u \l ^ //04 J^J. IH ELL'IMPEMALE REGIO ISTITUTO DEL REGNO LOMBARDO=VENETO« VOLUME TER20. ^aliere Serristori di Fvenze intorno alle ravine di Lizzano , del medesimo. NOTIZIA DELLE DISSERTAZIONI ACCADEMICHE. I I Adunanza del dl 14 giugno. Sul fenomeno della dedinazione dell* ago magnetico , di Simone Stratico. Vedi pagina i j 5. Adunanza del dl 4 luglio. I. Rapporto sul Giornale di medicina pratica del professore V. Lidgi Brera, di Pietro Moscati. II. Esame della quistione medica , 5e Z' uso del fosforo dato internamente debba riguardarsi come proficuo , nocivo od equivoco , del medesimo. Vedi pagina i3i. ni. Sopra r origine del grossi massi di formazione primidva che si tro- vano spar si in luoghi lontani dalla loro origine , di G. B. Venturi, Questa Memoria trovasi stampata nel Giornale di fisica e chimica del professore Brugnatelli, torao X, pagina 292. Adunanza del dl 1% luglio. I. Elogio storico del Cavaliere Carlo Amoretti , di Luigi Bossi. Veggansi gli Atti della Societa Italiana della scienze residente in Modena , Fisica, tome XVIII, fascicolo primo, pagina 38. II. SulV uso dello scotano in medicina, c/i Bassiano Carminati. II profes- sore Carminati, come in altra radunanza aveva esposte le sue in- dagini intorno alia corteccia del tulipifero , cosi in questa tratto della corteccia dello scotano, ch'egli fece sottoporre alle prove piu idonee tanto chimiclie quanto cliniche , all' uopo di riconoscere se essa possa considerarsi come rimedio in alcune malattie, e soprattutto nelle febbri intermittenti. Ora, riservandosi in altro tempo a parlare delle seconde, riferi in questa sessione I'esito delle prime, valendosi d' un' accurata analisi a sua richiesta eseguita dal rino- mato chimico signor Cavezzali di Lodi , che la istitui adoperando la corteccia migliore avuta da S. Colombano. I a NOTIZIA DELLE DISSEFxTAZIONI AGCADEMICHE. Adunanza del dl i asosto. "o^ I. Descrizione delta montagna bascUtica dl Bolsena , di G. B. Brocchi. Tutti i naturalist! die haniio parlato della geologia d' Italia, lianno fatto raeiizionc della montagna basaltica di Bolsena. II signor Brocchi essendosi rccato a visitare la parte meridionale dell' Italia, ha fatto eseguire sotto i suoi occhi il disegno di questa montagna, alia quale lia asciunta una Memoria contenente la descrizione di diversi am- massi basal tini , non descritti finora dai naturalisti , e che si tro- vano hingi dalla strada postale nella pianura tra Monte Fiascone e la catena de' Monti Cimini. Tra questi merita una particolare men- zione quello di Fcrrento , paese distrutto da piu secoli , che presenta la circostanza notabile di passare sopra banchi di pomici, tra le quali si trovano ossa fossili di elefonti. II. Seguito del discorso sopra il giudizio delle opere d architettura, di Simone Stratico. Vedi pagina ao5. Adunanza del dl \i agosto. I. Rdazione suW opera del signor ispettore Cauderi intorno ai vantaggi ed ai danni derivanli dalle capre , dl Vincenzo Dandolo. II. Dl alcuni sperimenti sulU eccitamento del calorico medlante la con- fricazione del corpl, dl Giuseppe Morosi. Vedi pagina iSy. Adunanza del di 28 novemhre. Elogio del Camliere Michele Araldi , del professore Cesare Rovida. Questo scritto fu poco dopo reso pubblico in Milano presso Ber- nardoni, in 4.°, anno 18 17. Adunanza del di 5 dicembre. I. Sul morso del cane, dl G. B. Palletta. Memoria che fu poscia inse- rita nella Biblioteca Italiana, volume V, pagina loa. NOTIZIA DELLE DISSERTAZIONI ACCADEMICIIE. l3 II. Estratto dell' opera del signor dottore Trinchinetti sopra la retrover- sione dell' utero ^ del medesimo professore Palletta. in. Discorso sul veltno viperino , dl Giuseppe Mangili. Inserito nel volume IX , pagiiia 468 del Giornale cU fisica e chimica del pro- fessore Brugnatelli. Adunanza del di ig dicembre. Intorno alia vita del Marchese Gherardo Rangone , dl G. B. Venturi. Memoria pubblicata poi in Modena per gli eredi Soliani 18 18. Adunanza del dl 2 gennajo 1817. I. Continuazione del discorso intorno ai principj per giudicare le opere d' architettwra , di Simone Stratico. II. Notizia sopra le fabbriche di Michele Sanmicheli , disegnate , incise ed illustrate dal professore Ferdinando Albertolli , di Luigt Bossi. III. Estratto delC opera del signor Fabre intitolata : Traite complet sur la theorie et la pratique du nivellement , di Giuseppe Racagni. Adunanza del dl 16 gennajo. I. Ragionamento fisico-meccanico sui ballerini di corda molle, di Vin- cenzo Brunacci. Vedi il Giornale di fisica e chimica di Pavia , tomo IX, pagina 409. II. Sopra gli animali che nella Storia naturale di Plinio trovansi indicati coi nomi di machlis , di achlis e di cervo tarando , di Luigi Bossi. Riguardo alia parola machlis egli osserva che essa non si trova in alcuna accreditata edizione di Plinio, ne in alcun codice di buona data. Trovasi bensi in molti di essi il nome di achlin, ma questo pure sembra all' autore un errore de' copisii , nato dalla facile tras- posizione delle lettere nella parola alcin, cdcen od alcem; essendo appunto proprj dell' alee i caratteri ed i costumi del supposto acli rammentato da Plinio. II sospetto e state poi confermato dall'esame 14 NOTIZIA DELLE DISSERTAZIONI ACCADEMICIIE. di antichissimi niunoscritti nei quali leggesi alcem in vece di achlin. Pariniente ucl cervo taraiido , animale della Scizia , chc Plinio descrisse come della grandezza d' uii bue , con corua ramose , un- ghie bifida e pelo folto , il siguor Bossi riconosce Take, e non il cervo lapponico, come vorrebbero Buffon e Sonnini. Egli conghiet- tiira inoltre, ravvicinando diverse etimologie, che dal tarandus siasi foniiata la parola rangifcro, impropriaraente adoperata dai inoderni per indicare il cervo delle regioui settentrionali. III. Continuazione del saggio sulla poesia lirica , di Francesco Venini. Adunanza del di 6 febbrajo. I. Sulla prenite rinvenuta in Toscana, di G. B. Brocchi. Leggesi questa Mcmoria in forma di letteva indirizzata al signor Gismondi iiel tomo X, pagina 48 del Giornale del professore Brugnatelli. II. Sulla natura del granito , di Scipione Breislak. L'autore espose al- cune sue osservazioni relative alia supposta rigenerazione di questa roccia ed alia sua contrastata stratificazione. Passo poi a parlare della giacitura del granito, esamin6 le recenti osservazioni di alcuni Tedeschi, e principalmente quelle del Barone de Buch riferite nel suo viaggio in Norvegia e nella Lapponia, ed espose le sue congetture tondate sulle stesse osservazioni del signor de Buch e snlla costitu- zione fisica di quelle contrade analoga a quella dell'Alvergna e di alcune parti d' Italia. Termino col far vedere che questi nuovi fe- iiomeni non distruggono la dottrina generalmente ricevuta della pri- mordlalita del granito rispettivameute alle altre rocce esistenti sulla superficie della teri'a. III. Sopra una nuoi>a maniera di scoprire V arsenico ed il mercurio cor- rosivo nelle rispettive loro soluzioni. Nuovo processo per ottenere Vioduro di mercurio di colore scarlatto, di Luigi Brugnatelli. Entrarabe qucste Memorie farono dall' autore inserite nel suo Giornale di fisica e chiraica , tomo IX , pagina 466 e 466. rV. Ricerche chimiclie e mediche sull'ossido d' andmonio solforato rosso 0 kcrmes minerale preparato dal signor Ferrari di Vigevaao , di NOTIZIA DELLE DISSERTAZIONI ACCADEMICIIE. 1 5 Bassiano Carminati. La nuova preparazione parve al signer Carminati pari pel colore e per ogni esteriore qualita alle migliori die si co- noscano; egli trovo in essa non dissimile la proporzione tra il sol- fiiro d' antimonio e il carbonato acidulo di potassa da quclla die riscontrasi nel kermes forraato col metodo dato dal sigiior Fontaiia di Torino , ed asseri essere stata nota al nostro diimico signor Ale- mani I'arte di favorire coll' umidit^ I'ossidazione del nietallo, Aggiunse per6 il signor Carminati die comunque sembri il kermes lisciviato in questo modo buono abbastanza, converra vedere se per piii riguardi toriii meglio il farlo successivamente bollire e passar poscia pel feltro in guisa die precipid piu puro e libero da parti estranee. Adunanza del di 6 marzo. Appendice alle due Memorie intorno al capitano Francesco Marchi € sulC origine e primi progressi delle moderne artiglierie , di G, B. Venturi. Pubblicata nella Biblioteca Italiaua , tomo V, pagina 55o. Adunanza del dl 20 marzo. I. Saggi d' esperienze intorno alV atdtudine del gas ossigene, compresso e soffiato dal cannello da smahatore , a fondere le sostanze piu refrat- tarie , eseguiti avanti I' Istiaito dal Come Moscati unitamente al pro- fessore Crivelli. Questi due esperimentatori non si proposero soltanto di ripetere le nuove esperienze di Clarke , ma sibbene di rilevare , in conseguenza delle belle ricerche intraprese e pubblicate varj anni sono da Hermann e Lavoisier, quanto accresca I'intensita del calorico la mescolanza in date proporzioni del gas ossigene coll'i- drogene. II. Notizia sul contenuto della Materia medica pubblicata dal signor dot- tore Pozzi , e deir opuscolo del professore Fanzago sopra un ulcera dell' aorta, di G. B. Palletta. III. Rapporto sulla Flora ticinensis pubblicata dal signor professore Nocca, di G. B. Brocchi. l6 NOTIZLi DELLE DISSERTAZIONI ACCADEMICHE. Adunanza del dl lo aprile. I. Sopra una Memoria reladva all' elettricud, letta all' Istituto dl Francia dal signor Poisson , di Giuseppe Racagiii. Nel riferire la cose prin- cipali contenute nella citata Memoria il signor Racagni tratt6 spe- cialmcnte dellc due diverse ipotesi con cui i fisici spiegano i feno- nicni elettrici, neiruua delle quali si ammettono i due fluidi vitreo e resinoso , e nell'altra non se ne considera che un solo. Egli si studi6 di diraostrare die la prima, die e appunto quella adottata dal signor Poisson, non ha sulla seconda alcun vantaggio o motivo di pi-efe- renza, sia per parte delle osservazioni , sia per parte del calcolo. II. Sopra i danni che possono risuhare dalC amministrazione dl medicinali compostl dl sostanze troppo fra loro dlsslmdl, dl Bassiano Carminati. L'autore fu indotto ad occuparsi in tale argomento dall'aver vedute alcune ricette in cui varj rimedj , in ispecie antimoniali, erano uniti ad infusioni , soluzioni od estratti di vegetabili diversi. Da questi eserapi egli trasse altrettaiiti argomenti d' invitare i chimici a deter- minare con idonee sperienze quale maniera di scomponiraento suc- ceda nelle mescolanze de' suddetti rimedj , e quale indole abbiano assunta i corpi che ne sono emersi. Adunanza del di 24 aprile. Sid modo dl rlscaldare le acque del hagnl , e suW uso del bagnl a vapore , dl Giovanni Aldini. Pel riscaldamento dell'acqua dei bagni raccomanda il raetodo adoperato nelle filande a vapore , col quale, oltr© il risparmio del combustibile , si ha il vantaggio di non di- sperdere le parti gasose contenute in alcnne acque, come avviene facendo uso dei soliti fornelli. Rispetto all' amministrazione de' bagni a vapore fece vedere quanto importi il disporre gli apparecchi in modo che, estendendosi la loro azioiie a tutta la superficie del corpo, si faccia non ostante la respirazione nell' aria atraosferica alia sua naturale temperatura. NOTIZIA DELLE DISSERTAZIONI ACCADEMICIIE. 17 Adunanza del di 8 ma"."io. ^CO I. SuW eruzione del Vesuvio del priino gennajo l8i2, di G. B. Brocchi. L' autore , testimonio cU vista di questo siiigolare fenomeno , espone ci6 che fu da liii osservato relativainente al moto progressivo della lava , al suo grado di fluidita , ai vapori muriatici che sviluppa meiure e rovente , ed alle sostaiizc che la compongono. Egli noto particolarmentc che questa ernzione nou fu accompagnata dai lampi' che sogliono ordinariamente apparire intorno al cratere nel mo- mento che il volcano e in attivita , e che non fu susseguita da quella grandine di lapillo che per lo piu termina le altre. Fra le varieta di lava da lui osservate merita d'esser distiiita una di colore biancastro simile ad uno smalto , affatto omogenea e piii o raeno leggiera, e che serabra talvolta fare passaggio alia pomice, sostanza che da molto tempo piu non comparisce iielle eruzioni del Vesuvio. II. Sulla convergenza della seiie di cui si fa uso neW astronomia per risohere il problema di Keplero , di Francesco Carlini. Meraoria in- serita poi nell' appendice alle Effemeridi astronomiche di Milano per r anno i8i8. III. SuW milita deW introduzione in Italia della coltivazione della koel- reuteria paniculata e del phormimn tenax , di Luigi Castiglioni. IV. Estratto delle istituzioni patologiche pubblicate dal signor professore Luigi Fanzago , di Bassiano Carminati. Adunanza del di 22 maggio. JRicerche sul nome e suW antica condizione dei terreni incohi detci vol- garmente brughiere, di Luigi Bossi. Vedi pagina 149 di questo volume. Adunanza del di 12 giugno. I. Sopra gli elefanti fossili , di Scipione Breislak. Dopo avere stabilito i caratteri specific! degli elefanti affricani ed asiatici, il signor Vol. in. p. I. 3 1 8 NOTIZIA DELLE DISSERTAZIOXI ACCADEMICIIE. Breislak diraostra die le ossa fossili die si sono rinvenute appar- tengono ad una terza spede elefaiitiua piu affine all' asiatica che air affricaiia , ma diversa aiicora da qudia per alcuni caratteri che si riconoscono iiella coiifigurazioiie delle ossa della testa. Passa poi a coiifutare ropinioiie maiiifestata dal sigiior Tilesio dell'Acca- deiiiia di Pietroburgo , die il mastodonte fornii una quarta specie d'elefaiite; luostrando che quel grande quadiupede, coevo all'ele- faiite, dee rorniare un nuovo genere, del quale si sono gia deter- minate cinque specie. Osserva per ultimo che le ossa fossili di cui si tratta noii sono gia state trasportate da rivoluzioni accadute sul globo, ma appartengono ad animah, le specie de'quali, ora perdute, hanno esistito nei luoglii dove al presente si trovano le loro spoglie. II. Sul trebbiatojo e sul brillatojo da riso, di Giuseppe Morosi. L'autore aDnunci6 alcune modificazioni da Ini fatte recentemente alia prima delle due suddette macchine , col mezzo delle quali e resa atta alia trebbiatura d' ogni altro cereale ; descrisse poi il suo nuovo brilla- tojo da riso , il quale supplisce all' azione delle comuni pile con grande ecouomia di forza motrice e con raaggiore celerita nell'ope- razione. Ai quali vantaggi si aggiunge 1' altro rilevantissimo che i grani non restano dall' azione della macchina rotti o sfrantuniati. Questo nuovo struraento e di tale semplicita che pu6 esser ridotto a servire anche ad uso domestico. Adunanza del di 26 giugno. Concinuazione delle ricerche sui bagni a vapore, di Giovanni Aldini. L'autore espose le ragioni che si hanno di anteporre 1' azione dei vapori a quella dell' acqua semplice o diversamente preparata; per- corse le sostanze inedicinali che fkossono associarsi ai vapori acquei, e partendo dali'analogia che sembra sussistere fra le funzioni del canale alimentare e quelle della cute , tece osservare che alcune sostanze, le quali talora si ricusano dai malati, possono essere ap- plicatc alia cute come rimedio curativo in istato vaporoso. Esamino in appresso i bagni a vapore degli Egizj , degl'Indiani e quelli ai NOTIZIA DELLE DISSERT AZIONI ACCADEMICIIE. I 9 giorni nostri praticati dai Russi, e addit6 le modiBcazioni piix atte a ridurre a certe regole la loro amrainistrazione. Adunanza del di 3 luglio. I. Continuazione della traduzione italiana del poema attribuito a Quinto CaLabro , di Liiigi Rossi. II. Seguito del tratiato deW incisione in rame, di Giuseppe Longhi. Nel capitolo recitato in questa radiinanza 1' autore raramento la necessita che un valente incisore congiunga al maneggio del bulino uii pro- fondo studio dello stile proprio di ciascuiio de' classici pittori , onde sapendo riconoscere nelle opere loro le mutazioni indotte dal tempo ed i profani ritocchi posteriori, sia in grado di ricopiare il suo archetipo , non quale e, ma quale doveva essere, uscito appena dalle mani dell'artista. Tratt6 poi la quistione, se nell' incisione deb- bansi conservare quelle che diconsi tinte locali , rappresentandole nel grade di oscurita propria del colore. Raccomandando in fine agl' incisori la scelta la piii giudiziosa delle opere da illustrarsi col loro bulino, permise ad essi, anzi consiglio, di riformare aU'uopo, ma con somma circospezione , quegli errori accidentali che anche uelle opere de' sorami maestri s' incontrano non di rado. Adunanza del di ij luglio. I. Proseguiinento della Memoria sul nome e sulV antica condizione delle brughiere , di Luigi Bossi. II. Osservazioni mediche sul vajuolo spuria o rcwagUone , di Bassiano Carminati. Dopo di aver riferiti i casi esposti nell' opuscolo pub- blicato su quest' argomento dal signor professore Blontesanto, quell i occorsi ai signori dottori Giuseppe Macchi, Alessandro Vandoni e Paolo Acerbi , e quelH perfino da lui stesso veduti , il signor Car- minati si studi6 di meglio fissare la specie del male, i caratteri or- dinarj o quelli che assume quando insorga tra le epidemie vajolose , oppure investa le persone vaccinate, e le circostanze in cui sirauli 20 NOTIZIA DELTJi: DISSERTAZIONI ACCADEMICIIE. il vajuolo legittimo. Parl6 pure della cura del ravaglione, ed avverti i nou rari passaggi di esso in altre pericolose malattie. Adunatiza del di 7 agosto. I. Sui deposid di sostanze saline, di Scipione Breislak. L'autore espose in prirao luogo i fenomeni clie su quest' articolo si osservano nelle nioiitagne primitive , poi quelli molto piu frequenti ed estesi che hanno luogo nelle formazioni posteriori. L' origine delle sostanze sa- line dei terreni primitivi pare che si debba attribuire a copiose ema- iiazioni di torrenti gasosi accadute all'epoca della consolidazione della supcrficie terrestre; e queste stesse emanazioni, rinnovate in maggiore quantita e piu frequentemente nelle epoche posteriori , hanno pro- dotto quei depositi salini che si rinvengono nelle formazioni piu re- cent!. Colla scorta di molte osservazioni fatte in diversi tempi ed in diverse parti del globo , il signor Breislak ha mostrato che nella natura vi sono parecchie circostanze nelle quali si producono le sostanze saline per una combinazione de' loro principj , ci6 che pure ha luogo talvolta nell' organizzazione animale, n. EstratCo delV opera del signor dottore Pirondi col titolo: Cenni suit' indole contagiosa della febbre che ora infesta gli abitand della citta e pro- vincia di Reggio , di G. B. Palletta. Adunanza del di 20 novemhre. Intorno at modo migliore di riscaldar I' acqua nelle filande da seta, di Giovanni Aldini. Egli propone d'introdurre il vapore non nell' acqua medesima delle vasche di rame, come nel noto metodo di Gensoul, ma esternamente, rinchiudendolo fra la loro superficie ed un vaso di legno in cui siano contenute. NOTIZIA DELLE DISSERTAZIONI ACCADEMICHE. 21 Adunanza del di 4 dicembre. I. Notizia d'unantico trattato incdito di prospettiva scritto da Pietro del Borgo , di G. B. Venturi. Fu Pietro del Borgo dopo la restaurazione delle scienze il primo fondatore dell' arte della prospettiva ; ma r opera sua raanoscritta, che ne contiene i principj, era sfuggita alia piu parte dei dotti della nostra eta ; sicclie i principali tra essi la credettero perduta. II signer Venturi la rinvenne nella Biblioteca Ambrosiana, e ne ha tratto un compendio, al quale ha aggiunto diversi cenni di cio in che gli scrittoxi del secolo XVI hanno se- guito il del Borgo , e di cio in che haiino perfezionate le sue dottrine. II. Lettera al signor Marchese Gian Giacoino Trivulzio , di Vincenzo Monti. Questa lettera serve d' introduzione all' opera abbastanza nota , che ha per titolo : Proposta di alcune correzioni ed aggiunte al Vocabolario della Crusca, Milano , dall'I. R. Staraperia 181 7. III. Ragguaglio sopra la Flora medica del signor dottore Alberti , di Bassiano Carminati. Adunanza del di iS dicembre. I. Saggio storico sopra gli specchi ardenti, di Simone Stratico. Egli si e proposto di esanainare ci6 che siavi di vero nel racconto dell' in- cendio destato da Archimede nella flotta romana col mezzo d' uno specchio ; rammenta a tal fine i testimonj degli scrittori ai quali s' appoggia tale opinione , e cominciando dai piu autichi , quali sono Galeno , Luciano ed Apulejo , osserva che essi annunciarono solo di passaggio questo fatto , senza individuarlo con precisione. Discen- dendo poi a t«mpi piu bassi, trova nella storia bizantina indicato da Zonara, autore del duodecimo secolo, con termini piu precisi lo specchio ardente d' Archimede. Tzetze poi , altro scrittore della stessa eta, non solo racconta la medesima istoria, ma cerca ancora di descriverne , sebbene oscuramente , 1' artifizio. Giudica 1' autore che d' un' opinione per cosi lungo tempo sostenuta convenga tenere 2 2 NOTIZIA DELLE DISSERTAZIONI ACCADEMICHE. qualche conto , e percio si propone in una seconda parte di questo 6UO scritto d' indagare il raodo con cui potrebb' esser prodotto il fenomeno. II. Sulla formazione de'filoni metallici , di Luigi Linussio di Tolmezzo. Nella presente Memoria dall'autore presentata all' I. R. Istituto egli descrive in prima la natura di alcuni filoni ch' ebbe campo d'esa- niinare nella catena de'raonti che giacciono tra la provincia del Friuli e la Carinzia , la direzione e profonditi dei medesirai , e la forma delle raontagne che li contengono. Espone in appresso le diverse ipotesi imraaginate dai Geologi intorno alia formazione de' metalli , e finalmente propone la sua , secondo la quale sarebbero essi nati neir atmosfera dalla concentrazione d' un fluido metallico, nel mode appunto con cui da alcuni si credo essere formati nell' atmosfera stessa gli areoliti. NOTIZIA DELLE DISSERTAZIONI ACGADEMICHE LETTE NELLE RADUNANZE DELLA SEZIONE DELL' I. R. ISTITUTO RESIDENTE IN PADOVA NEGLI ANNI 1816-1817. Adunanza del di 18 gennajo 18 16. P. RODROMo di osseri>azioni sul camaleonte, di Stefano Renier. L'autore, dopo d' aver succintamente riferito quanto hanno scritto gli antichi ed i moderni su questo rettile, espose le proprie osservazioni isti- tuite sopra tre camaleonti che nell' anno 1812 raantenne molto tempo vivi presso di se. Parlo della variazione del colore del cama- leonte, indi pass6 all' esposizione dell'esame anatomico, coniinciando dalla pelle e dalle sue diverse tonache, e progredendo ai muscoli, di questi indico il particolare ufficio, e specialmente di queilo die serve a muovere gli occhi deU'aniraale in ogni senso; ragiono poscia delle ossa , delle origini, diramazioni e distribuzioni dei vasi e delle principali diramazioni nervose; descrisse la conforraazione ed organiz- zazione de'visceri, ed in particolar modo del polmone, del cervello e dei nervi die ad esso corrispondono. Di tutto ci6 presentb le coni- spondenti figure, e le parti stesse anatoniizzate e conservate neiralcool. IL Sui veri e sui falsi concepimend , di Gaetano Malacarne. L' autore istituisce un parallelo de'fenomeni niorbosi che accompagnano le 2 4 NOTIZIA DELLE DISSERTA7I0NI ACCADElVnCHE. false gravidanze, delle quali riconosce tre specie; I'una forraata da ^azione a questo Corpo scientifico , fu tolto , benclie non aiicora in eta provetta , alle pubbliche cure e alle speraifte nostre , raancato essendo di vita il giorno 21 marzo 1804. Fama lasci6 di uoiuo pio , integerrimo , laborioso , zelante del bene pubblico e della pubblica istruzione. B. FRANCESCO REGGIO. INIato da famiglia patrizia in Genova nell'anno 1748, fu educate nelle scuole de' Gesuiti , e 1' abito ne vesti appena compiuto il terzo lustio dell' eta sua. In Milano dopo gli studj delle umane lettere passo a quelli delle filosofiche discipline sotto Domenico Gerra , merabro assai dotto di quella Societa , il quale anche all' astronomia rivolto aveva la sua attenzione, fabbricato un grandissimo cannoccliiale con una lente obbiettiva di piu di 40 piedi di fuoco, e procurata erasi una grandissima sfera, un orologio a pendolo ed un sestante del diametro di 10 piedi: secondato il Gerra in questi studj da Pasquale Bovio, altro dotto Gesuita, giunto era a scoprire una cotneta. Grato ci riesce il rammentare que' fatti , perche di la pu6 dirsi che traesse glorioso principio 1' Osservatorio milanese. Mentre il Reggio iniziavasi in questo modo nella scienza astrono- mica, piacque a Federico Pallavicini, rettore del collegio di Brera, di chiamare da Marsiglia 1' astronomo Gesuita Lagrange , del quale il Reggio fu il primo alunno sino dall'anno 1763. La scarsa suppellettile deir Osservatorio non fece che raddoppiare la diligenza del Reggio nel moltiplicare, ripetere e corabinare le osservazioni, e sino dall'an- no 1764 I'eclisse del sole avvenuto nel mese di marzo presto il fondaraento alia determinazione della longitudine di Milano. Oltre di applicarsi a ben conoscere la costruzione delle macchine e I'uso delle loro parti, si diede il Reggio alio studio dell'ottica, della quale, Vol. III. P. I. 8 56 CONTIXrAZIONF. DELT.E NOTE STORICIIE da c!»e noiniuato fu astronomo , rinsegiiamento espose In nn corso ordiiiato di lezioni. Piii aiicora npprofitto il Reggio sotto la disciplina del celcbre Boscovieh, il quale cliiamato su la fine di queH' anno air Univcisita di PJvia , veniva spcsso a Blilano, e gli alunni dell' os- servaiorio istruiva nella matematica, nella fisica, nell'ottica e nell'astro- iiomia; trasferito poscia dalle scuole di Pavia alle Palatine, benenierito si rendette di questo osscrvatorio , del quale forni il discgno , promosse la fabbrica e a grandissima fama portollo colle ingcgnose sue scoperte. ]\ra tenace era 1' ordine dei Gcsuiti della osservanza dcdi statuti suoi, e quindi il Reggio, mentre cresceva alle speranze dell' astrono- mia , fu niandato per quattro anni ad insegnare umane lettere. Non si stacco tuttavia in quel periodo dalla societa del Lagrange e del Boscovieh, ne dall'amore del vicino Osservatorio die conservo anclie applicato in Geneva alio studio della teologia. Fiualniente , rinnovato essendosi neU'anno 1772 il sisteraa delle scuole Biaidensi e ampliato r Osservatorio, fu nel seguente anno eletto astronomo, benche gia piu 11011 esistesse 1' ordine religioso al quale apparteneva. Allora una dissertazione pubblico su la corona di aberrazione , per cagione della quale si accrescono le imraagini degli oggetti osservati coi telescopj , cosa che gia conosciuta dopo Newton , fu da esso coUa luaggiore cliiarezza esposta e con eserapi dichiarata nel siiigplare fe- noraeno osservato negli eclissi delle stelle , le quali avanti di essere dalla luna occultate, sembrano per qualche tempo rimanere su la su- perficic della medesima , come nel passaggio di Mercurio e di Venere sotto il Sole , i lembi loro nei contatti interni sembrano in qualche modo estesi e proluugati. Egli aveva pure sinteticamente esposti e spiegati i fenomeni dell' anello di Saturno, die dalla rnassima apertura passando alia minima, senibio in quell' anno ridursi alia forma di una linea tenuissima , sparire del tutto, e' quindi mostrarsi di nuovo dopo ccrto intcrvallo. Verso quell' epoca il Cassini pensava a stendere nell' Italia la misura deir arco del parallelo 45° , che taglia quasi per meta 1' Insubria , e gli astronomi di Brera furono chiaraati a quella operazionc. Delibe- rato essendosi di stabilire con esatte osservazioni la latitudine e la INTORNO AI SOCJ DEFUNTI. 5 7 longitiuline di Pavia e di Cremona , quella di Pavia fu determinata dal Reggio coUa inassima precisione, benche ancora nou vi avesse uii cerchio moltiplicatore , il qual«*.^oi mostr6 la giustezza delle osser- vazioiii fatte col seinplice quadraiite di 18 pollici di raggio. Alia partenza del Lagrange, die chicse ed ottcnne il suo congedo, rimase il Reggio il maggiore di eta de' nostri astrononji , coi quali tuttavia comunico sempre i consigli, e per cosi dire la volonta, quel metodo sociale conservando per piii di trent' anni senza alcuna contesa. Che aiizi tollerante oltremodo delle faticlie, le piii gravi a se stesso riserbava, massirae allorche trattavasi di accertare colle osservazioni la perfezione o i difetti delle macchine , il die gli diede canipo ad esporre in un dotto coramentario il metodo e le formole di quella laboriosa investigazione. Non mai trascuro le osservazioni meteorologidie ; ridiiam6 ad esame la detcimiiiazione fatta precedentemente della latitudine, e mostro die sminuire dovevasi di 10 minuti secondi , il die poi confermo colla osservazione delle stelle visibili nel giro diurno sotto e sopra il polo; confermo pure le longitudiiii cogli eclissi e colla occultazione di molte stelle tanto nella specola nostra quanto nelle altre piii insigni osservate. Misuro altresi le akezze raeridiane del Sole per liingo periodo, e quiiidi dctermiii6 1' obbliquita dell' eclittica uei solstizj , e il tempo preciso degli equinozj ; osservo le opposizioni dei pianeti, le digres- sioni di Mercuric ; trovo ben presto Urano dopo 1' avviso dal celebre Herscliel ricevuto , e supput6 gli dementi dell' orbita di quel nuovo pianeta ; contribui alia costruzione della grande meridiana del Duomo di Milauo e della mappa o carta geografica dell' IiwaJjria , ridotta colle osservazioni geometriche ed astronomiche ; ed accresciute essendosi eoila mutazione del governo le provincie, diede opera altresi al com- pimento di quel grande lavoro geografico ,• e benche grave d'auui ed infermiccio , gli allievi accompagno nelle valli e nelle montagne, pin ancora coll' esenipio die colle parole animandoli , mentre colle cortesi sue maniere reverenza ed onore non solo , ma afFetto e benevolenza ne otteneva. 58 CONTTXUAZIOXE DELLE NOTE STORICIIE Divenuto chiarissimo tra gli astronomi , fii ascritto all' Accademia dcUe scieuze di Torino , a quella di Mantova e ad altre aiicora , poi iieir anno i8o3 a qucsto Istituto di scienze, Icttere ed arti; e dal Se- nato di Genova, die aiicora come cittadino di quella patria rivendica- valo , era state destiiiato a recarsi a Parigi a fine di conferire cola coi pill insigni matematici dell' Europa per lo stabilimento delle uuove niisure , sebbene da diverse circostanze trattenuto fosse dall' andarvi. Religioso senza affcttazione , esatto nella osservanza dei proprj do- veri , iliibato nella morale condotta , nemico dell' adulazione , lonta- iiissinio dair ambizione, temperate e costante nell' avversa e nella prospera fortuna , pronto nel consiglio , singolare nella prudenza , cortesissirao cogli amici , caro a tutti, visse sino all' anno 1804, ses- santesimosecondo dell' eta sua, e cesso di vivere in Milano, ove sog- giornato aveva per quarant'anni, gli ultirai uffizj dell'amicizia ricevendo dal collega Cesaris , die un breve commentario della vita di lui , scritto elegantemente in latino , consegno nelle Effemeridi astronomiche per r anno 1 806. B. LODOVICO SAVIOLI. INato in Bologna il giorno aa agosto dell' anno 1729, e nella morale e nelle lettere istruito nel collegio di S. Francesco Saverio di- retto dai Gesuiti , diede ben presto il Savioli a conoscere la vivacita e la penetrazione del suo ingegno , e pubblici saggi espose de' suoi studj giovanili , che annunziarono sino da quell' epoca quale valore sviluppato avrebbe nell' eserclzio delle arti liberali , e tra queste an- clie della pittura da esso lodevolmente coltivata. Non trascur6 egU di applicarsi alle scienze filosofiche e raatematiche , alio studio del diritto civile e canonico, ed ebbe la sorte di udire eccellenti maestri, gli Zanotti , i Fabri , i Ghedini ed altri letterati di eguale fama. INTORNO AI SOCJ DEFUXTI. 5 9 Divenuto niticlo ed elegante scrittore in prosa e in verso , in ita- liano e in latino , mostrossi ben presto scrittore originale , e molii sonotti e altre liriclie poesie inseri nelle collezioni clie iiumerose pubblicavansi in que' tempi. Acclamato dall' Arcadia suo pastore col iiome di Lavis'io Eginetico, pubblico il Monte Liceo, imitazione assai Fe- lice deir Arcadia del Sannazzaro ; quindi una tragedia intitolaia Achille, e una orazione latina da esso recitata nelle pubbliche scuole come prolusione all' insegnamento della storia profana ; tradiisse una parte delle Storie di Tacito , e scrisse gli Annali Bulognesi, da esso dedicati a Pio VI , iiei quali taluno ravvis6 la concisa elegauza di Tacito clie proposto si era a modello. L' opera tuttavia clie maggiore gloria impresse al Savioli tanto pel pregio di singolare originalita , quanto per quelle di vivacita ele- gantissima , e quella che usci in luce sino dal lySo sotto il titolo di Amori. Le numerosissirae edizioni che se ne fecero in appresso mo- strarono qual conto facesse 1' Italia della venusta e della grazia che risplendono in queste poesie, in cui le numerose favole con nobile arti- fizio accoppiate veggonsi a soavi sentenze, Alcune censure o piuttosto satire mordaci , dalle quali non vanno mai esenti i piu bei parti del- r umano ingegno , non scemarono punto agli occhi dei conoscitori il merito di quella produzione, clie ancora si legge con avidita e con piacere. Fuvvi persino clii sospett6 che quelle canzoni parto non fos- sero della sua penna ; ma chi lo asseri non appoggiossi ad alcun va- lido fondamento, e i piu dotti concittadini dell' autore e i piu chiari poeti suoi contemporanei attestarono che sino da giov'inetto il Savioli pigliate ;\veva a volgarizzare le elegie degli Amori di Ovidioy e che ncUa sua impresa secondandolo essi raedesimi , veduto avevano sbucciar fuori r opera degli Amori. A lode di quell' uomo insigne pu6 ascri- versi che assicurato essendosi il possedimento della immortalita , si rise delle cabale de' maligni , ne mai pens6 a pigliarne vendetta. Onorato nella sua patria del grado senatorio , passato per raolte il- lustri magistrature , ascritto a moke societa letterarie , annoverato fra i membri del collegio dei Dotti, poi tra quelli di questo Istituto fino dalla sua prima fondazione, giunse sano e lieto, e da tutti per la soavita 6o CONTIXUAZIONE DELLE NOTE STOllIClIE de'suoi costumi festeggiato, sino all' anno SS." dell' eta swa, e mori uel glorno i.° di setterabre dell' anno 1804. Nobile monumento gli fu eretto, e bclla iscrizione vi appose il valentissinio Schiassi. La sola eta sua presso che decrcpita e la sua mortc avvenuta poco dopo 1' istitu- zione di questo Corpo scientifico ci privarono del presidio e dello splendore clie co' suoi lavori egli avrebbe arrecato agli atti nostri ed alia nostra societu. B. FRANCESCO SO AVE. D. *A onesta famiglia, feconda di rari ingegni, trasse i natali in Lu- gano neir anno 1748 il Soave, e fu in quelle scuole de' Cherici rego- lari Soniaschi nelle lettere educate. Ben presto ne vesti 1' abito , e compiuto in Milano il noviziato , attese in Pavia alio studio della fiiosofia , a quello della teologia in Roma , ove assistette pure agli studj ed alia educazione de' giovani nel collegio Clementino. Ma una naiurale inclinazione portavalo all' araena letteratura , e quindi in mezzo alle pin serie discipline si diede a tradurre Virgilio ed Orazio; alio studio delle latine quello delle greche lettere accop- piando , traslat6 pure alcune odi d' Anacreonte ed altre operette , e giunto appena air eta di 22 anni diede alia luce le traduzioni della Buccolica e della Georgica di Virgilio , die un posto ottennero per consentimento de* letterati tra le migliori di que' poemi. Pubblico in- siememente la versione da esso fatta del senuoue di S. Basilio sul vantaggio che ricavare si pu6 dalle opere degli autori gentili. Chiaraato quindi in Parma coll' altro nostro socio Venini , allora ascritto egli pure a quell' ordine , all' educazione letteraria di que' paggi ducali , insegno da poi in quella Universita 1' arte poetica , mentre il niagistero dell' eloquenza affidato era al Pagnini , quello della mate- matica sublime al Venini medesinio. Compose allora il Soave la sua Crcunatica ragionata della lingua italiana , e compil6 un' Antologia la- tina ; iuvaghitosi poi degli studj meta&sici , concorse alia soluzione di ES'TOr.XO A I SOCJ DEFUXTI. 6t nil prol)Iema, proposto dall' Accademia tli Berlino , sulla facolti degli iioniiui ahbaiiclonati ad essi mcdesimi ad istituire un liiiguaggio , con una dissertazione latina clic, se noii ottcnne il premio , f'li onorata del primo accessU, e tradotta in italiaiio dall'autore, fii pubblicata in Milaiio ncl 1772. Altra operetta scrisse pure di analogo argomento, iutilolata: Del modo di form are una lingua universale. Pass6 poscia il Soave a Milaiio , e nolle scuole Braidensi gli fu affidata la cattedra di filosofia morale, poi cjuella ancora di logica e nietafisica ; compose in qnolla occasione le sue Isdtuzioni di etica , che furono in appresso pubblicate; dall' inglese volto in italiano e coi'- red6 di note il Cowpendio del saggio suW intelletto e la Quida dell'in- telletto niedesimo del celcbre Locke, e Ptampo alti'esi le sue Istituzioni di logica e metafisica , che adottate furono in quasi tutte le scuole d' Italia. In societa coll' abate Amoretti, che gia collega aveva avuto in Parma, e con altri dotti, intraprese allora la pubblicazione degli Opuscoli scelti sidle scienze e sidle arti, preziosa coUeziorie che per lungo periodo continuata, fu in giusta proporzione della utilita sua dal pubblico d' Italia aggradita. In essa , oltre un gran numero di traduzioni e di estratti, inseri un suo prospetto degli stud] metafisici , alcune sue Con- getture sulla scossa della torpedine, alcune Osservazioni otdche , la De- scrizione di un aurora boreale e cjuella di un maraviglioso sonnamholo. Traduceva al tempo stesso dal tedesco ^V Idillj del celebre Gessner, e dair inglese il poeraa di Young sulla forza della Religione; a quegU Idillj altri ne aggiugneva di sua composizione, intitolati: / i>oti esauditi e la Benejicenza ; non mai guidato dall' adulazione , arricchi spesso delle sue produzioni diverse coUezioni d' italiane poesie. Allorche il benemerito Conte Carlo Bettoni propose generoso pre- mio alio scrittore di venticinque novelle che approvate fossero come adatte all' uso della pueiizia dall' Accademia di Padova e dalla Societa Patriotica di Milano, eccitato il Soave a darne I'esempio e quasi il modello, un egual numero ne scrisse, e le accrebbe poi fino a tren- taquattro, delle quali alcune preraiate furono, e tutte quindi piu volte stampate ed anche tradotte nelle lingue straniere. 6a CONTINUAZIONE DELLE NOTE STORICIIE Eletto poscia il Soave sotto il regno dell' immortale Giuseppe I[ a stabiliie nella Lombardia il raetodo delle Scuole Normali, and6 nel Tirolo ad osservare la pratica di quell' insegnamento , e iion solo vide come air Italia applicaie potevasi, nia alcuni libri elementari traslat6, altri originalmente compose, oiide istruiti fossero i fanciulli non sola- meiite' nell' arte di parlare e di scrivere , ma nei principj della reli- gione altresi, nei doveri dell'uomo, e negli elemeati dell' aritmetica , della geometria e della meccanica. Un viaggio intraprese egli coi colleghi Venini ed Amoretti , diretto alia capitale della Francia; ma la rivoluzione allora scoppiata li dis- suase dal continuare il lore cammino; tornarono dunque per la via del Valese in Italia, dove il Soave scrisse per superiore insinuazioiie e pubblic6 sotto il nome grecizzato di dice Ceresiano un libretto in- titolato : Vera idea della rivoluzione di Francia , per cagione de) quale fu indotto poi a ritirarsi alia patria , donde non usci se non che per recarsi a Napoli a dirigere I'educazione letteraria di nobile giovauetto. Cola trasportb egli dall' inglese in italiano e corred6 di note le Lezioni di eloquenza del Blair, che stampate furono in Parma dal Bodoni, e dope varie vicende non tonio alia sua cattedra in Milauo se non allorclie seppe in questa citta ritornate le armi austriache. Da questa rimosso coU'accaduto cambiaraento di governo , visse ritirato per qualche tempo nella solitudine della sua cella , ed in un volume delle Memorie della Societa Italiana pubblico una macchina immagiiiata dall' ingegnere Bianchi per dividere una retta in qualuuque numero di parti uguali ; arricchi aiicora di annctazioni il Canzouiere delPetrarca, che pubbli- cato fu poi nella CoUezione de' Classici italiani. Tratto fu allora dal suo ritiro dal Vicepresidente Melzi, e spedito a ristabilire e quindi a dirigere il coUegio di Modena , ove insegno an- cora r analisi delle idee e si diede a confutare in troppo breve opuscolo la dottrina del Kant. Di la pass6 a Pavia professore dell' analisi me- desima , e dispose una nuova edizione del suo Corso di logica e meta- fisica. Aggregato quindi tra i prirai nel 1802 a questo Istituto, inca- ricato allora di provvedere di libri elementari le scuole del Regno, si offeri tosto a migliorare e perfezionare quelli gia da esso pubblicati , INTORNO AI SOCJ DEFUNTI. 63 e scrisse un Corso di eloquenza iealiana sui principj stessi di Blair, poi si dfcde a stendere i Compendj delta Storia Sacra, Mitologica , Creca e lio- mana. Gia era stato approvato dall' Istituto il primo lavoro ,■ progrediva egli iiegli altri, allorche venue a troncare si belle speranze la morte di lui avveimta nel giorno 17 gennajo 1806. Dolenti oltrenjodo rima- sero i coUeghi suoi , gli scolari, gli amici, e in esso si pianse la per- dita non solo di un grande ingegno e di uno scrittore laborioso, ma quella altresi di un uomo pio, religiose, raodesto, benefice e animate soltante dalla brama di giovare a' suoi simili. B. SAVERIO BETTINELLL N. Iato il Bettinelli in Manteva nell' anne 17 18, diede opera ai primi stud] nella sua patria ed in Bologna , ove recossi nel 1731 presso i Gesuiti , ed entro ben presto nel loro ordine. Di la spedito ad insegnare umane lettere in Brescia , vi rimase fine al 1744, della cerapagnia approfittande del Cardinale Quirini, dei Conti Mazzucchelli e Duranti e di altri dotti , e cola diede alia luce il prime saggie dei suoi peetici talenti, IL Mondo della Luna. Torno in Bologna a com- piere , giusta i dettami dell' ordine, gli studj teologici; ma questi uon frenarono I'estre poetico, cosicche scrisse in quel period© il Cionata ^d altri carmi ; conversava egli intanto familiarmente cei Manfredi , coi Zanotti, cei Ghedini , cei Fabri e con altri uomini di chiaro in- gegno die le Muse Felsinee portarono in que' tempi ad altissimo splendore. Coi letterati pin illustri di Venezia entro pure in araiche- vole coUeganza allorche in quella citta si trasferi nel 1748, e i meriti ne celebro nel sue Parnaso Veneto , poiclie tale divenuta era la sua cella, frequentata da que'dotti. La carriera voile pure intrapren- dere della Sacra Eloquenza , ma impedite ne fu dalla salute non ab- bastanza rebusta; pass6 quindi nel coUegie de' Nobili in Parma, e Vol. HI. p. I. 9 164 CONTINUAZIONE DELLE NOTE STORICIIE sotto il titolo di Accad«mico ne diresse gU studj poetici e i drammaiici escrcizj. Concopito aveva egli allora il disegno dell' opera che piii ben ac- colta fu poscia dal pubblico : // Rhorgimento cT Italia. Ma ncl 1765 passu qual Meiitore di alcuni uobili giovani nella Germania, poi nella Fraiicia fiuo all' Oceano , e di la torno nella Loreua alia corte del Re Staiiislao, che lo iiicoraggio a recarsi a Ferney presso il celebre Voltaire. Aveva il IJcttinelii in quel viaggio composte le sue Lettere (li TlrgUio , che dal Voltaire furond granderaente lodate , benche una Icitcraria bile niovessero al Gozzi e ad altri cliiarissimi Italiani. Dopo di avere visitata una parte dell' Elvezia e della Francia meridionale , torno in Italia per la via di Geneva, e dimesso avendo Fuffizio che in Parma sosteneva , portossi a Venezia e di la a Verona, dove nel casino degli esercizj spiritual! , mentre il cuore de' giovani formava alia picta , la inente loro convertiva al buon gusto , come canto il nostro Ippolito Pindemonte ; altri avvis6 clift in quel ritiro ponesse riparo alio scandalo letterario cagionato coUe sue Lettere Virgiliane , colle quali parve in qualche raodo preludere al piii recente roraauti- cismo. Scrisse allora V Entusiasmo delle belle aiti, e diede compimenio air opera del Risorgimento cT Italia. Prefetto delle scuole e professore di eloquenza trovavasi in Modena aliorche giunse la soppressione del suo ordine ; ritrattosi quindi alia patria , tutto si diede alle lettere, e una edizione nel 1780 pubblico di tutte le sue opere in otto volumi. Ma questi piii del doppio si accrebbero da poi , perche raolti opuscoli scrisse e diede alia luce negli aniii successivi , tra i quali primeggiano i Discorsi sulle lettere ed arti Mantovane. Dalla patria assediata dalle armi francesi si ritrasse per qualche tempo a Verona, ove I'ospitalit^ dei Conti Giuliari e r arnica consuetudine del traduttore dell' Odissea lo ristorarono degli incomodi sofferti nella fiiga. Tomato in Mantova, sebbene ottuagena- rio, ripiglio con fervore gli ameni suoi studj, e una nuova edizione adornd delle sue opere compiute in ventiquattro volumi , in frohte alia quale doveva stamparsi una vita dell' autore scritta dal Conte Galeani Napione, che non lo fii solo per la modestia del Bettinelli INTORNO AI SOCJ DEFLJSTI. 65 medesimo, c pubblicata fu soltanto nel 1809 in Torino. Non ci e noto in quale epoca della sua vita laboriosa desse compimento alle Lezioni sopra la Sacra Scrittura, lasciate imperfette dal gia coUega sun il P. Granelii, alle quali egli aggiunse un volume che ancora maucava al compimento di quell' opera pia ed istruttiva. Scris3e pure in epoca ignota uu poemetto iutitolato Le carte da giuoco. In mezzo ad una florida vecchiaja venne colmato di onori, ascritto a questo Istituto, al collegio elettorale de'Dotti, all' ordine della Co- rona di ferro; ma nell'anno 1808, gii nonagenario, sorpreso da breve malattia, spir6 con religiosa rassegnazione , e onorati furono i suoi fiinerali con eleganti iscrizioni larine, con orazioni laudatorie , e quin- di susseguiti da una solennita letteraria, in cui i valenti cultori delle Muse mautovane sparsero fiori su la tomba del defunto amico e maestro. B. PAOLO DELANGES. r oco dopo la raeta del passato secolo vide la luce il Delanges nella nobile terra di Orzinovi della provincia Bresciana. I primi ru- dimenti delle lettere ricevette in Brescia , e anche giovinetto diede a conoscere che fornito era d'ingegno vivace e penetrante. Ma una mauifesta tendenza del genio naturale portavalo agli stud) delle mate- raatiche, e dopo di averne appresi i primi elementi in Brescia, pass6 a perfezionarsi in quelle discipline sotto ottimi precettori in Verona e in Padova, Ben presto si fece egli distinguere per la sua perizia nelle mate- matiche applicate , e voltosi specialmente all' idrostatica ed all' idrodi- uaraica, molto contribui al regolamento delle acque delle provincie Venete, e consultato sovente e granderaente onorato dai primarj ma- gistrati di Venezia, ottenne di essere ascdtto tra gl' ingegneri di quella 66 CONTINUAZIONE DELLE NOTE STOKICIIE llepubblica, die un corpo formavano militarmente organizzato , e il grado vi consegui di Capitano. Ill Verona si tratteniie egli col celebre Cavaliere Lorgna, colonnello deirr iiic:es;neii medesimi, e stretto con esso nella piu intima ainicizia e diveniito quasi suo alunno, moltissirai lumi acquisto mediante i suoi preziosi insegnanienti ; e socio divenuto poscia de' suoi lavori piii iniportanti, fii tra i primi asciitto a quella benemerita Societa Italiana che in Verona fondata e trasportata quindi in Modena, ritenendo sol- tanto questa citta come centro comune e tutta ITtalia abbracciando, iioa viiicolata da pesaiiti statuti, non assoggettata ad alcim sistema di re- golari adunanze, per Uingo periodo non cesso e non cessa uittora di proniuovere validamente le scienze e le arti, pubblicando molti volunii di preziose Memorie che la societa stessa e tutta 1' Italia grandemente onorano anche presso le straniere nazioni. Fu in quell' epoca , cio6 verso il 1785, in Verona eletto professore di matematica in quelle scuole luilitari. In que' dotti volurai trovansi pure inserite molte Memorie del De- langes sopi'a il raovimento concrete de' solidi ; sopra la statica e la raeccanica de' seraifluidi ; su le pressioni esercitate da un corpo so- stenuto da tre o piu appoggi collocati nello stesso piano; su la teoria del moto rotatorio spontaneo de' corpi naturali sopra piani inclinati e sopra un piano orizzontale ; intorno alia incurvazione de' solidi, e intorno ai principj da anteporsi nell' applicazione dei comunemente iioti alia soluzione de' problemi meccanici. Trovansi pure in quella pregevole coUezione i suoi Principj di statica pei tetti, pei ponti e per le volte; le sue osservazioni su le resistenze dell' acqua e dell'aria, e le sue esperienze sid dispendio d' acqua dei tubi e de' canali retti- liiiei e tortuosi. Ma r opera die raaggiormente contribui alia sua gloria e distinguere lo fece con onore tra gl' idraulici de' suoi tempi , fu il Trattato utilis- simo ch' egli scrisse sulle acque , e specialmente sui diversi canali situati tra I'Adige e il Po, nel quale, sviluppate avendo le cognizioni piii estese , le viste piu grandiose e le piii importanti applicazioni della teorica alia pratica, pianto le basi del piii sicuro regolamento . INTORNO AI SOCJ DEFUNTI. 67 (li que' cliversi caiiali, e servi di guida alle akre persone dell' arte inca- ricate di quel lanio di pubblica ammiiiistrazioiic; stimato per ci6 grau- dcincnte dagli altri illustri matematici delle Venete proviiicie, sebbene una certa iiaturale asprezza di carattere , die graiideinente pcro rad- dolcivasi nelle amichevoli relazioni , soveiite lo portasse ad incontrare e a sostenere con ardore le controversie co' suoi colieghi medesiini. Scritto aveva egli anche un Trattato di geometria praUca, die fii graii- deinente applaudito. Oiiorato di continue colle piii diiicate incunibenze , giunto era egli pure al grade di Direttore della Commissione idraulica , con tanta gloria sostenuto dal Lorgna ; ma dopo le viceude estreme della Veneta Repubblica si ritrasse a Brescia, ove oppresso non giti dall'eta ancor florida, ma da una cagionevole salute e da una abituale tristezza, visse per varj anni coltivando gli stud) a lui carl , seiiza piu esercitare la professione in cui erasi segnalato, ma non senza arriccliire le colle- zioni scientifiche di nuove produzioni. La celebrita tuttavia del di lui iioine ascrivere lo fece a questo Istituto nella seconda elezione di menibri avvenuta nell' anno i8o3, e nel 1806 fu nominate Ispettore generate onorario d'acque e strade. Disponevasi egli pure ad ornare gli atti nostri di qualche menioria, ed una ne pubblico nel tomo XIV della Societa Italiana nel 1809, intitolata : Saggi intorno alia teoria del moto concreto de corpi ; altra ne aveva pure scritta col titolo di Analisi e soluzione del prohlema delle pressioni', allorche, facendosi sem- pre peggiore la di lui salute , si ridusse ai patrj lari , ove cesso di vivere nell' anno 1810, e quella ]\Iemoria comparve soltanto dopo la di lui morte nel volume XV di quella Societa scientifica, Tutti i buoni lo piansero estinto, e i dotti singolarmente, ai quali era nota la pro- fondita de' suoi lumi non meno clie la rara sua perizia nelle mate- matiche applicate e specialmente nelle materie idrauliche. B. 68 CONTlNUAZrONE DELLE NOTE STORICllE MICHELE ROSA. N, I ell' anno 1781 nacqne il Rosa in Rimini di onesta etl agiata famio^lia, c compiuto il corse regolare degli studj elementari in patria, pass6 in Bologna ad erudirsi uelle mediche discipline, alle qiiali por- tato era da natiirale propensione ; cosicclie ottenuti con onore i gvadi accademici , gloriosamente intraprese la difficile cairiera dell' arte Sa- int are , e faiua si grande acquisto rapidamente , die colniato di onori nella sua patria, in Roma ed in Bologna, e decorato del titolo di Cavaliere, chiamato fu a Modena professore di medicina , ove per ben trent' anni si trattenne , continuando sempre col niassimo zelo quel laborioso insegnamento , e distinguendosi altresi con maravigliose cure d'infernii, invitato sovente a visitarli dalle piix lontane citta, e con iiobilissinii scritti che 1' onore gli procurarono di essere aggregate alle piu illustri accademie. Da Modena fu trasferito alia cattedra di medicina in Pavia , ove pure diede campo di conoscere i suoi talenti ; e final- mente gia grave d' anni , ritirato essendosi alia patria , non cesso di occuparsi negli studj della piix araena erudizione , non mai disgiunti dalla teorica e dalla pratica dell' arte medica , della quale per si lung6 periodo sostenuto aveva con gloria il niagistero. Non era il Rosa per avventura di que' medici die , attaccati pura- mente ai dommi d' Ippocrate e di Galeno , o anche degli scrittori medici piu rccenti e piu accreditati , continuano regolarmente la car- riera loro second© i principj ricevuti , e talvolta ancora secondo un sistema die, favoreggiato per qualche tempo dalla pubblica opinione, fu da essi adottato. Perfetto conoscitore il Rosa di tittte le dottrine dei medici antichi e moderni , non occupato da alcuna prevenzidne o da alcun partito , schiavo non mai di alcun sistema , libero ne' suoi concepimenti come nel suo metodo d' interrogare la natura, medico veramente filosofo, colla fiaccola specialmente della notomia e massime della notomia comparata, e con continue esperienze disposto mostravasi a cercare nuove verita, a procurare che la scienza facesse nuovi INTOUNO AI SOCJ DliFUNTI. 69 passi raeJiaiUe le sue cure e i suoi , talvolta arditissimi , teiitativi. Al tempo stesso dal vivace suo iiigegno portato era a spaziare nei canipi dell" cnidixioiie , e iucapace a coiitencrsi entro i liiniti della facolta nella quale reiiduto erasi heuenierito e celeberrimo, dava opera agli studj fdologici, airinterpretazione dei classici autori, alio sviUip- pamento di puuti iinportantissimi della scienza autiquaria ; e fu egli pure tra i primi cbe le scienze naturali condusse al riscliiararaeuto di diverse quistioni archeologiche. Non ci esteiidererao in questo luogo a parlare dellc sue lueUcrc Jisiolof^iche e degli altri suoi scritti in materia di fisica e di medicina, 8ui quali gia haniio portato giudizio i professori dell' arte ; meiitre le Btesse controversie siiscitate sulle di lui esperienze provaiio 1' impor- tauza die attaccata si era alle medesirae. E di vero, abbenche nou eia stato seguitato , ed anzi da molti sia riguardato come iiiammissibile ii metodo da esso proposto di trasfondere il sangue da uno ad altro animale , riraarra sempre al Rosa la gloria di avere imraaginato quel teutativo ingegiioso e svelati , massime intorno al sangue , altri mi- ster) fisiologici , onde aprire , se possibile era , nuovo campo alia guarigione delle piii ostinate malattie. Ma inopportune sarebbe il passare sotto silenzio la sua grand' opera Delle porpore e delle materie vestiarie degli antichi , opera veramente classica e corredata di copio- sissima erudizione , che il suffragio ottenne dei dotti d' Italia e gli applausi di tutti gli eruditi stranieri; giacche, sebbene altro medico letterato , il dottor Pasquale Amati , prevenuto lo avesse in qualche parte col suo libro De Restitutione purpurarum , il primo fu certa- mente il Rosa a far conoscere coUo spoglio di tutti i classici greci e latini , e coll' ajuto ancora della storia naturale e della cliimlca , allora fortunataraente salite in pregio in Italia , quali fossero realmente le decantate porpore dei consoli e degl' imperatori romani, quale fosse la materia ed il metodo delle loro tinture, e quanto da queste si allon- taui I'odieriio scarlatto; al tempo stesso sparse egli novissima luce sulle materie vestiarie degli antichi in generale, e quell' argomqnto riscliiaro con molte belle notizie cbe invano desideravaivsi nelle opere delRubenio, del Baifio , dell' italiano letterato Ottavio Ferrari e di altri cliiarissimi yO CONTINUAZIONE DELLE NOTE STORICIIE arclieologi. L' opera del Rosa non solo dest6 rammirazione universale, ina inolti dotti spinse a nuove riccrclie suUo stesso argomento, e una corrispondenza istrnttiva gener5 dell autore medesimo con altri cruditi, col celebre Conte Gian Rinaldo Carii e con uno de' nostri socj viventi, le di cui lettere sulle porpore e sui fuclii tintorj trovansi parte negli OpuscoU scelti suite sclenze e sulle arti dirette al Rosa medesinio, parte ncl Giornale di fisica clie pubblicavasi dal Perlini in Venezia , e al- cune posteriori ricerclie lette furono nelle nostre ordinarie adunanze. Viveva iutanto quel dotto medico in patria coltivando que' piace- voli stud] , ed onorato dalla stima di tutti , quando nuovo lustro venne ad aggiuguersi al suo nome coU' aggregazione di esso fatta nel i8o3 a questo Istituto di scieuze, lettere ed arti; e soltanto I'eta sua di circa ottant' anni lo trattenne dal pigliare una parte attiva ai nostri lavori. Go- deva egli tuttavia di una assai florida vecchiaja; ma nell'ottobre deH'anno i8ia le conseguenze tristissime della caduta da una scala nella sua propria casa lo condussero alia tomba. Piansero la di lui raorte i con- giunti , gli amici , i concittadini suoi non solo , raa i dotti d' Italia e stranieri, e singolarraente si accrebbe il rammarico della sua perdita in coloro die la sorte ebbero di avvicinarlo , giacchfe le doti piii belle del cuore pareggiavano in esso quelle della nnente, e pochi forse pill costanti di esso , piii leali , piii afFettuosi inostraronsi nell' amicizia. B. ANTONIO TESTA. N. I ell' anno lySS nacque in Bologna quest' uomo , clie fornito di grandissimo ingegno, laborioso e attivo , datosi in eta ancora gio- vanile alio studio della medicina e di tutte le scienze concomitanti che servono a perfezionarne il tirocinio, tanto in quell' ardua carriera si distinse , clie poco dopo il conseguiniento onorevolissirao de'gradi accademici fu eletto professore dell' arte salutare in quell' Universita , gia onordta da una lunga serie dei piu insigni spositori delle dottrine ^ Ippocrate e di Galeno. INTORNO AI SOCJ DEFUNTI. 7 1 Tra gli scritti suoi coi quali piu cliiaro si rendette, raentre gran- dissimi applausi destati aveva col suo insegnamento e colla pratica assidua e felicissiraa dell' arte di Esculapio, non citererao in questo luogo se noil clie la di lui opera , assai pregiata dai dotti : Su i mail del cuore, e la sua dissertazione intorno alle reazioni. Sino dairanno i 8o3 era stato ascritto a questo Istituto allora nascente, e negli ultimi anni della sua vita fu pure nominato Ispettore degli studj. Ma mentre continuava egli a disiinguersi colla subliraita della sua dottrina , colla sua sollecitudine disinteressata nell' esercizio della me- dicv^a, e colle altre sue rare doti dell'animo, in eta ancora florida fu sorpreso da raorbo fatale , che lo trasse a morte nel giorno 29 gennajo 181 3. Addolorati rimasero per questa perdita gli uditori suoi, che grandemente lo araavano e lo amrairavano , tutti i suoi coUeghi tanto neirUniversita di Bologna, quanto nel nostro Istituto, e quelli singolarraente cui la sorte concediito aveva di conoscere da vicino le piu belle doti del suo cuore , di gustarne la conversazione ame- nissima, e di apprezzarne le virtii morali che in alto grado egli accop- piava al suo sapere, onde accetto renduto erasi ad altissimi personaggi, e caro a tutti , da tutti desiderate. B. VINCENZO CHIMINELLO. INlEPOTE del celebre Toaldo il Chirainello , dopo i primi studj fatti in Padova e dopo sufficiente perizia nelle niatematiche acquistata, fu iniziato dallo zio nella teorica e nella pratica dell' astronomia , e giunse quindi ad esserne degno successore nell' onorevole carica di astronomo dell'Osservatorio Patavino. Indefesso nell' esercizio e nell' insegnamento della sua facolta , non pubblicb grandi opere sulla scienza astronomica in generale , ma scrisse e diede anche in luce molti opuscoli e molte dissertazioni parziali , Vol. in. p. I. 10 fa CONTINDAZIONE DELLE NOTE STORICIIE alcitne delle quali mandate al concorso da diverse illustri accademie proposto, il premio gloriosaniente ne riportarono. Qucsti saggi distinti del suo sapere, e la costanza e I'assiduita colla <|nale , I'orme seguendo dell' illnstre Toaldo, condnuava le sue osser- vazioiii e lo splendore pronioveva di quel celebre Osservatorio , e coltivava altresi an campo di difficile cultura e per lo piu ferace di scarsa ed ingrata messe , quale e quello della scienza meteorologica , iHanteiieudo scmpre esatta e vantaggiosa corrispondenza cogli altri va- leiiii o?servatori , uon solo gli procurarono 1' oiiore di essere a varie accademie aggregate, nia quello altresi di essere nell' anno i8ia ascjjitto a (|uesto Istituto di scieiize, lettere ed arri. Ma clie? poco dopo la sua aggregazioue a questo Corpo accademico, u\\ improvviso attacco di apoplessia aveva gia le forze non meno del corpo clie della niente di quest' uomo benemerito debilitate ; quindi e die concesso non ci fu di approfittare de' suoi talenti e de' suoi lumi, n^ pote egli somministrare alcuna scientifica produzione da stamparsi negli atti nostri. Visse per qualche tempo languente, e la raortale sua carriera termiuo nel giorno 16 febbrajo dell' anno 181 5. Alle doti dello spirito congiiigiieva egli quelle del cuore ; eseinplare iieir esecuzione de' suoi doveri come ecclesiastico, fornito era di tutte le piu belle doti deiranimo, di tutte le virtii sociali e domesticlie , rhe caro oltremodo lo rendettero agli araici , oiiorato dai buoni e dai dotti, compianto da tutti. B. INTORNO AI SOCJ DEFUNTI. 78 GIUSEPPE JACOPI. iVloDENA, fecontla madre di rari ingegni die cliiamati furono ad onorare questo Corpo scientifico , diede pure i natali a Giuseppe Jacopi neir anno 1776. Iniziato assai presto nelle scienze fisiche ed istrutto nella fisiologia, nella notomia , nella medicina da maestri valentissirai, ai quali carissimo divenuto, ne consegui arnpiaraente favore ed amo- revole assistenza ; in eta ancora giovanile ottenne di essere egU pure annoverato tra i precettori dell' arte salutare , e professore di fisiologia ed anatoraia coinparata fu nominate nell' I. R. Universita di Pavia. Chiarissimo si rese ben tosto non solamente coUa perspicuita del suo insegnamento, ma altresi con diversi scritti pubblicati, che il di lui valore manifestarono , massime nelle materia fisiologiche. Tra questi bastera citare in questo luogo i suoi Ekmenti di fisiologia, libro vera- meiite classico , e che t\Tttora si repiita il migliore tra gli eleraentari di quella facolta , anche dope la pubblicazione di quelle reputatissimo di Riclierand; 1' esame e la confutazione da esso intrapresa e a lieto fine coudotta di uno fra i molti paradossi fisiologici contenuti nella troppo rinomata Zoonomia di Erasmo Darwin , da esso con quell' e- gregio lavoro vittoriosamente combattuto e convinto di errore. Una bella disscrtazione aveva pur egli composta e letta nella R. Universita suHc molecole del sangue diverse di grandezza e di forma nell' uomo e negli animali; ma quesfa e rimasta inedita con altri preziosi manoscritti. Amatissimo dagli scolari suoi per la dolcezza del suo carattere , per la sua soUecitudine nell' insegnamento e per le rare doti del suo spirito, carissimo a' suoi colleghi , stimato ed apprezzato grandemente da tutti i dotti d' Italia e da molti ancora tra gli stranieri , ascritto a varie illustri accademie e aggregate nel i8ia a questo Istituto di scienze, lettere ed arti , viveva egli alle piu liete speranze , allorchfe non ancora giunto air eta di 35 anni , sorpreso da malattia febbrile che trasse a purulenza il polraone , cess6 di vivere il giorno 1 1 giugno dell' anno 74 CONTINUAZIONE DELLE NOTE STORICIIE i8i3. Tanto pill rinsci dolorosa la di liii perdita a chi aveva la sorte di conoscere i rari di lui talenti e la indefessa di lui applicazione ai pill luili stiulj , quaiito clic dai saggi gia da esso pubblicati poteva chia- rameiite argomcutarsi tjuali passi avrebbe fatta tra le di lui inaiii la scieiiza fisiologica, cpialora uon fosse stato in verde eta rapito alio comuiii speraiize, e quale vivissimo spleudore avrebb'egli colle sue dotte fatiche aggiunto alia Atene Insubrica , al iiostro Corpo scienti- fico , a tutta ritalia. B. GIROLAMO SALADINI. Vx ERSO r anno 1 78 1 soiti i natali in Lucca Girolamo Saladini , che dato essendosi , dopo gli studj delle umane lettere fatti in patria , a coltivare le scienze matematiche, tanta celebrita acquist6 che beii presto ebbe a primeggiare tra i matematici piii illustri dell' Italia. Egli si volse pure alle matematiche applicate , e siccome la profondita del sapere era in esso congiunta con una singolare sicurezza e severita di giudizio , avvenne in alcuni incontri che di comune consenso non solo fu consultato nelle piii scabrose quistioni , ma trascelto altresi qual giudice a definii'e e coraporre le controversie che alle volte non scnza qualche sorpresa e qualche scandalo degl' indotti insorgono persino nelle raaterie geometriche. E appunto la parte attiva ch' egli piglio sovente alle operazioiii ed anche alle dispute dei matematici della sua eta gV impedi forse di pubblicare , come saggio della sua dottrina , opere grandiose , benche moke memorie e molti opuscoli del Saladini si abbiano alle stampe, scritti la maggior parte a fine di rischiarare alcuni punti parziali e pratici delle matematiche applicate. Tutti coloro che la sorte ebbero di avvicinare il Saladini , atnmi- rarono non solamente la profondita della sua dottrina , ma il pregio ancora piii solido de' suoi costumi candidi e antichi, un' indole aurea INTOUNO AI SOCX DLFLNTI. y5 e una tempera cVaiiimo eccellente e felice , clie la benevolenza cli of^nuno gli prociicciava. Canonico della metiopolitaiia cli Lucca , per luii^o periodo voile compiere i ilovcri aimessi a quella digiiita , c benche sovente per cagione degli studj suoi si portasse in Bologna ed altrove , conserv6 tuttavia sino all' ultimo quel grado ecclesiastico accompagnato da una morale condotta clie soxnraamente lo onorava. I di lui meriti distinti e I'acquistata celebriia lo fccero ascriverc lion solo a diverse illustri accademie , ma anche a questo Istituto sino dal primo anno della sua fondazione. Ma in Bologna , ov' egli aveva da qualche tempo stabilito il suo soggiorno , comincio a soffrire in- sulti piu o meno forti , ma pero assai frequenti, di paralisi convulsiva , i quali a grado a grado lo indebolirono e nel giorno i.° di giugno dell'anno 181 3 lo condussero al sepolcro, e ci privarono delle piii belle speranze. Imperciocche, attesa la di lui rara abilita nelle scienze matematiche , il di lui amore dello studio e della fatica , e le eccel- lenti doti del di lui anirao , non era certamente a dubitarsi clie grande presidio col suo sapere , grande splendore a questo Corpo scientifico e largo tributo di Memorie avrebb' egli ai nostri atti arrecato , ove non fosse stato alHitto da cjuel morbo tristissimo cbe a noi lo tolse per sempre quasi ottuagenario. B. TOMASO NANL N. Iato poco oltre la meta del passato secolo in Morbegno , dopo i primi studj compiuti lodevolmente in patria da principio, poscia in Como, pass6 alle scuole di giurisprudenza nell'I. R. Universita di Pavia. Cola egli si distinse , e sebbene non ben ferma fosse sin d' al- lora la di lui salute, poco dopo la laurea ottenuta fa eletto in quella Universita medesima professore di diritto naturale e pubblico, e quindi pass6 a coprire altre cattedre di quella importantissima facolta. >-6 COXTIXrAZIONE DETXE NOTE STORICIIE La profonda di lui dottrina cd alcuni scritti puhblicati in materia di diritto pnbblico e civile lo condnssero ad essere colmato di onori al priiicipio del secolo correiite , e noii solo fu egli aggregato a rjuesto Istituto, ill occasioiie che alcuni nuovi socj vennero nel 1812 eletti , nia fu anclie decorate dell'ordine della Corona di ferro, e ascritto al Consiglio di Stato nella camera degli Uditori. Un dotto ragionaniento lesse egli nelle adiuianze dell' Istituto mede- simo , in cui profondamente tratto di nn articolo nobile e dilicato di alta giurisprudenza , cioe del Diritto di grazia ; e quel parto del suo ingegiio rimane fortunatamente negli utti nostri a testimonianza pe- rcnne del suo valore in quella scienza non raeno ardua clie impor- tante al pubhlico vantaggio. Ma ben presto si vide egli afflitto da contumacc ostruziohe scirrosa della sostanza del fegato, e questo morbo, giudicato per 1' indole e per le concomitanti circostanze indomabile, benche si avesse ricorso reiteratameute alia paracentesi , lo condusse a morte nel giorno 19 agosto 181 3, mentre di poclii mesi oltrepas- sata aveva 1' eta di sessant' anni. Alia sna perizia singolare in tutti i rami della giurisprudenza ac- coppiava egli con raro esempio una raodestia , una ingenuita ed una assiduita nell' insegnamento , die caro oltremodo lo rendeva agli sco- lari ; e passato egli in appresso a coprire cariche luminose , mentre esatto era nel compierne i doveri , conserv6 sempre quel carattere inalterabile di affabilita e di moderazione, che caro renduto lo aveva come discepolo e come maestro. Araatissimo fu egli dalla sua famiglia , che immersa lascio nel lutto ; e non dee pure tacersi che oppresso dal morbo fatale che lo strascino alia tomba , benche la gravezza e r indomabilita ne conoscesse , lungi dal costernarsene , manifestb fino air ultimo una costanza , una fermezza ed una setenita d'aiiimo ras- segnato , quali suggerirle non saprebbe la semplice filosofia. B. INTORNO AI SOCJ DEFUNTI. 77 MICHELE ARALDI. L Ln Modena vide la luce I'Araldi nel giorno 10 febbrajo 1740, e colla prontezza del suo ingegno sino nelle prime scuole dest6 1' am- mirazione e 1' amore coiiciliossi de' precettori , de' compagni e di tutti i suoi concittadini. Portato da una naturale incliiiazione all' amena letteratura ed alle scienze esatte, per corapiacere soltanto ad uiio zio medico delle Principesse Estensi I'arte coltivd di Esculapio, non pero abbaiidonando giammai ue le buone lettere , ne le raateraatiche di- scipline. Appena aveva egli conseguita la laurea nella Universita modanese e corapiuto il quarto lustro dell' eta sua, die in quella stessa universita fu eletto professore di fisiologia ; e ampliate essendo quelle scuole nel 1772, non solo fu nella sua cattedra conferraato , ma quella ottenne pure di anatomia , nella quale succedette al celebre Scarpa; contera- poranearaente fu chiamato anche ad insegnare la patologia. Tutte queste cattedre sostenne egli con onore sino all' anno 1804, in cui chiamato fu ad altre important! destinazioni : coperte egli aveva di gia le ca- riche di Consultore presso il Magistrato di sanita, di medico partico- lare presso la Principessa Matilde , di medico consulente nelle piix gravi malattie de' Principi di quella casa. La cognizione profonda del- I'uomo fisico e morale renduto lo aveva valentissimo tra i clinici, e alia copiosa sua dottrina aggiugneva egli coraggio , intrepidezza , se- renity di raente e costanza immutabile, die non degenerava giammai in asprezza , ne in fredda insensibilita. Eletto nel i8o3 membro di questo Istituto , fu I'Araldi nel seguente anno nomiuato Segretario generale del medesiino , laonde si trasferi in Milano, ove distinto venue colle decorazioni della Lcgione d' onore e della Corona ferrea, e aggregato al coUegio de' Dotti. Fu egli pure ascritto tra i membri della Societa R. di medicina di Parigi, tra quelli della ducale Accaderaia di Monaco , della R. Accademia iiorentina , 78 cox riNUA/IONE DELLE NOTE STORICIIE «lella Society italiaiia dcllo scienze, dclla Societa niedica di Bolosna , c cleir Accademia di scienze, lettere cd arti di Livonio. Gli atti ddristitiito nostro oriio egli di prefazioiii, di cstratti dclle niomoiie lette dai socj ed aiichc di memorie origiiiali , tra le quali distiuguoiisi il Tcntalivo cTana nuoi>a rigorosa dimostrazione del principio dclla equipollenza ; V Esaine di uno del dubbj mossi dal D'Alembert in- torno ai principj di ottica , con alciine conxiderazioiii fdosofche su la teoria psicologica delta visione ; la Considerazione di un articolo interes- sante dclla teorica del suono per determinaine la velocita ; Alcunc consi- derazioni ed alcuni duhhj su la comprcssibditd ed elasticiia dei Jluidi ; nn' Appendice alle due mcinorie surriferite ; un Ragionamento sui pro- gressi delle scienze matematiche e fisiche nel periodo corso tra il 1 789 e il 1807, nel quale I'Araldi, tutto pieno di patrio amore, rivendic6 le dovute gloiie agl' ingegni italiani , i di cui lavoii conosciuti non erano o non abbastanza apprczzati dai Francesi; e finalmente un Nuovo cominento delle opere di Virgilio. Molte altre meniorie egli lesse nelle ordinarie scdute,che non soiio di pubblico diritto, ma i di cui estratti consegnati fiirono nei giornali; e in quelle propose importantissimi schiarimenti delle teoriche meccaniclie , spieg6 alcune difficolta die s'incontrano nella teorica della resistenza de'iluidi, propose alcune iiuove cousiderazioni e ricerclie sul famoso problema di Molineux, e alcuni suoi pensieri comunico su la quistione proraossa da Brodie su la maggiore efficacia dell' infliisso de' nervi o del respiro a produrre il calore aniniale. Una memoria present6 pure alia Societa niedica di Bologna intorno at sonno ed air ordinaria immediaia sua cagione; altre ne inseri negli atti della Societa italiana sopra V esttnsione ed i confini della legge di conlinuita tanto nella meccanica generale , quanta nclC aniinale ; su di alcuni tentativi fatti a fine di sciogliere un faraoso problema di mec- canica statica , clie e quello degli appoggi ; su la forza ed influsso del cuore sul circolo del iangue. L' opera deU'Araldi suU'uso delle anasto- mosi nei (^asi delle macchine animali, e panicolarmente nel sisteina della circolazione del sanguc fu da prima stampata negli Opuscoli scientifici di Milano,e poscia ristampata in Modena nel 1806, dall'autore stesso INTORNO AI SOCJ DEFUNTI. 79 voltata in francese. Altra opera compose Su la credulUd e su i danni e vantaggi che derivare ne possono , e il Saggio di un errata di cui sem- hrano bisognosi alcuni libri elementari delle scienze naturali, che imper- fetto rimase , iion essendone uscito alia luce se non che il primo tomo nell' anno 1812. Trovansi pure inedite presso la di lui famiglia VElogio del Ramazzini , un' Appendice alia memoria su le anastoniosl , alcune Nuove considerazioni sopra diversi punti di fisica animale, varie aggiunte alle sue prime meraorie , la continuazione del Saggio di un nuovo commento sopra Virgilio , molte lettere scientifiche e molte poesie. Ma la raorte lo rapi alio splendore del nome italiano e al deside- rio de'compagni ed amici suoi il giorno 3 di novembre dell' anno 181 3. Rimase perb di lui onorata memoria non tanto per Tarapia dottrina ed erudizione , quanto per le sue virtu religiose e domestiche , giacche visse buon marito, buon padre, buon cittadino , buon amico, ottimo cristiano , dolce ed amabile nelle sue maniere , amantissimo de' suoi simili e raassime de' poveri , caro a tutti ed anche a coloro che non penetrati dal sentiraento di ammirazione de' suoi rari talenti le sole virtu sociali e domestiche ne contemplavano. B. GIOVANNI BATTISTA CORNIANL i^iEL giorno 28 febbrajo 174a nacque in Orzinovi Giovanni Bat- tista Corniani, che i primi rudiraenti delle umane lettere ricevette in Brescia sotto il Cominelli ed il Pujati , e quindi a Milano studi6 le matematiche e frequento anche la scuola delle istituzioni civili. Qual- clie saggio poetico gli apri Tadito aU'Accaderaia dei Trasformati ed a quella degli Umoristi. Tornato in patria, qualche applicazione presto alia drammatica, e non solo con altri onesti giovani recitd commedie, ma scrisse ancora V Inganno felice e il Matrimonio segreto. Benche divennto sposo e padre araorosissimo, non cess6 di frequen- tare Milano, ove favoreggiato fu dal Conte di Firmian, e con diploma Vol. JJI. p. I. „ 8o CONTINUAZIONE DELLE NOTE STORTCIIE alia nobilta milaiiese aggregate. Lo stcsso onore gU conferi la citta lU Creraa, e dal Poutefice Pio VI fii cieato Cavaliere e Conte Pala- tiuo. SegLiace egli ei'a allora cli Melpomene , e scrisse la moite di Virginia e Daiio in Babilonia , delle qiiali tragedie fu lodato Y inten- dinieato , benclie non pieiiamente felice fosse la i-iuscita. Creato Vicario civile e criminale uella sua terra natia , non solo coir ajiito di aiiticlii docunicuti da esso disotterrati la libero da una gravezza , nia ne compile la Scoria lecuraria e civile. II celehre Maz- zuccbelli voile clie in versi egli trasportasse la sua Morta di Socrate , e lo Scarella lo indusse a pubblicare un Saggio su la poesia alemanna. Animato poscia dai moki scritti che in que' tempi uscivano intorno alia pubblica economia , stamp6 alcuni discorsi della Icgislazione rela- ti\>amente alC agricohura , i suoi Principj di fdosofia agraria , e alcune Idee su la vegetazione, dal celebre Rozier tradotte in francese e inse- rite nel suo giornale. Presedeva egli allora all' Accademia Bresciana , e la sua fama ognora crescente indusse il Veneto Governo ad accor- dare ad esso e a tutta la sua descendenza il titolo di Conte. Tra i di lui scritti filosofici distinguonsi died lettere intorno a Luciano e i Piaceri dello spirico ossia VAnalisi del principj del gusto e della morale. Nel primo prescntare voile un prospetto degli antichi e de' moderni costumi, nel secondo voile provare che il bello tanto fisico che morale e composto di elementi conformi, costituenti il bello della natura. Per commissione dell' Autorita pubblica scrisse egli altresi nel 1792 sul rialzamento del vcdore numerario delle monete , che dimostrare voile in alcune circostanze vantaggioso. Nel seguente anno , accompagnato dair unico suo figlio , voile visitare le citta piu cospicue dell' Italia , e in esse i piu distinti personaggi e le piii chiare accademie , delle quali raolte nel grembo loro lo accolsero. Nelle successive vicende deiritalia fu chiaraato a lurainose cariche giudiziarie , e quindi eletto nel 18 1 2 membro di questo Istituto. Non cessava egli frattanto di con- tinuare 1' ultima sua opera iutitolata / secoli deW Icaliana letteratura, che prevenuto dalla morte nel giorno 7 noverabre 18 1 3, ebbe appena il tempo di compiere, non quello di ripulirla e di condurla alia desi- derata perfezione. B. I INTORNO AI SOCJ DEFUNTI. 8 1 LUIGI LAMBERT!. 1l giorno 27 di maggio 1769 nacque in Reggio il Lamberti, e benche destinato dai genitori alio studio austero della giurisprudeuza, dal vivace suo genio fu cbiamato a coltivare le lingue dotte , 1' ameiia letteratura e la classica erudizione. Passato in Roma , pote cola com- piere gli studj suoi , e massinie perfezionarsi nell' ellenismo sotto il niagistero del celebre Cunich. Non pubblic6 tuttavia per lungo tempo alcuna sua produzione , e soltanto recatosi in Parigi duranti le rivoluzioni d' Italia , tradusse cola e diede alia luce i Cantici guerrieri di Tirteo. Chiamato quindi alia cattedra di eloquenza in Milano , emulo nelle sue lezioni la chiarezza delle idee e la perizia dell' arte dell' immortale Parini suo antecessore. Fu in quel periodo colmato di onori , norainato Elettore nel collegio de'Dotti, Cavaliere della Legion d'onore e della Corona di ferro, e gia era stato eletto fino dal i8o3 Membro di questo Istituto, come pure aggregate in diverse epoclie a molte illustri accademie. Fu poscia creato R. Bibliotecario in Brera , ed Ispettore generale della pubblica istru- zione, bencbe egli modestissimo lo splendoie e la gloria tacito ricer- casse soltanto dalla vasta sua erudizione e dal suo valore ncll' eloquenza e nella poesia. Un viaggio intraprese a Monaco nell' occasione d' illustre imeneo ; altro ne fece a Parigi , recando cola la magnifica edizione di Omero pubblicata dal Bodoni, e per le sole sue cure condotta a splendidis- simo compiraento. Onorato fu in quell' epoca di nobilissimi donativi , ed uno magnifico ne ottenne pure dal russo Imperatore Alessandro. Dopo di avere sviscerati gli autori classici greci e latini , e pub- blicate speciahnente preziosissime osservazioni intorno ad Omero , tutto si volse ai classici italiani , onde rischiarare i passi piii astrusi e reconditi dei padri della nostra favella. Al tempo stesso frutto dei suoi poetici studj erano alcuni componimenti drammatici e varie pocsie liriche, tra le quali fu ammirata singolarmente I'odc intitolata La 82 CONTINUAZIONE DELLE NOTE STORICIIE Vindemmia. DI esso abbiamo , oltre la tradnzione dei Candci ell Tirteo , quelle deW Edipo di Sofocle, AeW Inno di Oincro a Cerere e di altri greci coraponimenti; abbiamo altresi la Descrizione della Villa Pinciana\ le Illuscrazioni agghinte al Cinonio ncUa edizione dei Classic! di Mi- laiioi moke postille e correzioni alia Crusca di Verona; molti articoli del Poligrafo , della quale opera periodica fu egli uiio dei piu valo- rosi sostenitori; e molti lavori lascio ancora raanoscritti , tra i quali si distinguono i Conimenti aW opera del Pistulesi; le Osservazioni criti- che , erudite e leUerarie sul Furioso ; i Viaggi di Elena, roraanzo in cui compeiidiata vedesi la greca niitologia ; il suo Corso di lezioni di eloquenza e di belle lettere ; vai'j iraportanti opuscoli e alcune tradu- zioiii di greci scrittori. Non dee ommettersi die I'l. R. Biblioteca di Milano ad esso va debitrice di molte edizioni del secolo XV, Aldine , Cominiaue e di Crusca, per sola di lui cura raccolte. Ma gia da piu mesi lo torraen- tava una malattia di petto, die nel giorno 3 dicembre i8i3 lo con- dusse alia tomba. Alia sua dottrina egli accoppiava un corredo di virtii sociali e domesticlie ; e i pregi sublirai die trasparivano negli scritti suoi , sommaniente comraeiidevole lo rendevano ancora nella familiare conversazione. Spento in eta ancora non provetta, con senti- meati di vera pieta e di confidenza nel Creatore , fu da tutti com- pianto , e lungo desiderio desto nelle dotte persone , die della vastita de'suoi lumi, massirae nelle materie filologiche , approfittavano. B. LEOPOLDO CALDANL J-jA dotta Bologna, die tanti illustri socj forni alio splendore di questo Corpo scientifico , aveva pure veduto nascere fino dall' anno 1 725 il Caldani , destinato dalla natura die dotato avevalo di soramo ingegno al ristoramento delle sue scuole di medicina e di anatomia. Di falto divenuto egli medico eccellente coll' indefesso studio dell' anato- mia , tra i primi egli fu die conobbero e fecero quindi apprezzare le INTORNO AI SOCJ DEFUNTI. 83 IstituzionI raediche del Boerhaave e le opere del Ruiscliio , traendone roateria di nuovo utilissiino jiiscgiiamento; e dal Senato della sua pa- tria eletto professore di anatomia , prinio tra gl' Italiani verifico gli speriraenti del celebre Ilaller intorno la irritabilita della libra musco- lare , e la niiova dottrina ne sosteiine contro tutti coloro die scliiavi delle autiche opinion! al diffondimento di quella si opponevano. Coin- mendato fii tiitravia per que' lavori dal celebre Francesco Zanoiti nei Comraentarj dell' Accademia bolognese , e contribui ad accrescerne la fiima con una lunga sua lettera anclie il coltissimo Algarotti. Chiamato colle piii vive istanze a portare in altri Stati d' Italia i suoi lumi e la perfezione del sue insegnamento , non cedette se nou die air invito del Veneto Senato, die la cattedra di medicina teorica gli confer! ncll' Universita di Padova, 1' onore altissirao promettendogli di sottentrare al celebre Morgagni nella cattedra di anatomia, grande- mente illustrata da una serie d' uomini famosi die il Morgagni stesso preceduto avevano. Questa cattedra occup6 egli dunque nel 1772 e con tanta lode ed applauso continue sino all' anno 1806 le sue lezioni, die meno sensibile rendette la perdita di quel grand' uomo da tutta Europa celebrato. Grande fama e grande for tun a ottenne altresi nel pratico esercizio della medicina, consultato e chiamato sovente da per- sonaggi cospicui ; altamente stimato fu dallo stesso Haller, die varie opere gli dedic6; ascritto alle priniarie accademie dell' Europa, e Pre- sidente della Patavina noniinato all' atto niedesirao della sua istitu- zione i finalmente fu aggregate nell' anno 18 12 a questo Istituto di scienze, lettere ed arti. Ben degno era egli di questi onori anclie per le molte opere da esso pubblicate, tra le quali accenneremo sohanto le lettere Su la in- sensitmtd ed irritabilita di alcune parti e SuW uso del muschio nella idro/obia; le Ri/lessioni fisiologiche su le dissertazioni del Le Cat; altre erudite lettere e le storie di alcune parziali malattie ; le sue Istituzioni patologiche , fisiologiche , anatomiche e semejotiche , ed uu gran nuraero di osservazioni , di memorie e di altri opuscoli inseriti negli Atti del- I'Accademia di Padova , nel Giornale di medicina die pubblicavasi in Venezia dall' Ortesclii , negli Atti dell' Accademia di Mantova, e ndle Memorie della Socieia Italiana delle scienze. 