^s.//oj^ y:/. A*<< fdt^t: . r ^ J±YJa_ "W^ DELL'IMPERIALE REGIO ISTITUTO < DEL / REGNO LOMBARDO^VENETO. VOLUME -PMMO, «^^ V?^?-f /cf/it ^ /ff'/J'. MILANO DALLIIMP.. REGIA STAMPERIA 1819. iyacra <^m/iena/e Ut^eaic f^6a<^^'a/ ^ZJo' ue7Vto c/ea/c fyV/Ueiiati de//aano. ^',tym/iena/e Um^io ^aMcUo ac t/aeiize, ^eder& ea fL/Urh ^uco'mUo a^ aa&fd u/fmici /id trou-ato 7i&//c& c/&7n^7iza cie/Zci <^h. oK mi ae7ie^'odo S'Toteftore, al gua/e aal cmdo Mw nci /iroicu7'ato c/o cor7'i^/w7iae 7'e ui aii&^c a/toTu //'c /e/cam77U mi/7ti, co7t aael /u(c wt'o z&co ea im/iemio cne /ie7^ uu -di /lofeva. 7iZ= , e /wr ca/e nc^/c mmi Mi^X)TJi, c/ie atmua^e a /ue ael fLyrcrfio ao Q). tyf0. mrono /aite d^mie c/e/ ^ov^^fio l/adiro m o/i€7'a^ cte Aiwt tyfhenwri ^ort Am'e Mate aua Ucce noTV /lOcAl /a/iw-r(y Aca^ cu?^te ci '}7ia?i£e^i&i'6 d aecoro ae/ici /ladna fai^e//ei, ^(Z '?'6d-aicaraa?id ce Aa&J?ze' &J^de, I emcUzcane, /a Atcn'ui cte/cO' natarO' e lO' /lerrezioncita. {/?tm(dtnte mcccuzio e /i^e^mo <7ii^a art-ediu c/ie '?'ieJcono a. '?m(iuo'ra?'e ce maco/mie adu ac vojo^nyzc cCe/cd a^ia^ o Ja7i7W i7iv&7ttame dc nuoi^,. c/udo ao c/eMe il ^iclMco a//'a/ta /i}'oeezw7ie ed ac a&7ie'7'Odc JuUcd/ co-7t c/ie /a tyfu. Id. 0710^0. Id/'Sdiido : a&7i e /o Joddc7ifi: e noii co-nte7da ac ta7tto 0da /o am ma a Auo cno on^ern'e cw ayTo-Jio aic&^ a/??u/e tnoulo. OJcUa aactco ollDaeiJta' Yoikxcu ViuifuJimi , oJJejuioJtJjiiui , ^cdc/i'jjimt ietvi e iuSdi/t ISTORIA DELL' IMPERIALE REGIO ISTITUTO. PARTE PRIMA. / SSasasaSESaSHSHSHSHSaSHSHSHSaSESHSESHSHSaSHSaSHSHSaSHS 1ST ORI A DELLA PRIMA FONDAZIONE DEI LAVORI DELL' L R. ISTITUTO. JLj Istituto di Scienze , Lettere ed Arti fu stabilito dall' articolo 297 degli Statuii della Repubblica Cisalpina proraulgati iiell' anno 1797 e confermato nell' anno 1802 coU' articolo J2i degli Statuti della Repub- blica Italiana. Esso ebbe forma da una legge del Corpo Legislative iu data del 17 agosto 1802. Nella sua origine era composto di sessanta membri divisi in tre sezioni : la prima di scienze fisiche e raatematiche ; la seconda di scienze morali e politiche ; la terza di letteratura e belle arti. Ai trenta di eta pill avanzata venne accordata una pensione ed imposta I'obbligazione di convenire ogni anno nel luogo destinato alia residenza del Corpo, e di presentare ogni biennio cjualche pi'oduzione degna d' essere im- pressa nel volume degli Atti. A due dei socj , da eleggersi ogni tre anni , furono affidate le incumbenze di Segretario e di Vicesegretario. Due raesi dopo la data del citato decreto il Goveruo nomin6 mem- bri deir Istituto i trenta individui qui sotto notati : Scarpa. Moscati. Mondini. Spannocchi. Fantoni. Oriani. Appiani. Savioli. Villa. Soave. Volta. Isirabardi. Canterzani. Paradisi. Bonati. Cagnoli. Daiidolo. Monti. Morcelli. Bianconi. Fontana Greg." Saladini. Brugnatelli. Bettinelli. Monga. Pino. Cassiani. Longo Alfonso. Rosa. Mari. Vol. I. P. I. a 10 ISTORIA. DELLA PRIMA FONDAZIONE 1 nuovi elctti si uiiirono al principio dell' anno i8o3 nella citt^ di Bologna , assegnata per sede dell' Istituto , sotto la presidenza del si- gnor Conte Moscad , ed ivi coniposero una lista dupla per 1' elezione degli altri trenta individui die ailcora mancavano al compiniento del numero. Da questa lista, con decreto del Presidente della Repubblica, furono trascelti ed aggregati all' Istituto Bonaparte Napoleone. Blclzi d'Eril. Delanfrcs. Fortis. Castiglioni. Del Bene. Furnagalli. Bi-unacci. Amoretti. Stratico. Pozzo. Atti. Desimoni. Palletta. Avanzini. Testa. Passeroni Aldiui. Venini. Piazzi. Bossi Luigi. Uttini. Ruffini. Cesaris. Fontana. Araldi. Venturi. Guglielmini. Lamberti. Reggio. Laghi. Non tardarono i socj , tanto della prima die della seconda elezione , a congregarsi di nuovo in Bologna , onde gettare di conc&rto le fon- damenta delle future scientifiche operazioni. La prima cura dell' adunanza , di cui fu fatto Presidente il signor Conte Volta , si fu di eleggere il Segretario ed il Vicesegretario. Al primo ufficio fu trascelto il signor abate Fortis , al secondo il signor abate Avanzini. Nello stesso tempo si pens6 a stendere il regolamento deir Istituto e a stabilire i tempi in cui dovevansi tenere tanto le convocazioni generali , quanto le particolari adunanze. , , Alle prime ( alle quali erano chiaraati indistintamente i membri tutti pensionati ed onorarj die non fossero dispensati da legittima scusa ) fu assegnato il raese di kiglio di ciascun anno ; alle seconde poi , da tenersi due volte al mese , dovevano intez-venire tutti i membri pen- sionarj stabiliti in Bologna ed alcuni ancora di quelli residenti altrove , i cui nomi venivano di volta in volta estratti a sorte allorclie i primi non bastavano a compiere il numero legale di dieci. Nell' ottobre dell' anno stesso manc6 di vita il segretario Fortis , onde col superiore conseuso furono invitati tutti i socj a raandare per E DEI LAVORI DELL L R. ISTITUTO. 1 1 letter a le loro schede per la noruina del successore. Cadde questa sul socio Araldi , il quale , lasciata la cattedra d' istituzioni mediche che copriva nella cittii di Modena , si trasferi a Bologna , ed assunse al principio dell' anno segueute la sua nuova incumbenza. Nel successive luglio , secondo ci6 ch' era stabilito , i raembri dcir Istituto si radunarono per 1' aniiuale convocazione : si tennero diverse sessioni, ed una fra le altre pubblica e solenne, nella quale si lessero la storia de' lavori del> corpo , I'elogio d' uno de' socj mancato di vita , ed inoltre varie dissertazioni sopra ai'gomenti scientifici e letterarj. II corpo intero dell' Istituto si raduno di nuovo in Bologna nell'anno i8o5, ma cio fu per 1' ultima volta. L' esperienza aveva raostrato che a trarre da questo scientifico stabiliraento il massimo vantaggio era necessario trasferirne la residenza in Milano, ove un maggior nu- mero de' suoi membri avevano il loro doniicilio , o potevano concor- rervi dalla vicina universita di Pavia, e dove piu prontamente avreb- be ricevuti ed eseguiti gl' incariclii die di quando in quando gli erano dal Governo affidati. L' Istituto stimo suo dovere di non nascondere al Governo queste sue riflessioni , e stese a tal uopo un indirizzo che venne accolto fa- vorevolmente. Ma la legge che lo chianio a radunarsi in Milano, e che gli diede una forma piu opportuna ed una maggiore estensione , non fu promulgata prima della fine del i8io. In questo intervallo si continuarono in Bologna le private adunan- ze , si raccolsero e si esaminarono le produzioni trasmesse dai diversi membri, e di esse si arricchirono gli Atti dell' Istituto, dei quali sono esciti alia luce successivamente sei volumi. II decreto del 25 dicerabre i8io non ebbe solo per iscopo di trasfe- rire nella capitale la scde dell' Istituto, ma d'indurre nel tempo stesso non pochi cambiamenti nella sua primitiva costituzione, parte suggeriti dair esperienza, parte resi necessarj dali' estensione che aveva ricevuto in quel tempo il nostro territorio. II numero de' membri pcnsionati venne cresciuto del doppio , e ad esse fu aggiunto uu numero illimiiato di socj onorarj ; I'adunanza 12 I5T0KIA DELLA PRIMA FONDAZIONE generale fu resa biennale : vennero stabilice nclle citta di Veiiezia , Bologna , Padova e Verona akrettante sezioni formanti un sol corpo colla sede centrale , ma per6 autorizzate a convocare i loro niembri in ispeciali adunanze e a tenere distinti i loro atti. Fu a tal fine as- segnato a ciascuna un proprio segretario. ^^ Per porre ad effetto queste nuove disposizioni s' intimo in Milano una generale convocazione pel mese di raaggio del 1811, la quale si occnpo in due oggetti ; 1' uno di stendere sulle basi del sopraccitato decreto uii nuovo regolamento ; 1" altro di preparare una lista doppia per la nomina de' nuovi soggetti necessarj a riempiere i posti rimasti successivamente" vacanti , ed a compiere il numero de' membri , clie , giusta quauto era stato stabilito , doveva ascendere fra i pensionati e gli onorarj a novanta. Nella lista doppia presentata dalF Istituto al Governo vennero insieme proposti i segretarj delle quattro sezioni ed anche il vicesegretario della residenza centrale j giacche il signor abate Avanzini fin dall' anno 1807 era stato proraosso ad altro impiego. La scelta de' nomi che dovevano essere estratti da queste liste , e die 11 Governo aveva riservata a se stesso , fu pubblicata nel succes- sive anno 1812, e coniparvero nominati raembri pensionati, oltre i dodici niembri onorarj gia eletti negli antecedenti decreti , i signori Aglietti , Segretario delC accademia di Venezia. Breislak , IspeUore generale delle poheri e de nitri. Brocclii , IspeUore delle miniere. Caldani , sid IspeUore di notomia e medicina in Bologna. Cossali , Professore di calcolo sublime nelC universixd di Padova. Carrainati , Professore emerito di medicina. Fattori , Professore di aiiatomia neW universitd di Pavia. Malacarne , Professore d' istituzioni chirurgiche e di ostetricia all' u- niversitd di Padova. Monteggia, Professore d' istituzioni chirurgiche e di ostetricia in Milano. Molina di Bologna. Morosi , Eegio Meccanico. Racagni , Professore di fisica nel liceo di Mdano. E DDl LAVORI DELL I. R. ISTITUTO. 1 3 Canova , Scultore. Garattoui. Meiigotti, Senatore. Morelli, Bibliotecarlo in Fenezia^ Nani , Consigtiere di Stalo. Pindemonte IppoHto , Letterato. Memhri onorarj. Arici , Segretario della sezione delC istituto in Ferona. Assaliiii , Professore di clinica chirurgica in Milano. Asseinani , Professore di lingue orientati. Borda , Professore di materia medica nelC universita di Pavia. Bjssi , Professore di pittura. Biamonti , Professore emerito di belle lettere. Brera , Professore di clinica medica neW universita di Padova. Caccianino , Direttore della scaola del genio in Modena. Cagnola , Architetto. Cailini , Ficesegretario delV isticuto. Chiininello, Professore dt astronomia neW universita di Padova. Collalto, Professore d' introduzione al calcolo sublime neW universita, di Padova. Configliachi, Professore difisica sperimentale ndV universita di Pavia. Corniani, Presidente della Corte di giustizia civile e criminale del Mella. Francesconi, Professore del codice Napoleone nelV universita di Padova, Jacopi , Professore di fisiologia nelC universita di Pavia. LoiigUi , Professore cC incisione nelC accademia di Milano. Luosi , Gran Ciudice , Ministro della giustizia. Magistrini, /Vf>/*e5sore di matematica sublime nelluniversud di Bologna. Mangili , Professore di storia naturale neW universita di Pavia. M^'zzo^anti, gid Professore di lingue orientali nelV urwersitd di Bologna. Re, Professore di storia naturale nelV universita di Padova. Rosinini , Letterato. Rossi » Jspettore generale della pubblica istruzione. 14 ISTORIA DELLA tRBIA FONDAZIONE Strocchi , Ficeprefecto di Faenza. T a.mh\\Y'n\i, Professore di dir'uto naturule e sociale neW uniwrsitd di Pavia. Valeriani, Pro/essore di economia polidca nelV universud di Bologna. Venturoli , Professoie di matemadca a Bologna. Dopo qiiesf epoca si cominciarono dai ruerabri raccolti in Milano le radunaiize prescritte dai regolamenti ; nelle prime tenute nei mesi di aprile e maggio del 1812 si attese a preparare i regolamenti interni che dovevansi osservare , a distribuire i socj nelle diverse classi e nelle diverse sezioni , ed a proporre le massime per I'organizzazione degli Atenei che, giusta il decreto del 2 5 dicembre 1810, dovevano formarsi nelle diverse provincie ed esser posti in corrispondenza coir Istituto. II di 10 giugno ebbero principio le radunanze delle classi scientifica e letteraria , le quali per piu d'un anno si radunarono separatamente e sotto la presidenza del rispettivo Direttore. Col segaito , diminnito d'assai il numero de' socj, parte dalla morte rapiti , parte trasferitisi altrove, si prese la determinazione di riunire le due classi in una, e di frammiscliiare nelle comuni radtinanze la lettura delle Memorie scientifiche con quella delle letterarie. Delle Memorie recitate nelle radunanze suddette fine al termine dell' anno 1 8 1 3 diarao qui riuniti e disposti secondo I'ordine de' tempi gli argomenti. Quelle che dai rispettivi autori vennero consegnate agli Atti si pubblicano nel presente volume o per intero od alquanto ab- breviate; percio abbiamo creduto inutile il porne nell'eleiico generale delle letture alcun estratto, e ci siarao ristretti a citare la pagina alia quale si trovano, accio ciascuno possa consultarle. Al tempo del Fontenelle il succinto delle Memorie contenute nel volume non era senza utilita; lo studio delle scienze fisiche e ma- tematiche non erasi cosi diffuso come al presente , sicche giovava ingeiitilirle cogli artificj dello stile e porli all' intelligenza comune: e il Segretario dell' accademia delle scienze sapeva quest' arte in un modo meravigUoso. A' giorni nostri iiessuno certamente s'arresterebbe E DEI LAVORI DELL' I. R. ISTITUTO. I 5 a leggere in un estratto il soggetto d' una memoria accademica, po- teiido appagare la sua dotta curiosita e trovaria in originale col solo volgere alcune pagine. Molte fra le Rlemorie lette all' Istituto furono pubblicate o in sepa- rate opere , o iu diverse raccolte periodiche ; poche sono rimaste ine- dite presso gli autori : si delle une che dalle altre abbiamo creduto opportuno 1' aggiungere un breve cenno , estendendoci alcjuanto piii su queste ultime , e citando per rispetto alle prime il titolo dell'opera ove si possono rinvenire. Le sezioni dell' Istituto residenti in Venezia ed in Padova non co- minciarono a tener radunanze che nell'anno 1814, e percio abbiamo serbata la notizia de' loro lavori accademici pel seguente volume. NOTIZIA DELLE DISSERTAZIONI ACCADEMICHE LETTE NELLE RADUNANZE DELL'I. R. ISTITUTO IN MILANO NEGLI ANNI I 8 1 2- 1 8 1 3. Adunanza del di lo giugno 1 8 1 2. I. k3oPRA la dimostrazione data dal signer Cav. Ruffiru dell' impossibilud di risolvere le equazioni generali algebraiche superiori al quarto grado, di Antonio Caccianino. Qaesta Memoria 6 la prima che incontrasi \ pubblicata nel presente volume. Vedi pagina 3. II. Estratto di due opuscoli del signor J. P. I. Monheim comunicato alT l- stituto dal signor Conte Volta. I due citati opuscoli , che dall' autore erano stati spediti in dono all' Istituto medesimo , trattano dell' ana- lisi chimica delle acque solforose di Aquisgrana e delle acque ter- mali di Borcette. III. Dimostrazione delle formole date dal signor Lagrange nella sua Me- ■ moria sulV origine dei pianeti e delle comete , di Barnaba Oriani. Questo scritto fu pubblicato in lingua tedesca nella Mensuale corri- spondenza del Barone di Zach, volume XXVII, pagina 3 1 8. IV. RiJIessioni sopra la suddei.ta Memoria di Lagrange, di Scipioue Breislak. Come il signor Oriani illustro co' suoi calcoli la parte matematica dello scritto di Lagrange, cosi il signor Breislak prese a comraentarne la parte tisica e geologica, facendo notare la somiglianza che passa fra r ipotesi di quell' illustre geometra e quella ch' egli stesso pro- pose suir origine del nostro globo nella sua Introduzione alia geologia. Vol J. PI. 3 I 5 NOTIZIA DELLE D1S3ER TAZIONI ACCADEMICIIE. Adunanza del dl 1 1 giiigno. I. Discorso storico sopra le viccnde di Guglielmina Boema, di Carlo Anioretti. £ noto ai Milanesi il norae di questa donna , che visse nel secolo decinioterzo, e nota e pure la condanna che di lei dopo la sua morte e de' suoi seguaci fu fatta dal Tribunale dell'inquisizione. II sig. Anio- retti, a cni vennero sott' occliio i processi origiiiali die conservansi nella Bihlioteca Ambrosiana, ne ha tratta la vera storia , coUa quale diuaostra essere falsa T imputazione datale dalla maggior parte degli storici che di lei scrissero , i quali la vogliouo fondatrice d' un se- greto consorzio , in cui sotto I'ombra di pieta si commettessero le pill infami dissolutezze. II. Sa^gio di un miovo comento delle opere di Virgilio , di Michele Araldi. Questo comento , che fu letto in diverse successive radunanze , trovasi compendiato nel presente volume, pagina 26. Adunanza del di 2^ giugfio. I. Sopra la possibilitd delt estrazione delta matrice, di G. B. Palletta. Vedi pagina i5. II. Sopra il movimenCo oscillatorio delle fabbriche , di Angelo Cesaris. L' autore ha consegnato al volume delle Efferaeridi di Milano per r anno 18 14 la serie delle sue osservazioni relative a questo sin- golare fenomeno , e 1' esposizione delle diverse ipotesi che si possono immaginare per renderne ragione. III. Prima parte d' un trattato contenente varie riflessioni sopra parecchi punti di teoriche tneccaniche che semhrano bisognosi di qualche rischia- ramento , parte prima , di Michele Araldi. L' autore tratta di alcune difficolta che si preseutano nella teorica della resistenza de' fluidi, e spiega fra le altre cose 1' apparente paradosso dell' equilibrio che puo aver luogo fra 1' impulse d' un fluido die urta una superficie ■ con velocita finita e la seraplice pressiorie esercitata da un corpo pesantc. NOTIZIA DELLE DISSERTAZIONI ACCADEMICHE. I-9 Adunanza del di 2^ giugno. I. Sul dlritto di grazia , di Tornraaso Nani. Veggasi il compendio c\i questo scritto a pagina 35, II. Sul governo d Augusta e sul suo sistema politico, dl Alberto Desimoni. III. Saggio istorico iruorno alia vita del Maresciallo G. G. Trimlzio , di Carlo Rosraiai. Articolo estratto dall' applaudita opera del succitato autore su questo niedesimo argomento. Adunanza del dl 2 luglio. I. Di alcuni fossili delle colline reggiane , di Scipione Breislak, L' autore prende priraieramente in esame i corpi marini che ivi s'incontrano e che si assoraigliano nel modo di giacere, e spesso anche nei ge- neri e nelle specie a quelli del Piemonte , della Calabria e d' altre parti d' Italia. L' autore attribuisce la disposizione di questi corpi , i quali noil formano quegli strati solidi che altrove si osservano, alia fisica costituzione del mare primitivo , die non e stata sempre la medesinia, II. Sui prodotti dei fattori che sono funzioni simili d* una stessa quantita che varia per una differenza costante , di Giovanni Racagni. Vedi pagina $9. III. Sopra i succedanei ai medicinali delle due Indie, di Bassiano Carminati. L' autore espone i mezzi da lui adoperati nella lunga sua medica carriera per dare bastevole supplimento ai principali farmachi che ci vengono da remoti paesi; il saggio ch' egli aggiunse di queste sue varie ricerche aveva per oggetto gli emetici ed i purganti, ai quali egli trova nei nostri semplici variauiente irapiegati le diverse specie di succedanei capaci di eguagliare non solo gli effetti loro sensibili , ma i modi eziandio proprj alia loro salutare azione. 20 NOTIZIA BELLE DISSERTAZIONt ACCADEMfCHE. Adunanza del di 9 luglio. I. Sa^io del principj dai quali dipende il giudizio delle opere di archi- tettura civile, di Simone Stratico. Vedi pagiha io3. n. Canto primo del poema che ha per titolo : La Feroniade, di Viiicenzo Monti. Con questo primo canto 1' autore rec6 un saggio d' un suo poema epico , in gran parte allegorico , al quale somministrano argomento le vicende della ninfa Feronia, antica Dea dei Latini, per- segnitata dall' invidiosa Giunone , ed in fine trionfante e gloriosa. III. fntroduzione al saggio suUa poesih lirica antica emoderna, Ji Fran- cesco Venini. In essa I'autore indica I'origine della poesia e I'unione di questa coUa musica istruraentale e vocale. L' intero trattato sulla poesia lirica qui accennato vide la luce coi tipi del Silvestri , Milano 1818. Adunanza del di 16 luglio. I. Relazione sidl' opera avente per titolo : Cenni sulla teoria e pratica della dottnna medica del controstimolo del dottore Ozonam , di Pietro Moscati. II. Sopra la leva idraulica applicata alle manifatture ed alle arti , di Giovanni Aldini. L' autore proponendo questo metodo di produrre col mezzo della caduta dell'acqua un moto akernativo, fece vedere con opportune esperieuze eseguite con piccoli raodelli I'applicazione che potrebbe farsene a diverse arti , e le combiuazioni di varie macchine di simil genere fra di lore. III. Sopra un nuovo modo per aumentare Pampiezza del getto delle hombe, di Vincenzo Brunacci. Coasiste questo nell'unire un razzo alia bomba e nel caricare il mortajo in modo che il razzo con la sua coda sia davanti alia bomba nella direzione dell' asse del mortajo. 11 professor Brunacci esponendo le esperienze istituite con questo metodo riferi caiididamente le difficolta incontrate in questo suo primo tentativo. Vcggasi il Giornale di fisica e di chimica del signor Brugnatelli , tomo VI 5 pagina 171. NOTIZIA DELLE DIS3ERTAZIONI ACCADEMICnE. 21 rV. Seguito delta dlsscrtazinne sui succedanei ai medicinali esotici , di Bifssiano Canuiiiati. Vedi 1' adunanza del di a di questo mese. V. b'opra r urto de' Jliudi contro uii grave quiescente , di Vincenzo Bru- iiacci. La spiegazioiie del paradosso che s' iiicontra neila possibilita deir ecjuilibrio fra T urto d'uu fluido e la semplice pressione d'un peso , gia recata dal sigiior Araldi , ha ricevuto nuovo lume dalle considerazioni luatematiche del professor Brunacci. Vedi le Memorie della Societa Italiatia , tonro XVI, parte II, pagina 172. Adunanza del di 2^ lusdio. I. Progetto d'una storia della filosofia, di Giuseppe Biamonti. Nel saggio della citata storia clie I'autore ha dato all' Istituto , egli risale fino alia piu remota aiitichita, e spioga la forniazione del primo liuguaggio degli uotnini, che tutto doveva essere simbolico ed allegorico e, per cosi dire, pittoresco. Dai simboli poi e dalle allegorie vede egli nascere I'arte poetica, della qual origine una prova ei rinvieiie nella poesia d'Oniero, che assai piu di quella de' poeti posteriori avvicinasi alia pittura. II. Seguito del saggio della poesia lirica , di Francesco Venini. Adunanza del di 6 agosto. I. D'un nuovo fenomeno osservato neW urto deU'acqua, di Giuseppe Morosi. Vedi pagiua 1 17. II. lielazione sopra I' opera del signor dottor Anselmo Prato che porta per titolo : Osservazioni suW uso del salasso , di Bassiano Carminati. III. Continuazione del trattato sopra parecchi punti di teorica meccanica che sembrano bisognosi di rischiaramento , di Michele Araldi. IV. Memoria storica di tre gravidanze fuori dell' utero osservate nel corso di pochi anni , di Giainbattista Monteggia. Le due prime gravidanze , ch' egli sospetta tubali , scoppiarono nel ventre verso la fine del secondo mese , scampando tuttavia la donna da taiito pericolo ; la terza poi , che foroiossi probabiliuente all' ovajo destro , crebbe coi movimenti maiiifesti del feto fino al nono mese; indi fini colla ■j,2 NOTIZIA DELLE DISSERTAZIONI ACCADEMICHE. ossificazlone del feto medesirao, riraasto poi serapre nel ventre della donna , in raodo per6 die non gl' inipedi di concepir in appresso e mandar alia luce feliceraente quattro figli. Adunanza del di i% agosto. I. Contiiuiazione del saggio d' un nuoi'O . comento suite opere di Virgilio , di iMichele Araldi. n. Saggio d' un' opera sopra I' eccellenza delV incisione in rame, di Giu- seppe Longhi. Quest' opera , della quale 1' autore recito in varie occasioni all' Istituto non pochi articoli, forma un corapiuto trattato deir arte nobilissima da lui con tanto onore coltivata , e contiene congiuntaraente alia storia i precetti piu importanti per chi raira a perfezionarsi nello studio della calcografia. III. La Feroniade , poema , canto secondo , di Vincenzo Monti. Adunanza del di 3 dicemhre. I. Sopra un ernia osservata in un soggetto vivente , di Antonio Scarpa. Quest' ernia presentava all' esterno alcune singolari apparenze che potevano farla giudicare un' ernia sacro-ischiadica ; Tautore ne espone per ci6 rainutainente la storia, paragonando le sue osservazioni con quelle lasciateci dal Papen in una lettera all' Ailero ( Haller, disp. chir. , torn. Iff ) , e da Bose ( Programma de enterocele ischiadica , Lipsice 177a). La sezione del cadavere fatta molti anni dopo mostro la vera sede del male e diede occasione al signer professore Scarpa di comporre un' opera col titolo : Z>'ari' ermos del perinea. Pavia 1821. II. Sopra la metafisica delle prime operazioni deW algebra , di Ermenegildo Pino. Egli si e proposto principalmente di diraostrare che i diversi termini e simboli del linguaggio algebraico , i quali vennero per lo piu introdotti arbitrariaraente , hanno cio non ostante qualche ana- logia con varie idee appartenenti alia metafisica od alia raeccanica. III. Otllo spasimo della faccia , di G, B. Palletta. Vedi pagina 126. NOTIZIA DELLE DISSLRTAZIONI ACCADE»UCH£. o;^ IV. Sopra V injluenza della latitudine nelle ln>eUazioni haromttiiche dl Giuseppe Racagiii. Dopo aver date le regole teoriclie colle quali pii6 calcolarsi T aumento dell' altezza media barometrica corrispondente all' aumento della latitudiiie , egli fa notare che le osservazioni clie fino ad oia si sono potute raccogliere, fatte in varie parti del olobo, presentano una varieta che e in senso opposto a quella indicata dalla teoria. L' autore per render ragione di tal fenomeno propone alcune ipotesi , delle quali pero confessa di non essere appieno soddisfatto. Adunanza del di 9 dicembre. L Seguito del saggio sulla poesia lirica , di Francesco Venini. II. Concinuazione del nuovo comento delle opere di Virgilio , di Michele Araldi. Adunanza del di 16 dicembre. I. Deir introduzione de merini nel regno d'lialia, di Vincenzo Dandolo. L'autore, dopo aver fatta la storia dell'introduzione de' merini e delle pecore migliorate, mostra come si sono e gli uni e le altre somma- mcnte moltiplicati in breve giro di anni , e come si possono ancora moltiplicare. Indica i grandi vantaggi che dai coltivatori , non meno che dalla nazione intera si devono attendere da tale introduzione ; ed in fine espone i mezzi che potrebbero animare un' impresa diretta ad accrescere le nazionali ricchezze. II. Sopra i nuovi usi medici del colchico autwmale , di Bassiano Car- minati. Vedi pagina 147. Adunanza puhblica del giorno 3i dicembre 1812. L Discorso inaugurate del Presidente delV Istituto Giovanni Paradisi. Fu pubhlicato poco dopo dalla Reale Staraperia. M.l:-.iU) ibia. II. Relazione dei lavori scientifici e lettcrarj deW Isiituto daW epoca della iua fondazione fino al tempo delle prime adunaaze 01 dinarie. 24 NOTIZIA DELLE DISSERTAZIONI ACCADEMICHE. III. Traduzione in versi italiani delC Idillio XVII di Teocrito , di Luigi Rossi. Questa traduzione congiuntarnente a quella dell' Idillio XVI fu accolta fra le produzioni die si pubblicano nel presente volume. Vedi pagina i53. IV. Meinoria geologica sulla valle dell' Ossola , di Scipione Breislak. Dopo una succinta descrizione topografica di questa valle , 1' autore entra ad esporre la natura delle diverse rocce che la compongono e la loro struttura, sulla quale egli fonda alcune congetture coiicer- iienti alia primitiva formazione di questa valle. La memoria finisce col paragone della valle dell' Ossola e de' suoi prodotti minerali con quella del Valese. V. Dissertazione sopra iin passo del canto XIV dell' Iliade d'Omero , di Luigi Lamberti. II passo e del libro XIV, laddove il poeta narra die la Dea Giunone , intenta nel suo talarao ad adornarsi , si unse le membra d'un olio odorosissimo , la cui fragranza saliva fino alia casa di Giove. L' illustrazioue del signor Lamberti forma parte deir opera , che in quel tempo era ancora sotto il torcliio , Osser-' vazioni sopra alcune lezioni cleW Iliade d'Omero. VI. TrattcUo meieorologico sopra la natura e la formazione dei holidi c delle stelle cadenti , di Alessandro Volta. In questo scritto trovansi raccolte le varie osservazioni fatte finora su tali fenomeni e le di- verse ipotesi immaginate dai fisici per renderne ragione. L' autore esamina queste ipotesi ad una ad una , e fra queste , rifiutate le altre tutte , ne sceglie una sola , ch' egli propone come pin verisi- mile , quella cioe che suppone gli areoliti essere altrettanti minutis- simi pianeti circolanti nello spazio die vengono dalla Terra, nel suo periodico viaggio intorno al Sole , incontrati. VII. Prima canto del Prometeo , poema di Vincenzo Monti. Narra egli in esso 1' antica favola de' figli di Giapeto e de' celesti doni che, diiusi in un vaso , furono a loro inviati da Giove, e dallo stolto Lpimeteo prodigamente compartiti a' brnti , sicche nulla per gli uomini nc riinase. Qui Tautore, introducendo Prometeo che al fratello rim- provera la sua stoltezza , prende occasione di poeticamente descrivere la fiacchezza dell' uomo e le miseric che 1' umana cccitii si fabbiica tla se stessa. NOTIZIA DELhE DISSERTAZIONI ACCADEMICIIE. 20 Adunanza del di 7 gcnnajo 181 3. n I. Sopra aicune funzioni esponenziaU comprese nella /ormolu x' , dl Francesco Carlini. Vedi pagina 167. II. Estratto d un opuscolo del signor Girard portante per titolu : Obser- vations relatives a la ligature du cordon ombilical, di Pietro Moscati. III. Scguito deW opera sulle pecore di Spagna, di Vincenzo Dandolo. IV. Estratto delV opera intitolata : Prospectus raisonne , ou apercu (Tun nouveau systeine des terns , daco da Scipione Breislak. Adunanza del dl i^ gennajo. I. Descrizione del nionumento dedicatd alia memoria di Gastone di Foix, di Giuseppe Bossi. Questo insigue lavoro resto un tempo negletto presso le monache di Santa Marta : quindi i piii bei pezzi che lo coraponevano, guasti e malamente venduti, andarono dispersi fiuo a tanto che un conte della faraiglia Arcouati ne raccolse cent' anni sono la parte piu considerabile , che ora vedesi nella villa di Castellazza gia apparteiiente a quella faraiglia. Di sette bassi rilievi ivi esistenti il signor Bossi ne prese a descriver due; nel primo, che a parer suo rappresenta la presa di Brescia, tra molti cavalieri egli ha potuto riconoscere , sebbene mutilata del capo , I'effigie di Gastone; nel secondo , che ha per argomento la famosa battaglia di Ravenna , distinguonsi dagli altri interamente armati due personaggi , Y uno in veste cardinalizia , e I'altro portante una specie di cappello alia spagnuola. II signor Bossi riconosce nel primo il Cardinale di San- severino, e sospetta che il secondo possa essere Don Raimondo di Cardona, i quali, per lestinionio del RusceUi, trovaronsi presenti a quella giornata , 1' uno dal lato de' Frances! , 1' altro da quello degli Spagnnoli. II. Seguito del sasgio sulla poesia lirica, di Francesco Venini. III. Jielazione sulle due cronache di Pindo presentate aW Istituto dal signor Jnelli, di Carlo Rosmini. Vol. I. P. L - 4 a6 NOTIZIA DELLE DISSERTAZIONI ACCADEMICIU:. Adunanza del di 22 gennajo. I. Sulla cometa scoperca a Fiviers nel 2$ marzo 181 1 , di Barn aba Oriani. Questa cometa, la maggiore die sia coniparsa in questo secolo , (u seguita dal signor Oriani dal di 29 agosto del suddetto anno fino al 20 gennajo del successivo 18 12. Le osservazioiii ori- ginali e il calcolo deH'orbita parabolica ch^ egli espose in questa radiiuanza furono poi pubblicati nel volume delle EfFemeridi di Milano del ] 8 1 4. II. Di una staggia a livello , stromento geodetico diretto a fare simulta- neamente le livellazioni e le misure orizzontali , di Ermenegildo Pini. Vedi pagina 179. III. Sulle vircit e sugli usi medicinali del tasso baccato , di Bassiano Carmiaati. Vedi pagina i85. IV. Sopra il freddo artificiale , di Luigi Brugnatelli. L' autore annunzia clie con diversi liquori spiritosi , come soiio per esempio 1' alcool , I'etere ed altri raescolati in certe proporzioni colla neve , e riuscito a produrre un freddo di poco inferiore a quello ottenuto dal si- gnor Lowitz coU'uso delle sostanze saline. La Memoria fu poi pub- blicata nel Giornale fisico di Pa via , torao VI, pagina 122. Adunanza del di 28 gennajo. I. Sulla vita e sulle opere del celebre Francesco Zanotti , di G. B. Cor- niani. La citata Memoria fa parte dell' ultimo volume dei secoli della letteratura italiana pubblicato poco prima della sua morte da questo valente biografo. II. Osservazioni sopra una storia vera , ma creduta fawlosa perche appog' giata ad un falso monumeruo , di Carlo Amoretti. NOTIZIA DELLE DISSERTAZIONl ACCADEMICHE. if Adiinanza del di 4 febhrajo. I. Osservazioni chimiche sulla natiira dei calcoli delta vescica e deile con- crezioni gottose , di Antonio Porati. Questo esercitato clvimico, ani- inesso a leggere all'Istituto una sua Memoria , espose la storia della scoperta fatta di recente dell' esistenza dell' acido urico nel corpo umano, ed accennate le varie proprieta e particolarmente I'insolu- bilita di quest' acido , il quale entra a comporre tanto i calcoli della vescica , quanto le concrezioni gottose , propose come ipotesi molto verisimile ch' esso altro non sia che una degenerazione deir acido muriatico, il quale viene ne' corpi nostri continuamente introdotto cogli alinienti. II. Seguiio delle rijlessioiii sopra parecchi punti di meccanica teorica , di Michele Araldi. III. Sopra le pietre arenarie conosciute sotto il nome di ceppo , di Sci- pione Breislak. L'autore, dope aver esposto i caratteri, la varieta, la giacitura e la natura del cemento che collcga insieme le parti coraponenti il ceppo, pass6 a rintracciarne 1' origine , ripetendola dalle antiche deposizioni dell'Adda. Siccome pero questo fiume non ha formato tali aggregazioni pietrose in altri siti fuorche nei contorni di Trezzo , cosi 1' autore opina che in questo luogo esistessero nel letto dell'Adda grandi disuguaglianze , per cui 1' acqua acquistasse una rapidita maggiore e si rorapesse fra gli scogli in modo che ue separasse la terra calcare che servi di glutine per unire insierae le parti della suddetta pietra. Adunanza del di 1 1 febhrajo. Sui bastimenti degli antichi Greci e Romani a piu ordini di remi , sulla remigazione negli stessi e sui varj pareri degli eruditi e de' marini intorno a questo argomento , di Simoue Stratico. Vedi pagina igS. 28 NOTIZIA DELLE nSSERTAZIONI ACCADEMICIIE. Adunanza del dl i8 fchhrajo. I. Sopra la teoria clella combiistione del ■ fosforo , di Angelo Bellani. L' autore , araraesso alia radunaiiza per leggervi un transunto della sopra enuuciata Memoria, riferi diverse sue nuove sperienze ten- denti a mostrare che tanto la teoria della combustioiie del fosforo , quaiito r applicazione che ne fanno i cliimici all'aiialisi dell' aria atinosferica peccano in raolte parti ed haniio bisogiio d' essere ri- formate. A questo proposito egli espose alcune sue ricerche relative al grado termoraetrico della fusioiie, del rapido e spontaiieo accendi- mento, e dell' ebullizione del fosforo. L' iiitera Memoria fu poi pubbli- cata nel Giornale di fisica e chiraica di Pavia, tonio VI, pagina 44. II. Seguito dtlle riflessioni sopra diversi punti della meccanica teorica non ancora ahbastanza rischiarati , di Michele Araldi. In questa parte del suo scritto il signor Araldi si occupo nel dimostrare 1' assoluta universalita delle leggi meccaniche, opponendosi all' opinione di al- cuni die inostrano di dubitare se i corpi vivi vi sieno sempi e soggetti. III. Condnuazione del trattato delCintrnduzione in Italia delle pecore merine, di Vincenzo Dandolo. Vedi 1' adunanza del di 16 dicembre 18 12. Adunanza del di 2S febbrajo. I. Seconda parte del trattato del diritto di grazia, di Toramaso Nani, Vedi pagina 35. U. Illustrazione d' un passo deW Iliade dC Omero , di Luigi Lamberti. L' illustrazione qui citata forma parte dell' opera intitolata : Osserva- zioni sopra alcune lezioni delC Iliade d' Omero , dal celebre autore pubblicata poco tempo dopo ( Milano 18 13, presso Destefanis ). II passo preso in esame e il seguente : Cost divisi in lor voler li duo Possenti figli di Saturno , acerbi /Ipprestali ehber danno ai magni eroi ( Iliade, canto IF, secondo la versione di Monti.) NOTIZIA. DELLE DISSERTAZIONI ACC VDEMICIIE. 29 III. Versione delC Id'dlio di Teocr'uo intitolato : Le Crazie owero Gerone , di Luigi Rossi. Vedi pagina 1 53. Adunanza del dl \i marzo. I. Sufigio snpra la storia delta filo so jia, dl Giuseppe Bianioiui, secondo cafjuolo. L'autore in questo secoiulo discorso espone in breve lo stato delle umane cognizioni all' epoca in cui comparve Pitagora. Entrando poi a parlare di questo giande filosofo, si estende sull' uso che fecero i Pitagorici delle cose luateniaticlie nella loro filosofia , appoggiandosi sopra tutto a quaiito ne dice Aristotele nel quinto capo del primo libro della metafisica. II. Proscguimento del saggio sulla poesia lirica , di Francesco Venini. Adunanza del di iS marzo. I. Sopra la combinnzione e le affinlta della strontiana con diversi corpi , di Giuseppe Morelti. Ammesso egli a leggere all'Istituto questa sua Meraoria, espose prima di tutto le vaiie sue ricerche intorno alle combinazioni della suddetta terra, alle quali diede occasione la sco- perta da lui fatta del solfato di strontiana in una pietra conchiglia- cea di Monte Viale nel Yicentino. I principali risultaojenti di questo suo lavoro sono , primo che la strontiana , non meno che la barite lianno la massima affinita coll' acido arsenico, e non coH' acido sol- forico , corae comunemente si crede; secondo die 1' acido arsenioso ed il succinico formano colla strontiana sali abbastaiiza solubili , laddove colla barite ne producono degl' insolubili , cio che foruisce un mezzo facile per distinguere queste due terre, le quali haiuio fra loro inolta analogia. II. Sopra du>trse ipotesi geologiche proposte dal signor Cuvier nel discorso che precede l' Ojiera: Sugli animali fossili , di Scipione Breislak. L' og- getto che il signor Breislak si e proposto in quesia Meraoria e il dimostrare che i caiubiainenti sopravvenuti nelle diverse deposizioni del mare e nelle specie organiclie inviluppate uelle medesime sono "3o NOTIZIA DELLE DlSoERTAZIONI ACCADEMTCHE. fenomeiii indipeiideiiti dai passaggi die ha fatto il mare da un luogo air altro della superficie terrestre. Se il mare presentemente lion ha piii 1' attivita di forraare strati solidi pietrosi , eccettuati quelli che sono I'opcra de' molluschi , e se alcune specie di animali che una voha ahmentava eraiio diverse da quelle che ora vi esi- stono , egli crede che ci6 si possa attribuire alia diversa temperatura del mare stesso ed alia diversa quantita e qualita de' principj chimici che conteneva , e che di poi , cambiatasi la temperatura , se ne 90U0 separati. Adunanza del di 24 marzo. I. Terza cronaca di Pinch: II secol cToro, di Angelo Anelli. Questa terza cronaca o canto che 1' autore fii ammesso a leggere all'Istituto vide poco dopo la luce presso Destefanis. Milano 181 3. II. Segidto dell' illustrazione del monumento di Gastone di Foix , di Giu- seppe Bossl. Vedi radunanza del di 14 gennajo 181 3. Adunanza del di i aprile. I. Esperienze direUe a verificare la proprietd del raggio violetto , annun- ziata dal signor Moricchini , di magnetizzare le punte di ferro , di Pictro Configliachi. II signor Configliachi per separare l' effetto tutto proprio della luce dall' influenza del raagnetisnio terrestre comincio dair esaminare 1' azione di quest' ultimo sopra aghi diversi; scegliendo poi tra questi aghi quei soli che erano riraasti indifferenti al ma- gnetismo della terra , li sottopose 1' un dopo 1' altro alia luce ora indecomposta, ora diversamente colorata , ora semplicemente diretta o rifiatta, ed ora concentrata; alcuni di essi furoiio altresi sottoposti air azione dei raggi che chiamano calorifici e chimici. Da questa lunga serie d' esperienze egli non ha potuto dedurre alcuna conse- guenza favorevole alia supposta facolta de' raggi violetti dello spettro solare. La Meraoria vide la luce nel Giornale di Pavia, tomo VI, pagina 291. NOTIZIA DELLE DISSERTAZIONI ACCADEMICIIE. 3 I II. Sulla glossitide , di Bassiaiio Carminati. Vedi la pagina 22j tli questo volume. Adunanza del di 8 aprile. I. Meinoria apologelica intorno al v'ta^gio di Lorenzo Ferrer Maldoiiado^ di Carlo Amoretti. II signor Amoretti aveva gia pubblicato tauto nella raccolta degli antichi Atti dell'Istituto Italiaiio, quanto in un volume separate ed in lingua francese la relazione del viaggio del Maldo- nado trovata fra i maiioscricti della Biblioteca Ambrosiana. In questo scritto egli risponde alle obbiezioni mossegli da alcuni illustri autori, e particolarmente dal signer Barone di Lindenau, astronomo di Gota. II. Descrizione del monumcnto di Gastone di Foix , parte ultima , di Giuseppe Bossi. Vedi 1' adunanza del di 14 gennajo. III. Nuove considerazioni sul problema di Molineux , di Michele Araldi. L' autore nell' intraprendere questa disamina ebbe principalmeute in animo di rin venire ed additare i fonti dai quali per opera princi- palmeute di Barkelei e di David Hume nacque il pirronismo mo- derno , facendo vedere die per non giungere con essi a conse- guenza palesemente assurda e mostruosa , qual e pur quella della distruzione d" un mondo corporeo , convien riformare da cima a fondo r edificio psicologico sul quale appoggiarouo quegli autori i loro ragionamenti. Adunanza del di 22 aprile. I. Del ristabilimento cinle e politico del Regno d' Italia , di Alberto Desimoni. Comprende questo scritto una esposizione delle leggi e de' regolamenti principali clie sotto quell' epoca erauo stati intro- dotti nel regno. II. Seguico dell' apologia del viaggio di Lorenzo Ferrer Maldonado , di Carlo Amoretti. Vedi 1' adunanza del di 8 aprile 1 8 1 3. III. Sunto delt opera del signor Conte Pulcastro che porta per titolo : Deir antico staio e condizione di Padova, sua goi>erno civile e sua re- Ugione , popolazione , agricoltura, ecc. , di Simone Stratico. 3a NOTIZIA DELLE DISSERTAZIONI ACCADEMICUE. Adunanza del di 6 maggio. I. Descrizione d' iin termometrografo, receiUemente perfezionato dal signor canonlco Bellani , di Pietro IMoscati. Alia descrizione di questo istro- mento il relatore ha aggiunta la storia dell' invenzione e dei suc- cessivi miglioramcnti fattivi in diversi tempi e F esposizione degli usi ai cjuali pno con vantaggio servire. II. Rijlessioni sugli orologi astronomici , di Angelo Cesaris. Oltre non poclie osservazioni teoriche e pratiche sulle diverse parti che en- trano nella composizione di queste macchine e sulle cagioni che possono alterarne la regolarita ne' moviraenti , I'autore ha dato un succinto ragguaglio di due orologi notabili per alcune particolarita che li distinguono, 1' uno fabbricato dall' oriolajo Robins, ed esistente neir Osservatorio R. di Milano; 1' altro iramaginato dal socio signor Conte Isirabardi, ed eseguito in Milano dai signori Nicollet e Costa. La Memoria fu per intero inserita nell' appendice alle Effemeridi di Milano pel 1814. III. Appendice alle rijlessioni sii diversi punti di meccanica , di Michele Araldi. Veggasi la pagina 217 di questo i.° volume. Adunanza del di i3 maggio. I. SuW uso dcllo zucchero presso gli antichi , di Luigi Bossi. II. Seguito dei saggi sulla poesia lirica dei Greci, di Francesco Venini. Adunanza del di 21 maggio. EstraUo deW opera sulla poUsarcia del signor Maccary, e delta storia del tifo contagiosa di Vicenza del signor dottore Tiene , di G. B. Palletta. NOTIZIA DELLE DISSERTAZIONI ACCADEMICHE, 3J Adunanza del c/i 28 masaio. "00" I. Articolo delta vita dd Maresciallo Trivuhio, di Carlo Rosmini. Vedi la raduiianza del di 28 giuguo 18 12. II. Ragionamento sul problema di Molineux , di Michele Araldi. In esso ragionaraento 1' autore aggiunse al compendio aiialicico della prima Memoria del celehre Merian , inserita negli Atti di Berlino, su tale argomento alcuiie sue osservazioni dirette al doppio intento di ri- chiaraare di nuovo ad esame il suddetto problema e di confatare i priiicipj ai quali si appoggia il pirronismo moderno. III. Seguito del saggio della poesia lirica , di Francesco Venini. Adunanza del di 3 giugno. I. Rirerche sopra uno di quegV istromenti chinesi noti sotto il nome di goung-goung o di tam-tatn, di Pietro Configliachi. Dall' esame istituito risulto die il metallo di cui e composto questo stromento e lavorato a martello e contiene 28 parti di stagno e 77 di rame. L' autore e di sentiinento che si debba attribuire particolarraente al modo con cui i goung-goung sono fabbricati , e alia grande den- sitii della materia che eccede quella del rame e quella dello stagno battiito , la mirabile proprieta che hanno di sonare con tanto stropito e per si lungo tempo. II. Relazione sopra due opuscoli medici pubhlicati dal signor Maccary , L' uno indtolato : Essai snr Chysterie sthcnique et asthenic] ue ; C altro.: Observations sur le beriberi sthenique , di Bassiano Carminati. III. Parere sopra il progetto d'un mulino a vento comunicato alC htituto dal signor Picot , meccanico francese stabilico a Zara , di Giuseppe Morosi. IV. Sojyra i sistemi di Franklin e di Simmer spettanti all^ elettricitd , di Giuseppe Racagni. Egli si e proposto in questo scritto di far vedere che fra gli argomcnti che tanto i Frankliniani, quanto i Simmeriani adducono a favor loro , e fra le difficolta che oppongono ai loro Vol. I. P. I. 5 34 NOTIZIA DELLE DlSSEUTAZIONt ACCADEMICIIE. avversarj, niuna ve n'e clie basti a convincere, niuna die non ara- metta qualche eccezione. Adunanza del di 9 giugno. Seguito della Memoria sopra V uso dello zucchero presso gli antichi , di Luigi Bossi. Veggasi 1' adunanza del di 25 novenibre. Adunanza del di 18 s,iuaiio. I. Scoria deW amputazione t/' una gamba , di G. B. Monteggia. In qnesta operazione in vece di legare le arterie per arrestare I'eniorragia si fece r esperimento di chiudere seniplicemente il moncone entro una vescica. Cio basto a fermare il sangue con rispariuio di dolori , di tempo e di perdita sanguigna , e la vescica pote essere levata il sesto giorno col piii felice succcsso. II. Rijlessioni sidla dottrina delk fnrmazioni introdotta nelLa geologia dalla scuola werncriana, di Scipione Breislak. Ritenendo la distinzione foi;- # damentale delle rocce in primitive e secondarie , egli cerc6 di di- mostrare , primo die non si possono ammettere diverse formazioni iielle rocce primitive che costituiscono una determinata contrada ; secondo che la maggior parte delle sostanze le quali corapongono la formazione detta trappica, altro non sono che prodotti vulcanici. III. Notizia delle cose contenute nei prinii fascicoli del Giornale di medi- cina del professor Brera, di Pietro Moscati. Adunanza del t/t 24 giugno. I. Storia dell' origine e dei propressi del Regno d' Italia, delle sue leggi e del sua govemo daW vruzione de' Cod fino alC epoca di Carlo Magna , di Alberto Desinioni. II. Di^corso sopra il flucUis decumanus 0 decimus dei poeti latini, e sulla trichimia 0 terza ondota de^/i scrittori grcci , di Simone Stratico. Pubblicato i»i questo volume alia pagina 245. NOTIZIA DELLE DISSERTAZIONI ACCADEMICUE. 35 Adunanza del di i lufdio. •o I. Contlnuazione delta Memoria sopra la metafisica delle prime operazioni dell' algebra , di Erraeuegildo Piiii. In questa seeonda parte della sua Memoria Fautore prende a cousiderare le nuove teoriclie pub- blicate dal signer Wrouski, e fa vedere come moiti de'priiicipj stabiliti dal succitato autore, che sono alia maggior parte de' leitori oscuri e difficili ad intendersi , possono diventar Tacili. e chiari quando si faccia loro precedere un' esatta analisi della metafisica della nume- raziotie. n. Transunto di due opuscoli del signor Mazzuccato , professor di botanica nel liceo di Udine, dei quali I'uno ha per titolo : Memoria botanico- genrgica sopra alcune specie di frumerui, e Valtro: Trilicorum definiuones atque sjnonima, di Bassiauo Canninati. Adunanza del di 8 luglio. ft I. Anicolo della vita del Mai-esciallo Trimlzio , di Carlo Rosraini. Veo-o'asi r adunanza del di 25 giugno i8i3. II. Sdguito della storia dell' origine e de' progressi dei Regni Gotico e Longobardico in Italia , di Alberto Desiaioni. Adunanza del di i5 ludio. o I. Descrizione di una tanaglietta di nuova costruzione pel legamerUo delle arterie , di Paolo Assalini. Esposti gl' inconvenienti ai quali vanno soggetti gli stromenti che in questo genere di operazioni coraune- niente si usano, il signor Assalini mostro i principj sui quali e co- strutto qiiello da lui immaginato, e riferi la storia di due araputa- zioni nelle quali egli ne fece uso con favorevole successo, II. Sopra un nuovo uso mercanico del respiro , di Michele Araldi. Questo scritto trovasi compendiato alia nagina 269 del presente volume. 36 NOTIZIA DELLE DISSERTAZIONI ACCADEMICHE. Adunanza del di 22 luglio. , I. Suit' oracolo di Delfo, parte prima, di Francesco Mengotti. L' intera Memoria forma parte di questo volume. Veggasi la pagina 263. n. Sopra V elogio storico del Conte Giuseppe Angela Saluzzo scritto dal signor Giuseppe Grassi , accademico toriiiese, relazione di Carlo Rosminj. Ill, Sopra diirerse opere di giurisprudenza pubblicaCe dal signor professore Piccoli , relazione di Alberto Desimoiii. Adunanza del di 7 agosto. I. SuW uso in medicina del carhonato di potassa , di Tommaso Farne&i. L' autore , aminesso alia radunauza dell' Istituto per leggervi questa sua Memoria , ricord6 1' uso fatto dal celebre professore Mascagni del carhonato di potassa come atto a sciogliere i calcoli,e mostr6 come lo stesso rimedio potrebbe applicarsi a tutte quelle malattie che provengono da linfa coagulata. L' autore confermo questa sua opinione prima con un esame chimico ed anatomico della natura della linfa coagulabile del corpo umano, e poi colla storia di molte malattie da lui con buon esito curate col mezzo del carbonato di calce sopra mentovato. II. Sopra una specie singolare di madrepora , di Giuseppe Moretti. Ac- colto egli pure il signor Moretti fra il numero de' leitori, vi espose la storia e I'analisi della suddetta sostanza, nelia quale noto la pro- priety die strofinata o percossa spande un odore quasi di tartufi. Questa specie assai rara fu rinvenuta dall' autnre in non piccola quantita vicino ad una chiesetta detta della Trinita a due miglia da Monteccliio maggiore. Egli, dopo aver indicato il mezzo con cui si pu6 isolare 1' odore della madrepora e combinarlo coll' acqua, rife- risce uu' analisi chimica, dalla quale risultano i principj costituenti della stossa e le rispettive loro proporzioni; ed osserva che quest' a- nalisi, gia teiitata dal signor VauqueHn, non fu forse, per la man- canza della materia, spinta fino a quel punto die sembr^va aecessario, NOTIZU DELLE DISSERTAZIONl ACCADEMICIIE. 3j in. Segu'uo delta Memoria sopra un nuovo uso meccanico del respiro , di Michele Araldi, Veggasi la pagina aSg del presente volume. Adunanza del di i8 novemhre. I. Seguito delle rijlcssioni iniorno al fosforo , di Angelo Bellani. Vedi la radunaiiza del di i8 febbrajo j8i3 ed il Giornale di fisica e chi- raica del professore Brugiiatelli , tomo VII, pagina 127. II. Memoria sopra i trappi , di Scipione Breislak. In essa egli risponde alle difFicolta mossegli dal celebre geologo francese Faujas sopra ci6 die aveva scritto iiella sua Introduzioiie alia geologia relativa- mente a questo genere di rocce. Da molte osservazioni fatte sulla costituzione fisica del territorio d' Intra sul Lago Maggiore I'autore ha dedotto clie i trappi primitivi di cjuella contrada appartengono alle rocce anfiboliclie , ci6 che egli trova confermato ancora dalle analisi comparative di amendue queste sostanze fatte dal signor pro- fessor Moretti. Per quello poi che riguarda i trappi detti secondarj, esaminando le loro circostanze geognostiche e 1' identita dei loro caratteri con quelli delle lave , egli fa vedere che si debbono anno- verare fra le produzioni vulcaniche. Adunanza del di 2S novemhre. I. Contiiutazione delta dissertazione sopra V uso delta zucchero presso all aiiiichi, di Luigi Bossi. L' autore di questa Memoria , assai estcsa e che non fu terminata , la scrisse nell' epoca in cui difficilmente poteva ottenersi il libero passaggio dei generi coloniali. Egli ebbe diUKjue in vista non tartto di provare che gli antichi conoscevano il cannaincle , quanto di annoverare le diverse sostanze delle quali gli aniiclii servivansi come di snrrogati alio zucchero. Egli ha fatto un ami)io spoglio dei classic! greci e latini ; si e fermato particolar- niente sullo canne doici d'lvica nienzionate da Silio Italico, e su altri passi che senibrano doversi riferire alio zucchero ed alle canne, ed aiializzaudo moltt passi di Apicio relativi alle cose dolci , alle paste 38 NOTIZIA. DEtLE DI3SERTAZI0NI ACCADEMrCHE. ed ai confetti die erano in uso piesso i Roniani, e sceso ad illu- strare varj punti dclla loro dietetica , della ioro arte della cucina e dei loro costnini nolle niense e nei banclietti. n. Seguito del trattato ddU incisJLone in rame , 41 Giuseppe Longhi. Adiinanza del di 2 dicembre. I. Ricerche sopra I' azione del veleno vlpcrino, rfi Giuseppe Mangili. Dalle sue reiterate sperienze risulta, prime che Tamraoniaca e il sovrano rimedio contro il niorso della vipera ; secondo che la forza vitale pii6 in alcuni casi vincere da se sola la depriraente azione del ve- leno , ogni qual volta questo non sia in sufficiente dose da poter onninamente estinguere il principio vitale; terzo che I'oppio e il muschio , sebbene congeneri all' amnioniaca in quanto alia facolta stiniolante, non debbono giammai da un prudente medico venire air ammoniaca anteposti nella cura d'un male tanto pericoloso. II. Descrizione di alcune piante non per anche descritte da altri ho- tanici, la quale forma parte d' una Flora dei concorni di Milano e del logo di Coma ; ed analisi chimica comparativa della gentiana lutea e della gentiana centaurium di Linneo , di Giuseppe Moretti. III. Continuazione delle osservazioni sul fosforo , di Angelo Bcllani, Adunanza del di 9 dicembre. I. Seguito della dissertazione sulC oracolo di Delfo , di Francesco Men- gotti. Vedi pagina 2M7. II. fnterpretazione d'un pusso dell" Inferno di Dante , f/i Vincenzo IMonti. Fu pubblicata nella Biblioteca Italiana , volume I, pagina 145. HI. Seguito del saggio della poesia lirica de' Greci , c/i Francesco Venini. Adunanza del di 16 dicembre. I. Seguito della Memoria sull'urto cZe/facgua, f/i Giuseppe Morosi. Vedi pagina 117. NOTIZIA. DKLLE DISSERTAZIONI ACCADEMICIIE. 89 II. Sulla spiegazione deiriride data rla Teodorico di Sassonia, e sulIa formazlone delle iridi interiori e sottoposte aWarco primario, di G. B. Ventiiri. Meinoria da lui pubblicata nell' opera die lu per titolo : Commentarj sopra la scoria e le teorie dell" ottica , Bologna 181 4. Aclunanza del di 23 dicembre. I. Continuazinne del trattaco suW ecccUenza deW incisiune in rame , di Giuseppe Loiiglii. II. Sidle porpore e su dii>erse materie arte a tingere usate dagli antichi , di Luigi Bossi. Gia in altre Menioiie pubblicate dall' autore aveva egli trattato delle porpore; ora torno su questo argoniento tanto a fine di rischiarare alcuni pnnti non abbastanza dilucidati nelle opere deir Amati , del Rosa , del Temple e di altri che scrissero su que- sta preziosa tintura, quaiito ad oggetto d' ilkistrare maggiorraente Parte tintoria degli antichi nei punti massimamente e nei passi di classici greci e latini die non erano srati bastantemente osservati o esaminati. Egli si e quindi esteso a parlare in generale dei colori conosduti ed adoperati dai Gred e dai Latini, ddla serie di colori accennata da Platone , dei diversi bafii e dei diversi modi di tin- gere, ed anclie delle vesti tinte in diversi colori o variegati, e delle materie delle quali erano formate. NOTE STORICHE SOPRA ALCUNI SOCJ DEFUNTI B ACC O LT E DA FRANCESCO CARLINI. CARLO BIANCONI. J- RIMO fra i niembri dell'Istituto nostro a pagare alia natnra I'ine- vitabil tribiito fu Carlo Biaiiconi, il quale per un caso assai strano, e forse unico negli aiinali dei Corpi accademici, fu ascritto al nostro due mesi circa dopo la sua raorte ; il cjual avvenimento se tolse all'I- stituto il vautaggio di giovarsi dei distinti lumi e dell' opera di que- st'uomo erudito, noii gli tolse il diritto di fregiare del iiome di lui r elenco de' suoi membri , ne lo disciolse dal debito di onorarne la memoria con quest! brevi cenni sulla sua vita. Carlo Audrea Francesco Liborio nacque in Bologua da Antonio Ma- ria Bianconi e da Isabella Nelli il 20 aprile dell' anno rySa. La sua famiglia erasi gia distinta nei fasti letterarj della citta suddetta, siccli6 trovo Carlo nelle douiestiche mura e gli esempi che lo eccitarouo air accjuisto delle nobili discipline e il precettore che diresse i suoi primi passi nella letteraria carriera. II suo zio , il Priore Giovanni Battista B'anconi, professore di lingual greca nella patria universita, gli fu in fatti maestro di latiuita e di umane lettere, nelle quali fece Vol. J. P. I. 6 4a NOTE STORICIIE SOPRA ALCUNI SOCJ DEFUNTI egli, ancor giovinetto, assai notabil profitto. Studi6 in appresso la filo- sofia ed anche la teologia , deliberato forse a 9ec;uire la via ecclesia- stica ; ma lascio queste occiipazioiii e con tutto Tauimo si rivolse alle belie arti , allorchti la vista tl' uii qnadro famoso dest6 in lui , con- giunto alia rueraviglia , ardente desideiio di farsi nome colle opera del pennello. Si pose egli tosto sotto la disciplina di Ercole Graziani , che lo ammaestro nella pittura non solo; ma nella scultura , nell' ar- chitettiira e nell' ornate poco apprese da altri e giunse presto da se raedesiuio a tal segno da poter aprire egli stesso una scuola , dalla quale uscirono molti abili artisti. Aveva una facilita e de- strezza nel disegnare veramente niirabile , e narrasi di lui , come gia di Giotto, die ad un tratto di penna sapeva descrivere un circolo od un ovale tanto perfetto die non temeva la prova del compasso. II di lui fratello Giovanni Lodovico, abbastanza noto nella letteraria repubblica ed assai intelligente in belle arti , gradiva i disegni di Carlo e spesso gli domandava or I'una, or I'altra cosa, e lo consultava nei disegni d' ardiitettiua. II frontispizio delle lettere Celsiane e le figure di altre opere o fatte o dirette da Giovanni Lodovico sono disegnate da Carlo, e si conservano i disegni e le prove dei rami dell' opera del Circhi colle note di quello , mandate al fratello per intenderne il sue parere. La Guida di Bologna ristampata negli anni 1766 e 1776 usci alia luce ampliata e corretta dal nostro Bianconi , ed ottenne la pubblica appro- vazione. Stabilitosi egli poi in Milano , si diede il pensiere di cora- porne una adattata a questa nostra citta , la quale comparve nel 1787, e fu accolta con plauso generale come opera piena d' erudizioiie mas- sime in ci6 che riguarda le belle arti. Fra le opere sue erudite deve rammentarsi con molta lode quella intitolata Riftessioni sopia un cammeo ant'tco rappresentante Clove, colla quale ebbe il vanto di aggiungere nuove e dottissime riflessioni sopra tin soggetto ch' era gia stato trattato dall' illustre Visconti. Questo rare cammeo scoperto in Efeso ed acquistato a Costantinopoli dal Cavaliere Girolamo Zulian passo per testamento di questo dotto Cavaliere alia RACCOLTF, DA rRANCESCO CARLIM. 48 Biblioteca cli S. Marco Hi Venezia , ove fu conservato fiiib all' anno 1797, ill cui i Coinmissarj francesi lo tolsero nella recjuisizioiie delle cose preziose cV Italia, rilasciaiiclo in vece cli esse treiita codici maiio- scritti the clovevaiio essere trasportati a Parigi. Nella restituzione del monuineiiti di arte fu reso dal Goveriio francese , e S. E. il Prin- cipe di Metternich si prese la nohil cura di recarlo seco da Parigi neir anno i8i5,e di riporlo nclla Biblioteca suddetta, ove di preseiitc si conserva. II Biancoiii , cui dal prime possessore fu mostrato in Milano il cara- meo, non rimase pienamente soddisfatio dell' illustrazioiie del Visconti , e gli parve ch' egli non ispiegasse due circo^^tanze iiotabili in questo esiniio lavoro,cioe 1' esagerata grossezza del collo di Giove e I'cgida die copre piccola parte della spalla sinistra. Nel collo largo, o come suol dirsi taurine, riconosce I'autore I'espressione del potere derivante dalla natura, e nell' egida il potere derivante dalTarte; e questa con sommo avvedimento dalP artefice e rappresentata non gia sul petto, siccome vedesi nelle effigie degli Dei minori , ma sopra una spalla, essendo qui posta non come arme di necessaria difesa , ma come sem- plice emblema. Queste Riflessioni volevansi pubblicare dallo stesso Cavaliere Zulian; ma essendo egli mancato di vita nei primi giorni dell' anno 1795,1a stanipa resto totalmente sospesa. Essendo pero lo scritto rimasto presso lo stampatore, videsi venire in luce uel 1796 con alquante mutazioni nelle Memorie per servire alia sioria leiteiaiia e civile dirette dal si- gner Cavaliere Aglietii. Fu poi , sulf autografo lasciate dall'autore, riprodotto in Bologna nel 1818 con bellissimi caratteri per cura del nipote Girolamo Bianconi , che lo arricchi di varie note. Mentre il Bianconi divideva il sue tempo fra i lavori di disegne e di pittura e queste ricerche d'erudizione, non abbandonb mai la meta principale d' ogni sue pensiere , che era la traduzione dell' opera di Vitruvio. In essa consumb raolti anni di studio, ne risparmio alcuna spesa per far disegnare ed incidere le necessarie tavole che dovevano decorare quest' opera. Con grave danno delle belle arti essa rimase 44 NOTE STORICIIE SOPRA ALCUNI SOCJ DEFUNTI inedita, noli avendoseiie die uu piccol saggio clie fu pubblicato negli Opuscoli letterarj di Bologna. Eletto Segretaiio perpetuo della Realc Accademia di belle artl di Milano foiidata dalla muiiificcnza dell' Imperatrice Maria Teresa, veiine a Milano nel 1778; nel quale onorcvole incarico ebbe canipo di far conoscere la varieta delle sue cognizioni , supplendo spesso in man- canza de' professori era alia scuola del disegno di figura , ora a quella deir oiuiato , ora a quella dell' architettura. La sua casa era sempre aperta agli artisti e ai dilettanti dt belle arti , i quali traevano profitto non nieno dalla conversazione di lui, che dalla facolta ch' era a tutti concessa di consultare la rara raccolta di libri e di stampe con gran dispendio e con fino disceruimento da lui formata. Visse sempre celibe e vesti I'abito ecclesiastico , sebbene non legato da voti; fu d'ottinii costumi, d'umore allegro, d'animo sincero e tutto amore pe' suoi amici ; per la sua dottrina e per la piacevolezza del tratto fu accetto ai gvandi , de' quali frequentava le case , non forse senza qualclie discapito delle sue dotte occupazioni. Corapianto da tutti i buoni cess6 di vivere il di i5 agosto dell' anno 1802. HACCOLTE DA FRANCESCO CARLINl. 4S CARLO MONDINI. CiARLO Mondiiii, figlio del dottore Giovanni Antonio, professors di anatoraia e di niedicina nell' Univcrsita di Bologna , e di Barbara Zambonini, naccjue nella detta citta 11 5 novembre 1729. II suddetto Carlo , dopo aver fatto gli studj preliniinari di lingua latina e retto- rica nellc scuole della Compagnia di Gesii , ebbe a maestro nella filosofia il canonico Pier Francesco Peggi , nelle istituzioni mediche Giacoiuo Bartolomeo Beccari, nella botanica e storia naturale Giuseppe Monti, nella niedicina pratica Giuseppe Azzoguidi. Nell' anno 1762, compiuti gli studj di niedicina, fu fatto assistente dell'Ospedale di Santa Maria detta della Morte , ed al 29 dicembre 1757 ottenne la laurea in filosofia e niedicina nella patria Universita. Si accinse a sostenere in pubblico le tesi ( giusta il costume di quei di), alle quali gli forni materia il difficile argoniento De sensaxionibus. Esse furono universal- mente ammirate e per la copia di erudizione e per la sottigliezza degli argomenti. Neir anno 1769 fa fatto lettore onorario di anatoraia e niedicina^ e dopo poco tempo, dietro le prove date di cittadinanza , fu aggre- gato al Collegio Medico di Bologna. Nell'anno 1782 fu norainato professore di anatoraia nell' Istituto di Bologna, e fu successore di Luigi Galvani, il quale dopo la morte di Giovanni Antonio Galli chiese ed ottenne di leggere non piii T ana- toraia , ma I'ostetricia ( V. Comment, fnstit. Bonon., tomo VI f, pagina 1 1 ). II Mondini diresse in Bologna un compiuto corso di anatoniiche preparazioni in cera , le quali furono eseguite ad istanza del Car- dinale Zelada per 1' Universita di Roma, corae pure un compiuto corso di preparazioni di ostetricia per Mantova , e raoltissime prepa- razioni anatoniiche pel Museo di Bologna , le quali ultime si aggian- sero alia suppellettile di Ercole Lelli e di Ainia IMorandi Manzolini ( F. Comment. Inscit. Bonon. , tomo VII, pagina 1 7 ). Tutte le suddette 46 NOTE STORICHE SOPI^l ALCUNI SOCJ DEFUNTI preparazloiii furoiio eseguite con ininiitaBile industria dai due bolognesi Giovanni Baitista Manferd'mi cd Alessaiidro Barbieri. II giorno 12 luglio dell' anno 1779 fu spontaneamente acclainato socio deir Accademia di Mantova , e nel 1802 fu norainato nietubro deir I^tituto Italiano. Nella rifonna dell' Universitii di Bologna succeduta nell'anno i8o3 sotto al Governo Italiano fu ritenuto professore di anatomia umana, ma non pote intrapreiuiere dopo tale riforma il corso delle lezioiii , poiclie al 4 di settemhre i8o3 colpito da fortissima apoplesia entro il terraine di sette ore nioii iu eta d' anni 78 e aiesi 10. Era affezionatissimo alia sua patria, per cui mai non cedette agli invici replicati di Russia ed a cjuelli di alcuue Univeisita d' Italia. Benche moltissiino occupato, siccome era, nell' esercizio pratico del- la medicina , poiche oltre ad essere medico primario nell' Ospedale ]\Iaggiore , e fjceva le prime faccende di medico pratico nella citta, ed ei*a sovente cousultato e cliiamato nei vicini paesi, cio non osrante nelle poche ore d' ozio che poteva avere non tralasciava d' occuparsi nello studio di anatomia pratica. Una prova di ci6 se ne ha da alcune dissertazioui starapate, le quali sono le seguenti : Nel tomo VI dei Commentarj dell' Istit. di Bulogna a pagina 406 trovasi una dissertazione , il cui titolo e De anguilLarum ovariis , nella quale riscontrasi avere scoperto che nelle anguille le frange , prese dal Malpighi e dal Vallisnieri siccome V omento , non erano che le ovaje. Altra Memoria stampata trovasi nel tomo VII dei suddetti Commen- tarj , che preseata la sezione delle orecchie di un sordo nato , nelle quali trovo mancante nel labirinto il giro superiore della chiocciola, trovo pure 1' acquidotto del vestibolo affatto membranoso , e di piu sfigurato, avendo la forma di un globo in vece delta sua naturale di un cono compresso , ed il suo foro era stranamente dilatato. II detto Mondini e pure autore d' altra Memoria nel suddetto tomo VII de' Commentarj, della quale non si ha che I'estratto. Essa ha per og- getto il iiero pigmento che neH'occhio trovasi fra la coroide e la re- tina. L'autore scopri che il pigmento non era una pasta, vernice, ecc.<, RACCOLTE DA FRANCESCO CAPLINI. 47 ma una morabraiia formata d' innumerabili globetti disposti regolar- mente a guisa d'un reticolo irelegantissiraa tessitura. Questa scoperta e stata posta in maggior luce da recenti osservazioni fatte dal figlio dottoie Francesco Mondini , le quali sono uscite alia luce nel tomo II degli Opuscoli scieutifici die si stampano in Bologna. PJel toiuo I poi dei suddetti Opuscoli trovasi una dissertazione po- 9tuma di Cai-lo Mondini, il cui titolo e De arterlarum tunicis, con al- cune note del figlio dott. Francesco, la quale dissertazione fu recitata ueU'Accadeniia deile scienze ed arti di Bologna nel giugno dell' an- no 1798. In questa dissertazione I'autore illustra la struttura delle ar- terie, e dimostra specialuiente die le fibre costituenti la fibrosa raem- brana delle niedesinie non sono di natura rauscolare. Carlo Mondini ha avuto parte ancora nelle due dissertazioni di Ga- briele Brunelli stampate nel torao VII dei sopraddetti Commentarj. Nella prima , De locustaium anatome , il detto Brunelli a pagina 98 cosi si esprime : Sed antequam ad rem vtnio scire vos oportet , in hac re tola sonnm. mihi fuisse virum in anatomia ptritissimum , ut nostis , experientissimunique Carolum Mundinum , ciijus non solum industries ^ sed eriam consdio plurimum debeo. Nella seconda dissertazione poi, De reptdium organo auditus, owe tro\asi la scoperta dell' organo dell' udito nei serpenti , cio die non era noto a Linneo e ad altri che credevano i serpenti privi della facolta di iidire, a pagina 3o2 il detto Brunelli dice: Quo loco me clarissimi Mundmi doctrina, dexteritate , ac diligentia plurimum adjutum fuisse ultro libenterque fateor. Le dette dissertazioni poi furono dal Brunelli recitate nell'Accaderaia fino dagli anni 1770 e 1771 , come consta nel tomo VII dei suddetti Commentarj a pagina 25, ove trovasi: De locustis disseruic BruneUius anno supra millesimum. , et septingentesimum septuagesimo ; de reptdium aure anno sequenti ; quod ideo monemus , ne si quid forte eorum , quce primus ipse notavit , ah aliis quoque fuerit postea animadwrsum , ti inventi laus detrahatur. 48 NOTE STORICHE SOPRA ALCUNI SOCJ DEFUNTI ALBERTO FORTIS. INacque il Fortis nell' anno 1741 , ed in eta ancor tenera rimase privo del genitore. La raadre, donna colta ed amorosa, passata a se- conde nozze col Conte Capodilista, tenne seco il figlio. La casa del Conte era in Padova ii convegno eve adunavansi i piu distinti lette- rati die in noii piccol numcro fiorivano in quel tempo e facevano il lustro deir Universita patavina. La vicinanza di tanti dotti fe' nascere di buon'ora in Fortis I'araore dello studio, a cui per attendere pin liberamente prese risoluzione di entrare in eta di soli sedici anni nell' ordine de'Romitani di Saiit' A2:o- stino. Ivi divideva il suo tempo fra lo studio delle cose ecclesiastiche e quello delle raeraviglie della natura , avendovi intrapreso uii poema sulla geologia, di cui pubblico poi rpialche saggio , senza pero averlo raai condotto a compimenro. Ma uscito poco dopo per concessione di Clemente XIV dallo stato claustrale , pote dedicarsi piii di proposito alia geologia, e trovo largo campo di farvi insigni scoperte in un viaggio intrapreso in Dalmazia in compagnia di due valenti letterati, il signor Symonds gentiluomo inglese ed il signor Cirillo professore di Napoli; viaggio rinnovato piu volte con altri illustri compagni. II saggio ch' egli pubblico delle sue osservazioni fu ricevuto con plauso dai dotti, e pro- dusse all'autore colla faraa di valcnte scrittore ed osservatore qualche van- taggio pecuniario, prezioso particolarmente per lui che sprovvisto di beni di fortuna viveva de' frutti della sua mente. L'autore fu ascritto a diversi corpi accademici , e 1' opera tradotta nei piu dotti idiomi d' Europa. Ma sarebbe stato per lui vergognoso il cercare cosi minutamente una provincia trasmarina , ed ignorare la sua propria; percii) tornato in patria e collocatosi piu agiatamente in una villa nel Vicentino, die- desi a percorrere que' monti e i non discosti colli Euganei , nei quali ravvis6 le isole Elettridi degli antichi,e quindi estendendo a mano a maiio le sue escursioni , tutte esamiii6 le Alpi ed il lungo Apennino. RACCOLTE DA FRANCESCO CARLINt. 