NOOO ARAN FOR:THEtPEOPLE FOR EDVCATION FOR SCIENCE LIBRARY OF THE AMERICAN MUSEUM oF NATURAL HISTORY n f ZI 9” e GORE ti MEMORIE DELL'ISTITUTO GEOLOGICO DELLA R. UNIVERSITÀ DI PADOVA Pubblicate dal Prof. GIORGIO DAL PIAZ VoLume IV. - 1916 PADOVA Prem. Società CooPERATIVA TIPOGRAFICA 1917 INDICE DEL VOLUME IV. SreraNnINI G. — Fossili del Neogene Veneto. Dar Praz G. — Gli Odontoceti del Miocene Bellunese. INTRODUZIONE (FENERALE. PartE Prima. - Rassegna storica e Studio stratigrafico. PartE Seconpa. - Squalodon. G. STEFANINI — ————-+ FOSSILI DEL NEOGENE VENETO PADOVA PreMIATA Società CooPERATIVA TIPOGRAFICA 1916 PREMESSA = —- I fossili del Neogene Veneto, che trovansi illustrati nella presente monografia, hanno provenienze molto diverse. Il nucleo principale è costituito dai materiali raccolti da me me- desimo a corredo dei miei studi stratigrafici, specialmente nel Friuli, e subordinatamente nel Trevigiano e nel Bassanese; materiali ora depo- sitati parte nel Museo di Geologia del R. Istituto di Studi Superiori in Firenze, parte nel Museo di Geologia della R. Università di Padova. Oltre che di questi, ho però avuto la ventura di potermi valere anche di altri copiosi materiali non da me raccolti. Tra i quali ricordo in primo luogo i fossili della collezione adunata nel Friuli dal dott. AcHiLLE TELLINI e quelli pure friulani, raccolti dal prof. O. MARINELLI, dal compianto dott. G. B. De Gasperi e dal sig. E. FeRUGLIO, tutti conservati a Firenze. | Fossili miocenici del Friuli mì furono pure comunicati dal Museo del R. Istituto Tecnico di Udine ove venivano deposti da vari col- lezionisti, a partire dal CasreLLI e dal Priroxa, fino al TARAMELLI e al MarINONI, per non dire di svariati altri, meno noti. Anche i materiali raccolti dal prof. G. DaL Praz e dal compianto dott. A. De Toxr nel Trevigiano e nel Bellunese, come pure quelli trovati dal dott. G. Caxweva nei dintorni di Valdobbiadene (Treviso) e quelli che l’amico prof. R. FaBiaxIi adunò nel Bassanese, nel Vicentino PONE) e nel Veronese sono stati in parte da me esaminati. Si trovano tutti a Padova. E a Padova si trovano altresì alcune vecchie collezioni do- vute a vari raccoglitori, e delle quali ho parimente tenuto conto. Tra esse degne di nota poche conchiglie raccolte in Friuli dal CatULLO e già ricordate in un suo lavoro del 1842. Finalmente nel Museo di Firenze giacciono le collezioni adunate da AnpRrEA Secco (Bassanese e Trevigiano) insieme a qualche esemplare procurato al Museo da G. B. MexeGuzzo (Vicentino), ad una piccola raccolta di fossili di Asolo, donata dal prof. P. BoLzon, e a poche specie raccolte nel Bassanese dal prof. G. CanesrtRELLI. Anche di questi ho profittato. Con tutto ciò io non mi faccio certo l'illusione di esaurire con questo studio il mio argomento: so bene che a Verona, a Vicenza, a Pavia e in altri Musei d’Italia e dell’estero, oltre che in varie col- lezioni private, esistono altri fossili del Miocene Veneto, che io non ho veduti; anzi per circostanze che qui sarebbe lungo spiegare, anche dei materiali esistenti nel Museo di Padova, non mi è stato possibile tener conto se non in parte: sono rimaste da studiare in special modo le belle raccolte bellunesi del Dar Piaz, dalle quali io trassi solo pochis- sime specie più caratteristiche, e quindi più interessanti per le deter- minazioni eronologiche. Mentre dunque mi è caro e grato dovere ringraziare il prof. C. DE STEFANI direttore del Museo Geologico di Firenze, il prof. G. Dar Praz, direttore del Museo Geologico di Padova, il prof. M. MrsanI preside del R. Istituto Tecnico di Udine e i singoli raccoglitori, tra i quali prin- cipalmente il prof. A. TELLINI e il prof. R. FABIANI, per aver voluto affidare a me lo studio delle collezioni da essi adunate e nei loro Musei conservate, debbo d’altro canto riconoscere per primo le lacune di questo mio studio, qualora si fosse indotti a considerarlo altrimenti, che come un contributo alla conoscenza delle faune neogeniche venete. Contributo, che io ho procurato di rendere meno incompleto che fosse possibile, compatibilmente con le circostanze, che mi impediscono di fare una totale revisione delle faune stesse. EN Un confronto tra le nostre precedenti conoscenze in proposito e le aggiunte, che in base al mio studio mi è concesso di fare, alle liste delle faune fossili del Neogene Veneto, mi fa concepire la speranza di non aver durato inutile fatica. * RADI I criteri che mi hanno guidato in questa parte relativa alla Paleon- tologia del Neogene sono alquanto diversi da quelli che saranno seguiti dal collega FaBrani nella parte che tratta dei fossili paleogenici, come diverse sono le condizioni delle nostre conoscenze e i caratteri delle faune. Le faune del Paleogene veneto abbondano di specie caratteristiche della regione; conveniva dunque illustrare queste minutamente, ripren- dendo con unità di vedute gli studi fatti da una pleiade di paleonto- logi; le faune neogeniche sono invece, per gran parte, faune banali, che si ripetono in tutti i bacini classici premediterranei, e il cui inte- resse è piuttosto cronologico, batimetrico, biogeografico, che paleonto- logico, in quanto che le specie che le costituiscono sono in gran parte nuove pel Veneto. D'altro canto, lo stato di conservazione di questi fossili neogenici lascia non di rado a desiderare, e conviene spesso ricorrere al confronto di parecchi esemplari, più o meno frammentari, per determinarli. In queste condizioni ho stimato una vana e superflua esercitazione tornare a descrivere minutamente, su esemplari più o meno imperfetti, delle specie la cui illustrazione è già stata fatta in modo esauriente su esemplari spesso bellissimi del bacino di Vienna, d’ Aquitania, del Tago, di Piemonte: ho dato d’ordinario solo brevi cenni, relativi ai caratteri più salienti di ogni specie, in modo da dimostrare la sua reale corrispondenza coi tipi, fermandomi invece di più a trattare della distribuzione geografica e cronologica di ciascuna. Anche le sinonimie sono ridotte nel mio lavoro a poche citazioni delle opere fondamentali per la conoscenza delle varie specie, e s’in- tende che a quelle opere appunto mi riferisco sia per la determinazione. ine sia per la sinonimia e la bibliografia completa. Con speciale cura tengo conto dei lavori d’indole paleontologica, riguardanti materiale veneto. Insieme a questi si troveranno però citati nelle bibliografie delle singole specie anche alcuni lavori di carattere stratigrafico, relativi al Veneto. Ciò merita un po’ di spiegazione. Come ho sopra accennato, i fossili illustrati in questa mia memoria appartengono in parte a collezioni di precedenti autori, che, come il CatuLLO, il Prrona, il TARAMELLI, il TELLINI, il Rossi, il Secco ece., ebbero già occasione di pubblicare liste di fossili nei loro studi. Avendo in mano i loro stessi esemplari, non di rado accompagnati da note manoscritte degli autori ecc., sono in grado di identificarli con sicurezza e quindi di accettare o di rettificare senza esitazione le loro determi- nazioni. Pur troppo, non tutti gli esemplari da essi citati mi son passati fra le mani, o per lo meno non tutti avevano ancora le etichette ori- ginali, e questo spiega le lacune, che non sarebbe difficile rilevare confrontando la mia memoria con quelle dei sullodati miei predecessori. Non ostante le quali lacune, ho fede che l’opera mia, per quanto con- tenuta entro limiti modesti, possa riuscire non del tutto inutile per la conoscenza delle ricche faune, che nel Terziario medio e superiore popo- lavano il golfo preadriatico e le sue coste. VERTEBRATA Cl. MAMMALIA I resti di mammiferi sono assai rari nelle formazioni neogeniche del Veneto: a parte i cetacei, i cui avanzi sono diffusi con una certa frequenza, le altre forme sono note solo per alcuni ritrovamenti spora- dici, i primi dei quali rimontano però ad epoca assai antica, Molari di mastodonte provenienti dal Veneto furono già menzionati dall’AmoRrETTI (') e dal BroccHÙ (*) al principio del sec. XIX, e il CuvieR (È) ne illustrò due nella sua classica opera, su disegni comunicatigli dal Fauyzas. Più tardi due nuovi ritrovamenti ebbero luogo nel Trevigiano e i relativi materiali furono descritti dal De Ziexo (*. Uno dei vecchi molari, conservato ora a Padova, ed uno dei due descritti dal DE ZIiGxo furono ripresi in esame recentemente da me, insieme ad un dente di dinoterio del Cenedese, rimasto fino a quel giorno inedito, e ad una mascellina di tragulide da me medesimo raccolta in Friuli. Nella stessa monografia trovasi illustrato del pari un premolare di rinoceronte, raccolto molto tempo indietro da un tale GuarNIERI nelle arenarie di Bolzano, e fatto oggetto di qualche osservazione dal Loy (°) e successivamente dal prof. G. Dar Praz (°). (!) AmoRETTI. Sopra un dente e parte di mandibola di un mastodonte ecc, 1807. (°) BroccHi. Conch. foss. subapp. I, pag. LXXVI e 187, 1814. (3) Cuvier. Ossem. foss. I, Pachydermes. pag. 252 e 259, tav. IV, fig. 3, 4. (4) De Zieno. Int. ai resti di Mastodonte trov. nel Veneto. Padova 1869 e 1870. — Sui mam- mif. foss. del Veneto. Padova, 1874. (*) Lioy. Sopra un dente di Rinoceronte trovato a Bolzano. 1865. (5) Dar Praz. Sui vertebr. delle aren. mioc. di Belluno. 1908. 2. RE Concludendo, i mammiferi terrestri del Neogene veneto finora noti resultano dal suindicato studio riassuntivo (') in numero di quattro, e saranno nuovamente elencati nelle pagine che seguono. A questi conviene aggiungere però anche un avanzo di un grosso mammifero marino. Talassoteri furono indicati nel Miocene veneto fino dal 1859, quando il MoLin (*) ebbe a riconoscere come pertinenti a Packyodon dei resti, raccolti a Libano presso Belluno dal dott. SecaTo e presentati nel 1847 dal CarvLLO al IX Congresso degli Scienziati italiani, in Venezia, come avanzi di coccodrillo. Di questo Packyodon — 0 meglio Squalodon — illustrò poi nuovi resti il De ZiGno (*) nel 1874. Assai più tardi avanzi di talassoteri — platanistidi, questa volta — erano raccolti, sempre nelle cave di Bolzano, dal LoxcHI e da lui il- lustrati (*). Lo studio di queste interessanti forme venne tosto ripreso dal Dar Praz, che vi dedicò una serie di monografie (’) non ancora comple- tata: secondo una nota da lui pubblicata di recente (9) le specie di ta- lassoteri del Bellunese, riferibili al Miocene, sono sei: Ziphliodelphis n. g., Acrodelphis Ombonii Longh., Cyrtodelphis sulcatus Gerv., Delphinodon mento Cope, Squalodon bellunense Dal Piaz e Sq. bariense Jourd. Mentre per questa fauna bellunese io mi riferisco, naturalmente, agli studi monografici che vi sono stati dedicati dai competenti, sono in grado di indicare, in base a un avanzo da me studiato, una nuova località di ritrovamento per questi resti di talassoteri — forse un Cyr- todelphis — località situata in Friuli. (!) STEFANINI. Mamm. terr. mioc. Veneto. Padova, 1912. () Morin R. Sulle reliquie di un Pachyodon ecc. Wien, 1859. — Un altro cenno sulla denta- tura del P. Catulli. Wien, 1860. (3) DE Zieno. Sopra i resti di un Squalodonte ecc. Venezia, 1876. (4) LonGHI. Della pietra da coti o da mola. Padova, 1896. — Sopra i resti di un cranio di “ Champsodelphis ,, foss. ecc. Padova, 1898. (©) DaL Praz. Sopra alcuni resti di Squalodon ecc. Pisa, 1900. — Di alcuni resti di Cyrtod. sulcatus ecc. Pisa, 1902. — Sugli avanzi di Cyrtod. sulcatus ecc, Pisa 1903-05. (8) Dar Praz. Sui vertebr. delle aren. mioc. di Belluno. Padova, 1908. Ord. CETACEA S. ord. ODONTOCETI Fam. Platanistidae CyRTODELPHIS? sp. ‘Penso possa appartenere ad una specie di questo genere nna ver- tebra purtroppo rotta e deformata, ma che, per confronto con quelle di Inia e di Pontoporia illustrate da Van BeNEDEN et GeRVAIS (*), mì pare indubbiamente affine alle coccigee medie di questi animali. È una vertebra di forma allungata, lunga 53 mm., del diametro di circa 47 mm., con arco neurico assai piccolo, (come si può facilmente Fig. La Fig. i.b vedere dall’esemplare, per quanto rotto in parte in quel punto) e con apofisi trasverse ridotte a due creste aliformi poco estese, lievemente dilatate in avanti, ristrette in dietro (cfr. fig. 1.» ). Inferiormente il pezzo è assai malconcio, per modo che risulta impossibile stabilire con qualche precisione i caratteri delle faccette articolari dell'osso emapofisario. Il Dar Praz (°). non ha avuto occasione d'’ illustrare alcuna ver- tebra caudale di Cyrtodelphis: nella serie delle vertebre di Znia geoffroensis e di Pontoporia Blainvillei le più affini sembrano la 8* e la 9* caudali. (‘) Van BenepEN et GervaISs. Osteogr. eétac. viv. foss., tav. XXIX, fig. 3, 4 et 5. (®) Dar Praz G. Di ale. resti di Cyrt. sulcatus. 1901. — Sugli avanzi di Cyrt. sulcatus. 1903 e 1905. iaoezi Confrontata con le prime lombari di Cyrtodelphis sulcatus (Gerv.) illustrate da Dar Praz, la vertebra in esame apparisce sensibilmente ma non eccessivamente più corta, rivelando così, che anche per la statura l’animale cui essa appartenne doveva presso a poco corrispondere al cetaceo del Bellunese. Distribuzione. -— Il genere Cyrtodelphis è frequente nei depo- siti miocenici di Francia (Hérault, Dròme, Touraine), di Svizzera, della Germania meridionale, dell'Austria (Eggenburg). Distribuzione nel Veneto. — Langhiano: In un’arenaria glau- coniosa verdastra, a levante del villaggio di Fratta presso Maniago in Friuli (coll. Tellini). Importantissimi resti di Cyrtode/phis sulcatus prove- nienti dalle arenarie quarzose langhiane di Bolzano nel Bellunese furono illustrati dal prof. DaL Praz. Ord. PROBOSCIDEA Fam. Elephantidae MastoDpoNn cfr. ARVERNENSIS Croiz. et Job. 1912. Mastodon cfr. arvernensis, StEFANINI, Mamm. mioc, Veneto, pag. 306, tav, I, fig. 4-5. Due molari superiori di sinistra, ambedue rotti. Sembrano apparte- nere ad una forma di transizione, intermedia fra il M. arvernensis e il M. longirostris, forma che il BAcg (') indicò appunto come M. cfr. arver- nensis, Per ciò ho adottato questa locuzione. Distribuzione. —- Il M. arvernensis tipico è pliocenico. Le forme intermedie cui ho accennato e che vengono indicate ora come M. cfr. arvernensis ora come M. cfr. longirostris, si osservano nel Pontico di Stiria (Bach), di Spagna (Schlosser), di Grecia (Gaudry), forse anche dì Francia (Depéret). Distribuzione ne! Veneto. — Pontico: Nelle colline di So- ligo (coll. Da Rio, coll. De Zigno). Un esemplare, ora perduto, fu raccolto dal sig. A. Dal Bon a Madonna di Val presso Sarmede. (1) BacH. Mastodonreste aus der Steiermark. Beitr. Pal. Geol. Oesterr. Ung. Or. XXIII, 1910. Zi = Fam. Dinotheriidae DiNnoTHERIUM GIGANTEUM Kaup ? 1912. Dinotherium giganteum STEFANINI. Mamm. Mioc. Veneto pag. 297, fig. 1. Un premolare secondo superiore destro, molto frammentario. Distribuzione. — La specie cui probabilmente deve riferirsi l'esemplare veneto è notoriamente diffusa in tutta Europa nel Miocene medio, ma soprattutto nel Miocene superiore. Non credo fosse mai stata segnalata in Italia. Distribuzione nel Veneto. — Pontico: Molassa di C. Piol presso Anzano (coll. Protti). Ord. ARTIODACTYLA Fam. Tragulidae HyomoscHus crassus (LART.) 1912. Hyomoschus crassus. STEFANINI. Mamm. mioc. Veneto, pag. 281, tav. I, fig. 2-3. Tre molari superiori con un frammento del premolare di sinistra e due molari superiori di destra, tutti in buono stato di conservazione e poco consumati. Distribuzione. — Come ho detto altrove, questa specie si incontra in Europa dal Langhiano fino a tutto il Pontico, essendo specialmente comune nel Miocene medio in moltissime località della Francia, della Svizzera, della Baviera, del Baden, della Stiria ecc. Non era nota in Italia. Distribuzione nel Veneto. — Tortoniano superiore con Cass:- dula sp., Ostrea gingensis e O. crassissima nella valle del Pontaiba, lungo la strada Manazzons-Pinzano in Friuli (coll. Stefanini). Ord. PERISSODACTYLA Fam. Rhinoceridae RaEINocEROS (cfr. TELEOCERAS) AURELIANENSIS Nouel. 1912. Rhinoceros (cfr. Teleoceras) aurelianensis. STEFANINI. Mamm. mioc. Ven,, pag. 273, tav. I, fig. 1. bel t=] Un premolare (terzo o quarto) superiore destro, impiantato con le radici nella roccia e mostrante la corona molto consunta dall’ usura. OE Distribuzione. — È specie del Langhiano francese. Distribuzione nel Veneto. -- Langhiano: Arenarie quarzose di Bolzano nel Bellunese (coll. Guarnieri). Cl. PISCES Sebbene fin dal 1818 la natura di ittiodontoliti sia riconosciuta ad alcune petrificazioni del Bellunese dal CarULLO (!), che le indica come denti di Carcharias, citazioni un po’ esatte non si trovano che assai tardi nella letteratura relativa al Neogene veneto. A parte qualche elenco datone a varie riprese dal CarULLO (?) e dal Lroy (°), bisogna giungere al 1865 per trovare qualche cenno un po’ più diffuso e accompagnato da illustrazioni. È lo ScnavROTH (*), che nel Catalogo dei fossili di Coburgo cita da un “calcare tufaceo verde si- mile ad arenaria . di Schio, denti di Lamna cuspidata Agass., di Lamna elegans Agass. e di Sphaerodus irregularis Agass.; queste due ultime specie, in seguito di tempo, furono dal BassaxnI poste in sinonimia ri- spettivamente della Odontaspis contortidens e della Chrysophrys cinceta: la prima parmi sinonima, almeno in parte, della OxyrWina hastalis. Nello stesso 1865 il CarULLO (°) accenna a denti e vertebre di pesci dell’arenaria miocenica bellunese, indicandoli coi nomi di Sparus, Carcharodon, Lamna, Notidanus. E poco più tardi il TARAMELLI (9) vi cita Carcharodon megalodon e Oxyrhina hastalis. Nel 1877 il Bassani (°) dedica agl’ittiodontoliti del Veneto una nota monografica, nella quale sono descritte tra le altre varie specie riferibili a terreni miocenici; senonchè in lavori successivi (*) il valore dei resultati di questo studio giovanile, fatto su materiali di collezione, (1) CatuLLo T. Osservaz. sopra i monti che circoserivono i dintorni di Belluno. Verona, 1818. (2) CatuLLo T. Saggio di Zool. fossile, 1827. — Catol. sp. org. fossili Alpi Venete. 1842. (3) Lioy P. MWote sopra ale. vertebr. foss. Vicent., pag. 3-9. (4) ScHaurotH. Verzeichniss Versteiner. Coburg, pag. 263, tav. XXVIII. (3) CatuLLo T. Discorrimenti sopra importanti fatti geogr. e paleoz. 1865. (6) TARAMELLI. Escurs. geol. fatte nel 1871. Udine, 1872. (?) Bassani F. Ittiodontoliti del Veneto, pag. 8-36. (8) BassanI F. Note paleontologiche. 1880. SE Tage è infirmato dall’ autore stesso, che vi reca parecchie modificazioni. Su un tipo di Creazzo è fondata la nuova specie Carcharodon simus Bass. (1), che si ritrova anche a M. Moscal, mentre a cotipo di Otodus Larwleyi (che diverrà in seguito sinonimo di Lamna salentina Costa) è posto un esemplare di M. Belvedere presso Ceneda. Frattanto il medesimo an- tore (*) dava notizia di un ritrovamento di denti fossili di pesci in un deposito miocenico scoperto dal Rossi al Col Canil di Crespano in pro- vincia di Treviso, pubblicando un elenco di 20 specie ivi raccolte, e faceva noto un nuovo giacimento ittiolitico al M. Moscal, nel Vero- nese (*). Il NrcoLis (‘) non fece, in seguito, che riportare le determina- zioni del Bassani, accompagnandole con figure. Egli cita dunque a M. Moscal: Notidanus primigenius Agass. (citazione che il Bassani (°) cor- regge successivamente in Ga/eocerdo aduncus), Aetobatis arcuatus Agass., Zygobatis Studeri Agass., Chrysophrys cincta Agass., Sargus incisivus Gerv. A proposito della ittiofauna miocenica sarda il Bassani (°) riprese poi in esame anche una parte dei materiali del Veneto prima studiati, insieme a materiali della stessa provenienza ancora inediti (‘). In base a questo lavoro, che può considerarsi come definitivo, citerò un elenco delle specie mioceniche della nostra regione, da aggiungersi a quelle sopra indicate di M. Moscal: Carcharodon megalodon Agass., C. auriculatus Blainv., Odontaspis cuspidata (Agass.), O. contortidens Agass., Oxyrhina hastalis Agass., Galeo- cerdo aduncus Agass., G. minor Agass., Hemipristis serra Agass., Sphyrna prisca Agass., Notidanus primigemus Agass., Chrysophrys cincta (Agass.). Nel 1892 il TeLLINI (°) dava notizia di aver raccolto in Friuli — (1) Bassani F. Nuovi squalidi fossili 1877. (*) Bassani F. Su due giacimenti ittiolitici dei dintorni di Crespano. 1580. (*) Bassani F. Nuovo giacimento ittiolitico al M. Moscal. 1883. (4) NicoLis. Oligocene e Miocene nel sistema del M. Baldo. 1884. (*) Bassani F. /ttiol. mioc. Sard., pag. 44. (5) Bassani F. Ittiol. mioc. Sard. 1891. (?) Una piccola parte di questi materiali, appartenente al R. Istituto Tecnico di Udine, ho avuto in comunicazione e mi ha servito di termine di confronto per la determinazione degli altri, essendo classificati da uno specialista di prim’ ordine quale era il tompianto prof. Bassani. ($) TELLINI A. Deser. geol. tav. Maiano. Il materiale della collezione Tellini da me esaminato dev'essere solo una parte di quello dal Tellini raccolto. ERRE. a e più particolarmente nella valle dell’ Arzino — abbondanti ittiodontoliti, che si proponeva di comunicare ad un ittiologo per la determinazione. Nella bibliografia non ne ho però trovato traccia e temo che il mate- riale sia andato in parte perduto. L’OppENHEIM (') riporta dalle sopra citate pubblicazioni del Bassani e del NicoLis l'indicazione di alcune specie, ma senza tenere alcun conto di quelle modificazioni, che il BassanI medesimo aveva creduto di dover introdurre nelle sue precedenti determinazioni. Così è citato il Carcha- rodon productus Agass., che fin dal 1891 il Bassani considera come si- nonimo di C. megalodon, e il C. heterodon Agass., sinonimo del C. aur:- culatus; non si tien conto della correzione suindicata, relativa al Not danus primigenius di M. Moscal, e così via. Nel 1908 il Dar Praz (*) pubblica a sua volta uno studio sui ver- tebrati delle arenarie mioceniche di Belluno, riportando un elenco di squali determinati dal Bassani, taluno dei quali nuovo pel Veneto (come Myfliobatis sp., e Oxyrhina minuta Ag.), altri (Aetobatis Meneghinii Bass.), corrispondenti a specie locali, già descritte fin dal 1877. Quivi si parla altresì di uno scheletro di Sp/hyraenodus Bottii (Cap.), cui il Bassani (*), d’accordo col Woonpwarp cambierà in seguito il nome in quello di Cybium Botti. Nel lavoro ora accennato del Bassani, che rimarrà pur troppo l’ ul- timo di questo insigne paleontologo, si trovano citate di sfuggita le specie del Bellunese a lui note, e tra le altre Aetobatis arcuatus. La piccola ittiofauna che ho avuto a studiare contiene qualche forma di un certo interesse, come l’ otolito, che attribuisco a una in- certa specie di Percidae, un piccolo dente conico forse di Dentex, e l'interessante esemplare che indico col nome di Carcharodon polygyrus. La fauna stessa è costituita di 11 specie diverse. (1) OppeNHEIM. Sekioschichten. 1903. (®) Dar Praz. Vertebr. aren. mioc. Bell. 1908. (3) Bassani F. Ittiofauna pietra Leccese. 1915. 24 = S. CI. TELEOSTEI Ord. ACANTOPTERYGII Fam. Percidae OroLITHUS {(PERCIDARUM) sp. (MRavsebitfio, dia: Tb) Sagitte levigate, corte, alte, con rostro ottuso e excisura poco mar- cata. Faccia interna convessa col caratteristico solco a coda fortemente angolosa, quasi geniculata e ostio corto e largo: area inferiore mag- giore della superiore. Faccia esterna subconcava, accidentata da piccoli rilievi. Dimensioni dell’unico esemplare (sinistro) 7.5 Xx 6.6 mm. Le forme più affini a questa, tra quante ne ho potute confrontare in base alla bibliografia e ad una piccola collezione di specie attuali e plioceniche esistente nel Museo di Firenze, sono quelle del Labrax lucidus e di qualche altro Percidae. L'Ot. (Labrax) lucidus Bassoli di Montegibio (') è particolarmente affine, in grazia soprattutto della forma della cauda, e differisce in sostanza soltanto per la forma generale, molto più allungata. Il PrIem (*) ha di recente SG attribuito a questa specie taluni otoliti del Miocene francese, Fig. 2. uno dei quali, da lui figurato, apparisce assai più alto del tipo, restando tuttavia sensibilmente più basso della forma friulana, dalla quale sì distingue altresì per il contorno più regolarmente tondeg- giante, meno angoloso e per il rostro più ottuso. Anche Ot. (Percidarum) aequalis Kok. var. burdigalensis PrieM (* del Miocene inferiore e medio di Francia è assai affine, ma sì riconosce oltre che per la minore altezza, per le strie raggianti della faccia esterna e per la larghezza dell’ostio. Finalmente Ot. (Percidarum) plebejus Kox. (*) dell’Oligocene tedesco è più basso ed ha il margine superiore crenellato, con che sì differenzia (1) BassoLi G. G. Otoliti foss. ters. Emilia, pag. 52, tav. II, fig. 28. (®) PrIem I. Otholites Poiss. foss. tert. S. W. France, pag. 262, fig. 41. (3) PrieMm I. Otholites Poiss. foss. tert. sup. France, pag. 41 e segg. — Oth. S. W. France, L. c., pag. 258-259, fig. 28-31. (4) Koken E. Neue Untersuch. tert. Fisch. Otolithen, pag. 126, tav. X, fig. 1. — 16 — dal nostro, al quale lo farebbero ravvicinare la forma generale e 1’ an- damento del solco. Distribuzione. — Tortoniano inferiore: Costabeorchia in Friuli (coll. Stefanini). Fam. Sparidae CHRysoPHRYs cINcTA (Agass.) (Tav. I, fig. 9, 10) 1833-43. Sphaerodus cinetus. Agassiz. Poiss Foss. II, pag. 214, tav. 73, fig. 68-70. 1865. Sphaerodus irregularis. ScuAUROTH. Verzeichn. Verstein. Coburg, p. 263, tav. XXVIII, fig. 15. 1891. Chrysophrys cincta, Bassani. Ittiol. mioc. Sard., pag. 49, tav. II, fig. 2-9. 1901. —— De Artessanpri. Geol. peleont. dint. Acqui, pag. 81. 1910. —___@y De Srerano. Pesci foss. Calabria merid., pag. 189, tav. V, fig. 2-12. A questa specie associo, non senza riserve per qualche possibile confusione coi gen. Pagrus e Sargus, un numero non indifferente di denti molari di forma emisferica, alcuni dei quali, più consunti, presen- tano superficialmente un forellino centrale; e alcuni pochi in forma di cono smussato ed ottuso all'apice: si tratta — come è noto — di varia- zioni in rapporto con la posizione, centrale o marginale, dei denti stessi. La determinazione specifica dei denti di C4hrysophrys è sempre dubbia, ed è in certo modo per abitudine, che si continua a dare alla specie neogenica il nome di Chr. cincta. Distribuzione. — È una delle specie più comuni dei giacimenti miocenici a ittiodontoliti: allo stesso livello che in Friuli è citato ad Acqui e a Rosignano in Piemonte. Il DE ALESsANDRI opina che la specie sì origini nell’Oligocene e sì estingua al principio del Pliocene, essen- dovi sostituita dalla vivente Chr. avrata. Distribuzione nel Veneto. — Aquitaniano: Belluno, M. Moscal (fide Bassani). — Langhiano : Stretta della Meduna presso Preplans: str. 19 e str. 34 (coll. Stefanini). Rio Storto : calcare spatico di trasgressione (coll. Stefanini). Sez. dell’Arzino presso C. d’Ursola (coll. Stefanini, coll. Tellini). Via di Casasola; R. del Ferro (breccia di trasgressione); R. Piciacis e R. Susaibe presso Andreis (coll. Stefanini). Castelcucco (coll. Stefa- nini). Crespano (fide Bassani). Bolzano (fide Dal Piaz). DeENTEX ? sp. Un piccolo dente cilindro-conico, un po’ ricurvo ma smussato al- l’apice per corrosione subita, mi sembra riferirsi a questo genere, ma rappresenta un elemento insufficiente a qualunque determinazione sicura. Distribuzione nel Veneto. — Langhiano inferiore: Valle del- l’Arzino presso C. d’ Ursola (coll. Stefanini). S. CI. SELACHII Ord. PLAGIOSTOMI Fam. Lamnidae ODONTASPIS ACUTISSIMA Agass. (Tav. I, fig. 2, 3, 6) 1833-43. Lamna (0d.) acutissima. AGASSIZ. Poiss. foss., vol. III, pag. 294, tav. XXXVII, fig. 33-34. 1833-43. Lamna (0d.) contortidens. AGAssiz. Ibidem, pag. 294, tav. XXXVII, fig. 17-23. 1865. Lamna (0d.) elegans. ScaauroTH. Verzeichn. Verstein. Coburg, pag. 263, tav. XXVIII, fig. 13. 1877. Lamna (0d.) contortidens. Bassani. Ittiodontoliti del Veneto, pag. 24. 1891. Odontaspis contortidens. Bassasi. Ittiol. mioc. Sard., pag. 28. 1912. ———— DE Srreravwo. Ittiofauna foss. Emil., pag. 46, tav. I, fig. 14-16. 1915. ———_ Bassani. Ittiofauna pietra leccese, pag. 21. Sebbene generalmente negli esemplari friulani le caratteristiche strie longitudinali della faccia interna del dente siano spesso obsolete e poco o punto visibili, ritengo che a questa specie e non all’ 0. cuspidata deb- bano ascriversi 1 denti in esame, ben caratterizzati dalla forma flessuosa, subulata, sottile del cono dentario. In uno degli esemplari è conservata la grossa radice bifida, a corni divaricati, con foro nutritizio patente; e vi sì vede anche uno dei denticoli, ottusamente conico e leggermente curvo. Il De STEFANO pensa col Bassaxi ed altri valenti ittiologi, che 0. acu- tissima non sia una specie distinta da 0. contortidens, dalta quale i denti de- scritti col primo di questi nomi non differiscono che per lievi differenze in rapporto con la posizione; per conseguenza pone O. corntortidens in sino- nimia di 0. acutissima, poichè nel lavoro di AGassIz, la descrizione di questa precede la descrizione di quella, pur essendo ambedue nella stessa pagina. Distribuzione. — 0. acutissima è specie oligocenica e mioce- nica, che sale fino al Pliocene. Nel Miocene è comune a tutti i livelli: la citerò dal Langhiano di Acqui e di Rosignano in Piemonte. Aia Distribuzione nel Veneto. — Aquitaniano: Schio, M. Moscal (fide Bassani). — Langhiano: Sezione dell’ Arzino presso C. d’ Ursola (coll. Tellini). Pozzuolo (coll. Ist. Tecn.). Rio del Fier e strada di Casasola ; Rio Piciacis presso Andreis (coll. Stefanini). Bolzano (fide Dal Piaz e Bassani). Crespano e M. Belvedere presso Ceneda (fide Bassani). ODONTASPIS CUSPIDATA Agass. (Tav. I, fig. 1, 4, 5) 1833-43. Lamna (0d.) cuspidata. AGASssIz. Poiss. foss. III. pag. 290, tav. XXXVII, fig. 43-50. 1891. Odontaspis (0d.} cuspidata. Bassani. Ittiol, mioc. Sard., pag. 25, tav. I, fig. 14, tav. II, fig. 10, 13, 16, 17. 1910. ——________ De S$rerano. Pesci foss. Cal. merid., pag. 179, tav. IV, fig. 12-15. Alcuni esemplari di denti, che per la corona meno lesiniforme, più massiccia, sì distaccano sensibilmente dall’ O. contortidens, sono da me riferiti a questa specie, in grazia della loro completa somiglianza con gli esemplari figurati dagli autori, e particolarmente dal De STEFANO, nel suo citato lavoro. Distribuzione. — Questa specie è ritenuta dal BassaxI propria dei terreni terziari, a partire dall’ Oligocene superiore fino al Pliocene inferiore; nel Miocene è comune a tutti i livelli. Distribuzione nel Veneto. — Aquitaniano: Arenaria del Bellu- nese (Bassani). — Langhiano: Sezione della Meduna presso Preplans: str. 19 e str. 34 (coll. Stefanini). Sezione dell’Arzino presso C. d’Ursola (coll. Stefanini e coll. Tellini). Dintorni di Andreis (coll. Stefanini). Col Canil di Crespano (coll. Secco). Pozzuolo, in Friuli e Monfumo nel Tre- vigiano (fide Bassani). Bolzano (fide Dal Piaz). CARCHARODON MEGALODON Agass. 1833-43. Charcharodon megalodon. AGcAssiz. Poiss. foss. III, pag. 247, tav. XXVII. 1891. ———________ttt Bassani. Ittiol. mioc. Sard, pag. 14, tav. I, fig. 1, 2. 1912. ——_______ DFE Srerano. Pesci foss. Bismantova, pag. 360, tav. XIII, fig. 1-5, tav. XIV, fig. 3. Due grandi esemplari, riconoscibili per la loro forma triangolare piuttosto tozza, piano-convessa, a faccia interna assai rigonfia, con margini fittamente crenellati da seghettature regolari, non bifide, deb- bono essere attribuiti senza esitazione a questa specie. ET, Con dubbio vi attribuisco anche un frammento, mostrante analoghi caratteri, del Friuli. ed un altro di Col Canil. Distribuzione nel Veneto. — Aquitaniano: Schio, M. Moscal, Belluno, Castelcucco (fide Bassani). — Langhiano : Costa S. Augusto (coll. Dal Piaz) e cava del M. S. Antonio, presso Vittorio (coll. Marinelli). Valle del T. Arzino presso C. D’Ursola (coll. Tellini). Col Canil di Crespano (coll. Secco). Bolzano (fide Dal Piaz). A Crespano la specie è citata anche dal Bassant. CARCHARODON POLYGYRUS Agass. (Pay Bio od8 UD) 153343. Carcharodon polygyrus. AGassiz. Poiss. foss. III, pag. 253, tav. 80, fig. 9-12. 1914. —————_ Priem. Poiss. tert. SW. Fr., pag. 122, tav. III, fig. 1-2. Uno degli esemplari di ittiodontoliti, che per la forma triangolare della corona e per la crenellatura del margine sono riferibili al gen. Uarchurodon, differisce tuttavia notevolmente dagli altri, che indico come C. megalodon. Î Si tratta di un dente di media grandezza, largo alla base della corona una quarantina di mm. ed alto poco più di una trentina. La radice, larga, è in parte rotta. La co- rona è di forma triangolare, assai dilatata alla base, molto assottigliata e snella verso la punta, provvista di due den- ticoli laterali poco marcati, non salienti, ma però chiara- ta mente distinti. Il denticolo principale è assai obliquo, inequi- laterale, col margine posteriore (fig. 3) più escavato dell’anteriore, questo quasi rettilineo. La faccia esterna del dente è nel suo insieme pianeg- giante, però alquanto ondulata per la presenza di depressioni marginali e di una depressione mediana : la faccia interna è assai fortemente convessa: la crenellatura marginale apparisce assai uniforme e regolare. Data la forma snella ed acuminata del dente in esame e la sua obliquità, credo di non errare considerandolo come un dente posteriore inferiore sinistro. Tra le specie attualmente ammesse del gen. Carcharodon si potrebbe a tutta prima pensare al C. angustidens BI. che taluno insiste nel considerare CC agi sinonimo del C. auriculatus ('); ma in questa specie i denticoli laterali non sono soltanto lievemente accennati, come nel mio esemplare, sibbene molto sviluppati, e la forma dei denti apparisce nel complesso più alta, meno acuminata, a margine anteriore piuttosto convesso che escavato ecc. D'altra parte nel C. megalodon i denticoli laterali mancano costan- temente del tutto e il denticolo principale è pure meno acuminato. Nella bibliografia a me nota il tipo più vicino a questo interes- sante fossile veneto è un dente del SW. della Francia, che il PrIiem ha indicato col nome di C. polygyrus Ag. Eguale è lo sviluppo dei denti- coli laterali, simile la forma del denticolo principale, sebbene questo apparisca (forse per la posizione alquanto diversa del dente), un poco più alto ed acuminato nel mio esemplare. IL C. polygyrus fondato da AGAssiz su esemplari della Molassa sviz- zera, era originariamente distinto in grazia specialmente di certe pieghe basali dello smalto, che erano forse anomalie individuali: esse non si ri- scontrano, infatti, sugli esemplari francesi del PrIEM e neppure sul mio. Gli altri caratteri distintivi — lievi depressioni marginali della faccia esterna, faccia interna relativamente assai rigonfia, sebbene non molto spessa, forma obliqua con margine anteriore dritto o lievemente arcuato, bordo posteriore più o meno escavato, altezza piccola in confronto alla lunghezza, ecc. — venivano secondo Agassiz in seconda linea. Egli tra- a scurava pure, per principio, il carattere desunto dalla presenza o meno di denticoli laterali; mentre invece questi servono al Woopwarp (*) per le diagnosi delle singole specie. Fa dunque una certa meraviglia di vedere, come questo insigne ittiologo ponga l. polygyrus con denticoli laterali poco marcati, ma presenti, in sinonimia del C. megalodon, la cui diagnosi considera l'assenza di denticoli laterali distinti. Io preferisco la soluzione proposta dal PrIEM, che alla specie con denti bassi e acuminati e denticoli laterali presenti sebbene poco mar- cati, riserba il nome di C. polygyrus, da considerarsi come specie a sè o come varietà ben distinta del C. megalodon. (1) Cfr. ad es. GemmeLLARO M. Ittiodont. cale. asfaltif. Ragusa, pag. 34. tav. III, fig. 5-8. (£) Woonwarp A. S. Catal. Foss. Fish. Brit. Mus. I. London, 1889, pag. 417. 28 Distribuzione. — È specie rara, il cui tipo proviene dal Miocene di Svizzera: altri esemplari dal Langhiano del Sud della Francia (St. Medard en Jalle, Leognan) secondo il Priem. AGassiz citava la specie anche dal Maryland. Distribuzione nel Veneto. — Aquitaniano: S. Nicolò di Pianezze (coll. Canestrelli). OxYRHINA HASTALIS Agass. 183343. Oxyrhina hastalis. AGAssiz. Poiss. Foss., vol. III, pag: 277, tav. 34, fig. 3, 5-13, 15-17, a. 1833-43. Oxyrhina siphodon. AGassiz. Ibid., tav. 33, fig. 11-17. 1865. Lamna cuspidata (non Agass:). ScHauRoTH. Verzeichn. Verst. Coburg, p. 263, tav. XXVIII, fig. 12. 1591. Oxyrhina hastalis. Bassaxi. Ittiol. mioc. Sard., pag. 31, tav. I, fig. 3: tav. II, fig. 1 e 26. . 1910, ——_ DE $reravwo. Oss. ittiof. plioc. Orciano. Boll. Soc. Geol. it., XXVIII, pag. 567, tav. XVI, fig. 2, 4-6. 15, 16; tav. XVII, fig. 1; tav. XX, fig. 21. 1915. ————__ Bassani. Ittiofauna pietra lecc., pag. 24, tav. I, fig. Se 9. Pochi denti, che per le dimensioni di solito relativamente piccole e per la forma triangolare ricurva si rivelano evidentemente come denti laterali. L'assenza di conetti laterali alla base della corona si può con- statare in quasi tutti, e così distinguerli con sicurezza da quelli di Lamna. Anche la depressione della faccia esterna mostra le caratteri- stiche depressioni: in taluni la cresta mediana è però poco sensibile. Nel Museo di Firenze esiste un frammento del Col Canil (coll. Secco), che sebbene indicato 7 selhedis come Otodus Larrleyi, mi pare riferibile a Oxyrhina hastalis. I due esemplari illustrati dallo ScHAUROTH come pertinenti a Odon- taspis cuspidata per la loro forma piano-convessa, non lesiniforme, rela- tivamente dilatata alla base e priva di conetti laterali, paionmi riferi- bili pure a questa specie. Distribuzione. — È specie tipicamente neogenica, che nel Mio- cene apparisce in abbondanza a tutti i livelli: secondo il De STEFANO ed altri sarebbe anche nota nell’ Oligocene. Distribuzione nel Veneto. — Aquitaniano: S. Nicolò di Pia- nezze (coll. Canestrelli). Schio (Schauroth). M. Grumi di Schio, Creazzo, Castelcucco, M. Moscal, Bellunese (fide Bassani). — Langhiano : C. D'Ursola (coll. Tellini e coll. Stefanini). Sezione della Meduna : strato 19 (coll. Stefanini). Crespano (coll. Secco e fide Bassani). Bolzano (fide Bassani). Me Fam. Carchariidae HEMIPRISTIS SERRA Agass. (Tav. I, fig. 8) 1843. Hemipristis serra. AGassiz. Poiss. foss., III, pag. 237, tav. XXXVII, fig. 18-30. 1877. ——_____t Bassani. Ittiodontoliti del Veneto, pag. 16. 1891. ———___ Bassani. Ittioliti miocen. Sard., pag. 38, tav. I, fig. 15. 1912. ——__ DE Srerano. Pesci foss. Bismantova, p. 410, tav. XIII, fig. 25, tav. XV, fig. 67-68. 1915. ——_______ Bassani. Ittiofauna pietra leccese, pag. 26, tav. I, fig. 12. Due soli esemplari, uno dei quali rappresentato dalla sola metà apicale, l’altro intero, perfetto, con le radici. La forma del dente è triangolare-falcata, con margini finemente dentellati e mucrone apicale distinto, e con le due faccie convesse, l’una più l’altra meno, La somi- glianza con l'esemplare sardo illustrato dal Bassani e con alcuni di quelli dell’ AGassiz mi sembra perfetta. Distribuzione. — Secondo gli autori questa specie compari- rebbe in Africa e in America fin dall’ Eocene: nell’ Oligocene è citata qua e là anche nei nostri paesi, ma il suo più forte sviluppo è nel Miocene. Quivi apparisce tanto nel Langhiano di Rosignano e Vignale e di Acqui (De Alessandri), quanto nell’ Elveziano di Sardegna, Colli Torinesi ecc. ecc. (Bassani). La citazione dal Pliocene pare dubbia al De STEFANO, ed io mi accordo in guesto con lui. Distribuzione nel Veneto. — Aquitaniano: M. Moscal (fide Bassani). — Langhiano: Sezione dell’ Arzino presso C. D’ Ursola (coll. T'el- lini). Pozzuolo (coll. Ist. Tecn. Udine). Crespano (fide Bassani). Bolzano (fide Dal Piaz et Bassani). Il Bassani cita la specie a Pozzuolo, donde ebbe in esame lo stesso esemplare che ho poi studiato io. SPHYRNA PRISCA Agass. 1833-43. Sphyrna prisca. AGassiz. Poiss. foss., III, pag. 234, tav. XXVI, fig. 35-50. 1807, ———____ Bassani. Ittiodontoliti del Veneto, pag. 19. 1891. — Bassani. Ittiol. mioe. Sard., pag. 41, tav. II, fig. 19. 1901. —_______tt De ALessanprI. Note geol. paleont. dint. Acqui, pag. 78, tav. VI, fig. 4. 1915. ——________y Bassani. Ittiofauna pietra leccese, pag. 31, tav. I, fig. 20. Riferisco a questa specie un esemplare con radice bassa e corona triloba. I lobi laterali sono arrotondati e crenulati grossolanamente ; il E e lobo centrale è angoloso, acuto, sensibilmente curvo indietro e non cre- nulato nè dentellato, a margini perfettamente lisci. L’ AGaAssIz avverte, che la dentellatura nelle specie di questo genere, non è costante. Distribuzione. — È specie nettamente miocenica, l’unica cita- zione dall’ Eocene americano riferita altra volta dal Bassani, essendo dubbia, e quelle del Pliocene essendo riportabili, secondo il De STEFANO, a S. sigaena. È da notare però che in un lavoro più recente questo autore mostra tendenza a considerare queste due specie come sinonime. Distribuzione nel Veneto. — Aquitaniano: M. Moscal (fide Bassani). — Langhiano: Via di Casasola (coli. Stefanini). Crespano (fide Bassani). Fam. Notidanidae NoTIDANTS PRIMIGENIUS Agass. 1833-43. Notidanus primigenius. AGAssiz. Poiss. foss., III, pag. 218, tav. 27, fig. 4-8, 13-17. 180%. ———— Bassani. Ittiodontoliti del Veneto, pag. 19. 1891. ———-y Bassani. Ittiol. mioc. Sard., pag. 43, tav. II, fig. 21, 22. 1915. ———_____- Bassani. Ittiofauna pietra leccese, pag 52, tav. I, fig. 21. Un esemplare frammentario. Si tratta della parte anteriore di un dente, che doveva essere identico a quello della figura 13 di AGassiz: ne rimane il conetto principale, fortemente inclinato indietro, con tre denticoli anteriori, mentre i conetti posteriori mancano. Non ostante lo stato frammentario, la pertinenza al N. primigenius è molto probabile. Distribuzione. — Secondo il Bassani, è questa una specie piut- tosto antica: essa troverebbesi già nel Bartoniano e pare si estingua nel Miocene medio, le citazioni dal Pliocene dovendo essere riferite a N. griseus, secondo il De STEFANO. Distribuzione nel Veneto. — Aquitaniano: Schio, Monfumo (fide Bassani). — Langhiano : Casa d’ Ursola in Friuli (coll. Tellini). Bol- zano (fide Dal Piaz et Bassani). ARTH ROEODA CI. CRUSTACEA Qualche accenno alla presenza di crostacei — in special modo cirripedi — nelle formazioni in seguito attribuite al Miocene, si trova già negli autori dei primi del sec. XVIII. Il BroccHÙ ('), ad es., cita a Crespano “ Pettini e grossi Balani che tuttora conservano il loro colore ,, ; ma, sebbene egli stesso trattasse nel seguito del lavoro di alcune specie attribuibili a quel genere, non ci dice a quale gli avanzi di Crespano potessero riferirsi. Nell'elenco dei fossili delle arenarie bellunesi il TARAMELLI (*) no- mina invece con sicurezza il balanus sulcatus. Il Dr ALEssANDRI (*) pone tra le provenienze mioceniche del 2a- lanus stellaris Brn., anche una località indeterminata del Vicentino. Il Fuc®s (*), a sua volta, cita avanzi di granchi a Santa Libera di Malo. Ricordando che il Ristori (°) descrisse un Pilumnus sp. dal £ Mio- cene inferiore ,, di Montecchio Maggiore, si potrebbe supporre trattarsi della medesima forma: io sono però convinto, che con quella locuzione il RisroRrI intendesse indicare 1’ Oligocene. L'unico brachiuro, la cui presenza nel Miocene veneto è veramente (1) BroccHi. Conchiol. foss. subopp. I, pag. 97. (2) TARAMELLI. Escurs, geol. fatte nel 1871. Udine, 1872. (3) DE ALESSANDRI. Studi monografici Cirrip. foss® Ital., 1906. (4) FucHus. Die Stell. der Schichten von Schio, 1874. (3) Ristori. Crostacei neogenici di Sardegna e di aleune altre località italiane. Boll. Soc. geol. it., XV, 1896. Ero asi provata, è la Ramina speciosa Miinst., della quale il BrrTxER (') ebbe un esemplare di Monfumo e che l’OppeNHEIM (*) cita poi dall’Aquitaniano di Cava Brocchi presso Bassano. Non è impossibile che a questa me- desima forma si riferisca la citazione vaga del Secco (°) Cancer sp., poichè si tratta a un dipresso della stessa località. Tornando ai cirripedi, va menzionato il Balanus pictus Minst., che il De GreEgoRIO (*) indica come proveniente da Do’ Santi presso Bassano, pubblicando anche un paio di fotografie dei suoi esemplari. Nel suo Catalogo di crostacei vicentini il FABIANI (°) ricorda infine tre sole specie mioceniche, in base alle precedenti citazioni: £Lalanus stellaris, Ranina cf. speciosa e il Pilumnus, che, come ho detto, ritengo debba togliersi dalla lista. Mentre io non ho avuto la ventura di esaminare resti di brachiuri, l cirripedi da me studiati raggiungono il numero di tre, (tra cui uno Scalpellum) tutti nuovi per la regione. Tra essi non figura però il Ba- lanus stellaris. S. CI. CIRRIPEDIA Ord. PEDUNCULATA Fam. Lepadidae SCALPELLUM sp. ind. Un pezzo, corrispondente ad un tergo, che non ho potuto identi- ficare con alcuna forma a me nota, ma che mi pare troppo poca cosa, per introdurre un nome nuovo nella nomenclatura dei cirripedi. ‘Distribuzione nel Veneto. — Langhiano superiore: Calcari da cemento di Vittorio. ui (1) BirtnER. Brachyuren d. Vicent. Tert., pag. 10, tav. I, fig. (*) OppenHEIM. Schioschichten, pag. 196. (*) Secco. Note geol. Bass., pag. 20. (4) De GREGORIO, oss. envir. Bassano, 1894. (©) FaBiaNI R. Crost. terz. Vicentino, 1910. Soi Ord. OPERCULATA Fam. Hexameridae BALANUS TINTINNABULUM Lu. (Tav. I, fig. 33) 1854. Balanus tintinnabulum. DARWIN. Monogr. Cirripedia, pag. 194, tav. I, fig. 1; tav. II, fig. 1. 1855. —_—<- Darwin. Foss. Balanidae and Verrucidae of Great Brit., pag. 13, tav. I, fig. I. 1895. —__ De ALessanpri. Contrib. Cirrip. foss. Ital., pag. 270, tav. II, fig. 4. 1906. ——__ De AressanprI. Studi monogr. Cirrip. foss. Italia, pag. 285, tav. XV, fig. 16-22. 1910. —_ De Aressanpri. Cirrip. Mioc. Eggenburg, pag. 120, tav. XLVIII, fig. 1. I numerosi esemplari friulani esaminati, per la maggior parte di grandi dimensioni, sono malauguratamente privi delle piastre opercolari, le quali sogliono fornire, in questi organismi, i più sicuri caratteri dia- gnostici. La larghezza dei radii relativamente considerevole e la struttura minuta dei compartimenti, la cui sezione trasversale mostra nei nostri esemplari canali longitudinali regolari, a sezione ovale, setti sottili e lamine ambedue bene sviluppate, permette di escludere che si tratti qui del 5. concavus, che sarebbe, a detta del De ALEssanDpRI, la specie di gran lunga più comune nel Terziario italiano. Anche la forma della così detta conchiglia è del resto assai diversa: subcilindrica, talora un po’ rigonfia nel 5. tintinnabulum e nel B. tulipiformis, essa appare più co- nica nel 5. concavus, ciò che nelle due specie anzidette si avvera piut- tosto in fase giovanile. Più difficile è la distinzione tra il 5. tintinnabulum e il B. tulipi- formis, molto più che la colorazione rosea, conservata ancora in alcuni dei miei esemplari, non è sufficiente a distinguere le due specie. La struttura minuta del compartimento è però ben diversa: il 5. tulipi- formis ha canali longitudinali a sezione irregolare, ben diversi da quelli dell'altra specie e anche da quelli osservati negli esemplari del Friuli, a questa perfettamente corrispondenti. Per lo più conchiglie intere, isolate o in gruppi, ma quasi sempre senza supporto. Un solo gruppo di piccoli esemplari di Preplans, rico- noscibili dal 58. spongicola per l’ampia apertura romboidale arrotondata, SER 17 SEA sì vede attaccato a una valva di Pecten, e corrisponde bene alla fig. 20 del De ALESSANDRI. Distribuzione. — Secondo il DE ALESSANDRI, vari autori hanno indicato con questo nome grossi esemplari di 5. concavus. Tenendoci dunque alle sue determinazioni, il B. tintimnabulum appare una specie piuttosto rara nel Terziario italiano. Egli la cita dal così detto Aquita- niano di Acqui, che è a mio parere un Langhiano a facies poco profonda e dalla pietra da cantoni di Rosignano e Vignale che è pure Langhiano, a parere dei più; anche l'attribuzione delle arenarie a Scute/la di Sardegna all’Oligocene è molto dubbia ('), per modo che ritengo si possa affermare, che questa specie non è più antica del Miocene (*). Sempre nel Langhiano è citata dal FoxraxxEs a St. Paul Trois Chàteaux e in altre località del Bacino del Rodano; nell’ Elveziano, in varie località del Piemonte, Sar- degna ecc. (De ALEssanpRI); nel Tortoniano al M. Leberon (FiscHER et l'ourNnouvER). Nel Pliocene è invece rarissima da noi, ed anche oggi pare viva nel Mediterraneo, oltre che negli altri mari caldi e temperati, dove si trova fissato a preferenza sulle rocce delle coste della regione litorale. Distribuzione nel Veneto. — Langhiano inferiore: Rio delle Mole, presso Casasola. Rio del Fier. Sezione della Meduna presso Pre- plans: str. 25, 31, 33 (coll. Stefanini, coll. Tellini) Ad Est e a NE. di Borgo Toffoli (coll. Stefanini). Pozzuolo (coll. Taramelli, coll. Stefanini). BALANUS sPoNGICOLA Brown. 1527. Balanus spongicola. Brown. Ill. Conchiol. Great. Brit., tav. VII, fig. 6. 1573-16. ——_ Seuenza. Ric. Cirrip. terz. Messina, pt. I, pag. 24, tav. I, figr.3; pt. II, pag. 75, tav. IX. fig. 9-17. 1899. ————— DE AtLessanprI. Contrib. Cirrip. foss. Italia, pag. 275, tav. II, fig. 6. 2 1894. Balanus pietus (non Miinst) De GREGORIO. Foss. envir. Bassano pag. 34, tav. V, fig. 132-155. 1905. Balanus spongicola. De ALESSANDRI. Studii monogr. Cirrip. foss., pag. 290, tav. XVI, fig. 6-15. Alcuni piccoli esemplari privi di opercolo, ma con conchiglia rosea o grigiastra, allungata nel senso rostro-carenale, con apertura stretta, (1) Cfr. STEFANINI. Echin. mioc. medio Emilia, II, 1909, pag. 49, nota 2. (£) Quando furono scritte queste righe non era peranco comparso il lavoro di DAINELLI: L’Eocene friulano, Firenze, 1915, nel quale il B. tintinnabulum è citato nel Terziario antico del Friuli. sg: APRE piriforme, acuminata, costantemente attaccati ad un supporto, costituito da valve di Pecten o di Ostrea e con qualche traccia di ornamentazione mimetica. Dalle figure del De GREGORIO non è facile stabilire con sicu- rezza la pertinenza della forma da lui determinata come £. pictus a questa o ad altre specie: ma avendo trovato nella coll. Secco esem- plari che mi paiono riferibili al £. spongicola e provenienti pure dal Bassanese, credo di poter porre nella bibliografia la citazione del DE GREGORIO. Distribuzione. — È specie che data dal Miocene. Nel Lan- ghiano si trova a Rosignano, Vignale e ad Acqui; nell’ Elveziano nei Colli Torinesi, Sardegna, Montenegro, Bollène, Belpberg; nel Tortoniano a S. Agata e Monte Gibbio. Abbonda nel Pliocene e nel Pleiotocene e vive, oltre che nell'Atlantico e nell'Oceano Indiano, anche nel Mediter- raneo, fissata su ogni genere di supporti (DE ALESSANDRI). Distribuzione nel Veneto. — Aquitaniano: S. Michele presso Bassano (coll. Secco). — Langhiano: Presso Preplans: str. 32 (coll. Stefa- nini) Pozzuolo. MOLLUSCA Citazioni più o meno precise di fossili molluschi nelle formazioni, in seguito di tempo attribuite al Neogene, trovansi fino dai primordi del sec. XIX. A prescindere dallo Spapa ('), che nel 1737 cita “ Peclinitae auriti sev Hyppoctenitae majores et minores ,, nei dintorni di Verona, e dal GaIpox (*) che, in una sua lettera al BroccHi, parla degli “ Spondili semipetrifi- cati, di Col del Grado, in questa stessa località troviamo poi indicate dal FortIs (*) le grandi ostriche, ricordate col nome assai espressivo di Ostracites sesquipedalis e dal BroccHi (*) dei “ Mitili giganteschi ,. E il BroccHI medesimo accenna in termini molto chiari ad una “ Panopea co- mune nella Toscana e nel Piacentino »: da lui raccolta in Valsugana. In quel torno di tempo il CartULLO (?) sì soffermava ripetutamente sui fossili della glauconia di Belluno, confrontandoli con quelli dell'Eo- cene Vicentino e Veronese, e indicandoli per lo più con nomenclatura non binominale. Citazioni di fossili terziari determinati dal SoweRBy, tra i quali (') Spapa. Dissertazione. ecc. 1037. — Catalogus lapidum veron. ecc. 1740. (*) Ganmon. Lettere al sig. Brocchi. 1793. (3) FortIs. Mem. pour serv. à V hist. nat., 1802, pag. 139. (4) BroccHi. Conchiol. foss. subapp. 1814, pag. 97. (©) CatuLLo. Mem. mineral. sopra V aren. del Bellunese, 1816. — Osserv. sopra i monti che circoscrivono i dintorni di Belluno, 1818. — Saggio di Zool. foss., 1821. 2 AN figurano parecchi molluschi, trovansi poi a corredo degli studi strati- grafici del MuRcHISON (1). Tralasciando altre consimili citazioni di vecchi lavori, che qui non giova ripetere e per le quali rimando alla parte stratigrafica di questa memoria, ricorderò una nota del CatULLO (*), nella quale sono indicate con nuovi nomi tre specie dell’ Elveziano di Molevana e Castelnuovo in Friuli: /Isocardia sp., Arca turgida, Arca affinis. Io ho avuto la ventura di ritrovare nel Museo di Padova gli esemplari stessi dal CaruULLO presi a tipo delle due ultime specie e sono quindi in grado di stabilire come queste (del resto, puramente nominali) cadano in sinonimia dell'A. di- luvit; mentre l’ Zsocardia era indubbiamente l’ /. cor, che si raccoglie in- fatti a Cavasso. Queste tre specie sono poi nuovamente ricordate in- sieme ad altre 6 specie di Arca dallo stesso CarULLO (*) che menziona anche alcuni fossili di Col del Grado e San Zenone, tra cui 1’ Ostrea longirostris, e infine (*) dà un elenco di 18 specie del Cenedese e del- l’Asolano: tra queste degna di nota una Zsocardia molevensis Cat., eviden- temente creata sul tipo di Molevana in Friuli. Tra i primi a pubblicare veri elenchi di fossili è anche il Prroxa (?) che nel 1861 cita dal Friuli sei specie di gasteropodi e quattro di bi- valvi, oltre a varie altre, nominate col solo nome generico. Poco appresso, nel Catalogo dello ScHauROTEH (°) figura una 7’urri- tella rotifera dei dintorni di Bassano, che, sebbene indicata da un sot- tile tufo basaltico, proveniva invece, probabilmente, dalle marne di Ro- mano, dove tale specie è comunissima. Il Pecten bouciformis Schaur. di Schio cade in sinonimia del P. Pasini, mentre il P. solarium Schaur. (non Auctor.) è sinonimo del P. durdigalensis, come già fu avvertito da OPPENHEIM. (1) MurcHison. On the relations of the tert. and second. Rocks from the south fl. of the tyrol. Alps, 1829. (2) CaruLLo. Catalogo delle specie org. foss., 1842. (3) CaruLLo. Lettera al nob. co. Salina di Bologna. Giornale Euganeo, 1844. (4) CatuLLo. Cenni sopra il terr. di sedim. super. delle prov. Venete. Padova, 1841. (®) Pirona. Cenni geogn. Friuli, 1861. (6) ScHaurotH. Verzeichniss Versteiner. Coburg, 1865. — 31 — In una nota di ANxDRIAN (') relativa alla Valsugana sono citati fossili del secondo piano mediterraneo, determinati dal FucHs: tra gli altri, sono nominati: Z'urritella rotifera, Natica redempta, Pleurotoma Jouanneti, Corbula carinata, Lucina columbella ecc. Liste di fossili pubblicano in seguito il TARAMELLI (*) pel Friuli, il Suess (*) pel Vicentino e il Manzoni (') pel Bassanese -Trevigiano. Quest’ ultimo cita 16 specie, tra cui la Z’urritella (Proto) rotifera, della quale presenta anche un paio di figure: ho già riportato altrove quel- l'elenco, come pure in parte quelli successivamente apparsi per opera del Bavan (?), del TARAMELLI (°) e del Piroxa ('). Una decina di specie di molluschi era intanto determinata come proveniente dagli strati di Schio dal FucxHs (°), mentre elenchi consimili, più o meno ricchi di specie e più o meno esatti, venivano pubblicati da R. HoeRNEs (°) pel Trevigiano e il Bellunese, dal TARAMELLI (9) per tutta la regione veneta, da A. Secco ('!) pel Bassanese, da A. Rossi ('*) pel Trevigiano, da A. De GreGoRrIo (") per l’Asolano. Il De GreGoRIO (!) anzi illustrò anche talune specie, che poi vennero in gran parte da lui succes- sivamente riprese, come sarà detto in seguito. Ma nel 1884-1885 non ricorda, da Forabosco, se non: Ostrea crassissima, O. gingensis, Lutraria lutraria var. Hoernesi, De Greg., Cardita Jouanneti Bast., Conus fusco- (®) Bavan. Terr. tert. Venétie. Paris, 1870. (5) TARAMELLI. Costituz. geol. del Friuli. 1876. — (Catal. rag. delle roccie del Friuli. 1ST%. — Escurs. geol. futte nel 1871. — Escurs. geol. fatte nel 1872. — Una passegg. geol. da Conegliano a Belluno. iSTi. (*) Pirona. La prov. di Udine sotto V asp. stor. natur. 1876. (3) FucHs. Die Stellung der Schichten von Schio. 1874. (*) HoEeRNESs. Beitr. 3. Kenntn. der Tert. Ablag. Siid Alpen, 18T7. (19) TARAMELLI. Spieg. carta geol. Friuli, 1882. — Geologia delle Prov. Venete. 1882. ('!) Secco. Note geol. sul Bassanese. 1883. (1°) Rossi. Note ill. carta geol. prov. Treviso. 1883. (13) De GreGoRIO. Elenco foss. orizz. a Cardita Jouanneti 1883. — Quelq. esp. nouv. du tert. d’ Italie, 1883. (14) De GreGoRIO. Nuovi foss. terz., 1853. — Studi conch. medit. 1884-85. us Bre cingulatus var. Berghausopsis De Greg., C. canaliculatus var. Dvjar- dini Dub. Frattanto il Sacco (!) su materiali raccolti dal TeLLixi in Friuli creava una nuova varietà di Potanvdes lignitarum, cui diede il nome di var. forumjulensis; questa però non mi è sembrata tale da dover essere conservata. Nuovi elenchi di specie sono dovuti in questo torno di tempo al 3, al BALESTRA (*). TELLINI (*), al TARAMELLI ( I fossili raccolti da quest’ultimo nelle formazioni oligoceniche e mioceniche del Bassanese formano l'oggetto di uno studio del DE GREGORIO (°); tra questi sono certamente miocenici quelli prove- nienti da Do’ Santi (°), Cava Brocchi e Cruccolo: da S. Michele pro- vengono fossili miocenici, misti però a fossili oligocenici. Al Miocene e precisamente al Miocene inferiore, appartengono senza dubbio le seguenti specie : Pecten palmatus (Lk.), P. wverrucopsis. De Greg., P. cruccolensis De Greg., (tutti e tre sinonimi di P. seliophilus), P. deletus (le cui cinque varietà vanno ripartite tra il P. schiophilus, il P. Pasini e il P. burdigalensis), e P. cristatus Brn. con una nuova var. cavabrocchiensis De Greg.; mentre altre, come ad es. alcuni coralli e parecchi molluschi corrispondono a forme caratteristiche dei ter- reni oligocenici, che infatti affiorano quivi a contatto col Miocene inferiore. Poco più tardi, e precisamente nel 1896, il Vixassa (°) illustrava una collezione di fossili delle glauconie bellunesi; pur troppo, trattan- dosi di fossili di Museo, non raccolti dall’ autore, non è possibile distin- guere con sicurezza quali di dette specie si riferiscano veramente al Miocene e quali all’ Oligocene superiore, che come si sa, è rappresen- (1) Sacco. Sopra alcuni Potamides del Piemonte. 1888. (2) TeLLINI. Deser. geol. tav. Maiano. 1892. (3) TARAMELLI. Osserv. strat. dint. Polcenigo. 1896. (4) BaLestRA. Escurs. geol. da Bassano al Lavacille. 1896. (©) De GreGoRIO. Moss. envir. Bassano, 1894. ($) A Do’ Santi è però citata anche la Nummulites perforata ! (?) Vinassa. Moll. glaue. bellun. 1896. — 33 — tato dagli strati più bassi delle glauconie. Sembra però probabile, che la maggioranza di esse siano dello strato oligocenico. Le poche specie dell’arenaria di Costalunga nel Bellunese, deter- minate dal LoxcHi ('), appartengono ad un livello stratigraficamente più elevato e sono invece senza dubbio mioceniche: MHinnites Defrancei Mich,, Pecten burdigalensis Hoern., P. Malvinae Dub., Pecten sp. ind., Cuspidaria miocenica Par., Cardium fragile Br., Tellina planata L., T. compressa Br., Cytherea pedemontana Ag., Arca diluvii (Lk.) (?), Venerupis decussata Phil. (?), Pleurodesma sp., Cardita sp. Le specie cui ho sopra accennato, come quelle create dal Dr GRE- corIO per alcune conchiglie dell’ Asolano fin dal 1883, furono riprese dal medesimo autore nel 1899 in altra pubblicazione (?), dove esse vennero parzialmente e assai malamente illustrate, insieme con pa- recchie altre ritenute caratteristiche. Eccone l'elenco: Mitra rustica Guid. f. asolana De Greg., Columbella (Eugina) funi- carinata De Greg., Nassa eterocostopsis De Greg., Buccinum appellatum De Greg., Nassa Forabosco De Greg., Perrona semimarginata Lamk. var. delta De Greg., Clavatula Forabosci De Greg., Pleurotoma calcarata Grat., Clavatula verespeciosa De Greg., CU. margaritifera var. Sottertopsis De Greg., U. margaritifera var. pustulopsis De Greg., Pleurotoma (Drillia) pustulata Br. f. brentensis De Greg., Cerithium nodulominutum De Greg., Neritina grateloupana Fer., Cytherea asolana De Greg., Arca diluvii Lk. var. Fichtelopsis De Greg., T'urritella turris Bast. f. asologermanica De Greg., T. turris Bast. f. Pasinii De Greg., 7°. turris Bast. f. quidquid De Greg., T. rotifera Lk. f. romanoasolensis De Greg., T°. cathedralis Hoern. f. fora- boscensis De Greg., 7°. cathedralis Hoern. f. asolensis De Greg., Natica romanensis De Greg., N. helicina Br. var. proredempta De Greg., Ne- verita Josephinia Risso, Conus fusco-cingulatus Br. var. Berghausopsis De Greg., C. canaliculatus Br. var. Dujardini, Ancillaria (Anavlax) Manzoni De Greg., Cassis saburon Lk. var. naniuscula, Corbula gibba Ol. var. aso- . (!) LoxGHI. Della pietra da coti o da mola, ece., 1896. (*) De GregoRrIo. Descript. foss. Forabosco et Romano. 1899. 2 ZANE loromanensis De Greg., Cardita Jouanneti Bast., Pecten Seccoi De Greg., P. asoloromanensis De Greg., P. (Aequipecten) Northamptoni Mich., P. Bbruei Payr var. mucronata De Greg., Ostrea gingensis Schloth. var. pro- togingensis De Greg., O. gingensis Schloth. var. longegingensis De Greg., O. gingensis Schloth. var. brevierassa De Greg., 0. digitalina Dub., Ano- mia ephippium L. var. cardincrassa De Greg., A. ephippiwm var. cardin- percrassa De Greg., A. ephippium var. erpansa De Greg., A. ephippium var. Hoernesi De Greg. Quasi contemporaneamente ll’ OppexHEIM (') pubblicava due nuovi Pecten dei dintorni di Romano: il P. Balestrai e il P. bassanensis, e poco più tardi (*) dava notizia del ritrovamento del Pecten incrassatus, da lui considerato come una specie tipicamente elveziana, nei dintorni di Verona. Lo ScHarreR (’) frattanto illustrava alcuni fossili di M. Brione (Pecten Pasinii, Mngh., Pecten sp., Cardita brionensis Schaff., Thracia be- nacensis Schaff.) in aggiunta ad un elenco comprendente una ventina di specie già conosciute. I molluschi degli “ strati di Schio ,, illustrati nella monografia di OppeNHEIM (*) e riferibili con molta probabilità al Miocene sono i se- guenti: Ostrea exrcavata Desh., Anomia ephippium var. orbiculata Br., Pecten Northamptoni Micht., P. Haueri Micht., P. praescabriusculus Font., P. (Aequipecten) submalvinae Blankenh., P. schiophilus Oppenh.. P. Pa- sinti Mngh., P. burdigalensis Bast., P. (Amussium) cristatum Brn., P. (Janira) hornensis Dep. et Rom., P. (Janira) vezzanensis Oppenh., Pinna Brocchi Orb., Avicula phalaenacea Lk., Perna Soldanii Desh., Arca cfr. turonica Duj., Lucina aff., multilamella Desh., Peechiolia argentea Mar., Venus cfr. inultilamella Lk., Lutraria sanna Bast., Panopaea declivis Micht., Pholadomya Puschi Goldf., Thracia benacensis Schaff., Scalaria (Cirso- trema) crassicostata Desh., T’urritella ctr. terebralis Bast., Chenopus pes pelecani L. Delle rimanenti specie, che 1° OppexHEIM cita od illustra, la (1) OppenHEM. Sopra due nuovi Pecten del Mioc. di Bassano. 1900. (3) OpPENHEIM. IZ Miocene di Verona e il Pecten Besseri degli Autori 1900. (3) ScHarreR. Fauna glyiukon. Merg. Monte Brione. 1899. (4) OppeNHEIM, Schioschichten. 1903. — 39 — maggior parte sono state dai proff. DAL Praz e FABIANI localizzate negli strati basali della glauconia, riferibili all’ Oligocene. Nella sua monografia sulla Paleontologia dei Berici il FABIANI (') riprende in istudio, tra le altre, anche un paio di specie aquitaniane: Pecten ( Amussiopecten) Pasini Mngh. e Meretrix cfr. incrassata Sow. Fossili provenienti in parte dal Miocene inferiore pare siano stati studiati anche dal Kravxz (*), ma mescolati a forme oligoceniche degli strati basali di Schio (Oligocene superiore di Fabiani). Frattanto varie specie mioceniche sono nominate in diversi lavori d’indole stratigrafica, nè io credo opportuno ricordarli tutti qui: partico- lare menzione farò di uno studio del prof. Dar Praz (°), nel quale trovansi liste di fossili miocenici e pliocenici del Trevigiano e Bellunese. Il Pliocene, riconosciuto allora per la prima volta nel Veneto, dava: Arca Noae L., Pecten cristatus Brn., Tellina compressa Br., Cardita sp., Natica millepunetata Lk. In una sua nota stratigrafica il FABIANI (4), per documentare l’ at- tribuzione al Miocene degli strati di Verona, riproduce un esemplare di P. incrassatus Partsch, ed un altro riferito a P. latissimus Br., ci- tando altresì dalla stessa località altre due o tre specie. Finalmente le diagnosi di alcune specie nuove, illustrate nella pre- sente monografia, trovansi raccolte in una mia breve nota preliminare (°) comparsa nel 1915. Come si vede, se assai numerosi sono gli autori che hanno incluso nei loro lavori stratigrafici liste di fossili neogenici — principalmente miocenici — i lavori nei quali questi fossili siano più o meno comple- tamente descritti ed illustrati, o nei quali almeno sia dato un cenno descrittivo o una citazione bibliografica, che permettano di rendersi conto degli elementi sui quali la determinazione è basata, sono invece (*) Fagiani. Paleont. Colli Berici. 1908. (2) Kranz. Das Tert. swisch. Castelgomberto, ... und Monteviale im Vicent. 1910. (3) DaL Praz. Studi geotettonici sulle Alpi orientali. Mem. Ist. Geol. Univ. Padova, I, 1912, (4) FaBIANI. Mioce. coll. Verona. 1914. (®) STEFANINI. Specie nuove Mioc. Veneto. 1915. —- 36 — molto pochi e si riferiscono per lo più a località fossilifere limitate, non a una parte notevole della regione. Di più, non poche di queste specie sono cadute col progresso delle conoscenze o in seguito ai miei studi stessi, in sinonimia di altre; di parecchie, non ostante i cenni descrit- tivi o le più o meno felici illustrazioni, non è possibile formarsi un esatto concetto. Ciò vale in particolar modo per le specie trattate dal De GrREGoRrIO nel suo studio sui fossili di Asolo e di Romano sopra nominato. Per tutte le ragioni ora esposte io mi lusingo che questa parte della mia memoria, sia per le numerose aggiunte che reca alle nostre conoscenze sulle faune malacologiche venete, stringendo vieppiù i le- gami che queste uniscono alle coeve del Piemonte, dell’ Emilia, del bacino di Vienna e dei bacini francesi, sia per la vastità della regione presa in considerazione e pel carattere monografico che la memoria stessa riveste, rappresenti in questo campo un progresso non indiffe- rente, e possa ad ogni modo fornire una base utile a nuovi e meno imperfetti studi. I molluschi determinati pel Veneto nel presente lavoro sommano a 190, e cioè: 2 cefalopodi, 98 gasteropodi e 90 pelecipodi. Di queste. secondo i miei studi, sarebbero nuove per la scienza cinque specie e tre varietà: Cassidula De - Gasperi, Terebra modesta Trist. var. ventri- cosa, Clavatula zic-zac, Ancilla olivaeformis, Neritina Dal-Piazi, Cyrena Roberti-Douvillei, Unio flabellatus var. Protti, Mytilus aquitanicus var. T'aramellii. Le specie nuove per la regione veneta o addirittura per l’Italia sono poi relativamente numerosissime; ma nen mi sembra opportuno trattenermi ora lungamente ad elencare le forme più rare ed interes- santi del Neogene veneto, riserbandomi a farlo se occorre, in modo più o meno succinto, alla fine del lavoro. I a C1. CEPHALOPODA S. Cl. TETRABRANCHIATA Ord. NAUTILOIDEA Fam. Nautilidae ATURIA ATURI (Bast.) Tav. II, fig. 26 1875. Nautilus (Aturia) Aturi. HoerxEs. Fauna des Schliers von Ottnang. pag. 344, pl. XII, fig. 5-6. 1897. Aturia Aturi. Brives. Foss. mioc. Alg. I, 3, pag. 10. tav. I. fig. 10. 1598. ———__- Paroxa, Cefalop. terz. Piem.. pag. 161, tav. XII, fig. 2, 3, 6: XIII. fig. 5, 6. 1903-04. —_________t Doctrus, Correr, Gomes. Moll. tert. Poriug., pl. XXXVII. 1904. ———- Sacco. Moll. terz. Piem. Lig., XXX, pag. 6, tav. I, fig. 15-18: tav. II: fig. 1:3. Due soli esemplari, l'uno piccolo (diam. 20 mm.) l’altro grandetto (circa S0 mm. di diam.) sono da riferire a questa specie, troppo nota, perchè occorra ripeterne la descrizione. La sezione dei giri sembra qui sagittata e non quadrangolare, come sarebbe carattere dell'A. Forma? Par.; la quale, del resto, secondo una illazione del Sacco non priva di verosimiglianza, non è probabiimente che la forma maschile dell'A. Atur:. Distribuzione. — Questa specie si riscontra nel Langhiano in- feriore dell'Appennino (calcare di Acqui). (Sacco) ed è una delle specie più caratteristiche dello “ Schlier , tipico di Ottnang (Hoernes) e di quello dell'Appennino. Anche in Algeria (Brives) e in Portogallo è lan- ghiana (Dollf. C. G.). Il Sacco la cita anche nell’ Elveziano. Distribuzione nel Veneto. — Langhiano superiore: Calcare da cemento di Sonego (coll. De Toni) e di Vittorio (Mus. di Padova). NAUTILUS sp. ind. Io ebbi altra volta tra mano un grande esemplare di Navti/us, che mi parve attribuibile a specie nuova: tuttavia mi riserbai di compirne lo studio e di farne la descrizione successivamente. Ora sembra che l'esemplare in questione sia andato smarrito ; ritengo tuttavia oppor- tuno accennarvi per segnalare l’esistenza di questo genere, assai raro neì mari neogenici, nei. depositi del Veneto. Distribuzione. — Langhiano superiore : Serravalle presso Ceneda (Mus. di Padova). e Boe CI. GASTROBODA Ord. PULMONATA S. ord. GEOPHYLA Fam. Testacellidae GLANDINA sp. ind. Un solo esemplare malauguratamente molto deformato rotto in parte frammentario. La sua appartenenza al gen. G/andina apparisce però indubitabile, in grazia della forma ovalare ottusa della conchiglia, munita di sei giri, l’ultimo dei quali alto e abbracciante, ì primi due lisci, gli altri ornati di costoline d’ accrescimento irregolari, un po’ fles- suose, con suture marginate e lievemente crenulate. Il guscio doveva avere un'altezza di circa 28 mm., l’ultimo giro un diam. di 12 mm. circa: queste misure, molto approssimative causa lo stato di conserva- zione, sono riferite, perchè si possa vedere come sotto questo aspetto la specie veneta si avvicini alla G/. inflata (Reuss), dalla quale differisce però pel numero dei giri, e per la mancanza di ornamentazione spi- rale. Quest’ ultimo carattere. ‘insieme alla forma meno ventricosa della conchiglia, permettono di tenerla distinta anche dalla G/. porrecta Go- ) Distribuzione nel Veneto. — Pontico: Fianco SW. del Colle banz, nonchè dalla G/. aquensis var. obtusa Dep. (' di S. Floriano a Polcenigo (coll. Stefanini). Fam. Helicidae HeLix (CAMPYLAFA) INSIGNIS var. sTEINHEIMENSIS Kl. 1845. (Tav. 1, fig. 19, 13, 14) O. D 1875. Heliv (Campylaca) insignis var. steinheimensis. SAnpBERGER. Land siisswass. Conch., pag. 650, tav. XXVIII, fig. 9, 9a. 1891, Marzarp et Locarp. Moll. terr. fuv. Suisse. pag. 29, tav. II fig. 15. È una Zelix di statura piuttosto forte (diametro 40 mm.; altezza totale 19 mm.; ultimo giro 15 mm. pari a ‘/10 dell’ altezza totale. Indi- (1) SanpBERGER. Land siissw. Conch. Vorwelt. p. 408, 464, tav. XXI, fig. 18; p. 605. tav. XXIX, fig. 32. Sergi vidui piccoli: diametro fino di 33 mm.). La spira è rigonfia, piuttosto emisferica che subconica, ad apice ottuso e appiattito, base largamente ombelicata, ma con ombelico parzialmente coperto dal bordo columel- lare reflesso; callosità sottile; apertura munita di labbro svasato, di forma impossibile ad esaminare negli esemplari esaminati. Giri in nu- mero di 5, dapprima appiattiti, poi più rigonfi, separati da suture ben marcate e adorni di strie d’accrescimento oblique. MarLLarDp ha opportunamente accennato alle somiglianze che questa specie presenta a prima vista con i Galactochilus. Malgrado le difficoltà che s’ incontrano nella classificazione delle Helix e nonostante che i numerosi esemplari studiati siano quasi tutti deformati e con gran parte del peristoma rotto, ritengo assai attendibile la mia determinazione. H. erstincta Ramb., che per la forma del guscio e la maggior parte dei suci caratteri mostra di essere molto vicina a questa specie, ne differisce per la forma della bocca, malauguratamente non visibile nei miei esemplari, per la minore statura ecc. Distribuzione. — L'/. steinheimensis proviene da varie località della Svizzera e del Wiirtenberg — tra cui Steinheim — dove appare nella Molassa superiore d’acqua dolce. Distribuzione nel Veneto. — Pontico: Galleria di Longone presso Polcenigo (coll. De Gasperi). Fianco W. di Col S. Floriano presso Polcenigo; Galleria di Pinzano; C. Scarabel e al N. di Anzano (coll. Stefanini). Fianco sin. del torr. Carron. presso Fregona (coll. Dal Piaz). Colline di Sarmede (coll. De Zigno). A. S. di C. Molinetto in Val Lierza (coll. Dal Piaz). C. Bortolon presso Cornuda (coll. Dal Piaz e Stefanini). Val S. Sebastiano (coll. Dal Piaz). Dintorni di Cozzuolo (coll. Pampanini). Valle a SW. del M. Civaron in Valsugana (coll. Secco). Helix ctr. pELPHINENSIS Font. 1875. Helix delphinensis. FontannES. Etudes, I, pag. 41, tav. I, fig. 4. Ravvicino a questa specie alcuni esemplari, disgraziatamente mal ridotti e detormati, caratterizzati dalla piccola statura, dalla forma orbi- c'UE colare subglobulosa della conchiglia, sottile e fragile, costituita da 5 giri con suture semplici, non ombilicata, con labbro reflesso e sottile, strie d’accrescimento non visibili. La rappresentativa di questa specie nel bacino di Parigi è la /. turonensis; nel bacino svizzero la H. Leymeriana. Distribuzione. — L’'H. delphinensis proviene dal Miocene supe- riore dell'i-ioSiacia Valle del Rodano. Distribuzione nel Veneto. — Pontico: A Sud di C. Moli- netto in Val di Lierza e a Nord di Anzano (coll. Stefanini). Fam. Pupidae CLausiLia GRANDIS Klein, 1891. Clausilia (Triptychia) grandis. MarLLarp et Locarp. Moll. terr. et fl. Suisse, pag. $3, tav. VISAORO=NE Conchiglia subscalariforme di forma assai rigonfia, molto assotti- gliata nella parte apicale, che è ottusa. La conchiglia raggiunge una lunghezza di 35 mm., e consta di 14-16 giri quasi piani a suture cre- nulate, ornati di delicate coste assiali; il primo giro è alto circa '/, del- l’altezza complessiva. L'apertura è piriforme; dei suoi particolari i campioni veneti non lasciano osservare che qualche traccia della lamella columellare. Questa specie mi sembra particolarmente affine alla CI. Terveri Mich. e alla (7. mastodontophila Sacco, che possono considerarsi come sue mutazioni più recenti. Distribuzione. — È una specie miocenica, che, secondo il Mart- LAaRD, sale in Svizzera dall’ Elveziano fino alle sabbie a Dinotherium. Distribuzione nel Veneto. — Pontico: Case Bortolon e in Val S. Sebastiano presso Cornuda (coll. Dal Piaz e Stefanini). A_N. di C. Caverie e a N. di Anzano; a NE di Costa presso Anzano ; C. Molinetto in Val Lierza (Coll. Stefanini). DISP» SI S. ord. GEHYDROPHYLA Fam. Auriculidae CassipuLa De-GaspERI n. sp. (Tav. I, fig. 54 Conchiglia solida, ombilicata, quasi liscia, leggermente rugosa per strie d’accrescimento alquanto irregolari, rigonfia, ovale, biconica : spira corta, conica, acuta, composta di 7-8 giri rapidamente crescenti, con- vessi, con sutura ben distinta, non marginata. L'ultimo giro, assai ele- vato, comprendente più della metà dell’altezza della conchiglia, apparisce malgrado le deformazioni subite dagli esemplari, essere stato rigonfio specialmente verso il terzo posteriore; esso forma una specie di cercine attorno alla fessura ombelicale. Apertura larghetta, "9 lunga circa metà della conchiglia, arrotondata in \è avanti, limitata da un peristoma spesso, intero. Orlo interno munito di una piega columellare basale, di una de piega parietale dritta e di un dente parietale obliquo, posto all’ angolo posteriore della bocca e diretto in avanti. Orlo interno grosso, largo, piatto, angoloso al terzo posteriore, dove subisce una specie di strozza- mento; il dente labiale è molto ottuso, quasi atrofico. Altra volta ravvicinai questa specie alla C. umbilicata (Desh.) del Miocene medio di Turenna ('), ritenendo che i rari o poco ben conser- vati avanzi non permettessero una sicura determinazione. In realtà però, ripresa in esame la questione, ho visto che la distinzione può esser fatta assai agevolmente grazie alla spira, costituita da giri più numerosi, con suture non marginate, e alla atrofia quasi completa del dente labiale. La forma della bocca appare più larga, ma anche il mi- gliore dei miei esemplari essendo deformato, non c'è da fare gran conto di questo carattere, come pure di quello costituito dalla forma generale della conchiglia. (1) Cfr. Dusarpin. Mem. sur les couches du sol en Touraine. 1835, pag. 206, tav. XIX, fig. 20. — Tournover. Auriculides fossiles des faluns. pag. 23, tav. IV, fig. 3. — SaxpBERGER. Conchyl. der Voricelt. 1875, pag. 524, tav. XXVI, fig. 9. — ManLarp et Locarp. Moll. terr. fluv. tert. Suisse I, pag. 93, tav. VI, fig. 19. sa Auricula Grateloupi, che ricorda un po’ questa specie per il numero dei giri e per la forma attennata del dente labiale, si riconosce per l’assenza di ombelico. Dedico questa specie alla memoria dell’amico G. B. DE GAspERI, che allo studio dei monti veneti rivolse la maggior parte della sua atti- vità scientifica, e che sui monti stessi trovò eroicamente la morte, per la difesa e la grandezza d’Italia. Distribuzione nel Veneto. — Tortoniano superiore : Collina quota 206 in Valle Pontaiba, presso Pinzano al Tagliamento (coll. Ste- fanini). Un esemplare dubbio, frammentario, ad Est di M. Molime (coll. Tellini). S. ord. HYGROPHYLA Fam. Limnaeidae Limnaea Deypieri Font. 1878. Limnaea Deydieri Fonrannes. Etudes, IV, pag. 97, tav. II, fig. 10. 1901. ——____ DeppeRer et Sayn. Faune fl. terr. Cucuron, pag. 114, tav. I, fig. 52-53. E una specie caratterizzata dal grande sviluppo assunto dall’ ultimo anfratto in confronto con la spira poco svolta, acuta ma corta, e dalle suture molto profondamente impresse. L'apertura non è visibile nei miei esemplari, che differiscono da quelli tipici per una statura alquanto mi- nore (altezza 7 mm. invece che 8-9). Il rapporto fra l'altezza dell’ ul- timo giro e l'altezza totale è di circa /,o. Distribuzione. — È specie del Pontico nel Bacino del Rodano. Distribuzione nel Veneto. — Pontico: SW. di C. Molinetto in Val Lierza (coll. Dal Piaz). PLANORBIS PRAECORNEUS Fisch. et Tourn. 1875. Planorbis praecorneus. FiscHER et TournovER. Invert. foss. Lebéron, p. 155, tav. XXI, fig. 6-8. 1901. —___ DpEreEr et Sayn. Faune fl. terr. Cucuron, pag. 115, tav. I, fig. 78-82. Conchiglia di mediocri dimensioni (diam. 12-13 e fino 16 mm.), strettamente ombilicata, con giri rapidamente crescenti ornati di strie dl’accrescimento. Questi campioni mi paiono corrispondere molto bene al tipi e agli esemplari figurati dal DEPÈRET. CESSI Non è improbabile che nelle stesse località esista anche un’altra Planorbis, riferibile ad una specie di Segmentna, di statura relativa- mente grande. Distribuzione. — Miocene superiore della Valle del Rodano. Distribuzione nel Veneto. — Pontico: Case Bortolon presso Cornuda (coll. Dal Piaz e Stefanini). C. Molinetto pr. Soligo (coll. Ste- fanini). Esemplari dubbi: a Polcenigo (SW. di S. Floriano: coll. Ste- fanini). Valle a SW. del M. Civaron in Valsugana (coll. Secco). Ord. PROSOBRANGHIATA S. ord. PECTINIBRANCHIATA Fam. Terebridae TEREBRA Cfr. ACUMINATA Bors. 1820. Terebra acuminata. Borson. Oritt. Piem., pag. 224, tav. I, fig. 17. 1856. —————____ Hoerxnes. Foss. Moll. tert. Beck. Wien, pag. 150. 1869. ———_________ TarameLLI. Sulla form. eoc. Friuli, pag. 58. 1881. ———_____ Tarawmetti. Spieg. carta geol. Friuli, pag. 114. 1891. Terebrum acuminatum. Sacco. Moll. terz. Piem. Lio., X, pag. 18, tav. I. fig. 29-39. S pag ‘ Confronto con questa specie alcuni esemplari più o meno fram- mentari e caratterizzati da una spira assai elevata, costituita da an- fratti bassi, a sezione cilindrica, con lievi granulazioni presso la sutura e solco subsuturale sensibile: il passaggio da un anfratto all’altro è segnato da un lieve gradino, come avviene nell’ esemplare figura 29 del Sacco. Confesso che ho alquanto esitato, se non fosse da ravvicinare i miei esemplari piuttosto alla 7. subtessellata o alla 7° cacellensis; e con- fesso altresì che pel momento non so trovare delle differenze di qualche entità fra queste specie e l’una o l’altra delle varietà ascritte dal Sacco alla 7. acuminata. Molto più che a Rio Chiavrar ho anche raccolto un campione subulato, non scalariforme, con anfratti piani, suture margi- nate e sottili, e fitte pliche ondulate, che ricorda moltissimo certi esem- plari illustrati dal Sacco come subtessellatum (1. e., tav. I, fig. 53). Agli stretti rapporti che corrono tra le due specie accenna del resto il Sacco Male ET stesso: e, in presenza di pochi esemplari ridotti a frammenti non è possibile approfondire la questione. Distribuzione. — In Piemonte questa specie con le sue va- rietà passa dall’ Elveziano al Tortoniano e al Pliocene. Distribuzione nel Veneto. — Tortoniano inferiore : Rio Sievot e R. Chiavrar presso Flagogna (coll. Tellini). A Nord di Le Grave presso Castelnuovo del Friuli (coll. Tellini). Dintorni di Castelnuovo (coll. Taramelli). TeREBRA NEGLECTA Micht. 1847. Terebra neglecta. MicueLorTI, Foss. mioc. It. sept., pag. 214, tav. XVII, fig. 8. 1856. Terebra pertusa. HoerNEs. Foss. Moll. tert. Beck. Wien, pag. 131, tav. XI, fig. 19-21. 1891. Terebrum neglectum. Sacco. Moll. terz. Piem. Lig. X, pag. 28, tav. I, fig. 63. È specie caratterizzata dalla conchiglia subulata, regolarmente acu- minata, con pliche sinuose a solco subsuturale ben marcato; fra questo e la sutura la conchiglia forma un cingolo alquanto tumido e rilevato. La superficie è del tutto priva di strie trasversali, ciò che la distingue dagli Strioterebrum. Distribuzione. — Il tipo è del Tortoniano piemontese (Miche- lotti) e allo stesso livello ricompare nel bacino di Vienna (Hoernes) e forse anche in quello Portoghese (Da Costa). Alcune varietà si trove- rebbero anche nell’ Elveziano di Piemonte (Sacco). Distribuzione nel Veneto. — Tortoniano inferiore: Tra Mo- levana e Castelnuovo del Friuli (coll. Stefanini). TerEBRA cincuLata Foresti 1882. Terebra cingulata. Foresti. Contr. Conch. terz. it., pag. 15, tav. II, fig. 5, 6. 