84 CONTUTOAZIONE DELLE NOTE STORICIIE La niorte di lai avvenuta nel giorno 3o dicerabre dell' anno i8i3, anno che da noi pui) rignardarsi come fatale per la perdita avvenuta di nove dei coUeghi nostri , ci tolse la speranza di poter approfittare dei vast! siioi lumi , e di vedere gU atti nostri arricchiti delle sue dotte produzioni. Un di liii nepote , che succeduto essendo ad esso nella cat- tedra, srainui il dolore della sua mancanza, non il desiderio di si graiide uonio , r orazione funebre ne compose , che stampata fu in Padova nel 1816; e in Modena nel i822pubbilc6 ancora le Memorie intorno alia vita ed alle opere dell' illustre zio defunto. In queste ai pregi let- terarj e scientifici di Leopoldo Caldani si aggiugne ch'egli fu di aureo carattere , di animo corapassionevole , di specchiata morale , liberale e benefico, e sommaraente faceto. B. GIAMBATTISTA MONTEGCIA. In Lavcno, villaggio posto iu' riva al Verbano, nacque il Mon- teggia neir anno 1762, e i primi rudimenti nelle lettere riccvette nelle scuole di Pallanza. Giunto appena all" eta d'anni 17, fu aggregato tra gli alunni di chirurgia dello Spedale maggiore di Milano , e non solo assiduo mostrossi nell' assistere alle lezioni dei chiarissimi professori Patrini, Moscati e Palletta , ma indefesso ancora negli altri studj die di maggior giovamento riuscire gli potevano nell' intrapresa carriera , e specialmente nel laborioso esercizio delle anatomiche incisioni. SifFatto tenore di vita aveva egli fino dalla prima gioventu adottato, che tutto il sue tempo assorbito era o dagli studj medici o dalle cliniche osser- vazioiii , e siccome frequentato non aveva licei , ne grandi accaderaie di pnbblico insegnamento, ne ritrasse il vantaggio di studiare 1' arte salutare liberamente, senza preoccupazione d'intelletto, ne vana pompa di speculativa dottrina. Benche maestri in filosofia non avesse, pure, col procurarsi le lezioni scritte dai compagni suoi che le scuole filo- sofiche frequentavano , giunsc da se solo a concepirne i docnmenti : al tempo stesso si erudi nella chimica, c in quella massime applicata alia farmacia , nella botanica e nella patologia. INTORNO AI SOCJ DEFLNTI. 85 Approvato chirurgo e quindi medico nella Uiiiversita di Pavia, non rallento negli stud) e massiine in cjuello dei classici scrittori di inedici- iia , beiiche occupato di contiimo ncli'esercizio dell' arte ed in una pra- tica non iiitenotia negli ospcdali ; in questo niodo egli riusci curatore 11011 solo , ina siiicero ed espeito descrittore dei raorbi. 11 piinio saggio cli' egli diede del suo sapere fu il libro intitolato : Fasciculi patholo- gic i , stampato in Milano nel 1780, ed in un accreditato giornale ne fu lodata non solo la dottrina e la profonditii delle coiisiderazioni, ma anclie 1' aurca Celsiana latinita. Nel 1790 fu eletto chirurgo nell' Ospedale raaggiore, e di lii a un anno incisoie anatoinico; dal Governo fu pure eletto medico e chi- rurgo delle carceri e del foro crirainale. Pubblico allora il Compendia sopra le malattie veneree del professore Fritze di Berlino , tradotto dal tedesco con annotazioni, e di la a tre anni le sue Annotazioni pra- liche sopra i mali venerei. Alcune Memorie importantissime scritte dal Monteggia anche nell' eta piii giovanile trovansi nel Giornale della pii'i recente letteratura medico-chirurgica dall' anno 1792 al 1794? ^ ^^ Scoria di una forse sinudata mania fu da esso consegnata nelle Memorie di medicina del dottore Giannini. Professore d'istituzioni chirurgiche nell' ospedale medesimo fu eletto uel 1795, e allora diede opera alia pubblicazione deW Arte ostetricia del professore Stein di Marburgo , da esso tradotta coU'aggiunta di varie osservazioni ; pronunzio anche un discorso accademico Intorno alio studio della chirurgia, che stampato fu in alcune opere periodiche, c quindi posto in fronte. alle sue Istituzioni chirurgiche^ Questa e r opera che, a giudizio dei piu grandi maestri dell' arte, e singolar- meute dello Scarpa, fu detta lavoro eccellente e il migliore libro d'istituzioni che avesse T Italia. Ristampavasi intanto il citato Com- pendio del Fritze coll' aggiunta di una dissertazione del Monteggia Sopra I' use della salsapariglia ne' mali venerei , dallo Scarpa medesimo sommamente applaudita; stampavansi alcune Memorie dello stesso autore Su V estirpazione del canchero uterino ; Su la sospetta complicazione di contagio nell' innesto vaccina ; Sopra una maniera particolare di fermare il sangue nelle amputazioni ; Su di un caso di gravidanza fuori deU'utero ; 86 CONTINUAZIONE DELLE NOTE STORICIIE ecc. Su r angina del petto , ed altre, delle quali alcune lette fiirono a questo Istitiito, al quale era stato nel 1812 meritamente ascritto. Una sccoiula edizionc preparava cgli delle sue Istituzioni chinugiche , e ncgli anni 1810 e 1 81 4 lie iisciroiio i primi cinque volumi. Si noto a lode di queir insigne cliirurgo die egli manco totalmente deirambizione dei ritrovatori, amando meglio di sacrificare la propria compiacenza al desiderio di maggiore profitto ; che niuno meglio di esso seppe appli- care alia cliirurgia la dottrina delle diatesi ; che nella ipotesi delle nietastasi richiam6 i medici alia osservazione di un morboso fenome- no , pill frequente che non era per lo addietro reputato ; che final- meiite frenb 1' entusiasrao di riforraa e la voglia di novita , e con mo- derazione e candore second6 egualmente o impugno gli altrui pensa- menti , senza fiele d' invidia e senza spirito di paitito. Ma quel trattato classico, che di sicura guida servire poteva nella teorica e nella pratica delia cliirurgia, non pote essere compiuto dal- r autore , sorpreso dalla morte nell' anno cinquantesimosecondo del- r eta sua , e forse vittinia generosa del continuo suo impegno di pro- ■ curare la pubblica utilita. Fornito a dovizia di virtu sociali e domestiche, fu egli buon marito e buon padre, diligentissimo nella cura degli infernii, liberale verso gl' indigenti , sincere ed esatto nel culto reli- giose, alieuo sempre dall' ambizioue , modesto in mezzo agli onori, dolce ed affabile con tutti , specchio bellissimo di onesto vivere. Una Memoria della vita del Monteggia fu letta a questo Istituto nell' adu- iianza del giorno 7 marzo 1816 dal dottore F. Enrico Acerbi, e fatta quindi coUe starape di pubblico diritto. B. MEMORIE DELL' IMPERIALE REGIO ISTITUTO PARTE SECONDA. SULLA GIACITURA DI ALCUNE ROCCE PORFIRITICHE E GRANITOSE OSSERVATE NEL TIROLO DAL SIGNOR CONTE MARZARI-PENCATI IMPERIALE REGIO CONSIGLIERE DELLE MINIERE DI SCIPIONE BRElSLAK. TNTRODUZIONE. Xl dotto geologo signer Conte Marzari-Pencati, vicentino, I. R. Con- sigliere delle miniere , siuo dal 1806 fece un' osservazione che fii som- niameiite iiueressante in quell' epoca, Presso tiitti i geologi le rocce porfiritiche erano considerate corae appartenenti alia formazione pri- niitiva , ed erano collocate nella classe de' teri'eni primitivi coi graniti, coi gneiss , cogli scliisti micacei ; ed il Marzari osservo presso Kolmand in Tirolo un porfido sovrapposto a quell' aggregate meccanico composto di piccoli framinenti di altre rocce, uniti da un ceraento generalniente siliceo, al quale dai geologi tedeschi e stato date il norae di grouacco (*). (*) 11 termliie di grau wake ( vacca grigia ) ( V. Trattato di Ceognosia, % i35). Parnii che npplicato dai miiiatori sassoni alia pictra the coa una piccola modificazione , la quale noii abbiamo descritto, e stato ammesso dai geologi cangia talinente la voce da rcaderne ioccrto il di tutte le nazioni. II D'Aubuisson noa credo sigiilficato, si possa dare al tertuiae tedesco la convcnicnte il coiiservarlo iiella lingua fr.ince- ciiudiiianza italiana , ogni qual volu si crcda se , c gli ha soscituito il noBic di trnumutc , de- necessario il conservarlo in vece dell' espres- dotto da uua voce greca che significa /rn/rimento sione arenaria di transizivne. 4 SULLA GIACITURA DI ALCUNE ROCCE CCC. Stccome non puo avere posto tra le rocce primitive una sostanza pie- tiosa die risulta dai loro framnienti, cosi molto nicno lo dovra avere quel porfido die giaoendo sopra di essa dev' essere di una lorma- zione posteriore e piix recente; e giacdie il grovacco, secondo i prin- cipj dolla scuola werneriana, h una roccia di traiisizione , cioe una di quelle die foiniaiio il passaggio delle primitive alle secondarie, percio andie il porfido di Kolmand fu considerate come una roccia di transizione da quclli clie furono avvertiti dell' osservazione del Marzari; ed il Brocchi cosi ne scrisse nclla sua Memoria winerolngica sulla Valle di Fassa stampata nel ]8ii alia pag. 17. cell signer Mar- » zari ha vednto presso Kolmand un banco di grauwake largo alcune » centinaja di piedi, incassato fra lo schisto micaceo die gli serve di » base ed il porfido die lo ricuopre , il quale porfido dev' essere » per conseguenza di origine posteriore. Le circostanze di una giaci- y> tura cosi singolare saranno fatte conoscere da questo dotto iiell' o- y> pera die si appresta di pubblicarc sulla mineralogia di quella parte y> del Tirolo. » Non dovr6 tacere per altro die poco prima del Marzari il celebre geologo prussiano Leopoldo De-Buch , percorrendo il Tirolo in un sito diverse da quelle osservato dal Marzari , cioe presso Pergine , vide un porfido , nel quale gli parve di ravvisare dei caratteri sufficienti per giudicare die non dovesse essere collocate tra le recce primitive; ma sembra die egli non desse molto peso a questo sue sospette, poi- clie qualche anno dope il 1806 avendo pubblicato il sue Viaggio in Norvegia, dove trovo un porfido di forraazione evidentemente posteriore alia primitiva , al fine del cap. 3.° scrisse : « Potrebbe essere die molti » porfidi presi sinera per primitivi non fossero die rocce di transi- » ziene. Non abbiarao alcuna preva decisiva die i porfidi di Sdiweid- >> nitz iiella Slesia , o di Krzeszovice presso Cracevia non debbano * essere collocati in qucsta classe. » Se il De-Buch avesse viste in Tirolo il porfido sovrapposto al grovacco , cioe posteriore alle degra- dazieni meccaniche sefferte dalle recce primitive gia indurite, lo avrebbe citato in prefercnza degli altri , poiche e una prova decisiva che al- cuni porfidi non appartengeno al periodo delle formazioni primitive. DI SCIPIONE BREISLAK. -5 II Marzari dunque ha dimostrato ad evideaza^cio che allora il De-Bucli aveva soltanto sospettato. II Marzari, distratto da altre occupazioni ed impedito ancora soveate da iacomodi di salute, aoa ha potuto proseguire dopo il 1806 le sue osservazioai nel Tirolo con qiffcll' assiduita che avrebbe voluto , e da cio e derivato il suo silenzio di parecchi anni, che finalmeate ha ia- coiniaciato a roaipere ael 181 9, pubhlicaado i suoi Cenni geolngici e litologici sidle Provincie Venete e sul Tirolo , e di poi alcuai fogli nel SuppUmento nlla Gazzecta che ha per titolo Nuovo Osservatore veneziano, n° 118- 127. Inoltre egli e stato meco liberale comunicandomi la copia di un rapporto fatto all' I. R. Governo di Venezia sulla geologia di Recoaro, ed altri scritti non ancora pubblicati. Siccome i fenomeni pill interessanti che egli ha osservato si riferiscono principalmente alle giaciture di alcuni porfidi e graniti diverse da quelle che gene- ralmente si conoscono, cosi ho creduto utile il riunire in un prospetto ragionato queste osservazioai , 1' esaminarle, il coafrontarle con quelle di altri naturalisti , e darae quelle spiegazioai che perraette lo stato attuale della scienza. Divider6 pertaato la mia Memoria ia due parti : ia prima conterra la semplice esposizione dei feaomeai geogaostici osservati dal Marzari , e che si riferiscoao a giaciture di porfidi e di graniti ; nella seconda esporr6 quelle riflessioni alle quali possono dar luogo i fatti medesimi , e 1' avvicinamento di questi ad alcune osser- vazioni di altri naturalisti ia diverse parti del globo. Forse da;l coa- fronto delle circostanze che ia diversi luoghi xiccorapagaaao lo stesso feaomeao potranao risultare delle aaalogie, le quali ne rendano piii facile r inteUigenza. 6 SULLA GUCITtmA DI ALCUNE ROCCE ecc. PARTE PREVIA. Esposizione de' fatti. § I . Le osservazionl del Marzari hanno abbracciato iiella parte snd-est del Tirolo un' area di circa Syo miglia quadrate , circoscritta air intorno da rocce primitive , cioe al nord dai monti di Clausen , al sud-est dagli alti monti di Cimadasta e Telve, al sud da una linea die tirata da Sella per I'Anzin e Caldonazzo giunga a Pergine, ed air ovest dai monti di Bresimo. Le valli di Fassa , di Fiemrae , di Cembra, ed il bacino nel quale scorre I'Avisio sono compresi in questo spazio. In molte sue parti si vede una roccia porfiritica , la quale, quando se ne puo osservare il lembo inferiore, si riconosce ad evidenza essere sovrapposta al grovacco, come e stato vex'ificato sino dai 1 8c6 dai Marzari a Kolmand , e di poi dallo stesso a Steik , a Terkale, e secondo alcune notizie ricevute, ancora a Roncegno ; per conseguenza la roccia che generalmente comparisce costituire il fondo dell' area suddetta e un porfido di formazione posteriore alia primitiva, ed al quale Tautore da il nome di porfido di transizione o transitorio. 2. Questa roccia porfiritica in molti luoglii e stata coperta da rocce pill recenti , mcntre in parecchi altri siti si vede scoperta e configurata nella sua superficie ora in creste diroccate, ora in dirupi alti e verticali , ora in pianure sterili e molto elevate. La cima por- firitica pill alta di questa contrada e quella del Fornas , la cui ele- vazione sopra il livello del mare si valuta dall' autore a i5oo tese (*). Moltc valli e profondis'iime gole tagliano il porfido tirolese nello spazio delle Syo miglia quadrate clie occupa, ma nessuna giunge a scoprire il siiolo primitivo sul quale si e adagiato. A Tferkale ed a Steik il taglio deir Eisak si profonda sino al grovacco , perche quel siti sono (*) Quest' altezzo, bcnclie approsslmatlva, i quail hanno pcnsato cUe in Europa il porfulo rende molto iucerta ropiuionc di (juei geologi non oltrepassi T altezza assoluta di 8oo tese. I DI SCIPIONE BREISLAK. f vicinissimi al perimetro dell' area suddetta; ma nell' intenio di essa non vi 6 alcuna protiibcranza di roccia prirnitiva, o aiiche di grovacco che emerga fuori del porfido. £ da notarsi ancora che il Marzari avendo percorso per moiti giorni i luoghi nei quali questa roccia si prescnta scoperta agli occhi degli osservatori , non vi pote riconoscer© veri strati , ma solo alcune apparenze che a stento potrebbero essere interpretate per tracce di una stratificazione. 3. Che se poi ci volgiamo ad esaminare la uatura di tale porfido, vedremo che la sua pasta e Y euritc (*), cioe una sostanza pietrosa , fusibile in vetro o smalto bianco, e nella quale predorainano le mole- cole feldspatiche. In questa pasta generahuente sono disserainati raolti grani di quarzo, e percib e stato dato alia roccia il nome di porfido euricico quarzoso, denominazione sulla quale si ritornera nella seconda parte di questa Memoria. Intanto osservo che merita molta riflessione il fatto che nel luogo di Soraga il Marzari ha trovato de' superbi cristalli incrociati di pirosseno nero ( augite di JF. ). Ma evvi ancora di pill : in un altro sito della stessa area tirolese, cioe a S. Crescenzio, sulla strada che da Kolraand ascende a Castelrhuth il Marzari trovo de' pezzi del porfido transitorio, la pasta de' quali era nera, vetrosa, e somigliava all' ossidiana porfiritica. Abbiamo dunque de' passaggi reciproci della roccia porfiritica quarzosa detta di transizione alle rocce pirosseniche ed alle ossidiane porfiritiche , passaggi de' quali si avra occasione di parlare altrove. 4. II porfido euritico quarzoso, come si e detto nel § 2, non forma una massa unita ed uniformemente continuata in tutta 1' area delle 570 miglia quadiate; e diviso da parecchie profonde valli denominate dal Marzari i>alli porjidiche, e la sua superficie e frastagliata con molta (*) La sostanzii pietrosa detta da Dolomieu della base di molti porfidi coloriti diversamente. petroselce compatto o tcrroso , da Saussure pa- Ln sua durezza , la gravlta specifica e la sua laiopctre e feljspato terroso , da Werner feld- fusibilita in vetro o smalto bianco fanno co- spato compatto ed anche hornstein , e c\ie ha il noscere die risulta principalmente da particelle carattere di fondersi in vetro o smalto bianco, feldspatiche, alle quali si possono unire in pro- e stata chiamata da D'Aubuissou eurite , ciofe porzioui diverse le quarzose , le micacee e le fusibile, denoininazione gia adottata da molti auifibolicbe ( V. D'Aubuisfon , Traite de Ce'o- geologi. Questa 906tanza forma ta parte priacipale gnosie , § 19S ). 8 SULIA GIACITURA DI ALCUNE ROCCE ecc. irregolarit^. Su questo porfido si sono adagiate posteriormente molte sostanze pietrose, alcuae prodotte da precipitazioni meccaniclie, altre da prccipitati chimici, e tali precipitazioni , dopo di avere rieuipito le valli esistenti ncl porfido , si difFusero sulla sua siiperficie , ne colma- rono le incguaglianze , e di poi vi forraaroiio strati qua$i generalniente orizzontali. Qaeste sostanze consolidate posteriormente al porfido quar- zifero si succedono con un certo ordine nelParea sopra indicata , ma jion tutte esistono in tutti i punti. L' autore ci ha indicato per ora qnelle die si ravvisano nella vaUe dell' Avisio , e 1' ordine della loro posizione rispettiva. 5. L'Avisio o Lewis, fiume che nasce dall' alta gliiacciaja di Fedoja, percorre un' angusta e profonda gola della lunghezza di oltre 40 mi- glia , la quale fra Lavis e Castello e molto angusta , si slarga fra Castello e Penia , e si dilata maggiorraente in due siti , cioe a Pre- dazzo ed a Moena , dove presenta due pianure di alluvione orizzontali e larghe da 200 a 400 tese. Dopo d'avere ricevuto diversi conflnenti, tra i quali qnelli della sinistra hanno un corso di molte miglia , sbocca nell'Adige al borgo di Lavis , posto cinque miglia al nord di Trento, e dal quale ^ derivato il nome del fiume. Tra i gioglii che circondano la valle dell' Avisio , alcuni , come quelli di Pine e di S. Lugan , s'in- nalzano solo 5oo tese; ma altri, come la Forcella del Mangano, Cara- pagnazzo , Sadole , Costa Osella , S. Pellegrino , Fedoja , Soiss-AIpe , s' innalzano dalle yoo alle 1000 tese. II mode piu comodo per visi- tare questa valle e quello di andare a Newmark sulla strada postale tra Verona ed Inspruck , e di la passare a cavallo a S. Lugan , a Ca- vallese ed a Predazzo, che e il sito piii acconcio per verificare in po-^ chi giorni i fenomeni geognostici piij interessanti della valle dell'Avisio. 6. II suolo fondaraentale dell'intero bacino dell'Avisio, che coraprende le valli di Fassa , di Fiemnie e Cembra, e formato dal porfido detto dal Marzari euriuco quarzifero, sovrapposto al gvovacco, come si e gia esposto. Sul porfido, dopo di averne riempito le separazioni e le ir- regolarita , si sono coricate in istrati orizzontali le seguenti sostanze pietrose : un' arenaria che il Marzari chiama porfido ricomposto, perche formata degli stessi eleraenti del porfido sottoposto , del quale contiene DI SCIPIONE EREISLAK. 9 ancora de' fi*ammenti , ed e risilltata dalla disaggregazione o tritura- zione di molte parti della sua snperficie, le quali di poi si sono unite di nuovo con un' aggregazione ineccanica. Questo porfulo ricomposto forma, in qualche luogo, strati aiti circa 3o piedi , i quali si appog- giaiio quasi sempre sul porfido euritico ; in qualche sito, come ad Aver, raccliiude de' ciottoli porfidici coricati orizzontalmente, ed altrove, come sul Travignolo, alcuui piccoli e sottili strati di gre rosso mica- ceo schistoso : spesso e coufigurato in prismi larglii circa sei piedi, ed alti quanto lo e lo strato , ma riconoscibili solo da vicino , attesa la sottigliezza delle fenditure vertical! die li circoscrivono : nel porfido euritico qnarzoso sottoposto iion si osservano giammai tali colonnate. La pasta del jjorfido ricomposto ia varj siti , come alle spoade del Marsikle cd a Moena , e compatta ed omogenea al segno d' illudere alcuui iiaturalisti clie lo hauno preso per un vero porfido. 7. La seconda sostanza die si e sovrapposta al porfido e stata la calce solfata, o sia il gesso, il quale e massiccio , niveo, di grana sa- lina e luccicaate, ed ia qualche sito e iatersecato da piccoli filoai di selenite laminare di colore di carne , die talvolta veste 1' aspetto del sale gemma. Gli sono subordiiiati de' piccoli strati di un calcareo grigio - biaacastro , sparso di cavita angolari , ma di pasta compatta , sonora , e die nella frattura preseata angoli taglientissimi. II gesso forma le cinie rotondate di Cavallese, di Castel di Fiemme e di Caram, le quali sono composte di strati gessosi alti sino 1 5 piedi ed alternanti con piccoli strati calcarei. II gesso di Cavallese die si estrae al luogo detto i marmori, alia distaaza di ua terzo di miglio da Castello verso S. Lugaa , non e iaferiore a quello di Vokerra , forma uno strato alto ao piedi , ed e conosciuto sotto il nome di alabastro di Fiemme dal nome della valle. 8. Le altre sostaiize pietrose die si sono deposte in istrati dopo il gesso osservano il segueate ordine , incominciando sempre dalla piii bassa : il gre rosso , 1' argilla schistosa , il gre bianco , la marna pol- verulenta con araioai marnosi compatti, e che talvolta e piena zeppa di nuclei di pettini , di came e di altre conchiglic bivalve, ed altre fiate ( come a Bula ) oflfre piccole tracce di vero litantrace, e racchiude Vol. UL P. 11. y IC SULLA CIACrrURA DI ALCUNE ROCCE ecc. arnioni cli pietre focaje. Tra qucsti sedimenti o aggregati, clie coprono il porfido ricomposto, vi e un calcareo bianco, talvolta rossiccio, co- staiitemente opaco , e qualchc volta spugnoso. II Marzari ha dato il nome di transizione moclerna al complesso di tali precipitati. 9. I suddetti precipitati sono stati copcrti da un potentissimo letto di una roccia calcarea bianca o leggermente grigiastra , spesso caver- nosa con cavita angolari tappezzate di spato calcareo , qualche volta pellucida negli spigoli , e che talora scintilla ai colpi delF acciarino. L'autore applica a questo carbonato calcareo la denominazione di cal- careo alpino : osserva che la sua stratificazione non e serapre visibile, accenna i siti e le circostanze nelle quali e piii facile il riconoscerla, e nota che per alcuni Innghi tratti non contiene veruna spoglia organica , corae ^ stato osservato ancora dall' Humboldt in America. Nel bacino dell'Avisio vi sono degli obelischi, i quali dimostrano che questo letto di calcareo alpino non era alto raeno di 200 tese, e la sua formazione lion si e limitata alia sola valle dell'Avisio, ma si e estesa raoltissimo intorno ad essa nella Gardenna, sul Cipit, uel Lung'Adige, iieH'Annonia, nel Roveretano, nella Valsugana , sul Cismon , sulla Pettorina, sul Cor- devole , sul Vanoi e nel Vicenlino, in guisa che e stata una forma- zione generale in una gran parte della pendenza meridionale del Brenner. De-Buch I'ha riconosciuta fra Bolzano e Trento ; ma suU' A- visio s' innalza a centinaja di tese piii che nella maggior parte degli altri paesi circonvicini , mentre nel monte 5ot55o major giunge a i5oo tese : per altro a Primiero vi sono alcune creste le quali corrispon- dono quasi all' altezza del Sasso major. 10. Questo calcareo alpino e stato coperto da un altro calcareo piu recente , a cui il Marzari applica la denominazione di calcareo del Ciura , e da altre rocce appartenenti alia formazione secondaiia , co- me dal gre variegato ecc. II calcareo del Giura sovrapposto al calcareo atjpdno veraraente non si mostra sull'Avisio, ma forma le cime roton- diate che coronano ovunque i coni , i dossi e le sommita del calcareo »]pino nel Trentino , sul Vanoi , sul Cisraon , nella Valsugana e nel Vicentino. Gli strati di queste cime sono costantemente paralleli a queBi del calcareo alpino sottoposto , e tra le due precipitazioni non vi e stata una sensibile interruzione. 4 DI SCIPIOXE BREISLAK. II 1 1 . £ da notarsi die le precipitazioni le cjuali ebbero luogo dopo la formazioiie del porfido euritico quarzoso , che ne riempirono Ic valli e si diffiisero quindi sul medesimo, sono state ancor esse tagliate in piii luoghi , in luodo die lianno aviito origine altre valli. Si e detto nel § 4 die 1' autore ha dato alle valli esistenti nel porfido quarzoso il nome di valli porfidiche ; ora aggiungerenio che alle valli formate nella massa de' precipitati sovrapposti al suddetto porfido ha dato il nome di valli antitrappiche , per iiidicare che le medesime gia csiste- vano quando furono riempite e coperte da molte rocce die i geologi attribuiscono generalmeiite alia formazioiie trappica secondaria. Alcune delle valli antitrappiche sono molto profonde , ma generalmeiite non giungono alia profoiidita delle valli porfidiche. 12. L' ordine pertanto col quale si succedono le rocce nella parte del Tirolo esaminata dal Marzari , iuconiinciando da quella che si ri- coiiosce la piii antica , perche sottoposta alle altre , e il segueiite : i.° grovacco; 2.° porfido; 3.° i diversi membri della transizione mo- derna, cioe porfido ricomposto, gesso con calcareo,gr6 rosso, argilla schistosa , gre bianco, marna con corpi marini o vene di litantrace, e calcareo ora bianco , ora rossiccio. Questa , detta dal Marzari transi- zione moderna, comprende quelle sostanze che si trovano frapposte tra il porfido ed il calcareo alpino ; 4." calcareo alpine; 5.° calcareo del Giura. Eccoci dunque al periodo delle ultime formazioni secondarie, a quel periodo cioe nel quale per un consenso generale de' geologi era cessata la forraazione delle rocce di cristallizzazione : ora chi mai potrebbe sospettare di rinvenirle in una posizione cosi straordinaria , ed in particolare quella che generalmente e sottoposta a tutte le altre, e che si considera come la piii antica delle rocce primitive , cioe il granito ? Eppure questo fenomeno geologico si verifica suU' Avisio , dove tali rocce cuoprono le sommita e riempiono le valli che sono nella transizione moderna e nel calcareo alpino o del Giura. i3. Nel luogo detto i Canzocoli delle coste il Marzari ha trovato nn granito composto di quarzo e mica , il quale forma una linea lunga 35o tese , ed h sovrapposto parte alia transizione moderna in an piano orizzontale, e parte al calcareo alpino in un piano inclinato. .12 SULLA GIACITLTvA DI ALCUNE ROCCE ecc. foniiando la liiiea granitosa un gomito o angolo di 1 5o gradi. La sovrapposizione delle rocce di cristallizzarione alia transizione moderna si vede ancora a Mcrgola , al ponte di Boscampo ed in Val di Vie- reiia : quosti tre congiunginienti non sono lontani piu di due miglia dalla chiesa di Predazzo. In Predazzo poi ha trovato il granito coni- posto di quarzo , feldspato e mica a grandi dementi : il feldspato e di color roseo, ed il quarzo forma talvolta de' grossi nodi orbicolari, tra i quali in un site 1' autore ha veduto una massa quarzosa della lunghezza di 27 piedi : la gola delta del Trmngnolo e tagliata nel granito, il quale forma un muro quasi verticale a ciascuno de' due lati. Finalmente 1' autore ha delle forti ragioni per credere clie il co- losso di granito ora in massa ed ora venato che trovasi presso Castel Tesino all' alpe della Mariande, sia sovrapposto imraediatamente all' oriz- zontalissimo calcareo del Giura : egli non ha potuto ancora verificare con tutta r esattezza questo fenomeno : intanto si e assicurato che tra le rocce dei monti Mulat , Margola , Coste e Feudale trovasi un superbo granito roseo con quarzo , feldspato e mica senza atomo di am- fibolo. Questo granito , che nel Tirolo si trova sovrapposto a rocce della formazione secondaria , e stato chiamato dal Marzari granito terziario , giacche la sua posizione e quella che converrebbe ai depo- siti lasciati dal mare in qualche parte del globo nel suo ultimo ritiro tlalla medesima. 14. Molto interessanti poi sono i passaggi reciproci osservati dal Marzari di questo granito composto di ti'e eleraenti ad altre rocce di cristallizzazione , come ad una roccia porfiroide nera , nella quale i cristalli feldspatici divengono bianchi ed apparenti solo dopo una su- perficiale alterazione : questa roccia passa imraediatamente ad un trappo pirossenico , come si vede alia distanza di 200 tese dalla chiesa di Forno sull'unica strada che mena a Predazzo, al ponte del Lavis in Predazzo e nel fondo della valle di Rif. Tale roccia fusa da uno smalto candido , cio che dimostra che il suo colore iiero procede da un principio combustibile. II Marzari gli ha applicato il nome di eurite porfiroide , denominazione colla quale ha voluto esprimere la sua fusibilita in vetro o smalto bianco e 1' aspetto porfiritico che presents. DI SCIPIONE BREISLAK. 1 3 Jj' autore asserisce die in alcuni luoghi ha osservato il passaggio deir eurke porfiroide al granito a tre dementi , o di questo a quello , in guisa die conviene condudere die ambedue le rocce siano di for- mazione contemporanea. Le akrc rocce, tra le quali ed il granito so- praccennato vi sono reciproci passaggi , sono le amigdaloidi analoghe a quelle di Oberstein, di Feroe , dei Zuccanti , di alcuni luoghi del Vicentino , come ancora alle lave agatifere della Daiiria di Patrin. Queste rocce e le altre die sogliono collocarsi iiella classe de' trappi secondary riempiono le valli e cuoprono le sommita della transizione moderna , ed ora del calcareo alpino , ora di quello del Giura. 1 5. Giovera in oltrc 1' osservare die la giacitura dell' aniisdaloide agatifera tia la Piave e I'Adige e identica a quella delle rocce di cristallizzazione sulP Avisio , giacche non solo cuopre in giacitura di- scordante le somraita del calcareo alpino, iiel quale spinge numerosi filoni a guisa di radici , ma forma cunei giganteschi , de' quali la parte inferiore penetra dall' alto al basso , il piu sovente nel solo cal- careo alpino , ma qualche volta nella transizione moderna , ed in qual- che caso , come a Soiss e forse a Cembra , giunge sino al porfido euritico quarzoso. 1 6. Se sono molto istruttivi i passaggi del granito composto di tre elementi alle rocce die siamo soliti di riferire alia formazione trap- pica secondaria , e ancora molto singolare il passaggio del granito stesso al serpentino. II Marzari asserisce di aver osservato tra Forno e Predazzo il suo granito terziario passare alle rocce serpentinose , ed aggiunge di avere raccolto qualche pezzo di cui una parte e ser- pentinosa , e 1' altra granitica. Ne tralascero di far menzione di un filone di serpentino che il Marzari vide traversare il calcareo alpino , fenomeno insolito nella giacitura di quella roccia , la quale, quando si.trova in istrati subordinati , e solita di giacere nelle rocce primitive. 1 7. Terminero questo prospetto delle osservazioni fatte dal Marzari nel bacino dell' Avisio , con riferirne una , a mio parere , di somma iraportanza , ed e che nel luogo di sopra indicato ( § i3 ) ai Canzo- coli alle coste il calcareo alpino sottoposto alia roccia di cristalliz- zazione per alcune tese di profondita e modificato , talmente che 14 SULLA GIACITCRA DI ALCUNE ROCCE ecc. presenta la grana ora lainellare ed ora salina , e prende 1' aspetto di un bel marmo statuario di grana piii miiiuta di quella del rnarmo di Carrara. Con cjuesto marmo si e fatta la statua del S. Giovanni, posta all estcrno della chiesa di S. Nicolo in Predazzo , e si trova nel site detto il Crezzo di S. Giovanni alia destra della cascata , conosciuta sotto il nome di Piss dc CanzocoU. Ne questo e un fenomeno die si osservi nel solo luogo indicate , poiclie si ripete in un altro sito poco distante , cioe ai Manzoni di Fassa : ivi il letto di una roccia cristal- lizzata , analoga ad alcune dell' Avisio , pare clie sia posto sopra un calcareo primitive , quando in realta si appoggia sopra il calcai'eo al- pino , che in vicinanza di quella roccia si e modificato , ed ha preso r apparenza di marmo salino cosi bene caratterizzato , die ha fatto illusione a qualche esperto naturalista , il quale lo risguardo come primitivo. 1 8. Alcune delle sopraddette osservazioni hanno molta analogia con altre fatte dallo stesso autore nei contorni di Recoaro in Val d'Agno nel Vicentino , luogo distante, in linea retta, circa 17 miglia dal pe- rimetro dell' area tirolese descritta nel § i. Ecco 1' ordine col quale si succedono le diverse forniazioni di quella contrada , incominciando dalla pill bassa. A. Mica schisto. Le foglie di questa roccia in Val d'Agno affettano in grande una perfetta orizzontalita ; raentre in altri Iftoghi la loro posizione suole essere o verticale o inclinata all' orizzonte. B. Dolerite. La pasta di questa sostanza pietrosa, alia quale i geologi francesi hanno dato il nome di dolerite , e composta di grani microscopici di feldspato e pirosseno , ed e seminata di pochi grani di ferro titaniato , di molti globetti di feldspato bianco contemporaiiieo alia pasta e di cristalli di pirosseno , i quali talvolta s' incrociano, Tra i globetti di feldspato ve ne sono di grandezza diversa, sino a quella di una lente , e che talvolta danno alia roccia 1' aspetto di una amigdaloide. Sulla sinistra dell' Agno , dove la dolerite forma uno strato molto potente , i suoi ingredienti a stento sono riconoscibili anche colla lente , e degenera in un vero basalte composto di minu- tissime punte di pirosseno e di feldspato , ed il poco ferro titaniato I DI SCIPIONE BREISLAK. l5 gli da una tinta grigio-nerastra quasi uniforme. 11 solo microscopio , previa la disaggregazione nieccanica eseguita coU' ingegnoso metodo di Cordier , puo rendere distinti i tre ingrediend. In questa dolerite deirAgno, die, secondo il linguaggjo di alcuni geologi , sarebbe una roccia trappica secondaria , il Marzari ha veduto de' nuclei angolaii di quarzo jalino bene caratterizzato, contemporaneo alia pasta ed ana- logo a quello die si trova in un' altra roccia della stessa contrada di Recoaro , chiamata dal Marzari porfido secondario , della quale si par- lera quanto prima. La dolerite giace immediatamente sopra il mica schisto , e non solo lo ha ricoperto , ma ha riempito tutte le separa- zioni che vi erano nella sua massa , forinandovi filoni inclinati da 60 a 90 gradi , e che sono come tante propaggini della gtessa dolerite gia- cente superiorraente. Questa sovrapposizione si vede nei contorni di Recoaro in un' area di sctte ad otto niiglia quadrate. Nella niassa della dolerite, che alia sinistra dell'Agno giunge talvolta alia potenza di 400 piedi,non vi e alcun indizio di stratificazione, raa bensi una tendenza bene marcata a dividersi in prismi costantemente pei'pendicolari alia base sulla quale si appoggiano. Qneste doleriti , benche di una for- mazione inolto antica, come si puo rilevare dalla quantita e qualita delle altre sostanze pietrose che si sono appoggiate su di esse , sono analoghe ad altre doleriti che non sono state giatnmai coperte da al- tre rocce , e che per conseguenza sono piu recenti , come quelle del Meisner nell'Assia (*), di Saint-Adoux nel Cantal , di Beaulieu in Pro- venza ecc. , che i geologi collocano nella classe dei trappi secondarj , che giusta il principio della scuola werneriana cuoprono sempre e non sono giammai coperte , e tra i quali si debbono anno ver are ancora le vera doleriti della Spree presso Bautzen e di Gorlitz , nienzionate da Werner sotto il nome di grunstein nel § 49 della Teoria de filoni. (*) La famosa roccia del Meisner da alcuni creduta amiibolo e un piresseao , e che i ven cliiamata graniteUo, da altri grunstein seconda- componenti di quella roccia basakica sono i! rio,c ttata considerata per lungo tempo come pirosseno , il feldspato ed it fcrro tiianiate nna roccia composta di feldspato e di amfibolo. ( V. GiornaU di fiiica, tomo 63 ). M« il Gordier ha dimostrato che la sostanza l6 SULLA GIACITURA DI ALCDNE UOCCE CCC. C. Arenaria antica micacea , da ciii scatuiisce 1' acqua acidula. II gre aiitico micaceo cuopre iiuiiicdiatainente la dolerite : i suoi strati rossi da priiicipio sono iriioiiori a f|uelli del gre bianco , ma di poi pare die altoniino scambicvolinente. II gre e pieno di piriti ferree e contieue qualche straterello di schisto nianio-bituminoso. Sino ad ora non vi si e scopei-to il litaiitrace , ma negli strati areiiacei di VaL del Signori , che sono una continuazione di quei di Recoaro , esiste il li- tantrace schistose o schijferkol. D. Mania compatta e schisto marnoso in letti orizzontali di co- lori diversi , alternanti tra loro al di sopra del gre. E. Calcareo con grlfiu superiormente alle marne. F. Calcareo alpino , che forma parte dell' immenso deposito, i di cui diroccati rimasugli continuano nel Tirolo fin oltre la Val di Gar- deuna , ed attraversando la ghiacciaja di Fedoja , cuoprono I'alto Bel- Innese sino a Peron. ( Tutto ci6 che a Recoaro giace fra la dolerite ed il calcareo alpino corrisponde a quella serie di precipitati che nel Tii'olo e stata denominata transizione moderna, V. § 8 ). C. Breccia: al calcareo alpino in qualche sito nel contorno di Re- coaro , come a Fongara , e addossata un' elegante breccia capace di pulimento , composta di frammenti di un marmo che ha 1' apparenza di marmo di transizione , uniti da un cemento di ferro ossidato globu- liforme. I globetti ocracei di rado sono maggiori di un grano di miglio, e per lo piu non si possono riconoscere se non che coll' ajuto della lente. Questa breccia e stata posta in opera in un altare della chiesa di Val d'Agno ed in ajfiuui altari di quella di Recoaro. Si conosce dagli scarpellini sotto ili ni da queili de' vulcani , ed i terreni nei quali si trovano sono » talinente estranei ai trappi secondarj ed ai vulcani , die si puo bene » prescindere da essi , e stabllire che, almeuo generalmente, la pi'eseuza » del pirosseuo comune nerastro o verde oscuro ( I'augite de' Tcdeschi ), » il quale non raauca giammai ed abbonda in tutti i vulcani attivi e 3> spenti, linalmeute questo sciorlo de vulcani , come si chianiava una » volta , diviene un indizio sicuro ed un carattere per ricouoscerc w i terreni vulcanici. » Non voglio ammettere questa conseguenza in tutta la sua estensioue i mi cooteiitero solo di dire che quando si tratta tli terreni nei quali le circosiauze geognostiche dimostraiio che non si possono riferire alia classe de' terreni priinitivi , come sono le rocce porfiriiiche tielle quali si tratta , e che sono sovrapposte ad lui con- glouierato , la presenza del pirosseno dee dar luogo ad lui forte so- spetto sulla loro natura vulcanica. 20. Questo sospetto diviene piii fondato se si ridetta all' altio pa»- sa) stalli di feldspato linipido e gialliccio , alcuni de' quali lianiio acqui- » stato uii aspetto terroso. ■» Siccorue il saggio descritto dal Brocchi esiste insieme alle altre rocce di quel catalogo iiella scelta e copiosa collezione mineralogica che il Parolini, egregio coltivatore dellc scienze naturali . ha formato nella sua casa iu Bassano , cosi il Marzari ha voluto coufroutare con esso la sua ossidiana di S. Crescenzio, e si e assicurato dell' identita di amendue le rocce. Le osservazioni pertanto del Marzari, combiuate con quelle del Dc-Buch e del Brocchi , c'in- ducono ad ammettere un passaggio reciproco del porfido che si e ; chiamato transltorio ai trappi pirossenici, alle ossidiaue porfiritiche ed alle necroliti. 21. Le uecroliti del Brocchi sono le niedesirae che le trachiti dei geologi francesi , i quali hanno dato il nome di trachite ( scabroso ) ad una roccia vulcanica , detta da Dolomieu lai>a petroselciosa , e che e composta principalmente di feldspato , e per conseguenza fusibile in uno smalto bianco un poco colorito. Se ne distinguono tre varieta , cioe la trachite litoidea, la vetrosa o semivetrosa, e la cellulare o sia la poraice ( V. D'Aubuisson, § 356 ). La tracliite presenta quasi sempre una struttura porfiritica , poiche contiene ordinariamente qualcuna delle segueuti sostanze cristallizzate , cioe feldspato, pirosseno , mica,amfi- bolo , titanio o titanio siliceo - calcarco , e talvolta anche il quarzo. (*) Il Brocchi ha dato il nome di Java necroZite e della Tolfa presso Roma, e di Montamiata ad una ruccia che egli ha licouosciuto esscic iicl Seuese , gri'cizzaiido la denoniinazione voU stata una lava che forma le alture all' est di gare di sasso morto colla quale suole indicarsi Viterbo, e che e analoga a quelladellaManziana in Montamiata. DI SCIPION'E BREISLAK. ai Attesa questa dcscrizioiie della trachite , e evidente clie il porfido cliia- mato euridco quarzoso del Tirolo e aucor esso una trachite , poiche (V. § 3 ) la sua pasta e I'eurite o il petroselce di Doloinieu che rac- cliiude molti Irammenti di quarzo. E siccome i porfidi euritici appar- teiigoiio ai tcrreni priinitivi , ai quali non si pud riferire il porfido tirolese sovrapposto al grovacco , cosi parini die per cvitarc ogui coiifusione di liiiguaggio sarebbe meglio il sostituire al noma di por- fido euridco quelle di trachite gia ricevuto in geologia. Se vorremo prendere la parola eurice nel suo stretto significato dijusibiie, si potra dare a questo porfido la denouiinazione di euridco ; ma giacche quelli che hanno adottato il tornune di eurite lo hanuo consacrato ad indicare una roccia primitiva , quella cioe che Werner ha chiamaio weisstein , ed Haiiy lepdniie ; cosi credo che sarebbe cosa piii acconcia il pre- valersi di un nome diverse, raa gia ricevuto, quando si tratta di una roccia di cui le circostauze geognostiche indicano una natura affatto diversa. Considero pertanto il porfido tirolese sovrapposto al grovacco come una vera trachite; ne sara inutile il conoscere come su questa specie di porfidi si e espresso I'osservatore de' vulcani pin grandi die si conoscano sul g4obo , quali sono quelli deirAinerica. Ecco cio che Humboldt tomato in Europa scrisse a Faujas, e che questi ha riferito nel secondo tomo de' Saggi geologici, pag. 45o. « lo sono interamente » del vostro parere, che i vulcani producano delle sostanze porfiriti- » che , e che il globo una volta ha sofFerto delle rivoluzioni vulcani- » che diverse da quelle de' nostri tempi. » Ne contento di ci6, con quella lealta che caratterizza il vero filosofo scrisse nella ReLazione storica del viaggio , tomo i.°, pag. i63 « che uno studio piii profondo » della natura , nuovi viaggi e nuove osservazioni fatte sopra i pro- » dotti de' vulcani in attivita avevano cambiato le sue idee , e che » gli semhrava sommarnente probabile che le ossidiane ed i porfidi » a base di ossidiana siano masse vetrificate, nelle quali un raffredda- » mento troppo rapido ha impedito che si cambiassero in lave {-)elrosc. » 22. Sara dunque possibile Torigine vulcanica di quel porfidi che si sono denominati di transizioae o secondarj F Per non urtare i priucipj di un sistema che , quantunque vacillante , pure conta ancora molti 2a SULL.i GI/iCITUR.V DI ALCUNE ROCCE ecc. cd illustri seguaci , mi coiitentero di dire che la ricouosco possibilc. Ma si potrii concepire una lava che abbia dato origine ad una uiassa cosi grande di materia , quale e cjuella del porfido tirolese ? Per for- marcene un' idea approssimativa facciamo il seguente calcolo. Si e detto nel § i che il bacino nel quale esiste il porfido ha 870 miglia quadrate di superficie : supponendo le miglia di 60 al grado , e dando a questo miglio la lungliezza di 98 1 tese, le 670 miglia quadrate corrispondono a5i,55o,857 tese quadrate : supponiamo pure che una volta la massa porfiritica abbia avuto da per tutto V altezza di mille tese, la sua solidita sara stata di 5 i,55(),857,ooo tese cubiche. Che sara poi se a qucsta massa si aggiungano quelle diramazioni dello stesso porfido che si trovano fuori de' confini dell' area suddetta e che formauo le siniili rocce porfiritiche indicate dal ]\Iarzari verso Marano e nella vallc di Non incontro al Mitterberg? Si potra concepire una fusione vulcanica corrispondente ad una cosi immensa quantita di materia ? 23. Ill primo luogo non siamo certi che in tutt' i punti dell' area menzionata esista questo porfido, giacche lo stesso Marzari ha rico- iiosciuto che nello spazio di 17c migha quadrate e mascherato dalle sonunita di rocce piii recenti : molto piii poi e esagerata 1' ipotesi che da per tutto abbia avuto 1' altezza di mille tese , giacche , come si e detto nel § 4, la sua superficie e molto irregolare; per consegueuza vi sarebbe luogo a diminuire quel nuraero grande di tese cubiche , il quale spaventa 1' imaginazione. Ma lasciamo pure che sussista : non veggo la uecessita di supporre una sola corrente di lava e di asse- gnare alia massa del porfido tirolese 1' origine di un solo getto e di una sola fusione. Se in quella contrada ha esistito una volta un vul- cano , le sue correnti di lave si saranno diffuse intorno ad esso , e possono avere dato origine a quei letti porfiritici che veggiamo al pi'csente c che c' imbarazzano per la loro posizione straordinaria , la quale dimostra che non sono i porfidi de' terreni primitivi. Le pro- loui co i ma altre volte pare dovuta ad una so- abbia dato uno sninlto bianco , non e qucsto » stanza miaerale dissemiaata io parti fiaissi- uafcuomeaouuovo,poiclieD'Aubuisson) tool. 2, » me," DI SCIPIONE BREISLAK. 29 la quale iramedlatamente si trasforma in un trappo pirossenlco. Ma cosa sono i trappi pirossenici e le trachiti ? Credo cli essere abbastanza mo- derato se dico essere assai probabile la loro origine vulcanica. 3o. \Jn osservazione niolto iiiteressante del Marzari e quella die si e riferita nel §17,6 die risguarda 1' alterazione die ha ricevuto il calcareo alpiuo in vicinanza del granito a ti'e dementi die gli e sovrapposto. Non sarii inutile il ravvicinare questo fatto ad alcuni altri analoglii osscrvati da divcrsi naturalisti, e conoscere le conseguenze die i niedesinii ne hanno dedotto. II Woigt nel Fiaggio mineralogico alle montagne deU'Assia ha os- servato die la base del Meisner e fonnata al sud da un' areuaria, ed al nord da un calcareo che riposa sull' arenaria. Sopra queste due rocce , ma piu particolarniente sull' arenaria, giace e si estende il car- bon fossile , su del quale e posto uno strato sottile di argilla , coperto dalle grandi masse basalticlie (*) , le quali vestono tutta la superficie della luontagna. Woigt si e assicurato che la parte superiore del car- bon fossile la piii vicina al basalte e stata alterata, in modo die si riconosce di avere sofFerto 1' azioiie del fuoco ; e piena di screpolature, e molto friabile ,_ magra , spogliata della parte oleosa , e quindi brucia difficilniente. Queste modificazioni penetrano piii o meno nella massa del carbon fossile , secondo die lo strato intermedio di argilla ha maggiore o minora altezza , e si riconosce che questa stessa argilla e alterata , cioe indurita e divisibile in barre. Le osservazioni fiitte da Woigt sul Meisner coincidono con quelle die sono state fatte da Arthur Aikin nello Straffordshire , e die sono riferite nel tomo 3.° delle Tian- sazioni della Societa geologica di Londra. Ivi si narra die nella nii- niera di carbon fossile di Birch-hille, all' occasione che si scavava un pozzo , si trovo alia profondita di ] 90 piedi inglesi uno strato di trappo alto 12 picdi ; die le sostanze piii vicine a questo trappo erano il gie, lo schisto bituminoso ed il carbon fossile ; che le due prime erano indurite ; la terza aveva perduto il suo biturae ed aveva acquistato una superficie iridescente. (*) Veggasi cio die si e detlo nella nota alia pagina %o sopra il basalte del Meisaer. 3o SULLA GIACITURA DI ALfiUNE ROCCE CCC. 3 1', n Woigt poc' anzi citato, nelle sue osservazioni sulla Blawkuppe, riferisce che im filone basaltico taglia gli strati dell' arenaria, la quale in vicinanza del basalte si ricoiiosce altei-ata , e che tale alterazioiie si diminuisce di mano in mano che una sostanza si discosta dairakra. Qucsto feiionieno nello stesso luogo e stato verificato ancora dall'Iiaus- nian , professore di Gottinga , il quale parlando rneco di tale fatto , mi soggiunse di avere riconosciuto che questa alterazioiie era del tutto simile a quella ch' egli piu volte aveva osservato nei pezzi di arenaria impiegati nella costiuzione de' forni fusorj del ferro. Queste alterazioni prodotte da una causa, la quale ha emanato certamente dal basalte, non possono essere attribuite che al fuoco , poiche il qnarzo si vede screpolato , le parti metalliche sono sublimate in den- driti , ed i noccioli argillosi sparsi nell' arenaria sono trasforniati in diaspro porcellana ( terniantide di Haiiy ). Gli stessi fenomeni sono stati osservati da IIofF nel Pllastei-kante presso Marksal, e da Steinsburg presso Suhl. Playfair (V. la nota 46 dell' opera Spiegazione delta teoria di Hutton ) riferisce che i letti sabbiosi e marnosi in vicinanza della celebre roccia detta Salisbury-Craig sono cambiati in una specie di petroselce o anche di diaspro, ed i due geologi Conybeare e Bukland {V. Bibtioteca iiniversale , aprile 181 8) hanno osservato lo schisto ar- gilloso canibiato nello schisto siliceo nel suo contatto col basalte. 82. Macculloch nella descrizione dell' isola di Muck parla dell' al- terazlone che il calcareo conchigliare ha ricevuto in vicinanza de' filoni basaltici dai quali e traversato , e nota tre fenomeni che raeritano molta riflessione : il primo h che la grana grossolana della pietra cal- carea in vicinanza del basalte diviene fina , mentre la pietra stessa acquista molta fragilita ; il secondo che nella pasta del basalte si veg- gono sparsi fraramenti isolati del calcareo stesso , ci6 che dimostra che dalle pareti della fenditura cadevano alcuni pezzi , mentre la fen- ditura medesima si andava riempiendo della materia che vi penetrava e che doveva essere in forma o rtuida o semifluida ; terzo che gli strati della pietra calcarea in vicinanza del basalte sono mossi dalla loro situazione originaria, il che indica uno sforzo esercitato dalla sostanza pietrosa che si ^ introdotta nella fenditura, FuiaLuente nella DI SCIPIONE BREISLAK. 3 I Memoria del Dottor Berger, inserita nel 3." volume delle Transazioiii della Societa geologica di Londra, si riportano parecchi esempi di alte- razioni die ha 3offerto la creta (*) presso il basalte : tra queste ac- cennero solo le seguciiti , cioe che vicino al contatto la creta diviene pietra calcarea cristalliua, di un colore bruno-oscuro , ed i cristalli sono iiitrecciati come nella calcarea priraiiiva a grani grossi, quindi prende una tessitura saccaroide e a grani minuti ; viene di poi una varieta compatta, cbe ha un aspetto di porcellana ed un colore tur- cliino-grigio , il quale diventa bianco-gialliccio ; e finalmente si mostra la creta nel suo stato naturale : quella che e stata aiterata e molto fosforescente quando si espone al calore , ed i nuclei silicei sparsi in essa prendono generalmente un colore grigio-giallognolo. Nella Me- moria di sopra citata si riferiscono le indicazioni di molti luoghi nei quali si pu6 osservare questo fenomeno cosi interessante, e nel quale e facile il vedei'e confermate in grande dalla natura quelle esperienze che il celebre Hall verso i principj di questo secolo eseguiva in pic- colo nel suo laboratorio , la conseguenza delle quali ( mi si perdoni il dirlo ) io aveva antiveduto sino dal 1798, allorche esponendo un'os- servazioiie fatta sulla pietra calcarea dell'Apennino vicino al Vesuvio dal raio illustre amico Thomson , che una immatura morte da molto tempo ha rapito alle scienze naturali , conclusi dicendo : « Vi saranno » dunque de' luarmi calcarei che non solo avranno sofferto 1' azione (*) L,i sostanzi delta volgarmente creta {clialk degr Inglesi, kreide di W. , calce car- honata a-etosa de' Francesi ), oltre la calce car- bonata, clie e la parte pL-edoiiiiaante, contieue alcune dosi variabili di magnesia e di silice. II suo colore ordinario e il biaaco, talvolta il grigio , molto di rare il bruno : e piuttosto leggiera, tenera al segno di potersi incidere coirungliia, e arida al tntto e si attacca alia lingua. Siccome in alcune parti del globo que- sta sostaoza occupa estensioni assai graadi ed ha alcuni caratteri particolari , sia per la sua maniera di gi.tcere, come pei fossili e per le sostanze organiche che racchiude , cosi 1 f tologi r lianno canuder«(a prodetta ck hba fbrmazione particolare, alia quale hanno dato il noiue di formazione cretosa neHa serie cal- carea de'terreni secondarj superior!: per quan- to mi h noto nella nostra Italia non e stata ancora osservata , e probabilmente non vi esi- ste, almeno in formazioai di qualclie estensione. Le formazioru cretose piii celebrl per la loro estensione , pei fenomeni die presentauo e pei lavori de' dotti geologi che se ne sono occupati sono quelle della parte settentriouale della Francia, e meridionalc dell' loghiUerra. Si conoscono ancora le formaiioai cretose della Galizia, dell' Ungheria , Pomcrania , Ze- landa e Crimea. iSa SULLA GIACITURA DI ALCUNE ROCCE ecc. » del fttoco , ma dovranno anzi al fuoco la loro attnale consistenza » e tessitura?)) ( V. Topografla fisica delta Campania, pag. SSy ). 33. Tiitti i naturalisti clie haiiiio osservato i fatti precedeiuemeiite esposti, haiino coiicluso die noii se ne pu6 reiulere una ragione suf- ficiente se nou clie suppoiieiido nel basalte o ncUa roccia { c|iialaiique essa siasi ) dalla quale e stata prodotta T alterazioiie una fluidita ignea; e percio hanno riguai'dato qiiei letti o filoni sia di tiappo , sia di basalto come correnti o parti di correnti di lave. Dovrenio dire dun- qne lo stesso ancora de' graniti moderni , de'graniti sovrapposti ? II fenomeuo della modificazione del calcareo in vicinanza di tale granito e identico ai fenomeni poc" anzi riferiti, ed il gxanito dell'Avisio passa alia trachite ed al trappo pirossenico ( V. § 14 ), rocce affini al ba- salte : quindi lascio che ciascuno formi quella congettura che crede secondo la sua maniera di vedere : m' ingannero forse , ma la con- seguenza parmi evidente. Ne tralascero di riferire il dubbio che si risveglio nell' aniino del De-Buch in Norvegia , allorclie osservando i porfidi , le sieniti ed i graniti di Christiania , la loro posizione sopra rocce che contengono le tracce di corpi organici ed i loro passaggi al basalte ed alle rocce pirosseniche (V. § 19 )i esclamo : « Sono io in Italia o in Alverana? » Pare clie esM conosceiido niolto bene le contrade vulcanizzate dell' Alvergna e dell' Italia, avrebbe do- vuto o adottare la conseguenza alia quale lo conducevano 1' aspetto de' luoghi e 1' analogia di alcune rocce , o indicare alraeno le ragioni per le qiiali se ne allontanava. IMa persuaso , come lo sono , della sua lealta e del suo amore per la vei'ita , rispetto i motivi che avra avuto per non proclamare apertamente un' opinione che abbastanza indi- cava col ravvicinamento de' luoghi clie sono pur troppo conosciuti dai naturalisti. 84. ]Meiitre per altro attribuisco a tali graniti un' origine vulcanica, ml guardero bene dal dire lo stesso del granito antico , di quello cioe che e sottoposto a tutte le altre rocce , che costituisce la base o il nocciolo di grandi catene di montagne , e la di cui formazione risale alia prima consolidazione della superficie terrestre , epoca nella quale penso che nou esistessero ancora i vulcani. Credo necessario DI SCIPIONE BREISLAK. 33 r insistere su qacsto articolo , poiche non ostaiitc cio clie piii c piu volte ho ripetuto in altre occasioni , scmpre si segue da alcuni ad attribuirtni ropiiiione clie i graniti , i poiTidi , ecc. siano stati lavC di vulcaiii (V. il 1/imestre di liiglio e agosto del 1819 del Ciornale tU Padova, pag. 297). Diro aiiclie di piii che i graiiiti deirAvisio sono affatto diversi dalle lave dette granitoidi di Dolomieu , di Faujas e di altri classificatori de' prodotti vulcanici. Le conseguenze che , a mio parere , si debbono dediurc dalle miove osservazJoni suUa giacitiu-a di alciiiie rocce granitose sono ; primo che questi graniti sovrapposti a sostanze pietrose de' terreni sccondarj fonnaiio una varietii di lava distinta dalle trachiti e dalle doleriti: quelli che si dilettano d'inventare nuovi termini le daranno quel nome che crederanno conveniente : il I\Iar- zari ha proposto il nome di granito terziafio : ma questo suppone un granito secondario , la di cui esistenza parrai assai problematica. Forse potrebbe convenire la denominazione di granito moderno o nuovo , la quale esprimendo un fatto posilivo , cioe la sua distinzione dal gra- nito antico de' geologi, non da luogo ad alcuna prevenzione sistema- tica ne sul modo della sua formazione , iie sulla sua eta relativamente ad altre i-occe. Se questi graniti moderni sono stati vere lave , come il coraplesso de' fenomeni pare che c' induca a pensare , possono ap- partenere a tutte le epoche non solo della geologia , ma ancora della storia. La scc«nda conseguenza che dobbianio dedurre e che le rocce granitiche possono aver partecipato alia fluidita ignea , opinione gia sostenuta da Pallas, da IliUton , da Beddoes , da Playfair, da Hall, ecc, € che e un corollario di quella ipotesi che ho proposto net 1 8 1 1 nella latroduzione alia Geologia , e di poi sviluppata piii diffusamente nelle Istituzioni geologiche , ipotesi , i di cui principali articoli ( se il mio amor proprio non m' inganna ) in vece di essere contraddetti , sono piuttosto confermati dai fenomeni die si vanno osservando, che combinano con parecchie osservazioni astronomichc sulla costituzione fisica di alcuni corpi celesti, e che con-ispondono ancora a molte de- duzioni di due illustri matematici , La-Grange e La-Place. Veggasi la Memoria del primo inserita nel Giornale di fisica ( marzo 1B12), e si veggano le Memorie del secondo riportate net volimii della Cono- scenza de tempi per gli anni 1821 , 1822 e 1823. Vol. III. p. II. 5 34 SULLA GUCITURA DI ALCUNE ROCCE CCC. 35. Un altro fenonieno niolto importante osscvvato dal Marzari b qucllo clie ho liferito nel § 16, cioe del passaggio del graiiito al serpeiuino , e della pvesenza dei filoni di serpentiiio nel calcareo al- pino dolla stessa coiitrada deirAvisio. Se si vuolc attribuire a quel granito la lluidiiii vulcauica, converra concedcrla ancora al serpeiitiiio , ci6 die al prinio aspetto seinbi'era molto strano. Ma se qualche vul- cano ha potiito prodiirre masse e letti di granito , non veggo per qual ragione nou abbia potuto dare origiiie ancora a' filoni di scr- pcntino. II calcareo alpino non e certo la roccia nclla quale sia so- jito di giacere il serpentino, il quale quando non esiste da se suole essere subordinato alle rocce primitive : ma le correnti di lave o le loro diramazioni s'insinuano dovunque trovano spazj atti a riceverle. Ne vi mancano degli esempi i quali ci possono rendere un poco pill famigliare 1' idea dclT origine vulcanica di alciini serpentini. Nel viaggio d' Islanda di Mackensie trovo riferito che gli strati di una roccia amigdaloide della montagna vulcanica di Akkrefell sono ta- gliati da vene di serpentino della grossezza di circa 4 piedi. £ note ai geologi che le rocce amigdaloidi appartengono alia classe de' trappi secondarj : quindi vi e tutta la probabilita che vene di serpentino , le quali forniano parte di una roccia trappica in una montagna ricono- «ciuta per vulcanica , abbiano avuto un' origine comune coUo stesso trappo , e che siano parti di un letto di lava. • Un' altra osservazione di molta forza e quella riferita da Maccul- locli nclla Desaizione delle isole occidentali della Scozia, tomo i.°, pag. 399 , dove narra che nel calcareo cristallino di Strath ha osser- vato due filoni di un basalte di grana fina , il quale avviciuandosi al calcareo diviene magnesiaco, e prende diversi colori, racchiudendo piccole masse e vene verdastre o turchinicce di una steatite o di un serpentino : questa e la cagione , aggiunge Macculloch , de' bei colori di questo marrao bianco , ed e una prova dell' intimita che esiste tra il basalte o trappo ed il serpentino. 36. L' osservazione fatta da Macculloch nella Scozia e molto ana- loga ad un' altra non ancora pubblicata, e che due giovani naturalist! miei amici, i signori Webb e Parolini, hanno avuto la compiacenza di m SCIPIONE EREISLAK. 35 corannicarrai, Sulla spiaggia asiatica del Bosforo sotto il castcllo detto de' Genovesi hanno essi osservato i trappi araigdaloidi passare ncl basalte colonnare prisniatico che contiene niolta steatite e die per mezzo di inodifitazioni , per cosi dire , insensibili diviene uii vero serpentino , il fjiiaie si dirama in forma di veiie nella vicina pietni calcarea che costituisce la inonlagiia detta il Letto del gigante. I basalti nei quali si osserva rji\esto curioso passaggio al serpentino sono una contiuuazione verso 1' est di quel gruppo basaltico che si trova de- scritto ed aiiche figurato nel Viaggio all' imboccarura del mar Nero del Generale Andreossi , c che ho inserito nel niio Adante geolosico . tavola 48. Ne sani inutile 1' osscrvare die il Cordier avendo esami- iiato e descritto i saggi raccolti in quelia contrada e trasportati a Parigi dal dotto Generale, concluse : ( V. la pag. io5 del citato Viaggio) « Tutte le rocce dure ( eccettuato solo il calcareo saccaroide presso » la piccola grotta di Kabakos ) esaminate al raicroscopio presentano M i piu decisi caratteri delle materie vulcaniche incontrastabili : tale » si e per esempio quello di racchiudere costantemente il ferro tita- « iiiato microscopico. « Finahnente nella lettera scritta dal Malacarne al Barone Isimbardi in maggio del 1818 si parla di una vera steatite e di un talco ora granulare ed ora lamellare die il Marzari ha osservato accorapagnare le mesotipi che si trovano in una roccia trappica di Alta Villa alia falda dei monti Berici, sulla sinistra della strada che da Vicenza con- duce a Verona. Abbiamo dnnque de' fatti i quali dimostrano che la natura ha prodotto alcune volte il serpentino e le steatiti con quello stesso modo di formazione col quale ha dato origine ai basalti ed ai trappi. Sopra questi serpentini d' origine vulcanica diro quello stesso che ho detto poc' anzi de' graniti che hanno avuto la raedcsima origine, cioe che non si debbono confondere con quei serpentini die appartengoiio ai terreni priniitivi, e che le osservazioni rilerite dimostrano solo che la fluiditii ignea puo combinarsi bcnissinio coi caratteri delle rocce ecrpentinose c niagnesiache. 36 SLl.LA OIVCITURA DI ALCUNE IlOCCi: OCC. 37. Volendo reiulere una raj^iouc tie' fcnomeni osscrvati dal Marzari nella parte sud-est del Tirolo c di altri analoglii ad essi verificati da alcuiii naturalisti in diverse parti del globo, parmi chc 1' ipotesi la piu sctiiplice e la piii coereiite alle operazioni conosciute della natiira sia f|uoUa di ricorrerc all' azione dc' vulcani sottoniariiii. £ certo che il marc una volta e giunto viciiio alia cinia dcUe alpi, e die il suo livello e stato 12 in i3 raila piedi piii alto di quello die e al pre- sente. Se dal fondo di cjuesto mare si e innalzato un viilcano , il quale sia stato attivo per qualche tempo, le sue correiiti di lave si sarauno sparse iutoriio alia sua base ed avranno forraato letti ed anclie strati di lave. Se dopo di essere stato attivo per alcuni anni, e sopraggiunto un intcrvallo di riposo , possono avere avuto luogo molte precipita- zioui, le quali hanno coperto i letti antidii delle lave. Dopo un lungo periodo di quiete, il vulcaao si e acceso di bel nuovo ed ha eruttato altrc lave die hanno coperto le pi-ecipitazioni e le deposizioni marine. Veggiamo brevemente se le parti di questa ipotesi corrispondono ai fenoiueni conosciuti de' vulcani de' tempi storici. 38. Le opere de' geologi non meno die dei viaggiatori sono piene di storie di vulcani sottoraarini , per conseguenza e inutile il tratte- nersi su questo articolo, sul quale sarebbe molto facile il compilare una lunga serie di fatti da aggiungersi per appendice all' opera di Raspe Specimen histories naturalis globi terraquei , prcecipue de noi>is e mari natis insulis. Per quello poi che risguarda la cessazione di ogui fenomeno appareute, non sono rari nei vulcani de' tempi storici gli esempi d'intervalli anche di secoli che alcune volte sono passati tra le loro eruzioni. Humboldt nella Relazione storica del viaggio, torn. 1.°, cap. 4, narra che il vulcano di S. Vincenzo, che resto tranquillo dopo il J 7 18, si accese di nuovo nel 1812, ed il Vesuvio che dopo il i5oo sembro affatto estinto, al segno che I'intei'no del suo cratere si era abbellito di una ricca vegetazione , s' infiamnio di nuovo nel i63i, presentando lo spettacolo di una delle piu terribili eruzioni ; e ri- guardo a questo vulcano e da notarsi chc la sua prima eruzione, men- zionata dalla storia, e quella che segui al tempo di Tito, cioe nel- r anno 79 della nostra era ; ma raolti e molti secoli prima era stato DI SCIPIONE BRE13LAK. 87 acceso ed aveva vomitato torreiiti tli lave. In fatti le strade dell' an- tica citta di Pompeja craiio state lastricate di graiidi masse di lave , e Strabone storico esatto e fisico eguahnente dotto in quell' epoca , contemporaneo di Augusto e di Tiberio , e quindi anteriore a Tito , parlaiido di quei luoghi dice , die la natura delle loro pietre e tale da potere congetturare die quel sito una volta fosse in conibustione ; ci6 che dimostra che al suo tempo si era perduta ben anche la tra- dizione delle antiche accensioni del Vesuvio. 39. Allorclie in una parte del globo si stabili'ice un vulcano , e molto frequente il case die si formino altre bocche ignivorae nelle sue vidnanze. I campi Flegrei in Italia sono una linea continuata di crateri accesi e spenti in diverse epodie, linea die dalla base degli Apennini di Castellaraare si estende sino alia spiaggia di Cuma ed all' isola d'lschia. Lo stesso dee dirsi del Vivarese, del Velese e di alcune parti deirAlvergna in Francia. Non e dunque inverisimile die mentre il mare copriva 1' attuale Tirolo, dal suo fondo sorgessero di- verse bocche di vulcani , le quali si propagarono in. quell' cstensione die ora appartiene alle colline del Veronese , del Vicentino e del Padovano , e nelle quali si veggono ora alternanti ed ora confusa- mente niescolate le deposizioni marine e le produzioni vulcaniche. Negl' intervalli di riposo del vulcano banno avuto luogo le deposi- zioni tranquille del mare, e se questi intervalli sono stati frequenti e di breve durata, avranno avuto origine molti, ma poco profondi strati di materie calcaree, i quali di poi saranno stati coperti da strati piu o raeno alti di sostanze vulcanidie, secondoche 1' eruzioni sono state pill o lueno copiose. £ stato ancora possibile il caso die mentre ac- cadevano le precipitazioni marine, il vulcano facesse qualche eruzioue, ed allora si avra un aggregato confuso di sostanze d' origine marina con altre d' origine vulcanica. Lo stesso mare col movimento delle sue onde ha potuto sovente unire e confondere in una massa quelle so- stanze incoerenti e terrose che si erano deposte separatamente. Nel Ciornale di fisica , tomo 26 , sono indicate alcune alternative di tali sostanze che Dolomieu osserv6 nella valle di Noto in Sicilia , ed il Marzari in quella parte del Vicentino ch' egU ha chiamato la Vol. m. p. iL h* 38 SULLA. CIACITURA DI ALCUNE ROCCE ecc. BergonzaC) ha deteiininato venddue cvidenti e sicure alternative di tufo, di basaltc e di calcareo secondario stratificato ( veggasi la lettera del Malacarne citata nel § 36 ). Che se poi tra le accensioni del vulca- no vi e trascorso un periodo notabile di tempo , allora hanno potato formarsi grandi deposizioni e precipitazioni marine, sulle quali si sono adagiate posterionuente le lave, quando il vulcano si e infiammato di niiovo. Ne dee recare sorpresa se le lave die un vulcano rigetta dopo un lungo intervallo preseutano quakhe differenza nei loro caratteri esterni. Tale differenza nel nostro caso non e cosi grande come po- trebbe sembrare a prima vista. Le eruzioni piu antiche del vulcano tirolese hanno dato origine ai porfidi che si sono situati sopra i gro- vacchi , le piu moderne ai letti di granito che si sono posti sopra le recce calcaree secondarie. Ma cosa 6 mai un porfido? se non che un granito , i di cui grani sono ridotti ad una somma piccolezza. La pasta del porfido e un granito compatto, ed il granito e un porfido, i di cui elementi sono cristalli aggruppati, ma visibili e di una gran- dezza tale che si possono riconoscere e distinguere. Se ( come ha scritto Cordier, pag. 27 della Memoria sulle sostanze minerali dette in massa), se dico e dimostrato che la materia interna delle correnti di lave , eccettuate le ossidiane , si cristallizza interamente pel raffredda- mento, potra risultarne si un granito, come un porfido, secondo la grossezza o piccolezza dei cristalli che si producono. 40. Giunse finalmente I'epoca nella quale il mare si ritir6 nel letto che occnpa al presente. Non voglio discutere la quistione , se dall' al- tezza di 12 mila piedi sia disceso in un colpo al livello attuale : io penso , come ho esposto in altra occasione , che tale discesa sia ac- caduta in diverse riprese, ma sempre con rapidita e violenza. Sup- poniarao che questo grande fenomeno abbia avuto luogo quattro volte : dunque ogni volta una massa di acqiia alta circa tremila piedi si e mossa con violenza , dirigendosi a quclla parte piii bassa che doveva occupare ; ha dovuto quindi smantellare e distruggere le montagne (*) 11 Mmznri lia iiiilicato col iionie di nilglia in jjiro , posto nel Vicentino al jnincipio Bergonza un gruppo di plccole altuie die di una vasta pianura che si estende diretta- racchiudono uno spazio non niaggiorc di lo mente dai monli de' Sette Comufii siuo al mare. DI SCIPIONE BREISLAK. 3<) de' vulcaiii clic iiicontrava nel suo passaggio , e trasportare seco le parti pill fragili e piii leggiere , cio6 le sostanze terrose, le scorie , le pomici, le cosi dette ceneri , ecc, le quali in balia delle oiide sono andate altrove a forraare depositi e strati argillosi e tufacci , e pene- trate dalla decomposizione e mescolate con altre sostanze hanno per- duto ogni carattere di vulcaneita. Le sole correnti di lave gia con- solidate in rocce dure e compatte lianiio potuto opporre tjualche resistenza all' urto immenso di masse cosi grandi di fluido , mosse con inolta velocita. Non e dunque cosa da sorprendere , se trat- tandosi di vulcani di epoche inolto remote , e che si sono innal- zati dal fondo del mare , i loro crateri siano stati scancellati e di- strutti. Sono raolti anni che Dolomieu esaminando i fenomeni della valle di Noto in Siciiia , e Fortis quelli de' colli Berici ed Euganei, ambedue conobbei^o la necessita di ricorrere all' ipotesi de' vulcani sottomarini. lo ho seguito le tracce di questi due illustri geologi , della societa de' quali piii volte ho avuto la favorevole occasione di profittare. Molte loro idee e molte osservazioni veggo che si vanno riproducendo vestite colla vernice di quel neologismo alia moda , il quale se ha fatto crescere fuori di misura il numero delle parole , minaccia ancora una confusione gi-ande nelle idee di una scienza la quale non potra progredire giammai con sicurezza e rapidita, fino a tanto die non se ne stabilisca il linguaggio. 40 SULLA GIACITURA DI ALCUNE ROCCE ecc. CONCLUSIONE. DoPO le Meniorie di La-Place die abbiarao citato nel § 84 , la fliiiditu noil solo della superficie , ma eziaiidio di tutta la massa del nostro globo iion si dee considerare come uii' opinione , nia come una verita dimostrata. Benclie la iluidita dei corpi dipenda serapre dal calorico , e per conseguenza da un principio comune a tutte le sostanze die hanno quejla forma di esistere, ci6 non ostante i fisici hanno distinto la fluidita prodotta dal solo calorico, e die cliiamano fluidita ipnea , da quella die e generata dal calorico stesso , in quantita proporzionata- mente minore, raa coll' azione intermedia dell' acqua : questa fluidita e denominata acquosa. Non parlo della fluidita gassosa , giacche que- sta puo essere risguardata come il massimo grado della fluidita iguea. In fatti i gas non sono clie combinazioni di principj solidi con una quantita cosi grande di calorico die sia sufficiente per dare ad essi la forma gassosa in proporzione della pressione alia quale soggiac- ciono. I naturalisti die hanno voluto spiegare i fenonieni della su- perficie terrestre con uno solo di quei due principj , cioe supponendo il globo nello stato di fusione o in quello di dissoluzione acquosa , lianno incontrato difficolta insuperabili. In ciascuna delle due ipotesi evvi qualche punto al quale e necessario 1' arrestarsi. Sono molti anni che viaggiatori dotti e coraggiosi vanno perlu- strando diverse parti della superficie terrestre, e sino ad ora in alcune sostanze pietrose non e stato possibile il rinvenire traccia veruna di corpi organizzati , mentre in alcune altre simili tracce sono pin o raeuo frequenti. Inoltre si e osservato che quando le sostanze appar- tenenti a queste due classi sono unite o vicine , le prime occupano la parte piu bassa , e sono sottoposte alle altre ( almeno questo e ci5 che accade generalmente ): per conseguenza la loro formazione e piu Dl SCIPIONE CREISLAK. 4 1 antlca. Dunqiie la saperficie attuale del nostro globo iion si e couso- liclata tiitta in un' epoca , e setnhra che vi sia stato uii tempo ucl quale i geraii de'corpi organic! noii erano ancora sviluppati. Panni die i fenonieni dc-lla prima epoca si possano spiegare fcli- cemente coU' ipotesi dclla Iluiditu ignea, e quei della sccoiida coU' ipo- tesi della fluiclita acquosa. Distiiigueiido le due epoclie , come pare chc le abbia distiiite la iiatura , cioe prima e dopo lo sviluppo dei germi organic! , iioii solo uii' ipotesi non distrugge F altra . ma ainbe- bue si sostcngono a vicenda , ed una supplisce ai difetti dcH'altra. Questo h cio die bo procurato di fare nelle fstuuzioni geolo{:ic/ie , dove, per quello clie risguarda il prirao stato della terra, bo cercato di spiegarne la fluiditii ignea primitiva per mezzo del calorico libero, ed il raffreddamento ricorrendo alle combinazioni del calorico di- venuto latente : pel secondo stato poi , quello cioe di dissoluzione acquosa , bo procurato di risalire , quanto le congetture lo permet- tono , air origine ed alia costituzione fisica del mare priraigenio. Allorcbe dunque si traita de' fenomeni generali della superficie terrestre , dobbiamo ricorrere ad uno de' suoi due stati primitivi , cioe a quello di fusione , o all' altro posteriore della dissoluzione acquosa , secondocbe esigono le circostanze de' luoglii ed i caratteri delle rocce clie formano il soggetto delle osservazioni , avendo serapre riguardo ai cambiamenti che banno potuto produrre nelle epocbe successive gli agenti o cbimici o meccanici. Ho detto allorcbe si tratta de' fe- nomeni generali, poicbe intendo parlare solo di quei fenomeni geo- logic! che si osservano nella raaggior parte della superficie terrestre ; vi sono per altro alcune volte de' fenomeni parziali , ristretti solo ad alcune contrade e che formano delle eccezioni alle conseguenze che si dovrebbero dedurre dalle due precedent! ipotesi. Se il complesso delle circostanze e le regole dell' analogia inducono a pensare che quei fenomeni non si possono riferire alia priraiera consohdazione del globo , e die hanno delle relazioni coi prodotti conosciuti dal fuoco , allora appartengono ai vulcani. Qui e dove ha luogo il vulcanismo, e su questa classe di fenomeni si potra disputare se abbiano ragione o torto quelli ai quali si da ii nome di vulcanisti. 42 SULL:V GIAC1TUR.1 DI ALCUNE ROCCE CCC. A misma ilic si niohiplicano le osservazioni, si conosce clie il niimero de' vulcaiii spciui t; niolto maggiore di qncUo die comuneraentc si erode , e pochi sono i viaggi de' naturalisti in paesi non ancora csa- raiiuiti da' gcologi , nei quali non si scuoprano nuove contrade vul- canizzate. Le sostanzc pietrose siuo ad ora coiiosciute , prodotte dai vulcani, hauuo loiiuato una classe di I'occe diverse dalle primitive, cioe da quelle che hanno partecipato alia fluiditci ignea originaria del globo : ma le osservazioni del Marzari , del De-Bucli e di altri che lio nominato nel corso di qucsta Memoria ci obbligano ad aramettere che i vulcani possono produrrc ancora dellc rocce siniili al granito , al porfido , al serpentiuo , cioo alio rocce appartcnenti alia consolida- zionc primitiva del globo. Come vi sono nella superficie terrcstrc alcuni fenomeni parziali di- pendenti dal fuoco , ma diverse dal primitive , cioe originati dal fuoco de' vulcani , cosi vi sono ancora altri fenomeni parziali che apparten- gono alTacqua, ma divcrsa da quella dell' antico mare , cioe aW acqua dolce. Questa classe di tcrreni la prima volta indicata ai geologi dal naturalista italiano Gualandris nel 1776 nelle Lettere odeporiche h siata di poi riconosciuta ed estesa da molti osservatori in diverse parti deir Italia , della Francia , dclla Germania , dell' Inghilterra , ecc. , in guisa die giustamente ha scritto il Brongniart, die la formazione de' terreni d' acqua dolce ha avuto luogo parecdiie volte ed in di- verse parti del globo , e die molte rocce calcaree debbono la loro origine a deposizioni consolidate in questo fluido. Aggiungero che coUe reccnti osservazioni di molti naturalisti queste lormazioui di acqua dolce si moltiplicano talmente , die vi e luogo a credere che abbiano ad cinulare un giorno i terreni vulcanici almeno nei grandi continenti. £ molto tempo die i naturalisti si occupano delle rocce vulcaniche , perche queste risultano da un genere di fenomeni che colpisce troppo i sensi : le formazioni d'acqua dolce al contrario non avendo cosa alcuna di sorprenilcntc , il loro studio non poteva essere che la conscgucnza ddle ricerclie piii minute e pin esatte de' geologi , e dimostra i rapidi progress! che ha fiitto la scienza. Goncludo dun- que con dire che siccome vi sono delle rocce calcaree formate I DI SCIPIONE BRIISLAK. 4.3 dalle acquc tlolci , e die lianiio una somiglianza cosi grande col cal- careo primitivo , die senza le circostaiize della giacitura e de' fossili che talvolta vacdiiiidono si potrebbero confondere col medesimo; cosi vi sono de' graiiiti, de' porfidi , de' serpentiiii prodotti dal fuoco dci vulcani , e die somigliano in tutto ai graniti , ai serpeniini , ai por- fidi che si trovano giaccre nei terreni priinitivi. Si dira clu; tra le lave de' vulcani moderni non vi sono ne porfidi , ne graniti , ne ser- pentiiii. Ma si ridctta die le lave moderne si raffreddano al contatto dell'aria, le aiiticlie si sono raffreddate in fondo al marc, e sono state esposte alia pressione di una massa immensa di fluido. Inoltre quanto tempo e die si studiano con attenzione i prodotti de' vulcani? Sono poclii anni die siamo convinti esservi delle lave in tutto simili alle rocce trappiche , basaltiche , ecc. , e questo stesso fatto , il quale e stato gia un gran passo verso la verita, da qnanti ancora si nega? Rispettiamo le opinioni di tutti , e lasciamo che le osservazioni , i viaggi ed il tempo conipiscano 1' opera. CONTRO LA NECESSITA ASSOLUTA DEL PRESENTE ORDINE DELL' UNIVERSO SOSTENOTA NEL LIRRO INTITOLATO SYSTEME DE LA NATURE DI PIETRO COSSALI. i3oNO pochi al presente tra' materialisti die peisistano nell' epicurea cecita di voler che gli atomi della materia di loro natiira esistenti , dopo essersi etcrnamente in varie guise mossi per I'iiifiiiito spazio, e dopo aver coniposte infinite mostruose combinazioni, finalmente sieno per mera casualita concorsi a formare quell' ordinata costante mole che e il mondo nostro presente. Ben intende la maggior parte dei materialisti stessi che il caso essendo la mancanza d' ogni cagione , uu puro nulla, non puo assegnarsi per origine d' un avvenimento reale tjualunque egli sia, e molto meno d' ua avvenimento si grandiose, si spleiidido, si mirabile qual e 1' armonica simmetria dell' intero uni- verse. Ma che? abbandonato il caso epicureo, si sono gettati i mate- rialisti ostinataraente ciechi al linne della verita neli' altro estremo , Vol. III. p. 11. 6 46 CONTRO L V NECESSITA' ASSOLUTA DEL PRESENTE ORDINE pretenJciido che gli atomi della materia di eterne meccaniclie forze per necessaria loro essenza forniti siensi eternamente per necessiti assoluta di loio natura cosi , come ora sono, combinati , e di tal guisa abbiano insierae lavorata quella jnacchina stupenda che iiicanta i nostri sguardi. Questo e il Sisteraa della natura nelT empio libro die portane il titolo con tutte le arti della inalizia esposto. Ma lo sguardo d' un sincere filosofo potrii egli mai ravvisare assoluta ne- cessita nel presente ordine dell' universo ? Un filosofo ragionatore potra mai persuadersi esser il presente ordine opera di cieche niec- caniche forze ? Priniieramente io diceva che non pu6 lo sguardo di sincero filo- sofo ravvisare assoluta necessita nel presente ordine dell' universo. Ed ognuno di vol coraprende che cosa importi necessita assoluta metafi- sica , determinata dalla natura degli atomi stessi che il presente or- dine compongono. Ella iraporta die non si possano concepire gli atomi disposti con altro ordine diverso dal presente senza distruggere la loro natura, e che il considerarli esistenti, ma smossi ad un tempo dal presente ordine , sia cadere in una contraddizione d'idee, essendo lo stesso presente ordine una necessaria inseparabile conseguenza del naturale loro essere, in' quella guisa medesiina die sarebbe una con- traddizione d' idee concepire la somma dei tre angoli d' un triangolo non gia eguale, ma maggiore o minore di due retti, essendo teorema assolutamente vero e necessariamente dedotto dalla natura del triangolo che i tre di lui angoli sommati insieme equivalgono a due retti. Or chi fornito di senno pu6 persuadersi die la stcssa strettissima intrin- seca e necessaria relazione passi tra la natura degli atomi ed il pre- sente fisico ordine , che tra la natura del triangolo e 1' uguaglianza dei tre angoli del medesimo con due retti? E quali sono le ragioni onde i sostenitori delle assolute necessita rimangono abbagliati? Sono, a parer loro, le determinate leggi die il presente mondano ordine costituiscono, e per le quali esso sussiste. 