49 I moviraeiiti guerrieri che iniuacciavano I'ltalia vennero a distuibare i dotti suoi ozj. Prese egli allora 1' ardita risoluzione di veiidere i suoi beni e trasportarsi col suo danaro ia Fraucia , ove , essendo in quel tempo gia sedato il rerrore repubblicano, sperava di godere mag- giore traiiquillita. Come avveduto noccliiero che vedeiido avviciuarsi alle rive il furore della teuipesta va a cercare nell' alto meno perico- losa stazione , lontano dagli scogli nascosti e dalf irapeto dell' oade ripercosse. Ridotte poi la Francia e I'ltalia sotto il domiuio d'uu solo, fu egli nominato Direttore della pubblica Biblioteca di Bologna, e quindi scelto fra i prinii a far parte di questo nostro Istituto , e dai colleghi nomi- nato Segretario. E bene era egli in grado colla sua vasta cultura e col suo nobile stile di dar anima e vita al nascente Corpo accaderaico. Ma troppo presto egli gli fu tolto , in eta d' aniii 62 , due soli anni dopo la sua elezione. PAOLO POZZO. F AOLO Pozzo , architetto di molto valore , nacque in Verona 1' 8 di marzo del 1741. La sua famiglia era originaria di Puria di Val- soldo ne' Grigioni, di dove si trasferi verso I'anno lySg Carlo Pozzo suo padre per esercitarvi la professione di capomastro nuiratore. Istruito per tempo ne' primi rudiraenti delle buone lettere e della filo- sofia , ebbe in Verona a maestri I'abate Stefano Mariotti nella lingua greca, e Francesco Ventretti nella geometria. AH' eta d' anni 18 era istruito nella geometria e nella fisica, nelle quali scienze avrebbe po- tuto fare gran passi sotto la scorta del rinomato illustratore d' Archi- mede Giuseppe Torelli , che lo amava moltissimo, se non fosse stato distratto da un eccessivo trasporto per le arti del disegno, ed in ispe- cie per Tarchitettura, i principj della quale aveva appresi nella scuola di Adrian© Cristofori , secondato in cio dal Coute Alessandro Pompei Vol. I. P. I. 7 So NOTE STORICHE SOPRA ALCUNI SOCJ DEFUNTI e dal Conte Girolaino Dal Pozzo , nelle case cle' quali gli vennero fatti coiioscere i tesori uascosti nei lavori di Vitruvio e di Leon Battista Albert! , di Palladio, di Serlio , degli Scamozzi e de' coiicittadini suoi San Micheli. Ma i bisogiii di taniiglia lo indussero impi-ovvisaniente ad abbracciare il progetto offertogli di mettersi in mare in qualita di ca- pitano di una nave mercantile. Lasciati quindi i suoi studj d'architet- tura, egli parti per Venezia nel 1760, e per quasi tre anni si occupo in viaggi marittimi snlle coste della Dalmazia e delle isole del Levante. Stance di tal nojosa occupazione, si era egli gia restituito in Verona presso del padre, qnando nel 1764 il Marchese Carlo Canossa suo benefattore lo fece nominare uno de' periti ingegneri della Comrais- sione austro-veneta nella celebre controversia per le acque del Tartaro insorta fra i Veronesi ed i Mantovani, ch' ebbe poi termine col Trat- tato d' Ostiglia. In questa occasione si rec6 a Mantova presso un suo fratello, e qui ripiglio la carriera d' architetto. Nel 1771 successe al professore G. B. Spampani nella cattedra d'arrhitettura dell' I. R. Accade- mia di scienze , lettere ed arti di Mantova, e al tempo stesso fu creato architetto camerale con ampio stipendio. Stabili egli allora in Mantova la sua dimora, ove tosto aperse una scuola in compagnia del valente pittore Giuseppe Bottoni e dell' ornatista Giovanni Bellavite , la quale scuola divenne in breve tempo fioritissima. Continue ad occuparsi in queste opere fino all' estremo de'suoi giorni , e mori al 18 di dicem- bre del 180 3. Fu la sua meraoria onorata da un elogio scritto dal celebre si- gner Leopold© Camillo Volta, die si conserva manoscritta ne' registri dell' Accademia di Mantova. RACCOLTE DA FRANCESCO CARLINI. PAOLO CASSIANI. 1 AOLO Antonio Cassiani ebbe nascita in Modena 1' anno 1743 da una fainij^lia illustre, ond' era prima uscito nello stesso secolo il valente poeta Giuliano Cassiani conosciuto per I'eccellenza de' suoi sonetti pit- torici , fra' qiiali ricordasi particolarniente quelle ch' ei fece sul ratto di Proserpina. Paolo suo ciigino, dopo aver compiuto 11 corso dell' istru- zione scieiitifica , si applied giovine ancora alle ricerche di storia let- teraria, segiiendo i consigli e la direzione del celebre Francesc'Aiitonio Zaccaria; ed il Cavaliere Tiraboschi nella prefazione alia Biblioteca de' letterati modonesi fa grata ed onorevole ricordanza delle notizie che il Cassiani, chiamato a piu alte comraissioni, si era compiaciuto di comiinicargli, Fra tali notizie raccolte dal giovine storico e da esso comunicate al Tiraboschi vogliono qui annoverarsi quattro disserta- zioni che quegli aveva cornposte per una privata Societa filologica istituita dal Zaccaria e dopo lui preseduta dal Cassiani niedesimo. Trattavano esse, 1° DeW uii^ine delta stampa. Cio che il Tiraboschi ne disse nel prodrorao alia progettata Enciclopedia Iraliana ( dove ritratt6 generosainente alcune opinioni in proposito ch' egli aveva sostenuto prima) combina in massima parte coi sentimenti dal Cassiani gia emessi ; 2° Ddle prime stamperie in fccUia. L' autore non si lascia , come altri hanno fatto dopo, abbagliare dalla falsa data del Decor Puellarum in favor di Venezia ; ed accorda a Subiaco I'anteriorita di tale intra- presa , se non pel Donato del 1445, ma certamente per I'edizione del Lattanzio cola eseguita nel 1467; 3.° Dei primi stampatori di Mo- dena. Questa contiene press' a poco quanto ne ha detto il Cavaliere Ti- raboschi nella sopraccitata Biblioteca modonese all'articolo Roccnciolo; 4° Drile andche scuole di Modena. Parla specialraente dei legali che ivi diedero lezioni durante il secolo XIII. Questi non furono che lavori estemporanei del nostro giovine autore. Egli fu fatto professore di giurisprudenza criminale nelf Uuiversita di Sa NOTE STORICIIE SOPU V ALCUXI SOCJ DEFUNTI Modena , e sia d' allora occupavasi con molto impegno intorno al cal- colo algebraico. La fama die il Cassiani s'era acquistata nclle inate- ruaticlie fe' si die quando I'Uaiversita modoiiese instaurossi con mag- gior lustro ed impegno, mentre vi si chianiarono dall' estero varj profossori di grido , senza ch' ei ne facesse ricerca fu destinato ad insegnarvi V analisi sublime. La teorica delle equazioni fu 1' argomento da lui prediletto, e sul quale esercit6 spocialmente 1' ingegno. Gia 1' illustre Lagrange ( con queir arte tutta sua di ravvicinare i diversi metodi e scoprirne le piu recondite dipendenze ) aveva chiamati ad esanie i diversi artificj coi quali gli analisti erano giunti alia solnzione delle equazioni general! algebraiclie de' primi quattro gradi, ed aveva luostrato clie qualunque si fosse la via tenuta nella risoluzione, senipre questa dipendeva dal- I'impiego d' un' equazione secondaria detta la risolvente , la cui radice equivale alia somma delle radici della proposta moltiplicate rispettiva- mente per le radici reali ed imniaginarie , di grado pari all' equazione proposta , deir unita. Posta le quistione sotto questo nuovo e lurainoso punto di vista , fu aperto il campo ai materaatici d' indagare la vera cagione per cui ogni tentativo era sempre tornato vano per oltrepas- sare la soluzione del quarto grado. Fu il Cassiani fra i prirai ad ira- padronirsi dell' argomento sul quale stese una dissertazione clie fa letta nella privata accademia die il signor Marchese Rangoni aveva stabilita in Modena nella sua stessa casa, e in questo suo scritto egli fece dei pass) notabili verso lo scioglimento della quistione. Trasfuse poi egli stesso le proprie viste nel suo valente discepolo e successore professore Ruffini , il quale seguendo le tracce segnate dal raaestro ridusse il tema a non dubbia dimostrazione, e si I'estese da abbracciar tutti i casi nei quali si parte dal principio die una sola forraola debba racchiudere tutte le radici considerate come indistinte e perrautabili fra di loro. Chiunque frequentava da vicino il Cassiani attesta quant' egli fosse modesto e ritenuto Si sa com' altri arabizioso e vano tenti sovente ogni via di procacciare a se stesso celebrita , sia col raillantare impu- dentemente le propria merce , sia coU' usurparsi destrameute 1' altrui , RACCOLTE DA FRANCESCO CARLINI. 55 e sia col sollecitare a propria lode il veto degl' influenti nella pubblica opinione. II Cassiani per lo contrario amava di rimanersi dimenticato ed oscuro , onde le molte cariche e distinzioni delle quali fu succes- sivameiite fregiato debbono coiisiderarsi come puro frutto dell' aha e favorevole opinione che se ne aveva generalmente, senza che alcuno avesse mai gare coii lui, ne gli opponesse disapprovazione od invidia. Or ecco gl' impieghi e gli onori che vennero spontaneamente a circondarlo. Eletto Priore piii volte del coraune di Modena, fu poi no- minato nel 1781 Avvocato e Relatore stabile delhi Congregazione civica d'acque e* strade , e intorno alia stessa epoca Presidente della classe. Cessato per la rivoluzione succeduta nel 1796 il Governo Estense, fu invitato di nuovo il Cassiani alle pristine lezioni , e ranno seguente erettasi in Modena la Scuola militare del Regno d' Italia , il nuovo Go- verno ve lo destiii6 professore di geonietria descrittiva e d' idrodina- mica. Nelle brevi alternative dei temporanei governi die si succedet- tero in quei tempi si dagli uni che dagli altri fu sollevato ai primi posti del minister©. Nel 1802 vide il suo nome segnato fra i membri deir Istituto nostro; nel i8o4ebbe la carica di Consultore di acque e strade del dipartiraento del Panaro ; nel 1 8o5 il fregio della Legion d'onore. Quest' uorao illustre cesso di vivere il di 3 febbrajo del- I'anno 1806. Onorevole a lui fu la stima che ne aveva concepita il signer Marchese Luigi Rangoni. Questi appena morto il Cassiani ne lesse in pubblica radunanza un encomio, dal quale e in parte tratta la presente notizia. Frattanto giovi conchiudere questo seraplice e breve racconto ricopiando a lode del Cassiani i versi d'Orazio, dai quali comincia il suddetto applaudito elogio : Cui pudor et jusdtice soror Incorrupta fides , nudaque Veritas , Quando idlum invenient paiemF $4 NOTE STORICIIE SOPRA ALCUNI SOCJ DEFUNTI GIUSEPPE MARL I J abate Mari nacque in Canneto , paese dello Stato mantovano viciiio al fiume Oglio, nel 1780. Fu educate in Mantova , vesti di 14 anni V abito gesuitico in Bologna , ove fece il sno noviziato e parte degli studj cbe prosegul a Brc'^cia e a Piacenza. Fu scolaie del gran Riccati , e nel 1 768 venne a Mantova professore di matematica nel CoUegio de' Gesuiti , derogando questi per riguardo di lui al costume d' iiupiegare fuori di patria i loro religiosi. Fu fatto Accademico , indi Censore della facolta matematica dell' Accademia di Mantova , e fu pure aggregate all' Accademia di Brescia. Scrisse epigrafi , poesie e discorsi sacri, de' quali alcuni si haniio alle stampe. Soppressi i Gesuiti, fu ritenuto nel ginnasio professore di matema- tica e poi di fisica sperimentale. Fu in seguito regio matematico came- rale e professore d' idraulica pratica , ebbe moltissimi allievi de' quali pote gloriarsi , come sono il sig. Masetti , attuale Direttore delle pub- bliche costruzioni , il sig. Miccliini, ingegnere in capo per la provincia di Mantova, ed alrri. Era continuamente consultato dagli stranieri per opere grandiose, Fu uno dei cinque Ispettori onorarj alle acque del Regno d' Italia e membro del nostro Istituto. Era d' indole amena , liberate coi poveri , modesto e pio. II professor Gaetano Barbieri ne ha composto un elogio cbe recito alcuni anni sono nell' I. R. Liceo di Mantova , e che sino ad ora e riraasto inedito. RACCOLTE DA FRANCESCO CARUNI. 55 MARIANO FONTANA. JMariano Fontana nato il di i5 gennajo 1746 nella piccola citta di Casalinaggiore da ottimi genitori, ma noii facoltosi , Francesco Fon- tana e Teresa Berti , giunse a conseguire distinta fama e celebrita non ineno pe" snoi Imni e lavori d'ingegno, che per I'illibata morale di cui fu modello fino all' ultima sua eta. Coinpi egli i suoi primi studj in patria , indi ricevuto nella Con- gregazione do' Barnabiti die opera in Milano alle scienze filosofiche, Passato poi in Bologna e posto alio studio della teologia , non trascuro i mezzi, che amplissimi gli sommiuistrava quella dotta citta, di ar- riccliirsi di cognizioni si nella letteratura che nelle scienze uaturali ed esatte. Ivi egli ottcnne ben presto la cattedra di filosofia nel senii- nario , ove comiucio a procacciarsi una scelta biblioteca, che crebbe poi tanto da rauovere qualche invidia alle pubbliche , ed a formarsi insieme una rara collezione di cartoni e di schizzi di eccellenti mae- stri che , conoscitore com' era , sapea per lo piu rinvenire in luoghi. ove giacevano o sconosciuti o dimenticati. Passo successivamente nel 1779 professore di matematiche nella scuola di marina in Livorno nuovamente fondata ; ma rimastovi solo un anno e non pago del suo soggiorno in una citta che non porgeva alcun pascolo al suo genio per gli oggetti di belle arti , cerco ed ottenne d' essere chiaraato a leggere fisica nel Liceo di Mantova, ove fu tostamente ascritto fra i membri dell' Accademia. Rivoltesi poi qualche anno dopo le cure deirimmortale Giuseppe II al ristauramento dell' Universita di Pavia , intento ad arricchiria non solo d'insigni gabinetti , ma, ci6 che piii importava,di celebri lettori , vi fu fra i nuovi eletti chiamato anche Mariano Fontana, e gli fu affidata la scuola importantissima della raatematica applicata. Per distrazione a qnesti severi studj e per sollievo delle scolasticlie fatiche intraprese nel 1 79 1 in compagnia del celebre matematico 56 NOTE STORICHE SOPUA ALCUNI SOCJ DEFUNTI ecc. Mascheroni e dell" illustre collega nostro , successore di Spallanzani , un viagt'-io in Italia , nel quale il suo aniore e la sua dotta curiosita nelle cose di belle arti ebbe il pascolo piii gradito. Ritornato indi air Uuiversita e presa lena novella, compose e pubbUc6 un corso di diiumiica per uso delle scuole , pregevole per mold titoli e che contiene alcune idee singolari e che meritano d' essere esaminate e discusse. Mancato poi poco dopo a gran danno delle matematiche il suUo- dato Mascheroni, nessuno fu creduto piu idoneo a riempiere il gran vote rimasto nell' Uuiversita del nostro Fontana , il quale fece percio passaggio alia cattedra di matematica pura. L'anno 1802, fu 1' ultimo in cui esercito le funzioni di profes- sore ; gl' incoraodi di sua salute e le lunghe fatiche avendogli con- sif'liato di chiedere un onorevol riposo. Ma egli non riraase per6 del tutto ozioso. Ascritto fra i primi nel novero dei niembri di questo Istituto, aveva contratto I'obbligo di presentare ogni due aniii qualche scientifica produzione. Compose egli a tal fine una Memoria sulla resistenza dei solidi, in cui prende a confutare i principj proposti dal sio-nor Girard nell' opera iutitolata: Traice anaLytiqiie de la resistance etc. Paris 1798. La Memoria fu accolta e pubblicata nel volume I, parte II deo^li Atti dell' Istituto nazionale. Un' altra poi ne diede che leggesi nel volume II, e che contiene delle osservazioni storiche sopra I'arit- metica del Maurolico. Fattisi poi serapre piu gravi i suoi incomodi abituali ed oppresso da asma penosa , corono il corso della sua religiosa carriera colla piu edificante costanza e rassegnazione , e cess6 di vivere il di 18 novembre 1808. CATALOGO DELLE OPERE PRESENTATE IN DONO ALL'I.R. ISTITUTO DI SCIENZE, LETTERE ED ARTI DI MILANO NEGLI ANNI l8l I-l8l2-l8l3. iVxEMORlE anatotnico-chirurgiche sopra le ernle , fascicoli 5 , di An- tonio Scarpa. Milano iBog. Discorso inaugurale suUe dottrine economiche di Cesare Beccaria , di Angtlo Bignami. Milano iBll. Illustrazione d'uiio zodiaco orientale, di Ciuseppe Hager. Milano iBii. Memoria medica sul male dell' emicrania sanguigna ed altri consiraili raali della testa, di Nicola Delia Ratta. Napoli i8i). Memoria sul freddo prodotto dall' evaporazione dell' acqua e di molti altri flitidi piu evaporabili della medesima nel v6to , di Pietro Ccn- figliachi. Pavia i8li. Discorsi pronunciati all' occasione della distribuzlone dei premj dell'Ac- cademia di belle arti in Milano fattasi nell' anno 1811. Milano 181 1. Sopra la vita , le opere ed il sapere di Guido d'Arezzo , dove vi sono aggiunti i versi latini sopra i pesi e le raisure dei Roraani, ecc. di Q. R. Fannio Palemone, di Luigi Angeloni. Parigi 181 1. Geschichte und Beurtlieilung aller Systerae in der Zoologie nach ihrer Entwiklungfolge von Aristoteles bis auf die gegenwartige Zeit , von Joliann Spix. Norimberga 1 8 1 1 . Ko/. /. p. I. 8 58 CATALOGO DELLE OPERE 8cuola di Leonardo da Viaei in Loiubardia , opera divisa in fascicoli, dei quali e uscito finora il settimo. Spediti dalla Direzione generale di pubblica istruzione. Versione delle Odi di Q. Orazio Flacco , di Francesco Venini. Milano 1811, edizionc qiiarta. Dissertazione suU' antico stato e condizioue di Padova, di Girolamo Polcastro. Milano 1 8 1 1 . Le avventure di Telemaco recate in ottava rima italiana da Girolamo Polcastro. Padova 1793, volmui 3. La Capitale del Regno d'ltalia, poemetto di Jng. Cossa Bellini. Mil. 1812. Prospectus raisonne , ou apercu d'un nouveau systenie des tems , par feu Gibert , continue et acheve par son fils nine. Paris 1811. Elogio di Piero de' Crescenzj , di Filippo Be. Bologna 18 12. Analyse des eaux sulfureuses d'Aix-la-Chapelle, par Jean-Pierre- Joseph Monheim. Aix-la-Chapelle. Analyse des eaux terraales de Borcette , par Jean- Pierre- Joseph Monheim, Aix-la-Chapelle 1 8 1 1 . II vajuolo vaccino, ode di Davide Bertolotti. Torino 1811. Enologia, ovvero I'arte di fare, conservare e far viaggiare i vini, ecc. , di Fincenzo Dandolo. Milano 1812, volumi 2. Discoi-so pronunziato nella basilica di S. Antonio in Padova da Flo^ riano Caldani. Padova 181 i. De latinae linguaj in anatoraicis studiis praestantia et necessitate, Prae- lectio habita in theatro anatomico Gymnasii Pataviiai XU kal. de- cembris I 8 1 1 a Floriano Caldani. Patavii i 8 1 2. Coup d'oeil sur la degeneration qui s'est operee dans le temperament des horames, par G. G. Lafont-Gouzi. Paris 181 1. Materiaux pour servir a I'liistoire de la medecine militaire en France , par G. G. La/onc-Gouzi. Paris 1809. Lettre d'Abraham Uscano armenien sur quelques points de la theorie de la terre , par G. G. Lafont-Gnuzi. Manoscritto. Trattato elementare di chiinica generale appoggiato alle piii recenti scoperte , e secondo i nuovi principj della teoria termossigena , di L. V. BrugnatelU. Pavia 1810, tomo 3.° PRESENTATE IN DONO ALL' I. R. ISTITLTO. S9 Materia medica vegetabile ed aiiimale , ossia Dizionario conipendioso della Scoria naiurale, chiraica e medica delle piaiite, e sostaiize vc- getabili e animali piu opportune a conoscersi dai raedici moderiii per servire di compiinento alia Farrnacia geiierale pubblicata in Pa- via nel 1807 ed in Parigi nel iSi 1, di L. F. Brugnatelli. Pavia 181 1. Osservazioni suH' uso del salasso , di ylnselmo Piaio. Mdano 181 2. Gioniale di fisica, cbimica e storia natiirale , ossia Raccolta di rae- morie sulle scienze, arti e manifatture ad esse relative, di L. V. Bru- gnatelli. Pavia 1810-181 i, biniestri 12 per gli accennati anni. Elogio di Lorenzo Mascberoni , di Giuseppe Mangili. Milano 18 12. Cenni su la teoria e la pratica della dottrina medica del controstimolo, di /. A. F. Ozanam. Milano 1812. Istruzione sulla coltura e preparazione del guado , e suU' estrazione deir indaco dalle sue foglie , tradotta dal francese da C/aro Giuseppe Malacarne. Milano 1 8 1 2 . Trattato elementare di cbimica generale appoggiato alle piu recenti scoperle , e secondo i nuovi principj della teoria termossigena , di L. V. Brugnatelii. Pavia 1810, tonio 3.° e 4° Saggio sulla leva idraulica nuovameute applicata alle manifatture ed alle arti, di Giovanni Aldini. Milano i8li. Voyage de la raer atlantique a I'ocean pacifique par le nord-ouest dans la mer glaciale, par le capitaine Laurent Ferrer Maldonado I'an i588, traduit d'un ra;inuscrit espagnol , et suivi d'un discours qui en deraontre I'autbenticite et \a veracite , par Charles Amoretti. Plaisance 1812. Observations relatives a la ligature da cordon ombilical, par M. C. Gi- rard. Lyon 18 12. Delle epizoozie dci buoi , delle pecore e dei porci,e di alcune altre loro malattie , della rabbia dei cuui , e delle regole per impedire la difTusioiie dei contagi , di G. Pozzi. Milano 1812. Analisi dell' acqua raiiierale dell* Olmatello, detta volgarmente di S. Cri- toforo , di Paolo Sarti. Memoires sur diverses integrales definies, par Georges Bidone. Turin, luai 1812. 6t CATALOGO DELLE OPERE Istruzioni pratiche sul modo di ben fare e conservare il vino , trattd dair Enologia di Vincenzo Danclolo , e dal medesimo indirizzate ai parrochi ed agli agricoltori del regno. Milano 1812. Nuovi Eleinenti della fisica del corpo umano, di Stefano Gallini. Pa- dova 1 8 12, volumi 3. Meraoires de TAcademie ixuperiale des sciences , litterature et beaux arts de Turin pour les annees 1809- 18 10 (Sciences physiques et matheniatiques ). Turin 181 1. Meraoires, etc. (litterature et beaux arts). Turin 181 1. Annales de I'observatoire de I'Academie de Turin avec des notices statistiques concernant I'agriculture et la medecine ( deux semestres de I'an 181 1 ). Principj di giurisprudenza criminale rischiarati con note da Tomaso Nani. Milano 18 12. Storia del tifo contagioso che regno endemico nelle carceri di Vicenza verso la fine del 18 1 1 e il principio del 1 8 1 2 , di Z>omemco Thiene. Vicenza 18 12. Comnientarj dell' Accademia di scienze , lettere , agricoltura ed arti del dipartiraento del Mella per 1' anno 1 8 1 1 . Brescia 1812. Arminio , tragedia di Ippolit.o P'mdemonte. Notitia collectionis insignis vermiura intestinalium et exhortatio ad com- mercium litterarium , quo ilia perficiatur , et scientise atque amato- ribus reddatur cominunitcr proficua. Naturae scrutatoribus generatim , specialiter autem enthelminthologis dicata. Ab Administratione reg. caes. Musei liistoriae naturalis viennensis. Vindobon^ 181 1. Le Cronache di Pindo ( I, II e III), di Angela Jnelll. Milano 181 1. Se convenga la paracentesi in caso di timpanite peritoneale e nella intestinale, Memoria di Giuseppe Jacopi. Milano 18 12. Memoire pour servir de parallele entre le chapelet ordinaire et la chaine aspirante , lu et approuve par la Societe d'agriculture de Turin dans sa seance du 4 juillet 1812, par Joseph Castellano. Turin 18 12. Corso complete di lingua fraucese ad use degl' Italiani, di SaLvatore Torretti. Milano 1812. PREoENTATE INf DONO ALl' I. R. ISTITUTO. ,6 1 Elogio funebre del Senatore Conte Giovambattista Caprara, Cardinale^ Arcivescovo di Milano , ecc. , di Alvlse Mocenigo. Milano. Elogio del fu Conte Senatore Giovanni Bovara, Ministro pel culto, ecc, di Federico Cai>riani. Milano. Traite sur la polysarcie , par Ange Maccary. Paris 1811. Recueil de miscellanees , par Ange Maccary. Paris 181 1. Giornale di niedicina pratica conipilato dal professore Valeriano Luigi Brera in bimestri. Padova 1812. Vite e ritratti d' illustri Italiani, quaderno i.** Padova 1812, tipografia Bettoni. Mcinoria botanico-georgica sopra alcune specie di frumenti , di Gio- vanai Mazzucato. Padova 1807. Triticorum definitiones atcjue synonyraa, curante Joanne Mazzucato. Utini 18 1 2. Viaggio dal mare Atlantico al Pacifico per la via del nord-ovest fatto dal capitano Lorenzo Ferrer Maldonado 1' anno i588, tradotto da un maiioscritto spagnuolo inedito da Carlo Amoretti. Milano 181 i. Elogio di Felice Fontana , orazione iiiaugurale degli stud) recitata il di 12 novembre 1812 nella grand' aula della Regia Universita di Pavia da Giuseppe Mangili. Milano i8i3. Vita di Benveniito Cellini, orefice e scultore fiorentino , da lui mede- simo scritta, nella quale si leggono molte importanti notizie appar- tenenti alle arti ed alia storia del secolo XVI , ora per la prima volta ridotta a buona lezione , ed accompagnata con note da Gio- vanni Palaniede Carpani. Milano 1806, volumi 3. Salmi e cantici tradotti in versi di vario metro , ecc. , di Francesco Venini. Milano 18 12. Osservazioni sopra alcune lezioni dell' Iliade d' Omero , di Luigi Lam- berti. Milano 1 8 1 3. Saggio sulla dottrina della vita, di Maurizio Bufalini. Forli i8l3. Elogio del fu Conte Senatore Luigi Lambertengbi recitato nella cliiesa prevostale di S. Fedele il giorno i3 aprile 181 3 da Girolamo Polcastro. Elementi di processura e degli atti autentici con note storiche ed analitiche, di Luigi Picciuli. Milano 18 12, tomi 2. 62 C\TALOGO DELLE OPERE Le Servltii predial! sanzionate dal Codice Napoleone , ridotte in casi pratici incisi in rame , corredate d' annotazioiii desunte dalle less:! romane e da classici autori , di Luigi Piccioli. Brescia 1808, opera divisa in 5 libri coUa traduzione francese. Niiovo Trattato pratico delle succession! intestate secondo il Codice Napoleone, di Luigi Piccioli. Milano 1810. Traite complet sur la theorie et la pratique du nivellement, par Fabre cle Brignolles. Storia della scultura dal suo risorgimento in Italia sino al nostro secolo per servire di continuazione alle opere di Winckelmann e di d'Agiu- court, di Leopoldo Cicognara. Venezia i8i3, volume 1° Elogio di Giovanni Poleni, di Pietm Cossali. Padova 181 3. Elogio di Jacopo Riccati, di Q. B. Marzari. Treviso i8i3. Elogio storico del Conte Giuseppe Angelo Saluzzo di Menusiglio , di Giuseppe Grassi. Torino 1 8 1 3. Memoria sulla pretesa analogia fia alcuni fenomeni fisici , di Pietro Configliachi. Pavia 181 3. Prospetto della Scuola di chirurgia pratica della Regia Universita di Pavia per 1' anno scolastico 1811-1812, di Giuseppe Jacopi. Milano i8i3. Meniorie di matematica e di fisica della Societa Italiana delle scienze, tonio XVI , parte I contenente le memorie di matematica , e to- me XVI , parte 11 contenente le memorie di fisica. Verona 1 8 1 3. Indice degli argoraenti trattati nei primi 1 5 tomi della prelodata Societa. Verona 1812. Prospetto de' risultamenti ottenuti nella clinica medica della Regia Uni- versita di Padova nei corso dell' anno scolastico i8i2-i8i3, di v. L. Brera. Padova 1 8 1 3. Discorsi letti nella grand' aula del Palazzo Reale delle scienze e delle arti in Milano in occasione della solenne distribuzione de' premj della Reale Accademia delle belle arti fattasi da S. E. il signor Conte Ministro dell' interno il giorno 11 agosto 181 3. Milano 181 3. Trattato dell' Ariete idraulico, di Vincenzo Brunacri. Milano 181 3. Elogio di Luigi Lagrange, di Pieiro Cossali. Padova i8i3. PRESENT ATE IN DONO ALL' I. R. ISTITUTO. 63 DIssertazione sopra lo stato presente della lingua italiana, di Antonio Cesari. Verona 1810. Illustrazione di un vaso italo-greco del ra'useo di monsignor Arcive- scovo di Taranto, di Antonio Scotci. Napoli 18 11. Versuche iiber die Erwariuung verschiedener Korper durck die Son- nenstrahlen, von Carl {f^ilhelm Bokmann. Carlsruhe 181 1. Veisuclie liber die Varracleitung verschiedener Korper , von Carl Wi- Ihelin Bokmann. Carlsruhe 1812. Elogio storico di Giambatista Carcano Leone, professore di notomla neir Universita di Pavia, di Antonio Scarpa. Milauo i8i3. Memoria del dottore Anselmo Prato, medico assistente dell' ospedal maggiore di Milano, pubblicata con un discorso preliniinare dal professore Qiacomo Franceschi. Lucca. Quando e come abbiasi a permettere il pascolo ne' boschi si resinosi che da fronda, si d' alto fusto die cedui, di Giuseppe Gautieri. Mi- lano iJ^iS. Ridessioni intorno alia soluzione delle equazioni algebraiche general!, di Paolo Ruffini. Modena 181 3. MEMORIE DELL' IMPERIALE REGIO ISTITUTO PARTE SECONDA. ESPOSIZIONE DE' PRINCIPJ DA CUI IL SIG. PROF. CAV. RUFFINI DERIVA LA SUA DLMOSTRAZIONE SULL' I»lPOSSIBILITA DELLA SOLUZIONE AIGEBRAICA DELLE EQUAZIONI SUPERIORI AL QUMTO GR^iDO DI ANTONIO CACCIANINO. Una funzione razionale qualunque de' coefficienti di una data equazione e funzione delle radici della data , clie conserva lo stesso valore sotto tutte le pennutazioni fra le radici indicate. Affinclie una funzione delle radici di una data equazione sla atta a rappresentare ciascuno de' valori tutti delle radici raedesirae , biso- gna che questa funzione sia tale che cangi di valore sotto ciascuna permutazione di tutte le radici fra loro. Dunque affinclie una funzione de' coefficienti di una data equazione sia atta a rappresentare ciascuno de' valori tutti delle radici della data, e necessario che in essa siano introdotti de' radicali , o radicali di ra- dicali de' coefficienti medesiini , per cui quella riesca una funzione delle radici tale che cangi di valore sotto ciascuna permutazione di tutte le radici fra loro. Siccouie fine a tanto che le permutazioni si operino sulle quantita vincolaie dal segno radicale , noji puo mai apparire verun cambiamento 4 ESPOSiZTONE dl' principj , ecc. di valore , atteso che le quantita sotto il segno sono funzioni ra/lonali de' coefficienti : cosi affinche una iiinzione de' coefHcienti canai di valore sotto le differcntl permutazioni delle radici , bisogna che dopo la sostituzione delle quantita espresse per radici in luogo di quelle espresse pei coefficienti , le dette quantita possano essere liberate dal segno radicale da cui sono affette mediante 1' analoga estrazione di radice. Qucsta condizione o altresi necessaria affinche la funzione delle ra- dici sostitnita a quella dei coefficienti sia atta a rappresentare x so- lamente , poi x ", indi x\ ecc. Vedesi ancora evidentemente die la stessa funzione delle radici , oltre al diventar razionale , deve anche riuscir lineare. Cio premesso, nell' equazione generale di secondo grado noi osser- viamo che le permutazioni fra le radici uon essendo che due , basta che possiamo ritrovare un radicale quadrato di una opportuua fun- zione de' coefficienti, ove sostituite le corrispondenti funzioni delle due radici ottengasi una quantita razionale , lineare e tale che cangi di valore permutando le radici, perclie ne concludiamo la possibilita d' avere una formola de' coefficienti atta ad esprimerci i valori tanto di x', quanto di x diversi fra loro. Imperciocche se questa sola quantita non riuscisse all' intento , si combinerebbe opportunamente con una quantita razionale lineare dei coefficienti, onde ottenere un' espressione riducibile solo ad x con uno, e ad X coll' altro dei valori del suddetto radicale quadrato. Di fatti sia A il coefficiente del secondo termine dun' equazione di secon- do grado, B U termine cognito. Sappiamo essere A = - (x'-i-x"), B = xx. Ora con questi coefficieiui componiamo la funzione B , \a. quale r2 in "3 espressa per radici diviene ^ ^^ xx . Quest'espressione non cangia di valore per la perniittazione di x' in x". Ma noi sappiamo che 1/ ( B\ ha due valori uguali in quantita, ma diversi pel segno, poiche dipendono dalle due radici quadrate dell'unita -hi e - i. Osserviamo altresi che la corrispondente espressione sotto il segno radicale in x', x" e un DI ANTONIO CACCIANINO. I'l X — 2X X -*- X . , . . , . ^ X X ijuadrato perfetto riducendosi ad , la di cui radice e c rimarcliiamo ancora che i valori diversi dipendenti dal segno otten- gonsi seiiza il siissidio delle dette due radici dell' unita, raa servendosi solo della permutazione di x in x", poiche allora ricaviamo il valore — I Dnnque noi abbiarao otteuuto una formola radicale de' coefli- cienti , la quale espressa per le radici dell' equazione e divenuta ra- zionale, lineare e tale che cangia di valore per la permutazione delle radici fra loro. Aggiungiamoci adesso 1' espressione — — , cioe '■ , che per la permutazione non cambia ; eccoci pervenuti all' equazione identica '■ \- '■ = a', la quale col solo uso della permutazione si cambia nell' altra parimente identica '■ }- — = x". '■ 2 2 Nelle equazioni generaU di terzo grado le funzioni razionali dei coefficienti espressi per le corrispondenti delle radici subiscono sei permutazioni fra le radici senza cambiar di valore. Un radicale se- condo d' una di queste funzioni , il quale possa divenire quantita ra- zionale di tre dimensioni , e possa avere i due valori diveisi per una permutazione, se si combinera con una funzione razionale omogenea dei coefficienti, mi fornira una funzione delle radici che mantenga il proprio valore per tre sole delle permutazioni indicate. Un radicale terzo di questa funzione che potesse ridursi quantita razionale, e die percio sarebbe lineare , se sotto le tre permutazioni supposte cambiassc valore , mi farebbe conoscere la possibilita della soluzione dell' equa- zione generale di terzo grado ; e tutta la difficolta consisterebbe nell' u- nire insieme piii d' una di queste quaiitita , o se facesse d'uopo com- binarlc ancora con qualche funzione razionale e lineare de' coefficienti, finclie per la riduzione si arrivasse ad ottenere il solo valore di x' ; giacche coUe permutazioni scaturiranno quelli di .v", poi di .v". Questa possibilita ridotta ad effetto e la corrispondenza di fpiesti principj coUa nota soluzione per la formola cardanica sono evidcnte- mente dimostrate nella seconda parte dcUa Memoria del signer pro- fessore Ruffiiii. 6 ESPOSIZrONE DL' PRINCIPJ , ecc. Passando alle eqiiazioni gcncrali di quarto grado , osserviamo die iielle fuiizioui razionali dei coefRcienti espresse per le corrispondenti delle radici hanno luogo ventiquattro perrautazioni senza clie si possa cangiare il valore di esse fiinzioni. Abbiasi uii radicale qnadrato die possa diventar quaiititu razioiiale di dodici dirncnsioni , e die possa acquistare i siioi due valori divcrsi solo col mezzo delle perrautazioni, riescendo questi uguali a dodici a dodici solamcnte : se questo si com- bini con una funzione omogenca dei coefEcienti , la funzione composta conservera lo stesso valore sotto dodici permutazioni , mentre un altro diverso e solo ne assumera sotto le altre dodici. Possa ora da questa funzione estrarsi una radice terza die risulti quantita razionale e tale die possa presentare i suoi tre valori diversi solo coll' opera delle perrautazioni ; e cliiaro die essa sara di quattro diniensioni , e die i valori risultanti dalle dodici permutazioni saranno uguali a quattro a quattro solamente , ed uguali pure soltanto a quattro a quattro saranno quelli delle altre dodici. Facciamo adesso una funzione composta da simile risultato e da una funzione razionale omogenea dei coefficienti, e sia tale die la sua radice quarta si possa aver razionale , e tale die possa cangiar di valore sotto ciascuna delle quattro permutazioni die sotto il segno radicale conservavano uno stesso valore. Questa fu,nzione sara evidenteraente lineare , e iiou sara impossibile 1' unirne insieme tante opportune quante facessero di bisogno perclie la loro somraa si ridu- cesse al solo x; indi col mezzo delle permutazioni successive si avreb- bero gli altri diversi x", x", x"'; cosicclie tutte le ventiquattro permu- tazioni darebbero sci volte la medesima radice , sei volte un' altra , ecc. Non e nccessario di osservare il process© qui assegnato nell' or- dine de' radicali per avere i valori diversi delle radici dell'equazione generale di quarto grado ; ma si puo pervenire al medesimo risultato seguendo altre strade, purche siano riconosciute possibili. Ora il signor professore Ruffini ha dimostrato die un' equazione razionale de' coef- ficienti cspressa per le corrispondenti ddle radici puo esser tale die soggiaccia all' estrazione della radice seconda ; die questa combinata con altra funzione razionale omogenea de' coefficienti pu6 trovarsi tale die subisca 1" estrazione della radice terza ; die questa ancora DI ANTONIO CACCIANINO. 7 combiiiata con alti'a fimzione come sopra si trovi tale da potervi cstrane la radice seconda ; eclie quest' ultima eziaiidio combiiiata con altra funzione oppoi'tuua come sopra possa avcre la proprietii d'estrarvi la radice quarta oppure la seconda ; la qual cosa basta a dimostrarci la possibilita di combinare quest' ultima funzione divenuta razionale e lineare con altre funzioni razionali e lineari de' coefficienti in modo di ridude al solo x. La conformitii degli enunciati priiicipj coi cono- sciuti metodi della soluzione dell' equazione geiierale di quarto grado e dimostrata con tutta precisione nel capo quarto della citata Mcmoria. Nella formola che presenta il valore di ciascuna delle radici di terzo grado si osserva die vi ha una funzione de' coefficienti die subisce sostanzialraente 1' estrazione della radice sesta , ed in quella pel quarto grado una ve ne ha che soggiace all' estrazione della radice \igcsimaquarta. Simili funzioni sono appunto causa per cui sostituite che siano nei valori delle radici alle funzioni do' coefficienti quelle corrispondenti delle radici medesime , la funzione razionale che in ultimo si ottiene , nel caso del grado terzo sommiiiistra due volte il valore di x\ due qucllo di x", e due quello di x"; ed in quelle del quarto da sei volte il valore di x, sei quello di x", sei quello di x", e sei finahnente quello di x"\ vale a dire in generale quando la for- mola presenta colla riduzione solo x', lo conserva per tutte quelle per- mutazioni per cui x non cambia di posto , e lo cangia in x" allorche x" si pone in hiogo di x ; cosi dicasi delle altre: e per tal modo si verifica la condizioiie espressa in principio, che la funzione cangia di valore sotto ciascuna perrautazione di tutte le radici fra loro. Ora non si puo prescindere dall' osservare che questa proprieta debb' essere cssenziale a qualunque formola de' coefficienti che vo- gliasi atta a fornire i valori diversi delle radici di un' equazione ge- nerale di qualunque altro grado ; poich^ quando in cssa avr6 so- stituite le corrispondenti funzioni delle radici , la medesima dovra risultare identica con una sola radice, per esempio con x; ma tutte le radici dovranno essei'vi contenute , affinche si abbiano tutti i loro diversi valori quando pongo un' altra qualunque nel luogo di x. Ma in simile funzione il numero delle permutazioni fra le radici e 8 rsPOSizioNE de' principj, ecc. convcnicnteraente imiltiplo del luimero clelle radici medesiine , diinque tame volte deve mantenersi il valore x\ quante unita si coatengono ucl nuiacro totale delle permutazioui diviso pel iiuinero delle radici , e cosi delle altre. Adiinque perclie una formola de' coefficienti possa presentai-e i va- lori deir etjuazione generale di quiiito grado , dove il luimero delle perimitazioni fra le radici e centoventi, e necessario clie una qualche funzione de' coefficienti in qualunque mode per successive estrazioni possa in ultimo risultato soggiacere all' estrazione della radice cento- vigesima ; di nianiera che combinata durante 1' operazione con altre funzioni, le quali subiscano gradataraente delle estrazioni di radici aliquote minori, producano successivaraente delle funzioni razionali delle radici die forniscano ordinatamente tin numero di valori di- versi uguali sempre all' esponente dell' ultimo radicale eliminato per Testrazione; e cjuesto non gia col sussidio delle analoghe radici dell'u- nita , ma solamente per opera delle permutazioui , fino a pervenire air equazione lincare fra le radici ehe s' identifichi con x', e cangi di valore sotto ciascuna permutazione di tutte le radici fra loro. Ora omettiamo, anzi accordiamo clie intraprendendo questo pro- cesso d' operazioni , ci sia possibile di ritrovare una funzione de' coeffi- cienti che soddisfaccia in parte alia suddetta condizione coU' estrazione della radice ottava , ovvero due successive colle estrazioni successive delle radici seconda e quarta , oppure tre coll' estrazione di tre volte la radice seconda. Con questa operazione noi saremmo pervenuti ad avere una funzione razionale delle cinque radici che conserverebbe il proprio valore per quindici permutazioni soltanto , e per tutte le centoventi che si possono praticare lo cambierebbe otto volte , cioe conserverebbe il^ proprio valore per le permutazioni fra tre radici e fra tutte le cinque. Spinta r operazione a questo punto, ci farebbe d' uopo di ottenere coir estrazione della radice terza una funzione razionale la quale con- servasse il proprio valore per cinqtte permutazioni solamente , ed in ultimo coir estrazione della radice quinta una funzione lineare clie cangiasse di valore per ciascuna permutazione di tutte le radici fra loro. DI ANTONIO CACCIANINO. 9 Conosccremo facilmente die a questo passo siamo necessariamente ri- clotti , qualuiique fosse il metodo con cui iiitcndessimo di procedere , per la sola considcrazione die il 3 ed il 5 soiio aliquoti dd 120, e die sono numeri prirai. Da questo stesso problenia dipende essenzialmentc la soliizioiie di tutte le equazioni algebraiche superiori al quarto gra- de, poidie gli stessi numeri 3 e 5 sono aliquoti di tutte le quantita die costituiscono le somme delle permutazioni die si possono fare sulle loro rispettive radici , ne 1' estrazione delle radid di simile esjio- nenie si possono evitare , per essere questi numeri prirai. Ora la soluzione di questo problema e appunto quella die viene dimosrrata impossibile dal signer professore Ruffini nella sua Memoria al § 5.°, dove fa diiaramente conoscere die se F{x', x", x", x", x'^, ecc.) conserva il proprio valore per una delle permutazioni fra cinque ra- dici , e per due permutazioni fra tre radici , di qualunque grado sia r estrazione della radice die su quella si tend d' operare , non sara mai possibile d' ottenerne un risultato razionale che presenti una ra- dice dair altra diversa per le sole permutazioni delle cinque o delle tre radici fra loro, e senza il sussidio d'alcuno de' valori delle cor- rispondenti radici dell' unita. Dunque concliiudiamo a non poter dubitare che da questa dimostrata impossibility direttamente ne emerge I'impossibilita della soluzione alge- braica delle equazioni generali di grado superiore al quarto ; conclusione che ritrovasi con esatto raziocinio sviluppata uel § 6.° della citata Memoria. Metodo con cui procede la dimostrazione del teorema fondamentale qui sopra enunciato. Prendasi il caso particolare dell' equazione di qninto grado , e com- pongasi coi coefficienti di essa una funzione qualunque razionale ; que- sta e sempre una funzione delle radici della data equazione che con- serva il proprio valore sotto qualunque permutazione delle radici fra loro , sia di tutte , sia d' alcune solamente. Fra tutte le permutazioni scegliamo quelle per cui tutte le radici cambiano di posto mediante una legge sola di successive andaraento. Vol 1. p. II. a lo ESPOSiZTONE dl' rRiNciPj, ecc. Per esempio nella fuiizione chc primieramente ci si prcscnta all* oc- chio notiamo con uii corrispondente numero d' apici le cinque radici, ordinandole per tal modo origiiiariamente ad arbitrio in prima , se- couda , terza , quarta e quinta radice. Facciamo passare la prima al posto della quinta , e lo altre quattro retrocedano d' un posto. La stessa funzione si presentera apparentemente diversa dalla piima , ma avra il valore medesimo. In questa portiamo all' ultimo posto la seconda divenuta prima , facendo retrocedere le altre ; avremo una terza ap- parenza diversa. Una quarta apparenza otterremo trasportando in ultimo la terza divenuta prima ; e finalmente una quinta portando in ultimo la quarta, che parimente divenne prima. Se vogliamo continuare questa legge , ci si rinnova 1' apparenza prima, ed il processo rendesi periodico. In sostanza tutte queste espressioni mantengono , come ab- biamo detto , lo stesso valore, Supponendo ora d' avere una radice qualunque di detta funzione , questa sara parimente funzione della i.", 2.^, 3.^, 4.' e S.'"* radice nel caso della prima apparenza ; sara funzione della 2.''', 3.'^, 4.", 5.'^ e i.'' nel caso della seconda , e collo stesso oixline fino alia quinta appa- renza ; cosicche tutte queste cinque apparenze sarebbero radici della data prima funzione , poiche quella conserva il proprio valore sotto simili permutazioni. Ma qui noi non sappiamo se le cinque apparenze delle radici con- servino sostanzialmente uno stesso valore, ovvero assumano de' valori diversi. Sappiamo pero che queste cinque radici nascono per mezzo di permutazioni , e che colla stessa legge con cui la seconda nasce dalla prima , la terza procede dalla seconda , e cosi fino alia quinta : sappiamo altronde che per la generalita dell' equazione supposta di quinto grado era in nostro arbitrio I'assegnare in principio a qualsi- voglia delle sue radici il primo o secondo posto , ecc. Dunque con- chiuderemo che quelle stesso moltiplicatore della prima apparenza die potesse riuscire a darmi il valore della seconda, se moltiplicasse la seconda, mi dai'ebbe il valor della terza, e cosi di seguito. Dnnque ancora se chiamiamo j2 questo moltiplicatore, la prima apparenza mol- tiplicata per j3 , ovvero per j3", o per j3\ o per i3'*, mi dara successi- vamente i valori della a."", 3.% 4.-^ e 5." apparenza. DI ANTONIO CACCIANINO. I 1 Osserviamo adesso die se noi abbiaino una formola qualuncjue al- gebraica die vogliasi poteuza di uii cjualiiiicjue csponente/j, cd ab- biaino un'espressione die sia una radice p"'"" di quell a , otterremo una dalle altre radici moltiplicando quella per una delle radici jd"""" dell'u- iiitil. Dunque il moltiplicatore j3 dovra essere un' opportuna radice deir unita. Ma applicando la stessa legge di permutazione alia quiiita apparenza, la sesta risulta identica colla prima; ed altronde la quiuta apparenza uguaglia la prima moltiplicata per j2\ per cui la sesta deve uguagliare la prima moltiplicata per J3'\ Dunque j3'' non puo essere clie uguale ad uno, e per conseguenza J3 non puo essere che una delle radici quiiite deir unita. Pertanto se fi potesse essere una delle radici quintc deir uaita divei'sa dall' unita medesima , le cinque appareuze che sono radici della prima funzione avrebbero un valore diverso Tuna dall'al- tra ; die se fi non potesse essere che uno , le indicate apparenze con- serverebbero lo stesso valore. Per lo stesso ragionamento , presa nella prima funzione razionale de' coefiicienti una legge di permutazione fra tre radici solaniente , per cui la quarta apparenza di quell' espressione die rappresentasse la radice p"""" della medesima funzione s' identifica colla prima , si scorge die il moltiplicatore della prima apparenza per uguagliarla alia secon- da , ecc. non puo mai essere che una radice terza dell' unita. Operando poi la prima legge di permutazione fra cinque radici sopra una di quelle apparenze derivate per la seconda legge di per- mutazione fra tre, sole radici, per cui la sesta apparenza s' uguaglia alia prima , e mettendovi senipre di confronto il prodotto della prima apparenza nell' analogo moltiplicatore e successive sue potenze , il cliiarissimo signor Ruffini prova in primo luogo che le radici terze deir unita non possono mai essere diverse dall' uno, e finalmente che la stessa radice quinta dell' unita , che abbiamo chiamata J3 , non puo mai essere diversa dall' uno. Dunque se supporremo d' avei'e un' espressione libera da segni ra- dicali, la quale mi rappresenti una radice quahinque d' una funzione de' coefiicienti d' uu' equazione generale di quiuto grado , e se sopra 1 1 ESPOSIZIONK DE PRINCIPJ , CCC. queir espressione opereremo le permutazioni sia fra tiicte le cinque radici , sia fra tre solamente , le apparcnze che ue risulteranno couser- veranno sempi-e lo stcsso valore ; poiclie tutte queste operazioni equL- valgono seinpre alia mokiplicazione clella prima espressione per 1' unita. Ma sarebbc neccssario die le apparcnze, le quali risultano dalle per- nnitazioni fra tultc le cinque radici , acquistassero un valore diverso , affinclie di esse se ne potesscro assumere alcune talmentc combinate, che potesscro ridursi solamente ad x\ poi ad x", x'\ ecc. Dunque non essendo possibile che le apparcnze di quelle permuta- zioni abbiano valore diverso , resta ad evidenza dimostrato impossibile che una o piu funzioiii razionali o radicali , o radicali di radical! dei cocfficienti dclla data equazione di quinto grado insiemc combinate , possano rapprcsentare generalmente il valore d' una radice .• poiclie sc ci6 fosse , sostituendo in ciascun termine il corrispondente valore in .t', x" , x", .x", x' radici della data, fatte le debite riduzioni , dovrebbe in ultima analisi risultare x solamente, lo che e impossibile. Dopo di avere , come potei meglio , esposte le idee e fatta cono- scere 1' esattezza del raziocinio a cui il chiarissimo nostro collega si- gnor Ruffini appoggia le sue dimostrazioni , resta solo che mi occupi nel rettificare una proposizione da me superiorraente enunciata , che nella generalita delle soluzioni possibili delle equazioni puo non sem- pre essere vera , e non e sempre vera realmente ; e sulla quale prima d' ora ho pensato megUo di non portare verun dubbio , a fine di piu speditamente presentare gh schiarimenti die sono piii sostanziali a ben penetrare lo spirito di quell' argomentazione die 1' autore maneggia senza veruna pansa, come probabilmente lo esigeva la natura della questione che intraprese a sviluppare. Dissi gia die nella formola de' cocfficienti , la quale presenta il valore di ciascuna delle radici di terzo grado , si osserva die vi ha \ina funzione de' cocfficienti che subisce sostanzialmente I'estrazione della radice sesta , ed in quella pel quarto grado una ve n' ha che soggiace all' estrazione della radice vigesimaquarta; poi per una generale osserva- zione conchiusi die, affinclie una formola de' cocfficienti possa presentare i valori dell' equazione generale di quinto grado, e neccssario che una DI ANTOKIO CACCIANIN'O. I J qualche fnnzione de' coefficienti in qualunque modo per successive estrazioni possa in ultimo risultato soggiacere all' estrazione della ra- dice centovigcsima. Simile proposizione deve senipre verificarsi allorche i valori dei ra- dicali che entrano nella formola sono dipendenti gli uni dagli altri , pcrche allora le apparenze uguali al numero delle permutazioni noii possono rendersi manifeste se non per via d' un radicale , il di cui esponente sia parimente uguale al numero delle permutazioni. Tale essendo la conosciuta formola cardanica, per cui si risolvono le equa- zioni di terzo grado , essa contiene di fatti ne' suoi due termini un radicale sccondo vincolato da un radicale terzo. Ma so la formola de' coefficienti atta a presentare il valore di cia- scuna delle radici potesse contenere dei radicali 1' uno dall' altro indi- pendenti , i diveisi valori che un radicale potesse assumere, senza che gli altri variassero, basterebbero a rendere moltiplice U numero delle apparenze , fino ad ottenere il numero che risulterebbe da tutte le permutazioni , senza bisogno d' un radicale , il di cui esponente fosse uguale al numero medesimo. Cio >precisamente accade nella conosciuta formola die somministra la soluzione dell' equazione generale di quarto grado , ove si e usato I'artifizio di dividerla in due equazioni di secondo, in ciascuna delle cpiali entra\ i sotto radicale quadrato una quantita a due dimensioni , die si rende cognita mediante la formola cardanica per le equazioni di terzo grado. La soluzione di ciascuna equazione di secondo grado fornisce due radici della data generale di quarto, ed i quattro valori compresi in una Bola formola dipendono dall' aggregato di due radicali quadrati , i di cui segni si possono arbitrariamcnte combinare : sussistendo poi sotto qucsti radicali quella quantita che, dipendcndo dalla soluzione dell' e- quazione generale di terzo grado, contiene un radicale sesto funzione de' coefficienti , ne viene di conseguenza che il radicale quadrato in- dipendcnte unito ad un radicale dodicesimo , ovvero due radicali indipcndenti di secondo grado col radicale sesto bastano a rappre- sentare le ventiquattro apparenze risultanti dalle permutazioni di tutte o parte delle quattro radici fra di loro. 1 4 ESPOSIZIONE 1>E' I'RINCIPJ , CCC. Ma questa stessa osscrvazione sebbene renda sospetto il primo mio argomeiito, pure, aiiziclie offeudere, serve a pienamente coinprovare r esattezza della dimostrazione concernente 1' impossibilita della soki- zione generalc delle ec|uazioui superior! al quarto grado. Poiche se in quelle di quiuto o maggiori del quiiito potcssimo anche riescire a comporre coi coefficienti delle funzioai tali che fossero poteaze per- fette del due o di un esponente comuuque muUiplo del due, e che le loro radici- cangiassero di valore sotto 1' opei^azione delle oraologhe permutazioiii fra le x, x", x", ecc. , sempre per6 sussisterebbe die queste radici conserverebbero lo stesso valore sotto le permutazioiii di tre fra loro, e sotto quelle di cinque delle x\ x",x"', ecc. fra loro; meutre le permutazioiii corrispondeiiti ai radicali multipli del due iion potrebbero essere die quelle di uiio , due , tre , ecc. biiiarj delle di- verse X fra di loro ; ed altroude con dei radicali multipli del due solamente , comunque dipendenti o indipendenti fra di loro , iion potra mai comporsi una forniola che sla atta a rappresentare il numero delle apparenze precisamente uguale alia sorama di tutte le permutazioni, Finalmente sara sempre assurdo il sospettare die fra i molti valori che una formola de' coefficienti possa acquistare per mezzo di radicali, una per azzardo possa ritrovarsi , la quale si riduca al solo x dopo fattevi le debite sostituzioni delle corrispondenti funzioni delle radici. Iraperocche se questo sospetto potesse verificarsi , si verificherebbe ancora che eseguendo fra tre i-adici ovvero fra cinque quelle permuta- zioni per le quali x", x", ecc. passassero iiel posto di x, la stessa formola si ridurrebbe al solo x", poi al solo x", ecc. ; valori die per la generalita si ammetterebbero tutti diversi 1' uno dali' altro ; al quale risultato con- traddice il teorema dal signor Ruffini generalmeate dimosirato ; die se una qualunque F{x', x", x", r' , x , ecc.) conserva il proprio valore per una delle permutazioni fra cinque delle diverse x, e per due permutazioni fra tre, non e possibile che esista una fanzwne f{x',x",x",x", x',ecc.) die, essendo razionale, possa essere una radice qualunque della data F, la quale cangi di valore sotto le permutazioni medesime. Tanto mi sembra cliiaro ed evidente un simile assunto, che se nell' e- quazioae di secoudo grado non si fosse potuto ritrovare quel radicale DI ANTONIO CACCIANINO. I 5 (juadrato funzione de' clue coefficienti, in cui sostltuitc le funzioni delle radici si e ottenuta una funzione razionale delle radici medesime die cambia di valore , come abbiamo osservato, permutando x in x", so- sterrei clie non sarebbe stata possibile la soluzione generale algebraica di veruna equazione generale algebraica , a cominciare da quelle di secondo , tei'zo, quarto, ecc. gradi. Concliiudero il presente discorso col manifestare il mio piii vivo desiderio die la Memoria ultimaraente scritta sopra questo interessante argomento dal chiarissimo nostro collega signor Ruffini sia esaminata da' soninii matematici , all' adunanza de' quali ho I' onore di poter in- tervenire, sebben senta che ben da lungi soltanto e con fatica appena mi e concesso di scguirli , affinche il loro giudizio giovi ad irrevoca- bilmente sanzionare per certa la proposizione gia enunciata dal cele- bre signor Paoli , il quale molto tempo prima di questa riuova dimo- strazione nell' opuscolo secondo del suo Supplimento agli Elementi d' Algebra parlando dell' uso delle funzioni delle radici per la risolu- zione delle equazioni , cosi si espresse : « Ma questa speranza e del » tutto svanita dopo che Tinsigne geometra Rulfini ha dimostrato essere y> impossibile la generale risoluzione delle equazioni di grado superiore yy al quarto E qui giova osservare che la risoluzione generale » delle equazioni , i progressi della quale si devono agli analisti ita- » liani Scipione Ferri , TartaoUa , Ferrari , Bombelii , ha ricevuto il suo » compimento per opera di due italiani geometri Lagrange e Ruffmi. » Trovarc a priori la soluzione dell' equazione generale di secondo grado dietro il principio del signor professore RuJ^ni. Sia X* ■*■ yix ■*■ B =^ o ; cliiamiamo P' una funzione razionale de" coef- ficienti ^, ^, sara P' = F{x',x" ), e sara ancora F(x,x")=.F{x",x'). Se sia y = l^P', sara particolarnlente y' = ->- l/P', y" = — /P'. Ma y ed y" saranno funzioni di x', x" tali che sia y'=/(x', x"), 3"=/(x", x). Queste due quantita uguali fra di loro , ma di diverso segno le cliia- mero ■*- Q' e — Q ,e le supporro razionali ; mentre, sostituitevi le cor- rispondenti funzioni di x', x", deve l^P' risultare quantita razionale, I 6 ESPOSIZIONE Di;' PRINCIPJ , CCC. afTiiicho aggiunta ad altra funzion razionale de' coefiicienti , die riesca opportuna , foniisca il solo valore x, c permutaudo x iu x" quelle solo a". Se (16 puo cseguirsi , dovra essere possibile 1' equazione x = P"-f- Q\ dove P" e una funzione razionale de' coefiicienti. Essendo x quantita liiieare , do\Tanno P", Q' essere parimente quan- tiia lineari, con questa sola ditferenza che P" non camhiera di valore pcrmutando , per essere funzione razionale de' coefiicienti , e Q coUa permutazione potra , anzi dovra variare , essendo Q' un radicale qua- drato funzione dei medesirai. Potrerao pertanto fare P" = gA , dove g e un coeflliciente opportune da deteruiinarsi della sorama delle radici presa con segno contrario , che non cangia perrautando, e cosi faremo Q' ^= hx ■+■ jx ", soddisfacendo alia condizione che la quantita Q' sia lineare , e che pei diversi valori di h, i da determinarsi opportunamente possa col mezzo della permu- tazione acquistar valore diverso. Avremo dunque P' -t- Q' = x = — g{ x ■*- x" ) ■^- hx ■+■ ix". Ma facenda la permutazione in Q\ deve risultare — Q'. Dunque hx" -t-ix z= - hx — ix", in cui perche sia generalmente vera, indipendenteraente dai valori di x, x", risulta dover essere h =^ - i. Sara pertanto x = -gx -gx" -t-hx' -hx", e questa ci fa couoscere che debb'essere ft -g = i, h-^g^=o, cioe h^-g, e quindi aft = i , e - 2g = i , e finalmente /i = |, g = - i- A I Abbiamo per conseguenza ottenuto P' ^= gA = -—,e Q = 2.- A „/ x — x" — IX X ■*■ X Ma Q' = ■*■ ^P'; dunque P' = '■ ; ne piu ci rimane a fare se non esprimere quest' ultima quantita per la funzione de' coefficient! che le corrisponda. Ora a;'* •»- x"^ e la somma delle seconde potenze delle radici, e dai teore- mi neutoniani noi sappiamo essere questa uguale ad A^ — 2B; ed e ancora , „ r> 3 X ~2XX -*-X A — 4Ji A n D' „ IT- 2.x X =-2B; dunque = — = — - ^ = i-*, e quindi abbiam ricavato a priori P'+ Q' = P"i- l^P'= x'= - — •*- 1/ ( — -^j come ci eravamo proposto. STORIA D^ UNA MATRICE AMPUTATA DI GIOVANNI BATTISTA PALETTA. JLja recisione della matrice non discostata dalla sua sede naturale fu sempre reputata letale o irapossibile : letale per 1' istantanea perdita di sangue dai vasi spermatici ed uterini \ ioipossibile per la somma difFicolta di estrarla dalla banda della vagina. Osiander , professore a Gottinga , ha piibblicate le sue osservazioni suUa parziale recisione del coUo della matrice affctta da scirro o da cancliero. Ma , come il pill delle volte addiviene , I'origine ed il successo di molte important! operazioni debbonsi all' azzardo , e la pratica ragionata le ha poi adottate e stabilite. L' azzardo pure ha fatto si che io cavassi intiero r utero dalla parte della vagina , la di cui storia ora present© a que- sta classe dell' Istituto. Una donna piemontese , che aveva figliato piu volte ed era impie- gata come canieriera , si ricovero in questo spedale civile perch^ gia da nove raesi andava soggetta a scoli sierosi e sanguigni dipendenti da un sarcoma ulcerato che pendeva dalla cervice delF utero entro la vagina. La pigiatura sopra 1' ipogastrio addolorava la matrice , e i sensi dolorosi estendevansi ai lombi , alle cosce ed alle parti. Quantunque pei summentovati fenomeni si dovesse temere che il sarcoma avosse prcso il carattere di caiichero, od almeno fosse dispo- sto ad assumeilo , pure in maiicanza di febbre e di macie , ed avendo sotto gli ocelli un coi-po uoii isprovveduto di vitahta , mi cadde in Vol. I. p. 11. 3 1 8 s TORiA d' una matrice amputata peiisiero di sradicarc il sai-coma comprendendo la cervice dell' vitero sulle basi indicate da Osiandei'. Pertiuito il di i3 aprile i8ia mi acciiisi ad operare , e muuito di una tanaglietta fabbricata a foggia di due cucchiaj senza congiunzioiie insinuai la niano in vagina , ed a favore di essa mauo introdussi prima un cucchiajo , indi 1' altro , ma altrimenti adoperaudo clie quando oc- corre d' inipiegare i forcipi ostetricj. Cosi aiTivai a compiendere il sarcoma verso la sua base ed a potei'lo tirare in basso. Come pero la base , ossia radice , era assai larga e meno cedente del suo corpo in varj punti ulcerato e disuguale , cosi abbandono la prcsa , prima clic io potessi avvicinarvi il feiTO tagliente. Allora senza punto desistere dair impresa introdussi di nuovo la mano , afferrai colle dita stretta- mente il sarcoma , e guidatolo in basso incominciai alia parte superiore ad incidere la vagina con una forbice curva e sufficientemente lunga, indi continuai a staccare la vagina in giro al sarcoma ora col coltello falcato, ora coUa forbice suddetta. Mi serviva di guida per portare il tagliente una certa dnrezza die incontrava colle dita sempre tenute in situazione, la quale durezza fa da me creduta essere la base del sarcoma. Quando il tumore fu d' ogni intorno isolato , e specialmente dalla parte posteriore verso 1' intestino retto , ove teneva pivi fermaniente , il cavai dalla vagina e lo presentai agli astanti , intanto che terminava di recidere un frammento di sarcoma rimasto adcrente alia vagina. La recisione si e fatta speditamente , e la donna fu abbastanza corag- giosa o sofferente , perche , senza essere avvertita della determinazion nostra, non le sopravvenisse convulsione, ne sincope. Una cosa a cui ho particolarmente prestata attenzione si e 1' emorragia da me temuta SI avanti che dopo I'operazione. Posso pero assicurare che la donna non perde maggior copia di sangue di quella che avrebbe perduto in qualsivoglia altra operazione ordinaria. Dopo r estrazione della massa morbosa fui sollecito ad esplorare r interuo della vagina. Il dito entrava in un vano piuttosto spazioso , in cui non potevasi distinguere cosa si pTesentasse , perche tutto era moUe e soffice. Questo vano fu iramediatamente riempiuto da morbidi stiielli intrisi nelle cosi dette polveri assorbenti, e la donna fu collo- cata nel suo letto. DI CIOVANNl BATTISTA PALETTA. I9 Termiiiata la primu medicazione, tauto io, quanto il signer Monteggia iiostro coUfga , clie pur voile assistere all' operazione , e gll allievL accorsi vi eraiio impazieiiti di esaminare il pezzo raorboso. Ma quale fu la nostra soi-presa quando vidimo un corpo liscio , rotondetto , per ogiii parte iUeso , da ciii vegetava il sarcoma. Gonobbimo all' istante essere la raatrice cavata per intiero , le cni trorabe vedevansi re- cise rasente il fondo di essa , ed in basso nou vi rimaueva vestigio di vagina. Come il corpo della matrice parve alquanto pin sodo e piii ingran.- dito del natm'ale, lo aprinimo nella superficie anteriore, e ci diede a riconoscere essere la sostanza spongiosa accresciiita in densita ed in volume ; in una parola essere viziato il parenchima dell' utero amputato. Sei ore dopo I'operazione rammalaia si vide discretamente tranquilla, senza perdita di sangue, e risentiva solaraente qualche dogliuzza all" ipo- gastrio specialmente nei movimenti di tosse o di forte inspirazione. Nel giorno seguente fii molestata la donna da scosse convulsive, da rapidi vomiti e facili , da dogliuzze al basso ventre. La fisionoraia non mutata , gemizio di sangue scolorato , polsi deboli. Le orine estratte due volte coUa sciringa erano torbide, jumentacee. Nella terza gioruata continuano i vomiti rari ; il ventre e abbassato , un po' dolente spe- cialmente dal lato destro , i polsi molli cedenti , languore universale , per cui muore nel corso della notte. I presidj apprestati nel primo giorno furono applicazionl fredde , limonea vegetable e brodi. Nel secondo e terzo fomentazioni , ammol- lienti , clisteri , brodi e limonea. Apertosi 1' addomine della defuiita , si afFaccio tosto un esteso omento ricoprente gl' intestini , e per mezzo di due lembi aderente al peri- toneo sui due lati della vescica orinaria. Tali adesioni non erano re- centi si per la loro fcrmezza , quanto per la mancanza di qualunque alterazione. Staccatasi la minore di dette appendici dell' omento, e ro- vesciatala, si presentarono gl' intestini uon gia turgidi, ma infiammati, piu dcbolmente i giri inferiori, e maggiormente i superiori , cioe quelli die stanno al disopra del bellico ; anzi le ultime anse dell' ileo presso la linea innominata erano quasi ncllo stato naturale. 20 STORIA n'UNA MATRICE AMPUTATA In magp;ior grado 1' accensione occup6 il peritoneo clal lato destro fin sopra il cUafrarama , e couseguentemente tutto il fegato die forte- raeiite illivitlito poggiava sopra il colon e digiuno, compresi pure da infianimaniento. Sotto il fegato verso la spina dorsalc trovossi effusione di siero torbido tendente al sanguigno non molto dissimile dalle orine estratte col catetere. Una minor porzione di detto siero rinvennesi pure sopra la concavita dell'ileo destro. Finalmente avendo rialzate le ulti- me ansc dell' intestino ileo, videsi un voto e I'apertura donde fu tratta la matrice che veniva ad essere poco sotto il livello della linea inno- minata. Sui raargini iliaci della medesima posavano le tube falloppiane troncate e leggermente infiammate. Niuno spandimento di sangue vi fu nella grande e nella piccola pelvi ; ed in tutto il giro delle parti comprese da infiamniamento non si ravviso il menomo indizio di tra- sudaniento cotennoso. La vescica orinaria e 1' intestin retto erano per- fcttamente sani. La sezione dell' addomine ci fornisce clilaro argomento , essere pre- ceduta una lenta infiammazione membranosa, la quale si e attivata col concorso dell' operazione; che a lei si debbe il trasudamento sieroso osservato nella parte destra dell' addomine ed il funcsto esito dell' ope- razione. Che poi tali occulte e tardigrade infiammazioni o cancrene non siano affezioni immaginate dagli scrittori, ma che si presentino per mala Ventura in molti soggetti senza manifestare chiaraniente i sensi di loro esistenza, si potrebbe, se fosse d'uopo, comprovare colle testinionianze di accreditati clinici, e specialmente col suffragio del celebratissinio Morgagnl. Se i fasti della cliirurgia non oiTrono esempj , per quanto io sappia , di uteri estirpati dalla loro sede naturale , non pochi se ne leggono di niatrici procidenti state feliceraente amputate. Berengario da Carpi nel suo libro iiititolato : Tsagoge irtve^^ stampato in Bologna I'anno i522, al capitolo de Matrice non prcegnante ne produce tre. Ecco le sue parole : Potest pad omne genus morbi ; saepe procidit , et tota potest extrahi a cor- pore durante vcdetudine. Unain matricem corruptam ego vidi extrahi integre in terra Carpi a genitore meo , quce sanata est , et diu vixit. Ego etiam. BononicB extraxi unam aliain integre , qu(s erat cancrenata anno mdfii de mcnse may, quae supen^ixit sana. DI GIOVANNI BATTISTA PALETTA. 21 Unam aliam corruptam me prcesente nepos meus ex fratre Damianus extraxit inteare in coetu Doctorum et muhorum scholasticorum anno Do- mini mdxx , die v octobris. Ista ultima nomine gentilis , erat uxor Christofori Briand de Mediola.no, habitatoris bononiensis in contrata dicta lo Inferno, quce hora ista i522, decima novembris est sana, et exercet negotia famUiaria. Quantunque Berengario non sia entrato nella spiegazione del modo di opei'are praticato da se e dagli altri, e molto meno, il clie sarebbe stato di maggiore utilita , dei sintomi consecutivi al taglio , e del trat- tamento medico impiegato in qucUa circostanza; pure conoscendo qual esimio anatomico c valente chirurgo egU era , dobbiamo prestargli in- tiera credenza, non potendo noi dubitare del di lui candore e della singolare perizia in cose d' arte ch' egli pubblicaraente professava. La storia piii recente di matrice propendente estirpata e quella tra- niandataci Tanno 1787 dal fu Wrisberg, professore a Gottinga. Una pri- mipara d'anni vcntiquattro diede felicemente alia luce una bambina vivente e bene conformata ; dopo di che la mammana , troppo sollecita di avere la sccondina, introdusse la mano e 1' antibraccio nella matrice, e con replicati sforzi estrasse insieme alia placenta una massa carnosa, cui ella I'ecise con coltello e seppelli insieme alia secondina. La puer- pera cadde in profondo deliquio per lo strabocchevole proQuvio di sangue die innondo tutta la camera , e per due giorni intieri priva di sensi , pallidissima, perfrigerata, semimorta stette abbandonata a se stessa e senza verun soccorso. Ella risorsc da questo pericoloso stato coUa quiete, con decotto di corteccia peruviana attivato dagli acidi minerali , e dopo dieci giorni di trattamento fu in grado di abbandouare il letto per qualche ora. Le sue forze in seguito si accrebbero sempre piii , ma non giunsero a quella robustezza da porla in istato di fare sforzi o d'innalzare pesi, sembrandolc sotto tali tentativi che qualche corpo molle discendesse enft'o il cavo dcUa vagina. Ed in efFetto I'apertura superiore della vagina, nata dalla recisione, non si coalizz6 perfettamente che in capo a sei anni. L'osservazione di Wrisberg e interessante per molti rapporti. Egli c. manifesto die la puerpera si e sottratta all' istantanea morte per le forze naturali ancora vigorose in un corpo 2;iovanilc, che il pcricolo di perdere 22. STORIA T) UNA MATRICE AMPUTATA la vita diveniva assai maggiove per lo stato di puerpcrio e per la con- dizioiie dei vagi saiiguigni ipogastrici piii aggraudid e pin carichi di saiigue. Tuttavolta la donna non peri , e la sua salvezza , meditando suila storia, si debbe piuttosto all'abbandono di se medesima clie all'effi- cacia dei pochi farmaci propiuati dal professore. Questa storia mi fa rammentare il caso di un' altra strana aiTezione d' utero gravido non ha guari pubblicata dall' esperto chirurgo novarese Fasola : Osservazioni suite principali nialattie delle donne , art. IV, Vige- vano 1811. Una contadina fino dai primi anni della gioventu portava r utero abbassato , e vie maggiormente alia coraparsa delle menstrue purgagioni. Nella prima gravidanza 1' utero disceso in vagina ha rila- sciato il feto per aborto. Nella seconda essendosi ella moderata nci lavori domestici porto a termine il feto. Ma all' atto del parto facendo la donna molti sforzi per liberarsi prestamente, 1' utero e precipitato in vagina , ed il parto si e efFettuato in quella regione. Una terza gra- vidanza ha avuto un successo uguale. Nella quarta ha abortito nel terzo mese. Porto a termine la quinta gravidanza , ma le cose andarono molto diversamente , perclie alia comparsa dei primi doloii di parto la donna coopero coUe sue forze ; le acque sortirono troppo presto , e r utero non abbastanza aperto si e precipitato fuori della vagina in mezzo alle cosce. I dolori cessarono immediataraente ; il travaglio fu stazionario per quindici ore. Fu chiamato il cerusico per cagione d' i- scuria, e volendo egli passare all' estrazione del feto, la partoriente ed i consanguinci hanno ostinatamente ricusato. Frattanto 1' utero s'infiam- mava , la donna persisteva a ricusare i soccorsi ostetricj , il parto non si eseguiva. Le fa data una bevanda oppiata , ed ecco 1' utero si risveglia dalla sua inazione, e colle forze proprie opera I'espulsione del feto. Qui fa d'uopo richiamare alia raente che I'utero pel giro di trenta ore stette esposto all' aria estei'iore ed all' afFritto sui pannilini ; che leggermente infiammato divenne teso , duro e rigido ; e perci6 al sor- tire della testa del feto si e squarciato in tutta la sua lunghezza ed in linea orizzontale dal lato sinistro fino al suo fondo die si trovava abbracciato dai labbri del pudendo. Un impetuoso getto di sangue inondo il letto in un istaute , ed in mezzo alia generale sorpresa e DI GIOVANNI BATTISTA PALETTA. 