Ho trovato memoria di miniere di ferro coltivate nella castellania di Castellargento (1); ed in altri luoghi di Val d'Aosta, in Val di Susa, in. Val Gioia (2), e nella Castellania di Balangero (3), e fo ragione. che anche nelle valli. di Lanzo se ne scavasse qualcuna . perchè nel 1385 il conte di Savoia concedette agli uomini di Lanzo la facoltà di vendere a chi loro paresse l'acciaio ivi lavorato (4). Ma già prima del 1300 s'era scoperta e coltivavasi nella valle di Lanzo, appresso. alla terra di Groscavallo, una miniera d’argento, ed un’altra se ne trovò in quegli anni nella prossima valle d'Ala nel luogo denominato Pertus. Ricoglieasi pel. Conte l’undecima parte dell’argento affinato nella miniera, di Groscavallo , la decima in quella d’Ala, oltre ad un marco d’argento annuale. Ma queste miniere fruttificavano assai poco, ed il profitto più rilevato che abbiano prodotto alla Camera fu, per quel che ho veduto, di 14 marchi e 3 once d’argento nel 1329, e di 18 mar- chi 3 once nel 1343 (5). Poco tempo prima, nel 1329, Veristo Cagna avea presa a col- tivare nella vicina valle di Viù, appresso a Lemie, una miniera di rame; e perchè i Visconti di Baratonia, antichi feudatarii della chiesa di Torino in Usseglio ed in Lemie, erano investiti di quelle miniere, d'ogni 40 libbre di rame ne toglieano una, e di quella ne davano un terzo al Conte. La parte di questo nel ritratto della miniera fu nel 1329 d'ottantatre libbre di rame, onde si vede —_a (x) Pro firma fusine et mine ferri Castri argenti LXVI sol. vienn, esper. Conto di Pietro Mareschal balio d’Aosta e di Castellargento 1318-19. (2) Conti delle castellanie di Susa e d’Avigliana già citati. (3) De exitu minerie ferri extracte in monte berengeri et levantur pro qualibet somata wine que extrahitur tres denar. monete cursibilis. VI solid. Conto di Leonardo Barralis castellano di Balangero 1369-1370. (4) Conto della cancelleria di Savoia. _ (5) Conti della castellania di Lanzo nel 1307 e negli anni seguenti. 220 DELLE ENTRATE l’escavazione della medesima aver dato in quell'anno 10239 libbre di rame (1). Una miniera di rame argentifero era coltivata nella castellania d'Acquabella da una compagnia di minatori a cui il conte Aimone avea concesso nel 1338 non pochi privilegi (2). Qui pure contri- buivasi al principe la decima parte del rame e dell’argento affi- nato, e la compagnia era inoltre tenuta a vendergli tutto l’argento pel prezzo di 7 lire e 5 soldi forti il marco. Al qual prezzo si detraevano ancora 4 danari di buoni grossi tornesi. Levavasi ezian- dio pel pesaggio d’ogni quintale di rame un danaio forte, ed al- ireitanto pel bollo. La parte del Conte dal novembre 1338 al marzo 1340 fu di cento sessantasette quintali, un quarterone, e tredici libbre di rame. Dal marzo 1341 al febbraio 1342 fu di 159 quintali e 4 libbre ; e due anni dopo si trova un ricordo della facoltà conceduta dal Conte a qualsivoglia persona di scavar miniere nel resto del di- stretto della castellania suddetta purchè ne rendesse la decima parte alla camera sua (3). i Di miniere di ferro coltivate ne’ monti di Gresivodano trovo me- moria all'anno 1381. Il Conte n’avea la decima parte, che in due anni e 36 dì sommò a 117 duodene, forse così chiamate perchè sì componessero di 12 cariche. Una duodena poi di minerale vendeasi 7 grossi tornesi di cui 12 agguagliavano il fiorino d’oro di buon peso (4). (1) Conto di Ribaldo di Rivalta castellano di Lanzo 1328-29. (2) Per lettere date ad Acquabella il 29 d’ottobre 1348. (3) Conto di Francesco Pelestorti ricevitore delle miniere d’Acquabella 1338-40-41-42. Conto di Bernardo de Murbello domicello luogotenente del castellano d’ Acquabella ; del frutto delle miniere di rame e d’argento 1343-44. dicit castellanus quod dominus concessit quod quicumque voluerit ertrahat minam ‘alibi infra dictam castellaniam Aquebelle ei faciat cuprum solvendo domino decimam partem : de quo nichil obvenit quod nulle alie persone fecerunt cuprum alibi . . . dominus percipit partem suam non in pecunia sed in cupro et argento. (4) Conto di Guglielmo e Pietro Guersi receptorum antinagiorum minarum ferrearum et jurium spectantium domino in minis fodendis in montibus territori domini Grisivoudani. ni DELLA MONARCHIA DI SAVOIA. DI Parmi sia questo il luogo di soggiungere che un picciol tributo riscoteva il castellano di Rivarossa in nome del principe d’Acaia nel 1331 dai ricoglitori d’oro nelle acque del torrente Amalone (1). XX. Nel primo di questi discorsi si è già veduto quanta somi- glianza avessero cogli schiavi gli uomini tagliabili e massime i tal- liabili a misericordia, i quali travagliati da infinite angherie, incapaci d'ogni ufficio civile traduceano ‘assai miseramente la vita e per ul- timo termine d’avvilimento non aveano facoltà di testare. Ben è vero che quando aveano figlinoli maschi questi succedeano nell’usu- frutto de’ beni già fruiti dal padre, e dissi usufrutto, perchè già s'hanno sufficienti chiarezze per conoscere che non aveano vera proprietà. Ma venendo meno la prole maschia il fisco subentrava ad occuparne l'eredità. Poi quando per pregio o per pietà o per rimunerazione cominciarono ad esser frequenti le restituzioni di tali servi alla libertà, quando intere ville e vicinarize furono privile- giate della franchezza, allora si strinsero eziandio i confini di tale dritto fiscale e si consentì che i parenti infino al terzo od al quarto grado potessero succedere ab intestato, e che ilgpadrone avesse balia di disporre per testamento ed ordinare come meglio gli pa- resse delle cose sue. La qual consuetudine era varia secondo i varii accordi in origine stipulati o dai particolari nomini o dalle comu- nità. Poichè si severa ragione usavasi co’ nazionali, non fa mara- viglia che gli stessi rigori venissero adoperati cogli stranieri, i quali morendo nella terra del Conte non aveano altro erede che il fisco. Ma siffatta barbarie, di cui non è spenta neppure al dì d’ oggi ogni reliquia, ricevea talora negli accordi municipali qualche dimi- nuzione. Ora passiamo a toccare di alcuno di tali accordi. * Nella mistralia di Chambuerc , per accordo fatto o rinnovato nel 1209, se un forestiero moriva, la sua successione apparteneva (2) De XII solid. r. de hominibus ganantibus aurum in riperia Amalonis. Conto di Fi- lippono Provana castellano di Rivarossa 1331-32. - 222 DELLE RENDITE Conte, solamente quando»veirnomPavesse donata ad alcuno 0 fattane elemosina (1). Nella terra di Chatelard en Bauges si era ordinato per carta di franchezza data nel 1301, che, se un borghese moriva senza testa- mento e senza figliuoli, ogni suo avere si depositasse ‘appresso a due probi uomini secondo il consiglio degli altri probi uomini, e fosse custodito. un ‘anno e un dì; e in capo a tal termine, non presentandosi. a domandarlo nissun erede legittimo fino al quarto grado inclusivamente, si desse in elemosina, e l’avanzo appartenesse al Conte. E che la medesima cosa s’osservasse alla morte d’un mer- catante forestiere , d’un viaggiatore, o d’un pellegrino (2). La carta di libertà di S. Branchier rinnovata nel.1322 dichiara che i beni di chi morrà in quella terra senza testamento, od atto îra vivi, e senza figliuoli o parenti agnati o cognati fino al quarto grado inclusivamente apparterranno al Conte, riservato , secondo l'antica consuetudine, l’usufrutto al coniuge superstite se vi sarà (3). Nella valle di Savarenches il dritto di succedere ne parenti, affi- ni, o consanguinei si stendeva: fino al. quinto grado inclusivamente. La franchezza dei borghesi di $. Lorenzo del Ponte diceva in questo tenore «se un borghese morrà con testamento , il suo te- stamento si osservi; se senza gli succedano i più attenenti. Se non saranno conosciuti. sieno aspettati un anno e un dì, e non com- parendo si faccia della eredità sua quello che consiglierà la giu- stizia; e se un mercatante , viaggiatore o pellegrino morrà, abbia luogo la medesima. cosa » (4). Nel Biellese, poichè si fu recato volontariamente alla divozione de’ conti di Savoia, le usanze che s’osservavano in questo proposito erano men larghe di quelle che siam venuti testè discorrendo ; (1) V. il documento num. XII. (2) Carta già citata. (3) Caria già citata. (4) Carta già citata. DELLA MONARCHIA DI SAVOIA. 223 perchè tali o forse peggiori erano stati i termini della sua sogge- zione ai vescovi di Vercelli da cui prima era quel tratto di paese signoreggiato. Infatti ai distrettuali che morivano senza testamento succedeva il fisco; a quelli che aveano foco in Biella. o nel terri- torio non succedeva salvochè ne’ beni immobili che possedessero fuori del territorio. Delle cose e de’ beni posseduti fuori del ter- ritorio sui quali il Conte pigliava l'investitura non si potea testare degli altri poteasi, ma se il Conte.non era nominato erede della terza parte, il testamento cadeva’, e tutto veniva. occupato dal fisco. iovei i Eccettuavasi il caso in cui il testatore ‘avesse lasciato figlinoli ma- schi; eccettuavasi ancora il caso in cui sopravivessero figliuole non maritate, le quali succedeano al padre e trasmetteano l’eredità a’ loro figliuoli legittimi ; ma morendo esse prima del matrimonio il fisco n’occupava l'eredità; e l’occupava.eziandio .ove morissero. ma- ritate ma senza prole, salvochè il marito avesse ottenuto .l’investi- tura de’ beni della moglie (1). Prossimo per l’indole sua al dritto fiscale che abbiamo testè de- scritto, era l’altro per cui apparteneano al signore tutte le cose trovate , dritto che dai francesi è chiamato droit d’épave. Ch’esso fosse in pien vigore ne’ dominii del Conte si prova con molti ricordi di cose trovate e consegnate ai castellani delle quali questi rispondeano ne’ loro conti, nè solo di denari ma d’arnesi rustici e caserecci, d’agnelli, di pecore e fino di sciami d’api (2); e si prova eziandio colle memorie di multe imposte a chi non con- segnava alla curia le cose trovate, del che addurrò due soli esem- pli dell’anno 1281. Il primo parla di 20 soldi di multa pagati da (1) Conto degli eredi di Bartolomeo Scalia chiavaro di Biella 1379. (2) Id. reddit computum de dimidia marca argenti r. de quadam ‘moneta inventa apud Evionam. Conto della castellania di Chillon 1260-61. r. Pro precio unius examinis apum inventi et pro tanto yenditi. XII denar. gebenn. Conto della castellania di Sallanches 1379-80. 24 i DELLE ENTRATE un Tacchino perchè trovò certi danari nella pubblica strada e li nascose (1); l’altro ricorda varii sergenti spediti dal castellano di Susa in traccia d’un certo Perotino' chie ‘era in voce «di aver rin- venuto dell'oro (2). XXI. Un annuo frutto ritraeva eziandio la Camera del Conte dalle salvaguardie per cui si prometteva aiuto e protezione ne’ loro traffichi e negozi; e talora qualche franchezza od a privati. mer- catanti ovvero ad intere ville e castella degli stati vicini, che mag- gior corrispondenza aveano d'interessi e di commercio co’ dominii della monarchia di Savoia; ovvero s’assicuravano di special di- fesa e protezione anche i sudditi che erano in condizione di mag- giormente abbisognarne. In riconoscimento di tal protezione : con- tribuivano cotestoro un’annua prestazione di grano, o di pepe; 0 di gengevero, o di cera, o di ferri di cavallo, 0 d'oboli d’oro, di fiorini d’oro o d’altra moneta (3). Fin dal 1257 il castellano di Chillon ricoglieva ‘molte ‘libbre di pepe pel salvocondotto e guidagio de’ mercatanti ‘che andavano ‘alla fiera di Sion la quale si teneva nelle feste dell'Assunta (4). La villa di Lemie in val di Viù recò nel 1268. cento ferri di cavallo al castellano d’Avigliana per la guardia: antica (5); e gli «nomini dell’amena valle d’Usseglio pagavano al castellano di Susa una libbra di pepe per la guardia delle loro alpi (6). | (1) Conto della castellania d’Avigliana. (2) In expensis quorumdam clientum persequentium Peroninum qui dicebatur aurum in- venisse. Conto della castellania di Susa. (3) Conto di Stefano Provana castellano di Rivoli. (4) It. reddit computum de XXXI lib. piperis r. de mercatoribus euntibus ad nundinas sedunenses in assumptione b. Marie de guidagio hoc anno quorum quilibet de Lausanna de ultra Iurim de Gebenn. ab aqua arve inferius dat unam libram pro guidagio deducta una quam janitor de Chillon percipit de antiqua consuetudine in eis et alia data pro collectura. Conto d’Ugo di Grandmont castellano di Chillon 1266. (5) De centum ferris cum clavellis r. ab hominibus ville limiarum, pro SARE garda. Conto della castellania d’Avigliana 1267-68. {G) r. ab universitate hominum de Ucel pro garda alpis de Ucel unam. libram piperis. Conto della castellania di Susa di Martino Giordani 1319-20. DELLA: MONARCHIA DI SAVOIA. 225 In novembre del 1314 Amedeo V rinnovò la salvaguardia già concessa, da Tommaso suo avo, morto nel 1232, agli uomini di Nevache nella valle di Brianzone ricevendoli nella sua protezione e difesa in tempo di pace e di guerra, e dando loro balia d’estrarre vettovaglie dal suo stato. per l’uso loro solamente. Per tal salva- guardia pagavano un fiorino d’oro annuale al castellano di Susa (1). Il conte Odoardo ricevette in settembre del 1324 tutte e singole le persone d’ambi i sessi della villa di Longnaz nella sua guardia, protezione e guidaggio dichiarandole franche d’ogni lelda ne’ mer- cati e nelle fiere della citià di Belley siccome lo erano state per l’addietro ; pe quali privilegi doveano contribuire ogni anno al ca- stellano di Rossiglione dieci sestieri d’avena (2). Siffatte salvaguardie, e massime le generali, eccitavano la gelosia e il sospetto de’ naturali signori, degli uomini a’ quali erano .con- cedute , parendo loro, com'era infatti, uno scemamento della pro- pria autorità, quasichè non avessero avuto potenza bastevole a procacciar loro nel dominio confinante la sicurtà de’ cammini 0 a vendicarne le ingiurie; onde più volte furono tali concessioni causa di non leggieri disgusti e differenze. Ma via più pregiudicievoli riu- scivano le medesime .a coloro che teneano entro ai domini stessi del Conte feudi rivestiti d’ampia giurisdizione; perocchè i loro vas- salli ottenuta che avessero la salvaguardia del Conte pigliavan bal- danza di dispregiare i loro-comandamenti; ed essi pel timore di offender quel principe e di dargli occasione di muover contese , dalle quali non uscian mai netti, procedeano assai rimessamente e con molto riguardo nel castigarli. Così pare intervenisse all’insigne monastero della Novalesa, per- ciocchè in un accordo fatto da Amedeo V col priore del mede- simo, in febbraio del 1314, quel principe consentì a rivocare ogni guardia, ogni borghesia ed ogni custodia in cui egli e gli ufficiali (1) Protocolli del notaio Reinaudi. (2) Protocolli del notaio Reinaudi. Arch. Cam. Tomo xxxvI. 