1891. Terebrum cingulatum. Sacco. Moll. terz. Piem. Lig., X, pag. 31, tav. I, fig. 70. Ascrivo a questa specie un piccolo esemplare scalarato, perfetta- mente liscio, con grossi cingoli infrasuturali tumidi e sporgenti, il quale corrisponde particolarmente alla var. perlaevigata di Sacco. Distribuzione. — Tortoniano di Stazzano e di M. Gibbio (Sacco). Distribuzione nel Veneto. — Tortoniano inferiore : Rio Sievot presso Flagogna (coll. Tellini). A et TereBra BasreroTI (Nyst.) 1840. Terebra duplicata. GratELOUP. Atl. Conch. tert. Adonr, pl. XXXV, fig. 24. 1856. Terebra Basteroti. HoerxEs. Foss. Moll. tert. Beck. Wien, pag. 32, tav. XI, fig. 27, 28 1891. Terebra (Strioterebrum) Basteroti. Sacco. Moll. terz. Piem. Lig., X, pag. 33, tav. II, fig. 1-11. Alcuni esemplari frammentarii, ma mostranti assai bene il lento acerescimento della spira, la caratteristica striatura spirale, ben mar- cata e incrociantesi con le pliche verticali un po’ flessuose. Il solco infrasuturale è poco sensibile e il cingolo non molto distinto. Distribuzione. -—— Frequente nell’ Elveziano, più rara nel Tor- toniano in Piemonte (Sacco), questa specie si ritrova, nel Miocene medio, in quasi tutti i bacini europei. Distribuzione nel Veneto. — Elveziano : Rio Aguar presso Meduno (coll. Stefanini). TereBra ScaraBELLII Dod. 1591. Strioterebrum Scarabellii. Sacco. Moll. terz. Piem. Lig., X. pag. 3°, tav. II fig. 13. 1891. Strioterebrum cuneanum var. subscarabellii, Sacco. Ibid., pag. 38, tav. II, fig. 14. Rarì esemplari, corrispondenti in modo perfetto a quelli che il Sacco illustra come var. subscarabellit della 7. cuneana Da Costa. Tale varietà, per altro, mi sembra ben più affine alla 7. Scarabel/lit che alla specie portoghese. Distribuzione. — Tortoniano di Piemonte e dell’ Emilia (Sacco). Distribuzione nel Veneto. — Tortoniano inferiore: Molino Mo- stacins e a Nord di Le Grave (coll. Tellini). TEREBRA MODESTA Tristan (Tav. I, fig. 15 1856. Terebra fuscata. HoeRNES. Foss. Moll. tert. Beck. Wien, pag. 128, tav. 11, fig. 15-10. 1866. ———________- DA Costa. Gaster. tert. Portug.. pag. 78, tav. XII, fig. 14-16: tav. XIII, fig. 1. 1869. ——- (non Brocchi). TarameLLI. Sulla form. eoc. del Friuli, pag. 58. bo 1873. Terebra modesta. FiscneR et Tournover. Invert. foss. Lebéron, pag. 125, tav. XX, fig. L. 1SS1. Terebra fuscata. (non Br.). TARAMELLI. Spiegaz. carta geol. Friuli, pag. 114. 1891. Terebra (Subula) modesta. Sacco. Moll. terz. Piem. e Lig., X, pag. 15, tav. I, fig. 24-25. 1992. Terebra (Subula) fuscata. (non Br.). TeLLINI. Deser. geol. tav. Maiano, pag. 45. TARAMELLI e TELLINI, probabilmente sulle fede delle figure di HoER- NnEs, considerarono alcuni degli esemplari che io attribuisco a questa Caen specie, come appartenenti alla 7. /uscata. Tuttavia la 7. modesta sì distingue agevolmente da quest’ ultima per i suoi anfratti, che si svol- gono assai più rapidamente, per modo che l’ultimo di essi occupa circa un terzo dell'altezza totale della conchiglia, e questa assume una forma più conica, più rigonfia verso l’ultimo giro, più subulata. I miei esem- plari corrispondono molto bene a tali caratteri e, almeno in parte, sono assai ben conservati; non ho dunque alcun dubbio sulla determi- nazione loro. Distribuzione. — A detta del Sacco, è questa una specie ca- ratteristica del T'ortoniano in gran parte d’ Europa: egli la cita nelle località classiche di questo piano, in Piemonte e nell’ Emilia, ma si trova anche nel Bacino di Vienna, in quello del Rodano, in quello del Tago ecc. Distribuzione nel Veneto. — Tortoniano inferiore : Rio Chia- vrar, Rio Sievot presso Flagogna (coll. Tellini). Dintorni di Forgaria (coll. Castelli). A_Nord di Le Grave, presso Castelnuovo (coll. Tellini). Dintorni di Castelnuovo pr. Travesio (coll. Taramelli). Frana ad Est di Oltrerugo (coll. Tellini). Oltrerugo (coll. Stefanini e Tellini). Mo- lino Mostacins ; a Sud di Gravis; Costabeorchia; tra Molevana e Castelnuovo (coll. Stefanini). —- Tortoniano superiore : Ponte di Flagogna (colli. Tellini e Stefanini). TEREBRA MODESTA Tristan var. VENTRICOSA n. Var. (Tav. I, figg. 16, 17, 18) Due degli esemplari di Z'erebra, raccolti al Ponte di Flagogna in Friuli insieme alla 7° modesta, presentano caratteri che li mantengono distinti da tutte le specie che finora conosco. Il guscio di mediocri dimensioni è quasi piriforme, molto assottigliato e acuminato al vertice, molto dilatato, rigonfio alla base: esso consta di otto anfratti, l’ultimo dei quali occupa la metà circa dell’ altezza totale. Non esiste alcun solco subsuturale distinto e gli ultimi anfratti appaiono completamente lisci: i primi invece presentano delle minute pliche varicose, che par- tono distinte dalla sutura e sfumano in avanti. La bocca non è conser- er A Enea vata integralmente in alcuno dei miei esemplari, ma la columella è contorta e forma in alto una specie di doccia come nella 7. modesta. A questa specie la presente si avvicina più che ad ogni altra, ma nessun esemplare di 7. modesta ha, per quanto io so, una conchiglia così dilatata in basso e eosì acuminata in alto come la mia. Questa sì avvicina, per la forma, all’ es. fig. 18 di HoeERNES, ma ne differisce per avere l’ ultimo anfratto relativamente assai più grande, le pliche dritte e poco sentite, il solco subsuturale nullo. Questa forma po- trebbe forse ritenersi come una varietà estrema di 7. modesta, poichè i suoi caratteri più salienti sono ìn certo modo l’ esagerazione di quelli che distinguono la 7. modesta dalla 7°. fuscata; e come tale infatti la considero, almeno in via provvisoria, visto anche lo stato frammentario dei due esemplari in esame, che non consentirebbe ad ogni modo una descrizione completa ed esauriente. Distribuzione. — Tortoniano superiore : Ponte di Flagogna (coll. Tellini). TereBra ALcarpioruMm Da Costa (867. Zerebra Algarbiorum. Da Cosra. Gaster. tert. Portugal, pag. 84, tav. XIII, fig. 11-12. 1880. Terebra striata (non Bast.). HoERNES et AvinGER. Gasterop. I und II Mediterr. Stufe, pag. 110, tav. XII, fig. 21. 1891. Terebra (Hastula) Algarbiorum. Sacco. Moll. terz. Piem. Lig., X, pag. 56-57, tav. II, fig. 56-60. Due esemplari frammentari, di piccola statura, ma caratteristici per l’ assenza di solco subsuturale e per la presenza di anfratti un po’ rigonfi verso le suture (ciò che dà alla spira una certa tendenza ad una forma scalarata) e pliche subsuturali crasse, un po’ confuse in basso. Distribuzione. — Tanto nel bacino Portoghese (Da Costa) quanto in quello di Vienna (Hoernes e Auinger), di Piemonte (Sacco) e forse anche del Rodano (Fischer e Tournouer) questa specie è propria del Tortoniano, esclusivamente. Distribuzione nel Veneto. — Tortoniano marino: Molino Mo- stacins (coll. Tellini); tra Molevana e Castelnuovo del Friuli (coll. Ste- fanini). — io Fam. Pleurotomidae CLAVATULA ASPERULATA Lamk. 1845. Pleurotoma asperulata. GRATELOUP. Atl., Conch. tert. Adour, tav. XIX, fig. 27; tav. XXI, fig. 17, 18. 1856. ——____ Hoernes. Foss. Moll. tert. Beck. Wien, pag. 341, tav. XXXVII, fig. 1-5. 1904. Clavatula asperulata. Sacco. Moll. terz. Piem. Lig., XXX, pag. 48, tav. XII, fig. 70-73. Distribuzione. — Elveziano e Tortoniano nel bacino d'Aquitania (Grateloup), del Tago (Da Costa), del Danubio (Hoernes), del Po (Sacco). Distribuzione nel Veneto. —- Tortoniano marino : Sezione della Meduna: strato 45; Costabeorchia (coll. Stefanini). Rio Sievot, Oltrerugo, a Sud di Praforte, Molino Mostacins, a Nord di Le Grave (coll. Tellini). CLavaTuLA ScHREIBERSI (Hoern.) 1856. Pleurotoma Schreibersi. HoerNES. Foss. Moll. tert. Beck. Wien, pag. 343, tav. XXXVII, fig. 10-13. Distribuzione. — Tortoniano di Gainfahren, Steinabrunn, Pòtz- leinsdorf ecc. nel bacino di Vienna (Hoernes). Distribuzione nel Veneto. — Tortoniano inferiore: Tra Mole- vana e Castelnuovo del Friuli e a Sud di Gravis (coll. Stefanini). CLavaruLa JovannETI (Desmoul.) 1842. Pleurotoma Jouanneti. DesmouLIns. Révis. Genre Pleurotome, pag. 143. 1896. ——_________ Homes. Foss. Moll. tert. Beck. Wien, pag. 346, tav. 38. fig. 1-6. 1869. ———____ Maxzoni. Fauna lembi mioc. Alta It., pag. 28. 1813. ———______- FiscHER et Tournover. Invert. foss. Lebéron, pag. 128, tav. XVII, fig. 6-9. 1877. Qlavatula Jouanneti. BeLLARDI. Moll. terz. Piem. Lig. II, pag. 199, tav. VI, fig. 25. 1882. —________ttt Coppi. Sulla Clavatula Jouanneti. Esemplari numerosi, di piccola statura, ben corrispondenti a quelli figurati dai vari autori citati. Distribuzione. — Il tipo della specie è, a quanto pare, elve- ziano (Salles) e a tale livello, come anche nel Tortoniano, si ritrova sia nel bacino di Aquitania (Grateloup) sia in quello del Tago (Da Costa) sia nel bacino del Rodano (Fischer et Tournouer), del Po (Bellardi) e del Danubio (Hoernes). Distribuzione nel Veneto. — Tortoniano inferiore : Molino Mo- SI stacins (coll. Stefanini, coll. Tellini). Frana ad Est di Oltrerugo : Oltre- rugo; Rio Chiavrar (coll. Tellini). Tra Molevana e Castelnuovo dei Friuli; a Sud di Gravis (coll. Stefanini). CLAVATULA CALCARATA (Grat.) 1856. Pleurotoma calcarata. HoeRNES. Foss. Moll. tert. Beck. Wien. pag. 345, tav. XXXVII, fig. 6-9. 1869. ——_—_- Maxzoxi. Fauna mar. lembi mioc. Alta It. pag. 28. 1873. ——__ Fiscaer et Tournover. Invert. foss. Lebéron, pag. 129, tav. XVII, pag. 10-11. 1877. Clavatula calcarata. BeLLARDI. Moll. terz. Piem. Lig. II, pag. 36, tav. VI, fig. 194. 1899. Pleurotoma calcarata. De GREGORIO. Deser. foss. Asolo e Romano, pag. 13, tav. I, fig. 7. Distribuzione. — Miocene medio nei bacini d’ Aquitania, del Danubio, del Po ecc. Distribuzione nel Veneto. — Tortoniano inferiore : Molino Mostacins (coll. Tellini, coll. Stefanini). R. Chiavrar (coll. Stefanini). Ad Est di Campeis: a Sud di Michei (coll. Tellini). Molevana (coll. Ist. Tecn.). CLAVATULA STAZZANENSIS Bell. 1ST7. Clavatula stazzanensis. BeLLARDI. Moll. terz. Piem, Lig. II, pag. 107, tav. VI, fig. 1. I rari esemplari corrispondono bene, per quanto si può vedere, es- sendo alquanto frammentari, alla descrizione e alla figura del BELLARDI, distinguendosene, se mai, per le spine un po’ più acute. Distribuzione. -— Tortoniano del Bacino del Po. Distribuzione nel Veneto. — Tortoniano inferiore: Frana ad Est di Oltrerugo ; a N. di Le Grave; Molino Mostacins (coll. Tellini). CLavaTtuLA GRADATA Defr. (Tav. I, fig. 22) 1847. Pleurotoma interrupta var. A. BeLLarDI. Monogr. Pleurot. Piem., pag. 32, tav. I, fig. 11. 1866. ——____-+ Prrerra Da Cosra. Gaster. tert. Portug., tav. XXVI. fig. 9. 1877. Pleurotoma gradata. BeLLARDI. Moll. terz. Piem. e Lig., II, pag. 175. tav. V, fig. 39. Il bell’esemplare che attribuisco a questa specie presenta coi tipi del BeLLarDI qualche differenza, che vale la pena di segnalare, Il mio campione ha dunque, come i tipi, granuli canalicolari limitati ai primi anfratti e si differenzia per ciò dalla (7. ditissima ; ma, come in questa L60665 ultima, i nodi della serie anteriore tendono alquanto ad allungarsi a forma di varici, per modo che, specialmente nell'ultimo giro, il profilo è piuttosto uniformemente rigonfio, che subcarenato. Delle strie poste anteriormente a questa serie anteriore di varici, una assume maggiore sviluppo delle altre ed è granulosa; così accade anche nella (2. ditis- sima. I nodi dell’ orlo posteriore sono assai obliterati negli ultimi giri. Finalmente il canale è assai più lungo nel mio esemplare che in quelli piemontesi, talchè l’ultimo anfratto è pari a metà della lunghezza to- tale: e anche in questo esso si avvicina — anzi, supera per questo ri- guardo — la (0. ditissima. Tutti questi caratteri si osservano anche nella P/. interrupta Da Costa (non Br.), che considero come sinonima di questa specie, sem- brandomi ben distinta dalla forma pliocenica, cui fu riferita: è noto che la //. interrupta venne confusa spesso con la Pl. gradata, alla quale. secondo il BeLLaRrDI, avrebbe dato origine. Quanto alla C/. ditissima, essa non è, probabilmente, che una sem- plice varietà della CI. gradata, alla quale, per alcuni caratteri, la col- lega l’ esemplare veneto in esame. È da notare infatti come le accennate differenze rientrino tra i carat- teri variabili enumerati dal BELLARDI per questa specie: la determinazione del fossile in esame resulta quindi sicura. Quanto alla lunghezza rela- tiva del canale, ricorderò che FiscHerR e TourxovER ebbero a rilevare — per l'appunto a proposito di una Clavatua, inclusa poi dubbiosa- mente dal BeLLarpi nella sinonimia della presente specie — che molti gasteropodi canaliferi a Cabrières hanno il canale relativamente più lungo che nel bacino di Vienna, e ciò posero in relazione con le condizioni ambientali, considerando i rapporti passanti tra il canale e gli organi respiratori. Ora giova osservare, che Cabrières rappresenta secondo il CortREAv (') una faces meno batiale della maggior parte dei giacimenti coevi del bacino di Vienna, precisamente come il T'orto- (1) CorTtREAU J. Les @rgiles de Baden et les marnes de Cabritres d' Aigues. Bull. Soc. géol. Pr. (4) X, 1910. niano trevigiano ha un carattere meno profondo del Tortoniano di Stazzano. Distribuzione. — Tortoniano di Stazzano. Allo stesso livello in Portogallo. Distribuzione nel Veneto. — Tortoniano inferiore : Asolo (coll. Bolzon). CLAVATULA AGATHENSIS Bell. 1877. Clavatula agathensis. BeLLARDI. Moll. terz. Piem. Lig., II, pag. 168, tav. V, fig. 31. L’esemplare unico, frammentario, SILIMELIOnIO bene alla figura e alla descrizione del tipo, distinguendosi solo per uno sviluppo un po’ più marcato dei granuli delle dae costule mediane, che tendono così a differenziarsi dalle successive. Distribuzione. — Tortoniano del bacino Piemontese. Distribuzione nel Veneto. —- Tortoniano inferiore : Rio Sievot presso Flagogna (coll. Tellini). CLAVATULA MARGARITIFERA Jan. (Tav. I, fig. 36) 1877. Pleurotoma margaritifera. BeLLaRDI. Moll. terz. Piem. Lig., II, pag. 165, tav. V, fig. 27-28. 1904. Pleurotoma margaritifera e var. apertospira. Sacco. Moll. terz. Piem, Lig., XXX, pag. 47. Un esemplare rotto all'apice, ma ben corrispondente per le orna- mentazioni e la forma a questa specie e soprattutto alla figura 28 di BeLLARDI, che si distingue dalla var. apertospira non solo per il carat- tere della forma espresso nel nome di quest’ ultima, ma anche per una ornamentazione più minuta e delicata. La prima figura del BeLLARDI (') e quella del Cocconi (*) che il BELLARDI cita in sinonimia mi paiono rappresentare forme sensibil- mente diverse da quelle pubblicate dal BeLLARDI nel 1877, e, data anche l’importanza che sì è attribuita alle ornamentazioni delle Pleurotome, la quale ha condotto ad una grande moltiplicazione delle specie, è pos- (1) BeLLarDI. Monogr. Pleurotome Piem., tav. I, fig. 19. (2) Coccoxi. Moll. Parma e Piacenza, pag. 50, tav. I, fig. 10-11. sibile che la (7. margaritifera Bell. 1847 e la C/. margaritifera Bell. 1877 debbano essere considerate come specie diverse: in tal caso alla prima competerebbe il nome di apertospira, che dovrebb’ essere adottato anche per l'esemplare veneto in esame. Distribuzione. -— È specie rara del Tortoniano a Tortona, Stazzano, Vigoleno. La citazione dal Pliocene è dubbia. Distribuzione nel Veneto. — Tortoniano inferiore: Romano (coll. Secco). CLavatuLA ARapasi Bell. 1877. Clavatula Aradasi. BeLLarpI. Moll. terz. Piem. Lig. II, pag. 162, tav. V, fig. 23 Si do. Individuo unico, un po’ deformato, ma a quanto pare ben corri- spondente al tipo. Distribuzione. -—— Rarissima nel Tortoniano del Bacino Pie- montese. Distribuzione nel Veneto. -— Tortoniano inferiore: Molino Mostacins (coll. Tellini). CLavatuLa SorterI Micht. 1853. Pleurotoma Sotteri. HorrNES. Moll. tert. Beck. Wien, pag. 338, tav. XXXVI, fig. 16. 1869. ———__@>@ Manzoni. Fauna lembi mioc. Alta Italia, pag. 28. 1877. Clavatula Sotteri. BeLLaRDI. Moll. terz. Piem. Lig., II, pag. 157, tav. V, fig. 15. Un solo esemplare costituito dalla spira, priva dell'ultimo anfratto. Per quanto l’ornamentazione di questa specie sia proclamata dal BeLLAaRDI affine a quella della Dril/la pustulata, essa sì riconosce a parer mio agevolmente per la duplice serie di papille grandi subeguali separate da un esile cordoncino, formato da fittissimi e minutissimi granuli. Nelle altre Clavatule vicine l’ornamentazione è sensibilmente diversa. Distribuzione: — Tortoniano dei Colli Torinesi, Stazzano, Sant'Agata: Sarmatiano del Bacino di Vienna. Distribuzione nel Veneto. — Tortoniano inferiore : Asolo (coll. Bolzon). La specie è citata nella stessa località dal MANZONI. ac CLavaruLa CaLcarae Bell. 1ST0. Clavatula Calearae. BeLLARDI. Moll. ierz. Piem, Lig. II, pag. 159. tav. V. fig. 16. Un solo esemplare frammentario: la determinazione non è per ciò senza qualche incertezza, sebbene tutti i caratteri visibili sul campione corrispondano a quelli della specie. Questa mi pare molto affine alla CI. Sotteri e non ne è, forse, che una semplice varietà. Distribuzione. — Tortoniano del Bacino Piemontese. Distribuzione nel Veneto. — Tortoniano inferiore: Molino L Mostacins (coll. Tellini). CLAVATULA ZICZAC Sp. n. (Tav, I. fig. 39-46) Conchiglia di piccole dimensioni (mm. 15-20, largh. 7.5 -10:; ecce- zionalmente alquanto più sviluppata) subfusiforme, ventricosa, con spira piuttosto ottusa, canale corto dritto e anfratti pianeggianti, l’ ultimo solo rigonfio, pari in lunghezza alla metà della lunghezza totale della conchiglia; suture superficiali. La superficie della parte anteriore del- l’ultimo giro reca strie spirali, le ultime delle quali s’ incrociano con l'estremità, più o meno attenuata, delle costoline. Queste sono oblique, flessuose, separate tra loro da solchi eguali in larghezza alle coste stesse; le quali si prolungano da una sutura all'altra, attraversando la linea mediana degli anfratti, corrispondente al solco; ma in quel punto for- mano un angolo marcatissimo e si attenuano più o meno, talvolta fino ad interrompersi quasi completamente. Questa specie, che non sono riuscito a identificare con alcuna di quelle a me note, differisce dalla (7. Curionii Bell. specialmente per l’ornamentazione, costituita da coste ben marcate, flessuose, separate da solchi larghi e profondi, e per la mancanza di un cingolo granuloso ben distinto, nonchè pel canale alquanto più breve. Dalla C/. /lericosta Bell. cui si avvicina assai per certi particolari dell’ ornamentazione, si riconosce tuttavia per le coste più rade, più grosse, pel guscio piuttosto fusiforme che turricolato, più rigonfio e ventricoso, per la spira meno acuta, per l’ultimo anfratto eguale, se non un po’ maggiore, della lun- ghezza totale ecc. Queste sono ambedue specie rarissime del Tortoniano di Stazzano. Distribuzione nel Veneto. — Tortoniano superiore (Lenti a Cerithium rubiginosum): Friuli. M. Albignons, presso il Ponte di Fla- gogna (coll. Tellini e Stefanini). Est di M. Molime (coll. Tellini). Din- torni di Forgaria (coll. Castelli). I tipi sì conservano nel Museo di Firenze. Altri esemplari nel R. Istituto Tecnico di Udine. DriLLIA PustuLATA (Brocchi) (Tav. I, fig. 20, 21) 1814. Pleurotoma pustulata. Broccni. Conch. foss, subapp., pag. 430, tav. IX, fig. 5. 1869. ————__ Manzoni. Fauna mar. lembi mioc. Alta It., pag. 29. 1881. ———_—________ Tarametti. Spiegaz. Carta geol. Friuli, pag. 114. 1892. — —_- TELLINI. Descr. geol. tav. Maiano, pag. 45. 1899. Pleurotoma (Drillia) pustulata £. brentensis. De GreGORIO. Descr. foss. Asolo et Romano, pag. 9 e 13, tav. I, fig. 10. 1904. Drillia (Crassispira) pustulata. SAcco. Moll. terz. Pien:. Lig., XXX, pag. 45, tav. XII, fig. 1921. Questa specie è particolarmente comune a Romano e ad Asolo, donde provengono numerosi buoni esemplari: sono così in grado di porre in sinonimia la var. brentensis De GrecoRrIO. In Friuli è rara, sebbene piuttosto diffusa. Nei miei esemplari il cingolo non è granuloso come nel tipo del BroccHI, ma quasi liscio come nelle varietà illustrate dal Sacco. Il numero delle nodosità varia assai e così pure la profondità del solco spirale, come accade pure nelle accennate varietà. Distribuzione. — Il tipo della specie è del Tortoniano di Pie- monte, ma essa si ritrova anche nel bacino del Danubio ecc. Distribuzione nel Veneto. — Tortoniano inferiore: Asolo (coll. Bolzon). Romano (coll. Dal Piaz). A N di Le Grave ; Rio Sievot ; ad E di Oltrerugo (coll. Tellini). A Sud di Le Grave (coll. Stefanini). DRILLIA seRRATULA Bell. 1877. Drillia serratula. BeLLARDI. Moll. terz. Piem. Lig., II, pag. 133, tav. IV, fig. 22. Esemplare frammentario, costituito da soli tre giri di spira, poste- riormente canalicolati, caratteristici per la carena mediana denticolata. I denticoli, fitti sul giro più aborale, sì fanno negli altri più grossi e radi, ma sempre ben marcati; per ciò ritengo non possa trattarsi della D. crispata, nella quale le carene sono semplici, ad eccezione dei pri- missimi giri. Ciò non toglie, che possa forse considerarsi la D. serratula come una semplice varietà più ornata della D. crispata. Distribuzione. — Elveziano dei Colli Torinesi. Distribuzione nel Veneto. — Elveziano: Cornino (coll. Ste- fanini). BaTHyToMA CATAPHRACTA (Br.) 1ST7. Dolichotoma cataphracta (Br.). BeLLARDI. Moll. terz. Piem. Lig., II, pag. 230, tav. VII. fig. 20. 1904. Bathytoma cataphracta. Sacco. Moll. terz. Piem. Lig., XXX. pag, 50. tav. XIII, fig. 21-23. Rari, tipici esemplari di questa ben nota specie furono raccolti nelle marne elveziane. Distribuzione. — Secondo il Sacco, la specie sarebbe diffusa dall’ Oligocene fino al Pliocene. Distribuzione nel Veneto. — Elveziano: Meduno (coll. De Gasperi). AsrHENoToMa att. HeckeLI (Hoern.) 1556. Pleurotoma Heckeli. HoerNEs. Foss. Moll. Tert. Beck. Wien. p. 371, tav. XXXIX, fig. 20. 1579. Pleurotoma (Oligotoma) Heckheli. HoeRNES et Avincer. Gaster. I und JI Mediterr. Stufe, pag. 382, tav. L, fig. 25-26. Un solo esemplare frammentario, che mi sembra però corrispon- dere assai bene a questa specie, particolarmente ai neotipi di HoeRrxEs e AUINGER: soltanto la spira sembra qui leggermente più svolta: ed è per ciò che ho preferito ravvicinarlo anzichè identificarlo con la specie del bacino di Vienna. Distribuzione. —- È specie di Grund e di Voslau, Gainfahrn, Lapugy ecc. Distribuzione nel Veneto. — Elveziano: Meduno (coll. De Gasperi). — 56 — Fam. Conorbidae GENOTIA RAMOSA (Bast.) 1856. Pleurotoma ramosa. HoerNEs. Foss. Moll, Tert. Beck. Wien, pag. 335, tav. 36, fig. 11 (non al.) 1877. Genota ramosa. BeLLarpIi. Moll. terz. Piem. Lig. II, pag. 84, tav. III, fig. 2. 1879. Pleurotoma ((Genota) ramosa. HoERNES et AvincGer. Gasterop. I-II, Mediterr. Stufe, pag. 310. Rari esemplari, tutti più o meno rotti. Uno di essi per il mag- giore e più regolare sviluppo delle costoline verticali tenderebbe verso la G. Craveri, ma trovasi associato alla G. ramosa tipica. Distribuzione. — Il tipo è dei /aluns di Dax (Langhiano) nel- l’Aquitania. Nel bacino di Vienna la specie è particolarmente comune al livello di Grund (Hoernes), nel bacino Piemontese pure nell’ Elve- ziano (Sacco). Distribuzione nel Veneto. — Elveziano: Fornace di Arcoiaz (coll. Stefanini). Sud di Praforte (coll. Tellini). — Tortoniano: Un fram- mento di spira tra Molevana e Castelnuovo del Friuli (coll. Stefanini). Fam. Conidae Coxus Duysarpini Desh. 1856. Conus Dujurdini. HoerNES. Foss. Moll. Tert. Beck. Wien, pag. 40 (pro parte). 1893. Conospirus Dujardini. Sacco. Moll. terr. terz. Piem. Lig., XIII, pag. 45, tav. V, fig. 1-7. Ascrivo a questa specie un piccolo esemplare con gli anfratti or- nati di granulazioni, ciò che lo distingue dalle varietà più tipiche del C. Bronni. Del resto, come dirò tosto, le due specie passano l’una al- l’altra, o per meglio dire, il C. Bronzi non è probabilmente che la mu- tazione tortoniana del Cl. Dujardimi. Distribuzione. — Elveziano nel bacino di Vienna e altrove. Distribuzione nel Veneto. — Elveziano : Sezione della Me- duna, presso Meduno nel rugo presso la Chiesa (coll. Stefanini). Coxus BroxxI Micht. (Tav. I, fig. 27) 1547. Conus Bronni. Mic®eLoTTI. Descript. foss. Mioc., pag. 339, tav. XIV, fig. 3. 1869. ———_——— Manzoni. Fauna lembi mioc. Alta Italia, pag. T. 1569. Conus Dujardini var. Manzoni. Ibid., pag. 8. tav. I. fig. 2 e pag. 28. 1SS1. Conus cfr. Dujardini (non Desh.). TarAMELLI. Spiegaz. Carta geol. Frinli, pag. 114. 18992. — —_—_- Teti. Descr. geol. tav. Maiano, pag. 45. 1894. Conus (Conospirus) Bronni (cum var.). Sacco. Moll. terz. Piem. Lig., XIII, pag. 48. iav. V, fig. S-14. 1899. Conus canaliculatus var. Dujardini. De GREGORIO. Descr. foss. Asolo et Romano, pag. 15. tav. 2, fig. 11°. Il C. Bronni ha tali affinità col C. Dujardini, che io sono stato molto in forse, se conservare distinte le due specie o fare del (. Bronni una semplice mutazione dell’altra specie. Ma poichè i miei esemplari, almeno quelli fra essi che sono meglio conservati, sembrano corrispon- dere perfettamente alle specie del MicHELOTTI, per la loro spira molto svolta, raggiungente quasi metà dell'altezza della conchiglia e per l’as- senza costante di granulazioni, nonchè per gli altri caratteri, che essa specie ha a comune col C. Dujardini, l’ascrivo a quella invece che a questa, lasciando ad altri, che possegga più abbondanti materiali, di risolvere la questione cui ho accennato. La citazione del De GrEGORIO può porsi in sinonimia con tanto maggior sicurezza, in quanto che nella collezione Secco esistono esem- plari della stessa provenienza, perfettamente tipici. Distribuzione. — Il tipo è del Tortoniano Piemontese e allo stesso=livello la specie è indicata anche in Romagna e nell'Emilia (Man- zoni, Sacco). ” Distribuzione nel Veneto. — Tortoniano inferiore: R. Fratta di Cornino; R. Chiavrar pr. Flagogna (coll. Tellini). Tra Molevana e Castelnuovo: a S. di Molino Mostacins: a S. di Madonna del Zucco (coll. Stefanini). Frana ad E. di Oltrerugo (coll. 'T'ellini e Stefanini). Costabeorchia : Rio Sievot (coll. Stefanini). A N. di Le Grave pr. Castel- nuovo del Friuli; Molino Mostacins (coll. Tellini e Stefanini). Sez. della Meduna: strato conchigliaceo 45 (coll. Stefanini). Asolo e Romano (coll. Secco). In queste due ultime località la specie era stata già citata dal MaxzoxI e dal De GreEGoRIO col nome di C. Dujardini. = = Coxus supacumIinaTtus D'’ Orb. (Tav. I, fig. 25, 26) 1861. Conus ventricosus (non Goss., non Brn.). Prrowa. Cenni geogn. sul Friuli, pag. 290. 1861. Conus Mercatii (non Br.). Piroxa. Cenni geogn. sul Friuli, pag. 290. 1866. Conus tarbellianus (non Grat.). DA Costa. Gast, tert. Port., pag. 21, tav, VII, fig. 1. 1869. Conus Mercatii (non Br.). TarameLLI. Sulla formaz. eoc. del Friuli, 1. c., pag. 58. 1894. Conus (Lithoconus) subacuminatus. Sacco. Moll. terz. Piem. e Lig., XIII, pag. 21, tav. III, fig. 1-4. Nei più grossi tra i miei esemplari la spira sembra un po’ più schiacciata e depressa che in quelli tipici piemontesi. All’ infuori di questa differenza che ritengo attribuibile all’età, gli altri caratteri cor- rispondono: e tra questi sono specialmente notevoli quelli riflettenti gli anfratti, profondamente solcati, con due cordoncini laterali rilevati, in- crespati e subeguali e con numerose e sentite strie spirali. La forma meno elevata delle conchiglie e l’ assenza di uno o dell'altro di questi caratteri degli anfratti, permettono di distinguere subito questa dalle specie congeneri dello stesso gruppo. Il Conus Mercati le si avvicina al- quanto per la forma (che però è in esso più conica); ma i solchi degli antratti sono più deboli e sembrano lisci. Il C. tarbellianus Da Costa fu già considerato come sinonimo del Cl. subacuminatus dal Sacco. Distribuzione. — Il tipo è del Piemonte, dove si trova, come nell’ Emilia, in terreni tortoniani (Sacco, Doderlein). Si riscontra poi anche nel Portogallo, dove forse comincia già a comparire nell’ Elve- ziano (Da Costa), assumendo però sviluppo e dimensioni considerevoli solo nel T'ortoniano. Distribuzione nel Veneto. — Tortoniano inferiore: Dintorni dì Forgaria (coll. Castelli). R. Fratte di Cornino; R., Chiavrar presso Fla- gogna (coll. Tellini). Tra Manazzons e Pinzano (coll. Taramelli); a N. di Le Grave presso Castelnuovo: a S. di Praforte pr. Paludea (coll. Tel- lini). Costabeorchia; Madonna del Zucco; Molino Mostacins (coll. Stefa- nini). Sez. della Medwna: strato conchigliaceo 45 (coll. Stefanini). Cava Ru presso Ceneda (coll. Stefanini). Il Sacco cita questa specie, come rarissima, anche nel Pliocene. Coxus BeruLINOIDES Lk. (Tav. II, fig. 1) 1851. Conus betulinoides. HoerNES. Foss. Moll. Tert. Beck. Wien, pag. 16, 17, tav. I, fig. 1. 1894. Conus (Dendroconus) betulinoides (cum var.). Sacco. Moll. Terz. Piem. e Lig., XIII, pag. 4, tav. I, fig. 1-8. Gli esemplari friulani sono di grandezza mediocre, hanno un guscio molto crasso e per la loro forma allungata, la spira bassa e conica con anfratti lisci a superficie leggermente convessa, mostrano di ap- partenere realmente a questa specie. Tuttavia dai tipi pliocenici sì dif- ferenziano alquanto — specialmente gli adulti — per una forma un po’ più conica e meno allungata della conchiglia; al dire del Sacco, è questa la caratteristica delle varietà tortoniane del C. detulinoides. Alcuni piccoli esemplari, provenienti dalle stesse località, hanno presso a poco la forma dell'individuo fig. 4 dis del Sacco. Li considero come individui giovani della stessa specie. Distribuzione. — È specie tipicamente pliocenica; alcune sue varietà però compariscono fino dal Tortoniano e a queste appunto cor- rispondono, come ho accennato, i miei esemplari. È nota nel Torto- niano del Piemonte e dell’ Emilia. Nel bacino del Tago compare già nell’Elveziano superiore e abbonda poi nel Tortoniano. Distribuzione nel Veneto. — Tortoniano inferiore. R. Chiavrar presso Flagogna; a N. di Gravis presso Castelnuovo del Friuli (coll. Tellini). Tra Castelnuovo del Friuli e Pinzano (coll. Taramelli). Coxus pyruLorpes Dod. (Tav. I, fig. 24) 1862. Conus pyruloides. DopERLEIN. Giacim. terz. mioc. It. centr., pag. 25. 1894. Conus (Dendroconus) pyruloides (cum var.) Sacco. Moll. terz. Piem. e Lig., l. c., pag. 13, tav. I, fig. 25-27. 1896. ———_—___- Saxcrorsi. Il Torton. dell'alta valle dell’Idice, II, pag. 23, tav. IV, fig. 9. Alcuni esemplari, caratteristici per la loro spira depressa e arro- tondata, fortemente mucronata, per l’ ultimo anfratto ampio e striato nella sua metà inferiore e per la bocca allungata e sottile. Giustamente a parer mio, il Sacco ravvicinò questa specie al ul gruppo del C. Berghausi e del C. betulinoides, coi quali essa ha i più stretti rapporti. Distribuzione. — È specie propria del Tortoniano, non essendo nota, per ora, che dai terreni di questo piano in Emilia e Piemonte (Sacco). Distribuzione nel Veneto. — Tortoniano inferiore: Rio Chiavrar (coll. Tellini). R. Fratta di Cornino (coll. Tellini). A_N. di Le Grave presso Castelnuovo (coll. Tellini). A Sud di Gravis; Costabeorchia ; Oltrerugo (coll. Stefanini). Coxus BercHausi Micht. (Tav. I, fig. 23) 1847. Conus Berghausi. MicneLoTTI. Descript. foss. mioc., pag. 242, tav. XIII, fig. 9. 1851. ———_______ Hoernes. Foss. Moll. tert. Beck. Wien, pag. 19, tav. I, fig. 3, 4. 1851. Conus fuscocingulatus (non Brn.). HoerNEs. Ibid., pag. 21, tav. I, fig. 4. 1866. Conus Berghausi. Da Costa. Gast. tert. Portugal, pag. 9, tav. I, fig. 3. 1869. -——_—__ Tarawetti. Sulla form. eoc. Friuli, pag. 58. 1881. ————_ Tarawetti. Spiegaz. carta geol, Friuli, pag. 114. 1892. ——_________ TELLInI. Descr. geol. tav. Maiano, pag. 45. 1894. Conus (Dendroconus) Berghausi. Sacco. Moll. terz. Pie. Lig., pag. 7-11, tav. I, fig. 9-14. I miei esemplari, numerosissimi e in parte di ottima conservazione, corrispondono perfettamente a questa specie, caratterizzata dalla forma bassa e larga della conchiglia, dalla spira depressa talora piana, mu- cronata, dagli anfratti superiormente lisci ecc. Parecchie delle diverse varietà illustrate dal Sacco sono rappresentate in Friuli, mescolate in- sieme nelle varie località. Credo inutile in uno studio della natura del presente tenerle distinte con nomi diversi. Il C. fuscocingulatus var. berghausopsis De Gregorio, di Asolo e Ro- mano ha una conchiglia molto alta e sottile, per la quale parrebbe di- stinguersi nettamente così dal C. fuscocingulatus come dal C. Berghausi. Distribuzione. — Il tipo della specie è del Tortoniano di Pie- monte e allo stesso livello la si trova anche nell’ Emilia. Nel Bacino di Vienna e in quello del Tago abbonda pure nel Tortoniano. Si ri- scontra anche nell’ Elveziano degli stessi bacini, dove però sembra meno comune, = Distribuzione nel Veneto. — Tortoniano inferiore. Rio Sievot presso Flagogna (coll. Tellini e Stefanini). R. Chiavrar (coll. Tellini, coll. Stefanini). R. Fratta di Forgaria (coll. Tellini, coll. Stefanini). Dintorni di Forgaria (coll. Castelli). A Levante di Campeis (coll. Tellini): Costabeorchia (coll. Stefanini). A N. di Le Grave (coll. Tellini), A_ Sud di Gravis (coll. Stefanini). A S. della Madonna del Zucco:; a S. di Mo- segnaz; Celante; Rugo di Madonna del Zucco (coll. Stefanini). Molino Mostacins. Ad E. e a S. E. di Oltrerugo (coll. Tellini, coll. Stefanini). A Sud di Molino Mostacins (coll. Stefanini). A S. di Praforte (coll. Tel. lini). Tra Molevana e Castelnuovo (coll. Stefanini). Sezione della Meduna (coll. Tellini). Asolo (coll. Bolzon). — Tortoniano superiore: Ponte di Flagogna (coll. Stefanini). Conus cLavatus Lk. 1540-46. Conus clavatus. GraTELOUP. Atlas Conch. tert. Adour., I, tav. 44, fig. 1, 4. 1951. — 1892. Conus ponderosus (non Br.). TELLINI. Descr. geol. tav. Maiano, pag. 45. 1894. Conus (Chelyconus) elavatus (cam var.). Sacco. Moll. terz. Piem. Lig., XIII, pag. 69, tav. VII. fio. 1-7. — HoerxEs. Foss. Moll. tert. Beck. Wien, pag. 25, tav. II. fig. 4, 5. Trattandosi di un solo esemplare, in parte rotto, ho alquanto esitato a darne una determinazione sicura. Tuttavia la sua forma ge- nerale, il profilo rigonfio in alto dell’ ultimo anfratto, la spira assai svolta ed acuminata e digradante regolarmente, mi persuadono trat- tarsi del C. clavatus Lk. Di questa specie il Sacco ha illustrato numerose varietà : il mio campione però, meglio che ad esse, parmi corrispondere all’esemplare di Grateloup, che proviene, come il tipo della specie, dai /a/uns di St. Paul e di Saubrigues. L’ assenza di qualunque traccia di solco o depressione nella parte superiore degli anfratti permette di escludere l’ appartenenza del mio esemplare al C. ponderosus o suoi affini; al quale invece pare fosse attribuito dal TeLLINI, che cita questa specie nel Tortoniano del Friuli. Distribuzione. -— Nel Bacino piemontese - emiliano abbonda in terreni elveziani e tortoniani (Sacco). Nel bacino del Tago la specie citata come (. clavatus non corrisponde a quella tipica. MSA DE Distribuzione nel Veneto. — Tortoniano inferiore: A Sud di Praforte presso Paludea (coll. Tellini). Fam. Cancellariidae CanceLLARIA DopERLEINI May. (Tav. I, fig. 28a, 28b) 7 1868. Cancellaria Doderleini. MAYER. Descr. coq. tert. sup., pag. 108, tav. II. fig. 5. 1894, Cancellaria (Solatia) Doderleini. Sacco. Moll. terz. Piem. e Lig. XVI, pag. 31 e segg. tav. II, pag. 36-40. Nel complicato dedalo dei Cancellariidae non è facile raccapezzarsi, se non avendo materiali in perfetto stato di conservazione, ciò che non avviene nel caso mio. Tuttavia credo di poter affermare che gli esem- plari esaminati, per l’ assenza di un canale e la presenza di un forte intaglio nel margine anteriore dell’ apertura, per la presenza di un forte inspessimento basale che circonda e limita in parte la fessura ombilicale, per la forma non turricolata della conchiglia, per la colu- mella reflessa sull’ ombelico e recante dune pieghe non molto ben di- stinte, più una terza, che si confonde con la torsione anteriore, appar- tiene al gen. Cancellaria e precisamente a quel gruppo di specie indi- cate col nome sottogenerico di Solaza. Limitato così il campo delle ricerche, è facile stabilire, in base alla delicata ornamentazione cancellata, costituita da fini ed ineguali costoline spirali, inerociantisi con più rare costoline verticali, per la spira conica a 6 anfratti, per la columella callosa ecc., che si tratta della C. Doderleini May., la rappresentativa mediterranea della C. Ba- rjonae Da Costa del Portogallo. Gli esemplari in esame corrispondono bene specialmente a due delle varietà distinte dal Sacco: alcuni, cioè, alla forma tipica, più globulare e con spira a meno rapido accrescimento, altri più ovalari, più alti, con ornamentazione più rada, alla var. furr:tula. Mi sembra però inu- tile distinguere queste piccole variazioni con nomi speciali. Distribuzione. — Tortoniano del Piemonte e dell'Emilia (Sacco). In Portogallo e nelle Lande esiste, allo stesso livello, una specie molto affine, se non identica, la C. Barzjonae Da Costa. Dalg (co Distribuzione nel Veneto. — Tortoniano inferiore: Valle del R. Fratta di Forgaria presso C. Questa (coll. Tellini). Molino Mo- stacins (coll. Tellini, coll. Stefanini). A_N. di Le Grave presso Castel- nuovo del Friuli (coll. Tellini: un frammento). SVELTIA INERMIS Pusch. 1887. Cancellaria inermis. PuscH. Polens Palaeontologie, pag. 129, tav. XI, fig. 22. 1956. ——____ Horrxes. Foss. Moll. Tert. Beck, Wien, I, pag. 313, tav. 34, fig. 10-13. 1914. Sveltia inermis. FrIEDBERG. Moll. plioc. Poloniae, pag. 244, tav. XV, fig. 8. Un esemplare solo e frammentario. Si può tuttavia riconoscere la forma turricolata, con spira molto allungata, giri ottusamente angolosi, suture impresse, non canaliculate, columella provvista di pieghe, ecc. L’ornamentazione è data da rare coste verticali, che in ciascun giro formano una serie di ottuse spine varicose, e da numerose, fitte, sot- tilìi ed ineguali costicille spirali, sensibili specialmente verso la base, le maggiori delle quali si mostrano più o meno varicose in corrispon- denza dell'incrocio con le coste assiali. Il mio esemplare corrisponde bene a quelli del bacino di Vienna con cui lo ho confrontato: esso ha statura poco maggiore di quella dell’ esemplare di Enzesfeld, figurato da Hoerxes (fig. 12), ma la sua conchiglia è elevata e turricolata come quella dell’es. di Grund (fig. 10). Distribuzione. — È specie del Miocene di Polonia. Nel bacino di Vienna appare a vari livelli, particolarmente nelle sabbie di Grund, ma anche nel Tortoniano, sebbene meno frequentemente (Hoernes). ALmerA e Boritr citano una Cl. cfr. 2ermuis nel ‘l'ortoniano della Ca- talogna. Distribuzione nel Veneto. — Tortoniano inferiore: Molino Mo- stacins (coll. Tellini). Non so che questa specie sia già stata indicata in Italia, dove esiste però nel Tortoniano piemontese una forma in apparenza assai affine, che il Sacco classifica come var. depressicosta della Cl. acutan- gula Iassy. Lee T'RIGONOSTOMA AMPULLACEUM (Br.)? (Tav. I, fig. 528, 52b) 1856. Cancellaria ampullacea. HoerNEs. Foss. Moll. tert. Beck. Wien, pag. 321, tav. 35, fig. 4. 1914. Trigonostoma ainpullaceum. FrIEDBERG. ‘Moll. Mioe. Poloniae, 1914, tav. XV, fig. 13. La determinazione dell’ esemplare, che dubitativamente attribuisco a questa specie è tutt'altro che sicura. A questa incertezza contribuisce il fatto, che esso sia privo della bocca e dell’ apice; ma non è questa la sola difficoltà. La specie è stata infatti interpretata in modi diversi, e, almeno a giudicarne dalle figure, non sembra sicuro che la forma a spira subscalarata, illustrata da Hoerxes e da FrIeDBERG sia iden- tica a quella con spira regolarmente convessa e canalicolata dei giaci- menti italiani, nota per le figure di BroccH1. e di Sacco. Alla prima di queste due forme — che evidentemente non è la tipica — si avvicina di più l’ esemplare in esame, e, sebbene ne dif- ferisca un poco, soprattutto per le costicille spirali più sottili, credo bene identificarlo con essa. Distribuzione. — Il 7. ampullacevm è specie miocenica (Sacco) e pliocenica in Italia e in Spagna: tra le forme attribuite ad essa la presente ricorda però, principalmente, quella del Miocene medio austriaco e polacco. Distribuzione nel Veneto. — Elveziano: Dintorni di Forgaria (coll. De Gasperi). Fam. Olividae ANCILLA OLIVAEFORMIS Sp. n. (Tav. I, fig. 82a, 32b) Conchiglia di piccole dimensioni (lunghezza 20 mm.) di forma ge- nerale ovoidale - allungata, olivoide, con la spira breve, ottusa, a pro- filo convesso, con suture obliterate da uno smalto verniciato che tutta la ricuopre; zona dorsale non verniciata assai larga pari quasi alla metà dell’ altezza totale della conchiglia; lembo basale calloso, separato dalla zona dorsale per mezzo di un solco. Il lembo basale, calloso e lu- cente, è diviso in due regioni da un solco obliquo. n L'apertura è bassa, pari all'incirca alla metà dell’ altezza della conchiglia; il labbro essendo rotto nell’ unico tipo, i suoi caratteri non sono discernibili; la columella è assai curva, escavata. contorta alla base; non è possibile dire se esistesse una smarginatura anteriore come in Baryspira o se invece la columella fosse semplicemente tronca, come in Sparella. Questa forma non mi sembra corrispondere esattamente a nessuna di quelle che conosco. Ancilla glandiforinis, nella infinita varietà delle sue forme, a me ben note anche perchè essa è copiosamente rappre- sentata nel Veneto, non presenta mai una conchiglia così snella, con spira al tempo stesso mediocremente elevata ed ottusa, causa il profilo curvo e convesso che essa presenta: di più la zona dorsale non verni- ciata è qui più larga assai che nella A. glandiformis, la callosità molto meno marcata ecc. D'’ altro canto A. obsoleta, sotto il cui nome citai la presente specie negli elenchi della mia monografia stratigrafica, ha spira più lunga ed acuta, subulata. L'ipotesi che possa trattarsi di un giovane individuo di A. glan- diformis, ipotesi che potrebbe essere suggerita dal fatto che le £Lary- spira in fase giovanile presentano alcuni caratteri di somiglianza con le Sparella, mi pare non regga. I numerosi esemplari di A. glandi- formis juv., da me esaminati, non differiscono sensibilmente, nella forma e nell’altezza della zona dorsale, dagli adulti. La forma ottusa, a spira corta della mia specie ricorda quella della Sparellina candida illustrata dal Cossmanx. Si tratta però di una somiglianza puramente accidentale e superficiale, poichè, altri caratteri, tra i quali basterà citare l’altezza del peristoma (non potendosi riscontrare sul mio campione la presenza o meno del dente parietale) vi contraddicono. Anche A. austriaca Hoern. et Auing., che per la forma rammenta alquanto questa specie, se ne distingue nettamente per l'altezza della apertura. Distribuzione. —- Elveziano: Rugo sotto la chiesa di Meduno: strato 42 della sezione (coll. Stefanini). 2 Ge ANCILLA GLANDIFORMIS (Lamck.) (Tav. I, fig. 29, 30, 31) 1856. Ancillaria glandiformis (Lk.). HoeRNES. Foss. Moll. tert, Beck. Wien, pag. 57, tav. VI, fig. 6-13. tav. VII. fig. 2. ; 1869. —_ Manzoni. Fauna lembi mioc. Alta It., pag. 28. 1869. ——__ Taraetti. Sulla form. eoc. Friuli, pag. 58. 1879. ——__ Hoerxes et Avincer. Gast. I und II Mediterr. Stufe, pag. 55, tav. VII, fig. 1-2. 1882. —__ BesLLarpi. Moll, terz. Piem. Lig. III, pag. 225, tav. XII, fig. 41-43. 1892. ——__- TeLLINI. Descriz. geol. tav. Maiano, pag. 45. 1904. Ancilla (Baryspira) glandiformis (cam var.). Sacco. Moll. terz. Piem., XXX, pag. 80, tav. XVII, fig. 65-76. Credo inutile spendere molte parole intorno a questa specie, tanto diffusa e conosciuta. Mi limiterò ad assicuraré, che i numerosi esem- plari veneti da me esaminati corrispondono bene ai caratteri specifici e alle figure che Borsox. BroxGxIart, DesHaves, HoERNES, Sacco ed altri molti pubblicarono della specie medesima. Per la forma essì sì av- vicinano specialmente a quegli esemplari con spira corta, più o meno acuminata, ordinariamente però assai ottusa, che il Sacco chiama var. dertocallosa: non di rado poi la conchiglia assume una forma anche più clavata, come negli esemplari fig. 10 e 11 di HoERNESs; talvolta però, infine, sì riscontrano, specialmente tra i giovani, individui a conchiglia più affusolata e spira più acuminata, i quali sono però sempre ben di- stinti dalla A. obsoleta Br. La spira è sempre coperta da un callo spesso e crasso, che nasconde del tutto le suture. In alcuni esemplari meglio conservati sì osservano tuttora gli ultimi residui dell’antica colorazione : delle fascie grigio —- azzurrastre irregolari e flessuose, che si dipartono dal vertice e scendono verso la base. Distribuzione. — È specie già Langhiana, ma particolarmente caratteristica del Miocene medio, e soprattutto del Tortoniano. Così sì trova, sia nell’ Elveziano sia nel Tortoniano, nel bacino di Vienna (Hoernes), nel bacino del Rodano, in Aquitania, in Turenna (Dujardin); nella collina torinese e altrove in Piemonte (Sacco), nell’ appennino modenese (Pantanelli) e bolognese (Sangiorgi) ecc. Gli esemplari torto- niani corrispondono abitualmente ad una mutazione speciale crassa cal- losa: ad essa appartengono gli esemplari friulani. RS: «ii Distribuzione nel Veneto. — Tortoniano inferiore: Sez. della Meduna: str. 45 (coll. Tellini, coll. Stefanini). R. Fratta pr. C. Questa (coll. Tellini). R. Chiavrar (coll. Tellini, coll. Stefanini). Bosco Iof pr. Forgaria (coll. Tellini). Dintorni di Forgaria (coll. Castelli). Costabeor- chia (coll. Stefanini). R. Sievot pr. Flagogna. (coll. Tellini, coll. Stefanini). A Sud di Madonna del Zucco (coll. Stefanini). Oltrerugo (coll. Tellini). Dint. di Castelnuovo del Friuli (coll. Taramelli). A _S. di Praforte; a N. di Le Grave; Molino Mostacins (coll. Tellini, coll. Stefanini). Asolo, Curogna (coll. Bolzon). Questa specie è citata dal Maxzoxi e dal Rossi a Romano e ad Asolo. Il De GREGORIO sembra averne fatto una specie nuova, A. Man- zonii, sulla quale non è facile formarsi un concetto esatto, ma che è probabilmente un semplice sinonimo della presente. Fam. Volutidae VOLUTILITHES RARISPINA (Lamk) (Tav. II, fig. 2, 3 1856. Voluta rarispina. HoerNES. Foss. Moll. tert. Beck. Wien, pag. 91, tav. 9. fig. 6-10. 1590. VolZutilithes (Athleta) rarispina. BeLLARDI. Moll. terz. Piem. e Lig. VI, pag. 18, tav. I, tig. 22. 1999. ———__ Cossmann. Essais Paléoconch. III, pag. 140, tav. IV, fig. 24. Un bell’esemplare intero, riconoscibile per il labbro crasso, inspes- sito, per la spira brevissima, mucronata, per le forme rotondeggianti e la columella a tre pieghe, come pertinente a questa specie. Le figure del Pereira da Costa indicate con questo nome stesso, lasciano qualche dubbio sulla loro identità. Distribuzione. — Nel bacino di Vienna è specialmente fre- quente a Baden, Gainfahren, Potzleinsdorf e in genere nel Tortoniano (Hoernes); nel bacino piemontese è pure del Tortoniano di S. Agata e Stazzano (Bellardi). I tipi d'Aquitania sono invece un po’ più antichi, appartenendo al livello di Léognan e di Saucats. Distribuzione nel Veneto. — Tortoniano inferiore: Rugo a N. della Madonna del Zucco in Friuli (coll. Stefanini). e o Fam. Mitridae MrirRrA suBALLIGATA Bellardi 1851. Mitra suballigata. BeLLARDI. Moll. terz. Piem. Lig., V, pag. 71. 1904. ——— Sacco. (cum. var.). Moll. tetz. Piem. Lig. XXX, pag. 82, tav. XXX, fig. 41, 42. Pochi esemplari, in parte frammentari perchè privi dell’ apice, ma tali da permettere una determinazione relativamente sicura. Distribuzione. — Tortoniano di Stazzano (Bellardi). Distribuzione nel Veneto. — Tortoniano inferiore: Molino Mo- stacins (coll. Tellini). Dintorni di Forgaria (coll. Castelli). Asolo (coll. Bolzon). MitRrA GoxIoPHorAa Bell. var. 1880. Mitra goniophora. HoeRNES et Avincer. Gastr. I und II mioc. Mediterranstufe, pag. 77, tav. Ta, fig 1605: Il BeLLaRpi rilevò che gli esemplari figurati da HoeRNES e AUINGER alla tav. IX fig. 11 e 13 differiscono alquanto dagli altri del bacino viennese e da quelli tipici del Piemonte. A me sembra tuttavia che non se ne allontanino tanto da dover costituire una specie diversa, ma, se mai, una semplice varietà, alla quale appartiene l’ esemplare unico del Friuli, che è alquanto più piccolo di quello fig. 11. Distribuzione. — Tortoniano di Pols e Lapugy (Transilvania). Distribuzione nel Veneto. — Tortoniano inferiore : R. Fratta di Forgaria, presso C. Questa (coll. Tellini). Fam. Fusidae Fusus sp. ind. Pezzi di canale e di columella appartenenti a grossi esemplari di Fusus, che, per la loro ornamentazione e per la forma del canale stesso sì ravvicinano singolarmente al Fusus clavatus Br. È possibile che alla medesima specie appartenessero certi modelli interni di Fsus, con qualche pezzo di conchiglia ancora aderente, da me raccolti a Cava Ru nel Cenedese. Ho creduto bene di farne men- zione, i fusidae essendo assai rari nel Veneto. se Bee 2 Distribuzione nel Veneto. — Tortoniano inferiore: A_N. di Grave presso Castelnuovo del Friuli; Molino Mostacins (coll. Tellini). Cava Ru (coll. Stefanini). Fam. Turbinellidae TupIicuLa RusTICULA (Bast.) 1856. Pyrula rusticula. HoERNES. Foss. Moll. tert. Beck. Wien, pag. 266. tav. XXVII, fig. 1-10. 1966. —— 1873. FiscHER et Tourxover. Invert. foss. Lebéron, pag. 122. 1904. Tudicla rusticula. Sacco. Moll. terz. Piem. e Lig. XXX, pag. 31, tav. IX, fig. 10-17. Da Cosra. Gaster. tert. Portug., pag. 110, tav. XXI, fig. 1. Il TourxovER stabilì già come questa specie, diffusa in tutto il Miocene, mostri la tendenza, con l’ andare del tempo, ad avere una spira man mano più depressa e appiattita. L’esemplare friulano, fram- mentario ma assai ben conservato nelle parti che rimangono, è ap- punto molto depresso, come accade nella mutazione più recente. L’ ul- timo giro ha una doppia serie spirale di tubercoli acuminati. Distribuzione. — È specie diffusa in tutto il Miocene, dai livelli più bassi (falun de Bazas) fino all’Elveziano (colli Torinesi, Bacino di Vienna) e al Tortoniano (Bacino del Tago, Valle del Rodano, Bacino di Vienna, Bacino Piemontese ecc.). Distribuzione nel Veneto. —- Tortoniano inferiore: Rugo della Madonna del Zucco; Costabeorchia (coll. Stefanini). A N. di Le Grave presso Castelnuovo del Friuli (coll. Tellini: un frammento). Fam. Buccinidae CYLLENE ANCILLARIAEFORMIS (Grat.) (Tav. II, tig. 4) 1547. Nassa miocenica. MicneLoTTI. Foss. mioc. Ital. sept., pag. 205, tav. XVII, fig. 1. 1879. Buccinum miocenicum. HoERNES et AuinGER. Moll. I-II Medit. Stufe, pag. 135, tav. XIII, fig. 32. 1882. Cyllenina ancilloriaeformis. BeLLARDI. Moll. terz. Piem. Lig., III. pag. 162, tav. X, fig. 17. 1901. Cyllene ancillariaeformis. Cossmann. Essais Paléonconch., IV, pag. 154, 155, tav. V, fig. 22, 25. Distribuzione. — Tortoniano di Tortona (Michelotti) e del ba- cino di Vienna (Hoernes ed Auinger). Distribuzione nel Veneto. — Tortoniano inferiore: Molino Mo- stacins (coll. Tellini). TrIroNIDEA ExScULPTA (Dujardin) (Tav. II, fig. 5) 1873. Pollia ersculpta var. TourNovER. Invert. foss. Lebéron, pag. 121, tav. XVI, fig. 13, 14. 1901. Tritonidea exsculpta, Cosmann. Essais de Paleoconch., IV, pag. 169. Due esemplari, uno dei quali, in assai buone condizioni di con- servazione, viene figurato Distribuzione. — Marne tortoniane di Cabrières (Tournouer). Elveziano di Turenna, Langhiano della Gironda. Distribuzione nel Veneto. —- Tortoniano inferiore: Molino Mo- stacins (coll. Tellini). LarRUNcULUS DERIVATUS (Bellardi) 1901. Latrunculus (Peridipsaccus) derivatus. Cosmann. Essais de Paléoconch., IV, pag. 190. 1904. —- Sacco. Moll. terz. Piem. Lig., XXX, pag. 61, tav. XV, fig. 7-9. Distribuzione. — Tortoniano del Piemonte (Bellardi) e del Ba- cino di Vienna (Hoernes). Distribuzione nel Veneto. — Tortoniano inferiore: A N. di di Le Grave; a Sud di Michei; Rio Chiavrar (coll. Tellini). Dintorni di Forgaria (coll. Castelli). Molino Mostacins (coll. Tellini). Nassa ScHoENNI (Hoern. et Auing.) (Tav. II, fig. 6) 1856. Nassa Dujardini (non Desh.). HoERNES (pars). Foss. Moll. tert. Beck. Wien, pag. 154, 668, tav. XIII, fig. 1. (1873, ———__ FiscHER et Tournover. Invert. foss. Léberon, p. 124, tav. XVIII, fig. 8-10. 1882. Buccinum Schoenni. HoERNES et AvinGER. Gaster. Mioc. I-II Medit. St., pag. 125, t. XV, fig. 18-20. Nel Tortoniano del Friuli s'incontra non raramente una specie di Nassa, che, sebbene rappresentata spesso da individui più o meno de- formati, credo sì debba riferire a questa specie, nella cui sinonimia pare debba porsi la N. Dujardini (non Desh.) Fischer et Tournouer. La mia determinazione sì riferisce in modo speciale alla figura di questi ultimi autori. Distribuzione. — E specie largamente diffusa nel Tortoniano in Piemonte, nel bacino del Rodano, del Tago, di Vienna ecc. SISI, Fg Distribuzione nel Veneto. — Tortoniano inferiore: Costabeorchia (coll. Stefanini). Molino Mostacins (coll. Stefanini, coll. Tellini). Oltrerugo (coll. Tellini) — Tortoniano superiore: Ponte di Flagogna (coll. Tellini). Nassa AcROSTYLA Tournouer 1873. Nassa acrostyla. Tourxover. Invert. Foss. Léberon, pag. 124, tav. XVIII, fig. 11-12. Potrebbe considerarsi come varietà callosa della N. Schoenni Hoern. et Auing., così come la pliocenica ed attuale N. g:ibbosula L. appare quasi una varietà della N. mwutabilis Br. La N. acrostyla altro non sa- rebbe adunque, che la mutazione ascendente della N. gibbosula. Distribuzione. — Marne tortoniane di Cabrières (Tournouer). Distribuzione nel Veneto, — Tortoniano inferiore: A Sud di Madonna del Zucco; Rio Fratta di Forgaria; Molino Mostacins (coll. Stefanini). Nassa ECHINATA (Hoern.) 1856. Buccinum echinatum. HoeRrNES. Moll. tert. Beck. Wien., p. 159, tav. XIII, fig. 12, 13. Non trovo ricordata questa specie dagli autori successivi: l'’HoERNES insiste molto sulle sue affinità col vivente 5. muricatum Quoy. et Gaim., che è il tipo di /edra, sottogenere di Nassa ('). L'unico mio esemplare, sebbene frammentario, pare identico alle figure di Horrwes. È a no- tare che nello stesso sottogenere esiste anche una N. echinata Ad., che non so però se possa coincidere con la specie miocenica (*). Distribuzione. — Sabbie di Ebersdorf e Niederkreuzstatten. Distribuzione nel Veneto. — Tortoniano inferiore: Frana ad Est di Oltrerugo (coll. Tellini). Nassa BapeNsIS (Partsch.) 1853. Buccinum badense. HoerNes. Foss. Moll. Tert. Beck, Wien, pag. 143, tav. XII, fig. 8. Un esemplare alquanto frammentario parmi si possa però con si- curezza riferire a questa specie pei suoi giri relativamente non molto () Cossmann. Essais de Paléoconch, IV, pag. 209, (2) Cossmanx. Ibidem. convessi e per l’ornamentazione, costituita di numerose, fitte, sottili strie spirali, estese a tutta la conchiglia. Una ornamentazione analoga presentano altre specie, e particolarmente anche una varietà della N. semistriata, ma le strie sono generalmente più rade e meno numerose. Presso la bocca, per un breve tratto le strie spirali sono incrociate da sottili strie flessuose, per modo che ne resulta una ornamentazione analoga a quella della N. musiva: siccome però sul resto della con- chiglia non se ne trova traccia, ritengo sì tratti di un caso di anor- male sviluppo delle strie d’accrescimento, che si osservano non di rado in piccolo numero presso la bocca dei Buccinidae. Distribuzione. — È specie comune nell’ Elveziano dei colli To- rinesi (Sacco), ma il tipo è del Tortoniano del Bacino di Vienna. Distribuzione nel Veneto. — Tortoniano inferiore: Molino Mo- stacins (coll. Stefanini). NASsA SEMISTRIATA (Br.) 1814. Buccinum semistriatum. BroccHi. Conchiol. foss. subapp., pag. 651, tav. XV, fig. 15. 1911. Nassa semistriata. CeruLLI IRELLI. Fauna malac. Mariana V, pag. 253, tav. XXIII, fig. 41-54. Un solo esemplare un po’ guasto, ma indiscutibilmente appartenente a questa specie. La conchiglia è liscia, salvo nella metà inferiore del- l’ultimo giro, dove mostra la caratteristica striatura. La spira è rego- larmente conica, con giri un po’ convessi, a suture ben marcate, or- late da un lieve solco infrasuturale. Il labbro è internamente crenellato. Distribuzione. — Sebbene alcune varietà si osservino, secondo il Sacco, anche nel Tortoniano, è specie nettamente pliocenica, e in terreni pliocenici si trova non solo in Italia, ma anche nel bacino del Rodano. Anche il CortREAU afferma che questa specie è rappresentata nel Tortoniano da una varietà spiccata. Sale poi anche nel Postplio- cene di Monte Mario (Cerulli Irelli). Distribuzione nel Veneto. — Pliocene: Cornuda (coll. Dal Piaz). Fam. Columbellidae CoLumBELLA cuRTA (Duj.) 1866. Columbella curta. DA Costa. Gaster. Gaster. tert. Portug., pag. 71, tav. XIV, pg. 3. 4. 1901. Columbella (Alia) curta. Cossmann. Essais IV, pag. 233, tav. X, fig. L. 1904. Sacco. Moll. terr. terz. Piem. Lig.. XXX, pag. 93, tav. XIX, fig. 43-47. Le forme tipiche di questa specie hanno l’ ultimo giro molto alto, superante la metà dell'altezza totale della conchiglia; tuttavia la specie può variare, a questo riguardo, notevolmente: così è di una delle forme attribuitele dal Prrema pa Costa (fig. 4), alla quale gli esemplari friu- lanì sì avvicinano moltissimo sotto tutti i rapporti; e il Sacco ha illu- strato a sua volta una var. productospirata, un po’ diversa dai campioni in esame per gli anfratti più convessi e la spira meno scalarata, ma del tutto simile per il rapporto tra l’ altezza dell’ ultimo giro e quella della spira. Distribuzione. — Miocene medio di Turenna, Aquitania, Por- togallo e Bacino di Vienna. Pliocene d'’ Italia. Distribuzione nel Veneto. — Tortoniano inferiore: Molino Mo- stacins (coll. Tellini). MITRELLA COMPLANATA Bell. (Tav. II, fig. 53 1856. Columbella semicaudata (non Bon.) HoERNES. Foss. Moll. Beck. Wien, pag. 117. tav. XI. fig. 10. 1866. Da Costa. Gaster. tert. Portug., pag. 70, tav. XIV, fig. 2. 1590. Columbella (Mitrella) complanata. BeLLaRDI. Moll. terz. Piem. Lig. VI, pag. 36, tav. II, fig. 29. 1904. —_ var. Sacco. Moll. terz. Piem. Lig,, XXX, pag. 93, tav. XIX, fig. 49-50. Un esemplare frammentario, perchè ridotto ai due ultimi giri, ma con la bocca ancora ben conservata, ben riconoscibile per gli anfratti complanati, la conchiglia leggermente scalariforme, la bocca ovale, sub- quadrangolare priva di canale anteriore, con labbro destro tagliente. internamente denticolato. Un secondo esemplare, deformato. È noto che il BeLLarpI considerò come sinonima di questa specie una parte della Columbella (Mitrella) semicaudata Sism. Le affinità tra le due specie sono notevoli, e a questa ultima, che vuolsi considerare come pliocenica, sono stati attribuiti anche da altri autori esemplari ut che più rettamente vanno riferiti a Mitrella complanata. Alludo soprat- tutto alla C. semzicaudata Da Costa, del Tortoniano portoghese, che è identica o per lo meno molto vicina alla M. complanata var. acuteper- longa Sacco e ai miei campioni. Quanto alla Columbella semicaudata Hoern., essa si avvicina, se mai, di più alla var. angustelonga Sacco, soprat- tutto in grazia degli anfratti più tumidi, della spira meno scalariforme. Distribuzione. -— Tortoniano del Piemonte, del Portogallo, del Bacino di Vienna. Distribuzione nel Veneto. — Tortoniano inferiore: Molino Mo- stacins (coll. Tellini). Fam. Muricidae OCENEBRA CRATICULATA (Br.) 1856. Murex craticulatus. HoeRNES. Foss. Moll. tert. Beck. Wien, pag. 234, tav. 24, fig. 10. 1866. ———_____ DA Cosra. Gaster. tert. Portugal, pag. 161, tav. XIX, fig. 4, 8. 1877. ———_ Betcarpi. Moll. terz. Piem. Lig., I, pag. 108. 1885. Murew (Ocenebra) cruticulatus. HoERNES et AvinGeR. Gastrop. I, II Mediterr. Stufe, p. 220, t. XVII, fig. 1-2; t. XXXI, fig. 4. 1903. Hadriania eraticulata. Cossmann. Essais V, pag. 45, tav. II, fig. 9, 10. 1912. Ocenebra eraticulata. FRIEDBERG. Moll. mioc. Poloniae, pag. 181, fig. 43, tav. XI, fig. 13. Parmi ancora preferibile considerare col FiscHer Hadriania quale un sottogenere di Ocenebra, anzichè, col Cossmanx, distinguerla come un genere a sè. L’ esemplare friulano, unico, corrisponde bene alle figure e descrizioni del BroccÙi e degli altri autori citati. Il canale è un poco più lungo che negli esemplari di BeLLaRDI (var. B) e di HoERNEs. Distribuzione. -—- Tortoniano del Bacino di Vienna, della Po- lonia, del Piemonte. Il tipo è pliocenico d’Italia e Francia. Vive anche attualmente nel Mediterraneo. Distribuzione nel Veneto. — Tortoniano inferiore: Friuli (coll. Tellini). Fam. Tritonidae EvurRITONIUM cfr. nopireRuM (Lamk.) 1856. Triton nodiferum. HoerNnEs. Foss. Moll. tert. Beck. Wien, pag. 201, tav. 19, fig. 1, 2. 1872. —— Bettarpi. Moll. terz. Piem. Lig., I, pag. 207. L’ esemplare unico friulano è un modello di grandi dimensioni : ricostruito per le parti mancanti, si può attribuirgli una statura di oltre 100 mm. In esso si riconosce bene la forma conica della spira assai svolta, e l’ ornamentazione costituita da grossolane nodulosità, di- sposte in serie spirali. Per questi caratteri e per la statura esso corri. sponde dunque, per quanto è possibile vedere, perfettamente all’es. di Grund, figurato da HoeRrNEs (fig. 1). Tuttavia una certa riserva s’ im- pone, in vista dello stato di conservazione. Distribuzione. — È una specie anche oggi vivente nel Medi- terraneo e pliocenica. Nel Miocene del Bacino di Vienna apparisce così al livello di Baden come a quello di Grund (Hoernes). In Piemonte è citata al Rio Batteria, Villa Forzano, Baldissero (Bellardi). In Aqui- tania, a Dax, esiste una specie, il 7. ventricosum Grat., che l’HoERNES pone in sinonimia e che difatti si avvicina assai all’ es. di Baden, da lui figurato; meno, però, all’ es. di Grund, cui il campione del Friuli corrisponde bene. Distribuzione nel Veneto. — Langhiano: Sezione della Me- duna str. 33 (coll. Stefanini). Fam. Cassididae CassIDEA MIOLAEVIGATA Sacco 1856. Cassis saburon (non Lamk). HoerNnEs. Foss. Moll. tert. Beck. Wien, pag. 177, tav. 15, fig. 2-7. 1866. —___—— Da Cosra. Gasterop. tert. Portug., pag. 128, tav. XVI, fig. 6-9. Maxzoni. Fauna lembi mioc. alta Italia, pag. 28. 1590. Cassis(Semicassis) miolaevigata. Sacco. Moll. terz. Piem. Lig., VII, pag. 26 e segg., tav. I, fig. 23-27. 1899. Cassis (Semicassis) saburon. De GREGORIO. Descr. Foss. Asolo Romano, pag. 15, tav. 2. fig. 14 bis. 1904. Cassis (Semicassis) miolaevigata. Sacco. Ibid., XXX, pag. 97, tav. XX, fig. 5-10. Come fu già posto in rilievo dal Sacco, non è che la mutazione ascendente dell’attuale C. saburon Adans e della pliocenica C. luevigata (Defr.). Si distingue essenzialmente per la forte depressione degli an- fratti presso la sutura: carattere che si attenua nella Cl. /aevigata e tende a scomparire nella C. saduron. I nostri esemplari veneti corri- spondono particolarmente bene a quelli figurati dall’HoERxEs e agli es. tortoniani descritti dal Sacco come var. transiens, che per vari carat- teri appaiono intermedi fra la tipica Cl. miolaevigata e la Cl. laevigata. Le lievi differenze poste in evidenza dal De GREGORIO per la sua var. namuscula non hanno grande importanza. Distribuzione. — È specie miocenica. Oltre che nell’Elveziano, sì trova nel Tortoniano del bacino di Vienna (Hoernes), del Tago (Da Costa) e di Piemonte (Sacco). Distribuzione nel Veneto. — Elveziano: Marne arenacee a bivalvi della sezione della Meduna, strato 42 (collezione Stefanini). — Tortoniano marino : Costabeorchia ; R. a N. di Madonna del Zucco ; tra Molevana e Castelnuovo : Rio Sievot; Molevana ; a N. di Le Grave (coll. Tellini). Molino Mostacins (coll. Stefanini, coll. Tellini). — Col nome di Cl. saburon questa specie è citata dal Manzoxi e dal De GrE- corIio nel Tortoniano inferiore di Asolo e Romano. Cassinea HoERNEsI (Sacco) var. (Tav. II, fig. 7, 8) 1890. Cassis (Echinophoria) Hoernesi. SAcco. Moll. terz. Piem. Lig., VII, pag. 514, tav. I, fig. dI. L’ornamentazione di questa specie è costituita da grosse costole oblique, talora bifide, spesso più o meno evanescenti anteriormente, sulle quali sì formano una o più serie di nodi. Esse si incrociano con una fitta serie di strie spirali, regolari. Gli esemplari veneti differiscono dalla forma tipica per la maggiore statura e per la forma un po’ più globosa della conchiglia. Distribuzione. -— Il tipo è dell’ Elveziano piemontese. Distribuzione nel Veneto. — Langhiano: Calcari da Cemento di Vittorio. ScoNSIA STRIATULA Bon. 75. Cossidaria striatula, HoernEs. Fauna Schliers Ottnang, pag. 351, tav. XI, fig. 13. 84. ——— — Horernes et Havincer. Gaster. Ablag. I-II, Med. Stufe, pag. 162, tav. XVII, fig. 14. 1890. Galeodea striatula. Sacco, Moll. terz. Piem. Lig., VII, pag. 533, tav. II, fig. 27. 1903. Sconsia striatula. Cossmann. Essais ‘de Paléoconch., V, pag. 133, tav. VI, fig. 13. Un esemplare, che per la minutissima striatura del guscio, per il labbro incrassato, orlato, per la conchiglia sensibilmente caudata, a ca- nale corto e dritto, mi pare riferibile a questa specie. Br I Distribuzione. — La specie è del Miocene dei Colli Torinesi, ma si trova anche nello Schlier di Ottnang. Distribuzione nel Veneto. — Langhiano inferiore: Rui nel Bellunese (coll. Dal Piaz). Fam. Doliidae DoLium FasciaTUM (Bors.) 1891. Eudolium fasciatum. Sacco. Moll. terz. Piem. Lig. VIII, pag. 13, tav. I, fig. 19-22. 1903. Dolium cinguliferum. Cossmann. Essais de Paléoconch., V, pag. 137, tav. VI, fig. 6, 10. Ascrivo a questa specie due esemplari allo stato di modello, nei quali però si vede benissimo oltre la forma globosa e corta anche la ornamentazione, costituita da cingoli maggiori non tubercoliferi (una ventina, nell’ ultimo giro), regolarmente alternanti con costoline più sottili. Distribuzione. — Il tipo è pliocenico, ma il Sacco ne ha de- scritto delle varietà dell’Elveziano e Tortoniano di Piemonte. Nel Lan- ghiano pare venga citata ora per la prima volta. Distribuzione nel Veneto. -— Langhiano: Molasse cerulee glau- conitiche nel Rio Mizza presso Fanna (coll. Taramelli). -— Elveziano: Marne calcaree del R. Brosa presso Polcenigo (coll. Stefanini). DoLium suBFrascraTtoM (Sacco) (Tav. II, fig. 9) 1879. Cassidaria (Galeodea) subfasciata. HoeRNES et AvinGER. Gasterop. I-II Mediterranstufe, pag. 161, tav. XVII, fig. 16-20. 1891. Eudolium (Galeodea) subfasciatum Sacco. Moll. terz. Piem. Lig., VIII, pag. 6, tav. I, fig. 4-8. 1903. Dolium (Eudolium) subfasciatum. Cossmanx. Essais de Paléoconch. V, pag. 188, tav. V, fig. 18. 1904. Eudolium subfasciatum. Sacco. Moll. terz. Piem. Lig., XXX, pag. 100. Questa specie è ordinariamente ritenuta elveziana ; nel Tortoniano sì osservano due specie ad essa assai affini: il D. /asciatum Bors. var. e il D. stephaniophorum Font. var. Il primo ha coste trasverse uniformi e l’es. friulano sì distingue facilmente da esso: il D. sfeplaniophorum ha invece coste tubercolari, più o meno moniliformi, alternativamente > } ) più grosse e più sottili, come il D. subfascialtum, ma si riconosce da questo pel suo labbro esterno sottile, semplice. Malauguratamente nel aggio mio unico esemplare la bocca non è integra e non si può stabilire con sicurezza se esiste l’ ispessimento labiale; ma da quanto rimane conservato del labbro, sembrerebbe di si. L’esemplare friulano è un po’ corroso nella parte più sporgente dell’ ultimo anfratto e sulla spira: il cingolo o i cingoli tubercoliferi principali non sono quindi visibili. Distribuzione. — Tanto nel Bacino di Vienna (Hoernes et Auinger) quanto in Piemonte (Sacco) questa specie sembra diffusa solo nell’ Elveziano. Distribuzione nel Veneto. — Tortoniano inferiore: A Nord di Le Grave (coll. Tellini). PiruLa coxpItA Brongn. (Tav. II, fig. 10) 18253. Pyrula condita. BronGNIART. Mem. Vicentin., pag. 75, tav. VI, fig. 4. 18559. ——___ HoernEs, Foss. Moll: tert. Beck., Wien, pag. 270, tav. 28, fig. 4-6. 1901. Ficula condita. Sacco. Moll. terz. Piem. Lig., VIII, pag. 23, tav. I, fig. 27, 31. 1903. Pirula condita. Cossmanx. Essais Paléoconch., V, pag. 141, tav. VI, fig. 7. Riferisconsi a questa specie individui di diverse provenienze. Gl’indi- vidui tortoniani per la finezza dell’ornamentazione e la rarità delle co- stoline verticali sembrano ravvicinarsi assai alla P. reticulata, costituendo, come già notava il Sacco, una sorta di transizione tra le due specie. Distribuzione. — È specie largamente diffusa in tutto il Mio- cene del Bacino Mediterraneo. Distribuzione nel Veneto. — Elveziano: Sinistra della Me- duna a Meduno (coll. Tellini). Celante, presso la via di Vito (coll. Ste- fanini). — Tortoniano inferiore: R. Chiavrar; R. Sievot; a N. di Le Grave; Molino Mostacins (coll. Tellini). Costabeorchia (coll. Stefanini). Dintorni di Forgaria (coll. Castelli). Cava Ru nel Trevigiano (coll. Stefanini). — Tortoniano superiore: Ad Est di M. Molime (coll. Tellini). PrIiRrULA CcINGULA‘TA Brn.? 1853. Ficula reticulata (non Lamek). HoerNES. Foss. Moll. tert. Wien, Beck, pag. 269, tav. 28, fig. 1-3. 1856. Ficula cingulata. HoEeRNES. Ibid., pag. 676. 1879. —_______tt Hoerxes et AuinceR. Gastrop. I-II Mediterranst., pag. 245, tav. 35, fig. 3. La prevalenza dell’ ornamentazione spirale, nettamente visibile in ae un esemplare, mi fa propendere a ritenerlo come pertinente a questa specie; ma trattandosi di un modello, non si può affermare niente. Distribuzione. — È particolarmente frequente al livello di Grund, nel bacino di Vienna. Il Sacco ne cita, dall’ Elveziano di Pie- monte, un solo individuo giovane, di dubbia determinazione. Distribuzione nel Veneto. — Langhiano: Rio Mizza presso Fanna (coll. Taramelli). Fam. Aporrhaidae CHENOPUS UTTINGERIANUS (Risso) 1893. Chenopus uttingerianus. Sacco. Moll. terz. Piem. Lig. XIV, pag. 23 e segg.. tav. II, fig. 21-25. 1912. FriepBERG. Moll. mioc. Poloniae, tav. VIII, fig. 2. Secondo il Sacco, a cominciare dall’ Oligocene, si vengono deli- neando in questo genere due gruppi di specie, ben distinti, e carat- terizzati pel diverso sviluppo dei tubercoli che ornano le carene e pei caratteri pure diversi delle digitazioni. I rari esemplari friulani, sebbene tutti frammentari, sì rivelano indubbiamente, per la finezza dei loro tubercoli e per la acutezza delle carene, come pertinenti al gruppo, che si origina nell’ Oligocene col Ch. pes-carbonis, sì sviluppa nell’ Elveziano col C%. meridionalis e poi nel Tortoniano e nel Pliocene col (7. uttingerianus, dal quale derive- rebbe finalmente il C%. serresianus pliocenico e recente. Non è altret- tanto facile decidere, se essi debbano riferirsi al C4. meridionalis Bast. o al Ch. uttingerianus Risso, essendo in tutti quanti più o meno rotta la digitazione superiore, nella quale risiedono i caratteri differenziali : tuttavia in uno, tale digitazione ha lasciato tracce aderenti fino a tutto il terz’ ultimo anfratto, cioè più di quanto suole avvenire nel C%. me- ridionalis: perciò ritengo opportuno indicare la specie friulana come Ch. uttingerianus, pur non sapendo, se tale carattere abbia un’ impor- tanza così rigorosamente definitiva. Distribuzione. — È specie prevalentemente pliocenica, ma ab- bonda anche nel Tortoniano del bacino di Vienna (Hoernes), di Volinia (Dubois), di Polonia (Friedberg), di Portogallo (Da Costa), di Corsica = SR (Locard), del Piemonte (Sacco) e dell'Emilia (Doderlein). Nell’Elveziano è Indicata solo in Piemonte dal Sacco, una sua varietà (var. ornatis- sima) certamente distinta dalla nostra per la digitazione superiore li- bera fino quasi dalla base. Distribuzione nel Veneto. — Elveziano: Fornace di Arcoiaz ; Rio Aguar presso Meduno (coll. Stefanini). In ambedue queste località l’Elveziano presenta una /acies più dell’ ordinario marnosa. Fam. Cerithidae CERITHIVM PROCRENATUM Sacco 1856. Cerithium crenatum (non Br.). HoerNEs. Foss. Moll. tert. Beck. Wien, pag. 408, tav. 42, fig. 13-14. 1895. Cerithium procrenatum. Sacco. Moll. terz. Piem. Lig., XVII, pag. 19, tav. II, fig. 1-8. 1914. —__________ Friepsero. Moll. mioc. Poloniae, pag. 264, tav. XIV, fig. 13. Pochi esemplari frammentari ma apparentemente ben corrispondenti alle figure tipiche, e specialmente a quella, assai bella, del Friedberg. Distribuzione. — Elveziano e Tortoniano nei bacini del Po e del Danubio e in Polonia. Distribuzione nel Veneto. — Tortoniano inferiore: A Nord di Le Grave presso Castelnuovo del Friuli (coll. Tellini). CERITHIUM DERTONENSE May. 1868. Cerithium dertonense. Mayer. Descr. Coq. tert. sup., pag. 107, tav. III, fig. 5. 1873. — FiscHER et Tourxnover. Invert. foss. Léberon, pag. 136, t. XIII, fig. 2. 1899. —————___ (cum var.). Sacco. Moll. terz. Piem. Lig., XVII, pag. 12, tav. I, fig. 36-40. Gli esemplari friulani, frammentari ma ben identificabili, hanno una statura maggiore e granuli più rari e grossolani dei tipi di MAayER e di FiscHeR, avvicinandosi di più alle var. /atetorquata e cingulellatior del Sacco, e sopratutto alla var. perlongata, che ha spira più sottile e più svolta delle altre. Essi accentuano dunque, per quanto riguarda l’ornamentazione, quel carattere “ tortoniano , che già il SAcco pose in rilievo. Distribuzione. — Rara nell’ Elveziano piemontese ; frequente nel Tortoniano del Bacino piemontese (Sacco) e del Bacino del Rodano (Fischer). Distribuzione nel Veneto. — Tortoniano inferiore: Tra Mole- vana e Castelnuovo del Friuli (coll. Stefanini). CeRITHIUM RUBIGINOSUM Eichw. (Tav. II, fig. 27-30) 1856. Cerithium rubiginosum. HoerNEs. Foss. Moll. tert. Beck. Wien, pag. 396, tav. 41, fig. 16. 1881. Cerithium cfr. rubiginosum. TarameLLI. Spieg. carta geol. Friuli, pag. 114. 1892—_______tt TeLuni. Descr. geol. tav. Maiano, pag. 45. 1895. Cerithium (Pithocerithium) rubiginosum. Sacco. Moll. terz. Piem. Lig. XVII, pag. 33, tav. II, fig. 78-80. Numerosi esemplari, che per la forma e gli ornamenti appaiono indub- biamente riferibili a questa specie. Distribuzione. —- E una specie del Sarmatiano tipico, che però sì ritrova allo stesso livello (Tortoniano superiore) anche in Piemonte e in Toscana. Distribuzione nel Veneto. — Tortoniano superiore: Ponte di Flagogna (coll. Tellini, coll. Stefanini). Rio a Sud di Madonna del Zucco (coll. Stefanini). Poramipes BIDENTATUS (Defr. in Gratel.) (Tav. II, fig. 11) 1853. Cerithium bidentatum. GrateLOUP. Atlas Conchyl. tert. Adonr. tav. XVII, fig. 15, Suppl. III, fig. 1. 1856. Cerithium lignitarum (non Eichw.). HoernESs. Foss. Moll. tert. Beck, Wien, pag. 399, tav. 42, fig. 1-3. 1866. ——_ Da Cosra. Gastérop. tert. Portug., pag. 250, tav. XXVII, fig. 11. 1569. ———_- (non Eichw.) TaraweLLI. Sulla formaz. eocen. del Friuli, pag. 58. 1874. Cerithium bidentatum. Touvrnover. Sur le C. bidentatum Grat. ecc., pag. 12. 1881. Cerithium lignitarum (non Eichw.) TARAMELLI. Spiegaz. carta geol. del Friuli, pag. 114. 1888. Potamides lignitarum var. forumjulensis. Sacco. Sopra ale. Potamides bac. terz. Piem., pag. 94, tav. IV, fig. 18-19. 18592. ———_______- TELLUINI. Descr. geol. tav. Maiano, pag. 45. 1895. Potamides(Terebralia) bidentatus. Sacco. Moll. terz. Piem. Lig., XVII, pag. 53, tav. III, fig. 31-34. 1899. Tympanotomus bidentatus. DoLLFUS et DAUTZENBERG. Coq. foss. fal. Tour., pag. 4, tav. IX, fig. 34. 1901. Clava bidentata. R. HoeRNES. Neue Cerithien formengruppe der Clava bidentata. Questa specie apparisce, quando il suo peristoma non è conosciuto, molto simile al P. lignitarum (Eichw): ha com’ essa una conchiglia a spira assai regolarmente decrescente e ornata da 4-5 serie molto re- golari di grossi e rozzi granuli di forma tendente alla quadrangolare, allineati anche in senso trasversale. Alla base dell’ ultimo antfratto le Igea serie di granuli passano a vere coste continue, disposte longitudinal- mente. La grossezza dei granuli sembra alquanto variabile nei miei campioni. Le differenze compaiono soprattutto nel peristoma, che però frequen- temente è rotto; e questo è appunto il caso nostro. Però accettando l’interpretazione di queste due specie, data da TouRNxoUER, e in base specialmente alle figure di HoerNnes e di DoLLrus et DAUTZENBERG, si vede che il P. bidentatus ha forma alquanto più tozza, più rigonfia, meno regolarmente decrescente dalla base verso l’apice; i suoi granuli formano qua e là grosse varici, una delle quali sì trova costantemente nell’ ultimo anfratto delle conchiglie di questa specie. Ora i nostri esem- plari presentano appunto tali caratteri. Il Sacco indicò due frammenti di conchiglia, raccolti nelle località stesse di provenienza degli esemplari studiati da me e appartenenti alla collezione TeLLINI che io ho in istudio, come una varietà speciale, (var. forumjulensis) del P. lignitarum ; e DoLLrus et DAUTZENBERG sem- brano avere accettato questa determinazione; ma in effetto il tipo di Sacco non differisce per niente dagli altri esemplari della stessa prove- nienza, e gli esemplari interi da me esaminati mostrano chiaramente, come dicevo, la loro pertinenza al /. bidentatus. Quanto alla varietà del Sacco, essa è fondata su certe ineguaglianze nella larghezza dei diversi cingoli e sulla grossezza alquanto minore dei granuli: ma tali caratteri non resultano costanti nei numerosi esem- plari da me studiati. Del resto il SAcco stesso, per quanto io mi so, non l’ha mai più ricordata in seguito, nè ha detto, accettando nel 1895 le conclusioni di TovuRNxOTER, se essa dovesse essere ascritta al /. ligni- tarum 0 al P. bidentatus. La varietà sarmatiana, indicata da R. HoeRxEs (') come C. Pauli, e che converrà chiamare col Cossmanx (*) P. Rudolphi Cossm., essendo quel nome preoccupato, sì distingue pei suoi tubercoli posti in serie (1) HoerNEs R. Beitr. Kenntn. Neogenfauna Siidsteierm. und Croat., pag. 67, tav. II, fig. 5-6. (2) Cossmann. Essai de Paléoconchol., VII, 1906, pag. 127. Sf Losi: a verticali assai curve e per il maggiore sviluppo assunto comparativa- mente agli altri, dai tubercoli della serie tubercolifera superiore. Distribuzione. — Il tipo della specie è del bacino dell’Adour: è citata anche nel Langhiano ed Elveziano del bacino della Gironda (Benoist) e della Loira (Dollfus et Dautzenberg), nella valle del Ro- dano ecc. In Spagna si rinviene in strati, intercalati a letti di Ostrea crassissima, del Miocene medio (Dollfus et Dautzenberg). In Italia la specie è stata riscontrata nell’ Elveziano e Tortoniano del Piemonte (Sacco). Secondo questo autore, alcune varietà sarebbero già oligoce- niche in questa regione. Zerebralia alquanto affini alla presente specie sono sopravvissute sulle coste dell’ Africa Orientale e dell’ India. Distribuzione nel Veneto. — Tortoniano inferiore: Orti di Costa- beorchia ; Molino Mostacins (frammenti: coll. Stefanini); a N. di Le Grave, presso Castelnuovo (coll. Tellini). Oltrerugo (coll. Tellini, coll. Stefanini). —- Tortoniano superiore : Rio Sievot pr. Flagogna : a Nord e ad Est di M. Molime (coll. Tellini). Tra M. Molime e Manazzons, verso la quota 285 (coll. Tellini). Al Ponte di Flagogna (coll. Tellini, coll. Stefanini). A NE. di Monte Santo (coll. Taramelli). Anzano presso Vittorio (coll. Stefanini). Come le altre specie della tribù Potamidinae, anche questa dovette essere esclusivamente eurialina e vivere all'imboccatura dei fiumi: gli esemplari, specialmente quelli del Tortoniano superiore, a fauna mista, quasi sempre presentano tracce di logorazione dell’ apice, come se fos- sero stati a lungo rotolati, in balia delle onde, alla spiaggia. Fam. Melaniidae MeLANIA EscHeRrI Mér. var. rRotuxDATA Sandb. (Tav. II, fig. 124, 12b) 1870-15. Melania Escheri. SAaxpBERGER. Land Siisswasser Conch. Vorwelt, pag. 572. tav. XVIII, tig. 142 (non aliae). 1870-15. Melania Escheri var. rotundata. SanpBERGER. Ibid., pag. 572, tav. XVIII, fig. 14% e tav. Ro 19, 1892. Melania Escheri. MarLLaRD et Locarp. Monogr. Moll. tert. fluv. Suisse, pag. 166, tav. IX, fig. 10. 1592. Melania Escheri var. rotundata. MairLLarp et Locarp. Ibid., pag. 168, tav. IX, fig. 11. 