////^^ 7^^
bI J
r^
BI J
DELL' IMPERIALS REGIO ISTITUTO
DEL
REGNO LOMBARDO=YENETO«
VOLUME SECOKDO.
^yv^.
^mc -/cP// e /ff/^
MILANO
DALL' IMP. REGIA STAIVIPERIA
1821.
ISTORIA
DELL' IMPERIALE REGIO ISTITUTO.
PARTE PRIMA
ESESSSBSBSESEEESESaSBSESBBEBEESSBSESESESSSESESESSSHEEB
NOTIZIA DELLE DISSERTAZIONI ACCADEMICHE
LETTE NELLE RADUNANZE
DELL'I. R. ISTITUTO IN MILANO
NEGLI ANNI I 8 1 4- 1 8 I 5.
S,
Adunanza del di 7 gennajo 18 14.
OPRA r attinia costolata madrepori^ena , di Stefaiio Andrea Renier.
Questa iiuova specie d' animale della classe dei polipi dall' autore
scoperta nel mare Adriatico fu da lui minutamente descritta nella
suddetta Meraoria ne' diversi suoi stati. Egli ne fece conoscere I'orga-
nizzazione, il grado delle facolta animali, il modo con cui eseguisce
i suoi movimenti , e la famiglia a cui appartiene. Riferi a questo
proposito tre altri esempi di attinie madreporigene, 1' una veduta dal
Cavolini , I'altra da Vincenzo Rosa, e la terza dal Donati ; giacclie
egli dimostra die 1' animale osservato da quest' autore nella madre-
pora ramea e una vera attinia, non una medusa. Conchiuse poi
recando le prove per cui il polipajo da lui trovato deve ritenersi
per una nuova specie di madrepora, alia quale impose il nome di
madrepora costolata , come all' animale quello di attinia costolata ,
deducendolo dalle costole longitudinali che tanto nell'una, quanto
neir altro costantemente si osservano.
Adunanza del di i3 gennajo.
I. Seguito della dissertazione sidle porpore e sidle materie tintorie degli an-
tichi, di Luigi Bossi. V. nel tomo preced. 1' adun. dei di aS die. 181 3.
6 NOTIZIA DELLE DIssERTAZIONI ACCADEMICHE.
II. Seguico dclla Memoria sopra alcuni monum end falsi addottl in prova
di fatii fcri , di Carlo Amoietti. Egli parlo in questa secoiida parte
dolla Memoria d' un teschio d' alee , d" una tibia di elefante e d' una
costa di baiena die si conservauo in Lodi , e che dal volgo sono
crediite ossa d" un drago , del quale riferi la favola.
Adunanza del di. 2.1 gcnnajo.
I. Consider azioni suL morso dclla vipera , di Gio. Battista Palletta. Vedi
pagiiia 3 di questo secondo volume. •
II. Seguico della Memoria sopra it fosforo , di Angelo Bellani.
III. Estratto d' una Memoria nianoscritta sulla pellagra , presentata aW Isti-
tiuo dal signor dotcore G. B. Marzari , di Gio. Battista Palletta.
Adunanza del di 21 gennajo.
I. Sulla vera definizione del fanatismo , di Pietro Tamburini. Vedi pa-
gina 7.
II. Seguito della Memoria sulla porpora e sulle materie tintorie degli
antichi , di Luigi Bossi.
Adunanza del di 3 fehbrajo.
I. Sopra i velri diottrici composti di due semicilindri , inventati dal signor
Gallant de Chevreux , di Giuseppe Racagni. II signor Racagni con-
siderando in prima quei soli raggi che vengono da un punto posto
suir asse ottico di questa specie di lenti , ha mostrato che ciascuno
di questi e rifratto come se passasse per un piano refringente
chiuso da due elissi. Avendo poi trovata la formola analitica die
determina la rifrazione die un cosi fatto piano produce, ha da quella
dedotta la ragione per cui que' due segmeati devono appartenere ad
uno stesso cilindro ed essere coUocati in opposizione di assi e di su-
perficie , affinche non producano I'aberrazione ch' egli chiama di posi-
zioue, e che succederebbero quando una di queste condizioni raancasse.
NOTIZIA DELLE DISSERTAZIONI ACCADEMICIIE. f
In fine col mezzo di quella stessa formola mostr6 il difetto che ia
tali istromenti puo risultare dalla loro grossezza e dall' aberrazione
di figura analoga a quella delle lenti sferiche.
II. Esposizione di alcune spciicnze relative alia dilatazione dei corpi , di
Angelo Bellaiii. Con una di queste sperienze egli fece osservare la
difficolta con cui il vetro , essendo stato esposto ad un forte calore ,
x'iprendc , allorche e raffreddato , le sue primiere diraensioni , e di
qui trasse la conseguenza che chi aspira ad una certa esattezza
nclla costruzione de' termometri non deve segnarne la scala se iion
un anno dopo che sono stati fabbricati. Con un'altra spcrienza poi
mostro il modo con cui si puc) misurare con precisione 1' aumento
di volume che 1' acqua riceve quando si agghiaccia , e cio per
mezzo d' uuo stromento cli' egli ha imraaginato e che ha chiamato
glaciometro.
Adunanza del di 1 1 febbrajo.
I. Seguito del saggio sulla poesia lirica , di Francesco Venini.
II. Continuazione del trattato suW eccellenza deW incisione in rame , di
Giuseppe Longhi.
Adunanza del di ii febbrajo.
I. Sulla velocitd delta luce, di Daniele Francesconi. L' autore propone
come seraplice ragionamento geometrico un suo modo di spiegare
la velocita della luce ; egli la fa iiascei-e dall' impulso dei diversi
corpuscoli che la compongono supposti elastici e di masse tra loro
assai diverse. Posta la coesistenza di queste molecole di varj ordini
di raassa , e supposta in esse una primitiva agitazione , ne segue
che, giusta le leggi dell' urto de' corpi elastici, le minori dovranno
ricevere una velocita serapre crescente. Cotesta prima agitazione si
ha nella combustione , giacche i corpuscoli lucidi , prima qnieti e
coraponenti coll'ossigeno e coll'azoto 1' aria aimosferica , entrano in
moto per effetto di quella , e vengono a collidersi in modo che i
8 NOTIZIA DELLE DISSERTAZIONI ACCADEMICIIE.
pill c;ravi si rimarraimo for<;e 11 presso, e gli altri luinori voleranno
colle maggiori velocita acquistate uell' urto.
II. Ossen'azioni snUa fiossibititd di comunicare la sifilicle col mezzo del-
V innesm vacrino preso da un ind'n>iduo affetto da quel morbo , di
Gio. Baitista Moiueggia.
III. Scoria della lucerazione d' un ucero gravida , di Vincenzo Malacarne.
Veggasi la pagiiia 48.
Adananza del di 3 marzo.
I. Sulle livellazioni harometriche , di Francesco Veniiii. Vedi pagina 49.
II. Sa^ffio Jisiolagico sopra C uso delle tnanimelle ne' mnschi , di Gio.
Baitista Moiueggia. Egli osserva clie siccoine nelle femaiine le mam-
melle s' ingrossano iiisignemente e fauno latte al riflusso del sangue
dair utero , contratto dopo il parto; cosi ne' bambini neonati d' ambo
i scssi si veggono esse iiigrossate e piene d' umore latticinoso , forse
pel rillusso di parte di quel saiigne die non puo pin andare nelle
arterie legate del tralcio. In questo senso le manimelle de' maschi
non avrebbero clie un uso liinitato alia prima infanzia, e quindi
nascerebbe la lore inerzia ed atrofia in appresso, eccettuato qualche
caso straordinario in cui il replicato succhiaraento ha potuto anche
in essi richiamare 1' antica attitudine delle mammelle per la fabbri-
cazione del latte come nel sesso femmineo.
Adananza del di 1 1 marzo.
V olco di Cafreria , poemetto in verso sciolto , di Benedetto Del Bene.
£ noto che 1' olco di Cafreria , non distinto un tempo dalla saggina
volgare e dalle meliche nostrali , venne dal prof. Arduino partico-
larmente descritto e proposto come atto alia fabbricazione dello
zucchero. L" importanza di tale invenzione , massirae nell' epoca in
cui fu fatta ed in cui lo studio de' chimici e degli agronomi era
rivolto al modo di supplire alle merci coloniali , suggeri al signor
Del Bene questo suo componimeuto. Descrive egli in prima la natura
y
NOTIZTA DELLE DISSERTAZIONI ACCADEMICITE, 9
del suolo che meglio all'olco coiiviene, ed espone le cure che ri-
cliietle la sua coltivazione; passa quindi ad insegnar 1' arte di
estrarre dalle sue caniie la materia zuccherina, di raffiiiarla e im-
biancarla L' aridita di questi diversi precetti viene di quaiido in
quaiido dal poeta opportiinameiite iiiterrotta con poetiche descrizioni
e con bene iniiuaginati episodj.
Adunanza del di 17 marzo.
I. Seguito della Memoria sui succednnei da darsi ai principali rimedj
che ci vengono dalle due Indie, di Bassiano Cariuinati.
II. Concinuazione della Memoria sidle Uvellazioni baromecriche , c?i Fran-
cesco Venini.
Adunanza del di 24 marzo.
I. Compendio della Scoria milanese ne tempi del dominio de' Visconti e
degli Sforza, di Carlo Amoretti. Questo compendio doveva servire
d' introduzione alle vite delle Duchesse di Milano, che il signor Amo-
retti erasi accinto a scrivere sui matej^iali lasciatigli dal defunto
P. (^apsoni, storico pavese.
U. Relazione delle opt-re pubblicate dai membri componenti la sezione
deW J. R. Istituio in Veruna , di Cesare Arici.
Adunanza pubblica del di i^ apiile.
I. RagguagUn dei lauori scientifici e leCterarj delle due classi dell' I. R. Tsti-
tiito , di Francesco Carlini.
II. Discorso inaugurale del Piesidenie delCI. R. Istituto Giovanni Paradisi.
III. Intorno alia fosforescenza "delle acque de' mari , di Stefano Renter.
SuU'appoggio delle osservazioni raccolte da diversi fisici e viaggia-
tori combinate colle sue proprie 1' autore riduce a tre le cagioni die
possono produrre la fosforescenza delle acque dei mari. La prima
gli animaletti fosforici marini delle classi degli anellidi e dc' crosta-
cei ; la seconda le sostauze auimali disciolte nelle acque del mare,
Vol. JJ. P. I. 2
\
lO NOTIZIA 0ELLE DI6SERTAZ10N1 ACCADEMICHE.
provenienti dall'innuinercvole quantita d'animali che in esse mu6jono
e si clecomponj;ono; la terza gU altri auimali fosforici di niaggior
mole delle ciassi de' radiali e de' pesci.
IV. Quunoni intorno a Raffadlo da Urbino , di Daiiiele Fraucesconi.
Diedero argomento a qiieste quistioni le osservazioni pubblicate
dal signor Morelli nella Notizia cC opere di dlsegno , pagiiia 2 1 o , e
quelle del signor Roscoe contenute nelF opera Vita e Pontificato di
Leone X, vol. 4.% pagina 116 e 248, risguardanti si le une che le
altre un passo del libro dello stesso signor Francesconi stampato
nel 1 799 col titolo : CoiigeUura che una lettera creduta di Baldassar
Castiglione sia di RaffcMllo da Urbino. II passo citato riguardava
la forniazione e descrizione della pianta di Roma antica con altri
studj e lavori ordinati da Leone X.
V. Descrizione d' un nuovo apparecchio per ottenere confacilita ed econo-
mia I' acido muriatico liquido, pure, di Luigi Brugnatelli. Pubblicata
nel sue Giornale, torao VII, pagina i33.
VI. Canto secondo del poema La Feroniade , di Vincenzo Monti. Vedi
I'adunanza del di 9 Inglio 18 12.
Adunanza del di 5 maggio.
I. Sui piccoli forni di fusione a maruca portatUi , di Carlo Innocenzo
Isirabardi. Vedi pagina 69.
II. Seguito delle quistioni intorno a Raffaello da Urbino , di Daniele
Francesconi.
in. Prefazione all' istoria intorno alle milieari imprese e alia ma di
Gum Jacopo Trivulzio , di Carlo Rosmini. Fu pubblicata 1' anno ap-
presso in fronte al primo volume dell' opera citata.
rV. Fine dell' introduzione alle vite delle Duchesse di Milano, di Carlo
Amoretti.
Adunanza del di 26 maggio.
I. Descrizione ^eologica della coltina d* Arona, di Scipione Breislak.
Dopo d' aver esposte alcune osservazioni generali suUa configurazione
NOTIZIA DELLE DISSERTAZIONI ACCADEMICITE. U
e direzione della valle del Lago Maggiore , la quale taglia obbli-
cjuamente la catena delle Alpi e giunge vicino alia catena centrale,
si restriiise a parlare della coUiiia calcarea d'Arona posta suU'estre-
mita del lato occidentale del lago. Fondato sopra i caratteri estenii
della roccia, sulla frequenea delle spaccatiire e delle grotte, e Bulla
giacitura in contatto coi porfidi che forraano la condgua collina
detta di S. Carlo e poco discosta dalle arenarie d'Angera, conchiuse
clie la collina d' Arona deve appartenere a quelle specie di calcaria
che e stata denorainata
€ porte ne' canxdi na-
vigabili , di Simone Stratico. Vedi pagina 79.
n. Sopra il diaspro ed altre pietre preziose , di Luigi Bossi. Alle ricerche
contenute in questo scritto diede occasione 1' opera del signor Hager
Sopra una pietra preziosa della veste pontificale di Arcane.
I a N0T1ZL\ DELLE DISSERTAZIONI ACCADEMICHE.
Adunanza del dl 16 giugno. *
I. Sopra la quistione delta diminuzione delle acque dd mare , di Scipione
Breislak. Egli fece vedere noii esservi alcun argomeuto che provi
la trasforniazioiie dell'acqua in terra; che se si trovano uella natura
doi proccssi ne' quali V acqua si decompone , ve iie sono aiicora
degli altri ne' quali questo lluido si riproduce ; se poi per risolvere
il problema si ricorre alle osservazioni ed ai fatti, si otterranno delle
conseguenze egualmente incerte. Da ci6 1' autore concliiude non es-
servi alcun argomento per istabilire che il mare presente considerato
qnanto al suo volume ed alia sua massa totale sia in uno stato 0
di aumento o di diminuzione.
n. Segu'uo delta Memoria sul diaspro , di Luigi Bossi.
III. SeguitQ del sag^io sulla poesia lirica , di Francesco Venini.
Adunanza del dl 7 luglio.
I. Sopra i vetri azzurri degli antichi , di G. B. Brocchi. Col mezzo del-
r analisi chimica deterraino qual fosse la materia messa in opera
nella colorazione di questi vetri , e riconobbe esser dessa il cobalto ,
sostanza che si adopera pure attualmente per comunicare la predetta
tinta ai vetri ed agli smalti. Da ci6 egli deduce che F ossido di co-
balto era noto agli antichi , lo che era stato negato da alcuni mo-
derni naturalisti. II signer Brocchi sottopose all' analisi dei cubi ve-
trosi trovati a Baja nel regno di Napoli, ed appartenenti a pavimenti
di camere che servivano ad uso di bagno.
II. Notizie storirhe intorno aVa vita di Fra Saba da CastigVwne , di
Vincenzo Malacariie. Vedi 1' adunanza del di 24 novembre 1814
della sezioue di Fadoya.
NOTIZIA DELLE DISSERTAZIONI ACCADEMICHE. 1 3
Adunanza del dl 21 luslio.
•o"
I. Fine delta Memoria sopra i uelri diottrici composti di due semicil'mdri ,
di Giuseppe Racagni.
II. RagguagUo deW opera del signor Ispettore Brocchi intitolata : Conchio-
logia fossile subapennina , di Scipione Breislak.
III. Ossers^azioni soisdziali fatte con un circolo moltiplicatore di 3 piedi
di diametro, di Baniaba Onani. Fiirono pubblicate raniio dopo nel
volume cleir EffeiuericU astroiiomiche di Milano pel 1816.
Adunanza del di 4 agosto.
I. Sopra i principj ai quali s' appoggia la costruzione de cannocchiali
gaideani, astronomici e terreslri, di AiigeFo Cesaris. In questa Memoria
egli espose le regole colle quali si puo determinare in ciascuua
specie di cannocchiale 1' ingrandimento dell' immagine , 1' estensione
del campo , la quantita della luce , e descrisse le combinazioni delle
oculari clie o coll' esame teorico o con pratici tentativi si sono ri-
conosciute come le piii vantaggiose. Parlo poi d' un obbiettivo ch' era
stato presentato all' Istituto dal valente ottico milanese signor Con-
sonni , il quale aveva la proprieta d' essere fabbricato di soli vetri
nostrali , cioe di vetro comune e di cristallo di Murano , ed assicuro
clie essendo esse stato paragonato con un obbiettivo acromatico
inglese di pari diraensioni , ma coraposto coUa solita combinazioue
del /lint e del crown , era stato trovato di egual perfezione nella
proprieta di distruggere i colori , e di poco inferiore nella chiarezza
e distinzione.
II. Seguito deW apologia del viaggio di Maldonado , di Carlo Amoretti.
III. Delia chimica costituzione del gas oliofacente , di Luigi Brugnatelli ,
Memoria che comparve poi nel suo Giornale, tomo VII, pagina 249.
14 NOTIZTA DELLE DISSERTAZfONi ACCADEMICHE.
Adunanza del di i8 appsto.
o
I. Delia lefge della wlocitd deW acqua uscente dai fori aperti nel fondo
o nelle pared dei vasi , di Siraone Stratico. Vedi pagina 91.
II. Jrttomo al. vcro tipo delC arte della pitcura , di Giuseppe Bossi. Dopo
aver dimostrato quale esso tipo debba essere secondo Y essenza ed
il liniite dell' arte, finisce coll' appoggiare le sue opiuioni all' autorita
de2;U scritti di Michelaguolo Buonarroti, di Leonardo da Vinci e di
Rafifaello da Urbiiio.
III. Osservazione d' ua glossocele , ossia procidenza di lingua , di Gio.
Battista Palletta. Vedi pagina 99.
Adunanza del di 1 dicembre.
I. Sopra varj passi di ataori greci relativi ad inwenzioni di geometria o
d aritmedca , di Daniele Francesconi. Egli osserv6 die molti di questi
passi si trovano mal tradotti e conamentati , e furoaio giudicati gnasti
nei codici , perche fu ignorato un particolare significato di certe
irasi , il quale noB e nemmeno ne' lessici , benche sia ovvio nelle
©pere matematicbe.
n. SuW origine della terra , di Scipione Breislak. Le idee proposte dal
sigiior Smtthson Tennant alia Societa reale di Loiidra sull' origine
4el nostro globo hanno dato argomento alio scritto del signer Breislak.
Pare che la congettiira dei chiniico inglese che il nostro pianeta
Bia stato condotto alio state attuale da una conibustione generale ,
i c«i niateriali fossero le basi metalliche delle materie terree onde
sono composti gli strati primitivi , sia un' applicazione piuttosto in-
pcgnosa che verisimile delle teorie di Davy. II signor Breislak , par-
tendo dal principio che il calorico e una sostanza . d'Esquiron
de Saint Agnan, rapporto di Ermenegildo Pino.
III. Ristretto della vita di Michelagnoto Buonarroti , di Giuseppe Longhi ,
staoipato nella serie di vite e ritratti degl' illustri Italiani.
Adunanza del di 5 gennajo i8i5.
I. Estratto del commentario pubblicato dot signor professore Malacarne
suUe opere e sulle vicende di Giorgio Biandrata, di Luigi Bossi.
II. SuL freddo prodotto doll' evaporazione , di Angelo Bellani , Memoria
pubbhcata poi nel volume IX del Giornale di fisica e chimica del
professore Brugnatelli.
m. Seguifo delle ricerche sui succedanei ai rimedj esotici, di Bassiano
Carminati.
l6 NOTIZrV DELLE DlSSERTAZIONl ACCADEMICHE.
Adunanza del di 19 gennajo.
I. Sfpra la teorica delle mine , di Antonio Caccianino. Vedi pagina 11 5.
£ qiiesta Memoiia un ristretto d' uno scritto piii esteso clie V au-
tore lesse e deposito presso la sezione dell' Istituto residente a
Bologna.
II. Seguito del saggio sulla poesia lirica , di Francesco Venini.
III. Seguito delle rijiessioni sul freddo prodotto daW evaporazione , dl
Angelo Bellani.
Adunanza del dl 16 febhrajo.
I. Rapporto suW opera intitolata : U idendtd del fluido elettrico col fluido
guLatiico viuoriosamente dimostrata , di Giuseppe Racagni.
II. SuW emigrazione degli uccelli , di Carlo Araoretti. L' autore giudica
prima di tutto sail' appoggio di diversi fatii clie le rondini abbiano
la facolta , della quale sono dotati i ghiri e le marmotte , di vivere
ad un ceito grado di freddo in uno stato di letargo. Posto ci6, egli
fa vedere con mold argomeiiti, esser falsa T opinione comune che
le rondini passino il mare all' avvicinarsi del verno , e vadano a
cercare nell'Affiica un clima piii temperato. Egli ritiene all' opposto
clie le rondini , e la maggior parte degli uccelli clie scompajono
air avvicinarsi del verno , si ritirino durante quella stagione nelle
caverne de' nostri moiiti , ove rimangano intorpiditi fino al ritorno
di primavera.
Adunanza del di 23 febhrajo.
I. Suir estrazione d' un calcolo formatosi sulla glandula subinascellare de-
stra, di Tomaso Fariiesi.
II. Seguito delle ricerche sulle porpore e sulle materie vestiarie e tintorie
■ degli aiuichi , di Luigi Bossi.
NOTIZIA DELLE DISSERTAZIONI ACCADEMICHE. I7.
III. Del modo di saldare getti di ghisa che per qualunque cagione siano
addivenuu fessi 0 rotti , di Giuseppe Morosi. Vedi pagina 1 65.
IV. Estratto dell' arte di governare i bachi da seta , opera del Conte
Vincenzo Dandolo , di Carlo Amoretti.
Adunanza del di 2 marzo.
I. Sul raffreddamento e consolidamento awenuto nel nostra globo, di Scipione
Broislak. Rigettata I' ipotesi di Buffoii d" un raffreddamento lento e
progressivo , l' autore espose come nella produzione delle sostanze
fluide e gassose il calorico ha potuto divenire latente. Pass6 di poi
a sciogliere le diflicolta che gli sono state proraosse dal suo collega
professore Pino nell' opera intitolata : Rijlessioni analitiche sopra i
sisteini geologici, e cerco di dimostrare che se quella quantita di ca-
lorico , la quale e fissata nelle sostanze fluide e gassose del nostro
globo , divenisse libera , sarebbe sufficiente per dare al medesimo
quel grado di fluidita, o almeno di mollezza , che e necessario
r amniettcre per ispiegare 1' origine della sua forma sferoidale e la
cristallizzazione delle rocce primitive.
II Relazione del nuovo cataiogo delle stelle fisse del signor professore
Piazzi , di Francesco Carlini. Fu pubblicata nella Biblioteca Italians,
toiuo IV, pagina 884.
Adunanza del di 16 marzo.
I. Tentativo per determinare la cagione fisica della differenza delle i'oci
unisone e della i^aria sensazione ch' esse producono , di Simone Stratico.
Vedi pagina 171.
II. 5u//' attrazione molecolare , di Giuseppe Racagni. L' autore espose
r opinione del celebre signor Laplace, il quale osservo che sup-
ponendo la materia discontiuua, si poteva stabihre tanto per 1' at-
trazione di gravitazione , quanto per 1' attrazione molecolare la
stessa legge di attrazione nella ragione diretta semplice delle masse
e reciproca duplicata delle distauze i la qual legge non potrebbe
Vol II. p. I. 3
1 8 NOTIZIA DELLE DISSERTAZIONl ACCADEMICHE.
pill sostenersi ncl secoiulo caso , quaiulo si ritienc col Newton la
materia coine coiuinua. 11 sigiior Racagui , senza adottare ropinioue
del Mateiuatico francese , rec6 diversi argomenti atti a diniinuire
la forza delle obbiezioiii clie g,li sono state raosse in contrario.
III. Ba^guaglio dl due opere puhhlicate did signor Lodovico Costa, blhlio-
tecario di Torino , intuolate L'una: Chartarmm Dertonense nunc primum
editum , etc. ; e laltra : Cronaca dl Tortona , pubblicata per la prima
volta, di Luigi Bossi.
Adunanza del di 6 aprile.
I. Seguito ddla Memoria sulla differenza de suoni unisoni, di Simone
Stratico.
II. Continuazione del saggio sulla poesia lirica , di Francesco Venini,
Adunanza del di 20 aprile.
I. Sopra diverse specie di viper e , di Pietro Configliachi. Nelle sue ri-
petute escLirsioni e ricerche nei luoghi boscherecci e montuosi
deli' alta Lombardia egli vi ha riconosciuta, oltre la vipera comune
od europea , la vipera del Redi e il colubro aspide di Linneo , che
oggidi si riguarda qual semplice varieta della suddetta vipera co-
mune. Da queste specie e varieta di vipere egli crede esser nata
presso i nostri montanari la distinzione della vipera comune dal-
r aspide ; rigetta pero quali favole le strane descrizioni da essi
somministrate intorno alia figura di questo rettile ed agli effetti
tembili del suo veleno.
II. Seguito del saggio sulla poesia lirica , di Francesco Venini.
Adunanza del di 1 1 maggio.
I. Solsrizj osservati e calcolati da Giuseppe Piazzi. Vedi pagina 229.
II. Seguito del tentativo per determinare la cagione Jisica della diffeieaza
del suoni unisoni^ di Siaione Stratico.
NOTIZIA DELLE DISSERTAZIONI ACCADEMICHE. 1 9
Adunanza del dl i giugno.
I. Seconda parte della Memoria suW emlgrazione degU uccelli , di Carlo
Amoretti.
II. Seguito dcUa Memoria sulla leva idraulica, di Giovanni Aldini.
Adunanza del dl iS giugno.
I. Seconda Memoria sopra il moto oscillatorio delle fabbriche , di An-
gelo Gesaris. Un simil moto oscillatorio si osserva assai piccolo e
lento nella fabbrica dell' Osservatorio astronomico di Milano , ma
molto pill rapido e visibile nella torre meteorologica del signor
Conte Moscati. II fenomeno curioso per se stesso come fatto fisico
acquisto maggior iraportanza nella sua applicazione alia pratica
astronomica. Si vede in fatti quanto facilmente si potrebbero in-
trodurre de' notabili errori nelle osservazioni fatte coi grandi gno-
mon!, coi quadrant! raurali e con altri istromenti fissi qnando si
trascurasse di rinietterli e di ritenerli in una costante posizione col
mezzo del livello o del filo a piombo. L'autore, che fu il primo a
riconoscere questo pex-iodico movimento nella posizione del grande
quadrante di Ramsden , lo ha studiato e seguito in tutte le sue
circostanze con assidue osservazioni, che furono pubblicate nel vo-
lume delle Effemeridi di Milano per Tanno 1816.
II. Relazione sopra un opera del signor Heintl indtolata : Anleitung den
seidenbau in Freyen zu ^betreiben , cioe Istruzione sul modo di educare
i bachi da seta air aria libera, di Carlo Amoretti.
III. Fine della Memoria sulla leva idraulica, di Giovanni Aldini.
Adunanza del dl 6 luglio.
I. Elenco di varic frasi e voci raccolte in autori classici italiani , le quali
mancano ne' dizionarj , di Luigi Rossi.
ao NOTIZIA DELLE DtSSEUTAZlONI ACCADEMICHE.
II. Estratto delf opera del signor Giacinto Carena, pro/essore dell' Unicer'
siCci di Torino , intitolata : Reservoirs arlificiels , on maniere de retenir
I'eau de pluie , ec de s'en servir pour Varrosement des terrains , dl
Carlo Amorctti.
III. Estratto del supplimento alT Enumeratio plantarum dl Wddenow ,
di Luigi Configliachi.
Adunanza del dl 20 luglio.
I. Sopra la formazione delle pietre sUicee , di Scipione Breislak. Dopo
aver accennate le oplnioni di Fortis, Linneo , Haquet e Werner
sopra la formazione delle suddette pietre nelle montagne calcarie
secondarie , prese ad esaminare coa maggiore accuratezza quella
die e foudata suH' infiltrazione , la quale se qualche volta ha luogo
nella natura, e stata generalizzata troppo dai naturalisti , ed appli-
cata alia spiegazione di niolti fenomeni ai quali non puo convenire.
II signor Breislak osservando il modo col quale le pietre silicee
esistono nelle calcarie , e la maniera di giacere d' arabedue queste
sostanze , ne dedusse la loro origine conteraporanea , e conchiuse
che la spiegazione piii probabile di questo fenomeno si debbe ripe-
tere dalla forza di attrazione da cui sono animate le particelle orao-
genee della materia , prima che questa passasse dallo stato di flui-
dita e mollezza a quello di solidita.
II. Noiizie deir elogio di Damiano Priocca scritto dal professore Bouche-
ron , di Carlo Rosmini.
III. Sopra diverse piante credute nuove, le qitfili erano conosciute dagli
amichi, di Giovanni Brignoli.
Adunanza del di 3 agosto.
I. Sulla morbosa chiusura delV orifizio delt utero in occasione di parto
imminenre , di Pietro Moscati. Pubblicata per intero nel volume
XVIII, fascicolo i.° delle Memorie di fisica della Societa Italiaiia ,
e per estratto in questo volume, pagina 268.
NOTIZIA DELLE DISSERTAZIONI ACCADEMICHE. 21
n. De penitiori urethrae , glandlsque structura recens detecta , di Ales-
sandro Moreschi. L' opera suddetta fu pubblicata ia Milaito presso
Giovanni Pirotta nel 1817 in foglio.
Adunanza del di 17 agosto.
I. Sopra una nuova , sempHce e sicura maniera di portare la legatura
ne polipi che scendono dalle cavita nasali in gola sino alia piu alta
radice di essi , di Pietro Moscati. Vedi pagina 273.
II. Narrazione d' una sinfiseotomia , di G. B. Palletta. Vedi pagina 266,
III. Esaine cf una macchina presentata dalV ottico signor Consonni , acta
a misurare la forza rifrattiva dei corpi diafani , di Angelo Cesaris.
IV. Ragguaqlio d' un opera manoscritta sulla natura del ferro presentata
all' Istituto dal signor Cavaliere Nobili , di Giuseppe Morosi.
V. Relazione suW opera del signor professore Moreschi letta neW adunanza
del di 3 agosto , di G. B. Palletta.
Adunanza del di 9 dicembre.
I. Estratto della relazione storica del viaggio del signor Hunibnld nellc
regioni equatoriali , di Scipione Breislak. Quest' estratto comparve
nel volume 3.°, pagina 5 14 della Biblioteca italiana.
II. Saggio della versione italiana dei paralipnmeni d' Omero di Quinto
Calabro , altramente detto Smirneo , di Luigi Rossi. Vedi pagina 3 17
di questo volume, e I'intera versione del succitato poema stampata
ill Milano nell' anno 181 9.
Adunanza del di 21 dicembre.
I. Intorno ai sistemi di fortificazione introdotti in Italia nella prima
metd del secolo XFf , di G. B. Venturi. Memoria pubblicata in ag-
giunta air edizione del Trattato di fortificazione di Galileo Galilei.
II. Relazione su/ 1' opera del signor dvttor Ciovanni Maria Zecchinelli:
Considerazioni suW angina di petio e sulk morti repentine , di Bassiano
22 NOTIZIA DELLE DISSERTAZIONI ACCADEMICHE.
Carraiiiati. Dopo aver riferite le iinportanti osservazioni contenute
neir opera citata , il signor Carraiiiati espose alcuni fatti da esso
medesiiuo osservati o corauuicatigli da varj chiarissiini medici del
nostro paese , le quali in aggiunta a quelle del sigiior Moiiteggia
preseiitate nell' adunanza del di I dicembre 1814 spargono molta
luce sullo scuro coatroverso argomento dell' angina di petto.
NOTIZIA DELLE DISSERTAZIONI ACCADEMICHE
' LETTE NELLE RADUNANZE
DELLA SEZIONE DELL' I. R. ISTITUTO
RESIDENTE IN PADOVA
KEGLI ANNI l8l4-l8l5n.
Adunanza del di 24 novemhre 18 14.
E
LOGio di Fra Saba da CastigUone, Cavaliere Gerosolimitano e Com-
mendatore di MeldoLa e di Faenza, di Vincenzo Malacarne. L' autore
prese per guida di questo suo elogio Y opera dei Ricordi od Aw.'
maescramenti di Fra Saba , nei quali con prudenti e cristiani consigli
ragionasi di tiute Le mati^rie onorate che si ricercano a un vera gen-
tiluomo. Esarainati gl' indizj sui quali puo stabilirsi 1' epoca della
nascita di Fra Saba, che fu verso F anno 1.480, egli lo segue nei
suoi stud) e nelie sue nobili occupazioni giovanili , indi lo accompa-
gna ne'suoi viaggi per terra e per mare intrapresi conie Cavaliere
Gerosoliuiitano, finclie salito alle cariche principali e coperto d'oneste
ferite si ritir6 nella sua commenda di Faenza , ove visse trentacin-
que anni intento ad ornarla di quanto ad un santo e nobile soggiorno
poteva con venire, ed esercitandovi la piu liberale ospitalita e la piu
segnalata beneficenza.
(*) Qucsta notiz!a e ricavaui dnl Prospefto Hegio Istituto di scienze , lettere ed orti. Padova ,
ieUe leuure dcUa sezione di Padova del Cesareo tipografia Beitoni , 1 8 1 5.
24 NOTIZIA DELLE DISSERTAZIONI ACCADEMICIIE.
Ailunanza del dl i5 diccmbre.
Dbcorso sid corso del fiitrne Po , di Pietro Cossali. Si e pubblicato per
intero in questo secoiido volume degll Atti. Vedi pagiua io3.
Adunanza del di 22 dicembre.
Osservazioni e sperienze sopra la teoria della resistcnza de fluidi proposta
dal signor Giorgio Juaii. In tre successive Memorie pubblicate in
Bologna nel tomo priuio delle Memorie di fisica e raatematica del-
r Istituto Naziouale Italiano il signor professore Avanzini aveva
esposte le ragioni per cui nei casi ne' quali il fluido nel resistere
al moto d' uu corpo o nel percuoterlo e libero d' espandersi lateral-
mente , la teoria della resisteuza de' fluidi proposta dal suddetto ce-
lebre autore s' allontana in tutto dal vero. L' oggetto della presente
Memoria e di dimostrare la fallacia della stessa teoria anche ne' casi
ne' quali non puo nascere nel fluido alcun moto laterale,
Adunanza del di 5 gennajo 181 5.
Sulla tnsse convuh'wa , di Valeriano Luigi Brera. L' autore trattando
deir origine e della cura di questa malattia ha fatto vedere esser
dessa una malattia suscitata dall'azione d'un contagio specifico di-
retto principalmente sull' organica tessitura del pohnone , la quale
non ne subisce i perniciosi eifetti se non dopo d' aver contratta
una morbosa predisposizione. Quanto al metodo curativo , giusta i
principj dell'autore, debb' esser diretto , primo a liraitare la predispo-
sizione neir assimilazione organica polraonare ad entrare nella sfera
d' azione colle molecole contagiose portate a contatto del polmone
istrsso col mezzo dell'inspirazione dell'aria espirata da un infetto; se-
condo a rendere espansiva e tendente alia cute la materia conta-
• giosa riprodottasi nel polmone \ terzo ad abbattere cogli opportuni
sussidj la diatesi iperstenica , oppure ipostenica , die fosse per^
NOTIZIA DELLE DIS3ERTAZI0NI ACCADEMICUE. 2.S
isvilupparsi nel corso della malattia. La Meraoria coraparve fra
quelle pubblicate dalla Societa Italiana, tomo XVII, pagina 184.
Adunanza del dl 18 gennajo.
llluscrazione d' una moneta bilingue dl rame battuta in Tiberiade , di
Siinone Assemani. L' autore si assunse di mostrare con molti argo-
menti die la moneta di cui si tratta non appartiene ne all'Iraperatore
Eraclio, ne all'Iraperatore Tiberio Maurizio, come altri dotti archeo-
logi avevano supposto , ma deve in vece essere coUocata nella serie
di quelle monete arabe effigiate delle quali egli tratto in una Me-
raoria che fu pubblicata nel tomo ultimo dei Saggi dell' Accademia
di scienze , lettere ed arti di Padova.
Adunanza del di 16 fehhrajo.
Del vizj € delle proprleta della membrana pltultaria, dl Vincenzo Mala-
carne. Vedi pagina i53.
Adunanza del dl 3 marzo.
Contro r assoluta necessltd del presence ordlne delV universo sostenuta nel
llbro Indtolatn : Systeme de la nature , dl Pietro Cossali. Comparira
nel volume HI di questi Atti a pagina 45.
Adunanza del dl 16 marzo.
Sopra la resistenza che oppone al moto lineare dell' acqua per una canna
un orlo o telajo che ne restringe la bocca , dl Giuseppe Avanzini.
L' autore raostra in questa sua dissertazione che la resistenza sud-
detta tanto nel caso del moto equabile dell' acqua come in quelle
del moto ritardato pu6 sottomettersi ad esatto calcolo e determinarsi
a priori senza ricorrere ai metodi d' approssimazione ; ed al fine di
mostrare I'utilita delle sue ricerche su tal problema fa osservare
Vol. II. p. I. 4
a6 NOTIZIA DELLE DISSERTAZIONI ACCADE3nCHE.
die dalla geiierale espressione analitica della resistenza dell' orlo da
lui trovata dipeiule il miglioramento e la perfezione d' important!
teorichc , quali sarebbero quelle dell' ariete idraulico , delle troinbe
aspiraiiti o pieuienti, e di altre macchine idrauliche.
Adiinanza del di 6 aprile.
Elogio deir abate Liiigi Lanzi , antiquario di S. A. R. il Cran Duca di
Toscana , di Simone Assemaui. Dopo d' aver esposto un succinto
ragguaglio della vita e degli studj del Lanzi, 1' autore analizzo bre-
vemente ie sue opere risguardanti i raonumenti antichi ed in parti-
colare gli etruschi. Indi pass6 a render conto della rinomatissinia sua
storia della pittura italiana e delle di lui traduzioni di classici autori
greci che dall' Accademia della Crusca furono giudicate degne di
essere annoverate fra i classici testi di lingna.
Adiinanza del di 20 aprile.
I. Sopra i sensi e gli organi de sensi in generate , cd in parlicolare del
senso della i>isCa, di Stefano Andrea Renier. Contiene questa Memoria
diverse nuove osservazioni anatomiche e fisiologiche fatte dall' autore
sulla laplisia depilans , Linn. ( lepre marino degli antichi ) , sul-
Vaphrodita cirrosa, Linn., nella quale scopri gli occhi cutanei, e
sulla nereide variegata , specie nuova da esso pure scoperta. Queste
descrizioni vennero illustrate mediante la presentazione fatta di tavole
in rame elegantemente incise.
n. Segnito della Memoria sopra i vizj e le proprietd della memhrana
p'uuitaria, di Vincenzo Malacarne.
Adiinanza del di 18 map;o-io.
I. Sidla teorica generale del pantogra/o , e sopra alcuni nuovi itsi di questo
stromento per la descrizione meccanica delle cur\>e, di Antonio CoUalto.
Egli present^ queste sue ricerche come un primo saggio d' un piu
NOTIZIA DELLE DISSERTAZIOJJI ACCADEMICIIE. ay
esteso lavoro suUa costruzione, descrizione, maneggio ed uso di tutti
i priiicipali strumenti di matematica applicabili alle scienze ed alle
arti. La teorica geiierale del pantografo e da lui ridotta alia risolu-
zione del problema seguente : data 1' equazione della curva descritta
da nn punto qualunque preso sul pantografo , trovare 1' ecjuazion*
della curva contemporaneainente descritta da qualsivoglia altro punto.
Dedotte le equazioni fondamentali sotto la torraa piii generate, ne
fece alcuiie applicazioni alle curve di secondo e terz'ordine, e a varie
altre si algebriche clie trascendeiiti. Tra gli usi pratici del pantografo
iiella forniazione delle curve , il piix notabile e quello della descri-
zione delle concoidi a differenti basi , che puo ottenersi coH'aggiunta
air istromento d' una quinta riga.
II. Sulla cometa scopcrta dal signor Olbers il di 6 inarzo i8i5, di Gio-
vanni Santini. Kautore, ammesso a presentare alia sezione dell' Isti-
tuto questa sua Memoria , riferi la storia della scoperta , espose le
sue proprie osservazioni fatte alia specola di Padova , e diede an' effe-
meride dei luoghi della cometa calcolati sugli elementi parabolici
pubblicati dal dottor Gauss. La Memoria trovasi fra quelle dei nuovi
Saggi dell'Accademia di scienze, lettere ed arti di Padova, volume T,
pagina 197.
Adunanza del di i giugno.
r. Sulla resistenza che al moto delt acqiia corrente per lunghi tubi oppo-
ne I' attrito e la tenacitd , qualunque ella siasi, delle sue molecole , di
Giuseppe Avanzini. Prese ad esarae le diverse forraole finora pro-
poste dai raatematici per la misura della resistenza suddetta , e par-
ticolarmente quella data dal professor Brunacci nella seconda edi-
zione del Tratiato dell'ariete idraulico , il signor Avanzini si assunse
di dimostrare, come tutte piu o meno si allontanino dalvero, ec-
cettuata quella del celebre signor Prony , ch' egli ritiene doversi
preferire alle altre , come la piii sicura ed esatta. Questa Memoria
comparve nei nuovi Saggi dell'Accademia di scienze, lettere ed arti
di Padova, tomo I, pagina 23o.
II. Sapgin sopra it poema La Pastorizia del signor professore Cesarc Arid,
di Pietro Cossali.
28 NOTIZIA DJ.LLE DISSERTAZIONI ACCADEMICITE.
III. Osservazione sopra tin pezzo cT intestino tenite evacuato per secesso
da un infenno assaliro dalla passinne iliaca , di Francesco Fanzago.
II signor professore Faiizago, ammesso a leggere la sua Menioria in
questa radunanza , present6 alle sczione i relativi pezzi patologici ,
air esame dei quali , non meno die delle storie della nialattia pro-
dotte da diversi medici e cli altii analoghi documenti fii delegata
una Commissione.
Adunanza de di i3 Uisdio.
I. Desaizione della singolare mostruoska d' un feto umano e congetture
sulla piunit'wa organizzazione di esso , di Valeriano Luigi Brera. Com-
parve nel volume XVII delle Memorie della Societa Italiana, parte TI,
pagina 354.
II. Belazione delV esame fatto dalla Commissione del pezzo d' intestino tenue
evacuato dull' infermo ajjetto dalla passione iliaca, di Floriano Caldani.
La Commissione delegata a quest' esame e composta dei signori Ma-
lacarne, Brera e Renier, a cui furono aggiunti il relatore signor pro-
fessore Caldani ed il signor professore Antonio Manzoni di Verona ,
ha confermato che I'intestino uscito era veraniente un pezzo d' in-
testino ileo.
III. Memoria sulla formazione d'un gran numero di calcoli in luogo inso-
lito, pane prima, di Giacomo Penada. Vedi f adunanza del di 27 luglio.
Adunanza del di 20 luglio.
I. Sulla dipendenza dei m.oi>imenti del barometro dall' eletlricita si artl-
jiciale che naturale , di Pietro Cossali. Corabinando le esperienze di
Changeux colle piii recenti e piii precise dei signori Moscati e
Landriani , Tautore riduce ai limiti da un ventisettesirao di linea a
due linee 1' aumeuto dell' altczza barometrica prodotta dall' azione
deir elettricita, i quali aunienti nel volume della colonna barometrica
corrispondcrebbero, giusta le esperienze del Deluc, nella dilatabilita
del luercurio ad un cambiamento di temperatiira da mezzo grade
NOTIZIA DELLE DISSERTAZION'I ACCADEMICIIE. 29
fiiio a gradi 27 del terraometro di Reaumur. Progredendo poscia
air elettricita naturale , e considerando iu prirao luogo I'azione che
r aria clettrizzata esercita nel barometro , essendo 1' elettricita nei
contigrui strati atmosferici in uno stato di dissemiiiaz.ione ; conside-
rando in secondo luogo I'azione dell' elettricita raccolta sul baro-
metro d' un conduttore; considerando per terzo I'azione di un denso
ammassamento di elettricita d'un torrente fulmineo, limito le asser-
zioni del Cliangeux sulla prodigiosa maggioranza degli efFetti dell' e-
lettricitix artificiale sopra quelli della naturale , e si studio di conciliare
le osservazioni di Cotes con quelle del Landriani e di altri fisici.
II. Estrattb dell' opera suW attrazione delle montagne del signor Barone
di Zach, di Giovanni Santini.
Adunanza del di 27 luglio.
I. Seguito deir elogio di Fra Saba da Castiglione , di Vincenzo Mala-
carne. Vedi 1' adunanza del di 27 noverabre 18 14.
II. Continuazione delle osservazioni e dei calcoli relalivi alia cometa sco-
perta dal signor Olbers , di Giovanni Santini.
III. Fine dclla Memoria sulla formazione c?' un gran numero di calcoli
in luogo insolito, di Giacomo Penada. Questi calcoli in nuraero di
106 furono dair autore riscontrati fra il prepuzio ed il glande d' un
individuo afFetto dalla fimosi. L' orina che vi andava penetraudo ,
attesa la preternaturale angustia dell' orifizio deH'uretra, pare che
sia stata 1' origine della formazione di siffatte sostaiize calcolose, che
dall'analisi chimica istituita risultarono appartenere allaseconda classe
delle quattro alle quali furono ridotti i calcoli orinarj dal chiaris-
sirao signor Wolaston.
IV. Sopra una malauia di Seneca il filosofo da lui descritta sotto il
name di sUspirium , del dottor Giovanni Maria Zecchinelli. Pubbli-
cata poi nei nuovi Saggi dell'Accademia di scienze, lettere ed arti
di Padova. Volume i.°, pagina 56.
V. Scoria d'un caso di cardial gia violendssima suscitata daW uso della
china e curata colla bibita deW acqua gelata , di Giuseppe Montesauto.
3o NOTIZIA DELLE DIS3ERTAZI0NI ACCADEMlCIIt.
Adunanza del di 14 dicembre.
I. Elo"io lii Lodouico secondo di quesco nome fra i Marchesi di Saluzzo, di
Viiiceiizo Malacanie. L'autore lo loda pruicipalmente pel favore clie
presto alle scieiize sul fin del sccolo XV , e prende di qui occasione
di trattare del giurecousulto saluzzese Gioffredo Caroli, ottinio mi-
uistro del priiicipe summentovato.
II. lUustrazione d' lui vetro verde con iscrizione cufica del museo Naniano
di Venezia, di Simone Assematii- II disegno iiiciso in rame di que-
sto vetro fu daU'autore sin dall' anno 1796 coniunicato ai due cele-
hii professori di lingue orientali i signori Olao Gerardo Tychsen di
Rostok e Silvestro de Sacy. II primo lo pul)blic6 in una sua opera
intitolata : Introductio in rem numariam Muhammedanorum , ed il se-
condo lo fece conoscere nel Magasin Encyclopedique ^ come III, an F,
1797. L' iscrizione tradotta in volgare cosi dice:
Per ordine di Obeidallah , figlio di Alhahhab ,
peso d' un fels di 20 carohe abbondante.
Si era raolto quistionato sulF uso delle paste di vetro con iscrizione
cufica: chi le credette monete, e chi tessere : e siccome la voce peso ,
come e scritta in questo vetro , puo essere anclie letla prezzo , quelli
che credettero questi vetri tessere 1' interpretarono nel modo seguente:
I'er ordine di Obeidallah fglio di /illmbhab si diano veiui carobe abbondanti
a chi presenterd questo vetro, quante se ne darebbero per il prezzo d'unfels.
Ma il signor Sacy legge la delta voce peso, e la voce caroba non vuole
che significhi il frutto, ma i grani di esso, cioe le sementi , che chia-
mansi dal volgo carati. II signor Asseniani appoggiato a un passo del
uaturalista arabo Aldemiri, ch'ei pubblico nella parte seconda del cata-
logo de'codici orientali della BibliotecaNaniana, esterna I'opinione che
nel tempo della scarsezza dei felsi siasi ad essi supplito con paste di ve-
tro, e siasi attribuito a queste il valore d'un fels d'un determinato peso.
NB. L'c«ir.itto tlellc Mcmorie Icttc nella sezione deir I. R. Istituto residente iu Venezia si
dara nel seguente volame.
ELOGIO DI JACOPO MORELLI
DI
ANGELO ZENDRINI.
tl ACOPO Morelli nacque in Venezia nel di 1 4 aprile del 1 745.
Chiarezza di legnaggio o fulgore di ricchezze non allegro i suoi na-
tal! , abbastanza lieti della piu tranquilla e pura luce clie le dome-
sticlie virtii di un laborioso padre frugale e di una sollecita madre
casalinga spargeano sulla modesta sua cuUa. Passati i teneri anni della
infanzia , ed appresi i prinii rudiinenti d' ogni nascente istituzione let-
teraria , comincio egli ben tosto , sia colla non curanza de' giovanili
trastuUi, sia col raccogliraento studioso e colla religiosa pieta, a dare
non equivoci indizj della sua vocazione alio stato ecclesiastico. E quan-
tunque i suoi genitori , ignari deli' avveiiire che il norae loro di fami-
glia dovca rendere si cliiaro , non di buon gx'ado vedessero percio
svanire quelle volgari speranze che fondate aveano su quest' unico
figlio ; tuttavia gli uniani disegni cedettero riverenti alle imperiose
■voci della religione, ed essi non osarono opporre alcun efficace osta-
colo alia sua consacrazione agli altari. Per6 , vestito ch' egli ebbe
r abito chiericale , venne affidato alle cure di un ecclesiastico perche
lo ammaestrasse nella lingua latina e scorgesse i suoi primi passi nel
sentiere della sacra e profana letteratura. Pass6 quindi alle scuole
de' Domonicani Osservanti , detti in Venezia volgarniente Gesuati , ove
fece i suoi studj filosofici e teologici.
Sz ' tLOGIO DI JACOPO MORELLl
Couvieiie confessarc die a que' tempi per certo antico privilegio(')
poiuificio accordato alle Cliiese di Venczia V educazione del siio cleio
essciido divciuita indipeiulente dalle ecuole del Semiiiario patriarcale
od altic ap[>iovatc da Sovrana autorita, non di rado avveniva che
poco fortiinata fosse la scclta de' precettori destinati ad istruire i gio-
vaiii aliuiiii del sacerdozio , stante che era essa per lo piii abbando-
uata alia iion rara imperizia de' genitori , facilmente sedotta dalle meu-
zognere promesse di un' apparente dottrina. Laonde iion e da stupire
se pure il giovine Moielli ebbe la luala sorte d' incontrare , partico-
larineiite nella letteratura e nella filosofia , precettori o inferiori all'at-
titiuliiie del sue ingegiio , ovvero avversi aiiclie per istituto ad ogiii
novita , quale merce sospettosa , e pero ligj delle antiche dottrine e
forme d" insegnameiito che i lunii di una piu sana filosofia aveano
dalle inigliori scuole bandite , siccome quelle che piu che ad ogni altra
cosa seuibravaiio dirette ad iiisegnare 1' arte di duellare sillogistica-
luente : duelli d' ingegno per lo piu sofistico, e da quelli che soleansi
con religiosa empieta chiaraare gludizj di Dio, poco diversi alraeno in
ci6 che risguarda la convenienza loro alio scoprimento del vero. Ma
se 11 penetrativo e sodo ingegno del Morelli poco soddisfluto di quelle
scolastiche quistioni e di que' metodi non rimase allacciato dalle le-
zioni de' suoi claustrali precettori agli studj ch' essi professavano , e
r\e quali nondiraeno aderapieva costantemente alle parti di diligente
discepolo , noi non possiamo dolerci , poiche dobbiamo forse a questa
apparente sventura il vederlo primeggiare in altro genere di saperc
si grandemente.
Certe coniroversie di teologia morale (*), atte piu a provare 1' ardente
zelo religioso de' controversisti, che a proporre imitabili esempi di cri-
stiana moderazione, o ad eccitare casti pensieri nella mente de' fedeli
e promuovere la pia loro edificazione , aveano allora donata ad alcuno
di que' suoi claustrali maestri molta rinomanza. Non e per6 che per
altri studj pur altri di loro non si rendesscro benemeriti della repub-
blica doUe lettere. Tra questi distingueasi eminentemente 1' amico di
Apostolo Zeno , degno depositario de' suoi preziosi raanoscritti e intel-
ligente custode della sua insigne biblioteca che aveva lasciata in done
DI ANGELO ZENDRINT. 33
a quel convento de' Domenicani il celebre P. de Rubeis, versatissimo
nelle parti tiiite dell' ecclesiastica dottriiia , non che in ogni raiuo
deH'antica e nioderna classica- erudizione.
Solea quasi giornalnieiite il Morelli, terminate che erano le lerioni
alle quali assisteva , passare dalla scuola a quella biblioteca. Se il suo
modesto e pensoso aspetto poteva a favor suo prevenire quel dotto
bibliotecario ; i libri ch' egli chiedea e i diibbj che osava talvolta
proporre , aveano raolto piu ancora fatto nascere in esso opinione
felice deir ingegno di lui e belle speranze de' suoi futuri progress! nei
buoni studj.
Uno di quegli avvenimenti che sebbene fortuiti , iiondimeno valgono
assai spesso a destare potentemente gl' iiigegni ed a far si che rico-
noscano se stessi , la propria loro attitudine e le forze, accadde per
buona ventura al Morelli , e veiine a segnargli nel vasto regno del
sapere quella provincia a cui era destinato dalla sua letteraria voca-
zione. Di due voluini manoscritti gli viene offerto 1' acquisto. Vedutili,
se ne invaghisce e determina di renderli suoi a costo ancora di qualche
altra privazione : se non che essi poco valutati perche da pochi cono-
sciuti , divennero tosto di suo possedimento ; presagio fehce di quei
tesori che un giorno avrebbe posto in sue mani saggia non meno che
liberale fortuna. Questi due volurai manoscritti conteneano le lettere
latine di quel Francesco Barbaro a cui diede la fama alto grado di-
stinto tra i tanti celebri patrizj veneti , sommi nell' arte di governare ,
come pure nella coltivazione delle lettere e delle scienze , per modo
che la storia politica e la letteraria nel magnificarne i nomi sembrano
contrastarsi reciprocamente il vanto della preminenza.
Era noto al Morelli che per opera del rinomatissimo Cardinale Qui-
rini aveano quelle lettere veduta colle starape la pubblica luce ; pero
egli ne fa 1' acquisto , e le stanipate alle sue manoscritte lettere raf-
frontando, ne scopre non poche d'inedite, in altre trova notabili la-
cune , ed in buon niimero di esse non poca varieta di lezioni, delle quali
trasceglie quelle che piii gli sembrano valere, ed abbozza nella sua
mente una nuova emendata edizione di queste lettere. A tale impresa
tuttavia , assistito egli da quella saggia diffidenza ed inteUigente dubbio
Fol II. p. I. 5
34 ELOGIO DI JACOPO MORELLI
die e insicme ca|2;ione cd efFetto del sapcre , nou osa acclgncrsi ne
coiuparire al pubblico , sebbeiie talvolta nou difficile lodatore , nia osa
ill vece assoggettare i suoi stiidj a im tribunaie ligoroso, al P. de Rubeis,
prefereudo le ingonue censure di severe giudizio agli applausi sospetti
di facile indiilgenza.
Quel venerabile clanstrale , scorso eh' ebbe avidamente e can mara-
vigiia r olYertogli scritto, allegrossi in volte, e fissando afFcttuosaniente
lo sguarde su quella dovizia di libri e manoscritti che lo circondavaMo,
unica sua dolizia e cura , coiranimo assorto nel sue Apostolo Zeno,
dir parea : « Onibra di quel divine ingegne, se qui ti aggiri dintorno
pensosa e dolente , ti accheta. Questo santuarie eretto alls Muse, quando
pur fia cir io cessi d' esserne fedele custode , omai piii non rimarra
squallido , desevto e privo d' assiduo e divoto cultore. « Quindi voltoai
lietaniente al IMorelli , con benigue vaci l!o anima ed esorta a non
iscoraggiarsi nel difficile canomino in cui erasi avviate con si lieto
preluilio, e gli rammenta i uomi de' Barbaro , degli Egnazj, de' Coa-
tariui , de'Mannzji, de' NavagejrL , de' Bembi e di tanti altrl celebra-
tissimi Veneziani a' quali non 1' Italia , ma le lettere debbono o la
scoperta di opere degli antichi Greci e Latini , o la corretta pubbli-
cazione delle gia note , o 1' illustrazione d' esse , o finalmeute 1' esatta
lore e fedele iuterpretazione , sicche per essi rivissero que' maestri di
ogni sapere , e di qui quasi da centre sfolgerando il lore lume si
sparse. Per6 lo conforta ad imitare si begli esempi, e pietose verso la
patria ringiovanirne la faraa , poiche tutto sfrondato non era il lauro
da cui quegli eccelsi spiriti aveane i piii rigogliesi rami divelti ; ma
non pur colte fronde vi rimaneane, che quantuiaque teiiui , per 1' ac-
cresciuta difficolta di raggiugnerie offeriano non meno di (juelli splen-
dide ed onorate corone.
Tutto in se stesso raccolto pendea il gievinetto da quelle reverende
voci , e gia sentia infiaramarsi il petto da desiderio ardente di abbrac-
ciarne gl' inviti. Ma come? per qual via? con quali mezzi ? \'on ando
guari che ben egli conobbe non potersi giugncre ail' alta raeta pro-
posta se non che cello studio profondo della bibliografia , che non e
gii, siccome il volge pensa, o il raateriale sueno della voce potrebbe
DI ANGEI.O ZENDRINr. 35
far credere, quella sterile conoscenza de'libri, che arrestandosi a' (oro
titoli solameiite , diventa il patriraonio di colore cui le piu studiate
ed applaiulite opere degl' ingegni rappresentano null' altro che una
utile merce ; ma si bene ella 6 la scieiiza universale delle opere tutte
letterarie e scientifiche , corae pure de' loro autori ; scienza di cui le
dotte lingue sono fedeli ancelle , la storia letleraria d' ogni luogo e
tempo e Jiidivisibile corapagna , ed e vegliante direttrice la critica ;
scienza la quale richiede in clii ne aspira al possedimento sagace
ingegno , severo giudizio , memoria tenacissima , indefesso studio ed
aitivo spirito di curiosa e paziente inquisizione , per cui nulla havvi
di si minuto che sfuggire possa il suo diligente esame ; scienza in
fine nella quale, a malgi'ado del corredo di tante doti personali , in-
vano si prcsumerebbe di potere eminenteniente riescire senza la coope-
razione d'uno straordinario concorso di circostanze locali che som-
ministrino i mezzi di agevolarne 1' acquisto.
Guidato il Morelli da quell' interne sense delle proprie facolta che
e il frutto di un segreto e severo esame di noi stessi , rapido si che
non lascia avvertirsi e che tuttavia, se la sua voce non venga alte-
rata dal predominio delle passioni, e il meno sospetto e piii saggio
consigliere che abbiamo, prende la generosa e ferraa risoluzione di
dedicarsi interamente a questo vastissirao studio. Che se la natura
avealo arricchito di tutti que' non comuni doni che richieggonsi a
formare il perfetto bibliografo , la sua patria non meno lo avea lar-
gamente provveduto di tutti que' mezzi che rendeansi indispensabili
al compiuto conseguimento della sua destinazione. E per vero dire
quale altra italiana citta mai, ftior che Venezia, a que' tempi avrebbe
potuto offerirgli si maravigliosa copia di letterarie ricchezze ? Sede
questa citta di antichissimo governo, costante proteggitore illuminato
degli stud} e de'dotti, era essa il deposit© non mai infin allora oltrag-
giato da nemiche depredazioni di tutti que' tesori letterarj che sino
dal rinascimento degli studj vi aveano per piu secoli accumulato e il
Petrarca ed il Bessarione co' loro celebri doni, e quegl' illustri citta-
dini i qaali non piii suoi che della repubblica delle Icttere, a queste
pure servendo colle arti stesse della politica e della guerra , le aveano
36 r.LOGio Di jACoro morelli
reiidiite tributarie le vinte iiiibarbaiite nazioiii, gloiiosi di deporre su
I'altare deJla patria a' conquistati trofei di Marte aiuiodati i salvi doiii di
Minerva; e I'arte della stainpa, la quale al priino suo nascere avea qui
ttovato spleiulida culla , e di baiubiiia cli' ella era, diveiiuta ad iiii
tratto prodijriosamciite adulta, avea qui date quelle iusigiii edizioni
delle opere degli aiitichi maestri greci e latini per venusta, sicconie
per fedelta cosi tuitora pregiate , cite ne il lusso lascia di chiederle
per servire alia poinpa cle' doviziosi, ne gli eruditi cessano di fade
oggetto de' loro esaiiii e confronti; e il coucorso di tanti dotti fore-
sticri die particolarmeiite ne' secoli quiiidicesimo e sedicesinio da
tutte parti accorreauo in folia a questa novella Atene per erudirsi di
iiuove cognizioni , perfezionare le opere loro , e qui pubblicaudole ,
vie maggiorraente accreditarne il merito; ed il commercio in fine che
fioreute per lunga serie di secoli , avendo resa questa citta fondaco
generale degli stiaiiieri prodotti della natura e delle arti , vi avea
insienie rccato quelli della letteratura delle straniere nazioni. Di qui
le tante pubbliche biblioteche, oltre la Marciana ( poiche vuolsi onorare
di tale aggiunto pur quelle de' Regolari che tutte accoglieano ospital-
mente gli studiosi), le quali in Venezia erette si vedeano , non sola-
rnente per la copia de' libri, ma per la sceltezza e rarita delle edizioni,
e per la preziosita di antichi manoscritti cosi pregevoli che una sola
di esse avrebbe in ogni citta abbastanza provveduto non che al bisogno
letterario , al suo decoro : di qui le numerose biblioteche private ed
in particolare quelle delle antiche patrizie famiglie , nobile retaggio
degli avi, talvolta negletto, ma piii spesso ancora diligentemente custo-
dito e largaraente cresciuto dagli emuli nipoti : rdi qui quelle raccolte
e sene particolari di libri e di edizioni rarissime (') che in ogni eta
condur vedeansi da privati a perfezione, e che sarebbonsi piuttosto
credute opera e studio di piu generazioni : di qui le molte e gran-
diose tipografie venete che godeano di alta nominanza , come pure
que' ricchi fondachi di merce libraria nostrale o straniera, antica o
moderna, che sparsi per tutta questa citta, erano poi frequentissimi
nelle maggiori sue strade : di qui in fine la copiosita di libri che
quotidianameute suUa piazza di San Marco si vedeano esposti alia
DI ANGKLO ZENDRINI. Sy
vendita, i quali anclie per I'invito die vi f'aceano agli studiosi , anzi
die ingroinhaie quella nobilissima piazza, sembravano acciescerle
J' ornameiito e il decoro.
Tanta suppellettile di libri non isgomenta il Morelli , ma sibbeiie
nuovo e niaggiore stiinolo aggiugnendogli, aniina vie piii le sue forze
ed accuisce il suo iiigegno a concepire e formarsi un raetodo di stud)
che, dirigeiido i suoi passi in questo lungo ed iiitralciato viaggio, lo
tolga dal pericolo di ripetere il gia corso camraiiio, di oraettere qualche
osservazione , e se gia fatta , gli facilid i niezzi di averla pronta
air uopo e di utilita pernianente. Nella quale invesdgazione scorta e
Uune ritrova ne' raanoscritti studj di Apostolo Zeuo , che il P. de
Rubeis co' proprj generoso gli corauuica; e piu aucora negli avvisi e
consigli die la viva voce di quel veneraiido letterato cclla sposizione
dalle pill arcane dottrine della critica , dell' autiquaria e dell' erudi-
zione affettuosainente gli porge.
Ajutato da tali socc<'rsi entra il Morelli a fare le prime prove del
suo iugegno nella biblioteca Zeniaiia, in cui non vi ha ne codice antico,
ne ruoderuo libro a penna o a stampa che non esamini attentamente
e non faccia oggecto di coiifronti ; qualche tratto piu siiigolare ed
ancora qualche iirtero codice trascrivendo ed ogni cosa poi notando
che i pill avrebbero talvolta creduta miiuuissiina, ina ch' egli, il quale
coiniuciava gia a possedere V arte di osservare , giudicava degna di
menioria; sapeudo die come nel fisico e nel morale, cosi nel niondo
letterario non evvi fatto il quale, per quanto sembri indiflferente a
conoscersi, non possa per altre circostanz-e e tempi divenire importante.
Coir anirao iiigagliardito dall' abboudaiite ricolta fatta nel campo
Zeniano si volse il Morelli a mieterne un nuovo altro ubertosissimo,
la biblioteca de' Somaschi della Salute , ricca allora d' ogni specie di
produzioni letterarie , per modo che dopo d' avere saziata ne' tempi
appresso la rapacita ostile, il private ladroneccio all'ombra di quella,
e il piu urgente bisogno che ne comando a que' i-eligiosi 1' alieuarioiie
di non piccola parte, le sue reliquie metteano ancora maraviglia. Ne
qui ristette, ma poste avendo a contribuzione de' suoi stndj le biblio-
teche de' Monaci di S. Giorgio maggiore , di quelli di S. Michele di
38 EXOGIO DI JACOPO MORELLI
Murauo e de' Domenicani de' SS. Giovanni e Paolo , le quali tutte
aveano mantle celebiitii pe' coiUci , per la sceltezza delle edizioni e
per la rariti'i de' libri che possedeano , sollecitato da patrio affetto non
nieno che dal pensiere che vergogna grande ella e affaccendarsi cotanto
per conoscere le cose altrui e lontane, ignorando le vicine e propria,
spinse le sue particolari indagazioni nella biblioteca dei Zoccolanti
della Vi<^na . sicconic quella die piii delle altre offeria di arricchirlo
di patrie memorie , delle quali i soli scritti del Padre degli Agostiiii
erano insigne tesoro , che sarebbe totahnente perduto se gli spogli
che ne fece allora il Morelli una parte non ce ne avessero preservata.
Qui per6 non si arrestarono le sue indagini non mai abbastanza
soddistatte ; ma visitando pure le non poche altre biblioteche de' Re-
golari , che in coniparazione alle mentovate dire voglionsi minori,
esamiuo , conobbe e nelle sue Memorie raccolse quanto in esse era
di pill pregevole, non di rado scoprendo qualche gemma bibliografica
che vi giaceva sconosciuta.
Di questo, che quantunque in breve giro corapreso , dee chiamarsi
lunco viaggio bibliografico , trovasi depositata ia storia piu esatta e
fedele in que' volumi manoscritti ch' egli lasci6 , frutto de' suoi inde-
fessi studj , con tale diligente avvedutezza ordinati e disposti , che
servendo di alleggerimento alia memoria provvedessero insieme al fii-
turo maggiore risparmio del tempo.
Fino dalla prima sua raossa in questa difficile carriera avea com-
preso il Morelli che senza la perfetta intelligenza della lingua greca
avicbbe invano aspirate al conipiuto possedimento della scienza bi-
bliografica. Pero di buon' ora determiiiatosi di fame 1' acquisto , chiese
dire/ione ed ajuto al GalliccioUi , che ornamento dir poteasi del veneto
clero per la soda e distinta pieta, per F innocenza e dolcezza del
cuore, per l" ecclesiastica dottrina e per la profonda cognizioiie della
lingua greca non solo , ma dell' ebraica ancora e delle altre sue affini
che teiieva unitamente al corredo di tutta quella estesa erudizione
che readesi necessaria affinche la nuda conoscenza delle lingue non
riiuanga inutile istromeuto.
DI ANGELO ZENDRINI. dg
Con tale ardote intraprese il Morelli queato nuovo studio, clie sem-
brato avrebbe in niun altro occuparsi , ((uantuiKpe noii riinaiiessero
inten'otte le altre sue principali e favorite applicazioni : sicclie non
passaroMO iiioiti aniii che il Gallicciolli con nobile compiacenza, dep;na
del candure del siio aniino , ebbe a dire, parlaiido di tjuesto suo
discepolo : r^/i mi ha viruo.
Riiifrancato da tali sussid; e dal continuo esercissio di leggerc e di
esamiiiare i codici , divenuto gia destro in qnest' arte , non piw dtt-
bita il Morelli d' internargi nella biblioteca Marciana, suo caintpo fu-
turo di gloria , e di riconoscere da per se stesso quelle antiche
manoscritte preziosita greclie e latine che da piii secoli la resero
celebratissima presso le piu culte nazioni.
II pritno frutto di qaesti suoi studj nella biblioteca Marciana fu la
storia che quindi ne pubblicd. La raodestia del titolo di questa sua
opera , il quale e Dissertazione storica intorno la Biblioteca Marciana ,
condurrcbbe in errore chi non s' attendesse di trovarvi altro che ctit-
tiche notizie intorno alia sua origine ed a' suoi avanzamenti; poich^
a qiieste aggiunse le piai sagaci e dotte ricerche da lui raedesimo fatte
ne' codici greci e latiui de' quali abbonda , in modo che di quanta
gli espositori de' cataloghi della biblioteca Marciana aveauo per lo
iiinanzi pubblicato, questa sua operetta tolse ogni desiderio.
Quautiiiique il Morelli, soddisfatti i doveri del suo stato , lontano
dalle societa e da ogni ozioso conversare, non vivesse che per lo stu-
dio, noudiiueno avea comiiiciato a difFondersi la fama del suo sapere
anche per le lodi che rendeano a questo giovine ecclesiastico il Pa-
tuzzi , il Finetti , il Valsecchi , il Paitoni , il Bernardo , il Mittarelli ,
il Mandelli, 1' Ortes, il Calogera e tutta quella schiera di claustrali
dottissimi co' quali , visitando le bibliotoche loro, avea non raro 1' uso
di conversare. (^)uindi era desideratissima la sua societa ed araicizia,
particolarraente da' raccoglitori di anticlii nianoscritti e di scelti e rari
libri , i quali sovente chiedeano i suoi consigli ed a lui ricorreano
o per non essere ingannati ne' loro acquisti , o per conoscere quelli
ch' erano da preferirsi.
40 ELOGIO DI JACOPO MORELLI
Tra' primi che ottemiero di giovarsi della sua dottrina e benevo-
lenza deesi ricordare un patrizio veneto d' illustre famiglia , cara uon
meno alle lettere che alle belle arti, il Bali Farsetti, noto per piii
scritti starapati e distintameiite pegli eleganti suoi versi italiani e latini,
come pure per essere stato uno degli aiitesigiiani di quell' accademia
Granellesca, della quale i merabri , dimentichi della sua gioconda
origine , vollero divenire paladini dell' altra della Crusca, ed iu com-
peuso di pochi buoui versi fecero nascere tra noi gare , partiti , nimi-
cizie e persecuzioni con tale oltraggio del buoii sense , che molti dei
lore aderenti non dubitavano di preporre le favolose stranezze del
Gozzi coiidite di rettoriche declaraazioiii alle ingenue e felici imita-
zioni della natura esposte sulle scene dal veneziano Tereuzio.
E sebbene il Morelli fosse affezionato grandeinente a quel letterato
cavaliere, come pure zelante si dimostrasse della purita di nostra lin-
gua, nou per questo s'indusse, siccome in nessuna mai, a prendere
parte in questa disputa , convinto che la ragione e la verita spaven-
tate fuggono il canipo in cui si battono i partiti ; ma in vece giudico
migliore consiglio niostrarsi , eome fece poi , tenero della purita della
italiana favella , adoperando perche alcune opere dei nostri classic!
vcHissero alia luce piii corrette e sincere (4), e provvedei'e a rendere
pill chiaro il nome del nobile suo fautore ed amico , ilhistrando quella
copiosa collezione di antichi manoscritti di cui era possessore.
Fu questo il priuio suo lavoro bibliografico che drede alia luce,
ricco di belle ed esatte notizie intorno al pregio di ciascheduno di
que'codici, taluno de' quali eontenea opere inedite di veneziani scrittori
che il Morelli da a conoscere ed illustra. Che se fuvvi notata qualche
piccola menda , non e da fame raaraviglia , specialmente in opera di
cotal genere , ma sibbene avrebbesi a stupire di coloro che ne pren-
dessero conforto ad errare coraggiosamente.
A questa descrizione della biblioteca manoscritta del Farsetti fece il
Morelli suceedere in diverse epoche due altre opere analoghe adessa:
una e la relazione de' codici latini ch' esistevano nella biblioteca Na-
niana coU' aggiunta di alcuni opuscoli inediti tratti da' codici stessi :
r altra e la sposizione della biblioteca Pinelliana. Questa insigne
DI ANGELO ZENDRINI. 4 1
biblioteca da Maffio Pinelli formata in breve giro di anni , prodigio
die in nessun' altra citta avrebbesi potiito ottenere, era le delizie del
Morelli affezionatissimo all' a u tor suo, della quale, servendo ap;li uffizj
di amicizia non meiio die all' avanzaniento de' proprj studj , voile egli
ordiiiare il catalogo, e di tali annotazioni fregiarlo , die ne facessero
ad nil tempo coiioscere il sonimo pregio e servissero di scorta e lume
a' coltivatori delle amenita bibliografiche. Ma di vie raaggiore importaiiza
furono gli studj del Morelli fatti sui codici latini Naniani, parte di
quella insigiie collezioiie di antichita scritta die gareggiava coUa figu-
rata nel palazzo di quell' illustre patrizia famiglia , il quale avrebbe
ricordato le famose abitazioni di LucuUo , se Y iusolente fasto di quel
Romano non ne fosse stato sbandito. Per questi studj coraincio la
fama a far sonare alto il suo nome, sicche nel Gioniale di Lipsia ,
banditore delle pin eccdlenti opere di dassica erudizione, non dubi-
tossi di colmare di ogni lode la sagacita , la critica , la profonda co-
noscenza della storia letteraria e quella ricchezza di notizie bibliogra-
fidie di cui abbonda questo pregiatissirao lavoro.
Da tante assidue applicazioni solea il Morelli ristorarsi passando
alcuui gioriii della state in Padova ospite presso il suo Bali Farsetti,
cli' egli e parlando e scrivendo norainava sempre cogli aggiuuti della
piu tenera amicizia. Non perci6 intermetteva i suoi studj favoriti, ma
la maggior parte del giorno cliiudendosi o iiell' arcliivio di S. Agostino
o in alcuna di quelle bibliotedie del Seminario , di Santa Giustina ,
del Santo , degli Eremitani , di S. Francesco grande , di S. Giovanni
di Verdara ed in quella particolarmente die appartiene al capitolo
della cattedrale ch' ebbe il vantaggio di essere da lui ordinata , di
la sempre con buona ricolta facea ritorno alia patria.
Ne air affettuosa ospitalita del suo Bali dovette il Morelli 1' agiata
opportunita di visitare e riconoscere quanto avea di piii pregevole
nella bibliografia la citta di Padova solamente , ma accompagnando
egli il suo mecenate ed amico nelle citta di Vicenza e di Verona
ebbe il comodo di esaminare in quella le bibliotedie de' Riformati e
del signor Mastini, ricca di tutti gl' italiani volgarizzatori , e nella il-
lustre Verona poi le bibliotedie di San Zeno e de' Caaonici della
Vol. 11. P. I. 6
4a EtOGIO DI JACOPO MORFLM
catteilrale. Nell' nniuiale sua diraora iii Padova godea di conversare
coil parocclii cliiaii uoniini clie n'erano il dccoro, tia' quali voglioiisi
partioolaiiiu'iite noiniiiare il Conte Domcuico Polcastro , il Gennari ,
il Pairiarclii , il Coiite Anton-lMaiia Borromeo e quel ciiiico Brunacci
die ill graiide estiiiiazionc teiieasi da' coltivatori della storia de' tempi
di mezzo, e del quale tuttavia non rimangono opera che coriis[>on-
dano alia celcbrita die vivente avea ottenuta. A quest! si dee aggiu-
gneie il vivente Cavalicie De Lazzara , iiitelligente amico delle belle
arti e cuiioso iiidagatore della storia loro , particolarmeute patria, col
quale il Morelli tenca pure dotto, frequente ed amiclievole comraercio
epistolare.
A questo passo conviene amaramcnte dolersi die non solo tolto sia
di potere tra questi nomi aiinoverare quello di uiio de' piu chiari
lumi che abbiaiio avuto le italianc lettere e 1' universita di Padova
nel decimottavo secolo , il celebre abate Cesarotti , ma die essendo
omai troppo resa pubblica (^) la divisione di aiiimi di' esisteva tra
esso ed il Morelli , tolto pur sia di poteila velare con silenzio pietoso
verso la inemoria di questi due graiidi uomini.
Quantunque ameiidue questi letterati iiitorno agli scrittori classici
ed alia classica erudizione si occupassero principalmente , nondimeno
erano cosi diversi gli oggetti che in questi studj ognuno di loro
prefiggeasi , e cosi ancora era diversa 1' indole de' loro ingegni , che
non di leggieri tra essi dalla coinuuione degli studj avrebbesi potuto
strignere uu certo legame d'amicizia: ma Tallontanamento tra loro non
avrebbe al piu ecceduto quello che nasce dalla disparita d'opinioni
tra uomini di lettere, la quale non toglie la reciproca stima, n^ con-
duce ad offiMidere la giustizia che render deesi alia niente ed alia
dottrina pur di coloro die da noi opinano diversameiite. E cosi sarebbe
avvenuto se ne' loro dispareri letterarj un potente patrizio non si fosse
avvisato di meschiarsi. Avverso questi al Cesarotti perche tenuto reo
verso lui di lesa vanitii, pensando forse ricattarsi de' pretesi suoi
privati disgust! , affibbiossi una non sua giornea e voile farsi super-
stizioso camjiioiie della lingua italiana e degli autori classici, e quella
e questi creduti offcsi da quell' illustre scrittore. Per6 mal fidando
DI ANGELO ZENDRINI. 43
avvedutamente delle sue forze, inaspri ranimo del Morelli ed aizzollo
contro il Cesarotd in <::;uisa che le discordie letterai'ie si cangiarono
in irrivercnze personali, ed ameuduc cpiesti distinti letterati diveiinero
reciprocainente ingiusti. Guai agli stud] se i graiuli , abusando della
superiorita del loro grado , voglioiio prendere autorevole parte nelle
dispute letterarie ; e conl'ondendo i diiitti della doltritia con quelli
del potere , in luogo d' ufFiziosi conciliatori si arrogano di coraparire
arbitri tra' dotti , col pericolo d' esserne i persecutori.