20 226 DELLE ENTRATE di lui avessero ricevuto ne’ due ultimi anni gli uomini del mona- ‘stero (1). i Di salvaguardie concedute ai privati riferiremo due nobili esempi. L'uno dei fratelli Pietro e Giordano de Sade, Avignonesi, nome che move ogni gentil cuore, perchè ricorda la bella francese eterna ne’ versi del Petrarca, i cui begli occhi chiusi rimangono ancora, come profetando cantava il suo amante, pieni di faville. Laura fu forse loro congiunta. Essi vennero, da Amedeo V in dicembre del 1322, ammessi nella sua salvaguardia, guida e condotta per tutta la sua terra, giurisdizione e baronia con larga facoltà di trafficarvi nonostante qualsivoglia guerra, cambio o rappresaglia; perlocchè contribuivano al castellano d’Avigliana, al S. Michele d'ogni anno, una libbra di pepe (2). L'altro esempio è d'una salvaguardia conceduta da Odoardo in novembre dell’anno seguente a tre giudei chiamati Vuiant de Vesos, Carasson de Biauna e maestro Agin ; ai quali quel principe promise di non farli contribuire nella taglia degli altri giudei, nè in nissuna servitù; di lasciarli posare e trafficare in qualunque parte de’ suoi dominii a loro piacimento; d’aiutarli a riscuotere i loro crediti; e di farli fruire tutti i privilegi, largiti e da largirsi agli altri giudei e specialmente di quelli conceduti dalla buona memoria di monsi- gnor Amedeo suo padre. Per questa salvaguardia, la durazione della quale era ristretta ad ott'anni, pagavano i tre giudei suddetti otto fiorini d’oro di Firenze al S. Giovanbattista d’ogni anno (3). -_ (1) Item convenimus ut supra quod nos dictus comes omnem gardam omnem borgesiam et omnem custodiam in qua nos vel familiares nostri recepimus a duobus annis citra ho- mines eiusdem monasterii *seu prioratus cassamus remittimus cet anullamus etc. et quod ab inde in antea nos vel successores per nos vel per alium homines ipsius monasterii presentes vel futuros in gardam custodiam protectionem borgesiam habitacionem vel aliam quameumque speciem custodie et subgectionis recipere non possimus dum tenebunt feudum seu possessio- nes dicti monasterii. Protocolli del not. Reinaudi. (2) V. il documento n. XIII. (3) V. il documento num. III. DELLA MONARCHIA DI SAVOIA. 227 XXII. Le storie rendono testimonianza che ne’ secoli più barbari i vescovi , gli abbati e gli altri grandi cherici che sempre accop- piavano alla spiritual dignità autoritade e signoria temporale , so- leano essi medesimi coll’arme alla mano mantenerne i dritti contra chi avesse pigliato a contrastarli. Ma rifiorendo poscia coll’aiuto di Dio e per la predicazione d’uomini di santa vita la discipliaa ec- clesiastica , siffatto uso disdicevole alla qualità di ministro di Dio s'era inframmessa , e la cura di difenderli attribuita ai più potenti principi e baroni col titolo d’avvocati o di custodi; i quali, in pre- mio di tal protezione o erano messi a parte della signoria, o ve- nivano investiti di alcune ragioni utili insieme ed onorevoli. Questo nobile ufficio fu dai principi di Savoia largamente esercitato, nè fu disutile alla loro grandezza. Quindi aveano essi la guardia de’ be- nefizi vacanti, e parte nella elezione de’ vescovi, alcuni. dei quali contribuivano una determinata somma alla camera del Conte a titolo di regalia per la morte del loro predecessore (1); che i conti di Savoia partecipassero alla elezione de’ vescovi lo raccolgo da due ricordi, l’uno de’ quali accenna, che il Conte s’era recato a Gi- nevra per l'elezione del vescovo; l’altro dice che il vescovo d'Aosta pagò lire otto di grossi tornesi a Giovanni Bonnivardi tesoriere del Conte nel 1327 per accordo fatto circa alla confermazione del suo vescovato (2). La città di Belley, capitale della provincia di Bugey , che fin dal primo secolo della Monarchia di Savoia avea fatto parte de’ suoi dominii, era signoreggiata dal vescovo. Ma il Conte vi teneva un governatore col titolo di guardiano. In tale ufficio sedeva nel 1310 Pietro Albi di S. Genisio, il (1) Nel conto dell’ospizio di Savoia d’Andreveto di Mommegliano, dopo di aver notato una somma riscossa da un vescovo, Andreveto soggiugne: dominus episcopus ipsas debebat domino comiti pro regalia quam debebat ratione mortis predecessoris sui. Pare che fosse una specie di placito della morte. Il conto è del 1315. (2) r.a domino episcopo augustense pro quadam composicione facta cum domino super confirmacione episcopatus sui per manum domini Rodulphi prioris s. Bernardi 1327-29. 228 DELLE ENTRATE quale avea facoltà di levare per dritto di guardia da ogni maschio maggiore d’anni quattordici la somma annuale ‘di 14 danari vien- nesi della moneta che correva nel 1279 (1). XXIII. Costume ho fin dal principio chiamato certi dritti biz- zari che sopra l’antica consuetudine meglio che sopra accordi ap- pariscon fondati. i A Ciamberì la famiglia de’ Zriveriis era obbligata a fornire il Conte d'un somiere del valore di 30 soldi forti quando andava cum armis (2) in Lombardia; a Susa Iacopo Morelli era tenuto ad accomodar il suo sovrano d’un letto ben fornito quando passava in quella città (3). Oltre a questi esempi ne riferirò ancora di due sorta; l'uno ri- guardante le spose, il quale forse era succeduto ad un dritto assai più antico e vergognoso. L'altro concernente la caccia degli ani- mali selvaggi. Ogni sposa che fosse passata sul ponte di Cluses , nel Fossignì, dovea pagare vita naturale durante quattro danari o quattro pani del valore d'un danaro l’uno. Oltre a ciò levavansi 12 danari pel passaggio del suo corredo. Similmente ogni sposa che passasse il pedaggio di Clées dovea pagare 12 grossi tornesi vecchi, e così un po’ più che la tassa d'una balla di panni francesi (4). Meglio poi, a significazione d’onore che ad utile, doveva attribuirsi il dritto che aveano i conti di Savoia sulla caccia degli orsi, dei cinghiali, delle camnozze , de’ daini, degli stambecchi; e fino de’ fal- coni e degli astori. D'ogni orso preso nelle valli di Lanzo, allora coperte di folte selve, era dovuto al Conte mezzo quartiere a Usseglio, sei coste a Coassolo, quattordici coste nel rimanente della Castellania (5). (1) Conto di Pietro Albi garderii civitatis belliciù 1310. (2) Conto della castellania di Ciamberì di Girino di s. Saforino 1336-37. (3) Conto della castellania di Susa 1371-72. Arch. Cam. (4) Conto già citato del pedaggio di Clées. (5) Conto già citato di Merminodo Ruffo. DELLA MONARCHIA DI SAVOIA 224) Nel distretto di Balon d’ogni orso o d'altra fiera uccisa levava il Conte le quattro zampe e le interiora; eccettuati i cinghiali di cui pigliava le zampe ed il capo, ch’ei dividea poscia coll’abate di Cheysiri (1). Nella castellania di Vinadio la sola caccia degli orsi era soggetta a tal dritto. Il Conte ne pigliava il capo (2). Nella castellania di S. Martino, dominio del principe d’Acaia, d'ogni ca- mozza presa n’andava al signore un quartiere ; d’ogni nidiata di astori un astore (3). Non so per quai cagione sia rincresciuto a qualche terra l’eser- cizio di tale prerogativa. Il vero è, che ne’ patti deditizii del co- mune di S. Paolo, che nel 1385 si recò volontario alla divozione del conte di Savoia e del principe d’Acaia, viene dichiarato espres- samente, che i signori non potranno pretendere alcuna porzione degli animali selvatici che s'uccideranno , come orsi, cinghiali, ca- priole, camozze , ed altri tali (4). XXIV. In ultimo luogo ci rimane a parlar de’ sussidi, i quali, co- me il nome stesso c'insegna, non erano dal Conte imposti ma do- mandati, e dai nobili, dai prelati e dai comuni, separatamente e privatamente conceduti colla solita clausola in quanto ai sussidi stra- ordinarii, che la concessione si facea de gratia speciali; parole che non significavano altro fuorchè esser quello un dono che non po- teva trarsi a conseguenza (5). Imperocchè gran divario, correva (1) Conto di Percivalle di Chissy castellano d’Aye Cluse e Ballon 1343-44. (2) Conto già citato. (3) De uno ancipitre r. de Guigone Chabrando pro una piata ancipitrum quam cepit idem Guigo apud vallem s. Martini super jurisdictione propria domini. Conto della chiavaria di val s. Martino. In valle Suarenchie dominus percipit in omnibus feris que ibidem capiuntur a sepiem annis inferius quarterium a septem annis supra capit cornua sine quarterio. Conto del ba- liato d'Aosta 1318-19. (4) Ha la data del 1.° d’aprile vigilia di Pasqua del 1385, e la dedizione fu fatta a Ri- paglia da Lombardo Berardi e Guglielmo Seugnoreti nelle mani d’Ibleto sig. di Chalant capitano gen. del Piemonte. Arch. Camer. (5) V. li documenti num. XIV. e XV. 230 DELLE ENTRATE allora per questo rispetto fra i tributi diretti e gl’indiretti; e dove quest'ultimi veniano a piacimento del Sovrano cresciuti. od abbas- sati, ed anche talora s’introducean di nuovo, i primi rimaneano a quella misura a cui la consuetudine o gli accordi si avean posti, e quando senza il consentimento di chi dovea pagarli si fossero vo- luti alterare prendean nomi d’accatti e di maletolte , ed era tenuta opera non degna di principe buono. Verò è, che in alcuni baliati essendosi introdotto ab antico l’uso d’imporre annualmente un tributo in danaro se ne continuava poi sempre di cheto la riscossione, ma il nome stesso di compianto , con cui veniva chiamato, dinota abbastanza quanto rincrescesse ai popoli (1). Ma anche i tributi diretti, come a dir le gabelle, non potean variarsi o nuovamente introdursi se non da chi tenesse la-vera su- prema podestà. Onde ne’ tempi più antichi, quand'era più. florida in queste parti la maestà del romano impero, non altri che l’im- peradore concedea facoltà d’ordinar .tali gravezze, ed ancora nel 1291 Rodolfo re de’ Romani concedette al conte del Genevese la facoltà di stabilire una nuova gravezza sopra il grano e sopra altre derrate che si estraevano dalla contea imponendogli l'obbligazione di salvar da ogni offesa e danno i mercatanti (2). Ma sarà sempre un mirabile argomento dell’alta origine ‘e dell’an- tica grandezza de’ sovrani di Savoia il veder siccome essi, non per concessioni imperiali, ma per autorità propria fin dai primi tempi della loro dominazione , esercitarono il dritto regale della zecca e (1) De XXV libr. r. de burgensibus Montismeliani de complanta domini facta hoc anno. De C libr. r. de capitulo Bellicensi pro eodem De VI XVIII lib. r. de burgensibus Chamberiaci de summa septemviginti decem librar. pro eod. Conto della castellania di Mommegliano 1264. De XL libr. r. de hominibus castellanie Bardi pro complaynta quam eis fecit dominus comes hoc anno. Conto della castellania di Bard 1287-88. (2) Répertoire des titres appartenans aux Comtes de Genève. Arch. Cam. DELLA MONARCHIA DI SAVOIA. 231 quello d'imporre tributi. E nel 1359, quando Amedeo VI si fu risoluto di romper guerra a Iacopo principe d’Acaia e signor del Piemonte, suo cugino, fra le altre gravissime querele che move nella lettera con cui gli dichiarò le sue intenzioni, si lagna che il principe abbia osato riscuotere da’ suoi sudditi una nuova tolta , ossia gabella, in un paese di cui non ha che l'utile dominio, mentre nel Conte solo risiede la vera sovranità (1). Ma tornando ai sussidi, dico , che, quando il Conte n’abbiso- gnava , ne facea la domanda per mezzo de’ suoi balii consiglieri e castellani che si recavano nelle varie parti del suo dominio e ne trattavano co’prelati, co’ nobili e coprobi uomini delle terre franche e delle villate, o vicinanze, delle quali il Conte era signore di- retto. Dove è da avvertire, che per l’ordinario i religiosi ed i nobili non pagavano pe fochi propri il sussidio quando aveano vassalli per cui pagavano. Accordate le condizioni del sussidio , il Conte pub- blicava un ordine con cui le notificava a’ suoi ufficiali, affinchè nel levarlo vi si conformassero. Queste e non altre erano le osservanze che si seguitavano allora nell’occasione del consentirsi il sussidio, e consentiasi, come si è detto, privatamente; separatamente senza so- lennità d’adunanze (2); infatti, poichè il conte Aimone fu nel 1329 pervenuto alla corona trovando l’erario vuoto, molte: delle entrate impegnate, la sua Camera aggravata da debiti; e volendo perciò chiedere un sussidio che durasse cinque anni convocò in prima tutto il consiglio suo a Ciamberì pel dì sei di gennaio 1331. Fu deliberato nella consulta di domandare due danari per lira di tutte le cose comprate e vendute, e per un tal fine deputaronsi Pietro di Sallion balio del Chiablese , Guglielmo d’Arbignon, Rodolfo di Blonay, labate di S. Maurizio ed altri consiglieri del Conte, balii o castellani i quali recaronsi in diverse parti de’ suoi dominii, ne (1) Arch. Cam. (2) V.i documenti num. XIV. e XV. 232 . DELLE ENTRATE trattarono , e ne ottennero. la concessione. Ma trascorso appena un anno si vide che quella forma di