1892. Melania Escheri. TeLLINI. Descr. geol.. tav. Maiano. pag. 46. Con l’ antico nome di Melania Escheri sono state indicate dai vari RAEE autori parecchie specie diverse. Il SANDBERGER nella sua classica mono- grafia ha raccolto sotto quest’ unico nome almeno tre specie diverse: la M. Laurae Math. dell’Oligocene, con la sua var. bicineta; la M. aquitanica Noulet del Langhiano francese e la M. grossecostata Kl. sua rappresen- tativa nell'Europa centrale; e finalmente la M. Escherî Mérian, il cui tipo è della molassa superiore di Svizzera. Oltre alla forma tipica, il SANDBERGER illustra anche una var. rotundata, proveniente dagli stessi terreni. T'ale è 1’ interpetrazione della specie data da HoERNES, da SAND- BERGER, (che indicano ambedue, come tipici, gl’individui della molassa svizzera), e del MAILLARD: questa interpretazione preferisco a quella ben diversa data da Cossmanx ('), che riserba ad una specie oligocenica il nome di MìRIAN (con la var. Lavrae). L’esemplare sarmatiano figurato da HoERNES, al quale corrisponde bene quello figurato dal NEUMAYR (*) del Sarmatiano di Slavonia, non mi sembra però identico a quelli figurati come tipici dal SAnpBERGER: la sua spira ha un accrescimento molto più rapido, ciò che imparte alla conchiglia una forma più bassa e tozza; le pliche assiali sono inoltre meno numerose, più grosse, più rare. Questa, essendo la prima forma figurata col nome di M. Escheri, deve essere considerata come forma tipica; mentre invece la var. &ypica di SANDBERGER dovrà assumere un nome diverso, se non sì vuole inglobarla, come io faccio, nella var. 70- tundata. Così intesa, la M. Zscheriî si distingue essenzialmente dalla M. grossecostata pei suoi cordoncini spirali numerosi, fini, ravvicinati e per le pliche assiali più sviluppate, più distinte, formanti così un passaggio alle coste assiali, caratteristiche, secondo gli autori, della sezione Humelama. Il De STEFANI determinò altra volta come M. Escheri una specie del Miocene di Montebamboli e Casteani in Maremma, riportandosi evi- dentemente alle figure di HoEerxEs e di SAnpBERGER: ho anzi qualche (1) Cossmann. Essais de Paléoconch., VIII, 1909, pag. 131. (2) NeumayR. Beitr. sur Kenntn. foss. Binnenfaunen, pag. 370, tav. XIII, fig. 1. A questa forma si deve riferire anche l’ accenno del SANDBERGER. (l. c. pag. 689). ragione di credere, che la specie di Montebamboli debba attribuirsi proprio alla var. rotundata, poichè io stesso ho raccolto esemplari a questa rife- ribili nelle marne pontiche tra Paronza e S. Fabiano nel Senese, cioè presso a poco allo stesso livello e in una regione assai prossima. Nei terreni pontici di tutta Italia è poi comunissima la M. curvi- costa Desh., da non confondersi naturalmente con la M. curvicostata dello stesso autore, che è un Mel/anopsidae del bacino di Parigi. Gene- ralmente questa M. curvicosta ('), come anche la M. Verrii De Stef. (*) (che ne è la mutazione pliocenica) e la M. etrusca De Stef. (8), si rico- noscono facilmente dalla M. ZEscheri var. rotundata per la forma assai più corta e tozza della conchiglia, che ha spira più rapidamente cre- scente e statura generalmente inferiore. Esiste, è vero, una M. Verri var. elongata For. (*) che raggiunge dimensioni alquanto maggiori, sebbene sempre assai inferiori a quelle abituali nella M. Escher: var. rotundata e che per la forma generale della conchiglia si avvicina a quest’ ultima. Ma una differenza importante, che io ho potuto riscontrare costante esa- minando da un lato numerosissimi esemplari di M. curvicosta di S. Valentino e Quattro Castella e non pochi di M. Verrà tipica, dall’altro le figure tipiche di M. Escheri var. rotundata e gli esemplari di questa specie da me raccolti nel Senese, risiede nella forma del profilo dei giri e nell’ornamentazione. La M. curvicosta e la M. Verri hanno i giri della spira con profilo regolarmente arrotondato e le costoline spi- rali, incrociandosi con le coste trasverse formano una serie di papille tutte eguali ed egualmente ben marcate, ma si attenuano fino quasi a sparire negli interspazi. Nella M. Escher: var. rotundata, malgrado il suo nome, i giri della spira assumono un profilo un poco angoloso: arroton- dato e convesso nel terzo anteriore di ciascun giro, detto profilo diviene concavo o rettilineo nel terzo posteriore e le due superficie si raccor- (1) DesHayes. Exped. scient. Morée Zool. t. III, pt. I. (®) De SrEFANI. Moll. cont. plioc., pag. 315, tav. XVIII, fig. 12-14. (3) De STEFANI. Ibid., pag. 312, tav. XVIII, fig. 11. — DE STEFANI e PANTANELLI. Moll. plioc. dint. Siena, 1880, pag. 167. (4) Foresti. Di ale. var. della Melania Verrii, pag. T4. EMISE dano con un angolo più o meno sensibile ma sempre presente, in cor- rispondenza del quale ciascuna plica assiale presenta una sporgenza spinulosa assai forte, carattere che riconnette questa specie alla M. grossecostata. Le costoline spirali sono continue, sia sulle coste (in cui tendono se mai ad attenuarsi) sia negli interspazi; anzi esse divengono l’ornamentazione prevalente negli ultimi anfratti, sui quali le pliche assiali svaniscono, specialmente verso il margine anteriore di ciascun anfratto, completamente. Distribuzione. — Limitata come io l’ ho fatto, la M. Escheri diviene una specie esclusivamente miocenica. La var. rotundata comin- cerebbe ad apparire già nella molassa inferiore svizzera; ma il suo mag- giore sviluppo, come anche quello della forma tipica, è nel Sarmatiano (Maillard). Nel bacino del Danubio questa si trova anzi proprio negli strati di passaggio dal Sarmatiano al Pontico (Hoernes), dal livello sal- mastro al livello d’acqua dolce. Ad ogni modo, questo gruppo non sale, nelle nostre regioni, oltre il Miocene. Distribuzione nel Veneto. — Pontico: Case Bortolon presso Cornuda (coll. Dal Piaz e Stefanini). \ Fam. Melanopsidae MeLANOPSIS cfr. imPrEssa Krauss. (Tav. II, fig. 13) 1852. Melanopsis impressa. Krauss. Die Moll. von Kirchberg an der Iller, pag. 143, tav. III, fig. 3. 1875. Melanopsis martiniana var. italica. SANDBERGER. Land Sùsswass. Conch. Vorwelt, pag. 686, tav. XXVI, fig. 25. 1895. Melanopsis (Lyrcaea) impressa. Sacco. Moll. terz. Piem. Lig., XVIII, pag. 9, tav. I, fig. 16. Gli esemplari che riferisco a questa specie, caratteristica per la spira piana, senza cercini suturali, pei giri lisci, con linea carenale più o meno marcata, apertura con margine columellare calloso ecc., sono in gran parte rotti o frammentari, ma i caratteri sopra indicati vi sì possono tuttavia riscontrare. In un esemplare meglio conservato, del Trevigiano, la conchiglia appare più rigonfia e la carena meno marcata che d’ ordinario. Distribuzione. — È specie dell’ Elveziano superiore in Ger- LI SRri e mania (Kirchbergerschichten) e in Piemonte: sale nel Sarmatiano nel Bacino di Vienna. Distribuzione nel Veneto. -— Tortoniano superiore: — Ponte di Flagogna ; tra Molimes e M. Molime in Val Pontaiba (coll. Tellini). Dintorni di Forgaria (coll. Castelli). A Sud di Molino Mostacins; Rio a Sud di Madonna del Zueco; fianco destro del R. Bavera nel Trevigiano (coll. Stefanini). Fam. Eulimidae EuLima LactEA D' Orb. (Tav. I, fig. 47, 48) 1856. Eulima lactea. HoerNES. Foss. Moll. Tert. Beck. Wien, pag. 545, tav. 49, fig. 21. 1914. ———__ Cerutti IreLri. Fauna malac. Mariana VII, pag. 245, tav. XXI, fig. 48, 52. Sebbene la determinazione non sia del tutto sicura, mancando nei miei esemplari la bocca, ritengo quasi per certo trattarsi di questa specie. Distribuzione. — Specie passante senza variazioni sensibili, dal- l’Elveziano e Tortoniano (Bacino di Vienna, Bacino piemontese ecc.) a tutto il Pliocene. Distribuzione nel Veneto. — Tortoniano superiore: Ad Est di M. Molime (coll. Tellini). Fam. Pyramidellidae PTYCHEULIMELLA Cfr. PYRAMIDATA (Desh.) (Tav. I, fig. 49-51) 1892. Peycheulimella pyramidata. Sacco. Moll. terz. Piem. Lig. XI, pag. 60, tav. II, tig. 30-54. Gli esemplari friulani corrispondono specialmente alla £ulmella py- ramidata, ma la plica columellare non essendo visibile, non si può as- severare niente, neppure per quanto riguarda il genere. Distribuzione. — Specie del Miocene (Elveziano e Tortoniano) e del Pliocene in varie regioni, particolarmente nella valle del Po. Distribuzione nel Veneto. — Tortoniano superiore: Ad Est di M. Molime (coll. Tellini). 212) "eg Fam. Mathildidae Tusa BeLLARDII (D’Orb.) (Tav. II, fig. 14) 1856. Litorina sulcata (non Pilk.). HoeRNES. Fossi Moll. tert. Beck. Wien I, pag. 685, tav. 49, fig. 27. 1895. Tuba sulcata (non Pilkington). SAcco (cum var.). Moll. terz. Piem. Lig. XIX, pag. 88, tav. III, fig. 43, 45, 46; XXX, tav. XXV, fig. 50, 53, 54. 1903-04. Tuba cancellata (non Grat. ?). DoLLFUs, CortER, Gomes. Moll. tert. Port., tav. XXXII, fig. 8. D È una specie non comune, riconoscibile per la conchiglia conico- globulosa, provvista di peristoma sottile con labbro obliquo e laciniato internamente, bordo columellare reflesso sopra il pseudombelico. L’or- namentazione è costituita da fitti e grossolani cordoni spirali, di gros- sezza un po’ variabile, incrociantisi con le strie di accrescimento, molto oblique, che li trasformano in serie di granuli più o meno nettamente distinti. Sebbene in condizioni di conservazione imperfette, i miei esemplari, provenienti tutti dalla medesima località, mi permettono di affermare una sensibile variabilità di questa specie per quanto riguarda l’altezza della spira: questo mi induce a riunire sotto un medesimo nome le forme elveziane e tortoniane, che il SAcco distinse come varietà. DoLLerus, Correr e Gomes stabilirono già che la 7uba del Miocene piemontese non corrisponde alla 7°. sulcata e l’ identificarono con la Cyclostoma cancellata Grateloup, attribuendole anche alcuni fossili del T'ortoniano portoghese. Questi, difatti, corrispondono perfettamente alle figure del Sacco e ai nostri esemplari; ma, almeno in base alla infelice figura del GraTELOUP, io non oserei affermare l'identità della 7. Bel lardii con la specie del Langhiano d’ Aquitania. Conservo dunque, al- meno provvisoriamente, il nome di D’ Orbigny. Distribuzione. -—— Delimitata la specie come io faccio, essa è esclusivamente propria del Miocene medio: Elveziano del Bacino pie- montese (Sacco) e Tortoniano di S. Agata, Montegibio (Sacco), Cacella (D. C. G.), Baden (Hoernes). In tutte queste località è rara. Distribuzione nel Veneto. — Tortoniano inferiore: Sponda della Meduna presso Meduno: strato 45; Molino Mostacins? (coll. Tellini). _ è iii -_TRROL = Fam. Turritellidae TURRITELLA TEREBRALIS Lk. 1825. Turritella terebralis. BasteROTI. Bass. tert. SO France, pag. 28, tav. I, fig. 14. 1899. ——________ Sacco. Moll. terz. Piem. e Lig. XIX, pag. $, tav. I, fig. 26-29. 1903. Turritella cfr. terebralis, OppenBEIM. Schioschichten, pag. 190. 1903-04, —— + Docttrus, Correr, Gomes. Moll. tert. Port., tav. XXX, fig. 2, 3, S. 1912. ———___ ScHarrer. Das Mioc. von Eggenburg, pag. 159, tav. LII, fig. 15-22. Sebbene in stato di conservazione non perfetta, i fossili che ven- gono attribuiti a questa specie ne lasciano riconoscere i principali ca- ratteri, e particolarmente gli anfratti tumidetti, col massimo rigonfia- mento al terzo inferiore, le suture depresse, l’ ornamentazione costi- tuita da numerose strie subeguali. Distribuzione. — Secondo alcuni autori (Sacco, Rovereto) questa specie avrebbe già vissuto nell’Oligocene. Il suo massimo sviluppo è però nel Miocene inferiore e medio così in Francia (Basterot), come in Cor- sica (Locard), in Piemonte (Sacco), in Portogallo (Dollfus) ecc. Distribuzione nel Veneto. — Aquitaniano: Tra Rugolo e Mon- taner (coll. Pirona). É citata con dubbio da OppexHEM a M, Sgreve di S. Urbano e a Vezzano. Dal Bellunese ne ho visti esemplari io pure nel Museo di Padova. — Langhiano: Sezione della Meduna presso Pre- plans: strati 31 e 32 (coll. Stefanini, coll. Tellini). Rio Mizza (coll. Ta- ramelli). TURRITELLA SPIRATA Br. 1814. Turbo acutangulus (non L.). BroccHi. Conch. foss. subapp., II. pag. 368, tav. VI, fig. 10. 1814. Turbo spiratus. Brocchi. Ibid., pag. 369, tav. VI, fig. 15. 1856. Turritella subangulata. HoerNES. Foss. Moll. tert. Beck. Wien, pag. 428. tav. 43, tig. ou sl 1895. Turritella subangulata var. spirata. Sacco. Moll. terz. Piem. Lig. XIX, pag. 10, tav. I, fig. 34. 1912. Turritella spirata. Cossmans. Essais, IX, pag. 114. 1914. Turritella subangulata var. polonica. FriepBERG. Moll. Mioc. Poloniae, III. pag. 331, tav. XIX, fig. 17-18. Questa, che il Sacco considera come semplice varietà della 7. su- bangulata, pare a me — come già al Cossmanx — doversi elevare al grado di specie distinta, pei suoi giri carenati, ornati solo da uniformi ed esilissime strie spirali. — 90 — I caratteri invocati dal FrIEDBERG nella sua diagnosi latina, per distinguere dal tipo una var. polorica, ove si tolgano quelli differenziali rispetto a 7. subangulata, che è realmente diversa, mi sembrano insuf- ficienti. Essi si riducono ad una lieve differenza nella posizione della carena, mediana nella forma polacca ed austriaca, lievemente anteriore in quella italiana. Si tratta di una di quelle leggere discrepanze, che sì osservano spesso nel Miocene, tra gl’individui dei due bacini me- diterraneo (s. s.) e medio-europeo. Distribuzione. — È specie del Miocene medio sia Elveziano (Piemonte, Toscana), sia Tortoniano (Piemonte, Valle del Rodano, ba- cino di Vienna, Polonia) e del Miocene superiore (Redoniano della Loira inferiore, secondo Cossmann). È poi comune in tutto il Pliocene. Distribuzione nel Veneto. — Elveziano: Dintorni di Forgaria (coll. De Gasperi). — Tortoniano inferiore: Molino Mostacins (coll. Stefa- nini e Tellini). — Tortoniano superiore: Ponte di Flagogna (coll. Stefanini). TURRITELLA DERTONENSIS May. (Tav. I, fig. 19) 1861. Turritella bicarinata. (non Eichw.). Pirona. Cenni geognost. Friuli, pag. 290. 1868. Turritella dertonensis. MAYER. Descr. Coq. tert. sup., pag. 102, tav. II, fig. 6. 1895, Turritella (Archimediella) dertonensis. Sacco. Moll. terz. Piem. Lig., XIX, pag. 12, tav. I, fig. 39-42. Questa specie è assai facilmente riconoscibile dalle altre dello stesso gruppo, per la forma sensibilmente conica, dovuta al rapido decrescere degli anfratti. e per avere ciascuno di questi due cingoli: il superiore assai grosso e rigonfio, l’inferiore pari come grossezza a circa la metà dell’ altro. Il terzo cingolo sempre evanescente e non sempre costante neppure nel tipo, non è riconoscibile nei pochi ed incompleti esemplari del Friuli. Distribuzione. — Tortoniano del Piemonte e dell’Emilia (Sacco). Distribuzione nel Veneto. — Tortoniano inferiore: Molino Mo- stacins (coll. Tellini). ZIO] TURRITELLA SUBARCHIMEDIS D'Orb. var. DERTORNATIOR Sacco (Tav. II, fig, 15) 1895. Turritella (Archimediella) Archimedis var. dertornatior. Sacco Moll. terz. Piem. Lig., XIX, i pag. 12, tav, I, fig. 38. 1904. —____ Sacco. Moll. terz. Piem. Lig., XXX, pag. 124, tav. XXV, fig. 15. Alcuni rari esemplari sì avvicinano assai alla 7”. Archimedis Brngn. quantunque tuttavia non sì possa dire che le corrispondano bene. Le dit- ferenze principali sono due, e cioè la 7. Archimedis ha anfratti avvolti più rapidamente e per conseguenza conchiglia più conica; e le sue due carene principali sono assai più sottili, più nettamente sporgenti, più taglienti, si che gli spazi interposti sia fra l'una e l’altra carena di ciascun anfratto, sia fra la carena inferiore di un anfratto e la superiore del successivo, resultano notevolmente più incavati e depressi. La 7. Archimedis Hoern. è stata posta recentemente in sinonimia della 7. subarchimedis D'Orb. (7. Archimedis Dubois non Brngn); tut- tavia, un confronto con esemplari del bacino di Vienna conservati nel Museo di Padova mi ha peruaso, che questi sono assai più vicini alla tipica 7. Archimedis, che non agli esemplari di 7. subarchimedis del Portogallo. Da quest’ ultima i miei campioni differiscono sempre per la spira più elevata e gli anfratti avvolti meno rapidamente, ed anche meno rilevati e sporgenti, nel loro complesso. Invece essi corrispondono molto bene a quella che il Sacco ha figurato come 7. (Archimediella) Arcli- medis var. dertornatior, di Stazzano. Come si è detto gli esemplari in questione sono rari, e la 7. su- barchimedis — alla quale, se mai, meglio che alla 7. Archimedis, essi sì avvicinano — sembra mancare del tutto in Friuli, come pure a Staz- zano e a Romano (Treviso), dove anche si trova la var. dertornator. D’ altra parte, io non conosco in alcuna di tali località, nè altrove, nè nella bibliografia alcuna forma di transazione fra le specie su ricordate e la varietà. La quale, se non si voglia elevarla al grado di specie, me- rita certamente di essere tenuta separata come varietà molto spiccata e nettamente distinta della 7°. subarchimedis. 92 — Distribuzione. — Tortoniano di Stazzano (Sacco), del bacino di Vienna (Hoernes), e dei Portogallo (D. C. G.). Distribuzione nel Veneto — Tortoniano inferiore: A Sud di Mosegnaz (coll. Stefanini). Asolo.(coll. Bolzon). Romano (coll. Dal Piaz, coll. Secco). Fianco sett. di M. Fagarè (coll. Stefanini). TURRITELLA VINDOBONENSIS Partsch in Hoernes (Tav. II, fig. 31) 1869. Turritella vermicularis (non Br.). TArAMELLI. Sulla form. eoc. del Friuli, pag. 58. 1879. Turritella valriacensis. FontANNES. Etudes V, pag. 7, tav. I, fig. 4. 1881. Turritella vermicularis (non Br.). TARAMELLI Spiegaz. carta colli Friuli. pag. 114. 1899. Turritella turris (non Bast.). De GREGORIO (cum var.). Foss. Forabosco et Romano, pag. 11, tav: I: fp. d Nb; 1903-04, Turritella vindobonensis. DoLLFUs, CortER, Gomes. Moll. tert. Port., pl. XXIX, fig. 9 (cum syn.). È una 7urritella a conchiglia elevata, elegante, a spira lentamente crescente, il cui nome è stato ripreso da DoLLrus, CorTER e Gomes nella spiegazione alle tavole inedite di Pereira Da Costa, per indicare la 7, bicarinata Sow. non Eichw. e la Z'urritella turris Hoernes non Basterot. Anche la 7. valriacensis Font. cade in sinonimia. L’ornamentazione di questa specie, quale resulta dalle diagnosi di HoerNEs e dalle figure degli autori (Hoernes, Pereira Da Costa) consta di cinque carene ineguali, intercalate con sottilissimi cingoli, e incrociantisi con le strie d’ accrescimento. Di tali carene la seconda è la più saliente e la più grossa, ciò che imparte ai giri un profilo più o meno angoloso, che le figure degli autori — e particolarmente quelle del PerEIRA e del FoxrawNEs — non pongono abbastanza in evidenza, ma che resulta dalle descrizioni degli autori stessi e dalle figure di HoERNES. La terza e quarta carena sono eguali tra loro e un po’ più sottili della prima; la quinta scomparisce quasi del tutto nella profonda sutura. Quanto alla 7. vermicularis, essa è assai facile a riconoscersi, non avendo come la specie in questione alcuni cingoli principali relativa- mente sottili, alternanti con zone più larghe, occupate dai cingoli se- condari, ma cingoli di grandezza decrescente da quella mediana verso le suture, con solo qualche intercalazione di cingoli minori. Tuttavia essa appartiene allo stesso gruppo, e ritengo per certo che gli esem- — 93 — plari friulani riferiti dagli autori a tale specie appartengano quasi tutti a questa. Mi sembra pure probabile, che una parte almeno delle forme attribuite dal Sacco a varietà di 7. éurris, possano meglio rientrare nella 7°. vindobonensis. La 7. pythagoraica Hilb. finalmente, malgrado il ravvicinamento che ne vien fatto con la 7. Archimedis, è pure affine alla specie di cui sì tratta. Distribuzione. — È specie del Tortoniano nel bacino di Vienna (Enzesfeld, Baden), in Portogallo (Cacella), nel Bacino del Rodano (Ba- cino di Visan: str. a Cardita Jovanneti). Distribuzione nel Veneto. — Elveziano: Rio di Forgaria; sotto Praforte? (coll. Tellini). — Tortoniano inferiore: Frana ad Est di Oltre- rugo; Sezione della Meduna str. 45: a N. di Le Grave (coll. Tellini). Romano (coll. Secco, coll. Dal Piaz). Fianco sett. di M. Fagarè (coll. Stefanini). Località Prior in Val Lierza (coll. De Toni). Fra Mondragon e C. Galonet; Colle Bagliana presso Mussolente (coll. Stefanini). — Tortoniano superiore: Due piccoli esemplari al Ponte di Flagogna (coll. Tellini e Stefanini). TURRITELLA VERMICULARIS (Br.) 1592. Turritella vermicularis. TeLLINI. Descr. geol. tav. Maiano, pag. 45. 8 1895. Turritella (Haustator) vermicularis. SAcco. Moll. terz. Piem. Lig., XIX, pag. 21, tav. II, fig. 10-24. È una specie ben nota, che si può distinguere dalla 7. vindobonensis pei suoi cingoli tutti eguali. Distribuzione. — È specie nota nell’ Elveziano e Tortoniano in Piemonte, in Francia, nel bacino di Vienna. È poi comune nel Pliocene. Distribuzione nel Veneto. — Tortoniano inferiore: Molino Mo- stacins (coll. Tellini). 2_+ gia Proroma MUTABILIS (Sow.) 1847. Turritella mutabilis, SoweRBY in SMITH. Age tert. beds of Tagus, tav. XX, fig. 26, pag. 421. 1855. Turritella cathedralis (non Brngn.). HoerxnEs. Foss. Moll. tert. tert. Beck. Wien, pag. 419, tav. 43, fig. 1. 1869. .Turritella rotifera var. Manzoni. Fauna lembi mioc. Alta Italia, pag. 29, tav. III, fig. 3 (non 2). 1869. Turritella cathedralis (non Brngn.). Manzoni. Ibid., pag. 29. 1895. Protoma rotifera (cum var.). SAcco. Moll. terz. Piem. Lig., XIX. pag. 31 e seg., tav. III, fig. 12-24. 1899. Turritella rotifera (var.). De GREGORIO. Descr. foss. mioc. Forab. e Romano, pag. 12, tav. I, fig. 2. 1899. Turritella cathedralis f. foraboscensis. De GreGoRIO. Ibid., pag. 12, tav. I, fig. 1. 1899. Turritella cathedrolis f. asolensis. De GreGoRIO. Ibid., pag. i2, tav. I, fig. 3. Attribuisco a questa specie alcuni grandi esemplari frammentari, mostranti però bene i loro più importanti caratteri, che mi sembrano assai corrispondenti ai tipi di questa specie portoghese. Veramente negli esemplari in esame il cercine marginale è un po’ più rilevato, in modo che gli anfratti appariscono più assottigliati, più svelti. Negli ultimi di questi, come avviene anche nei tipi, le strie spirali sono appena sen- sibili, mentre invece vi sono ben marcate le strie d’accrescimento oblique, flessuose, grossolane. La P. mutabilis è specialmente caretterizzata, rispetto alla P. ca- thedralis Brngn. recentemente ben illustrata da Cossmanx (') per la grande riduzione delle strie spirali e per l’appiattimento degli anfratti, dal quale ultimo dipende, in ultima analisi, anche la diversa forma del peristoma. Ora i nostri esemplari, pur avvicinandosi più al tipo portoghese che a quello piemontese e provenzale, sono in certo qual modo intermedi fra l’uno e gli altri, avendo un grosso cercine marginale e anfratti de- pressi come certe varietà piemontesi di 7. cathedralis (var. concavosimplex, var. inflatosimplex, var. suprainflata Sacco) e, d’altra parte, mostrando una fortissima riduzione dei cingoli come la P. mutabilis. E mi sembra di un certo interesse notare la presenza di questa specie (var. psewdo- laevis Sacco) nei colli torinesi, insieme con la tipica 7. cathedralis. Data la tendenza analitica oggi prevalente, e poichè una più mi- nuta distinzione non poteva che giovare in questo caso per la defini. zione cronologica dei terreni, ho creduto di poter accettare la distin- )) Cossmann. Palaeontologia universolis, ser. III, fase. I, n. 187, 1910. PG zione, ma non senza notare che la P. mwtabilis ha probabilmente piut- tosto il valore di una varietà che quello di una specie ben distinta. Distribuzione. — I tipi della specie sono del Miocene del Por- togallo (D. C. G.), del Miocene medio della collina di Torino (Sacco) e del Bacino di Vienna. Distribuzione nel Veneto. — Tortoniano inferiore: Tra Pin- zano e Manazzons (coll. Taramelli). Rio Sievot presso Flagogna : a Nord di Le Grave presso Castelnuovo del Friuli: frana ad Est di Oltrerugo (coll. Tellini). Asolo (coll. Bolzon). Romano (Mus, di Padova, coll. Steta- nini). A Romano è indicata anche dal Manzoni sotto il nome di 7. rotifera var. PrRoroma ROTIFERA (Lamk.) (Tav. II, fig. 16. 17) 1861. Turritella Archimedis (non Brngn.). Piroxa. Cenni geogn. sul Friuli. pag. 290. 1865. Turritella rotifera. ScuaurorH. Verzeichniss Versteiner. Coburg, pag. 249. tav. XXVI, fig. 3 1869. Turritella Archimedis. TarameLLI. Sulla formaz. eoc. del Friuli. pag. 5$. 1869. Turritella rotifera. Manzoni. Due lembi mioc., pag. 29, tav. III fig. 2 (non 3). 1SSÌ. ————— Tarametti. Spiegaz. carta geol. Friuli, pag. 114. 1SS1. Turritella Archimedis (non Brongn.). TarameLLI. Ibid. 1592. ———— Tesi. Deser. geol. tav. Maiano. pag. 45. 1892. Turritella rotifera. TeLLini. Ibid. 1899. Turritella rotifera var. romanoasolensis. De GREGORIO. Foss. Forabosco e Romano. pag. 12. tav. I, fie- 2. 1903-04. Turritella rotifera. DoLLrus, CortER. Gomes. Moll. tert. Port., tav. XXIX. fig. 1. Parecchi esemplari delle collezioni in esame appartengono a questa caratteristica specie, contradistinta dalla grande statura. dalla promi- nente, sottile e tagliente carena, che orla i giri, dalle altre carene più piccole, assottigliate, filiformi, dalle grossolane strie oblique d'’accresci- mento, che si osservano specialmente negli ultimi anfratti. Frequentissimi sono poi gli esemplari, rappresentati solo dalla parte apicale, frammentaria, della conchiglia, nella quale i tre cingoli assu- mono a un dipresso la stessa grossezza, e si avvolgono, fitti ed eguali, in una spira perfettamente conica, nella quale si pena alquanto a di stinguere gli anfratti successivi uno dall'altro. Anche l'apice della P. cathedralis Brngn. sembra assumere un aspetto poco dissimile, salvo che ivi i cingoli sono più grossolani ed anche un po’ meno eguali. Del — 96 — resto, i nostri frammenti provengono dalle medesime località, onde de- rivano gli esemplari sicuramente identificabili. Distribuzione. — I tipi di questa specie sarebbero dei dintorni di Soissons, nel bacino di Parigi: il DesHayEs stesso però ne ricorda altri esemplari dei dintorni di Montpellier. I nostri esemplari, sebbene per la maggior parte frammentari, sono ben determinabili e particolarmente vicini ai tipi figurati da DoLLrus, CortER e Gomes, che citarono questa specie nel Langhiano e nell’ Elveziano di Portogallo. Distribuzione nel Veneto. — Tortoniano inferiore: R. Fratta, sotto C. Questa (coll. Tellini). Rio Chiavrar (coll. Tellini, coll. De Ga- speri, coll. Stefanini). Dintorni di Forgaria (coll. Castelli). A Sud di Mosegnaz (coll. Stefanini). Molino Mostacins. (coll. Tellini). Salita di Montesanto a N, di Molinis di Pinzano (coll. Taramelli). Tra Castel- nuovo e Travesio (coll. Taramelli). A_N. di Le Grave (coll. Tellini) Ce- lante (coll. Stefanini). Sezione della Meduna presso Maraldi str. 48 e 49 (coll. Stefanini, coll. De Gasperi e coll. Tellini). A Sud di Gravis (coll. Stefanini). Rugo a N. della Madonna del Zueco; tra Molevana e Castelnuovo del Friuli; Costabeorchia; Rio Sievot (coll. Stefanini). Ro- mano (Mus. di Padova e coll. Secco). Forabosco (coll. Bolzon). La specie è indicata nel Miocene di Romano (Manzoni, Secco, De Gregorio) e in genere del Trevigiano (Rossi) e buoni esemplari di quella provenienza, uno dei quali credo bene di figurare, esistono nei Musei di Padova e di Firenze. L’ esemplare figurato da ScHAUROTH mi sembra tipico e per ciò lo pongo in sinonimia, sebbene nel testo sia indicato da un tufo sottile della formazione nummulitica di Bassano ; lo suppongo invece proveniente dalle marne di Romano. Fam. Xenophoridae NENOPHORA sp. ind. I due esemplari in esame appartengono probabilmente al gruppo Trochotugurivm, poichè mi sembra che le particelle estranee — special- mente frammenti di conchiglie — agglutinate si trovino esclusivamente nella regione suturale. La forma è assai depressa e la statura piccola. — 97 — L’ esemplare di Molino Mostacins confermerebbe l’esistenza dei Trochotugurium nel Tortoniano: a Stazzano fu già citata la X. (7 .) po- stestensa, che però sembra assai più depressa della forma friulana. Distribuzione nel Veneto. — Elveziano: Rio Brosa presso Pol. cenigo (coll. Stefanini). — Tortoniano: Molino Mostacins (coll. Stefanini). Fam. Naticidae NatIca MmILLEPUNcTATA Lamk. Tav. H, fig. 18, 19) 1856. Natica millepunctata.. HoerNnEs. Foss. Moll. tert. Beck. Wien. pag. 518, tav. 47. fig. 1. 1869. ————__ Maxzoxi. Fauna marina lembi mioc. Alta If. pag. 29. 1873. Natica Hoernesi. FiscHeR et Tovurxover. Invert. foss. M. Léberon, pag. 133. tav. XVIII, fig. 20. 1873. Natica leberonensis. FiscnerR et Tovrxover. Ibid., pag. 153. tav. XIX, fig. 1-2. 1SS1. Natica millepunctata. TaRAMELLI. Spiegaz. carta geol. Friuli, pag. 114. 1891. ———— Sacco. Moll. terz. Piem. Lig., VIII, pag. 45. tav. II, fig. 3-22. 1892. Natica helicina. TeLLINI. Deser. geol. tav. Maiano. pag. 45. La gran maggioranza degli esemplari friulani, specialmente elve- ziani, hanno statura assai minore di quella delle forme tipiche: eguale ed anche inferiore a quella dell'esemplare figurato dal Sacco come var. tauropicta. Il funicolo, quando è visibile, appare più o meno sviluppato :; ma ciò rientra, come notò il FoxtaxNEs, entro i limiti della variabilità ordinaria di questa specie. In alcuni individui sono ben visibili le rade e grossolane punteggiature color ruggine. Distribuzione. — È specie comune nell’Elveziano e Tortoniano della Valle del Po (Sacco) e del Danubio (Hoernes), nel bacino d’Aqui- tania e in Turenna; nella valle del Rodano abbonda specialmente nel Tortoniano (Tournouer - Sacco). È poi comunissima nel Pliocene. Distribuzione nel Veneto. — Elveziano: Sezione della Meduna str. 42; Cavasso Nuovo; Rugo presso la Chiesa di Meduno; R. del Mu- nicipio di Meduno; Rio Aguar (coll. Stefanini). Ponte di Almades o di Rizzot (coll. Stefanini, coll. Tellini), Praforte, e a Sud di Praforte (coll. Tellini). Fornace di Arcoiaz (coil. Stefanini). Buso di Casiacco (coll. Tel- lini). Dintorni di Forgaria (coll. Castelli). Rio di Forgaria (coll. Tellini). Rugo Brosa presso Polcenigo (coll. Stefanini). Indico come N. ctr. millepuncetata alcuni esemplari non ben conser- POE VITE vati, ma che per la forma appaiono riferibili a questa specie, e prove- nienti dalle località seguenti: Cornino, Ca’ Venier, Runchis (coll. Tel- lini) Grap, Sotto Grap, Ca’ Dant, sotto la Chiesa di Cavasso (coll. Ste- fanini). — Tortoniano: Sezione della Meduna strato 45 (coll. Stefanini). Molino Mostacins; Rio Chiavrar (coll. Stefanini, coll. Tellini). Oltrerugo; a Sud di Michei; a N. di Le Grave (coll. Stefanini). Asolo (coll. Bolzon). NatrIca catENA (Da Costa) 1899. Natica (Naticina) helicina var. proredempta. (non Sacco). De GREGORIO. Descr. foss. Asolo et Romano, pag. 14, tav. II, fig. 5-9. 1903-04. Natica (Naticina) catena. DoLLrus, CorteRr, Gomes. Moll. tert. Portug., tav. XXXV, fig. ©. 1904. Natica (Naticina) helicina (var.). SAcco. Moll. terz. Piem. Lig., XXX, p. 102, tav. XXII, fig. 27-42. Caratterizzata dalla conchiglia subglobosa a sutura distinta e labbro sottile e dall’ ombelico semplice, profondo e senza funicolo, come è proprio delle Naticina. Il minore sviluppo della spira, che si osserva in certi esemplari di Romano e che indusse il De GreGoRIO a tenerli di- stinti, come varietà, dalla N. helena (= N. catena) non mi sembra carattere di grande importanza. Ad ogni modo il nome proredempta era già stato adoperato dal Sacco per tutt’ altra forma. Distribuzione. — È specie tortoniana in Portogallo e in Italia. Distribuzione nel Veneto. — Tortoniano: Cava Ru (coll. Ste- fanipi). Romano (coll. Dal Piaz). Col Rovigo (coll. Secco). NaTICA JosEPHINIA Risso (Tav. II, fig. 20) 1829. Natica Olla. De SerrEes. Geogn. Midi France, pag. 102, tav. I, fig. 1, 2. 1847. ——_—___- Micgetorti. Descr. foss, mioc. It. sept., pag. 156, tav. VI. fig. 1, 2. 1856. Natica Josephinia. HoerNES. Foss. Moll. tert. Beck. Wien, pag. 523, tav. 47, fig. 4, 5. 1891. Natica (Neverita) Josephinia. Sacco. Moll. terz. Piem. Lig., VIII, pag. 83, tav. II, fig. 54-60. 1899. Neverita Josephinia. De GREGORIO. Descr. foss. Asolo et Romano, pag. 14, tav. II, fig. 2, 4. 1903-04. ——________t Dotcrus, Correr, Gomes. Moll. tert. Port., pl. XXXV, fig. 2. Gl' individui friulani hanno spira assai bassa e depressa, avvici- nandosi così alle varietà plioceniche e attuali: il callo è spesso molto crasso e tumido come nella var. clausodepressa Sacco. Distribuzione. — E specie ad ampia distribuzione cronologica : nel Miocene è citata dall’ Elveziano del Bacino del Po (Sacco), del Da- iii. Ù ; age nubio (Hoernes) ecc. e dal Tortoniano del Bacino del Rodano (Fon- tannes), del Danubio (Hoernes), del Tago (D. C. G.), del Po (Sacco) ecc. È poi comune nel Pliocene ed attualmente vivente nel Mediterraneo. Distribuzione nel Veneto. — Tortoniano inferiore: Rio Sievot: a Nord di Le Grave; Molino Mostacins: riva sinistra della Meduna presso Meduno (coll. Tellini). — Tortoniano superiore: Ponte di Flagogna (coll. Tellini). i NATICA SUBMAMMILLARIS D’ Orb. 1891. Natica (Polinices) submammillaris. Sacco. Moll. terz. Piem. Lig., VIII, pag. 90, tav. II, fig. 62-66. Distribuzione. — Frequentissima nell’ Elveziano, rarissima nel Tortoniano del Bacino del Po, dove è preceduta da una sua varietà oligocenica. Distribuzione nel Veneto. —- Elveziano: Ponte di Almades (coll. Stefanini). NaTtIca REDEMPTA Micht. 1847. Natica redempta. MicHELOTTI. Descr. foss. mioc. It. sept., pag. 158, tav. VI, fig. 6. 1891. Natica (Polinices) redempta. Sacco. Moll. terz. Piem. Lig., VIII, pag. 95, tav. II, fig. 74, 5. Meglio che come specie diversa dalla N. proredempta Sacco, cui sembra corrispondere bene anche la N. redempta Hoernes di Grund, questa specie può considerarsi come la sua mutazione tortoniana, di- stinta essenzialmente per l’ultimo anfratto meno uniformemente con- vesso, depresso verso la sutura e sul quale sì distacca più nettamente la spira, più distinta, meno conica; per la presenza di solco suturale; per la forma un poco più allungata del peristoma; per le labbra più incrassate. Gli esemplari triulani differiscono infatti dalla var. proredempta e corrispondono alla forma tipica per la forma del guscio, la crassezza del labbro ecc.: tuttavia, il solco suturale sembra mancare. L’ ornamen- tazione non è rimasta visibile in alcuno degli esemplari : essa, del resto, può talvolta mancare. La N. proredempta De Greg., considerata come varietà della N. helicina, non ha. infatti, niente che fare con la N. proredempta Sacco. — 100 — Distribuzione. — La var. proredempta è propria dell’Elveziano nel bacino del Po e in quello di Vienna; la var. tipica è invece tor- toniana comparendo a Stazzano, S. Agata, Montegibbio ecc. (Sacco). Distribuzione nel Veneto. — Tortoniano inferiore: Costabeor- chia (coll. Stefanini). — Tortoniano superiore: Ad Est di M. Molime (coll. Tellini). Fam. Trochidae OxySTELE ROTELLARIS (Micht.) (Tav. II, fig. 21) 1847. Trochus rotellaris. MicHeLoTTI. Descr. foss. terr. mioc. Ital., p. 182. 1874. Itotella subsuturalis. FiscHeR et TourNnoveR. Invert. foss. Lebéron, pag. 139, pl. XVIII, fig. 27. 1896. Oxystele rotellaris. Sacco. Moll. terz. Piem. e Lig. XXI, pag. 27, tav. III, fig. 23. 1903-04. ——___tttt DotLLeFus, Correr, Gomes. Moll. tert. Portug,, pl. XXXI, fig. 3. La grossa callosità che ricuopre completamente 1’ ombelico è del tutto caratteristica di questa specie tortoniana, che si distingue dalla sua rappresentativa elveziana, l' O. Amedeii Brngn. anche per la spira più elevata, più convessa a forme più rotondeggianti ecc. Anche nella pliocenica 0. patula Br. l ombelico non è completamente coperto dal callo, così che si può pure riconoscerla alla prima. Distribuzione. — È specie tipica del Tortoniano: a questo li- vello si trova in numerose località del bacino piemontese ed emiliano: a Stazzano, S. Agata, Montegibbio (Sacco), nel bacino del Rodano a Cabrières (Tournouer), Visan (Fontannes) etc., in quello portoghese a Cacella (D. C. G., Da Costa). Distribuzione nel Veneto. — Tortoniano inferiore: Molino Mo- stacins; a Nord di Le Grave presso Castelnuovo del Friuli; frana ad Est di Oltrerugo (coll. Tellini). Fam. Turbinidae CoLLoxia GLOBULUS (Dod.) 1896. CoZlonia (Cirsochilus) globulus. Sacco. Moll. terz. Piem. Lig., XXI, pag. 8, tav. I, fig. 15. Data specialmente la impossibilità di esaminare la bocca e l’ ombe- lico, la piccolissima conchiglia, margaritacea, con pochi giri convessi, — 101 — spira depressa, superficie striata, specialmente attorno all'ombelico, ri- corda assai i Clanculus. Mi pare però che, per tutti i caratteri che è pos- sibile riscontrare, somigli soprattutto alla specie tortoniana, cui infatti la riferisco. Distribuzione. — Tortoniano del Tortonese e dell'Emilia. Distribuzione nel Veneto. — Tortoniano superiore: Ponte di Flagogna (coll. Stefanini). ORMASTRALIUM FIMBRIATUM (Bors.) 1821. Trochus fimbriatus. Borson. Oritt. piemont., pag. 85 (331), tav. II, fig. 3. 1847. Turbo fimbriatus. MicteLOTTI. Descr. foss. mioc., pag. 176, tav. VII, fig. 7 e 10. 1896. Ormastralium fimbriatum. Sacco. (cum var.). Moll. terz. Piem. Lig. XXI, pag. 15 e segg.. tav. II, fig. 1-14. Un solo esemplare, appartenente alle antiche raccolte e in stato tale di conservazione, che mentre basta per stabilire con una certa sicurezza la sua identità con questa specie, non permette di accertare a quale precisamente delle molte varietà, distinte dal Sacco, essa si avvicini di più. Certo l’ornamentazione è eterogenea, fitta e abbondante, come nelle var. supraornata e perornata. Il gen. Ormastralium Sacco sembra differire sostanzialmente dalle Bolma solo per le due tipiche carene, ciò che è forse troppo poco per costituire la caratteristica di un genere. Distribuzione. — È specie particolarmente abbondante nel Plio- cene. Nel Terziario medio si riscontra nel Tortoniano tipico di S. Agata e Stazzano (Sacco), mentre nell’Elveziano è rappresentata forse dall’O. carimatum. Distribuzione nel Veneto. — Tortoniano: Cavasso (coll. Castelli). Fam. Pleurotomariidae PLEUROTOMARIA Sp. 1883. Pleurotomaria (?). Secco. Note geol. Bassanese, pag. 20. Esemplari di una specie gigantesca, caratteristica dei depositi ar- gillosi sottili del livello superiore degli strati di Schio. Pur troppo, essa è rappresentata costantemente da modelli interni, spesso più © — 102 — meno deformati, per modo che una coscienziosa determinazione speci- fica resulta impossibile; e impossibile è in particolar modo stabilire, se si tratti della Pl. Sismondai o della PI. gigas. Distribuzione nel Veneto — Aquitaniano: S. Michele: Cava Brocchi (coll. Secco). S. Nicolò di Pianezze (coll. Canestrelli). Fam. Neritidae NerITINA DAL-PIAZI sp. n. (Tav. II, fig. 22-25) Conchiglia non umbilicata, di piccola statura (lungh. 8-6 mm.; alt. 6-4'/, mm.) di forma ovale non obliqua, composta di soli tre giri e mezzo molto rapidamente crescenti, l’ultimo formante quasi tutta la conchiglia, gli altri costituenti un apice appena sensibile, quasi niente affatto saliente. Suture lineari; strie d’ accrescimento finissime. Peristoma semicircolare con margine labiale sottile, ta- (CD gliente, un po’ svasato; margine columellare leggermente con- cavo, fittamente e nettamente crenulato (conto almeno 15 © denticolazioni) e dilatato in un callo, largamente espanso Fig. 5. Doc % sulla conchiglia. L'’ornamentazione è costituita da linee brune sottili e sinuose, che vengono a contornare le piccole macchie color bianco-crema, formanti così una sorta di squammule, con la convessità rivolta verso la bocca. La forma generale della conchiglia ricorda assai quella dei 7'eo- dorus e particolarmente la N. (Zheodoxus) Morelli, cui sì avvicina molto anche per le linee ornamentali: i Zeodorxus hanno però margine colu- mellare semplice. L’ornamentazione richiama pure un poco quella della N. picta e della N. squamulifera, specie ambedue ben diverse per la loro forma raccolta, elevata. Dato il carattere del bordo columellare calloso e denticolato, mi pare ad ogni modo indubitabile, che si tratti di una specie del sot- togenere Neritodonta, di cui 7ripaloia è, giusta il Fischer, un semplice sinonimo. La N. grateloupana Fer. è tra queste la specie che, in grazia della forma della conchiglia simile a quella dei 7eodowus, più ed Ù == 155 Mile si avvicina alla presente: la sua ornamentazione sembra però sensi- bilmente diversa. La N. grasiana Font., che l'A. ravvicina al gruppo della N. fluviatilis non ostante la columella crenulata, è più globulosa. con spira più saliente, maggior numero di giri, ecc. La N. mutinensis così comune nei giacimenti del Miocene superiore italiano ha spira più saliente, denticolazioni più 0 meno obsolete, ornamentazione variabi- lissima, ma sempre — nei numerosissimi esemplari esaminati —- net- tamente diversa da quella della nostra specie. Assai dissimile è — fi- nalmente —- la N. sebrina Manzoni (Bronn?) del Miocene di Sogliano al Rubicone. La specie è dedicata al Prof. G. Dal Piaz per tanti riguardi bene- merito della Geologia Veneta. Distribuzione nel Veneto. — Tortoniano superiore: (strati di passaggio al Pontico). Fianco destro della valle del R. Bavèra nel Tre- vigiano (coll. Stefanini). Il tipo è conservato nel Museo di Padova. Cl. SCAPHOPODA Fam. Dentaliidae DexraLIvm Bouér Desh. ? 1556. Dentalium Bouéi. HoerNEs. Foss. Moll. tert. Beck. Wien, pag. 653, tav. 50, fig. 31. 1897. ——__________- Sacco. Moll. terz. Piem. Lig., XXII, pag. 98, fig. 6-12. Frammento attribuibile non senza qualche incertezza a questa specie, in grazia della sezione costantemente circolare, delle fini e numerosissime striature longitudinali, incrociate con strie trasversali anche più sottili. Distribuzione. — Nel bacino di Vienna questa specie è parti- colarmente comune a Baden, in genere, nel Tortoniano: nel bacino pie- montese è invece diffusa soprattutto nell’ Elveziano. Distribuzione nel Veneto. — Langhiano superiore: Arcoiaz (coll. Tellini). Mia Cl. PELECYPODA Ord. EULAMELLIBRANCHIATA S. ord. ANOMALODESMATA Fam. Verticordiidae PECCHIOLIA ARGENTEA Mariti 1860. Pecchiolia argentea. HoerNES. Foss. Moll. tert. Beck. Wien, pag. 168, tav. 20, fig. 4. 1899. ——_____- ScHarrer. M. Brione, pag. 660. 1901. ——__-- Sacco. Moll. Piem, e Lig. XXIX, pag. 131, tav. XXIX, fig. 23-30. 1902. ——_______ vOppexHE1m. Schioschichten, pag. 181. È una specie assai facile a riconoscersi e assai ben distinta dalle forme viventi non meno che da quella specie, che il KoeNEN ha illu- strato come P. cfr. argentea, proveniente dall’ Oligocene tedesco. A questa specie oligocenica, caratterizzata da un umbone un po’ meno involuto e da strie più rare e più grosse, credo converrà cercare un nuovo nome. Distribuzione. — Il tipo di questa specie è pliocenico, ma essa è stata più volte citata nel Miocene: nel Langhiano inferiore ad Acqui; nell’ Elveziano dei Colli torinesi (Sacco) e di Sardegna (Parona); nel Miocene medio del Bacino di Vienna (Hoernes), della Verna (Simo- nelli) e dell’ Emilia (Pantanelli). Distribuzione nel Veneto. — Aquitaniano: È citata da ScHarrer a Monte Brione. — Elveziano: Sopra la Chiesa di Cavasso in Friuli (coll. Stefanini). Fam. Pholadomyacidae PHoLapomya PuscHi Goldf. (Tav. III, fig. 2 1838. Pholadomya Puschi. GoLpruss. Petrefacta Germaniae II, pag. 273, tav. 158, fig. 3. 1874, ———______ MorscH. Monogr. der Pholadomyen, pag. 116, tav. XXXV, fig. 4; XXXVI, fig. ©; XXXVII, fig. 1-3, 1,9. 1901. ——_ Sacco. Moll. terz. Piem. Lig. XXIX, pag. 141, tav. XXVIII, fig. 1-8. 1903. ———_____ OppenHE1m. Schioschichten, pag. 187. 1906. ——_- Fagiani. Paleont. Colli Berici, pag. 165. 1909. —— var. Cossmann et Peyror. Conch. néog. Aquit. I, pag. 53, 54, tav. I, fig. 38, 39. E una specie multiforme, variabilissima, molto persistente, le cui varietà, distinte da alcuni autori, non hanno valore cronologico nè sono, tì al ii ; ; — 105 — a quanto sembra, in rapporto con la distribuzione geografica. I nume- rei . . - . . . x . rosissimi esemplari esaminati appartengono a varietà diverse, pur pro- venendo tutti dallo stesso livello e magari dalla stessa località. Distribuzione. — Nella valle del Po, nell’ Europa centrale, in Aquitania ecc., dall’ Oligocene al Miocene medio. Distribuzione nel Veneto. — Aquitaniano: Cava Brocchì e S. Michele nel Bassanese (coll. Secco). Sarcedo, Zugliano (coll. Fabiani). S. Niccolò di Pianezze (coll. Canestrelli). L’OppexHEIN la cita a S. Li- bera di Malo e a Belluno. PHoLADOMYA aLpPIiNa Math. (Tav. III, fig. 1 1842. Pholadomya alpina. MatHEeRros. Cat. méth., pag. 208, tav. XI, fig. $. 1867. ———- (pars) Mayer. Catal. foss. tert. Mus. Zurich. pag. 34 e 62. 1869. ———__ Tarawmetti. Sulla form. eoc. del Friuli. Atti Acc. Udine, ser. 2. I, pag. 58. 1875. ——____- (vars) MorscH. Monogr. der Pholadomyen, pag. 121. tav. XXXVII, fig. 4, tav. XXXIX, fig. 7-12, tav. XL, fig. 1,2. 1881. ———_ Tarametti. Spiegaz. carta geol. Friuli. pag. 114. Questa specie è rappresentata nelle collezioni in esame da un bel- l'esemplare del tutto concordante col tipo tigurato dal MarHERON. Se- condo questo autore la P/. alpina differirebbe dalla Ph. Puschi per essere più trasversa, meno ventricosa e con umboni non terminali ; l’ HoeRxEs fa notare la maggior curvatura del bordo anteriore: il MayER cita come carattere differenziale la troncatura e l'ampia apertura del lato poste- riore; per il Moesca, che ebbe ad esaminarne parecchi campioni, queste differenze andrebbero anche più riducendosi. Certamente le due specie in questione hanno tra loro rapporti piuttosto stretti, specialmente ove si tenga conto della grande variabilità di alcuni dei loro caratteri: esse tuttavia mi paiono distinte. Recentemente Cossxanx et Perror |! hanno descritto e illustrato come P%. alpina una specie dell'Aquitania, che però mi sembra un poco diversa dal tipo di MatHERON, avendo un umbone più sottile, più acuminato, più sporgente, e una forma che. per quanto l’ esemplare sia rotto, appare indubbiamente più corta e (1) Cossmanx et Perror. Conchologie néogen. de © Aquitaine, I, pag. 52, tav. I, tig. 35-37. — 106 — più tozza: inoltre nella Pholadomya dell’ Aquitania le strie sono non solo molto più sottili e più rade, ma anche meno numerose, poichè la descrizione di Cossmann ne indica una ventina e dalla figura appari- scono anche meno, mentre invece nel nostro esemplare e nell’esemplare di MarHERON le strie superano il numero di venticinque. Concludendo, poichè 1’ esemplare del Friuli corrisponde bene al tipo, col quale ho potuto direttamente confrontarlo a Marsiglia, lo in- dico col nome di P/. alpina, e ritengo che la forma aquitaniana debba considerarsi per lo meno come una ben distinta varietà. Quanto alla P4. arcuata Agass., essa sembra assai diversa da questa specie per la forma corta e tozza della conchiglia, l’umbone acuminato e sporgente, le strie notevolmente diverse ecc. Distribuzione. —- Considerata dapprima come specie tipicamente miocenica, sarebbe stata trovata, rappresentata da varietà, anche nel Pliocene e nel Postpliocene dal De FRrANcHIS, dal CERULLI IRELLI ecc. Nel Miocene si trova nella molassa miocenica di Tanaron (Matheron), e nel Comtat Venaissin nel Bacino del Rodano (Fontannes); dubbia nell’ Aquitaniano di Aquitania (Cossmann e Peyrot). Gli esemplari del Bacino di Vienna figurati dall’ Hoerxrs si allontanano ‘alquanto dal tipo, e poichè la maggior parte degli autori che successivamente hanno avuto a citare la Ph. alpina, come il PaRroxA, il Carrci, il MARIANI ecc., © sì sono fondati su queste figure oppure non dicono a quali figure preci- samente si riferiscano, ne lascio in sospeso la citazione. Quanto alla Ph. alpina Mazzetti e Pantanelli del Miocene medio modenese, questa è, secondo il NeLLI, una vera PA. Puschi. Distribuzione nel Veneto. -- Tortoniano: Dintorni di For- garia (coll. Castelli). Fam. Teredidae TEREDO sp. Il legno nel quale l’ animale aveva scavato le sue gallerie è con- vertito in lignite: le gallerie sono ripiene di un calcare marnoso nel quale si trovano però, qua e là, anche dei resti del tubo. Non avendo Cos — potuto esaminare la conchiglia, non mi è possibile giungere ad una determinazione più precisa. Località. — Tortoniano inferiore : Rio Chiavrar (coll. Tellini). S. ord. ADAPEDONTA Fam. Corbulidae CorBuLa GIBBA Olivi (Tav. IIL fi 3 1859. Corbula gibba. Horses. Foss. Moli. teri. Beck. Wien. II, pes. 34. tav. III fio. È. 1969. ——— Maxzoni. Fauna lembi mioc. Alia Inalis. pag. 29. ssa ——__ Rossi Note ill. carta geol. prov. Treviso. Boll. Soc. geol. it_ III pag. 155. ISS. —————— Tum. Deser. seol. iav. Maiano. pag. 15. 189. ———— var. asoloromanensis. Da Gancorio. Descr. foss Asolo e Romano, pag. li. 1901. ———— Saovo, Moll. terz. Piem. e Lig, XXIX. pag. 34, tav. IX. fig. LI1. 1992. —————— Doirvs ei Davurzessare. Conchyl Loire. pag. S2, tav. III, fig. 15-46 19099. ———_ Cosssaxvet Pryzor. Conchol. néoe. de l'Aquitaine, L pes. 104. tav. IL fig. 101. fav. V, fi DI È una specie molto ben caratterizzata sia per la sua forma, sia per l’ornamentazione, diversa sulle due valve, sia per altri caratteri, che credo inutile porre in rilievo, data la grande notorietà di essa. I miei esemplari, come quelli del Miocene torinese studiati dal Sacco, sono per solito un poco più piccoli di quelli viventi: per tale carattere e per la presenza di un becco anale tronco posteriormente Cossuaxx et Pryror tengono distinta dalla C. gibba una C. confusa Benoist del- l Aquitaniano e Burdigaliano d’ Aquitania; ma, mentre il primo ca- rattere da solo ha ben poco valore, il secondo non sì osserva affatto nei miei esemplari. Questi sono tutti bivalvi e per la maggior parte decorticati, così che appaiono lisci; in alcuni però l’ornamentazione è perfettamente riconoscibile. Distribuzione. — È una specie molto comune dall’ Elveziano in poi: così è citata nell’ Elveziano della Loira (Dollfus e Dautzenberg). | dei Colli torinesi (Sacco); nell’ Elveziano e Tortoniano del Bacino dì | Vienna (Hoernes), dell'Aquitania (Cossmann e Peyrot): nel Tortoniano u del Bacino del Rodano (Fontannes), di Piemonte e dell'Emilia (Sacco) MUSE del Livornese (Trentanove), di Sardegna (Mariani e Parona) ecc. È poi comune nel Pliocene e vive anche attualmente. Il Secuenza la cita, oltre che nel Tortoniano e nei piani più recenti, anche nell’ Aquita- niano di Calabria; ma la sua interpretazione di questo piano non è si- cura a parer mio. Distribuzione nel Veneto. — Elveziano: Presso Meduno: strato 42 (coll. Tellini, De Gasperi e Stefanini). Rugo presso il Municipio di Meduno; a NE. di Maraldi: Cavasso Nuovo (coll. Stefanini). Di fronte a Casiacco (coll. Stefanini). Dintorni di Forgaria (coll. De Gasperi). — Tortoniano inferiore: Meduno; strato 45 (coll. Stefanini). Valle a Sud del M. Civaron in Valsugana (Mus. di Firenze). Romano (coll. Secco). Ad Asolo è citata dal ManzoxI e dal Rossi. La citazione dalle Glauconie bellunesi non mi pare del tutto sicura. CoORBULA CARINATA Duj. (Tav. III, fig. 4, 5) 1859. Corbula carinata. HoERNES. Foss. Moll. tert. Beck. Wien, II, pag. 36, tav. III, fig. 8. 1861. Cordula revoluta. (non Br.) Pirona. Cenni geogn. sul Friuli, pag. 290. 1901. Corbula carinata (pars) Sacco. Moll. terz. Piem. e Lig. XXIX, pag. 36, tav. IX, fig. 14-26, 1902. — ——-+ Do.trus et DaurzenBERG. Conchyl. Loire, pag. 80, tav. III, fig. 1-14. Gli esemplari in esame non sembrano differire da quelli figurati da HoerNnEs e da DoLLrus e DAUTZENBERG, se non per avere la carena della valva sinistra alquanto meno sentita e per qualche lieve variabi- lità nella posizione dell’ambone. Alcuni di essi sembrano perciò ravvi- cinarsi meglio alla forma figurata dal Sacco come var. dertolaevis, mentre altri hanno invece l’ apice alquanto spostato verso il margine ante- riore; ma non si può escludere che ciò dipenda da cattiva conserva- zione o da cause teratologiche. La forma rostrata descritta da Cossmany et PeyRor come mut. Hoernesi è in certo modo l’ opposto della nostra, che, avendo carena poco sentita, è naturalmente del tutto sprovvista di rostro. Distribuzione. — Questa specie sembra prendere origine nel T'ongriano, dove una sua varietà è citata dal Sacco. Nel bacino del Rodano essa si trova rappresentata da una varietà già nell’Aquitaniano — 109 — (Cossmann et Peyrot) come nel bacino di Vienna nel Langhiano (Hoer- nes) e in ambedue si continua nel Miocene medio e nel Tortoniano (Fontannes, Hoernes). Elveziano e Tortoniano di Piemonte e dell'Emilia (Sacco). Nella Loira si trova nell’ Elveziano (Dollfus et Dautzenberg). Per solito si fa rara nel Tortoniano e scompare al principio del Pliocene, Distribuzione nel Veneto. — Tortoniano inferiore: Rio Chiavrar; Meduno : a Nord di Le Grave presso Castelnuovo del Friuli (coll. Tellini). Fam. Glycymeridae GLycymerIs MexaRpI (Desh.) 1859. Panopaea Menardi. HoerNEs. Foss. moll. tert. Beck. Wien, II, pag. 29, tav. IL tig. 1-3. 1861. ———- sp. Pirona. Cenni geogn. sul Friuli. pag. 290. 1869. ——_____ Tarawetti. Sulla formaz. eoc. del Friuli. Atti Acc. Udine, I, pag. 58. 1870. ——_ Mar. Cat. Mus. Zurich, fasc. 4, pag. 21, 37. 1881. —__ TarameLLI. Spiegaz. carta geol. Friuli, pag. 114. 1884 ——______ Rossi. Note ill. carta geol. Treviso, pag. 155. 1892. ———_________ Depérer et Foxranwes. Terr. tert. còote Provence. pag. 52. 1892. ———_ Tecuni. Descr. geol. tav. Maiano, pag. 45. 1899. Panopaea Faujasi f* Menardi. De GreGOoRIO. Descr. foss. mioc. Asolo et Romano. pag. 6. 21901. Glyeymeris Menardi, Sacco. Moll. terz. Piem. e Lig., XXIX, pag. 43, tav. XII, fig. 4. 1902. Panopaea decliris (non Micht.). OppenHEIM. Schioschichten. pag. 187 (pars). 1902. GZyeymeris Menardi. DoLLrus et DaurzENBERG. Conchyl. Loire, pag. 74, tav. II, fig. 19, 20. 1999. ————__ Cossmanxx et Peyrror. Conch. néog. Aquit. I, pag. 123, tav. III, fig. 40, 41. 1909. ————- Dottrvs. Coq. foss. Bordelais, pag. 5, tav. V. Gli esemplari friulani che indico con questo nome hanno dimen- sioni piuttosto considerevoli, oscillando intorno ai 125 mm. di lunghezza per 63 di altezza e corrispondono molto bene alle migliori figure di questa specie e segnatamente alle figure di Hoerxes. Dalle dimensioni si desume anche la loro pertinenza alla G/. Merardi piuttosto che alla GI. Rudolphi (Eichw.), che è più alta. Anche l'esemplare dello strato a grosse bivalvi di Meduno, da me raccolto in posto, sebbene alquanto più alto (mm. 115 di lunghezza per 61 di altezza), mi sembra rientri assai bene in questa specie e non offre differenze sensibili rispetto agli altri, almeno per quanto concerne i caratteri esterni. Quelli interni, e segna- tamente la forma del cardine e quella del seno palleale non sì possono riconoscere in alcuno dei campioni in esame. — 110 — Distribuzione. — I limiti cronologici di questa specie sono assai ampi, essendo già citata nel Tongriano di Liguria dal MAyER e dal Sacco. Nell’ Aquitaniano si trova in Aquitania (Cossmann et Peyrot), in Pro- venza (Fontannes et Dépéret) e forse anche in Calabria (Seguenza) e in Sardegna (Parona); nel Langhiano è pure citata in Provenza dagli stessi autori: nelle Lande, in Baviera e nel Bacino di Vienna dal MAyER ecc.; nell’Elveziano sì trova sia nel Bacino di Vienna a Grund (Hoernes), sia in Svizzera, nella Gironda, in Algeria, in Cilicia ecc. (Mayer), sia nell’ Aquitania (Cossmann) e nel Bacino del Rodano (Fontannes), sia nelle Colline di Torino (Sacco); nel Tortoniano si trova pure nel bacino di Vienna (Hoernes) in Piemonte e nell'Emilia (Mayer). In Cor- sica trovasi nella zona a £. bonifaciensis (Locard). Distribuzione nel Veneto. — Langhiano: Preplans, str. 31 e 33 (coll. Stefanini). A questa specie si riferisce probabilmente la citazione della G/. declivis Micht. in Oppenheim, almeno per quel che riguarda l'esemplare da questo autore raccolto a Meduno, nella stessa località dove io pure ne trovai alcuni. — Tortoniano: A Nord del ponte del Mo- lino Mostacins (coll. Tellini). Orti di Costabeorchia (coll. Stefanini). Din- torni di Castelnuovo Valsugana (Mus. di Firenze). GLycymeris Fauyasi (Mén.) 1869. Glycymeris Faujasi. TARAMELLI. Formaz. eoc. Friuli, pag. 58. 1881. ———— Tarametti. Spiegaz. carta geol. Friuli, pag. 114. 1892. ——— TeLuni. Descr. geol. tav. Maiano, pag. 45. 1903-04, ——_______ Do.rus, Correr, Gomes. Moll. tert. Portug., tav. II, fig. 5. Distribuzione. — DoLLrus CorteR e Gomes ammettono che questa specie pliocenica, semplice varietà di una specie attuale, appa- risse già nel Miocene medio e la citano nell’ Elveziano di Turenna e nel Tortoniano di Portogallo. Distribuzione nel Veneto. — Tortoniano: A N. del Ponte di Molino Mostacins (coll. Tellini). Col di Grado (coll. Fabiani). — lll — Fam, Solenidae SOLENOCURTUS ANTIQUATTS Pultn. mut. mrocaENICA Cossm. et Pevr. 1860. Psammosolen coarctatus. HoERNES. Foss. Moll. tert. Beck. Wien, pag. 21, tav. I. fig. 1S. 1599. —_- De Grecorio. Foss. Forabosco et Romano, pag. 5. 1901. Solenacurtus (Azor) antiquatus. Sacco. Moll. terr. terz. Piem. e Lig. XXIX, pag. 15, pars (non figure). 1909. —_ mut. miocaenica. Cossmanx et Pevror. Conch. néogen. Aquit., pag. 163, tav. IV. fig. 29-32. (cum syn.). Due tipici esemplari di questa specie, caratterizzata dal guscio le- vigato inequilaterale, aperto alle due estremità, senza strie oblique, ma con strie d’ accrescimento irregolare e con un lieve solco obliquo dal- l’umbone verso il margine. Relativamente alla sua lunghezza la conchiglia è alquanto più bassa che nei tipi viventi e appare un poco assottigliata indietro, corrispondendo così pienamente alla varietà miocenica illustrata da Cossmanx et PeyroT. Distribuzione. — Nel bacino di Vienna questa varietà apparisce, rara, nel Tortoniano (Hoernes): è pure rara nel Tortoniano di Monte- gibbio (Doderlein) e nell’ Elveziano dei Colli Torinesi (Sacco). Si ri- scontra poi nel Tortoniano di Portogallo, e nell'’Elveziano e Tortoniano nell’ Aquitania (Cossmann et Peyrot). Distribuzione nel Veneto. — Tortoniano inferiore: Sponda del torr. Meduna str. 45 (coll. Tellini). Cava Ru presso Ceneda (coll. Stefa- nini). È citata dal De GrecorIo ad Asolo. — Tortoniano superiore: Ponte dell’ Arzino presso Flagogna (coll. Stefanini). Fam. Mactridae Macrra susrruNncata Da Costa 1901. Spisula subtruncata. Sacco. Moll. terz. Piem. Lig., pag. 25, tav. VI, fig. 3-15. 1909. Mactra (Spisula) subtruncata var. triangula. Cossmanx et Pergror. Conch. néog. Aquitaine, I, pag. 186, tav. VI, fig. 15-19. Un esemplare piccolissimo, probabilmente giovanile. Diametro an- tero-posteriore cirea mm. 3 !/.. Ha forma trigona, con lato posteriore più nettamente angoloso (come avviene appunto nella mutazione medio- — 112 — miocenica) con umbone saliente, solchi concentrici nettamente visibili, cardine ben conservato. Distribuzione. — È specie assai comune in tutto il Neogene e vive anche attualmente. Nel Miocene è citata dall’ Elveziano e Torto- niano del Bacino Piemontese, dall’Elveziano della Turenna, dell’Aqui- tania e del Bacino di Vienna (col nome di M. triangula). Distribuzione nel Veneto. — Tortoniano inferiore: A Nord di Le Grave (coll. T'ellini). LUTRARIA SANNA Bast. (Tav. III, fig. 7) 1825. Lutraria sanna. BasteroT. Bass. tert. SO. France, pag. 94, tav. VII, fig. 13. 1901. ——_—_—___- Sacco. Moll. terz. Piem. e Lig. XXIX, tav. VIII, fig. 5. 1902. ——__ Dorus et DaurzENBERG (pars ?). Conchyl. Loire, pag. 105, tav. V, fig. 12-15 (non 10 e 11?). 1902. ——__ OprpenHe1m. Schioschichten, pag. 186. Uno dei miei esemplari di Zutraria di dimensioni relativamente considerevoli (lunghezza 83 mm., altezza 47 mm.) apparisce molto inequilaterale, con margine anteriore arrotondato, margine palleale for- temente ricurvo e stuggente posteriormente, ma unito con una curva regolare alla parte posteriore, margine superiore convesso in avanti, rettilineo o leggermente concavo in dietro. Questa forma corrisponde assai bene ai tipi della L. sanna, illustrati dal BastEROT, e principal- mente agli esemplari di DoLLFUS et DAUTZENBERG ( pars) e di CossMANN et PeyRror; i quali esemplari di Aquitania, per essere alquanto più corti, più alti, più atticciati del tipo, sono anche più vicini al mio. Questo d’ altra parte diversifica alquanto dagli esemplari della Loira, figurati da DoLLFUs et DauTZENBERG e che Cossmany et PerRror vogliono distinti dalla LZ. sanna: ma l’unica differenza citata, l’ avere essi estre- mità anteriore più dilatata della posteriore, al contrario di quanto av- viene nella L. sanna tipica, non so se possa valere a tenerli distinti specificamente; molto più se si consideri che gli esemplari del Bordo- lese recentemente illustrati dagli autori sopra citati sono già, a loro volta, un poco diversi dal tipo sotto questo aspetto. -— 113 — La L. sanna del Portogallo illustrata da DoLLrus, Correr et Gomes sembra anche più lontana dei precedenti dalla specie di BastEROT, ma sempre variando nello stesso senso. Distribuzione. — Restringendone la sinonimia come vogliono Cossmanwn et PeyRoT, questa specie apparterrebbe solo all’ Aquitaniano e al Langhiano dell'Aquitania. Se poi si considerano le forme del ba- cino di Vienna, della Loira e del bacino del Tago come corrispondenti ad una semplice varietà della ZL. sanna — quella che il Sacco chiama var. vindobonensis — la specie si estende a tutto il Miocene. Distribuzione nel Veneto. — Il mio unico esemplare appar- tiene alla collezione Castelli e non ha altra indicazione che “ Miocene Forgaria ,. La roccia è una sabbia grigio azzurrognola, simile a quella del Tortoniano di R. Chiavrar, di Le Grave ecc., e per la conservazione il fossile non diversifica affatto dagli altri, provenienti da quel piano e da quella località. Tuttavia, trattandosi di un esemplare unico, ap- partenente a collezione così antica e non essendo confermata l’ esistenza della specie in Friuli da altri esemplari, trovati da me o da altri re- centemente e con precisione d’ indicazioni, il piano di provenienza di questa specie rimane alquanto incerto. Nel Bellunese è citata dagli autori nel Miocene inferiore. LUTRARIA OBLONGA (Chemn.) (Tav. III, fig. 6) 1782. Mya oblonga. CuemniTz. Conch. Cab., VI, pag. 27, tav. II, fig. 12. 1884. Lutraria Lutraria f. Hoernesi. De GREGORIO. Conch. medit., pag. 142. 1901. Lutraria oblonga. Sacco. Moll. terz. Piem. e Lig. XXIX, p. 30, tav. VIII, fig. 6, 7: tav. IX fig. 1. 1902. —— Dottrus et DaurzenperG. Conchyl. Loire, pag. 98, tav. V, fig. 1-6. 19099. ——— Cerutti IreLLi. Fauna malac. Mariana, pag. 144 [160], tav. XVI, fig. 1-5. È una specie distinta, oltre che dai caratteri del cardine e delle impressioni muscolari e sifonali — caratteri non riscontrabili sui miei campioni — anche dalla forma inequilaterale della conchiglia fortemente arcuata, tronca e beante in dietro. Uno dei miei esemplari raggiunge le dimensioni di mm. 110 per 59, dimensioni che non sembrano comuni in campioni miocenici, ma sono non di rado superate in quelli del Plio- — 114 — cene. Come resulta dalle dimensioni riportate, i nostri esemplari sono un poco più alti del solito, rispetto alla loro lunghezza, ma ritengo questa differenza insufficiente ad infirmare la mia determinazione. Alcuni di essi, quelli raccolti dal De GaspeRI, sono di dimensioni piut- tosto piccole e più inequilaterali del solito, avvicinandosi così agli esem- plari fig. 7 e 11 del Sacco e 5-6 di DoLLrus et DaAuUuTZENBERG. La L. Paeteli MayeR, nuovamente illustrata e ripresa da Cossmanx et PeyRor è meno inequilaterale, e posteriormente meno tronca e ar- cuata, della presente specie. x Distribuzione. — E specie comune nel Miocene, nel Pliocene D tuttora vivente. Così nel Bacino del Rodano appare nell’Aquitaniano, _ è invece citata in tutti i livelli miocenici del Portogallo (D. C. G.), (De indicata nella valle della Loira nell’ Elveziano (Dollfus et Daut- zenberg); nel Miocene medio dei Colli torinesi è rappresentata per so- lito da rari esemplari di piccole dimensioni (Sacco). DopeRLEIN e MavER la citano nel Tortoniano di Montegibbio, Stazzano ecc. È pur abbon- dante nel Pliocene, e vive tuttora sepolta nei fondi sabbiosi e fangosi. Distribuzione nel Veneto. — Tortoniano inferiore: Forgaria (coll. Castelli). A Nord di Le Grave presso Castelnuovo del Friuli (coll. Tellini). Sezione della Meduna, strato 45 (coll. De Gasperi). Il De GrecorIo cita ad Asolo la L. elliptca, oggi in sinonimia della presente specie e la L. Lutraria f. Hoernesi (May.), che DoLLeUs e DaUuTZENBERG inclinano pure a ritenere come varietà della medesima. Fam. Cardiliidae CarpILIA DesHayEsI Hoern. (Tav. III, fig. 8) 1870. Cardilia Deshayesi. HoeRNES. Foss. Moll. tert. Beck, Wien, pag. 68, tav. 8, fig. 1. È una piccola specie interessante, che rappresenta nei terreni mio- cenici la pliocenica C. Michelottii Desh. Con questa ha, difatti, molta somiglianza, ma ne differisce, come ho potuto stabilire mediante il con- fronto con esemplari di Asti, di Peccioli e del Senese, per le coste longitudinali più fitte e sottili, più numerose e crenulate. — 115 — Distribuzione. — Rara nelle formazioni argillose del calcare di Leitha, presso Steinabrunn (Hoernes) e nel Tortoniano del Bacino del Tago (Dollfus, Cotter e Gomes). Distribuzione nel Veneto. — Tortoniano inferiore: Sponda si- nistra del torrente Meduna a Meduno : str. 45 (coll. Tellini). Fam. Tellinidae TEeLLINA PULcHELLA Lk. 1901. TeZlina pulchella. SAcco. Moll. terz. Piem. Lig. XXIX, pag. 103, tav. X.XII, fig. 12, 15. È inutile ripetere i caratteri di questa notissima specie: basterà osservare come gli esemplari veneti, assai ben conservati e in gran parte bivalvi, lascino scorgere tutti i caratteri essenziali per la determinazione. Distribuzione. — È specie comune in vari giacimenti pliocenici d’Italia e di Francia. Distribuzione nel Veneto. — Pliocene: Cornuda (coll. Dal Piaz e Stefanini). TELLINA PLANATA L. 1860. Tellina planata. HoeRNES. Foss. moll. tert. Beck. Wien, pag. 84, tav. VIII, fig. ©. 1901. — Sacco. Moll. terz. Piem. e Lig. XXIX. pag. 109, tav. XXIII, fig. 6-10. 1903-01. ——____- Dotrus, Correr, Gomes. Moll. tert. Portug., tav. VII, fig. 1-4. 1910. ———_____- Cossmann et Peyror. Conch. néog. Aquit., II, pag. 255, tav. VIII, fig. 25-27. A questa specie attribuisco alcuni esemplari di non buona conser- vazione, ma tuttavia riconoscibili e identificabili con sicurezza pel loro guscio piuttosto allungato, un po’ meno rostrato che nella 7° strzgosa, per la forma e posizione della carena posteriore della valva destra, e per le strie sottili ma ben distinte, che ornano la superficie della con- chiglia. Distribuzione. — Secondo gli autori, questa specie si estende- rebbe dal principio del Miocene fino all’attualità. Così in Portogallo è citata dal Langhiano a tutto il Tortoniano (Dollfus, Cotter, Gomes): in Calabria, dall’Aquitaniano a tutto il Tortoniano (Seguenza). In ge- nerale essa appartiene piuttosto alla parte media del Miocene: così nel Bacino del Rodano è indicata dal FoxrANNES nell’ Elveziano e nel Si Tortoniano:; e così pure nel bacino di Aquitania ove si trova al li- vello di Salles e di Saubrigues (Cossm. e Peyr.). Abbonda poi nel Tor- toniano dell’ Emilia (Sacco) ed è comune nel Pliocene e vivente. Distribuzione nel Veneto. — Tortoniano inferiore: Dintorni di Forgaria (coll. Castelli). — Tortoniano superiore: Ad Est di M. Molime (coll. Tellini). È citata anche nel Langhiano di Costalunga (Bellunese) dal LoxcHi. ARCOPAGIA coRBIS (Brown) (Tav. III, fig. 9) 1901. Arcopagia corbis. SACco. Moll. terz. Piem. Lig. XXIX, pag. 113, tav. XXIV, fig. 13-15. 1910. —_____- Cossmany et Peyror. Conch. néog. Aquitaine, II, pag. 249, tav. X, fig. 5, 6.9. Un esemplare, che per la forma bassa, allungata, della conchiglia, posteriormente angolosa, per le sue lamelle più rade e più salienti, ecc., sì rivela appartenente a questa specie e non alla A. ventricosa De Serr., cui potrebbe pure ravvicinarsi ragionevolmente. La A. grundensis De Greg., il cui tipo è l’es. figurato da HoERNES come 7. ventricosa, rientra in questa specie come semplice varietà, caratterizzata dalla doccia obliqua posteriore. Distribuzione. — Questa specie comparisce nell’ Elveziano del bacino d’ Aquitania (Cossmann et Peyrot) e del bacino di Vienna (Hoernes), dove è rappresentata dalla var. grundensis. È frequente nel Tortoniano di Montegibbio (Sacco) e poi nel Pliocene. Distribuzione nel Veneto. -— Tortoniano inferiore: Orti di Co- stabeorchia (coll. Stefanini). OUDARDIA COMPRESSA (Br.) 1814. Tellina compressa. Broccni. Conch. foss. subapp. IT, pag. 514, tav. XII, fig. 9. 1901. Tellina (Oudardia) compressa. SAcco. Moll. terz. Piem. Lig. XXIX, pag. 111, tav. XXIII, fig. 14-21. 1910. Oudardia compressa. Cossmann et Peyror. Conch. néog. Aquitaine, II, pag. 264, tav. X, fig. 21-25. E una specie ben riconoscibile per la sua forma inequilaterale, carenata, e per l’ornamentazione costituita da strie trasversali subpa- rallele, che si fanno oblique, posteriormente, nella valva sinistra. Tutti sodi se questi caratteri sono riconoscibili negli esemplari veneti, che sono quasi tutti bivalvi, con le due valve aperte ma ancora unite. Distribuzione. — Appare già nell’Elveziano, si fa comunissima nel Pliocene d’Italia, della valle del Rodano ecc. ecc. ed è tuttora vivente. Distribuzione nel Veneto. — Pliocene: Cornuda (coll. Dal Piaz e Stefanini). È citata pure nel Langhiano di Costalunga (Bellunese) dal LoxGHI. Fam. Psammobiidae PsammoBIa LaBorDEI Bast. 1825. Psammobia Labordei. BasteroT. Bass. tert. SO. France, pag. 95, tav. VII, fig. 4. 1860. — _____ Horrnxes. Foss. Moll. tert. Beck. Wien, pag. 98, tav. IX, fig. 5. 1901. ——____ var. Basteroti. Sacco. Moll. terr. terz. Piem. Lig. XXIX, pag. 12, tav. II, fig. 10-12. 1904. —__ Dottrus et DaurzenBERG. Conch. Loire, I, pag. 160, tav. VIII, fig. 15-20. 1910. Psammobia (Psammocola) Labordei. Cossmanx et Perror. Conchol. néogen. Aquitaine, II, pag. 28 tav. XI, fig. 1,9, 5. 1910. Psammobia (Psammotaea) Labordei var. major. Scnarrer. Mioc. Eggenburg, I, pag. 89, tav. XLI, fig. 10-12. L'’ esemplare in studio corrisponde bene peri suoi caratteri e per le dimensioni alla figura di HoEerxEs e a quella di Cossmanx et PeyRoT ed ha come esse conchiglia subequilaterale, allungata, con strie d’accre- scimento sentite, formanti in corrispondenza del lato posteriore una angolosità, la quale dimostra che il guscio — che in quella parte è rotto — doveva avere come l’ esemplare di HoeRNES e a differenza dei campioni pliocenici di FoxrAaxNES, di PANTANELLI e del Sacco, il mar- gine tronco posteriormente. Sul mio fossile, che in parte è ridotto al semplice nucleo, è anche visibile l'impronta del caratteristico solco, che fiancheggia l'impronta muscolare posteriore. La carena posteriore obli- qua, invece, non è molto sensibile nel mio esemplare, ma attribuisco ciò alla non buona conservazione di esso; e, del resto, questo carattere sembra alquanto variabile e la carena non sembra affatto sviluppata nella varietà Basteroti del Pliocene. I All’esemplare di cui sopra deve poi aggiungersene un secondo, frammentario, ma pur tuttavia riconoscibile, ed un terzo, allo stato di modello, che sembra corrispondere alla var. 724/07. — 118 — Distribuzione. — Il tipo della specie è del Miocene di Saucats nella Gironda (Basterot), ma la specie è segnalata anche nel Miocene medio del Bacino della Loira (Dollfus et Dautzenberg), a Dax, in Tu- renna ecc. (Hoernes); nel bacino di Vienna essa si trova nelle sabbie attribuite al Langhiano (Hoernes). DoLLrus et DavTZENBERG la citano anche nel Tortoniano del Bacino del Rodano, e DopEerLEIN in quello di Montegibbio. Una sua varietà sì estende al Pliocene, ma si estingue prima del Pleistocene. Nel Bacino d’ Aquitania è frequente al livello di Leognan rara a quello di Saubrigues. Distribuzione nel Veneto. — Langhiano: Sezione della Me- duna, strato 28 (coll. Stefanini). Colli di Fanna e di Cavasso (coll. R. Ist. Tecn. Udine). S. ord. HETERODONTA Fam. Veneridae T'APES verULUS (Bast.) (Tav. III, fig. 10) 1825. Venus vetula. BasteRrOT. Bass. tert. SO. France, pag. 89, tav. VI, fig. ©. 1859. Tupes vetula. HogrNES. Foss. Moll. tert. Beck Wien, II, pag. 113, tav. XI, fig. 1. 1899. ——————____ De GrecorIo. Foss. Forabosco et Romano, pag. 5. 1900. Callistotapes vetulus. Sacco. Moll. terz. Piem. e Lig. XXVII, pag. 52, tav. XII, fig. 1-8. 1906. Tapes vetula. DoLLrus et DAaurzENBERG. Conchyl. Loire, pag. 176, tav. XII, fig. 1-6. 1910. Tapes (Callistotapes) vetulus. Cossmanx et Peyror. Conch. néog. Aquitaine I, 2, pag. 306, tav. VI, fig. 34-37. E una specie rappresentata da rari esemplari in Friuli. Quelli di essi che provengono dalle marne elveziane sono bassi ed allungati e corrispondono assal bene — salvo nelle dimensioni un poco minori — all’ esemplare tipico di BasteROT e alla fig. 6 di DoLLFUs e DAUTZENBERG. Un buon esemplare degli strati arenacei tortoniani della Meduna, che vedesi figurato a tav. III, fig. 10, appare invece assai più inequilate- rale degli altri, avendo il lato anteriore molto accorciato e somigliando così l’ es. 1° di HoeRNES, a parte una regolarità maggiore delle co- stole, quale però si osserva anche, a detta del PanraNnELLI ('), in certi (1) PANTANELLI. Lamell. plioc., 1893, pag. 213. — 119 — suoi esemplari del Bacino di Vienna. Del resto DoLLFTts e DAUTZENBERG, considerando la 7. Hoernesi May. come una varietà della specie in que- stione, ammettono implicitamente che questa sia molto variabile, in quanto riguarda la posizione dell’ umbone. Giova avvertire che tutti i nostri esemplari si mantengono di di- mensioni assaì minori di quelle degli esemplari figurati dalla maggio- ranza degli autori, ma non molto inferiori a quelle del tipo: oscillano. cioè, entro i limiti seguenti: lunghezza mm. 44-37, altezza mm. 28-22. Distribuzione. — Il tipo ed i neotipi d'Aquitania sono del Mio- cene inferiore (Aquitaniano e Langhiano). Secondo Cossmaxx et Peyrot nel Bacino del Rodano questa specie si trova tanto nel Langhiano e nell’Elveziano, quanto nel Tortoniano (Fontannes); nel Bacino di Vienna è frequente nelle formazioni sabbiose di Grund, Gauderndorf ed anche nella sabbia gialla di Enzesfeld (Hoernes); è poi nota nel Miocene medio del Bacino della Loira (Dollfus et Dautzenberg), nell’Elveziano e Tor- toniano del Portogallo, nel Miocene medio di Svizzera ecc. Nel Pie- monte e nell'Emilia si trova sia nell'Elveziano, sia nel T'ortoniano (Sacco); in Sardegna si riscontra nell’Elveziano (Parona). Le citazioni del Plio- cene sono rigettate da Cossmanx. Distribuzione nel Veneto. — Langhiano: Presso Preplans: se- zione della Meduna, str. 31 (coll. Stefanini). — Elveziano: Dintorni di For- garia (coll. Castelli, De Gasperi e Tellini). — Tortoniano inferiore : Sezione della Meduna, str. 45 (coll. Tellini). È citata dal De GREGORIO ad Asolo. Venus DuysarDINI Hoern. (Tav. INI, fig. 11, 12 1862. Venus Dujardini. (pars) HoerNES. Foss. Moll. tert. Beck. Wien, pag. 120, (non tav. XIII, fig. 1). 1869. Venus umbonaria. (non Lamck.) TarameLLI. Sulla formaz. eoc. del Friuli, pag. 58. 1881. ———— TARAMELLI. Spiegaz. carta geol. Friuli, pag. 114. 1892. Venus incrassata ? (non Sow.) TeLLINI. Descr. geol. tav. Maiano, pag. 45. 1906. Venus (Mercenaria) Dujardini. DoLLrus et DauTzENBERG. Conch. Loire, pag. 211, tav. XIV. fig. 36-39. 1910. Venus Dujardini. Cossmanx et Perror. Conch. néog. Aquit., I, 2, pag. 323, tav. XII, fig. 12-15. Fino a qualche tempo fa questa specie non era ammessa senza discussione dagli autori. Così il Sacco ritiene che essa cada in sinonimia — Bo della V. islandicoides; opinione alla quale non aderiscono Cossmanx et Pryror nè DoLrrus et DavTrZENBERG. Questi ultimi citano anche i prin- cipali caratteri distintivi fra le due specie, a prescindere dal cardine, che come hanno posto in luce Cossmanx et Peyror è profondamente diverso. Essi hanno infatti di recente nettamente distinto la Meretrix islan- dicoides (Lk) (= V. islandica Bre. non L. = V. Dujardini Hoernes pars = A. islandicoides Sacco) dalla Venus Dujardini, due specie quasi identiche per la forma esterna e l’ornamentazione e diverse solo per la diversa conformazione del cardine, che nella prima reca un dente anteriore triangolare alla valva sinistra ed una corrispondente fossetta alla destra. Ne consegue, che l’ esemplare figurato da Hoprxes come Venus Dujardini non è che una Meretrix islandicoides, mentre quel nome vuole esser conservato per la Venus rudis Dujardin non Poli. Gli esemplari veneti hanno tutti quanti le valve chiuse, e impos- sibili a separarsi; ho dunque dovuto prepararne alcune sezioni, in base alle quali mi pare di poter affermare che il loro cardine è quello della V. Dujardini, e che con tal nome essi debbono essere indicati. Date le grandi affinità, che esistono fra la V. Dujardini e la M. islandicoides, la quale fa parte di un gruppetto di specie strettamente affini tra loro (sottogenere Cordiopsis), di cui è tipo la oligocenica M. incrassata Sow., non è meraviglia se il TEeLLINI e in seguito l’ Op- PENHEIM, indicarono gli esemplari friulani appunto con questo nome; ma un confronto accurato con buoni esemplari di M. ncerassata da me stesso raccolti a Étampes mi ha rivelato sensibili differenze fra tali campioni e quelli del Friuli; i quali, d’ altro canto appaiono in tutti i loro caratteri perfettamente corrispondenti alla V. Dujardini. La M. in- tercalaris Cossm. — una mutazione langhiana della M. islandicoides — sì riconosce per alcune differenze della cerniera e per la conchiglia un po’ più alta e corta. Distribuzione. — Così intesa, questa specie è caratteristica del- l’Elveziano, sia in Turenna (Dollfus et Dautzenberg), sia in Aquitania (Cossman et Peyrot). — 121 — Distribuzione nel Veneto. — Elveziano: A Sud di Ca’ Venier (coll. Tellini e Stefanini). Grap, Prat e Ca’ Dant (coll. Stefanini). A Sud di Cornino (coll. Tellini). Dintorni di Forgaria (coll. Castelli, Tel- lini e De Gasperi). Rio di Forgaria (coll. Tellini e Stefanini). Molinis di Forgaria (coll. Taramelli e Marinoni). Buso presso Casiacco (coll. Tellini). Castelnuovo di Clauzetto (coll. Bartolini). Ad Est di Clauzetto (coll. Taramelli). Celante presso la via di Vito d’Asio (coll. Stefanini). Fornace di Arcoiaz e Ponte di Almades (coll. Stefanini e Tellini). A Nord di Zancan (coll. Stefanini). A Sud di Praforte presso Travesio (coll. Tellini). A NE. di Mas presso Fanna (coll. Stefanini e De Ga- speri). Dintorni di Cavasso (coll. Pirona, Tellini e Stefanini). Rio Aguar e Rio presso la Chiesa di Meduno (coll. Stefanini). Sezione della Meduna strato 42 (coll. Stefanini). R. Brosa presso Polcenigo (coll. Stefanini, Tellini, De Gasperi). Questa specie sarebbe anche citata da Manzoni, De GREGORIO e Rossi ad Asolo, ma la loro interpetrazione della specie è probabilmente inesatta. CHIONE TAUROVERRUCOSA (Sacco) 1900. Ventricola tauroverrucosa. SAcco. Moll. terz. Piem. e Lig., XXVIII, pag. 29, tav. VII, fig. 20-31. Gli esemplari che indico con questo nome sono frammentari, ma le ornamentazioni del guscio sono assai ben visibili, e sì può quindi riconoscere facilmente che essi differiscono assai dalla V. verrucosa, specialmente per avere cingoli piuttosto larghi, concentrici, depressi, e verruche pure depresse. La V. versatilis Dollf. et Dautzenb., che gli autori dicono affine a questa specie, sembra esserne ben distinta, avendo i cingoli o lamelle principali alternanti con lamelle secondarie più sot- tili, come la V. verrucosa; mentre nella specie di cui trattiamo man- cano tali lamelle secondarie, e i cingoli sono quasi imbricati, dai mar- gini verso l’ umbone. Quest’ ultimo carattere serve pure a distinguere gli esemplari friulani dalla Ch. orbiculata Sacco, trovata anche dal Cossmanx nell’ Elveziano d’ Aquitania. Anche la V. (Chione) subexcentrica D° Orb., ripresa da Cossmany et PevyRoT, si avvicina più che a questa specie, alla V. verrucosa. — 122 — Distribuzione. — Il tipo di questa specie, nella quale il Sacco distingue parecchie varietà, proviene, secondo questo autore, dall’Elve- ziano dei Colli torinesi. Distribuzione nel Veneto. — Tortoniano. superiore: Ad Est di M. Molime (coll. Tellini) e al Ponte dell’ Arzino presso Flagogna (coll. T'ellini e Stefanini). CHIONE PLICATA (Gmel.) 1888. Venus pliocaenica. De STEFANI. Icon. moll. plioc. Siena, pag. 13. 1900. Circomphalus plicatus. SAcco. Moll. terz. Piem. e Lig., XXVIII, pag. 44, tav. X, fig. 15-22. 1903-04. Venus plicata. DoLLrus, Correr e Gomes. Moll. tert. Portug., tav. XIII, fig. 1-4 (pars). 1910. Chione (Clausinella) subplicata. Cossmann et Peyror. Conch. Aquitaine, II, p. 337, tav. XIII, fig. 19-23. Per quanto non in buono stato di conservazione, i nostri esem- plari mostrano assai bene la loro forma compressa, la costola carenale marcata e le lamelle rade, caratteri tutti che li fanno specialmente ras- somigliare agli esemplari del Miocene portoghese e a quelli pliocenici. Gli esemplari del Bacino di Vienna, rigonfi, con fitte lamelle e carena poco sentita, sembrano assai diversi e sono considerati dal De GREGORIO (') e dal TRENTANOVE (*) come una specie distinta, denominata dal primo di questi due autori V. subplicatopsis. La var. Popognae Trentanove è assai differente da quella friulana per le sue lamelle più fitte ed omogenee e meno rilevate, per la carena meno sentita ecc. Il De STEFANI pose in rilievo, or sono vari anni, le differenze che : i corrono tra questa specie e quella vivente nell'Oceano Indiano e nota con lo stesso nome, differenze che io pure ho potuto verificare, me- diante confronto col materiale delle collezioni malacologiche fiorentine. DoLLerus fece però osservare che il tipo di Gmelin vive invece al Senegal ed è identico alla specie fossile, mentre la specie del Pacifico e dell’ Oceano Indiano, spesso confusa con essa, deve esserne tenuta distinta col nome di C%. peruviana. Non avendo potuto esaminare alcun (!) De GreGoRIO. Conch. mediterranee viv. e fossili, pag. 91. (°) TrentAanove. I Mioc. medio di Popogna e Cafaggio, pag. 542. Cfr. anche DoLLFUS et Cor- TER. Moll. tert. Portugal. Pliocene au Nord du Tage, 1909, pag. 29. — #08: — esemplare della forma tipica, accetto questa conclusione sulla fede del DoLLrus e considero la forma fossile come una semplice varietà della vivente V. plicata, notando come anche il Sacco abbia adottato una simile determinazione; mentre invece Cossmanx et PryRor riprendono per la varietà miocenica il nome subpleata di D'Orb. In conclusione, C%. sub- plicata, Ch. pliocenica e Ch. plicata non sarebbero, a mio vedere, che tre mutazioni di una medesima specie, che va indicata col nome suo più antico. Distribuzione. — Limitata la sinonimia come ho fatto, questa specie rimane più particolarmente pliocenica, ma si trova già frequente nel Tortoniano. I presenti esemplari infatti somigliano soprattutto a quelli di Cacella (Tortoniano dei Portogallo), figurati da DoLLFUS e a quello di Stazzano figurato dal Sacco col nome di var. dertonensis. Il DoLLFUS indica con lo stesso nome anche esemplari del Burdigaliano e dell’El- veziano, ma è difficile stabilire se quelli esemplari, da lui non figurati, corrispondano alla specie; altrettanto deve dirsi delle indicazioni di FONTANNES. Distribuzione nel Veneto. — Tortoniano inferiore: A Nord di Le Grave presso Castelnuovo del Friuli. Frana ad Est di Oltrerugo (coll. T'ellini). CHÙioxe cfr. Awmen (Mngh.) 1874. Venus Amidei MexEGHINI in De STEFANI. Foss. plioc. S. Miniato, pag. 13. tav. I, fig. 1. 