5 1(^2. MEMORIE D I MATEMATICA E FISICA DELLA SOCIETÀ ITALIANA TOMO IV, VERONA PER DIONIGI R A M A H Z I H l MDCCLXXXVIII. "'^. K '^ -' T CATALOGO DE' M E M B -^ I DELLA SOCIETÀ ITALIANA PRESIDENTE Antonmario Lorgna Cavaliere della facra Religione de' Santi Maurizio e Lazaj-o , Brigadiere, e Governatore delle Scuole Militari. VeronjI. S 0 C J ATTUALI Giovanni Arduino ProfeATce di Mineralogia, e dì Chimica Metallurgica , e Pubblico Sopraintendente alle cofe agrarie dello Stato Veneto. Venezia. Carlo Barletti delle Scuole Pie , ProfeflTore di Fifica generale nella R. I. Univerlità di Pavia. F^vijì . Teodoro Bonati ProfefTore d' Idroftatica nel!' Univer- fìtà Pontificia di Ferrara , ed Infpettore dei fiumi del Ferrarefe . Ferr^r^ . Antonio Gagnoli Aflronomo . Verona. Tomo IV. a II Leopoldo Marcantonio Caldani Primario Pro- feHbre ordinario di Medicina ftorica, e di Anatomia nell' Univerlìtà di Padova. P^DOV^. Sebastiano Canterzani ProfefTore di Matematica nella Pontilìcia Univerlìtà di Bologna, e Secretano perpe- tuo dell' Ifìituto delle Scienze . Bologna. Angelo Abate de Cesaris Aftronomo nel P.egio Olfervatorio di Milano. Milano. Giovanni Francesco Cigna PofefTore di Anato- mia uella Regia Univerlìtà di Torino. Torino. Domenico Cirilli ProfefTore di Medicina Teorica nella Regia Univerlità di Napoli. Napoli. Domenico Cotunio ProfefTore di Anatomia nella Re- gia Univerlìtà di Napoli. Napoli. Paolo Delanges Capitano degl' Ingegneri Veneti , e Profellòre di Matematica nelle Scuole Militari. Verona. Pietro Terroni Idraulico di S. A. R. il G. Duca di Tofcana . Firenze . Felice Fontana Direttore del Regio Gabinetto Fifìco di S. A. R. il G. Duca di Tofcana. Firenze. Gregorio Fontana delle Scuole Pie, ProfefTore di Matematica Superiore nella R. I. Univerlità di Pavia • Fyivj^ . ■ , , _ _ . Alberto Abate Fortis ProfefTore di Storia Natura- le. NAPOLI. Vittorio Fosso mbroni Cavaliere dell' incl. Ordine Militare di Santo Stefano di Tofcana. Arezzo. Michele Girardi Medico di Camera di S. A. R. iir di Parma , Prefìdente al Gabinetto di Storia naturale , e Profeflore della medelìma, e di Anatomia. P^ìrm^i. Lodovico de la Grange Prefìdente Onorario dell Accademia delle Scienze di Torino. Parigi. Marsilio Landriani Cavaliere dell' incl. Ordine mi- litare di Santo Stefano di Tofcana, e Regio ProfeATore di Fiiìca Sperimentale. Milano. Vincenzo Malacarne Direttore delle Regie Terme - Acquei! , e Chirurgo Maggiore del Reale Prefidio di To- rino . Toriato . Giovanni Francesco Malfatti Profeflore di Ma- tematica nella Pontifìcia TJniverfità di Fei nva.. F£RR4R^ ' Carlo Lodovico Conte M o r o z z o Maggiore del Reggimento di Sufa di S. M. il Re di Sardegna, e Vice- Preiidente dell' Accademia Reale delle Scienze di Torino. Torino . Pietro Moscati Regio Direttore Generale degli Spe- dali di Milano. Milano,, Barnaba Abate Oriani Agronomo nel Reale Offer- vatorio di Milano. Milano. Pietro Paoli Profeflore di Matematica nella Regia Univerlìtà di Pifa . Pis^ii . Ermenegildo Pini Ch. Reg. B. Profeflore di Sto- ria Naturale. Miluìno . -^ ,. ■ ■ Giordano Conte Riccati. Treviso . Pietro Rossi Profeflore di Logica nella Regia Univer- fità di Pifa , e Naturalifta . Pis^ . Giuseppe Anoelo Conte Saluzzo Gentiluomo a ij IV di Camera di S. M. il Re di Sardegna , e Prefidentc dell' Accademia Reale delle Scienze di Torino. Torino. Girolamo Saladini Patrizio Lucchefe , Canonico nel- la Metropolitana di Bologna. Bologna. Leonardo