11 sistema planetario e tal- mente bilanciato merce le le2:";i dell' universale gravita e della forza di projezione , che non fia mai che soffra alterazione e cangiaraento : la stessa sari sempre la disposizione dei pianeti , le stesse saranno le dell' UNIVEnSO ecc. , DI PIETRO COSSALL 47 loro orbite , gli stessi i loro peiiocU , la stessa sara inoltre la costitu- zione, la figura, la giandezza, la densita di ciascuno in particolarc ; e quelle vicendevoli gencrazioiii c corruzioni per fine die iiella terra osserviamo, e per argoniento di analogia ossia di similitudine conghiet- turiamo accader pariinente in qualuncjue degli altri pianeti, seguiranno per gia scoperte cliiniiclie leggi di varie affinita o attrazioni che voglian dirsi, e di varie ripulsioni fra gli atorni a succedersi con perenne cir- colo. La natura adunque ha in s6 tali leggi per cui s' intende perche tale debba essere qual 6 al presente il di lei ordine , e tali leggi eternamente proprie delia natura sono quelle che eternamente e ne- cessariamente hanno formata la niacchina del mondo. Chi non vede per6 il miscro sofisma e 1' intervallo immenso che passa tra le pre- niesse e la conseguenza ? Altro e che determinate sieno , stabili , co- stanti le leggi del presente ordiiie ; altro che sieno assolutaraente ne- cessarie ; altro e che il rnondo sia per mantenersi qual e ; altro che per se stesso tal abbia dovuto essere; altro e I'effetto delle forze che conserva nella mole dell' universo I'equihbrio; altro e di tali forze r origine. II divino Newton , che fu quello il quale 1' ordine presente dell' universo e le forze e le leggi di esso c' iiisegn6 , ebbe a dire ( Math. Princ. lib. 3 , schol. gen. ) che i pianeti proseguiranno si per le leggi della gravita a volgersi nelle loro orbite, ma che iion poterono dapprima per tali leggi acquistare il regolar sito che hanno. Sebbene a dir vero la prima parte di questa proposizione che riguarda il co- stante rivolgimento dei pianeti nelle loro orbite non sia conforme a quel continuo ristringimento dell' orbita della terra che con molti de- gli astrononii contro il sentimento del signor De-la-Place ed altri inoiti sostiene il signor Leonardo Eulero , principe degli analisti del caduto secolo, e genio di sublimi ed utili invenzioni fecondissirao, e dir6 meglio incsausto nel suo saggio a difesa della divina rivelazione, opera che anclie non attesa la forza degli argoraenti deve per 1' au- torita ben sola dello scrittore essere di confondiraento a colore che per pompa di mateniatico e fisico ingegno la religione rnotteggiano e deridono; sebbene lo stesso costante rivolgimento dei pianeti nelle loro orbite non sia conforme alle dimostrazioni dei signor Carlo Eulero , 48 CON'TRO L.V XrCE5$ITA' ASSOLUTA DEL PRESENTE ORDINE figlio del lodato signor Leonardo , die le comete sconccrtano talora jl sistema nioiKliale. Vev le quali cose , Inngi dal ravvisarsi nel pre- sente celeste ordine una nccessita assoluta , ncppure il pronostico vi appaiirebbe di una diirazioiie invariata perpetua, ma per 1' opposto i semi si farcbbero vedere d' uu orrendo disordine e ritorno neiraii- tico caos. Cio nonostante le idee dei due Euleri come false si risiettino. e I'ordiiie attiiale de' corpi celesti stabile , uniforme ed a nessuu mi- iiimo cangiamcnto soggetto suppongasi ; entriarao pero iiell' interna originale di liii costituzione, e con diligenza esaminiamola per riscon- trarne la vantata assoluta necessita. Sei sono le parti che costituiscono il presente planetario sistema: il niimero dei pianeti, e vi comprendo ancora le comete, le loro masse e quella del Sole, le distanze di quclli da qiiesto, la forza centripeta o sia di gravitazione, e la forza di projezione die anche dicesi tangenziale , dalla composizione delle quali due forze risultano i movimenti dei pianeti intorno al Sole, e finalmente le rotazioni e dei pianeti e del Sole stesso intorno al pro- prio asse. Or in quale di queste sei parti fia mai che assegnino i ma- terialisti un' assoluta necessita? Undici sono i pianeti primarj, die co- minciando da quello al Sole piu vicino e per ordine salendo cliiamansi Mercurio, Venere , Terra, Marte, Vesta, Giunone, Pallade , Cerere, Giove , Saturno, Urano; vengono in seguito dopo immenso spazio le comete, die sono primarj pianeti anch'esse, benclie con altro titolo per la singolarita del loro aspetto , delle loro code , delle loro barbe si appellino , il numero delle quali non e ben noto. Si doraanda per- tanto ai raaterialisti per qual essenziale intrinseca ragione abbia ad es- servi necessariamente uu tale determinato numero di primarj pianeti, e non possa concepirsene un minore o maggiore? Piu, intorno alia Terra gira un satellite o sia una luaa ; intorno a Giove quattro ne girano, sette intorno a Saturno; intorno a Marte e Mercurio niuno che si sappia ; intorno a Venere si e avuto sospetto d' uno. Additino i materialisti Y assoluta necessita che ha costretta una porzione degli atonii a portarsi a formar tali satelliti, e con tal varieta nel numero. Se la natura ha dovuto osservai-e la legge di provvedere di un mag- gior numero di sateUiti i pianeti primarj piii distanti dal Sole, a fine I dell' UNIVERSO ecc. , DI PIETRO COSSALI. 49 di ripercuotere ad essi in maggior copia la solar luce, i.** corae si propose leggi di provvidenza una cieca natura? 2.° corae ne lasci6 seiBza Marte , e ne provvide di uno la Terra meno di lui dal Sole distante ? e le comete poi quanti satelliti aver non dovranno ? Inoltre Saturno di un doppio lucidissimo audio va circondato : eravi un' as- soluta necessita di tal anclio ? Se serve alia illuminazione di Saturno, i.° perclie non ne van cinte con piii diritto le comete? 2° ecco un' altra maniera di provvedere alia illuminazione dei pianeti primarj dal Sole piii distanti oltre a quella dei satelliti , e quantc altre ma- niere saranno egualniente possibili ! e la possibilita di raolte tra loro varie distrugge 1' assoluta necessita di alcuna in particolare. Diciamo per brevita unitaraente delle masse dei pianeti e del Sole, e delle di- staiize di quelli da qucsto. Del nnmero iufinito adunque degli atorai ci adducano i nostri matciialisti la naturale cagione che ha necessa- riamente obbligati tanti e non piii ne meno dei piii fini , dei piii mobili di loro a ragunarsi insieme e formar quel pelago di luce che Sole addomandasi ; tanti altri de' piii rozzi poi ha obbligati a slan- ciarsi pel planetario sistema in varie distanze dal Sole e con diffe- renti quantita ripavtirsi e diversamente addensarsi ; ed altri innume- rabili dell' una e dell' altra sorte salire alle regioni immensamente da noi distanti , e cola comporre moltissimi altri sistemi al nostro simile, moltissimi altri Soli , moltissimi altri pianeti di grandezza , di figura , di densita U*a loro differente. K autore del libro intitolato SisCema della natura confessa esser impossibile spiegare tali distribuzioni , rac- colte e disponimenti varj di atomi posti essi omogenei, e percio ete- rogenei li vuole, e si compiace di questo siio principio come di un gran pensamento e di una sicura base del suo sistema. La diversita , die' egli , delle cose mondane perche non pote ella risultare da na- turali cause, da una materia fornita di propria sua attiva virtii, merce di cui si muovano gli uni verso gli altri e vadano ad aggregarsi gli element! varj tra loro , uia nondimeno analoghi e si discostino gli uni dagli altri quelli che accoppiamento ricusano ? Ma primieramente io chiedero all' autore col gran Newton come gli atomi della materia per assoluta naturale necessita esistenti possauo concepirsi tra loro 5c coNino r.A necessita' assoluta del presente orpine dissiraili od eterogenei ? L' assoluta nccessita e incapace di varieta ; r assoluta neccssita dell' essere va essenzialmente congiunta col tal essere , e dalla stessa assoluta necessita non puo esser detcrininata la dissimilitudiue. Se diverse guise di essere coucepiscausi possibili a cou- nettersi coir assoluta necessita , nessuna di esse realmente sara di sua essenza connessa coU' assoluta necessita, poiche ritencndo 1' idea di questa assoluta necessita stessa , si potra all' idea di quella data guisa di essere tante altre differentissiine sostituirsene , e cosi il concepire diverse guise di essere connesse coll' assoluta necessita e formare un secondo concetto distruggitore del primo concetto di assoluta necessita. E quindi e clie tutti i buoni metafisici concepiscono 1' assoluta necessita, una, imniutabile, in determinata precisa guisa esistente , cio^ da deter- minati precisi attributi eternamente accompagnata , ed ogni altra de- terminazione essenzialmente escludcnte , e per questa parte sono pii\ toUerabili coloro die aramettono gU atomi della materia di loro naturale assoluta neccssita esistenti , tutti tra loro omogenei , che 1' autore del Sisteraa della natura clie li pretende eterogenei. Onde e vano il suo rifugio alia dissimilitudiue degli atomi per dispiegare la varieta dcgli effetti raateriali , ed in quella guisa cli' egli concede che la varieta delle cose materiali non pote risultare dalla materia omogonea, si do- mandera a lui come dall' assoluta necessita , una e la stessa in tutti gli atomi abbia potuto risultare la loro varieta, come qualita e forme differentissirae ed infinite negl' infiniti atomi siano egualmente pro- prie deir assoluta necessita? onde tanto diversi effetti di un' assoluta necessita, o se piuttosto si voglia, onde tanto diverse assolute neces- sita che un atomo sia di tal foggia , un altro sia di foggia diversissima ? Non ostante tali evidentissimi argomenti , si ammetta la dissimilitudiue degli atomi, e si supponga la necessita assoluta caoace di varieta; questa varieta io dico che sara senza limite : poiche donde verra liraitata ? non dalla assoluta necessita, perche si suppone capace per se stessa di va- rieta e non piii determinata ad un essere che ad un altro, e per conse- guenza non piii limitata ad un numero di variazioni che ad un altro. La varieta adunque degli atomi, della loro grandezza, della loro figura , della loro interna costituzione , delle loro forze sara senza limite , dell' UNIVERSO ecc. , DI PIETRO OOSSALI. 5 I senza misura, senza detoinunazione; ma d' altra parte ripugna clie at- tualmeiitc esista ci6 die uoii e per sao essere determinato; dunque una tal varietii indeterminata per mancanza d'uu priiicipio che la determiiii ripugna che attualmente esista. Che se pure si vorrk che esista, io do- mando in appresso come mai una varieta senza limitazione, senza freno, senza legge |M)Ssa contenere la ragion sufficiente d'un ordine con limite di estensione , con vincolo di parti , con Icggi di moviraenti , e come piuttosto di un ordine che di un akro, come per esempio di quello che era sussiste in cui le densita dei pianeti si computano essere in ragionc inversa delle loro rispettive distanze dal Sole moltiplicate coi rispettivi loro apparent! diaraetri piuttosto che di un altro ordine quahnique ? Dopo i metafisici raziochij potrebbonsi opporre all' autore del Sistema della natura le fisiche dottrine. Egli asserisce che la natura ha ragu- iiad insieme gli eleraenti varj , ma simiji, ed ha separati quelli che per troppa dissomiglianza non sono atti a star insieme. Secondo un tal sistema gli elementi onde sono composti i diversi corpi celesti sono dissimilissirai tra ,,■ . -'=^«?£^(_^ -'•^:--- /«» / Hi/ /// fiiiil III, fe ^'-*^'i^>iS^, ^■^ Kd.J r.w 1 v,^{ ]n f>„.j (n; i 'n \ '%... Kg-n. V \ '"""\ ^^^i^i^n'i^'''' '%>-' ALCUNE PROPRIETA DELLE RADICI DELL' UNITA DI PAOLO RUFFINL Ultre delle proprieta gia note, vanno le radici delle unita fornite eziandio di altre proprieta le quali, per quanto io sappia, non aveano gli autori preso per anche a determiiiare. II conoscimento di queste ukime servendo a perfezionare questo rarao della scienza , ed essendo certamente per riescir vantaggioso nei calcoli ove le potenze delle ra- dici deir unita si combinano coUa moltiplicazione fra di loro , ho giu- dicato esser cosa nou inconveniente 1' esporle al pubblico nella pre- sente breve Meraoria. I. Chiainate x, x, x"\ ecc. ac^"^ le m radici di un' equazione alge- brica determiiiata di grado m, e supposto che colle espressioiii Sx^x, ^x''x x\ 2x"x xV, ecc. si rappresentino rispettivamente le sornme di tutte le corabinazioni per via di moltiplicazione a due a due, a tre a tre , a quattro a quattro, ecc. di tutte le potenze aesime , besime ^ cesime , eesime , ecc. delle esposte x, x", x", ecc. x , cosicche fatto per eserapio m = 3, ed a = 2, 6 = 4, c=S, si nbbia X X^ =-XX^-*-XX^-*-XX^-*-XX^-*'X x^ ->-X X \ 2a_,4 5 '2 "A i"S 12 't'A "5 "2 '4 '"5 "2 '"A '5 '*'2 '4 "5 '"2 "A 'S X x^x = X X ^x H-x X ^x H-x x^x -*-x X Ix w-x x^x -»-x X ^x ; 68 ALCUNE proprieta' delle radici dell* unit a' dalla teorica tlelle equazioni si ha die, posti i nunieri a, b, c, e,/, ecc, iiiteii e positivi , dev' esseie in generale 2.x"x = zxzx —zx , (I) ^xxx = 2.r2xx— 2xx —zxx , X X XX = 2i» 2a; xx — 2a: .xx — 2a; xx — 2xa;a; , ecc. Inoltrc snpposto clie x'" — i = o sia 1' equazione data , e supposta r espressione 2x , sappianio per le proprieta delle radici dell' iinita dover essere essa 2x = m, oppure = o, secondoche responente k e, ovvero noii e, ugiiale o multiplo di m. 2. Supponiaiiio ciascuno degli espoiienti «, b, c, e, ecc. intero po- sitive e raiiiore di m , e supponiamo clie a;'" — i = o sia costante- mente I'equazione data, risultaiido percio 2x" = o, 2x =0, lix^^o, JSic' = o , ecc. dalle (I) vedremo agevoliuente ottenersi 2 a b -^ a- XX = — Z X hi a; X a; = i • 2 2 x ■ c XXXX = — i-2-o2x •, e in generale supposta la soraraa 2x''x x'x'x . . . . , nella quale le po- tenze aesime , hesime , ecc. delle x , x", x ", ecc. si combinino fra di loro ad r ad r, troveremo risultare X XXXX' . . . . = ± I • 2 • 3 • 4 . . . . (r— I )2x ' , dove si deve prendere il segno superiore se r e dispari , 1' inferiore se r e pari. .3. Gli esponenti a-<-b, a-^-b-t-c, a-^b-i-c ■*-e, ecc, a-t-b-*-c->-e-*-f, ecc. de' siiccessivi precedenti risultati o sono uguali ovvero multipli di m, o non sono tali. In quest' ultimo caso pel ( n.° i ) avremo sempre XX = 0 , 2 X X X = o , 2 X X X X = o , ecc. , 2 x x x x x . . . . = o , e nel caso primo avremo rispettivamente DI PAOLO RUFFINI. 69 2 a h XX = — m , 2 a h c XXX = I • 2 m , (II) 2 x'x xx' = I • 2 • 3 m , ecc. Sx"* xx'x^ .... — ± I •2.?i- ^ (r— \)m , prendenclosi quivi il segno colla regola del ( n.° prec. ). 4. Vogliasi a — b. Dalla teorica delle equazioni sappiamo che in que- sto caso i valori delle somme 2xV = 2(xx)V, 2(xx)Vx', ecc. sono i medesitui (I) del ( n.° i ), ma divisi per 2. Nell' ipotesi di a=zh = c i valori delle somme 1{xxx)'', 2{xxxfx\ ecc. sono gli stessi (I) divisi per 2 ■ 3. Quando si ponga a = b — c = e, i valori delle 2(xxjcx)°, ecc. sono i soliti (I) divisi per 2 • 3 • 4 , e cosi in progresso. Dunque nelle supposizioni del (n.°2), e mentre si ponga essere la somma 2a, op- pure la 2a -4- c , oppure la 20-*- c -*-e , ecc. uguale o multipla di m , avremo in corrispondenza 2(xx) = - — , ^xx)x = — , 2(xx)xx = —, e in generale avremo (xx) xxx' . . . . = ± 5 i^ L_ ^ ( n." prec. ). Che se, tenendo conto per maggior brevita tra i risultati (II) del solo generale, si voglia uguale o raultipla di m la somma 3a -^ e -+-/-*- ecc, oppure la 4a-t-/-4- ecc, ovvero la ha-*- ecc, avremo in corrispondenza 2(XXX) XX.... = ± „ ^ (III) 2(xxxx)''x' . . 2(xxxxx)'' . . . \m 2- 3 ■ » ± 2' ■3- 4- •('■ —\)m 2 •3 •4 > -4- 2 .3 .4. 5, ('•- i)m 3 • 3 • 4- 5 ecc. AUorquando poi le somme 2a-t-c-^- e-*-/M- ecc , 3a -t- e -*-/-»- ecc. , 4a-t-/-*- ecc. , 5a -^ ecc. ecc. non sono ne uguali, ne multiple di m, ciascuno degli esposti risultati pel ( n.° prec. ) sara zero. VqX. III. P. 11. 9 70 ALCUNE puoprieta' delle radici dell' untta' 5. Per le note proprieta delle radici dell' unita , nell' ipotesi di g numero intero, essendo x*"'*''= x" , nc segue che se avremo una som- ma '2x"x'"x'"" . . . . , nella quale sia K = gm -*- a , H' = gm -t- b , h'" = s'rn ->- c , ecc. , essa equivarra pienamente all' altra 2x"xV.... Dunque hx supposizione die in una qualunque delle preccdenti somme , per esenipio nella 2.r".r x'x'x .... ciascuno dcgli esponenti sia non niaggiore di tn , e affatto generica , poiche a questa sempre si ridu- cono tutti i casi nei qiiali gli accennati esponenti si volossero in tutto o in parte maggiori dello stesso m. Quindi le equazioni (II) si verifi- cheranno ancora , mentre gli esponenti a , b , c , ecc. si vogliano o tutti o alcuni fra lore maggiori di m; purche niuno di essi sia uguale o mnltiplo del raedesimo m. Cosi si verificheranno eziandio le equa- zioni del ( n." 5 ). 6. Chiamato k un intero positivo qualunque , nella 1x''x' = — m ( n." 3 ) , ove a , b sono due luimeri ne uguali , ne multipli di m , si ponga b = km — a. Potendo k acquistare infiniti valori diversi , dalla espressione 2x"x '""" avremo in infiniti casi diversi lo stesso valore — m, Sia per esempio m = 5 , nell' ipotesi di k = \ , otterremo Sx'x'* = 2x^x = — 5 ; quando si pone k = 2. , risukera '2x'x'^ = 2x^x = 2:c~'x^ = 2x'*x = — 5 , e cosi in progresso. Sia m = 8 , ne verra , facendo k= \ , 2.x-'.x^ = ^x^'x' = 2xV = 22(xx)^ = - 8; facendo k = 2 , avremo 2x'x'^ = 2x\x'^ = 2x^x'^ = 2x^x" = 2xlx" = 2x*'x'° - 2x'x^ = - 8 , e cosi di seguito. Nella 2.x"x x*^ = 2m, ove come a, b, cosi anche c siano ne uguali, n^ multipli di m, si faccia c = km — (a-*-b). Giacche si puo qui ancora attribuire a k infiniti valori diversi, ne segue che ancora la 2x''xx'^ potra in infiniti difFerenti casi risultare = 2m. Posto per esempio m = 7, sia /; = I , ne verra 22x'x'x^ = 2x'x'x^ = 22x'(xr)^ = 22(xx)'x^ = 14 ; DI PAOLO RUFFINI. 7 1 abbiasi in secondo liiogo k= 2. , risultera 22(xx)V'= 2x'xV' = 2a:'xV°= 2x'a;V = 2x'a;V = 2 2(xx)V° = 'Sx'x'x'^ = 2a;^a;''x = 2 2.t'(.tx)'= 2 2(a;x)x = 2x a; ac = 22(a;x)'*x = 22x''(xx)' = 14, e cosi di segiiito. Ponendo nella ^x'x x'x' = 2- 3m, dove niuno degli esponenti a, b, c, e uguaglia od e inultiplo di m, , responente e = km — (a -y- b -*- c) , vedremo in eguale maniera verificarsi la posta equazione in inBnite guise different i. Lo stesso si dice riguardo a tutte le altre equazioni (II). 7. Ritenuto ciascuno dei numeri b, c, e, f, ecc. ne uguale , ne multiplo di m , sia a = m. Non avendosi 2x"' = o , ma bensi 2.1;'" = m ( n.° I ), non potremo gia dire che risulti '2x'"2x x'x'x . . . . = o, come nel ( n." 2 ) si disse di 2x''2x xx'x^. . . . ; ma avendosi 2.x x'x'x.... = q= i • 2 • 3 • 4 .... (r — 2)2x ■^'^■*-'*l-*-''-<- ^ijO 2), ne verra 2a:"'2xVx x^. . . . = ^:- 1 • 2 • 3 • 4 . . . . (r - 2)m2x*-^'*'*'^*'"- Dunque pei ( n.' 2, 5) risultando 2x'yxVx^.... = ±i.2.3.4....(r-i)2x'"^'^*^-*""':Fi-2.3-4....(r-2)m2x*^'-^^"'"% ne segue che quando b -*- c -+-(?-*-/.... sia un valore uguale o multiplo di m, allora avendosi ciascuna delle 2xx'^x'x . . . . , '2x"^x x'x'x^ — = m , risultera 2x'"xxVx . . . . = ± 1 -2. 3*4 .... {r—\)m^ i •2-3-4 .... {r-%)rri, e per6 2x"'x xx'x... . = ± i •2-3-4 (r— 2) (r— i — m)m. 8. Denominato i^*'^' il valore ora deterrainato l-2-3-4....(r-2)(;-l-m)ni, e supposto che le espressioni F^''~^\ F''''~^\ ecc. rappresentino ci6 che esso valore rispettivameute diviene allorche in luogo di r si coUoca r-i, r-2, ecc; suppongasi a = fc = m, ciascuno degli altri esponenti c, e, /, ecc. sia ne eguale , ne multiplo di m , e sia finalraente uguale o multipla di m la somma c •*- e •*•/-*- ecc. Pei ( n.' 1,4) abbiarao 2(xx)"'xVx^. . . . = i( 2x"'2x'Vx'x^. ... - 2x^Vx x^. ... - 2x'V* Vx^. . . . — zx XX x'.... — 2x xxx' ....— ecc); 7a ALCUXE proprieta' delle radici dell* unita* inoltre pel ( n.** 5 ) si ha zx xxxr....= zx X xx'....= 2.x XX x\...= zx xxx^ ....=-ecc. •^ rn c f f = zx X x x . . . . ; e finahuente essendo r — i il numero degli esponentl m, c, e,/, ecc, pel (n.^prec.) abbiaino 2.r"'xVx .... = ^:i^^'^~'^ Dunque sostituendo, otterremo 2(xx)"'xVxf. . . . = q= i(mF<^->- F^'-)- F*^-'- F<^-'>_ ^C-'U ecc. ) ; ma questa F*''"'^ viene evidentemente sottratta nell' espressione ora ottenuta dalla mF'-'"'^ le volte r — i. Dunque sara e posto in vece di F*"^"'* il suo valore , otterremo .'^/ m. 2(xx)'"xVa;^.. .. = ±i-i-2-3-4.... (r— 3)(r— 2— m)(f— l— m) 9. Supposto questo valore |l •2-3-4....(r-3)(r-2-m)(r-i-m)m =F^'^^, e supposto che si espriraa per F'"""'^ ci6 che esso diventa quando in vece di r si coUoca r — i, vogliasi che sia a = b = c = m , e gli altri esponenti e , /, ecc. non siano uguali , ne multipli di m , ma tale sia la somma e -»-/-♦- ecc. Essendo pei (n." i, 4) ^xxxy"xV. ...= -^ [2^x"'2ixx)"'x'xL. -22x''VVa:^....- 22xWx^.... — 22(xx) X X — 22(xt) XX .... — ecc. J , e pei ( n.' 5 , 3 , 8 ) e per la denominazione ora stabilita essendo 2x^VxV.... = 2x'Wx^.... = 2x'W*'"x^.... = 2(xx)Vx^*'".... = ecc. = 2(xx)'"xV.... = q:F/'-'>, ne verra 2(xxxrxV.. . . = ^ I [mF/'-')- (r- 1 )F <'-^] =±\{r- 1 -m)F/^-'>, e per6 2(xxx)"'xV.... = ± ^ • I •2-3-4 .... (/•-4) (r-3-m) (r-2-m) (r-i-m)m. DI PAOLO RUFFINI. 78 10. Chiaraato F^''^ il valore ora trovato, ed F.*''"'^ ci6 die esso di- venta, mentre si^olloca r— i in vece di r, abbiasi a = 6 = c = e = m, e gli altri esponeiiti /, ecc. tutti disuguali e non multipli di m , essen- done per6 uguale o multipla la somma /-»- ecc. Poiche si ha ^xxxxTxf. ...= -^ [2 • 32x'"l(xxx)"'x^. ... - 2 • 32jc^'"(xx)'"x^ -2-3 lxV'x"'x^. ...-2.3 2(xx)Vx^. ...-2.3 lixxxfx^*'". ... - ecc. ] , e pel ( n.° 9 ) si ha 2(xa::c) x'. . . . = 2a; (xx) x' ■= 2,x x x x'.. . . = z{xx) x x'... . — 2(.rxx) jc' .. . . = ecc. ^ zp Jt ^ '\ risulter^ 2(rxx.r)"'x^. . . . = zp 1 (mF.^'' '>- F/-'>- F/""- ecc.) = q: i[m-(r-i )]Fj^-'>, e perd 2(xxxx)'"x .... = ± — ~— • i-2-3-4....(r-5)(r-4-m)(r-3-m)(r-2-m)(r-i-m)^. 11. Nella maniera raedesima trovererao essere 2(xxxxx)'".... = ± —^ = • i-2-3-4....(r— 6) (r— 5— m)....(r— I— m)/ra, mentre la somraa degli esponenti residui ai primi cinque sia uguale o multipla di m, e tale non sia ciascuno degli esponenti. In generale se, ritenute riguardo agli esponenti residui le supposizioni precedeuti, i primi in numero di q siano tutti = m, si vedra dover essere la somma corrispondente , che per semplicita maggiore dinotero colla sola lettera (^) ^ = - ..a-3....g- l-2.3.4....[r-(9-.l)][r-g-m][;-(9-i)-mjX [r-(5r-2)-m] [r-2-m][r- i-mjm. I?. Conviene quivi riflettere in primo luogo che, se mai si vuole ?>'■— 2, dovra essere q—r^ affinche nella (IV) il valore della som- ma 2 sia quale 1' abbiamo ivi trovato. Imperciocche se si volesse 9 = r— I, allora degli esponenti residui ai primi q non essendovene che un solo, questo non potrebbe da se solo soddisfare alle due cou- dizioni essenziali all' esistenza dell' accennato valore , perche dovrebbe 74 ALCDNE proprleta' delle radici dell* unit a' essere nel tempo stesso multiplo o nou raultiplo di m , il che h im- possibile. « i3. In secondo luogo i fattori I, 2, 3, 4, ccc, r-(q-*-2), r-(q-^i)r-q, r-(q-i), r-(q-2), ecc. nel immeratore del precedente risultato (IV) deggiono , pel modo con cui sonosi formati ( n.' 2, ecc. ) , essere tutti positivi , coniinciarc dall' i e progredire secondo la serie dei nuraeri natural! fino al nuraero r — i. Quindi se mai si viiole , per esempio , q = r—3, oppure q = r — 2 , couverra cominciare rispettivamente dai termini r — {q -*- 2), r—(q-*-i), perclie son essi che nelle supposizioni ora fatte divengono = i. Che se si volesse q =r, allora non diventando = I che r — (g — I ) , devonsi trascurare tutti i termini anteriori , co- minciare dal termine r—{q — i)—m e progredire innanzi. Sia per esempio r — j^ 9=3, ne verra 2 = -<- — ^ • I •2-3(4 — m)(5 — m)(6 — m)m. Sia r = 6 = 9 , avremo In generale il precedente valore (IV) , nel caso di q — r , diventera _, (i — 7rt)(2 — m)(3 — m) {r — 1 — m)m = 5 » 2 • 3 • 4 . . . . r ma il numeratore di questa frazione si riduce alia forma rt m {m— i ) {m — 2) (m — 3) . . . . [m — (''— i )] ' prendendosi il segno superiore quando r e dispari, I'inferiore quando r e pari. Dunque colla sostituzione otterrerao ^, v» 7»(m— I ) (to — 2) (m— 3) [m — (>• — i)] z(xxxxx) . ... = — ^ — 5 — ; • Che se si voglia aucora r = m , allora nel caso che anche q sia =r = m, da quest' ultima formola apparisce che il valore della nostra somma 2 diviene = i ; nel caso poi di 9 y'^ fj. -^ 3M.3,'. fX -t- Z"*^* ■4-/X -^ ecc. -4- )a""<"'- ')*. -4- 3 ^1, ■+■ ecc -4- //<"'- )\ 3ci-^nb 3a yx =/A -4-ec. Sia a -t- fe = ^i , onde risulti 2x"x = — m ( n.° 3 ). Avendosi da cio //. = /A = I, ne verra /x = /x X/x = jix , e pero tutte le potenze della /x nella prima linea del valore ora esposto della '2x'x si ridur- raiino alle /x , }j^ , /x , fjr, ecc. /x*'""'^*. Poiche si ha fj^"*^'' = jx'" = i, le potenze della jix nella seconda linea si ridurranno corainciando dalla 1 aa.^3^ ^11 A ai 3A (/rt — 2) I ^ • 2a.+>& seconda /x alle /x, /x , /x , ecc. /x' ', e la potenza prima /x ridiicendosi alia /x^^"* ^~ , sara = fT = }j:"'~^^, perche //' = i . Nella riga terza abbiamo /x ""*"'* = /x ^"^ )* =/>(•; dunque cominciando dal termine terzo , i termini successivi ivi contenuti diverranno /x , /x^ , /x^ ecc. /"-^^ ed essendo il termine primo /x^"** = ^3(a*i,-2A _ ^-.4^ ed il secondo /x = j^ = JJ- , essi diverranno /x , /j<. . Cosi proseiruendo si vede che le potesta contenentisi in ciascheduna delle linee orizzontali della (V) si riducono tutte alle fx, fj.^ , fx , ecc ^("'-1)4. jjjg^ ^jjIJ iji^ee sono evidentemente di numero m. Dunque avremo XX = n3(/x -t- /x -4- /x -*- ecc. -•- /x ) = — f^- Perche poi m e numero primo , e 6 e diverse da m , i valoi'i delle potenze )x , jx^ , fj. , ecc. /x'"'~'^ altro evidentemente non sono che i valori ju,, /x\ /x , ecc. fx"~\ perche dividendo ciascuno degli esponenti b, 26, 36, ecc. (m — 1)6 per m, i residui che si ottengono da queste division! altro sappiamo non essere che i nuraeii i, 2, 3, ecc. (m— i), con qualunque ordine poi esse risultino. ly, Pongasi che m sia un numero composto. Non tutte in questo caso , ma alcune soltanto tra le radici della x'"— 1 = o avendo la pro- prieta che elevate alle successive potenze somrainistrano tutti i valori x\ x", x", ecc. x'"'^ = I , da una di queste alcune soltanto, chiamata essa pure /x, potra ottenersi 1' equazione (V), e quindi 1' altra 2 a b / b 2b 34 («i— i)4v XX = ni{)x •*- fx -t-|x •+■ ecc. -»- /x ' ). DI PAOLO RUFFIM. 77 Ancora poi in questo caso trovercmo che ogiii volta b sla numero pnmo con m , le potenze fj., fj. , /j. , ecc. /x tutti somministrano i valori /a, ju', /x\ ecc. )u,"'~', non accadendo simile determinazione quando b ed m siano tra loro composti. r8. Mentre abbian luogo le ipotesi del ( n.° 16 ), niuno degli espo- nenti della /a nella (V) puo essere uguale o niultiplo di m. Chiaraato di fatto cca -+■ j36 uno qualsivoglia di tali esponenti , poiclie abbiamo aa -*- ^b = a{a -*- b) -*- (jB — a.)b , ed a -*- b e divisibile esattaniente per m (n.°i6), ne segue che se si volesse a,a -*- fib uguale o mul- tiplo di m, tale dovrebb' essere ancora (j3 — a,)b; ma tale non e b ( n." 16), tale non puo essere /3 — a , perche tanto j3 , quanto a so- no > o, e non > m ; e finahuente m e numero prirao ( n." 16). Dun- que ecc. Troveremo agevolmente verificarsi la proprieta medesiraa an- che allorquando sia m numero composto, mentre per6 i numeri a, h siano prirai con esso m, e /j. indichi una di quelle radici della x" — i = o, che si sono accennate nel (n° 17). 19. Siano ora i due numeri m, a composti fra loro, e supposto r intero n > i comune lor divisore , sia m = np , a = nq. Avendosi a -*- b = km ( n.° 16), e pero b = n(kp — q), dovra anche b essere di- visibile per n esattamente; e cio essendo , io dico che in ciascheduna delle linec dell' equazione (V) uno per lo meno degli esponenti della jbt dev' essere uguale o multiplo di m. Supposto di fatto che m si con- tenga in b le volte h, e ne resti I'avanzo e, essendo questo e >• o , e ■< m , onde si abbia 6 = Am -•- e ; dovra essere anche questo avauzo divisibile esattaraente per n, e posto quindi e = nr, avremo b = hni -*- nr. Ora la serie degli esponenti della /x in ciascuna delle linee della (V) ridncesi pel dimostrato nel ( n.° 16) alia b, 26, 36, 46, ecc. (m — 1)6, ed il numero/) del prodotto np = m , per essere > e , ed insieme < nx, e necessariamente uno dei coefficienti i, 2, 3, 4, ecc. m. — i, della b neir esposta serie. Dunque sara pb un termine della serie medesiraa ; ma abbiamo pb = hmp •*- npr = {hp -*- r)m numero divisibile esattamentc per m. Dunque ecc. Abbiano i numeri m , a quanti si vogliano numeri loro comuni divisori , e chiamati n, n", ri" tanti numeri prirai tutti > i, abbiasi Vol. 111. p. II. . 10 78 ALCUNE PROPRIETa' DEIXE RADICl DELL* UNITA' m = n'n'n'p, a = nn'n"'q , e trovandosi qui pure dover essere nel valore hm-*-e = b Tavanzo e divisibile esattamente per n'ri'n", si pon- ga e = n'n'n'r. Essendo ciascuno dei prodotti n'n'p, nn'p, n'n'p, n"p, n"p, rip, p <^ m , e tutti disuguali fra loro , non sono essi evidente- mente die taiiti nuraeri tra loro diversi della serie i, 2, 3, ^, ecc. m — i, e quindi i prodotti pb , npb , n"pb , n"pb , n'n'pb, n"n"pb nou sono clic tanti termini della serie b, 2b, 36, 46, ecc. {in~\)b; ma per essere pb = phrn -t-pe =^ (ph -*- r)m , npb = np{hm -*- e) = (n'ph -*- n'r)m, li'pb = (ri'ph -t-n'i)m , 11 pb = (ri'ph-*-n"r)m, rin'b = (n'n'ph -*- n'n"r)m , n'n'b = (n'riph -*- riri r)m., li'n'b = (n'riph -*- n"n'"r)m , tutti gli esposti termini pb, npb, ecc. n'n'pb sono divisibili esattamente per m. Dunque nell' ipotesi presente esistono in ciascuna delle linee deir equazione (V) tanti esponeuti multipli di m quanti sono i fattori di questo m diversi dal medesimo m e multipli di p. 20. Nei casi del ( n.° 18 ) niuno degli esponenti della /x nella (V) essendo uguale o raultiplo di m, niuna delle potenze di essa /x potra evidentemente pei ( n.' 16, 17) essere =1. Nei casi poi del (n.^ig), mentre il valore di ju. venga scelto giusta il ( n.*' 17 ), in ciascuna delle linee della (V) esisteranno precisamente tanti termini uguali all'unita quanti sono i fattori di m accennati nel citato ( n.° 19); poiche corrispondentemente a ciascuno di essi 1' esponente della ju, e raultiplo di m. Nei casi del ( n.° 18) le successive potesta della ju in ciascuna delle linee della (V) tutte somministrano le radici della ac" — I = o , a riserva dell' unita. Ma nei casi del ( n.° 19) in ciasche- duna delle citate linee della (V) non si contengono che alcune delle accennate radici della x'"— i = o. 21. Pongasi nuovamente , come nel (n.*'a6), m nuraero primo ; esprimansi dalle a, 6, c tre numeri disuguali fra loro, disuguali e non multipli di ;n , e si rappresenti colla /a una qualsivoglia delle radici della x'"— 1 = 0, toltane Tunita , onde le successive potenze />. , ju.% /x , JU.'*, ecc. fx'~\ JU," tutte esprimano le radici della x"— i = o medesima. In conseguenza di queste supposizioai avremo evidentemente .f DI PAOLO RUFFINI. 79 2a; X X = fJ. ■*• p- ■*- h •*• ecc. -*- fj. = /*^*, -t- /J. -*- fj. -*- H- -^ ecc. -*■ fj. = a* 34 -*• fj. ^ -*- jj. ^ -*- fj. ^ •*• ecc. -*- fj. ^ = fX ^, ecc. -*- fj. — fj, -*- fj. -t-/A^-4-ju. -*- ecc. -*• /M ^ '^j 2a.4.AH-3<: 2a+A-#-4C aa»+.A.t.5c 24i.4-A-f f/u: la+b 2rt4-3ft-*'(" aa.4-3A.#.4f 2a-#.3A.t«Sc 2a>4.3A.t •i- fx ^ -*- jx ^ -*- fx ^ -*- ecc. -^ fx ^ = fx ^ , ecc. /ttty aa+mi-fc 2<■ -*- ecc. -^ /j(. ^ ' 3a.*i*af 3a+4.«.4C 3a.«<4-h54f 3a*2i+5c Sa-Hai+mc .3a.+-i4 -♦-/A -*- fX -*• H" "** ecc. -»- /A = /"A 3a+4A+f 3a+4i+ac 3a+44+5c 3a.^44H■mc 3a't-/J> •*• jj. ^ -*• fx ^ -t- fx ^ -F ecc. -♦- /A ^ = /A ^ ecc. Sa+mi + c 3a-4.c 3a + ac 3a■^4<; Sa-fiSc Sa-t.(m-]>! .♦-/A =/A -F/A -4-/A^-I-;A -H ecc. ■*- iX ' ecc. Abbiasi a-*-6H-c = tm, e risulti perci6 2a;''x.x'= iim ( n." 3 ) : a questo numero i • am si uguagliera ancora la sorama delle potenze della [x che si soiio trovate nella precedente equazione (VI). 22. Ritenute tutte le supposizioni del ( n.° prec. ) , io dico che in ciascuna delle linee che formano il secondo membro della (VI) esiste sempre un termine uguale all' unita. Prendendo da prima a considerare la prima linea , osservo che in essa uno qualuiique dei termini pub esprimersi per yu.""*"^ *^\ men- tre p rappresenti un intero > 2 , e non > m. Ma si ha a + 2b.t-p<: (a-t-b-t'C)^hb.t-(p-i)c km.^■b.h(P—l)c A-».(p— I)c fX '^ = fX ' ^ ' = IX ^^ ' = ^ ^'^ ' , Diinque attribuendo a p i snccessivi valori 3 , 4 , 5 , ecc. m , i risul- taii die si ottengono da /a ■*''/"~'^' uguaglieranno rispettivamente i ter- mini della prima linea die consideriamo. Ora esscndo m numero prinio, 8o ALCUNE PROPRIETa' DELLE RADICI DELL* UNITa' ed essendo b, c clue numeri non uguali e non multipli di m (n.^prec), dalle proprieta dei nunicri sappiamo che col divider per m ciascun termine della serie b-*-c, b -*- 2c , b -*- 3c , 6-*- 4c, ecc. b •^- (m— i)c , b •*- mc , gli m residui che si ottengoiio, deggiono essere tutti disuguali fra loro. Dunque ciascuno di tali residui doveudo per la natura della divisione risultare •< m , ne segue che dovra esservene uno uguale alio zero , e per6 che nell' accennata serie dovra esistere un termine divisibile esattamente per m ; ma tale non pu6 essere ne il primo termine b •*- c , ne 1' ultimo b -^-mc :, perche se lo fosse quest' ultimo , lo dovrebb' essere evidentemente anche il numero 6 , e se lo fosse il prirao a cagione di a -»- i -+- c = km , lo dovrebbe essere ancora il numero a ; il che e contro la supposizione. Dunque restando che debba essere divisibile perm uno dei termini fc-*-2c, 6-*- 3c, ecc. 6-^(m— i)c, viene ad esserlo uno degli esponentl de' termini che si ottengono , come sopra , dalla /x ■*'^^~'>', e quindi uno degli esponenti della /x nella prima liuea della (VI). Nella serie 6 -*- 2C , b-*-Zc, 6 -♦- 4c , ecc. b -*- (m — i)c sia b-t-rc quel termine che e divisibile esattamente per m , si moltiphchi esso per un intero g>i, e o; perche se si volesse i = o , ne verrebbe gb divisibile esattamente per m ; il che a cagione di m numero primo, di g^m, e di b diverso da m non puo essere;' ma per 1' indole della divisione dev' essere ancora i <^m , e di piu non pu6 essere i = g, perche se lo fosse, risulterebbe g (b -*- c) , e pero b-t-c divisibile esattamente per m contro cio che si e detto di sopra; Dunque dalla formola gb ■+■ ic sommata con a -*- b -^c , e ridotta cosi alia a-4-(g-4-i)6-^(i-t-i)c, avremo sempre , allorche si fa g = 2 , un esponente della yu, nella seconda linea della (VI), quando si pone 5 =3* un esponente della fx. nella linea terza , col porre g=4, un esponente uella linea quarta, e cosi in progresso fiuo ad ottenere un esponente DI PAOLO PLFFIM. 8 I della liiiea m — lesima, mcntre si fa g=m—i. Ma in tutti questi casi la quantita a -*- (g->-i) b -*- (i-*- 1) c e, per qiianto si e detto di sopra, divisibile con esattezza per m. Dunque esistcrii in ciascuna delle prune m — i linee della (VI) un esponente uguale o multiplo di m. Con la precedente quantita gb-t-ic si sommi era I'altra h(a-^-b-^-c)f ove h rappresenti un intero > o , e non >• m ; avremo da ci6 il ri- suUato ha -*-(h-*-g)b -t-(h-*-\)c , il quale sara divisibile esattamente per m , e nel quale per essere g , i diversi dallo zero , e diversi fra loro, sono difFerenti fra loro anclie tutti e tre i coefficienti h, h-*-g, h-*-i. Ora quantunque tanto g, quanto i siano ■m, pure potendo tanto h -*- g , quanto h-t-i risultare non ^m , suppon- gasi h->~g=fm-t-e , h->-i=fin-*-e' : avendosi quindi ha-*-(h-*-g)b-t-(h-*-i)c = ha-*-eb -*-e'c -*-fmb -t-fmc , sara ancora il risultato ha-^eb-*-ec di- visibile esattamente per m ; ma in esso abbiamo eziandio tanto e , quanto e'- e c divisibile esattanieute per m , ne segue che non solaniente nelle prime m — i file , ma ancora in tutte le altre della citata (VI) esiste sempre per ciascliednna un termine , nel quale 1' esponente di /x e divisibile esat- tamcnte per m ; ma un tal termine per la natura delle radici dell' unita e sempre uguale ad uno. Dunque ecc. 23. Pel dimostrato nel ( n.° prec. ) si ha p. =1 , e quindi //. ^ -" = jx-^ . Ma coir attribuire ai coefficienti h , e, e gli opportuni valori ottiensi in ciascuna delle linee dell' equazione (VI) da p^'"*'' ■*•"'' q^gj termine che nel ( n.° prec. ) si e dimostrato dovervi esistere = i , e col dare in seguito a q opportunaraente i valori i , 2 , 3 , ecc. , da ^'"'*'**<' ±?)'^ risultano tutti gli altri termini. Dunque essendo ^'"'+<^*-*-(^±?)'^ ^ ^±?<^^ ed in fj.-'^' mancando i coefficienti h , e , e' , ne segue che in ciasche- duna delle citate linee tutti sempre otterremo i termini che vi si con- tengono , mediante il solo termine }j.-''\ attribuendo in esso a q gli opportuni valori. Ora in ciascuna di esse linee esistono evidentemente soltanto m — a termini , e mancano quelli ne' quali il coefficiente di c risulterebbe uguale a quello di a od a quello di b , o sia in generale mancano i due termini jj.""*"' *", /x,'""*"^ *". Dunque dal paragone di questi col termine generico fx^"*" +(<*?)' avendosi in corrispondenza {e'±:q) c = he , (e'±q)c = ecc, e per6 ±q rispettivaraente —h — e, = e — e' , in ciascuna delle accennate linee mancheranno i termini M ~'^\ jJ"''^''; e siccome poi abbiamo /x"*" = ju/ '""■'*', facile sara in ciascun caso il determinare i termini ch' esistono in ognuna delle linee della (VI). Sia per esempio m = 'j , h = i, e = b, e'= 3 , onde ven- gano ricercati i termini che nella ^x'xx' sono formati colle radici della x^ — I = o , ed esistono nella linea a cagione di h = i e di e = b quinta della solita equazione (VI). Avendosi in questo caso fjy~''' = H- ■> jJ- = H- "= H- = H- ■> ^ termnii ora nchiesti saranno i , C 2C AC be DI PAOLO RUFFrNI. 83 is4. Da qnanto si e detto nel (n.'*22), e facile a dedursi che il termine il quale in ciascheduna delle linee della (VI) risulta = i , e necessariameiite uiio solo , ed e quel solo che nel ( n.° 22 ) abbiamo espresso in generate per jw. *"*'\ Suppongasi ora die ncU' esponente di questo termine il coefficiente h si conservi il medesirao, che il se- condo e si cambi neli' altro e •*- n , essendo n un intero > o e •< m , e die il valore del termine si conservi lo stesso i. In queste ipotesi io dico che dovr^ cambiare il coefficiente e. Supposto di fatto essere jj. * ' *■ = I , SI divida questo per 1 altra equazione /x = l , e risultando fj! ■*"*,^ "' ^' = I , non potra essere E' — e , perche se lo fosse, si avrebbe fj!"= i , e quindi nb divisibile esattamente per m ; il che per la supposta natura de' numeri n , b non pu6 accadere. Ora osservando le file della (VI), vedesi che possono esse dividersi di m — i in m — I , che in ognuna di queste m — I linee il coefficiente h si conserva lo stesso , e che nel passare dall' una all' altra il coefficiente e si cambia acquistando successivamente tutti i valori e , e -*- i , e -*- 2 , e -t- 3 , ecc. e -*- m — I. Dunque e -<- ra , a cagione di n -^m , restando compreso tra questi valori , ed essendo anzi quelle che determina la n-f\esima fra le m — i sopraccitate linee aventi tutte lo stesso valore di h, ne segue che il precedente j^'"*^'*"^ ""^^ sara quel termine che nella n-*-iesima ora esposta hnea risulta =1 ; ma E' coefficiente di c in //. ' si e gia trovato diverso da e coemciente di c m /x Dunque potendo tanto e , come n rappresentare tutti i numeri 0,1, 2,3, ecc. m — I , ne segue che il coefficiente di c nel termine ne- cessariameiite = I cambia sempre di valore in tutte quelle linee ove h ha un valore costante. Nella linea ove si ha //,'"*'*"' = i uno dei due termini che man- cano, quello e nel quale risulta e±q = h ( n.° prec.) ; e per la ra- gione medesiraa il termine che corrispondentemente manca nella linea nella quale si ha ^*«+('^+")*+£'^^ I ^ quello e nel quale ottiensi E'±q = h. Dunque avendosi nel primo di questi due casi ±:q = h — e , e nel se- coudo ±q = h — E' , gli esponenti deUa ju negli accennati termini man- canti sono sempre diversi fra lore , ogni qual volta il coefficiente h di a sia lo stesso. 84 ALCUNE proprieta' delle RADicr dell' unita' ecc. 2.S. Quauto si o diinostrato nei precedent! ( n.' i , 21 , 22 , aS ) si verifica egualmeiite allorche m sia numcro composto , mentre pero a , b , c siano nuineri primi ad esso m , e la radice yu, scelta oppor- tunameute. Applicando alle espressioni die si ottengono , mentre nei valori delle 2x"x x^x , '2x"xxxx' , ecc. si sostituiscoiio in vece delle x',x", x", ecc. x*"^ le potenze fx, fx , jj. , ecc. /x'" della radice fj. sceka sic- come nei (n.'i6, 17,21) conveuienteraente ; applicando, dissi , dei discorsi e delle ricerche quali si sono eseguite nei ( n.' prec." ) , tro- vererao in simil maniera le proprieta corrispondenti die appartengono alle espressioni medesime , come uei ( n.' cit.' ) si sono trovate le ap- partenenti alle espressioni ^x'x , ^x''x x'. SPERIENZE CON ASTE RITROMETRICHE ESEGUITE SULLE SEZIONI DEL PO NEI CONTORNI DI LAGOSCURO E DI FRANCOLINO DA TEODORO BONATI. JLJall' acqua corrente di un fiume venga portata una delle aste ritrometriche da me proposte nel 1784 {Societd Ital. , torn II, pag. 676) di legno specificatamente pin leggiero dell' acqua con una tal porzione inferiormente di metallo , onde messa nell' acqua galleggi con una parte fuori dell' acqua circa un piede. Se r acqua del fiume sara piu veloce nella parte inferiore che nella superiore ed alia superficie , egli e chiaro che 1' asta andera inclinata all' indietro, e che al contrario viaggera inclinata all' avanti se I'acqua correra piu nella parte superiore che nella inferiore. Quindi e manifesto che se si vedra I'asta portata dall' acqua in una positura verticale ( come per lo piu si osserva nel Po in queste no- stre bande ), poiremmo dire che I'acqua e ugualmente veloce dalla su- perficie in gill sin dove arriva 1' asta. Per una comprova di cio feci, ultimamente, che all' asta A, B venisse applicata una ventola come C ( Tav. II, fig. I) neU'estremo inferiore; Vol. III. P. 11. 11 86 SPERIENZE CON ASTE RITROMETRICHE era questa di lato rcttangolare , alta once due , lunga quattro ( parlo a niisura di Bologna, la piii praticata in materia de' fiumiO). L' acqua del Po nel filone era alta sopra il fondo piedi j o circa , e sotto la piena massima piedi i6. 2. , L' asta arrivava quasi al fondo , un segno nella parte fuori dell' acqua indicava la direzione della veiitola. Questa prima fu diretta contro il corso deir acqua : per uno spazio di circa venti pertiche viaggib ver- ticale e colla ventola sempre diretta contro il corso dell' acqua. In un secondo sperimento la ventola fu diretta a seconda della corrente , ed in un terzo sperimento la ventola fu diretta ad angolo retto colla corrente. E tanto nel secondo clie nel terzo caso 1' asta viaggi6 quelle venti pertiche verticalmente , e costantemente si mantenne colla ventola nella direzione die le era stata data al principio dello sperimento. II signor Pozzi, che eseguiva le sperienze, voile replicarle, avendo trasportata la ventola alia meta della parte iramersa dell' asta. Gli efFetti furono i medesimi esattamente. Ognuno vede che tai fenomeni non si avrebbero altrimenti potuto avere se non nel caso che in quel filone r acqua fosse egualmente veloce dalla superficie sin presso il fondo. Per altro anche nel Po , se e alto , e particolarmente in vicinanza alle ripe , le aste talvolta si vedono inclinate all' avanti pin e meno. Per poter avere anche in tai casi la portata di un fiume ho calcolate le forze e le resistenze dell' acqua contro 1' asta , e mi e risultato che la velocita di un' asta ritrometrica e molto prossima alia velocita me- dia deir acqua che la trasporta. Ho trovato come , dato 1' angolo d' inclinazione dell' asta , si possa avere la scala della velocita. Quest' angolo nelle sperienze non 1' ho mai raisurato , prima perche o e nuUo, o suol essere piccolo, e poi perche il mio scopo principale era di trovare la portata del fiume , al qual fine basta avere la velocita media , e questa 1' ho senza la notizia della detta scala , giacche ho trovato che la velocita , media dell' acqua in ogni sperienza e molto prossima alia velocita dell' asta. (*) n piede di Bologna si divide in ii once e 5oo pertiche fanno ua nuglio di Bologn*. di la punti Tuna. Piedi lo fanao una pertica, II metro e piedi 3. 63 1. DI TEODORO BON ATI. 87 Ne' miei calcoli ho supposto che le resistenze dell' acqua siano in ragione dei quadrat! delle velocita, appoggiato alle seconde sperienze del Newton ( Tom. II, prop. IX^pruld. IK), ed a quelle dei tre AUera- bert , Condorcet e Bossut, puhblicate T anno 1777- A questa mia ipotesi alcuni oppongono dubitando che I'acqua resista in ragione setnplice delle velocita. Ma I'opposizione divieiie una con- ferina del inio metodo, atteso che nell' ipotesi della ragione semplice, i miei calcoli danno che la velocita dell' asta sia la velocita media del- r acqua non prossiniamente, ma esattaraente, come e stato veduto dal Saladini e dal sig. Venturoli. Sia duiique la resistenza dell' acqua nella ragione semplice o nella duplicata, o tra la semplice e la duplicata della velocita dell' acqua , sempre potremo contare suU' eguaghanza della velocita dell' asta e della media dell' acqua dalla superficie del fiume sino alia profondita cui arriva 1' asta. Dopo queste premesse vengo alia portata del Po. Sulla ripa destra del Po alia Rimbaldesa , sito poco inferiore a La- gos euro , fu fissata una linea retta AB {fig. II ) lunga piedi 2l3, e cou due scopi C, D. Sulla ripa sinistra furono fissate due visuali AC , BD nonnali alia AB. Da una barca veniva niandata nell' acqua un'asta ritrometrica alquanto superiormente alia visuale AC, come in E. Un osservatore in A con orologio a secondi notava il tempo dell' arrivo deir asta in F, e ne dava con fazzoletto bianco il segno a un secondo osservatore in G, punto di mezzo della AB, il quale con macchinetta foruita di un cannocchiale segnava I'angolo AGF per avere la distan- za FA. Ed un terzo osservatore nella barca misurava 1' immersione dell' asta e la profondita dell' acqua in F. Un quarto osservatore in B dava il segno all' osservatore in A del- r arrivo dell' asta alia visuale inferiore BD per avere il tempo impie- gato dair asta da una visuale all' altra , ed all' osservatore in G perche segnasse 1' angolo HGB per avere , occorrendo , la distanza HB. Tale fu r ordine delle operazioni nel fare i seguenti rilievi eseguiti dal signor Luigi Pozzi. 88. SPERIENZE CON ASTE RITROMETRICIIE RiLIEVO I. II 1 9 dicembre 1 8 1 1 il Po era basso. A Lagoscuro stava sotto il cosi detto segno di guardia piedi lo. o. il, e piii basso della piena massima piedi i6. 9. o. Dalle seguenti cinque sperienze lungo la visuale superiore risulto , come si vedra , la sezione dell' acqua del Po espressa coWa. {fig. Ill), essendo AC la superficie dell' acqua. Sperienza I. L' asta posta nell' acqua alquanto superiormente alia visuale AC ar- rive in 6, punto distante dalla ripa destra A pertiche 82. La perpen- dicolare br mostra clie 1' acqua era profonda piedi 9. L' asta venne portata dall' acqua dalla superiore visuale all'inferiore in secondi 90. Sperienza If. L' asta arrivo dalla AC in c , punto distante da b pertiche 1 8. La perpendicolare eg indica la profondita dell' acqua piedi 6. 4 dall' una air altra visuale. L' asta passo in secondi 91. Sperienza III. L' asta arrivo in d , punto distante da c pertiche 1 8 , essendo ivi r acqua profonda piedi 6. 4. Di la coUa visuale inferiore inapiego se- condi 93. Sperienza IV. L' asta giunse in e , punto distante da d pertiche 82. La perpen- dicolare en indica la profondita di piedi 6. 4. L'asta di la alia visuale inferiore ando in secondi 120. DI TEODOnO BONATI. 89 Sperienza V. L'asta arriv6 in /, punto cUstante da e perdche 21, essendo la profoudita fm pure di piedi 6. 4. Di la alia visuale inferiore ando in second! 94. Da / alia ripa sinistra C la distanza fu di pertiche 42 |. Quindi alia visuale superiore il Po a fior d' acqua era largo pertiche 159^. Le aste viaggiarono sensibilinente paralelle alia ripa destra e coll' e- stremo inferiore distante dal fondo circa un piede. Ma perche caiumi- narono tutte sensibilinente verticali , nel calcolo della portata metto clie la velocita dell' asta fosse eguale alia velocita dell' acqua dalla sua superficie al fondo. Calcolo. Si cerchi quant' acqua passava in un'ora tra le due perpendicolari hr, eg. Dalla sperienza prima abbiamo che la velocita dell' asta passata per br fu di percorrere i piedi 21 3, distanza da una visuale airaltra,in secondi 90. Risulta che la velocita della perpendicolare br era di scor- rere in un' ora piedi 8520. Con simile discorso si ha che la velocita per la perpendicolare eg era di scorrere in un' ora piedi 8420. Quindi pu6 dirsi che la velo- cita di piedi 8470 ( media fra le due trovate ) fosse la velocita media deir acqua coi'rente fra le due perpendicolari br, eg, delle quali I'aja e di piedi quadrati i38o. Questi finalmente moltiplicati nella trovata velocita media 8470 danno un volume d'acqua di piedi cubici 1 1,688,600 in un'ora tra le due perpendicolari br, eg. Operand© similmente, si trova il volume d'acqua passato in un' ora tra le due perpendicolari eg, dp, e tra le due dp, en ed en, fin. La velocita da / fino alia ripa C fu giudicata eguale alia velocita in /, cosi la velocita da b fino alia ripa A fu giudicata eguale alia velocita in b. Le sponde y4F, CH erano cosi ripide, che si e creduto di non com- mettere errore sensibile contandole nel calcolo come verticali. 90 SPERIENZE CON ASTE RITROMETRICHE Per tal maniera si trova clie per la sezione ACHF in uii' ora pas- sava un volume d'acqua di piedi cubici 72,791,760 a misura di Bologna. RlLIEVO II. Sette mesi dopo il desciitto vilievo primo si venne al secondo. La superficie dell' acqua del Po a Lagoscuro era sotto il segno di guardia piedi 7. o. 7 di Bologna. La lunghezza della linea AB {fig. II) fu di piedi 426, distanza delle due visuali AC., BD. Le sperieiize, fatte colla regola delle sperienze del primo rilievo, qui pure fiirono cinque, dalle quali risultb la sezione espressa dalla {fig. IV). Le aste vias;s;iarono sensibilmente verticali e colla loro estremita in- feriore lontaae dal fondo del Po un piede circa. L'asta ritrometrica passata per b , da una visuale all' altra , irapiego secondi 164. La passata per c impiego secondi 166. La passata per d impieg6 secondi 212, La passata per e impieg6 secondi 1 82. La passata per / impiego secondi 1 63. Coi dati fin qui esposti calcolando, si trova die la portata del Po, finche questo fu in uno stato di permanenza non crescendo, non ca- lando , era di piedi cubi d'acqua 110,944,460 1' ora , ossia che per ogni sezione del Po cola in un' ora passava il detto volume d' acqua. Rilievo III. Questo rilievo fu fatto rirapetto a Francolino il 1 2 giugno 1 8 1 5 uel colmo di una piena grossa, che a Lagoscuro si alzo sopra il segno di guardia piedi 4. 10, riraanendo piu bassa della piena massima piedi I. 9. 4. . La linea AB { fig. II ) fissata sulla ripa destra del Po a Francolino era lunga piedi 626, distanza dalle due visuali attraverso il Po AC, BD. Corrispondendo la AC {fig. II) alia AC della (^. F), I'una e r altra esprirae la larghezia del Po a fior d' acqua riuscita dalle spe- rienze di piedi 1342. T,n* II. ]oi IILpatf i^i \.\. D F.ll. ' ■ 1 ' ' ' T^- ^ ^. Sc„/„ ./i KJ, X, per If -lltrtxf ^o t^o I'ra/tr lA Pfrhf/if ino prr If Dislanxr DI TEODORO BONATI. 9 1 Le sperienze farono fatte coUe regole dei rilievi prirao e secondo, dalle quali risultarono le profoudita dell' acqua espresse dalle perpen- dicolari br, cp, ecc. . e le distauze fra di esse be, cd , ecc. L'asta passata per b scorreiido picdi 626, da una visuale all' altraj impiego secondi 20c. La passata per c impieg6 secondi 198. La passata per d impiego secondi 1 3o. La passata per e inipieg6 secondi i35. La passata per / impiego secondi i 10. La passata per g impiego secondi 206. Le aste viaggiarono coU' estremo infcriore lontane dal fondo circa un piede ed inclinate all' imianzi con uu angolo coUa verticale di soli cinque gradi circa. La velocita dell' acqua pel triangolo /Ibr fu giudicata eguale a quella deir asta passata per b ; similmente la velocita per CgH fu giudicata quella dell' asta passata per g. Coi dati esposti calcolando nella maniera indicata nei rilievi prirao e secondo , si trova che la portata del Po nei contorni di Francolino fu di piedi cubi 287,111,230 per ora durante lo stato di permanenza uel (|uale si trovo nei tempo delle sperienze. Dividendo (juesto volume d' acqua per la sezione, che e di piedi qnadiati 25,849, si ha la velocita media del Po di miglia 2 e per- tiche 1 1 1 per ogni ora , essendo stata la velocita dell' asta nei filone di miglia 3 e pcrtiche 221 I'ora. Ua Lagoscuro a Francolino, tratto di pertiche i36o, 1' acqua del Po in superficie aveva la caduta di once i o ; quindi la pendenza in superficie in ragione di once 3 ^ per miglio. II segno di guardia a Lagoscuro era sopra I'orizzontale comune della Visita Conti ( che e un piede sopra il pelo infimo del mare ) piedi 1 5. I. 6, e dista dal mare miglia 42 | ; il tutto a misura di Bologna. Da una serie di tai rilievi fatti in fiurai diversi arginati sarebbe da aspettarsi un sodo fondamento di tcoremi interessanti e ben di- versi dai fissati in addietro colla teorica falsa della parabola. I VERSIONE DI DUE EPISTOLE D'ORAZIO DI BENEDETTO DEL BENE. A CESARE AUCUSTO. M ENTRE tu sol si gravi affari e tanti Reggi , air Italia fai con 1' arme schermo , Coi costumi V adorni , e con le leggi L' ammendi ; colpa avrei d' oprar nimico Al vantaggio comun , qualor tenessi Te con un lungo dir , Cesare , a bada. Roraolo , il padre Libero , PoUuce E Castore con lui , che accolti furo Dope gran geste degl' Iddii ne' terapj ; Mentre del mondo e dell'umana schiatta Han cura , metton pace in aspre guerre , Assegnan territorj , ergon castella , Pianser , che a' merti suoi non rispondesse Lo sperato favor. Colui che oppresse L' idra raalvagia , e a se con le fatali Fatiche fe' suggetti i noti mostxi , Tol. III. P. IL ^^ 94 VERSIONE DI DUE EPlSTOLE D' ORAZIO Vide che sol da morte iiividia e doraa , Poiclie iicir arti clii col map;gior peso Sopercliia altrui , col siio baglior inceiide : Ma amato ei pur sara , quando fia spento. A te niatiui onor diamo presente , E mettiam 1' are , sopra cui si giuri Per lo tuo uomei non poter tuo pari Nascer niai , coufessando , esser n)ai nato. Ma questo popol tuo , cli' e saggio e giusto Sol nel metter te innanzi a' nostri duci , Innanzi a' Greci ; dando all' altre cose II pregio , varia tieii norma e misura. Ei , tranne cio che tolto gia dal niondo , Vede la sua carriera aver compiuta , Ha , di qunl altro sla , dispeftto e no/a , Si degli antichi e partigian, che quelle Tavole , onde la colpa ebbe divieto , Fermate dai Decemviri , gli accordi , Che i Re coi Gabj e co' Sabini austeri Ebber conchiusi , i Pontifizj libri , Degl' Indovini li volumi annosi , Al dir di Ini , sopra 1' Albano monte Sono di bocca delle Muse usciti. Se, per esser de' Greci i piii vetusti Anche gli ottiroi scritti , hanno a pesarsi I Romani scrittor su tal bilancia, Non c' e raolto che dir : nulla ha di dure In se r oliva , o fuor di se la ^oce. Noi giunti siam della fortuna al sonmio; Con naaggior maestria da noi si puige , Si canta e lotta , che dagli unti Achivi. Se , come i vini , fa migliori il tempo Le poesie, saper vorrei quant' auni DI BENEDETTO DEL BENE. DIeno il pregio alle carte : un da cent' anni Morto scrittor, dee tra i perfetti e vecchi, O tra i vili e nioderni aver il posto? Un termin sia , per cui cessiii le risse. £ vecchio e buono clii compie cent' anni ; Chi per tanto d'unmese, o ver d' un anno Peri minor, tra quai dovra contarsi ; Tra gli antichi poeti , o tra i rifiuti Delia presente e dell' eta ventura? Questi , d' un corto mese , o d' un intero Anno men vecchio , avra pur ei tra' vecchi Dicevol luogo. Pighoti in parol a , E com' io strappi a poco a poco i peli Delia coda al cavallo , uno ne scemo , E un altro poi, finche gabbato al conto Del mucchio che si strugge, al suol trabocchi Quel che a' fasti ritorna , e fa con gli anni Delia virtu la stiraa , e niente ammira Da quello in fuor , che consacro la morte. Ennio , il sapiente , il forte , il nuovo Omero , Qual da' critici e detto , aver non mostra Troppo gra.i cura del valor, che i sogni Pitagorici avranno, e le promesse. Tra le man non d Nevio , e nelle menti Fitto non k, quasi novello ? ^ cosa Si revereuda ogni poeraa antico ! Qualunque volta , chi soprasti all' altro Si dispuia , ne trae Pacuvio il grido Di vecchio doito, ed Accio di sublime; Dicesi che a Menandro era la toga D'Afranio adatta , che s'avaccia Plauto SuH'esemplar del Siculo Epicarmo, Che nella gravita Cecilio vince . 95 96> VERSrONE Dl DUE EPISTOLE d' ORAZIO E Terenzio nelP arte : qiiesti apprende , Questi in teatro alia gran folia angusto Osserva , questi ha la potente Roma, E sin a' nostri di conta poeti , Da quella etade , quando Livio scrisse. Or vede dritto , ed or s' inganna il volgo. Se gli antichi poeti aramira e loda Si, die nulla a lor sopra, e nulla al paro Metta, s' inganna; se troppo all' antica Alcune , e duraraente altre piii cose Concede aver quel dette ; se confessa Dette da lor con trascuranza molte , Egli ha buon senno , e ben meco si accorda, E nel suo giudicar propizio ha Giove. Ne pertanto imperverso , e non mi avviso Doversi canccUar di Livio i versi , Cui dettava , il ramraento, a me fanciuUo Orbilio battitor; ma che corretti Pajano e belh , e a quei che son piu lindi , Per poco eguali , e cosa ond' io stupisco. In quelli se per sorte una parola Spicca vezzosa , un verso e un altro alquanto Di maggior leggiadria, senza ragione Tragge e spaccia con se tutto il poema. Sdegno mi muove il biasnrio a qual sia cosa Dato , non perche stimisi alia grossa , E senza garbo , ma teste composta ; E non gia scusa , ma premj ed onori Per gli antichi cercar. Qualor io mova Dubbio , se ritta o no, sul croco e i fiori Passeggi d'Atta la commedia ; i Padri Gridan presso che tutti , la vergogna Esser perduta, meatre io cose tali DI BENEDETTO DEL BENE. y^ A biasimar m' adopro , di cui furo II grave Esopo , e '1 dotto Roscio attori ; O perclie niente fuor di ci6 , die ad essi Piace , stiman diritto , o perche turpe Credono 1' ubbidire a' lor minori , E quelle cose , die impararo imberbi , Confessar vecdii , die gittar si denno. Chi loda il Saliar carme di Nuraa , E vuol dar vista di saper ei solo Ci6 die ignora con me ; non agl' ingegni De' trapassati da favor e plauso , Ma si fa coiitro all' opre nostre , e noi E cio che noi facciara , livido ha in ira. Che se alia novita , quanto noi siarao , Taiito fossero stati i Greci avversi , Che fora or vecchio , e che legger potria , E logorar 1' use comune a parte ? Quando , dismesso il guerreggiar , si volse Ai trastulli la Grecia , ed a guastarsi Per propizia fnrrnna , or di vaghezza S' infiamm6 per gli atleti , or pe' cavalli ; Del marrao , dell' avorio , o pur del bronzo Am6 gli artier, col volto e con la mente Si fis6 a pinta tavoletia innanzi ; Quando di sonatori , e quando prese Di tragici piacer. Qual , se bambina Di prima eta sotto la balia giuochi , Quel che bramosa avea richiesto , in breve Lascio satolla : e qual la cosa e mai Che piace, o fa dispetto , e che tu creda Non doversi cangiar? frutto fu questo Di care paci e di propizj venti. Solenne fu per lungo tempo in Roma 9? VERSIONE DI DUE EPISTOLE D' ORAZIO E grata usaiiza , in sul mattin vegliaiido , Aprir la casa , espor leggi a' client! , Fitlar cauto il danaro a man sicure , Dai* orecchio ai maggior , dire a' minori Per quali vie potea crescer la roba , E smiiiuirsi la dannosa braraa. II popol lieve cangib voglie ; e caldo Sol per desio di scriver; i fanciulli E i serj padri , il crin cinto di frondi , Cenano, e dettan versi : io pur, che afFerrao Di nou ne scriver mai, biigiardo in fatto Son pill de' Parti , e pria che nasca il Sole Vegliando , penne chieggo , e carte e scrigni. Chi di nave non sa , condur la nave Paventa ; dar abrotano agl' infermi Non osa alcun, se non chi darlo apprese ; II medico s' irapegna in medicina , Cose da fabbri ha per le mani il fabbro. Noi scriviain poesie tutti del pari Non dotti e dotti ; pur quanti vantaggi Da tal error, da tal lieve foUia Nascan , comprendi : esser non suole avaro L'animo d' un poeta ; egli ama i versi, E prende cura sol di qiiesto ; danni , Fughe di servi , incendj , ei ne fa beflfe. Al compagno , al pupillo giovanetto Non mulina egli mai nessuna frode ; Di pan bigio si ciba e di legutni. Benche sia pigro alia milizia e tristo, ■ Fa prode alia citta , se alle gran cose Giovar concedi le minute ancora. La tenerella e balbettante voce Addestra del fanciuUo , e dagli osceni DI ilEXEDETTO DEL BENE. Parlari gia fin d'or 1' orecchio stoglie ; Poi con dolci precetti il cuor gli forma , E r asprezza , e 1' invidia , e Y ira amraenda Le belle geste ei narra , ed aiumaestra Con certi eserapi la nascente etade ; Confoito al poverel porge e all' iufernio. Donde e zitelle di marito ignare , E garzon casti apprenderian le preci, Se non davan le Muse alcnn poeta? Cluede soccorso il coro , e 'I pro de' Numi Ne sente^ umil con preci adatte implora L'acque del cielo , stoma i raorbi, scaccia Paurosi perigli ; ed anco pace Irapetra , e di ricolti anno copioso : Superni , inferni Iddii placansi a' carmi I prischi agricohor forti , e felici Di scarso aver , dopo rlposti i grani , Ne' di festivi ristorando il corpo , E r animo altresi , die duri stenti Per la speranza sostenea del fine; Coi compagni nell' opre , coi famigli E con la fida moglie, essi alia terra Una scrofa, a Silvano ofFrivan latte, Al genio , che la breve eta ricorda , E fiori e vino: quella , che sull'orine D' una tal costumanza appresso venne , Licenza Fescennina , avvicendando I versi , mand6 fuor villani scorni ; E ripigliata col tornar degli anni Scherzo la libertade amicaraente, Fuiche in aperta rabbia il crndo giuoca Comincio a tramutarsi, e minaccioso Girne ed impune per le oneste case. 99 I GO VERSIONE DI DUE EPISTOLE d' ORAZIO I provocati dal sanguigno deiite Si (iolser ; ebbpn cura anche i non tocchi Delia sorte coniuii ; eel anzi presa Fii la legge penale , onde nessuiio Descritto fosse con maligni carnii. Per tema del baston cangiaron foggia , Ridotti a ben parlare e dar diletto. La Giecia presa il suo vincitor fiero Prese , e porto nel rozzo Lazio 1' arti, Cosi quel Saturnino si disperse Orrido metro , e la lindura il grave Taiifo snido , sebben per lunga etade Restaro , e tracce ancor restan di villa. Clie tardo gli occhi suUe carte Greche Porto il Romano , e quando ebbe riposo Dalle Pu niche guerre, a cercar prese Che recasser dl huon Sofocle , Tespi Ed Eschilo; si pose anco alia prova Di voltarne con garbo , e si compiacque Dell'indol sua sublime e raaschia: in fatto Egli ha tragici spirti e ardir felice; Ma a vil lo sgorbio ha negli scritti , e '1 terae. Per gli argomenti dalla comun vita Presi , raenomo stento aver si crede , Ma la commedia tanto ha maggior peso, Quanto ha minor perdono. Osserva Plauto , Come d' un garzoncello innamorato Le parti , come d' un attento padre , Sostenga , come d'un mezzano scaltro ; E quanto ai ghiotti parassiti intorno Si trattenga Dosseno , e come scorra Coi calzarin mal assettati i palchi ; Perche in tasca i danai matter agogna , DI BENEDETTO DEL BENE. Id Nfe poi gli cale se trabocchi , o ritto Sopra i calcagni si sostenga il drarama. Quel, cui la gloria con ventoso cocchio Alia scena port6, lo spettatore Disvogliato 1' uccide , atiento il gonfia , Tauto picciola cosa, e lieve tanto, Utio spirto di lodi avido atterra , O pur riiifranca ! Alia giuclievol opra Commiato io do, se me il negate plauso Riniena macro, e conceduto , grasso. Spesso anche impaurisce , ed allontana Un ardito poeta, il veder gente Di numero maggior, di merto e grado Minor, di senno priva e di dottrina , E qualor sieno i cavalier discordi , Presta alle zufFe , che tra mezzo i carmi L'orso chiede, o gli atleti; che di tali Cose diletto la plebaglia prende. Ma negli stessi cavalieri ormai Fe' dagli orecchi ogni piacer tragi tto Agli occhi incerti , ed a sollazzi vani. Quattr' ore e piu sta il cortinaggio a terra , Mentre a cavallo e a pie fuggon le squadre ; Si tragge quindi con le mani avvinte La fortuna dei Re; cocchi , calessi Passano in fretta , e carriaggi e navi ; II preso avorio , la Corinto presa Si porta : rideria , se fosse in terra , Democrito allor qiiando o la pantera Confusa col camelo altra genia , O I'elefante bianco a se traesse Gh occhi del volgo ; ei mireria pin fiso De'giuochi stessi il popol , die darebbe r«l. III. p. II. . 13 le^ VERSIONE DI DUE EPISTOLE D' ORAZIO Pill spettacoli a liii degl' istrioiii; E credena , tlagli scrittor contarsi Ad uii sordo asiuel la favoletta ; Perche quai voci a soverchiar giammai Volsero il mormorio , clie ne' teatri Nostri si ripercote ? O la Gargana Selva ti par die niugghi , o '1 mar Tirreno ; Tanto e '1 fracasso , con clie i giuoclii e 1' arti Si osservan pellegriiie , e le ricchezze , Di che intriso 1' attor , com' egli il piede Su la scena ferm6 , gia la diritta E la sinistra man vanno a scontrarsi. Disse ancor nulla ? Certo nulla. E bene Che piace mai ? La lana alle viole Fatta simil col Tarentino sugo. E accio forse non pensi , ch' io le cose Che far non vo' , quand' altri ben le tratta , Lodi malignamente : un tal poeta Parmi che.possa su la tesa fune Correr, che '1 petto mio fingendo affanna, Irrita , raddolcisce , di spaventi Falsi riempie , com' ei fosse un mago , E rai mette or in Tebe, or in Atene. Ma di quegli eziandio , cui meglio aggrada Fidarsi ai leggitor , che dell' altiero Spettator alle noje andar suggetti , Prendi , orsu , breve cura , se 1' oflferto Dono ad Apollo , e di lui degno , vuoi Empier di libri , e spron dare a' poeti , Onde al verde Elicon traggan piu caldi. Vero e , che noi poeti a noi piu mali Facciam sovente ( per tagliar io stesso Le vigne miej; quando ti diamo un libro. DI BENEDETTO DEL BENE. jo3 Essendo allor tii afFaccendato o stance ; Quaiido , se alcuiio degli amici ardio Un nostro verso cridcar, ci offende; Quando noii richiainati , a dir torniamo Cose da noi gii recitate; quando Ci lanientiam che le faticlie nostre , E '1 sottil filo , con che fur condotte Da noi le poesie, non veggan gli altri ; Quando speriam giungere a tal , che tosto, Come tu sappia che facciam de' versi , Cortese a te ci chiami , a povertade Tolti ci voglia, e scriver ci comandi. Ma pregio e pur deli' opra il saper quali Abbia custodi una virtude in guerra E in pace illustre , che fidar non vuolsi Ad indegno poeta. Ebbe Alessandro Gran Re , Cherilo accetto , che pe' rozzi Versi malnati , di reale impronta Ricevette i Filippi in guiderdone. Ma , come lascia il raaneggiato inchiostro L'orraa e la macchia , usan coi sozzi versi Gli scrittori imbrattar splendide geste. Quel Re medesmo, che si caro prezzo Prodigo die per si ridevol carme, Con editto viet6, che, tranne Apelle, Lo dipingesse alcun, o da Lisippo In fuori lavorasse alcuno i bronzi Ciie del prode Alessandro avesser forma. Or se tu quello nel conoscer T arti Sottil giudizio, ai libri e a questi doni Delle Muse chiaraassi , il giureresti Neir aria grossa de' Beozj nato. Ma a te ue toman tuoi giudizj a biasmo, IC4 VTRSIONE DI DUE KPISTOLE d'oRAZIO Ne quei rcgali , che con raolta lode Di quel die li dono , ne conseguiro Virgilio e Vario , a te cari poeti ; Ne piu di bronzo dalle statue i volti , Che dal lavoro d' un poeta espressi Degli uomin chiari gli animi e i costurai Fan di se mostra ; ne discorsi tali Corapor voirei , che strisciansi per terra , Anzi che dir le oprate cose , i fiumi , I siti delle terre , le castella Ai monti iniposte , i barbari reami , E per gli auspizj tuoi condotte al fine Le guerre in tutto il raondo, e della pace Giano guardian da sbarre stretto , e Roma , Or che Prence tu sei , temuta a' Parti , Se il poter fosse alia mia brama uguale. Ma ne piccolo carme si conface Alia tua maesta , ne '1 rossor mio Osa tentar cio che le forze eccede : Che '1 molto studio , se in amar travia , Si fa molesto , ed allor piu che prova Dar di se stesso vuol con raetri ed arte. Quello ch' uora befFa , e piu presto Y apprende , E piu ricorda volentier, che s' altra Cosa lo appaghi , e molto egli la stimi. D' una tal cortesia che mi sia grave , Non cale a me, ne hramo esser in cera Sposto , ove sia ^ formato in peggio il volto , Ne di versi mal fatti aver 1' onore ; Accio del gofFo dono a me vergogna Non venga , e in un col mio scrittor disteso In cassa aperta , io sia portato al chiasso , Che vende incenso , odorl e pepe , e tutto Cio die s' avvolge nelle inette carte. DI BENEDETTO DEL BENE. Io5 A GIULIO FLORO. JL^EL chiaro e buon Neron fedele amico Floro , se avesse alcuii forse desio Di venderti un garzon venuto al mondo 111 Tivoli o ne' Gabj , e di tal guisa Teco trattasse : Questo, ch' ^ dal capo Alia puiita de' pie candido e bello , Cento scudi e sessanta il faran tuo. Nacque in mia casa ; del padrone ai cenni L destro ne' servigi ; apprese il greco ; Atto e ad ogni mestier si, come tutte Pu6 le forme imitar Y umida argilla. Pill ancora : ei cantera , non gia vezzoso , Ma fra le tazze pur grato ad udirsi. Quand' altri , clie spacciar voglia sue merci Oflferte ai comprator , troppo le loda , Col prometter assai scema la fede. Bisogno non mi striiige; ho poclii averi , Ma pur son miei; nessun che veuda schiavi, Ti farebbe tai patti , ne ciascuno Da me tai patti facilmente avrebbe. Sol ei manc6 una volta , e com' e 1' uso , Temendo lo staffil , che dalle scale Penzolava , appiattossi ; or via , se case Delia fuga non fai, di che non entro A farti sicurta , conta il danaro. Parrai che il prezzo d' ogni ammenda esente I06 VERSIONE DI DUE EPISTOLE D' ORAZIO N' avra : col suo difetto ad occhi aperti Tel comperasti , io gia ti dissi il patto. E pur tu contra liu muovi ed atdzzi Iiigiusta lite. A te nel tuo partire Dissi , die pigro io son , dissi che quasi Son senza maui per 1' oprar gentile , Onde non t' arrabbiassi , e mi sgridassi PtTchfe a te non venia lettera alcuna. Qual pro, se le ragion che per me stanno, Cerchi di sovvertir ? Di piii ti lagni , Che bugiardo non mando i versi attesi. Di LucuUo un soldato avea con molti Guai ragunato il soldo , che in viaggio Spender doveva , e in una notte stance Russando , fin all' ultimo quattrino Tutto perduto; po»cia qual feroce Lupo , contro di se , contro i neraici Arrabbiato del pari, e dal digiuno Inasprito de' denti , la reale Guardia da un posto discacci6 , che somma Forza , vien detto , e grandi avea ricchezze : Doni d' onor , per cotal gesta chiaro , E quattrocento scudi ottiene in giunta; Indi a tempo non molto , il comandante Per avventura d' espugnar bramoso Qual castello , io non so , con tai parole Fecesi a confortarlo, che il coraggio Anche in uom pauroso avrebber desto : Vanne ove il tuo valor , prode , ti chiama , Vanne con fausto pie ; gran guiderdone De' tuoi merit! avrai ; che piu ritardi ? AUor colui che scaltro era , quantunque Di schiatta campajuolo : Andra , rispose , DI BLNtDETTO DEL BENE. ,0" Andrh dove tit vuoi , chi perde il ciiito. A me in Roma tocco d' esser nudrito , E di quanto nocesse irato a' Greci Achille, istrutto; un po' piu d' arte aggiunse La buojia Atene , ond' io cioe dal curvo Scerner potessi il retto, e d'Academo In fra le selve andar cercando il vero. Ma dal gradito loco i duri tempi Mi dipartiro , e della civil guerra II bollor me inesperto in mezzo a quelle Armi porto, die non dovean le prove Far di Cesare Augusto al braccio eguali. Donde appena Filippi andar lasciommi Con le recise penne umile, spoglio E del poder e del paterno tetto, Che ardita poverta mi die la mossa A far de' versi ; ma poich^ sicuro Ho gia lo stato mio , quali cicute Spurgarmi potran raai , s'io non istimi Miglior cosa dormir, che scriver versi? Preda del nostro fan gli anni passando; M'han tolto scherzi, amor, conviti , giuochi ; Tentan la poesia rapirmi a forza. Qual cosa vuoi oh' io faccia ? E poi ciascuno Le stesse cose non ammira ed ama. Tu deir eroico godi, altri del giambo. Quel de' Bionei discorsi , e del sal nero. Quasi mi pajon tre, che in un convito Discordando tra lor , pe' varj gusti Fanno di cose assai diverse inchiesta. Or che daro ? che non daro ? ci6 ch' altri Comanda , tu '1 ricusi , e ci6 che chiedi , A due per certo e disgustoso ed agro. ' 108 VERSIONE DI DUE EPISTOLt D' ORAZIO E pensi forse tu , ch' oltre il gia cletto , Fra cotante fatiche e tante brighe , lo possa poesie scriver in Roma? L'uiio a far sicurta, 1' altro mi chiama Ad ascoUar suoi scritti , in abbandono Lasciando ogni dover; chi di Quirino Sul colle , chi sull' Aveiitiiio estremo Sta a letto : visitar vuolsi arabedue. Vedi agiate distanze ! Oh son le piazze Sgombre, oiid" al meditar uon danno irapaccio. Focoso iraprenditor muli e facchiiii Con fretta spinge; or pietra ed or gran trave Una macchina aggira ; in gravi carri Urta un tristo mortoro; di qua fugge Cagna arrabbiata , per di la s'avventa Fangosa scrofa : or vanne e fra te stesso Rumina col pensier versi canori. Fugge dalla citta , si volge a' boschi Qual sia scrittor , ben a ragion di Bacco •Seguace , a cui son cari il sonno e 1' ombra Tu J fra tanti del giorno e della notte Strepiti , vuoi ch' io canti , e de' poeti Sulle pedate anguste i passi muova? L' uom di tal genio , che sua stanza feo La spopolata Atene , e che sett' anni Diede agli studj , ed invecchi6 sui libri , E ne' travagli , piii che statua muto Esce, e di riso fa scrosciar la gente. Qui degli affar tra i flutti , e tra i marosi Delia cittade , unir parole insieme Vorr6 , che muovan della lira il suono ? In Roma due fratei , ch' un d' eloquenza Maestro , doctor 1' altro era di leggi , DI BENEDETTO DEL BENE. 1 00 Faceansi , favellaiido , onori a josa : Questi era Gracco a quel, quel Miizio a questo. E forse un tal furor iiieiio dibatte I canori poeti ? lo fo dell' ode , Qiiegli deir elegie : cosa a vedersi Meravigliosa , dalle nove Muse Tutagliato lavor ! Da prima osserva Con quauto orgoglio e sfarzo di Komani Pocti riiniriam vote rostello; Di pill , s' hai tempo , segui , e che 1' un V altro Apporti , e perche iiitrecci a se corona , Da luiigi ascoha. Noi ft;riam feriti Con pari colpi 1' inimico a niorte, Nel lungo battagliar fino alia sera Imitando i Sanniti ; io di la parte Alceo per lo suo voto ; ed ei pel mio , Qual ? Qual , se non Calliniaco ? e se vista Ei da di voler piii , divien Mimnermo , E crescera per lo cognome aggiunto. Soffro assai cose per placar de' vati L' agra genia, quaiid' io scrivo, ed accatto Del popolo i siiffragi in atto uinile. Dopo gli studj , racquistato il senno , Le orecchie io stesso turer6 , che tenni Agl' indiscreti recitanti aperte. Quei che compongon de' cattivi versi , BefFati son ; raa si compiaccion egli Scrivendo, e si rispettano , e qual sia Cosa ch' abbiano scritta , avventurosi , Se taci tu , ne fan da se le lodi. Ma chiunque di far giusto poema Abbia dcsio, pigliar dee con le carte D' onorato censor 1' animo insieme j rol III. p. IL flO VERSIONE DI DUE EPISTOLE 1>* ORAZIO Ogni parola , che dia lurae scarso , Cui manchi il peso, e sia d' onoce indegna , Ardito scaccera , beiiche restia , E tra i segreti stia tuttor di Vesta. Accorto trarr^ fuori , e pprra in luce Quei per la gente da gran tempo oscuri Bei nouii delle cose , clie i vetusti Catoni usaro ed i Ceteghi , e brutto Squallore or copre , e antichita deserta. I nuovi accettera, cui die la vita L' uso lor padre ; rapido , purgato , E di limpido fiume appuuto in guisa Spargera le dovizie , e della ricca , Lingua fara beato il suol Latino. Frenera cio che sfoggia , il troppo scabro Li saggio mode liscera, torranne Lo svigorito ; seinbrera che scherzi , E avra martbr , qual uoni ch' or in movenza Satiro imita , ed or Ciclope agreste. A me pin care fia sembrar un folle E dappoco scrittor ( purche diletto Mi dien le mie magagne, o almen le ignori ) Che aver senno , e stizzir. Ci fu gia in Argo Un non ignobil uom, che udir credea Meravigliosi tragici , sedendo . Lieto in voto teatro , e dando applausi. Diritto usava nell' adempier gli altri Uffizj della vita ; ei buon vicino Da vero , amabil ospite , cortese Verso la raoglie ; egli accordar perdono Poteva , e in furie non andar coi servi , Quando rotto d' un fiasco era il suggello. Esso una rupe ed un aperto pozzo DI BENEDETTO DEL BENE. Ill Scliivar poteva. Come a lui ristoro Diero i soccorsi de'parenti, e I'opra, Tal die col puro elleboro la bile E '1 morbo cacci6 fuori , e a se rivenne : Aniici, disse , ucciso in ver, non salvo M'avete voi , che per tal modo il raio Piacer da me strappaste , e della mente II gratissimo error toglieste a forza. Certo che si , poste le baje in bando , Giova far senno , ed a' faiiciulli un gioco Abbandonar , che ai loro anni s' addice ; Ne parole cercar , che alle latine Corde s' attemprin , ma della diritta Vita apprender i metri e le arraonie. Per il che meco io cosi parlo, e in mente Volgo , tacendo : Se giammai tua sete Non si spegnesse per gran copia d' acqua , Ne parleresti a^ medici ; e quel tanto Bramar di pin , quant' hai piu fatto acquisti , A nessun uomo palesarlo ardisci ? Se una tua piaga con radice od erba Ch' uom t'addit6, non migliorasse , andresti Lunge dal far di tal radice od erba Che non giova , rimedio. Avevi udito , Cui fecer di ricchezza il don gli Dei , La nialnata follia da lui slo<2;":iarsi. DC? Or die piu pieno , e non per6 sei punto Piu saggio , ascolterai gli stessi avvisi? Ma se prudente , se men desioso E tiraoroso V uom potesser mai Far le ricchezze , arrossiresti al certo, S' un pill avaro di te vivesse in terra. Se r uom fa sue cio che a contanti acquista , Iia VERSIONS DI DUE EPISTOLE D'oRAZIO E se, al dii* dci dottori , alcuiie cose Diveiigon sue coU' acloprarle, il canipo Che ti satolla , e tiio ; d' Orbio il castaldo , Cli' erpica i seiuinati , ond' egli il giano Ti dara poi , te per padron conosce. Dai le monete , e ne ricevi 1' uva , I polli , gli uovi , lui carratel di vino ; Li tal raodo , cioe , tu a poco a poco Conipri quel catupo, che sei mila scudi Per avventura , o piu , cost6 di prezzo. Viver di ci6 ch' hai tii pagato or ora , O liinga pezza pria , die mai rileva ? Chi tempo fa d'Aricia , e chi di Veja Campagne compero , comprati a cena , Bench' abbia altro parer , mangia i legumi ; Sotto al pajuol verso la fredda notte Con legne coniperate accende il fuoco ; Pur segue a chiamar sue fin cola , dove A' fermati confiu piantato il pioppo Sterpa le risse de' vicini : appunto Come se propria mai cosa ci fosse, Che in un istante del girevol tempo Or per chiesta, or per prezzo , or per la forza , Or per 1' ultima sorte , i suoi padroni Muta , e nelle ragion passa d' altrui. Ma poiche non e dato ad uom , qual sia , Perpetuo F uso , e sopravvien 1' erede Air erede d' altrui , come onda ad onda ; Qual de' villaggi pro? qual de' granai ? Qual deir aggiunger i Lucani paschi A' Calabresi , se tutto , alto e basso , Miete la morte , ne con l' or si placa ? Gemme , marmo ed avorio , statuette DI BENEDETTO DEL BENE. Il3 Tirrene , quadri , argento , e tinte vesti In Getula conchiglia, altri non haiiiio , E taluno d' aver iie men si cura. Perche di due fratelli uno anteponga L' ozio , il giuoco , 1' ungueiuo , anclie ai palmed Pingui d' Erode ; ricco ed iiicrescioso L'altro, dal primo lume a quaudo iinbruna. Con ferro e fiioco aniinansi il terren crudo : Quel Genio il sa , che ci accompagna , e tempra L' astro natio ; della natura uniana Signer , che con ciascun finisce i giorni , Che di faccia cangiante e bianco e nero. lo mi varr6 del mioj dal picciol mucchio Quanto e d' uopo , torr6 , nulla temendo Quel ch' abbia a giudicar di me I' erede , Se piu che i beni a lui dati non trova. Ma vorro pur saper, quanto disgiunto Sia dallo sprecator I'uom gajo e schietto , E quanto sien diversi avaro e parco ; Che ben altro e , se il tuo prodigo spergi , Ed altro , se ne a spender sei restio , Ne t' affatichi a crescer roba ; ed anzi , Come nei cinque di sacri a Minerva Fa talvolta il fanciullo, alia sfuggita, Del tempo godi un breve tratto e dolce. La sozza poverta da me stia lunge; Grande, o piccola poi nave mi porti , Ta! , quale io son , mi portera pur ella. JNon mi spinge Aquilon , soffiando in poppa A gonfie vele ; n6 per6 degli Austri Contro r avverso fiato i di conduco. Per vigor, per ingegno , leggiadria, Virtii , grado , ricchczze io son de' primi J 14 VERSIONE DI DUE EPISTOLE D' ORAZIO ecc. L' ultimo , e si dep:li ultirai son priino. Avaro non sei tu? vaiine ; e die forse Con qupsto vizio gia fuggiron gli altri ? Sgonibro hai di vaiia amhizione il petto? Di timor dcUa morte , e d'ira sgoinbro? Sogni , spaventi magici , prestigi , Fantasirae notturne , fottuccUiere , E Tessali portenti hai tu per fole? Contar t' aggrada i natalizj giorni ? Dai perdono agli amici? or che veccliiezza S' accosta , piii ti fai placido e buono ? Di raolte spine tratta fuor sol una , Qual ti fa pro? Se viver ben non sai. Da luogo a quei che sanno; assai giucasti , E maugiasti e bevesti ; al tuo partire Acconcio e il tempo , onde , se piu berai Del giusto , non ti dia beffe e travagli L'eta, cui meno il foUeggiar disdice. OSSERVAZIONI SOPRA ALCUNI FENOMENI MAGNETICI DI SIMONE STRATICO. ij esperienza degU anelli di ferro, uno dei quali sia tenuto sospeso dalla forza attraente di un magnete , ed insieme atto a sostenere dal puiito diametralmente opposto uu secondo anello , e dal secoudo sino al quiiito o sesto , sicche si formi la figura di una catenella , era nota agli antichi filosofi , e Platoue e Lucrezio ue fecero menzione. Platone la chiam6 una forza divina , cioe superiore all' umana intelli- genza. Lucrezio adduce la stessa sperienza dove ragiona del magnete, e dice di aver veduto sino a cinque anelli pendenti successivaraente uno dair altro , e tutti dal prinio ritenuto dal magnete. Conghiettura egli che il magnete esali fuor di se molti corpicelli, eccitandosi in esso un fervore ( che esprime colla parola oestus ) che tutta I'aria urti e discacci , la quale e tra il ferro ed esso. Tosto che v6to d'aria riesca lo spazio , i principj o genitali semi del ferro cadono e seco portano il metallo nello spazio voto , al che concorre I'aria posta d'inrorno, e che tende ad occupare lo spazio stesso. Adduce poscia un' ahra esperienza di anelli di ferro voti ( quali n' adoperavano nella Sarao- tracia per coutenervi degli amuleti ) , che posti in un vaso di rame I I 6 OSSERVAZIONI SOPRA ALCUNI FENOMENI MAGNETICI mescolati con fiamineiiti di ferro per mezzo di uii magnete sottoposto al vaso saltellavano e rifug!;ivaiio 1' uiio dall' altro , o si attraevaiio. Acceiino cjuesta ipotesi unicaineiite per indicare le cognizioni speri- mentali sopra questo argoinento degli antichi , e per notare che cou- sistevaiio nel sapere la forza attraente del ferro al magnete : die qne- sta forza si conmnicava al ferro col solo contatto , e che vi erano delle combinazioni iielle qnali i1 ferro era respinto dal magnete o dal ferro. h poi evidcnte die nella spicgazione del fenoraeuo tratta daH'ira- pulso deir aria che agisce per entrare nel v6to mal si apponevano , poiche questi fenoraeni magnetici si osservano tanto nello spazio oc- cupato dall' aria , qnanto nello spazio voto d' aria qual e il boileano. Riconoscevano un movimento intestine nella massa del magnete e del ferro , e la parola cestus di cui si serve Lucrezio lo dimostra ; ma que- sts ancora sembra una proposizione assunta e non provata. Nessuna perdita o di massa o di volume fa il magnete o il ferro nell' atto dcir attrazione e nella comunicazione delle sue proprieta. Plinio espresse vivaceniente la sua sorpresa per questi fenomeni, e pare inclinato alia sentenza di Lucrezio dove dice : Quid enim mirabdius , aut in qua parte naturae major iwprohitas. Dederat vocem saxis , ut diximus respnn- dentem homini , imo vero et ohloquenteni. Quid lapidis rigore pigrius , quid ferri naiura pugnacius F Sed cedit, et patitur mores: trahitur namque a magnete lapide , . domitrixque ilia reruni natura ad inane nescio quid currit , atque ut propius venit , assist it , teneturque , et coniplexu hceret. Suieriten turn alio nomine appellant , et quideni Herculeum. Magnes ap- pellatur ab inventore ( auctor est A/icander ) in Yda reperilur. Ma essi Don isvilupparono le particolarita di questa sperienza. Ogni magnete ha diviso nella sua massa le forze attraenti in tutti i punti della sua snperficie , le quali forze si riuiiiscono in due punti nelle loro facce opposte diametralmente, e questi punti diconsi i poli. L'attrazione del primo anello e massima quando pende dal polo stesso, minore quando esso pende da altri punti piii o raeuo lontani dal polo; quindi il nura^ro deglt anelli che possono restare sospesi dipende principahnente dair e^sere piii o meno generoso il magnete , ed insieme dall' essere al contatto del polo. Dl SIMONE STRATICO. 