sussidio era soggetta a gravissimi inconvenienti ; però messa di nuovo in consulta la cosa fu risoluto di cambiarlo in quattro danari grossi tornesi all’anno per foco. Mandaronsi attorno i deputati; s’ottenne il sussidio ; sì fe’ la ras- segna de’ fuochi; ed il Conte pubblicò l’ordine di levarlo, mandando a’ suoi ufficiali la nota de’ fochi che lo dovean pagare. sigillata col suo sigillo (1). i Questa tassa di quattro danari era solamente pe’ fochi delle genti di campagna. Gli abitanti delle terre franche, come più ricchi, crano tassati assai più. Infatti, i borghesi di Ciamberì pagavano dieci danari ed un obolo di grossi tornesi per fuoco (2). I borghesi d’Yeune otto. La terra di Ciamberì contava allora 435 fuochi; e 1444 erano fuor della terra nel distretto della castellania. Annoverando sei per- sone per fuoco, numero che non parrà troppo se si pon mente che ne’ fuochi di cui si è fatta memoria non sono compresi quelli de’ nobili che aveano parecchi vassalli e che pagavan per loro, nè le persone affatto miserabili che non avean casa nè foco, si vede che la popolazione della capitale della Savoia era di circa 2610 abitanti, e quella della castellania di 8664 (3). (1) Lib. in expensis balivi Chablasii d. Petri de Sallion d. Guillelmi de Arbigny et dom. Rodulphi de Blonay et ipsius dom. Guillelmi de Castellione cum XVII equis cuncium apud s. Mauricium Sallionem et Conthegium pro ordinatione dicti subsidii. LXV sol. IX d. maur. lib. in expensis omnium pred. et d. abbatis s. Mauricii apud s. Brancherium pro ead. XLIII sol. maur. lib. in expensis ipsius dom. Guillelmi euntis apud Turrim Viviaci die martis XXI januarii a. M . CCC. XXXII ad ordinandam taxationem mutationis dicti subsidii pro illis de Turre et de Chastel et ab inde apud Villanovam pro codem etc. Conto di Guglielmo di Castiglione ricevidor gener. del sussidio 1331 e seg. (2) Solvente quolibet existente infra franchesiam et suburbia X denar. cum obulo grossor. turon. et quolibet existente extra franchesiam et suburbia quatuor denar. gross. tur. Conto del sussidio di Ciamberì di Filippo Provana. (3) Conto di Guglielmo di Castiglione, cavaliere, ricevidor generale del sussidio concesso al Conte per un quinquennio 1331 e seg. Conto di Iacopo de Bordellis castellano del Borghetto 1331. DELLA MONARCHIA DI SAVOIA. 23: - I sussidio era ripartito, come abbiam detto, per fochi, ma non ne segue inttavia che ciascun foco pagasse la medesima quota ; poichè nell’ordine di levarlo era sempre comandato che il ricco aiutasse il povero ; cioè che chi avea maggiori facoltà aiutasse chi n’avea meno a pagar la sua quota; e si è già notato che col nome di povero non s’intendeano le persone affatto miserabili o inferme, o guaste di membra, nè le vedove ed i pupilli che erano sempre eccettuati (1). Nel 1379 s'aggiunse, che l’aiuto che iricchi dovean prestare ai poveri potesse triplicarne la quota e non più (2). Nel 1359 s'ec- cettuarono eziandio i borghesi, cioè gli abitatori d’una terra franca, ehe aveano vassalli in gran numero e doveano pagar per loro (3). Nel 1373 s’eccettuarono gli uomini de’ banderesi e de’ nobili che aveano accompagnato il Conte nelle guerre di Lombardia contra i Visconti, per le quali si concedeva il sussidio (4). Poscia, affine d’assettar le basi della riscossione , mandavansi attorno de’ cherici i quali riconoscessero i fochi parrochia per parrochia (5). Ma più comunemente si stava, circa al loro numero, ed al nome, ed alle facoltà del capo di casa, alla giurata dichiarazione che ne faceano avanti ad un notaio, il parroco e quattro probi uomini (6). S'introdussero poscia col valicar degli anni varie osservanze , se- condo le quali 1 comuni minori si regolavano, circa la quantità (1) Exceptis viduis claudis cecis et impotentibus. Conto del sussidio d’Acquabella di Fran- cesco Bouczani 1373. (2) Taliter quod per divites pauperes adjuventur ; item quod summa plus solventium in quolibet termino quantitatem trium florenorum-non excedat ; item quod pauperes orphani, vidue et alie persone miserabiles nichil habentes nichil omnino solvant nec alii pro ipsis. Conto del sussidio di Chatelard en Bauges di Stefano de Balma 1379. (3) Exceptis ‘focis religiosorum nobilium et burgensium habentium homines in quantitate et solventium pro ipsis. Conto del sussidio di Miolans d’ Anselmo signor di Miolans. (4) Conto del sussidio del Borghetto 1373. (5) Libr. Jacopo Vuycardi de s. Mauricio pro expensis suis eundo per castellanias Cha- blasii tam pro inquirendo numero focorum quam: pro recuperando ipso subsidio per plures dies. III solid. gr. tur. Conto di Gugl. di Castiglione. (6) Conto di Filippo de Poypon castellano di Miolans 1388. Tomo xxxviI. 30 234 DELLE RENDITE del sussidio da concedersi, coll’esempio delle terre di maggior ri- guardo. Onde sul finir del secolo XIV, e sul cominciar del seguente, quando la terra d’Avigliana consentiva un sussidio di mille fiorini, altrettanto ne consentiano le terre di Rivoli e di Lanzo (1). XXV. Ma passando alle varie spezie de’sussidii è da avvertire che altri erano ordinarii altri straordinarii. Gli ordinarii si paga- vano per antichissima consuetudine quando il signore andava alla crociata; quand'era preso , pel suo riscatto ; o in occasione del ma- trimonio della figliuola; o per la nuova milizia del figliolo , cioè quando veniva armato cavaliere. Gli straordinari si concedeano per la venuta dell’imperatore; in occasioni di guerra quando l’erario non bastava alle spese; per ri- comperare rendite demaniali impegnate; quando il Conte o la Con- tessa intraprendeano un viaggio, e allora si chiamava bien allea ; quando arrivavano e si chiamava giocondo arrivo (2); ben è vero che le due ultime specie di sussidii. non erano, a quel che pare universali, ma dovuti solamente da certe persone; tale ancora era il tributo che pagavano fra gli altri gli abitanti di S. Morizio in Tarantasia e di Valdigna quando il Conte vi passava recandosi’ nella valle d'Aosta ad amministrar la giustizia (3). Di sussidii straordinarii, e massime per occasioni di guerra , trovansi esempi nel secolo XIII (4); ma cominciarono. ad esser (1) V. il documento num. XV. (2) De CCL libr.r. a seipsis in quibus tenebantur domino pro quarta parte mille librarum in quibus ipsi Martinus de Castelliono Martinus Alpherius et Jacobus de Verano tenebantur domino pour la bien alea. Conto d’Umberto e d’ Antonio di Clermont 1302-1303. In novembre del 1390 le Contesse di Savoia essendo venute di qua dai monti i comuni le fecero larghi presenti pro ipsarum iucundo adventu. La terra di Chieri donò loro 600 fiorini di picciol peso. La castellania di Lanzo 300 di b. p. Conto di Pietro Ducis segr. e tesoriere del Conte di Sayoia. (3) Conto di Guglielmo de Thorriaco cherico e familiare del Conte di Savoia 1351-52. Que’ di s. Maurizio pagavano in tale occasione 28 fiorini di buon peso. Conto dell’ospizio del Conte di Savoia d’Antonio Mayleti 1364-65. (4) Id. reddit computum de XXII lib. X sol. forcium de auxilio facto domino comiti. Conta della castellania di Chatelard en Bauge 1283-84. Arch, Cam. DELLA MONARCHIA DI SAVOIA 239 frequenti, anzi continui, dopo il regno d’Odoardo nel secolo se- guente.. i Î Nel giro de’ tempi di cui parliamo non ebbe luogo nissuna cro- ciata a cui il Conte di Savoia intervenisse; ma sibbene ha qual- che somiglianza colle crociate la gloriosa spedizione intrapresa colle sole sue forze da Amedeo VI a difesa dell’impero d’Oriente, unico ‘antemurale che rimanesse all'invilita Europa contro all’audacia, e diciam pure, contro al valore de’ barbari. Ed infatti fu promossa , con sommo calore dai Sommi Pontefici, i quali in quella occasione come in molte altre, si dimostrarono liberalissimi difenditori della civiltà Europea, e fornirono quel gran principe d’ogni maniera d’aiuti affinchè potesse recar, come fece, a lodevole fine quell’alto e pietoso disegno. Perciò la S. Sede fu contenta ch’ei ricogliesse le decime de’ beni ecclesiastici nelle varie diocesi del suo dominio, compresa quella di Ginevra, ed i sudditi del Conte gli concedet- tero due fiorini per foco (1). De’ conti di Savoia caduti per caso di guerra in poter de’ ne- mici, sono dagli storici mentovati due soli, cioè Bonifacio nel se- colo XIII, Odoardo nel secolo XIII. Ma la prigionia di Bonifacio non è ben certa, nè si può accettar senza esame quanto ci narra a questo proposito il Guichenon. La prigionia poi d’Odoardo fu bre- vissima e quasi momentanea. Ad ogni modo non abbiam trovata memoria de sussidii pagati pel riscatto di questi due principi. Ma sibbene si recava dal conto d’Umberto de Navi castellano d’An- nessì, che essendo stato, in novembre del 1361, fatto prigiohe dalle compagnie degl’inglesi appresso alla terra di Lanzo, nel Ca- navese, Aimone primogenito del conte del Genevese con parecchi —— De VII lib. XIII sol. V den. obol. r. in castellania Boviciarum pro auxilio facto do- mino pro balistariis. Conto della stessa castellania nel 1285. .. De LVI sol. VI denar. ( mauris. ) r. de communi Villenove ad pontem Vuriaci facien- di quos dederunt pro auxilio. Conto della castellania di Chillon 1257-58. (1) Conto del sussidio di Ciamberì d’Aimone di Challant castellano di Ciamberì 1368. Conto del sussidio di s. Pier d’Albigni 1368. 256 DELLE ENTRATE gentiluomini del suo seguito, gli uomini della castellania d’Annessì contribuirono pel suo riscatto 1581 lira e 9 soldi genevesi di cui 12 soldi valeano un fiorino. La concessione de’ sussidi pel maritaggio delle figlinole era per avventura più frequente ne’ castelli de’ baroni, che nelle corti dei principi; e perciò forse non mi sono abbattato a niuno di tali esempli ne’ due secoli a cui si riduce il fine di questi discorsi, seb- bene io sia persuaso che debba esservene stato più d’uno, Nel 1404 fu conceduto un sussidio di 16 danari di grossi tornesi per foco, il ricco aiutando il povero, e deducendo il ro per 100 pe fuochi delle vedove e de’ pupilli, e delle persone affatto mise- rabili, pel pagamento della dote di Bona di Savoia principessa d'Acaia (1). È noto per gli scritti di La-Roque, di Ducange, di Lacurne de S.te Palaye e d’altri, di quanta importanza fosse il grado di caval- leria che si conferiva con religiosa cerimonia e con solenni apparati a’ gentiluomini, che per bontà di costumi e per chiari fatti d’armi fossero saliti a sì alto pregio da esserne riputati capaci. La ricchezza de’ paramenti e delle robe di cui il novello cava- liere si dovea fornire, e i doni di che gli conveniva esser cortese, erano un dispendio superiore, per l’ordinario, alle forze d'un pri- vato, onde più volte s'ha memoria che il conte di Savoia aiutava con generosa liberalità quelli che dovean salire ad onore di ca- valleria (2). "Molto più grande dovea esser la spesa quando ne veniva deco- rato un principe, onde i sudditi e per significazion d’allegrezza , e per agevolargli il modo di far che la festa riuscisse così bella (1) Conto del sussidio d’Annessì di P. de Monthon domicello. (2) Lib. pro tribus purpuris pro novo milite CX solid. Conto di Bosone capellano del Conte di Savoia 1274. Lib. apud Derlonteria barberio regis pro balneis quatuor novoram militum ibi adobato» rum inclusis tribus solidis pro cooperturis dictorum balneorum XXIII sol. dictorum sterlin- gorum. Conto dell’ospizio di Savoia d’Ugo de Voyron 1292. DELLA MONARCHIA DI SAVOIA 2377 come. si conveniva lo soccorreano. con graziosi sussidi. Sul finir del 1353 dovendo essér creato cavaliere Amedeo VI conte di Sa- voia, fra i sovrani del suo tempo il più degno sicuramente di «quell’onore, ebbe da’ suoi sudditi un dono (1). Nel 1386 Amedeo VII, franco anch'egli e gentil cavaliere ,, ebbe. per la medesima occasione un sussidio di mezzo fiorino antico di bnon peso per -foco. (2). Ma passando a trattare de’sussidii straordinarii, di cui, come si è veduto, varie molto e frequenti erano le occasioni; ne accenne- remo alcuni conceduti dal regno d’Aimone in poi. Si è già parlato di quello che fu consentito nel 1331 e che durò cinque anni, dopo il quale. aveva intenzione il conte Aimone di non domandarne altri; ma fu dalle necessità de’ tempi costretto a farlo; un sussidio ebbe da’ suoi popoli Amedeo VI per pagar le somme che gli convenne promettere al re di Francia onde finir le differenze insorte per causa de’ dritti che Giovanna duchessa di Brettagna si credeva d’avere alla successione del conte Odoardo (3); uno di quattro danari grossi tornesi per foco fu consentito per tre anni nel 1356 (4); un altro d'on fiorin d’oro per foco fu concesso nel 1359 per l’acquisto del paese di Vaud; un altro simile nel 1362 per le guerre di Piemonte; ed un altro per le guerre di Lombardia nel 1373 (5); un-sussidio di tre fiorini vecchi per foco fu donato nel 1377 dai comuni del Piemonte, tanto della terra del Conte, che della terra del principe d'Acaia (6); uno nel 1379 di due fiorini vecchi per foco da pagarsi in due termini (7), un altro d’un fiorino di picciol peso nel 1387 perla guerra contro ai (1) Conto del sussidio di Ciamberì di Guicciardo de Burgo domicello (2) Conto del sussidio di Miolans di Filippo de Poypon domicello. (3) Conto della castellania di Chillon di Guglielmo di Mombello sig" Entremont 1347-48. (4) Conto del sussidio di Conflans d’Oggero bastardo di Savoia, (5) Conto del sussidio d’Acquabella di Francesco Bouczani. (6) Conto degli eredi di Pietro Gerbais tesoriere generale 1376-1390. (7) Conto del sussidio di Chatelard en Bauge di Stefano de Balma. 