Sali m beni Capitano degl'Ingegneri Ve- neti , e Profeffore di Matematica nelle Scuole Militari . Verona. . - ; Antonio Scarpa Profefiore di Anatomia, ed opera- zioni Chirurgiche nella R. I. Univerfità di Pavia. Faviu. GiusEPPt Slop de Cadenbeko Profeflore di Agro- nomia nella Regia Univerlità di Pifa . Pisa . . Lazaro Abate Spallanzani ProfeflTore di Storia Naturale nella R. I. Univerlità di Pavia , e Soprainten- dente al Pubblico Mufeo della medefima. Pavia. Simone Conte Stratico ProfelTore di Matematica, e di Fifica Sperimentale nell' Univerlità di Padova. Pa- dova • Giuseppe Vairo ProfeflTore di Chimica nella Regia Univerlità di Napoli. Napoli. Giovanni Battista Abate Venturi ProfefTorc di Matematica nell' Univerlità di Modena. Modena. Alessandro Volta Profelfore di Fifica Sperimentale nella R. I. Univerfità di Pavia. Pavia. ^ Vbrardo Zeviani Medico-Filìco . Verona . SOC] S 0 e J EMERITI s 0 c j onorar; Angelo Monsignore Fabroni Prefidente della R. Univerfità di Pjfa, e Priore nell' incl. Ordine di Santo Ste- fano di Tofcana . Pis^ . Ippolito Marchese Pindemonte Patrizio Vene- to , e Cavaliere Gerofolimitano . Venezia . S 0 C J STRANIERI M. A e H A R D . Berlino . M. Bailly Parigi. M. B o N N E T . Ginevra . M. Le CoMTE DE BORN. VlENNul . - M. Lb Comte de Buffon. Parigi, M. Camper. Amsterdam . M. Campomanes. Madrid . M. Le Marq.uis de Condorcet. Perici. M. Franklin. Fil^delfIjI . M. Narvoysz. \Ciln^. M. Pallas . Pietroburgo . M. Prtestley. Londra . secretar; ■■''" Agostino Abate Vivorio ProfefTore di Geografia , e Storia nelle Scuole Militari di Verona, Secretario per- petuo, e Amminiftratore . Verona. Giuseppe Abate Tom naselli Vice-Secretario , e Direttore della Stampa. Verona. a iij 'fM\ iii!i;:.Jili;:iJSil|l[lilll|ii!lillllilÌlli;li;J.;Uiu;:.n.iii^bi.:a,i^ VII ELOGIO DELL' ABATE RUGGIERO GIUSEPPE BOSCOVICH Scritto Da Monfignor Angelo Fabroni. L'Abate Ruggiero Giuseppe Boscovich nac- que in Ragulì il dì 1 8 Maggio dell'anno 171 1 da Niccolò Bofcovich , che dal difpotico vicino dominio de' Turchi era-, fi trafportato colle fue foftanze in quella libera città , e da Paola Bettera, ambedue d' oneftilfime famiglie. La Madre vif- fé fino all' età di 103 anni , il Padre tanto da poter ben educare fei figli mafchj, l'ultimo de' quali era il nofiroRug- vili ' giero , e tre femmine , tutti d' un maravigliofo talento , e d'una fingolar propenfione per la poesia . Sono alle ftam- pe verfi illirici di Pietro il maggior de' fratelli , e di An- na , e que' latini di Bartolommeo Gefuita pubblicati dal Co- rnino colle poesie del Roti eguagliano in eleganza di ftile e in fublimità di penlìeri l'elegie di Properzio. Era anch' egli buon fìlofofo, e non difpregevole matematico, e finì la fua vita mentr'era maeftro in Recanati. Ruggiero moflb dal fuo efempio veftì 1' abito de'Gefuiti, e a quello fine in compa- gnia del medefìmo e di altri due Gefuiti , che in patria ave- va avuti maeftri di gramatica e di rettorica , Stefani e Bin- di , pafsò a Roma nel Settembre dell'anno 1725. Quivi rin- novò gli fiudj delle belle lettere fotte 1' infelice fcorta del P. Scapecchi , attefe di poi alla filofofia fotto il P. Carlo No- ceti noto per gli elegantiffimi poemetti latini full' Iride e full' Aurora Boreale, e fu allora che fi nianifeftò in lui un' inclinazione naturale verfo gli ftudj filici, e matematici, che fuol quafi fempre annunziare i gran talenti . Si pofe a ftudiar da fé con trafporto