1900. ——___- Sacco. Moll. terz. Piem. e Lig., XXVIII, pag. 42. tav. X, fig. 1-14. Con questo nome indico un piccolo esemplare frammentario, ma con la ornamentazione ben conservata, il quale mi ha dato parecchio da fare per la sua identificazione. Si tratta di una conchiglia trigona. come quella della V. Amiden e della V. plicata: la superficie è depressa, pianeggiante, l’ umbone acuminato e molto ricurvo in avanti, la lu- nula grande e nettamente delimitata, l’area posteriore è ampia e allun- gata, liscia e distinta dal resto per un angolo acuto. La conchiglia porta una dozzina di lamelle concentriche principali, delle quali una metà circa sono molto rade, mentre l’altra metà, e precisamente quelle — 124 — periferiche, sono più fitte e più crasse. Gli spazi intermedi fra le la- melle sono occupati da strie assai fini, pure concentriche e ravvicinate tra loro. Le strie e soprattutto le lamelle sono, specialmente verso il margine anteriore, come increspate e ondulate, in modo da dare alla conchiglia un aspetto verrucoso. Questo insieme di caratteri non coincide in tutto con quello, che è proprio della V. Amider: delle specie che conosco, tuttavia, questa mi sembra rimanere la più vicina alla nostra, specialmente se si am- mette col Sacco che in essa possano rientrare le varietà da lui indi- cate come /avratava e mioquadrata, caratterizzate dai “ cingoli concen- trici sopraumbonali alquanti crassi, elati e distanti fra loro, gli altri crassi, contigui, nella regione posteriore subangulati, più gracili e sub- cristati ,,. Distribuzione. — La specie è prevalentemente pliocenica ; però il Sacco vi ascrive come varietà alcuni esemplari dell’Elveziano di Pie- monte, ed appunto ad essi sì avvicina maggiormente il nostro esem- plare friulano. Distribuzione nel Veneto. — Tortoniano superiore: Ponte di Flagogna (coll. Tellini). CHIONE MULTILAMELLA (Lk.) (Tav. III, fig. 13-15) 1869. Venus umbonaria. (non Lk.) TarameLLI. Sulla form. eoc. del Friuli, pag. 58. 1870. Venus multilamella. HoerNES. Foss. moll. tert. Beck. Wien, pag. 130, tav. XV, fig. 2, 3. 1892. Cytherea multilamella. TeLLINI. Descr. geol. della tav. Majano, pag. 45. 1599. Venus multilamella. De GreEGORIO. -Foss. Forabosco et Romano, pag. 5. 1900. Ventricola multilamella. Sacco. Moll. ierz. Piem. e Lig., XXVIII, pag. 30, tav. VIII, fig. 1-18. 1910. Chione multilamella. Cossmanx et Peyror. Conchol. néogen. Aquit., II, pag. 359, tav. XIII, fig. 26-28. Gli esemplari considerati come tipici provengono dal Tortoniano e raggiungono spesso grandi dimensioni: nell’ Elveziano del Friuli la specie è rappresentata da una varietà molto costante, ben distinta, e corrispondente assai esattamente a quella denominata dal Sacco var. glabroides. Questa è caratterizzata dalle sue lamelle molto rade, sottili e poco marcate, che le danno un aspetto un po’ diverso da quello della — 125 — tipica multilamella. Anche gli altri caratteri corrispondono bene: però gli esemplari del Friuli sono costantemente di una statura un poco mi- nore di quella che si osserva nel tipo di Montegibbio, figurato dal Sacco. Nel Museo di Firenze esiste un esemplare affine ai nostri, prove- niente dalle argille mioceniche di Rometta in Sicilia. Distribuzione. — Questa specie, comparsa nel Miocene — qual- cuno ritiene fino nell’Oligocene — raggiunge il suo massimo sviluppo nel Pliocene. Nel Terziario medio è citata da strati argillosi di Gainfahren, Enzesfeld ecc. nel bacino di Vienna (Hoernes), dalle molasse elveziane e sabbie tortoniane nel bacino di Visan (Fontannes), dall’ Elveziano e Tortoniano del Portogallo (D. C. G.), dall’Elveziano di Piemonte e dal Tortoniano dell’ Emilia e del Livornese. In Sardegna sembra sia lan- ghiana o più antica (Parona) a meno che la citazione (Sacco) non sia da riferire alla V. durdigalensis. La var. glabroides, alla quale più specialmente si avvicinano i miei esemplari elveziani, è invece nota nel Tortoniano di Stazzano, S. Agata, e Montegibbio (Sacco), e si trova anche nel Miocene di Rometta in Si- cilia (esemplari del Museo di Firenze): a detta del Sacco, si estende anche al Pliocene. Distribuzione nel Veneto. — Elveziano: Con la V. Dujardini è questa CA. multilamella var. glabroides la forma più comune e caratteristica delle marne elveziane in Friuli: così abbonda a Forgaria (coll. Castelli, De Gasperi e Tellini), nel rio di Forgaria (coll. Tellini), a Molinis di Forgaria (coll. Marinoni), nel rivo a Sud della strada Forgaria-Flagogna (coll. Tellini), sotto Grap e a Ca’ Dant (coll. Stefanini), tra Forgaria e Cornino e a Sud di Ca’ Venier presso Cornino (coll. Tellini), lungo la sezione dell’Arzino, di fronte a Casiacco (?) (coll. Stefanini), a Buso presso Casiacco (coll. Tellini), alla fornace di Arcoiaz e al Ponte di Al mades (coll. Stefanini, coll. Tellini), al Sud di Praforte (coll. Tellini), a Nord di Zancan presso Travesio (coll. Stefanini). Si trova anche nei pressi di Meduno (coll. Tellini) e di Preplans (coll. Taramelli), a NE. di Mas presso Fanna (coll. Stefanini) e presso Cavasso (coll. Taramelli, coll. Tellini). Marne del Rugo presso il Municipio di Meduno (Stefanini). Sa {aa Sezione della Meduna, strato 42 (coll. Stefanini, coll. Tellini). — Tortoniano: La forma tipica a Cava Ru presso Ceneda (coll. Dal Piaz, coll. Stefanini); Costa Fregona (coll. Stefanini); colle Bagliana presso Mussolente (coll. Stefanini); sez. della Meduna, str. 45 e 51. È citata dal De GrEcorIo ad Asolo. MERETRIX ITALICA Defr. 1884. Cytherea pedemontana. Rossi. Note ill. Carta geol. Treviso, pag. 155. 1900. ——____ Sacco. Moll. terz. Piem. Lig. XXVIII, pag. 14, tav. II, fig. 15-18; tav. III’ fig. 1-5. 1910. Meretria (Callista) italica. Cossmann et PeyRor. Conchy]. néog. Aquit., I, 2, pag. 381, tav. XV, fig. 19; tav. XVI, fig. b, 6. Gli esemplari attribuiti a questa specie ne mostrano bene i carat- teri, particolarmente la forma e l’ornamentazione ben marcata in avanti, obsoleta indietro. Quanto alla sostituzione del nome M. pedemontana Agass col più antico M. italica Defr., mi riferisco a quello che ne dicono DoLLetus et DAUTZENBERG, che poterono esaminare il tipo di DEFRANCE. Distribuzione. — La specie è dell’ Elveziano piemontese (Sacco). In Aquitania si trova a Salles e a Saubrigues (Cossmann et Peyrot): nel bacino di Vienna a Péòtzleinsdorf (Hoernes): nel bacino del Rodano a Visan nell’ Elveziano (Fontannes), in Portogallo nell’ Elveziano e Tor- toniano (D. C. G.). È poi frequente nel Pliocene. Distribuzione nel Veneto. — Tortoniano: Sezione della Me- duna, strato 31 (coll. Stefanini); Forgaria (coll. Pirona). Esemplari al- quanto dubbi a Castelnuovo Valsugana (coll. Secco). Col nome di C. pedemontana è citata dal Rossi ad Asolo, nel Tortoniano. Sarebbe pure indicata nel Langhiano di Costalunga Bellunese, dal LoxGHI. MERETRIX TAURORUGOSA (Sacco) 1900. Callista taurorugosa. Sacco. Moll. terz. Piem. e Lig., XXVIII, pag. 17, tav. IV, fig. 1-5. E una specie assai interessante, caratterizzata dalla sua forma ellittica, trasversale, dalle sottili, filiformi rughe concentriche, determi- nanti così ampi spazi lisci, dall’ umbone non molto prominente ecc. In alcuni dei miei esemplari si riconoscono le traccie di una sensibile lu- nula, ed uno di essi mostra anche le impronte di crenellature margi- nali, delle quali però non è cenno nella diagnosi del Sacco. La M. taurorugosa si riconnette assai strettamente con specie af- fini dell’ Oligocene e dell’ Eocene, e particolarmente con certe varietà della M. splendida Mér., figurate dal Sacco, le quali però sembrano al- quanto diverse da quelle, ad es., del Bacino di Parigi, illustrate dal DesHayESs. Anche la M. separata Desh. e la M. despecta Desh. sembrano vi- cine alla specie italiana, ma sono tuttavia ben distinte, apparendo più alte, più lisce, con rughe meno sensibili ecc. Dei miei esemplari —- discretamente numerosi — la gran maggio- ranza hanno statura assai piccola, di poco inferiore a quella degli esem- plari 2 e 5 del Sacco: non ne mancano però alcuni che raggiungono dimensioni assai maggiori, pari anche a quelle dell’es. fig. 1 di Sacco. Distribuzione. — Elveziano dei Colli Torinesi. Secondo il Sacco, era specie di non grande profondità. Distribuzione nel Veneto. — Elveziano: Ca’ Dant, Grap (coll. Stefanini); presso Cornino (coll. Tellini). Dint. di Forgaria (coll. Castelli, coll. De Gasperi, coll. Tellini). A sinistra della strada Forgaria-Fla- gogna e tra Forgaria e Cornino (coll. Tellini). Molinis di Forgaria (coll. Taramelli, coll. Marinoni). Riva sinistra della Meduna a Meduno (coll. Tellini). R. di Molta (coll. Stefanini). Rugo Brosa presso Polcenigo (coll. Stefanini, coll. Caneva). MeRETRIX IsLANDICOIDES (Lamk.) 1814. Venus islandica. L. var. Brocchi. Conch. foss. subapp., I, pag. 557, tav. XIV, fig. 5. 1862. Venus Dujardini. HoeRNES (pars). Foss. Conch. tert. Beck. Wien, pag. 120, tav. XIII, fig. 1. 1869. ———___ Maxzoni. Fauna lembi mioc. Alta It., pag. 29. 1899. Cytherea asolana. De GREGORIO. Foss. Forabosco et Romano, pag. 5. 1900. Amiantis islandicoides. Sacco. Moll. terz. Piem. e Lig. XXVIII, pag. 21, tav. V, fig. 1-5. 1906. Meretrix (Cordiopsis) islandicoides. Cosmann et Peyror. Conch. neog. Aquit. I, 2, pag. 400, tav. XVII, fig. 1, 2, 12-15. Gli esemplari veneti esaminati, e particolarmente quelli friulani, in alcuni dei quali ho potuto porre in evidenza anche il cardine, cor- rispondono perfettamente pei caratteri di questo come per quelli esterni — 128 — della conchiglia, alle figure tipiche e a quelle degli autori, particolar- ‘mente a quelle assai belle di Cossmanx et Preyrot. Il De GreGoRIO creò per un tipo del Tortoniano di Romano ed Asolo la nuova specie Cl. asolana, osservando che essa “ esternamente è similissima alla V. Dujardini ,, ma ne differisce per la cerniera, che è di Cytherea. Altrettanto si può dire, come si è visto, della Cl. islandi- coides, che è fornita alla valva sinistra di un dente laterale anteriore di forma acuminata, e identico così a quello che il De GREGORIO giu- stamente riteneva dover corrispondere alla fossetta anteriore della sua valva destra. Penso dunque che la Cl. asolana possa senz’ altro essere considerata come sinonimo della C. islandicoides ; molto più che anche il Manzoni — evidentemente basandosi sulla figura che HoERNES pub- blica col nome di V. Dujardini, ma che rappresenta in realtà un esem- plare di C. islandicoides — cita la V. Dujardini a Asolo, e che di Asolo ho visto nel Museo di Padova e di Firenze alcuni esemplari, che mi paiono del tutto simili ai miei e alle figure tipiche della specie. Distribuzione. — È specie del Tortoniano nel bacino di Vienna, in Aquitania e in Piemonte. È poi comune nel Pliocene. Distribuzione nel Veneto. — Tortoniano inferiore: Sezione della Meduna strati 45 e 51 (coll. Stefanini). Asolo (Mus. di Padova). Ad Asolo è citata col nome di V. Dujardini dal ManzoxI e col nome di C. ascolana dal De GREGORIO. MereTRIx BroccHII (Desh.) 1900. Amiantis Brocchii. SAcco. Moll. terz. Piem. Lig. XXVIII, pag. 23, tav. V, fig. 6, ©. Una grande Meretrix del tipo della M. islandicordes, ma di forma subquadrangolare, con apice molto asimmetrico, posto al di sopra del margine anteriore, con margine supero-posteriore fortemente convesso, molto più elevato dell’ umbone, valve nel complesso non molto tu- mide ecc. Mi pare dunque più vicina alla M. Brocchi che alla M. islan- dicoides, e sebbene non sia in grado di verificare i caratteri del cardine e del seno palleale, credo bene determinarla col primo di questi due = 199 — nomi, col quale, del resto, era già indicata nella etichetta originale del Secco. Distribuzione. — La M. Brocchi era nota finora solo nel Pia- cenziano e nell’ Astiano d’ Italia. Distribuzione nel Veneto. — Tortoniano inferiore: Forabosco coll. Secco). Esemplari dubbi, perchè deformati, dalla “valletta presso Olle ,, e nella valle a SW del M. Civaron in Valsugana (coll. Secco). MrerETRIX GIGAS (Lamk.) 1845. Venus umbonaria. AGAssiz. Iconogr. coq. tert., pag. 29, tav. VI. 1870. ——_________ Hoerxes. Foss. moll. tert. Beck. Wien, pag. 118, tav. XII, fig. 1-6. 1881. ———_____- TARAMELLI. Spiegaz. carta geol. Friuli, pag. 114. 1900. Amiantis gigas. Sacco. Moll. terz. Piem, Lig., XXVIII, pag. 24, tav. VI, fig. 1-6. 1903-04. Venus gigas. DoLLFUS, CortER et Gomes. Moll. tert. du Portug., tav. IX, fig. 8: tav. X. fig. 1-2; tav. XI, fig. 4. 1910. Meretri» (Cordiopsis) gigas Cossmann et Peyror. Conchol. néog. Aquit., I, 2, pag. 397, tav. XVI, fig. 16, 17: tav. XVII, fig. 4. Il PaxraneLLI ha mostrato come questa specie, più comunemente nota come V. umbonaria, debba conservare il nome specifico 9:19as. Essa è rappresentata da un solo esemplare, frammentario ma ben determi- nabile, della collezione TeLLixi. Il TARAMELLI cita replicatamente nel Friuli la V. wnbonaria. Distribuzione. — È una specie assai comune nel Miocene e nel Pliocene. Così è frequente in Aquitania al livello di Salles, nel Bacino di Vienna, nelle formazioni sabbiose di Loibersdorf e di Grund (Hoer- nes), in Portogallo è segnalata in tutti i terreni, dall’ Aquitaniano a tutto il Tortoniano (Dollfus, Cotter e Gomes); nel Bacino del Rodano nell’ Elveziano e Tortoniano (Fontannes), ecc. In Italia, oltre che nel Pliocene, è rappresentata nell’ Elveziano e nel Tortoniano di Piemonte (Sacco), nell’ Aquitaniano (?) e nell’ El- veziano di Sardegna (Parona). Distribuzione nel Veneto. — Tortoniano inferiore : A. Nord di Le Grave presso Castelnuovo del Friuli (coll. Tellini). — 130 — Dosinia ExoLETA (L.) 1818. Venus lentiformis. SoweRBy. Miner. Conch., tav. 203. 1839. Cytherea esoleta. GoLpruss. Petrefacta Germaniae, II, pag. 241, tav. CXLIX, fig. 18. 1843. Dosinia exoleta. Desnayes. Traité élem. Conchyl., I, pag. 619, tav. XX, fig. 9-11. 1999. —— De Grecorio. Foss. Forabosco et Romano, pag. 5. 1900. ——_______- Sacco. Moll. terz. Piem. Lig., XXVIII, pag. 48, tav. XI, fig. 7-9. 1906. ——____ Dottrus et DaurzenBeRG. Conchyl]. Loire, I, pag. 224, tav. XV. fig. 8-14. 1910. ———_____- Cossmanx et Peyror. Conch. neog. Aquitaine, pag. 412, tav. XVII, fig. 10-11. Un esemplare decuticolato, mostra grosse strie d’ accrescimento, quali ho potuto osservare anche in un campione, decuticolato solo in parte, di D. evoleta, esistente nel Museo di Firenze. La forma del guscio e degli umboni, la lunula e la regione posteriore corrispondono pure perfettamente. Distribuzione. — Questa specie è frequente nei. terreni mio- cenici. Così sì trova nel Miocene medio del Bacino della Loira, nel Tortoniano di Portogallo (D. C. G.), in Corsica (Locard), nell’Elveziano di Svizzera (Mayer), nel calcare tortoniano del Livornese (Capellini), in vari piani nel Miocene calabrese (Seguenza), nell’ Elveziano del Ba- cino di Vienna ecc. È poi comunissima nel Pliocene e ancor vivente. Distribuzione nel Veneto. — Elveziano: Sezione della Meduna: riva destra strato 42 (coll. Stefanini). — Tortoniano inferiore: È citata dal De GreEGorIo ad Asolo. Il Vixassa la cita inoltre dalle glauconie bellunesi (Aquitaniano). DosInIiA ORBICULARIS (Agass.) 1845. Artemis orbicularis. AGASssIz. Icon. Coq. tert., pag. 19, tav. II. > 1862. Dosinia orbicularis. HoERNES. Foss. Moll. tert. Beck. Wien, pag. 142, tav. XVI, fig. 1. 1892. ———___ TeLtini. Descr. geol. tav. Maiano, pag. 45. 1900. ——_____ Sacco. Moll. terz. Piem. e Lig., XXVIII, pag. 48, tav. XI, fig. 10. I numerosi frammenti che indico con questo nome accennano, per la debole curvatura delle strie concentriche che ne formano l’ornamen- tazione e per lo spessore della conchiglia, ad una forma di notevole statura, quale è appunto la 2. orbicularis, in confronto con la D. ewxo- leta, che assai le somiglia. Distribuzione. — Come le congeneri è una specie neogenica. — 131 -- Si trova negli strati sabbiosi di Grund, Gainfahren e Loibersdorf nel Ba- cino di Vienna (Hoernes), nell’Elveziano del Bacino del Rodano (Fon- tannes et Depéret) e di Svizzera (Mayer), nell’ Elveziano di Sardegna (Parona). È poi comunè nel Pliocene. Distribuzione nel Veneto. — Tortoniano superiore: Ad Est di M. Molime (coll. Tellini) e al ponte dell’Arzino, presso Flagogna (coll. Tellini e Stefanini). Fam. Cyrenidae Crrexa RoBERTI-DOUVILLEI sp. n. (Tav. III, fig. 16) Conchiglia di mediocre statura, di forma ovoidale-trigona, con- vessa, molto inequilaterale, con lato posteriore leggermente rostrato, contorno palleale fortemente arcuato dal lato anteriore, meno arcuato ma nettamente ricurvo indietro. Umboni pic- coli, salienti, prosogiri, anteriori. Regione lunu- lare non molto escavata, non limitata ; regione del corsaletto nel suo insieme depressa, ma tu- midetta, ampia, ottusamente limitata, estesa fino all'angolo postero-palleale. Ornamentazione co- stituita da strie concentriche relativamente piut- tosto regolari, ma qua e là interrotte. Cerniera sottile, non integralmente conservata in alcuno dei due esemplari. Sono visibili uno dei denti cardinali e le lamelle laterali. PN Lungh. 41 mm. circa; altezza 32.5 mm. Un secondo esemplare è sensibilmente più piccolo. Questa specie non è molto lontana dalla C. Brorngniarti, da cui dif- ferisce però sensibilmente pel cardine più sottile, per la forma più ine- quilaterale, per l’umbone più anteriore, meno convesso. La varietà allun- gata illustrata da Cosswann e Peyror è più inequilaterale del tipo e quindi sotto questo aspetto si avvicina di più alla presente specie, ma — 132 — per la forma generale della conchiglia e particolarmente pel suo um- bone molto più inclinato ne diversifica fortemente. Per certi suoi caratteri e specialmente, appunto, per la forma, la specie friulana ricorda piuttosto certe varietà della C. syrena, che il Sacco ha illustrato come provenienti dall’Oligocene del bacino padano, e tra esse specialmente la var. subtypica. Anche da questa però si può riconoscerla per l’ umbone meno sporgente e pel margine posteriore meno rostrato. La specie è dedicata al prof. R. DoUuviLLÈ, conoscitore anche del Terziano Veneto, morto in Francia per la causa della libertà dei popoli. Distribuzione. — Tortoniano superiore: Ponte di Flagogna in Friuli (coll. Tellini). Prisiprum cfr. imanicum Locard var. Dep. et Sayn. (Tav. IV, fig. 14a-b) 1901. Pisidium idanicum var. DePERET et SAyn. Faune fl. terr. Cucuron, pag. 122, tav. I, fig. 17-18. , De] D Il Pisihum del Veneto rassomiglia assai, per la forma alta inequi- laterale e per la statura alla varietà miocenica di questa specie; essa ad ogni modo appartiene indubbiamente allo stesso gruppo di Pis:d2um, con linee d’ accrescimento ben marcate, ma non formanti vere lamelle. Il vero P. idanicum Locard (') mi sembra però sensibilmente diverso, specialmente per il suo umbone assai più sporgente, rilevato e per la forma più bassa ed ellittica. Distribuzione. — La varietà di P. idanicum, cui ravvicino i miei esemplari, si trova nel Miocene superiore della valle del Rodano. Distribuzione nel Veneto. — Pontico: Marne di C. Molinetto in Val Lierza (coll. Dal Piaz). (1) Locarp. Lech. paleont. sur les dep. plioc. inf. de l’Ain. Ann. Ac. de Macon, pag. 24, tav. IV, fig. 10-11. — 133 — Fam. Isocardiidae IsocarpIa cor (L.) (Tav. III fig. 17a-b) 1847. Isocardia molevensis. CAtuLLO. Cenni sopra il terr. di sedim. sup. delle Prov. venete. 1861. Isocardia sp. Pirona. Cenni geogn. Friuli, pag. 290. 1862. Isocardia cor. HoeRNES. Foss. Moll. tert. Beck. Wien, pag. 163, tav. XX, fig. 2. 1869, Isocardia sp. TARAMELLI. Sulla form. eoc. del Friuli, pag. 53. 1884. Isocardia cor. Rossi. Note ill. carta geol. prov. Treviso, pag. 155. 1900. —__ (um var.). Sacco. Moll. terz. Piem. e Lig. XXVIII, pag. 3-4, tav. I, fig. 1-6. 1903. Isocardia cfr. subtransversa. OppeNHEIM. Schioschichten, pag. 132. Tra gli esemplari friulani, che raggiungono spesso dimensioni con- siderevoli, ve ne hanno alcuni più allungati, come quelli della varietà subelliptica del Sacco : altri sembrano invece subquadrati e affini così alla var. mayeriana, che CoccoxI propose come specie. Come al PANTANELLI e al Sacco. a me sembra che nella specie vivente, assai variabile, possano rientrare benissimo le due forme, tutt’ al più come varietà diverse. OppPENHEIM indica negli strati argillosi della Meduna una /socardia cfr. subtransversa D’' Orb.: nessuno dei miei numerosi esemplari corri- sponde a questa specie, ben riconoscibile dalla /. cor per la presenza di lunula, per la carena posteriore e per gli umboni un poco meno svilup- pati: forse l’ OppENHEIM è stato indotto a quel confronto dall’ esame di qualche esemplare del tipo allungato, e simulante, per deformazioni subite, la presenza di una carena. Questa forma allungata dette nell'occhio anche al CATULLO, il quale cita più volte una /socardia dalle marne terziarie del Friuli e del Tre- vigiano, ed una volta vi accenna anzi con qualche particolare ('), di- cendo come tra Molevana e Castelnuovo si raccolga una “ Zsocardia, “che, per essere priva di strie longitudinali si distingue — egli dice — “ dall’Isocardia arietina di BroccHi, non meno che dell’ /. parisiensis di «“ DesHayEs. Si prenderebbe a prima giunta per una forte varietà del- « l’ Isocardia cor, ma confrontata con molti individui di quest’ ultima “ tratti dall’ Adriatico, mi apparì di forma più allungata, meno ventri- “ cosa, e affatto liscia. Propendo per ciò stesso a crederla una specie (!) CatuLLO. Zettera al co. Salina, 1844, pag. 8. — 134 — “ distinta, della quale si trovano esemplari egualmente bene conservati “ nelle marne di Valle Organa nell’ Asolano .... ,. In seguito questa Isocardia fa designata dal CaruLLO col nome di 7. molevensis. Ho ricercato invano, nelle Collezioni del Museo di Padova, gli esemplari d’/socardia del CATULLO; ma non dubito che si tratti di quella specie, che si raccoglie così abbondantemente in Friuli, poco lontano dalle località da lui indicate. La I. burdigalensis, che ha pure una forma allungata, sì distingue per la statura abitualmente assai più piccola, la forma più gibbosa ecc. ; così pure sono ben distinte dai nostri esemplari le /socardia del piano di Eggenburg, recentemente illustrate dallo ScHAFFER. Distribuzione. — Questa specie sì riscontra già nel Tortoniano, nella formazione argillosa di Gainfahren, nel Bacino di Vienna. In Italia si trova nel Tortoniano di Stazzano, ma è soprattutto comune nel Pliocene, Distribuzione nel Veneto. — Elveziano: Rio di Forgaria (coll. Marinoni). Dintorni di Forgaria (coll. Castelli, coll. Tellini). Ca’ Dant (coll. Stefanini). Riva sin. dell’ Arzino, di fronte a Casiacco (coll. Ste- fanini). Castelnuovo (coll. Bertolini). Celante presso la via di Vito (coll. Stefanini). Meduno (coll. Tellini). Rugo presso il Municipio di Meduno. Sezione della Meduna: strato 42 (coll. Stefanini). Cavasso (coll. Tara- melli e coll. Tellini). Rio della Fratta (coll. Stefanini). Marne di Rugo Brosa presso Polcenigo (coll. Stefanini). Una /socardia è segnalata dal CartuLLO fino dal 1842 a Molevana presso Castelnuovo. — Tortoniano: Stretta della Meduna presso Maraldi: strati 45 e 51 (coll: Stefanini). È citata ad Asolo dal Rossi. Fam. Cardiidae CARDIUM ACULEATUM L. 1899. Cardium aculeatum. Sacco. Moll. terz. Piem. Lig. XXVII, pag. 35, tav. VIII, fig. 9-11, 1911. ——_ Cossmann et Peyror. Conchol. néogen. Aquit., I, 3, pag. 476, tav. XX, fig. 28-29. Un esemplare un po’ più piccolo di quello figurato da Cossmanx et PevRor, ma pel numero e i caratteri delle coste ad esso in tutto corrispondente. Le spine sono scomparse nella fossilizzazione. Distribuzione. — Nel Miocene non trovo citata questa specie altro che in Aquitania. È comune nel Pliocene e ancora vivente. Distribuzione nel Veneto. — Tortoniano inferiore: Stretta della Meduna: strato 45 (coll. Tellini). CARDIUM DANUBIANUM May, 1862. Cardium hians. (non Br.). HoERNES. Foss. Moll. tert. Beck. Wien. pag. 181, tav. 26, fig. 1-5. 1866. Cardium danubianum. Mayer. Coq. foss. tert. sup., pag. 71. 1869. Cardium Schmidti (non Hoern.). TARAMELLI (pars). Sulla form. eoc. del Friuli, pag. 58 1881. ——_- (non Hoern.). TARAMELLI (pars). Spieg. carta geol. Friuli. Pavia, pag. 114. 1892. ——____- (non Hoern.). TeLLINI (pars). Deser. geol. della tav. Maiano, pag. 45. 21899. Cardium (Ringicardium) cfr. danubianum. Sacco. Moll. terz. Piem. e Lig. XXVII, pag. 43. tav. X, fig. 15. Sebbene questa specie sia rappresentata da modelli, la determina- zione mi sembra abbastanza sicura. Poichè il mio esemplare corrisponde molto bene alle figure di HoeRrxEs, che MayER considerò giustamente come specie distinta, adotto il nome da lui proposto di danubianum. Il TARAMELLI ravvicinava questo esemplare al C. ScAmidti, che però, a parte anche altre differenze di forma ecc., ha le coste assai fitte e prive di cordoni intermediari. Distribuzione. — Non rara nel Miocene del bacino di Vienna donde proviene il tipo (Hoernes). Il Sacco confronta con questa una forma dell’ Elveziano dei Colli Torinesi. Distribuzione nel Veneto. — Tortoniano inferiore: Dal Ponte dell’ Arzino a Forgaria: Rio Chiavrar (coll. Marinoni). Cava Ru presso Ceneda (coll. Dal Piaz). Altri esemplari dal Trevigiano nel Museo di Pa- dova. — Tortoniano superiore: Non è difficile che a questa specie possa corri- spondere quella indicata dubitativamente dal BaLEsTtRA come Cl. hians e proveniente dalle molasse e conglomerati di Col di Grado presso Bassano. Carpium KuxsrLERI Cossm. et Peyr. 1873. Cardium Darwini (non May.) Fischer et Tournover. Invert. foss. Leberon, pag. 145, tav. XX, fig. 9. 1911. Cardium Kunstleri. Cossmann et Peyvror. Conchol. néog. Aquit. I, 3, pag. 494, tav. XXI, fig. 28. Alcuni modelli interni, con ancora aderente parte del guscio. Per la grande statura, per la forma rigonfia, inequilaterale, molto beante — = e quasi carenata della conchiglia e per le rade coste acute, separate da ampi spazi pianeggianti, subconvessi, essi mostrano tali affinità col U. Darwini della valle del Rodano e di Aquitania, che non esito a iden- tificarli con quest’ultima specie, riserbandole però col Cossmanx il nome di C. Kunstleri. Distribuzione. — Elveziano di Aquitania e Tortoniano del Ba- cino del Rodano. ì Distribuzione nel Veneto. — Tortoniano inferiore: Rio Chiavrar, tra Forgaria e il Ponte dell’ Arzino (coll. Marinoni). — Tortoniano su- periore: Onigo - Curogna (coll. Secco). Fam. Ungulinidae DipLopontAa Sacyi Cossm. et Peyr. (Tav. IV, fig. 5) 1912. Diplodonta Sacyi. Cossmann et Peyror. Conchol. néogen. Aquit. III, pag. 626, tav. XXVI, fig. 86-37. Non essendo possibile in alcuno dei nostri esemplari osservare la cerniera, la distinzione rispetto a D. rotundata non può essere perfet- tamente sicura; tuttavia, la forma molto meno convessa delle valve sembra una ragione sufficiente per tale determinazione. Distribuzione. — Il tipo di questa specie è del Langhiano di Cestas in Aquitania. Distribuzione nel Veneto. — Langhiano: Calcare da cemento di Vittorio. Sopra il paese di Maren. Villabruna. Gresal (coll. Dal Piaz). Sez. della Meduna: str. 39 (coll. Stefanini). Fam. Lucinidae Lucina HoERNEA Desmoul. (Tav. IV, fig. 1 e 6) 1865. Lucina globulosa (non Desh.). HorRNES. Foss. Moll. tert. Beck. Wien, II, p. 223, tav. XXXII, fig. 5. 1901. Lucina globulosa var. Hoernea. Sacco. Moll. terz. Piem. Lig. XXIX, pag. 67, tav. XV, fig. 31-33. ; tav. XVI, fig. 1. 1901. Lucina globulosa var. perlunulata. Sacco. Ibid., pag. 67, tav. XV, fig. 34. Un esemplare di grandi dimensioni, ben corrispondente, sia per questo riguardo, sia per la forma e per tutti i caratteri della con- chiglia, alla var. perlunulata Sacco: | esemplare di Vittorio ne diffe- risce solo per essere un po’ allungato, Esso mostra tuttora le strie di accrescimento un po’ irregolari, e in certi punti ove la conchiglia è consunta, traspariscono le punteggiature della superficie interna. Il li- gamento esterno è benissimo visibile. Un secondo esemplare del Friuli, allo stato di modello, è soltanto ravvicinato alla ZL. hRoernea. Cossmann et Peyror (') hanno di recente distinto questa varietà dalla L. globulosa, elevandola al grado di specie. Distribuzione. — Nel bacino di Vienna questa specie è assai rara e proviene da Grussbach. Nel bacino padano il Sacco la cita, con sicurezza, solo nell’ Elveziano e nel Tortoniano, le citazioni dal Ton- griano e dal Messiniano essendo più o meno incerte. Distribuzione nel Veneto. - Langhiano: Calcari da cemento di Vittorio (Museo di Padova). Loripes Duyarpini (Desh.) 1870. Lucina Dujardini. HoeRNES. Foss. Moll. tert. Beck. Wien, pag. 235, tav. XXXIII, fig. 7. 1909. Lucina (Loripes) Dujardini. DoLLeus et DAuTzENBERG. Conchyl. Loire, I, pag. 242, tav. XVI, fig. 5-12. 1911. Loripes Dujardini. Cossmann et Peyror. Conchol. néog. Aquit. I, 3, pag. 642, tav. XXVI. fig. 68-69. Sebbene nei miei esemplari non sia visibile il cardine nè, comunque il lato interno della conchiglia, essi sì rivelano esattamente corrispon- denti alle figure di HoerxEs per la loro forma lenticolare, per il piccolo umbone, per l’ampia ma debole depressione posteriore, su cui la fine striatura si fa più marcata e fitta, e per la pur lieve depressione an- teriore: il guscio appare come liscio, e le fini strie concentriche, che la lente rivela, sono appena sensibili al tatto. Il Sacco (*) identifica questa specie col vivente Lor:pes lacteus (L), del quale la considera una semplice varietà. Anche il FoxTANNES (°), pur tenendo distinte le due specie, riguarda quella miocenica come un (1) Cossmanx et Perrot. Conchol. néogen. de lAquitaine, III, 1912, pag. 640-641. (2) Sacco. Moll. terr. terz. Piem. e Lig., XXIX, pag. 99. (3) Fonrannes. Moll. plioc. valléee du Rhòne et Rouss. II, 1874-1882, pag. 114. i age Loripes e accenna all'esistenza di alcune forme di £. leucoma che tendono verso la L. Dujardini. Per Bvuoquoy e DavrZENBERG (') invece la forma di transizione sarebbe rappresentata dal L. Savi De Stef., del Pliocene. Distribuzione. -— Il tipo della specie è del Miocene di Turenna. Nel bacino di Vienna si trova — non abbondante — nel Langhiano (Ebersdorf, Potzleinsdorf) e nell’ Elveziano (Grund, Voslau) in depositi sabbiosi (Hoernes). La specie sì trova altresì nel bacino Delfino-Pro- venzale, in Portogallo, nella Germania settentrionale, alle Azzorre (Dollf. et Dautz.). È rara nell’Oligocene del M. Promina in Dalmazia (Dainelli), rarissima nel Miocene del Parmense (Bagatta), ed è citata pure nel Langhiano di Calabria dal Secuenza. La L. Dujardini R. Hoern. di Ot- tnang sarebbe secondo il Sacco una specie diversa. Distribuzione nel Veneto. — Elveziano: Dintorni di Forgaria (coll. Castelli, Tellini). Rio di Forgaria (coll. Tellini). Celant di Vito d’ Asio (coll. Tellini)? La L. Dujardini è citata dal De GREGORIO ad Asolo. MirrHA IncRrassaTA (Dubois) 1911. Miltha incrassata. Cossmann et Peyror. Conch. neog. Aquit. II, pag. 654, tav. XXVIII, fig. 1-3. (cum syn.). Trattando della M. dellardiana, Cossmanx et PeyRoT pongono in ri- lievo le notevoli differenze che corrono tra queste due specie, diffe- renze che, riscontrate in parte, limitatamente allo stato di conserva- zione, sugli esemplari in esame, m’inducono a riferire questi ultimi alla M. incrassata. Distribuzione. — Specie dell’ Elveziano in Turenna e in Pie- monte, del 'i'ortoniano a Lapugy e a Péotzleinsdorf, dell’ Elveziano e T'ortoniano in Aquitania. Sopravvive anche nel Pliocene. Nel Miocene inferiore è rappresentata da una sua mutazione. Distribuzione nel Veneto. — Tortoniano superiore: Ad Est di M, Molime (coll. Tellini). Ponte di Flagogna (coll. Stefanini). (!) Bucguoy, DauTzENBERG et DoLLeFus. Moll. mar. Roussillon. 1887-1898, pag. 628. La GE MiILTHA ELLIPTICA Bors. 1901. Megasxcinus ellipticus. Sacco. Moll. terr. terz. Piem. Lig., pag. 71, tav. XVII, fig. 6-13. Alcuni esemplari, che, per la forma subquadrata, quasi equilaterale, con valve gibbose, con strie concentriche piuttosto irregolari, con area ligamentare larga, si rivelano appartenenti a questa specie. Alcuni esemplari sono tipici; uno sembra tendere verso la var. faurotransiens di Sacco. Distribuzione. — È specie citata solo nell’ Elveziano, Torto- niano e Pliocene del bacino del Po (Sacco). Distribuzione nel Veneto. — Langhiano: Vittorio (Museo di Padova). Dintorni di Sonego (coll. De Toni). MiLrHA CALLIPTERYX (Tournouer) (Tav. IV; fig. 2) 1874. Lucina callipterye. Tourxover. Journ. de Conchyl., XXII, pag. 306, tav. X, fig. 4. 1911. Miltha callipterye. Cossmanxn et Peyror. Conchol. néogen. Aquit. II, pag. 666, tav. XXVII, fig. 18-21. Sebbene nessuno degli esemplari mostri i caratteri del cardine, credo di poter attribuire a questa specie gli esemplari veneti, riconoscibili per la statura assai forte e per la forma subquadrangolare, trasversa, ine- quilaterale della conchiglia, per gli umboni piccoli e depressi, per l’or- namentazione costituita da lamelle rade, nei cui interspazi sono visi- bili numerose strie d’ accrescimento. Distribuzione. — Langhiano di Cestas e di altri luoghi in Aquitania. Distribuzione nel Veneto. — Langhiano: Di fronte a Casiacco (coll. Stefanini). Col Canil di Crespano (coll. Rossi). Villabruna (coll. Dal Piaz). Vittorio (Mus. di Padova). Dintorni di Sonego (coll. De Toni). -— Elveziano: R. Brosa presso Polcenigo. Sopra la Chiesa di Cavasso (coll. Stefanini). Dintorni di Forgaria (coll. De Gasperi). — 140 — PHÒÙacores BOREALIS (L.) (Tav. IV, fig. 3) 1870. Lucina borealis. HorrNes. Foss. Moll. tert. Beck. Wien, II, pag. 229, tav. XXXIII, fig. 4. 1881. —_- Fonrannes. Moll. plioc. Rhòne, II, pag. 107, tav. VI, fig. 18-19. 1901. Dentilucina borealis. Sacco. Moll. terz. Piem. Lig. XXIX. pag. 80, tav. XVIII, fig. 23-32. 1903-04. Lucina borealis. DoLLFUS, CortER, Gomes. Moll. tert. Portug., tav. XVIII, fig. 4. 1912. ——__ Cossmann et Peyror. Conch. néog. de 1’ Aquit. III, pag. 690, tav. XXVIII, fig. 47. Il contorno rotondeggiante della conchiglia, con la parte posteriore del cardine quasi rettilinea e quella anteriore un poco incurvata, ma ambedue formanti un angolo assai ampio, le tracce di lamelle sottili assal fitte ed equidistanti, la forma e i caratteri delle impressioni mu- scolari, il solco obliquo, in senso postero anteriore, già osservato dal Sacco in certe varietà di questa specie e l'interno della conchiglia punteggiato, come è carattere costante delle ZLucinidae, dimostrano la identità di questi esemplari con la L. borealis, che oggi si suole ascrivere al gen. Phacoides. Distribuzione. — Questa specie si trova nell’Elveziano dei Colli torinesi (Sacco), di Capo S. Marco in Sardegna (Parona), e del bacino di Crest (Fontannes); nel Tortoniano di Sardegna (Seguenza), di Staz- zano e S. Agata (Sacco), di Cacella ed altre località in Portogallo (D. C. G.), di Gainfahren, Steinabrunn ecc. nel bacino di Vienna (Hoernes). Nel bacino d’ Aquitania è nota nel Langhiano, nell’ Elveziano e nel Tortoniano. È poi frequente nel Pliocene e tuttora vivente. Sacco ne citerebbe una varietà oligocenica a Dego. Distribuzione nel Veneto. — Langhiano superiore: Presso Bisa a N. di Forgaria (coll. Tellini, coll. Stefanini). Celant di Vito d’Asio (coll. T'ellini). A occidente di Mosegnaz. Nel rugo sotto la chiesa di Meduno alla cascata : str. 41 (coll. Stefanini). Calcari da cemento di Ser- ravalle presso Vittorio. Calcari marnosi di Rolle (coll. De Toni). PuHÙacomes cfr. orBicuLARIS (Desh.) 1836. Lucina orbicularis. DesHAyEs. Expéd. scient. Morée, III, pag. 95, tav. XVII, fig. 6-8. 1901. Dentilucina orbicularis. Sacco. Moll. terz. Piem. e Lig. XXIX, pag. 78, tav. XVIII, fig. 14-22. Dopo lungo e paziente studio, parmi di dover confrontare con questa specie alcuni esemplari di Lucina, caratterizzati da un umbone — ldl — assai acuto, dalle lamelle concentriche molto rade e regolari, interca- late con strie pure concentriche ed assai rade. Per tali caratteri essi sì avvicinano dunque specialmente a quelli esemplari, che il Sacco ha figurato come var. paucilamellata. Distribuzione. — Elveziano e Tortoniano del Piemonte; Mio- cene medio dell'appennino; Tortoniano del Portogallo ecc. È poi co- mune nel Pliocene. Distribuzione nel Veneto. — Elveziano: Sezione della Meduna, strato 42; Runchis (coll. Stefanini). Rio di Forgaria; Buso presso Ca- siacco ; fornace di Arcoiaz (coll. Tellini). Cavasso Nuovo (coll. Tellini). Castelnuovo di Clauzetto (coll. Bartolini). PHacorpes coLumBELLA (Lamk,) (Tav. IV, fig. 4) 1825. Lucina columbella. BasteROT. Bass. tert. SO. France, pag. 86, tav. V, fig. 11. 1837. ——_______ Broxn. Lethaea geognostica, pag. 959, tav. XXXVII, fig. 15. 18545. ———_ AgassIz. Icon. coq. tert.. pag. 56, tav. XI, fig. 13-27. 1845. Lucina Basteroti. AGassiz. Ibid., pag. 58, tav. XI, fig. 1-6. 1845. Lucina candida. Agassiz. Ibid., pag. 59, tav. XI, fig. 7-13. 1865. Lucina columbella. HoerxES. Foss. Moll. tert. Beck. Wien, II, pag. 231, tav. XXXIII, fig. 5. 1901. Linga columbella. Sacco. Moll. terz. Piem. e Lig. XXIX, pag. 91, tav. XX, fig. 54-64. 1903-04. Lucina columbella. DoLLrus, CoTTER e. Gomes. Moll. tert. Port. tav. XVII, fig. 6-7.” 1909. Lucina(Linga)columbella. DoLLFus et DAUTZENBERG. Conchyl. Loire, pag. 251, tav. XVII, fig. 8-10. 1911. Phacoides (Linga) columbella. Cossmaxx et Perror. Conchol. néog. Aquit., I. 3, pag. 702, tav. XXVIII, fig. 64, 65, 71-14, 87-89. Ritengo coll’ HoERxES e con la maggior parte degli autori, che la L. columbella sia una specie assai variabile, particolarmente in quanto concerne l’ ornamentazione, costituita da strie più o meno sottili e fitte, che in alcune varietà possono raggiungere il grado di veri cingoli 0 lamelle; tali sarebbero quelle forme che AGassiz considerava come specie distinta, col nome di L. Basteroti Agass. e L. candida Eichw. Dei due esemplari friulani esaminati, uno ha dimensioni un poco più piccole di quelle solite a riscontrarsi nella ZL. columbella, ma, come questa, ha vere strie minute e molto ravvicinate. Nel cardine, al contrario, sembra avvi- cinarsi un po’ più alla var. Basteroti, sebbene i denti cardinali siano bene sviluppati relativamente ai laterali. Siamo insomma in presenza di una di quelle forme di passaggio, delle quali anche altri rilevò già l’esistenza. — 1422 — Un secondo esemplare, di statura alquanto maggiore, ha cingoli radi e appare ben corrispondente alla forma £Lasteroti, dalla quale sembra allontanarsi soltanto per la conchiglia un poco meno tumida e per la lunula alquanto meno ampia. Distribuzione. — In Aquitania la mut. Basteroti passa dall’Aqui- taniano all’ Elveziano; la mut. strictula dall’ Elveziano al Tortoniano. Nel bacino di Vienna questa specie sì trova nei diversi piani del Mio- cene (Hoernes), in Portogallo appartiene all’Elveziano e al T'ortoniano (D. C. G.), nel bacino del Rodano sì riscontra di rado nell’ Aquitaniano superiore un po’ più frequentemente nel Langhiano della costa di Carry (Fontannes). In Italia è rara nell’ Aquitaniano di Sardegna (Parona) e in Corsica a diversi livelli (Locard), piuttosto frequente nell’Elveziano dei Colli torinesi, nel Tortoniano di Stazzano, Montegibbio, ecc. (Sacco); sì trova anche nei diversi piani del Miocene in Calabria (Seguenza). Distribuzione nel Veneto. — Tortoniano inferiore: Meduno. Rio Chiavrar (coll. Tellini). R. HorRNES cita questa specie, come deter- minata dal FucÒs, nel Miocene medio della Valsugana. DivARICELLA DIVARICATA (L.) 1845. Lucina divaricata. AGaAssiz. Iconogr. coq. tert.. pag. 63. 1901. Divaricella divaricata var. rotundoparva. Sacco. Moll. terz. Piem. e Lig. XXIX, pag. 100, tav. XXIX, fig. 14-15. 1911. Divaricella (Lucinella) divaricata var. rotundoparva. Cossmanx et Peyror. Conch. néog. Aquit.. I, 3, pag. 713, tav. XXVIII, fig. 75-78 (cum syn.). Gli esemplari che attribuisco a questa specie sono riconoscibili per la caratteristica ornamentazione, costituita da strie oblique ed ondulate, obliquamente divergenti, con forti e rare strie concentriche d’ acere- scimento, per l’umbone poco sviluppato, per lo spessore relativamente notevole del guscio. Essi non sono però nè così numerosi nè così ben conservati, da permettermi di interloquire nelle questioni di sinonimia agitate in proposito dagli autori recenti. Distribuzione. — È specie elveziana e tortoniana (Aquitania, Portogallo, Piemonte ecc.) oltre che pliocenica ed attuale. Distribuzione nel Veneto. — Tortoniano superiore: Ad Est di M. Molime (coll. Tellini). -- 143 — Fam. Carditidae VENERICARDIA JovANNETI (Bast.) (Tav. IV, fig. 7) 1825. Venericardia Jouanneti. Basteror. Bass. tert. SO. France, pag. 8, tav. V, fig. 3. 1837. Cardita Jouanneti. GoLpruss. Petrefacta Germaniae, II, pag. 187, tav. 133. fig. 15. 1869. ——____ Tarametti. Sulla form. eoc. del Friuli, pag. 58. 1881. ——__________ Tarametli. Spiegaz. Carta geol. Friuli, pag. 114. 1992. ———_ TeLuni. Descr. geol. della tav. Maiano, pag. 45. 1899. Cardita (Magacardita) Jouanneti. Sacco. Moll. terz. Piem. e Lig. XXVII, pag. 9, tav. III, fig. 1. 1899. Cardita Jouanneti. De GrEGORIO. Foss. Forabosco et Romano ece., pag. 15, tav. II, fig. 14-15. 1903-04. ——_______ DotLrFus, CortERr e Gomes. Moll. tert. Port. tav. XIX, fig. 1; tav. XX, fig. 1-2. 1912. Venericardia Jouanneti. Cossmann et PeyRoTr. Conch. néog. Aquit., IT, p. 74, tav. III, fig. 1-6, 17-20. I miei esemplari, assai buoni, non raggiungono dimensioni molto note- voli, oscillando ordinariamente intorno ai 60 mm. di lunghezza per 55 mm. di altezza: essi hanno anche le coste abbastanza sentite e corrispondono alla forma tipica e alla var. pornderosa Cossm., diversificando un poco per questo carattere dalla var. /aeviplana. Il SAcco considera quest’ ultima soltanto come tortoniana, mentre invece la specie tipica apparterrebbe per lui solo all’Elveziano. Forse però le due varietà sono spesso associate : così il Museo di Firenze possiede varì esemplari portoghesi, tutti della stessa località, alcuni dei quali, i più grandi, corrispondono alla varietà laeviplana, gli altri sì avvicinano molto alla forma tipica e a quelli friulani. Distribuzione. — È una delle specie più comuni e caratteristiche nel Miocene medio -Elveziano e Tortoniano. Così la troviamo a tali li- velli in Portogallo, in Provenza (Visan, Cucuron), nel bacino di Vienna (interstrati argillosi del calcare della Leitha), in Aquitania, in Piemonte, in Sardegna. Le indicazioni del Pliocene sono rare e molto dubbie. Distribuzione nel Veneto. — Tortoniano inferiore: Costa- beorchia (coll. Stefanini). Rio Sievot presso Flagogua; Rio della Fratta presso C. Questa; Valle del Rio Chiavrar (coll. Stefanini e Tellini). Din- torni di Forgaria (coll. Castelli). A SE. di Oltrerugo (coll. Stefanini). Molino Mostacins e al Nord di Le Grave presso Castelnuovo del Friuli (coll. Tellini). Tra Pinzano e Manazzons (coll. Taramelli). Sezione della Meduna, strato 51 (coll. Stefanini). Questa specie è poi citata dal DE GreEGorIo a Romano e ad Asolo. = Fam. Unionidae Uxio rLaBeLLATUS Goldf. var. ProTTII var. n. (Tav. IV, fig. 8) Conchiglia margaritacea, crassa, ellittica, inequilaterale, rigonfia, di dimensioni assai notevoli: il meglio conservato dei miei esemplari raggiunge 60 mm. di altezza per oltre 105 di lunghezza. Umboni re- lativamente molto marcati, molto anteriori; margine fortemente ricurvo in avanti, leggermente sinuoso ed inflesso verso il mezzo, protratto e come caudato in dietro, in corrispondenza di una ottusa carena obliqua, che sì diparte dall’ umbone. La conchiglia presenta delle ondulazioni superficiali a guisa di grosse pliche concentriche, visibili specialmente nei punti ove essa è decuticolata. Verso l’ estremità posteriore si osservano alcune pieghe radiali, ondulate, disposte a ventaglio, le quali sì attenuano progressi- vamente e rapidamente sul margine ventrale. In avanti la superficie delle valve è ornata da fitte strie concentriche d’ accrescimento, che appaiono piuttosto grossolane e non molto regolari. Del cardine non sono visibili negli esemplari in esame, che due grossi denti triangolari della valva destra: il bordo cardinale è arcuato. Non vi ha dubbio, che siamo in presenza di una forma del gruppo di U. flabellatus Goldf ('). Questa specie presenta alcune varietà regio- nali, talora considerate come specie distinte, ma che il SANDBERGER, nella sua classica monografia (*) raccoglie come sinonime: Unzo Weteleri Dunk. della Germania meridionale e del Bacino di Vienna (*) e U. /la- bellifer Noulet (*) della Linguadoca. A queste va aggiunto l’ U. flabellatus var. cabeolensis Font. della Valle del Rodano (°) ed anche la var. arcvata di Turgovia, illustrata da MAaILLARD et Locarp (). (1) GoLpruss. Petrefacta Germaniae, II, pag. 112, tav. CXXXII, fig. 4. 2) SaxpBERGER FR. Land und Siissicasser Conch. der Voricelt, 1870, pag. 568, tav. XXX, fig. 1. (3) Dunker. Ueber in mol. Giinsburg vorkomm. Conchyl., 1851, pag. 162, tav. XXXI, fig. 25-26. — HoernEs M. Foss. Moll. tert. Beck. Wien, 1865, pag. 288, tav. XXXVII, fig. 4. (4) NouLer. Mem. coq. eau douce Sud France, pag. 184. : (3) Fonrannes. Etudes, VI, pag. 185, tav. III fig. 1-3. (9) Locarp. Mon. Mo!l. terr. tert. fluv. Suisse, 1892, pag. 237, (pars) tav. XI, fig. 16. — 145 — La forma veneta differisce alquanto da tutte le altre, eppure somi- glia loro talmente, che non mi pare possibile considerarla altrimenti, che come una sesta varietà. Dalla forma tipica, figurata da GoLpruss e da SANDBERGER differisce per la conchiglia più arrotondata e meno sfuggente in avanti, nettamente sinuosa al bordo palleale; dalla var. Wetzleri, cui questi caratteri la ravvicinerebbero molto, si riconosce per la mag- giore statura e per la forma apparentemente meno arrotondata, pro- tratta e quasi rostrata indietro. La var. cabeolensis è pure molto vicina alla nostra per la conformazione del lato anteriore del guscio, ma non mostra traccia della sinuosità ventrale. Invece nella var. arcuata tale si- nuosità è fortissima e l’ umbone molto potente. Data la grande variabilità individuale che le Unio sogliono pre- sentare, crederei fino inutile proporre per la forma veneta, così tipica- mente intermedia tra le altre, un nome nuovo, se queste non fossero appunto distinte con nomi speciali; i quali però non hanno altro ufficio. a parer mio, che quello d’indicare tutt'al più delle semplici razze locali. La var. subtrigona Noul. mostra invece differenze di forma assai spiccate, che sembrano ripetersi in bacini diversi. L'U. maximus Fuchs (') è specie nettamente distinta. Mancano in essa o sono pochissimo sviluppate le caratteristiche pieghe radiali poste- riori e, come le sue affini degli “ strati a Paludina,,, illustrate dal Pe- NEKE (*), essa ha un umbone molto meno rilevato e sporgente, di quello dell’ U. flabellatus e di tutte le sue varietà. Ciò non toglie che queste specie appartengano molto probabilmente ad un medesimo gruppo. La varietà veneta dell’ Unio fabellatus è dedicata al compianto Mons. AnxroxIo PrortI, soldato per la libertà con P. F. CaLvi, sacerdote illumi- nato e valente agronomo, al quale debbo gli esemplari tipici, che furono raccolti, con un dente di Dinotherium, in un fondo di sua proprietà ('). Distribuzione. — Pontico: (Ghiaie intercalate alle Molasse ad (1) Fucns TÒ. in Paut. Beitr. Kenntn. der Congerien-Schichten West-Slavon, pag. 256, tav. XII. (è) PenekE. Fauna der Slavon. Puludinen Schichten, pag. 98, tav. XVIII, fig. 1. (3) Talune notizie sulle località e circostanze di ritrovamento, nonchè sul valore cronologico e sulla distribuzione geografica dell’U. /labellatus si troveranno in: STEFANINI. G. Mamm. terr. mioc. Veneto. Mem. Istit. Geol. R. Univ. di Padova, vol. I, pag. 301. — ug — Helix). La Casetta presso Anzano nel Cenedese (coll. Protti). I tipi sì conservano nel Museo di Padova. Unro cfr. LorioLi Maill. et Loc, Ravvicino all’ UV. Lorioli una specie, che ha lasciato numerose valve nelle marne con ligniti del Trevigiano. È caratterizzata dalla conchiglia molto inequilaterale, con umbone debole e fortemente anteriore, arrotondata in avanti, posteriormente assai più alta e provvista di un rostro ottuso, corrispondente ad una lieve carena obliqua. La statura degli esemplari veneti supera di molto quella dei tipi svizzeri, variando da 42 mm. di lunghezza per 26 mm, di altezza, a 61 per 32 mm.; ciò che mi induce a ravvicinare e non identificare con essi le Unz0 in questione. Distribuzione. — La U. Lorioli è propria, in Svizzera, del così detto Oeningiano. Distribuzione nel Veneto. — Pontico: Banco di lignite a N. del M. Baldacchin (coll. Stefanini). Una forma apparentemente identica fu raccolta dal prof. PAMPANINI nelle molasse a filliti dei dintorni di Coz- zuolo, nel Trevigiano, Ord. TAXODONTA Fam. Nuculidae NucuLa MayerIi Hoern. 1865. Nucula Mayeri. HoerNES. Foss. Moll. tert. Beck. Wien, pag. 296, tav. XXXVIII, fig. 1 19192. ———_________tt Cossmanx et Pryror. Conchol. neog. Aquit., II, pag. 99, tav. V, fig. 21-24. Specie riconoscibile per la sua grande statura, per la forma sub- trigona, molto inequilaterale, obliquamente troncata ma un po’ acu- minata indietro, allungata e protratta in avanti. I caratteri distintivi relativi alla cerniera non son visibili nei miei esemplari. Distribuzione. — In Aquitania questa specie va dal Langhiano all’ Elveziano e al Tortoniano; nel Bacino di Vienna è frequente spe- cialmente nei depositi sabbiosi dell’ orizzonte di Grund. Sembra proba bile che debbano ascriversi qui anche alcune forme indicate dal Sacco come varietà della Nueula placentina. Distribuzione nel Veneto. — Elveziano: Rugo Mondel ad Est ia > dr = di Le Grave (coll. Stefanini). — Tortoniano: Sezione della Meduna presso Maraldi, str. 45 (coll. Tellini, coll. Stefanini). Fam. Ledidae LEDA FRAGILIS var. DELTOIDEA (Risso) 1898. Leda fragilis var. deltoidea. Sacco. Moll. terz. Piem. Lig. XXVI, pag. 54. tav. XI. fig. 44. 45. Un buon esemplare di piccola statura, forma scafoide, ovoidale ro- strata, mediocremente convessa, col lato anteriore di poco più corto del posteriore, che è molto acuminato, unicarenato. Bordo palleale assai regolarmente ricurvo, men curvo indietro; bordo supero-anteriore de- bolmente arcuato, bordo supero-posteriore marcatamente ricurvo. Um- bone subcentrale, non saliente. Strie concentriche regolarissime, sotti- lissime, continue su tutta la conchiglia. Parmi molto affine alla L. Bonelli Sacco, in sinonimia della quale cade, come il Sacco stesso avvertì, la L. nifida Hoern. non Br.; la specie del Sacco non sarebbe che una varietà, in parte liscia, della L. fragilis. Distribuzione. — La specie, con la sua varietà, è nota dal- l’ Elveziano e dal Pliocene in Piemonte, bacino del Rodano ecc. Sembra sia citata ora per la prima volta dal Tortoniano. Distribuzione nel Veneto. — Tortoniano inferiore: Sezione della Meduna, strato 45 (coll. Tellini). Fam. Arcidae Arca pivva Lamk. (Tav. IV, fig. 9, 10) _ 1842. Arca furgida. CarucLo. Catal. foss. Alpi venete. pag. 26. 1842. Arca affinis. CartuLLo. Ibid. 1861. Arca diluvii. Piroxa. Cenni geogn. sul Friuli, pag. 290. 1965. ——__ Hoenxzs. Foss. Moll. tert. Beck. Wien, pag. 353. tav. di. fig. 3, 4 1969. ——— Tarawetti. Sulla form. eoe. del Friuli. pag. 5S. 1ssì. ———_ Taravetti. Spiegaz. Carta geol. Friuli. pag. 114. 1883. Arca Fichtelopsis. De GrEGORIO. Espèces nouv. tert. Italie. 1SS4 Arca dilurii. Rossi. Note Carta geol. Treviso, pag. 154. 1992. ———— Tui. Descr. geol. tav. Maiano, pag. 45. 1898. Arca (Anadara) diluvii e var. Sacco. Moll. Piem. e Lig. XXVI. pag. 20. tav. IV. fig. (21. 1999. ————- fà Fiehtelopsis. De GrecorIo. Foss. Asolo et Romano, pag. 10. 1912. ——— Cosswannet Perror. Conch. néog. Aquit.. II. p. 149, è. VIII, fig. 3, 6; t X. fig. 53. Gli esemplari elveziani di questa specie presentano costantemente nel Veneto alcuni caratteri differenziali rispetto agli esemplari tipici — 148 — del Tortoniano e dei Pliocene: hanno cioè una forma più allungata, più inequilaterale e corrispondono così perfettamente a quella varietà, che il Sacco indicò come pertranstversa. Questa ha qualche carattere a comune con l’ A. corbuloides Mntrs.; ma io pure, come il Sacco, non trovo queste differenze sufficienti per tenerla distinta dall’ A. diluvi, come specie diversa, mentre dall’ A. Fic4teli, che pure la rammenta un po’, essa si distingue pel maggior numero delle coste, per la forma attondata posteriormente, più sfuggente in avanti, più inequilaterale, con umbone più eccentrico ecc. Il CatvLLO descrisse due specie di Arca raccolte al M. Molevana presso Castelnuovo del Friuli: Arca turgida e A. affinis. Io ho avuto la fortuna di esaminare nel Museo di Padova i tipi del CartuLLO, ed ho così potuto constatare che essi rientrano benissimo nella presente specie. L'A. affinis è rappresentata da un piccolo esemplare molto deformato; il tipo dell’ A. turgida, che credo opportuno figurare, è invece un esem- plare di dimensioni molto notevoli, straordinarie veramente rispetto a quelle osservate in altri campioni friulani, ma inferiori per quel che concerne ]’ altezza e poco superiori per la lunghezza, alle misure date come massime dal Sacco per l’ A. diluvii tipica. La differenza di rap- porto fra altezza e lunghezza è in relazione coi caratteri propri della varietà. Il De GreGORIO creò poi una A. Ficktelopsis per alcuni esemplari di Asolo, che, sia dopo un accurato studio delle diagnosi, sia in seguito all’ esame di esemplari provenienti dai dintorni di Asolo e da Bodelago e conservati nel Museo di Padova, ritengo identici a quelli friulani: il nome stesso, dati i rapporti dianzì posti in luce, fra la varietà friulana e lA. Fichteli, è nuovo argomento in favore di questa opinione. Le varietà pertransrersa Sacco e d'ichtelopsis De Greg. sarebbero dunque sinonime. Gli esemplari tortoniani e gli esemplari pliocenici sono invece tipici. Distribuzione. — È specie frequente nel Miocene medio di Ca- labria (Seguenza), nel Langhiano degli Abruzzi (Nelli), nell’ Elveziano dei Colli torinesi e nel Tortoniano di Popogna (Trentanove), di Staz- ni it rai 13 te zano, S. Agata e Montegibbio (Sacco) e di Ciminna in Sicilia (De Gregorio). Nel bacino di Vienna sì trova sia nelle sabbie di Grund, sia nelle argille di Baden e negl’interstrati marnosi dei calcari di Leitha (Hoernes): è nota anche nello schZier di Ottnang (Hoernes). In Aqui- tania è ormai stabilita la sua presenza sia nell’'Elveziano, sia nel Tor- toniano (Cossmann et Peyrot). È poi comune in tutto il Pliocene. Distribuzione nel Veneto. — Langhiano (?) : La specie è citata dal LoxeHI a Costalunga presso Bolzano e dal Rossi a Crespano. Nel Museo di Padova esistono esemplari di Vittorio (Serravalle) probabil- mente di questa età. — Elveziano: (var. Z?cAtelopsis) Molevana presso Castelnuovo del Friuli (coll. Catullo). Dintorni di Forgaria. Rio di For- garia (coll. Castelli, coll. Tellini, coll. De Gasperi). Dintorni di Cor- nino. A Sud di Cornino ; fra Cornino e Forgaria (coll. Tellini). Riva sin. dell’ Arzino di fronte a Casiacco. Fornace di Arcoiaz. A Sud di Mo- segnaz in regione Celante (coll. Stefanini). Buso presso Casiacco. Arcoiaz presso Casiacco (coll. Tellini). A N. di Zancan presso Travesio (coll. Ste- fanini). Sopra la Chiesa di Cavasso Nuovo e tra Cavasso Nuovo e Runchis (coll. Castelli. coli. Tellini, coll. Stefanini). R. Aguar. Rio presso il Municipio di Meduno e Rio della Fratta di Maniago. A NE. di Ma- raldi presso Fanna (coll. Stefanini). Sezione della Meduna str. 42 (coll. Stefanini e De Gasperi). Riva sin. della Meduna (Tellini). Vari esem- plari di Cavasso si trovano nelle antiche collezioni del Liceo di Venezia (coll. Mocenigo) e mi sono stati comunicati dal prof. De Toxr. R. Brosa presso Polcenigo (coll. Stefanini). C. Costalunga presso Rolle, Valle del Pra’ presso Vittorio e a Nord di C. Regalfare nel Trevigiano (coll. Ste- fanini). C. Michieli nel Bassanese (coll. Fabiani e Stefanini). Da questo medesimo orizzonte elveziano, che affiora presso il Tortoniano, è proba- bile provengano gli esemplari che servirono al DE GREGORIO come tipo della sua var. Fichtelopsis. — Tortoniano inferiore: (forma tipica) Sponde del torr. Meduna a Meduno, strato 45 (coll. Stefanini). Rio a Sud della strada Forgaria-Flagogna. A Nord di Le Grave presso Castelnuovo del Friuli. Frana ad Est di Oltrerugo (coll. Tellini). Cava Ru presso Ce- neda (coll. Dal Piaz). M. Altare (voll. Stefanini). Versante Nord di M. — 150 — Fagarè (coll. Stefanini). Contrada Cavaler presso Onigo (coll. Dal Piaz). Asolo (Museo di Firenze). Forabosco (Museo di Padova). È citata dal Rossi a Forabosco. — Pliocene: Cornuda (coll. Dal Piaz). Arca FicnreLIi (Desh.) 1865. Arca Fichteli. HorrNnEs. Foss. Moll. tert. Beck. Wien, pag. 329. tav. XLIII. fig. 1, 2; tav. XLIV, fig. 1. 1898. ————__ Sacco. Moll. terz. Piem. Lig., XXVI, pag. 23, tav. V, fig. 24. 1912. ——_________-+ vCossmann et Peyror. Conchol. néog. Aquit. II, pag. 156, tav. VIII, fig. 26-30; tav. X, fig. 62. I miei esemplari son poco numerosi e tutti frammentari, ma anche dai frammenti si può agevolmente rilevare la caratteristica forma molto rigonfia, non molto inequilaterale, caudata, della conchiglia; la sua grande statura, il forte numero delle coste fitte, poco rilevate, sottili, ma tuttavia più larghe degl’ intervalli e sensibilmente crenellate per l'incrocio delle linee d’accrescimento. Il Secco (in schedis) aveva deter- minato alcuni degli esemplari come A. Helvetica, specie che è infatti sinonima di questa. Distribuzione. — È specie frequente nell’ Elveziano di Aqui- tania, del Bacino di Vienna ecc. e nel Tortoniano di Portogallo e della Valle del Po. Distribuzione nel Veneto. — Tortoniano inferiore: Stretta della Meduna, strato 45 (coll. Stefanini). Molino Mostacins (coll. Stefanini). A Nord di Le Grave presso Castelnuovo del Friuli (coll. Tellini). Din- torni di Forgaria (coll. Castelli). Forabosco (coll. Secco). Ord. ANISOMYARIA S. ord. SUBFILIBRANCHIATA Fam. Mytilidae MyrILus AguITANICUS Mayer var. TARAMELLII n. var. (Tav. IV, fig. 12) Guscio di grandi dimensioni (lunghezza 140 mm. circa) di forma molto allungata, arcuata, rigofia. Umboni acuti, da cui si diparte una carena molto sensibile. Margine posteriore fortemente concavo; lato an- — 151 — teriore compresso, sottile, arcuato con margine costituito da due curve raccordantisi con un angolo assai sensibile. Strie d’ accrescimento un po’ irregolari. Nel Terziario medio sono note varie specie di grandi dimensioni : il M. Rissoi May., ben distinto per la sua forma corta, triangolare, di- latata: il M. Hadingeri Hoern., riconoscibile dal mio per le sue valve uniformemente rigonfie e i margini della metà inferiore del guscio subparalleli; e finalmente il M. aquitanicus May. allungato, ricurvo, ri- gonfio, assai simile per la forma ai Mitili friulani. Questo M. aquitanicus non è stato bene illustrato che molto recen- temente, nel 1909, da G. Dotrtrus ('). L’ esemplare da questo autore figurato è assai diverso dai miei: è più piccolo, relativamente più corto, meno arcuato, meno carenato. Però, da quanto ho potuto stabilire esa- minando gli esemplari dell’ Aquitania, che si conservano nella École des Mines a Parigi (coll. Deshayes) col nome di M. arcvatus Serr., e che il DoLLFUs si accorda a considerare come M. aquitanicus, e dallo studio degli esemplari tipici del MayeR da me esaminati a Zurigo, mi sembra evidente che questa specie dovesse avere una forma assaì va- riabile, e raggiungere una statura maggiore di quella del tipo di DoLLFTS. Ciò sembra confermato da recentissime figure di Cossmanx et Peyror (*). Ad ogni nmiodo, la forma generalmente più alta, più arcuata, più for- temente carenata, meno snella della conchiglia friulana basterà a distin- guerla, se non come specie nuova, almeno come una distinta mutazione della specie del Miocene inferiore d'Aquitania. M. aff. aquitanicus Font., pliocenico, è stato posto dal Sacco in sinonimia del M. scaploides, e in ogni modo è rappresentato da un cardine, poco significativo. La figura del Sacco rappresenta pure un frammento, al quale, per verità, i miei esemplari corrispondono, per quanto si può vedere. Il M. mache- linianus Math. è pure vicino alla varietà friulana; questa ne differisce alquanto per gli umboni più assottigliati, la conchiglia apparentemente (1) DoLLFus. Et. erit. cog. foss. Bardelais, 1909, pag. 23, tav. XV. (2) Cossmanx et PevroT. Conch. néogen. Aquitaine, II, 2, 1914, pag. 208, tav. XI, fig. 13-14. più rigonfia, più larga. Il M. scaphoides Brn., pliocenico, è subito rico- noscibile alla sua forma subcilindrica. Finalmente il M. suzensis Font. mi sembra più tozzo, con umbone meno assottigliato e margine più arrotondato, non angoloso. Il sospetto, che mi era venuto, che potesse trattarsi di individui vecchi, giganteschi, di quella specie, che ho indicato come M. /uscus (al quale questa si trova associata, e che ha vari tratti in comune con essa) sembra doversi escludere anche pel fatto, che le forme di grande statura non sono rare: non mancano, del resto, vari spiccati caratteri differenziali. Distribuzione. — Tortoniano: Rio Chiavrar (tra Forgaria e il Ponte dell’ Arzino) (coll Comancini, coll. Taramelli). MyrILUSs Fuscus Hoern. (Tav. IV, fig. 11) 1870. Mytilus fuscus. HoeRNES. Foss. Moll. tert. Beck. Wien, pag. 357, tav. XLV, fig. 15. 1898. ——- Sacco. Moll. terz. Piem. e Lig. XXVI, pag. 34. 1910. ———_____- ScHarrer. Miocin von Eggenburg, I, pag. 51, tav. XXIV, fig. 1-6. x E specie caratterizzata dalla sua conchiglia triangolare, con una sensibilissima carena angolosa tra 1’ umbone e il margine. Colorazione bruna, spesso conservata. Gli esemplari friulani corrispondono molto bene alla descrizione e alle figure dell’ HoeRNES, raggiungendo però non di rado statura assai più forte. Distribuzione. -— Abbondante nel Langhiano di Gauderndorf (sabbie gialle corrispondenti ai faluns di Saucats e di Léognan). Il Sacco ne ha descritta una varietà di piccola statura, la var. taurogracilis, nel- l’ Elveziano dei Colli torinesi. Distribuzione nel Veneto. — Tortoniano: Nella valle del R. Chiavrar (coll. Stefanini). Sponda sinistra del T. Meduna a Meduno, str. 45 (coll. Tellini, coll. Stefanini). MopIoLA sp. î Un piccolissimo esemplare giovane, con lato anteriore molto basso e corto e lato posteriore amplissimo, dilatato, alato. Per la forma ri- — 153 — corda la M. /onga Brn. figurata dal Sacco, ma, trattandosi di individuo giovane, la identificazione appare anche più difficile, anzi, per me asso- lutamente impossibile. Distribuzione. — Langhiano: A Sud di Ca’ Dant (coll. Stefanini). Fam. Anomiidae AxOoMIA EPHIPPIUM L. 1897. Anomia ephippium (cum var.). SAcco. Moll. terr. terz. Piem. Lig. XXIII, pag. 31, tav. X, fig. 1-13. 1903. ———____ var. orbiculata. OppENHEIM. Schioschichten, pag. 152. Un esemplare del Tortoniano superiore del Ponte di Flagogna ovale, poco convesso, liscio, con lievi strie radianti somiglia molto la figura che Sacco considera come pertinente alla forma tipica. Altri esemplari, langhiani, sono invece da riferire alle varietà orbicu/ata (Br.), ruguloso-striata e pergibbosa. Distribuzione. —- Specie estremamente polimorfa e comune in tutto il Neogene. Le varietà, nel Miocene inferiore di Eggenburg. Distribuzione nel Veneto. — Langhiano inferiore : (var. rugu- loso-striata, pergibbosa e orbiculata), Sezione della Meduna strati 24, 31, 33 (coll. Stefanini); Mieli (coll. Stefanini); Meduno (coll. Tellini); Colli di Fanna (coll. Marinoni); Forgaria (coll. Castelli). — Tortoniano supe- riore: (forma tipica) Ponte di Flagogna (coll. Stefanini). Axomia Hoerxesi Foresti (Tav. VI, fig. 3a-b) 1870. Anomia costata (non Brocchi). HoeRNESs. Foss. Moll. tert. Beck. Wien, pag. 462, tav. 85, fig. 1-7. 1879-82. Anomia ephippium (non L.). Fonrannes. Moll. pl. Rhòne, vol. II, pag. 217, tav. XIV, fig. 13. 1893. var. Hoernesi. FoREsTI. Enum. Brach. e Moll. Plioc. Bologna, pag. 395. 1897. ———- Sacco. Moll. terz. Piem. e Lig., XXIII, pag. 36, tav. X, fig. 36-38. 21897. Sacco. Ibid., XXX, pag. 139. 1899. ——__ De Grecorio. Foss. Forabosco et Romano, pag. 18. 1903-04. Anomia Choffati. DoLLrus, CortER e Gomes. Moll. tert. Portug., pag. 45, fig. 14. I meglio conservati dei miei esemplari lasciano vedere ancora le ‘coste rade, nodose, grossette, caratteristiche di questa forma, che il ForestI e il Sacco ritengono semplice varietà dell’ A. ephippium e che io credo assai distinta, per poter esser considerata come specie a sè. Il nome di A. Choffati D. C. G., che DoLLFus, CorteR e Gomes attri- 154 — buiscono ad una parte dell’ A. costata Hoernes (non Brocchi), deve ce- dere il posto a quello di A. Moernesi, che il FoRESTI propose dieci anni prima — come nome di varietà — per gli stessi tipi; molto più che le ragioni addotte dal ForEstI, che, cioè, a differenza dell’ A. costata, questa ha una ornamentazione caratteristica, non dipendente dalla forma del supporto, sono proprio le stesse che adducono anche i citati autori francesi. L° A. helvetica May., considerata dal Sacco pure come varietà dell’A. eplippivm, ha grandi affinità con la specie di cui si tratta. Distribuzione. — Elveziano dei Colli torinesi (Sacco) e strati marnosi del calcare di Leitha; di rado in strati più antichi, nel Bacino di Vienna (Hoernes). Elveziano e Tortoniano di Portogallo (Dollfus, Cotter, Gomes). Pliocene del Piemonte (Sacco), del Bolognese (Foresti), della Valle del Rodano (Fontannes) ecc. Il Rovereto cita nel Tongriano di Mioglia una specie, che sarebbe corrispondente a questa. Distribuzione nel Veneto. — Tortoniano inferiore : Sponda del torrente Meduna presso Meduno, str. 45 (coll. Tellini, coll. Stefanini) Cava Ru presso Ceneda (coll. Dal Piaz): Romano (coll. Dal Piaz e Secco); Curogna e Colle di Asolo (coll. Bolzon). — Tortoniano superiore: Tra M. Molime e Molimes (coll. Tellini): Forabosco (coll. Stefanini). S. ord. PSEUDOLAMELLIBRANCHIATA Fam. Aviculidae AVICULA PHALAENACEA Lk. (Tav. IV, fig. 13) 1889-92. Avicula tarentina var. Companyoi. FoxtANNES. Moll. plioc. Rhòne, pag. 144, tav. VIII, fig. 20. 1898. Avicula hirundo var. phalaenacea. SAcco. Moll. terz. Piem. e Lig. XXV, pag. 28, tav. VI, fig. 9-13. 1910. ——________tt Scarrer. Miocin von Eggenburg, pag. 45, tav. XXIII, fig. 1-3. 1914. Meleagrina phalaenacea. Cossmann et Perror. Conch. neog. Aquit., II, pag. 252, tav. XI, fig. 1-3. È una specie molto vicina alla vivente A. Xirundo, dalla quale converrà però tenerla distinta per la conchiglia più crassa. Il MAYER ed il Sacco hanno dimostrato che HoERNES non interpetrò bene questa specie, e ad una parte degli esemplari da lui figurati il MayER dette — 155 — il nome di Meleagrina Studeri. Per la sua conchiglia rigonfia, il mio campione sembra ricondursi specialmente a certi esemplari del Pliocene del RoussiLLon, noti col nome di A. tarentina var. Companyoi Font. ; i quali però mì sembrano poter rientrare in questa specie, come sem- plice varietà. Malgrado l avviso contrario del Cossyanx, io penso che questa specie sia tuttavia più vicina a Avicula che a Meleagrina. Distribuzione. — Langhiano del Bacino di Vienna (Schaffer). Elveziano dei Colli Torinesi (Sacco). Pliocene del Roussillon, del Pia- centino, dell’ Astigiano ecc. Distribuzione nel Veneto. — Tortoniano inferiore: Sponda si- nistra del torr. Meduna a Meduno (coll. Tellini). È citata da OppenHEn: nel Miocene inferiore (?) del Bellunese. Fam, Pinnidae Pixna pecTINaTA L. 1866. Pinna Brocchii. Horrxes. Foss. Moll. tert. Beck. Wien, pag. 372, tav. 50. 1898. Pinna pectinata. Sacco. Moll. terz. Piem. Lig. XXV, pag. 29, tav. VIII, fig. 1-6. Gli esemplari esaminati sono per solito ridotti ad un nucleo in- terno, al quale rimangono aderenti le lamelle più interne, margaritacee, della conchiglia: in uno o due, però, si osserva anche una parte del guscio con la sua superficie ben conservata. Distribuzione. — Intesa così largamente come vuole il Sacco, questa specie non ha grande valore cronologico, trovandosi, assai abbondante, a tutti i livelli dall’ Elveziano all’ attualità nel bacino piemontese (Sacco). Nel bacino di Vienna abbonda nel Tortoniano (Hoernes). Distribuzione nel Veneto. — Tortoniano: Sezione della Me- duna presso Maraldi, strato 45 (coll. Stefanini). Cava Ru presso Ceneda (coll. Stefanini, museo di Padova). — Pliocene : Cornuda. Individui di dubbia determinazione specifica. È citata da OppenHEM nel Miocene inferiore (?) del Bellunese. — 156 — Fam. Pectinidae Pecren FucHsi Font. (Tav. V, fig. 3) 1878. Pecten Fuchsi. Fonrannes. Etudes III, pag. ‘93. pl. III, fig. 3. 1992. ———_________tt Dprer et Roman. Mon. pectin. néog., I, pag. 12, tav. I, fig. 5-10 (cum syn.). Gli esemplari che attribuisco a questa specie sono assai più piccoli di quelli tipici (lungh. 23 mm., alt. 19 mm.) ed hanno un numero di coste variabile tra 16 e 18, cioè minore, spesso, di quello che sì osserva nel P. Fuchsi (18-19). Le coste sono larghe quanto gl’intervalli, e non più strette come resulterebbe dalla diagnosi di DePERET et Romax: dalle figure si rileva però che la differenza è minima. La costanza, con la quale si conserva la statura di tutti i miei esemplari mi fa escludere che siano giovani: deve piuttosto trattarsi di una varietà, forse in rapporto con la relativa profondità dell'ambiente in cui vissero. La statura potrebbe far pensare al P. arcuatus Br.; ma 7 gli esemplari friulani si distinguono dalla specie oligocenica EM non solo per il numero sempre minore delle coste, ma anche per la valva destra meno ricurva, per l’umbone meno prominente, per la forma più allungata e più bassa ecc. Anche il P. vezzanensis Oppenh. ha coste più numerose. Distribuzione. — È citata nell Elveziano in Spagna (Depéret et Roman), nella Collina di Torino (Sacco, Depéret et Roman), in Stiria (Hilber, Depéret et Roman). Nel Bacino del Rodano DePÈRET l’attribuisce all’ Elveziano; Have però colloca gli strati a Pecten Puchsi alla sommità del Langhiano. Distribuzione nel Veneto. —- Langhiano: Sezione della Me- duna: strato a grossi Pecten (coll. Tellini); strato 39 (coll. Stefanini): Rio Mizza presso Cavasso (coll. Taramelli). PecreNn Pseupo-BeupantI Dep. et Rom. Tav. V. fig. 6 e 11) 1870. Pecten Beudanti (non Basterot). HoerxEs. Foss. Moll. tert. Beck. Wien, II, pag. 399, tav. 59, fig. 1-3. 1902. Pecten pseudo-Beudanti. DePERET et Rowan. Monogr. Pect. néog., I, pag, 20, fig. 6, tav. II. fig. 3. 1908. ———__ UcotLini. Monogr. Pett. neog. Sard., III, pag. 205, tav. XXI, fig. 10. Sebbene un po’ rotti, gli esemplari in esame mostrano molto bene la forma rigonfia, espansa, ricurva propria della valva destra di questa specie. Essi hanno circa 14 coste rilevate. a_ profilo arrotondato. un po- chetto più larghe dei solchi che le separano: l’ orecchietta posteriore appare assai ampia, l’ anteriore è tagliata ad angolo retto, mostra al- cune leggere pieghe radiali e vi si scorgono nettamente delle sottili strie verticali, le quali però, nella parte più bassa dell’ orecchietta sì inflettono in dietro, facendosi sinuose e continuandosi poi sulla parte contigua della conchiglia. Quivi l’ornamentazione non è visibile nella maggioranza dei miei esemplari; ne restano solo lievissime traccie qua e là: uno di essi, però, per quanto mal ridotto per la forma ecc., lascia vedere benissimo due delle coste attraversate da sottili lamelle, mentre il resto appare nudo ; e questo dimostra una volta di più come la detta ornamentazione sia delicata, e rende anche più probabile la supposizione, che anche gli altri esemplari ascritti a questa specie possedessero effettivamente le caratteristiche lamelle. Attribuisco alla medesima anche una valva sinistra, rinvenuta nella stessa località donde proviene uno dei migliori esemplari di valva destra. Essa appare pianeggiante, leggermente concava verso l’umbone, con orli laterali rilevati, coi quali si fondono da un lato due, dall’ altro tre coste ravvicinate; oltre a queste la valva reca altre 12 coste a profilo rotondeggiante, separate da solchi un poco più grandi di esse, a fondo piano: solchi e coste sono ornati di numerose, sottili lamelle concentriche. Il P. Beudanti Hoernes venne da DepéRET et Romax separato dal P. Beudanti Bast. in base ad un certo numero di differenze, esposte già da quegli autori e poi più diffusamente commentate dall’ UGoLINI : tali SSN E differenze sembrano assai costanti e, comunque, le ho riscontrate anche rispetto ai miei esemplari. Più recentemente DePERET et Roman tenevano distinto da questa specie, un P. Blanchenhorni Dep. et Rom., d’ Egitto, che pure le è stra- ordinariamente vicino. La differenza principale sembra costituita dalla forma gibbosa della valva sinistra, carattere per il quale questa specie insieme col /. Ziziniae Blanckenhorn segnerebbe quasi un passaggio tra i Pecten tipici (gruppo del P. Beudanti) e le Chlamys (gv. Macro- chlamys Sacco, Inaequipecten Ugolini). Però è da osservare che le due valve non sono mai state trovate unite e per conseguenza è ancora lecito il dubbio. Limitandomi alla valva destra, le differenze consistono essenzialmente in ciò, che il P. Blanckenhorni ha un angolo apicale meno aperto, e, forse, un numero di coste un poco più piccolo (13-14 invece di 14-16). Per questo ultimo carattere specialmente la mia specie sì avvicinerebbe forse più al P. Blanckenhorni che al P. pseudo-Beudanti ; ma confesso che conservo qualche dubbio sulla validità della prima di queste due specie ; d'altra parte, se veramente le valve sinistre gib- bose, ritrovate insieme con essa, le appartengono, il ritrovamento di una valva sinistra pianeggiante e corrispondente al P. psevdo-Beudanti, insieme alle valve destre in esame, allontana di molto la probabilità che possa trattarsi della specie egiziana. Distribuzione. — È specie tipicamente pertinente al I Piano Mediterraneo : così il tipo appartiene ai “ Hornerschichten ,, del Bacino di Vienna (Hoernes), e in Persia (Fuchs) si ritrova allo stesso livello. In Sardegna la si osserva negli strati di Nurri attribuiti dal Lovisato al Bormidiano, dall’ UGoLINI però sospettati Elveziani. Distribuzione nel Veneto. — Langhiano: Sezione della Me- duna: sotto Preplans strati 31 e 33 (coll. Stefanini, Tellini) A SW di Cilia, strato glauconioso grossolano (coll. Stefanini). Di fianco a Mieli, nelle molasse glauconiose minute verdi cupe con echini (coll. Stefanini). ERRO — Pecren HoRrNENSIS Dep. et Rom. 1870. Pecten Rollei. HoerNEs. Foss. Moll. tert. Beck. Wien, II, pag. 400, tav. 59, fig. 4-6. 1902. Pecten hornensis. DEPERET et Roman. Monogr. Pectin. néog., pag. 27, tav. III, fig. 1. 21903. Pecten (Janira) aff. hornensis. OppenHEIM. Schioschichten, pag. 172. Alcuni esemplari di conservazione se non perfetta, discreta, mi sembrano dover esser ascritti a questa specie. La valva destra non è molto profonda, di dimensioni relativamente non grandi, di forma al- quanto obliqua: reca 14-15 coste un poco attondate verso l’ umbone, spianate e quasi rettangolari al margine, dove esse appaiono assai più larghe dei solchi. La valva sinistra pianeggiante, concava verso l'apice, ha orli rilevati e reca oltre 13 coste un poco attondate e nettamente più strette degli spazi interposti. Ambedue le valve appaiono ornate, tanto nei solchi quanto sulle coste, da fini e nette lamelle trasversali, delle quali solo poche traccie restano conservate. Come si vede, salvo qualche lieve differenza nelle coste della valva sinistra, che nei miei esemplari hanno un profilo meno angoloso, più attondato, del resto gli esemplari in esame corrispondono molto bene ai tipi di HorrnEs e di DePÉRET et Roman. Come si sa il P. Beudant, che ha qualche rapporto con questa specie, si distingue subito per la sua conchiglia più profonda e per la forma delle coste. Il P. bassanensis che OPPENHEIM (') considerava come strettamente affine al P. hornensis -—- conclusione che io ebbi il torto di accettare sulla fede di quell’ au- tore — ne differisce notevolmente secondo UGoLINI (*) che, seguito da DePÉRET et Roman, colloca invece quella specie nel genere Flabellipecten. Pongo, dubbiosamente, in sinonimia un Pecter di Schio ravvicinato a questa specie dall’ OprpeNHEIM, sembrandomi che il mio ritrovamento venga indirettamente a confermare quel ravvicinamento. Distribuzione. — È una specie piuttosto rara, caratteristica del Langhiano superiore, nel quale piano è stata trovata nel Bacino di Vienna a Horn (Hoernes). (1) OppENHEIM. Sopra due nuovi Pecten del Mioc. di Bassano, pag. 28 tav. I, fig. 2,22. (*) UgoLINnI. Monogr. Pett. neog. Sard., 1908, pag. 198. —- 160 — Distribuzione nel Veneto. — Langhiano: Sezione della Me- duna, strato 33 (coll. Stefanini, coll. Tellini). Colli di Fanna (coll. Ta- ramelli).. Come ho accennato, questa specie è indicata dubbiosamente a Schio, negli strati superiori di quel complesso (Oppenheim). Essa è citata anche dal De GrecoRrIO nel Tortoniano di Asolo, ma essendo specie più antica del Miocene medio, il riferimento appare dubbio. PECTEN VALENTINENSIS Font. (Tav. V, fig. 5) 1880. Pecten valentinensis. Fonrannes. Etudes, VI, pag. 162, tav. V, fig. 4-10. 1902. ——_______tt Drrer et Roman. Monogr. Pect. néog., I, pag. 31, tav. III, fig. 4-7. Sono tre soli esemplari, ma mostranti assai bene i loro caratteri ; uno di essi ha le due valve unite. La valva destra è mediocremente rigonfia, con apice molto ricurvo, uncinato, con 9-11 coste principali pianeggianti, quadrate, un poco più larghe dei solchi, e recanti per so- lito 4 costule longitudinali a profilo rotondeggiante, separate da inter- valli subeguali. Altre coste minori, con un solo solco mediano, sì ag- gruppano ai due lati. La superficie è ornata da tini lamelle concen- triche nettissimamente distinte, tanto sulle coste quanto nei solchi. La valva sinistra è pianeggiante, probabilmente poco o punto depressa verso l'apice, e reca almeno sette coste a profilo tondeggiante, sepa- rate da intervalli piani, larghi circa il doppio delle coste. Ciascuna di queste è suddivisa longitudinalmente da un solco mediano: i margini laterali sono ornati da una specie di cercine, costituito da coste radiali secondarie, riunite in due fasci, ma in parte ancora distinguibili. La superficie anche di questa valva è adorna delle solite lamelle concen- triche. Orecchiette grandi, con lamelle verticali e 3 o 4 costule radiali : l'anteriore destra sinuosa. Margine cardinale diritto. Le forme alle quali conviene paragonare prima di tutto la presente, sono quelle del gruppo del P. Jacobaeus, e tra queste, specialmente il P. Grayi Micht.. che è però ben distinto. Il P. grandiformis Ugolini si ri- conosce pure assai bene sia per ì caratteri della valva sinistra, che ha gl’ intervalli provvisti di costule intercalari, sia per quelli della valva — 161 — destra, che nella specie pliocenica è più rigonfia, meno fortemente ri- curva ecc. Le specie del gruppo del P. Aoc/hi sono tutte molto diverse, sia pei caratteri delle costule, sia pel numero maggiore delle coste nella valva destra, sia per la forma stessa del guscio. DeperET e Roman hanno descritto e figurato una varietà costulata del P. Beudanti Bast., che merita di essere strettamente confrontata alla nostra; dalla quale sembra però differire pel maggior numero delle coste, per l'apice meno ricurvo, per gl’intervalli mediani, separanti le due coppie di costule, più larghi e per la forma più espansa e dilatata della conchiglia: la valva sinistra di questa varietà del P. Leudanti sembra non essere conosciuta. Gli esemplari in esame corrispondono invece molto bene al /. va- lentinensis : un confronto istituito col tipo di Autichamp (Dròme) figu- rato da DepbeRET et Roman e da me esaminato nel Museo di Lione, mi ha perfettamente confermato, insieme all’ autorevole parere del Ro- MAN, in questa convinzione. L’esemplare francese sì differenzia solo per le sue coste un poco più quadrate e per le costicine leggermente più marcate. Il Pecten Bonelli, che il Dr ALESSANDRI (') descrisse come varietà del P. Grayi, non è invece probabilmente, che una varietà del P. valenti nensis ; esso sì distingue per l’ umbone della valva destra meno ricurvo e per le coste della valva sinistra alquanto più larghe e più numerose. Distribuzione. — Langhiano medio della Dròme (Fontannes). Distribuzione nel Veneto. — Langhiano: Molasse cerulee di Preplans, presso Meduno (coll. Taramelli). Sezione della Meduna, strato a grossi Pecten (coll. Tellini). Sezione della Meduna: str. 24 (coll. Stefanini). Proren JossLIincI Smith. 1902. Pecten Josslingi. DePERET et Roman. Mon. Pectin néog. I, pag. 41, tav. V, fig. 3-5 (cum syn.). Attribuisco a questa specie un esemplare unico di valva destra, in parte ridotto a modello, ma in parte col guscio conservato e che (1) De ALESSANDRI. La pietra da cantone di Rosignano e Vignale. 1897. — 162 — mi pare corrisponderle bene in tutti ì caratteri di forma, statura, nu- mero delle coste ecc. Distribuzione. — È specie del Langhiano in Portogallo, in Provenza, nella Dròme e probabilmente anche in Egitto e in Armenia, a detta di Derkrer e Roman. In Provenza e nel Bacino piemontese appare anche nell’ Elveziano inferiore. Distribuzione nel Veneto. — Langhiano: a NE. di Basèi in Friuli. Pecren PAULENSIS Font. (Tav. V, fig. 10) 1878. Pecten paulensis. FONTANNES. Etudes, III, pag. 84, tav. II, fig. 2. 1902. ——___ Drpérer et Roman. Mon. pect. néog., pag. 45, tav. V, fig. 7. 1903. ——__- Uconini. Pett. nuovi terz. it., pag. 90, tav. VII, fig. 3. 