238 DELLE ENTRATE ribelli del Canavese detti Tuchini, e contro a Teodoro marchese di Monferrato (1), un sussidio ebbe nel 1390 Amedeo VII pel riscatto del castello di Corbieres; nove anni dopo levaronsi due fiorini di picciol peso per foco pel riscatto del Fossignì. Nell'anno mede- simo un nuovo sussidio fu conceduto per la difesa del Piemonte minacciato dall’armi di Facino Cane. In tal occasione i borghesi di Ciamberì furono tassati due fiorini per foco, ma per sola dimo- strazione, perocchè la vera ripartizione fu fatta secondo le facoltà di ciascuno da Giovanni Servagio cavaliere, dottor di leggi, prest- dente de’ conti, il primo che si trovò ornato di tal titolo, e da un sindaco e due consiglieri del comune (2). Ma l’amore de’ sudditi si segnalò singolarmente colla prontezza di generosi aiuti nel 1381, quando Amedeo VI fatto arbitro di molti principi e di molte nazioni attendeva in Torino a trattar pace fra i genovesi edi veneziani ed i loro aderenti. Si vide allora, come in altre occasioni, siccome tutto par facile ad un popolo che vien pasciuto di gloria; e quanta agevolezza porga all'adempimento d’ogni desiderio del principe, la celebrità di cui gode appresso alle na- zioni straniere. Parecchie migliaia di fiorini d’oro furono contribuite in grazioso presente alla Camera (3). Prima di chiudere questo discorso avvertiremo infine che. non solo al Conte, ma certe volte al primogenito di lui fu conceduto qualche sussidio quando n’abbisognava per la difesa delle terre che gli erano dal padre assegnate in usufrutto; così Amedeo VII, che era chiamato prima che succedesse al padre Amè Monseigneur , (1) Contra rebelles populares Canapicii et Theodolum de Montebello March. Montisferrati. Conto del sussidio di Ciamberì di Bonifacio di Challant. (2) Conto di stefano Borrelli commissario e ricevitore del sussidio di Ciamberì. (3).r. ab bomunibg: et communitate Casellarum quos domino gratiose eoncesserunt pro parte expensarum suarum anno presenti factarum Thaurini ubi stetit pro tractatu pacis ve- c netorum et januensium II flor. veter. pred. XXVIH fl. p. p. Avigliana ne pagò 1200 vecchi. Lanzo 714. Susa colla sua valle 1000. ect. Conto di Pietro Vicini segretario e tesoriere del Conte di Savoia 1381-82. DELLA MONARCHIA DI SAVOIA. 239 guerreggiando nel 1378 contro al signor di Belgioco, fu soccorso con un sussidio d’un fiorino della regina, uguale a dodici soldi gebennesi, per foco (1). Soggiungeremo infine, che di alcune sorta di tasse che si rico- glievano in certi luoghi, non abbiam creduto di tener memoria in questo discorso, sia perchè erano costume singolari di qualche terra o castellania, sia perchè tenue ed incerto era il frutto che gitta- vano, sia finalmente perchè quando altri ne trovi ricordo potrà facilmente ridurla ad uno de’ varii capi in cui fu per noi distinta la materia del presente discorso. Di tal fatta è l'obbligo di ferrar i cavalli del Conte a cui erano soggetti alcuni uomini della Ta- rantasia, obbligo che può riferirsi alle costume; di tal fatta è altresì la tassa che il castellano di Bussolino, in val di Susa, levava dagli uomini che attendeano a torniar scodelle nelle foreste del Conte, tassa che ciascun vede essere un compenso dell'uso del le- gname che ai medesimi si consentiva (2). (1) Conto del sussidio di Samoens di Roberto di Menthon. (2) Conti citati delle castellanie di Tarantasia , di Susa e di Bussolino. —_—__—_r—e__——_— - ERRORI CORREZIONI Pag. 8 lin. 8 ristretta la vendita . . . ristretta alla vendita » 57 » 13 in moneta lire . . . . in moneta corrente lire Doo o melaroGagiie - —. —, (e neltrs69 via rg vele bee i nel 01984 pa) | er n . in i i Lt | ode «ATovaR i ARIANRE dun a > mgronoaà pui volando 104 db sopgio da. 01tn99 8 si ibloz .ibibob'a- slang. seit sil, fe PESI Mae i : ì bo? 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Nos Odduardas comes ect. notum facimus ect... . item burgen- sibus nostris predictis concedimus imo a predecessoribus nostris concessum declaramus ut nullus de burgensibus loci predicti infra limites et terminos eiusdem pro delicto ibidem commisso per ca- stellanos vel familiares nostros capi non possit nec debcat dum- modo paratus fuerit cautionem ydoneam ( dare ) de stando iuri et cognitioni curie nostre super delicto nisi tale et tantum delictum diceretur commississe ex quo mors vel membrorum mutilatio de- beret inferri. item volumus et eisdem burgensibus concedimus quod omnes et singuli burgenses et habitantes infra villam predictam tenentes et habentes pro tempore hospicium sive focum teneantur ad tuicionem et conservacionem dicte ville et inhabitantium ibidem et facere seu ministrare gaytias et exchargaytias prout ordinatio dicti loci successive occurrerit et. exigerit secundum bonos mores loci predicti exceptis iudeis et lombardis nostris et aliis privilegiatis personis si et in quantum a nostris vel predecessoribus nostris privilegiati fuerint vela iure; item volumus et eisdem burgensibus nostris concedimus quod anno quolibet mense augusti quod ban- num venditionis vini ad nos tantum pertinet in loco predicto quod predicti burgenses possint in mense predicto in grosso vendere vina sua et alii emere ab eisdem et inde extrahere ita tamen quod nullus burgensis dicte ville vel quisquis alius possint vendere ad tabernam vina sua in suburbiis dicte ville et maxime circumcirca ecclesiam beate marie. excepto etiam quod aliquis vinum in grosso emptum et venditum in dicta villa non possit ad tabernam seu in minuto vendere apud tomisam vel alibi circumquaque dictam vil- 244 DELLE ENTRATE lam in loco eque proximo vel proximiori. item volumus et eisdem concedimus quod duo ex ipsis qui pro tempore fuerint in dicto loco sint de cetero liberi et immunes a cavalcatis exceptis iis qui eques nobis servire tenentur vel essent habiles et facultates habe- rent nos eques serviendi et exceptis quod a defensione terre nostre ipsos nollamus esse immunes. item volumus et eisdem concedimus quod quicumque apportaverit vinum infra dictam villam quod non excreverit infra fines et territorium dicte ville quod ipse solvendo pro quolibet. modio vini quod ibidem fuerit apportatum quatuor solidos gebennenses syndicis dicte ville ad opus communis eiusdem ipsum possit vendere ibidem. alias vero ad ipsum apportandum vel vendendum ‘ibidem minime admittatur. et hoc singulis annis per preconem publice | preconisari et nunciari debet in loco predicto. mandantes ect. in quorum robur ect. datum in castro nostro chil- lionis die iovis secunda die mensis februarii anno a nativitate do- mini m. ceo. xxIul. NP IL Confermazione delle franchezze di S. Maurizio d’Agauno ( 3 febbrajo 1324 ). Dai protocolli Reinaudi. Nos Edduardus comes sabaudie notum facimus ect. quod nos franchesias libertates et privilegia per predecessores nostros comites sabaudie universitati communitatis burgensium et proborum homi- num ville s. mauricii agauni concessas. et. concessa approbamus ratificamus et. confirmamus : mandantes tenore presencium baillivo et iudici nostris chablasii et gebennesii nec mon et castellano s. mauricii agauni ect. item cum dicta universitas nobis supplicaverit conquerendo quod castellani nostri s, mauricii tesas domoram ipsius ville s. mauricii vacancium et'in quibus non habitatur nee fit ignis DELLA MONARCHIA DI SAVOIA. 245 levant et levare seu exigere nituntur contra antiquas consuetudines .eoramdem nos declarando circa premissas consuetudines super scri- pias volumus et ordinamus quod nulla levatio seu exactio tesarum (fiat) in dicta villa de domibus vacantibus vel in quibus habitatum non fuerit vel ignis factus per annum integrum ante tempus levatio- nis seu exactionis tesarum vel et tempore exactionis seu levationis earumdem: quare nos tenore presencium ect. in cuius rei testimo- nium ect. datum chillioni die mr mensis februarii anno a nativitate domini m. ccc. xxml. N.° IIL Privilegi conceduti da Odoardo conte di Savoia ad alcuni giudei. ( 17 novembre 1323 ) Dai protocolli del not, Reinaudi Arch, Cam. Nous Edduars contes de savoie. faisonz assavoir a touz ceus qui verront et orront cetes presentes letres que nous avons retenu et retenons en nostre sauve garde et conduite vuiant de vesos xarasson de biauna maitre agm geandre doudit vuiant nostres iuis pour VIII ans comencier au iour de huy. cest assavoir le iedi a desezime (sic ) iour de novembre continuement ensegans pour XVI florins dor de florence paier a nous chescon an en la feste de s. iean baptiste. ei avons convenu avoi les diz iuis que nous ne le poons contren- dre a payer devant le dit terme si ce nestoit de lor propre vo- lonte. ne nous les devons mettre en nulle contumace en nulle taille ne en nulle servitute ensemble noz autres iuris. et volons ei au- troyons au dit ivis que euz et lour megnies ensamble ou chescun par soy puissent demorer en nostre terre la ou il lour plaira puis- sent changier prester marchiander et fere totes autres megociations en la maniere qui euz lour plaira. et tour prometons de fere ioir de lour deptes parvez et cogneuz tant par letires quant seins lettres 246 DELLE ENTRATE en la maniere que nous porrons plus fort es houz et es costumes que nos iuis en la conte de savoie ont acostome de fere et ioir et - espleceier de tous les privileges et de totes les graces donnees et a doner a nos iuis de la conte de savoie . . . pour generalite ou pour especialite quil nous poirront mostrer par letres sielees par bonne memoire nostre chier pere mons. ame iadis conte de savoie ou confirmees de li ou de nous ect. donnees a s. georges despe- ranche le ieudi xvm iour de novembre m. ccc. xxnl. NSVIV. Donazione fatta dal vescovo di Torino al maestro de’ tempieri dello spedale e della chiesetta di S. Egidio di Testona. (Del fine del sec. XII o del principio del XIII, come si vede fra le altre cose, dalla forma della scrittura.) Dall’ arch. dell’ arcivescovado di Torino. In nomine sancte et individue trinitatis patris et filii et spiritus sancti. pastorale quod amministramus officium nos ammonet et hortatur voto et desiderio religiosarum et honestarum personarum libenter intendere et eorum commodis et utilitatibus paterno pro- videre affectu. Imc est quod pro anime nostre et successorum no- strorumn remedio nec non ad preces domini petri tituli s. cecilie cardinalis presbiteri et in lombardia legati donamus atque conce- dimus tibi al. magistro militie templi twisque fratribus religiosis militibus hospitale situm iuxta pontem de testona quod temporibus nostris occasione guerre penitus destruebatur et in quo iam omnis hospitalitas et elymosina deperierat cum capella in honore s. egidii dedicata cum omnibus possessionibus et rebus predicto hospitali et ecclesie pontique iuste pertinentibus tam mobilibus quam immobi- libus ut a modo iure perpetuo habeas potestatem ampliandi hedi- ficandi et fruendi bonis eorum ad dei et templi servitium. ita tamen ut per te meliorentur et non peiorentur hospitale et ecclesia. atque DELLA MONARCHIA DI SAVOIA. 247 ex facultatibus predicti hospitalis et helemosinis ibidem pervenien- tibus tenearis pontem reficere. dominio eiusdem pontis nobis re- tento. et exinde persolvas per singulos annos unum optimum ma- rabutinum in manu episcopi. Si vero episcopus non adesset super altare beati iohannis baptiste in presencia canonicorum taurinen- sium. et ista conditio ita districte facta est ut nullo pacto a domi- nicatu episcopi in alterius manus transferatur. Vi Bonifacio marchese di Monferrato promette agli ambasciadori del comune di Genova di mantener la strada che da Asti conduce pet Monferrato a Torino. (. 1232 22 novembre ). Dal codice autentico delle convenzioni del comune di Genova posseduta dal marchese Massimiliano Spinola. In nomine domini amen. anno eius millesimo ducentesimo trige- simo secundo indict. V. die lune decimo kalendas decembris. nos Bonifacius montisferrati marchio convenimus et promittimus vobis petro aurie et guillielmo pictavino ambaxatoribus comunis ianue recipientibus vice et nomine comunis ianue. quod salvabimus et custodiemus et defendemus stratam que ibit ab ast taurinum et a taurino in ast. per hec loca. videlicet per cunengum. remolfegnum. bonencum. coconatum. theonengum. trebleam castagnetum. sanctum rafeum. gaxanum. castilionem et per loca adiacentia et pertinentia predictis locis et omnes homines et res delatas et ipsam stratam in avere et in personis eundo stando et redeundo et defendere ab omni iniuria et fortia et super poita promittimus personas et res inde transeuntes. et hoc a posse et territorio astensi. usque ad posse et territorium taurinense. ubique infra posse et districtum utriusque civitatis. insuper promittimus vobis dicto nomine reci- pientibus. quod pro pedagio vel occasione pedagii nichil recipiemus. 