Rimase fVattanto la biblioteca Marciana per la nioite del rinoraato
Anton-Maria Zanetti priva del sue custode (^), die tale era il iiome
accordato dal Governo veneto all' uomo di lettere a cui veniva affidata
la quotidiana cura di quella biblioteca , essendo 1' uffizio della sua
soprintendenza unitaniente al titolo di bibliotecario riservato ad uno
de' suoi piu illustri patrizj, con che i Veneziani davano assennata-
mente a conoscere quanto per essi fossero onorati gli studj e quanto
li tenessero in pregio maggiore che i Roniani, presso i quali non
pur di patrizio, nia nemmeno d' uomo libero credeasi abbastanza de-
gno tal nome ed uffizio.
Gia r opii»ione pubblica seguace della fama avea disegnato il Mo-
relli a successore del Zanetti; ed il Senate veneto, solito nella distri-
buzione de' postl letterarj di porgere orecchio alle voci di quella
raramente fallaci , non tardo a porre nelle mani di lui la custodia di
61 grandc letterario tesoro.
Da questo punto quell' ardente, raa privata passione del Morelli per
lo studio bibliografico ed in paiticolare per la conoscenza della Mar-
ciana divenne un pnbblico dovere contratto col suo Principe , coi
suoi concittadini e co' dotti di tutte le nazioni; pero sotto questo
triplice riguardo dedicossi egli interamente all' acquisto della piii per-
fetta cognizione di quanto essa possedeva , a fine di renderia atta a
prestare in ogni ramo del sapere comodo servigio agli studiosi della
sua patria, come pure per accrescerla di tutto ci6 che necessario od
utile fosse all' illustrazione di que' codici che la rendeano tanto siugo-
lare , e pe' quali tante ricerche doveano a lui venire dagli eruditi.
Quindi aumentossi la Marciana per le Sovrane largizioni all' acquisto
44 ELOCIO DI JACOPO MORELLI
de' libri da liii provocate , per le concession i di manoscritti apparte-
nenti a cose knteraiie e g;iacenti ne' pubblici arcliivj col suo rai-zzo
ottonnte, per la sotirazione da' pericoli die sovrastavano a' preziosi
codici esistenti presso coniunita religiose, merce la sua zelante vigilanza
ivi depositati, e per la scelta in fine in accrescimento della Marciana,
a Ini accordata di tutto cio die alcune piu insigni biblioteclie delle
soppresse coniunita claustrali possedevano. Ma oltre a cio ingraiidi
essa niiiabilniente pe' donativi dovuti in parte a lui , alia sua t'aina ,
alia passione sua pel crescente arriccliiniento e splendore di quesca
bibiioteca cbe i fautori ed amici suoi , il Bali Farsetti, il Cav. Naiii,
il Cav. Giustiniani, il Cav. Zuliani, il Molini ed altri ancora, legarono
ad essa di raccolte pregevolissime o di codici o di lil)ri a stanipa o
di rare anticbita, per niodo cbe coU' aggiunta di nuove sale fu di
raestieri darle piii notabile ampiezza.
Come gioisse egli pe' nuovi acquisti de' quali non cessava d'arric-
cliirsi la Marciana , ben si pu6 argomentare dall' acerbissinio duolo
cbe prov6 allorcbe spogliare la vide delle sue piu elette preziosita in
que' giorni di hitto in cui Venezia non doma per la forza delle armi ,
pur dovette per violenza delle politiche terapeste soggiacere misera-
mentc alle uniiliazioni delle vinte citta. E tale fu la ferita recata
all animo suo , cbe dopo non breve corso d' aiini , ricordando quel
disastro, gli si bagnavano gli occbi di pianto (7). Ne per lungo aiidar
di tempo sarebbesi niai sanata f.rita si profonda se 1' Augusto nostro
Irnperatore e Re, cbe non soddisfatto abbastauza d' avere al primiero
orduie ricomposte le agitate nazioni, voile con magnanima pieta can-
cellata, se fia possibile, de' passati sconvolgimenti persino la rimem-
branza , non avesse pure a questa citta riconquistati que' monunienti
di cui la privazione era troppo eloquente testimonio^ delle sofFerte
sciagure.
Qual giorno al Morelli felicissimo non fu quello in cui vide ridonati
alia Marciana i perduti tesori , i dolci compagni de' suoi studj , quel
preziosi manoscritti die afFratellati ad altri niolti, greci , latini ed ita-
hani, avea fatti crescere in piii alta celebrita o pubblicando scono-
sciute opere in essi serbate , o quelle che piangeansi perdute per essi
m ANGELO ZENDRINI. 4$
acutamente scoprendo , o le gia puhl)licate ridncendo a con-ette c
sincere lezioni , ovvero in fine rivendicando a' loro veri autori le
opere ad altri falsarnente attrihiiite.
Qnesti insigni lavori, tra' quali vuolsi ricordare di tutti il maggiore,
il volume iiititolato Bibliniheca grceca et lacina , in cui sono esamiiiati
ed illustrati diigensessanta codici greci e diciassette latini, sono di tanti
lurai e recondite notizie fregiati clie la fama per essi avea gia del
suo nonie ricnipiuta 1' Euiopa letteraria , sicclie i pin grandi eruditi
deir Italia, delia Gerniania, deU'Olanda, dell' Ingiiilterra, i Tiraboschi,
i Lanzi, i Mariiii, gli Steyne, i Wolf, i Panzer, i Vittenbach, i Villoison,
i Charden la Rochette, i Sacy, i Roscboe, i Masden ed innumerevoli
altri, andavano a gara nel commendarlo ; e crednte insufficienti le
consuete forrae di encoiniare raltrui sapere , lo cbiamarono alcuni
Principe della letleratura , bibliografo senza rivall ed attenta scolta della
repubbiica delle lettere, di cui la vigdanza non poteva essere sorpresa
dalle piu fine arti deW impostara. Raro, se non nuovo esempio di ma-
ravigliose lodi rendute daMetterati ad un loro pari vivente. Ma ben
conveniva clie questi grand' uomini rendessero al Morelli alto tributo
di encomj , poicbe co' suoi studj avea, siccorae dichiaravano molti,
alia perfezione delle opere loro grandemente contribuito , di maniera
die quand' ancbe del Morelli non rinianesse opera che portasse in
fronte il suo nome, non pero verrebbe meno la sua celebrita pel
singolare privilegio riservato unicamente agli uomini eminenti nella
bibliografia , de' quali pu6 dirsi senza esagerazione cbe le opere
trovansi in presso che tutte quelle de' maggiori eruditi de' loro tempi.
Tale in fatti era I'estensione del suo comraercio epistolare, e tali erano
le frequenti inchieste che da tutte parti gli veniano fatte di notizie
letterarie , che redivivo Magliabecchi a buon diritto avrebbe potuto
chiamarsi , se oltre a ci6 per le molte opere sue proprie non si do-
vesse ammirare.
Ne colle opere sue e col commercio epistolare solaraente era egli
di somino giovamenro agli studiosi , ma pur grande profitto traevano
essi dalla sua viva voce. Non v' era dotto in qualunque ramo di sa-
pere , non v' era studioso il quale ricorrendo a lui non ne partisse
^6 ELOGIO DI JACOPO MOKELLI
ricco di qnalche Bella e miova notizia storica sull' argomento richiesto,
ovvero conoscitore di autori e di opere ad esso prima sconosciute ;
lo die pu6 ben testimoniarsi non solo da'suoi coucittadini, ma da tutti
que' forestieri die di frequente accorrevano a Venczia, e clie non mossi
da semplice curiosita visitavano la Marciana , ma spiiiti dal desiderio
di consiiltare quasi oracolo il suo bibliotecario. Ed e cosa sorpren-
dcnte a dirsi , com' egli quantunque non si fosse particolarniente oc-
cupato in alcuna delle scienze niatematiclie o naturali , nondimeno
oltre alia piii estesa cognizione della storia loro avesse pel continuo
esercizio di leggere cd esaminare le opere di erudizione anticlie e
niodcrne acquistato , mi si permetta dire , un tatto cosi sicuro nel
giudicare dcile opere anclie stientitiche, clie non andava errato quello
studioso il quale a lui diiedeva in qiialsivoglia scienza quali erano i
libri da consultarsi o preferirsi. Peio egli cli' era gia somrao biblio-
grafo, per questa sua singolare facolta era divenuto parimente il
perfetto bibliotecario. E quanto poi valesse ancora nella storia delle
belle arti, singolarmente nazionale e patria, oltre alle testimonianze
a lui rendute da alcuni illustii scrittori artisti , ne fanno prova le
particolari sue opere a cjuesta parte d' erudizione consacrate , sparse
di peregrine notizie , per cui o gli altrui errori si correggono , o
jgnorate memorie mettonsi alia luce , o le gia note con nuovi e
piu cliiari lumi s' illustrano. Nelle quali sue opere vuolsi pur ammirare
la saggia sobrieta con cui fa parte delle sue letterarie ricchezze ,
geloso ch' era egli di non mancare al precetto oraziano clie comanda :
debentia did; precetto die ne racchiude molti, die e si di frequente
offeso , contro il quale diviene potcnte incentivo la stessa ricchezza
di sapere, e di cui 1' esatta osservanza e sicuro criterio del giudizio e
del buon gusto degli scrittori.
E tanto era 1' affetto ch' egli portava a questa sobrieta dello scrivere,
die voile pur farsi conoscere d' essa amantissirao , raccogliendo con
sollccita cura una nuraerosa copia d' opuscoli all' erudizione partico-
larraente spettanti. Per6 solea dire clic argomento di bolla trattazione
sarebbe il mostrare I'utilitu die puo ritrarsi da'piccoli libri. A questa
operetta potrebbesi aggiugnere un' appendice die servirebbe di non
DI ANGELO ZENDRINT. 47
inutile commentario al greco gia trito aforismo , in cui coUe dovute
eccezioni si provasse la necessita che i buoni libri siaiio piccoli. Nella
quale trattazioiie liuninose prove ed eseinpi si trarrebbero da quelle
operette C^) d'aiitichi autori , die quasi gemme letterarie di piccola
mole, ma di alto valore, o per la prima volta discoperte o traite no-
vcllainente alia luce dalla polvere in cui sicconie perdute giaceano,
veiinero con eletti scliiarimciiii per lui pubblicate. Ma di vie maggiore
e pill distinta appariscenza sarebbero quelle sue brevi scritture che
di tratto in tratto o a guisa di lettere o di prefazioni , ovvero con
altri modi'sti titoli comparivano, colle quali o illustra qualcbe partico-
lare raanoscritto, o dicliiara qualche antica lapide, o a qualche punto
controverso di storia letteraria toglie ogni abiguita, o di qualche illustre
scrittore onora la menioria, ovvero in fine ractte in bella vista ignorate
notizie che alia sua patria accrescono le gloriose ricordanze.
E di qual luce non s'arriccliirebbe questa trattazione dalle tre dis-
sertazioni sue date al nostro Istituto, in una delle quali dopo gli studj
de' niaggiori eruditi trova molto di che aggiugnere e mutare con
saggia critica e con 1' appoggio di testi a penna , a fine di rendere
perfetta un' edizione dell' opera che contiene le descrizioni di statue
dettate dal greco Callistrato; e nelle altre due poi ci fa parte di due
scopcrte letterarie che tali dire si possono le notizie risguardanti
opere sconosciute di quell' uomo somnio del Cardinale Pietro Bembo.
Ne pu6 in quests luogo lasciarsi di far raenzione di quell' ultimo sue
lavoro che chiamare solea il suo testamemo , di quelle sette lettere
latine che sole bastorebbero a concedergli seggio eminente tra gU
eruditi. E tale seggio, oltre che in tutte quelle societa letterarie ita-
liane o forestiere che fregiar si voUero del suo nome , trovo egli
nella celebre accademia di Parigi , che lo acclarao uno degli otto eru-
diti stranieri suoi socj sceiti in tutta la rcpubblica delie lettere. Ne
meno larghi con esso di spontanei prenij e di onorifiche distinzioni
furono e S. M. il nostro Augusto Iraperatore e Re , cosi nel prime
come neir attuale suo possedimento di questi Stati (9), e 1' Iraperatore
Napoleone, e il Re Luigi XVI di Francia, e la Santita di Pio VI
Pontcfice Sommo, e il Re Ferdinando IV di Napoli , e la Estense
^8 ELOGIO DI JACOPO MOREtT.I
Arcidiichessa Beatrice : poiche non e ultima gloria de' regnantl aclope-
rare la munificeiiza, cosi che degli alti loro noiui abbia pure ad ornarsi
Ja storia de' letterati illiistri.
Se non che la raemoria di tanti onori meritati dal nostro celebre
colle'^a vie piii rende a noi acerba la sempre recente riuiembranza
della sua perdita. Logoro egli dalle fatiche di lunglii cd iudefessi studj
cadde in una lenta , ma fatale malattia che nel giorno 5 di raaggio
del 1819 lo tolse di vita, Incontro la morte con quella ferma , saggia
6 roli^iosa rassegnazione che la purita di coscienza concede a scorta
de' buoni nel cammino dell' eternita. Ebbe solenni esequie nella basi-
lica di S. Marco fette celebrare da quel ragguaidevole personaggio
ch'era Governatore di Venezia, e che agli altri suoi mohi voile ag-
giu-^nere qucsto nuovo diritto alia riconoscenza ed all' amore dei
Veneziani ("^).
Era il Morelli di volto per lo piii composto a serieta, e che talvolta
per la concentrazione della mente ne' suoi studj appariva anche severe.
Piii che le esterne forme avea dolce il cuore e pronto a commuo-
versi : erano le sue maniere aperte e schiette : agli studiosi che volcano
giovarsi della sua dottrina concedea facile accesso : generoso de' suoi
lumi e del suo tempo con quelli che gli riprometteano di fame buon
uso , era intoUerante di quella specie d' oziosi che consumano la vita
loro in vani proposti , perdono e fanno perdere il tempo j. grato aH'ami-
cizia ed alle ufficiosita de' privati compiaceasi modestamente della
benevolenza de' Principi , i quali se visitavano la biblioteca , amavano
d' inti-attenersi con lui , che parlava loro con antica semplicita. Occu-
pato tutto il giorno negli studj, donava qualclie ora della sera alia
societa d' un ristretto nuraero d' amici. Usatamente era in essa poco
loquace ; non parlava di studj se non che invitato ; pronunciava la sua
opinione, ma non garriva in vano disputando con alcuno per trarlo
al suo parere ; e quando s' allegrava, il suo spirito era graziosamente
faceto , ridendosi spesso di que' faccendieri della letteratura che infar-
cendo libri d' iiidigeste e mal connesse noiizie qua e la accattate,
pretendono ottenere fama d' eruditi. Nelle varie vicende politiche
della sua patria non prese raai altra parte che quella di piaguerne le
Dl ANGELO ZENDRINI. 49
sventure. Riverente verso tutte le Autorita ed obbediente alle leggi ,
del danno di queste , se non buone , giudicava peggiore quelle di
resistervi : abborriva ogni specie di fanatismo e predicava la modera-
zioae e la subordiiiazione coll' esempio.
Ma s' egli fii grande letterato e buon cittadino , fu non meno eccle-
siastico eseraplare, che si onor6 sempre del suo stato , non ne smenti
mai il carattere , non ne sdegn6 le insegne o le funzioni , fu zelante
della religione, ma non mai persecutore, e tanto fu sollecito dell' adem-
pimento de' siioi sacerdotali doveri , che acceso da divoto afFetto e
prorompendo in lagrirae giunse negli ultimi giorni di sua vita a far
rimprovero a se stesso di aver donato alia profana letteratura quel
tempo e quell' ingeguo che avrebbe potuto consacrare agli studj
ecclesiastici. II quale sentiraento religioso mentre esalta la sua cristiaiia
pieta , non toglie la persuasione ch' egli abbia pur co' suoi studj ono-
rata la Divinita e servito al suo culto. Imperciocche , sia che si con-
sidcrino le portentose opere della Creazione e se ne studii il Divino
raagistero ; sia che s'indirizzi alia perfezione il cuore e la mente di
quell' essere che I'Ente supremo impront6 della sua immagine ; sia che
si promuova 1' incremento e lo splendore delle opere stesse dell'uomo,
le quali pur esse 1' eterno Autore glorificano , se retto intendiraento
ne guidi , egli e servire a Dio ed al suo Tempio. L' universo tutto
quanto e il massimo ed augustissimo Tempio di Dio.
Vol. II. p. I.
NOTE.
(i) n p»mlfgk> che ^i si acccana e quello
ucr cat ■ |>reu di Veueaia veatvaao ordioati
senza alcua titolo Ji beiicfizio o di patrimonio,
ma solamentf con quello ili essere addetti al
s«rri».io di una dfUe sue cliicse: crano quiudi
obbligati a (kresiarvi gini'naiiero scrvizio, lo
cli« togliFva loro di pster intcrvenire alie scuole
del Seminario patriarcale , il qnale trovavasi
in oltr* Ml una detle isole- fnori di Venczia.
(a) I tealogi inoralini eransL a que' (einpi
divisi in due partiti, Taao dctlo de' Rigoristi ,
r allro de' Lassisti : alia tesu del prinio era il
r>omenica(ra Concina, e del secoado il Gesuita
Beazi. Le qnestiooi loro diedero luogo a luolti
scrilli polemic! , e tra gU allri a quello iatlto-
lato : De tactu inamUIarum.
(3) Parfeiido solamente de' tempi del Morelli,
Del (>eriodo (ii treat" anai si yidero ferutate la
liil^Uuteca e raccolia di coJici delT ex-Gesuita
ab. Caaonici, la Ptnelliana , quetla del signer
Amadeo Svayer, ricca di inanosci-itti apparte-
nenti particolaniieate a cose patrie , quella del
patrizio Sebastiauo Zeuo e quella del P.iitoui ,
le qaali andarono poi disciolte e sgraziataiueiiie
vennero per la maggior parte acquistate da fo-
res tieri.
(4) Vedi il catalogo delle opere del Morelli.
(5) Vedi operette di Jacopo Morelli stampate
in Venezia 1820 , vol. I, p. 5XXV , e vol. Ill,
p. 166. Lettere all' ab. Ceuaari.
(6) Cio accadde nel 1778.
(7) Dofto te pcrdite cagiooaW alia Marciana
da' gia noti scoiivolginienti politici , ebbe il
Morelli a sofTrire gravemente neir animo , al-
lorche solto il cessato Governa neW anno 181 1
fu ordiiiato che la biblioteca Marciaaa fosse
dalla sua antica sede traslocatta nella sala in
cui al teaipo della Repubblica radunavasi il
Wag. ConsigHo. Da qoesta deterrainaaione re9t6
egU co*i colpilo , che gU amici suoi ne furoao
commossi, e tra questi quel saggio Magistrate
clie allora reggeva questa citta , il sig. Cav.
Bar. de G.ilv.tgua, attuale I. R. aulico consi-
gliere , per la cui affettuosa soUeeitucUae e di-
rezione veaue quasi interauieate liberate il
Jlorelli dal peso di tale rautazione e trasloca-
mento, da cui sembrava vicino a rinianere op^
pre6so.
(8) Vedi il catalogo delle opere del MorellL
(9) Nel prinio possedimento che di questi
Stall ebbe S. M. I. R. era state il Moretti dcce-
rato del titolo d'l. R. Consigliere, e nell'attuale
poi veaue uoiuiuato Cav. di prima classe del
legio ordine della Corona di ferro , della
quale decorazione era state fregiato ancora
dal cessalo Governo.
(10) S. E. il sig. Conte di Goess, era cau-
celUere d' Italia , ccc.
OPERE A STAMPA
DELL' ABATE JACOPO MORELLI VENEZIANO.
I. DiBLIOTECA MANOSCRITTA del Bali
Toniiiiaao Farsetti. Veoezia , 1 77 1 e 1 780 ,
toni. II, ia.° Qualclie coilice del primo e il-
lustrato dni possessore.
a. DISSERTAZIONE STORICA intorno alia
pubb. libreria di S., Marco iu Venezia. Veaezia ,
Zatta, 1774 , 8."
3. FRANCISCI PRENDILAQUAE, dialogus
de vita Victorini Feltrensis , ex codice Vati-
cano , cum amiotatiunculis Morellii , edente
Nauili I>astesio. Fatavit , typis seininarii ,
1774. 8.'
4. CODICES MANUSCRIPTI LATINI BI-
BLIOTHEC^ NAMAN* RELATI, cum opu-
iculis iueditis ex iisdem depromptis. Yeuetiis,
Zatu , 1776 , 4.°
II Opuscula sunt: I. Beroardi Naugerii
oratio iu funere Andreae Gntti, Principis Ve-
netiarum. II. Augustiui Valerii Card, libellus,
tfaa. ratione monendi sint detralient«s Reipu-
blicx Venetse. III. Silvii Antoniaai epistola
ad Leooardum Donatum et Laurentium Prio-
lum , qua iis Augustiui Valerii Card, libros
mittit De militate capienda ex rebus veneto-
niffl. rv. St«phani Gradii epistola ad Cxsarem
Estiseum Cardinaleni de Antoiiii Arnaldi opere
de Eucharistia. V. Danielis Barbari carmen ad
Bernardtun Naugerium. VI. Silvii Antoniani
Card, camien de Augustini Valerii Card.
libris Be udlitate capienda ex rebus veueto-
nun. ■<
5. Veggasi 1" operetta intitolata Memorie
degli accadeniici gruieUescUi di Dauiele Farsetti.
6. CODICI MANOSCRITTI VOLGARI DEL-
LA LIBRERIA NANIANA , riferiti con alcune
operette iiiedite da essi tratte. Venezia, Zatta,
1776, 4.° " Le operette sono: I. Discorso di
Benvenuto Cellini deirarchitettura. II. Lettera
di Girolarao Veccliietti sopra la vita e li viaggi
orientali di Giovambattista Vecchietti , suo
fratello. III. Lettera di Galileo Galilei ad tui
prelato sopra la proibizione del libro del Co-
pernico. IV. Lettera dello stesso Galileo a Mon-
sigaor Pietro Diui sopra il sistenia del Coper-
nico. V. Due sonetli di Dauiele Barbaro siiUa
morte di Trifone Gabriele. ■>
7. CATALOG O DI COMMEDIE ITALIANE
raccolte dal Bali Farsetti , con annotazioni.
Venezia, 1776, ia.° " La prefazione e del
possessore. Nell' anno stesso \i si e fatta una
appendice a stampa. »
8. VITE DI ANTONFRANCESCO FARSET-
TI Cavaliere e di MAFFEO NICCOLO' FAR-
SETTI Arcivescovo di Ravenna " Stanno nel
libro intitolato : Notizie deUa fauiiglia Farsetti
Cosraopoli. Venezia, 1778 , 4.° »
9. CATALOG© DI STORIE GENERALI E
PARTICOLARI D' ITALIA , quanto a ciMa ,
luoghi e famiglie , raccolte dal Bab Farsetti ,
con annotazioni. Venezia, 1782, la." <■ La
prefazione e del possessore. •<
10. LETTERA AL SENATORE ANGELO
QUIRINI sopra due anticlie iascrizioni spet-
tanii alia cituH di Saloua , poste nella villa
Alticliiera. Venezia, 1784 <• Sta nel tonio XVI
della r^ccolta feri-arese. •<
52
II. ARISTIDIS oratio aJversus Leptiiiciii ,
LIBANII deilaniatio pro Sociait- , ARISTO-
\ENI rlivtmicorum cleiiifntoriim fragnunitn ,
ex bibliotlicc;! veiieia D. M.irci nunc piiimiin
eJiia , cum aiiuotaliouibuf gr. -lat. Vcnciiis ,
Palesius , lySS, S."
11. CATALOGO DI LIBRI ITALIAN! lac-
colti dill Ball 'Farsetti, con annotazioui. Vene-
zia , 1785, I a." " La prefazioae i del posses-
sore. ■>
i3. LETTERE DI APOSTOLO ZENO emen-
date e accrcsciute di moltc inedite. Vcnezia ,
1785, tonio VI , 8.°
14. BIBLIOTHECA MAPII^I PINELLI VE-
NETI magno jam studio collecta, descripta et
anaotacionibus illustrata. Venetiis , Palerius ,
1787 , torn. VI, 8." << Bibliotheca locupietis-
sima fult libris longe pretiosis et eximiae rari-
latis, priesertini quoad auctores classicos gi'ae-
cus , latinos et italicos , eorumque exemplaria
in membraois iuipressa , editiones sasculi XV ,
ac tvpographorum insignium, opera et stiuUo
Morellii , intr.i decern annos instructa; deiiule
ea ob iateritum Pinellii ab heredibus veuum-
data , et ad exteros translata , llbri , auctione
publica constituta , singulatim divenditi fuere
anno 1788. "
i5. CATALOGO DI LIBRI LA TINI r.-iccolti
dal Bali Farsetti , con aanotazioni. Vcnezia ,
1788, 12.° " La prefazione e del possessore.
Vi si contengono anclie Giunte alia biblioleca
nutnoscritta ed alii cataloghi riferiti de' libri del
Farsetti. •>
16. VITA DI JACOPO SANSOVINO de-
scritta da Giorgio Vasari , e da lui medesimo
riformata , corretta e continuata. Venezia ,
Zatta , 1789, 4." « £ ristampa fatta a norma
di un' edizione del secolo XVI , clie era sco-
nosciuta. »
17. DELLA ISTORIA VINIZIANA DI PIE-
TRO BEMBO Cardinale, da lui volgarizzata,
libri dodici , ora per la prima volta secondo
r originaJe pubblicati. Venezia, Zatta, 1790,
toroi n , 4,° .< L' istoria del Beuibo tratta in
luce dopo la di lui morte , prima che si desse
fuori , fu in piii luoghi troncata, si ncl testo
latino , come ncl volgare : in ijuesto poi fu
anclie guasta c siigurata h\ iiativa dcttatura
toscana. Cost e in tutlc le odi/.ioni , fuorcbe
in questa , che rappresenta I" originale esatta-
niente ; ed c poi in maniera nobile eseguita ,
con un ritiatto ancora del Bcmbo , preso da
una pittura di Tiziano , e intagliato da Fran-
cesco Bartolozzi. •>
18. EPISTOLA AD CHRIST. FRID. AM-
MONIUM de nova versione gr^eca libroruni
cjuoiundam veteris testanienti in codice nis.
bibliothecae venetje D. Marci servata , cum va-
riis eiusdem codicis lectionibus. " Extat cum
versione eadem Pentateuchi Erlnng* impressa
anno 1791, torn. Ill, pag. 104. Iterum edits
cum annotatione inter Morellii epistolas septem
varias eruditionis. Patavii , 1819, 8.° >/
19. EPISTOLA AD AMANDUM GASTO-
NEM CAMUS de codice ms. grseco bistoriee
animalium Aristotelis , in bibliotbeca veneta
!\larciana servato , data Venetiis , an. 1 79 i "
Extat ill opere: Notices et extraits des manu-
scripts de la bibliotheque nationale de Paris ,
tom. V, pag. 435. •!
20. ANDREjE GRITTI Principis Venetia-
runi vita , Nicolao Barb.adico auctore , Ale-
xandro Albritio Procuratoris D. Marci dignita-
tem ineunte , primum edita Venetiis , Palesias,
179^ ' 4-°
21. COMPONIMF.NTI POETICI latini e
voleari di varj autori de' passati tempi in lode
di Venezia , scelti e raccolti nelP ingresso del
Procurat. Alessandro Albrizzi. Venezia , Palese ,
1792 , 4-'
22. EPISTOLA AD JO. BAPT. GASPAREM
D'ANSSE DE VILLOISON, qua tragoediaiu Te-
reus inscriptam, nuper inventam, et L. Vaiio
adiudicatam , Prognem Gregorii Corrarli esse
demonstratur. DaW Venetiis X cal. octob.
1792 " Folio volanti impressa. Iterum edita
ab Harlesio in supplementis ad breviorem no-
titiain litter, rom. P. I. p. 494 , ac tertio a
Siraone Chardon la Rochette in Magasin en-
cyclopedique. Paris , an. IX , tom. V , p. gS.
53
ItnlicB rcildita .1 Joseplio Veniazza » in biblio-
leca toriiicse , selteiiihre 1792- Recusa cura
anaoUtione inter Morcllii epistolas scpteiu \a-
riae eriuUtionis. Fatavii , 18 19.
33. EPISTOLA AD JOSEPIIUM DE RET-
ZER lie operihus Ilieronyiiii Baibi veneti ,
episcopi Gtircensis , alj eo Vindobonae anno
179a coniunctim editis. Extat in Mercurio
italiano di Vienna , an 1792 , toni. 8.°, p. 202.
24. DISSERTAZIONE DELLE SOLENNITA'
E POMPE NUZIALI gia usate presso i Ve-
neziani per le nozze Tiepolo-Gradenigo. Ve-
nezia , 1793 , 4.°
25. MONUMENTI DEL PRINCIPIO DELIA
STAMPA IN VENEZIA, 1793 , 4.° <• Foglio vo-
lante. Da qucsti nionumenti risulta la faUita
deir anno 146 1 ncl fanioso libro Decor puel-
larum, Furono essi risUnipau nel giornale
veneto , intitolato Genio letterario d' Europa ,
gennaro 1794 , nei siippLraenti citati del-
r Harles , P. I , p. 1 1 , e in altri lil)ri ancoia. ■<
26. MONUMENTI VENEZIANI DI VARIA
LETTERATURA , per la prima volta pubbli-
cati neir ingresso del procuratore Alvise Pi-
sani. Venezia , Pales e , 1796, 4.* « Sono I.
Istoria di-IT assedio e della ricupera di Zara ,
fatla da' Veneziani nell'anno 1346, scritta da
autore contemporaneo. II. Lettere cfuattro del
cardin.ile Pietro Brnibo. III. Scr-tlura di Galileo
Cililei alia Siguoria di Venezia , con la quale
ad essa presento il tclescopio da ?e rltrovato
e costrutto, con decreto relativo del Senate.
27. DELLE GUERRE DE' VENEZIANI
NELL" ASIA , dair anno 1470 al 1474 , lihri
tre di Coriolano Cippico , ripiodolti con illu-
strazioni nell' ingresso del Procuratore Antonio
Cappello. Venezia , Palese, 1796 , 4."
28. DISSERTAZIONE STORICA DELLA
CULTURA DELLA POESIA PRESSO I VE-
NEZIANI , dalli piu rinioti tempi sino alli
moderni. Sta col Parnaso veneziano delP ab.
Bettinelli dell' edizione fatta per 1' ingresso
suddetto in Venezia, 1796, 4.°
29. LETTERA SOPRA UNA STATUA CON
ISCmZIONE , posta in Padova nel prato della
Valle , air insigne scultorc Antonio Canova .
di volonta e a spesc del Procur. Antonio Cap-
pello. « Sta nel Mercurio d' Italia ^ slampata iii
Venezia 1' anno 1796, torn. I, p. 96.
3fj. DIONIS CASSII HISTORIARUM RO-
MANORUM FRAGMENTA , cum novis earum-
dcu\ lectionil>u9 , nunc primuiii edila , ct an-
noUtionilius illustrau , gr. -lat. Bassaui , typis
Renioadinianis , 1798, 8."
3 1. — EADEM castigatius (quoad errores
typograpbicos tantuni ) forniaquc niaiori .id
Reiniarianam editionem acconiniodata , denuo
excusa. Parisiis , Delance , 1800, fobo.
32. LETTERA AL CONTE ANTONIO BAR-
TOLINI Comraendatore Gerosolimitano sopra
due sconosciute edizioni di Tibullo e di Clau-
diano fatte nel secolo XV. '< Sta col saggio
dello stesso Bartolini sopra la tipografia del
Friuli nel secolo XV , stanipato in Udiae ,
1798, 4,°
3 3. LE RIIME DI FRANCESCO PETRARCA
tratte da migliori eseniplari , con illustrazioni
inedite di Lodovico Beccadelli. Verona , Giu-
liari , 1799, torn. 11, 16.° « Nelle rime vi
sono eniendazioni autorizzate con tcsti apenna.
Del Becc.tUelli v" e la vita del PoeW, rifatta
e ridotta as>ai migliore di qiiel che da prima
vcdevasi a stanipa ; con osservazioni di lui
sulle rime, e altre illustrazioni delP editore. »»
34. NOTIZIA D' OPERE DI DISEGNO ,
nella prima nieta del secolo XVI esistenti in
Padova , Cremona , Milano , Pavia , Bergamo,
Crema e Venezia , scritta da un anonimo di
quel tempo , publjlicata e con copiose anno-
lazioui illustrata. Bassano , Remoudini , 1800,
8.' gr.
35. BIBLIOTHECA IVLANUSCRIPTA grjeca
et latina. Tonius primus. Bassani , typis Re-
mondinianis , 180a , 8.% maj <. Codicum ma-
nuscriptorum , quos Morellius inspexit , rela-
tio fit. n
36. JOANNIS COT^ Ligniacensis carniina
recognita et aucta. Bassaui , typis Remondi-
niaiiis , 1 80a , 4.°
54
37. DISSERTAZIONE INTORNO AD AL-
CUNI VIAGGIATORI ERUDITl VENEZIANI
POCO NOTI . ()ul)blicaln nellc nozze Mania
e Giovaiielli. Veii*?ia, Zatui , i8o3 , 4.° " Li
viaggiatori , ile' «ni.ili diffusameiite si tratta ,
^ouo ; Paolo Trevisauo , Giovanni Benibo ,
IVUegrino Brocardi , Ainbrogio Berabo e Gian-
iiantonio Soilfiini : vi si aggiungono notizie
>
38. RIEMORIALE DI AGOSTINO VAI.IERO
CarUiiiale a Luigi Coatarini sopra gli stuJii
ad un Seiiatorc veneziano convenienti , pnb-
blicato ncir iiigresso iWl Canl. Lodovico Flan-
gini al Patriarcaio di Venezia , con annota-
zioai. Venezia, i8o3, 4.*
39. LETTERE FAMILIARI DELL' ABATE
NATALE LASTESIO, per la prima volta pub-
blicate con una narrazione intoruo all' autore.
Bassano , Reniondini , 1804, 8.°
4.C. ALDI Pit MANUTII scripta tria longe
rarissinia deniio edita et annotationibus illu-
strata. Bassaiii , Remondini , 1806,8.° "Scri-
pta tria sunt : I. Musarum Fanagyris cum lie-
sasticho et Parjenesi ad Alhenum Piuni Carpi
Principem. II. Epigramraa in statuam Veneris
et Cnpidinis. III. Novae academise Aldinw lex,
gnece , cum latina Morellii veisione.
41. DESCRIZION'E DELLE FESTE CELE-
BRATE IN VENEZIA I'anno 1807 per la
vcnuta dell' Imperatore ;endo per indole sua natufale certi
termini, oltre i quali non v' ha pin sirametria , conveviienza , propor-^
zione , ma deformita e disordine ; egli e chiaro che tauto nella veri-
ta che nella virtii esiser vi' debba un panto che ne forma la misuva e che
preterir now sii pu"5 seiiza' cader nell' errore o ngl vizio. Quesfa verit^
tratta dalla stessa natura delle cose e conosciuta da tutti i filosofi ci fcif
compreudere chiarauicnte quanto diversa esser debba 1' idea di fa-
natismo nella mente degli uomini nel loro particolare giudizio. Im-
perciocche essendo varia- in ciascuno la maniera di pensare, secondo
la diversa educazione e le serie delle nozioni acqnistate dagli esempj-
altrui , dalle abimdini , dalle leggi, dai luoghi , dai^ tempi, infinita-
mente vario esser debbe ancora quel punto di mezzo che ciascuno
si prefiggc come misura della virtii e della verita. Ognuno s' imma-
gina si nel suo operare che nel siio pensare di tenere quel mezzo
fissato dair ordine ; ma varia imi tal punto secondo la varia distanza^
degli estremi. Se tpiesti si restringoiio ovvero si dilatano , se pin o
iia SULLA VERA DEFINIZIONE DEL FANATISMO
meiio si faiino convergenti o divergeiiti , si muta aiicora la sitiiazione
del punto di mezzo , e qiiindi la misura si caiubia del giusto e del
voro. ftFutati i confiiii secondo il vario opinar dcgli uomiiii, prendono
tosto im cambiaaiciito le idee delle cose; e j)erci6 ognuiio nella sua
meiite fissa que' liuiiti die giudica nou potersi preterire senza demenza,
ed ognuno si persuade di stare nel mezzo. Perci6 1' avaro si crede di
camminare sicuro fra le estremita, clie sono 1' avarizia e la prodiga-
lita ; e crede dall' altra parte di seguire questo punto di mezzo anche
il prodigo. Uuo allarga, e I'altro restriuge troppo gli estremi, e quiudi
allontana piii o meno il punto centrale,da cui non e meraviglia die
si r uno die 1' altro si persuada di non dipartire.
Ma torno a ripetere die per la taccia di fanatisrao non basta una
qualunque distanza dal punto di mezzo clie assume ciascuno per
misura del vero ; conviene che sia uu' eiiorme distanza per cui si
creda die 1' avversario sorpassi tutti quegl' intervalli die F altro ha
posto nella progressione delle sue idee, e fissati ha per confini d' un
moderato opinare , oltre i quali non vi resti uella serie delle sue
percezioni se non se un voto enorrac, in cui cader non si possa senza
precipizio o rovina ; il qual voto variando in ciascuno , secondo i
varj gradi di capacita e dell' intenzione delle proprie affezioni e co-
gnizioni , seco trae una mirabile facilita di questa reciproca imputazione.
Farei torto , o signori , alia vostra erudizione che conosce a fondo
la storia delle umane opinioni, se in prova di quanto asserisco ad-
durre vi volessi degli esenipj che sono si ovvj e frequenti in ogni
ramo di umano sapere. Basta tener dietro al progresso delle idee con
occhio filosofico per trovarvi il punto di mezzo che 1' ingegno degli
uomini o la moda prepotente secondo le eta ( giacche anche le scienze
hanno le mode loro ) aveva stabilito per misura della verita , per
quindi conoscere le divergenze che di mano in mano sono succedute,
giusta le circostauze de' hioghi e de' tempi da quel punto ceutrale
sino a quel grado di distanza al quale il consenso dcgli uomini
attacca ]a nozionc di tanatismo. Ognuno puo vedere qual largo campo
mi aprirebbe la storia delle sacre ed umane discipline, se volessi
innoltrarmi nella varia fortuna ch' ebbero esse nei varj tempi e se-
condo la loro progressione , per cui divennero filosofici e teologici
DI METRO TAMBURINI. 1 3
delirj quelle opinioni ch' ebbero da priiicipio il rango di verity , o
salirono in seguito a questo rango alcune altre che da principio si
credettero follie. lo Ia9cer6 questo campo di storia , che potrebbe
forse credersi una inutile ostentazione , e passer6 alia terza cagione
della facile accusa di fanatismo.
Questa 6 la piu larga soigente onde deriva la facilita di questa
accusa. Essa consiste nel diverse grado di amore con cui T animo
si porta verso un oggetto. £ noto notissinio 1' intinio e stretto coni-
mercio die passa tra le nozioni dell' iiitelletto e le affezioni del cuore
uniano. V ha tra queste un reciproco influsso ed una vicendevole
azione e reazione. La natura stessa delle cose e I' intimo sentimento
che ha ciascuno in se stesso confernia una tal verita. Un' idea viva
e gigantesca sveglia nel cuore una veemente passione ; ed una forte
passione riscalda 1' inimaginazione e rinvigorisce le idee. Ora egli e
del pari evidente che la mente di ciascuno seguendo 1' indole nativa
del proprio ingegno e la serie delle diverse circostanze in cui si ri-
trova , si avvezza in modo speciale a contemplare certi oggetti , si
reiide famigliari le idee de' medesimi, ed a poco a poco riesce a for-
niare una serie di mozioni intellettuali , da cui risulta il principale
oggetto de' suoi pensieri che giorno e notte tiene presente alio spi-
rito. Da qui nasce per natural connessione un amore nell' aiiimo verso
r oggetto stesso , poiche coU' averlo seiiipre dinanzi contrae con esso
una specie d' affinita che sempre piu lo unisce e lo attacca al me-
desirao , e per cosi dire con un glutiue tanto piu forte quanto pid
intensamente lo contempla , lo accarezza e se lo rende usuale. Onde
ne sorge quell' amor dominante che occupa tutta 1' attivita dell' anirao,
e da cui 1' uonio o non niai o assai difficilmente si stacca. Questa
teoria, che non sofFre alcun dubbio, ci fa intendere che non solo negli
animi umani sono diversi gli araori , secondo la varieta degli oggetti
ai quali si rivolgono , ma diversi ancora i gradi d' amore con cui
r aniino si porta verso un oggetto medesimo. Questi diversi gradi di-
pendono dalia niaggiore o minore intensita con cui 1' anirao si fissa
nella conteniplazione dell' oggetto , ed i gradi dell' intensita corrispon-
dono in ragione inversa alia varieta delle idee dalle quali venga
r animo distratto ; cosicche se un' idea sola sia sempre o per la
14 SCLLA VERV DEFIXIZIONTE DEL FANATISMO
massiina parte preseiite alio spirito, essa divcn'i sovrana e domiineri
sopra tutte le altre che ue verraimo assorbite, e qiiiuxli da essa riscal-
dato in proporzione il cuare dell' uomo rivolgera alia medoshna tatti
i snoi pcasieri ed affctti.
II signer Deleyre , aiitore dell' analisi della filosofia dt Baconc , uel
s«o discoi'SQ sul Kiuatismo confoude i falsi visLouarj coii veri coQtem-
plativi , cpjiie confoude i suitomi del fanatismo coU' osservauza. d' al-
cmte regole della piii perfetta virlii proposte dal Vaiigelo. La reli-
gioue lion i>roibisce , awn coinaiida di servire ai bisjogni d«lk patria
nei differeiiti iiiipicglii ; ella sa unire perfcttamente i daveri dell' v^omo
e del cittadino gou quei del crLstiano ; anzi li rassoda in una ma-
niera assai piu bella e siciira. Ma nello stcsso tempo kou biasima,
anzi loda ed approva clii infiammato dell' anior delle cose celesti si
risolve a condurre la sua vita nella mortificazione , nella mcditazione
e nel ritiro , disposto sempre nell' auimo a prestarsi all' utilita della
patria negl' impieghi , qualora essa abbisogni dell' opera sua. QuestO'
non si puo dir fanatismo ^ ma mi amore regolato sul coufronto dei
beni, ed- e piuttLQSto mt effetto di filosofico fanatismo il preteudere di
ci6 spiegare coUa ylvacita degli spirki animali rlchiaraali al cerv-elloi
come causa unica e generale di qaesto genere di vita.
Confesso beusi: ehe da qui puo nascere un pericolo di fanalismo.
Una viva e pereuue coutemplazione delle. scesse idee produce nelL' auimo
un seuiimento piji viva delle medesinie , il quale si puo facilaicnte
confoudere coli' evideaza e perspicuita della coea, e crescendo quinxli
coUa vivacita. deJle idee 1' amore degli oggetti da esse rappresentati ,
puo succedere cou. facilita che la meute del contemplativo &i per»uada
che tanto piw vcre siaiio le cose , quanto piii vivameute le perce-
pisce, e pecci6 ueputi limpidissime verita le frivolezze , le iiiezie ed i
vani fantasmi ch' egli ha presenti alio spirito continuamente. Onde
Jion e meraviglia che non solo i monaci nel loro ritiro, ma i filo-
sofi stessi nel loro gabinetto siansi riscaldati sovente a combattere per
delnj e chiraero apprese da essi come verita inconcusse. Ceri^meiite
da questa cagione unitamente alia mancanza de'lumi si debbe ripe-
tere la creduliti de' passati secoli che furono. ripieni di tante fole e
di tanti vaneggiamcnti che ora soiio per noi oggetli di compassione
1)1 PIETRO TAMRDRINI. 1 5
e di riso. Intcnti gl' iiigcgni a tutto clivinizeare , liuto vedevano fuor
deir ordiiie natiirale delle cose ; quindi 1' arte di predir le cose future,
quindi la inagia, i prestigj confusi coi miracoli , le visioiii sopramia-
turali , i colloqiij de' niorti coi vivi , le vcsti cadute dal cielo , 1' aria
ripieiia di spiriti e di dtMUonj, ed altrc infinite cosc clie per la novitk
fissaiido r attenzione degli uomini trasportati per lo straordinario e
soprannatiirale riscaldavano la loro iinniaginazione e si procacciavano
credito e ripiitazione di verit^.
Le eta susseguenti rivolsero ad altri oggetti la loro attenzione. Si
studi6 con maggior impegno la natura , e fatto un piii esatto calcolo
delle sue forze, si trovo la ragioue sufliciente di niolti fenoineni divi-
nizzati nelle eta trapassate. Cesso quindi T aniore del mirabile e dcllo
straordinario, e dato luogo alia fredda ragione calcolatrice, si diede ai
secoli superiori la taccia di fanatismo. Ma conviene star in guardia
die la filosofia fatta ardita non trascorra i ginsti confini della verita
e della moderazione , e col .pretesto di svelare le iecole de' nostri
maggiori non pretenda di tutto distruggere col metier in un fascio
tutte le verita storiche e dare un' aria di favoloso anche ai fatti piu
accreditati e clie reggono al rigore della critica piii severa.
Ma se per le addotte ragioni si teme il pericolo di fanatismo per
parte d' un attaccamento eccessivo alle proprie idee , non e minorc
il pericolo d' un tal vizio per difetto d' amore che si abbia per la
verita ; onde facilraente succede che un amatore men caldo del vero
reputi un eccesso in chi 1' ania di piii , e questa io penso esscre la
pill estesa cagione di questa si famigliare accusa. E ben si comprende
clie la nozione di eccesso, di cui un altro si accusi , sara in pro-
porzione dei gradi d' araore coi quali si porta Y accusatore verso la
verita ; cosicche un animo che poco o nulla sia tocco dall' amore del
vero ripntera insania e follia il calore dell' altro che s' impegui con
forza a difendere ci6 ch' egli crede una verita. Quindi 1' eccesso con
cui r amore d' uno supera 1' amore dell' altro verso un oggetto si
prendera per niisura del fanatismo ; cio ch' e ben naturale ; imper-
ciocche il cnore dell' nomo serba certi confini degli affctti auoi, i
quali confini si fissano dall' indole varia di ciaschednno , dalle con-
tratte abitudini , dall' intcresse che vi preudono le proprie passioni ed
I 6 St'LLA VFKA Dr.FINIZIONE DEL FANATISMO, CCC.
altiT ciioostaiize. Oiui" e clie ciascuuo si persuade clie iion si detba
air opgetto creduto vero se non quel sentimento o grado d' araore
dal (iiiale egli raedesimo e tocco ; e perci6 lui sentiineuto die vegga
in altri inaggiorc del siio, giudiciiera essere uu eccesso cUe sorpassi
il valor doUe cose ; ci6 die si qualifica per faiiatisuio. Da qui s' iii-
tende quauto varia esser dobba la taccia di fauatismo, variaudo sino
air infiiiito i gradi d" amore coi quali il cuore si porta verso la ve-
riia ; e s' intende iiisicinc quauto sia pericoloso il giudizio die si da
deir altrui fauatismo , essendo questo appoggiato ai gradi d' amorc
die oguuuo sente in se stesso , e varia esseudo la niisura di quel
grado d' amore die si debbe all' oggetto die si ama.
Da questa stessa cagione si debbe ripetere la taccia di fauatismo
die si suolc dare dai deisti ai martiri della religioue. Da clii e in-
fiamiuato dell" auiore de' boni celesti si cominenda come eroisrao il
coraggio di clii ha voluto spargere il saugue per coufessar Gesii Cristo,
e fauatismo si appella dal freddo e gelato epicureo. Come a gloria si
reca il morir per la patria il cittadino amaute del bene della mede-
sima , e si repata un pazzo furore dairuomo vile ed infiugardo. Cosi
cambio di aspetto il giudizio degli uomiui secondo I'amor che signo-
reggia nell' auimo loro , e secondo i varj gradi di esso. So die nelle
stesse azioni per se stesse lodevoli, anzi sublimi ed eroiche mischiar
vi si puo uu soverchio calore che si porti all' eccesso. Que' cristiaui ,
che per altro furono pochi, die si offrirono da se stessi al martirio,
sebbeue avessero un fine lodevole , qual era non di px'ovocare , ma
di far cessare la persecuzione mostraudone col loro coraggio la inu-
tilita , sono stati accusati di uno zelo eccessivo , come si puo vedere
dalla lettera della Chiesa di Smirne sul martirio di S. Policarpo , dal
Concilio di Elvira e da S. Clemente Alessandrino. Per quanto il fine
sia buouo ed iuuocua sia 1' azione e generosa , vi puo esser eccesso
nel modo prescritto dall' ordine. Ma di cio parlero nel secondo mio
discorso , nel quale dar6 la giusta defiuizione del fauatismo , de' suoi
caratteri , sintomi ed efFctti ; al quale scopo ho preparata la via coUo
sviluppare le principali cagioni che sogliono rendere famigliare 1' ira-
putazione di fanatismo.
OSSERVAZIONI FILOLOGICHE
SOPRA LE DESCRIZIONI DI STATUE DETTATE DA CALLISTRATO
dell' abate
JACOPO MORELLI.
X lACQUE ad alcunl Greci Sofisti talvolta lasciare le strepitose loro
ckclamazioni e nojevoli dispute per descrivere particolarmente opera
d' arte rappresentanti immagini di Dei e di Eroi, virtu e vizj , e azioni
maravigliose , o vere o finte die fossero; purche eglino avessero facile
campo di farlo con leggieri concetti e a locuzione pomposa adattati ,
siccome 1' indole de' loro ingegni portava. Non furono gia essi di
quella razza d' uomini che di scaltrezza ripieni , a' buoni tempi della
Grecia , false dottrine in modi ingannevoli spargevano, e di soperchiare
i filosofi e gli oratori eccellenti con grande arroganza s' industriavano :
a coloro assai piii che di opere propria siamo debitori di aver data
occasione a Socrate, ad Aristofane, a Isocrata, a Luciano e ad altri
valentuomini d'averli posti in darisione con bei motti e in varie guise,
e di averci mostrato con quale garbo della presunzione a vanita lette-
raria giuoco si prenda. Di quegli altri sofisti sono stati , che ne' tempi
posteriori alia piii felice cultura delle lettere, ad esampio di que' saggi
e dotti che prirai la denominaziona di Sofisti aveano goduto , accoppiando
r arte del dire alia filosofia, si fecer onore, e iu alcun efficace modo
Vul. II. p. II. 3
l8 OSSERVAZIONI FILOLOGICnE
f^i>aoili studj lianno recato vantaggio, bench§ venuta poi meno I'esti-
mazione degli anticlii maestri , e pcitUue cU vista le doti loro esimie ,
ogni disciplina dal male al peggio fiiialuient.e aiidata ne sia. A poco per
verita si ridiice cjoel cfie' abbiamo di Descvizioni si fatte, ne oltre quelle
di Callistrato , dei due Filostrati, di Libanio e d' Iiiierio , altre se ne
sogUono .vedere, che a bcllo studio siaiio state separatamente dettate.
Da questi o somiglianti scrittori indarno vorrebbesi attenderc sodo sa-
pere e fiorita eloquenza; ma piuttosto delle Descrizioni loro e da farsi
conto per la varia erudizionc , die qnanto a mitologia, a storia, ad
antiqixaria e ad arti del Diseguo ci presentano: ne vantaggio lieve e
poi questo da riputarsi , qualora si coiisideri cli' esse col metterci di-
nanzi agli occhi monumenti antichi , c coll' additarcene ogni parte, ci
guidano a conoscere picnaniente i soggetti figurati , le iiitenzioni e gli
avvedimenti degli aitefici ne discoprono , e autorevoli mauiere di espri-
mere ingegnosamente coll' arte gli affetti c' iusegnano.
Bella idea, dcgna de' loro canti qiiesia di descrivere partitamervte !a-
vori d' arte, benche dall' iminagiiiazione piii vagamente adorni, debb' es-
sere sembrata andie ai principal! poeti Gieci e Latiui , giacclie veggiarao
gli scudi d'Acliille, d'Ercole e d'Enea con sottile studio olte altrettante statue senza averne veduta
pur una, e che al leggere si facte descrizioni le idee nostre si listringono,
e pare che s' impiccolisca quel che v'ha di piu grande. Tuttavolta al rigida
Falconet egli parve piu intelligente di scultura che i due Filostrati di
pittura , seuipre pero mancante delle vera ed essenziali cognizioni del-
r arte ((lEuvr., torn. IF, pag. SjS ). L' Pleyne ancora tuttoche sia per-
suaso ch' egli descriva statue da se non vedute, o almeno non le avesse
dinanzi agli occhi quando scriveva, lo accredita dicendolo: Orationis uti-
que ornamentorum , ac lenociniorum mirabilem artificem , statuaruni enar-
ratorem haud ineptum , et dilectu simulacroruin a sumniis statuariis elabo-
ratorum nobis quidcni gratissimum ( Comm. Gotc, torn. XI, pag. 12 , et
OpuscuLy torn. F, pag. 199). A me non tocca, ne place d' investigate
quanto Callistrato di scultura s' intendesse. Sia pur vero il detto di Plinio
il giovine, che De pictore, sculptore, fusore, nisi artifex, judicare non po-
test: io qui nulla dir6 in contrario, ma saro sempre d'avviso che, fatta
la perdita gravissima di tante opeie antiche sulle arti del Disegno, aflfatto
DI JACOPO MORELLI. %t
necessario sia che i poclii avaiizi di quelle a noi pcrvenuti, fra i quali
le Descrizioni ancora dei Sofisti lianno liiogo segnatajueiUe , si teiigano
cari e siano con attenzione stiidiati. Mio assuuto dunque ora fia sol-
tanto quelle di far conoscere Callistrato quaiito ad uoiuo di lettere e
buono scrittore s' aspetta , e di mostrare che il testo delle Descrizioni
sue , anclie dopo 1' opera da' bravi critici in esse posta , da false lezioni
non poco viziato nelle stampe rimanei di modo che col ritornarlo spe-
cialmente per mezzo di codici manoscritti alia nativa sinceritii , e quindi
col potersi intendere il vero senso delle parole , 1' autore o maggior
credito deve acquistare presso quei che in qualche stinia 1' avevano ,
ovvero ai di lui biasimatori meno ha da riuscire disgradito.
Callistrato quando vivesse e qual uomo sia stato, nial si conosce. Non
e puuto da credersi ch'egli fosse lo statuario di questo nome, a' bnoni
tempi dell'arte vissuto , e da Plinio {Hist, natur., lib. XXXIV, cap. 8)
e da Taziano {Oral, ad Grcecos) con lode mentovato; perciocche ne tanta
intelligenza di scultura, ne tale dignita di stile lo scrittore nostro fa appfl-
rire , quanta dovrebbe , se per bel dono di fortuna foss" egli stato nobile
artefice e insieme operc d'arte avesse descritte. Sembra piuttosto ch'egli
stato sia quel Sofista di cui scrive Plutarco nel settirao dei libri Convi-
vali alia Quistione quinta, che v'era ricordanza come d'uomo avvezzo
a dare esempj singolari d' ospitalita nell' isola di Negroponte , ove sog-
giornava. Non puo dedursi col Fabrizio ( Bill, gr., torn. V, pag. 56o )
dalle parole di Plutarco che quel Callistrato suo comtemporaneo fosse ;
ma nessuna ragione fa contro al crederlo autore delle Descrizioni , sic-
come a Federigo Jacobs e sembrato ( Exercitationes critical in scrip, vet.,
torn. 11, p. VII). Se cosi stato fosse, Callistrato li soprammentovati So-
fisti tutti avrebbe precediiti : tuttavia I'Heyne posteriore ai due Filostrati
lo reputo, e I'avra fatto con buone lagioni, ma die dctte non ha. Bensi
abbastanza chiaro spiego il suo giudizio a favore di Callistrato non so-
lamente coUe parole di sopra riportate , ma altrove ancora scrivendo
ch' egli ha da tenersi in pregio , quod communem sermonem mira arte
notionibus artium accommodare novit, quae ad formce proprietates et varie-
tates spectant , verbis suis propriis deslituta , ingeniose per vocahida tropica
Aft OSSERVAZIONI FILOLOGICIIE
a mente et oratione petita dedarare allaboravit; e inohre il merito della
Descrizione d'una delle due statue di Cupido particolarmente esponendo*
noil teniette di dire : Quantiuis est pretii haec sophhtce enarratio , duni ea
nobis sistit formani statuce inter ccteras nobilissimce ( Heyne , Opuscid. ,
com. V, pag. 199, 204). Vuoisi con questi detti del maestro, a bella
posta ricopiati, ratteiiipraie I'aspro giudizio die il sue aliinno Jacobs
ha portato di Callistrato , nientre soverchiainente infervorato iiel far
vedere clie dell' iiisigne oratore di quello stesso nonie maestro di De^
mosteiie le Descrizioni degne non soiio , del iiostio s' e iiulotto a scri-
ver cosi : Nihd jcjunius et sterilius ingenio ejus , nihU oratione piierdius.
Quid enim ? in suinnio acutnine captandi orationisquc floribus conspcrgendce
studio tarn parum ingeniosus et acutus est , ut intra paucisslma capita
easdeni argutias identidem inculcet, ne verbis quidein mutatis, lectoribus-
que , iisdeni figuris tropis reliquoque sermonis ornatu crebro repetendo , fa-
stidium creet [Lib. cit. , p. VI). Comeclic alcuiie di rjuestc imputazioni
giuste siano, non si puo tuttavia fare a meiio di non riguardare Calli-
strato come autore giudizioso ed accorto : di clic se ne ha prova anche
dal vedere cli' egli nel Bacco e nella Medea Iia osservata espressioiie
conforrae col sembiante ch'Euripide dell' uno e dell' altra lia presentato.
Nfe pariiuente gli si puo negare ch'egli scriitore di buona maniera non
sia, e di stile abbastanza ornato e piacevole ; talche elegantissimo ancora
non ha disdegnato di appellarnelo Tesimio Grecista Boissonade neile An-
notazioni agli Eroici di Filostrato iielTanno 1806 in Parigi da se ripro-
dotti. Senipre piu pertanto dall' esperienza si conosce die ove di gusto
e di bello si tratta , andie uoniini per fino giudizio riputatissimi talvolta
tra loro sentono contrariamente.
Non pill che tredici statue da Callistrato descritte abbiamo , e sono
di Cupido due, e una di Bacco, opere insigni di Prassitcle, una Baccante
di Scopa, rOccasione di Lisippo, un Satire, Orfeo sull' Elicona, Men-
none in Etiopia , Esculapio, un Centauro, Medea e un Indiano; alle
cjuali una pittura d'Atamante Furioso, s'aggiunge, forse d'akro scritto-
re: ed erano questi lavori tutti di realta , non ideali soltanto. Prirao a
trarre in luce queste Descrizioni nel greco originale fu Aide Majuizio,
DI JACOPO MORILLl, Z$
cho nell' anbo i5d3 coii le opere di Luciano lo I'ece, e pariiuente nel
iSaa con Je medesiine le ha riproilotte : iu Fioieiiza nel iSij pure con
Luctiiuo, e tli luiovo in. Venezia negli auni i335 e i55o con le Descii-
Eiuiii dei due Filostrati f'urono inipresse : poi da Federigo Morello in
Parigi nel 1608, e da Godotredo Oleario in Lipsia nel 1709 insieme
con le opere tutte dei due Filostrati vennero messe a starapa emendate
non poco e d' anuotazioni copiose , e di traduzione latina corredate.
Niente pero di meno per la scorrezione del codice originale intrusesi
da prima nel testo piii false lezioni , pel poco accorgimento degli edi-
tor! esse contiiiuarorio ad avervi luogo , e per la troppa franchezza di
qualclieduno di loro crebbero ancora, siccouie avvenir suole. Anclie a
Gailisuato, colfandar unito a' Filostrati, la stessa mala veuiura di qiiesti
e toccata: e sebbeiie i'edizione dell' Oleario stata fosse reputata dal Fa-
brizio degua di taiito pregio, cjuanto verun'altra di autore greco a cpiei
tempi eseguita ve ne avesse {Bibiioth. gr., torn, V, pag. 556 n. e.); pure
i migliori critici trovarono molto tia dire sopra d'essa, e il lluhnkenio
fra tjueili ni lestro so\rano uou ebbe difficolta di pronunziare die Olearius
plura PluLosirato vulaLia injUxit, quain sanav'u ( in Lexic. Platon. Timei ,
pag. 106, ed. 1789). Oltie a ci6 , per coluio di suo biasimo, fu anclie
niossa air Oleario la grave accusa di essersi occultameute prevalso dei
materiali clie Toiuniaso Reinesio aveva ragunati per fame un' edizione
compita. Male dunque conlenti del testo di Callistrato i raoderui Greci-
Sti si studiarono di eraendarnelo : ma due specialmente in questo si
sono segnalati ; 1' uno fu Federigo Jacobs , che lo fece prima nel tomo
deciino della Biblioteca Tedesca di Gottiuga, impresso nell'auno I794»
poi nel tomo secondo delle sue Esercitazioni sopra scrittori antichi, stara-
pato in Lipsia tre anni dopo ; 1' altro e stato 1' Heyue , che ne diede
fuori pill correzioni in un Programraa accademico a Gottinga nell' an-r
no 1 80 1 e nell'anno seguente, non senza miglioraraenti ; nel quinto vo-
lume de' suoi Opuscoli le ha riprodotte. Con emendazioni certe e con-
ghietture felici arabedue al solo lor ingegno affidati il testo in piii luo-
ghi alia vera lezione hanno bensi ricondotto, ma pero accorti si sono che
senza 1' ajuto di buoni codici a penna, de' quali mancavauo, onninaraente
24 OSSERVAZIONI FILOLOGICILE
terso nol potevano rendere, troppo piu gravi errori essendovi di quel
die la finezza del la critica conghietturale valesse a toglierneli. Saggia-
mente peitanto Francesco Giovanni Bast di Assia, Gianiraatico profondo
e Critico avvedntissimo nella Greca letteratura, con produziotii squisite
da se illustrata , forse inirando a fare una nuova edizioiie delle Descri-
zioni di Callistrato, s' era presa la cura di collazionarne il testo con due
codici manoscritti nella Biblioteca Imperiale di Parigi esistenti , 1' uno del
secolo undecirao, Taltro del quattordicesimo; ed egli ancora per buona
fortuna avea potuto valersi delle annotazioni inedite di Enrico Valesio,
da Villoison comunicategli : ne questo pcro^ne piii altri bei lavori die
egli avea incominciati, e alnieno in parte avrebbe felicemente compiti,
pill attendere da lui si possono, per essere iiel prossimo passato anno
acerbamente mancato di vita ( Catalogue des manuscrits laisses par feu
M. F. I. Bast. Paris 1812, 8.", pag. 5, 6, 7).
Rari per verita sono i codici die le Descrizioni di Callistrato con-
tengono, e appena nelle Biblioteclie Iniperiali di Parigi e di Fiorenza,
nella Reale di Monaco e in alcun' altra, per qiianto consta, se ne tro-
vano. Questa Regia di Venezia , sebbene doviziosissima di codici Greci
semprestata, pure soltanto pochi anni addietro uno ne acquisto, da me
trasferitovi con piu altri gia posseduti dai Domenicani de' Santi Gio-
vanni e Paolo, nel qual convento fra Gioachino della Torre Veneziano,
Superiore generate di quell' Oidine, dotto uoino e di piii lingue perito,
sulla fine del secolo quindicesimo aveva instituita una ricca biblioteca ,
aumentata colle spoglie ancora di quella celebratissima di Mattia Cor-
irino Re d'Ungheria. Nel codice , cli' e del secolo quattordicesimo, fanno
principale comparsa le Immagini e gli Eroici del vecchio Filostrato , il
Poemetto di Paolo Silenziario sulle Ternie Pitie, e alquanti Epigranimi
deir Antologia, con esposizioni grammaticali e altri piccoli coniponi-
nienti;ma le Descrizioni di Callistrato vi sono come una giunta in tre
carte poste al principio, senza litolo o indizio veruno; e percio ne dal
Tomasino , ne da altro piii moderno, i quali fecero 1' indice di que' co-
dici , si sono lasciate conoscere ( Tomasin. , Bibl. venet. Mss. , pag. 2a.
Bcrarddli , Opuscul. Caloger. N. RaccoL, torn. XX, pag. 2i5 ). Quasi
DI JACOPO MORELLI. 25
ottanta sono i luoghi ne' quali, con la scorta di qucsto codice, o si con-
ferrnano le emendazipui fatte dall' Heyne , dal Jacobs e dal Boissonade,
o le conghietture lore s' avverano, o viz] di lezione noii sospettati dai
due priini, ovvcr conosciuti bensi, ma siccome irremediabili senza il
soccoiso di libri a penna nel testo lasciati, I'eliceniente toglier si pos-
sono : cjuindi e clie affatto giova di rettificare il testo , e di rect^rlo allu
primitiva sua sinceritii , onde ne risulti la vera iiitelligenza di Callistra-
to si neir origiiiale , come nella traduzione , e V arte critica eraenda-
trice con esenipj uuovi anch' essa vie maggiormente s' avanzi. Non man-
chera giii la biiona f'ortuna delle Greche Lettere di fare die , o presto o
tardi, aiicor cgli in vista onorevole comparisca, e il testo intero del
Sofista in nuova luce si metta riscontrato e ripulito sopra testi a mano,
e di ampio comento corredato , secondo die il gusto esige del tempo
presente : e allora massirae fia die dal codice Veneziano ancora ogni
maggior profitto si tragga. In questo mezzo le varie lezioui tutte di
esso ho io a questo raglonamento soggiunte : a fine per6 di conciliar
fede a' raiei detti , e di far vedere 1' indole buona del codice, il saggio
seguente ne arreco :
Callistrato nella Descrizione d'Orfeo, secondo il testo stampato, ha
Kui -TtinKog •/.ara. vtom ccperog £i<; apv^x kxttisi , e percio I'Oleario traduce
et peplus per dorsum demissus ad talos pertinebat ( pag. 898, Un. Sa ):
ma il Manoscritto porta kccI TrknXoq avsrog kocto. virov eig c^vfov -/.ccrriei ,
e andrebbe tradotto et peplus juxta dorsum demissus ad malleolum pedis
descendebat. In questo uiodo dinoterebbesi Orfeo ammantato d' una ve-
sta sciolta, die dietro al dorso con grazia scendeva alia noce o caviglia
d' un piede ; laddove secondo le parole greche dell' Oleario la vesta , a
guisa di mantello, copriva Orfeo sino alle caviglie d'ambi i piedi senza
avvenenza veruna.
Deir Occasione scrive Callistrato ( pag. 898 , Un. 1 ) die un dotto co-
noscitore delle opere d' arte esposto aveva il divisamento di Lisippo nel
formare quella statua; e la frase del Sofista e y.xi Koyiajj-Q inrjh tuJ Texuri-
•- /iar/ , la quale dall' Oleario astrattamente presa, siccome tutto quel pas-
so, iraducesi come se ogni persona di grande inteUigenza nelle arti
Vol. JJ. P. II. -4
a6 OSSERVAZTONI FILOLOGICIIE
erudicionis etiam laude opus id celebret ; mentre il Manoscritto ha Kxi
Xoyiajxov inriye ruJ rf%v^//an , e conseguenteniente nella traduzione dire
si deve clie quel conoscitore d'arte rationem quoque ad judicandum expli-
canckimquc opus adhibu'u. Cosi resta interamente avvalorata reniendazione
clie in c|uel luogo il Jacobs di suo proprio ingegno taceva (Excrcit. etc.,
torn. II, pag. 41 ).
Descrivendo Callistrato la statua d' Esculapio, dice nelle edizioni,
» yap ( TO npomnov) elg KaKkoq iwi6e6oy itj^wLnarcn, aXka. ttchiolv k«.\ i'heov
a.vx,>iivSv OJJ.JXX. Hcec ubi in Creeds habcnturF Domauda I'Heyne con ra-
gione , e soggiunge : Probabde est fuisse kXhoc tt^jciov kccI Ixscv avccKtvSv oij.jj.cc.
II nostro codice alia voce Traiav giustaraente rifiutata sosticuisce TTOivxyvov,
e cosi il senso legittimo e netto ne risulta: Non enim vultus adscititio
deccre ornatus est, sed purissimum ac bcnignum mouens aspectum ; dove
rOleario tVancamente aveva tradotto sed medicum et gratiosum Jlectit
oculum. Non e pertanto opportuna la coirezione del Jacobs {pag. S?))
e deinieyne {pag. 2i5), i quali credettero di levarsi d'irabarazzo col
porre in quel luogo m Ila/av, quasi che ivi il discorso ad Esculapio
fosse rivolto. Forse w Yiaiav, in vece di Z nou, verso il fine delta Descri-
zione ha diritto d' entrare , quautunque ne il Manoscritto, ne 1' edizioni
lo coiuportino {Edit. , pag. 908, lin. 5).
Grave mancanza clie toglieva rintegrita al componiraento, e insieme
1' esattezza nascondeva dello scrittore , e pure da nessuno fu ne meno
sospettata , il Manoscritto ci t'a conoscere nella Descrizione d'un Cupido
di Prassitele al numero undeciiuo posta {pag. 904, lin. 10), la ove il
t€Sto a stampa porta clie in quella statua di bronzo le membra niosse
a maraviglioso slorzo d' espressione vcdeansi , e le parole son queste :
ore de tmreivxt rx jj.e\r) Tipog to ctvvtovov }j.£&isTC(.jj.evog , e la traduzione ha
soltanto (ss partlin ita conformatum erat, quasi membra ad veliementiorem
conatuni intenderet. 11 Manoscritto in vece ha cosi: ■y.a.l ote jj.h edeAci to
nKo-sixa, KCLji.!phma,i, Kxi Trpog Trjv KO-jj-nriv a.viefJ.£Vog- 'ore he entreTvoct roc jj.£hri,
7rf>og TO sifVTo-jcv fj.e$iin-a.ij.£vig. Ha dunque la traduzione da esprimere che
il bronzo nella statua era si fattamente conformato , come se partim qui-
dem remissum ad in/lexionem, simulacrum Jlecti, partim vera ad conten-
tionem mutatum, intendere i>ellet.
VI UCOPO MORJELLI. iff
Altro passo tli qucsta Dcscrizione e parimente corrotto, in cui nou e
da leggeisi, come Jiaivuo 1^ starape (pag. 904, lin. i5, edit. Olear. ),
cLKivriros he vtoc 0 &o(pnH'0<^ 5 i^o^ev av aoi Kivmeog jxerexeiy » itnmotumque
pulchruni ilium motus panicipem credercs esse ; lua bensi , come ha il
Mauoscritto con chiaia eraendazione , a.y.hy\TO(; 11 wv iiToq 0 iprifioq, f^o^gv
av aoi ■/.ivnaeuig fj-STSxi^tv, iminob'dis autem cum ephebus hie sic, motus partis
cip^m crederes esse. A ragione I'lleyne scriveva; In t/rog 0 su^r)iJ.og vide-
tur latere ulcus ( pag. 216).
Medea secondo Callistrato nella statua vedevasi mossa a furore , ma
lion lasciava ella poi di apparire anclie dolente per I'uccisione dei figli.
Cio nelle usate starape con piii false iezioni , qua e la sparse , in tale
guisa si legge ( pag. goS , Un, 26 , ed. Olear. ) : TaCra /xev r» cccfLarcq^
7x Tra&r) h eiKuv ip.i]j.e7To- koci hv ihTv rhv Xi&ov ore jj.h (pfpscrav rh &v}j.cv
iv ojxiJixaiVf ore ^s aKu6(>wnov opitxrxv , Kctt iJ.a.'k
avTiKfug tS Texvn<^cifjJvit rhv op/v.^v tK rn-; "Eiv^inila ^(>ccjj.a,ronouccg TrKmKVToq
rm iMiy-nffiv Jiui jSaXeuerxi , mvcLvxaivSax y.a.\ avvesiv BK(p(>ovx , y.xi elg Qvjjiov
a.yf3tuiv£i TO v&og , r»? nenr\ycTci.g ri) (pCaet nfoq rk eyyavoc rnq (piKoyovi'ccg apuq
iK^uWatToc , Kx} TTXi^mm Xoycuv jj^era. rhv avofLcv c^aynv ccTrrerai. Hos sane
in corpore affectus imago expriniebat : et videre erat lapidem partim furo-
rem oculis circumferentein , partim tetricum tuentem , atque eo emoUuum
usque ut anxietatem sentirec ; aperte quodammodo artifice gestus ejus ini-
petum ad imitationem eorum, quae in dramate suo Euripides habet, ejfin-
gente. Deliberat autem ilia, una commovens intelligendi facultatem pertur-
bacam , et mores ad ferociam traducit , fixos a natura terminos caritatis
in proprios foetus excedens , postque impiam ccedeni amatorios sermones
instituit. Per vcrita ii Mauoscritto ad araniendare questo passo da per tutto
Don giova , avendo anch' esso le sue magagne ; nientedimeno pero la
seguente lezionc non poco piii corretta di quella delle starape ci som-
niiaistra : Txvra, jj.\-j tS aup-XTcg rk nMn h eum ijuiJ-eiTO' y.ai hv ileiv Tnv
A/^ov OTS jxh (pspstray rh 6ujj.ov iv oiJ.jj.x:xrj , ore hi (Diu6pcanov opuJaav, KCci
IJ.a.Kct.T7oy.Evriv elg arvyvornra, uiVjrfp avr/jcpff rs rf%vr)iJ.hv, Ik
TTig. Evptmh hf>a/j.aTofToutxg TrKrtaaTirog rnv ]j.ijj.riaiv , iv ri Kai j^sXiveTUi ,
cuvzvxKiviiffa -Axt xivr)aiv £yx;ppaya, y.xi eig ^ufMov ky^mvei to n6of> T»f TTsneiMtag
a8 OSSERVAZIONl FILOLOGICIIE
Trj .] ( jtc ) i'xfixXXatroc , Kxi nxthKwv
xSycov fj.eTcc Triv a,vop.ov ffpayhv UnTeTOii. Sane hos in corpore affectus imago
exprimcbac : ac vidtire crat Medeam marmoream turn furorem in oculis fe-
renteni , turn etiam tctrico vulcu intuentem , et ad moestitiani usque emol-
litam i aperte quodammodo impetu animi ab artifice efficto ad imitationem
eorum quce Euripides in dramate habec ; in quo et consdium agitat , ad sa-
nam quoque mentem sernetipsam commovens , et indolem ad furorem irri-
tat, eos qui natures obtemperaverint ad fines studio loquendi suo constitutos
referens ; ac post iniquam occisionem , ad sermones qui parentes in liberos
deceant , aggreditur.
Oltreche i seiitiuienti dello scrittore nella sua verita e con esatta co-
struzione dettati il solo Manoscritto quasi senipre presenta, e poi anclie
da osservarsi die ove ogiii edizioiie aveva )uaAarro//,ev>]v eig (TTevoTrtTa, e il
Jacobs (pa^. 6 1) malamente credeva doversi leggere £;V creiJ-vornra, I'Heyne
nieglio leggeva sig crrvyvoTr)Tcc , come nel Manoscritto si trova^ e die dalle
parole iv r\ y.aJ ^aXevsrat , ecc. sino alia fine del testo, tutto nel Mano-
scritto si riferisce alia rappresentazione fattane da Euripide, e non ori-
ginalmente alia descrizione che ne fa Callistrato: quindi s' addita Medea,
dopo conimesso I'atroce delitto, occupata in discofsi per senso naturale
convenienti a' genitori intorno ai loro figliuoli , secondo che presso Euri-
pide pure ella comparisce. Non e da lasciaisi di notare die in questo
passo medesirao le parole riuv TTcci^uiv Xoym 'dnTeroLi dall' Oleario tradotte
furono amatorios sermones instituit; e il Jacobs sospetta dovervisi leggere
xa/ TKnthyMV xiyccv jj.£tcx. rhv avcjj.xj cpxyh'i arrrsrat , et ad sanam mentem
non prius revertitur , quam post impiam ccedem: ma I'Heyne, cui parve
die ne dall' uno , ne dall' altro quelle parole fossero state ben intese ,
scrisse soltanto su questo punto : Prcestat saltern esse naihy.iig Xoyag pro
Xoytajivg ex affeclu in liberos : nunc , post perpetratum facinus , animus
ejus afficitur sensibus quos in liberos , elg naAla-g , habent parentes. Nacque
il disparere perche il testo di Callistrato, siccom' era malconcio, non la-
sciava conoscere qualmente 1' allusione alia tragedia d' Euripide era fatta.
Sulla fine di questo passo medesinio, e segnataniente ove nell'edizione
deir Oleario si legge rsf nennyoroig rri cpCaei ir^lg tx lyyava. T'ng (piXoyov'iccg
DI JACOPO MORELLI. 2^
op»f £X,j3aAX«ffa J e nel Manoscritto rsf TrsTreiKorag rrj ipuTet nplg to. hyova
Trig (piKoKoyixg o^y\ sk^xXKhsx , troppo piii grave guastameuto si scorge di
quel die sembri poterlosi togliere coll' ingegno soltanto : percio frattaiito
che un qualche altro testo a penna ne mostri la vera lezione , toriia
bene die si vegga come il codice Veneziano ivi abbia , e qiial senso
nella traduzione potrebbe esser espresso , se per avventura 1' autore
avesse iiiieso di sigiiificare che Medea nella tragedia d'Euripide talvolta
fa comparsa di madre, che con istrano ed esagerato dire voglia giusti-
ficare in alcun caso 1' uccisione de' proprj figliuoli. Non si creda pero
che, se il codice Veneziano a ristabilire la sincerita di questo intero
passo non basta , cio provenga da difetto suo particolare; avvegnache
due altri codici della Biblioteca Imperiale di Parigi , e due pariniente
della Laurenziaua di Fiorenza, a mia inchiesta esaminati dai chiarissimi
Carlo Benedetto Hase , custode dei codici manoscritti della Parigina , e
Francesco del Furia , Piefetto della Biblioteca Fiorentina , siano stati
trovati al Veneziano affatto conformi.