1 1 7 Quest! due poll che trovansi nelle opposte facce del magnete hanno tendeiize delle loro forze in direzione contraria, sicche iiulicando uno di essi colla Icttera A, I'altro colla lettera B, e preseutando un ma- gnete ad un altro magnete coi poli A di uno e B dell' altro , essi si attraggono , e preseutando A di uno all' ^ dell' altro, oppnre il B di uno al B dell' altro , essi si respingono. £ costante legge di natura che cjuando pel contatto del magnete al ferro si produce in quel punto un polo , nel punto diametralmente opposto se ne produca un alcro contrario , ed e parimente costante che non si pu6 ne al magnete, ne al ferro dare un solo polo; ma che necessariaraente dandone uno, se ne produce insicme F opposto , e spezzando un magnete o un ferro magnetizzato , nel quale si trovino i due poli , nei fraramenti trovansi parimente i poli opposti ; quindi nel primo anello si producono due poli , e se nel punto del contatto dell' anello al magnete si trovi il polo A, e certo che nel punto diametralmente opposto si produce il polo B, il quale al secondo anello da il polo A, e cosi di seguito nei successivi ; il che non difficilmente si dimostra preseutando questi varj punti all' ago magnetico. La tewdenza delle forze del magnete si e dalla superficie della sua mole ad un punto fuori di esso, e per dare una rappresentazione chiara di ci6 , se si supponga il magnete sferico , le forze attraenti si possono riguardare coine formanti un cono, la cui base e il circolo massimo della sfera, e 1' apice nell' asse prolungato della stessa sfera. Questi due coni hanno la loro base comune nel cerchio massimo della sfera, ed i punti dove le forze si uniscono, e dove 1' asse taglia la sfera. Col fatto , se si sparga della polvere di ferro sulla superficie del ma- gnete, essa e attratta da ogni punto della superficie stessa, ma piii aggregata e densa qnanto piii si avvicina al punto indicato dove for- ma dei fili di particelle rizzati a guisa di peli. Sebbene per6 questi due punti presentino gli stessi fenomeni , pure e evidente che dimo- strano forze di direzione tra di loro contraria , attesa la ripulsione che uno esercita sull' altro se siano dello stesso nome : e insieme pure evi- dente che si attraggono e si corabaciano tra di loro quando si presen- tano r uno all' altro i poli di divcrso nome \ quiudi i punti nei quali Vol. in. p. II. i5 1 I 8 OSSlilWAZIONI SOPRA ALCUNI FENOMENI MAGNETIC! si fa r attrazioiie degli anelli si possono rigiiardare come i poli secOn- darj se il juimo nou ^ precisaineiite pendente dal polo del ruagnete. II niagnete non e piopriaaientc una pietra , nia un pezzo di niiniera di feiTO , la quale trattata coi soliti nictodi docimasdci dii il ferro. Pare , secondo alcuni , die in essa il ferro sia piu vicino alio stato raetallico •, ma non lio veduto alcuna scrie di esperienze apposite per dediure clie il ferro tratto dalla calamita ahbia qualita distinte da quelle dell' altro ferro tratto dalla stessa miniera. Trovo in Gilbert© ( Libro /, cap. i6 ) die dal magnete si ricava spesse volte un ottimo ferro clie i Greci diiamarono siomoma, e i Latini acies, o acciare, o acciarium ; ma cio e soltanto ivi indicato. Questa voce di itotnoma non e propriamente classica , ne si ti'ova nei dizionarj ; ma probabilmente fu adopeiata da alcuni pratici niineralisti e dedotta dal greco verbo stomoin, die significa aciem inducere o affilare un ferro tagliente. Co- me pdi avvenga die alcuni pezzi della stessa niiniera divengano ma- gnetici , altri no , questo sino ad ora e ignoto. Trovo un' osservazioue del Coloiinello Gibbs ( Journal American of sciences, torn. I, pag. 89, riferita dal Journal de physique, torn. Xf, Janvier ) die in una niiniera di ferro a Succassuny la parte superiore del filone e magnetica con polarita, e la parte inferiore lo diviene soltanto quando e esposta per qualche tempo all' influenza atmosferica. II Co- Idnnello Gibbs e inclinato a dedurre da questa osservazioue die il magnetismo non esiste gi^ nell' interno del globo terrestre, ma soltanto alia sua superficie. Ma questa sua deduzione dipendente da un solo fatto , il quaVe puo aiiimettere altra spiegazione , non pare bastante a renderla accettabile. Anzi si pu5 dire senza errore die ogni magnete e ferro , e che ogni ferro e magnete. Questa seconda asserzione si prova, i.° coir esperienza die un bastoncino di ferro lungo dodici o quindici pollici sospeso ad un filo che lo tenga in equilibrio e oriz- zontale , spontaneamente si dispone nel nieridiano magnetico ; 2° dal- r osscrvare die ogni ferro non magnetizzato, se si rompa con varie pie- gature o inflessioni, raanifesta la virtu di attrarre le particelle di ferro. L' esperienza sopraccitata degli anelli si presenta in altro raodo , il quaJe dimostra la tendenza delle forze die si e indicata per mezzo Dl SiMONE StRATICO. 1 1 9 delle particellc <]\ forro sparse mediante un setaccio sopra un cartone cui sia sottoposta una harra d' acciajo magnetizzata , lui>ga circa otto poUici , alle estremita della quale sono i poll /I e B. La lirajrtura si dispone in linee rette die partono dagli spigoli della barra je divergono a varj angoii dalla direzione della stessa barra, il che si ottiene ancor pill distintainente picchiando leggermente sul cartone ondc esse pos- sano preiulere quei puiiti die convengono alle loro polarita , poiclie ogni particella di ferro si polarizza per 1' azione della barra magnetica ed acquista le due polarita, Tuna contraria a quella del polo della barra cui e vicina , I'altra omologa al polo della barra stessa. Le li- nee nelle quali si dispongono le particelle di ferro da ciascuna estre- mita della barra sono tra loro divergenti e piii o meno prolungate secondo la forza con cui agisce la virtii magnetica. Se si presenti una barra magnetica ad un' altra in linea retta, e siano distanti tra di loro drca un pollice: se i poli che si affacciano siano ambedue A oppure 5, le particelle di ferro si dispongono come in due correnti contrarie che divergono lateralmente. E se i due poli siano A e B,le particelle di ferro si dispongono in varie curve ovali da un' estremita all' altra delle due barre. £ manifesto che nella prima di queste due posizioni le particelle di ferro sono polarizzate in modo che le loro superficie colle quali s' incontrano si respingono ; nell' altro caso esse si attrag- gono. Ma non si pu6 non riconoscere in questi fatti la forza d' impul- sione, dir6 cosi,che viene dal magnete per produrre quelle linee di varia luiighezza nelle quali dispongonsi le particelle del ferro. Questa forza quasi radiante pu6 riferirsi all' (^5^05 di Lucrezio o ad un priii- dpio attivo che si sviluppi magnetizzando la barra d' acciajo. Disposta ora la barra d' acciajo sopra una lastra di cristallo , indi coperta col solito cartoncino, essa si metta in comunicazione col con- duttore d' una macchina elettrica, e spargasi sopra il cartone la lima- tura di ferro; raentre la barra si elettrizza per I'azione della macchi- na, esse particelle si dispongono come prima, senza che 1" azione elet- trica v'induca alcuna differenza. Avvicinando un eccitatore metallico alle particelle sparse sopra il cartone, escono delle scintille dalle medesime. le quali fuggono verso il luogo corrispondente alia barra sottoposta. !20 OSSERVAZIONI SOPRA ALCUNI FENOMENI MAGNETICI Piccliiando di nuovo sopra il cartonciuo, Ic particelle si dispongoiio come da prima obbedeiido alia forza magnetica. Altiettanto si osserva se le barre magnetiche siano due e disposte in linea retta , e si elettrizziuo : le particelle di ferro si dispoiigono come si e osservato, mentre le barre noii soiio elettrizzate. Se in vece di una barra d' acciajo magnetizzata si disponga una barra non nia- gnetizzata , le polveri si spargono sopra il cartonc coiifusameute , o clie si faccia agire la macchina elettrica mentre si sparge la limatura , o clie noil si faccia agire, ed accostando 1' eccitatore metallico, le particelle sfuggoiio senza determinata direzione. Questa esperienza di- mostra chiaramcnte clie la forza magnetica , quanto all' attrazione al ferro , non ha niente di comune colla forza elettrica , mentre ne si pu6 colla forza elettrica altcrare la disposizione delle particelle ferree determinata dall' azione magnetica, ne eccitare nella barra d' acciajo coir elettricita la \irtu magnetica. Le sperienze sopra citate si sono ripctute con due maccliine eleitiiche ; Tuna, niaggiore, col desco di i8 pollici di diameti-o, I'altra col desco di lO poUici, ambedue niolto attive. La calamita arroveiitita all' incandescenza perde tutta la sua forza attraente e tutta la sua polarita , e . non agita 1' ago magnetico cui si presenti con cjualunque delle sue facce. Si puo alia stessa restituire e la polarita e la forza attraente se si metta al contatto di tre o piii barre o quadretti d'acciajo magnetizzati soprapposti I'uno all' altro con quelle facce die si vogliono dotate dei due poli , ed e indiflferente la scelta delle facce alle cjuali si voglia attribuire un polo o 1' altro. Lo stcsso avviene alle barre magnetiche d'acciajo, le quali perdono e la polarita e la forza attraente se siano riscaldate sino all' incandescenza, L' altro fenomeno prodigioso e la pronta penetrazione dclla forza magnetica attraverso di qualunque mezzo , la quale si manifesta coi movimenti dell' ago magnetico situato al di la dell' ostacolo clie s' in- terpone tra il magnete e Tago. II vetro, la pietra, il legno, Toro ed ogui altro metallo (eccettuato il ferro, pel quale la penetrazione pro- priamente delta non si fa, ma beiisi la comuiiicazione del magnetismo, come dir6 tra poco ) , la fiamma dello spirito di vino, I'acqua, la carue d' animale vivo o morto , il \6to boileano , tutti questi mezzi o Dl SIMONE STRATICO. 12T sostanze sono penetrate itnineilialameiite dalla forza luagiietica quando si coiiservi la conveniente distaiiza. A questa circostanza iion bene osservata penso doversi attribuire il contrario fatto riferito dalf Acca- demia del Cimeiito , dove si osserva die interposto il ferro tra I'ago ed un magnete, Tago non risente alcun effetto dalla virtii magnetica, II ferro interposto tra I'ago ed il magnete si niagnetizza per la virtii di quello, e la sua faccia interna, cioe quella die e rivolta verso I'ago, agisce magiieticaniente. Clie se si circondasse 1' ago con una parete di ferro uniforme in tuita la sna circonferenza , cosicclie come ferro non esercitasse differente azione ne' varj punti della sua circonfei-enza sul- I'ago, non pertanto la forza raagnetica comunicata da! niao-nete avvi- cinato al di fuori della drconferenza stessa turberebbe ed agitereb- be r ago. Ho voluto esperimeiUare se un fuoco assai ardente c forte facesse qualclie differenza nella penetrazione della virtii magnetica. Ho preso due mattoni grossi mezzo poUice, lunghi e larghi pollici sei. Interposto uno di questi freddo tra I'ago niagnetico ed un magnete , la forza ma- gnetica penetr6 prontamente , e I'ago distante 12 pollici si e mosso , ma non si moveva a maggior distanza. L' altro mattone riscaldato sino air incandescenza si e interposto nel luogo del mattone freddo , i mo- vimenti dell' ago furono egualmeute pronti e piii vivaci ancora di quelli die si osservarono coll' interposizione del mattone freddo. Ho iiisieme voluto osservare se luediante 1' interposizione del mat- tone incandescente la forza magnetica si estendesse a maggior distanza di quello die si diffonda coll' interposizione del mattone freddo. Quiiidi misurate le distanze alle quali si propaga I'azione magnetica, nell' uno e neir altro caso trovai die coll' interposizione del mattone arroventito la distanza si accrebbe da 1 2 pollici a 1 5. Una niassa di ghiaccio interposta tra il magnete e I'ago non altero sensibilmente la distanza alia quale pervenne I'azione del magnete, come uemmeno un vaso di metallo ripieno d'acqua bollente. Una la- stra di gliisa ed una d'acciajo riscaldate, ma non sino all' incandescen- za , interposte successivaraente tra il magnete e i' ago , obbligarono a diwiuuire la distanza dell' ago alcuu poco, onde seniisse I'azioae del 122 OSSEKVAZIONI SOPR\ ALCDNI FENOMENI MAGNETICI magnete, perche, come si avverti,il magnete ed il ferro riscaklati si spogliauo clella forza ina;2;netica, ne per conseguenza iie possono acqui- stare dal nia!2;iiete inedesirao quaiito potrebbero se non fossero riscaklati. Nel magnete conviene distiiiguere due proprieta, una e di attrarre il ferro, e I'altra e di dirigere spontaiieamente la sua massa quando sia libera, in modo che i due poli guardiuo Tunc verso tramoutana, r altro verso niezzodi. Qucsto secondo fenomeno , dal quale deriva la costruzione della bnssola o ago magnetico, si riconosce da tutti i fisici per uii efFetto dell'azione del globo terrestre sulla calaniita, perciocche I'ago magnetico non si dirige senipre precisaraente al punto del polo terrestre , ma declina or verso levante , ed or verso ponente , che cliiamasi la declinazione dell" ago magnetico; ed oltre cio s'iuclina al- r orizzonte dalla parte del polo artico a misura che si trasporta lungi dall'equatore terrestre verso il polo, si mantiene orizzontale all' equa- tore e inclina verso 1' orizzonte , oltrepassando 1' equaiore ed avvici- iiandosi al polo antartico. La legge di questi due movimenti di declinazione ed inclinazione sino ad ora e ignota, nb pare che possa risultare la cognizione di una tal legge se non che da gran numero d'osservazioni. Questa influenza del globo terrestre nella declinazione dell' ago si rende evidente quando si considera che la declinazione magnetica in qualche luogo della superficie terrestre raantenendosi costante in qual- che tempo, sofFre delle variazioni portandosi or verso levante, indi con moto retrogrado verso ponente, non e la stessa dal mattino alia sera, e si diversifica dalTequinozio di primavera al solstizio d'estate, come si rileva dal confronto delle osservazioni ultiraamente pubblicate dal signor Wolaston negli Annali di chimica e fisica di gennajo di quest' anno , oltre le tante altre da varj fisici fatte e comunicate al pubblico. Queste osservazioni portano che nel i,SuO I'ago magnetico a Parigi declinava all' est. ii° 3o'; che nel 1664 esso era esattamente nel meridiano terrestre; dopo d'allora la declinazione e divenuta occi- dentale, e nel 18 17 era di 22** 20', dal qual punto cominciava ad esser retrograda e portarsi all'oriente. DI SIMONE STRATICO. 12,3 Non rammeiito le ipotesi immagiiiate da uomiiii illustri per trovaru la legge di quelle declinazioni e variazioni, perche di fatto veriiiia ha corrisposto. Veggo che il signor Churchman americano diede gia la tci'za edizioiie del suo Atlaute magnetico , presentandolo anche alia Real Societa di Londra , nel quale e calcolata la variazione dell' ago magnetico ne' varj punti del globo e ne' varj anni successivi ; ma noii mi consta quanto questo lavoro corrisponda alle osservazioni di fatto, n6 sino ad ora mi riusci d' avere quel libro. L' altro feuomeno , che senza il mezzo dell' ago magnetico non si sarebbe potuto scoprire , dimostra 1' azione del globo terrestre nelle forze magnetiche, e 1' inclinazione dell' ago stesso all' orizzonte tanto minore quanto esso si trasporta piii verso I'equatore, dove si accosta air orizzontale. L' ago si costruisce in modo che posto sopra il suo sostegno prima di essere magnetizzato resti esattamente equilibralo ed orizzontale. Tosto che esso e magnetizzato non conserva la sua posizione orizzontale , ma s' inclina nell' emisfero boreale dalla parte del nord , nelF emisfero australe dalla parte del sud. Questi due feno- raeni della declinazione e dell' inclinazione si osservano dagli aeronaut! a grandi distanze dalla superficie del globo. Nel viaggio aerostatico intrapreso nell' anno 1 804 per commissione della Reale Societa di Pietroburgo dai signori SacharofF e Robertson si osservo che I'ago magnetico in vece di essere inclinato dalla parte del nord all' altezza di circa 1000 tese o pertiche di 6 piedi 1' una ( poiclie il barometro era disceso a 22 pollici ) era innalzato dalla parte del nord sopra 1' orizzontale. II signor Robertson altre volte osserv6 in quell' altezza un simile fenomeno. Le osservazioni suU' incli- nazione deir ago magnetico assicurano che i punti della superficie del globo, nei quali I'ago si mantiene orizzontale, costituiscono nell' emi- sfero superiore un semicircolo , la cui superficie e inclinata all' equatore terrestre di 12 gradi. I nodi di quel semicircolo coll' equatore terrestre sono uno verso i 1 3° 74' di longitudine occidentale da Parigi , cioe nel mare del sud verso I'isola Gallego a circa 900 leghe di distauza dalle coste del Peru. L' altro nodo e a 295° 84' di longitudine pa- rimeute occideutale. Nell' emisfero inferiore la curva dell' equatore 124 0S3ERVAZI0M SOPRA ALCUNI FENOMENI MAGNETICI magnetico ^ irregolare , e fa almeao tre nodi coU' eqnatore tcrrestre, e forse quattro. , Un terzo fcnomeno, che dimostra la dipendenza de' fenonieni magne- tici dair azione icnraediata del globo terrestre, e la magiietizzazione delle spraughe di ferro per la loro sola posizione verticale. Gassendo aveva osservato die i ferri sostenenti le croci sulle sommita delle torri diveiiivano magnetici. Si sperimenta ci6 piii facilmente ed in un mode che non lascia di sorprendere. Una verga di ferro molle di tre in quattro picdi di lunghezza ( le cui estremitii s'intendano segnate colle lettere A, B) tenuta in mano verticalmente e presentata coll' estre- mita superiore A al polo boreale di un ago magnetico lo attrae; la stessa sollevata e presentata coll' inferiore estremita B alio stesso polo boreale dell' ago magnetico lo respinge. La stessa verga capovolta, cosicche I'estreraita superiore, la quale era segnata A, diventi inferiore, e presentata all' ago magnetico da gli stessi fenomeni. Se queste prove si facciano con una verga di ferro duro o d'acciajo, non succedono, almeno cosi prontamente , le attrazioni o le ripulsioni. Tutto questo iiel nostro emisfero boreale, e si assicura succedere 1' opposto nell' enii- sfero australe. Questa esperienza non e equivoca se 1' ago magnetico e bene preparato , e se si rauti la verga di ferro. A quali conseguenze esse porti , e difficile dirlo , non volendosi abbandonare all' ipotesi di un fluido magnetico che circoli intorno al globo da un polo all" altro. La direzione dell' ago magnetico e un fenomeno dipendente da tutto il globo terrestre, e ne sono una prova i recitati ultinii tre fenomeni. Ma come la forza di gravita die non si puo in verun modo annien- tare o sospendere , ed ha sempre la direzione per cui trasporta i corpi perpendicolarraente alia superficie del globo terrestre, pu6 per azione d'altre forze mutarsi, cioe comporsi con altre forze, come sono lurto, la forza animale , 1' esplosione od il piano inclinato ; cosi anche la direzione magnetica puo occasionalmente essere turbata dall' azione di masse magnetiche o ferree sparse sopra o poco sotto la superficie del globo. Questa e la ragione per cui in alcimi punti si ha una declinazione magnetica raolio maggiore di quella che si trova in altri punti vicini. DI SIMONE 9TRAT1C0. I2S Se ne ha I'escrapio nell' isola di S. Elena, dove la decliiiazione ma* giietica air estremita rivolta al nord e molto maggiore di quella clie si trova all' estremita opposta dell' isola stessa rivolta al sud. Questa differenza in cosi poca distanza, che noa sara piii di 12 niiglia, si debbe attribuire a qualche massa raagnetica o ferrea, la quale agisca siill' ago raagnetico , e componendosi colla forza niagnetica impressa gia air ago dal globo terrestre dia una diversa declinazione. Cosi al- r isola d' Elba, posta nel mare di Toscana, la declinazione ad uu' estre- mita deir isola e di gradi 8 , all' altra estremita di 5 , e si sa che le niiniere di ferro e di magnete abbondano in quest' isola , e per la lore varia posizione influiscono nel detto fenomeno , come nei bastimenti pel soverchio ferro impiegato nella costruzione loro. Tutte le eru- zioni cagionate dal fuoco nelle viscere del globo, le quali non si pos- sono assoggettare a veruna legge , tutte le correnti delle acque che sono soggette a variazione di direzione , debbono influire nella direzione deir ago magnetico. Oltreche e ancora da avvertire che le vicende meteorologiclie influiscono ne' movimenti dell' ago magnetico , e die le aurore boreali e lo stato dcU' atmosfera temporalesco alterano la dire- zione deir ago magnetico. Di piii si osserva una differenza di declina- zione dal mattino alia sera. Ma sul proposito della declinazione dell' ago magnetico non si pu6 oraraettere 1' osservazione del professore Oersted di Copenhagen , la quale attualmente occupa lo studio di tutti i piii illustri fisici. Questa esperienza ci fu dimostrata dal nostro socio e celebre professore signer Configliachi accompagnata da ingegnosi e bellissimi ragionamenti. La somma di questa esperienza originale e la seguente ; quando un filo conduttore della pila elettrica di Volta e sopra un ago magnetico , il polo nord dello stesso declina portandosi verso ponente ; se il filo conduttore si porta al disotto dell' ago, il polo nord declina verso le- vante ; se il filo conduttore sia posto a destra o a sinistra dell' ago , questo non declina ne verso ponente , ne verso levante ; ma perde la sua posizione orizzontale sollevandosi dalla parte del nord , e traspor- tando il filo intorno all' ago e paralello alio stesso al quale presenta successivamente tutti i punti della sua circonfcrenza , non altera la tea- dcnza dei poli a quelli del globo terrestre. Vol. in. p. II. * 16 ia6 ossERVAzrom sopra alcuni fenomeni magnetici Quali e quanto importanti consegiieiize siano per deiivare da questa esperien^ta intonio alia legge di decliiiazione dell' ago raagnetico , non si saprebbe presagire. Intanto per la spiegazione dell' esperienza stessa si assume che il filo conduttove della pila di qualunque metallo egli sia diventa maguedco. L'iiisigne fisico Berzelio ( Anncdes de chitnie ct de physique, f wrier 1821) ha proposto uu' ingegnosa spiegazione, ed e che il filo conduttore divenga magnetico in due direzioni opposte , e diveiiga ua doppio magnete , come se fossero accoppiati due magoeti artificial! in tutta la loro lunghezza, in uno de' quali il polo nord sia eituato ad an' estremita , e nell' altro lo stesso polo sia situate all' estre- inita opposta della lunghezza; cosi dal presentare il filo doppiaruente magnetico sopra o sotto I'ago dipende la declinazione dello stesso \eiso pouente o verso levante. £ vero che nei moviraenti magnetici dell' ago non agisce se non che r azione dei corpi magnetici o ferrei , e in conseguenza deducesi che tale debb' esscre divenuta la condizione del filo conduttore Ma lo stesso Berxelio osserva essere evidente che i fenomeni del magnetismo ordiuario differiscono da quelli della corrente elettrica , poiche da questi si eccita una polarita doppia ed inversa , laddove nei magneti Qrdinarj non si ha che una polarita semplice ; ed ancorche si possa imitare artifizialmente la polarita doppia magnetica col mezzo della noininata corrente, noi non sappiamo per anco il modo d' imitare coU'elettricita la polarita nji^netica semplice. lo non mi propongo qui di entrare in un argomento cosi specioso, atteso tutti i ragionamenti che si fanno dai fisici , ma rimarco che se avesse luogo 1' as&unto sostenuto da alcuni dell' identity del fluido elet- trico e del magnetico , non si saprebbe intendere g^me avvenga che se I'ago in vece di essere d' acciajo fosse d'argento atto ad elettrizzarsi, es$o non avesse a polarizzarsi ; e se questi fenomeni non sviccedono se non che coll' ago magnetico di ferro, non si riconosca che nello stes- so risiede il principio della virtu magnetica, il quale resti squilibrato o disugualmente diffuso dall' azione della corrente elettrica. Noi abbiamo veduto che il calorico si combina col principio ma- guetico o destitueado il magnete di tutte le sue forze , o aumentando Dl SIMONE STRATICO. • la? la distanza a cul si estende ia sua attivita. E sebbene sia notabile il pronanciato di Berzelio al principio della sua lettera indirizzata a Ber> tolet laddove dice che e una cosa estreraamente interessante il vedere r elettricita , la luce , il calorico , e finalmente il magiietismo produr- si nelio stesso tempo e da una stessa cagione , non si ha alcuna esperienza di questi fatti che dlmostri la detta rautazione. Come Tio- fluenza della forza elettrica del filo conduttore avvicinato all' ago pes-. sa alterare la distribuzione del principio magnetico neiP ago stesso , e produrre le declinazioni a levante ed a ponente per la posizione del filo sopra o sotto 1' ago , questo e il problema da sciogliersi , ma nou mi pare che per ottenere questo intento si debba ricorrere all' assuntO) deiridentita della forza magiietica e deli' elettrica. II vero pare che sia che i quattro fluidi imponderabili aratfiessi dai fisici e chimici influiscono reciprocaraente 1' uno neH'ahro', seconds le varie combinazioni nelle quali si trovano. Noi sappiamo che il ca- lore intenso distrugge nei magneti la loro virtii. Noi abbiamo veduto che la virtii raagnetica si propaga da se ad una distanza, e combinata col calore si diffbnde ad una distanza maggiore. Nell' esperienza di Oersted noi vediamo combinata alia forza elettrica la magnetica , ed anzi questa eccitarsi. Ma non pare necessario 1' escludere il fluido ma- gnetico per sostituirvi I'elettrico ; giacche, siccome abbiamo osservato nel prirao esperimento delle polveri, la virtii raagnetica non e pro- dotta dair azione della forza elettrica ; iie la forza elettrica da se puo produrre le indicate disposizioni delle polveri ferree. II principio del magnetismo e assai diffuso, e pare clie in tutto il ferro si contenga in istato d'inazione, quando per qualche altra forza non sia squilibrato o disugualraente diffuso. Quindi allorche si osserva che un ago non magnetico si magnetizza nelle vicinanze del conduttore eletcrico della pila , si pu5 senza errore conghietturare che 1' influenza dell' elettricita produca nella lunghezza dell' ago la divisione del (luido magnetico che lo polarizza ; tale si pub riconoscere I' effetto dell' elettricita atmosfe~ rica nelle aurore boreali , nell' alterare il magnetismo delle bussole. E perche il filo conduttore della pila pnnto non iufluisce in un ago d'argento, se non perche nel ferro e nell' acciajo vi e il principio dclla ia8 OSSERVAZIOM SOPRA ALCUNI FENOMENI MAGNETIC! forza magnetica, o il fluido propriamente detto mngnetico , die per I'azione del fluido elettrico si squilibra e si divide oude produrre i due poli? Soo-'^iuiT'e lo stesso Berzelio che alcuni fisici pretendono che il no- co o ... stro globo abbia quattro poli raagnetici , e che, se cio e vero, i poli omologhi soiio rivold dalla stessa parte, cosicche si possoiio conside- rare come im solo interrouo da uaa sostanza non magnetica. Ma piii precisameiite quest' opiiiione e sostenuta e dimostrata con esperienze (pero equivoche ) da Bartolomeo Crescenzio ( nella sua Nantica medi- terrauea), il quale ha creduto che Tago niagnetico potesse prendere la direzione di quel punto del magnete col quale fosse toccato , cosicche toccando I'ago colla parte del magnete che guarda il levante , I'ago acquistasse la direzione verso levante. Egli voile provare questa sua opinione coll' esperienza seguente. Fatta una croce ad angoli retti di due lamine d' acciajo lunghe circa sei pollici, e non soprapposte, ma unite colla bollitura nel loro punto di mezzo , ivi apri un buco , e vi adatto il suo cappelletto : tocco colla parte del magnete che naturalraente e rivolta al levante una di queste lamine. Posta la croce sul suo sostegno, vide rivolta verso le- vante la lamina che aveva toccato col magnete. lo volli ripetere quella esperienza ; e cosi di fatto avvenne , ma ben presto mi accorsi che iiel toccar la lamina col magnete non si prescindeva dall' azione dei vicini poli nord e sud dello stesso magnete , onde si comunicava la virtu magnetica tanto alia lamina toccata , quanto all' altra che formava la croce, ia quale in fatti mostro il nord. Quindi per manifestare I'er- rore di ci6 che si deduceva dall' esperienza di Crescenzio, assoggettai una lamina sola al tocco del magnete con quella parte che guarda il levante , e trovai che I'ago era magnetizzato nord e sud come all' or- dinario. Per rcndere anche piii evidente quest' esperienza armai una calamita uaturale di figura paralellepipeda di due lastre di ferro terminate in piccoli cubi nelle facce est ed ovest. L' attrazione di quesii cubi era nulla , cogli stessi toccai al modo ordinario la lamina , ed essa acqui- st6 il magnetismo iiord e sud. DI SIMONE STRATIGO. 1 •2^J Non avrei fatto menzione di quest' esperimeiito di Crcsccnzio seiiza il ceniio di Berzelio , e se non avessi incontrato nei Dizionario di Storia naturale applicato alle arti da una Societa di naturalisti un ar- ticolo di M.' Patriii ( ainiant ), nel quale si narra die una miiiiera di calamita nella provincia di ])evonshire ha il suo filone diretto da le- vante a ponente, e dove si pretende che i poli di qucsta calamita siano nella stessa direzione. Verameiite il celebre autoie di quest' arti- colo non adduce veruna autoiita in prova di ci6. Ad ogni modo non credo che sia da trascurare questo cenno, poiclie osservo die anche Epino si raostrb desideroso di sapere la giacitura dei magneti nelle nainiere , e di conoscere se ivi siano collocati colla posizione dei lore poli corrispondenti a quelli del globo , o altrimenti. Nell' esame dei fenonieni magnetici conviene sempre aver presente la distinzione ti"a le forze attraenti o respingenti del magnete e del ferro od altri metalli che contengano il ferro, come sono il nikel ed il cobalco , e la proprieta o forza direttrice, la quale dipende dall' azione del globo terrestre. La prima non si puo esercitare se nel ferro non si eccita la polarita e la posizione dei punti nei quali quelle forze sono combinate. La seconda, cioe la forza direttrice, puo essere pertur- bata dalle forze attraenti di masse inagnetiche o ferree sparse sulla superficie del globo , e dall' azione d' altri fluidi iraponderabili che si compone col fluido magnetico, il quale, siccorae si e veduto, si corabina col calorico e coll'elettrico, e per alcune esperienze colla luce, se e vero che i raggi di luce raccolti e cadenti suU' estremita di un ago d' acciajo lo magnetizzano. Mi sono servito delle voci di fluidi magnetico , elettrico , calorico e luce , giacche questi sono usati dai fisici come i mezzi per cui si operano i varj fenomeni di questi nomi. Tre di questi sono atti ad eccitare sensazioni distinte nel viveute. II magnetico non si riconosce 86 non che pe' suoi efFetti nei corpi die contengono il ferro , ma non per alcuna sensazione nel vivente , poiche tutto cio che fu detto del maguetismo animale e per lo meno soggetto a molte gravi dubitazioni. ESAME DELLA QUISTIONE MEDICA SE L CSO DEL FOSFORO DATO INTERNAMENTE POSSA RIGUARDARSI PROFICUO, NOCIVO 0 EQUIYOCO DI PIETRO MOSCATI. ilELLA relazione ch' ebbi I'onore in una delle antecedenti sedute di presentarvi , illustri colleghi , dell' opera del signor Daniele Lobstein , stainpata a Strasburgo nello scorso anno i8i5, accennai che varie e fra di loro contraddittorie opinioni sono state in diversi terapi emesse da valenti medici intorno ai vantaggi o danni del fosforo apprestato in diverse malattie internaraente , e dissi che essendo tanto le con- trarie, quanto le favorevoli asserzioni appoggiate da medici per le loro opere, pel loro credito clinico e pel conosciuto loro caratiere rispettabili , non v' era luogo, secondo le regole della sana criiica, a dubitare che ne' casi da essi loro riferiti non si fossero realmente os- servati effetti ora decisamente salutari ed ora veramente nocivi di questa •altronde attivissima sostanza ; e quindi che il partito di amtnetterlo nel numero de" moiti farmachi o escluderlo da essi doveva esser fondato sopra tutt' altri principj che sulle isolate mediche osservazioni di casi individui o di particolari malattie. Di fatto se, appoggiandosi alle osserva- Eioui contrarie, noi volessimo condaiuiare il fosforo come una sostanza 1 3a sull' oso del fosforo in medicina per se stessa eminentemente venefica, ci si opporrebbe giustamente I'e- senipio del protossido di raercurio ( sublimato corrosivo), della bella- donna, dell'aconito, dello josciamo, del muriato di barite e dello stesso arsenico , oltie molti altri meno attivi veleni de' quali usa continua- ruente nelle piii colte nazioni d' Europa la medicina col consenso, se non assolntaniente generale , almeno costante della maggior parte dei medici piii accreditati ; e se per lo contrario per sostenere V uso me- dico del fosforo si adducessero gli cserapi ora riferiti , si potrebbe ri- spondere die ne' cadaveri degli ammalati ai quali era stato sommi- nistrato il fosforo coUe dovute precauzioni ed in dosi assai moderate si sono trovati indizj di gangrene prodotte iiel ventricolo e negl' inte- stiui simili a quelle che esso prodotto avrebbe applicato alia cute nella libera atmosfera ; dunque se i sopra citati veleni assai efficaci si ado- perano impuneraente, e non se ne hanno danni che per errore di dose o di metodo , e se il fosforo puo nuocere anche dato secondo le re- side deir arte , anche colle forraole che in alcuni casi furono troVate proficue, vi debb' essere una ragione particolare al fosforo, non appli- cabile agli altri veleni adoprati in medicina, per la quale esso agisca senza che il medico possa o prevederlo o impedirlo alcune volte co- me efficacissitno veleno. Ora per trovare questa ragione conviene , a mio credere, esaniinare 1.° le proprieta fisiche e chimiche del fosforo; 2.° che cosa esso di- venti nelle preparazioni sotto le quali esso si appresta come medica- mento; 3.° quali modificazioni o quali cangiaraenti esso subisca dopo che e stato introdotto nello storaaco. E per ci6 che riguarda il primo articolo il fosforo e una sostanza , come ognuno sa , eminentemente infiammabile al solo esporla all' aria libera , e molto piii quand' esso e in contatto coll' ossigeno : si accende alia temperatura di quindici gradi , secondo le osservazioni di Higgins , e se si ponga in aria ra- refatta, a dodici gradi del termoraetro di Reaumur ed anche meno.« Giusta le esperienze di Van Marum ( Annal. de chim., torn. 21 — Higgins citato da Henry, chim. , torn, i ." ) , esso arde anche in altri gas e nelle arie gia viziate , cio che diede a Goettling motivo di muovere dei sospettj coutro la nuova teoria chimica , i quali furono da Bertollet k DI PIETRO MOSCATI. l33 clissipati : etl una circostanza nel nostro caso ridessibile si e che il fosforo artle piii facilraente qnaiido e attorniato da qnalclie sostauza aiiclie noil infianiniabile tale che, per esempio, il cotone , siccome ha diniostrato colT espcrienza Van Marum. II prodotto del fosforo, dopo che e stato acceso, si e un acido assai attivo sotto forma primieramente di vapore bianco, quindi facilmente cspansibile ed infiaminabile quando il fosforo che lo emette e riscaldato c si condensa poi in acido d' in- dole fissa. Vengo ora al secondo articolo, cioe a dire che cosa diventi il fosforo nelle prcparazioni sotto le quali esso e stato dato come medicamelito. Le piu adoprate forme coUe quali il fosforo e stato prescritto sono di scioglierne una data quantita nell' alcool o nell' etere solforico , ovvero di ridurlo in minuta polvere con un metodo parlicolare (*), e darlo in seguito a grani mescolato a qualche conserva o elettuario, co- me hanno fatto Mentz, Hartmann , Weikard , Hufeland. Fii preferito il metodo d' infondere o anche distillare il fosforo che vuol prescri- versi in alcool o in etere , come fecero Conradi , Bouttaz , Gaultier , Cleubry, Lobenstein, Lobel e Lobstcin, forse perch^ risultandone un liquore assai limpido, fu creduto che il fosforo vi si sciogliesse, il che lion e vero, e si prova i.° conservando per qualche tempo la spiritosa soKizione di fosforo sia d' alcool , sia d' etere in vasi comunque srae- riglinti ed ermeticamente otturati, esso vi si depone sotto forma di mi- nutissima polvere bianca quasi nella quantita totale che si e impiegata tanto nel seniplice scingliniento , quanto nella distillazione comunque ripetuta ; cosicche quando si sommiiiistra una soluzione fosforica fatta gia da qualche tempo, non si da la stessa dose di fosforo come dan- dola recentemente proparata ^ 2." perche tauto la |)olvere deposta , quanto il sediinento che si ottiene evaporando cautamente la solu- zione mantiene tutte le proprieta e la facilissima iufiaramabilita che ha il fosforo non preparato ; anzi cio accade non solamente sciogliendo o (*) II uiiglior inctodo ppr vi.liiri'e il fosforo qiiiiidi vi si aggiiinge prontamente dell' acqua in polviMC pare quello dato da Alfonso Le Roi. lien fredda. II fosforo preeipiia in una iiiiiiiiin Si getta del fusforo in acqiia taldis^iiua , nella polveve liianca , che ascingata con carta si iiie- qnale si foude; ftiso si ngiia molto neiracqiia, scola airingreJieate prcscelto per couiljiaarlo. fo/. /;/. r. U. 17 1 34 sull' vso del fosforo in medigina distillando il fosforo nell' alcool o nelF etere , ma aiicora nell' aceto distillato, che iie ritiene in soluzione una quantita alquanto magglorei di fatto fregaudosene le niani, coniunque liinpido sia il liqiiorCj nella oscurita esse rilucono notabiliueiite, il che accade ancora nelle solu- zioui spiritose recenteinente preparate , ma noii nelle preparazioni fatte da qualche tempo per la deposizione ch' esse faniio, come si e detto di sopra , dalle quali osservazioni appare e che il fosforo uelle pre- parazioni che si danno di esso non perde la facilissima sua itifiamma- bilita, e che il medico non e mai sicuro della precisa dose contenuta in una dissoluzione da lui prescritta , dipendcndo essa , supposta anche esattissima la preparazione farmaceutica , dall' essere o di fresco o da qualche tempo preparata. Se dunque il fosforo internamente apprestato rimane infiammabile, ella e chiara, a inio credere, la ragione per la quale alcune volte ha giovato , essendo esso non infiammato un eccellente stimolo diffusivo, ed altre volte accendendosi nello stomaco abbia prodotto violente in- fiammazioni, macchie gangrenose e la niortc. E perche I'accendersi o non accendersi del fosforo neilo stomaco dipende da circostanze che il medico non puo in alcun modo prevedere , quindi ne viene per necessaria conseguenza che comunque attivo rimedio esso si sia , esso sara sempre un rimedio equivoco ed iiifedele. Ho detto non potersi dal medico prevedere le circostanze che pos- sono accendere il fosforo nello stomaco , perche queste dipenderanno alcune volte dai diversi gas contenuti nello stomaco anche in quantita non considerabile, altre volte dal trovarsi lo stomaco vuoto, e per la malattia elevato ad una temperatura piu alta che non e la sana natu- rale. L' alcool o 1' etere introdotti nello stomaco si vaporizzano pre- stissimo pel calore di esso, e lasciano il polviscolo fosforico attaccato alle villose pareti di esso , lo strato mucoso sottile dclle quali uon basta ad impedirne alia temperatura del calore animalc l' infiam- mazione quando nello stomaco vi sia copia d' aria atmosferica o di qualche gas , poiche si e veduto di sopra accendersi esso anzi piu facihncnte quando e coperto da qualche strato sottile di eterogenea anche non infiammabile sostanza. Vi e quludi per 1' intrinseca natura DI METRO MOSCATI. i35 del fosforo un' essenziale difi'erenz.a fra esso coiisiderato come sostanza venefica e tuttc le altre che impuneniente adoperiamo in medicina. Queste haniio un costaiite iiialterabile modo d'agire nello storaaco, co- siccli^ quando ne abbiamo oppoitiniaincnte modificata la dose e la pre- parazioiie, siamo sicuri della loro azione, mentre il fosforo se non si accende nello stomaco, sara un attivo stimolo difFusivo, die puo diveli- tare in alcuni casi utilissimo; ma se per accident! iinpossibili a pre- yedeisi si accende , diventera sicuro stromento di morte. Legp,esi presso alcuni scriitori che hanno trattato del fosforo •co- me niedicamento cssere stato apprestato e raccomandato 1' uso dell' a- cido fosforico, il quale essendo scevro dai sopraccennati pericoli , sem- brerebbe la preparazione preferibile e meritevole che se ne facessrro piu accurate osservazioni , il che richiederebbe preliminarmente espe- rimenti ben fatti sugli animali per accertarne le dosi e conoscerne gli effetti. E cio meriterebbe forse tanto raaggiore attenzione quanto che sostanza se non assolntamente identica col fosforo chimicamente pre- parato, ahneno molto analoga trovasi visibilmente nel regno animale \ivente. Ognuno conosce il fenomeno della luce fosforica delle acque del mare, che e srato diraostrato dipendere se non privativamente, al- meno in parte sicuraniente da minutissimi fosforici infetti. I fenomem delle nostre lucciole sono troppo popolarniente noti per addurli qui in esempio, e piuttosto chiudero il niio discorso col riferire una sin- golare osservazione in proposito fatta sopra se medesirao dal rinomato medico ginevrino il signor Jurine. Lettre de M! Jurine de Ceneve , aout 1 8 1 3 , au docieur Sedillot , redactew du Journal general de medecine. Paris , septemhre i8l3. Nel novembre i8io una sera Jurine orinando in istrada vide la sua orina chiararaente fosforica flir rilncere la parte contro la quale cade V a ed anche delle foglie ammonticchiate secche che vi erano vi- cine. Ritenne un poco di quella orina nel cavo della mano chiusa , ed in casa non ritrovo alcun segno, ne vestigio di microscopic! in- setti viventi in essa. 1 36 sull'uso del fosforo in MfeDiciNA ecc, Lo stesso fenomeno gli accadde per due anni consecutivi nello stesso mese senza alcuua causa visibile o iucomodo, usaiido pochissimo vino, cibi sani e nioderati iiella quantita. Lo stesso fciiomcuo era accaduto pochi niesi prima al signor Ricter, anche in esso senza causa particolare, ne iucomodo, ed anclie in esso fu passeggiero. Esamino in seguito le orine di chi prendeva il fosforo 34,6,8 grani, e non le trovo fosforiclie , e non lo furono quelle di chi prese ni ^monata 1' acido fosforico. Promise egli allora di pubblicare le sue esperieiize sul fosforo, clie servirebbero , diss' egli, di bnssola ai me- dici che adoprano il fosforo in medicina. lo non so sc le abbia pub- blicate; ma certo esse rischiarerebbero niolto questo importante argo- mento , e ci condurrebbero o a poterci servire con sicurezza del fo- sforo come rimedio , o a couoscere le modificazioni necessarie per usarue senza danno eventuale , poiche egli ha gia dati tali saggi d' acume nell' esperimentare , di ciiterio ncUe deduzioni dalle espe- rienze da poterlo a ragione chiamare uguahnente medico esimio che uno de' fisici celebri de' nostri giorui. DI ALCUNI SPERIMENTI SULL'ECCITAMENTO DEL CALORICO MEDIANTE LA CONFRICAZIONE DE' CORPI DI GIUSEPPE ]\IOROSI. Ignis ubique latet , naturam amplectitur omuem ; Cnncta parit, renovat, dividit, urlt, alit. 1? RA le varie cose delle cjiiali fin qui la fisica non pote discoprire la iiatura o il priucipio annoverasi il calorico. Quest' essere ( poiche in altro inodo non lo saprei nieglio indicare), quest' essere, clie trovasi costantemente in noi, con noi ed in tutto cio clie ci tocca e circonda, e quelle clie, come il magnetisrao, la luce, I'elettricita, il suono ed il nioto, non possiamo riconosceie clie ai proprj effetti. Ma forse av- verra clie un giorno qualclie fatto , anche impensato , squarciando il velo di si grande mistero , cliiaro inostreia all' osservatore sagace To- rigine sua , forse coniune ancora all' enunciate cose, e variata soltanto in esse da circostanze diverse, o da queste soltanto modificata. Fino dai piii rimoti tempi si e sempre detto essere il calorico una risultanza del inoto = Motus causa caloris est ~; ma la moderna fisica, non trovando ragioni da sostenere tale massima , lo dicliiaro un ele- luento dei corpi , essenzialmente fraramischiato coUe particelle loro. Questa teorica, sebbene fosse da molti per qualclie teiupo contraddet- ta, fini per essere quasi generalmente accolta, ne sofferse cambianiento alcuno finclie il valentissimo signor Rumford non la pose in dubbio colle sue valide esperienze , oiuai dappertutto conosciute e celebrate. , i38 sPEnraiENTi sull' eccitamento del calorico ecc. A siffatta scabrosissima materia rivolsi poco fa le mie iiidagini , non oia per conosccrne il uaturale priucipio, ma soltanto per trovare il niodo di niettere a profitto gli effetti suoi nell' esercizio di qualche arte in cui si richieda 1' uso del combustibile. Su di cpiesto argonieiito oso oggi intertenervi , chiarissimi colleglii, perclie credo iuteressarvi come subbietto di pubblica economia ed an- che come cosa scieiitifica non indegna di essere conscrvata nei registri di qnesto nostro Istituto. Livoco pero 1' iiululgenza vostia e per la difficolta deir argomento e per 1' insiifficieiiza mia nel trattarlo forse come voi sareste per desiderare. Un o;iorno mentre stava osservando il trarre la seta dai bozzoli mi venne in capo di vedere se con altro mezzo clie col bruciare di le- o^ne sarebbesi potato scaklare 1' acqna di quelle caldaje. A tale idea mi si affacci5 tosto il progetto di mottere a profitto il calorico die trovasi generalraente nei corpi o sparso nell' aria. II battifuoco pneu- raatico eseguito in grande e spinto da ragguardevolc forza senibi'avami essere atto all' uopo mio. Posimi pero a spcrimentarne Teffetto, ma ben presto conobbi clie quel mcccanismo sarebbe stato di nialagevole cm-a allorclie lo avessi eseguito in grande , e per tale cagioue do- versi abbandonarc. Costretto dunque a ritrovarne un altro , sullo sfregare de' corpi fissai ogni mia cura , immagiiiandomi che col ruotare di un corpo contro nn altro avrei ottenuto la quantita di calorico che desiderava. Ma per conseguire con piii facilita un tal fine doveva conoscere prima di quali corpi avrei potuto nsare si per risparmiare forza motrice neir eccitamento del calorico , come per ottenerne la raaggiore quan- tita nel pin breve tempo possibile. Dal complcsso di alcune esperienze da me antecedentemente eseguite sembravami rilevare , 1° Che esistevano de' corpi piii o meno atti a tramandare calo- rico allorche venivano strofinati ; 2° Che ognuuo di essi ne tramandava in maggior dose allorchfe reniva strofinato con certi corpi di minore durezza. DI GIUSEPPE MOUOSt. 189 Di tale virtu mi coraparivano dotati varj inetalH , e specialmentc il ferro, I'acciajo, il latue , T ottoiie , lo zinco , lo stagno, il piombo ed il bismuto ; ma senza piii diligeiitati esperinieiiti iion me ne po- teva accertare. Presi pertanto una girella d'acciajo ben pulita e teisa, del diametro circa di quattro dita traverse, e fissatala sopra un albero a punta, colla ruota di uii toriio la feci velocemente girare. In (piesto meuU'e andava colla niaiio poggiando ad una ad una sulla circonfercnza di essa alcune vergliette die aveva formate cogl' indicati metalli, egualmente lunglie e grosse , e contemporaneamente osservando un pendolo a secondi, confrontava il tempo die ciascuna presso a poco richiedeva per iscal- darsi a segno da scottarmi. Siffatto modo di sperimentare non era certamente quello che appa- gare potesse la diligenza di un fisico , e tanto piii perche negligentati venivano due elenienti troppo essenziali a conoscersi iiel caso mio. Erano questi lo sforzo die faceva , ossia la pressione clie esercitava contro quclla girella tenendovi sopra le accennate verghette ed il nu- mero dei rivolgimenti die essa eseguiva in un determinato tempo. Anche la forza motrice die in quell' azione impiegava era utilissimo il sapersi , ma siccome dopo questi tentativi mi proponeva di fame altri molto piii in grande , e da questi rilevare piii esattamente la quautita , perci6 ne trascurai 1' osservazione. Non ostante un tal fare non riusci del tutto inutile al caso mio , anzi fummi di giovamento non piccolo per la scoperta seguente clie mi produsse. Mentreche sulla girella ruotante appoggiata teneva una delle indi- cate vergliette accadde clie piii presto del solito mi seutii scoitare. Cercando di cio la cagione, trovai che quando con essa premeva Tangolo tagliente della circonfercnza, maggior copia di calorico svi- luppavasi nello stesso tempo di quando appoggiava sul piano di essa. La differenza era troppo grande perche non dovesbi subito rimarcarla, e specialmentc operando colla verghetta di stagno, la quale piu presto fondevasi nel luogo di contatto, di quello che impiegava il calorico ad al- terare sensibiliuente la temperatura naturale di tutta la sua piccola massa. 140 SPERIMENTI SULL* ECCITAMENTO DEL CaLORICO CCC. Varia riflessioni andava fra nie facendo per rendermi ragione di si ciu'ioso accidente , nni alia fine parvemi dovere conchiudore die es- sendo I'angolo di quella girella akjuanto taglieiite, col suo girare smaii- giava a poco a poco la parte delta verghetta che toccava , e vi s' in- sinuava addentro a guisa di un cuneo , e con tal forza ed aggiusta- tezza che era impossibile altrimenti , e perci6 queste parti venendo a conibaciare esattamente fra loro , auiuentavascne lo sfregamento , e quiudi sviliippavasi niaggiore qnantita di calorico di qiiaiido la ver- s;hetta era sfregata dal piano della circonfcrenza della inedesima gi- rella. Dal che dedussi , I." Esscre maggiore lo svilnppamento del calorico ogni e qualunque volta si aumenta il numero dei piinti di contatto tra i corpi sfregaiiti ; ■1° Che per isfregare il maggior nnmero di punti ricliiedesi , oltre alia pressione , anche elasticita di parti; 3." Che qnesta pressione puo forse in parte compensare la velocita. Per proseguire adnnque con saldo metodo verso il fine del mio assunto non doveva soltanto rinvenire il corpo che tramandare potesse la masi^iore rpiantita di caloriro nel piii breve tempo popsibile , ma bensi anche tentare se per cccitarlo niaggiormente fosse pin prnpizia la pressione delta velucitd o i^iccversa. Eccomi dunque a delle esperienze qaanto nuove , altrettanto delicate , e per le quali mi era indispensabile il combinare 1' ordigno che sono per descriverc. In primo luogo dovendo io coiioscere esattamente la velocita con cui avrei pottito sfiegare un corpo contro di un altro, doveva f;ir uso di un meccanismo il quale mi raostrasse con precisione i tempi e o-li spazj percorsi in essi tempi dai corpi confiicanti mediante una forza motrice sempre costante cd anche suscettiva di essere aumentata e diminuita a volonta secondo le circostanze. Secondariaraente occorreva di trovare un raodo facile onde auraentare e diininuire la pressione tra corpo e corpo. Finahnente conosccre la quantita di calorico che si sarcbJje svilnp- paia in un determinato tempo sotto una dcterminata pressione o de- terminata velocita. DI GIUSEPPE M0R03I, I4I In ordine al primo dato, cioe per avere esatta contezza della velo- cita de' corpi sfreganti, eseguii un roteggio di due sole ruote stellari, come vedesi nell' annesso disegno A ( Tav. Ill ), per le quali movevasi circolarmente I'asse verticale a spira b portante sulla sua estremita supe- riore un cilindretto di legno tenero E destinato a sfregare col sue movi- mento i metalli che voleva sperinientare. Questo cilindretto eseguiva sessanta rivolgimenti nel tempo che la manivella L applicata all' asse della prima ruota faceva un solo giro. Pel secondo dato, cioe onde raccogliere e misurare il calorico che si sarebbe sviluppato a cagione dello sfregaraento, feci appoggiare sulla testa di questo cilindretto il fondo di un bicchiere di legno / tenuto verticale dagli appoggi gg, il quale fondo era costituito dal pezzetto di metallo che voleva sperimentare , e conforniato in tal guisa che perfettamente combaciava coUa testa di esso cilindretto, essendo questa convessa, e concavo 1' altro. In questo bicchiere poneva per ciascun esperiraento sempre una stessa quantita d'acqua. Per conoscere in fine la pressione che impiegava , sopra il detto bicchiere poneva un peso di piombo H , che variava a volonta. I tempi mi venivano indicati da un orologio a secondi morti che teneva avanti di me all'atto di sperimentare. II sistema di queste esperienze dovendo essere comparative soltaiito, per ogni esperimento poneva il tutto nelle medesirae circostanze , ad eccezione del peso o della vclocita di cui voleva riscontrare gli effetti. Tutto questo apparecchio dunque serviva a far si che il cilindretto indicato colla sua testa sfregasse il fondo del bicchiere che vi posava sopra a guisa di cappello , e che il calorico svihippatosi per tale con- fricazione passasse nell' acqua contenuta entro lo stesso bicchiere, nella quale poi infondeva il terraometro o onde riconoscerne la temperatura. Ma per vie piii apprezzare la precisione con cui operava conviene aapere che tutti i pezzi di metallo o cappelletti da sperimentarsi erano stati format! con una stampa , in modo che uno era perfettamente simile all' altro tanto nella conformazione che nelle dimensioni; Che questi li fermava nel fondo dello stesso bicchiere attaccando- veli con mastice resistentissiaio in modo che 1* acqua postavi sopra non poteva da veruna parte trapelare ; T"'. in. p. [f. 18 1 4^ SPERIMENTI SULL' ECCITAMENTO DEL CALORICO eCC Che per far agire coUa velocita clie voleva il detto cilindretto mi era esercitato ad uiiiforniare il giro delta manivella L , che guidava coUa mano , alio scatto della lancetta dell' orologio indicato, di modo che in un secondo i-iusciva ad eseguire con facilita e precisione o un gii'o intiero della detta manivella, o un mezzo giro soltanto. Allorche dunque voleva preparaie 1' esperimento , attaccava al fondo del bicchiere / il cappelletto rappresentato dalla lettera m. Indi mi- sui'ava nello stesso bicchiere tant' accpia che arrivasse al puiito n, e messovi sopra il peso di piorabo H, lasciava che il termoraetro o im- merso in quell' acqua me ne indicasse la temperatura. Gopriva poscia le pared esterue dello stesso bicchiere con una flanella, come anche il signor Rumford aveva praticato per altre esperienze , e ci6 per far si che si perdesse la minore parte possibile di calorico, al quale oggetto aveva anche espressamente costrutto in legno 1' indicato bicchiere. Disposto in tal guisa 1' apparecchio , per cominciare 1' esperimento operava nel modo seguente : impugnando la manivella L stava attento al movimento della lancetta dei secondi , ed allorche questa princi- piava il giro d' un minuto , al segnar d' ogni secondo eseguiva «n rivolgimento colla stessa manivella, e cosi proseguiva esattamente fin- che quella lancetta avesse compito il tempo d'tm minuto primo. Allora io cessava dal girare la manivella, e subito osservando il termoraetro vedeva col segnare di esso sino a qual grado erasi riscaldata 1' acqua entro al bicchiere. Segnava immediatamente questo grado, e se piace- vami di proseguire 1' esperimento , senza perder tempo ricominciava nella stessa guisa ad operare. Se poi doveva cambiare metallo, o peso, o velocita , allora canibiava anche 1' acqua nel bicchiere per partire serapre da una medesima tempeiatura. Cosi facendo , per contiuui confronti e ripetizioni potei forraare la seguente tabella , iu cui sono registrate le eseguite esperienze. Questa raostra la quantita di calorico che con varie velocita del ci- lindretto strofinatore £" si e sviluppato dai diversi metalli nel tempo di due minuti primi sotto diverse pressioni , come pure il metallo che pill ne ha somininistrato ; iuoltre che la pressione e piii utile alio svi- luppameuto del calorico di quello die lo sia la velocita. DI GIUSEPPE MOROSI. 148 II pilrao metallo clic sperimentai fu il ferro. Questo strofinato coUa velocita di mezzo giro di manivella a secondo, cio che faceva eseguire trenta rivolginienti nello stesso tempo alio strofinatore, premuto il bicchiere da un peso di libbre due di once 12 nel tempo di due mi- nuti prirai o sieno i 20 secondi , col sue calorico fece elevare la tera- peratura dell' acqua , che era di gradi l5, a gradi i6; indi da 16 nello stesso tempo a gradi 17, ecc. Dal confronto delle risultanze in questa tabella notate apparisce, 1." Che di tutti i raetalli sperimentati , che sono il ferro, 1" ac- ciajo, il rarae, I'ottone, lo stagno, il piombo, lo stagno mescolato collo zinco e col bismuto , il piombo collo zinco e col bismuto insieme , quello che ha dato piii calorico fu serapre il piombo ; 2.° Che la pressione e piii utile alio sviluppamento del calorico di quello che lo sia la velocita , come risulta dalla coraparazione seguente : II ferro, esempigrazia (e valga per gli altri metalli) nei primi quat- tro esperiraenti della durata di due minuti ciascuno , mediante la ve- locita di mezzo giro di manivella a secondo e colla pressione sul bicchiere di sole due libbre, ha fatto ascendere la temperatura del- r acqua da gradi 1 5 fino a gradi 20. Negli altri quattro , in cui la velocita fu raddoppiata e raantenuta costante la pressione delle indicate due libbre sopra il bicchiere, il terraometro ascese a soli gradi 21 |. In fine negli ultimi quattro , in cui fu raddoppiata la pressione e ridotta la velocita come nel primo caso a solo mezzo giro di mani- vella a secondo, il termometro pervenne a segnare il grado 23 |, cioe un grado e | piu che nell' antecedente esperienza. Tale risultanza si osserva costantemente uelle altre esperienze ese- guite sopra tutti gl' indicati metalH. Avendo io dunque percio conosciuto di qual metallo doveva far uso per ottenere la raaggior quantita di calorico in un determinato tempo, come pure che a preferenza della velocita doveva impiegare la pres- sione per lo stesso oggetto , con tali nozioni passai ad occuparmi della costruzione dell' ordigno che bisognava combinare per 1' oggetto che mi era proposto. 144 SPERIMENTl SULL ECCITABIENTO ©EL CALOEIGO ecc. Formal pertauto un cannello di piombo lungo due dita e di no poUice circa di v6to , un poco piu largo da una parte che dall' altra a guisa di cono , e chiuso perfettamente dalla parte piii stretta. Saldai qiiesto cannello orizzontalniente entro un vaso di latta che conteneva circa a libbre lo d' acqua , ma piix viciiio al fondo che fosse possibile, lasciaudoue avanzar fuori delle parti del detto vaso soltanto le estremita. Per aver uno strofinatore elastico e piii durevole del legno infilai in un alberetto di ferro molti pezzetti di carta , che con una vite for- mata sull' estremita dello stesso albero corapressi contro un appoggio solidissimo fissato suU' altra. Poscia lo feci tornire si esattaraente che giusto eutrava in quel cannello , e tutte ne toccava ad un tempo le interne pareti. Cio fatto, lo fissai sull' asse di un torno in aria, die girato a forza d' acqua eseguiva circa a 400 rivolgiraenti per minuto prinio. Avendovi poscia aggiustato il detto vaso pieno d' acqua, voUi provare , I.® Se quest' acqua con tal mezzo riscaldavasi a segno da bollire ; a.° Se quel metallo resisteva ad una lunga confricazione , del che dubitava, e se sarebbe stato per conseguenza suscettivo di adoperarsi per una macchina in grande, che mi proponeva costruire in appresso per iscaldare una ragguardevole massa d' acqua. Relativamente al primo intento, fatto agire il meccanismo , osservai cou piacere che 1' acqua cominciava presto a bollire. In quanto al secondo , che non 1' aveva sbagliata giudicando quel metallo di poca resistenza all' uso pratico al quale voleva farlo ser- vire ; poiche nell' atto di essere strofinato formavasi internamente certa polvere granellosa , nera , la quale , a mio credere , altro non era che particelle di piombo ossidate , le quali poi trovai talmente dure e re- sistenti , che strofinando con esse dell' acciajo anche temprato , vidilo divenire lucido , come se fosse stato pulito col piii fino smeriglio o col rossetto d' Inghilterra. Questa polvere dunque, mentre formavasi in quel cannello, smangiava prestissimo le interne pareti di esso , e cosi guastavane la cavita. SI GIUSEPPE MOROSI. 146 Dovetti per tale inconvenieiue rivolgermi ad altri metalH , e fra questi prescelsi 1' otlone , come qiiello che ofFriva maggiore facilita nel lavorarsi, e che soniministrava sufficiente quamita di calorico. Feci costruire pcrtanto un simile cilindictto con questo metallo , ed aggiustatolo col solito strofinatore al note vaso lo feci girare dall' in- dicate toriio , e nel tempo di 12 minuti circa vidi boUire 1' acqua che aveva posta in quel vaso. Ma essendomi accorto che grandissima qiuintita di calorico andava dispersa , copersi le pareti del vaso con una flaaella, come nciraltra esperienza aveva fatto. Allora quell' acqua, con mia sorpresa , in 7 minuti circa si pose a boUire , e con tale forza die pjesto presto tutta si evaporo. In questa occasione mi e sembrato rimarcare che 1' evaporaraento dell* acqua sia maggiore ri- scaldata cosi , die quando lo e dal fuoco coinune ; ma ci6 ha bisogno di conFerraa. Persuaso adunque di avere conseguito il raio fine , pensai a disporre la costruzione in grande di una simile raacchina , colla quale scaldare una ragguardevole massa d'acqua da servire a qualche trattura di seta o air uso di pubblici bagni. Per darle moto aveva gia destinato servirmi della corrente di un TOolino che riputava sufficientissima a quell' azione. Mi posi pertanto all' opera, ed avendo costrutto un tiibo conico di ottone della lunghezza di un metro, avente la cavita massiraa di due decimetri , lo posi , come sopra , sul fondo di un tino di legno contenente circa dodici brente d'acqua , ed aggiustatolo alia ruota di un molino che eseguiva settaatacinque riv'olgimenti per ogni minuto primo , co- minciai a sperimentarne 1' effetto. Ma quante volte non ci troviamo noi ingannati nelle cose mecca- niche, allorche dal piccolo vogliamo condurle al grande! La natura, che soveiite risponde alle piccule interrogazioni del fisico, quasi sem- pre pare che si ricusi di rispondere colla stessa compiacenza a quelle del meccauico ; ed e perci6 che la raaggior parte dei ritiovamenti piu belli svaniscono nella niano anche dell' abile artista tostoche tenta adoprarli ai grandi usi o comodi di nostra vita. / 146 6PERIMENTI SULL' ECCITAMENTO DEL CALORICO ecc. In tale dispiacevole circostanza mi trovai pure io neU'eseguire Te- sperimeiito seguente , che pei risultametiti degli antecedeiiti riteiieva quasi di sicuro esito ; ne alcuu poco avrei dubitato di questo se non avessi saputo per fatto che in meccanica non dobbiamo niai lusingarcl di cousegnire gli effetti, anche i piu patenti, prima di averli realmente ottenuti , e per lungo tempo provati. Finalmente ritornando al mio subbietto, diedi I'acqua airiiidicata ruota^ ed avendo fatto agire per essa lo strofinatore del tubo , nel tempo di due ore non fu possibile di elevare la temperatura dell' acqua della tina oltre ai 22 gradi, avendone prima 16 soltanto. Qnal fosse la cagione di ci6 , non lo saprei indicare , sebbene allo- ra ne attribuissi molta all' evaporamento dell' acqua medesima ed al freddo dell' atmosfera. Ma piii che ad ogui altro pero sembrami adesso doverne dare alia cattiva esecuzione del tubo , il quale non essendo stato ben pulito internamente , lo strofinatore non toccava in tutti i punti, e lo sviluppamento del caloi'ico era perci6 piccolo e si debole per iscaldare quella ragguardevole massa d' acqua , come appunto lo sarebbe stato il fiioco di una candela o di una lucerna. Dopo replicate prove fui finalmente costretto di smontare questa macchina coll' idea di tentarne il perfezionamento. Ma fin qui non ho potuto occuparmene, sebbene ne abbia sempre avuto la volonta. Ognuno di voi vede , 0 signori , di quale utilita sarebbe una tale macchina per gli usi economici, specialniente di varj opificj nei quali si fa uso deir acqua bollente o calda. Anche il signor Rumford , per le sue esperieuze eseguite nell' arsenale di Monaco con principio di- verso da quello che io ho adottato , ne conobbe V importanza ; ma anche egli, per quanto appare da' suoi scritti, forse fu arrestato dalle difficolta che presenta 1' uso pratico di essa. Io per6 , chiarissimi coUeghi , persisto nella massima di fame ulte- riori tentativi , ed in seguito avr6 cura di rendervi nel miglior modo edotti di quanto avr6 per essi conseguito. ■nwJlJ\\.cl/J.f„,/ .■••:- DI GIUSEPPE MOROSI. 147 Tabella dimostrante la quanticd di calorico sviluppatosi in varj determinad tempi per varie determinate celocita e pressioni mediante lo sfregamenco del qui sotto indicati metalti. NB. II pezzo sfregante era riportato suU' asse di un roteggio che esegaiva 60 giri per ogiii giro della nianivella movente. , FtlTO. Accujo Rune. Ottone. Zinco. Stapio Piombo Zinco Einnut Piembo ZlDCO BUmut Tempenlura nat«- rale dell' act^ua. Da Nel tempo , A e €o\\a presiione Hi libbrc due luUkUCsi. i\ i5i 18 16 18 >9 20 .6 '7 18 '9 i54- 174- '97 16 19 20 21 16 164- 18 16 19 20i 22 i54- •7 16 i7i \ a 19 21 '9l 20 22 »8| 23 18 18^ Segue con doppia vclocita nello stesso tempo e colla stessa pressionc. Tia r^6 16 16 16 16 16 16 i6i 16 a 1?-^ 18 18 17T 20 J? 23 i7i 17^ a 19 19 194- 20 22 18-i- 27 18-^ i8i a 20^ 20 21 ai4 23- 20 3i 191 19 a 2i| 22:5- 22-r 23t 24 2li 33 21 20^ Segue con doppia pressionc e colla stessa velocita nel medesimo tempo. Da 16 16 16 16 16 16 16 i5i 16 a J8i 18^ 19 19 21 '7t 24 17 184 a 20-5^ 2l'r 21 21t 22t •8t 27 i8i- 20t k a -1^ 23 23 23i 24 20 3o 194- 21 a 23i 25 24t 24I 25f 22t 35 22 22t RICERCHE SUL NOME E SULL' ANTICA CONDIZIONE DEI TERRENI INCOLTI DETTI VOLGARMENTE BRUGHIERE DI LUIGI BOSSI. INTRODUZIONE. A. -VENDO io avuto r opportunita fino clall' infanzia di passare ogni anno sotto il paterno tetto qualche periodo di tempo , e talvolta le intere stagioni , sul margine di una delle piii vaste brughiere della Lonibardia , mi sono sovente occupato , raassime nella mia gioventu, del pill minuto esame delle particolari circostanze di quelia vasta pia- nura ; e non conteiito d' indagare la natura del suolo , la composizione delle terre, I'effetto da diverse meteore sulle terre medesime prodotto, i vegetabili che spontanei in quelle crescevano , gli animali che vi sog- giornavano o die vi venivano di passaggio, i diversi metodi di dissoda- mento introdotti ed i loro rispettivi risultamenti, mi sono rivolto an- cora ad alcune ricerche di erudizione intorno al nome ed all' aiitica condizione delle brughiere tanto d' Italia , quanto delle altre regioni auche piii lontane, ed ho raccolto intorno a quest' oggetto molte di quelle notizie che i mouumeiiti diplomatici del medio evo , in cui Vol. 111. P. II. 19 i5o sull'antica condizione delle brughiere nacque e si diffuse quel nome, potevano soraministrare. Quelle me- morie , per solo privato studio conipilate , sarebbero forse state dan- nate per seinpre ad un polveroso obblio ; ma le plausibili cure che un Goveruo zelante del pubblico beue si e deguato di rivolgere a quest' oggetto importantissiino, mi hanno indotto a per raano di iiuovo a quelle carte , e ad estrarne que' pochi ceiini antiquarj e diplomatici che servir possono ad indicare i diversi nomi di que' terreni iucolti , ]a loro origine, il loro vero significato , ed a porre in chiaro I'antica condizione di quelle terre, il loro stato antico, la loro estensione, le cause deila loro progressiva diminuzione e quelle che 1' hanno in di- versi tempi promossa o rallentata. Questi oggetti, siccome atti a trat- tenere un istante la curiosita erudita, io ho brevemente espnsti in questo mio scritto , che mi faccio sollecito di presentare non gia come un prodromo degl' importanti lavori che fare si dovranno su questo argomento , ma come un saggio delle mie ricerche intorno al medesimo per quella parte che solo risguarda la diplomatica erudizione. S I- Jntichitd del nome delle brughiere. II nome di brughiera attribuito non a tutti i terreni incolti , ma a quelli soltanto di una particolare natura , sebbene non sanzionato colla adozione loro dagli scrittori che formarono o ingentilirono la nostra bella lingua d' Italia, e non registrato quindi ne' nostri vocabolarj, pur tuttavia trovasi usato molto anticameute tanto in Italia , quanto di la da' raonti , ed e passato senza contrasto in qualche lingua moderna , come si vedra in appresso. II primo documento diplomatico e una pergamena dell' archivio di Limoges dell' anno 4.° del regno di Lotario, che pu6 riferii'si all' an- no 821, o tutt'al pin all' 824. In esso s' istituisce il paragone di una certa meta de illo allodo, de illo fisco, de ilia brugaria. Di pochi anni posteriore e un documento della chiesa di Vienna nel Delfinato, nel quale, parlandosi di alcuni acquisti fatti nel monte detto Petra concagata, si legge cum terris et brogaliis cum bosco et omni acquisUo ecc. DI LUIGI BOSSr. 1.5 I II Du Cange crede che queste brognlie sieiio la stessa cosa die brnssailles, ma siccoine noii era aiicora fonnata in quell' epoca la lingua fiancese, ne la parola di brossadles ha mai iiidicato terreni , cosi io suppongo pill ragionevolniente die la parola brocalus o brogaUis non sia se non una piccola alterazione o corruzione , se si vuole , del Tocabolo bro' caria o brocards , usato frequentemeiite in vece di brugaria , come si vedra in appresso. In altro placito dell' anno 891 trovasi commendata la villa Caderilla coi rispettivi diritti sulle brughiere , et in brugarias, nee non et felgarias , sul quale docuinento io torner6 per altro og- getto in questo mio scritto. In una carta di Spagna del 1000 trovasi pure r assegno fatto in Beregur di una casa col suo cortile , et cum ipso bruguerio. Dell' anno io38 trovasi una donazione di un deverso , cioe non di un cambio o di un rovescio , come malamente ha inter- pretato il Uu Cange , ma di un pezzo di brughiera , unwn deversum de brugi'ria. N6 solo di la da' monti era usato questo nome , e col medesimo distinta e contrassegnata una particolare specie di terreni, ma anche in Italia era quel norae comuneinente all' oggetto medesimo applicato. Nella Storia del monastero di Montemaggiore viene registrato un atto deir anno 1045, nel quale parlandosi della strada pubbiica delFriuli, 0 di una parte o di un tronco della strada medesima , si dice che questo si stende fino alia brughiera o vi mette capo : Et exit via publica usque in bruguera. Negli Statuti ancora di Roberto III re di Scozia del secolo XIV compajono le brughiere, non altrimenti che nelle Consuetudini Perticensi, eotto il nome di bruarium o bruaria. Nel Monasticum Anglicanum di Dugdale trovasi di data ancor piii antica la concessione di due verghe di terra e di alcuni acri de bruario , ed in altro luogo si parla di- stintamente de viis , inviis , segetibus , sihis , brueriis. Nei secoli posteriori al XII innumerabili sono i documenti anche di tutte le parti d'Iraha, alcuni dei quali riferiti altresi dal Muratori , dal Bartoli , 6a.\ Tiraboschi e da altri, nei quali si fa menzione espressa delle brughiere, seb- bene quel nome venga talvolta in alcuna lettera o in alcuna sillaba alterato. Nella Cronaca di Matteo Paris, nelle Vite degli Abati di iSa SULL'aNTICA CONDIZrONE DELLE BRUCHIERE S. Albano, iielle Collezioni cli Bractonio , negli Atti capitolari della Cliiesa di Lioiie, nelle Memorie compilate dal Duchesne, iielle Opere di S. Bernardo, iiel Cartario del monastero di Montmartre, nel Formo- lario Anglicaiio , nei Diploini Belgici del Mireo , nei Registri aiitichi della Camera de' conti di Parigi, nelle Origini Gallicane del Menagiot nei Lessico di Scocker, negli Aneddoti del Marcene e del D'Achery, dap- pertutto si trovano nominate o indicate le brughiere. Non e quindi raaraviglia se questo vocabolo e passato con leggeris- sima inflessione in forma autentica nella lingua francese pura e per- fetta , e se TAccademia nel suo dizionario lo ha applicato tanto ad indicare I' erica, pianta della quale io avr6 occasione di parlare in appresso , quanto ai luoghi dove crescono in copia le eriche ; luoghi clie il nostro diligentissinio ALherti per difetto della lingua, anziche suo, nel vocabolario fVancese-italiano ha tradotto non esattamente per maccAie. Non e pure maraviglia se negli atti pubblici di molti paesi d' Italia si e continuato a registrare i nomi di biuaria , brueria e brugaria , e se il nome di bntghiera e passato attraverso tutte le eta e si e mante- nuto costanteraente per una sorta di ti'adizione in Lombardia, ove ha servito e serve tuttora ad indicare una specie particolare di terreni incoiti , ed ove e stato affetto piu proprianiente ad alcuni grandi spazj posti in quella condizione , ed e passato quindi a formare o comporre il nome di diversi villaggi , come per esempio Brugheriu , Brughino , Brugola o Brugora , e forse Bergoro , il die serve a mettere in chiaro ed a provare due punti importantissimi relativi a questa materia ; il primo, the antichissimo era in Lombardia il nome di brughiera , giac- che ha dato origine a quello di alcuni villaggi die gia da piu secoli esistevano sotto quel nome ; il secondo , che una estensione grandissi- ma in confronto dell' attualc avevano le brughiere in altri tempi , e probabilmente anche nel medio evo,giacche dato si vede quel noma ad alcuni villaggi o casali che ora ue sono assai distanti e si veg- gono circondati da campagne fertilissime , die in addietro erano bru- ghiere, sul quale argomento io dovro alcuna volta far riiorno iu que- ste mie ricerche. DI LUICI BOSSL I 53 S n. Variazioni dei nomi delle brughiere. NegU scrittori della media ed inBma latiiiita si trova da prima, come gii ho iiidicato , il iiome di bru»aria , e questo sul coraiuciare del IX secolo : si disse quiiidi bruguenum e brugueria , il che piii si avviciiia al nostro vocabolo lonibardo ; in altri documenti trovasi egualaieiite scritto bragueia e brugeria. — Bruigaria , brugeria , bru- guera , bruguerium, dice il Du Cange , voces unius ejusdemque notionis. Ma questo noa e ancor tutto. In qualche monumeiito provenzale si trova scritto brnguiera , donde venue piii facilmente il vocabolo bru- yere de' Francesi. Trovaiisi in seguito ne' diplomi del XIII e XIV se- colo , e sempre collo stesso significato , bruarium , brueia ( si faccia particolare attenzione a questo nome di bruera ) , brueria frequentis- simo , bruieria , broiaria nelle antiche carte del Delfinato , ed in In- ghilierra anche broihera. In uti documento delle Fiandre del secolo XIII si legge altresi brocarin , e presso il Muraiori nelle Aniichitd ita- liche trovasi usato nel i 1 83 il vocabolo di hruida in "vece di brugaria, e questo in vicinanza del Po presso la terra di Sparvara. I Francesi , come si raccoglie da uno de' piii antichi loro romanzi , coetaneo, se non anteriore a quello della Rosa, alia voce latina brue- b rium sostituirono quella di brueroi , poi quella di brucroi , forse per corruzione, corae suppone il Carpender \ dissero in seguito brua, brue, e finalinente bruiere o bruyere. In Italia il nome di bru^hiera, coetaneo forse alia formazione della lingua, non subi, per quanto appare^ alcuna alterazioiie. Noter6 solo di passaggio ( e questa osservazione riuscira forse opportuya nelle ul- teriori mie ricerche ) che moltissimi poderi , moltissimi pezzi di ter- reno portano presso di iioi , raassime ne' distretti di Gallarate e di Soma , il nome di brera o brere , il quale non e che una naturale ab- breviazione di quello di bruera usato ne' latini codici , al quale ho pregato di por mente , o di quello di brughiera fatto comuiie in tutta la Lombardia. l54 sull'antica condizione delle brugiiiere Noil passer6 oltre senza accennare un errore nel quale e cadiito il Dott. Surmani , giii bibliotecario deirAmbrosiaiia, uomo per altro for- nito di mohissima erudizioiie. Pailaudo egli appunto di questo liioo-o ove noi ci troviamo , consacrato ora alia sede delle scienze e delle arti , egli ha fatto derivare il nome di Brera da braida , e non ha dubiiato di asscrire die questo era altre volte un liiogo sterile ed in- colto, come se questo palazzo fosse stato piantato originariainente iu mezzo ad una brughiera. Pu6 essere che il nome di braida sia stato letto per errore ne' codici in vece di bruida ; puo essere altresi che il nome stesso di braida sia stato dai nazionali nostri traslatato in quelle di brera ; ma se questo luogo medesimo diceasi anticaraente braida , questo nome indicava allora tutt' altro che un luogo sterile , incolto , atto solo a produrre eriche o cespugli. Braide nella Gallia Cisalpina diceansi i canipi suburban!, che sono d'ordinario i piit fer- tili , e tale sara stato da prima il luogo ove si e eretto questo edi- fizio : quindi la braida di Verona del nionaco Padovano, eh' era alle porte di quella citta ; le braide ricchissime donate dai Longobardi al monastero di Monte Cassino ; le braide degli statuti di Padova , delle quili cinque canf|ii costituivano un podere di qualche considerazione; le braide dei vescovi di Verona, feraci di vino, grano e legumi ; e cent' altri esempi che addurre si potrebbero in conferma di questa tesi. Ne mai riuscira di trovare ne' diplomi dell' eta di mezzo o ne' glos- sarj, che le cosi dette brughiere o brere siansi nominate braide, ne che la voce braida sia stata usurpata in significato di brughiera o di ter- reno incolto , sebbene il nome di brera siasi forse in qualche caso particolare sostituito nel dialetto lombardo a quello di braida. Una sola eccezione di fatto debbo in questo luogo accennare , e questa servira a completare la serie delle variazioni avvenute in quel nome. Nel solo Piemonte si adopera talvolta il nome di braida ad oggetto di indicare precisaraente que' luoghi incolti che noi appelliarao bru- ghiere. Dicesi quindi la braida di S. Benigno o d' altro luogo, come da noi dicesi la brughiera di Gallnrate o di Saronno ; ma e pure op- portune di avvertire, i.° che questa denominazione non e antica, non trovaudosi nei monumenii diplomatici , ma adottata solo dai volgo ; DI LUIGI BOSSI. I 55 3.° clie laddove i Lombard! hanno tradotto hraida in brera , i Pie- montesi haiino forse voltato brera o brughiera in braida; 3." che questo caiigiainento era consentaneo al costume di quel popolo ed all' indole pailicolare di quel dialetto , nel quale si sopprimono , per quanto e possibile, le duplicazioui di alcune lettere, o anclie le riunioiii di due consonanti in una sola parola, e si affettano desinenze piii doici, onde si dice fauda in vece di falda , vauda in vece di valle, cauda in luogo di calda , faica in luogo di fatta , e cosi poteasi ancor dire braida in luogo di brera. § HI. Origine ed appUcazione del nomi deUe brughiere. In Francia , come gia vederamo , si cominci6 nei diplomi e negli atti pubblici a registrare il norae latino di brugaria^ e cola forse prima clie altrove fu indicata con questo nome una particolare specie d' in- colti terreni. Sarebbe dunque convenevole il cercare in quel paese r origine e 1' arcbctipo di quel nome. Ma raal s' apporrebbe forse co- lui cbe il nome di brugaria o il francese di bruyere si pensasse di dedurre, come da una radice , dal verbo bruclare o bruler , quasi che quelle terre si dicpssero bruciate o per la loro aridita, o per il costume introdotto di darvi di tempo in tempo il fuoco, o per altra qualunque ragione somigliante ; giacche la natura di quelle terre e la situazione loro in generate non permetterebbero di andar a cercare una causa piu rimota di abbruciamento ne' fuochi sotterranei o nelle operazioni dei vulcani. Ne sarei tampoco per aderire a coloro che dedurre volessero il nome di brughiera , o quelle usato talvolta di brocaria e brogalia , come si e veduto di sopra (§1), dalla parola broga, che anticamente indicava presso i Galli un campo, onde gli AlLobrogi in altro campo trasportati , ecc. , come nell' Armorica bro diceasi un paese o una re- gione. La voce brocaria indicava tutto 1' opposto , ed era riservata , come vedremo in appresso, ai luoghi sterili ed incolti. Anche le voci di broa , che fino dal secolo XI si vede adoperata nelle AntkhitCi Limosine in significato di selva o di luogo silvestre; di broga. l56 SrLL' ANTICA CONDIZIONE DELLE BRUGHIERE che si trova applicata fiiio dal principio del secolo XIII ai terreni sterili ed incohi ; lVi brochus , che servi nel secolo XIV di addiettivo a qualche prato o pascolo, pieni forse di cespugli; di bruscia, broxia , bru- cia , brossa e brossia , che fiiio dall' XI iiidicarono i gineprai o alcuai terreni d'lina natiira iiiferiore alle selve cosi dette ; e fiiialinente di brua, usiirpata talvolta per dimiiiutivo di selva, potrebbero forse supporsi eletneiiti della parola brueria , brocaria , brugaria , brughiera ; ma se si fara attenzione all' applicazione ed all' u so che se n' e fatto nei diplo- nii , si trovera che la parola broa e usata proniiscuainente con quella di foresta, e talvolta aiicora per indicare i prati umidi , erbosi ; che brora ha dato origine alia parola bresque , che indica tiUt' altro che una brughiera, cioe un hiogo fronziito ; che brochus e solo ua addiet- tivo di prato; che le brossie, le bruscie, le brozie , le brusue , le brucie sono nominate a fronte delle brughiere , e dunque erano tutt' altra cosa ; che finalmeute dalle bnte si traevano alberi , ci6 che non av- viene delle brughiere. Sarebbe dunque iniportuuo e forse ridicolo il volere ricorrere a quelle radici. £ bensi vero che il Du Cange sotto la parola brua ha fatto qualche cenno della brujere de' Francesi ; ma cio e state solo per riprendere il continuatore della storia di Guglielmo di Tiro , che ha scritto brucroi in vece di bruerroi. — Per ben cora- prendere la vera origine di questo vocabolo non fa d' uopo che di esaraiuare gli antichi document! ne' cjuali viene adoperato ; per tal modo r applicazione di quel norne viene da se stessa a dilucidarne I'origine, ed anche a somministrarne I'etimologia. II contesto uniforme di tutti gli atti attribuisce quel nome ai terreni incolti , e si osserva che nelle vendite , cessioni, donazioni ed altri atti simili le brughiere sono sempre nominate le ultime dopo le selve , le foreste , le falde montane vestite solo di qualche cespuglio, ecc. Ma a quali terreni in- colti sara stato quel norae particolarmente appiicato ? Non ai boschi, non alle foreste, non alle selve, non alle lande , non ai luoghi detti dai Latini rlumeta , perche tutti que' terreni sono nominati simultanea- mente e copulativamente colle brughiere. Sarebbe difficile il trovare con precisione lo scioglimento di questo dubbio , se non ci aprisse per cosi dire la strada uu docuuiento prezioso deli' anno 891, che e DI LUIGI BOSSI. iSy un placito ch' io ho gia citato , e chc trovasi registrato iiella Callia Chriscinna , t. VI, col. 170. In esso, cedendosi i diritli siilla gia meii- zionata villa Cadarillu e sul rnanso commenclato uiiito alia medesima , si cedono i diriiti pure in hrugarias, sulle briighiere, nee non it fel- garias. Eraiio dunfjue le briigliiere non gia confuse, ma «iesse in pa- ragoue ed in confronto colle filicaje, coi terreni sterili , nei quali na- scevano solo le felci , dette ancora negii anticlii docuraenti filicaria e filgeriae. II Du Cange , non so per quale i-agione , dopo avere ottima- niente illustrato quest' ultimo vocabolo, e andato fantasticando su quello di fetgaria, clie derivar potcsse dalla radice tcutonica /e/g/a , la quale indiclierebbe cosa rivendicata. Ma egli non si e avveduto che tutt' i passi delle pergamene da esso citate riferivansi a luoglii sterili, sas- sosi , dirupati, ove non nascevano die felci , ed erano per conseguenza una cosa medesima colle filgeriae. Ora se in quesre nascevano le felci cJie davano a que' terreni il nome, quale pianta sara nata nelle bru- ghiere , onde queste formassero una classe separata e ne sortisscro fors' anche il nome appropriato? Giacche non e fuor c!«i luogo 1' os- servare che fino dai tempi piu antichi le piante o gli alberi hanno dato sovente il nome ai terreni, e quiudi le pinete , i querceti , gli olivcti, i brassiceti, ecc. A quella domanda ci offre prontissima la ri- sposta un glossario provenzale ms. della biblioteca del Re in Parigi sotto il n.