243 DELLE ENTRATE neque capi faciemus. neque capi permittemus ultra solidos sex et dimidium iaune vel astenses per cargiam vel torsellum eundo vel redeundo a posse et territorio taurinensi usque ad posse et terri- torium de ast. et pro mulis et bestiis vacuis vel sine bastis. nichil capiemus. nec permittemus. item promittimus vobis dicto nomine quod nullam malam toltam vel malum usum imponemus. vel impo- ni faciemus neque capi permittemus ab aliquibus personis. vel re- bus transeuntibus per dictam stratam. vel aliquam super impositam. vel gravamen ultra dictam quantitatem pedagii suprascripti aliqua occasione vel ingenio. et stratam illam preparari et aptari faciemus in locis ubi fuerit utile et neccesse preparari et aptari. ad como- dum transeuncium quociens opus erit. item promittimus vobis dicto nomine quod castellanos et nobiles viros per quorum posse et di- stricium ibit ipsa strata iuramento cogemus. quod ipsam stratam manutenebunt et defendent custodient et salvabunt. per se et ho- mines suos et homines euntes et redeuntes per ipsam in personis et rebus. et quod iniuriam aliquam vel fortiam vel gravamen super impositam vel malam toltam usantiam malam non imponent neque imponi facient vel permittent. neque capi ect. actum sub macello de cocconato iuxta platheam mercati. testes interfuerunt ect. item ibidem in predictorum presentia iuraverunt dare opem et consilium quod dictus. marchio. observet omnia suprascripta. videli- cet dnus obertus de coconato. arditio de tohenengo. iacobo de sancto sebastiano. vercellinus de tohenengo. arditionus de aramengo. rainerius de s. sebastiano. guillelmus de cocconato. obertus de pal- tatio de montilio. obertinus de cocconato. iacobus de cocastello de montilio. manfredus de monaco de montilio. ramerius de cocconito. rubaldus de montilio. ego rufinus arancabuscus not. palatinus interfui et iussu predicti marchionis sic scripsi. DELLA MONARCHIA DI SAVOIA Dì 49 VI Privilegi conceduti da Aimone ed Amedeo VT conti di Savoia alta compagnia de’ mercatanti di Milano. ( 14 giugno 1336; 23 maggio 13£79): Da copia ‘mft. del secolo XV .che si conserva ‘negli Archivi Camerali. Nos Amedeus «comes Sabawdie motum facimus universis presenti: bus iet futuris quod ad nostram ;presentiam venientes dileoti nostri deralena «de, gerenzano et gabardolus de modottia sindici et procu- ratores icomunitatis et universitatis mercatorum mediolani ut constat publico instrumento sigillo comunitatis mercatorum \mediolani sigil- lato facto manu gaffaroli de boeto notarii filii domini fransy civi- tatis mediolani porte vercelline parrochie sancti petri ‘inter vinerini signatusque una :cum ‘ipso motario per barentolum collionam nota- rium cfilium ‘quondam domini guillelmi civitatis mediolani porte vercelline parrochie sancti petri ‘\aliuti sub anno a nativitate domini millesimo trecentesimo \quadragesimo septimo indictione quintade- cima die ‘iovis vvigesimo nono mensis marcii. nobis exibuerunt quas- dam litteras inclite ‘recordacionis domini aymonis comitis .sabaudie domini et genitoris nostri carissimi et. eius sigillo sigillatas quarum tenor sequitur in hec verba. Nos Aymo ‘comes Sabaudie notum facimus universis presentes litteras inspecturis quod:nos promittimus vobis bertranno de solerio et contino de putheo sindicis :comunitatis et universitatis mercato- rum medtolani prout constat per publicum ‘instrumentum sigillo comunis mediolani sigillatum stipulantibus et recipientibus nomine et vice mercatorum el:comunitatis seu universitatis mercatorum qui munc sunt ‘et de cetero fuerint et comunis et cuiuslibet singularis persone civitatis et comunitatis mediolany et nunciorum et factorum et sociorum suorum seu ducentium ballas et mercandias et cuius- libet eorum in solidum quod nos tenebimus et teneri faciemus Tomo xxxyr. 32 - 200 DELLE ENTRATE mercatoribus et personis predictis et cuilibet eorum totam terram et caminum que et quod est ab aqua de morgia que est inter con- tegium et sedunum veniendo per terram vel per aquam per aqua- num et per civitatem gebennarum versus seyssellum et ultra usque ad flumen de sagona securam et censatam in securo conductu et guidagio ita et taliter quod in aliqua parte ipsius terre et camini a dicta aqua de morgia usque ad flumen sagone per terram et per aquam ut supra de die et de nocte in strata et extra stratam et ubique per totam nostram terram solvendo pedagia ordinata per malefactores aliquos nullus mercatorum nullave persona civitatis vel comunitatis mediolani nec aliqui eorum socy nuncy vel facto- rum vel mercatorum. robabùntur stachabuntur iniuriabuntur nec eciam ipsi vel eorum aliqui offendentur in personis equis vel ali- quibus rebus suis nec eis vel alicui ipsorum aliqua balla apperietur nec aliquid furabitur eundo nec redeundo nec stando sed deffen- detur et . . . . . . etrobari et stachari et iniuriari et saysiri pro- hibebuntur a nobis comite supra dicto in dictis partibus et qualibet earumdem et quod. quantumque et quotienscumque contingat vel eorum aliquem robari stachari iniuriari vel offendi saysiri vel dam- puificari vel cis furtum fieri in personis vel rebus promittimus vobis sindicis supradictis stipulantibus et recipientibus nomine quo supra valores rerum derobatarum et furatarum et dampnum totum resar- cire ipsi persone que fuerit derobata sive cui furtum factum fuerit infra viginti dies proximos postquam nobis vel vices nostras gerenti hoc fuerit nunciatum per derobatum vel iniuriatum vel dampnifi- catum vel per aliquem eius nomine in pecunia numerata et quod de rebus furatis et derobatis et earum valore credemus soli sacra- mento illius ex predictis qui dicere voluerit se fuisse derobatum vel cui fartum factum fuisset, absque alia probacione et quod eis- dem mercatoribus: et personis vel alicui earum de vettura seu mer- cede vel pencione conductorum mercium vel rerum aliquarum ultra consuetum in dictis partibus aufferri non permictemus nec permicti faciemus. item promictimus vobis pr edictis sindicis stipulantibus et DELLA MONARCHIA DI SAVOIA. 251 recipientibus nomine quo supra quod de. quocumque ballarum con- ductore et de omni eo quod ab eodem conductore petetur in iu- dicio sive extra summariam faciemus. vel. fieri faciemus predictis et eorum cuilibet racionem ipsamet die qua questionem contigerit incohari in omnibus partibus conductus. et guidagy supradicti. item promittimus vobis sindicis predictis stipulantibus et recipientibus nomine quo supra quod nullum filam othoni grossum nec ferreum nec aliquod ferramentum merceria nor reputabitur nec de eis nisi quantum consuevit pedagium exigetur. item promittimus vobis pre- dictis sindicis stip. et rec. ut supra quod nos faciemus et fieri fa- ciemus quod in toto. conductu et guidagio predictis de aliquo equo magno quem mercator equitaverit nullum. pedagium pro nobis exi- getur salvo si mercator roncinum equitandum habuerit et equitaret equum magnum pro defraudando et non solvendo pedagio et de hoc iuramento, mercatoris credatur. item promittimus vobis sindicis pred. stip. et rec. nomine quo supra quod pro aliquo maleficio vel quasi maleficio alicuius conductoris vel persone alique balle equi vel res alie alicuius mercatoris vel persone non seysientur arresta- buntur occupabuntur vel aliqualiter impedientur et si contigerit quod quis res alicuius alterius mercatoris vel persone civitatis vel comunitatis. mediolani pignoraret venderet vel aliqualiter alio modo super eis aliquis contractum inhiret seu faceret super eis vel de eis de hiis. mercatori vel persone cuius forent vel eius legitimo nuncio quem sustinuissent vel in futurum sustinerent fieri faciemus summariam racionem. item promittimus vobis stipulantibus et reci- pientibus nomine quo supra quod causa alicuius iniurie que facta foret alicui subdicto distro vel feudatario in lombardia vel alibi vel racione seu occasione stipendii vel soldi alicuius persone que stetisset vel de cetero staret. ad stipendium comitis mediolani aut alterius terre vel dominacionis aut pro aliqua iniuria que fieret vel facta foret per comune et homines mediolani vel per aliquos alios undecumque sint nec pro aliquibus aliis promissis vel conventis per comune et dominum mediolani nec pro aliqua concessione quam dive 252 DELLE ENTRATE memorie dominus henricus: olim imperator fecisset alicui persone seu domino. super dominio et comuni mediolani vel super comuni aliquo et persona terrarum lombardie seu per alium quemque vel que fieret in futurum vel alia quacumque de causa vel racione que dici vel excogitari posset vel pro aliquibus reprenssailliis contra cambiis vel concessionibus ullo tempore in partibus predictis dicti conductus et guidagit personas ballas equos vel res alicuius merca- toris nisi illius qui foret. voluntario suo nomine obligatus ad pre- dicta nos impediemus aut impediri permittemus nec arestabimus aut arestari faciemus nec saysiemus seu saysiri faciemus vel permit- temus nec impedimentum aliquod in eis nec in eorum aliquo per- mittemus apponi modo aliquo nec aliqua racione vel causa. item promittimus vobis predictis sindicis stipul. et recip. nomine quo supra quod pro contractibus vel quasi delictis vel quasi aliquorum monetarioram qui monetam nostram facerent qui essent de me- diolano vel alia parie lombardie aliquod impedimentam non infere- mus ne inferri permittemus in personis aut rebus alioram merca- torum vel civium mediolani vel alicuius eorum. item premittimus vobis sindicis predictis stipul. et recip. ut supra quod occasione aliquorum pedagiorum solutorum vel que de cetero solventur in civitate et comitatu mediolani vel in aliquibus terris Jombardie vel in aliquibus aliis partibus per aliquos homines terrarum vel distri- ctuum aut aliorum hominum feudatariorum nostrorum aut per ali- quos alios quod mercatores aut homines mediolani aut districtus in aliquo non impedientur capientur seysientur. aut impediri seysiri vel capi non permittemus nec aliqua alia racione vel causa mole- stabuntur nec detinebuntur in personis vel rebus swis nec molestari nec detineri permittemus. item promittimus vobis recipientibus no- mine quo supra quod nullum aliud pedagium novam nec onus im- poni nec exigi nec accipi faciemus mec permittemus în toto pre- dicto nostro guidagio et conductu mereatoribus aut hominibus me- diolani aut super eorum mercandiis vel rebus. et si quod pedagium vel onus de novo imponeretur vel exigeretur a predictis mercatoribus DELLA MONARCHIA DI SAVOIA. 253 mediolani ut supra illud nostris. expensis sine ulla exceptione ces- sari et tolli faciemus et si contingeret ex co aliquid exigi illud restituemus seu restituni faciemus illi vel illis a quibus vel a quo aliquid foret exactum. item promittimus vobis sindicis stipul. et recip. nomine quo supra dictos mercatores et homines mediolani et districtus censare in toto predicto conductu et guidagio et in - .dempnes conservare et bona sua in quemlibet litis eventum a qua- cumque persona collegio et universitate terrarum nostri conductus et guidagii ab omni iniuria et iniustitia que dictis mercatoribus et personis et hominibus mediolani vel districtus vel alicui eorum vel rebus eorum aliqua racione vel causa que orta vel subsequta foret . vel que de cetero orietur pro supradictis hominibus vel eorum aliquo inferrentur in iudieio vel extra iudicium per nos vel per sub- dictos nostros quoscumque donee per tres menses ante universitati mercatorum mediolani fuerit nunciatum nos ad predictam causam et defensionem et ad dictum guidagium et conductum nolle teneri. ‘et si postea quomodocumque. consenserimus quod balle et equi ci res mercatorum et hominum predictorum per terram nostram con- ducantur omnia et singula im hiis litteris scripta et inserta in omni- bus et per omnia innovata .et de novo facta intelligantar et sint nisi alias ab hiis convenciones cum mercatoribus et hominibus me- diolani contigerit fieri et innovari. item promittimus vobis ut su- pra stipul. et recip. quod omnes alie bone consuetudines observa- buntur et adimplebuntur nec ullum pedagium vel onus aliquod augebitur vel imponetur in toto guidagio et conductu predictis. item promittimus vobis predictis sindicis stipul. et recip. ut supra quod si aliquis mercator vel civis aut nuncius seu factor cuiusceum- que mercatoram vel civis mediolani aut comunitatis seu districtus mediolani depredaretur derobaretur aut iniuriaretur vel dampnum aliquod sustineret extra terram et conductum nostrum et dicti ma- lefactores vel aliquis ipsorum reduceret se in terra seu districtu vel conductu nostris nos mercatori vel civi factori vel nuncio mer- catoris vel civis sit de predicto iniuriato vel dampnum passo de 254 DELLE ENTRATE predatoribus iniuriantibus et dampnum factoribus faciemus et fieri faciemus summarie atque plenarie racione et iusticie complemen - tum quequidem omnia facere promictimus occasione et causa pe- dagiorum qui solvi consueverunt et que quilibet mercator qui per predictas partes dicti conductus et guidagii irent solvere debeant ad grossos turonenses promittentes ut supra quod nos ubique con- ductus et guidagii predictorum ad turonenses grossos faciemus re-, duci que pedagia consueta per loca camini predicti comisimus certis comissariis nostris super hoc deputatis specialiter declarari et lite- ram declaracionis huinsmodi ad opus dictorum mercatorum dari ad - hoc quod que futurum in nullo valeant immutari. aliter autem ut in- telliximus nisi omnia et singula in hiis contenta fecissemus merca- tores et homines mediolani per predictas partes dicti conductus et guidagit venire non audebant. quapropter utilitatem nostram facere et procurare volentes. promittimus vobis predictis sindicis stipul. et recip. nomine quo supra supradicta omnia et singula attendere et observare et facere in toto guidagio et conductu predictis et contra predicta vel aliquod predictorum ullo tempore non facere vel venire per nos nec alios aliqua racione vel causa de iure vel de facto sub refectione et restitucione omnium et singulorum dam- pnorum et expensarum et interesse et obligacione bonorum nostro- rum. propterea ad requisicionem et preces. vestrum sindicorum predictorum. volumus et. concedimus per presentes quod omnes mercatores de venicia et omnes alii mercatores ytalici undecumque venire volentes per caminum nostrum predictum cum nunciis et fa- ctoribus suis et mercandiis eorum gaudeant et uti possint et intel ligantur inclusi in conductu protectione guidagio et omnibus pri- vilegiis supradictis. in quorum omnium robur presentes litteras si- gilli nostri iussimus munimine roborari. datum chamberiaci die de- cimo quarto mensis iunii anno domini millesimo trecentesimo tri- gesimo sexto. quas litteras et contenta in ipsis per nos confirmari renovari et de novo concedi addi eciam que inferius continentur humiliter supplicarunt quorum supplicacionibus inclinati volentes DELLA MONARCHIA DI SAVOIA. 