2 3 sbigottimento iion si devio tlal pensiero di staccare la placenta. La puerpcra cadde in siiicope ; si lav6 con acqua semplice la viscera scpiarciata ; si addossarono alia nief;;lio i margini , e si fece rimontarc alia sua sede apponendovi un pessario di larga apertura. Riavutasi al- quanto la donna, pote inghiottire un torlo d'uovo sciolto nel vino; si fecero bagni freddi alle cosce ed al pube. Alia mattina del secondo giorno fluivano i lochj ; aUa sera si spieg6 febbre a freddo ; le poppe erano floscide ; il venti-e meteorizzato e dolentissimo; le estremita fred- de; i polsi piccoli e frequenti con delirio. Le fomentazioni calde , 1' e- mulsioiie tebaica , i clisteri , qualclie cuccliiajata di vino misero calma agli accidenti. Nel sesto giorno del puerjierio usci materia purulenta. e da quel punto le cose progredirono di bene in nieglio, cosicche dope il corso di due mesi e comparso il latte alle poppe , cioe quando da tutti gl'indizj si e compreso clie la lacerazicine dell' utero e stata consolidata. Le straordinarie guarigioni teste riferite, ed operate piii dalla natura che dair arte , e fors' altre soniiglianti , se si prendono in considera- zione , ci possono condurre a nuove e diverse inaiiiere di agire in circostanze tanto difficili ; e frattanto siilla base di questi fatti si po- trcbbe forse azzardare la proposizione generale, che 1' estrazione e la crepatura dell' utero non sono assolutamente letali. Tale proposizione pu6 acquistare qualche valore , ponendo in discussione i fondamenti di letalita. Si appoggiano questi specialinente all' emorragia istantanea o non coercibile dall'arte; alia lesione delle funzioni che hanno uno stretto legame colla vita ; alia lesione dei nervi principali delle viscere ; final- mente alia lesione grave o rimozione di una viscera essenziale alle funzioni animali o vitali. E quanto alia perdita di sangue si e veduto in verita che la ma- trice tagliata o lacerata in istato di gravidanza tramanda una straboc- chevole copia di esso sangue, dal qual profluvio alia sincope, e da questa alia morte non vi e che un breve passo ; e pure le due donne ac- cennate di sopra hanno potuto sopravvivere, come hanno sopravvissuto molte altre che in occasione d' aborti o di profluvj hanno successiva- mente perduto tanto di fluido da rimanere cjuasi dissanguate. 24 STOMA d' una matrice amputata, ecc. Ma la matrice amputata in istato di vacuita ijon perde clie una mediocre quantita di quel lluido vitale. Ed in eJTetto le arterie uterine e le spermatiche sono di secondo ordine , e tali da poter sospendere il rivo sanguigno per mezzo delle forze proprie inerenti alle loro tu- niclie, cioe accorciando il canale o i*estringendone il lume. La matrice poi e posta in una sede circondata per la maggior j>artc dal peritoneo in modo die resta isolata da tutte le altre viscere addominali , e per cosi dire fluitante , in guisa che non ha immediato rapporto con esse. Di piii la matrice e una viscera che gode di una funzione liniitata e temporaria. Dessa rimansi inoperosa dalla nascita fino air anno quintodecinio d' eta. A quell* epoca o poco prima entra in funzione bensi, ma non ha verun legarae essenziale coUe altre fun- zioni animali e vitali , se non in quanto per le sue fasi di grossezza e di vacuita turba qualche volta le anzidette funzioni. Verso 1' anno quarantacinquesimo per lo piu si mette in riposo , e non si puo piu considerare come viscera attiva, ma come corpo iuerte , e percio sog- getto a molte strane impressioni morbose che di consenso logorano ed infermano il riraanente del corpo, Finalmente il taglio dei gracili e scarsi nervi dclla matrice porta bensi un uotabile abbattimento al corpo , ma gli sconcerti che ne de- rivano non sono di molto maggiori di qaelU che succedono nelle am- putazioni di altre parti organiche. Se dunque la matrice vota non e provveduta di vasi talmente ampj Ja produrre un profluvio di sangue non coerciblle ; se i suoi nervi non sono in tanta copia , ne squisitaraente senzienti come in tempo della gestazione , e se essa non ha rapporto diretto colle facolta ac- cordate agli altri organi necessarj al mantenimento dclla vita , mi sembra di poter couchiudere a buon diritto che 1' estrazione della medesima non sia sempre letale. SAGGIO DUN NUOVO COMENTO DELLE OPERE DI VIRGILIO MICHELE ARALDI. &M. '>^)^aito. J\| EI volurai degli Atti dell' Istituto Nazionale Italiano stampati in Bologna aveva gia dato 1' autoie la prima parte di questo saggio \ ed in essa aveva ragionato diffusameate dell' arte descrittiva dell'Epico latino. Qui poi prende a considerare I'armonia imitativa, e dopo un esordio in cni esamina la quistione, se qiiesto pregio singolarissimo de' versi virgiliani sia effetto d' una certa poetica ispirazione o piut- tosto frutto di lungo studio , ne viene recando i piii bei passi ed ag- giungendo intorno ad essi diverse opportune riflessioni. E per corainciare da un luogo dove le bellezze di simil genere risplendono palesemente, raniniemora quei celebri versi del primo delle Georgiche , in cui e descritto lo sforzo de' Titani intenti a sovrap- porrc r uno all' altro i monti , onde combattere Giove da vicino o diroccarne la reggia : Ter sunt conati imponere Pdio Ossarn , Scilicet , atque Ossce froncloswn involvere Olympum j Ter pater exstructos disjecit fulmine monies. Vol. I. p. II. 4 a6 SAGGIO d' UN NUOVO COMF.NTO , OCC. « Notavono gia tempo i pcriti die Y andamciito dc' due prlmi versi esprime egregianiente come i Giganti a graiule stento accavallassero ripetutamente i monti 1' uno su 1' aliro; (juello doll' ultimo la speditezza con cui Giovc roviuava co' fiihniui il temeravio lavoro a inisura clie sorgeva. Ma si e forse trascm'ato di av venire die richiedendosi mag- giore sforzo a sollevare 1' Olimpo suU' Ossa , die non questo sopra Pclio , ad esprimere il raddoppiauiento sembra die serva la qualclie difficolta pill seiisibilc alquanto , con cui a fronte del primo procede il secondo verso, atteso probabilmeute 1' inciampo e I'urto e la colli- sione de' tei'mini frondosum e involvere. » Cosi nel seguente passo, tratto anch' esso dal prirao delle Georgiche, Continuo , vends surgentibus , aut freta pond Incipiunt agitata tumescere ', ct aridus altis Montihus aiidiii fragor , aut resonanlia longe Litora misceri , et nemorum increbrescere murmur. e nel modo con cui i versi a proporzione die inoltrano divengono pill numerosi e sonori , puo ravvisarsi non una descrizione soltanto, ma uu' imitazione dd veiito die sorge e cresce e rinforza e mugge da lungi fragoroso per eiitro i bosclii. Chi sa die a rendere pin sen- sibile il fenomeno , e a percuotere con piu efficacia 1' orecchio non abbia VLrgilio a bello studio sraorzata un tal poco rarraonia dd primo verso ? Qui mi e lecito di rafforzare la congettura , appoggiaudola ad un' osservazione conuuiicatami da un mio illustre coUega, die conosce egualmente le materie gravi e le amene. Questi nel tratto del primo delle Georgiche Ecce supercilio clbosi tramitis undam Elicit ; ilia cadens raucum per Ici^ia murmur Saxa ciet , scatebrisque arentia temperat arva. riconosce 1' intenzione niente equivoca del poeta die riesce a metterne sott' occhio gli scherzi , e in certa guisa ne fa sentire il morinorio deir acqua condotta dall' industre agricoltore sui campi sitibondi e bisognosi di riparo contro 1' arsura. DI MICIIELE ARALDI. 27 )) Benclie , lasciando stare le prove , sulle quali puo parere a taluno che la varieta delle orecchie e de' gusd lasci qualche iiicertezza , io cliieggo se abbiavi alcuiio di senso si ottuso, il quale nou si accorga che ad esprimere i nioviraenti rustici e disadorni , di cui il buon vil- laiio acconipagua il canto uella testa di Cerere , e sopraramod(» op- portuno il verso Det motus incompositos , et carmina dicai. » Parinieiite uella Buccolica s'introdiice Alfcsibeo, die iinita i salti de' Satiri Saltantes Satyros imitabitur Alpliesihoeus ,■ e il verso raanifestameate danza con esso. Ne qui manchera per av- ventura chi opini e pretenda che il verso Atque fugam dedit et prceter vada fewida vexit risvegliar debba nelle orecchie e negli animi dilicati qualche senti- mento della rapidita che per I'urto irapresso sulle navi di Enea dallo stesso Nettuno , affrettandole a trascorrer oltre , le sottrasse al pericolo di approdarc sgraziataniente alle infami spiagge di Circe. Esempj o conformi o poco diversi di niovimento quando celerc , quando lento imitato dal ritmo abboudano per ogni dove nolle opere di Vii'gilio , ed e soverchio quasi di arrestarmi a citarli. In vece mi si conceda d'interporre una digressione suggerita dal passo pur ora recato. In esso un antico comiuentatore di Virgilio scorsie 1' ornaniento e ira- piego del tropo detto grccamente Tniesi , per cui del terraine proeter debba concepirsi che lonni un tutto col vexit , e ne sia staccato dal Poeta coir inserirvi frammezzo i termini vada fervida. Tal j^ensa il coraraentatore , a cui giii non intendo di oppormi , c colgo soltanto r opportunity di esporre una mia congettura, in cui il raentovato tropo e rivolto ad interprctare un passo nobile e tuttavia controverso di Virgilio posto nel fine dclle Gcorgichc. 11 passo e il seguente : Hac Proteus , et se jacta dedit cequor in ahum : Quaque dedit , spumantein iindam sub veriice torsit. 28 SAGGIO D'UNT NUOVO CO.AIENTO , ecc. Ecco parimente la congettura. A raccoglicrla in breve io sospetLo clie a' tempi di Virgilio il linguaggio latino possedesse il verbo suhtorqueo ; che il Poeta per iiii vezzo a Kii famigliare staccasse ne' versi citati la particella sub , e inserisse fra essa e il torsit la parola vertice ; che conseguenteraente quest' ultimo termiue , del cpiale ritiensi die signi- fichi vortice , giii non pcnda dal suh, n\Vi che questo propriamente si colle!;lii col torsit , con cui formi un tutto ; onde il sub vertlce torsit equivaglia al vertice subtorsit. Si allarghi alcun poco la congettura nella lusinga di mostrarne vie meglio la ragionevolezza. A buon conto non ha dubbio che se quei benemeriti uomiui che posero studio e fatica nel raccogliere i termini della lingua latina , i Caleppini , gli Stefani , i Forcellini , avessero potuto spogliare tante opere de' Classici latini irrepai-abilmente perdute , piii ricchi assai di parole e di frasi e di modi sarebbero que' loro si ampj vocabolarj e tesori. Similmente non debbe dubitarsi a mio avviso che il termine vertice non abbia ad in- terpretarsi per vortice , e non mica cucuzzolo ; e se quest' ultima si- gnificazione piacque a qualche commentatore , questi ha il torto senz' al- tro , e neir adottarla si mostro dimentico della nobilta e decenza sem- pre rispettata da Virgilio. Come in fatti concepire che il giudizioso Poeta nel descrivere Proteo che lanciasi in mare , abbia immaginato che il Dio indovino per un vero capitombolo urti il flutto col cucuzzolo? » Si e poc' anzi avvertito essei'e a VirgiUo fomigliare il vezzo di spezzare le parole comunque composte , inserendo termini fra i cora- ponenti loro uniti per vincoli saldi si veramente , ma non al segno che non sia lecito qualche fiata di troncarli. Virgilio prendesi non di rado questa sicurta , come ne' passi : septem subjecta trioni ; inque sa- lutatani linquo ; nainque super tibi eruiit ; prceque diem veniens ; ne un termhie solo innesta fra i componenti staccati, ma piii d' uno , come nel verso Turn pietate gravem et meritis si forte virum quern Conspexere » Presso Virgilio il ritmo sovente fa sentire all' orecchio , e per la strada di questo all' aaimo i moviiuenti qualunque degli oggetti descritti. DI MICIIELE ARALDI. • / 29 Veggasi , per esempio , come nel terzo delle Georgiche si clipiiiga il reniigante die lotta colla corrente di un fiurae , e per pocliissimo die ill lui venga meao il vigore, e strascinata a precipizio con esso la barca all' iugiii. Ad espriniere I'uiio e I'altro effetto basta il solo verso Atque ilium in prceceps prono rapit alveus amni , die sul priiicipio muovesi con qualdie stento , indi nelF inoltrare di- rebbesi che precipita , nial reggendosi e rotolando per cosi dire su due volubili dattili. Donde taluiio poU'ebbe inferire die il vanto di rap- presentare col ritmo raccolti in un sol verso due opposti movinienti non appartiene al solo Dante , in cui seppe ravvisarlo e riconoscerlo la sagacita non comune dell' illustre Ippolito Pindemonte. Poi non po- trebbero senza colpa in tutto tacersi i casi ne' quali il ritmo imiian- do i movinienti serve acconciamente a ponie sott'occliio la situazione deir aninio, della quale sono essi spesso assai prove ed indizj. Illustre sopra forse ogiii altro e 1' esempio offertoci da Enea die colla sua guida entra neU'Eliso. A chi non e qualdie fiata intervenuto nel re- carsi volonterosamente a visitare la prima volta un nobile e delizioso giardino di rallentare il passo nell' ingresso , e soffermarsi anclie a contemplare 1' amenita del sito e le rarita in esso raccolte , girando attorno gli sguardi fra la meraviglia e il piacere? Ora io avviso che Virgilio mirasse appunto ad esprimere 1' impressione sorta in Enea al primo mettere il piede nel beato soggiorno , e intendesse di rittarla nella mediocre sonorita e nel numero posato e placido de' versi Devenere locos loetos et amoena vireta Fortunacorum nemorum sedesque beatas. e a proposito dell' attitudine nel ritmo a suscitare un' immagine delle affozioni dell'animo non si vuol dimenticarc reseiiipio di Sinone, die attorniato dai nemici , prima di prorompere nella esclamazione die deluse e piego a suo favore i circostanti Trojani , parte realmente , parte infingendosi turbatus inermis Coiistitic atque ocidis phrygia agmina circurnspe.xic. 3o SAGGIO d' UN NUOVO COMENTO , ecc. per simil modo io avviso che nel tratto Turn pietate gravem ct mer'uis si forte virum quern Conspexere silent e segnatameate nella lentezza artificiosa del verso si esprima il cam- bianicnto , per cui in una siibita sedizione popolare , mentre la plebe dk di piglio alle faci o ai sassi , alia comparsa di im grave e pio personaggio si fa silenzio , e tutti gli si fanno attorno , ed egli co' saggi detti ne placa gli animi inferociti. E parimente clii iion vcde, non dira gia uguagliato Oraero , che cio forse 1' attitudine unica a mtto espritnere della greca favella iiou lo coiiseute , ma sibbene ad imitazione di esso dipinto nel primo de' due versi Usque adeo obnixi non cedere dum gravis aut Iws Aut has versa fugci victor dare terga coegit. I'urto e il contrasto reciproco con cui in una giornata campale due armate mirano quinci e quindi a spostarsi e a costringere il vinto a cercar ntlla fuga la sua salvezza ? Lo stesso effetto con eguale evi- denza rikice nel secondo de' due versi Haud aliter trojance acies , aciesque latince Concurrunt ; Juvrct pede pes , densnsque viro vir Qui appostataraente nella durczza del ritrao ci si fa sentire I'incontro primo di due eserciti. » Non solo palese, ma sorprendente e Tarmonia imitativa nel passo che leggesi nel secondo dell' Eneide , dove si rappresenta Priamo, che stizzoso , furente e diraentico della vecchiaja tenta dopo una breve imprecazione di vendicare su 1' uccisore la morte , che funesto gli occhi paterui, dell' ultimo figlio Polite Sic fatus senior , tehimque imbelle sine ictu Conjecit Chi non si accorge che il numero e qui privo d' ogni sostenntezza , e il verso tcrmiuando nell' imbelle sine ictu diviene consigliatamente DI MTCIIELK ARALDt il floscio e cascante, qual richiedevasi ad csprimere b debolezza del colpo ? » Da cjueste consideiazioni pariicolari passa 1' autorc ad esaminare in geiiere la relazione che regua fra la poesia e la musica, nclla quale disaraina segue egli ed encomia i principj di Giovenale Sacclii , sa- gace ed acuto coltivatore e promotore deile teoriche musicali. E con esso pure si accorda nel sostenere che niuiia essenzial differeiiza, ri- guardo alia divisione e misura del tempo, non pas-sa fra le lingue ino- derne e le autiche classiche greca e latina. « Confesso , segue il cavaliere Araldi , che molto fondamento rav- viso nella dottrina di Sacchi , il quale niuna essenzial differenza non riconosce nella divisione e misura del tempo di dupla e di tripla, qual suole appellarsi , quinci nella versificazione , quindi nella musica , tranne che quest' ultima dagli spezzamenti di note , de' quali gi com- piace assai , e renduta sopra raodo varia e moltipliee. Da questo consenso si vede subito, ed e d'uopo d" inferirne secondo lui , c pro- babihnente secondo i dettami della ragione , che riguardo alia natura ed origine del numero e dell' armonia la versificazione nelle lingue moderne e vive non si scosti per caratteri essenziali da quella dei Greci e de' Latini. All'opposto dell' opinion comune, e lecito a parer suo il dire che ne' versi delle lingue antiche classiche 1' armonia de- riva dair acconcia distribuzione e collocazione degli accenti , e siniil- mente che nelle lingue moderne conviene riconoscere le sillabe lunghe e brevi , e con esse quegli aggregati elementari delle medesime che gli antichi denominavano piedi ; giacche per 1' una parte le sillabe provvedute di accento sono identiche alle lunghe ; quelle che ne raan- cano , alle brevi ; mentre per 1' altra non ha piede ne' versi che non porti una sillaba , la quale nel conironto colla divisione del tempo musicale non corrisponda a quella parte piu sensibile dello stesso la quale cade nel baftere. Quinci segue che il verso in ogni lingua an- tica o moderna rappresenta acconciamente una battuta musicale , e ch'essi nel tenersi diptro e sospingersi esprimono la successione delle stesse battute. Parimente dal confronto sorge che i versi possono si veramente conformarsi alle regole rigorose della prosodia , ed essere 32 SAGGio d'un nuovo comento , ecc. perfetti , armoniosi , sonori ; ma possoiio anche talvolta senza grave scoucio , e non di rado con iiotabil vantaggio scostarsene : ogni qual volta non avesse il verseggiatore coraggio di farlo, potrebbe I'miiforme dolcezza indurne sazieta. Imita esse I'abile esecutore di musica, che nelle battute rappreseutate , come e detto, dai versi si perraette so- vente di deviare dall'assoluta giustezza. £ ad esso presente il dovere ed il bisogno di otteuere dalle battute una moltitudine di effetti sva- riati ; peio mentre F orecchio aspetta che la nota cada nel battere, ei rimansi in alto , e la tiene sospesa e passa oltre , che ben sa come r inmiaginazione , ammonita dell' andamento del ritmo , supplisca al difetto, e se ne corapiaccia; giacche delle facolta tutte dello spirito si avvera, che Tesercizio loro, ove non sia soverchio faticoso, riesce dilettevole. Qui e dove, a notarlo di passaggio, e Virgilio meravi- glioso, nc niun poeta forse riguardo al raeccanismo della versificazione puo ad esso confrontarsi. Non senza motivo ei si e procacciato il credito tli armonico in grado emineute. E perclie ? Perche in piii guise , e speciahuente iraitando col ritmo gli oggetti descritti , egli sparge di armonia ognor nuova i suoi poemi , e liisinga spesso 1' o- recchio, ma piii spesso pai'la alio spirito, i piaceri del quale sono pill notabili e prestanti ; ne niuno riguardo a cio ne da indizio di nieglio conoscere il sublime dell' arte. » Del resto, chi ne assicura che 1' analogia fra il ritmo j-yoetico e la divisione del tempo nella musica non sia sfuggita inosservata a quel grammatici laboriosi che ne hanuo trasmesse le regole della prosodia greca e latina ? Sono essi per solito content! d'insegnarne che il ver- seggiatore si prende tratto tratto qualche licenza ; die riguardo al valore di certe sillabe = Variant in carmine mtes; = che presso i La- rini, fra le altre, le parole greche quasi non ascoltano leggi = Crceca per /iusonia; fines sine lege ra^anttir. = Ma come sanno essi die non fossero assai piii numerosc e famigliari ai poeti le cosi fatte licenze ? O a meglio dire, chi gli ha informati che i poeti latini non proiiun- ziassero breve, cioe non accentuata la silla])a nel comune uso dichiarata tale, e a bello studio non violassero alquanto i precetti della versifi- cazione ? Come nella musica la nota , die dovrebbc cadere nella parte DI MICIIELE ARALDr. 33 piu sensibile del tempo ossia nel battcre , rimansi iiel levare , e risve- glia neir orecchio e nell' aiiimo dell' uditore una dilettevol sorpresa ? A spargere qualclie liune sopra un' opinione proposta nell' aspetto di semplice congettura, fmgasi clie la lingua nostra ceda il campo ad un'altra,e cessando d'essere in use presso un intiera nazione, venga da qui , a cagion d' esempio , ad una ventina di secoli dicliiarata niorta , come , non decido se a torto o a ragione , si opina comunemente deir idioma latino. I gramatici , die a que' tardi tempi presso i nostri posteri si occupcranno di rinvenire e fissarc le regole della prosodia italiana, non peneranno forse ad accorgersi clie il nostro verso eroico, dctto dal numero dclle sillabe endecasillabo, esaminato alquanto sottil- mente appartiene al metro jambico , ed e composto di cinque piedi , ne' quali cominciando dalle brevi , con queste le lunghe ulternano fino air ultima superflua nel verso detto piano, che puo in fatti rigettarla e rimanersi tronco senza perdita dell' armonia. L' osservazione gl' indurra forse a immaginare clie nel primo verso dell' Orlando = Le donne , i cfwalier, I'arnii , gli ainori = 1' ultima siliaba di armi fosse lunga, cioe accentuata ; o clie almeno i poeti , scostaiidosi dal sermon comune , la rendessero tale ; la qual cosa niuno clie sappia come quel verso venga pronunziato al presenie, non dira mai; donde rauove il timore clic in abbagli conformi qualclie fiata inciampino i precettisti intesi a stabilire le regole della prosodia nelle lingue greca e latina. w Delia rima pa*ecchi pensano assai bassamente,e mi duole din- contrare presso noi fra i detrattori della stessa alcuiii uomini illustri che la vorrebbon proscritta pel motivo o pretesto che i natali ne sono ignobili e cadono ne' tempi dell' ignoranza ; quasi che que' tempi non s' illustrino di alcune nobilissime invenzioni , e in essi non ci si offiano i semi condotti a notabile sviluppamento della presente civiltiii quasi che, a restringere le molte in poco, in essi non sia pur nata la stessa poesia. Questi iicmici della rima si mostran dimentichi che di ua ornamento da essi detto barbaro trovansi fregiate a gran dovizia le opere' immortali di un Dante , di un Petrarca . di un Ariosto , di un Tasso. Poi , giacclie non mi credo disdetto di riferire una congettura da me altrove arrischiata , 1' accettazione della rima nelle pocsie Vol. L P. II. 5 34 SAGGio d'un nuovo comento, ecc. moderue puo interpretarsi cU una guisa assai onorevole. lo cotigettui'o die a raccomandarla , oltre alia leggiadria della stessa,sieno concorse le proprietu quinci dell' udito , quiiuli delle liiiguc inoderne coufrontate colle aiitiche classiche greca e latiiia. Mancano le prime ne' nonii di quclla varieta di casi che fra gli altri vantaggi concilia alle seconde tanta pieghevolezza ed attitudine alle iiiversioni , e al ditetto suppli- scono gli articoli e i segnacasi. Abbondano conseguentemente in esse i termini di desinenza conforme ; di die 1' oreccliio si accorge agevol- mente , ed avido , qua! e , di piaceri non pu6 ia esso non sorgere col sentimento il desiderio e il bisogno die le frequenti percosse sieno ridoite a legge e procedano a norma di certi periodici e regolari ritorni. Adottando la congettura , si vede subito die il vezzo della rima do- vrebbesi non al caso o al capriccio, o ad un gusto depravato e gua- sto, ma sibbene alle inspirazioni e al voler sovrano della iiatura. A puntellare il sospetto pub servire il riflettere die per esso viene assegnata alJa rima un' origine niente diversa da quella che introdusse da prima fra gli uomini la versificazione, di cui i saggi non dubitano die non sia nata ne' remotissimi tempi insieme coUa musica, e che, come in questa, si ravvisino in essa i suggerimenti della natiira. SUL DIRITTO DI GRAZIA SI TOMMASO NAN I. 0^ W/vz/<^. (jTRANDE controversia fu sempre tra i piibblicisti intorno al tliritto di f^razia. Rousseau reputo pericolosa la cjuistione in so stessa , ed Jn- tonin Matteo limito quel diritto al caso solo del delitti che tali sono in forza delle istituzioni civili o politiche , quelli escludendo la di cm punizione e domaudata dalla ragione universale, dal consenso de po- poli, o dalla legge divina. I Coccej , padre e figlio , esclusero egual- mente dalla grazia alcuni delitti , la pena di cui era sancita dalle leggi naturali , come per esempio Y omicidio ; foiidandosi sul principle cue la facoltii di graziare in simili casi verrebbe ad essere in alcun modo superiore alle stesse leggi divine. Altri scrittori non ammisero 1' esistenza di queste sanzioni penali divine, delle «iuali i sonimi iinperanti t'ossero soltauto gli esecuton. Montesquieu, fedele al sue principio dell' onore dirigente tutte le azioui del governo monarchico , considerando clic 1' onore puo alle volte esi- gere quelle che la legge vieta , conchiuse che la legge dee condan- nare , ed il principe pu6 perdonare. Quindi egli escluse il diritto di gi-azia nel governo deraocratico , dove tutto dirotto essendo dal prin- cipio della virtu , non potrebbe mai supporsi una forza di opnuoui- 36 SUL DIRITTO DI GRAZIA pubblica, die in alcuni casi venisse a conflitto colla forza della legge : cosi pure non potrebbp secondo quello scrittorc aver luogo ne' go- verni dispotici , ove tatto precede collo spavento e col terrore ; rico- nosccndosi la prerogativa della clemenza e della grazia , attributo su- blime della sovranita , nei soli governi moderati. Beccaria sembra aver scguito le tracce di Montesquieu ; ma ba avvertito cbe la clemenza , riguardata talvolta come il supplimento di tutti i doveri di un sovrano, dovrcbb' essere esclusa in mia legislazione perfetta, in cui dolci fos- sero le peue , pronto e regolare il metodo de' giudizj. II perdono e la grazia non sono dunque necessarj , se non in proporzione della assurdita delle leggi e dell' atrocita delle pene ; e se in questa ipotesi la clemenza e la piu bella prerogativa della sovi^anita, cessa di esserlo qualora si consideri cbe la clemenza debb' essere la virtii del legisla- tore , non dell' esecutore delle leggi ; cbe essa debbe risplendere nel codice e non ne' giudizj , e die quando il legislatore sia stato umano ed indulgente, le leggi e gli esecutori loro debbono essere inesorabili ; giaccbe si fomenta la lusinga dell' impunita , qualora colla speranza del perdono si lascia vedere agli uomini cbe la pena non sia la ne- cessaria conseguenza del delitto , e cbe le pene non perdonate sieno piuttosto una conseguenza della forza , cbe non della giustizia. In mezzo ad opinioni cosi disparate si riduce la quistione a tre punti. i.° Trovasi egli un ostacolo all' esercizio del diritto di grazia per alcuni delitti nelle^ l^ggi della natura , nel consenso delle nazioni o nel codice delle leggi divine ? 2° Da quale soi'gente scaturisce pro- pi'iamente il diritto di grazia nel governo nionarcbico? e come pu6 esso conciliarsi coUe attribuzioni del potere legislative , e colla supe- riority e prevalenza della legge ? 3.° L' esercizio del diritto di grazia potrebbe mai essere in opposizione cogli oggetti interessantlssimi della giustizia punitiva , e quindi funesto alia sicurezza ed alia tranquillita de' cittadini? Le istituzioni sociali tanto piii perfette appariscono , quanto meno si scostano dalle pure leggi della natura. Qualunque sia la forma di un governo , gli uomini cbe si sono uniti in societa , non altrimenti cbe r uomo isolato , non possono volerc se non quello che contribuisce al DI TOMJIASO NAM. 87 loro ben essere, il die viene determinato dalle relazloni iraniutabili esistenti fra essi e gli oggetti die li circondano. Le leggi necessarie o utili alia societa esistevano fino dal principio del mondo , ed all' iio- rao noil rimase altra cura die quella di conservarle. Noii pote tuttavia precedere il fatto della civile aggregazioue al diritto di pubblicarc quelle leggi , di modificarle secondo le drcostaiize , e di muiiiile della sanzione peiiale. II supporre la spada della giustizia iielle mani di cia- scun uomo vivente suUa terra , ed anclie selvaggio , e un pensiero piii seducente die 11011 vero di Fdangerl, die catnniino sulle tracce di Locke e di Barbeiracio. II diritto di punire , parte essenziale del potere le- gislativo , conciliare iion potevasi con una priinitiva eguaglianza , die tra gli uomini escludeva qualunque ragione di superiorita , corae qua- lunque idea di comando , di pena, di condanna e di assoluzione. II potere legislativo , die inchiude il diritto di punire , e I'elemento prin- cipale della sovranita , non creata tra gli uomini se non col mezzo delle sociali istituzioni. Questo e stato riconosciuto perfino da Lucrezio e da Orazio , die accennarono l' origine delle leggi e della giustizia punitiva, die non pote precedere la formazione della civile societa. II consenso delle nazioni e una norma, secondo Cicerone, per co- uoscere e spiegare le leggi della natura. Ma se queste non portano una sanzione penale , die il sovrano sia tenuto ad eseguire ; se le diverse relazioni , secondo le quali si esercitano i diritti della sovra- nita, non permcttono di regolar sempre la pena sopra relazioni ira- mutabili e costanti tra le azioiii e le leggi natural! die le riprovano ; neppure il consenso delle nazioni puo per tal modo imporre al capo e raoderatore della civile societa , die meditando egli sugli oggetti die suggeriscono 1' esercizio del diritto punitivo , non possa in alcmi caso sospendere la pena , raddolcirla o accordarne la liberazione. Ma se la rivelazione avesse cliiaraniente indicato la pena irremissi- bile di alcuni delitti , si avrebbe in alcun modo una legge universale, che anclie ai sovrani medesinii delle nazioni imporrebbe X obbligo di punire i rei di quel delitti senza lusinga di pcrdono. Qiiesto si rife- risce alle leggi mosaiche , iiclle quali Mose al pari di altri antlclii le- gislatori riunito aveva la poliiica alia religione , metodo singolarmente 38 SUL DIRITTO DI GRAZIA opportune nell' infanzia delle nazioni. Le leggi politiclie non raeiio che religiose inchiuso egli avcva in uu solo codice, come derivanti da una sola autorita , cioe dalla divina. Ma quel popolo nulla doveva avere di comune colle altre nazioni; f'u detto il popolo eletto da Dio, e quelle leggi non ebbero giammai a senso del legislatore medesimo quel carattere di universalita die da alcuni scrittori si voile loro at- tribuire , a fine di obbligare altii sovrani a rispettarle ne' loro codici , ed accomunarle a tutti i popoli ed a tutte le genei"azioni, Seldeno , appoggiato all" autorita di Maiinonide , ha osservato che presso i prin- cipali maestri delle leggi mosaiche generale era I'opinione che I'uc- cisore di uno straniero , ed anche di un proselito per ragione di do- micilio non era colpito dalla pena capitale , quasi che la legge raosai- ca , che puniva colla morte I'uccisione del suo prossirao, si restrignesse alia sola morte data ad un Israelita. La legge del talione non fu tanto una sanzione penale o una raisura del delitto , quanto un freno im- posto alia vendetta della parte offesa. Fu essa una disposizione adottata dalla saviezza del legislatore , a fine di reprimere la violenza privata, alia quale aveva dato luogo dapprima la barbaric di un popolo non ancora accostumato alia dipendenza , ignorante e superstizioso : si voile per tal raodo trarre un partito dalla passione stessa della ven- detta , dominante in quel popolo , per porre un freno alle ingiurie ed alle offesc. Conoscendo Mose che qr.ella passione portava ad infliggere air offensore un male raaggiore di quello ch' egli aveva arrecato , voile colla irapunita del talione distruggere la volonta perniciosa di offen- dere . e porre un limite , odioso per se stesso , alia veemenza della vendetta. Colui che raeditava un' offesa , ben sapeva cpsi che la parte che sostenuta aveva 1' ingiuria poteva reiidergli la pariglia ; e I'offeso era egualmente avvertito che non poteva lasciar libero lo sfogo alia vendetta, e che contenere dovevasi entro i limiti dell' offesa ricevuta , redimibile ancora con una pecuniaria soddisflizionc. In tal modo si disponevano gli animi a rimettere alia suprema podesta la cura di punire le offese private, e la forza pubblira si avvalorava col senti- mento della pubblica sicurezza , derivato dal concorso di tutti alia guarentigia dci diritti di ciascuno. DI TOMJIASO NASI. ^ Trattaiidosi la quistioiie coi soli principj a noi tramandati dalle re- ligiose trachzioni, ancora noii si troverebbe universale la legge ri- guardo alia peua di morte prescrilta contra T omicidio ed altri gravi delitti nel codice inosaico ; ed in fatti quel preteso carattere di uiii- versalitu non potrebbe conciliarsi coU' aljboiriinento manifestato dai primitivi cristiani pei giudizj di sangue , non cogli uffizj continuamente interposti dai prinii Padri della Chiesa per ottenere il perdono ai col- pevoli di gravissimi delitti; la remissione delle pene supponendo 1' e- sistenza di una sanzioiie derivata da quella stessa podesta dalla quale pu6 ripetersi il diritto di grazia. Ora quella sanzione non si sarcbbe mai potuta supporre , qualora si fosse creduta universale , e dalla divinita dettata a tutte Ic nazioni , a tutti i sovrani ; la sanzione penale, della quale , ben lungi dai potere ad essa derogare , tutti i governi essere non potrebbono die rigidi esecutori. S' insegno in alcun tempo che i monarclii non solo avessero da Dio la loro potesta , ma ancora die ne fossero le immagini viventi sulla terra , o alraeno i luogotenenti , e che in qnesta qualita punissero alcuni delitti come vendicatori della divinita oltraggiata. Quindi la storia hutuosa de' supplizj inventati dalla barbarie piii ralFinata , coi quali punire si vollero azioni die considerate unicaraente dai lato delle relazioni tra Dio e Fuomo , in tanto si credevano di una gravita infinita , in quanto infinito era 1' essere die si credeva offeso. Quanti mali , dice Montesquieu , sono nati da questa idea , che la divinita debba essere vendicata ! Ma essa viiol essere onorata, anziche vendi- cata ; giacciie se le pene dovessero con questa idea raisurarsi , esse non avrebbero alcun termine ; mentre le leggi umane in vece di re- golarsi sulla natura infinita di cpiell' essere , debbono piuttosto aver in vista I' ignoranza e la debolezza della natura uniana. Dalla (lottrina accennata , che il sovrano sia nella punizione di al- cuni delitti r esecutore della divina volonta , altra consogucnza puo derivarsi , ed e die tanto all' essere supremo conviene la giustizia die sa punire, quanto la bonta che e proiita a pcrdonare; e non raro in fatti e I'esempio del perdono nel governo teocratico. Ne veiTebbe quindi die incerto e prccario si renderebbe 1' esercizio della podesta civile , 4© SUL DIRITTO DI GRAZIA perche innalzandosi il somino iraperante al di sopra della natura uraa- na , sdegnerebbe loi'se di ragionave siille pure relazioni tra uoino e uomo, temperate e modificate dalle relazioni politiche, e potrebbe in tal niodo perdonare allorche d'uopo e di punire,ed a vicenda punire allorche opportuno sarebbe il perdono. Non nasce adunque alcun ostacolo alia massima costitiitiva del di- ritto di grazia ne dalle leggi della natura, ne dal consenso delle na- zioni , ne dalle leggi niosaiche ; anzi potrebbe dirsi clie 1' atto di per- donare e natiirale all' uomo , e preesistente alle leggi scritte , giacche non si annovera tra le invenzioni o le istituzioni della societa gia adulta ; giacche il diritto di grazia trovasi costantemente esercitato presso le nazioni giunte al piu alto grado della civilizzazione , e giac- che universali non possono reputarsi le leggi niosaiche. Sura dunque questo diritto conciliabile coUe attribuzioni del potere legislative e colla superiorita delle leggi ? Si e gia detto che Montesquieu accorda 1' esercizio di quel diritto nella monarchia, perche Fonore esige talvolta cio che vieta la legge; e lo toglie al governo dispotico ed al democratico , perche il jirimo si fonda solo sul terrore, il secondo suUa virtii. Si accorda quest' ul- tima massima del citato scrittore , qualora si parli di una deraocrazia pura ; ma la storia ci fa vedere i despoti che con una mano iramo- lano vittime innocenti ai loro capricci, a dispetto ancora delle leggi; e dali' altra strappano dall' ara di Temide i colpevoli de' piii enormi misfatti , contra i quali gridavano forse lu giustizia vilipesa e I'uma- nita oltraggiata. Sotto Tiberio , Clauclio , Neroiie e Domlziano dominava ora una cradele politica , ora una barbaric feroce ; e mentre una truppa di delatori , coperta dal manto della impiinita, attentava alia vita, all'onore, alle sostanze dei piii onesti cittadini, il delitto di macsta , al dire di Plinio , era divenuto 1' unico e singolare di coloro che di alcun delitto non crano macchiati, ed oppressa geraeva 1' innocenza sotto il trionfo della calunnia. Ove i comandi teiigano il luogo delle leggi , divengono quelli i risultamenti delle passioni del despota , che solo si compiace dell' estensione della sua forza , e con un potere il- limitato sostiene solo il suo interesse personale , che lottando col co- mune genera confusione ed anarchia. DI TOmiASO NAM. 4 1 Nel govenio moiiarchico all' incontro il potere supremo della legge ^ rcgolarmente stabilito , ne il carattere sublime al medesimo inerente viene in alcuiia parte turbato o alterato dalle diverse forme in cui vengono esercitati i dritti della sovranita. Diceva Platone , il giudizio della ragione essere quelle che , facendo vedere il peggio , suggerisce il mcglio , e die il nome assume di legge allorche diviene comune decreto della societa ; e soggiungeva, re appellarsi quello che regnava secondo le leggi , e tiranno quelle die alle leggi non assoggettavasi , e alcuua cosa credevasi di piii delle leggi medesirae. Ben vede il sag- gio monarca die all* interesse pubblico dee dirigersi 1' esercizio della sovrana autorita , ne il pubblico interesse puo in alcun conto distin- guersi da quello dei privati individui \ vede che non puo egli avere una volonta opposta a quella della legge ; che le leggi sono una eraa- nazione de' piii puri dommi della natura e della ragione modificate dalle politiche relazioni , cioe dalle regole primordiali dirette alia con- servazione ed al miglioramento dello stato sociale. Sommesso quindi air impero delle leggi, sente il dovere di raantenerle e di osservarle, siccome il fondamento della pubblica tranquillita e I'appoggio migliore del trono. Ma potendosi la grazia riguardare come una specie di abrogazione della legge , potrebbe pure considerarsi come un atto esprimente I'e- sercizio medesimo del potere legislative , competendo a clii la legge ha fatto il potere di abrogarla. La supposizione sarebbe pero manife- stamente erronea , perclie accordata anche al potere legislative la fa- colta di fiire e di abrogare le leggi , 1' abrogazione non potra essere giammai di un carattere distinto dalla formazione della legge medesi- ma, poiche concorrere debbeno la stessa volonta e gli stessi oggetti. Ora r oggetto della legge e generale , come e generale la volonta die la costituisce , e quindi emerge il vero carattere della legge , non ap- plicabile a cio die dal sevrane si determina sopra oggetti particolari. La speciale determinazione non e legge , ma decreto , ed e atto della magistratura , anziche della sovranita. Ma se il sovrano , abrogando la legge ne' casi singolari , non pu6 esprimere la volonta generale della societa , diretta solo a general! Vol. I. P. II. 6 43^ SUL UmiTTO DI GRAZIA oggetti, si domanda se potra esercitare cjuegli atti non come legisla- tore , ma come primario magistiato iiivestito del potere esecutivo. Due cause concorroao a produrre qualiinc|ue azioiie libera. Tuna mo- rale , che e la volonta , Taltra fisica , cioe il potere , die I'eseguisce ; e queste si trovano anche uel corpo politico , I'una sotto il nome di potere legislativo , 1' altra sotto quella di esecutivo , e nulla pu6 farsi senza il loro simultaneo coucorso. Come appunto nell' uomo la potenza fisica non e messa in azione se non giusta la diiezione della volonta, COS! nel corpo politico la forza pubblica non si esercita se non con r impulso della volonta geuerale espressa nella legge. Ma la parziale abrogazione non puo csprimere la volonta generale , diretta sempre a generali oggetti , e quindi ncppure il capo supremo dello Stato , iu- vestito del potere esecutivo, potrebbe ne' casi singolari sospendere r efFetto della legge senza oltrepassare la liiiea che 1' ordine sociale ha imposto per confine all' esercizio della forza pubblica. Se il diritto di grazia non e una prerogativa della sovranita eser- cente il potere legislativo , potrebb' essere un attributo della medesi- ma nel regolare esercizio del potere esecutivo. Allorche si dice dover essere generale Y oggetto della legge , s' intendc che riguardar dee i soggetti come corpi, e le azioni come astratte, non mai 1' uomo come individuo , ne 1" azione come particolare. Nasce quindi Tunica e vera sorgente del diritto di grazia conciliato coUe attrihuzioni del potere legislativo e colla superiorita della legge. L' individuo non pu6 otte- nere dal legislatore la remissione della pena alia quale fu condannato, perche le leggi esprimenti la volonta generale della societa non sono riferibili a soggetti particolari. Ma le leggi fondamentali dello Stato , assegnando la I'ipartizione ed i limiti delle diverse parti del potere , e doterminando le prerogative delle diverse classi che compongono il corpo sociale , in relazione ai diritti e doveri che ne procedono , com- prendere potrebbono il diritto di grazia fra gli attributi della sovra- nita riguardata come magistratura suprema nell' esercizio del potere esecutivo. Quel diritto sarebbe in questo caso sancito come astratto , non determinato a singolari persone ; il somrao imperante lo esercite- rebbe uella sua saviezza ne' casi opportuui , e la legge che lo avesse DI TOMMASO NAM. 48 stabilito conserverebbe 1' invariabile suo carattere di generalita , ri- guanlaiulo i soggetti in corpi , e le azioiii corae astratte; e I'esercizio di quel diritto procedcrebbe egualmente dalla legge mcdesima sciiza punto detrarre al suo imporo cd alia sua superiorita. Si disse gia che nou si ammetteva la massima di Montesquieu , se nou nella pura democrazla. Secondo i di lui principj , non si dovrebbe inai parlare di grazia , ovc la virtu fosse il principio regolatore delle azioni de' cittadini i diversamente cammina la cosa nella rnoiiarcbia , ove I'c- secutore dcUa legge si reputa superiore alle leggi medesime , meiitre nel governo popolare tiuti i magistrali soggiacciono al potere della legge , cessando il quale cadiebbe la repubblica. Cessa , secondo lo stesso autore, la distinzione di delitti in pubblici e privati , tra quelli cioe die ofFendono 1' intera societa , e quelli die oiTendono i privati; perche nella repubblica questi vestono il carattere di pubblici, riguar- dandosi come offese alia costituzione dello Stato, il che non si avvera esattamente nella monarcliia. Ma non si possono intieramente ammet- tere que' principj , perche non puo escludersi da una monarcliia tein- perata e legittinia la necessita della virtii , da quello scrittore attri- buita solo alia democrazia. II governo nionarcliico in cio appunto si distingue dal dispotico, perche riconosce il potere superiore della legge, Q rispetta i confini segnati dalla natura ai diritti altrui ; ne potrebbe amraettersi il principio, che sebbene differente sia nei due governi la maniera di obbedire , lo stesso sia il potere , perche un regnante che nelle leggi trova il piii fernio appoggio e T ornamento migliore della sua autorita, non pu6 giammai abusarne. Quindi nella monarchia tem- perata dalle costituzioni si stabiliscono anche le relazioni, sotto le quali debbono riguardarsi i delitti. Diverso e assai il procediinento criminale da quello degli aflfari ci- vili. In questo due cittadini trattano la loro causa, ed il giudice pro- nunzia ; ina nella materia criminale il cittadino non ha a difondersi contra un altro , ma bensl contra il corpo sociale che forma parte , contra la societa intera die, oflesa per 1' infrazionc della pubblica si- curezza , soUecita il giudizio c la condanna del colpevole. Nolle cause civili la parte pubblica e d' ordinario muta , e uon si fa sentire se 44 i^UL DIRITTO DI GRAZI;V non per la tutela di alcuni cittadiiii incapaci ad agire da loro stessi, o per r interessc di una pubblica amniinistrazioiie ; ma m^Ile criminali il raiuistero della parte pubblica e senipre forzato , e ciascuii passo del procedimento e uu atto del magistrato. Quindi in alcuni Stati e sancita la massiraa , -che lasciata ai particolai'i danneggiati la sola azione diretta al risarcimento del danno cagionato dal delitto, spetd ai fun- zionarj pubblici 1' azione diretta all' applicazione della pena riguardata come oggetto solo di ordine pubblico , indipendeute dall' interesse dei privati. Se dunque la virtu dee ricercarsi nell' impero predominante della legge , nella giusta ripartizione delle diverse parti del potere , nclle prei^ogative di ciascuna autorita diretta alia regolare esecuzione della legge medesima , neli' amore de' cittadini per la gloria e la fe- licita della nazione , e nell' iiiteressamento di tutti ad assicurare i di- ritti di ciascuno , non potra questo principio direttore delle azioni politiche rilegarsi alia pura democrazia , ed escludersi dalla monar- chia stabilita sui principj liberali di una costituzione , per sostituirvi I'onore che, separato dalla virtu, diviene , secondo Montesquieu mede- simo , un onore falso , un pregiudizio di persona e di condizione. Gerdil ha dimostrato la necessita della virtu in qualunque forma di governo regolare e legittimo , come fermo appoggio dell' autorita , vincolo sacro dell' autorita medesima de' re e dell' obbedienza de' po- poli , che costituisce 1' amore della patria, e riunisce in un sol punto tutti i desiderj. Nasce quindi il piu felice accordo della liberta e della autorita ; l' autorita tempera 1' uso della liberta , e questa temperata diviene il piii degno stromento dell' autorita medesima , nelle mani massime di un sovrano animatore delle virtii sociali, e padre benefice de' suoi popoli. Se dunque la virtu e un principio regolatore delle azioni politiche non solo nella democrazia , ma anche nel governo monarchico , ne viene altra conseguenza , ed e che non puo essere questa la causa per cui si escluda dal governo popolare il diritto di grazia, giacche in questa supposizione si escluderebbe egualmente anche dalla iiionar- chia legittima e regolare. Converrebbe dunque trovare altra ragione , per cui uella democrazia il giudizio della magistratura sulla sorte dei DI TOMMASO NANI. 4S colpevoli non potesse mai essere sospeso dalla lusinp;a del perdono'. Questa potrebbe stabiliisi in un priiicipio di attivita domiuaute iiello stato popolare , e non comune ad altii governi ; nel. potere supremo equabihnente ripariito tra tiUti gli ordini de' cittadini ; nell' amore del potere medesimo , die determina all' amore dell' eguaglianza , non fa- cilmeiite conciliabile col sistema de' privilegi e delle grazie. II diritto di grazia non esercitavasi in Roma come attribuzione della autorita politica , e se alcana volta si accordava il perdono , questo anziche da uu rescritto di grazia , procedeva in qualche modo da mi giudizio di assoluzione. Quindi fu introdotta 1' appellazione de* citta- dini romani al popolo ne' gindizj capitali , e presso i grandi comizj decidevasi della sorte del coudannato. Si e pero osservato che il po- polo difficilmente si contiene net limiti in cui e ristretto 1' esercizio delle sue funzioni ; e talvolta l' oratore con eloquenza artificiosa e seduttrice invocava dal popolo la grazia , anche allorche la causa non aveva alcun sostegno nella giustizia. Orazio, uccisore della sorella, non appello al popolo come ad un datore di grazia , ma come al supremo giudice della causa ; ed il di Ini padre nell' aringa precedere fece quegli argomenti che intrinseci erano alia quistione, e fondandosi sulla patria potesta istituita da Romolo , proclamo altamente che a buon diritto era stata uccisa la figlia, senza di che egli stesso punito avrebbe colla paterna autorita 1' uccisore. Riflettendo quindi che il figUuolo era giudicato reo di lesa maesta in forza di una legge , che commessa ne aveva la cognizione ai Decemviri , passo a commovere il popolo colle lagrime e col raramemorare le glorie del vincitore. II popolo pro- nunzi6 1' assoluzione del reo , e la pronunzi6 come giudice , ma cou una considerazione piu convcniente ad un atto di perdono che al ca- rattere di un giudizio: Admiradonc magis virtiuis quani jure causes. Era tuttavia consacrata nella legislazione romana la massima che non si dossero privilegi , esclusi , secondo Tullio , dalle leggi sacre e da quelle delle XII tavole , come contrarj all' eguaglianza de' cittadini ; e come tali erano stati esclusi anche da SoLone nelle leggi di Atene. Se la storia ne offie alcun esempio , questo pn6 attribuii'si all' indole del popolo , che neir esercitare le aturibuzioui di giudice supremo non 46 SUL DIRITTO DI GRAZIA sapeva rispettare i confiiii , come nell' esercitare le prerogative di le- gislatore soi'passava talvolta le tracce segnate dal vero caratteie della legge , associando alle idee di legislatore e di giudice quella di una sovranita dall' arbitrio elevata quasi al dispotismo. Ma ove nella monarchia risplenda sul trowo la maesta della nazione, e nella persona augusta del principe si couceutriuo le prerogative emi- nenti della sovranita, il popolo vede in esso uu padre afFettuoso, per- sonaliuente impegnato negli atti di muniiicenza e di compassione ; lo amiuira come sorgente di bonta e di grazia , per cui caro si rende a' suoi sudditi , e consolida ne' loro cuori 1' affetto e la fedelta , clie forraano del sovrano medesimo la sicurezza; Unum est inexpugnabile muniinentiun amor civiam. Riserbaudosi il monarca la direzione supre- ma del potere politico , il bene della societa esige che varj oggetti si abbandonino alia di lui sapienza , tanto piu che la legge non puo prevedere tutti i casi , ne sul raomento provvedeie a cio die neces- sario o utile riesce nelle particolari circostanze. Egli e perci6 che il sommo imperante , investito del potere di far eseguire le leggi , dee aver quello ancora di agire con alcuna discrezione ne' casi singolari, non preveduti dalle leggi , o in circostanze imperiose , nelle quali se ne manifesta I'inapplicabilita, o se ne consiglia la sospensione. E pro- cedendo questa prerogativa della sovranita dalla costituzione dello Stato, non si rende la volonta particolare del principe superiore alia volonta generale espressa nella legge ^ ne e necessario, come Locke suppone, che cedano talvolta le leggi al potere esecutivo. Esercitandosi il diritto di grazia secondo i premessi principj , tutto precede coll' ordine di separazione stabilito tra il potere giudiziario ed il politico. II magistrate suddito alia legge giudica 1' accusato , lo assolve se innocente , lo condanna se colpcvole. II potere politico e in qualche modo straniero a questo giudizio , cd il condannato dal principe , come da un padre amoroso , invoca la remissione o la mi- tigazione della pena. II magistrate non ha seguito che 1' esarae impar- ziale del fatto , e non ha cercato che l' applicazione della legge che lo percuote ; i motivi che suggeriscono la grazia , non valutabili in un giudizio regolare , souo abbandonati alia clemenza del sovrano : DI TOMMASO NAM. 47 dementia J dice Seneca, liherum arbitrium habet ; non sub formula, sed ex cequo ct bono judical ; nihil ex his facil tamquain justo minus fece- rit , sed tamquam id quod constituit justissimum sic. E TuUio , perorando per Q. Ligario, dice a Ccsare che tratt6 molte cause con esso quando la sua dignita lo tratteneva nel foro , ma non mai in quel modo, cioc chicdendo perdono per un uomo che preso aveva uno sbaglio. Questo e il linguaggio die si tiene avanti al padre ed al sovrano , non gia avanti al giudici. Non basta pei-6 il considerare il diritto di grazia come una preroga- tiva della sovrauita stabilita nelle costituzioni dei regni , e subordinata al potere superiore della legge. Se la virtii e il principio regolatore della condotta del sovrano e delle azioni dei sudditi ; se questa e in- separabile dalla cura di conservare e difendere la sicui'ezza e la tran- quillita de' cittadini ; se tanto debb' essere sollecita 1' azione della giu- stizia punitiva , die il malvagio disperi di sfuggire al rigore delle leggi, come confidar possa 1' onesto cittadino di godere della loro protezione ; la clemenza del principe cesserebbe di essere un ornamento del trono, qualora fosse in opposizione coi doveri che assicurano la gloria del sovrano e la feliciia dei sudditi; e cjui ha luogo 1' esame della pro- posta quistione , se 1' esercizio del diritto di grazia potrebbe trovarsi in opposizione cogli oggetti primarj che invocano 1' azione della giu- stizia punitiva. Non basta* che il somrao impei'ante possa sospendere o diminuire gli effetti penali della condanna , senza urtare , come gia si disse , coUe leggi universali della natura , col consenso delle nazioni , colle leggi rivelate , colle attribuzioni del potere legislativo , e coU' irapero pre- valente della legge ; e necessario altresi che alia giustizia del diritto di grazia astrattamente considerata si congiunga nell' esercizio quella pubblica uiilita che , elemcnto della giustizia sociale , riduce le pre- rogative eminenti del trono ad un subordinaraento essenziale , al do- vere di conserv azione , dal quale tutti i diritti emergono del sovrano e della nazione. Montesquieu dopo di avere stabilito secondo i suoi principj il diritto di grazia nelle monarcliie , si fa a domandare, quaado punire convenga. 48 SUL DIRITTO DI GRAZIA e qiiando perdonare ; e senza molto esamiiiare gli argomenti coi quali trattar si potrebbe la qiiistione , conchiude col riguardare la grazia piuttosto come soggetto di sentimeiKo clie di prescrizione. Sarebbe in tal modo la remissione della pena sottoposta ai variabili affetti del cuore , e quindi il diiitto di grazia esteso oltra i confini , entro i quali dalla giustizia e contenuto T esercizio de' polidci diritti, Giova piuttosto analizzare le cause primarie e piu importanti che deterrainar possono il sovrauo ad una liberale indulgenza colla re- missione o coir alleviamento della pena. Queste possono distinguersi in intrinseche ed estiinsechc. Le prime possono trovarsi nella legge penale , alia cui violazione si riferisce il fatto che formo il soggetta deir accusa , e nel giudizio istituito per riconoscere il fatto medesimo e r applicazione della pena ; le seconde emergono dalle circostanze personali del condannato , e da quelle che la legge non pote preve- dere o valutare, perche estranee ai principj d^lla criminale legislazione. L' eta delle passioni precede tanto nella specie , quanto nell' indivi- duo quella della ragione. La coHera e la vendetta dettarono le prime leggi penali fondate sovente sui capricci e sulle antipatie ; ma allor- che cpiesti parti della rozzezza e della barbarie eccitarono lo sdegno del pubblico illumiiiato , si trovo nel diritto di grazia una salvaguardia contra il rigore sangninario di quelle leggi , e questo riguardossi come un vantaggio comparative , ne si osservo allora che questo rimedio era peggiore forse del«disordine die si voleva correggere. La legisla- zione britainiica sui delitti e sulle pene non e che un informe am- raasso di statuti pubblicati in diversi tempi e in diverse circostanze , che la venerata ruggine di molti secoli impedi di riformare. Ma sic- come per la costituzione la giustizia debb' essere in quel regno ara- ministrata con indulgenza , cosi si e attribuita al sovrano per legge- la prerogativa di perdonare , donde e nata la moltitudine delle sup- pliche per ottenere il perdono , e dei rescritti di grazia. Atrocissirae erano le pene comminate nelle anticbe ordinanze della Francia per alcuni delitti contra lo Stato , la persona del pi-incipe e la divinita , e tolta era ai colpevoli la lusinga del perdono. Si professava una cieca venerazione a quelle sanzioni , come insinuate dallo spirito stesso dcUa DI TOMMASO NANI. 49 divina {jiustizia , sebbene 1' umaiiita rifiiggisse a quegli orrori ; si ac- colse quitidi la dottrina che distinguendo nel monaica due prerogative, r una del potere ordinario , Y altra di un potere iiideterminato , esten- deva ii diritto di grazia anche alle pene supposte nella legislazione irremissibili , donde venne che sospendere non si poteva la registra- zioiie delle lettere di abolizione munite del gran sigillo , le quali esprinievano appunto 1' esercizio di una podesta straordinaria. Ma allorche il sovrano si determina a riraettere o ad alleviare la pena , solo perclie nella medesima si ravvisa un eccesso , viene col fatto a censurare manifestamente la legge , ed a riconoscerla eccedente quei limiti entro i quali conteiiere la dovevano i principj combinati di giustizia e di uraanita , maucante quindi dei caratteri piii essenziali die presentar deve un retto sistema di legislazione penale. E iu questo caso la legge avrebbe dovuto riformarsi dal legislatore con quella uni- versality che alia medesima conveniva ; ne questa potrebb' esser opera del potere esecutivo , essendo nell' ordine politico subordinata la cle- menza alia giustizia , che e un complesso eminente di tutte le virtii sociali ; ne potendo Y una mai es?ere in contrasto coU" altra. Nel caso proposto la clemenza si arrogherebbe Y attribuzione della giustizia di- stributiva , e staccando da qualche condanna Y effetto della pena , rin- forzei'ebbe la legge stessa , che non mai meglio si conferma , quanto col mezzo delle eccezioni singolari che maggiormente ne stabiliscono r impero in tutti i casi non eccettuaii. Piii ancora , o colla grazia si rimette la pena , o se ne sostituisce una minore. Nel primo caso col pretesto dell' eccesso della sanzione penale verrebbe sottratto il reo anche a quel grado di pena che sarebbe conveniente al suo delitto ; nel secondo si verrebbe a conceiitrare nel diritto di grazia una ma- gistralura di legislazione per le riforme parziali della legge, che non possono mai alia clemenza appartenere. Dee altresi riflettersi che il condannato , iraplorando la grazia , dee necessariaraente confessarsi colpevole in faccia alia legge ; e siccome la clemenza non deve accoiTcre in soccorso di quelle che puo difendersi sotto I'egida della giustizia, e non comincia ad esercitare le sue attribu- zioni se non dopo che quelle della giustizia souo esaurite, la clemenza Vol. I. P. II. 7 So SUL DIRITTO DI GRAZIA stessa si rigaai*da come T ultima tavola a cui puo affidarsi uno sventurato battuto dalla tempesta per evitare il naufragio. Ma T indulgenza del sovrano pronunzia con eti'etto divcrso da quello della giustizia; questa coir assolvere distriigge I'idea della colpa , e reude cliiara rinnocenza deir accusato ; quella si liiiiita a rimettere la pena, lasciando iadelebile la raacchia del delitto : indulgentia , rescrisse uii imperatore al senate di Roma, quos liberal, notat. Qnindi la legge peccaiite per eccesso della pena non perde nel caso di grazia la sua attivita, ne il gra- ziaio vien liberato dalla nota impressa dalla legge violata. Non puo dunque una legge peccante nell' eccesso servire di pretesto al mo- narca per esercitare il diritto di grazia. Potrebbe forse da alcuno tro- varsi causa plausibile dell' esercizio di quel diritto nei confini entro i quali dee rilegarsi 1' autorita dei magistrati giudiziarj , ed a questo appunto si appiglia Blakstone ne' suoi Commentarj suUa legislazione hritannica. L' esclusione del perdono , secondo quello scrittore , intro- durrebbe un potere pericoloso nei giudici , quello cioe di riferire 1' in- terpretazione della legge al senso , e non alia lettera;e percio in In- ghilterra, ove i giurati riconoscere debboao 1' azione solo nell' este- riore sua convenienza colla lettera della legge , si ricorre al regnante anche nel caso di mancato concorso della volonta , o d' incolpabile ditesa della vita posta ad estremo cimento da ingiusto aggressore. Lo stesso era stato stabilito nell' antico regime della Francia coll' ordinanza del 1670; i giudici ricercavano 1' autore di un fatto materiale , e non il colpevole del delitto , essendo quest' ultima iuquisizione inseparabile dair esame del fatto nella sua relazione alia moralita , fondata sul prin- cipio dominante in ogui legislazione , che la sola volonta puo costi- tuire il carattere dell' azione criminosa. L' opinione di Blakstone die star debbasi alia lettera , e non alio spiriio , e conforme a quella di varj scrittori politici ed anche del nostro Beccaria ; ma qui nasce pure altra quistione. Nelle umane isti- tuzioni vano sarebbe il cercare la perfezione , e nelT impossibilita di prevenire tutti gl' inconvenienti basta solo cercare di allontanare i n)aggiori. Allorche si tratta di punire alcuna particolare azione , due scogli incontra il legislatore : 1' uno la singolarita del caso , 1' altro DI TOMMASO NANI. 5 1 r uuiversalita clei termini coi quali la legge debh' essere concepita. Dal primo potrebbe nascere qiialche atto clie , sebbene contrario alia rajrione dclla leirjre , non fosse dalla lettera della medesima colpito ; e di questo molti esempj s' incontrano nelle leggi romane , ne' quali per la singolarita de' casi si dovette mettere riparo con senatusconsiilti, con decreti imperiali e coirintevpretazione de' forensi, die il consenso del popolo elevo talvolta alia dignita della legge ; e per questo appunto crebbe straordinariainente di mole quella legisla- zione. In forza del secondo di quegl' inconvenienti nascer debbono atti clie , compresi nei termini generali , ripugndr debbono al vero senso della legge. Nella prima supposizione si darebbe troppa latitudine air interpretazione del testo ed all' applicazione del caso espresso al non espresso , ed i giudici facilmente cader potrebbono nell' arbitrio dell' o- pinione sotto il pretesto di seguire la ragione della legge; giacche dal mode particolare di vedere di ciascuno dipenderebbe la sussistenza di un delitto a fronte della legge che cliiaramente non lo descrive. Ognuno potrebbe farsi in certo qual modo una bilancia , e potrebbe determinare i confini della pubblica vendetta piii da sovrano o da legislatore , che da giudice. Serabra dunque che stare si dovrebbe , gitista ravviso degli accennati scrittori , alia lettera della legge, e ri- tenersi la massima consacrata dagli oracoli della giustizia e dai prin- cipj della civile libertii , c!