Nessuna pero delle eraendazioni qui addotte, a mio parere, da se stessa
tanto si la scorgere come vera , quanto una che il priiicipio del Bacco
di Prassitele risguarda. Nella prima edizione Aldo produsse il testo cosi :
Aa/^aAtti /xev i^rw i^eTv tm rrefi K^vrriv mareveiv &cx.vjj.a,Ta. , '/.ivvixeva. ji/,?)%ava(f
Tx TToirtjJMrcc , y.ai Tr^og av6(3cumvriv cci96r]aiv i>ifiia,t,eTa,t tov ;)(pu ^wTiKcc §t6\ii y.ccTe(TKeCa.Z,ov toc reyyriiJMTa.. Gli editori
susseguenti hanno cangiata qualche parola , ma senso buono e legitrimo
del periodo non s' e potuto mai avere ,• e percio nella traduzione di quel
passo Federigo Morello, seguito da Biagio Vigenere nella versione Fran-
cese , il Grutero presso 1' Oleario , Francesco Giunio nel Catalogo degli
Artefici antichi ( pag. 64 ), Giannandrea Schmidt in una Dissertazione
intorno a Dedalo stampata in Jena nel 1687 {pag. 20 ) , e 1' Oleario
stesso, tutti , quale ad una maniera e quale ad un' altra , andarono errati.
Quest' ultimo tradusse cosl : Dcedali quidcnx Creteiisis videre erat, quce
fidem fere superarenc , machinis quibusdam mobilia opera, utque artis vi
CBS adactum fueric ad sensus humani speciem prcebendam. At PraxUelis
manus spirantia prorsus conficiebant opera.
^O. OSSERVAZIONI FILOLOGICHE
L' inveccUiata e prolbuda piaga qui conobbe il Jacobs, e tento di
sanaria scriveudo: Gravius ulcus esc, cjuani cui Icnis medela adhiberi
ijuecU. Scribenduni suspicor: Axi^xXm jxh i^ijv r)^rj r* Tfp/ lipnrriv 7T\a,(XTSueiv
QaCjj.arx, y./vs/y.fvje fj-ri^avxTg noinfj.ccTX. Jam Dc^dalus ilia Crcteasla artis
mil acuta Jingere valuit , opera machinis quihusdam movenda. Non piacque
la sostituzioue ue meno all'Heyne, ed egli s'e contentato di dire : Pri-
ma capitis verba sunt corrupta , nee sine codice sananda : sententia So-
pfiiscas ceteroquin haud obscura est. Or ecco venire in campo il codice
Veiieziauo a metterci diiianzi agli occhi la vera lezione seguente , la
quale so cli' e comprovata ancora da uno de' nientovati codjci Parigini
e da an altro de' Fiorentini, auiendue conteiuporanei del Veucziano, ma
in questo medesimo luogo non, com' egli e, abbastanza corretti. Le pa-
role die vi si Icggono son queste : Aai^ccXiu jj-sv i^nv , ft' he'i tm na^l Kp>77-j]v
TTtaTiveiv &a.vjj.aTi, Kf/v^eva }j.y\yjua.a(hxi ra. TroiY}iJ.a,TOi, kui nf>oi; a.v6f>Mmvr}V
aiaiinctv iy,jiia,^sij6ai tov p^pciffOK" al ^a hh Yl^a^iTeXeiot x^'p^s ^cotua hoKn
•enire confessus.
Servi di documento I'opera del Petrarca a Lino Colucio Salutato per
farsi buon critico , quale nelle sue Lettere stampate e in altre presso me
inedite egli si diede a conosceie. Ma piix ella giovo col muovere effica-
cemente all" impresa di recai'e Livio alia buona lezione altri eruditi
uomini del secolo che venne dietro , cioe Lionardo Bruni , Carlo Mar-
suppini , Ceacio de' Rustici , Biondo Flavio e Poggio Bracciolini ; li quali
Dl JACOl'O MORELLI. 33
si sa die, ad inchiesta del Cardinale Prospero Colonna, uuitamente atte-
sero al grande lavoro : e di Poggio cuusta che apertaniente diceva aver
egli pel coiso di quaraiu' anni tenuto dietro a fare correzioni Liviane;
quando pero il codice che aveva Y enieiidazioni di qnegl' iiitendeiiti era
passato al Re Alfonso di Napoli per dono fattogliene da Cosimo de' Me-
dici, il Facio , il Palermitano e Jacopo Curio iiuova rivista vi facevano,
seinpre restaiidoue il Valla mal soddisfatto ( Valla, Oper.,pag. 602, 606).
Di Vittoriiio da Feltre ancora e noto die a mostrare i sensi di Livio e
a correggere la Storia naturale di Plinio cou bel vaiitaggio dell' uno e
dell'altro scriltore s'e applicato ( Jo. Andrea Episc. Aleriensis Epist. Dedic.
T. Li\>u ad Paul. II.Angel. Dccernhruis Poluiae Litter., p. XII. f., cd.Aug. i54c).
Ma quanto a Plinio opera segnalata fece Guarino Veronese , e alquanto
giovato da Vittorino, da Giovanni Aurispa e da Guglielino Cappello a
svellere in quel vastissimo canipo molto loglio che il frumento infestava,
con laude tale riusci , die dopo ancora la morte sua il codice da hii
emendato era famoso, e consuhar si soleva: ne di ci6 ci lascia dubitare
Pandolfo Collenuccio, il quale nelle dispute con Niccolo Leoiiiceno avute
suUa fine del secolo quindicesimo appello all' autoriia di esso , allor in
Ferrara presso i Donienicani serbato, per sostenere in un certo passo la
lezione medesiuia, che poscia gli editori piii giudiziosi hanno anch" essi
come vera adottata ( Collcnucius in Defens. Plin, adv. Leonicen. de Cistho ).
Ad altri autori ancora tocco la buona Ventura di essere da Guarino emen-
dati,e in particolare a Cicerone ;di cui le Orazioni in uiVedizioue ra-
lissiina diconsi sumplce de exemplari vetustissinio diligentissirneque iani
emendates ac correctce per Cuarinum Veronenseni ( Maffei , Verona ill. ,
part. If, pag. 80; Laire, Index libror. Card. Brienne , torn. /, pag. 37).
Quando poi coll' introduzione della stampa e la diffusione di essa per
ogni dove, insieme con la facilita di avere i libri, di giorno in giorno
crebbe ancora il bisogno di toglierne gli errori che nioltiplicavansi enor-
memente, e di additare le sane lezioni , vie piii ferventi divennero le
cure degl' Italiani : e quindi sorsero Giannandrea Bussi Vescovo d'Aleria,
Giannantonio Campano, Doinizio Calderino, Niccolo Perotti, Marcantonio
Sabellico, Ermolao Barbaro , Gioviano Pontano,i due Beroaldi, Angelo
Vol. iJ. r. n 5
34 OSSERVAZIONI FILOLOCICIIE
Poliziaiio per var^o e profondo sapere e per sagacita ed eleganza d' in-
gegno sopra questi tutti euiinente, e Aldo Manuzio il vecchio colla sua
Accadeinia , che avea per mira principale di pubblicare opere inedite
d' autori classici , e di spurgare e ripulire quelle die andavano attorno
alcerate e guaste. Da ri)j.£vog , eTotiJ.og vv
he7^a,t Ki'vrictv
» 894 » 18 ifjLoi 8h
» — » 20 Kcct %poa
» — » 21 ons
» » 22 £j>Q)TOg
eODEX MS.
Desunt.
TO. re'xv*)? y£vvviJ!.XToe,
offog
Twv he Kmiyecoq l^ym iiTTepr)}j.£vog y
£Toijj.oQ hv hT^ai Ktviceuv (/ pro
xat eparog
INDUS.
» 895 » 8 -xocTrryopsi r« na,6yg
» — » 14 J*^' ex«ffrr]V Karoc. %po«y
KaTYiyopei to Tttx^og, quod legendum
Boissonadius putabat in Annota-
tionibus ad Heroica Philostrati
ed. Paris. 1806. p. 487.
v^ etg rhv K»roi, xpoav i'^ricKrjTo %a.pi-)
NARCISSUS.
EDITtO,
CODEX MS.
'ag. 895. liu
.21 hxuySc
» — »
22 KeuKv
» — »
24 i^ olutS tS caiJ.a.Toq
k7ToKa.iJ.7rm KOcWyg
» — »
32 U
» — »
36 7r£povihg,l7rs^ yovv kx-
Ta^a.ivi>ffoci , inoivovTo
» 896 » 10 £V affCCfJLUTM (Tx/tixaTi
» — » 16 5Tapa vuiJ.:p*]
w — » 23 r^y Tf>ix<>g
» — » 24 tiha
» — » 28 hx^soiMevog
» — » 33 vnoTvnjy etf
TM aypw ev6a hcTKeTro
deest
a?r aurs ra mjj.a,Tog (t,noKa,jj.7tm
KccKKog
deest
iTTOLueTo, quemadmoduin versio
' latina fert.
iv oi.aMjxa.TM noi^a.lkiyjJ.C(,Ti
TTapa vCp.pa.ig
rhv abest.
a
^la.'^eyojj.svog -y
ccvoTVTTuiaccjxevog ex^i
O C C A S I O.
» — » ult. TTaTg Se
» 897 » 18 iipt^TtHCX
» — » 24 ix.fixtvovTa, ra^ewg
» - — » 26 ]j.a.K6a,Kwg
» — » 3o >tai' aoi
» 898 » 1 ?^oyiij3a,i'vovTa
IJ.aka.Kiog
KXt TOl
Koyiajj-h inriye ri rexv^jJ-XTi , uti
Jacobsio placebat.
« TOV TtoKvv aveXtTTdv aywvx
38
ORPHEUS.
EDITIO.
CODEX MS.
Pag. 8981111.24 Kara ruJv ffrefvcov
» — •» 28 ETrxuxsviog kxtx vara
y^e&eiaa,, h ^£ o(pf>v
»
899 »
— »
KXTCC dTSfVOV
vnccuxsviog kcctx voot8 xu6e7(TCi , h he
Txig ovaiv avw^gy $i
» 20 Aa/^aA.» ju.ev e^nv (SeiV,
r» iTfpJ Kp>7r;)v, mar-
tveiv dccvjiocTo. xivyfievcc
jxrix'^youg Tct noinj^oiTOi ,
KOii TTfiog av6ptt)7r/v7)v aia-
6nk he uvtIv ecKenev
Aaz^aAw jxev i^nv , ft he7 rw nsfti
K(>riTnv mffTevetv 6a,v}j.xTi , >t/va-
JJ.SVX fxriXxvoccAxt to, jrotrtfj^oiTU, xat
npog ocv^fxomvr))! aia^aiv £x.j3ia^£-
(3&i«.i.TQv x^uaov. Locum in editione
Olearii corruptissimum ex edi-
tionibus Aldinis et Veneta an.
1 535. Jacobsius et Heynius ali-
cubi emendarunt; at, nisi co-
dicis script! ope , quara Venetus
equidena praebet, iion posse ad
veram lectionem restitui affir-
mabant.
TExyhiJ-oiTa.
cc7ra,\og , uti Morello doctlsque aliis
cxiticis ex coniectura placebat.
vefipig Se ocvtov isKSTtero
EDITIO.
^
CODEX MS.
Pag. Qoolin. 23 sk x"^^^^
» — » 29 y.ocl TO Bxy-xeiov
KOA Tov BciKxetov oiffrpov , quod le-
genduDi esse ex editionibus pri-
scis et codice Parisiensi Bois-
sonadius vidit in Adiiotationibus
ad Heroica Philostrati p. 471.
M E M N O N.
» » 3 1 EfliXo) Ik COl KOLt TO
M.ej/.vovo^
» — » ult. iveix^TO
» 901 » 9 Kal hv Meixvovog h eum
IXOVU) Toil 0(.vdp(u7r€t<0 laXr
XoiTTEiv IJ.01 Soy.Qcrcc c(c~
liari , v.TO ^e TUNIS'
Tivog Ofi.oiccg H.a/ n^oa,i-
pifffwf ayoixsvY) xarrju-
6vv£To' EiX^s av
» — » 1 5 TYiv Xi6ci)v yiveaiv a,p6oy-
yov nxprjyjcys
» . — » 20 )iot.l irerpav av£jj.i^ev aK-
yfiVM
» — » 22 ki6v)
» — » 27 i^iffrxvoci
» — » 29 ipiavixv i^evMrisuv r^
» » 32 OLVTOCTTO^t^OVUl
» — » 33 Twy AiQioniov
'ESsAw cot Kui tI TV Me/Avavcf
ivst'xsTO, cum Jacobsio.
Kui hv Mep-voveiog fjkwv jxavu /uy
tZ av^^xoTTivw 8iocK\a,TT£tv i^oi
hoxQffx OiOiJ.cx.Tt , hno ae ^vxj^q
( cum Jacobsio) Tivoq xa) ojj.ctotg
Trpoxipeffsug ayojj.iyr) KaTriu6vv£T3.
eixe ySv
riiuv Ki&uv yaectv a(p6oyyoy n^ohyotye
kolI TtET^ag kviiJ.i^ev oiKyeTv
e^iWacBxt
a(p6cyy{xv i^eviyi^cxv tS a/(9«
QLTiohhovxi
Trii A.i6to7rav
40
AESCULAPIUS.
EDITIO.
CODEX MS.
Paj
;.90i
lin
ult.
rulv 'A6?)v«f
»
902
))
I
fJtXMps'xiiffe
»
—
»
2
» Triarevoixsv
»
,
»
4
8
ei yiM eyyovov KccKiag na.-
«
»
i5
18
aXKcc natccv aal lAecv
avacxtvSv oi^jxa.
. »
—
»
19
oc^(>a,crov
»
—
>3
22
eaiiihovTEc
» — » 23 aiov l\ in, rng "C^mnmi;
cciTiag
y> 908 » iayr*}
» — » 7 7rf>odujxog Se ffu
» — » 8 £j vajj-oig vysiocv
Titulus manii eadem textiis totiiis
impositus est Ei'f ro (icya.\jx,a. tS
Uocviy £)i(p^og TO svvTovov iJ.e&ia-
Ta,jj.svog
» — » II i/XfpuJ^fs"
» — » 14 )ia( icrnHSffaf i^ixovn
tZ ei^iJoXu) yaupwdcci
» — » 1 5 a.7n'vriTog ^e iirog 0 ev-
^njJ-og
MED
» 905 » 1 5 7raf>uyf>a!pojj.svsg
» — » 3o elg (TTSvirriTX
» — » 3 1 £ig TVg EvfiTTiSy Spcc-
jj^xTOTTOuocg TiXrt'^a.VTog
rhv iJ.ijj.y)civ. Kccl jBaXeC-
£TUt , ffVVXVXHlvSiJX KOci
cvveciv iap^Gva.'
» — » 34 T^g 7tE7rr\yoTa.g rrj (pvsei
Tpog TO. eyyovx rrjg (piXo-
'yo-nag opag iy.^iXKvca.
» 906 » 3 Ka.1
CODEX MS.
jj.E%xvca) vTthy^asS'i iOiXovTi tZ fi'^coAw yxv-
pSc6xi
a.yJvr)Tig ^e iv bTog 0 spriBog
E A.
7r£pty(>x(po]j.£Vog
£ig ffTvyvoTTiTx, cum Heyne.
EK Trig Eupi/Ti'Ss l^xjj.(x.Tononxg nKri-
cxvTog Tm jj.ijj.riciv , ev ri kxi fia-
XeCsTxi , (jvJxya.xiiSax xaJ x/'yr)«y
rsf TTEnerAoTxg Trj (pCdlraUo.
T,
ROVANSI neir antica serie degli Atti dell' Istituto Nazioiiale Ita-
liano diverse dissertazioiii del signor abate Veniiii;, le quali compon-
gono un compiuto trattato della niisura delle altezze per mezzo del
baroinetro. Per nulla omiuettere di cio clie potesse aver relazione col
suo soggetto r aiitore nelT ultima delle citate dissertazioni prese a
trattare della misura geometrica delle altezze , ed esposti i mctodi di
calcolo ad essa relativi , ne fece 1' applicazione a diverse operazioui
trigoiiometriche eseguite dal Cassini , dal De Luc e da altri.
Veiieiido in fine all' esarae delle misure prese nei contorni di Gi-
nevra dal Cav. Shuckburg , egli trovo con sua grande sorpresa di non
essere d' accordo nelle sue detenninazioni con questo celebre osserva-
tore. Solo dopo terminata la stampa del volume venne egli ad accor-
gersi della vera causa d' un tale divario , la quale consisteva nelF avere
scarabiati gli angoli raisurati dal Shuckburg per mezzo d' un istromento
azzimuttale con quelli ch' egli avrebbe ottenuti se avesse fatto uso di
un quadrantc o d' un circolo posto nel piano dcgli oggetti osservati.
Appeiia conosciuto il suo errore, di nulla fu piii soUecito il sig. ah Venini
die di failo uoto al pubblico , al quale effeito iece stampare un Ibglietto
Yq\. 11. P. II. 7
5o SULLE UVELLAZrONI BAROMETRTCHE
che venue inscrito nella raaggior parte degli eseraplari dell' ultimo
volume dogli Atti suddctti ; e poscia collo scritto , del cjuiile qui dianio
un couipeudio, si acciuse a ritessere i piiiiii suoi calculi, il che gli
diede occasioiie di maggiormente estendere le sue I'icerche , conside-
rando specialmeute il caso in cui si tratta di determinare I'altezza
verticale d' un oggetto rimoto , dati I' angolo d'elevazione e la sua
distanza niisurnta sopra la linea orizzontale.
§ I-
Calcolo delle osservazioni del Cav. Shuckburg.
Sia C il centre della terra ( Tav. U , fig. I), A A luogo dell' osser-
vatore , B I'oggetto di cui si cerca I'elevazione, Ad la tangente dell' ar-
co AD nel punto ^, BAd I'angolo d'elevazione osservato, 5Fla per-
pendicolare abbassata da B sul prolungamento di Ad ; se 1' arco AD
non e inolto considerabile , si avra con sufficiente approssimazione
AF
tanC = -Tj;- Trovato cosi il valore dell' angolo C, si otterra facilmente
„ , BF AF- tan FAB . . , „ , „
Bd — — ;:; = 7^ i a cui afrsiunffendo 1 eccesso ^^ '-'
sarebbero in difetto.
Le altezze del Saleve e del Mole riferite all' estremita inferiore della
base , e paragonate coi dati del baroraetro , presentano aiich' esse un
errore in difetto , ed assai piii considerabile , poiclie si trova
Luogo
di
stazione.
Elevaz. suU' es
della
dalle osservaz.
trigoaometriche
tremita infer,
base
dalle osscrvaz.
barometriche.
Errore
di'lla rogola
del
De Lac.
Errore
in parti
della
quant, totale.
Monte Saleve. .
Monte Mole . .
tcvc
433,28
658,8?
loe
443,06
646,30
— 12,57
— 0,C22
— 0,019
DI FRANCESCO VENINI. 5S
Regola Di.L Ceneual Rov.
II General Roy fece a Londra e ne' suoi contorni , a Taibriclge ,
presso Laraark, Eclimbiirp;o, Linhouse e Carnarven settaiitadue osser-
vazioiii barometiiche, nolle cjuali la minima distanza Tcrticale de' ba-
rometri f'u di piedi inglesi I 1 6,5 , c la massima 3555. Di queste al-
tezze alcune poche furono determinate colla livcllazione , e tutte le
altre niisnrate trigonometricamente con un quadrante di Sisson d' un
piede di raggio , per mezzo del quale il General Roy assicura esser
gli angoli deterniinati colla sola incertezza di lo sccondi. In fine della
sua Memoria ogli ha posta la carta topografica di Carnarven , in cui
si vedon alcuni esempi de' suoi calcoli. Alia pag. 725 del volume 67."
delle Transazioni filosofiche egli dice , che paragonando fra loro le
osservazioni fatte dal Dottor Lind , assistito dal signor Hoy e dal
Capitano Calderwood, si rileva che quando la tcmperatura e prossiraa
alia congelazione , o sia ai 82 gradi del terraometro di Fahr., le dif-
ferenze logaritmiche danno le altezze' in /a^omi. Ritenendo poi la dila-
tazione dell' aria per ogni grado del suddetto terraometro , quale gli
e risultata dalle sue osservazioni manometriche , = 0,00245 , egli sta-
bilisce la forraola
X = 10000 I I-k/-^J^^ 82)0,00245 I /Og'—r
nella quale x e la diffcrenza di livello cercata, T' e t le temperature
dell'aria alle due stazioni, A ed d le altezze del barometro corrette
dalla dilatazione del mercurio.
II General Roy avendo riflettuto che quando amendue i barometri
souo molto superiori al livello del mare , 1' aria della colonna aerea
da misurarsi dev' essere molto piu asciutta , e per conseguenza meno
espansibile , ha posto in fine della sua Memoria una tavola, in cui da
il valore dell' espansione , da lui norainato equazion del calore , dal
grado 12 al 92, e va fino all' altezza in cui 1' elevazion media dei
barometri nou passa 19 poliici inglesi. Convien pero conicssare che
$4 SULLE LIVEIXAZIONI BAROMF.TRICIIE
le osservazioni da lui istituite soiio tiUte fottc ad altezze troppo pic-
cole per roadorc manifesta la necessita della snddetta correzioae. Pare
adiiiiqiie clie in tutti i casi ne" cjiiali la seinisomina delle altezze dei
due barometri iioii e niinore di pollici iiiglesi 27,5 si possa far iiso
deir espansioiie costaiite 0,00245 seuza ricorrere alia correzione pro-
posta dal sigiior Roy. Ma giu non pu6 dirsi lo stesso allorche amen-
due le stazioni son di molto supcriori al liveilo del mare, e per con-
scgueiite assai piccola V altezza media dei baromotri ; poiche allora
anche 1' espansion dell' aria e sensibilraente minore della media uiii-
forme dedotta dalle osservazioni britanniche. Per mettcr la cosa in
cliiaro potra scrvire un' osservazione baroraetrica fatta nell' altissiraa
valle di Quito, nella quale Taltezza media de' barometri fu di pollici
francesi i8,58,cioe di pollici inglesi j 9,802. In quell' occasione dice
il signor Bouguer die le altezze de' barometri ( non purgati d' aria )
furono a Carabourou di liuee 284,75 , ed a Pitchincha di 191^ nia egli
non dice nulla della temperatura dell' aria e del mercurio al tempo
deir osservazione. Ad una tale incertezza si pu6 supplire colle seguenti
considerazioni. Alia pag. 200 del volume 24.° del Journal des Mines
il signor ITumbold in una sua Memoria sulle rifVazioni astronomiche
nella zona torrida attribuisce a Quito la temperatura di 1 5 gradi cen-
tenarj , equivalenti a 13 di Reaumur. Giusta il medesimo autore la
diminuzion del calore e d' un grado R. per tese 128. Nella tavola di
Condamiue Quito e superiore a Carabourou di 286 tese ; onde segue
esser la temperatura di Carabourou superiore di due gradi a quella
di Quito. La temperatura di Carabourou si puo dunque supporre di
1 4 gradi anche uel tempo dell' osservazione ; poiche nella valle di
Quito piccolissime sono le variazioni della temperatura. La supposi-
zione, a dir vero , non e esattissima , ma e indispensabile. Bouguer
nelle Memorie dell' Accademia delle Scienze di Parigi per I'anno 1744
afferma clie a Pitchincha il termometro vario spesso in un giorno di
17 gradi, mentre che a Quito ed al mare le variazioni sono sempre
assai piccole. In tanta incertezza o convien dunque astenersi da ogni
calcolo , o supporre a Pitchincha la temperatura corrispondcnte alia
diminuzion del calorico per la sua altezza sopra Carabourou. Qucsta
m I'RANCESCO VENINI. 55
altezza per le misure trigouomctriche e di 1208 tese , oiide la tempe-
ratura a Caraboiirou deve superar quella di Pitchiiiclia di gradi 9,82 ,
cosicche quest' uliinia sara di 4,18.
Per calcolar 1' ahbassaineiito prodotto nel mercuric del barometro
dair iinperfezioii del v6to nella parte superiore suppongasi che sia
nella ragion in versa degli spazj superiori al mercurio, ue' quali I'aria
e riiichiusa,e clic la luughezza totale de' tubi sopra it principio deila
scala sia di pollici 3i. Nella zona torrida 1' altezza media del barometro
al livello del mare e, secondo il signer Humbold, di liiiee 387,8;
Bouguer dice nel volume poc' anzi citato alia pag. 268 , che il mer-
curio stava in riva al mare a poll. 28, lin. i. Qui pero pare ch'egli
parli non dell' altezza media del barometro al livello del mare , ma di
quella ch' egli vi osservo prima di partirne per Quito ; in fatti il si-
gner Condamine alia pag. 1 1 1 del suo Giornale del viaggio all' equa-
tore dice espressamente che per le speiienze da lui fatte in comune
col signor Bouguer a Portobello, a Panama, a M arta , a Guayaquil , e
per quelle ch' egli avea fatte in particolare al Callao ed a Rayta , se
V altezza media non giunge a 2v pollici, la differenza c piccolissinia. Con-
chiudiam dunque che , dove nel barometro di Humbold ben purgato
d' aria 1' altezza media al livello del mare e di linee 387,8, in quello
di Bouguer non purgato fu soltanto di 336. L'abbassamento prodotto
dair aria chiusa in uiio spazio di 36 linee , che tale si suppone la
porziune del tubo superiore ai 28 pollici , fu dunque di linee 1,8.
L' altezza osservata a Carabourou fu di linee 264,75,16 quali sot-
tratte da 872, lasciano la lunghezza dello spazio superiore al mercu-
rio di linee 117,25, e 1' abbassaraento corrispondente del barometro
. = 0,553 linee. Si trovera con un simile raziocinio che 1' abbassa-
mento del barometro prodotto dall'aria rinchiusavi fu di -^— -r = 0,358.
Le due altezze corrette da questa sorgente d' errore saranno adunque
A = 255, 3o8 , ed a = 191,358.
Resta ora a farsi la correzione proveniente dalla dilatazion del mer-
curio, per la quale la formola gencrale e — = — 1 — (7" — t j^ ji
e nel presente caso abbiamo E' = 0,000282.
56 SULLE LIVELLAZIONI BAROMETRICHE
Siipposta la temperatura del raercurio ugnale a quella dell' aria,
sarii T — i = 9,82 , e sostituiti iiella forniola questi valori , trovasi
A= 264,722, e per conseguenza log — = 0,1242197.
Si calcoli ora il valor di E, espaiisione dell' aria fra Carabourou e Pit-
iH-(— 82 j/rl/0^-1
ritenendo che la distanza £) e di tese 1208 o di fatoiui 1287,427,
= 54,275 Fahr. , e che il coerhciente 1 00000 di Roy e /qui state
trasmutato in 10002 per ridurlo dalla latitiidine geografica 5i° 3o' alia
latitudine 0° 5', si trovera facilmente E — ' = 0,001 6368. Nella
tavola del Roy per 1' altezza media de' barometri di 20 poUici, equi-
valenti alia media di Carabourou e Pitchinclia , e per la temperatura
media di 64 T espansioiie per ogni grado e == 0,0015876, il qual
nuaiero s'accorda bastantemeiite colla precedcnte determinazione, seb-
beiie sia cssa appoggiata in parte a dati ipotetici , quali sono le cor-
rezioni fatte alle altezze de' barometri non purgati d'aria , e le altezze
medie cosi de' termometri come de' barometri al livello del mare nella
zona torrida , sostituite alle altezze attuali che non furono osservate.
La determinazione esatta del valor dell' espansione nei diversi strati
deir atmosfera dovrebbe eseguirsi con osservazioni contemporanee fatte
a stazioni raolto elevate , con buoni barometri e con tutte le precau-
zioni ; 1' esperimento potrebbe istituirsi anche ne" monti d' Europa ,
sebbene ad altezze non tanto grandi , a Barege per esempio ed al
Pic du Midi , stazioni delle quali si e gia livellata la distanza verti-
cale. Cio potrebbe farsi eziandio nel nostro monte Legnone situate
air estremita setteutrionale del lago di Como nelle due stazioni di
Vicina e del vertice del monte con un' altezza media de' barometri
di circa 22 pollici francesi o 28 ^ inglesi.
DI FRANCESCO VENINI. ^ S7
S III.
CALCOLO DELLE ALTEZZE BAROMETRICnE
TENENDO CONTO DELLA GRAVITA' DECRESCENTE.
Pel caso in cui nel calcolo delle altczze col mezzo del barometro
si vuole tener conto ■
^ = ^{'^t){' ■*■ ^'^02845 cos 2X^(1-'-^ E)logj ^ ^-(25 - ^)
ove restano a determinarsi i valori piii prossimi al vero di C e di E.
II signor Venini avendo calcolato e discusso un certo numero di
osservazioni fatte nelle circostanze piu favorevoli dai valcnti osservatori
Shuckbiu'g, Roy, Ramond e d'Aubuisson, ba trovato i seguenti valori di C:
Shuckburg = 9882,7 tese
Roy ... . 9389,8
Ramond . . 9406,7
d'Aubuisson 9869,2
II medio di tutte h C= 9387,1, ch'egU ritiene come assai prossimo al vero.
Vol. 11. P. II. 8
58 SULLE LIVELLAZIONI BAROMETRICIIE
Qiianto air espansione dell' aria , per ogni grado del termometro di
Reaumur si ha secondo i medesimi autori
Sliuckburg . . E — 0,00647
Roy 0,00541
Ramond. . . . o,oo5oo
d'Aubuissoii. . c,oo5oo
ed il medio delle quattro E = o,oo522 , al quale pure si arresta al-
lueno per le altezze non molto considerabili , e nelle quali si puo
trascurare la correzione provenieiite dalla maggiore siccita dell' aria ,
di cui si e parlato al § II.
S IV.
Applicazione della formola ad alcune osservazioni
FATTE IN LoMBARDIA.
In un' osservazione fatta dal signor abate Oriani sulla cima del monte
di S. Salvadore presso Lugano , ed al piano della chiesa mentre 1' au-
tore osservava a Lugano in un luogo superiore al lago di piedi 33,
si ebbero i dati seguenti : A = 326,62 lin., a = 302,9 3 lin., T= i8,5,
T' = 17,25, «= 18,75, t = 17,5 e = 18,125. Per la stazione
di Lugano fu d — iSo tese , X = 46°; e con questi dati si trova il
prirao termine della formola = 333,2 1 tese , il secondo = 0,88, e la
somma = 334,09. A questa debbon aggiungersi tese 5,5 per aver
r altezza sopra il lago, la quale vien ad essere di tese 339,59. La
media di tre misure trigonometriche del signor Oriaui e di 342,44,
ed in questo caso il risultato trigonometrico supera quel della formola
di 2,85 su 339,69, o sia di 8^ per mille. Questo fa credere clie le
misure trigonometriche abbian peccato alcun poco in eccesso.
DI FRAXCESCO VEMNI. 69
Altezza del Vwello medio del Lario sopra V orto hotanico
di Brera in Milano.
Dal signer Oriani in una stazione superiore all' orto di piedi 33 |,
e dair autore in Como a piedi 22 1 sopra il livello medio del lago
furon fatte quarantasei osservazioni contemporanee , per le quali si
ebbero le seguenti alcezze raedie : A = 332,69; a = 329,36; T = 4,4;
«fi^' = 4,8; «= 1,4; t = 3,9. Questo valor di t dipende dalle circo-
stanze locali di Conio e del suo lago , dove il freddo in inverno suol
essere alquanto minore the a Milano. Ma ad un punto posto verticalinente
sopra la stazion di Milano all' altezza corrispondente a quella della sta-
zion di Como debbe anzi esser presso a poco t = t — 0,4 = i; e questa
diminuzione rende — — = 1,2. Nel caso presente e cZ = 72 tese,
e A ^ 45° 27' 59". Fatto il calcolo con questi dati, si trova il primo
termine = 41,675, il secondo = 0,104, e la somma = 41,779, di-
stanza verticale delle due stazioni. Si sottraggan piedi 23,5 , altezza
della stazion di Como sopra il lago, e se n' aggiungan 33,5, altezza
della stazion di Milano sopra I' orto botanico , e troverassi il lago su-
periore air orto di tese 43,466.
Altre sessantadue osservazioni si fecero alia medesima stazione di
Milano ed a Domaso presso I'estreraita boreale del Lario in una sta-
zione superiore al livello medio di piedi 36^5. Or queste osservazioni
diedero ^=332,I2; a = 328,5 ; r=9,47; 7" = 6,6 ; £=5,47, e
t = 754^- Anche qui il valore di t e troppo grande per la ragione
qui sopra esposta ; e pub ridursi a 5,o5 : onde risulta = 5,26,
Per queste osservazioni i valori di d e di A furono i medesimi die
per qitelle di Milano e di Como. Fatto il solito calcolo , si trova il
primo termine = 42,955 , il secondo = 0,107 , ^ '^ somma = 43,062.
A questa distanza verticale de' barometri devon aggiugnersi piedi 33,5,
e sottrarsene 36,5 per aver l' altezza del lago sopra F orto ; il che la
riduce a 43,062 — o,5 = 42,562.
Le osservazioni di Como dovrebbero esser preferite attesa la minor
distauza orizzoatale delle stazioni a quelle di Domaso , pcrclie furon
Co St'LLE LIVELLAZIONI BAROMETHICHE
piu iuimerose. Cio posto, si poti'a preiider il medio dci due I'lsultati,
pel quale il livello medio del lago vieue ad essere supcriore all' orto
botanico di tese 48,004.
11 signor Oiiaiii dal piede della torre del castel Baradello presso
Coino mism-6 con uu circolo ripetitore di Le Noir Ic altezze dolla
cima della tone sopi-a il livello medio del lago e sopra 1' ultimo
behedtre del duomo di Milano. La prima fu di tese 181,78, e la se-
conda di 126,565. L'orto botanico e inferiore al belvedere di 47,465^
e per conseguente 1' altezza della sommita della torre sopra 1' orto e
di 174.03. Duncjue il livello medio del Lario e superiore all' orto bo-
tanico di tese 42,25. II risultato della formola supera duncjue quello
della misura geonictrica di \ di tesa , eccesso certaraente non grande,
il quale puo nascere o iiv tutto o in gran parte dalle supposizioni
alquanto arbitrarie ed inccrte intorno alle distanze verticali delle sta-
zioui di Como e di Doraaso dal livello medio del lagio.
"o^
Altezza del lago di Lugano sopra quel di Como.
Per determinar quest' altezza il signor abate Oriani fece le sue os-
servazioni a Menaggio in una stazione superiore di cinque piedi al
lago di Como , ed il signor abate Venini a Porlezza alia superficie
del lago di Lugano. I dati dell' osservazione replicata per tre volte ,
per prenderne i medj , furono A= 880,598 -, a= 827,891; T= 18;
T' = 1 7,6 1 ; c = 1 8 ; c' = I 7,5 ; c? = 1 09 tese , e X = 46 tese. Fatto
con qnesti dati il solito calcolo , ne risulta il primo termine di tese
35,976, il secondo di 0,0899, ^ ^^ somma di 36,o66, vertical di-
stanza de' barometri. Aggiunti cinque piedi , de' quali il barometro di
Menaggio fu superiore al lago , 1' altezza del lago di Lugano sopra
quel di Como e di tese 86,899.
DI FRANCESCO VENINI. 6 1
S V.
DeLLE LIVELLAZIONI CHE POSSONO FARSI
CON UN SOL BAROMETRO.
Volendo con un sol barometro mlsurar 1' altezza d' un luogo consi-
derabiliueiite distante da uii altro , bisogna dividerne la distanza in
varie parti rainori. Alle due estremita di ciascuna di queste parti si
avranno cosi due stazioni ; in una delle quali faransi due osservazioni,
una anteriore , ed una posteriore a quella die si fara nell' altra. Se il
niomento deli' osservazione intermedia cadra presso a poco alia meta
del tempo trascorso fra le due altre ( il clie colia differenza di cinque
o sei minuti avverra sempre ) prendendo una media fra le due osser-
vazioni , questa potra cousiderarsi come equitemporanea a quella del-
r altra stazione.
Livellazione dal logo di Como a quel di Lugano.
L' autore dunque per far da se solo la livellazione da Como a Co-
dilago , luogo sitnato sulla riva meridionale del lago di Lugano, ne
divise la distanza in sei parti, e son le seguenti : i.* dalla superficie
del lago di Como al cancello di Roscio suU'antica strada di Chiasso;
2.* dal cancello di Roscio a Chiasso ; 3.^ da Cliiasso a Balerna ;
4." da Balerna a Villa Coldrerio ; S."* da Villa a Mendrisio ; 6.^ da
Mendrisio a Codilago alia superficie del lago. La serie delle osserva-
zioni si vede nella tavola seguente :
6i
SULLE LIVELLVZIONI n\ROMETRICIIE
i-()3 Ccnnnjo.
Stazioni.
Baromctro.
Termoni.
attaccato.
Termom.
libcro.
f 10*" 25
2 1 11 l5
t 12 0
10 10
3 11 5
12 0
f 10 6
8 1 11 5
1 12 5
r 10 0
9 lo 45
1 1 40
r 10 0
10 ID 45
(11 45
10 0
11 11 5
I 12 20
Roscio
Lago
Roscio
Roscio
Cluasso
Roscio
BaU-rna
Chiasso
Balerna
Villa
Balerna
Villa
Villa
Mendrbio ....
Villa
Mrndrisio ....
Lago
Mendrisio ....
\8
0,35
.,.75
4.1
0,0
4.6
4,4
i,i5
3.25
1,20
4,025
4,i5
4,t'*
3,875
7,125
3,525
4,22
4,44
5.33
2,67
3,11
3,56
4
4,3o
5,78
2,44
2,67
3,56
2
2
2,67
1,56
0,67
5,33
3
3,25
4,25
0,5
1,5
3,75
2
3,25
3
0
0,25
2
-1
0
0
0
-0,5
0
Tali essendo le osservazioni , ecco la maniera di calcolarle.
Porzione prima. Lago e Roscio.
AUezza del baroraetro al lago A <= 828,8 linee , 3"= 4,44. Altezza
media del barometro alia doppia stazione di Roscio a = 324,425. Grado
medio del termometro attaccato =4,776; t = 3,25 ; medio di t = 3,625.
Fatta la correzione dell' altezza baroraetrica, trovasi A= 328,827;
A'
e per conseguente log — = o,oo5853i. Nel presente caso abbiamo
d= 108, e \ = 45° 47' 59". Si calcoli con tutti questi dati la for-
mola, e si trovera 1' altezza di Roscio sopra il lago di tese 56,068.
Porzione seconda. Chiasso e Roscio.
A Chiasso .^4= 828,1; 7'=8,ii. Altezza media di a = 325,087.
Grado medio di 7"' = 8,11. Le due temperature de' barometri essendo
DI FRAKCESCO VENlNI. 63
A
uguali , abbiamo log— = 0,0040734. Da questa diflferenza logaritmica
apparisce clie 1' altezza di Roscio sopra Chiasso dev' essere alquanto
minore di 40 tese , e quiiidi che il valore di d , altezza di Chiasso
sopra il mare , non giungera a 1 26 tese. Iii tutti i calcoli delle os-
servazioni fatte fra Como e Codilago la latitudine si puo supporre
uguale. Abbiam finalmente t= i,5, ed il medio di «' = 2,126. II risul-
tato della formola calcolata con questi dati e di tese 88,694 , altezza
del cancello di Roscio sopra la bottega del signor Livio a Chiasso.
Questa e dunque superiore al lago di tese 56,o68 — 38,694 = 17,374.
Aveiido calcolato alio stesso modo le osservazioni delle altre quat-
tro porzioni, si e trovato essere il piano superiore della casa parrocchiale
di Balerna piu alto della bottega del signor Livio a Chiasso di tese
39,901; il pian terreno della casa del signor Livio a Villa superiore
alia stazion di Balerna di 26,402 ; il pian terreno della casa del signor
dottor Biizzi a Mendrisio iiiferiore alia stazion di Villa di 1,74, e la
superficie del lago di Lugano inferiore alia stazion di Mendrisio di
45,1 52. La stazion di Villa e dunque superiore al lago di Lugano di
tese 46,892. Ma essa e superiore al lago di Como di 83,677. Dunque
il lago di Lugano e superiore a quel di Como di tese 36,785. Le osser-
vazioni contemporanee di Menaggio e Porlezza ci han dato 86,899 ,
risultato raaggiore poco piu d'un decimo di tesa o di circa otto poltici.
Ma se in luogo di far la doppia osservazione in una delle stazioni,
se nc fosse fatta una sola , i risultati sarebbero stati ben diversi. Sup-
pongasi che dop§ aver fatta alia superficie del Lario 1' osservazione
delle ore il^, si fosse fatta al cancello di Roscio 1' osservazione sola
delle ore 12 , e che con queste debbasi calcolare I'altezza della stazion
di Roscio sopra il lago; il risultato del calcolo sava di tese 67,665.
Similmente se si fosse fatta a Roscio la sola osservazione delle ore
10, minuti 10, e poi a Chiasso quella delle ore 11, minuti 5, il ri-
sultato sarebbe stato di tese 84,497, altezza della stazion di Roscio
sopra quella di Chiasso. Dunque la stazion di Chiasso sarebbe per
queste osservazioni superiore al lago di tese 57,655 — 84,497 = 23,158,
in luogo di 17,874, risultato dei calcoli fatti colla doppia osservazione
di Roscio.
64 SrLLE LIVELLAZIONI barometriciie
Le osservazioiit beii latte ( quali furon quelle del signor Slnickburg,
Roy, Rainond e d'Aubuisson ) calcolate colla forraola qui usata danno
i risultaii clic nou si scostan dal veio pUi del quattro o cinque per niille.
Si puo dunque spcrarc clie per mezzo d'un gran numero di tali os-
servazioiii fatte e calcolate da persone intelligenti si eseguisca fiiial-
nuMitc il progctto del sigiior De Luc , cioe di aggiuugerc allc latitu-
dini ed alle longiiudiui de' puiiti pinncipali del globo anclie le lore
altezze sopra i! livello del marc. Per render la cosa piii facile ed
accelerare la desiderata esecuzione del progetto i signori di Lindenau .
Biot e d'Aubuisson ban pubblicatc varie tavole,per mezzo delle quali
ancbe coloro clie ignoran il calcolo logaritmico possono con poclie e
facili operazioni aritnietiche calcolare le loro osservazioni. Egli 6 d'uopo
per6 confessai'e die le osservazioni fatte e calcolate da clii ha bisogiio
di qucsto ajuto lasceran senipre qualche ragionevol dubbio sulla loro
esattezza. lo temo, disse gia a questo proposito il signor De Luc, die
non si wnga a rovinare o^nl cosa con osseivazioni mal fatte , al clie si
pu6 aggiungere , e mal calcolate ( vedi il § 1 69 delle Ricerclie sulle
modificazioni dell' atmosfera ). Anche queste determinazioni potrebber
nondimeno adottarsi provvisoriamente , aspettando clie dalle osserva-
zioni e dai calcoli di persone piu iiilelligeiiti ed esperte sieno o cor-
rette o confermate.
i
S VI.
USO CHE PU6 FARSI DELLE LIVELLAZIONI BAROMETKICHE
PER LE DETERMINAZIONI DELLE DISTANZE ORIZZONTALL
Quando sia nota I'altezza vera di un luogo sopra un altro coll' angolo
d'elevazione del piii alto sopra I'inferiore, si potra determinare la di-
stanza orizzontale dei due luoghi nella scguente maniera, la quale e assai
facile quando I'angolo d'elevazione osservato e esente dalla rifrazione.
Sia A ( Tav. H, Jig. / ) il luogo inferiore , B il superiore , e DB 1' al-
tezza di B sopra A. Sia inoltre a la latitudine di ^, r il suo raggio
osculatore, d la distanza verticale di A dal livello del mare, e per
DI FRANCESCO VENINI. 65
conseguente r -*- d — CA. Sia DB, cio6 I'altezza nota di B sopra A = d;
e sara CB = r •*- d -*- cl. Ora si osservi che nel triangolo CAB si ha
CB -.CA = cosEAB -.sinB; e quiudi siiiB = "^ „ — . Detcrminato
* r -*- a -*- (t
con cjuesta forniola 1' aiigolo B, sara nolo aiiclie 1' aiigolo al centro
C = ()o° — (EAB -I- B); e fiiialmentc aiiche la cliiesta distanza AF ^o-
cliissimo diversa dalla taiigeiue Ad = CAtanC; e da cjuesta si dcdurra
AF
andie la liu)— 19,981. Con questi dati il calcolo per 1' accresci-
mcnto e il seguente :
zlogN = 5,1927498
log cost ante = 6,4436974
/og 0,01 998 1 = 8,3006172
logx = 9,9370644; X = 0,865 1.
DI FRANCESCO VENINI. 67
£ clunque CB = S2S id i ^,336 ; e rinnovaudo il calcolo con questo
valore si giugne a log sin B = 9,99990221460, cui corrisponde
B = 88° 47' 2",866 , e C = 6' 37",8oi. Per aver con precisione
il valore di AF alia tangente di 6' 87', si aggiunga la parte propor-
zionale di 0,8, e iroverassi /on-z/F^ 8,7974830 ; ^F= 6278,1, ed
^5=6274,3. II valore assegnato dagli Accademici francesi e 6274,06;
e per conseguente il risukato della regola da un eccesso di | di tesa
su 6274,06 , cioe un poco meno di quattro ccntomillesimi.
Saleve e Mole.
r-*-c7= 8267614; d' = 246,556; EAB=i''%e".
Cio posto, abbiamo log sin B — 9,9998968155; B = 88°'44' 62", 89, e
C= 18' i",i I = 781",! I. Si e detto altrove die, quando si misuro I'altez-
za del Mole sopra il Saleve, fu '- = o,o65ii5 == ■ ^ .. ^ - ^ onde viene
' n 10,357
28 -p= 17,648. Questi valori danno .r = 2,9902, e C;5 = 8267868,5462;
e quindi log sin B — 9,999895916878; B = 88" 44' 44",8375, e
C = i3' 9",6625. Calcolato il valore della tangente colla parte propor-
zionale di g, ne viene log AF = 4,0968142, ed AF = 12497,24, va-
lore perfettamente uguale a quello della misnra trigonometrica.
Mole € Monbianco.
r-*-= 8267861 ; cZ'= 1488,1; EAB = l°lii'.
Da questi dati risnlta log sin B — 9,998985607 ; B= 85° 69' 24",7i3,
e C= 28' 28",287 = i4o8",287. In questo caso fu — = 0,062887 = ■ , ■ ■»
e 28 -/)= 16,971. Da questi valori viene ^ = 9,849; 05=8269858,449;
e quindi Zo^5m5= 9,9989848005; 5= 85°59' i6",oo3, e C= 28 86", 997,
o pill sempliceraente 28' 87". Finalniente con quest' angolo al centre
trovasi logAF= 4,8514128, ed AF = 22460,16 minore della niisura
trigonometrica di 1,65 su 22461,8, cioe di setie centomillesimi.
68 SULLE LIVELLAZIONI B VROMETRICIIE , eCC.
Biiet e Monbianco.
II sio-nor Pictet dalla somruita del Buet misur6 ranjxolo d'elevazione
del Monbianco, e lo trovo = 4° 2i' 3o", essendo il barometro all' al-
tezza di lince 224,26, ed il terniometro a quella di 10 R. Supponen-
do r altezza del Buet sopra il Lemano cjual essa e data dalla niisura
del Cavaliere Shuckbnrg senz' aver riguardo alia rifrazione, si ha
r-»-fZ = 3268491,687. II signer Pictet ha osservato che nella tavola del
fisico inglese sono indicate le distanze orizzontali del Saleve dal Buet
e dal IMonbianco coll'angolo compreso dalle medesime, e ne ha conchiuso
esser la distanza orizzontale del Buet dal Monbianco di tese 10907.
Per calcolare con qucsti dati 1' altezza vera del Monbianco sopra
il Buet suppongasi il valore primitive di — — 0,081181, il quale
per la temperatura di 10 R. riducesi a 0,077208,6 per I'altezza ba-
rometrica 224,25 a o,o5i526. Con tutti qucsti dati trovasi I'altezza
vera del Monbianco sopra il Buet di tese 848 e 28 miliesimi, che si
posson negligentare. II signer Pictet avendo supposta la rifrazione
sensibilmente maggiore, ha trevato un' altezza minore di cinque piedi.
Ora, supponende neta I'altezza vera, ed ignota la distanza orizzon-
tale, abbiamo per determinarla i dati seguenti : EAB come sopra , r -*- d
come sepra ; r -*- d -*- d = 8269889,687, ed — = o,o5i526 = —^ .
Quindi il prime valore di B' e 85° 27' 2",688 ; e per censeguente
C= 11' 27",8i2 = 687",8i2. Dal calcolo per 1' accrescimento risulta
x= 1,784; CB= 8269841,421, ed il secondo valor di 5:^ 85° 27' i",432.
II nuovo valore di C e dunque 11' 28,568; e da questo viene
AF = 8268491,68710/1(11' 28",5) = 10910, maggiore di 8 tese su
10907, ciee d'un quarto per mille.
La regola , per verita , conduce a calcoli un poco lunghi e labo-
riosi , ma la sua grand' esattezza pare che compensi abbastanza la
pazienza del calcolatore. Quelli che non si curano d' una precisione
tanto grande potranne per maggior facilita ricon'ere al metodo ed
alle tavole barometriche del signor di Liudenau.
TavnToin
Fuf J.ihuf.t>S
fy n.pa^ ifS
/»/ 111 , i«u) . iti
SUI PICCOLI FORNI DI FUSIONE
A MANICA PORTATILI
DI
CARLO INNOCENZO ISIMBARDI.
X fonii di fusione fissarono mai sempre 1' attenzione del fonditore
per lo strettissinio rapporto esistente tra la perfezione della costru-
zione loro, e tra reconomia e la buona riuscita delle fusioni. Alcune
ricerche, die io pure intrapresi sui piccoli forni a manica portatili ad
uso di fondere il ferraccio o ghisa, conosciuti sin qui da noi per mezzo
degli annali delle arti , lui spinsero a ritenere ch' cssi andassero sog-
getti ad alcune mancanze, niassime relativaraente ai bisogni del nostro
paese , e per esempio a difficolta di costruzione , a circoscrizione di
combusiibile coUa necessita di usare il solo carbone di terra abbru-
ciato detto coach.
Con questa persuasione mi occupai di alcune osservazioni dirette
ad ottenere miglioramento in proposito , e dalla pratica di diverse
esperienze in mio private laboratorio eseguites. mi venne fatto di de-
durre la combinazione del piccol forno a manica portatile del quale
presento il disegno.
U oggetto principale cui e dcstinato egli e quello della fusione
della gliisa per formar getti ; ma I' occhio pratico scorgera facilmente
die con piccole modificazioni puo esser reso atto anche alia fusione
della miniera di ferro e di qualunque miuerale in genera.
yo SUI PICCOLI FORNI DI FUSIONB
Da me iisato nella fusione della ghisa nii risult6 , per quanto par-
vemi, apprezzabile : e basta a convincersene il sapere, che serveiido-
mi di ghisa conmne proveiiiente dal forno di Doiigo ho gettate me-
tlaghi^ di fiiia c complicata incisione , non che delle ruote dentate ,
die fiirono poste in opera in uno de' nostri piibblici staI)iHinenti , i
c]uali oggctii mcritarono approvazione per parte del Regio Isiituto,
cui fiirouo presentati.
Gli annali dcUe arti parlarono spesso sull' utilita de' piccoli forni
portatili. Essi ce gU hanno diniostrati giovevolissimi per la suscettibilita
che presontano , di potere nci varj mesi dcU' anno , in cni i grandi
forni per niancanza di sufficienti masse di niinerale e di carbone ri-
niangono inopcrosi, utilraente occupare una gran parte degli operai
addeiii ai medesinai , incaricandoli a tali epoche di convertire col
mezzo appunto di piccoli forni in getti di relativa portata i residui
di ghisa procedenti dalle grandi fusioni. Ne mancarono di rimarcare
il lodevole partito che trarre ne possono i lavoratori per riguardo alle
niiniere di alluvione. Ai quali vantaggi in vero apprezzabili io mi per-
metterei di aggiungere pur quelh che aver se ne possono nel lavoro
delle masse di minerale isolate di non lunga continnazione , come sono
da noi alcune di quelle di piombo , e nella fusione in generale di
quelle miniere , le quali combinando ubicazione lontana dall'abitato e
diificilraente accessibile, conseguente carezza di noleggio nel trasporto
del nimerale , ed abbondanza di conibustibile nella vicinanza della
rainiera , non possono essere fruttuosamente lavorate fuorche nel luogo
medesimo ove sono poste.
In simili casi , e secondo la natura de' medesimi , certo e che un
forno , il quale con somraa facilitii possa occorrendo essere trasportato
sul luogo a spalla di bestie , che semplicemente esiga 1' area per ri-
porlo ed una superiore difesa dalle interaperie delle stagioni , e di cui
la macchina che serve a render 1' aria per promovere la combustione
venga messa in moto a braccia d'uomini o col mezzo di animali, ri-
mediando all' uopo la mancanza di una caduta d' acqua , sara per se
stesso raccomandato. Tali prerogative appunto io mi lusingo verranno
ravvisate in quello che io propongo : e siccome la di lui costruzione
DI CARLO INNOCENZO ISIMBARDI. 7I
fu specialniente tUretta a togliere il difetto superiorraenie espresso ine-
rente ai piccoli foriii a raanica portatili sin qui recati a cognizione
nostra dagli annali delle arti , di essere cioe legati al solo uso del
carboiie di terra abbruciato detto coach, cosi senibra che egli risulti
propriainente atto a supplire ai bisogni del iiostro paese.
II foriio di cui parlo da me eseguito , e del quale presento il di-
segno , e nella parte esteriore forniato di ferraccio o ghiscc Con essa
si gettano piastre piii o men grandi aventi bordo,una delle quali di
forma ottaiigolare costituisce la base del forno. A pavtire dal di lei
bordo il forno e diviso in quattro fasce parimente ottangolari degra-
daiiti in larghezza ; e 1' altezza del forno in complesso ascende a sei
piedi parigini. Ciascuna delle dette quattro fasce e formata di otto
piastre coUegate insieme in giro da chiavette , ed incassate di fascia
in fascia nel rispettivo bordo a foggia di scatola. Nella prima , supe-
riormente al catino , vi sono praiicate due finestrelle opposte 1' una
air altra per apporvi i boccolari , i quali ricevono per mezzo di una
canna conica di ferro il sofiio promosso da mantici : e perche vi sia
comodita di poter lavorare intorno ai boccolari smovendo ed appli-
cando la detta canna di ferro ogni volta che occorra , alia di lei estre-
mitu opposta a quella che trovasi in coiitatto col boccolare vi e una
canna di cuojo che la riunisce al raantice. Vicino al fondo dell' istessa
fascia vi e un foro pel quale lasciare scorrere le materie fuse.
I boccolari sono fatti di argilla refrattaria , ma potrebbero anche
essere formati di ghisa.
Internaraente il catino e le pareti sono composte di sabbia quar-
zosa e di ai-gilla refrattaria inumidita e battuta fra le pareti del forno
ed un modello di legno , che lascia il voto interno , giusta i metodi
descritti da Monges per far le forme da gettare cannoni in sabbia ;
per la quale intonaeatura possono egualmente usarsi pietre refrattarie
giusta r opportunita.
II voto del forno dall' alto al basso e di forma rotonda , e va
gradatamente allargandosi sino alia seconda fascia , cio che e ricono-
sciuto necessario , raassime ne' piccoli forni , onde le materie possano
facilinente discendere : dalla seconda fascia in giii va quaklae poco
y2 StTI PICCOLI FORNI DI FUSIONE
stringeiidosi , e prende la forma di un quadrato cogli angoli ri-
tondati.
Ill geiierale la pianta interna e relativa alio spazio occupato dal
cononte d'aria. £ regolata in niodo da potervi fondcre con carbone,
luciii dolce e aietii forte , come si costuma per ottencre buoni getti
di ghisa grigia, senza un eccessivo consmuo di carbone nel caso clie
si adoperasse tutto dolce.
Sessanta e piii chilograranii di materia vi si lavorano per ciascun' era,
niossi i mantici coUa forza di due uomini. Finora non fn espei'imentato
con maggior carica , ed io debbo giustamente osservare die un tale
lavoro puo essere aumentato per due ragioni. Priniiei'amente perclie,
anclie stando alle attuali sue dimensioni ed al rclativo soffio , non e
esclusa in questo forno la suscettibilitii di una maggior carica , sul
clie anzi porto opinione di probabile felice esito : secondarianiente
perclie senza ingrandire le pareti esterne , pu6 , dato un maggior sof-
fio , essere ingrandito il di lui v6to interno sino alia concorrente
diminuzione, cio6 di una quarta parte dell' intonaco, prese le grossezze
marcate nel disegno , e ci6 pel motive clie detto intonaco fu tenuto
maggiore di un quarto di quello clie esiga la sicurezza delle pareti
esterne , espressamente perclie presentasse all' occorrenza una tale su-
scettibilita. Nel qual caso sarebbe conveniente di aggiungere al forno
un' altra fascia per elevarlo in proporzione. Nel confionto pero dei
prodotti , dato 1' uso del nostro combustibile o del coach, la vince-
rebbe sempre pel doppio circa questo secondo.
Nessuna difficolta riraarcasi nella forniazione delle piastre costituenti
le sunnominate fasce. II loro getto e facile come quello delle piastre
da rivcrbero pei camini. Per maneggiarle poi con somma facilita nel
costruire e neU' aggiustare 1' interno del forno si puo far uso della grue,
eve ne esista una nella fonderia ; od in sua vece si puo valersi di
tre travicelli , due de' quali posti verticalmente , il terzo orizzontal-
mente ed amovibile , sussidiati da una carrucola e da un piccol
argano.
Air aggiustaraento de' guasti interni si procede con economia e
comodita. L' economia risulta dal non essere costretti a disfare le
DI CARLO INNOCENZO ISIMBAUDI. 78
prime due fasce , le quali ben di rado si guastano , per lavorare
neirinterno delle due inferior!; la comodita e prodotta per una parte
essa pure dal poter levare col mezzo dclla grue o suo siipplimento
nel loro stato le dette due ptinic fasce , e nel resto dal non essere
nel lavoro accennato inipediti da una soverchia elevatezza delle due
fasce inferiori. Ciascuna di esse e dell' altesiza di un sol piede e mezzo ,
e chiaro quindi emerge che il fonditore senza difficolta pu6 maneg-
giarsi , levate le tre prime , nell' interno e sul fondo dell' ultima. N6
alia levata delle rispettive fasce fortemente si oppone , come per av-
ventura potrebbesi supporre, il guasto dell' intonaco. Esso attacca una
fascia coH'altra unicamente nella parte in cui si e vetrificato; questa
e appunto la sola che abbia bisogno di riparazione , e risulta quindi
indifferentc che sia scalpellata.
I pochi cenni emessi , se vengano accoppiati ad un esame del di-
segno esibito , bastar possono a mio credere per dimostrare il modo
con cui e costrutto il proposto forno , e per sostenere le suscettibilita
ed i pregi de' quali osai accennarlo dotato. Continuero coll' esporre
diverse mie riflessioni ed alcuni dati pratici da me combinati su di
un punto essenzialissimo risguardante la retta costruzione de' forni
de' quali parliamo.
Non v' ha dubbio che la felice riuscita de' getti richiegga un forno
suscettibile di portare al piix alto grado possibile di temperatura la
materia fusa.
Per cio ottenere le difficolta maggiori che s' incontrano consistono
nel trovare la configurazione e posizione del boccolare o boccolari ,
il volume e la velocita del corrente d' aria, e la relativa configurazione
interna del forno massime nella parte inferiore dove succede la fusione.
Quelli che hanno scritto sui forni a manica convennero in cio, ma
nessuno ha fissato de' principj pratici fondamentali c regolari. In mezzo
alle varie ricerche che andai tentando ho dunque procurato io di tro-
vare praticamente la figura che convenga internamente ad un forno,
dati i suddetti estremi , piii la qualita de' carboni da usarsi ; cio per
ora ristrettivamente ai piccoli forni portatili , coUa lusinga che i prin-
cipj stabiliti possano forse in seguito con alcune modificazioui applicarsi
ai forni di maggiore capacita.
Vol. Jl. p. II. 10
<74 SUI PICCOLI FORNI DI FUSIONE
A raggiungere lo scopo di portare nel forno il piii alto grado pos-
slbile di teniperatura ( condizione riconosciuta necessaria per la felice
liuscita dellu fusione , e die di piii combina economia nel combusti-
bile ) indispensabile egli e che in tutti i punti della sezione orizzontale
del forno lui poco al di sopra del boccolare vi sia forte ed eguale
sviiiippo di calorico , cosicclie in quahmque dei punti stessi cada la
materia nel sue passaggio , si fonda ella con tutta attivit^l.
Ora sicconie lo sviluppo del calorico dipende essenzialmente in
qnesto caso dall' azione dell' aria , e forza conchiudere che ciascuno
de' suddetti punti deve necessariamente essere per egual niodo dall'a-
ria dominato.
Noi osservianio che se le pareti interne di un forno sono troppo
vicine al soffio, vanno esse sottoposte a fondersi sinclie non abbiano
prcsa una configurazione che combini collo spazio occupato dal cor-
rcnte d' aria , lo die riesce di grave discapito stante il pronto depe-
riniento delle pareti medesime e la non buona riuscita delle fusioni
finche le pareti si siano naturalmente configurate a dovere ; e molto
piii grave risulterebbe 1' errore delle pareti troppo lontane , giacche
allora una porzione della materia , quella cioe che nel suo passaggio
dalla sezione orizzontale suddetta si fosse trovata in que' punti che
non erano perfettaraente atti alia sua fusione per essere fuori del
confine descritto dal corrente d' aria , discenderebbe nel catino non
ben fusa , ed anderebbe a raffreddare la materia che potesse trovar-
visi lodevolmcnte colata.
Guidato pcrtanto dal riflesso che I'aria introdotta nel forno per
servire alia combustione va ad occupare uno spazio piu o men grande,
uno spazio di una tale o di una tal altra configurazione , a seconda
cio6 della figura del boccolare da cui sorte, del di lei volume, della
di lei vclocita , e dogli ostacoli di carbone e minerale die trova nel
forno, parvemi di veder chiaro, come praticamente ho potuto accer-
tarnii, che per istabilire con ragioncvolezza la figura interna di un
forno fa d' uopo partire dal dato della sezione nel piano dell' asse
del solido di rivoluzione che occupa il corrente d' aria sortente dal
boccolare spinto dalhi raacchina o niantice iiell' aria libera, e trovare
il rapporto tra questo e la figura interna del foruo.
DI CARLO IN'NOCENZO ISDIBARDr. 7,5
Per valersi tli qucste norme bisogna adunque fissare prima di tutto
la maccliina o il niaiitice per produrre il sofiio , dopo di clie stal>ilirc
la configurazioiie c la posizioiie del boccolare o dei boccolari. I mo-
delli di qiiesti possono essei'e fatti con latta , cartone od altro , e ncl
combiiiarli si avranno in mira le seguemi massirue : i." la couligura-
zione del boccolare , trattandosi di forni a maiiica , debb' essere poco
acuta in modo che il solido formate dal corrente d'aria sia il piii corto
ed il pill grosso possibile, e si avvicini per esempio alia fig. A , Tav. Ill;
2.° il di lui foro debb' essere abbastanza largo per lasciar passare tutta
r aria del mantice , senza che 1' aria stessa , percuotendo in qualclie
ostacolo postovi avanti in poca distanza , possa retrocedei^e pel foro
medesimo dond' e venuta ; 3.° la miglior posizione del boccolare sari
cpiella in cui il lato inferiore del suo cono si trovi orizzontale. Si ri-
tiene che la velocita del corrente d' aria debba equipararc almeno
quella che viene prodotta da un grosso mantice da fabbro caricato
di tutto il peso di cui e suscettibile. Essa potra essere riconosciuta
dair impressione che fa il corrente sul dosso della raano , raetodo
semplice ed abbastanza plausibile per qiiesto genere di cose. Regolato
il boccolare sui detti principj , per progredire a rintracciare lo spazio
occupabile dal corrente d' aria che si e stabilito di far agire ncl forno
supposto da erigcrsi , ho immaginato di far spffiare nell' aria libera il
mantice , appostovi il boccolare ideato , di girare con un lizzo acceso
intorno al sofiio stesso , e rimarcando 1' impressione che si ottiene sul
medesimo tizzo acceso , ed un certo fischio che rende il sofiio allor-
che in istato di produrre vivace combustione percuote sopra corpi
combustibili accesi , di stabilire con questo semplice mezzo il confine
a cui il corrente d' aria estende la sua suscettibilita a produrre forte
combustione.
Cio posto , supponiarao che il confine che si cerca sia quello risul-
tante dalla citata figura A. Trovata essa per principio fondamentale ,
bisognera in causa della ripercussione dell' aria die verra prodotta
dalle materie che si troveranno nel forno riversare 1' ottenuta figura
sopra se stessa. II risultato ne sara la figura B. E tirando una linea
intoruo alia medesima , presi per direzione i puuli piix sporgenti , ed
f6 SUI PICCOLt FORNI DI FUSIONE
obbliando, senza tenia di difetto, i minimi v6ti die ne risultano, si
a\ia uella figwa C la figuia da seguirsi per la pianta interna di un
forno scrvito da un solo boccolare.
Cosi per avere una figura interna quadrata ad angoli ritondati ,
qual e quella del forno di cui do il disegno, e clie e ritenuta la piu
conveniente avendo proporzionatamente alia capacita un minor peri-
metro , fa mesticri soltanto di un secondo soffio di eguale portata e
configurazione applicato dall" altra parte del forno , od anche paralle-
lamentc , come vedesi alia fgura D; le quali poi contornate esse pure
con una linea , come si e detto di sopra , e non curati i minimi inter-
stizj che ne nascono , daranno nella figura E la pianta interna. Quanto
all' elevazione delle prime due fasce, essa e nei rispettivi casi facilmente
derivabile dalla figura della pianta interna , come rilevasi dallo spac-
cato del disegno del forno proposto. E riguardo alia figura interna
delle due fasce superiori , ella sorte pariraente dalla figura della pianta
interna del forno , tirato clie sia intorno ad essa un circolo tangente
e mozzati gli angoli in raodo che la materia possa facilmente pre-
cipitare.
La curva del fondo del catino presa nella direzione dell' asse dei
boccolari tanto pel forno ad un sol boccolare , quanto per quello a
due boccolari paralleli e indicata dalla curva MN della figura F si-
mile alia figura C posta a seconda dell'inclinazione del boccolare. Pel
forno a due boccolari posti 1' uno contro 1' altro si adattera il catino
in modo che le maggiori profondita siano in faccia a ciascuno dei
boccolari , e che riunendo queste due profondita ne nasca un canale
ad angolo serairetto con ciascun asse che passa fra i due boccolari.
Uu' avvertenza utilissima vuol essere dopo cio qui registrata , ed e
che in caso di bisogno per un getto di portata maggiore della tenuta
ordinaria del forno si pu6 ottenere nel catino presso che una doppia
quantita di materia se, come si costuraa alia fonderia di S. Denis, si
otturi il foro in cui e situato di solito il boccolare , e si porti questo
piii in alto quasi per I'eguale spazio che passa Ira il fondo del catino
e la sua ordinaria posizione. Qualora i boccolari siano di ghisa, ver-
ranno cssi levati , e si chiudera il foro con sabbia refrattaria inuraidita ;
^■L//\u\n\^\u] ^^^}:
N
DI CARLO IXNOCENZO ISIMBARDI. 77
clie se fossero essi di argilla, si potranno lasciare in opera Tun sopra
I'altro senza inibarazzo, otturando, in vece del foro in cui e iasinuato
il boccolare , la bocca del boccolare stesso.
Ma io m' avveggo che taliino potrebbe promovere dubbio sul fon-
damento de' principj pratici da me proposti col pensare che dovendo
il soifio agire non nell' aria libera , ma uel forno carico di minerale
e di carbone, possa per avventura derivare da tal circostanza dannosa
alterazione alia figura presa per base giusta le norme indicate. Su que-
sto proposito aduncjue, e per conchiudere nella materia, parlando sem-
prc di foriii non niolto diversi nelle dimensioni da quello di cui ho
prodotto il disegno , rispondero col suggerire come attendibihssimi
i segiienti dati derivati e guarentiti da replicate esperienze : se si
intende di servirsi del forno con carica di carbone, meta dolce e meta
forte, e da seguirsi la figura descritta dal soffio spinto nell' aria libera;
se si vuole caricarlo di solo carbone forte , bisogna tenere 1' interno
del forno qualche poco piu stretto della figura stessa ; finalmente se
si vorra usare solo carbone dolce , si eseguira la raassinia opposta ,
ritenendo in tutti i casi che difFerenze minime non porterebbero sini-
stre consegucnze.
Tali sono i dati pratici da seguirsi, a mio parere, volendo costruire
un piccol forno a manica dotato della particolarita di rendere le fu-
sioni perfettamente a dovere. Io gli ho esposti coUa persuasione dell' uo-
mo che gli ha replicatamente esperiraentati sempre con felice esito , e
sulla lusinga di portare qualche nuovo lurae in questo genere di cose.
Assai pago saro se la costruzione del forno da me immaginato e le
osservazioni aggiuntevi otterranno in parte il favore di un Corpo tanto
rispettabile qual egli e il Regio Istituto.
SAGGIO STORICO
sull' invenzione
DEI SOSTEGNI A CONGA E PORTE
NF CANALI NAVIGABILI
DI
SIMONE STRATICO.
S.
^jdratk>.
1 . 1 1 O N
vi e alcuno il quale non abbia talvolta osservato con
piacere e con meraviglia il facile artifizio dei sostegni a conca e por-
ta , col mezzo dei quali si naviga nei canali derivati dai fiumi e dai
laghi, correnti per piani di elevazioni diverse con sicurezza e con
sommo coraodo e risparmio di spesa nel trasporto di derrate e di
raercanzie. Noi abbiamo in questa citta e nel paese ond' e circondata
uno de' piu illustri esempi ne' suoi navigli , i quali mentre lasciano
profittare di tutti i comodi che possono aversi dai corso di due grandi
e perenni fiumi, Adda e Ticino, la guarentiscono da tutti gl' incomodi
de' medesirai. Molte altre citta d' Italia lianno fiumi perenni clie le at-
traversano e le rallegrano col loro corso nello stato ordinario delle
loro acque, ma insieme in molte guise le affliggono colle loro piene.
Verona , Vicenza , Padova attestano questa verita. Milano al contrario
mediante i suoi fiumi artifiziali ha tutti i comodi della navigazione
8o SUrx' im'ENZIONE DEr sostegni a conca. e roiiTE, ecc.
territoriale , iion e giammai sturbata dagli straripauienti , ha delle riviere
ill citta e fuori bastaiitemeiitc giocoiide , e clai graiuli fiunii coi quali co-
niuiiica trae i vantaggi clella piii estesa navigazioue;, c quelli ancora delle
irrigazioiii coltivate colla piu fina iiulu-^tria , e puiito non iiiferiore dal
lato deiringegiio a tutto ci6 die si nana delle irrigazioiii dell'Egitto.
2. Bene consideraiido la coniposizione ed il sisteina dei navigli die
percorrono lungUi tratti e iiecessariameiite iiicontraiio tutte le irrego-
larita dclla supei-ficie tcrrestre , facilmeiite s' intende die per coinbi-
iiare le diverse pendeiize dei terreni , il principale artifizio consiste
nella costriizione doi sostegni a conca e porte. Col mezzo di questi
si mantiene nei canali 1' acqua all' altezza occorrevole al pcscar delle
bardie , ed alia regolata dispensa delle acque per le irrigazioni ; si
modera la sovercliia velodta del corso , la quale renderebbe faticosa
e tarda la navigazione asccndente ; si tolgono le cadute d' acqua die
rciidercbbero pericolosa o laboriosissima la navigazione discendente ;
si mantengono le comunicazioni da un paese all' altro , da un fiuine
ad un altro fiurae , da questi al mare", da un mare all' altro, e an-
cora dal mare ai nionti col mezzo delle acque che dagli stessi discen-
dono, siiio al prodigio.
3. Troppo moke sono le iuvenzioni degli uoraini belle e utilissime
dellc quali s'ignora I'epoca e I'antore, ed e percio die di non poche
s'immaginano origin! favolose, d'altre per alcuni deboli lumi si con-
ghietturano con incertezza i principj. Fra queste e anche la costru-
zione dei sostegni a conca e porte ne' canali navigli, alia quale attri-
buendo qualche riflessione, e sapendo come in tutti i tempi e appresso
le piu coke e antiche nazioni siasi inteso e procurato il vantaggio
delle navigazioni mediterranee , senibra che anche in questa inven-
zione sia avvenuto quello che in moke altre arti accadde , ed ^ che
da piccoli principj , da alcune rozze esperienze e da alcune fortunate
avvertenze siasi pcrvenuto a condurre le cose a metodo d' arte squi-
sito, trascurandone in certo modo 1' istorico progresso. Quindi e pa-
ruto che troppo facilmente non solo gli scrittori d'architettura idrau-
lica, ma prineipalmente quelli che si occuparono della storia di que-
st' arte , siansi , per cosi dire , fermati sul cenno dato dallo Zendrini
Dl &IMONE STRATICO. 8 I
(sebbene a dir vero con molta circospezione), il quale avviso che il primo
sostegno a conca, almeno nel Vencziano, sia stato fatto nel 1481. « Certi
fratelli Dionigi e Pietro Domenico detti Maestri da Orologio di Viterbo,
come egli riferisce (Leggi e fenomeni delle acque coirend, cap. XII, § 20),
acquistarono in quell' anno ai 3 di settembre dal signor Contariiii un sito
nella Bastia di Stra per formare in esso un soratore del Piovego, che
e quel canale aperto a mano die viene da Padova all' anzidetto luogo
di Stra ; ed in certa supplica dei raedesimi di detto anno resta espres-
so, che essi faranno che le bardie e i burclii possano passare per la
chiusa di Stra senza pericolo , operando in modo che le bardie usci-
ranno con facilita e senza essere obbligate a scaricare , e senza es-
sere tirate. Aggiungono poi le condizioni , fra le quali la principale e
quella di aver a formare 1' ingegno , com' essi lo chiamano ; il die es-
sendo loro stato accordato insieme con quel provento che pur ave-
vano domandato , consta da ducale ai Rettori di Padova in cui si
esprime compito il sostegno di Stra : per lo che ricercarono i detti
maestri di fare una boi>a per maggior perfezione dell' opera. A co-
storo adunque, soggiunge lo Zendrini , almeno nello stato Veneto , si
pub dare il vanto di tale invenzione , non trovando chi prima di essi
r abbia ideata , ne posta in pratica. »
4. £ poco istruttivo questo racconto per attribuire a qnegli uomini
e a quel tempo tale invenzione , a meno che non si stia nei limiti
indicati appunto dalio Zendrini , di qualificarli cioe i prirai die I'ab-
biano eseguito nello Stato Veneto. Forse non vi erano nell' archivio
del Magistrato delle acque di Venezia, cui servivalo Zendrini in qualita
di Matematico , altre carte o monumenti , dai quali si potessero trarre
lurai raaggiori circa la forma di questo cosi detto ingegno , e come
prima d' allora si facesse il passaggio delle bardie , ed a qual fine
abbiano ricercato di fare la hova , la quale e lo scaricatore laterale ,
mentre il sostegno e chiuso. E questa stessa particolarita induce a
conghietturare che que' maestri non avessero nella loro prima doman-
da corapreso abbastanza la necessita dello scaricatore. II canale del
Piovego era stato scavato a mano per uso della navigazione nel 1290,
cioe cento novantun anni prima di quelle che sia stato costruito
Vol. II. P. II. II
82 SULL' INV£N/I0NE DEI SOSTECNI A CONCA E PORTE, ecc.
il sostegno di Stra. Dovendo qnel canale confluire col Brenta, che
scende appunto a Stra , era necessario irapedire che le pieae di quel
fiurae , le qiiali ascendono all' altezza di dieci e piii piedi , non en-
trassero ncl canale suddetto , il quale percio doveva essere raunito di
una chiusa. Due maniere di chiuse si praticavano in que' luoglii : una
era quella delle travate , o cosi detti pianconi orizzontali , che collo-
cati I'uno sopra Taltro, e incassati colle loro estremita in canali verti-
cali scolpiti negli stipiti marraorei dell' apertura irapediscono )a comu-
nicazione da un canale all' altro. Di tali chiuse si hanno degli esenipi,
le quali pero non servono che per una navigazione precaria , e che
non pu6 aversi se non che in istato d'acque mediocri nel canale in-
fluente. Un altro modo di chiusa era quello di serrare con un argine
ben saldo di terra ed alto la foce del canale , disponendo le ripe
dell' argine a piano niolto inclinato e coperto di forte legname , sopra
il quale erano tirate le bardie pel loro passaggio. Quest' argine o
chiusa si fece anche talvolta con lavoro di muramento , e si copri
di larghe pietre per trasportar le bardie poste sopra carri di ruote
basse. La promessa che si fa nella supplica de' fratelli di Viterbo , cioe
che le bardie potranno passare senza essere obbligate a scaricare e
senza essere tirate , fa comprendere che amendue i modi di chiusa
I'ossero ivi impiegati : cioe la travata , i pianconi della quale non si
movevano dal loro posto nel caso delle piene del Brenta , e allora
conveniva scaricare le bardie , e trasportarne il carico ad altre bardie
oltre la chiusa; e la chiusa dell' argine a piano inclinato, quando si
potevano levare le travi , nia conveniva che rimanesse un ostacolo,
affinche Y acqua si mantenesse nel canale del Piovego ad una certa
altezza necessaria al pescare delle barche, e in questo caso si faceva
passare la barca sopra il carro , tirandola con cavaUi o con argani.