255 dicti nostri genitoris vestigiis inherere dictas literas ‘et contenta in ipsis pro nobis et nostris successoribus dictis deralena et gabaillo stipulantibus et recipientibus nomine et ad opus dictorum merca- torum comunitatis et universitatis eorumdem qui nune sunt et pro tempore fuerint et comunis et cuiuslibet singularis persone civitatis et comunitatis mediolani et nunciorum factorum et sociorum suo- rum seu ducentium ballas et mercandias cuiuslibet eorumdem con- firmamus et de novo concedimus per presentes adicientes etiam ut dicti mercatores sua negocia possint sub nostri favoris suffragio fe- licius explicare. et eisdem concedentes quod ipsi et quilibet ipso- rum per se suosque familiares. et nuncios quandocumque sibi pla- cuerit sub eisdem garda protectione guidagio et conductua promis- sionibus: condicionibus atque pactis suas mercandias ducant ducere vehere sea duci et vehi facere possint et sibi liceat veniendo de mediolano in franciam a dicta aqua morgie que est inter contegium et. sedunum' per aquariunm gebennas sayssellum sancium germa- num. burgum .in breyssia et ultra per terram nostram usque ad flumen: sagone solvendo solita pedagia in locis consuetis secundum declaracionem per inclite recordacionis dominum et genitorem no- strum predictum olim factam et prout in eius litteris quas habent super hiis declaratur. et eodem modo si velint ducant et duci fa- ciant atque vehi mercandias ante dictas sub garda et pactis ante- dictis a dicto flumine sagone per caminum chamberiaci maurienne motercinysium (sic) et ultra usque apud rippollas et per terram domini de chy solvendo similiter pedagia consueta. dictam autem gardam et promissiones per totam terram nostram subdictorum nostrorum dumtaxat et volumus intelligimus extendi. item ne propter veytture deffectum sue mercandie et itinera valeant impediri volumus et concedimus eisdem quod si et quando in villis in quibus sue mercan- die aptabuntur veytturam paratam non inveniant pro mercandiis eisdem quod eas vehi facere possint et sibi liceat per veytturerios qui prius adduxerint easdem pro salario quod inde deberent habere veytturerti ville (taliter veytturis deficientibus) si et prout de dictorum 256 i DELLE ENTRATE mercatorum ‘et primorum veyttareriorum processerit voluntate. item quod postquam ‘eorum imercandie in locis seu villis singulis appli- cuerint illi de dita villa ‘dictas mercandias vehent et vehere tene- antur ‘ulterius ‘infra ‘tres ‘dies proximis et ‘continuas die adventas ipsarum mercandiarum in ipsis ‘tribus diebus computata. item eisdem concedimus quod in ‘solucione pedagioraîn gabellaruim ‘et ‘tributo- rum aliorum et ‘veyturaram unus Vflorenus auri boni \ponderis pro duodecim:girossis turonensibus recipiatur ‘ab ipsis. item quia multo- ciens predicti "mercatores suas ‘mercandias de lombardie partibus apportando ‘ad’nundinas ‘cabillonis et alias champagnie et francie partes longas veytturas faciant per qiias veyttutari suas anercandias de remotis partibus ad alia loca ‘remota reddere conveniunt ‘et por- tare volumus et ‘eis concedimus ‘quod hoc facere possint ‘et sibi liceat nec in ‘veytturis liviusmodi mercandiarum de lombardia ve- nientium vipsos vel veyturerios suos volumus quomodolibet impedirti quin ipsas mercandias ducant vehant duci ‘et ‘vehi faciant prout supra pedagia solvendo consueta. ‘item wolumus ‘ét ‘ordinamus quod in villis singulis ‘in quibus exonerabuntur seu dechargiabuntar ipse balle in quibus ‘susta non vest pro ‘tenendis eisdem fiat susta ‘suffi- ciens mostris sumptibus si nobis videbitur expedire in quibus poni valeant sine ignis periculo prout fieri poterit dicte balle ac eciam custodiri et pro ipsa ;susta ‘unum denarium monete currentis in pa- tria pro qualibet balla solvere steneatur. ‘et si forte non faceremus ipsas sustas volumis ét:concedimus quod ‘per gentes patrie fiant et fieri valeant ‘suis propriis ‘expensis ‘et ille vel alli qui facient denarium percipiant supradictum. ‘item volumnis -concedimus et pro- mittimus eisdem quod occasione vel ‘sub pretextu ‘alicitius ‘guerre que in posterum quod “absit voriretur quomodocumque inter nos et nostros subdictos quoslibet et uascumque ‘personas alias ‘et domi- nos curuscumque status vel condicionis ‘existant ipsos mercatores eorum familiares factores aut nuncios et socios quoscumque in per- sonis bonis mercandiis et rebus aliis non ‘impediemus per nos vel alios seu per alios: patiemur vel sustinebimus quomolibet impediri sed DELLA MONARCHIA DI SAVOIA. 257 cos cum bonis et rebus ut supra per totam terram nostram guer- ra predicta non obstante salvos tenebimus et securos donec per tres menses antequam impedimentum sibi propter hoc inferetur mercatorum abbatibus vel in eorum hospiciis fuerit intimatum. que omnia et singula supradicia dictis procur. preclictis nominibus bona fide promictimus actendere servare et complere cum effectu man- dates et precipientes tenore presentium umiversis et singulis. bai- livis iudicibus castellanis pedagiatoribus vuicenariis ceterisque nostris -officiariis. fidelibus. et. subdictis quibuscumque quatenus predicta omnia et singula firmiter attendant et cbservent et per sibi sub- dictos faciant effectualiter observari per penarum imposiciones et modis aliis prout sibi videbitur opportunum et in nullo contra quomodolibet faciant vel attentent. itinera quod taliter quilibet in suo faciat officio parari et aptari quod mercandie dictorum merca- torum possint per ipsa itinera chireari et cum sibi subdictis incon- tinenti procurent taliter ordinare quod in locis singulis sibi provi- deant de curribus et quadrigis quod si et quando dictis mercatoribus placuerit quinquaginta ballas simul vehere valeant et portare sicut quolibet curruum et quadrigarum vel itinerum deffectu in suarum veyturis mercandiarum non impediantur quomodolibet vel turben- tur. in quorum omnium firmitatem et testimonium presentes literas fecimus nostri sigilli munimine roborari. datum burgeti die XXIII mensis maii anno domini M. INI XLVII. Questo documento ch'io non ebbi comodità di trascrivere fu trascritto a mia preghiera dal signor Bonino segretario dell’ Archivio Camerale; uno dei migliori allievi che sieno usciti dalla scuola di paleografia. Tomo XxxviI. 33 258 DELLE ENTRATE No VIL Pedaggio di Mommegliano (1263). Dal Conto di Goffredo d’Amasino castellano di Mommegliano. Archi Cameri - Dominus. capit in qualibet grossa bestia honerata lana vel pellibus. que vocantur agnines vulgariter duos solidos decem denarios et obulum vianensem. in bestia honerata fustanio vel pan- nis ... . sex solid. novem denarios et obulum. in bestia honerata pannis de francia novem solidos novem da- narios et obulum in bestia honerata falcibus duos solidos tres danarios et obulum. N VI LI: Pedaggio di Rivoli (1265). Dal Conto d’Umberto de Balma castellano di Rivoli. Arch. Camer. (magnum pedagium) Dominus percipit in trossellis de pannis in quolibet pro parte castri VII denar. fortes In trossellis de aliis rebus quibuscumque quatuor, demi fortes (parvum pedagium ) Dnus percipit in quolibet asino honerato blado vel sale obulum in quolibet equo et mulo honerato sale vel blado I denarium in duodena caseorum II denar. in quolibet sero I den. in quolibet bove vel vacca transeunte per villam ut vendatur 1 den. in porco obul. in quolibet trezenario ovium et mutonem mercatorum transeun- tium ibidem XII den. fortes in quolibet trescenario descendencium ad pascuandum VI den. DELLA: MONARCHIA DI SAVOIA fortium. in a XV terzenariis usque ad XXV. debet percipere dominus cum terzenario ascendencium ad alpes VI den. fort. predictis unum arietem vel V. solidos. in duos m valet ; iu in in in qualibet carrata caseorum descendencium ab alpibus percipit caseos. quos ‘primo voluerit tangere pedagiator. quolibet equo transeunte ad vendendum XII denar. si equus C solid. fortes vel plus. carrata vini ad vendendum III dan. xien. carrata bladi INI dan. vien. chargia coclearum LXIII cochlearia. chargia brochetarum vel barletorum semel in anno unum bro- chetum vel unum barilletum. in in in in m in in in in in in chargia ficuum quatuor libras ficuum. chargia amigdalarum III lib. amigdalarum. chargia datiloram III lib. datilor. vel XII den. fort. chargia de falcibus XI den. fortes. vezolio. anguillarum X ‘anguillas. uno centenario piscium siccorum unum piscem. chargia cendalium XII sol. vienn. balla calibis' II den. vienn. uno centenario ferri III ob. chargia ferrorum ad equos et clavorum MI denar, vienn. mola lapidea II den. 4 260 0° DECLE ENTRATE 4.10 ù Pedaggio di Stsa (1279) — Dal Conto di Bruneto ricevitore di quel pedaggio. Arch. Cam. Levantur de quolibet trossello pannorum francie XXIMI den. fort. de chargia rerum collectarum citra rodanum XVI den. forc. de chargia cendalorum et pannorum sirici unum cendale. et sciendum quod astenses in secusia nullum pedagium debent. et homines aquebelle et camere nullum pedagium debent. et homines avillanie et ripolarum nullum pedagium. INS A Amedeo IV conte di Savoia concede varii privilegi alla comunità di Rivoli (4 settembre 1247) Da un antico sommario in istampa, che si conserva nell’archivio della insigne terra di Rivoli. Semper Dei nomen, et eius divinum auxilium in principio cuius- libet facti est invocandum. et ideo: in nomine Domini Nostri Tesu Christi Am. Ad omnes actus omniaque consilia progrediatur. tanto liberalius est in subditos liberalitas et munificentia exercenda quanto pura fides, et corda fidelium versus dominos se exhibent promptio- ra cum itaque communitas Ripolaram milites et pedites universi, et singuli asserant et affirment se puro corde humili et devoto D. Amedeum Comitem Sabaudie, et in Italia Marchionem bic esse D. Ri- polarum et in eo plenam plenissimam iurisdictionem (/abere) etiam in eo magni modo (sic) principio isti humiliter supplicarunt ut pri- vileggia in rebus et capitulis inferius denotatis ipsi communis et singulis de communi concedere de gratia speciali et benignitate sua DELLA MONARCHIA DI (SAVOIA. 261 elargiri dignetur. dictus autem D. Comes Sabaudiae. Amedeus in Italia Marchio de Chablaxio insuper tenens ducatum pro suo vi- dens et cognoscens suorum fidelium predictorum petitionem iu- stam fore et iuri consentaneam respiciendo etiam ad eorum fidem sinceram et puram et ad ea servitia quae dicti de Ripolis, com- muniter et divisim et eorum haeredes ipsi D. Amedeo et eius heredibus et successoribus legittime ab eo descendentibus exhi- bere poterunt in futurum ad petitionem praedictae communitatis de Ripulis et singulorum de ipsi communi de gratia speciali proprio motu et benignitate pura per hoc praesens privileggy instrumentum pure libere et absolute per se suosque heredes ipsi communi et singulis de communi et eorum haeredibus concessit confirmavitque omnia et singula que ‘inferius praesertim sunt notata. In primis videlicet quod aliquis de Ripolis oriundus vel habitator et de di- strictu finibus et territorio Ripolarum solvere non compellatur pe- dagium alicubi pertinens ad D. Comitem nunc vel in futurum vel ad eius haeredes imo ab eius exactione perpetuo sint immunes. Item quod commune et homines Ripolarum habeant in futurum licentiam et liberam facultatem componendi et emendandi Ripo- larum statuta et ponendi consules et credendarios et alios offi- ciales sicut hactenus habuerunt super quibus et aliis communis pertinentibus castellanus qui. pro tempore fuerit primo cum con- sulibus habere consilium teneatur circa predictorum ordinationem et ea vinculo iuramenti tenere toto tempore sue castellanie firmiter observare, et hoc locum habeat in omnibus castellanis. Item quod quilibet homo de Ripulis vel extraneus possit facere testamentum sine scriptis vel per nuncupationem legitime tamen et secundum iura vel aliam dispositionem in sua ultima voluntate ita quod voluntas testatoris servetur vel alia ultima dispositio ab eo facta rerum suarum et morientibus. ab intestato agnati et cognali proximiores in gradu eius successionem habeant si voluerint usque ad quartum gradum. ab.inde vero inferius ab intestato morientium successsio ad Comitem devoluatur. 262 i DELLE ENTRATE / 00: Item quod D. Comes infrascriptus et eorum heredes''teneantùr manutenere capitula ‘communitatis Ripolarum èt omnes biorléis seta suetudines ipsius loci. per se suosque. nuncios: et castellanos in omnibus et, per omhia. fa sn Item teneatur D. Comes per. se \suosque egli cammini et nuncios hominibus. Ripolarum. manutenere et. deffendere pe- dagia et. molendina pascuaque. communia que commune Ripo- larum habere tenere consuevit et ei possidere permittat goldias percipere et habere. Item teneatar D. Comes omnia. banna seu precepta. facta ab Episcopis seu castellanis usque ad diem martis decimam sextam mensis iulii proxime preteriti curehte millesimo ducentesimo qua- dragesimo septimo pro cassis et inutilibus ‘habere et valoris nul- lias et exinde alicui vel aliquibus rationem fieri non patiatur vel aliam cognitione m. Item teneatur D. Comes ut si que discordie lites vel contro- versie (quod D. advertat) orirentur inter. D. Comitem vel eius fratrem D. Thomaxium de caetero ex una parte et commune Tau- rini ex altera stare dicto et arbitrio in omnibus et per ommia com- munis Ripolarum. i Item quod D. Comes per se vel per suum nuncium castellanum vel alium teneatur non capere taleam aliquam vel fodram a com- muni , seu hominibus Ripolarum perpetuo communiter vel divisim. Item teneatur si aliquis homo de cetero fuerit conventus vel appellatus coram castellano Ripolaram .vel eius iudice super aliqua re et reus sive conventus petitis acquieverit nullos ob hoc possit a partibus exigere iudicaturas. Item teneatur D. Comes non pati vel sustinere quod. aliquis de Ripulis vel districtu sit homo wel de caetero efficiatur alicuius alterius existentis in eodem loco poderio vel districtu vel in seus commandia, et qui contrafecerit ab utroque incurrat bannum h- brarum decem secus. et propterea contractum homagii, vel com- mandie faciat demoliri. DELLA MONARCHIA DI SAVOIA. 