° 7657, dove la parola bruc si traduce scopa , e stipa o sti- pula in latino ; la parola brucar per 1' atto di cogliere le scope , e quella di hruguiera s' interpreta per la latina scopetum. Che I'erica ser- visse e serva tuttora in Provenza per la fabbricazioue delle scope, e cosa troppo notoria , ed anche in Geneva ed in tutta la liviera si vende giornalmente I'erica per quest' uso sotto il nome di brugo, oltre di che il celebre Linneo ha formato una specie dell' erica scoparia. L noto egualmente che moltissime parole a noi sono passate dai Proven- zali , e che pieni ne sono i primi scritti italiaui che si conoscono. h dunque passato in tal modo in Lombardia ed in altre parti d' Italia il noine provenzale di bruco o brugo dato cola all" erica , della quale sono piene le brughiere nostre; ed ecco 1' origine del nome stesso di brughiera , che probabilinente i Frances! hanno derivato dai bruc dei Vol. III. P. II. ao 1 58 SULL'aNTIC.V CONDIZIONE DELLE BRnCIIIERE Proveiizali , e forse anche dal broc o brog tU celtica origine , come appaie da qiialche lessico e dalle riceiche del sig. Le Brigant. Ognuuo vede aduiique quaato sia andato loiitano dal vero Ouavio ferrario, uoino dottissimo, il quale nelT antica latiiiita , aiiziche in quella de' bassi ed iiifimi tempi , voile atidar cercando I'origine della parola bnighiera , ed appoggiato a Scaligero ed a Fossiu credette di trovarla iielle parole ruscus o bruscus. liuscus e stato detto talvolta nc' tempi di mezzo il mirto silvestre e forse qiialclie altra piauta spi- iiosa ; ma ognun vede die le brughiere iioii erano giammai , iie ora sono feraci di mirti, non sono ci6 die i Latini chiamavano duinc-ta^ non sono spinai. La parola bruscus non ha mai servito ne' bassi tempi se non a dinotare un alveare; e quella di bruscare e sempre stata ap- plicata air azione di raccogliere cib die trarre puossi dagli spineti , ed in senso piu esteso a quella di far legna nelle selve, il die certo far non si poteva ove non nascono se non delle ericlie. In fatti il Du Cange alle parole brugaria , brugeria , bruguera , bru- guerium ed anche bruida ha sempre sottoposta 1' iuterpretazione di eri- cetum , a fine d' indicare un luogo sterile, pieno solo di ericlie, come felgaria e filgeria vien tradotto locus ubi filix abundat. Se anche non avessimo tratto addirittura dal liuguaggio provenzale le denominazioni di brugo e di brughiera, la seconda delle quali nacque fra noi contem- poraneamente all'adozione die ne fu fatta negli atti pubblici in Fran- cia ; non sarebbe impossibile die quel nome si fosse formato tra noi con una leggerissima iiiflessione della parola erica o ericarium , adat- tata air indole del dialetto nostro ; al quale proposito osserver6 che an- che la parola wrlza di celtica origine, sulla quale si e tanto disputato in Germania , e tanti scritii trovansi menzionati negli atti di Lipsia sotto il litolo de urisio , non ben sapendosi se ai ghiacci , alle brine o ai venii boreali dovi-sse quel vocabolo applicarsi ; trovasi nel dia- letto milanese colla stessa dolcissima inflcssione trasportato nella pa- rola brisa , die presso di noi serve ad indicare un vento freddo friz- zante , un vento del nord. Non e tanto strana la derivazione della parola brughiera da bruc , da brugo e da erica, die dir si possa ar- tifiziosa o stentata; e sarebbe forse desiderabile che cgualmeute facili DI Line I B06SI. I 59 e natural! fossero molte altre etimologie. II vedere poi le brughicre nostre vestite quasi privativanieiite di eriche serve di inaravigliosa cou- ferma alia congliiettura ; come pure giova alio stesso proposito 1' os- Bervazione che i villici nostri da tempo imraemorabile non con altro nome iudicano l' i^rica se non con quelle di brugo. Aggiugnerb che anche nei vocabolarj castigliani la parola bruc o broug viene tradotta per erica. Chiuder6 quest' articolo coll' accennare che le eriche che piii fre- quentemeute si trovauo nelle brughiere d' Italia , sono V erica vulgaris di Linrieo , V erica cinerea dello stesso, piuttosto comuiie nella Lom- bardia ; e qualche volta, ma piii rara per6, vi s' incontra V erica sco- pnria , il brux: de' Provenzali , donde e venuto forse a tutte le eriche il nome di briigo. Accenner6 pure che io ho veduto vendere in Ge- nova sotto il medesimo nome alcune varieta della genista spartium di Lmneo , e tra queste la genista tinctoria , non infrequente essa pure nelle nostre brughiere. § IV. Distinzione delle brughiere dalle lande. Nulla vi ha di piu comune in Francia, in Germania, nei paesi del Nord ed anche nei Piemonte del nome di landa , frequentissimo an- che negli antichi diplomi , che viene d' ordiuario attribuito alle pia- nure incolte. Ma dall' esame medesimo degli antichi monumenti risulta all' evidenza che le lande propriamente dette non erano brughiere, come le brughiere medesime non sono mai state indicate sotto il nome di lande. Basterebbe in prova di ci6 1' osservare che in varj documenti so- no menziouate le laude e le brughiere come cosa affatto diversa. In un atto pubblico dei Conti del Poitou dell' anno 1406 si assegnano da prima i boschi , poi le lande, poi le brughiere, e per ultimo le acque : neinora , landae , brugeriae , aquae ; al quale proposito osser- ver6 che laddove in un atto dello stesso archivio dell' anno antece- deute 1405 le brughiere sono nominate dopo i boschi, gli stagui e i6o sull'antica CONDTZIONE DELLE BRUGIIIERE le selve, in qucsto sono posposte in ordine , come lo erano forse in merito ed in valore, anche alle lancle. In niolti altri documenti di Francia , di Spagna e del Belgio dei secoli XIU e XlV trovansi pure nominate le brnghicre e le lande come terreui affatto distinti e di diversa natnra. Lancia, dice il Du Cange, planities inculta et vepribus ohsita. Questo, a mio parere , e dire molto poco, perclie a me pai"e di poter racco- giiere dal contesto de' documenti aniichi chc le lande erano bensi in- cohe, perclie trascurate o abbandonate, ma non sempre ingonibre da macchie , da prunai o da spineti. Sembra anzi clie per la maggior parte fosscro affatto nude e spoglie per conseguenza anche di felci e di eriche , perclie non si vcde mai fatta menzione di pascoli , ne di diritto di pascolare nelle medesime ; perclie non mai si accenna in esse alcun diritto di caccia , ne alcun soggiorno di selvaggiume, come spesso trovasi accennato in proposito delle brughiere ; finalmente per- clie si accampavano nelle lande, come talvolta anche nelle brughiere, gli eserciti ; ed in que' luoghi riuniv£fnsi anche in tempo di pace e nei campi detti di piacere, clie non si sarebbero scclti giammai tra le macchie e gli spiiiai. Turpino, iiella Vita di Carlo Magna, dice clie gli eserciti si riunivano d' ordinario nelle celebri lande di Bordeaux. II nostro Dante non ha sdegnato questa voce , sebbeiie d' origine sasso- nica , che il buon VeUutetlo ha creduto guascona ; e non 1' ha intesa altrimenti , almeno nel canto XIV dell' Inferno , dove dice : arrwaninio ad una landa , Che dal suo letto ogni pianta rimove ; sebbene nel XXVII del Purgatorio ne abbia raddolcito 1' idea , nar- rando in un cotal sogno : Giovene , et hella in sogno mi parca Donna veder andar per una landa Cogliendo Jiori il che per6 non toglie clie nuda fosse la prima volta, e sparsa la se- conda di qualche fiorellino da cogliersi da una donzella , ma non d' alberi ingombra , ne orrida per gli spinai. DI LUIGI BOSSI. l6l Nella Vita cli S.Leone, 1' apostolo deU'Armorica, che rimonta al IX o al X secolo, si parla di uim gita siiio alle laiuh de' nohili, che proba- bilinente era il passeggio loro , giacche in cjiiei tempi del regime feu- dale pressoche tiittc le terre erano de' nobili , ed i iiohili aveano laiide ill ogiii parte , ne alcana di esse avrebbe potato distinguersi con quel nome. Continua lo scrittore medcsimo il suo racconto , e soggiugne che terre erano quelle iion feriili ed abbandonate , terra infendis et dcsirCa , priva per consegucnza di qualunquc iudizio di vegetazione. In un aito do) 1145 si nominano le laude vicine ad un romitaggio, il che comincia a dare una trista idea di quel suolo, e contigue alle foreste , il che prova bastanteraente che dalle foreste si distinguevano per la nudita loro. Non crescevano dunque alberi nellc lande , non crescevano pruni , spini o altri cespugli , perche non si sarebbero con tanta cura distinte dalle foreste e dalle selve ; non crescevano fclci . perche si sarebbero dette felgariae \ non eriche , perche si sarebbero nominate brughiere o ericeti ; non ginestre finalmente , perche in tal caso sarebbero state indicate col nome di genesteria o genesieia , non infrequente ne' diplonii de' bassi tempi , massime belgici o germanici. Solo in tempi piii recenti e dopo che gia si erano formate le lingue moderne , sia che le lande si fussero col progresso del tempo miglio- rate e rendute atte a favorire qualche principio di vegetazione , siq. che il dominio o il dispotismo di una nuova lingua desse adito ad abusare di quel nome , le suddette lande di Bordeaux furono tradotte per foreste selvagge , prese in iscambio colle boscagiic, e con queste confuse anche in un libro di vecchie consuetudiiii, nel -quale si parla deir uso di mettere il fuoco, come mezzo forse di procurare la ferti- lita, aux landes ou boscages. Siccorae per6 tutti i documenti anche del XIV e XV secolo di Germania, d' Olanda e d'Inghilterra, quelli spe- cialraente del Monasticon AngUcanum, nei quali spessissimo si nienzio- nano le lande , cosrantemente ce le rappresentano sprovviste di qua- luiique specie di piaiite ; quel parziale abuso del vocabolo non toglie che la condizione delle lande diversissiraa non fosse da quella delle brughiere, i.° perche quelle non erano se non vaste pianure, e queste trovavansi anche ne' colli e ne' terreni montuosi ; 2.° perche in queste l6a SULL'ANTICA CO\DTzrONE DELLE BRUGHIERE nascevano le eriche, ed in quelle non vegetava alcana pianta, se non forse quaUhc cespiigilio o qualche spinajo che nelle brughiere non ve- devasi ; 3° perche le brughiore fornivano cacciagione, e le lande non ne fornivano, forse per la loro nudita ; 4° perche qualche pascolo traevasi dalle eriche ed altre piante delle brughiere , alcuno non se ne traeva dalle lande; 5° finalmente perche in tutta la Francia ed in Pienionte per una tradizionale consuetudine, e piii ancora per la na- tura stessa del suolo, distinguonsi le bruyeres, le braide o le brughiere dalle lande ; al che pu6 aggiugnersi che anclie in Lombardia varj terreni sterili incolti diconsi incolti in generale , trasandati , zerbi 0 zerbidi , ma non diconsi brughiere. Osserver5 per ultimo , sebbene ci^ non entri nel complesso delle mie ricerche, che nel Piemonte ed anche in qualche parte della Lom- bardia , nel contado di Pavia specialraente , si e confuso talvolta il nome di langa , derivato forse da laguna , ed applicato da principio alle acque stagnant! lasciate da' fiumi dopo le escrescenze loro, o an- che a' terreni paludosi , con quello di lande. Langhe , o paese delle langhe , dicesi in fatti un grandissimo spazio di terreno posto verso Alba ed Acqui, una parte del quale e oggi ridotta fertilissima , e forse in addietro era nella condizione precisa delle lande, senza die arguire si possa che quella fosse una palude ; mentre langa di S. Lanfranco dicesi tuttora un terreno assai basso poco al di sopra di Pavia , co- perto quasi sempre dalle acque che il Ticino vi porta nelle sue escre- scenze non infrequenti. Del nome pero di langa in questo significato nessun vestigio trovasi nei diplomi o altri antichi documenti. § V. Antica condizione delle brughiere , antico uso loro e loro produzioni. Erano certamente terreni incolti le brughiere tanto frequenteraente menzionate ncgli antichi codici , ma tuttavia non riguardavansi come affatto inutili e perduti, ed i codici medesimi accennano soveiite I'uso che si faceva di queste terre, i prodotti che se ne traevano, ed i nietodi DI LUICI BOSSI. 1 65 ancora che s' lmpiej>;avano , se non per fertilizzarle adclirittura , alineno per licavarne c|ualclie niag;giore profuto. U solo vedere in tutti gli atti di' veiulita , cessione , doiiazione o ahra qualunque translazione di do- niiiiio ( beiiche dopo i boschi, le selve ed i pascoli ) registrate le bru- ghiere ed inserita aiiche talvolta la lore misura basterebbe a pro- varci che que' terreni eraiio aiiche mold secoli addietro teiuiti in qualche coiito, che ad essi si attribuiva qualche valore , che capaci eraiio per conseguenza di qualche produzione. Se , couie aUuno ha supposto , i norai di broqa, hrocha , brossa o bruscia si fossero alcuna volta usurpati come indicativi di brughiera , si troverebbero alcuiie brosse con pochi altri terreni date in feudo nel II 12 ; si troverebbe che i5 arpenii di quel terreno bastavauo nel laoS per r assegno di un cappellauo di Madriaco ; che nel 1278 si accor- dava come alto favore da un monastero agli abitanti di una villa o sia ad un comune il pastiiraggio e V usuano in unabrora, che si sten- deva al di la dei boschi del monastero medesimo ; il quale usuario , paragonandosi all' usufrutto, qualche ricavo faceva supporre del fondo ; che nel i336 due conjugi pagavano una libbra di cera ed una gallina per un pezzo di prato brocho m Nogaredo ; che finalmente ai tempi di Enrico III, re d' Ingliilterra , si assfgnavano copulativamente tanti acri di terra ed altrettanti di bruscia \, ma io ho gia mostrato altrove ( § III ) che le brufcie e le brosse o broscie erano tutt' altro che bru- ghiere , perche in un atto del 1473 si assegnano ancora diverse parti brutriarum et brossinrum \, perche le bruscie e le brosse sono equiparate alle selve ed al!e foreste , nominandosi anche talora le brosse di sjnni; e perche la terra detta bruscosa uegli antichi diplomi non forma se non una distinzione ed un contrapposto della terra arabile. Ma venendo alia condizioue delle brughiere propriamente dette , io credo di poter rilevare dalle carte del medio evo tre punti ai quali riferire si possono la natura loro , il loro uso , la loro destinazione , i loro prodotti. E primieramente notero che forse nelle brughiere qual- che vestigio trovavasi di vegetazione e qualche pianta cresceva, oltre r erica volgare e la scoparia , perche in un' ordinanza del i32i tro* vasi vietato ne quis in brugeriis tenimenti praechcti, che debb' essere un 164 STT^L' ANTIC (V CONDIZIONE DELLE BRITGIIIERE feudo delle Fiaiidrc, atiqiiid scindere seu destruere praesumat. La parola scindere 11011 mi senibra cortanientc applicabile alle ericlie. Gli aiiticlii Statiiti penijiini victano aiiche cspressaniciite il tagliare in f|ue' laoglii o I'estirpare i virgulti. In altri atti , accordandosi il taj^lio delle le- gne o dei cespiigli nelle selve, si accorda similmente nelle briighiere, il die iiidica che sebbeiic queste paragoiiate non fossero alle toreste o alle selve, pur tuttavia non era strano che qualche albero vi cre- sccsse ; il die non avviene per avventura nelle brugliiere della Lom- bardia , quando 1' industria dell' iionio non concorra a farvi alcune piantagioni e trasforniarle in bosclii. Questo forse facevasi iie' priini secoli dopo il looc, e forse i bosclietti piantati di nuovo in que' ter- f eni ritenevano ancora e conservavano 1' antico nome di eriati. II secondo oggetto , al quale facevansi servire in qualdie luogo le brugliiere , era quelle dei pascoli. In molti atti que' terreni sono 110- luinati congiuntaiuente e simultaneamente coi pascoli ; in alcuno la pastura si pone come sinoniruo di brughiera ; nei Forinolarj d' Inghil- terra trovasi accennata la pastura nelle brugliiere , die si concedeva e si affittava in via di mesuagio , cioe del soggiorno per un periodo di tempo; finalmente nelle Vite degli Abati del nionistero di S. Al- bano, in alcune investiture del secolo XIII trovasi espressamente men- zionato il taglio delle brugliiere: jus falcandi herbam. vel brueram. Ognuno sa che le eriche sole non sono atte a fornir pascolo ad alcuna sorta di animali ; ma due cose debbono a questo proposito riferirsi, le quali servono a spiegare le suddette enunciatlve degli antichi diplomi. La prima e un' osservazione che io ho fatto piii volte, e che ad ognuno e libero il fare uelle nostre brughiere; ed e che se 1' erica non e troppo sovente levata dal suolo con una gran parte di quel piccolo 8trato di humus o di terra vegetale die la sostiene e la nutre, come il pill delle volte accade per 1' avidita de' contadini , del che si parlera in altro luogo ; allorche massime non sono scarse le piogge , sotto air erica medesima si forma quel tappeto verde d" erba non lunga , ma densa e fina , che i naturalisti distinguono col nome di coespes , e che i Frances! nominano generalmente gazon ; ne e raro il trovarvi qualche piccolo tratto dove la saxifiaga hypnoides forma una riunione DI LUICI BOSSI. 1 65 di erbetta plu folta. Le pecore e le capre vi trovano pascolo, e cosi pure altre specie di aniinali. La seconda osservazione ci viene sonimi- nistrata dagli Statuti di Roberto III, re di Scozia , del secolo XIV, iiei quali e prescritto die abbruciare non si possaiio le brughiere se noil nel raese di marzo : non fiat cotnbustio hruarii, nisi in minse martii. Al qual passo Skene , comrucntatore di qiiegli statuti , ha apposto la nota che le eriche si abbruciano nelle brughiere, dopo di che rinasce ia breve tempo I'erba novella, die serve a pascere gli agnelli. Quel- r autore ha scritto : quae brcvi rei>wiscens teneris agnis pascenclis mature inser^it ; e non so perche niai in tiitte le edizioni del Du Cange con per- petuo errore siasi starapato agris pascendis, il die non sarebbe intelligibi- le , in vece di agnis. Ecco duiique come le brughiere tanto naturalmente, quanto coll' ajuto dell' industria servire potevano ad uso di pascoli. II terzo oggetto nell' antica condizione delle brughiere essere poteva quelle della cacciagione , il che si rileva dalla gia citata ordinanza dell'anno 1843, nella quale si vieta di distruggere gli animali, o sia di cacciare nelle brughiere : ne quis destruere animantia in dictis . . . brugeriis . . . praesumac. Varj altri documenti si riferiscono a questo oggetto medesimo, e tolgono o ac2ordano la facolta di cacciare nelle brughiere, il che non si accenna in proposito delle lande. In fatti le brughiere vestite di folte eriche e di altri cespugli possono dar ricetto a moke specie di selvaggiume, e particolarniente d' uccellami. Basti per tutti il nominare la tetrao urogaUus e la tetrao tetrix di Latham ^ che i Francesi, uuitamente a molti altri uccelli dell'ordine de' galli- nacei , nominano indistintamente coqs de bruyere. Le brughiere della Lonibardia non ricoverano questi galli preziosi , amanti dei climi piu freddi ed abitatori delle piu alte raontagne, ma dauno tuttavia ricetto a molte specie di volatih; e ne' tempi umidi, e massime di folta nebbia, vi scendono non infrequenti varj uccelli acquatici , che forse s'ingan- nano e pigliano quelle vaste pianure aperte e sfornite d' alberi ia iscambio di paludi o di stagni. Indicati per tal modo brevemente i tre oggetti principali che hanno una stretta relazione coU' antica condizione delle brughiere , coU' uso loro, coi loro prodotli , cioe le legne , i pascoli, la caccia, passci'6 Vol. 'III. p. II. 3> 1 66 SULL' ANTICA CONDIZIONE DELLE BRUGHIERE. ad accennare di volo un altro oggetto piuttosto politico clie economi- co, al quale esse servivano, cio^ le riuuioni straordinarie d' un gran nuniero di persone , e la celebrazione di quelle soleiinita e di quc^li eseicizj die richiedouo una vasta pianura non ingonibra da albcri, da siepi , da cespugli , da canali o da ineguaglianze die trondiino la contiuuita d'uu piano orizzontale, ed impediscano lo sviluppamento di grossi corpi di fanteria o di cavalleria , e la loro disposizione in molte linee parallele. Siccome le lande di Bordeaux servivano alia riunione, forse anche alle riviste dclle armate di Carlo Magno, cosi le brugliiere servirono sovente alle riunioni di varj corpi, ai militari esercizj , agli accampamenti , alle giostre, ai tornei. Lo storico Maiteo Paris, parlando d'un famoso toi-neo e del luogo dove fare si doveva, dice erit torneamentum in bruera de Stane. Ma senza andare in cerca di esenipi tanto lontani , bastcra 1' osservare die nella Lonibardia molti radunamenti di truppe , mold accampamenti e molti fatti d' arrae ebbero luogo nelle cosi dette brugliiere; e gli Svizzeri in particolare, allorche scesero in gran nuraero per difendere il ducato di Milano , massime in occasione delle guerre di Carlo VIII e de' di lui succes- sori , quasi sempre si accamparflno nella brughiera ora detta di Gallarate. Forse alira cosa non erano i famosi prati di Roncaglia , ove si tennero grandi assemblee degli Stati d' Italia. % VI. 'Confronto delV andca condizione delle briighiere colla condizione attuale di quelle della Lombardia. Avendo io preso ad esarainare le enunciative degli antichi docu- menti , dai quali soli si possono ricavare sicure notizie intorno al nome ed air antica condizione delle brughiere, io ho dovuto necessariamente scorrere i diplomi di tutte le nazioni, e quindi parlare sotto un nome medesimo di terreni posti in situazioni afFatto disparate ed in climi totalraente diversi. Ma ove bene si osservino le circostanze esposte , si vedra che queste sono a un di presso eguali in tutti i pacsi, e die le brughiere dell' Inghilterra e della Scozia non erano ne' tempi di Dl LmOI BOSSI. 167 mezzo diverse da quelle della Fiaiicia e dell' Ttalia. Dappertutto ve- devaiisi eriche le quali , come abbiaiuo provato, forraavano e forraano tuttavia il costitutivo delle briighiere; dappertutto que' terreni si collo- cavano nella serie ordinata dopo i boschi , le foresee e le selve ; dap- pertutto riteiievaiisi spoglie d'alberi, e se pure si parlava di qualche froiida , qucsta scarsa vcgetazioiie tutt' al piii riducevasi a qualche ce- spuglio ; dappertutto assegnavansi le brugluere come uii' aggiunta ad altri terreni , e scarsissime eraiio le prestazioui che per queste con- cessioiii addizionali si esigevaiio, se pure alcuna se ne esigeva, il che avveuiva ben di rado. Questo mi fa luogo a stabilii-e uu altro principio, cioe die la con- dizione attuale delle nostre brughiere pochissirao diflferisce dall'antica, considerata secondo 1' idea che ce ne danno i document! del medio evo. Le brughiere nostre hanno ua eguale principio di sterilita ; sono egualmente incolte ed infeconde ; non producono se non eriche, gine- stre e pochissirae felci , e queste solo sulle loro estreraita laddove con- finano coi boschi e colle selve ; sono sempre riguaidate come le ul- time nella classe dei teiTeni ne' diversi possedimenti , e non si asse- gnano se non come un' aggiunta , un sussidio o una scorta , come volgarmente si dice nel Milanese , ai conduttori di altri terreni. Che nelle brughiere del Limosino crescesse qualche cespuglio , o piu fre- quente fosse 1' erica scoparia in quelle della Provenza , questo nou altera punto il confronto , e non toglie che quelle non fossero in una condizione eguale alle nostre, considerate nel loro stato attuale, e che eguali a an di presso ne fossero le produzioni. I cangiamenti nella natura e nella condizione de' terreni, allorche rimote sono le cagioni di qualche lapida decomposizione delle materie che entrano nella formazione delle terre , non dipendono d' ordinario che dair uraana industria; ma le brughiere, e generalmente tutti i ter- reni incolti ai quali 1' uorao non ha posto mano , trovansi per lo piii nello stato medesimo nel quale trovavansi sei o otto secoli addietro. Nella Scozia , come si rileva dal citato Statute di Biccardo III, si incendiavano le brughiere all' oggetto di fertilizzare quelle terre, e di otteuere il riiuiovamento di uu' erba tenera che servisse di pascolo 1 68 sull'antica condizione delle brugiiiere agli agnelli. L' abhruciameiito delle terre e stato ed b tuttora molto in voga iiei paesi del Nord , dove questo si riguarda a un dipresso come il solo mezzo di coiicimazioiie ; e fa sorpresa il vedere fino a qua! grado spingano questa pratica agraria i Finlandesi, come appare dalla Dcscrizione delta Fin/anclia, tratta dalle opere svedesi piii recenti del sig. AfaUe-Brun , che io ho pubblicata in seguito al Fiaggio dl Smntoii, cap. Ill, t. IV, p. 2i5 e seg. Quel costume relativamente alle brughiere suppone che sieiio folte , piene zeppe di eriche o di cespu- gli , cosicche 1' incendio possa progredire egualmente in tutte le parti, e coprirsi la terra di uno strato eguale di cenere, il che difficilmente avverrebbe nclle nostre brughiere. Io le ho vedute iucendiare in al- cuni luoghi nella Germania , nella Francia ed anche in Piemonte , non pero con efFetto molto soddisfacente , sebbene in qualche luogo dopo la combustione dell' eriche si spargessero sul suolo i tritumi del fieno consumato , che contengono in copia i semi delle piante pra- tensi. Nelle brughiere della Lombardia , o in quelle alraeno del Mila- nese, tutt' altro metodo si osserva; si lasciano crescere le eriche, e talvolta si lasciano alhgnare e di venire folte per due o tre anni con- secutivi , e quindi si levano dal suolo tutte le piante ed anche le ra- dici loro col mezzo della zappa e del badile , si trasportano nelle case rustiche, ove servono lungamente di strame e di letto a tutti gli ani- mali , e quindi raescolate col concime fornito dagli animali medesimi e con altre materie animali e vegetabih iraputridite si riguardano come un ottimo ingrasso per le terre. II sig. Gautieri ne ha parlato nel suo libro dei Concimi europei ; e nei paesi ove scarsi sono gli animali per maucanza'di pascoli , e scarsi per conseguenza i concimi animali, le eriche offiono agli agricoltoii un mezzo opportunissimo onde accre- scere la quaiitita ed aumentare quindi la fertilita delle loro campagne. Questo serve a costituire ed a conservare alle brughiere un prezzo non inSnio nelle private contrattazioni , ed a fade altresi riguardare con qualche invidia da que' paesi che ne sono affatto privi o troppo lontani per poterue approfittare. Questo serve a dimostrare che se in altri tempi ed in altri paesi al- cune produzioni si ritraevano dalle brughiere che nelle nostre non si DI LUIGT BOSSI. 1 69 ottengono, non praticantlosi da noi rincenerimento delle eriche; pur tuttavia quanto alia rendita sono ora d' una condizione eguale e forse migliore di quella in cui erano ne' secoli addietro. Ma non dee pero ammettersi un' osservazione , la quale serviiebbe in qualclie parte a degradare le brughiere nostre o quelle alraeno nelle quali si pratica r estirpazione annuale, biennale o triennale delle eriche, in confronto delle autiche e di quelle de' paesi dove non si 6 adottato quel co- srume. L' avidita del contadini die li porta a svellere tutte le radici delle eriche ed anche una porzione del letto su cui giacciono, e I'igiio- ranza loro che li rende contenti allorche con minor tempo e minora fatica liainio ben caricato un carro , li porta a trasportare coll' erica una gran parte del suolo che serve a nutrirla , che e quanto a dire una gran parte di quel piccolo strato di terra vegetale o di humus che nelle brughiere e sempre scarsissimo, e che in qualche tratto si vede ridotto quasi che a nulla e tolto dalla ghiaja sottostante che riniane quasi alio scoperto. Quindi nasce una necessaria conseguenza, che laddove le brughiere lasciate per piu secoli in riposo ed intatte, come forse 6 avvenuto in alcuni paesi del Nord , debbono da se stesse bonificarsi coll' incremento della terra vegetale formato dalla decom- posizione delle parti vegetabili , il che forse favori in alcun luogo la produzione de' cespugli e degli arboscelli cediii meUzionati in alcuni antichi documenti; le nostre all' incontro per la diminuzione continua di quel piccolissirao strato produtlivo si allontanano sempre piu dal termine della loro bonificazione, scarseggiano anche nella produzione deir eriche mcdesime, e con raaggiore difficolta e maggiore stento cor- rispondono alle cure di chi si acci2;ne a dissodarle e fertilizzarle. Tanto e vero questo, che alcuno non intraprende giammai ne' paesi nostrij'per quanto facoltoso egli sia , di convertire una brughiera in un carapo ; ma comincia dal cigneria, dal piantarvi o dal seminarvi alcuni alberi , specialmente roveri o castagni, ne forma un bosco, ed allora solo s'intraprende altra coltnra quando la decomposizione delle fo- giie e delle altre parti vegetabili ha rimesso o ripristinato quello strati- cello di humus che 1' avara mano del contadino avea fatto sparire dal suolo. 1 70 sull'antiga condizioxe delle brughiere S VII. Estensione andca delle brughiere della Lombardia e progressiva diminuzione delle niedesime. Basta il fare un confronto tra la popolazione presente della Lombar- dia, e tlirem pure di tutta 1' Italia, con quella clie v' ebbe al tempo de' Goti , de' Longobardi ed in tutta 1' eta di mezzo , scemata con- tinuamente dalle guerre che si succedevano e non promossa da savj politici regolamenti , per comprendere che le terre iiicolte e tra queste le brughiere dovevano avere una grandissima estensione e superare di gran lunga la quantita dei terreni coltivati. AUorche Roma contava, secondo alcuni scrittori, appena 3o,ooo abitanti ( e se dobbiarao ripo- sare sulla loro fede, non sono ora piii di tre secoli ), la citta di Milano era ristretta entro confini ben angusti in paragone del suo stato attuale, e le canipagne spopolate , raassime dopo le guerre e le pestilenze, unitamente alia tnancanza quasi totale dell' industria agraria, risorta e migliorata solo coi progressi della meccanica e delle scienze natu- rali , non lasciavano luogo se non ad un' assai limitata coltivazione. II numero non solo de' poderi, ma de'casali ancora e de' villaggi che traggono dalla qualita di nuovo o di novale il loro norae prova che le nuove coltivazioni copiosissime sono in confronto delle antiche, ed una piu chiara prova si ha ancora nelle costituzioni antiche delle decime che in raolti laoghi si stendono sopra pochissimi fondi , perche pochissimi erano nell' epoca della loro costituzione i terreni coltivati. Venendo al particolare delle brughiere , in mancanza di documenti continuati e precisi ci bastera 1' osservare che molti villaggi , casali , cascine ed altri luoghi ora abitati e popolati traggono dalle brughiere il loro nome, e che molti ed anzi la maggior parte di questi trovansi ora ad una distanza assai considerabile dalle odierne brughiere. Dye o tre villaggi trovansi nominati Brugherio, e questi presso Monza e presso Verano, dove ora non si conoscono brughiere, ed i territorj loro sono all' incontro fertilissirai ; due Brugore trovansi, I'una presso DI LUIGI BOSSI. lyi Verano suddetto , I'aUra presso Vimercate , e queste nou diremo gia avere tratto il nome loro dai fiinghi , accennati in alcuni antichi monumenti die i piu riconoscono negli odicrni prugnuoli , raa bensi dalle briighiere che ora iie soiio ben loiitane ; trovasi Briiga non lungi da Taceno ; Brugo nel distretto di Brivio , che forse ha pure origine da Bndda (§11); Brugazzo presso Verano; Brugorella sotto Vimercate; Brugarello sotto Pavia, e Bnigherolo vicinissimo a Milano; mentre le briighiere ora non corainciano che al di la di Saronno, e tutti que' paesi iie sono niolto distant!. Forse non da altro che dalle brughiere traggono il nome loro Buragn , Bulgorello , Burgherio , Bor- goratto e Bagoro , dei quali 1' ultimo solo e posto sul margine delle brughiere ; giacche giova osservare a compimento di questo articolo nei glossarj della media ed infima latinita, che in qaalche documento del secolo XIV dell' antico monastero di Cairate , posto altre volte vicino aile brughiere, ho veduto scritto borgheria, ed i contadini nostri per corriizione del nome dicono piu sovente borghera che non bntghiera, sebbene religiosamente conservino all' erica il nome di brugo. Ora tutti que' norai ci mostrauo che in tutti i luoghi adjacent! a que' villaggi o casali steiideva una volta 1' erica il suo dominio, e le brughiere forse prolungavansi dalle rive del Po fin quasi al Verbano, al Lario ed ai nionti interraedj, che tale a un di presso e il perimetro loro assegnato dalla situazione relativa di tutti que' villaggi. E se al- cuni altri si trovano in Lombardia col nome di FUighera, derivato senza dubbio dalle felci , non e da maravigliarsi che tutti i soprac- cennati il nome loro traessero dall' erica, detta brugo comunemente, e dalle brughiere. Ora moiti di que' villaggi ridondano di abitanti e Bono assai floridi, e nella maggior parte de' territorj loro non si veg- gono piu eriche, raa terre ben coltivate e campagne ubertose. II solo Bergoro, come gia dissi, e posto sul margine della vasta brughiera di Gallarate, ma e circondato di campi e di vigne, per quanto il com- porta la natura del suolo, assai fertili , e solo si trovano la presso alcuni piccoli spazj detti brughiroli, ridotti in gran parte a coltura ai giorni nostri , dai quali io sono portato a credere che tratto abbia quel piccolo comune il suo nome. lya sull'antica condizione delle buugiilere II dissodaniento delle brughiere dee per6 essersi cominciato da mold secoli addietro. Le denomiiiazioni o le indicazioni delle diverse brughiere sotto il nome de' paesi ad essi vicini iioii trovansi , a dir vero, meiizioiiate ne' documenti piii anticlii, sebbene anticliissimi fossero alcuni di que' villaggi , Soma, per esenipio, ed Arsago, ove ancora esistono inonuineiui del paganesiiuo ; il die prova die allora le bru- ghiere conipreiidevano una gran parte della proviucia, e non avevaiio nonii distintivi, perche non interrotte: ma fino nel secolo XIII e molto piii nel secolo XIV compajono que' norai assai frequenti, il che prova che in quell' epoca eransi gia molto ristretti quegli spazj incolti, e I'in- cremento della coltivazione avea fatto in molti tratti sparire la trista erica, fatale indizio di sterilita. Questa diminuzione delle brughiere and6 crescendo di mano in mano ne' tempi successivi. La battaglia die produsse la celebre vittoria di Parabiago , festeggiata in Milano anche al presente, fu data nelle brughiere, ed ora le brughiere sono lontane molte miglia da quel paese. Tutti i territorj de' comuni che fronteggiano le brughiere ( e queste sono ben numerose, giacche piu di dodici se ne contano solo intorno a quella di Gallarate e di Busto Arsizio)sono tutti terreni fruttiferi guadagnati col dissodamento delle brughiere ; e continuamente si va sottraendo a queste qualche nuovo spazio, che, come gia dissi , si riduce da prima alio stato di selva o di bosco, e poi si trasforma in campi ed in vigne. Per convincersi di molti dissodamenti seguiti gia da alcuni secoli, basta I'osservare, come gia accennai di sopra, quanti poderi presso le brughiere portano il nome di nuovi o di novali , e quanti divenuti ora campi assai fertili conservano tuttavia il nome di brughiera, di brughirolo e quello ab- breviato di brera, di cui importuno sarebbe il volere rintracciare I'o- rigine in quello di breda , derivato forse da. praediuni, nome afFatto incognito ne' bassi tempi , e che , a tenore dell' esposto , non e per lo piu che la traduzione o corruzione di braida , cioe campo suburbano. lo conosco alcuni luoghi con quest' ultima denominazione di brera o brere, die furono certamente brughiere , e die ora sono alcune miglia discoste dal soggiorno dell' ericlie , cosicche tutti i terreni intermedj debbono aver subito il medesimo cangiamento, felicemente operate dair umana industria. DI LUICI BOSSI. 1-3 Non mai peio quosta si c cotaiito sviluppata, fjiianto da circa uu secolo aildietro fino ai nostri 2,ioriii. Niunerosissimi soiio i terreiii die si soiio sottratti e si vanno sottraeiulo alle brugliiere; una gran parte di cssi i; ora solcat.i dall'aratro e produce niessi copiose; altra parte si e convertita in bosclii preziosi per se stessi per lincarimento stra- ordinario delle legne prodotto dal taglio incoiisiderato delle foreste, e pill preziosi ancora perche, ridonando al suolo queilo strato di terra vegetale del quale si e gia faita nienzione, preparano la strada ad un conipiuto dissodaniento. Non passa anno che non si vegga qualclie Fe- lice attentato all' integrita dello spazio delle brughiere; e supponendosi die queste si estendessero quaitro secoli addietro fino alle abitazioni dei paesi circostanti , e che solo da quell' epoca se ne fosse incoininciato il dissodaniento, il che non e lungi da ogni probability, calcolare si potrebbe die in altri quattro secoli niantenendosi in egual grado la popolazione e I'industria, tutte sparirebbero, e que' terrcni sarebbero tutti coltivaii , o per lo meiio piantati d'alberi e ridotti a coiitribuire alia pubblica prosperita. § VIII. Cagioni cJie promossero la successii^a cUminuzione delle hrughiere. Sebbene il dissodamento delle terre incolte , e specialmente delle brughiere, non si vegga con calore intrapreso ne' passati secoli fuori d'ltalia, e niassinie nelle regioni del Nord , dove la quantita delle terre coltivabili e ancora di gran lunga supcriore, se non ai bisogni, alnieno al nuniero ed alia facolta operativa degli abitanti , e dove il turno agrario ed il riposo delle terre tengono il luogo sovente della conciniazione ; pur tuttavia troviaaio negli antichi monumenti qualche vestigio dei teiitativi fatti in que' paesi per rendere fertili le brugliiere. Nelle Fiandre fino dal secolo XIII trovasi una decinia imposta ad Oostburg , tam de terra t^eteri , quam de nova scilicet et brocaria in T'Strep , ecc. Non si voleva certamente imporre alcuiia decinia sulie eri- die ; trattavasi dunque di brughiere ridotte a coltura , di terreni nuovi guadagnati e tolti alia sterilita, e lo prova evideiitemente Tespressioiie Vol. 111. p. II. aa 174 SULL' ANTIC V CONDIZTONE DFLLE BnUGIIIERE tam cle terra vettri, qiiam de nova, come da uoi nwali diconsi in lin- guaj:^gio agiario volgare e censiiario i lerreiii imovameiite dissodati. Ma ill alciin liiogo non si e tanto promossa qnesta vantaggiosa operazione quaiito ia Lombardia, ove molte cause concorsero a favo- rirla. Tra qiieste non v'ha dubbio che la primaria non sia raumento della popolazione, che in questa regione, favorita particolannente dalla iiatura, si e auinentata con rapidita maggiore che non in altri luoghi, ed in una proporzione per il paese nostro assai vantaggiosa. II clima temperato, che lasciava liiogo a tentativi sovente non infruttuosi per otrenere le produzioni riunite de' paesi di una temperatui-a piii o meno elevata; la vastissima estensione d' una pianura non interrotta; la fre- quenza de' laghi , de' fiumi , de' ruscelli ; 1' arte importantissima della irrigazione, praticata in tempi assai remoti, e portata in questo paese al piu alto grado di perfezione , sono tntte cause ben conosciute , le quali col promiiovere un rapido incremento della popolazione hanno for- zato gli abitanti, divenuti piu numerosi, non gia ad emigrare , come av- venne ne' tempi di mezzo, in altre regioni, die anzi la Lombardia col ricevere gli cmigrati si e sempre popolata maggiormeute ; ma a dis- sodare e fertilizzare le terre incolte , e tra queste le brughiere , che meno resistevano forse di tutte le altre terre sterili alle cure dell' in- dustrioso agricoltore. A queste altre cause ancora debbono aggiugnersi che tutte contri- buirono ad affrettare e promuovere tra noi la dirainuzione degli spazj abbandonati altre volte alle eriche. Nel Viaggio di Marshall in Isvezia, da me tradotto e pubblicato lo scorso anno in Milano , in seguito a quello di Sivinton nella Russia, nella Daniraarca e nella Norvegia, trovasi una curiosa osservazione del Conte di Buncellen, celebre agro- nomo danese. Questo signore possedeva alcune miglia quadrate di paese, le quali erano per la maggior parte incolte. In questa vasta estensione non si trovavano se non scarsissime abitazioni. Che fece eglidunque? Atterro raolti boschi e fabbrico abitazioni all' avventura; in breve queste abitazioni furono occupate ; gli abitanti si diedero a dissodare le terre; le case piii non bastarono; convenne costruirne di nuovo, ed il Conte ebbe la compiacenza in non raolti anni di vedere DI LUIGI BOSSI. J ~S le sue terre coltivate in gran parte e fondato un viIlan;g,io consiile- rabile, cii' egli nomina citta , con un inercaio uiensuale fioritissiino. K Fahhricate, tliceva egli a Marsluill ; la coltivazione o sia il cli«isoda- » inento dclle terre verra in conseguen/a. » Questa luassiina , die e luininosaniente confermata dall' csperienza , mi porta a riflettere die la coltivazione debb' essere singolariuente promossa laddove la natura ha riunifi, per cosi dire, e messi sotto la niaiio delF uonio i material! per fabbricare; e quindi in Lombardia , ove que' materiali non sono scarsi, e dove assai piit comuni dovevano essere prima della distruzione de' boschi e del lusso eccessivo, die iutrodusse i grandiosi edifizj nelle citta , questa circostanza dovette energicamente contribuire alia dinii- nuzione della massa de' terreni incolti, e specialmente delle brnghiere. Si osservi di fatto die tutti i villaggi fabbricati sul margine delle piu vaste brnghiere sono piii o nieno circondati di territorj fertili, tolti a poco a poco alle brughiere medesime , e die solo rimangono intatte quelle die assai lontano si trovano da qnalunque abitazione. Basterebbe edificare un villaggio in mezzo a ciascuna delle vaste brughiere ed accor- dare sul principio qualche facilita agli abitatori che vi si recassero ; il villaggio si cignerebbe in breve di orti , di giardini e di carapi , si moltipliclierebbero rapidamente le piantagioni , e le brughiere spari- rebbero entro un breve periodo di tempo. lo sono d' avviso die alia loro prodigiosa dirainuzione abbia altresi contribuito notabilmente 1' introduzione fortuiiatissima dell' educazione de' bachi da seta , che dalla Calabria si estese alle provincie nostre , alia Spagna ed alle regioni raeridionali della Francia nel secolo XII o al cominciare del secolo XIII. In que' tempi , in cui 1' incivilimento non era in generale molro avanzato nelT Europa , in cui non cono- sciute o poco estese erano le relazioni comraerciali, e in cui niuii mezzo si era procurato per facilitare il traffico , raassirae interno, il grano si considerava come il priucipale e quasi 1' unica produzione del suolo ; e siccome Toggetto che si aveva in vista nella coltivazione e nella raccoha era il consumo, a questo si provvedeva senza esten- dere di molto la massa delle terre coltivabdi, e senza intraprendere i laboriosi tentativi di uuovi dissodamenti. Ma allorche il prezioso doiio 176 SULL' ANTIC V CONDIZIONE DELLE BRUGIIIERE deir indiistria delle seterie fu dato alle nostre contrade ( e qui certo s'introdusse ben prima die nella Francia e nella Spagna ), conveniie dare opera alia coltivazione de' gelsi, la quale coinincio ad esin-ere per la natura sua un' estensione niolto maggiore di terreno , pocliis- siiue piante alliguare potendo in un canipo capace altronde a somnii- nistrare il grano necessario pel niantenimento annuale di una famiglia. Fu d' uopo adunque di accrescere di molto la somraa dei terreni col- tivati , e troppo facile era che gli agricoltori jiosti sui confini delle brughiere tentassero allora di sloggiarnc le ericlie, giacche troppo grande era I'allettativo del guadagno die presentava il traffico di quella nuova derrata, perdie non s' inipiegasscro tutti i mezzi di mol- tiplioare , per quanto era possibile, la piantagione de' gelsi, principio di tanta prosperita. Non so se altri abbla posto mente alia i-lvoluzione agraria , che deve pure avere prodotto, spccialmente nella Lonibardia , T introdu- zione del maiz, zca di Linneo , detto iniproprianiente grano turco; ma certaraente debb'essere stata grandissima. Quella pianta cereale, che non venne mai dal Levante, ma bensi dalle isole dell' America, e che dee annoverarsi tra i bencfizj arrecati all' Europa dalla scoperta di Colombo, dalla Spagna anziche altrove passo in Italia, e la coltivazione di al- cune specie vi fu adottata , direi quasi privativaniente , cosicdie in Francia appena conoscevasi il maiz sulla fine del secolo XVI ; Kalm, valentissinio agronomo inglese , mostro di non avere idea del maiz precoce ; e non ancora passati sono vent' anni da che Parmcntier domand6 da Torino e quindi da Milano le sementi del maiz che matura in due mesi , detto oiiona in America , e da iioi volgarniente quaraiiiino. Questo nuovo gi'ano , che il suddetto Parmentier ben con ragione reputa uno dei doni i piu preziosi che il nuovo mondo abbia fatto all'antico, per 1' abbondante sua rendita, per la facilita della sua coltivazione, per I'ottirao nutrimento die fornisce, per 1' utilita della sua pianta pei bestiami , per la rapidita con cui cresce e giugne a compiuta maturita , debbe avere risvegliato lo zelo e Tattivita de' nostri coltivatori ; e siccome da una parte non si sara vohito trascurare la coltivazione del fruraento e degli altri grani die gia si raccoglievano DI LUIGI BOSSI. 177 ill addietro, e dall' altra rintroduzione di cjucsta pianta promoveva I'e- ducazioiie e la moltiplicazione dei bestiami clie facilitavaiio i lavori agrarj , e troppo naturale 1' imraaginare che anche 111 quell' epoca si sari posto rnaiio ai tcrreiii incolti, e si sarii (litto sparire una porzione considerabile dclle biiigliierc. Se a queste cause evidenti si aggiungono la formazione dei grandi canali, che aiiipio campo al coniniercio interno apreiido, e piii facile reudendolo anche alio straniero, una spiiita eiiergica diedero all' indu- •tfia agiaria ed alia licerca dei nuovi mez/.i onde auinentare le pro- duzioni del suolo ; e la formazione e lo stabilimcnto del censo , che fissando il valore delle terre , risveglio notabilinente la sollecituduie degli agricoltori a migliorarla, si trovera che molte cause e quest' ultima principalmente concorscro a promuovere in Lombardia la diminuzione progressiva delle brughiere; e quindi 11011 e maraviglia se questa diini- uuzione fu piii rapida in questa in confronto di mold altre regioni. § IX. Cause che si oppongono al totale disparimento delle brughiere. Potrebbe piuttosto alcuno niaravigliarsi perche , favorita da tanti niezzi , proniossa da tante cause e cominciata con lieti aiispicj e con una sorta d' ardore , la grand' opera del dissodamento delle bru- ghiere sia ancora assai lontana dal suo termine. lo iie s\ilupper6 brevcmente le principali cagioni. I terreni delle brughiere nostre sono tutti terreni d' alluvione. Letti inimensi di ciottoli o sia di ghiaja si trovano a poca prufoiidita sotto i mcdesimi , e spesso ancora si trovano letti di sabbia quarzosa. La decompobizione superiiciale di queste materie non e molto innohrata, e scarsissiino e quello strato di terra che dicesi vegetale , il quale viene anche giornalmente dimiiuiito per la contiiiua sottrazione del- I'eriche colle loro radici , della quale ho parlato altrove. Solo dieci anni addietro si calcolava die vi cadessero annualniente non piii di aS pollici d'acqua. Un'analisi compendiosa fatta da me molt' anni sono col metodo di Kinvan sulle terre della brughiera di Gallarate 178 SULL'ANTICA CONDIZrONE HELLE RRUGIIIERE mi ha presentato 88 parti in circa di selce , 9 in 10 di calce , e 3 tutc' al pill d' argilia. Kiiwan non aveva , ch' io sappia , esaniiiiato le bruj^hierc della Lombardia ; eppure, parlaiido di qiiesta specie di tei- reni, egli lia piantato il canone generale : « Le brughiere si feitiliz- » zano colla calce e coila sahbia calcarea. » Da qiiesti principj risulta la difficolta del dissodamento generale delle brugliiere. Giobert nelie terre piii ferdli del Picnionte ha trovato pri di ^ per 100 di materia carbonosa, ed alrrettaiito in circa di gas in parte carbonico ed in parte idro-carbonico. Hasscnfiatz si era ac- corto il prinio dell' influenza del principio carbonoso sulla vegetazione. Anuro Young non ha dubitato di asserire che la fertilita delle diver- se terre sta sempre in ragione della quantita dei gas che esse a peso eguale forniscono colla distillazione ; ed Humboldt ha dirnostrato che r ossigeno combinato coUe terre e il principio della fertilita , ed il gran movente , come egli dice, dello sviluppamento della vegeta- zione Ma questi piincipj, portati d' ordinario nelle terre dalla decom- posizione dei corpi organici , mancano presso che totalmente nelle nostre brughiere : quindi e che non si riesce a fertilizzarle se non piantandovi degli alberi , e lasciandole lungamente in istato di bosco, oppure applicando a que' terreni iiell' atto del dissodamento una quan- tita grandissima di letame. II primo metodo e lungo e non pu6 eseguirsi da' privati se non sopra piccole porzioni ; il secondo e som- maraente dispendioso, massime in paesi ove scarsissimi souo i foraggi, e scarsissimi per conseguenza i concimi animali , e non sempre riusci- rebbe vantaggioso , perche il principio carbonico non puo divenire nutritivo delle piante se non in quanto e reso solubile dalTacqua; e questo mi conduce ad accennare un' altra causa che direttameiite si oppone o serve almeno a ritardare 1' universale dissodamento delle brughiere, ed k la raancanza totale dell' acqua d' irrigazione per essere quelle situate per la maggior parte in luoghi elevati , lontane spesso dai fiuini e dai canali , e molto al di sopra del livello loro. La costituzione del terreno delle brughiere, ch' io ho indicate di volo , basia a far comprendere ch' esse entrano nel novero di quelle terre che nel linguaggio volgare dei nosiri coltivatori diconsi leggiere DI LUIGI BOSSJ. 179 e posseggono in grado erniiiente la propriety di non forraare pasta coU'acqiia e di lasciar passare liberamente I'acqua delle piop;ge agU strati iiiferiori, riteneiidone per pochissimo tempo 1' uraidita. Ne vienc quiiidi la con&eguenza clie se le piogge uon cadotio ben di frequente, il coltivatore die ha speso le sue fatiche nel dissodare, nel conci- niare, uel lavorare e nel semiiiare le terre tolte al doniinio delle ericlie , vede dopo una siccita di qualche mese inaridite tutte le piante cereali , inariditi gli erbaggi che servirebbero al nutrimento dei bestiauii , e perde insierae con tutte le spese e le fatiche da esso sostenute la speranza di qualuuque raccolta. Tale h la costituzione di que' luoghi , alnieiio in luolte terre circostanti alia brughiera di Gallarate, che volendosi scavare un pozzo, non si trova I'acqua se non ad 80 o 90 braccia di profoudita , il che ci porta a un di presso al livello del fiurae Olona, che scorre per buon tratto in una valle jssai profunda fra le brughiere di Gallarate e 1' estreniita di quella di Saronno. Alcuni torrenti scendono dalle coUine superiori , ma questi , giunti alia meta delle brughiere , per quanta copia d' acqua essi conducano , fatale sovente alle canipagne che attraversano , si perdono interaraente e spariscono , il che serve di luminosa conferma della natura di quelle terre ch' io ho indicata. Non dee dunque riuscire strano se la dimi- nuzione delle brughiere precede con lentezza, e se i privati sono spesso scoraggiati dall' intraprendere dissodamenti grandi e dispendiosi , dei quali r irregolarita, ora troppo frequente, delle stagioiii potrebbe per avventura distruggere o annullare i vantaggiosi effetti. SX. Mezzi di toglitre gli ostacoli che si frappongono al dissodamento totale delle brughiere. Io sar6 brcvissimo in quest' ultimo articolo, perche questa materia non entra nell' oggetto semplicemente storico , antiquario e diploniatico delle ricerche che io mi era da principio proposto , e perche la mede- sin:a formcra argomento dogli csami diligenti e delle discussion] pro- fonde che si faranno dai rispettabili nostri colleghi. Imprudente non l8o SULL'ANTICA CONDIZIO.VE DELL12 nnUGIIIERE meiio che iinportiiuo sarebbe il voU-i-e preludere agli studj loro , ma io acceiinero solo alciine massiiue generali che forse potraimo iu qualclie parte fissare T atteiizion loro. Noil si ottt-rra inai un compito, universale e tliro ancora pcrmanciite dissotlaineiito delle briighierc fiiiche cjnesta importamissiiiia operazione lion sara iutrapre'^a con uii sistema e con un nietodo anipio , regolare ed uiiiformc,- giacche gli sforzi piu generosi de'privati, spesso iiupo- tenti, lion prodiirraniio giaminai se nou efFetti piccoli, precarj , par- ziali, iueguali iicU' esfciizionc loro, come iiicerti neiia Icro riuscita , e noil condinranno mai ad un risultaniento di puliblica decisa utilita. Di^si un dissodaaiento generate e permanente , perche eseguendosi questo da' privati senza preventivo disegno e senza metodo regolare , sovente avviene che spaventati dalle spese o dalle fatiche, e sconcertati dalla inclemenza delle stagioni o da altre cause accidentali, essi abbando- ni;io I'inipresa, e le eriche tornino ad ingonibrare i terreni ovc gia biondcggiavano le messi , del che io sono stato piii volte testimonio. II mezzo di porre riparo alia sterilita naturale di quelle terre sa- rebbe indicato dalP analisi delle terre medesime : esso consisterebbe neir aggiugnere alia composizione di quelle T argilla che si trova essen- zialmente raancaiite ; e graiidi letti di creta o d' argilla trovansi in viciiianza di alcune brugliiere. Nella Svezia e nella Danimarca non si fa che correggere le proporzioiii diverse delle terre; sulle cretose si porta della calce e del sabbione ; sulle calcaree si stende sabbia ed argilla; sulle paludi asciugate, dopo che vi si e dato il fuoco , si forma uno strato di sabbia o di calce o di marna calcarea. La fertilita , dice Kiiwan, dipende da due priucipj : i.° dai mezzi di rendere il principio carbonoso solubile nell' acqua per introdurlo nella vegetazione; 2.° dal mescolare le terre uel modo piii proprio a far loro ritenerc o esalare couvenevohnente 1' acqua iu una proporzione relativa alia quantita media che cade in quel clinia. Ecco in poche parole adombrata tutta la teoria della boniBcazione delle brugliiere. Ma Tacfpia, diranno gli abitatori de' villaggi posti sul margine delle brugliiere, quest' acqua tanto rimota e tanto desiderata, donde si trarra ? Sebbene le brughiere sieno aride per se stesse , vi sono in DI LUIGI BOSSI. l8l non molta distanza da alcune di esse luoglii paludosi , ove ritulustria assislita dai lumi del sapere e dell' esperienza potrebbe trovare qualche sorgente e dar principio a qualche scolo perenne ; vi sono colline , dove r acqua rimane lungo tempo stazionaria in grandi polle , e for- inare si potrebbero grandi recipicnti e serbatoi , dai qnali non si trarrebbe 1' acqua se non proporzionala strettaraente all' andamento delle stagioni ed al bisogno de' coltivatori, come si pratica in tutta r aha Ungheria , dove le macchine idrauliche inservienti alle miniere non si muovono con altro soccorso, e come si e cominciato a prati- care in Piemonte , specialmente a Ternavasco •, vi sono ruscelli non molto discosti clie si potrebbero forse impinguare e guidare sulle brughiere ; vi sono torrenti dai cpaali pure o per via di serbatoi o per via di macchine da innalzare 1' acqua si potrebbe trarre qualche profitto ; vi sono , ma io qui mi arresto , perche ben m' accorgo ch' io uscirei dai limiti che mi sono necessariaraente imposto. Una sola parola aggingner6 che mi riconduce al principio medesimo ch' io ho accennato nel cominciare quest' articolo. Le viste, i disegni, i mezzi per giugnere al totale e compiuto dissodamento delle bru- ghiere ch' io ho rapidamente indicati non sono di pertincnza , noa sono della facolta del privato proprietario , ed invano si aspetterebbe ch'egli facesse da quel lato alcun tentativo il quale, coronato anche da parziale successo , ridonderebbe per la maggior parte a privato van- taggio. Ma ora che un Governo potente , un Governo provido ed illu- minato stende le sue viste benefiche su questo oggetto importantissi- mo tanto per la sua vastita, quanto pei grandiosi vantaggi che derivare debbono alia pubblica economia da operazioni ben calcolate e ben condotte, si possono concepire le piu fondate speranze ed i piii fe- lici augurj d' un risultamento sommamente favorevole all' incremento della pubblica prosperita, e sommamente glorioso per il Sovrano raa- gnanimo che a quest' oggetto d' una utilita generale ed evidente si degn6 di rivolgere le paterne sue cure. roi. ///. p. n. a 3 OSSERVAZIONI NATURALI FATTE SULLE MONTAGNE DELLA SILA NELLA CALABRIA CITERIORE OA G. B. BROCCHI. J_lEL mezzo della Calabria citeriore sorge un gruppo di eccelsi monti smembrati dalla catena maestra degli Apennini , che gli abitanti chiamano la Siia o piii coraunemente le Sile , distinguendo essi la grande e la picciola. Colla stessa denominazione erano ne' prischi tempi indicate queste eminenze, cui molto acconciamente vien dato da Virgilio r epiteto d' ingenti : Ac vdut ingenti Sila siimmoque Tabumo {Lib.XII.) La piu parte degli altri scrittori cosi greci come latini che della Sila fanno menzione, non I'accennano che coll' appellativo di selva, essendo allora quel suolo , come tuttavia in parte lo e , coperto d' annosi e grandissimi alberi. Apennini sylva Sila , dice Plinio , ne altramente si esprimono Salliistio , Strabone e Dionigi d'Alicarnasso , all' autorita dei quali e superHuo di aggiungere quella di Vibio Sequestro, gramatico de' secoli posteriori , che nel suo trattatello De monti e dc" fiumi 184 SULLE MONTAGNE DELL.V SILA null' altro fece se noii clie copiare i classic!. E d' avviso il Ferrari ( Lex. geograph. ) die queste boscaglie vengano da Solino raninieutate col titolo di Rheginl saltus ; opinione assai lontana dal veto , imper- ciocch6 lleggio posto nell' ultima estremita della Calabria ulteriorc noil poteva dare il nome a luoghi cosi reraoti e situati nel mezzo della citeriore. Con piii probabile sentenza pu6 dirsi che le foreste da qiiesto scrittore cosi chiamate quelle sieno dell' Aspromonte, che e uno degli alti Apennini calabri noil guari lungi da Reggio. '■ Strabone, die encomia la selva della Sila per la moltitudine degli alberi e per la frequenza delle fonti scaturienti, le da la lunghezza di 700 stadj , cioe poco raeno di 88 miglia , computandosi lo stadio un' ottava parte del niiglio. Soggiunge che e ferace di ottinia pece ; e per la quantita appunto e per la scelta qualita di questa derrata era celebrato il paese de' Bruzj che noi diciarao adesso Calabria. Trasse il norae da esso una particolare sorta di pece che chiamavasi bruzia, termine che da aggiunto si fece poi sostantivo al pari di quello di colofonia, che fu dato ad una consimile sostanza proveniente da Colo- fone, citta dell' Asia minore. La bruzia, dice Plinio, e difFerente dalle altre peci per essere piii nioUe , piii crassa , di colore rutilante , e si adopera soltanto per acconciare i dolj e gli altri vasi ( Lib. XVI, cap. i i ). £ gia cosa notoria che non conoscendo gli antichi quella vernicc che da noi si usa per intonacare le stoviglie, solevano spalmare di pece i vasi in cui serbavano il vino e gli altri liquori ; e Columella, che par- titamente ne descrive il processo, rararaenta anch' esso la pece bruzia (Lib.Xff, cap. 22 ). Questa era famigerata altresi presso i Greci, ve- nendo indicata da parecchi medici , da Galeiio , da Aezio , da Paolo Egineta, laddove parlano de' loro empiastri , e prima di essi da Dio- scoride, che nominandola insieme con quella di Licia dice che arabe partecipano della naiuira della pece e della resina {Lib. I, cap. 81);. Non si saprebbe ben dire su quali proprieta affidati facessero divario gli antichi fra queste due sostanze ; tuttavia sembra che resina si chiamasse da essi quella fluida , quale e la terebintina, che stilla dal larice , e peee 1' altra piii soda , quale ottiensi dal pino. DIGIAMBATTISTA BROCCHI. I 85 Ma colui fra gli anticlii die piu si distende a ragionare delle par- ticolarita della Sila e Dionigi d'Alicarnasso in uno di que' libri della sua Storia di recente scoperti e pubblicati dal chiarissimo Mai. Dice questo scrittore clie essendosi dati spoiuanearaente i Bruzj sotto la potesta de' Roinaiii, concedettero ad essi quella parte del loro territorio niontauo clie s' iutitola la Sila , abbondaiitissimo di materiali acconci agli edifitj , alia costruzione delle navi ed a raolti altri usi. Che su que' nionti crescono in copia I'abete (eXxTri), il pino pingue {msif>a nsvKrt), il cerro , la picea ( mrus ), il frassino ed alberi d'ogiii raanicia , i quali formano foltissinie selve. Soggiunge che quegli alberi che vengono piii dappresso alia marina o alle ripe de' fiunii , tagliati dalla radice si tras- feriscono intieri ai vicini porti , e bastano a tutta quanta 1' Italia per gli usi navali e per la struttura delle case ; che gli altri piii lontani dal mare e dai fiumi mettonsi in pezzi per fame rerai , aste, arrai di diversa altra foggia e vasi domestici ; che dalla piu parte di essi cola una pingue resina, donde si ha quella pece volgarraente detta bruzia, che e la piii fragrante e la piii soave di quante se ne conoscano raai, e da cui il popolo romano ritrae coUe locazioni grosse rendite anuue (Lib. XX, $S, 6). Havvi tuttavia ne' monti della Sila alberi resinosi della famiglia del pini che costituiscono qua e la alcune boscaglie, rimasugli di quelle anr tichissime. lo ne ho ravvisato trc specie di cotesti alberi : '\\ pinus picea comunissirao eziandio nelle nostre montagne, eve si denomina. pezzo , e sembra corrispondere a quello che Dionigi in suo linguaggio iutitola pitys , se pure ci e dato di deterininarne la specie sulla traccia delle vaghe ed ambigue descrizioni de' botanici greci ; il pinus laricio che cresce copioso nelle parti raeridionali dell' Italia ; ed il pinus brutia , nuova spezie introdotta dal signer Tenore , ed affine al pinus halepensis e maritima. lo non moverei diibbio che ambidue questi ultimi non sieno stati compresi da Dionigi sotto il nome di peace , nonie generico che da' Greci si dava a tutti que' pini forniti di foglie gemine, quali souo appunto i summentovati. Cosi parlando Teofrasto del peace, dice che ve n'ha di salvatico e di domestico ( Hist, plant., lib. Ill, cap. lo ); ma altri pini domestici e coltivati uon si conoscono *e non che la pignij l86 SULLE MONTACNE DELLA SILA comune ( pinus pinea), le cui foglie sbucciano due a due dalla stessa vag,ina non altrinienti die nel pinus laricio e brucia. Dionigi stesso ram- memora ancora tVa gli alberi della Sila F elate , e questo dalla descri- zioiie di Teofiasto si ravvisa essere I'abete, dicendo chf ha foglie pin- nate siniili alia cresta dcgli elrai de'Beozj,ed in altro luogo assai ac- conciamente le paragona a quelle del tasso. L' abete per altro non fn da me adoccliiato in veruna parte di quelle montagne; ma non deesi gia presuraere die questo storico nella sua narrazione abbia potuto e voluto diportarsi con tutta quella accuratezza clie userebbe vui bota- nico ; e deesi dall' alti'o canto considerare altresi die tanta ^ la sonii- glianza die corre tra il pinus picea e I'abete, die potevano di leg- gieri essere presi in iscambio, come fu fatto da alcuni moderni. Sulla Sila non mi sono tampoco abbattuto di vedere ne il pinus mugus , ne r halepensis , tuttoche I'uno e I'altro sieno frequenti nel raonte Pellino , che e uno de' piii alti della Calabria. I villani che nella buona stagione frequentano la Sila s'industriano tuttavia di ritrarre la pece dai pini, ed il metodo a cui si attengono e simile a mi di presso a quello descritto da Teofrasto, come usato uella Macedonia. In un' aja piana , die' egli , si ergono cataste di legne a foggia di carbonaje , le quali accuratamente si cuoprono tutto all' in- torno con zolle di terra: appiccasi il fuoco dall' un de' lati, ed incon- tanente quella parte stessa si tura , spiandosi die non prorompa la fiamma da verun luogo; e dovunque scorgesi trapelare il fumo, ivi si acrorre , se fia mestieri , con iscale onde spalmare di terra i pertugi. La pece die per mezzo del calore trasuda dalle legne e si liquefa , va colando per un canaletto in una fossa contigua, ove si rappiglia. L'ac- censione si prolunga al piu per due giorni e due notti, e durante questo tratto di tempo si fanno preci e sagrifizj per conseguire copiosa raccolta ( Lib. IX , cap. 3 ). Coteste pratiche sono ancora in uso oggigiorno , ma risparmiansi le preci per essere questo ramo d' industria di gran luiiga men lucroso, in qnanto'che i boschi sono assai minorati di numero e di estensione e stanoo sotto la custodia del Governo; in secondo luogo tanto non e era il consumo della pece quanto lo era presso gli antichi, i quali, t>l GIAMBATTISTA BROCCIII. I 87 oltre acli usi navali, se ne valevano , come dicemmo , ne' domestici per intonacare i vasi vinarj. Teofrasto dice che quelle cataste avevano da sessanta a cento cubiti di altezza e cento ottanta di circonferenza alia base, corrispondenti circa a duccento cinquantatre piedi parigini. Plinio chiama col nome di ceda gli alberi resinosi da cui si trae in copia la pece , e questo norae in Calabria dura tuttavia al pino che ridotto in ischegge vendesi ne' mercati per usarlo in cambio di fiaccole, tanto e pregno di pece; onde opportunatamente da Diouigi gli fu dato I'epiteto di pino pingue. I moderni botanici chiamano col titolo cVi pinus teda un albero dell' America. Dalla pece bruzia ossia della Sila ricavavano gli antichi con un semplicissimo processo chimico un olio resinoso assai accreditato a que' tempi in medicina , e che doraandavano olio picino. Plinio ne parla dicendo che per ottenerlo mettevasi a cuocere la pece , e che sopra i vapori si stendevano velli di pecora, che poi si spremevano ( Lib. XV, cap. 7 ). Dioscoride prima di lui accenno questa operazione coir aggiunta di qualche altra particolarita , indicando che la parte oleosa separavasi dal -liquore acqueo che per la forza del fuoco spri- gionasi dalla pece ( Lib. I , cap. 79 ) non altrimenti che presso noi si accostuma per avere gli olj essenziali. Parlando questo autore del vaso in cui si cuoce la pece , si vale della parola greca ambix , e sembra evidente che i traduttori e i glosatori arabi di Dioscoride conservando questo vocabolo e premettendovi il loro articolo al abbiano creato il terraine di alambicco, che s' introdusse poi nelle modeme lingue d'Eu- ropa. Ora se quegli Arabi furono nella necessita di giovarsi del voca- bolo del testo greco, sembra che non ne avessero nel loro linguaggio mio proprio, e che perci6 ignorassero I'uso dell' alambicco; il che non so come possa accomodarsi colle precoci cognizioni che si pretende avere essi avuto nell' arte chimica. Ma cosa certa si e die gli antichi Greci , poiche ricorrevano a quel rozzo e grossolano processo di di- stillazione , non conoscevano punto questo istrumento, che era altresi ignoto ai Latini. Prima di Plinio venne questa operazione medesima rammentata da Scribonio Largo, medico romano, che fioriva sotto il principato di Tiberio e di Claudio. II primo, per dirla di passaggio. I 88 SULLE MONTAGNE DELLA SILA che abbia ragionato di vasi distillatorj soniiglianti ai nostri alambicclii fu un alchiinista alessandrino , Zosimo di Panopoli , di cui e incertar r eta ; ma vamio eriati colore i qiiali si avvisano essere quello stesso ■ Zosimo che scrisse ua libro di Storia romana , e che viveva nell' in- comiiiciamento del V secolo. Nella Biblioteca di S. Marco in Venezia - ho vediito di qaesto autore il trattato tuttavia inedito Delle maechine e delle fornaci ( Ilfpj o^Mcai) KXi Ka/x/vcov ) , che quaiUiuiquc imperfetto va corredato di figure fatte incidere da Olao Borrichio uel suo libro Hermetis jEgyptiorum et chcmlcorum sapientia , etc.,pag. i56. La Vati- cana di Roma non possiede di questo stesso trattato che mi raeschino frammento. Coloro che prevenuti dalle descrizioni degli antichi scrittori trascor- ressero le moutagne dcUa Sila, rimarrebbero maravigliati ncUo scorgere I'aspetto del suolo assai dissiraile da quello die da cotesti autori viene rappresentato. Imperocche in cambio di quelle vaste boscaglie e di que' decantati pineti che coprivano la superficie de' monti scorgereb- bero rigogliosi prati popolati da armenti ed estesi campi lussureggianti di biada. Ma gli odierni abitanti anzi che lasciare quel suolo in preda ad una selvaggia vegetazione, miglior consiglio stimarono di ridurlo a coltura ; e siccorae il frumento male allignerebbe su quelle alture per la teraperie del clima, seraentano a larga raano la segale , che a me- raviglia vi prospera. Argomento e questo da lungo tempo di ostinati litigi e di querimonie tra le comunita ed il fisco ; imperocche il Go- verno, cui molto stai'ebbe a cuore di educare e di mantenere le selve onde trarne legnarae in servigio della marina, incolpa le comunita ed i privati di avere usurpato fondi di regio domlnio ; a che questi ri- spondono essere usurpatore il Governo , e che per antico possess© spettando ai limitrofi paesi quel suolo, debbono e possono usarne co- me pill torna a vantaggio. Dal precedente Sovrano fu statuito un ac- cordo onde salvare i boschi superstiti, sui quali vegliano regj guardiani. Ma se con tale espedienle si verra a capo di serbare illese quelle selve che tuttavia sussistono, non riuscira cosi agevole die possano piu oltre dilatarsi, poiche il geloso coltivatore appena scorge una pianticella che germogliata dalle sementi spunta dal suolo , incontanente la sbarbica. Dt CIAMBATTISTA BROCCIII. 189 II gruppo delle montagne della Sila preso cntro gli odierni limiti ha la circoiiferenza di circa novanta iniglia ; e questi limiti soiio con- trassegiiati da una serie di pilastri , die di spazio in ispazio furoiio fatti iiiiialzare dal Governo , acciocche fosse deterrainata I'area in ciii esso ha diritto sulle foreste. In questo tratto di suolo resta compresa la Sila che chiamasi di Cosenza , entro cui particolarinente si aggirano le rnie osservazioni. Ma assai pin esteso d tntto Y intiero gruppo qiiando si consideri costituito da quella niassa di monti circoscritta a ponente ed a settentrione dalla gran vallata del Crati che la separa dagli Apen- nini. £ il Crati un finme che ha origine alle infime falde della Sila presso Apriliano, e passando per Cosenza e sotto Bisignano nella di- rezione di tramontana , torce quindi a levante e metie foce nel mare Jonio poco lungi dal site di Sibari , di cui piu non rimane vestigio. Questo fiume e celebrato ne' versi di parecchi poeti greci e latini , Ovidio, Euripide, Teocrito e Licofrone, ma in quanto che bagnava la parte della Magna Grecia , ov' era quella citta , giacche poco erano familiari agli antichi le piii interne contrade del paese de' Bruzj per dove esso trascorre. A norma adunque del limite naturale segnato dalla valle del Crati riraarranno in questo gruppo comprese le montagne di Longobuco, di Unibriatico, di Acri e di Bisignano fino oltre a Rossano ; limite nel caso nostro altrettanto piu legittimo quanto che e determinato , come vedremo, dall' indole stessa delle rocce. Per iscorgere prontamente ed in un solo tratto la separazione delle montagne della Sila e delle altre contigue da quelle che costituiscono la principale catena degli Apennini giovera situarsi sopra un'eminente punta della Sila grande , ed io scelsi quella di Salerne non molto lungi da Carailiari , che e luogo posto nel centro. Volgendo da quella altura lo sguardo verso ponente, appare in lontananza la spalliera de' grandi Apennini, che stendesi paralella alia costa del mare Mediterraneo, e che e formata dalle montagne di Diamante, di Belvedere, di Cetraro, della Guardia , di Paola e di Monte Cocuzzo , il piii prossimo al site in cui rimane Vosservntore. Tra qiiesta spalliera e la Sila apresi I'am- pia valle del Crati , valle longitudinale che non dcv' essere punto Vol. III. P. II. a^ 190 SULLE MONTAGNE DELLA. SILA considerata come un taglio il quale rompa ex abrupto la conti- nuity di queste montague , quasi che sia stata scavata dull' irruzione delle acque. £ dossa un largo e ben capace vallone cosi in orij;iMe confoiinato, il quale tanto al pie degli Apennini , quanto a quello della Sila ammette una serie graduata di piu umili eminenze , die vanno via via decrescendo in altezza a norma che si accostano verso il mezzo del vallone mcdesimo, talche apparisce che due particolari ordiiii di montagne sono quelli che lo spalleggiano. La catena degli Apennini separata verso ponente e settentrione dal gruppo della Sila per meaao della valle del Crati sembra che s'innesti ill qualche inaniera e si mctta in comunicazione colle falde della Sila stessa dal lato di raezzogiorno. Tale unione, quando realmeute e pro- priamente abbia luogo, si recherebbe ad effetto dalla parte di Rogliano e Scigliano mediante una serie di monticelli che non sono in verun modo paragonabili alle sopra accennate eminenze. Di qualche appog- gio a questa opinione e lo scorgersi quella catena gradatamente abbas- sarsi dopo Monte Cocuzzo e degenerare in piu umili pendici che, de- viando dalla costa marittima , si disperdono ne' contorni di Lago di Araantea , di Altilia , di Scigliano e di Nicastro. Essa rimane poscia affatto interrotta in quella strangolatura che terraina da un lato col golfo di S. Eufemia, e dall' altro con quello di Squillace, come in altro luogo fu esposto ( V. Bihliot. Ital. , torn. XIX , pag. 69 ). Non si confa al presente argomento di dichiarare come dopo questa interruzione di bel nuovo rialzandosi e fendendo per mezzo I'ulteriore Calabria, ricompare maestosa ne' monti di Girifalco , della Bruga , della Serra , ecc. fino all' e- stremo Aspromonte posto verso il tennine della pcnisola. Ma quantunque la catena apennina mediante le indicate alture possa avere un certo legarae coUa Sila , non pertanto la geognostica condi- zione e diversa ne' due gruppi di queste montagne. Primieramente la principale massa degli Apennini dianzi nominaii e costituita da una roccia calcaria che da alcuni geologi direbbesi secondaria, ma che a me sembra doversi a miglior dritto annoverare fra quelle di transi- zione. Essa diversifica dalla calcaria cosi comune nelle altre parti de- gli Apennini , che suol essere biancastra , opaca , di frattura terrea e DI GIAMBAmSTA BUOCCIII. 1^1 concoide , quale appare ne' moiiti di Salerno e di Eholi , e che sulla sirada che conduce per la Basilicata in Calabria persevera a raostrarsi fino ne' contorni di Lago Nero. Onesta e nianifestainente di secondaria formazione. La calcaria all' opposto degli aitri Apennini, de' quali par- liamo, e di colore bigio, di frattura niinutamente granulare o scagliosa e semicristallina ; non di rado ha una tinta nerastra con vene bianche che r attraversano , ne si raostra cosi distintaraente c regolarraente stratificata. Essa non e gia ristretta a que' monti che spettano alia priniaria catena, ma si distende parimente sugli altri di minore altezza che sono dal lato orientale e clie potrcbbcro in certa guisa essere considerati come contrafforti degli Apennini. Di fatto incominciando a pren*dere un po' da lungi gli esempi ed oltra i limiti della Calabria , la calcaria di transizione bigia, nerastra, rossa e verdognola si mani- festa a Lago Nero in Basilicata, dove e in qualche luogo accompagnata da uno schisto argilloso dell'epoca stessa , di colore rosso e bigio, e di un histro setaceo, a cui talvolta vedesi sovrapposta. vVvviandosi quinci verso la Calabria , adocchiasi la stessa calcaria a Lauria , a Castelluc- cio, a Marano e ne' raonti che circondano quell' alto piano che si de- nomina Campo Tenese. Cammin facendo in quella direzione medesima, compare nelle eminenze di Rotonda fino a Tarsia , e finche si entra nella valle del Crati procedendo verso Cosenza. Qui non deggio ta- cere che in questa linea le montagne formate di siffatta roccia sono in piu luoghi spalleggiate a destra ed a manca da altre composte di una calcaria che assai si approssima a quella secondaria che in molti miei scritti ho chiamato apenuina, perche nella piii parte degli Apennini suol essere dominante. Ma quantunque d' indole calcaria sia questo tratto di suolo , nuUa- dimeno le montagne della principale catena mosti'ano alia base loro rocce d'epoca e di natura diversa , rocce cioe primitive. Coteste rocce qua e la si palesano alio scoperto, costituiscono talvolta non picciola porzione della massa della montagna , e talvolta ancora formano alia radice di essa particolari alture. Cosi presso la costa del mare Tirreno corniiare il gneis nelle viciaanze di Scalea e di Paola , il granito a Paola stessa. nelle eminenze di S. Lucido e ne' contorni di Belmonte. 19a SULLE MONTACNE DELL\ SILA. Le rocce stesse appajoao parimente dall' opposto lato della catena apennina e s' inoltrano fino in mezzo alia vallc del Crati. Entio la cittii di Cosenza alia destra del fiume scorgesi di fatto in piii siti un gneis niolto sloglioso carico di mica nerastra con vene di quarzo , e disposto a banchi intersecati da filoni di quel feldspato compatto die dai mineralogisti tedesclii e denominate weisstein. Parte della cittii e costrutta sopra una roccia di tal natura. Talvolta questo gneis va de- generando in una sorta di granito a piccioli elementi , come scorgesi dietro la cliiesa di S. Francesco di Paola, ove contiene nodi di feld- spato turchiniccio , ed 6 cola in tale stato di dislacimenio clie si pu6 di leggieri frangere colle dita. La raedesima roccia s'incontra se trasfe- rendosi da Cosenza all' Araantea, paesetto posto suUa spiaggia del Tir- reno, e valicando la catena apennina clie in questa situazione si ab- bassa, si costeggia il Monte Cocuzzo, clie costituisce da questa parte r estremo termine degli Apennini calcarei. Sul dorso di questa catena medesiraa verso Carolei trovasi una calcaria granulare di particolare natura , di cui ora nou e opportuno di specificare i cai'atteri. Tale adunque dal lato della Sila e la geognostica costituzione degli Apennini calabri , di cui mi sono ristretto a dire brevcmcnte quel tanto clie si confa al presente argomento. Ma assai diversa e la na- tura delle montagne della Sila medesima, come quelle clie sono unica- mente composte di rocce primitive, fra le quali predominano il granito ed il gneis. lo mi avviai a queste montagne dalla parte di Carlopoli , essendo partito da Gatanzaro. Visitate le eminenze contigue a Parenti ed a S. Leo , mi diressi a S. Giovanni in Fiore , passando pel Varco di Ciricilla , di Piazza , di Spineto e per la valle del Purgatorio ; indi radendo la base di Montenero proseguii la via pel Varco dell' Ampol- lino, per Anghiara e Colle de' Fiori finche mi ridussi al prefato paese di S. Giovanni. Tutti questi luoghi spettano alia bassa o piccola Sila. H gneis e lo schisto micaceo furono le sole rocce che mi si affaccia- rono nelle alture presso Parenti , se non che in vicinanza di S. Leo adoccliiai un filone di calcaria primitiva da cui si trae profitto per fame calce. Le sopra indicate rocce molto lungi si estendono da questo DI OIAMBATTISTA BROCCIII. 1<)S lato nelle basse falde della Sila, e tanto s'inolirano clie costituiscono la raassa di molte eminenze fin presso il lido del mare Jonio. Esse sono di fatto le sole che si offrono alio sguardo lungo tutta la via die da Pareiid. conduce a Tiriolo, e giungono in questa direzione fino a Cataiizaro niedesimo , eve si mostrano sotto i depositi terziarj che immediataniente vi sopraiiicumbono. Molti sono i luoghi presso questa citta ove e riconoscibile il gneis , e rai contenter6 di additarne uno solo prossinio alia cappella della Madonna de' Cieli , ove questa roccia evidentemente si scorge in concomitanza del grunstein. II granito che sotto i medesiuii paralelli e cosi frequente dall' altro lato della Calabria luugo la costa del Tirreno , di rado si manifesta cost^, ma compare presso la sponda del torrente Sanguinario alia base deir eminenza su cui e situato Catanzaro, ed in maggior copia si af- faccia nelle vicinanze di Tiiiolo. Ora questo granito che poco frequentemente occorre nelle basse eminenze verso il Jonio , quelio e che per gran laiitudine si stende sulle montagne della Sila e ne forma principalmente la niassa. Da Car- lopoli fino a S. Giovanni in Fiore trascorrendo la Sila piccola , niuna altra roccia s'incontra, come eziandio senza interruzione continua a mostrarsi nella Sila a;rande , inducendo nell' animo dell' osservatore quella sazieta e quella noja che per la costante uniformita del terreno si suol provare nelle montagne calcarie. II granito di cui parliamo e di colore bigio , ed oltre ai consueti ingredienti del quarzo, del feldspato e della mica contiene non di rado anifibola nerastra. La mica d' ordinario e in lamelle biune, ma spesso ancora ha un lustro argentino, ed allora e disseminata in lar- ghi sfogli per entro la roccia. In qualche luogo I'elemento dominante e il feldspato imperfettamente lamellare con pochi grani di quarzo e con lame della stessa mica argentina; ma cosa molto ordinaria e il vedere questo granito intersecato da filoni di feldspato bigio o bian- castro quasi omogeneo , essendo soltanto sparso qua e la di piccioli granclli di quarzo con esigui punti bruni che si lasciano raffigurare per mica. Esso e il aeisstein che abbiamo pur dianzi rammemorato, e per citare un luogo ove abbondantemente si trova, indicherd il Colle de' Fiori presso il paese di S. Giovanni. 