II primo di questi modi di chiusa fu praticato , come se ne ha 1' e-
sempio, nella bocca di Liniena nel Padovano per la comunicazione del
Brenta con la Brentella munita sino dal tempo della sua apertura di
travata , della quale pero al presente non si fa alcun uso. L' altro
eserapio di travata si ha nella chiusa di Governolo , dove per regolare
la comunicazione del Mincio , che ivi entra nel Po , si e costruito
DI SIMONE STRATICO. 83
queir edifizio nel 1198 per vnjersi delle travate , col giudizioso avve-
dirnciito di disporre die gl' intervalli inferiori tra gli stipiti della bocca
fossero rainori dei superiori pel piii agevole maneggio delle travi. Questo
edifizio di Governolo fu poi ridotto nel 1691 a sostegno a conca ed a
porte , e fu da alcuni esteri scnttori , per errore , riportata questa co-
struzione della conca alia prima epoca, nella quale fu soltanto una chiusa
a travata ( Berazzolo , Discorso sopra il nuovo sostegno di GovernoLo. Man-
tova 1609 ). II secondo di quegli artifizj, cioe di far passare sopra uno
o due piani inclinad ascendendo e discendendo il carro caricato della
barca , si pratic6 sul naviglio o canale die sbocca alia laguna di Ve-
nezia , nel luogo detto di Lizza-Fasina , sino all' anno 1437, dove per
I'oggetto d'inipedire ogni mescolanza d'acqua dolce del fiurae con la
salsa della laguna ( oggetto riguardato dai Veneti con somma e , per
quanto insegno 1' esperienza , giusta gelosia ) si era formata la chiusa
ad argine stabile. Di quel carro e del modo di servirsene si e conser-
vata la figura nel libro del Zonca intitolato Nuovi edifizj e macchine ,
stampato in Padova nel i656. Gesso I'uso di questo carro quando ,
divertite le acque dei fiumi, resto libera la comunicazione ; per6 re-
golata in seguito col sostegno delle porte e conca del Moranzano.
5. Ne questo artifizio delle chiuse a piano inclinato per carreggiarvi
le bardie nei navigli si reputi gia iin solo partito della rozzezza dei
tempi , come talvolta siamo tentati di riguardare i secoli die sono in
qualche distanza dai nostri tempi. II gran canale della China die at-
traversa tutto quel vasto impero per la lunghezza di trecento leghe
dai nord al sud , da Canton a Pechino , scavato a mano per la navi-
gazione, nel quale mettono foce molti altri canali parimente manufatii,
discendenti da araendue i lati dai paesi diversi , e munito di queste
chiuse a piano inclinato in que' punti dove la diflferenza delle altezze
del piano avrebbe resa difficile, o pericolosa, o impossibile la conti-
nuata navigazione , sopra le quali chiuse con macchine e con forza
di cavalli si fanno ascendere le bardie sopra carri. E per valersi di
autorita nieno remote , nelF Olanda per relazione di Cornelio Meyer e
per le piii precise descrizioni die ne da Belidor si ha in raolti ca-
nali navigabili questo nietodo di chiuse. Non si puo mettere in dubbio
04 aULL' INVliNZIONE DEI SOSTJiONI .1 CONCA E PORTE, ecc.
die i sostegni a porte e conclie non siano di molto miglior uso : ma
bisogiia insieme confessare clie e considerabile il dispendio per co-
struirli e per maiitenerli , e ohe per superare delle grandi cadute,
lion potendosi costruire i sostegni negli stessi alvei dei fiumi , conviene
scavare lateralmente gli alvei dei canali per adattarvi i sostegni.
6. Tanto e lontano pero che questo artifizio delle chiuse a piano
inclinato non sia secondo Popinione d'alcuiii da apprezzarsi, che pochi
anni or sono Roberto Fullon ingegnere , araericano , ha proposto , e con
moke ragioni si adopeio a persuadere che la costruzione di piccoli canali
\^ atti alia navigazione di proporzionate bardie munite di mote, caricate
di colli di mercanzie di egualmente proporzionato volume, si potrebbe
inaaprendere con molto vantaggio de' paesi per moltiplicare le comu-
nicazioni senza che gli sbalzi dei piani o la profondita delle valli ob-
bligassero a dispendiosi e spesse volte anche difficili edifizj di sostegni
a conclie e porte, di ponti canali o di botti sotterranee , e senza che
la necessita di attraversare dei fiumi o torrenti costringesse ad intra-
prendere grandi edifizj, e tutto questo col mezzo di piani inclinati,
e coir uso di macchine mosse da uomini o dall' acqua stessa o da pesi ,
o di ponti canali sostenuti ed armati e coperti di ferro , e con carri
o battelli armati di ruote di forma e grandezza proporzionata ai volumi
delle mercanzie divisate per siraili trasporti, i quali ascendano e discenda-
no sopra detti piani. ( Recherches sur les moyens de perfectionner les canaux
de navigation par Robert Fullon ^ traduit de V anglais, a Paris, an VII).
7. L'invenzione dei sostegni a conca e porte, ancorche semplice e
forse praticata rozzaraente prima del secolo XV, si conobbe soltanto
e si perfeziono verso la fine di detto secolo, e si trova descritta nel
libro X, cap. 12 De re aedificatoria di Leone Battista Alberti, dove rac-
coglie i precetti sulla condotta delle acque correnti. Questo autore, che
raal si legge tanto nel suo originale latino o per la rarita dell' edizione
principe, o per le raolte e gravi scorrezioni delle altre edizioni che se ne
hanno, e nelle traduzioni che ne furono fatte in italiano non sempre esat-
te, insegnando come si chiudano i canali d'acque correnti, si esprime cosi:
Claudetur aquce dejluvium cataracds, claudetur et valvis. In utrisque la-
tera lapidea pilarum ope firmissima debentur. CataractcB pondus tollemus
DI SI.MONE STRATICO. 83
iine hominiim periculo, aclhiiUis ad tractorium fusum roth c^ntatis , quat
veluii in horolo^io moveamus dcruibus alcerius fusi ad id opus ad motum
adaccis. Sed omnium commodissima trit vaLva , quce medio sui habeat fu-
sum statutum ad perpendiculum , verlibdem. Fuso appingetur valva qua-
drangula , uc pansa adsit , vulut in oneraiia navi quadratum. explicatur
i>elum , quod hoc et hoc sui brachio possic ad prorain puppimque circu-
magi. Scd vabte iscius brachia erunt non cocequalia , altero enim paullo erit
retraccior ad digitos usque ad ties. Nam fiet. tunc quidem ui uno a puero
reseretur , et rursum sponte claudatur vincente ponderibus latere prolixiorc.
Duplices facito clausuras , secto duobus locis Jlumine , spatio intermedia
quod navis longitudinem capiat , ut si erit nai'is conscensura cum eo af)-
plicuerit inferior clausura occludatur , aperiatur superior : sui autein erit
descensura , contra claudatur superior aperiatur inferior. Navis eo pacto
cum istac parte fluenti evehetur flus)io secundo.
8. Nel testo latino delle tre edizioni che si hanno , compresa I'edi-
zione principe, dove da principio si e posto claudetw aquae defluvium
cataractis, claudetur et valvis , si legge claudetur et vallis, e le tradazioni
portano, si chiudera coUe cateratte, e si chiudera cogli steccati. Oguuno
vede che non vi sarebbe senso leggendo vallis, e interpretando, come
porta il vocabolo, cogli steccati. Primieraraente perclie in questo luogo si
tratta di quelle chiuse che sono fatte a modo d'impedire o di lasciar
libero il corso delle acque ; in secondo luogo perche subito dopo di
aver parlato delle cateratte a canali vertical] , la cui paratoja si alza e
si abbassa coll' ajuto della ruota dentata, e delle altre cateratte a ven-
tola , le quali girano intorno e insieme col fuso perpendicolare al quale
sono fermate, si parla poi delle valve, voce che esprime propriamente
quelle iniposte che girano intorno a cardini posti negli stipiti laterali;
perche per chiudere cogli steccati un corso d'acqua non e necessa-
rio , ne in alcun modo indicato o voluto dalla natura della fabbrica
di fare le pile laterali o gli stipiti di pietra ; e fiualmente perche lo
stesso Alberti aveva gia precedentemente insegnato come debbanq
farsi tali steccati , ne per tale lavoro fece alcuna menzione delle pile
di pietra. Ma affinche ognuno resti convinto dell' imperfezione della tra-
duzione del Bartoli , ancorche corretta nell' edizione di Roma del 1784.
riportererao per intero quella del testo suddetto latino d'Alberti.
86 SULL' INVENZIONE DEI SOSTEGNI A C05fCA E PORTE, ecc.
Serrerassi mil corso delle acque con cateratte , serrerassl ancora con
stecccui. L'ltno e Valtro modo ha bisogno cli cannli di pietra saldissima ,
come il dicemmo che si faceva nelle pile. Alzeremo il peso delle cate-
ratte senza pericolo degli uomini aggiungendo al fuso che lo tira alcune
mote con denti , le quali noi muoveremo come quelle degli oriuoLij :
e adattati i denti di un altro fuso a tale lai>oro , e a tal moto. Ma
comodissima piil di tutte I'ahre sara quella cateratta che sopra il mezzo di
se stessa hard collocato un fuso a pionibo , il quale si volti. jippiccherai al
fuso la cateratta quadrata, che stia tesa come una vela quadra sta distesa
in una nave da carico , che daW un lato e daW altro possa esser girata e
da poppa e da prua. Ma i lati di questa cateratta o porta non debbono
essere eguali , perche da piede essa sard alquanto piii stretta quasi che
tre dita , che da capo y e di qui awerrd che si aprird da un fanciulletto
solo , e per il contrario ancora si serrerd vincendola il peso del lato piu
lungo di sopra. Farai due cateratte rinchiudendo il fume in due lati, e
lasc'uindovi una spazio per quanta e lunga una nave , acciocche se vi ha
a salire una nave, poiche vi sard arrivata, chiudasi la cateratta di sotto,
ed aprasi quella di sopra , e se avrd a scendere per lo contrario serrisi
quella di sopra ed aprasi quella di sotto. Cost lasciando la nave con
questa parte del fume , sard portata a seconda del medesimo. Ora e
certo che nessuno sapra ravvisare in questo passaggio ne il sentimento
di Albert! , e nerameno cosa abbia inteso di esprimere il traduttore :
meiitre non si trattava d' altro die di descrivere la cateratta a ventola,
la cui larghezza fosse divisa dal fuso in due parti alquanto disuguali
tra di loro. Altronde poi e evidente die non si puo intendere che le
due porte indicate pel passaggio delle barche fossero a ventola, le quali
pel fuso intorno al quale si aggirano impedirebbero il passaggio stesso.
9. Non direrao gia che Leone Battista sia stato il primo inventore
dei sostegni a conca e porte nei navigli, ancorche egli sia I'unico e
solo il quale prima dell' arte della stampa ne parli cosi chiaramente :
anzi pare ch'egli ne abbia scritto come di cosa gia nota e praticata.,
e che era da ricordarsi ragionando dell' architettura idraulica, come
fa in quel capo del suo libro X , attenendosi sempre al suo metodo in
tntta qneir opera , che e di formare il suo architetto piuttosto col
DI SlMONE STRVnCO. 87
ragionamcnto e colle piu giuste ed esatte idee delle cose di cui tratta,
di quello die coll' iiidicarc o coll" individuare con figure le modificazioui
de' lavori. E inoltre che Alberti non sia state 1' inventoie di quest' arti-
fizio , ne siasi avvisato di passare per tale, si rileva dal modo breve
col (]^ale lo descrive , come di cosa nota e die ogimno pu6 agevolmente
intendere , giacche delle cose di sua invenzione non tralascia di fare
espresso cenno. In fatti egli non ha giudicato di dover espressaincnte
iudicare che le porte superiori ed inferiori si aprissero e si chiudessero
quando I'acqua era equilibrata da una parte all' altra del canale, ne fece
cenno dello scaricatore per I'acqua che sopraggiunge a porte chiuse .
poiche e I'una e I'altra di queste avvertenze si palesa da se.
10. Ora e da notarsi che Leone Battista presento i suoi libri De re
cedijicacoria al Sommo Pontefice Niccolo V nell' anno 1452. Cio si
rileva dalla continuazione dclla Cronica di Eusebio, che fu tratta per la
serie degli anni dal 1460 al 1481 dal libro De temporibus di Matteo
Palmerio , pisano, il quale per avvenimento degno di memoria in quel-
I'anno noto particolarraente la detta presentazione. Que' libri furoiio sicu-
ramente letti per copia manoscritta da altri in que' tempi, com'e naturale.
II tempo dunque del lavoro dei libri d'Alberti e anteriore di ventotto
anni dell' epoca indicata dallo Zendrini dei fratelli di Viterbo. Non puo
dunque appartenere ad essi 1' invenzione dei sostegni, ne altro merito
si pu6 loro attribuire, se non che d'averne la prima volta costruito
uno nel paese Veneto. Ed e anche vero che se Leone Battista avesse
trovato che tale invenzione fosse stata nuova, ne avrebbe fatto un
cenno, giacche egli non tralascia d' interporre a quando a quando nella
sua opera delle notizie relative all' argomento di cui tratta , ancorche
di sola erudizione.
1 1 . Che r artifizio dei sostegni a conca siasi poi migliorato nei
tempi a noi piii vicini non e da porsi in dubbio. Le conche binate
per uuire ad una conca grande parallelamente un' altra rainore, onde
non si faccia eguale consumazione d'acqua pel passaggio d'una barca
grande e d'una piccola : le conche accoUate per superare una grande
caduta in uno spazio breve, e per dividere il salto dell' acqua in due,
tre , quattro o piu gradini vicini : le conche a quadrupla mano di
88 SULL' INVENZIONE DEI SOSTECNI A CONCA E PORTE, ecc.
porre. onde possano servire egualmente nei casi die i due canali, tra
i quali si viiol mantenere la comunicazione , siaiio con incerte alterna-
tive uno pill alto dell' altro : sono rjuesti tiitti miglioramenti clie il
bisogno , r ingegno , le vedute di raaggior profitto siiggerirono , tutti
per6 fondati suUa prima e piu semplice invenzione del sostegno a
conca e a due porta. Ne quindi puo sembrare strano clie sia stato
anche proposto da Betancourt ia Francia il modo di serbare I' acqua
in uii recipiente profondo vicino alia conca per trarla di la con niac-
cliiiia , e rieinpire la conca al caso della barca ascendente , indi di
ricupcrarla nello stesso recipiente a) caso della barca discendente , od
allorclie 1' acqua della conca debbe mettersi a livello del canale inl'e-
riore : artifizio clie se non avesse delle difficoha nel raeccanismo siig-
gerito dair autore, sarebbe pregevolissinio, dove T acqua clie concorre
al naviglio e poca, e dov6 la navigazione ascendente e piii frequente.
12. Gli uomini di alto e svegliato ingegno, quelli ai quali appar-
tiene secondo Vitruvio ratio riopce rei v'lgore mobili reperta, niigliorano
le prime invcnzioni e le applicano opportunamente. Fa raeraviglia clie
diversi scrittori non solamente forestieri. ma italiani ancora affermino
clie Lionardo da Vinci , quell' uomo sommo non solamente nella
scicnza e nelP arte della pittura , ma in ogni facolta cui volgeva la
mente, abbia profittato dell' eserapio del sostegno fatto a Stra dai fra-
telli di Viterbo per ordinare e dirigere il compimento e I'unione dei
iiavigli di Milano nel 1497. Sapeva Lionardo, come lo sapeva Leone
Battista, che potevansi cliiudere i fiumi con porte doppie e poste all'e-
streniita del tratto di canale commisurato alia lutigliezza delle barclie,
le quali dovevano passare : e probabilraente il Vinci ebbe ancora con-
tezza del libro di Alberti, giacclie gli uomini di merito eminente non
ricusano di leggere le opere pregevoli dei loro pari, e I'edizione prin-
cipe del libro d' Alberti De re cedificatoria si fece dopo la morte del-
r autore per cura di Poliziano nel 1486; ma la seraplice idea data da
Alberti doveva poi prender forma e fruttificare in certo modo nell' in-
gegno del Vinci, onde disporre i sostegni e le comunicazioni in Milano
e fuori al modo che esso gli ordino, affinche avessero I'uso perenne
che dopo tre secoli tattora conservasi.
I
DI SmONE STRATICO. 89
16. Ma a conferma cli cio addiirremo ancora un' altra notizia circa
la cognizioiie dei sostegni a coiica e porte , aiiteriore al tempo che
ahbiatno iiulicato. Leggesi nclla vita di Filippo INIaria Visconti, Duca
di Milano , scritta da Pietro Candido Decembiio , che quel Principe
meduatus est et aquoe rivum per quem ah Ablate Viglevanum usque sursum
veheretar , aquis altioni scandentihus , machinnrum arte quas conchas ap-
pellant (Muratori, Script, rerum ital., tomo XX,pag. 1006). Quel Principe,
nato nel 1892, visse 55 anni , cioe sino all' anno 1447, che ^ anteriore
air epoca della presentazione del libro d' Albert! al Pontefice Nicolo V,
e pill ancora dell' epoca de' fratelli di Viterbo. Candido Decembrio visse
conteraporaneamente a Filippo Maria, di cui scrisse minutamente la vita.
L'espressioiie di aquis altiora scandentihus , machinarum ope quas conchas
appellant b assai precisa, e dimostra ben piii che la semplice notizia dei
sostegni , poiche da le prime nozioni di portare la meraviglia dell' idrau-
lica ad oltrepassare colla navigazione un nionte. Si pu6 senza errore
intendere che il Biografo abbia voluto esprimere che discendendo le
acque da un luogo ben alto essa fosse sostenuta di tratto in tratto con
conche e porte, e servisse tanto ad ascendere, quanto a discendere per
una navigazione che quel Principe voleva procUrarsi, come apparisce
dal contesto precedente , ia quale operazione pero resto in progetto.
Un' altra notizia ancora che raccogliesi da uno scrittore francese {Histoire
du Canal du Midi par Andreossi. Introd. , pas,. XXI) e che gli Olandesi
nel 1285 avevano costruito a Spaarandam sul fiume Sparna una cliiusa
a doppie porte piaiie e non poste ad angolo verso la corrente , che
i Francesi dicono busquces. Quest' avvertenza di costruire le porte
verso la corrente ad angolo ha la sua ragione idrostatica , ed e la
seguente : Non si tratta gia nella costruzione di tali porte che esse
debbano resistere al corso del fiume , ma soltanto alia pressione del-
r acqua , la quale quando la porta e chiusa stagna dinanzi ad essa e
la preme. L'effetto o sforzo di questa pressione tutto si raccoglie nel
centre della medesima porta, il quale e nella llnea verticale che passa
pel centro della figura , la quale e un rettangolo nel caso delle porte
delle conche. Se pertanto si supponga la porta larga 10, lo sforzo
della pressione si fara per un braccio di leva lungo 5. Se ciascheduna
Vol. II. p. II. J a
90 SULL' INVENZIOXE DEI SOSTEGXI A CONCA E PORTE, CCC.
partita delle poite aiigolari sia larga 7 ( che e il caso dell' angolo
retto formato dalle due porte), il braccio di leva sara 3^, e in con-
seguciiza , tra per questa ragione e per la superficie della stessa rainore,
resistcra alia pressione con costrnzione piii debole la porta angolare
della porta piana , e si njovera con minor forza intorno a' suoi gangheri.
Oltre ci6 la porta cssendo opposta obbliquaniente alia pressione, cpiesta
foiza si risolvera in due, una normale al piano della porta stessa,
I'altra orizzontale e nella dirczionc della porta, e cpiesta seconda non
agira per inflettere la porta stessa , ma per esercitarsi contro lo sti-
pite cui e attaccata.
14. I sostegni a conca e porte guidarono ad operazioni prodigiose
nella formazione dei canali di navigazione. II canale detto di Linguadoca
o canale del Mezzodi in Francia , per cui si ha la comunicazione in-
terna dull' Oceano al Mediterraneo, attraversa un paese montuoso nella
lunghczza di miglia comuni 1 5o , ed in esso per un tratto si ascende
dall' Oceano alia sommita e si discende con diciotto sostegni a conca
e porte, e pariraente si ascende e si discende con quarantotto soste-
gni simili dalla sommita al Mediterraneo. Tutte le industrie per valersi
delle acque sorgenti dalla superficie della montagna , per formare dei
serbatoi dai quali si potesse aver acqua nel canale , per divertire le
acque eccedenti , per sottopassare all' alveo que' torrentelli che avreb-
bero interrato il canale sono combinate col lavoro de' sostegni a conca
ed a porte, or semplici, or doppj, e persino luio ottuplo, come e quello di
Fonserane, per adattarsi alle differenze d'altezza dei piani. Questo grande
progetto di due Italian!, Andreossi e Richetti, eseguito nel secolo antepe-
nultirao , e diligentemente conservato a grande profitto di quelle provin-
cie, fu descritto da molti, ma con ogni precisione e con molta dottrina
esposto e corredato di eccellenti figure dal Generale Andreossi , che
giustamente si compiacque di fiir onore ad un Italiano, ed uno de' suoi
Maggiori che ne fu il principale autore. Conviene confessare che non
si ha esempio di altra simile impresa, e che non fu giaramai impie-
gato r artifizio dei sostegni a conca e porte con maggior coraggio
e con maggiore successo.
DELLA LEGGE DELLA VELOCITA DELL' ACQUA
USCENTE DAI FORI APERTI
NEL FONDO E NELLE PARETI DEI VASI
DI
SBIONE STRATICO.
1. Uno dei fondamenti della teoria idraulica k die le velocita
deir accjua uscente dai fori aperti nel fondo dei vasi siano come le
radici quadrate dell' altezza dell' acqua sopra gli stessi fori.
2. Che non siensi trovate da tutti ben convincenti le ditnostrazioni
date di qiiesto priiicipio, lo palesa la loro varieta. Non I'ascesa dello
zampillo a pari altezza dell' acqua contenuta nel vaso: non la cateratta di
Newton : non I'efFetto della vena contratta : non la soraiua delle pressioni
deir acqua sovrincumbente al foro : non il gorgo di Giovanni Bernoulli ;
principalniente perche I'esperienza dimostra che questa proporzione si ha
soltanto quando il foro e piccolissimo rispetto al fondo, e che a misura
che il foro si dilata , la velocita si discosta dalla proporzione mento-
vata, e che finahuente quando il foro e eguale al fondo, 1' acqua esce
coUa velocita del grave liberamente cadente , qualunque sia 1' altezza
sua nel vaso , e senza mantenere verun rapporto alia stessa altezza.
3. Neir anno 1787 M.'' Bernard , Direttore aggiunto dell' Osservatorio
di marina a Marsiglia, pubblico a Parigi un libro«ol titolo di Nouveaux
prmcipes d'hydraidique , nel quale la legge della velocita dell' acqua
uscente dai fori aperti nel fondo dei vasi e dedotta dalla legge dei
92 DELLA VELOCITA DELL'aCQUA USCENTE , eCC.
gravi cUscendenti pei piani inclinati. Questa deduzione corrisponde
molto bene a tutte le corabiiiazioni dal foro ininiiuo sino al foro
ruassimo, cioe sino alia totalc naancanza di fondo. Mi sono adoperato
di dare la prova a questa teoria con alcunc csperienze di confronto,
delle quali dar6 una breve relazione , onde questa teoria auche riguar-
data come un' ipotesi fisica serva a riscliiarare senza assurdita le varie
conibinazioni di questi fenomeni.
4. La teoria* di Bernard c questa. I gravi che discendono pei piani
inclinati seguono le leggi del nioto uniformemente accelerate , ma
percorrono spazj minori di quelli die sono percorsi dai gravi libera-
mente cadenti in pari tempo : 1' intensione della gravita e diminuita
ncUa discesa pei piani inclinati , perche una parte di questa forza e
sostenuta dal piano stesso, e un' altra parte soltanto sollecita il grave
alia discesa. Se ^Z) ( Tap. //,^^. //) rappresenta il piano inclinato, la
forza di gravita si distribuisce in due parti , e la loio proporzione e
rappresentata dai lati AF,FD,'\\ primo, cioe 1' altezza del piano, in-
dica la forza soUecitante alia discesa; I'altro, cioe la base dello stesso
piano, indica la forza piemente il piano. Se dal punto F si guidi FB
perpendicolare ad AD , essa indichera lo spazio AB nel piano incli-
nato clie si percorse dal grave nel tempo in cui liberamente cadendo
percorrerebbe lo spazio verticale AF. E percorrendo il grave sul
piano inclinato, lo spazio AB discende tanto quanto se percorresse la
verticale AG limitata dalla perpendicolare BQ sopra AF. E per la geo-
metria essendo AF ., AB y AG in proporzione geometrica continua , e
FA : AG , come il quadrato di AF al quadrato di AB , ovvero per la
somigliiuiza dei triangoli ABF, ADF, come il quadrato di AD al qua-
drato di AF, cioe come il quadrato della lunghezza del piano al qua-
drato deir altezza dello stesso piano : ed essendo il quadrato di AF
eguale al quadrato di AB meno il quadrato di BF, si avra sempre
Tanalogia die lo spazio percorso dal grave libero alio spazio percorso
in pari tempo pel piano inclinato e ridotto alia verticale, cioe AF.AG,
come il quadrato delia lunghezza del piano al quadrato della stessa lun-
ghezza meno il quadrato della base FD. Se si supponga che lo spazio
descritto dal grave libero in un secondo sia di piedi 1 5, e che sia = AF,
DI SIMONE STRATICO. 93
die il piano inclinato sia = 3o , e la base FD del piano sia = i ,
I'analooia sara, iadicando per x la AG, 1 5 : a; : : 900 : 900 - i : : 900 : 899,
onde X- = 14 voo- E se il piano inclinato sia = 3o , e la base = 29,
r analogia sara 1 5 : x- : : 900 : 900 - 841 : : 900 : 69 , onde x — ^^o-
5. Preraesse queste elementari e note proposizioni nccessarie per
riraniediata applicazione die si debbe fame, il senso delle quali e die
il grave pel piano indinato , la cui base e = i , percorre uno spazio
perpend icolare di piedi HsSo* nientre libero percorre piedi i5 in
pari tempo ; e che colla base = 29 percorre discendendo uno spazio
verticale di ^oo ^ piede , nello stesso tempo in cui liberamente ca-
dendo percorrerebbe piedi 1 5 ; si consideri che 1' acqua contenuta in
un vaso , die supporremo verticale , preme con tutto il suo peso il
fondo del vaso stesso quando non vi e foro aperto : preme con una
sua parte il fondo che circonda il foro quand' e aperto , e coU' altra
parte sollecita la massa dell' acqua a discendere. Perciocche non si
muove sqltanto 1' acqua che e direttamente sopra il foro, ma tutta la
massa contenuta nel vaso , di che si ha una dimostrazione evidente
osservando che la superficie dell' acqua nel vaso si abbassa parallela-
mente a se stessa , mentre l' acqua esce pel foro , se non se ne versi
di nuova, onde mantenere nel vaso la medesima altezza. Si puo dun-
que applicare al moto della massa del ^uido nel vaso la stessa legge
die segue il grave discendente pel piano indinato, riguardando il fondo
del vaso come la lunghezza del piano inclinato, il fondo che circonda
il foro come la base dello stesso piano , e il foro come 1' altezza. Laonde
supposto il vaso cilindrico eretto, la cui altezza sia di piedi l5, il
fondo = 3o linee quadrate, o poUici quadrati, o altre tali unita, il foro
uel fondo circolare = 29 di queste unita; e supponendo che I'acqua nel
vaso si mantenga sempre alia costante altezza di piedi i5, si avra la
medesima analogia di prima, e si trovera che la massa d'acqua discende
nel vaso con moto accelerate e pprcorre piedi 14 loo in un minuto
secondo quando il foro e aperto. Ma non potrebbe discendere la massa
d'acqua nel vaso, se non ne uscisse pel foro, e la quantita che esce
pel foro e appunto eguale al solido cilindrico che ha l' altezzza di
piedi I4 9C5, e la base = So. Laonde poiche i cilindii eguali hanno le
94 DELLA VELOCITA DELL' ACQUA USCENTE , ecc.
loro altezze reciproche delle basi, converra moltiplicare piedi 14 1^^ per |^,
onde avere la luiighezza della vena d'acqua clie esce dal foro , e fatta
la nioltiplica, risulta piedi i5|: cioe essendo il foro poco minore del
fondo del vaso , la velocita dell' accjua clie esce dallo stesso e poco
niapigiore di quella clie avrebbe un grave liberaiueme cadente. E se
si supponga il fondo che circonda il foro =29, e il foro :^ i, si ha
per r analogia sopra indicata lo spazio percorso dalla raassa d' acqua
nel vaso = H^. , che moltiplicato per ^p da la kinghezza del cilindro
o vena d'acqua uscente dal foro =29!. La vena d'acqua che esce
dal foro si niuove con moto e(|uabile , ed e noto che il grave libera-
mente cadente , se continua a muoversi equabilmente colla velocita
acquistata al fine dclla caduta , percorre nno spazio doppio di quelle
che ha percorso cadendo liberamente. Poiche dunque la vena d'acqua
si trovo = 29^, essendo 1' acqua nel vaso alta i5, si vede che la
velocita colla quale esce ^ quella che si avvicina alia ragione dimez-
zata dell'altezza, ma alia stessa non si fa eguale, se non clie suppo-
iiendo il foro infinitaniente piccolo , e percib di una quantita trascu-
rabile nel coniputo. In fatti se restando tutte le altre cose pari, si sup-
ponga che il fondo del vaso in vece d' essere = 3o , sia = 3oo , la
vena d' acqua uscente in un niiiiuto secoiido si trova per 1' anzidetta
analogia =29!^; e se il fon^lo stesso si supponga = 3ooo, la vena
risulta della lunghezza di 291^5, cioe la velocita dell' acqua che esce
si accosia senipre piu alia ragione dimezzata dell' altezza.
6. Questa maggiore lunghezza della vena clie esce dallo stesso foro
a niisura che si aumenta il fondo , indica una maggiore quantita di
acqua che si raccoglie in pari tempo. Se tale illazione della proposta
teoria corrisponde all' esperienza, essa ne diviene una prova, e cio e
appunto quello clie io mi sono proposto di osservare. Feci costruire due
vasi prismatici di base quadrata alti ciascuno pollici 40. La base d'uno
aveva interiianiente di lato pollici 9^, I'altro pollici 3. Queste basi erano
di lastra di metallo grossa una linea e ^ , e nel loro centro era aperto
un foro rotondo del diametro di circa 2 pollici , coll' orlo scolpito a
vite per potervi adattare una lastra rotonda dello stesso diametro ,
coll' orlo a vite, e chiudere il detto foro a tenuta d'acqua. In questo
ni SIMONE STRATICO. 9.5
pezzo I'otondo era aperto iiel cciitro im foro circolare di 6 linee di
dianietroi e la lastra iiueniamcnte plana si pareggiava col foiido ,
esteriianieiite era assottigliata iiitorno al foro , cosicche i niargini
riuscivano taglienti, e come se il foro fosse stato aperto iu una lastra
sottile. Ho cosi disposto afTniche la grandezza e le circostanze del foro
fosscro identiche in amendue i vasi , giacclie la lastra rotonda si ap-
plicava air uno e all' altro. Rierapiulo uno de' vasi d'acqua all' altezza
di poUici 40 , e tenendo il foro chiuso con un cuscinetto applicato
esternamente, era pronto un uorao bene addestrato per versare nuova
acqua nei vaso a misura che ne fosse uscita dal foro , osservando il
tempo deir espcrienza con un orologio a secondi. Fatta I'esperienza di
raccogliere I'accjua uscita in 38" dall' uno e dall' altro vaso, si ottenne
la qiuntita di libbre d'acqua 36 dal minore, e libbre 2>j dal maggiore.
Istituendo il computo dell' acqua cbe uscir doveva dal vaso di fondo
maggiore con una vena cilindrica di base eguale al foro del diametro
di linee 6 , e posto che uscisse colla velocita corapetente a 40 poUici
d'altezza , regolata secoudo la proporzione dedotta dall' esposta teoria ,
si ha la quantita di libbre d'acqua 43 , all' incirca , nel tempo dell' espc-
rienza suddetta dal vaso di fondo massiore.
7. Resto veriGcato con questa sperienza cio che altronde era noto,
ed e che i fori scolpiti in lamina sottile danno una sensibile contra-
zione di vena , e in conseguenza una quantita d'acqua minore di quella
che si avrebbe se la vena si mantenesse cihndrica e di una sezione
eguale all' ampiezza del foro. Quindi I'espei'ienza pel mio oggetto non
poteva essere concludente , se non si fosse liberata la vena d'acqua dalla
detta contrazione. Per otteuer cio feci preparare un' altra lastra rotonda
col foro nel centro di 6 linee di diametro , intorno al quale a poca
distanza si elevava una lastra di metallo alta un poUice a guisa d'im-
buto dilatato all' insu. Questo imbuto restava dentro del vaso invitando
la lastra circolare. Alia stessa lastra dalla parte esteriore era saldato
al foro un tubo lungo -un pollice , del diametro di linee 6 esattamente
calibrato. Istituita I'esperienza, si e raccolta dal vaso maggiore in i2>"
la quantita di libbre d' acqua 42 , e dal vaso minore la quantita di
libbre 39. Avendo ripetuta I'esperienza stessa piii volte , ottenni sera-
pre gli stessi prodotti con differenze trascurabili.
96 DELr.\ VELOCITA DELL' ACQUA USCENTE, ecc.
8. Da questa csperienza, chc 11011 fu da altri istituita,si raccoglie ,
I ° che non e 1' assoluta graiiclezza del foro , ma la grandezza dello
stesso rclativa al foiido , dalhi quale dipende, la velocita dell' acqua
usceiite dai fori ; 2.° che la coiitrazione deila vena e niinoie nei vasi
di loiulo minore, poste le altre cose pari; 3.° die quella contrazione
si toglie in niolta parte coll' imbiito interiore e col tubo esteriore ;
4° che detratta la contrazione della vena , si ha maggiore quantita
d' acqua in pari tempo dai vasi di fondo maggiore , restaudo pari le
altre condizioni di altezza d' acqua e di ampiezza di foro; S.° che
in conseguenza la teoria proposta e couforme agli cffetti fisici.
9. Conviene non pertanto diradare due dubbj che facilmente pos-
sono sorgere , uno sulla stessa teoria , l' altro suU' esperienza da me
riferita. Si e detto che la raassa d' acqua contenuta nel vaso discende
tutta quando il foro e aperto con velocita minore di quella del grave
liberaniente cadente, ma colla legge del moto accelerato, e che di cio
lie fa prova la superficie dell' acqua , la quale discende parallela a se
stessa nel vaso a misura che u'esce pel foro. Ora si sa che se nel
vaso vi sia piccola altezza d'acqua, oppure se il foro sia di conside-
rabilc ampiezza rispetto al fondo, o se il fluido sia agitato da altri
moviuienti nel vaso, la superficie dello stesso fluido si conforma a
guisa d' imbuto o di conoide convergente all' ingiu , onde si ha ragione
di dedurre che se anche questo conoide non e discernevole all' occhio,
la superficie di fatto non discenda parallela a se stessa. Ma se si con-
sideri clie tale imbuto e molto espanso e si avvicina sino a confondersi
colla superficie piana quando il foro e miuirao rispetto al fondo , o ,
cio ch'e lo stesso, quando la superficie del fluido e molto ampia, e il
foro e piccolo , si dedurra che se coraparisce I'imbuto quando e pic-
cola r altezza dell' acqua sopra il fondo , cio dipende dai ritardo che
soffre r acqua stessa dall' adercnza al fondo : se comparisce quando
il foro e assai ampio rispetto al fondo , cio si debbe attribuire alia
poca massa che pu6 accorrere dai lati al luogo abhandonato dalla
colonna discendente ; e se comparisce quando il fluido e agitato da
altri movimenti, e evidente che questi stessi turbano i moviraenti e le
direzioni della forza di gravita. L'esperienza sopra esposta dimostra che
DI SIMONE STRATICO. 97
detratta la contrazione della vena, I'acqua che esce e in quantita cor-
I'ispondente alia legge cli gravita , la cui intensione e dimiiiuita nclla
massa die discende nel vaso, come e diminuita n«;l grave discendente
pel piano inclinato. E in generale, comunque sia vero che la superficie
del fluido si disponga a guisa d'irabuto, si potra stabilire che la massa
d'acqua nel vaso cilindrico non sara un cilindro a basi plane , ma a
basi conoidi espanse, una cioe la superiore entrante nella massa del ci-
lindro, I'inl'eriore sporgente, nia che discenderk colie leggi della gravita,
la cui intensione e diminuita , come appunto discenderebbe il grave sul
piano inclinato , se discendendo mutasse alquanto la sua figura.
10. L' altro dubbio 0 suIF esperienza , e se in fatto si possa rifon-
dere I'acqua nel vas6 a misura che ne esce pel foro , in modo che si
mantenga puntualmente il fluido alia stessa altezza. lo pero posso as-
sicurare che si pu6 addestrare un uomo a modo di eseguire esattamente
questo versamento; e posso assicurarlo perche di fatto lo aveva nell' ese-
guire le dette sperienze , e me ne assicuravano i prodotti prossimam ente
eguali delle stesse con trascurabili differenze. Tuttavolta se dovessi ripe-
tere tali esperienze, preferirei la costruzione immaginata da Smeaton, e
da lui praticata nelle sperienze sulle ruote mosse dall' acqua corrente ,
descritte nel volume LI delle Transazioni Jilosoficlie delta Societn reale
cli Londra. Consiste questa costruzione in una tromba aspirante appli-
cata lateralmente al vaso dell' esperienza , per cui con facile raaneggio
si somministra al vaso 1' acqua occorrente a misura che si va votan-
do , come era mestieri nelle sperienze da esso istituite per avere
r acqua sempre alia stessa altezza nel vaso.
11. L'esposta legge dell' viscita dell' acqua dai fori aperti nel fondo
dei vasi si puo applicare ai fori delle trombe prementi ed ai fori
pei zampilli , ed 6 da rimarcarsi come 1' ampiezza del corpo delle
trombe , o il foro dal quale sorge lo zampilJo rispetto all' ampiezza
del recipiente che somministra I'acqua dal fondo possano dare effetti
che non si deducono dalla legge ordinaria delle velocita in ragione
dimezzata delle altezze.
12. Tento lo stesso Bernard di applicare la sua teoria anche ai
fori aperti nei lati verticali dei vasi , investigando nelle pareti stesse
Vol. U. P. JI. i3
95 DELLA VEIiOCITA DELl'ACQUA LSCENTE , CCC.
una misura cli superficie eguale a qucUa del fondo , e quindi facendo
le stesse dediizioni. Ma cio non poteva riuscire. II paradosso idrostatico
iiitorno alia pressione dei fluidi rende vano questo tentative. In un
\aso oubico ripieuo d'acqua diacciata e non aderente ai lati il fondo
sostiene la pressione di tutto il peso del cubo. Se il diaccio sia sciolto,
la pressione della stessa quantita di materia ridotta fluida e tripla del
peso della stessa acqua , perche il fondo sostiene la pressione di tutta
la niassa , e ciascuna faccia del cubo sostiene una pressione eguale
alia metu del peso deir acqua stessa. £ cliiaro adunque die sarebbe
assurdo il volcr assegnare in una fiicciata del cubo una superficie la
quale sostenesse una pressione dall' acqua eguale a quella del fondo :
le stesse o siinili assurdita si presentano in altre forme di vasi.
1 3. Ma inoltre il foro aperto nella faccia o parete verticale del vaso
non puo dare uscita all' acqua colla velocita ragguagliata alia radice
dell'altezza, se esso non e infinitamente piccolo in altezza. Percioccbe se
Taltezza verticale del foro ha una ragione finita all' altezza dell' acqua nel
vaso , la parte di gravita sostenuta dalla sezione del vaso clie fa le veci
di fondo orizzontale sara diversa nei varj punti della stessa altezza, e
quindi sara diversa la massa dell' acqua incurabente suUa sezione orizzon-
tale corrispondente a ciascun punto. La pressione che esei;cita il fluido
nelle pareti dei vasi serve insieme a mutare la direzione della vena , ed
a sollecitare I'uscita dipendente dalla gravita del fluido , la quale e la
forza per cui egli esce dal foro minimo colla velocita ragguagliata alia
sudduplicata dell' altezza. La pressione laterale fa die il fluido esca oriz-
zontalmente, perche ogni pressione opera perpendicolarmente al corpo
premuto : e questa direzione poi combinata con quella della gravita fa
che il fluido esca formaudo una curva. Non potendo pertanto I'uscita
dei fluidi dai fori aperti nelle pareti verticali seguire la legge della
dimezzata delle altezze, se non die nel caso die il foro sia di altezza
infinitamente piccola , gl' idroraetri assai ingegnosamente vi hanno ap-
pUcato la scala parabolica , siccome e nolo , la quale in pratica presta
comodo uso per la misura delle erogazioni : oppure per quest' oggetto
assegnano le altezze delle bocclie di erogazione possibilmente piccole,
auiuentando ove occorre la base orizzontale della bocca stessa.
OSSERVAZIONE DI UN GLOSSOCELE
O SIA
PROCIDENZA Dl LINGUA
DI
GIOVANNI BATTISTA PALLETTA.
(S^
^j^nMo.
iAoN sono per buona sorte raolto frequenti gl' ingrossamenti e gli
allungamenti della lingua dipendenti per lo piii da infiaramamento, da
ingorgo pituitoso o catarrale , ovvero da abuso di sostauze mercuriali.
Nessiina di queste cause riconosce rallungamento di lingua che sono
per descrivere.
La madre della ragazza , che e il soggetto dell' osservazione , ebbe
in gravidanza uno spavento per motivo di alcuni soldati che la inse-
guivano. Dopo la nascita parve che la figlia avesse 1' estreniita della
lingua alquanto piii grossa del naturale ; la mammana le sciolse lo
scilinguagnolo , uon si sa per qual ragione. La figlia prese latte per
ben due anni , ed in appresso si accostum6 a succiarsi le dita. Gli
accadde che per alcuni funghetti alzatisi suUa superficie della lingua
i genitori iinpresero a strofinarli con pannolano bagnato , e forse troppo
grossolano, ruvido. Da tutti questi motivi sembra avere avuto originc
100 OSSERVAZIONE DI UN GL0S30CELE
raccrescimcnto dell' apice e del corpo della lingua , e lo stato morboso
di sua superficie, perche le afte scomparivauo sul principio e ricom-
parivano a vicenda, finclie degenerarono iji croste ed in fessure che
tuttora rimangono visibili.
Questa ragazza oraiuai delF eta di cjuattordici anni nata in Fino ,
villaggio sulla strada postale di Conao, mi f'u presentata il 3 maggio
iSii.La lingua allungata per ben tie pollici traversi fuori delle lab-
bra pendeva in basso sino alia base del mento ( Tav. IV, fg. I e II).
La tessitura e la conforniazione era presso a poco quella del restante
della lingua , se non che alia superficie era qua e \k intagliata come
se fosse stata fessa. Colando continuamente molta scialiva dalla bocca,
deponevasi sopra i denti incisivi della mascella inferiore uno strato
di materia tartareo-calcare, che dal lato della lingua era assai liscio
e convesso , adattandosi alia curvita della medesima , e sopra i denti
si adattava a guisa di astuccio , ricoprendone le due superficie in-
terna ed esterna senza pero attaccarvisi molto ; per il che tratto tratto
cadevano dei pezzetti , die venivano raccolti dal sue genitore.
Del riraanente la ragazza parla in raodo da essere facilmente in-
tesa , e si nutre di tutti i cibi che somministra la mensa villica. II
padre, che non voile esporre la figlia ad alcun cimento , la ricondusse
a Fino ; ed ottenuti da lui alcuni pezzetti delle incrostazioni scialivali,
pregai il valoroso signor Porati acci6 si compiacesse di fame I'analisi.
Essendo poca la materia, egli non ha potato variare le operazioni
chimiche, e dall' assaggio che ne ha fatto risulta che tale deposizione
scialivale e composta di molto muco e di fosfato calcare simile a quelle
delle ossa, talclie non avendo egli saputo da qual parte io avessi
estratta la materia , tenne per fermo che fosse un' incrostazione
ossea.
Frattanto per mezzo di un araico procurai di sapere se la ragazza,
attesa la gran perdita di scialiva , sofFrisse nella digestione ; mi fu
risposto che di quando in quando andava soggetta a vomito , e piu
di frequente quando pascevasi di cibi grossolani ; ma se nutrivasi di
vivande dilicate ed in poca quantita , di rado veniva inquietata da
vomito.
Dl GIOVANNI BATTISTA PALLETTA. lOI
Lo stesso amico mi riferisce che quando iiicomincia la stagione dei
frutti , dei quali , ed iminaturi , in gran copia si ciba la ragazza , la
sostanza terrosa che vi e sopra i denti sparisce, e ricorapare quando
non ha piii ii mezzo di satollarsi di frutti.
Quest' osservazione dovrebbe servire di ammaestramento ai gcni-
tori di non lasciar contrarre abitudini cattive ai loro figliuoli , le
quali sovcntcmente non si possono cancellare per tutto il corso della
loro vita.
Se il contadino mi avesse affidata la ragazza , ovvero se in Fino vi
fosse stato un soggetto capace di dirigere I'esecuzione , io mi proponeva
di far rientrare la lingua nel cavo della bocca , di chiudere le mascelle,
e di mantenervele serrate con bendaggio fino alle ore opportune per
prendere cibo ; di farle tenere in bocca I'aceto , acqua alluminosa , di
querela o altro che potesse in qualche modo far ristringere le parti
troppo rilassate.
I fisiologi modevni sostengono che Tuso della sciallva sia di uraettare,
di penetrare e disciogliere il bolo alimentare, di radunar le molecole
divise , e d' imprimere loro il primo grado di alterazione. Di piu essi
tengono per certo che agitata la scialiva durante la masticazione as-
sorba I'ossigeno, e riraescoli una data quantita di esso cogli alimenti,
che poi debba concorrere ad effettuare gli ulteriori caiigiaraenti nella
pasta alimentare.
Essendo provato che il fosfato calcare esiste sospeso nella scialiva, si
puo ragionevolmente infei'ire che essa abbia un altro uso nell' economia
animale oltre I'anzidetto. Questo sarebbe di somministrare il fosfato cal-
tareo piu puro , piu elaborato, e per cosi dire animalizzato al circolo del
sangue, mentre si separa in maggior copia I'umor salivale, e viene mi-
schiato ai cibi durante la masticazione. Ma anche fuori del tempo della ma-
sticazione Ta scialiva fu sempre riguardata per un umore non affatto escre-
mentizio, e per lo meno sempre necessario alia prima digestione. II solfato
cosi |)reparato e ralEnato per via degli organi glandulari non v'ha dubbio
che riescira piii idoneo per essere depositato sulle ossa e suUe altre parti
solide per riempiere le lacune e per costituire quella cquabile soliditk
e sodezza che e propria a cadauna specie delle cosi dette parti dure
102 O3SERVAZI0NE DI UN GLOSSOCELE ecc.
e molli. E mentre questo solfiuo serve alia riparazione di quelle che
pcrdesi per via delle esci-ezioni, e specialraente dell' orina, altro solfato
si va cstraendo dal chilo, che soggiace alle stesse niutazioni e prepa-
razioiii del salivare. lo non lio che accennata questa mia opiuione ;
egli spetta ai fisiologi il corrodarla di prove convincenti, onde sia ri-
cevuta come verita appartenente alia fiisica aniraale.
.#•
i i
4f
SUL CORSO DEL FlUME PO
DI
PIETRO COSSALI.
/\.L tempo cU Annibale il Po teneva il suo corso un miglio e mezzo
romano, cioe tese parigine ii34, lomano da Piacenza alia parte del
nord, poiche tale ei'a la distanza del Porto od Emporio Piacentlno , che
il Cartagiiiese Generalc ommise di sorpreiidere. E nel medio evo siis-
sisteva ancora la via Romaiia , che dalla citta conduceva ad esso porto,
come apparisce da un Diploma dell' anno 879 pubblicato dal Carapi
nella Storia Eccl. di Piacenza , tomo i." Dalle mura della citta stessa
scendeva nel Po un fiume chiamato Pons Augusti , x'lcco nel suo letto
di sorgenti si abbondanti che lo rendevano navigabile con grande
vantaggio della citta medesima. Nel secolo XIV, per quanto riferisce
una Cronaca Piacentina inserita nel tomo 16." della grande raccolta
Rerum. Italicarum Scriptores , pag. 56 1 , veniva a cadere in tal fiume
parte delle acque del Po e parte di quelle della Trebbia. Indi a poco
a poco alzando vie maggiormente il Po il suo letto sopra del fondo
di esso fiume, vi si getto con tutte le sue acque, ed allargandolo con-
venientemente fecelo fijndo suo , accostandosi in conseguenza alle mura
delta citta.
Quinci in progresso avvenne die presso al 1697 trovaronsi le mura
stesse si vicine alle minacce del Po, die i cittadini piacentini pensa-
rono seriameute ad opporvi le difese dell' arte , e v' impegnarono il
I 04 SUL C0U50 DEL FIUJIE PO
Duca Fariiese Francesco. Laonde raccolti i progetti die venivano esi-
biti , furono trasniessi a nome di esso Duca al celebre Domenico Gu-
gliclmini , acciocclie giudicasse del migliore. Tale giudico cgli un ta-
glio clie cougiuiigesse le due piinte di una gran lunata sulla sinistra
del Po al luogo detto del Mezzanino, poco sopra Piacenza, dalla quale
r acqua ripercossa gettavasi a corrodere la ripa sotto le mura della
citta ; preniettendo per6 al giudizio di esser poco pracico del paese, noii
mai da hd vediuo che di passaggio e senza alcana delle consider azioni
necessarie ; spargendolo di condizioni , riguardo ai fondi , da previa-
mente vei"ificarsi ; e terniinando coUa clausola : quando il taglio sia
fcutibde e di una spesa tollerahile. Qualunque ne fosse la cagione , o
quella di avere nell' esame de' fondi riconosciuti degli obbietti al taglio,
o quella di una troppo grave spesa, trovasi poco dopo dell' anno 1697
una scrittura intitolata Riparo alle corrosioni del Po proposto dal Padre
Macrini e dal signor Doctore Cugllelmini. Consiste questo riparo in tre
pennelli a piraniide triangolare, conficcata nella ripa con una base di
braccia piacentine 60 nel lato orizzontale posato sul fondo giusta la
direzione della ripa stessa , e di braccia 1 4 in altezza , e tirata verso
il mezzo del fiume nella lunghezza di braccia 80 perpendicolarmente
alia jipa medesiraa, con una faccia stesa sul letto del fiume, e colle
altre due sorgenti obbliquamente a modo di due piani inclinati , I'una
volta contro la corrente , 1' altra a seconda di essa , ed imite in una
costa rimanente in alto, ma discendente pel lungo dal vertice della
base triangolare incastrata nella ripa a seppellirsi in un colla punta
della piraniide nel fiume. La disposizione delle tre piramidi lungo la
ripa desti'a presso le mura della citta si fu cogl' intervalli di trabuc-
chi 288 tra la prima e la seconda, e 270 tra la seconda e la terza.
n materiale di ciascuna piramide e di prismi di smalto, detti can-
toni , fatti di ghiaja e calce viva , colla base a triangolo eqnilatero del
lato di un braccio e lunglii braccia tre. Per formarli si prescrive nella
scrittura di scavare per ciasclieduno una fossetta larga nella saperficie
del terreno un braccio, e scendente obbliquamente un altro braccio e
terminante in una linea, di riempiria di ghiaja e calce viva di tutta
perfezione , e lasciar la mistura coperta di terra e sepolta sinche siasi
DI PIETRO COSSALI. ic5
ben bene coiisolidata. II Frisi prese un grantle abbaglio nello scrivere .
nel toino 2.° delle sue opere,capo Dei diversm delle picne , delle roue
e rfei ripari del fiumi, che i grandiosi pennelli fahbricati a Piacenza per
opera del Guglielminl suUa riva del Po sono tutti di- cotto , e sortono dalla
riva ad angolo rett.o , e poi verso la punta si piegano ad angolo aciuo
a seconda della corrente. E nou solaniente e falso che rjuci pennelli
siano di cotto , ma falso pure si ricouosce pel dctto di sopra ciie
considerar si debbano cjual opera del solo Guglielmini , portando la
scriitura in fronte il nome eziandio , c ben in primo luogo del Pa-
dre Macrini. E falso e per terzo die i pennelli piegar dovessero nella
punta ad angolo acuto a seconda della corrente.
II tcrzo peunello o sia il piii inferiore di essi divenne presto inu-
tile , ritirandosi il Po verso la sinistra , e lasciandolo nell' alluvione ,
che ridotta venne a -prato. La ripa tra i pennelli primo e secondo
era presso che nella retta in cui era stata posta nell' anno 1697 della
fabbrica dei pennelli , quando io la vidi 1' anno 1 786. Ma il primo
pennello trovavasi mozzato e tutto sconcertato con gran vortice alia
intestatura e viva corrosione nella ripa superiore. EfFetti si ex'an questi
del progressivo incurvamento della lunata al Mezzanino giunta ad
avere 860 e piii trabucchi di saetta in ii5o di corda. Per tali effetti
essendosi eccitati nuovi gravi tiraori ne' Piacentini, cd avendoli csposti
all' ottimo Duca D. Ferdinando di Borbone , questi chiaino soUecito
da Verona il marzo dell' anno 1778 il Lorgna a proporre rimcdio.
La proposta fu di effettuare il taglio di rettificazione progettato gia
nei primi timori al fine del secolo antecedente ed agli altri progetti
tutti dapprima, colle condizioni per6 esposte , preferito dal Guglielmini.
La spesa si valut6 , e si diede ad impresa per la somma di sei mila
zecchini ; ma essendo andate a male le operazioni , ed essendosi piii
volte inutilraente rinnovate, il dispendio monto a zecchini ben trentasei
mila, senza il desiderato intento d' incanalarc , pel divisato taglio, il Po.
Nati percio forti riclami e conflitti , il Duca invit6 da Torino Fran-
cesco IMiclielotti , e da Ferrara Luigi Passega, e ad essi, arrivati nel
settembre del 1786, aggiunse me pochc settimane prima giunto da
Verona alia cattedra di fisica che couferita mi avea , iraponendoci
Vol. II. P. II. 14
lo6 SUL CORSO DEL riDSIE PO
un diligente esame'dell' affarc. Varie cagioni e locali circostanze co-
nobbiiuo aver cooperate a distriiggere i tentativi, le quali io descrissi
con precisioiie in una estesa relazione. Ma la potissima si fu V aver
condotto per 460 trabucchi il taglio su d' un fondo cli' era stato altra
volta fondo di Po , nia clie la Trebbia ivi sboccante avea riempiuto
de' suoi grossi eassi intrasportabili dalla corrente del Po. Si fece questo
raziocinio : il Po vi 6 stato ; dunque vi si puo restituire. E si doveva
ragionare contrarianiente : il Po vi e stato ; ma venne cacciato a sas-
sate dalla Trebbia ; dunque e impossibile ricondurvelo , od almeno
inutile , peixlie non poti'a a lungo limanervi , tornando la Trebbia a
rienipiere il fondo, ed obbligando di nuovo il fiunie a piegare altrove
il corso. Di fatto , di trabucchi 700, che forraavano la lunghezza del
taglio , nei 224 superiori di terreno cedente le acque introdotte sca-
vato avevano a snfHciente profondita; ma all' incontrai'e il monte di
sassi dclla Trebbia logati insienie in duro tarso per la belletta del Po,
indarno esercitate aveano le forze loro per ismuoverlo , e ripercosse
ed obbligate a riagire sopra di se medesime, altro fatto non avevano
che scavare a' pie del monte stesso un gorgo; onde ne veniva die
il U'atto dair imboccatura del taglio al punto dove sorgeva esso monte
non era realmente dal fondo suo alia cresta del medesimo monte che
uno stagno , e non poteasi propx'iamente considerar per corrente che
quel pill d'acqua, che superando il monte stesso proseguiva lunghesso
il corso. Qiiinci tutto ci6 che aspcttar si poteva era una delle due ;
o che finalmente si stabilisse in idraulico senso , e vale dire che ter-
minando il Po di corrodere pel bilanciaraento della sua obliqua azione
colla resistenza della ripa , si riducesse a stabile curva la lunata del
Mezzanino; o che il fiurae si facesse da se un taglio per via migliore
di quella che gli si era tracciata, gettandosi piii a sinistra addentro
la grande isola boschiva di S. Sisto situata nell' area della lunata , ed
attravcrsandola in una linea lontana alquanto da quel monte di sassi.
Questo secondo e stato il successo. Ma I'effetto che n' e seguito si e
stato il volgersi il filone in una direzione , per la quale si e ]>ortato
a corrodere la ripa tra il prinio ed il secondo pennello , che dull' e-
poca della loro costruzione per sociale disegno del Padre IMacriui e
DI PIETRO COSSALI. I07
del Dottor Guglielraini sino al 1786, per lo spazio cioe di ottantariove
antii , goduto aveva il privilegio di rirnanere intatta. A suo danno si
aggiunse eziaudio che essendosi alia sinistra del Po , per 1' allontana-
meiito del fdone , diininuita I'altezza dell' acqua in modo di non poter
approssimare alia ripa il porto , si penso a fabbricare di prismi , poco
sotto al panto opposto al sccondo penncUo , una strada da cssa ripa
sinistra stendentesi cntro il fiuinc sin dove nelle acque piii magre re-
stava un' altezza di esse sufficiente pel moto del porto ; onde , facendo
(essa strada rufficio di un contrappennello , il Po si trov6 strangolato ,
ed il filone ripercosso dalla ripa destra , intermedia al primo ed al
secondo pennello , costretto a ripiegarsi su di se medesiino , ed agire
pill vigorosamente contro la ripa stessa e piii vivatnente corroderla.
Cadence del pelo d'acqua , velocita di corso , larghezza di sezione ,
portata d' acqua del Po presso Piacenza.
Cadente del pelo d'acqua. Avendo livellato per trabucchi i5i2 in
tutto da Contrebbia , luogo igSo trabucchi sopra il principio delle
mura di Piacenza sino aU'imboccatura del taglio , e da questa sino
a trabucchi 84 di sotto alio sbocco di esso , si e trovata la cadenza
del pelo d' acqua di braccia 3 , once 2 , punti o linee 2,
VeLocita di corso. II Po era in acque magre , ma non magrissime ,
ed al giudizio de' pratici del luogo aveva un braccio d' acqua sopra
le acque magrissime. L' altezza pertanto nel filone era di braccia 7 ,
once 5 , punti 3. Al filone commesso un galleggiante corse in minuti
secondi 68 braccia 180, dal che si deduce il corso di braccia 2,65
per ogni minuto secondo.
Larghezza delta sezione. Fu presa alia casa Paveri nel corno inferiore
della lunata di Mezzanino , e trigonometricamente operando si trovo
di trabucchi 90 , braccia 4,5 o sia di braccia 544,5.
Portata d'acqua. In essa sezione si misurarono collo scandaglio quin-
dici perpcndicolari , la massima delle quali nel filone si trov6 di brac-
cia 7, once 5, punti 3. Con queste quindici perpcndicolari io format
due triangoli alle ripe e quattordici trapezj, ciascun de' quali divisi
I08 SUL CORSO DKL FIUME PO
in un rettanciolo cd in iiii tiianp;oIo. E supponendo la Velocita crescentc
dalla superficie al fondo in ragiou sudduplicata delle ascisse della pa-
rabola sotto il Venice deterniiiiato pci* la velocita supevficiale , coU' use
del calcolo intcp,rale computai la cpiantita d' acqua in un minuto se-
condo passante per ogni rettangolo e per ogni triangolo , c raccolte
in una'sorania le quantita, trovai la quantita d' acqua passante in uu
minuto secondo per tutta la sezione di braccia cubiche piacentine 2,9568.
Si deve a qnesta aggiungere la qnantita d'acqna passante in un minuto
secondo per ogni sezione del taglio della tentata retiificazione, che
con simili computi fii da me trovaia di braccia cubiclie piacentine 192,
essendo la velocita dell' acqua in superficie di f di braccio , la massi-
ma altezza di one* 8 , punii 5 , e la largliezza della sezione presa sul
monte di sassi di braccia 1 10. Cosi la portata d' acqua del Po in allora,
cioe in istato d' acqne un braccio solo piii altc delle magrissime , mi
risulto di braccia cubiche piacentine 29760. Questa portata di un mi-
nute secondo moltiplicata per 81556926 , quanti sono i secondi in un
anno ti-opico , monta a braccia cubiche piacentine 939134,117760.
II Buffon neir articolo X delle prove della Teoria della Terra inti-
tolato Dc Fiumi volendo calcolare la quantita dell' accpia che I'Oceano
riceve dai iiumi , e prendendo per base quella che soniministra al
Mediterraneo il Po , si appoggia al computo del Riccioli , il quale at-
tribuendo al Po una sezione di pertiche bolognesi 100, ognuna di
piedi bolognesi 10, e 1' altezza ragguagliata di una pertica in tutta la
sezione ad una velocita di 4 miglia , o di pertiche bolognesi 2000
per ora , suppose questa velocita la stessa in tutti i punti si dell' al-
tezza che della larghezza ; con che il calcolo della portata del Po in
un' ora si rende facihssimo , riducendosi al calcolo di un parallelepi-
ped© avente per un lato della base 100 pertiche, per altro lato una
pertica , e per lunghezza 2000 pertiche , e non avendosi a far altro
per deterniinare il volume, che moltiplicare 100 per i, dal che risulta
la sezione, che e la base del parallelepipedo, di 100 pertiche quadrate,
e poi moltiplicare di nuovo per 2000, il che da 200000 pertiche cu-
biche bolognesi pel volume del parallelepipedo, o sia la portata del
Po in un'ora. e conseguentemente piedi cubici bolognesi 200,000000.
DI PIETRO COSSALr. 1 O9
• E volentlo la portata in un anno tropico , basta iiistituire la seguente
proporzione : 3 600 secoiuli , quaiiti compongono iiii' ora , a piedi cu-
bic! 200,000000, come sccondi 81,556926 alia portata in un anno
tropico ; onde moltiplicando per la rcgola aurea 200,000000 per
81,556926, e dividendo per 36oo, si trova la portata d'acqua del Po
giusta i supposti dclRiccioli di piedi cubici bolognesi 1,753162, 555555.
Lo Zendrini avendo misurata la sezione del Po al Lagoscuro , la
trovo dclla larghezza di piedi bolognesi 720. Egli pone per minima
ra^uagliata altczza in quel luogo da osservazioni dedotta piedi 12^
e per massima nelle piene 29 , onde inferisce per media V altezza di
piedi 2G. SuUe sperienze del Montanari c sulle sue in compagnia di
altri idraulici stabiiisce la velocita del Po in quel luogo nel caso della
minima altezza di pertiche di Bologna 5oo all' ora; e per mezzo di
una rcgola clie, al dir suo, si accosta piu delle altre alle osservazio-
ni, e cousiste in prendere le velocita e nella semplice ragione delle
altezze , e nella sudduplicata delle medesime , somraare i risultati, e
di tal somma pigliare la raeta, argomenta la velocita del Po in quel
luogo neir altezza media piedi 20 di pertiche 789, o sia piedi 7890
per ora , ed intende , similmente die gia il Riccioli , per tal velocita
una velocita ragguagliata da cousiderarsi la stessa in tutta la lungliezza
ed in tutta 1' altezza ragguagliata della sezione. Laonde moltiplicando
720 per 20, e poi per 7890, ne proviene la portata d'acqua oraria di
piedi cubici bologuesi 106,416000.
E moltiplicando questa per 81,566926, e dividendo il prodotto
per 3600, risulta per portata del Po in un anno tropico piedi cubici
bolognesi 93282,278560.
Se si confronti questa con quella determinata sui fondamenti del
Riccioli , vedesi clie e poco piii della meta di essa.
Rapporto delle misure.
11 Manfredi nella sua opera De Cnomone Meridiano Bononicnsi ,
capo II, ci fa sapere che il Cassini misurandone 1' altezza , la trovo
di piedi bolognesi 71, once 5 , o sia di once 857; e che avendola
I 10 SUL CORSO DEL FIUME PO
poi divisa in i oo parti , si scopri die ogni centesima parte si ugua-
gliava a lo pollici parigini, e tutta Taltezza a looo. Dunque il pol-
lice parigino sta all'oncia bolognese, e cosi il piede parigino al piede
bolognese nella ragione di 867 a 1000. Se giusta il piu comune uso
il piede di Parigi si esprima pel numero 1 440 di decimi di linea , si
trova il corrispoiideiite numero esprimente il piede o braccio bolo-
gnese essere 1 680.
II Cristiani nel suo libro Delle Afisure, posto il piede parigino di 1440
parti , pone il piede o braccio di Piacenza di parti 2o83 , e lo distin-
gue coir astorisco per significare di averlo egli stesso confrontato col
piede di Parigi , del quale nella tavola prima esibisce impressa in carta
ad asciutto la meta , die io trovo convenire colla meta del piede da
me rilevato in lamina d'acciajo dalla tesa in grande lastra clie sta
nella specola di Milano.
Sono dunque i piedi parigino, bolognese, piacentino tra loro in lun-
ghezza come i numeri 1440 .... 1680 .... 2o83.
E qninci poi i piedi quadrati di Parigi, di Bologna, di Piacenza come i
qnadrati di essi nuraeri, cioe come 2,078600 . . . 2,822400 . . . 4,388889;
i quali peio , riferendosi alle centesime parti quadrate di linea, ristri-
gner si possono ai numeri 20786 .... 28224 .... 48889.
Elevando al cubo i numeri 1440, 1680, 2088, si lianno i piedi
cubici parigino, bolognese, piacentino come i numeri 2986,984000
4061,682000 .... 9037,905787; i quali, relativi essendo alle niillesime
parti cubiclie di linea, ridurre si possono ai numeri 2,985984....
4,061682 .... 9,087906.
Per le quali cose le portate del Po in un anno tropico calcolate secondo
i principj e supposti del Riccioli, dello Zendrini e miei, tradotte da piedi
cubici bolognesi e piacentini a piedi cubici parigini , vengono ad essere :
Portata del Po in un anno tropico. Piedi cubici parigini.
Secondo i fondamenti del Riccioli 2,884708,101866.
Secondo quelli dello Zendrini 1,268855,646947.-
Secondo i miei 2,842549,015241.
DI PIETRO COSSALI. 1 I I
DiJJerenza dalla minima alia massima altezza del Po.
Si e veduto che lo Zendrini assegna per minima altezza del Po al
Lagoscuro piedi 12 bolognesi, e per massima piedi 29,1a quale non
arriva ad essere due volte e mezzo la minima. Ben diversamente il
Frisi nel citato volume 2 ° delle sue opere, parte 2.' della Mcccanica,
libro i.° della Ttoria generale de'fiumi, cap. 10 DelC origine dai fuimi,
e delle cause e dei fenomeni delle piene , assercndo che il Po nelle sue
piene ordinarie cresce qucatro volte di altezza; donde ne deduce che in
uguale larghezza d' aheo ed in ugual tempo dovrebhe esso portare otto
volte piu. d' acqua nelle sue piene che nello stato ordinario di bassezza.
E prosegue : a cid aggiungendo V allargamento grande del letto , e rijlet-
tendo che il Po ha due o tre piene V anno , che qualche volta le piene
durano sino a trenta e quaranta giorni, e che vi sono molte altre mezze
piene , si farCi manifesto che V acqua delle piene , cioe quella che certa-
mente proviene dalle piogge e dalle nevi, supera di gran lunga la quan-
$ita delC aUra che ha il Po nello stato ordinario.
Pendenza del letto della Trehbia.
Livellato avendo il letto della Trebbia per trabucchi piacentini 1 649
dai piloni dell' antico ponte sino alio sbocco in Po, e risultata la pen-
denza di braccia piacentine 28, once i, punti 7. A determinare quanta
ragguagliatamente venga ad essere per miglio geografico, riflettasi che
miglia 60 geografiche formano im grado equatoriale, come parimente
lo formano leglie 26 di tese 2288 I'una-, onde moltiplicando 2288
per 25, e dividendo il prodotto per 60, o piu semplicemente mol-
tipFtcando per 5, e dividendo per 2, ritrovasi il miglio geografico di
tese 9$ 1, 25. Si moltiplichino poi queste per ^^ rapporto del piede
parigino al piede o braccio piacentino, e cosi pure della tesa parigina al
trabucco piacentino, e si trovera 657,6 essere il numero di trabucchi pia-
centini formanti il miglio geografico, Onde poi si ricaverala pendenza della
Trebbia per miglio nel tratto dei piloni dell'antico ponte alio sbocco in Po
braccia piacent. 1 1, once 2, punti 7,4 i piedi parig. 16, poll, i, linee 8,8.
112 SUL CORSO DEL FIUME PO
Confronto della pendenza del letto delta Trehhia
colla ' cadence del pelo d'acqua del Po.
Ilo detto sopra die la cadente del pelo d'acqua del Po iiitorno alio
sbocco della Trebbia in esso era , in tempo d' acque un braccio pia-
centiuo solo piii alto delle magrissime, di braccia piacentine 3, once 2,
punti a in trabucchi i522. Quinci con calcoli simili a quelli per la
pendenza niigliare del letto della Trebbia si ricava la cadente del pelo
d" acqua del Po per miglio in quel luogo cd in quello stato d' acque
braccia piac. i, once 4, punti 6; piedi parig. i, poll. 11, linee 10,2.
E paragonando questa cadente del pelo d' acqua del Po colla pen-
denza del letto della Trebbia , trovasi la prima alia seconda in ragione
del numero 286 al numcro aSSy, c conseguentemente in minor ra-
gione di I ad 8.
Laonde si fa palese qual esser debba la rapidita del torrente Treb-
bia , quali grosse materie e pesanti sassi 'di portar sia capace, intras-
portabili dal Po, e con qual impeto in esso precipitare ed urtar debba.
Non posso pertanto non maravigliarmi die il gran maestro dell' i-
draulica, Gtiglieliniiii, neli'esarae dei progetti a lui trasmessi per arrestare
la corrosione del Po presso Piacenza in un cogli obbietti die gli autori
gli uni agli altri si moveano , facendosi a disciitere 1' obbietto contro
il taglio di rettificazione desunto dalla difficolta clie avrebbe incontrato
il Po condotto attraverso il sassoso letto della Trebbia a profondarvisi ,
stimi di scioglierlo con rispondcre cosi : se le acque di Trebbia ba-
stano da se sole a spignere avanti le ghiaje della grossezza die ivi
si trova , quanto piii potranno farlo accoinpagnate a quelle die ver-
rebbero pel taglio? Quantunque la Trebbia urti nelle sue piene con
grande impeto il Po , per la gran mole per6 delle acque del Po ,
sopra le quali dcve dividersi 1' impeto , e evidente die la velocita
composta risultante nolle acque miste della Trebbia e del Po deve
essere di gran lunga minore die prima nelle acque sole della Treb-
bia , e die mancando nel letto del Po la gran pendenza propria del
letto della Trebbia, uon vi ha ragione di dedurre , anzi si riconosce
Dl PIETRO COSSALI. 1 1 3
jmpossibile clie il corpo d'acque misto trasporti i grossi sassi portati
sino alio sbocco della Trebbia. Sicurameate igiiorava il Guglielniini
r insigne peudeuza del letto della Trebbia , e 1' insignc difFerenza
tra essa e la cadente del pelo d'acqua del Po nello stesso luogo. Non
so vedere alti'a scusa pel peccante suo raziocinio.
Ho calcolato la cadciite del pelo d' acqua del Po pel taglio di ret-
tificazione per diiuostrare clie, non ostante I'abbreviaraento della via,
restava tra essa cadente e la pendenza del letto della Trebbia una
grande differenza. Se ora consideriamo il caramiiio del Po per la vasta^
lunata del Mezzanino, i trabucchi i522, pei quali abbiamo veduto il
pelo deir acqua del Po cader di braccia 3, once 2, punti 2, si conver-
tono in trabucchi 3oo4 , donde si cava la cadente del pelo d' acqua
del Po per miglio nella lunata detta in quel tempo , o sia in quello
state d'acque magre braccia piacentine o, once 8, punti 4,2; pdedi
parigini i, pollici o, linee 0,9.
APPENDICE.
Non rechi raaraviglia la grande pendenza del letto della Trebbia ,
essendo assai piccola in confronto della pendenza della Baganza.
Pendenza del letto della Baganza.
In una commissione dell' ottimo Ferdinando Duca impostami a pro-
prio suo lume , rispetto a certa dilicata ed acre controversia , livellai
620 pertiche parmigiane del letto della Baganza, cominciando dal luogo
detto il Fornello, e passando avanti la chiesa di S. Vitale di Baganza.
La caduta risult6 di braccia 42, once 10,75, ovvero once 5 14,75.
II braccio parmigiano e in raisura di Parigi piedi i , pollici 8 , li-
nee 2, o sia linee 242 ; onde essendo il piede parigino di linee 144,
la ragione del piede di Parigi al braccio di Parma e quella di 144
a 242 , od in termini piii semplici di 72 a 121 j e cosi parimente la
Vol. JI. P. II. J 5
I 1 4 SUL C0R5O DEL FIUME PO , ecc.
ragione della tesa parigina alia pertica parmigiana. Quinci il miglio
geografico , che 6 di tese parigine 95i,25, trovasi essere pertiche
parinigiane 566,o33. Donde ricavasi la pendenza della Bagaaza al
liiogo detto in uii miglio di braccia parniigiane 89, once o, punti 2,26;
piedi parigini 62, pollici 2, linee 8,3.
S' iramagini la furia del torrente in piena e la grossezza de' sassi
trasportati. lo ne ho veduti pel letto di quclli che erano piii lunghi
d'lin braccio, e computando lunghezza, larghezza, altezza, forma vano
un braccio cubico ed oltre , e per conseguenza piii di piedi cubici
parigini 4,7. S. Vitale di Bagauza, dove io ho visitato il torrente, non
•e lontano da Parma che raiglia i o ; ed esso torrente raette nel tor-
rente Parma al ponte Dattero poco fuori della Porta Nuova al Castello
vicina. i i.it «<
Essendo il piede lineare di Parigi al braccio lineare di Parma come
72 a 121 ,
II piede quadrato di Parigi sta al braccio quadrato di Parma come
5184 a 14641 ;
Ed il piede cubico di Parigi al braccio cubico di Parma come
378248 a 2785690.
COMPEN DIO
DELLA
teorica delle mine
DI
ANTONIO CACCIANINO.
J.L priaciplo a cui s' appoggia la spiegazione degli effetti operati
dallo scoppio delle mine e quelle stesso per cui spiegasi come succeda
la rottura de' corpi cagiouata da forze le quali risiedano in qualche
spazio interno de' medesimi , ed agiscano in direzione perpendicolare
ad alcuna delle superficie di loro. Nell' ipotesi dei corpi rigidi nessun
effetto delle forze spiiigeiiti precede quello della loro rottura , e la
resistenza clie essi presentano e uguale al prodotto della superficie di
rottura in un coefficiente rappresentante la forza assoluta di coesione.
Volendo die succeda la rottura di un corpo coUa minima forza pos-
sibile chiusa in un determiuato spazio interno, se il corpo e omoge-
ueo , la direzione della rottura si fara per quel senso verso il quale
si combini la massiraa risultante delle forze parallele di spinta coUa
minima superficie di spezzatura , in modo die il valore di questa di-
viso per quella sia un minimo. Se lo spazio contenente le forze di
spinta sia una sfera , esseiido tali forze capaci appena a generare
rottura , e la superficie del corpo sia di rivoluzione intorno ad un
asse , il quale passi pel centro della sfera , e die inoltre costituisca
quella direzione delle forze per cui esse produrrebbero V effetto , la
I 1 6 COMPENDIO DELLA TEORICA. DELLC MINE
spezzatura si manifesterebbe in una superficie di rivoluzione intorno
air asse medesiuio , la quale avrebbe il carattcre della superficie di
minima rivoluzione intorno a quest' asse chiuso fra la sfera delle
forze e la superficie csteriore del corpo. Siccome le forze di spinta
in qiiesta direzione sono proporzionali al circolo di rottura delF in-
terna sfera , cosi potranno esse rappresentarsi dal quadrato del raggio
di esso circolo : quindi I'espressione comune a tutte le suddette super-
ficie di minima rivoluzione divisa pel quadrate di questo raggio dovra
essere un niinimo, condizione necessaria per ottcnere la deterniinazione
della superficie medesinia. Si avverte clie il carattere della superficie di
minima rivoluzione deve conciliarsi colla condizione che possa seguire
la rottura , di maniera che il circolo esteriore della rottura non po-
trebbe mai assegnarsi minore di quello die forraerebbe il bordo della
rottura suUa sfera interna ; ne minore potrebbe supporsi verun circolo
parallclo interraedio, se cio potesse aver luogo, considerato soltanto che
la superficie di rivoluzione fosse la minima.
Dal metodo delle variazioni si ottiene I'equazione differenziale della
linea che genera la minima superficie di rivoluzione intorno ad un
asse determinato , la quale integrata due volte fornisce 1' equazione
finita X = alog[ y -^- c -*- i/{{y -^-cf — a^)]-<-b, che e quella della cate-
naria. Le costanti arbitrarie a , b si sono introdotte per le due inte-
grazioni ; la costante arbitraria c si e aggiunta alia y fin dal principio
nella formola integratoria soggetta alia variazione , a fine di avere un
parametro , dalla grandezza del quale venga singolarizzata la catenaria
conveniente alle particolari circostanze del problema. Ora se chiamiarao
x, y le coordinate della curva al principio della rottura , le quali
sono pur quelle del circolo massimo della sfera delle forze nel punto
della loro comune sezione, ed x", y" le coordinate della stessa curva
alia fine della rottura , le quali sono comnni alia linea generatrice
della superficie del corpo die supponiamo di rivoluzione , e chiaro
che le settc quantita x, x", y, y", a, b, c vogliono essere determinate
tutte dalle condizioni del problema. Siccome pai nel nostro caso de-
vesi produrre un unico determinato effetto, cosi le condizioni debbo-
no essere atte a foniirci precisamente sette equazioni I'una dall' altra
DI ANTONIO CACCrANINO. 1 1 7
iQtlipendenti. Due di queste si hanno dall' equazione della curva , in
cui una volta siano poste x', y', ed un' altra x' , y": due sono le equa-
zioui die il metodo delle variazioni ci assegna , i' una al principio ,
r altra al fine dell' integrale : la quinta si ottiene dall' equazione del
circolo massirao della sfera delle forze, e la sesta da quella della li-
nea generatrice della superficie del corpo : a stabilire la setdma serve
la coiidizione sopra enunciata, die 1' espressione della superficie di
minima rivoluzione divisa pel quadrato del raggio del circolo di rot-
tura dell' interna sfera, cioe per y^, sia un minimo.