1908. ———_____ UcoLini. Monogr. pett. Sard., III, pag. 213, tav. XXV, fig. 1 (sinonimia). Gli esemplari di valva destra da me raccolti, uno dei quali in condizioni particolarmente buone di conservazione, corrispondono bene ai tipi, per la debole convessità della valva, il cui umbone, poco ri- curvo, non oltrepassa il margine cardinale e per le 16-18 coste pochis- simo marcate, obliterate verso il margine e sui lati, assai larghe e se- parate da intervalli stretti. L’ornamentazione è nulla: lungo il mar- gine palleale le irregolari strie concentriche d’ accrescimento si rendono sensibili. Quello degli esemplari che ho sopra ricordato come meglio conservato degli altri, e che è quello figurato, apparisce assai allungato, causa una deformazione subìta. Secondo il parere concorde di DePÈRET et Roman e di UGOLINI, le maggiori affinità di questa specie sono col P. benedictus Lmk., da cui essa differisce essenzialmente per la curvatura assai minore della valva destra e per l’ obliterazione delle coste, e del quale si potrebbe considerare come una forma estrema. Ai precedenti è forse da aggiungere anche un esemplare di valva sinistra, frammentario. È una grande valva, debolmente concava, con una diecina almeno di coste rilevate, spianate, separate da profonde depressioni intercostali a sezione curva, larghe un po’ meno delle coste. Quest’ ultimo carattere, a dir vero, non coincide troppo bene con — 163 — quanto sì osserva nel P. pavlensis, che, secondo il FoxranNneEs ha, nella valva sinistra, coste un po’ più strette delle depressioni intercostali. Distribuzione. — È specie, per quanto fino ad oggi si sa, non molto diffusa. Il tipo è del Langhiano medio (molassa marnosa) del bacino del Rodano (Fontannes). È però probabile si estendesse anche a livelli più elevati: io medesimo ne ho raccolto un esemplare nel banco a Scutelle di Sausset. L’ esemplare dell’ UGoLini è del Capo S. Marco in Sardegna, dove sono segnalati dal Paroxa depositi Tor- toniani. Il P. cfr. paulensis Sacco delle colline torinesi non sembra corrispondere perfettamente al tipo, non solo per la statura, ma prin- cipalmente per le coste, che appariscono assai ben marcate. Distribuzione nel Veneto. — Langhiano: Sezione della Me- duna : strato di calcare spatico, n. 18 (coll. Stefanini). R. Susaibe presso Andreis (coll. Stefanini) ? Valva sinistra tra La Fratta e Casèra Cau- lana (coll. Marinelli). PecTEN apuNcus Eichw. (Tav. VI, fig. 6a-b) 1870. Pecten aduncus. HoerNES. Foss. Moll. tert. Beck, Wien. pag. 401, tav. LIX, fig. 7-9. 190205. ——___ DepERET et Roman. Monogr. Pectin. néog. pag. 49 e 94, tav. VI, fig. 5-6: tav. VII, fig. 1. Un buon esemplare di valva destra, ben riconoscibile per le sue 16 coste lisce, assai ravvicinate tra loro, ben marcate ma depresse e pianeggianti al margine, Orecchiette piut- tosto piccole, -umbone molto saliente. ( Mancando la valva sinistra è impossibile control- lare il più importante tra i caratteri di questo gruppo : tuttavia la determinazione mi pare sicura. La specie era determinata è schedis come P. benedictus, ma da questo si può riconoscerla per le coste più ravvicinate, meno nettamente distinte in principali e secondarie, a sezione angolosa, e per l’ umbone più saliente. Distribuzione. — È specie caratteristica del Miocene medio in Austria (sabbie di Dornbach e calcare Fig, 8. — 164 — della Leitha), in Francia (mollassa di Cucuron), in Algeria (?) ecc. In Italia (Casaglia e Castellina in prov. di Pisa) sale forse un poco più alto. Distribuzione nel Veneto. — Tortoniano: Dintorni di Cu- rogna (') (coll. Secco). FLABELLIPECTEN Incrassatus (Partsch) (Tav. VI, fig. 2) 1897. Pecten Besseri. Brives. Foss. mioc., pag. 6, tav. I, fig. 1-2. 1900. Pecten incrassutus. OppeNHEIM. Il Mioc. di Verona, pag. 94. 1908. Flabellipecten incrassatus. UGoLINI. Monogr. Pettin. Sard., pag. 195, tav. XXIII, fig. 3-4. 1910. —_ Deperer et Roman. Monogr. Pect. néog. pag. 122, tav. XIV, fig. 1-2; tav. XV, fig. 1-2. 1915. Pecten (Flabellipecten) inerassatus. FABIANI. Miocene colline Verona, tav. I, fig. 1. Il riferimento degli esemplari di Verona a questa specie fatto da OpPENHEIM è esatto, le due valve destre di Verona es- sendo perfettamente tipi- che, come sì rileva anche dalle figure; le conclusioni cronologiche sono invece di- scutibili, data la distribu- zione cronologica di essa. La specie infatti, è dif- fusa in tutto il Miocene, dal Langhiano (Leognan, Spa- gna), all’Elveziano (Vienna, Lisbona, Aquitania, Creta), fino al Miocene superiore Fio. 9. marino (Algeria). Distribuzione nel Veneto. — Langhiano: S. Leonardo presso Verona (coll. Fabiani). Altri esemplari del Museo di Padova, della me- desima provenienza, appartengono a vecchie collezioni. (1) Il villaggio di Curogna; a destra del Piave, giace sulle alluvioni presso alcune colline for- mate di strati del Miocene inferiore, ma il fossile è incluso in una sabbia gialla, simile a quella del Tortoniano e deve provenire dalle falde settentrionali del M. Fagarè, che in linea retta dista da Curogna 2 km. circa. - — 165 — FLABELLIPECTEN FRATERCULUS (Sow.) 1878. Pecten vindascinus. FonrannEs. Etudes III, pag. 100, tav. V, fig. 3. 1908. Flabellipecten vindascinus. UGoLINI. Mon. pett. neog. Sard. III, pag. 197, tav. XXIV, fig. 1-2. 1910. F/abellipecten fraterculus. DePERET et Roman. Monogr. pectin. néog. II, pag. 127, tav. XVI, fig. 1-3. Una valva destra in parte rotta, ma in apparenza riferibile a questa specie sia per la forma della conchiglia, sia pel numero delle coste principali; queste sono liscie e a sezione quadrangolare, special- mente verso il margine palleale, dove esse tendono ad allargarsi molto rapidamente. Il FI. incrassatus, che in fase giovanile può avvicinarsi alquanto a questa specie, come è dimostrato da alcune figure di DepERET et Ro- MAN, si riconosce per le coste meno dilatate al margine, per l’ umbone meno prominente, formante un angolo più ottuso ecc. Il P. bassanensis Oppenh., il cui tipo è stato meglio illustrato da DépPERET et Roman è, come già dimostrò l’ UcoLINI, un /labellipecten ; il ravvicinamento al P. follei fattone dall’ OppeNHEIM è dunque infon- dato ed io ebbi torto altra volta di fidarmi troppo di quanto l’autore stesso aveva scritto in proposito. Il confronto col 7. fraterculus mì pare invece giustificato, sebbene non sia stato fatto da altri: il £. bassanensis sembra si possa riconoscere pel minor numero delle coste, forse anche per qualche differenza di forma, che però non è facile a controllare, essendo il tipo del Veneto deformato. Il /7. bassanensis pro- viene da strati probabilmente langhiani, certo assai più antichi di quelli del Tortoniano, cui appartiene l'esemplare in esame, da me at- tribuito al //. fraterculus. Un frammento di valva sinistra piano-convessa, con coste piuttosto rade accidentalmente diseguali, separate da intervalli alquanto più larghi delle coste e ornata da lamelle concentriche, può probabilmente riferirsi alla stessa specie. Distribuzione. — È specie frequente nel bacino atlantico eu- ropeo (Langhiano, Elveziano e Tortoniano) come pure, agli stessi li- velli, nel bacino mediterraneo, dove è generalmente nota col nome di — 166 — P. vindascinus. Così è citata nella Francia meridionale, in Spagna, nei Colli Torinesi, in Algeria, al Marocco ecc. Distribuzione nel Veneto. — Tortoniano: Forabosco. Asolo (coll. Secco). FLABELLIPECTEN BURDIGALENSIS (Lamk.) (Tav. V, fig. 4) 1865. Pecten solarium (non Auct.). ScnaurotH. Verz. Verstein, Cob., pag. 200, tav. XVI, fig. 2. 1870. Pecten burdigalensis. HoerNESs. Moll, tertitir. Beck. Wien, pag. 418, tav. 65. 1894. Pecten deletus var. solariopsis. De GREGORIO. Foss. envir, Bassano, pag. 26, tav. IV, fig. 92. 1896. Pecten burdigalensis. Loncui. Della pietra da coti bellunese, pag. 41. 1897. Amussiopecten burdigalensis. SAcco, Moll. terz. Piem., Lig. XXIV, pag. 53, tav. XV, fig. 1-7. 1901, ——____ De ALEssanprI. Note geol. paleont. Acqui, pag. 99, tav, VI, fig. 8. 1903. Pecten burdigalensis. OppeNHEIM. Schioschichten, pag. 166, tav. X, fig. 3. 1907. Amussiopecten burdigalensis. UGoLINI. Mon. Pett. neog. Sard. II, pag. 235. 1908. ———_- Tragucco. Foss. strat. età calce. Acqui, pag. 386, tav. XIII, fig. 1, 3-4; tav. XIV, fig. 1. 1912. Flabellipecten burdigalensis. DEPERET et Roman. Monogr. Pectin. néog., pag. 148, tav. XXI, fig. 1-2; tav. XXIII, fig. 1-3. 1914. Pecten (Amussiopecten) burdigalensis. Cossmann. Conch, néog. Aquit., II, 2, pag. 290, tav. XIV, fig. 18-21. I vari esemplari raccolti mi sembrano assai bene corrispondenti al campione tigurato da OppeNHEIM e ad un altro di Bocca di Manzano nel Bassanese (Museo di Padova). Veramente quasi tutti questi esemplari hanno una forma assai più dilatata, di quel che si osservi nella maggior parte delle figure ad es. del Sacco, rappresentanti questa specie : tuttavia la larghezza del guscio è uno dei caratteri notati nella diagnosi; e d'altro canto i caratteri rimanenti — come il numero e la forma delle coste, che sì attenuano e svaniscono quasi verso la regione marginale della conchiglia, la forma bassa delle orecchiette, l’ampio angolo apicale ecc. — corrispondono pienamente : credo dunque di potere accettare senz’ altra discussione la determinazione dell’ OPPENHEIM e in questa opinione mi conferma l'esame di un altro esemplare, dei colli torinesi, conservato a Firenze. Un esemplare — valva destra — di Andreis è più tipico, essendo meno dilatato. Questa forma si riconosce dal P. Pasini Mngh. — il cui tipo è — 167 — stato di recente nuovamente figurato dall’ UGoLIini —- per la statura normalmente maggiore, per la forma meno inequilaterale della con- chiglia, per l’ angolo umbonale più ampio, meno acuminato, per la forma diversa delle orecchiette e delle coste e per qualche altro carat- tere, che già OPPENHEIM rilevò. Tra i miei esemplari alcuni, di dimensioni piuttosto grandi, pre- sentano specialmente nella parte periferica della conchiglia (valva si- nistra) delle fitte e sottili costicille radiali spinulose, come sì vede nella var. spinosella del Sacco. Alcune di queste costicille rimontano lungo le depressioni intercostali, più o meno verso l’ apice. Le dimensioni di alcuni esemplari veneti sono le seguenti: I î ; a & I II | II Es. di Bocca Esemplare | Dimensioni le ano sales CERA di Manzano di 0 heim | | (valva destra)| (valva sin.) | (valva sin.) | (valva destra) | t! Oppenheim| SER Lunghezza . .| 65 mm. 102 | 104 b4 67 | | || ' Altezza? Wo... 55 (0.85) 85 (0.83) | 88 (0.85) | 47 (0.87) 52 (0.78) | | Del resto, in vari Musei francesi e particolarmente a Parigi in quelli dell’ École des Mines e della Sorbona ho potuto vedere che gli esemplari dell'Aquitania corrispondono bene a quelli italiani e presen- tano analoghe variazioni, per ciò che riguarda la larghezza delle valve e la presenza di costicille spinulose : mentre d'altro canto DePéRET et Roman hanno avuto tra mano, per confronto, non solo un esemplare dei Colli Torinesi, ma anche uno di Cava Brocchi nel Bassanese ; e ambedue sono sembrati ai due distinti paleontologi di Lione, ben cor- rispondenti al tipo francese, Distribuzione. — Questa specie è propria, tipicamente, dell’ Aqui- taniano e del Langhiano nel SW della Francia (Cossmann), nel Ba- cino del Rodano e in quello del Danubio (Depéret et Roman). Questi ultimi autori ne estendono la distribuzione all'Elveziano in grazia dei reperti italiani : non a ragione, però, poichè Cava Brocchi e gli strati di Schio appartengono indubbiamente al Miocene inferiore. Altrettanto dicasi delle località piemontesi, i calcari di Acqui, di Rosignano e di — 168 — Vignale resultando appunto langhiani, in base agli studi più recenti. Il P. burdigalensis appartiene insomma, dappertutto, al primo piano me- diterraneo o Miocene inferiore. Distribuzione nel Veneto. — Aquitaniano: S. Nicolò di Pia- nezze (coll. Canestrelli); Bocche di Manzano (Mus. di Padova); Bocca di Serra: Castelcies (coll. Secco), Val Gorgana (coll. Stefanini). È ci- tata anche a Schio, Creazzo, S. Libera di Malo, Cava Brocchi e Do’ Santi e a Vezzano nel Bellunese, dall’ OppexHEIM. Di Schio è l’ esem- plare figurato da ScHauROTH col nome di P. solarium. In sinonimia è posto infine anche il P. deletus var. solariopsis De Greg. di Cava Brocchi, che l’ OPPENHEIM considerava in blocco, insieme ad altre varietà di P. deletus De Greg. (non Auctor.), come sinonimo di Pecten Pasinii. — Langhiano : Sezione della Meduna : strati 33 e 34 (coll. Stefanini). Strato a Pecten presso Casasola. Rio Susaibe presso Andreis (coll. Stefanini). È citato dal LoncHI a Costalunga nel Bellunese. FLaBELLIPECTEN Pasini (Mngh.) (Tav. V, fig. 7) 1857. Pecten Pasinii. MenEGHINI. Paléont. Sardaigne, pag. 791, tav. II, fig. 13. 1865. Pecten boueiformis. ScaauroTH. Verzeichn. Verstein. Coburg, pag. 201, tav. XVII, fig. 1. -1894. Pecten deletus (non Micht.). De GREGORIO. Foss. envir. Bassano, pag. 26, tav. IV, fig. 91, 93, 94 (non aliae). 1899. Pecten Pasinii. ScaarreR. Fauna Monte Brione, pag. 661, tav. XVII, fig. 1-3. 1900. ——__- NELLI. Foss. mioc. appenn. Aquil., pag. 394, tav. IV, fig. 2-3. 1903. OpPENHEIM. Schioschichten, pag. 162, tav. IX, fig. 2-3; tav. X, fig. 1. 1907. Amussiopecten Pasinii. UGoLINI. Monogr. Pett. neog. Sard. II, pag. 239, tav. XXI, fig. 5. 1908. ———__ Fagiani. Paleont. dei Colli Berici, pag. 148. 1912. Flabellipecten Pasinii. DEPERET et RoMAN. Monogr. Pectin. neog.. pag. 155, tav. XXIII, fig. 6-7. È la specie classica del piano di Schio. Gli esemplari tipici sono molto ben caratterizzati: grande statura, umbone prominente, formante un angolo molto acuto con lati curvi, escavati, forma estremamente inequilaterale, con margine palleale sfuggente in avanti, ampiamente esteso indietro, coste — una quindicina — molto marcate e rilevate. Questi caratteri — aggiungerò subito — non sono molto costanti: già lo rilevò l OppENHEIM. Una minuta e regolare ornamentazione squamu- losa, fitta, marcata, può venire ad aggiungersi, e si riscontra in esem- sua: 09; — plari che per tutti gli altri caratteri appaiono assolutamente tipici. L’OpPpPENHEIM ne dette una figura, rappresentante un esemplare del Vicentino. Le coste possono, d’altra parte, farsi meno marcate un poco eva- nescenti verso il margine, e si ha allora una tendenza a passare verso il P. Koheni, che potrebbe forse considerarsi come una mutazione lan- ghiana di questa specie. Un esempio di queste forme di transizione al P. Koheni mi è noto dalla Cava Brocchi a S. Giorgio, per un cam- pione della collezione Secco. Finalmente la forma della conchiglia può farsi meno inequilate- rale, più dilatata, con angolo più ottuso del tipo specifico medio, e si passa al P. Vinassai, al quale DepgRET et Romawn hanno infatti riferito alcuni esemplari di Monte Brione e di Schio, che lo ScHAFFER consi- derava giustamente come Pecten Pasinu. Sebbene i citati esimii paleontologi di Lione abbiano avuto tra mano anche i due esemplari veneti dello ScHarrER — l'età dei quali non è però certamente del secondo piano mediterraneo! — non sembra che essi conoscano a fondo la specie degli strati di Schio. Questa è illustrata da OppenHEIM e fu identificata col P. Pasinii dal MENEGHINI stesso, autore di questa specie. In sinonimia della quale cade, anche secondo l’ OppenHEIM, il P. bouciformis Schaur. di Schio e una parte del P. deletus (non Micht.) De Gregorio. Il tipo medio di questo gruppo di labellipecten prevalentemente langhiani (P. Koheni, P. burdigalensis, P. Vinassai) è il P. Pasini: non è dunque meraviglia ch’esso si trovi ad un livello un poco più basso, di quello dove tali specie assumono il loro maggiore sviluppo. Distribuzione nel Veneto. — Aquitaniano : Schio, Creazzo, Sar- cedo, Valmarana, Montecchio Precalcino ecc. (coll. Fabiani). S. Nicolò di Pianezze (coll. Canestrelli). Cava Brocchi a S. Giorgio e S. Michele nel Bassanese (coll. Secco). Valle Organa (coll. Secco). A Schio, Cruccolo, Do’ Santi, resulta l’ esistenza di questa specie in base agli studi di ScHauRoTH, De GREGORIO, OPPENHEIM ecc. -— ee FLapeLLIPECTEN KonexI (Fuchs.) 1876. Pecten Koheni. Fucus. Badner Tegeln Malta, pag. 3, tav. I, fig. 1-2. 1882. —_ Hiceer. Conchyl. Ostgaliz. Miocin, pag. 32, tav. IV, fig. 10-11. 1899. —_ Ucouni, Pettin. aren. mioc. Rossano Cal., pag. 107, tav. VI, fig. 1. 1900. —— NeLLI. Foss. mioc. Appenn. Aquil., pag. 393, tav. IV, fig. 4. 1908. Amussiopecten Koheni. UGoLINI. Monogr. Pettin. neog. Sard. III, pag. 19, tav. XXII, fig. 1-6; tav. XXIII, fig. 1-2 (cum syn.). 1912. Flabellipecten Ugolinii. DereRET et Roman. Monogr. Pectin. néog. II, pag. 160, tav. XXIII, fig. 5. Ho esaminato tre soli esemplari adulti di questa specie. Uno di questi, di Casiacco, è bivalve, frammentario. Ambedue le valve appa- iono egualmente poco convesse : la destra ha un margine laterale po- steriore liscio, percorso da due sottili coste radiali, assai distanziate, e porta inoltre non meno di 12 forti coste larghe quanto i solchi, ben nette e distinte verso l'apice, alquanto più deboli verso il margine, che è come ondulato. Le strie d’ accrescimento sono ben visibili. Nella valva sinistra si notano pure due costole secondarie poste- riori, alle quali se ne aggiungono almeno 12 di quelle principali. Queste sono un po’ meno nette e sentite delle consimili coste nell’altra valva, e mostrano molto bene la loro suddivisione in varie costoline, e pre- cisamente tre per ogni costa. Verso l’umbone, queste costule sono so- stituite da altrettante serie regolari di papille, dovute probabilmente all’ incrocio con le strie d’ accrescimento : in ciascuno dei solchi si 0s- serva una costolina intercalare. Due valve sinistre identiehe a quella ora descritta ho anche raccolto ad Andreis, Gli altri due esemplari adulti, uno dei quali è frammentario, pre- sentano una conchiglia leggermente inequilaterale, biconvessa, lentico- lare. La valva destra presenta verso l’umbone alcune fitte pliche, delle quali non è possibile determinare il numero, data la cattiva conserva- zione di quella parte del guscio : nella parte centrale del guscio e nella zona palleale, delle coste non rimane che una leggera traccia, Le orec- chiette sono piuttosto alte, il margine cardinale è corto, dentellato e forma un angolo ampio ma sensibile. La valva sinistra è quasi pianeg- giante, debolissimamente convessa, ed è ornata da circa 15 pliche sot- tili e ben marcate presso l’ apice, ma che, a poco più che !/s di distanza fra l’apice e il margine sì allargano, si appiattiscono e spariscono quasi completamente : l’angolo apicale non è molto grande e i suoi lati sono piuttosto incurvati, per modo che l’ estremità dell’ umbone è assai as- sottigliata ; le orecchiette sono eguali fra loro e formano un margine cardinale perfettamente dritto. Come individui giovani della medesima specie credo poi di dover considerare parecchi piccoli esemplari, provenienti dalla medesima lo- calità e dai medesimi strati di quei due già mentovati, ai quali sono collegati mediante una serie di esemplari di dimensioni intermedie. Essi hanno conchiglie alte, relativamente corte, un poco più inequilaterali dell’ adulto: recano pure 14-15 coste assai ben marcate presso |’ um- bone, poi più larghe e deboli, ma sensibili fino al margine. Questi esem- plari somigliano molto a quelli figurati dal Sacco come giovani di P. burdigalensis, ma ne differiscono per la forma un po’ più inequilaterale, più alta. Del resto la strettezza di rapporti tra il P. loheni e il P. bur- digalensis Sacco fu già posta in evidenza dal NELLI, ed io non posso che confermarla; si tratta però di affinità, non di identità, come ho potuto persuadermene, confrontando a Firenze esemplari adulti delle due specie, provenienti gli uni da Malta, gli altri dai Colli torinesi. Le figure tipiche del FucHs rappresentanti il P. Moheni di Malta e la sua descrizione hanno dato occasione a qualche osservazione cri- tica. Già l’ HiLBer faceva notare che il FucHs aveva preso la valva si- nistra per la destra e viceversa: l’UGoLIiNI pure confermò che in tutti i suoi esemplari la valva munita di squammule e di costicine costali e intercalari è la superiore, e si distingue, anche per la forma più ri- gonfia e pel margine cardinale dritto, dalla valva inferiore, più piana, a coste liscie, a margine cardinale angoloso. ‘Ora, se sì esaminano le figure del FucHs, si vede subito che tutte e due le valve figurate hanno qui margine cardinale angoloso, e questo carattere è più spe- cialmente visibile nella valva con ornamentazione costale : così che sembra evidente che le figure di FucHs debbano essere in qualche parte inesatte. | Fortunatamente il NELLI figurò già un neotipo di Malta, la cui identificazione col P. Aoheni fu a torto impugnata dall’ OppeNHEIM ('); questi infatti dimenticava, a quanto pare, la provenienza di detto neo- tipo e dimenticava altresì che il NELLI aveva espressamente rilevato la grande variabilità di quella specie. Di questa variabilità ha poi dato prove l’ UgcoLINI, illustrando copiuso ‘materiale di Sardegna, e distin- guendo fra quei suoi esemplari due forti varietà, coesistenti con la forma tipica e ad essa collegate per graduati passaggi: una di queste varietà mostra una tendenza al più forte sviluppo delle spine nella valva sinistra, l’altra è caratterizzata da un minore sviluppo delle costicine costali, e dalla mancanza delle spine e delle costicine intercalari. A quest’ ultima appartiene il neotipo del NELLI; ed io, esaminando a Fi- renze quello stesso ed altri esemplari maltesi, ho potuto convincermi, che analoghe variazioni si riscontrano negli individui di questa pro- venienza. Apparisce dunque strano, che anche dopo tante dimostrazioni, DepéReT et Roman insistano nel dubitare della identità del tipo a coste costulate e sranulose, con quello a coste liscie ed evanescenti, cui riser- bano il nome di 7. Ugolini, dal momento che esiste tutta una serie di forme di passaggio dall’ una all’ altra, e il NeLLI ha figurato da Malta esemplari a coste liscie. Distribuzione. — È specie del Langhiano, tanto a Malta (Fuchs; esemplari del calcare a (G/obigerina nel Museo di Firenze) quanto in Calabria, in Sardegna (Ugolini), nell’ Appennino Aquilano (Nelli) e in Galizia (Hilber). Distribuzione nel Veneto. — Langhiano: Presso la chiesa di Meduno (coll. Tellini). Arenarie tenere e interstrati marnosi nella se- zione della Meduna e alla destra del rio Mizza orientale, affluente della Meduna, strato n. 39 (coll. Stefanini, coll. Tellini). Di fronte a Ca- siacco (coll. Stefanini). (1) OppenHEIM. Ueder Ueberkipp. von S. Orso, das Tert. des Tretto ecc. pag. 166. L' OPPENHEIM dubita anche dell'identità del P. Koheni Ugol. di Calabria con la specie (Ibid. pag. 155, nota 3); ma credo che, dopo l’ultima già citata pubblicazione dell’ UGoLINI, non restino dubbi in proposito. — 173 — AMUSSIUM CORNEUM Var. DENUDATA (Reuss). (Tav. V, fig. 8) 1867. Pecten denudatus. Reuss. Foss. Fauna Wieliezcka, pag. 139, tav. VII, fig. 1. 1883. ———____- Secco. Note geol. Bassanese, pag. 20. 1883. Pecten corneus. Secco. Ibid., pag. 20. 1883. Pecten suborbicularis (non Miinst). Secco. Ibid., pag. 20. Oltre all’A. cristatum, di cui appresso, nel Veneto si ritrova sebbene raramente, anche un secondo Amssium, di più modeste dimensioni, con guscio liscio anche internamente e orecchiette molto piccole, ta- gliate obliquamente in modo, che l’area cardinale viene ad essere molto ristretta. La forma è alta, inequilaterale. L’OppexHEIM cita nel Veneto il P. placenta — che è per lui solo una varietà del P. burdigalensis — e il P. cristatus, mettendo in dubbio tutte o quasi tutte le citazioni del P. denudatus da questi ter- reni: forse però aveva ragione R. HoeRxES, che nel bacino di Belluno indicò ambedue queste specie: infatti nel Museo di Padova esistono vari esemplari di P. denudatus delle marne di Col Canil di Crespano, in uno dei quali ho potuto osservare la superficie interna del guscio, ondulata leggermente in senso radiale, ma in effetto priva di quelle di- stinte coste rilevate, che sono così caratteristiche del P. cristatus. D'altra parte, non mancano anche vari esemplari di /. cristatus, con le loro coste interne, della stessa provenienza. Così pure, nel medesimo Museo esistono campioni sia di P. denudatus sia di P. cristatus, tutti prove- nienti da S. Michele nel Bassanese. Distribuzione. — Comprendendo la specie in modo assai largo, come vuole il Sacco, essa non ha grande valore cronologico, poichè si troverebbe già nell’ Oligocene (Koenen) ed è citata nel Langhiano di Acqui (De Alessandri, Trabucco), nel Langhiano di Galizia (Reuss), di Austria (Hoernes), di Stiria (Hilber), nel Miocene medio di Sardegna (Ugolini) e di Piemonte (Sacco) ecc. Distribuzione nel Veneto. — Aquitaniano: Cava Brocchi e S. Giorgio (coll. Secco e Museo di Padova). — Langhiano: Sezione della Meduna sotto Preplans (primi strati del Miocene); a sinistra del tor- rente Meduna, strato 86 (coll. Stefanini). Col Canil di Crespano Ve- neto. Rio Gresal nel Bellunese (coll. Dal Piaz). È anche citata questa specie nell’Aquitaniano a Tarzo in Val Ma- reno (Rossi), presso Lamosano nell’Alpago (Taramelli), a Tisoi nel ba- cino di Belluno (Hoernes). AMussIUM CRISTATUM (Brn.) (Tav. V, fig. 9) 1835. Pecten cristatus. GoLpruss. Petrefacta Germaniae, II, pag. 77, tav. 99, fig. 13. 1894. Pecten (Amussium) cristatum et var. cavabrocchiensis. De GREGORIO. Foss. envir. Bassano, pag. 27, tav. IV, fig. 101-104. 1897. Amussium cristatum. Sacco. Moll. terz. Piem. e Lig. XXIV, pag. 47, tav. XIII, fig. 30-31, tav. XIV, fig. 1. 1903. Pecten (Amissium) cristatum, OppeNHEIM. Schioschichten, pag. 170. 1907. —__ Ucotinr. Monogr. Pettin, neog. Sard. II, pag. 233. Sono da attribuire a questa specie numerosi esemplari, più o meno bene conservati e provenienti da diverse località, i quali presentano i caratteri particolari ad essa con tutta evidenza. Si sa che fino dal 1882 il FoxrANnNES staccava dal P. cristatus il tipo viennese di HoERNES, e lo teneva distinto col nome di P. bdadensis, identificandolo più tardi (') col P. subpleuronectes D’'Orb. Questo P. badensis non va confuso, come fu rilevato già da DePERET et Roman, col Pecten placenta di Fuchs. Ora i caratteri differenziali tra P. cristatus e P. badensis, per quanto riconosciuti anche dall’ autorità del Parona, non mi sembrano tutti egualmente validi: infatti, dall’ esame che ho potuto fare a Padova e a Firenze di alcuni esemplari pliocenici del P. cristatus resulta, che gli individui grandi di questa specie sono assai più lunghi che alti, come avviene nel P. bdadensis, ed hanno un margine cardinale della valva destra, formante un angolo non meno aperto, di quello che si osserva in quest’ ultima specie: quanto al numero delle coste interne, in un esemplare pliocenico alto 93 mm. e lungo mm. 101,5 ne ho contate 32, in un’ altro 28: ed una osservazione consimile fece già il NELLI (*). (1) FonTANNES Les terrains tert. marins de la cote de Provence. Paris, 1889, pag. 58. (*) NELLI. loss. mioc. App. Aquil., pag. 390. Non pare, dunque, che sì possa fare grande assegnamento su questi caratteri differenziali ; di caratteri validi sembra insomma non riman- gano che i seguenti : il P. badensis ha margine cardinale relativamente assai più lungo, guscio più spesso, valve più ineguali. Ora, i miei esem- plari hanno guscio assai alto, sottile, obliquo e il margine cardinale, dritto nella valva sinistra, angoloso e crestato nella destra, sì avvi- cina assai più, per la sua lunghezza relativa, al P. cristatus, che al P. badensis. Ciò appare evidente dalla seguente tabella, la quale mostra altresì la poca importanza dell’ altezza relativa del guscio, come carattere dif- ferenziale fra queste due specie ('): SPECIE | Lunghezza Altezza ra | cardinale - Pecten subpleuronectes dell’Aquitaniano di Carry ra a lonm.. 79 mm. 73 (0.92) |mm. 46 (0.58) | | Tipo del P. cristatus Hoernes (P. badensis) | ., 80.5 |, 71(0.88) |, 37 (0.46) | Grande esemplare di P. cristatus Gourret | | eee, el, 90 » 84(0.93) |, 44.5(0.49) Brema irtalanio LI. °°. ci 5}: n 66.5(0.96) | ,, 27 (0.39) | Esemplare pliocenico di P. cristatus . . Rido 193091), |:,..38. (0,37) | | | Dalla tabella si desume che anche il /. cristatus Gourret delle Bocche di Rodano, o, quanto meno, l'esemplare da questo autore tigu- rato alla tav. VI, fig. 1, si avvicina molto, come egli stesso rilevò, al tipo di Hoernes, mentre sembra allontanarsene alquanto quello della fig. 4, tav. V. La superficie del guscio è in parecchi dei miei esemplari perfet- tamente liscia, coincidendo anche in questo coi caratteri della specie cui li ho attribuiti; alcuni di essi mostrano però, se guardati con una (!) Le dimensioni relative sono riferite alla lunghezza, presa come unità di misura. = e certa incidenza di luce, delle ondulazioni radiali, ciascuna delle quali corrisponde ad una delle depressioni pianeggianti della superficie in- terna, così che il loro numero e il numero degli spazi depressi con esse alternanti coincide con quello delle coste filiformi interne: queste on- dulazioni, che si osservano nei miei esemplari, appariscono però anche nelle fotografie del Sacco, rappresentanti esemplari pliocenici, e sono probabilmente dovute ad accidenti di fossilizzazione. Quanto al P. subpleuronectes D' Orb., io posso istituire il confronto grazie ad un magnifico esemplare che ne raccolsi nell’ Aquitaniano di Carry presso Marsiglia È una bella specie molto inequilaterale, che esagera, per quel che riguarda la lunghezza del margine cardinale, i caratteri del P. badensis. Detto margine è liscio, non cristato, nel cam- pione da me raccolto. L' identificazione del P. badensis col P. subpleu- ronectes appare dunque assai dubbia. Distribuzione. — Questa specie abbonda nel Pliocene, ma si trova già nei depositi del Miocene medio di Corsica (Locard) e di Sar- degna (Ugolini), nell’ Elveziano dei Colli torinesi, nel Tortoniano di S. Agata (Sacco). In Portogallo si riscontra parimente nel Tortoniano (DE Distribuzione nel Veneto. — Aquitaniano: S. Nicolò di Pia- nezze (coll. Canestrelli). — Langhiano: R. Mizza (coll. Stefanini). Col Ca- nil di Crespano (coll. Secco). Marne di Molinis di Forgaria (coll. Tara- melli). Basèi (coll. Stefanini). Calcari da cemento di Vittorio (coll. Mari- nelli). — Elveziano: Sud di Cornino; Sud di Ca’ Venier presso Cornino (coll. Tellini). Dintorni di Forgaria (coll. Castelli). Forgaria - Cornino (coll. Tellini). Ponte di Rizzot (coll. Stefanini). Arenarie marnose del Rio Brosa presso Polcenigo (coll. Stefanini). — Pliocene: Cornuda (coll. Dal Piaz). La specie è citata a Cava Brocchi da DE GREGORIO, a Crespano e a Castelcucco da OPPENHEIM. CHLamys TourxaLi (Serr.) (Tav. VII, fig. 1, 2) 1829. Pecten Tournali. SerRES. Geogn. terr. tert. Midi Fr.. pag. 263. tav. VI. fig. 1. 18567. ———________ Horxes. Foss. Moll. tert. Beck. Wien. pag. 398, tav. 58. fig. 1-6. 1SSI. Pecten cfr. Besseri (non Andr.). TARAMELLI. Spiegaz. carta geol. Friuli. pag. 112. 1897. Macrochlamys Tournali cum var. Sacco. Moll. terz. Piem. Lig., XXIV. pag. 35, tav. XI, fig. 11-15. 1906. Inaequipecten Tournali cam var. UGoLINI. Monogr. pett. neog. Sard.. I, pag. 193. tav. XII, fig. 2. 1906. Inaequipecten gibbangulatus. UcoLinI. Ibid., pag. 195. tav. XII. fig. 3. Attribuisco a questa specie diversi esemplari, alcuni dei quali molto ben conservati e tali, da permettere una determinazione del tutto sicura. Essi corrispondono bene a quelli figurati dall’ HoeRxEs e soprat- tutto a quelli indicati dal Sacco come var. subéiypica, ma. per quel che riguarda specialmente il profilo, anche al P. gibbangulatus Ugolini, avendo come essi guscio piuttosto rigonfio un poco inequilaterale e di grandi dimensioni, valva destra tumida, con umbone prominente e circa 11 coste principali, valva sinistra meno rigonfia, con profilo più irre- golare a causa della acciaccatura più o meno marcata dell’ umbone. e con 9-11 coste principali larghe presso a poco quanto i solchi; le coste laterali costituiscono dei fasci un poco rilevati rispetto al resto della conchiglia nella regione umbonale: orecchiette grandi, striate e formanti un margine cardinale diritto, anche nella valva destra. Conviene ora osservare, come in uno dei miei esemplari la costa principale mediana assuma una larghezza notevolmente maggiore delle altre, ed altrettanto avviene del solco che la fiancheggia in avanti. Ciò mi induce sempre più a credere, che anche l’ esemplare mo- strante un' ineguale sviluppo delle coste, osservato dall’ UGoLINI e da lui indicato dubbiosamente come tipo di una nuova varietà, var. psewdo- Tournali, non sia che un caso teratologico od anomalo che dir sì voglia. Inoltre ho notato che il grado di piegatura dell’umbone e l’an- golosità che in quel punto presenta di profilo la valva sinistra, è pure molto incostante nella sua entità, sì che, dei miei esemplari (trovati nella stessa località, gli uni accanto agli altri) taluno ha la valva si- nistra quasi del tutto priva di detta acciaccatura, mentre altri si ac- costano assai alla var. gibbangulata del Sacco : ma poichè gli esemplari +e tipici e quelli che mostrano queste variazioni provengono tutti da un unico strato di una stessa località, parmi preferibile ammettere un certo grado di variabilità nella specie, anzichè dividerla — poco naturalmente — in due. Non ho dunque creduto conveniente di tener distinto il P. gibbangulatus, che il Sacco istituì come varietà e che l’ UcoLixnI elevò al grado di specie; molto più che i due caratteri invocati — maggior convessità della valva sinistra e più profonda depressione dell’apice — non sarebbero, se mai, che una lieve esagerazione di alcuni tra i ca- ratteri più salienti del P. Zournali: ma, anzi, la figura di UGoLINI, rappresentante il profilo del P. gibbangulatus, paragonata col profilo del P. Tournali Hoernes (fig. 6) mostra all’ evidenza come questo, che è poi corrispondente, per l’ UGoLINI, alla specie tipica, sia più rigonfio e più angoloso del /. gibbangulatus medesimo. A parte queste riserve, e come appare già dalla sinonimia, io inter- petro questa specie — nelle sue linee generali — al modo stesso come già l’HoERNES, il Sacco, l’UGoLINI e con essi la maggioranza degli autori, tenendola cioè distinta dal P. solarium Lk., col quale invece il FucHs (!) e recentemente anche il BLanckENHORN (*) la vorrebbero identificare. Passando ora brevemente in rivista le specie affini a quella in esame, trovasi in primo luogo il /. Holgeri Gein., che mi sembra assai meno lontano dal P. Zournali di quanto pare all’ UGoLINI, ma che è tuttavia ben distinto, per la minore diversità delle due valve, per la forma meno rigonfia, per il minor numero e la maggiore ampiezza delle coste, ecc. Il P. Lovisatoi Ugol. sì riconosce per la sua conchiglia più inequilaterale, con valva sinistra incavata e coste obliterate verso l’ um- bone ; il P. arboreanensis Ugol. per la leggera impressione apicale con- cava e per la forma della conchiglia più inequilaterale e meno rigonfia : comunque, sono due specie molto affini al P. Tournali. Quanto al P. Ziziniae Blanckenhorn, che l’autore paragona special- mente con questa specie, a me sembra che le differenze siano assai considerevoli, specialmente per la più forte differenza nel rigonfiamento (1) FucHs. Mioc. Faun. Aegypt. u. lyb. Wiiste, 1883, pag. 30 e 57. (*) BLANCKENHORN. Neues 3. Geol. und Palaeont. Aegypt., 1901, pag. 123. — 179 — delle due valve, per i diversi caratteri delle coste nella valva destra e via di seguito. Queste differenze si applicano tanto al P. Ziziniae pro- priamente detto, quanto al P. Blanckenhorni Dep. et Rom. ('), che è stato costituito su una parte dei tipi di quello. Sebbene io non abbia potuto stabilire con sicurezza che l'esemplare citato dal TARAMELLI come Pecten cfr. Besseri sia quello frammentario di Fanna, da me esaminato, ritengo di poter porre senz’ altro in sinonimia quella citazione, considerando che il P. Zowrnali risulta, dopo una ri vista accurata e generale di tutti i materiali raccolti in Friuli, l’ unica specie di grandi dimensioni che vi sì riscontri accanto al P. burdigalensis. Se non a questa, ad una specie certamente molto vicina è da ri- ferire un bell’esemplare conservato nel Museo di Padova, e la cui pro- venienza sarebbe da Forabosco presso Asolo. Distribuzione. -— È specie comune nel Langhiano di Juvi- vignac presso Montpellier (Roman) e nell’ Elveziano inferiore di Plan d’ Aren (Museo di Marsiglia); in Portogallo si estende dal Langhiano inferiore al Tortoniano (D. C. G.), nel Bacino di Vienna si riscontra nel Langhiano ed Elveziano (Hoernes). L’Hoerxes lo cita altresì dal Miocene d’ Ungheria ecc. In Italia sarebbe diffusa dall’Aquitaniano, nel quale però apparisce rara ed è citata solo nei Colli torinesi (Sacco), al- l’ Elveziano, che sembra il periodo del suo maggiore sviluppo, e fino nel Tortoniano di Stazzano (Sacco). Abbonda in Piemonte (Sacco), al Monte Cedrone, nell’ Appennino centrale (Ugolini), in Sardegna (Ugolini), in Corsica (Locard), in Val di Cecina (Ugolini). Nella collezione del sig. Gexxevaux a Montpellier ho visto alcuni esemplari che mi parvero indubbiamente pertinenti a questa specie e che provengono dall’ Elve- ziano della regione. Distribuzione nel Veneto. — Langhiano: — Sezione della Me- duna : strato 33 (coll. Stefanini). Molassa glauconiosa di Preplans presso Meduno. Colli di Fanna (coll. Taramelli). Sezione del R. Storto (coll. Stefanini). Rugo tra Casasola e Poffabro (coll. Stefanini). (*) Cfr. anche: DEPERET et Roman. Monogr. Pectin. néogèn., 1905, pag. 80, fig. 35, tav. IX, fig. 3-5. —— Wli80= CHLAMyYs RESTITUTENSIS (Font.) (Tav. VI, fig. 1) 1870. Pecten latissimus (non Br.). HoERNES. Foss. Moll. tert. Wien, pag. 395, tav. 56 e 57. 1883-84. Pecten restitutensis. FontANNES. Sur une des causes de la variation ecc., p. 357, tav. XVI, fig. 1. 1906. Gigantopecten restitutensis. UGoLINI. Monogr. Pett. neog. Sard., I, pag. 188. 1915. Pecten (Gigantopecten) latissimus. FABIANI. Mioc. dint. Verona, tav. I, fig. 2. Questa specie, il cui tipo è del Langhiano della Dròme, è stata accettata oltre che dal NeLLI, dall’ UGoLINI, che ha incluso nella sino- Fig. 10. nimia di essa gli esemplari di Vienna illustrati da HorrNEs come P. latissimus. Con ciò alcune delle caratteristiche della specie — quali ad esempio le costule rare ed obsolete — perdono molto del loro valore. In cambio, l’UGoLINI dà importanza al numero delle coste — il quale serebbe maggiore nella specie di St. Restitut che in quella pliocenica — mentre il FoxranNES dice questo numero variabile in ambedue. — 181 — Varia, infine, la lunghezza del margine cardinale, le orecchiette essendo sviluppatissime non solo nelle forme mioceniche, come vorrebbe il Fox- TANNES, ma anche in certi esemplari del Pliocene, ad es. quello figu- rato dal Sacco ('). In conclusione, ad un minuto e paziente esame, parecchie delle differenze invocate per tener distinto un P. restitutensis dal P. latissimus, sfumano ; ciò che apparve anche al Sacco. Tuttavia il P. restitutensis, come accennano anche Cossmanx et Pey- ROT, è meno grande di statura, più inequilaterale ed ha una facies un po’ diversa, per cui ritengo che esso potrà essere conservato, almeno come varietà, se non addirittura come specie. L'esemplare comunicatomi dal FABIANI è in frammenti : quello da lui figurato e appartenente al Museo di Verona è pure rotto e non vi si pos- sono riscontrare i caratteri delle orecchiette. È una valva sinistra (Fig. 10) frammentaria, mostrante quattro coste principali molto nodulose con tre costule rade ma ben marcate per ogni spazio intercostale. Per la statura e per la forma, che, a giudicarne da quanto ne rimane, doveva essere assai inequilaterale, esso apparisce simile al tipo di FoxTANNES e a quelli di HoerxEs:; talchè se la Cl. restitutensis può essere con- servata, ad essa meglio che alla tipica C//. latissima deve essere attri- buito il grande Pecten di Verona. Queste considerazioni sono confermate dall’ esame di un esemplare bivalve esistente nel Museo di Padova e qui figurato nella tav. VI. Distribuzione. — Il tipo del P. restitutensis è del Langhiano della Dròme. La specie si conosce poi dal Miocene di Sardegna e del Bacino di Vienna. Distribuzione nel Veneto. — Langhiano: S. Leonardo presso Verona (coll. Fabiani). Altri esemplari, della medesima provenienza, sono conservati nei Musei di Padova e di Verona). (') Sacco. Moll. terz. Piem. Lig., XXIV, tav. X, fig. 1. — 182 — CÒramys cruccoLENSIS (De Greg.) (Tav. VII, fig. 4) 1894. Pecten palmatus var. simplex. De GREGORIO. Foss. envir. Bassano, pag. 25, tav. IV, fig. 88. (juv.). 1894. Pecten verrucopsis. De GrEGORIO. Ibid., pag. 26, tav. IV, fig. 89-90. (uv.). 1894. Pecten deletus var. bisdepressum. De GREGORIO. Ibid., pag. 27, tav. IV, fig. 95. (juv.). 1894. Pecten cruccolensis. De GREGORIO. Ibid., pag. 27, tav, IV, fig. 96. 1902. Pecten schiophilus. OprenHEM. Schioschichten, pag. 159, tav. VIII, fig. 7. L’OppPENHEIM fece già uno studio assai minuzioso di questa specie, per quanto riguarda le sue affinità con altre e il luogo che le compete nella classificazione. A parer mio è una Cklamys, e trova il suo posto come forma intermedia tra il gruppo della C//. latissima e quello a coste sottili e fini ornamentazioni della C%/. scabrella. Che siamo in presenza d’individui giovanili di una grossa specie, non sì può logicamente pensare, poichè gli esemplari dell’ OpPENHEIM insieme ai miei e a quelli del De GREGORIO formano un manipolo assai numeroso e nessuno supera una mediocre statura. Le caratteristiche principali di questa specie equivalve sono le sue grandi coste poco numerose, eguali 0 poco più larghe degli spazi intercostali, e provviste di una fine orna- mentazione squamulosa, dovuta all’incrociarsi di minute strie affpitt radiali con altrettanto minute strie concentriche. Il numero delle coste è stabilito da OPPENHEIM come pari a 9. La figura rappre- sentante l’ esemplare tipico ne mostra però 10 o 11 e 9-11 ne hanno anche gli esemplari da me esaminati. Ciò posto, parmi sicura la iden- tificazione di questo P. sehiophilus col P. cruccolensis De Greg., mentre accetto anche l’analoga identificazione di altre forme illustrate dallo stesso autore, suggerita già dall’ OppenHEIM medesimo. Si tratta evi- dentemente d’individui giovanili, taluno dei quali (P. verrucopsis) ha sole 7 coste principali. Come si vede, il numero delle coste è assai va- riabile, sebbene in generale piccolo, e oscilla attorno a 9. Uno dei miei esemplari più tipici, di valva destra, mostra le orecchiette diseguali, l’ anteriore incisa dal seno. bissale. — 1853 — Data la grande precedenza con la quale il De GREGORIO illustrò questa specie, credo doveroso accettare, in luogo di quello dell’ Oppex- HEIM, uno dei nomi proposti dal De GREGORIO medesimo; tra i quali preferisco quello di P. cruccolensis, che sì riferisce ad un adulto, mentre gli altri designano dei giovani. Distribuzione nel Veneto. — Aquitaniano: Schio nel Vicen- tino. Cava Brocchi a S. Giorgio nel Bassanese. S. Michele di Bassano (coll. Secco). S. Nicolò di Pianezze (coll. Canestrelli). L’ OppenHEIM in- dica questa specie a Do’ Santi, e a Castelcucco e Bocca di Sera nel- l’Asolano ; il De GreGorIo a S. Michele e a Cruccolo nel Bassanese. CHLAMYS PRAESCABRIUSCULA (Font.) (Tav. VI, fig. 7) 1878. Pecten praescabriuseulus. FonrannEs. Etudes, III, pag. 81, tav. III, fig. 1, 1903. ——___- (pars) OppenHEIM. Schioschichten, pag. 156, tav. VIII, fig. 6. 1910. ———____ ScHarrer. Miocin von Eggenburg, I, pag. 35, tav. XVI, pag. 6-9. Sebbene la forma più comune nel Veneto sia quella della quale tratto a parte, come di una varietà della CU/. praescabriuscula, tuttavia anche la forma tipica vi si riscontra, talvolta associata alla varietà, tal’ altra da sola. Si può riconoscerla sempre per la minore statura, per le coste più larghe e meno numerose, in numero cioè di 14-15. Nel tipo figurato da OppeNHEIM le coste sono però anche meno numerose. Distribuzione. — Nel bacino del Rodano e in quello del Da- nubio questa specie è propria del Langhiano. Distribuzione nel Veneto. — Aquitaniano: S. Nicolò di Pia- nezze (coll. Canestrelli). — Langhiano : S. Leonardo presso Verona (coll. Fabiani). Rio Susaibe presso Andreis (coll. Stefanini). — Elveziano in- feriore: Rio ad Ovest di Forgaria (coll. Stefanini). See CHLAMYS PRAESCABRIUSCULA (Font.) var. (Tav. V, fig. 2) 1878. Pecten praescabriusculus. FONTANNES. Etudes, III, pag. 81, tav. III, fig. 1. 1881. Pecten deletus (non Micht.). TarAMELLI. Spiegaz. carta geol. Friuli, pag. 112. 1903. Pecten praescabriusculus. (pars). OPPENREIM. Schioschichten, pag. 156. Di questa forma interessante ho potuto raccogliere ed esaminare un numero molto ragguardevole di esemplari, la maggior parte di dimensioni relativamente grandi, alcuni assal ben conservati, altri più o meno frammentari. Sì tratta di una conchi- glia sub-equivalve, inequila- terale, assai rigonfia negli individui adulti, più depressa nei giovani, con circa 16-18 coste a profilo rotondeggian- te, presso a poco eguali o di poco più strette degli spazi intercostali. La superficie è ornata di costule, le quali, in- Fig. 12. crociandosi con le linee d’ac- Chlamys praescabriuscula var. s ILA crescimento, originano delle Esemplari di S. Leonardo (Verona) serie di rilievi scagliosetti poco sentiti: in alcuni dei miei esemplari, nei quali ho potuto meglio contarle, queste costule sono cinque per ogni costa e tre per ogni solco, risultando così quelle dei solchi un poco più rade e più grossolane di quelle delle coste; e mentre queste ultime sono a un dipresso uguali tra loro, delle prime la mediana è alquanto maggiore delle altre. L'ornamentazione occupa, più o meno ridotta, quasi tutta l’esten- sione delle coste, fino all’apice. Le linee che limitano questo sono curve assai sentite. L’orecchiette sono di mediocri dimensioni e formano un margine cardinale dritto: la anteriore destra è nettamente incisa dalla insenatura bissale e si adorna di alcune costicille radiali. = 185 — Il gruppo delle CX/am:ys al quale queste nostre appartiene è costituito da parecchie specie, tutte straordinariamente vicine tra loro. Le diffe- renze che passano tra l'una e l’altra consistono spesso in caratteri minuti, probabilmente assai suscettibili di variazioni. Chi abbia osser- vato molti esemplari di CA/. opercularis, raccolti magari nello stesso mare, sa benissimo come il numero delle coste e quello delle costuline siano, entro certi limiti, assai variabili, e come non convenga fidarsi molto di simili caratteri; ma, sebbene varî fra gli autori che hanno trattato di queste forme, come ad es. il Sacco, l’OpPpeNHEIM, il CerULLI IRELLI, mostrino di essere entrati in questo stesso ordine d'idee, nessuno, ec- cetto DoLLrus, CortER e Gomes, sembra avere il coraggio di effettuare delle fusioni; le quali, del resto, molto probabilmente non troverebbero l’ universale consenso, e in tal caso, invece di produrre chiarezza e semplicità, sarebbero sorgente di nuove complicazioni nella sinonimia. D’ altra parte un simile tentativo non potrebbe essere effettuato van- taggiosamente se non da chi potesse disporre di una grande quantità di materiali di diverse provenienze ed età: e questo non è il caso mio. Fatte dunque queste riserve sul valore dei caratteri invocati, mi ac- cingo a paragonare i miei esemplari con le specie ad esse affini. E trovo che il P. opercularis ha, in confronto ai miei esemplari, guscio meno rigonfio, specialmente nel senso antero-posteriore; le sue coste per lo sviluppo di solito alquanto prevalente delle costuline co- stali e specialmente della mediana rispetto a quelle dei solchi, sono subacute, l’ornamentazione nel suo complesso e in particolare quella dei solchi è di solito assai più minuta, ecc. La CH. scabriuscula Math., secondo le diagnosi, avrebbe 18-20 coste: in realtà, le figure del Ma- THERON e di FiscHER e TourNnovER mostrano esemplari con 13-14 coste assai ampie. La CA. Orsinii rappresentata da vari bellissimi esemplari dell’Asolano da me esaminati nei Musei di Padova e di Firenze, è assal ben distinta da questa specie. Nella CAI. camaretensis Font., che per diversi autori rappresenta solo una varietà del precedente, l’ornamentazione è limitata alla parte pe- riferica delle coste che sono poco sporgenti e lisce verso l’umbone : il — 186 — contorno della conchiglia è più arrotondato, meno angoloso al lato po- steriore, e il margine laterale anteriore appare più diritto. La Chl. Malvinae ha coste più fitte, forma più alta e corta, meno inequilaterale. Il tipo della CHI. submalvinae Blanckenhorn fu illustrato con una fi- gura poco espressiva, ed è per di più frammentario : parrebbe differire certamente dalla nostra specie per avere coste meno marcate e un poco più numerose ; se poi il neotipo figurato dall’ UGoLINI corrisponde al tipo — cosa della quale non ho ragioni per dubitare — altre dif- ferenze sì accusano nella forma del contorno del guscio, più alto e più corto, e nelle coste più fitte. La CHI. scabrella si avvicina non poco alla specie in esame, ma ha -— secondo la diagnosi — 15 coste soltanto e le sue costicille appaiono alquanto più numerose. Il maggior numero di coste, che sì riscontra nei nostri esemplari e che, del resto, è stato osservato anche in esem- plari pliocenici dal CeruLLI IrELLI, li farebbe forse assomigliare meglio a quelli descritti dal Sacco come P. multiscabrellus: ma in questo, al contrario, le coste son più numerose ed anche più nette e rilevate. Un accurato confronto col P. praescabrivseulus tipico mi ha mo- strato pure delle differenze, segnatamente nella statura, generalmente alquanto maggiore, dei miei esemplari, nella loro ornamentazione un po’ più grossolana e nel maggior numero delle coste, che sono più strette e marcate. Ma in Portogallo esiste una varietà di questa specie, la var. catalunica, di cui mi furono mostrati alcuni esemplari a Lione dal prof. Roman, e che presenta appunto questi caratteri, anzi è più grande ancora ed ha coste anche più numerose di quelle degli esem- plari friulani. Credo per conseguenza che anche questi ultimi possano rientrare nella specie. Ho tralasciato la citazione della figura 4 di OPPENHEIM, poichè quella costolina dentata che, spiecando fortemente in confronto alle altre, percorre il dorso delle coste in quel suo esemplare, è molto meno svi- luppata, quasi identica alle altre, nei miei come in quelli tipici, e rap- presenta un carattere assai singolare. È appena necessario aggiungere che gl’individui esaminati differi- scono tutti grandemente dal P. deletus Micht., cui uno di essi fu attri- buito dal TarAMELLI e poi dal MarInonI (in sch.). Le differenze risie- dono principalmente nel margine cardinale curvo, nelle orecchiette eguali, nella diversa ornamentazione della specie del MrcneLortI. Un'altra differenza consisterebbe in ciò, che il tipo di MicHELOTTI ha coste molto più larghe e grosse, separate da solchi sottili: però in alcune forme descritte dal Rovereto e dal Sacco come varietà del /. deletus, questo carattere non appare costante. Distribuzione. — Nel bacino del Tago, questa varietà del P. praescabriusculus, secondo notizia datamene dal prof. Roman, caratte- rizza il Langhiano. Distribuzione nel Veneto. — Langhiano : Sezione della Meduna presso Preplans, strati 22, 24, 33 (coll. Stefanini). R. Susaibe presso Andreis (coll. Stefanini). Presso Preplans (coll. Taramelli, coll. Tellini). Presso Meduno (coll. Taramelli). R. Mizza presso Cavasso (coll. Tara- melli, coll. Stefanini). Colli di Fanna (coll. Taramelli). S. Leonardo di Verona (coll. Fabiani). Nella Sezione della Meduna alcuni strati sono un vero impasto di gusci riferibili a questa specie. CrHLamys OrsInII (Mngh. in sch.) Ugol. (Tav. VI, fig. 5) 1880. Pecten scabrellus. Secco. Note geol. Bassanese, pag. 19. 1899. Chlamys (Aequipecten) Orsinii. UGoLINI. Monogr. pett. mioc. It. centr., pag. 185, tav. VII, fig. 3. 1899. ZPecten asoloromanensis. De GREGORIO. Descr. foss. Asolo et Romano, pag. 16, tav. III, fig. 2, 4 (non 3), A Forabosco e ad Asolo nei livelli calcareo-sabbiosi più elevati del Tortoniano abbonda una grossa C/klamys con 14-15 coste, che per la forma, le ornamentazioni e la statura mi pare corrispondere molto bene alla CHI. Orsini illustrata dall’ UgoLIinI. Malauguratamente, io non ho in esame alcun esemplare di valva sinistra, ciò che mi permetterebbe di stabilire con maggior sicurezza la diversità di questa specie veneta rispetto alla CHI. mprovisa del Tortoniano di Cabrières, che è sensibil- — 188 — mente inequivalve ; invece sono costretto a tenermi al secondo dei ca- ratteri differenziali invocati dall’ UGoLIxI, cioè alla prevalenza dell’or- namentazione radiale su quella concentrica nella specie italiana ; ca- rattere che si osserva appunto anche negli esemplari del Veneto, e che tende a ravvicinare la CHI. Orsinii alla CHI. scabriuscula. Questa si riconosce, come è noto, per la minore statura e per le coste più lar- gamente ondulate, meno nette e marcate ; comunque, le due specie sono strettamente vicine, forse l'una semplice varietà dell'altra. Gli esemplari in esame sono di color nero, con zone con- centriche biancastre. L'angolo apicale è assai variabile ed è spesso assai più ampio che non apparisca nell’esemplare figurato. L’orecchietta anteriore destra ha 5 coste radianti, oblique, delle quali le due superiori più grandi, bifide. Il tipo del Pecten asoloromanensis figurato dal De GRE- GORIO è una conchiglia un po’ più bassa e inequilaterale della Chl. Orsini, ma credo sia la stessa specie : la diagnosi della valva destra corrisponde infatti assai bene. Il De GREGORIO attribuì poi alla specie medesima una valva sinistra piatta; che ritengo non abbia niente che fare con la destra, appartenendo a tutt’ altro tipo di Pectinide. Distribuzione. — Miocene di Sarnacco (Macerata). Distribuzione nel Veneto. — Tortoniano: Forabosco e Asolo nel Trevigiano (coll. Secco e Museo di Padova). CHramys HavuERI (Micht.) \ (Tav. VII, fig. 3) 1847. Pecten Haueri. MicneLotTI. Descr. foss. Mioc. It. sept., pag. 88, tav. III, fig. 13. 1897. Aequipecten Haueri. SAcco. Moll. terz. Piem. Lig., XXV, pag. 22, tav. VIII, fig. 1-10. 1901. ———_- Der AtessanprI. Geol. pal. dint. Acqui, pag. 103, tav. I, fig. 11. 1902. Pecten Haueri. OppenHEIM. Schioschichten, pag. 154, tav. VIII, fig. 5. 1914. Chlamys Haueri. Cossmann et Pevror. Conch. neog. Aquit., II, 2, pag. 384, tav. XVII, fig. 6-9. Gli esemplari del calcare spatico miocenico del Friuli, per quanto più o meno mal conservati, appaiono perfettamente corrispondenti alla specie piemontese per le coste deboli, coperte di costicille finemente — 189 — scagliose o spinulose. Il P. Northamptoni sembra, più che altro. una varietà a coste marcate e ornamentazione grossolana. Un individuo, molto frammentario, presenta un'alternanza di coste liscie, ricordante molto quella che si osserva nel P. mioalternans Sacco, il quale mi sembra però solo una varietà del P. Haveri o del P. Nor- thamptoni. Ad ogni modo l'esemplare friulano è troppo mal ridotto, per farne gran caso. Proviene dallo strato n. 18 della Meduna. Un bellissimo esemplare, perfettamente tipico, delle marne di Cre- spano esiste nella coll. Secco : è quello che faccio riprodurre nella tav. VII. Distribuzione. — Come afferma perentoriamente il MIcHELOTTI, il tipo della specie è del calcare del Monferrato (Acqui) cioè del Lan- ghiano inferiore (Trabucco) o Aquitaniano secondo altri autori. Nella collina Torinese la specie sarebbe poi citata dall’ Elveziano : si sa però che questo piano è stato eccessivamente esteso dagli autori, in quella regione ; tuttavia Cossmaxx la cita dal Tortoniano di Saubrigues. Distribuzione nel Veneto. —- Aquitaniano : S. Giorgio di Bas- sano e Schio (coll. Secco). — Langhiano : Sezione della Meduna: strato di calcare spatico alla base del Miocene (n. 18). Rio Susaibe e Rio Pi- ciacis presso Andreis (coll. Stefanini). Crespano (coll. Secco). È citato a Tarzo e a Do’ Santi da OppexweI, a Schio dal NettI. Caraxmys NortHAMPTONI (Micht.) 1997. Pecten Northamptoni Sacco. Moll. terz. Piem. Lig.. XXIV. pag. 16. 1%, tav. IV, fig. 1-16. 1999. Pecten (Aequipecten) Northamptoni. De Gregorio. Descr. foss. Asolo ei Romano. pag. 16. tav. 1993. ———— Opexseni. Schioschichien, 55, pag. 153. îiav. IX, fig. £. 1906. Aequipecten Northamptoni. UcoLini. Monogr. Peitin. neog. Sard., I. pag. 174 (bibliografia). 1908. Pecten Northampioni. TraBuoco. Foss. stratigr. età cale. di Acqui, pag. 390, iav. XII, fig. 35. La specie è ormai ben nota, essendo stata ripetutamente figurata soprattutto dal Sacco e minutamente descritta da UcoLINI. L'esemplare del Friuli — una valva destra — è piuttosto rigonfio, inequilaterale, di non grandi dimensioni: ha 15 grosse e larghe coste radiali un po’ depresse verso il margine palleale, divise ciascuna in tre costicille grossolanamente squamose. Gli spazi intercostali sono pure occupati da una consimile costicilla. Orecchietta anteriore pure adorna — 190 — da costoline scagliose: margine eardinale formante un angolo estre- mamente ottuso. Come si vede, esso corrisponde molto bene alla forma tipica del Sacco e a quella di S. Libera di Malo, figurata da OppenHEm. Si di- scosta invece un poco dalla varietà di Corsica (P. bonifaciensis), in cui le squame si trasformano in spine, e da quella di Acqui, figurata da TRaBucco, che sembra avvicinarsi alla var. laevisulcata di Sacco. Ma l'UGoLINI, molto opportunamente, considera con una certa larghezza questa specie e vi fa rientrare tutte le varietà del Sacco. Estremamente vicino al P. Northamptoni mi sembra 1° Aequipecten Martelli Ugol.: basta confrontare le figure dell’UGoLINI con quelle del Sacco, o le descrizioni che di ambedue le specie pubblica 1’ UGOLINI : il quale però non confronta la sua specie col P. Norhamptoni. L' unica differenza che mi sembra di potervi rilevare, sarebbe, che nel P. Nor- thamptoni \ ornamentazione è detta scagliosa, nel P. Martelli granulosa o spinosa; ma nel resto della descrizione si parla di spine a proposito del primo, di scaglie a proposito del secondo. D'altra parte, se nel P. Nor- thamptoni rientra il P. bonifaciensis Locard, che ha vere e sviluppatis- sime spine, non si vede perchè se ne dovrebbe escludere il P. Martelli. Dal P. Haveri Micht. si distingue questa specie per le coste forti e sentite, per l’ornamentazione scagliosa più grossolana, per la forma più inequilaterale con umbone più acuto ecc., tuttavia le affinità sono f notevoli. Distribuzione. — Nel Monferrato, da dove proviene uno dei tipi del MicÒELOTTI, la specie è del Langhiano (Trabucco): in Corsica (Locard) si trova nei livelli più bassi, coi P. burdigalensis e il P. Kochi. Esiste anche in Sardegna (Ugolini), a Pianosa (Simonelli), al Monte Titano e nell’ Appennino aquilano (Nelli). Distribuzione nel Veneto. — Aquitaniano : È citata a S. Li- bera di Malo, Castelcucco e Castelcies, Grumolo di Thiene (Oppenheim). Gli esemplari dal De GREGORIO attribuiti a questa specie proven- gono sicuramente da strati più antichi di quelli dell’ orizzonte a Car- dita Jovanneti, al quale sono attribuiti. i Moi Fam. Limidae LIMA LANGHIANA (Sacco) 1898. Radula (Limatulella) langhiana. Sacco. Moll. terz. Piem. Lig., XXV, pag. 17, tav. V, fig. 8,9. Si riconosce per la sua forma assai inequilaterale. con valve a costicille fitte, subeguali, sottili, liscie, ed orecchiette pure liscie e subeguali. Distribuzione. — È ana delle specie più caratteristiche del Lan- ghiano di facies batiale, in Piemonte. Distribuzione nel Veneto. — Langhiano superiore : Sospirolo. Fam. Ostreidae OsTREA GRANENSIS Font. 1880. Ostrea granensis. Fonranxes. Etudes, VI, pag. 15%, tav. IV, fig. 1-6. 1910. ————____ ScHarrer. Das Miocin von Eggenburg, I, pag. 16, tav. VI, fig. 1-5. Specie caratterizzata dalla forma subtriangolare della valva sinistra, piuttosto crassa, con una trentina di coste radianti, dicotomiche, sub- nodulose. ; Per la forma più marcatamente triangolare, l'esemplare del Friuli sì avvicina più al neotipo di Eggenburg che ai tipi francesi ; l'uno e gli altri però costituiscono tutta una specie, nella quale è compresa anche la varietà peradhaerens Font. Distribuzione. — Nella Dròme alla base degli strati a /. praesca- briusculus, cioè nel Langhiano inferiore ; nel bacino di Vienna a Griibern, Dreieichen e Kihnring (livello di Eggenburg), che è quanto dire nello stesso piano Langhiano. Distribuzione nel Veneto. — Langhiano inferiore : Sezione della Meduna presso Preplans: str. 27. OstREA EDULIS L. 1597. Ostrea edulis. Sacco. Moll. terz. Piem. Lig. XXIII, pag. 4, tav. I, fig. 1-8. Vari esemplari di valva destra, che mi paiono attribuibili alla forma tipica e alla var. italica : alcuni ricordano un po’ l'anomalia sinuatogib- bosa del Cocconi. — 192 — Distribuzione. — Varietà di questa specie anche oggi vivente esistono già nel Langhiano (p. es. a Eggenburg); si fanno poi comuni nel Miocene medio e nel Pliocene. Distribuzione nel Veneto. — Tortoniano superiore: Ponte di Flagogna. Lungo il Pontaiba, nello strato con Hyomoschus (coll. Stefa- nini), Forabosco (coll. Stefanini, coll. Secco). OsTREA LAMELLOSA Brocchi 1870. Ostrea lamellosa. HoeRNES. Foss. Moll. tert. Beck. Wien, pag. 444, tav. 71 fig. 14: tav. 72, fig. 1-2. 1897. Ostrea edulis var. lamellosa. Sacco. Moll. terz. Piem. Lig., XXIII, pag. 7, tav. II, fig. 3, 4. I margini interni della valva sinistra dei miei esemplari sono lisci, e ciò permette di distinguere questa specie ‘dall’O. Boblayi Hoern., che, per l'insieme degli altri caratteri, sembra esserle vicina. Gli esemplari in questione sono ordinariamente assai grandi, pur non raggiungendo nè avvicinandosi alle dimensioni massime riscontrate nella specie: se ne hanno però anche alcuni più piccoli, associati. Distribuzione. — Frequente nel bacino di Vienna (Hoernes), nel Miocene di Corsica (Locard), di Sardegna (La Marmora) e di Pro- venza ecc. Non rara nel Tortoniano di Stazzano. È frequente anche in varie località del Pliocene italiano e straniero, e sarebbe identificabile con essa anche una specie o varietà vivente. Distribuzione nel Veneto. — Tortoniano superiore: Col del Grado (coll. Fabiani). Località Prior in Val Lierza (coll. De Toni). Fo- rabosco, Asolo (coll. Bolzon). Castelnuovo del Friuli (coll. Marinelli). Mole- vana presso Travesio (coll. Zuccheri). Colle presso Pinzano, lungo il T'a- gliamento (coll. Tellini) È indicata dal Rossi nella collina di S. Zenone. OsTREA GINGENSIS (Schloth.) 1870. Ostrea gingensis. HoerNEs. Foss. Mollusk. tert. Beck. Wien, pag. 452, tav. 76-80. 1897. ———__- Sacco. (pars) Moll. terz. Piem. e Lig. XXIII, pag. 10, tav. III, fig. 20. A questa specie sono da attribuirsi parecchi esemplari, alcuni dei quali, molto grandi e con la valva sinistra quasi del tutto sprovvista di coste, furono confusi dal Priroxa e dal TaraMELLI con lO. cras- x — 193 — sissima alla quale sono associati; nè fa meraviglia, dati i rapporti correnti tra le due specie: altri sono meno grandi o addirittura piccoli. La presenza di qualche traccia delle coste e la forma meno crassa, più dilatata della conchiglia permettono però di distinguere questi campioni. Distribuzione. — Specie comune nell’ Elveziano dei Colli tori- nesì e di altre parti d’Italia. nel Tortoniano di Montalto (Sacco). Si trova nel Bacino di Vienna, in Francia, nel Wiirtemberg, nel Monte- negro (Nelli) ecc. È anche una delle specie del Sarmatiano. Distribuzione nel Veneto. — Tortoniano superiore: Paludea presso Castelnuovo (coll. Taramelli). Pinzano (coll. Taramelli). R. a Nord di M. Molime e tra M. Molime e Manazzons verso la quota 285 del- l'antica carta al 50000 (coll. Tellini). Col Governa lungo il T. Pontaiba alla quota 219 (coll. Stefanini). Cima del M. Fagarè (coll. Dal Piaz). Col del Grado presso Bassano (coll. Secco). Curogna (coll. Secco). OstREA crassissima Lamk. (Tav. V, fig. 1) 1861. Ostrea longirostris (non Lamk.). Pirowa. Cenni geogn. sul Friuli. pag. 290. — 1869. ————_ Tarawmetti. Sulla form. eoc. del Friuli, pag. 5$. 1884. Ostrea crassissima. Rossi. Note ill. carta geol. prov. di Treviso. pag. 14$. 1892. Ostrea longirostris (non Lamk.). TeLLINI. Descr. geol. tav. Maiano, pag. 45. 1897. Ostrea (Crassostrea) crassissima. Sacco. Moll. terz. Piem. Lig., XXIII, pag. 15, tav. IV, fig. 11, 13. 1899. Ostrea (Crassostrea) gingensis. Foss. Forabosco et Asolo, pag. 16-17, tav. IV, fig. 1-3, tav. V. fig. 12. Già da molti anni questa specie è stata giustamente ridistinta dall’ 0. longirostris Lamk., oligocenica, con la quale l'aveva confusa il GoLperuss; sembra però che una tal distinzione sia sfuggita al Prroxa e agli autori che successivamente hanno avuto tra le mani ì miei stessi esemplari. L’O. borealis (non Lamk.) Cocconi di Montezago, che il Sacco inclinerebbe a considerare come 0. Forskélii. sembra piuttosto vicina all'O. crassissima. Quanto ai rapporti correnti tra questa e lO. gingensis, è noto come la prima sia stata considerata da taluni — tra i quali, recentemente, — 194 — dal DoLLFUSs (') — come una semplice mutazione discendente della 0. gingensis, che sarebbe langhiana. Ora, le due specie si trovano associate nel Tortoniano superiore del Veneto, mentre lo ScHarrer illustra dal Langhiano di Eggenburg esemplari di O. crassissima, che mi paiono tipici. Di mutazione, dunque, non credo sì possa parlare. Che invece tra le due specie esistano forme di transizione, per cui l’una possa consi- derarsi semplice varietà dell’ altra, ciò è possibile, anzi probabile. Tut- tavia, poichè nel Veneto esistono associati esemplari di ambedue i tipi e forme di transizione evidenti non ne conosco, preferisco aggrupparli sotto i due nomi ormai tradizionali. E perciò appunto pongo nella si- nonimia dell’ 0. crassissima, 1 O. gingensis De Gregorio, che a quel primo tipo appartiene in modo evidente. Distribuzione. -- Comune nel bacino di Vienna — Horner- schichten e Leithakalk — (Hoernes), nell’ Elveziano del Portogallo (Doll- fus), della Loira (Dollfus e Dautzenberg) e del Montenegro, a Dulcigno e a Pisctulj (Nelli). Nel bacino del Rodano abbonda alla base dell’Elveziano (a Saus- set ecc.) poi alla base delle marne di Cabrières e infine occupa un li- vello superiore a quello a Cardita Jouanneti (Fischer et Tournouer), ana- logamente a quanto avviene nel Veneto. In Italia la O. crassissima è frequente nell’Elveziano di Piemonte e nel Tortoniano del Livornese (Sacco). In conclusione è specie propria, nei nostri mari, del Miocene medio, dove caratterizza, giusta le induzioni di FiscHeR et TourNnoUER e di FoxraxxESs, una plaga litorale con depositi arenaceo-calcarei. Nel Plio- cene era rappresentata da noi dall’ 0. borealis Cocc., ma sopravviveva al Senegal. Attualmente è rappresentata dall’ O. virginica dell’ Atlan- tico occidentale. Distribuzione nel Veneto. — Tortoniano superiore : Rio de le Cape (coll. Marinoni). Castelnuovo (coll. Marinelli). A SE. di Forchia (1) DoLLrus G. F. Recherches sur l’ Ostrea gingensis et son groupe. C. R. somm. des Séances de la Soc, géol. de France 10-12, 1915. = 9g — presso Pinzano; M. Albignons (coll. Stefanini). Colline dell’ Asolano e di S. Zenone (coll. Secco). Colle di Grado (coll. Secco). Valle del Soligo (Museo di Padova). OsTREA FRONDOSA Sert. 1829. Ostrea frondosa. De SERRES. Geogn. des terr. tert., pag. 137, tav. V, fig. 5-6. 1851, Ostrea digitalina, Dusors pe MontPEREUX. Conch. foss., pag. 74, tav. VIII, fig. 13-14. 1870. ———___ Hoerrnes. Foss. Moll. tert. Beck. Wien, pag. 447, tav. 73, fig. 1-9. 1873. —— var. leberonensis FiscHeR et TourNnoUER. Invert. Foss. Leberon, pag. 142, tav. XIX, fig. 19-20. 1897. Ostrea (Cubitostrea) frondosa. Sacco. Moll. terz. Piem. Lig. XXIII, tav. III, fig. 38-52. 1899. Ostrea (Cubitostrea) digitalina. De GREGORIO. Foss. Forabosco et Romano, pag. 17, tav. V, fig. 2-3. 1910. Ostrea (Cubitostrea) frondosa. Scuarrer. Mioc. von Eggenburg, pag. 18, tav. VII, fig. 5-9. Attribuisco a questa specie, oltre a due esemplari di valva destra e ad uno grande di valva sinistra, due piccoli esemplari bivalvi, interi, alti rispettivamente 30 e 45 mm., caratterizzati dalla loro valva si- nistra rigonfia, lamellosa e fittamente scannellata, digitata, e per la valva destra piana, debolmente lamellosa, munita di strie concentriche. La conchiglia ha l’umbone ripiegato indietro, uncinato, ed è caudata. Per tutti questi caratteri i miei esemplari corrispondono bene all' 0. digitalina, e particolarmente agli esemplari delle figure 7 e 8 di HoerxES e a quelli di ScHAFFER. Uno dei campioni è aderente a una 7’urritella, un altro a una Pinna. Distribuzione. — Si trova nel Miocene medio dei Colli torinesi e nel Tortoniano di Montegibbio. Gli esemplari del bacino di Vienna provengono dalle argille e dalle marne del calcare della Leitha. T'orto- niano del SE. della Francia. Il Parona ne cita due esemplari simili, come i miei, alia figura 8 di HoERNESs e provenienti da S. Michele in Sardegna (Elveziano). Invece lO. digitalina Bòckh mi sembra alquanto diversa dal tipo. La forma tipica è nota invece anche nel Miocene del Belgio (Nvyst sub O. ungulata), di Galizia (Eichwald), del Montenegro (Nelli). Nel Museo di Firenze se ne conserva un bello e grande esemplare di Malta, dove il Fucrs indica la specie nell’Upper Coralline Limestone. La Cl. /rondosa di Sacco sarebbe anche oligocenica : gli esemplari di Carcare potrebbero — 196 — però appartenere all’ O. /labellulaeformis Schaur. (non Mayer), che ha con questa affinità, e che si trova anche nell’ Oligocene Vicentino. Distribuzione nel Veneto. — Elveziano : Presso Meduno, sulla sinistra del torrente Meduna (coll. Stefanini). — Tortoniano : Forabosco (coll. Stefanini e Secco). A Forabosco è citata anche dal De GREGORIO. R. Chiavrar (coll. De Gasperi). Curogna (coll. Secco). ExoGyRA MIOTAURINENSIS Sacco (Tav. VI, fig. 4) 1897. Exogyra (Aetostreon ?) miotaurinensis. Sacco. Moll. terz. Piem. Lig., XXIII, pag. 30, tav. IX, fig. 15-33. Un esemplare di valva sinistra, di forma ellittica, assai profonda- mente escavata, liscia, subtripartita, ondulata irregolarmente sul dorso, fortemente contorta all’ umbone, mi pare corrispondere molto bene al- l'individuo figurato dal Sacco come tipo della var. quatuorcostata, che non è però sostanzialmente diverso dalla forma tipica della specie. Con questo ritrovamento, il gen. Erogyra apparisce persistente fino al Tortoniano, non essendo stato segnalato finora secondo il Sacco, in terreni più recenti dell’ Elveziano. Distribuzione. — Elveziano del Piemonte (Sacco). Distribuzione nel Veneto. — Tortoniano: Molino Mostacins (coll. Tellini). PicxopoxtA cocHLEAR (Poli) var. nAvICULARIS Br. 1897. Picnodonta cochlear var. navicularis. Sacco. Moll. terr. terz. Piem. Lig. XXIII, pag. 22, tav. VIII, fig. 2-6. 1910. ———_________t Scarrer. Miocin von Eggenburg, I, pag. 21, tav. XI, fig. 6. Due tipici esemplari di questa specie (var. navicularis), ambedue di valva naviculare, esistono nel Museo di Firenze. Distribuzione. — Questa varietà è frequente dappertutto nel Mio- cene medio e nel Pliocene. Meno spesso è citata nel Langhiano : tuttavia il Sacco l’indica a Rosignano Monferrato, lo ScHAaFrFER a Eggenburg ecc. Distribuzione nel Veneto. — Langhiano: Col Canil di Cre- spano (coll. Secco). S. Leonardo presso Verona (coll. Fabiani). VERTEBRATA MAMMALIA . Platanistidae Cyrtodelphis ? Elephantidae . Mastodon Dinotheriidae Dinotherium . Tragulidae Hyomoschus Rhinoceridae . Rhinoceros PISCESO .. - Percidae Otolithus Sparidae Chrysophrys Dentex ? Lamnidae . Odontaspis . Carcharodon . Oryrhina . Carchariidae . Hemipristis Sphyrna Notidanidae . Notidanus . ARTHROPODA CRUSTACEA . Lepadidae . Scalpellum Hexameridae . Balanus DAP'Hsr. 10 ll 25 26 INDICE MOLLUSCA . CEPHALOPODA . Nautilidae . Aturia Nautilus GASTROPODA Testacellidae . Glandina . Helicidae . Helix Pupidae Clausilia Auriculidae Cassidula . Limnaeidae Limnaea Plamorbis Terebridae Terebra . Plenrotomidae Clavatula Drillia . Bathytoma Asthenotoma . Conorbidae | Genotia . Conidae Conus Cancellariidae Cancellaria Sveltia . Trigonostoma . Olividae Ancilla . DU UD (pi Volutidae . Volutilithes Mitridae Mitra Fusidae . Fusus Turbinellidae . Tudicula Buccinidae Cyllene . Tritonidea . Latruneulus . Nassa È Columbellidae Columbella Mitrella Mauricidae . Ocenebra . Tritonidae . Eutritonium . Cassididae . Cassidea Sconsia . Doliidae Dolium . Pirula Aporrhaidae . Chenopus Cerithidae . Cerithium . Potamides . Melaniidae Melania Melanopsidae Melanopsis. . Pag. 67 198 Eulimidae Eulima Pyramidellidae Ptycheulimella . Mathildidae , Tuba Turritellidae Turritella Protoma Xenophoridae Xenophora Naticidae . Natica . Trochidae Oxystele Turbinidae Collonia Ormastralium Pleurotomariidae . Pleurotomaria Neritidae . Neritina SCAPHOPODA . Dentaliidae . Dentalium PELECYPODA . Verticordiidae . Pecchiolia Pholadomyacidae . Pholadomya . Teredidae Teredo . Pag. ST 88 89 105 104 106 Corbulidae Corbula Glycymeridae Glycymeris . Solenidae . Solenocurtus Mactridae Mactra . Lutraria Cardiliidae . Cardilia Tellinidae Tellina Arcopagia Oudardia . Psammobiidae . Psammobia Veneridae Tupes . Venus . Chione . Meretrio . Dosinia Cyrenidae Cyrena Pisidium . Isocardiidae . Isocardia . Cardiidae Cardium . Ungulinidae Diplodonta Lucinidae Lucina Loripes Miltha Phacoides Divaricella Carditidae Venericardia Unionidae Unio Nuculidae Nucula Ledidae Leda Arcidae Arca Mytilidae . Mytilus Modiola Anomiidae Anomia Aviculidae Avicula Pinnidae . Pinna . Pectinidae Pecten . 5 Flabellipeeten Amussium Chlamys . Limidae Lima Ostreidae . Ostrea . Esxogyra Picnodonta NYA EZA 1340 È Ci fa Liu SPIEGAZIONE DELLA TAV. I. Collezione cui appartiene Località Piano l'esemplare figurato Fia. 1. - Odontaspis cuspidata Agass. - Pozzuolo - Langhiano - Ist. Tecn. Udine D ad9 5 acutissima Agass. - 5) = D = a. e 5 > 5 - Casa D’Ursola - È - Coll. Tellini x È cuspidata Agass. - A = a x - perda 5; : >, Pozzuolo - Ù - Ist. Tecn. Udine ara GL i acutissima Agass. - C. D’ Ursola - 5 - Coll. Tellini gs (®P®- Carcharodon polygyrus Agass. - Pianezze - Aquitaniano - Coll. Canestrelli » 8. - Hemipristis serra Agass. - Pozzuolo - Langhiano - Ist. Tecn. Udine s 9. - Chrysophrys cincta (Agass.) - Casa D’Ursola - È - Coll. Tellini » 10. to D) n È D) n » À s 118. - Otholitus (Percidarum) sp. (ingr.) - Costabeorchia - Tortoniano - Coll. Stefanini pa ll. - Lo Stesso), - È - È - 3 » 12. - Helix insignis v. stetnheimensis KI. - C. Bortolon - Pontieòi ; n 18. n n n > n Ri, n 7 n b) LES Di) n n 3 » “ n r n » 15. - Terebra modesta Trist. - Rio Sievot - Torton. sup. - Coll. Tellini s 16. - Terebra modesta Trist. var. ven- tricosa n. var. - P. di Flagogna - 5 - i, n 17. - Terebra modesta Trist. var. ven- tricosa n. var. 3 5 - da - n DELS E A A ai - È - Tortoniano - x, n» 19. - Turritella dertonensis May. - Mol. Mostacins - " - 5 » 20. - Drillia pustulata (Br.) - A S. di Le Grave - A - Coll. Stefanini LPIZUE ONE Pe È, 5 - Mol. Mostacins - d - Coll. Tellini » 22. - Clavatula gradata Defr. - Asolo - 5 - Coll. Bolzon s 28. - Conus Berghausr Micht. - Oltrerugo - 6, - Coll. Stefanini 5 24. - Conus pyruloides Dod. Rio Chiavrar - s - Coll. Tellini s 25. - Conus subacuminatus D' Orb. - A N. di Le Grave - i - - a Tee n - Manazzons-Pinzano - n - Coll. Taramelli » 27. - Conus Bronni Micht. - A N. di Le Grave - ” - Coll. Tellini n 28*° - Cancelluria Doderleini May. Mol. Mostacins - " - o » 29. - Ancilla glandiformis (Lk.) - R. Chiavrar - È - # DOO. 2 2 È - Rio Sievot - 7 - £ sad = È t - Dint. di Forgaria - È, - Coll. Castelli , 328. - Ancilla olivaeformis sp. n. - Dint. di Meduno - Elveziano - Coll. Stefanini » 95. - Balanus lintinnabulum L. - Rio delle Mole - Langhiano - Coll. Stefanini » 34. - Drillia pustulata (Br.) - Asolo - Tortoniano - Coll. Bolzon n 3D. - » » n o » x n f b) ,s 56. - Clavatula margaritifera Jan. - Romano - n - Coll. Secco » DU. - Drillia pustulata Br. - Friuli - 5 - Coll. Tellini POSSO 5 n i s 5 = 3 - Coll. Bolzon s 89. - Clavatula zic-zac sp. n. - P. di Flagogna - Torton. sup. - Coll. Tellini BA, 5 x - Dint. di Forgaria - E - Coll. Castelli apcbici. & 5 5 - P. di Flagogna - S - Coll. Stefanini n 42. - bi n a n 3 n fi n n 49. - ”» n r n 7 n Li b) i n dA. - > 3 - Dint. di Forgaria - 3 - Coll. Castelli _ 40° E È È - P. di Flagogna - È - Coll. Tellini n A. x 5 - 5 NI - Coll. Stefanini - 47%. - Eulima lactea Orb. /; - M. Molime : pi - Coll, Tellini > 47°. - La stessa !/, - = - 5 - -, » 48%. - Eulima lactea Orb. */s - > - È - - n 48°. - La ‘stessa 1/, - D È - = » 498. - Ptycheulimella pyramidata Desh. 3/3 - S - 5 : - 49%. - La stessa !/, : 5 - sa - ; « 50%. - Ptycheulimella pyramidata Desh. 5/z - 5 - ” - " , 50>. - La stessa !/, - n - - = n , bl. - Ptycheulimella pyramidata Desh. 5/, - = - “ - -- b1».. - Ia ‘stessa ”*/3 1 - n - n - " 529b. Trigonostomna ampullaceum Br? - Dint. di Forgaria - Elveziano - Coll. De Gasperi » DB. - Mitrella complanata Bell. - Mol. Mostacins - Tortoniano - Coll. Tellini » D4. - Cassidula De-Gasperw sp. n. - Val Pontaiba - Torton. sup. - Coll. Stefanini NB. — Salvo indicazioni in contrario, tutte le figure sono di grandezza naturale. BOTS) I 38 s SI e 3 SE STI CICIOSILOI: 3 SS, Saas III IS LD 2Dy i pt Ò ” sn n 8T n n n n È) " prat °MORIE DELL’ DL M si Ù ARI e i î RAID a NI tal tag na É EE MH UTO ' ' pere aa ' _ (©11 ' NB. — Salvo indicazioni in contrario, tutte le figure SPIEGAZIONE DELLA TAV. II - Conus betulinoides Lk. Volutilithes rarispina (Lk.) .- Cyllene ancillariaeformis (Grat.) Tritonidea exculpta (Duj.) - Nassa Schoenni (Hoern. e Auing.) - Cassidea Hoernesi Sacco var. Dolium subfasciatum Sacco Pirula condita (Brngn.) Potamides bidentatus (Defr.) Melania Escheri var. rolundata Sandb. 1/, La stessa */, - Melanopsis impressa Rrauss Tuba Bellardii Micht. Turritella subarchimedis var. der- tonatior Sacco Protoma rotifera (Lk.) » n n Natica millepunctata Lk. bo) n n Natica Josephinia Risso Oxystele rotellaris (Micht.) Neritina Dal-Piazi n. sp. n n n» °/3 n n n 9/3 n» n n 3 Aturia Aturi (Bast.) Cerithium rubiginosum Eichw. n n n Turritella vindobonensis Part. Turritella subarchimedis var. der- tonatior Sacco Località - A Nord di Le Grave - Madonna del Zucco - Molino Mostacins n - Serravalle - A Nord di Le Grave - Orti di Costabeorchia - Ponte di Flagogna - C. Bortolon n - Rio Bavera - Sez. Meduna: str. 45 - Rugo Mosegnaz - Rio Chiavrar - Romano - R. Major presso Meduno - Fornace di Cornuda - Molino Mostacins - A Nord di Le Grave - : Rio Bavera bo) » n - Sonego - Dintorni di Forgaria - Ponte di Flagogna - Romano Piano - Tortoniano -Langhiano sup. - Tortoniano » - Torton. sup. - Pontico n - Torton. sup. - Tortoniano n n n Elveziano - Pliocene Tortoniano » - Torton. sup. -Langhiano sup. - Torton. sup. n - Tortoniano sono di grandezza naturale. Collezione cui appartiene l'esemplare figurato Coll. Tellini Coll. Stefanini n N) n» Mus. di Padova Coll. Tellini Coll. Stefanini n Coll. Dal Piaz ” Coll. Stefanini Coll. Tellini Coll. Stefanini Coll. De Gasperi - Coll. Secco Coll. Stefanini Coll Dal Piaz. Coll. Tellini n Coll. Stefanini n til n Coll. De Toni Coll. Castelli Coll. Stefanini Coll. Secco MEMORIE DELL'ISTITUTO GEOLOGICO DELLA R. UNIVERSITÀ DI PADOVA - Vol, IV G. STEFANINI - Fossili del Neogene veneto SPIEGAZIONE DELLA TAV. III Pholadomya alpina Math. ; Puschi Goldf. Corbula gibba Olivi */, - La stessa !/, - Corbula carinata Du. n n n - Lutraria oblonga Chemn. - Cyrena Roberti-Douvillei n. sp. 5 sanna Bast. Cardilia Deshayesi Hoern. Arcopagia corbis (Brown) Tapes vetulus (Bast.) Venus Dujardini Hoern. n» n n Chione multilamella var. gla- broides Sacco n n n n n n .- Isocardia cor L. Località Dintorni di Forgaria S. Nicolò di Pianezze n n n Rio Chiavrar n - Rio Major presso Meduno - Sez. Meduna a Maraldi - Dintorni di Forgaria Sez. Meduna: strato 45 Orti di Costabeorchia Sez. Meduna : strato 45 Rio di Forgaria n Sez. Meduna : strato 41 Dintorni di Forgaria n Ponte di Flagogna Dintorni di Forgaria Piano Tortoniano Aquitaniano Elveziano n» Tortoniano Elveziano n n n n Torton. sup. Elveziano NB. — Salvo indicazioni in contrario, tutte le figure sono di grandezza naturale. Collezione cui appartiene l'esemplare figurato Coll. Castelli Coll. Canestrelli Coll. Stefanini n Coll. Tellini n) Coll. De Gasperi Coll. Castelli Coll. Tellini Coll. Stefanini Coll. Tellini n n Coll. Stefanini Coll. Castelli Coll. Marinoni Coll. Stefanini Coll. Castelli - Pag. n n n 61 dl MEMORIE DELL'ISTITUTO GEOLOGICO DELLA R. UNIVERSITÀ DI PADOVA Neogene veneto ssili del STEFANINI - fc G. Località Piano Fia. 1. - Lucina Hoernea Desmoul. - Serravalle - Langh. sup. » 2. - Miltha calliptery» Tourn. - s - 5 Ro - Phacoides borealis (Lk.) = È È 3 pid 4 sl columbella (Lk.) - Meduna: strato 45 - Tortoniano » 5. - Diplodonta Sacyi Coss. e Peyr. - Serravalle - Langh. sup. » 6. - Lucina ctr. Hoernea Desmoul. - Preplans: Sez. Meduna - Langhiano n» 7. - Venericardia Jouanneti Bast. - Orti di Costabeorchia - Tortoniano n» 8. - Unio Flabellatus var. Protti n. Var. - Anzano - Pontico n 9. - Arca diluvii Lk. - Ca’ Dant (Forgaria) - Elveziano n 10. - Arca diluvii Lk. (tipo dell’A. turgida Cat.) - Molevana pr. Castelnuovo - 1, n 11. - Mytilus fuscus Hoern. - Sez. Meduna: strato 45 - Tortoniano n 32. - Mytilus aquitanicus var. Ta- ramellii n. var. - Rio Chiavrar - " » 18. - Avicula phalaenacea Lk. - Sez. Meduna: strato 45 - A SPIEGAZIONE DELLA TAV. IV. , 148°. - Pisidivm cfr. idanicum var. 5/, - Valle Lierza pr. Molinetto - Pontico NB. — Salvo indicazioni in contrario, tutte le figure sono di grandezza naturale. Collezione cui appartiene l'esemplare figurato Mus. di Padova - Pag. n n Coll. Tellini Mus. di Padova Coll. Stefanini Coll. Protti Coll. Stefanini Coll. Catullo i Coll. Tellini Ist. Tecn. Udine - Coll. Tellini Coll. Stefanini ; MEMORIE DELL'ISTITUTO GEOLOGICO DELLA R UNIVERSITÀ DI PADOVA H urge Ca a ' f } ra UD i i 1 LAT VA ALI ; PANCA i E AA "agg i ato i PR K 5 Un i ia i sE ' vi) SPIEGAZIONE DELLA TAV. V. Collezione Località j Piano 7 l'io eri . - Ostrea crassissima Lk. - Castelnuovo - Torton. sup. - Coll. Marinelli - . - Chlamys praescabriuscula Font. var. - Meduna: strato 31 - Langhiano - Coll. Stefanini - . - Pecten Fuchsi Font. - n n 89 - Langh. sup. - Caio - .- Flabellipecten burdigalensis (LE) - 7 "© (80 2 anglianne 3, TROenE . - Pecten valentinensis Font. - 5 n L4I- î - a) a .-- » pseudobeudanti Dep. Rom. - n fi LE 5 - SIR - - Flabellipecten Pasinii Mngh. - Creazzo - Aquitaniano - Mus. di Padova - .