12063 Item quod tencatur habere in Ripolis unum bonum iudicem et legalem qui causas coram eo ventilatas deffiniat accipiendo ab unaquaque parte pro quantitate rei petite nomine iudicaturam de- narios duodecim pro libra et nihil. ultra quarum .iudicaturarum medietatem lite capiat contestata vel die sequenti. Reliquam me- dietatem tempore sententie ferende capiat nisi causa fuerit con- cordata et tunc sit ‘contentus medietate prima. Salvis forensibus extraneis quibus diferre solutionem seu partem remittere non te- neatur etiam si fuerint concordati et pro ista quantitate teneatuv causas facere diffiniri eo salvo quod. eius index de partium con- sensu a partibus possit si voluerit consiliaturas haberi dandas al- teri sapienli si Vero partes non consenserint et altera tantum voluerit expensis volentis habeat consilium cum iudice non suspe- cto et taliter causas coram se ventilatas determinari facere omni- mode teneatur. iegi Item quod postquam pater vel fratres filiam maritaverint vel so- rorem et dotem ‘ei solverint promissam vel conventam non pa- tiantur ulterius. vivente patre' vel fratribus vel eorum maseulis haeredibus quod aliquid petere possint exigere vel habere de pre- dictorum bonis nisi forte eis foret datum relictum vel ordinatum ab aliquo predictorum heredumve suorum et illud tantum petere possit et nihil ultra. ì Item his igitur pro dotis ut supra concessis et ordinatis suis fidelibus Ripolarum ad maiorem expressionem et ut firmius per- petuo observentur per se successoresque suos castellanos et nun- tios ibidem pro eo commorantes vel eius heredes in dicto castro flexis genibus cordeque humili et devoto praedicta omnia et sin- gula dictus D. Amedeus comes predicto communi Ripolarum et sindicis dicti communis Anselmo de Donnacita et Guliermetto de Serdio ibidem presentibus et stipulantibus predicti communis nomine tactis Sanctis Dei Evangeliis corporaliter manu propria attendere tenere et observare per se et suos heredes perpe- tuo et non contravenire de iure vel de facto promisit atque 264 | DELLE ENTRATE! iuravit sub omnium bonorum suorum obligatione precipiendo hoc presens privilegi) instrumeritum ad maiorem notitiam evidentiam et firmitatem et ut maior fides adhibeatur predictis suo proprio sigillo muniri. Actum fuit hoc in recepto Castri Ripolarum. testes autem qui interfuere predictis sunt hij D. Jacobus venerabilis abbas Secusie D. Umbertus de Monte Meliano D. Gulielmus Ri- voyra Miles isti D. Comiti. D. Gilleta sescalus Magister Andreas Phi- sicus D. Petrus de Tonetto Humbertus eius filius Magister Pe- trus Phisicus provincialis et mulcti alii. Facta autem sunt hec millesimo ducentesimo. quadragesimo ‘septimo curente indictione quinta quarto die septembris. Ego Jacobus” Cornalla notarius civis. Taurinensis hoc presens privilegi) instrumentum abbreviatum a Dulcio Lentrua notario Ri- polarum qui mibi eum dedit ad scribendum eius mandato pre- cepto et voluntate complevi et scripsi. Ego Dulcius Lentrua sacri palatij notarius Ripolarim hoc pre- sens instrumentum a me abbreviatum Iacobo Cornalla notario loci suprascripti ad scribendum dedi et me subscripsi. DELLA MONARCHIA DI SAVOIA. 265 N° XI. ‘ Ordini d’Amedeo VII in fatto di monete ( 23 febbraio 1391 ). Dall’ Archivio Camérale. Nos Amedeus comes sabaudie dux chablaisit et auguste in ytalia marchio et princeps ad eternam rei. memoriam noverit tam presens etas quam successura posteritas quod nos ad conservacionem et augumentum nostre. rei publice et. ut populi nobis suppositi de bono in melius conquiesquiant probitatem legalitatem et industriam expertam dilecti nostri magistri iohanneti de reczeto de montecale- rio sicut et convenit. attendentes. et tenentes indubie quod per ipsius magistri iohanneti providentiam modestam monete nostre auri et argenti ad exaltacionem nostri nominis et honoris grata poterunt | favente domino suscipere incrementa ipsum magistrum iohannetum deliberato animo et certa scientia nostra facimus constituimus crea- mus et tenore presentium ordinamus magistrum monetarum nostra- rum auri et argenti cudendarum fiendarum et fabricandarum in villa nostra avillanie a die vicesima tercia mensis huius inposterum dum: bene fecerit. et nostre fuerit voluntatis sub legibus remediis ponderibus bratzagiis caratéribus ordinibus dominiis et aliis condi» cionibus ‘auctoritatibus et formis inferius declaratis et sub liberta- tibus immunitatibus et franchisiis similibus quibus ex concessione nostra et predecessorum nostrorum comitum magistri monetarum nostrarum et ipsorum familiares et nuncii usi et uti fuerunt hacte- nus consueti. in primis quod ipse magister iohannetus per eius monetarios et operarios teneatur et debeat facere cudere et fabri- care cudique et fabricari facere denarios auri qui appellentur scuti sabaudie. ad cuneum armorum nostrorum sub tali impressura et caratere. videlicet quod ab una parte dictorum denariorum scuto- rum sit flavellum nostrum et subtus flavellam nostrum scutum ar- morum nostrorum et circumeirca inter singulos duos medios com- Tomo xxxvi. 34 266 DELLE ENTRATE passus nodus noster et de supra in coronacione dictorum denario- rum circumcirca sit descriptum incipiendo in summitate flavelli Amedeus dei gratia comes sabaudie. et in alia parte dictorum de- nariorum erit crux sancti mauritii. in medio quatuor dimidiorum compassuum et circumcirca erit descriptum incipiendo in summi- tate ubi erit una modica stella cum quinque radiis dux chablaisii et auguste in ytalia marchio et princeps. quiquidem denarii scuti sint de sexaginta uno denariis pro qualibet marcha de troyes ad viginti tres caratos et tres quartos carati auri fini et habeant de remedio in pondere duodecem granos et de lege octavam partem carati. et si forte remedia reperiantur tam in pondere quam in lege quando examen seu (essay) boistie fiet per dictum magistrum que remedia nobis pertineant. et capiemus pro dominio seu nostra seignoria pro qualibet marcha auri fini quindecim denarios gros de operagio quod fiet citra montes et dabit prefatus magister merca- toribus de moneta auri predicta sexaginta denarios et tercium unius denarii auri predicti pro qualibet marcha auri fini ad legem dicto- rum denariorum auri et reponetur in boistia de auro quod cude- tur pro singulis decem marchis unus denarius auri predicti et de minori quantitate ad ratam et pro rata garda noster scindet unam petiam et ponet in boistia et dictus garda noster semper esse de- beat ad fondendum aurum quando dictus magister fondet seu fondra illud et debeat dictus garda ponderare aurum et providere quod una petia plus non ponderet nec sit forcior quam alia ad iustius quod fieri poterit. qui denari facti habebunt cursum et im- plicabuntur pro decem octo denariis gros torneys. item faciet et facere teneatur dictus magister iohannetus denarios gros de octo solidis in pondere pro singula marcha ad marcham de troyes et ad undecim denarios argenti nostri. et habebunt de remedio pro marcha in pondere dimidium denarium gros et capiemus pro sei- gnoria nostra pro qualibet marcha dictorum denariorum unum de- narium tres quas gros. et dabit dictus magister mercatoribus pro qualibet marcha argenti nostri ad duodecem denarios ad marcham DELLA MONARCHIA DI SAVOIA 267 de troyes octo florenos et tres denarios gros computatis duodecem denariis gros pro quolibet floreno et dictam monetam fieri faciet atque cudi ut iustius fieri poterit. sic quod unus denarius ‘alterum in pondere non excedat. faciet eciam cudi et fabricari facere te- netur magister iohannetus denarios qui dimidii grossi sabaudie vo- cabuntur ad novem solidos et septem denarios in pondere ad mar- cham de troyes et ad sex denarios duodecem granos argenti nostri in lege et habebunt de remedio in lege pro marcha duos granos et in pondere pro marcha unum denarium ex dimidiis grossis pre- dictis et capiemus pro dominio nostro unum denarium gros pro marcha et dabit dictus magister mercatoribus octo florenos duos denarios gros de argento nostro sicut supra admoderato ad legem dittorum dimidiorum grossorum. idem faciet dittus magister dena- rios qui quarti vocabuntur ad duodecem solidos otto denarios in pondere pro marcha de troyes et ad quatuor denarios sex granos de lege pro marcha de troyes et habebunt de remedio in lege pro marcha duos granos et in pondere pro inarcha unum de- narium quart et capiemus pro dominio nostro pro qualibet mar- cha dictorum denarioram quartorum dimidium denarium gros et dabit magister mercaltoribus pro marcha argenti nostri ad pondus de troyes admoderati ad legem dittorum denariorum quartorum otto florenos computatis duodecem denariis gros pro quolibei floreno dicte monete. item faciet cudi et fabricari denarios fortes nigros ad octo denarios fortes pro quolibet grosso ad sexdecem solidos octo denarios in pondere pro qualibet marcha de troyes et ad duos denarios sexdecem granos in lege pro marcha de troyes ar- genti nostri et habebunt de remedio in lege pro marcha duos gra- nos et in pondere pro marcha duos denarios fortes. et capiemus pro iure seignorie nostre pro marcha decem denarios fortes et da- bit dictus magister mercatoribus pro marcha argenti nostri admo- derati ad legem dictorum denariorum forcium octo florenos dicte mo- nete. item fient eciam denarii albi ad duodecem denarios pro uno grosso de viginti quatuor solidis sex denariis pro marcha de troyes 268 DELLE ENTRATE et ad duos denarios duodecim granos de lege argenti nostri et ha- bebunt de remedio in lege duos granos et in pondere pro marcha duos denarios blanchantes et nos capiemus pro seignoria nostra pro qualibet marcha dictorum blanchantorum unum denarium gros- sum et dabit idem magister mercatoribus pro qualibet marcha ar- genti nostri admoderata ad legem dictorum denariorum octo flore- nos pro marcha ad pondus de troyes. item quod omnia remedia que reperientur in monetis nostris predictis tam auri quam argenti faciendo examinaciones seu /es essais monetarum positarum in boistis nobis pertineant de pleno iure. item volumus et tenore pre- sencium ordinamus quod omnes monete argenti predicte fiant cu- dantur et fabricentur ad cuneum impressuram signum et caraterem monetarum nostrarum argenti novissime statutarum excepto signo magistri et quod ipse monete habeant. eundem cursum et misam et implicentur sicut monete nostre suprascripte. item eciam. pona- tur in dicta boistia de auro pro singulis decem marchis una pecia dittoram denariorum auri prout supra scribitur et consimiliter fiat de denariis grossis sicut de auro ac eciam de dimidiis denariis grossis fiat sicut de denariis grossis et auro et de ceteris monetis ponatur in ditta boistia de singulis quinque marchis unus denarius ci ad quantitatem minorem scindat garda unam partem dittorum denariorum. item volumus ac eciam ordinamus quod dilectus ares- minus provane generalis. monetarum nostrarum magister possit et debeat et ad eum pertineat ordinare et constituere et confestim constituat unam discretam et sufficientem personam que sciat fa- ctum et artem monetarum. que visitet monetas nostras et inspiciat qualiter ipse magister monetarii et operarii in regimine monetarum nostrarum pro tempore se habebunt. que. eciam totis viribus ne billioni extra terram nostram per aliquem deportentur provideat et que visitet nundenas mercatos pontes portus districtus et passagia per quos billioni extra terram nostram possent portari cui magi- stri monetarum nostrarum pro suis expensis et labore teneantur dare pro singulis marchis monete argenti quam ut supra cudi fa - DELLA MONARCHIA. DI: SAVOIA. 