>e un' azione non debba punirsi qaando la legge non 1' ha espressa , ed a quella non ha apposta la pena. Ma la legge puo essere espressa con quella uuiversalita di termi- ni , per cui la lettera oltrepassi i confini stabiliti dalla ragione e dal senso della legge medesima ; ed in questo caso non puo accordarsi che la legge venga spiegata secondo il rigore della lettera. L'equita. og- getto priraario del legislatore , compagna inseparabile dclla legge , non puo mai essere disgiunta dalla legge medesima. II legislatore non avrebbe mai scriuo una linea che contraria fosse all'equita. Le leggi positive non sono modellate che sul codice della natura, che prescrive i doveri e i diritti degli uoraini , a fine di guidarli a quella felicita a mi tendc la natura medesima ; e per questo la legge fu detia da Cicerone: ratio summa insita in luuiira. Ma se le dette leggi positive 52 SUi:. DIRITTO DI GRAZIA debbono uniformai'si alio spiiito dcUe leggi universali doUa natura, forz'e di escludere nelle medcsiuie 1' intei-pietazione rigorosa della let- ters , poteiido da questa nascere il disordiiie die punita sia ua' azione per cio solo ch' e conipresa nei termini universali , seiiza clic iinpii- tabile appaja secondo le rcgole imprescrivibili dell' eterna giustizia. Si concliiiide aduiique clie 1' inconveiiieute minore die nascer possa dalla siiigolarita o dall' uuiversalita de' termini della legge e quello di trovare talvolta uii fatto conforme alia lettera , e non al vero senso , air equita intrinseca della legge penale. L'effetto sinistro della singola- rita non potrebbe togliersi die col dare un eccessivo arbitrio e quasi un' autoritii legislativa ai giudici , die coll' interpretazione del senso distruggerebbe la lettera ; e 1' inconveniente dell' uuiversalita e una conseguenza necessaria del modo in cui la legge dee scriversi, onde evitare 1' inconveniente maggiore die la ragione della medesiraa sia piu estesa della lettera. II sistema della legislazione riguarda le azioni ordinarie degli uoraini , omettendo cio die piii raro accade ; giacche si andrebbe all' infinito, raoltiplicando le leggi per tutti i casi possibili. L' equita dunque intrinseca alia legge regola il magistrato ne' suoi giudizj suUa moralita delle azioni , combinando la lettera coUo spirito della legge , e questo , al dire di Seneca , non alia clemenza , ma alia giustizia appartiene. Ne potrebbe per avventura opporsi die i rescritti di grazia invo- cati nei casi di omicidio involontario o di difesa incolpabile sono piii di giustizia die di grazia; perche in questa ipotesi il principe pren- derebbe parte al giudizio per ci6 che riguarda il carattere del delitto o la moralita dell' azione , e si confonderebbero i poteri e le idee , ne si distinguerebbe I'assoluzione dalla grazia. II sovrano, dice Blakstone, non puo intervenire che negli atti di legislazione , di munificenza e di corapassione. Come legislatore stabilisce le sanzioni penali con pro- porzione ti-a la pena ed il delitto ; corregge ancora la legge nell' ec- cesso della pena colle nornie suggerite dalla giustizia universale e dalla pubblica utilita. Come reggitore supremo del potere politico affifia ai tribunali il giudizio de' colpevoli , ed a se stesso riserva un giudizio di equita per addolcire , se fia d'uopo , la sorte de' coiidamiati DI TOMMASO NAM. 53 colla remissione o colla mitigazione della pena. In Francia non no- teva iiivocarsi alcun rescritto di grazia, se il peteiue non si confes- sava colpevole; qualunque fosse adunque il raodvo della remissione, r atto era sempre di grazia ; e siccome e detto die dementia liberum arbitrium habct, cosi daH'arbitrio del principe dipendeva il concederla o il negarla in qualunque case, ed anclie nell' omicidio involontario ; cosicche , come osserva Pastoret , un petente poteva sofiVire 1' efFetto della condanna senz' essere divenuto colpevole. Rimane provato per tal modo die le cause intrinseche non rendono esercibile il diritto di grazia , altrimenti si confonderebbe la clemenza colla giustizia; si dovra dunque limitare 1' esercizio di quel diritto al concorso delle cause estrinsedie , o sia di quelle circostanze die ol- trepassano la previdenza del legislatore e i confini dell' autorita del inagistrato criniinale. Ma anche dall' analisi di queste cause nascono considerazioni , per le quali 1' esercizio di quel diritto non sempre puo essere conveniente alle relazioni sociali ed alia pubblica utilita , sia perche un riguardo alia persona ofFesa domandi 1' irremissibilita della pena, o perclie la grazia presupponga un delitto non esistente, o perclie le istituzioni politiche ricliieggano altio provvedimento , o perclie piii conveniente sia una previa dichiarazione di legge , die un atto di clemenza susseguente. Sulle relazioni deU'uomo co' suoi siraili sono fondate le leggi civili modellate sulle leggi eterne della natura ; sulle relazioni della societa coi raembri che la compongono sono fondate le leggi politiche, sco- nosciute nello stato della barbaric e della selvaggia indipendeuza. Le prime , alia violazione delle quali si riferisce T oiFesa d* un individuo, sono fatte per moderare il sentimento della vendetta destato dall' of- fesa , giacche , come dice Sallustio , ad alcuno non sembrano piccole le ingiurie ricevute. Solo lentamente sono pervenuti i legislatoii a condurre gli uomini siimolati dal piacere della vendetta ad un siste- ma penale die fosse in relazione colla sicurezza e tranquillita pub- blica. Si veggono tiacce progressive di quest' ordine di cose nella legge del talione adottata da varj antichi popoli , negli asili istituiti per porre un riparo alia vendetta de' parenti , uei bruti tratti al / 54 SUL DIRITTO DI CRAZIA. supplizio , uelle statue atterrate qualora fisicamente cagionavano la morte cli alciino. A fine d' inipedire la coUera privata, la societa dovette assumersi la ciua della privata vendetta , fatta simile in alcun modo alia divinita , mossa quindi a punire non dall'ira , ma dalla sola ragione, ed imparziale pei riguardi dovuti alia siciuezza pubblica ed alia pub- blica tranquillita. Per quanto una religione santissima insinui il perdo- uo delle offese , pochi sono insensibili al piacere della vendetta , ed intanto la vendetta privata non si esercita , il die si farebbe forse oltre i limiti dell' offesa medesiraa con gravissimo disordine sociale , in quanto cede il luogo alia pubblica , coll a quale il legislatore ha stabilita inevitabile la pena del delitto. In Inghilterra il re non accorda grazia ne' casi in cui la giustizia e pruicipalmenie interessata per la persecuzione degli offensori. II que- relante puo desistere dal procedimento ; ma il re in que' casi non pu6 perdonare. In altii Stati il diritto di grazia pei delitti espiati una volta colla vendetta privata non si accordava se non sotto la condizione clie I'offeso o i di lui parenti rimessa avessero I'ingiuria. Cosi il sod- disfacimento dell' offeso riguardavasi almeno come un oggetto secon- dario della ragione di punire , onde il disordine non s' introducesse della privata vendetta. Tre sono , giusta un antico filosofo , le ragioni della pena : 1' eniendazione del colpevole , 1' esempio del popolo , la vendetta dell' offeso. Ma ne' delitti che si dicono polidci , perche sono violazioni delle leggi politiche , niun ostacolo potrebbe frapporsi ad una liberale in- dulgenza. Tutto in questi casi dipende dal supremo reggitore del po- tere politico , il quale puo valutare le circostanze che suggeriscono o r esecuzione rigorosa della legge , o la reniissione della pena. Molto pill esteso sarebbe 1' arbitrio di esercitare il diritto di grazia , qualora questo esercizio fosse'ricliiesto dalle circostanze del corpo sociale, dalla salute del popolo, dalla tn-viiquillita dello Stato. /)mf operam consules , diceva un antico dittatore, ne quid respublica cletrimenti capiat, h av- venuto alcuna volta che nelle cospirazioni , tendenti per esempio ad eccitare la guerra civile , essendo questi delitti meditati da pochi , e sostenuti da molti , non avevauo tutti i delinquenti la stessa reita ; Dl TOMMAfeO NAM. 55 e r umanita avrebbe dovuto geraere , se ti^tti fosscro stati puniti con egual rigore. II legislatore ha potuto fino ad un certo punto misurarc i gradi di colpabilita ; ma il rimettere o I'alleviare la pena in siraili easi e tutto della clemenza, la quale pu6 essere anche guidata da considerazioni politiclie. In qneste occasioni il dettato della sapienza le- gislativa degli anticlii era: lU jxxna ad paucos , metus ad oinnes pcrveniret. ( Qui r autore si estende sui casi delle cospirazioni , delle uiacchi- uazioni segretc , dei delitti impulabili alle luiivcrsita , dei teiitativi di- retti al rovesciamento de' governi , ecc. , dei quali iion e forse d'uopo parlare in un' antica e ben regolata raonarchia. ) Molto si e parlato dell' esercizio del diritto di grazia verso colore clie un titolo acquistarono alia nazionale riconoscenza. Macchiavello teneva fermo il principio, che in un governo ben ordinato i meriti non cancellino i demeriti, e die premiare si debbano le buone opere, e punire le triste ; giacche la rinomanza delle azioni gloriose diverrebbe in qualche modo una patente d' impunita o d' inviolabilita incompa- tibile coUa suggezione di tutti al potere supremo delle leggi. Sembra tuttavia che in alcun caso possa invocarsi la sospensione raomentanea della legge , qualora concorrano nel colpevole grandi meriti personali e grandi speranze, che alia patria offrono i suoi talenti e le sue virtii; qualora massime i giudici stessi ed il popolo, testimonj dei servigi da esso prestati , invochino la grazia , e qualora nel comraesso delicto si manifesti piuttosto 1' impeto di una passione , die la depravazione del cuore. In questi casi 1' inipuuita in vece di aprire 1' adito a criininosi intraprendimenti , servirebbe d' incoraggiaraento alia virtii ; e qui ri- corrono gli esempj di Orazio , uccisore della sorella, assoluto dal po- polo , e di Manlio , die dopo aver salvato il Carapidoglio dai Galli , avendo fatto nascere sedizioni in Roma , fu precipitato dalla rocca Tarpea. Macchiavetio trova un contrasto ti'a que' due giudizj; ma giova il ritlettere che il delitto di Orazio era di molto attenuato dall' im- peto di una passione infiammata dalla gloria del trionfo, e daU'ainore della patria; che recente era il di lui merito, e quasi contemporaneo alia colpa , e che quindi il popolo non sapeva in certo qual modo trovarlo colpevole; mentre Manlio airincoiitro era gia stato premiato 56 SUL DIRITTO DI GRAZIA pel suo valore , e niuna causa poteva piii giustificare 1' attentate me- ditate con matura rillessione contra la sovranita e I'indipendenza del popolo. £ stata pure agitata lungaraeute la qulstione suU' impunita pro- messa al complice palesatore d' intraprendimenti ciiminosi , tanto sulla massima , quanto sul modo di usarne. Beccaria , FUangeri ed altri trovano in questo mezzo inconvenient! maggiori dei van- taggi clie se ne possono sperare , perche la nazione , dicono essi , autorizza il tradimento , detestabile anche fra gli scellerati ; il tribu- nale mostra la propria incertezza , e la legge una debolezza , implo- rando 1' ajuto di chi la offende ; oltre di clie la speranza dell' impu- nita rende piii ardito il malvagio ad intraprendere il delitto che ha bisogno del concorso di molti , anziehe distoglierlo dal mede&imo , perche egli pub concepire il pravo disegno d' immolare i complici alia sua salvezza , prima ancora di sedurli all' impresa. Con altri principj pero si mostra che non vi ha tradimento dove non vi puo essere infedeltii e perfidia. Non si puo attaccare a questo caso 1' idea di un dovere che si e violato dopo la piii sacra promessa di raantenerlo. Ma nn atroce misfatto contra la patria, concertato da un' associazione di malvagi , non puo essere il soggetto di un segreto inviolabile , la di cui manifestazione imprima nel delatore la macchia del tradimen- to , deir infedelta , della perfidia. Piatone stesso aveva detto che un cittadino che goder volesse reputazione, manifestar doveva ai giudici le insidie ordite contra la salute della patria ; e questo principio fu consacrato nelle legislazioni di tutti i tempi. II contrario avviso por- terebbe a stabilii'e che un cittadino partecipe di una cospirazione conti'a la patria o il sovrano, contratto avesse un impegno sacro co'suoi corapagni , che violare non potesse senza infamia; come se un giura- mento , esecrabile per se stesso, legittimar potesse 1' inviolabiUta del segreto , e far tacere il prevalente diritto della patria di provvedere alia propria sicurezza e tranquillita. Si aggiugne che le cospirazioni , fatali ed irreparabili forse nelle loro conseguenze , difficilmente si pos- sono reprimere nel loro nascere, se non si allettano i complici colla promessa dell' impunita, Le storie romane offrono molti esempj della DI TOMJIASO NANI. 5 7 rcpubblica salvata per qiiesto mezzo. Ne puo duhitar«i die I'impunita pi'eveduta incoraggiar possa al delitto , perche il malvagio die intende di provvedere con cjuesto modo alia propria salvezza, non puo a meno di non sospettare lo stesso pensamento negli altri complici , e di teraere per conseguenza di essere prevenuto. Si accorda per6 die questo espediente dovrebbe riserbarsi a que' delitti die possono met- tere a cimento la politica esistenza ed i piii gravi interessi della iia- zione ; ma non potrebbe convenire -di rimettcrne 1' uso all' arbitrio de' tribiuiali , ne di affidarlo alia clemenza del prindpe ; non al pri- mo, perchfe il diritto di concedere V impunita ai complici e fuori della linea de' confini dell' autorita giudiziaria ; non alia seconda , perclie non legata a prescrizioni e regole determinate , non potrebbe dare a quel mezzo tutta 1' energia e 1' attivita , seuza di cui non si potrebbe nutrire lusinga di allontanare il pericolo delle associazioai sediziose. Dovrebbe dunque essere I' opera di una legge generale , di quella stessa legge die prescrivendo sanzioni severissime contra le gravi cospirazioni , promettesse 1' impunita al complice die palesasse la trama prima di qualunque esecuzione o tentativo. Cosi si verrebbe a stabilire un ostacolo agl' intraprendimenti criminosi non solo col terrore della pena , ma anche col tiraore die fra i cospiratori mede- sirai alcuno si ritrovi die per salvare se stesso sacrifidii gli altri. L' uso di questo mezzo , senza rendere audaci gli scellerati , intiiiio- risce il popolo col palesare gli effetti a cui tendevano le scoperte mac- chinazioni , e piii ancora contribuisce a mostrare die chi maiica di fede alia legge ed al pubblico , puo piii probabilmente in que' casi medesimi mancare alia fede privata. II sovrano che nell' aha sua sapienza vede i legami delle virtu so- ciali , che la felicita promuovono e conservano de' popoli , riconosce che il primo posto dee darsi alia giustizia ; che la clemenza non puo venire in soccorso alio sventurato che la invoca , se non allorche tutti sono esauriti i provvediraenti delle leggi , delle istituzioni politi- clie e delle giudiziarie magistrature. Col mantenimento imperturbabile di quest' ordine viene allontanato qualunque pericolo che la clemenza , prerogativa consolante del trono , possa fomentare la lusinga della Vol. I. p. n. 8 ' 58 SUL DIRITTO DI GRAZIA , ecc. inipunita, e ispirare uii funesto incoraggiamento al delitto. Le peiie devon essere stabilite cou quella moderazione clie mantiene una proporzione tra il male minacciato e quello die si travede nella consumazioae del delitto. L' idea spaveutevole dell' iiievitabilita dee accompagnarle ; ne questi caratteri sono alterati dal diritto di grazia ^ esercitato da uii mouarca , grande nella beneficenza ed incomparabile nella giusti- zia, per cui sacro ed inviolabile e 1' avvertimetitd di Seneca. su\ retto e moderato esercizio di questo diritto : league adhibenda est moderado , quce sanabUia ingenia distingitere a deploratis sciet ; nee promiscuam. ha- bere ac vulgareni clemenliam oportet nam tarn omnibus ignoscere crudelUas est, quam nulli. vA SUI PRODOTTI DI FATTORI CHE SONO FUNZIONI SIMILI D'UNA STESSA QUANTITA CHE VARIA PER UNA DIFFERENZA COSTANTE DI GIOVANNI RACAGNI. I . Ua prima gli algebristi , sull' esempio di Cartesio e di Keplero , per comodo e brevita di scrivere convennero di far uso degli esponenti per esprimere le potenze delle quantita, ossia i prodotti di una qiian- tita per se stessa uii certo numero di volte , che da Vieta e da altri erano indicate con le iniziali loro o seraplici o replicate , o unendone diverse insieme secondo la loro coraposizione ; laonde posto n un nu- mero intiero e positive, e p una quantita, scrissero /)", mettendo la n alquanto superiormeiite alia destra di p per esprimere la potenza n"""" di p, che e il prodoiito dip moltiplicata per se stessa volte numero n — l, o il prodotto della unita moltiplicata per p volte numero n. E questa introduzione degli esponenti fu sicnramente una seraplice convenzione, perche primaraente potevasi intralasciarla seguitando ad indicare le po- tenze col raetodo di Vieta, sebbene meno comodo e breve; appresso potevasi con eguale vantaggio usare degli esponenti, ma in tutt'altra significazione , per osempio come fece Brunacci nel suo calcolo di derivazione, per esprimere il numero delle operazioui da farsi per 6o SUr PRODOTTI DI FATTORI , ecc. ottenere una potenza ; poiclie in questo caso 1' algoritmo avrebbe avuio la stessa facilita , ma la potenza sarebbe stata espressa da p"~" in vece di /j", percbe ad avere una dita potenza d' uopo e fare un numero 7z — I di operazioni raoltiplicandola per so medesima. 2. Ma quando introdussero gli esponend intieri e negatwi per indi- care i quod, tbe riguardarono come potcnze negative, e couvemicro di scrivere />"" per indicare la potenza n,"'"'" negativa di p, die e il quoto die nasce dividendo p per se stessa volte n — i , o 1' unita per p volte n , I'orse oltre al comodo e brevitii dello scrivere condotti turono da una certa analogia con le maniere clie gia si usavano per la sottrazione , poicbc col solo segno — apposto all' esponente s' indi- cava il risultamento della divisione , die e 1' operazione contraria alia mokiplicazione , come gia col segno stesso s' indicava la sottrazione , cbe e contraria alia somma. Prescindendo per6 da questa ragioiie , io ne presso alcun autore ho trovato , iie penso die trovare si possa una dimostrazione analitica diretta , per cui ancora avendo espressi i pro- dotti della mokiplicazione cogli esponenti positivi , si dovessero quelli della divisione esprimere coi negativi ; imperocche la contrarieta delle operazioni, dalle quali provengono, in vece della contrarieta del segno deir esponente si puo indicare con tutt'altra maniera di convenzioiie, per esempio con la contrarieta del luogo dell' esponente stesso, senza die le operazioni dell' algebra perdano niente della loro facilita , sem- plicita e chiarezza. Oltre a cio 1' analogia stessa di sopra indicata noii vale in tutta 1' estensione , perche gli esponenti negativi noii indicano come i positivi un numero d'operazioni die si possa sempre esegnire, o uu risultauiento die si possa sempre ottenere se noii in numeri rotti; quindi a coloro che dopo di avere stabilito 1' uso degli esponenti po- sitivi domandano cosa significlieranno i negativi , si puo rispondere che per se non significano cosa alcuna , ma atti sono a significarne una qualunque secondo la convenzione die piacera agli algebristi di sta- bilire tra loro. 3. Lo stesso e da dire degli esponend rotd tanto positivi die negadvi, die gli algebristi introdussero per esprimere le radici die riguardarono come potenze rotte, suUa ragione che queste servono ad iiiterpolare DI GIOVANNI RACACNI. 6 1 la serie georaetrica delle poteiize intiere, come i numeri rotti la seric aritrnetica degl' intieri. Ma iu cjuesto caso il cUfetto dell' aiialogia era assai maggiore che nell' altro degli esponenti negativi ; poiclie lasciando stare la difficoUa di comprendere come si possa eseguire un mezzo, uii terzo , un quarto , ecc. di operazioni , se ci6 fosse diuotato dagli esponenti rotti un mezzo , un terzo , un quarto , ecc. , egli i: certo clie gli esponenti di questa sorte spessissimo indicano operazioni che lion si possono eseguire , e quantitu clie si dicono irrazionali , pcrche o non si possono ottenere intiere , \\h rotte , ovvero irrazionali imagi- narie, perche sono cosi ripugnanti, die non si possono tampoco imagi- nare;laonde il Nicolai, che ha voluto estendere I'analogia oltre il do- vere, e stato condotto a conseguenze di una assurdita manifesta, che gia Furono dissipate dall'egregio nostro socio il signor professore Cossali. Ad ogni modo 1' esito ha confermato che ancora gli esponenti rotti sono stati con fino accorgimento e con grande vantaggio nell' algebra amraessi, poiche sono essi simboli chiari e facili, sui quali le opera- zioni si fanno in molti casi , come sopra i numeri intieri , e servono ad espriraere le radici ancora , quando non si possono estrane , e le medie proporzionali per interpolare le potenze ancora, quando non si possono ottenere in numeri intieri o rotti , e finalmente come le quan- tita irrazionali oi rappresentano i rapporti della diagonale al lato del quadrato, del lato di un cubo a quello di un cubo doppio, e di altre tali grandezze dotte incoramensurabili dagli antichi , perche non hanno alcuna misura o parte aliquota comune; cosi le irrazionali iinaginarie hanno servito ad esprimere e le linee trigonometriche d' un arco tjua- lunque , e la ragione della periferia al diametro , e il logaritmo della unita, e le formole comuni, e le relazioni vicendevoli tia il circolo e r iperbola , ossia tra gli archi di circolo e i logaritmi. Ma questi vantaggi singolarissimi potevauo ottenersi con alui simboli come co- gli esponenti rotti. 4. Ora il Vundermonde ( Mem.. Par. 1 772 , P. 2) fece gia osser- vare che le convenzioni in particolare stabilite per le potenze che sono prodotti di fattori costanti , nei quali tutte le difFerenze sono nulle , si possono rendere generali esteudendole ai prodotti di fattori 03 SUI PRODOTTI DI FATTORI , eCt che hanno costante la j^ffereiiza prima o la seconda, ossia che hanno mille le cUiFerenze cominciando dalla secoiida , dalla terza, e cosi se- guitando in modo che ancora per queste, oltre alle razionali, risultas- sero ancora alcune espressioni irrazionali, ma piu composte di quelle che si trovano nell' ordinaria estrazione delle radici , e spettanti ad ordini corrispondenti a quelle differenze, e superiori a queste radici; e parve a lui che per lo meno alcune di queste irrazionali dovessero rapprescntare i valori dei rapporti tra moke quandta , i quali ancora colle irrazionali del prime ordine non si possono esprimere ; e in fatti dopo di avere dato 1' algoritrao pei prodotti di fattori che hanno nulla le differenze cominciando dalla seconda , mostr6 1' uso delle espressioni irrazionali nate da questi per rapprescntare pure in una maniera assai facile ed elegante il rapporto del diametro alia periferia del cerchio, e molti integrali definiti. 5. I prodotti di fattori colle differenze nulle cominciando dalle se- conde s' incontrano frequentemente , e sono d' una importanza gran- ilissima nelle matematiche pure e miste; laonde molti ne hanno trat- tato , e si vedra che a quelli si possono facilmente riferire i molti teoremi intorno agF integrali definiti e ai coefficienti dei termini del binomio neutoniano , che trovansi dimostrati per esempio da Eulero ( Introd. , cap. IX , X e Xf ; Cede, iiuegr. , vol. I e IV ; Act. Petrop. , vol. V; Act. nos>. Petrop. , vol. VII e VIII) ; dal Lagrange ( Acad. Taiir. , vol. V) ; dal Pessuti ( Mem. delta Soc. Ital. ) ; ma inoltre espressamente hanno scritto di quei fattori a mia notizia rArbogast(Ca/c. des deiivat.,pag. 864), che li chiama fattoriali ; il Lacroix (Calc. des series et des differ. , pag. 74), che li chiama potenze del second' ordine ; il Kramp ( Annal. des refract, astron. et terrest. , chap. II), che li chiam a facoltd mtmcriche ; e final- mente I'egregio nostro socio Brunacci { Analisi deriv. , art. VI), che ha riteuuto quest' ultimo nome. Ne sarebbe facile ad indovinarsi la i-a- gione di questi nomi , prescindendo da quello nsato dal Lacroix ; ma eiccome alcuni di quegli autori usano ancora diversi simboli per espri- mere quei prodotti , cosi penso csser questo la piit chiara ragione per dimostrare che e i uomi e i simboli loro sono di semplice convenzione. Forsc il Kramp non avverti questo bastautcmeate , poiche egli prima DI GIOVANNI RACAGNI. 63^1 ancora ili conoscere 1' antecedente lavoro di Vandernionde lia data la teorica stessa di quel prodotti accresciula di molti eleganti teoronii , c singolarmente di metodi facili e sicuri per ridurli in seiie niolto con- vergenti e applicaili all' uso ; ma nel progresso troppo appoggiaiidosi air aiialogia arriv6 ad alcuiic conseguenze die basterebbero a toglierc la certczza di molte regole tanto dell' analisi elemeutare iiitorno alle espressioni irrazionali delle quaiitita negative , quanto deir analisi stes- sa die egli stesso e gli altri lianno adoprata per quei pi'odotti. Vera- mente quelle cons6guenze chiamansi da lui medesimo inostruose ; non lascia per6 di esporle con niolta particolarita e di appoggiarle meglio che puo. 6. Ma sopra i prodotti di fattori nei quali le differenze nulle co- minciano dalle terze o dalle superiori io non conosco die quello con cui il Vandermonde ha chiusa la Memoria citata, mostrando i teoremi che a quelli appartengono , e che si troveranno qui sotto esposti ai nuraeri 40 , 42 e 48 ; laonde io ho crediito die questa Memoria , in cui prendo a trattare di tali prodotti , ai quali si possono ridurre tutti, qualunque sia il grado a cui cominciauo ad essere nulle Ift diiFerenze dei loro fattori , dovesse giovare ad estendere la teorica dei prodotti di ogni ordine di fattori non meno che delle funzioni analitiche , delle quali sono quelli luia classe particolare. Quando poi mi accadra di fare qualche applicazione delle proprieta, che verro di- raostrando, per ora mi tcrro quasi sempre ai prodotti dei fattori nei quali le differenze nulle cominciauo dalle seconde , o ai prodotti del second' ordine che sono stati cousiderati dal Kramp ; imperocche le conseguenze vcraraente mostruose, alle quali egli e stato condotto, non potrebbero riuscire in parte almeno nuove , o fare alcuna mala impres- sione sopra quegl' Italiani che conoscono l' opera del Nicolai, e Taltra del Cossali , che a quella si riferisce. Nondimeno a me e pure sem- brato che reso avrei un altro non lieve vantaggio all' anaUsi , se ap- plicando le regole generali ai casi particolari del Kramp avessi cer- cato di determinare quando e come questi conducano a quelle con- seguenze mostruose , e rendere cosi palese , che le regole ricevute comunemente ed esposte in questa ]Memoria , appuuto perclie sono 64 SUI PRODOTTI DI FATTORI , ecc ill qualche raodo dipendeiiti dall' analogia , possono sofFrire qiialche liniitazioiie , ma noii debbono essere escluse assolutamente. 7. Del resto io mi serviro sempre dei simboli die meglio si acco- stiiio a quelli adoperaii da Vanderraonde, perche non sono soltanto aii- teriori di tempo , ma aiicora piii apertaraente mostrano la relazione clie i prodotti , dei cjuali si tratta , haiiiio con le potenze ; e per questa ragione stessa, pigliando il noma dal Lacroix, li chiamert) potenze di quell' ordiiie da cui cominciano ad essere nuUe le difFerenze dei loro fattori ; laonde per me le potenze ordinarie saranno quelle dell' ordine primo , e le fattoriali dell'Arbogast, e le facolta numeriche di Kramp saranno potenze del second' ordine , e cosi seguitando. Sebbene poi io abbia compreso che introducendo qualche nuovo simbolo avrei potuto ridurre i calcoli ancora piii brevi , nondimeno io amer6 meglio di scrivere questi estesamente senza curarmi di quello die ad altri po- tesse parere , perciocche io sono persuaso che la moltiplicita dei segni diversi , quantunque abbrevii la materiale scrittura delle algebriche ope- vazioni , pure afFatica soverchiamente 1' imaginazione e la memoria , e non dubito die di questo converranno meco molti tra quelli che avraii preso a studiare le opere gia di sopra (5) indicate dell'Arbogast e del Kramp , e quelle dell' Hindenburg e di altri che in Gerraania hanno con grande successo coltivato il calcolo delle combinazioni ; e forse non furono molti che preso avendo a studiarle abbiano potuto conti- Jiuarc fino al loro termine , perche non hanno potuto reggere alia fatica e alia iioja che la moltiplicita e la difficolta dei nuovi simboli arreca. 8. Sia dunque fp una funzione di jr> ; se in questa in vece di p si sostituisca successivamente p -*- r, p -*- ar, p -*- ^r, , ovvero p — r, p — 2.r,p — 3r,...., risulteranno le/(p -*-r),f{p ■+■ 2r),/(p ■+• 3r), . . . . , ovvero le f(p — r ), f(p — ar ), f(p — 3r ), , che chiamo funzioni simili dclla quantita p , die si cambia per la diiferenza costante r. 9. laiitando poi i simboli dati dal Vanderraonde, e posta n numero intiero e positive , in avvenire per brevita porro fp -Ap ^r)f(p-^2r).... f(p-^nr-r) = [ //> , r f; fp-f(p-r)f{p-2r).... f(p-nr-^r) = {fp,-rf. DI GIOVANNI R.VCAGNI. 65 10. Quindi se siafp=p', si avra Ap * rf ip-t^ry (p -*- nr - r)^ - [ p^ r f; Ap -'■)'' (P - 20' {p-nr^ry= ip^-rj. I I. Venendo poi a qualche caso pardcolare, se sia /) = i , 7 = 1 . per la forinola peiiultiiaa il prodotto dei numeri naturali comiaciando dair unita fiuo al numero n sara i.2-3-4....(rt-2)(ra— i)ra = [1,1 ]":. e viceversa posta p = n, e r = i , la formola ultima dara il prodotto de' numeri naturali cominciando da n fino ad i eguale n(n — 1 )(n — 2) . . . . ^-i ■ 2 ■ I = [n,— i]". 12. Nelle preraesse espressioni e chiaro che la quantita posta dopo la parentesi [ c avanli la virgola , come fp, p\ {p ■+- mr), ecc. e sempre il primo fattore, in cui la lettera p s' intendera sempre per la varia- bile che abbia q per esponente massimo ; la lettera r posta dopo la virgola e avanti alia parentesi ] indica la differenza costante per cui quella p cala o cresce, secondo che la r ha il segno negativo o po- sitive , che sempre dovrassi sottintendere quando niun si trovi espresso. Per fine 1' indice apposto alia parentesi ] , come n indica il nuraero dei fattori del prodotto , il quale dovra andare all' infinito , se sia n — cz. Quindi se sia dato il primo fattore colla variabile , la differenza co- stante e il numero dei fattori , non vi potra essere alcuna difficolta tanto per isvolgere , quanto per esprimere un prodotto , e viceversa. Ma la derivazione delle pi-oprieta dei prodotti a differenza negativa da quella dei prodotti a differenza positiva col cambiamento del segno di questa differenza e tanto facile , che io per brevita parlero quasi sempre dei prodotti soli a differenza positiva. 1 3. Apertaracnte poi si conosce I'ampissiraa estensione delle proposte formole, poiche posta ^ — P ■> ^ r — o, la prima (9) si riduce a ppp p .... = p" = [/J.o]", Vol. I. P. II. 9 66 SUI PRODOTTI DI FA.TTORI , ecc. cioe alle potenze del prim' ordiiie ; e posta//j=p, qiiella stessa (lo) si riduce a p(p -^ r) { p -^- 2r) . . . . (p -*- nr -r) = [p,r f, cioe alle potenze del second' ordine (7); e posta /p = p^-^ « , quella formola si riduce a (P'-*- «) { (P -^ rf-*- «}{(/'-*- 2r)V a]...{{p-*-nr~ r)V a} = [pV a, rf . cioe alle potenze del terz' ordine die hanno i fattori coUa differenza seconda 2/" costante ; e in generale ponendo fp = p'' -1- 6p^""'-4- cp'^~'. ...-*- ep -f a , quella formola darebbe le potenze dell' ordine g-t-i """<>, i fattori delle quali avrebbero la differenza q"""" costante ed eguale a 14. E qui si avverta che le forniole niente perdono della generalitii loro , quantunque la potenza massima della variabile si supponga libera da Qgni coefiiciente , siecome faro io per 1' avvenire ; poiche se fosse fp = bp^ -*' a, per esempio , ponendo fp = i>i p^ -^ ~\ , il prodotto (6f>*-t- a){h{p -t- rf-*- a} {b(p -*- 2r)V a] ■■■ {b(p -*-nr — rf-^ a] = [hp^-^ ci,rY si ridurrebbe facilmente all' altro ^"(A j)\iP ■*■ rf^ y)((p-^ 2r)V ~y. .(^(p ^nr-rf^aj = b" [pV j.r^, in cui la potenza massima di p e libera da ogni coefficiente. 1 5. E giova anzi sovente liberare la variabile da qualche coefficiente costante , di cui si trovi afFetta , per ridurre le formole ad altre piu seraplici ed eleganti j e cosi, per eserapio, si vede che il prodotto dei nuraeri naturali pari 2-4-6....(2«— 4)(2/l— 2 )2rt = [ 2, 2 ]" si riduce all' altro 2"- I -a- 3 .. . . (ra — 2) (n — i)rt = 2"[ i, i ]". DI GIOVANNI RACAGNI. 67 16. Ora si osservi che ciascun prodotto si puo scrivere inversa- meiite, poiche e fp.f{p^r)-j\p-^ 2r)....f(p-^nr-2r)f(p-*-nr-'r) = f(p ^nr-^r)-f{p-^nr- 2r) f{p -*- 2r)f{p -*-r)fp. Diinque si avra il 1 7. Teorema I. {ff, rf= [f(p -t- nr — r), — /• ]". 18. E in fatti pei numeri naturali gia (11) si e trovato . [i,ir= [n,-ir; e da quel teorema s' iutende primamente come un prodotto , che ha la differenza r positiva , si trasformi in un altro, che coUo stesso nu- mero n di tattori ha la differenza stessa r, ma negativa, cambiandone il primo fattore fp nell' altro f(p -*- nr — r). Appresso s' intende che per isvolgere o esprimere un prodotto, come al numero 12, bastera che in vece del primo sia date 1' ultimo fattore. 19. Se poi suppongasi/p =/>^, svolgendo come al num. 10, si trovera il 20. Tear. II. [p^r]" = {Vp.rJ)\ con cui un prodotto , che per primo fattore ha una potenza di una data variabile , si trasforma nella potenza stessa del prodotto che ha per primo fattore quella variabile semplice. 21. In quella supposizione stessa, prese due altre quantita Pe B, si avra /)'(/) -*- r y (p -f 2r y . . . . { p •<- nr — r y = Si avra dunque 68 SUI PRODOTTI DI FATTORT, CCC. 23. Quindi se il primo fattore e una semplice potenza d'uiia vana- bile, il prodotto dato si potra sempre trasformare in un altro die abbiA inia diversa variabile , o un altro pi-imo fattore qualunque , o un' akra qualunque difFerenza ; e percio il Vandermonde in vece del prodotto p{p -r){p- 21) [p-nr -^r) = ip,-rf senza togliere niente dalla generalita a' suoi calcoli ha potato consi- derarc 1' altro , che pare piii semplice pip - I )(P - 2 ) {p-n-^ I ) = [p,- I ]"; poiche e [/''-'■]" = '"[f^-^]"- 24. Qaeste trasformazioni succedono ancora con ogni facilita nella supposizione i^A fp ^= p -*- a, poiche svolgendo i prodotti, si trovera il as. T^r.rr. [p....]"= e-yt^^-i,]'^ (i)"[(„ -. a)!L.iq. 26. Ma per gli altri valori di fp quelle trasformazioni non si otten- gono senza sciogliere un' equazione del grado q{ri— i )"'""' , ovvero qn"""" , secondoche per cambiare la variabile si cerchera la differenza, ovvero per cambiare la differenza si cerchera la variabile , che non ostante quel cambiaraento lasci il valore medesimo del prodotto ; e cosi , per escmpio, se fosse fp =^ p^ -*- a, e r Ist differenza, ponendo P e fi in vece di yj e di r , per detenninare tra le P e /? una per r altra , si avrii 1' equazione {p"" -*- a) {(p -*- rf-t- a} {(/>-»- 2rf-*-a} . . . . {{p -*- nr — rf-t- a] — (P'-^a) {{P-^Bf-^a} {iP-^2Rf-^a} {(P-^nR- R)^-^ a], nella quale ascende P al grado zn"'""" , e i? al grado 2(n — i )"'«» . Ma e noto che posta q la raassima 2:)otenza di p , cercando le radici dcir equazione fp = c,\afp si puo risolvere in un nuniero q di fat- tori del primo grado ; e se bastasse di fare quelle trasformazioni in un numero dato di questi fattori , ancora il grado dell' equazione da risolvere scemerebbe nella ragione di q al numero di questi fattori. DI GIOVANNI RACAGNI. 69 27. Ora suppoiigasi p = co , c si esprima per -^ ; ciascuna delle fp. }/(p -*• r), f{p -*-2;) si ridurra & y^\ , e si avra il 29. Se dunque in un' altra fP la potenza massima di P sia P*^. posta la differenza R con 1' indice A' , si avra e dividendo 1' antecedente formola per questa , risultera il 3 1. Qulndi se per qualunque combinazione sia nq = NQ, si avra laltro 32. Teor. VII. — r/ P\Q n— / P \"'' [fi'^r KIPF (I) 33. Ma se r sia nulla , 0 almeno si possa trascurare nr — r in pa- ragone di p , mettendo — in vece di r, sara fp-f{p-^ i)f(p-^ -^)- •••/(/'-*- -?•) =fpfpfp-'-- e si avra come ai numeri 1 3 e 14 il %!^. Teor. Vni [/^, -£]"= (/>)". 35. Quindi ponendo — in vece di r, le proprieta del prodotto [//), rf si riducono alle altre gia note delle potenze del prim' ordine. 36. Se r indice del prodotto fosse eguale alia somma di due nu- meri inticri e positivi m , n , si avrebbe 70 Sm PRODOTTI DI FATTORI , ecc. [fp, rf*" = fp •/(/> H- r) fip -*- 2r) . . . f{p ■*■ nir ■*• nr - r) = fp fip -^ '■) fip * 2r) . . . f(p -*- mr - r). /(p ■*■ mr /(p -^-mr-t-r) . . ■ f(p -*• nir -*- nr — r) ^ fp-f{p^r)-f{p-^%r). ..f{p^nr-r). f(p -*- nr) /(p -^-nr-t-r) . . . f{p -t- nr ■*• mr — r) ; quindi risultera il 37. Tear. IX. [//>,r]'"-"^ [fp,rnfip-'nr),rf = [/p,rr[/(p-«r),r]"'. 38. Un prodotto qualunque si puo sempre spezzare in raolti ; cosi per esempio se suppongasi m •< « >^ o , sara IfP' '■]" = fp fip -*■ r) -fip -*- 2r) . . . f(p -H mr - r). f(p-*-mr) /(p-t-mr-^r) . . .f{p -\- nr — r); onde si dedurra il 39. Teor. X. lfp,rf= [fp.rflfip -*■ mr^rf-'". 40. E facilmente si vede che ciascuno di questi prodotti si potra spezzare in altri ; intanto se nella formola trovata si ponga m = o, si avra [fP>rT= [fp,rnfp,rr; onde seKue 1' altro 41. Teor. XI. [fp,rf = [//>. rT = I il quale mostra che alle potenze di ogni ordine e coniune la proprieta delle potenze del primo espressa dalla nota equazione p° = i. 42. Se potesse supporsi n = o , raettendo p — r in vece di p , dai Humeri 89 e 41 si avrebbe [fip - "^r), rf= 1 = [f{p - mr), /■]'" [fp, r]"'", e per conseguenza f^.r]"'" = [f^^J„,r),rr ' ed essendo (18) [f{p- mr), rf = [f{p - r), - r]"\ DI GIOVANNI RACAGNl. 71 si avrebbe il teorema che darebbe la significazionc del prodotti ad esponeutc negativo ; ed in fatti con somigliante artifizio nel caso di fp = p dopo Vandeimou- de quella significazionc lianno ricavata Kramp , Arbogast e Lacroix ( L. c. 4 e 5 ). Ma io dubito che quell' artifizio, quaiitunque possa parerc ingegnoso , debba essere generalmeute approvato , poiclie la supposi- zione di a = o contiaddice all' altra di ni ■< « > o fatta al num. 38 ., senza la quale non era possibile di eseguii'e lo svolgimeuto del pro- dotto che ha data la dimostrazione del teorema del num. 89 , a cui quell' artifizio e applicato. 43. Ma si confrontino le operazioni che si fanno sopra fp per ottenere tanto il prodotto fp /{p -*- r) •/(/> -^• ir) . . .f{p -*-nr — 1), quanto il quoto - — — — , e si trovera che sono contrarie i poi- fp-Ap->)-Ap-^') ...f{p-m) che quel prodotto risulta da n— i moltiphcazioni eseguite con fattori che si fonnano con la somma in fp in vece di p sostituendo p -^r , p •*• 2r , p -*- 3r . . . p -<- nr — r ; e questo quoto si forma da n -*• l divi- sion! eseguite con divisori che si formano colla sottrazione in fp in vece di p sostituendo p — r,p — 2.r, p — 3r . . . , p — nr. Nel resto in ambedue si adoperano sempi"e i soli primi fattori o divisori che ba- stano a compiere le moltiplicazioni o division! prescritte dal numero n; laonde si mette il solo prirao fattore fp , se non si deve eseguire al- cana moltiphcazione ; e si usano i primi due soli fattori per una , e i primi tre per due moltiplicazioni , e cosi di seguito ; e similraente si mette il solo numeratore fp , se non si deve eseguire alcuna divisio- ne ; e una di queste si fa col solo primo divisore, e due si fanno coi due primi divisori , e cosi di seguito. 44. Io dunque come per solo comodo e brevita di scrivere ho fis- sata (9) r espressione del prodotto fp .f(p ^ r) fip -^ 21) . . .f(p -^nr-r) = [fp, rf. cosi prendo quest' alti-a pel quoto 72 Sri PRODOTTI DI FATTORI, CCC. fP r,- -.-« fp -Ap - '■) -Ap - 20 . . -Ap - «'•+ '■) •- '^'' ''J ' scegliendo la contrai-ieta del segno nell' esponente per indicare la con- trarieta delle operazioiii , dalle quali quel prodotto e qnesto quoto ri- sultano nel niodo spiegato di sopra ; e sono beii certo clie questa scelta e legittima , e ancora appoggiata all' analogia coll' uso che dei segni contrarj si fo per esprimere i risultati della somma e della sot- trazione ; ma non mi sembra che qiiella scelta sia prescritta da alcuna ragione diretta e analitica ; poiche si potrebbe indicare quella contra- rieta di operazioni ancora in altro mode , per esempio coUa differenza di luogo deir esponente , e tuttavia si otterrebbe un algoritrao esatto, elegante e semplice niente meno di quelle che noi daremo , siccome delle potenze del prim' ordine pure si e detto ( i ). 4.5. Dopo le premesse nozioni e chiaro che lo svolgimento delle formole ad indice negativo non si pu6 avere cambiando solamente il segno nelle formole analoghe ad indice positive gia svolte , ma si bene riducendole nei quoti corrispondenti (48). Viceversa se fossero dati i quoti , coUe regole stesse si potra ottenerne 1' espressione ; e poi- che pei numeri 9 e 1 8 e . ^ o?ivji> rioo f.). jnoia fp _ ■ Ap - nr-ry fp-f^-r)-fip-ir). . -Ap-m) f{p - iir - r) ■ f^p - nr) ■ fyp - tir -^ r) . . ./l/>-r) iAp-r),-rr lAp-nr),rr si avra il 46. Teor. XIL UpA'"' = [/(/> " "'' " 0' - '"]' [/^/, - nr), ,]" IfKP - T), - rf 47. E se in queste formole si cambii il segno all' indice ra, si avra raltro 48. Teor. XIII. [fp, rf = [f{p -^ nr - r), - rf [A/"^ '"-):']-" [A/* -'•),-'•]' DI GIOVANNI RACAGNI. 7 3 49. Da questi due teoreiai si apprende come le formole ad indice positivo e negativo possaiio trasformarsi tia loro pci* esprimere i pro- dotti e i (jiioti, secondoche possa toruare piu comodo. Siippouendo poi n e m iiumeri iiitieri , e « > m , si trovera facilineiite I f( p -*- mr — nr) •/(}> •*■ mr — iir ■*■ r) •/( p -*- mr — nr -*■ ■j.r) . . . f\p — r) _ fp ■ f(P -*- '•) -fip -*- ^r) . . . fyp -*- mr — r) /(/> -*■ mr — nr) -fyp -*■ mr — nr -+- r) .../(,/> — ;) -fp f^p-t-r) ... /(p •t-mr—r)'' e supposta n ■<^m, e pure fp fip -*•')■ fip-*-^r) . . ./(p-^-mr — nr—r) fp -fip -*-r) . . . f( p -*- mr — nr — r) ■ f{ p ->- mr — nr) . . . f(p -*- mr — r) f(p ■+■ mr — nr) -/(p -*- mr — nr -^:- r) . . . f(p -*- mr — r) y\'v- . . . . . . ., Dunque in qualunque ipotesi dei valori mtieri di m e di n. si avra il 50. Teor.XIF. [fp^rf-^ UP^rf[fip^mr),rr= [//>,/■]-"[/(;'-«'■),/■]'". 5 1. Queste formole sono le stesse del num. Sy , prescindendo dal segno deir indice n. Quindi sebbene dallo svolgimento di quelle for- mole non possa mai dedursi lo svolgimento di queste, o viceversa (45), pure si comprende clie ciascuna delle indicate formole col solo cani- biamento del segno dell' indice potra esprimere i prodotti e i quoti che hanno 1' indice eguale alia somma e alia differenza di piii numeri ; onde si avra il comodo di poter operare sopra le formole spettanti ad un solo caso dell' indice ; e i leoremi trovati , solamente cambian- dovi il segno, si trasporteranno all' altro caso. 52. E egli e chiaro che ciascuna delle indicate formole lega in una stessa serie i prodotti e i quoti , o le formole di esponente positivo e negativo , le quali tra loro coniprenderanno quella di esponente o , a cui ciascuna di quelle si riduce posta m = o ; e finalmente si po- trebbe ancora aifermare che in quelle formole tutta sia contenuta la teoria , e consista 1' essenza delle potenzc di ogni ordine , poichc po- sta r = o, e fp = p , quelle forniscono le due equazioni .^. P = p p , e p =y. KoJ. /. p. II. 74 SUI I'RODOTTI m rATTGRI, eco. clie sono i principj sui quali tutta riposa la teoria , e nei quali cou- sistc r essenza dollc potciize del prim' ortUiic , siccorac della pi'iraa singolarmcnte afferina il Lagrange nelle sue Lezioni sul calcolo delle funzioni { Joiirn. clc VEcoh polyt. , douz. cah. , p. i 4 ). 53. L' indice inticro c positivo di im piodotto pu6 senipre ridursi alia somiiia di due Humeri intieri e positivi m t- ra ; e per le cose spiegatc svolgendo il prodotto [/]j, ;]'""*"", e chiaro die si trovera sera- pre il fattore /"( p -»- mr) , il quale si ridurra a /o = — , se suppon- gasi m = —■ — ; ma se fp non abbia alcun termine costante , onde la fp ^ f n possa ridursi all' espressione pfp , sara fo — — = o ; duiique si avra il 64. T^m:^}^lf. Se — — en siano numeri intieri e positivi , sara 55. Similmente X indice intiero e negativo di un quote puo sempre ridursi alia somma di due numeri intieri e negativi — m — n ; e svol- gendo il quoto [^j;,r]~'"~", si trovera sempre il divisoie /(p — mr), il quale se sia m =; — ■> si riduce a. fo = —; e qui pure essendo /o = o, se la fp possa ridursi a pfp (53) , si avra il 56. Teoi: XVI. Se — e rt siano numeri intieri e positivf'', s^ar4 Uoi," '" -£■-,1 [pfp, /-] r = 00 . 57. Ora confornie al num. 5i si prendano le formole del num. 37ii e riducendo da una stessa part^ i prodotti che hanno lo stesso indice, risultera il , - ■ ■ 58. Teor. XVII. ,, ^fP''^ ,„ = ,/^^''^ ,„ . 59. Quando poi siano — e — numeri intieri e positivi, ponendo s t prima m -^n ■= ~, e poi « = — » si troveranno i due segueuti -otf 6i|jioq ,-)iiibi - «r),r J^- •\ X .\ ■'. DI GIOVANNI RACAGNI. 76 61. Teor. XIX. IfP^'-]'^ [/P''-]^--' 62. Dal num. 58 sostituendo — N, P, li in vece di n , p , r si ricava la formola [fP,R^-" ^ \fP,RT lf{P-*-mIi),R]-'' lf\P—NR),J{r' e moltiplicandole tra loro si avra il .0 rr yy Up,rT[fP,Rl-'' lfp,rrUP.Rr 64. Quindi suppongasi /n. = co = — ; ritenendo le supposizioni del num. 3 1 , sara [f{p ^ mr\rnAP - mB), R]- "^ = {wj e si avra 1' altro 5 65. Teor. XXI. [fp, rj [fP, /?] _,v r''\fp,rJ'[fP,RY R->[f(p^m,%rY l/{F-NR),Rf 66. Da questo teorema, in cui, secondo il num. 52, si potra ancora supporre m negativa, si ha il vantaggio singolare che essendo n e N numeri intieri finiti, il primo raerabro sara sempre un prodotto finite, che dara 1' espressione finita del secondo svolto nei prodotti infiniti indicati da' suoi fattori. Per mostrarne qualche esempio pongo fp = p, fP = P, e percio q = Q = \ ; e pel num. 3 i N ^ n , sara r rTVP J?T-"— p(p-*-r)(p-*-2r)...(p-*-nr—r) lP'^1 L^>"J — (^p^nR){P—nR-^ R){P—nR-i-2R) . . .(P — R) np,rf\_p,R:i^ /?"[(/, ^«r),r]° l{P--nR),RY r"-p . P . (p ^ r) (P -^ R) (p -*- 2r) (P -t- aR) (p ■*- 3r)_ /?"(/? -t- nr) (P— «iJ) {p^nr-*- r) {P— iiR -t- R) (^p -^ nr -*- 2r) 76 Sm PRODOTTI DI FATTOni , ecc. 67. Suppoiiendo la m negativa , risulta T espressione m m \.P^rJ[P,Ry R"i(p^t,r),r] - [{P-nR),R^ " ;"( p-^-nr— r) {P — iiR — 7?) ( /> -4- i,r — 2;) (P— iiR — 2R) . . . R"(p - r) (P- R) (p - 2r) (P - 2R) (p -^ ir) . . . ' che coir antecedento , posta R = r = — 1 , contiene due eleganti teo- remi del Vandcrnioude. 68. Qaindi se pongasi per esenipio n = N=3,p = S, P— lo, r — I , R = Z y da quelle formole si otterranno le due equazioni 8- 9 -10 i'8-io-9-i3-iO'i6-n.i9-i2... ''^'' 7-4-I 3-ii-i-i2-4.i3-7-i4.io-i5... I'lo- — a-g- — 5-8 — 8.7 — ii-6 — i4-5- — i7'4 — 20... 3'7-7-6-4'5'i'4- — 2-3- — 5-2- — 8-i — 11 -o- — i+... ' e si pu6 in questa seconda osservare die il valore della frazione riesce finite perche il fattore zero troverassi tanto nel denominatore, quanto nel numeratore; laonde per la divisione svanisce. 69. Se sia fp — p'', e fP = /"? = 1^ , sara 2L r,-,_,v />' (p ■+■ rf. . .(p-t-nr — r)'' ip'',rf[P^ = ^,R] i^P^R f {^P— 2.R f. . . (,P— NR f R''^l_(p-<-nrf,r]° \_{P—NRf,Ry r'"l. pipQ (p ^ r^i (P ^ R)Q ( p ^ 2r)'' (P-^ 27?^g. .. R"\p ->- nrf {P — NR/'i (p -*- rir -.- r/ ^P — NR -*- i?A'. . . ' e ponendo r — R, P — p^r, Q — n, e peixio ancora q = N, e di pill q-t-Q = n -*- N = i, si deriva fn'-" rTUn ^ rV rV - />-"(/> ^ rf(p-^ ,)'-"( p ^ 2r-)''(p -4- 2r)'-''(;, -h 3r)". . . IP ^ni(p-^n,ri - ^^ ^ urr\p - '"■)" {p - «'■ - '■)'-"(/'- ",■ -»- o". . . P' "ip-^-r)" (p^rV-^ip-^^rr (;>-*- ar )'-"(/> m- 3>- )" P •*- '"" p -t- nr -i- r p-*- nr •*- ar DI GIOVANNI RACAGNI. 77 I '7o.'Queste due ivUinie formole ponendo nella prima r = U, e P—Nr T= p -\-nr si riducono a quelle del Krainp {Anal, des rvfr., num. 33 eC 35 ), siille quali egli avverte che la prima e la piii geiierale, a cui sono sin qui stali riportati i prodotti dei ' -1-;^ ^n){(p-*-rf -*-p -4- >■ -»- g | . . . | (p^ fir — rf -*-p -*- «;• — r-*-a} {{P— Rf — P-^R-^b }{{P— 2R)' — P^2R^b\.-- {{P — nR)' — P-^uR->-b\ m m ^ r'"'l_{p'-*-p-^a),ry l( P'— P ^ b) . R}~ _ m n\ '■"' \.{{P — '"■ f -"P — '"■ -+- a }, r] ° [{( P-*- /zi? )' -<- P-*- iiR -^b],Ry r"\p''-^p^a)(P^-.p^b)^(p^ry-*-p^r-^a]{(P-*-R)^ — P—R-*-b ' ^'"'{(P — "'■ f -*- p — >ir-i- a] [( P -*- iiR f ->- P->- nr-*- b\ {(p — nr-*- rf -<-p — nr-<- r->- a\ ' quindi ponendo p = 2, a^ 1, P=3, 6 = 5, r = /? = 3, n=3, si avra 7- 3i • 73 _ 7- II -31 • 35 •73- 77- i33 • 138-210 • 2 i5 5-17.47 •57-161-21-245-5-467-7-605-211-756"'*' e cosi dicasi di altre formole ancora piii complicate ed estese. 78 SUI PRODOTTI DI FATTORI , eCC. 72. Se al raodo del siguor Lagrange ( Theor. desfunct. anal., § 3i ) f{n, p) iudichi una fimzione delle variabili 11, p , sara f{p -*- nr — r) = f{p — r)-*-rnf{n,p)=f(p — r)-*-r[n, — i]'/("^/')i ed essendo UP' rf = [fP^ rffiP -^rir- r), si avra [fp, /J" = [fp. rf-'\fi p - r) ->- r[n,— I ]'f(n,p)}. Ora noi vedremo abbasso (108) come questa espressione conduca ad applicai'e il calcolo delle differenze finite ai prodotti dei quaii si tratta ^ qui per brevita posta quella f{n,p) = G, si a\ia[fp,rf^/(p — r)[fp,r]"~'^Crln,-'iy[fp,rf~'; e poiche e Ap - ') [fP^ d" ~' = [RP- '")' '"]"' sara 73. Tear. XXIf. [f(p -r),rf ^ [fp^if - Qr[n- iy[fp,rf'\ 74. Quindi se in vece di n ponendo 11-— 1, n — 2 , . . . n — t, la G divenga G', G" , . . . G', si avranno le formole Uip-rlrT-'^ [fp.rj-^ -Gr[a^X,-iyUp,rr-\ [/( P - r\ rf - '- ^ [fp, rj-^- G'r[n -2,-1 ]'[/p, rf ' \ Uip-r), rf-' = [fp, rf-'- GV[« - c, - !]'[//>, .]"-'" '. 75. Ma suppongasi ancora die con gli accenti posti ai piedi delle C , G\ G", ... C si esprima quelle che le funzioni stesse divengono sostituendo p — r, p — 2r, . . . p — Cr in vece dip; onde per esempio G ^^ esprima la f{n — 3,p — 4), e priraamente la formola 78 ponendo p^r in vece di p dara [f(p-2r),rr= [/(p-r),rr_Cr[,7,-i]'[/(p-r),rr-'; quindi presi dal num. 74 i valori di [/(/> — 0' '']" ^ *^' \.f(P — '')'''] ' sostituendo si avra [^fip-2r).rf^[fp,rf-i{G^GXn-iy[fp,rT-'^G'GrXn,-if[fp,rT-^ 76. E se di nuovo in questa formola si pongap — r in vece di p, si avra Uip-HrT= [fip-r),rT-iiG,-^Gy[n,-iyifip-r),rr-' -.c;e/[n,-ir[/(p_r),rr-% e presi dai numeri 78 e 74 i valori di [fip — r),ry, [fip — r),ry~, r/(/J — 0' '■]" ~ ^ sostituendo si avra DI GIOVANNI RACAGNI. 7^ (f(p - 3r), rf = [fpr,rf^ l)C -^ C, -^ CJrl^i- i]'[/y>,r]"- ' * {C(C, - C J -K C;C Jr=[«,- I ]^[//>, rj" " ' - C"C;C„r3[r7,- i Yifp, rf - K 77. Cosi proseguendo si troveranno le espressioni di [/(y — 4 '")»'■] >• {/{[> — 5r), rj", e le altre successivamente , dalle quali per la induzionc si vedra die se t esprima un numero d' accenti, i quali si appoiigano alia destra di Q superiormeiite o inferiormente per indicare quello che C divieae quando replicatameiite si canibia la ra in n — i, o la p m p — r, e per brevita si ponga C -.- C -^ C, -4- C _ . . . ^ Q,_, = A; C'(C ^C, •••^C;.,)^ G'XG.,- ■■ -*-G',.,)...*C',.,C,., - A; -^c;{g;(c, ... --(?,.,)•••- c',.,c,.,}... ^c",.3C',.,c,., = ^'; •••-*-Cr t - /^(-^ t -i(^ t -iGt -i = /i ; e finalinente G'-' C'~^ C''^ ■ ■ ■ Q":.zQ',.._Qt., = ± yi'~', pigliando il segno ->- o — , secondoche sara t un numero pari o dis- pari , si avra il " "fS. Teor: XXlfl. Preso t numero intiero qualunque ■[Ap-^r),rT^ {fp,rT-Ar[n,-^nfp,rr-' - ^>^K - I T [fp, rf - ^- A-r' in, - . ^ ifP' ^f ' ' ■-'^'■'r'[n, ~-ir(/p,rf-\...±A- V [n,- 1 ]' [fp, rf " '. ; 79. La legge con cui sono formati i coefficienti J, A, A' ... A' ~^ e facile a trovarsi , poiclie ciascuno dei loro termini si puo considerai-e come il prodotto di due fattori , dei quali uno e G, che ha un numero di accenti superiormente eguale al numero degli accenti di A, e in- feriormente eguale a quello del luogo del termine mcuo uno ; 1' altro fattore poi e sempre la somma del termine che gli corrisponde , cogli So SUI PRODOTTI DI FATTORI , ecc. altri che lo seguono sino al fine nel coefficiente anteriore , ovvero die lo precedono fiiio al principio , se quel coefficieiui A , J, A" . . . si scrivano al rovescio. 80. Dividondo la formola del num. 78 per [fp, r]" , e avvertendo che pei numeri 46 e 49 e si avra [/(p-rr),r]"[/(;.-Knr),rj-"= i - Ar'[n,- i]' [f{p ^ nr),rr ' ■^ A-r[n, - 1 Y [f(p -^ nr), ;•]" ^ - A'r\n, - i j^ [f{p ^ nr), r]' K . . Se dunque pongasi p-*-nr = D, e D — p — tr — D — nr — tr, e per tali sostituzioni le A , A, A" . . . divengauo B, B', B' . . . paragonando la formola che risultera con quella del num. 65 , si avra il 8 1 . Teor. XXIV. [fD, rf [fD, r]" " = i ~.Br'[n,-iy UD,rY'^Br'in,-iy[fD,rY'-B'r\a,^lf[fD,rr\ . . m m m m [/(Z)'-K„r),r]^[/(Z»_«r),r]^ 82. Quindi il prodotto di fattori prolungato all' infinite , che risulta da quest' ultima formola , si potra trasmutare nella serie corrisponden- te , e viceversa. Egli e poi chiaro che cosi questa serie , come I'altra del num. 76 devono finire col termine t -^ I'simo.^ ^ osservando 1' ana- log! a degli ultimi termini , facihnente si possono ricavare i termini t"""", t — i»j"«o^ e gli altri di seguito. Se dunque quelle serie si scri- vano al rovescio , e si avverta di pigliare sempre un segno solo -♦- o — , secondoche t sara pari o dispari, dai numeri 78 e 81 si avranuo i 8 3 Teor. XXV. [/( p - tr), rf = ± ^' " '/' [;i, - 1 ]' [fp, rf" , ^A'-"-r"\n,-^-Y-\fp,rf-'-'^A'-^r'-'[n,-if-\fp,rr-'-^\ ^A'-^r'~\n,-q-\fp,rr-'-^... -^Up^rfi ,., „ ^ ^oq .-iuii.. Dl GIOVANNI RACAGNI. 8 1 84. Teor. XXVI. [fD\ rf [fD, r] " " = ± ^' " " r' [«, - i ]' [/A rf - ' m m 85. Per mostrare 1' uso di queste formole con qualche esempio sia fp =p; e al num. 72 sara f(p ■+■ nr — r) = p -^ tir — r, e f{n,p) = G — l; e ai nuineii 74 e segiienti saranno pure eguali all' unita tutte le quau- titii espresse da G in qualunque modo accentuata ; e scrivendo i coef- ficienti j4 , A, A' . . . al rovescio si avra A =^ I -♦-2-t-3...-^«— I — t- A ^i-^l-^d t-i [^,— i] 2 M^=[c,-,r-[',-.r; ■ .,„ , t-i t-2 t-^ [f,— !]■* r^ ,1-4 ff il-*- ^'• ^'~^-rTfn^==rT=iT=f^'-^J"'t^^-'^'^ 86. In gencrale poi i coefficienti B, B\ B" . . . si troveranno eguah agli A , A, A' . . . egualmente accentuati. E qui non solo con la ni- duzione come al num. 82, ma a priori si pu6 diraostrare die le seme corrispondenti a quelle dei numeri 78 e 81 dovranno finire al ter- mine t -+- i"""*; poiche quelli che potessero venire in seguito avreb- bero per moltiplicatoi-e il prodotto [/■, — i]'', in cui sarebbe K> t, e gia e note (53) die con questa condizione quel prodotto e uuUo. be dunque facciansi le opportune sostituzioni, dai numeri 78679,6 dax numeri 81 e 84 si avranno i Vol. I. P. 11. " Sa SUI PRODOTTI DI FATTORI , ecc. 87. Tear. XKVII. [(p- tr ),rf^ [p, r f - [o. - I]-' [0 - ^mn, ^ iy[p, rJ-V [o, - 1]-% - i]V[n, - i]=[;,, r]"- - [c, - i]-^[t, - lyr-ia, - irip, rr' ± r'[a,- i]' [p, rf " ' 88. Teor. XXVIir. [D,rf[D,r]-"^ i -[o,-ir'^-i]VK-i]'[Arr'-[o,- !]-'[«, -i]v>,-inz?,rr - To,- ir^[c,- i]VK- ijTA'-r' ± '•'[«.- ij'CAr]-' ± [O, - I J'-' [t, - i]'-V'-^ [n, - i]"' [D, rf' .... w- I m jTt [(Z>'-^«/),r]"[(Z)_«0, r]^ 89. Duuque la serie i-[o,-ir[t,-i]V[n,-i]'[/),r]-V[o,-ir[r,-i]V[«,-inArr- ■• potra trasformarsi nel prodotto D'-D(D •*-r)(D-^-j){D ^ 2r) (D -*- ar) (D' -*- 3;) t-f {D -+- nr) (Z> ^ /zr) (Z>' -t- nr -t-r){D — nr h- r) {D' -*- nr -<- ar) • • • ' e viceveisa. Ma si osservi che D=p-*-nr dipendendo dalla indeter- minata p pu6 rappresentare cjiialuncjue quantita indipendente da n; laonde quella serie non si cambia , quantunque le ra e t si cauibino na loi-o ; quiiidi si avra il 90. Teor. XXIX. Posta D una qualunque quantita, e D' = D-nr-tr, sara [D\rf[D,rr''= [D , r]' [D' , r]- ' ■ 91. Se la formula del num. 87 si divida per [nr,-rf = J ,. . il termine K"""' avra la forma DI GIOVANNI RACAGNI. 83 e in vece di K sostituendo t-t-i, t, t— i... si avra il terniine ul- timo , penultimo , antipenultimo Quiudi se pongasi n — i = 5 , scrivendo la serie al rovescio , risultera il 92. Tcor. XXX. [{p - tr), rf*' [c, - r]"^" ' = 93. Le formole poste dopo il num. 78 possono ricevere delle tras- formazioni , dalle quali risultaao altri utili ed eleganti teoremi ; poiche si puo priraamente ad uu dato prodotto sostituire un altro equivalente, nia diverso pel segno dell' indice (46 e 48 ) , o pel segno o per la grandezza della variabile, ovvero della differenza (22); inoltre si puo in vece di fp sostituire non la p solamente, ma una potenza qualunque di j9, poiche questo caso pel num. 20 a quello si riduce. Ma per bre- vita io lascero che ciascuno , abbisognandone , cerchi da se cjueste formole , che non sono molto a trovarsi difRcili. 94. Similmente per non estendere troppo questa Memoria , lascero di mostrare 1' uso che delle trovate formole si potrebbe fare per di- mostrare le belle pi'oprieta dei coefficienti delle potenze del bino- mio, ancora dei polinonij , delle quali trattano 1' Eulero singolarmente ( Vol. V, nOi>. Act. Petrop. ) ed altri , e avvertiro solamente che espri- mendo i prodotti come al num. 9 , sara e paragonando questa espressione con quelle dei numeri 78 e 87 si vedra factlmente Y analogia loro , per cui lo svolgimento ordinario delle potenze del prim' ordine del binomio, secondo il teorema neutoniaao, si pu6 con facili sostituzioni applicare alle potenze di ogni ordine; e si comprendera ancora chiaramente che non solo, conforme all' osser- vazione di Kramp { L. c. , num. 53 ), quel celebre teorema, che forsc 84 SUI PRODOTTl DI FATTORI, ecc. avrebbe bastato da se solo a rendcrc immortalc il suo autore , non e chc un caso particolare tlell' altro piii gcnerale del num. 87, aia clie aucora ambeduc non sono che casi particolari dell' altro generalissimo del num. 78. 9S. Essendo semprc (12614)^=^'-*- ap''^ ■*■ bp'~'^ -<- cp^~^ . ■ • r poste le a , fe , c . . . indipendenti da p , sara ancora f{p ■+■ nr) = (p -*- nr-y ->- a{p ■+■ nry~' ■+■ b(p ■+■ m)'"'^ -•- c(p -<- rar)'"'\ . . ; parimente se poste le A , B , C . . . indipendenti da p , sia ifp, rf = ^p"* -H Brf ' -^ ay-' -^...\ sara ancora [f(p -. r), rf = A{p ^ i-r - B,{p -*- rr~' - Cr\p - r)"^-\ . . ; ma e f{p ^ nr) [fp, rf = fp[f{p -*- r), rf ; dunque svolgendo i valori di questi prodotti e funzioni derivati dalle premesse eqnazioni , e sostituendoli in quest' ultima , si avra un' altra equazione , dalla quale dopo di averne ordinati i termini per le po- tenze dip, eguagliando a zero il coefficiente di ciascuna potenza, co- me si fa nel metodo dei coefficienti indeterminati , si otterranno co- minciando dal terzo termine le equazioni se2;uenti : nq ■ — — Ar^ ■+■ nqaAr — Br^ = q ■ ^—^ ■ Anr'^ -*- ^- aAnr ; njnj-^nq-^ ^3^ '11 . '!lZlaAr'^"-lAbr^ "111 . "IlZl Br^ -^ 'l^^aBr'- 2Cr^ 123 la I 12 I = Z . ill . 9- ^„.V3 ^ iZi . tllaAnV-. 'l^ Ahnr -.'L^-^ Ba\^ -. 'i^aBnr\ I2i 13 1 12 I tiu nq-1 nq-o. nq-o . , nq nq-i iiq-2 . -, nq nq-l >, 2 "7 ^ — . -^ -^ ^ — Ar-^-*- -i.-^ ' aAr^ -+- -^ . -^ — Abr ■*■ — Acr 1234 123 12 I ^ "11^ .''m ."l^Br'-^'ll^ .'11^ aBr^ -*- 'i^ hBr"" 123 12 I ^ '}lzl.-lZ^Cr'^'ll=^aCr^-%D/^ = I 2 2 1234 123 12 I ^q.'i:^/l^Bn'r'^^r:l..l:^aBn'r^-^^—Bbnr'^q.^—CnY-^^—aCnr^-, DI GIOVANNI RAG A CXI. 85 e cosl successivamente le altre, le quali si potraniio facilmente formare osscrvando 1' analogia die in quelle tre si manifesta. Ora in queste equazioni si potra pone .4 = i , e in seguito valersene per determi- nare gli altri coefficienti iiideterminati ; onde si dedurra il 96. Tcor. XXXI. [fp,rf = p''{ i-.^-.^-.^....). 97. Questo teorema interessa moltissimo , poiclie dimostra come una potenza di qualunque ordine si riduca in una serie la quale sara con- vergente in modo da poterne far uso, sempre die sia la variabile p molto maggiore della diiFercnza r. Ma fuori ancora di questo case es- sendo (58) UP^'^i - [/(^-^ „,),,]"' ' ......... pongasi p -*- mr = P , e pel teorema antecedente sara ' [f(p ^ mr), rf = [fP, rf = P"' (i-.^-.^-.^!....); die e una serie die si potra rendere convergente cpianto piacera, pur- die si prenda m tanto grande , die renda ancora P grandissimo in paragone di r. 98. Supponcndo la r negativa, la formola trovata di sopra sarebbe r fn ,T — C //'' ~ ^T Ifip — '>"\ — rT UP'-U |_/^^ _,„.),_,.]"' ' e poti'ebbe allora accadere die crescendo m , divenisse P negativa. Per evitare gl' imbarazzi die questo potrebbe cagionare iiel calcolo , converra pigliare m negativa , e valersi della formola Tfn-. vT - UP^-^T"'U(p-^^nr\-rr UP> 'J - [y(^_„,),_,]-". da cui posto p -^ mr = P si avra rr -F* [/;'- — '-]■""' r,r.7 / -C' C-'" -O'' \ 86 SUI PRODOTTI DI FATTORI,ecc. ciie e una seric che ha P positive , e crescendo m si riduce con- vcrgente qnanto si vuole. Ora egli e chiaro che crescendo il valore di m, o rendendola negativa, si potx'a sempre ottenere positive il va- lore di P aucora quando fosse p negative. 99. II teoreraa XXX coUe formole che lo seguono , c gli appar- tcngono, servono ancora per la n negativa; ma bastera svolgerle per vcdere che allora non termineranno , come succede posta n positiva. Ma le formole clie piii ntilraente servono , essendo n negativa , si po- tranuo trovare col metodo dello spezzamento delle frazioni ; imperocche se G, 77, /, . . . M siane tante funzioni complete di p o di r separa- tamente , o di ambedue insieme del grado 5 — i , nelle quali ciascmia potenza della lettera ordinatrice abbia un coefficiente diverse indeter- minate, si avra iJl > J f[p — nr)f{p—?ir-i-r)fp — nr-i-2r)....f{p — i~) Q H I M o coi raetodi conosciuti si potra in ogni case particelare determinare ciascune di quei coefficienti. Cosi posta fp=p,le G, H, I, .... M sarebbero costanti determinate dalle seguenti ecpiazioni: /[i,ir-'[i,ir[ri,i]-^/ = (,.-2)"-' preso il segno -*- o — secondo che sara n dispari o pari. 100. Se sia L il segno del logaritrao iperbolico , si avTanno i 101. Teor. XXXII. L[fp, rf = L{fp -/{p - r)f{p -- ar)- ■ •/( p-^nr-r) = Lfp-^ Lf{p H- r)-^Lf{p ^ 2r) • • • -^ Lf{p -*- nr — r); 1 02. Teor. XXXIII. Ufp, r]-" = I- ^ ^ —7 : = - Lfip - nr) - Lfip - nr -^ r) - Lf{ p-r-^2r) Lf{p - r) DI GIOVANNI RACAGNI. 87 io3. Quindi , per esempio , postA fp = p , sarebbe L [p, rf = L [pip -^ r) (p -*- ir) . . .{p^nr-r)] = ^1""'(--7)('-f)--(--T)1 Ma e Lp"^ = nLp ; , / r \ r ;- ; ' r V p) p w 3^' 4/>'' 3r\ 3r 3V" 3^;' 3V ^P^ y. ( o.r\ ir 2 r aV^ £-(i-4- — ) = — -^r-3--^5-T ,/ 3r\ 3r ^ 3V ^ 3^r^ \ ^ "*" T) ~ ~P '^ ^P" "^ 3/>' ' V ^ "*" /» / /^ 2/>' 3/^5 4^'* r / , "'■-'■\ „ (n-i> (n-i)V _,^ («-i)V _ («- QV Se dunque sia A la sorama dellaserie dei nuraeri natural! i,2,3,...n-i, e le sonime delle serie dei loro qaadi'ati , cubi , . . . siano A, A' ... ^ sar^ L [/>, rj = „Zp -^ - -^ -J- ^ — -^- ^ . . . . e facilmente si vede die con eguale raetodo si potranno ancora nel caso di n negativa i logaritrai delle fonnole ridurre in serie die con- vergano in proporzione della grandezza di p per riguardo ad r. 104. Dal num. yS si deriva facilmente lfP> rl - [f(p - r), rf = Gnr[fp, rf " '; quindi servendosi dei segni nsati nel calcolo delle diflferenze finite si avranno i io5. Teor. XXXIV. A[fp,rf = Cnr[fp,rf-'; 106. Se pongasi n -<- i in vece di n, e allora C divenga G, si avrii A[/y^, rf * ■ = rin ^ i ) 'G[fp, r]\ e [Jp, rf = ^^^^ ; laonde integrando risviltera 1 07. Tear. XXXV. ^[fp, rf ^ ^^^ -. C. S8 siij ruonoTTi di fattobi , ecc. 1 08. Potranno aduiujue i metodi del calcolo delle dilTerenzc finite cssere applicali alio potenzc di ogni ordiuo , e niuuo troveva difficolta ucir inti'odurne le espressioni , cominciando dal num. 72 in avanti, poiclie bastciebbe per questo sostitniile alle funzioni cspresse dalle C, C\ G\ ecc. Ma io mi asterro generalmente dair entrare in quelle applicazioni , poiclie le proprieta die da questc ha derivate massime il Kramp per le potenze del second' ordine , e die io tenterei di estendere a quelle di ogni ordine, sono tante , die io per non ingran- dire di troppo questa Memoria stimo bene di riservarle ad un' altra^ e qui avvertiro solamente die dall' equazione f{p -t- nr — r) — f{p — r) •^ nrf{n,p) = f{p ~ r) -^ iirG posta al num. 72 si potra sempre avere il valore di G , c cosi pure quello di C, G% .... 109. Tra le forniole esposte niuna puo svolgersi e dimostrarsi di- rettamente se non si suppone intlero 1' indice loro , il quale senibra anclie non poter essere altrimenti , poiclie ( i ) deve esprimere un numero di fattori. Ne io concederei facilmente al Kramp ( L. c. 60 ) die egli abbia dimostrata la formola del num. 78 nel caso di fp = p senza supporne intiero 1' indice n ; perclie se io non ho mal inteso , anche la dimostrazione , die egli ne ha derivata dall' induzioiie , di- peiide dalla formola del num. 64 applicata pure a quel caso. Ma la dimostrazione stessa di questa formola suppone — — en numeri intieri c positivi per modo che parrebbe falsa , quando posto — ^ numero intiero e positivo, fosse n negativa , e in ogni altra supposizione non si potrebbc collo svol2;imento dimostrarla , o lascerebbe un certo dubbio , perche si troverebbe un risultato diverso svolgendola da principio nella forma in cui e , e poi nella forma a cui si riduce , in tutto eguale [ pfp, r] r = c. 1 1 o. Ne io cerchero di applicare alle potenze di ogni ordine le dimostrazioni che usano alcuni pel teorema delle potenze del binoniio iieutoniano nel caso dell' indice rotto , poiclie di quelle accaderii forse di trattare in altro luogo; (piindi solamente per analogia e secondo la legge della continuita ora assumero che le formole dimostrate nei casi dei numeri intieri e positivi possano essere interpolate colle altre dei DI GIOVANNI RACAGNI. 89 uumeri qualunrjue ;, laonde per csempio [f(p — i-')-,'']'^ potra ridursi alia [/(/J -^ '/)i ^J" ponendo il numero qualunque — = — t ; e simil- mente le serie delle potcnze di ogni ordine ad indice intiero potranno essere interpolate colle potenze simili ad indice rotto ; e dalle formole piemesse si potra scinpre trovare il loro valore , poiclie tra (jucstc niolte, e singolarraente quelle dei numeri 58, 63 . . . 6g, 80 . . . 84, 87 hanno diversi indici nei due loro merabri ; laonde se suppongasi rotto r indice in uno di questi , e intiero nell' altro , lo svolgimento delle potenze , clie in questo si potra eseguire , fornira il valore delle po- tenze d' indice rotto che qucllo contiene. III. Cosi dalla formola 66 posta n —p = P^i, r = li = 2. si avrebbe ri aliri „-]-| _ _ I-I-5.5-9-9. i3- .3- 17- I?---- . Lz»aj La'2j - 3. I .7.3.11 .7. ,5. ,1 . ic). i5 ' e di nuovo ponendo «=p = P=|, e r — R — —i, dal num. 67 si avra |-l^_ j-j||- l^_ ,j-| _ 2.4-4.6-6.8-8.10.1C.I2. 12-^^ 3-3-5-5'7-7-9-9- ii- ii- i3---- 112. Quando poi sia gia noto il valore di qualche potenza ad in- dice rotto , le formole citate al num. 1 1 o serviranno a trovare i va- lori di altre , die collo stesso indice abbiano diverso il primo fattore, o la difFerenza in una certa proporzione , poiclie si potra sempre la potenza data paragonare con alcuna di quelle formole in raodo die uno degl' indici di questa riesca intiero. Cosi se fosse data la potenza [as 0^5 paragoiiandola coUa formola del num. 58 ridotta alia forma \:p,rT lP,rT cosicche quella potenza data corrisponda alia [p, rj", si avra n = f , P = kf n = I , e iiivertendo le frazioni risultera la formola 2, da cui si potra trovare la potenza [(i -*- w), ij' » qualunque sia il Vol. I. p. II. J a go SUI PRODOTTI DI FATTORI, ecc. valore intiero di m. Simllmeiite se fosse data [ — ^, i]"'= [/>, r]", do- vrebbe porsi n = ^, p — — i, r=i; e qualuucjue fosse il valore in- tiero di m, si poti'cbbe trovare la potenza [("i — a)?!]' per mezzo aella f„r„,olu iiilzliii ^ tA:^! . [i,if [-i.ir 1 1 3. Ora poiche 1' indice delle potenze puo essere qualunque , e dal num. 96 si ha ^"? = [fp, rf - Brp'"' - ' - Cry ' ' - DrY'^ 'K... se suppongasi clie quando n diviene '^—— , ^^— , ^— . . . , i coeffi- cienti B , C . . . divengano B' , B" , B" . . . , C , C" , C" . . . , si avra n - I /^-^= [fp,rf^ -B"rp'"'-\.., c cosi di seguito ; se poi sostituendo in quella prima formola questi valori , come si fa nel metodo del ritorno delle serie, si pouga Q == -B, B = BB-C = -B'Q-C; S = ~B'{BB -C)^BC' -D = -B"R-C'Q-D; e cosi successivamente si avra il 114. r<,or. XXXVI. /'= {fp,rf-^Qr[fp,rf^-^RrXfp,r-p~...^ che e quasi 1' inverso dell' altro del num. 96 , e dimostra come una potenza del prim' ordine possa ridursi in una serie di potenze di altri ordini. 1 1 5. Ancora questo teorema nel caso di^ = /j,edi9=i e stato dimostrato da Lacroix ( L. c. num. 908 ); e per dare a quello tutta r estensione , di cui e capace , si premetta che essendo UP' rf "^ ' = [fp> rTfiP -*- "0 ' sara (72) [^, rj""^ ' = K/y.,r}" * nrG'[/p,rf ; DI GIOVANNI RACAGNl. 9 1 e in vece di n sostitueiido successivamente n — i, ii — 2, n — 3..., n — c, posto t qualuiKjue iiumero intiero, sara [fP^ rT = fp[fP' rf ' ' - '('^ - I ) (^Vp^ '•r ~ ' [fp, rf - ' = fpUp, rf - ^ -. /-(a - 2) C\/p, rf - ^ [fP' rT ~ ' = fPlfP' ^r " ' - r{n - 3) GXfp. rf ' ' [fP^rf-' = fp[fp,rT-'-' ^r{n-t~l)C'*XfP>'-T-'-'. 116. Quindi suppongasi (fl>r = ^[fp,rT- mP^rf-'- C[fp, rj- V D[fp, rf-^ . .-^ Z[fp, rf-'-', posti i coefficieiiti B, C . . ■ Z fuuzioni di n che divengano mille po- sta n = o ; moltiplicando tutta 1' equazione per fp , si avra fpifpT = ^fpUp> rj - BfpUp, rj"- -*- Cfplfp, r]"-' . . . -^ Zfp[fp, r]"— '; e sostituendo i valori di questi prodotti presi dal numero antece- deute, risultera ifpT * ' = AfP^ rr' - ArnC\fp, rf - Br{n - I )Q\fp, rf- ' - Cr{n - o)Q\fp, rf " \ . . -^ B[fp, rj - C[fp, r]" ^ ' - D[fp, rj ' ^ 117. Ora qui h chiaro primamente che posta n = o. rester-i fp = A[fp, rJ' = /Ifp , e perci6 A = \ ; paragonando poi la prima e la terza tra le equazioni del numero antecedente, si vede che )nentre n e divenuta ra -^ i, e A = i, i coefficienti B , C, D . . . Z della prima sono nella terza divenuti B — rnG'; C—Br{n— i)C'; D — Ci{n~2)C\..; Z — Yi{n — t)Q'~ ' ; laonde si avranno le equazioni ^B = rnC ; AC= 5/[n— i)C^; AD — Cr{n — 2)QK . . , dalle quali integrando si ricaveranuo i valori dei coefficienti B = 2rnG' ; C= ^Bin{n— i)C' ; D = 2r(n — 2)C^ . . . , ai quali dovranno poi sempre aggiungersi le opportune costanti dedotte coi metodi del calcolo delle ditferenze da qualclie condizione conosciuta , come e la premessa , che i coefficienti stessi debbano annullarsi insieme coUa n \ pertanto si avra 1 1 8. Teor. XXXVH. {fpTHfp.rr-Up>rr'^rnG'^[fp.rJ--Mr^-l)Q^-*-[fp,rr'Mn'^)G'-- 92 SUI PRODOTTI DI FATTOIU, CCC. 119. Simllmente pel num. ii5 essendo fpUp> '•]" = UP' rj -^ ' - rnQ\fp, rj ; se ad n sostituiscansi successivamente le n-t-i, ra-<-2, /z-t-3...n-t-f, onde la C divenga 'C, "G , -^G . . . 'G, si avra fpUp> rr'= UP^ rr^- r{n -*- I ) ' C[fp, rj" ^ ; kfp> rf * ' = ifp, rr'-^ ' - K« - 0 'q/p^ rr'- 120. Quindi successivaiuente moltiplicando per fp, e sostituendo i valori presi dal numero anrecedente , risultera mUP> rf = fplfp, rj" * ' - rnCUfp, rf = r/p. r]" * ^ _ r{ (a -. I ) 'C -. nC] [fp, rf * ' - r^nG'^p, rf ; {fp)\fP^rJ-fpUp>rr'-r{{a ^i)'G^ nQ'}fp[fp,rr' ^ r^n^C'rplfp^rf = Up^ rj -^-r{{a^ ^fQ ^ („ ^ i )C * nC} [fp, rj * ^ •^ r'{(n -^ ifC" -*- n(n -*- i)'GG' -*- n'C'} [fp, rf^' - r^n?G'\fp, rf , e cosi seguitando ; laonde se nello svolginiento delle potenze espri- menti i valori dei coefficieuti A , B , C . . . . s' iiitendono sempre om- raessi i coefficienti numerici dei termini , e pongasi y^ = (ra + t - 1) '-'C -^ (n + « - 2) '-'C -^ (« *£ - 3) '"^C . . . -*- (/I -H 4)'C*nG, 5 ={(«^t_2)'-'C *(«-*-£- 3) '"^G . . .-^{n-^iyG^nCf; C = {(/z * £ - 3) '-^G . . . * (/I ^ I) 'G -H «G' }3 ; si avra finalmente 121. Teor. XXXFIII. (fpy[fp,rf = [fp,rr'-rj[fp,rr'-' - r'B[fp,rr'-'-r^C[fp,rr'-' ■ ■ .±r'Z[fp,r]\ pigliando il segno -+-0 — , secondoche sara t pari o dispari. BI GIOVANNI RACAGNI. 98 122. Ciascuno dei teoremi finora esposti puo somministrarne altri rnolti, e sicuramente eleganti , applicanclolo alle potenze di ordini di- vers! in particolare. Cosi posta fp — p nel teorema XXXVII del nu- niero 118, tulti i coefficieiiti G\ C, C-' diverrebbero eguali all' unita , e SI troverebbe B = zrn = ^rln,— ij = ; t — 2 24 guito, come si pu6 vedere presso il Lacroix (L. c. 112); ne sara poi di bisogno di aggiungere a questi integrali alciina costame , poiclie posta n=o, si annullano. Ma io 11011 mi tratterro a fare qiiesta appli- cazioiie , la quale non porta seco alcuna difficolta , se non la lunghezza del calcoJo , alnieno in alcuni casi. 1 23. Dopo di avere esposte le proprieta principali delle potenze di ogni ordine , sarebbe questo il luogo di fame qualche applicazione per mostrare i vantaggi singolarissinii che la teoria loro arreca in moke parti dell' analisi ;, e verainente un vasto campo ci si aprirebbe , ancorche si volesse prescindere da quello die per riguardo alle po- tenze di second' ordine hanno gia scritto gli autori indicati altrove (5). Ma per non allinigare troppo questa Menioria conviene trasportare altrove questi oggetti quantunque interessanti , e per indicare almeno r origiiie delle assurde conseguenze alle quali e arrivato il Kranip (5) basta brevemente esporre quello che appartiene alia relazione tra le potenze del second' ordine e gl' integrali definiti , o le funzioni deri- vate inverse definite e i nietodi d' interpolazione. 1 24. Supponendo die queste funzioni siano espresse col segno ne- gativo degli accenti, si cerclii la /~'A'rx''^'^~'(i — a;')" definita da x = o fino ad X = I ; essendo ( I — x"")" = 1 — [0, — I j~' [m, — I j'x' -t- [o, — i]~ ^ [n, — I J'x""" .... sara /" 'Krx'^'~\ i - x')" = Krf 'x^'"' - Kr[o, _ I ]- ' [a, _ I jy- 'x"''^"'- ' -^ Kr[o, - 1 ]'' [n, - i fx'^''*^'- ' . . . ^[0,-ij-3[„,_,jU-'^-3^...^C; 94 Sm PRODOTTI DI FATTORI, ecc. e poiche quella funzione deve cominciare ad x = o , siccome allora essa diviene nulla, cosi sara pure nulla la costante C; e poiche deve compiersi posta x = i , si avra da x = o fino ad x = i 125. Ora si osservi clie ciascun coefficiente -=-^ si riduce al pio- dotto delle potenze (K, iflK,— i]~^ ; fatta poi questa sostituzione, si vedra che la serie risultante corrisponde a quella del num. 88 , purche pongasi t = — K , D — — Kr , onde le potenze che hanno la varia- biie t e D corrispondano a quelle che hanno la variabile K. Si avra dunque (Si) D = p -^ nr =^ — Kr, D' = p -*■ Kr ^ — Kr — nr-<- Kr = — nr; laonde sara da x = o fino ad x = i /-'/Trx'^— (I -xT = [- nr, ,]"[- A>,rj-" = [,., - if[K,- if "• 126. Se dunque pongasi n = K = 1, r = 2, e tt la semiperiferia del circolo del raggio i , sara da x = o sino ad x — i = I 2 -'6 :i-4.3 2-4-6-7 2-4-6-8-9''"' 4' poiche quella funzione derivata e evidenteraente eguale al quarto della superficie, e percio all'ottavo della periferia di quel circolo; e in fatti al num. 1 1 1 si e trovato che il prodotto di quelle due potenze cor- risponde a ^ , che secondo Wallis eguaglia il quarto di quella periferia. Similmente se pongasi n — — A' = |, r = 2, si avra da X = o fino ad x = i _ J _^ _J ^ I • 3 1 -S-S 1 ■3-5-7 _ ^ 2-3 -J. • n ■ S 2 • ^ • b ■ J 2-n-6-ii-()'''' 2 ' poiche quella funzione evidentemente eguaglia il quarto di quella pe- riferia. DI GIOVANNI RACAGNI. 9 5 127. Ma ^ [^,-1? = [i,-i]'"^ dunque sara [i, - ip [^ - 1]"^=- Ui,-!?) = ([ L" ij~^) = f i e per conseguenza [i, — ij^ == [I ^ — 1] ^ = ~' 1 28. Posto poi n numero intiero e positive , sara I(^-l)(|-2).-..(|-«-l) r^-irc-i^-']""- (i-i)(^-^K3-^)----('^-^) — I — 3 — 5 — 7----(3 — 2«) _, I 1 • 3 • 5 • 7 • • • • ( 2« 3 ) ( 2« — I ) 211—1 pigliaiido il segno -*- o — , secondo die n e dispari o pari ; e sotto le stesse condizioni e siny — ; W = ± i ; . / 2/Z — I \ dunque sara [j, - ij"[-l, - i] " = ^„_ , • Da questa formola , sostituendo ad n i numeri intieri i, 2, 3, 4 • • • ? risuha la serie i, — ^, g, — |.... Se per6 seguendo Fanalogia (i 10) la formola stessa si trasporti al caso dei valori rotti di n, potra essa ancora fornire i termini corrispondenti per iiiterpolare quella serie. 129. Cosi per esempio poneudo n = -^ , e 2n — i =0, . /in — I \ / 2it — 1 \ qiiindi sara [1,— ip[— 1,— ij~^ = 2 '■> ponendo poi n = * , e smi 1 ,t = sin — = ^^— ; qumdi sara l:f.- IJ4-J.-IJ -- V-- - ,.6.6.io- lo..-- I — 2 ' I-3-5 i-3-5-7-g 2-3-4 2.3'4-4 2 • 3 • 3 • 4. 4' 4 • 4 • 4 e cosi pure pouendo rL — \, sara sin ( ^""~ ' ) ^ = ■si'* -g" = "5" ' ^ ^6 SUI PRODOTTI DI FATTORI, ecc. S ■ g- () • lb ■ i5-ii 2 2-2-2-2 2-2-2-2-2-5-7 3-3 3.3-3-3-3 3 • 3 • 3 • 3 • 3 • 3 • 3 • 3 " ' * ' laonde interpolando la serie i, — j, j , — j . . . , i termini clie cor- rispondono ai valori rotti di n nei prodotti [i, — ij" [— -j ?— '] "» altri sono arclii di circolo trascendenti , altri algebraici razionali o irrazionali. i3o. E lo stesso si pu6 vedere in altri prodotti, poiche essendo (5o) an-4-.l an -I j I sara (i i8 e 120) [n, - ij [- a, - I J = z:::^^ ri 1 r I -I — r- Sin nn e posta n = \, risultera [\,- i]'- [_ 1 , - iJ-6 = -^ i 3 »5r siccome poi e (46) [o, - i J" [o, - i ]"" = ,-„^_ ,-,. [-J.„^_ ,3-. an-i I -an 5ml I 57 cosi sara [o, - ij "^[o, - i ] "^ = ..,„!,: i l-2n an-> ma (So) e [n,-if[-n,-iY- = [n,-l]"[o,- i] ~[-«,-i]-"[o,-ij~^ ; . /27Z— I\ J ^ 2n, • «n ( 1 TT dunque sara [n,- iT^f-rij- i']~'^ = — — ^ . ■^ (2« - 1 ) «ra rt5r e posta n = J , sara 2-5m-r T ,/. DI GIOVANNI. RACAGNI. 07 l3i. Aiicora piii generalmente si ha {37) = K-;i;:[o,-ir-"'[(/>-n7),- ir'"[o,- Ir"''*'^ nalracnte (122) Fo,— il fo,— i| = — ^ —■■, •-^ ■' '' -^ '-^•' ' J si,n{p — m)n dunque sostitttendo sara r , i«r/- \ .1-" ip — "^)r ^p^/ \ i-p sm(n—m)ic [m,-i][ip-m),-i] =___[m,-i/[(n-m),-l] /'=__-_^, oude la formola [m,— i]"[{p — m),— ij~" si ridurra ad espressione di seni , qualunque sieno new, purche sia p nuniero iiitiero. iSa. Ma, essendo (i3i) .^ = [n, — if[—n,— i']'"' = St/It TVjy [(«- ,),- 1]"-' [-«.- 1]-"= [('^- 0,-1]"-' [I, ir =- t^T^' sara ancora — e quindi sin pit [/>, 1]' ^' «««:t [«, i]'-"[i, i]-^ [/), 1]'-''-' [/.,.]'->'—'*'• ip,^r-'■[J^,^y-"' - ip,iT-'' lp,iT-' ' e se pongasi ra— p = m, eliminando « sara *m «jr sin(p -*- Tn)x sinpx sinpjc = C05 mTT -H Sin mn • cotangpn ip^^r-' " iP,iY' ■ Fo/. J. P. «. iS 9(8 SUI PRODOTTI DI PATTORI, ecc. 1 33. Ma se t sia numero intiero , em — ^ "~ ■■ , sara cos mt = cos\ — ; — I ;t = o , c siny — ; — | n — sm imr = ± i , pigliando il segno -^ o — , secondoch^ sara t numero dispari o pari. Dunque sara in generale ± cotangpn = — — . 