- Amussium corneum var. denudata | IR; (Reuss) - Crespano - Langh. sup. - Valea .- Amussium cristatum (Brn.) - Dintorni di Forgaria - Elveziano - Coll. Castelli - . - Pecten paulensis Font. - Andreis - Langhiano - Coll. Stefanini - .- » pseudobeudanti Dep. Rom. - Meduna: strato 31 È x - n = NB. — Tutte le figure sono di grandezza naturale. VA MEMORIE DELL’ISTITUTO GEOLOGICO DELLA R UNIVERSITÀ DI PADOV veneto ossili del Neogene 4 STEFANINI - £ G SPIEGAZIONE DELLA TAV. VI. Località Piano Fio. 1 - Chlamys restitutensis (Font.) - Verona - Fellehiata 2: - Flabellipecten incrassatus (Partsch.) - : - 3; » BA. - Anomia Hoernesi Foresti - Asolo - Tortoniano » 4*>. - Erogyra miotaurinensis Sacco - Mol. Mostacins - x 3 0: - Chlamys Orsini (Mngh.) - Forabosco - n n 68°. - Pecten aduncus Eichw. - Curogna - - n Wa - Chlamys praescabriuscula (Font.) var. - Verona - Langhiano NB. — Tutte le figure sono di grandezza naturale. - Coll. Bolzon - Coll. Tellini Gol Secco A Coll: Fabiani Collezione cui SDORFACHA l'esemplare figurato n n \DOV ERSITÀ DI P UNIX MEMORIE DELL’ISTITUTO GEOLOGICO DELLA R - Fossili del Neogene veneto. G. STEFANINI SPIEGAZIONE DELLA TAV. VII. Collezione © Località Piano leso te figurato Fire. 1. - Chlamys Tournali (Serr.) - Meduna: strato 38 - Langhiano - Coll. Stefanini - P: pc nidigi E 3 = - Casasola - 5 - ma n 8 - n» Haueri Micht.) - Crespano > Ù _ -. Coll. Secco PARTE Vate n ceruccolensis (De Greg.) -S. Giorgio di Bassano - Aquitaniano - 3 NB. — Tutte le figure sono di grandezza naturale. RIE DELL’ISTITUTO ( > ) MC AI IVI DL G. DAL PIAZ = se GLI ODONTOCETI DEL MIOCENE BELLUNESE INTRODUZIONE GENERALE L î ai NÈ, i Pei la È i " "RI t] ded PA ITTOOA Ode v I Gi ASI dan ETCRS INTRODUZIONE GENERALE Fra i materiali costituenti il Miocene dei dintorni di Belluno è specialmente importante. anche dal punto di vista industriale, una grossa zona di arenarie, comunemente note sotto il nome di molasse o pietre molari. L'interesse pratico di questa zona deriva dalla na- tura stessa delle arenarie, le quali si prestano per la preparazione di ottime mole. Da lunghi anni infatti, sui fianchi delle vallette o sugli sproni elevati, nei punti dove affiorano queste rocce sono aperte nu- merose cave, da cui, con maggiore o minore attività secondo la ri- chiesta, sì estrae la materia prima che serve ad alimentare la piccola industria. Ma le molasse del Bellunese, oltre che dal lato applicativo, hanno un grande interesse anche dal punto di vista scientitico, giacchè non di rado con l'estrazione dei blocchi di arenaria sono messi a giorno numerosi avanzi di Pesci, di Cheloni, ma più specialmente di Odonto- ceti, attorno ai quali, dopo due brevi note del MotLix, comparvero le pubblicazioni del De Zicxo e del LoxGHI. Iniziate le mie prime ricerche geologiche sul Bellunese, io ebbi ben presto l’ occasione di visitare le cave di molassa di Libano e di Bolzano e fortuna volle che fino dai primi sopraluoghi mi fosse dato raccogliere alcuni resti di Squalodon che illustrai in un'apposita mono- grafia. Avevo appena terminato il primo studio, quando una nuova e non meno importante scoperta mi fornì il mezzo di una seconda mo- nografia sul genere Cyrtodelphis, alla quale contavo farne seguire qualche altra man mano che la raccolta di nuovi avanzi mi avesse fornito l’oc- casione favorevole. E l'attesa non fu in vero delusa, anzi i rinveni- menti degli Odontoceti, sia nelle cave di Bolzano che in quelle di Li- bano, facilitati da una ripresa di attività estrattiva della pietra molare, continuarono con tale sorprendente frequenza da superare i miei più ottimistici calcoli. Allora soltanto mi fu possibile valutare in tutta la sua realtà l'eccezionale importanza del giacimento e compresi che con- veniva dedicare ad esso tutta l’attenzione ed ogni cura, affinchè nes- suna fortuita circostanza potesse più sottrarre alla scienza un mate- riale così vario e così interessante. Contemporaneamente mi persuasi come non fosse opportuno illustrare volta per volta gli avanzi che ve- nivano successivamente scoperti, ma come invece, frenando il desiderio di immediate comunicazioni, simponesse la necessità di radunare per un certo periodo di anni tutto il materiale che sì andava scavando e solo a preparazione completa trarne quello studio unitario e compara- tivo, che può dare l’esatta conoscenza di una fauna in sè stessa e in rapporto ad altre, ed il giusto apprezzamento del significato ch’ essa può attingere nel corso evolutivo seguito dagli elementi che la costi- tuiscono. Oltre a moltiplicare le mie visite, da allora io non mancai di esa- minare minutamente tutte le pareti e tutti i soffitti delle cave, i fianchi delle vallette, i fondi rocciosi dilavati dalle acque dei torrentelli con- fluenti nel Gresal o nell’ Ardo, facendo praticare appositi scavi o inco- raggiando gli operai, nella modestia dei mezzi consentiti ai nostri studi, a tentare nuove esplorazioni in ogni punto dove la traccia di un osso v poteva far sperare qualche fortunato rinvenimento. Così, in circa ven- t' anni di una simile attività di sorveglianza e di ricerche, quasi un centinaio di grossi blocchi fossiliferi, più o meno ricchi di crani. ver- tebre ed altre ossa di Odontoceti, affluì all’ Istituto Geologico dell’Uni- versità di Padova, dove si svolse tutto il lungo e paziente lavoro di isolamento e di preparazione dei singoli esemplari. Oggidiì l’intera raccolta, nella quale figurano diversi generi nuovi. è quasi tutta isolata e montata e. tanto per il numero quanto per l’ori- ginalità delle forme (tutte più o meno riccamente provviste di denti). è senza dubbio una fra le più importanti collezioni di Odontoceti fino ad ora esistenti. Essa costituisce certamente il più bell’ornamento del Museo Geologico dell’ Università di Padova, in cui fino a pochi anni addietro la fauna delle arenarie bellunesi era rappresentata da due soli denti di Squalodon, che facevano parte delle raccolte De ZIicxo, acqui- state dal prof. OxmBoNI e poi generosamente donate allo stesso Museo. Le pazienti ricerche e la lunga attesa ebbero così il giusto premio nel procurare alla scienza una ricca e preziosa collezione, davanti alla quale all’intima e piena soddisfazione dell’ animo non può a meno di unirsi un sentimento di riconoscenza per gli oscuri operai cavatori, per il provetto preparatore sig. GeroLamo Friso e soprattutto pel dott. Ra- miro Fagiani che fino dalle prime ricerche fu mio infaticabile ed intel- ligente collaboratore. Ora che il cospicuo materiale è in buona parte liberato dalla roccia che lo avvolgeva e che da qualche anno i numerosi scavi non rivelano più nuove forme, ma portano costantemente a giorno avanzi dei vari generi via via scoperti ed isolati in questi ultimi anni. parmi giunto il momento di intraprendere, con una serie di mono- grafie, l'illustrazione sistematica della fauna e trarne poi delle conclu- VI sioni d’'indole sintetica. Il lavoro, che porta il titolo generale “ GLi Opoxroceri DeL Miocene BeLLUNESE . venne diviso in dieci parti, e cioè: Parte PrIMA —- RASSEGNA STORICA E STUDIO STRATIGRAFICO. + SECONDA — (tenere SQUALODON. n Terza — » SQUALODELPHIS N. g. n Quarta — » EOPLATANISTA n. g. sn Quinta — « CyRroDELPHIS. SESTA — » ACRODELPHIS. n SETTIMA — » PROTODELPHINUS n. g. n OrrAva — : ZIPHIODELPHIS ll, g. Nona — » SCALDICETUS. DECIMA — CONCLUSIONI GENERALI E CONSIDERAZIONI FILOGENETICHE. Allo studio delle singole forme abbiamo creduto premettere una rassegna critica dei vari lavori che furono pubblicati sulla fauna delle molasse bellunesi, onde il lettore possa farsi un'idea dello stato delle conoscenze che sì avevano prima d’ora, conoscenze in vero assai limi- tate quando si pensi alla sorprendente ricchezza del giacimento, Infatti degli otto generi constatati dalle nostre ricerche, anche tenendo conto delle mie precedenti pubblicazioni, solo tre erano stati segnalati prima d’ora e precisamente i seguenti: Squalodon, Cyrtodelphis ed Acrodelphis. lutti gli altri sono nuovi per il giacimento bellunese e di essi quattro (Squalodelphis, Eoplatanista, Ziphiodelphis e Protodelphinus), non soltanto nuovi come generi, ma rappresentano i capostipiti di altrettante famiglie, e come tali vengono a colmare delle lacune che fino ad ora esistevano nella sistematica degli Odontoceti. La Rassegna storica è accompagnata poi dallo studio stratigrafico del bacino bellunese e ciò allo scopo di fissare la successione cronolo- gica del Miocene e soprattutto l'età delle molasse e della relativa fauna, quale dato indispensabile per i raffronti con le faune di altri bacini e per le considerazioni filogenetiche che se ne possono trarre. Le parti successive, come risulta dal prospetto del lavoro, com- prendono l’ illustrazione dei singoli generi, che possono dirsi i capisaldi VII della sistematica ed ai quali dedicai le maggiori cure per una giusta interpretazione dei loro caratteri fondamentali e per una fedele descri- zione degli avanzi ad essi riferibili. L'ultima parte comprende una breve ricapitolazione dei generi illustrati ed uno sguardo sintetico sulla filogenia dei Cetodonti, nel quale viene messo in evidenza il contributo che la fauna bellunese porta alla ricerca delle origini e dell’ evoluzione delle varie forme fossili e viventi, che costituiscono questo importante gruppo di organismi. Nella compilazione delle singole monografie illustrative, per non escludere alcun elemento di giudizio, mi sono valso non solo del mate- riale da me raccolto in questi ultimi vent’ anni di ricerche, ma anche di quello, relativamente modesto, che servì per le precedenti pubblica- zioni sia mie sia di altri autori. Nella descrizione delle varie forme, senza perdere di vista l'insieme, ho tenuto in particolare considerazione quelle parti che hanno maggior valore classativo, ed in modo speciale. i denti. Di ogni esemplare preso in esame ho cercato di dare accurate illustrazioni, ricorrendo largamente al processo fotografico e ciò special- mente allo scopo di eliminare anche quegli elementi soggettivi dei quali ì disegni raramente sono scevri. Ricorsi invece, e non di rado, ai di- segni, quando bastava far conoscere 1’ andamento d'insieme del con- torno o qualche dettaglio preciso e limitato, in cui ogni causa di dubbia interpretazione poteva essere facilmente evitata. Contrario al metodo già troppo diffuso di creare con soverchia fa- cilità specie nuove per qualsiasi variazione che si riscontri fra individui dello stesso genere, ho cercato d’ interpretare le specie con misurata larghezza, senza per questo associare delle forme che pei loro carat- teri si dimostrano diverse. Se una minuta distinzione specifica può avere un grande valore, soprattutto quando si tratta di organismi inferiori o quando siano in giuoco le imprescindibili esigenze della cronologia, essa non ha significato alcuno e non può riuscire che di grave imba- VIII razzo e di danno quando si voglia fare della sana sistematica, ispirata non semplicemente a criteri classativi, ma anche ad un concetto più largo e sintetico. E non parlo dell’ uso, ancor più deplorevole, e del quale per lo stesso gruppo degli Odontoceti s’ ebbe anche recentemente un poco encomiabile esempio, di creare varietà, specie, generi e perfino famiglie nuove su avanzi non solo incompleti, ma insufficienti, perchè allo stato di ossa frammentarie. Un simile metodo, che alla scarsezza dei resti vuol supplire con l'abbondanza dei nomi, non può dare che l’illusione della scienza, col solo risultato pratico di aumentare le difficoltà di future ricerche e determinazioni e di sminuire l’ alto valore filosofico riserbato agli studi paleontologici. G,.. Dai Paurz G. DAL PIAZ - GLI ODONTOCETI DEL MIOCENE BELLUNESE PARTE PRIMA RASSEGNA STORICA E STUDIO STRATIGRAFICO PADOVA PreMiATA Società CooPERATIVA TIPOGRAFICA 1916 ® SOMMARIO RASSEGNA STORICA STUDIO STRATIGRAFICO Cenni tettonici Terreni del Secondario Eocene Oligocene Miocene . Aquitaniano Langhiano Elveziano : a È Quaternario Quadro riassuntivo del Terziario Bellunese RASSEGNA STORICA In un curioso ed ormai raro libriccino sul Cividal di Belluno, pub- blicato dal canonico Barpo (') nel 1640, è fatto cenno, credo per la prima volta, alle mole del Bellunese, fino da quell’ epoca tanto rino- mate da trovare largo smercio in tutto il territorio della Repubblica Veneta e perfino nei lontani paesi dell'Oriente. Da rapporti e da lettere dell’Opoarpi, del GaLaNnDRIS e dell’ArpuINO, possiamo dedurre che l’in- dustria delle mole continuò, forse con maggiore incremento, anche nel 1700 e poi, com’ è noto per svariate pubblicazioni più recenti, nel se- colo decimonono. Noi abbiamo così, sulla base di documenti storici, la prova che per lo meno da tre secoli nei dintorni di Belluno, e precisa- mente a Bolzano ed a Libano, viene praticata 1’ estrazione di quella pietra, adoperata nell’ arte dell’ arrotino e del terrazzaio, comunemente indicata col nome di pietra molare. All’ esame litologico la pietra molare risulta una tipica arenaria, costituita di elementi prevalentemente quarzosi e micacei (muscovite) con cemento argilloso-calcareo. Il colore della roccia è ceruleo, più intenso nei banchi inferiori, prevalentemente gialliccio a zonature cerulee in quelli superiori. Sia nell’ una che nell’ altra varietà di queste arenarie, costituenti (1) Barpo G. B. Deserittione di Cividal di Belluno e suo territorio, pag. 8. Belluno, 1640. Ao = d’ altro canto un unico banco. non è raro il caso di rinvenire dei denti di Squali o degli avanzi più o meno incompleti di Odontoceti, pei quali le arenarie bellunesi assumono un’ alta importanza anche dal punto di vista scientifico. Generalmente, per iniziare le operazioni di scavo, viene scelta una parete rocciosa pressochè verticale, che corrisponde di solito al fianco di una delle numerose vallette confluenti in quella del torrente Ardo o del Gresal. Ogni operaio, o gruppo di operai, ha il suo appezzamento di parete, che serve all’inizio dei singoli scavi, i quali. per progressivo avanzamento, si trasformano in gallerie od in camere sotterranee, più o meno lunghe ed estese, nel cui fondo, durante il periodo invernale meglio indicato allo scopo, l'operaio compie il suo paziente lavoro di escavazione. La roccia arenacea, che forma un tutto omogeneo, senza tracce evidenti di stratificazione, viene staccata col mezzo di cunei in grossi massi e ridotta poi con facili processi, suggeriti dall'esperienza, in blocchi più piccoli od in lastre che servono allo scopo industriale (Ve- dansi le fig. 1 e 2 della tav. Il). Ed è appunto in questi lavori di distacco della roccia dalle pareti, o nei successivi tagli per l'ulteriore lavorazione, che sono messi a nudo gli avanzi fossili in essa eventualmente inglobati. Si può dire che non vi è operazione di distacco che non riveli la presenza di qualche resto fossile più o meno importante di Pesci, di Cheloni e specialmente di Delfinidi, che le originarie e particolarmente favorevoli condizioni geo- grafiche dell’ ambiente hanno accumulato in un unico e vasto cimitero naturale. Ora se sì pensa che da circa tre secoli viene praticata, pressochè senza interruzioni, l’escavazione della pietra da mole, si può facilmente immaginare quale prodigiosa quantità di avanzi fossili sia uscita da queste cave in un così lungo periodo di attività estrattiva. Fatalità volle però che il prezioso giacimento non fosse segnalato fino dai primi tempi dello sfruttamento industriale della roccia fossilifera e che nes- suno, se non per giusta interpretazione del significato degli avanzi fossili, almeno per quella non infrequente abitudine di raccogliere le 3g) Rea curiosità naturali, conservasse qualcuno dei pezzi più vistosi che i vari scavi andavano certamente via via rivelando. Eravamo in un'epoca in cui ancor troppo pochi ed isolati studiosi conoscevano il giusto valore delle reliquie fossili, ed oltre a ciò l’ enorme difficoltà delle comunica- zioni contribuiva a che l'interessante giacimento rimanesse completa- mente ignorato, Noi dobbiamo giungere quindi fino al principio del 1800 prima di trovare da parte di uno studioso qualche accenno alle cave bellunesi e agli avanzi fossili che in esse si rinvengono. È infatti il CaruLLo (*) che in due note, comparse rispettivamente nel 1813 e nel 1816, parla per primo delle arenarie di Belluno immediatamente sovrapposte alle glauconie, che riscontra particolarmente ricche di con- chiglie nei dintorni del Mas. Ricorda poi come l' arenaria venga sca- vata e usata per la preparazione delle mole e come in essa siano con- tenuti molti denti di “Carcaria. che descrive sommariamente. Poco dopo, e precisamente nel 1818, lo stesso CartLLO (*), trattando dei monti dei dintorni di Belluno, torna ad occuparsi delle pietre mo- lari e, dopo avere accennato al frequente rinvenimento di ossa, descrive una grossa costa, che è indotto a riferire ad uno Squalo (!). È merito poi dello stesso autore di aver richiamato, in una pub- blica assemblea, l’attenzione degli scienziati italiani e stranieri, riuniti in Venezia nel 1847, sull'importanza del giacimento bellunese, sotto- ponendo all'esame dei congressisti aleune vertebre e coste dello stesso deposito, avanzi ch'egli credette di dover attribuire ad un Coccodrillo. Il Carutto (*) chiude in fine la serie delle sue comunicazioni sull’ argo- mento con un nuovo accenno, contenuto nel trattato suì terreni di sedi- mento superiore, nel quale, dopo aver fatto menzione alle osservazioni esposte al congresso di Venezia, ricorda che nelle cave di Libano ebbe a scoprire anche degli avanzi di Testuggine e che nello stesso giacimento (1) CaruLLo T. A. Memoria sull’'arenaria grigia (molassa) del Bellunese. Giornale degli scritti scientifici e letterari di Padova. Vol. XXXV, 1813. — Memoria mineralogica sopra V arenaria del Bellunese. Verona. 1816. (*) CaruLLo T. A. Osservazioni sopra i monti che eircoserivono il distretto di Belluno. Tip. Mainardi. Verona, 1818. (*) CartuLLo T. A. Dei terreni di sedimento superiore delle Venezie. Tip. A. Sicca. Padova, 1856. Sol il Dott. PaoLo SeGaTo di Belluno raccolse numerosi resti di un grosso Coccodrillo. i Di nessuno di questi resti però ci venne data una qualche figura od almeno una descrizione sufficientemente dettagliata, per modo che non può escludersi il dubbio che il CarULLO, tratto nell’inganno da una certa somiglianza dei denti, abbia riferito ad un coccodrilliano gli avanzi del rostro e dello scheletro appartenenti invece a qualche grosso Odon- toceto. L'errore s’ era ripetuto del resto, in circostanze poco dissimili, anche in America e poi in Francia, dove il JovurDAN descriveva e ri- feriva ad un Rettile marino un grosso cranio di Sqwalodon. Corretti i vari errori di riferimento per opera dell’Owex, del Van BeNnEDEN e del MEYER, e fatta meglio conoscere per successive scoperte l’organizzazione degli Odontoceti fossili, fu relativamente facile al pro- fessore RarraeLe MoLix, succeduto al CattLLO nella cattedra di Storia Naturale dell’ Università di Padova, riconoscere anche fra i numerosi avanzi delle arenarie bellunesi la presenza di certe forme riferibili al- l'ordine dei Cetacei. La prima nota del MotLrx (') comparve nel 1859, ed è dedicata all’ illustrazione di alcuni denti, a due o tre radici, pro- venienti dalle cave di Libano (Belluno), che l’autore riferisce ad un Pachyodon, dal De Ziexo dimostrato poi sinonimo dello Squalodon. In una seconda nota il Morin (* ), sulla base di altro materiale pure del Bellunese, torna a prendere in esame la dentatura del genere Pa- chyodon, al quale riporta alcuni nuovi denti a radice unica, fortemente ri- volta all’indietro, e provvisti di corona ricoperta di numerose crenellature. Dall’ attestazione dello stesso MoLix (Nota prima, pag. 6) risulta che il materiale illustrato nelle due brevi memorie apparteneva, per spon- taneo dono fatto dal professore CarvLLo, al Museo Geologico dell’ Uni- versità di Padova. Del modesto, ma interessante materiale, nessuna traccia però è rimasta nelle collezioni delle quali faceva originariamente (1) MoLix R. Sulle reliquie d'un Pachyodon dissotterrate a Libono di Belluno. Sitzungsb. der Math. Nat. Classe der k, Akad. der Wiss. Bd. XXXV. Wien, 1859. (®) Morin R. Un altro cenno sulla dentatura del Pachyodon Cutulli. Sitzangsb. der Math. Nat. Classe der k. Akad. der Wiss. Bd. XXXVIII. Wien, 1860. 21: Gra parte. Con tutta probabilità, esso è emigrato col suo illustratore allorchè il Veneto venne restituito alla Nazione italiana. Intanto, col diffondersi della cultura naturalistica, anche le cave del Bellunese avevano cominciato a richiamare l’attenzione di qualche osservatore locale. Fra questi è degno di essere ricordato il signor GuarNxIeRI che, tra l’altro, raccolse anche un dente di Rinoceronte. L’interessante avanzo venne preso in esame anzitutto dal Loy ('), che lo riferì al AAinoceros Schlejerinacheri. Per quanto il materiale fosse troppo scarso per una rigorosa classificazione, mi parve che il dente, certamente diverso da quelli del tipico A. Sellejermacheri, trovasse mi- gliore corrispondenza in quelli del A. minutus (*) di CuvieR, considerato come sinonimo dell’ aurelianensis Novet, al quale lo STEFANINI ($), in una recente revisione dei Mammiferi terrestri del Miocene Veneto, credette meglio di ascriverlo. Verso il 1870 il TARAMELLI estendeva le sue escursioni anche al Bellunese, e l’interesse del giacimento arenaceo di Bolzano e Libano non poteva sfuggire all’osservazione dell’illustre professore, che dedicò tanta parte della sua attività allo studio della Geologia veneta. Egli ne parla infatti in parecchi scritti, ma più specialmente nelle note il- lustrative alla carta geologica del Bellunese (*) e nelle relazioni delle sue gite (°), dove, nei riguardì delle arenarie molari, si accenna per la prima volta alla presenza di numerosi avanzi di Delfinidi, fra i quali un esemplare quasi completo raccolto dal dott. LercHT e da questo re- galato al Gabinetto di Storia Naturale dell’ Istituto tecnico di Udine, È merito del l'arameLti inoltre di aver richiamato 1’ attenzione del De Zisxo sull’ esistenza, nella collezione dei conti Avocapro con- (1) Lioy P. Sopra un dente di Rinoceronte fossile trovato nell’ arenaria grigia di Bolzano nel Bellunese. Atti della Soc. Ital. di Scienze Nat. Vol. VIII. Milano, 1865. (*) Dar Praz G. Sui vertebrati delle arenarie mioceniche di Belluno. Atti dell’Accad. Scient. Veneto - Trent.-Istriana. Anno V, Padova, 1908. (8) SreranInI G. Mammiferi terrestri del Miocene Veneto. Memorie dell’ Istituto Geologico della R. Università di Padova. Vol. I. 1919. (4) TARAMELLI T. Note illustrative alla carta geol. del Bellunese. Tip. Fratelli Fusi. Pavia, 1883. (?) TaraMELLI T. Escursioni geologiche fatte nell’anno 1871. Annali scientifici del R. Istituto Tecnico di Udine. Anno V. 1871. —— ‘= servata in Bivai presso Santa Giustina bellunese, di un blocco di are- narla contenente i resti di un grosso mammifero dal De ZIGxo poi pazien- temente isolato e descritto come una nuova specie di Squalodon (*). Così per gli avanzi di Delfinidi scoperti dal TARAMELLI non mancò l’antorevole parere dello stesso De Zicxo (*). il quale basandosi sul tipo dei denti, diversi da quelli delle specie fino allora note, propose la nuova forma Delphinus Taramellii. Disgraziatamente però il breve cenno paleonto- logico del DE ZriGxo non fu seguito da alcuna illustrazione descrittiva ed iconografica, di guisa che ci è impossibile poter conoscere con det- taglio sufficiente per identificarla, quali fossero le particolarità che ca- ratterizzavano la nuova forma. Da quest’ epoca, cioè dalle scoperte del TarameLLI e dalle pubbli- cazioni paleontologiche del DE ZrGxo, passarono quasi vent’ anni senza che delle nostre cave si avesse notizia di nuovi rinvenimenti. Quanto materiale irreparabilmente perduto in questo breve, ma particolarmente intenso, periodo di attività estrattiva della pietra molare! Noi giungiamo così al 1893,in cui il LoxGHI (*) pubblica un breve elenco di piante fossili delle arenarie di Bolzano, determinate dal dott. Bozzi, assistente dell’ Orto Botanico di Pavia. La piccola flora delle arenarie, che occupa di preferenza un livello elevato dell'intero giaci- mento, consta di specie resinose e di qualche Palma: essa è tuttavia molto importante, perchè cì illumina sulle condizioni geografiche delle vicine terre, dalle quali dovevano essere trasportate al mare per feno- meni di fluitazione. Due anni dopo la pubblicazione del LoxcHi sulla fora delle are- narie, un cavatore di Bolzano raccoglieva nella sua cava di Cullonighe un cranio, del quale apparivano scoperti, per parziale distacco della roccia, alcuni denti di forma conica, appuntita e leggermente schiacciata. Il (1) De Zino A. Sopra i resti di uno Squalodonte scoperti nell'arenaria miocenica del Bellu- nese. Memorie del R. Istituto Veneto di Scienze, Lett. ed Arti. Vol. XX. Venezia, 1876. (*) De Ziono A. Sui mammiferi fossili del Veneto. Memorie della R. Accademia di Scienze e Lettere di Padova. Anno 1874. (3) LoxGHni P. Contribuzione alla conoscenza della Flora fossile del Terziario di Bolzano nel Bellunese. Atti del R. Istituto Veneto di Scienze, Lett. ed Arti. Serie VII. Tomo V. Venezia, 1892-95. DEAR prezioso avanzo, che ora fa parte delle collezioni del Museo Geologico di Bologna, venne acquistato dal LoxGHI, che, dopo premesse alcune generalità stratigrafiche sulle arenarie mioceniche da cui proveniva, lo descrisse come una nuova specie del genere Schizodelphis ('). Ulte- riori rieerche dimostrarono però che si trattava della vecchia specie Cyrtodelphis (= Schizodelphis) sulcatus, forma fra le più comuni e più lar- gamente distribuite nel Miocene europeo ed americano. Allo stesso LoxGHI (*?) dobbiamo in fine l'illustrazione di un altro e non meno importante cranio: trattasi di un Odontoceto assai carat- teristico e. per il quale l’autore, valutando giustamente di trovarsi da- vanti ad una nuova forma del genere Acrodelphis (— Champsodelphis), propose il nome specifico di CHampsodelphis UOmboni. Presso a poco in quest'epoca, ultimato uno studio morfologico sulle grotte e sui fenomeni carsici, attendevo alla raccolta delle osservazioni e dei materiali che dovevano servirmi per una illustrazione geologica del vallone Bellunese, allorchè, trovandomi nei dintorni di Libano. venni avvi- sato che nella solita pietra molare erano state scoperte alcune ossa. Reca- tomi sul sito, potei subito constatare che si trattava di alcuni mal conser- vati avanzi di Squalodon, che mi affrettai ad acquistare e che, con altro materiale gentilmente avuto dal prof. LoxGHI, mi fornirono il mezzo per la compilazione di una prima memoria su questo interessante genere (*). Accortomi, per quanto era stato fino allora scoperto e per le atte- stazioni degli operai cavatori, dell'importanza del giacimento bellunese, non mancai di visitarlo di tratto in tratto, ricavandone quasi sempre confortanti risultati. Non era passato un anno ch'io potevo già intrapren- dere lo studio di un piccolo cranio di Cyrtodelphis sulcatus (*) e subito (!) LoncHi P. Della pietra da Coti o da Mola Bellunese e di alcuni suoi fossili. Atti della Società Veneto-Trentina di Scienze Nat. Serie II. Vol. III. Padova, 1896. (®) LoncHI P. Sopra i resti di un cranio di Champsodelphis fossile scoperto nella molassa mio- cenica del Bellunese, Atti della Soc. Veneto-Trent. di Scienze Nat. Serie II. Vol. III. Padova, 1898. (3) Dar Praz G. Sopra alcuni resti di Squalodon dell'arenaria miocenica di Belluno. Palaeon- tographia Italica. Vol. VI. Pisa, 1900. (4) Dar Praz G. Di aleuni resti di Cyrtodelphis sulcatus dell’ arenaria miocenica di Belluno. Palaeontographia Italica. Vol. VII. Pisa, 1901. ACIDI? dopo, a sola distanza di qualche mese, iniziare la pubblicazione di una monografia illustrativa di questo stesso genere con un materiale inspera- tamente abbondante e bene conservato. Da quell’ epoca, anche a motivo di una più attiva escavazione di pietre molari, le scoperte di crani e di ossa si succedettero con non comune frequenza. Ciò non ostante, per ragioni già esposte nell’ Intro- duzione generale, credetti necessario sospendere per qualche anno le intraprese pubblicazioni, per riprenderle solo ora che l'abbondanza e la varietà del materiale raccolto ed opportunamente preparato permet- tono di iniziare l’ illustrazione sistematica dell'intera fauna. STUDIO STRATIGRAFICO Il vallone Bellunese, come venne riconosciuto da tutti i geologi che ebbero campo di occuparsi di questa amena regione, risponde ad un’ampia sinclinale con l’asse orientato da SW e NE. Alle sue estre- mità, nei pressi di Ponte nelle Alpi da un lato e di Arten dall'altro, la sinclinale bellunese si ristringe, devia dalla sua primitiva direzione, e sì risolve in numerose pieghe secondarie che elevandosi si obliterano per dar luogo ad altri corrugamenti laterali. L'asse di questa grande sinclinale non coincide con la linea di massima depressione, che è percorsa dal Piave, ma è alquanto spostato verso la destra della valle. Si ha così una piega asimmetrica, la cui gamba meridionale ha un'inclinazione non molto sentita e discretamente regolare, mentre la gamba settentrionale è molto più ripida (v. tav. II, fig. 1) e, spe- cialmente nei dintorni di Feltre, complicata da rovesciamenti più o meno estesi, Il terreno più antico che faccia parte del sistema orografico costituente la sinclinale bellunese, messo in evidenza sui fianchi delle SCA valli trasversali intaccanti il sistema stesso, è la Dolomia Princi- pale, che si presenta nei soliti banchi, a stratificazione più o meno bene distinta e a linee regolarmente arcuate prive di ripiegamenti secondari. Seguono i terreni del Lias e del Giura, di natura più o meno dolomitica nelle parti inferiori, costituiti di calcari bianchi o cerulei compatti nelle parti medie e di calcari selciosi, nodulari, rossastri nelle parti più elevate. Il Cretaceo, che succede in perfetta concordanza al Giurese, consta del solito Biancone, di una grossa fascia mediana di calcari de- bolmente argillosi e bituminosi del Cenomaniano e della Scaglia, so- stenuta ed intercalata, nella gamba meridionale, dalla ben nota zona ippuritica dei dintorni di S.* Croce. A proposito della gamba meridionale della conca bellunese, dob- biamo osservare come i terreni giuresi e cretacei che la costituiscono assumano tratto tratto, specialmente nella catena Tomatico - M. Grappa, facies dolomitica, qualche volta anche brecciata e non di rado coralli- gena: caratteri che non si riscontrano invece, o in misura assai più limitata, nei monti della gamba settentrionale. Nel vallone bellunese il passaggio dal Cretaceo all’Eocene è rego- lare e graduale, per modo che la serie risulta continua, cioè senza in- terruzioni dovute a fenomeni di trasgressione. La Scaglia nelle parti più elevate comincia col diventare più marnosa, di colore pavonazzo, poi presenta delle zone intercalate di natura argillosa e di colore giallo - ceruleo per passare alla fine insensibilmente alle marne ed alle argille dell’ Eocene inferiore. Per mezzo di una simile serie intermedia, che raggiunge sempre un limitato spessore, sì passa al Flysch, che ha invece una potenza straordinaria, e nel quale, salvo delle intercalazioni di banchi calcarei e di brecce calcareo-silicee a Nummuliti e ad Alveoline, si cercherebbe invano un qualche livello fossilifero. Come mostra l’annessa carta geologica (Tav. IV), nell’area da noi presa in esame il Flysch occupa una larga superficie, nella quale pre- "Ted senta un andamento molto regolare a strati mediocremente inclinati a nord e facenti ancora parte della gamba meridionale della conca bellu- nese. Procedendo con la nostra rassegna nella stessa direzione, cioè da sud a nord, dopo una zona mediana di terreni oligocenici e miocenici, che occupano il nucleo della sinclinale, e sui quali ritorneremo fra breve, torna ad affiorare il Flysch, in strati raddrizzati, che, all’apposto di quelli or ora accennati. fanno parte invece della gamba nord della stessa sinclinale. Al di la di questa seconda zona di Flvsch, torna a ripetersi naturalmente la serie dei terreni cretacei e giuresi. ma in or- dine inverso da quello da noi seguito. Nelle parti più elevate del Flysch le arenarie diventano meno fre- quenti e sono sostituite da strati prevalentemente calcarei, ai quali sono sempre alternate grosse zone marnose. Il Flvsch può ritenersi chiuso da un grosso banco calcareo, assai tenace, a piccole Foraminifere, che sporge a guisa di gradino sugli altri. Esso affiora tra Mussoi e Vezzano, ed è ben visibile tanto ‘sulla strada quanto sotto il ponte di S. Se- bastiano. Succede un complesso, di circa quattro metri di spessore, di marne cerulee con intercalazioni di straterelli arenacei. L'insieme è prevalen- temente marnoso, ma ricorda alquanto il tipo morfologico e di succes- sione del Flysch e nella serie stratigrafica viene da me frequentemente indicato col nome di piccolo Flysch. Di solito la superficie del ter- reno, in coincidenza a questi materiali facilmente erodibili. presenta delle depressioni percorse da piccoli ruscelli. Segue un banco di puddinga calcarea, minuta, a piccole Nummau- liti, col quale riteniamo abbiano termine i terreni eocenici. Nella località di S. Sebastiano, sul torrente Rui, l' Oligocene sì inizia con delle argille, intercalate da piccoli strati di arenarie a frustoli di piante. Nella parte più alta prendono l’ esclusivo. pre- dominio, sia pure per un breve spessore, delle arenarie fine, quarzose, intimamente connesse e cementate alle successive glauconie a /ecten deletus. Sull’ età delle tipiche glauconie bellunesi i pareri furono discordi : i generalmente si è ritenuto con l OppenHEIMm (') che rappresentassero il Miocene inferiore. L'Hav6 (*), in base alle ricerche dello stesso Op- PENHEIM, pure ammettendo che si tratti di deposito miocenico, rileva che la fauna delle glauconie presenta una curiosa miscela di forme paleogeniche e neogeniche. In realtà però, se vi è stata miscela di forme, nella misura e nel senso indicati dall’ OppexHeIm e dall’ Haug, questa deve imputarsi esclusivamente alla trascuratezza di chi raccolse il materiale fossile e più ancora all’ abitudine troppo diffusa e non mai abbastanza detestata di certi geologi che, senza curarsi di comple- tare i loro studi con opportune ricerche stratigrafiche, si limitano a fare della cronologia statistica con quegli elementi che il caso ha loro fornito. Come rilevai alcuni anni or sono (*), e come riconfermò poi piena- mente il prof. FaBIaNI (‘) nel suo studio sul Paleogene del Veneto, la fauna della tipica glauconia bellunese ha un'impronta schiettamente oligocenica. Fra le altre, essa comprende infatti le seguenti forme, per le quali il suo riferimento all’Oligocene parmi non possa sollevare dubbio : Nenophora cumulans Brongn. Voluta subambigua D’ Orb. Ficula condita Brongn. Spondylus cisalpinus Brongn. Pecten arcuatus Brocchi si deletus Michel. Cardita Arduinoi Brongn. P Lavrue Brongn. (1) OppeNnHEIM P. Uedberkippung von St. Orso, das Tertitir des Tretto und Fauna wie Stellung der Schioschichten. Zeitschr. d. Deutsch. geol. Ges. Bd. LV, H. 1. Berlin, 1903. (2) Hauc E. Traité de Geologie. Pag. 1640. (3) DaL Praz G. Studi geotettonici sulle Alpi Orientali. Mem. Istit. Geol. della R. Università di Padova. Vol. I. Padova, 1908-12. (4) FaBIANI R. 12 Paleogene Veneto. Mem. Istit. Geol. della R. Università di Padova. Vol. III. Padova, 1915. ppi — Crassatella neglecta Michel. Cardium anomalum Math. Venus Aglaurae Brongn. Glycymeris Heberti Bosq. Ho detto della tipica glauconia bellunese, perchè, come ve- dremo in seguito, dei livelli più o meno glauconitici esistono anche più in alto, ma essi contengono il Pecten durdigalensis e diverse altre forme, certamente mioceniche, che mancano invece nella glauconia inferiore. quale affiora presso la centrale elettrica della valle dell’Ardo, presso il ponte di S. Sebastiano, nella bassa valle del Gresal ecc. Veramente, se anche nella serie miocenica esiste qualche livello più o meno glauconitico, non può dirsi che i caratteri litologici di questi livelli siano tali da ingenerare facile confusione. Infatti la tipica glau- conia inferiore od oligocenica del Bellunese, se fresca, è assai compatta e tenace; essa consta in gran parte di una massa di irregolari granuli di glauconite compresi in un cemento calcareo-quarzoso, che si può a malapena distinguere. La roccia presenta, nell’ insieme, un magnifico color .verde inframmezzato da zone bianche o gialliccie, dovute ai nu- merosissimi gusci di Mulluschi che formano una vera lumachella. Non rari sono poi i ciottoletti quarzosi, talvolta abbastanza grossi, la cui presenza fa rammentare l’analoga circostanza che si riscontra nei ce- lebri giacimenti oligocenici di Lavarda e di Sangonini nel Vicentino. Lo spessore della tipica glauconia è piuttosto esiguo, raggiungendo tutto al più i due metri. In causa della sua particolare tenacità, specialmente nella parte inferiore, essa sporge sui fianchi delle valli a guisa di cengia, ciò che la rende facilmente riconoscibile anche a distanza. Per una lieve diminu- zione nella percentuale dei granuli di glauconite, la parte più elevata delle glauconie diventa di colore verde meno vivace; il cemento comincia a farsi leggermente argilloso e con ciò diminuiscono anche le spiccate proprietà di resistenza. Il profilo che abbiamo testè descritto per i materiali oligocenici, — 16 — sì riferisce alle valli dell’Ardo e del Rui di S. Sebastiano. Poco diversa, ma non del tutto identica, è la successione che si riscontra più ad ovest nella valle del Gresal e sui fianchi occidentali del Boscon. In queste località il grès quarzoso che sostiene la glauconia è sostituito da un calcare, punteggiato di granuli glauconitici, assai tenace, contenente delle Nullipore, dei Molluschi e rari Echinidi. Per la facies litologica ri- corda notevolmente i calcari aquitaniani del Vicentino e del Veronese, esso occupa però un livello alquanto più basso e non comprende traccia della tipica Lepidocyclina elephantina e neppure degli altri fossili propri dell’ Aquitaniano, fossili che sì rinvengono invece con la solita fre- quenza in livelli più elevati. Per tutto il resto i vari profili delle accennate valli dei dintorni di Belluno sono perfettamente corrispondenti e sovrapponibili, basterà quindi descriverne uno per tutti, consigliando a chi volesse farsi un’idea della serie di percorrere il fondo della valle dell’Ardo o del Gresal, che incidono, normalmente alla direzione degii strati, 1’ intera succes- sione delle formazioni terziarie. Al di sopra della glauconia oligocenica succede un’ arenaria mar- nosa cerulea, scarsamente picchiettata di minutissimi granuli. verdi, contenente delle piccole ma numerose conchiglie, che presentano un aspetto di sviluppo arrestato dipendente forse da condizioni d'ambiente poco favorevoli. Tali sedimenti formano nell'insieme un banco che raggiunge uno spessore di otto a dieci metri e si può esaminare con grande chiarezza nelle vicinanze della centrale elettrica della valle dell’ Ardo (vedasi fig. 1) o presso la Cesurazza, dove, per |’ apertura di alcune cave, si presentano delle opportune sezioni. Quantunque i fossili di questo banco siano molto frequenti, pure, per il loro stato di conservazione e per l’ incompleto sviluppo, non si prestano a sicure determinazioni. Vi sì riscontrano delle forme che ricordano specie della glauconia, altre che ricordano invece specie di orizzonti più elevati, tuttavia per il livello da esse occupato siamo pie- namente convinti che appartengano all’ Aquitaniano inferiore. a Intatti a questo stesso banco, che indicheremo col nome della Ce- surazza, succedono, per graduale passaggio, delle marne cerulee, abba- Fic. 1. — Fianco sinistro della Valle dell’Ardo nei pressi della Centrale elettrica. C — Marne cerulee a Pericosmus montevialensis. B — Arenaria glauconitica dell’Aquitaniano inferiore (livello della Cesurazza). A — Glauconia oligocenica a Pecten deletus. stanza fine, uniformi, nelle quali, in seguito a fortunati scavi recente- mente intrapresi, furono rinvenuti i seguenti fossili : Pericosmus montevialensis Schaur. Pecten Pasinii Meneg. Cardita Arduinoi Brong. Cytherea incrassata Sow. Pholadomya Puschi Gold. Pleurotomaria Isseli Rov. Nautilus ctr. decipiens Michel. Nel riprodotto elenco di specie noi riscontriamo delle forme che vennero per la prima volta segnalate nell’ Oligocene, come la Cardita Arduinoi e la Pleurotomaria Isseli. Dobbiamo aggiungere però che, seb- bene raramente, la Cardita Arduinoi venne citata anche pel Miocene OO, inferiore e la P/eurotomaria Isseli, per quanto non sia stata fino ad ora avvertita che per l’ Oligocene di Dego nel Genovesato, è forma molto frequente nelle arenarie sicuramente aquitaniane del Bassanese e del Marosticano. Prescindendo dalla specie dubbia di Nautilus, dalla Pholadomya Puschi e dalla Cytherea incrassata, perchè fossili di troppo grande svi- luppo verticale, ci restano il Pecten Pasinii ed il Pericosmus montevialensis, forme tipiche dell’ Aquitaniano veneto, che bastano da sole a fissare l'età del giacimento fossilifero. Le marne cerulee a Pericosmus montevialensis, procedendo verso l'alto, diventano un po’ alla volta sabbiose, facilmente friabili, ed assu- mono un colore verdastro. Nel letto del torrente Rui questi depositi si presentano abbastanza ricchi di fossili, fra i quali sono particolarmente abbondanti le seguenti forme : Lima langhiana Sacco Pecten burdigalensis Lam. Cytherea incrassata Sow. Dolium subfasciatum Sacco Sconsia striatula Bon. Chenopus uttingerianus Risso var. peraraneosa Sacco Pleurotoma aff. P. coronata Minst. Ritengo con lo STEFANINI che questo giacimento fossilifero, anche per il livello da esso occupato rispetto i materiali contigui, sia da ri- ferirsi al Langhiano inferiore. Il Pecten burdigalensis, che studi det- tagliati dimostrano molto diffuso, costante e caratteristico di questo li- vello, si riscontra così abbondante nella valletta del Rui da poter par- lare addirittura di un vero banco a Pecten burdigalensis. Se ci spostiamo lateralmente verso i fianchi della Valle dell’Ardo, troviamo che le marne sabbiose langhiane del Rui diventano di colore verde sempre più intenso ; la parte inferiore di questi materiali langhiani SL pas passa ad un’arenaria glauconitica, non meno ricca di fossili, soprattutto di Pecten, fra i quali è specialmente frequente il P. oblitaquensis var. sub- laevisulcata Sacco. È questo un altro dei livelli glauconitici, oltre a quello oligocenico, col quale però parmi non possa ingenerare equivoco di riferimento. Alle marne fossilifere del Rui fanno seguito per una potenza straor- dinaria delle arenarie, prima marnose, poi più pure e tenaci, tanto che le valli in coincidenza di esse assumono la forma di vere gole a fianchi verticali o addirittura strapiombanti, per la più facile erodibi- lità dei materiali che stanno alla base. Generalmente queste arenarie sono piuttosto povere di fossili; solo si raccoglie tratto tratto qualche valva di Pecten affine al P. burdigalensis e qualche calice di 7rochocyathus laterocristatus M. Edw. Succede, pure per uno spessore considerevole, un altro livello mar- noso, poco resistente, in coincidenza al quale le valli si allargano e la superficie del terreno forma delle conche. In generale i fossili vi sono rari, piccoli e quasi sempre deformati per schiacciamento. A questi sedimenti fanno seguito le tipiche molasse con Odontoceti, le quali sono di solito cerulee più fine e più tenaci nella parte inferiore, gial- lognole, più grossolane e meno resistenti nelle parti più elevate. Le molasse a Mammiferi presentano una massa uniforme della potenza di 50 a 60 metri, senza che nell’intero spessore si possano distin- guere i piani di stratificazione. La base delle molasse è segnata dal- l’ esistenza di uno straterello di arenaria assai tenace e sporgente a guisa di soglia. La sommità è pure coperta da arenarie, ma alquanto meno resistenti di quelle inferiori e a strati sottili, bene distinti e nu- merosi. Come ho accennato, nelle molasse bellunesi sì possono riconoscere due livelli, quello inferiore (al quale appartengono le cave di Libano) costituito da un’ arenaria più fina a Squalodon bariense, e quello supe- riore (in cui sono aperte le cave di Bolzano) formato da un’ arenaria più grossolana a Squalodon bellunense. Assieme a queste specie e a nu- merosì altri avanzi di Odontoceti comuni all’uno e all’altro livello, nella = Bee parte superiore vennero raccolti anche diversi resti di Cheloni ed un dente di Rinoceronte. Il tetto di questa parte più alta della molassa bellunese è formato in fine da un deposito a piante, fra le quali il dott. Bozzi (') distinse le seguenti forme: Pinus Lardyana Heer » Saturni Ung. » bolzanensis Longhi Sabal Lamamonis Brongn. Palmacites sp. La piccola flora delle arenarie bellunesì consta adunque di Pini e di Palme. Questa associazione fu erroneamente interpretata dal LoxGHI (Op. cit. alla nota 1) come la testimonianza dell’esistenza di boschi di resinose, in mezzo alle quali vivevano dei palmizi. L'associazione è do- vuta invece alla comune fluitazione subita da tutte e due le essenze, le quali attestano evidentemente l’esistenza di zone vegetative diverse e di diversa altimetria. Tutto il complesso delle molasse, dall’ alto al basso, è disseminato di denti di Squali (*), talvolta di dimensioni gigantesche, ai quali si ac- compagna in qualche caso il Cybium Botti, specie comune alla pietra di Rosignano ed a quella di Lecce. Fra i Molluschi gli avanzi sono poco frequenti, fatta eccezione del Pecten Northamptoni, di cui non è raro però rinvenire qualche valva tanto nella massa arenacea inferiore, quanto in quella superiore. L’abbondanza dei denti di Squali e la presenza abbastanza fre- quente di valve di Pecter, piuttosto che di un estuario, attestano che si trattava di ambiente nettamente marino, non lontano da coste. Queste circostanze sono riconfermate anche dal fatto della grandissima esten- (1) LongHi P. Contribuzione alla conoscenza della Flora fossile del Terziario di Bolzano nel Bellunese. Atti del R. Istituto Veneto di Sc., Lett. ed Arti. Serie VII, Tomo V. Venezia, 1892-93. (?) Bassani F. Ittiodontoliti del Veneto. Atti della Soc. Ven.-Trent. di Sc, Nat.-Vol. V, pag. 925. Padova, 18%. SAI) pesa sione assunta dalla zona a molassa, la quale sì propaga, a guisa di fascia, dall’ Alpago e dal Bellunese al Feltrino ed al Bassanese, fino ai dintorni di Schio, dove vennero pure segnalati e raccolti avanzi di Odontoceti ('). In alcune località, e specialmente nelle vicinanze di Belluno, questa regione costiera doveva assumere la forma di un golfo o di un recesso a seno, nel quale, come avviene sovente anche oggidì in am- bienti consimili, pullulava la vita marina richiamata dagli svariati pro- dotti e dagli organismi che, o per ragioni di habitat o per fenomeni di fluitazione, vi giungevano per mezzo delle acque di qualche grosso fiume. La successione dei materiali delle arenarie bellunesi denota che dal basso all’alto le condizioni d'ambiente andarono progressivamente mo- dificandosi nel senso di una lenta ma continua diminuzione di profon- dità. Infatti dalle arenarie cerulee, fine. abbastanza calcarifere della parte inferiore, noi passiamo poi alle arenarie grossolane della parte superiore, ricoperte a loro volta da un letto a piante, scarso di specie, ma certamente ricco di individui. Può darsi che il fenomeno dipenda da mutate condizioni di portata e di corso dei fiumi che af- fluivano al nostro bacino: può darsi ancora che un cambiamento nella distribuzione delle correnti marine abbia spostato i limiti delle primi- tive zone di sedimentazione. Tuttavia, per la circostanza che il feno- meno pare comune a tutta la zona arenacea bellunese e vicentina e per la constatazione che solo nella parte più elevata esiste un vero deposito a piante, di cui non abbiamo traccia nei livelli più bassi, siamo indotti a pensare ad una di quelle oscillazioni di spiaggia che prelu- diano al passaggio dal Primo al Secondo Piano Mediterraneo. Nei cenni storici ho già ricordato che sono queste le arenarie che sì cavano con una certa attività a Bolzano ed a Libano per fabbricarne poi delle mole da arrotini e delle pietre da levigazione. Le figure I e 2 della tav. II, mostrano infatti qualcuna di queste cave, che hanno (1) CapeLLInI G. Avanzi di Squalodonte nella arenaria di Grumi dei Frati presso Schio. Mem. della R. Acc. delle Scienze di Bologna. Serie V, Tomo X. 1903. di solito la forma di larghe e basse gallerie, dalla cui parete di fondo sì staccano i blocchi di arenaria necessari a dar vita alla piccola in- dustria e nei quali, come s'è detto precedentemente, non di rado sono contenute le reliquie di una fauna così varia e così interessante. Per meglio stabilire l’ età delle molasse a Mammiferi del Bellu- nese, crediamo opportuno premettere che in Francia esistono due li- velli con avanzi organici analoghi a quelli da noi raccolti nelle cave di Bolzano e di Libano. Di questi livelli uno a Squalodon Grateloupi Mayer è proprio di Léognan e di altre località del bacino di Bordeaux ed è considerato come il più basso, cioè corrispondente al Burdigaliano inferiore. L'altro, rappresentato dalle molasse di Saint-Paul-Trois-Chà- teaux, di Bari, ecc. nel bacino del Rodano, contiene invece lo Sg. ba- riense Jourd., il Cyrtodelphis sulcatus Gerv. ecc., ed è considerato come ri- feribile al Burdigaliano superiore nel sensò indicato dall’ Have ('). E siccome nel giacimento bellunese fra le forme di gran lunga più fre- quenti su tutte le altre figurano appunto lo Sy. barzense ed il Cyr. sul- catus,; torna pienamente giustificato ritenere che le nostre arenarie con Odontoceti corrispondano al livello proprio del Bacino del Rodano e cioè al Burdigaliano superiore. Senza entrare nella complessa questione dei parallelismi fra le varie suddivisioni del Burdigaliano e del Langhiano, attribuendo a quest’ul- timo l’ estensione data dal TraBUCcco (*) ed accettata ultimamente dallo STEPANINI (*), il giacimento a Mammiferi del Bellunese corrisponderebbe adunque alla parte bassa del Langhiano superiore. La parte alta sarebbe costituita da una discreta massa di marne cerulee, mediocremente fine, che ricoprono immediatamente le arenarie stratificate, colle quali, come abbiamo visto, si chiude la grande zona delle molasse con Odontoceti. Con l' intermezzo di un’altra zona di (1) Hauc E. Traite de Geologie. Pag. 1624. (2) Tragucco G. Fossili, stratigrafia ed età del Calcare di Acqui (Alto Monferrato). Boll. Soc. Geol. Italiana. Vol. XXVII. Roma, 1908. (3) SteranINI G. IZ Neogene del Veneto. Mem. Istituto Geol, della R. Università di Padova. Vol. III. Padova, 1915. CS: ea avenarie a intercalazioni glauconitiche, con fossili male conservati, e di marne zeppe di Ostraea cochlear Poli var. navicularis Brocchi, si passa ad un potente complesso di marne scure più fine a frattura prismatica, in aleuni punti molto ricche di conchiglie calcinate, fra le quali, ancora parecchi anni or sono (') ho distinto diverse forme. Ora, riprendendo le ricerche, la piccola collezione venne ulteriormente aumentata e col sussidio del nuovo materiale le specie che posso determinare con sicu- rezza sono le seguenti: Arca diluvii Lam. Lima miocenica Sism. Pecten cristatus Bronn Ostraea cochlear Poli var. navicularis Brocchi Tellina planata Lin. Turritella turris Bast. Chenopus uttingerianus Risso Dal complesso di queste forme, siamo indotti a ritenere che le marne racchiudenti l’ elencata fauna appartengono all’ Elveziano, circostanza che sta pure in perfetto accordo coi risultati della succes- sione stratigrafica precedentemente esposti. Segue da ultimo una massa di argille sabbiose a piccole Cardite ed a qualche altro mollusco. Mancando dei dati necessari per un’esatta determinazione cronologica di queste argille, crediamo ‘conveniente collegarle alle sottostanti marne, ascrivendole esse pure al piano El- veziano. Con la descritta massa argillosa si chiude la serie miocenica del bacino di Belluno. Ad essa fanno seguito delle alluvioni e dei conglo- merati interglaciali, sormontati da fresche morene wirmiane. Fra questi materiali morenici e la sottostante formazione miocenica esistono non di rado dei piccoli depositi di finissime argille a lenti di lignite, le quali (!) G. Dar Praz. Studi Geotettonici sulle Alpi Orientali, pag. 66. Loc. cit. Soda attestano l’ esistenza di piccoli bacini lacustri preglaciali od inter- glaciali. Frequenti nella lignite sono i tronchi e gli strobili di conifere, avanzi che ci forniscono qualche elemento per farci un’ idea anche sulle condizioni climatiche dell’ ambiente in questo periodo della sua storia, | A titolo di ricapitolazione dell’ esposta serie stratigrafica facciamo seguire un quadro cronologico del Terziario bellunese e specialmente del terreno miocenico, quale risulta dalle nostre ricerche. | || e sulla sinistra del Piave ed assume uno spessore enorme. e e. QUADRO RIASSUNTIVO DEL TERZIARIO BELLUNESE O C-EUN E Argille sabbiose a Cardita del torrente Gresal. OLIGOCENE EOCENE ! i =) ZA > —L { _— Ì a n n 2 n 53 Marne scure ad Arca diluvii, Tellina planata, Turritella turris, Chenopus Di uttingerianus, del torrente Gresal, di Tisoi e del torrente Ardo. Banco marnoso ad Ostraea cochlear var. navicularis. = - = | Marne cerulee fine di considerevole spessore. | Il IS) Molasse di Bolzano e di Libano a Mammiferi (Rhinoceros cfr. aurelianensis, | #| Squalodonbariense, Sq. bellunense, Cyrtodelphis suleatus, Acrodelphis Ombonii,ecc.). > |7| Cheloni. Pesci (Cybium Bottii, Carcharodon megalodon, Hemipristis serra, Odon- I n . - > = = : ar: taspis cuspidata, ecc.). Molluschi (Pecten Northamptoni, ecc.). Piante (Pinus Lar- è dyana, P. Saturnii, Sabal Lamanonis. ecc.). =_= 0) k DI {ce} | = Grosso complesso di marne e di arenarie con qualche Pecfen e calici di = = 1° . = _| Coralli (Pecten burdigalensis, Trochocyathus laterocristatus, ecc.) dell’Ardo. dell'alto © .2 || Rui e del Gresal. î° i Marne sabbiose verdastre, talvolta glauconitiche, friabili. del basso Rui. con Molluschi (Pecten burdigalensis, Cytherea inerassata, Dolium subfasciatum, ecc.). Ì \l = Marne cerulee dell’Ardo. del Rui e della Cesurazza a Molluschi ed Echini = (Pleurotomaria Isseli, Pecten Pasinii, Pericosmus montevialensis, ecc.). == | = Arenarie marnose cerulee a granuli giauconitici. con numerosi e piccoli Mol- ? = luschi, della Cesurazza e della Valle dell’ Ardo presso la centrale elettrica. Glauconia tipica. superiormente giallastra, inferiormente verde scuro, del Boscon, del basso Gresal, di S. Sebastiano sul Rui e dell’Ardo presso la centrale elettrica, zeppa di Molluschi (Pecten deletus, Spondylus cisalpinus, Cardium anoma- lum, Cardita Laurae, Crassatella neglecta. Glycymeris Heberti, Xenophora cumu- lans. Voluta subambigua, ecc.). Sottile banco di arenaria fina quarzosa, senza fossili, bene visibile nella Valle dell’ Ardo. Argille alternate ad arenarie giallognole a frustoli di piante. S. Sebastiano. Banco di puddinga calcarea. minuta. a piccole Nummuliti ed altre Forami- nifere di S. Sebastiano. Marne cerulee alternate a straterelli arenacei, per uno spessore complessivo £ di circa 4 metri. S. Sebastiano. Banco calcareo. compatto, ad Orbitoidi e Nummuliti. S. Sebastiano. Flysch con intercalazioni di brecciole a Nummuliti. Si estende sulla destra SPIEGAZIONE DELLA TAV. I Veduta panoramica di Belluno e dei suoi dintorni per mostrare la distribuzione generale. dei terreni. Q — Alluvioni quaternarie del terrazzo di Belluno. M — Zona collinesca del Miocene di Libano, di Bolzano e del Col di Roanza. OE — Oligocene ed Eocene. C—- Zona cretacea. G — Giurese e Lias del M. Talvena e dello Schiara. D — Dolomia principale del M. Pelf. OE OE NI SPIEGAZIONE DELLA TAV./I uu 9, >) | . A } î NI E K Veduta panoramica di Belluno e dei suo) dintorni mostrare la distrib@azione generale dei terreni, PE 6) Alluvioni quaternarie d A zo di Belluno. :ollinesca del Mioseni Libano, di Bolzhng e del Cal di Roanza. r I X t en Zon rveta 4 la Giurese e Lian del 1 : « dello Schiaf D Dolomi 1 î Pei OE OE VALOIS RO de Da AS 5 ; ec VR MEI _ AD C x RETTA A ANNO ROSSA OLII è NTACATA SATA VUOLLI AT N° "il "AB I, PIAVMIIIVALS INIZIALI È dhe ad 119€] ]9P 17990]HOP() = "Z AI [OA N CVe ( V J . x 19 sl L te x vi n È + S i - re N al n x ’ ’ i ' 4 i ' w nai Pa ì n È Î ® (SÌ si cd r RECITA IA DI pg SLA LARTIOSLION I I dae ai ta RI * she wi x E Le" ch, fa î î _ n 19 ba ) CSI v be A , ra. : | sa n ui Rec 3 SPIEGAZIONE DELLA TAV. II Fic. 1. — Cave di Bolzano sul versante orientale. — Imboccatura delle gallerie e cantiere di lavorazione. Fia. 2. — Altre cave di Bolzano, sul versante sud-occidentale. G. DAL PIAZ. - Odontoceti del Bellunese - STRATIGRAFIA. Fa a _ PI PA dI e È "> n“ SPIEGAZIONE DELLA TAV. II Fic. 1. — Sezione geologica dal M. Talvena al Piave in direzione NNO - SSE, nella scala di 1 a 25 mila per le lunghezze, di 1 a. 12500 per le altezze. a — Alluvioni, torbiere e rivestimento morenico. b — Miocene. - Argille sabbiose, marne e molasse a Odontoceti. e — OLIGocENE. - Glauconie, arenarie e argille. d — Eocene. - Flysch, brecciole calcaree a Foraminifere. e — CRETACEO SUPERIORE. - Scaglia. f — CRETACEO MEDIO E INFERIORE. - Calcari cerulei e Biancone. g — Giurese. - Calcari rossastri selciosi, calcari oolitici, dolomie ete. Fre, 2. — Schizzo stratigrafico per mostrare la successione del Miocene sulla destra del torrente Ardo. QUATERNARIO < Alluvioni e materiale morenico. | b — Argille a Cardita. ELVEZIANO e | e -- Marne ad Arca diluvii e banco ad Ostrea. [ca] S È dd — Marne cerulee fine. [ca] e — Molasse a Odontoceti. w} LANGHIANO a ì 1 © f — Marne ed arenarie a Zecten e Coralli. & y — Marne arenacee a Pecten burdigalensis. = | lì — Marne cerulee a Pecten Pausinii e Pericosmus montevialensis. AQUITANIANO : a : La | î — Arenarie cerulee marnose un po’ glauconitiche. A — Glauconia a Pecten deletus. OLIGOCENE | x ì ; To | m — Alternanze di arenarie e marne a frustoli carboniosi. Fic. 3. — Profilo stratigrafico dei terreni che stanno alla base del Miocene, presso il ponte di S. Sebastiano. AQUITANIANO . . . & — Arenarie glauconitiche, tipo Cesurazza. b-b — Livelli della glauconia a Pecten deletus (nel livello inferiore la glauconia è di tipo compatto, più intensamente colorato e general- OLIGOCENE mente è più ricca di conchiglie). ce — Grès quarzoso. d — Marne ed arenarie a frustoli carboniosi. e — Puddinga a Foraminiferi. d' — Straterelli marnosi ed arenacei. EOCENE . . . f — Banco calcareo-arenaceo a Foraminifere. 9g — Flysch con intercalazioni di brecciole calcaree e calcareo-silicee a Foraminifere. MEMORIE DELL'ISTITUTO GEOLOGICO DELLA R. UNIVERSITÀ DI PADOVA — Vol. IV. a G. DAL PIAZ. — Odontoceti del Bellunese. - STRATIGRAFIA. M. Talvena Costalunga P. Piavo ig 559 810 DS SAND: ie ai E Cave di Bolzano Vezzano wi fila sue IC e fata ni A G. DAL PIAZ TE ui GLI ODONTOCETI DEL MIOCENE BELLUNESE PARTE SECONDA SQUALODON PADOVA i COOPERATIV ISSNAOTTAA AHIINHIOIN ATIVNHUV HTTAC NOTCOTFNOS TIDAA VNRILHA VAOOYVd IO VLISIHAINO "0 VITHAT ODIDOTOH9 OHSAN SOMMARIO Introduzione Genere Squalodon . Rassegna delle specie di Squalodon Formola dentaria degli Squalodon Elenco del materiale illustrato Squalodon bariense Jourd. Individuo A : x B A Si ” C È > AA D Squalodon bellunense Dal Piaz > > Individuo A B È È C D Struttura istologica dei denti Riassunto e conclusioni INTRODUZIONE La meravigliosa opera di Grorcio CuvieRr “ Recherches sur les osse- mens fossiles ., aveva appena appena fattò aprire gli occhi degli studiosi e specialmente degli zoologi sull'importanza delle reliquie fossili sepolte nei vari terreni, quando nei dintorni di Bordeaux sì scopriva un grosso cranio provvisto di parecchi denti, di forma triangolare, ad orli seghet- tati. L’interessante avanzo venne preso in esame dal Dott. GRATELOUP ('), il quale, riconoscendo in esso i caratteri di un nuovo rettiliano affine all’ Iguanodon e colpito d’altro canto dalla forma particolare dei denti simili a quelli degli Squali, lo illustrò sotto il nome di Squa/odon. Si ripeteva così, a breve distanza e in campo del tutto analogo, l'errore nel quale era già incorso il dott. Harrax (*), allorchè descrisse sotto il nome di Bas:losauro i grossi avanzi di Cetacei dell’Eocene della Carolina riferiti poi dall’Owex (?) al nuovo genere Zeuglodon. Però, come al dotto paleontologo inglese, e poco prima all’accademico DumERIL (*), non isfuggì la natura di Mammifero del Basilosauro americano, così altri studiosi non tardarono ad accorgersi del grossolano errore in cui (1) GrarELOUP. Description d'un fragment de méchoire fossile. Act. de la Soc. Linn. de Bor- deaux. Vol. II, 1840. (*) HarLan. Transact. of the Amerie. philos. Soc. Vol. IV, 1832. (7) Owen R. Ann. des Sc. Nat. II serie, vol. XII, 1839, pag. 211. (4) DumeRIL. Remarques è l’occasion du mémoire de Blainville sur le prétendu Didelphe de Stonesfietd. Comptes rendus de ]’ Acad. des sciences. 1838, pag. 736. ME rana era incorso il GratELOUP. Infatti, mentre nel 1840 il Vax BENEDEN (!), esaminato a Bordeaux il fossile allora allora illustrato dal GRATELOUP, scriveva al BLarnviLLe che il preteso Rettile di Léognan (Aquitania) était un véritable cetace souffleur, Vl HrerMAN vox MEYER (*), esaminando i disegni dello Sqvalodon della memoria di GRrarELOUP, concludeva, indi- pendentemente dal Van BexEDEN, trattarsi di un Cetaceo carnivoro di tipo delfinoide. Stabilita così la vera natura e la posizione sistematica di tali avanzi. le osservazioni degli studiosi si avviarono su basi più rigorose, mentre d'altro canto altri rinvenimenti permisero successivamente non solo di riconfermare le nuove interpretazioni, ma di portare sempre. maggiori contributi alla conoscenza di questo originale gruppo di animali. Alle scoperte di Bordeaux altre tennero dietro nel bacino del Rodanc, in Austria, in Danimarca, nella Baviera, nel Belgio, in Italia, in Ame- rica ecc., per modo che in breve volgere di lustri la letteratura degli Squalodon ebbe un inatteso incremento. Tuttavia, per quanto le pubblicazioni attorno agli Squalodon siano particolarmente numerose, pure non possiamo disconoscere che le nostre cognizioni di fatto sulla struttura scheletrica di questi organismi sono ancora molto scarse e poco precise. In nessun caso, fino ad ora, si potè constatare la fortunata ventura del rinvenimento di uno scheletro com- pleto, o quasi. I pezzi meglio conservati sì riducono ancora a pochi crani, tutti più o meno incompleti e privi di qualsiasi altra parte dello scheletro, mentre per tutti i rimanenti casì si tratta di qualche dente isolato o di frammenti, talvolta insignificanti, del rostro o della man- dibola, sui quali è deplorevole che i paleontologi, sia pure per amore di arrivare a qualche risultato, si siano affrettati in premature conclu- sioni e nella creazione di specie nuove destinate solo a rendere quanto mai aggrovigliata ed artificiosa la sistematica dell’ intero gruppo. Fra il ricco materiale di Odontoceti da me raccolto nelle arenarie (!) Van BENEDEN IN BLAINVILLE. Ostéographie. Livraison VII, pag. 44. Paris, 1840. (*) H. v. MeyER. Neues Jahrbuch (Bronn.). 1840, pag. 587. VIS e mioceniche di Belluno, uno dei generi meglio rappresentati è certa- mente lo Squalodon. Molteplici ragioni, dovute in parte a cause mate- riali inerenti alla stessa fossilizzazione ed in parte all’ impossibilità di praticare degli scavi con la necessaria larghezza, ci tolgono anche in questo caso l’ occasione di poter usufruire di un individuo completo. Tuttavia non v'ha dubbio che di tutto il materiale riferibile al genere Squalodon fino ad ora raccolto nei vari giacimenti europei ed ameri- cani, quello delle arenarie di Belluno è il più ricco ed il più vistoso che si conosca. Esso è particolarmente degno quindi di illustrazione, tanto più che il suo studio ci permetterà di perfezionare ed accrescere alquanto le cognizioni che sì avevano sulla struttura del cranio e ci farà conoscere alcune parti della colonna vertebrale e dell’ arto ante- riore di cuì non sì aveva per ora nozione alcuna. Nella nostra rassegna crediamo opportuno di comprendere anche i pochi avanzi studiati in precedenza; essi, per quanto scarsi, serviranno a completare la nostra monografia, tanto più che uno di essi diede già argomento ad un’ opportuna revisione specifica. La prima notizia della presenza di avanzi di Squalodon nelle are- narie mioceniche di Belluno la dobbiamo al prot. RarraeLE MotLIx (!), ma i pochi frammenti illustrati da questo autore non furono più rin- venuti e non fu quindi possibile prenderli in esame. Grazie alla cortesia del Conte Avocapro DEGLI AzzoxI, mi fu pos- sibile invece avere nuovamente in comunicazione l’ originale illustrato dal DE Zicxo, che nella nostra rassegna prenderemo in esame per primo, contrassegnandolo con la lettera A. Alla stessa guisa indicheremo con successive lettere dell’ alfabeto tutti gli altri individui raccolti e che, dopo averli raggruppati sotto due tipi principali o specie, passeremo via via in esame, discutendone alla fine le differenze ed i rapporti di somiglianza con le forme affini. Completata la descrizione dell'intero materiale, faremo seguire un capitolo riassuntivo sull’ organizzazione dello Squa/odon, quale risulta (1) Si veda: Parte Prima. Rassegna storica. Loi dalle nostre ricerche, e sulla posizione sistematica e filogenetica ch° esso occupa a nostro avviso nella numerosa serie degli Odontoceti fossili. Prima di passare però all’ esame del materiale raccolto, anche per collegare meglio il nostro studio ai lavori precedentemente comparsi, ci pare indispensabile, senza entrare in eccessivi dettagli, passare in ra- pida rassegna le varie forme di Sgualodon fino ad ora note, raggrup- pandole in tre differenti categorie secondo il grado di maggiore o mi- nore attendibilità del riferimento specifico e generico. Aggiungeremo infine l'elenco delle forme da alcuni autori comprese ancora fra gli Squalodon, ma che in seguito ad ulteriori ricerche risultano apparte- nere invece ad altri generi. Gen. SQUALODON Grateloup 1840 1837. Pachyodon. Meyer. v. H. Neu. Jahrbuch fiir Min. 1837-88, e 40, 1840. Squalodon. GrareLoUP. Description d’ un fragment de màachoire fossile d’un genre nouveau de reptile. Actes de l’Acad. de Sc. Lett. de Bordeaux, 2° année. 1844. Crenidelphinus. LAuRILLARD. Articolo sul “ Dauphin ,. Dictionnaire universel d’histoire naturelle de D’ Orbigny, vol. IV. Paris. 1845. Delphinoides. PepRONI. Actes de la Société linnéenne de Bordeaux. Tome XIV. 1849. Zeuglodon (pro parte). MiiLLer. Ueber die fossilen Reste der Zeuglodonten von Nordamerica. Berlin. 1848-52. Champsodelphis (pro parte). GervaIs. Zoologie et Paléontologie frangaises. Paris. 1861. Rhizoprion. JourDAN. Description des restes fossiles de deux grands mammifères. Comptes ren- dus de l’ Acad. de Sc. de Paris. Tome LII, — Annales de Sc. Nat. Tome XVI. 1865. Squalodon. Van BeneDEN. Recherches sur les Squalodons. Mémoires de 1’ Académie royale de Belgique, tome XXXV. Bruxelles. Come indica il riprodotto elenco delle sinonimie, i vari autori classificarono e descrissero per lunghi anni con nomi diversi degli avanzi che dovevano essere riferiti invece allo stesso genere. L'errore, inevitabile d’altro canto quando la sistematica di un qualsiasi gruppo è appena agli inizi, venne facilitato dalla mancanza, per le prime sco- perte, di avanzi sufficientemente completi, sui quali fosse possibile fis- sare subito, e con un certo rigore, i caratteri fondamentali del genere. Dal rinvenimento del cranio di Bordeaux noi dobbiamo risalire infatti fino al 1865, data in cui comparve la monografia del VAN BENEDEN 2) CASI sul genere Squalodon, prima di trovare un lavoro d’insieme che costi- tuisse una base sulla quale i vari studiosi potessero far capo nelle loro successive ricerche e determinazioni. Preso in esame tutto il materiale fino allora scoperto, colla sola guida dei dati di fatto all’ infuori di ogni elemento intuitivo ancora prematuro, il Van BexEDEN stabilisce i caratteri fondamentali del ge- nere Squalodon. Dato uno sguardo sommario alla conformazione del cranio, e specialmente alle ossa mascellari ed intermascellari, per le quali il materiale avuto a disposizione non poteva dirsi in vero molto abbondante, egli passa all’ esame della serie dentaria e su questa insiste in modo particolare, dente per dente, arrivando poi, sulla base di uno Squalodon del Crag d’Anversa, a stabilire una prima formola dentaria : 3 1 4 7 I7 C|- PM M., sulla quale ritorneremo fra breve. RASSEGNA DELLE SPECIE CareGoRrIA I. — Forme che presentano caratteri sufficienti per un definitivo e sicuro riferimento generico e spe- cifico: SQUALODON GRATELOUPI Meyer 1840. Squalodon sp. GratELOUP. Description d’ un fragment de machoire de reptile. Actes Acad. Sc. et Lett. de Bordeaux, Tom. II, pag. 201. 1843. Squalodon Grateloupi. H. v. Meyer. Jahrbuch fiir Min. Pag. 704. Stuttgart. 1846. ——_________ Gervass. Annales de Sc. Nat. 3° Sér., tome V, pag. 263. Paris. 1549, —__________tt MiicLer. Ueber die fossilen Reste der Zeuglodonten von Nordamerica. Tav. XXIV. Berlin. L’esemplare tipo, che dev’ essere preso come punto di partenza di questa specie, è quello scoperto a Léognan presso Bordeaux dal 8g dott. LavaLLéE ed illustrato per la prima volta dal GrarELOUP nel la- voro sopra citato. Secondo le descrizioni e le figure date dai diversi autori che lo presero in esame, esso è caratterizzato da molari molto ravvici- nati, con la corona di forma lanceolata. molto più alta che larga, pres- sochè isoscele, a margini dentellati, ma con andamento quasi rettilineo. SQUALODON BARIENSE Jourdan 1859. Pachyodon Catulli Molin [pro parte). Morin. Sulle reliquie di un Packyodon dissotterrate a Libàno. Sitz, d. Math. Nat. Cl. de k. Ak. Wiss. Bd. XXXV, XXXVIII. 1861. Rhkisoprion Bariensis. JovrpAN. Déscription des restes fossiles de denx grands mammifères costituant deux genres, l’un le genre RWizoprion, ecc. Comptes rendus de l’Acad. des Sc. de Paris. Tome III, 25 nov. 1861. — Ann. de Sc, Natur. Tom. XVI. 1861. ——__ JJorpan. Description des restes fossiles de deux grands mammifères. Ann. Sc. Nat. (Zool.), série IV, tom. XVI. 1865. Squalodon Grateloupi. VAx BexepEN. Recherch. sur les ossem. proven. du Crag d’Anvers. — Recherch. sur les Squalodons. Mém. Acad. roy. de Belgique. Tom. XXXV. 1873, ? Squalodon Catulli. Branpr. Unterschuch. iiber die fossilen und subfoss. Cetaceen Europas. Mém. Acad. imp. de S. Petersbourg. Série VII, tom. XX. 1874. ? Squalodon Bariensis. Branpr. Ergiinzungen zu den fossilen Cetaceen Europas. Mém. Acad. Imp. de S. Petersbourg. Série VII, tom. XXI. 1876. Squalodon Catulli. De ZiGxo, Sopra i resti di uno Squalodonte scoperti nell’ arenaria mioce- cenica di Belluno. Mem. del R. Istit. Veneto di Sc. L. ed A. Vol. XX. 1880. Ithizoprion Bariensis. VAN BENEDEN et GeRVvAIS. Ostéographie des Cetacés vivants et foss. Paris. 18587. —_________ Lorrer. Note sur le RXisoprion. Archives d. Mus. d’hist. nat. de Lyon. Tom. IV. 1894. Squalodon barriense. Paquier. Etude sur quelques Cétacés du Miocène. Mémoires de la Soc. Géol. de France. Paléontologie. Tom. IV. Paris. 1900. Squalodon Bariensis. DAL Praz. Sopra alcuni resti di Squa/odon dell’ arenaria miocenica di Belluno. Palaeont. Italica. Vol. VI. È la specie che s'incontra con maggior frequenza ed è forse la meglio nota di quante vennero fino ad ora scoperte e descritte. Lo Sy. bariense tipo, sul quale venne fondata la specie, consta di un cranio (incompleto per mancanza di buona parte del rostro) rinvenuto nella molassa burdigaliana di Bari (DrOme). L' interessante fossile che fa parte delle collezioni del Museo di .Lione, fu descritto per la prima volta dal JouRDAN, poi ripreso in esame ed illustrato dal LoRrteT. Poco più di vent’ anni or sono il PaQureR, valendosi di un cranio conservato nelle raccolte del Museo di Storia Naturale di Grenoble. pubblicò un nuovo studio su un cranio, pure incompleto, di Squalodon bariense delle molasse burdigaliane di Saint-Paul-Trois-Chàteaux. Da [agg questi lavori risulta che lo Sy. bariense aveva una dentatura rispon- dente alla seguente formola: I premolari dello Sg. darieanse hanno corona lunga, mediocremente compressa sui fianchi e carenata sugli orli anteriore e posteriore. La ra- dice è unica. I molari hanno corona più o meno elevata secondo la posizione occupata dal dente che sì considera, provvista su tutti e due gli orli di tubercoli, che vanno gradualmente riducendosi procedendo dall’ indietro all’ avanti. I margini carenali risultano di un gran numero di minute e regolari granulazioni che si succedono linearmente. La superficie della corona è caratterizzata inoltre da una tipica ornamentazione a gra- nuli e a piccole papille, tanto più numerose e rilevate quanto più sì procede verso la base della serie dentaria. La radice è più o meno profondamente e più o meno nettamente divisa in due rami. SQUALODON ANTVERPIENSE Van Beneden 1865. Squalodon antverpiensis. Van BexepEN. Recherches sur les Ossements provenant du Crag d’Anvers. Mémoires de l’Académie rovale de Belgique. Tome XXXV. Bruxelles. 1905. ———_______- AB. Les Odontocètes du Boldérien d’ Anvers. Mémoires du Musée royal d’Hi- stoire naturelle de Belgique. Tom. III. Bruxelles. Lo Sg. antverpiense proviene dalle sabbie nere a Pectunculus pilosus del Miocene superiore dei dintorni di Anversa. La specie. seguendo la vecchia notazione, è caratterizzata dalla formola seguente: 3 1 i (Ri i ge VEM — M_. 1 : ] I denti sono fra loro fortemente distanziati, a corona spessa. cioè non molto compressa lateralmente, a tubercoli ben distinti sul bordo posteriore di tutti e sette i molari. Con tutta probabilità anche gli ul- timi premolari dovevano portare tubercoli al margine posteriore. Sul- l’orlo anteriore soltanto alla base dei molari si riscontrano delle cre- E nellature, mai dei tubercoli profondamente incisi come nelle altre specie. La superficie della corona, anche negli ultimi molari, non appare or- nata delle granulazioni papillari, che sono invece tanto evidenti nello Sq. bariense ed in altre specie. La radice dei molari di 7. antvierpiense è nettamente divisa in due rami, i quali anche nei denti anteriori risultano distinti fino dalla base e alquanto divaricati. SQUALODON ATLANTICUM Leidy 1869. Squalodon atlanticus. Leipy. Synopsis of the Mammalian remains of North America. Journal of the Acad. of Nat. Science. of Philadelphia. Vol. VII, seconda ser., pag. 416, tav. XXVIII, fig. 4-7 e tav. XXX, fig. 18. Lo Sq. atlanticum è una forma delle marne mioceniche di Shiloh (Cumberland, New Jersey) che si distingue facilmente dalle altre specie per le maggiori dimensioni dei molari posteriori, che sono a disposizione embriciata ed appaiono triradiculati. I tubercoli di entrambi gli orlì della corona sono molto grossi, profondamente incisi e non di rado provvisti di tubercoli minori. La superficie della corona è profondamente rugosa nell’esemplare figurato dal Lerpy nella Tav. XXX, ed a granu- lazioni papillari nei denti figurati nella Tav. XXVIII, il quale fatto, se i disegni sono fedeli, fa sospettare sì tratti di due forme distinte. Il dubbio sarebbe avvalorato inoltre dalla diversità delle dimensioni e forse anche da qualche carattere della radice, qualora sì potesse preci- sare il posto occupato nella serie dai denti isolati. SQUALODON ZITTELI Paquier 1877. Squalodon Bariensis. ZxrreL. Ueber Squalodon Buriensis aus Niederbayern. Palaeontographica. Tomo XXIV. Cassel. 1895. Squalodon Zitteli. Paquier. Etude sur quelques Cétacés du Miocène. Mémoires de la Société géologique de France. Paléontologie. 3° série, tomo IV. Paris. Lo ZirteL nel 1877 aveva descritto, col nome di ,$9. Bariensis, un rostro quasi completo, proveniente dal Miocene di Bleichenbach nella Bassa Baviera. Lo = Il cranio illustrato dallo ZrrtEL presenta una formola dentaria ri- spondente al seguente rapporto: E dubbio se il numero dei molari inferiori debba ritenersi collo ZirteL eguale a sette, oppure se risponda invece a sei, come, con maggior frequenza, si riscontra nelle altre specie di Squalodon. T'ut- tavia per il mascellare superiore resta sempre accertata la presenza di cinque premolari in luogo di quattro, il quale carattere, unito al tipo dei denti molto compressi lateralmente, ed alla forma del rostro rela- tivamente più stretto o più lungo di quello dello Sg. bdariense, giustifica a pieno la proposta del PaQuiER (ritenuta opportuna anche dallo ZIr- TEL) di tenere il cranio di Bleichenbach specificamente distinto da quello di Bari. CarecorIa II. — Forme che con tutta probabilità apparten- gono al genere Squalodon, ma per le quali l’insuffi- cienza degli avanzi dà al riferimento specifico soltanto un carattere di provvisorietà. SquaLonpox Borpar Gervais 1559. GervaIs P. Zoolog. et Paléont. francaises. Pag. 311, tav. XLI, fig. S. Frammento di mandibola, privo di tutti i denti, del Miocene di Léognan. Molto probabile è il riferimento al genere Squa/odon, ma l’avanzo è affatto insufficiente per farne una specie distinta. SouaLopox Suessi Brandt 1573. Branpr. Untersuchungen iber die fossilen und subfossilen Cetaceen Europas. Mémoires de l’Acad. de St-Petersbourg. 7* sér., vol. XX, pag. 330, tav. XXXII, fig. 24. Trattasi di alcuni denti, quasi tutti isolati, dei dintorni di Linz. Tali denti hanno i caratteri del genere Squalodon, ma la specie non può in base ad essi venir definita con sufficiente certezza. "SEIN SquaLopox GervaIsi Van Beneden . 1880. GeRyAIS et Van BenEDEN. Ostéographie des Cétacés vivants et fossiles. Paris. Pag. 434, tav. XXVIII, fig. 12. La specie è rappresentata da un paio di denti incompleti delle sabbie plioceniche di Montpellier. Il materiale è adunque troppo scarso per una sicura determinazione specifica. SquaLopowx Vocoxriorom Delfortrie 1872. DeLFORTRIE. Un Squalodon d’espèce nouvelle dans le mioc. sup. du Midi de la France. Actes de la Soc. Lin. de Bordeaux. Tom. XXIX, pag. 1 a 4, tav. VII, fig. 1 a 5. Questa specie venne fondata sopra un solo dente incompletamente conservato, che proviene dalla molassa di Taulignan (Dròme). SQUALODON QUATERNARIUM F. Major 1881, ForsyrH Mayor. Squalodon quaternarium. Proc. Verb. Soc. Tose. Sc. Nat. Pag. 227. Pisa. Trattasi di un unico dente raccolto nella breccia ossifera ad Z/ephas antiguus del monte Tignoso (Livorno), cioè in un deposito rimaneggiato e pel quale l’ età del dente di Squalodon rimane incerta. Il fossile non venne nè figurato, nè descritto. SquaLopoy servatuMm Meyer 1856, Meyer V, H. Arionius servatus ein Meersiiugethier der Molasse. Palaeontographica. Bd. VI. pag. 31, tav. VI. A giudicare dalle illustrazioni, il fossile presenta tutti i caratteri di uno Squalodon. L'entità degli avanzi non permette però di stabi- lire se si tratta di una buona specie. Proviene dalla molassa miocenica della Germania meridionale. SquaLopox TIEDEMANI Allen 1887. ALLen J. A. Note on Squalodont Remains from Charleston S. C. Bull. Mus. Nat. Hist, Vol. II, pag. 35, tav. V e VI. New-Jork. Proviene dai depositi fosfatici del bacino di Wando presso Char- leston negli Stati Uniti. È indubbiamente uno Squalodonte, ma per le cattive condizioni di conservazione la specie non risulta mente individuata. SquaLoponx WiLkexsoxIi M’ Coy 1867. M’ Coy. Geolog. Magaz. Pag. 145. tav. VIII, fig. 1. sufficiente- Insufficiente avanzo raccolto nel Miocene dell’ Australia setten- trionale. CarecorIa III. — Forme basate su avanzi pure insufficienti e riferibili inoltre a generi diversi dallo Squalodon. SQUALODON SERRATUM Davis 1888. Davis. On fossil-fish remains from the tertiary and Cretaceo-tertiary formations ot New Zea- land. Sc. trans. of the roy. Dublin Society. Vol. IV, pag. 46, tav. VII. fig. 9. L’avanzo consta di un unico dente, certamente non di che proviene dal Miocene della Nuova Zelanda. SquaLopon HoLmesi Leidy 1869. Leipy F. Synopsis of extint Mammalia cf north America. Journal ot the Acad. ladelphia. Series II, vol. VII, pag. 418, tav. XXVIII, fig. 15-17. Tre denti trovati nel Miocene della Carolina. Lo stesso bita dell’ esattezza del riferimento generico. SQUALODON PROTERVUM Leidy 1869. LeIpy. Loc. sopra cit., pag. 423, tav. XXVIII, fig. 18-19. Trattasi di due denti pure del Miocene della Carolina avanzi mancano i caratteri specifici del genere Squalodon. SquaLopon PELAGIUM Leidy 1869. Leipy. Loc. sopra cit., pag. 420, tav. XXIX, fig. 1. Squalodon, of Sc. of Phi- Ley du- . In questi Frammento di mascella con un solo dente, proveniente anch’ esso dal Miocene della Carolina. L’avanzo appare di tipo squalodontoide, ma è assai dubbio che appartenga al genere Squalodon. = Vigo SquaLODON aMBIGUUM Miinster 1840. MeyeR H. Phoca ambigua Miinster aus dem Osnabriicker Tertiàrmergel. Beitrige z. Petref. herausg. v. G. Miinster. III H. Bayreuth. Tav. VII, fig. 1 a 8. Gli avanzi illustrati dal MeyeR provengono dall’Oligocene dell’An- nover e se non appartengono ad una Foca, non possono neppure rife- rirsi ad uno Squalodonte. Categoria IV. — Ricorderemo in fine le forme più o meno comunemente attribuite al genere Squal/odon, ma che appartengono invece ad altri generi. SquaLopoyn SciLLae Brandt Forma del Miocene di Malta, dall’ Acassiz riferita al genere Phocodon, che riteniamo debba essere conservato per le forme del tipo melitense. SgevaLopoyx EgxrLIcHI Van Beneden Appartiene all’Oligocene superiore di Linz e l’ ABEL creò per esso il genere Patriocetus (Die Vorfahren der Bartenwale. - Denkschrift. der Math. Nat. Wiss. KI. d. k. Akademie der Wiss. Bd. XC, pag. 160. Wieng#l95): SQUALODON INCERTUM Brandt Pure dell’ Oligocene superiore di Linz. Sugli avanzi di questa forma l’ABeL fondò il nuovo genere Agriocetus (Loc. cit., pag. 188). SQUALODON VINEARIUM Leidy Proviene dal Miocene del Massachusetts. Da diversi autori anno- verato fra gli Squalodonti, ma da mantenersi nel genere @Graphiodon proposto dallo stesso Leipy (Contribut. of the ext. Vertebr. Fauna of the West. territ. U. S. Geolog. Survey. Pag. 337, tav. XXII, fig. 7. Washington, 1873). SQUALODON PYGMAEUM Leidy Anche per questa forma, come per quella or ora citata, dobbiamo osservare che fu da alcuni autori catalogata fra gli Squalodon, mentre il Cope l'aveva già tenuta opportunamente distinta sotto il nome ge- nerico di Agorophius (Proceeding Amer. Philos. Soc. Vol. XXXIV, pag. 139. Philadelphia, 1895). SquaLopon AssenzaE F. Major Interessantissima forma del Miocene medio di Sicilia, caratteriz- zata da un gran numero di molari. É il tipo del genere Neosqualodon Dal Piaz (Neosqualodon. Nuovo genere «della famiglia degli Squalodonti. Mémoires de la Soc. Paléont. Suisse. Vol. XXXI. Genève, 1904). 