quel , che non poteva infegnarli il Mae- llro , e che avrebbe potuto fpaventare ogni altro fuor che lui alla prima vifla. Ebbe dopo il prim' anno dello ftudio della filofofia un altro precettore di matematica, e fu quefii il P. Borgondio, che quantunque uomo di talento e appli- cato dovè lancar non poco per tener dietro allo fcolare , che lo precorreva . La fatica però non arriva mai ad eguagliare i doni gratuiti della natura, la quale fu si liberale verfb il Bofcovich , che prima d'entrare nella fcuola di matematica fi era già formato una geometria tutta fua propria fino a trovar da fé la dimofirazione della 47 propofizione del li- bro I. d'Euclide, di cui come di altri problemi e teoremi geometrici aveva intefo difcorrere dal fuo maefiro di logica . In un fol giorno apprefe dal Borgondio l'aritmetica , in un altro i principi dell'algebra Carteilana , e così con una rapidità 15£ rapidità più che forprendcntefcorreva il vafto campo delle ma- tematiche. Invitato dal Macftro alla folu^ione del cafo irre- ducibile dopo d' aver fatto una quantità di trasformazioni di formole credè d'averla trovata. Ma s'avvide ben prefto dell' errore, né per tjuefto lì pentì della faticofa ricerca , perchè fervi a facilitargli l'ufo del calcolo de' finiti . Entrò da fé neli' ampio mare del calcolo diflèrenziale, di cui appena aveva qual- che idea il Borgondio , e potè con quefto potente foccorfo intendere il gran libro de' Principi delNeWtono, che furono come un fuoco celefle per animario alle grandi fcoperte. Qiiando vide il Maeftro che egli aveva potuto trovare da fé molte dimoftrazioni più femplici perchè più particolari di tutto ciò che appartiene alla teoria della gravità generale ap- plicata alle fezioni coniche per ul'o dell'agronomia, con quel- la iincerità , che è propria dell' anime virtuofe, difle : cojìiù comincia , dove io finijco. Una paffione ardente per sì fatti ftudj fin d'allora palesò un carattere eflremamente avido di gloria ; imperocché alla fine non {\ foflengono gran fatiche fenza gran motivi, e la repubblica delie lettere ha i fuoi am- biziofi non men che i gran corpi politici, e le gran Corti. La maniera con cui efprimeva il piacere eh' aveva provato rella fcoperta della verità, e in fervir di guida ai fuoi mae- flri medelimi, era sì viva e sì animata , che otteneva facil- mente perdono in villa del bene e della gloria che prepara- va a fé e alla fua Compagnia. Ei fu che animò il Noceti a rifl-ampare il poemetto full' Iride, ei gli fomminiflrò la mate- ria onde impinguerlo, ei l'arricchì di note , e fece lo flelfo per 1' altro poemetto full' Aurora Boreale. Quelle note lo rendettero celebre non folo preflb gl'Italiani, ma anche pref- fo i Francefi . Imperocché contengono eiTe tutto quel che ap- partiene alla floria e alla teoria di quefli due fenomeni. Ad- oprando la geometria degl' infinitamente piccoli , dimoflrò con maravigliofa femplicità ie formule enunziate e non di- Tomo /Kb- X moRrate dal Newtono full' Iride , e particolarmente intorno all'angolo maflimo e minimo, che formano i raggi chiama- ti efficaci ed effenziali, e provò contro il parer di lui, che Marc' Antonio de Dominis non potè , come uomo sfornito di dottrina, fomminifl-rare al Cartello la iìiica fpie^azione di queflo fenomeno, e che ne tampoco, come pretendevano gli Scrittori degli Atti di Lipiìa , 1' apprendere dal Keplero. Trattò anche più copiofamente le cofe appartenenti all' Au- rora Boreale, perchè