194 3ULLE MONTAGNE DELLA SlLA Strati, filoni ed aminassi eterogenei osservansi in parecchie situazioni nel granito bigio della Sila. A Ravalle contiene straterelli e grosse veiie di quclla epidole in niassa o niiiiutameiite granulare di colore Ycrde-giallognolo die presso alcuni mincralogisti porta il titolo di pistacite. Frcquenti sono i filoni di calcaria priniitiva, poiche oltre a quelli sopra allegati presso S. Leo, ue' quali essa ha grande somiglianza col bardiglio di Carrara , molti ve n' ha fra Serisi e Camiliati, luoghi posti nel centro della Sila grande, come parimente a Macchia Sacra, a Pettina Scnra , a Volpe Intesta , e piii lontano a Lungobuco ed a Todero sopra Lagar6 nella Sila di Acri. Al casale di Cecio vedesi emergere dal terreno granitoso una roccia scliistosa magnesiana di colore bigio di perla, sparsa di laminette di talco, la quale raccliiude filoncelli di steatite biancastra. E su tale proposito vorr6 transitoria- niente notare che una roccia parimente magnesiana occorre altresi ne' graniti della Serra a sei miglia da Mongiana nel Inogo detto Fiu- mara di forno. £ dessa un impasto di talco in raassa indurito con grani di quarzo bianco , e trovasi in grandi macigni inviluppati nella steatite molle , i quali vengono spezzati per trarne pietre refrattarie che si adopcrano nella costriizione del forno di Mongiana, in ciii fon- desi la minicra di ferro di Pazzano presso Stilo. Cotal roccia somiglia alia protogine di Jurine. Oltre al granito , si rinviene sulle stesse montagne una sorta di grunstein composto di amfibola nerastra lamellare, che e la parte do- minante, con grani di feldspato bianco, e che per la sua struttura granitica molto si accosta alia diabase de' moderni mineralogisti. lo The nominatamente veduto presso Ravalle nella Sila grande. Nelle stesse montagne incontrasi un altro grnnstein compatto di colore nero, in cui non sono discernibili le paiti coraponenti , talche sembra una roccia omogenea che tanto nella tinta, quanto nella tessitura assomi- glia grandemente al basalte. Esplorato con lente , lascia discernere le particelle amfiboliche sotto i caratteri che loro sono proprj; percosso con I'acciarino, schizza sciiitille , ed alia fiamma del cannell© si fonde in vetro nero ed opaco. Esso va fra i trap dei mineralogisti tedeschi e fra le pietre cornee di altri, ed attesa la niuna apparenza de' suoi DI CIAMBATTISTA BROCCIU. igS principj costituenti viene modernamente chiamato dai Francesi afanite. Fu da me incontrato uella valle del Frassincto parimeute nella gran Sila. Un comune attributo del granito di queste emiiienze , come geiie- ralmente di quelle della citeriore e dell' ultcriore Calabria, 6 la somraa sua proclivita alia fatiscenza e al disfacimeiito. Ci6 si verifica cosi in qiiello che h alle falde ed al pie delle montagne, come nell'altro che costituisce il vertice delle pin alte vette. Immensi spazj si scorrono dove esso null' aliro presenta alia superficie del suolo se non die una grossolana ai'eua o una niassa tanto friabile che di leggieri si sgretola fra le inaiii. Quantunque la Sila ne offra frequentissimi escmpi, nulla- dimeno mi place di citarne uno assai appariscente loutano dai limit! di quelle montagne. Nelle vicinanze di Tropea , paese situato in riva al Tirreno , maraviglioso e lo spettacolo che offre il disfacimeiito di questa roccia. II suolo sterile, ignudo e d'ingrata tinta biancastra e ad ogni passo solcato da profondi e dirupati burroni scavati dalle acque piovane nel granito mal sodo, che a larghe falde staccandosi e precipitaudo nel basso in rainuta sabbia si stritola Altrettanto piii sorprendente riesce questo sfacello , quanto che mostrasi in una roccia che suole d' ordinario destare 1' idea della durezza e della solidita. Quantunque la decoraposizione di questi grani'ti si rechi ad effetto mediante I'azione di forze esterne e di quella singolarraente degli atmo- sferici , sembra nuUadiraeno che la causa prossima di questa carie consista nelle parti componenti della roccia la quale abbia seco il germe della sua distruzione. Poicheil quarzo rimane intatto, poichfe la mica conservasi in gran parte inalterata , si potrebbe conchiudere che questo difetto organico , se cosi e lecito di chiamarlo, sta nel feldspato, che e il terzo essenziale ingrediente. Esso ne' graniti fradici mostrasi di fatto friabile e farinoso; e siccome dai chimici e stata in molti feldspati riconosciuta la potassa, potrebbesi iramaginare che lad- dove in soverchia dose intervenga questa sostanza alcalina , appro- priandosi 1' umidita atmosferica distrugga la coesione di que' principj con cui e combinata. £ allora manifesto che per la decoraposizione del feldspato dovra essere rotta la corapage di tutta la raassa di cui e parte costitutiva. Un grado di probabilita pu6 aggiungere a questa 1^6 SULLE MONTAGNE DELLA SILA opiiiione il vedcrsi clie al medesimo disfaciincnto soggiace iiii altro fossile die ammette la potassa nella sua composizione. Tale e 1' ainfi- gena die in inolti tufi vulcanici ed in alcune lave eziandio dell' Italia meridionale trovasi ridotui in tenuissima polvere, benclie spcsso in talc stato niantenga la forma ciistallina die ad essa e propria. E poidie abbiamo piii sopra citato il granito di Tropea , soggiiingererao die laddove contiene filoni di feldspato pure, vedesi questo risolto in una massa Candida e farinosa, ovvero in kaolino, die spedito a Napoli si adopera nella fabbrica dclle porcellane. Esso viene particolarniente scavato in un vallone contiguo al piccolo paese di Petralia. I seguaci dolla scuola di Werner amniettono due forniazioni di gra- nito diverse rispetto all' eta. L'uno antichissirao sottoposto sempre a tutte le altre rocce ; 1' altro piu moderno. Reuss dice die i caratteri die qualificano quest' ultimo sono il colore rosso piii carico, la grana picciola e fina , la tessitura granulate indistinta, la mescolanza con granate nobili, I'aggiunta dell' amfibola come ingrediente { Lehrbuch der geogn., torn. Il, pag. 209 e seg.); ma i divarj piu condudeiiti si de- sumono dalla sua giacitura, imperocclie si rinviene ora suUo schisto argilloso, ora sulla calcaria, talvolta sul gneis e suUo schisto micacco, e spesso alterna con queste due ultiuie rocce. lo non mi sono mai abbattuto nel granito della Sila in simiii eserapi di giacitura, ma nella Calabria ulteriore assai spesso si vede alternare col gneis, principal- mente nelle eiuiiienze die sono fra I'Aspromonte e la costa dello Stretto di Messina. Del rimaiiente questo granito, per quanto esso si stende lungo tutta la Calabria, appartiene alia varieta bigia. Assai poco frequente e quello di colore rossiccio, e nei nionti della Sila non e a mia contezza die in altro luogo si trovi fuorche ne' contorni di Longobuco. Questo granito di assai speziosa apparenza e sparso di macdiiette verdi di- pendenti da una terra steatitosa die vi e frammischiata. A Rossano , paese posto verso I'estremo termine orientale del gruppo delle mon- tagne annesse alia Sila, le rupi granitose hanno del pari in alcuni luoghi una tinta rossastra, ma e soltanto superficiale e dipende dal- r ossido di f«rro uiisto ad uu' arenaria immediatamente sovrapposta, ii Dt GIAMBATTI3TA BROCCUf. 197 quale viene dilavato dalle acque piovane. La particolarita di scorgere i graniti ricoperti senza altre rocce intermedie dai conglomeratic dalle sabbie e dalle stesse raariie terziarie e assai f'requente in Calabria , coine in altro ragionainento sara diciiiarato. Ho detto di non avcre rinveiiuto suUe montagne della Sila alcun esenipio di depositi di calcaria posteriore all' epoca priniitiva i quali sieiio sopra al graiiito o al giieis o alio schisto micaceo, come e neir opposta catena dcgli Apennini. Non deggio tacere per altro che il sig. Thomas, vak'nte botaiiico ed ispettore dei bosclii in Calabria, con cui ebbi la buona vcntura di viaggiare parte della Sila, mi rag- gnaglib avere egli incontrato sulla vetta della raontagna del Cariglioue sitiiata presso il piano di Tiriolo nella Sila piccola una roccia calcaria che gli parve essere secondaria. Con mio sommo rammarico non fui in grado di avverare tale notizia per un motivo die sara , credo io , abbastanza efficace onde ginstificare questa ommissione. Gorreva voce che il masnadiere Caligiuri stesse ricoverato in que' boschi. Ma ci6 che non potei scorgere nella Sila propriamente detta mi corse all' oc- chio in un' eminenza lontana da que' monti , ma che pu6 essere in certa guisa considerata come un' appendice di essi. Presso Catanzaro nel paese di Tiriolo assai noto ai filologi iu quanto che fu in quel contorni dissottea-ata la famosa tavola di bronzo contenente 1' editto promulgate contro i conventicoli de' Baccanali dal Senato Romano , a Tiriolo, dico, havvi una coUina d'ogni intorno isolata sul cui vertice sono gli sfasciumi di una vecchia fortezza. Questa altura e composta di calcaria attraversata per ogni dove da larghi crepacci senza essere distintamente stratificata. La sua frattura e fra la scagliosa e la con- coide, talvolta granulare e semicristallina, e tal altra ancora a graudi lamine, ed e attraversata da sottili vene spatiche. Ora questa calcaria, che non e certaiuente primitiva, rimane sovrapposta al granito bigio, come si puo riscontrare iu piu siti girando d' intorno alia base della collina. Questo e l' unico esempio di simil fatta che da quelle parti abbia incontrato. E poiche parlo di Tiriolo , deggio favellare di una roccia particolare che trovasi presso quello stesso paese. II suo colore e grigiastro , Vol. 111. p. I J. »s o igcj SULT.E MONTAGNE BELLA SILA scintilla sotto i colpi dell' acciarino ed e sparsa di brillanti sqnamette di Ittccicore spatico, chc vediite con lente inaiiifestano una foiiua ret- taiiji;olai'e alliingata. La sostanza da cui dipendono coslituisce in istato ainorfo la inassa principale della pietra , ed essendo strettamonte im- pastata con mica nerastra, ne proviene da questa iniscela il colore bigio. Grosse granate di una Bella tinta di rubiuo sono incastonate in questa pietra di senibianza assai vaga, e di cui tanto insigne e la te- nacita die non si viene a capo di spezzarla se non che a gagliardi colpi di niazza. Non dubito punto che essa sia romfacite dei mincralogisti tedeschi che trovasi nel Baireuth , a Saualpe nel'.a Carniula ed a Pach.ralpe , e di cui si ha una circostanziata descrizione nel ]\Ianuale di luinera- logia di Hoffmann continuato da Breithaupt ( Handuch der mineral. , tomo IV, pane [[ , pag. laS). Vero e beusi che I' omfacite de' sopra mentovati luoghi ha un colore verdastro , ma in mezzo ad esso scor- gonsi le stesse lamelle limpide e brillanti che si ravvisano nella nostra. Saggiate col c-annello si fondono in uno smalto bolloso come quelle della roccia di Tiriolo, Cotale roccia non fu da me rinvenuta in sito , ma a grandi raaci- gni staccati, di cui ne ho incontrati tre, i qiiali posano nel granite decomposto contiguo al gneis a due miglia da Tiriolo verso il sud-ovest, nel fondo detto Colturella di Corbizzano appartenente ai signori Ala- raanni. II granito della Sila in qualche luogo contiene filoni metalliferi. Uno ve n' ha presso S. Giovanni in Fiore di solfuro di piombo ac- compagnato da spato fluore violetto , e nella roccia stessa sono quelli dello stesso ractallo che trovansi nella Sila di Longobuco e che si sca- vavano al tempo del Barrio, che nel iSyi pubblic6 il suo libro De antiquitaie et situ Calnbrioe. Siccome quella galena e argentifera, cosi da questo autore vien dato agli anzidetti filoni il titolo di miniere d'ar- gento ( Lib. V, cap. i ). Ho superiormente accennate le situazioni della Sila piccola da me percorse. Nella Sila grande m' inoltrai a Serisi , nella valle di Fras- sineto, a Casolesi , a Camiliati,a Salerne , a Carlomanno , a Rovalle , DI GIAISIBATTISTA BROOCIII, igQ nella valle del Crocefisso ed a Cecio. Le piii alte punte sono Monte Negro , Macchia Sacra e Pettina Scura. I moiiti coiuigui a Corigliano costituiscono dalla parte di settentrione r ultimo lembo del terreno granitoso, nel quale terreuo sono comprese la Sila di Acri, di Longobuco, ecc. Le emiuenze oltre la valle del Crati sono tutte calcarie,e primeggia fra queste il monte PoUino , di cui non accade ora parlare. Dir6 solainente che la calcaria di cui e forniato cosi questo Apennino e tutti gli altri monti intorno a Cassano e una roccia di transizione, benclie alcuni potrebbero per avventura inclnderla nella calcaria alpina. Comunque cio sia, essa e al certo piu antica della secondaria comune. Gli spaziosi alti piani della Sila di Cosenza ricoperti di ubertosi pascoli sono popolati nel mese di agosto da pastori e da arraenti che air avvicinarsi del verno riduconsi nelle pianure di Ci-otone. I facoltosi proprietary vanno ad abitare in quel mese i loro casini comodamente costrutti , ed usano verso il pei'egrino una cortese ospitalita su quelle montagne che in qualunque altra stagione, tranne 1' estiva, null' altro presentano che una spaventevole solitudine. La vegetazione quando mi recai.su quelle alture era nel suo pieno vigore. Per procacciarmi una piacevole distrazione nel monotono ed uniforrae terreno die trascorreva raccolsi le seguenti piante , che mi sono serabrate piu meritevoli di attenzione. Alcune appartengono a spe- cie scoperte dal signor Tenore, e da lui descritte nella Flora neapoluana. AchiUcea clistans. Alnus cordifolia. Ten. Antfwmis petrcea. Barrelieri. Ten. Anthirrinum purpureum. Armeria clendculala. Bertol. Astragalus ariUaCus. Cacalia alpina. Campanula trichocalycina. Ten. Cencaurea Triumfetti. — ' ' ■ seusana. Cistus hecerophyllus. Clematis cirrhosa. Cnicus ferox. Colchicum alpinum. Decand. (*) Cycisus cap'uatus. (*) Ha foglie lineori die niarcUcono prima della fioritura. 200 SULLE MONTAGNE DELLA SILA Cytisus di\>aricatus. sessili/oliiis. DiantJuis deUoides. Digitalis ferruginea. Doronicum Coluinnce. Ten. Eufrasia salisburgensis. Festuca flavescens. Fumaria Halter i. W. Genista anglica. candicans. Geranium villosum. Ten. •^— ~ striatum. Gypsophila divaricata. ~ fastigiata. Hypericum fimbriatum. — — hircinum. Lotus ciliatus. Ten. Medicago circinnata. Pedicularis comosa. Pimpinella anisum. Plantago serpentina. Polygala monspcliaca. Poteniilla calabra. Ten. Prunus cocomilia. Ten. Quercus pseudosuber. pubescens. Ranunculus brutius. Ten. ■ Thomasd. Ten. Rosa rubiginosa. sempervirens. Rubus tomentosus. Scabiosa argentea. ' integri/olia. Saxifraga rotundifolia, Thalictrum simplex. Thapsia asclepium. Thymus Marinosci. Ten. Valantia pedemontana. Vicia serratifolia. II prunus cocomilia e nna nuova specie descritta da Tenore, frequentc del pari sul monte Pollino. Questo albero, che porta frutta della gran- dezza di una noce e di colore biondo, ma di tristo sapore, e parimente rammentato dal Barrio sotto il nome di cacomalo ( Lib. II, cap. 6 ), ed i suoi commentatori , I'Aceti ed il Quattroraani , avvertono che il vero suo vocabolo presso quegli abitanti e cacomilia o cacomllo. Essa ^ una parola greca , di cui raolte ve n' ha in quel dialetto , e raanifestamente deriva da xoxxi^/xcXof ( coccume/of ), che significa pruno, vocabolo usato da Teofrasto ( Hist, plant. , lib. IV, cap. 2 ). Barrio medesimo accenna in piu luoghi la terebintina che si racco- glie in Calabria. Ad Agata ( paese presso la costa occidentale della Calabria citeriore verso Belvedere ) terebinthus abunde nascitur ex qua terebinthma fit quae etiam ex pino , abiete et larice fit ( Lib. II, cap. 2 ). ( DI CIAMBATTISTA BROCCIIL 201 Sembra certo che gia qui indicata la pistacia cerebinthus , albero co- muiiissimo intorno alia Sila, ma non e a mia contezza che venga ora raccolta la resiiia clie dal suo tronco distilla. Narra il Mattioli che al tempo suo traevasi pure dai terebiuti che crescono presso la costa di Trieste. Lo storico Calabrese fa menzione altresi di un cardo da cui viene il mastice , carduus masticem fundens , annoverando molti paesi ove si trova (Lib. Ill, cap. 6; lib. IF, cap. 24; lib. V, cap. 17). Ne favella eziandio il Marafioti , accennando fra altri luoghi le carapagne della Scala verso Cariati (Cronic/ie ed antichitd di CaLibria, pag. 201 ret. )■ E gia noto che il mastice oitiensi dal lentisco; ma questi autori hanno voluto certamente alludere all' acarna gummifera o atractylis gummifera di Linneo , che e di fatto comuae in quei luoghi come lo e nella Sicilia. SULLA VELOCITA DELU EFFLUSSO DELL' ACQUA DA PICCOLISSIMA LUCE DI UN AMPIO VASO PRISMATICO RLANTENUTO COSTANTEME^fTE PIENO DI GIUSEPPE AVANZINI. I &^ ^^f^atfo. 1 1 ACQUE dubbio al sig. Avanzini se il canone ossia la formola della velocita dell' acqua effluente da piccolissiiua luce d' un ampio vaso raantenuto costantemente pieno debbasi coUa comune degl' idraulici ammettere in seguito di quell' analisi del problema che viene dai me- desinii istituita. Not6 egli a ragione che le ipotesi fondamentali di tale analisi in realta non sussistono , mentre o non si considera da alcuni il gorgo che formasi dall' acqua nell' approssimarsi alia luce, o iiel gorgo non si considera da altri se non quell' acceleramento di moto che producesi nel restringersi delle sezioni. Giudico quindi a proposito il sig. Avanzini di riprendere la disainina dello stesso pro- blema e di correggerne le altrui ipotesi , adattandole al caso della na- ) tura, supponendo cioe a un tempo la formazione del gorgo e la doppia accelerazione di moto dovuta e al ristringimento delle sezioni nel gorgo e alia variabile pressione dell' acqua nelle diverse posizioni. 204 sull' efflusso dell' acqoa. di cidseppe avanzini. Qiialunque pertanto sia la liiiea direttrice del moto dell' acqua nel gorgo e la sua altezza sopra il centro della luce , trovasi dall' autore r espressione della pressione che si esercita sopra una luolecola cjua- hinque del gorgo stesso nella direzione del moto, la quale pressione e coinposta di quella dell' atmosfera in contatto colla superficie superiore deir acqua, di quella dell' acqua sovrastante al gorgo, e di quella in fine della parte di gorgo sovrastante alia molecola che si coiisidera. Supposto poscia che il moto nel gorgo sia lineare ( ipotcsi per6 che parve al signer Venturoli , non senza raotivo , prccaria e dubbiosa , ELementi cTidraidica, cap. 7, curoU. 5 ), introdiiccsi iiolla suildetta espres- sioiie della pressione Taumento difFerenziale della velocita dovuto al corrispondente ristringersi della sezioiie, e si cffetiua in fine T inte- grazione della formola estendendone 1' integrale al principio del gorgo e al luogo del getto nelT estreraita della vena contiatta. L' integrale cosi definite, espriuiendo la pressione die si esercita sull' acqua nel luogo e nel senso del getto , uguagliasi alia pressione di reazione sul getto stesso esercitata in contrario senso dall' amiosfera. Questa equa- zione , sebbene su diversi principj , presenta molta somigliaiiza colla formola segnata (F) nella pagina 42 dell' Idraulica del sig. Venturoli. Trascurati finalmente in essa equazione , come piccolissimi , i termini moltiplicaii nel diametro del canaletto fluido infinitesimo che si e considerate , oppure nel rapporto di tale diametro al diametro della luce , ne risulta per 1' espressione della velocita nell' efflusso la nota formola , e percio confermasi dalla nuova analisi quanto erasi con altro metodo stabilito. Ne dee recar meraviglia che 1' uno e 1' altro metodo conduca al raedesimo risultamento, quantunque sieno entrambi in difetto nelle ipotesi che li reggono o nelle quantita che si trascurano ; e non e questo nelle matematiche il primo esempio che si compensino e si distruggano errori che procedono da difFerenti principj. SAGGIO DEI PRINCIPJ DAI QUALI DIPENDE IL GIUDIZIO DELLE OPERE D' ARCHITETTURA CIVILE DI SIMONE STRATICO. PARTE SECONDA. I . JLn ogni opera di architettura si debbe soddisfare a tre oggetti , cioe alia stabilita, all' uso , alia venusta: il rapporto dei quali e cosi immediato che non si pu6 mancare ad uno senza danno degli altri due. Quando nella prima parte di questo Saggio ragionai intorno alia stabilita delle fabbriche , ebbi occasione di ritnarcare 1' importanza di mantenere nelle raedesime non solaraente la stabilita vera , ma anche r apparente , e cio pel rapporto alia venusta, la quale e offesa da qualsivoglia apparente difetto di solidita. Cosi se per la venusta si ofFendesse 1' uso , o per soddisfare a questo si mancasse alia stabilita vera ed apparente , la fabbrica sarebbe da rimproverarsi. a. II giudizio che si fa delle opere d' architettura risulta dai prin- cipj deir arte e da alciuie idee associate. Investigando gli elementi del sentimento che si eccita in quelli che di proposito e non isfug- gevolmeute osservano un edifizio tanto nell' esterna sua faccia , quanto neU'Jnterno e compartito sno spazio, si trova che i principj dell' arte riguardano : i .° la posizioiie per cui esso viene o isolato o circondato Vol. III. P. II. a 6 206 PRINCIPJ DI ARCIIITETTURA CIVILE da altre fabbriche , o vicino a fiumi , a laghi , a monti o colline , o ia piaiiura o in altezza ; 2° la stabilita relativa al suolo e ai ma- teriali oiide e composto, e alia loro comiessioiie ; 3.° 1' ordine de' suoi couipaitiiuemi piii o meno chiaro , piu o meno facile da compren- dersi ; 4.° 1' uso e 1' idoneita de' suoi raernbri pel fine cui e desti- uato ; 5.° r eseguiraento del lavoro per ridurre i materiali alle forme , profili , proporzioni coniunemente approvate,le quali espriraono il ca- rattere robusto , gentile o grandiose che si voile dare all' edifizio ; 6.° la parcita o la profusione della spesa relativa all' uso dell' edificio. Le idee associate sono I' antichita , se la fabbrica e di questa classe ; r opinione che si ha di quella nazione e de' tempi ne' quali la fab- brica fu eretta , e degli uomini celebri che ne ordinarono la costru- zione ; 1' uso caritatevole , religiose o fastoso cui furono destinati gli edifizj ; il decoro del paese che particolarniente si ama ; la celebrita che per alcune combinazioni gli edifizj medesimi acquistarono. 3. Si giudicano per questi elementi tutte le opere dell' arte edifi- catoria o come diretta alle fabbriche cittadinesche , o come applicata alle opere militari , navali , idrauliche , le quali ancorche formino al- trettante arti particolari , sono pero rami dell' architettura , si fondano sugli stessi prncipj di ragione , sono giudicate con la stessa logica , per cui si combinano le condizioni che hanno rapporto all' uso con quella varieta d' invenzioni che e propria dell' artista. Perciocche , come nelle altre belle arti , cosi anche in questa 1' architetto crea nuove produzioni con gli oggetti che sono proprj dell' arte sua , appunto come lo fa il pittore , il poeta , Y armonista. 4. Oil oggetti deir architettura sono appunto le fabbriche e le co- struzioni esistenti e che si hanno continuamente dinanzi agli occhi, varie per figura , per grandezza , per ornamenti ; giacche il rintracciare le origini della grand' arte dell' architettura civile , il riconoscerle nelle capanne, 1' investigare in natura gli oggetti ch' essa debbe imitare mi e sembi'ato sempre un esercizio d' ingegno anzi che una ricerca di qualche utilita. La capanna stessa fe opera dell' industria umana , e la natura non present6 altri ricoveri per difesa dalle intemperie se non grolte inform! e caverne. L' architettura quanto alia solidita dipende DI 6IM0NE STRATICO. 207 dalle leggi naturali clella statica illustrate coll' esperieiiza ; ma quanto air uso e quanto alia veiiusta e tutta produzione dell' umano ingegno, ond'e die taiito variu appresso le diverse nazioni e in varj tempi si h veduta e si vede. 5. Si giudica di una fabbrica dal disegno e si giudica allorche e costruita. Tutti gli uomini, dice Vitruvio ( Lib. VI, cap. 11 ), non so- lamente gli architetti, possono apprezzare ci6 clie e buono in fatto di fabbrica; ma tra quelli die non sono istruiti nell' arte e gli architetti vi e questa differenza , die i primi se non vedono la cosa fatta e fi- nita , non sanuo come essa riuscira per la venusta e per 1' uso ; I'ar- chitetto al contrario si teste die 1' ha ideaia e stabilita nella sua mente, e prima di cominciarla, sa gia come debba riuscire. Ne il disegno o il modello, per quanto sia delineate, il prime con esquisito tratteggio di linee e macchie d'ombra, o lavorato il secondo con esattezza di prepor- zioni e di fii^ure, bastano all' uorao non istruito nell' arte per giudicare della fabbrica quande sara eseguita , perche , sicceme avvisa lo stesso maestro {Lib. VI , cap. 2 ), altro e il vedere un oggetto die si ha alia mane e sotte I'occhio, altro e il vederlo in grande, all'aperto, posto a varia distanza ed elevazione. L' arcliitetto esperto per lo piii ha biso- gno di poclie linee per farsi presenti le tracce fondamentali dell' opera sua , tanto pel sue cemplesse , quanto per le decorazioni. In fatti alcuni disegni che rimangono di mane di grandi maestri nen si an- nunziano giaramai con quel lusso di delineazione che si esserva nei disegni di quelli die mettone molte studio in questo genere di lavori, e specialmente nella delineazione degli oidini d'architettura , come se in questi seltanto consistesse 1' arte. Non e per questo che si voglia disapprovare 1' esercizio di delineare con isquisitezza le opere di ar- chitettura che si progettano , o che gia sono eseguite , priniieramente perche tutto quelle che si fa bene e da approvarsi ; indi perche il disegno bene eseguite nelle piii minute e per cosi dire nelle piii na- scoste sue parti assicura che il disegnatore fu penetrate dell' impor- tauza delle piii minute attenzioni , quande per6 non sia guidate nel sue lavoro dalla sola servile imitazione , nel qual caso egli non batte la vera strada che conduce all' acquisto dell' arte. Non debbe rarcliitetto. i08 PRINCIPJ DI ARCIIITETTURA. CIVILE dice Vitruvio (Lib. I, cap. 2), essere pittore come Apelle , ma non debb' essere imperito del disegno ; e Leone Battlsta ( Lib. IX , can. 8 ) nou vuole die il suo architetto sia uii Zeusi , ma insieme vuole che noil iiiaiichi della cogiiizione del disegno e della geotnetria, come, die' egli (Lib. IX, cap. 9), un poeta non pu6 mancare della cogni- zione dei vocaboli e delle sillabe , ne , soggiunge , saprei dire se basti saperne mediocremente. Nel fare il qual paragone quel grande uomo voile indicare come debbano esser present! all' architetto le piii mi- nute attenzioiii nelle parti dell' opera sua ; e siccome il poeta, stabilita che ha la macchina del suo poema, e attento alia scelta de' vocaboli e delle frasi , alia loro collocazione e successione , per cui lo stesso pensiero desta un sentiraento piii o meno vigoroso , piii o meno grato; cosi I'architetto debbe tener conto della facilita e agevolezza dei pro- fili , della successione de' piu piccoli membri nella decorazione , e deir aggiustata unione delle linee e de' contorni. Al qual proposito considerava piu volte che il disegnare copiando le decorazioni archi- tettoniche e le figure dei grandi e cospicui edifizj e bensi un lodevole ese.rclzio, ma senza confronto meno istruttivo e meno utile dell' altro esercizio, per vero dire piu difficile, qual e di far sorgere il disegno dai precetti dei grandi maestri, o dalla descrizione verbale degli stessi edifizj. Vitruvio diede pochissime figure propriamente appartenenti air architettura , cioe quella degli scamilll imparl , della voluta jonica e della proporzione dei gradi delle scale. £ vero che, essendosi smar- rite quelle figure, gli studiosi si sono divisi suU' intelligenza del testo in que' luoghi; ma questa stessa divisione di opinioni diede origine a varieta d' invenzioni. Leone Battista si fece una legge di non ac- compagnare alcuna figura col suo testo , procurando per6 insieme a questo la maggiore chiarezza ( Lib. VI , cap. 8 ). Mercurium ferunt vel maxime ob hanc rem divmum habitum quod nidlo signo manus , sed soils verbis , qucB dlceret , Ita dlceret ut plane Intel ligcretur. Id ego , etsl verear posse assequl , tamen pro viribus conabor. £ curioso 1' os- servare quanta cura abbia posto in ci6 , mentre avendo bisogno di dare colla figura precisione a qualche idea si servi delle figure di alcune lettere majuscole dell' alfabeto greco e di altre dell' alfabeto DI SIMONE STRATICO. 209 latino (♦). E veramente altro b il dedurre il disegno dal precetto , altro e r esemplificare il precetto con lui disegno bello e fatto. la cjuesto secoiido modo si limita la fantasia dello studioso ; nel primo se ne accresce I'attivitu e si ottiene die il precetto riceva varj sviluppi, nt si arresti alia sola idea data per esemplare. 6. Ora per entrare ncU' argoniento del presente discorso io penso che la piena intelligenza del sccondo capo del primo libro di Vitruvio, siccome iiidica i doveri dell' architetto , cosi abbracci i principj dai quali dipende il sensato giudizio delle opere di quest' arte, la quale secondo 1' antico maestro consiste in sei cose da lui distinte coi norai di ordinazione, disposizione , euritmia, simmetria, decoro e di- stribuzione. La definizione di queste date da Vitruvio fu trovata oscura dagl' iiiterpreti de' suoi libri. Potrebbe quiiidi sembrare die non si dovessero investig-are nella difficolta delle definizioni vitruviane i fon- damenti di quest' arte. Ma poiclie Vitruvio e il solo autore classico (*) Raccolgo in quest' annotazione i luoghi dove Leone Batiista si serve di tale mezzo per dare precisione alia sua esposizione. Ncl libro III , capo 1 3 : Post id ( cioe pei tetti ) fortasse cuin ex institute majorein cooperire areani trabiuin brevitate nequivisseiit, iuteriucdiuni ad subliuiia truncorum capita aliqiiid interposuere, ut esset prope atrpie apud Graecos litera fl, appositum- quc id fortasse cuueum appellavere. Dove il Bartoli ha tradotto: come appresso i Greci la let- tera P, con manifesto errore. Nel libro V, capo 4 : Percoinmoda erit arcis descriptio , cjuae sibi juti- get oiiines urbis mures , quasi O litera , jun- gentes : e nello stesso luogo : C itiflexis coruibus compreliendant, non circunicludant, Nel libro VI, capo 8 : Utunturque praesertim ad coronas , ira- pleolis ( uliiclle ). Sic enini appello qua; Cant sic. Incavatur formula in lapide ad crunienae Tacua; siniilitudinem pro lapidis vastitate pal- nios ore arctiore , fundo introrsus latiore. Vi- dimus iuiplcolas piofuudas pedeui , banc coin- plent ferreis cuneolis , quorum duo bine at- que hinc cullulcrales lineaniento ad D literas siniilitudinem finiuntur. Lib. VI, cap. 8: Pon- deri praesertim lapideo prchendendo forcipe ferreo utebantur. Forma forcipis ex litera X erat ducta, digltis infimis introrsuni aduncis. Lib. VII, cap. 7. Namque fasceolae quidem li- neauientuui imitatur literam L. Rudenteni ad- dubitavi an bederani nominareni ; distensum quidem adbairet , atque ejus prominenliae linca- nieutiui veluti C litera subjuncta ad literam L sic {^r)- Et funiculus quidem niinutus est ru- dens. Haec auiem C ubi Inversa subjungitur li- ters; L sic (^j) elTiciet canalirulum. Quod si 5 litera sub eadem L jungilur sic (^g) gulula nuncupabitur ; jugulum eniin hominis imitatur. Sin autem sub ipsa L adjnngetur jacens et in- versa S sic (X.) ex flexionis siniiliiudine appel- labitur undula. Lib. VII, cap. 14: et junxere liasce ambulationes inter se lineaniento ducto ad T literae siniilitudinem. Lib. VII, cap. 12. Fuitque auricularum istarum lineamentum nia- juscula 5 oblonga extremis suis capitibus se se in anfractuut volutatuui iuiplicans bunc in nio- dum. aiO PRIt^CIPJ DI ARCHITETTURA CIVILE che ci sia rlraasto di im' arte cotaiito coluvata clai Greci e dai Romani, delle operc de' quali aniinirianio gli avaiizi ; poiche i piii valonti architettoii del tempi a noi viciiii haiino giiidicato di non dover dare precetti di quest' arte seiiza dipendere dall' autorita deilo stesso: poiche finalniente questo scrittore non sempre perspicuo ne' suoi dettami , e insieine viziato nel testo, oltre la misura del guasto cui andarono sog- getti i libri degli antichi classici, pure tramanda per ogtii dove tali sciatille di retto senso, di filosofica luce, di non comune erudizione, che iinpegnauo ad istudiarlo; perci6 il vincere le difficolta che si presentano non pu6 non essere profittevolissimo. E mentre pronunzio questo mio parere derivante dalla osservazione ch' ebbi occasione di fare su questo antico , mi sta in cuore di disapprovare il giudizio deir altronde eruditissinio Schneider, il quale nella prefazione alia sua recente edizione di Vitruvio fatta in Lipsia dichiarando di aver data mano alia stessa non corae conoscitore dell' arte, ma come filologo per ridurre il testo alia sua vera lezione , si permette di qualificare il suo autore come uiio scrittore rirabambito , ambizioso , povero , disgustato, perche Augusto lo avesse posto in non cale, e non pertanto abbastanza fortunato per essere rimasto solo di tanti scrittori d' archi- tettura greci e romani da lui stesso citati, ut melior vacua regnet in aula. 7. II testo di Vitruvio del quale mi propongo di dare la spiegazione e nel libro I , capo 2 il seguente : Architectura constat ex ordinatione qucE Grcecis Tx^ig dicitw , et ex disposidone , hanc autem Greci ha,6e(Xiv va- cant, euriclimia, et symmetria, et decore, et dislributione , quce grece liKovo^ix dicitur. Ordinatio est modica membrorum operis commoditas separatim , universcsque proponionis ad symmetriam comparatio. Hcec componitur ex quantitaie quce groece wosotic dicitur. Quantitas autem est modulorum ex ipsius operis sumptione singulisque membrorum partibus universi operis conveniens effectus. Che interpreto cosi. L' ordinazione che in greco si chiama ra^/f e che assegnato a ciascuno dei membri della fabbrica un moderato coraodo, si ottenga che dalla proporzione del tutto si abbia simraetria : la quale simmetria dipende dalla quantita che in greco si chiama noaorig. La quantita e T effetto conveniente di tutta la fabbrica, che deriva dai moduli presi dalle singole parti dei membri. DI SlMONE STRATICO. a 1 1 Una definizione cosi astratta e comprensiva non pu6 non parere a prima giunta oscura , ma, ridettendovi, e istruttiva. Le greche voci di Ta^tg e di haOecig non sono gia introdotte dall' antico maestro per lusso di greco , die sarebbe assai meschino , ma per condurre all' intendi- mento della sua definizione. II ra^/? dei Greci e ordo ratione temperatus. Ogni adunaiuento di oggetti lia un ordine, cioe gli oggetti sono in certa posiziorie e dtstanza rispettiva, e 1' ordine di essi e suscettivo di varieta moltissime, tanto se sia casuale , quanto se sia diretto da particolari ragioni. La parola di tattica presa dal greco ed accettata come nome della scienza railitare terrestre o raaritdraa significa I'arte di conservarc o cambiarc con certe leggi di avvicinaraento o di posi- zione , o di allontanamento alcuni corpi militari o alcune divisioni navali , onde ciascuna si presti nel mode piu utile ed efficace all' offesa deir inimico o alia propria difesa : e queste masse o corpi debbono essere proporzionate alia forza intera di cui si pu6 disporre ; questo nel caso nostro e la quantita. Prendasi ad esempio un teatro della forma de' nostri tempi. L' architetto debbe aver presenti le parti tutte che si richiedono per proporzionarle all'uso lore ed alio spazio dato per innalzarvi sopra I'edifizio, oppure, se lo spazio non e dato, per dedurne I'occorrente estensione. L'atrio, Tingresso, la sala degli spet- tatori , I'orchestra , il palco scenico , lo sfondato , i fianchi pel giuoco delle scene, i ritiri per gli attori qviando non sono sulla scena, le scale , i corridori , le logge , le latrine , le stanze pel vestiario , per dipingere le scene, queste parti tutte debbono essere proporzionate a tutta la fabbrica , e cio osservando certi limiii che non si possono oltrepassare senza errore. Perciocche la sala non puo eccedere una certa ampiezza , altrimenti la voce degli attori nel cantare o nel de- clamare non e udita distintamente : ne pu6 essere assai piccola , e dove per conseguenza nianchi ogni illusione della scena, che pure e una sorgente di piacere. Le logge degli spettatori e i corridori non possono seguire )a proporzione della grandezza del teatro, ne le scale, perche debbono corrispondere alia statura in generale degli uomini. Dicasi altrettanto d' ogni altra . costruzione che non sia un semplice ricovero. Non puo 1' architetto riuscire nel suo progetto se non e 212 PRINCIPJ Dl ARCHITETTURA CIVILE pienaniente iiiforniato di quaiito si richiede nella fabbrica pel mode- rato comodo uso della stessa in ciaschcduiia sua parte, Uno spedale, un quartiere per soldati , un arsenale , una uuiversita di stiiclj , ua palazzo regio non si possouo ordiiiare lodevolmenie se iioii si cono- sce dairarcliitetto quali sieno le parti essenziali e le meno essenziali, quali richiedano spazj maggiori e quali raiiiori, quali tra loro vicini e quali possano stare discosti tra di loro. Queste ed altre considera- zioni costituiscono 1' ordinazione architettonica del teatro die si e preso ad esempio, e si riferiscono alia quantita che Vitruvio avverte chiamarsi TioaoTig dai Greci. Ora qui si rimarchi che la voce quantita nel latino e neir italiano esprime ci6 che e suscettivo di piii o di meno o in iiuniero o in estensione : la voce greca froaoTig non solainente significa ci6 che e suscettivo di piii e di meno, ma cio che corrisponderebbe al sostantivo di quotus se vi fosse in latino, cioe la proporzione della parte al tutto, il modulo cosi detto dagli architetti , e la proporzione in conseguenza tra di loro, che e cio che costituisce la simnietria. Vitruvio , dice Galliani , « sia con sua buona pace , nel definite » r ordinazione ha oltrepassato i limiti di essa^ e vi ha aggiunto quello » che e proprio della simnietria ; che noii ha per anche definito. » Non dissentirei da questa osservazione se si trattasse di tenere il raetodo di scuola. Ma le sei cose die ad una ad una si vanno spie- gando da Vitruvio in questo capo , debbono tutte insieme e ad un tempo essere presenti all' architetto inventore dell' edifizio : e mentre egli ordina nella sua mente la fabbrica , sa insieme che una parte debbe per le sue dimensioni corrispondere all' altra per la sua grandezza, e che commetterebbe un errore se nell' esempio che abbiamo preso del teatro , alia sala ben grande degli spettatori e all' afBuenza che vi pu6 essere destinasse angusti passaggi e poco esteso palco scenico, o altro tale difetto di corrispondenza. 8. Taluno degl' interpreti di Vitruvio conghietturo che per ordina- zione si dovesse intendere 1' oidine architettonico da scegliersi per la fabbrica, oppure il genere di colonnato da distribuirsi in essa. Ma ancorche sia vero che il prospetto esteriore di una fabbrica nudo delle decorazioni proprie di un ordine sara bello e gradevole quando sara Dl STMONE STRATICO. 21 3 compartito in modo che, senza alterare la distribazione delle aperture e dei piaiii nei quali coraparisce divisa , vi si possa applicare uno o pill ordiui corretti di architettiira , ncl qual seiiso 1' iuterpretazione data al testo vitniviaiio racchiude un precetto utile ; e per6 iusieme manifesto che 1' ordiiiazione non si puo iiitendere dei solo prospetto , life delle diverse specie di colounato che lo adorna, ma riguarda tutto il corpo della fabbrica considerata non raeno nel suo esterno che nel sno interiio. 9. La seconda considerazione e il secoiido dovere dell' architetto e la disposizio.ie che i Greci , dice Vitruvio, chiamano ha.deai(;. Essa e defiiii- ta: rerum apta collocatio operis effectus cum qualitute , Yacconcia coWoca- zione e Telegaiite effetto dell' opera con qualita. In questa definizione, a raio parere , Vitruvio ebbe presente la dottrina di Aristoteie nelle categoric, dove da la definizione e le differenze delle qualita. Ivi il filosofo distingue la i^tg dalla hoideaig, ciofe VhabUus dalla disposition di- cendo che I'abito e permanente, la diatesi e variabile. Questa distin- zione passata gia in uso appresso i raedici fa ad essi chiamare diaiesi la particolare disposizione di un uomo alia malattia di qualche classe, restando 1' habitus lo stesso che con altra voce chiamano tetnperamento. Cosi nella fabbrica Vhabitus e il carattere generate della stessa, robusto, gentile , ornato ; e il complesso delle parti che debbono costituirla secondo I'ordinazione; la diatesi e dipendente dalla varia collocazione delle parti stesse , divisata in modo che produca 1' effetto il piii elegante. E questo e il senso di ci6 che dice Vitruvio della diatesi appartenente alia qualita. Comeche possa seiubrare soverchiamente astratta una tale dottrina , e peccante di quelle sottigliezze che si condannavano altre volte negli scolastici peripatetici , non e per6 raeno vera ed e attis- sima a spiegare il testo dell' antico maestro. Schneider pare si burli di Vitruvio in questo luogo, e s'immagini di pronunziare una vivezza notando : ccBterum post qualiiatem expertabam ut Fitruvius adderet quae grcBce noio^e dicitur , quasi volendo deridere la mal supposta sniania deir antico scrittore d' introdurre parole gieche nel suo testo latino, lo non usciro dai confini del niio discorso onde rimarcare che per significare alcune nozioni astratte le lingue hanno vocaboli piii o meno Vol. III. P. II. 17 2 14 PRINCIPJ DI ARCIIITETTUnA CIVILE esprcssivi, e die la lingua grcca primeggia nel foniirne maggior numero di quelli clie presentaiio idee piu sottilmeate distiiite tra t'i loro. Per qual I'agione Cicerone acloper6 taiitc parole greche nelle sue lotteie e iielle sue opere filosofiche , egli die aveva ben diritto di coniarue e di autorizrarne di equivalent! latine, raa die insieme doveva rispettare r USD e il consentiiuento degli eruditi della sua eta? Poi Schneider fa un lungo articolo sulla diversa significazione della voce ^ta.6s(Ti( nel singolare e nel plurale, adducendo alcuni eseiiipi pci quali si riconosco die nel plurale si adoper6 per significare siniulacri e rappresentazioni espresse con artifizj meravigliosi, e soggiungendo die Vitruvio in arte dicench ex graniniatlca , non adeo, quod ipse initio librorum confiietar , exercitatus , ^loidesewv esse specie generis illius quod vocahulo 8i«.6£cti singulari ruimcro designatum repererat ; su di die se V argomento lo meritasse , si potiebbe non difficilmente convincere 1' altronde dotto filologo di delitto d' abusata lezione , mentre Vitruvio scrisse bensi species dispo- sitionum, ma non species ^ioc6erovare qualunque fabbrica. Non negher6 a Votton die la forraazione degli sbozzi e disegni appartenga all' architetto e non al censore di una fabbrica, ma insieme riflettero che il censore non puo prescindere dair osservare gli efFetti dell' ordinazione e della disposizione dei mem- bri della stessa fabbrica , e quindi approvare la buona collocazione d' alcuni e le loro dimensioni relative agli altri , o disapprovare che ne sia stato ommesso alcuno o mal collocato. Perciocch^ qnollo clie giudica di una fabbrica debb' essere istruito dei fondamenti dell' arte, lie accontcntarsi soltanto dell' impressione che ne riceve con un colpo d' occhio , onde essere in grado di discendere alle convenienti osser- vazioni non gia ne' disegni , ma nella stessa fabbrica. 1 6. La terza cosa e detta da Vitruvio I' euritmia , die definisce venusta species commoclusque in composieionibus membrorum aspectus. « L'avvenente immagine e soddisfaceate aspetto dei membri della com- » posizione. » L'epiteto latino commodus ha piu esteso senso di quelle che nell'italiano, e serve per significare agiato, opportune, aggiustato, soddisfacente. Aggiungo quest' osservazione del vocabolario unicamente per aver occasione di rimarcare che lo stile latino di Vitruvio non 6 poi cosi negletto com' egli stesso per modestia dichiara, e che la sua escurita di cui si lagnano gl' interpreti, e che fece esprimere a Claudio Tolommeo, letterato celebre del secolo decimosesto, il vote di vedere i libri di Vitruvio tradotti in latino collo stile di Cicerone e di Cesare, non dipende gia dalla scelta delle parole e delle frasi, ma dull' indole DI SIMONE STRATICO. 219 deir argomento ch' egli tratta e dal voler cssere compendioso. In fatti chi e che abbia nemmeno per saggio tentato di compiere il voto di Tolomrneo? L'euritmia, continua Vitruvio, cffickur cum membra operis convenknt'ia sane, altUudinis ad Uuitudinem, lautudinis ad lungltudincm, et ad stimmam omnia respondcant sues symmetrice. « Risulta T euritrnia » quando v' e conveiiieiiza tra i mcmbri di una fabbrica , e ciascuno » per Ic sue dimensioni e tutti insienie si corrispondono per la loro » siinmetria. » Schneider a rjuesto luogo rimarca che se convenientia e un addiettivo , la frase precede male e non connette con quello che segue altitudinis ad lacuuduiem , Latitudinis ad longUudinem; e se con- venientia e un sostantivo, richiede che vi si premetta un epiteto, come sarebbe justa. Nel che mi e forza di dissentire da questo erudito , poich^ accordando che il convenicntia sia sostantivo, questo vocabolo include gia Wjusta, significando la proporzione di (juelie dimensioni che tra di loro convengono e costituiscono appunto la simmetria. 17. Ma un altro esame piu rilevante si ha ragione di fare circa il vero senso della voce euritmia, la quale significa il carattere piii es- senziale delle opere d'architettura quanto alia loro venusta che Vitruvio spieg6 sensatamente coUe parole di commodus aspectus. Euritmia e un traslato dalla musica alle altre belle arti. I suoni e la voce non pro- ducono verun canto se non sieno connessi col ritmo , cioe con una successione di suoni e di tempi che forma propriaraente la melodia. Gli antichi trasportarono questa idea alle cose imraobili , e dissero euricma una stanza, ed alle cose mobili, e dissero euritmo un incesso, una danza. II solo ritmo senza elevazione o abbassamento di voce eccita un sentimento gradevole , come si ha dagl' istromcnti di sola pulsazione, se con varieta d' intervallo di tempo tra i colpi proceda ordinatamente. Nella statua per convincersi dell' effetto dtlP euritmia basta confrontare una statua egizia , nella quale le proporzioni tiitte sieno esattamente conservate, ma le braccia siano distese parallele al tronco , gH arti inferiori appajati secondo una linea retta , tutta la figura a piombo , con una statua greca , la quale non ha solaniente giuste le sue proporzioni , ma per la sua movenza esprime un senti- mento di vita. Nella danza scorgesi Teuritraia dove nessuna violenza. 220 PRINCIPJ DI ARCHITETTURA CIVILE iiessun contorciraento della figura, ma soltanto un' agevolezza cli posi- zioni successive e di luovimcnd degli arti del trouco del capo , al- tronde non taciii ad eseguirsi, ma clie noii pajono eseguiti coii isforzL peiiosi a clii li vede , sono disiribuiti col ritrao inusicale. E nell' Iiicesso aiicora che esprime dignita non affettata e grazia della persona iiulicata cosi superiormente ne' due versi di Tibullo in lode della sua Sulpizia : Illam quicquid agit, quoquo vestigia /Icctit, Componit funim , subsequiturque decor. L'euritmia e uno di que' pregi che sente intiraamente ogni grande ai'tista e ogni amatore delle opera delle belle arti esercitato nell' osservarle, del quale non si possono dar regole , il fuitbn di Tibullo , e che si puo spiegare piuttosto per esclusione di difetti che per posizione di precetti. Non vi sara euritmia in una fabbrica dove tutto sara uniforme e ripetuto , non dove ogni parte sia dissiniile dalla sua vicina : non sara euritrao un edifizio nel quale I'occhio dell' osservatore non trova riposo, ma in ogni piccola parte incontra un ornaraento senza oggetto, ed eauahnente si staucliera della nudita e mancanza di ogni ornaaieiito. Manchera Y euritmia nell' interno d' una fabbrica nella quale 1' osser- vatore e costretto a durar fatica per intendere i rapporti dei varj ripartimenti , come si noto nella prima parte di questo saggio , se non trovera ingegnosi partiti di figure, di lumi , di apei-ture ; se nelle diraensioni tanto degli spazj quanto delle decorazioni non trovei'a le proporzioni convenient! a tutta la fabbrica o a ciascuua parte : cose tutte che Vitruvio abbraccio colle parole di commodus axpectus, e che Leone Battista , senza caratterizzarle con la parola di euritmia , ha cosi ben descritto ( Lib. V, cap. 9 ): /n re omni finmarium ornamentum est carere omni indecentia. Erii igitur decens partitio quce non sit inter- rupta , non confusa , non perturbata , non dissoluta, non ex male con- venientibus compncta, eritque membris non nimium multis , non nimium variis , non nimium dissonis atque deformibus, non quasi a ccBtero corpnre divuLsis et dissipatis , sed erunt omnia pro natura et utilitate et tractatione rerum agendarum ita definita, ita expLicata or dine , nurnero , ampUtudine , DI SIMONE STRATICO. 22 1 collocatione, forma, ut nidlam partem totius operis sine aliqua necessitate, sine multa commoditate , sine gratissima partium concinnitate effectam in- teliigamus. La quale dottrina bene e chiaramente insegna come subito dopo r ordiiiazione e la disposizioiie 1' antico maestro abbia suggerito per iscopo dell' architetto F euritmia. 1 8. Ritornero a questo articolo dopo che avro ragionato intorno alia simraetria mal confusa da alcuni coll' euritmia, e che e la quarta cosa dclle sei nominate da Vitruvio. La definizione ch' egli ne da e la seguente : Symmetria est ex ipsius operis membris conveniens consen- sus , ex partibusque separatis ad universal figures speciem ratce partis responsus , ut in hominis corpore e cubito , paLmo , pede , digito ceterisque partibus symmctros est , sic est in operum productionibus. « La sirarae- » tria e un cousentimento conveniente delle parti prese separatamente, » ed una corrispondenza di esse alia figura di tutta la costruzione » secondo una certa proporzione , e come nel corpo umano si ha la » simmetria per la proporzione che hanno tra loro le sue dimensioni, » espressa con la misura , come del cubito , del palmo , del piede o » del dito. « Dare una misura comune, rata pars, significa la pro- porzione di una grandezza ad un' altra , e per far questo conviene stabilire una qualche unita. Nell' esempio del corpo umano 1' unita si prende dal piede, o dal palmo, o dal dito, o dal capo, ed e quella per cui si definisce nuraericamente la dimensione di tutte le altre par- ti e della figura intera, e la loro ragione. Queste ragioni si misarano col sentiraento della vista, non gia secondo la precisione numerica, ma prossimamente , e si approvano e piacciono quando sono le piu abituali , si disapprovano e dispiacciono quando si discostano notabil- mente da quelle. Le proporzioni o ragioni che chiamano abituali si conservano nelle produzioni della natura, come sono gli animali, den- tro certi limiti, e trovansi corrispondenti all' espressione delle proprie- ta , del raovimenti, dell' indole della materia di cui sono composti i loro corpi , e del carattere di robustezza o agilita ad essi proprio. Nel medesimo corpo umano considerato nell' infanzia , nell' adolescen- za, nella virilita vediamo le proporzioni carabiate, e con esse mutata ancora 1' attivita. Quindi accoppiando idee e trasportando alle opere Fol. III. p. IJ. a 8 122 PRINCIPJ or AKCIIITETTURA. CIVILE Jeir arte di cui ora ragioiiiamo le proporzioni del cofpo umano , sempre per noi , secoiido Vitruvio , raodello di belle proporzioni , ab- biaiuo dello stesso , die volendo dare carattere e rappresentazione di robustezza alle coloune , osservarono i primi inventori degli ordiai architettonici che il piede dell' uomo ^ la sesta parte della sua altezza, e questa virilis corporis proponionem, firmitatem et venustatern in cedificiii prcEstare coepie , facendone I'ordine dorico. ladi calcando le stesse orme fecero ii jonico, imitando la proporzioue dei corpi delle doiine, e die- dero alle colonne in altezza otto diatnetri , e imitando la finezza dei corpi delle vergini diedero alle colonne corintie piu di otto diametri d' altezza. E piu generalmente insegnb Vitruvio ( Lib. Ill, cap. i ): non potest cedes ulla sine symnietria atque proportione rationem habere com- posicionis , nisi ut ad hominis bene Jigurau membrorum habueric exactant rationem. Ne potendosi presuraere che una fabbrica , come quella di un terapio , sia simile al corpo di un uomo , raentre il carattere di quella e d' essere immobile, e la macchina umana e organizzata per essere suscettiva di molte e varie posizioni e movimenti , e manifesto che il sentimento di Vitruvio e diretto ad insinuare che siccome la bellezza del corpo umano risulta dalle sue proporzioni, cosi debbafarsi nella fabbrica, onde vi sia una misura comune tratta dal carattere della stessa , la quale regoli le dimensioni delle parti tutte. In fatti per ispie- gare anche piu 1' idea della simmetria adduce due altri esempi. Nelle baliste , macchine da guerra con le quali si scagliavano pesantissimi sassi , r artifizio dipendeva da una fune tesa tra due capisaldi, la quale con una forza applicata al mezzo della stessa fune si faceva piegare ad angolo. Rimossa questa forza e lasciando scoccare la fune, il sasso collocato dinanzi si scagliava a grandi distanze. Quindi il mo- dulo della balista era il foro adattato alia grossezza della fune fatta di capelli e di nervi , la quale grossezza era tanto maggiore quanto era piii pesante il sasso da scagliarsi. Cosi negli odierni cannoni il modulo e il calibro della palla che si vuole scagliare , e I'anima si fa per le migliori sperienze di diciassette calibri , dai quali ancora si deducono la grossezza, i rinforzi, gli orecchioni dello stesso cannone. L' altro esempio addotto da Vitruvio e della costruzione delle barche DI SIMONE STRATICO. 223 a renu, mentre rinterscalmio, cio6 la distanza da uno scalmo all' altro, e il modulo della lungliezza , dato il iiuraero dei remi di cui si vuol armare la barca , assegnando lo spazio libero da' remi alia poppa e alia prua. Dalla lungliezza si deduce poi la larghezza e il puntale , o pescare della barca stessa, la larghezza pei rapporti al comedo dei rematori e alia stabilita della barca , del puntale pei rapporti alia capacita dell' incavo e della resistenza che la barca dovra incon- trare per farsi strada neiraccjua. Ne diversamente si fa oggidi : e cosi ancora si fa uelle navi da guerra prendendo il modulo della lunghezza dalla distanza dei portelli delle cannoniere, e raoltiplicandolo pel nu- mero dei cannoni di cui si vuole armata la nave. 19. Mala rispettabile autorita d' altri piu severi ragionatori riguar- dando come arbitrarie queste applicazioni della bellezza delle propor- zioni del corpo umano alle fabbriche , e volendo ridurre i principj della simmetria a dimostrazione , attribuirono alia forza de' numeri questo accordo delle proporzioni al sentimento della bellezza. E poi- che la misura comune o il modulo in generale non conosce limiti se non che dal fatto di natura e dall' esperienza , che e la sicura guida delle opere dell' arte, attesoche ogni nuraero e I'esponente di una ra- gioue, se si riferisce all' unita , perci6 a quelle ragioni proposer© di attenersi che 1' esperienza dimostro apportare al sentimento dell' udito la maggiore soddisfazione. Leone Battista osserva (Lib. IX, cap. S): Hi quidem numeri per quos fit ut vocum ilia concinnitas auribus gratissima reddaiur , iidem ipsi numeri perficiunc ut oculi animusque mirifice com- pleatur. E Galileo osserva {Dialog. Ill) che I'occhio ancora, non pur Fudito pii6 ricrearsi da quelle vibrazioni coincident! di pendoli di tali hinghezze che esprimono le coincidenze de' suoni consonanti. Molto ancora si e detto della media armonia, la quale sola non porta all' as- surdo, ove si tratti di definire 1' altezza di una sola deducendola dalla Sua larghezza e lunghezza , poiche essa non puo eccedere la doppia larghezza anche se fosse inBnita nella lunghezza; ci6 che non si ot- tiene ne dalla media aritmetica, ne dalla geometrica. Ma considerando che r astratto principio delle proporzioni numeriche e della coincidenza delle vibrazioni nella sensazione soave dei suoni non e inai disgiunto 224 PRINCIPJ DI AnCIIITETTURA, CIVILE dal ritmo , dalla successione dei suoni , dalla tempra o qualita dei medesimi , le quali difFerenze suscettive di tante varieta malagevol- meiite si riduirebbero alio stesso astratto principio , se si osserva che la bellezza del corpo uraano non risulta dalle sole proporzioni delle lineari dimensioni , ma dalla figura, dal contorno delle parti e dalle linee di flessione che ne fa la continuazioiie ; che parimente nella decora- zione architettonica non e la sola proporzione dei moduli, ma ancora la rotondita circolare delle colonne e la loro rastremazione, la curva delle volute, quella dei tori, delle gole dritte, rovescc, dei bastoni , delle striature delle colonne, miste con le linee rette dei plinti , dei listelli, vengono a costituire la bellezza e grazia dei profili, non senza molta ragione si conchiudera che Vitruvio abituando il suo architetto a contemplare nella figura del corpo umano il tipo di quella sim- metria che intende di definire, non gia per fame un esemplare da imitarsi nelle opere dell' architettura, ma per penetrare od iutendere r eflfetto di tutte queste combinazioni di sirametria , di dimensioni e di bellezza risultante dalla figura dei contorni, ha proceduto filoso- ficamente e con frutto degli studiosi. 20. Ora ritornando all' euritmia che Vitruvio ha distinto dalla sim- metria , osserva il Galliani che il volgo ha perduto 1' uso della voce euritmia, confondendo con essa la simmetria, e che in questo errore si e lasciato tirare anche Perrault nel suo Commentario a Vitruvio , pensando egli che le due definizioni date dall' antico maestro , come di due distinte qualita, dicano la stessa cosa, e tutto con un discorso imbrogliato, parlando di convenienza di proporzione che le parti della fabbrica debbano avere tra di loro. Lo stesso Galliani , coll' appoggio di Wolfio e di Milizia , dopo di esso stabiliscono che l' euritmia inse- gna r eguale distribuzione dei membri dell' edifizio , e per ottener ci6, oltre molte altre considerazioni, una e principale sia che le due parti a destra e a sinistra sieno simili, che la porta sia nel mezzo ; cosicche r euritmia consista nella posizione delle parti, la simmetria nelle pro- porzioni. Non si puo dubitare in generale che non contribuisca alia euritmia delle fabbriche e al cnmmodus memhrorum aspectus di Vitruvio il pareggiare alia destra ed alia sinistra di esse il numero , la distauza . DI SIMONE STRATICO. 22 5 e le forme delle parti oiide sono composte , ed il distinguere la parte di mezzo se si parli dell' aspetto esteriore , o dell' interne ancora se sia un tempio o un edifizio regolare a qualsivoglia altro oggetto fab- bricato ed ampio. Ma non e qiiesto sohanto die costituisca I'euritmia, perciocche se per couseguirla colla parita dei merabri s' introdurranno delle parti superflue , come si vedono .delle porte, archi e finestre finte per solo ripiego e per mantenere la parita , e certo clie sara offesa r euritmia. E sara ancora offesa se le aperture superiori non corrispondano alle iuferiori , se un ordine gentile saiii sottoposto ad un ordine robusto, se le forme degli ornamenti saranno notabilniente disparate e dissimili ne' varj piani della fabbrica. Si offende 1' euritmia coUocando una fabbrica per s6 abbastanza grandiosa in uno spazio vasto ed aperto, senza che resti fiancheggiata da altri edifizj : o an- cora se 6 circondata da altri viciiii edifizj rispetto ad essa colossali. Non e euritma una piazza circondata da fabbricbe continuate simme- triche ognuna per se , ma che gli angoli disconvengono nell' incontro delle cornici. Oltre ci6 I'euritmia dovra procurarsi anche all' interno deir edifizio, che sara stucchevole se da ogni parte avra simili divi- sioni e succession! e grandezze. Si pu6 generalmente osservare che la simmetria, la quale consiste nella proporzione delle parti dell' opera tra di loro ed al tutto , non e la sorgente dell' euritmia ; ma la man- canza della simmetria danneggia I'euritmia, la quale non dipende da precetti, ma dal solo genio inventore dell' architetto. In fatti la sim- metria ha ricevuto molte regole : 1' euritmia non le ha , dalle quali pero sorgono le bellezze dell' architettura di ogni carattere. Ed e tanto vero ci6, che lo stesso Vitruvio insegno potersi recedere talvolta dai rigorosi canoni della simmetria, laddove osserva che (Lib. 11/ , cap. 2) venustatem persequitur virus, cujus si non blandiamur voluptati proper done et modulorum adjectionibus , ut id in quo fnllitur tempercuione adaugeatur, vastus et invenustus conspicientibus remittetur aspeclus : ci6 che sagace- mente fu avvertito da Leone Battista {Lib. IX, cap. 7) dicendo: sunt oculi natura percupidi pulchritudinis atque concinnitatis , et in ea re se prcBstant morosos atque difficiles , neque scio unde sit cur ma^is quod de.nt Jlagiient , quam probent quod adsit ; cio che non meno nell' architettura 2a6 PRINCIPJ DI ARCHITETTURA CIVILE die nelle altre belle arti porge occasione a censure e ragionevoli e indiscrete. 2 1. Seguono le altre due considerazioni dette da Vitruvio decor et distribudo che debbe avere rarchitetto, e che compiono il di lui do- vere. 11 decoro dcUe costruzioni architettoniche esc emendatus opens atpectus probntis rebus composid cum authoritate. Is perficitur stadone, quce GrcBcis &ejJ.ix uno mense futuri in usiim viderunt portari silentio legum. In questo esempio la maguifi- cenza risulta dal breve tempo di un mese destliiato a spettacoli , a confroiito del giaiide dispendio per tradurre e disporre a hiogo si gran nuniero di colonne nella scena di un teatro ; e nelle piramidi si pu6 ammirare la niagnificcnza di fabbriche erette per gareggiarc coi secoli. 5. Per dare un esempio della squisitezza e sottigliezza del lavoro ricordero il tempio di Cizico , in quo filuin aureum commissuris omni- bus politi lapidis subjecit artifex ehurneuni Jouem dicaturus intus coro- nante eum marmoreo Apolline. TraLucent ergo structuroe tenuioribus capilla- mentis , tenuiqae afflatu simulacra refovente prceter ingenium anificis ipsa materia quamois occulta in prctio operis intelltgitur (Plin. , lib. XXXVI , cap. 2y). Nel quale lavoro non solamente spicca 1' induslria dell' arte- fice nel far risalire quel filo d' oro da tutte le comraessure delle pie- tre lisciate die componevano le muraglie e forse la volta del tempio, ma ancora il pensiero clie la luce ripercossa da que'fili d'oro diffon- desse uno splendore , per cui il bianco avorio della statua di Giove e il marmo della statua d' Apollo acquistassero un piii dolce e gra- dito aspetto , giacche cosi mi sembra doversi intendere quel tenui afflatu simulacra refovente. Magnifico ancora era il tetrastilo degl' Imperatori Gordiani, fatto con ducento colonne di pari misura, cinquauta per lato, di marrao corin- tio, numidico , simadito, claudiano, tratti tutti da lontani paesi, e di colore vario, e diversamente macchiati per quanto conghietturarono x Coramentatori dello storico Giulio Capitolino che ne serbo la memoria. La magnificenza si ha dai mosaici , dai pavimenti lavorati di fini marmi, dalle muraglie incrostate di bassi rilievi, dalle pitture a buon fresco nelle volte e nelle muraglie. i DI SIMONE STRATI CO. 233 6. Ma delle tie clod iiulicate da Vitruvio, la terza , clie e la venusta, esige la maggiore consideiazione , come quella die risulta e dipeiide dalla figiira, graiidezza, disposizione, successiva proporzione del tutto e delle parti ond' e coniposta la fabbrica e la sua decorazionc , la cjuale d" ordiiiaiio e. la prima clie coipisce il senso e predispoiie il giudizio deir osservatore ; se pure non lo determina , cio clie si puo riguardare come uii' anticipata opinioiie die conturba il retto raodo di giudicare. E poiclie per avviso dello stesso maestro , e pel fatto aliter /Egypto , aiucr Jlispania, non eodcm modo Ponto , dissinuliter Romoe, item coeteiis tcrraruin regionum proprietatibus oportere videntur conslitui genera cEdificionim, quod alia parte solis cursu prenjatur telhis, alia longe ab eo distal, alia per medium temperata , oiide per la diiferenza del clima e delle altre particolarila fisiclie dei paesi sono obbligati gli uomiui a disporre le loro sedi in modo da coglicrne i vantaggi , i comodi, e da luggirue gl' incomodi e danui o pericoli per quanto pos- sono ; si aggiuiigono le ragioni raorali, cio^ la diversita dei costumi, dei modi di vivere e di sociare , le varie forme dei governi politici, dei passaterapi , degli spettacoli , dei culti religiosi , le quali cose nei medesimi paesi col progresso del tempo soggiacciono a variazione o per amore di novita o per la comunicazione tra le nazioni , e per le emigrazioni, per guerre, per viaggi. Cosi I'architettura egizia, greca o romana , Taraba, la gotica, ancorche essenzialmente diverse per quello die riguarda la diatesi e la decorazione delle fabbriche, sono pero capaci dell' attributo della venusta , giacdie per la solidita non possono essere die a un modo , e per 1' uso debbono corrispondere alle esigenze particolari dei tempi, dei costumi, dei climi. Intendesi per venusta di una fabbrica quel carattere per cui essa si annunzia, ed eccita nell' osservatore un sentimento piacevole perclie corrispon- dente all' uso che di essa dee farsi, onde puo giudicarsi bella la fab- brica d'una prigione e di un palazzo di delizie. La venusta in archi- tettura di qualunque maniera non e la sola leggiadria delle forme, ma r armonica corrispondenza di proporzioni e di figure delle paru e del tutto riguardanti 1' oggetto della fabbrica. Ndla stessa Italia la maniera dei teatri antichi non e riguardata oggidi se non che come 234 PRINCIPJ DI ARCHITETTUR.V CIVILE un oggetto di cuiiosita : i tempj, le basiliche, i fori, i bagni non si costruiscoiio come gli aiitichi tlei Romaui e dei Greci , 116 del pari si adorn ano. 7. Sarehbe una discussione di difficile esito rjuella die si volesse iiitraprendere per istabilire, se 1' architettura abbia uu tipo di bellezza, clie cbiamerb ideale e costante, tamo nella diatesi, quanto nell' orna- meiito delle sue produzioni. Se non che la stessa sua incostanza in varj tempi e in varie regioni per cui essa si trova o eccedente o mancante rispetto a cerd limiti, dispone o insinua a giudicare che vi sia un carattere di bellezza nelle fabbriche, intorno al quale ancorclie indeterminate s'aggir? I'umano intelletto. Indi discendendo ognuno in se stesso e considerando la forza della consuetudine, facilmente s' induce a riconoscere che dipende per molto da questa il giudizio delle opere di quelle arti che non hanno un tipo di natura costante d' imitazione. 8. Ma ancora quahinque sia la forza della consuetudine, qualunque la varieta del gusto dell' arte dell' architettura, qualunque sia il modo di apprezzare la magnificenza o 1' esecuzione del lavoro , e sempre vero il principio che la venusta dipende dalle proporzioni e dalla simmetria. Vitruvio per dare un tipo di venusta naturale che abitui al sentimento del bello anche nelle fabbriche scrisse: Non potest aech-s uUa sine symmetria atque proportione rationein habere compositionis , nisi ad hominis bene figurati membrorum habuerit exactam rationem. In conseguenza di che egli annovera la proporzione del corpo uraano bene fio;urato. In altro modo voile insinuare lo stesso sentimento L. B. Alberti : Apertissimis veterum admonemur rationibus esse veluti animal aedificium in quo finiundo naturam imitari opus sit. g. Sembra che Vitruvio abbia applicata questa idea particolarmente ai tempj , in oedibus deorum in quibus operum laudes et culpce cetcrnae Solent permanere , ma in progresso 1' applica ancora alle altre opere, rimarcando che gli uomini si sono serviti di misure comuni di diraen- sioni dedotte dalle membra del corpo umano , quali sono piede , cubito , digito , pal mi ; e che le proporzioni delle grossezze e altezze delle colonne sono dirivate dalle proporzioni del piede all' altezza della statura dell' uomo robusto, della delicata donna e della gentile verginella. DI SJMONE STRATICO. aSS Sarebbe per altro una vana e frivola occupazione quella di voler diiuostrare che iiiente vi e di piii dissimile in ogni rapporto materiale quauto la fabbrica d' un tempio dalla struttura del corpo uraano bene forniato e considerate nello stato della sua niip,liore figura, cioe nello stato consistente della sua giovinezza e non alterato dall'efa o dalle iiifciinita. L' uomo e una niaccliina mobile piegbevole , che ha in se la facolta di squilibrarsi e di rimettersi in cfjuilibrio; la fabbrica ha per suo prinio carattcre la stabilita e la imniobilita. Ma la bellezza del corpo uniano si desume dalla simnietria delle parti esterne eguali a dcstra e a sinistra, dalla proporzione delle stesse nelle loro dimen- sioni lineari , per cui rendonsi atte alle loro fuuzioni , dalle figure dissimili delle parti che si succedono nella loro continuazione , dalle curve che formano i contorni, le quali sfuggono il tumido ed egual- mente l' arido, curve che hanno la loro sesta nell' occhio d'ogni uomo, ma pill squisita nell' dcchio dcU' eccellente pittore o scultore. Non resta per6 che nell' edificazione dei tempj non convenga e non siasi consigliatamente fatto uso delle proporzioni del corpo uraano , per la pianta e per 1' altezza , per la navata maggiore e per la trasversale valendosi appunto delle dimensioni date da Vitruvio. 10. Questo e cio che vuol far intendere Vitruvio. Non e gia I'iraitazio- ne materiale delle proporzioni uniane nei tempj o nelle fabbriche, ma r aver presente al suo ingegno il bell' effctto che producono le pro- porzioni. £ vero che le proporzioni sono belle anche nei corpi degli animali , e corrispondono alle azioni cui sono destinati. Ma questo stcsso diraostra che la fonte della bellezza sta nolle proporzioni, dalle quali dipende il contorno e la figura delle parti. Essendo poi 1' uomo il pill immediate oggetto di rapporto all' altro uomo , si acquista la facilita e 1' abitudine di giudicare dallo stesso dell' eflFetto delle pro- porzioni e della risultante bellezza. Ma, come riflette Leone Battista, nella moltitudine dei corpi umani che giudicansi belli non si trovano in tutti le medesime esatte proporzioni , anzi a di liii parere , uel ea re rnaxime qua non conveniunt , eadem ipsa re inesse quippiam aut im- pressum aut insuffusum sentimus , cur quae dissimiltima sunt , tainen una esse admodum venusta profiteamur. Ci6 che avrebbe rapporto alia 2 36 PRINCIPJ DI ARCHITETTURA CIVILE metafisica qucstione, se una sia soltaato la forma del bello , o possa essere moltiplice ; questione die qui uoii iiitroduriemo per non disco- starci soverchianionte dal nostro oggetto preseiite. 1 1. Leoiie Batti'^ta continuando a ineditare su questo argoiiiento, ri- idette esservi certaraente iielle figure degli edifizj applauditi qualche cosa di eccellente e di perfetto per natura che eccita 1' aiiima e irn- mediatameiite si sente. Pare die la forma, la dignita , la venusta di essi coiisista in alcune parti ; die se tu le levi o le diniinuisci di mole e di luimero , o le accresci o le muti o le trasporti ad al- tro luogo , tutto si vizii e la bellezza svaiiisca ; onde si possa stabi- lire die tre cose debbano coinbinarsi per produrre la venusta degli edifizj come ne' corpi uraani, cioe il numero delle parti ond' e com- posto, la finizione o il contorno delle stesse e la loro collocazione. II numero delle parti dipeiide dall' uso che le medesirae haniio e posso- no avere , senza deformita nascente da mancaiiza o da superlluitti , i quali vizj , quando appariscono, scemano o distruggono la bellezza. La finizione, che io chianio contorno delle stesse parti, dipende, se- condo Leone Battista , dalla proporzione delle dimensioni loro. Or qucste dimensioni, secondo il mio parere, debbono essere considerate in tutte le direzioni dalle cpiali dipende la figura, e presentano all'oc- cliio forme piii o meno piacevoli , piii comode all' uso , piu o meno bene connesse e coutinuate colle vicine; e finalmente nella collocazione, la quale contribuisce a rendere venusto il complesso di tutte. 12. E per dimostrare con un esempio I'influenza di queste tre con- dizioni nel produrre la venusta delle fabbriche , prendiamolo da una scala che convenga fare ad un palazzo per ascendere dal piano ter- reno al primo piano. Se questa sara doppia senza offiire alcuna par- ticolare ragione della sna duplicita , cosicche dallo stesso sito nel pian terreno conduca ad un identico sito nel piano superiore, gli altii pregi de' quali quella scala pu6 essere dotata , e possono meritare lode di venusta, saranno viziati da questa superfluita, e non produrra venusta ancorche essa per se sia magnifica e ben lavorata pel materiale. Che se al contrario la scala doppia sara disposta con dne rami distinti , i quali si presentino a quelli che si accostano da punti opposti, i quali DI SIMONE STiiATino. aSy rami poi si uniscano in im ramo solo ascendeiite dal ripiano, dove i primi giLUigoiio, oppure se la scala coniinci ad ascendere per un solo ramo, che giiingendo al priino ripiano si divida in due, i DI SIMONE STRATICO. 243 bene la maggior forza clie fanno gli stipiti per sostenere il soprali- mitare , e meglio aiicora se questo sia formato di tre pezzi diritti , due iiicliiiati e convergenti die sosteiigano il terzo orizzontale come se fossero tie lati d'liii poligouo inscritto nel semicircolo, dei quali se ne vede qualche esempio per eccesso , direi cosi , di ragioue, ma iion si fanno oggidi c noii appariscono di figura vcnusta. Sara forse una bellezza quella di togliere alle colonne doriche la base , come si ha neir esempio dei tempj Pestani , ne' quuli le colonne per la loro gros- sezza e per la proporzione all' altezza non maggiore di uno al cinque rappresentano grande robustezza di sostentamento , e uii tale partito pu6 aver ragioue per esseie adottato anche laddove 1' oggetto della base tolga dello spazio sul piano e riesca incomodo ai molti che deb- bono concorrere , senza di che non sara ne bello ne utile. I triglifi e le metope soiio un ornaraento dedotto dalle testate delle travi che nella capanna si appoggiano sugli architravi per sostenere 1' impalcatura o il tetto e gl' intervalli tra le stesse , ma per questa medesima rappresen- tazione non si dovrebbero introdurre egualraente nella facciata e nei fianchi dello stesso edifizio ordinate di dorico. I dentelli e i mutoli che rappresentano le travi dei tetti e i travicelli che vi si appoggiano sopra per sostenere le tegole non dovrebbero essere disposti in modo che i dentelli nel jonico cadessero sotto i modiglioni , come per6 si fa senza disapprovazione. La cornice sporta all' infuori , che csprime la grondaja e il gocciolatojo , come potrebbe a ragione soprapporsi agli ordini nell'interno e ne' luoghi coperti , e come nel frontispizio trian- golarc d' una facciata si potrebbe ragionando applicare egualmente ai lati inclinati e alia sottesa orizzontale la stessa cornice ? Cio che pero e comune da vedersi , non displace e si trova elegante. 2o. Non e una bellezza intrinseca quella di un ordine d' architet- tura compiuto di piedestallo , base, colonna, capitello , architrave, fregio e cornice adiviso e distinto colle sue membra della migliore proporzione e figura. Un tale aggregate solitario posto nel mezzo di una piazza che sostenga una statua, a mio parere non ha venusta alcuna , ma 1' acquista si tosto che raolte colonne simili a certe distanze adornano un piano e sostengono un fabbricato , con numero , finizione 244 PniNCIPJ DI ARCIIITF.TTURA CIVILE CCC. ; e coUocazione , che soiio gli elcmenti dclla venusta o concinnita arclii- tettonica , cioe di quella proprieta che con altro nouie si chiaino euritniia da Vitruvio , della quale abbiamo discorso nella scconda parte di questo Saggio che noii si riduce a determiiiati precetti , ma e sentita dall' architetto , il quale osservato abbia e mediiato suUe fab- briche piii o meno applaudite dal comune degli uoinini , e riflettuto che come per eccesso e profusioni d' ornaraeiui la veiiustii si confoiide o si perde , cosi per abuso di rigorosa ragioiie oiide vogliasi sempre dedurre da uii tipo di natura cio che si rapprescnta e iion si conceda alcana latitudine alia fantasia ed al geuio inventore , la composizione riesce gretta e meschina. Nel difficile assunto di quest' ultima parte del presente Saggio ho procurato d'indicare ci6 che la ragione puo suggerire alPesercizio di una delle belle aiti creatrice insieme di opere imove , e contenuta da precetti e da consuetudini. Questi stessi principj servir debbono per giudicare delle opere dall' arte stessa create; avendo sempre presente che la venusta in esse si ottiene piuttosto coll' ischivare i difetti , di quello che si ottenga con posjtivi ed iramediati precetti. DELLE SOCIETA ISRAELITICHE DI DOMENICO MONGA. &^ ^^l/^to. A, -D onta dello stato di oppressione in cui sono cadutl gli Ebrei, si rendettero essi comtnendevoli per alcune virtix loro proprie e per mold servigi prestati all' umana societa. Dalla stretta unione della morale con un culto seraplice , piii rela- tivo ai sensi che alio spirito , trassero essi due priucipj o due pre- cetti , quello di secondare il voto della natura colla riproduzione , e quello di soccorrere i loro fratelli bisognosi ; queste due massime rimasero sempre in pieno vigore presso quella nazione. Meiitre il celibato riguardasi da altri come 1' apice della perfezione relisjiosa , gli Ebrei considerano come il principale de' loro doveri quello di crescere e moltiplicare ; giacche Dio , creando il mondo e dopo il diluvio riparandolo, agli uomini ingiunse di popolare la terra , ad Abramo promise innuraerabile posterita , a' suoi successori una potenza nazionale. Questo princi[)io servi forse a preservare lungo tempo gli Ebrei dall' universale corrompimeuto ; 1' uomo nell' eta in cui le passioni si svilnppano , chiamato a soddisfarle secondo la legge , il matrimonio vedendo non soggetto a formalita fastidiose, »e a legami di eterna schiavitii, la sua felicita ripone nell' essere capo di una Vol. III. P. JI. 3i 246 DELLE SOCrF.T.v' ISBAELITICHE faoiiglui, padre di una prole numerosa; giacche , come insegna la Scrit- tura , i figliuoli de' figliuoU sono la corona della veccliiaja. Portati gli Ehrei da altro precetto ad aniare i fratelli loro al pari di loro stessi, esercitano verso di quelli I'ospitalita, e soccoirono i poveri tanto del loro pacse, quanto dolle proviiicie pin lontaiie. Tanto pill trovansi impegnati ad csercitare questi atti di bcneficenza, qiianto die trovansi senza patria e come esuli siilla terra , sperauzosi scnipre di riunirsi in nazione. La sveutura riunisce coi piu stretti vincoli gli infelici ; i pin agiati soccorrono i bisognosi , coi quali lianno comune I'origine e la credenza , e ben raro si vedc I'Ebreo niendicare da uno straniero il pane del dolore. Non bastano queste riflessioni a conciliare una stima agli Ebrri : il commercio altresi e ad essi debitore della sua prosperita ; le scicnzc hanno fatto per mezzo di quella nazione varj progressi. L' invenzione delle lettere di canibio onora quel popolo attivo ed industrioso. In vece di cambiare con difficolia gli oggetti I'uno contro r altro, come in addietro avveniva, s'introdusse la comodita di cam- biare col mezzo delle lettere somme ed oggetti di qualunque natura posti a grandissime distanze , dal che crebbe il valore de' raetalli e delle manifatture. Conddlac opina che gli stessi progressi fatti avrebbe r agricoltura se il mezzo medesimo si fosse applicato a mettere in valore le terre , come si fa dei metalli. Tra le scienze la raedicina dee altresi raolto agli Ebrei. Essi dapper- tutto si applicarono a quell' arte con frutto, e Freind nella sua Scoria della medicina non dubit6 di asserire che nel medio evo erano essi i grandi maestri di quell' arte salutare. Si diedero essi ancora nelle di- verse eta alia composizione dei farmachi che raccomandata vedesi fine nell' Ecclesiaste. Noto e a tutti i dotti il nome di Spinosa , celebre pel suo sapere nelle raatematiche ; quell* ingegno ardito, ma grande , tento I'analisi della forza della materia, e altribuendo all' universo un'anima, spie- gar voile con ordine geometrico i fenomeni della natura ; il di lui sistema giustamente confutato dagli apologisti della religione , in mezzo a molte assurdita contiene sublimi peasieri e metodi affatto nuovi di DI DOMENICO MONGA. 247 ragionare. L' astronoraia va pure di molti progress! debitrice agli Ebrei, i quali nel secolo decimoterzo raccolsero ed in nuovo ordine disposero le tavole alfonsine. Nelle scienze morali si vide ai tempi nostri in Mendelsohn rivivere Platone , consolare 1' uinanita colle speranze d' un avvenire lieto , e coir USD d' un raziociiiio piii cliiaro e precise portare nell' auimo uinano un pieno convincimento. Se alcun ramo delle umane cognizioni trascurarono gli Ebrei , fu quelle delle belle arti ; non si elevarono essi al di sopra della medio- crita nella pittura, neila scultura, nella poesia, nell' eloquenza. II culto loro, die le immagini proscriveva, non poteva promuovere le arti del disegno ; la poesia e T eloquenza , appoggiate principalmente all' im- maginazione , non prosperarouo presso un popolo scliiavo. Tacquero le Muse tra gli Ebrei dopo la distruzione del loro tempio , ne piii potrcbbero far risoiiare la loro voce armoniosa se non in paesi ove r Ebreo liberauiente godesse di tutti i dirini dell' uomo. Sono parimente le circostaiize che fanno gli oratori , e gli Ebrei nel gran Sinedrio te- nuto a Parigi non lasciarono di pronunziare discorsi eloquentissirai. Ora come mai questo popolo per tanti titoli benemerito cadde in odio presso tutte le nazioni e tutti i governi ? Per quail umane cagioni divent6 l' oggetto del disprezzo universale ? Si puo rlntracciare 1' origine di questo stato di cose nelle politiche vicende di quella nazioue c nelle variazioni avvenute nel dogma religioso. II vecchio Testamento offre ad ogni istante quadri terribili e lo sviluppamento di grand! passioni. I figliuoli di Finees che uccidono a migliaju i loro concittadini ; Jefce che sacrifica la propria figlia ; Samuele che taglia a pezzi il re /ifcig prigioniero di Sazil ; Jehu che sveua i re di Giuda e precipita dall' alto del palazzo una regina; in- finite vittime immolate in forza dell' anatema del Sigiiore; i Madiauiti distrutti, a riserva di poche vergiui divise tra i soldati e i sacrificatori, e tant' altri eserapi di questo geuere agl' intelletti superficiali presen- tano r idea della vendetta e della crudelta , come di cose approvate da Dio, e di quest' id^a abusarouo talvolta i moderni settarj, e spe- cialmente i Puritani, dati particolarmente alia lettura della Bibbia. Gli 248 DELLE SOCIETA' ISRAELITICIIE Ebrei dispersi furoiio meiio crndeli , perche privi di sacerdozio e di inipero , e freiiati dalle pacihche interpretazioiii de' loro rabbini. II puiito doginatico concernciue la veiiuta d'uii Messia conquistatore dell" universo fatto era per eccitare la gelosia di tutti i p;overni. Veo- gonsi quiiidi nelia storia sorgere di tempo in tempo impostori, che man- dati da Dio dicevansi per assoggettare gli uomiiii alia legge, e sovente compressi non furono gli sforzi de' loro seguaci senza spargimento di sangue. Se un uomo ambizioso, dotato di graude carattere, pieglievolc agli eventi , eloc|uente e dcstro iiel guadagiiare proseliti , ardito e va- loroso , quale si dipinge Maometto , comparso fosse o comparisse neir Asia o in qualche paese dell' Europa ove non si abbondasse di lumi, e ove numerosi fossero gli Ebrei , non potrebbe forse calcolarsi I'esito d' una rivoluzione, la quale per incognite fila si stenderebbe e riunirebbe individui di tutte le parti del raondo. Non si tratta d' una piccola frazione di popolo dispersa sulla superficie della terra; si tratta d'una popolazione che, sebbene dispersa e slegata , nella sua unione ipotetica presenterebbe un corpo piii forte di quello ch' era allorclie dominava la Palestina. Dee pure avvertirsi che 1' ebraica e una di quelle religioni che prctendono un dominio esclusivo sulle coscienze , e quindi piii forte nasce in quelli che la professano 1' avversione contro qualunque altro culto o qualunque altra setta religiosa , e piii grande 1' intolleranza. Quindi 1' anatema di tutte le terre che dette non sono Sante nella Bibbia ■, quindi le sentenze crudeli nel Deuteronoraio e nel Levitico pronunziate ed eseguite contro i figliuoli di Belial , cioe contro tutti coloro che non erano a parte della coinunione ebraica ; quindi le al- leanze colle altre nazioni da Mose vietate, forse solo a fine di evitare r idolatria , e da un popolo rozzo ed ignorante interpretate come di- vieto di tutte le relazioni politiche. Quel popolo, benche incivihto ed istrutto , benche disperso ed errante , non dimentico i pregiudizj della sua origine , e i suoi vizj crebbero in proporzione della sua infelicita e della perdita de' suoi diritti. Quegl' infelici pretendono tuttora d' essere i prediletti del Signore , benche scandalosamente allontanati si sieno dalle massime piu sante DI DOMENICO MONCA. 