Le operazioni di calcolo, dalle quali solamente dipende la completa
soluzione di questo probleina, presentano molte difficolta per la deter-
minazione delle suddette quantita ne' diversi casi , dove rimangono
invoke nelle equazioni delle ^juantita trascendentali ; ma nel caso par-
ticolare in cui la superficie del corpo sia generata da una retta per-
pendicolare all' asse di rotazione, con facile artificio si eliminano i tra-
scendenti, e dimostrandosi die la superficie di rottura e un ciliudro, si
determiua il valore del raggio della base circolare j' = ^^{h^ — r^) -,
dove r e il raggio della sfera delle forze, ed h la perpendicolare dal
suo centro alia superficie piana del corpo.
Questo e il caso die piii ordinariaraente si presenta in pratica al-
lorche si dispongono de' fornelli da mina sotto terra , onde produrre
una rottura contro la piana superficie del terreno , ovvero dentro nei
terrapieni delle opere di fortificazione per rovesciarne i muri di rive-
stimento. Ma la spiegazione ed il calcolo degli efFetti prodotti dallo
scoppio delle mine anche in questo caso sono ben lungi dalla neces-
saria perfezione ; poiche non si fa gia studio di caricare le mine con
una quantita di polvere , per 1' accension della quale debba svilup-
parsi solo quella forza la quale sia appena capace di generare il
minimo eS'etto di rottura, nia bensi le forze sviluppate nel fornello,
die possiamo continuar a supporre di figura sferica , si vogliono sem-
pre tali da produrre un eff"etto ben maggiore del minimo. Ora sicco-
me le forze di spinta chiuse in una sfera agiscono tutte in direzioni
dal centro alia sua concava superficie , e possono tutte iniraaginarsi
decomposte di maniera a poterue assumere la somraa di quelle che
I 1 8 COMPENDIO DELLA TEORICA DELLE MINE
agiscono parallelamente ad una qualiiiique di esse cUrezioni presa ad
ai'bitrio ; siccome qiieste forze sarebbero le sole che potrebbero deter-
luiiiare una rottiira per la stabilita direzioiie , supponendo conmnque
inipediti , o faceiido per ora opportuiiamcnte astrazione dagli effetti
verso le altre ; e siccome qnaiito piii la direzione delle forze si con-
cepisce inclinata al piano visibile, ranto piii deve crcscere la resistenza
alia rottura per quella direzione ; cosi sussistendo in un fornello delle
forze capafci a produrre un effetto niaggiore del minimo fra tutti i
minimi , si potra sempre concbiudere clie esiste una direzione, intorno
alia quale la resistenza alia rottura fa equilibrio, o puo appena essere
snporata dalle forze di spinta cbe agiscono in un fascicolo parallela-
mente alia stessa direzione; ed e cliiaro die la sezione di rottura, la
quale si manifesterebbe, sarebbe una sujjerficie conciliabile coll' effetto
reale di rottura, di cui ciascun element© cbiuso nel corrispondente
angolo infinitesinio di rotazione diviso pel corrispondente settore ele-
mentare di circolo della sfera delle forze costituirebbe un minimo.
Questa sezion di rottura non potrebbe piii essere una superficie di
rivoluzione intorno all' asse ( che cosi chiameremo ancora la retta che
dal centro del fornello cadendo obbliquaraente sul piano visibile costi-
tuisce la direzione delle forze ) , poiche sono variabili gli angoli che
quest' asse fa con tutte le rette, le quali giacciono nello siesso piano
e passano pel punto comune alia medesima. Facendo passare un piano
qualunque per 1' asse, la superficie di rottura vena segata in due li-
nee comprese in due dei citati angoli variabili , I'uno dc' quali e sup-
plimento dell' altro : quella che e nell' angolo acuto e una vera cate-
iiaria convessa verso 1' asse; nell' angolo ottuso la condizion di rottura
impedisce I'esistenza reale di veruna catenaria curvilinea ; poiche qucr
ste s' accosterebbero all' asse venendo dal didentro all'inluDri, lo che
k in contraddizione colla rottura, la quale percio non pu6 segnire se
non in quella linea che sia limite di tutte le catenarie, ed in posizione
d'ammettere la spezzatura; questa linea e una retta parallela all' asse.
Se queste due linee sezioni della superficie di rottura s'immaginino
descritte in quel piano che passando per 1' asse di direzione delle
forze obblique passi ancora per la linea di minora resistenza, in allora
DI ANTONIO CACCIANIXO. I \ fj
se faremo ruotare questo -piano intorno a qiiesta retta , le citate due
linee si nianterranno costaiui per tiuti gli effetti operati da forze ugual-
mente inclinate tutt' all' intorno della liiiea di minor resistenza : dal
moto de' punti , ove quelle due linee attraversano il piano visibile, si
formeranno due circoli concentrici , e le stesse linee genercranno due
superficie di rivoluzione, le quali coniprenderanno una zona corporea,
die noi chiaraerenio zona d' equilibrio.
Concepita questa zona d'equilihrio, chiara discende la natura dell' im-
buto, die per lo scoppio d'una mina ci si manifesta. Supposta la ma-
teria omogenea e rigida , e supposta istantanea I'accensione della pol-
vere da guerra , gli effetti di rottura die questa produrrebbe nel so-
lido di rivoluzione, che ha per asse la linea di minore resistenza, e
per liraite la superficie concava generata dal giro della catenaria in-
torno a questa retta , sarebbero contemporanei a quelli che si esten-
dono nella zona sopra nominata. £ pero evidente che sopra qualunque
punto niateriale del primo solido s' accumnlano delle forze di gran
lunga maggiori , onde procurarne la frattura e lo slancio , di quello
sia sopra qualunque punto materiale della zona d'equi'ibrio.
Pertanto se appena ci scostiamo dall' ipotesi di rigidita , ed ammet-
tiamo che la materia possa qualche poco comprimersi prima di rom-
persi , gli effetti di rottui^a seguiranno in un tempo deterrainato co-
munque piccolo, e questo pei maggiori effetti sara maggiore di quello
die pei rainori; e pero quand' avra avuto luogo una certa quantita di
effetti procedendo dai minori ai maggiori , le forze di spinta comin-
ciando a disperdersi mancheranno dell' energia necessaria ad estendere
la rottura fino all' ultimo limite. Quella specie di salto che ha luogo
fra la succession degli effetti che accadono nel primo solido , e quelli
die seguirebbero nella zona d' equilibrio puo benissimo essere causa
che venga lanciata solo la materia componente il primo solido , e ri-
manga quella della zona, in cui soltanto si manifestino le crepacce
che contornano 1' imbuto della raina .scoppiata. La probabilita di questo
fenoraeno renderassi ancora maggiore se si mettera in considerazione
il modo con cui la polvere s'accende; il quale, sebbene sia rapidissi-
mo, pure non puo assolutamente valutarsi come istantaneo.
120 COin»ENDIO DELLA TEORICA, DELLE MINE
Concliiudercmo pertanio chc quantuiujvic Timbuto d'una mina scop-
piata verso d' uii piano possa ottenere la figura d' iin cono , pure e
somiiuimeiite piu probabile ch' esso presenti una superficie concava
ciirvilinea di rivoluzione intonio alia liiiea di minore resistenza.
Ogni qual volta 1' inibuto noii si forini clie dallo slaiicio del solido
corapreso fra 1' asse e la zona d' equilibiio , ma che questa rimanga
manifostando solo delle crepacce concentriche, si dimostra, prescindendo
da ogni alti-a fisica circostanza, che esiste un raggio massimo , oUre
del quale Tirabuto non crescerebbe, coniunque s'aunicntassero le forze
di spinta , ovvero Ic cariclie di polvere ;, verita che 1' esperienza stessa
ci aveva obbligato di riconoscere. Meditando sopra un vmico effetto
ed isolato che produrrebbero le decomposte forze di spinta verso una
teola direzione, rilevasi, come gia si disse, che la totale superficie di
rottura che a quelle si oppone cresce sempre al crescere dell' obbli-
quita di essa direzione ; pero non e difficile il persuadersi che la ca-
tenaria, che da questa superficie si delinea sul piano, il quale passa
per I'asse obbliquo e per la linea di minore resistenza, si discosta da
questa retta fino ad una certa obbliquita •, ma che divenendo le forze
ancor piii obblique , s'avvicina poi indefinitamente alia stessa linea di
minor resistenza. La dimostrazione dell' csistenza d'un limite finito pel
raggio deir imbuto e ua evidente corollario di questo principio.
Analizzato in tal modo il fenomeno dello scoppio delle mine, se lo
divideremo in tre effetti succcessivi , cioe compressione , rottura e slaia-
cio de' materiali , conchiuderemo che ad operare la compressione con-
corrono da una parte le forze della polvere accesa, e dall' opposta il
peso della materia e la pressione dell' atraosfera ; che nello slancio dei
materiali 1' inerzia cede proporzionalmente alle forze spingenti , alle
quali si oppongono la gravita della materia e 1' atnlosfera come mezzo
resistente ; ma che 1' effetto di rottura , quindi la grandezza e figura
deir imbuto e 1' estensione -delle crepacce non dipendono che dal ce-
dere che fa la resistenza di coesione alle forze di spinta.
Pertanto data la forza della polvere accesa , data la tenacita della
terra o materia in cui vuolsi praticare un forneUo , dovrebbesi ricor-
rere agli esposti principj ; e trovata per mezzo del calcolo la posizione
DI ANTONIO CAOCrANINO. 12 1
e grandezza di quell' uiiico isolate effetto obbliquo, ovc la sp'mta e la
resistenza si faiiiio equilibrio, se ne ricavcrebbero tutti gli effetti pos-
sibili , c fra qucsti i piii probabili coiiccrnenti 1' ampiezza e figura
dell' iiubuto, e f estensione dclle crepacce. Ma a cio si presenta un
gravissiino ostacolo dall' offotto precedeiue la frattura , e clie dipende
dalla coinpressibilitii della inatciia : questo introduce enormi niodifica-
zioiii iielle forze di spinta e di resistenza , le quali tutte bisognerebbe
conoscere quando per via assoluta si volesse intraprendere la soluzione
di questo intricatissimo problema.
Assai facihnente pero c con approssiaiazione soddisfacente risolvcsi
il medesimo problema quando se ne possa istituire il calcolo conipa-
rativamente a risultati di esperienze fatte il piii die sia possibile in
parita di circostanze. Negli effetti die vogliansi siniili ad altri di gia
osservati esatta e la legge di regolare le cariche in proporzione dei
cubi dellc linee di niinore resistenza ; poiclie essendo le forze di spinta
proporzionali alle superficie delle sfere in cui rinchiuse si sviluppano,
e quelle di resistenza essendolo alle superficie di rottura , queste due
nature di fuperficie costituiscono appunto quattro termini geometrica-
mente proporzionali nel case di due effetti differenti si,masimili fra lore.
Quando poi, pari essendo tutte le altre circostanze, vogliasi ottenere
un effetto dissiniile da un altro gia osservato, per esempio se vogliasi
ottenere un imbuto di diverso raggio per una liiiea di minore resi-
stenza uguale , giovera ritenere la prescrizione stabilita dal sig. Belidor
di assegnare le cariche di polvere proporzionali ai cubi dei raggi
della sfera d' attivita da quest' autore defiuitl. Questa rcgola sarebbe
pressoche esatta , se nel considerare gli effetti isolati ed obbliqui di
ciascun fascicolo ddle forze parallele di spinta si potesse supporre
clic la rottura seguisse in altrettanti cilindretti aventi per base il cor-
rispondente piccolo cerdiietto die tagliasse traversal mente un fascicolo
di quelle forze ; ma non essendo gia questo 1' effetto di rottura vera-
raente inininio per le dirozioni obblique , riterremo die le cariche
inipiegate nella pratica colia legge di Belidor siano qualciie poco piu
foili di quelle che risulterebbero dalla nostra teoria ; ma accordcre-
rao ancora che questa pratica legge e somraamente giusta nella sua
Vol. II. r. II. ' i6
122 COMPENDIO DELLA TEOKICA DELLE MINE CCC.
semplicita ; poiche moltissime fisiche cousiderazioni, clie e inutile di
accennare in questo conipendio, ci ohbligherebbero di aggiungere un
soprappiii a quelle carichc che potessero anche scrupolosamente cal-
colarsi per una detenuinata zona d'equilibrio. Di fatto la stcssa legge
di Bclidor se in pratica si pu6 riconoscere che fornisca delle cariche
un poco inaggiori del bisogno,ci6 non accade che negl' inibuti poco
maggiori delle mine ordinarie ; poi le cariche sono appena sufficienti
fino ad un imbuto di diametro quadruple della linea di minor resi-
stenza ; che se vogliasi forzare l' ampiezza fino a quel maximum, che
in pratica non ha finora oltrepassato sei volte la suddetta linea , sia-
nio obbligati d' irapiegare delle cariche notabihnente piii forti.
La teorica delle mine raccolta in questo conipendio soddisfacendo
alia spiegazione de' fcnomeni che in pratica si manifestano , oltre di
giustificare le due piii semplici leggi che finora siansi esibite per
calcolare le cariche , ha il vantaggio altresi di troncare le quistioni
sulla resistenza alia rottura che la pressione dell' atmosfera possa o
no esercitare ; giacche si rileva che sul distinto e singolare effetto
della rottura neppur il peso della materia vi ha veruna ififluenza , a
meno che cio non s'intenda in un modo assolutamente indiretto, co-
rae sarebbe che da questo peso alcuna volta dipenda in gran parte
la rainore o maggior tenacita , dalla quale solamente deve ripetersi
la quantitii della resistenza a considerarsi (*).
(*) A nieglio riscliiarare quanto si espone in qucsta Memoria veggasi la fig. Ill della tnv. li.
SULLO SCIRRO E SUL CANCRO
SI
ANTONIO SCARPA.
.IDeNchje molte e varie siano le opinioni die dai piu riraoti tempi
ai giorni iiostri furono promulgate sull' essenza dello scirro e del can-
cro, parecchie delle cjuali sembrarono plausibili , pure si diibita tutta-
via dai dotti e sperimentati chirurglii, se lo scirro, e quindi il cancro
siano malattie onninamente locali , o piuttosto unwersali e locali insie-
memente ; se lo scirro invada ogni qualunque tessuto organico del
corpo umano ; se vi siano segni certi per distinguere lo scirro da
qualunque altro tumore ghiandolare affine alio scirro per lenta forma-
zione , per diirezza , per insensibilita ; se il cancro eserciti lo stesso
grado di ferocia sopra tutte le parti del corpo umano indistintameute ;
finalmente se , come da alcuni si pretende , lo scirro ed il cancro
siano malattie del tutto Zoca/i j si dimanda nuovamente , perche il can-
cro, sopra tutto il ghiandolare legittimo , eluda costantemente I'azione
del taglio , dei caustici piii forti , del ferro rovente.
Sono lungi dai credere che le presentanee nostre cognizioni olti"e-
passino di molto quelle degli antichi suU' origine prima dei deleter]
principj costituenti le malattie interne in generale, e , fra le esterne,
lo scirro, non die suUe spccifiche qualita dell' icore canceroso. Non-
diraeno nutro la piu alta fiducia che nello stato presente della scienza
chirurgica , e col sussidio degl'immensi progress! fatti a' giorni nostri
dalla patologica notomia , ci sia ora concesso di differenziare per via
124 SULLO SCmnO E SUL CANCRO
di sc2;ni certi lo scirro dagli altri cronici turaori apparentemente si-
niili ad esso ; ed inoltie , quanto alia cura , di poter dimostrare nel
niodo il pill soddisfacente 1' utilita die deriva dall' uso anticipato e
teiupcstivo deir cfficace chirurgia qnal iinico mezzo di guarigioiie di
questo male crudele.
Primieramente consta da pressoch^ iiinumerevoli osservazioni di
pratica chirurgia che lo scirro, e quindi il cancro nou invadono mai
priinitivamente il sisteiua liiifatico assorbente , e di consegueiiza ncp-
pure le ghiandole dello stesso noine. Uno o due esempi di preteso
scirro , stato estirpato con alcuna delle ghiandole liiifatiche del collo,
citati in contrario ( perche troppo di leggieri anco dai non volgari
chirurghi quahinqne cronico tumore ghiandolare alquanto piii duro
del consueto denominavasi facilmente scirro ) non furono sinoi'a auten-
ticati , e meno ancora confermati dalla razionale sperienza.
Si sa parimente esscre esenti da labe scirrosa e cancerosa primic'wa,
se non tutte , certamente aloune delle piu cospicue ghiandole mucose,
siccorae le sublinguaU e le tonsdle ; sul conto delle quali ultime ogui
chirurgo versato nella pratica dell' arte sua non iguora che le grosse,
dure tonsille , impropriamente dette scirrose , si recidono parti dopo
parti , e per anco si distruggono lentamente coUe replicate applicazioni
dei caustici , senza tema che per ci6 degenerino in cancro. La ghian-
dola tireoidea, sia che vogliasi riporre fra le linfatiche o fra le mu-
cose , non diviene mai scirrosa , ne cancerosa primiti\>amente. E se in
qualche caso la tireoidea ghiandola e stata trovata corrosa da cancro,
cio non fu che in conseguenza di contiguita di questa ghiandola con
ulcera cancerosa della trachea o dell' esolago. Percio qualunque volta
una o pill ghiandole linfatiche , o taluna delle mucose ora accennate
si trovano infette da cancro , cio non avviene altrimenti che per icore
canceroso in esse importato per la via degli assorbenti, ovvero per
infiltramento del veleno canceroso lungo il tessuto cellulare comune
alia ghiandola linfatica ed alia parte aifetta da cancro.
In secondo luogo lo scirro ed il cancro non occupano mai primi-
tivamente le viscere propriamente dette , ad eccezioue di quelle interne
parti le quali sono fornite d' intimo involucro dalla cute introHessa ,
DI ANTONIO SCARPA. 120
siccome la laringe, I'esofago, lo stomaco, il retto intcstino, la vap;ina,
il coUo deir iitero. Gl' iiiclurinienti del cervello , i funa alia presenza del fungo rnidoUare maligno sopra alcuna delle
esterne parti del corpo, Nel fare la qual cosa senibrami che essi
(i) Balllic, Wortid anatomy, fasc.V, plate III, (3) 1 turaoii delle ovaje oflTrono P interna
fig. a. Ho vedulo, scrisse egli , parecchi tuber- loro struttura non dissiaiile da quella del tu-
coU di tal sorte convertiti in una densa coa- mori scruinosi o iteatomatusi , la quale e del
gulata sostanzd simile a quella die si riscontra tutto diveisa da quella dello scirro.
nelle ghiandole scrofolose. (4.) Nessuno fra i chirurglii ha ancora ve-
(a) Ibidem, plate VII, fig. i. Non e infre- duto lo scirro genuino , e meno ancora il can-
quente , diss' egli , r iiidurimento del pancreas ^ cro della prostata. Gli squarci clic talvolta vi
ma anco in qiiesto state patologico il pan- fa la sciriuga attraverso la prostata nou si souo
creas coaserva la naturale sua intiina cunfor- mai veduti degenerare in ulcera cancerosa.
inaziooe, cioe la loboUire struttura j la qual (S) II collu della vescica orinaria se alcuna
cosa non si trova neli'iuterno delle ghiandole volta e stato trovato iufetto da ulcera cancc-
stirrose , ove tutto e stato permulalo ia una rosa, tio non fu che a inotivo della sua ron-
uiassa lardacea uniforuie. oessione col retto intcstino o col collo dell' u-
tero caaceroso.
126 srLro scirro e sitl c.vncro
non abbiano posto atteiizioiie a ci6, cbe frequentemente s' incontrano
codesti cronici fungosi tuinori delle viscere ne' cadaveri di coloro i
qiiali periscoiio per tutt' altra malattia clie per fungo midollarc mali-
giio preesistetite sopra alcana delle esterne parti del corpo.
In terzo liiogo lo sciiTo ed il cancro non fanno mai la loro com-
parsa prima della puberta , e di rado assai prima del vigesimoquinto
anno si nelT uno die neU'altro sesso. Nelle fanciuUe 1' indarimento lento
spontaneo in uno o pin luoghi della mammella, la dura intumescenza
cronica d'alcuna delle altre giiiandoie conglomerate esterne, I'ingrossa-
mento lento e spontaneo , pressoche indolente , dei testicoli nei fan-
ciulli sono senipre , e senza eccezione alcuna , d' origine e d' indole
scrofolosa.
In quarto luogo 1' osservazione e la sperienza c' insegnano clie il
cancro non si forma mai clie in conseguenza di scirro legittimo di
alcuna delle ghiandole conglomerate esterne, ovvero di rigidi , duri
porri o verruche, o tubercoli maligni della cute esterna o introflessa
partecipanti all' indole dello scirro. Sotto I'una o Taltra di queste due
forme la malattia si manifesti , 1' ulcerazione che indi ne segue e la
sola veramente cancerosa; perciocche altra cosa si e ulcerazione sor-
dida , fnngosa , depascente con margiui duri rovesciati , altra cosa ul-
cerazione di mai' indole formatasi sopra parte la quale era stata pre-
cedentemente indurata da scirro genuino.
Due soli , a norma di quanto la sperienza ci ha istruiti , sono i
tessuti organici che servono di nido , per cosi dire , alia formazione
e svihippamento dello scirro e del cancro; le ghiandole conglomerate
esterne cioe e la cute. Fra le ghiandole dell' anzidetta classe , quella
della mammella e la piu sottoposta delle altre a quest' infermita. Suc-
cedono ad essa la parotide, la mascellare, la lagriraale, il corpo del
testicolo ; dico il corpo , perclie non consta ancora abbastanza se I'e-
pididimo sia giammai sede primit'wa di scirro e di cancro , ancorche
assai volte , in seguito di acuta infiammazione di tutto il testicolo ,
r ep'ididimo si rimanga duro , indolente ed in apparenza scirroso per
assai lungo tempo e per anco per tutta la vita , senza degeaerare
in cancro.
DI ANTONIO SCABl'A. I 27
L'altro dei clue tessuti organici , come si diceva , sul quale preiulc
sede lo scirro e poscia il cancro, si e la cute. Qucsto comune tegu-
mento pero , a raotivo della sua tessitura , per molti titoli diversa da
quella delle ghiaiulole , presenta lo scirro sotto un aspetto tutto suo pro-
prio , cioe or a modo di rigida verruca, or di duro bitorzolo, or di nera
dura varice. Malgrado pero questa diversita d' esterna configurazioue,
esansiuando attentaniente V intima tessitura di questi maligni tubercoli
della cute esterna o introtlessa, si trova che la profonda interna loro
sostanza ha molto di soraiglianza coll' intimo , tenace , lardaceo tessuto
dello scirro gliiaudolare , intersecata del pari da linee biancastre , e
del pari die lo scirro infarcita da lento , coagulato , viscido , alburai-
noso uniore. Ed in proposito di questi scirri maligni della cute , me-
morabile cosa e che la nociva indole loro non si palesa con eguale
virulenza su tutta I'estensione della cute. Imperciocche si osserva che
la rea natura di cssi e piii distruttiva quanto piu vascolari , sensibili
e destinate ad usi piii nobili sono le parti che la cute affetta da scirro
ricuopre (*) ; quindi il cancro della faccia e delle labbra e meno for-
midabile di quello delle interne narici , di quello della lingua , di quello
della caruncola lagrimale, detto encantide maligna, di quello della ghian-
da del pene , del retto intestino , della vagina , del collo dell' utero.
Intorno a quest' ultimo i nuraerosi fatti anatomico-patologici e di
pratica chirurgia non mi lasciano piu dubitare die i primordj del
cancro dell' utero debbansi riconoscere costantemente nell' ulcerazione
d' uno o piu di quei piccioli scirri sotto forma di verruche o di bi-
torzoli che si formano suUa cute introflessa che veste la sommita
della vagina , ed insiememente 1' orificio ed il collo dell' utero. Uno
o piii di questi maligni duri tubercoli della cute introflessa, crescendo
di volume, circondano a modo d' audio la bocca dell' utero , e fanno
si che questa naturale fenditura si apra e si dilati morbosamente , e
presenti dei margini duri ed irregolari , i quali poscia si esulcerano ,
e di indolenti che erano, si fanno dolenti a modo di trafitture spon-
tanee e passeggiere , ed offrono al dito esploratore ddle incavature
(*) Le-Dran aveva notata qaesta differeBza. Y. il^m. dc I'Acad. R. de chirurgie , vol. III.
laS STJLLO SCIRRO E SITL CANCRO
e delle creste dl'iiitorno 1" orificio deU'utero, iion che sulla sommita
della vagina, dalle qiiali distilla un icore teniie, saiiguiiiolento, d'o-
dore Uscmale. La cancerosa ulcerazione sul priiicipio si espande sii-
perficialniciUe sul collo doU'utero, precisaiiiente come fa il caiicro
della cute della faccia; poi si approfonda e rode la sostanza del collo
deir utero, indi qiiella del suo corpo, ed in flue aucor quella del sue
foudo. Tutti gli altri crouici, duri , iudolcnti tuniori , i quali uascono
dair iutenia o dall'esterna superficie del corpo o del foudo delPutero,
esainiuati auatouiicauieute, nou offrouo nulla neiriutima loro tessitura
die sia in comuiie collo scirro vero e col cancro ; ne avvi , oserei
dire , in tutti gli annali della chirurgia alcun fatto ben autenticato di
cancro d' utero , il quale alibia avuto origine da alcun' altra parte di
questo viscere , fuorche daila cute introflessa clie veste 1' orificio di
esso e la sommita della vagina.
La diagnosi dello scirro vien riguardata , e non senza giusti niotivi ,
come uno degli articoli nieuo perfetti della generale terapia chirurgica,
perche , a dir vero, un certo nuniero di segni indicanti lo scirro sono
corauni ad altri tumori cronici, duri, indolenti delle parti molli. Non-
dinieno ponendo mente al complesso dei fenomeni die precedono ed
a quelli die accorapagnano lo scirro legittimo, vi si riconoscono i di-
stintivi. Oltre di cio, coufrontando per via della dissezione Fintiraa
tessitura di quelli e di questo, si perviene con sicurezza a differenziare
lo scirro da qualunque altro cronico duro indolente tumore , in appa-
renza simile , ma essenzialmente dallo scirro diversissimo.
E primieramente non puo cadere dubbiezza , a fronte dello scirro ,
sui caratteri proprj e distintivi dei tumori cistici dei lipomi , dei sar-
comi, degli osteo-sarconii ; perciocche la sede dei primi e iiel tessuto
cellulare, e dei second! ed ultimi in questo tessuto e nelle parti ad
esso adjacenti , e per anco nei legamenti e nelle ossa ; la qual sede
non ha nulla di comune con quella dello scirro gliiandolare e della
cute. La durezza loro, ove interessino soltanto le parti molli, non
sostiene il paragone coUa durezza pressoche lapidea dello scirro
gliiandolare , e neppure con quella delle maligne verrudie della cute
estenia o introflessa.
DI ANTONIO SCAIIPA. 1 2()
La scrofula e la struoia verisiinilmente cli comuiie oiif:,iiie iiivado-
no, egli e vero, talvolta , heiiche assai cli ratio iielle pcrsoiie adulte ,
alcuna delle gliiandole conglomerate esterue (*); d'ordinario faiino in-
tuniidire le gliiandole liiifatiche, le quali, come si e detto, non sono
mai affc'tte prirniu\>aint'nlc da scirro , no da caiicro. Ove la scrofola o
la struma fa ingrossare cd iiidurare alcuna delle gliiandole conglo-
merate esterne , palesano T indole del tumore non meno nella tenera
eta , clic nelle pcrsone avanzate negli anni , l' abito di corpo ed i
noti segni di discrasia scrofolosa: perche uei maschi adulti 1' abito di
corpo lia piii del femineo clie del virile. In generale poi in anibcdue
i sessi annnnziano la presenza della discrasia scrofolosa il pallore
della cute, la lassita della fibra, la turgescenza dei visceri addomi-
jiali, la debolezza degli organi digestivi, i tormini frecjuenti di ventre,
le frequenti diarree , e non di rado negli adulti le cicatrici sopia
gliiandole liiifatiche suppurate nell' infanzia. Oltre tutto cio , la labe
scrofolosa non si limita mai ad una delle gliiandole conglomerate
esterne , ma interessa a un tempo stesso un maggiore o minor nu-
mero di gliiandole linfaticlie in varie parti del corpo , scgnatamente
nel collo, negl' inguini , nelle ascelle. Inoltre il tumore scrofoloso e
regolare e liscio , e la durezza di esso non eguaglia giammai quella
tutta propria e particolare dello scirro^ la quale differenza non isfug-
ge ad una mano chirurgica esercitata. II tumore scrofoloso o la stru-
ma in fine, sia che occupi una gliiandola linfatica o una conglomerata,
offre di proprio e caratteristico , sin dal suo apparire, una molesta
sensazione sorda , profonda , e , come dicesi dai cliirurghi , gravativa ,
perche i tuinori di qucsta indole non vanno mai disgiunti da certo
tal quale grado di lenta cronica flogosi , la quale , coll' aumentarsi del
tumore , cresce essa pure e rendesi vie piii manifesta.
(*) Che 1.1 struma non si limit! a'la sola reperiisse , ac si magnum quid rctulerit. Nos
gltlaadola tireoidea o alle sole gliiandole lin- enim , non solum in mulierum , sed et in viro-
faciclie, ma talvolta occupi alcuna delle gtiian- ruui raammis strumas vidimus.
dole conglomerate esterne secernenti , ella e Lodovico Mercato attesta : In mamma glan-
cosa nota sin dai tempi di Biassavola. Comment. dulosus quidam tuaior progignitur, qui ci gc-
in Apfwr. Hipoc. a6, lib I. neri tumorum incumljit , quod scrofulas, ob-
Celsus (scrisse egli) Megen cliirurgum re- tincre scimus. De mulurwn offectihus , lib. I,
ferre dixit in mammis mulierum se strumas pag. ia3.
Fol. 11. P. II. 17
i3o suLLO scinRO r, sul cancro
Qiianclo la scrofola o la striinia occiipa il testicolo , egli e fatto
costaute clie qnesto croiiico tuinorc uoii c inai sin dalla prima sua
foriiiazione isolato, ma associate) sempie alia scrofola o struma delle
s;hianilole lombari c mesentericiie. E questa costaute verita di pratica
chirurgia merita tauto piii d' essere rimarcata dai giovaui cliirurghi ,
quanto die talvolta quella porzioue di cordone spermatico che ri-
siede nell' iuguiuc , gracile ed in apparenza sana , invita , per cosi
dire, 1' operatore a demolire il grosso cd incomodo testicolo; ne sem-
pre nella prima epoca di questa iufermit^ il malato e si emaciate da
lasciar palpare sul di lui ventre le gliiandole mesentericiie, e meno
ancora le lorabari, aucorche gia assai tuniide e dure. Certa cosa peio
^, qualunque ne sia la vera cagione, che dopo la recisione del testi-
colo strumoso, ancorclie la piaga guarisca, come d'ordinario guarisce,
in tempo debito, non tardano le strume delle gliiandole mesentericiie
e lombari ad accrescersi di volume , ed a progredire in cio con tale
celerita da gettare piii presto T intermo nel marasmo die quando la
castrazione vi e stata ommessa. Vuolsi da alcuni moderni patologi
che questa maniera di cronico tumove del testicolo , liscio , regolare
in tutta la sua superficie , ed equabilmente resistente alia pressione,
talvolta molle in alcuni punti di esso con apparenza di flattuazione ,
sempre esente da grave dolore e da trafiitture , debbasi riporre fra i
func;hi midoUari maligiii , e quindi che 1' ingrossaniento delle gliian-
dole lombari e mesentericiie non sia che una conseguenza necessaria
deir assorbimento del maligno fomite esistente nel turnido testicolo.
Ma nulla avvi, a parer mio , di piu certo e dimostrato in tutta la
chirurgia quanto che il cronico tumore del testicolo di cui si parla
non ha nulla di comune col fungo mkloliare maligno; che egli e d' in-
dole manifestamente strumosa , e d' origine comune e simultanea con
quello dcllc gliiandole lombari e mesentericiie infarcite ed ingrossate
da struma. Piii d' un esempio di questa infermita si conserva in que-
sto gablnetto patologico , nei quali vedesi , dopo che vi fu esegui-
ta la dcniolizione dd testicolo strumoso , cresciuta rapidamente la
struma ddle ghiandole lombari, pria appena sensibile al tatto , a
si cnorme grossezza da iiidiiudervi in breve tempo il principio
DI ANTONIO SCAHPA. l3l
deir iiitcstiiio J/^'t«/To , e molto tiatto clell' aoria vemrale ; il quale celere
increiuciito dclle {>;liiaiulole lomhari noii e certaiueiite riferibile all'as-
sorbimeuto di nialigno icore dal testicolo clie alcuiii niesi prima
della inorte era stato esportato. Ne egli e necessario di ricorrere al-
r assorbiiiieato di principj deleter] per ispiegare perche il nialato vien
precipitate nel niarasino ; perciocche 1' enorine iiifarciinento strunioso
dellc ghiandule lombari e inesenteriche e bastante per se solo a pro-
durre codesto tristo avveiiiiueiuo. Se poi in qucstc precise circostanze
la sola legatura dell' arteria spennatica nell' inguiiie , come e stata
praticata da Mauuoir (*) per curare il sarcoctle, sara bastante non solo
ad esentare 1' in terra o dalla riinozione del testicolo, otteueiidoiie lo
stesso effetto , ma altresi dal successivo celere incremento dclle stru-
mose ghiandole lombari , cio dovra atteudersi dalla spericnza.
I segni proprj e distintivi dello scirro sono in perfetta opposizioiie
con quelli della struma occupante alcuna delle ghiandole conglome-
rate esterae. Lo scirro assale le persone sail' eta , di fibra rigida , di
temperamento sanguigno-bilioso , nelle qaali se avvi qualche sospetto
di discrasia , questo non cade suUa scrofolosa. Lo scirro e solitario ,
cioe interessa soltanto alcuna delle ghiandole conglomerate esterne ;
ne accade mai, o quasi mai, di riscontrare due scirri veraraente legit-
timi sopra lo stesso individuo. Lo scirro sin dal prime suo apparire e
durissimo , lapideo e perfettamente indolente , perche non associato ,
come la scrofolosa o struraosa intumescenza, a lenta profunda flogosi.
Cresce lo scirro lardameate in tutte le direzioni , e sembra al tatto
come composto di tanti pezzi di dura sostaaza insieme glutinati. La
di lui insensibiUta , malgrado 1' incremento del tumore , si raantiene
sin alia degenerazione del medesimo ia cancro. Questo carattere distin-
tivo dello scirro, paragonato con quelli della struma, la quale , come
si e detto , non e del tutto insensibile , fu rimarcato da Galcno, ove
scrisse : Exquisitus scinhus tumor est prceter naturam seiisu carens et du-
rus ; non exquisitus auteni ( alludendo alia struma ) non. omnino sine sensu
est,sed cegre tamen admoduni sentit. Lo scirro inveterato , bernoccoluto
(*) Memoire siir une noiivelle mclliode de trailer le sarcocele sans avoir iccours a l"cxtir-
patioii /.>uni
nibstantiai moUiusculcc caseosa quasi muscu-
U pectorali adliuc adbxrcret. Quamvis baer
materia facile separari potuis3et(fnm mollis eniin
erat ut facile digito contereretur) illam tamen
baud separavi. Nihil enim scirrhosas duriliei ,
aut caiicerosce rxukercttionis illis irurat.
Dopo tutto cio r autore dinianila: Quonani
hac agrota morbo periit ? Ego quidem nescio.
Fa meraviglia, come questo dotto c speri-
nientato cbirurgo non abbia riconosciuto nel caso
qui rlferito la struma della gliiandola mamma-
ria , la quale era evidentissima e da non po-
tersi in modu venino confondere collo scirro,
ne col cancro , slccome egli stesso ne fece
ccnnoi e come nel riferlre questa storia egli
non si sia rammentato le osservazioni di Monro,
seniore, il quale piii volte nella ghiaudola mam-
maria, giudicata mal a proposito scirrosa o can-
cerosa, si e incontrato in cavita ripiene di
sieio sanguinolento dtl peso di piu libbre.
(3) Collezione di osscrv. e rifless. , vol. I ,
osserv. 67.
144 SULLO SCIRRO E SUL CANCRO
di corpi duri , biancastri , chc Valsalva, al riferire di Morgagni ('),
estirpo fellcementc mediance un laccio stretto c?' intorno la base del duro
e vasto tuniore. Di queste felici guarigioni , poste in conto di cancri
occutti o inonifesti felicemcnte estirpati , ne potrei qui riportare uu
gran numero ; ed alcunc tratte dalla mia propria pratica , se fosse
d' uopo il farlo dopo le gia riferitc , e dope aver acceniiato quanto
di leggieri per lo passato anco dai chirurglii non ignobili ogiii cronico,
dure tumore ghiaiidolare , alquanto piii duro del consueto , dicevasi
scirro, e la degenerazioiie del medesimo avevasi per caiicro.
Ma tornando alia considerazione delle circostanze die in pratica
faniio diversilicare grandemente il primo stadio dello scirro dal second©,
per cui d' ordinario nel secondo stadio infelice e 1' esito dell' estirpa-
zione : codcsta differenza di effelto , scrisse Caldani (^) , fu seinpre da
me riguardata come una prova deW esistenza d' una doppia specie di
canchero , cioe locale ed universale. Felice e sovente d successo ne' primi ,
se recenti e dotad di que" caratceri che ho sopra indicati , e reciproca-
mente quasi sempre infelici ne' secondi , perche dipendenti da vizio nato
nci Jluidi , o a questi d' altronde somministrato. La pratica cliirurgia
coincide perfettamente colle riflessioni fatte da questo valente professore.
Finche il seminio morboso clepositato in totalita dalle forze vitali nella
ghiandola conglomerata scirrosa vi sta latente ed in quicte , il male,
sotto questo rapporto , non e che locale, o sia della prima specie
indicata dall' ora lodato scrittore, e quindi la malattia e suscettiva di
felice e stabile guarigione raediante 1" estirpazione. Al contrario tosto
che il morboso fermento si e sviluppato nella ghiandola scirrosa e
convertito in icore canceroso , e questo per la via dell' assorbimento
h passato a guastare la massa degli umori , il male non e piii come
prima locale, ma universale insiemeraente , e quindi incurabile. Ne
egli e altrimenti che si puo dare il giusto valore alle felici operazioni
di tal sorte citate da Ildano, da Hill, da Benim. Bell, e giudicare
delle infelici praticate da Monro seniore, da Houpperville, da Callisen,
da Boyer e da pressoche infiniti altri antichi e moderni ; non che
(i) De scd. et cans, morb., epist. So, art. i6. (2) Society kalinna, vol. II , p. II.
DI ANTTONIO SCARPA. 1 45
di pronunciarc suUa cfHcacia di certi vantati rimedj per la ciira del
caiicro , e sulla iuiuilitii per anco doll' iiincstaineiito della gaiigrena
contagiosa nosocoraiale per guarire ii cancro occulto o manifesto.
Pearson (') ha divulgato sii questo articolo di pratica chirurgia
una particolare sua opinione. Suppose egli che lo scirro non sia mat
sin dal prinip suo apparire limitato e circoscritto entro i confini
della gliiandola the occupa, lua die oltrepassata la bfera della nicde-
sinia , si trovi senipre associato ad altri piccolissimi scirri , i quali
per r estreraa loro piccolezza passano inosservati. Aspettando , disse
egli , che lo scirro principale abbia acquistato il niassiino suo incre-
mento, si ottiene il vaniaggio di poter estirpare con esso anco tutti i
piccioli scirri che gli stanno d'intorno resi cospicui aH'occhio ed al tat-
to deir opera tore. Questa opinione pare che egli abbia desiii'ta da cio
che si trova nei cadaveri di coloro i quali periscono sotto la gagliar-
dia del cancro ulcerato e manifesto , nei quali per appunto si trovano
d' intorno la base del cancro aperto , e per anco a considerevole di-
stanza da esso, dei nodi, delle ghiandolette linfatiche indurate, dei
fascetti di vasi linfatici ingrossati, tesi, corapatti e come fibrosi a modo
di prolungamenti del duro turaore principale die ne forma il centro.
Ma nulla di tutto cio si ritrova esaminando i dintorni d'uno scirro
recente , indolente, e nei prinio suo stadio mobile inoltre , e per la
di cui pill conipiuta ed accurata separazione dalle parti circomposte
non si richiede pin di diligenza e di destrezza per parte del chirurgo
che per isnocciolare un tumore cistico ; perciocche lo scirro recente
ed indolente, scevro da flogosi non assume alcuna morbosa aderenza
colle parti vicine, ne si estende oltre i confini della ghiandola iiidu-
rita. Giovanni Hunter (^), il quale portava opinione che lo scirro ed
il cancro fossero malattie onninamente Locali, soleva dire: Che il cancro
sarebhe un mate sempre e radicalmenle curabile , se fosse possibile di
estirparlo con tutti i suoi prolungamenti. Questo sonnuo anatomico
e chirurgo si sarebbe niaggiorraente confermato nella sua opinione
suir essenza dello scirro e del cancro , se avesse avuto frcquenti
(i) Praticnl cbserv. on cancerous complaints, png. aa. (i) Abcrnelhy, Surgical fTorks, vol. 11, p. 9 1 .
Vol. II. P. II ,9
146 SULLO SCIRRO E SUL CANCUO
occasioni di cstirpare lo scirro nel priino suo stadio ; lo che e con-
cesso a pochissiiui.
Nessuiio fra le pcrsone dell' arte ignora raforismo d' Ippocratc , in
ciii egli si esprime : Quilms occitUi cancri fiunt, eos non curare melius est;
ciirati enim cito pcreunt. lo soiio di parere die questa sentenza del
padre della medicina non risguarda soltanto V iiuuilita cjf i rimedj per
guarire il cancro occulta, ma che vi comprende ancora il niun van-
taggio dall'estirpazione. E questa mia opiiiione e avvalorata da quanto
pill djfl'usauieate in proposito ne scrisse Celso (*) : Carcinomaca cu-
rat ionibus irrkantur , et quo magis W5 adhihita est, eo magis. Quiclam
itsi sunt remediis adurentibus ; quidam ferro adusserunt; quidam scalpello
exciderunt , neque ulli unquam medicina profecit , sed adusta protinus
concitata sunt et increverunt donee occiderent ; excisa autem post indu-
ctani cicatricem, tamen reverterunt et causani mortis adculvrunt ; cum
interim plerique, nullam vim adhibendo qua toller e id malum tentcnt, seel
imponendo tantuni tenia medicamenta , quae quasi blandiantur, ad ultimam
senectutem perveniant non prohibuerunt.
Chiunqne raffrontera questa dottrina d' Ippocrate e di Celso coi
risultamenti della propria sperienza, non potra non riconoscere Tinii-
tilita dell' estirpazione del cancro occulto, e dicasi pure anco il danno
che da questa operazione ne ricevono gl' infermi. Perche se avviene
talvolta die il cancro abbandonato a se stesso proceda lentamente
e con meno di virulenza che d'ordinario, cio non accade mai di os-
servare per riguardo al cancro che si riproduce dopo 1' operazione
nella sede in cui era stato estirpato. Ogiii chirurgo, se egli e di buona
fede, confessera non esservi in tutta la chirurgia operazione piu sfor-
tunata quanto quella dell' estirpazione del cancro occulto, segnatamente
di qiiello della nianimella , non perche imperfetto e difettoso sia il
manuale di questa operazione, ma perche d'ordinario le persone affette
da questa infermita non vi si sottopongono finche lo scirro si man-
tiene indolente.
(•) De medicina, lil). V, cap. a8.
DI ANTONIO SCARPA. I 47
Dopo Ippocrate e Celso , non avvi alcuiio fra gli antichi scrittori
di cliiiurgia , il quale non abbia sentita cjuesta verita,e conseguente-
mente non abbia insistito nei suoi scritti, in termini chiari e precis! ,
sulla necessita di recidere lo scirro nel primo suo stadio, e sulla nul-
liti di questa operazione nel secondo , fatale periodo di esso. Fra i
niolti basterii qui accennaie Lodovico Mercato e M. A. Severino ,
uoiuiiii versatissiaii quaiiti alui mai nclla lettura degli antichissimi
maestri dell' arte, cd essi pure pratici celebratissimi. II primo di cssi
scrisse (0: Verum si prcBcUccis pharmacis duritlem emoiriri non condngac,
ante quideni quam. in cancru/n degeneret , proficnum crit consilium chi-
rurgica operatione scirrhosam duritiem radicitus amputare j quin imo ( ut
verum fatear ) nulLam aliam ex duris maminarum ajjectibus audacius
licebit ferro cxtrahcre , atque tutius quam scirrhosam. Lo stesso precetto
si legge presso M. A. Severino (*). Perciocche dopo aver egli dotta-
mente avvertito i giovani chirurghi affinche non si lascino ingannare
dalle apparenze sulla non esistenza del cancro occulco , si esprirae cosi:
Porro cum non haereat , quamquam subjectce carni concolor sit , venisquc
turgentibus septus non varicescat, cancrum quis nisi meruditus non dixerit?
Itaque cum hujusmodi tubercula mihi se offerunt, extrahenda statim pro-
pono , ne vitii mora negolium posthcec incurabde facescat.
Fra i raoderni pratici chirurghi, quelle il quale piii d'ogni altro ha
saputo valutare 1' antica utilissima dottrina conferraata duUa propria
di lui sperienza , si fu il Le-Dran (^) , il quale, ancorche serabri die
egli inclinasse a riguardare lo scirro ed il cancro come raalattie del
tutto locali , pure disse chiaramente : En otant la tumeur par topera-
tion avant que les liqueurs arretes s'alterent , on na plus a craindre
cette mctastase, cioe la generale infezione e la locale ricomparsa
deir ulcera cancerosa. E per maggiorraente scliiarire il suo assunto ,
soggiunse: Quand' anco vogliasi supporre che il cancro tragga origine
da maligno germe generatosi nell' universale , sarebbe sempre coiitro
la buona pratica il non estirpare il tumore pressoche al primo suo
(i) De muZierum q^cct/iui, lib. I, pag. 137. (3) 4cad. R. de chirurgie , vol. III.
(a) De nvvis observatis ubsces. , pag. 43.
148 SULLO SCIRRO E SUL CANCRO
apparire; perche quel iJeposko morboso ivi fatto dalle forze vitali
potrebbe esscre una ciisi perfctta (0.
Ma fra le niolie autoritu ti-atte dagli anticlii e moderni scrittori
suir anticipata e temprstiva applicazionc doll' cffiicace cbirurgia qual
unico mezzo di curare radicahnente lo scirro ed il cancro, quclla
che pill conferma I'utilita di questa dottrina trovasi presso il Flajani,
al quale sembra sia stata riservata la sorte di operare un numcro
assai considerevole di scirri genuini nei primi men dalla comparsa della
malattia. Di vtntisette operazioni da me eseguire , scrisse egli (^) , nei
primi mesi dalla comparsa del tuniore scirroso , due sole inferme hanno
sofferto la recidiva, e so no state obbligate a sottoporsi di nuovo all' ope-
razione ; tutte le altre venticinque furono perfettamente e radicalmeiue
guarite. Questa rara felicita nou puo ripctersi da altro motivo clie
dalla rara opportuuita che questo valcute chirurgo ha avuto di ope-
rare nei primi mesi dalla comparsa della malattia , o sia nei prinio
pcriodo dello scirro (^).
Se ad una si grave testimonianza quale e questa pub aggiungere
qualche peso la rnia propria sperienza, diro ingeiiuamente d' essere
stato sfortunato e deluso nelle mie speranze qualunque volta ho estir-
pato lo scirro accompagnato da segui certi che 11 tumoie era entrato
nei secondo stadio. In tutto il corso della luiiga mia pratica tre soli
casi di cstirpazione di scirro genuino della marnniella mi riuscirono
prosperamente , perche furono i tre soli che mi fu concesso di
(l) Inc. cit. Que supposant mime un le-
vain cancereux qui circule avec les liqueurs,
et qui fait enfm son deput sur uiie partie ,
apres avoir circule avec clle pendant quelque
trmps, comme le fait le levain vcrollque, qui
souvent ne se dcveloppe et ne s-arrutc sur
une partie qu'au but de nombre d'anuees , il
est encore la bonne pratique d'abandunaer
la lumeur bien decidee caucereuse ( avrei detto
scirroso nei prirnO peri' dn) a ses progres, non
seulemeiit parce que le depot du levain can-
cereux qui circulait peut elre critique et parfnit,
itnnt arrets duns une mamelle , uinis encore
parce que la tumeur ne manquera pas de s'ac-
croitre et de fair pcrir le malade.
(a) Collczione di osserv. e rifless., vol. I, p. 277.
(3) Dei due casi di ripetuta operazione, uuo
appartiene al sopraccennato di struma, e non
dissimile da questo sara stato il secondo. Tutti
gli altri venticinque furono di scirro ernumo ,
il quale fe di gran lunga piu frequente della
struma della ghiaadola mammarla, tie egli e
da supporre die in tanta scarsezza di questa
seconda infermitii il Fl.ij.ini non abbia incon-
trato die delle strume in luogo di scirri in
ventisette casi da esso operati.
DI ANTONIO SCARPA. I 49
operare nci priini raesi della comparsa del male pria die avcsse avuto
luogo il inolesto senso di prurito e di ardore , e non aiicora cjnello
dello trafitture. In tiitii e tre qucsti casi roperazione fu cscguita col-
resiirpazioiic di tiitta la ghiaudola inamniaria, ancorche lo scirro noti
lie occupasse che appciia due tcrzi; ed in tutti i tre casi, esamiiia'a
attentamente 1' iiitima iiniorniale tessitura dell* indurita gliiandola , vi
trovai i caratteri proprj e distintivi dollo scirro Icgittimo. Assai piii im-
merose di qiieste furono le guarigioni che n'ebbi dalla demolizione del
testicolo veraniente scirroso ; la quale differenza di successo io non
saprei riconoscere in altro motivo fuorclie in quello che ropportimiia
di locidere il testicolo scirroso nel primo stadio e piii frequentc die
quella di estirpare lo scirro della mammelia pria che passi alio stato
di caucro occuko. In due soggetti ho estirpato il bitorzolo mali-
gno della lingua. Nel primo la guarigione fu perfetta e permanente,
perche non erano ancora coniparse le trafitture e nieno ancora le
scrcpolature; nel secondo , poiche fu operato ncllo stadio di degcne-
razione, I'ulcera cancerosa ricomparve piii feroce di prima. Con buon
successo ho estirpato una sola volta V eiicantide indurata da scirro d'in-
dole maligna, indolcnte per6 ,* recente e nel primo periodo dello
scirro i gli altri casi di tal sorta , perche furono operati nel secondo
Stadio del nule , ebbero un esito infelicissimo. Per lo stesso motivo
infelicemente furono estirpate la parotide e la mascellare in quei casi
che furono a mia notizia , nei quali atroci erano le trafitture.
Ci6 non ostante mi trovo autorizzato a fare qui un' eccezione sul
punto che riguarda le verruche ed i bitorzoli duri maligni della cute
delle labbra , dei lati del naso e della faccia , ancorche questi niali
portino da lungo tempo la divisa noli me tangere. Ho acccnnato di-
sopra che codesti maligni tubercoli della cute estema mi sembravano,
come sembro a Le-Dran, d" un* indole meno virulenta di quella dello
scirro gliiandolare , e per anco di quella dei bitorzoli maligni della
cute introdessa. Effettivamcnte la pratica conferma la verita di qucsta
asserzione ; perciocche fra i molii tubercoli di questa sorte , ne ho
estirpati con buon successo di quelli nei quali non solo erano insorte
le trafitture , ma per anco vi si erano formate delle fenditure , dalle
l5o SULLO SCIRRO E SUL C.VNCRO
quali usciva per intervalli qualche goccia di siero mordace , iisando
dclla prccaiizioiie di riuuire e curare la ferita per prima intenzione. U
caso die souo per riferire servira a meglio illustrare questo articolo
di pratica cliiriirgia.
II sigiior Giambattista Celniiui di Sacco , tirolese , d' anni 74, ma
di terapra robusta , portava da quattro anni sulla guancia sinistra, in
vicinanza dell' ala del naso, tre verruche di larga base, in vicinanza
le una dolle altre , e delle quali quella di mezzo eguagliava in gros-
sezza una fiiva (").
Verso la fine del quart' anno questi duri maligni tubercoli comin-
ciarono ad eccitare prurito si intollerabile , che 11 malato non pote
astenersi dal graffiarli frcquentemente. La maggiore delle tre verruche
non tardo , dopo quesf epoca , a screpolare e tramandare per inter-
valli qualche goccia di siero gialliccio acre e talvolta sanguinolento.
Ci6 fu in ottobre del 180 1.
La massa verrucosa si estendeva dal disotto dell' angolo interno
dell'occhio sinistro alia commessura sinistra delle labbra, circondando
r ala sinistra del naso.
Esitai alcun poco sulla possibilita'di estirpare tutta questa massa
raorbosa in modo da poter poscia raettere e ritenere a perfetto con-
tatto i margini della ferita; ma fatto attenzione che fra 1' ala sinistra
del naso e le maligne verruche vi era un sufficiente tratto di cute
Sana, concepii la speranza di poter inchiudere I'intiera parte morbosa
entro due triangoli a base comune sopra una linea tirata trasversal-
mente sotto del naso (='), senza essere tenuto a recidere una porzione
di cartilagine di esso.
Quindi con un bistorino a taglio convesso cominciai 1' incisione
alcun poco sotto dell' angolo interno dell' occhio sinistro, e discendendo
lungo il lato sinistro del naso e d' intorno all' ala sinistra del me-
desimOj mi arrestai sulla linea trasversale sopra menzionata (^). Simil-
mente, partendo dal punto superiore, praticai una seconda incisione,
la quale, divergendo dalla prima all'esterno, venne a cadere sulla
(1) Yedi uvola V. (a) c, d. (3) a, c.
DI ANTONIO SCARPA. l5l
stessa linea trasversale (0. Da ambedue qucste incisloiii risulto il
triangolo siiperiore C»). Cio fatto, diedi di piglio alle forbici, colle cjuali
feci due tagli nella spessezza del labbro superiore , il prolungaraeiito
dei quali andava ad unirsi alle due precedenii incisioni suUa piii volte
nominata linea trasversale (^). Ed in questa guisa terminai il triangolo
inferiore (4) a base comune col superiore.
Esportata tutta la massa inorbosa, la ferita con notabile peitlita di
sostanza assunse la figura romboidea , la piii favorevole che aver si
poteva in qucsto caso per V unione per prima iruenzione. La racta in-
feriore del rombo fu unita mediante gli aglii ed i fili attorcigliati ,
come si pratica nelT operazione pel labbro leporino , e 1' altra raeta
superiore della ferita fu posta a contatto per mezzo dei punti di cu-j
citura scaccasa, dei quali punti 1' inferiore fu d" uopo che interessasse
la sostanza cartilaginosa dell' ala sinistra del naso perche tenesse forte
abbastanza. L' unione di tutta la ferita rappresentava una linea che ,
con leggiera inflessione , discendeva dal disotto dell' angolo interno
deir occhio sinistro alia commessura sinistra della bocca.
II malato passo la nottc tranquillaraente. Nel giorno appresso ebbe
un poco di febbre con molesto calore alia faccia ; per cui fu di me-
stieri levar via ogni maniera di compresse e di fascitura.
Nel terzo di dall' operazione furono sciolti i fili della sutura atcor-
cigliata. Nel giorno appresso furono levati via gli aghi ed insiememente
recisi i punti di cucitura staccata. Persisteva alcun poco di gonfioie
della guancia sinistra , e le piaghette lasciate dagli aghi suppuravano
abbondantemente
In questo mezzo il malato, credendosi del tutto guarito, non tenne
misura nel parlare e nel masticare; lo che accrebbe la gonfiezza della
guancia e del labbro superiore , ed aumento la suppurazione delle
punture. Inoltre sulla linea di unione della ferita comparve una striscia
biancastra fiancheggiata da rossore della pelle.
La quiete assoluta, la dieta rigorosa ed i bagnuoli d'acqua vegeto-
minerale dissiparono in pochi giorni la gonfiezza e restrinsero la
(j) Tavola V, a, d. (a) a, c, d. (3) h, c, b, d. (4) b, c, d.
1 52 SULLO SCTRRO E SUL CANCRO ecc.
suppurazione delle pia,2;hette lasciate dagli aghi. Poco dopo si stacc6
spontaiieamcnte la striscia biancastra lungo la liiica d' uiiione della
ferita, ed alcuni tocciii di pictra iiifeniale bastaroiio ad ultimare la
cura. II soggetto di cui si e parlato visse parecchi anni dopo iu buona
salute e seaza la piii lontana raiuaccia di recidiva.
1iui.li in 11 secoli.
1 56 SULL' ALZAMENTO DEL LIVELLO DEL MARE
Ora essendosi nei graiidiosi lavori e negli scavi eseguiti presso
air isola di S. Giorgio Maggiore fatta una singolare scoperta che ap-
poggia r opiiiioiie dell' alzamento della snperficie del mare , ho cre-
duto, ornatissiiiu coUeglii , di farvene 1' esposizione accompagnata da
altre mie particolari osscrvazloni dirette a rettificare alcuni fatti da
illustri uoiuini asseriti , ed a confcriuare la da me determinata quan-
tita secolare di questo progressivo alzamento.
Accanto all' isola di S. Giorgio Maggiore destinata a Porto Franco,
rimpetto alia piazzetta di S. Marco, fu con particolare artifizio di questo
iiostro valeate ingegnere signor Venturelli costrutto un bacino atto a
ricevere grosse navi mercantili. Per eseguire questo graudioso lavoro
erauo necessarj degli scavi molto profondi nella palude , che in quella
localiia sorgeva fino a piedi I, poll. 6 sotto I'ordinaria alta raarea attuale.
Giunto che fu lo scavo a piedi 7, poll. 9 (nictri 2,4.56) sotto il predetto
livello, vidersi spuntare delle palafitte ( Tew. V,fig. I e II) composte di
pali di rovere del diaraetro di pollici 6 fino a 7 , lunghi piedi 6. 6
( metri 2,260 ) fino a 8. 3 ( metri 2,869 )' ^^ ^^^ estremita inferiori
erano tagliate a quattro facce , come suol farsi ordinariamente ; e le
estremita superiori poi erano logore, come suol addivenire appunto ai
pali fitti in questi nostri canali , in quella parte di essi che il vicen-
devole flusso e riflusso rende ora coperta, ora scoperta dall' acqua.
In due filari paralleli e distanti in luce prossimamente piedi i. 3 (fig.I)
erano disposte queste palafitte ; ed i centri poi de' pali , che le forma-
vano , erano 1' un dall' altro distanti un piede circa. Oltre a queste
palafitte , delle alti'e affatto simili se ne trovarono , ma formate di
una seraplice fi!a di pali.
Reco sorpresa trovarsi sporgente fuori da una di queste palafitte
semplici una scaletta di pietra (fg. Ill), della quale cinque gradini
solamente furono discoperti, non avendo avuto bisogno per quel lavoro
di portar piii abbasso 1' escavazione (fig. II).
La pedata del primo gradino superiore di quella scaletta giacea a
piedi 7. 6 ( metri 2,608 ) sotto I'ordinaria alta marea , ed a piedi 9. 6
(metri 3,3o3 ) la pedata dell' ultimo scoperto. Ogni gradino era lungo
piedi 2. 3 (metri 0,782), largo poU.i i (metri 0,319), ^^ ^^^° ^ (metri 0,174).
DI ANGELO ZENDRINI. iSy
Fu fatta r osservazione che la superficie dclla peclata superiore presso
air angolo , la quale suol ossere logora nelle scale molto usate , non
lo era piinto in questa.
Rozza era la costruzione di questa scaletta , ne alcun muramento o
cemento eravi che tencsse uniti i suoi gradini , i quali eraiio sostenuti
da un palo di rovere posto in ciascuna dcUe loro ostremitii, ed erano
fiancheggiali da un altro seniplice palo terminante al rispettivo piano
superiore di ogni gradino.
Oltre a ci6 in non molta distanza dalla scaletta trovossi un mezzo
tronco di revere ( fig. IV in pianta, e fig. V nolle sue sezioni in eleva-
zione traversale e longitudinale ) die aveva di diarnetro piedi 2. 2 , ed era
lungo piedi ig, tagliato longitudinalmente nell' asse e rozzamente scavato
a guisa di groadaja. Stava questo disteso orizzontalmente sul terrene,
e le sue estreraita giungevano trasversalraente alle doppie palizzate so-
prammentovate (fig.I). II piano del canale giaceva piedi 8. 3 (metri 2,869)
sotto il livello dell' alta marea ordinaria.
Parecchi altri siuiili frammenti di canali di legno furono trovati alia
raedesiiua profonditii (fig. I), come altresi alia profondita di piedi 8. 6
( metri 2,966 ) sotto il predetto livello preso dal piano interno, su cui
dovea scorrere Tacqua, furono scoperti due acquidotti (fig- VI in pianta,
e fig. VII nella sezione in elevazione longitudinale e traversale ) della se-
guente costruzione :
II piano inleriore era coraposto di un tavolone di larice grosso
un pollice e largo 9 circa , colla superficie che risulta dalla segatura
di un tronco ed albero in tavole. Su questo piano stava disteso un
canale rovesciato, forraato di legno larice , largo poll. 7. 6, alto 4. 9,
scavato a guisa di gorna. La cavita di questo canale era larga pollici
4. 6 ( metri o, i3o), ed alta poll. 3. 3 (metri 0,094). Di questi acqui-
dotti quattro pezzi ne furono tratti , lunghi ciascuno piedi 5 a 6.
Alia medesima profondita e non lungi dalla raentovata scaletta si
scopersero pure de' mattoni , uno de' quali si conserva in quest' I. R.
Biblioteca marcato C. TVL, che venne interpretato Cajus TuUius, no-
me del fabbricatore , mostrando si la forma delle lettere, come pure il
nome stesso , che sia esso di fabbrica appartenente a' tempi romani.
1 58 sull'alzamento dfx lh'ello del iwat^e
L' esattezza dellc notate misure , come altresi la tavola qui aggiunta,
la ((iiale rappresenta la figura c posizione delle cose gia descritte , io
le dcvo alia diligeiiza e geiitilezza delT egregio arcliitetto sig. Mezzani,
che a mia istaiiza si coinpiacque d' iiicaricarsi di cjucsto lavoro.
Ora egli e certameiite innegabile che rjuesii avanzi di fahbriche
scoperti sorgeano uii giorno fiioii d'ac(|ua iiella posizione e nel sito
ill ciii ora si trovarono , poiclie ub si fabhricano scale sott' acqua ,
lie s' iinmergoiio bocche di scolatoi , aiizi gli scolatoi medesimi in
altre acqiie superiori di livcllo.
Clie se poi si volesse coiigliietturare in qual epoca questi avanzi
sorgessero , almeno nclla bassa marea , fuori del mare , f'ondando il
calcolo sulla da me dedotta quantita secolare dell' alzamento della di
liii siiperficie, si troverebbe aver essi appartenuto a fabbrica di un' e-
poca assai riiuota. In fatti il primo gradino della scaletta non avrobbe
potuto a bassa marea rimanere scoperto che diciotto secoli fa; e quei
canali di legno , i quali non poteano servire che a dare scolo ad
acque , non avrcbbero potuto essere operativi anche a bassa marea
se non che venti secoli addietro , calcolando che la difFerenza di li-
vello tra Talta e bassa marea sia di 3 piedi in circa ( metri 1,043).
Ma il limite della bassa marea, da cui siamo partiti in questo cal-
colo , e il pill ristretto possibile ; ed egli convieiie anzi supporre che
tauto i canali di scolo, quanto almeno il primo gradino della scaletta
rimancssero, al tempo della loro fabbrica , superiori alle ordinarie alte
maree , lo che ci conduce a qualche centinaja d' anni avanti 1' era
nostra.
Tuttavia mi pare doversi far qualche sottrazione a questo calcolo ;
poiche sebbene io non sia d' avviso che generahnente I'abbassamento
dei teneni sia cagionc della siissegiiente loro inondazione dall' acqua
del mare, cio non ostanle non potra negarsi che al nuiggiore spro-
fondamento di quegli avanzi non abbia dovuto contribuire il peso
della palude che si e formata coll' andar di secoli al di sopra di essi,
e ch'era giunta attnalmente a 6 o 7 piedi di altezza. Non grande sot-
trazione pero credo dovervisi fare , di maniera che questa scoperta
nuovo riesce incontrastabile argomento comprovante che queste nostre
DI ANGELO ZtNDRINI. 1 Sq
laguiie erano ancora abitate molto innanzi die Ic incursioni de' bar-
bari sforzussero i popoli del contiiiente a rifiigiarvisi.
Sebbeiie io non pretenda giii di proporre couie inJu]jitata e non
soggetla a correzioiie alcuna la da me detcnninata niisiira della rjiiaii-
titii secolare dell' auineiito dt livello del mare , iioiKliiiicno iiuove os-
servazioiii die iio latte mi semI)raiio dar diritto di atteuersi ad e^sa,
come alia piii foiidata die finora si abbia.
In fatti del 1810, cioe quattordici amii dopo le prime misure da
me prese dell' altezza della linea del camune sopra la bantbetia di
pietra die spoigc fuori del Palazzo Ducale iiel Rio detto del Palazzo,
ho voluto riprendenie la misura per osservare se e quanta mutazioiie
era accaduta. E siccome la linea del comune e ivi serpeggiante , lo die
e facile spiegarsi , essendo quel canale esposto all' urto de' venti e
ad un continuo movimento cagionato dalla frequenza delle barche ,
cosi cominciando dalla parte di S. Apollonia , e progredendo verso il
Polite della Paglia, ho preso in piii hioghi I'altezza del comune sopra
la banchetta. Prima per altro ho voluto livdlare la banchetta medesi-
raa , die trovai a perfetto livello. Ed essendo essa formata di piu
pezzi di pietra incassati iiella facciata di marmo del palazzo , si ha
una prova evidcnte non aver queila fabbrica fatto alcun parziale ab-
bassamento, come lo prova ancora non tiovarsi spczzata alcuna delle
pietre di cui essa e composta.
In sette differenti stazioni ad uguali distanze 1' una dall' altra ho
preso r altezza della linea del comune , come e notato nclla tavola
qui aggiunta ; e quindi ne ho calcolata 1' altezza media , la quale ri-
sulta poll. 8,36 (metri 0,242) prossimamente : percio la dilTerenza di
livello in 14 anni fu di poll. o,36 ( metri 0,0104 ). Questa diftercnza
calcolata sulla misura presa 14 auni prima avrebbesi dovuto trovaie
di poll. 0,48, e percio raaggiore di poll. 0,07 della trovata piccola
differenza, qualora particolarmente si faccia ridessione alia difficoka di
poter preudere a capello tali misure ; per lo die io credo potersi pro-
durre queste inie nuovc osservazioni in conferma della gia da me
dedotta misura dell' aumeuto secolare della superficie del mare.
l6o SULL' ALZAMENTO DEL LIVELLO DEL MARE
E qui parnii possa aver luo2;o un' altra mia osservazione, clie con-
vince esscisi iiiganiiato il Manfrodi , il quale rifeiendo nella citata sua
Meraoria ch' essendo solita 1' acqua della laguna di anncgare nolle
straordinarie escrescenze questa piazza di S. Marco, fu il piano di essa
alzato di un piede , e quindi soggiugue « die il poi'tico del Broglio ,
/ » il quale riesce nella detta piazza , avesse altre volte un lastrico di
» un piede piu basso , su cui posiiio i piedestalli delle colonne ora
» afTaito scpolti. D
Che il piano della piazza di S. Marco non sia I'antico, nia sia stato
rialzato , non v' e dubbio alcuno. Tra le altre prove ne abbianio una
recentissiina nella scoperta di un aramattonato a spin di pcsce fattasi
a i5 pollici sotto I'aituale selciato, allorche quattro anni la dinanzi al
Palazzo Ducale si fece uno scavo per porre i fondamenti al piedeslallo
che dovea portare una statua. Ma non e poi uguahnente vero clie i
piedestalli delle colonne che sorreggono il portico del Broglio giac-
ciano ora sepolti. Imperciocche avendo io fatto eseguire degli scavi
iutorno a piii colonne di quel porticato, si tiovo sotto il selciato at-
tuale un pezzo ove di 3, ove di 4 pollici di tronco itiforme dolle
stesse colonne , appoggiato su di un zoccolo quadrangolare , rustico
e non lavorato ; lo che dimostra che quelle colonne mancarono sem-
pre di piedestalli , che il selciato del portico del Broglio non poteva
essere di un piede piii basso, perche i rozzi zoccoli che le sostengono
sarebbero rimasti alio scoperto , e che in fine il piano antico della
piazza essendo 1 5 pollici piu basso del presente , vi fossero in vece dei
gradini per inontare dalla piazza al portico del Broglio. Cio si accorda
con quello che lasci6 scritto al principio del 17.° secolo lo Stringa
nelle sue Giunte alia dcscrizione di Venezia del Sansovino ( F. Descri-
zione ecc. , Venezia, 1604, c. 19 ); dove parlando della facciata della
chiesa di S. Blarco , dice che si ascendeva dal piano della piazza a
questa facciata , o sia alio sue porte per alquanti gradini , ed ora
( son sue parole ) « appena per uno vi si ascende. » Prcsentemente
neppur quest' unico gradino e rimasto.
Lungo sarebbe voler qui raccorre le nuove prove che quasi gior-
nahnente si oflfrono ai nostri occhi del progressivo alzamento del
Dl ANGELO ZENDRINI. l6l
livcllo del mare in questa nostra cittii , malgrado dclle quali tuttavia
si persiste da alcuni ad impiignare ((uosto alzamento di superficie nel
mare, giudicando in vece die accada T iiiondazione de' terreni , i
quali una volta non v'erano soggetti , perche si sono abbassati. E di
questo avviso e appunto il dotto autore delle Lcttere Pontine, il quale
un po' acerbamente qualifica di bassissima iogica fornito cliiunque opina
alzarsi il livello del mare.
Reca a dir vero sorpresa clie cosi possa pensar cgli , il quale come
ce lo indica I'epigrafe che portano in fronte queste lettere, vicli facta s
ex cequore terras, continue prove arreca delle usurpazioni del conti-
nente addosso del mare. In fatti dice die il terreno pontino e figlio
de' fiumi die lo atiravcrsano e del mare che lo circonda , e ch' esso
e terreno avventizio composto di sabbia , di corpi marini e di terre,
di ciottoli , ecc. strascinati dalle acque che scendono giii dalle vicine
montagnc , ch' e quanto dire terreno nsurpato al mare , che prima lo
occupava , appunto come cgli raedesimo poche linee dopo asserisce ,
dicendo die il mare stendendosi una volta appie dclle montagne di
Terracina , di Lezze , ecc. ingombrava co' suoi flutti il sito occupato
da' campi pontini die sono andati gradataraente formandosi e crescen-
do , a misui'a che il mare e stato obbligato a ritirarsi.
E qui mostra come questi terreni si sono iiuovamente formati , co-
me vanno continuamente formandosi e rialzandosi , e come alcuni edi-
fizj die confinavano al mare non molti anni addietro , ora ne sono
lontani. Ne lascia di far menzione di Monte Circello, che si pretende da
Omero dcscritto qual isola circondata dal mare , che poi dalle alluvioni
in terreno sodo si e trasformato. Ora gl' interrimenti che produsscro i
piccoli fiuinicelli deU'Afeate, deU'Amaseno, del Ninfa, del Terpia, ecc,
quel medesiini e proporzionalmente maggiori prodotti sono da mag-
giori fiumi. Cosi formossi , come pur egli lo accenna , il basso Egitto ,
cosi colmossi il lago Mai-eotide , cosi 1' isola di Faro tanto avvicinossi
air Egitto , e cosi , noi aggiugneremo, Ravenna fu cacciata tre miglia
lontan dal mare ; cosi Utica trovasi ora distante da esso parecchie
miglia, e cosi pure Tantica Albione, Cartagine, vide otturarsi il suo
porto per gl' interrimenti portativi dal vicin fiume collcgato coi veuti
Vvl. II. P. II. a I
\(yi SULL' ALZAMENTO DEL LIVELLO DEL MARE
di noid-est, e fu alloiitanata dalla spiaggia. Ma senza enumorare tutte
le usiirpazioni fatte dalla terra al mare , bastora dire che agli sbocchi
di tutti i fuiini , tranue quei pochisiiini che limpide vi tributaiio le
loro acque, il mare viene rispinto e perde tei-reiio. E poiche dimque
Tautore delle Lettere Pontine accorda questa verita innegabile , come
pu6 egli trovare assm'da la conseguenza clie ristringendosi contiiiua-
mente il baciiio in cui contengoiisi le acque del mare , si alzi il loro
livello , e quindi vadano esse ad occupare terreni che prima stavaiio
loro al disopra ?
AUe tante osservazioni fattesi in Venezia per provare questo pro-
gressivo alzamento , ed a quelle die fatte altrove furono gia pubbli-
cate non posso lasciar di aggiugnere le osservazioni fatte due anni
fa a mia istanza dal chiarissimo uostro collega sig. ab. Cav. Amoretti,
ed a me cortesemente comunicate. Cosi egli mi scrive :
cc Ad Oneglia , mia patria , il mare batte le mura , sopra le quali
sono fabbricate case xion molto antiche, e fabbricatevi quando al sud
delle mura verso il mare v' era un lungo e largo bastione con can-
iioni ; e fra questo e il mare eravi una comoda strada pubblica. Mi
ricordo da fanciuUo di aver veduto questa strada ancora , sebbene il
bastione fosse gia ruinoso. La porta delta di Piazza Doria era volta
al raezzodi, e largo spazio v' era prima di giugnere al mare; e tal
porta si e dovuta trasportare in un fianco orientale di piccolo bastio-
ne , a tal oggetto edificato , per irapedire che il mare non entri in
citta, come dianzi faceva per I'alzatosi livello dopo I'edificazione della
medesima.
» Un altro bastione era nel mezzo delle mura australi , che io vidi
intero e lungi dal mare, e che ora e quasi interamente distrutto dai
flutti che di contiimo lo battono.
» Nel Theatrum. Scatuuni Duels Sabaudice , starapato in Amsterdam
nel 1682, v'e disegnata la pianta di Oneglia coi tie bastioni disianti
dal mare almeno cento passi. Vera pure all' est della citia una bclla
villa delta Lomhardia , di cui io vidi in mia fanciullezza ancora gli
avanzi , ed ora e tutta in mare. Cosi ora in mezzo all' acqua sta se-
misdruscita una torre, a cui allora andavasi comodamente per terra.
DI ANGELO ZENDRINr. l63
» Nella viciiia citta dl Porto Matirizio si passava a tntt' agio al siid
della chiesuola di S. Lazzaro , e fia questa e la cittii v' erano raoiti
giardiiii ciiiti di mura , al sad tie' quali coniodainente passavasi : ora
11 mare occnpa la strada e parte de' giardiiii.
» Air Olma , paesiiccio sul mare non lungi da San Remo , il pic-
colo saiituario di N. S. era lungi dal mare , ed era vi si e molto
ravvicinato.
» A Nizza air est del porto antico eravi un buoii lazzeretto, clie
ora da molti anni il mare ha distrutto , occupandoiie il luogo. »
Malgrado di tante osservazioui so die gli oppositori a questa sen-
tenza iiou si daiino puiito per viiiti , ripetendo in vece clie colpa c
de' terreiii che s' abbassano il loro allagaraento ; per lo clie io non
posso lasciar di rinnovare quel voto gia da me altrove espresso , ed
e che sulle coste dell' Adriatico e su quelle pure del Meditcrraneo ,
deir Oceano , del Baltico venissci-o determiuati alcuni segnali stabili
e non soggetti alia tanto ripctuta eccezioiie dell' abbassaniento do' ter-
reni , dai quali scgnali ne' tempi fiUuri si potesse definire questa
controversia.
Nel nostro golfo ahbiarao gia imo di qnesti segnali , ed esso con-
ferma la nostra opiuione. Questo e un' iscrizione scolpita nel vivo di
uno scoglio hingo il lido di Diragosichie in Dalmazia,in cui leggesi
che il terreno ivi sottoposto era ornato di giardiiii , mentre preseute-
mente per attcstato del siguor abate Fortis ne' suoi Viaggi in Dalmaua,
tomo 2.°, pag. 120, il mare batte nell' iscrizione medesima. Vorrassi
forse che lo scoglio siasi pur esso abbassato ?
Questo fenomeno mi pare di tanta importanza da impegnare i dotti
ed aucora piii i Corpi letterarj a mettere in opera que' mezzi di os-
servazione che , esenti da ogni disputa o cavillazione , ci facciano de-
cidere, se col filosofo di Samo abbiasi a dir solamente, siccome fece
I'autore delle Lettere Pontine nell' appostavi epigrafc Ficli factas ex cequore
terras , ovvero ancora ritenendo intera la sentenza Vidi ego quod fucrat
quondam solidissiina tellus esse /return.
i64
TAVOLA
delle misiire prese nel dl 2 5 luglio 1810 delV altezza della linea del
conmne sopra la banchetta die spurge fuori del Palazzo Ducale.
S'6 cominciato a prendere la raisura dalla parte di S. ApoUonia
progredendo verso il Ponte della Paglia.