oltre le note al poema del Noceti di- fìefe cinque dialo^^hi paRorali ad inchieda degli Arcadi fuoì colleghi, che vollero efTer informati della fpiegaz^ione d'un fenomeno, che allora chiamava a fé gli occhi di tutti, e le meditazioni di molti fìlofofì. Qi_ierti cinque dialoghi non co- fìarono al nofìro Pitico che la fatica di cinque notti : due giovani Arcadi 1' imparavano a mente, e recitandoli fecero rimbombar d' applaulì il bofco Paraiio . Vi lì fpiegano e vi fi confermano l'idee del Sig. Mairan , che ripeteva il fenome- no da qualche parte più cralFa dell' ammosfera folare difcefa verfo la terra, e quefti grato al Bofcovich nella riftampa del- la fua opera full' Aurora Boreale lo citò con lode più vol- te, e lo annunziò al mondo tutto come un genio, che me- yitava il gloriofo titolo di Filofofo e di Matematico , e co- nie tale lo fece arrolare dall'Accademia delle Scienze nel nu- mero de' fuoi corrifpondenti . ; .;.•.' . Egli anche prim,a di quefto tempo aveva pubblicato alcu- ne diiTertazioni , delle quali egli fteflb e i fuoi amici erano flati contentifllmi . Imperocché terminato che ebbe il corfo triennale di iìlofofìa , quantunque folle obbligato dalle leggi dell' Inffituto a infegnare gramatica ed umanità (e le infegnò prima in Roma, poi in Fermo , e poi di nuovo in Roma) non perde mai di vifla i fuoi fludj favoriti , ed era invitato dal Borgondio medefimo a trattare quando un argomento quando un altro, che poi faceva pubblicamente difendere nel- li fua fcuola di matematica. La prima di quefte differtazio- ni pubblicata I' anno 173(5 ha per oggetto le macchie del Sole. Ei dà a quefto pianeta , come alla Terra, una doppia ammosfera, una più denfa, l'altra più leggera atta ad efTer rarefiitta , e quando più e quando meno elevata . Vuol che Ja prima abbia ancor le fje nu\oIe , e che da quefla debba- no ripeterfi le macchie del Sole , le quali comparifcono fot- te diverfi afpetti, or fi dividono, or fi riunifcono, or fi ve- dono in una , ed ora in tuf te le parti del difco folate . Da quefta ammosfera ei deduceva ancora la cagione dell' anello più largo, che circonda il pianeta nell'ecclifle totale, e del- la luce , che tanto più s' indebolifce quanto più s' allontana dal'lembo, perchè quanto più 1' ammosfera s'innalza, tanto più fi rarefa . Qiiefia fpiegazione , come è credibile , ebba i fuoi oppofitori , ma quello ftelTo accrebbe nel noftroFilofofo la voglia di difenderla. L'ofTervazione del paflaggio di JVIer- curio fotto il Sole , quella d' un* Aurora Boreale , fenomeni accaduti nell' an. 1737, furono l'argomento di due altre dif- fertazioni; e per penetrare più addentro ne'mifterj dell' afiro- romia, dopo d' aver ragionato del nuovo ufo del telefcopio diottrico per determinare gli oggetti celefti ( «), prefe a trat- tare la più celebre delle queflioni d'allora, della figura del- la Terra. Dopo d'aver prima efaminati in una difiertazione a parte gli argomenti degli antichi, che la volevano sferica, pafsò in un'altra all'efame dell' oflervazioni e dell' ipoteù de' moderni, e mofirò che da quefie non fi deduceva concluden- temente l'allungamento , o lo fchiacciamento di ella ai po- li, che perciò era vano il tentativo di provare dalla figura il moto della medefima. Le pofteriori olTervazioni han con- b iij ... ìo^rL^"^'^,* difiTerUzione flampata tera negUAtti di Lipfia dellaa. j?40. la Konia nel 1755. m riprodotta m- XII fermati i dubbj del Bofcovich, e i partigiani