24g della religione ed abjurato abbiaiio il pin bello della morale di Mose, e ritenuti ne abbiano solo i riti, che frivoli e superstiziosi appellate si possono qualora praticati sotto altri climi che non quelli pei quali furono istituiti. Qiiincli frequenti allusioni adattate ai paesi caldi , di* giiuii introdotti origiiiariameute per 1' economia troppo necessaria dei commestibiii , mentre il popolo era viaggiatore in mezzo ai deserti; quiiidi la crrconcisione, preservativo neirOriente di malattie sconosciute ne' climi temperati ; e intanto si obbliarono i precetti piii santi del co- dice Mosaico , la remissione settennale dei debiti , il ritorno dei beni agli autichi possessori dopo cinquant' aiini , la cura dell' agraria tanto nelle scritture raccoraandata , ecc. Si scusaiio gli Ebrei coll' allegare la situazione deplorabile alia quale ridotti furono dopo la distruzione del terapio , e la riforma re- ligiosa dal Talmud adattata alle circostanze d' un popolo oppresso e vagabondo , nella quale come in via di corapensazione de' perduti diritti fu loro accordato di esercitare I'usura nel traffico ed anche di deliidere la fede ne' contratti. Pretendesi di fatto di raccogliere da qualche passo di quel libro che delicto non sia 1' ingannare 1' uomo che non e Israelita; e questo concilio a quella nazione 1' odio univer- sale, e moiti scrittori profani e sacri port6 a dipingere la stirpe in- felice d' Abramo come un' orda di assassini. Grandi persecuzioni ebbero quindi a eofirire gli Ebrei sotto gl' im- peratori Roraani, sotto i re di Siria e d'Egitto, sotto Erode Idumeo, sotto gli Arabi e i Persiani , e da Tiherio relegati ne furono 4000 nella Sardegna in pena de' loro furti , come un bene reputandosi che per r insalubrita di quell' aria perissero. I Cristiani e i Musulmani si segnalarono nella cradele persecuzione d' una setta, dalla quale trae- vano comune 1' origine ; si videro quindi gli Ebrei spogliati dei loro beni e banditi dalla Turchia, banditi dalla Spagna, vendnti come schiavi in Inghilterra , privati de' beni loro e saccheggiati tumultuosamente in Francia ; e singolare riesce il vedere che mentre nella Spagna ed al- trove si abbruciavano 0 per lo raeno si esiliavano se il battesimo non ricevevano, nella Francia all' incontro si confiscavano i beni degli Ebrei che si facevano battezzare; il che Voltaire fatto disse, forse per Vol. III. P. II. 3i» 2 5a DELLE societa' israeliticiie ironia , pcrche frutto essendo quelle ricchezze dell' usnva , dovevano secondo la morale evangelica restituiisi. Gli apologisti di quella nazione come causa del suo digradamento e della sua corruzione morale assegnano 1' oppressione iiiedesiraa alia quale fu ridotta , le servitu particolari ad essa imposte , il disprezzo dagli altri popoli conceputo, la riduzione operata da una timida poli- tica di tutta I'industria di quella nazione al solo comraercio. Esclusi gli Ebrei dalle cariche, dagli onori, dalle civili rappresentanze, forzati si videro ad abbracciare la sola via in cui colle ricchezze potevano ottenere qnalche considcrazione , e in questo modo di vedere tutti i vizj loro sarebbero imputabili ai governi. II filosofo, die r uomo e nulla piii vede nell' Ebreo , vorrebbe die con buona e leale condotta riacquistasse la pubblica stima ed al pari degli altri godesse i diritti civili ; ma i cangiamenti finora proposti non giovarono a migliorare i costumi, e quindi ne pure la condizione degl' Israeliti. Nella legge di Mose 1' agricoltura doveva essere I'occupazione degli Ebrei, e lasciarsi il traffico ai forestieri. II conquistatore di Gerusalemme traendo in cattivita gli abitatori non iinpedi loro la coltivazione dclle terre, non la vietarono loro i successivi iraperatori; meno pericoloso sarebbe stato die divenuti agricoli, fatti avessero in qualche luogo pre- stiti lucrativi in derrate, anziche divenire monopolisti della merce uni- versale e di tutte le produzioni tanto gregge, quanto lavorate; nieglio sarebbe stato cli'essi, fedeli alia prima loro costituzione, dati si fossero alia coltivazione delle terre , e lavorando in qualche paese quelle die quasi incolte rimangono , impedita avrebbero la diminuzione della po- polazione avvenuta per mancanza di vitto. II traffico offri loro un mezzo meno faticoso , piii pronto e forse piii sicuro per arricdiire. Qualche motivo potente induf.se Federlco il grande a vietare agli Ebrei qualunque lavoro agrario , qualunque traffico d' aniniali inservienti alia agricoltura , e quello ancora delle lane , sotto comminatoria di pena capitale, Potenti eransi renduti colla mercatura e col prendere in ap- palto alcuni rami delle regie finanze; forse si teraette il loro eccessivo ingrandiraento , se il monopolio conseguivano delle lane e dei panni. DI DOMENICO MONGA. aoi del lino, degli animali da tiro, e se la facolta illimitata di acquistarc terreiii loro lasciavasi ; perci6 si vollero ammessi a tutti i vantaggi sociali , ma si limito 1' incremento della loro grandezza , ondc non recar daniio agli altri sudditi di quel re. Fii egli stesso clie dcIla fcde e della morale degli Ebrei diffidaiido, una rnodula di giuramento pro- pose plena di frasi che quell' atto obbligatorio rendessero presso una nazione accostumata ad eluderlo ; ma I'esperienza provo die poco giovavano quelle cautele nelle relazioni degli Ebrei coi Cristiani. /e- derico toller6 gli Ebrei, perche tutte le religioiii tollerava, ma li tenne serapre in quel grado in cui potessero riuscire non nocivi, ma profi- cui alio Stato. Nella rivoluzione francese ottennero gli Ebrei tutti i diritti di cit- tadini, e cess6 quella linea di separazione che dal restante della societa li divideva. II Govcrno pero, timoroso di non trovare negli Ebrei quella gratitudiiie e quella corrispondenza che aspettare dovevasi da tanti benefizj , voile accertarsi dei sentimenti della nazione e delle sue di- sposizioni ad unirsi per mezzo dei legami sociali cogli altri popoli dai quali gli antichi pregiudizj e la lunga abitudine divisa I'avevano, e percio un sinedrio raccolse dei Rabbini e di altri Ebrei piu istrutti, ai quali propose diversi problemi politici e religiosi, dalla di cui solu- zlone risultare doveva se il culto ebraico non ripugnasse per avventura ai principj di una saggia tolleranza ed al sistema dell' ordine sociale. Soddisfacenti ed atte .a tranquillare il legislatore furouo le risposte , e si form6 colle decisioni del Sinedrio una specie di codice addizionale die le leggi e i costumi ebraici uniformava al nuovo ordine di cose, e portava le antiche consuetudini a livello dei lurai del secolo, dei progressi della ragione , -delle circostanze de' tempi. Ma che ? la pubblicazione di questo codice , lungi dal persuadere le menti accecate degli Ebrei a ricevere le nuove dottrine, benclie fondate sulla legge Mosaica, non distrusse le opinioni pregiudicate fino dalla piu tenera infanzia ricevute; il Governo non raccolse alcun frutto dalla concessione di tutti i diritti civili , e gli Ebrei ostinati non vi- dero in quella grand" opera se non una licenziosa filosofia, distruggitrice della loro religione. II godimeiito de' diritti civili non risveglio in essi aSa DELLE societa' israelitiche I'amore, il sentiineuto della patria , non siiggeri 1' ohbcdienza alle lecci coniuni , nou insiiiu6 1' araore vicendevole ed il commercio dei benefizj colle diverse nazioiii , il che dee inteiidersi della massa e iion di que' pochi Israeliti che istrutti e spregiudicati meritano in qualunque paese si troviiio la coraune estiinazione. II raotivo per cui la rifornia politica indicata non sorti I'effetto che se ne poteva attendere nel proposto incivilimento o piuttosto accomu- namento sociale degli Ebrei puo ripetersi dalle loro particolari associa- zioni. N^ le migliori leggi , ii^ le raassime o le vcrita piii chiaramente diniostrate giovauo a cambiare le ophiioni , i costuiai di una tribii giudaica , e cosi pure le abitudini da una societa contratte mai non cangiano di natura, mentre la medesiraa sussiste ; la sola separazione adiinque di quelle faaiiglie che vivono riunite potrebbe estirpare i pregiudizj religiosi che le sottraggono ai doveri naturali e civili , e questo e quello che ora si va a mettere in chiaro. Corporazioni in questo senso non si diranno le accademie o i licei o altri siniili stabilimenti , nei quali il desiderio di erudirsi riunisce insieme i coltivatori delle scienze e delle art! , i quali , dope avere in certi deterraiiiati tempi data opera all' isiriizione del genere umano, tornano nel seno della grande famiglia. II nome di corporazione sembra doversi soltanto applicare a quelle aggregazioni d' individui che in luoghi separati vivendo sotto particolari leggi e discipline , forniano un corpo interaraente staccato dalla societa generale. Soggiornando essi nello stesso recinto , circondati sempre dagli stessi oggetti , con- traggono tra di loro i legami piii intiini d'abitudini , e qaindi di vizj come di virtu. Qualunque specie d' occupazione produce effetti diversi nella maniera di pensare,ed influisce direttamente sopra il carattere morale, il che si vide allorche tra di noi esistevano i corpi delle arti , dei quali ciascuno aveva lo spirito della propria, distinto da una diversa indole dell' arte medesima , donde nascevano odj , risse e contese giudiziarie che I'industria incagliavano in vecedi promuoverla con libera emulazione. Non sara possibile il migliorare lo spirito e quindi la condizione degli Ebrei, finche si lasceranno vivere in corpi disgiunti dagli altri I DI DOMENICO MONGA. 253 siukliti; ne la foiza delle leggi , ne 1' esca dei beneBzj , ma la sola separazione bensi potra renderli socievoli e racno tenaci nel conser- vare gli aiiticlu loro pregiudizj. Fiiiclie essi rimangono in separato reciuto sotto gli occlii dcgli avi , de' padri , de' maestri , de' miiiistri del loro culto, rimarrano sempre viiicolali ai principj della loro edu- cazione , ne mai cangeranno di spirito o di costumi ; ma posti in commercio abituale con tutto il rimanente della popolazione , forzati a conciliarsi la stima di tutti , perderanno a poco a poco le preven- zioni insociali e quella specie di antipatia clie li divide dai seguaci di un altro culto. La sola incorporazione di un popolo con un altro, come dalle storie si raccoglie, ha potuto qualche volta fonderli insieme, e di parti ete- rogenee formare un tutto uniforrae d' indole, di carattere, di costumi. Sc i conquistatori dell' Europa e della Cina mescolati non si fossero coi popoli soggiogati e tolti quiiidi dalle loro foreste , riniasti sarebbero quasi selvaggi; ma per quella mescolanza divennero Romani , Fran- chi , Cinesi ; e venendo alle sette , vederamo gli Ugonotti turbolenti finche stretti furono in particolari associazioni, rientrati quindi dopo la presa della Rocella nel seno della societa, ed annoverati tra i mi- gliori sudditi della Francia. Una tribii ebraica viene costituita dalla concentrazione di molte fa- miglie in un recinto , d' ordinario non vasto , nel quale amnmcchiate respirano spesso un' aria insalubre che produce talvolta malattie epi- demicbe , ed imprime sul volto delle persone un carattere quasi di- stintivo della setta o della nazione. Egli e dentro que' recinti die I'inganno e in onore , innocente ed onesta si reputa la frode , non illecito il furto; che si tosano o si alterano le monete, che si sottrag- gono alle inquisizioni della giustizia le prove dei delitti, nascondendosi le cose rubate in leconditi sotterranei, dove se ne cambia sovente la forma. Sono ormai venti o treni' anni da che gli Ebrei sono stati in alcuni paesi amraessi ai diritti dei cittadini, ne percio hanno punto cangiato di carattere e di costumi ; ancora sussiste in essi 1' inclinazione ai frodolenti guadagni, ancora 1' orrore per la stirpe di Canaan, o sia 2S4 DEtl.E SOCIETA' ISRAELlTICflE pel segiiaci di altro culto , ancora la trascurauza dell' agricoltura e r amore privative del traffico , bcnche la prima sia loro per costitii- zione raccoinandata. Divenuti gli Ebrei possessori di terra ubertose , non cessano tuttavia di applicarsi al commercio, il quale per mezzo di una industria poco dilicata riuneiido iielle raani loro tutto il nu- merario, da loro la facolt^ di tassare a loro talento i sudori del co- lono e del manifattore, ed il vitto fin anco di tutti i privati. Le concossioiii fatte in diversi Stati agli Ebrei veggonsi rivolte a danno dell' iniera societa dalT esistenza delle tribu o corporazioni ebraichr. In qneste si possono scorgere come altrettante mani morte clic succhiano 1* nniore vitale del corpo politico per farlo circolare a loro benefizio. Finche gl' Israeliti si terranno separati dal riraanente della societa, non pu6 sperarsi di yedere in qucsta ristabiiito Tequilibrio delle ricchezze, perche d' unpo sarebbe il restitiiirle qnello clie ad essa viene involato coUe giornaliere concussioni , e lo spirito di cospirazione trovera sempre raggiri onde eludere le piii sagge disposizioni politiche. Nella vita sociale il libero commercio degli uomini tra di loro pro- cura air aniina una soave espansione , somrnette I' egoismo alle leggi create dalle convenzioni, reprime le passioni perniciose dell' odio, della gelosia , della insensata cupidigia , e la beneficenza insiauando , rav- "vicina le classi superiori alle inferiori e toglie le distanze o le linee odiose di separazione. Aggregati gli Ebrei alia comnne famiglia acquisteranno quella puli- tezza clie forma Tornamento delT umanita , e che apre la strada a tutte le virtu che beare possono i tnortali. Forse le donne loro maggiormen- te accostumate alia solitudine -, all' isolamento , piu difficilmente adot- teranno nuovi costumi. Ma allorch^ sciolte dalla dom-'stica schiavitii avranno gnstati i vautaggi della vita sociale, e quelle tra gli altri di conservare in luoghi aperti e ventilati la salute non meno che le av- venenti loro forme , benediranno la mano che le ha tratte da uno stato di al)biezione per innalzarle alia dignita della specie umana. Altri vautaggi incalcolabili risulteranno da questa mescolanza : le diverse sette confuse si guardano e servonsi a vicenda di stimolo onde non dare alcuno scandalo con atti profani, dal che torui disoiiore alia I ni nOMENICO MONO A. 2 55 setta medcsinia ; e reseinpio se iic vcde sovente ne' paesi ove me- scolati soiio cattolici e proiestaiiti. Gli Ebrei confusi coi Cristiani tlL- nieijticherel)I»eri) le loro buperstizioiii, acquisterebbero costumi onesti, niaiiiere urbane , iiuove abitudiui e quello spirito di tollcranza che forma il uiii^liur vinculo di unione fra g;li uoniini. Di lalto laddove non hanno ipiartieri separati, conie a Parigi ed a Londra, daj;li altri uoniini pnnto non difforisrono ; nell' Alsazia all'incontro, ncUa Polonia ed in allre provincie dell' Europa ove vivono riuchiiisi , portano im- pressi sul volto i segni della loro prigionia o del loro coufinamento, e scolpiti nel cuore i gernii dell' avarizia collegati con qneili della peifidia. Col miglioraniento dello stato morale actjuista pure il fisico un nuovo vigore ed una forma menu spiaccvole c piii interessante per r immediata influenza die una sana e libera respirazione esercita sul nieccanisnio animale. Togliendosi in questo modo la causa primaria de' viz) che le tribii e le associazioni ebraiclie disonorano, i Governi potranno ripromettersi pegni d'aniore, di fcdelta e di ubbidienza alle leggi da que' suddili che nuoi>l dire si potrebbero , giusto non essendo il chiamare con quel norae i raembri di separate comunita , i di cui costumi contra- Stano coi generali principj dell' umaniia e della giustizia. I dommi piii santi del culto Mosaico che gli Ebrei riterranno, gio- veranno a raffermare tutti gli uomini nella credenza che 1' amore di Dio e del prossimo e il fondamento di tul;ti i doveri sociali ; che il matrimonio e uno stato di perfozione; che una prole nuraerosa onora un padre; che Tozio dee fuggirsi come causa del libertinaggio e dei delitti che turbano la pubblica sicurezza. Sciolte le societa ebraiche, cesscranno gli spergiuri e le arti della corruzione che si adoperavano oude sottrarre talvolta un colpevole al rigore delle leggi, sul falso principio che I'infamia del delitto commesso da un individuo ricadesse sull'intera socieia; e una polizia giusta e severa meglio potra esercitare la sua vigilanza sopra uomini sparsi nella societa comune , che non sulle corporazioui scmpre iii- tente cou tutti gli sforzi ad cluderne le provide cure. 256 DELLE SOCIETa' ISRAELITICHE ecc. Solo potrebbeio peggiorare cli condizione i poveri che da queste societa parziali erano soccorsi ne' lore bisogni ed assisdti nelle loro nialatiie ; piii non avcndoli i facoltosi sotto gli occhi, ne piu trovan- dosi cogli antichi viiicoli legati a quegl' infelici, non piu esercitereb- bero foise quegli atti di pieta che la parte migliore forxnavaao della loro morale reIiata arnplUudine jactus habeb'Uur veloc'uas aquce : ex hac , si simul jungas qiianUratem aqua; data tempore ejjluencem parUcr obser\^andam , colliges amplituJineni venae contraccce , quam com- parare poteris cum amplltudine orificii. His omnibus exploratis , suspendatur vas ex filo prcelongo , adhibitd simul cura , ut ahum motuni habere nan. possit , quam qui sit directioni aqua- rum cffluentium contrarius. Tum demum. aquis eJJIuxus concedatur, ec ob- servabitur filuni situm verticalem deserere et ex angulo decUnationis cogno- scetur vis repellens, eaque cum mensuris, quas indicavimus, comparari poterit. EXPERIMENTUM I. Feci ipse cdiquando omnia, ut nunc monui, visumque fuit regulam no- stram recte confirmari : nan potui tamen tum temporis suffcciente accu- rationc experimentum instituere , nee illud postca repetii. EXPERIMENTUM II. Alio tempore rem aliter tentavi : i>as nempe de quo omnes mensuras requisitas sumseram , aqua plenum naviculce imposui in puppi : navicula aquis in alveo innatabat: deinde aquis ex vase effluentibus ( ita tamen ut in na^'icidam non illiderent) navicula in plagam contrariam pr ogre ssa est: velocitatem naviculce ex spatio dato tempore percurso rectissime exploravi. Deinde inquisivi quantum pondusculum naviculce esset appendendum , ut Ulo pondere sollicitata eandeni velocitatem acquireret. Instituta deinde compa- ratione istius ponderis cum pondere cylmdri uquei datce diametri , inde rectissime ilieoriam nostrum confirmari vidi. Experimentum III. EJJIuentibus aquis ex vase naviculce superimposito in naviculam , hcec omnino imniota permansit : id indicav impetum vence aqueoe cequalem esse vi repellenti , ut demonstravi. Tum etiam si vena aquea directe impingebat in planum naviculce ajffixurn , hcec similiter immota stetit , quod rursas cequalitacem impetus et vis repellentis prubat : at si vena oblique in plu' num incidebat , navicula quidem motum obtinuit , sed lentiorem. DI VINCENZO BRUNACCI. 269 Ora io mi lusingo che non si troveranno prive di qualche impor- tanza le mie sperieiize che qui sono per riferire e che forinano il soggetto di questa Menioria, Esse 11011 si troveranno affatto disgiunte dalle dottrine teoretiche , anzi prendcio questa occasione per esporre alcun Olio concetto suUa iiatura di quella forza dell' acqua. « Descrizione delta macduna. § I. ^ (Tap. IV, fig. i) e una tinozza superiore ripiena d'acqua, dalla quale essa sgorga nell' inferiore B inerce del cannelio EF. La tinozza o vasca B e scompartita in due camere per mezzo di un diaframma come mostra la figura, e I'acqua passa da una camera all' altra traversando una fessura , ciie e a bella posta lasciata aperta tra il diaframma ed il foudo. In questo modo 1' agitazioue che 1' acqua produce nel cadere entro la vasca B, tutta e racchiusa entro la camera C, e nella camera D resta tranquillissima. Alia vasca B e innestato un cannelio piegato CHO, pel quale T acqua vien fuori della vasca medesima; tanto al foro che da il passaggio all' acqua della vasca B nel cannelio GH , quanto a quello che da il passaggio all' acqua dalla vasca y^ nel cannelio EF sonovi le caterattine ac , bd , le quali servono a dimi- nuire o crescere il passaggio dell' acqua. Queste due vasche J, B sono sostenute da un palco TRQSXV. Nella faccia anteriore SX di questo palco sono conficcati due ar- pioni, dei quali uno e fe, e quest! distant! tra loro circa un decimetro. Un cannone poi IK ^ iinperniato a guisa di pendolo su di qucsti arpioni per mezzo di due prolungaraenti del suo diaraetro , coliocati al di fuori sotto I'orlo della bocca / del cannone, in 2;uisa che egli pu6 don- dolare su di essi andando avanti ed iiidietro. La lunghezza di questo cannone e di circa un metro ed un terzo (*). La bocca del cannone resta a pionibo sotto la bocca O del can- nelio GH, e ad essa vicina , di modo die 1' una guarda 1' altra ; e (*) Metri . niptri fpiadrati , nietri cul)i , chilogrammi sono le misare adoperate in questa Me-' moria , t^uando uoa sia detto diversameute. 26o SULLA REAZIONli DELL' ACQUA siccome il diaraetro della bocca del cannone e o,o3o, e quelle del cannello GH e la meta, cosi ne segue clie nelle piccole oscillazioui die pu6 fare il canuoiie-pendolo, la bocca / continua a star sotto la bocca O del catiuello suddetto GH , ed ^ da questa distaute tre de- ciruetri ; ma questa bocca O e chiusa , e 1' acqua scappa fuori del cannello per sei finestrelle lateral! clisposte a due ordini. II detto can- nello GH e unito colla bocca / del cannone-pendolo per mezzo di un budello , il quale da una banda e raccomandato esternamente ad un orlo posto alia summentovata bocca /, e dall' altra e legato attorno al cannello GH , due decimetri al di sopra dell' estreinita O, ed e lasciato floscio, avendo al di sotto di quest' ultima legatura un taglio. II diametro di questo budello quando e gonfiato k circa 0,070. Verso r estremita K il cannone sospeso ed oscillante in / termina in un parallelepipedo rettangolo circoscritto al cilindro, alto questo paralle- lepipedo un decimetro, e fatto in guisa che nella sua faccia anteriore KL si possano incastrare diverse caterattine, avendo ciascuna luci di diversa grandezza. Circa la meta M del cannone sono due uncinetti, Tuno dalla parte anteriore, 1' altro dalla posteriore, ed a questi sono attaccati due cor- doncini , i quali dopo avere accavalciato due pulegge P , p sosten- gono ciascuno un piattino di latta g, h. Aggiungo in fine che per rendere mobilissirae queste pulegge , ciascuna di esse ha un asse di acciajo composto di due tronchi di cono , e questo asse gira in due finestrelle triangolari d' acciajo parimente col vertice in giii, onde esso asse non appoggia da ciascuna banda che in due punti. I perni poi coi quali e sospeso il cannone sono taglienti , e si appoggiano e giuocano negli arpioni fe ancora essi taglienti. Preparazione della macchina per le sperienze. ' S 2. Chiusa r apertura L , si riempie di acqua il cannone IK fino air altezza di un decimetro e mezzo al di sopra del punto /, di modo che per questo decimetro e mezzo resta il budello gonfiato dall' acqua, poi esplorando bene con un piombino la situazione del cannone, si DI VINCENZO BRU?JACCI. 26 1 pone neir appiombo. 11 peso poi di ciascun cordoncino col rispettivo piattiiio e lo stesso. Cio fatto, si pone nel piattlno g tanto peso che ponga il cannone nello stato prossiino al moto , in quello stato cioe che ogni pesetto aggiunto, per quanto piccolissimo , tiri a se quel cannone-pendolo, e lo levi dal perpendicolo ; questo peso posto nel piattino g sara la raisura dell' attrito ed altra difiicoka che ha il cannone ad oscillare sopra i suoi perni. Un astante vegliando ad alzare ed abbassare la caterattina del vaso superiore onde I'acqua si raantenga nell' infer lore a costante altezza , ed un ahro alia caterattina b, affinclie 1' acqua resti alia stessa altezza entro il budello , si apre la luce L. Allora I'acqua spinge indietro il cannone, e lo leva dal perpendicolo, a cui si riconduce ponendo a poco a poco dei pesi nel piatto h, e quando ( discorrendo continua- mente I'acqua dall' orifizio L ) i\ cannone e tomato all' appiombo, e vi sta in tal guisa che ogni piccolissimo peso lo farebbe andare pii'i avanti, si lasciano per un minuto o due le cose in questo stato, si scuote un poco 1' apparato per vedere se tutto resta o torna al suo posto , e continuando sempre il cannone-pendolo a stare nell' appiombo ed in quello stato che per ogni piccolissima forza anderebbe avanti, allora si osserva il peso collocato in h. Questo peso collocato nel piattino h^ e il necessario ad eguagliare la spinta dell' acqua riferita al punto A/, piii il peso collocato nel piattino g, e la forza dell' attrito e altra difficolta che ha il cannone- pendolo per oscillare attorno dei perni. Egli e dinique eguale alia spinta deir acqua , piii il doppio del peso collocato nel piattino g; « dunque da questo peso posto nel piattino h sottratto il doppio del M peso posto nel piattino g, si ha la misura della reazione o spinta )) deir acqua. » Conviene poi avere grandi avvertenze nell' operare. Entro quel bu- dello si sprigiona dell' aria, e per questo onde essa scappi vi abbiamo fatto quel taglio vicino alia legatura superiore. L' aver turata la bocca O del cannello CH, e fatte le finestrelle laterali , dalle quali I'acqua debbe sgorgare entro il budello , ha per oggetto il fare che 1' acqua 26a SULLA REAZIONE DELL' ACQUA esca clal caiinello OH cou una direzione atta a produrre pressione suir acqua infeiiore, ed a quest' oggetto ed altri necessarj per la buona riusclta delle sperienze abbiamo usate altre piccole avvertenze e cautele, le quali nou descriviamo peiche facili ad imiuaguiarsi da chi e avvezzo a tali nianeggi. Sperimenti. § 3. Si avevano otto caterattiue indicate qui sotto coi numeri i , 2, 3, ecc. Nella prima era un forellino, il cui diametro era o,oo56; la seconda aveva due forcllini, ciascuno di questo diametro; la terza tre forellini ; la quarta quattro , e cost via via fino all' ottava che ne aveva otto. Tutti questi forellini aver dovevano il diametro o,oo55 , ma fatta accuratamente la ricognizione delle luci , so ne trovarono alcuni col diametro di o,oo54; altri col diametro o,oo55 ; ed altri col diametro o,oo56. Nelle caterattine che avevano piu forellini, essi avevano i loro centri distanti I'uno daH'altro per lo meno due diametri. La distanza dal centro della caterattina, nella quale era praticato il foro, o intorno a cui erano con simmetriadisposti i fori se ve lie erano piii di uno , era metri 1,271 ^^' punto di sospensione o perno e. La distanza dell' attacco M dal perno medesirao era 0,660. L' acqua si manteneva nel budello 0,1 35 prossimamente al disopra del medesimo perno e, dimodoclie tutta 1' altezza dell' acqua sid centro della luce era 1,406 prossimamente; dico prossimamente perche, ad onta di tutta la cura nello sperimentare, non era possibile racchiudere che nello spazio di un centesirao il supremo livello dell' acqua nel budelio. Ciascuno degli sperimenti qui sotto riferiti e ripetuto quattro volte ed anco piii, ed i risultamenti degli sperimenti non difFeriscono raai pill di tre denari , peso di Pavia. lo riporto le misure ottenute con libbre, once e denari di Pavia, aggiungendo le corrispoudenti misure in chilogrammi. Libbra i pavese e chilogrammi == o,3i8725; cioe un' — cioe un' oncia = o,02656i; cioe un denaro . . . — 0,001 ic6. 12-24 DI VIXCENZO BRUNACCI. 263 II peso p posto nel piattino g per mettere la macchina uello stato prossimo al moto e uu' oncia = 0,026661 chilogrammi. Tavol.v I. Nmnero della cateratta. Area 0 soinina delle aree delle luci. Peso totale posto ncl piattino //. P. Spinta 0 reazione deir acqua. P-2p. Peso totale P in liblire, once e denari di Pavia. I 2 3 4 5 6 7 8 0,00002461 1 0,000049222 0.000070365 0,000093269 o.eooi 187 16 0,000142440 0,000166196 0.010189096 0, 1 3280 0,208o5 0,29328 0,37185 0,46154 0,628^4 o.6o6.|6 0,66676 o.o7<)68 0,16493 0.24016 0.31873 0,39842 — 5 — — 7 20 — It I 1 2 — I 5 — T 0.4753a 0.55334 0,61364 I 7 21 ^ 1 10 20 2 I 2 ^ RiFLESSlONI. § 4. Supponiamo per un raomento clie la spinta dell' acqua equivalga al peso d' un cilindro di acqua, il quale abbia per base l' area della luce da cui esce , e per altezza I'altezza deli' acqua nel vaso, o la distanza del supreme livello dal centro della luce medesiraa. Indicando per Q il peso di questo cilindro, dovra verificarsi la proporzione 1,271 : 0,66 :: P—ip:Q; dovra dunque essere in ogni sperimento Ora se rappresentiamo con/l'area della luce, si ha Q= i,^o6f- 1000, essendo 1000 il numero die esprime quanti chilogrammi e un metro cubo di acqua ; dovra dunque in ogni sperimento essere „ 1,271 . 1,406 ^ p-^p= 0,66 -^^^^z quando la supposizione suUa stiraa della reazione dell' acqua sia vera. Nella seconda colonna della tavola die segue si trovano i valori della quantita ^'^^^ '^^^ — 1000/ per tutti gli otto sperimenti. Questi 264 SULLA REAZIONE DELl' ACQUA valori non sono eguali ai rispettivi valori di P--2p, i quali ho rife- riti nella terza colonna , duiique Y ipotesi non fe vera ; stucliando per6 SIX i nuraeri dolla seconda colonna, ho veduto che moltiplicando cia- scuno per |, si ha con raohissima vicinanza il nuraero corrispondente nella terza colonna. I nuraeri della seconda moltiplicati per f txovansi scritti nella quarta colonna. Facciasi O = ''^^' f.l^'^^ • 1 000/. Tav OLA II. Numcro Valori di P-2p delta Valori di 0. della Valori di | 0. cateratta. tavola I. I 0,066773 0,07968 0,080127 a 0,1 3355 0,15493 0,16025 3 0, 1 909a 0,34016 0,22010 4 o,253o3 0,31873 o,3o364 5 o,322ia 0,3984a o,38654 6 0,38648 0,4753a 0,46377 7 0,45094 0,55334 0,541 '3 8 o,5i3o7 0,6 1 364 o,6i5a8 Da queste sperienze adunque concluderemo che la spinta indietro o reazione dell' acqua e eguale « al peso di un prisma di acqua , il » quale abbia per base l' area della luce da cui 1' acqua sgorga, e » per altezza un' altezza che sia sei quinti dell' altezza dell' acqua nel » vaso sul centro della luce medesima » ; cosi se / e l' area della luce, V r altezza dell' acqua sul centro di essa, la reazione dell' acqua sara eguale al peso di nn prisma ft*/ di acqua. Sperimenti. § 5. Accorciato il cannone-pendolo , e ridotto a tale che la distanza del centro della luce o della caterattina dal perno fosse 0,847 ' ^ lasciate esattaraente tutte le altre circostanze come negli sperimenti DI VINCENZO BRUNACCI. 265 precedenti , per il chc essendo la distaiiza del supremo livello dal perno o,i35, 1' altezza del supremo livello sul centro delle luci sara 0,982, abbiamo fatto nuove sperienze. E siccome queste sperienze, per quanto avessero una circostanza cosi diversa, ci hanno condotto alle stesse couseguenze, cosi acquista tutta la fiducia la regola per valutare la reazione dell' acqua , aniiunziata alia fine del precedente paragrafo. Ecco le due tabelle per questi altri otto sperimenti. Posto p il peso per lo stato prossimo al moto , era 2/> = 0,014378. Tavola III. Numero Area 0 sonima Peso totale Spinta Peso totale P delta delle posto nel piactino h. 0 reazione deir acqua. in libbre, once e denari cateratta. area delle luci. P. P — 21). di Pavia. I 0.00003461 1 0,000339 0,035961 - I 2i i 2 0,000049222 o.o863i6 0,071938 — 3 6 3 0,000070365 0,126148 0,111770 — 4 18 4 0,000093259 0,154920 0, 1 4054a — 5 20 5 0,000118716 0, 199200 0,184814 ~ I '^ 6 0.000142440 0.234600 0,220224 — 8 20 7 0 oooi66i()6 0 2-3342 0,258964 — 10 7 8 0,000189096 0.305432 0,291054 — II 12 Facciasi O = "' "^^ ' ^'^ ^ • 1000/. c,66 Tavola IV. Numero Valori di P-2p della Valori di 0. della Valori di|0. cateratta. tavola III. 1 I o,o3ioo4 0,035961 o,o372c5 2 0,062032 0.071938 0,074438 3 0,088671 0,111770 0,106405 4 0,114850 0, 1 40542 0,13782c 5 0, 1 49620 0,18.^814 0, 1 79540 6 0,179500 0,220224 0,21 54CO 7 0,209450 0,258964 0,25 1340 8 o,2383io 0,291004 0,286070 To!. Ill P. JL 33 266 SULLA IlEAZIONE DELL' ACQUA RiFLESSlONI. § 6. Nelle tavole scconda e quarta 1' eguagllanza tra i nuraeri della terza colonna e quelli della quarta forse a qualcuno non scni- brera cosi esatta da potere sopra di essa fondare una regola. Non penseranno per6 cosi qucUi clie avvezzi sono al maneggio dolle cose d' idraulica sperimentale. lo ho avvertito nel § 3 alcune sorgenti ine- vitabili di piccole inesattezze; e poi se quella legge anniinziata alia fine del § 4 non fosse vera , impossibile sarebbe una si \ icina cor- lispondenza di essa coi fatti. Noi abbiarao detto ( § 4 ) che la reazione o spinta indietro del- r acqua eguaglia il peso di un prisma di acqua il cui volume sia lfi>, indicando per / I'area della lirce, per p 1' altezza dell' acqua sul centro di essa luce medesima. Ora se in vece dell' area della luce vo- gliamo introdurre 1' area della cosi detta vena contratta , si osservera die giusta le sperienze del signer Bossut ( Idiod'mamica , edizione se- conda , torn. II, § 476) sta I'area della luce all' area della vena contratta come 16:10; e siccome nelle luci moltissimo piccole come le nostre la ragione dell' area alia vena contratta c anco minore , perci6 la faremo :: 17:10; quindi chiamando n quest' area, si avra I'area/ = {^n, e la nostra mlsura della reazione sara f io"^' — ^q^- i'^,^ cioe eguale a 2vn , cioe « al doppio del peso di un prisma il quale » abbia per base I'area della vena contratta, e per altezza quella >> del livello dell' acqua sulla luce, » § 7. II signer Daniele Bernoulli nella sezione decimaterza della sua Idrodinamica assegna questa stessa misura per la forza di reazione o repulsione dell' acqua : « Dico fore vim repubionis cequalem ponderi » ciimdri aquei ; cujus basis sit orificium aquas transmiuens ( id est » sectio i>en(B horizontahs maxime conlractce ) ct cujiis akitudo sit cequalis * » duplce ahitudiru superficiei aquece supra foramen, vel accuratiu s , duplce » altitudini velocitati aquce effluentis debitce » ; cosi i nostri sperimenti confermano questa regola. L vero clie per dare al cilindro che misura la repulsione dell' acqua quel doppio d' altezza, suppone questo geometra clie i'area della DI VINCENZO BRUNACCI. 267 suprema sezione clella vasca sia infinita rispetto all' area della luce, e che nei nostri esperiincnti la cosa non 6 cosi ; pure essi verificano quella regola , perche 1' area clelle luci essendo seitipre niinore di un ventesiino dell' area del supremo livello, il rapporto di queste due aree nou produce alcua effetto valutabile nella vclocita dell' acqua sgorgaute , ed essa e dovuta all' altezza dell' acqua nel vaso cotne se il supremo livello avesse un' estensione infinita; ed iii questa cosa sono concordi tutti gl' idraulici. Ci siamo poi accertati che e anco effettivamente cosi nel nostro caso. llaccolta la quantita di acqua clic usciva in alcuni secondi dalle luci della caterattiiia n.° 8 negli sperimenti registrati nella prima tavola, si e trovato essere tanta che ragguagliatamente in un secondo e 0,00061922; e questa da la velocita in un' area che sia \ dell' area della luce, 6,241. Ora, fatto il calcolo, la velocita corapetente all' al- tezza 1,406 si trova questa essere appunto 5,252. L' istessa esattissiraa corrispondenza si e trovata negli sperimenti registrati nella tavola III. La medesima regola del Bernoulli e data anco da Eulero , ed e dedotta da diverse fonte , come si puo riscontrare al § 63 di una bella Memoria di questo autore sulle macchine che si muovono per la reazione dell' acqua , inserita negli Atti di Beilino del 1764. Se poi r area della luce fosse niaggiore di un ventesimo dell' area del siiprerao livello , allora , chiamando m quest' ultima area , sara r altezza dovuta alia velocita nel luogo della cosi detta vena con- tratta -p -v , e quindi la forza di repulsione dell' acqua eguale al 2np peso d'un cilindro di acqua jj, essendo n, come abbiamo detto I — m sopra, I'area della vena contratta , ed / quella della luce. § 8. n suUodato Bernoulli vuole anco che la forza di repulsione che fa una vena fluida ncllo scappare da un vaso sia eguale a quel- r impcto che essa produrrebbe se iirtasse perpendicolarmente su di una superficie piana. Ecco alcuni sperimenti che ho fatto per con- frontare tra loro la forza di repulsione e quella delf urto. a6S SULLA REAZIONE DELL' ACQUA. Sperimenti. Disposte le cose come negli sperimenti registrati nella tavola I, si e adattato al caunone un braccetto di ferro pni , situate normale al cannone medesimo; questo braccetto portava una ventola mn di latta, la qnale poteva situarsi a varie distanze di fronte alia luce per cui scappava 1' acqua dalla caterattina; e si potevano dare alia ventola varie inclinazioui , onde la vena fluida urtasse la ventola o perpen- dicolarmente o obbliquamente. Ci6 fatto , adoperando le caterattine n.° 6 e n." 8, si e collocata la ventola di fronte alia luce alia distanza di o,oi6. 11 carico della ven- tola 6 del braccetto veniva a portare il cannone-pendolo indietro dair appiombo , ma si rimetteva in questa situazione col caricare di peso il piattino h, e tale era il peso che vi si poneva, che per po- cliissirao che si aumentasse , il cannone-pendolo sarebbesi portato avanti. Preparate le cose , facevasi sgorgare Y acqua dalle luci ; in questa guisa 1' acqua dovea subito uscita urtare nella ventola , e per causa appunto di questo urto doveva spingere avanti 1' apparato , mentre per motivo della reazione dell' acqua nell' uscire lo dovea spingere indietro. Noi osservaramo sempre die 1' apparato era spinto innanzi , il die vuol dire che 1' urto la vinceva suUa repulsione. AUora per esplorare questa difFerenza si caricava di peso il piat- tino g in tal raodo die fosse capace a tenere nel tempo dell' espe- rimento il cannone appiombo , e die per quanto poco questo peso si fosse diminuito , il cannone-pendolo sarebbe stato spinto avanti dalla forza dell' urto dell' acqua sulla ventola ; cosi il raomento della forza di repulsione aumentato del momento del peso posto nel piat- tino g, i quali due monienti operano per ispiiigere indietro il cannone, eguaglieranno il momento della forza dell' urto , il quale opera per ispingerlo innanzi; e i-iportando al punto M gli sforzi della repulsione e deir urto per muovere il cannone-pendolo , la forza di repulsione P—ip, trovata ( tav. I), auraentata del peso del piattino g, egua- gliera la forza dell' urto sulla ventola. DI VINCENZO BRUNACCI. 269 A tre diverse dlstaiize abbiamo collocata la ventola dalla Ironte delle caterattine , ed abbiamo ripetuti gli sperimenti , e questi souo registrati nella tavola seguente : Tavola V. Numero (lella cateratta. Distanza dcUa ventola dalla luce. Ri-azione deir acqua riferita al punto M. P-2p. Tav. 1. Peso collocato nel piatiino g. 1- Valore tlt-l peso q ill libbre , once e deitari di Pavia. 6 8 6 8 6 8 0,016 0,016 0 080 0,080 0,147 0,147 0,47532 0,61364 0,47532 0 61364 c.47532 0,6 1 364 0.017696 0,02212 0,02212 0,02766 0,02544 o,c32C9 — — 16 — — 20 — — 20 — I I — — 23 — I 5 L' impulsione risulta sempre maggiore dclla reazione dell' accjua. E qui si avverta die 1' urto della vena fluida sulla ventola era fatto con direzione norniale , ne per quel piccolo tratto era in alcun modo sensibile la curvatura della vena fluida. In tutti questi sperimenti poi, e ill ispecie quando la ventola era piii lontana, il cannoiie-peiidolo e tutto r apparato prendeva un fortissimo treniore , il quale dava un suoiio come il ronzio di un moscone; ci6 sia detto per non tralasciare alcuna cosa osservata. § 9. Riflessioni. Studiando un poco a confrontare i numeri rappre- sentanti il peso q nei diversi sperimenti , i qiiali numeri indicano di quanto le impulsioni sono maggiori delle ropulsioni , si vcde die r impulsione e andata crescendo a misura die abbiamo allontanata la ventola , la quale cosa pare non poco sorprendente , in quanto die ciascuno sarebbe piuttosto incUnato a pensare al coutrario. Quando la ventola era lontana solamente 0,016, 1' impulsione e maggiore di'lla rcpulsione per circa di questa ; quando la ventola era lontana 270 SULLA REAZIONE DELL' ACQUA 0,08 , r impulsioae superava la repulsione di circa — — , ed in fine quando era lontana 0,147, queir eccesso ^^^ ^' circa. Ora come va ella questa faccenda, e cosa avviene egli della regola di quel gran geometra, la qiial pure vcdreuio che e giusta nella sua siipposizione ? § I o. Avendo io latte varie sperienze per riconosccre il luogo della cosi detta vena conlratta in orifizj circolari per fino del diaaictro di tre decimetri ('), mi potei assicurare die la vena fluida va sempre assottigliandosi fiiiche 1' aria non 1' altera , che perci6 non esiste il cosi detto luogo della vena contratta; e vero che effctiivamente su- bito uscita 1' acqua dal foro si riserra , e giuiita circa alia distanza del raggio , la massima parte di questo riserramento o contrazione e flitta , ma coiitinua essa acqua a striugersi e riserrarsi anco al di la di quel siio e fino che 1' aria non ne disgrega le parti ; la causa che produce la contrazione della vena , essendo la convergenza dei filetti acquei , laterali alia luce, che da ogni banda si affollano e si riscrrauo addosso ai filetti che ad essa direttamente si affncciano , estende il sac effetto suUa figura del getto per tutto quel tratto nel quale esso non e dall' aria esterna disgregato nelle sue parti, e Io estende raoltissimo al di la del luogo della cosi detta vena ristretta. La qual cosa manifcstamente comparisce nelle luci non circolari ; nel triangolo, per esempio, la vena fluida comincia ad uscire con la figura prisinatica , e si altera a poco a poco per modo che alia distanza di quattro o sei volte il suo lato essa ha la figura di una spada tri- sulca , che va sempre piu allungandosi , quanto piii si allontana dal foro. L'idea di uu luo2;o ove la vena fluida ha il massinio ristringi- mento non sarebbe venuta nella mente dei fisici , se avessero essi cominciato ad osservare T uscita dell' acqua da luci non circolari (*). (i) Quest* sperienze eJ altre per determi- sottile, tntti i cui pimti possano considerarsi iiare i ciiiiliianieaU di figura nei getti souo alia niedc^iiun distanza dal supremo livello , registrati ni-l Ciornale di fisica e chimica del si abbia a luol'.iplicare P area della cosi dett.i professore Brugnatclli. Pavia. vena ristretta per la velocita dovuta all'altez- (a) La regola che le sperienze lianno mo- 7.a, non sotlVe alcuua eccezione dalle nostre strata biiona per la pratica , che cioe per sperienze, poiclie essa si riduce a nioltiplicare caicolare V acqua die esce da una luce in lastra -| dell' area della luce per quella velocita. 1 Dl VIXCENZO BUUNACCI. 27 1 Ora da questo contiuuo assottigliamciito della vena Huida, la quale esce da una luce circolare, nasce appiuito la spiegazione del fcno- meno ammnziato ncl paragrafo antecedente , die cioe 1' iinpulsione su quella ventola c andata crescendo a niisura clie si e alionuinata dalla luce; 1' impulsione in I'atti cssendo proporzionale al quadrato della velocila ed all* area della sezione della colonna urtante , e questa velocitii tanto crescendo quanto appunto scema 1' area della sezione della vena fUiida , nc segue die I' impulsione cresce in maggior ra- gione per causa di quell' auniento della velocita, di quello die essa scenii per causa della diminuzionc dell' area della sezione della vena urtante. Anzi questa spiegazione a nie pare cosi naturale c giusta die queste sperienze le risguardo come una piena conferma di quanto mi avevano mostrato le altrc sopra citate, del continuo assottigliamciito cioe delle vene (luide uscite dalle luci circolari. Che se la ventola io I'avessi potuta tanto avvicinare alia caterattina, da essorne lontana quanto importa il raggio dei fori fatti nella detta caterattina , allora credo die si sarebbe verificata la regola del sul- lodato Bernoulli, il quale la da nell'ipotesi che al di la del sito della contrazione della vena, essa vena non cangi ne di grossezza, jie per conseguenza di velocita. Ecco in fatti le parole di questo gconietra : Atque inde sequitur , pressionem vence aqitcce , quae tota in laminam incurrit , tantam esse quanta pondus cilindri aquei , qui pro base habeat sectionem venae ( postquam hcec uniforinem acquisivit ampliiudinem ) , cC pro altitudine duplam ahitudinem velocitati aquarum ( postquam hcec similiter uniformis facta est ) debitam. Idrodin. , sectio 1 3 , § 16. § II. Dopo avere esposte le sperienze colle quali ho mostrata la verita della regola per la misiira della spinta indietro dell' acqua assegnata dal Bernoulli, vengo a parlare degli sperimenti di questo georaetra , da me riferiti al principio di questa Memoiia; e per cio che spetta al prirao , ccco il problenia a cui questo dii origine. Problem A. « Un cannone AE {fig- 2 ) imperniato per un suo diametro della 30 bocca A , riempito di acqua ed abbandonato a se stesso , oiide col 272 StLLA REAZIONE DELL' ACQUA » suo asse si collochi nelhx verticale AB, se tutta ad un tratto si » apie una liicc o , collocata verso il suo fondo , 1' acqua coiniiicera » a scappar luoii da (juella luce, e posto die la direzioue dell' acqua » iuggente stia nel piano perpendicolare al diametro , attorno a cui » e obbligato a ruotare il cannone , il cannone stesso cominceia » alloia a retrocedere ed a vuotarsi : ora , date le diniensioni -del » cannone, dclla luce o, ecc. , cercasi il raoto die concepira. » Risoluto in latti questo pioblenia , supponendo la forza della spinta deir acqua tauta quanto la valuta il Bernoulli , converra vcdere se il massinio allontanamento del cannone dalla verticale, dato dal calcolo, e appunto quello die raostra lo speriiuento ; se cosi e , resta confer- mata la bernouUiana estimazione. Ma siffiitto problema e piii difficile di cio die senibra a prima vista, e non potendosene avere altro che una soluzione approssiraativa, a me non pare die per questa via si debba cercare la confernia della regola in questione; ed affiiiche ciascuno si pei'suada di questo che io dico, che cioe nou si potcva molto contare sugli sperimenti bernoulliani , io dar6 la soluzione del suddstto problema. § I a. Sia t il tempo corso dal principio del nioto , alia fine del quale trovisi il cannone nella situazione AE. In questo tempo siasene vuotata la porzione AC. Consideriamo le forze , le quali operano sul cannone in questa situazione. Primieramente il peso di tutto il cannone vuoto di acqua, il quale incllna a ricondurre il cannone nella situazione verticale. Sia P questo peso , e supponendo che in G sia il centro di gravita del cannone vuoto, si potra considerare il cannone come spoglio di peso, e sup- porre che un peso P sia applicato al punto G nell' asse del cannone. Sia GH il suo braccio di leva, ed ir momento di questo peso P per ricondurre al perpendicolo il cannone sara P ■ GH. In sccondo luogo il peso dell' acqua contenuta nella porzione del cannone, che non si e per anco vuotata, inclina ancor esso a ricon- duiTe il cannone all'appiombo; se indichiamo per P questo peso, allora , posto che in g sia il centro di gravita di questo cilindro di acqua, e gh il suo braccio di leva, sara P' • gh il momento di questa seconda forza per far toraare il cannone al sito verticale. DI VINCENZO BRUNACCI. ayS In fine la reazione dell' acqua che operando suU' estremita del can- none lo spinge indictio , indichiamola per R, ed essendo il suo hrac- cio di leva la stessa lunghezza del cannoiie perclie opera con dire- zione a questa perpendicolare , sarii R ■ AE il momento chc tende ad allontanare il caniione dal perpendicolo AB\ cosi la totale forza mo- trice angolare ciie opera sul cannone sara RAE — PCJI—Pgh. § 1 3. Sia ora rappresentato per M il momento d' inerzia del can- none vuoto ; sia M' il momento d' inerzia della (juantita d' acqua del cannone non votato ancora, c sara M-*-M' il momento totale d" iner- zia del cannone nella situazione AE; sara dunque R.AE—P-GH — P'gh la forza acceleratrice angolare del cainione. Sia U la velocita angolare del cannone , quella cioe che ha un punto di csso distante dal pcrno dell'unita; sara (-1-) '^ forza ac- celeratrice angolare. Sia s I'arco descritto nel tempo t dall' esti'emita del cannone ; sia a la luno-liezza del cannone mcdesimo , e sara la velocita angolare U — -(7--): sara dunque la forza acceleratrice an- , /dU\ i/'(l's\ „ golare I -7-) = "(7"=") ' ^vremo pertanto 1 equazione I ) R-AE—P-GH—P-gh _ i/(/'^\ § 14. Incominciamo dal cercare le espressioni algebratiche delle qnantita che compongono il primo membro dell' equazione (1). Per avere I'espressioiie del momento RAE, sia AE=a, AC = x, EC = a-x, I'angolo EAQ = (p; sia m 1' area della sezione del condotto , / 1' area della luce del foro , la quale pongo che sia piccolissima rispetto ad m ; sia i : n il rapporto dell' area / a quella della cosi delta vena ri- stretta. Posto il cannone nella situazione AE , Taltezza del supremo livello sul foro e (a — x) cos. (p ; dunque se non vi fosse altra causa , la velo- cita, colla quale I'acqua scapperebbe dal foro o, sarebbe quella dovuta a quest' altezza (« — x) cos. ^ , purche per area del foro si consideri Vol. III. P. II. 34 374 SULLA REAZIONE DELL' ACQUA quella clella vena ristretta , cioe quell' area die ha la sezione della vena fliiida ad una ilistanza dal foro eguale al I'aggio di esso. Ma il peso dell' acqua non e la sola cagione che obbliga 1' acqua ad uscire dal foro o e spingere indietro il cannone i vi e la forza centrifnga , la quale opera come uno stantuffo , col quale si premesse la supcrficie dell' acqua entro del cannone. Sia V la velocita dell' e- stremita E del cannone ; sia AL = z, e posta v la velocita del punto Vz . Vz . . . L , saru v — — . TJ altezza dovuta alia velocita — indichiamola colla a a lettera J3, e si avra p = -r- 1 i essendo h I'altezza descritta dai corpi liberamente cadenti nel prime secoudo di tempo ; la forza centrifuga adunque dello strato fluido che corrisponde al punto L sara il peso a/? di questo strato moltiplicato per — , sara cioe il peso dello strato mdz moltiplicato per —i-^ •> e quindi una tal forza centrifuga sara egua- le al peso d' un volume di acqua — — ^ ■ zdz. Ora indichiamo per F il volume dell' acqua , il cui peso eguaglia la somma delle forze centrifughe che animano tutti gli strati formanti la colonna fluida CE restata nel cannone , e sara F = ^rzdz = ip^J^^c). 2/1 a J aha \ 2 ) Estendiamo 1' integrale tra i limiti z— a, z = x , e si avra 2.11 a \ 2 / • E se quest' integrale definito si divide per m, avremo 1' altezza di un cilindro di acqua della stessa grossezza del cannone, il cui peso egua- glia la forza centrifuga , la quale tende a cacciar fuori il fluido dal cannone ; dunque 1' altezza dovuta alia velocita colla quale 1' acqua scappa fuori del cannone sara , dico , ( a — X" ) COS. (p -t ) — : . Ponendo ora che la forza di reazione dell' acqua sia , come dirao- stra il Bernoulli , eguale al perjo di un ciliudro doppio di acqua che DI VINCENZO BRUNACCI. 276 abbia per base I'area della vena ristretta, la quale k nf, e per altezza il doppio di quella dovuta alia celerita dell' acqua uscente , sara 2nf^(a-x)cos.(p h — C il volume del cilindro , il cui peso misura la reazione R dell' acqua : ora sia rappresentata da D la densita dell' acqua, da 2/1 la gravita, si avra /? = 2nf l2h(a—x)cos.(b -t ^^ — : ?^; sara dunque il momento della reazione Ra = 2/i/| 2h(a — x)cos.(p ■+■ — ^" T^ > aD. § 1 5. II peso P di tutto il canuone vuoto di acqua sia eguale al peso di un cilindro di acqua che abbia per base m e per altezza b; sara allora P = 2hDmb. La distanza ^G del suo centro di gravita dal punto di sospensione sia c , e si avra CH= c sen.

, x , t. lu secondo luogo , essendo 2j/^ • j/ 5 (a— x ) cos. (p -t . ^ — | , DI VINCEXZO BRUNACCt. 277 l'cspre?sione clella velocitu colla quale I'acqua scappa dal caniionc alia fine del tempo r ( la quale vclocita e prodotta e dall' altczza dell' acqua iiel cannone , e dalla prcssione orip^inata dalla forza centrifuga ) sara la quamita che ne uscirii iiel tempo dt rappresentata da nf- 2l/h y<(a — x) COS. (6 -< —r-. — -> dt ; ma qucsta quantita eguaglia il prodotto dell' area del supremo livello deir acqua nel cannone, il quale e — -z^ per l' altezza di cui si ah- bassa nel tempo dt , che e dx ■ cos. (f) , eguaglia cioe indx \ dunque avremo quest' altra equazione tra le variabili (5) . . . . mdx — inf\/h-\/\{ci-' x)cos.uta alia velocita. DI VINCENZO BRUNACCr. 279 Ecco la sua dimostrazione : « Sia r area del foro = i ( per foro intende egli I'area della vena » ristretta ), e le acque abbiano ivi la celeritk die e dovuta all' altez- » za A. Ponianio die sia uscito fiiori mi ciliiidro di acqua clie abbia » per base i e per akezza L: se esprinieremo il tempo per lo spa- » zio diviso per la velocita, e la gravitii per Tuiiita, la velocita dovuta » airaltezza A sara \/^A, ed il tempo del fluire dell' acqua sara espresso » per J— 2 ■ Queste cose premesse, ricerchiarao la forza motrice clie » nel tempo y— possa comuiiicare al cilindro L la velocita 1/2 A. » Siap questa pressione. Pel lemma precedente si ha allora, fatto M—L; » T^—7/~l'-> ^=1/2^, si ha, dico, /) = £-• '^-^ = lA ■ \. \/iA A questa pressione, nel che sta 1' azione dell' acqua per ispingere fuori il fkiido, pone il Bernoulli eguale la reazione o azione dell' acqua per ispiugere indietro il vaso, ed assegna per conseguenza ad essa la stessa misura. § 24. La dimostrazione del Bernoulli lascia qualche dubbio , in quanto che non si vede bene la corrispondenza tra il lemma ed il caso contemplato da quel geometra ; nel lemma e costante la massa per tutta la durata del moto , e cangia la velocita incominciando da zero e crescendo col tempo sino a divenire V \, nel caso dell' acqua iiscente e costante la velocita per tutto il tempo , e cangia la massa cominciando da zero e crescendo col tempo sino a divenire Z,; pure a me pare che la dimostrazione vada bene per un' altra ragione. Nel lemma la pressione p moltiplicata per dt era eguale ad Mch . e qui foremo j)dt = vdM , essendo i>dM \ effetto di questa pressione nel tempo dt. Ora dM—dL; c?£ = — r— j, dunquc p — V -^ = V • \/^A i ma p = ^^A , dunque p = \/%A ■ [/2.A = 2// . 1 . \/2A come sopra. § 25. Ecco poi il concetto che ho avuto suila natura di questa forza di reazione, e come ne ho ricavato da esso il modo di computarla. aSo SULLA REA2I0NE DELL' ACQUA Tutte le paiticellc dell' acqua corrono al foro da cui debbono uscire descrivendo delle curve colla loro coiivessila rivolta dalla banda opposta del foro : ora ho peusato die appunto nel coiuplesso delle loro lorze centrifiighe stia la forza dell' acqua per ispingere iiidietro il vaso. A spiegarmi anco nieglio pomaino die abbiasi un vaso O (fig. 3) di figura paralklepipeda rettaiigola , e die questo vaso abbia in una sua faccia accaiito al fondo uii' apertura rettaiigolare 5 / larga quanto tutta la I'iccia inedesinia , ed alta poco , onde tutti i di lei punti si possano coiisiilerare alia stessa distauza dal supremo livello HM del- I'acqua lU'l vaso : se questo vaso, dico, sara manteauto sempre pieno d' acqua , ad onta cbe contiuuamente ne esca da quell' apertura BA, si puo istituire 1' esanie delle circostanze del moto eutro di questo vaso , iiidagando le circostanze dd moto in una sua qualunque se- zione vcrticale RM perpendicolare all' apertura BA. I suoli oiizzontali die compongono 1' acqua del vaso scendono parallelamente a se stossi sino ad una certa distanza dal foro, come per escmpio in QS ■, di ii in giii tutte le molecole fluide si volgono al foro AB per uscirne , descrivendo ciascuna una curva come Ee colla convessita voltata verso QR. Tutte le molecole acquee quando partono dalio strato QS lianno la stessa vdocita e la stessa direzione verticale ; e tutte le molecole acquee, allorche giungono al foro BA, lianno parimentc una stessa velocita ed una stessa direzione orizzontale. Ora consid^"riamo tutta la massa fluida al disotto di QS decorrente verso il foro AB , divisa in sottiiissimi canaletti, o come si dice in- finitesimi di grossezza , di cui uno sia CabD; questi canaletti siano quel che debbono descrivere le molecole acquee per venire al foro, di modo die la molecola posta in CD descriva il canaletto CabD per presentarsi al foro in ah. La curva Ee sia I'asse di qucsft) cana- letto , ed nti uno strato infinitesinio del fluido coinpreso nel canaletto, e perpendicolare a questo asse nel punto p ; sia cioe nri la molecola fluida collocata in p. Facciamo la larghezza dello strato nri eguale a dz, e la sua grossezza ds, rappresentando per s 1' arco Ep\ sara allora quella molecola acquea rappresentata da dzds. Sia w 1' altezza dovuta alia velocita dell' acqua nella sezione nri; sia i? il raggio di curvatura DI VINCENZO BRUNACCI. 28 1 tlella curva nel punto p, e la forza centrifuga esercitata dalla raolccola , , , 2odzf/s acquea dsclz , sara — - — Presi QR, RA pei due assi ortogonali della curva £e, sia RP = x, Pp = y. Rappieseuti Fp perpendicolare alia curva nel punto p quella — 2 fl fl" (Is —. • forza centrifuga , e sara Fp — — ^ — Questa forza Fp si decomponga 111 due Fq, qp perpendicolari a ciascuno dcgli assi, e sara Fq=: Fp-sen. Fpq, e la molecola fluida dzds tenderii a spingere e spingei'a eft'ettivamente col mezzo delle altre molecole, clie sono tra lei e la parete posteriore, questa parete medesima con una forza = Fq, cioe = — ^ — sen. Fpq, a quella parete nortuale. La sonima adunque di tutte le Fq appartenenti alle stille fluide comprese nel canaletto CabD, e poi una seconda sonima delle somme appartenenti a ciascun canaletto dara la somma totale delle spinte Fq normali a QR per tutte quante le molecole fluide coraponenti la raassa acquea al disotto di QS , la quale si dirige al foro ylB ; e questa sorania totale sara la misura della reazione dell' acqua. § 26. Frattanto chiarao a V altezza dovuta alia velocita colla quale le stille acquee escono dal foro AB , chiamo a 1' area di esso toro , e dccmlsx bocca del canaletto ba; poi suppongo 1' ampiezza nn dcilo strato fluido diminuita fino ad essere = da, , e per contrario tanto cresciuta la di lui velocita quanto appunto e quella diminuzione ; sup- pongo cioe che il canaletto sia ai/^pio in p come lo e in e, e di piu la velocita in p sia quella stessa che e in e , dovuta cioe all' altezza o. Questa supposizione nulla cangia il raodo di vuotarsi del vaso, giacche nello stesso tempo di prima passera in questa ipotesi la stessa quan- tiia di acqua, e tutto il fluido che giunge in Q5 avra la medesima liberta che aveva prima per uscire , e giungera al foro colla medesima celerita dovuta all' altezza a, e colla stessa direzione normale al toro medesimo. Coiiformemcnte a questa supposizione ponianio dunque 2adot, in vece di 2wdz , e si avra pel punto/) r q = — sen. Fpq. Vol. in. r. n. 3S 282 SUtLA. REAZIONE DELL' ACQUA I -♦- Ora R = -j^ ^ ; sen.Fpq = — , V' -g/ — dunque § 27. La sorama adunque di tutte le forze Fq corrispondenti a tutta la lunghezza del canale saiii ina la tangente della curva Ee nel punto E e parallela ad y, per cui ( -T^ j = CO , dunque C = o ; ed estendendo 1' integrale sino al punto infinio e ove { j-) = o , si avra quella sornraa = 2,adx-i. Estesa poi detta sorama per tutta la grandezza AB del foro, cioe per tutta la grandezza di a, e rappresentando inoltre per S questa sornraa di somme , si avra in fine 5 = 2aa, ; e tale sara dunque la sornraa degli sforzi o spinte che tutte le molecole acquee contenute nel vaso al disotto di QS esercitano in virtu delle loro rispettive forze centrifughe sopra la parete QR opposta al foro per ispin^erla indietro ; tale adunque sara anco la niisura della reazione dell' acqua. La sorama poi degli sforzi dipendenti dalle raedesirae forze centri- fughe sulla base RA del vaso la si ritroverebbe della stessa misura 2acc. lo avrei voluto dimostrare quella raisura della reazione indipenden- temente dall'ipotesi fatta al § 26, ma non rai e riuscito, e bramerei che altri piii felice di me potesse giungere a siffatta dimostrazione, giacche e iiidabitato che la reazione o spinta indietro dell' acqua non pub nascere die dalle forze centrifughe, di cui sono animate le mo- lecole fluide nel descrivere le curve che le conducono al foro. DI VINCENZO BRUNACCI. 283 N O T A. Ecco le sperienze che avevo fatte per confrontarle col risultaraento del coinputo di cui si parla al § aS. Sperienza. Affisso al muro PQ {fig- 4 ) un braccetto MNL nella situazione che ci luostra la figura 4 , si soiio posti all' estremitii N del detto bracciuolo due attaccagnoli E , E. Si e poi preparato un caiinone ^B , cui era saldato il foiido B, onde potersi riempire di acqua. All' estreniita del dianietro della bocca /I di questo cannone erano fissati due uiicriii , coi quali si poteva attaccare a quel due attaccaguoli E, E, ed il tutto era messo in tale ordiiie che questo cannone si teneva a piombo, e poteva oscillare a giiisa di pendolo senza uscire da un piano verticale e noimale al bracciuolo nientovato. Verso il fondo del cannone era praticato un foro C, da cui 1' acqua dovea sgorgare formando una broscia acquea , ed il foro era situato per modo che la broscia gia- cesse cntio il descritto piano verticale. La figura da ad intendere facilinente tutte queste cose. Ecco poi le dimensioni delle parti de- scritte. Diametro del cannone = 0, i , cioe un decimetro. Lunghezza AB = 3,8.3; I'area della bocca o sezione del cannone e metri qua- dri 0,00785. II centro del foro C e distante dal fondo circa o,o3 metri. Tutto il cannone ripieno di acqua pesa chilogrammi 38. 11 peso del cannone vuoto e chilogrammi 7,87. La distanza del centro di gravita del cannone vuoto dal punto di sospensione e 1,88. La descnzione di altre particolarita degli attrezzi e dei modi di adoperarli, come dellc cautele per diminuire gli ostacoli che s' incon- trano, e toglierli interamente quando si puo, non la facciamo, giacch6 chi e pratico di sperienze se la pu6 immaginare. II foro C aveva per area un trentesimo di quella della sezione del cannone. Questo si chiudeva appiicandovi per di fuori una lastrina di 284 SULLA REAZIOXE DELL' ACQUA CCC. latta ( e di latta era tutto il cannone ), essendovi tra essa ed il can- none nna pelle, perclie raeglio combaciasse. La lastiina era legata con nno spago inznppato di olio. Rienipiuto di acqua intieraniente il cannone , e lasciato che si fer- inasse , si dava fuoco a quello spago, ed allorqiiando si rorapeva , r acqua gettava via la lastrina, cominciava a sgorgare, ed il cannone ad andare iiidietro, accelerando fino ad un certo punto, poi ritar- dando a niisnra die si allontanava dall' appiorabo. Neir attuale sperienza il cannone si spinse indietro sino a 10" 16' dall' appiombo, e da quel punto corainci6 a ritornare verso I'appiom- \)0 stesso. Ridotta I'area del foro Cad un quindicesimo di quella della sezione del cannone, il cannone retrocedette per 14° a8'. UK \ mr 1 'O- .^. rt-X-^, — --- SUL COMPUTO DELLE MACCHINE IDRAULICHE DI VINCENZO BRUNACCL Articolo I. Computo dcUe macchine mosse daW urto dell' acqua. § I. J-JEONARDO Eulero nel tomo VII clegli Atti dell' Accadeniia di Berlino del lySi chiaraa Forza movente di una macchina idraulica il prodotto della quantita deir acqua iinpiegata in uu secondo di tempo per muover la macchina, moltiplicata nell' altezza per la quale si fa cadere quest' acqua onde iraprimere il moto , di raodo die se Q rappresenta questa quantita di acqua, ed A quest' altezza, sara ^^4 I'espressione della forza movente. Effetto della detta macchina il prodotto di un peso da cui e rap- presentata la rcsistenza superata, moltiplicato pel viaggio da esso fatto in un secondo. Se dunque * per R e rappresentato questo peso , e per B quel 'viaggio , sara RB I'espressione di quell' effetto. Ora egli dimostra che se la* macchina, essendo accomodata nel miglior modo possibile , e messa in moto da una ruota ad ali , sulle quali cada dall' altezza A una vena fluitla , e che la resistenza sia vinta da un tamburo , cui sia coraunicato il moto per mezzo di rocchetti ed altre ruote dentate unite alia ruota ad ali, dimostra, dico, che la forza movente sta all' effetto della macchina : : 4,5 : i. 286 SUL COMPUTO DELLE MACCHINE IDRAULICUE In fatti indicaiuio con h V altezza dalla quale i gravi cadono libera- mente in un secondo, sara — ^. I'area della vena di acqua cadente, e nel punto ove incontra le ali. Ora giusta quanto si dimostra nel- ridraulica, perche la macchina pi-oduca il suo massimo effetto, con- viene die la velocita del punto ove 1' acqna cadente incontra 1' ala sia ^ della velocitii dell' acc^ua stessa , mentre dunque la velocita deir acqua e o.\/ Ah , quella dell' ala dovra essere ^^ '' , e I'urto si farii colla velocita relativa 3 i/Ah , ovvero 21/^Ah ; cioe con una velocita dovuta alP altezza ^ A. • Ponendo pertanto clie 1' urto diretto si abbia a misurare col peso di un prisma di acqua, il quale abbia per base I'area della vena fluida nel luogo dell' urto , e per altezza quella dovuta alia velocita con cui si fa 1' urto , la forza dell' acqua contro 1' ali sarebbe 21/Ali 3J/A ' e se la misura di quell' urto si I'acesse doppia, sarebbe quella forza _ 8 n J^ .Ora Eulero osserva che la prima n)isura e voluta dagli autori pel caso che la superficie urtata sia eguale all' area della vena urtante, ed il secondo pel caso die quella superficie sia moltissimo maggiore, onde i- filetti del fluido dopo I'urto scappino con direzioui parallele ad essa ; cosi per questa ragione dovrebbe nel nostro caso la forza misurarsi da I Q • ^—rr^ ^^ siccome I'urto suH'ali noif si fa sempre ad angolo retto , ed una porzione tlell' acqua scappa senza avere urtato , e poi Festensione dell' ala non e tanto "graude quanto si ri- cliiederebbe , percio Eulero preiide una misura di mezzo tra quelle due, e pone quella forza = | 0 • —yr = I Q ■ l/ j~- Cliiamando b la distanza dal punto dell' ala ove si fa 1' urto, e I'asse della ruota, sara I QW -r il momento per far girare la ruota. DI VINCENZO BRUNACCI. 287 § 2. Rappresentantlo con i : tt il rapporto del diametro alia circon- ferenza, sara zbn la circonferenza della ruota, e siccome la di lei velocita 6 „ - , sara —. — - : iln il nurncro delle rivoluzioni della ruota descritte in un secondo ; cosi se per />. rappresentiarao questo \/Aii numero, avremo u = fn — . Iramaginando ora clie la resistenza da superarsi sia rappresentata dal peso di un certo volume R di acqua, e die questa resistenza sia applicata ad un taniburo avente c per raggio , e niesso in nioto per mezzo di un rocclietto dalla ruota priucipale, sara Re il moraento di questa resistenza ; 'e figurandoci che quesio taniburo faccia r giri in un secondo, nientre la ruota ne fa //, 11 principio generale deH'equi- librio delle maccliine da questa equazione 3 jJ- ■ QW J- = rRc , dalla quale , sostituitovi per /j. il suo valore , si ha rRc = — QA. Ora 2nrc indicando il viaggio fatto dalla resistenza R in un secondo, viaggio che al principio del paragrafo antecedente abbiamo rappresen- tato per B, si avra ^ = IQA, onde QA : RB : : C) : 2 : : 4 I : l. Data dunque' la forza movente , se di essa se ne prendono i due noni , si avra 1' cffetto che se ne pu6 ottcnere ; il quale effetto diviso pel viaggio ci dara il peso equivalente alia resistenza, e vice- versa dato r effetto , si avra la forza movente moltiplicaudo esso'per 4 ^; e siffatto prodotlo diviso per 1' altezza , da cui ci e dato di far cadere Y acqua , soraministrera la quantita di acqua che in un secondo dovra consumarsi per ottenere 1' effetto dato. § 3. Dopo le cose scritte da quel geometra si e trovato ( Atii della Societd Italiana , tomo XVIl ) che si puo fare in guisa che I'.urto 288 SUL COMPUTO DELLE MACCIUNE IDKAULICIIE diretto di una vena fluida sopra una superficie resistente prodiica mi raaggiore ert'etto , e cio col fasciar questa superficie di un orlo o con- torno, il quale obbliglii Tacqua radente dopo 1' urto la superficie a ripiegarsi neirinconu-are quel contorno , cd andar via seguendo lince perpendicolari alia superficie niedesinia ; anzi e ivi diuiostrato die in questa guisa Y urto si riduce eguale al peso di un prisma fluido qua- druple di quelle avente per base I'area della sezione della vena urtante, e per altezza quella dovuta alia velocita con cui si fa 1' urto. Accomodando in questa guisa le ali della ruota, sara la misura deir urto nel nostro caso = — OV-t- = — 0 -l/ -i- ; lua per le ra- y-a '- /j 9 ^ U ' gioni dette alia fine del § 2 prenderemo per misura una media tra ... A la minima misura f 0-1/7- ® ^^ massiraa, e stabiliremo la forza del- A r urto = f (? • / -T- ; allora il rapporto tra la fijrza movente e 1' elFetto sara dato dall' equazione (?. sara pertaiito t /ibx ■ fj. = rR c , e ponendo per fj. il suo valore ^7" ■> s^rii rRc = t Abx ■ -5—7^, ovvero f A ■ ~ — = rJi c ; ma 10]/ Ah = Q = alia quantita di acqua clie passa in un secoiido per la sezione a del canale, e 2r7rc = B, dunque -^ AQ = R-B, e quindi la forza movente all' effetto : : AQ : RB : : 27 : 4 : : 6 ^ : i. § 5. E neir akro clie la sezione sia poco pin ampia dell' area « , allora 1' acqua non avendo la liberta di scappare , ma addossaudosi air area della ruota , 1' urto sara piix poderoso. Noi lo faremo il dop- pio di quello qui sopra conteraplato, e sara percio la forza movente air effetto come 3^: i. § 6. Queste regolette saranno utili per valersene»nei diversi casi nei quali si puo trovare una ruota ad ali messa in moto merce I'urto deir acqua sopra delle medesime ; ma bisogna fare un' avvertenza. Non tutta r altezza dalla quale si pu6 far cadere 1' acqua di una sorgeiite puo essere impiegata nel procurare effettivamente questa caduta onde averne la corrispondente accclerazione del moto ; in fatti una porzione deir altezza medesima debbe talvolta occuparsi per situarvi i congegni necessarj al volger I'acqua alia raacchina , e per la disposizione stessa della niacchina ; egualniente per coiidurre I'acqua ad una certa altezza (I'acqua da alzarsi e qui la resistenza ) quanto richiede il bisogno, conviene conduria ad un' altezza qualche poco maggiore , staudo in questo di piii di altezza il congegno da cui debbe vuotarsi. Per queste due cagioni sceniera I'effetto a riguardo della forza movente. Nulla si pu6 prescrivere a tal proi)Osito , ma raccomandiamo che non sia perso di vista questo puiito , se non si vuole restare ingannati nel prcdire I'effetto di una proposta niacchina. § 7. Per mostrare con un esenipio I'applicazione delle date regole, abbiasi uu canale ampio e profondo, in cui I'acqua coira con una Vol. in. r. II. 36 290 SUL COMPUTO DELLE MACCIIINE IDRAULICHE velocita media C di uii metro per secoiulo , o iloviita ad un' altezza A — o,o532 metri. Si vuole costruire una grau ruota ad ali che sia mossa da quell' acqua corrcnte, e die per mezzo di cassette o sec- chioni coUocati laterahnente al contorno di essa ruota, i quali si riem- piauo quando entrauo sotto il livello dell' acqua , e si vuotino quando sono air alto della ruota, porti I' acqua del canale ad una certa altezza prescritta. Sia poi quest' altezza al di sopra del livello del canale otto metri. Facciamo le ali della ruota alte mezzo metro e lunglie un metro; avranno dunque uu' area a = | metro quadrato. AUora la forza moveme sara ( § 4 ) eguale all' area urtata a , moltiplicata per la velocita C e per r altezza a lei dovuta A; sara cioe (x,AC=^' \ 0,0532 = 0,0266; e prendendo ( § 4 ) quattro ventisettesimi , si avra il numero che rap- presentera l' effetto della ruota ; sara dunque questo numero 4; olAC — 0,00394. Siccome i seccliioni couiinciano a vuotarsi assai prima di giungere al punto piu afto della ruota , e lo continuano nel descrivere una certa porzione della ruota medesima , chef tanto minore e quanto il moto e pill lento ; cosi convien'e che il recipiente nel quale si hanno da vuotare le cassette abbia una sufficiente larghezza e stia al disotto delle cassette medesime ; per questo faremo la ruota di nove metri di raggio , e cosi 1' acqua si dovra portare a nove metri d' altezza , onde vuotarla nel recipiente otto metri piu alto del livello dell' acqua del canale. § 8. La resistenza che questa ruota continuamente ha da vincere e la massa dell' acqua , di cui e sempre aggravata una di lei serai- circonferenza ; ma le eguali quantita di acqua collocate nei diversi punti di questa semicirconferenza resistono con diversi momenti. Ora se tutta r acqua si considera egualmente distribuita sopra tutta quella semicirconferenza in un cannone cilindrico che fasci la semicirconferenza medesima, ponendo che m sia I'area della sezione di questo cannone, la quantita d'acqua ch'ei conterra sara, quando per Z> si rappresenti il diametro della ruota , • Trin — | • Trm ; \\7t essendo il rapporto del DI VlNCENZO BUUXACCI. 291 diametro alia periferia. E questa massa, i di cui elementi si oppongono alia forza niovente con diversi pesi , come si e detto , per ci6 che spetta al modo di rcsistere, equivale ad una massa di acqua Dm = gm, la quale operi con un momeiito costante come applicata all' estremita del raggio orizzontale delta ruota. In fatti indicando con z un angolo al di sopra o al di sotto del raggio orizzontale della ruota stessa , sara 1' arco che a quest' angolo corrisponde = z, e rappresentando con — dzm T elemento della massa di acqua di cui e aggravata la ruota alia fine dell' arco — z, sara — cos.z-m -dz il momento col quale questo elemento si oppone al momento dell' urto dell' acqua sulla ruota ; la somma adunque dei momenti di tutta l' acqua distribuita sulla semicirconfeienza della ruota sara 2! — j ni / cos.zdz, estendendo I'integrale da z = o sino a z = 90*'; si avra allora quella somma = 2, ( — | m ■ sen. 90° = — • niD, la resistenza pertanto sara nel nostro caso rappresentata da una massa di acqua mD = gm. C II suo viaggio poi in un secondo e = '- , tale essendo la velo- cita della circonferenza della ruota , sara pertanto Dm ■ C 4 j/~< • - • Qni o • !• 00 — r — = -^ccAC, cioe per noi -^ = 0^00094, e quiiidi m=c,coioio, e la quantita di acqua che si versa da questo cannoue in un secondo sara — = /n . i = 0,000407. Questa ruota adunque alzera in un secondo metri cubi di acqua -^=0,000487 sino air estremita del diametro, e versati nel reci- piente saranno essi all' altezza di otto metri sul livello dell' acqua del canale. Osservo poi che se per alzare 1' acqua ad otto metri io avessi po- tuto fare la ruota di otto metri di diametro, allora 1' acqua alzata in un secondo sarebbe stata = 0,00049; ^^^ basti a provare la necessita dell'avvertenza del § 6. 292 SUL COMPUTO DELLE MACCTIINE IDRAULICIIE Alzaiidosi tlul nostro rotone 0,000487 metri cuhi cli acqua in un secondo, se ne alzcranno in un' ora metri ciibi i,573. » , . • fnC j~. 4 ,^ n mC A ^ A „ § 9. L equazione —■ D= - olAC da -^ == ^ aC • -^ , e 1 acqua alzata ^ essendo la stessa resistenza /?, e rappresentando per Q la cjuantita di acqua a.C impicgata ad alzarla , sara R= '^ Q ' '^ ' die ci dara in ogni caso il valore dell' acqua alzata : sara poi QA : RD : : I : ^- ; si puo pertanto considerare per viaggio della re- sistenza la stessa altezza cui si h alzata 1' acqua, ed e sempre 1' acqua alzata moltiplicata pel diaraetro della ruota , -^ della forza movente. Sopra tutta la circonferenza della ruota dovra essere distribuita una quantita di acqua — m = | ?r • 0,00 1 3 1 3 ; la divideremo pertanto nei secchioni , e sara sempre facile I'assegnare le diraensioni ed il colloca- mento dei medesimi. § 10. Ma per le altre raacchine idrauliche, le quali non sono messe in moto dall' urto dell' acqua suUe ali d' una ruota , non si possono dare egualmente delle regole cosi generali ; che anzi quasi per cia- scuna niacchina conviene battere una strada ad essa propria onde avere il rapporto della forza movente aU'eflfetto; per raostrare adunque come uno ha da regolarsi nei casi particolari , noi diamo qui la teoria ed il compute di alcune macchine idrauliche , avendo sempre la raira di trovare per ciascuna di esse il rapporto tra la forza mo- vente e I'effetto. Questa e la strada anco per rilevare quale tra due macchine proposte per lo stesso oggetto e da preferirsi : lo sara quella il cui efFetto e una piii gran porzione della forza movente ; che in quanto al fare che l' effetto superi o anche semplicemente agguagli la forza movente, e cio impossibile. I DI VINCENZO BRUN/^CCI. 293 Articolo II. Calcolo della macchina del Ftnugio. § I. XXBlilASI sott'occhio la figura (Tai>. V, fig- 1 ) Da uii canale /iA sgorglii cleir accjua coii una data vclocita. P, Q soiio due secchioiii uniti tra loro per mezzo di una corda clie accavalcia una puloggia R. Quando queste due secchie sono vuote , cjuella P pesi piii della Q e stia ap- poggiata sul muricciuolo Z)C ; quando sono piene di acqua, la Q pesi pill della P. Ad una ccrta altezza sopra A A sia una vasca BB, nella quale si ha da vuotare il secchione P. Essendo vuote le secchie , appoggiata la P sul muricciuolo , 1' altra Q stando ferma , cada 1' acqua dal doccione AA nel secchione P e lo riempia ; ci6 fatto , da un beccuccio e che ha la stessa secchia P, o in altro modo che non preme indicare , I'acqua caschi a riempire 1' altro secchione Q; cosa avverra egli quando il scccliione Q sara pieno ? Esso discendera ed obblighcra il P a sa- lire , perche quando sono pieni i due secchioni , il peso Q prevale a quello di P. Ora il secchione P ha un manico /, e nell' alzarsi que- sto s' imbatte in un rampino o attaccagnolo della vasca BB,e6 acca- valciatisi il manico ed il rampino, mentre il secchione P continua ad cssere alzato dal Q, 6 questo stesso P obbligato a vuotarsi nella va- sca BB. Vuotatosi intieramente questo secchione , quello Q , il quale ha pure verso il fondo un manico, incontra un ostacolo che I'obbliga a rovesciarsi, e cosi versando tutta I'acqua che contiene, rimane vuoto. Vuoti i due secchioni, il P, essendo piu pesante del Q, comincia a discendere e Q a salire ; in questa guisa tornano i due secchioni nella primicra situazione, ove nuovamente P principia a riempirsi , e dopo esso il Q , e rierapiuti che sono , ricomincia il giuoco dell' alzarsi I'acqua sino alia vasca BB , e cosi via via. 294 SL'L COMPUTO DELLE MACCHINE IDRAULICUE L'acqiia poi del doccione AA quando non va a riempire le sccchie pub essere adoperata a inaiulare una consimile macchiua o ad altri usi. E cjui avverto che il secchione Q allorquando conterra anco un graiio di acqua di piii di quella die ci vuole a far I'equilibrio coU'al- tro seccliioiifi pieno , coraincera a discendere , e cessera per conse- guenza di ricevere T acqua; affinche dunque il secchione Q non co- minci ad abbassarsi, se non quando esso supera T equilibrio con un dato peso di acqua , e necessario supporre un congegno atto ad impedire la di lui discosa sino a quel raomento che sia caduta in esso tant' ac- qua da reiulerc T eccesso del suo peso eguale a quello che si vuole. L' ordigno T e un volante che serve a ritardare F acceleramcnto troppo grande del moto dei secchioni tanto pieni che vuoti. Beliiloro , il quale da la descrizione di questa niacchina nel secondo tonio della sua Architettura idraulica , dice aver saputo da M. Crora- wci Mortimer J Segretario della Societa Reale di Londra, che Girolanio Finngio italiano ne e il primo inventore, e che la pubblico a Roma nel 1616. lo mi rammento di aver veduta disegnata questa macchiua in un libro italiano della meta circa del secolo diciassettcsirao , ma non ho ora ii comodo di ricercarlo per cavar di essa esatte notizie. Mi sono poi determinato a pubblicare la teorica di questa macchiua per esser essa una delle piu vantaggiose ed utili macchine idrauliche, e nel tempo stesso di una sorpreudente sempliciti. § 2. « Data ora la quantita di acqua che sgorga da un doccione , » e I'altezza AE della quale si pu6 disporre , si vuole determinare la » quantita di acqua che si potra alzare ad un' altezza data sopra il » doccione A A in un dato tempo come di un minvito primo. » Sia a r area della bocca del doccione per cui sgorga ; h 1' altezza da cui i gravi cadono in un minuto secondo se non sono spinti alia discesa da altra forza che la gravita ; c 1' altezza dovuta alia cvlerita coUa quale 1' acqua sgorga dal doccione; sia & il tempo che s' impiega ad empire il vaso P; & quello che ci vuole ad empire il vaso Q; sia anco p la quantita di acqua contenuta nel vaso P pieno , e q quella contenuta nel vaso Q egualmente pieno ; avremo allora p = 2.6ai/hc; q = i&a[/hc. DI VINCENZO BRUNACCI. agS Sia P la niassa del vaso P; Q quella del vaso Q , e \e condizioni del problcma richiedono semprc q^f, P^Qi Q -^ (J "> P -*-pv q-p>P-Q- § 3. Pendcndo due masse M, N da due capi di una corda acca- valciata ad una pulep;gia, quando esse non sono eguali si muovono dalla banda della niassa maggiore , e facilraeiite si vede die se al principio del moto che si vuol valutare h nulla la velocita , si ha hM— liN 1 1 1 ,^ • -1 •• 1 s = —~ — - - t , ponendo che M sia il corpo piu pesante , s lo spazio percorso nel tempo t. Ci6 premesso , I'equazione del moto del due vasi ripieni di acqua. quando cioc P s' innalza e Q si abbassa , sarii e quella pel moto dei due vasi vuoti sara hP-hQ ,2 J ' • I • J -1 . s = p ^rT c i essendo s , t lo spazio ed il tempo ni questo moto. Poste poi V e v \e velocita alia fine dei tempi t, t, si ha h^Q^q)-h{P^p) kP — hQ P-^Q 2t. Sia A I'altezza dalla quale pu6 discendere il vaso Q, e cui puo salire P, e sia T il tempo impiegato a descriverla nel piimo moto , e T' quello del secondo moto , e si avra (.) ^^HQ :.,)_- k^p^^. ^ ' P •*- u •*- O -f- a (^) A = hP- da cui Q ^ -y Q-p^q -p\/h' ^ ~V P-q'y T" ed indicate per C, C le celerita finali P-^P-^Q 0 296 SUL COMPUTO DELLE M.VCCHINE IDllAULICUE § 4. Noi lion valutiamo il tempo die ci vuole a vuotare i due vasi, poiche ci possiamo figurare tali congegiii die qiiesto tempo sia tr^scu- rabilc. Pel vaso Q faceiulo die si rovesci, il suo vuotamento si fara ill nil fi:ic ; ed egualmente prestissimo si vuotera il secdiione P , se faremo ii di liii raanico nou attaccato al suo orlo , ma piu abbasso , ill modo die facilissimo possa riusdre il traboccamento del secdiione. Ill questi movimenti ho trascui'ato anco il peso della corda o ca- tena clic regge i si-cchioni. Cio pu6 farsi , giacdie e permesso di risguardare tal peso come compreso nei pesi P e Q; in fatti al foiido dfi due vasi puo essere attaccata la stessa corda, la quale tutta giaccia e si appoggi sul suolo, se il vaso e sul suolo ; ed aggravi con una sua porzione il vaso stesso, se esso e per aria; in questa guisa tanto da una parte che dall' altra della puleggia vi sara lo stesso peso di corda. Ho trascurato pure 1' attrito del perno della puleggia , la difficolta della corda ad abbracciarla, ed il momento d' inerzia della puleggia stessa , e tutte queste cose per rendere in principio piu semplice la qucstione : le valutero poi. § 5. Di quattro tempi e composto 1' intervallo del tempo die ci vuole per ottenere un secdiione di acqua nella vasca BB , e sono 6, 6', T, T'; sara dunque un tale intervallo 6-^-6 -*- T -*- T'. In 60" avremo dunque un numero ^ — ^, _^ , di secchioni di acqua, meiitre ogni secdiione ne conterra una quantita = p. Dunque in un minuto primo si ha Acqua die s' innalza — g ^ q- ^ r^ -p' ?'■> Acqua die si perde = a ^ q' ^ t -*- T ' ^ ' Acqua soraministrata dal doccione = 2 . 60" -al/hc ; |ue r acqua cl Sara dunciue 1' acqua che avanza = 2, . 60 "• a/Ac — ^^ /jr''-^''^^' — -7r-'-> & = — 7T- '■> dunque 2n(//jc 2a(/«c '■ DI VlNCENZO BRUNACCI. '97 . . , ^ Co" • iap\/hc Acqua innalzata = -^ ^r\ TT . , 6o" • aaqi/hc Acqua perduta = ___^-_^__^^ . E ponendo in vece di 7" e di 7"' i valori trovati alia line del § 3, si avra 4 . , 6o" • iup\/lic Acqua innalzata = -. 7-5 „ * t-t: — tt . , 60 " • lagi/lic Acqua perduta = Cosi data la quantita d'acqua , progettata una tal niaccliina e fissati i valori del)e quantita P, Q' p, q, se ne potra preventivamente cal- colare il suo efFetto. § 6. Ma converrebbe poter determinare preventivamente la grandezza delle dette quantita P, Q, p, q che entrano nella costruzione della macrhina , in guisa che da essa ricavar si potesse il massimo vantag- gio ; questa ricerca pero porterebbe a calcoli molto prolissi pel nuniero delle indeterminate che vi si trovano, e ci6 anco inutilmente , perche il valore di alcune di quelle indeterminate e dalle circostanze della macchina a presso a poco stabilito; ed il valore delle altre si ha da fissare in conveniente modo per la pratica. Noi pertanto c' ingegnere- mo di mostrare come nel caso concrete taluno si abbia da regolare. Abbiasi una sorgente la quale dia una cosi detta oncia magisirale d'acqua di Milano , quantita che ascende a 82 brente milanesi d' acqua in ogni minute primo , che sono circa due metri cubi e mezzo per minuto primo. Possa questa farsi cadere da quattro metri di altezza. Pongo che i secchioni debbano essere ciascuno incirca della capacita di un quarto di metro cubo ; di una maggiore capacita sarebbero trop- po soggetti a scompaginai'si al piii leggiero virto. Cosi i due secchioni conterranno in mtti e due mezzo metro cubo. Ora conviene che la macchina consurai tutta V acqua che si ha , che cioe tra quella alzata e quella perduta in un minuto primo sia due metri cubi e mezzo. roi. ui. p. II. 37 298 SUL COMPUTO DFXLE MACCIIINE IDRAT^LICIIE Dovra diinque la niaccliina f;ne cinque viaggi in un primo , e quindi ogni viaggio dovra esserc di dodici secondi. Di qiiesti dodici secondi poiiiamo die tre sc ne iiiipieghino ad empire e vuotare i secchioiii , e ne resteraiino nove pel loro scendere e salire ora pieiii, ora vuoti. Onde riuscire a rieiupirli in si poco tempo, converra fare per modo die I'acqua vada a riempire una vasca , e cosi il secchione P immer- gcndosi in essa , facilmente si riempira , e nell' atto stesso di questo rienipiniento si riempira anco il secdiione Q: si osservi la figura , la quale ha pure disegnato questo second© modo di riempire i secdiioni. Potrebbe poi accadere die, prendendo i valori di P, Q , p, q in guisa che il salire e scendere del secdiioni si corapisse in nove secondi , la velocita finale di essi all' atto del fermarsi fosse troppo grande da non potei"si facilmente moderare e frenare la scossa delle secchie medesime ; ci6 per6 si rilevera dal calcolo. Per ora'stabiliremo che pei secdiioni vuoti la velocita finale non abbia ad essere maggiore di 5 metri per secondo, e pci pieni maggiore di 3. I rotoni a secchie che innalzano I'acqua non hanno una velocita piu grande di 5 metri per secondo. § 7. Ciascuno dei due secchioni debbe contenere, come si e detto, circa un quarto di metro cubo; Q ne ha da contenere piu che questa quantita , e P raeno. I secchioni si potranno fare di rame cerchiati di ferro, e poniamo che il peso di Q sia circa la decima parte del peso deir acqua che conterra appresso a poco cio che pu6 bastare per la sua robustezza. Facciasi dunque Q = 0,026; prendo P = o,o35, dovendo essere piu pesante di Q. Avremo pertanto P-*- Q — 0,06 ; P— Q = 0,01 ; e poi p -*- q = o,5o. L'altezza a cui puo discendere il secchione Q , e cui puo salire il P e quattro metri , dunque ^4 = 4 ; in fine si sa dalla meccanica che h = 4,9. Queste cose premesse , si avra priraieramente pei vasi vuoti 6 posti gli assunti valori r = i/^y ^= i/ey^ =0,903 y 6 = 0,903 -2,45 = 2,21; 0,01 4,9 4,9 ■' ^ ^ 1)1 VI^fCtNZO BRIJNACCI. 