7, SquaLopon GasrtaLpia Brandt Gli scarsi avanzi di questa forma proveniente dal Miocene di Acqui (Piemonte) vennero già illustrati dal Branpr (Mémoires Acad. St. Pe- tersbourg. Vol. XX, Sér. 7, pag. 326, tav. XXXII, fig. 1 a 23. 1873). A. giudicare dai pochi denti conservati, trattasi di una specie riferibile al genere Neosqualodon. FORMOLA DENTARIA DEGLI SQUALODON Dall’ esposta rassegna delle specie appartenenti alla prima cate- goria, cioè di sicuro riferimento, risulta che la formola dentaria dello Squalodon può essere così riassunta ('): 6) 1 4-5 “i DI a dI (') Non crediamo opportuno riportare le formole dentarie date da SrAaRING, da JOURDAN e da altri autori, perchè troppo incomplete o basate su erronee interpretazioni. Vedremo in seguito come si presentino però dei casi in cui anche ì molari superiori in luogo di sette si riducano a sei, e come i molari inferiori possano ridursi anche a cinque, per modo che la formola den- taria generale dello Squalodon deve ritenersi espressa dal seguente rapporto : 1° opa e ; 1 + Nè deve credersi, com’ è universalmente ritenuto per tutti gli altri gruppi di Mammiferi, che la variazione in più od in meno di qualche dente possa costituire anche in questo caso tale carattere da esigere una nuova distinzione generica. Non di rado infatti avviene che fra i due lati di uno stesso cranio di Squalodon si riscontrino delle differenze nel numero dei denti (!). Se passiamo poi ad altre famiglie di Odontoceti poliodonti viventi o fossili, codeste variazioni individuali possono rag- giungere valori numerici considerevolmente superiori, senza che si possa per questo parlare neppure di distinzioni specifiche. Ritornando aila formola dentaria, ricorderemo che in essa sono con- siderati incisivi i denti di forma più o meno conica, ad una sola ra- dice, che sono piantati negli intermascellari, e come canini quelli, pure di tipo conico e a radice unica, che iniziano la serie dei denti piantati nel mascellare. Tutti gli altri, che seguono al canino, sono distribuiti fra i premolari e i molari, prendendo come carattere distintivo la pre- senza di una sola radice o di due radici. A_ parte il valore puramente convenzionale ed arbitrario di un simile criterio, il quale, in mancanza di altri migliori e trattandosi di animali monofiodonti, potrebbe essere pienamente giustificato, sta il fatto che dal primo premolare all’ ul- timo molare, tanto nella corona quanto nella radice, le modificazioni si succedono insensibilmente, per gradi. Già nei primi premolari la ra- dice presenta una depressione mediana, che diventa via via più pro- fonda nei denti che seguono posteriormente, fino alla completa divi- sione in due e raramente in tre rami, che sono tanto più divaricati (1) Van BeneDEN P. J. Recherches sur les Squalodons. Loc. cit., pag. 43. ese 1 Ap quanto più si procede verso l’ultimo molare. Questo processo non pre- senta inoltre un andamento costante, ma è più o meno precoce e più o meno pronunciato secondo l’ età e secondo la specie presa in esame. In altre parole, riassumendo, noi non possiamo mai dividere la serie dentaria che segue al canino in due parti nettamente distinte, una prima in cui tutti i denti (premolari) abbiano una radice unica, e una seconda in cui tutti i denti (molari) abbiano due o tre radici. Fra gli uni e gli altri continua la transizione graduale dei caratteri sia della radice, sia della corona, per la quale transizione, senza il sus- sidio della rimanente serie, ci troveremmo nell’ impossibilità di deci- dere con certezza se si tratta, ad esempio, dell'ultimo premolare o del primo molare. Aggiungasi a ciò la concezione puramente arbitraria, e in contrad- dizione coi risultati dello studio di tutti gli altri Mammiferi, di ammet- tere che i premolari abbiano tutti e costantemente una sola radice e di conseguenza che un dente a due radici non possa essere che un molare. Se si ritiene che una distinzione in molari e premolari sia ap- plicabile anche in questo gruppo di animali, è ovvio ch’essa deve uni- formarsi ai criteri fondamentali sui quali venne stabilita, senza spo- starne il loro preciso significato. Sotto questi vari punti di vista adunque, tenuta presente l’ artifi- ciosità di una simile distinzione, sarebbe stato più pratico e più esatto raggruppare i premolari ed i molari in un’ unica serie, indicandoli col nome generico di denti mascellari, senonchè il WEBER ('), spiegando il passaggio filogenetico dagli Zeuglodonti agli Squalodonti con l’aggiun- gersi alla dentatura adulta (4 premolari e 3 molari) dei quattro denti di latte, venne a dare alla vecchia distinzione un nuovo e più preciso valore, per il quale essa appariva del tutto giustificata. Ma l’ingegnosa teoria del WEBER sull'aumento dei denti nei Ce- tacei e specialmente negli Squalodon, per la quale la distinzione in 7 molari e 4 premolari veniva pienamente giustificata, non parve accetta- () WEBER M. Studien iiber die Saiigethiere. Jena, 1886. =. iS bile al prof. ABet ('). Egli, basandosi anche sugli studi embriologici del KuxENTHAL (*) sull'aumento dei denti dei Pinnipedi e dei Cetacei, os- serva che una simile interpretazione non può essere generalizzata, tor- nando, ad esempio, del tutto inapplicabile nel caso della dentatura del Neosqualodon (’), genere da me descritto alcuni anni or sono che pre- senta un numero di denti a due radici quasi doppio dello Sqgualodon. Per analogia con la formola dentaria degli Archeoceti e quindi dei Creodonti, e pella considerazione che gli ultimi molari della den- tatura degli Squalodon, come negli Zeuglodon e nei Protoceti, presen- tano già del caratteri atrofici, in qualcuno così avanzati da escluderne la funzionalità, 1 ABeL ritiene che solo gli ultimi 3 denti della serie devono riguardarsi come molari e gli otto precedenti come premolari. La formola dentaria dello Sgqualodon dovrebbe quindi essere espressa dal rapporto : formola accettata anche dallo StromER di Monaco, ben noto pei suoi studi sugli Archeoceti dell’ Egitto. Per quanto non si possa stabilire con rigore se l'aumento nel nu- mero dei denti abbia interessato solo i premolari od invece anche i mo- lari, nè affermare che gli ultimi tre denti degli Squalodon siano proprio omologhi ai tre ultimi della dentatura delle forme antenate, posti i rapporti di discendenza che con tutta probabilità legano gli Squalo- donti agli Archeoceti, è naturale si debba cercare che le due formole dentarie abbiano una base comune negli elementi meno variabili e più importanti. Nella descrizione del materiale da me raccolto adotterò quindi, per quanto riguarda la formola dentaria, il nuovo criterio classativo seguito (1) AbeL O. Les Odontocétes du Bolderien d'Anvers. Mém. du Mus. Roy. de Belgique. T. III Bruxelles, 1905. (£) KurEeNTHAL. Vergleichend-anatonische und entwichelungsgeschichtliche Untersuchungen an Walthieren. Denkschr. d, Med.-Nat. Ges. Jena, III. 1893. (3) DaL Praz G. Neosqualodon, nuovo genere della famiglia degli Squalodonti. Mémoires de la Société Paléont. Suisse. Vol. XXXI. Genève, 1904. — 19 — dall’ ApeL e dallo SrRromER, coll’ unica variante, ricavata dai risultati delle mie ricerche, di ammettere per i molari superiori un minimo di due denti in luogo di tre e pei molari della mandibola un minimo di uno in luogo di due, cosicchè la formola precedente viene modificata e meglio precisata come segue: 1 8-9 2_ 8 1 s qc 3° 3 be Tuttavia, dato il largo uso che si è fatto e si fa ancora della for- mola dentaria di Vaw BENEDEN, credo opportuno aggiungere volta per volta l'indicazione del posto occupato dai singoli denti secondo la vec- chia notazione. Questo servirà a precisare meglio il riferimento d’ogni singolo elemento dentario e a facilitare gli eventuali raffronti fra i risultati dei due metodi. ELENCO DEL MATERIALE ILLUSTRATO Gli avanzi di Squalodon delle arenarie mioceniche di Belluno ap- partengono a due specie distinte e cioè: Sy. bariense e Sq. bellunense, rispettivamente provenienti da località e livelli diversi della stessa zona molassica. SQUALODON BARIENSE Jourdan Inprvinmuo A. — Parte di rostro che il De Zigno illustrò sotto il nome di sq. Ca- tulli. Cave di Libano (Tav. I). 3 B. — Rostro incompleto, mandibola, denti isolati, vertebre, cassa timpa- nica, ecc. Cave di Libano (Tav. II, fig. 1 a 6). A C. — Rostro completo, provvisto di quasi tutti i denti, recentemente sca- vato nelle cave di Libano (Tav. III: Tav. IV fig. 1 a 3). 5 D. — Piccolo rostro, mandibola incompleta e denti isolati. Cave di Libano (Tav. IV, fig. 4 a 10). 0) SQUALODON BELLUNENSE Dal Piaz Inpivinvo A. — Rostro incompleto e frammento di mandibola. Cave di Bolzano (Tavebi, fig: 1,8): È: B. — Grosso cranio provvisto di mandibola; numerosi denti, diverse ver- tebre, scapole e parte dell’ arto anteriore. Proviene da una delle cave di Bolzano (Tav. II, fig. 9 a 12; Tav. V, VI, VI, VII e IX). i n C. — Dente isolato delle cave di Bolzano (Tav. II, fig. 18). s D. — Dente isolato, pure delle cave di Bolzano (Tav. II, fig. 14). Fatta eccezione del frammento di rostro dal DE Zieno erroneamente riferito allo Sg. Catulli, e del rostro, pure assai incompleto, di Sg. dellu- nense, indicato con la lettera A, tutto il rimanente materiale venne da me raccolto in quest’ ultimo ventennio ed ora appartiene al Museo Geologico dell’ Università di Padova. SQUALODON BARIENSE JOURDAN © INDIVIDUO A (Tav. I, fig. La 9) 1876. Squalodon Catulli. De ZiGxo. Sopra'i resti di uno Squalodonte scoperti nell’ arenaria mioce- nica di Belluno. Memorie del R. Istituto Veneto di Scienze, Lettere ed Arti. Vol. XX, pag. 17 a 33, tav. I. fig. 1 a 5. 1900. Squalodon bariensis. DAL Praz. Sopra alcuni resti di Squalodon dell’arenaria miocenica di Bel- luno. Palaeontographia italica. Vol. VI, pag. 309 a 312. tav. XXVIII, fig. 1 e 2. Cranio L'’ esemplare, che misura una complessiva lunghezza di 320 mm., consta della parte mediana del rostro di un grosso individuo. - Sono quindi rappresentati, sia pure in parte, gli intermascellari e i mascellari, ai quali stanno ancora attaccati sette denti sul lato sinistro e cinque sul lato destro. Adottando il metodo nuovamente proposto per la distinzione fra . molari e premolari, sul lato sinistro dell’ esemplare in istudio si contano due molari e cinque premolari. Dei molari non è presente adunque l’ultimo. Degno di nota, anche tenendo conto della subìta frattura, è il maggiore spazio diastematico che si riscontra fra l’ultimo ed il pe- nultimo premolare, dettaglio che si ripete anche fra il quarto ed il quinto premolare. (1) Per la Bibliografia generale di questa specie si veda a pag. 8. Bee o) OI PremoLARI E MoLari. — Terzo e quarto premolare. — Sul lato destro si contano due premolari anteriori, il terzo ed il quarto; sul sinistro solo il quarto. Hanno tutti e tre forma lanceolata, compressa. La corona è percorsa da sottili strie longitudinali, più evidenti e più grosse sul lato interno e specialmente verso la base. I lati ante- riore e posteriore della corona sono provvisti di una carena finamente dentellata. Alla base della carena posteriore del quarto premolare, sia di destra che di sinistra, sì nota la prima apparizione di un evidente tubercolo. Nel quarto premolare di destra è bene visibile inoltre, perchè messa a nudo dalla rottura dell'osso, anche la radice, la quale è per- corsa, in senso longitudinale, da una depressione mediana che dà l’im- pressione di una tendenza o di un residuo di divisione in due rami. La corona dei premolari è alquanto inclinata in avanti e legger- mente divaricata : la radice piega invece all’ indietro, e questo parti- colare sembra vada accentuandosi procedendo dal quarto al terzo e da questo agli altri che lo precedono. Quinto premolare (Primo molare della N. V. B. (1). — Sul lato sinistro è meglio conservato che sul destro. La forma della corona è nell’ insieme triangolare; larga alla base mm. 20 ed alta mm. 21. La carena anteriore descrive un vero arco convesso ed è prov- vista delle solite dentellature: quella posteriore è irregolarmente retti- linea ed è munita alla base di due dentelli. Sesto premolare (Secondo molare della N. V. B.). — La corona, di forma simile a quella del quinto, è tanto larga quanto alta. La base dell’orlo posteriore è provvista di tre tubercoli, dei quali il maggiore sta nel mezzo. La radice appare nettamente divisa in due rami. Settimo. premolare (Terzo molare della N. NV. B.)}.= Dalle illustrazioni e dalla descrizione del De Zicxo risulta che orì- (1) N. V. B. = Notazione VAN BENEDEN. ginariamente il pezzo portava il settimo premolare tanto di destra, quanto di sinistra. Ora, per rottura probabilmente fortuita, l'esemplare è stato privato del dente di destra. Quello di sinistra è bene conservato ed ha una corona la cui forma risponde a quella precedente, solo è più larga, giacchè per un’al- tezza di 22 mm. si ha una base di 23. La base dell’orlo posteriore della corona è pure provvista di tre tubercoli, dei quali l’ inferiore è se- guito da piccole frastagliature. Ottavo premolare (Quarto molare della N. V. B.). — L'’ottavo premolare ha la solita corona di forma triangolare, alta 21 mm., larga, alla base, 23, e misura uno spessore massimo di 12 mm. L'orlo posteriore è munito di un minuscolo tubercolo in alto, se- guito, lungo uno spazio che rappresenta circa i due terzi dell’orlo, da altri tre tubercoli di maggiori dimensioni, all’ultimo dei quali tengono dietro, presso la base della corona, tre dentelli molto minuti. L' orlo anteriore è arcuato e provvisto alla base di un piccolo tubercolo. La radice è nettamente divisa e, come per la corona, meno incli- nata della precedente. Primo .molare (Quinto molare della N. V. B.). — È presente soltanto quello di sinistra. La forma della corona risponde a quella di un triangolo isoscele depresso, cioè con la base di mm. 24 e l'altezza di mm. 18. Margine anteriore leggermente arcuato e provvisto di tre piccoli tubercoli, di cui uno verso l’ apice appena visibile. Il margine posteriore, pressochè rettilineo, porta un dentello minuto presso l’apice, seguito da altri tre più sviluppati, dei quali il più basso è se- guito da piccole frastagliature. La radice si divide in due rami a 15 mm. dalla base della corona, e le due branche sono brevi e debolmente piegate all’ indietro. Secondo molare (Sesto molare della N. V. B.). — Anche in questo caso è presente solo quello di sinistra. Corona che ricorda la precedente, ma più piccola e relativamente più depressa: altezza mm. 15, larghezza alla base mm. 22. Margine anteriore fornito di tre dentelli poco rilevati; quello posteriore, oltre al solito dentello minuto presso l’ apice, ne porta tre di più grossi e distinti, dei quali il più basso è pure seguito da una propaggine frastagliata. Radice profonda- mente divisa in due rami pressochè normali al mascellare. L'esemplare testè descritto è quello stesso (come risulta dalla ci- tazione bibliografica) che servì al De ZiGxo per la fondazione della nuova specie Sy. Catulli, ma che in realtà appartiene invece alla vecchia specie Sg. bariense. Per insufficienza di ricerche, veramente inconciliabile con la nota diligenza dell’ illustre paleontologo padovano, il DE ZIiexo non venne probabilmente mai a conoscenza dei lavori che si riferiscono allo Squa- lodon bariense, o, se lo venne, fu con ogni verosimiglianza tratto in in- ganno dal fatto che il JovRpAN (') illustra la specie di Bari sotto il nome generico di £/zzoprion. Indipendentemente da questa considerazione, i disegni che il DE Zicno diede per la sua specie Sg. Catulli non sono punto rispondenti al vero. Da tali disegni, qualcuno dei quali venne riprodotto fotografica- mente nella nostra Tav. I (fig. 1, 4 e 6) la corona dei singoli denti ri- sulta provvista di tubercoli così profondamente incisi e di strie e solchi longitudinali così fortemente pronunciati, che se avessero reale corri- spondenza nel fossile lo staccherebbero nettamente da tutti gli Squa- lodonti finora noti e giustificherebbero pienamente la nuova specie de- dicata al CATULLO. E fu così infatti che lo ZimtEL (*), tratto nell’inganno dai di- segni del De Zrino, credette che la specie $7. Catulli fosse netta- mente distinta dal suo esemplare della Baviera e quindi anche dallo Sq. bariense : « Squalodon Catulloi Molin sp. aus der Molasse von Belluno ist eben- «“ falls specifisch verscheiden, wie ein Vergleich unseres Schiidels mit dem (1) Jourpan. Description des restes fossiles de deux grands mammiferes ete. Comp. rend. Acad. Sc., tome LIII. Paris, 25 nov. 1861. — Annales Scienc. Nat. (Zoologie) Série IV, tomo XVI. Paris, 1861. (©) ZirreL K. Veber Squalodon Bariensis aus Niederbayern. Bericht d. Naturhistor. Verein. Augsburg, 1877. Pag. 42-43. ee gel “ neverdings von Barox Zieno veròffentlichten schinen Schnavutzenfragment “ lehrt. Die oberen Backziihne der italienischen Art zeichnen sich durch her- “ bung des Vorderrandes und namentlich durch kriiftige erhabene Liings- “ streifen auf der Zahnkrone aus ,,. Ma l’accurato esame dell’originale, che riproduco fotograficamente nelle fig. 2, 3, 5, 7 ed 8 della Tav. I, e che si conserva nelle colle- zioni private del conte Avogapro DEGLI AzzoxI, dimostra invece subito come codesti caratteri o non sono punto presenti o, se presenti, ven- nero così sostanzialmente esagerati nel disegno, da svisare le partico- larità fondamentali del fossile. Se, trascurando adunque tali illustrazioni, noi facciamo dei con- fronti diretti con altro materiale, troviamo che l’ esemplare in discus- sione risponde bene alla specie Sy. barzense e in modo particolare (come sì può constatare da un raffronto delle rispettive illustrazioni foto- grafiche) al tipico Sy. bartense ritrovato già nelle cave di Libano presso Belluno e che illustro nella presente memoria indicandolo come Indi- viduo B (Tav. II, fig. 1). Per la forma dei denti acuminati e pei tubercoli freschi, l’ esem- plare del DE Zieno si stacca in apparenza dal campione ora citato e preso come tipo. Ciò dipende da differenti stadi di età, trattandosi in questo caso di un esemplare vecchio. a denti in parte consumati, e in quello di un individuo giovane a denti poco o punto corrosi. Come ebbi già altra volta (') occasione di far osservare, se si tolgono all’ uno gli apici dei denti. smussando convenientemente i tubercoli, oppure si completano nell’altro le parti mancanti, sì ottiene la perfetta identità di tipo. (1) Dar Praz G. Sopra alcuni resti di Squalodon dell'arenaria miocenicea di Belluno. L. c.. pag. 311. Ra INDIVIDUO B (Tav. II, fie. 1 a 6) 1900. Squalodon bariensis. DaL Praz. Sopra alcuni-resti di Squalodon dell’arenaria miocenica di Bel- luno. Palaeontographia italica. Vol. VI, pag. 305 a 309, tav. XXVI, fig. 1 a 5 e tav. XXVII, fig. 1 a 4. L'esemplare proviene dalle cave di Libano (Belluno) e, con tutta probabilità, quando la sua presenza venne segnalata nella roccia, do- veva trattarsi di un individuo completo, almeno per le varie ossa che compongono il cranio. Purtroppo l’imperizia e la trascuratezza dei ca- vatori lasciarono perdere o furono causa di distruzione di una parte della roccia fossilifera, per modo che non mì riuscì di salvare che una porzione del cranio e della mandibola destra, alcuni denti, una vertebra, una cassa timpanica incompleta e vari frammenti di coste. Cranio La figura 1 della Tav. II rappresenta quanto fu possibile salvare del cranio, che venne troncato anteriormente all’ altezza del quinto premolare, posteriormente poco all’ indietro dell’ apofisi zigomatica. La lunghezza totale del frammento raggiunge 380 mm. e la lar- ghezza massima tra le facce esterne dei due ultimi molari è di mm. 111. Dato lo stato di conservazione delle varie ossa (mascellari, inter- mascellari, frontale, vomere) credo inutile dare delle descrizioni det- tagliate, giacchè esse non potrebbero riuscire che incomplete e di poca utilità. Ben conservati sono invece parecchi denti, dei quali, per il grande interesse che di solito presentano, conviene ci occupiamo particolarmente. Tutti i denti e specialmente il settimo, l’ ottavo premolare e il primo molare, sono smussati per l’uso. Un eguale carattere si riscontra anche nei denti della mandibola, ciò che dimostra trattarsi di un indi- viduo abbastanza vecchio. PremoLaRI E Mocari. — Quinto premolare (Primo molare della N. V. B.). — Di forma triangolare acuminata; corona alta. Sg a mm. 24, larga alla base mm. 17 e provvista di carene finemente den- tellate. Superficie del dente solcata da irregolari strie, più rilevate verso la base, specialmente dal lato interno. Sesto premolare (Secondo molare della N. V. B.). — Poco diverso dal precedente, salvo la forma meno acuminata, cioè, relativamente all'altezza (mm. 19) la corona del sesto premolare ha una base più larga (mm. 20). i Superficie della corona munita delle solite rugosità, ma più evi- denti specialmente alla base. Lo stesso dicasi per le carene, di cui la posteriore è ornata di due minuti tubercoli. Settimo premolare (Terzo molare della N. V. B.). — Altezza della corona mm. 17, larghezza (diametro antero-posteriore) mm. 23. Il margine anteriore, come l'apice, corroso per usura. Quello posteriore, oltre i soliti dentelli della carena, porta alla base due tu- bercoletti. Facce provviste delle solite granulazioni che diventano sem- pre più rilevate, mentre vanno scomparendo od attenuandosi le stria- ture longitudinali. Ottavo premolare (Quarto molare della N. V. B.). — È l’ultimo dei premolari. Fra l'ottavo ed il settimo premolare lo spazio diastematico è discreto, di poco inferiore a quello fra i denti che precedono, mentre fra quelli che seguono gli spazi sono assai ri- dotti ed i denti si presentano quindi molto ravvicinati, quasi a toc- carsi. Non pare, come vien detto per altri esemplari, che questo sia un carattere dipendente soltanto da giovinezza, giacchè, come ho fatto osservare, tutti i denti presenti sono più o meno fortemente corrosi, compreso l’ ultimo molare e specialmente quello di sinistra. La corona, che nell’ ottavo premolare assume il carattere di forma triangolare a lato anteriore leggermente arcuato e posteriore irregolar- mente rettilineo, ha un’ altezza di mm. 15 e una larghezza alla base di mm. 24. La carena anteriore, per quanto corrosa, sembra che in alto presso l’ apice fosse munita di un tubercoletto. Quella posteriore è provvista di tre tubercoli evidentissimi, seguiti alla base da una tra- stagliatura a due o tre dentelli. Radice nettamente divisa. Pix geni Primo molare (Quinto molare della N. V. B.). — Del tutto simile a quello testè descritto, solo la corona è lievemente più larga e più bassa, misurando, alla base, mm. 25 su 14 di altezza, I tubercoli corrispondono perfettamente a quelli dell’ ottavo premolare, sia per numero che per disposizione. Secondo molare (Sesto molare della N. V. B.). — La co- rona è nettamente rivolta all’indietro, larga alla base come la prece- dente, cioè 25 mm., ed alta mm. 15. I tubercoli sono numerosi: due, piuttosto piccoli, sull’ orlo ante- riore, seguiti in basso da irregolari granulazioni, e quattro perfettamente distinti sul margine posteriore, pure seguiti da piccole frastagliature. Granulazioni ben rilevate e papille sulle due, facce della corona. La radice è divisa in due rami, di cui il posteriore è molto più grosso dell’ anteriore. Terzo molare (Settimo molare della N. V. B.). — Bene conservato su tutti e due i lati; corona come al solito triangolare, ma ancor più ricurva all’ indietro, più piccola di quelle precedenti, spessa e con l’apice leggermente rivolto all’ interno. L'altezza è di mm. 15, la larghezza di mm. 21. Margini provvisti di tre tubercoli (intercalati da altri più piccoli) anteriormente, tanto sul dente di destra quanto su quello di sinistra. Due grossi in basso ed uno piccolo in alto sull’ orlo posteriore del dente di destra; quattro invece, e tutti abbastanza grossi, sull’orlo posteriore del dente di sinistra. Questa variabilità ci dimostra come non si debba dare soverchio va- lore al numero e allo sviluppo dei tubercoli in denti omologhi anche dello stesso individuo. La superficie della corona è cosparsa, specialmente in basso, di numerose e rilevate granulazioni a forma di papille. I due rami della radice sono relativamente brevi, curvi all’indietro, e quello posteriore assai più grosso dell’ anteriore. Ixcisivi. — In un blocchetto di roccia che faceva parte del mate- riale raccolto coll’individuo che stiamo descrivendo, si presentavano le sezioni di alcuni denti. Asportata la parte rocciosa, vennero così iso- one. lati cinque incisivi e precisamente uno degli incisivi mediani dell’estre- mità del rostro e i quattro, più o meno completi, successivi, due di destra e due di sinistra (Tav. II, fig. 2 e 3). L’incisivo mediano è al- quanto più sviluppato degli altri, ha forma pressochè conica, cioè poco compressa; la corona è provvista di due carene, ed è percorsa, specie verso la base, da grossolane e rilevate strie. Gli altri incisivi, che occupavano una posizione laterale, sono meno robusti, assai più compressi, e carenati sui lati anteriore e po- steriore. La corona è debolmente arcuata all’interno e provvista, su entrambe le facce, di costicine irregolari depresse, che diventano più sottili, ma più numerose, verso la base. Mandibola Mantenendo i frammenti raccolti nelle loro posizioni originali, fu possibile ricostruire buona parte della: mandibola destra, per una lun- ghezza totale di 45 cm. (Tav. II, fig. 4). I denti in posto sono cinque e, adottando il nuovo tipo di formola proposto dall’ABEL, precisamente l seguenti: Quinto premolare (Primo molare della N..V. B.). — Corona a forma lanceolata, alta mm. 20 e larga alla base mm. 18, compressa, percorsa da fine striature, specialmente più rilevate alla base della faccia interna. Carene bene evidenti e costituite da una nume- rosa successione di piccoli dentelli. Alla base della carena posteriore si avverte la presenza di un tubercolo abbastanza grosso. La radice non è visibile, ma, da quanto può dedursi dal molare omologo di si- nistra, nettamente divisa in due rami a considerevole distanza dalla base della corona. Sesto premolare (Secondo molare della N. V. B.). — La corona ha un’ altezza di mm. 19 e una larghezza alla base di mm. 22. Forma solita, solite striature, carene crenellate e provviste alla base di un grosso tubercolo posteriormente e di uno molto più piccolo anteriormente. —- 30 — Settimo premolare (Terzo molare della N. 'V. B.). — Mentre i due premolari finora descritti hanno una direzione quasi nor- male al ramo mandibolare, il quarto piega leggermente all’ indietro. La sua corona è assai più larga (mm. 25) che alta (mm. 17) il mar- gine anteriore è debolmente arcuato, coperto di crenellature e prov- visto di un piccolo tubercolo alla base. Quello posteriore pure crenel- lato in alto e munito di due grossi tubercoli alla base di cui 1 infe- riore corroso per l’ uso. | Ottavo premolare (Quarto molare della N. V. B.). Mancante : forse vanno riferiti ad esso dei frammenti di un molare staccato, che non fu possibile ricostruire. Primo molare (Quinto molare della N. V. B.). — Co- rona ispessita, ma depressa, larga cioè 26 mm. su 15 di altezza. Super- ficie molto rugosa, provvista anzi di vere papille, specialmente verso la base interna. Apice, come in tutti gli altri denti, corroso dall’ uso; carene fornite di tubercoli bene evidenti, quattro anteriormente, di cui due maggiori mediani e due minori alle estremità, e pure quattro posteriormente, seguiti in basso da irregolari frastagliature. Secondo molare (Sesto molare della N. V. B.). —— Più piccolo ed a corona ancor più depressa che nel precedente, larga mm. 24, alta mm. 12, con la superficie tutta coperta, soprattutto in basso, di grosse papille. Margini carenali occupati da tubercoli, dei quali quattro anteriormente e, per lo meno, quattro posteriormente, dove la corro- sione determinata dall’ uso li ha resi meno evidenti. Altrettanto di- casì per tutte le particolarità di forma e per le dimensioni del secondo molare di sinistra che fu possibile salvare assieme ad un frammento del primo. Nel chiudere questa rassegna dei denti non possiamo a meno di rilevare il grande contrasto che esiste tra la forma lanceolata, squalo- dontoide, quasi liscia, dei premolari anteriori e quella assai depressa. massiccia e piena di papille dei molari e specialmente dell’ ultimo, il quale, preso nel suo insieme, ricorda alquanto il tipo dei premolari dei Protoceti. SS E Cassa timpanica È un esemplare appartenente al lato sinistro ed alquanto incom- pleto, tuttavia riconoscibile per la caratteristica forma ad oliva. Ve- dremo in seguito come pei suoi caratteri la cassa timpanica di Sqwa- lodon rappresenti un tipo intermedio fra quella degli Archeoceti e quella degli altri Odontoceti miocenici. Vertebre Dai numerosi blocchi che contenevano frammenti più 0 meno incom- pleti di vertebre, fu possibile estrarre una sola vertebra, in condizioni di discreta conservazione. È una dorsale. il cui corpo, a dorso incavato a sella ed a facce debolmente concave, ha uno spessore massimo di 44 mm., e minimo (fra i punti più depressi delle due facce) di mm. 35. Le apofisi trasverse sono più o meno corrose e non sì prestano quindi ad un esame dettagliato. L’ apofisi spinosa mancava quasi del tutto e venne in gran parte ricostruita sulla base dell’impressione lasciata nell’ arenaria. Coste Gli avanzi di coste erano numerosi, ma, come è facile immagi- nare, tutti allo stato di frammenti. Un pezzo meno incompleto degli altri presenta i caratteri di una delle coste anteriori, forse addirittura la prima. Quanto al riferimento specifico degli avanzi appartenenti all’in- dividuo testè esaminato, credo superfluo ripetere un lungo raffronto con le varie specie di Squalodon finora descritte che pei loro caratteri non presentano alcuna manifesta affinità con gli avanzi da noi presi in esame. Tralasciando anche dei raffronti con specie più vicine, come ni Moi lo Squalodon Grateloupi (') e lo Sq. antverpiense (*), ma che pur tut- tavia sì distinguono nettamente per la forma, l'impianto e la distri- buzione dei denti, osserverò subito che l’ esemplare studiato corri- sponde massimamente allo Syualodon bariense del JourpaN. La iden- tità è, si può dire, completa soprattutto nei riguardi dei denti, che nella sistematica di questi animali hanno un'importanza fondamen- tale. I confronti furono eseguiti non solo sulla base delle descrizioni e delle buone figure date dai vari autori, ma anche usufruendo di un ottimo modello dell'esemplare di Squalodon bariense del Museo geolo- gico di Lione. E a proposito di questo modello e delle figure del celebre esem- plare così frequentemente riprodotte nelle varie memorie ed in qual- che testo, credo opportuno far presente (come già in altro lavoro) che da tutti e due i lati del cranio manca l’ultimo molare. Questo fatto va messo in evidenza, giacchè, non essendo reso noto, nè d’altra parte risultando evidente dalle illustrazioni, sì potrebbero trarre dei falsi ap- prezzamenti nei riguardi del numero dei molari e dello spazio che intercede fra il settimo e l’ ottavo premolare. Non potendo, per difetto di fossilizzazione, fissare il numero pre- ciso dei premolari di cui era provvisto l'individuo descritto, mon si avrebbe il mezzo di escludere, sulla sola base della formola dentaria, che esso presentasse degli eventuali rapporti con lo Sq. Zitteli (*). Tut- tavia, se si tien conto della notevole larghezza del rostro, della forma e delle ornamentazioni dei denti, sì vede facilmente che un riferimento alla specie bavarese non troverebbe alcuna giustificazione, mentre tali parti- colari sono appunto quelli che caratterizzano la specie Squalodon bariense. (1) MiiLLer J. Veber die Fossilen Reste der Zeuglodonten etc., pag. 6-7, tav. XXIV. Berlin, 1849. — Van BENEDEN et GERVAIS. Ostéographie des Cetacés, pag. 430 e seg., tav. XXVIII, fig. 1. Le illustrazioni date dal DeLFORTRIE (Actes Soc. linn. Bordeaux, tome XXVII, pag. 12, tav. II. 1869) per una mandibola di Sg. Grateloupi, sono aftatto insufticienti. (2) Van BeneDEN P. J. Recherches sur les Squalodons. — Ossements provenant du Crag d’An- vers. Mémoires de l’Académie royale de Belgique, tome XXXV. Bruxelles, 1865. — Van BENEDEN et GeRvaIS. Loco citato, pag. 433 e seg., tav. XXVIII. (*) ZirteL K. A. Ueber Squalodon Bariensis aus Niederbayern. Loco citato. Pa A INDIVIDUO € (Tav. III, fig. 1-3; Tav. IV, fig. 1-3) Nella parete di fondo di una cava, che si trova sulla sponda destra del torrente Gresal alla base del pianoro sul quale sorge il paese di Libano, si vedeva la sezione di un grosso cranio, che dai frammenti di un dente attaccati all’ osso scoperto si palesava subito appartenere ad uno Sgualodon. La cava era abbandonata da parecchi anni e i bloc- chi scavati ormai messi in lavoro ed asportati completamente. Per- duta quindi ogni speranza di ricupero della parte che era stata stac- cata, disposi per l'estrazione dalla parete rocciosa di un parallelepi- pedo di arenaria che potesse presumibilmente contenere gli avanzi an- cora salvabili. Condotta a termine l'operazione e trasportato il blocco fossilifero nel Museo Geologico di Padova, dopo qualche mese di pa- ziente lavoro fu completamente isolato un magnifico rostro, che per la sua vistosità fa doppiamente deplorare l’irreparabile perdita della parte posteriore del cranio. Cranio Trattasi adunque del tratto anteriore del cranio, cioè del rostro, che misura una lunghezza complessiva di 630 mm. Sono presenti parte del vomere, degli intermascellari, dei mascellari, della mandibola e nu- merosi denti. Essendo il cranio troncato obliquamente, presso a poco all’inizio della serie dentaria, il vomere appare sezionato trasversalmente, ed assume una forma ad U. Esso è bene visibile per buon tratto lungo la fossa prenariale, di cuì costituisce il fondo e parte dei fianchi. I mascellari hanno il solito tipo allungato, sottile anteriormente, più largo e robusto dal lato posteriore. Nella regione immediatamente preorbitaria presentano una strozzatura trasversa ed una depressione longitudinale a doccia, che comincia presso la ricordata strozzatura e sfuma all’inizio dell’ ottavo premolare. Da Sa Gli intermascellari, stretti e sottili nella regione mediana, si allargano a clava nella parte anteriore, dove portano i sei denti inci- sivi, mentre i mascellari sì arrestano al canino. Gli intermascellari li- mitano, dal lato superiore, la fossa -prenariale che si prolunga in uno stretto e profondo canale fino all’ estremo del rostro, dove sbocca fra i due incisivi mediani (Tav. III, fig. 2). La mandibola è stata in parte deformata per schiacciamento. Dei due rami liberi il sinistro è troncato a breve distanza dall’ angolo sinfisario, l’altro è assai più lungo ed arriva fino alla strozzatura pre- orbitaria del mascellare. L'angolo sinfisario (Tav. IV, fig. 1) è di tipo acuto e si protende in un sottile solco che fa passaggio alla sutura mediana, visibile lungo tutto il tratto inferiore fino all’inserzione degli incisivi mediani. La sinfisi è abbastanza lunga, raggiungendo circa 29 centimetri. La sezione trasversa della mandibola nella regione sin- fisaria descrive un’arco depresso inferiormente, arrotondato ai lati lungo la regione alveolare. Sinfisi e rami mandibolari liberi hanno un’ impronta massiccia e robusta, quale si confaceva appunto ad un organismo che per la sua dentatura sì palesa di una voracità non comune. Denti superiori PremoLARI E Monari. — Primo premolare (Primo premolare della N. V. B.). — Corona di forma spiccatamente lanceolata, lunga, con impianto un po’ obliquo. Essa è alta mm. 29, larga mm. 14 e spessa 10 mm. Secondo premolare (Secondo premolare della N. V. B.). — Presente su tutti e due i lati; quello di sinistra è completo, quello di destra è invece spezzato a circa metà altezza. La corona ha forma somigliantissima a quella del primo premolare, con l'apice rivolto all’in- terno e convessa dal lato esterno. Manifeste carene, a crenellature più piccole di quelle dei denti che lo precedono all’ indietro. La superficie è percorsa da coste rade, depresse, senza rugosità basali. Altezza della corona mm. 25, larghezza mm. 13,5, spessore mm. 9. Terzo premolare (Terzo premolare della N. V. B.). — Il terzo premolare ha forma lanceolata, piuttosto lunga. I margini della corona sono dentellati e la superficie è ornata di rugosità e di irre- golari e larghe coste convergenti all’ apice. Altezza mm. 22, larghezza mm. 13, spessore mm. 9. Quarto premolare (Quarto premolare della N. V. B.). — Molto simile al terzo premolare, sia nell'insieme, sia nei dettagli, solo presenta una minore esilità. La corona misura un’ altezza di 52 mm., una larghezza basale (diametro antero-posteriore) di 15 mm. ed uno spessore di mm. 9,5. Quinto premolare (Primo molare della N. V. B.). — Bene conservato tanto sul lato destro quanto sul sinistro. Corona di forma lanceolata, piuttosto stretta, non misurando alla base che mm. 19, per 21 di altezza ; lo spessore è di mm. 9,5. Due dentelli, non molto netti, alla base del margine posteriore, uno solo dal lato anteriore e le solite cre- nellature lungo tutto l’orlo. La superficie porta le consuete granulazioni e rugosità, ma meno rilevate di quelle dei denti che seguono. Sesto premolare (Secondo molare della N. V. B.). — Il sesto premolare del lato destro manca dell’ apice della corona, quello di sinistra è invece completo, ma infossato parzialmente nella mandibola. Il sesto premolare di destra ha una corona larga alla base mm. 22, spessa 10 ed alta probabilmente 24 mm. Essa è provvista di due tubercoli basali sul maigine posteriore, e di uno solo, pure basale ed accompagnato da frastagliature, su quello anteriore. La superficie della corona è ornata, come al solito, di granulazioni e di irregolari e depresse coste longitudinali. Settimo premolare (Terzo molare della N. V. B.). — Presente su tutti e due i lati. Corona alta mm. 22, larga mm. 22, spessa alla base mm. 10. Il margine posteriore è munito di due dentelli mag- giori e due minori; quello anteriore, leggermente arcuato, è fornito, secondo il solito, di una ininterrotta fila di crenellature, solo alla base dell’orlo si riscontrano un tubercolo piuttosto tozzo ed alcune granula- zioni frastagliate. La radice, per quanto si può vedere da ciò che sporge — 36 — dall’ alveolo, appare bifida dal lato esterno, mentre da quello interno mostra un’ inizio di suddivisione in tre branche. Ottavo premolare (Quarto molare della N. V. B.). — Meglio conservato sul lato sinistro che sul destro. Altezza della corona mm. 22, larghezza mm. 24, spessore mm. 11. Solite granulazioni ; pre- senza di quattro tubercoli sul margine posteriore e di tre su quello an- teriore, intercalati e seguiti, verso la punta della corona, da numerose dentellature. Nella radice si nota ancor più manifesta la tendenza alla suddivisione in tre rami. Primo molare (Quinto molare della N. V. B.). — Bene conservato sul lato di destra, ed anche su quello di sinistra. Il primo molare ha la corona alta mm. 19, larga alla base (diametro antero-po- steriore) mm. 24 e spessa mm. 10,5. Le due faccie sono provviste di numerose papille : il margine posteriore porta cinque dentelli di cui l'in- feriore è il più piccolo ; l'orlo anteriore porta tre dentelli e numerose granulazioni. Anche in questo caso la radice appare nettamente divisa in due rami sul fianco esterno, con un evidente accenno, dal lato in- terno, ad una ulteriore divisione in altre due branche nel ramo poste- riore, tanto del dente di sinistra quanto in quello di destra. Secondo molare (Sesto molare della N. V. B.). — Sul lato destro è rotto alla base, e la corona è schiacciata verso l’interno fra la mandibola ed il mascellare. Il diametro antero-posteriore della base della corona, che si mostra in sezione, misura 21 mm. Il secondo molare di sinistra è pure rotto: di esso non restano che i rami della radice e pochi frammenti della corona. Terzo molare (Settimo molare della N. V. B.). — Man- cante su tutti e due i lati. Sul lato di destra si riscontrano però, molto evidenti, due alveoli, dalle cui dimensioni risulta che il settimo molare posteriore doveva essere di piccole proporzioni. Caxini. — L'ultimo dente anteriore ancora piantato nel mascel- lare è di tipo robusto, piuttosto lungo, a superfici laterali convesse, a carene evidenti, ma non molto rilevate, e provviste delle solite finissime dentellature, La corona ha un'altezza di 32 mm., una larghezza basale RCS 1. di 14 mm. ed uno spessore di mm. 11. L'impianto è più obliquo che non sia nel contiguo premolare. La radice è molto rigonfia, specialmente alla base, e sporgente dall’alveolo. Il canino è presente tanto sul lato destro quanto sul sinistro. A partire dal settimo premolare e procedendo verso ]’ estremità del rostro fino al terzo incisivo laterale gli spazi diastematici vanno progressivamente aumentando, per modo che i denti della mandibola s'intercalano fra quelli del mascellare per tratti sempre maggiori. Ixcisivi. — Tutti presenti, più o meno bene conservati, e piantati negli intermascellari con lunghe e robuste radici. Terzo incisivo laterale. — Completo su tutti e due i lati. Esso ha una forma che ricorda molto quella del canino: la radice è meno rigonfia in quello di destra e più turgida alla base in quello di sinistra. La corona è alta 32 mm., larga mm. 15 e spessa 12. La superficie è a coste rade e depresse specialmente verso l’ apice. Secondo incisivo. — Spezzato su tutti e due i lati. Da quanto sì può dedurre da ciò che è ancora conservato, la corona del secondo incisivo è meno compressa del terzo e più del primo, in altri termini essa presenta un tipo intermedio fra il terzo incisivo testè descritto ed il primo o incisivo mediano. Il diametro antero-posteriore della corona di quello di destra, mi- surato alla base, raggiunge 19 mm., lo spessore è di mm. 11,5. Primo incisivo o mediano. — Il primo incisivo ha corona ad aculeo, cioè di forma quasi conica, a carene minutamente dentel- late presenti solo nella parte anteriore. La superficie è coperta, nella metà inferiore, da fitte, acute ed irregolari costicine rugose, alle quali, nel tratto rimanente, succedono delle coste più rade depresse e quasi liscie. Il dente ha impianto longitudinale, cioè in senso parallelo all’ asse mediano del cranio; la radice è molto robusta, lunga ed a sezione rotonda. La corona nel dente di sinistra, che è il meglio conservato, ha una lunghezza di 62 mm. e il diametro alla base di mm. 16. nes 38 DOSI, Mandibola La mandibola, come s’ è già detto, è troncata dal lato posteriore e schiacciata sul fianco sinistro. Essa porta però ancora parecchi denti, e precisamente nove sul ramo di sinistra ed altrettanti su quello di destra. Denti Per rottura ed asportazione dì una parte dell’ osso mandibolare mancano i molari e l’ultimo premolare del lato sinistro. Gli omologhi di questi denti mancano anche sulla destra, ma per causa diversa, cioè perchè i denti uscirono dagli alveoli. PreMmoLaRI E MoLari. — Primo premolare (Primo premo- lare della N. V. B.). —- Manca sulla destra; quello di sinistra ha una corona ricurva ad arco con l'apice rivolto all’ interno. Le orna- mentazioni sono costituite da coste lineari depresse e le crenellature delle carene sono assai minute. La corona è alta mm. 29, larga alla base min. 13 e spessa mm. ?. Secondo premolare (Secondo premolare della N. V. B.). — Manca su tutti e due i lati. Terzo premolare (Terzo premolare della N. V. B.). — Rotto sulla destra; bene conservato invece sulla sinistra. La corona ha forma spiccatamente lanceolata; essa presenta un'altezza di mm. 21 ed una larghezza basale di mm. 14,5. La superficie ha le solite coste rade e depresse, non si riscontrano papille e le carene sono finemente crenellate. Appare uniradiculato, con una lieve depressione mediana. Quarto premolare (Quarto premolare della N. V. B.). — Presente soltanto quello di destra. La corona ha forma lanceolata di tipo più esile che non sia nei denti che seguono. La superficie è sol- cata longitudinalmente da coste relativamente rade e da rugosità poco rilevate; la crenatura delle carene è un po’ meno fina di quella dei premolari precedenti. La radice è divisa in due rami. Altezza della co- rona mm. 21, larghezza alla base mm. 17. e Quinto premolare (Primo molare della N. V. B.). — Corona a forma quasi isoscele, alta mm. 21, larga alla base pure mm. 21. Sul margine anteriore un tubercolo basale preceduto dalle solite cre- nellature, su quello posteriore un altro tubercolo basale piuttosto irre- golare. Radice dicotoma. Sesto premolare (Secondo molare della N. V. B.). — È presente su tutti e due i lati. Nella corona, oltre ai soliti ca- ratteri ornamentali, sì notano delle granulazioni papillari, quali, più sviluppate, ritroveremo nei denti che seguono. Margini carenali crenel- lati e provvisti, per quello che si può vedere, di tre tubercoli poste- riormente e due anteriormente. Corona del dente dì sinistra alta mm. 20, larga alla base mm. 22. Radice divisa in due branche. Settimo premolare (Terzo molare della N. V. B.) — Benissimo conservato su tutti e due i lati, ma in parte ricoperto dai molari superiori. In quello di destra, che è meglio in evidenza, la co- rona è alta mm. 19, larga alla base mm. 23.I dentelli maggiori sem- brano in numero di tre sul lato posteriore e due su quello anteriore. Sono presenti le solite crenellature dei margini e, sulle facce, granula- zioni a papilla, seguite da irregolari coste sempre più depresse proce- dendo verso l'apice del dente. Come mostra la fig. 2 della tav. IV, la radice è nettamente divisa in due rami con evidente accenno ad una dicotomia ancora più profonda, spinta fin quasi alla base della corona. Caxixo. — Bene conservato tanto da un lato quanto dall’ altro. Per la forma d'insieme ricorda notevolmente il primo premolare, dal quale si potrebbe difficilmente distinguere. La corona ha un'altezza di circa 30 mm., una larghezza basale di circa 13 mm. ed uno spessore di mm. 11. Radice unica, grossa, robusta e piegata all'indietro. Ixcisivi. — Terzo incisivo. — Quasi completo sul lato sinistro, rotto invece su quello di destra. Anche questo dente ricorda alquanto il canino, solo la sezione è meno compressa. La corona è molto lunga, misurando un'altezza di 34 mm.; la sua base è larga mm. 14 e spessa mm. ll. Secondo incisivo. — Quasi completamente rivolto all’avanti, cu dgr è molto grande e robusto. Esso è bene conservato sul fianco sinistro, rotto fin quasi dalla base sul lato di destra. La corona è di forma conica, un po’ compressa e debolmente ri- curva verso l’alto. La superficie porta, presso l'apice, delle coste molto rade, depresse e liscie, che verso la base diventano più minute, più ravvicinate ed alquanto rugose. Ai margini si riscontrano due carene provviste di minutissime cranellature. L'altezza della corona è di mm. 42, la larghezza alla base di mm. 16 e lo spessore di 13 mm. La radice ha sezione rotondeggiante, è molto robusta, lunga e for- temente piegata all’ indietro. Primo incisivo o mediano. — Presenti tutti e due; com- pleto alla destra e fortemente consumato invece sulla sinistra. Sono di tipo robustissimo, aculeiformi, a sezione rotondeggiante alla base e leggermente carenata verso l'apice. La superficie della corona è a coste rade e liscie nella metà superiore, a costicine fitte e rugose nella parte rimanente. Le carene sono costituite da una serie di pic- colissimi dentelli. La corona è lunga circa 53 mm. ed ha un diametro, alla base, di mm. 15. La radice è a fittone, robustissima ed assai lunga. Radice e corona sono quasi orizzontali e disposte pressochè parallelamente all’asse longitudinale della mandibola. Gli incisivi mediani succedono immediatamente ai secondi incisivi, senza interposizione cioè di denti del rostro (tav. IV, fig. 3); essi si protendono diritti, molto in avanti e comprendono gli incisivi mediani del cranio, che sono un po’ inclinati verso il basso, coi quali dovevano costituire un'arma veramente formidabile. Il cranio che abbiamo testè descritto presenta un perfetto riscontro con quello che fu preso in esame per primo in questa memoria e che riferimmo allo Sg. bariense. Se noi facciamo un raffronto fra i denti dei due esemplari, prescindendo naturalmente dal diverso stato di cor- rosione, troviamo che la corrispondenza è perfetta anche nei singoli PISS: 3 I dettagli delle granulazioni e dei dentelli che ornano gli orli dei denti posteriori. Soltanto nell’esemplare or ora esaminato i tubercoli dei mar- gini sono meglio distinti e più freschi, cioè meno smussati, gli apici più aguzzi e i singoli denti, nel loro insieme, un po’ più elevati e _com- pressi lateralmente, caratteri che stanno in pieno rapporto con l'età meno avanzata di questo individuo e con la circostanza, pure dipen- dente dall’ età, di una minore usura. Benchè si tratti di particolarità di minor valore, anche per l'an- damento generale del cranio appare evidente che i due esemplari ap- partengono alla stessa forma. Comune ad essi, e così pure al tipo di Bari, è infatti l’ impronta robusta e massiccia, comune il rapporto tra gli spazi occupati dalle singole serie dentarie, comune in fine il carat- tere di una regione prepalatina larga e poco rigonfia: tutte corrispon- denze che non si riscontrano invece in altre specie, anche se si tratta di forme molto vicine per altri caratteri. Lo stato di perfetta conservazione dell’ estremità anteriore del rostro del nostro individuo ci permette poi di poter fissare, anche per lo Sy. bariense, con maggior precisione di quanto non fosse possibile prima d'ora, 1 rapporti che corrono fra le varie ossa di questa regione. All'altezza dei primi denti premolari, le ossa intermascellari, mentre dalla parte interna limitano una stretta e profonda fossa prenariale sboccante a solco fra i due incisivi mediani, dal lato esterno cominciano gradatamente ad allargarsi. Contemporaneamente i sottostanti mascel- lari vanno via via riducendosi di estensione, finchè, appena sorpassato il canino, il rostro resta costituito esclusivamente dagli intermascellari, che portano sei robustissimi incisivi. Mancando il rostro di Saint - Paul - Trois - Chàteaux (Dròme) illu- strato dal PaguieR solo di una parte dell’estremità anteriore, non era invero difficile immaginarne la conformazione terminale: ad ogni modo tale struttura resta ora meglio precisata su dati di fatto e la sua per- fetta corrispondenza, nei due tipi della Dròme e del Bellunese. viene vieppiù a riconfermare il nostro riferimento specifico. O 0) INDIVIDUO D (Tav. IV, fig. 4 a 10) Provenienti da una delle cave della riva sinistra del torrente Gresal, presso Libano (Belluno), ho potuto mettere in salvo due blocchi di roccia fossilifera, dai quali vennero isolati alcuni resti di uno Squalodon. Si tratta di un rostro incompleto e di una mandibola pure incompleta. In questo caso abbiamo a disposizione quindi avanzi poco fortunati, ma tuttavia molto importanti per il numero ragguardevole dei denti potuti salvare, e specialmente perchè trattasi di resti di un individuo assai giovane, coi quali ci è possibile completare il quadro delle nostre cognizioni sul genere Squalodon considerato anche sotto il punto di vista delle modificazioni che possono essere legate all’età. Cranio Come s'è detto, è conservata soltanto una parte del rostro, del quale il lato destro porta in tutto nove denti, ed il sinistro uno solo. Causa lo stato di conservazione poco felice delle ossa presenti, credo superfluo dare per esse una descrizione dettagliata, osserverò solo che il mascellare pre- senta il consueto tipo robusto e, in corrispondenza agli ultimi molari, quel solito andamento a superficie lateralmente scanalata, oltre alla strozzatura preorbitale che rilevammo nel comune Squalodon bariense. Denti Ho già notato che nel rostro sono presenti, e in posto, dieci denti; oltre a questi si contano altri tre denti isolati, che appartengono però tutti allo stesso individuo D. Tutti i denti presentano una grande freschezza: gli apici e ì tu- bercoli aguzzi, le superfici della corona a granulazioni perfette, punto corrose, caratteri che attestano una relativa giovinezza dell’ esemplare, con la quale stanno in rapporto anche le dimensioni piuttosto ridotte dei singoli denti e delle ossa. Infatti dall’ ultimo molare al primo pre- molare compresi intercede uno spazio di 291 mm., mentre in genere negli individui adulti tale distanza non è mai inferiore a 400 mm. Altro Da fg carattere di giovinezza è dato in fine dal grande ravvicinamento dei denti e specialmente dei molari, i quali, come risulta dalla fig. 4 della tav. IV, si ricoprono ad embrice per un piccolo tratto. PreEMoLARI E Morari. — Primo e secondo premolare (Primo e secondo premolare della N. V. B.). — Nonin posto; gli alveoli sono completamente vuoti. Un premolare, forse il più anteriore, è stac- cato dal rostro. Esso presenta i soliti caratteri della corona, che è lanceo- lata, compressa. La radice, pure compressa, è fortemente ricurva all’ in- dietro e presenta un accenno di doccia longitudinale (Tav. IV, fig. 8). Terzo premolare (Terzo premolare della N. V. B.). — La corona ha una forma lanceolata, un po’ appiattita, a carene poco rilevate e a superficie percorsa da coste longitudinali depresse, regolari e conver- genti. Radice unica, depressa nella regione mediana e piegata all’indietro. Quarto premolare (Quarto premolare della N. V. B.). — Iì dente che segue al terzo premolare è mancante, il posto che esso occupava è segnato dal foro dell’ alveolo, che è piuttosto stretto, di forma semplice, cioè non divisa, di modo che abbiamo ragione di rite- nere che si trattasse. con ogni probabilità, di un premolare interpre- tato secondo il vecchio concetto. Quinto premolare (Primo molare della N. V. B.). — Co- rona a forma lanceolata alta mm. 20 circa, larga alla base mm. 17, e dello spessore di mm. 9. Margini crenellati e con un solo dentello alla base di quello posteriore. Radice divisa, ma a rami ravvicinati e debolmente curvi all’ indietro. Sesto premolare (Secondo molare della N. V. B.). — È presente su tutti e due i lati. Quello di destra ha la regione apicale frantumata, quello di sinistra è invece completo. In esso la corona ha un' altezza di 20 mm., una larghezza basale di mm. 21 ed uno spes- sore di mm 9. Sul margine posteriore si contano tre dentelli, su quello anteriore uno solo, alla base, ed anche questo poco manifesto. Settimo premolare (Terzo molare della N. V. B.). — Pure a corona incompleta; la radice, sezionata longitudinalmente, si mostra profondamente divisa in due rami a fittone, ricurvi all’indietro. Ms AIA Ottavo premolare (Quarto molare della N. V. B.). — Diversamente da quanto avviene nei precedenti, è assai ravvicinato al settimo premolare. Benchè sia in parte guasto, sì può tuttavia ri- scontrare in esso la presenza di tre tubercoli sul margine posteriore e così pure la caratteristica granulazione della superficie della corona. Primo molare (Quinto molare della N. V. B.). — Simile al. l’ultimo premolare, ma più elevato e più appuntito. Corona larga alla base (diametro antero-posteriore) mm. 20, alta mm. 17 e dello spessore (dia- metro trasverso) di mm. 9. Tre tubercoli sul margine posteriore e uno ba- sale sul margine anteriore, che è incurvato ad arco e tutto a crenellature. Secondo molare (Sesto molare della N. V. B.). — Dente massiccio, a corona depressa, larga alla base mm. 21, alta mm. 13 e dello spessore mediano di mm. 10,2. Margini provvisti di numerosi e ben distinti dentelli; quattro posteriormente, tre dal lato anteriore, oltre ad un quarto quasi impercettibile. Superficie della corona tutta rico- perta di granulazioni e papille lineari rugose, che vanno attenuandosi verso l’ apice. L’apice del dente è un po’ inarcato verso l’ interno. Radice nettamente divisa in due rami piegati all’ indietro. Il dente ora descritto risulta l’ultimo dei molari, i quali sono adunque due e non tre, come sì verifica con maggior frequenza. Tale carattere, in questo caso, sta certamente in rapporto con la giovinezza dell’ individuo in esame. Caxixo. — Corona a forma quasi conica, cioè poco compressa e poco arcuata. Diametro antero-posteriore di mm. 12, diametro tras- verso di mm. 9. La superficie della corona è percorsa dalle solite coste, più numerose verso la base. ed è provvista di carene ben rilevate che risultano da una fitta serie di crenellature. Radice unica, massiccia, ri- volta all’ indietro e piantata all’ estremità dell’ osso mascellare. ; Ixcrstvi. — È ancora in posto il terzo incisivo, cioè quello che precede immediatamente al canino testè descritto. Esso è di forma mas- siccia, assai robusta. La corona molto lunga, un po’ compressa, carenata, percorsa dalle solite strie, ha il diametro basale antero-posteriore di 14 mm. e quello trasverso, pure basale, di mm. 9. ai Li La radice è altrettanto robusta che quella del canino, unica, un po’ compressa e inclinata all’ indietro secondo una direzione che fa un angolo posteriore di circa 45° coll’orlo dell’ osso mascellare. Staccati dal rostro, ma assal vicini, vennero isolati altri due inci- sivi riferibili uno al primo incisivo anteriore, l’altro al secondo laterale (v. fig. 9 e 10 della tav. IV). «Quest ultimo ha la corona molto lunga, appuntita, compressa la- teralmente e un poco arcuata. La superficie è ornata di fine coste de- presse, irregolari, più numerose e più rilevate alla base. I margini sono carenati e crenellati assai finemente. Nell’ estremità del rostro l'inter- mascellare porta ancora infissa parte della radice di questi denti. L' altro incisivo, che è il primo, ha la corona a forma quasi co- nica, cioè assal meno compressa del precedente, La superficie presenta la stessa scultura del secondo, ma un poco più rilevata. Mandibola. È conservata soltanto una parte della mandibola destra, che va dalla regione del condilo all'orlo anteriore del sesto premolare, per una lunghezza complessiva di 251 mm. Le dimensioni, anche se si completa la parte mancante, restano adunque assai modeste, ciò che risponde ai rilevati caratteri di giovinezza dell’ esemplare. MoLarI E PRrEMOLARI. — Sono presenti due molari e due premo- lari tutti bene sviluppati, ma di una grande freschezza di dettagli. Come nel cranio così nella mandibola i molari (fig. 6 della tav. IV), sono assal ravvicinati fra loro, fino a toccarsi con disposizione embri- ciata, indizio anche questo di giovinezza. Quinto premolare (Primo molare della N. V. B.). — Corona alta mm. 20, larga alla base mm. 19,5. Due turbercoli basali sul margine posteriore, quello anteriore è in parte guasto verso la base. Per gli altri caratteri della carena e della superficie della corona valgono gli stessi particolari che saranno esposti per il sesto premolare. Radice nettamente e profondamente divisa in due rami ricurvi all'indietro. Sesto premolare (Secondo molare della N. V. B.). — }* a Upi Dente molto elevato: corona a forma triangolare quasi isoscele, larga alla base mm. 24, alta mm. 20. Due tubercoli, ed uno più piccolo basale, sul lato posteriore, uno solo, pure basale, su quello anteriore. Tutto lo spi- golo del margine è occupato da fine crenellature. La superficie della co- rona è ornata di larghe e depresse coste che verso la base si risolvono in numerose ed irregolari rughe, accompagnate da granulazioni a papilla. Settimo premolare (Terzo molare della N. V. B.). — Mancante. Ottavo premolare (Quarto molare della N. V. B.). — Più elevato e più compresso del successivo molare, la corona è alta mm. 16, larga alla base mm. 23. Sulla carena posteriore si contano tre netti tubercoli e una lieve cresta basale; su quello anteriore, in parte rotto, 1 tubercoli sembrano due. Primo molare (Quinto molare della N. V. B.). — Co- rona depressa e massiccia, larga alla base (diametro antero-posteriore) mm. 22, alta mm. 13, e col diametro trasverso di mm. 9. Tre tuber- coli maggiori ed uno basale più piccolo sul margine posteriore; due tubercoletti e numerosi altri più minuti su quello anteriore. Superficie, come al solito, fortemente rugosa, in special modo sul lato interno. Con questo dente termina la serie dentaria della mandibola, per modo che si ha un solo molare. Dei raffronti fra i resti dell’ individuo testè descritto e quelli di Sq. bariense precedentemente illustrati, dimostrano tale corrispondenza di caratteri, anche nei più minuti dettagli, da dispensarci da qualsiasi esame per dimostrarne l'identità specifica. Anche una semplice occhiata alle figure delle Tav. I a IV, è sufficiente per escludere ogni dubbio e per renderci vieppiù convinti che tutti gli esemplari finora descritti apparten- gono all’unica forma 7. bariense. Le piccole differenze che si riscontrano fra l'uno e l’altro esemplare sono esclusivamente dipendenti, come s' è già rilevato, dall’ età diversa dei vari individui ed è in grazia ad esse che noi possiamo conseguire una più completa conoscenza della specie. SQUALODON BELLUNENSE DAL PIAZ 1 PE tn INDIVIDUO A (Tav. II, fis. 7, 8 1900. Squalodon bariensis var. bellunensis. DAL Praz. Sopra alcuni resti di Squalodon dell’arenaria miocenica di Belluno. Palaeontographia Italica. Vol. VI. Pisa. L’ esemplare che passiamo a descrivere consta di un cranio assai incompleto e di un frammento della relativa mandibola. Questo ma- teriale, proveniente dalle cave di Bolzano, faceva parte di una raccolta privata del sig. G. SeGaro di Belluno, ma da qualche anno, trovando sede assai più opportuna, l'interessante fossile è passato al Museo Gro- VANNI CAPELLINI, fra le ricche collezioni geologiche della R. Università di Bologna. Cranio Il cranio è ridotto purtroppo ad un frammento, lungo poco meno di 580 mm. Esso consta della parte basale del rostro di un grosso in- dividuo, troncato poco lungi dalle coane posteriormente e all'orlo esterno del quarto premolare anteriormente. Delle varie ossa possono essere prese in esame soltanto le mascel- lari e le intermascellari per i tratti mediani. Esse hanno il solito an- damento comune a tutti gli Squa/odon. Degna di menzione, dal lato inferiore, è la considerevole sporgenza della volta prepalatina, che sì eleva a dorso regolarmente arcuato. Ve- dasi a questo riguardo la fig. 7 della tav. II della presente memoria e la fig. 1 della tav. IV del mio lavoro sugli avanzi di Squalodon delle arenarie di Belluno pubblicato nel 1900. Denti Molti dei denti sono mancanti per rottura, altri sono più o meno guasti; tuttavia alcuni ancora discretamente, conservati e meritevoli di un rapido sguardo. PremoLaRI E MoLari. — Quarto premolare (Quarto premo- lare della N. V. B.). — Non resta in posto che una parte della ra- dice, visibile soltanto dal lato più esterno. Quinto premolare (Primo molare della N. V. B.). — Oltre alla radice è conservato un frammento insignificante della corona. Sesto premolare (Secondo molare della N. V. B.). — Corona rotta all’ apice, larga alla base 19 mm., percorsa da fine stria- ture. Radice divisa. Settimo premolare (Terzo molare della N. V. B.). — Mancante da entrambi i lati. Ottavo premolare (Quarto molare della N. V. B.). — Co- rona corrosa dall'uso sull’orlo anteriore e all’ apice. Superficie ornata di strie longitudinali e di fine granulazioni. Orlo posteriore provvisto di tre tubercoli, alla base dell’inferiore segue una propaggine frastagliata. Primo molare (Quinto molare della N. V. B.)., — Pre- sente su tutti e due i mascellari ed alquanto corroso alla base del lato anteriore interno. La forma della corona è, come al solito, triangolare, debolmente arcuata all’ indietro, alta mm. 16 e larga alla base mm. 24. L’apice è leggermente usurato; l'orlo anteriore ha un piccolo tuber- colo alla base, quello posteriore ne porta tre di maggiori ed uno più piccolo in basso. La superficie presenta le solite ornamentazioni lineari e a granuli. Secondo molare (Sesto molare della N. V. B.). — Anche questo è conservato su tutti e due i lati. Corona corrosa dall’uso alla base dell’ orlo anteriore, per modo che il tubercolo inferiore è scomparso. CA L'orlo posteriore porta un piccolo tubercolo presso l'apice, tre mag- giori al di sotto e la solita propaggine frastagliata alla base. Solite or- namentazioni. Rispetto al primo molare, questo è leggermente più de- presso e alquanto più rivolto all’ indietro. Terzo molare (Settimo molare della N. V. B.). — Bene conservato tanto sul lato destro, quanto sul sinistro. Il terzo molare è più basso dei precedenti e più fortemente inclinato all’ indietro. La corona è alta mm. 14 e larga alla base mm. 22; l’orlo anteriore porta due tubercoli maggiori mediani e due più piccoli e male definiti agli estremi ; quello posteriore è fornito di un piccolo tubercolo presso l’a- pice, seguito da due tubercoli maggiori e da una piccola propaggine frastagliata alla base della corona. Mandibola Come s'è detto, è un frammento appartenente alla branca destra, lungo mm. 260, provvisto di due denti completi e dei residui della radice di altri tre (fig. 8 della tav. II). Sul lato esterno della mandibola, fra i denti ancora in posto, sì notano delle fossette, corrispondenti natu- ralmente agli apici dei denti del cranio. I denti meglio conservati sono: Ottavo premolare (Quarto molare della N. V. B.). — Ha corona appiattita, leggermente rivolta all'indietro, larga alla base mm. 25 ed alta mm. 15, escluso il piccolo tratto mancante per usura. L'orlo anteriore porta un tubercolo alla base; quello posteriore ne porta invece tre, in parte corrosi. La superficie è ornata di strie longitudinali depresse e di fine granulazioni, meglio rilevate alla base. È da notare che le strie sono più rilevate sulla faccia esterna e le granulazioni invece su quella interna. Primo molare (Quinto molare della N. V. B.). — Ana- logo al quarto, ma meno elevato e più ricurvo all’indietro. Esso è largo alla base mm. 26 ed alto mm. 13. L'orlo anteriore porta due tuber- coli maggiori e qualche altro appena percettibile; quello posteriore ne porta invece tre assai più rilevati. — 50 — Degli altri denti, due dei quali precedono l’ ottavo premolare ed uno segue il primo molare, non restano, come s'è detto, che le radici e qualche frammento insigniticante della corona. Nel mio primo studio sugli avanzi di Squalodon delle arenarie di Belluno (') avevo già osservato, per quanto era possibile concludere dato il cattivo stato di conservazione, come il frammento di cranio e di mandibola or ora descritti, non rispondessero esattamente ai carat- teri propri del tipico Squalodon bariense. L'andamento del rostro alquanto più snello e assai più rigontio nelle regioni palatina e prepalatina e soprattutto la forma dei denti più stretti, ad impianto leggermente divaricato, a superficie striata, m’ avevano fatto pensare, almeno in via provvisoria, ad una varietà del tipico Sy. bariense. varietà che distinsi col nome bdellunense. Come vedremo fra breve, lo studio del nuovo materiale (individuo B) non solo riconfermò gli esposti caratteri differenziali, ma permise di aggiungerne di nuovi, pei quali, anzichè di una semplice varietà sì riconobbe trattarsi di una vera e propria specie. nettamente distinta dalla tipica forma di Bari (Dròme) ed anche dallo Sg. bariense Zittel (non Jourdan) del Miocene bavarese. A proposito di quest’ ultima forma il PaQuIER (*), basandosi sulla presenza nel cranio di Bleichenbach rife- rito dallo ZrrteL (°) allo Sg. bariense di un quinto premolare superiore, (notazione Vax BENEDEN) e sulla forma più snella e proporzionalmente più lunga del rostro, propose la nuova specie Sy. Zitteli. Pur riconoscendo l’importanza dei caratteri differenziali, specialmente della dentatura, messi in evidenza dal PaQUIER, ancora parecchi anni or sono mi venne il sospetto che l’ esemplare bellunese potesse avere dei rapporti di so- miglianza con la specie della Baviera, tanto più che dal disegno dello (') DaL Praz G. Palaeontographia italica. Vol. VI. Pisa, 1900. (®) Paquier V. Etude sur quelques Cetacés du Miocéne. Mémoires de la Société géologique de France. Paléontologie. 3° série, tom. IV, mémoire n. 12. (3) ZirreL K. A. Ueber Squalodon Bariensis aus Niederbayern. L. e. - —— ol — ZirTEL, per quanto bene eseguito, non sì potevano rilevare tutti i det- tagli di ornamentazione della corona dei denti. Avuta l'occasione favo- revole, volli interpellare in proposito l’illustre paleontologo di Monaco, che per la sua competenza, per lo studio compiuto sugli Squalodon e per avere direttamente sott'occhio l'interessante esemplare di Blei- chenbach, poteva fornire il più autorevole e decisivo parere sulla op- portunità di una simile distinzione specifica. Col riassunto delle mie osservazioni inviai al prof. ZrrtEL anche una fotografia dell’ esemplare in discussione e, dopo brevi giorni, mi pervenne la seguente risposta : Ihre Photographie stimmt nicht mit Squalodon Barriensis (Sq. Zitteli Paquier) isberein. Dieser Eremplar hat viel mehr Zihne im Oberkiefer ; auch ist die Schnauze relativ viel laenger. Die Paquier’ sche Abhandlung scheint mir recht sorgfiiltig und richtig zu sein. Se i disegni dello Sy. Zitteli sono eseguiti con assoluta fedeltà, ai caratteri specifici indicati dal PAQUIER si potrebbe aggiungere la man- canza di granulazioni e papille, specialmente alla base della corona dei molari. Queste granulazioni sono invece presenti in tutti i denti tanto di Sg. bellunense, quanto di Sy. bariense e sono messe in chiara evidenza dalle riproduzioni fotografiche del PaquieR e da quelle che accompa- gnano la presente memoria. INDIVIDUO B (Tav. II, fig.-9 a 12; Tav. Va IX) Nella primavera del 1908 una delle consuete escavazioni di blocchi d’arenaria dalle cave di Bolzano portò alla fortunata scoperta di un ragguardevole ammasso di ossa, dalle quali, per la presenza di alcuni denti casualmente messì a nudo, era facile comprendere che si trattava degli avanzi di un grosso Squalodon. Trasportato tutto il materiale nel laboratorio dell’ Istituto Geolo- gico dell’ Università di Padova, dopo il solito paziente lavoro, venne isolato un magnifico cranio quasi completo, buona parte della mandi- bola, parecchie vertebre ed alcune ossa dell’arto anteriore (fig. 1, tav. V). Pa): AC E questo il più fortunato gruppo di materiali appartenenti ad un unico individuo, il quale viene ad essere così il più completo esemplare di Squalodon finora scoperto. Cranio Nel suo insieme il cranio presenta le caratteristiche fondamentali del genere, vale a dire ha la parte posteriore, presa nel suo insieme, di forma quadrangolare. Si innesta ad essa il rostro, che è lungo, massiccio, a rastremazione molto lenta. (Tav. V, fig. 2; tav. VI; tav. Vi.tav. VII (igA 1 Uno dei caratteri propri della specie è dato dalla forma del palato, che è molto rigonfio, arcuato e piuttosto compresso lateralmente. Ne viene di conseguenza che la base del rostro è ristretta; essa, misurata tra le facce esterne dei due primi molari posteriori, raggiunge appena 96 mm., dimensione notevolmente inferiore a quella del tipico Sy. bariense. Altro carattere assai rimarchevole del nostro individuo consiste nell’ enorme sviluppo delle creste, le quali, a giudicare dall’ andamento delle varie ossa e da quanto di esse è ancora conservato in altre specie, nel cranio in esame si mostrano relativamente più rilevate. Lo stesso profilo del cranio è alquanto diverso, sia per il notevole sviluppo delle creste, specialmente nella parte posteriore superiore, sia perchè la regione nasale, rispetto all'andamento dei mascellari e degli intermascellari, è assai più prominente di quanto non si riscontri nello Sq. bariense. Ulteriori caratteri differenziali saranno poi messi in evi. denza in seguito. Prima di passare alla descrizione delle varie ossa, riporto alcune misure che reputo più importanti, avvertendo che il rostro manca del- l'estremità anteriore e che quindi la lunghezza data per esso è inferiore di circa dieci centimetri a quella che doveva raggiungere il cranio quando era completo. AN MISURE DEL CRANIO Lunghezza del cranio dalla superficie dei condili all’estremità anteriore mm. 760 (!) Lunghezza del cranio dall’estremità anteriore alla massima sporgenza delle creste occipito-parietali . . , - ; i, : , (4 Larghezza in corrispondenza della base esterna dei processi zigomatici —., 264 Larghezza massima tra le facce esterne dei frontali RI259 Larghezza fra le protuberanze frontali anteriori . } : AZ Larghezza del rostro in corrispondenza ai due primi molari 5 98 Larghezza del rostro all’ estremità anteriore conservata del rostro n 48 Lunghezza dello spazio occupato dai molari 7 : } 1259 Altezza del cranio misurata dalla base dello sfenoide alla massima prominenza dei frontali è : . » : s , se ag 156 Altezza massima del cranio . ù ; ; i x 7 SET Altezza del rostro in corrispondenza dei primi molari posteriori 5 66 Altezza del rostro in corrispondenza degli ultimi molari anteriori sir 2 Osserveremo in fine che anche il cranio in esame, come del resto avviene in tutti o in quasi tutti i Cetacei, presenta un certo grado di asimmetria. Questo all'infuori delle deformazioni dipendenti con tutta evidenza dalle compressioni subite dal fossile per cause di natura geologica. MasceLLARI. — Come in tutto il gruppo degli Odontoceti, 1 ma- scellari constano di due parti a sviluppo nettamente diverso. Una parte basale allargata che forma il tetto della cavità orbitaria e una parte molto allungata, assai più ristretta, costituente il rostro. Le suture non sono molto evidenti, perchè si tratta di un indi- viduo vecchio, sì possono tuttavia seguire con abbastanza rigore le linee di contatto con gli intermascellari e coì frontali. Procedendo in avanti, i mascellari sì restringono e costituiscono i fianchi del rostro. La sezione di questa parte dei mascellari, resa evidente per un’originaria frattura, è di forma grossolanamente triango- (1) Se si completa il rostro, ricostruendo il tratto mancante sulla base di altri individui prov- visti di questa parte, si arriva ad una lunghezza massima approssimativa di 860 mm. Besa] Ct lare. Fra i mascellari sono compresi e corrono pressochè parallelamente, gli intermascellari, dai quali i mascellari sono distinti per l’ esistenza di uno stretto e profondo solco. Dal lato inferiore i mascellari presentano una superficie convessa, solcata longitudinalmente nelle parti anteriori. Nella regione media - posteriore i mascellari sono divaricati e la- sciano uscire la cresta del vomere, che ha forma arrotondata e che sporge per una lunghezza di 210 mm. Anche nel cranio dello Squalodon, come in quello del Cyrtodelphis, la sutura palatino - mascellare ha forma di W, piuttosto compressa lateralmente. I margini laterali esterni dei mascellari sono occupati da numerosi denti, dei quali tratteremo partitamente più avanti. InTERMASCELLARI. — A forma di spatola, cioè stretti in avanti e allargati e depressi all’ indietro, dove salgono regolarmente a dolce pendio, divergendo e attenuandosi mentre vengono a contatto coi fron- tali. Gli intermascellari limitano lateralmente la fossa nasale, che ha un contorno orizzontale assai caratteristico. Essa è a forma di lungo triangolo posteriormente, sì espande a fuso nel tratto mediano e sì pro- tende poi a doccia stretta e profonda nella parte anteriore. NAsaLI. — Piccoli, rigonfi e di forma mal definita, e ciò in parte anche per difetto di conservazione. Nel loro complesso e per lo svi- luppo limitato, le ossa nasali di Squalodon ricordano notevolmente le corrispondenti ossa del Cyrtodelplis. FroxTtaLI. — I frontali assieme ai nasali costituiscono la parte più elevata del cranio. Hanno forma di piastra quadrangolare, con terminazione laterale a lamina. Essi s' insinuano sotto i mascellari e vanno a costituire, sui lati e anteriormente, le protuberanze sopraorbi- tarie, con le quali sì fondono anche le ossa lacrimali. PARIETALI. — Caratterizzati da una forma a lamina concava, che, fondendosi in alto e posteriormente con l’occipitale, costituisce una ti- pica e poderosa cresta, massiccia e molto sporgente. Questa cresta limita l’occipitale e si piega lateralmente in basso ad arco, sfumando nel processo zigomatico posteriore dello squamoso. SquamosI. — Formano, in basso, la continuazione del parietale, com- pletando, verso la base, la profonda cavità parieto-temporale. Hanno un andamento molto complesso e robusto, a processo zigomatico massiccio, di tipo falcato, con una larga fossa glenoidea. Il processo zigomatico dello squamoso si protende in avanti fino quasi a contatto con la espansione zigomatica del frontale. OccIpItaLE. — Non potendo, per la nessuna evidenza della sutura, distinguere l’ exoccipitale dal sopraoccipitale, li comprendiamo in un osso unico, cioè nell’ occipitale. Esso forma tutta la parte posteriore del cranio e presenta un contorno a figura pentagonale. Il tratto su- periore (sopraoccipitale) è depresso ed incavato e sì prolunga lateral- mente in fortissime creste. La parte inferiore (exoccipitale) è molto inca- vata a lato dei condili, i quali sono enormemente sviluppati e sporgenti. Il loro contorno è ovale con l’asse maggiore in direzione verticale. Il forame ha un contorno trapezoidale, presenta una larga svasa- tura superiore e un’ incisione più ristretta, profonda ed arrotondata dal lato inferiore, verso il basioccipitale. BasroccipiraLE. — Il basioccipitale è quasi pianeggiante, discreta- mente largo e a spigoli marcati sulla linea di passaggio all’ exoccipi- tale. L'andamento della sutura fra il basioccipitale e lo sfenoide non è visibile perchè è avvenuta la completa fusione delle due ossa. SFENOIDE. — Come in tutto il gruppo, lo sfenoide è molto com- plesso, ma nel nostro caso, a motivo della testè accennata obliterazione delle suture, non è possibile distinguerne le varie parti. Il basisfenoide ha la tipica forma a sella, con le due ali non molto divaricate, ma sporgenti e assai robuste. VomERE. — Come s'è già osservato trattando del rostro, esso sporge. a guisa di lunga cresta fusiforme, fra i mascellari. Ricompare poi all’ indietro, posteriormente ai pterigoidei, formando la doccia delle coane e salendo nel mezzo a guisa di lama assai sporgente ed acuta. PrERIGOIDEI. — Costituiscono le parti posteriore e laterale esterna delle coane. Nello Sqgua/odon, per quanto si può giudicare dalle incerte suture, risultano assai bene sviluppati e, come di regola, in diretta continuazione, dal lato posteriore, colle ali dello sfenoide. I fori delle coane hanno mediocre grandezza e presentano una sezione piriforme con l’asse maggiore, antero-posteriore, di mm. 40 e l’asse trasverso di mm. 25. PALATINI. — Hanno forma laminare e terminano in due creste ele- vate e disgiunte da un netto solco. Lo stato di conservazione non per- fetto impedisce delle rigorose osservazioni sul loro preciso sviluppo e sul rapporti con le ossa vicine. MesermomE. — Anche quest’ osso, un po’ per la fusione delle su- ture, un po' per imperfetta fossilizzazione, non può essere esaminato col necessario dettaglio. Esso presenta con tutta evidenza la solita forma stiloide compressa ed allungata in avanti in una sottile cresta, che di- vide in due strette cavità la fossa nasale, ma riesce del tutto impossibile mettere in evidenza i suoi rapporti con le varie ossa con le quali viene a contatto. Periotici Del magnifico esemplare sono conservati anche i periotici (Tav. VIII, fig. 2a 5), uno dei quali, e precisamente il sinistro, sì trovava assieme alla cassa timpanica poco discosto dall’ originaria posizione naturale, ‘l'ale osso è di mediocri dimensioni, giacchè la distanza fra gli apici delle due apofisi misura 42 mm., il massimo diametro trasverso raggiunge 25 mm. e lo spessore è di mm. 15,5. Come mostrano le fig. 1 e 2 della pagina seguente, l’ apofisi an- teriore è massiccia e a forma di berretto frigio. La rocca petrosa (RP) ha una forma cuboide arrotondata, a superficie nodulosa. L’apofisi po- steriore (AP) è relativamente piccola e presenta la superficie di con- nessione striata e di forma romboidale. Sul lato destro della rocca si apre il foro ovale (fo) discretamente sviluppato eseguito dal canale di Falloppio (CF). Sul lato inferiore della stessa rocca petrosa si apre la finestra ro- tonda (fr), un po’ più grande del foro ovale e ad orificio di forma semi- circolare. Sul lato cerebrale del periotico è degno di nota l’orificio se- milunare, che fa passaggio al condotto uditivo interno (CU). Il contorno dell’orificio semilunare è piriforme, molto allungato, quasi a fessura. Peg dea Sotto l’ orificio semilunare, cioè dal lato dell’apofisi posteriore, esi- stono anche qui, come nel periotico del Cyrtodelphis sulcatus. due piccoli fori (av, ac) corrispondenti rispettivamente all’ apertura esterna del vestibolo e all’ apertura esterna della coclea. Il periotico dello Sgualodon presenta delle somiglianze con quello di Cyrtodelphis, ma soprattutto con quello di Acrodelphis (= Champsodelphis e di Patriocetus, dai quali si distingue solo per una forma d'insieme più massiccia e per le apofisi più corte e più robuste. AA (0}5) db cu ac av AP Muoni Fig. 2. Fic. 1. — Squalodon bellunense. Periotico sinistro visto dal lato bullare. Grand. nat. Fic. 2. — Lo stesso visto dal lato cerebrale. Grand. nat. AA = Apofisi anteriore. CF = Canale di Falloppio. AP = Apofisi posteriore. fo = Finestra ovale. LI = Lato bullare. fr = Finestra rotonda. RP = Rocca petrosa. av = Apertura esterna dell'acquedotto del ve- SC = Superficie di connessione. stibolo. CU = Condotto auditivo interno. ac = Apertura esterna dell’ acquedotto della OS = Orificio semilunare. coclea. Abbastanza strette somiglianze esso presenta in fine anche col- l'osso omologo del nuovo genere Zipliodelphis, del quale sarà trattato in seguito. Cassa timpanica Come ho accennato, è presente, ed in ottime condizioni di conser- vazione, anche la cassa timpanica destra (v. fig. 3, 4, pag. seguente e fig. 6 a 9, tav. VIII). Orchiforme, accartocciata, con un apice acumi- nato dal lato anteriore in corrispondenza allo sbocco della tromba di Lee Bustachio. Il labbro interno si ripiega a bulla ed ha superficie rugosa e scabra, sulla quale si articola per anchilosi l’apofisi posteriore del perio- tico. Il labbro esterno è sottile, arrotondato al margine e provvisto sul terzo posteriore di un processo sigmoideo a forma di protuberanza cin- golare, molto sporgente ed arcuato, contro il quale va a poggiare la rocca petrosa del periotico. La massima lunghezza antero - posteriore della bulla timpanica è di mm. 50; la larghezza, o diametro trasverso massimo, di mm. 32. La cassa timpanica di Squalodon sì distingue nettamente da quella di Cyrtodelphis per un contorno meno piriforme e proporzionatamente più massiccio. Fig. 3. Fig. 4. Fis. 3. — Squalodon bellunense. Cassa timpanica destra vista dal di sotto. Gr. nat. Fic. 4. — La stessa vista dalla parte superiore. Grand. nat. Salvo le dimensioni, sì riscontra una certa somiglianza nella forma complessiva con la cassa timpanica di Zeuglodon riprodotta dal MuLLER nella tav. II dello studio sui resti di Zeuglodonti dell’ America setten- trionale. Abbastanza stretti rapporti di affinità, anche per quanto ri- guarda le dimensioni, si notano pure con la cassa timpanica di Squa- lodelphis n. g. che sarà illustrato nella memoria che fa seguito alla pre- sente (Parte Terza), ma assai più rilevanti somiglianze risultano però con la bulla timpanica di Patriocetus (= Squalodon) Ehrlichi, che il Brawpr (!) illustra nelle figure 6 e 7 della tav. XXXI del suo studio sui Cetacei di Europa. (1) Branpr J. F. Untersuchungen iiber die fossilen und subfossilen Cetaceen Europas. Mé- moires de l’Académie imperiale des Sciences de Saint-Petersbourg. Tome XX. 1873. 