184. II Kramp {L. c. 40) dimostra questo teorema pel caso di t = i, It — II •■,-,,. P — — ^ — ~ I ' ^ avverte con ragione die la formola \_ [ /) , I ]^ . tangp'TT — . , nmarchevole non meno per la sua verita che per la sua semplicita per mezzo delle serie poste di sopra ai nmneri 95, 96 . . ., fornisce un metodo semplicissimo per trovare la langcnte ■di un angolo , e un altro ancora piu facile per trovarne il logaritmo iperbolico ; ed egli stesso ne da un esempio (42) cercando la tangente deir arco pir — — = yo°. Ma appuuto da quelle serie tanto utili ed esatte deriva egli alcune mostruose conseguenze. 1 35. E primamente si rifletta che ai n^nneri gS , . . . . se pongasi fp — p , e percio a = o = Z> = c..., i coefficieud B , C . . . . saranno indipendenti da p insieme c da /■ ; quiudi dalla formola 96 , come posta 9 = I, r = I, si trovera "■"r/.-'.r = /('-7-|. ■•)^ cosi posLa fp — —p ., 9 = I , ;• = — I , si trovera i-P^-^T-{-p)'i^-j-y----)-^ quindi dividendo una formola per 1" altra , si ricavera [-;',->]" (-P)" i'VO" (-1)"' e per eguale ragione dal num. 124 si otterra DI GIOVANNI RACAGNI. 99 e rendendo m negativa , sara cos mn — sin rmr ■ cotang pn = 7— ^< ; e mohiplicaiido queste due formole tra loro , si avra finalmente 0 J nnp%^ • cos mit^ — sin mic^ • cos pyr'' COS mTT" — 5m imr ■ cotangpn = i ^= — ■. 3 — . ^ ^ siu pn 2 • 2 e sinpTT — sin pTT' ■ sin rriTT — sinmTr -cospn' = sinpif , o sia sinmn^=c, die sono proposizioni false ambeduc, fuori del solo caso in cui pongasi m numero intiero. 1 36. Appresso coHe stesse argomentazioni si troverebbe dal num. 1 24 \-p,-^T~'' _ (-/>)" ~^ _ (-0""^ _ sin net _ [/.,!]"-'' ~ /'-'■ ~ l"-'' ~ sinpTV ' qiiindi trasmutando le n e p tra loro , si avrebbe ancora t> — * n oiide seguirebbc I'assurdo che la ragione dei seni di due angoli qua- lunque fosse funzione della sola loro differenza n — p. 187. Pouendo poi n — p = i, sarebbe sin nn sin(p -+- 1 ) i7 cospTi sin pn I sinpTT sinpn tang pn p' i^ onde seguirebbe 1' assurdo che la tangente di un angolo qualuncpie p7T fosse eguale non solo ad una costante , ma ad una costaiite ima- giuaria, quale esser deve una frazione in cui in qualunque modo entra (—))■'. £ in fatti si e gia trovato al num. 128 -^1) ~ 1 (COS mn -*- sm mn ■ cotang pn) = : — -— : •> ' ^ or / cosmit — sm mx • cotang pn ICC 6UI PRODOTTI DI FATTORI, ecc. onde si dovrcbbe poter infcrire 1' assurdo clie la quantita' (— i )'" si- curamente imaginaria , quaudo m e mi numero rotto di denominatore pari, sia ancora in questo caso eguale a queste due espressioni, che soiio sempre reali. 1 3 8. II signor Kramp , dopo di avere esposte queste difEcolta , avverte {L. c. 43 ) che per toglierlc indariio si ricorrerebhe alia moltiplicita delle I'adici o dei valori die competouo alle formole esprimeiiti i prodotti dei quali si tratta nel caso in cui 1' indice loro sia rotto ; poiclie tra le molte radici dovrebbero ancora trovarsi quelle che soddisfacciano alle equazioni onde nascono le proposte difficolta; quindi aveiido cer- cato di coiifutare ancora altre ragioiii , che altri avrebbe potuto op- porgli , lion dissimula (48) die quelle conseguenze, per quanto appa- jano rivoltanti e mostruose , ci potrebbero obbligare a cambiare le idee generaliuente ricevute delle potenze d' indice rotto di denomina- tore pari delle quantita negative e dei loro logaritmi , o alraeno a sentire la necessita di una totale riforma di tutta la nostra teoria delle radici e dei logaritmi delle quantita negative. 139. lo confesso che da principio ho creduto di potere dalla mol- tiplicita dei valori die corrispondouo alle potenze d' indice rotto rendere ragione delle conseguenze dedotte dal Kramp , poiche mi pa- reva non impossibile die tra questi valori non tutti soddisfacessero alle equazioni die quelle conseguenze contengono , e che il metodo delle serie usato al num. 96 non fornisce appunto che alcuno di quei valori die a quelle equazioni non soddisfanno. In seguito poi non tro- vando ragione alcuna con cui dare potessi a quella congettura qualche peso maggiore , mi parve almeno die il Krainp non procedesse con- forme agl" insegnamenti di logica , volendo che le leggi finora ricevute intorno alle potenze delle quantita negative fossero richiamate in dub- bio, o sottoposte a nforma per le difficolta ch' egli ha incontrate , poiche quelle leggi sono derivate dai casi piii semplici e facili, e in questi massimameiite ci haniio finora sempre condotti alia verita ; laddove le difiicoltti del Kramp dipendono da casi piii compost! , quali sa ciascuno cssere quelli nei quali si fa uso delle serie che lianno presentato agli scrittori d' analisi i nodi piii difficili a sciogliersi. DI GIOVANNI RACAGNI. lOt 140. Ma finalmente mi vennc sospetto che le coiiseguenze proposte dal signer Kramp derivassero da iiii foiite stesso , che tante altre ne ha sominiuistratc al signer Nicolai , professore di Padova , contro al quale ha scritto il P. Cossah. E vex-amente io ho gia avvertito (2) che le quantita irrazionali sono da annoverare tra le funzioni inesplicabili , che solamente sccondo una certa legge di continuita si formano per analogia alie quantitu razionali ; e in fatti non per alcuna diretta di- mostrazione , lua solo per analogia han creduto di poter applicare e il Nicolai 1' equazione —a" — a" = a" al caso di n numero rotto col „/ Br Cr^ \ denorainatore pari, e il Kramp I'equazione [-p--r]"= {-pTi i-* — •*• —r ■■• ) del num. 96 al caso di n numero rotto. Ma le conseguenze mostruose alle quali sono giunti arabedue non dovevano forse bastare per av- vertirli che in quei casi conveniva astenersi dall' uso dell' analogia , la quale non fornisce che un argoraento indiretto, a cui non si puo dar luogo quando si teme , ovvero si vede che segua alcun assurdo? 141. E cosi pare che debbasi assolutamente afFerniare, poiche eschi- dendo negl' indicati casi I'analogia, I'analisi si libera soltanto da quelle conseguenze mostruose, e niente perde in realta, poiche il calcolo deUe potenze del prim' ordine si trova intieramente compito , quando nel caso di n numero rotto col denominatore paii si adoperi 1' equazione — a" — o" = — a^"; e similmente si trova compito il calcolo delle po- tenze del second' ordine , quando nel caso di n numero rotto in vece deir equazione indicata di sopra analoga alia formola del num. 96 si adoperi 1' altra la quale, secondo la regola stabilita al num. 98, si forma ponendo il numero inticro m — , e —p-*-mr = P; e in liitti non e gia per mezzo della formola analoga a quella del num. 96 , ma sibbene per mezzo di una formola analoga alia precedente , che il Kramp {L. c. i5o ) ha potuto calcolare la potenza [— |j— i]*» ^'a c"i •>''* ^^" rivato il valore di tang — = tang 72". 102 Sni PRODOTTI DI FATTORI, ecc 142. Del resto iiou si pu6 dubitare die quelle conseguenze nascono solamente dalf uso die si fo dell' analogia passauJo daU'iadice intiero al rotto ; laonde non si piio non incoiitrarle aiicora cjuaudo si cambia il raetodo con cui si dimostrano le formole per 1' iiulice intiero ; ma uon pare die per questo quel passaggio appoggiato all' analogia non possa adoperavsi , come si e fatto di sopra (no), per estendere Ic proprieta delle potenze di ogni ordine ; perche primamente difFicoltu analoghe s" incontiano ancora per le potenze del prim' ordine (i34), e poi queste difficolta s' incontrano in pochi casi (184), e in tutti fa- cilmente si possono evitare ; laonde in tutti i casi quel passaggio ar- reca agli analisti vantaggi grandi e sicuri, e sembra prometterne an- cora dei maggiori, perciocche le formole e le espressioni die in quel modo risnltano , spettano esse pure al genere di quelle die , secondo il Lacroix alia pagina 890 del Trattato delle differenze e delle serie , sono connesse colle teorie piii iraportanti e delicate , e possono contribuirc molto ai progressi della scienza del calcolo. SAGGIO DEI PRINCIPJ DAI QUALI DIPENDE IL GIUDIZIO DELLE OPERE D' ARCHITETTURA CtVILE SIMONE STRATICO. I. IxiSPETTABrLl scrittoti stndiosamente iiivestigando le origini dell' architettura civile , le riconobbero nelle caverne e negli altri ricetti presentati dalla natura per difendersi dalle moleste vicende deir atmosfera , per provvedere alia propria sicurezza , per vivere in societa ; e nella struttura delle capaiine, iiella difesa delle tende , nei ricoveri delle grotte rluvennero gli elementi , per cosi dire , dell arte che serve alia fabbricazione dei maggiori e piii splendidi edifizj. Si pno ancora con ordiiie retrograde fare altrettanto e giungere agli stessi dementi, spogliando col pensiero una costruzione architettomca da tmto cio che gli e aggiunto , e non serve essenzialinente al biso- gno , ridncendo le grandezze a minori niisurc , e tiitto qnello togliendo che r immaginazione su2;geri per adornarla. Si 1' uno che 1' altro di questi studj pti6 essere utile , in quanto guida per sintesi o per ana- lisi a discernere ci6 che e essenziale ad una fabbrica da cio che vi si aggiunge o vi si modifica per renderla pin comoda, piii vaga, piu 104 nUNCIPJ Dl ARCniTETTURA CIVILE piaceiite. La misura , il nuniero , la lij^iua di cio die si aggiunge e che si niodilica coslituiscoiio i piincipj sopra i quali si stabilisce il giudizio d'arto e qiiello del gusto, porciocclie vi e assai frecpieiite il caso dell'eccesso o del difetto. II sopraccarico di ricercati ornanienti, le capricciose loro forme, le minute divisioni delle superficie e degli spazj afFaticauo fiualmeute c noij dilettauo 1' occhio dello spettatore : la severa ragione dall'altra pax-te, die uiente ammette se uoii die ci6 che resiste al suo rigoroso esame , e nieiite attribuisce all' eleganza , riduce gli edifizj ad una sempllcita iiisigiiificaiite ed iusulsa. Perclie iielle fabbriclie, scrive Leone Battista Alberti ( De re cedijic., lib. VI, cap. 2 ) A'ecessicati satisfccisse leve quid et perpusdhun est: commoditati prospexisse ingratum, uhi offenderh opcris inelegant ia. 2. Qualuiique carattere abbia avuto ne' varj tempi, ed abbia in di- versi paesi 1' arcliitettura civile , essa ha serapre in ogni luogo dovu- to conservare i tie priiicipali oggetti che la costituiscono , e sono la fermezza , 1' uso e la venusta delle fabbriclie. II giudizio d' arte che s' istituisce sopra il primo di quegli oggetti e indipendente dall' arbi- trio degli uomini ; il secondo partecipa molto delle conveiiienze e delle convenzioni : il giudizio sul gusto , ancorche questo sia soggetto a variazioni , ha per6 i suoi principj, die in certo modo lo limitano , e principalraente col non ofFendere la fermezza e 1° uso. Nell' istituire questi giudizj importa sapere le condizioni imposte all' architetto dalle circostanze , dalla posizione d'altri vicini edifizj , dall' ecoi.omia , da altri rapporti di quello che ordiua la fabbrica , perciocche dovendo , giusta il sentimento deH'antico maestro Vitruvio {Lib. FI, prcef.), I'architettore non pregare,nia essere pregato per intraprendere la direzione di un edifizio ; cio appunto significa die egU non debbe prestarsi a' capricci che sfigurano I'arte, se tali sono quelli di chi ordina; e altronde vi sono niolte , anzi frecpienti occasioni , nelle quaU dovendosi 1' architetto te- nere alle condizioni die gli s' impongono di luogo , di connessione ton altre fabbriclie sussistenti , di esposizione , di veduta , egli con accorgimento trova partiti nuovi , ingegnosi , lodevoli , e , come diceva Bernini , fa spiccare la sua abilita , che si conosce particolarmente nel convertire i difetti del luogo in bellezze , di che lo stesso Bernini DI SrMONE STRATICO. Io5 diede esempj molto applauditi. Proponendomi in qiiesto Sae Oratore sublimo scrivendo : che se si fabbri- casse in cielo, dove non puo cader pioggia, il tempio del Campido- glio, esso non avrebbe alcuna dignita se non fosse ornato del sue frontispizio. I 5. Quali poi siano le parti dell' architettura per cui si ottiene I'uso c la venusta , e per conseguenza quali siano i doveri dell' architetto che intraprende una fabbrica , doveri che stabiliscono la norma del giudizio d' arte della stessa fabbrica , lo spiega Vitruvio , dove dice che le parti dell' architettura sono 1' ordinazione , la disposizione , la ouritmia, la simmetria, il decoro, la distribuzione. Queste come deb- bano intendersi , io m' adoprer6 di spiegarlo nella seconda parte di questo Saggio , seguendo la dottrina dell' antico maestro. DI UN NUOVO FENOMENO OSSERVATO NELL' URTO DELL' ACQUA DI GIUSEPPE MOROSI. x\.LLORQUANDO mi fo a considerare i diversi risultaraenti delle sperienze eseguite dai piii valenti fisici per rilevare la forza dell' urto deir acqua , e le varie massime die questi emessero su tale mate- ria , sono costretto a credere che essi non abbiano nel miglior modo operato , o die per piccole ed inattese circostanze 1' acqua prodiica diversissimi fenomeni ; dal che avviene essere Y idraulica tuttora man- cante di alcune cognizioui, che devonsi riguardare come principali per la sua dottrina. Vedasi cio che ne dicono i piii sublimi geometri (*), e fra questi il celeberrimo Lagrange, il cpiale non dubita di confessare che (*) Le sperienie ed i calcoli degli Accade- loro esperienze che il mcdesiino urto non e mici di Parigi liferiti dal Duhamel, quelli del rertamente uguale al peso delle due indicate Mariotte , del Gravesaude e di Eidero diiuo- colonne , ma bensi alquanto niinore di esse, atrauo clie rurto di una vena d'acqua id egualc 11 De Lagrange non persuaso di queste inas- al peso di una colonna dello stesso fluido, la sime istitui suUo stesso oggetto la sua parti- quale ha per base I'area deH'ompiezza del fore, colare dottrina. e per altezza quella che compete alia velocita II cliiarissimo signer abate Zuliani ha con con cui sgorga dal vase. Mentre quelli del diligentissimi esperimeuti mosirato alcune ca- Bernoulli , di Kraflt e del Michelotti fanno ve- gioui che possono aver dato luogo a quests dere che quest'' urto non e altrimenti uguale diversita di massime, e nell'istesso tempo ci al peso della descritta colonna, ma bensi a ha riterito le risultanze diverse che ancli' egli quello di due delle stesse colonne. ottenne dallo sperimentare su que«to medesi- D'Alemljert , Bossut ed alti-i assicurano coUe mo oggetto. 120 sull'urto dell'acqua la teorica dell' urto dei fliiidi presenta si diversi risultamenti quanto graude e la diversita delle ipotesi sulle quali si appoggia ; la qual teorica , rigorosamente parlando , non e , ne lo sard per gran tempo ancora , che uii oggetto di puva speculazione , a motivo che non si coiioscono o non si possono deterniinare esattaraente i moti tutd tali qnali succedono nelle particelle del iluido. Siccome e dimostrato che il peso esprimente la spinta dell' acqua puo espriraere ancora I'urto di essa, per conseguenza si e iraniaginato di stimarne lo sforzo col far urtare sal bacino o piastra di una bi- lancia la vena fluida che vnolsi sperimentare , equilibrandolo contem- poraneamente con tanto peso quanto ne e necessario. Ma di quali svariati risultamenti non puo esser causa questo stru- mento , specialmente se trattasi di riconoscere urti prodotti da vene fluide provenienti da colonne di non piccole altezze? Per quanto sen- sibile si faccia, esso non puo indicare le piu mininie differenze delFa- zione di cpiella vena la quale varia sovente per nioltissime ignote ca- gioni ; d' altronde i suoi bracci sono sempre flessibili , e per poco che lascino piegare da qualche banda I'indicata piastra, o che il piano di essa non sia stato posto perfettamente ad angolo retto colla direzione del getto, I'urto si decompone , e lo sforzo di questo compai'isce mi- nore del vero. E se sopra i risultamenti di tale esperienza si fonde- ranno delle teoriche generali da servire poi a dei fatti in grande, di quanto non potra aumentarsi il piccoUssimo errore in cjuella avvenuto, e sfuggito dai sensi dello sperimentatore o per causa della stessa sua piccolezza, o dell' imperfezione inerente alio stromento medesimo ? Altre cose ancora variano piii o meno i risultamenti di queste esperienze , le quali parmi che non sieno state attese, ne valutate da quei valen- tissimi fisici. Per esempio la diversa grandezza dell' indicata piastra quanto influisce suU' effetto dell' urto dell' acqua ! 11 dottissimo abate Zuliani lo ha fatto chiaramente vedere con replicate prove , perci6 non vi e bisogno che io ne adduca delle altre. II medesimo ha ri- marcato che perfino la diversa materia, della quale puo essere com- posta questa piastra, fa si che 1' acqua urtandovi contro produca mag- giore o minor effetto ■, inoltre che col situare la detta piastra a diverse DI CIUSKPPE MOROSI. 121 distanze dall' orifizio della vena, e col variare anche di poco la kiu- gliezza del condotti o la configurazione del fori si hanno diversissiini risuhameiiti (*). AUe qiiali cose io poi aggiungo che variandosi anche la configurazione della superficie della stessa piastra, si varia somma- mente il conato che 1' accjua esercita contro di essa , ed in prova di questa proposizione sotiopongo al savio giudizio della Classe il seguente curioso fenomeno , che forma il soggetto della presente Memoria. Si crede generalmente che le molecole dell' acqua comunichino il loro moto ad un corpo qualunque urtandolo I'una dopo 1' altra senza quasi toccarsi mai o preniersi fi'a loro , sia avanti 1' urto , sia dopo r urto ancora ; ma il fatto che mi pongo a narrare mostrera qnali dubbj nascano su qucsta massima , volendocene rendere ragione cogli stessi suoi principj. Prima pero di entrare in tale materia mi occorre far precedere una breve istoria della circostanza che mi condusse a scoprire il detto fenomeno. Quando dal Governo fui incumbenzato di erigere in qnesta citta la nuova fabbrica dei tabacchi , mi venne assegnata la quantita e caduta d' acqua della quale doveva prevalermi per mettere in attivita nn deterrainato numero di macchine. Per assicurare lesito delle mic ope- razioni credei prudente cosa lo sperimentare appositamente 1' urto di qneir acqua. Costrussi pertanto un apparecchio idraulico composto della solita bilancia a bracci uguali , e di un recipiente dell' altezza di piedi dieci parigini. Dal fulcro di questa bilancia feci scendere per- pendicolarmente all' asta un raggio di ferro , il quale era unito con due tiranti ai bracci di essa ( V. Tav. I, fig. I). AH' estremita di questo fissai stabilmente la solita piasti-a, contro della quale doveva urtare la vena d'acqua. Nella facciata dell' indicate recipiente eseguii vicino alia base un foro retrangolare di quattro polhci di lato , nel quale adattai un condotto piraraidale che avea per base 1' area di esso foro , e per apice la sezione trasversale di im pollice di lato. Situai verticalmente la detta piastra avanti questo condotto, e precisaraente in quello spa- zio in cui la vena si contrae. Feci entrare 1' acqua nel recipiente , e procurando che si mantenesse costante nove piedi sopra il detto (*) V. Saggi scientific! e letterarj deir Accadeinia di Padova, toiiio III, parte I. Fol. I. P. II. 1 6 laa sull' URTO dell' acqua foro ( perche tale era la caduta dclla quale dovcva servirmi ) princi- piai r espcrimento. Allora r acqua sgorgando da quel condotto , e percotendo perpeii- dicolaruieiite ii piano della stessa piastra , fu capace di sosteiiere uii peso di iibbrc none e once dodici di Mdano attaccato al braccio oi'iz- zontale che gli faceva contiasto. Tale peso corrispondeva prossiiua- mente a quello die le teoriche piu comunemente licevute indicavaiio. Osscrvai per6 che quest' acqua dopo 1" urto scorreva sulla supcificie della detta piastra con tale velocita , che quasi potevasi credere iion avere essa perduto nella percossa alcuna porzione della sua primiera euergia ; poiche se cio non fosse stato, priva di moto , avrebbe tosto dovuto cadei'e , e nonaltrimenti schizzare in ogni intorno come faceva. Da questa seniplicissima e giusta ridessione dedussi che se quel moto che andava cosi disperso avessi potuto accumuiarlo tutto sulla bilancia, niaggior efFetto avrei ottenuto da esso, e maggiore per conseguenza di quello che per la teorica doveva attendermi , la quale non ha mai preso a considerare il moto di quell' acqua fuggente , ne mai lo ha assoggettato alle sue idrauhche leggi. Ma qual mezzo poteva esservi per conseguire questo inteftto? Sem- bravami , secondo le massime ricevute , che una porzione del primo urto sarebbe stata diminuita o distrutta se avessi opposto a quell' acqua lui secondo ostacolo , e se 1' avessi costretta ad urtare in una dire- zione diversa da quella nella quale la piastra movevasi. Non ostante , per quella curiosita che talvolta spinge a tentar cose nelle quali non si ha piena fiducia di riuscire , risolsi vedere cio che succedeva ope- rando in tal guisa. Attaccai intorno alia detta piastra un bordo di latta che per sei linee circa del piede di Parigi si alzava sul piano di essa , e tutta ne racchiudeva la super ficie. Disposto poscia il rimanente come nel pri- mo esperimento, feci di nuovo aprire la stessa vena {Tuv. I, fig. II). Rcstai allora sommaraente meravigiiato nel vedere che quell' acqua, la quale prima sosteneva appena le indicate nove libbre , per questa semplicissima aggiunta , pentt ne sosteneva. Dubitando della realta del fenomeno , piu volte ue ripetei 1' esperimento , e sempre coll' istesso successo. DI GIUSEPPE MOROSI. 123 Per confrontare poi coll' altro mezzo i risultaraenti che io otteneva per questo dallo sforzo delle colonue fluide di altezze diverse era necessario iatraprendere una serie di comparative esperienze. Tre sole potei effettuariie , le quali ho qui compilate in forma di tabeila. Area delta sezione trasversale della vena Jluida. Pollici I quadrato. Esperimento N.° I » 2 » 3 Altczza della colonna d' aoqua. Piedi 6 » 8 » 10 Pcsi sosteniiti ron piastra scnza bordo. Libbre 5 » 7 » 9 Pesi sostenuti con piastra col bordo. Libbre i i » 1 5 » 20 Dal che risulta essere i pesi sostenuti colla piastra senza il bordo come la serie dei numeri 5, 7, g: quella dei pesi sostenuti col bordo come II, 1 5, 20, essendo le altezze 6, 8, 10. Stando dunque all' opinione generalmente ricevuta , cioe che la forza deir urto dell' acqua sia in ragione composta delle basi delle colonne e della doppia altezza di esse ( alia quale opinione corrisponde pros- simamente la serie dei pesi 5,7,9), ^'effetto da me riscontrato colla piastra contornata del bordo trovasi raaggiore del doppio di quello che questa massima ritiene ; per il che dunque parmi si possa con- cludere quanto dissi di sopra , cioe che il mezzo daifisici adoperato per rintracciare le leggi generall dell' urto dcWacqua non e d pin atto all'uopo, perche vale a mostrare snhanto una parte delC effetto del quale quelfluido pud essere capace urtandovi contro. Volendoci poi rendere plausibile ragione della causa di questo feno- meno , osserviamo , 1 .° clie una vena fluida rettangolare urtando per- pendicolarmente un piano forma su di esso un prisma, il cui apice e rivolto verso il foro dal quale sgorga ; 2° che i lati di questo prisma si curvano indentro quanto piu si avvicinano alia base di esso. 124 sull' urto dell' acqua Snppongasi per un istante che r.interno di cjuesto prisma sia for- mato da uii solido; e certo che 1' acqua, la quale sopra vi scorre, si deconipone nel moto per la curvita dei lati , e conseguentemeiite lo sf'orzo che le molecole eserciterebbero contro il detto piauo, quando andassero a percuoterlo perpeiidicolarmeiitc, resta dimiuuito dalla de- viazione di quei inedesiiiii luti. Ora vedianio cosa sticcedc se sull' istesso piano si attacchi un bordo the contorni la base del detto ' prisma. Scorrendo 1' acqua su questo, se essa venga arrestata dal bordo medesimo , tutte le molecole che si muovono in quella direzione parmi che sieno pure dall' istessa causa ritardate nel loro movimento, e che poggiando le une sopra le ahre eseixitino cosi conteraporaneamente il loro conato contro il detto bor- do , e per conseguenza anche contro T indicato piano. In quella guisa appunto che se una serie di palle cade liberamente gill per un canale concavo-curvato, la direzione della loro gravita resta decomposta dalla curvatura di esso; e se per caso avviene che la prima incontri un ostacolo pel quale debba nellistante arrestarsi, le altre che immediataraeute la seguono poggiano su di essa, ed il fondo di quel canale resta da tutte contemporaneamente pigiato (*). ]Mi si ricerchera forse come avvenga che i fili d' acqua composti di tante pallottohne Icvigatissime ed indipendenti fra loro nell' istante che si toccano non isdrucciolino confusaraente, e se ne disperda la forza. Alia qual cosa rispondo primieramente che io non le reputo del tutto indipendenti, come si asserisce da quasi tutti i fisici, ma riunite da una forza di coesione considerevolissima : secondariamente che la forza con- cepita, la quale le dirige ad urtare il detto piano, anch' essa le costiinge a sostenersi x"eciprocamente ed a formare, per cosi dire, un solido per queir istante che impiegano a percorrere 1' indicato prisma curvilineo. Da tutto cio apparisce dunque poter essere causa dell' indicato nie- raviglioso aumento di forza della descritta vena ogni ostacolo che (*) Anche la decomposizione delta forza che che dcttti forza nell' urto si risolve sempre in i'acqua esercita contro la piastretta pu6 essere tante forze quante sono le direzionichelastessa forse considerata come un elemento della cagio- acqua preiide dopo di avere urtalo. Cio luerita ue che produce V indicato fenomcao, riiletteudo pero profoudo esame. DI GIUSEPPE MOROSI. 12.5 Tacqua incontra sul piano contro del quale urta, puvclie i fill di essa troviuo ove appoggiarsi siabilmcnte. Come appnnto avvieiie se inipu- gnaiulosi un mazzo di sottilissiine verghe vadasi con esse ad urtarc perpeiidicolarniente un levigatissimo piano, tosto si piegano in quell' urto e divergenti strisciaiio sulla superficie di esso facendogli provare sol- tanto una parte della forza die le spingc. Ma se di tratto in tratto incontrano degli ostacoli che ne deviano nuovamcnte la direzione, o clie sieno capaci di trattenerle in corso , allora puntando contro di essi esercitano raolto maggiore sforzo suUo stesso piano. Tale spiegazione pub forse convenire ancora a rendere ragione perche il conato di una vena si manifest! maggiore allorquando essa percnote una piastra di ferro , die una di legno , come il chiarissimo signor abate Zuliani ha diligentemente osservato. Le proprieia chimiche deli'acqua probabilmente impediscono ch' essa scorra si liberamenie sul ferro come fa sopra il legno, ed in tal caso lo strato a contatto venendo trattenuto in corso, deve far si che tutta la massa, specialraente se piccola, eserciti contro il ferro maggioie conato die contro il legno. A qualcuno forse cadra in dubbio che 1' aumento di quel conato prodotto sia dal peso di una quantita d' acqua che resta chiusa nel bordo della medesima piastra; ma se esso rammentera che negli spe- riraenti suddetti fu questa collocata sempre verticalmente in faccia al foro da cui la vena sgorgava, vedra che ivi noii pu6 restare porzione alcuna capace di produrre il minimo sensibile effetto. Per allontanare poi maggiormente ogni dubbio su questo proposito giovi Faccennargli di avere in qualche circostanza tolto via la parte inferiore di detto bordo, la sola su cui poteva restare F acqua dopo I'urto, e che iion ostante comparve lo stesso fenomeno, sebbene diminuito un poco, come doveva seguire mancando una parte della cagione die lo produceva. Dal complesso di queste osservazioni trassi il vantaggio che la stessa quantita d'acqua assegnatami potesse servire a mettere in attivita nella indicata fabbrica maggior numero di macchine di quello che mi era stato prescritto. Per tale oggetto imiiiaginai di costruire le ruote ad acqua sull'istesso principio della suddctta piastra col bordo. Esse sono del gcnere dei iitrecini, cioe girano orizzontalmente, ma hauno le pale 126 sull'urto dell'acqua, ecc. chinse fra due sponde come le ruote a cassette vertical!. Sulla meta della supcrficie interna di queste pale e attaccato trasversalniente un pezzo d'asse che vi forma un risalto dell' altezza di due pollici circa. I canali che a questa conducono I'acqua sono piramidali e chiusi da ogni lato , solidamente fissati al fianco della gora e ncl piii basso di essa. Sono situati perci6 orizzontalmente, e la loro direzione e fangen- ziale alia periferia delle stesse ruote. Nella sponda inferiore di esse fui costretto a lasciare delle aperture per dar luogo all' acqua di uscire tostoche aveva urtato le pale. La bocca d'ogni canale e contenuta fra le detre sponde in modo die I'acqua non si devia da esse, e nell'atto d'urtare tutia trovasi cliiusa nelle rispettive ruote, talmente che su di ogni parte poggiando le spinge con tutta I'energia della forza della quale e capace (*). Per dare un' idea di quanto 1' acqua aumenti in effetto agendo su queste ruote , riportero un fatto che merita di essere a tal proposito notato. Ultimata che fu la fabbrica suddetta, dovetti portarrai in Francia ed in Olanda per farvi alcune osservazioni tecnologiche. Durante la niia assenza da Milano qualcuno voile sperimentare se era possibile d'impiegare ancora minore quantita d' acqua per far muovere le dette ruote di quella ch' io vi aveva impiegata. La principale operazione fu di togliere i risalti alle pale e di levar via la loro sponda inferiore perche I'acqua urtasse suUa superficie piana di esse. Cio fatto, tent6 di porlo nuovamente in moto, ma inutile fu ogni sua cura. Nc supponendo mai che nella semplicissima costruzione di quel risalti e fascia esistesse la cagione di tanto effetto, dovette abbandonare I'impresa, e lasciare quelle macchine per molto tempo inoperose. Tosto che fui tornato dal mio viag^io ebbi I'incumbenza di rinietterle nello Co stato primiero, nel quale, come ognun pu6 vedere, aiiche oggi si trovano. Partecipo alia Clause queste mie osservazioni degne sicuramente della di lei attenzione, dalle quali la meccanica puo ritrarre sommi vantaggi, e I'idrodinaraica dei lumi per ingrandire e perfezionare la sua dottrina , forse oggi fondata sopra troppo piccole e troppo limitate esperienze. (*) Pare die aache gli anlichi avessero pratica ) composti di pale scavate a guisa di irovato uii maggior utile effetto ncl far urtaie cucchiajo. Essi pero non aveviino liinarcato I"aci[na suUe superticie concave in vece die che sarebbe stato soramamente piii vantag- sulle piaae , poiche si osserva essere i loro gioso il costruirle con nn bordo che facessc ritrcciui ( come tuttora in alcuni luogUi si scjuadra coUa superficie urtata. Tap I V I flag IKO V ---^-viS* DELLO SPASIMO BELLA FACCLV DI GIOVANNI BATTISTA PALLETTA. JT^arlo cli cjuella crucciosissima affezioue che iion fu bene coiio- sciuta , ne descritta clie verso 1' anno 1776, in cui Fothergill diede una memoria inserita nel torao V delle Osservazioni mediche di Londra , e da queU'epoca in poi fu denominata Dolor faciei Fothergillii , Trismus dolorosus , Tic douloureux , Reumatisino canchcroso , Prosopalgia. Questo atrocissinio dolox-e lia la sua sede in una delle tre propaggiui del quinto pajo de' nervi che sortono dal foro sopra orbilale, dal sotto orbitale e da quello della mascella inferiore , e per cio invade uno dei lad della faccia rendendosi molesto all' ala del naso , alio zigo- ma , al muscolo buccinatore , al crotafite , alia lingua , all' epicranio. Egli assale per intervalli irregolari ed a guisa di folgore ; poi sce- ma , e tormina piii o nieno prestamente. Che se la spasmodia conti- nuassc piu a lungo a crucciare , sarebbe intoUerabile , e colpirebbe I'am- malato di morte. Non si scorge carabiamento morboso nella parte crucciata , non feb- bre , non calore , non rnutazione di polso , ne delle orine. Nel paio- sisuio la favella e la deglutizione sono stentate o impedite; la saliva- zione si fa copiosa ; si contraggono le palpebre ed i nuiscoli della faccia; I' aiigolo della bocca si torce ; i denti dal late affetto diven- tano sonimameiite dolenli e sensibilissiini. Vi si unisce pulsazione vi- bratoria alia testa con vertigine , luelancolia , gemiti. 128 DELLO SPASIMO DELLA FACCIA Le cagioni di questa tormentosa affezione sono per me tanto oscure, come lo saramio aiicora per mold altri , che nou azzarderei proferire su di esse alciina conghiettiua. Fotliergill accusa un' acrimonia caucherosa ; e percio lodo molto la cicuta , la quale se noii arriva a togliere il dolore , certamente lo mitiga. Sauvages ammette un' irritazione quaUmque dei nervi orbitali e ma- scellarc. Volger ricerca la causa negl' infarcimenti addominali, e Boehmer Jiella materia artritica, come uella blenorrea male curata, Thillenius. Un autore tedesco narra che una donzelia di 19 anni fu invasa dalla prosopalgia per soppressione della scabbia, e che la torment6 fino all' eta d'anni 72, perdendosi quando si manifesto di nuovo la scabbia secca. Un' osservazione analoga e riportata da Selle , in cui non giovo la cicuta, ne 16 once di linimento mercuriale. Nel giornale di Hufeland ( Jena 1 796 , vol. 2.° ) leggesi che mediante il decotto dei legni su- doriferi si ottenne un tiasporto della materia morbosa , cioe che il luogo dolente si copri di un erpete farinoso , per cui 1' ammalato fu guarito. Tutte queste opinioni tanto varie non sono sostenute da suffi- cienti prove , su cui si possa fondare un retto giudizio. Un altro dolore somigliante a quello della faccia , perche generato probabilmente dalla stessa causa e dai medesimi nervi , si e il dolore del processo mastoideo , il quale sul bel principio annunziasi come una juite odontalgia, o come un leggiero trisrao congiunto a forti doglie, che si fissa sul processo mastoideo , dirigendosi poi verso F orecchio o verso 1' occipite , verso la tcmpia o verso il collo. La sua appari- zione e congiunta a senso di tensione ai muscoli del collo, e molesta al muoversi del capo. Anzi talvolta cresce a segno, che toglie i mo- vimenti del capo e delle labbra , ed intercetta la favella ; talvolta im- pedisce il moto del braccio , 1' apertiu-a della bocca ostando al pren- der cibo e bevanda. II dolore ora sussiste per molti giorni , ora ccssa per qualclie tempo per rinnovarsi; e piu a lungo tace se spun- tano alcuni furuncoli o ulcerette al collo. Ogni sorta di medicamento> che sarebbe superfluo T enumerare , e stata impiegata frustraneameute, ed il dolore si c inostrato ubbicUente alia sola confricazione d' un li- nimento , in cui entrava il calomelano ed olio di succino. DI GIOVANNI BATTISTA PALLETTA. 1 29 Ora ritornan.do alia prosopalgia, clir6 che avendo segulto da vicino il corso e i sintonii di essa, mi e parso che sia di due specie, distiiiguendo la prima in ispasimo acuto della faccia, e I'altra in ispasirao cronico. II trisrao d»loroso acuto si manifesto in due uomini, I'uno era sar- tore, I'altro caffi-ttiere. Atuendue furono soprafFatti repentinamente dallo spasimo, il cpiale ripetevasi tanto sovente e con tale forza, che sotto il parosismo gettavano le alte grida , si contorcevano stranamente e turbavansi tutte le facolta intellettuali. Ben tosto si spiego in loro ardentissima febbre con polsi dui'i , pieni , con rossorc al viso , sete , agitazione universale, ecc. , di modo che si do.vi'tte passare alle eniissioni di sangue , le quali , benche so- venti volte ed abbondanteniente ripetute, non valsero ad alleggerirne la violenza dei sintomi. II sangue videsi costanteraente coperto da alta e fitta cotenna , come nelle piii veeraenti infiamraazioni , e ad onta dei mezzi dtbilitanti il male imperverso in araendue con delirio ed agitazione continua, e dentro gli otto giorni pose fine colla morte. II deplorabile fine di questi infelici mi fece risovveuire 1' opinione di Lentin , che la sede della malattia sia riposta nella midoUa allun- gata , appunto perche 1* affezione si propaga facilmente al cerebro ed alia midoUa spinale, e perche i sintomi sono per lo piii sul bel principio \iolentissimi. Per il che duoluii di non aver potuto rintracciare sugli estiati la sede di questo morbo per la malintesa ritrosia dei congiunti. 1/ altra sorta di spasimi , che ho addimandato cronico, e la piu ordinaria , e di cui generalmente hanno fatto parola i pratici. Dessa molesta per molti anni , ad intervalli piii o meno lunghi, e si rinno- \ano i parosismi ne' tempi umidi, specialmente ventosi e procellosi. Un rinomato medico di questa citta recandosi alia sua villa, posta alle sponde del lago di Como, risenti come un colpo di dardo sopra r orbita sinistra accompagnato da una scossa convulsiva ai muscoli della fronte e della faccia. Tale scossa rinnovavasi a certi intervalli, e tirava in consenso le labbra, la lingua, il naso, le vie lagrimali. Ben sovente principiava come scossa elettrica, e quasi lampo folgoi-eggiante diramavasi a tutto il capo con incredibile dolore e perturbazione di mente. Quest' affezione nou conosciuta da principio fu trattata come Vol. I. P. 11. 17 l3o DELLO SPASIMO DELLA FACCIA una convulbione parziale, c percio fii irapiegata a larga mano la china- china , la Valeriana silvestre , il rauschio , Y oppio con poco o niun frntto. Stanco finalniente di sofFrire delibero 1' amraalato di assogget- tarsi alia medicina efficace. Quindi rivoltosi a me , e narratomi il fin qui esposto , chiese il soccorso della mano chirurgica. Allora mi sovvenne che un certo An- dre, riportato dal Sauvages, aveva ottenuto guarigioni costanti inci- dendo tutto il nervo dolente. Percid mi affrettai a fare un taglio tra- versale abbastanza esteso sopra il lembo superiore dell' orbita nei comuni integumenti , indi ripigliai 1' incisione sopra il periosteo , e ripassai col coltello due o tre volte sopra I'osso finche m'avvidi che tutti i ramicelli del nervo sopraorbitale erano perfettamente recisi, Mantenni aperta la ferita con filaccia , che suppuro abbondantemente e per lungo tempo. Chiusa che fu la ferita , il trismo si acquieto per ben quattro mesi , quando il nostro medico credendosi al sicuro intra- prese un viaggio sul lago , ove fu di nuovo colpito da assalto con- vulsivo e doloroso , che in progresso divento non meno frequente , ne meno fiero del prirao. Egli, quantunque orribilmente sferzato dal dolore, non ebbe il coraggio di assoggettarsi a novella incisione o alia scottatura del nervo, ed in vece si attenne ad altre prove di medica- menti suggeriti dallo stuolo degli aniici, che riuscirono tutti frustranei. Dopo il corso di quasi dieci anni menando una vita sommamente pe- nosa e tiista peri quest' uorao di cancrena secca nel piede sinistro. II secondo ammalato di trismo cronico fu un chirurgo che eserci- tava la sua professione in una borgata sopra il Verbano. In questo il dolore partiva dal nervo mascellare inferiore , si diffondeva per la guancia , pel mento , per la lingua in modo che il cibarsi diveniva per esso un atto sommamente affliggente, e i ripetuti accessi avevano talmente logorata la sua complessione, che acquist6 un abito cachettico. Non ostante 1' infruttuoso tentativo fatto nel medico , persuaso ancora a quel tempo che il troncamento del nervo fosse il mezzo migliore per ridonargli la salute , procurai di scoprire interamente il nervo mascellare inferiore sinistro , e lo tagliai attraverso precisamente la dove sorte dal foro della mascella inferiore. II dolore si assopi bensi , DI GIOVANNI BATTISTA. PALLEITA. l3l ma la tregua fu breve, e Taramalato partito ftilla citta fu in seguito bersagliato , come se noii fosse stato operato. Sia che il nervo reciso si riunisca, come alcuni pensano, sia che oltre la recisioue si esigano altri mezzi uiiiiainente per ottenere tutto il successo, quest' uomo, co- tne appresi dappoi, iioii sopravvisse piii d'un' anno alia sua sventura. Questi due casi mi fecero chiarameute comprendere che il tronca- mento del iiervo non bastava per troucare il dolore spasmodico, ecc. £ vero ciie Galeno, versatissimo nelle cose anatomiche, aveva di gia praticata la sezioiie del nervo per sedare gli spasimi , e che Nucleic ricliiamd cpiesia pratica per guarire 1' odontalgia. Procur6 auche Ma- reclial di troucare il nervo infraorbitale affetto da doloi*e , ma inutil- nieiite , come inutile si rese tale operazione nelle mani di Louis e Sabatier ( Traite d'anatomie. Ntrf maxdlaire superieur ). E percio An- tonio Petit e Sabatier raedesimo dissuadono di passare al troncamento del nervo. Da questi fatti si puo argomentare che possa bensi essere utile la recisione del nervo ove abbiasi un' affezione puramente locale, e che mediante la recisionw si possa in qualche guisa distruggere la sede del morbo ; ma* quando la sede e lontana, e se, come pensa Lentin , nella prosopalgia di cui tiattiamo si debbe stabilire nella midolla allungata, certaraente non havvi motivo di sperare alcun van- taggio dalla semplice recisione. Quindi diversi pratici fondandosi sopra opposte cagioni hanno pro- posti e messi in uso opposti rimedj. Fothergill propino a larga dose r estratto di cicuta. Hill di Chester commenda la tintura di arsenico, associandovi la cicuta di fresco preparata e 1' oppio a piccole dosi. Si d per altro osservato che I'oppio ha rade volte procurato la calma, e per lo piix ha esacerbato il dolore. Cosi i nomiiiati antispasmodici , le mignatte, i vescicaiiti, i cauterj, i bagni o furono impiegati senza utilita, o palharono soltanto per alcun tempo il male. Volger, Bohemer, Thillenius si avvisano d' avere ottenute alcune guarigioni coll' uso dei purganti drastici e delle gomme ferulacee, Leindeufrost consiglio di far ingojare due o tre scrupoli di semi di senapa non ammaccata la mattina a storaaco digiuno. Finalmente il professore Stark si valse in varie occasioiii e con reale \autaggio del I 32 DELLO SPASIMO BELLA FACCIA, ecc. liiiimento mercuriale uiffto all' olio empireumatico di succino alia dose di una dramraa per volta, sofTregandolo sulle parti piu vicine al luogo dolente. Prendendo in considerazione i diversi risultamenti ottenuti dai men- zionati scrittori , scelsi un metodo composto , che ebbe un esito fortunate in una donna railanese 'travagliata al nervo sopraorbitale sinistro. In questa ho preferito la scottatura per distruggere il nervo. Feci pertanto preparare una lamina sottile di ferro col tagliente a pancia , e fattala arroventare bruciai profondamente gl' integumenti e le sottoposte parti fino all' osso. Quando la ferita si dispose alia suppurazione feci pren- dere alia donna alcuni gi'ani di conio maculato , e feci spalmare di unguento mercuriale avvalorato con poco olio di succino le parti cir- condanti Torbita ; cioe ora la tempia, ora la guancia, ora il naso, la fronte, I'occipite, finche la piaga fu del tutto chiusa e del tutto ces- sato il trismo doloroso. Questa maniera di medicare mi fu utile dap- poi in altri soggetti attaccati da trismo cronico idiopatico senza feb- bre ; anzi in tre soggetti a prosopalgia recente 1' unzione sola colle pillole di cicuta furono bastanti per liber«irneli. Ne debbo tacere clie in quest' anno impiegai con molto profitto I'estratto di giusquiamo combinato con fiori di zinco sublimati in due donne attaccate da pro- sopalgia recente al nervo sopraorbitale. La pratica pero da me tenuta non credo che sia sempre per corrispondere ai voti dell' amraalato e del medico, e sara sempre prudente cosa nell' incertezza di un male oscuro il non omettere d' indagare quale essere possa la cagione piii probabile della spasmodia , vale a dire se sia reumatica , artritica , erpetica , canclierosa o simpatica di altre affezioni ; e sara pure utile I'esplorare gli effetti diversi dei medicamenti cimentati. Imperocche dalla farragine dei farmachi finora impiegati contro il trismo doloroso, dal loro effetto or salutare , ora nocivo , ora innocuo , e dalla varieta delle opi- hioni finora in corso non possiarrio altro concliiudere, se non che, essere la prosopalgia un male non ancora bene conosciuto ; essere il mede- simo difficile a guarirsi; non esservi ancora alcun metodo sicuro da seguire , tanto piix che dall' andamento del male e dal vario effetto delle sostanze medicaraentose pai'e che risulti , non essere sempre il dolore spasmodico della medesima indole. SUL TAGLIO IPOGASTRICO PER L' ESTRAZIONE DELLA PIETRA DALLA VESCICA ORINARIA DI ANTONIO SCARPA. V^UANTE volte fra noi medesimi meditiamo suU' origine e sui pro- gressi clella litotomia , molto ci raaravigliarao osservando die dei due migliori metodi operativi presentemente in uso per estrarre la pietra dalla vescica orinaria , il laterale cioe e 1' ipogastrico , siamo debitori del primo ad un ciarlatano ('), e del secondo ad un chirurgo (») non ignobile per verita , ma die chiamo grande follia quel suo divisamento, e lie dissuase altrui dall' imitarlo ; verisimilmente perche Ippocrate nei suoi aforismi aveva dichiarato mortali le ferite della vescica. Da questi tenui e mal fermi principj pero movendo i Mery , Che- selden, Morand, Douglass, Ledran ed il F. Cosimo, guidati dalla no- toiuia e dalla razionale sperienza , seppero con si grande successo illustrare questa parte importante della chirurgia, da portarla pressoche al pill alto grado di perfezionaniento cui ora si trova. E qnesto esem- pio, fra i molti die la storia delle scienze e delle arti ci ricorda, non (i^ Giacorao Beaulieu in abito d' eremita. il en fiit blen malade ) et la playe conso- (2) PictroFiaiico.TiaitedesHeruies, p. 139. lide. Combien que je ne conseille a horanie Qui estrit a inoi grande folie .... d'ainsi faire. Le patient fu gunny ( non obstanc que ]34 SUL TAGLIO IPOGASTRICO, ecC. e dei meno convincenti in prova, che la gloria di urili scoperte ap- partiene talvolta meno a chi ce ne ha dato un ceniio , che al genio subhine di coloro i quali seppero spogUarle d'errori e fame ua' ap- plicazione vantaggiosa all' umaii genere. I moderni chirurglu , conscj dell' accuratezza dei nostri maggiori nello stabilire dietro quelle pi-ime nozioiii le basi fondamentali del metodo lacerate, uon trovarono siiiora di che esercitare i loro taleati in questo ramo di chirurgia, che nel niodificare i vecchi stromenti , o nel proporne di nuovi , ad oggetto di rendere sempre piii spedita e sicura T esecuzione di questa operazione anco dai meno dotti in notomia e non abbastanza esercitati nella pratica della litotoniia. E certamente a questo fine furdno diretti i lavori di Moreau , diLe-Cat, di Pallucci , del F. Cosirao , di Broufield , di Hawkin , di Pouteau e di parecchi altri. Cio non pertanto la massima generate ;, o sia metodo pel taglio laterale, riraase invariabilmente quale dai sopra lodati mae- stri ci fa insegnato. Avvenne lo stesso per cio che riguarda lo scopo principale del ta- glio ipogastrico , cioe di estrarre la pietra per disopra del pube me- diante 1' incisione della parete anteriore della vescica orinaria. Ma non si puo dire che picciole ed inconsiderevoli siano state le variazioni per ci6 che spetta al processo operative di questo metodo , essendoche i cambiaraenti fatti a questo proposito dall' epoca di Rosset e di Douglass a quella del F. Cosimo non consistettero soltanto nel pro- porre alcuni nuovi stromenti , ma ben anco nell' introdurre tali varia- zioni nel processo stesso, per le quali 1' operazione ipogastrica divenne a' giorni nostri meno imperfetta di quanto era prima. Imperciocche , ritenuta la precedente massima generale d' incidere la parete anteriore della vescica , mostro il F. Cosimo la pobsibilita di sollevare quesio viscere sopra del pube , e di ritenerlo senza aver ricorso alia disten- sione di esso per mezzo dell' impedito egresso delle orine o delle in- jezioni ; mezzi tutti assai dolorosi , spesso insopportabili , e nelle donne ineseguibiii. E questa iniportante mutazione fatta al processo operativo per estrarre la pietra per disopra del pube , non che gli artifizj per eseguirla sarauno mai sempre un monuraento di gloria pel loro autore. DI ANTONIO SCARPA. I 35 Ci6 non ostantc sottoponendo ad un esarae pi-atico rigoroso il modo d' operare del F. Cosirao , principalmente per ci6 che spetta 1' evitare il pericolo di ofFendere il sacco del peritoneo , ed in appresso la fa- cilita e sicurezza d' incidere la parete anteriore della vescica , la pra- tica di questo celebre chirurgo non va esente da alcune iraperfezioni , la correzione delle quali forma il soggetto di questa Meraoria. II F. Cosirao nella prima parte della litotomia ipogastrica , tagliati i comuni tegumenti immediataraente sopra del pube nella direzione della linea bianca pel tratto di tre dita trasverse o poco piii ne' soggetti adulti, e scoperta per cgual tratto la linea bianca, dava di piglio al suo trois-quarts bistouri ('), e direttane la punta obliquamente al margine superiore ed interne del pube , spingeva il suo stromento rasente la faccia interna di quest' osso a diversa profondita , ora d' un terzo , era della meta di tutta la lunghezza del detto stromento, secondo 1' eta de' soggetti e la spessezza diversa della parete addominale ch'egli-si proponeva di trapassare. Ma poiche in ci6 fare egli impiegava uno stromento poco atto a penetrare attraverso un' assai compatta sostan- za , gli conveniva d' usare di molta forza con pericolo di deviare dalla giusta direzione. Penetrato lo stromento alia profondita determinata dalla di liii grande pratica , e fatto centro di moto in vicinanza del perfo- ratorio infisso nella faccia interna del pube , egli traeva fuori dall' albero del trois-quarts la lama del bistorino (») a modo d' arco di cerchio , colla quale si proponeva di tagliare per certo tratto I'aponevrosi comune ai muscoli addominali ; ma che, propriamente parlando, non faceva che intaccare ; perciocche questa prima apertura dell' aponevrosi gli riusciva sempre angusta , e non sempre bastante a dare facile ingresso al bisto- rino leniicolare , col quale, insinuate fra la linea bianca ed il peritoneo dal basso in alto , prolungava il taglio dell' aponevrosi anzidetta per un pollice ed alcune linee ; lo che era bastante ad estrarre per di la una pietra di grossezza anco piu che mediocre. Questa prima parte del processo operative del F. Cesimo era, come apparisce chiaramente, stentata, aspra e pericolosa, si perche, come si (i) Nouvelle melhode pour extraire ia (a) Tav. II, fig. I. pierre, 1779. Fig. I. l36 SOL TAGLIO IPOGA.STRICO , ecc. fe detto, a motive della forma dello sti'omento e della compatta so- stanza che doveva trapassare, era d'uopo usare di molta forza, come perche non vi era una norma certa da seguire per liguardo all' incli- nazione da darsi al perforatorio ed alia profondita cui doveva essere spinto. E la laaia del bistoriiio tratta per arco di cerchio piuttosto che tagliare preiueva o stracciava soltanto I'aponevrosi in alcuni puiiti di sua iuserzione nel pube. Esaminando io attentamente ne' cadaveri la posizione propria e re- lativa delle parti che vengono interessate in questo prirao stadio della litotomia ipogastric a , ho trovato costantemente che fra 1' interna faccia deir osso del pube , e per alcun tratto ancora , al disopra del margine di quest' osso, ed il sacco del peritoneo, nella sede in cui questa raem- brana si alza dietro la parete posteriore della vescica per applicarsi colla sua convessita ai muscoli addominali, vi e uno snato cousidere- vole di tessuto cellulare floscio , distensibile , pinguedinoso , il quale tiene naturalmente scostato il sacco del peritoneo dall' imraediato con- tatto col pube, e dalF inserzione della linea bianca in quest' osso. Ed in fatti, per poco che vogliasi fare attenzione a questa disposizione di cose , si riconosce manifestamente che 1' interposizione di quella floscia distensibile cellulosa era necessaria pel facile innalzamento della vescica orinaria sopra del pube quando e piena , e pel proporzionato scostamento a vescica piena del sacco del peritoneo dal margine su- periore del pube , e conseguentemente dall' inserzione della linea bianca in quest' osso. E per verita , se non esistesse naturalmente codesto intervallo occupato dall' ora norainata cellulosa sostanza fra il sacco del peritoneo ed il pube, giamniai il trois-quarts bistouri , a vescica Vaota, si sarebbe potuto approfondare per un terzo o per la meta di tutta la lunghezza di questo stromento neppure dair esperta mano d.'l suo inventore senza portare offesa al sacco membranoso contenente le viscere addominali , e forse ancora alia stessa vescica. Su di che ella e cosa dcgna d'osservazione che codesto guancialetto di cellulare piiiguedinosa, facilmente distensibile, situata immediataraente sotto T in- serzione della linea bianca , lion manca mai di presentarsi anco nei cadaveri di soggeiti i piu magri e consunti da lenta infermita. La DI ANTONIO SCARPA. 187 costanza di questo fatto mi ha suggerito sin dall' anno 1785, in oc- casione del corso di opeiazioni sul cadavere, la possibilitii ed insie- meraeiite I'litilitii di sopprimere dal novero degli stromenti per Y alto apparecchio il trois-quarts bistouri , e quindi d' incidere la linea bianca con un mezzo assai piii semplice di quello usato dal F. Cosimo, ed anco piu sicuro di quello per ci6 die spetta il preservare da ofFesa il sacco del peritoneo , come ora esporro. Con un bistovino a taglio convesso s' incidono i tegumenti dell' ad- dorae nella direzione della linea bianca dal pube verso I'ombelico pel tratto di tre dita trasverse o poco piii ne' soggetti adulti , sicche la linea bianca apparisca perfettamente bene a nudo , principalraente ne' punti d' inserzione di questa aponevrosi nel margine superiore del pube fra i muscoli retti ed i piramidali , se questi secondi muscoli esistono. Con raano sospesa poscia ed a piii riprese si fende la delta apone- vrosi per tre o quattro linee al piu in lunghezza dal basso in alto , cominciando sempre al margine e sul margine stesso del pube. Quando i muscoli piramidali nascondono i punti precisi d' inserzione della li- nea bianca in quest' osso , egli e necessario di divaricare le fibre di questi muscoli , e di dividerle ancora finche appariscano distintamente que' punti d' inserzione dell' aponevrosi di cui si parla. Si continua indi con leggieri e replicati tratti di bistorino, come si farebbe per dividere fibra dopo fibra, ad approfondare il taglio della linea bianca, e sempre, come si e detto, cominciando dal margine superiore del pube, e di la verso Tombelico, finche ne sia trapassata tutta la spes- sezza della detta aponevrosi in vicinanza della sua inserzione. Si tosto die la linea bianca e aperta per tre o quattro linee in prossimita del margine superiore del pube, spunta fuori da quell' apertura un gruppo di cellulare pinguedinosa, floscia, indizio certo che la fenditura dell' apo- nevrosi corrisponde precisamente all' intervallo che naturalmente esiste fra la linea bianca, il margine del pube e la convessita del sacco del peri- toneo. Per questa apertura, sempre ampia all'uopo, s'introduce una sonda scanalata conuiiie avente I'apice rivolto alquanto all' insii , la quale si fa scorrere diligentemente dal basso in alto rasente la faccia interna della linea bianca, die e quanto dire fra questa aponevrosi ed il sacco del Vol. I. P. n. 18 I 38 SVL TAGLIO IPOGASTCICO, ecc. peritonco, per imo spazio presso a poco eguale a quelle della ferita dei tegumenti. Sulla stessa soiida scanalata si prolunga in fine il ta- glio deir aponevrosi dal basso in alto a piaciraento , in proporzione della grossezza della pietra da estraersi , coll' assoluta sicurezza in ci6 fare di iion portarc la minima offesa al sacco del peritoneo. Ognuno il quale siasi sufficientcmente esercitato in notomia eseguira questa prima parte della litotomia ipogastrica con facilita , e certamente con maggiore sicurezza che approfondando un trois-quarts , sotto gradi di obliquitii incerti, ad una profondita deterrainabile appena da una lunga pratica , fra la faccia interna del pube ed il sacco del peritoneo. La seconda parte del processo operativo del F. Cosimo non va pa- viraente che la prima esente da qualche imperfezione. Secondo gl' in- segnamenti di quest' autore , egli e un articolo della massima impor- tanza nel secondo stadio del taglio ipogasttico quello di raantenere stabilmente alzata la vescica sopra del pube , per poter poi incidere con ispeditezza e nella giusta direzione e misura la parete auterioi"e di questo viscere ; nel quale precetto , propriamente parlando , consiste la superiorita del processo operativo del F. Cosimo in confronto di quello di Rosset e di Douglass. Intorno all' esecuzione di questo iraportante precetto giova osservare che il F. Cosimo, perforata die aveva la parete anteriore della ve- scica colla sua sonda a dardo , e preso fra il poUice , indice e medio della mano sinistra lo specillo portante il dardo , sospendeva con esso specillo la vescica , e la teneva ivi ferma sopra del pube , mentre coir altra mano faceva scorrere un bistorino ricurvo lungo 1' angusto solco scolpito nello specillo, dietro la guida del quale penetrava senza ritardo col coltello nel cavo della vescica (*). Cosi facendo gli accadeva assai volte die al primo penetrare del bistorino in vescica Tapice ot- tuso della sonda cessava di far punto d'appoggio e di sospensione di questo viscere sopra del pube , e spuntava fuori la sonda stessa dalla csterna ferita sopra del pube. In conseguenza di questo inconveniente, (*) Loc. cit. pag. 66. L'operateur conduit pour fenJie la vessic jutqu'au fond de la cour- la pointe par la cannelure de la Heche qui se ln\re de la sonde, moatre par la plaie, et la pousse en descendant m ANTONIO SCARPA. 189 la vescica abbandonata a se stessa disceiideva prestamente , e si na- scondeva sotto del margiiie del pubc , e reiideva inalagevole il taglio dt'lla parete antenore della vescica medesima , non cbe il cotnpimento dell' operazione. E se codesto iiicideiite noii gli accadeva seinpre, egli era, io su'ipongo, perciie talvolta nel solievare la vescica egli iinpri- meva I'apice ottiiso della souda con tal forza nella polposa interna meinbrana della vescica da far protuberare questo viscere al di fuori deir esterna ferita a uiodo di ditale , per cui , non ostante 1' incisioiie di qiiella papillare protuberanza della vescica, I'apice ottuso della sonda contiiiiiava per qualclie istante aiicora a sospeiidere la vescica stessa sopra dol pube , c dava tempo e luogo all' introduzione del dito deir operatore nel cavo di questo viscere. L'autoie conscio, come pare, di questo disordine, scrisse ('): die neW atto del taglio della parete antenore delta vescica il chirurgo ritiene in sito I'apice ottuso della sonda col suo duo osscrvatore. Ma io posso assicurare die ne egli fa- ceva cosi , n^ die ci6 e possibile di farsi senza andar incontro ad altri inconvenienti non niinori dei primi. Imperciocche nell' atto in cui il bistorino discende lungo il soico dello specillo portante il dardo , il pollice, r indice ed il medio della mano sinistra dell'operatore sono impiegati nel tener formo Io specillo colla iiiaggiore possibile stabilitii, affinclie la punta del bistorino non esca dall' angusto solco scolpito nello specillo portante il dardo. E quand' anco in quel momento fosse possibile di allungare 1' apice del dito indice o del medio della mano sinistra per portarlo sull' ottusa testa della sonda , ci6 non sarcbhe ba«tante ad impedire clie essa non abbandonasse il punto d'appoggio e di sosponsione della vescica al primo ingresso del bistorino nel cavo di, essa lungo Io specillo cbe sostiene il dardo. MaraviglloGa cosa al certo era il vedere con quanta prontezza e destrezza ( della quale sono stato naolte volte testinionio oculare ) (") il F Cosimo andava al riparo dell' accadutogli disordine, introducendo lungo 1' albero della (i) Loc. cit Dont il soutient toujours le operaiioni di litotoinia /pogostrica, specialmente bee en place avec son doigt oliservateur. sul sesso feininro , eseguite dal F. Cnsiino nel (a) Durante il mio soggiorno in Parigi siio ospixioi favore cli' egli accordava dilBcil- ho avuto la buoua sone di a$9i»lerc a incite lueuie alle persoue deli' arte. / 140 SUL TAGLIO IPOGASTRICO, CCC. soiula fuori uscita dall' esterna ferita il suo bistorino lenticolare , o vero il suo bistorino nascosto , ed or con I'uno , or con 1' altro pro- lungava , secondo Toccorrenza , Tincisione della parete anteriore della Vescica , ed introduceva in essa il dito , ancorche abbassata ne fosse sotto del pube sino a toccarvi la pietra. Malgrado cio , non puo met- tersi in dubbio che la mancanza del punto di sospensione della vescica sopra del pube nell' atto di fendere la parete anteriore di essa non sia di grande ostacolo alia pronta ed esatta esecuzione della seconda parte della litotomia ipogastrlca anco pel chirurgo il piu destro ed escrcitato nella pratica delle grandi operazioni. Per evitare questo inconveniente , 1' espediente mi si e presentato , per cosi dire, spontaneamente. Sospesa che sia la sommita della ve- scica per mezzo dello specillo portante il dardo , basta cominciare r incisione della parete anteriore di essa non lungo lo specillo , ma una linea e mezzo circa sotto del punto di perforazione del dardo. In questa guisa Y ottusa testa della sonda , ritenuta tutt' all' intorno come da una briglia , non puo muoversi di luogo , ne abbandonare il punto d'appoggio e di sospensione della sommita della vescica durante r incisione dall' alto in basso della parete anteriore di quel viscere , per tutto quel tratto die 1' operatore crede necessario , in ragioiie a un di presso della grossezza della pietra da estraersi. Perclie poi questa incisione venga fatta nella giusta direzione para- lella air asse longitudinale della vescica , ho coUocato nella concavita della sonda una larga guida (0, i margini della quale sono bastante- mente rilevati suir esterna superficie della sonda stessa da potersi riconoscere al tatto attraverso la parete anteriore della vescica prima d'inciderla. II fondo di questa guida e diviso in due solchi dal rialzo che vi fa lo specillo portante il dardo (») ; entro 1' uno o 1' altro dei quali solchi entri la punta del bistorino , il tagliente di esso non puo vacillare nella sua progressione dall' alto al basso. Rosset propose a questo fine un catetere ordinario fesso nella sua convessita; ma non si sa comprendere come egli pretendesse che si possa rivolgere in Vescica il catetere in modo che presenti la sua convessita alia parete (i) Tav. II, fig. U aa, Ih. (a) Tav. II, fig. II c. DI ANTONIO SCARPA. I41 anteriore della vesclca per esservi incisa. L'Heritier (') opino che uw catetere ordinario aperto nella sua concavita poteva supplire alia mancanza di sonda a dardo. lo al contrario riguardo la sonda a dardo come uno stromento necessario ed utilissimo , e la guida da me pro- po3ra non e una semplice fenditura del tubo della sonda, ma una guida con margini rilevati sopra il tubo del catetere. Questa addi- zione non aggiunge difficolta all' introduzione della sonda a dardo in vescica , specialmente nelle donne. Riassuraendo 'ora la prima parte della litotomia ipogastrica , incisa che sia la linea hianca nella semplice , spedita e sicura maniera sopra esposta , r operatore introduce 1' indice della mano sinistra nel fondo della ferita , precisamente nell' intervallo fra la faccia interna del pube ed il sacco del peritoneo, spazio occupato da floscia cellulare pingue- dinosa , e coll' altra mano prende nel perineo la sonda a dardo , I'a- pice ottuso della quale gia penetrato in vescica egli dirige a poco a poco e con movimenti combinati delle due raani in modo che alzi la parete anteriore di questo viscere sopra del pube, e la presenti all'oc- chio deir operatore fra le labbra dell' esterna ferita; lo che si ottiene con facilita ne' soggetti nei quali la vescica e bastantemente ampia e distensibile. Disposte in questa guisa le cose, I'operatore scosta I'in- dice deila sna mano sinistra dall' ottusa estremita della sonda verso il sacco del peritoneo, a fine di allontanarlo sempre piu dal punto in cui la vescica deve venir perforata dal dardo. Determinato questo punto , egli ordina ad uno degli ajutanti di spingere dal perineo air insii lo specillo portante il dardo , il quale perfora la soramita della vescica nel panto determinato, ed esce per 1' esterna feriia. L'o- peratore prende allora fra il pollice , 1' indice ed il medio della mano sinistra lo specillo in prossimita dell' esterna ferita , e coll' altra mano armata di un coltellino a taglio convesso (») punge la parete anteriore della vescica una linea e mezzo sotto del punto di perforazione , e spingendo il coltellino dall' alto in basso lungo la guida situata nella concavitu della sonda, fende la parete anteriore della vescica. Un'incisione (i) Descliamps. Traitc Je Toperation de la (2) Tav. 11, fig. IV. Pci soggetti cU minor eta taiUe. Vol. II, pag. 338. il cokelliuo avra la lama piu euetta