269 ciemus unum denarium fortem. et pro singulis marchis auri duos denarios fortes quique eciam fideliter advideat ne in foris vel mer- catis false monete capiantur vel quomolibet implicentur. item quod garda moster et dictarum monetarum scribat et scribere teneatur in suis memorialibus ac registris annum diem et quantitatem expe- dicionum et quot pecie reponantur in boistia sive sit in auro sive in argento et quot etiam marche auri vel argenti suo tempore contingerit expediri. item quod dictus garda noster diligenter et solicite advideat ne dictus magister tradat aliquam summam vel quantitatem auri vel argenti quin ipse custos sciat pondus quanti- tatem et summam eorum que monctariis expedientur atque traden- tur. Quodque dicti monetarii non audeant vel presumant sub pena corporum suorum capere nec tradere argentum dicto magistro nisi vocati et presente dicto custode nec dictus magister illum recipere audeat vel presumat et quod dictus garda semper debeat esse pre- sens quotiescumque operarii reddent breves suos dicto magistro nec audeat vel presumat ipse custos locum aut villam absentare ubi monete nostre fabricabuntur ut supra sed ibi debeat continue re- sidere dum operari et monetarii dictarum monetarum ibidem ope- rabuntur. item quod dictus garda habeat unam bonam archam for- tem anterius et posterius bene ferratam in qua sint due sere et due claves fortes et bene composite verumptamen dissimiles et dif- formes quas claves nulli debeat expedire vel aliter commendare in qua archa reponatur boistia monete una cum cuneis eiusdem mo- nete et sic dicta archa infra magisteriam prefati magistri iohan- neti adeo ne dictus magister possit dicere quod in dictis mo- netis fuerit factum aliquid novitatis. ‘et provideat ipse custos ne dicta boistia apperiatur sed quandocumque ipse faciet expedicio- nem aliquam quod ipse immittat per foramen argentum et aurum quod tune fuerit expeditum et sigillet ipse garda vel claudat cum bonis clavibus illud foramen ad finem quod nillus possit dolum vel fraudem committere nec in dicta boistia aliquid immittere vel ex ea aliquid extrahere. item quod si contingat . dictum gardam 270 DELLE RENDITE quocumque casu extra locum accedere. quod licet boistia sit in ar- cha ipse sigillet boistiam desuper unam de clavibus boistie ad finem quod ipse garda agnoscere possit. si aliquid esset ibidem novi fa- ctum. Item quod ipse garda provideat ne in dicta boistia ponatur aliquid nisi de moneta que fabricata fuerit illa die et quod in dicta boistia sint tres claves dissimiles et difformes quarum unam custo- diamus nos vel quem deputabimus aliam dictus magister generalis et reliquam dictus. magister debeat custodire. item quod dictus garda teneatur fideliter custodire dictos ferros prout est hactenus fieri consuetum. item quod dictus custos faciat et facere teneatur fieri solucionem et expediri mercatores quemlibet in ordine papiri de billiono quem ad monetam adduxerint et quod nulla sit perso- narum acceptio quin omnes et singuli secundum prius et poste- rius in suo ordine expedicionem debitam consequantur. et est scien- dum quod argenium nostrum vocatum argentum comitis et argen- ium vocatum argentum le roy sunt eiusdem legis. item quod dictus aresminus. provane magister generalis monetarum nostrarum’ tenea- tur, et debeat visitare monetas nostras quater quolibet anno et facere examina et providere pro posse ne committantur ibidem quevis fraudes. et pro pena et labore suo capere debeat singulis annis. pro eius salario et labore. octies viginti florenos auri parvi ponderis. quod salarium magistri monetarum nostrarum tam citra quam ultra montes quilibet. pro parte media sibi satisfacere teneatur nomine nostro de emolumentis et exitibus nobis obvenientibus de et occasione iurisdicionis et seignorie nostre predicte. et nos ipsos octies viginti florenos auri habitos a dicto aresmino in prima solu- cione cum copia presencium: litera de recepta et in singulis aliis solucionibus dumtaxat litera de recepta in tradendo primo et se- quentibus computis sine difficultate qualibet precipimus allocari. item volumus quod quando et quocienscunque nobis vel generali magistro nostrarum monetarum placebit facere examinationes boi- stiarum monetarum predictarum tam auri quam argenti quod talis examinatio fiat per homines per nos ad hoc commissos et iuratos DELLA MONARCHIA DI SAVOIA. 271 probos et idoneos non suspectos in arte monetarum expertos quo- rum proborum expertorum non suspectorum habita relacione fiat absolvendo vel condempnando iusticie complementum quasquidem monetas nostras auri et argenti et omnia et singula suprascripta promisit prefatus magister iohannetus de reczeto ad sancta dei evangelia sub suorum bonorum obligacione quorumcumque. que omnia nobis propter hoc supposuit et submisit bene et fideliter re- gere custodire gubernare cudique operari et fabricari facere sub le- gibus ponderibus braczagiis remediis caractis modis formis condi- cionibus et statutis superius expressatis. iura nostra perquirere diligenter et servare. neminem dicti officii pretextu indebite opprimere vel gravare nobis fidelis et legalis existere statum et honorem nostrum fideliter conservare. utilia procurare inutilia evitare et alia omnia singula facere et fideliter exercere que dicto officio pertinent et incumbunt odio favore timore sepositis et alio quolibet inhonesto sub penis tam iure scripto quam non scripto super hiis cautis capitulis et statutis. mandantes et precipientes expresse universis et singulis officiariis iusticiariis fidelibus et subditis nostris presentibus et fu- turis vel eorum loca tenentibus quatenus predicta omnia et singula teneant ac actendant firmiter et obserrent in nullo contrafaciant vel opponant sed quoscumque mercatores et billionos ad dictas mo- netas nostras portantes salvos teneant et securos eos per loca castra passus et districtus nostros et suos ire redire stare morari conver- sari paciflfice faciant et permittant sine solucione vel peticione ali- cuius pedagii dacii vel gabelle et de salvis et securis conductibus eisdem faciant quocienscumque sibi opus fuerit officialiter provideri privilegiaque et libertates immunitates et franchisias eis datas et concessas per nos et antecessores nostros magistris monetarum mo- netariis et operariis ipsorumque familiaribus et nunciis manuteneant et deffendant. datum ypporegie die vicesima tercia februarii anno domini millesimo tercentesimo nonagesimo primo. pero dominum. presentibus dominis. episcopo mauriane. otthone de grandissono. de fromento. iohanne de corgerono. iohanne de conflens. sancti mauricii. et ieronimo de balardis. reddantur litere portatori michael de corso. O) 3 w DELLE ENTRATE RI NOTARE Ricognizione delle ragioni della mistralia di Chambuerc (1209) Dagli Arch. Camer. Thomas comes. maurienne et marchio in ytalia et anselmus de sancto reneberto atque guido altecumbe dicti abbates. universis Xpi fidelibus ad quos littere iste pervenerint. rei geste noticiam anno ab incarnatione domini millesimo ducentesimo nono in clau- stro yenne. petrus de sasel vicecomes de novaleysi. berlio de cham- buerc. guido de gerbays. guifredus de capilluto. et bernardus iacobi nepos eius. burno de submonte. boso de gerbays. iurati recoguo- verunt ministraliam de chambuerc a fossato de malvant usque ad lacum ei usque saveriam a supercilio montis catti usque ad roda- num infra terminos istos ad quamcumque villam venire contigerit ministriales pro negocio comitis vel terre. tam de hominibus co- imitis quam de aliis expensas sumere possunt. habent etiam in cha- vannaria des mavini duas gerbas. de manso bernardi rufi quatuor. ad iungey del gaet quatuor. ad billema in manso. de lescambes quatuor. in chavannaria richardi de via duas. in manso ecclesie quatuor. in manso aduaschet quatuor. in manso del molar quatuor. in chavannaria iohannis de balma duas. arcoleres in terra \canoni- corum quatuor.. in tota terra de fistiley quatuor. apud. sanctum paulum in tenemento uboudi quatuor. ad centaneu XII. ad novel- les quatuor. in manso de vivers quatuor. ad mareu in manso de bussum quatuor. in manso ad beruars et freschei quatuor. ad ver- temays in manso del coster quatuor. in manso de norey quatuor. in manso del loustrum quatuor. in manso de petro quatuor. in illo de lacumba quatuor. alkamblayuns quatuor. ‘in tenemento andrin et iohannis comet duas. in chavannaria de verdans duas. in manso de voluins quatuor. in manso de tochisvam quatuor. in manso pon- cier del vilar quinque. ad chavalins duas. a bresseu unas. ad cho- «TI DELLA MONARCHIA DI SAVOIA. 273 esches duas. apud sanctum petrum in manso alberti et giroldi gui- lum quatuor. in chavannaria daucey duas. lidurant elyciminen duas. in chavannaria del molar duas. fabri de brusi quatuor. iacelmus et si pareret quatuor. panes. menb."a. galline. pulli. taschie. banni. quinque solidorum et infra ministrialium sint. de quibus debent ha- bere pueri comitis transeuntes expensas et subculares et caligas si non habuerint. de magnis placitis debent levare ad opus comitis bona fide. postea comitisse. deinde vicecomitis demum placitum suum non tamen secundum tertiam vel quartam partem sed ratio- nabiliter et mensurate. terram comitis debcat dare in alberiamen- tum et postea ipsi ostendere et si comiti non placuerit alberiamen- tum licet mutare. avenarias alias vel gerbarias non habent in terra per violenciam nisi gratis homines ipsis dare voluerint. adventicy si infra annum et diem non acceperint alberiamentum vel dum fecerint alium comitis erunt. si interim mori contigerit aliquem ex ipsis nisi aliquid alicui dederit vel helemosina fecerit. res mortui comitis erunt. in villa yenne mitti pignora secundum quod vendi possunt et servari a creditoribus usque ad decimam quartam diem et postea possint vendi nisi spontanea voluntate serventur a credito- ribus. si vendiderint pignora ‘bona fide id faciant. si plus acceperint reddant dominis pignorum. si minus reddatur ipsis. mulas vel mu- los. equos asinos et onoriferas (sic ) bestias per violentiam non debent capere ab hominibus yenne nec ab aliis omni tempore. annone comitis a debitoribus reddantur yenne. vinum deferant mi- nistriales ubi voluerit comes. nec tamen vim alicui faciant bestia- rum tam pro vino quam pro alio negocio suo. castellani de petra castri nullam debent exercere iurisdictionem vel dominium in me- stralia de chambuerc. altera pars servatur in altacumba. Tomo xxxvi. i 35 294 DELLE ENTRATE No XII Amedeo V riceve nella sua salvaguardia Pietro e Giordano fratelli de Sade (31 dicembre 1322) Dai protocolli del notaio Reinaudi Arch: Cam. Nos Amedeus comes sabaudie notum facimus universis quod nos pro nobis et nostris successoribus recipimus et retinemus in nostra salvaguarda vero guidagio et conductu petrum et iordanum de sado fratres de avignono mercatores eorumque filios et familiares in per- petuum cum rebus bonis iuribus et merchandiis suis omnibus ve- niendo eundo stando conversando redeundo et contrahendo mer- candias et quecumque alia dum tamen licite faciendo per totam terram iurisdictionem et baroniam nostram et hoc pro una libra piperis singulis annis in festo s. michaelis pro dicta garda persol: venda castellano nostro avilliane ect. solvendo pedagia et usagia consueta. mandantes et precipientes omnibus et singulis vicariis baillivis iudicibus castellanis rectoribus officialibus subditis et fide- libus nostris quibuscumque amicos et caros et devotos nostros ubi- libet deprecando quod petrum et iordanum predictos liberos et fa- miliares eorum ut supra gardearios nostros cum bonis et rebus mercandiis et familiaribus. eorumdem conservent et conducant et manuteneant contra omnes ab omni vi et violentia ect. non obstan- tibus guerris cambiis represaliis nec obstantibus quibuscumque. dat. apud rippolas die xxxr mensis decembris anno domini m. ccc. xxil. DELLA MONARCHIA DI SAVOIA. 2 Ne: XIV 1 Amedeo VII dichiara che il sussidio straordinario che gli fu con- cesso dagli uomini della terra chiusa di Lanzo non si trarrà a conseguenza ( 29 agosto 1390 ). Dal registro intitolato Ziber franchisiarum comunis lancei dell’Archivio del capitolo della Metropolitana di Torino. Nos Amedeus comes sabaudie notum facimus universis quod cum dilecti fideles nostri homines comunitatis et universitatis loci nostri lancei infra menia dicti loci commorantes nobis concesserint cer- tam florenorum summam graciose munere noviter nobis facto hinc est quod nos ad ipsorum burgensium nostrorum requisicionem in- stantem dictis burgensibus graciose concedimus et largimur dictam donacionem et concessionem eis in posterum nocere non ‘posse nec ad aliquam adversam consequenciam posse trahi. quoniam ipsum munus fatemur nobis factum fuisse per eos non ex debito sed ex gratia speciali. datum yporegie die. xxx angusti anno domini m. ccc. xc. per dominum relatione domini episcopi ‘;morianensis. NEO Lettera d’Ibleto di Challant capitano e luogotenente generale di quà dai monti al conte di Savoia , sopra le antiche osservanze in materia di sussidii. (4 dicembre 1408) Dal registro precitato dell’ Archivio Capitolare della Metropolitana. Au conte de Savoie mon tres redoubie seigneur. mon tres re- doubte seigneur. je me recomande a vous si tres humblement et de cuer comme je puis. mon tres redoubte seigneur plese vous savoyr che (sic) de dons que lon a acoustume de fere an pays de pardeca a mes tres redoubtes seigneurs vos predecessonrs et vous aussi la coustume est celle qui sensuit. Primierement que quand ceulx d’Avillane donnent trois mille florins les abbayes de s.' Michiel de l’Estoyle et de Suyse en payent Il et ceulx d’Avil- 276 DELLE RENDITE liane mille. et ceulx de Rivolles tant comme ceulx d’Avilliane et Lans tant comme ceulx de Rivolles. et Ciriay. Caselles. et saint Muris tant comme ceulx de Lans. Bien est voirs (séc ) mon tres redoubte seigneur quaucuns fors ceux de Lans en cas de necessite si ont contribue et donnee a ma requeste au nom de vous et de leur bonne voluntee plus gran quantite quil ne devoient per vertu de la coustume dessusdite. et en ce faisant je lour ay promis quil ne lour torneroit point a prejudice. la quel chouse de surplus. mon tres redoubte seigneur lon lour vont acostumee et fere afere ‘conti- nuellement contre la coustume et bonne usance: de mes tres re- doubtes seigneurs vos predecessours dessurdite et de vous aussi. en especial par le tems que je cognois lusance et la coustume du pais pardeca. et ce je vous tesmoigne en verite. et car le dessudits de Lans ont tousiours este et.sont bon et leal envers mes tres redoubtes seigneurs Vos predecessours dessusdits et vous aussi et seront. et gens en qui lon trouve tousiours bon secors et aide en cas de ne- cessite. et aussy que jay este requis de part eulx que je vous voul sisse certiffier de la verite des chousses dessurdites. dont je vous certiffie et tesmoigne par ces presentes. je vous supplie mon tres redoubte seigneur si tres humblement de cuer comme je puis que les dessurdits. de Lans doivent contribuer et donner pareillement que ceulx de Rivolles par enssi quil ont acoustume de fere comme dessuz et pour ceste cause mon tres redoubte seigneur il sen vont par devers vous si vous supplie comme dessur quil les vous plese avoyr par specialement reccomandes en lour gardant et observant les bonnes coustumes du temp passe et ma promission dessurdite la quelle je lour fis au nom de vous. et je prie au benoit fil de dieu mon tres redoubte seigneur quil vous doint tres bonne vie et lon- gue. donne en yvorie le quart jour de decembre- lan de notre ° seigneur m . Im et vol. De par vostre tres humble servitour et feal Yble seigneur de Challant capitaine ec. rd 10.9‘ e@ E -rema : D] << A ina rw Fd Li - pre ” Qubo TAN e T “est gg *OUTIO TI