I a pollici veneti 8. 5o
2.a » 8. 75
3." » 7- 7^ ■
4." » 7-75
5a » 8. aS
5« » 9. 00
ma » 8. So
Poll. 58. So
Misura media » 8. 36 ( metri 0,242 ).
/;,/ //,
■^
A/ /
DEL MODO DI RISALDARE GETTI DI GHISA
Cim PER QUALUNQUE CAGIONE
SIENO ADDIVENUTI FESSI 0 ROTTI
oi
GIUSEPPE MOROSI.
L
ARTE di gettare in ghisa si e a' nostri cli peifezionata a segno,
che non v' ha cosa per mole o per finezza di lavoro difficile che nou
possa essere da mano niaestra con questo metallo formata. In varj paesi
d' Europa , e principalmente in Inghilterra se ne sono fatte opere quanto
meravigliose a vedersi , altrettanto eterne al durarc. II ponte die ca-
valca 11 fiume Seven costrutto nel i 773 a Coalbrooch Dale sulla strada
d'Irlanda e da nominarsi il primo fra i prodigi di >). Strepito , rumore , susurro e
quella emozione deU'udito che non si pu6 paragonare a verun suono
apprezzabile. Per altro secondo G. G. Rousseau nel suo Dizionario di
musica ( Jn. Bruit. ) lo strepito non e di diversa natura del suono ,
dacche ogni strepito fa risonare tutte le corde di un clavicembalo , e
il suono propriamente detto ne fa risonare soltanto alcune , cioe le
sue unisone e le sue armonicamente consonanti. Molti suoni discordanti
e simultanei producono uno strepito , come avviene se si tocchino ad
un tempo stesso tutt' i tasti di un clavicembalo anche bene accordato.
Un suono troppo forte diviene uno strepito , ed una grossa campana
udita molto da vicino da un suono non apprezzabile, mentre udita
in qualche distanza si ha la sensazione di un suono distinto e ap-
prezzabile. II calpestio di gente , il calpestio de' cavalli e uno strepito
che non ha confront© con alcun suono apprezzabile , ma pu6 avere
un ritmo , che sebbene non si confonda col suono , ha pero un rap-
porto al tempo e alle cadenze de' suoni stessi , ed induce una grata
sensazione , come e in qualche ballo il colpo delle castagnette. La
rottura di una tela o di un panno e un susurro non riducibile a
suono. II parlare sotto voce e un bisbiglio senza tuono , e non per-
tanto e suscettivo di articolazione.
DI SIMONE STRATICO. I 77
5.. Di queste diffcrenze del suouo e della voce ncn si possono ri-
durre a raisura niunerica o lincare se non die la quaiuita e il tempo..
La prima per mezzo del sonometro o moiiocordo , osservando la
luijgliezza della corda tesa con forza costante , che reude un suono
eguale ad un altro dato : 1' ultra cioe il tempo col cronometro , cioe
col numero delle oscillazioiii di un dato peiidolo. Dalla durazione di
ciascun suoiio o voce dipende in gran parte la melodia, cioe la suc-
cessione degl' intervalli dei suoni ; e nelle lingue, come neila greca e
nella lalina , nelle quali le sillabe hanno un valore di prosodia , cioe
della pronunzia delle stesse lunglie o brevi , doveva dipenderc la
grazia della loquela in quelle lingue. Per la luusica di suono e di
canto vi fu cUi immagino di sostituire questo misuratore del tempo
alia battuta del maestro o direttore di un' orchestra. La pratica pero
di un oreccliio bene costituito ed esercitato fa si die non si abbia
bisogno d' esterni ajuti per giudicare degl' intervalli e del tempo dei
suoni. La terza differenza , cioe la forza dei suoni , non si puo pratica-
mente ridurre a misura , come si fece per la misura delle varie in-
tensita della luce. Sauveur nelle sue ricerche per istabilire un suono
fisso ('») , cioe un suono che si mantenesse uello stesso tuono in ogni
tempo e in ogni luogo , calcolo che una corda mentre vibra colle
maggiori sue oscillazioni , e da un suono gagliardo , percorre uno
spazio 72 volte maggiore di quello che percorre vibrando colle sue
minime oscillazioni, dando il suono piii debole, e in amendue i casi
dando lo stesso tuono. Quindi ha egli conchiuso che un suono della
stessa qnantita o tuono pu6 essere 72 volte piii gagliardo del piii
debole. Ma questa determinazione non si puo trasportare ad un me-
todo pratico per confrontare la forza dei suoni. Le alire due differenze ,
cioe della qualita delle voci eguali in quantita , ovvero delle voci
articolate parimente unisone , non si possono ridurre alia rappresen-
tazione di linee o di figure determinate , e formano l' argomento del
mio presente discorso ; e poiche questa ricerca non fu intrapresa da
alcuno , ch' io sappia , se dessa non sara esauiita dalle mie iiulagini ,
potranno queste per lo meno dar motivo a piii sagaci investigazioiii.
Vol. JJ. p. II. a 3
lyS SULLA DIFFLUENZA D£LLE VOGI UNISONE ecc.
6. Dissi che questa ricerca non fu iiitrapresa da alcuiio , perche cosi
asserisce G. G.Rousseau nel suo Dizionario di musica ('^), e perche
osservo come ne faccia raenzione il Dott. Cldadny, il quale in quesd
ultimi tempi si occupo con alcune csperieuze noil' investigare i feno-
meni delle vibrazioni superficiali delle lastre di metallo c di vetro
sonanti per lo strofinameiito di un aico col loro margine , e osser-
vaudo le figure nelle quali dispoiigonsi le granolla di minuta arena
sparse sopra le dette lastre. I suoni , die' egli ('•♦), quando la maniera
delle vibrazioni, la velocita e la forza sono simili , haniio pero un
carattere diverso tra di loro, die si distingue col nome di tjmbre. Sem-
bra che qucsto dipcnda dalla diversa rigidezza e tenacita dei corpi ,
e dalla qualita delta materia die serve a nietterli in nioto. Noi non
conosciamo le vere ragioni di questi differenti effetti, ne si ha per
anco il niodo di assoggettarli al calcolo e all' espcrieiiza. La differenza
del tymhre sembra cagionata da un poco di strepito raisto col suono
apprezzabile. Per esempio , egli continua , nel canto , oltre le vibra-
zioni deir aria, si ode lo strepito prodotto dal soffregamento di questo
iluido sopra gli organi della voce ; nel violino , oltre la vibrazione delle
corde, si sente anche lo strepito dello strofiiiamento dell' arco colle
stesse corde. Forse le difFerenze dello strepito o del tymbre consistono
nelle differenze de' movimenti delle particelle dei corpi sonanti, colle
quali altre volte La Hire , Carre , Mussenbroek voDero spiegare la
natura del suono. Ma , conchiude egli , in vece di fare delle con-
ghietture sulla natura dello strepito e del diverso tymbre dei suoni ,
occupiamoci piultosto della natura del suono apprezzabile. Ognuno
s" accorge da tali ceiini che questo fisico rinuiicio del tutto alia ri-
cerca di cui si tratta , ed ha niesso innanzi dei pensieri di poco o
nessun uso.
7. Prendo dal fatto un' osservazione. I suoni die si odono nello
stesso tempo da due istrumenti , se sono unisoni dipendono dalle
osciilazioni die produconsi nelle particelle dell' aria altre rainori , ed
altre maggiori, e cio in relazione alia forza di ciascun suono. Deduco
questo dal distingucrsi niolto bene, che que' suoni ancorche eguali ,
pure si odono procedenti da istromenti diversi. Cosi quando il direttore
DI SIMONE STIIATICO. 1 79
ili un' orchestra da il tuono , e varj istrumenti si mettono all' miisono
della data iiota , non per questo 1' uditore comuiie , e molto meno lo
stesso direttore confoiide il suono del violino con quello del flauto o
dell'oboe, o del clavicembalo, o dclla troniba. Pariinente qiiando si
odono due suoni all' iatervallo coiisoiuuite di quiiita o di ottava o di
terza esatta, si ha il scntiincnto siiuultanco di due suoni, ma distinti
per la varia legge della coincidcnza delle vibrazioni , nell' ottava di
ogni due vibrazioni della corda acuta ecu una vibrazione della corda
grave , nella qninta d' ogni tre vibrazioni della corda acuta con due
della piii grave; e sebbene la masjgior parte degli uoraini non sap-
pia render conto a se stessi di tali coincidenze , e per6 certo che
succedono e che sono il solo mezzo per cui si giudica dell' esattezza
deir iatervallo. Quest' intervalli prodotti da suoni contcmporanei negli
istrumenti da corde si hanno da due corde diverse dello stesso
strumento , o anche da due istrumenti diversi : negl' istrumenti da
fiato non si possono ottenere se non che da due istrumenti diversi.
Si giudicano gli stessi intervalli anche da due suoni successivi , rite-
uendo a meiaoria il primo dei due suoni per confroatarlo coll'altro,
e questo ritenere a memoria ua suoao uoa altro puo essere se non
che coaservare 1' impressioue del nuaiero delle oscillazioai succedute
in ua dato tempo. Cosa per verita difficile a spiegarsi , ma che pero
debb' essere di fatto , poiche gli uomini esercitati nel canto e nel
suono ricordansi del tuono di una voce udita molto tempo avanti ,
sicche non si puo conghietturare che per la prossimita della sensa-
zioae, come avvieue ai meao esercitati, possano paragonare un suono
coir altro. Quando i due suoni eguali o disuguali , consoaaati o dis-
soaanti , e le oscillazioai da essi prodotte iielle identiche particelle
deir aria si modificaao e si coatemperaao reciprocaraeate , allora suc-
cede la loro coalesceaza , col quale vocabolo, che ho preso e adottato
dalla memoria di Eulero, De motu aereo in tubis , e da quella del
Dott. Youag sopra la luce e i colori ('5)^ iatendo di sigaificare la loro
iatima unione e commischiamento, ed una auova osoillazione delle
particelle dell' aria iasieme coa uaa auova coafigurazione e graiidezza
delle particelle stesse , per cui si ottiene uaa pariicolarc tempra o
l8o SULLA UIFFEnENZ.V DELLE VOCl HNISONE eCC.
qnalita ill suono , die non e quclla di ciascuno de' suoni die si com-
niisdiiaiio. E per valermi di un paragone : due correnti d' acqua di
diveiso colore e di diversa vclocita, e di poco diverse peso spccifico,
le quali insierae concorrano , dopo un certo tratto do! lore corso
danno una corrente sola , la cui velocita si mantiene la stessa , ma
il colore e peso specifico sono diversi dal colore e peso specifico die
avevaiio da prima.
8. Mi guitla a quest' idea una breve serie di osservazioni sopra
quel comune istrumcnto die si cliiania la forchetta o il corista, di
cui si servono gli accordatori dei clavicembali per metterli alio stesso
tuono. Una verga d' acciajo qiiadrata o rotonda piegata iiel mezzo a
modo di fare due rami eguali in lunghezza di circa tre pollici, paralelli
e alia distaiiza tra di loro di circa un poUice, alia curvatura convessa
della quale e annesso un pezzo dello stesso metallo, die serve a ma-
neggiare il corista , forma questo strumento. i .° Tenendo il corista
sospeso da un filo e pei'cotendone un ramo o tutti e due con un
raaglietto di ferro o di legno, si ha un suono die chiamer6 metallico.
2 ° Tenuto 1' istrumento coUa mano dal pezzo annesso alia curvatura
e percotendone un ramo o tutti due sopra una tavola o altro
corpo resistente , come pietra o metallo, si ha un suono il quale ac-
costando il corista all' oreccliio e simile al suono di un flauto : appog-
giando il piede sopra una tavola o altro corpo non molle, da lo stesso
suono per qualita , ma piu continuato e rinforzato. Cliiamo questo
suono flautino , e parmi die non si possa dubitare cli' esso non sia
per qualiia o tempra diverso dal suono die chiamai metallico. 3." Un
ramo solo sospeso da un filo e percosso col maglietto da il suono
metallico , non da il suono flautino , anzi iiessun suono tenuto dal
piede e percosso alia tavola. 4.° Se i due rami siaiio distesi in una
linea retta , non si ha il suono flautino, e soltanto il metallico se
si percuotano col maglietto di ferro o di legno. 5.° Se i due rami
siano divergenti ad angolo raolto aperto , sicche le loro estremita
siano distanti quattro o piu pollici , i\on si ha il suono flautino.
6.° Se I'angolo di divergenza sia meno aperto, si ha il suono flautino,
ma debole e di brevissima durata. 7.° Se essendo i rami paralelli ,
DI SIMONE STRATICO. l8l
abbiano tra di loro una certa distanza , come di due o tre poUici , si
ha il suoiio nautino durevole. 8." Sc conscrvando le stesse diniensioni
dei rami in luiighezza e grossezza, la distanza dei rami paralelli sia
notabilniente maggiore dclla precedente , si ha il suono, ma languido
e poco durevole. 9 ° Se al contrario conservando le stesse diniensioni
dei rami e la stessa distanza tra di loro alia base, essi verso le estre-
mita convergano e si avvicinino , si ha il suono distinto e durevole.
io.'?<.Se uno dei due rami sia piu grosso dell' altro , e cjuesto sia
eguale al ramo del corista n° 7.°, si ha il suono durevole, ma piii
acuto di quello che si ha dal corista n.° 7.°. I l.° Se la grossezza di
un ramo sia notabilniente maggiore , si ha il suono ancor jiiii acnto
e durevole. 12.° Se i due rami siano sensibilmente disuguali in lun-
ghezza, non si ha il suono flautino;e se il corista di rami disuguali
si sospenda con un filo e si percuota col maglietto di legno o di
ferro, si ha il suono metallico. i3° Se essendo i due rami eguali in
lunghezza, si applichi all' estremita di uno d'essi un cursore di metallo,
e vi si fermi con una vite , non si ottiene alcun suono. 14.° Se si
faccia discendere il cursore sino circa la metu della lunghezza del
ramo , si ha il suono flautino , ma piii grave del suono che si ha
dallo stesso corista libero dal cursore. iS." Se il cursore si faccia
discendere sino alia base del ramo, e vi si fermi coUa vite , si ha il
suono stesso, pel tuono , del corista libero. 16.'' Spargendo dell' arena
rainuta sopra la carta e toccando questa coll' estremita di un ramo
del corista percosso e sonante , le granella dell' arena si commuovono
per r oscillazione comunicata alia carta. 17.° Toccando la stessa carta
con amendue le estremita dello stesso corista percosso e sonante ad
un tempo stesso , le granella dell' arena non si commuovono. 1 8° Un
corista di tre rami non eguali da il suouo flautino, ma non semplice,
rimarcandosi insieme un altro suono congiunto. 19.° Uu altro corista di
tre rami eguali da un solo suono. 20.° Se il corista sia fatto di due rami
eguali disgiunti, i quali si possano combaciare ed unire al loro piede,
e stringere con una vite che gli abbracci amendue, non si ha suono.
Tutti questi coristi sono d' acciajo temperate nello stesso niodo , e le
osservazioni qui riportate non hanno niente di comuue con quelle
iSa SULLA, DIFFERENZA DELLE VOCI TJNISONE ecc.
del Dott. Clilailny, dov' egli esamiiia i nodi dclle vibrazloni delle
verghe di luetallo piegate e iiicuivate a vaiia apeitura (''').
9. Tiitte qiieste prove diraostrano die per avere il suono flautino
dal corista diverso in qualita dal suono metallico e necessario die
le lungliezze dei rami siano eguali , ciofe le loro estrciuita sieno
egualmente distant! dalla base, e die le estreniita stesse siano ad uii
certo intervallo tra di loro , affindie le oscillazioni da essi comunicate
air aria possano conimischiarsi e formare il suono die pcrci6 cliiamo
coalescente , cio die far non possono se i due rami sieno distesi in
una sola retta o se siano molto divergenti , o se la distanza tra di
loro, ancorche paralleli, ecceda un certo liinite o sieno di lunghezza
sensibilmente disuguale. Queste oscillazioni procedendo dallo stesso
identico corpo , scainbievohnente si coiitemperano , siccome apparisce
e dai diversi tuoni dei coristi formati di rami di differente grossezza ,
e ancora dai diversi tiioni prodotti pel cursore applicato a varj punti
dello stesso ramo ; e si conteinperauo a modo di riuscire eguali, sic-
come si fa manifesto per 1' osservata immobilita dell' arena sulla carta
per r apposizione simultanea alia carta stessa d' araendue le estreniita
dei due rami oscillanti. Queste oscillazioni nel corista di tre rami
talvolta formano un solo suono , tal altra due , perclie essendo nel
caso dei tre rami tre le combinazioni delle stesse , se tutte e tre
non sono eguali , deve risultare un suono doppio o anche triplo ,
sempre per6 della stessa qualita o tempra.
10. II suono die si ode nelle prove istituite sul corista ha molta
analogia al terzo suono osservato dall' illustre Tartini , die ad esso
servi per istabilire la teoria del basso fondamentale e il suo sistema
d' armonia musicale. Conviene ripetere da quell' autore 1' esposizione
del fenoraeno ('?). Da un sonatore di violino si suonino equitempora-
neamente con areata forte e sostenuta gl' intervalli perfettamente in-
tonati di terza maggiore, di terza minora, di quarta, di quinta esatta ,
di quinta superflua. Si sentira un terzo suono affatto distinguibile , e
sara pel primo dei detti intervalli I'ottava bassa del suono piu grave ;
pel secondo il suono dell' ottava bassa coU' aggiunta della terza niino-
re; pel terzo la quinta bassa del suono piu grave; pd quarto la
1)1 SIMONE SIJIATICO. 1 83
doppia ottava bassa del suono piii acutoi pel qiiinto la quarta del tuono
piii grave. Lo stesso succedera se earanno soiiati gli esposti intervalli
da due sonatori di violino distant! tra loro ciiujue o sei passi, so-
naiido ciascmio la sua nota nello stesso tempo e sempre con areata
forte e sostenuta. L' uditore posto nel mezzo rispettivo de' due sona-
tori sentira iiiolto piii cjuesto terzo suono , clie vicino a ciascuno dei
due sonatori. Si avru lo stesso effetto da due sonatori di oboe posti
tra loro in molto maggiore distanza. Essendo il suono dell' oboe piii
forte del suono del violino, si sentira meglio il risultante terzo suono,
e nel mezzo rispettivo de' due sonatori si sentira egregiamente , seb-
bene si senta aljbastanza in qualunque sito. E nuovainente, cio die c
piii vicino al nostro argoniento ('^), egli soggiunge; e fisicamente certo
che dati due suoni simultanei forti e prolungati, date due voci siraul-
tanee forti e prolungate , si seiite uu terzo suono simultaneo diverso
dai dati due suoni e dalle date due voci. E fisicamente certo die se
i due dati suoni siano unisoni o in ottava, non si rileva questo terzo
suono; ma se siano in qualuuque dato accordo , si rileva a fisica evi-
denza. E fisicamente certo che il comune udito musicale arriva a di-
stinguere chiaramente la sua intonazione in tutte le combinazioni di
due suoni del diatonico genere ; eccettuate , come si e detto , le due
degli unisoni e delle ottave La tempra del terzo suono nell' esperimento
Tartiniano non e ne quella del suono de' violini, ne del suono degli
oboe. Nelle nostre prove coi coristi noi non esaniiniamo la quaniitii
dei suoni producenti il terzo suono, ne la quantita di questo in para-
gone di quelli, ma soltanto osserviamo la qualita o tempra del suono
che ne risulta. I coristi di diverse dimensioni in grossezza compara-
tiva e in lunghezza dei rami danno sempre la stcssa tempra di suo-
no, e questo piii o raeno acuto o grave , il quale e prodotto da due
suoni unisoni, siccome si puo dedurre dall' immobilita delle granella
d'arena quando si tocca la carta nello stesso momento colle estremita
di amendue i rami. Inoltre e da osservare che ciaschedun ramo da
se non da suono , ne oscilla , quando non oscilla l' altro. Pcrciocclie
quando il cursore e apposto all' estremitii di uno dei due rami , e si
percuote il corista, non oscilla ne I'uno, ne Taltro ramo, e noii si ha
184 SULLA DIFFERENZA DELLE VOCI UNISONE CCC.
suono. Cosicche si pu6 asseriie die il suono non e iramerliatamente
prodotto da ciascun ramo , raa dalle oscillazioui di aineiidue clie ne
eccitano di siinili neH'aria, le quali si compongoiio iusieme nel mezzo
ti-a di essi quando i due rami non sono sovercliiaraente distanti , e
producono il suoiio quando i due rami formano un corpo solo, che
tutto per la percossa si nictte in oscillazione.
DI SIMONE STRATICO. iS^
PARTE SECONDA.
I I. i ARE potersi dedurre clie le oscillazioiii coniuiiicatc alle particelle
deir aria dalle vibrazioui de' corpi elastic! e sonori , o eguali tra di
loro come quelle die proveugono dai rami del corista egualmente grossi,
o disuguali come nell' esperiraento Tartiniano, e come nel corista che
ha un ramo piii grosso dell' altro, si contemperino tra di loro, e pel
reciproco urto ed incontro producano uu suono iion simile al suono
de' prodiiceiiti, o alterando il ritmo delle stesse oscillazioiii, o conser-
vandolo , ma mutando la mole di dette particelle , o la figura , o la
forza e I'ampiezza con cui alteniameiite si dilatano e si comprimono,
che e lo stato delle particelle d' aria oscillanti e soiiore. Questa mo-
dificazione delle oscillazioiii pel loro incontro fu riconosciuta da La-
Grange e da Young per la cagione del terzo suono Tartiniano, ne puiito
ripugna alle ieggi della diffusione dei suoni. Essi la riguardarono dal
lato del tuono diverso che ne risulta ; io propongo di riguardarla dal
lato della qualita del tuono che si produce.
12. Trasporto quest' idea al violino, a quell' istrumento atto a dare
le espressioni piii precise e vaiie dei suoni, sia pei gradi di forza,
sia per tutte le piii minute division! degl' intervalli. Le corde tese sopra
di esso formano un solo corpo coll' istrumento, e si pub stabilire senza
errore che mentre oscillano le corde per lo strofinaraento de' crini
deir archetto, accresciuto dalla colofonia, oscillino insienie le fibre del
fondo e del copercliio , alle quali questo movimeuto osciilatorio si co-
muiiica mediante il ponticello e 1' anima , cioe quel sotiil pezzo di
legno die posa perpendicolare al fondo , ed e tenuto per contrasto
annesso al coperchio. Questo moto osciilatorio delle fibre del legno si
conumica alle particelle dell' aria che si contengono nel corpo delf i-
strumento, e queste osciilazioni si compongono e si niodificano con
quelle die soiio direitaineute eccitate dalle corde stroiiuate coU' arco.
Vol. II. P. II. a4
l86 SULLA DIFFERENZA DELLF VOCI UNISONE ecc.
Questa comiinicazione di oscillazioui e immcdiatamente dimostrata dal
fatto , mcntre applicata una lamiii«tta metallica al ponticello , clie si
dice la sordina, la voce del violino non lia alcuna dcUe primicre sue
cjualita, perche le oscillazioui della corda non si coniunicano per mezzo
del ponticello all' aria della cassa ; la quale comunicazione non e
punto impedita dall' appoggiare clie fa il sonatore lo strumento al
proprio corpo. Non pare possibile il determiiiare per riieizo della sein-
plice speciildzioue teorica quali oscillazioni delle fibt^ del leguo e di
quelle delle cordc debbano combinarsi per produrre la Voce propria
di questo strumento, e questa piii penetrante e er6
non soffro alcun incomodo. Credo poi che una ragione per cui po-
tei apprendere quest' arte possa dipendere dalla profonditii della mia
voce naturale , che quautunque non sia delle piu forti , discende per
altro sino alia nota del delasoUe gravissima, cioe all' ultimo delasolre
ni SIMONn STRATICO. 19-
nella chiave del basso, nota a cui difficilmente giungono i cantanti
piu profondi. Ed a me qui sembra di poter dedurre die siccome la
maggiore o niinore profonditii dclla voce naturale dipende dal mag-
giore o minor diluugamento dcU' aspera arteria , cosi clii e piii su-
scettibile di allungare 1' aspera arteria possa piix facilraeute apprendere
la ventrilocuzioiie. »
17. Sill qui si sono addotte delle osservazioui, dalle quali sembra
potersi dedurre che la varia tempra delle voci e del suoni derivi dalla
coalescenza e dal commischiamento di varj suoni eccitati nello stesso
tempo. Ma non si dichiara per questo come tale coalescenza produca le
sensazioui diverse clie se ne hanno. Perciocche se da questa non al-
tro risultasse se non che un diverso ritmo di oscillazioni nelle parti
deir aria , si avrebbe soltanto la diflferenza di sensazione dal grave
air acuto : e se risultasse una divevsa ampiezza delle oscillazioni , si
avrebbe la diflferenza di sensazione dal forte al debole , ma non si
estenderebbe alia sensazione dclla qualita diversa delle voci perfetta-
mente unisone che pur si ha. II grande raatematico Eulero volendo
svolgere con rigore geometrico le leggi del movimento dell' aria per
la percossa di una delle sue particelle nei tubi cilindrici, convergenti,
divergenti , chiusi o aperti in tutte due le loro estreraita o in una ,
consider6 che la percossa o il colpo dato ad una particclla d'aria con-
tenuta nei tubi stessi doveva comunicarsi alle altre ed eccitare in esse
un certo grado di celerita . ed insieme un tal grado di densitii risul-
tante dalla pressione alterna delle medesime per la loro elasticita die
potevano rappresentarsi per mezzo delle ordinate a due curve riferite
alio stesso asse o linea retta. Que.-te curve , o tagliandosi a vicenda
iiel loro decorso, o coincidendo coll' asse , o passando da uii lato al-
r altro della linea retta o asse a cjii si riferiscono , oltre il produrre
varie quantita di suoni e varia forza dei medesimi , dovevauo produrre
molte altre diflferenze dei suoni , ma quali haud satis liquet (*9). E in
vero , oltreche risultano delle equazioni ribelli alle forze del calcolo
secondo i metodi sinora noti , non pare che i soli principj di forza,
direzione e frequenza di vibrazione possano condurre a dar ragione
delle differeuze degli unisoni , se a quelli non si associi la considerazioae
198 SULLA DIFFCRENZ.V DKLLE VOCI UNlSONE ecc.
delle fiji;iire dei voluiui dell' aria die rccano il senso de' varj suoni,
le qiiali figure sono in taiiti modi variabili e possono ammettcre
uioti tanto diversi di projezione e di rotazione. E riHetteiido sugli
apigiunti co' c|nali nelle varie liiigue si caratterizzano le voci e i suo-
ni , i qnali si prendono per analogia dalle sensazioui del tatto e del
gusto, onuucttendo quelli cho si prendono dal senso interno o dal
rapporto a qualche affezione dell' aninio, siccome qucsti espiimono la
maniera di sentire tali iinpressioni, cosi sembrano servire d' appoggio
alia proposta sentenza. Gli aggiunti d' aspro o dolce , di ruvido o
soave , di acuto penetrante od ottuso : 1' epiteto di velouie die usano
i Francesi, corrispondente a veUutato, clie noi non usiamo : I'aggiunto
di smooth degl' Inglesi die significa iiscio , che noi non usiamo : il
(fxayr) TrXacmx dei Gveci , voce larga : la i'ox teres rotoiida dei Latini : il
mulcere dei Laiini, o il molcere degl' Italiani applicato ugualmente al
tatto e all'udito, e tanti piii die ora non serve di qui registrare, di-
mostrano die alia voce e al suono si affiggono delle nozioni derivanti
da quelle delle figure di diversa conformazione e grandezza , e di su-
perficie scabra o levigata , e che ricercando le cagioni raeccaniclie
della differenza delle voci unisone , questa si possa ragionevolmente
ripetere dalla moltiplice differenza dei volumi d' aria che recano la
sensazione dei suoni per figura , grandezza e accidenti della stessa
fia;ura.
DI SIMONE STRATICO. 1 99
PARTE TERZA.
18. JNeixa prima parte di questo Discorso ho considerate le differenze
dei siioni e delle voci , che sono la quantita , la forza, il tempo, la
tempra e I'articolazione, ed ho esposto alcune sperienze, le quali di-
mostraiio come la coalescenza dei suoni tratti dalle parti dello stesso
corpo sonoro poste in certa distanza tra di lore, e da diversi corpi
sonori situati parimente a certa distanza, produca la diversa tempra
dei suoni die risultano. Nella seconda parte mi sono adoperato ad
estendere per mezzo dell' esperienza questo stesso principio alia spie-
gazione delle diverse qualita di voci che si ottengono da alcuni stru-
menti, come dai violini e dagl' istrumenti da fiato, ed ho addotto degli
esempi dell' imitazione delle voci degl' istrumenti da fiato, e della voce
umana che si fa con le canne d' organo in varj modi combinate e
insieme sonanti. Ora e da investigare quale sia la prossima cagione
fisica della diversa sensazione che si eccita nell' organo dell' udito , la
quale sensazione , siccome si e osservato , si esprime con vocaboli
tratti in gran parte per analogia dalle scnsazioni del tatto , parlando
dei suoni solitarj , e presciiidendo dalla melodia. Nei suoni e nelle
voci la quantita, cioe il grado di grave e di acuto, dipende dal numero
delle oscillazioni del corpo sonoro che succedono in pari tempo : la
forza deriva dalF ampiezza delle stesse oscillazioni equitcmporanee.
Queste due differenze si comunicano all' aria , la quale si conforma in
varj volumi differenti di figura e di grandezza, oscillanti secondo il
ritmo delle oscillazioni del corpo sonoro. Perciocche non sono gia gli
atomi deir aria che traducano le sensazioni dei suoni , ma i volumi
che si formano nell' aria stessa per la vibrazione delle molecole dei
corpi sonanti, o per 1' urto della stess' aria nelle molecole dei corpi
duri ai quali si allide. Ad eccitare il suono non basta ogni movimento
dell'aria, ma si richiede im colpo , una percossa , uu movimento
300 SULLA DirFERENZA 0£LLE VOCI UNISONE ecc.
accelerate. Per questo colpo si condense uii volume d'aria proporzlonato
alia grandczza e figiira della molecola oscillante : per questa conden-
sazione si rende piii rara la porzione d'aria che nello stato d'equili-
brio le era vicina dalla parte del corpo sonaute: il volume condensato
per r elasticita dell' aria stessa ritorna alia sua prima figura, e si con-
deiisa nclla direzione opposta: nello stesso tempo il volume da prima
condensato comunica il suo niovimcnto alia parte d'aria clie lo precede;
e questa successione di comunicazioni di volurai simili giunge all' aria
che si contieue nell' organo dell' udito , e da questa ai nervi nello
stesso distribuiti , onde si eccita la sensazione dei suoni e delle voci
tanto varia , quanto varie sono le figure e le grandezze dei volumi
d' aria che giungono ad urtarli.
19. Questa proposizione si accosta alia dottrina degli epicurei intorno
air udito esposta da Lucrezio nel quarto libro del suo poeraa, e che
rende, per quanto mi sembra, la spiegazione abbastanza precisa e mec-
canica. Ripetero pertanto i bei versi di quel poeta, e v'aggiungero le
osservazioiii che mi pajono opportune. La voce e il suono , second©
Lucrezio, hanno corpo, perche feriscono il sensorio, giusta 1' assioma
della stessa scuola, che tangere et tangi nisi corpus nulla potest res.
Principio auditur sonus et vox omnis , in aures
Insinuata suo pepulere ubi corpora sensum
Corpoream quoque eniin mcem constare fatendum est ,
Et sonitum , quoniam potest impellere sensus.
Se ai nervi stessi sia comunicato un moto simile non dall'aria, ma
dal niovimento perturbato dagli umori nella circolazione, si ha la sen-
sazione di una voce o d' un suono , come avviene nel tintinnio delle
orecchie per reuraa , o ne' raali acuti. Forse e dallo stesso principio
e per reminiscenza , e non per sola memoria , che sognando paja di
sentire un suono o una voce ; giacche per sola memoria non e pos-
sibile rappresentarsi una data qualita di voce ; come per reminiscenza
si riconosce quando si ode di fatto. r ;
Non basta a Lucrezio il generale assioma sopta indicato per pro-
vare che la voce e il suono siano corporei , e voile aggiungere la
DI SIMONE STRATICO. 201
conferma derivata da tre osservazioni. Primieramente la voce die si
traniatida cou molta forza e velocita per la copia delle particelle
ond' e formata e pel loro affollanieiitu nell' angustia delle fauci , le rade
passaiido , ed essa si rende roca.
Prceterradit enim uox fauces scepe , facitque
Asperiora foras gradiens arteiia clamor ,
Quippc per angustuin, uirha majore coorta
Ire foras ubi ccepenmc priinordia vocum
Scilicet expletis quoque janua raditur oris
Rauca I'iis , et iter Icedit quo vox it in auras.
Haud igitur dubiuni est quia voces verhaque constent ,
Corporeis e principiis , ut Icedere possint.
m
II secondo argomento per provare clie la voce e corporea, e per
Lucrezio la defatigazioiie e stanchezza che si prova parlando alia liiiiga
con voce forte , giacclie indica la perdita die fa il parlatore di parte
del propiio corpo.
Nee te fallit item quid corporis auferat ct quid
Dctrahat ex hominum nervis ac viribus ipsis
Perpetuus sermo nigral noctis ad umbram
Auroroe perductus ab exoriente nitore ,
Prcesertim si cum summo est calore profusus.
Ergo corpoream vocem constare necesse est
Multa loquens quoniam aniittit de corpore partem.
Qiiesto argomento se puo valere per la voce di un uomo o di un
animale , non si pu6 applicare al suono di un istrumento da corde o
da percossa, e nemraeno da fiato, se il fiato sia somministrato da un
mantice. E se la stanchezza die succede ad una lunga vociferazione
si ripeta dalla continuata azione del polinone, dei muscoli del torace
e del diaframraa , dalla circolazione soUecitata , essa non e diversa da
quella die si prova per ogni moviraento niuscolare o fatica lungamente
continuata; se non die seguendo i pensieri di Ammano, pare die nell' e-
sercizio della voce vi sia qualclie cosa di piii. //cZeo, dice quell' illustre
Vol. 11. P. n. >6
202 SULLA DIFFERENZA DELLE VOCt UNISONE ecc.
filosofo, i>ox vita proxime de corde exewitis plena est ut diu loqui fa-
tiget eos , prcecipue qui corde non conseiitiente out redamnnte loquuntur ,
ut (Bffros quos scepe cum tria quatuorve verba protulerunt aninia cum voce
simul relinquit. E volendo awiciiiarsi alia rag;ione fisiologlca di questi
efFetti, si pu6 considerare il graude ed immediato consentiinento degli
organi della voce col cuore , coll' aorta , colle carotidi per le rainifi-
cazioui ed unioiii dei nervi ricorrenti e del nervo intercostale.
II terzo argomeiito per provare clie la voce e corporea si desume
per Lucrezio dalla diversa sensazioiie che producono le varie qualita
delle voci :
Nee simili pertentanc aures primordia forma ,
Cum tuba depresso graviter sub murmure mugit
Et reboat raucum retrocit'a harbara bombum:
Vallibus et Cycni nece detorti ex Heliconis
Cum liquidam tollunt lugubri voce querelam.
cioe non il diverso tuono, ma la diversa terapra delle voci, pi'escin-
dendo dalle affezioni dell' animo die per esse si destano , non feri-
scono r orecchio nello stesso modo ; e la forma lore diversa, cioe la
configurazione e la grandezza dei volumi oscillanti che giungono a
ferire il sensorio , sono diversi.
Continua Lucrezio osservando che oltre il tuono , la forza e la sin-
golare tempra della voce, questa nell'uomo e suscettiva di articolazio-
ne , la quale e una nuova conformazione della stessa voce attuale :
Has igitur penitus voces cum corpore nostra
Exprimimus, rectoque foras emittimus ore:
Mohdis ardculat verborum dcedala lingua ,
Formaturaque labroruin pro parte figurat.
cioe questo aggregato di volanii d'aria, di figura , di grandezza, di
ritrao , d' oscillazioni determinato che costituisce la voce , si conforma
poi in aggregati parziali di volumi e figure diverse per opera dell' ar-
tifiziosa lingua , e in parte per la configurazione delle labbra ; e questi
aggregati parziali sono le lettere , le sillabe , le parole : e la tempra
DI SIMONE STRATICO. 2o3
della voce riesce aspra e ruvida, o blanda e liscia, a misura die le
figure degli stessi volumi recauti le diverse sensazioni sono piu levi-
gati o pill aspii.
Asperitas autem vocis fit ab asperitate
Prindpiorum , et item laevor Icevore creatur.
Dove si nota che i primorJia e principia detti da Lucrezio delle voci
noil sono gia gli atonii iiidivisibiii , ma le loro coinbinazioni partico-
lari, die siccome formaiio le varieta di tiitti i corpi, cosi formano le
varieta delle voci.
Si diffonde la voce e il suono nello spazio, e sino a tanto che i vo-
lurai recanti la sensazioiie della voce articolata si manteiigono iiidi-
sciolti , se ne riceve la sensazioiie distinta : se il tratto al quale e di-
retta 6 piu lungo di una certa misura, i volumi si disciolgono, e I'ar-
ticolazione si perde , cioe non giunge all' orecchio : nel tratto ancor
pill luiigo i volumi recanti la sensazione della particolare tempra
della voce si sfigurano , ne questa piu si discerne ; e finalmente nella
distanza ancor maggiore la voce stessa perisce.
Ac , uhl non longum spatium est , unde ilia profecta
Perveniat vox quoque necesse est , verbaque ipsa
Plane exaudiri discernique articulatim :
Sewat enim formaturam servatque Jiguram.
At si interposicum spatium sit longius cequo
Aera per muhuni confundi verba necesse est.
Et conturbari vocem , dum transvolat auras.
Ergo fit sonitum ut possis audire , neqiie hilum
Internoscere verborum sententia quae sit:
Usque adeo confusa venit vox inque pedita,
E questa diffusione della voce si fa per tutte le direzioni dal luogo
del parlatore, producendo per comunicazione di moto niolti volumi
simili , ciascuno dei quali reca la stessa sensazione agli uditori posti
d'intorno, piix chiara pcr6 e piu distinta a quelli die non sono posti
lateralmente.
204 SULLA DIFFERENZ\ DELLE VOCI UNISONE CCC.
•
Prceterea edictum scepe unum perciet awes
Omnibus in populo niissum prceconis ab ore.
In midcas igitur voces vox una repent c
Diffugit , in j^rwas quoniam. se dividit aures
Obsignans formam verbis darumque sonorcm.
Alciini antichi filosofi per ispiegare questa nioliituci'me di sensazioni
prodotta tla una voce sola si serviroiio del paragone dclle sciniillc die
si scagliano da un tizzone acceso tutte ad un tempo e simili tra di
loro. Cosi la voce si diflfonde produceiido per comunicazione altret-
tanti voluini simili a quello della prima sua formazione , ciascuno dei
cjuali porta Y impronta della lettera e del suono emesso dal parlatore.
Obsignans formam verbis darumque sonorem.
Alcuni di questi volumi giungono alle orecchie, altri disperdonsi e si
disciolgono , altri incontrando dei corpi solidi e resistenti sono riman-
dati , e producono 1' eco semplice o moltiplice.
^e qucB pars vocum nan aures incidit ipsas
Prceterlata peric fruscra diffusa per auras.
Pars solidis adlisa lods rejecta sonorem
Reddit , et interdum frustratur imagine verbi.
Quae bene cum videas rationem reddere possis
Tute tibi atque aliis , quo pacta per loca sola
Saxa pares formas verborum ex orduie reddant
Palanles cornices cum mantes inter opacos
Qucerimus , et magna disperses voce ciemus.
Dopo cio facilmente si vede clie la difFerenza tra cio die io
propongo , e la dottrina esposta da Lucrezio sta principalmente in
questo , die Y antico filosofo stabilisce die la voce corporea sia una
emanazione materiale dello stesso corpo soiioro o vocale , e quiudi
suscettiva di tutte quelle modificazioni die prendono i corpi nell' in-
terna lore coraposizione e uell' esterna loro figura: nella mia propo-
sizione la voce e bensi corporea , ma la materia di cui e composta
DI SIMONE STRATIOO. 2CO
k V aria stcssa niodificata in voliinii oscillanti di varia figura e gran-
dezza dalla vibrazioiie dclle mok'cole oscillanti dei corpi souoii e vo-
cali , e questo elemento della figura e grandez/.a di tali volumi, non
preso ill coiisiderazione iiella comune teoria de' suoni , e il solo die
pu6 avvicinarci ad inteiidere come i suoni della stcssa rjuantita, cioe
unisoni , possano riuscire divorsi di teni])ia c di rpialita in <|uaiito il
loro tatto o urto nei iicrvi dclT organo delf udito e diverso, sciiza uiii-
tare il ritmo della loro oscillazione.
20. Per ridiirre questa proposizione ad un aspetto raeccaiiico, ri-
fletto clie le molecole de' corpi sonori, quelle clie costitiiiscono la
particolare loro indole e tessitura, sono dissiniili in un corpo da-cjuclle
deH'altro, e clie si pu6 stabilire senza errore die le luolecole coiii-
ponenti 1' acciajo sono dissiraili da quelle ond' e composto 1' argento ,
I'oro, il bronzo, il legno , la minugia , le cartilagini della laringe e
ogni altro corpo sonoro : cosicclie , se mediaute la tensione siano ri-
dotte a dare lo stesso ritmo d' oscillazione , cioe a produrre voci uni-
sone , non pcrtanto vibrando e percotendo Y aria mettano in oscilla-
zione volumi di grandezza e di figura tanto diversa quanto esse stesse
sono diverse. Nou si pu6 dubitare che un corpo solido iinmerso nel-
I'acqua quieta e vibrato contro la stessa non muova un volume de-
terminato di fluido di una certa figura e grandezza. Le sperienze
assicuiano che una tavola di data ampiezza imraersa verticalmente
iiell' acqua mossa con direzione perpendicolare alia sua supeificie , e
con pari urto iniziale di ti'azione o vibrazione incontra resistenze
diverse , se sia quadrata o circolare , se sia sottile o grossa , se sia
la faccia d' un cubo, o la sezione massima d'una sfera, o la base di
una piraniide o d' un cono. Queste resistenze, die variano ancora per
la velocita della vibrazione con cui la superficie sia mossa, sono cqiii-
valenti alia grandezza del volume di fluido die si rimuove dal hiogo
suo, la cui figura e tanto diversa quanto e diversa la figura del so-
lido vibrante. Quello che succede ne' fluidi incompressibili , com' b
V acqua , debbe anche succedere ne' fluidi compressibili ed elastici ,
com' e I'aria. coUa difTerenza che negl' incompressibili il fluido pro-
mosso dalla vibrazione del solido immerso va ad occupare il luogo
ao6 SULLA DIFFEKENZA DELLE VOCI UNISONE ecc.
abbandonato dallo stesso solido, dopo essersi nel primo istante aggregato
ill fiircia ad esso , poiclie noii piio ridursi a miiiore volume: e nel
Iluido elastico il volume inosso dal solido vibrante si condcnsa in fac-
cia ad esso, iudi si dilata ed acquista il moto d' oscillazione , che co-
muuica al fluido vicino con quella stessa legge con cui esso e cora-
mosso. Sarebbe un problciiia di sola curiosita, di puro lusso di calcolo
difficile soprammodo c inutile quello di detenninare la figura e la
grandczza del volume dell' aria messo in oscillazione da una molecola
vibrante di un corpo sonoro, oppure dall'urto dell'aria nella molecola
solida di un corpo, come succede negl' istrumenti da fiato. Dico di
pura .curiosita, percbe per applicarlo al fatto converrebbe che fosse
nota la figura e la grandezza della molecola vibrante, e questa s'ignora:
di hisso di calcolo e difficilissinio, percbe converrebbe introdurre tanti
minimi elementi ipotetici , i quali condurrebbero ad equazioni differen-
ziali di ordini superiori , come si vede essere avvenuto ad Eulero nel
voler assoggettare al calcolo i moti di una particella d' aria nelle canne
chiuse o aperte alle loro estremita, ancorche non v'abbia introdotto
I' elemento della figura della stessa particella ; calcolo che lo stesso
insigne luatematico trovo superiore ai metodi sino ad ora conosciuti :
e finalmente inutile , come inutili furono tutte le applicazioni del cal-
colo alia spiegazione delle leggi del moti de' fluidi correnti , quando
si voile applicarlo alle minime particelle de' fluidi stessi. Ma non per
questo si puo mettere in dubbio che la figura e la grandezza dei
volumi messi in oscillazione dalle molecole vibranti de' corpi sonori
non siano tanto divei'se quanto sono diverse le figure e le grandezze
dellc stesse molecole , e le velocita dcUe loro vibrazioni ; e questo
basta al nostro presente oggetto. Ora, se questi volumi collidano e si
conformino in volumi dissimili da quelli die avevano prima della col-
lisione o conservando lo stesso ritmo d' oscillazione , o acquistandone
un altro, risultar debbono tempre diverse di suoni e di voci , perche
il sensorio e colpito da' volumi d' aria di diversa figura e grandezza.
Abbiamo osservato nei coristi che le stesse particelle dell' accia-
jo ohd' essi sono formati col colpo di un maglietto nel corista so-
speso da un filo rendono un suono die chiamai metallico , e di
DI SIMONE STRATICO. 2O7
certo afFatto diverso da qucllo clie si ottiene percoteiulo un corpo
duro col ramo dello stesso corista, e che deiiomiiiai flautino : si e os-
Bervato che le oscillazioiii delle particcUe de' due rami comuiiicaudosi
air aria si niodificano tra di loro quaiido i rami souo di eguale luii-
ghezza c in una data distanza, e non rendono suoiio a distunza niag-
giore : si e potiuo vedere che le granclla dell' arena sparse sulla carta
si comniuovono pel contatto d' uno dei due rami , e non si commuo-
vono panto se nello stesso istante si tocchi la carta con amendue i
rami dello stesso corista. Finalmente abbiamo ricordato 1' esperimenlo
Tartiniano del terzo suono prodotto da due strumenti che rendono
suoni distinti e sostenuti, e che si ode da un uditore posto a ccrta di-
stanza nel mezzo doll' intervallo a cui trovansi i due strnmenti, Que-
ste osservazioni ci guidano a conchiudere che la diversa tempra delle
voci dipenda dalla coalescenza delle oscillazioni , per la quale produ-
cansi dei volumi oscillanti d' aria di diversa figura e grandezza, difFe-
renti da quelli de' suoni componenti ad uno ad uno considerati. Che
queste collisioni di volumi messi in oscillazione dai corpi sonori suc-
cedano, non si puo dubitarne , quando si osserva che la raoltiplicita
de' suoni nello stesso luogo limitato produce una confusione , onde assai
sovente ne le qaalitii delle voci , ne le articolazioni si possano dagli
uditori sentire distintaraente. Un curioso esempio di tale confusione
si ha nella popolosa citta di Napoli. Alia cosi detta Certosa di quella
citt£k vi e una terrazza , dove stando si ode il rumore risultante da
tutte le voci emesse dagli abitanti , che non reca alcuna sensazione
distinta o di parole o di particolari voci , e che ha un carattere
proprio.
2 1. Le molecole dei corpi sonori vibrando eccitano nell' aria mo-
viraenti analoghi, e formano que' volumi di diversa figura e grandezza
de' quali si e parlato , che I'ecano le sensazioni de' suoni. Di cio non
si pu6 duljitare quando si osserva che le parti tutte del corpo sonoro
si mettono in moto nella produzione del suono. Nel noto esperiraento
del suono che si ottiene dailo strisciare col dito 1' orlo d'un bicchiere
di vetro , si osserva che se nello stesso vi sia dell' acqua , la super-
ficie della stessa acquista un ondeggiamento, e zampillano sollevandosi
208 SULLA DIFFERENZA DELLE VOCI UNISONE eCC.
alciiiie particolle; se s'iiifonda piii acqua , si ha un suono pin p;rave.
E se ncl bicchiere si versi del mercurio , la sua superficie si la ru-
gosa con strisce circolari , e il tuono aiicora piii grave , per evidente
indizio die nou solamenie nella su))erficie , ma in tutta la niassa si
eccita un nioviniento di vibrazione. Questo e ci6 die manca alle os-
servazioni celebrate in questi ultinii anni delle diverse curve nelle
quali dispongonsi le granella d' aiena sparse sopra la superficie d" in\a
tavola di vetro o di metallo, quando dalle stesse con un arco al mar-
gine o con una licve percossa si eccita un suono : cioe si osservano
gli effetti delle oscillazioni superficiali , non quelli die succedono nella
inassa interiore, i quali pero contribuiscono al suono die si produce.
1 corpi sonori sono dastici , e la loro elasticita si spicga e si eser-
cita niediante la tensioiie. Una corda d' acciajo c dastica, ma non puo
oscillare se non sia tesa, e cosi la corda fatta d'ogni altro metallo, o
di minugia o di seta. Ma perche la forza elastica d' ognuna di que-
ste raaterie e naturahuente diversa , cosi avviene die corde eguali in
grossezza e lungliczza, e tese da forze eguali rendano tuoni diversi,
e la stessa corda d' acciajo con la stessa tensione renda un suono piix
acuto se e corta , di quello die se sia lunga , come facilmente si spe-
rimenta movendo sopra il sonometro il ponticdlo, e dividendo la corda
in parti di diversa lunghezza. E le masse ancora raetalliclie acquistano
la loro tensione produttrice de'suoni in proporzione della loro lunghezza
e grossezza. Una verga d' acciajo posta sopra due fulcri e alia con-
dizione d'un solido il quale resiste all' inflessione die si vuol fare di
esso con una certa forza. Questa resistenza dei solidi all' inflessione
e in ragione composta della reciproca delle lunghezze e della diretta
d' una funzione delle grossezze : ci6 si prova con questa facile espe-
rienza , die pero non ho incontrato essere stata fatta da altri dipen-
dentemente dal principio della resistenza dei solidi. Una verga d' ac-
ciajo di poca lunghezza e di molta grossezza da un suono piu acuto
di una verga dello stesso metallo piii lunga ed egualmente grossa.
E se la stessa verga d'acciajo abbia la larghezza maggiore della gros-
sezza , essa dara un suono piu acuto quando posi sopra i due fulcri
con la grossezza , di quello die se posi sopra gli stessi con la sua
DI SIMONE STRATIGO. 2,C()
largliezza ; cioe la tensione ossia la rcsistenza a jtiegarsi e divcrsa
in qucsti clue casi. Segue la stessa legge anche I'aria, esseudosi ve-
duto die la sola luiigliezza della corda d' aria determina il tuono ,
giacche la tensione e la niedesima nclla corda d' aria piii o meno
grossa , dippndendo la tensione dalla pressione atinosferica. Ora i nio-
viuienti oscillatorj della corda o della verga di laetallo non succedono
senza che insieine non oscillino le niolecole del corpo sonante ;
poiche , siccorae rilevasi da queste semplici esperienze , tutta la inassa
delle verglie contribuisce alia formazione e alia quantita ossia tuono
del suono die si ottiene. Cos! ancora avvienc nella corda aerea, ed
e il coniplesso di queste die eccita la sensazione del suono per mezzo
dei volnnii d' aria , di figura e di grandezza relativi alle stesse mole-
cole. Quindi il suono o acuto o grave che si ecciti da una stessa corda
d' acciajo e bensi diverse per la quantita, ma non per la sua qualita,
perche e prodoito dal moto oscillatorio delle stesse particelle , quando
non vi sia coalescenza come nei coristi.
2 2. La voce umana die per la sua tempra dipende dallo stesse
principio e dalla coalescenza di divei'si suoni, la quale pu5 ascendere
in acuto o discendere in grave per moiti tuoni, die nel maggior uu-
mero degli uomini suol essere confinato a due ottave, e suscettiva di
un'altra modlficazione , die e quella dell' articolazione £ tin atto vo-
lontario in un uomo sano e bene conforinaio (juello d' alzare o ribassare
la voce; e parimente volontario quello di articolare le lettere con voce
sonora o con voce sommessa, e tale che si puo riguardare come nou
appartcnente a verun tuono, ne ad alcuna particolare tempra di voce.
Ciascuna lettera richiede una particolare posizione e movimento della
lingua e delle labbia per essere pronunciata , siccome ognuno puo
facilmente sperimentare in se stesso, particolarmente con la scorta di
que' fisiologi die si applicarono a questo esame , Elmonzio , Wallis ,
Animano , Kempelen ed altri. Ma ogiiuna di queste posizioni e mo-
vimenti non si conduce a fine per la pronuiicia di ciascuna lettera nel
discorso o nella lettura, perche alcune posizioni e movimenti necessarj
per la pronuncia della lettera precedente sono comuiii alia sussegnente,
e i vocaboli dei varj idiomi o sono tali che le successioni delle lettere
Vol. II. P. n. 47
a 10 SULLA DIFFERENZA DELLE VOCI UNISONE eCC.
e delle sillabe si connettono facilmeiitc, o si veiidoiio tali per 1' eser-
cizio e per 1' imitazione. Quincli e noto chc 1' csercizio ad iinitazione
e il vero maestro della netta pronuncia , dove non vi sia difetto di
organizzazioue , essendo poi rarissiino die senza essere abituati dalla
tenera eta si possa pronunciare esattaraeiite in idiomi varj seuza far
conoscere quale sia nativo al parlatore, e quale acquisito, meiitre oltre
la difficolta di esprimere le vocali pin o meuo aperte , e le consonanti
con quelle elisioni clie sono proprie d'ogni idionia, vi e poi I'accento
o tonico o distintivo, che ancora piii difficilmente si apprende. Non e
necessaria per I'articolazione la voce sonora, giacche parlando a bassa
voce e come si suol dire all' orecchio , si da all' aria ch' esce nella
espirazione quella forma che conviene ai particolari volunii che recano
la sensazione delle parole. Questi nel parlare a bassa voce presto di-
sciolgonsi, iie recano la sensazione a punti molto lontani, perche sono
composti di volumi d' aria oscillanti con minima forza, al contrario di
quelli che per la voce sonora sono composti di volumi oscillanti con
forza maggiore di particolare figura e grandezza; e in questa massa,
diro cosi , dei volumi recanti la sensazione della voce articolata si
conformano degli altri volumi i quali apportano la sensazione delle
lettere, e quindi delle parole, conservando il suono che appartiene a
tutta la massa. Cosi la voce corporea segue la stessa legge che si
suol concepire per la formazione materiale di tutti i corpi nei quali
gli atomi sono uniformi , le combinazioni di questi formano le molecole
che caratterizzano T indole propria di ciascun corpo, e la voce arti-
colata e come negli altri corpi la figura che per arte o per natura
essi hanno o acquistano.
23. Mentre parlo dei volumi d' aria formati dalle vibrazioni dei coi-pi
sonori che giungono a ferire 1' orecchio con quella maniera di tatto
che e corrispondente alia loro figura, grandezr.a e ritmo d'oscillazione,
oo^nuno facilmente intende che rappresento in certo modo queste im-
ma^ini in grande, e per servirmi d'un paragone, come si fa quando
si rappresenta la figura d' un insetto col microscopio solare. Perciocche
di fatto i volumi spesse volte ormai nominati sono minimi, ne pero per
la loro piccolezza seguono leggi diverse da quelle dei volumi raaggiori
DI SEVIONE STRATICO. 2 1 1
nel comuiiicarsi i loro movimenti e le loro figure. Non si trasportano
da un puiito all' altro i vuluiiii prodotti nell' aria dalla oscillazioue delle
niolecole vihranti , ina rimanendo ne' loro rispettivi luoghi oscillano
con quella legge di figura e di grandezza die loro diede la raolecola
vibrante del corpo sonoro. La comunicazione di qiiesti moti non h
istantaiiea , ma e veloce. Cio noii si puo discernere se non die esa-
miiiaiido il tempo della propagazione del suono in grandi distaiize, il
quale si trovo d' un miinito secondo nella distanza di iioo piedi ,
onde facilraente s' intende clie nelle piccolc distanze si giudichi istan-
tanco. Essa per6 si fa in pari tempo se il suono sia forte o debole ;
si fa con progresso equabile , cioe nella distanza doppia, tripla , qua-
drupla si compie in tempo doppio, triplo, quadruplo: non si auraenta
per la dirczione del vento cospirante con la direzione del corpo
sonoro all' uditore , ne si diminuisce per la direzione contraria del
vento; bensi in pari tempo si ode piu forte il suono nel primo caso,
e pill debole nel secondo, perche I'aria col vento cospirante verso il
Inogo doir uditore si condensa , col vento contrario si rarefa, ed e
noto die il suono dello stesso corpo nel recipiente dal quale siasi
estratta una parte d' aria e piu esile di quello die si ha se 1' aria nel
recipiente sia nello stato suo naturale o sia condcnsata coll'introduzione
d'altra aria, E queate particolari leggi della propagazione del suono
rendono assai probabile 1' opinione di que' fisici die attribuiscono le
oscillazioni sonore all' etere difFuso da per tutto , e die non si trasporta
da luogo a luogo, le quali si comunicano all' aria, die e il corpo so-
noro per eccellenza , cioe il diretto mezzo per eccitare la sensazione
dei siioni. Clie i volunii recanti la sensazione dei suoni e delle voci
siano minimi e forza riconoscerlo , riflettendo alia piccolezza dell' or-
gano deir udito ne' maggiori animali e ne' minori pel quale si debbono
raccogliere e successivamente eccitare tante e tanto diverse sensazioni,
e dal quale si disccrnono le rainime differenze nel tuono o nella pro-
nuncia di lettere e parole rapida e continuata : e ancor piii se si
osscrva come non si produce la minima agitazione d' aria simile a
quella del piu leggiero soffio di vento per fpianto si moliiplicliino nollo
stesso tempo le voci e i suoni in una stanza dove la mobilissima
212 SULL\ niFFKRENZA 1>ELI.E VOCI UNISONE ecc.
fianima d' una candela resta inimota , o perche la foi'za con cui spicca
la fiamnia noii puo essere scnsibilmcntc povtata ad altra direzione dalle
oscillazioni di questi volumi niiiiinii the si coniiiuicano dall' uno airaltro,
o perche i possibili raovinienti clie si volesse concepirc che fossero
comunicati alia fianima siano indiscernevoli.
24. Lucrezio, siccoine abbiamo veduto, chiude la sua tcoria del-
I'udito e del suono indicaudo il feiiomeno delF eco , cioe derivando
la repeiiziouc seniplioe o moltiplice dolla voce in alcuui luoghi dalla
ripercussione che della stessa si fli dai coipi solidi ue' quali essa si
abbatte. Pars snliclis adiisa Locis rejecta sonorem reddit ; ct inCerdum
frustratur imagine verhi. Ancorche questa riceixa non sia strettamente
con<;iunta coll' oggetto del niio presente discorso , non lascei6 di ag-
giungore sopra la stessa alcune rillessioni. L vero che questa e la
prima idea che si presenta cousiderando questo fenomeno dell' eco ,
e che tale e ancora la spiegazione che se ne da nella teoria comune
dei raggi fonici , i quali non altrimenti che i raggi di luce e i corpi
elastic! si ripercuotono dai corpi duri ed elastici ad angoli eguali a
quelli d" iiicidenza. Questa teoria, che riduce alle leggi meccaniche della
rillessione dei corpi alcuui fenomeni de'suoni, non e conforme ad al-
tri fatti che pur si osservano. Sebbene il P. Kirker abbia dedotto
molte conseguenze da questo principio per la produzione dell' eco, od
abbia anche asserito che le sue deduzioni sono confermate dall' espe-
rienza, non e noto pero che siasi giammai eretta una costruzione o
una fabbrica per ottenere un eco distinto semplice o moltiplice delle
parole pronunciate da un uomo , la quale sia riuscita secoudo 1' in-
tenzione , cio che non succede negli artifizj di riflessione applicati ai
raggi di luce i quali riescono in conformita alia teoria. Leggo anzi
che essendosi voluto imitare a Praga e ripctere una fabbrica affatto
simile a quella della villa Simonetta (della quale diede la pianta , I'al-
zato e le misure il P. Kirker nella sua Musurgia ) che si trova ad un
miglio fuori di Milano , celebre per T eco che in questa si aveva e
si ha tuttora , non si ottenne alcun eco (^°). lo non intendo di ne-
gare del tutto la ripercussione delle voci, cioe nella mia proposizione
la ripercussione de' volumi d' aria recanti la sensazione de'suoni, ma
DI SIMONI; STHATICO. 2l3
rifletto chc noii si puo dipciiderc dal solo principio della rillcssioiic dci
raggi atl aiigoli cguali a t|uclli irincidcn/a, il qiial piiiicipio appar-
tiene soltaiito ai corpi perfettaniente elastic!, clie tali appeiia dir si pos-
60110 i raggi di luce, e dice esservi uii altro principio fisico attciieiite
alia propagazione delle voci e de' suoni clie iion si piio trascurare
neir esanie de' feiiomeni dell" eco e in altri ancora. Questo principio
b la proprieta d' alciiui corpi per cui essi riescono con la loro siipei-
ficie piu esatti condiutori del suono, altri lueiio, altri atti ad estin-
guerlo e ad arrestarne la propagazione. J', uii' antica osservazione
addotta da Plinio ( X[, 6a ), dove dice: Malta jiraeierea sunt de voce
diniia dicta. In Theatroruni orchestris i^ojc scobe aut harena super injecta
devoratur , et in rudi parietum circumjecta : doliis etiam inanibus curric
eadem concavo vel recto parietum spatio , quamvis levi sono dicta verba
ad alteram, caput perferens si nulla incequalitas impediat. E Aristotele
ne' problemi chiede perclie la voce si estingua sopra un piano co-
perto di paglia. Per contrario si lia dall' esperieiiza clie la voce si
propaga a niaggiori distanze suUa supcrficie dell" acqua quicta di quelio
die siilla terra nuda ; clie sulla terra vestita d' erba bassa e uniida
la voce si propaga a distanze maggiori ; che la voce tramandata iiella
direzione d'un corso d'acqiia si diffonde a maggiori distanze di quelle
che se sia einessa in direzione contraria all' acqna corrente; die le
fabbriche appena fatte, e dove la calcina e gl' iiitonachi siano recenti
daiino inaggiorc risonaiiza e sono piii echeggianti di quelio die siano
allordie le calcine sono asciutte: e si ha ancora Y esperienza di alcnni
intonachi di calcina e sabbia , i qnali conservano la voce per liinghi
tratti iiidipendentemente dalla figura delle stanze. lo posso render conto
di due faiti di qnesto genere, e molti altii se ne trovano riportaii da-
gli osscrvatori. In un corritojo del palazzo del Catajo ncl I'adovano ,
largo 8 piedi , alto 2 uomini , e lungo 3o piedi , e intonacato del
coniune iinpasto di calcina e sabbia e ben antico , nn uonio posto ad
una estrcmita consegna per cosi esprimermi al niuro alquante parole
a bassa voce ; un altro uonio posto all' altra estremita accostando I" o-
rccchio alia parete le ode distintamente. Ma piii ancora. La cupola del
tempio di S. Paolo di Londra e eretta sopra una fabbrica rilindiica; la
214 SULLA DIFFERENZA DELLE VOCI UNISONE eCC.
circoiiferenza di questo cilitidro ^ di 354 piedi. 11 niuro e intonacato
d' inipasto di calce e hen liscio. Intorno a questo ciliiidro iiiterna-
niente vi e lui pog;p;iuolo difeso da una balaustrata di feiro pel
quale si pu6 girare. L'altezza del muro del ciliiidro e di 1 7 piedi dal
piano del poggiuolo alia cornice die separa dal cilindro la cupola. In
questo muro sono aperte otto porte. Due uomini si dispongono, schiena
a schiena, sul poggiuolo. Uno d'cssi consegna al muro alcuiie parole
a bassa voce: I'altro le ode iiumediatamente , e sente che queste pa-
role gli giungono dalla parte sua posteriore, e dopo hreve tempo le ode
e sente clie gli arrivano dalla parte sua anteriore. Questi due uomini
si distaccano ritenendo la stessa rispettiva posizione , e quando sono
alia meta della circonferenza, cioe opposti per diametro, ripetuta la spe-
rieuza , 1' uonio ode la voce in egual tempo dalla parte anteriore e
posteriore. Non e mestieri di molto discorso per convincersi che la
conservazione e propagazione della voce in questi ed altri simili fatti
non dipende ne dalla riflessione de' raggi fonici, ne dalla ripercussione
de' vohmii d' aria recanti la sensazione delle voci; bensi dimostrano
che i detti volumi scori'ono per quelle superficie e conservano la loro
flgura indisciolta. Adduco il fatto unicamente per comprovare che vi
e nella superficie di alcuni corpi questa propriety conduttrice delle
voci e de' suoni , e die la teoria dell' eco non si puo ripetere dalla
sola ripercussione delle voci , ma conviene associarvi quest' altro prin-
cipio fisico. Come poi questo studio guidar possa alia spiegazione dei
luoglii risonanti , dissonanti , circonsouanti , consonanti distinti da Vi-
truvio , come si possa quindi ragionare intorno ai pregi e al difetto
delle stanze, sale e teatri rispetto alia propagazione della voce, que-
sto potra essere T argomento di un altro Discorso.
2IO
ANNOTAZIONI.
(i) Arittide Quintil. , De Hfiisica , lib. II,
pag. 12 , edit, Mfibomii. Sonorum nlii sunt firuit
et iiiasculi, alii reuiissi et eU'eminati.
(a) Probl., sect- 19, pfobl. 27.
(3) Lcttre Ji M.' O. Neave siir \o veliicule
des sons.
(4) Cooper. Transnz. filosof. i>er Taniio 1801.
(5) Le due sperienze ricordate da Fnoklin
nella lettera sopra indicata non pajono abba-
stanza convinceati che I'aria non sia rimine-
diato deferente dei suoni. Una i cbe il tocco
vibrato di una squilla aU'estremita di una lunga
trave si ode iinmediatamente da un oreccUio
posto alP altra estreniiiii della stesaa trave ,
cosicche pare die la materia del legao sia lui
pronto veicolo del suono. L' alira esperienza
i che il colpo di due sassi battuti tra di loro
sott'' acqua si ode da ua oreccliiu posto sotto
arqua a notabilc discaiiza. Queste osservazioni
dimostrano bensi la proprieta di molte sostaaze
atte a condnrre i suoni, nia sempre pero per
giungere all' orecckio i necessaria Poscillazio-
ne deir aria.
(6) Tuono k il rapporto di un suono ad ua
altro che si ha per costante e fisso. Questo
rapporto si distingue colP udito, e vien rnppre-
sentato ancora coi nutneri u colle linee. Se
si abbi.i per costante il suono di una corda
di data lunghezza tesa sopra un nionocordo ,
il suono della metii da il rapporto die si di-
stingue coir orecchio, e il suono di questa si
dice alP oltava del priino.
A questo luogo appartlcnc la dislinzione
degl' intervalli dei suoni, per cni altri diconsi
consonaoti , altri dissonanti, ed altri uoisoni.
Aristide Qulntiliano , sopraccitato scrittore,da
la seguente defmizione : Sonorum alii intfr sc
tUnt consoni, ahi dissoni , alii unisnni. Consuni
quidem qiiibus simul percussis , cantus nihilo
pUu ex acutiore habet , quan graviorc. Dissoni
vera quibus simul percussis, cantus propriftas
ad alterutrum trans't. Unisuni sunt qui potesta-
tem ( lu/ifiif ) quidvm vocis uUam , tensiimem
vera aqualvm oLtini-nt. Ibid. , p. i a , edit. Ucib.
(7) Sonus est vocis casus ( uiv'rs irrijii )
in unam tenslonem. Tensio est mora ac stalio
vocis. Cum igitur vox in una tensione stare
videtur, tunc illain vocein sonuni esse dicimus,
qui in cantu poai possit. Accidit autein souo
color, locus, tcinpus. Tciiipus igitur est secun-
dum quod lungiures in inajori tempore, et bre-
viores In iiiinori sonaiuus , ut et rythmus lo-
cum hie habere videatnr. Secundum autem so-
norum tempos cautus rythmum consequi de-
bent. Locus soni est, secundum quern gravio-
res alios alios acutiurcs prol'erinius. Illos enim
qui in eodeiii apparent esse loco, dicimus uni-
sonos, acutiores vero aut graviores in diversis
locis esse adtirmanius. Purro color est, secun-
dum quem inter se ditl'eruut qui in eodem loco
aut tempore apparent, ut est qux cautus di-
citur natura in voce, ac similia. Gaudentii Philo-
soph, Introdnct. Harmonica, pag. 4 , edit. Mcibom,
(8) Le inecanisme de la parole , suivi de
la description d'une machine parlante, a Vienne
1792, 8."
(9) Nella conclusione del suo trattato al
§ 243 egli assicura cbe nello 3|>azio di tic sct-
timane si puo acquistare la stupenda abilitii
di valersi della sua macchina parlante, parti-
colaroiente se applicata alle lingue latina, fran-
cese , italiana ; nella lingua alemanaa riesce
piii diflicile a motivo delle consonant! che I're-
quentemente s'incontrano, e dei suoni sofianti,
e delle lettere mute die trovansi sovente alU
fine delle parole. lo posso , egli soggiunge,
pronunciare alT istanCe colla oiia macchina una
parola che mi sia indicata francese o italiana,
e mi riesce piu difficile qualihe parola ale man-
na. Oltrecio conviene che le parole the mi si
•lib
propongono sleito corte, perchfc il maiitice non
basta per le Innglie. lo fo pronunziare alia mac-
china : Fous eces inon ami — /e vous aime de
tout mon coeur, o iu Ijtiao Lfopoldus secundui
Xoinanonim Impcrator , semprr Augustus.
(lo) Amnianus , De loqucla. Diss. Lugd.
Batav. 1740, pag. 34.
(n) Marziano Capvlla nel lib. IX, De nup-
tiis pliilolo^icB , distingue cosi la voce, png. 18a,
edit. Meibom. : Oinnis cor in duo aencra dividi-
tur : continuum atque dii'isum. Continuum est
velut juge colloquium : divisum quod in modula-
tione servamus. Est ct medium , quod in utroque
permixtum , ac neque alteiius continuum niodwn
servat , mc alterius frequenti divisione prinare fingunt pro ut ipse certissima tdoctus
sum experientia.
a8
2l8
(a6) Quicquiil hactenU3 Je voce et loquela
dixi, de quotidiana ilia, et vnlgari accipi volo,
qax fit expiraado ; est eiiim et alius adlmc
modus earn per inspiratioiiem loqueiidi, quinou
cuivis datas est , qucmque aliquoties in gasti-i-
mythis quibusdam adiniratus sum: et Aiuste-
lodaini oliin vetulain quandam audivi utroque
modo loquentem, sibique ad quaesita quasi iii-
spirando respondentem, ut ea sum viro duos
ad minimum passus ab ea reraoto coUoqui de-
jerassem , vocem eaim inter inspirandum ab-
sorptaui longinquo venire credebam. Mulier-
cula base Pythiam agerc facile potuisset. Am-
manus, De loquela, pag. 117.
(17) Young, Experiments on the sound and
light. Phi'osopli. transactions for the year 1800.
(a8) Le ventriloque ou Tengastrimytbe, par
M/ la Chapelle, a Londres 177a, a vol. in 8.*
(19) Comment. Novi Academ. Solent. Pe-
tropol. 1 77 1, torn. XVI. Euleri, De mofu aeris
in tubia, p.ig. 3i3. Primum autem dlstinguitur
latituJo pulsuum , quae prout majorem mino-
rcmve liabucrit ainplitudinem , vel tota ad
eamdem axis partem, vel partim supra axem,
partim infra eum fiieric sita , vel alia quacun-
que ratione fuerit eiTecta, sonus quoque di-
verso modo sensuin auditus afficiet. Ab ampli-
tuJine quidem fortitude seu vehcmentla soni
pendere videtur: quales alios proprietates cur-
vse isti respondeant haud satis liquet : id sal-
tern perspicuum est inlinitam ferme sonoi'um
varietatem hinc explicari debere.
(3o) Treatise on the Theatre by Georg.
Saunders. Londra 1790.
NOTIZIA D'UNA TRADUZIONE LATINA SCONOSCIUTA
FA.TTA.
DAL CARDINALE PIETRO BE]\roO
DELL' ORAZIONE DI GORGIA INTORNO AL RAPIMENTO D" ELENA
DELL ABATE
JACOPO MORELLI.
i^ovERClliA e frivola trattazione potrebbe ad alcuni sembrare quel la ,
cui mi son io raesso , di dare notizia d' un' operetta sconosciuta del
Cardinale Pietro Bembo; quasi die avendo egli per piii oper« latine
e italiaiie, nella prosa e nel verso scritte , acquistata celebrita sonima
presso ogni colta nazione, ed essendo il norue di lui comuneinente
riverito, pregio dell' opera non vi sia a dime da vantaggio. Siano
pure contenti di quanto si sa d' un qualche letterato insigne colore
che la vita di lui ovvero anche soltanto le opere sue maggiori hanno
conosciute e studiate; ma non lo potranno giammai essere quel che
presi di grand' estimazione dell' esimio di lui merito , per guida pro-
pria e pieno apprendimento, bramosi siano di conoscere quali fossero
i prinii suoi studj , per quali vie egli progredisse, qual sorte di av-
vertenze nell' esercitarvisi usasse , e con quali prove d' ingegno gli
avvenisse di giovare tanto alle lettere e a se stesso , quanto finabneute
a perpetua rinonianza e onore universale salisse. Fia pertanto utile e
grata cosa 1' avere coutezza di un' operetta del Bembo , della quale ,
2 20 NOTIZIA D'UNA TRADUZIONE LATINA SCONOSCIUTA
perche riniase ella inedita , e ne' libri a stampa appena trovossi ac-
ccniiata , gli scrittori anclie pin accurati i:itorno allc procluzioni cU
queir ingegiio felicissiiuo non fecero ricordanza.
Notissiina cosa e che il Benibo voglioso di apparare le lettere gre-
che da uu qualche eccelleute ammaestratore , nell' anno 149a, venti-
duesinio dell' eta sua , preso seco a coin|)agno Angelo Gabriele , altro
geiuiluomo veneziano , suo intiino aiuico e illustre per lotteratiua , a
Messina si port6 , e applicutosi ad inipararle da Costantino Lascaris ,
che ivi pubblicaraente e con grande applauso le insegnava , sotto la
disciplina di lui circa due anni quotidianamente vi si esercitd : ma per
beiie comprendere quanto avvedutaiuente egli nel cio fare si diportasse,
altre notizie aiicora e uopo d'avere. Non niancavano gia a quel tempo ne
in Venezia, ne in Padova dotti uoniini, i quali pubblicamente o privata-
mente la lingua greca insegnassero, e raolti e cliiari allievi feliceraente
facessero : di nessuno per6 di loro il Benibo si appagava, e nel solo
Lascaris vedeva uniti que' pregi che nel maestro suo ricercava. Era egli
nato ed allevato in Costantinopoli, nella quale citta , e non altrove,
la lingua anche allora s' era maiitenuta buona e sincera , ne da fore-
stieri parlari contaminata , e la pronunzia pure vi era scevra da po-
polari ed estranei dialetti : dopo la caduta dell' Impero Orientale aveva
egli pilbbhcamente insegnato il greco in Milano, in Napoli, e da piii
anni lo insegnava in Messina con grande concorso di scoTari ed ap-
plauso universale : sino dall' anno 1 476 aveva in Milano dato a stampa
la sua grammatica greca , riprodotta ivi nel 1 480 , e in Vicenza nel
1488, la quale poi emendata di sua raauo il Bembo ed il Gabriele
recarono ad Aldo Manuzio , che siccome eccellente nel 1494 ha ri-
stampata : inoltrc il Lascaris anche nella lingua latina esattamente e
non senza qualch' eleganza scriveva ; e cio che massimamente importa,
costumatissimo era. Di non lieve incitaraento a portarsi nella Sicilia
per apprendere il greco da lui sevviva ancora I'opportunita di visitare
quella felice regione, in cui tanti uomini sapienti erano anticaraente
fioriti , de' quali i luoghi stessi ed i monumenti superstiti la ricor-
danza efficaccmente destavano : ne quando una volta fosse il Berabo la
pervenuto , temeva distrazione veruna dagli studj. Da lui stesso giova
DI JACOPO MOUELLI. 22 I
udire le belle parole colle quali acceniia tutii questi niotivi in una
lettera scritta prima tli partire a Giovanni Alessaudro Ortica suo mae-
stro (Episc, lib. I, n. i ) : Est in Sicilia Messcncc Constantinus Lascaris,
vir non rnodo Grtecus seel etiam Byzantius : quae quidtm urbs sola ex
universa Groecia retinere probitatcm ilLain /tuicam antiqui sernionis , si
qua rcsicht adhuc quideni ejus lingua: probitas , plane diciiur : euque in
urbe ludum aperuit, ex<;rcuitque mulcos jam annos ct caste, nee sine di-
gnitate. fs valde omnium hoininum sermone laudacur. Scripsit de primis
Crammatices elem.entis librum ad instituendos pueros qui habetur et le-
gitur. Hunc ego ilium esse statueram qui me doceret , si tu annuisses ; vel
propterea quod esset ipse in ejusmodi doctrina facile princeps ; est autem
ab optimis doctoribus ars omnis haurienda ; vel quia in Sicilia earn artem
exercerec , ubi non domesticis cutis, non publicis, non amicorum ojjiciis, non
paternis ullis muneribus a discendi studio interpellarer, eo si me contulissem.
Messe dunque dal Bembo a suo profitto tante e si liete comodita,
addottrinato continuamente dal Lascaris , con sollecitudine maravigliosa
ed amore paterno (Ep.^), secondo che il fervore suo esigeva, in
pochi mesi divenne capace di bene tradurre dal greco nel latino, di
buona voglia in quell' esercizio occupatosi dietro all' esempio di Cice-
rone che da Omero, Arato , Eschine, Demostene, Platone, Senofonte ,
Epicuro ed altii aveva fatte traduzioni latine ; e seguendo pure 1' inse-
gnamento di Plinio il giovane , a Fosco ( Lib. VII , Ep. 9 ) : Utde in
primis, et multi prcecipiunt, vel ex groeco in latinum, vel e.v latino ver-
tere in grcecum. ; quo genere exercitationis proprietas splendorque verborum,
copia Jigurandi , vis expressionis , proeterea imitatione optimorum similia
inveniendi facultas poratur ; simul quce Icgentem fefellissent , transferentem
fugere non possunt ; intelligentia e.x hoc et judicium acquiritur.