299 Sara duntjue ^, _ 4,9- 001 • 4,42 _ 4,9 ■ 4.4a „ 3 5 J o,c6 6 ' ' velocita minore del limite cui si potrebbe glungere. Convieue ora trovare i valori di p e di q , per c[uesto si avra o,56 6", 79 0,56 r- c. 2. g_^_0,OI ~"o,9o3' q—p—c,oi ~ 7' ^' o,56 = 56,55 {q — p) — o,5655 ; 1,1255 9-^=T635 = °'*'^' Ora p -^ q = o,5o ; q —p = 0,02 ; dunque q = 0,26 ; p = 0,24. La velocita poi die avranno i secchioni pieni alia fine del loro uioto sara ^ 4,9(0,02 — c,oi ) ^ 66,5^2 C = -^i^--^^ 2. 6,79 = -3^-^- =1,2 circa, ^ velocita per cui non possono avere alciina scossa pericolosa i secchioni. § 8. Dando alle quantita le dimensioni qui sopra fissate, e data una corrente la quale dia 2 | metri cubi di acqua per ogui minuto priino , ed avendosi 1' altezza di quattro metri da cui si puo far cadore quest' acqua , se ne potra alzare per altrettanti quattro metri al di sopra del livello dclla corrente una di lei porzione , 1' altra perden- dosi. L'acqua poi alzata stara alia perduta come 24 : 26 : : 92 : 100 circa. Questa macchina e una delle piu utili e vantaggiose per alzar r acqua , giacche la forza movente , che per essa s' impiega , la quale consiste nella quantiia di acqua perduta mohipiicata per 1' altezza da cui si fa cadere, non supera che di otto centcsiiui Teffetto dclla mac- china, il quale si misura dalla quantita dtll' acqua alzata mohipiicata per r altezza cui e alzata, ed in generale dalla resistenza mohipiicata pel viaggio fatto. 300 SUL COM?UTO DELLE MVCCllTNE IDRAULICHE § 9. Noil abblamo coiisiderato V attrito del perno della riiota cui h accavalciata la conla chc sosticiie i seccliioni , la di lei riiidezza ed il inomento d' inerzia dclla ruota stessa. Le due prime cagioni di resistenza possono irascurarsi e per la grandezza della ruota , e per la piccolezza e buoiia fattura del periio ; non e cosi della terza cagio- ne , la quale appunto per essere la ruota di gran diametro e pesante , come ricliiede la robustezza della macchiiia , sara da tenersi a computo. Nou vi ha alcuii dubbio die per questo motivo il nioto dei due pesi accavalciati ad una puleggia sara ritardato. Sia F\a forza di resistenza che nasce da ci6 , e 1' equazione del moto di quei due pesi sara ^d's\_2h{M—N) — F m M-t-N Le lettere di quest' equazione significano le stesse cose che nel com- puto fatto al § 3. Sia \\j r angolo descritto alia fine del tempo t da un punto della ruota distante dell' unita dal perno : la forza F che da una parte tende a ritardare il moto dei pesi , da un' altra tende ad accelierare il moto rotatorio della ruota. Operando dunque la forza F alia cir- conferenza della ruota e perpendicolare al raggio, sara Fa il moraento per far girare la ruota , della quale a e questo raggio ; dunque se per R rappresentiarao il momento d' inerzia della ruota medesima, avremo per 1' equazione del suo moto rotatorio e volendo riportare il movimento rotatorio ad un punto della circon- ferenza della ruota , allora converra porre - per ^ , ed avremo ^{^)=Fa, h {M- N) Mi-N-^m"' e quindi la velocita _ 2h jM-IV) , _ h{M-N) a se in vece di AT e di A^ si pone Q-*-q e P -*-p , si avra V equazione del moto dei seccliioni pieni •, e ponendovi P e Q, si avra quella dei secchioni vuoti. § II. Rifacciamo adunque il compute della maccliina dando alio quantita gli stessi valori del § 7, e fatto di piii m = o,o3, ponendo cioe che la puleggia o la ruota pesi 3o chilogrammi; ma non pesera tanto. Avremo in questo caso C = tlliiii = 2,4 i I / 0,59 6.3 y q — p — 0,01 0,903' 0,59 = 48,674 {q _p)- 0,48674; 3oa SUL COMPUTO DELLE MACCIIINE IDRAULICflE dunque prossimaraeiite 9 = 0,26; jo = 0,24^ come trovammo sopi-a al § 7. Si vede pertanto die si lia sensibilmente la stessa quantita di acqua alzata anco tenendo conto del momeiito d'inerzia della ruota, per la qual cosa iu pratica si potra trascurare questa causa di resistenza. § 1 2. Se I'altezza cui si ha da portare I'acqua fosse raaggiore del- r altezza cui si puo far discendere il secchione , allora si fai'a cosi : II secchioiie die pieno di acqua ha da discendere sara racconiandato ad una corda, la quale si avvolgera ad una ruota di un diaraetro assai miuore di quello di uu' altra ruota, cui si avvolgera la ruota del sec- chione che pieno ha da salire. Queste due ruote avranuo un asse orizzontale coiiiuiie , cui saranno (issate , e girando su due poli questo asse, gireranno insieme quelle ruote. Si dia un' occhiata alia figura 2. 11 rapporto dei due dianietri delle ruote sara appunto quello che e tra la discesa dell' acqua e la sua salita; cosi se nientre possiamo far cadere I'acqua daila sorgente per quattro raetri d' altezza, si do- vesse alzarne una porzione all' altezza di dodici metri , allora la corda del secchione piii basso fareino che si avvolga ad una ruota per esera- pio di un terzo di metro di raggio , mentre la corda dell' altro sec- chione il pill alto si avvolgera ad una ruota di un metro di raggio ; e cosi lo spazio descritto da quest' ultimo secchione triplo sara di quello descritto nello stesso tempo dal primo; quaiido dunque il secchione piu basso scendera di quattro metri , ei sollevera Taltio per I'altezza di dodici metri. § 1 3. Per avere 1' equazione del inoto in questo caso osserveremo che . un peso M operando sulla ruota piccola per faria rotare in un verso, ed un peso A'^ sulla grande per farla rotare nel verso opposto, se per a si rappresenta il raggio della prima ruota , e per b quello della seconda , 1' effettivo momento delle forze per fare la rotazione sara 2h(Ma — Nb): ora la forza raotrice del peso M essendo Mal^j-, e quella del peso TV, ^^(-p') ( o^e 5 rappresenti lo spazio de- scritto da N nel tempo r ) , si avra Ma{^)^m{;g-)=.hiMa-Nb); DI VINCENZO BRUNACCI. 3o3 ma S:s ■.-.but, S = —, dunque a e questa e I'equazione del moto non introducendo il niomento d'iner- zia delle ruote ; che se terreino coiito anco di questo , si avra b E facendo R = ma^, sara ora integrando, si ha 2h a a iih (m- t^y 3I-t 5 N-*-m a \dc) b' ' • a h ( M— - iv\ s = —^ ?L_Z c» N-f xN-*-m a Se in questa eqiiazione in vece di AT e di i\^ si pongano i pesi dei secchioni tanto vuoti che pieni , si avranuo le equaziuui del movi- mento dei inedesimi nei due casi. § 1 4. Prendendo a trattare lo stesso caso del § 6 e 7 , e facendo di pill J =12,; Q= 0,025 ; ^=0,025; a = i ; 6 = 3; m = o,c4; ed alle altre quantita dando gli stessi valori assegnati loro qui sopra , si avra 304 SUL COMPUTO DELLE MACCHINE mRAULICHE a r= 1/5,8 •j/2,45 = 1/14,2 1 = 3,77; la celerita finale sara ^, 2 • 4.9 • o,c5 5 9,8 • 5 o 49 o ^ = c,.9 •^'77=^,--- 3,77 = g.3,77 C = 1^7 ^ 6,37. 29 ' ' Dunque la velocita finale del secchione P nel tornare abbasso dopo esseisi votato sara metri 6,87 per secondo, e per conseguenza troppo grande; converra dunque disporre per raodo i pesi dei secchioni , che questa velocita sia piu piccola , onde nel fermarsi non si risichi che si rorapa il secchione P. Per riniediare a quell* inconveniente conviene dare diversi pesi ai secchioni vuoti ; e primieraraente osservando che il secchione Q debbe contenere qualche cosa di piii del triple di acqua che contiene P , la sua robustezza debbe essere anco maggiore di quella del secchione P. Facciaino dunque ()=o,o38; P^ 0,016; e sara -P- Q = 0,048 -o,o38 = 0,01; sara poi — /'-t-f^-t-m = 0,144 -<-o,o38-ho,04 = 0,2,22; dunque r = |/^"^ • /2,45 = 1/54.39 = 7,37 ; la celerita poi sara e questa velocita sta ora entro i limiti per una buona riuscita. Dovendo in nove secondi compirsi la sahta e la discesa dei secchioni tanto vuoti che pieni, ed il tempo quando sono vuoti avendolo tro- vato di 7, 37, resterebbero solo i",63 pel moto dei secchioni pieni; ci toccherebbe ora a determinare i valori di /? e di 9 con queste due condizioni che p-*-q ~ o,5o , e che la differenza q — p fosse tale che il tempo impiegato nel moto dei secchioni pieni ascendesse ad 1 ,63; DI VINCENZO BRUNACCI. 3o5 ma senza fare il calcolo si vede che allora la rapidita del movimento sarebbe tale che la velocila finale dei secchioiii pieni sorpasserebbe quelia dei limiti assegnati al § 6 ; cosi in cjuesta guisa la macchina non avrebbe sicurezza. § 1 5. Per rimediare all' inconveuiente noi supporremo die la mac- china abbia a fare tre viaggi in un niinuto ; allora nou si consumera che un metro cubo e mezzo di acqua della sorgente, e ne restera in nostra liberta un n)etro, col quale potremo niaiidare un'altra macchina minore. Dando dunque ai pesi P e Q ]e grandezze che loro abbiamo assegnate qui sopra , si avra 1' equazione 0,222 •*-9p-*-q _ 33 . q — 3p — o,o I ' 0,222. -*- <)p -*- q — 38qr — I I4J3 — o,38 ; 0,6o2 = S-jq— I23p; ma p-*-q = OjSo i q ■= o,So-—p ; dunqne o,6o2 = 37 (o,5— /j) — I23p ; 0,602 = i8,5 — i6qp; 18.5 — o,6c2 160 = 0,11 ; sara poi 9 = 0,39; e stara la forza movente aU'effetto ■.■.qi:p-3::3g:i3, ovvero :: 100:87,2 circa. Per avere la velocita finale, questa sara ^ _ 9,3 • o,o5 ^^o _ 49 • 9/>3 _ 47>'S7 __ „ n^ • ^ ^;6^ ■ 9'"^ ~ 160 r6~' '94' questa velocita sta entro i limiti assegnati al § 6 ; ma se si volesse avere anche un moto piu lento, basterebbe far fare alia macchina me- no di tre viaggi per miniito, per esempio, due e mezzo, ed allora i valori di p e di - '- Bb^ ora ponendo che il braccio JC' del vette debba tanto scendere al di sotto deir orizzontale , qiianto era al di sopra , e die allora si vuoti il vaso P, e resti alleggerita Taltra estremita B' , se rappreseiitiarao con T il tempo di questa discesa totale del braccio AC', si avra fatto = 90° -^ ili" = 1 80° - .V, ' Hh • COS. — ^ llh COS. — 2 2. ed indicando per E la celerita angolare finale, sara M E = H ■ 2/1 COS. — • T; ovvero 2 Vol. III. P. n. 3<) / 3i4 SUL COMPUTO DELLE MACCHINE IDIIAULICIIE E=2 i/Hh ■ COS. — • / 1 3o° — 2IV ; essendo H= {P-*-p)a-*-A - — {Q-t-q)b — B - sara poi jE-a la velocita assoluta dell' cstremita C" del vette, e E-b quella dell' estremita B" alia fine di questa discesa medesiraa. § 5. Scaricato il vette dalla situazione C .6" tornera alia CB' , ed indicando per T il tempo necessario per qifesto secondo viaggio , e per E la velocita aiigolare finale , si avra H'h COS. -M H h COS. — E = 2l/H'hcos.f\/ioo'' 2.1V essendo ir= b n Qb^B Pa—A- Pa -*- - Aa ■ Q6V l-Bh^ sara poi a vette scarico E- a la velocita dell' estremita del vette giunta in C , e sara E ■ h quella dell' estremita B'. § 6. Se indichiamo adunque per d il tempo necessario a riempire e vuotare il secchione P, coniemporaneamente caricandosi e scarican- dosi r estremita B, sara 6-^T-^T il tempo totale di un viaggio del vette , consistente nella discesa , nella salita e rierapiniento e vuota- mento del secchione P; 60" il numero dei viaggi m un mmuto prxmo sara e^T-^T 6o"p la quantita di acqua impiegata = ^ _^ ^ _^ y, ; 60" 9 il peso alzato = ^ _^ j, _^ y, , r altezza da cui 1' accpia discende essendo = aacos. IVt ed il viaggio verticale dell' estremita B essendo = 26 cos. N; Di ^^NCE^•zo brunacci. 3i5 cosi, date le dimensioni tutte delle parti del vctte , e le quantita p e q, si potra trovare quant' acqua cl viiole a far andare contiimaraente questa niaccliina , e quanto peso si pu6 in un dato tempo soilevare all' altezza 26 cos. N. Se questa leva dovesse essere impiegata ad alzare 1' acqua stessa della sorgente ad un' altezza sopra il livello della sorgente raedesiraa, allora converrebbe iinirvi qualciie altro congcgno di altra macchina , e la testa B del vette dovrebbe operare sopra qucsto congcgno stesso. La si potrebbe per esempio unire ad una tromba, come e la macchina indicata al § i. Allora alia testa B del vette e attaccato un grosso peso , die nell' abbassarsi ed alzarsi abbassa cd alza lo stantuffo ; si potrebbe anco conibinare coUa macchina del Finugio , ed in vece del secchionc die picno di acqua discende obbligando T altro a salire , potrebbe questo essere obbligato a salire dalla testa B della leva idrau- lica. La dottrina di una tale macchina coinposta e facile , atteso ci6 die si e detto delle due macchine die la compongono; senza per6 alcun computo si vede subito die sara piu utile adoperare la mac- china del Finugio da se sola , piuttosto die la composta , quando ta- luna circostanza locale non ne renda impossibile la costruzione. § 7. Vengo ora ad esporre il progetto fatto da taluno di combinare due vetti in guisa che mossi dalla stessa quantita di acqua operino ambedue sulla medesima resistenza , coll' idea di averne un piii van- taggioso effetto. Si veda la figura 4. Tutto stando pel vette superiore come e descvitto qui sopra , tra I'appoggio ^ e 1' estremita B , in un punto G del vette , siavi un tirante rigido GH , il quale abbia il suo capo H legato in un punto H avanti all' appoggio D nel vette infe- riore. Questo tirante poi sia snodato nelle sue giunture C, H coi bracci dei vetti. II vette inferiore sia caricato in E di un peso , e I'altra sua estre- mita abbia un secchione, come lo ha il vette superiore. Quando il punto C salira in C', il punto L spinto dal tirante G'H' scendera in L", e quando il punto C scendera in C", I'asta o tirante G'H" solle- vera il punto L' in L'. Ora tutte le parti del congegno sono per modo combiiiate che 1' acqua del secchione venuto in C" si vuota uel 3l6 SUL COMPUTO DELLE MACCHINE IDRAULICE scccliione Q del vette inferiore , per il die 1' estreiiiita L' scende ed alza il peso attaccato in E, e nel tempo stesso obbliga il secchioiie del vette superiore a salire in C e prendere nuova acqua : mentre il sec- chioiie P riceve T acqua della sorgente, il Q giiiuto in L' si vuota, r cstreraita E si scarica del siio peso , e qiiiiidi torna da capo a sceu- deie il seccliioiie P, a salire il Q per incontrailo , e cosi contiiiuare il giuoco della niacchiiia. Congegiiati cosi i vetti, si vede clie I'effetto della maccliina consiste solo nel peso trasportato dall' estreniita E del vette inferiore , molti- plicato pel viaggio clie ha fatto , ma che a produrre il moto di que- sto vette inferiore coopera anco il superiore ; imperocche , nierce quel tirante , il vette superiore uello scendere accelera la salita dell' inferiore,. e nel salire ne accelera la discesa. Avendosi pertanto una quantita di acqua da disporre , ed una ca- duta di una data altezza , si domanda se sia maggiore 1' effetto che con questa forza movente potremo ottenere con una sola leva idrau- lica , o con due combinate nella raaniera detta qui sopra ; niisurando r effetto in uii dato tempo dal prodotto di un peso niosso , moltiplicato pel viaggio da esso fatto nello stesso tempo. § 8. Situati i due vetti in direzione orizzontale , il tirante GH fac- cia con essi angolo retto ; poniamo di piu per facilitare la ricerca che /4G sia eguale a DH=^; poniamo anco che I'angolo C AC sia di po- clii gradi : allora facile e accorgersi che nelle diverse situazioni clie il vette inferiore prende, obbligato dalla situazione del superiore , i due angoli che questi vetti fanno colle orizzontali sono eguali prossima- mente , ma in opposto senso ; cosi se il superiore si abbassa di un grado , di un grado pure si alza I' inferiore. Cio premesso', cerchiamo 1' equazione del moto dei due vetti colle- gati insieme. Alia fine del tempo t il vette superiore abbia la situa- zione C AB' . Sia F la tensione del tirante GH' in quell' istante ; noi possiamo considerare i due vetti come slegati, e supporre che la forza F operi ancor essa nel niuovere il vette , ed operi colla direzione G'H' da G' verso U, applicata al braccio di leva AG = S ; facciasi I'angolo B'G'H' = U, e xuantenendo le stesse lettere usate sopra per DI VINCENZO BRDNACCI. 3>7 riiidicazione delle parti e delle forze operative sul vette superiore, si avra = 2hU P-^p )a^/l'^-(Q-*'q)b-B -I sen. (p-F- sen. U 5 ; ora nel mentre che il vette superiore coll' estremita C discende , T iii- feriore di gia scaricatosi dell' acrjua e del peso in E, si alza colla sua estremita L"; la forza F incognita opera nelio stcsso senso clie operano i pesi del hraccio DE; cosi avendo occliio a cjueste circostanze ed accentando le lettere che iudicano le cose pel vette inferiore , e die in esso sono diverse da quelle del superiore , si avra pel dctto vette inferiore 1' equazione \ ""' - ^ ';■ - ?'■■ - B' '3-' \ &) = 2/1 \ Q'b' -^B —-Pa:- A "' \ sen. -q)b^B ^^Pa-Al-*-{P^p)a'^A' ^-(Q' ^q')b' -B' -^. § lo. Pu6 fare specie a talimo corae io abbia limitata la ricerca deir equazione del moto pei due vetti collegati insieme con quel ti- rante , al caso che a pochi gradi ascenda 1' oscillazione di ciascun vette, ma cessera ogni meraviglia quaiulo sappia die seiiza questa condizione il problema non poteva condursi ad uii ultimo risultamento cui si potessero applicare i numeri. Con lo stesso strattagemma di considerare i due vetti slegati , e fare che ciascuno di essi risenta di pill r effetto della tensione del tirante come di una nuova forza, avremnio anco nel caso generalissimo trovato le due equazioni dif- ferenziali pei moti dei vetti cosi sciolti; ed eliminando da queste due equazioni 1' incognita forza della tensione suddetta , avreiuo in fine ottenuta 1' equazione del moto dei due vetti legati iusieme ; ma essa per la complicazione sua e intrattabile. § II. Riprendiamo le due equazioni (a), (b). Trattate queste equa* zioni come 1' equazione (2) del § 3 , ed indicando per ju. ci6 che ivi e per M", cioe I'angolo di cui i vetti si alzano o si abbassano rispetto all' orizzontale , si avra r —^ per 1 equazione (a) , e Vh-cos. t ^= //^^ P« la (6). N'k • COS. 2. Se ora indicliiarao con fl il tempo necessarlo a riempire il secchione J*, ed a vuotarlo col raandare 1' acqua nel secchione del vette infe- riore, sara -5 — =; — =7 il numero delle andate e dei ritorni di ciascun vette in un minuto primo \ -3 — ^zf ^, l' acqua consumata in detto DI VINCENZO DRUNACCI. 3l9 do' q \ tempo j fi _^n,^ rp, il peso alzato dal vette inferiore in tal tempo per lo spazio portato dalla salita dell' estremita E del vette inferiore. § 12. Venianio con un esempio a fare il confronto tra I'effetto di una sola leva idraulica , e qucllo di due leve collegate insieme come ^ dctto qui sopra. Abbiasi una corrente di acqua la quale versi mctri cubi 2,5o in 60"; il secchione P si riempia col continuo fluire dclT acqua della fontana in 3" ; sara allora dato il valore di p. Poniamo P=o,oii /) = o,i25i Q=o,o65; 9=0,20; .<^=o,o3; iS=o,o3; a=2; 6=1. 9 e il peso die il vette alza, e Q e il congegno che tiene unito il peso air estremita del vette. Si sono assegnati alle parti tai valori che converrebbero nell' atto pratico. Sia di dieci gradi Y angolo di cui il vette sale e sccnde sotto I'orizzonte; presi questi dati pel caso conteraplato nei §§ 3, 4, 5, 6, si avra posto /i = 4,9 ; — — —\ ma xM= 20'' = 0,35 ; cos. ^ = cos. 5® = 0,996 ; T = -V Hh • COS. — • 3 H = (P-*-l>)a (/35 -0,107 _ |/3,745 _ j" r^ . r 0,02-4,9-0,996 r 4,9.0,249 r 1,22 '' ■' Qb ^•=f/. ^M H'h COS. M' ma H' 6 _ a B - —Pa-A - 2 2 .a „., „ o Fa^t-A^-^-Qb'-^B- „. 0,08 — o,o5 0,1 55 o,o3 0,1 55 ^ dune r=^; 0,35 • 0,1 55 c",6l. o,o3 - 4,9 - 0,996 Trovati i valori di T, T' , se poniamo che a vuotare il vaso P ci voglia un secondo , si avra (§ 6) d = 3' -*- i" = 4" ; dunque 320 SUL COIMPUTO DELLE M\CCIIINE IDRADLICHE T -*- T -*- ^ =■ i"jS -*- o"6i -*- 4" = 6 ",36 ; fara duiicjue questa leva idraulica gr^ = 9,43 salite e discese in uii niiiiuto primo; consumer a poi nello stesso luinuto primo una quantitii di acqua = 9,43 • 0,1 aS = 1,179 nietri cubi. L'altezza poi dalla quale quest' acqua discende e a ■ 2 sen. 10* = 2 • 2 • 0,174 = 2 • 0,348 = 0,696 metii , e 1' akezza cui il peso si innalza e b-2sen. 10° =0,348. II peso totale alzato a quest' altezza in Un niinuto prirao e 9,43 • 0,2 = i,8S6 metri cubi di acqua. § 1 3. Poniamo ora clie questa leva di cui si e fatto il compute sia unita con un' altra, e la leva superiore ritenga tutte le dimensioui clie le abbiarao assegnate. Essa non si scarichi del peso q , ma vi resti per accelerare la salita del vette inferiore. Al vette iiifeiiore diamo ove si puo le stesse dimensioni clie assegnate abbiamo al su- periore ; cosi facciamo Q' = o,o65 ; q = 0,20 ; 6' = i ; per rapporto alia lunirhezza a del braccio DL del vette inferiore osservo clie esser debbe uiaggiore di a per dar comodo al collocamento del tirante ; e per r angolo jj- ($ i i ) si avverta che 1' altezza totale entro a cui si hanno da muovere i due vetti, ha da essere 0,696, cosi dovra essere a • 2 sen. /x -*- a • 2 sen. jx = 0,696 ; 2 ( a -^ u' ) sen. fj. = 0,696. Facciamo a' = a-^ 0,5 = 2,5; sara 2 -4,5 -iere. f(. = o,696,- sen. ju, = =0,07733; f/. — Arc. sen. 0,07733 = 4° 25"; la distanza poi tra i due vetti messi orizzontali debb' essere = ° ''- = 0,348 , e tale sara la lunghezza del tirante. Poniamo in fine A' = o,o3; B' = 0,04; premessi questi dati, avrerao ( § 8 , 9 ) per r equazione (a) M= i,o58; N= 0,0425; e per la (6) Al' = 1,5395; A/' = 0,32 ; dunque (§11) _ 1 / I,058 • 2fi _ J,, _ 1/ 1,5395 • 2ft _ ' 0,0425 • h COS. — ^ o,3i • h COS. — ma 2jj. — 0,1541 ; cos. — = cos. 2° 12' 3o" = 0,999 ; dunque DI VINCENZO BRCNACCL 321 y, ^ y r.o58 -0,154. ^ 1/^ _ ^ gS? = o",88 ; ' 0,0425 • 4,9 • 0,999 f 0,208 ' ' ' r= #/'.5395-o,.54j^ _ //*^4J- =/0,l5l3 = 0",39. '^ 0,33.4,9-0,999 ' 1,566 -' § 14. Supponendo ora clie nel vuotarsi il secchione P e riempirsi il Q s' inipieghi tanto tempo quanto ci vuole a riempire coll' acqua della sorgeiite lo stesso P, sara questo tempo di 3"; dunque una discesa ed una salita del vette superiore si fa in 6" -♦- o",88 -*- o"39 = 7 5^7i ed iu questo tempo si fa anco una salita ed una discesa dell' inferiore. 60 Dunque in un minuto primo si faranno da ciascun vette = 8,25 viaggi; si consumera una quantita di acqua= 8,25 • c,i25 = i,o3i25; Taltezza da cui quest' acqua discende e metri 0,696; il peso totale alzato e 8,25-0,2= 1,65; I'altezza cui e condotto k oh • sen. 4^25 =0,l55. Impiegando dunque una sola leva , si ha in un minuto Forza movente consumata = 1,179-0,696 = 0,821; EfFetto utile = 1,886 • 0,348 = o,656. Ed impiegandone due, come e detto sopra, Forza movente consumata = i,o3i - 0,696 = 0,718; EfFetto utile = i,65 - 0,1 55 = o,256. Dunque con una sola leva 1' effetto utile e piii che tre quarti della forza movente, e con due leve combinate, come era proposto, questo effetto e poco piu di un teizo ; cio che mostra lo svantaggio di questa combinazione di vetti. § 1 5. Ma si pu6 anco mostrare generalmente lo svantaggio dell' unione delle due leve idrauUche ; in fatti per un solo vette si ha ( § 6 ) Forza movente -5 — %r—^ ■ ia sen. M; Effetto utile . . -k—^ '^ ^, • 26 sen. M; Quindi = forza ad effetto : : i : — ; ap E per due leve (§11) Foi. m. p. II. 40 5^2 SUL COJIPUTO DULL! MACCIUNE IDRAUHCIIi; Forza movente " 0 6d'p 2a • sen. Mi -^r ->- T EfFetto utile . . 6o"q • 26- sen jj.: • 0 ^ T-*- T Ouindi = forza ad effetto : : I : bq sen. (i ap sen. M Diinque r effetto di una sola leva sta all' effetto di due combinate ■ ■ — • — -j^ :: sen. M : sen. ul; cioe « come il seno dell' auffolo del ap ap sen. M ' o » quale, una sola leva oscillando nello spazio die e accordato pei" » la caduta dell' acqua , si abbassa o s' innalza sull' orizzontale con- » dotta pel suo appoggio, al seno di un simile angolo della stessa » leva che essa descrive in quella porzione dell' altezza clie gli e con- » cessa , riserbata Y altra porzione per la leva inferiore » che e la ragione di un tutto ad una parte. Dunque e sempre disutile quella combinazione di leve idrauliche. Che se anco il peso q attaccato all' estreraita B del vette superiore si risguardasse come una resistenza superata, facendo che il vette se ne caricasse quando B e alia fine della .sua discesa , e lo scai'icasse alia fine della salita, allora nelle due leve collegate la forza all' effetto starebbe : : i : — '-—-; ma % (a-*- a ) sen. w = aa sen. M, ed a ap . sen. M ^ / r ■> esscndo > a, si puo tare a' '= a •*- %ao, dunque sen. yu, = — ■ — _^ ^ ; , , , An 2 sen. M bq i onde quel rapporto sara i : — • — ; s- j>; ovvero i : — 5. ^ * r ap 2{i -t-3) sen. M^ ap i •*- d dunque l' effetto di una sola leva all' effetto di due collegate : : — : — ■ — . : : I -». ^ : I ; dunque essendo sempre i -»- 5 > i , quella combinazione. di leve sara svantaggiosa anco in questo caso. DI VINCE^rZO BRTTNACCr. 3a3 AUTICOI.O IV. Calcolo ddla macchlna a corona del Frangini S I. J.L Belidoro nella sua Architettura idraulica, tomo 2.°, pag. 266, da la descrizione di un' iiigegnosissinia macchina imraaginata ed ese- guita dal Frangini per ordine del sig. Colbert nel giardiiio dell' antica Biblioteca del Re nel 1668. lo qui ne diro soltanto quanto basta a ben coniprenderne coll' ajuto stesso del disegno il giuoco, onde poi fame il computo , riinandando i lettori che volessero farla fare a leggere la summentovata descrizione , onde non perdere alcuna di quelle avver- teuze pratiche necessarie per una buona riuscita. La figura 5 rappresenta questa macchina. Essa e composta di due doppie catene perpetue , fatte di bracci di ferro legati tra loro a cer- niera. A queste sono attaccati i secchioni , i quali in tal guisa vengoiin a formare due corone , di disuguale altezza , le quali girano sopra utio stesso tamburo FEDG. Questo e appoggiato col suo asse a due so- stegni P bene assicurati, come mostra il disegno. Air asse di questo tamburo si aggiusta una ruota dentata O che s' ingrani con un rocchetto N corrispondente ad un volante per man- tenere 1' uiiiformita del moviraento della macchina , e per toghere Tef- fetio delle piccole scosse che essa puo incontrare. Una sorgente perenne di acqua va alimentando la vasca A, ove va a metter capo la piccola corona onde riempire i suoi secchioni di acqua ; mentre la grande corona , i di cui secchioni sono riempiti per mezzo deir acqua che sopravanza alia vasca A , e che esce per cadere nei secchioni dal doccione X, discende nel pozzo attiguo alia vasca, ed in esso vuota successivamente i suoi secchioni. L'acqua poi votata nel pozzo per un canal sotterraneo si smaltisce. II collocamcnto del secchioni delle due corone e fatto per modo che mentre quei del la 324 SUL coarpuTO delle macciiine idrauliciie grande essendo pieni discendono , i pieni della piccola corona si alza- no,e mentre accavalciano il tamburo, si vuotano in un recipiente /, e per un canale T va 1' acqua all' uso cui e destinata. Ecco come essa si mette in moto. Data 1' acqua alia vasca A , nella quale pescano alcuni secchioni della piccola corona , ed aperto il doc- cione A", ne scappcra fuori 1' acqua , a riempire uno dei secchioni B della gran catena; questo riempito, I'acqua trabocchera, e radendo le pareti del secchione andera a rierapire quelle sottoposto , e cosi via via finclie cominceranno i secchioni a discendere , ed altri ne suben- treranno per rienipirsi a vicenda coU' acqua della doccia X, e cosi a mano a mano finche si saranno riempiuti tutti i secchioni fino al fondo del pozzo ; di li in poi a niisura che uno se ne vuotera nel pozzo , un altro al di sopra si riempira , e cosi il numero dei secchioni pieni sara sempre lo stesso. Per cio poi che spetta alia piccola catena , co- raincera il prirao che si e riempito ad innalzarsi ; poi se ne alzera pieno un secondo , poi un terzo , e cosi via via finche siano pieni tutti i secchioni fino al tamburo ; di poi a misura che uno se ne vuota nel recipiente /, uti altro pieno uscira dalla vasca A e s'innal- zera , di modo che il numero dei secchioni pieni che salgono sara sempre costante. § 2. Abbiasi dunque una sorgente che porti una data quantity di acqua in un minuto , ed abbiasi pure un' altezza dalla quale si possa essa far cadere ; si cerca qual porzione della quantita d' acqua portata dalla sorgente si potra condurre ad una data altezza coUa macchina del Frangini , e quanta dovra perdersene. Poniamo che sia Q il numero dei metri cubi della quantita d'acqua data ; sia p la quantita d' acqua contenuta da ciascun secchione della gran corona; sia q quella contenuta in ciascun secchione della piccola, date parimente in metri cubi ; sia m il numero dei secchioni caricati dalla gran corona , n il numero di quei della piccola ; rappresentiamo per D la gravita specifica dell' acqua, e sara mpZ? la raassa dell' acqua, il cui peso induce il moto nella macchina ; ed il peso della massa di acqua nqD si opporra a questo moto: ad esso pure si opporra la resistenza che incontr.nio i secchioni della minor catena a muoversi I DI VINCENZO BRUNACCI. 325 entro I'acqua della vasca A , e \a resistenza die dall' aria incontra il volante. A favorire in fine quel niovimento della maccliina serve I'urto deir acqua che uscendo dalla doccia A!", cade a rienipire i secchioni della gran catena. § 3. In principio il moto della macchina e accelerato , ma presto si riduce all' uniformita , perche le resistenze al moto crescendo col crescere della velocita , arrivano in fine ad eguagliare la forza acce- leratrice. A iioi prerae conoscere questo moto uniforrac ; cosi non ci tratterrerao a considerare i diversi momenti d' inerzia delle parti della maccliina , giacche questi nulla banno die fare per la determinazione del moto equabile ed uniforme; essi altro non fanno che ritardare il moraento nel quale questo moto equabile comincia. Sia a Y altezza dovuta alia velocita di questo moto; sia a I'area, la quale colla velo- cita dovuta air altezza oo niovendosi direttamente ndl' acqua , incontra la resistenza stessa che incontrano i secchioni della piccola catena movendosi nella vasca A , la resistenza sara eguale al peso di un ci- lindro aco d' acqua. Sia CI r altezza dovuta ad una velocita tale che movendosi diretta- mente per aria una superficie ^ con questa velocita , incontri essa la stessa resistenza che incontra il volante. Sara questa resistenza eguale al peso di un prisma di aria (§ i8, art. I) che ha per base ^ e per altezza 2 Q, ; che equivale a dire al peso di un prisma di acqua che ha per base 8 e per altezza ^". Resta ora a valutarsi Teffetto dell' urto dell' acqua della doccia X su i sottoposti secchioni ; la raisnra di quest' urto e ancor essa eguale al peso di un prisma di acqua che ha per base la sezione della vena urtante, e per altezza il doppio di quella dovuta alia velocita relativa con cui si fa 1' urto , cioe all' eccesso della velocita dell' acqua cadente sulla velocita dei secchioni. Se pertanto indichiamo con c 1' altezza dovuta alia velocita della quale e provveduta I'acqua che dalla doccia X cade nei secchioni, sara, rappresentando con h 1' altezza descritta da un grave nel primo secondo della sua caduta, 2.i/~hc questa velocita; ed essendo la velocita dei secchioni 21/ho, sara 2(/A(i/c — {/(») la velocity relativa colla quale I'acqua cadente urta per entro i secchioni. L' altezza 326 SUL COMPLITO DELLE MACCIIINE ron^ULICIIE poi dovuta a qucsta velocita relativa sara (/c — f/a)*. Sia a I'area della vena flitida nel puiito in cui iiicontra essa ed urta i secchioni , e la misura di questo urto sarii il doppio peso di an prisma d' acqua = a(l/c — |/ft))'i sara cioe qiiesto urto = 2oZ)(|/c — i/ft))\ D rappresen- tando la gravita specifica dell' acqua. § 4. E qui ramniento die I'urto o la resistenza die una superficie piana incontra movendosi direttamente in un fliiido incompressibile, il quale pu6 liberainente accorrere da ogni banda alia parte dietro la inedesima superficie , si misura col peso di un prisma di lluido die ha per base la superficie urtata, e per altezza quella dovuta alia ve- lociti colla quale la superficie si rauove : e se il (luido e perlettamente elastico come Y aria , questa misura si duplica. Che r urto diretto di una troscia fluida sopra una superficie molto piu ampia die la sezione di essa ha per misura il doppio del peso del prisma die ha per base la sezione della troscia , e per altezza quella dovuta alia velocita con cui si fa V urto ; e die , come ho al- trove dimostrato , questa stessa e la misura quando la troscia cade e percuote una sottoposta superficie fluida. § 5. Queste cose premesse , I'equazione la quale deterrainera la velo- cita del moto equabile della macchina, sara, rappresentando 2/1 la gravity, 2hD{ mp — nq) — 2.hD ( c.a> ■*■ ^,.— j -t- 4.hDa ( (/c — 1/« )^ = o , ovvero mp — nq ■*- 2a (i/c — ^u y ■— I aa •*- -^-r— J = o. ' La velocita cui e dovuta 1' altezza £i ha un rapporto costante colla velocita della macchina: sia I : /x. questo rapporto, e sara w.Cl::i:fX^, e quindi (i ) mp — nq -*- 2a { l/c — \/i»y '- ( a -*- -^\a=o. La risoluzione di quest' equazione, die e del secondo grado per /«, ci da - — 2ai/c ± \/ \ 4a°c -^ i a •* ^ — 2a \{mp — nq-*- 2ac ) 5 a •*- -^ — aa 425 I DI VINCENZO BRUNACCI. 3 27 ConosciiUo il valore di /«, si avra facilmente il valore della vclocita del moto della macchiiia , allorche esso e perveimto all' equahilita. § 6. Avuta la velocitii della macchina, sara facile txov«re la quaiititk d' acqua che s' innalza in uii dato tempo, e quella che e irapiegata per iiinalzare la prima, e che si versa nel pozzo ; ma tutto questo suppoue che siano giii date le quantita che entraiio nel valore di /« ; la faccenda pero non va cosi allora quando , conosceiulosi la portata di una sorgente e la profondita del pozzo , si debbe costruire la macchina in guisa che tra 1' acqua alzata e la perduta in un dato tempo tutta si consumi 1' acqua della sorgente medesima : i valori in questo caso di />, di 9, di a, di ^, di a e delle altre quantita non sono gia dati , ma conviene determinarli per modo cl;e soddisfacciano a quanto si e dctto ed a diverse condizioni iiecessarie al buon esito della macchina. § 7. Trattiamo la questione sotto questo aspetto, che 6 quello che ci eravamo proposti sin da principio. L'acqua che si perde in un se- condo e eguale a quella contenuta in quel numero di secchioni di- stribuiti nella porzione di catena 21/ho, e lo stesso vale per l'acqua che s' innalza. Pel collocamento di un secchione e dell' intervallo da esso ad un altro sara sufficiente f di metro ; allora la quantita di acqua che si perde sara in un secondo = — n— • p = 6vho -p; e la quantita d' acqua die s' innalza = 3i/^ • q; ma tra l'acqua alzata e la perduta si debbe consumare tutta l'acqua che porta la sorgente in un secondo, la quale k ^ ; dunque 3{/aS ■ (p-*-q) =^ , e quindi q — a , .— — D , da cm nO mp -— nq = mp •*- pn — 3 • 60 /aT Cerchiarao il valore di a. La figura dei secchioni della gran catena h quella di una piraiuide tronca rovesciata : con questa disposizione 328 SUL COMPUTO DELLE MACCHINE IDRAULICIIE succede die Tacqua comincia a cadere entro del seccliione quando il labbro di esso si trova appunto sotto il doccione , e terraina quando arriva al doc*ione il labbro del seccliione superiorci il tempo dunque nel quale continua a cadere acqua in un secchione k quello clie ci vuole a descrivere f di metro di viaggio; sara dunque questo tempo = - ,_= minuti secondi , ed avremo perci6 p = a ■ 2i/ac t7==- > da cui 3i/o 2(/c ^ I valori di m e di /i dipendono dalla profondita del pozzo e dall' al- tezza cui si ha da elevare I'acqua; sia A quella, B questa, e si avra 3,A SB m = — ; n = — • a a S'intende sempre che le misure sono prese in metri. II valore di c dipende dall' altezza del livello dell' acqua nella va- sca A sopra la bocca del doccione X. Destinando metri 0,6 per que- st' altezza, cio bastera perche i secchioni della piu corta catena co- modaraente pescliino e si rierapiano nella vasca medesima. Allora la velocita con cui I'acqua uscira dalla bocca del doccione porremo che sia quella dovuta ad una tale altezza 0,6 ; sara perci6 c = o,6 , ed essa velocita = 2{/A.o,6 =.3,428 metri per secondo. Poniamo ora che i secchioni della piccola catena siano tante cassette rettangolari , ciascuna delle quali abbia 0,1 5 di larghezza e 0,20 di Innghezza , colla profondita necessaria a contenere la quantita d' acqua q , e che determineremo quando ne sara trovato il valore ; I'area dun- que colla quale il secchione incontrera 1' acqua della vasca A nel rauo- versi in essa sara o,o3o metri quadrati , e ponendo che per un rag- guagliato la resistenza sia come se contemporaneameute si movessero entro la vasca due secchioni , si avra a = 0,06. Avverto in fine che il termine -^ e dovuto alia resistenza del vo- 425 lante. Ora la macchina potendo anco essere senza di esso, e quando DI VINCENZO BRDNACCI. Sag vi sia dovendo servire in pratica al buoii maneggio della macchina stessa , noi lo togliererao dall' eqiiazioiie , ramraentaiuloci pero che avrerao sempre a nostra disposizione questa qnantita indetcrrainata , coUa quale potremo rendere piii lento il moto della macchina se fara di bisogno. Dopo tutte queste cose T equazione (i) si cangera iu quest' altra (.)...|(^-.5)^-^:^-.2(i/c,6-H\^-P-o,o6.« = o. § 8. La determinazione che abbiamo assegnata alle quantita c, a, m , n e quella che pu6 essere idonea per qualunque caso che venga propostoi pure potrebbe avvenire che determinati i valori dip, di 9 e di CO, cioe delle quantita d'acqua che hanno da contenere i secchioni e della velocita della macchina, non si potessero combinare le loro di- mensioni in modo che pel buon esito pratico convenisse mantenere gli assegnati valori a quelle medesime quantita ; allora si cangeranno esse a norma che richiedono i .trovati valori di p , di g e di w. § 9. Abbiasi era una sorgente che metta foce nella vasca A, e vi porti metri cubi 2,5o d' acqua in ogni minuto primo. Dalla bocca della sorgente o dal livello della vasca al fondo del pozzo vi siano , per esempio , 6 metri, e si voglia portare 1' acqua all' altezza di 10 metri ; si cerca quant' acqua potro in un minuto alzare adoperando la macchina qui sopra descritta. In questo caso ho Q= 2,5o; dell' al- tezza poi di 6 metri ne ho da impiegare 0,6 per situarvi la vasca A, e ne destino 0,4 metri pel coraodo giro dei secchioni al fondo del pozzo ; la porzione adunque della gran catena ove sono distribuiti 1 secchioni ripieni d' acqua sara A = 5. Dovendosi 1' acqua alzare i o metri sul livello della vasca , il reci- piente / dovra essere io metri piii alto di questo livello; ma i sec- chioni che hanno da rovesciarsi nel recipiente / debbono salire fino alia sommita del tamburo in D, ove pero non giungono intieraraente pieni ; ne qui pervenuti si vuotano in un istante ; per questo , fatte tutte le opportune considerazioni per cio che spetta alle resistenze , valuter6 appresso a poco quest' ccccsso d'altezza per | del raggio del tamburo. Vol. III. P. II. 4« 33o SUL COMPDTO OELLE MACCHINE IDRAULICHE La grandezza del dia metro del tamburo debb' essere tale che gi- raiido coUa velocita della macchina , abbiano i secchioni il tempo di vuotarsi. Ora io ho osservate diverse ruote a secchioni, e misuran- done la loro velocity , ho veduto che un minuto secondo e piii che bastante al vnotamento di uu secchione di una grandezza anco mag- giore di quella che saremo per adoperar^ nel nostro caso; e di piu ho osservato che per circa una terza parte della circonferenza della ruota il secchione contiiuia a vuotarsi ; il diametro adunque del roc- chetto sara prossimamente = — •6|//]o metri. Poniamo per6 addirittura che il rocchetto abbia di diametro 2 meti'i ; che se mai , per cio che spetta alia velocita che assegneremo alia macchina, sara troppo pic- colo, allora lo ingrandiremo : avremo dunque B= 10 1. § I o. Fatte ora queste sostituzioni nell' equazione (2) , si ha |(5*ioi);,-^-^l^-.(yo,6^/a,r^ .p-o,o6.« = Oi e fatte le opportune riduzioni, si ha a3,5 -p '-y — ■-*' (|/o,6 — i/m)^-3,87-/« • p^ 0,06 • w = o. La piu grande velocita che puo prendere la macchina e quella dovuta alfaltczza 0,6, la quale e 8,428; imperciocche se essa macchina si movesse con una raaggior velocita, i secchioni si moverebbero piii veloci dell' acqua che esce dal doccione, e quindi noii si empirebbero. Esaniiniamo la macchina in questo limite. Essendo allora « = 0,6, si avra or- 0,101 o/- 20,0 • p = -^ O.CDD ; -' 0,774 p = 0,00708 ; ( i-r » / 0,774 ' 33a SUL COMPUTO delle macchine idrauliche a3,5 • p •*- 0,255 • p = o,322 ; 0,04166 o,oi38o -> r ^« q = , ./ — p = ^ — o,oi35 = o,oo63. ^ 3'(/4,9.o,i -^ 0,7 ' Sar4 pertanto, quando la velocita della macchina = 2 0,7 = 1,4 metri per secondo , la forza aU'effetto : : i35 ■ 6 : 63 • 10 : : 100 : 78 circa. Poniarao in fine a = 0,001 ; (/«> = o,o32, si avra 23,5 •/> — 3,160 -^ 0,742' • — ^— ^ • p — 0,00006 = O ; 3,16006 o ^=-i3:553- =°'^^4i C,Oi38q , n o ^ 9 = -^;^ - o,i34 = 0,198 - 0,134 = 0,064; in questo caso adunque in cui la velocita della macchina e piccolissima ed = 2 • ^^4,9 . 0,001 = 2 • 0,07 = 0,14, cioe di quattordici centirne- tri per secondo, il rapporto tra la forza movente e 1' effetto utile e sensibilmente lo stesso di quando la macchina aveva una velocita dieci volte maggiore. S 12. Riteniamo adunque che la nostra macchina debba avere una velocita di metri 1,4 per secondo, e vediamo se quei valori di p e di q, che abbiamo assegnati per questo caso, combinano con le dimensioni da noi date alle altre parti della macchina. Primieramente essendo q = o,oo63 , la profondita da darsi ai secchioni della catena corta e 0,21 ; allora in fatti il parallelepipedo rettangolo che forma un di quei secchioni , avendo ( § 7 ) per di- mensioni 0,i5; 0,2; 0,21, la sua capacita sara appunto o,oo63. Assegnata una tale profondita al secchione, si potra esso coraodamente coliocare nello spazio di f di metro che a lui abbiamo assegnato; anzi si potrebbe fare anco il secchione piu lungo e piii stretto, per il che avremmo minor resistenza al moto dei secchioni nella vasca A , e quindi 1' effetto della macchina maggiore del calcolato. DI VINCENZO BRDNACCI. 333 La velocita della rnacchina essendo in questo caso 1,4 metri per secondo, una terza parte della circonferenza del tamhuro si fara in un maggior tempo di un secondo , onde i secchioni avranno ( § 9 ) il tempo piu che sufficiente per vuotarsi nel rccipiente /. II valore in fine di a e, come e detto al § 7, 3i/o 3 • 0,3a r, r nt a = -^ • p = — • 0,0 1 35 = OjCo837 ; 2)/C ^ 3 • 0,774 ' ^ ' il foro adunque per cui I'acqua uscendo dalla vasca ^ va a riempire i secchioni della gran catena debb' essere tale die 1' area della sua vena ristretta sia = 0,00837; I'area dunque dell'apertura che ha da farsi al fondo della vasca A sara = 0,012 circa; si potra dunque fare un rettangolo che ahbia per base quindici centimetri e per altezza otto centimetri ; anzi si fara questo foro piii grande , e si guarnira con una caterattina , la quale servira a ridurlo della grandezza che si vorrk. La figura poi dei secchioni della gran catena ha da essere (%") quella di una piramide tronca , colla sua piu piccola base al di sotto : e inutile fissarne le dimensioni, basta che ciascun secchione contenga non meno di 0,01 35 metri cubi d'acqua, e che abbia la bocca suffi- cientemente ampia per ricevere comodamente I'acqua del doccione X. § 1 3. Riprendendo I'equazione (2) del § 7, dopo avervi rimesso c in vece di 0,6 , ed a in vece di c,o6 , si ha a(^^5)p-^^^3^^^-^(/c-i/<«r-^.p-«c. = o, da cui si ricava au> a • 60 • i/h ■ \/o ^^^ _ E quando la velocita o I'altezza a lei dovuta e molto piccola, si ha /> prossimameute - g 2(l/c -— |/co)*- -^ ; dun- que sarebbe sempre maggiore I'aumento del peso per muover la mac- china che apporterebbero i secchioui coUocati e distribuiti nell' altezza c della vasca , di quello die ne verrebbe dall' urto dell' acqua uscente dalla doccia X sopra i secchioni che essa va a riempire. ' 'iff. -t \ Tiii>\^ \o/ Jffp,„f .lu 1 ;,i i' SULL' INDURIMENTO CELLULARE NEI NEONATI DI BASSIANO CARMINATI. JToicHfe dalla bella Memoria ancor manoscritta del chiarissimo medico trevisano signer professore Mai'zari sulT indnriraento del tessuto cellulare nei bambini neonati , che per intero vi fu letta , illustri Col- leghi , in due radunanze , avete conosciuto le contenutevi osservazioni, vi far6 adesso la coraraessarni relazione delle qui occorse nello spazio di circa quarant' anni. Non vuol essa in fatti essere piii ritardata pel confronto da cui nascer debbe il vostro giudizio sulla convenienza che anche le nostre sieno pubblicate e diffuse. Per pill motivi veramente non dovrebbero queste nostre osservazioni essere ignorate piil a lango. Sono le prime che in Italia si fecero e tennero dietro ben tosto alle fatte a principio da Andry , da Auvitty e da tanti altri medici francesi, tedeschi, inglesi e svezzesi. Servono di conferraa alia maggior parte delle fatte da essi e da qualche medico di Firenze e di altre citta della Toscana. Differiscono in varj punti da queste e in ispecie dalle intese di Treviso, e a segno di far eccezione ad alcune generali e particolari dottrine. E cosi guidano in virtiidi nuovi fatti o di nuovo avvertiti a piu rette conseguenze e a piii giuste applicazioni. Delle diversita una subito veggo nella frequenza del male ; impc- rocche s'ella e grande altrove , e a Treviso grandissirna ; non lo e ri- guardo a questa capitale e a qualche citta del Regno Lombardo. Colla scorta delle annotazioni alle annue tavole nosografiche degli spedali relative agli esposti trovai che in un decennio il uuraero dei 336 sull' indurimento cellulare nei neonati colpiti dair indurimento si pu6 fissare a venti 1' anno all' incirca per Milano col circondario e coll' ospizio di Santa Caterina ( non esclusi gli anni 1814 e i8i5, in cui fu niaggiore del doppio ), e a pochissimi per le case de' trovatelli di Cremona e di Lodi , in cui pure apparve da pochi anni il reo malore , e diede causa cosi ad una nuova differenza. Tale notizia a me venuta dai valenti professori Rizzini e Villa ( e tosto comunicata d' ufficio all' I. R. Governo e all' I. R. Magistrato di sanita ) della prima sua comparsa fra gli esposti delle due citta con- dusse air importante cognizione avuta in segnito da ben informati rnedici e chirurghi die lo stesso morbo nelle altre citta e provincie dello Stato fino a quell' anno , cio^ al 1817, penetrate non era. L'imraunita per aUro o preservazione del male concessa a molti paesi assai poco mi sorprese per la circostanza che anclie a Pavia mai occorse a me, a' miei celebri colleghi, ai raigliori miei discepoli e agli stessi assistenti destinati alia cura degli esposti di vederlo an- che cercandolo con una guida delle piix sicure , voglio dire coU' usare deir importante lezione che su di esso indurimento recit6 il nostro signor Conte Direttore nel 1799. Non era per6 detto che I'esenzione dovesse per Pavia essere per- petua, e quindi , quando meno mi aspettava , tocco a me di vedere nella primavera dello scorso anno 1821 il primo caso delle carni dui'e, e d' indicarlo ad altri , e di chiamare a vederlo il professore Cairoli , il quale in niun altro simile caso poscia si avvenne, come, richiesto, mi scrisse al 1 2 novembre del corrente anno : « Nulla posso dirle di » pill suir indurimento del tessuto cellulare di quanto ella puo aver » osservato nel neonato , poiche fu il primo ed unico caso che io qui » vidi di una tale raalattia. Se mi accadra di vederne qualche altro, » mi faro uu dovere di tenerne conto esatto e di rendernela circo- » stanzialmente informata. » Alcune particolarita altresi eraergouo degne di avvertenze dalla sta- gione in cui la malefica infermita compare , dalla mortalita a cui da causa e dalla qualita degli attaccati. La sua comparsa non puo ridursi tutta o quasi tutta all'inverno, da che ogni anno in parte successe lie' mesi di settembre e di ottobre , di marzo e di aprile , e fu rico- nosciuta piii volte dal Conte Moscati, da Monteggia e da Giani; non DI BASSIANO CARMINATI, SSy ili railo in Lodi clal signer Villa sullodato , qui da me in tre bambini del cii'condario ; e tx'atto tratto da varj medici e chirurglii di questa niedesiraa capitale. Ne rarissiina o dubbia puo supporsi tra noi la manifestazione stessa deir indiirimento nei niesi di estate , c massime nei bambini usciti im- uiatuii dair utero alia luce, nei gemelli, nei troppo tardi assistiti o non ristorati a tempo e abbastanza e con idoneo latte , e nei nati da uiadii cagionevoli , indisposte e feljbricitanti. Ogni anno qui occorre qualciie esempio d' indurimento nei colmo dell' estate la piii ardente, e nella scorsa uno rae ne fu indicato dal valente medico signer dottore Zambelli, e cbe voi, signer Cavaliere Palletta, coUa piii cenvenevole niedicatura sapeste tener in vita e guai'ire. Dalla mortalita e dalla qualita de' malati due differenze, e ben no- tabili, parimente risultano ; poiclie , mentre in qualche paese quasi tutti gli attaccati sen muojono , tra noi circa un terzo sopravvive e risana ; e mentre i celpiti diconsi in qualcbe luogo i soli esposti o nati da miseri parenti , alcuni qui ne vedemmo tra i neenati spettanti a famiglie oneste , agiate e distinte. Sicche dalle or dette qualita e circostanze particolari in diversi tempi notate no' nostri malati di carni dure gli stessi osservateri trassero conseguenze analoglie, alle quali appoggiarono cerrispendenti opinioni e dottriiie. Dal limitato nuraero degli attaccati se ne inferi essere speradica la malattia , lasciando die la si dica epidemica dove nei corse di una sola stagione iavernale moltissimi investe ed uccide. Dalla minore mortalita e miner gravezza di essa in questi ultimi anni rimarcate nei nostro paese si voile dedurre clie 1' infermita , qui piu micidiale e fiera in passato , abbia alquanto perduto e vada perdendo di sua malizia. E dalla mancanza in fine di essa in lueghi vicini e per molti rapperti somiglianti a quelli in cui demina si trasse motive di non cercarne 1' origine da cagieni generali ed in ispecie dalle vi- cende atmosferiche , ma di ripeteria in vece da una dispesizione al successive indurimento la piii idonea che il bambino in istate ancora di fete contrassc nell' utero, derivata in lui dalle cattive qualita cerporee di una madre debole, diserdinata nella gravidanza, malsana o inferma. Vol. III. P. n. 41 338 SULL' INDURIMENTO CELLtJLAUE NEI NEONATI Da tale predisposizione adunque renduta piu attiva e malefica nel bam- bino nasceiite o appena nato dal concorso simultaneo di una o piu cause nocivc interne ed estcrne ripetono alcuni e spiegano abbastanza la genesi della nialattia; ed accostandosi alia nuova opinione del celebre Chaussier, ch' essa non debba essere considerata come una congelazione de' sughi del tessuto adiposo prodotta dal freddo esteriore , impugnano la vecchia, che in qnesto ripose la sua causa efficiente o prossima, usando all* uopo argoraenti apprestati dalla nostra osservazione ed esperienza. Le quali per verita ( indipendentemente da questa o da qualunque altra contro- versia , a cui mi protesto straniero ) concorsero a mostrarci non solo le sovra indicate comparse non rare della malattia nella calda , caldis- sima stagioue, ma alcune nascite pur di bambini trovati da ingenue e brave levatrici colle carni gia dure: la malattia medesima spiegata eziandio ne' paesi d'Europa in cui le donne partoriscono, allattano e tengono i loro infanti costanteraente nelle stufe, e la stessa sua ma- nifestazione ne' figli nati sotto il caldo clima di San Domingo da fem- niine passatevi dall' Affrica e in alcuni partoriti sotto gli ardenti tropici. Dalle cause passa la mia relazione ai sintomi del male e agli scon- certi da esso indotti e scoperti coll' apertura de' cadaveri. I sintomi generalmente avvertiti da' nostri medici sono la gonfiezza , consistenza e durezza de' piedi , delle garabe e delle cosce , che , progredendo la malattia, ascende al ventre e si comunica alle braccia; il colore della estremita mutato , qualora si cangi in rosso, purpnreo ed erisipelatoso; il freddo delle stesse parti gonfie e consistenti di tal sorta da sentir poco e ritener per poco I'azione del calorico in piu guise applicatovi esteriormente ; il rifiuto di jioppare e d'inghiottire ; un lamento formato da languido vagito e debole gemito; qualche convulsione talvolta al capo; I'immobilita del corpo con faccia naturale, con occlii chiusi e con una stupidezza , che , ne' casi funesti , per gradi finisce in grave continuato sopore, e nelle ultime ore di vita il tremor de' muscoli e r affanno della respirazione. Gli sconcerti poi impressi dal male e superstiti ne' corpi de' morti bambini riduco a que' soli i quali tre nostri professori notoraizzandone nel corso di molti anni in questo grande spedale moltissirai giunsero a scoprire. DI BASSIANO CAUMINATI, 33c) Vi scoprl 11 Conte Moscati cc la sostaiiza cellulare indurita , ed in » vece della piiiguedine una sostanza coagulata sierosa , giallognola o » rossigiia, I'ingrossamento del fegato , il poltnoiie piii o nieno iiizup- » pato di sangue, le meningi di esso ripieiie , e la sostanza corticale » del cervello come injettata. » Vi rinveinie il successor di Monteggia, professore Manzotti , « pochissima materia coagulata e in vece un' ab- » bondanza di sicro effuso nella tela cellulosa , rare flogosi e lievi ar- » r^jsti sanguigui nel petto , alcuni non costanti intasamenti dc' visceri » nel ventre e tuigescenze , non forti per altro e non costanti, dei » vasi nel capo. » Vi trov6 da ultimo il professore Giani a alterazioni M morbose consimili , col solo divario clie furono in generale minori , se » lo spandimento si escluda nel tessuto cellulare dell' umore sieroso, san- » guigno e rare volte giallognolo die vi esisteva in copia assai maggiore.w In questa esposizione voi avete , cliiarissimi Colieglii, i fcnomeni e gli effetti clie proprj al male qui spicgato i nostri cliiiici conoscono , e avete in essi altresi una norma opportuna a giudicare di alcune altre opinioni e dottrine clie eglino intorno ad esso per lo addietro abbracciarono e tuttavia professano. La prima vuol die giusta si ri- guardi la esclusion data a certi sintorni e sconcerti die ali'indurimento assegnano alcuni autori stranieri , perclie non niai apparsi a noi e ve- risimilmente derivati da modificazioni e variazioni di esso cagionate dal cliraa , di cui qualunque malattia sente piii o meno I'iniluenza. Vuol la seconda clie, non trovando tra la serie dei veri e sicuri sin- torni della malattia altri comprovanti la riunione ad essa di qualche- dun' altra inferraita, non si ammettano cosi di leggieri , come altrove si fcce, le supposte complicazioni convulsive, nervose, polmonan, biliose e venerea qui altronde non coraprovate abbastanza e da me per certo non mai vedute. Vuol la terza cbe dalla ben singolare sta- bilita qualita di certi fenomeni dell' indurimento, di cui raancano altre morbose afFezioni , si comprenda ch' esso e un raal non descritto nei libri pubblicati prima dell' eta nostra. Quindi la uovita di esso comunemente qui si sostiene , e anzi si appoggia, riguardo al nostro paese , alia dicliiarazione sincera e auto- revole delle piu vecchie persone dell' arte viventi all' epoca della sua coraparsa in Milano, di non averla mai osservata prima, ue mai intesa 340 sull' INDUIUMENTO cellulare nei neonati a nominare da' loro maestri, e alia circostanza ( che pur iie da una forte prova aiicorche iiidiretta)di 11011 csscrne fatto ceniio nelle note alia tradii- zione iloU'opera di Rosen a Rosenstcin pubhlicata ncl 1820 dal pr. Pallctta. II parai-one del pari die si fecc allora dcllo stesso reo morbo col trisino, col tetano cataneo,coi geloni,colla risipola , coll' edema, ecc. persuase che nerameno a queste morbose affezioni si potrebbe esso mai richiamarc. E per6 sentendo , non ha gnari, nata in taliino la presunzione di credere I'indurimento dagli antichi compreso nell' una o neir altra delle tre specie in cui cglino divisero la risipola , flcniinosa , edeniatosa e scirrosa, dissi a lui cio che in proposito disse il nostro Conte Moscati , che a convinceilo di crrore basta la ridessione che alia risipola e alle di lei specie mancano i caratteri principali dell' in- durimento , siccome quest' altro non ha i veri e distintivi della suddetta e delle sue difTerenze. Lo che si pu6 da Moscati , da Palletta e da me con ogni fondamento asserire, avendo tutti e tre piii d'una volta ve- duta la risipola nei neonati , e trovata dall' indurimento diversa. Non ostante non mancano anche in Milano moderni rispettabili so- stenitori dell' antichita della malattia , ed evvi anzi tra essi il chiaris- simo clinico signer Cavaliere Locatelli , il quale mentre la ritiene dai vecchi autori non niai descritta, presume che al pari di tant' altre sporadiche abbia potuto a varie epoche spiegarsi e sparire , e per lungo tempo infestare un paese e perdonare ad un altro, in ragione appunto della comparsa o della mancanza delle cause rimote od occa- sionali dal cui concorso essa si genera e nasce. Se poi a me adesso si chiede, come mi fu chiesto gia un tempo, a qual ordine e genere potrebbe un patologo richiamare questo mor- bo, dir6 che fu una mia vecchia idea la convenienza di ascriverlo agV infiammatorj e in modo di essere ora stenico ed ora astenico ; che un tal sospetto divenne in seguito pei signori Crespi e Giani una ragionevohssima conghiettura e voluta dai fenomeni e dalle ofFese im- pi-esse ne' corpi degli attaccati e morti bambini, e che si tiene quasi in conto di una verita dai citati nostri medici Locatelli e Buccinelli. Circa il prognostico debbo dirvi , o signori , ch' esso non si allon- tana dalle prime osservazioni che in Milano si fecero, e da cui deri- varono le dottrine e regole che nella citata lezione il professore Moscati DI 11AS51AN0 CARMINATI. 84 r esponeva a' suoi scolari : Esso c dh>erso ( cosi sta sciitto ) setoncJo i gradi della malauia. Se questa non occupa che gU arti infcrinri , quasi tuttl guariscono , e 5e anche i superiori con alcun sintomo convulsivo , quasi tutti sen muojono. Al contrario La malauia piega in meglio , se la cute pcrde il color Uvido e si awicina al rosso pallida , e se la durezza di- minuisce e cresce la mobilita delle membra , e fincdmente se cessa la convulsione , se il bambino torna a poppare e piange piu sonoramentei lo che awiene per lo piu net periodo di una o piu settimane terminandn il male in sanitd , mentre in caso divcrso apporta la morte ncl quarto di. Per lo die da noi si pongono nel nuraeio delle eccezioiii i cabracciato dall' aorta. Quindi se questa e troppo distesa , pu6 compriinere il bronco ed impedire il libero ingresso dell' aria nel polmone sinistro. Dair osservare che il polmone destro di que' bambini che hanno respirato di fresco e piu cliiaro, di color rosso, ed il sinistro di co- lore pill cupo , pill oscuro ; che i pezzetti staccati dal destro polmone soprannuotano all'acqua, e quelli che sonosi svelti dal sinistro si som- mergono , deducesi ad evidenza che nella prima inspirazione ed in molte successive I'aria passa nel polmone destro prima di penetrare nel sinistro; la qual cosa e eiFetto della diversa situazione e configu- razione dei due bronchi. Imperocche il destro e piii grosso, piii ampio, pill diritto del sinistro, in conseguenza I'aria s'insinua piii speditamente nol destro che nel sinistro, il quale e piii lungo, piii strctto, piii obli- quo, ed il suo orifizio in parte ristretto dalle ripiegature della membrana interna dividente i due bronchi, Di piii Taorta ed il canale arterioso Vol. III. P. II. ^* 35o RICERCIIE SOPRA LO SCLF.riOME riiiupiiui di saiigue coinpriinoiio il bronco siiiistro, e dimiiiuenrlone la capacita , ritarclaiio riii<;;resso dell' aria nel medosiino. So diiiiqiie nel neonato luaturo c die comnicia a respirare I'aria s' insinua d.ipprinia nel solo polmone destro in grazia della paiticolare striutura del bronco, e se noii penetra gi3 siniultaneamente in tiitti i lobi del medesinio polmone, ma soltanto in alcuni lobeiti della parte pill cminente e piii supcriore dell' anzidetto polmone destro, cosa ac- cadera se il bambino o non respira pnnto o assai dcbolmentc , come negl' iinmaturi o in cjuei bamboli ai qiiali appena nati le imprudenti mammane si affrettano di strin<;ere e recidere il tralcio prima che abbia ricevuto il primo soffio d'aria vitale ed emesso il primo vagito ? Venendo colla legatura del tralcio impedita P uscita del sangue dalle arterie ombelicali , e non ricevendo ])iu sangue dafla placenta la vena dello stesso nom? , quel sangue clie c rimaslo nel tronco dell' om- belicale e nel condotto venoso non potra liberamente scaricarsi nella orecchietta destra del cuore , percbe , perduto il nioto progressivo, il sangue che discende dalla cava superiore lo opprime e lo arresta, e perci6 dovra retrocedere e distribuirsi in grandissima copia in tutto il parenchima del fegato c presentare una sorta di flogosi. Del pari il polmone essendo originariamente tutto gravato di san- gue, perche I'aria non vi e penetrata prima della nascita , e riceven- done ancora qualche porzione somministrata dalle proprie arterie, e ad esse pervenuta dalla vena cava, si rendera tanto piii duro e fosco, quanto meno d'aria dopo la nascita vi puo passare nelle cellette aeree; c quindi essendo cessata la circolazione esterna del bambino, vale a dire quel la che esisteva tra esso e la placenta ; e la circolazione in- terna essendo assai imperfetta e limitata , perche i polmoni impregnati di sangue sono inetti per eseguire le loro funzioni , ne viene di con- seguenza die il sangue dovra ristajr;nare or maggiormente nel cuore , or nei polmoni, ora nei vasi del cerebro sotto I'apparenza di una reale accensione. Egli e vero che a dichiarare legittimo tale accendi- inento si oppongono alcuni fenomeni tali che I'indebolimento, la rigi- dezza dei tessuti , il torpore ed il non superabile freddo degli arti specialraente inferiori , e di questi spero render ragione prendendo in considerazjone i seguenti fatti fisici e fisiologici. ni CIOVANM BATTISTA PALLETTA. 35 1 Uiio He}»;li elemeiiti dill' aii.i il piii utile c vivificante i* Possipeiio , il quale maiicaiiHo, Taria non e piii respirahilc. Aliinento della respirazione h I'aria atinosforica , percli^ contieiie rossij;c'iio. Ben tosto dopo la iia- scita iiis()r;i;e la necessitii d' iiispirare, vale a dire di attrarre T aria atinosfeiica eiitro i polinoni , cd in soguito rpiella dfll" cspirazione , per ciii si espelle dai polinoni I'aria o superflua, o iiieita per la re- spira/.ione , o non valevole alle bisop,nc, Queste hisogne consistono in alcnni can<;iamenii opeiati dall' aria sopra i lliiidi the vengono a con- tatto di essa iiei polnioni. Tali fluidi sono il cliilo,la liiifa,il sanfi;ue venoso, i quali restano convcrtiti in saiij|,ne artcrioso. Oporandosi questa conversione, operansi del pari altri cangiainenti nell' aria in- spirara ; cioe essa perde una porzione del principio costituente Tossi- geno; vi e dubbio se essa perda pure qualclie particella d'azoto', e I'aria poi espirata si carica e conduce seco molta parte d' acido car- bonico e poca sierosiia aniinale. Non si raette pin in diibbio dai fisici the porzione delT ossigcno atmosferico inspirato venga assorbita nel polmone , di cui per6 varia la quantita secondo la diversita dei temperamenti. L' assorbimeiito del gas vitale produce il sangue arterioso , vermiglio, schiumoso, rutilante, piu leggiero e di due gradi piii caldo del venoso, meno sieroso e piii concrescibile. Ora mold fisiologi pretendono che la funzione della respirazione sia quella die sommiiiistra tutto il calorico necessario per la tenipe- ratura animale. Di questa scliiatta sono i niedico-chimici , i quali so- stengono die I'ossigeno dell' aria nella respirazione si combini col car- bonio e coll' idrogeno del sangue venoso, e die quest' ossigeno passando per le conibinazioni di un gas rarissimo in uno piii denso c quasi soliclificato dia luogo ad un grande schiudiniento di calorico che dai polmone si spanda in tutto il corpo. Cosi il polmone doveva essere il focolare o centro da cui partisse tutto il calorico del corpo e si dif- fondesse alle singole sue parti. Per tal modo si correggeva I'opinione d' Ippocrate e degli antichi, i quali ammettevano che la respirazione servisse a rinfrcscare il sangue ed il corpo, portando fuori di esso un non so che di fuligginoso. 352 RICERCIIE SOPRA LO SCLEROME Ma noa 6 provato che il polinoiie durante la respirazione sominiui- stri tanto calonco tla nianteiicre la temperatura a tutto il corpo ; iiel qual caso , tlicono alcuiii , dovrebbe esso abbruciarsi per la soverchia copia di calorico; e se all' opposto il polmone svolge soltanto mediocre quaiitita di calorico , e se questa gli viene rapita dalle altre parti del corpo , esso polmone dovrebbe aniscliiare di congelarsi. Per tali con- siderazioni diinque scmbra piii probabile die ogiii parte del corpo svolga il calorico necessario alia sua temperatura, ed ogiii parte agisca in ragione del sangue arterioso die la anima, sia clic il sangue agisca puramente come stimolo, sia die dal sangue stesso emani il calorico libero. Ora il sangue arterioso e formato dalla funzione della respira- zione, e secondo la misura e I'energia con cui si fa questa funzione, e secondo il grado d' integrita con cui operera , influira sull' enevgia di tuttc le funzioni per le quali il sangue arterioso somministrera i materiali. Quanto piu estesa e la respirazione in un animale, tanto maggiore ne e il calore , perclie il sangue arterioso , come prodotto principale della stessa respirazione , e piu ricco di principj attivi , e perci6 eccita ed accelera tutte le funzioni delle altre viscere; ma se la respirazione e disturbata, 1' animale perde piii o meno del sno calore a motivo che la sanguificazione e stata guasta. La qualita del sangue influisce sull' atto del riscaldamento ed anche sulla respirazione, dalla quale dipende questa qualita di sangue. Percib vi e un rapporto tra 1' estensione della respira- zione ed il grado di calor animale. Del resto non sappiamo come agi- sca Tossigeno, ne cosa ticcada del medesimo dopo la sua azione. Ma siccome ogni parte del corpo svolge probabilmeiite il calorico die de- terraina la propria temperatura , e non lo fa se non al consecutive arrivo del sangue arterioso nel suo tessuto , sia che esso sangue som- ministri , come dicemnio, il calorico, o che agisca solamente come stimolante; cosi comprendesi come esister possa negli animali una connessione di energia tra la respirazione e lo stato di riscaldamento. Se dunque , come osservano i fisiologi , gli animali tutti hanno una temperatura propria e sempre superiore a quella dell' atmosfera in cui abitano ; se il calorico discliiuso nell' economia animale non e ad essi comunicato da corpi esteriori j se il calor animale e proporzionato alia DI GIOVANNI BATTISTA PALLETTA. 353 estensioiie (lella respirazione , ecco spiegati congruamcnte i precipui feiiomeiii chc accoiDpagnaiio la durezza cclliilare ne' liambini. Inipe- rocclie esscndo in essi assai limitata ed inipcifetta la respiiazione , il saiigue non puo essere sufficieiiteincnte ossigciiato , e quiiidi si schiii- derii una minima porzione di calor aniinale ; quiiidi si produnii il torpore, la stupidezza e la gclida freddezza. In fatti e nolo clie gli uccelli aventi polmoni molto cstesi o sviluppati godoiio di una teni- peratma piii clevata dei mammiffii. Negli aiiiinali jiivcnianii il calore si railoiita di niaiio in mano clie si ralkiita la icspirazione e si avvi- cina il torpldo sonno invernale. II calorico svoltosi nel corpo per I'a- zione si de' polmoni, come per Tazione particolare di cadaun organo 0 tessuto viene portato fuori del corpo coi vapori per la \ia dei pol- raoni e colla traspirazione cutanea. Non dovrei qui far parola , perche mancano gli opportuni sperimenti , di coloro clie pretendono dcrivare il calor animale dai nervi. Elliot assicura che tagliati i nervi clie si distribuiscono ad una data parte, qucsta diventi I'redda , quantunque continui la circolazione del sangue. 1 nervi poi , secondo I'opinione dello stesso , estraggono il calorico dal cliilo e lo impartiscono ai vasi , ai muscoli , dando ad essi niaggiore coesione , e facendo si clie si contraggano. Anche lo "V^'risberg di Got- tinga fino dall' anno 1768 s'indusse a credere che il calorico dipen- desse da qualunque siasi azione de' nervi ; perche riscaldato un nervo , la parte a cui si dirama si riscalda di piii delle altre, e 1' animale tutto si riscalda maggiormcnte accostaudo al fuoco la spina racchiu- dente la midolla spinale. Molto si e fatto per risanare i bambinelli da questa funcsta infer- mita;ma siccorae gli sforzi erano principalraente diretti a togliere la durezza esteriore ed il freddo, cosi per lo piii riuscirono infruttuosi. Non si puo negare per altro che alcuni bamboli a morbo non molto avanzato si ricbbcro sia applicando farine caldissime o cataplasmi aro- niatici, sia amministraiido niisture leggermente cccitaiui , e colT assidua amorosa assistenza dclla nntrice. Per tal modo fu trattato un bambolo immaturo di sette mesi nato il 29 giugno dell' anno 1822. Appcna uscito in luce diede forte vagimcnto , indi si animutoli, c ncl quarto 354 RICERCHE SOPUA LO SCLEROME gioriio appena vegctava. Pure riavutosi alquanto, prese poco latte , apri gli ocelli, ma iion pose lainento; le sue cosce e ganibe erano cU gia irrigidite. Veduto da me il di 6 luglio, aveva la cute di tutto il corpo rossa e quasi trasparente , apriva gli ocelli , aveva le ordinarie cscrezioui; le estremita iiiferiori fiedde, la cute ed il tessuto eelluloso rigido; non si lamentava punto ed assai debolaiente innalzava nn poco le gambe. Si ordiuarono le uuz.ioiii alle estremita col lininiento volatile avvalorato di caiifora , cui si soprapposero le fariiie calde inischiate coi fiori di caiiiainilla. II sale volatile di corno di cervo in un' aequa stillata aromatica bastd a ridonare le forze al bambinello , ed cbbe questo tratta- meiito tutto il successo, stantechfe dopo tre giorni di fervorosa cura per parte di-lla nutrice fu in istato di essere confidato alia medesima, ond' es- sere educato in villa , ove in fatti germogli6 prosperamente fino all' c- poca prescnte. A fine di proseguire le mie indagini ed esperimentare i rimedj so- pra questo moibo cntrai nell' ospizio delle partorienti , ove dal 27 di- cemi^re 1822 a tutto il 28 gennajo 1828 ne entrarono quindici infer- mati con gambe c cosce indurate , piedi gonfj e lividi , od a quelli cui si approssimava la niorte si rendeva rigida ed aspra la fiiccia ed il petto. Fra questo numero dieci trovaronsi ammalati fino dal primo giorno della loro csposizione; gli altri cinque eutro i quattro giorni dopo r esposizione. Tre tra questi non popparono punto. Nove furono csposti iiati prematuramente tra il settimo e Y ottavo niese di vita. Costoro furono raedicati col kernies minerale a mezzo grano collo zuccliero dato due o tre volte al giorno. Le estremita si coprivano di fari- ne I'iscaldate prima semplici, poi avvalorate con uno scrupolo di canfora. Cinque fanciulli cosi trattati guarirono , tra i quali tre prematuri , e gli altri due appena nati. I mcno compresi dal male si risanarono in quattro giorni ; gli altri piu graveraente attaccati fra il settimo giorno e 1' ottavo. Fin qui la nianiera intrapresa per sanare gl' indurati bambini non era appoggiata ad alcun principio anatomico e patologico ; ma dopo la necroscopia superiormente mentovata mi decisi a far trarre sangue a cotesti infortunati , e bcnclie mi sembrasse che dovesse riuscire piu vantaggioso il levarlo dal torace o dal capo , tuttavia ho preferito di Dl GIOVANNI n.VTTISTA PALLETTA. 355 estrarnclo dalle estremita inferiori pel liniore die quaiiiiique compres- sione al petto o qualuntjue esposizione all' aria atinosfcrica del torace potesse pregiudicare seiisibilnieiite alia I'uuzioiic della rcspirazione. Nel inesc di gennajo i823 ne entraroiio due con induriniento cel- lulare ; in febbrajo veiiticinque ; in inarzo midici; in apiile uno ; in inaggio tre ; in giugno nno : totale qiiarantatrc; guariti quaramadue; niorti uno ncl niCse di febbrajo, die era iuiinaturo. Fra i detti quaran- tatre fanciulli esposti , ventinove crano a termiue, e quattortlici preuia- turi , e la cura clic si fece a quest! bambini consisteva principalincnte neir applirazione delle niignatte alle ganil)C,e nei bagni caldi di tutto il corpo Per lo piii bastava una sola applicazione di sanguisuglie sptcial- mente se i bambini erano a tennine; ma in dieci tutti prematuri si dovettcro appiccare due volte le mignatte , ed in due tre volte. Daila considerazione di questo procedimenio si sarebbe indotto a cre- dere clic il morbo fosse di genere infianunatorio ; io pero mi credo autorizzato a sostoncre il contrario per ragioui non ispregcvoli. In questi banibinelli k piu o mono sotTermato il luoto del sangue a ca- gione clic sono stati legati troppo presto i vasi ombelicali , il die ca- giona ristagno di sangue nelle viscere; o perche pel freddo atmosferico il pobnone non pu6 dilatarsi sufficientemente onde riccvere quella co- pia d'aiia clie abbisogna per ossigenare il sangue. Succcde anche nei bambini iuimaturi che il polmone non ba ancora acquistata la noces- saria vitalita per dare facile ingresso all' aria , e per promuovere quindi il moviraento (5el sangue ; dal die ne vienc die csso rendesi inerte e stagnante, e quindi insorgono i fcnomeni dolla langucnte vitalita, la voce roca , I'afonia, il torpore, la frcddezza del corpo e sitnili. Se dunque il bambino per Y una o per I'altra di dette circostaiize tro- vasi in uno stato di languoi'e, di astenia, di circolazione uniorale altcrata, come niai potranno essere indicate e giovcvoli le eniissioni di sangue? Fu gia principio adottato dal Bellini, die incisa una vena, il sangue della medfesiraa vena e delle altre comunicanti , come pure dell'arteria, dalle cui estremita traggono origine le dctte vene , acquisia celerita rnaggiore nel movimento, e si aflVctta a portarsi al luogo della vena tagliata. Questa proposizione fu picnamenie conferniata con espcrimenti dal grande Hallero , cioe die in qualuu(iue circostanza il sangue corre 356 RICERCHE SOPRA LO SCLEROME CCC. verso il foro fatto nel vaso , e piu celeremente ed in maggior copia si poi'ta dal cuore verso 1' iiicisione ; e cio ha liiogo quantiinque per qualche tempo il sanguc sia stato in quiete, o si sia strappato il cuore, 0 legate le arterio , quando la vena sia stata ferita. Ci6 che e notevole si e I'osservare die il sangue si niette in movi- mento qnantunque stagnante ed in senso inverso anche dai rami capillari. Cost i globiciiii rossi insieme ristretti e quasi coagulati si smuovono dal luogo , si sciolgono col pertugiare il vaso e s'incamminano verso la fe- rita. Ma incidendo la vena, si accelera non solo il moto del sangue nel detto tronco e nei laterali , ma anche nelle corrispondenti arterie. Tntti qucsti feuomeni sono abbastanza provati per le osservazioni ed esperienze di Haller ( Opera minora , torn. 1 , sect. Ill , exp. 64, 68, 69, 1 So, i5i, 1S2. et seq.), ove e da rimarcarsi che levato il cuore, corre velpcemente il sangue al luogo della ferita , tanto quello delle arterie , che dclle vene. Similraente, incidendo la vena meseraica, il sangue del vicinato e contro le leggi delha circolazione accorre verso la ferita, e per essa si evacua. Cosi pure il sangue addensato, tagliando la vena^ si discioglie, cosicche i globiciui ricuperando la loro figura, si mettono in nioviraento ed accorrono all' apertura del vaso. Conchiudo dunque che una o due ferite o pertugi fatti in un tubo sanauio-no fanno si che il corso del sangue si acccleri notcvolmente; clie esso si rivelle anche dal cuore retrogredendo per precipitarsi nella ferita; che ivi accorrono pure i torrentelli dei vasi vicini, formandosi due correnti che incontrandosi all' orifizio della ferita si rispingono Tun Taltro per guadagnare piii presto I'uscita ; che il sangue stagnante tanto nelle vene quanto nelle arterie muovesi piu celeremente che nello stato sano, tostoche sia stato inciso il vaso, e sorte per la ferita a con- trarj rivi ed in senso opposto alia circolazione finche rimane aperta la ferita ; finalmente che nel caso nostro le ferite fatte alle vene cutanee servono a rivellere il sangue dalle viscere principali che ne sono soprac- caricate e che vi sta per cosi dire quiescente , a rendergli 1' equilibrio o quella facolta , messo che sia in inovimento , di svolgere il calorico tanto neccssario al ben essere del corpo aniraato. Spero di poter parteci- pare a questo illustre Corpo le ulteriuri osservazioni che mi accadra di fare nei prossimi sei mesi che riraaugouo a corapimento dell' anno civile. SULLE OSSERVAZIONI FATTE DA ALCUNI CELEBRI CEOLOGI POSTERIORMENTE A QUELLE GIA NOTE DEL SIG. CONTE MARZARI INTORNO ALLA GIACITURA DP GRANITI NEL TmOLO WERIDIONALE DI SCIPIONE BREISlAK. D< 'OPO che furono rese pubbliche le osservazioni del signor Conte Marzari relative alia sovrapposizione del granito a rocce generalmente riconosciiue pia recenti , il celebre geologo signor Barone De Buck , il quale , alcuni anni prima , aveva osservato la sovrapposizione del granito al calcario con ortoceratiti iiella Norvegia, trovandosi in viaggio nel Tirolo voile verificare il fenomeno annunciato dal Marzari , e I'os- servo nello stesso luogo dove era stato indicate , cioe nei Canzocoli ; ma , benche altre osservazioni sulla connessione e posizione delle rocce contigue lo inducessero a riconoscere giustificata pienamente tasscrziont del Marzari che II granito in quella parte del Tirolo e sovrapposto al cal- cario moderno con petrificazioni , pure concepi il sospetto che il Marzari avesse potuto prendere un equivoco nella posizione dcgli strati, poichfe quando si veggono le estremita e le teste di strati molto inclinati , questi debbono comparire orizzontali. Per dileguare tale dubbio sarcbbe stato necessario il moltiplicare le osservazioni sopra diversi punti di quella contrada , cio die non potcndo allora eseguire il Dc Buch , occLipato nella sua grande opera dclla Carta geologica dclla Germania e delle provincie limitrofe, ed obbligato a continuare il sue viaggio, Vol. in. p. IL . 4t 358 SULLA GIACITCRA DE' GRANITI NEL TIROLO si contento soltanto di proporlo con raolta modestia e riservatczza in una lettera diietta al dotto niinei-alogo signor Consigliere Do Pfauiidler in data del 29 settembre 1821 ed inserita ncl Messago'iere Tirolese , .N.°86,dello stcsso anno, col lodevole scopo certaniente di provocare osservazioiii nlteiiori clie ponessei-o in cliiara luce un fenomeno , il quale, se non e singolare, iion e, sino ad ora,*uno dc' piu corauni in geologia : la scienza guadagna senipre in simili ricerche ^ ma non vi mancarono de' giornalisti i quali diedcro a quel sospctto una cele- britu intempestiva, e spacciarono come positivo ci6 clie il De Buch aveva detto soltanto possibile. Mentre pei"6 questo distinto geologo sospcttava clie il Marzari avesse potnto prendere equivoco stilla vera posizione degli strati granitosi e calcari , rendeva giustizia al medesimo e trovava di grande importanza la di lui osservazione per la rag'ione ( cosi si esprime nella citata lettera ) che non si pud non liconoscere I'azione del granite sopra il calcario : questo, alC avvicinarsi del granito , prende una tinta piu cupa , diviene piu duro e pin compatto : dove lo tocca, e cangiato interamente in una schisto siliceo , ed e variata affatto la natura del calcario. Questo fatto dunque permetcerebbe di concludere che una formazione piu recente di granito ha potuto seguire quella del calcario. Sin qui il De Buch : ma , per quanto mi sembra , non si puo ammettere la conclusione precedente se non si riconosce per esatta la posizione degli strati assegnata dal Marzari. Quando nel Messaggiere Tirolese non era stata ancora jiubblicata la succitata lettera del signorBarone DeBuch, era comparso nel volume XV dell' eccellente Manuale mineralogico del signor Cavaliere Leonard di Hcidelberga uno scritto del dotto mineralogo signor De Uttinger, nel quale si diceva che in un viaggio fatto nell' agosto e settembre 1819 ( nel Tirolo ) non aveva avuto tempo di verificare il fenomeno della sovrapposizione del granito al calcario, ma che la susl opinio ne era che il granito penetra o si apre una strada in mezzo agli strati sovrapposti. La lettera del signor De Buch inserita nel Messaggiere Tirolese diede occasione al signor di Uttinger di spiegare piu chiaramente la sua maniera di pensare , ci6 che fece I'anno seguente 1822 nello stesso Giornale. Egli dope di avere esposto alcune osservazioni geognostiche m SCIPIONE BREISLAK. SSg fatte nella liiiea di Catino c Calamento , soggiunge di non aver poiuto esamiiiafe colla precisione desiderabile la giacitura delle roccc in Pre- dazzo , ma die attcsa la viciiianza la crede aiialoga a cjiiella de' due sopraddetti luoglii , e conclude con dire di esserc incUnato a credere che la roccia de' Canzocoli sia stata smossa dalla sua posizione origl- naria da una qualunque causa , piuttoito che pretenderla sovrapposta al calcario con petrefaiti ; e siccome noa si e osservato piammai un feno- mcno simile nelle montagne della parte occidtntale delC Europa, cost non conviene arnmeccerlo senza ragioni del turto concludenti. Ci sembra inu- tile il fare delle ridessioni sopra questo scritto del signer Uttinger , poiclie cgli stesso asserisce di non aver potuto visitare con precisione i luoghi che sarcbbe stato nccessario ; ne si vede una ragione per cui sia difficile rammettere die nella parte occidentalc deil' Europa abbia luogo cio che e stato verificato in altre parti delT Europa nicdcsinia. Fiiialmente nello stesso Giornal« ( febbrajo 1823 ) si pubblicarono altre osservazioni fatte dal signor Uttinger, il quale tomato per la secondu volta in quella parte del Tirolo , ncU' autunno del 1822 fece a piedi un viaggio geognostico da Cavallese a Predazzo. In quell' ar- ticolo si espone la natura e la posizione delle rocce de' Canzocoli , di Predazzo e de' luoghi circonvicini , e si conclude col nogare asso- lutaraente la sovrapposizione del granito al calcario conchiglifcro , dclhi quale egli dice di non aver trovato alcun indizio , mentre tutto gli e sembrato analogo a quelle forniazioni granitose e schistose che con- tengono lo stesso calcario de' Canzocoli , e che, corae per esempio a Calamento cd a San Martino, sono in un niutuo coutatto , esscndo il calcario creduto a petrificazioni sovrapposto al niica-schisto. Poco prima del signor Uttinger , cio^ nell' estate dello stesso anno, la medcsima contrada era stata visitata separatamente dai due illustri geologi i signori Baroni De Humboldt e De Buch , i quali per inia combinazione sommamcnte grata ad anibedue s' incontrarono sulla strada di Roveredo a Verona: il De Buch era tomato un' altra volta in Tirolo, e r Humboldt, chiamato a Verona dal suo Sovrano il Re di Prussia, si era recato ancor esso in Tirolo ad oggelto di verificarc la giacitura de' graniti. Le loro osservazioni contenute in due lettere dirette al 36o SULLA GIACITURA DE' GRANITI NEL TIROLO celebre e:eoloasi ., di Viacenzo Brunacci » aSj Sul computo delle macchine idrauliche , del medesimo » a85 Suir induriniento cellularc dei neonaci^ di Bassiano Carminati » 335 Ricerche sopra lo scleroma o sopra la malattia dei neonati deCCa volgar- mente indurimento cellulare , di G. B. Palletta » 345 Sulle osservazioni fatce da alcuni celebri geologi posceriormente a quelle gia note del sig. Conte Marzari intorno alia giacitura de' granici nel Tirolo meridionale ^ di Scipione Breislak » 35^ Mcmoria seconda sulla sclerosis del neonaci , di G. B. Palletta » 36^ 7