  • 9 146 SPIEGAZIONE BELLA TAVOLA IL Fig. I. Trois-quarts bistouri del F. Cosimo ; a V albero dello stromento ; b bistorlno tratto fuori dell' albero. Fig. II. Sonda a dardo; a a, hb la guida; c lo specillo portante il dardo. Fiff. III. Souda a dardo veduta lateralniente. Fig. IV. II coltellino pel taglio della parete anteriore della vescica. Fig. V. Uncino sospensore della vescica. Vedi F opera citata del F. Cosimo. Tav. II, fig. IV. \ SOPRA NUOVI MEDICI USI DEL COLCHICO AUTUNNALE SI BASSIANO CARMINATI. Jr^oiCHE molto da noi s'impara, al dire del Magalotti, disimparando alcune cose clie si erano imparate, non sarete per maravigliarvi , chia- rissiini signori , dell' inaspettato vantaggio che da cib , pochi anni fa , io ebbi , quando col trascurar le da me imparate intorno agli usi ed ai principj del colchico autunnal e ( CoZc/iicum autumnale Linn.) quelle, a cui la cortese atteiizion vostra ora domaudo, fortunatamente imparai. Pare in vero che mentre per le cancellate precedenti idee la mente si trova piii disposta a concepirne e ritenerne altre novelle , debba di leggieri avvenire die alle prime , per isventura false o poco precise , altre in lei succedano vere ed esatte. Per lo che non credo d'ingannarmi se all'avere disimparute o neglette alcune dottrine comunemente am- messe suU' azione e suU' uso dell' ossimele fatto coll' aceto avente infusa la radice del colchico ( coUa qui ove abbonda al fin di primavera ) e col raele in doppio peso ascrivo 1' acquisto di alcune mediche cogni- zioni , le quah sono per iudicarvi , supponendole ai progress! della terapeutica , che 1' uomo idfermo cura e guarisce , utiU e necessarie. Pare al certo ch' io non avrei Y ossimele colchico prescritto m que' tre primi casi , da cui poscia imparai le sue iuuanzi non comprese 148 • DEL COLCIIICO AUTUNNALE facoltii piu sincere e prescrizioni piii convenevoli, ove non avessi ne- glctte o dimenticate alcune avvertenze da' classic! autori gia da me imparate. Questi insegnano essere la radice del colchico siiccedanca ed eraola per ogni rispetto a quella della scilla o squilla marina ( Scilla waritima Linn. ) ; apprestare il suo ossimele lui rimedio diure- tico poco meno dello scillitico acre , stiraolante e risolvente , ed essere percio in ogni malattia e complicazione o reliquia morbosa verace- mente infiammatoria il di lui uso iraproprio, sospetto e anzi nocivo. E pure mcdicando io a Pavia osai , dieci anni sono, proporre I'os- simele colchico , e adoperarlo nel modo piu soUecito e coraggioso a fine di salvare successivamente tre femraine, della cui guarigione ormai dai dotti ed esperti medici cui-anti si disperava. Erano elleno nel corso stcsso di gravissima infiammazione acuta e vera ai principal! visceri divenute idropiclie, ed erano in mezzo al perseverante apparato infiam- matorio, sebbene molto scemato, rainacciate da mortale sofFocamento e quindi a quel misero punto ridotte, in cui, diro con Celso , sadus est anceps auxilium experiri quam nullum. La prima , una delle piu distinte matrone della citta, per violenta polmonea unita a manifesti segni di acquoso tumore del corpo e a non equivoci indizj di pari arresto di linfe nelle cavita del ventre , e forse del petto , si fece ovunque gonfia e in guisa da non permettere al chirurgo dopo la quarta emis- sione di sangue ( trovato sempre privo di siero e copcrto di alta e forte cotenna ) di altro trarne co' salassi alle braccia , alle mani ed ai piedi. La seconda era pure una gentildonna di anni quarantasei , in cui pronte e larghe cacciate di sangue avevano bensi giovato a trarla dal prossimo pericolo di tosto perire sotto 1' infiammazione, per lo piu fiinesta, del cuore, ma non impedito che alle reliquie del male si accoppiasse idropisia del petto e acuta e con successivo uni- versale edema. La terza era la moglie di un ricco fittuajuolo vicina ai trent' anni attaccata da enorme ascite o idropisia del ventre infe- riore sopravvenuta all' epatitide o infiammazion del fegato, trascurata a principio e in parte ancora superstite. Fu in questi casi che primamente spiegossi la sovrana, e non per- tanto innocente, efficacia del colchico ossimele. Dato esse ad uno, a due DI BASSIAXO CARMINAll. 1 j^(j e fin a quattro scrnpoli ogni tre ore, e in seguito a due dramme fino a cousumarne due o tre once al di , giiuise a rinviare le orinc soppresse , a copiosamente accrescerle ed a cliiarirle ; pote alleggiare, movendo lo sputo, il respiro e gli altri fastidiosi accident!; e scppe, dissipando colla idropisia ogni tristo residue infianiraatorio, condurre le infcrnie in pochi di ad una convalescenza clie passo presto in sanita. Dopo questi felici sperinienti non sara dunque alcun di voi sorpreso. o signori , ch' io avvezzo a valermi per lo passato e tra' primi in Italia di quest' ossimele quale succedaneo soltanto dello scillitico , lo adope- rassi in seguito qual riraedio di azione dissimile per guarir inolti e molti , le cui storic sono registrate ne' miei Ricordi medicinali. In essi; di eta , di sesso e di terapeiamento diversi , quali presi da idropisia era parziale al petto o al ventre, ed ora universale prodolta da causa, complicazione o esito di mal infiammatorio in qualche viscere, ov"V'ero indotto dallo scarlattino esantema di egual indole mal giudicato o ne- gletto , e quali soggetti all' asma , alia tosse e al catarro di pari na- tura o forma, T ossimele, di cui si tratta , prudentemente usato, giovo in generate e in guisa da superare la mia e 1' altrui aspettazione. II medicamento , colla larga copia delle orine , merce la ristabilita azione de' linfatici assorbenti e la simultanea risoluzione de' crassi e arrestati lunori in breve procurata, dispense i malati ( ancorclie susst- stesse alcun indizio infiammatorio , e fosse il metodo terapei'ante tut- tavia indicate) da qualunque emissione di sangue e farmaceutico ajuto, e presto in loro produsse coif unico concorso delle cose appartenenti alia convenevole dieta i ricercati e attesi benefici effetti. Per tali cose io doveva necessariamente avvedermi , siccome mi avvidi , die circa gli usi , i modi di azione e le proprieta di qucsto possente farmaco io era stato ormai dalla fedele maestra I' osserva- zione ad un tale termine condotto, per cui disimparando alcune cose, ne aveva altre in vece imparate , e queste sicure ed utili. Nell' abban- donare le idee avute una volta che la scilla e il colchico , e i due loro ossimeli singolarmente, avessero virtii , maniere di o]ierare, iiidi- cazioni ed eccezioni conformi , conobbi dai fatti ora detti la notabile differeuza ch' evvi tra 1' vuio e 1' altro rimedio. Consiste qucsta in cio I So DEL COLCIIICO AUTUNNALE clie dove lo scillitico ossimele alia cura dellc acute infiammatorie o steniche raalattie e idropisie ripugna in maniera da riuscire ordinaria- mente infruttuoso , molesr.o e nocivo ; il colchico dato cautamente e secondato dalle ben regolate, temperanti e soavi bevande prestameute le allevia , le scenia e le dissipa. Lo die soprattiitto fa allora che a vincerle non siano stati sufficienti , comunque indicati e proficui , il crenior di tartaro , la terra fogliata , il nitio e gli altri sali medj o niedicamenti nell' azione consimili co' qnali lo stesso ossimele volon- tieri si associa e si rende , come osservai , un rimedio di maggiore inuoceuza e virtu. La qual osservazione poi quanto sia e possa riuscire in seguito alia medicina pratica importante non occorre che da me si dica. Per conoscerne I'utilita basti il sapere che comunicata ai chiarissimi Pro- fessori miei collegia a Pavia con una Memoria da me letta , nove anni sono , in quella Universita , onde invitarli a sottoporre a nuovi cimenti e chimici e clinici cei'ti noti rimedj , fu messa a profitto dai maestri e dagli alhevi nella cura delle numerose piii contumaci idro- pisie spesso sopravvenute agli esantemi scarlattino e moibilloso cola dominanti ; che tale notizia mosse alcuni recenti scrittori a dichiarare iiidicato il nostro medicamento nelle idropisie ed altre malattie d' in- dole stenica ; e che la quindi dimostrata differenza essendo da' migliori clinici ora conosciuta , arainessa e difesa , trattiene i subalterni artefici dal prescrivere con pericolo e danno ne' rammentati casi la sciUa. E come in realta non potrebbero gli uni e gli altri medici e pen- satori e gregarj non conoscere e convenire su la proposta differen- za , s' ella trae la sua stessa origine e causa dalla dissimile natura , copia e proporzione delle parti che amendue le radici contengono ? lo me ne sono assicurato con replicatamente sottoporre la radice della scilla a quegli stessi chimici esperimenti a cui avevano sotto- posta , anche da me animati , i valenti signori Moretti e Melandri , ora degnissimi professori di chimica, quella del colchico. Risulto da tal di- ligente esame e consecutivo mezzo di opportuni coufronti che nella scilla i due principj, uno sommamente acre, e T altro amarissimo an- che nella fecula , a cui sono uniti , dall' albumiua e dalla raucila^hie Dl BASSUXO CARIIINATI. I 0 I poco o nulla si rattempcrano , quando nel colchico da piii iiumerose e varie parti coraposto I'estrattivo amaro ed acre, la resina, la calce e gli acidi pomico e muriatico sono raoltissiruo rattempcrati dall' ami- do , dair estrattivo mucoso , dal glutine , dalF albumina vegctabile c dalla materia zuccherina. Quindi e, signori, che in virtu degli esposti fatti e raotivi potro ormai con ogni sicurezza conchiudere che la non prima, avvertita e era scoperta qualita del colchico autunnale e sua maniera di opcrare nel corpo umano imparando, una dottrina imparai quale, utile gia di- venuta per le felici sue applicazioni , sara fruttuosa per altri giusti rispetti ancora. Sara ella tale se , come credo , conducendo gli autori di materia medica ad esaminare le diverse raediche osservazioni da cui procedettero i giadizj favorevoli e contrarj all' uso dell' ossimelc colchico, fara veder loro ch'esso generalmente giovo ne' morbi stenici, e falli negli opposti, Lo sara, se i clinici indicato e conveneAole giu- dicandolo vorranno aver in esso benissimo preparato e prescritto in dose proporzionata alia forza e pertinacia del male la dovuta fiducia, e non perderla a lui per sempre a cagion d' avere 1' una o 1' altra volta mancato di effetto; giacche miraculum esset ( diro come sapien- temente disse Murray ) et naturae legibus adversum si colchico omnes sanarentur. SuJJicit multis auxilio fuisse et ibi aUquando proficere ubi scilloe locus non. est. Sara pur vantaggiosa se per la naturale composi- zione della squilla , dalla mia analisi meglio determinata , apparendo la stiniolantissima sua proprie.ta ai medesimi suoi principj conforrae , non si osera piii oltre di porla in dubbio , c molto meno di assegnar- Icne una contraria. Sara in fine espediente a far conoscere col fin qui detto c coUo stesso mio esempio vera la sentenza del Magalotti a principio proposta , che talora , disimparando le imparate cose . molto o poi molto da noi s' impara. DUE IDILLJ DI TEOCRITO VERSIONE DI LUIGI ROSSI. IDILLIO XVI. LE GRAZIE ovvERo GERONE. Q. 'UESTO serapre di Giove aman le figlie, Sempre i Vati ; cantar degl' Immortali , Caiitar de' grandi Eroi le maraviglie. Dive le Muse sono, e perche tali Cantan gli Dei. Noi siara mortali , ed ora , Tali essendo , cantiamo altri mortali. Eppur chi mai , sotto la glauca aurora Fra quanti sono abitator , chi schiude Spontaneo il limitar di sua diniora Le mie Grazie ad accorre , e non le estrude Manche di doni ? Fra sdegno e vergogna Traggon poi queste a casa , i piedi ignude , Movendo a me lunghissima rampogna , Che invan corser la strada ; e a vota cassa Convien che in fondo ognuna si ripogua Vol. J. P. IJ. ac I $4 IDILLIO XVI DI TEOCRITO Carca cli noja a star, con testa bassa Su le fredde ginoccliia, in tristo nido, Poiche la gita and6 d' effetto cassa. Clii mai , chi v' ha , die un dicitor di grido A questi giorni in onorar s' adopre ? Non io mel so. Di piu trovar diffido Cui caglia , come in pria , dall' inclit' opre Laudi niercar. Puo sol su 1' uom lo scrocchio. Chiusa nel seno ognun la man si copre , E donde argento trar cerca coll' occhio; Ne altrui daria la tiista scoria ; e suole Dir : lo stinco e Ionian piii del ginocchio ; Anclie a me un po' di bene ; il ciel console Di gloria i Vati, ma se a tutti Omero Basta , chi poscia altri ascoltar piu vuole ? Quegli tra i Vati e F ottirao , il priraiero , Che nulla a me sottragga . . . Oh inver beati ! E cjual pro dagl' immensi entro un forziero Tesor giacenti ? Ah 1' or dagli assennati Non s' impiega cosi : parte agli offici Delia vita e' san darne , e parte ai Vati ; Giovar parenti san con benefici , Ed altri assai de' cittadini , e a' Numi Sempre 1' are impinguar di sacrifici. Ne coir ospite mai rozzi costumi *«' ^ '^' Vonno usar , ma in cortesi atti e sembianti , Quando a sua posta ei di partir costumi, Dal desco accoraiatarlo , e in fin tra quanti V ha d' onor degni , omaggio offrire , e culto • Pria delle Muse a' Secretari santi. Cosi avverra che in tomba anche sepulto Chiaro nome tu goda , e tu non piagna Sul freddo Lete a bella fama occulto . DI LUIGI ROSSI. I 55 Come Taom die di callo si magagna CoUa zappa le niani, e della dura Sorte, die gli avi a lui lasciar, si lagna. Molti d' Antioco nelle regie mura , Mold d'Alevo Re schiavi e serventi Partian il mestrual vitto a misura : Molti un giorno agli Scopadi poteiiti Mugolavan giovenchi entro le stalle 111 un con gli altri ben cornuti armenti : E a' Creondi ospitali in lungo calle Immense greggie a' pasclii estivi, e al rezzo Gian co' pastor per la Cranonia valle. Ma di tanti agi or nullo avrian da sezzo Piacer , poiche la dolce alma versaro Nella gran barca dello Stigio lezzo ; E senza que' tesor , die abbandonaro , Senza gloria , per secoli perenni Starian fra 1' ombre meste in lutto amaro , Se il gran Vate di Ceo corde solenni Tenipraiido a vario canto , i nomi e i raerti Giugner non ne facea , da morte iwdenni , A' nepoti pill tardi. In corsa esperti Anco ebber gloria i lor destrier, che ornati Da' sacii agoni ritornar di serti. E clii di Licia i Prenci od i diioniati Figli di Priamo , e chi a fanciulla pari Cigno per bianche gote , avria nomati , Se pe' poerai non sonavan chiari Gli antichi fatti ? Ne di error d' Ulisse Per cento mesi e veiiti in terre e mari , Ne il viaggio di lui , pria ch' ei morisse , Deir Oreo in fondo , ne saria che canta Per diuturna fama ancor s' udisse 1 56 roiLLIO XVI DI TEOCRTTO La fuga sua , del fier Ciclope ad onta , Da chiuso speco ; e fora Eumeo , custode Di mandrie , igiioto , e iiitoruo a' buoi la pronta Cura del buon Filezio , ed anche il prode Cor di Laerte ; ma da obblio gli escluse Del Meonio cantor la cliiara lode. Gloria imniortale all' uom vien dalle Muse. Le dovizie de' morti e la fortuna Soglion per man de' vivi andar profuse. Ma pari opra sarebbe ad una ad una L' onde sul lido misurar che il vento Dal glauco mar sospinte a terra aduna , O del fonte lavar col puro argento Iramonda pietra ; e un uom frenar , cui rio Macera e sprona di lucrar talento. Per me , chiunque e tal vada con Dio , Abbiasi innumerevoli tesoi'i , E il preraa ognor di trasricchir desio. lo r amista dcgli uomini e gli onori A molti anteporro muli e cavalli : Cerco di chi sperar posso i favori , Dalle Muse scortato. Aspri gia i calii De' Vati son , se a lor della canora Prole di Giove Re 1' aita falli. Di condur mesi ed anni il ciel finora Stance non e : trionfal coccliio , parrai , Molti corsieri andran traendo ancora. Sorgera pur quell' uom , che de' miei carmi Abbia mestieri , un giorno osando quello Che il raagno Achille , o Ajace altero in armi Fe' in val di Simoenta , ove 1' avello Sta d' Ilo Frigio. Ecco i Fenicj , ch' hanno Nel tallon della Libia ultima ostello DI LUIGI ROSSI. I $7 Sotto il cadente sol , tremanti stanno ; Ecco mezz' aste i Siracusj , onusti Degli scudi di sake , a imbrandir vanno ; E s' erge armato in mezzo a que' robusti , Con cresta da criniere equine ombrata , Geron sembianle a' prinii Eioi vetusti. O Giove , eccelso Padre , e tu adorata Minerva , e tu , die con tua madre in sorte Hai , vergin Dea , 1' ampia citta fondata Dei fastosi Efirei lungo le morte Linfe Lisimelee : deh da que' porti Pel Sardo flutto inesorabil sorte Mandi i barbari a' figli e alle consorti , Avanzo numerabile di stuolo Grande , a narrar d' araici assai le morti. Poi come in pria , quante cittadi al suolo Cadder spianate dalle man grifagne, Ricetto a' prischi abitator dian solo. Questi le verdi a coltivar campagne Tornino , e in prati gai quivi pur anco Belino a mille a mille errando 1' agne. Senza numero al par correndo in branco Verso le stalle e tori e vacche insieme Spronino a fuga il passeggiero stanco. Lavorati ad accorre in tempo il seme Sieno i maggcsi ai di , die la cicada , Deir arbor chiusa tra le frasche estreme , Stride , e sul pien meriggio a' pastor bada. Su r arme il sottil vel 1' aragna spanda ; E in obblio pur di guerra il nome vada. Di Geron 1' alta gloria in ogni banda Spargaiio i Vati , oltre di Scizia il flutto , Sin dove il vasto mure , opra aramiraada , l58 IDILLIO XVI DI TEOCRITO, eCC. CoUegato all' asfalto, ebbe costrutto Semiranii Reina. I' son de' tanti Cari alle Dive vergini , e che tutto Pongono il senno a celebrar co' cauti La sicula Aretusa, e il popol fido, E di Geron Re bellicoso i vanti. O Grazie , o Dive Eteoclee , che il nido Del Miniese Orcomeno diletta , A Tebe un giorno abbominoso lido : Se non m' invita alcuno , e non m' alleita , In pace io rimarrommi ; a chi m' invita Franco io n' andro coUe mie Muse in fretta. Ne gia senza di voi far6 partita. Senza le Grazie e qual raai cosa in fine Ad uom mortale esser potria gradita ? Deh stian sempre le Grazie a me vicine. IDILLIO XVII, ENCOMIO DI TOLOMEO. i5 iiicominci da Giove , e in Giove ancora , Muse , finiam , qnando da noi col canto DegF immortali il Massimo s' onora. E Tolomeo fra gli uomini altrettanto Al principio s' esalti , al mezzo , al fine : Che su gli uomini tutti Ei solo ha il vanto. Nati da Semidei, di peregrine Geste autori gli Eroi dell' eta prime , Cantori egregi ebbero in sorte alfine. E a me gia esparto di eleganti rime Per Tolomeo qua un inno intesser giove. Son gl' inni anco agl' Iddii gloria sublime. Ma pari al tagliator , che i passi move Su per r Ida selvoso , e aggira i lumi Cercando all' opra onde por mano , e dove , Che pria dir6? Convien che il di consumi, Se i niille e mille eccelsi fasti io schiero, Che all' ottimo fra i Re largiro i Numi. [6o roiLLIO XVII DI TEOCRITO Tra i suoi Padri , oh qual fu pei fatti altero Di Lago il figlio , die il disegno in mentc Ne ordia plii ratto dell' altrui pensiero. Lui de' beat! Iddii I' Onniposseiite Voile consorte , e nell' Olirapia Ptcggia Magion gli fu costrutta , aurea , eminente. Al suo fianco Alessandro ha pur sua seggia , Amico a lui , ma Nume acerbo ai Persi ^ Cui screziata mitra il capo ombreggia. Nella parte , a cui stanno ambo conversi , £ posto il trono in adamante pretto D' Ercole il tauricida , u' co' diversi Cittadini del Ciel stassi a banchetto , E pe' nepoti de' nepoti ei gusta Soave air alma singolar diletto ^ Perche Re Giove da vecchiezza adusta Gli assolse , e nome ban d' immortali entrambi Misti de' Numi alia famiglia augusta : E come fu progenitore a entrambi II valente Eraclide , or si col forte Ercol son pure annoverati entrambi. Quindi un di che da mensa ei , sazio a sorte Di nettare odoroso , si recava Alia magion di sua cara consorte , L' arco all' un d' essi , e il turcasso che grava II manco lato ; e all' altro in mano ei diede La sculta a nocclii sua ferrata clava. Quindi ad Ebe recar Candida il piede L' armi in sua stanza , e la condur lo stesso Avo figlio di Giove hanno in mercede. Oh qual fra le Matrone onor del sesso L' inclita Berenice anco splendea , Raro tesoro a' genitor coucesso ! Di LUiGi nossi. i6r Ben r odoroso seno a Lei la Dea , Che figlia cli Dioiia in Cipro impera , Colle morbide man stampato avea. Peru faiua e fra noi, clie indaino spera Tanto ad uomo piacer sposa giamniai, Quanto amo Tolomeo la sua mogliera ; E ii' era ei si piii riamato assai : E gia secure della propria prole Tutti ad essi gli aver confida oraai , Quando amante consortc al casto vuole Letto salir della consorte amante. Ma rea moglie il marito amar non suole ; Sempre ha nel cuor 1' infida altro serabiante , E se agevoli i parti a lei pur sono , Non al padre la prole e somigliante. Dea , die su 1' altre hai di beltade il trono , Alma Ciprigna , a Berenice ognora Fosti custode , e per tua grazia e dono JVon varco 1' atro Stige in 1' ultLm' ora : Rapisti tu la bella Donna, avanti Che pur giugnesse alia dogliosa gora , E al rio de' morti navichiero innanti , Per qui locarla nel tuo tempio , e a parte Porla tu stessa degli onor tuoi santi. Grazie a tutti i mortali ivi comparte , E molli affetti inspira, e ne concede Agevoli d' amor le cure e 1' arte. Tu , Argea di nere ciglia , un Diomede Sterminator d' eserciti , a Tideo , Tu partoristi il Calidonio erede. £ partori all' Eacide Peleo Tcti dal colmo seno Achille arciero. Al par degna, o guerrier gran Tolomeo, Vol I. P. JI. a I 162 IDILLVO XVII DI TEOCRITO Te Berenice a Tolomeo gueniero ; E Coo te <)al materno alvo I'accolse Quando uscisti a vedere il di priiniero. Pojche quivi a Hitia , die il cinto sciolse , D'Amigone la figlia un grido mise Dalle doglie gravata , e i prieghi volse. Allor la Dea benevola s' assise Tosto al suo fiance , indi nel corpo tutto Qiiiete soavissima le mise. Simile al Padre allor si amabil frutto Nacque , e Coo vagheggiollo , e sclamo forte , Con blanda mano accarezzando il putto : Sii fausto, o pargoletto, e quella sorte , Che alia cerulea Delo un di rendea II divo Apollo , il tuo natal m' apporte ; E al par di Triope il coUe onora e bea ; Ed ama i Dori del vicino lido , Come il bnon Rege Apollo amo Renea. Si r Isola parl6. L' aquila , il fido Di Giove augel , dall' alto in suon propizio Tre volte die tra iiube e nube un grido. Tal fu di Giove il manifesto auspizio. Cura e di Giove il Regio augusto pegno : Grande e chi piacque a lui dal primo inizio. Moke dovizie dietro a Re si degno Vengon seguaci ; egli su molti liti , Egli su molto mare estende il regno. Terre infinite e popoli infiniti Gran ricolti gli dan dalla feconda Pioggia di Giove in lor stagion nudriti. Ma il basso Egitto piu d' ogn' altra sponda Vanta ubertade allor, che le palustri Glebe a stemprar , que' campi il Nilo innonda. DI LUIGI ROSSI. 1 63 N^ tante altri ha citta d' artieri iiicliistri : Entro i tlominj suoi fur gia costrutte Ben tre centurie di Cittadi illnstri ; Trentatreraila ancor del pari instrutte , Poi trentanove aggiiinte a tanta copia; E il raagno Tolomeo regna su tutte. Con altri la Fenicia in parte ha propia , In parte Arabia e Libia, e 11 Sirio suolo, E i bruni abitator della Etiopia. Solo a' Pamfilj tutti ; al prode stuolo De' Cilici , alle Cicladi , al pugnace Cario , al popol di Licia inipera ei solo. Sue belle navi il mar scorrono ; e in pace Cosi la terra a Tolomeo , gli alteri Fiumi sonanti , e tutto il mar soggiace. Chiusi in lucido arnese assai scudieri , E cavalieri assai splendongli intorno : Vince in tesori ei sol chiunque ha Imperi ;, Cotanti all' auree soglie in ciascun giorno Ne veiigon d' ogni parte ; ed ai lavori Stan le genti tranquille in lor soggiorno. Non mai svegliando bellici fragori Gill pel pescoso Nil vien tiirba ostile Pedestre su 1' altrui ville ; ne fuori Salta verun da celere navile , Cingendo usbergo , su 1' Egizie gregge Pel lido a disfogare ingiusta bile. Tal le vaste pianure un uom protegge , II biondo Tolomeo , die per ventura Sa ben come la lancia in man si lejraie. CD Ei la patex'na eredita procura Tutta serbar , come a buon Re conviensi ; Poi con acquisti d'aumentarJa ha cura. 164 IDILLTO XVII DI TEOCRITO Nc pero r oro entio i palagi imraensi , Qual si vedc giacer delle operose Formiclie la dovizia , inutil tiensi. Molto n' han degl' Iddii le gloriose Are , cui suole in uu con altri doni Le piimizie offerir di tutte cose; Molti sen danno ancor be' guidcrdoni Ai valorosi Re , molti pur anco AUe Citta , molti agli amici buoni. A' sacri agon di Dioniso unquanco Non viene un solo , clie con note argute Ad intonar be' cantici sia franco, Cui premio eguale al merto si vifmte. Delle Muse gl' interpreti pertanto Di si rara benefica virtute Aman far plauso a Tolonieo col canto. E die di piu braraar puote uom beato , Che tra gli uomini aver gran nome e vanto? Questo intero agli Atridi e ognor serbato ; Mentre le innunierevoli ed opirae Spoglie , raccolte il di , die lor fu dato Predar di Priamo la niagion sublime , In erma parte , onde tornar non lice , Caliginosa oscuritade oppiime. L' orme degli avi ei sol con pie felice , Calde in la polve ancor , pareggia e pi-eme ; Egli al Padre e all' amata Genitrice Pose olezzanti templi , c quivi insieme Ambi loco d' avorio e d' or parventi , Ad ogni uom di quaggiii tutela e spemc. Molti di pingui buoi lombi cruenti A certe lune abbrostolisce ei stesso, E sua moglie con lui, su Tare ardenti. DI LUIGI ROSSI. r6.S Donna cli lei migliore in dolce amplesso Sposo non strigne entro regal cortina : Di cor lo sposo ama, e il germano, in esso. Tal fu il connubio ancor clella divina Coppia di Numi , die del ciel sovrani Rea partori d' Olinipo alma Regina. Quivi un sol letto a he' liposi arcani Di Giove e di Giunone Iri fornio , Vergine Dea , con profuraate mani , Salve , o Re Tolomeo : te ognor vogl' io Laudar co' Semidei ; ne all' eta nuove Canne , io spero , diro degno d' obblio. Tu serapre implora la virtii da Giove. TllO II, I I, I'll'/ !■}■( / / //. < Ar/ nr 7,nt.'f*nA x^A.ne&^ru-rii ^/a-. f 3" = - t— 1 . 2 • 3 • • • « //(/( anw) ' indicando con e la base dei suddetti logaritmi , e con tt la semicircon- ferenza. Di qui si deduce che la serie va successivamente accostandosi ad una progressione geometrica il cui rapporto sia ez , e che dessa e sempre convergente quando z<±c. DI FRAN'CESCO CARLINI. 1 69 4. II limite z = — | 6 il valor minimo dclla funzione xlx , al di- sotto del quale I'equazione xlx = z non ha piii alcuna radice reale; ill questo caso luia quantita inimaginaria , e necessariamente della for-^ ma a -<- b/— i , ci viene rappresentata da una serie di termini tutti reali, ma divergenti. Questa apparente discordanza non e gia un as- surdo , poiche dovendosi nelle serie di tale natura considerar sempre un ultimo avanzo , la parte iramagiiiaria sara necessariamente cora- presa nell' avanzo medesimo. 5. Che se vorrerao il valore di x sotto la forma indicata di a-^i/— I, potremo ottenerlo ncl modo seguente. Pongasi a = p cos «., b=psinc(, sara x = p{cosa-t-i/(—i)sina.}=pe ^ ,. e lx = lp-*-a^—i. Sostituendo questi valori nell' equazione z = xlx , sara z=p{cosa-»-l/(-l)5i«a} {/p-t-ai/-i} =p{lpcosa,-a,sina.}-^p{a,cosx-*-lps'ma.}\/-l. Siccome si suppone che z sia quantita reale , dovra annuUarsi ci6 che moltiplica la j/— i , e quindi sara Ip = — a, -. — , p = e '"""•, e so- , , cos^a . , P* 1/ \ I * * Stituendo z = — p(a -. »- a 5m a) = ^ — , l( — z) = I -. • ^ ^ sill a ' siri a, ^ ' sin a tan a Trovato che si abbia il valore di a dato da quest' equazione trascen- dente , si avra a a ai/-i "'vi~'^)~7ZrZ ~ T^IiTrit // \ ■ 1 zsina a\/-i X = pe ^ = e tana^ ^ "'"«{coia-t-t/(-i)ima} = e *^ ■ Siccome niente Umita in queste operazioni il valore di z , e chiaro che con esse si troveranno non solo le radici immaginarie dell' equa- zione xlx ^ z quando, essendo z<— |, non ve n' e alciuia di reale, ma ancora le radici immaginarie in numero infinite , quando 1' equa- zione stessa ne ha una o due di reali. 6. Sia , per esempio , data da risolvere 1' equazione x* = | , od ac/x = — 1 ; essendo /(— 2) = o, avremo subito per determinare a r equazione I -. — = . II piu piccolo valore di a che vi sod- * sin a tan a, ^ ^ disfaccia e a, — 76° 87' 4",65 = 1,3372356 in parti di raggio. Vol.. I. p. n. aa 170 SOPRA. ALCUNE FUNZIONI ESPONENZIALI Di qui si deduna facilmente il valore di x con una di queste espressioni ^^ ««a^a|/-i^ o /a^ = a(-cota + /-i) = -o,3i8i3i4*i,-3372356i/~i: Supponiaitio , per recare uu secondo esempio , die sia a = 180*' — (u = TT— o, presa per w una quantita infinitesima, avremo Ix = ( T — 0)) (cof w -<- l/— I ) , xix = z= ■■ — e =—00, ^ ' ^ ' ' sill o II supposto \alore di x sara dunque una delle radici iramaginarie deir equazione .x Z x = — 00 , o sia x" = o. 7. In vece del valore di x recato al § 2, puo trovarsi per mezzo d' una serie egualmente regolare quello di I x. A tal oggetto nella equazione xlx = z pongasi Ix =^ 11, sara we" = z , e diflferen- ziando -^ = eHi -^-u), z — (u-*-i) — u — o. da ^ ' dz^ ' Prendiarao era jt = z -^ az -»- hz^ ■+■ cz'^ ■+■ ecc. , avremo -^ = i -♦- 202 -i- 3is*'-t- acz^ ■*■ ecc. dz ^ z(u -t-i) = z-t-.z^ -t- az^ ■+• bz^ -t- ecc. Moltiplicando fra loro queste due ultime serie e sottraendo dal pro- dotto la prima , risultera V equazione z -*- 2az^ -t- Zbz^ -t- 4C2'' -H bdz^ tt- ecc. — z -H z* -t- 2az^ -♦- 362"* ■+■ ^cz^ ■+■ ecc. — az^ •*• az^ -*-2a z'*-t-3a6z^ •*■ ecc. — bz^ H- bz'^ ■*-2abz^ ■+• ecc. / r— cz^ -H cz^ -t- ecc. dalla quale si deduce — dz^ ■+■ ecc. -4-, ecc. a-4-i=o a = — 1= — — I 2fe-»-3a = o b = -*• -=-♦- — 3 7 " a 8 ' 4"* oc-«-4o-»-2a=o c = — 3="" 7:^ Ad -*' 5c •*• Sab = 0 c? = -)- — = -*- — r— ^ 24 I-20'4 ecc. , DI FRANCESCO CARLINI. I7I e nnalmente u = Ix = z — — z -*- — z' — — ^ z^ -«- ecc. 8. Se ci sarii data requazione piii generale r'"Zx = z , ci bastera sosti- tuire neir espressione precedente x" iu luogo di a; , ed mz in luogo di z , ed avremo mix = mz rnz^ -*- — m^z^ — ecc. , 0 I a e dair espressione del § 2 x" = 1 -f mz mV-* mh^ — ecc. , z — — mz -•- — m z^ — ecc. e finaLuente x = e ^ ' ' ^ , ii-!<, (I -am)' _, (i-3m)^ 3 = I -t- — z H 2 * — z^ •»- ecc. 1 1-2 I • 2 • 3 Se poi fosse da risolversi 1' equazione x'"" = y, od mxlx = z , si avrebbe pure con una semplice sostituzione 02 12 2 2^ X — iH . ^ — -. — — ecc. 1 in I • 2 ffi I-2-3 m' Tutte le serie qui riferite , quando z e quantita raolto piccola , ser- viranno a trovare con sufficiente approssimazione il valore di xi, e viceversa , quando z oltrepassera il limite altrove indicate , si avra un mezzo per arrivare alia somma delle serie stesse risolvendo per tentativi un' equazione trascendente. 9. La funzione x"" puo anche esprimersi da e*'*, ossia per serie da X Ix x\lxT x\ Ixf I 1-2 1.2-3 ' e da questo svolgiraento il succitato Bernoulli dedusse 1' integrale /xVx. Essendo in generale /"(/x;Vx = ^[(/.r)"- £^(/xr'* ^(/xr-ec] , fatto successivamente n=i, =2, =3, ecc. ed eseguite le sostituzioni, si trova fx^dx = {± - 1, ^ ^ - £^ ^ ecc. ) xlx/x x'^ x^ X^ \ (xlxY/x x' x^ x" \ •*• ecc. aenia costante, se si vuole die Fintegrale s'annuUi quando x = o. 172 SOPRA ALGUNE FDNZIONI ESPONENZIALI ro. Questo stesso metodo fii facilmente esteso alia funzione pid generale X ax= / 1 1 •*• — 1 -4- ecc. I e si ^ trovata la formola fx""'clx = (^ ^ •*- "^ ecc. \ xlx/mx m'a:* wi'ar' \ -*- ( — r :t7- •> 5- — ecc. I -*- ecc. Di qiii deriva I'integrale preso da x = o ad x = i I m m m^ I 2 33 4^ Colla stessa serie si puo aver 1' integrale da a; = o fino ad x =■■ ad una quautita qualunque fiiiita , giacche calcolando un numero suffi- cieiite di termini si giunge sempre al punto in cui la serie diviene convergente. II. Sapponiamo che si voglia quest' integrale esteso fino ad x = e, essendo le = i , avremo il seguente valore A X ax = r •*• -^n z- -*• ecc. "'"dx = e I -4- me* m'e' -t- m'e" 4^ ' 1.3' 1.4^ '■ i.>3- 1.2.4^ / I.2-3-4' che , raccogliendo le colonne verticali , si riduce a X ax = € -t- -*- -<- —^ -♦- rr -4- ~ —-77 I -a i.2-3^ i-a-3-4'* I-2-3-4-5* i---5-6^ 6o9g7m*e^ io82322m'e' aaiSyaoim'e' SiaSoigaom"*'" "*" I... 6. 7' "*■ ,...7.8" "^ I.;. 8. 9^ "^ i...9.io'° ■*" ^*^^- 12. L' integrale fx'^^dx =fydx puo anche dedursi da fxdy, es- sendo generalmente fydx = xy — fxdy. Ora nell' equazione x" = y DI FRANCESCO CARLINI. 173 81 ha , come si e detto al § 8 , X — 1 -t- — -i __ — L^ ^ _ L^ __ ecc; sara duiiquc \ m I • 2 ift I-2-3 m^ *• /^dy=y^ ^Jlj dy - j^/ilyfdy ^ -l^/{lyfdy - ecc. Si consideri per ora il solo integrale definito compreso fra i litniti di y = o ed y = I ; sappiamo che in tale supposizione si ha f{lyYdy = rt: I -2 • 3 • • p , fatta dunque la sostituzioae, avremo la serie ,. . . 0° i' a" 3» diverffentissima i — — — -7 — -r— — r — ecc. espressa dall' integrale fxdy esteso fra i suddetti limiti di y , oppure dair unita meno fydx , preso quest' ultimo integrale fra i due limiti consecutivi di x che corrispondono ai due dati valori di y. 1 3. Lasciando da parte il caso di m numero positive, nel quale il valore di x che da j = o sarebbe quantita immaginaria , supponiamo m negativo , e per comodo del calcolo = — r , sara la serie o^r — I V* H- aV^ — 3 V -♦- 4V5 — ecc. = fx' ~dx da a; = i ad x = os. La formola del § 10 ci da questo integrale da zero fino ad un nu- mero dato , per esempio fino ad e , ma non potrebbe estendersi fino ad X = 00 ; conviene dunque cercare un altro svolgimento adattato a tale supposizione , e nel quale le quantita x e Zx compariscano al deriominatore. 1 4. Essendo x~ ^^ = e ^ '*, si prenda z = Ix , ed avremo da integrare e^dx = e' — dz. Ma poiche in generale jePdz = e'\P -~ "jT "*" "^p" — ^^c.j -<- C , 1 Pzdx , .(dx d^x d^x rf^r \ p avremo nel caso nostro le -rdz = e [-. -ri •*- -j-i — j-? -*-ecc. 1 -*• v. J dz \dz dz dz^ dz'' ) Per facilitare le differenziazioni, poiche dz-= -dx, pongasi 1 •*-lx=p, onde si abbia -7- = — — , dz p con ci6 si trovera successivamente dp I di - x' dp __ dp dx r_ _ dz ~ dx dz ~ px^ 174 SOPRA ALCUNE FUNZIONI ESPONENZIALI ^ — ^ ^ — _ '■' «?;■' p' dz xp'^ - dz ~ v\y' "*" 7;^ j cfc» x^ \pi "^ /'Vrfi "*" x\p" "*" 7;^ j^ — "pVf "*" 7^ "^ pJ dz^ x^ Vy "^ />' "*" pv,>/>ri;iv/i/ii/ii i/if// iy///r^i)>//r i/-,r — -- — ' ! 1 1 1 \ ■ — >:t <>:i . i>^ t>j t>,<' t>,j t>.ll tf >/ /.<■ (/ /,? <.' i.i 1,1 !,'• I- '!• 'o ■•'■ DI UNA STAGGIA A LIVELLO STROMENTO GEODETIGO DIRETTO A FARE SBIULTANEAIVIENTE LE LIVELLAZIONI E LE mSURE ORIZZONTALI oi ERMENEGILDO PINI. IM ELLE livellazioni ed in altre operazioni geodetiche richiedesi die si misuriiio le distanze di diversi punti orizzontalraente. Ora il pren- dere misure orizzontali e lo stesso die livellare , poiche a tal fine conviene formare linee orizzontali; e queste non possono deterniinarsi se non per mezzo di nn livello applicato ad un' asta o staggia ben diritla, che possa presentare la posizione orizzontale di una linea : e non avvi altra differenza tra la livellazione e la niisurazione orizzontale , se non die quando si ha in vista soltanto di misurare le distanze, non si calcolano le altezze corrispondenti ad ogni tratta misurata. Che se le linee di misura fossero veramente orizzontali , e vi si potessero esat- tamente conoscere le rispettive altezze dei due punti estremi di ciascuna tratta, e queste si notassero, sarebbe fatta colla stessa operazione la misura ricliiesta e la livellazione. Sarebbe pertanto molto utile uno stroraento con cui si conseguissero simultaneamente e fadlraente i due fini indicati, e questo e quello die io propongo , diiamandolo Staggia a livello. L' uso di tale stromento l8o DI UNA STAGGIA A LIVELLO e diretto raasslmaraente alle operazioni di geonietrla sotterranea , die sogliono presentare raolte difficolta , ed alle livellazioni nei terreni montuosi , le quali generalmente non vi si possoiio eseguire se nou ill piccole tratte successivamente misurabili , per cui altri stroraenti , come il teodolite , nou vi possono avere un coniodo uso. La staggia a livello , quale e abbozzata nella Tav. IV, fig. Ill , e cora- posta di due aste ben diritte ur, ta tra loro connesse , e munite supe- riormente di un livello a bolla d' aria 77? , la quale 6 sostenuta oriz- zontalmente da due aste verticali AH, Xh, suUa prima delle quali si puo misurare la differenza di livello dei due punti A , r del terrene corrispondenti alle due estremita ut , ar della staggia. Come que- sto stroraento si debba costruire ed usare sara da me brevemente esposto. La staggia dev' essere costruita in modo che si mantenga costante- mente diritta. A tal fine si sgrossino due aste di legno di noce di fi- gura rettangola , ciascuna delle quali sia lunga due od al piu tre metri, ed abbia un lato di tre centimetri , che chiaraeremo I'altezza ; e 1' altro di due centimetri , che sara la grossezza. Si facciano esse disseccare al forno; e dappoiche saranno ben sec- che, si squadrino esattamente. Queste di poi si uniscano tra loro con tasselli di legno duro fatti a coda di rondine , ed in modo che esse sieno esattamente parallele, come vedesi nella fig. I, in cui e rap- presentata una porzione della staggia colla grossezza ed altezza pre- scritta, e con un tassello VZZ'T. I tasselli si replicheranno alia distanza di circa due decimetri tra loro , e si fisseranno con chiodetti di ottone : e giovera porli alterna- ti\ amente 1' uno da una parte della staggia , e 1' altro dall' opposta. Cosi si avra una staggia composta di due aste tra loro connesse , la quale non sara soggetta a torcersi nella direzione della sua altezza, poiche cio viene impedito dalla resistenza che oppongono i tasselli. Solo potrebbe incurvarsi nella direzione laterale secondo la lunghezza; il che pero non produrrebbe che una piccola diminuzione della sua lunghezza , la quale sara trascurabile , ed al caso vi si potra fare la debita correzione. DI ERMKNEGILDO PIM. l8l Pel" assicurarsi maggiormente che alle variazioni dell' atraosfera la staejria nou si alteri , giovera darle una vernice di olio di lino molto caldo , ed in seguito di gemma coppale. Sul piano superiore BCD {Tav.IV,fig.I) della staggia si fissera un livello a bolla d'aria alia disianza di circa sei deciraetri dal suo priiicipio AB ; e questa parte, a cni e vicino il livello, si chiamera testa della staggia , per distinguerla dall' altra sua estremita , che chia- meremo coda. Sul piano stesso si segni una divisione in dccimetri. Le due aste , che devono servire di sostegno della staggia , sieno parimente di legno di noce disseccato al forno. Ognuna sia rettango- lare ed alta circa un metro e mezzo ; le altre due dimensioni sono indicate da AB', B'C nella fig. II. Le estremita di queste aste sieno munite di una lastrina di ottone ab per impedirne il consumo nell' u- sarle, e la stessa cautela si abbia anche per la staggia. Di tali aste una deve servire per misurare le altezze , e pero essa si dividera , cominciando dalla sua base , in decimetri e centimetri. Per avere le frazioni di centimetre s' investira in essa un nonio. Nella fig. II e disegnata a mezza prospettiva si una parte dell' asta , che il nonio , cd in grandezza reale AB'C'G'H"E" e una porzione deir asta. FAICEN e una bussoletta di ottone scorrevole pel lungo deir asta , su della quale e segnato il nonio LKHN. Al cominciamen- to o del nonio e saldato sul lato NECB un bracciuolo NEPS, che e destinato a sostenere in certi casi la testa della staggia. Nel fiance FABG della bussoletta e una finestra MIKL,per\a quale si vedono le divisioni segnate suU' asta AB'H'E", e 1' incontro delle divisioni del nonio coi centimetri : ed affinche tale incontro sia piii marcato , la porzione LtrK del nonio e smussata. Nel lato della bussoletta opposto al nonio e una vite a pressione, per mezzo della quale essa si ferma a quell' altezza che livellando si trova. Siccome la staggia , allorcli6 si adopera, dev' essere sospesa alle due aste, la qual sospensione e indicata nella fig. Ill dalle rette mn, mn, percid nel piano NBCE della bussoletta {fig. II) si fissera un brac- ciuolo uncinate YZF di ferro ; e la sua posizione sara tale , che la distanza del punto di sospensione Z dal piano BCEN sia eguale alia Io2 DI UNA STAGGI;V A LHTLLLO meta della grossezza della staggia, die nella figura stessa e presentata come sospesa al bracciuolo indicate. Uii simile bracciuolo si applichera ad un' altra bussoletta piu piccola e senza divisioni , la quale s' investirii sull' altr' asta die serve di so- stegno della coda della staggia, e die cbiameremo sussidiaria. AfHiiclie le liiiee di sospensione diano alia staggia cjuella posizione die ricliiedesi per conseguire lo scopo di questo strumento , conviene nella parte superiore di essa fissare un occhiello T (Tav. ir, fig. I) di ottone , il quale sia distante dall' estremita BC la meta della grossezza B'C deir asta (fg. II}, e sia nel mezzo della grossezza BC (fig- I)- A questo occhiello si annettera una catenella die all' altra estremita abbia un uncino ovvero un anello , e quella sia tanto lunga , die la sua lunghezza unita all' altezza iVX della staggia (^^. //) faccia riuscire il bordo inferiore NE della staggia stessa al principio LN del nonio. Un simile occhiello si fissi alia coda della staggia , e cost questa potra essere sospesa alle due aste. Per far uso di questo strumento richiedonsi due operatori , ogiiuno dei quali porta una delle due aste. Quello che porta 1' asta fornita del nonio tiene costantemente la testa della staggia, e si chiamera Vosser- vatore ; 1' altro che ne tiene la coda sara 1' ajutante. Suppongasi che si abbia a misurare e livellare una tratta che co- niinci dal punto A {fig. III). L'osservatore appoggia presso a poco ver- ticalmente a tal punto I'asta, e vi sospende la testa della staggia. L' ajutante appoggiando 1' asta diritta sul terreno vi sospende la coda della staggia ; e l' osservatore riduce questa presso a poco orizzontale guardando la bolla d' aria del livello. Essendo la staggia sospesa libe- raraente , essa prendera una situazione che sara in un piano verticale ; ed allora ognuno dei due operatori ridurra I'asta ad avere il suo bordo EA, VH coincidente colle estremita tu, ar della staggia ; e te- nendola in tale posizione fissera sulla linea dell' operazione la base dell'asta: nel qual modo sara fissata sul terreno nei punti A, V una lunghezza eguale a quella della staggia. Per avere la differenza di livello dei due punti A, V, gli opera- tori faranno ( se gia non combaci ) combaciare il piano dell' asta col DI ERaJENEGlLDO PIM. l83 conispondente piano della staggia ; eJ allora 1' osservatore abbassera od alzera la bussola foriiita del nonio , finclie vegga che la bolla d'aria del livello sia nel mezzo del tubo. Allorche egli ci6 osservera , fermera colla vite la bussoletta, e riconoscera 1' altezza segnata suU' asta dal bordo inferiore ta della staggia. La differenza tra quest' altezza e Taltra corrispondente segnata nell' altr' asta sara la differenza di livello dei due punti della tratta misurata. Se , per esempio , 1' altezza At e di un metro e sette centimetri, e I'altra Va e d'un metro, sara il punto V pill elevato del punto A di sette centimetri. Terminata la livellazione di una tratta o stazione , sara da conti- nuarsi in altre progredcndo dal punto V, si segneranno sul terrcno i punti A, V, quindi si seguiterii 1' operazioiie come si fece nella prima. Per maggiore facilita e comodita di operare giova il fissare suU' asta sussidiaria XVh {Tai^. IF, fig. Ill) una determinata altezza Fa, a cui debba giugnere il bordo inferiore at della staggia allorche vi e so- spesa. Quest' altezza Fa puo essere di un metro ; ed allora , essendo questa costante in tutte le tratte, si avra in ciascuna la differenza di livello dei due punti dalla differenza tra un metro e 1' altezza che si trovera nell' asta fornita del nonio. Nei terreni montuosi puo risparmiarsi I'asta sussidiaria Fh , poiche la coda aS' della staggia puo comodamente essere appoggiata imme- diatamente sul terreno stesso, cioe sul punto piii elevato della tratta, come sarebbe nella fig. Ill il punto F. Allora I'elevazione del punto F al disopra del punto A sara indicata dall' altezza che si trovera nell' a- sta fornita del nonio. Pel caso in cui non si fa uso dell' asta sussidia- ria , conviene osservare che per mantenere una certa fermezza nella bussoletta FABC {fig. II) si e conservata alia sua estremita inferiore una fascia FMNQ , la cui altezza NQ e la distanza dello zero del nonio dall' estremita inferiore della bussoletta. Quindi pel caso in cui avvenga che la differenza di livello dei due punti di una tratta sia minore dell' indicata distanza , converra aver in pronto un tassello tanto alto quanto e I'accennata distanza per sottoporlo alia coda deUa staggia ; altrimenti converra usare 1' asta sussidiaria. 184 DI UNA STAGGIA A LIVELLO , ecc. Se nel livellare avvenga die una tratta sia meno lunga di quel die sia la staggia, questa, in vece di sospenderla alia bussoletta GBCE ( Tav.IV,Jig. II), si appoggera al bracciuolo piano NEPS annesso alia bussoletta stessa , e si osservera siilla staggia quale sia la lunghezza della tratta. Le ragioni delle operazioni prescritte per 1' uso del descritto stro- mento si possono facilmente rilevare dalla sua costruzione : e quando esso si avrk da usare , converra aver 1' attenzione di verificarne tutte le sue parti, e massimamente il livello e la rettitudine della staggia. Allordie I'operazione si fa da due sole persone , 1' osservatore nota e scrive le dilTerenze di livello dopo di aver distaccata la staggia dall'a- sta, ed intanto I'ajutante si porta colla staggia all' altra stazione, alia quale viene di poi 1' osservatore per contiiiuare le operazioni. Queste per6 si corapiranno niolto piu speditameiite se saravvi un terzo ope- ratore, die chiaraeremo computista, il cui ufficio sia di notare le dif- ferenze di altezze die si troveranno, ed altre circostanze die nelle livellazioni occorrono di rimarcare. Allora non sara sempre necessario di staccare la staggia dalle aste , ma ritenendovela attaccata potranno i due operatori portarsi con essa alle stazioni seguenti , e livellarla nel mentre die il computista fara le opportune annotazioni. Nella proposta nianiera di livellazione potra facilmente avvenire qualclie piccolo errore in ciascuna tratta ; ma non percio esso sara moltiplicabile pel nuraero delle tratte livellate , poiche non e verisimile die r errore sia costantemente nello stesso senso , cioe o in piu o in meno : onde deve intervenire una certa compensazione, per cui il risultato sia da riguardarsi come abbastanza esatto. •s K ..kl > r> " o — DJSI BASTIMENTI A REMI DA GUERRA composto dal poeta ateniese Archimelo (*), il quale fu rimunerato da Jerone con mille nioggia di frniuento portato ad esso in Atene. L'epi- gramma uon ci porge la minima idea di tale costruzione , ne suUa circostanza di aveila fodcrata di fogli di piombo, die corrisponde all' o- dierna piatica di fodeiarle di fogli di rame, Quella pratica si tenne aiiclie dai Romani. Abbiamo da Leone Battista Alberti ( De re cedific. , lib. V, cap. 1 2 ) che alia meta all' incirca del secolo XV si cavo dal fondo del lago di Nemi una nave dei tempi di Trajano , la quale in tredici secoli da che giacque sonimersa non aveva punto sofferto nel legnarae di pino e di cipresso del quale era fabbricata ; che il suo fasciame ei'a coperto di doppia tela di lino catramata , sopra la quale avevano fermato fogli di piombo con chiodi di rame. Aggiungero che fu proposto in Inghilterra verso la fine del secolo XVU di foderare le nayi di fogli di piom})0 in vece di asse: nietodo che non fu adottato, preferen- dobi quello di foderarle con fogli di rame , ora univcrsalmente praticato. 8. Tolomeo Filadelfo, cui Jerone regalo la Siracugia, era grande araa- tore delle costruzioni navali , ma pare piii per pompa e per soddisfare a questa sua passione di quello che per fame uso nella navigazione. Sempre stando ai- racconti di Ateneo, Filadelfo supero molti regnanti nella ricchezza: tutto cio ch' egli intraprese, lo esegui con molto smdio, e cupido com' egli era di gloria , lo compi con magnifico dispendio. (*) Ecqviis cabulatoruin trausitorumque prodigiosam lianc molein iu terra statait" quali Princeps imlefessis ruiIeiitUius in jiiare detlnxit? Quo modo cariiiis Impactae sunt hae tabulae'! cjua secuii Clavis dolatls iugens lioc sediflcimu perfectum fuit? ^tnoe quidem lioc veitici par est, et cjuideiu ex Insulis Cycladlbui, quas aiiqilectitur Sgaii maris unda Parietibus aeqna latitudine utrimque excelsis : hoc quidem nonnc gigantes Ut ill coelum silii viam patefacereiit fabricati sunt? Carchesio namque sydera tangunt : tboraces Tres hevigati iii hoc riavis ample textu assurgunt Funiluis aiichoiae stabiliuntur , quibus Abydi Xerxes atque Sesti fretum vinxit Declarat iu valijis ejus huiueris uuper sculpta Litera , quis e terra carinam hanc in mare provolverlt Loquitur cnim llicronem Hieroclis filium universse GrsecicE El insulis optuuuMi suae libei-alitatis IVuctum ac niunificuni hunc ostendisse Siciliae regem Doricuui; at Neptune la glaucis fluctibus hoc njvigium serva. \ ni SIMONE STRATICO. t()() Nel numero delle navi supero tutti i Re : n' ebbe due araplissirae di treiita ordini ciascuna : quattro di cjuattordici : due di dodici : tienta di nove : trentasette di sette : cinque di sei : diciassette di cinque : il doppio nutnero di quadriremi , triremi e di eniiolie. Aveva inoltre piu di quattromila bastimend, i quali navigavano alle isole e alle citta del suo iiiipero e della Licia. Non si vede poi quali imprese egli abbia condotto con si numerosa armata navale. 9. Dopo que' tempi non s' incoiitrano nelle storie nominate se non che le epteri e le exeri, ma molto piii sovente le quinquererai e le triremi. Si nota in Jjivio ( XXXVII ) Regiam unam inhalAlis prorsus ma- gnitudinis quani sexdecim versus removam agebant. Del rimauente disccn- dcndo ai tempi di Cesare, di Tito , di Valentiniano , di Comodo, incon- transi nominate le quinqueremi e le triremi : e ai tempi di Leone VIII, detto il sapiente , imperatore di Costantinopoli , si ha ne' suoi libri di tattica la descrizione delle navi a non piii che due ordini di rerai. 10. Per la qual cosa si puo molto ragionevolmente dedurre che le navi a piii ordini di remi siansi trovate colla pratica meno utili alia guerra, ma rimane ancora a sapersi come fossero costruite. Nella terza opinione die si 6 di sopra accennata e troppo facile intendere che gli ordini non fossero distinti in altro modo , se non che col di- videre i rematorl in piii partite. Questa opinione derivo particolar- rtiente dalla distinzione dei nomi che gli antichi diedero ai I'ematori. Chiamarono traniti quelli che remigavano in alto : zigiti quelli a mezzo deir altezza della nave : talamid quelli che vogavano nella piii bassa fila. Questa spiegazione si da chiaramente dallo Scoliaste di Aristofane: ma lo stesso Scoliaste , o un altro , subito dopo soggiunge « Traiiita si chiama colui che yoga a poppa , zigita quello che voga nel mezzo, talainita quello che voga a prua. » La qual raaniera di spiegare questi nomi , per non essere in perfetta contraddizione , puo anche signifi- care che nelle navi a piii ordini di remi aveva luogo la prima distin- zione , e che nelle navi a un solo ordine di remi questi nomi aiida- vano intesi nel second© modo. Vi e una circostanza ancora da notarsi, ed ^ che i talamiti erano meno pagati degli altri , perche essendo piii vicini all' acqua ed avendo a maneggiaie remi piii brevi faccvano 2< f' DEI r.ASTlMENTI A REMI DA CUEURA minor fatica. Giulio PoUuce nel suo Onomastico {Lib. I, cap. IX) scrisse : Jam vero {e^etra Se inoig) ex remoruni orcUnibus consurgit triremis , qui singidi juxta orcUnem noniina sortiuntur , ut bolus primus et secundus et sic ordine. Un' altra lezione dello stesso testo porta ex septem ( i%Ta, ) re- morum orcUnihus consurgit trieris , ecc. , la quale e manifestameiite erronea se non si le2;ga hepteris in vece di trieris. La voce ( ^o/lo« ) bolus , di cui qui si serve PoUuce, significa yacms, emissio, cosicche ( ivioig) significa la parte de4 remi che e dentro della barca , ( j?o/loc ) bolus la parte esteriore dei remi stessi , e cosi la serie tanto interna quanto esterna forma gli ordini dei remi, dalle file dei quali la nave riceve la sua denominazione. 1 1 . Sono poi cosi pittoreschi e precisi i luoghi de' poeti latini per indicare le varie file dei remi poste a varia altezza sopra I'acqua, clic a grande stento si possono torcere ad altro inteudimento. Virgilio nel V deir Encide (t". ii8) descrivendo la pompa e i trattenimenti co' quali Enea giunto in Sicilia voile celebrare la ricorrenza del giorno della morte di suo padre, introduce anche una naumachia , nella quale, oltre alcune altre iiavi , annovera la nave Chimera con questi versi : Ingcntemque Gyas ingenti mole Chimceram Urbis opus , triplici pubes quam Dardana versu Impellunt , terno consurgunt ordine remi. Ne' quali versi e cosi chiaramente iiidicata la disposizione delle tre. file di remi una sopra 1' altra , che le osservazioni da alcuni addotte o suir anacronismo del poeta nel descrivere ai tempi d'Enea una nave ehe fu inventata qualche secolo dopo , o sulla tautologia del triplici versu e del terno ordine, non sembrano di alcun peso: non la prima, perche Virgilio ha descritto un bastimento del quale avevaiio idea gli uomini del suo tempo, e che poteva eccitare I'ammirazione piii che tma barca di piii rozza struttura ; non la seconda , perche il triplici \>ersu spiega 1' azione dei rematori , il terno ordine spiega la disposizione dei remi. Piuttosto e da riilettere sull' ingentemque ingenti mole. , eoUe quali espressioni indica il poeta come la trireme fosse uuo de' miig- giori bastimenti da guerra de' suoi tempi. Lucano ancora nel lib. Ill ( V. 529 ) descrivendo Ijj battaglia navale di Bruto nel mare di Marsiglia ha i scguenti versi ; DI SIMOXE STRATICO. 201 Cornna Romance classis valuloeque triremes , Quasque quatuor surgens extructi remigis ordo Commovet , et plures quae mergunt aequore quinis. E descrivendo la nave montata da Bruto ( Lib. I/I , v. 5o5 ) Celsior at cunctis Bruti prcetoria puppis Verberibus senis agitur , molemque pro/undo Invehit , et sumniis longe petit cequora remis. I testimonj di poeti filosofi, cjuali furono Virgil io e Lucano, debbonsi avere per voritieri , e se a Virgilio si fece accusa per aver descritto ai tempi d' Enea la trireme die non era stata per anco inventata, noa si piio dare questa taccia a Lucano , il quale fu per contrario tacciato di aver descritto una guerra de' suoi tempi , come non conveniva ad un poeta epico. 12. Ma ancora piii chiaro e il testimonio di Vegezio, il quale dirigendo i suoi libri De re militari a Valentiniano II nel secondo secolo dell' era volgare, laddove tratta della guerra navale {Lib. F,cap. 7) da la seguente istruzioue : Quoad magnitudinem pertinet , niiiiimce Liburnicae habent sin- gula s ordines , paulo majores , binos , idonece mensurce ternos , vel qua- ternos , interduin quinos sortiuntur remigum ordines. Nee hoc cuiquam enorme videatur , cum in Actiaco prcelio longe majora referanlur concur- risse nui^igia , ut etiam senoruni vel ultra ordinum fuerint. Scaphce tamen majores Liburnis exploratorice sociantur , quce vicenos prope remiges in singulis partibus habeant. Indi adduce la ragione generale di tali costru- zioni. In remigibus virtus eligitur , propterea quia navalis pugna tranquillo committitur mari , Liburnarunique moles, non ventorum JJatibus , sed re- morum pulsu ad\>ersarias petunt rostris , earumque impetus viiant, in quo opere lacerti remigum et ars clavum regentis magistri victoriam prcestat. Ci6 che fu indicato anche da Lucano ( Lib. Ill , v. 824 ) Pacemque tenentibus austris Servatum belLo jacuit mare. Questa tranquillita era necessaria , perclie nel mare agitato e burra- scoso I'azione dei remi non poteva riuscire abbastanza valida, e ancora Vol. 1. P. II. a6 aoa D£I BASTIMENTI A HEMI DA GUERRA poteva far imbarcare molt' acqua pei portelli dell' ordine inferiore , seb- bene coll' ascoma o pelle di cui erano annati si potesse all' occorrenza prevenire questo danno. 1 3. Nella tattica di Leone Iraperatore, il quale regn6 nel nono secolo dell'era volgare, al cap. XIX dove tratta della guerra navale, si haano qucste istruzioni. « Ogni dromone ( voce la quale egli avvisa die s'impie- gava nel suo tempo in vece di triere o triremi)sia bislungo ed abbia due ordini {jui Xeyofiivai elaaiaq) di remi : due dette impulsioni di reini. Una inferiore ( riiv 8e xdro ), un' altra superiore ( riiv ^e avo ). Ciascun ordine abbia per lo meno venticinque banchi, cosicche presi insieme siano cinquanta. In ciascun banco siedano due rematori , uno a destra , Tal- tro a SHUstra ; sicche tutti i rematori e soldati armati tanto superiori, quanto inferiori sieno cento. Dei due rematori estremi a prua uno sia sifonatore , 1' altro sia incaricato di gettar 1' ancora quando si vuol dar fondo. Si fanno alu-esi altri dromoni maggiori armati di duecento uomini piii o meno secondo 1' opportunita dei luoglii e dei tempi , cuiquanta dei quali operano nell' ordine inferiore , e cento cinquanta sono nel superiore armati per combattere contro gl' iuimici. Farai ol- trecio dromoni minori di veloce corso , i quali abbiano un solo ordine di remi , che chiamano galee ( yalaiaq ) o moneri ( (lovnpeic, ). Questi sono agili al corso e pronti , de' quali ti servirai , perche stiano di guardia , facciano le scoperte , e per altri usi che richiedono prontezza di movimenti. Disporrai i soldati piu intrepidi nell' alto della nave, i quail si azzuiferanno col nemico corpo a corpo. Se ti accorgerai che alcuni di questi siano vigliacchi, li caccerai nell' ordine inferiore : come ancora se alcuni resteranno feriti , supplirai a questi con altri di quelli deir ordine niferiore. » Niente v' ha di pin chiaro di quest' auiorita per convmcersi degli ordini diversi di remi ridotti a due nel tempo di Leone Imperatore. Si riraarca in questo precetto la disposizione del sifonatore, che corrisponde all' uso dell' artiglieria del nostro tempo. I sifoni erano macchine ricoperte di bronzo, colle quali si scagliava il fuoco nelle navi nemiche , con lumo e strepito. Con qual arte si scagliasse questo fuoco, e qual fuoco fosse , e argomenro d'altro discorso. Anclie nelle piii antiche guerre si scaglio il fuoco da nave a nave , ed a misura che questa pra- tica si accrebbe , si mut6 la struttura e 1' apparecchio delle navi. DI SIMONE STRATICO. 20 3 1 4. Dopo le cose dette sin qui , pare chc noii resti alcun dubbio che ne' bastimenti da guerra degli anticlii le file de' remi non fossero disposte a piii ordini uiio sopra V altro , c con uso siiio alle sei file , ed ancbe alle sette , se si vuol far conto dclla bellissima disquisizionc d' Isacco Vossio De triremiiim et Lihurnicarum constructione. Ripeteiido quest' illustre uomo dalle piii esatte nozioni dell' arte navale le misurc del renii , la proporzione die deve darsi alia parte esteriore e iiite- riore del remo , il nuinero degli uomini che puo lavorare a ciascun remo , la distauza orizzontale tra di loro nel verso della larghezza , e I'altezza dei gradi die formano la scala iiell' altezza della iiiurata del bastiuieato \ V obbliqua posizione dei banchi dei reraatori , sicdie riescano ascendenti dal fianco verso il mezzo ; i ripartinienti interior! deir incavo del bastimento per le provvisioni , pel ricovero dell' equi- paggio ; calcolando aggiustatamente 1' immersione o pescare del basti- mento, conchiude e rappresenta colla figura i sette ordini di remi chc si possono aunnettere in una nave dell' antica maniera. S' adopera lo stesso erudito per dimostrare che la nave di Tolomeo Filopatore noa era di piii che sette file od ordini di remi , e che cio che si dice nella descrizione di Callisseno della stessa , cioe che fosse di quaranta ordini , non debba applicarsi alle file dei remi , ma alle file dei rematori assegiiati ai varj ordini di remi. L' obbiezione piii ovvia che si faccia a questo sistema delle file de' remi poste I'una sopra 1' altra, e tolta pres- soche interamente nel sistema di Vossio , come ancora la difiicolta che si presenta sul movimento difficile del rematore posto all' estremita intcriore del remo. Per altro 1' esperienza che ci diraostra come il ti- mone de' burchi di Po sia una specie di remo a grande pala , hingo oltre i sessanta piedi , bilanciato sopra la ruota di poppa con un pe- sante sasso pendente dal manico , e come questo lungo remo si volga e si maneggi facilmente dal conduttore , pu6 servire a temperare la me- raviglia del maneggio dei remi che Vossio assegna ragionatamente ai maggiori remi della sua settireme non piii lunghi di quarantatre piedi. 1 5. I Veneziani , i quali ebbero le maggiori relazioni coll' Impero d'Oriente, presero senza dubbio di la anche la forma delle loro galea, e ne accrebbero la grandezza , ma sempre conservando mia sola fila 204 DEI BASTIJIENTI A REMI DA CUERRA di remi. Le galiazze venete fiirono da poppa a prua lunghe 144 piedi, larghe piedi 21 , senza i morti, die in tutto davano la larghezza di piedi 35 , con vele grandi latine , con 3 alberi , e con aS remi per parte , lunglii ciascuno piedi 42 , al mancggio di ciascuno de' quali erano destinati 7 uoniini. Sopra le galiazze moutavano 60 marinaj , oltre 35o reraatori , i quali servivano all" occasione come soklati , e di questi ve n' era suUe stesse buon nuinero. Erano armate d'artiglieria , a poppa di cannoni, colubrine e petrieri: a prua di colubrine e falconi. Queste grandi e poderose macchine furono dimesse , dopo piii di due secoli , alia meta del secolo passato , essendosi riconosciuto die noii potevano servire in linea contro le navi d' alto bordo. 16. A questo luogo e da f'arsi menzione di Vettore Fausto, celebre letterato e professore in Venezia di lettere greche , il quale nell'anno 1829 costrui ia quell' arsenale una cosi detta cinquereme { Agostini , Nodzie istotico-crltiche della vita e delle opere clegLi Scriicori veneziani ) a spese del governo, die con decreto specioso ed onorevole a Fausto ordino die la stessa nave fosse armata , e avesse uno di que' coman- daiiti , cui si dava il nome di Sopraccomito , superiore pero nel grado e nello stipendio a quelli delle comuni galee. Si e fatta la prova di questo bastiniento a gara di una galea comune alia presenza del Doge, allora Andrea Gritti, e del Senato. Pietro Benibo, araico ed estimatore di Fausto, scrisse a Gio. Battista Raniusio coaiune araico d'entranibi in questi termini : c< Laudato sia Dio , che si dovra pur ora poter agl' ignoranti far credere , die gli uomini letterati sanno anche far altro die leggere e scrivere , perciocche il Fausto uomo sempre usato nelle lettere , e da alquanti anni addietro stato , ed ora essendo tuttavia professore nella nostra citta delle greche, pubblicaniente salariato da • Lei, .e percio onorato e tenuto conto, iie niai avendo messo niano in far galee o navi , o altra maniera di legni , ora ch' cgli vi si e po- sto , ha fatto per la prima delle sue opere la cinquereme , la quale era gia si fuori non solo deU'usanza, ma ancora della ricordanza degli uomini , che nessuno era die pure imraaginar sapesse , come ella si dovesse fare , che ben rcggere si potesse , et lialla fatta di maniera ch' egli non fu mai piii di gran lunga nel nostro arzana fatta galea DI SIMONE STRATICO, 2o5 nb cosl bene iiitesa , ne con si bella forma ordinata , ne cosi util- mente e maestrevolmente f'abbricata come questa. Et e pero il nostro arzana qiicllo dove si lavora meglio di quest' arte , clie in altro luogo che si sappia del mondo tutto. » Cosl Bembo , ma cio di cbe si lagna a ragione la posterita , si c che di un' opera cotaiito in quel tempo ammirata e applaudita non sia rimasto , almeno che sia noto , un di- segno, uno sbozzo , una descrizione , fatta da qualche uomo d' arte , per non dire poi che non siasi tenuto conto e fatta qualclie relazione dei viaggi di questa cinquereme. Si sa sohanto die uel gennajo dell' an- no 1871 la cinquereme di Fausto, sulla quale era il generale pontificio Marc' Antonio Colonna, fu incendiata da una saetta. Nella Storia veneta del Conti e riferito cosi : Instructum est Venetiis remigio Mrimque navi- gium insignis magnitudinis , ad celeritatem , quod fuit a Fausto quodam mathematico excogitatum ad imitationem antiquorum , instar insignis cujus- dam propugnaculi super mare nav'igantis , in quo treccnta bellica tormenta varii generis ad defcnsionem VL'hebantur , sunt eniin aptiora rebus heUicis quaeque navigia quanta agiliora et robustiora. Quella espressione instar insignis cujusdam propugnaculi potrebbe essere intesa ( se non e una frase oratoria dello storico ) tanto per indicare gli ordini dei remi che ne rendeva il volume ben alto sopra il mare , quanto anche per indicare gli alzati che a guisa di piccole torri ergevansi a poppa ed a prua,o stabili o temporarie ne' bastimenti da gnerra degli antirhi, corrispondenti in certo modo al cassero e castello di prua delle nostra navi. Ma e pur cosa singolare che si debba indovinare la costruzione fatta in tempo cosi poco lontano, appunto come si studia per indovi- nare la nave di Filopatore , mentre 1' arte della stampa e quella della incisionc in legno o in rame erano cotanto operose in quella citta , e dove uomini insigni amici di Fausto fiorivano. Si sa che Girolarao Canal fu il primo governatore o sopraccomito della cinquereme di Fausto. II codice Foscariniano dei reggimenti civili della Repubblica nota cosi : « Le fuste furono dette biremi , perche avevano due remi al banco , e sono latinamente le galee dette trircnii , perche d' ordi- nario giu ne cbbero tre : percio un' altra sorte di vascello che ha ar- mato gia la Repubblica , il quale ne aveva cinque al banco, era detto 206 DEI T5ASTLMENTI A REMI DA GUEUHA qiunquereme. » U qual cenno per6 , ancorche imperfetto eel oscuro , iasinua die la cinquereme di Fausto fosse divisata ael sistema di qiielli die distingnono le varie sorte delle navi aiitiche dal nuraero dei reinatori assegnati a dascun remo : nel qual caso le galiazze veiiete dovevano dirsi fiepteres , e le galee nelle quali si danno cinque uoniini per remo sarebbero le cinqueremi. Lazzaro Baiffio nel suo libro De re navali, giu- stainente pregiato per Terudizione die vi h sparsa , ragionando della nave di Cajo, die secondo la favola riferita da Plinio annata di quattro- cento rematori fu arrestata dal pesciolino remora die si trovo attac- cato al tiraone , scrive cosi : Quibus sane verbis palam fit illam quin- queremem actam a remigibus quadringentis , ut in altera latere ducenti fuerint , qui si distribuantur in quinos or dines necesse est quadraginta fuisse sedilia in altera tabulati latere. Hcec ideo adjeci ut veneti videant, an ilia eorum. quinqueremis , quae vigintiocto tantum opinor , transtris con- stat, (sdificata sit ad antiquarurn triremiutn rationem. La quale rifles- sione di quel celebre erudito nou da altra idea della quinquereine di Fausto , se non cli' egli giudico die fosse armata , secondo il di lui sistema , di un solo ordine di remi , distinto in tre partite : ed e poi ingiustamente applicata , poiche Fausto non si e proposto di fare una rinquereme eguale a quella di Cajo, ma una cinquereme in generale, e in questa, anclie secondo il sistema di Baiffio, potevano esservi trenta banchi di rematori a cinque per remo. Sebbene gia lo stesso Baiffio chiuda quel suo libro dichiarando che I'opinione sua circa la distri- buzione dei remi non e per lui certa, ma e quella sola cui puo acco- modare il suo intelletto in tamo imbarazzo di cose. Si hanno alcune terzine fatte in lode di Fausto per la sua cinquereme da Niccolo Li- burnio in un poemetto intitolato Ciuoco Jpollineo. Addurro akune di queste terzine che piu delle altre alludono alia costruzione della quin- quereme. Felice eta che ascendi a tal fastigio S' ad ogni scanno la galea spalmatasi Cinque ali avra congiunte al suo remigio DI SIMONE STRATICO. 2O7 Ch' in cinque ordiu di remi la milizia Del mar di nuovo al mondo si ricovere Nascosta oltre mill' anni a nostra iiiscizia Li tuoi nemici et altri infidi populi Vinegia excelsa , che in te danno covano Chiederan pace , accioeche a lor ti copuli Et essi a gran paura si rinovano Che a tre due saldi remi s' accostarono Ma r arti e 1' ingegno in te si trovauo Voi ciurme unite della stirpe hettorea Tirate i remi in pie la dove incinquasi L' ordine a tempo con forza corporea. Poco ci fa conoscere il poeta della forma di questa nave : ma le cin- que all del terzo verso della prima terzina : i cinque ordin di remi del primo verso della seconda : il tirate i remi in pie Id dove incinquasi sembrano indicare gli ordini sovrapposti Y uno all' altro. Non cosi il secondo verso della quarta terzina, c^e a tre due saldi remi s^ accosta- rono , il quale per quanto mi pare non si accomoda ad alcun sistema di costruzione. A malgrado pero di quanto si ha da Baiffio e dai versi di Liburnio, aggiungero cio che si legge nel libro di Stefano Doleto De re navali all' articolo Navis. Biremes , triremes , quadriremes , quin- qneremes a remorum ordinihus appellaniur hcec noniina : scilicet ut sit bireinis , quce duos remorum ordines habet , trircmis quae tres , quculriremis qucB quatuor , quinqucremis qua; quinque. Observa id quoque cum biremem, triremem , quadriremem , pcntiremem dicimus navem semper intelligi. Quin- queremis et formam et usum retulit Venetiis Faustus quidam Venetus. Eani pul.chre admodum excedificntam vidimus in armamentario Veneto , cum Venetiis agerenuts prima nostra adolescentia. Eam postea in mari vidimus cursum cum triremibus tenentcm , et cum iis de celeritate et gravitate oneris ferendi certanteni : idque Senatus Veneti jussu , ut quae esse posset usus quinqueremium relati utilitas , nosceretur : quce certe plurinia visa est. 20i! DEI BASTXMENTI A KEMr DA GDERRA Stcfaiio Doleto era raolto amareggiato dalle censure che Baiffio fece pubblicare contro i coinmentarj di liiigua latina ch' egli stampo a Lioiie neir anno i536, sulle cjiiali si difeiide con altrettanta aina- rezza. Non saprei decidere se , per deprimere 1' opinione di Baiffio , aljbia sulla quinquereme esagerato Doleto : ma quel vidimus in arma- menrario Feneto di Doleto e pure una testimonianza da non trascurare. Le ricerche fatte per ordine dell' autorlta superiore , e da me solleci- tate negll archivj dell' arsenale di Venezia , onde aver qualclie lume sulla quinquereme di Fausto, non furono punto fruttuose. Osservo sol- tanto che nel libro manoscritto di Scefano di Zuanne di Michiel Proto dei Marangoni nella Casa deW Arsenal di Venezia dell' anno i685, in- segnando la costruzioue delle galee mette a confronto la carena e la poppa di quelle fatte alia Ponentina con quelle fatte alia Faustina. Ma non rende alcuna ragione di questo nonie , ne fa alcun cenno relativo alia quinquereme di Fausto. Non lascer6 per altro di osservare che malgrado agU applausi coi quali fu celebrata la quinquereme di Fausto, quel Governo non comando che ne fosse costruita qualche altra suUo stesso modello , allora ben noto a que' costruttori. 17. Si ripete da molti che dai bassi rilievi della colonna Trajana o dalle raedaglie,o dalle antiche pitture o altre sculture si dovrebbe apprendere se gli ordini di remi fossero posti I'uno sopra 1' altro. In fatti ai numeri 284 e 289 del catalogo di Ciacconio leggonsi effigiate nella colonna Trajana le biremi con un ordine di remi superiore ed un altro inferiore : e ai numeri 235 e 286 le triremi con tre file di remi I'una sopra I'altra. £ vero che que' disegni sono assai iniperfetti, ma di piii non si puo esigere da uno scultore di bassi rilievi , in par- ticolare se debbe rappresentare un oggetto cosi difficile come una nave a pill ordini di remi. Altrettanto dicasi delle medaglie , tre delle quali sono riportate dal Fabretti, e mostrano due ordini di remi. Vossio riferisce d'aver veduto in una medaglia coH'immagine di Gordiano una nave dove erano espressi due ordini di remi. Le figure che veggonsi nel trattato sopraccitato di Baiffio sono prese in parte dalla colonna Trajana, in parte da altri originali , che per altro non e indicato precisamente dove esi- stano , ancorch^ Carlo Stefano nella lettera che premette all' edizione DI SIMOXE STRATICO. 2O9 di quel libro assicuri che vedevansi a Roma. Di queste figure pero Doleto fa menzione cou poco credito. Nelle pitture d' Ercolano soiio indicate in piu luoglii le navi antiche : nessuna per6 con due ordini di renii , giacclife delle rappresentazioni di queste pitture , che si hanno nell' edizione d' Augusta del 1780, non e da farsene verun conto , serabrando esse su questo articolo per lo piu immaginate dair editore. lo non ho potuto vedere alcana medaglia con nave a piii di un ordine di remi : e una ne possedo di M. Antonio Augure per la Legione VI , nella quale e effigiata una nave con un solo ordine di remi , e gli antiquarj afFerraano essere quella la figura di una nave Pretoria. Ma questa raancanza di figure le quali chiaramente rappre- sentino le file dei remi nelle antiche navi, disposte I'una sopra I'altra. non basta a distruggere il peso di tutte le autorita che si sono ad- dotte per dimostrare che cosi di fatto siasi praticato. Conviene rinun- ziare del tutto alia ricerca del modo col quale queste file erano disposte nelle navi dei Tolomei , come ancora in quelle navi che su- peravano i sette ordini di remi , e rivolgere piuttosto la conghiettura sulle ragioni per le quali gli antichi s'indussero a moltiplicare gli ordini stessi. 18. Due principali oggetti dovevansi avere per costruire le navi da guerra a piu ordini o file di remi. Uno era di raccogliere molta forza per procurare al bastimento la maggiore velocita tanto nel camraino diretto e di viaggio , quanto ne' moviraenti di conversione , velocita anche utile per aumentare I'impeto col quale importava investire le navi neraiche : T altro era che nell'atto del combattimento , e mentre la maggior parte dell' equipaggio si trovava sul ponte superiore , ri- manesse una forza al coperto dai danni del nemico, la quale potesse promovere il bastimento o per offendere il nemico , o per allontanar- sene. Questi oggetti non si ottenevano egualmente bene dai reraatori disposti in una sola fila , coraunquc distinti in piu partite. Non il primo , perche questa disposizione dei rematori obbligava a dare al bastimento molta lunghezza , e quindi una maggiore difficolta e tar- danza ne' movimenti di conversione : non il secondo , perche nell' atto della battaglia riraaijievano egualmente esposti ai colpi nemici tanto i fol. I. p. IJ. 3 7 3 1 C DEI BASTIMENTI A REMI DA GUERUA Gombatteati quaato i leaiatori. E quaato al priaio di qiiesti oggetti, si puo aaclie aggiuagere che colla cUsposizioae de' rematori a piii ordiai si poteva coaciliare al bastiniento una maggiore velociiii di corso di quella che si sai'ebbe oueauta faceado lavorare lo stesso nuaicro d" uoaiiai disposii ad agire in una sola fila di renii. Q)uesto fu il seatiaieato di Gio. Altbnso Borelli da lui esposto in una disser- tazione , la quale noa so se sia stata pubblicata , ma della quale ce ae coaservo questo tratto Fabretti nel suo libro della coloaaa Trajana : Probabile Jit , jvimos navium hitjusmodi fabricatores imitatos se putavissc supremi iUius opijicis in rebus animatis stnicturam , quam paiiter refcrunt aUe in volucribus in obliquum ct ipsce , atque incequali remigio distributee, ut nempe e pluribus in latum , magisque fixis stationibus , violtntius navis per remoruni vectes impellantur , quam cum unicum in longum sulcuni unus ordo remorum findit ; nam tunc non e proportione pluralitatis re- morum (-is crescit , quia primi tantum , utpote aquam immotam nacti , motum valide promovent , cceteri a priore remorum pulsu aquam adhuc Jluidam ingressi , ita debiliter impellunt , ac si secundi fluminis undas scinderent , eo adverso eluctaturi , sive ut Virgilii verbis comparationem exorneni non cditer , quam qui cuherso vix flumine lembum remigiis subigit. 19. Proporro ua' altra coaghiettura su questo argoraeato , per cui la disposizioae dei reaii a piii ordini pare che potesse essere utile a procurare al bastinieato uaa niaggioie velocita. Ognuao puo osser- vare che il rematore divide ia tre teaipi e ia tre parti la sua azioae. Ua tempo e uaa parte d' azioae e quando egli solleva dalF acqua il remo: un altro tempo e parte d' azioae e quando lo iaimerge aell' ac- qua : ua terzo tempo e parte d' azione e quando vibra la pala del vemo coatro I'acqua. Questo ultimo tempo e questa ultiaia parte d'a- zioae e utile all' oggetto di promovere il naviglio : gli altri due tempi e parti d' azione soao beasi iiecessarj , ma iautili all' oggetto stesso. Ia ogai meccanismo , per cui si debbaao produrre dei niovimenti, e sempre da farsi questa distiazione , qualora si vuol estimare 1' effetto in confroato della potenza moveate: cioe coavieae distiaguere i moti utili air oggetto ; i moti inutili all' oggetto stesso , ma aecessarj al mec- canismo ; e i moti iautih e aon aecessarj , per indi conchiudere che DI SIMONE STUATICO 211 quel meccanismo i* migliore, nel quale si produce la minima quantitii tli moti iuutili e iioii necessarj. Cosi nel caso che consideriamo e inu- tile , ma nccessaiio il remo , e I'azione del rematore nell' immergerlo e nel soilevarlo dalT acqua , e nel dar moto al proprio corpo : ma se il rematore si agiti molto nella sua azione , se aizi soverchiamente il remo dull' acqua , se il peso del remo e raaggiore di quello che conviene per la sua robustezza , se nell' immergerlo egli lo guida per una direzione nella qnale incontri maggiore resistenza di quella che incontrereh})e dirigendolo diversamente , tutta quella forza e tempo elf egli impiega in questi moti soiio inutili e non necessarj all' oggetto che si vuol conseguire. Un' altra osservazione e da farsi , ed e che la forza degli animali si esaurisce piu presto coUa velocita de' suoi mo- vimenti , di quello che cogli sforzi divisi con maggiori intervalli di quiete : pcrche negli animali vi e una continua riparazione di forze , la quale si fa in certo tempo. 