Quali traduzioni il Bembo a quel tempo facesse nol sappiamo , ne
altre fuoriche quella dell' Orazione di Gorgia sul rapimento d" Elena
io ho potuto conoscere : la quale come prima vidi leggermente accen-
nata dal Conte Giovanni Fantuzzi nel tonio VII, pag. 2c5 degli Scrittori
di ^o/on'rtrt, stanipato Tamio 1790, procurai che mi fosse trascritta da
un codice niiscellaneo che la conteneva , scritto da Pietro Vizani bolo-
gnese nell' anno 1492, allora presso il Conte Baidassarre Carrati serbato.
aaa notizia d una traduzione latina sconosciuta
Componiineiito accoiicio ad essere da se tradotto , e die gli era
veimto alle niani , il Bembo allora reputo quell' Oiazione , sicconie di
antico e celebre autore, sopra argomento conosciutissimo , ne prima
stata stampata o in greco o in latino; e vide pure die quel lavoretto,
anche a giudizio del Lascaris , era tale da potersi come primizia degli
studj suoi con tutta coiiveuienza dedicare a Ferdinatido d' Acugna
Vicere della Sicilia, si perclie egli quasi solo in quelle parti proteggeva
le lettere , e moiiumenti anticlii d' ogni sorte con gran sollecitudine
adunava;si ancora perche a togliere dalla dimenticanza, in cui allora
trovavasi caduto Tautorc, nato in Lentini citta della Sicilia, TOrazione
valeva. Alia lettera di dedicazione fraramise il Bembo una breve Vita
di Gorgia , cli' egli dice prcsa da varj anticlii scrittori ; e bene si vede
clie questi fiirono Filostrato , Suida ed altri , cbe tuttora abbiamo , e
Cicerone speciahnente, di cui vi si leggono le parole raedesime colle
qiiali egli dice die Gorgia con grande coraggio professava di essere
pronto a disputare alF improvviso sopra qualunque argomento clie gli
fosse stato proposto {De Orator, f. 22. De Finih. II. 1 ); e clie a lui solo
si grand' onore la Grecia fece , die una statua d' oro in Delfo gli ha
posta : Cui tantus honos habitus est a Crcecia , soli ut ex omnibus , Del-
phis non inaurata statua, sed aurea statueretur ( De Orat. III. 82 ). Della
sua eloquenza cotanto celebrata, sebbene affatto inferiore a quella dei
sommi oratori greci , dell' acutezza d' ingegno , e dello stile poetico di
lui fa poclii motti , e la lettera al Vicere con cjueste graziose parole
finisce : Sed jam ipsum Gorgiam audiamus Latina verba loquentem , qiue ,
ni fallor , nulla alia unquam cetas audivit : quod tamen ilium consulto
fecisse crediderim , ut tibi primum loqueretur.
Non 6 per vero dire un gran pezzo d' eloquenza l' Orazione di
Gorgia, anzi soltanto come scrittura scherzevole dall' autore medesiino
ella e stata prodotta ; e tutta s' aggira a discolpare affatto Elena nel
suo rapimento , o fosse quello avvenuto per volonta della Fortuna e
impero degli Dei , e necessario destino , o perche siasi ella lasciata
persuadere da belle parole, o presa fosse da fervido amore. Male per-
tanto air Orazione compete il titolo di Encomio d'Elena, col quale suole
andare attorno , e nella traduzioiie ancora del Bembo ella si vede ; che
\)l JACOPO MORELLI. 2^3
aiizi piuttosto ha da dirsi Apologia d' Elena , secondo die Isocrate ,
quantunque stato discepolo di Gorgia , diriltaraentc ha osservato
(Ed. Filla, pag. cxLi^ II ). Ma giii stampe e traduzioiii varie d'essa non
mancano da potersi agevolmcntc vedere in die ella consista , poiclie
Aldo Manuzio , Arrigo Stefano, il Reiske la pubblicarono in greco,
Guglielmo Cantero in latino, Angelo Teodoro Villa in italiano, e I'a-
bate Auger in francese, e facihuente altri in altie lingue ancora.
£ poi degna cosa da sapersi die il Bembo pure , egualmente die
il Lascaris , il Maurolico e il Fazello , ricorda tre Orazioni di Gorgia
come a suo tempo ancor esistenti^ dove al presente, oltre a quella
intorno ad Elena, non ci resta die la sua Apologia per Palamede,
la quale per altro dal giudizio solenne di Reiske ( Prcef. in torn. VIII.
Orator. Qraecor.) in istima si aha e posta, da doversi tenere come un
modello perfetto delF eloquenza forense ;, e come un catechismo della
rettorica e della dialettica de' Greci.
Non si persuase 1' eruditissimo Jacopo Filippo Dorville ( Sicula etc. ,
pag. 169) che una terza Orazionc di Gorgia dope il risorgimento delle
lettere si continuasse a trovare , perciocdie a' tempi nostri ella non e
pervenuta : ma non conobbe egli la tcstimoniaiiza del Bembo , il quale
nella mentovata lettera dedicatoria al Vicere di Sicilia mostrando di
averue sufficiente contezza, scriveva cosi: Accipe Igitur ea, qua omnes
prcestas , humanitate , primitias studiorum meoruni , Corgice nostri lauda-
tionem, quam in Hetenam lusit , ut ipse fatetur , iinani quae ad mnnus
nostras pervenit ex tribus Orationibus , quae adhuc extant (quod ego sciam)
ex tot tanti i>iri scriptis : cetera insidiosa nobis cetas invidit : haec tamcn
ipsa, quceque etiam reliquis duabus minor, artis tibi in dicendo dlius ,
ingcniique acuminis specimen dabit. S'aggiunge che il Maurolico, scrit-
tore del secolo sedicesiino, nell'Istoria delle cose Siciliane chiaramente
afferma di avere lette le tre Orazioni di Gorgia nella Biblioteca dei
Frati Domenicani di S. Marco in Fireiize : Hujus tres exstant Orationes,
quas ego legi in Bibliothvca Florentina Dii'i Marci. Ne mancherebbero
pill esempi d'opere antiche ed insigni che ne' recenti secoli esistevano,
ed era sono perdute , onde poter accreditare pienamente il detto del
Bembo e degli altri soprannominati.
224 NOTIZIA D VSA. TRADUZIONIL LATIXA SCOXOSCIUTA
Noil ignoraiio i critici sagaci che sovente aiiche dalle traduzioui si
puo trarre vaiitaggio per ammendai'o nci testi oiigiiiali le false lezioiii,
e per isceglicre e stabilirne le veraci e sincere ; ed in tali casi esse
noa di rado tengoiio liiogo di ])Uoni codici a peniia dai traduttori
usati, poi rimasi sconosciuti , o con nuove ricerche venuti alia luce.
Di cio belli e cliiari esenipi ne diedcio 1' Erodiano tradotto dal Poli-
ziano , alcune opere d' Ippocrate e di Galeno da Niccol6 Leoniceno,
delle Qiiistioni di Meccanica ed altre operette d' Aristotile da Niccolo
Leonico Tomco , delle Quistioni stesse da Vettore Fausto , d'alquante
opere d' Archiniede , d' Apolloiiio Pergeo, di Sei-eno , di Eutocio, di
Euclide, d' Erone du Federico Comniandino , del Quadripartito di To-
loineo da Pier Angeli da Barga, e della Ciropedia di Senofonte da
Ciulio Gabrieli, di cui la versione soltanto a' nostri tempi e stata
osservata e riconosciuta come un capo d'opera da Villoison e da Veiske ;
per tacerc qui di tante altre opere greche con sommo studio e laude
iiisigne gia voltate nel latino si da' nostri Italiani , come da forestieri ,
da Erasrao spezialmente , da Giovacchiiio Camerario , da Enrico Ste-
fano , da Guglielmo Cantero , da Isacco Casaubono e da altri molti.
Simigliante profitto iion lascia di apportarci talvolta , benclie di
breve Orazione si ti'atti , la versione del Berabo , ne si sappia quale
fosse il codice sopra cui egli la fece , ne se a' tempi nostri pervenisse ,
ovvero andasse perduto. Ad ogni raodo pero si scorge cli' esso era
di buona indole, dal vedervisi alcuni de' concetti piii esattamente
tradotti, ed alle volte ancora conforrae piacque a Guglielmo Cantero,
fiammingo , uomo assai accreditato in questa sorta di lavori, di espri-
merli latinamente ; di rado per6 veggonsi autorizzati i carabiamenti
che il Reiske vi fece , il quale bene spesso assecondava il solo suo
ingegno nel riprodurne i testi , come fece in quest' Orazione , da lui
ultimamente dataci a stampa nella collezione degli Oratori greci di
Lipsia nel 1778; ne gran differenza si trova facendo 1' esame di tre
codici , che Y Orazione nell' originale contengono , in questa I. R. Bi-
blioteca esistenti, i quali la lezione comune co' suoi difetti , gia soliti
a rinvenirsi anche negli altri, quasi onninamente presentano. Sarebbe
pertanto troppo arrischiato consiglio quello di cinientare il ristabilimento
DI JACOPO MORELLI. 225
delle primitive voci e frasi per mezzo soltanto della traduzione del
Bembo ; c questo poi piii aiicora , uoii poteiido usare die una sola
cupia moderna e scorrettamente fatta , com' e cjuella che lio sotto gli
ocelli.
Bene fiattanto di essa si puo asscrire die sopra 1' origiiiale non 6
letteralincnte e coii disatlatto o sovercliio studio coiidotta; Tesattezza,
la forma dell' espressione , 1' ordine , le figure di quello non vi si al-
terano giammai , e 1' eleganza della dettatura latina da per tutto vi
spicca; ne' quali pregi il buono e il bcllo di tali lavori sostanzialinente
consiste. Opportuna ancora qualche volta ella e ad iscliiarire e far
che pill agevolmente s' intenda o il testo, o la traduzione del Cantero.
Cosi, per addurne qualehe esempio, Gorgia scusando Elena , come se
colpita dall' efficacia delle persuasioni, le avesse con troppa leggerezza
secondate , giusta il testo comune dice : 'Ocro/ ocag n£(>t oV(»v kxi iW/jay
xa/ nsi^ticji \lisuSyj Aoyov TrKacavreg ; ei //.ev ya^ Trocvreg nspl ttccvtcov six'^v
rwv 7ia.^oixo]j.svcov ixvrtjj.r\v , ruJv ts Tra.^o'JTttiV , rwy te ij.cXKovtcov ^poys/av, »/4
av ojxoicog , o/j-oiog oiv o Xoyog , n to, vuv ye ■, «rf jxvna'^^yxt to 'na.^oi%o]j.i'ryi ,
Sts aKt^xa^ut TO napov, sre fj.xvTeuea'^oci to juKKov, ivvropcag dxEv. II Reiske
imbarazzato a questo passo, in cui trova inezie e sottigliezze sofistiche,
sospetta die dopo le parole tmv ts jrapovTcov sia da aggiungersi evvoixv
( Orator., torn. VIII , pag. ()S ). II Canttro, o perclie fosse del medesimo
avviso,o perclie in qualche testo a pcnna il passo .scritto con quclla
voce trovasse , in questo modo tradnsse (p. 19): Quot porro cjuam
midtis quantas res confictis verbis et persuaserunt eC persuade nt F Eienim
si omiies omnia turn prceterita meininissent , turn intelligerent praesentia ,
turn futura prceviderent ; non tarn dissimiliter similis ratio nee pneterita
meminisset , nee inteltigeret praesentia , nee futura proei>iderct. II Beiiibo
poi col Cantero s' accoida , ma con istile disinvolto e frasi piii nobili
traduce cosi : Quanta namque, quamque mutti vel mentientes persuasere ,
atque usque persuadentF Nenipe si singulatiin oinnes qucecunque acta sunt
recordarentur , prcesentiaqtie viderent , ac futura prospicerent ; non omnino
ita oratione, quae de iis ipsis agit , prceteritorum nienioria . prcesentium
consideratio, futuronun proei>identia pessundarentur. Alio stesso proposito
volcndo Gorgia spiogare quauto I'eloqucnza vaglia a coramuovere gli
Vol. II. P. II. 39
2i6 NOTIZIA d'oNV TRAPUZIONE LATINA SCONOSCIUTA
affetti negli aiiinii, dice cost: uffve^ ya.(> riv vx^v icpxpfLXKivaxv kxI i^eyovreuaxv.
II Cantero ha tradotto in tale niauiera : Qaemaclmodum alia venena
aliud corpori demunt , et nunc morhutn , nunc vitam auferunt ; ita ser-
mones alii dolmem , alii ddectationem , nonnulli metum , quidam confi-
dentiam adferunt , aliqui etiani peisuasione nan recta animuni inficiunt
atque fascinant. 11 Bembo <"a la sua tiaduzioiie serbando il senso me-
desimo , ma con qnesta piu espressiva locuzione : Sicut enim medicince
alice alia qwque i-x corpore excivcre, alice moibos, aliae vicam expulere ;
icam orationuni alice molcstiam attuleie , alice oblectationem , tiinoreni
dice incussere audientUnis , hoe ut. fiderent efj'eccre, qucedam nocuis persua-
sionibiis venenatos sensus incantatosqae reliquere. Qualora si ponga inente
a questa tradiizione , non si pa6 non osservare clie il Benibo ancor
giovinetto di gia mirava a fare ue' suoi scritti risorgere e rifiorire
la liiio'ua latina nella sua pnrezza e col suo aiitico splendore ; nella
qual iinpresa egli e si felicemente riuscito , che sicconie con buona
ragione giudico M.' della Casa , prima di ognuii altro scrittore , dope
il secolo di Augiisto mostro le bellezze di essa, e di nuovo fece gu-
starne il suo primidvo sapore, quantunque per conseguirne lo stesso
fine Giannantonio Campano , il Poliziano, il Pontano, Giovanni Pico
della Mirandola ed altvi cccellenti ingegni con industria continua si
fossero adoperati. Tanto mi parve da dirsi per dare buona contezza
d' un' operetta del nostro Bembo , la quale ora incomincia ad avere
pieno diritto di essere fra gli scritti di lui annoverata , e con laude
rlferita.
Assai volenticri io scrivo sempre e parlo di Pietro Bembo ; ma ci6
fare molto piii mi aggrada, quando di monumenti nuo\i si tratta, che
quello splendidissimo lume di nostra patria risguardino ; giacche per
quanto intorno a lui sia stato accurataraente scritto da piii valentuo-
mini, rimangono aiicora da conoscersi belle cose, che note non sono,
e da svoljrersene altre oscuramente state riferite. £ bensi manifesto
che r Istoria sua Veneziana in volgaie per la prima volta ho io
DI JACOPO MOREI-LI. 22 7
pubblicata, venticinque anni sono, sccondo I'autografo, e bene spesso
diversa da quel ch'ella andava in p;iro, senza che si sapesse che dopo
la inorte del Bembo noii poclii passi vi fossero stati omcssi , molti
notabiiineiite alteiati , la dettatura da per tutto spogliata delle piii
belle ed eleganti voci e frasi toscane , la strmtura de' periodi a piii
facile e comune intclligenza ridotta ; e tutto ci6 per quella prima im-
pressione f'u deliberatamente con autorita pubblica , fatiane prima a
parte a parte cogiiizione di causa , rigorosaniente cseguito. Notizie
sono queste che quando 1' edizione feci , ho dovuto usare graiidc
cautela, e prendermi pensioro che non se ne avesse tutto il sentore,
ne partitamente e con precisione si niettessero in veduta le mutilazioni
nell' opera gia fatte ; perciocche non mancavano neppur allora alcuni
i quali , sebbene dopo intervallo luiigliissirno di tempo, la intendevano
siccorae qiiei che da prima aveano negata o impedita all' autore la
facolta di dare a stampa 1' Istoria nel siiicero suo stato; e dell' assen-
timento di questi v' era poi bisogno per fare la nuova edizione.
Inoltre operette varie vi sono del Bembo scritte in greco, in latino
o in italiano, in prosa o in verso, le quali restarono inedite, o se
pure furono stampate, sono frammesse ad opere altrui,di grande ra-
rita e appeiia conoscinte. Quanto poi non vi sarebbc da dire e da
iraparare ancora da una piena trattazioiie intorno ai monumenti di
lettere e di arti belle da lui con gran soUecitudine raccolti e posse-
duti ? della sua Biblioteca copiosa di codici a penna preziosissimi, del
suo Museo di medaglie aiitiche e di anticaglie d' ogni sorte , nelle
quali era erainente la Tavola Isiaca Egizia , della sua Galleria di pit-
ture e sculture , ed altre opere di disegno , che io ho avuta la fortuna
di poter mettere in buon aspetto con individuate notizie ; del suo
Orto botanico , ricco di piante peregrine , e da piii scrittori illustri
lodatissimo ; del vantaggio alle lettere e della celebrita che a questa
Biblioteca Marciana provennero, merce il provido governo di essa ,
ovvero da se presente, ovvero in asscnza, per mezzo di Giovambattista
Rannusio e di Benedetto Ramberto , pel corso di quindici anni eser-
citato? Sul quale argomento copiose ed illustri testimonianze vedere si
possono di letterati nazionali e forestieri che ne ricevono in prestito
2a8 NOTiziA d'una traduzione latina sconoscidta ecc.
i codici a penna, e nell' edizioni biion uso iie facevano; e iiuovi lurai
aiicora ci prestano varie sue lettere iiiedite, che in uii codice di mia
particolore ragione fra le cose piii care conservo. Opera giovevole e
piacevole pertaiito sarebbe quella che s' iinpiegasse nel raccogliere ed
esporre le niolte e belle memorie che sparse s'incontrano in libri varj
a stampa, ovvero in luce non sono, le cjuali pienamente comprovano
il fino gusto del Bembo nel raccogliere, discernere e porre in istima
gli oggetti di erudizione, di letteratura , di arti , ovver anche fiori,
frutti e alberi stranieri e rarissimi, e dimostrano la di lui sollecitndine
di rendere lo studio di si squisite e pregiate cose sempre piii profit-
tevole a quei che ue avevano intelligenza o diletto.
SOLSTIZJ OSSERVATI E CALCOLATI
DA.
GIUSEPPE PIAZZI.
iJE mie osservazioni solstiziali ebbero principio nel t79i , epoca
dello stabilimemo di questa Specola , e quasi senza cUscontinuazione
protratte furono fino al solstizio jemale del 1814. Offrono quiiidi un
periodo 11011 miiiore di anni veiititre, clie, considerate le qiialita dollo
stromeiito con cui furono tentate, deve inspirare qualclie fiilucia snlle
conseguenze clie possono dedursi dal lore complesso. IIo pcrcio
fondamento di sperare clie non sia male accetto a cotesto insij^nc
Cesareo Istituto, cui ho 1' onore di appartenere , quanro vorro parti-
tamente divisando in questa Memoria , la prima e piu soUecita clie,
dopo si lunga intermissione di letteraria corrispondenza , mi vien
fatto di esibire. Non riporto in essa le osservazioni tutte, nia le sole
non pubblicate ancora , essendo bastevole indicare delle altre i ri-
sultati. Prima pero ho creduto convenevole accennare le variazioni
cui soiio stato condotto riguardo agli elementi del calcolo , c come
in conseguenza sono stati corretti que' priiiii risultati , e dedotii gli
ahri dalle osservazioni posteriori.
23o SOLSTIZJ OSSERVATI E CALCOLATI
SI-
OSSERVAZIONI.
Le osservazioni degli anni 179 1-2-3 si possono vedere nel libro V
della Specula Astronomica, pag. 33 e seg. , le alti'e dal 1794 al 1804
iiei vol. XI e XII della iSocjeta /fa/iana, le posteiiori dal i8o5 al 1814
soiio qui sotto riportate. Tutte sono state fatte nella stessa maniera
e coUo stesso ceichio di Ramsdeii di cinque piedi di diainetro, rivol-
gendo le divisioni a levante altcniaiivamente e a poneiite. La leitera D
indica le divisioni a levante, e la lettera / le divisioni a poneiite. Nel
calcolo loro sara quindi necessario , per mezzo del moto del Sole in
declinazione, ridurre la distanza osservata in un senso al luomento
dclia distanza osservata nell' altro senso , e prenderne il medio , che
sara pel tempo della seconda osservazione la distanza apparente del
Sole dallo zenit, corretta dell' errore della linea di fiducia. Si potreb-
be , non vi ba dnbbio , evitare si fatta riduzione , applicando ad ogni
osservazione la correzione della linea di fiducia dedotta da altre os-
servazioni, come suole praticarsi co' quadranti ed altri simili stro-
menti , e cio talvolta ho fatto per mancanza di osservazioni corri-
spondenti. Ma i risultati saranno serapre meno sicuri ;, poich^ e ben
difficile die 1' errore della linea di fiducia sia lo stesso per ogni di-
visione , e si conservi lo stesso per piii tempo. Questo inconveniente
e r errore che quindi puo venirne non si tolgono che col rovescia-
mento ed opposta lettura delle divisioni. In ci6 e riposto il principale
vantaggio de' cei'clij non ripetitori sopra i quadranti , ed ove questo
luanchi , vi manchera sempre il piii essenziale.
DA GIUSEPPE PIAZZI.
23l
Distanze del Sole dallo zenit osservate in Palermo
ne' solstizj dal i8o5 al 1814.
Anni, tncsi
Barom."
Termometro
Boido
Bordo
_ 6
'if
Note.
e
a 0
>*^^
iiitcriore.
supcriore.
^ 0
jiionu.
iiiteriorr
csteriore
i«<5
p
Giuiino 23
29.888
74.2
73,5
14° 53' 52 0
14° 23' i3"o
1
a6
29,746
76,0
74.4
14 58 40,0
14 26 58.5
D
28
29,932
77-^
74^4
i5 3 11,5
14 3i 34.0
1
29
29^914
76,8
75,0
i5 6 1,0
14 34 35,0
1>
3o
29.902
77,0
77'4
1 5 9 26,0
14 37 46.5
1
Poco liuona.
1806
Ciugiio 1 1
3o,ooo
75,5
76,2
i5 18 18,0
14 46 38, 0
1
12
30,064.
75,2
76.3
i5 i3 52 0
14 42 20,0
U
II
i3
3o,oia
76,6
69.2
i5 10 19,5
14 38 38,0
1
1
14
29.964
77,3
75,8
i5 6 46,5
14 35 4,5
D
i5
29.938
76,5
75.6
1 5 3 55,5
14 32 i3,5
I
16
29.950
77^-^
76.2
i5 1 16,0
14 29 35,0
D
'7
29,914
77,2
76,0
14 59 12,0
14 27 32,0
1
18
29.80a
-8,2
77,0
14 5? 22,5
14 25 40.0
D
19
29,846
7«,o
77-^
14 56 9,5
14 24 25,0
1
20
29,780
-8.5
78,5
14 54 57,0
14 23 23.5
D
21
29.830
76.5
73.2
14 54 44,0
14 23 5,0
1
22
29.884
76.0
73,5
14 54 27.0
14 23 +7,0
U
23
29.860
76,3
82,2
14 54 55.0
14 23 19.0
1
24
29,812
80,0
82,2
14 55 33,0
14 23 54,5
\)
25
29.90C1
786
70.2
14 56 47,5
14 25 5.0
I
26
29,992
77.2
74.5
14 58 II. 0
14 26 38, 0
u
27
29.960
77-'^
75,5
i5 0 21,5
14 28 39.0
1
28
29,894
77,2
7f),5
1 5 2 37,0
14 3c 54.0
u
29
29.88c
78,2
78,6
1 5 5 3o,o
14 33 53,0
1
1807
Giugno 14
29.950
74.0
7.-5
1 5 7 44,0
14 36 10,0
1
i5
29904
74 4
72,i>
i5 4 3o,o
14 32 49 0
D
16
29 900
75,6
75,4
1 5 I 59,0
14 3o 34,5
1
17
29 8ciO
76.5
77.0
14 59 5i,o
14 27 52. 0
D
18
29.896
77'4
76,5
14 57 56,0
14 26 12,0
1
. ..
202
S0LSTT7J OSi5ERVATT E CALCOLATI
Aiini, mesi
Termonietro
Bordo
Bordo
2 "S
e
Barom.°
2 S
Note.
iiorni.
infeiiore.
supcriorc.
C _
iiilciiore
ejteriorc
C- _t.
l8C7
Cuigiio 19
29.89a
78,1
78,0
14^56 i4'o
14^24 36 '5
D
ao
29,896
79.3
78,0
14 55 3o,o
14 23 5i,o
1
31
29'9'4
80,0
82,6
14 54 40,5
14 23 2,5
D
a3
29,858
77^^
•78.6
14 54 52,0
14 23 14,5
I
24
29,852
79.8
76,^
14 55 i5,o
14 33 42,0
U
23
29.936
80.2
81,0
14 56 35,0
14 24 54,0
I
28
29,-60
80,9
79,0
i5 2 8,5
14 3o 3i,5
1
29
2<) :o4
80,4
74-2
i5 4 35,5
14 32 59,5
i)
Diccin. 17
3c,o32
56.7
59 2
61 42 5o,5
61 10 9,0
1
Dubbia.
20
29.806
56,4
57.8
61 47 47.0
61 i5 19.0
u
Dubhia.
ai
3o,oi6
56,1
56.7
61 48 58.0
6 1 16 19.0
I
Fiainmeggiante.
aa
3o,oi2
54,3
55,7
61 48 57,0
61 16 21,5
u
23
29,933
53,1
55,1
61 49 10,5
61 16 27,0
1
24
29.890
54,3
5-.3
61 48 19,0
61 1 5 38.0
u
1809
Giiifjno 14
29.904
74.9
73,a
i5. 6 21,5
14 34 44.0
I
^ i5
29,93a
74-9
72,8
i5 3 3,0
14 3i 24,0
D
16
39.820
75,9
81,3
i5 0 59,0
14 29 21,0
1
17
29,808
77^1'
75.5
14 58 38.0
14 26 54.5
u
18
29,81a
76,5
74.5
14 57 20,5
14 25 36.5
1
Molto tremolo.
19
29,730
77.4
79-3
14 55 39,5
14 24 5,0
D
Mobo tremolo.
ao
29.754
78,5
82.0
14 55 14.0
14 23 36,0
1
Molto tremolo.
ai
29,888
78.1
74-4
14 54 26,5
14 22 5o,o
D
22
29.858
78.0
754
14 bn 53.5
14 23 i3 0
1
23
29,848
77^6
76,1
14 54 52,0
14 23 160
D
24
29.898
77^^
75.6
14 56 9,0
14 24 32,5
I
Molto tremolo.
a:>
29.870
76,3
75.1
14 57 3.5
14 25 25 5
D
a6
29.846
75-9
74.3
14 59 10,5
14 27 3o.o
1
27
29,868
76,2
75.5
i5 0 46,5
14 29 8 5
D
aS
39.900
76,0
75,5
J 5 3 40,0
14 32 5,0
1
29
29 900
76,6
76,7
1 5 6 10,0
14 34 32,5
D
Dicein. i5
29,712
54.1
54.9
61 38 40.0
61 6 11,0
1
Fiammeggiante.
16
29,626
55,3
59,2
61 41 0,0
61 8 27,0
D
Fiamme'^'^lante
18
a3
29.670
29.608
54,9
53.0
59.9
54.3
61 45 5i.5
61 48 3o,o
61 i3 26,0
61 1 5 48.0
1
D
e mal termin.
24
29.856
54.0
56.2
61 48 9,0
61 i5 24,0
1
DA GIUSEPPE PIAZZI.
a33
Aani, mcsi
Tcnnoinetio
Bordo
Bordo
S ~
Note.
e
Baiom/
S 0
giorni.
iutrrior«
eitcrlorc
iiilcriore.
supenorc.
0 _
1809
Dicem. 25
29,854
53,3
57,0
61° 46' li^ 0
D
26
29,676
54.9
58,0
61 45 2,0
61" I a' i7"5
1
1810
Giuguo 17
29,818
72,3
69,5
14 S9 26,0
14 2^ 49,0
I
19
29,812
74-.^
72,3
14 55 5c, 0
14 24 17,0
D
Tia le nuvole.
20
3o,oo8
73,2
71,0
14 55 25,0
14 33 49,0
I
21
3o,o88
. . •
75,3
14 54 3i,o
14 22 52,0
D
1811
Giugno 16
29,952
79^9
78,0
i5 I 8,5
14 29 33,0
I
17
19,992
79-^
78,0
iS 0 34,0
14 38 52,0
I
18
29,948
80.4
78.5
14 56 54,0
14 25 26,0
Mai lenuiuato.
19
29,922
80,6
80,0
14 57 20,0
14 25 37,0
D
20
39,816
81.4
79-(>
14 54 38,o
14 23 59,0
1
21
29,772
81,7
80,4
14 55 40,0
14 34 5,0
D
Dicem. 19
29.988
57,3
^7^7
61 45 35,0
61 i3 0,0
1
D
20
3o,o8o
54,2
54.0
61 48 5i,o
61 16 16,0
21
3o,c82
53.0
54,3
61 47 54.5
61 i5 6,0
I
22
29,914
53,9
.55,1
61 49 57.0
61 17 17,0
D
24
29,940
54,2
56.5
61 47 35.0
61 14 5i.o
1
35
29,942
04,2
56,o
61 48 10,0
61 i5 3o,5
D
1813
Giugao 16
3o,ooo
73.9
73,6
14 59 20,0
14 37 42,0
I
. 17
29.978
75,.
72,0
14 59 11,0
14 27 34,0
i)
18
29,976
76.0
75,3
14 55 49,0
14 24 12.0
I
'9
29,942
76,8
f3,6
14 56 22,5
14 24 52,0
D
I
Tremolo.
20
29,778
76,8
73,7
14 54 3,0
14 22 18,0
Tremolo.
21
29,^60
79^0
14 55 3o,o
14 23 54,0
D
22
29,848
79^1
76,2
14 53 55,5
14 22 16,0
1
23
29,900
79.5
79,3
14 56 6,0
14 24 3i,5
D
24
29,950
77^9
73,0
14 55 3i,o
14 23 52,9
1
D
25
29,952
75,2
74,0
14 58 3c.o
14 26 55.0
26
29.980
75,4
72.9
14 58 38,0
14 26 57.0
1
i8i3
Giugno 1 5
29,844
75,9
73.7
1 5 2 3o,5
14 3o 5o.5
I
16
29,^80
76.7
76.0
i5 1 23.0
14 29 46,0
D
18
29 854
74-4
71.0
14 56 25.0
14 24 56.0
I
Tra le mivole.
Vol. 11. P. II.
3o
J
a34
SOrSTlZJ OSSERVATI E
C.\LC0LAT1
Anni, mcsi
Tcrmomctro
Boido
•- .£
Barom."
Borilo
e
gionii.
■ .
iiiteriore.
superioie.
Note.
intrnorc
pjleriorc
t^-z
uSi3
Ciugao 20
29,708
72,2
7'>4
14" 55 38"5
14° 24' 4"o
D
21
29,884
7'^A
69,0
14 54 0,0
14 22 21,0
I
Fiammeggiantc.
23
29,866
72,1
70,0
14 55 18,0
14 23 48,0
D
a3
29,890
73,1
72,3
14 54 27,0
14 22 55,5
I
Fiammeggiante.
1814
Giugtio 14
29,926
75,8
74.8
i5 6 6,5
14 84 28,5
I
i5
29.880
76,8
74.8
i5 4 27,0
14 82 48,5
D
16
29,920
76,9
74.9
i5 0 84.5
14 28 55,5
I
Tremolo.
'7
29.904
78,0
74.2
14 59 48.5
14 28 4.5
D
Poco sicura.
'9
29,810
75,8
72,6
14 55 28,8
14 23 47,0
I
20
29,746
70,0
71,3
14 55 49,5
14 24 8,5
D
21
29,760
75,6
74.0
14 54 5,5
14 22 20,5
1
23
29,840
81,6
88,4
14 55 82,0
14 23 5o,o
D
25
29.924
75,4
71.4
14 56 17,0
I
20
29.980
74-4
71,1
14 59 8,0
14 27 3o,o
D
2~
29,90c
74.0
71,=^
14 59 52,0
14 28 14,0
I
28
29,830
. . .
75,0
i5 3 88,5
14 81 5o,5
D
Dicein. 5
29,334
55,1
56,0
60 41 49,0
60 9 14,5
I
8
29,710
54,9
55.1
61 4 20,0
60 3i 41,0
D
9
29,788
54,6
54,8
61 9 22,0
60 86 47,0
I
10
29,8-6
55,3
58,5
61 16 14,5
6g 43 85,5
D
Dubbia.
II
29,924
58,o
. . .
61 20 3o,o
60 47 49^5
I
12
29,960
56,6
68,8
61 26 81,5
60 58 54,0
D
i3
30,082
60,2
60,5
61 29 52,5
60 57 6,0
I
14
3o,io6
59,2
60,8
61 84 5o,o
61 .2 i5,o
D
i5
So, 1 40
58,2
58,o
61 37 12,0
61 4 82,5
I
16
80,196
58,0
57.9
61 41 19,0
61 8 45,0
D
19
80,248
56,7
57.9
6i 46 33,5
61 i3 56,0
I
2C
80,164
55,9
57,0
61 48 44,5
61 16 6,0
D
21
8o,C02
55,0
58,5
61 48 3i,o
61 i5 5o,5
I
D
23
29.446
55,0
56,4
61 49 85, 0
61 16 48,0
Dubbio e tra
27
29,792
55.4
56,2
61 42 44,5
61 ID 2,5
I
le nuvole.
i8i5Cen.i
29,794
55,0
56,3
61 26 8,5
60 58 25,5
D
2
29,810
56,1
55,8
61 19 57,0
60 47 i6,o
I
3
29,806
54.9
56,2
61 i5 45,0
60 42 59,5
D
Fiammeggiante.
4
29,712
57,0
61,0
61 8 45,5
60 36 5,5
1
DA GIUSEPPE PIAZZI. • a35
S II.
Elementi del calcolo.
La latitudine e le rifrazioni sono i due primi ed essenziali elementi
del calcolo delle altezze o distanze osservate. Ogni piii piccolo errorc
o incertezza su l' una o 1' altra di queste quantita innuisce con tutta
la sua totalita su i risultati di quello. Nel 1 79 1 mi studiai quindi di
deterrainare , quanto meglio mi fosse permesso , 1' altezza del polo di
quest' Osservatorio, che da un gran numero di osservazioni della Po-
lare e di altre stelle intorno a lei , in varj modi combinate , risult6
di 38° 6' 44". Ma piu altre osservazioni, tentate ncgli anni susse-
guenti, mi spinsero a pensare che 1' altezza stabilita fosse per avven-
tura di i",5 per lo meno minore della vera; percib da 38° 6' 44" la
ridussi a 38° 6' 46", 5. Dubbioso per6 sempre di siffatta correzione ,
nel l8o3 voUi richiamarla a niiovo esarae cosi per mezzo delle stcUe
come del Sole osservato ne' due equinozj. Le osservazioni, che repli-
cate furono per tre anni consecutivi , cioe dal i8o3 al i8o5, mi di-
mostrarono finalmente , quasi direi ad evidenza , che la prima deter-
minazione era la piii sicura , e dovevasi in ogni modo preferire alia
seconda; i risultati che venivano da questa presentando non lievi dif-
ferenze , che quasi intieraraente sparivano con quella ( Vedi lib. VI del
Reale Osservatorio). Ora dal 1794 al 1804 non solo impiegai sempre
38° 6' 45 ",5 , ma ben anche corressi a tenore di questa supposta al-
tezza i calcoli che dal 1791 al 1793 tessuti avea su 38° 6' 44'. Ri-
guardo pertanto all' altezza del polo tutti i risultati delle mie osserva-
zioni solstiziali, riportati nelle due surriferite Memorie, tomi XI e XII ,
voglionsi correggere di i",5, quantita ora additiva , ed ora sottrattiva.
II secondo eleraento , ci.9
14 55 47,0
14 24 7,5
1
20
29,780
87,0
67,8
14 55 5o,o
14 24 10,0
D
Tremolo.
21
29,722
80,0
77-:^
14 54 14,0
14 22 32,5
1
Assai tremolo.
22
29.796
7(>,7
73,3
14 55 2,5
14 23 24,0
D
Fiammeggiante.
23
29,858
74.5
72,8
14 54 19,5
14 22 35,0
J
24
29,782
75,2
74,8
14 55 59,0
14 24 a8,5
D
I
25
29,796
75.6
73,0
14 56 5.0
14 24 21,0
Assai tremolo.
26
29.726
76,3
71,5
14 58 33.0
14 26 52,5
D
27
29,686
75,4
75,4
14 59 26,0
14 27 47,0
1
29
29,714
71,7
65,1
1 5 5 29,0
14 33 52,0
D
Dwbbia.
3o
29,800
72,4
74,0
1 5 7 25,5
14 35 49,0
1
Luglio I
29,696
73,9
74.7
i5 12 11,5
14 40 28,5
D
Tremolo.
2
29,740
78,0
71,5
1 5 14 54,0
14 43 i5,o
1
3
29.834
75,3
73,5
i5 20 23,5
14 48 45.0
D
Mai termmato.
DicembreS
29,656
58. 0
5o.-
60 39 56,o
60 7 j8.o
1
Tra Ic nuvole.
6
29.442
56,3
53,4
60 48 47,5
60 16 12,0
D
Mai termmato.
7
29,274
55,3
56.4
60 54 5o,o
60 22 10,0
I
Con vento forte.
1 1
29.970
55,4
53.0
61 20 i8,c
60 47 52. 0
D
Poco sicura.
i3
29,810
53,4
52,6
61 28 46,0
6c 56 4.5
I
>7
29,704
50.4
55,4
61 43 25,0
61 10 5i,5
D
18
29.760
544
59,4
61 44 27,5
6i II 45.5
1
'9
29^674
55,3
60,5
61 47 26,5
61 14 48,0
1)
Mai termmato.
24^
SOLSTIZJ OSSERVATI E CALCOLATI
Anni, mcsi
Barom."
Termonietro
Bordo
Bordo
._ 6
.2^
giorm.
uilcviorr
cstcrior*
interiore.
supeiiore.
-3
Note.
i8i5
Dicein. 20
29.968
55,3
54,3
6i°47'38"5
61° 14' 45'o
I
ai
3o,o34
53,3
54,7
61 49 25,0
61 16 43.5
D
33
29,920
5if,o
56,8
61 48 34,0
61 1 5 55,5
I
Mai termiaato.
33
29,784
53,8
55,2
61 49 37,5
61 i6 54,5
D
H
49,730
54,0
56,0
61 47 5o,o
61 i5 8,0
I
D
35
29,690
55.4
58,4
61 47 55,5
61 1 5 17,0
36
29,764
56,6
58,4
61 4S 14,0
61 12 33,5
I
Tra le nuvole.
1816
Giuffiio 13
0
39,600
73,0
73,5
i5 II i3,o
14 .39 32,0
I
i3
29,828
74,4
72,0
i5 8 47,5
14 37 9,0
D
'i
29,720
77,9
80,3
i5 4 26,5
14 3a 43,5
I
16
29,87a
74,1
73,8
i5 0 40,5
14 38 59,0
D
•
17
29.792
73,9
70,3
14 57 26,0
14 35 42,5
1
Tremolo.
20
29,850
71,3
71,0
14 55 49,5
D
Dubbia.
31
29,898
73,3
69,7
14 55 17,5
D
32
29,842
72,5
71,5
14 55 29,0
14 33 55,0
D
23
74,3
14 54 28,0
14 32 5o,o
I
24
29,760
76,0
73,3
14 56 47,0
14 25 11,0
T>
Trem. e mal ter.
25
29.760
T?^^'
78.8
14 57 1 5,0
14 25 36,0
I
36
29.782
76.1
76,6
i5 0 23,0
14 28 47,0
D
Tra le nuvole.
27
• • • •
74,9
• • .
1 5 0 37,0
14 39 0,0
I
28
. • . .
75,9
. . .
1 5 4 29,5
14 32 5o,o
D
Mal terminate.
Dicem. 14
29,868
58,1
63,3
61 35 40,9
61 3 0,0
I
Scil. e trale nuv.
i5
3o,c3o
57.5
47,7
61 40 3,0
61 7 3o,5
D
Mal terminate.
17
29,682
58,3
58,7
61 44 2,0
61 II 20,0
I
18
29,684
57,4
61,6
61 47 7,0
6i 14 84,0
D
»9
29,500
58,1
58,4
61 47 14,5
61 14 42,5
1
Incer. tra leniiv.
30
29.450
56,4
59,4
61 49 47,5
61 16 52,0
D
Dubbia.
31
29,606
54.4
52,8
61 48 34,0
61 i5 54,5
I
Poco sic. , tra le
22
29,730
54,3
57,3
61 49 49,0
6i 17 5,0
U
I
nuv. even. for.
24
29,700
53.5
54,5
61 47 5,5
Nuvole.
25
39,900
53.5
55,5
61 46 55,0
61 14 17,0
D
26
3o,oo8
53,1
54,3
6i 43 42,0
61 II 3,5
1
28
29,700
5i,7
53,6
61 39 43,5
61 7 5,0
D
29
29,876
5i,7
53,8
61 35 6,5
61 2 3o,5
1
3o
29,990
5i,8
53,6
6i 32 32,5
60 59 59,5 D
1 1
DA GIUSEPPE PIAZZI. 247
Qucste osservatiotii a differenza delle pFecedenti, nelle quali aveva
eempre adattato al caunocchiale lui iugraudimento di 76 volte , sono
state fatte con un altro di i3o. Si e ci6 da me prtticato all' oggetto
di rendere piii sensibile 11 file orizzontale, che col primo oculare
talvolta mi avveiiiva di iion vcderlo nettaraente. Egli e vero che Y o-
scillaraento degli oili del Sole , per cui se iu un momento sembia
die tocchino il filo , tosto appajono sotto o sopra , lia dovino farsi
maggiore crescendo come cresce 1' ingrandimento , ma ci6 non puo
togliere alle osservazioni quell' esattezza a cui 6 permesso di aspirare.
Nientedimeno a riparare ancora siffatto inconveniente, dopo di essermi
assicurato colla piu scrupolosa diligenza dell' orirzontalita del filo, mi
sono studiato di portare in contatto del raedesimo non gli orli del
Sole, ma le lore massime oscillazioni, come quelle che mi e semhrato
che lasciassero minora incertezza. Non puo negarsi che le oscillazioni di-
pendcndo dallo stato dell' atmosfera, varieranno come varia la medesima;
di fatto le ho senipre osservate piii forti co' venti austral), gli scilocchi
principalraente , nieno co' venti boreali. Ma di cio solo ne vicne che
le differenze de' due bordi non saranno uniformi da vm giorno all al-
tro, ne con esse potra giudicarsi del vero diametro del Sole, comun-
que sia conosciuto quello del filo; la distanza per6 del cenU"o del Sole,
dedotta dalla semisomma di quella de' bordi, avra tutta la possibile
precisione. E veramente nelle osservazioni estive del 18 15 avendo
voluto paragonare i loro risultati con quelli delle precedent!, vi trovo
pill uniforniita , non differendo il raassimo dal minimo che di tre se-
condi circa , e conviene notare insieme che lo stato del cielo e stato
generalmente in quell' anno de' raeno favorevoli. Ma nemmeno pu6
rigorosamente dirsi che le differenze dei due bordi non possono scr-
vire a determinare il diametro solare. II medio delle differenze dei
bordi di tutte le osservazioni estive del 181 5 risulta di 3i 40 ,8, e
di 6" il medio di moke misure del diametro del filo, che tentai por-
tando sopra e sotto lo stesso bordo, in modo pero che ugualniente
oscillasse dall' una e dall' altra parte. II diametro pcrigeo sarebbe
quindi di 3i' 34",8, quantita che poco o nulla deve allontanarsi dalla
vera. E poiche il diametro del filo uou e realmente che di 4, 5, siccome
248
SOLSTIZJ OSSERVATI E CALCOLATI
per piu maniere mi sono accertato , 1' estensioiie media delle oscilla-
zioni pu6 stabilirsi di poco piii di mezzo secondo; la qual cosa raag-
giormcnte dimostra il vantDggio de' forti iugrandiraenti nelle osserva-
zioni solari in particolare.
Obhliqidtd dedotte dalle precedenti osservazioni calcolate net modo
delle altre contenute nella Memoria. .
*%
ArPARENTE
•
Media
Anni.
Estiva.
ISumero
delle
otiervaz.
Jcmale.
N„,„e,o
.Idle
osscrvaz
Estiva.
Jcmale.
i8i5
1816
23° 27' 48'78
23 27 52,16
20
20
23° 27' 45"70
23 27 50,29
9
14
23° 27 4993
23 27 5o,o6
23° 27' 45"24
23 27 46,71
Con queste due obbliquita se ne hanno sei dope il 1810, che
combinate coUe equidistanti ( supplendo alia mancanza del 1808 col
medio delle due i8o3 e 181 3 ) ne vengono sei medj pel 1810, ai
quali aggiunta Tobbliquita dell' anno istesso, e preso il medio, risulta
r obbliquita pel 1810 28° 27' 5i",52.
Nella Memoria, dal complesso di tutte fino al 18 14,
si aveva pel 1800 2,3 27 56 ,00.
Differenza
4,48.
In dieci anni e guindi la diminuzione dell' obbliquita pressoche la
stessa che ho adottato nella Memoria , e conchiusa dalle osservazioni
di Bradley , Mayer e La-Caille , coraparate coUe mie.
Le osservazioni fin qui riferite abbracciando la serie di anni venti-
cinque , ed essendo state fatte nello stesso luogo , coUo stesso stromento
e dallo stesso occhio, non sara per avventura del tutto inutile investigar
con esse la costante della nutazione. E veraraente di tutte le vie che
si possono tentare a quest' oggetto , la piii sicura si e quella che ci
DA GIUSEPPE PIAZZr, 249
offrono le ohblifjuitii appareiui deU'ecIittica , nolle quali 1' aherrazioiie
noil vi ha alcim iiidiisso , o gli altvi dementi del calcolo sono hen
conosciuti. Uopo pcro si e di avernc un gran nuinero*, e queste essendo
il nodo a sei e dodici segni,o molto vicine ai medesimi. Di tal sorta
in vero io non ne ho che poche;pur nondinieno, poiche fino a o",7
del valoi'e del coseno del nodo rinduenza degli errori di osservazioni
non si rende molto sonsibile, nc iio raccolto una quindicina, che ho
combinate nel modo che siegiie :
•
Ohbliqnitd app. Cos eritd fisiche all' armonia cromatica.
Pure ad onta di tante difficolta lo stato presente della fisica rispetto
ai colori mi crebbe 1' animo a teutare V applicazione di alcune nozioni
278 iXTonxo all' armonia cromatica
scientifiche alle leggi dcW armonia cromatica^ e, se non m' inganno , le
poclie teoriche clie ho potato investigare , comunque per una parte
^PPogg'^te a speculazioni ipotetiche, possono , a parer mio, esser
base di quanto puo farsi e dirsi intorno all' armonia de' coloii.
III. Oggctti principali di queste ricerche.
11 trovare un raetodo semplice onde classificare i coloii; il dare un
qualclie ordine ai feuonieni piii singolari clie gli accompagiiano ; lo
spiegare questi feuonieni con qualcjie verisimiglianzai il preparare un
qualclie niodo nieccanico onde eccitare la fantasia a trovar coinbina-
zioni infinite de' colori diversi ; il poter con ceita norma riconoscerc
a prima vista i colori tra lore contrarj e gli aiialoghi, e il preparare
in fine per I'arte una ragione della finora empirica disposizione delle
tiiite sono le cose clie stirao piu atte a recarci qualclie lume intorno
air armonia cromatica, e clie percio prendo specialmente di mira in
queste ricerche , cui giudico inutile piii lungo esordio.
IV. Che cosa sia il colore.
II colore, comunque dai fisici si spieglii o definisca, altro non e
per r uomo se non quella sensazione ch' egli prova nell' organo del
vedere , per la quale puo distinguere I'uno dall' altro i corpi simili di
forma e similmente illuminati.
V. Incertezza della causa delta sensazione del colore.
Quale sia la proprieta , quale 1' accidente de' corpi visibili che le
diverse sensazioni dell' accennato genere produca, e finora un mistero
della natura, atto ad esercitare piu o meno gravemente I'ingegno dei
filosofi. Le spiegazioni che di tale stupendo fenoraeno si son date fi-
nora , comunque appoggiate ad alcune evidenti verita , non possono
collocarsi che nella classe delle ipotesi. L' arte nostra dee rispettarle ,
servirsene e non giudicarle.
DI GIUSEPPE BOSSI. 279
VI. Numero infin'uo de colori.
Le sensazioni pertanto dell' organo del vedere, per le quali piii corpi
siniili ed uniformeniente illuininati si possoiio distingucre fra loro,
non sono ne poche, ne semplici. Al contrario chiiincjue ben riguarda,
riconoscera facilmente die si possono dividere per gradi in numero
non soggetto a calcolo ; il che e quanto a dire die i colori e i loro
gradi sono infiniti, e di ci6 abbiamo conferina col volger 1' occliio
suir imraenso spettacolo colorato della natura.
VII. Piccolo numero de colori elemencari.
Ma se infiniti sono i colori e i loro gradi, non ne consegue gia
che mold dcbban essere i colori elementari. Anzi il fatto non meno
die la generale opinione sostengono il contrario.
VIII. Nomi de' colori.
Ben pochi sono i colori die abbiano un nome primitivo soltanto
ad essi esdusivaraente destinato, e non derivato da altri oggetti , la
cui principale propricta non sia serapre il colore. I frutti, i fiori, gli
animali, i metalli, il cielo, in molte lingue, diedero in prestito i loro
nomi ai colori die si diiaraarono ranci, violetti, lionati, dorati, celesti, ecc.
£ naturale che i colori non abbiano ottenuto un nome nelle lingue
parlate se non dopo le cose piii do' colori necessarie all' uniana so-
ciet*; e ci6 fu cagione di tanti nomi applicati ai colori , direi quasi
per siniilitudine. Ci6 non ostante qualche colore dovette essere per se
stesso pill osservabile die gli oggetti da esso colorati , e quello avra
avuto un nome suo proprio. Chi potcsse riconoscere que' pochi colon
che prinii furon nominati dagli uomini con nomi esclusivi , non se-
condarj , ne derivati da altro oggetto naturale , potrebbe aver qualche
norma onde giudicare quali siano que' colori principalissirai die pri-
ma, come tali, colpirono con piii forza le umane fantasie; e molte
aSo IXTORNO ALl/ ARMONlA CROMATICA
utili conseguenzc se ne potrebbero dedurre. Ma se non vi ^ modo
sicuro da sceriiere per tal via quali tengono il primo luogo nella se-
rie infiiiita de' colori , supplisca a cio , come indicai , il consenso ge-
nerale degli uomini, i quali s'accordano in riconoscere , sia coll' op i-
nione, sia colla nomenclatiira, alcuiii poclii colori come uiiiversalmente
dominanti nella natiira, e quasi generatori della innumerevole quaiitita
degli altri, che percio posson dirsi secondarj , subaltenii o derivati.
Io,non volli omraettere questa osservazione , perclie oltre il lume che
se ne pu6 trarre pel proposito nostro , puo forse risvegliare 1' iiigegno
di qualche erudito poliglotto a raettere insieme e comparare i iiomi
che nelle varie lingue si danno ai colori, e dimostrax-e 1' accordo di
esse nel dare al maggior nuiuero de' colori un norae derivativo.
IX. De sistemi sui colori primii'wi , e se giovino alle nostre ricerche.
Potra a taluno sembrare utile 1' appoggiarsi a cjualche accreditato
sisteraa circa lo stabilire quali siano i colori primitivi. L' oggetto delle
nostre indagini mi ha fatto in vece giudicar necessario il consultar di-
rettaraente la natura. I varj sistemi de' fisici piu o men buoni non mi
porsero in questa parte altro ajuto se non quello di convincermi che
dovendo in fine applicare questi studj alia pittura, io non potea dar
fede intera ad alcuno speciale sistema senza correrne la fortuna. Newton
colla sua felice analisi del raggio solare aveva ridotti i colori primi-
tivi a sette : altri filosofi li ridussero a sei, escludendo il verde dai
primitivi, come composto dal giallo e dall'azzurro: un diligente ot-
tico milancse con varie esperienze rende al verde il posto datogli dal
Newton, e il toglie in vece all' azzurro, che divide in verde ed ii#vio-
letto. Altri altrimenti numerarono e disposero i colori. La natura non
ha scoperto ancora tutti i suoi secreti alia scienza , e il credere che
si possa sapere piu e meglio di quanto si sa al presente non e certo
un torto alia di<2;nita dell' inffCKno dell' uomo. A misura che si molti-
plicheranno le esperienze , e si affineranno gli stromenti e gl' ingegni
de' pazienti fisici, si scopriranno sempre nuove cose che saranno o
parranno migliori delle vecchie , atte talune a rinforzare le ipotesi
DI CirSEPPE BOSSL 28 1
ricevute , tali altre a guastarle o ad atterrarle del tutto ; di die sia
prova la storia della fisica nuova ed antica. Quando poi le ipotesi im-
portano coinplicazione, debbono csserc ancora lontane dai veri modi
della natura ; e i colori nei sistema newtoniano pajoii troppi.
X. Quali siano i colori che la natura propone
all' imitazione dell' arte.
Ma se cangiano i sistemi e le opiiiioni , non pertanto eterni si con-
servano i colori , di clie la natura oriio le sue produzioiii visibili ; e
questa maestra dell' arte non offre gia all' imitazione del pittore i co-
lori elementari che la scienza va investigando col decomporre la lu-
ce o con altri argomenti ; ma apre la scena ricchissima delle opere
vario-colorate che per mezzo della luce toccan la visione, e ne rin-
nova con piacevole vicenda lo spettacolo nelle eta varie dell' ainio e
del giorno. In questo caso non e necessario che tutti gli elementi tro-
vati dalla scienza siano anche gli elementi dell' arte; bastera che qnanto
r arte deduce dagli esperimenti e pone per principio, non si opponga
alia parte certa e universalmente i-iconosciuta della scienza medesinia.
XI. De' colori principali degli oggetti visibili , chile poche classi
di tali colori, e dcgli oggetti scolorati.
Sia dunque qual vuolsi 11 nnmero de' colori priraordiali della luce
o de' corpi , e cangino coraunque i sistemi intorno a questa parte
deir ottica , sara eternamente vero che gli oggetti visibili in gencrale
appajono colorati di alcuni principali colori , circa i quali si accor-
dano le idee di tutti gli uomini. Sara simihnente vero che rinfiuito
numero de' colori sotto poche principali classi si riduce. Sara vero in
fine che raolte apparenze delle cose naturali, comunque siano illumi-
nate , pure non cagionano alcune di quelle sensazioni cui gli uomini
diedero il nome di colori.
Vol. 11. P. IT. 36
ao2 INTORNO all' ARMOXI.V CROMATICA
XII. Che il rosso , il giallo , V azzurro e il verde
sono i principali colori delict naliira. ••
Se noi pertanto volgeremo lo sguardo a quel maggior numero cho
potrcino di csseh del mondo visibile, di leggieri concludoremo che quelli
tutti che possiamo coUocare ncUa classe de' colorati partecipano di
soli quattro colori, che sono il rosso, il giallo, T azzurro ed il verde ,
che d' azzurro ^ di giallo sembra comporsi. Vedremo parimente che
soltaiito per gl' infiniti gradi dellc mistioni di questi quattro colori e
per gl" infiniti gradi d" intensitu di die e suscettiva la luce che li crea ,
o, se pill vuolsi, li reca alia visione, puo la natura visibile vestirsi di
un si gran numero e di si meravigliosa varietii di tinte. Osservate
qualsiasi corpo, e ovc non gialleggi e verdeggi , il vedrete azzurreggiar
o rosscggiare , oppurc esscre tenuto nella classe de' corpi scolorati.
Tutti i noiui d' ogni maniera che la necessitu degli uomini o 1' i-
mitazione poetica invento onde distinguere gli altri colori, non espri-
mono se non varj passaggi tra 1' uno e 1' altro de' quattro indicati ,
oppure gradi varj dal massimo al minirao dell' azione della luce sui
corpi colorati. E tali nomi di colori secondarj sono secondarj au-
di' essi , cioe derivati da altri oggetti ed applicati ai colori per simili-
tudine , come sono per esempio , oltre gli accennati di sopra , feni-
gno , morato , cinerognolo, sanguigno, paonazzo, croceo, ecc. E ove
la lingua non si presti a forraar nuovi aggettivi , si espressero con
nomi sostantivi, come acqua-marina, foglia-raorta, testa di moro, au-
rora , sangue di drago , ecc.
XIII. Se i quattro colori principali siano tutti primitivi.
Se dunque il rosso, il giallo, 1' azzurro e il verde sono universal-
mente tenuti come i principalissitiii de' colori della natura, a questi e
dovere che noi rivolgiamo la nostra attenzione : ma prima di proce-
der oltre e d'uopo esaminare se tutti sono degni , rispetto all' arte ,
del titolo d^i primitivi , e direi quasi elementari.
DI GIUSEPPE BOSSI. a83
XIV. Quale sia U colore primiuvo.
Piimitivo pare doversi chiamare quel colore che non si pub pro-
dune coil alcuna cotnposizione d'altri colori : secoiidario viceversa e
derivativo cliianierassi qiiello che d' altri colori si compoiie.
XV. Che d vercle non e color primitii>o.
Oia 1' esperienza dimostra che non vi 6 mistione di colori atta a
produrie il rosso, ne il giallo, ne I'azzurro nella pienezza de' rispettivi
caratteri , meiitre la stessa esperienza ci fa accord che il giallo e I'az-
zurro producono i' ottiuio verde: anzi 6 noto ai chimici che senza una
tale composizione non si otdene alcuna durevole tintura verde , che e
qiianto a dire non conoscersi tra le prodnzioni naturali un verde prirai-
tivo , durevole, comunque tingasi in verde una si gran parte della natura.
XVI. Che tre soli sono nelC arte i colori priniuivi.
Da ci6 apparisce chiaro a ti-e soli doversi ridurre i colori prinii-
tivi deir arte , cioe al rosso, al giallo ed all'azzurro, e da qucsti tre
soli derivare ogni altro color possibile.
XVII. DeW analogia dc' colori primitn>i presi a due a due ,
e come nascono i tre colori principali tra i secondarj.
Se pertanto dai tre colori primitivi deriva tutta la lunga serie dei
secondarj , e evidente che ci6 deve avvenire per varj gradi di mi-
sture. Se per tali misture si producono colori di qualche efficacia, e
parimente evidente che i colori primitivi, che li generano, debbouo
essere tra loro amici ed analoghi. In fatti se i colori primitivi si rai-
schiano in dose eguale I'uno con T altro nelle tre sole combinazioni
che il loro luuncro permette , ne risultano tre altri colori importau-
tissimi, i quali sono beusi secondarj in faccia ai loro generatori , ma
284 iXTORXo all" armo^ia cromatica
cloniinano facilmcntc sulla turba de' derivati, e sostengono con gloria
il paragone de' primitivi. Le conibiiiazioni souo quella del rosso col
giallo, die produce il rancio; quella del giallo coU'azzurro, die pro-
duce il verde; quella dell'azzurro col rosso, die produce il violetto.
Intanto, sebbene tutti siano secoudarj i colori non primitivi, quando
noinineremo i tie secoudarj, senz' altra nota s' intenderu di quest! se-
coudarj di prim' ordine , cioe rancio , verde e violetto.
XVIII. Delia nimicizia c?e' colori primitwi , come abhia luogo ,
e qual effelto procluca.
Ma se i colori primitivi sono analoglii ed amici , e creano un co-
lor terzo ed efiicace allorclie si miscliiano 1' un 1' altro , non avvien
lo stesso allorclie due uniti insieme affrontano il terzo , o , il die e
lo stesso , un solo si abbatte cogli altri due. Mentre uniti a due a
due ne' ti'e casi esposti producono tre nobilissimi colori , niisti insieme
tutti nel detto secondo modo si apportano vicendevole distruzione, e
tolgono a ci6 die risiilta dalla loro mistura ogni apparenza di colore.
XIX. Dell' ordine e del carattere de' deed sei colori.
Le cose esposte e i begli esperimenti die le dimostrano , di che
ragioneremo in appresso , ci dispongono a poco a poco a collocare i
colori secoudo quell' ordine che dimanda la rispettiva loro natura e
dignita. Ma prima di ragionare di quest' ordine mi sembra necessario
il dar un cenno del carattere si de' tre colori primitivi , come de' tre
secoudarj.
XX. Del carattere de' colori primitii^i, e prima del rosso.
Poco uso che la natura fa di questo colore.
E cominciando dai primitivi, dico che quantunque sieno tutti fra
loro eguali in potenza, il rosso supera gli altri due in efficacia , piii
violentemente ferisce la facolta visiva, e vi lascia una impressione piii
DI GIUSEPPE BOSSI. 285
profoiida. II grado massimo della sua eccellenza lo pone ad egual di-
stanza dal giallo e dall' azzurro , il die dee dirsi d' ogiii altro colore
primitivo , la cui vera natura sarebbe alterata da ogni comiinque pic-
ciola raistione eterogciiea; cioe a dire sc iiel rosso si considera es-
scrvi qualclie mistura di giallo o d' azzurro , o di entrainbi, csso in-
clinera al raucio o al violetto, o perdcru nel tcrzo caso di sua poteiiza,
e ill tutti i tre casi sceraera del suo vero carattere ; la qual cosa non
avviene ne' tre colori secondarj ; poiche per cpianto nel violetto si mi-
sclii iin po' pill di rosso o di azzurro, non ccssera d' esser violetto:
solo diminuira di sua vera potenza e carattere misthiandosi col color
contrario , di clie piii diffiisamente tratteremo ncl proseguiniento. E
tornando al rosso, la cui efficacia vedeiuino supcrar quella d' ogni al-
tro colore , troviamo die la natura ne us5 provvidamente con istra-
ordinaria parsimonia, nascondendolo nelle secrete miniere, o tingen-
done le penne di qualche raro volatile , o spargendone , serapre con
mano avara, la fuggitiva vegetazione e le moraentanee meteore del cielo.
XXI. Dei caratteri del giallo e deW azzurro , e dell' uso
che di questi colori fa la natura.
Secondo in elRcacia e il giallo , il quale porta con *seco un certo
splendore , men violento al certo di quelle che accompagna il rosso,
ma noiidimeno abbastanza forte , onde viucer Y azzurro , de' tre co-
lori primitivi il piii modesto e delicato. In fatti la riatura fu assai
parca anche nell' uso del giallo , e tra i colori primitivi non isparse a
larga mano se non I'azzurro, del quale si piacque tingere la volta del
cielo, modificandolo pero con perpetua vicenda di vapori, di nubi,
di luce e d' ombra.
XXII. Ordine de' colori primidn e loro collocazionc in un triangolo.
Visti cosi i caratteri de' tre colori primitivi , noi cercheremo di rap-
presentarli alia memoria col porli in un triangolo eqiiilatero , il cui
lato inferiore sia orizzontale. Dissi equilatero , onde coll' equidistanza
2 86 INTORNO all'armonia cromatica
espriincre reqnipotoiiza tie' tre colori priinitivi ; e dissi doversi porre
orizzontale il lato iiiferiore, oiule cosi dispone Taiigolo piii emiiiente
al piu cfficace de' colori , il rosso, alia cui destra porremo il giallo,
ed alia sinistra 1' azzAirro.
XXIII. Del carattere de' tre colori seconclarj.
Ci6 die abbiaui detto de' caratteri de' colori primitivi ci conduce a
conoscere il carattere de' tre secondarj. Esse risulta, come ragion vuole,
dalla natura de' componenii, come vedosi chiarameute ne' seguenti pa-
ragrafi.
XXIV. Del carattere del rancio.
II rancio composto dal rosso di tutti il piii potcnte, e dal giallo di
tutti il pill splendido mantieiie doUa natura d' eiitraxnbi , e viene in
potenza dopo il rosso, in splendore dopo il giallo.
XXV. Del carattere del verde.
II verde, clie non partecipa affatto della violenza del rosso, mesce
il chiarore del giallo colla gentilezza dell' azzurro , e presenta il piu
pacato e dolce spettacolo clie la natura sappia offerire con un solo
colore. In fatti la provvida madre delle cose lo profuse su tutta la
vegetazione, e I'occhio umano non solo non se ne stanca mai, ma vi
si riposa con una inesplicabile corapiacenza.
XXVI. Del carattere del violetto.
II violetto smorzando la vivezza del rosso colla dolcezza dell' azzurro
riesce piacevole all' occliio, ed e, come i suoi componenti, forte a un
tempo e patetico. La natura, si prodiga del solo verde, non uso dei
ranci e de' violetti se non in cose picciolissime , e allorcjuando li pro-
fonde nel cielo al cader del sole e nelle aurore serene, ne addolcisce
I'aspetto con gran misiura di luce, e ne altera i gradi ad ogni istante.
DI GIUSEPPE BOSSI. 287
XXVII. Online e coUocazione cle trc colori secondarj ,
e costruzione del circolo cromatico.
Comunque non sia si chiaramente determiiiabile il vero grado del
rancio , del verde e del violetto , noi cliiamereino tali per eccellcnza
quelli alia cui forraazione eiitraiio in pari dose i colori primitivi. Da
cio nasce naturalnicnte I'ordine de' colori secondarj in iin altro trian-
golo equilatero clic abbia orizzontale il lato suporiore. E soprappo-
iiendo qucsto al triangolo de' colori primitivi, troveremo tiitti i colori
equidistant! fra loro in un esagono , i cui angoli converra chiuder in
un circolo, onde potere sui punti di tal circolo tutti espriiucre i gradi
degli altri colori derivati. Chiunque poi braraa di tenere a raente le
osservazioni f'atte e quelle clie farenio in appresso , discgni da s6
questa figura, e vi moltiplichi , se vuole , i triangoli equilateri , clie
seuipre serbcranno le niedesime leggi clie pel primo triangolo abbiamo
stabilijte.
XXVIII. De' colori analoghi e de' coatrarj.
Disposti in tal maniera i colori come vuole la natura , noi connn-
ciamo a cOnoscere con esattezza quali siano i colori analoglu , quali
i contrarj. Gli analoghi sono ne' punti piii vicini ; i contrarj ne piii
lontani,i quali si esprimono coi diametri del nostro circolo. Ogni co-
lore spinge la sua influenza di qua e di la dal punto che occupa su
tutto I'arco , a cui e corda un lato del triangolo : quindi in ogni punto
di tali arclii risiedono colori piii o nieno contrarj al colore dell angolo
opposto. I colori analogbi, niisti insieme, creano un terzo colore che
partecipa della natura di ambidue. I contrai-j si distruggono a vicenda
in mode da non lasciare piii traccia alcuna di se medesinii.
XXIX. Esperimenti e cautele nel farli.
Per fare degli esperimenti di queste composizoni e distruzioni ,
bisognerebbe avere de' materiali , la cui vera efficacia e potcnza
288 INTOUNO all' AFxMONIA cromatica
corrispondesse csattatnente a quella da noi idealmente attribulta ai
colori clie al)biain chiamati primitivi. Ma quando si ponga qualche
diligeiiza iiello sperimentare , e si facciano le debite soitrazioui ed
aggiunte ne' casi die le raaterie impiegate richiedoiio, sempre si otter-
ranno terzi colori da due colori analoghi , c sempre si otterra ombra
ed assoluta distruzione di colore dai colori contrarj.
XXX. Nuovi colori che risidtano dalle misture di due colori
analoghi de sei deed.
Cosi tra il rosso e il violetto avremo nel circolo un porporino; tra
il violetto e 1' azzurro avremo un morato^ tra 1' azzarro ed il verde
avremo un verde-ceruleo ; tra il verde' ed il giallo avremo il color
del pistacchio ; tra il giallo ed il rancio avremo il dorato ; tra il ran-
cio ed il rosso avremo il color del minio.
XXXI. Distruzione de" detti nuovi colori.
E in quella guisa che il rosso distrugge il verde , 1' azzurro di-
strugge il rancio , e il giallo distrugge il violetto ; il porporino di-
struggera il pistacchio ; il minio distruggera il verde-ceruleo ; ed il
dorato distruggera il raorato, tutti sempre posti sui punti diametral-
mente contrarj. Lodovico Ariosto ove dice che la spada d' Orlando
Doi'e tocco sempre in vermigUo tinse
L' azzurro, d verde, il bianco, il nero, il giallo.
( C. 9, sc. 70. )
inostra di non avere , contro il suo solito , interrogate la natura.
XXXII. Le stesse spcrienze fatce co' raggi colorati del prisma.
Chi avesse poi il comodo di una stanza preparata per gli esperi-
menti di ottica, potrebbe replicare queste esperienze soprapponendo i
colori del prisma nel modo che abbiarao indicate : se non che i raggi
DI GIUSEPPE BOSSI. 289
della luce cssciulo colorati a im tempo e splendidi , mcntre distrug-
eoiio la forza colorante se i> coiitraria , iioti distriiggoiio gia la forza
xleilo spleiidoie, la quale aiizi s' accresce in ragioiie della sotunia dei
raggi. Sc si prciidcra quiiuli lo spettro vcrde , e si soprapporri al
rosso, spaiira ogiii apparenza di colore; e in qucila guisa che da tal
mistura no' colori opachi si hanno tenebre, ossia una tinta ombrosa
nericcia , cosi dalla mistura del verde e del rosso solare si ha luce ,
cioe quel bianco particolare e splendido die caratterizza la luce. Lo
stesso avviene se si niiscliia il raggio violetto col giallo, e il rancio
coir azzurro : lo stesso in fine mischiandoli tutli, come accade ne' co-
lori opachi priiuiiivi.
XXXIII. Alcre sperienze con vetri colorati.
Simihnente si possono reiterare gli esperimenti di tali colori con
vetri colorati diafani , soprapponendo gli uni agli altri ; ina e d'uopo
avvertire che si trovino i giusti gradi nelle tinte , il che nell' arte
vetraria non e difficile ne' violetti , ne' verdi e negli azzurri , ma e di
grandissima diiBcolta ne' loro contrarj , il giallo , il rosso e il rancio,
XXXIV. Atciine cose intoino alia luce , e se V effetto dtlla somma
di tutci i suoi raggi 0 c/e' raggi contrarj debba porsi tra i colori.
U aver dovuto far menzione dc' colori diafani e de" prismatici ci
apre qui la strada a ragionare alquanto della luce, la quale, se non
e essa stessa 1' universale coloratrice della natura, e pero lo strumento
iramediato di questa sensazione tra tutte la pin leggiadra e piacevole,
£ d'uopo aduiique prima di tutto esaminare se la luce, ossia 1' effetto
che essa produce di rischiararc in varj gradi le cose , possa avere o
no il nome di colore , specialmente allorche I'oggetto su cui volgiamo
il nosiro sguardo rifletta piii raggi di colori contrarj , li rifletia tut-
ti , e quindi possa ottcnere il nome di bianco.
roi. n. p. n. 37
290 INTORNO all' ARMONLY CHOMATICA
XXXV. Clie il cletto efj'etto cldla lace no n pud ammettersi fra i calori.
Noi abbiaino gia riconosciuto clie i color! pi-lmitivi sono tre, e tre
i (lerivati ill priin' ordiiie, sotto i quali soi tiitti si classificano i co-
lor! dclla natura coUa Icgge doUa distruzione al caso della inisdoue
de' contrarj. Se diiiique la luce ha un colore suo propr!o , questo dee
partec!pare di qualcuuo de' detd color! , quindi aiich' essa avra il suo
luogo su qualche puiito del iiostro circolo. Questo qualsivoglia punto
lia dicontro !1 suo colore coutrario, come s! e dimostrato , del quale
la luce sarebbe neccssariaiuente d!struggitr!ce. Ora una tale distruzione
lion solo non avviene , ma e contraria, come sa ognun clie vede ,
alia natura della luce ; quindi e chiaro clie il detto suo effotto non
puo venire classificato fra i color!. Per altra parte se noi considc-
rianio la luce relativamente alia sua azione su! color! , noi la ricono-
sciamo uniforme sovra tutti , e vediarao clie il grado della sua inten-
situ altera bensi il grado e la forza delT apparenza del colore, ma
non ne altera giaramai notabilmente la natura, se non fosse essa stessa
colorata di qualcuuo de' colori accennati, come avviene a certe ore
del giorno e della notte , ed a certe vicende dell' atmosfera ; eccezione
clie non dee considerarsi allorclie si parla in generale della luce , ossia
del complesso de' raggi newtoniani, o almeno di alcuiii de' raggi contrarj.
XXXVI. DelV azione uniforme della luce sui colori.
Del bianco e del nero, e loro ejjettl.
La luce adunque quanto piii percotera per esempio sul giallo , tanto
pill fara valerne la potenza, se pero 1" eccesso dello splcndore non
perturbera le funzioni dell' organo : e similmente per quanto diminui-
sca r azione della luce su di esso giallo, sempre apparira tale, pur-
clie si confront! con altri colori illuminati nello stesso grado. Ed in
nessun caso la luce considerata come si e detto alterera la natura de!
colori , ma a tutti arnica egualmente e favorevole ne fara piii o meiio
evidente la disj;nita e la bellezza secoado la misura della sua forza e
DI GIUSEPPE DOSSr. 2(jl
le opportune opposizioni. Se pertanto da questa uniforme azione della
luce sopia ogni colore si dee, come abbiain detto, dcdurre die la
luce, causa o niiuistra d' ogni colore , noii lia uii colore siio proprio ,
e die il bianco die risulca dalla somina de' raggi non puo aver luogo
nel nuniero de' colori ; per la stessa ragionc non dee tenersi per co-
lore il nero die risulta dalla mistura de' colori opaclii contrarj, o dal-
r assokua negazione di luce e di colore. Bensi il bianco ed il nero ,
ossia la luce e I'oinbra, cangeranno i gradi di ognuno de' colori die si
esprimono dai punti del nostro circolo; e le loro misture tingeranno
que' corpi die dicemmo doversi porre nella classe degli scolorati, come
sono , oltre i biandii ed i ncri , i grigi , i cinerognoli, i ferrigni, ecc.
XXXVII. Effctd della luce e dell' omhra ; come si rappresentino
nel circolo cromatico. Ossetvazioni sul grade ottimo del colore.
Dietro tali osservazloni parvemi naturale I'esprimcre I'azione della
luce sul colori coi semidiametri del nostro circolo. II punto del cen-
tro esprime tencbre o il niassimo grado del nero , o , se vuolsi , il
punto in cui equivalendo tutti i colori cbntrarj , producono negazione
di colore, tenebre o nero. A niisura che il semidianietro si allontana
dal centro , il nero coniincia a colorarsi di quel colore verso il quale
si dirige la sua linea. Perdutosi del tutto il nero ossia 1' azione del
colore posto nelF altro seraidlametro , comincia ad apparire il colore
in tutta la sua purita; il die avviene in un grado ruedio di luce.
Prolungandosi la linea , la luce aggiunge splendore al colore , ma la
parte splendida comincia a vincere la colorante , e pare che la bd-
lezza soraiua o il vero grado ottimo del valor del colore debba tro-
varsi per T appunto iielT ecpiilibrio tra cio che nella luce risplcnde e
cio che colora ; il qual punto noi intendiamo esser nella pcril'eria del
nostro circolo. Se la facolta coloratrice non e abbastanza accompa-
gnata o messa in mostra dalla facolt>^ die la illumina, quclla non
pu6 far pompa di tutta la sua dignita, e viceversa la sua dignita
rimane oppressa dall' eccesso del Itmic; il die avviene anclie ndP ar-
te in certe scuolc nelle (juali si reca al bianco pretto il hune di
21)1 TN'TORXO ALL'AnMOXIA CROjr.\TICA
qualsivoglia colore, come nclla Fiorentina ncl declinarc del ciiKjuecciUo.
E qiii cade in acconcio il rammciitare uii bell' esperimento del nostro
Veuturi, il cjuale a forza di soprapporre gli iini sopra gli altri piii
raggi prismatic! dello stesso colore, fece si clie la somma dello splen-
dore distruggcssc I'apparenza del colore, il quale appena si raostrava
lie' lombi deirimagine dove la soprapposizioiie de' raggi accadeva assai
inesattamente. Da che puo dediirsi die la forza colorante iion si pu6
sopra se medesiina rinforzare , o alnieno iioii puo far nota alia vi-
sione la sua intensita se non fino ad un certo grado, mentre la ra-
gion lumiuosa pu6 accrescersi fin dove il perinettono gV istrumenti
dello sperienze e la forza degli occlii , come si dimostra col guar-
dare direttamente 1' origine della luce , il sole,
XXX\ III. Che i corpi che chlamansi scolorali parteclpano
di qualche colore , ed aide analoghe osservazioni.
E poiche sopra si fece cenno de' corpi scolorati, sebbene 1' abbon-
danza della materia mi stimoli a proceder oltre , non voglio lasciar
di dire che, fuori del bianco e del nero , tutti gli altri corpi scolo-
rati sogliono partecipare di qualcuno de' tre, o, se vuolsi , de' sei co-
lori del circolo. E i grigi , i ferrigni e i cinerogiioli , die abbiarn ci-
tati , partecipano aUjuanto dell'azzurro: cosi quelle terre scolorate ,
cui si da nonie di terra d'ombra, altre tengono del giallo, altre ten-
gono del rosso. Cosi le ombre die risultano dai colori opposti sono
tra loro alquanto differenti. E se noi osserveremo, come ne' tre colori
primitivi, I'associarsi del rosso e del giallo debba preponderare all' az-
zurro , ci farera ragione di una serie notabile di fenomeni che acca-
dono nella natura e nell' arte. E questa stossa preponderanza d' effi-
cacia nel rosso e nel giallo riconosciuta anche dai Newtoniani debbe
in qualche modo agire anche nella luce solare , la cui somma, sebben
produca cio die noi chiamiamo bianco , tiene un certo grado che gli
artisii chiamano colore di tinta, pendente alcun poco al gialletto,
come si puo vedere allorche il sole percuote suUa neve o sulla
carta bianca ; e da tale esperimento giudiclieremo che ci6 che noi
IV I GIUSEPPE BOSSI. 293
cliiamiamo bianco per eccellenza, sc si coiisiilerera coi debiti paragoiii,
terra alcjuaiito doU' azziuriiio ; che in soiiima non puo toccarsi per
alcun modo la visione se qualche traccia di colore 11011 accompagiia
la luce; e che la luce stessa, comuiuiue si consideri scolorata, lascia
iioti per taato apparire qualclie traccia de' suoi eletneiiti , la parte piii
efficace de' quali non vien mai del tuito distrutta dalla sua contiaria.