59 — Denti L’ esemplare in esame presenta, ancora in posto e generalmente in buone condizioni di conservazione, sedici denti, dei quali otto sul lato sinistro ed otto sul destro. Oltre a questi vennero rinvenuti stac- cati, e raccolti nel processo di isolamento, altri quattro denti, che, per quanto disgiunti, si trovavano vicinissimi al cranio stesso. Per questo motivo e pel tipo di fossilizzazione del tutto identico, essi appartenevano certamente allo stesso individuo. PreMmoLarI E Morari. — Primo premolare (Primo premo- lare della N. V. B.). — Corona lunga conico-compressa, bicarenata, leggermente rivolta in avanti. Superficie ornata di rugosità più nume- rose alla base, più rade, depresse e quasi obliterate verso |’ apice. Co- rona larga alla base mm. 16, alta 27, spessa 10. Radice grossa e ro- busta, rigonfia in alto, piantata obliquamente all'indietro. Secondo premolare (Secondo premolare della N. V. B.). — Presente soltanto quello di sinistra. Ha lo stesso tipo del primo pre- molare. La corona è un po’ meno obliqua verso l’ avanti: larga alla base 15 mm., alta mm. 27 e spessa, pure alla base, mm. 10. Terzo premolare (Terzo premolare della N. V. B.). — Mancante sul lato sinistro e ridotto ad un frammento sul destro. Quarto premolare (Quarto premolare della N. V. B.). — Ha la corona di forma spiccatamente lanceolata. La larghezza alla base è di mm. 17, l'altezza di mm. 24 e lo spessore di mm, 10. Margini a carena finemente crenellata e sprovvista di tubercoli. Le ornamentazioni della superficie constano di finissime rugosità lineari. La radice si mostra nettamente bifida, ma coi due rami assai ravvicinati ed obliqui all’ indietro. Quinto premolare (Primo molare della N. V. B.). — Corona a forma quasi lanceolata, un poco ricurva all'indietro; larga alla base mm. 19, alta mm. 23 e spessa mm. lil. Margine posteriore con quattro tubercoli. occupanti la metà inferiore dell’ orlo: di questi tubercoli quello che sta in alto è il maggiore. Il rimanente del mar- Be 5) gine è leggermente ondulato. Sull’ orlo anteriore si riscontra un tuber- colo bene sviluppato, preceduto da una specie di papilla basale. Il resto dell’ orlo è carenato e provvisto di fine crenellature ondulate e depresse per corrosione. Superficie della corona a fitte costicine irregolari e ru- gosità granulose, più marcate verso la base. La radice è divisa in due rami ben distinti, mediocremente diva- ricati, e ricurvi all’ indietro specialmente nel tratto terminale. Sesto premolare (Secondo molare della N. V. B.). — Il sesto premolare di destra è in parte distrutto, quello di sinistra distorto, ma bene conservato, salvo nel margine anteriore corroso per l’uso, La corona ha la forma di una freccia, larga alla base mm. 23, alta mm. 24 e spessa mm. 11; essa è un poco arcuata verso l'interno; la sua superficie è ornata delle solite rugosità, più attenuate in prossimità del- l'apice. Il margine posteriore ha quattro tubercoli complessivamente poco rilevati. Degna di nota, rispetto ai denti che precedono, è la forte diminuzione dello spazio diastematico fra il sesto e il settimo premolare. Settimo premolare (Terzo molare della N. V. B.). — Profondamente consumato dall'uso sia il destro che il sinistro. Solo il margine posteriore è discretamente conservato ed è provvisto di cinque tubercoli di cui quello basale è il minore. Larghezza basale, a dente completato, di circa 24 mm.; l'altezza raggiunge circa 25 mm. Per l’ornamentazione valgono le osservazioni già esposte. La ra- dice appare divisa in tre rami, tanto sul dente di destra che su quello di sinistra, come risulta dalla figura 5 della pagina seguente. Ottavo premolare (Quarto molare della N. V. B.). — Forma d'insieme quasi identica a quella del secondo molare, corona larga alla base mm. 26, alta mm. 24 e spessa mm. 10,5. Margine posteriore con quattro tubercoletti maggiori, seguiti e preceduti da uno più pic- colo: il margine anteriore è profondamente usurato. Le rugosità della superficie della corona corrispondono presso a poco a quelle dei denti precedenti salvo un maggior rilievo. La radice anche qui è divisa in tre rami che appaiono fortemente piegati all’ indietro. n 5 ME Primo molare (Quinto molare della N. V. B.). — Si. mile all’ ottavo premolare. ma col margine anteriore più ricurvo e l’apice della corona rivolto un po’ più all’ indietro. Larghezza basale della corona mm. 25, altezza mm. 22. spessore mm. 10. L'orlo posteriore porta quattro tubercoli principali, preceduti da uno assai minuto alla base e da due egualmente minuti presso l'apice. L'orlo anteriore conta due tubercoli bene sviluppati. preceduti da uno piccolissimo alla base. Superficie della corona a rugosità e gra- nulazioni. Radice dicotoma. (e Fic. 5. — Squalodon bellunense. Gli ultimi quattro denti (7° e 8° premolare, 1° e 2° molare) del mascellare superiore sinistro, visti dal lato interno per mostrare la suddivisione della radice in tre rami nel 7° e nell’8° premolare. Grand. nat. J Secondo molare (Sesto molare della N. V. B.). — Dente robusto: corona a forma di triangolo equilatero, largo alla base 24 mm., alto mm. 19. Lo spessore della corona (diametro trasverso) è di mm. 10. L'apice è arrotondato: il margine posteriore provvisto di cinque tubercoli, seguiti in alto presso l’apice, tanto sul dente di destra che su quello di sinistra. da un sesto tubercolo assai minuto: alla base sì riscontrano le solite frastagliature. Sul margine anteriore si contano tre tubercoli principali, ai quali fanno seguito verso l’ apice da tre a quattro dentelli alquanto più piccoli. La superficie esterna della corona è più convessa di quella in- terna: entrambe sono fortemente scabre per la presenza di rugosità quasi papilliformi ai lati e verso la base, più attenuate e disposte irre- — 62 — golarmente a fascio verso l’ apice. La radice appare nettamente divisa in due grossi rami, assai divergenti (fig. 5). Questa divisione della ra- dice si inizia con una larga insenatura mediana fino dalla base della corona ed è più pronunciata sul lato interno del dente, che non sia su quello esterno. Terzo molare (Settimo molare della N. V. B.). — Manca; la sua originaria presenza è attestata dall’alveolo, che è però assai piccolo e in parte obliterato. Mandibola Sono presenti tutti e due i rami, ma purtroppo entrambi più o meno incompleti. Quello di destra manca della parte anteriore, dalla regione sinfisaria in avanti. Quello di sinistra è assai più completo, mi- surando una lunghezza complessiva di 690 mm.; però di questo ramo la parte posteriore fu ricostruita modellandola fedelmente sull’ impronta rimasta nella roccia che racchiudeva il prezioso avanzo. Comunque, fra ciò che si conserva dell’ uno e dell’ altro ramo, noi possiamo dire di conoscere quasi completamente l’intera mandibola. Essa ha una regione prossimale molto espansa, raggiungendo un’ altezza massima, dall’ an- golo mandibolare al processo coronoide, di 165 mm. Questa parte è piuttosto sottile, specialmente in basso, e convessa all’ esterno. La ca- vità, che fa passaggio in avanti al forame dentario, è assai larga e relativamente profonda. Il processo articolare glenoideo è molto largo, ma depresso e provvisto di condilo espanso, a contorno semicircolare, della larghezza massima di 59 mm. Il ramo dentario, che rappresenta circa i °/s dell’intera mandibola, è assai robusto, poco elevato, a sinfisi mediocremente lunga, la quale abbraccia poco più del terzo anteriore dell’ intera mandibola. Denti In tutto, fra il ramo di destra e quello di sinistra, sono presenti undici denti, dei quali dieci quasi completi. Collocando la mandibola nella sua giusta posizione, con il condilo gd nella cavità glenoidea, l’ultimo dente va ad intercalarsi fra l'ottavo premolare e il primo molare, anzichè fra il primo e il secondo molare come avviene nello Sy. bariense. Questo fatto starebbe ad indicare che ‘nella mandibola di Sq. dellunense la serie dei molari è rappresentata da un solo dente, circostanza molto probabile, ma che solo nuovi e for- tunati rinvenimenti potranno chiarire in modo decisivo. Morari E PreMoLaRI. — Primo premolare (Primo premo- lare della N. V. B.). — Corona tipicamente lanceolata, larga alla base 16 mm. ed alta circa 29; lo spessore raggiunge 10 mm. Mar- gini carenati, ricoperti da fine crenellature, ornamentazioni della super- ficie della corona consistenti in leggerissime rughe lineari convergenti. Radice molto robusta, rigonfia in alto e piantata obliquamente al- l’indietro. Secondo premolare (Secondo premolare della N. V. B.). — Risponde bene al primo, la corona è però un po’ meno tipica- mente lanceolata ed un po’ ricurva verso l'interno. Essa è larga alla base, mm. 15,5, alta mm. 27 circa e dello spessore di 9 mm. Mar- gini carenati e finemente crenati; superficie coronale percorsa da poche coste longitudinali, larghe ed appiattite. Radice, per quanto si può giu- dicare da ciò che è messo a nudo, unica e massiccia. Terzo premolare (Terzo premolare della N. V. B.). — Corona pure tipicamente lanceolata : larga alla base mm. 17, spessa mm. 9: l'altezza non può essere presa esattamente, giacchè manca l'apice. Margini finemente crenati e ornamentazioni a sottili e depresse rughe rettilineari convergenti all’ apice. Il tratto di radice messo a nudo dall’ osso appare unico, però alla distanza di-18 mm. dalla base della corona si inizia una depressione longitudinale mediana, la quale prelude ad una biforcazione terminale. Quarto premolare (Quarto premolare della N. V. B.). — Corona lanceolata, simile a quella del precedente, larga alla base 19 mm., alta circa 25 mm., spessa mm. 9. I due margini sono carenati e crenellati: la superficie della corona è ornata di irregolari cordoncini. radi, depressi e convergenti verso l'apice. Radice unica per un tratto = hd di 19 mm. e poi bifida in due rami mediocremente divaricati e pie- gati all'indietro, soprattutto quello posteriore. Quinto premolare (Primo molare della N. V. B.). — Mancante su tutti e due i rami. Sesto premolare (Secondo molare della N. V. B.). — Presente soltanto nel ramo destro. Rotto all’ apice e corroso per |’ uso al margine posteriore; la corona è larga alla base 25 mm., alta circa 21 e spessa 10 mm. L'orlo anteriore porta una grossa papilia laterale alla base e subito sopra, lungo la carena, un solo tubercolo ; il resto è a crenellature depresse e arrotondate. Le rugosità della superficie della corona sono relativamente rade, poco rilevate e quasi senza papille, specialmente dal lato esterno. Radice a due rami alquanto più sottili di quelli del dente che segue, poco divaricati: quello posteriore è pian- tato quasi verticalmente rispetto l’ asse del ramo mandibolare, 1’ altro è leggermente arcuato a concavità posteriore, ma nell'insieme obliquo verso l’ avanti. Settimo premolare (Terzo molare della N. V. B.). — Il meno incompleto è quello di destra, che manca dell’apice ed è profondamente usurato sul margine posteriore. La base-è larga 27 mm. l'altezza raggiunge circa 22 mm. e lo spessore 11 mm. L'orlo ante- riore della corona porta due tubercoli principali, preceduti, verso la base, da uno molto più piccolo ai cui fianchi sì trova una papilla per lato, ciò che sì riscontra abbastanza bene anche nell’ ottavo premolare. La radice risulta di due grossi rami, non molto divaricati, debol- mente inclinati all’ innanzi. Ottavo premolare (Quarto molare della N. V. B.). — Assai simile al settimo, ma un poco meno sviluppato. Ha una lunghezza basale di 27 mm. ed un’ altezza di circa 20 mm.; lo spessore massimo raggiunge 11 mm. Margine posteriore corroso dall'uso, vi sì contano però ancora quattro tubercoli: quello anteriore porta tre tubercoli mag- giori ed uno piccolo, papilliforme, un poco spostato lateralmente verso la base della corona. Superficie della corona provvista delle solite ornamentazioni. ghi — Primo molare (Quinto molare della N. V. B.). —- Molto depresso, a corona discretamente rivolta all’ indietro. Larghezza basale della corona mm. 26, altezza mm. 16 e spessore massimo mm. 10,5. Margine posteriore a quattro dentelli, quello anteriore a tre den- telli maggiori, preceduti da uno o due minori verso la base. La su- perficie è rugosa e provvista di numerose papille presso la base. No- tevole anche qui la presenza di una compressione mediana basale, occupata nel mezzo da una larga doccia che prelude alla divisione della radice. Denti isolati Nello stesso blocco di arenaria contenente il cranio e la mandibola testè descritti, si rinvennero e furono isolati altri quattro denti, i quali, per quanto staccati dal rostro, appartengono con tutta probabilità, come s'è già accennato, all’ individuo preso in esame. Sì tratta anzitutto di un premolare, mancante di buona parte della radice, che per la forma complessiva della corona, pel numero dei tu- bercoli e l’ornamentazione della superficie ritengo corrisponda al quinto premolare inferiore di sinistra (fig. 9, 10, tav. II). A riconferma di ciò faccio presente che la mandibola manca appunto del quinto pre- molare sinistro, al cui posto non sì osservano che degli avanzi insignifi- canti di radice. Il margine posteriore è un po’ rientrante e provvisto di tre tubercoli maggiori nel tratto inferiore; sul tratto rimanente l'orlo è coperto di fine crenature e di tubercoletti papilliformi. Il margine anteriore presenta un tubercolo principale alla base e crenellature sul resto. La superticie è come al solito rugosa, con qualche papilla alla base, e a coste rade, depresse, irregolari, convergenti all'apice. Dimen- sioni della corona: larghezza alla base mm. 23, altezza mm. 22, spes- sore massimo mm. °. Un altro dente, pure isolato, pei suoi caratteri risponde al primo premolare superiore sinistro (fig. 11, tav. II), che manca pure al rostro esaminato. La corona del dente è lanceolata, nel complesso un po’ ricurva all’interno, larga alla base 15 mm., alta mm. 30,5 e spessa ee mm. 10,5. I margini sono carenati e provvisti di una crenatura in buona parte lisciata dall’ uso. Superficie ornata di rugosità alla base e di coste depresse, larghe e irregolari, convergenti verso l’ apice. Radice grossa, rigonfia in alto e piantata obliquamente con forte pendenza all’indietro rispetto l’ asse della corona. Incompleto nella corona (che fu però per buona parte ricostruita sul- l’impronta rimasta nella roccia), conservo anche un incisivo laterale (fig. 12, tav. II) corrispondente con probabilità al secondo. Esso è so- prattutto interessante per la forma della radice a fittone, assai rigonfia in alto, assottigliata rapidamente all’ estremità e nel suo insieme ri- curva ad arco. Furono raccolti in fine altri frammenti di denti, che non possono essere determinati con precisione; uno meno incompleto degli altri pre- senta avanzi della corona e della radice, per i quali si può dedurre trattarsi di un premolare. Colonna vertebrale In continuazione del blocco arenaceo contenente il cranio, furono raccolti alcuni grossi pezzi inglobanti alcune vertebre, numerose coste e pochi avanzi del cinto e dell’ arto anteriori. Dopo paziente lavoro di isolamento, vennero del tutto liberate dalla roccia undici vertebre più o meno complete. Rimasero poi, in buona parte isolate, ma ancora fra loro riunite in una specie di groviglio, parecchie altre vertebre, per le quali, non potendo ottenere un'efficace riproduzione fotografica, ho dovuto limi- tarmi a dare alcuni disegni schematici di quelle che si trovano in mìi- gliori condizioni di conservazione. Vertebre cervicali Più o meno perfettamente conservate esistono tutte e sette le ver- tebre cervicali, fra loro completamente disgiunte. Atlante (fig. 10 a 13, tav. VIII). — Molto grande, massiccio, tanto che misura uno spessore massimo (diametro antero-posteriore) di 61 mm., EIN < un'altezza di oltre 92 mm. ed una larghezza (diametro trasverso) di al- meno 124 mm. L’ arco superiore è poco incurvato, ha forma di lamina larga e robusta con un processo spinoso mediocremente elevato. Sono presenti ai lati dell’arco, verso la base e in posizione mediana, ì due fori del primo nervo spinale. Essi hanno sezione quasi circolare, del dia- metro massimo di 11 mm. L’arco inferiore è di gran lunga più ro- busto e massiccio del superiore, misura un'altezza massima di 23 mm. e un diametro antero-posteriore di mm. 43. La parte interna di que- st arco ha una struttura a sella. Il margine anteriore dello stesso arco è largamente arrotondato e un po’ svasato nella parte mediana. Il mar- gine posteriore sì prolunga a spigolo e termina in una prominenza me- diana sotto il processo odontoide dell’ epistrofeo. Il foro neurale è di forma ellittica con l’asse maggiore trasverso di 55 mm. e il minore, verticale, di mm. 43. Le superfici articolari anteriori sono assai larghe, a forma auricolare, poco escavate. Quelle posteriori sono debolmente convesse, molto sporgenti e di forma a su- perficie di mandorla. I processi trasversi sono assai ridotti, ma larghi, spessi, arrotondati e inclinati debolmente verso il basso. Ad essi sovrastano degli irrego- lari processi a forma di lamina (zigapofisi) disposti verticalmente e che, verso il basso, sì trovano in continuazione dell’orlo posteriore dell'arco neurale. Si notano in fine solchi di vasi arteriali, ma non si riscon- trano tracce dei fori trasversi. Epistrofeo (fig. 14 a 16, tav. VIII). — Preso nel suo complesso ha una forma di staffa, con una base che doveva superare di molto i 120 mm. ed un'altezza di circa 90 mm. L'arco superiore è guasto nella parte più elevata, e nel suo interno descrive una volta abbastanza alta e fortemente inclinata in avanti. Altrettanto fortemente inclinata in avanti è la sottostante superficie interna del corpo vertebrale, superficie che è divisa in due larghi solchi a doccia da una depressa cresta mediana che sfuma nel processo odon- toide. La larghezza del forame neurale, presa alla base, è di mm. 38, l'altezza mediana raggiunge 33 mm. circa. CA A Il processo odontoide ha base larga, non è molto prominente ed è arrotondato nella sua estremità. Dalla base del processo odontoide alla faccia articolare posteriore del corpo si misurano 25 mm., e il dente si eleva sulla base di circa 19 mm. I processi trasversi, per quanto guasti, appaiono molto robusti; le zigapofisi posteriori sono pure abba- stanza sviluppate ed hanno forma di grosse lamine. Mancano in fine tanto i fori dei nervi spinali, quanto quelli dei vasi sanguigni, che si riscontrano invece in altri gruppi di animali. Terza cervicale (fig. 17 a 19, tav. VIII). — Manca di una parte del lato di destra. Completandola con la guida di quanto è conservato, doveva presentare una forma triangolare a base concava. Il corpo, che ha uno spessore di 24 mm., è largo, a faccia articolare anteriore di contorno rotondeggiante, a superficie piana e del diametro massimo di 52 mm. La faccia posteriore è un po’ concava, dilatata ai fianchi, e misura un diametro massimo (trasverso) di 54 mm. L'arco superiore è piuttosto esile, con zigapofisi anteriori abbastanza prominenti a forma di piramide triangolare. Il processo trasverso è grande e robusto, diretto in basso e leggermente arcuato all’ indietro. In alto si espande in una larga lamina attraversata da un grosso foro pei vasi vertebrali, di contorno ellittico, col diametro massimo di 26 mm. e minimo di mm. 13,5. Come nelle altre vertebre, la base del foro rachidiano è rilevata a cordone nel mezzo, presentando di conseguenza due depressioni laterali. Quarta cervicale (fig. 1, 2, tav. IX). — Anche questa vertebra è incompleta dal lato destro. Corpo dello spessore di circa 29 mm.; su- perfici articolari quasi piatte o debolissimamente concave, di forma el- littica, col diametro massimo (trasverso) di 61 mm. e minimo (verti- cale) di mm. 45. L'arco superiore appare più sviluppato che nella ver- tebra precedente; ha forma di lama abbastanza larga e si prolunga in alto in un’ apofisi spinosa mediocremente sviluppata. Zigapofisi presso a poco dello sviluppo di quelle della terza cervicale. Processo trasverso relativamente esile, piuttosto lungo e imperforato. DT Quinta cervicale (fig. 20, tav. VIII). — Molto incompleta. Il corpo appare di esiguo spessore, cioè di circa una ventina di mm.; la superficie articolare meglio conservata è di forma pressochè rotondeg- giante, del diametro di 54 mm. circa. L'arco neurale è piuttosto esile e incompleto nella parte più alta. Dei processi trasversi non restano che pochi frammenti. Sesta cervicale (fig. 21, tav. VIII), — Manca buona parte del corpo. L'arco neurale è molto sottile, di forma laminare e provvisto di esili zigapofisi. Il processo trasverso è pure di forma laminare, medio- cremente largo, ma poco sporgente. Il foro rachidiano ha un contorno ovale, un po’ angoloso in alto, con un diametro verticale di 35 mm. Settima cervicale (fig. 3, 4, tav. IX). — Dopo l’atlante è la meglio conservata delle vertebre cervicali, giacchè, salvo la mancanza di qualche frammento delle estremità dei processi trasversi, può dirsi com- pleta. Rispetto la quinta e la sesta cervicali, è molto sviluppata e ricorda nel suo insieme il tipo delle dorsali. Il corpo è massiccio, dello spessore (diametro antero-posteriore) di circa 51 mm. Superfici articolari leggermente concave, di forma arro- tondata, depressa in alto, presso a poco delle stesse dimensioni, larghe cioè 65 mm. ed alte mm. 45. Arco robusto, provvisto di zigapofisi e di un processo spinoso, laminare, abbastanza elevato. Si nota la presenza di due fori pei vasi sanguigni a sviluppo molto diverso, poichè il destro ha un lume circa doppio del sinistro. Vertebre dorsali (fig. 5 a 12, tav. IX) Le vertebre dorsali potute liberare dalla roccia nei processi di isola- mento, sono quattro, non contando degli altri frammenti di poca im- portanza. Com’ ebbi a ricordare a pag. 66, oltre alle vertebre dorsali del tutto liberate dalla roccia, ne vennero raccolte altre otto, che non fu possibile staccare completamente l’una dall’altra. Di tutte queste ver- tebre, che hanno il tipo delle dorsali, due si presentano in condizioni 2 Pal . di conservazione abbastanza buone, cosicchè fu relativamente facile ri- cavarne un disegno d'insieme (vedi fig. 6 a 9 intercalate). Tutte le vertebre dorsali di Sgualodon presentano un corpo molto massiccio, di forma semicilindrica, a superficie esterna laterale incur- vata a sella. Le superfici articolari dei corpi sono assai debolmente an- Fig. 6. Fig. 7. Fia. 6, 7. — Squalodon bellunense. Vertebra dorsale anteriore, vista dal lato destro e da quello posteriore. */. della grand. nat. ficele e a striatura concentrica. In una delle meglio conservate, che è anche una delle prime dorsali (tav. IX, fig. 7, 8) il corpo ha lo spessore (diametro antero-posteriore) di 56 mm., la superficie articolare ha una larghezza, presa sulla faccia meglio conservata, di mm. 64 ed un’ altezza di mm. 4l. L'arco neurale è in genere molto robusto, di tipo laminare nelle anteriori, più ingrossato e a sezione trigonale nelle posteriori. Analo- gamente i processi trasversi sono di forma laminare nelle anteriori, più lunghi, più stretti, ma più massicci nelle posteriori. Le zigapofisi sono abbastanza bene sviluppate tanto nelle prime dorsali quanto nelle suc-. cessive. L’ apofisi spinosa è laminare, molto larga ed elevata. Il foro rachidiano è grande, di forma quadrangolare-arrotondata, , con la base, come al solito, infossata in due leggere depressioni longi- tudinali. Fig. 8. Fic. 8,9. — Squalodon bellunense. Vertebra dorsale del tratto mediano, vista dal lato sinistro e dal lato anteriore. Circa */. della grand. nat. Arto toracico Dell’arto toracico è conservata una parte del cinto e precisamente la scapola destra ed un frammento della sinistra; mancano natural- mente le clavicole; vennero salvate inoltre, come vedremo in seguito, alcune parti dell’ arto libero di sinistra. Scapola (fig. 13, 14, tav. IX). — Flabelliforme, con la lama assai sviluppata, che doveva superare una larghezza di 220 mm. La destra è meno incompleta della sinistra, tuttavia non è possibile fissare le di- mensioni e l'andamento del coracoide. L’acromio è assai sviluppato e sì protende in forma di grossa lamina quasi rettangolare per una lun- ghezza approssimativa di 70 mm. La cavità articolare è poco concava, ur ma larga e di forma ellittica, col diametro maggiore di 57 mm. e mi- nore di 40 mm. Omero. — Non fu possibile salvare che un frammento, troppo in. completo per formarsi un concetto abbastanza preciso della sua forma d’ insieme. Ulna e Radio (fig. 15, tav. IX). — Quasi completo è invece l’avambraccio. Le due ossa dell’ avambraccio, prescindendo dall’ ole- crano, hanno una forma pressochè uguale, cioè sono quasi rettangolari, poco allungate, e compresse in forma di grossa lamina. Il radio ha una lunghezza massima di 110 mm., una larghezza alla metà della diafisi di 42 mm. ed uno spessore di mm. 16. L'ulna è meno robusta del radio, ossia meno spessa e meno larga. Essa è provvista di un largo processo olecranico a forma di lamina ret- tangolare. La lunghezza massima tra le superfici articolari dell’ulna è di mm. 100, la larghezza alla metà della diafisi è di mm. 34 e lo spes- sore, misurato nello stesso punto, raggiunge appena 13 mm. Nel loro insieme queste due ossa si staccano dal tipo dei più co- muni Delfini, per ricordare invece alquanto quelle degli Archeoceti e specialmente dello Zeuglodon Osiris. Rapporti di somiglianza pure stretti sì riscontrano con le ossa omologhe di certe Balenottere e ancor più con quelle dei generi M/yperodon e Physeter. Falangi (fig. 16, tav. IX). — Mancano il carpo ed il metacarpo e delle falangi è conservato un solo ossicino lungo mm. 62, appartenente, con probabilità, alla prima fila. Di un’ altra falange venne modellato lo stampo sull’ impronta conservata nella roccia. Coste I blocchi di arenaria fossilifera erano frammezzati da numerose coste, di esse però non fu possibile salvare che alcuni pezzi, giacchè per arrivare all’isolamento delle vertebre e delle altre ossa, dopo averne tratto dei calchi e prese delle misure, si dovette sacrificarne buona parte. Le coste, d’altro canto, non potevano presentare che un inte- resse assal relativo e, giacchè i lavori di isolamento richiedevano qualche i = inevitabile sacrificio, sì è preferito rinunciare a queste ossa per salvarne altre di ben maggiore importanza. Il tipo delle coste di Squalodon bel- lunense è robusto, la forma varia, naturalmente, con la posizione, es- sendo più o meno arcuata e compressa, secondo che si tratta di quelle anteriori o di quelle posteriori. Se noi teniamo presenti i caratteri esposti a proposito del cranio e dei relativi denti degli individui testè illustrati (A e B), non tarderemo ad accorgerci come fra i due esemplari esistono stretti rapporti di so- miglianza, tali da poter parlare veramente di assoluta identità. I due esemplari appartengono in altri termini alla stessa specie. Ciò posto, se noi cerchiamo ora di fare dei raffronti tra questi avanzi e quelli prece- dentemente descritti e riferiti allo Squalodon bariense, troveremo che fra i due gruppi esistono invece delle differenze relativamente considere- voli, tali da autorizzarci a ritenere che si tratti di specie del tutto di- stinte. Infatti, rispetto allo Sy. darzernse, gli individui ultimamente presi in esame sono assai più snelli, cioè a rostro più ristretto e relativa- mente più allungato, a denti più distanziati, meno spessi e con la ten- denza ad un maggior numero di tubercoli. Oltre a ciò la regione prepalatina, larga e pianeggiante nello Squa- lodon bariense, negli individui in discussione è notevolmente più ristretta e assai prominente a forma di volta. Finalmente il cranio di Sy. barziense ha un profilo piatto e schiacciato, mentre quello dei due ultimi esem- plari descritti è alquanto saliente e provvisto, come risulta dall’ indi- viduo B, di rilevatissime creste occipito-parietali, creste che nella ti- pica specie francese appaiono assai meno sviluppate. Un raffronto tra le misure date pei diversi crani, metterà in piena evidenza il valore quantitativo di queste differenze, le quali più che per sè stesse, vanno prese in considerazione per il modo costante col quale si presentano, dimostrando con ciò che non possono riferirsi sem- plicemente a diversità individuali, ma si devono attribuire invece a ca- l'an ratteri specifici di una determinata serie di individui, che raggruppiamo sotto la nuova specie: Squalodon bellunense. Come osservai a pag. 50, alcuni anni or sono in una breve illu- strazione del primo dei due crani ascritti a questo secondo gruppo (In- dividuo A), io avevo già richiamato l’attenzione sugli esposti caratteri differenziali che lo staccavano dallo Squalodon bariense tipo. Trattandosi di un unico individuo, ed anche questo costituito di un avanzo molto incompleto, mi parve allora prudente limitarmi alla proposta di una semplice varietà (bellunensis), in attesa che nuovi rinvenimenti permet- tessero poì di decidere meglio la questione. Ora, col sussidio del nuovo materiale, fu possibile non solo riconfer- mare i rilevati caratteri differenziali, ma aggiungerne anche di nuovi ed apprezzarne meglio il loro valore sistematico. Da essi scaturisce evidente l'opportunità di concludere come, in luogo di una varietà, si tratti piuttosto di una vera ed autentica specie, alla quale si credette giusto conservare il nome Sg. bellunense. Nelle arenarie mioceniche di Belluno sono quindi presenti due specie di Squalodon, cioè lo Sq. bariense e lo Sq. bellunense. E che sì tratti di forme fra loro del tutto distinte concorre a dimostrarlo anche il dato stratigrafico. Pure appartenendo allo stesso periodo e allo stesso enorme banco dello spessore di oltre una cinquantina di metri, gli avanzi delle due specie provengono infatti rispettivamente da livelli differenti, e pre- cisamente: i resti di Sy. bariense vennero raccolti soltanto nella parte inferiore del giacimento (cave di Libano), mentre quelli di Sq. dellunense provengono esclusivamente dalla parte superiore (cave di Bolzano). Si comprende che al dato stratigrafico preso a sè isolatamente non può attribuirsi se non un valore relativo, tuttavia, quale circostanza concomitante agli altri caratteri di natura morfologica, esso può acqui- stare un ben altro significato e offrire il mezzo ad interessanti os- servazioni. Se infatti lo Sy. dbellunense è in diretta discendenza dallo Sq. bariense, che lo precede immediatamente alla base dello stesso gia- DIR er cimento, noi possiamo constatare come nel passaggio dall’ una all'altra forma si manifesti una tendenza a tipi più snelli, a denti più sottili. cioè meno massicci e più distanziati fra loro. Se queste differenze debbano attribuirsi invece a diversità di sesso, noì non possiamo escluderlo in modo assoluto. Tuttavia la circostanza che tutti i resti di un tipo appartengono ad un livello del tutto diverso dall’altro fa pensare che si tratti con molto maggiore verosimiglianza di due forme specifiche nettamente distinte e nello stesso tempo fra loro in diretta linea di discendenza. Ricorderò poi che alcuni degli esposti caratteri propri del cranio dello Sg. dellunense si riscontrano anche nello Sg. Zitteli (‘) di Blei- chenbach, specie creata dal PaQuIER sull’esemplare che lo ZitTEL aveva riferito allo SY. bariense. Dobbiamo però ricordare anche qui che il carattere distintivo dello Sy. Zifteli, e per il quale fu creata la specie nuova, è dato dalla presenza di cinque premolari in luogo di quattro. D'altro canto farò ancora presente che lo stesso prof. ZrrteL, al quale venne da me sottoposta la questione col necessario sussidio di accurate fotografie, non tardò a convenire che il tipo bdellunense si staccava net- tamente tanto dalla forma di Bari quanto da quella di Bleichenbach, e che conveniva istituire per esso una nuova specie. Credo superfluo infine fare dei minuti confronti tra lo Sy. dellu- nense e lo Sq. Gratelovpi (*). Se le illustrazioni date dagli autori per lo Sq. Grateloupi sono rigorosamente rispondenti all’ originale, le due specie risultano così diverse, sopra tutto pei caratteri dei denti, da escludere qualsiasi ipotesi di eventuale corrispondenza specifica. Egualmente dicasi per lo SY. antverpiense Van Beneden (*) e per lo Sg. atlanticum Leidy (*), pure notevolmente diversi dal nostro per la (1) Paquier V. Etude sur quelques Cetaces du Miocene. Ann. de l’ Université de Grenoble, t. VII, n. 2. Grenoble, 1895. (*) MiLLer J. Ueber die fossilen Reste der Zeuglodonten von Nordamerica. Berlin, 1949. (3) Van BeneDEN P. J. Recherches sur les Squalodons. Mém. de l’ Acad. Royale de Belgique, tome XXXV. Bruxelles, 1865. (4) Ley J. Synopsis of the Mammalian remains of North America. Journ. ot the Acad. of Nat. Sciences of Philadelphia, vol. VII, 1869. Lo Ag ne forma dei denti. Quanto alle altre specie, create su avanzi troppo scarsi o addirittura insignificanti, tornerebbe oziosa qualsiasi discussione, man- cando non di rado per essi, come abbiamo già fatto vedere, persino la certezza del riferimento generico. INDIVIDUI C E D Fra il materiale raccolto isolatamente nelle cave di Bolzano, dob- biamo ricordare in fine due denti, che appartengono con tutta proba- bilità a due diversi individui dello Sy. dellunense. Il primo di questi denti (Individuo C, tav. II, fig. 13) è un grosso molare posteriore a radici profondamente divise. Esso faceva parte delle collezioni De Zicxo ed era l’unico avanzo di Squalodon posseduto fino a pochi anni addietro dal Museo Geologico di Padova. Il secondo dente isolato (Individuo D, tav. II. fig. 14) lo ebbi da un operaio che lo raccolse parecchi anni or sono. Trattasi anche in questo caso di un molare posteriore, a corona incompleta per rottura. La radice è profondamente divisa in due rami; di essi il maggiore è fortemente inclinato all’ indietro, il minore è invece diritto per un tratto, poi piega bruscamente all’indietro con un sottile cordone oriz- zontale, fenomeno dipendente dal graduale allungarsi della mandibola col progredire dell’ età. STRUTTURA ISTOLOGICA DEI DENTI (Tav. X) Due denti rinvenuti isolati, un molare ed un premolare, riferibili allo Sg. bariense, servirono per la preparazione di alcune sezioni sottili. dal cui esame microscopico si ebbero i seguenti risultati. Lo smalto ricopre la corona con uno strato che. almeno sui fianchi. sì mantiene di spessore pressochè uniforme. Di tratto in tratto esso presenta delle fenditure quasi perpendicolari alla superficie e coinci- denti con delle lievissime depressioni esterne. Lo smalto è di aspetto vitreo e incoloro, più o meno marezzato da tenuissime sfumature gial- lognole disposte obliquamente in modo da convergere in direzione della punta del dente, Nelle sezioni trasverse è possibile osservare che alle piccole pro- minenze e granulazioni dello smalto della corona fanno riscontro, in misura ridotta, dei rilievi del sottostante avorio (fig. 3 a 5, tav. X). Noteremo in fine che lo smalto, specialmente in corrispondenza ai men- zionati rilievi, presenta una finissima striatura trasversa, ondulata. L'avorio o dentina, come nel caso dei denti di Cyrtodelphis suleatus (!), è di colore giallo ocraceo più o meno intenso da posizione a posizione. I canaliculi dentari sono assai numerosi ed hanno, nel loro insieme, un andamento lievemente ondulato. in modo da descrivere una (!) Dar Praz G. Sugli avanzi di Cyrtodelphis suleatus dell’ arenaria di Belluno. Palaeonto- graphia italica, vol. IV, pag. 215. Pisa, 1903. Soa curva ad S molto aperta, convessa verso l’alto all’interno e concava, pure verso l'alto, all’ esterno (fig. 1 e 2, tav. X.). Presa nell'insieme la direzione dei canaliculi è quasi perpendicolare all'asse del dente nel tratto inferiore e va grado grado inclinando verso l'alto, dove tali canaliculi formano una specie di pennacchio. Nelle sezioni trasverse le terminazioni canaliculari si risolvono, alla periferia, in irregolari e minutissime cavità che, formando una zona più scura, delimitano il passaggio dalla dentina allo smalto. Una disposizione del tutto simile si riscontra anche nei denti di Zeuglodon (1). La cavità della polpa è lunga, ma piuttosto ristretta ed obliterata ad una notevole distanza dalla superficie esterna dell’apice. Essa deve la sua grande ristrettezza anche alla presenza di un tessuto discre- tamente spesso di osteodentina, la quale ha pure una tinta gialliccia e risulta di irregolari e fratturati strati concentrici (*). In alcuni casi attraverso la massa dell’ osteodentina si osservano dei finissimi e tor- tuosi canaliculi dentari a terminazioni mal definite. Il cemento ha pure un colore giallo ocraceo a zone ondulate, concentriche, ora più ora meno intensamente colorate. Tutta la massa è picchiettata di piccolissime cavità irregolari, ramificate, corrispondenti agli osteoblasti. L'asse maggiore di questi ha disposizione concentrica con le zone costituenti il cemento. Tratto tratto si scoprono delle serie di numerosi canaliculi disposti trasversalmente. Una sezione della radice di un dente mostra i rapporti fra il ce- mento e l’ avorio, il quale conserva la solita colorazione giallo-chiara ed è attraversato da un fittissimo sistema di canaliculi più o meno ondulati, ma nell’insieme disposti trasversalmente. Solo verso l’interno questi canaliculi tendono a raggrupparsi a fasci tortuosi attorno ad un nucleo centrale occupato dall’ osteodentina. (1) Owex R. Odontography, pag. 362, tav. XCI. London, 1840-45. (2) Tomes' C. Die Anatomie der Ziihne der Menschen und Wirbelthiere sowie deren Histologie und Entwickelung, pag. 59 e 221. Berlin, 1877. RIASSUNTO E CONCLUSIONI Gli avanzi di Squalodon illustrati in questo lavoro rappresentano un ricco materiale, certamente il più abbondante e il più vario del ge- nere che finora si conosca. Esso proviene esclusivamente dalle arenarie mioceniche di Belluno e consta di avanzi riferibili ad otto individui più o meno incompleti, ma tutti in condizioni di perfetta conserva- zione, ciò che facilitò notevolmente il loro esame. Lo studio delle varie parti, e soprattutto dei denti. condusse a di- stinguere due specie. Una di queste risponde bene allo Sq. dariense Jourd. delle molasse mioceniche di Bari nel bacino della Dròme: l' altra è una specie nuova, Sy. bellunense, i cui caratteri differenziali riguar- dano la forma dei denti e la conformazione del cranio, che ha un tipo alquanto diverso da quello dello Squalodon fatto conoscere dal JovEDAN. La distinzione specifica, basata sui caratteri morfologici, trova poi una indiretta riconferma nel dato stratigrafico. Infatti. tutti gli avanzi riferibili allo SY. bariense provengono dalle cave di Libano, aperte alla base della massa arenacea ad Odontoceti, e tutti quelli di Sy. dellunense provengono invece dalle cave di Bolzano, aperte alla sommità dell’ oriz- zonte stesso. I due livelli sono separati adunque da una zona intermedia di sedimenti dello spessore di una cinquantina di metri circa, la quale. anche se non rappresenta una considerevole massa di materiali, data la rapidità di evoluzione degli Squalodontidi può rendere ragione della di- versità specifica che sì riscontra tra le forme dell’uno e dell’altro livello. IVO Per quanto gli avanzi di Squalodon siano stati segnalati con una relativa frequenza nei vari giacimenti miocenici tanto d’ Europa quanto d'America, pure, dato lo stato quasi sempre frammentizio di tali avanzi, le nostre cognizioni sull’ organizzazione scheletrica di questi animali erano ancora molto scarse e non di rado erronee. Anche il cranio il- lustrato dal JouRDAN e che, prescindendo dal rostro troncato alla metà circa della sua lunghezza, poteva dirsi il più completo che si conoscesse del genere, è guasto tanto nella regione più elevata dei frontali quanto nelle creste sopra occipitali. Tali resti non erano quindi sufficienti per una rigorosa interpre- tazione del profilo cranico posteriore del genere Squalodon e come essi potessero trarre nell’ inganno in teoriche ricostruzioni lo prova il ten- tativo riuscito, a nostro avviso, troppo lontano dal vero, che il Van BexepEx ha creduto di fare a proposito del cranio dello Sy. antverpiense e dello SY. Grateloupi (!). Dai risultati delle nostre ricerche (cfr. tavole V ad VIII) il cranio di Squalodon si dimostra provvisto di potentissime creste occipito-parietali, così rilevate e massicce da ricordare alquanto le creste omologhe del cranio di alcuni Archeoceti. Questo carattere, che solo ora fu possibile mettere in evidenza, assieme al grande sviluppo delle ossa squamose e delle relative apofisi orbitali, fa sì che il cranio di Squalodon, visto dal lato posteriore, assuma un tipico contorno a trapezio (v. tav. VIII, fig. 1), del tutto simile a quello che si riscontra nel Patriocetus Ehrlichi dell’ Oligocene superiore di Linz (*). La regione fronto-nasale è stretta e mediocremente elevata, i pa- rietali sono ancora abbastanza estesi e i processi dello squamoso, come s'è già detto, massicci e potentemente sviluppati. Il piastrone sopraorbi- tale, formato a spese dei mascellari e dei frontali, ricopre tutta la ca- vità orbito-temporale, nascondendo la sottostante cassa cranica che è relativamente piccola e stretta. Il rostro ha un impianto largo e va (1) Van BeneEDEN P. J. Recherches sur les Squalodons du Crag d'Anvers. L. ce. Tav. I e II. (2) AseL O. Die Vorfahren der Bartenwale. Denschrif. d. Mat. Nat. Klasse d. k. Akad. Bd. XC. Wien, 1913. e Raf lentamente rastremandosi verso l’estremità anteriore. Nel complesso esso ha un andamento che risponde a quanto venne già rilevato da altri autori e specialmente dallo ZrrreL e dal PaQuIER. La sintisi è pressochè di tipo platanistide : essa abbraccia un po’ più di un terzo della lunghezza totale della mandibola. Sulla super- ficie inferiore del tratto sinfisario è però nettamente visibile il solco longitudinale che segna la sutura dei due rami. L'angolo sinfisario è stretto ed appuntito. I mascellari portano i denti molari, i premolari ed i canini; gli intermascellari, col procedere verso l’avanti, vanno via via espandendosi lateralmente fino a sostituirsi, all’estremità del rostro, ai mascellari, dei quali si trovano in perfetta continuazione, portando, come negli Archeo- ceti, solo denti incisivi. La dentatura degli Squalodon è di tipo eterodonte e si distinguono in essa molari, premolari, canini ed incisivi. Conviene però insistere sulla circostanza, messa già in evidenza nell’ Introduzione, che dai molari ai premolari e da questi al canino ed agli incisivi non si ha un brusco cambiamento di tipo, ma, per graduale modificazione di caratteri, un insensibile passaggio dall’ uno all’ altro dente, senza che, per la forma della corona e della radice, si possa dire con sufficiente rigore dove termina uno dei gruppi e dove comincia l’' altro. Non solo da specie a specie, ma da individuo ad individuo, e non di rado anche da fila a fila di uno stesso individuo, si riscontrano delle diffe- renze nella forma della corona, nel numero, nello sviluppo e nella di- stribuzione dei tubercoli, nella maggiore o minore divaricazione delle radici, per modo che i risultati tratti dallo studio di una serie dentaria, sia pure interpretata con non eccessiva minuzia, non potrebbero essere presi come punto di partenza per una generalizzazione, senza urtare troppo frequentemente contro casì contraddittori. Queste constatazioni richiedono quindi una certa larghezza nell’ in- terpretazione dei caratteri dentari degli Squalodon, la cui variabilità, oltre che dipendere da differenze specifiche, sessuali, di età, di ambiente, e è un fenomeno che si lega alla fase di rapida evoluzione in cui si tro- vano questi organismi. Alla vecchia formola dentaria del Vawx BexEDEN, espressa dal rapporto : 1 + ti I C =" pipe 3 1 + ( l’ABEL propose di sostituire la seguente: 3 1 8-9 3 I° C- PM—— M_-,. b) 1 le) 2-3 Per quanto. come s'è già accennato nell’ Introduzione, non si possa affermare con piena sicurezza che i molari degli Sqgualodon siano proprio gli omologhi degli Archeoceti e che l’anmento nel numero dei denti abbia interessato soltanto i premolari, pure troviamo giusto che pei rapporti che legano fra loro questi organismi si usi un tipo di for- mola dentaria che facilita notevolmente gli eventuali raffronti. Solo devo osservare che fra il materiale da me raccolto si trova un piccolo ma tipico cranio di giovane Squalodon bariense provvisto di 10 denti mascellari (molari e premolari) in luogo di 11. L'esame della parte che segue immediatamente all’ultimo molare esclude ogni possi- bilità di mancanza per rottura, per caducità o per incompleto sviluppo, di guisa che devesi ritenere per certo che nello Sy. bariense i molari superiori possono limitarsi anche a due soltanto. Oltre a ciò noi ab- biamo visto che la mandibola dello Sy. bellunense, tanto sul ramo destro, quanto sul sinistro, presenta un solo molare, senza tracce di alveoli, sla pure obliterati, che possano far pensare all'esistenza di altri denti. Per queste constatazioni di fatto, la formola dentaria generale dello Squalodon può comprendere un minimo di un molare inferiormente e di due superiormente, per modo che essa viene espressa con maggior precisione nel modo che segue : 3 1 8-9 2-83 “a ma Mer A : ni 6 1 a 8 PR I molari di Squalodon hanno corona di forma triangolare, depressa, rigonfia alla base, debolmente rivolta all’ indietro, ad orli provvisti di SA tubercoli or più ed or meno profondamente distinti. La radice è sempre nettamente divisa in due od in tre rami (settimo ed ottavo premolare), le cui estremità sono costantemente rivolte all’ indietro. In tutti i casi i molari veri vennero riscontrati un po’ più piccoli dei premolari e le dimensioni diminuiscono col procedere dall’ avanti all'indietro. L'ultimo molare è generalmente assai ridotto, ora funzio- nale ed ora no, e non di rado caduco. Questi ultimi caratteri, comuni anche agli Archeoceti, palesano una certa tendenza all’ atrofia, ed è per tale fenomeno che l’ ABEL è indotto a credere come l'aumento di denti, che sì riscontra negli Squa/odon rispetto alle forme antenate, abbia avuto luogo soltanto nei premolari. I premolari hanno corona di forma triangolare, ma tanto più stretta ed elevata quanto più si procede verso l’ estremità anteriore. Quelli posteriori presentano gli orli della corona più o meno riccamente fe- stonati di dentelli e la radice divisa in due rami. I premolari ante- riori hanno invece la corona lanceolata, a carene formate da un gran- dissimo numero di dentelli granulari. e la radice unica e percorsa lon- gitudinalmente da una depressione mediana più o meno pronunciata. Il canino è molto simile, nella forma della corona, al primo pre- molare, tanto che se i due denti fossero isolati credo non sarebbe facile distinguere qual’ è il canino e quale il premolare. Egualmente dicasi riguardo il secondo e specialmente il terzo in- cisivo, nei quali, rispetto ai due denti che li seguono, si riscontra solo una maggior lunghezza della corona. Molto caratteristico e nettamente diverso dagli altri è invece il primo incisivo, il quale è molto più grosso degli altri, ha forma di un cono allungato a punteruolo e disposizione longitudinale, cioè nel senso dell’ asse antero-posteriore del cranio. I due incisivi anteriori del cranio sono compresi fra i due incisivi ante- riori della mandibola e tutti e quattro incrociati sporgono notevolmente in avanti come un’ arma formidabile. Le radici di tutta la serie dentaria sono costantemente rivolte al- l’indietro, e lo spostamento è generalmente tanto più sensibile quanto più si procede dal lato posteriore a quello anteriore. In alcuni casi, Bibo Meo come mostra la fig. 14 della tav. II, la radice ha subito una vera fles- sione ad angolo retto e l’ estremità del ramo si mantiene per un bel tratto con disposizione orizzontale. Il fenomeno è comune, come s' è detto, a tutta la serie, ed è un'evidente prova del progressivo allun- gamento dell'asse dentario. Accanto al cranio più completo di Squalodon bellunense, quasi a contatto con la propaggine laterale dello sfenoide, fu rinvenuta la cassa timpanica destra. Ch’ essa spettasse al cranio presso il quale fu riscon- trata è fuori d'ogni dubbio, per la posizione in cui fu rinvenuta, per l’adattamento perfetto alla regione a cui era originariamente attaccata e per lo stesso identico tipo di fossilizzazione del cranio e delle altre ossa che lo accompagnavano. Fra tutte le casse timpaniche di Cetacei quella che più delle altre si avvicina all'organo omologo di Squalodon bellunense è la bulla di Prosqualodon avstralis illustrata dal TRUE (!). L'avanzo americano è purtroppo in parte guasto, tuttavia, da quanto sì può dedurre da ciò che ancora è conservato, la somiglianza è ve- ramente rimarchevole. Notevoli affinità, per quanto in grado minore. sì riscontrano anche con la cassa timpanica di Patriocetus (= Squalodon Auct.) Erlchi delle sabbie oligoceniche di Linz, quale venne illustrata dal Branpr (°) nelle fig. 6 e 7 della Tavola XXXI dell’opera sui Ce- tacei fossili e subfossili d’ Europa. Finalmente, delle somiglianze sussi- stono pure con la bulla dei generi più antichi, come il Protocetus e lo Zeuglodon (*), di modo che i rapporti di parentela che legano gli Squa- lodonti agli Archeoceti risultano sempre più stretti ed evidenti. Egualmente dicasi per ciò che concerne le ossa periotiche, nei ri- guardi delle quali le maggiori aftinità, come sì può constatare da un raffronto delle rispettive illustrazioni, corrono con le ossa omologhe di (1) True F. W. A New Genus of fossil Cetaceans from Santa Cruz; and description of « mandible and vertebrae of Prosqualodon. Smithsonian Miscellan. Vol. 52. Part. 4. N. 1875, pag. 451. Washington, 1909. (®) Branpr J. F. Untersuchungen iber die fossilen und subfossilen Cetaceen Europas. Mé- moires de l’ Academie Impér. des Sciences de Saint-Pétersbourg. Tome XX. 1873. (3) FraAs E. Neue Zeuglodonten aus dem unteren Mitteleocin vom Mokattam bei Cairo. Geol. u. Palaeont. Abhandl. N.F. Bd VI. Jena, 1904. — Srromer E. Zeuglodon-Reste aus dem oberen- Mitteleociin des Tajim. Beitr. z. Pal. und Geol. Oesterreich-Ungarns. Bd. XV. Wien, 1903. e2À © ea Prosqualodon australis ('’'Rue, Op. cit., pag. 452) e con quelle di Patrio- cetus (= Squalodon) Ehrlichi recentemente illustrato dal prof. ABEL ('). Passando alla colonna vertebrale, ricorderemo che |’ unico avanzo attribuito ad uno Squalodon (Sq. Gratelovpi) era un grosso atlante, sco- perto nel 1840 nei faluns di Salles (*). Già il TRUE (Op. cit., pag. 453), nell’ esaminare un atlante di sicura appartenenza ad un Prosqualodon, sì mostra colpito per il riferimento del Van BexEDEN e, sollevando dei dubbi sulla determinazione dell’ avanzo francese, fa voti che futuri rinvenimenti riescano a chiarire il troppo grande contrasto morfologico che esisterebbe fra le vertebre omologhe di due generi così stretta- mente vicini quali sono lo Squalodon ed il Prosqualodon. L’ABEL (*), nel suo studio di ricostruzione del Prosqualodon australe, si mostra poco persuaso dei riferimenti del TRUE ed esprime l’ avviso che l’atlante e le altre vertebre, dal paleontologo americano riferite al Prosqualodon, appartengano invece ad un Eur/mnodelphis o ad un Acro- delphis o ad altri generi ancora. Il fatto si è che nessuna affinità esiste fra l’atlante di Squalodon bellunense e quello di Salles, mentre forti so- miglianze esistono invece con quello di Prosqualodon australe, circostanze che dimostrano l’esattezza delle opinioni e dei riferimenti del TRUE e riconfermano d'altro canto gli stretti rapporti di parentela esistenti fra lo Squalodon ed il Prosqualodon. Come tutte le vertebre cervicali di Squalodon bellunense, l’atlante è libero, cioè staccato dalle successive. Esso è assai robusto e massiccio, specialmente nell’ arco inferiore. Quello superiore porta i fori per il primo nervo spinale, come nei carnivori terrestri ed in molti altri animali. Salvo che nei processi trasversi, che sono meno sviluppati, l’atlante di Sq. bellunense ricorda discretamente anche quello di Zeuglodon Osiris. L' epistrofeo è pure assai sviluppato, a corpo spesso, provvisto di un processo odontoide non molto rilevato, ma robusto e a base larga. (1) AseL O. Die Vorfuhren der Bartenrcale. Denkschr. d, Mat. Nat. Klasse der k. Akadem. Bd. XC, pag. 170. Wien, 1913. (®) Van BexeDEN P. J. Les Squalodons. Loc. cit., pag. 65. (3) ABEL O. Cetaceen Studien, Rekonstruktion des Schidels von Prosqualodon australe Lyd. Sitzungsber. der k. Akad. d. Wiss. Math. Nat. Klasse. Bd. CXXI. Abt. I, pag. 60. Wien, 1912, ARI Egualmente robusti sono i processi trasversi, ai quali manca però qualsiasi condotto. Tutte le altre vertebre cervicali, più o meno bene conservate, sono robuste, a corpi più stretti nelle mediane, ma poi an- cora assai spessi nelle successive e ‘in special modo nell’ ultima. L'in- sieme delle vertebre cervicali dà l’idea di un collo mediocremente lungo; come negli Archeoceti; e ancora di facile articolazione. Delle rimanenti vertebre fu possibile salvare soltanto parecchie dor- sali e qualche frammento delle lombari. Le vertebre dorsali hanno corpi lunghi e massicci e, almeno le anteriori, risultano fra loro articolate per mezzo di emapofisi e _zigapofisi. Nel complesso, le dorsali di Squa- lodon ricordano le omologhe del genere Cyrtodelphis, ma sono più mas- siccie e con le superfici dei corpi vertebrali un po’ meno anficele. Dell’arto anteriore restano la scapola, l'ulna ed il radio, ed una fa- lange. Purtroppo dell’omero, che avrebbe un grande valore per eventuali confronti, non si conserva che un frammento affatto insignificante. La scapola ricorda alquanto per la sua struttura quella di Zew- glodon, ma presenta il padiglione più espanso. Questo carattere ha però ben scarsa importanza perchè assai variabile anche fra generi affini. Egualmente dicasi per l’avambraccio, che, pur ricordando nell'insieme le ossa omologhe dello Zeuglodon, è relativamente più largo ed ha un processo olecranico più espanso, sotto il quale rapporto l’ulna di Squa- lodon rammenta notevolmente quelle di Myperodon e di Physeter. Del bacino e dell’arto posteriore nessun avanzo; questi organi do- vevano d'altra parte essere già ridotti a rudimenti privi di ogni arti- colazione con la colonna vertebrale e quindi facilmente staccabili dal resto dello scheletro. Sulla base del descritto materiale, soprattutto di quello apparte- nente all’Individuo B dello Sy. bellunense, e valendomi anche di nu- merosi altri resti di vertebre e di coste che, pur non prestandosi per efficaci riproduzioni illustrative, costituiscono sempre dei validi docu- menti e degli utili mezzi d’ interpretazione morfologica, ho tentato una ricostruzione d'insieme dello Sgualodon. La seguente figura 10 rap- presenta adunque lo scheletro di Sg. dellunense, come risulta nei suoi ‘11900 91) BOITO Ip VIUuSsLI OSULIUN]A(] uopo)nnby O[[®p 9[R709) RZZOYIUN[ Br] pa ‘'OUM][9 osso. OURZOgK] Ip DARIO) 9[[aU IQUUOATTI ISO 10}) ONE R[[uS OMOZUIY SOOTI] ZelqT [®(] USNUNATITT NOCOTVABY +— "OT ‘PI “-, N ____- î 2 TS TREAT tara TAI LI tratti essenziali dagli avanzi raccolti, necessariamente completato con cauto criterio comparativo nelle poche parti mancanti. Seguendo il piano fondamentale segnato dallo scheletro, ho creduto utile trac- ciare, come opportuno complemento, la linea di contorno del corpo, per dare così anche l’idea della probabile forma complessiva del- l’animale. A chi con la guida di tale figura abbia sott’ occhio la bella rico- struzione dello Zeuglodon Osiris, data dallo SrRoMER (') col sussidio dei preziosi avanzi dell’ Eocene di Fajùm, non può certamente sfuggire come nello scheletro di Squalodon, e specialmente nella regione cervi- cale, si conservino ancora i tratti fondamentali degli Archeoceti. Per quanto nella famiglia degli Squalodon, per un più avanzato processo di adattamento all'ambiente marino, certi organi mostrino già i carat- teri di una più progredita specializzazione, pure i rapporti di parentela che legano questi due gruppi scaturiscono sostanziali ed evidenti. Og- gidì i paleontologi sono concordi nel ritenere che, per mezzo dei Pro- toceti, gli Zeuglodon siano legati a tipi di Creodonti e che da deter- minati Zeuglodon, accentuandosi sempre più il processo di adattamento all'ambiente marino, sì passi agli Squalodonti. Il prof. AseL, al quale dobbiamo molti e interessanti studi su sva- riati gruppi di Cetacei e specialmente sugli Odontoceti del Crag d’An- versa, è d’avviso però che gli Squalodon si riattacchino agli Archeoceti, non attraverso agli Zeuglodon propriamente detti, ma per mezzo di forme ad essi analoghe e delle quali vede un sicuro rappresentante nel Microzeuglodon cavcasicum (*). Il carattere principale che si opporrebbe a ritenere gli Zeuglodon propriamente detti come punto di partenza degli Squalodon, consisterebbe nella rispettiva taglia di questi stessi ani- mali. Noi sappiamo, egli dice, che la taglia aumenta costantemente nel corso dell’ evoluzione filogenetica e che le forme nane sono degenera- (!) Srromer E. Die Archaeoceti des Aegyptischen FEoziins. Tav. I, fig. 1. Beitràge zur Pa- laeontol. u. Geol. Oesterreich-Ungarns. Bd. XXI. Wien, 1908. (*) Lyperkker R. On Zeuglodont and other Cetacean remains from the Tertiary of the Cau- casus. Poceed. Zoolog. Society of London. 1892. RESI = pipe zioni di forme completamente sviluppate, degenerazione che non sì può ammettere per gli Squalodon. Non è qui il caso di discutere una simile legge, che. per quanto vera nelle sue grandi linee, non si può dire applicabile sempre e in- condizionatamente. Vogliamo soltanto rilevare il fatto che se, attenen- doci alle forme del bacino mediterraneo, facciamo un confronto sche- letro a scheletro, o meglio ancora cranio a cranio, fra lo Zeuglodon Osiris d’° Egitto ed uno degli Squalodonti meglio noti, ad es. lo Sg. bel- lunense, il secondo risulta di dimensioni superiori al primo, ciò che viene a rimuovere fondamentalmente il presunto ostacolo della taglia, anche se essa avesse costituito una difficoltà così sostanziale da escludere fra i due generi qualsiasi rapporto filetico. Quanto poi al Microzeugiodon caucasicum, indicato come punto di partenza dello Squalodon, debbo osservare che, non solo si tratta di avanzi troppo insignificanti per trarne delle deduzioni sicure e di fon- damentale importanza, ma è perfino dubbio se i pochi resti apparten- gano ad uno stesso individuo, nè sì conosce inoltre con precisione il piano da cui provengono, piano che il LypEKKER ritiene più probabil- mente miocenico. È ovvio che per tali circostanze al fossile caucasico (le cui scarse tracce dei denti più che ad uno Zewuglodon fanno pensare ad un Neo- squalodon) non si può attribuire alcun valore sistematico e meno che meno poi sceglierlo come punto di partenza di una serie filogenetica. Noi dobbiamo rivolgere quindi le nostre ricerche e riserbare le nostre considerazioni a quei soli casi in cui lo stato di conservazione degli avanzi fossili permette veramente di arrivare a sicure conclusioni di fatto, senza le quali ogni ricostruzione rappresenta soltanto il frutto, più 0 meno ingegnoso, di apprezzamenti soggettivi. A varie riprese, cominciando dal 1841, nella parte più elevata dell’ Oligocene superiore di Linz vennero scoperti dei frammenti di crani e di vertebre riferiti dal KLIPsrEIN ad un rettiliano, ma poi dal MeyER riconosciuti come appartenenti invece ad uno Squalodon. Dopo il MeyER, sia per quanto riguardava il vecchio materiale, sia per quello L- ape scoperto successivamente, i diversi autori, compreso il Kéxrs (') che pubblicò in proposito una recente nota, si trovarono costantemente d'accordo nel riferire gli avanzi di Odontoceti di Linz al vecchio genere Squalodon. Le condizioni di conservazione di tutti i resti raccolti erano però così poco fortunate e lo stato delle nostre cognizioni sui Cetacei fos- sili erano fino a pochi anni fa così poco progredite, che |’ importanza di tali avanzi era quasi sfuggita agli studiosi, quando due anni or sono il prof. ABEL (*), riprendendo in esame tutto il materiale successiva- mente raccolto nelle sabbie di Linz, potè dimostrare trattarsi non di Squalodon, ma bensì di due nuovi ed interessantissimi generi di Ar- cheoceti, pei quali propose i nomi Patriocetus ed Agriocetus. Il genere Patrwcetus, il solo che per ora interessi il nostro caso, è caratterizzato dalla forma del rostro corto e tozzo, dalla posizione poco arretrata dei fori nasali, da una grande espansione delle piastre laterali del frontale, non ricoperte dal mascellare ed estese su buona parte della cavità orbitaria, e dalla dentatura costituita, oltre ai soliti tre incisivi ed al canino, da sette denti a due radici più o meno net- tamente divise ed a corona ricca di tubercoli. Per la rilevata esten- sione delle piastre dei frontali e per la loro disposizione rispetto i ma- scellari e di questi rispetto i palatini, il Patriocetus ricorda da un lato gli Archeoceti e dall’ altro i Misticeti, per modo che l’ ABEL è d’avviso che il fossile di Linz, derivato a sua volta da Archeoceti alquanto più antichi, sia il punto di partenza dei Cetacei a fanoni, la cui origine, già tanto discussa e rimasta per lunghi anni oscura, verrebbe così com- pletamente chiarita. Ad avvalorare la sua interpretazione l’ ABEL, svi- luppando un vecchio concetto enunciato per la prima volta dal JuLIx (*), fa presente che, tenendo conto di tutti i tubercoli di cui sono ornati i (1) KomiG A. Ein neuer Fund von Squalodon Ehrlichi in den Linzer Sanden. Jahresh. des Ver. Francisco-Carolinum. Linz, 1911. (®) AseL O. Die Vorfahren der Bartemrale. Denkschrif. d. Mat. Nat. Klasse d. k. Akademie. Bd. XC. Wien, 1913. (3) JuLin C. Recherches sur l'ossification du marillaire inférieur et sur la constitution du systeme dentaire chez-le foetus de la Balaenoptera rostrata. Archives de Biologie. Tome I. Paris, 1880. — 91 — denti, e di tutte le punte dei denti semplici e tubercolati del Patrzo- cetus, sì arriva a cinquantatre cuspidi, precisamente il numero totale dei germi dentari in cuì si risolve la dentatura di un embrione di Ba- lenottera in uno dei primi stadi del suo sviluppo. Per una simile corri- spondenza l’ABeL conclude affermando che la dentatura del Patrocetus fornisce un valido ed inatteso mezzo per l’interpretazione di quella dei Misticeti, giacchè è evidente che durante il loro sviluppo embrionale questi passano per una fase di dentatura di tipo Patriocetus, cioè con denti a due radici e sette tubercoli, i quali nel successivo corso onto- genetico si scindono in tanti denti semplici quante sono le punte dei denti multitubercolati iniziali. Senza discutere per ora l'elemento fornito dall’Embriologia, al quale sì deve sempre concedere un grande valore, anche se la corrispondenza coi dati della Paleontologia non arriva alla rilevata minuzia di parti- colari, e senza insistere sul fatto che un tale fenomeno può essere in- vocato per tutti i Cetacei a denti multitubercolati, confesso che una occhiata alle riproduzioni fotografiche date dall’ autore (op. cit. tav. I a III), rivelano tali disgraziate condizioni nei denti del cranio e della mandibola a tale scopo presi in esame dall’ ABeL, da non sapermi render ragione come sia stato possibile arrivare ad un preciso computo dei tubercoli di cui erano provvisti i denti di Patriocetus. È vero che si conosce anche qualche altro frammento di dente e che accanto all’esemplare tipo esiste un secondo cranio (Cotipo II) prov- visto di un unico dente, l’ ultimo molare destro, a corona ornata di sette tubercoli. ma come è possibile su tali resti stabilire i caratteri di un'intera serie dentaria e fissare poi che ogni molare e premolare do- veva essere costantemente provvisto di sette tubercoli, dal momento che per tutti gli altri generi di Archeoceti e di Odontoceti multitubercolati è nota la variabilità nel numero di tali cuspidi, anche tra denti contigui di uno stesso individuo, ed è regola generale che col procedere dai denti posteriori verso gli anteriori si ha una progressiva semplificazione della corona fino ad arrivare a premolari conici senza traccia di tubercoli? Nessuna conclusione sicura e definitiva si può dunque formulare per ora sull'intera serie dentaria del /azr/ocetus, mentre resta assodato che i pochi denti finora noti, e specialmente il molare illustrato dall’ABEL a pag. 22 del suo recente studio, hanno già un tipo spiccatamente squalodontoide. Quanto alla conformazione della parte superiore-anteriore del cranio, sebbene l'andamento delle suture non possa essere sempre seguito con la desiderata precisione, non si può negare che esistono dei reali rapporti di somiglianza con alcani Misticeti, rapporti consistenti nel- l’ estensione considerevole dei frontali e nel tipo di contatto coi ma- scellari. Non dobbiamo dimenticare però che relazioni pressochè ana- loghe, per la stessa regione fronto-mascellare, si riscontrano, come ac- cennammo, anche nel cranio dei tipici Archeoceti e che nei riguardi della regione palatino -mascellare la somiglianza di struttura, ancora stretta fra Archeoceti e Patrocetus, è nulla invece fra questo ed i Misti- ceti. Se, come lo stesso prof. ABEL opina, il Patriocetus deriva dagli Archeoceti, codesta somiglianza di struttura della regione fronto-mascel- lare va riguardata come un carattere, ereditario persistente fra quelli che compaiono per la prima volta, ed ai quali dobbiamo specialmente rivolgere la nostra attenzione per intuire le tendenze evolutive del- l’ organismo. La presenza, sia nel Patriocetus sia nei Misticeti, di alcuni pochi caratteri che si riscontrano già negli Archeoceti, non può deporre che per una comune, ma ancor lontana origine, non per una diretta di- scendenza delle Balene dal Patriocetus. Troppi caratteri d’organizzazione fondamentalmente diversi e troppe difficoltà anche d’indole cronologica sì oppongono perchè sì possano ammettere così stretti e diretti rap- porti genetici. A nostro avviso, il Patriocetus, proveniente dalla parte più elevata dell’ Oligocene superiore di Linz, rappresenta un passo più avanzato nell’ evoluzione degli Archeoceti dell’ Eocene verso gli Odon- toceti miocenici. In esso il cranio conserva ancora alcuni caratteri an- cestrali della struttura archeocetica, ma i denti denotano già un con- siderevole allontanamento dal primitivo ceppo e la loro forma tipica- mente squalodontoide (senza parlare del periotico e di altre ossa) è = ‘05 — l'indice più manifesto del senso in cui è orientata l’ evoluzione di questo organismo. Come l’allungarsi del rostro è la causa determinante dell'aumento della dentatura che si avvia poi rapidamente ad un tipo uniforme, così il progressivo spostamento all’ indietro dei fori nasali, per un sempre più perfetto adattamento alla vita acquatica, è la sorgente delle modificazioni nei rapporti che decorrono fra le varie ossa della regione superiore-anteriore del cranio. I mascellari. estendendosi anche verso la parte posteriore del cranio, scavalcano lentamente i fron- tali, mentre i nasali vanno di pari passo accorciandosi fino a ridursi in modo considerevole. Il processo, che non appare ancora iniziato nel Patriocetus, è già bene inoltrato nell’ Agorophius (!) e raggiunge il suo massimo nel Prosqualodon e nello Squalodon, dove la piastra sopra- orbitale è formata a spese dell’ uno e dell’ altro osso. divenuti piatti ed espansi. Se noi in uno dei crani di Squalodon meglio conservati immagi- niamo di sopprimere per un momento la parte posteriore del piastrone sopra-orbitale, che dalle forme antiche alle moderne va via via esten- dendosi e diventa completo negli Odontoceti miocenici e post-miocenici, otteniamo un tipo morfologico che, per la maggiore evidenza delle po- tenti ossa dello squamoso e dei relativi processi zigomatici ampi e ro- busti, e per la forma lunga e piuttosto angusta della scatola cranica, ricorda assai il cranio di certi Archeoceti più evoluti e specialmente dello Zeuglodon Osiris. Agorophius e Prosqualodon, Patriocetus e Squalodon, se non sono le- gati fra loro da diretti rapporti di discendenza, rappresentano almeno altrettanti stadi di quel progressivo cammino che dagli Archeoceti porta agli Odontoceti. Ed è stato in questo periodo di particolare attività evo- lutiva dell'intero gruppo che sì staccarono numerosi altri tipi, da cui ebbero poi origine delle serie che in alcuni casi per successive evolu- (') Purtroppo l'originale di Ayorophius, raccolto da Hormes e Gispes sulle rive dell’Ashlev nel 1847, è andato perduto. Quanto all’età del giacimento, i primi autori la giudicarono eocenica, ma ricerche più recenti dimostrarono trattarsi invece di Oligocene. pui zioni si propagarono fino all'attuale, mentre in altri andarono più 0 meno rapidamente estinguendosi. Così accadde infatti per gli Squa- lodon, i quali, raggiunto l’ apogeo dello sviluppo durante il Miocene medio, volsero.poi in rapida riduzione per estinguersi alla fine del Pliocene. Padova, dicembre 1915. È SPIEGAZIONE. DELLA TAV. I Squalodon bariense Jourd. [9 d. (DI i I SCALO Inpivipuo A — Riproduzione del disegno dato dal De Ziino per lo Sy. Catulli. */, circa della grand. nat. Riproduzione dell’ originale, visto di sotto, illustrato dal 9 De Zieno. */, circa della grand. nat. Lo stesso originale visto dal lato sinistro. */, della grand. nat. Si confronti questa figura con quella data dal DE Ziano, fig. 1. Riproduzione in grandezza naturale di tre denti del lato destro, secondo i disegni DE Zicno. Gli stessi, in grand. nat. riprodotti dall’ originale (Il dente mediano è andato perduto). Riproduzione del disegno DE ZiGxno per i denti posteriori di sinistra visti dall’ esterno. Grand. nat. Gli stessi riprodotti invece dall’ originale. Grand. nat. Gli stessi visti dalla faccia interna. Grand. nat. Quarto premolare destro riprodotto dall’ originale. Gr. nat. ‘originale appartiene alla collezione dei conti Avogapro in Bivai (Bellunese). G. DAL PIAZ. - Odontoceti del Bellunese - SQUALODON. i de e eni RABAT “Cie EEE RSI agg nere "e at une di Cal Fia. » » n SPIEGAZIONE DELLA TAV. II Squalodon bariense Jourd. Il 2. 3. — 4 5) 6. — n n» n n n Inpivinuo B_— Squalodon bellunense T. - INpIivipuo A. ”» è) » B SE Cranio visto di lato. */, della grand. nat. Estremità del rostro vista dal lato destro. Grand. nat. La stessa vista dal lato sinistro, Grand. nat. Mandibola destra. */. della grand. nat. Premolare posteriore superiore sinistro. Grand. nat. Premolare anteriore superiore destro. Grand. nat. Dal Piaz. Cranio visto di lato. Circa i */ Î ; della grand. nat. Mandibola destra dello stesso, vista dal lato esterno. */, della grand. nat. Quinto premolare inferiore sinistro, visto dal lato esterno e dal lato interno. Grand. nat. Primo premolare super. sinistro, visto dal lato esterno. Grand. nat. Incisivo laterale. Grand. nat. Molare visto dal lato esterno. Grand. nat. Molare visto dal lato interno. Grand. nat. L’ originale della fig. 7 appartiene al Museo GrovanxI CAPELLINI di Bologna; tutti gli altri appar- tengono al Museo Geologico dell’ Università di Padova. G. DAL PIAZ. - Odontoceti del Bellunese - SQUALODON. [TÀ DI PADOVA - Vol. IV. SAR. UNIVEI Travi ELIOT. CALZALARI & FERRARIOmMILANO 9 I A a e ra > | | | MEMORIE DELL'ISTITUTO GEOLOGICO DELI G. DAL PIAZ. - Odontoceti del Bellunese - SQUALODON, SPIEGAZIONE DELLA TAV. III Squalodon bariense Jourd. : Fis. 1. - Inpivinuo C_— Rostro visto del lato destro. Circa i */, della grand. nat. NRE È » — Lo stesso visto dal di sopra. Circa i */, della grand. nat. Fo D » — Lo stesso visto dal lato sin. Circa i */, della grand. nat. L'originale appartiene al Museo Geologico dell’ Università di Padova. G. DAL PIAZ. - Odont Fre. 1. - Inprvipuo © n» n SPIEGAZIONE DELLA TAV. IV Squalodon bariense Jourd. ye i) n FAST ; 4. - 5 D = D. — 7 5 6. - Pr 5 (EL ” » SIE 10. - » n Lo stesso rostro rappresentato nella tav. III, visto di sotto. Circa i ?/, della grand. nat. Dettaglio della dentatura dello stesso rostro, dal lato po- steriore sinistro. Grand. nat. Dettaglio dell’estremità anteriore del rostro, visto dal lato sinistro. Grand. nat. Rostro di giovane individuo visto dal lato destro. */, della grand. nat. Premolare superiore sinistro dello stesso rostro, visto dal- l'interno. Grand. nat. Mandibola destra appartenente allo stesso rostro, vista dal lato esterno. */, della grand. nat. Dettaglio dei denti della stessa mandibola visti dal lato interno. Grand. nat. Premolare anteriore visto dal lato esterno. Grand, nat. Incisivo laterale. Grand. nat. Primo incisivo o mediano, Grand. nat. Tutti gli originali appartengono al Museo Geologico dell’ Università di Padova. G. DAL PIAZ. - Odontoceti del Bellunese - SQUALODO une" MO SPIEGAZIONE DELLA TAV. V Squalodon bellunense Dal Piaz. Fre. 1. - Inpivinuo B — Cranio e parti dello scheletro. '/, della grand. nat. ” dice A » — Cranio e mandibola dal lato sinistro. Circa !/, della grand. nat. Gli originali appartengono al Museo Geologico dell’ Università di Padova. G. DAL PIAZ. - Odontoceti del Bellunese - sue ine var SOL 1LODON. è, SPIEGAZIONE DELLA TAV. VI Squalodon bellunense Dal Piaz. Fra. 1. - Inprvimuo B — Cranio visto dal lato sinistro. Circa !/, della grand. nat. SD n; s — Cranio e mandibola visti dal lato destro. Circa !/, della grand. nat. A AT a s — Mandibola dello stesso vista dal lato sinistro. Circa !/, della grand. nat. Gli originali appartengono al Museo Geologico dell’ Università di Padova. G. DAL PIAZ. - Odontoceti del Bellunese - SOUALODON, tr eee fe ) pai RE DI ELA è PR. i Sha ASSO E e “tp 9 sd sori Sai amis iii 007 METISCII Mole int Dino! ue _® a: n = È y * Fori Mereenit ss i .: A id = i : Lala ale. 5 allo i I Co n i È e uil EER corta li ueito ns a SPIEGAZIONE DELLA TAV. VII Squalodon bellunense Dal Piaz. Fia. 1. - Inpivinuo B — Cranio visto dal di sopra. !/, della grand. nat. TSZIOE x » — Lo stesso visto dal di sotto. !/, della grand. nat. L’originale appartiene al Museo Geologico dell’ Università di Padova, MEMORIE DELL'ISTITUTO GEOLOGICO DEELA R. UNIVE À G. DAL PIAZ. - Odontoceti del Bellunese - SOUALODON,. È x Sf res vd ur è Cabo o PA À _r ‘ Ù - r x NE Un ch tl » nI Y Pi IRAN D w hi ha 3 =3 si » ” DI PE DA Ta o * È - L) la - are ti PER LL gr ti di, po art be LATELZE SS cd atfitr e” il - ea” CE SR FL prigvire mita vi coli mai de Ì IRR: ni e ra o e f. =» » » nni a (7) > ” ì MT CRI ì n ”» LI - pa n *” è » “% . Ù ped ‘ è è pa si i © © a - ne ù si » n ” s - ca) î ti e2: ‘ ” a a 9 -. ” 5 po ‘ sl » i me ia re La ne Sini Lr * . Fia. 1. - Inpivipuo B 2 — nas n n nea Li) n n) di n n ln E SED » » n 6. si n n n alle E n n n 8. " n n (e » A n » RON Le) A ST 1810 200 : SPIEGAZIONE DELLA TAV. VIII Squalodon bellunense Dal Piaz. Cranio visto dal lato posteriore. '/, della grand. nat. Periotico destro, visto dal lato interno o cerebrale. Grand. nat. Periotico sinistro, visto di scorcio. Grand. nat. Lo stesso, visto dal lato interno o cerebrale. Gr. nat. Lo stesso, visto dal lato esterno o bullare. Grand. nat. Cassa timpanica destra, vista dal lato interno o su- periore. Grand. nat. La stessa, vista di fianco. Grand. nat. La stessa, vista di sotto. Grand. nat. La stessa, vista dal lato posteriore. Grand. nat. Atlante, visto di sopra, davanti, di dietro e di fianco, ?/x della grand. nat. Epistrofeo, visto di fianco, davanti e di dietro, ?/, della grand. nat. Terza vertebra cervicale, vista di fianco, davanti e di dietro, */, della grand. nat. Quinta cervicale, vista dal davanti. */, della gr. nat. 9 Frammento della sesta cervicale. */, della gr. nat. Tutti gli originali appartengono al Museo Geologico dell’ Università di Padova. MEMORIE DELL'ISTITUTO GEOLOGICO DELILA R. UNIVERSITÀ DI PADOVA - Vol. IV. G. DAL PIAZ. - Odontoceti del Bellunese - SQUALODON. Tav VIII il SPIEGAZIONE DELLA TAV. IX Squalodon bellunense Dal Piaz. Fia. 1. 2. - Inpivinuo B — Quarta cervicale, vista di fianco e davanti. */, della grand. nat. 3, 4. - 5 » — Settima cervicale, vista di fianco e davanti. */, della grand. nat. DO TS » n | a Va n n Vertebre dorsali, viste rispettivamente di fianco e di STRO 5 n ; n n » fronte. */, della grand. nat. D) n 1], 12. - 7 ul oto: - " » — Scapola destra. Poco superiore alla metà della gr. nat. sel - Da » — Frammento della scapola sinistra. */, della grand. nat. db. - a s = Ulna e radio di sinistra. */, della grand. nat. palo: - - » — Falange dell'arto sinistro. */, della grand. nat. Tutti gli originali appartengono al Museo Geologico dell’ Università di Padova. IV. ILLA R. UNIVERSITÀ DI PADOVA - Vol. G ISTITUTO GEOLOGICO D ili Dis do Dili TEVMOR MEMORI G. DAL PIAZ. = Odontoceti del Bellunese - SQUALODON. . Un Dit = lea ii ii ref = î : Bani Le kE: durata ir (i Pilato at, 1; sia Ti DESIO + SPIEGAZIONE DELLA TAV. X STRUTTURA ISTOLOGICA DEI DENTI DI Squalodon. Fra. 1. — Sezione longitudinale della corona di un premolare anteriore. Ingr. 10 diametri. — Si osserva la cavità della polpa di forma allungata e ristretta. s 2. — Dettaglio della stessa sezione. Ingr. 25 diametri. — Mostra l’ andamento a pennacchio dei canaliculi verso l'apice della corona. » 8. — Sezione trasversa della corona di un premolare posteriore. Ingr. 5 diam. s 4 — Dettaglio della stessa. Ingr. 10 diametri. — Si vedono l’ osteodentina a strati concentrici sulle pareti della cavità della polpa, l’avorio attra- versato dai canaliculi e lo smalto quasi trasparente, piuttosto sottile e ondulato in corrispondenza alle rugosità superficiali della corona, s PD. — Dettaglio della sezione rappresentata dalla fig. 3. Ingr. 25 diametri. — Mostra specialmente la struttura zonale dello smalto. I preparati appartengono all’Istituto Geologico dell’ Università di Padova. G. MEMORIE DELL'ISTITUTO GEOLOGICO DELLA R. UNIVERSITÀ DI PADOVA - Vol. IV. DAL PIAZ. - Odontoceti del Bellunese - SQUALODON. MEMORIE . DELL'ISTITUTO GEOLOGICO R. UNIVERSITÀ DI PADOVA Pubblicate dal .Prof. GIORGIO DAL PIAZ Vorume IV. > 1916 PADOVA i PREM. Società CoopERATIVA TIPOGRAFICA i ci dr TOA Memorie dell'] Padova | OCT 21 1958 100209714