20. Ci6 posto, si consideri che il moto impresso alia barca dai re- matori e di sua natura ritardato dalla resistenza dell' acqua che la barca solca , e questa resistenza cresce non in ragione semplice della velocita , ma come una funzione della stessa velocita : cioe se la ve- locita e come uno , la resistenza e come uno : se la velocita e come due, la resistenza e come quattro: se la velocita e come tre , la re- sistenza e come nove. Non intendo gia di asserire che la resistenza deir acqua segua costanteraente questa legge, qualuiique sia la velocita assohita del corpo che per essa si move ; sapendosi bene per le mi- gliori esperienze di questi tempi , e per quelle ancora fatte da Newton coi pendoli oscillanti nell' acqua, che le resistenze si accostano o si discostano dalla legge dei quadrati delle velocita , a misura che la velocita assoluta con cui si move 1' acqua contro una superficie im- mersa in essa , oppure con cui si move una superficie immersa contro ¥ acqua quieta , e maggiore o minore di quella che risulterebbe dal quadrato della velocita , onde vi e anche il caso che le resistenze se- guano la ragione semplice della velocita , o alia stessa si accostino , e vi e anche il caso che le resistenze siano in ragione maggiore del quadrato delle velocita. Ora esscndo ritardato il moto concepito dalla 2 12 DEI DASTIMENTl A REMI DA GUERRA barca per la vibrazione dei remi nel tempo che trascorre da una re- mata all' akra , se in questo intervallo di tempo succedessero delle nuove vibrazioni d' altri remi diversi dai primi e maneggiati dalla forza d' altri rematori ; e mentre ( per servirmi delle antiche voci ) i traniti vibrassero i loro remi , i zigiti gl' immergessero nell' acqua , i ta- lamiti li soUevassero dall' acqua , e si avviceiidasse in questo modo la loro azione , pare evidente che il ritardamento dipendente dalla resi- stenza dell' acqua riuscirebbe piu limitato , e il raoto della barca si ridurrebbe , o almeno si accosterebbe all' uuiformita , e riuscirebbe piu veloce , poste eguali le forze impellenti. Quello che si dice dell' av- vicendarsi nell' azione i tre ordini di remi uella trireme si puo appli- care ai bastimenti di piu file , distribuendole in tre parti , cosicche nella cinquereme , per esempio , due alzino il remo , altre due vibrino , Taltra lo iramerga nell' acqua. 2 1. Per ispiegare questa proposizione , suppongo la barca armata di molti remi vibrant! tutti insieme e ad un tempo. La barca ricevera da questi una velocita con cui in un dato tempo percorrerebbe un tale spazio , che pero non percorre perche la resistenza dell' acqua diminuisce questa velocita. In fatti dopo un certo tratto percorso , se non susseguono nuove vibrazioni, la barca si arresta. Suppongo poi die la stessa barca sia mossa da una terza parte del numero dei re- matori in essa esistenti ; mentre questi vibrano i remi, un' altra terza parte gl'immerge nell' acqua e li vibra quando i primi alzano i remi dair acqua : cosi il ritardo che la barca sente dell' acqua per la vibra- zione dei primi , e tolto dalla vibrazione dei secondi , e cosi in seguito dair ultima terza parte dei rematori. In questo modo s' impiega tutta la forza dei rematori con intervalli atti a non aflfaticare la ciurma , come accaderebbe se essa dovesse affrettare le sue remate , e il moto della barca si accostera all' uniforme velocita. 2 2. Per convalidare questa conghiettura rifletto che piii volte fu suggerito di armare i bastimenti con rivote a pale applicate ad amen- due i fianchi esteriori dei medesimi , le quali fossero con acconci in- gegni raosse intorno al loro asse da uomini posti nella barca stessa , affinche la successiva imraersione e vibrazione deUe pale nell' acqua DI SIMONE STRATICO. 2 I 3 li proraovesse e prevenisse i ritardi. Eulero nel suo libro della scienza iiavale ( Scient. new., torn. II, § 684 e seg.) prese , per cosi dire , diletto di sottoporre al calcolo si fatto meccanisnio. Gli risulto die ne verrebbe molto risparmio di forza da impiegarsi dagli uomini , e notabile au- mento di velocita , a confronto dello stesso numero d' uomini impic- gati nel modo solito per la remigazione delle galee. Vero e che nel fatto questo meccanisnio incontrerebbe delle difficolta , indipeiidenti pero del tutto dagli oggetti delle presenti nostre considerazioni. Le agita- zioni del mare e la diversa immersioae de' fianchi del bastiniento nel ruUio , la disuguale immersione delle pale , il pericolo che i colpi di mare danneggiassero la consistenza delle ruote stesse non potrebbero pennetterne I'uso se non che nel mare non molto agitato. Non resta pero che questa teoria non illustri e non raffermi la nostra conghiettura ., cosicche i varj ordini di remi mossi successivamente col ritmo sopra indicate fossero per produrre 1' effetto stesso delle pale o ali della ruota , le quali successivamente e regolarmente a brevi intervalli vi- brando dessero moto al bastiniento. 23. Che se si dicesse potersi avere la stessa remigazione , che chia- mer6 rkmica , o col rendere piu frequenti i colpi dei remi disposti in una sola fila , composta di egual numero di quelli distribuiti I'll tre o piu file poste 1' una sopra 1' altra ; oppure col far agire in tempi successivi le partite dei remi divise a poppa , a mezzo e a prua , giusta I'opinione di quelli che hanno cosi giudicato della forma delle antiche navi ; si dovra osservare che la prima di queste proposizioni messa in pratica esaurirebbe ben presto la forza della ciurma , ed e percio che si ha cura nel viaggio se debbe esser lungo di distribuire i tempi o intervalli delle reraate , sicche riescano piuttosto arapj di quello che brevi e solleciti. Le nosti'e galee d' ordinario percorrono ad ogni reniata lo spazio di sette banchi, ossia di circa ventotto piedi {Voss., De trirem. et Liburnic. construct.): e cosi lavorando la ciurma puo durare nella fatica. Accelerando le remate , come per qualche combina- zione e necessario , si ha maggiore velocita , ma non si dura nella fatica , giacche, come si e di sopra accennato, produce maggiore stanchezza la velocita de' movimenti di quello che lo sforzo esercitato con iiitervalU , e 214 I^EI BASTIMENTI A REMI DA GrrUUA cio in ragione di quella igiiota legge con cui si riparano le forze degh animali. Le navi antiche, per quaiito si puo dedurre da un verso di Aristo- fane ( Aristoph. in equiiibus ), percorrevano undici banchi ad ogni remata. Quaiito poi all" altia proposizione , di distribuire cioe la remigazione e renderla ritinica , facendo operare in successivi tempi le partite a poppa , a mezzo e a prua , essa potrebbe aver luogo , qiialora si po- tesse accettare quel sistema , cioe qualora si potesse adottare I'opinioiie clie le antiche navi non fossero altramente distinte, se non che per essere i rematoii tutti nell' alto , e i remi in una sola fila. Ma poiche tale opinione ancorche accetta non meno ad uomini d' erudizione , di quello die ad esperti nelle cose di marina , ne si puo combinare colle espressioni degli antichi scrittori , ne fa distinguere le triremi , le qua- driremi e le quinqueremi dalle navi lunghe : poiche non si vede qual forza restasse ne' combattiraenti per movere la nave , onde offendere il nemico o sottrarsi dalla pugna , occorrendo di farlo , mentre tutto Tequipaggio era nel primo ponte o coperta , non e prezzo d'opera I'in- vcstigare come in questo sistema potesse aver luogo la remigazione che abbiamo indicato. 24, Ma dopo tutto questo discorso, e concedendo ancora che potesse aver luogo la remigazione che chiamai ritmica , ed e che non tutti i remiganti dei diversi ordini o file ad un tempo , ma successivamente con certo ordine vibrassero i remi , si puo ricercare quale fondamento si abbia per giudicare che cosi di fatto si eseguisse? Alia quale ri- cerca si puo rispondere che manca egualraente il fondamento per di- niostrare che cosi non si facesse. Altronde si pu6 osservare cio che Polibio avveiti intorno al tirocinio della remigazione appresso i Romani. Narra questo storico ( /, 2 1 ) che mentre si stava fabbricando le navi e preparando la flotta , altri erano occupati ad esercitare i rematori. Li facevano sedere in un campo alio stesso modo come ne' banchi dalle navi, coVi hortatore posto nel loro mezzo, onde si accostumassero a recli- nare in ischiena, iudi a far forza nel remo, a principiare e terminare i loro movimenti, come portava il segnale o lo zufolb dell' hortatore. Questa scuola ed esercizio, che alia semplice ed ordinaria remigazione non pare necessario, sembra pill particolarmente diretto a reudersi ben DI SIMONE SIRATICO. 21 J pratici dei segnali dati daW hortatore. Abbiamo da Arriano (Exp. Al. V): Miranda res erat remorum sonitus exaiidire , toe navihus iino momento Cemporis remigantibus , et hortatoribus suo celcusmate in'uium. intcrmissio- nemque praescribentibus. Si ha da Plutarco nell' Alcibiade : Callipcdein histrionem tragico vestltu et cothurnis iiidutum cceteroque fiabltu , quo uti Solent, qui docendis fabuUs in thcatro certant , remiguni ojjicia in theatro direxisse. Silio Italico {VI) descrive 1' uffizio del celeuste o hortatore cosi : Mediae stat margine puppis Qui voce alternos nautaruni temperet ictus Et remis dictet sonituni , pariterque rclatis Ad numerum plaudat resonantia coerula tonsis. Noil s' igiiora che questi ed altii testi d' antichi scrittori si adducono per dimostrare che la i-emigazione si faceva a tempi eguali e con tutti i lemi d'accordo. Si possono pero intendere , senza far violenza alia giacitura delle parole, che spieghino le remate a parti di battuta. Cosi r altro testo di Massimo Tirio : Eodem modo triremis qucs ad tibice modos a remigibus impellitur , diversas manus pari studio conjungit remi- gandi. Quod si tibiain tolLas , opera illorum dissolvis. Finalmente se questa mia conghiettura sulla remigazione eseguita dai diversi ordiiu di rem! e bastantemente appoggiata alle leggi del moto ; se appresso gli antichi scrittori non si trova qualclie cenno che la escluda , anzi per gli addotti testi pare in qualche modo indicata ; se poteva aver luogo la remigazione ritmica , non si vorra co&i di leggieri sostenere che gli antichi non 1' avessero rimarcata e posta in uso nei loro ba- stimeiiti da guerra a piu ordini di remi. DELtX'LEGGE DI CONTINUITA DOVE INCIDENTEMENTE TRATTASI DE' CORPI DURl MICHELE ARALDI. I »^i dice comunemetite, e i filosofi la piu parte consentono a ravvisare nel detto I'autorita quasi d'un assioma di patente e incontrastabile verita, che la natiira nelle sue operazioni qualuiique mai non proceda per salti, e nel passare da uno stato ad un altro tocclii ogiiora gl' iiitermedj , osservaudo puntualinente la legge con acconcio vocabolo denominata di continuita. Per ogiii dove iucontrano essi nell' universe indizj c prove che a questa legge conformasi la gran madre nella sua perpetua con- dotta ; ed e pure nella medesiraa legge die alcuni fra essi piii ani- mosi degli altrl rinvengon Tappoggio di certe loro scale da essi pro- poste e dicliiarate nccessarie alia regolare distribuzione degli esseri tutti. Benche noii maiicano alcuiii aiiche piii coraggiosi , clie dietro i voli del palingenesista di Giiievra , e nell' accensione , e sto per dir neir ebrezza di un certo loro eutusiasrao filosofico , iniraaginano che per una serie d' infinite sfumature e cadenze , e per una conunua, ne mai intcrrotta catena si passi gradataraeute dai piii infimi luoghi ai sonuui , dal polipo al chcrubino. Di questa catena , giacche nel nostro terracqueo soggiorno davvero ch' essa senibra soggetta a qualche Vol. I. P. II. a8 21 8 U£LLA LCGGE Dl CONTINUITA* spezzaraento , e d' nopo concepire , chi pur voglia salvarne la conti- nuita , die serpeggi c scherzi da uii globo ad un akro , e allungandosi ad abbracciare i moudi planetarj diversi , col rivivere in essi ne ri- mangano scancellate le apparent! hiteiTuzioni, e possa quivi anzi ser- vire a raccoglierli e riunirli in un tutto. Sono queste idee magnifiche per vero dire , o alineno gigantesche ; taluno anzi potrebbe dicbiararle romanzesche ; ed io senza oppormi non le adotto o rigetto. Solo, poi- clie mi e occorso di nientovarlo pur era , mi arresterei un niomento con Carlo Bonnet , e gli chiederei volentieri com' egli intenda che una serie e catena in niun luogo interrotta di esseri si colleghi con altre dottrine da lui sostenute , con quella a cagion d' esempio per cui ei riconosce nel regno intero della natura corpi quali organizzati , quali no , tall cioe che mentre questi ultimi crescono per semplice apposi- zione air esterno di parti sopra parti , 1' incremento ne' primi derivi da sviluppamento di un germe preesistente , che ne rinchiude in mi- iiiatura i rudimenti. Qui veramente il salto sembra inevitabile. In questo per simil modo si urta irreparabilniente forse nello scendere dagli es- seri provveduti di sentimento a quelli che ne son privi. In fatti per languido e ottuso die si concepisca il senso , come nell' ostrica, il pri- vilegio e tale, e di si enorme intervallo soUeva i primi sopra i secondi, che ogni confronto fra essi sembra disdetto. Ma e meglio uscire di slancio da queste tenebrose regioni , e accingersi in vece a stabihre r aspetto , sotto del quale giova e conviene di ritenere nella mecca- nica la legge di contiuuita. Pi'omulgatore o almeno difensore acre e imperterrito di questa legge fu il celebre Giovanni Bernoulli , matematico sommo , e che oltre a cio vestito delle armi piu risplendenti della dialettica indirizza il principio della contiuuita a coinbattere 1' esistenza de' corpi duri in un discorso del quale puo sospettarsi che nel concorso ad un premio proposto daU'Accademia delle Scienze di Parigi , come le passioni mai non tacciono nel cuore anche degli scienziati , e ne corrompono i giudizj , la gelosia letteraria nazionale intervenisse a frodarlo della mentata corona. Seguendo egli le insegne del Leibnitz, ne prese il pnncipio famoso in quella scuola della ragione sufficiente , cui niuno DI MICIIELE ARALDI. 219 a sno avviso non rifiuterii di ammettere, e ad esso appoggio quello della contiiiuita. Sccoiido lui, se un corpo passar potesse tint' all' im- provviso e in un attimo da uno stato qualunque , a cagion d' «seinpio da uii certo grado di movimcnto ad un altro diverso per una diffe- renza finita e assegnabile , seguirebbe 1' assurdo gravissimo die man- cherebbe la ragione sufficiente del passaggio , e la natura rimarrebbesi iucerta sul partito a cui le convenga di appigliarsi. A toglieila di dubbiezza entra molto opportunamente il principio della continuita , di cui si e dossa fatta una legge. Questo le addita e segna la strada, e le iinpone di scorrere per ognuno degli stati intermedj , i quali tengonsi dietro con tal ordine die , attesa la continuita , non e possibile di concepire die niuno s' inserisca e frapponga a rendere dubbia la scelta. Cosi Giovanni Bernoulli , del quale ho creduto di dovere allar- gare un tal poco il discorso, onde piu limpida forse sorga la conse- guenza da lui trattane , e cui mi dichiaro disposto assai ad adottare, non al segno tuttavia die tema di scostarmi alquanto da lui riguardo al punto principalissimo dell' introduzione nelle teoriche meccaniche del principio della continuita. Ritengo cli' esso nella dottiina intera del movimento sia molto au- torevole , e possa utilraente imijiegarsi a rendere piii spedita la solu- zione di molti problemi ; ma non approve interamente \ appoggio e il puntello datogli nel principio della ragione sufficiente , del quale sono d' avviso die debba lasciarsi agli oratori. Forse m' inganiio , e il linguaggio che parlando de' principj della meccanica tengono alcuni valentuoniini m' inspira molta diffidenza , e non per tanto essa non giugne a tale che mi vieti di riconoscere ne' detti principj le quaUta richieste a renderli di una verita assoluta ed eterna, e la scienza, che ne pende , arametta le rigorose diraostrazioni. A buon conto della statica , ossia della scienza dell' equilibrio , si conviene omai die non tenia niun urto e posi sopra basi salde a un dipresso quanto quelle della geonietria. D' altra parte ci s' insegna pure che le formole am- messe nella dottrina dell' equilibrio possono tradursi a svolgere le quistioni a cui guida la dinamlca j vuol dire che questa partecipa alia certezza della prima. aao DELL.V LEGGE DI CONTTNUITA' Qui prima cli passar oltre. mi si conceda di arrestarmi un momento sopra un equivoco , in cui temo die inciampi il sigiior Bequelin neo^li Atti deir Accademia di Berliuo, la dove, cbrteggiando i Leihniziaui , prende, e forsc sbaglia, per identico il priiicipio delJa ragione suffi- ciente ccoi quello doll" indiffercnza , usato Y ultimo comuneaiente dai meccanici suUe tracce di Archimede, che precedendo gli altri impie- gollo nella dotlrina del vette. So concepiscasi che due pesi uguali pendano quinci e quindi a distanze eguali dal fulcro dagli estremi di una leva indessibile, questa rimarrassi immobile, mantenutavi , si dice , dal priucipio dell' indifFerenza ; o sia , secondo 1' interpretazione di Bequelin , perche non pu6 addursi ragione sufficiente della rotazion sua in un senso piutlosto che nell' altro ; ne si avverte che in questo incontro , attesa 1' applicazione e il contrasto reciproco de' pesi , con- verrebbe supporre che 1' uno , qual piii si voglia de' due estremi , a cagion d' escmpio il destro , si movesse all' insii per 1' azione d' una potenza eguale a quella che congiuntamente lo tira al basso ; in altri tcrmnu che due forze direttaraente opposte fossero a un tempo uguali e disiiguali con aperta offesa del priucipio di contraddizione , identico paleseraente in questo incontro a quello d' indifferenza , e da cui e pure renduto superfluo in tutto il principle della ragione sufficiente. E a proposlto d' equivoci il luogo m^ invita a farmi incontro ad un altro piu anche meritevole che si faccia qualche sforzo a rimuoverlo. Per- che fra i maestri piu reputati non manca chi opina che le prove recate a mostrare qualraente i corpi ne' moviraenti loro obbediscono a certe leggi , appartengono all' ordine delle sperimentali , delle quali si sa che non aspirano al vanto della metafisica certezza scrbata unicamente agli oggetu astratti dello spirito. Si adduce ad esempio il movimento unifor- memente accelerato, e la circospezione del gran Galileo, che non si tenne sicuro di averne scoperte le leggi , ove a conformarle non otteneva dianzi il suffragio delF esperienza. Or qui e dove temo che annidi r equivoco ; e a non dipartirsi dall' esempio del movimento accelerato equabilmente suppongasi che la teoria ne sia dimostrata con rigore geometrico. In questa ipotesi non ha dubbio che istituendosi Tesperienza a dovere , non sia essa d' accordo col fatto ; ne la natura potrebbe DI MICIIELE ARALDI. 421 adoperare altrinienti. Riniaiie a vedere se 1' ipotesi sia tondata. Or iion e egli certo che partciido dalla nozione d' una forza acceleratricc co- stante, una serie di consegucnze legittimc guida a fjiiella tcoria? Donde si vede che il sufFragio dell' espericnza e piiittosto utile chc neccssaiio. Dovrebbe piii presto inrerirseuc die la natura osserva leggi d' inllessi- bile autoritii , e che il supremo Architetto geomctrizza perpctuamente neir universo. Ma non si perda di vista la legge di contiiiuita , e sc ne spediscano con qualche precisione il dominio e i confini. ■.[ , Tengo lusinga che opportune all' intento sieno le riflessioni che esposi in altra occasione trattando deH'inipulso sofferto da una tavola, contro cui una vena hcjuida, che sgorga dal foro di un vaso , si scaglia libe- rameute ad urtarla. £ noto chc in questo incontro e lecito di assegnare un peso , che contrastando e bilicandosi colla forza dell' urto , man- tenga iinniota la tavola. Nel fenonieno , che mi sono ingegnato di spiegare,ci si oftVe un' eccezione alia regola, che non puo un peso, per enorme che suppongasi , sostenere il confronto di una forza viva. Attcse le circostanze non concorre all' urto che la falda estrema , sottile oltre ogni limite, del licpiido , o sia una forza viva fisicamente minima, della .quale pero accade die , malgrado la vclocitii finita posseduta dal liquido , e conseguenteineute da ogni sua falda , rimanga estinta subi- tamente , come a.tesa T iminobilitu della tavola. Sembra quinci lecito d' inferire die la velocita possa nascer finita, ed estinguersi pure in un attiino , ainmetter J in somma veri salti senza violazione della legge di continuita , purche congiuntamente proceda pci gradi intermedj la quantita del moviracnto , cioe il prodotto della velocita per la massa. Egli e riguardo a questa che la natura impose a se stessa 1' obbligo di non trasgredire la raentovata legge , die pcrmctte , ripeto , veri salti alia velocita tutte le volte che potrii evitarli la quantita del movimento, nel concetto della quale , giacche la velocita non ista in aria , entra la massa. Ail.i stessa conseguenza guida un altro esempio e un altro gran fatto 11011 avvertito forse e senza forse quaiito almeno conveniva. Venga un corpo mosso a conflitto con un altro in riposo, e a rendcre il caso pill semplice sieno i corpi eguali c non dastici. La do'ttrina ddla •22-J. DEIXA LEGGE DI CONTINUITA' coUisione ne assicura die non si staccheranno dopo 1' urto i corpi , ma viaggeranno congiuntaniente per lo stesso verso con velocita mi- nore della nieta di quella che possedeva dianzi il corpo mosso. Ora io chieggo so ncir istante in cui i corpi giungono a contatto, la prima particella iirtata concepisca una velocita minima che cresca successi- vamente , che c nel tempo brevissimo per vero dire , ma non pertanto finito dell' nrto intero tocchi ognuno de' gradi intermedj. Davvero , poi- che le due particelle , Turtante e I'urtata , viaggiano contigue , la pri- ma dovrebbe in un attinio e per un salto istantaneo scemare di ve- locita talmente che la legge di continuita sarebbe salvata per 1' un verso, e violata per I'altro ; mentre all' opposto , ammettendo che ri- guardo alia quantita del movimento siasi la natura proposto di obbe- dire a detta legge , e questa posta in salvo mediante 1' attitudine dei corpi a riraanere compressi. Ma qui alcuno potrebbe trarre innanzi e amraonirmi non essere punto necessario di concepire che i corpi giun- gano mai a contatto , e che alia puntuale osservanza sotto tiitti gli aspetti della legge di continuita basta di adottare nell' intera loro esten- sione le idee di Boscovich su 1' intima costituzione de' corpi e I'azione loro reciproca. Puo essere ; che gia non mi arrogo di entrare nell' ar- dua disamina, a cui il luogo m' inviterebbe. Oso al piu al piii aprire tunidamente il sospetto che sia essa estranea forse alia meccanica teo- rica, chi pur voglia serbare a questa il privilegio dell' assoluta certezza. Di questo pregio e dessa meritamente gelosa , e se ne dichiara unica- mente tenuta all' austerita , per la quale rifiuta di ammettere nel suo grembo cio che anche da lungi sente I'ipotesi. Per un' astrazione affine assai a quelle che distinguono il geometi-a e 1' analista , essa restringe le sue indagini alle proprieta comuni ad ogni maniera di corpi , le quali, se ben si mira , possono agevolmente ridursi a quattro,e sono r estensione , F impenetrabilita , la mobilita , 1' incrzia. Oltre a cio essa non ommette la considerazione delle forze , delle quali anzi direbbesi ch' essa le rende 1' oggetto precipuo delle sue trattazioni ; ma nel farlo astiensi severamente dal rintracciarne I'essenza , ed e contenta di rav- visarle nell' aspetto di mere cagioni del movimento soggette nell' eser- cizio a certe leggi , nelle quali ritenendo sempre il carattere di scienza DI mCHELE ARALDI. 223 astratta , determina con assoluta esattezza gli effetti. EgH e adoperando in tal guisa die le riesce di conforniare i suoi teorerai al procedimento della natura , e per una singolar dote che le assicura il priraato e la maggioranza sopra ogni altra scienza umana essa diviene siccoiue un pontc di aperta e libera comunicazione fra il moudo intcllettuale e il mondo rcale. Ripcto che viaggio a tentone nel bujo , e mi credo dis- dette le positive afferraazioni. Pur se giusto, qual sembra, c il concetto proposto della meccanica teorica , ritengo che almeno in questa scienza astratta assuraasi per conceduto che il conflitto de' corpi non sia dis- giunto da contatto : donde seguirebbe che almeno in essa dovesse la mentovata legge interpi'etarsi nel modo divisato ,• vale a dire che ad essa obbedisse la quantitii del movimento , alia velocita non fosse vie- tato qualche vero salto tutte le volte che il cambiamento sopravvenisse ad una massa minima fisicamente. Insisto su questo punto , onde te- ner lontani , se n' ha mestieri , gli equivoci ai quali puo trarre il hn- guaggio tenuto in alcune opere celebratissirae, dove parmi che riten- gasi qual cosa nota e certa che una pressione non possa mai produrre in un attimo una velocita finita ; quasi che questa potesse in qualche incontro starsi da s^ , e che 1' essere reale costretto ne' casi tutti a rispettare la legge di continuita non fosse il movimento nella vera sua quantitii. Ben mi attengo pienamente alia dottrina di Giovanni Bernoulli e di Vincenzo Riccati, e con entrambi rigetto 1' esistenza de' corpi so- lidi forniti di perfetta durezza , vale a dire incompressibili. Rifiuta di amraetterli si la meccanica reale , che 1' astratta e teorica , che pregiasi di rapprcsentare la prima; e mentre per Tun verso collegasi coUe ma- tematiche pure, per X altro gia non travisa i corpi per modo che le con- seguenze a cui giugne , di buon grado non le adotti la meccanica reale. In entrambe vcngono i corpi solidi e duri a contrasto coUa legge di continuita , qual fu promulgata dalla natura. II perche non senza ram- marico mi accorgo , che sopra un'iiitera scuola scguita in cio da mol- tissiiui riuscirono a voto le ammonizioni di Giovanni Bernoulli , e m alcuni trattati di meccanica recenti e pregevoli , ove si parla della collisione e delle sue leggi , vengono i corpi detti quali elastici piii o 224 BELLA LEGGE DI CONTINUITa', ecc. meno perfettamente , quali no ; e riguardo a questi ultimi non si fa motto della loro compressibilita ; dal qual silenzio serge il sospetto die abbiansi per comuni le regole della collisione ai corpi molli e a quelli die r assoluta loro diirezza rende inconipressibili , ne si ponga mente die questi ultimi non esistono , e che piii autorevoli assai che nou i domini della nientovata scuola souo le decisioni della natura. Per altro nel leggore il corso esiraio di meccanica pubblicato pur ora, puo dirsi, dal diiarissimo signer Poisson sceina il rammarico. la esso veggo che il prode giovine autore , mostrandosi disposto a cedere piu die non agli esempj naturali, ai diritti del vero, apertamente e reiteratamente dicliiara di non ammettere salvo die corpi solidi compressibili quali provveduti, quali sfomiti di elasticita. Vuol dire che molto gli preme che nella collisione non riceva offesa la legge di continuita , cui per simil modo ascoltano e rispettano i liquidi , comeche sieno essi in- compressibili , o almeno si ritengano per tali nelle teorie idrodinaini- che ; ma come e in qual guisa ? Perche , se non sono ingannato , in essi alia niancanza della compressibilita supplisce egregiamente , e ne tiene le veci la stessa liquidita , o sia 1' attual loro divisione oltre ogni limite sensibile , la quale nella meccanica astratta equivale all' at- tual divisione oltre ogni limite assegnabile. Ma della legge di conti- nuita e omai ragionato abbastanza. SULLA GLOSSITIDE BASSIANO CARMmATI. IVIentre m'acciiij^o a parlarvi, illustri colleghl e ornatissimi signori, della glossitide o iiifiatninazioiie della lingua vera priraaria e avente ori- gine e forma dall' iiitero sistema corporeo assai perturbato e offeso , dichiaro tosto che a trattarne due niotivi principalmente mi spingono. Uno nasce dal dovere impostomi da chi a' nostri studj presiede di far piu note le mie osservazioui su tale argomento lette cinque anni souo pubblicamcnte a Pavia in concorso di altre consiraili del chiarissimo clinico e carissimo amico signor professore Raggi, ora che questi in una Dissertazione stampata ha vie piii divulgate le sue. L'altro deriva dalla conceputa speranza che, dalla simultanea cognizione delle cose in proposito da aoi vedute e considerate, sieno le cause , la diagnosi , le diif-renze, gli esiti , il prognostico e la cura della glossitide stabilite e illustrate in modo ch' essa cessi quind' inuanzi di appartenere alle malattie , la cui storia , per la loro rara comparsa e imperfetta descri- zione , si couosce tuttora incerta e raancante. Mosso io duiique da cosi ragionevoli e forti impulsi verro ora di mano in mano richiaaiando , o sijrnori , la cortese e dotta vostra at- . . . • • • tenzione ad incerti e oscuri oggetti risguardauti la malattia , a ciu \ diversi e raoltiplici casi a me occorsi o comunicati in ispecie si ri- feriscono e danno tale appoggio e tanta luce da renderli stabili e chiari, e percio idonei a raanifestarci del male Ja piena e sincera dottrina. Vol. I. P. II. a9 226 SULLA GLOSSITIDE Preceda pero a tutti quello die piii eccita la comune curiosita e concerne rapparizione della vera glossitide, in addietro rarissima e in questi ultimi anni iion piu tale. Iiuperocche da niokissimi si chiede e scoperta si braiua la causa per cui ella priraaria e accompagnata da febbre e da ogni altro carattcre necessario a costituirla una malattia iniiversale essendo in passato qui e altrove apparsa di rado, e ap- pena luia volta in Facnza e in Pavia ai due esercitatissimi e celeber- rinii clinici Borsieri e Frank , siasi poi , riconiparendo non ha guari , lasciata tra noi vedere entro breve S23azio di tempo piii e piii volte da me , da' miei colleghi e da vaij medici , e cosi pur mostrata fuor d' Italia frequente c fine ad Ala di Maddeburgo , come il celebre Reil avviso , epidemica. La ragione per altro del fenoraeno pu6, secondo me, essere desunta e di leggieri posta in chiaro dalle circostanze die lo accompagnaro- no. Cliiunque meco rifletta die 1' insolita frequenza del morbo si ebbe dair anno i8o3 al 1806, cioe in un'epocain cui, per 1' azione a lungo continuata d' uii principio epidemico portante nel modo piii spiegato alia stenia, i mali tutti o quasi tutti assumevano di questa T indole , la forma e la veste , erasi fatta stazionaria la sinoca o febbre conti- nua infiammatoria , e dominavano le affezioni catarrali, le angine di varia specie e le malattie esantematiclie ed anclie contagiose , come la scarlattina e il morbillo , solite a prender di mira e offender le fauci ; ben intendera e potra dire con ogni verisiraiglianza die la malizia dello stesso epidemico tanto spesso diretta e infesta alle parti vicine alia lingua , doveva pur questa tratto tratto colpire e infiammare. E lo doveva massime quando trovo coUa iiaturale attitudine dell' organo a risentirne gli efFetti ( nata dalla qualita delle parti attigue , dalla coniu- lucazione de' vasi e dal conseiiso de' iiervi ) concorrere nel malato le condizioni particolarmente richieste a determinarvi il precipuo attacco e figgervi la sede di un' infiamniazione iiidotta e mantenuta da generale morboso eccitamento. La proposta causa e certo la piii naturale a supporsi ; si uniforma alia ben conosciuta produttrice dell' attuale frequenza tra noi delle in- fiammazioni del cerebro , del cuore , dell' esofago , del ventricolo e di DI BASSTAN'O CARMIXATI. 227 altre parti, senza il predomiiiio di un iiisolito pertinace attivissimo epidemico, fartunatainente assai rare ; e si avvalora da cio che rnolto tempo fa , e prima ancora d'aver avuti i sufFiajij di Double e di Carioii , esposi a' miei discepoli, e poscia manifestai a' lore maestri e miei col- leghi oiide provare che le glossitidi , di cui parla Ippocrate , era cir- coscritte , ora estese , e d'ordinario precedute , accompaguate e susse- guite da siiitomi esprimeiiti la presenza di una universale morbosa afFezione , in realta appartengono ai morbi cii' ei descrisse epidemica- mente dominati. Si spiegarono esse appunto in mezzo alle angine e altre malattie gia sparse e assai diffuse fra il popolo , fecero parte d'uaa d<-Ile tre famose costituzioni , di cui fu quasi trienne ciascuua, e quindi ben si descrissero in quel terzo libro degli Epidemici, che (escludendone il secondo dall' Haller dimostrato con nuovi argomenti apocrifo ) diviene una vera coniinuazione del prime tutto genuiao , prezioso e dcgno d' Ippocrate. Con queste vecchie notizie intanto vien pur, come ben vedrete, o signori, la qnistione solita agitarsi suH' antichita della stessa glossitide , qual male eziandio primario e universale, ad essere ora troncata in guisa che, senza punto occuparmene , cerchero in vece di accrescere e me- glio fissare i di lei segni diagnostici. Lo che veramente mi lusingo di consegnire semplicemente narrando i veduti in sette persone di vario sesso curate da me e in nove medicate da altri. Ora i sintomi sempre apparsi in que' malati furono, oltre i proprj alia sinoca compagna del male , la gonfiezza grande e talora enorme delta lingua, il cupo di lei rossore , la tensione , T immobilita , il do- lore ottuso e coinprimendo acuto , 1' incomoda sensazione alle orecchie, la veglia pertinace, I'ansieta, 1' inquietudine , la difficoltii piu o men grave di parlare, respirare e inghiottire, la molta frequenza de' polsi pieni e duri, e la continua, spesso ardente e crucciosa sete. Manco dunque fra gli accennati fenomeni o non mai si confesso quel doloroso senso manifesto e costante al collo e al dorso che, dopo Hayes, notato dal signor Raggi in un de' tre infermi , su cui poggia il sue discorso accademico , sembro a lui importantissimo alia storia della glossitide. In fatti ei lo ripete dall' offesa che 1' infiammazione rec6 non aaS SULLA GLOSSITIDE tanto al nervo lingual medio, comunicante coi clue primi cervicali e coir intercostale , ed all' accessorio , quaiito a tutti gli altri della linoua: ammetteiido la singolare ipotesi del celebre Cuvier , la qual suppone che ogni nervo nasca e sorta dal midollo spinale , iiidi ascenda al cervello , e poscia , scendendone, si dirami e si sparga sugli organi de' sensi. Noil so se vorranno I'addotta opinione ammettere gli eccellenti Aiia- tomici nostri colleghi , voglio dire Moscati , Palletta e Araldi die ini ascoltauo , e Scarpa , Caldani e Malacarne die pur vorrei presenti , o in vece , giudicandola non favorita da migliori osservazioui neurolo- gidie , stiiuarla meco ingegnosa, anziche vera. So bensi die 1' indicato grave e molesto sintomo non essendo mai apparso ne' raolti malati da me e da altri veduti , non potra dii'si proprio o essenziale alia glossitide non coraplicata e ben sincera , e quindi sfuggito alia diligenza di Vogel, di Reil e di parecclii die scrissero dopo. Si dira piuttosto, leggeiido la storia del malato in cui solo un tale segno coinparve , die In niero effetto della simultanea o successiva oifesa recata dal mal infiammatorio al cervello e alia spina. Facil cosa e in fatti a supporsi che, mentre suole talora la glossitide associarsi a principio o snccedere alle note specie di angina tonsillare, palatina o parotidea , alia encefalitide , e , in un caso da rae veduto , alia ottitide , possa eziandio alcuna volta concorrere del pari o svi- lupparsi tai'di o tosto coll' infiammazione della spina. Di una cioe che per I'addietro da' nostri scrittori negletta , poco conosciuta dai pratici, comunque offertasi loro e da me poi avvertita prima d' ogni altro e medicata piii di una volta a Pavia , seppe con novelli eserapj raccolti vie piu stabilire e non poco illustrare il bravo raio discepolo signer dottor Bergamaschi nell' importante Memoria suUa Spinitide da lui teste pubblicata. Ma venendo ormai alle differenze o varieta e agli esiti della ma- lattia , di cui tratto , mi liisingo , o signori , die voi vorrete perniettermi la ininata esposizione di un caso , dalle cui immediate conseguenze le dottrine relative debbano ricevere, a parer mio, inaspettato notabi- lissimo incremento. II caso per varie sue circostanze veramente straordi- narie fummi offerto da un giovine contadino assai robusto nel gennajo DI BASSIANO CARMINATI. SSg del i8o3 , ricevuto nello Spedale di Pavia e coUocato ncll' inferraeria delhi Scuola cliuica da me allora diretta : di cui furono testirnonj, coi numcrosissirai allievi , i dotti e rinoraati professori Jacopi , Moresclii e Ungarclli, clie cotidianameiite la frecjuentavano, e di cui il valente medico chirurgo signer dottor Barrata tenne registro e ne scrisse la storia , qual conserve con altre quindici sulla glossitide. Era egli , per avere in un lunghissimo lavoro di canipagna molto sof- ferto dal freddo e dalla pioggia, da tre giorni preso da febbre con infiani- mazion alia lingua ; della quale ignorata o non espressa da lui mi avverti tostamente I'apice die spuntava fuori dalla bocca. Non tutta per altro era infiammata, come conobbi dalla punta fino alia base esaminandola. Si vedeva ella anzi per meta soltanto colpita dal male che, prendendo dalla cima alia radice il lato di lei sinistro, non aveva la media linea ( quasi fosse stato da insuperabile ostacolo trattenuto da estendersi ) in alcun modo oltrepassata. Appariva quindi la parte sua laterale sini- stra moltissirao gonfia , voluminosa, di color rosso scuro, tesa , indurita , dolente al tatto e segnata nel suo margine elevatissimo da un doppio solco longitudinale , mentre V opposta o destra conservava sotto tutti gli aspetti 1' essere suo naturale, e lo conserve pur anclie quando la sinoca o la malattia nel suo corso tre volte parve finire e altrcttante esacerbandosi risorse. Sebbeu per6 F infiammazione occupasse un lato solo, offriva tuttavia sintomi molcsti, gravi, pericolosi e simili ai veduti da me e da altri ne' malati in cui all' intera lincua si era estesa ; coll'unico divario di una minore difficolta di respirare e d' iughiottire. Non molto in conseguenza si allevio dal sangue tratto in convenevole copia nel tcrzo e nel quarto giorno dalle braccia , dalle jugulari e dalle mignatte attaccate intorno al collo , da opportuni purganti , da frequenti idonei cristeri , da vapori acquosi inspirati , e dalle bevande atte a temperare , animoUirc e inno- cuamente risolvere. Ne molto il male, il sesto di riuvigorito , scemo nel settimo coll' uscire dalla bocca alquanta materia purulenta derivata da suppuramento, preceduto, forse pei ritardati soccorsi, alia base dell' in- fiammato margine e da me pronosticato anche prima di cominciare la cura. Crebbe anzi in appresso e in modo da volerc il decimo di 2'io SULLA. GLOSS ITIDE due iniove missioni cll sangue. Per lo die allora solamente la gonfiezza delhi lingua spari quando il giorno dopo insorse e formossi mi grosso tuniore iufiaminatoiio alia natica sinistra, e la sinoca pur cess6 quando nella deciniaquarta glornata, sparito ad un tratto lo stesso tumore , tutta fu viuta la nialattia dall' accresciuto flusso degli umori dalla boc- ca , da un critico moderato sudore e dall' esito di oriiie nella copia e nella qualita indicanti il ritorno della salute. Ora ognuuo di voi scorge dalla narrata singolarissima osserva- zione aperto uu campo ai maestri dell' arte da cui raccogliere frutti opportuni ad arricchire la storia della glossiiide. Uno gia nasce dalla novita dell' infiammazione della linoiua al solo e sinistro lato di lei , nri qui noil avvertita o negletta , o a torto paragonata ai casi ve- duti da Lancellotti , da Leutin o da qualche altro appartenenti sem- plicemente a locale malattia chirurgica. Posto ch' io ebbi in seguito la bramata opportunita di vedere e guarire la stessa laterale e sinistra glossitide in due altri aniraalati, e la ebbero egualmente in uno il suUo- dato signer professore Raggi , e in un secondo il signor De La Malle ; SI dovra d' or innanzi stabilire e con sicurezza insegnare che un vero e primario processo, come dicono, infiammatorio determinato da verace sinoca e universale eccitamento del sistema corporeo, possa incorain- ciare , proseguire , mantenersi e compiersi in un lato della lingua , re- stando intatto 1' opposto , e intatto poi in grazia della sua naturale fabbrica e particolare struttura. Imperocche di questo siraultaneo dis- simile stato la lingua uniana si rende appunto capace per essere , come altra volta indicai appoggiato alle belle tavole dell' illustre Semmering e alle annotazioni del chiarissimo professore Fattori nostro collega , composta di due organi eguali , separati tra loro , e nello stesso lor avvicinamento disgiunti e provveduti del pari di proprj nervi , muscoli e vasi sanguigni e linfatici. II secondo frutto da cogliere precede dalla preferenza che la glossi- tide negli addotti sei casi, in cui ella fu laterale , diede al sinistro lato esclusivamente , e ve la diede in modo da crederla non accidentale ( come opin6 privo di fatti taluno ) e non dipendente da sole speciali circostanze dei malati , come accuratamente esaminandoli io conobbi. DI BASSIANO CAIUtflNATl. iJl Tale preferimento diviene al certo meritevole che se ne tenga conto nella generale descrizioiie della raalattia, e se ne cerchi cziandio la causa da cui nasce. La quale in vero io non seppi scopriie ccrcandola soprattutto in una naturale maggior attitudine del lato sinistro a iiifiam- raarsi e inerente all' organo medesimo : onde tali idee e supposizioni in proposito mi ricorrono alia mente da invitarvi fin d'adesso a rifletter meco sul possibile uso loro. Procederebbe esso mai dalla maniera con cui I' uomo dormendo ordinariamente decurnbe , e per cui in tempo die il destro lato della faccia al guanciale si appoggia , il sinistro .rimane esposto , massirae nelle rigide e lunghe notti , alia nociva impressione del freddo e al consecutivo arresto della traspirazione , per cui in esso si prepari e nasca di legffieri alcun incomodo reumatico ed anche infiammatorio? A preservarne altrcsi il lato destro non contribuirebbero forse gli imiori salivali soliti separarsi nella bocca scesi e trattenuti sul lato medesi- mo a segno di tenerlo , diversamente o assai piix dell' altro , umido e molle, e cost di serbarlo illeso ? Non gioverebbe piuttosto a dar ra- gione della cosa la dottrina del piii accelerato movimento del sangue nella destra parte del capo e del corpo , ammessa e difesa dal chia- rissimo signor professore Rezia , o in vece 1' opinione manifestata a spiegare il consimile fatto dei tumori piu frequenti nella sinistra parotide dal chiarissimo nostro collega signor professore Monteggia ( Fasciculi pathologici. Med. l 789 , in 8.° ) qual veggo con piacere prc- sente , del piu lento o alquanto ritardato ritorno del sangue nel sinistro lato della testa ; nato poi dalla diversa disposizione delle vene jugulari, perche la destra riportando il sangue alia divisione della cava superiore, ve lo porta quasi direttamente, e al contrario la sinistra jugulare dalla vena stessa molto piu rimota s'inserisce nella succlavia sinistra posta traversalmente , e la direzione ne taglia ad angolo retto? E cosi tutte questc circostanze e condizioni valutate insieme non potrebbero per avventura concorrere a dar causa al fenoraeno e a spiegarlo? Ne lascio la decisione a questi che con noi qui sedono maggiori maestri di anatomia patologica, dovendomi bastare di avere stabilito il prodotto fatto , e di avere stabilendoto indirettamente provato che la aSi SULLA GLOSSITIDE glossitide stessa talora si presta a fornire sicuri e limpidi esempj di quel raorbi siniinetrici e asiiuiuetrici del corpo iimano , i quali esaminati ventiqnattro amii fa da voi , amicissimo Montoggia, se in gran parte venncro tratti allora dall' oscurita , aspettaiio di esserlo pienamente dai nuovi vostri studj , aggiunti a quelli degli straiiieri , adesso die il me- glio coiiosciuto e taiito ampliato sistcma de' vasi liiifatici puo conce- dervi di rischiararli con assai piu anipla e viva luce. Intanro per ritoriiare ai friitti o vantaggi facili ad ottenersi dal ri- ferito incraviglioso caso di glossitide avvertiro die alcimi pure ne porgono le due altre siiigolarita in esso notate : cioe il replicato risor- ginicnto del male , allorclic abbattuto dall' azione di efficaci rimedj pareva vicinissimo al suo terniine , e la qualita dell' occorso suppura- mento. La recrudescenza della malattia accaduta eziandio in quasi tutte le glossitidi o da me vedate o da' nostri raedici comuuicatemi indurra ciascuno a credere la totale di lei risoluzione in generale difficile , lenta , e renduta poi malagevole , imperfetta o tarda per un ostacolo dair organica struttura della lingua verisimilniente derivato. II quale ad un cosi salutevole esito frapposto cred' io che le venga dal trovarsi ell a forse non ricca di vasi linfatici comunicanti con qnegli strati cellulosi in cui gli uniori per la forza dell' infiammaniento cspressi , effusi e stagnant! debbono essere riassorbiti e trasmessi cola ove, non assimilaudosi , dan materia a quelle evacuazioni che oppor- tune , regolari e critiche riconducono il raalato in sanita. Sicche iiiun debbe per egual motivo essere sorpreso nell' intendere ora da me che la glossitide , riguardo a' suoi esiti,pote quando pie- gare agli uni e non agli altri, quando mostrarsi recidiva e per ben due volte e contro la sua aspettazione al chiarissimo mio concittadino signer dottor Villa, medico direttore dello Spedale di Lodi , e quando divenire sotto la cura di taluno cronica e fin anche astenica e allora somigliantissima alia pseudoglossitid<>. Di cui torna , o signori , qui a proposito il nome perche io possa informarvi che di questa infiam- mazione della lingua per indole , causa e qualita di cura opposta alia stenica ed atta non ostante ad offrire nel suo medesimo principio e intero corso i caratteri , i sintomi e gli effetti di primaria e universale DI BASSIANO CARMINATI. 233 inferraita , mi trovo di avere sicuri esempj in alcune storie negli anrii 1796 e 1797 raccolte nello Spedale di Pavia e a me fornite dal dotto medico assistente signor dottor De Felici. La qualita del suppurainento guida altresi a qualche opportuna ri- flessioue ed utile avvertenza. II sollievo nato da esso e il vantaggio derivato dalla coiisecutiva metastasi o alraeno il nimi tdauno prodotto da lei iusorta d' improvviso e presto sparita avvertono il cliuico da una parte a noii temere soverchiamente questi esiti e passaggi , e dair altia a non ritardare quella sollecita energica cura die i niede- simi , per esscre incomodi e di natura pericolosi , richiedono. E cosi queste stesse termiuazioni e successioni , esseiido nel citato caso e ill diversi altri occorse ed anche con molta prontezza e straor- dinaria facilita, dicliiaraiio al patologo die la glossitide, a somigiianza d'ogiii altra lualattia infianiniatoria universale, ad esse partecipa e fino a prefereuza di alcune v' inclina. Vi partecipa cioe e vi tende , come vidi , in ragione de' var) suoi gradi e di quelle sue varie specie e cause , di cui punto non parlo non avendo alcuna nuova cosa a dire su loro e non dovendo esporvi del male un intero trattato. Circa il pronostico porgero un solo avvenimento , ma valevole a dare qualche conforto a clii avra la sventura di essere dalla glossiride colpito. Avverto quindi die, sebbene ella si dica da Vogel e da Bor- sieri ( i quali pero guarirono i due malati da lor veduti ) orrendo mal pericolosissinio , e possa forse talvolta per negletta o impropria cura aver soffocato T infermo , non riesce , generalraente parlando , mortale. Col casi moltiplici citati dagli autori e nostri e stranieii co- spirano i sedici , a cui^il presente mio discorso si appoggia; concios- siaclie tutti siano finiti colla guarigione dell' amnialato. Eppure il male era giunto rapidissimamente al suo colmo in taluno ; come avvenne in un giovinetto die lie' piimi anni della medica mia carriera fu curato dall'Arrigoni celebre medico nella mia patria da una glossitide in sette ore pervenuta al punto di crederla apportatrice di vicina inevitabil morte. Caduto egli nell'Adda volendo scender a terra da una barca pesca- reccia, e tosto raccolto, dopo aver fatto a piedi ( essendo di estate ) lungo caramino prima di giuguere alia propria casa , fu preso in Vol. I. P. II. 3o 284 SULLA GLOSSITroE 5eguito ad una notte inquietissima da violenta febbre infiaramatoria con vivo dolore , rossore , ardore della lingua e tale progressive gonfia- mento di lei , die giunse ben presto al piii enorme volume. Costretto perci6 a tenere spalancata la bocca, angustiato nel respiro , incapace di articolar parola e inghiottire, e minacciato da iniminente soffoca- mento offriva an oggetto di compassione insieme e di spavento. Nondi- meno con cinque salassi alle vene delle braccia e alle jugulari comin- cio il reo malore a cedere, Tostacolo fu tolto al passaggio delle bevande e de' riniedj cd alinienti liquidi, e assai diminui col tumore la febbre; colle mignatte in seguito nuraerose e replicate sotto al mento e al collo , co' purganti e cristerj , colle opportune bibite e colle frequenti inspi- razioni dell' acqua ridotta in vapore si ebbe nella quarta giornata un sensibilissiino generale alleviamento di tutti i sintomi ; e in fine colla inimersione fatta due volte del corpo in un bagno tiepido si accelero talniente nella settinia la risoluzion del male , die nella nona , merce le solite crisi salutari, fu abolita ogni sua reliquia. Riguardo poi alia cura accenno solo tra le varie cose dalle mie osservazioni apprese , le conducenti alio scopo di mostrarla nella sua semplicita abbastanza cfficace , e cosi preservarla da certe novitu , le quali, contrarie alia ricliiesta sua innocenza, potrebbero toglierle la corrispondente sua sicurezza. Varj in realta e giusti mi pajono i mo- tivi per cui non vorrei surrogate alle note operazioni e solite medi- cme altre nuove e straordinarie. Ripugno primieramente die in vece di replicare all' uopo i salassi dalle braccia e dalle jugulari, scmpre trovati sufficienti , o di aprire , ove si possano , le ranine , si ricorra alle scarificazioni e incisioni numerose , lunglie , profondc e tratto tratto replicate per ogni verso neUa lingua gravemente infiammata ; perche le riguardo col celebratissimo Hufeland e con altri ordinaria- niente fatte per inasprire il male e il dolore , incapaci per lo piii di dar esito agli umori, e atti in vece a produrre alcana volta sinistre con- seguenze. Non approvo del pari die in luogo di applicare intorno al toUo copiose mignatte , si raccomandi di attaccarle in qualclie numero alia lingua tesa , troppa sensibile e dolorosa ; perche osservai tal uso loro per alcuni malati insopportabile , per altri non innocuo , e in tutti DI BASSIANO CAUMINATI. 235 quasi inutile. Ne so , parlaiido delle circostanze , clie possono richieclere , oiule prevenire la soffocazione , la broncotomia o laringotomia, lodare colore i meta per parte del punto sunnominato : precisioni che si fanno per metodo e per comodo delle osservazioni dei naviganti. In questa larghezza non lutte le parti dell' aria si movono seznpre con pari velocita , ond' e che i moviraenti e i fiotti del mare si fanno iii- sieme per lunghi tratti , o per piu brevi e distinti tra di loro. Oltre cio la direzione della corrente del vento o e parallela alia superficie del globo e del mare , nel qual case increspa soltanto la superficie stessa , e lo move a pochissiraa profondita , come pare che avvenga nelle brezze o venti leggieri , e come dicono i marini , quando e vento sull' acqua , per quella attrazione che vi e tra le parti di questi due fluidi : oppure la direzione del vento e inclinata al piano dell' oriz- zonte ad angoli piu o meno aperti. Pe;r questa inclinazione le parti della superficie del mare , che ricevono la maggiore impulsione dal vento regnante , si abbassano sotto la di lui forza , preraono e obbli- gano le acque collaterali a sollevarsi sopra il llvello che avevano. Queste acque cosi sollevate presentano all' impulsione del vento una superficie piu estesa , e piu direttamente esposta al di lui urto. Quindi -ne consegue una pressione che si comunica per ogni verso , e ben tosto le piccole onde si aumentano e divengono fiotti maggiori , pro- pagandosi con una velocita progressiva piu o nieno considerabile se- condo le forze , la durata e la direzione del vento. DI SIMONE STRATICO. aSl La forma dell' oiida corrisponde alia forza da cui essa e prodotta. Dal lato di sopravvento il suo contonio e piii allungato e piu obbli- quo air orizzonte : e meno obbliqiio dalla parte di sottovento. Conti- nnaiulo a spirare il vento, si acciirnulano le irapulsioni posteriori alle impulsioni precedcnti, e le onde s' innalzano. Quando e vento fatto e uiiiforme nell'ampio mare e libero da bassi fondi e da scogli , e il vento e costante , le onde si succedono Tuna all' al- tra con ritmo deterrainato ; sembra che tutte siano animate da pari ve- locita , e die raaiitengano tra di loro eguali distanze. Tutte si elevano e tutte si abbassano in pari tempo. Quando poi cessa la corrente deir aria , le parti dell' acqua che formano il contorno dell' onda ten- dono a soUevarsi sino all' aitezza del suo naturale livello per la pres- sione delle piu alte ; e cessando dall' essere disugualmente premute dair impulsione del vento , sono ricondotte dalla gravita al primitivo livello. Non e gia clie scorra 1' acqua come si vede propagarsi 1' onda. II niovimento dell' onda e di oscillazione della superficie dell' acqua , si*- mile a quello die si eccita in una corda sospesa orizzontalmente da due punti fermi , la quale si abbassa e s' innalza successivamente in varj tratti , ne' quali spontaneaniente si divide, con moti piu vibrati o pill lenti secondo che e piii o meno tesa : con questa differenza pero che nel fluido libero alcune parti siiperficiali nell' ondeggiamento trascorrono. Questo efFetto della pressione idraulico-statica nella forma- zione si conferraa coU' osservazione ovvia dei galleggianti o degli uc- celli che nuotano sull' acqua, e per 1' ondeggiamento, se non e accom- pagnato da una corrente , non rautano sito , ed e il fondamento della pratica dei mariiii per misurare il cammino del bastimento. Gettano dalla poppa I'istrumento chiamato loche o barchetta , ritenuto da una funicella , il quale s' immerge appena sotto la superficie del mare j aspettano che il bastimento percorra un certo tratto, sicche il loche non si trovi piu neila scia o traccia che il bastimento lascia in acqua dietro di se , e reputano allora die la barchetta sia come un punto fermo, sicche la funicella che si va allungando nel tempo di mezzo uiinuto primo d'ora rechi la misura dello spazio percorso. Ne occorrc i 25i SCL TLUCTUS DECUMANVS O DECIAfOS , CCC. dilungaisi sulle imperfezioni di cpiesta misura dipendenti dalle correnti del mare e dalla deriva , le quali si conoscono e si mettono prossima- mente a calcolo , bastando per I'oggetto presente aver rimarcato die la barchetta si ha per un panto quasi fernio nel mare, senza di che durando roscillazione di uu' onda alia nove piedi , tre secondi , si vede bene qual errore considerabile si avrebbe in trenta secondi se il moto deir onda fosse d' acqua progressiva , e non di pressione alternaraente comunicata. L' acqua nel formare I'onda si move nello stesso modo come in due tubi coraunicanti per un tubo orizzontale ascendendo in uno. come discende nell' altro : e da questo moviraeuto dipende Timpulsione che danno ai bastiraenti o nel fondo o nei fianchi , o a poppa o a prua. Ora nelle onde di questa specie , cioe regolari e che hanno un ritrao costante , perche la causa che le produce e costante , cioe il vento fatto e uniforrae , comunque esse siano grandi , vi puo bensi essere il caso che il bastimento riceva dei controcolpi molesti, come dir6 tra poco ; ma non vi e alcuna ragione per cui una delle onde piii che un' altra , distinta pel nuraero delle precedent!, riesca piii travagliosa, e ancora sara da osservare che non vi e il caso di distinguerle dal loro numero progressivo, essendo tutte eguali di altezza, di forza e di velocita. Dove poi il mare non e ampio e libevo , ma si trova interrotto da scogli , da banchi , da isole , da bassi fondi, oppure quando la navi- gazione non e lontana dalle coste , o quando il mare c agitato da venti di direzione contraria , allora succede la risacca o rimpotio del mare , che e 1' altra diiferenza dell' onde sopvaccennata. In que^ ste combinazioni la prima onda ripercossa da una delle accennate cagioni, e specialmente dalle coste del mare o da banchi molto estesi, e raggiunta dalla seconda, si accresce e s'innalzarla terza si appog- gia alle due prime sino a che il peso e 1' altezza dell' onda per tal modo accavallata basta a ribattere le sopravvenienti , sulle quali si precipita affondandosi, oppure si rovescia sulle coste e le inonda , sicche r onda seguente non piu la raggiunge. Questi accozzamenti si manifestano col fragore che per intervalli si ode piu forte, prodotto dalla, percossa dell' onda sul lido o dalla caduta nello stesso mare. DI SIMONE STRATICO. aSS La risacca si ha ancora quando il mare h commosso da un' onda sorda , che e 1' effetto della propagazione delle onde eccitatc per qual- che lontana burrasca. Se in tale stato del mare sopraggiunge una cor- rente di veuto , e segnatamente se il mare e ristretto , di fondo disu- guale , per rocce o scogli in esso dispersi , le onde si rompono , si accavallano , s' innalzano e recano grande travaglio. A queste irregolarita delle onde per si fatte cagioni si aggiungc r effetto deir ondulazione dell' aria, cosi detta da Bacone di Verulamio; il quale ne raccomanda nella sua Hisioria ventorum I'attenta osservazione. Indica egli con questo vocabolo le ineguaglianze di forza nello spirare dello stesso vento, per cui soffia a buffate , e resta sospeso o intcrmesso per intervalli il suo vigore. I mari non ampj , circondati da alte mon- tagne che cingono valli d' irregolare direzione e larghezza , nelle quali si accumulano i vapori che producono i venti , sono soggetti a queste intermittenze di forza dei venti stessi , la quale poi e susseguita da maggiore veeraenza , allorche sprigionandosi escono per angusti sem o gole tra i raonti , e per varie direzioni. Altrettanto succede talvolta anche ne' mari grandi per simili combinazioni che si fanno nel seno delle nuvole ; giacche avviene nelle buffate dei venti cio che accade nello scoppio delle folgori e del tuono che le accorapagna , cioe dall' uno air altro passa quell' intervallo di tempo che basta ad accozzarne i principj. Questo effetto dell' intermittenza del soffiare dei venti, dietro alia quale vengono le buffate e le raffiche, anche in terra si annunzia col rumore che s' aumenta , indi si accheta : ed e assai travaghoso ni mare se le intermittenze sono brevi , e le esacei-bazioni del vento gagliarde. Che per la risacca del mare e per le buffate dei venti le onde riescano travagliose ai bastiraenti , nessuno puo dubitarne. Ma che la legge di questi ritorni si possa supporre costante in ogni mare, golfo 0 seno , ne' quali le posizioni delle coste e le gole dei monti sono tanto diverse tra lore , e raolto piu che spieghino il loro maggiore effetto air ondata decima , non pu6 essere tema di seria considerazio- ne , qualora non si presuma che anche nella varieta e apparente di- sordine de' moviraenti burrascosi dell' atmosfera e del mare vi sia pero 254 °UL FLUCrUS DECUMANUS O DECTMUS , CCC. un ortline costante di numero e di rnisura , altro tenia di motafisica piuttosto che di fisica contemplazione : ci6 che e vero ed e comprovato dair osservazione dei mariiii e di quelli die si teiigono attenti alia riva del mare agitato da forti onde , e che dopo nil certo numero di oiidate se ne ode una piii rumorosa , e si scorge sollevarsi piii delle ]n-ece- denti. Ma questo numero non e costante ne nello stesso mare spiraiido venti diversi , ne ne' varj niari , ed ora e il scsto e il settimo , ora il iiono o il decimo , o altro numero dlverso , perclie sono varie le combinazioni della forza e direzioni dei venti , delle correnti propria del mare , delle onde sorde e subaque comunicate dai niari pin lon- tani. E cade in acconcio il paragone die trasse Virgilio nella Georgica dalle onde del mare col numero e nomi delle varie specie di viti : Quem qui scire velit, Lyhici velit cequoris idem Discere quam. mulcce zephyro turbentur arenas Am , uhi navigiis violeiuior incidic Eurus , Nosse quot Jonii veniant ad littora fluctus. Laonde il fluctus decumanus , Y onda decima dei poeti non e altra cosa se non che I'onda die periodicamente ritorna piii forte dopo un certo numero di onde minori , ne e astretta al numero di dieci , ma a qualunque ahro, ed intanto e detta decima in quanto il decumanus appresso i Latini significa , siccome abbiamo avvertito , principale o grande relativamente all' oggetto al quale si applica quell' epiteto. Corrisponde piii al vero , e piii consigliatamente i Greci dissero I'onda terza piii forte e piii travagliosa pei navigatori, e ne formarono il vocabolo di Tpixvixia, ( trichymia ) , il quale letteralmente significa terza ondata. Si servi di questo vocabolo Platone metaforicamente in due luoghi. Nel dialogo die ha per titolo V Eutidemo , dove insegue la vanita dei sofisti e de' litigiosi , e 1' abuso die fanno e insegnano di fare dell' ingegno , Socrate mostrandosi imbarazzato delle angustic iielle quali si trova per questo genere d' esercizio , dice : lo ancora , o Critone , dappoiche mi trovai in tanta ambiguita di pensieri, cspri- mevo con ogni sorta di voce le raie preghiere ai compagni , invocan- doli come i Dioscuri , afiinche liberassero e me e questo giovinetto da DI SlMONE STRATICO. aSS si grande burrasca c terza ondata cli discorsi. E nel quiiito dialogo della Repubblica dopo che Socrate ebbe detto molto intorno alia convenienza che vi sarcbbe in un paese per cssere ben ordiiiato . di stabilire 1' accomuuaraento delle famiglie, iiisorge Glaucone e s'iii- dirizza a Socrate diceiido : Sia pure , o Socrate , come tu dici ; ma afHuche ce no peisuadiamo appieno , dimostraci che cio far si possa , o in qual modo si possa cio coiiseguire. Al che Socrate risponde : Ma come mai tu di un tratto fai una tale irruzionc nel mio discorso , ne mi concedi pausa nel mio aringo. Non hai tu dunque riniarcato che sono appena uscito da due onde, ed ora mi assali col massimo c piu difficile fiotto della terza ondata ( vSv ^e to (ieyiirzov xal yjtlt-ituxa.Tov r!l^ Tpixv^ia(; tTcdyeiq). Proposizione che poi risolve con quclla celebre mas- smia , che cio si puo conseguire dove i filosofi regnano , o i regnanti filosofano. Aristide oratore nella seconda sua Platonica , dove celebra Temistocle per le sue virtu politiche e mihtari, e ne fa confronto con Mdziade dice : cc Milziade aveva molto vigore di mente , e portava questa sua dote in ogni amministrazione. IMa Temistocle era sempre circondato da molti affari insieme , un dell' altro piu grave, e come si dice per proverbio , passata un" onda, gliene sopravveniva un' altra , e per raolte terze ondate usciva vincitore ( dia, rav rptxv(ii5v vixSv ). » Luciano nel suo discorso su quelli che, altronde colti e addottrinati , vivono per mercede nelle case dei ricchi , « narrano , die' egli , co- storo le molestie e gl' incomodi che hanno sofferto e che soffrono a guisa di quegli accattoni die stanno alle porte do' terapj col capo raso , le procelle , le trichimie , i gettiti , le rotture degli alberi , le perdite de' timoni per pigliar piii danaro : e mentre riferiscono quali burrasche abbiano sofferto nelle case ove stettero , e le trichimie , le pentachimie, e per Giove le decachiraie , se cosi e perraesso di dire . tacciono poi per simulato pudore cio che sapendo molto bene fingono d' aver obliato. » Luciano volendo esagerare , come conveniva al sud oggetto , accrebbe il numero dell' ondata piii travagliosa , formando nuovi vocaboh a somiglianza dell' usato di trichimia per rinforzare riramagine del pericolo e del travaglio , ben couoscendo pero die si 256 SUL FLUCTUS DECDMANUS O DECIMDS , ecc. scostava dal vero senso della voce di trichimia, e quindi chiedendo la permissioiie di coniare de' nuovi vocaboli. Sinesio , vescovo di Cirene , descrivendo ad Eutropio suo fratello il viaggio marittiiuo che aveva fatto , e i travagli che vi aveva sofferto, cosi si espriine: «I pericoli delle terze oiidate, delle trichimie, ci sor- prendevano, trovaiidosi il raare in grande tumiUto; e ci6 accade quando cessaado il vento 1' onde dallo stesso eccitate insieme si abbassano , ma per la grande agitazione coiicepita col vento stesso contrastano , e a niisura che questo s' infievolisce piii gagliardaraente insorgono ». Sinesio descrive con bastante esattezza quell' ondeggiamento che resta in un ampio mare , e che non avendo piii contrasto dal vento riesce pill elevato , e produce poi un tumulto maggiore se sorge un vento contrario. Indi continua ( adduco la versione latina del greco testo ) : Nam et aderant trichymice mari secum ipso tumultuante. Fie autem trichymia et tempescas , cum desinente vento non item protinus considunt fluctus suapte t>i exagitati ab imo maris , utique cum ipsum mare semel impetu aprocella concepto, undahundique adeo motus incentivo cum vento proevalente conflicta- tur , decumbcntique vehementius Jlatui contrario incubitu sese opponit. Ora per rilevare il giusto senso della parola greca esprimente la terza ondata , e il travaglio die puo soffiirne il bastimento, conviene aver presente che un bastimento galleggiante suU' acqua tranquilla, dotato di sufficiente stabilita , se sia riraosso dallo stato suo d' equilibrio da una forza inclinante , la quale lo faccia sbandare da un fianco , o abbassare a prua o a poppa, allorche cessa I'azione della forza inclinante, ritorna alio stato suo d'equilibrio , I'oltrepassa , e s' inclina al lato oppo>- sto, continuando queste oscillazioni sino a tanto che, per le resistenze che iiicontra dall' acqua , quel movimento si estingue. Le oscillazioni ai lati diconsi il rullio ; quelle da poppa a prua diconsi il beccheggio o ficcata del bastimento. II ritmo di tali oscillazioni dipende dalla figura del bastimento e dalla distribuzione de' pesi sopra d'esso caricati. Importa grandemente che queste oscillazioni siano lente e dolci , senza di che s' irapriaiono movimenti agli alberi ed ai pennoni che riescono molesti e dannosi pei momenti d'inerzia i quali seguono la ragione duplicata delle velocita. Le oscillazioni di rullio si rendono piu lente DI SIMONE STRATI CO. 2S7 trasportando 1 pesi maggiori alia possibile maggiore distanza dall' asse del bastiineiito clie si estende da poppa a prua passaiido pel centro di gravita. Le oscillazioni di beccheggio si rendono meno incoraode accostando i maggiori pesi all' asse di lai'ghezza del bastimento die passa pel centro di gravita. Tutto questo 6 nel mare tranquillo o poco agitato. Quatido il mare si solleva in onde , queste hanno un ritmo proprio che si comuiiica al bastimento : quindi se il ritmo proprio del basti- mento non coincide con quello che e proprio delle onde, debbe ne- cessariamente succedere qualche contraccolpo del bastimento coll' onda. Questo sincronismo de' due ritmi d' oscillazione non e agevole da ottenersi con esattczza , ne per verita importa d'accostarvisi , se non che nei casi di ondeggiamento forte e burrascoso. Quindi, secondo le qua- lita del bastimento col quale si naviga , si puo mediante la distribu- zione dei pesi regolare il ritmo delle oscillazioni proprie del bastimento a modo che si accosti a quello delle onde che sono piu moleste , le rnisure delle quali sono note dalle osservazioni. Non mi estendero su questo particolare , bastando questo cenno per 1' oggetto presente , e perche I'argomento porterebbe a calcoli. Ora per intendere come l' onda terza possa essere travagliosa , suppongasi che il bastimento sia investito da un' onda sul fiance de- stro , la quale lo faccia roUare , cioe sbandare sul fianco sinistro. Quest' onda passa sotto il bastimento e si forma sul fianco sinistro inclinato , lo preme con forza maggiore , perche la pressione si eser- cita per una direzione che si accosta di piu alia perpendicolare sul fianco stesso , e agisce per restituire il bastimento all' equilibrio e ad un secondo rullio verso il lato destro. Se il ritmo dell' oscillazione deir onda non e eguale a quello dell' oscillazione propria del basti- mento , e se neir istante che sta per rilevarsi e fare il terzo rullio , una terza onda vada a percuotere il fianco destro, e manifesto che il terzo rullio si compira per la forza composta di due cospiranti , e riuscira piu ampio e in conseguenza piu travaglioso. Oppure se nell 1- stante che per le proprie forze il bastimento sta per rilevarsi e per fare il terzo rullio sopravvenga una terza onda al fianco destro pel Vol. 1. P. IL 33 2 58 SUL FLUCTUS DECUMAN US O DECIMUS, eCC. ritmo propiio ilell' onda , allora succede iiii contraccolpo violento , pel quale e grande scuotimento avra tutto il corpo nel bastimento , e luolta acqua si sollevcra siil fiaiico per inondare la nave. Queste cora- binazioni possono aver luogo , quando la difFerenza dell' isocronismo de' due ritnii d' oscillazione e considerabile. Ecco in qual modo la terza ondata e il terzo rullio possono riuscire molesti , e come cio non abbia alcun rapporto alia serie numerale dclle onde , ma sia sempre la terza nel modo spiogato per quante volte sia ripetuta. Se poi si considcra Toscillazione del beccheggio, puo avvenire che meatre la prua ascende investita da un' onda , essa passi sotto la lun- ghezza del bastimento , e si forrai prima di averla percorsa tutta , e in conseguenza si opponga alia discesa della poppa che dovrebbe succedere contemporaneamente all' ascesa della prua , per lo che suc- cedera un contraccolpo. Ma questo elFetto non ha precisamente rapporto all onda terza , e per altre ragioni non riesce tanto molesto quando il bastimento pel suo carico e per la sua figura , e specialmente cpiando questa non e raolto gonfia sopra la linea d' acqua a poppa, il bastimento riesce , come si dice , leggiero , e si solleva facilmente suir acqua. Non essendomi proposto di entrare piii a fondo in questo argomento di quello die porta T osservazione delle due frasi latina e greca ri- spetto all' onda terza , argomento che non fu dagli eruditi che io sappia abbastanza trattato , parmi d' aver soddisliitto all' intendimento cir ebbi ncir intraprcndere questo Discorso. SOPRA UN NUOVO USO MECGANICO DEL RESPIRO DI MICHELE ARALDI. S. ^^l^mdto. JLi autore recando innanzi alcune sue congetture sopra un nuovo USO meccanico del respiro, tocca ed espone le raoderne teorie relative al respiro ed al sangue , ed al reciproco loro influsso sopra se stessi e suUa vita. Rammenta egli 1' obbligo die tiene questa parte nobiUs- sima della fisiologia alle scienze chirniche , come quelle che coUe loro indagini ed avvertenze mostrarono esistere iiell' aria atmosferica quel principj die vagliono, insiiiuati che siensi per mezzo dei polmoni nel sangue , ad alzare questo fluido aUa nobilta e tempera di fluido vitale. E tra questi priucipj ottiene luogo in prima la sostanza calorifica \ onde I'aria o gas ossigene inspirato ed intromesso nelle piii intime parti del polmone vi lascia i principj calorifici , e ne sprigiona il car- bonio ; ed a questo continuo lavoro vuolsi attribuire la causa del calore animale. Contro questa teoria comunemente ricevuta porto le ripetute sperienze dell' inglese Brodie , per le quali par si debba ripetere il calore animale dal sistema de' nervi , ne altramente dal respiro. II no- stro socio istituendo sopra di cio le sue riccrche , ha diinostrato come 26o SOPRA UN NUOVO USO IMECCANICO DEL RESPIRO tuttavia il calore (e sia pure avvalorato dal sistema nervoso ) si debba pill concludentemente ripetere dalla respirazione. Quiiidi si fece ad esaruinare la quistione gia trita tra i fisiologi: se il sangue debba re- frigerio o calore al respiio; stimando di comporia Senza dispiacere ad alcuno de' due partiti che sosteuesse 1' opposta opiiiione. Col provare die il respire giova a questi due intenti della natura , compone egli la quistione. Essendo ruomo provveduto di polmone e di cuore a due ventricoli , la temperatura del sangue si mantiene in lui piii aha di parecchi gradi , die non e cosi negli animali a sangue freddo. Oia mettendosi il circolo sanguigno per mezzo de' polmoni a contatto deir aria atraosferica , che d' ordinario non agguaglia la sua tempe- ratura , s' induce nel sangue un ragionevole refrigerio , onde non si accenda e passi i liniiti del calore ordinate agli usi vitali. Nota come inefficace a distruggere questa teoria 1' opposizione di Haher , mettendo innanzi quel filosofo : essere piii freddo il sangue che dal polmone si versa per le vene nell' orecchietta sinistra del cuore , iu coraparazione di quello che vi reca 1' arteria polmonare. II cavaliere Araldi dice che Haller non avverti al serpeggiamento complicatissimo de' vasellini del viscere , pei quali circola il sangue a rilento , siccome in im labirinto ; e coll' indugiarvi ottiene alcun che di rafFreddameuto: onde nel raescersi poi insieme Fun fluido coU' altro si compensa equa- bilmente il calore. Per le enunciate considerazioni sopra tali materie, prende il nostro fisiologo occasione di esporre le sue congetture so- pra un nuovo uso meccanico del respiro , lo che forma lo scopo della sua Memoria. Egli trae motive a questa sua disquisizione dalla distri- buzione de' vasi e dalla conformazione del nostro coi"po , rispettiva- mente all' azione del respirare. Ammettendosi che gli animali forniti come r uomo di polmone e di cuore a due ventricoli abbondano di fluido rosso comparativamente agli animali di sangue freddo, parve a lui di poter ravvisare in questa differenza la cagione della diversa temperatura del sangue. Ma pin propriamente egli si fa a ragionare in questo modo : Egli imraagina che la natura abbia destinato il pol- mone ad accogliere in un angusto spazio il sangue moltissimo che abbonda negli animali a sangue caldo , al quale pero deesi mescere M MICIIELE ARALDI. 