XXXIX. Dalle dette osservazioni non si dee concltfdere che U bianco
ed il nero possan ammettersi era i culori.
Ad onta pertanto di tali minimi gradi di colore. che pajono appar-
tenere al complesso de' laggi solari , cioe alia luce pura ed intera ,
non nieno che alle ombre, che ^ quanto a dire al bianco ed al ne-
ro, riman sempre vero quanto si disse ai paragrafi XXXV e XXXVI,
non potersi cioe dar nonie di colore ne all' uno , ne all'altro; couie
pare evidente per altra parte , che in quella guisa che la mistura dei
principali o di tutti i r:iggi prisraatici compone il bianco , o per dir
meglio colla distruzione de' colori mantiene la ragione splendida, cosi
la mistura de' colori opachi compone piii o meiio il nero o I'ombra,
la quale si e vcduta con pari legge mantenere sempre qualche resto
dc' due colori dominanti tra i primitivi. *
XI. Modo con cui generalmente si considerano i colori ,
analogo alle cose dette.
E in questo si accorda la scienza colle opinioni generali degli uo-
mini. Cosi avviene che noi dichiariarao o bianco o nero un oggctto
senza considerare che il bianco non e tale se non nelle parti ben il-
luminate dalla luce chiara diurna, e che il nero non e nero se non
dove non riceve luce alcuna. Cosi pure d'accordo con quanto sopra
si e stabilito , 1' universalita degli iiomini considera i colori per quel
che appajono sotto 1' aspetto della luce modcrata e scolorata , non mai
sotto i varj gradi massimi o minimi della luce , ne sorttf gli accident!
della luce colorata nelle straordinarie agitazioni delle esalazioni die
294 INTORNO all' ARMONIA CROMATICA
ingonibrano I'atiiiosfera, iie sotto la luce riflessa o trasmcssa dai
corpi colnrati , ne fiualmente sotto la luce che eiuana dalle cose co-
loratc , aidcnti o tbsforiclie.
XLI. Confernia di qtianto si e detto nel paragrafo XXXVll, e facile
spiegazione dell' infimto numero de' culori degli oggetti natarali.
Viste le quali osservazioni suUa luce e stil suo cffetto uniforme sopra
ciascheduu colore, e sul suo partecipare d' oguuno d' essi., e sul suo
esser il IVutto dcUa parte splendida de' colori solari , parnii die il
posto clie le ahbiam dato sui seraidiametri del nostro circolo croniatico
sia opportunissiino a spiegare cou esattezza i gradi dclla sua iiillueiiza
sopra ciascheduu colore , e a rappreseiitare i rapporti di tali gradi
tra r uno e Taltro colore. Per tal via mokiplicaudo i puuti iufiuiti di
ogui semidiametro coi punti infiuiti dclla periferia , spiegheremo age-
voluicnte come con tre soli colori priinitivi e col vario grado della
luce si possa ottenere nelF arte e nella uatura quella iufinita serie di
tiute che variano ed abbellano 1' universo visibile.
XLII. Fenomeni della I'isione. Primo fenomeno.
Ma e oraiai tempo che si venga alia narrazione di alcuni singolari
fenomeui della visione , i quali, come che noti ai fisici, noa furono
fino ad ora se uou iraperfettameiite applicati alle arti della pittura. II
primo di tutti e il seguente:
L' occhio nostro , dope aver guardato fissamente un oggetto lucido
o colorato, se si rivolge altrove , mantiene per qualche tempo 1' im-
pressione di tal oggetto con apparcnze di nuovi colori.
XLIII. Osservatori di tal fenomeno.
Priestley nella sua Storia dell' ottica attribui ad Atanasio Kirchero
questa osservazione; ma I'avea fatta due mila anni prima Aiistotile nel
libro de Sogni; e dietro Aristotile S. Agostiao, e poi I'arabo Alliazeno,
DI GIUSEPPE B0S5I. 290
qnesti uclla sua Ottica , e quegli nel libro della Triuita. Alkiiuli cd altii
Arabi aiitichi , che trattaroiio tx professo de'colori, ne aviauno parla-
tu ; ma Ic loro opcre ci sono igiiote.
XLIV. A^uove osservazioni e nunvi fvnomcni
Quale sia la piu utile verita che sc ne t.ra<^i^a.
Ma fino alio scorso secolo noii si siabili , clTio sappia, alcuna leggc
costante die regolasse qiiesto fenonieno , le osservazioni iiitorno al
quale andarono seinpre crescendo, ed esorcitarono le penne del Buflon ,
del Sclierft'er e del Godart; indi del Yentuii e del Darwin; e fuial-
niente ebber gloria di occupare uno de' primi luiuinari della letteratura
tedesca, il celebre Goete , della cui opera per6 uon vidi se non la
prima parte in traduzione italiana favoritami dal Conte Moscati. Si
provarono i colori diversi sopra tanti circoletti colorati in campo bianco
o grigio, e dopo lunga fissazionc delT occliio sul circolelto si rivolse lo
sgnardo sul campo scoloiato , e rimmagiiie del circoletto si mante-
neva, cambiando pero di colore. Si osservo cpal colore assumeva un
colore dato , e si trov6 costantemente che la serie de' verdi dava la
serie de' rossi; la serie de' gialli dava i violetti; la serie de' ranci dava
gli azznrri ; e viceversa , che e qnanto a dire che ogni colore provocava
il suo contrario. Si osservarono gli oggetti splendidi, si osservarono 1
neri in campo bianco, i bianclii in campo nero; si osservarono special-
mente dal nostro Venturi i raggi prismatici , si osservarono gU eiFclti
de' prisini colorati sopra corpi di varie nature , e si registrarono nci
volnmi della scienza iiifiniti fenomeni , alcuni de' quali aspettano an-
cora r onore di qualche utile applicazione. Cio pero che di piii im-
portante , a parer mio , si ottenne da queste ricerche si ridiice a
quanto abbiamo di gia acceiinato ; cioe che ogni color reale dispone
r occhio' nostro alia sensazione del suo color contrario indipendenie-
mente dall' invito di alcun oggetto esterno con colore.
296 INTORNO ALL'ARMONIA CROMATICA
XLV. Nomi dad ai colon prodottl dalle precedenti sperienze.
Questi colori poi cosi provocati soltanto rlalla prcsenza de' loro an-
tagoiiisii ottenner varj noiui dai varj autori clie ne parlarono. Clii li
chiamb fantastici o unaginarj ; clii accident ali ; clii complemcntnrj ; clii
fisiologici , ecc. Noi li chiameremo col nome di consegiienti. II modo
con cui abbiain disposti i principali colori dimostra chiararaente per
le linee dei dianietri cpiali colori consegairanno dopo aver fissato lo
sguardo ad un dato colore con quella trancpiillita c pazienza che vuolsi
per qnesto genere di esperienzc.
XLVI. Noja e danno di tali esperienze.
IVecessitd di un migliov mecodo net fade.
Ma per I'appunto questa tranquillita e pazienza non e coraune agli
sperimentatori; e il modo tenuto fiaora per queste ricerche , oltre d'es-
ser lento e pieno di tedio , stanca stranamente T organo della vista ,
e puo fiicilnicnte degradarne la forza; il che se e di gravissinio no-
cumento ad ognuno, tanto piix lo e pei pittori, cui specialniente sono
dedicate e proposte queste osservazioni. Percio dopo avere da me stesso
ripetute le piii importanti prove che vennero a mia notizia come ten-
tate da altri, nii sono ingegnato d' investigar un modo piii semplice ,
meno pernicioso e piii breve, onde far certi di tali apparenze di colori
co'nseguenti anclie coloro che mal sojffrono la noja dello sperimentare.
XL VII. Considerazioni sidle dette esperienze,
e nuoi'o modo di farle.
Per altra parte io voleva patentemente dimostrare la contempora-
neita delle apparenze del color reale e del suo conseguente , poiclie
anche ci6 mi portava piii avanti nella conoscenza del costume , direi
quasi, dell'organo della vista. Aveva altresi osscrvato tali colori con-
seguenti piii agevolmeiite crearsi sopra superficie alquauto ombrose ,
Di GicsEPPE nossr. 297
le quali voglloii csser sempre scolorate, oiule il color conseguente riesca
ingenuo , scnza niistura , non alterato , o talvoica distrutto. Bramava
pariineiue che Tapparato di tali esperienze fosse tale da rcnderle pra-
ticabili in qualuncjue luogo , a qualunque lurue e con istriimenli di
niiina spesa; e a poco a poco venni a scoprire che si poteva otte-
nere il fenomeno del color conseguente , contemporaneo all' apparcnza
del color dato reale , per mezzo de' vetri colorati diafani ; e trovai
che ponendo all' occhio un vetro colorato inclinato a circa quaranta-
cinque gradi sull'asse ottico, e vedendovi alio stesso tempo trasparire
alciuii oggetti , ed altri riflettersi, gli scolorati e luminosi trasparcnti
prendevano il color del vetro, e gli scolorati e luminosi rillessi pas-
sando sopra campi parimente scolorati, ma ombrosi, partecipavano del
color conseguente a quello del vetro. In ogni stanza trovansi facil-
mente pareti, tende o carte bianche , oggetti opportunissimi a questo
modo di esperimentare la contemporanea apparenza de' colori contrarj,
r un de' quali non sia provocate da alcun- oggetto dello stesso colore:
e chiunque opportunamente adatti e nmova al bisogno il vetro co-
lorato, ne vedra 1' effetto all' istante piii o meno potente sccoudo la
pill o men bnona natura de' vetri, i quali pero, come altrove notai ,
non riescon bene se non in alcuni colori.
XLVIII. Altro modo di far le dette esperienze.
Continuando le ricerche, trovai anche potersi ottenere lo stesso giuoco
coUocando una lente colorata sopra una scolorata, e riflettendovi i
ferri delle invetriate visti sul campo luminoso del cielo in modo die
la loro imagine apparisse doppia. In tal caso 1' imagine del ferro ri-
flessa dalla lente coldrata mantiene il color della lente , e qnolla riflcssa
dalla scolorata si colora del suo contrario. E lo stesso ottiensi da una
lente sola colorata j di cui un lato sia piano, 1' altro di una picrioia
ed irregolare convessita , oppure die abbia piani non paralleli o al-
quanto irregolari.
Vol. 11. P. 11. 38
agS INTORNO all'armonia cromatica
XLIX. /mpeifezlone de modi preccdenti; cdtro modo migliore.
Ma anche qiiesti modi, come die brevi e facili, o non si accorao-
daiio a tutte le viste, o non producono un effetto pieno e convincen-
te, se non si trovano le misure esatte e i giusti gradi delle tinte net
vetri; il che e difHcilissiuio , e per alcuni colori e forse impossibile.
Mai soddisfatto percio anche di queste prove, ed altre molte rinnovan-
done e tentandone , ho imaginato di esporre gli stessi vetri colorati
ad una luce scolorata di sufficiente potenza, ed aver quindi sopra un
piano bianco varj gradi dello stesso colore colT allontanare piii o nieno
il vetro da esso piano. IIo imaginato che coll' iinpedire in qualche
parte del piano cosi colorato 1' azione del vetro colorante , quella
parte per tal modo ombrosa e scolorata dovea mostrarmi il color
conseguente, e cosi fu in fatti.
L. Descrizione di detto esperimenco.
lo ho posto una lamina di vetro verde larga ed alta circa un palmo
ad una luce ragionevole a pochi passi da una finestra, ed appoggiandone
il lato inferiore ad un foglio di carta bianca la cospersi del color del
vetro. Iiupedendo indi 1' azione del verde suUa stessa carta col porre
un dito o qualsivoglia corpo opaco tanto sopra quanto sotto il vetro,
quella porzione della carta che , rimanendo ombrcggiata , non si ve-
stiva in verde, mostrava un rosso tanto evidente da equiparare e ta-
lor vincere coUa sua forza la forza del color reale. Ripetci 1' esperi-
mento alio stesso modo coi vetri rossi , coi gialli , cogli azzurri , e
serapre ottenni il color conseguente e contraries il che si pu6 da
ognuno facilmente ripetere e verificare. Secondo le circostanze della
luce e secondo la bonta maggiore o rainore de' vetri, ho cangiato i
gradi del lume, ho allontanato il vetro dalla carta , e ho variainente
coUocato il corpo opaco ; il che anzi si dee far sempre onde trovare
il giusto punto ed il piii utile all'apparenza del color conseguente. £
anche da osservarsi che col chiarore del cielo nuvoloso scolorato si
m GIUSEPPE BOSSI. 299
ottengono meglio i colori conseguend de' vetri colorati diafani; il die
^ consentaneo a quanto si c dctto di sopra. Se il cielo azzurreggia
per troppa serenita , si pu6 velare la finestra d' una tenda bianca.
LI. Utilita di questo esperimento.
Con qnesto mezzo senza verun incomodo della vista e senza noja
ad ogiii ora del giorno, e se vuoisi anche di notte a lumc di cande-
la , con le debite deduzioni e cautele si ha il piii convincente espe-
rimento di una si notabile disposizione dell' organo del vedere, la
quale ci servira in appresso onde conoscere in die consista 1' armonia
de' colori , di cui stiamo per istabilire i principj. E questo modo , di
tutti il pill facile , serve alio stesso tempo a confermare la verita di
tutti gli altri esperimenti , die ogni curioso pu6 riscontrare negli au-
tori citati , in Carvalho ed in altri,
LII. liagione per cui si esposero gli esperimenti ripudiati.
Se poi mi sono esteso forse oltre il dovere nella esposizione dei
varj tentativi die a quest' ultimo mi condussero, il feci per animare
qualche industrioso araante delle cose naturali e pittoriclie a colti-
vare questi studj , onde renderli piu comuni , e applicarli a quelle
arti tutte die dimandano 1' ornamento de' colori. Clii rinnova questo
genere di ricerche cimentando le cose naturali, risparmia tempo e
fatica , sapendo cio che da altri h gia stato fatto. Ma venendo ora alle
conseguenze di quanto ho esposto , parmi necessario alio scopo no-
stro lo stabilire alcune proposizioni die sono le seguenti , divise per
maggior chiarezza in separati paragrafi. '
LIII. Del colore senza oggetto.
La sensazione del colore pub eccitarsi nel sense del vedere senza
la presenza di un oggetto colorato ; il die provasi coll' osservare i
corpi splendidi, ed indi rivolger gli occhi a luoglu onibrosi o chiuderli.
3oo ' INTORNO ALl'aRMONI.V CROMATICA
LrV^. EJfetto della sensazione del color reale.
La sensazione di un dato coloi" reale dispone V occliio a veder nei
luojrhi scolorati il colore contrario del veduto senza osgetto esieruo
DO"-
clie lo provochi.
LV. Del color conseguente , e come tromi.
II colore non reale provocato dal contrario reale siegue esattaraente
la disposizione de' colori, che abbiarao stabilita nel nostro circolo cro-
matico sui dettami della natura , della scienza e dell' arte. Qiiindi uu
tal colore , die abbiamo chiaraato conseguente , si trovera sempre coi
diametri di detto circolo.
LVI. Che debbasi dedurre dalla sensazione
del color conseguente.
La natnrale disposizione dell' organo a vedere senza la provocazione
immediata di un oggetto esterno un colore, contrario ad un dato co-
lor reale, dimostra il bisogno della natura di rimettere 1' organo in
equilibrio con un moto cojitrario all' impressovi dal color reale.
LVII. Come proceda il moto produttore
della sensazione de' colori.
La sensazione de' colori si ha per 1' impresslone di un dato moto
nell' organo non gia in ordini diversi di fibre o papille, ma diverso
nella stessa fibra o papilla, il qual moto puo dipendere da cause ora
esterne, ora interne, e talor anche da malattia, da che nascono i co-
lori che il Goete chiarao patologici. Circa la prima parte della quale
proposizione giovami 1' autorita del chiarissimo Venturi, il qual dice
potersi cid asserire con certezza.
DI GIUSEPPE BOSS!. 3oi
LVIII. Ipotesi onde spiegare V apparcnza
de colori reali e conseguenti.
Poste le quali cose , io passero a stabilire la mia ipotesi sul moto
delle papille del nervo ottico , la quale conformaiitlosi alle fatte espe-
rienze, e accomodandosi a tutli i teiionieni conosciuti, servira per ispie-
gare in mode, a parer mio, soddisfaceiue quanto pu6 dirsi iiitorno
air effctto de' colori tanto in pittura come negli oggetti naiurali. Eccola
adunque ne' seguenti paragrafi.
LIX. Del moto delle papille oitiche.
Le papille esterne del nervo ottico o della retina , e specialmente
le centrali (die sono le piu poteuti, anzi le sole die veggano bene
gli oggetti ) prendono un differente movimento secondo la quautita e
qualita della luce die le percuote.
LX. Come vuolsi considerare la papilla ottica.
Tali papille , a cui la scienza iion ha ancora stabilito una forma ,
debbono considerarsi come centri d'altrcttanti circoli cromatici quale e
qiiello che noi abbiamo stabilito. Ci6 die io dico d' una papilla s' iii-
tende di tutte. Qualunque poi sia la forma die alia, papilla possa ve-
nire stabilira dalla fisiologia , tale forma non puo in uiun caso essere
in contrasto coll' ipotesi del moto die a tali papille abbiamo attn-
buito. Ne senza moto si pub concepire sensazioni.
LXI. Deir ozio delle papille ottiche
n loro ozio o riposo perfetto cagiona nullita di visione e tenebre
nella iiatura , il piu profoado de' iieri ueli' arte.
3oat INTORNO all' A.11M0NIA CROMATlCA.
LXII. Delia compressione centrale delle papille ottiche.
La minima delle compressioni uniformi suH' asse della papilla , die
lion la spinga verso nessuna parte della circonferenza del circolo,
rappresenta la massiraa ombra,o,se vuolsi , il nero men profondo, e
a mano a maiio i gradi che lo diminuiscono, crescendo i giadi della
compressione.
LXin. Altri effetti di dctta compressione.
Questa compressione , anmentandosi , porta per gradi dal nero al
bianco, indi al candido; indi alio splendido; e poi all' abbagliante, e
iiltimamente alio strazio e quasi disfacimento dell' organo , come allor-
quando si guarda direttamente il sole per lungo tempo.
LXIV. Come tale compressione awenga.
Queste compressioni uniformi sono generate dall'azione contempora-
nea di tutti i colori del nostro circolo , o alraeno de' contrarj equiva-
lenti in grado di forza ; il che si. puo applicare anclie all' azione dei
raggi prismatici. Per tal modo s' intende facilmente come si serbi I'e-
quilibrio della papilla comuiique compressa sul suo asse.
LXV. De" mod che cagionano le sensazioni de* colori.
Stabiliti cosi i gradi delle varie sensazioni dalla luce all' ombra , dal
nero al bianco, si passera alle altre die hanno relazione al colore.
Comincio pertanto dal dire che i moti della papilla die cagionano
la sensazione de' colori sono dal centro alia circonferenza del circolo ;
il che m' ingegnero di meglio spiegare con alcmii casi o proposizioni
che espongo ne' seguenti paragrafi.
\
DI GIUSEPPE BOSSL 3o3
LXVI. Moto laterale dcUa papilla.
Ogiii qual volta la papilla ottica sara pcrcossa da tale o tali raggi di
luce che la facciatio declinaie verso uno de' puiiti del tircolo, essa avra
la seiisazione di quel colore che in quel punto del circolo abbiam collocate.
LXVII. Mistura del colore colla luce e colV ombra.
II colore visto dalla papilla ottica avra iu se quella mistura di luce
od ombra , di bianco e di nero die risulteru dal grado niaggiore o
minore della compressioue centrale di essa papilla conteraporaaea alia
sua decliiiazione verso un dato punto del circolo.
LXVIII. EJfetto de" colori contrarj misti.
I colori contrarj espressi ne' diametri del circolo, se sono equipotenti
e si raischieranno tra loro, che e quanto a dire se avranno azione cou-
temporanea equipotente, manterranno la papilla in cquilibrio, da che
nasce ombra ; il die e dimostrato con gran numero di esperimenti.
LXIX. EJfetto de' colori ajjini misti.
I colori affini, quanto minore sara I'angolo fatto dai loro semldiaraetri,
piu potentemente attireranno o spingeranno la papilla in un punto medio
tra i punti da loro occupati, e cio in ragione della forza loro rispettiva.
LXX. Disposizione naturale della papilla ottica.
Ci6 posto , e d' uopo passare ad altra proposizione alio scopo no-
stro importantissima, ed e la seguente. La papilla ottica luiigamente
affaticata in una data direzione cerca per impeto naturale il suo equi-
librio in una direzione contraria ; e quindi vede scmpre il colore die
abbiam chiamato conseguente, cioe un colore non reale provocate dalla con-
templazione del suo contrario. Di ci6 abbiam dato ceuno ol paragrafo LiV.
3o4 INTORNO all'armonia cromatica
LXXI. Contemporaneitd delle sensazioni dtl color reale
e del conseguente.
La proposizione precedente era diinostrata dalle esperienze del Dar-
win, del Goete e d' altri. Le nostre diinostrano di piii in modo facile
e chiaro non essere necessaria una luiiga coiitemplazione di iin color
dato per disporre la papilla alia sensazione del color conseguente :
diniostrano inoltre che questa tendenza della papilla e tale, clie vede
il color conseguente in tutti i luoghi ombrosi e scolorati che confi-
iiano col color reale, e cio durante la sensazione del color reale,
salvo quanto abbiamo espresso nel paragrafo LVI.
LXXII. £)(,'' colori opachi e de prismatic i. Del bianco e del nero.
Come la mistura de' colori primitivi opachi mette la papilla in
equilibrio senza compressione, e quindi produce ombra , cosi la mi-
stura de' colori prismatici, che equilibratamente la coraprimono sul suo
asse, produce lume. Sirailmente il riposo che la papilla ccrca dall' os-
servazione delle cose bianche in campo nero, e delle nere in campo
bianco produce nella visione gli effetti reciproci del bianco e del
nero, osservati dal Darwin e da altri.
LXXIII. Nuove esperienze pittoriche che diniostrano le cose antedette.
Con questi principj si possono fare dai pittori dei bellissimi giuo-
chi ottici , cioe con raacchie brutte che pajon fatte a caso , dispor
I'occhio a vedere figure, ritratti e ci6 che si vuole tanto a chiaro ed
oscuro , quanto a colori. Per le cose a chiaro ed oscuro bastera metter
r ombre al luogo de'lumi, e i lumi al luogo dell' ombre. Per le cose
colorite vuolsi avere avanti gli occhi il nostro circolo cromatico, ed
irapiegare sempre per le parti tanto luminose quanto ombrose i colori
contrarj di quelli che si vogliono mostrare, talche le labbra di una
Venere , per esempio , o d' altra figura gentile saran verdi , i capelli
DI GIUSEPPE BOSSI. 3o5
saranno violctti o azzurri , le ciglia bianche, e cosi il resto. Fatte con
diligenza queste raisture apparentemente si mostruose e stravaganti, si
porteranno in una camera ombrosa e scolorata, ove Don siano ahri
oggetti, c postele ad un lunie mediocro, che percuota sopra di esse
senza molto agire altiove , si osserveranno a lungo con immobile fis-
sazione d'entrarabi gli occhi, e senza occupazion di raente ; indi ri-
movendo improvvisamente lo sguardo , e volgendolo ad una parte delle
pill oinbrose della camera, si vedra con gran meraviglia I'oo-getto cbe
si desidera, e che 1' artista ingegnoso ha avuto di raira. Vuolsi av-
vei tire che con figure grandi si ottiene 1' intento piii facilraente ; e
vuolsi iiioltre tentar lunii diversi quando 1' intento non si ottenga con
un dato lume. Queste cose pero si possono fare una volta per espe-
rimento , raa non e bene che 1' artista vi perda piu tempo del dove-
re, essendo d' altronde cliiara la ragione di tal fenomeno, cui puo
darsi nome di quadro magico ; fenomeno che nasce dalle precedenti
proposizioni , ed al tempo stesso ne rende piii evidente la verita.
LXXIV. De colori dopo il bagliore.
11 ristaurarsi che fa la papilla ottica dalla soverchia azione degli og-
getti splendidi, siano o no coloraii,e dallo strazio degli abbaglianti,
osgillando irregolarraente verso raolti punti del circolo , comprimendosi
e distendendosi sul proprio asse , e cagione di quella serie di appa-
renze vario-colorate che accompagnano la vista degli oggetti splendidi
ed abbaglianti, se dopo chiudonsi gli occhi, o si volgono a luoghi om-
brosi. lo ho fatte raoltissirae esperienze , e alcune ne ho fatte fare
ad altri me presente per riconoscere se potevansi ordinare le appa-
renze successive di tali colori , ma non vi ho mai riconosciuto ordine
alcuno. Ci6 accadera forse perche il grado del bagliore non e sog-
getto a misura ; poiche quantunque noi possiamo accertarci a un di
presso della permanenza nel suo stato di un dato corpo abbaglinnte,
non possiamo in alcun modo far lo stesso dell' occhio. 11 modo da me
piu sovente praticato in tali esperimenti fu il scguente. Ho tagliato in
carte bianche, rosse, verdi , azzurre, ecc. o una lettera delTalfabeto,
Vol. II. P. 11. 39
3c6 INTORNO all' ARMOXLi CnOMATlCA
o una testa in profilo, o altra qualsivoglia figui-a , indi I'lio esposta
ad un raggio di sole in una camera onibrosa, e dopo fissate tali car-
te, ho notato .ad occhi cliiusi ( altri potrebbe dettarli ) 1 colori veduti.
Volli fare una data figura per determinarne le piii o meno precise
apparciize , non che le varieta delle graudezze ed altri accidenti. An-
che questi esperimenti oziosi e inutili agli artisti gli ho vohui riportare
per risparmiarli a chi di queste cose si volcsse occupare. Piacemi anche
avvertire die io gli ho fatti nell'ozio necessario di nojose convalcscenze.
LXXV. Delle varie posizioni della papilla e loro ejfttti.
La posizione permanente piii incomoda della papilla debb'essere la
forte compressione sc si riguarda 1' azione equilibrata da ogni parte;
e quindi si spiega la noja di star a lungo in luoghi troppo luminosi.
Se si riguarda X azione verso qualche punto del circolo , la posizione
piii violenta sara quella che la spingera all' insu , e quivi appunto tro-
viamo il rosso , che e il colore piii faticoso a sostenersi. Al contrario
sara la piii comoda delle direzioni quella che la chiamera nella parte in-
feriore; ed in fatti ivi risiede il verde tra i colori il piii placido e discreto.
Cosi i ranci e i pavonazzi voglion posizioni men comode che i gialli
e gli azzurri , e pero piii prontamente affaticano. Da cio dee governarsi
r artista, mischiando piii o meno d' ombra ai colori piii o meno efficaci.
LXXVI. Che dalle cose dette si possono trarre i precetci
deW armonia cromatica.
Se pertanto le esposte proposizioni son vere, come sono verisimilii
se r autorita degli esperimenti da forza alia nostra ipotesi intoruo ai
moti della papilla ottica ; se la semplicita stessa di tale ipotesi la rac-
coraanda raostrando effetti varj innumerevoli derivati da poche cause
e da un meccanisino senza complicazione , noi possiarao per essa fa-
cilmente stabilire le leggi dell' armonia cromatica che andiamo inve-
stigando , e determinarne con sicurezza i principj si nelle cose natiirali
come neir arte che le prende ad imitare. Io intanto audr6 esponendo
DI GIUSEPPE BOSSt. So^
alcuni di tali principj, i quali serviraniio d'csempio per gli altri, che
ogiiuiio pu6 per s^ stesso facilmente dalle stesse foiiti derivare e ap-
plicare alle sue circostanze.
LXXVII. Prinio precetto generate dclC armonia cromatica.
La natura c'insegna che un moderato esercizio di qualunrpe delle
nostre facolta non solo ^ necessario alia loro conservazioiie , raa le
porta a quel raassimo grado di perfezione di cui soiio suscettive. Quiiidi
e anclic naturale che 1' occhio dell' uom che veglia debha avere una
certa ritrosia alle tenebre , e dolersene non meno che della troppa
luce , per 1' appunto come le membra umane , se il sonno o qualche
niorbo non le intorpidisce , si rifiutano a lunga quiete perfetta , e mal
comportano un moto violento o eccessivamente prolungato. Per con-
seguetiza la moderata luce debb' essere , come e , ben accetta ad ogni
occhio ben organizzato, ed e la vera e piu piacevole ministra d'ogni
bellezza che derivi dal colore. E da questa osservazione suU' armonia
cromatica naturale si trarra il primo universale precetto dell' armonia
cromatica artifiziale , cio6 che s imitino gli oggetti nacurali moderata-
mence lUuminati.
LXXVIII. Secondo precetto generale.
In secondo Inogo 1' equilibrio che la natura dimostra esser necessa-
rio al ben essere dell' organo della vista dimanda la presenza di co-
lori contrarj , pei quali soli moderati da una luce dolce, come abbiain
detto nclla proposizione antecedente , pu6 mantenersi quel discrete
esercizio della papilla che la ragione ed il fatto dimostran chiesto dalla
natura. Di qui nasce il secondo precetto che esclude dalle belle imita-
zioni d predoniinio cP un sol colore, e che consiglia I' uso di molti colon
fra loro contrarj con gran varietd di gradi di luce e d' ombra.
3o8 INTORNO all'armonia cromatica
LXXIX. Terzo precetto generate.
In terzo luogo e da osservarsi attentamente ci6 che gia si h accen-
nato di sopra , cio6 clie la natura raaestra deir arte , o servendo alia
nostra vista, o accoinodaiidola al siio modo di colorire, h stata assai
parca nell'uso de' colori priraitivi; e se abboudb nel verde, belUssirao
de' tre colori derivati , il fece in cose di breve durata, come la ve-
getazione ; e allorche lo rese stabile in .alcune piante , ne smorzo la
bellezza miscliiandolo di'molta ombra, e toglicndogli quella vivezza
che rallegra il verde della vegetazione annua. Similmente si osserva
che in tutte le sue grandi opere la natura, comunque abbia colorito
con gran varieta, pure compose senipre i suoi colori mischiandoii ab
bondevolmente di lume e d' ombra , e per lo piu con gradi e passagg
dolci e moderati. Che se talora presenta degli spettacoli mal coloriti
ella ristora i suoi errori , prontamente cangiando la scena , e ornan-
dosi di sempre nuove bellezze ; il che non e dato all' arte. Dalle qual
considerazioni nascera il terzo precetto di non usare doe i sei colori
principcdi in tutta la loro forza se non con grande parsimonia , e di va-
riare i gradi de' colori con mold accidend e misture d' ombra e di luce^
e finalmente di non imitar con r arte certi accidend naturali che producono
strane e disequilibrate oscillazioni neWorgano della vista.
LXXX. Quarto precetto generale.
Cosi pure se e chiaro che un moderate esercizio in un moto equi-
hbrato , che non violenti la papilla ne sopra il suo asse , ne verso
alcun punto del circolo cromatico, e cagion di piacere all'occhio no-
stro , e parimente chiaro che si debba dall' arte provocare un tal moto
per quanto si pu6 , ed il nostro circolo ne suggerisce le norme. £
anche evidente che se la natura spinge per se sola la papilla ottica
al punto del color contrario del veduto, quando I'arte ajutera la na-
tura mostrandole quel colore appunto di che e vaga, le anticipera e con-
fermera quell' equilibrio dilettevole che pare esser la base dell' armonia ,
I
DI GIUSEPPE BOSSI. 3o^
e die si ottiene dai colori coiuraij. E quindi nasce I'altro precetto dl
avvicinare per quanta si pud nelte imitazioni coloratc i colori contrarj ,
che sono i soli armonici, allontanandone gli affiai , i quali son dolorosi
a sostenere , perche mantengono ed affaticano la papilla ottica in una
direzione di poco difforrae dalla sua precedente.
LXXXI. Precetto per le cose monocromaticlie o acromatiche.
Ma al pittore avviene sovente di rappresentare la natura senza co-
lori , oppure con uii colore solo , come accade nelle opera che cliia-
mansi monocromaticlie o a chiaro ed oscuro. Le cose antedette dinio-
strano quale colore possa scegliere onde porsi in arnionia colle cose
colorate presso le quali debba stare la sua imitazione monocromatica.
Ma se essa e mobile, e non avra alcun rapporto con altri colori, ve-
dra r artefice quanto sia miglior consiglio il mantener 1' equilibrio
della papilla ottica componendo 1' opera sua solo con ombre e lurai
scolorati, e non forzare la papilla in una qualsivoglia direzione. Da
ci6 avviene che le opere a chiaro-scuro scolorate fanno bonissimo
effetto, mentre le stesse opere, se fosser tinte in verde , in violetto o
in rancio, non darebbero lo stesso piacere; e molto meno ne dareb-
bero tingendosi de' piii violenti colori primitivi , il rosso , il giallo e
r azzurro. Ed ecco la vera ragione per cui il nero e universalmente
preferito per Y uso delle stampe , mentre sarebbe facile 1' usar per
esse colori vivaci e forzosi. E quando si e pur voluto usare un co-
lore nelle opere di chiaro e di scuro , si e sempre scelto il piu pa-
cato e dolce , cioe il verde , come vediamo nelle opere di Braraante
in Milano , di Paolo Uccello in Firenze , di Polidoro e di Maturino
in Roma. >
LXXXII. Eccezioni t'olute dai caratteri diversi delle opere.
I precetti generali per6 dcbbono aver le loro eccezioni dimandate
dai casi speciali ; ma anche queste voglion essere dettate da una ra-
gione chiara ed evidente. Una pertanto delle piii evideuti ragioni ,
3lO INTORNO ATX'ARMONIA CROMATICA
die debha spiiiger Tartefice a teiiere iiii modo particolare in certi
casi , sara il carattere dell' opera sua. A questo debbe egli accordare
il carattere de' colori che irnpiega, non meuo che il grado della lu-
ce con cui gl' illumina. Da cio derivano naturalmente alcuni precetti
particolari, che sorviranno di norma ai generi diversi di armonia cro-
matica voluti dalle diverse circostanze. Per csenipio ai so2;2:etti fieri
ed eiiergici convengono ombre e lumi violenti con esuberanza d'om-
brc e con predominio de' colori priraitivi. Ai soggetti dolci , tristi e
mclanconici conviene gran moderazione ed equilibrio di luce e d'om-
bra , sacrificio di colori primitivi e predominio dei derivati. Ai sog-
getti ailegri , luce viva , ombre dolci e mistura di raoiti colori primi-
tivi e derivati. E cosi ogni argomcnto , ogni figura debbe colorirsi
de' colori convenienti al suo rispettivo carattere riguardo alia natura
del colore, non raeno che al suo grado ed al giuoco che I'ombre e i
lumi vi fanno. E Y artista diligente eccitera, come altrove ho detto, la
sua f^intasia a trovare luille utili combinazioni di tinte diverse, cer-
candone i gradi sui diametri del nostro circolo, e le varie nature sui
punti della circonferenza , e le infinite misture ombrose e luminose
col calcolo de' gradi della compression centrale.
LXXXIII. Mod(j di mettere in armonia i colori di diversa efficacia.
E giacche abbiamo osservato avere i colori una diversa efficacia , e
qui luogo di notare che allorche si vorranno porre fi'a loro in ar-
monia, sara necessario di temperare i piu efficaci, o raddolcendoli
col diluirli nella luce o sia nel bianco, o sraorzandone lo splendoi'e
mediante 1' ombra. Cio si puo esperimentare col rosso , che dicemmo
a tutti gli altri prepondorare in efficacia; poiche quando si mette a
prova col verde , che e dolce a vedersi ed urta pacatamente la vi-
sione , vuol esser addolcito nel bianco , fino a portarlo a quel grato
equilibrio in cui la papilla ottica si esercita con particolare compia-
cenza. E questi colori , il primo bellissirao de' primitivi , bellissimo
r altro de' derivati , allorche la loro efficacia si equilibra nel modo in-
dicate, formano uno de' piii cari spettacoli della natura nella rosa sui
DI GIUSEPPE BOSSL 3ll
suo ce?po, la quale dal colore principalmente ottenne' il titolo di
bellissinia, anzi regiua de' fiori, e raeuo apparisce ed in miuore stima
si tieue se disgiungesi dalle sue foglie.
LXXXIV. Delia cromatica catourica.
Ma si procedcrebbe all' infinite se tutti si volessero spiegare i fe-
nomeni e tutti cspoire i precetti clie dcbbon dirigere T arnionia cro-
matica artifiziale. Non posso uon pcrtanto lasciare scnza ricordo la
cromatica catottrica, ossia la teoria de' colori rillessi , la quale sola
potrebbe occupare un lungo jragionamento e dar una lunga serie di
regole. I principj per6 die abbiarao sviluppati bastano a dare il fon-
damento a tutte le norme di questa importautissima parte della pit-
tura. I soli pratici dell' arte possono coniprendcrc quaiito la cromatica
catottrica contribuisca all' armonia , ora smorzaudo i colori coiitrarj ,
era trasformando in un terzo gli affini, ora ombreggiando, or lumeg-
giando. La sua azione piii evidente e suU' ombre primitive; ma non
manca di agire in qualche caso anche sulle parti luminose degli og-
getti. Chi volessc vedere de' bei teoremi di questa materia , ne trovera
in gran numero nel Trattato di Leonardo da Vinci.
LXXXV. Delle anomalie della vista e loro cagioni. Quale vista
sia necessaria alia sensazione dcW armonia cromatica.
Vuolsi poi avvertire che niuna regola d'armonia cromatica puo ser-
vire a quelle viste anomale ricordate da Boyle , Dalton ed altri. Vi lia
chi non vede se non gradi di luce e d'ombra, come il calzolajo di
Maciport ; v' ha chi non distingue certi colori, o li confonde con altri
diversi , come il matematico citato dal Boyle ; altri non ha la sensa-
zione deir azzurro , come gli Acianoleptici del Goete ; altri vede al-
terato stranamente il rosso , come il coltissinio Principe Dietrichstein ,
col quale ho avuto io stesso I'onore di conversar su questo proposito^
altri in fine, comunque fornito di organo non difettoso, e del tutto in-
differente all' aspetto de' colori e d' ogni lor piii felice combinazione.
3l2 IXTORNO all' ARMONIA CROMATICA
Per tiitti questi le nostre ricerclie sono affutto iiuitili. Non parmi pero
inutile 1' osservare die coUa nostra ipotesi intorno ai nioti delle papille
otdclie si spiegano agevolniente tntte le anzidette anomalie : c comun-
qiic tale osservazione pare estranca alle nostre ricerclie, piaceuii il
farla , perche per essa crescono i gradi della probabilita e dclla ve-
risiniiglianza al poco ipotetico con cui mi sono ingegnato di legare
e dar forma utile ad una serie finora vanamente dispersa di fenomeni
ottici. Le acromasie adunqne spicgansi col dare alia papilla soltanto i
moti sill suo asse, e non i lateral!. Gli Acianoleptici non lianno i
nioti dclle papille verso i gradi del circolo occupati dall' azziirro. Qiielli
clie veggono alterati alcuni colori possono soffrire qiiesto difetto o per
inattitudine della papilla a dirigersi verso il luogo del circolo ove ri-
siede il color coiifiiso, o per la presenza di qualclie colore negli umori
dell'occliio. Ne in questo caso sara difficile il verificare coll' esperienza
quale delle due cause operi nell' individuo clie gli esamina , poiclie il
colore difTuso negli umori dell' occliio fa sui colori contrarj gli effetti
reciproci , clie ai vetri colorati si possono facilmente classificai'e. Per
eserapio chi confonde il color della rosa col celeste , e il rosso forte
coi bruni piu oscuri , e i gialli co' pistacchi , pare avere avanti alia
retina un verde; e tale sembra il caso del Principe Dietrichstein. Gl'iii-
differenti final mente o hanno moti debolissimi verso il circolo croma-
tico, o per una mal disposta organizzazione non hanno la facolta di
sentir il rapporto clie passa tra colore e colore. In conclusione le no-
stre ricerclie non possono nemraeno essere intese da chi non gode
una vista ben costituita e tale da discernere senza quistione non
solo i minimi gradi de' colori consentaneamente all' opinione generale
degli uomini , ma anche le relazioni reciproche tra.l'uno e Taltro
colore. Senza queste due facolta gli occhi son nulli per l' armonia cro-
matica. Ne basta I'aver, come suol dirsi, buona vista. Molti hanno I'u-
dito buono ed atto alia sensazione de' minimi suoni, ma mancano della
facolta clie giudica de' rapporti tra V uno e 1' altro suono , e tali orec-
cliie sono morte per la music a, anzi in tal caso si dice non aver ore-
chi chi d' altronde ha l' udito ottimo per tutto ci6 che non e relative
air armonia musicale. Lo stesso avviene degli occhi rispetto all'arraonia
Di GrcsEPPE Bossr. 3i3
cromatica. E il difotto die qui accenno c piii esteso assai di quel die
iioii si crede , ed aiiclie per questo e si difficile che moke persone
si accordiiio iiell' opiiiione intoriio al colorito di uii quadro , lucntre
assai piii agevolmonte si accorderanno intorno alia composizioiie, al
diseguo ed all' a I tie parti dell' arte.
LXXXVI. Analogia era I' armonia cromatica e la musicale.
II paragoiie die qui mi accadde di fare tra il suono ed il colore ,
mi suggerisce di riportare alcuiic osservazioiii suH' aiialogia die passa
tra le due armouic, la cromatica e la musicale. Ed aticlie questa ag-
giuuta , die da taluno puo tacciarsi d'oziosa, non la fo gia perclie io
crcda die dalla detta aualogia si possa trar qualche lume per 1' arte
della pittura, ma per sempre piii crescere autorita alia nostra ipotesi,
dimostraudo che le leggi cui abbiam sottoposti i nuovi fenoraeni
della vista souo consentaiiee alle leggi rcgolatrici de' fenomeni cono-
sciuti deir udito. Osservasi adunque die neli' armonia cromatica si tro-
van disarmoiiici i colori che nel circolo son viciui ; arniouici i lon-
taui ; c siiniiiuente vediamo nel circolo musicale accordarsi col tuono
le note lontaue, mentre discordano le vicine, cioe la secoiula e la
settiiiia. Un dato colore mostra lo spettro d' un altro colore , cui ab-
biam dato il nome di conseguenCe , su\ qual feuomeuo e specialinente
appoggiata la teorica dell' armonia cromatica : cosi un suono dato non
solamente da cenno di se all' orecchio esercitato , ma vi aggiunge un
embrioue d' altri tuoiii , cioe la duodf^ciina e la decimasettima ; e il
Rameau e il D'Alembert su questo feiiomeno osservato dal Sauveur
stabiliroiio le leggi principali dell' armonia musicale. II color conse-
guente , con cui la natura senza oggetto esterno insegna , direi quasi ,
all'occhio umano dove debba cercare il suo riposo, e, come si e ve-
duto , il pill armonico de' colori rispettivamente al colore che lo ca-
giona: similmente i suoni del Sauveur, ai quali pure non disconverrcbbe
il nome di conseguenti , souo un cenno die la natura ci da delie coii-
cordanze principali della musica , esseiido la duodeciina I'ottava della
quinta, e la decimasettima la quintadecima della terza. Alia presenza
Vol. II. P. II. 4°
0J4 INTORNO ALL'ARMONIA CROMATICA
di uu oggello naturale arraonicamente collocato rimane distrutta la
sensazioiie «.le' coloii conseguenti clie accompagiiano i colori reali ad
uno ad luio : e al sentire una serie di siioiii armoiiici si perde la
sensazioiie de' suoni clie nascono dalla corda toccata isolatamente. Se
vuolsi avcre iiitera la sensazioiie di an colore posto fra colori arrao-
nici , e d' uopo spinger a quello Y asse ottico, nel cjual caso minora
sara la scnsazione de' colori vicini , e minore I'cfficacia deirarmonia:
e se si vuole udire distintamente iin siiono niisto con suoni armonici,
bisogna dirizzar a quello , sarei per dire , 1' asse acustico , ed allora e
minore nell' ndito V effetto degli altri suoni e dclla grazia delle lor
concordanze. I tre colori primitivi, comunque equipotcnti , lianno, come
vedemmo, un carattere divcrso e gradi divei'si di efficaciaiil che ac-
cade anche de' secoiidarj e delle loro derivazioni poste nel circolo
croniatico a triangoli equilateri , cioe considerate come equipotenti: e
del pari i tuoni mnsicali anche scnza alterazione alcana de' gradi delle
loro division! lianno differcnti caratteri e diversa natura di effetto.
Se tutti i colori raischiansi insieme , si perde la sensazioiie di ciasche-
tlun colore , e si vede una tinta ombrosa nericcia. Nella stessa guisa
\Teggiarao in un esperimento descritto dal Tartini, come di sei canne
d' organo di suoni diversi ; rette da un sol pedale e sonanti ad un
tempo, lion si corapone che un suono solo, e questo e il gravissimo.
Finalmente per quanto un colore si mischi con varj piu o men lumi-
nosi gradi di se stesso , non partecipera raai d' altro colore ; mentre
due colori, per poco che siano di natura differenti, creano, mischian-
dosi, un color terzo, o producono ombra. Cosi due suoni diversi con-
temporanci creano un terzo suono grave , mentre non si crea alcun
terzo suono dalla mistura di un suono coUa sua ottava. Le addotte
comparazioni , che mi pajono alio scopo nostro bastare , ne suggeri-
ranno altrc moke a chi ama queste materie. Restami ad aggiungere
che il bel nome d'armouia rispetto ai sensi non si applica se non a
cio che tocca i piii nobili tra loro, cioe la vista e Y udito.
DI GIUSEPPE BOSSI. 3lS
LXXXVII. Conclusione.
Con qiianto fin qui si e detto parmi d'avere a sufficienza soddisfatto
a ci6 che ncl terzo paragrafo lui sono proposto. Ponji^o dunqne fine a
queste mie riceiche , e I'ingenuo Icttoie mi userii indulj^cnza se talora
sono prolisse , talora son uiagre ed asciatte , e se mancano in generale
di quel lucido ordine che la materia vorrehbe. Afflitto da oltre I'anno
nella salute non mi sento in grado di dar loro una forma migliore.
Per altra parte io mi son fitto in nientc, non so se per errore di vano
giudizio o con qiialche fondamento di verila , che questo lavoro, co-
munque iinperfettissimo, sia pur tale da condurre a far piii e meglio
un ingegno migliore del mio ; e certo mi duole di non aver avnto
notizia di queste cose fin dal tempo in cui principiai a trattar colori,
tale e la persuasione che ho dell' utile che (jueste teoriche possono
recare alia pratica. Giova intanto dalle cose discorse concludere che
r armonia croraatica , comunque nella natura e nell' arte sia stata fi-
nora assai pin sentita che spiegata , pu6 nondimeno in qualche mode
assoggettarsi a regole appoggiate a fenomeni natural! , chiari ed evi-
denti; e che essa sembra consistere in una equilibrata oscillazione, o,
sc vuolsi , in un continue avviccudato compenso di oscillazioni delle
papille del nervo ottico , il quale efFetto si promuove e si mantiene
dal contrasto ben disposto delle ombre e de' lumi nelle cose acroma-
tiche e nelle colorate dalla presenza di due colori contrarj , o dail' av-
vicendamento di molii o di tutti. L'amatore e il coltivatore della pit-
tura, e chiunque prende diletto di questi studj scorrendo le gallerie ,
osservera con piacere verificarsi i nostri principj e sanzionarsi i nostri
precetti in quelle opere appunto che piii universalmente dilettano pfr
r armonia de' colori. E se I'osservatore si limitera a guardare le sole
combinazioni di un colore coiraltro, si fara chiaro dell' arte colla quale
talvolta gli antichi maestri evitarono Ta^spetto spiacevole di una tinta
, coir uiiiria ad un' altra contraria ; della qual cosa alcuni si compiiicque-
ro oltre il dovere, lusingali dalla grazia con cui quelle combinazioni
adulano la vista. Cosi vedrii , ne' panneggiamenti in ispccie di molte
3l6 INTORNO all'arjmonia cromatica ecr.
fainose dipinture, de' gialli con ombre violette , de' celesti con ombre
rancc , de' verdi con ombre rosse e simili ardite unioni di colori
contrarj, le quali comcche spesso spiacevoli, perche esagerate o fuori
di luo2;o , raostrano pure abbastanza conre la pratica aveva di gia
insesinato ai nostri vecchi cio clie noi abbiamo studiato di appoggiare
alia teorica. Vedra parimente a quali abusi e stucchevoli ripetizioni
conduce la predilezione di certe tinte , di che posson esser csenipio
le opere del Vasari , dei Zuccheri, del Buroccio e d'altrij vcdra con
quanta opportunita la Scuola Veneta opponeva a carni rosce panneg-
giamenti di beilissimo verde ; vedra come la Fiorentina spargeva troppo
unilbrniemonte la luce, come la Lombarda la ristringeva aU'eccesso,
come la Bolognese mettca troppa diversita di grado e di colore tra
I'ombra e i lumi. E cosi in ogni scuola ed in oguiautore giudicliera gli
eccessi e i difetti, e soprattutto gustera le bellczze, e si fara ccrto cbe
quantunquc in molti casi siano lodcvoli tutte le manicre, vi ha pure
una tal maniera che e lodevole in tutti. E finahncnte, s'cgli sara pitto-
re, mentie con tale esercizio riconoscera sempre piii la forza e dignita
deir arraotiia cromatica , atta da sola a velare infiniti difetti dell' arte,
non dimentichera mai che le regole da noi per essa stabilite sono
come tutte le altre regole trovate intonio a cio che appartiene al
bello artificiale , cioe che poco possono giovare se si disgiungono da
evidente felicita di naturali disposizioni e dalla continua opera della
mano guidata dall' opera della mente. Cosi nessuno mai divenne scul-
tore pel canone di Policleto ; cosi le regole di Aristotile non fecero
mai da sole un oratore o un. poeta.
SAGGIO BELLA VERSIONE ITALIANA
DEL
POEMA DI QUINTO CALABRO
DI
I
LUIGI ROSSI.
LIBRO PRIMO.
01 CHE simile a un Dio fu dorao Ettorre
Per man d'Achille , e il rogo ebbel consunto ,
E sepolte fur 1' ossa ; ascosi i Teucii
Stavaii cli Priamo in la citta , temenclo
Deir aiiimoso Eacide la possa.
Come sfiiggon per selve i buoi lo scontro
Di feroce lioue , e tutti a branco
Scampano trepidando in macchia folta :
Essi del par tremanti entro le mura
Teneansi lunge dal Campion gagliardo,
Membrando quanti i primi fur per lui
Del capo mozzi , il di che feo gran scempio
Lungo le ripe dell' Ideo Scamandro ,
E quanti ei stermin6 sotto il gran mure
Fugglaschi , e come Ettor dorao togliendo
A Troja il giorno , e in fin quant' alfii-i raai
Su per I'instabil mar sperse dappx-ima
3lS V SAGGIO DELLA. VERSIONE ITALT\NA ecc.
Quando siirse recando eccidio a' Teucri.
Per6 vivean nella citta racchiusi,
E tra lor si ferale ivi uri compianto
S'udia, come se Troja allora allora
A liittuose vampe in preda ardesse.
Dalle correnti alfiii giunse del vasto
Terniodonte , alle Dee pari in sembianza,
Pentesilea da due pensier guidata :
Quinci il desio di sanguinosa guerra ,
Qnindi il tiinor di triste indegiia fama ,
Se di sua gente alcun rampogiia ed onta
Le fesse per la Suora ( ogiior cresceiite
Doglia al cor), per Ippolita, cui spense
Con forte stral , gia non a questo intesa ,
Mentre bersaglio era de' colpi uii cervo.
Venue perci6 d' Ilio famosa al suolo :
Ne manco in petto il niarzial talento
La sospingea , per espiar la grave
Nota deir oraicidio , a far placate
Con sagrifici le tremende Erinni ,
Che della Suora ultrici ivanle dietro
Tacitamente , use aggirarsi ognora
De' malfattor su 1' orme , ond' e die indanio
Spera alle Dive il malfattor sottrarsi.
Altre dodici donne , indite tutte ,
Tutte di gnerra e d' instancabil pugna
Volenterose al pari , eran sue lance ,
E ancelle sue , benclie per gloria illustri :
Ma su lor tutte sovrastava eccelsa
Pentesilea. Come nell' arapio cielo
In mezzo agli astri la divina luna
Emula di splendor tutti li vince ,
Se al cozzar delle nubi aprasi 1' etra :
DI LUIGI ROSSI. 3 19
Tal fra quelle anlmose Ella spleiulea.
Derione v' era , Polemusa , Clonia ,
Bremusa la divina , Evadra , Antandra ,
Ippotoe ancora, e di pupille nere
Armotoe , e Alcibia , c Antibiote , e con quefrte
Derimachea; poi Terniodosa altera
Per r asta e iusigne. Or tale alia pugiiacc
Peutesilea venue corteo compagno.
Qual dal cicl roteaute esce I'aurora
Per corsier lucidissinii giuliva
Con r Ore dal bel crin , nia queste tutte
Sebben perfette da' suoi rai son vinte :
Tal fra tutte ie Amazzoni sovrana
Mosse Pentesilca d'llio alle porte.
D'ogui banda affollati iutorno a Lei
Forte meravigliavauo i Trojani
Al riniirar dell' invincibil Marte
La figlia in gran calzari, alle celesti
Sembiante in volto , ove il terrore a un tempo
Sedeva , e iusicm la niaesta tcmprata
D' amabil riso , ed alle ciglia sotto
Come raggi lucean gli occhi soavi:
Roseo pudor tingea le gote intorno ,
Ma sovr'cssi aunidavasi divina
Grazia vestita di maschil virtude.
Gioiano i cittadini in pria si mesti ;
Quali, allor che guatando al monte in vetta
Gli agricoltor come dal mare immense
Iride spunti , meutre in don dai Numi
Sperano un nembo , ed arse sou le glebe
Delia pioggia di Giove sitibonde,
Ed ecco irabrunir tutto a sera il cielo ;
Scorgeudo al fine il buon segnal di veuto,
Sao SAGGIO DELLA VERSIONE ITALIANA ecc.
E di piova iiiiininente , e' fan gran festa .
E pur teste su i colli ivan gemeiido :
Cosi esultava la Trojana prole
111 lor patria luirando la tremenda
Peiitcsiloa d'ardir gucrrcsco accesa:
Pcrclie dove d' iin bene in unian core
La speme eiitr6, gli egri pensier ne sgoiubra.
Cosi di Priaino ancor lo spirto affranto
Da so^pir raolti , e in gran tristezza assorto
Per poco entro il sno sen riconfottossi.
Com' uoni die agli accccati occhi soifcrse
Lungo nialor , desiderando al fine
O mirar Talma luce, o uscir di vita,
Se merce di maestra arte , o d' un Dio
Delle piipille dileguato il buio
Giiigne il raggio a vcder d' alba nascente ,
Non quanto in pria , ma si respira un poco
Dal suo fiero disastro , e pur del morbo
Fitto ei porta di sotto alle palpebre
II cruccio atroce: in cotal guisa allora
Pur di Laomedonte il fio;lio scorse
Pentesilea tremenda, e un po' di gioia
Sentinne si , ma piu pe' figli uccisi
Forte era il duol. Ne' suoi palagi intanto
La Reina introdusse , e lei di core
Con gran studio onoro, quasi una figlia
Dopo vent' anni reduce da lungi.
Poi lauto le imbandi desco , all' usanza
De' gloriosi Re ne' di solenni
Che soggiogate estranie genti , a festa
Van banchettando, del trionfo alteri.
Be' doni offrille , e preziosi ; e molti
Aggiugnerne promette , ove sia schermo
DI LUIGI ROSSI. 3a I
A' Trojani al)battuii. Ella V iiupresa
Sopra se toglie , a cui nessim raortale
Uso non era, di atterrare Acliille,
D' esterrainar V ingente stuolo Argivo ,
E (li metter le navi a foco e fiainma.
Stolta non conoscea qual fosse Acliille
Prode neir asta , e in niicidial certanie
Di quanta possa egli avanzasse altrui.
Come d' Eezion 1' inclita prole ,
Andromaca , 1' udi , co' suoi pensieri
Gia ragionando a lungo in questa guisa :
Infelice! a die luai raeni cotanta
Boria di vanti? eh che vigor non hai
Di pugnar coll' intrepido Pelide.
Presto ei si recheratti e sccmpio e morte.
Sciagurata ! e quai nudri in cor deliri?
Gia sul capo ti sta , si , 1' nltim' ora ,
E la Parca fatale. Al tuo paraggio
Quanto non fii nell' asta Ettor piii forte ?
Ma valente com' era , ei cadde, e sparse
Gran lutto fra' Trojani , usi giii tutli
Lui riguardar nella citta qual Nume.
E a me fu pure , e a' genitori augusti ,
Mentr' ei vivea , gloria e splendor. Deh cliiusa
Me avesse alraeno il sepolcrale avello
Pria che pel gozzo dalT asta confitto
L' alma ei spirasse. Alii sciagura a»pra iramensa
Vid' io , d' intorno alia cittu veloci
D' Acliille i corridor spietatamente
Lui trascinar. Del mio sposo, cli' elessi
Zitella, orba ei mi fe'. Questa ogiii giorno
Crudclissima doglia il cor mi preme.
Fol. II. P. II. 41
Saa SAGGIO DELIA VERSIONE ITALIANA ecc.
Si, membrando il Consorte , in suo segreto
Dicea d' Eezion la vaga figlia;
Che il dolor per la morte del marito
In cor di casta Donna ognor piu cresce.
Gia roteando in suo rapido giro
S' era dell' Ocean nelF imo gorgo
Tuffato il sol, compiuto il di. Cessando
Dalla bevanda e dal gradito cibo
Tutti , le ancelle ad allestir fur preste
Nella Reggia di Priamo un letto moUe
Alia calda d' ardir Pentesilea.
Ella a dormir si trasse, e tosto il sonno,
Cadendo soavissimo , le luci
Le ottcnebr6. Dall' alto allor dell' etra ,
Per comando di Pallade , discese
Larva di sogno fraudolento , ond' Ella,
Al vederlo , rovina indi a' Trojani
Fosse, e i Trojani a Lei, punta da nova
Sraania d' entrar coUe falangi in campo.
Come la sospignea Palla pugnace.
Ecco apparirle il sogno atro, in sembianza
Del padre , ed incorarla ad affrontarsi
Franca in battaglia col veloce Achille.
Giubilava in suo core essa all' udirlo;
Che terminar credea la grande impresa
Nell' orribil conflitto entro quel giorno.
Folle ! die die credenza a sogno infausto,
A sogno vespertin, clie sotto coltre
Suol la schiatta de' miseri mortali
Sedur beffando in lusinghieri accenti.
Ei sprouandola a uscir, lei pur deluse.
Come spunto col roseo pie 1' aurora,
Pentesilea di gran fortezza il petto
Dl LUIGI ROSSI. 323
Precinta gii , balz6 dal letto , e Y armi
Ben forbjte vesti , die Mane dielle.
Prima all' argentea gainba aiirei stinieri
Begli e acconci adalt6 : poi tutta screzi
In dosso la corazza, ed alio spalle
Orgogliosa il pesante acciar si mise ,
Clie cliiuso era in un fodero fregiato
Con bel lavor tutto d' avorio e argento.
Imbracci6 quindi 11 suo divino scudo ,
Siniigliaiite alia spera della luna
Che spunta fiior dell'Ocean profondo
Plena a nieta nelle ricui've corna.
Tal brillava pomposa. Al capo in fine
L' elnio assettb dr creste auree coraato.
Cosl sul corpo indotti ebbe i funesti
Aniesi, e in vista rasserabrd la folgore,
Che di Giove invittissirao la coUera
Sul rnondo scaglia dalla vetta Olimpica,
Indice all' uom di fragorosa grandine ,
O d' incessante suon d' orridl turblnl.
Tosto a lasciar soUecita 11 palagio ,
Sotto il pavese si rec6 due frecce ,
E nella destra un bicciacuto Imraane,
Dalla truce Discordia a lei largito ,
Perche della feral guerra un niirando
Presidio fosse. Ella del don giuliva
Ratta usci delle torri , alto chiaraando
A entrar nel campo della gloria i Teucri.
Assentlron repente In un raccolti
Pur que' Duel , die pria d" Achilla a fronte
Star non sapean: tutti doraava el solo.
Piu r orgogliosa insuperbia. S' assise
Sovra uu bel veloclssimo dcstrlero ,
S24 SACCrO DELLA VER5I0NE ITALIANA ecc.
Giiiderclone ospital , die aiulamlo in Tracija
Dielle lui tempo Oiitia cU Borea moglie ,
E die Tagili Arpie vincea nel corso.
Di quello in groppa , le magxoni eccelse
Delia citta Pentesilea la prode
Lasci6; chfe troppo la spignean le infcste
Pardic al priniiero ed ultimo conflitto
Al temerario agon d' iiitorno in frotta
Con pie non redituro ivan seguendo
L' infaticabil Vergine i Trojani ,
Come dietro il monton le pecorelle
Che , mentrc in bianco clle s' avvian per cura
Deir accoito pastor , va innanzi a tutte.
Tai la segiiian di grande ardire accesi
Forti Trojani e Amazzoni animose.
Qual de' Oiganti a petto un di Minerva ,
Qual la Discordia turbolenta , avvezza
Gavazzar fra 1' esercito , tal era
L' ajril Pentesilea cola fra i Teucri.
Intanto al ciel le mani egre levando
Del ricco Laomedonte il saggio figlio
Volto al Delubro pio di Giove Ideo ,
Che gli ocelli ognor sovr' Ilio tien , pregava :
Ascolta , o padre , e in questo di concedi
Che il Greco stuol cada per man conquiso
Delia Reina Marziale , e qiiesta
Rendi salva al raio tetto , e si ti piaccia
Gratuire il tuo figlio, il grande, il forte
Marte, e lei stessa die alle Dee celesti,
Nata del tuo divin seme, assomiglia.
Abbi pietade anche di me , die troppe
Patii sventure , gia perduti i figli ,
Che le Parclie rapironnii pel greco
DI LtllGI ROSSI. 3i5
Braccio in battaglia su la prima fronte.
Pieta gintanto clie rcstiarn noi pochi
Del buoii sangiie cli Dardaiio ; sintanto
Che la cittii iion e sconfitta ancora ;
Oiide a noi pur di respirar sia dato
Dalla strage esecrabile , e da Marte.
Cosi a lungo pregava. Ed ecco a manca
Un' aqiiila piombar con strida acute,
Strignendo fra gli artigli una colomba
Gia spirante. Trenio di Priamo in petto
Presago il cor, die non vedria dal campo
Viva tornar Pcntesilea ; clie tanto
Avverato in quel giorno avrian le Parche :
E sentia per 1" anibascia il sen spezzarsi.
Ma in disparte stupian forte gli Argivi
Rimirando i nemici ir pari a belve
Che alia gregge lanute estrenio aflfanno
Recan pel monti : e quella poi sembiante
A impetuosa fiamuia die dal vento
Agitata su arbusti aridi iniuria;
E a' compagni tai detti alcun volgeva :
Chi mai valse a raccorre, Eitor gia spento,
I Trojani , che arditi d' azzuffarsi
Non pensavam di riveder piii in faccia ,
E a cominciar lo stormo oggi anelanti
Dan tosto dentro ? Ah si qualcun v' ha in mezzo ,
Che gli aizza al cimento : esser per sorte
Diresti un Dio : troppo grand' opra e questa.
Or via; d'invitto ardir precinto il petto
Memori andiam della virtii gucrriera;
Che noi , non mai scnza il lavor de' Numi ,
A battaglia verremo in tal giornata.
326 SlGGIO DELLA VERSIONE ITAUANA ecc.
Disse ; e gia gU altri di Iiicenti ariiesi
Circondute le mcinlna , dalle navi
111 furia si versavano , dell' arrui
Vestiti, e di fortezza , e si laiiciaro.
Pari a belve cariiefici , insieni stretti
Al sanguiiioso assalto ; in un fean mischia
BelTarmi, aste , loriche, e Salde targhe ,
E giavi elmi cozzaiido e seiiza posa
Ai corpi si feria Tuna e 1' altr' oste
Di g'raii botte, e il Trojan campo fea rosso,
Quivi Pentesilea Molone uccise ,
E Pcrsinoo, ed Ilisso, e Antidio , e il cliiaro
Lcrno, e Ippalino ed Eraonide , e il robusto
Elesippo. A Laogono dife morte
Derione del par, Clonia a Menippo
Che accompagn6 Protesilao nel giorno
Clie si parti da Filaca per voglia
Di battagliar contra il valor Trojano.
Vedendolo spirar, Y alma si scosse
A Podarce Ificlide , che piii caro
L' ebbe d' ogn' altro araico ; e d' un gran colpo
Ratto invest! la diva Clonia. All' alvo
Penetrd la grave asta , e il negro sangue
Pel tronco scorse, e le intestine appresso.
Freme Pentesilea d' ira , e a Podarce
Spinse la lunga lancia entro il polposo
Muscolo della destra, e le sanfruig-ne
Vene recise: dall'aperta piaga
Gorgogli6 tosto il sangue. Ei si ritrasse ,
Gemendo , indietro; che tristezza estrema
Gli abbatte i sensi. Al suo scostarsi insorse
Gran duol tra i Filacesi : ebIia
Qiianti liai per me sofferto affanni e cure.
A lei prudente Menelao rispose :
Non pill tai rimembranze ; in sen si cliiuda
Ogiii amarezza. Or sien gli aniichi fatti
Sepolti nella gora atra di Lete.
Giul)bilantc a que' dctti , ella i tiraori
Sgomln-6 dell' alma , e dal temuto sdegno
II marito spero calinato alfine.
Le braccia al coUo gli getto : confuse
D'ambo stillar dall' umide palpebre
Lagvime di piacere, e inchini e avvinti
A faccia a faccia insiem, vogliosamente
Ricliiaraarono al cor gli usati affetti.
Come insiem s' avviticchia air edra il tralcio
Co' rami attorti , cui vigor di vento
Staccar non pu6 ; cosi congiunti e stretti
Teneansi entrambi in amoroso laccio.
Poiclie su questi ancor placido sonno
Venne a posar, la grande ombra d'Achille
Comparve al figlio innjmti : e tale egli era
Qual vivo esser solea ne' di che tanto
Dava a' Teucri trambusto , e gioja a' Greci.
Nel collo e ne' vivaci occhi gl' impresse
Fervido bacio , e il conforto co' detti ;
DI LUTCI ROSSI. 343
Sta lieto , o figlio, e sii la morte mia
Non t' affaiinar. Degl' itnraortali Nurni
Consorte or sono. E tu d' aflligger cessa
II tuo spirto per me ; ma ponti in core
La mia virtii. Sii degli Argivi ognora
Campion , ne di valor ti avanzi alcuno.
Sol cedi a' vecclii nell' aringa , e allora
Presso tutti otterrai nome di saggio.
Rispetta que' die senno lian ferrao e integro.
Al buono il buono e amico , al tristo il tristo.
Se il bene in cor t' avrai , farai buon' oprc.
Ah di virtii mai sul confin non giunse
Clii di consiglio e scerao. Ardua, inaccessa
h di virtii la pianta, e i rami suoi
Crescon sublimi in sino al ciel. Chi a lato
Ha fortezza e costanza , amabil frutto
Coglie dalle fatiche , e sahr puote
Di virtii coronata a' ricchi ffermi.
Vivi alia gloria , e fra venture avverse
Non abbatta tristezza il cor gagliardo,
Ne r allegrin soverchio i fausti eventi.
Ai cari amici, a'figli, alle consorti
Serbati iimano , e ti rammenta sempre
Che prossime al mortal le porte stanno
Del fato , e degli estinti i rauti alberghi.
Poiche Tumana stirpe e delle piante
Simile a' fiori, a' fior di primavera ,
Che r un fracido cade, e 1' altro sboccia.
Sii mite adunque; e riferisci a'Greci,
Ed all'Atride Agamennon da prima ,
Che se pur la memoria in lor non langue
Di mie tante fatiche intorno a Troja ,
Di quante prede io tolsi anzi che giunti
344 SAGGIO BELLA VERSIOXE ITALIANA. ecc.
Fossinio al campo Teucro ; or pronti e lied
Voglian far pa
Che arridesser propizj a quel viaggio :
Ma i vend ne poitavan le pregliiere ,
Che air aria ed alle nubi andavan miste.
Ver Troja afflitti ritorceano i Inrai
Con lagrime e sospir celatameute
D'alta tristezza in sen carche le schiave:
Quai coUe man sopra il ginocchio strette ,
Quai cingendo col braccio i molli infanti ,
Clie non potean per anche i di servili
Piagner, ne della patria i danni estrenii.
Ma tender solo alia materna poppa.
Li de' bambini il sen scevro da cure.
Tutte disciolto il crin , dall' nnghie il petto
Avean solcato ; inaridite il volto
Ne vergavan le lagrime, e frequent!
Piovean dalle palpebre. Ognora il guardo
Sulla pati-ia tenean, patria infelice
Dair incendio consunta , e ancor furaante !
Poi contemplando 1' inclita Cassandra,
Nel ricordar suoi vaticinj tristi
S' affissavano a lei, che de' lor pianti
Ridea , sol mesta per la patria inulta.
Intanto i Teucri , che dei lunghi rischi
Usciron salvi, in la Citta raccolti
Dier opra in fretta a seppellir gli estinti ,
Antenore seguendo al tristo officio ,
E a molti e molti apparecchiaro il rogo.
DI LUIGI ROSSI. .^Sl
Ma gli Argivi cU gioja ebri e festanti
Or fendeano la ucgra onda co' remi ;
Or frettolosi distendean le vele.
Gia resta addietro la Dardania proda
E il sopolcro d' Acliille. Eppur talora
Fra il g'mbilo comuii venia de' nioni
Compagiii la memoria a coiiturbaili.
Radon la costa trascorrendo , e sembra
Che dalle navi s' allontaiii : e tosto
Delia marina Tcnedo alio spalle
Lasciano il lido , c passan Ciisa e il tcmpio
D' Apollo Sminteo , e della sacra Cilia.
Lesbo ventosa appar ; girano intorno
Di Letto il promontorio, ultima piuita
Deir Ida. Allor stridon le gonfie vele
E mormora alia prora il fosco flutto ;
Le vaste onde marcggiano ; s' imbianca
A fior d' acqua il sentier del mar solcato.
E ben tutti toccata avrian gli Argivi
La sacra terra Acliea con salvi abeti ,
Se del Tonante la pudica figlia
Minerva non sorgcva alia vendetta.
Come fur prcsso alia ventosa Eubea ,
Strana morte crudel pel duce Ajace
Mcditando fra se , la Diva ofFcsa
Fattasi innanzi ;il Re do' Numi , e Tire
Mai contenendo ;giato Ajace intanto
I salsi flutti colle man fraiigca,
A un gagliardo Titan pari di forza ;
E ne stupian gli Dei. Talor sublime
L' onda nel trasportava e quasi in vetta
D' erto monte per aria ; ora dall' alto
Lo imraerjrea negli abissi. Ardire e lena
Non venian meno in lui , sebben d' intorno
Strider sentia le folgori , die in seno
Deir acque si spegncan. Ma benclie irata
Del Tonante la figlia , in preda darlo
Non voleva alia Parca insin die al tutto
Da' mali e da' martir non fosse oppresso.
Cosi lottar tra i vortici dovea
Lungamente co' risdii e colle angosce
In die avvolgealo il fato. Eppur gli stenti
Gl' inspiravan vigor. Davasi vanto ,
Che se lo sdegno de' Celesti tutti
Contro lui congiurasse, e tutto addosso
SoUevassegli il mar , sapria camparne.
Ma non sfue;o;i de' Numi alia vendetta.
Ebbe Nettun possente onta al vederlo ,
Che alio scoglio Gireo s' arrampicava ;
E con lui coirucciato a un tempo scosse
II mare e il suol. Fur le Cafaree rupi
Smosse, e gemendo rimbombaro i greti
Percossi dall' ondoso urto , davante
Alia furia del Dio, die in mar travolse
Spezzato il gran macigno onde pendea
DI LUIGI ROSSI. 35^
Quel furiboiido con le man gia tutte
Lacere , e 1' ugne insanguinate e rotte.
» Gran tempo ei fu aggirato ai raassi intorno,
E ognor balzalo dai torbidi fiotti,
Bianco di spume il capo, e il mento irsuto.
Pur la morte ei sfuggia , qiiando una roccia,
Di sotto aperto il suol , su lui Nettuno
Avvent6 come un di la Dea guerriera
Sopra riiiimcnso Encelado divelta
Rovescio la Tiiuacria Isola , or anco
Pel gigante instancabile clie fiamrac
Sbuffa sempre dall' imo arsa c fumante.
Cosi del monte lo scheggion dall' alto
Precipitando il Re de' Locri oppressc ,
E I'infelice Eroe nascose al foiido.
Agli orrori di morte ei la fu preda
Dalla terra e dal mare a un' ora vinto.
Sbattuti al par dalla crudel burrasca
Eran gli Achei compagni, e chi stordito
Sovra la prua , chi dalla prua caduto ,
Tutti dal tempestoso impeto assorti.
Galleggiavan le navi o in fianco tratte,
O sossopra travolte, e quai con sarte
Dalla bulFa improvvisa iiifrante, ed altre
Con tavole dal turbo avvolte e sperse.
Moke nel foutlo baratro rapite
Sparver, crescendo ognor 1' aspra fortuna .
Ne ressero al furor co' venti misto
Del tempestoso pelago, e di Giove,
Poiche I'etra parea di piogge un fiume,
Ed il divino mar muggia di sotto.
Talun dicea : forse procelia uguale
L'uman genere assalse , allor che venue
358 SAGGIO DELLA VERSIONE ITALIA.NA ecc.
Quel di Deucalion diluvio immenso
Qiuiiido il suol si fe' mare , e d' ogoi parte
Sgorgo r abisso. In tai pensier stupia
Pel disastro feral talun de' Greci.
Peria gran turba , e delle spoglie algeiiti
Carclie eran 1' onde , e tutti injronibri i lidi
Ove il mar gU eruttava. Era coverta
Di frantunii di tavole Anfitrite ,
Sol libera nel mezzo. In varie guise
Ivasi incontro a niorte : e parte in grembo
A' torbidi raarosi , ed agli scogli
Parte , affondar co' naufraghi navili.
Cosi Nauplio volea. L' oiita del figlio
Pugnealo ognora ; il procelloso veruo ,
E degli Achei la clade al suo cor mesto
Porgean conforto. Ei con piacer vedea
Come subita il cicl desse a' suoi voti
Vendetta , e i suoi nemici isser soramersi.
Pill volte orato al Padre ebbe , die tutti
Colle navi sperdesse. In parte al prego
Nettuno arrise ; il marin flutto in parte
Addietro lo respinse. Accesa teda
Ei fii clie alzo con mano, e nella frode
Gli Achei condusse , die a sicuro porto
Sperando di venir , su 1' aspre rocce
Rupper cozzando colle prore incaute.
Ne men del danno fu crudel 1' ambascia
Di naufragar nel breve orror notturno.
Poclii fur salvi, cui propizio un Nume ,
O alcun genio camp6. Minerva intanto
Di lor raali godea : ma in cor talvolta
Pieta sentia del sapiente Ulisse ,
Assai sciagure a tollerar serbato
Dl unci ROSSI.
Per I'ira di Nettun,.clie in odio e a schifo
Le torri avendo, e le trinciere Achee
Per riparo costrutte ad Ilio in faccia,
Tutto pur di rcpente il mar soramosse
Cfie dali'Eusiiio all'Ellesponto corre,
E lo sospinse alle Trojane spiagoe.
Giove, per far del gran German la voglia ^
Sciolse alle piogge il ften ; ne al par si stette
Scarce d' ufficio il saettante Nume.
Ei dalle baize Idee tutti in un loco
I torrenti raccolse; ondc le Argive
Opre allag6 cotanto mar coi fiumi
Torbidi e gonfi degli umor di Giove.
Co' suoi flutti la tiiraida Anlitrite
Ogni foce lor chiuse, insin die tutti
Non fosser degli Aclici guasti i lavori.
Nettuno istesso della terra aperse
L' ime latebre , e scaturir fe' d' acque
Ampie sorgenti e arena e lirao insieme.
Con gran forza il Sigeo crollo : le ripe
Fremer s' udiro , e 1' elevato rauro ,
Scosso da' fondamenti , in mezzo all' acque
Somraerso sparve, e negli aperti seni
Della terra aflfondo. Solo appariva
Del retrograde mare e de' sonanti
Fiumi lontana al litoral la sabbia.
Tanto compie 1' ultrice ira de' Numi.
Navigavan frattanto i pochi Argivi
Cui la tempesta avea spersi, ed in fine
Chi ad un porto approd6, chi ad altro lido
Ove il destin trasse color clie, salvi
Dair orrenda procella , uscir del mare.
FINE DEL VOLUME SECONDO.
359
.<^*5rr^>>
INDICE DELLE MATEllIE
CONTENUTE NEL SECONDO VOLUME.
PARTE PRIMA.
No
OTiziA delle dissertazionl accademiche lettc ncllc radunanze deW I. R.
Ist'uuto ill M'daiio nc^li arini iBi4-i ,
di Pietro Moscati ( cstratto ) » 263
Narruzione di una sin/is eotomia , t/i Giovanni Battista Palletta » 365
Sopra una nuova , semplice e slcura manicra di portare la legatura nei
polipi che scendono dalle cavita nasali in gola fine alia piu alta
radice di essi , di Pietro INIoscati ( estratto ) » 2^3
Saggio di ricerche intorno all' armonia cromatica naturale ed artificiale ,
di Giusejipe Bossi » 277
Saggio dclla versione italiana delpoema di Quinto Calabro , di Luigi Rossi. » 617
J
\