26 1 queir altro che dall' impulse alterno del cuore vjeiie spinto nella cir- colazione. D'altronde scegliendosi di ricoverare tutto il sangue neces- sario agli animali caldi in an sistema vascolare diramato per tutto il corpo , conveniva che la natura variasse la macchina umana , recan- dola oltre le diniensioni del suo intendiraento. Per cessare tjuesto in- conveniente form6 il polmone talmente contessuto di vasi' da contenerc il sangue in gran copia, coUego il raoviraento col circolo generale . raddoppiando la cavita del cuore , e ricorrendo ad una potenza motrice csterna al corpo che cacciasse il sangue per le angustie e gV inciampi del parenchima polmonare col peso dell' aria atraosferica invitata con perpetua vicenda nel petto al mantenimento della vita. Siccorae poi la natura e semplicissima nelle sue operazioni , ha potuto provvedere iu uno stesso tempo a molti suoi fini e bisogni indispensabili della vita; forzando quindi il sangue a tragittare il polmone, e mettendolo a contatto dell' aria inspirata, fa che quello ne assorbisca un alimento vitale , e temperatamente le consegna un ingrediente , che , se si mol- tiplicasse, potria senza dubbio tornare a danno della vitalita. ii,'? ; oi'ii; DELL' ORACOLO DI DELFO DI FRANCESCO MENGOTTI. PARTE PRIMA. xJvE. sono le opinioni nelle quali si divisero gli storici ed erudid modenii die trattarono degli Oracoli , e singolarmente di quello di Delfo , come il piii celebre di tutti. Nou potendo eglino porre iu dubbio cio die da tutti gli antichi scrittori si afferma, e massime da Strabone , uno certamente de' piu €;satti e giudiziosi , cioe che quell' Oracolo famoso sia stato ne' suoi vaticinj piu di tutti gli altri veritiero, si studiarono, cadauno secondo 11 lor modo di vedere , di spiegare codesto ben curioso fenoraeno (■). Gli uni , andando per la piii breve, e segueiido Origene e parec- chi de' prirai Padri del cristianesimo, sostcnnero che tutto iu quell' Ora- colo fosse iucanto , arte magica e vera diavoleria. Apollo , secondo essi, era uno degli spiriti reprobi e maligni , o alnieno un folletto o un incubo ; il die mostrava egli chiarissiniaraente , come dicevano , per (i) Dclphico fano majorem honoris par- fallax cxUtiuiatuiu. Strab. Ccogr. , lib. 9 tern oraculuin comparavit. omnium mimmc num. iS. 364 dell' oracolo di delfo quel suo genio , un po' strano a dir vero , di entrare nel corpo delle pitonesse, avvegnache taloia sessagenarie (■). Gli altri , men nuraerosi , ma piii sensati , come il Vandale , il Fon- tenelle e varj Accademici fraiicesi , si posero a confutar con successo, nc cio era gnari difficile , la prima opinione , e alia medesima sosti- tuirono quella die ora regna comunemente , vale a dire che 1' Ora- colo di Delfo non fa die lui complesso di astuzie , di frodi e di ba- ratteric di que' sacerdoti (*). Apollo dunque , secondo questi , era un bravo giocoliere e lui ciurmatore solennissimo. Ma siccorae ne I'una, ne I'altra di codeste opinioni non si pu6 conciliare con un gran numero di fatti , di cui V antichita ci ha tra- mandata la memoria , cosi stimai poter essere prezzo dell' opera il dare una piu retta e precisa idea della vera natura ed oggetto d' un Ora- colo si celebrato , e ch' ebbe tanta parte negli avvenimenti piii me- morabili di una illustre e coltissiraa nazione , qual fu senza dubbio la greca. L'Oracolo di Delfo, se mal non m' appongo, era un' istituzione politica intimamente connessa col governo cosdtuzionale della Grecia, e avve- dutamente coperta , per darle maggior forza ed autorita , col velo della religione. Questa vista e ricerca, del tntto nuova, oso credere die possa riu- scire in qualche grade interessante , come quella che tende a far co- uoscere lo spirito e la ragione di molti fatti d' istoria , dei quali non si e potuto scorgere finora la vera causa ed oggetto ; e come quella che ofFre insieme il modo di poter giustamente spiegare e fra loro accordare un gran numero di passi de' piii chiari scrittori greci e latini , da Erodoto infino a Plutarco. f 'o<^| Per procedere per6 con qualche ordine in questo esame io lo di- videro io due parti. Nella prima mostrer6 che la direzione ed amministrazione dell'Ora- colo di Delfo , le massime ed i principj da esso seguiti , il tempo e (i) Omnes dh gentium dsemonia. Vide orig. Foiitenelle des Oracl. (2) Vaadale de Oracul, Hardion, Mem. des iiucript. et belles lett. , t. 3. DI rUANCCSCO MEN'GOTTI. 26S le cause della sua cessazione provaiio pienaniente cli' era , come ho detto^ una delle principali e piii accorte isiituzioni poUtiche della Grecia. Nella seconda mostrero die anche le iudustrie , usate per mautenere uel popolo la fede e la riputazione deU'Oracolo , erano insieiue Indu- strie politiclie necessarie all' intendimento e al fine che il governo si aveva proposto con quella istituzione. •in-.i'- : E per cominciar dalla prima , si sa che la Grecia era divisa in una moltitudine di piccioli Stati , liberi e indipendenti , tutti piii o meno arniigeri e bellicosi, tutti ambiziosi e cupidi di priraeggiare sopra gli altri , e di estendere cadauno il proprio dorainio e signoria. i V erano i Tessali , ch' ebbero sempre fama di eccellenti cavalieri : i Tebani , che tenevano il priino luogo fra i popoli della fertile Beozia: gli Ateniesi , che portarono le arti belle a quell' alto grado a cui forse mai piu uon giunsero in appresso : i Corintj , che per la loro felice posizione suU' istmo e sopra due mari esercitavano un ricchissimo comniercio : i Sicioni , che si gloriavano di esser i piii antichi de' Greci , e di aver data la cuUa a un gran nuraero di artefici insigni : gli Elei , dai quali si celebravano que' rinomati giuochi olimpici che diedero r origine e il nonie ad una delle epoche piu famose della storia : gh Arcadi , che situati lungi dal mare , e quasi nel centro del Pelopon- neso , conservarono piu a lungo la semplicita degli antichi costurai : gli Spartani , che coUe loro leggi ed usanze , uniche e singolari, fe- cero conoscere potersi fare dell' uomo tutto cio che vuole un accorto e fermo legislatore ; gli Argivi , che andavano alteri di aver dato il Capitano alia graiide spedizione contro Troja : e i Focesi , dov' era rOracolo di Delfo, e i Locresi , e i Megaresi , e molti altri che pote- vaiio air uopo mettere in armi un buon corpo di truppe , e taluni allestir eziandio un notevol inimero di navi. Or questa moltitudine di piccioli Stati , oltreche per le rivalita e gelosie particolari avrebbero dovuto essere in una perpetua guerra tra loro , sarebbero senza dubbio divenuti per le loro dissensioni ben presto la preda di qualche gran potenza straniera , se non vi si fosse saggiamente iutrodotto il sistema federative , per cui ogni Stato era Fol. I. P. 11. 3+ a66 dell'oracolo di delfo libero bensi di governarsi in casa propria come piu gli piaceva , ma uelle guerre cogli esteri e ue' trattati che interessavano il corpo in- tiero della Nazione, doveva ognuno dipeiidere dalla volonta generale. A quest' oggetto appunto fu istituita una grande Assemblea, o Senato, o Dieta, che voglia dirsi, composta di un certo uumero di deputati eletti da ciascheduno degli Stati particolari, e chiamata il gran Con- siglio degli Anfizioui : Demosteue lo appellava il Tribuuale supremo, e Cicerone il general Consesso della Grecia ('). Forse il governo federativo de' Cantoni Elvetici o degli Stati Uniti di America potrebbe darci una qualche idea di ci6 ch' era quelle deir antica Grecia. Dice una qualche idea , poiche ben piii tenaci e forti erano gli ordini e le discipline che stringevano il corpo degli Anfizioni. I n)embri , o deputati delle citta rispettive, nell' atto di essere am- messi all' Assemblea, prestar dovevano un giuraraento solenne , accom- pagnato dalle piu orrende e spaventevoli imprecazioni , col quale si obbligavano di mantenere I'Oracolo di Delfo e gli Stati della Grecia, finche pero si conservavano questi uniti e fedeli alia confederazione. Ma se taluno si fosse per avventura distaccato dalla lega , giuravano di condannarlo all' onta ed all' esecrazione , e di perseguitarlo fino air ultimo eccidio ; il che ben si scorge diretto a raflforzare con vie piu saldi legami F alleanza generale , nella qual sola era riposta la salvezza della Nazione. Eschine nell' aringa contro Demostene, e in quella contro Ctesifonte ci ha conservata la formola di questo terribile giuraraento. Ho deito che promettevano eziandio di mantenere I'Oracolo di Delfo, perche non era di fatto che mio stromento politico degli Anfizioni. Nato con essi » e diretto da loro, egli non rispondeva che cio ch' era stato prima nel consigho dis^usso e deUberato, come si vedra meglio in appresso. Nei Romani non vi furono , e vero , gli oracoli propriamente detti , ne gl' indovini , ma ebbero per6 anch' essi un equivalente ne' loro (i) M. de Valois, Mem. des inscript. , etc., torn. 7. DI FRANCESCO MENCOTTI. 267 Libri sibillini , i quali , quantunque sia certo die non esistettero mai, come credeva Cicerone, pure fingevasi di consultarli ne' casi difficili e. nelle pubbliclie calamity , siccome in tutti gli altri affari nulla si mo- veva in Roma seuza che s' interrogassero gli Auspici e gli Aruspici ., i quali , come ben si sa , rispondevano sempre secondo quello che aveva prima deciso il Senate ('). Or per dirigere 1' Oracolo di Delfo con quella circospezione e se- greto che si convenivauo , v' era nel Senato anfizionico una particolar Commissione , composta dei personaggi piu riputati e distinti fra gli Anfizioni, che si chiaraavano gli Jeromnemoni , e ch'erano pecuUarmente incaricati dell' amrainistrazioue del tempio , della disciplina e polizia deir Oracolo , nou meiio che delle necessarie comunicazioni coi sa- cerdoti e colla Pizia , a fine di configurar le risposte secondo le de- liberazioni dell'Assemblea. Codesti membri rispettabili erano pure i Presidenti del Senato anfizionico. E quest' appuuto e il motivo per cui gU Anfizioni risedevano usa- tamente in Delfo , a riserva che alcuna fiata , se v' aveva timore di qualche straniera invasione , si recavano alle Termopili , onde vegliare alia difesa di quella gola o stretto geloso , ch' era il solo che aprisse dalla banda di terra un varco per entrare in Grecia ; ma nel resto facevano , come ho detto , gli Anfizioni il lore soggiorno in Delfo , per essere piu a portata di regolare 1' Oracolo secondo le circostanze e le mire politiche del Consiglio. E questo e pur il raotivo per cui 1' Oracolo e Delfo stessa non appartenevano ad alcuno Stato particolare , ma beusi al Corpo iutero della Nazione o sia alia Confederazione generale. Se uno degh Stati della Lega avesse avuta la suprema giurisdizione di Delfo , avrebbe potuto coir autorita e forza sua locale influir suUe deliberazioni del Consiglio e sulle risposte dell' Oracolo. Gli Anfizioni non sarebbero piu stati del tutto liberi nell' esercizio dell' alte loro funzioni , o al- meno si avrebbe potuto sospettare che non lo fossero ; il che solo (i) Sibyllam quidem seposltam et conditAOi quidern libri 1 etc. Cic. De Diviaiut. , lib. a 5 babeamus, ut . . . injiissu seoatus ne legantur cap. S4. 268 dell' ORACOLO D1 delfo avrebbe bastato a far perdere ne' confederati quella plena fidiicia e deferenza che avevano ne' supremi loro giudizj e decreti. Or parimente si coniprende la ragione d'un fatto che viene indicato da Diodoro, quello cioe che v'era sempre in Delfo un corpo di truppe stabili , con armi e bandiere lor proprie, die si chiamavano i Tracicli. Fra le incongruenze che s'immaginarono per ispiegar questo passo, si e pur detto dai raoderni che codeste bande di soldati non potean essere che i satelliti coi quali i sacerdoti proteggevano le loro frodi e niariolerie. Ma oltreche le ispezioni di questi si limitavano ai soli sacrificj ed alle interne cerimonie , avendo gia noi veduto che tutta la direzione e r amministrazione del Tempio e dell' Oracolo appartenevano di pien diritto agli Anfizioni , com' e possibile che in una citta, qual era Delfo, la piu ricca di tutte pei tesori die vi erano raccolti , la piii forte d' ogni altra pel sito, dopo le Terraopih , la piu frequentata e ridon- daute di forestieri d' ogni nazione , o devoti , o curiosi , o furbi ed esploratori de' Principi, greci e non greci ; nella residenza e sulle soglie stesse del Supremo Consiglio nazionale , da cui si discutevano e si decidevano gli affari piu gravi e piii eminenti ; ne' secoli i piu illurainati, quelli di Solone, di Pericle , di Demostene, com'e, dico, possibile si permettesse che vi fossero in Delfo soldatesche dipendenti dair arbitrio di alcuni arditi profetizzanti , i quali avrebbero tenuto schiavo o hgio del loro volere il Corpo piu augusto ed autorevole della Grecia , ed insierae il piu sollecito , come vedremo , e geloso della sua primazia ? I Tracidi erano , non v' ha dubbio , mantenuti a spese della Confe- derazione per decoro e sicurezza del Senato anfizionico , e nel niede- simo tempo per guardia dei tesori del Santuario , i quali appartene- vano a tutta la Nazione. Non men chiaramente s' intende ora il perche nella conflagrazione di quel celebre tempio avvenuta nell' olimpiade cinquantottesima , che risponde al principio del terzo secolo di Roma , tutti i ricchi tesori che si sono potuti salvare dall' incendio furono distribuiti e dati in custodia alle citta confederate , le quali avevano la comproprieta di Delfo e deir Oracolo. DI FRANCESCO MENCOTTI. 269 La gran conca d'oro, die stavasi appesa alle pareti del tempio a mano destra dclla porta d' iiigresso , fii messa in deposito nel tesoro de' Clazomenj ('). L' altra couca d' argento , molto piii grande dclla prima , come quella che avea la capacita di piii di cinquecento aiifore , cesellata , istoriata , opera pregevole di Teodoro di Samo , la quale vedevasi alia sinistra da chi entrava nel tempio , fu collocata nell' erario pubblico di Co- rinto (»). II famoso leone d'oro, del peso di secento libbre , ch'era stato do- nato air Oracolo da Creso , e che caduto a terra per Y iiicendio era stato ritirato dalle fiamme un po' guasto, fu similmente riposto nel tesoro de' Corintj (^). Le due gran vasche o lavaraane, una d'oro, e I'alrra d' argento, e il fanciuUo d'oro che gettava I'acqua furono dati in custodia agli Spartani , e ai medesiuii eziandio fu consegnata la bella statua d' oro di Apolline. La detta statua ed anche il putto versante 1' acqua or ora raenzionato erano stati appunto , come sappiamo da Erodoto , de- dicati air Oracolo dagji Spartani W. Le superbe quadrighe d'oro che si ammiravano suU" alto frontespizio del tempio , come narra Giustino , quelle medesime che rimcsse poscia a suo luogo nel nuovo tempio , venivano mostrate , due secoli dopo , col dito e col braccio teso , da Brenno a' suoi Galli per infiammarli colla vista di si ricco boitino all' assalto di Delfo , nel quale per altro queir ardito avventuriero riraase sconfitto , e vi lascio la vita C^); quelle (1) Duas graudi forma pateras auream ar- Corinthiorum ihesanrum repositus est. Herod, genteamque , quamm aurea intrantibus tern- Hist., lib. i. plum ad dexteram posita erat , argeatea .id (4) Aquiaitraria duo aureum argentenm- oinistram. Herod. Hist., lib. i. que , verum puer , per cujus mauus Patera aurea in Clazotneniorum thesanro fluit aqua, Lacedaemoniorum est. posita. Id. ib. Simulacrum ApoIIinis , quod nunc positum (3) Argentea . . . sexccntarum amphorarum estapud Laconicam iuTliornace. Id. ib.,nuni. Si. capax , in quam miscebatur vinum a Delphis (5) Brennus ad acucndos snorum animos , theophaniae festo. Id. ib. prsdae ubertateiu niaulbus ostcndcbat , SM- (3) Fecit quoque leonis efEgiem ex auro tuasque cum quadrigis , quorum ingeus copia excocto , decern talentorum pondo , qui leo procul visebatur, solido auro fusas esse, etc. dual teuipluiu Delpliicum deflagravit iu Just., lib. 14, cap. 7. 270 DELL ORACOLO DI DELFO quadrighe dico , e il graude scudo d' oro die ne' di solenni si espo- neva nell' atrio ('), e il turibolo pur d'oro, insigne per la squisitezza dell'arteC^), e cosi pure una grau quantita di altre statue d'oro e di argento , di vasi , di armature , di zone , di corone giojellate (3), oltre cento e diciassette quadrelli d'oro massiccio, quattro di color giallo, e cento e tredici di color biancastro M ; tutti codesti ogsretti di uii valor inestimabile , come quelli , nella raaggior parte de' quali la ma- teria era vinta dal lavoro , furono distribuiti e posti in serbo parte in Atene , parte in Tebe , parte in Larissa , e in Sicione , e in Argo , e in Megalopoli , e in altre citta che avevano voto nella diela nazio- nale anfizionica , e ch' erano quindi signore o , per dir meglio , con- sigiiore di Delfo e dell' Oracolo. Questa corapadronanza si comprova eziandio vie maggiormente dalla nedificazione del Tempio , la quale fu eseguita a spese comuni delle Citta greclie, secondo il numero de' deputati ch' esse avevano dritto di mandare al gran Consiglio generale (5). Le condizioni e i capitoli dell' impresa furono stabiliti dagli Anfi- zioni , e si sa che 1' imprenditore , il quale era un ricchissimo cittadino (i) Quia etiam ia vestibulis teinpli apud Delphos clypeus visitur aureus ingens , etc. Herod. Hist. Melpom. , sen lib. 4, num. 93. (a) Evelthon , qui Delpliis dedicavit thuri- bulum spectaculo dignum , etc. Id. ib. , num. 162. (3) Tercentxim sexaginta phialas aureas, qua- rum singula duas minas habebant. Diod. Sic. Hist. J lib. 16, cap. 56. Diodoro p.-irla , e vero , in questo luogo della cclebre rapina di Faillo , audace e sacri- lege espilator del tempio all' epoca della se- conda guerra sacra, ma cio dimostra I'immensa quantita de' vasi d'oro che vi erano. Fusilia ex argento orbiculata , mulieris timulacrum tricubitale . . . uxoris suae monilia a coUo pendentia^ac lonas, etc. Her. Hist., lib. Si, dove parlando de'doni ricchissimi fatti daCreso air Oracolo, ne accenna molti altri, come nella citazione che segue. (4) Misit pratterea dolia argentea quatnor, quae in Corinthiorum thesauro sunt collocata. Herod. Hist., lib. 1, num. 5i. Et praeter argentura immensam vim auri dedicavit , posuitque , cum alia , turn vero , quod praecipiie mentione dignum est , pateras aureas numero sex, pondo triginta talentorum. Id. ib. de Gige , num. 14. Dimidifltos lateres conflavit, numero cen- tum decern septem , quorum qu.ituor erant auri excocti , ginguli pondo duorum et dimidii talentorum, caeteri vero auri albidi, pondo bi- num talentorum. Her. Clio, sive lib. 1, num. 5o. Diodoro pero fa che i quadrelli d'oro mas- siccio fossero cento venti. Phaillus enim aurcos lateres cxx a Crseso LyJorum Rege donatos, binum talentorum pon- dere , ad monetx usum conflavit. Diod. Sic. Hist., lib. 16 , cap. 56. (5) Herod. Clio, sive lib. i. DI FRANCESCO MENCOTTI. 27 1 atenlese , non solo satisfece con esaltezza ai patti del contratto , ma vi aggiuiise del proprio , coll' assenso degli Anfizioni stessi , una magnifiica facciata di marmo Pario , qucUa medesima che si vedeva pur auco , abbeuch^ piu oruiai 1' Oracolo non esistesse , come dirassi a suo luogo , ai tempi di Pompeo e di Cicerone. Ma una prova aiicor piii luminosa del sovraao diritto e polesta die la Nazione intera si avea riservato sopra Delfo e I'Oracolo e la pri- ma guerra sacra che fii intimata per decreto degli Anfizioni e prose- guita con grande ardore contro i Crissesi (■). Vicini questi popoli a Delfo, ricchi ed ambiziosi » dicevano che quella sacra citta giaceva nel loro distretto, e quindi pretendendo di esserne i signori territoriali e legittimi , si erano di essa e dell' Ora- colo per sorpresa impadi"oniti. Ma gli Anfizioni , ritiratisi alle Termopili , chiamarono tosto i con- federati a dare il loro contingente di truppe , e raunato un esercito ed eletti i Capitani e i Consiglieri, fra i quaU vi fu anche Solone , attaccarono con tal fierezza i dissidenti Crissei , che ne presero una tremenda e memorabile vendetta , colla distruzione totale di Crissa e di Cirra , e coU' esterminio di tutti gli abitanti d' ogni eta e d" ogni sesso; il che si e fatto non tanto per rispetto della religione, quanto per punire in essi un delitto di stato , una fellonia conimessa nel se- pararsi dalla confederazione, un usurpo del supremo potere nazionale, un sovvertimento della costituzione , colla quale 1' Oracolo aveva un cosi stretto rapporto , che n' era quasi 1' organo principale. Egli e ap- punto percio che fu portata la vendetta a quel punto terribile a cui poteva essere spinta , secondo il giuramento che prestar dovevano gli Anfizioni , come abbiamo veduto. Dunque I'antichita del Consiglio anfizionico e dell' Oracolo , I'uno de' quali nacque insieme coll' altro ; 1' oggetto importante di rendere , per bocca del Nume , piu rispettabili e come sacre le deliberazioni di quell' augusto Consesso •, il dominio di Delfo riservato alia Con- federazione ; la direzione e polizia del Santuario appartenente agli (1) Pausim. in Phoc. Strab. Geogr. , lib. i. 2 7^ DELL OKACOLO DI DELFO Aiifizioni; il coi*i")0 cli truppe permanenti in Delfo, e destiiiate alia guardia coiigiuntaraente del Seiiato e del Tenipio; i tesori dell'Oracolo risguar- dati senipre c ritenuti come propricta nazionale i il riparto e doposito di essi , nel caso d' incendio , apprcsso tutte le citta condomine clie avevano voto nel Consiglio; la ricdificazione del Tempio a spese co- muni della Nazione ; la guerra finalinente inti'apresa per sostenere questi diritti e per punirne acerbamente i violator! , tutto cio induce a cre- dere , s' io non m' inganno , die 1' Oracolo di Delfo era , come si e detto, un' istituzione politica avente un intimo legame col Governo federative e costituzionale della Grecia , sicclio , a malgrado di tanto aggruppamento di cose , di congetture e di opinioni , mi serabra die ora gia corainci a svilupparsi il vero , in quella guisa , direi quasi , se il trivial paragone mi fosse concesso , che si svolge una matassa scarmigliata , qualora lo smarrito capo delP accia si rinvenga. Ma questa presunzione , che altro non vo' per ora chiamarla , diverra ben presto , come spero , una prova evidente , considerando alle massime ed ai principj sempre professati dall' Oracolo , principj e massime cli' erano appunto quelle raedesime che dirigevano il Con- siglio degli Anfizioni. L' oggetto primario del Senato anfizionico era qudlo d' impedire , come gia si e accennato , che qualche gran potenza straniera ponesse il piede in Grecia e se ne impadronisse. Dissi oggetto primario , perche non era molto difficile di mantenere con arte un certo equilibrio fra gli Stati della Confederazione , facendo sorgere gli altri , o la maggior parte di essi , contro quello che tentasse d' ingrandirsi a spese de' collegati ;, e perci6 venne la volta che ora Sparta , or Atene , ora Corinto , ora Tebe aspirarono a vicenda al primato ed alia signoria della Grecia , ma dovettero poco stante di- raetterne Y ambizioso pensiero , poiclie se uno di loro rendevasi piii potente di ciascheduno degli altri Stati , singolarraente ed isolatamente presi , era per6 di gran lunga inferiore alia forza di molti uniti , co- me un gagliardo atleta pu6 superare ogni altro a corpo a corpo , ma riman vinto ed oppresso da uno stuolo die ad un tempo 1' assalga. DI FRANCESCO MENGOTTI. 278 Ma ben diverse era il caso cli una gran potenza straniera, ".iacche avrebbc tosto disciolta e distriUta la Confcclerazione , come quclla clie sola poteva opporre colle unite forze una resistenza , e tjuindi sarebbe stato iniposto a tutti seuza risorsa il giogo della servitii. Perci6 tutte le sollecitudiui , tuUe le cure degli Anfizioni erano ri- volte ad allontanar dalla Grecia le armi straniere. Or veggiaino se r Oracolo ebbe le stesse mire. Giro, dopo aver soggiogati i Medi , dilatava rapidainente nell'Asia le sue conquiste. II Re della Lidia, Creso, vano degl' immensi suoi tcsori , che passa- roiio iu proverbio, meditando di arrestare i passi vittoriosi del Monarca Persiano , consult6 1' Oracolo di Delfo, se dovea dicbiarargli la guerra. Gli Anfizioni ben sapevano die i Lidj , avendo col comniercio e colla lunga pace ammassate grandi ricchezze , divenuti erano molli , come avviene, voluttuosi ed efTerainati. Eravi tra essi 1' usanza singolare cbc le zitelie di ogni condizione potessero prostituirsi coll' onesta intcnzione di forsi la dote , e si sa die senza bisogno di un lungo noviziato diventavaiio tutte cosi pe- rite in cjuest' arte di accattar la dote, arte non pcrdutasi del lutto nemmeu fra iioi , che poclie di loro rimanevauo senza marito ; se non che le men belle doveano attendere un po' piii a lungo il pic e sonsitivo cittadino che le dotasse ('). Ma s' egli e chiaro per una parte che in nessun paese non fu mai pill opportuna la bcllezza,iin cosi dissoluto costume dall' altra dovea render i Lidj , com' erano in fatto , dediti all' efFeminatezza ed al li- bertinaggio , alieni dallo spirito guerriero , incapaci di sostener la la- tica e la disciplina militare , e molto ineno di resistere ai Persiani , gente allora povera , dura , avvezza agli stenti , bellicosa , fiera pei primi successi , condotta da un gran Capitano. Or prevedendo il Consiglio anfizionico che Giro sarebbe riiuasto vincitore , e che occupata la Lidia , la quale serviva di barriera alia (i) Lydoruin enim filis oinacs mcietricaii- coUiguut, donee nupserint, etc. Herod. Clio, tiir , atcjue hoc qusestu taiitumiiiodo dotem uuiu. 93. Vol. I. P. II. 35 3 74 dell' oracolo di delfo Grecia , avrebbe potnto quel conrfuistatore rivolgeisi contro di essa , noH solo fece cho 1' Oracolo dissuadesse Creso dal suo imprudente e nial concepito disegiio , ma opero die Soloue , il cjual era, o stato era uno degli Anfizioni, e che aveva gia una gran fauia di prudenza nelle cose di stato , si portasse alia Corte di Lidia sotto altri pretesti per indurre il Re a desistere dall' impresa. Ma ne rautorita delT Oracolo , ne le rimostranze di Solone , ne i coiisigli di Sandonide , altro filosofo e uomo di stato riputatissimo , Iianiio potato vincer la boria e la pazz.a presunzione di Greso. Egli voile la guerra , fu sconfitto a Timbrea e perdette il trono ('). So che fu detto da taluno, per escusar Creso , essere stata la rispo- sta dcir Oracolo ambigna e di doppio senso ; ma so ancora che di codeste ambagi e giuochi di parole ne farono inventati d' assai dagli serittori per far mostra d' ingegno , come fu di quel famoso verso dato a Pirro , che significava del pari , lui poter vincere i Romani , e i Romani lui : Ajo , te , jEacida , Homanos vincere posse. il qual verso Cicerone prova con una folia di ragioni essere stato falsamente appiccato all' Oracolo , e perclie Apollo non parlo mai la- tino , e perche non se ne trovava traccia in alcun autore greco , e perchc al tempo di Pirro non rispondeva piii in versi , e perche Pirro non era uomo di lasciarsi beffare con bisticci ed indovinelli , e perche si sapea con certezza che quel verso era stato iramaginato da Ennio (*). Ma ritornando a Giro , verso cui stavano allora rivolti tutti i pen- sieri degli Anfizioni, aveva egli affidato ad uno de' suoi favoriti, no- niato Paccia , i tesori di Greso per trasportarli in Persia. L' infido cortigiano erasene fuggito con una gran parte di essi a Guma 5 dov' era stato lietamente accolto un ospite si dovizioso. (i) Exc locutus nou tamen Craesum flexit. ex Oraculo Pyrrho esse rcsponsum'! Heroil. Hist., lib. i, num. 72. Ajo, te , Macida , Romanos vincere posse. (i) Quis enim est, qui credat, AjioUinis, Cic. de Div'uiat., lib. a, cap. 56. DI FRANCESCO MENGOTTf. 276 Or aveiido cliicsto Giro con serie niiuacce il fugj^itivo e le riccliezzc portate seco , iiisorse un grave contrasto iiel Senaio di Cunia ; poiclie i piii savj , cli' erano i poclii , clicevaiio, non esser piudeiite T esporsi ai niali di uu assedio pel solo riguardo di un avventuriere , quand' an- clie fosse di gran lunga piix vicco. AH' incontro i giovani ed arditi , cir erano i piu , e die avevano forse assaggiato 1' oro di Paccia , so- stenevanoj non doversi per qualuiujuc I'ispelto in una cittii libera, cjnal era Cunia , luancare alia data lede , alia religion dell' asilo cd alia ri- conoscenza dovnta ad un ospite generoso the avcva voluto prcferir Cunia a tante altre , e rendorla la piii opulcnta cittti delia Grecia. In queslo conllitto di opinioni si convcnne di raandar dcputati air Oracolo , e un certo Aristodico , clie era il protcttore piii ardente di Paccia , e clie aveva un forte partito in Guma , ottenne di andare alia testa della Deputazione per inierpellar egli stesso la Pizia. Giunto a Delfo,e fatta la dinianda all' Oracolo se dovevano i Gu- mei restitnir 1' ospite Paccia, gli Anfizioni, clie ben conoscevano le conseguenze , le quali derivar potevano da quel passo sconsigliato , fecero rispondere con ferniezza all' Oracolo clie tosto aderissero alle incliieste di Giro. Ma il maligno Aristodico avendo vediito clic un gran nuniero di tortoi^elle dinioravano nel Tempio , senza clic alcuno ardissc niolestarle, si pose furiosaniente ad inscgnire que' niansueti cd innorenli uccelli . ed a strappare e calpestarne i nidi. Essendosi allora udita una risonante voce, die diccva esser tenie- rario colui clie violava 1' asilo dd Tempio, Aristodico rispose con ischerno : Perche dunque mi consigli , o Apollo , di abbandonar un misero, a cui ho dato asilo in Cunia? Ma 1' Oracolo , non curando il petulante saixasmo del beffardo deputato , replico con tuono minac- cioso : Empio , tu perdi la patria c te stesso se non obbedisci. I Cu- mei consegnarono Paccia , e furono salvi ('). II grande oggetto degli Anfizioni , die interessava tutta la Gonfe- derazione , quello era di non offendere in alcuna nianiera Giro . che (i) HcroJ. Hist. , ill). I. 2 76 dell' oracolo m delfo trovavasi allora nel colnio deWe sue conquiste , e di non dargli pre- testo , non che giusto titolo , corae stato sarebbe questo , di comiuciar a rivolgore le sue arnii contro i Greci. Gli cseinpj si affacciano in folia , ma io non posso che toccaiuie qualcuno. Ippia teneva il pvincipato in Atene , come fatto avevano prima di lui Pisistrato ed Ipparco , 1' uno padre suo , 1' altro fratello. Quand' ecco gU Anfizioni essendo veiuiti a scoprire col mezzo dei loro confident! , die Ippia per mantenei'si nella siguoria d'Atenc aveva scgi-ete intelligenze colla Corte di Persia , fecero die 1' Oracolo in tutte le risposte che dava agli Stati e Citta greche , le quali mandavano a consultarlo , terminasse sempre coU" invettiva, cacctace i tiranni (T Atene. Maravigliati tutti erano di ci6 , e tanto piii che iiell' interno aveva ogni Stato la lacolta di darsi , corae si e detto , quel goveruo che piti gli piacesse. Mossi nulladimeno gli Spartani ed altri popoli dalT incessante in- vito deir Oracolo , che diveniva uu comando , unirono le loro forze contro Ippia , e lo cacciarono da Atene. II suo rifugiarsi in Persia , e le accoglienze ed onori singolari ri- cevuti da quella Corte fecero allora palese a tutti , quaiito avesse ragion 1' Oracolo di allontanare un nemico die nutriva perfidamente nel seno disegni perniziosi al riposo ed all' indipendenza di tutta la Grecia ('). AfFascinato da consimili ambiziose idee , Deraarato , uno de' due Re di Sparta, soffrir non potendo di vedersi per le leggi di Licurgo im compagno sul trono , e la sferza degli Efori alzata su tutti due , te- neva egli pure occulte pratiche co' Satrapi persiani e collo stesso ga- binetto di Susa , invitando Dario ad invadere la Grecia , e promettendo di unirsi a lui colle truppe spartaue. Istrutti d'ogiii cosa gli Anfizioni, che non chiudevano mai gli occhi su questo punto , pensavano al modo di apporvi un riparo ; ma cio era per raolti rispetti dilicato e malagevole. (i) Meurs. in Pislstr. Herod. Hist., lib. a, num. 78. DI FRANCESCO INfEXGOTTl. 277 Alia fine si accordarono iiel ripiego cli far che Y Oracolo lo dichia- rasse illegittimo cd incapace , per le leggi stcsse di Licurgo , di seder sul trono di Lacedemoiie ('). Deinarato cacciato da Sparta ritirossi in Persia , dove , meglio an- cora die Ippia , fu orrevohnente e generosamentc accolto e trattato , la qua! cosa fa chiaramente conoscere che non sarebbe mai divenuto spurio se non si fosse scoperto amico de' Pcrsiani. Lo stesso si dica di cjuol faiuoso intrigator di Lisandro , ciravea pero di niolte virtii , di Giasone Principe di Tessaglia , piu andace e men valoroso di c|uello, e di altri , ai quali F Oracolo , benche aves- sero tentato di farselo benevolo con piaggiamcnti e con doni , si rao- stro senipre , fino alia lor morte , corrncciato ed avverso , non per altro , se non pcrche que" cittadini , pronti di porre a soqquadro tutta la Grecia, coll' ajiuo anche dell' armi straniere , per appagar la snii- surata loro ambizione , avcvano giustamente eccitata negli Anfizioni r inquietudine e la gelosia di stato (*). Ma finalmente tutte le cure del Senato anfizionico evitar non pote- rono che Serse non nsolvesse di assalir la Grecia, in persona, con due forniidabili arniate , una terrestre, e I'altra marittima. Che fara in cosi scabroso eraergente la Pizia? Qual consiglio sara ella per dare alle citta, che sbigottite per I'irnruinente pericolo man- dano a consultarla ? Ma essa sapra ben trarsi d' impaccio coH'ajuto degli Anfizioni , i quali gia sapevano e conoscevano di lunga mano i grandi e straordi- narj appicstanienti che si facevano in Persia , e I'oggetto di essi (^). Oltre ci6 il solo viaggio, da Susa in Grecia, di un esercito immenso di soldati , e di un altro non mono strabocchevole di cortigiani , di musici , di minii , di cuochi , di pastcUieri, di ungucntarj , di profu- mieri , di bagtiajuoli e di queUi ciie portavano 1" acqua del fiunie Coaspe , di cui solanicnte bevevano i Re , quand' anche andati fossero agli ultinii confini dolla terra , e quelli che conducevano 1' immenso (i) Deniaa, Istoria della Grecia, torn, i, (a) Den. 1st. della Grecia, torn. 3 , 1. ia,c. a. lib. 5, cap. 3. (3) Herod. Hist., lib. S. 278 dell' oracolo di delfo vasellaine e le stoviglie d' ox-o e d' argento di quella Cone voluttuosa , c le couciibiae col lore infiiiito attiraglio muliebre , e 1' iiimunerabilc cortcggio de' satrapi, ogiiuno de' quali aftettava la ponipa e ii fasto di Re , tiitto questo enorine e mostriioso convoglio di tante genii d' ogiii condizioiie , d' ogni grado , e di tante cose di iiecessita , di coniodo, di piacere , di capriccio , di sfrcnato lasso e di escjiiisita de- lizia noil potea trasportarsi da Susa c da Perscpoli in Grecia , senza impiegarvi molti mesi. Avevano dunqiie avuto il tempo gli Anfizioni di pensare agli espc* dienti ch' esser vi potessero per salvar la patria in si diuo cimcnfo o periglioso frangente. Fecero prima di tutto con segrcte insinuazioni allestire agli Ateniesi duccento navi, ed un altro buon mimero di esse ai confederati che avevano una marina. Poi tre furono le provvidenze adottate : difendei'e il passo delle Termopili fino agli estremi : ritirar tutti gli abitanti delle cilta e delle campagne ne' monti scoscesi : far montar sulle flotte la geiite piii atla airarmi c al reinigarc. Percio Apollo diede a tutte le citta queste ri- sposte , cliiamando le navi , secondo lo stile poetico e figurato dell'O- racolo . Ic case di legno. t, a dir vero, eiano inolto sagge ed accorte cotali misure. Per- ciocclie I'.ell' angnsta lorra o stretto delle Termopili da poca gente risolnta si potea per qualclie tempo arrestare una grande armata , e I'ar che vi si spezzasse il primo impeto di essa , come fa il flutto in uno scoglio. K il disertar il paesc aperto e non difendevole , che giace fra la catena del monte Oeia e Tistmo di Corinto , toglicva all' immenso esercito nemico la siissistenza. Che se poi la flotta, che lo nndriva per mare, fosse battnta o dalle tempeste , o dal valor de' Greci, che avean molta perizia nella iiautica , doveano precipitosamente i Persiani riti- rarsi , per non perire di fame. L' croica difesa delle Termopili , e le immortali vittorie di Salamina e di Platea giustificarono i consigli degli Anfizioni c Ic risposte deU'Qracolo (0. (i> Cointl. Nep. in Theiiiislocle. Hcrefizio del tempo , bene- fizio incomparabile , poiche il tempo , da per se solo , e senz' altri mezzi e soccorsi , provvede a niolte cose di gran momento , lascia trapelare gli occulti disegni , manifesta le congiure , mitiga gli antichi rancori , spezza 1' ostinazion feroce di chi resiste , placa 1' orgoglio c r ira di chi assale , restituisce ai vinti Y abbattuto coraggio , fa provar a chi e vittorioso 1' incostanza e i capricci della fortuna , e dispone gli animi degli uni e dogli altri ai partiti dclla prudenza e della mo- derazione , di maniera che spesso il solo temporeggiare o toglieva il bisogno della risposta , o suggeriva gli espedienti piii opportuni. Ed egli e percio che gli Anfizioni si servivano frequentemente di questo rimedio, e massiine per abbonacciare a poco a poco gli sde- gni e I'odio tenace di popoli rivali ed innasp.riti. Fra i niolti csempj che addur si potrebbero, basti quello degli Egi- ueti , i quali abborrivano ed esecravauo si lattanicnte gU Ateniesi , che (i) Plutar. tie Oraciilis. lettres , etc. , toui. 3. ■ M. lie Foutciiellc des Oracl. M. ile Valois, Mem., ui supra* lom. 7. M- Uardioa , Mem, lies iascrip. et belles Sanier, Hytliol. , torn. I. 296 dell' oracolo di delfo stavano ben atteuti e guardiiighl di non sacrificar per isventura agli Dei o alcuna cosa , o in alcun vaso che provenisse dall' Attica : che le doune d' Egina riputavano un' infamia il portare una veste , o anche una lettuccia alia foggia atrniese : che fecero spirare fra un nuovo genere di martirj uno de' loio mariti , il quale se a' era fuggito in uno sbarco fatto suUe terre di Atene. Or consultato I'Oracolo dagli Ateniesi,se dovevano muover guerra ad Egina , rispose , che fabbricassero prima un tempio ad Eaco , e poi la foccssero. Nulla si poteva dir di piu saggio. Mentre bolliva quella fieia ini- luista , mentre gli animi degli Egineti si trovavano in quell' ardente grado di esaltazione , e quasi di furore , non avrebbero mai potuto gli Ateniesi , benche piii potenti , vincere i loro nemici , se non con graiule spargimento di saiigue e col distruggersi a vicenda ; laddove raddol- cire r ire e gli odj dal tempo, da quel prodigioso medico de' mali , non meno fisici , che morali , era sperabile che si sarebbero da se rappattumatl , come di fatto avvenne , popoli cosi vicini , ed uno dei quali non potea far a meno dell' altro ('). Ma tacer non posso un altro accorgimento ben degno della maturita e saggczza d' un' Assemblea , qual era quella degli Anfizioni , vale a dire la toUeranza delle opinioni religiose fatta solennemente professare all'O- racolo col mostrarsi sempre verso tutte le sette imparziale , senza mai perseguitarne alcuna, e nemmeno gli altri oracoli e santuarj che avreb- bero potuto eccitare la sua gelosia. Nella guerra co' Milesi , per esempio , le truppe di Aliatte, Re della Lidia , iiicendiano il Tempio di Minerva ? L' Oracolo intima agli Am- basciatori del Re , che non avra giammai da esso risposta veruna , se prima non faru rifabbricare il Tempio distrutto (^). I Pelasgi vanno a chiedere al Name, se possono amraettere nel loro paese gli Dei e i riti egizj? L'Oracolo risponde, che gli ammettano (^). (i) Herod. inTei-psic. sire 1. 5, 86 u«r(ne 89. Consulentibus igitur Pelasgis numquid (2) Herod, in Clio, num. aS. qiix a barbaris advenisseut, adsciscerent , Ora- (3) Id. Herod, ia Enterp. , nuin. Sa. culiim redditum est, ut illis uterenuir. Atque Si noti che sebbene Erodoto attribuisca ita ex co tempore sacrilicaveruut. Herod, loco qnesta risposta alPOraaolo di Dodoua , la stessa citato, niassima era comiuie a qiicllo di Delfo. DI FRANCESCO MF.NGOTTI. 297 E a clir vcro , a qual altro degli Dei conveniva qnesto bel carat- tere cli toUeranza e di filaiUropia, quanto a Febo , o Sole, il quale soi'ge ogiii gionio sopra il suo carro tlalT oriente per ispargerc i suoi raggi beiiefici sul licco e siil povero , siil graiule e sul plebeo , sul dotto e sul zotico , sul debole e sul forte ? E se air altro attributo di Apolliiie risguardar si voglia quello di essere il proteggitore e 1' auspice delle scienze e delle arti belle , a clii nieglio si addice I'amor dell' umanita e la tolleranza, quanto ai filbsoti o sapienti , i quali si faniio pregio d'iiisegnare, tiuti gli uoniini esser fratelli ; doversi a tiitti gli ulHcj di benevoleiiza , di compassione , di soccorso ; il colore e le usanze differenti dalle nostre non iare clie gli altri popoli cessino di esser uoinini; far raccapriccio il veder la terra bagnata di umano sangue , e sparse nella polvere o arse dalle fiamine le menibra palpitanti di gente semplice , idiota e persuasa di alcune opiiiioni e praticlie , o indifFereiiti , o anclie puerili ed erronee? Egli e con questo mezzo particolarmente che gli Anfizioni e I'Ora- colo si conciliarono 1' amicizia e la stima di tutti i popoli della terra. Egli e per questo die gli Egizj , i quali per massiiua di Stato e per le anticlie lor leggi escUulevano tutti gli stranieri , avevano aperto i loro porti ai Greci soli , e non pure conccsso avean loro di poter tenerc quartieri nelle citta principali , rua perfino di aver qualcbe ara nei loro terapli piii venerati ('). Per questo gli Etrusclii mantenevano co' Greci una corrispondenza di coriiiuercio e di sapere , utile ad ambedue le nazioni , e vi avevano dedicate ad Apollo quell' insigne tesoro clie lio di ?opra indicate (*). Per questo gli stessi Roraani de' primi secoli , abbenche rozzi allora ed incolti , e sebben ignote lor fossero, come dice Livio, Testere genti, e pill ignoti i mari , per ignotas ea tempestate terras , ignotiora maria , spedirono piii volte deputati all'Oracolo, e presa Vcjento, vi dodica- rono una patera d' oro (^). (i) Herod, llist. plurihiis locis. Cluv. Geogr., 1. 3, c. 16 de Hciruria ct Uiuliri.i. Den. 1st. dell.T Grecia , torn. i. (3) Pondere ab singulis auri accepto, esti- (i) C;erc ahslinuit .1 I.ttrociniis , qnam- matotmc , ut pecnniie solvcrentnr , craleram i(uam potemissiuia foret , et apud Uelphos the- aurcani lieri placuit , quae doniiin ApoUini sauium consccravit, qui Argillnnoruin vocatur. Delphos portaretur. Liv. Hiit. , lib. 5, cap. a>. Vol. I. P. n. 38 298 dell' oracolo bi delfo Per questo pure i Legati , die portavano il dono , essendo caduti prigioni del celcbre pivata Tiinasiteo nei raari di Sicilia , tosto ch' ei soppe trattarsi dell' Oracolo, non solo fece loro restitiiire la preda , nia feceli scortare altresi coUe sue uavi infino a Delfo ('). Per qiicsto fiirono cosi bene accolte da tutti i popoli , e fecero si prodigiosi e rapidi progressi le Colonic greche, clie si stabilirono neirAsia Miiiore , nel Poiito Eusiiio , nella IMagna Grecia , nelle Gal- lie , nelle Spagnc e in altri luoghi ("). Per questo in sornma non pur appiesso le nazioni colte e civili , ma presso eziandio le barbare e fcroci , non pur fVa le vicine e poste in contatto coUa Grecia , ma Aa le piu lontane e quasi sconos-ciute si era sparsa la fama e 1' alta riputazion dell' Oracolo. La stima e la rinomanza di esso si raantenne alio stesso grado per dodici secoli continuati (^). Una si lunga durata , in mezzo a Principi ambiziosi , fra Repubbli- che inquiete , malgrado aspre guerre e vicende di Staii e di costumi, bastava ella sola per far presumere agli scrittori che quivi ci era senza dubbio un ordinamento fondato da previdenza , e sostenuto da consiglia Certamente ne 1' una , ne I'altra delle opinioni die finora regnaro- no , e die ho accennate fin dal principio , non e appoggiata ne alia ragione, ne ai fatti. Non parlo della prima , qnella de' nostri buoni padri , die 1' Ora- colo cioe fosse del tutto un' arte magica , un affatturamento ed una (i) Timasitlieus quidam .....' Legatorum turn Pythicuin ceitamen , etc. Stial). Hist., nomea, doniiincjue , et Doiim , cui niitieietur lib. 9, num. i5. Veritas, adJuctos in publiciiin hospi- Oiiiero neirilLade e neU' Odissea fa inen- tium Legates, emu prtesidio etiain navium , zione dell' Oracolo di Delfo, e lo dipinge gia Delphos prosccutus. Liv. Hist., lib. 5, cap. a8. non solo dovizioso pci tesori raccoltivi, ma (a) Strali. Geogr. passim. eziaiidio riput.Uo pe' snoi vaticiiij. Plin. Hist. Nat., lili. 3, S et 6. Coinplectuntur opes intra Delphos sco- Cluv. Geogr., lib. 3, cap. 3o et 41, et pulosos. Iliad., 17. Ex Strab. , lib. 9. in lib, 5, cap. i3 ct sequent. Respousum recolensanimo, quod Phoebus Apollo (3) Oraculuiu Delphicuni .antiquitus fuisse Qua-Tcuti Delphis dederat. culiuoi , cum tbcsaui-i deiucjiistraut a popult» Odyss. E.t Strab., lib. 9, num. 14. apparati, et opera artiticum pnestautissimonun. DI FRANCESCO RrENCOTTI. 299 prctta tliavoleria. Troppo di onor si fareljhe a codesta opinionc o follia col confutarla. Ma ne T ultra eziandio, clie venue surrogata a rjuolla tlal Vaiidalc, dal F'onteiicUe , dagli Enciclopedisti ed altri moderni , piio essere ac- colta ; vale a dire che I'Oracolo di Delfo altro non fosse che I'opera della frode , della menzogna e dclla ciiinneria. Come inai alciini andaci luariuuli e Larattieri avrebbero potiito , con raggiri e trufferie, iiuporre per tanti secoli al Senato anfizionico , alia Grecia , a tiitta la terra ? Come uella patria e nei tempi di Licurgo , di Solone, di Senofonte, di Platone , di Aristotile e d' altri filosofi e poliiici cosi saggi e pro- fondi si avrebbe tollerato die poclii furlji e ciurmatori si avessero arrogate il diritto e il potere di decidere degli affari piii gravi , degli interessi piii cminenti, della guerra pur anco e della pace con le citta e le rcpubbliche greche fra loro , o Ira esse e i principi straiiieri ? Come la Confederazione sarebbe stata ella si malavvediita e si cieca di permettere the alrjuauti aggiratori tenessero in Delfo, nel ciior della Grecia, un corpo di truppe , perclie avessero il raodo di proteggere e reiidere impiini le loro giuiiterie, e perclie potessero suppeditar colla forza ed oppriinere il supremo Consiglio nazionale ? Ma perclie dunqiie , se costoro erano cosi rispcttaii e potcnti , per- clie non avevano essi ne Y amrainistrazion delle rendite , ue la dirc- zione e polizia dell' Oracolo ? Perche non potevano disporre di on solo vaso del Tempio ? Perclie i tesori di Apolline e tutta Delfo erano di sola proprieta di'lla Confederazione? E parlando delle Pitonesse , o vergini fosscro e garzonissime , corae ne' primi tempi , o vedove ed attenipate , come ne' posteriori , puo egli mai credersi die fossero elleno , tnttc , e semprc , cosi ben istruite delle relazioni politiche degli Stati , delle occulte praticlie e raggiri delle Corti o di Persia, o d'Egitto, o di Macedonia, o de' tiranni che puUulavano di tratto in tratto^ come avvenir suole , dalle anarchic popolari ; e parimente cosi ben' conoscessero gl' interessi , i fini , le pas- sioni delle citta libere e delle repubbliche , altre guerriere per istituto, altre commercianii , altre agricole o manifattrici , altre guidate da uu 3oo dell' oracolo m delfo, ecc. Senate di eletti cittadini , altre agitate dalle continue procelle della moltitudine e delle ii\ oliizioni , si bene , dico , codeste donnicciuole tante e si varie e si complicate cose conosccssero, die in tutti i casi, anche i piii difficili, spinosi e straordinarj , come abbiamo vedulo , sa- pessero dare nelle loro lisposte que' consigli , o suggerir quegli spe- dienti che convenivano il meglio in quelle date circostanze , e quali si avrebbon appena potuto aspettare dagli uomini i piii saggi , i piu perspicaci e i piu esperti nelle cose di stato ? Egli e dunque forza di convenire che 1' Oracolo era , come mi sono proposto di provare , un' accorta istituzione politica e religiosa , dipen- dente e diretta dal gran Consiglio anfizionico , per rendere in tal guisa piii rispettabili , e quasi sacri , i suoi awisamenii e giudizj. Con cio spariscono tutte le incongruenze ed assurdita che si ri- scontrano in copia nelle altre due opinioni : con cio si rende ragione di un buon numero di fatti delle antiche storie , che sono altramente inesplicabili : con cio si possono felicemente conciliare insieme molti passi di Erodoto , di Pausania , di Diodoro , di Plutarco e d' altri an- tichi ed illustri scrittori , che parevano in contraddizione fra loro : con ci6 si giustifica quello che ho detto fin dal principio suUa fede di Stra- bone, di quell' uonio cosi sensato , canto e giudizioso , cioe che fra tutti gli Oracoli dell' antichita , quello di Delfo fu il piu stimato e il pill veritiero. Delphico fano majorem honoris partem Oraculum comparavit omnium minime fallax existimatum. METODO PER TROVARE 0 CORREGGERE GLI ELEMENTI DELL' ORBITA D'UN PIANETA DI ANTONIO CAGNOLI. J.L mio rinomato maestro Lalande ha proposto nelle Meniorie cU Parigi ( /inno 1787, pag. 177) il seguente problema : Conoscendosi per osservazione clue distanze d' un pianeta dal Sole, e V angolo fra esse comprcso , determinare gli elemenU dell' orbita. Qacsto problema, da lui applicato al pianeta Hcrschel , poclii anni prima scoperto , diviene vie piu importante or die il trovamento di iiuovi pianeti si rende frequeute. Egli lo lia risolto per via di false posizioni , le quali non possono in vero del lutto cvitarsi. Ma se in vece di assiimere tre elementi arbitrarj , si potesse ottenere 1' intento assumendone uno solo , mi e paruto non dover essere poco giovevolc ad abbreviar le fatiche degli astronomi il prcscntc mio tentativo. Siano secondo il solito a il semiasse maggiore dell' orbita . b il semiasse minore, e Y eccentricita , r il raggio vettoi-e , u r anomalia vera , X Y anomalia eccentrica , z Y anomalia media. 302 aiETODO PER TROVARE GLI ELEMENTI D'uN PIANETA f) noto essere cos u = , e per la secouda osservazioiie cosu = ; La somma e la dififerenza di cjueste equazioiii ( col favor delle note formole , che sono la 20.' e la 24.* nella tavola 11 della seconda edizione della mia Trigonometria) conducono alle seguenti: a l>\r-*-r) COS l(ll -*- U ) CO 5 k,{u — u) e 2 err • 1/ ■\ l> (r — r ) sini(u-*-ii) — 7—- — ; — -, . ^ ' 2crr sin -^{11 — ii) Dair ultima ricavo cosk(u-*-u) = 1/ ( i — — r — —/ .~ , , V Mettendo questo valore iiella penultima , indi elevandola al quadrate, ottengo COS k{u — u) t^ — ' . .,' , '- = — ^— -- h '- — -f- ; '^ ■'^ ' <:^e {rr ) sill -^{u — u) e err 46 (^rr) 2 , / ' V «' ab''(r-*-r) h' ovvero cos Uu —u) = ~i ^—, — -♦- -i-- ■,^-. ., , : X ■^^ ' e err ^e(rr)sin^{u — u) { ('' — '' )' ^o.«' |(u' — u) -*- (r -*- I'f sin' |(u' — u)]. Quindi posto nel secondo membro i-sin^^(u'-u) in vece di cos^l(u'—u). emerge 21/ ' \ « ah{r-^r) 6* /- ,.3 , t . 31/ ' A ^^ ' € err ^e{rr)siii-!;{u—u)\^ ' ^ m\ 1 ^ Moltiplicando per e\ trasportando e riducendo , nasce 1 , 3 1/ . V h\r^r) h\r-rf h'^ a — e cos k(ii — u) = 2a -, ■ — — ,i, . .,,, , — ■ — • ^^ ' irr ^{rr ) sui \{u — n) rr Ma per essere e^ = a — b^ il primo membro facilmente diviene cl' sin^l(u' — u) -t- b^ cos^ |(m' — u). Dope di che, se dividasi Tequazione per sin'l{u-u), di leggieri ella riesce l>\r-*-r) a — • 2a •xrr sifi T-r—' — : = —o coc kiu — u) r^—r, — ; I I -• ,■:..',, , : )• ;^(,«-k) ■'^ ' rr sin -!^{u- u) \ ^rr sin -^{u- u)/ Completando il quadrate del prime membro , il secondo trasforraasi come segue : DI ANTOXIO CAGNOLI. 3o3 — 0 cot r,{u — U) — . ,1, , I I -*- , . , ,, . ) = "^ ' n sin ^(« — It) \ ^rr sill --{u — ii) / — 6*co£*i(u' — u) ,.,,,, — : ( 1 ^-r-rr- — :^ ^ "^ ' min T,(ii — ") \ sm •j(u — u) / — b cot i(u — u) ■+■ . ,,, , = b cot Uu — ii) ( — . , , , , • — I V Or traendo la raclice d'arabi i merabri , risulta {.4) a = ^'.^^r'^ . ^ h cotUii - a) \/( . X T - ' V *■ ' iirsm^^u — u) •'^ ' y \rr sill \{u — u) ) 111 questa equazione tiifto e noto, a riserva di a e di b. Laonde coir ipotesi del solo valore di h se iie piio ricavar - r ) X CDS'" A Rinvenutl i valori di a, b, e, col mezzo di cjuesti e delle cose date niente manca per procacciare gli altri elementi : epoca , longitudine deir afelio , equazione , moto secolare , rivoluzioni tropica e side- rale , ecc. CONTINUiiZIONE DELLE SPERIENZE SULL' URTO DELL' ACQUA DI GIUSEPPE MOROSI. N< , ON e gran tempo che in una delle nostre scientifiche adunanze ebbi r onore di palesarvi , chiarissimi colleghi , alcune mie iuvestiga- zioiii suir urto dell' accjua tendenti principalinente a rilevare il raodo di accrescerne 1' azioiie sulle macchiiie. Vi partecipai allora quaiito a tal proposito avevo scoperto , cioe , che apponendosi un bordo al piauo contro del quale vada perpendicolarmente ad urtare una vena fluida rettaiigolare orizzontale , questa esercita molto maggiore conato sullo stesso piano di quello che vi eserciterebbe se fosse privo dell' uidicato bordo. Vi osservai ancora che la detta vena urtando il medcsimo piano forma su di esso un prisma d'acqua, fl cui apice sta rivolto verso il foro dal quale sgorga. Iiioltre che i lati di questo prisma si curvano indentro quanto piu si avvicinano alia base di esso; per la qual cosa I'acqua che vi batte sopra si decompoue nell' urto e fugge parallelamente alia superficie del piano medesimo. Essendomi piaciuto poi di rendere qualche ragione della maggiore attivita che I'acqua spiega per causa di questo bordo, dissi : che quando il piano ne e privo , cssa dopo di avcrlo dircttamente percosso non Vol. I. P. II. 39 3o6 sull' urto dell' acqua vi esercita piii alcim conato, perch^ decomposta scorre suUa di Ini su- perficie senza premerlo. Al contrario quando e di quel bordo guernito, le molecole aquee urtanti nou possono pin liberaineute scappare , come facevano prima , si perclic sono da quell' ostacolo ritenute , si perche vi perdoiio una parte della loro velocita urtandolo ; ond' e che quelle le quali di mano in mano fluiscono sulla superficie del detto piano trattenute in corso dalle antecedenti , trattengono pure le altre che ' scendono gin pei lati dell' indicato prisma , le quali per essere piii di tutte velocitate premendosi I'una I'altra contemporaneamente spingono tutto ci6 die loro osta , e per conseguenza l' indicato piano. Per rendere piu cliiaro questo ragionamento parvemi di potere op- portunamente citare 1' effetto die produce una serie di palle a contatto fra loro e rotolanti giu per un canale curvato ; alia prima delle quali se si opponga un ostacolo, per cui debba istantanearaente arrestarsi, il fondo di esso viene da tutte contemporaneamente pigiato; o si vero se itiipugnandosi un mazzo di sottilissime verghe , si vada con esse ad nrtare un levigatissimo piano , tosto si piegano in quell' urto , e diver- genti strisciano su di esso , esercitandovi contro una porzione soltanto della forza die le spinge. Ma se per caso incontrano su quella super- ficie degli ostacoli die per superarli debbano maggiorraente curvarsi , allora il conato di esse sullo stesso piano diviene raolto maggiore. Queste spiegazioni sebbene in qualclie modo mostrino la causa che produce quel fenomeno , non ostante sono puramente ipotetiche ; di nianiera che non potiebbero essere ammesse dai fisici , se esperienze incontrastabili non concorressero a comprovarle. Doveva pertanto intraprendere con premura la ricerca di queste co- gnizioni , e dopo averne ritrovate alcune , doveva esporle al purgatis- simo giudizio di cosi dotta adunanza , tanto per darle segno di vera devozione , quanto per ottenere il di lei sufFragio in si scabrosa materia. 11 fine principale delle mie investigazioni era dunque di conoscere se le molecole d' una vena fluida urtante un piano incalzandosi con somma velocita si premano successivamente, ed esercitino cosi nel me- desimo istante una parte della loro azione sullo stesso piano prima di essere pervciuue a toccarlo. DI GIUSEPPE MOROSI. 3o7 II problema per vero dire e alquauto delicato e difHcile ; ma i fatd die gono per narrarvi , o sigiiori , ho lusinga clie giuBtaoiente servano a risolveilo. La prima operazione clie feci per questi tentativi fu di riscoutrare il peso di mi pollice cubico d'acqua coinune , il quale dopo ogui usata accuratezza lo trovai corrispoiidente a libbre o.oaSo del nostro nuovo sisteina metrico (*). Misurai poscia esattamente 1' altezza della coloniia soprincnrabente all' orifuiT) rett.uigolare della vena della quale voleva servirmi , e vidi clie questa corrispoiideva a pollici parigini 52, i quali moliiplicati per r area del detlo orifizio aveiite un pollice di lato forniavano pollici cubici Sa , equivalenti al peso di libbre i,3ooo. Disposto intanto 1' apparecchio idraulico , come aveva fatto per le esperienze nell' aiitecedente Memoria descritte, parvemi necessaria cosa il ripetcre queste tanto per confermarne i risuUaraenti , quanto per coufroiuarli cou quelli che avrei ottenuto dagli sperimenti segueuti. A tale oggetto dunque aveudo situata la solita bilancia avanti l' ori- fizio deir accennata vena ( Tav. V, fig. i ) , feci si che questa libera- mente sgorgando ne urtasse ad angolo retto il piano della piastretta , la quale per essere priva del noto bordo die mezzo a detta vena di so- stenere col suo coiiato soltanto hbbre 2,5ooo , ci6 che prossimamente corrispondeva ( come vedesi ) alia doppia altezza della soprincumbente coloiuia ed alia massima quasi generalmeute accolta , e da Bernoulli e da altri dimostrata, qual e: che i conati delLe pcne fluide urcanci i piani sietio in ragione -deW area del fori e della doppia altezza delle colonne a qiu-ste soprincuinbenti. Indi aggiunsi il bordo alia medesima piastra , e rimesso il tutto nelle stesse circosta-ize, apersi la vena. Allora questa trovando piii saldo ap- poggio in queir ostacolo fu capace di sostenere libbre 4,5oco, vale a dire quasi il doppio di quanto aveva nel precedente sperimeuto soste- uuto (fig. 2 ). (*) I pesl del nostro sisteraa metrico sono : II gro5so. La libbra o clulograiuiua. U deiiaro, V oucia. II graao. 3o8 sull' urto dell' acqua In questo raentre osservai per altro che 1' acqua dopo avere iirtato nel detto bordo fuggiva ancora in senso contrario alia direzione della vena con niolta velocita ; dal che inferii essere essa capace nuovamente di niolto effetto, se tntto quel residue moto fossi riuscito a raccoglierlo sulla piastretta medcsiraa. Mi lusingai di poterlo fare attaccando un secondo bordo al primo , come vedesi nella Tav. V, fig. 3 ; ma aperta la vena , essa non sostenne piii di libbre 3,5ooo. Poco vi voleva a rilevare sul fatto la cagione di tale minoramento di forza, poiche osservaudosi 1' acqua dopo la percossa contro quest' ul- timo ostacolo, vedevasi che tutta si scagliava attraverso la detta vena e lie alterava 1' impeto primitivo. Conchiusi pertanto che a malgrado di questo terzo ostacolo essa non vi aveva perduto tutta la sua ener- gia , e che conveniva aggiungerne un altro, il quale oltre al trattenerla di pill in corso avessc inipedito ancora che non andasse ad urtare la stessa vena come precedentemente faceva. Attaccai dunque all' estremita del terzo questo nuovo bordo secon- doche la fig. 4 chiaramente diraostra , e rimessa la bilancia nella so- lita posizione apersi la vena, la quale per I'indicata aggiunta sostenne di nuovo libbre 4,io5o. Cio mostrommi che il conato di essa non era punto cresciuto , ma bensi un pochetto diminuito , e che la causa ne era la medesima acqua , la quale dopo avere urtato e riurtato in tutti gl' indicati ostacoli, conservava tuttavia tale e tanta velocita da rompere il corso a quella che di mano in mauo succedeva. Dovetti pensare allora ad altro mezzo per allontanare si grande inconveniente, disponendo gli stessi ostacoli in modo da non condurre raai la corrente dell' acqua ad intersecarsi , ma soltanto a perdere a poco a poco la sua velocita urtandoli. In fatti dopo varj tentativi mi riusci combinare X apparecchio che mi accingo a descrivere , quale per maggiore chiarezza viene espresso anche dalla fig. 5, Siccorae 1' intenzione mia era di fare si che l' acqua fluente della vena tante volte e tante percuotesse la piastretta della bilancia finche avesse estinto in essa tutto il suo moto , percio congegnai due piani in modo che uno riflettesse 1' acqua suU' altio quali vedonsi accennati DI GIUSEPPE MOROSr. 3o9 dalle lettere A , B , diversi fra loro iii graiidezza e coiitornati ciascuno da apposito bordo E, F^ II piii grande A e destinato a sostenere I'im- peto primitivo della vena, ed a teiiere luogo dell' indicata piastrctta ; il miiiore B a stare 6ssato stabilmente sul cannello piramidale da cui sgorga la stessa vena, al quale oggetto vedesene il mezzo trasversal- meiite furato. •.....:<.* l ^•.\.. j i Neir area del piii grande costrussi un altro bordo C,C, la super*" ficie esterna del quale e ciicolariuente conformata, raentre 1' interna e perfettamente diiitta. Anche suir ai-ea del piano B attaccai un simil bordo D, D, la su- perficie curvata del quale estendesi fino all' estremita del sopra men- tovato cannello. Cio fatto , lermai il prirao al braccio della solita bilancia , ed infilai il secondo suUo stesso cannello. Finalmente situato 1' uno dall' altro distante due pollici circa , apersi 1' adito all' indicata vena. Allora r acqua urtando il piano A fra le pareti diritte del bordo C, C, veniva da queste direttamente vinettuta sulle pareti curvate del bordo D, e lunjijo queste violentemente scorrendo giungeva al bordo E, E, dai quale deviata dirigevasi contro lo stesso piano A, battendo suUa su- perficie curva del bordo C , C. Indi giunta al bordo F, F, essendo da questo nuovaniente deviata , finiva per sortire d' azione scorrendo parallelaniente ad esse , e conservando senipre una dose della primiera sua velocita. In tal guisa agendo quest' acqua sulla bilancia, fu capace di soste- nere il peso di libbre 8,3ooo , cioe quattro volte piii di quello che le teoriche insegnano , e di piu anche avrebbe sostenuto se fossi riu- scito ad aumontarle gli ostacoli , ed accrescerne le andate e tornate senza tenia di alterarne troppo il raovimcnto. Con quale induzione (Unique si puo spiegare che I'acqua della vena andando c ritornando da un piano all' altro non sostenuta in aria da alcun mezzo meccanico , dope avere ripiegato per sei volte in dire- zioni diverse ed opposte, in fine abl)ia conservato ancora non poca dose della sua primitiva velocita? Come spiegare il riferito maravigUoso eflfetto dcir impeto deli' acqua se fra le molecole sue non si ammetta Vol. I. P. II. 39* 3 1 . VI, fig. i3). Proseguendosi ancora ad inclinare la lama , 1' acqua contenuta fra questi lati assottigliasi per lo scostarsi di essi ; e sebbene ridotta in sottilissimo velo, li tiene si strettaraente obbligati , die Tuno dall' altro divergere non pu6 benche grande sia la forza die tende a separarli. Finalmente attenuatosi in modo 1' indicate velo da non resistere piu a quella forza, strappasi , e nell'istante vedonsi velocissimamente scat- tare a destra ed a sinistra i due getti formati dall' opposizione di quella lama, come se spinti fossero da robustissinia moUa , ^^. 14. N6 questi piii si ricongiungono se prima non si riraetta la lama nella naturale direzione della vena ; il die adagio adagio eseguen- dosi, vedesi ricomparire lo stesso velo, e poscia uii tale dibattimento fra i due getti che serabra vogliano per attrazione riunirsi. Ma ci6 non avviene se , come ho detto , non si ponga la lama nella dire- zione della vena. Provato dunque in tal modo il contatto e I'adesione fra le molecole deir acqua , parmi die resti conseguentemente awalorata la proposi- zione , cioe Cfie le molecole di una vena Jluida urtante un piano si premono successwamente ; e poggiando le une sidle altre esercitano il loro conato in un medesimo istante contra quel piano prima d es- sere pervenute individualmente a toccarlo ; il die equivale a non do- versi considerare 1' acqua come corpo quasi peifettamente fliiido, secondo die s' iiisegna , ma bensi dotato di parti fra loro molto unite ed aderenti. Voi udiste , dottissimi signori , quali sono i mezzi che la parvita del mio ingcgno seppe accozzare in conferma della spiegazione che diedi nell'antecedeute Memoria sul fcnomeao da me scoperto nell' urto 3 1 6 sull' urto dell' acqua, ecc. deir acqua. Ne pertanto ndi reputo iiifallibile nel mio giudizio : posso inganiiariui , ed e perci6 die rassegno i fatti alia vostra profondissi- nia perspicacia infinitamente piii valevole della niia a giudicarli. Fratlaiito m' ingegiiei-6 di vedere in qual modo possa applicarsi alle niaccliiiie il mezzo pel quale abbianio veduto produrre all' acqua il massimo effetto. ^•ft-i FINE DEL VOLUME PRIMO. 4 1 ^^'^"■""■^^Md \. T ^' FT^'. .'■'?"« ^ gp i '-Inn '^'^SKmm^ i ■'f f- i k .1 INDICE DELLE MATERIE CONTENUTE NEL PRIMO VOLUME. PARTE PRIMA. D. EDICA a Sua Macsth P^g- 3 Istoria delta prima fondazione c de' lavorl delT I. R. Isdtuto » o Nodzia dclle dissenazioni accademiche lette nelle radunanze dell' I. R. Isd- tuto in Milano ncgli anni i8i2i8i5 » 17 Note storiclie sopra alcunl socj dvfuuti raccolte da Francesco Carlini. Carlo Bianconi » 41 Carlo Mondini > ^5 Alberto Fortis » 48 Paolo Pozzo » ^.f) Paolo Cassiani » 5i Giuseppe Mari » 54 Mariano Fontana » SS Catalogo delle opere prfsentat/> in dono all' I. R. /stituto di scieuzc , let- teie ed arti di Milano negli anni 181 i-i8ia-i8i3 » 57 PARTE SECONDA. JSsposizione del principj da cui il signor professore Cavaliere Ruffini deriva la sua dimostrazione sulV impossibilita della soluzione algebraica delle equazioni superiori al quarto grade , di Antonio Caccianino » 3 Storia d' una matricc amputata , di Giovamii Haltista Pailctra » 17 Saggio if wi nuovo comcnto delle opere di Firgilio , di Micliele AraUli ( estratto ) » 2'' Sul diritto di grazia , di Toniaso Nani ( estratto ) » 3.S Vol. I. P. II. 40 Sui prodotti del fattori die sono funzionl simili ctuna stessa quantka che varia per una diffcrcnza costante , dl Giovanni Racagiii pag. 5^ Saggio del principj dai quail dipendc II gludlzlo dcllc opere d' arcJntetCura civile, dl Simone Stratico (^ parte prima) » io3 Dl un nuovo fenoincno osscrvato ncW iirto dell' acqua , dl Giuseppe Morosi. » 119 Dcllo spasiino dclla faccla , dl Giovanni Battista Palletta » la^ Sul tagllo Ipogastrico per V cstrazlone della plctra dalla vcsclca armaria, dl Antonio Scarpa » i33 Sopra nuovi medici usi del colchlco aucunnalc , dl Bassiano Carniiuati. . » iij.7 Due Idlllj dl Tcocrlto , verslone dl Luigi Rossi » i53 Sopra alcunc funzionl esponenzlall comprese nella formola x"", dl Fran- cesco Carlini » 167 Dl una staggla a llvcllo , strumento gcodetlco dlretto a fare simultanea- mente le Iwellazlonl e le misurc orlzzontall , dl Ermencgiklo Pini . . » 179 Sulle virtu c sugll usl mcdlcinall del tasso haccato, dl Bassiano Carminati. » i85 Del bastlmcutl a rcml da guerra degll antlchl Grecl e Ronianl , dl Si- mone Stratico » 195 Della leggc dl continuitd , dove incldcntemente trattasl del corpi duri , dl Michele AraJdi » 217 Sulla glossltlde , dl Bassiano Carminati » a2,5 Suir Inerzla e sulla forza centrlfuga , dl Michele Araldi » 237 Sul fluctus decumanus o decimus del poetl latini e sulla trlchlmla o terza ondata degll scrlttorl grecl , dl Simone Stratico » 24^ Sopra un nuoio uso mcccanico del resplro , dl Michele Araldi (estratto ). » 289 DeW Oracolo dl Delfo , dl Francesco Mengotti 5) 263 Metodo per trovare o correggcre gll elcinentl delV orblta d' un planeta , dl Antonio Cagnoli » 3oi Contlnuazlone dellc sperlenze sulV urto dell' acqua , di Giuseppe Morosi . » 3o5