della figura el- littica , per molti e grandi che fieno gli argomenti in favor di effa, dovranno pur confelfare , che non vanno efenti da difficoltà difficililTime a fcioglierii . Quefte furono le differta- zioni che fece per ufo della fcuola del P. Borgondio ne'cin- que anni che fu maeftro o di gramatica o d'umanità, e ne*^ tre primi del fuo corfo teologico . Imperocché al principio del quarto dopo d' aver date prove che egli non era ftato sì addetto allo ftudio delle verità dimoftrate da trafcurarc quello delle verità rivelata , con raro e forfè unico efempio fra' fuoi gli fu dato per fuccefTore nella fcuola di mateiìiati- ca e difpenfato dal compire il quart' anno in quella di teo- logia. Anche prima di quefto tempo mentre era nel Seminaria Romano Prefetto foprannumerario aveva fatta prova nel!' i- ftruzione del giovane Molinari dell' utilità dei fuoi Elementi geometrici ridotti a quattordici fole proporzioni , e di que- lli fi fervi nella pubblica fcuola . Formano elfi un quadro di tutto r edificio della fcienza, in cui fpecialmente fono in- dicati i principali fonti d'onde naturalmente derivano tutte le altre geometriche verità . Obbliga efTo i giovani a noa vagare nella varietà degli oggetti , loro facilita !a ricordanza de'principali , e li pone in iftato , anzi in neceffità di fupplire da loro medefimi molte dimoftrazioni intermedie , efercizio iitiliffimo per fortificare e incoraggire que' talenti , che la na- tura ha creati per si fatti ftudj . Non altrimenti fu diftefa dopo r una e 1' altra trigonometria , e confefsò 1' Autore che fé mille volte avefle dovuto rifbimparle non avrebbe trovata co- fa né da aggiungere , né da levare, né da mutare in effe. Ma il capo d'opera de' fuoi Elementi matematici fono le fe- zicni coniche, che però non vider la luce prima dell' an- no 1755. Parte egli da una generaliffima definizione o non oflervata, o poco curata da altri , e da efia con non minor- xiir ■pe chiarezza che profondità fi conduce ove pochi fon giun- ti, e niuno è pafTato più oltre. S^ da dlvsr fi punti di qual- fivoglia linea (è quefta la definizione) le perpendicolari tira- te ad una retta qualunque indefinita data di pofiiz.ione{\a. diret- trice )e le altre rette tirate a un dato punto qualfivoglia fuor della retta indefinita (il fuoco) faranno fempre in data ragio- ne: quefta linea chiama egli fezione conica , eliilTe, para- bola, e iperbola , fecondo che quella data ragione è di mi- nore ineguaglianza , di eguaglianza , o di maggior inegua- glianza. Con ciò conferva egli l'antiro nome a ciafcuna fe- zione con ragione non meno conveniente di quella che mof- fe i Greci a così denominarle, e tutto d'un colpo fenza do- ver ricorrere al cono, o ad altri flrumenti meccanici le tro- va in piano belle e formate, e in eflb le contidera in primo luogo. Da tal definizione , che in foftanza non è che uà teorema a prima vifta non molto fecondo , reca flupore eoa qual nuovo ordine e conneffione di difcorfo deduce egli tut- te le proprietà coniche , incontrandofi ad ogni pailo ora co- fe nuove , ora di quelle che fpargono fulle vecchie grandif- fima luce. Fin dall'anno 1747 aveva dimofi^rato nel Giornal Romano con quefla definizione la ragion cofhante tra due rettangoli de'fegmenti di due corde di qualfivoglia fczione conica, che hanno un' inclinazione coftante , e fi tagliano fcambievolmente ; quindi in parte da quefio teorema, in par- te dalla definizione fuddetta derivò le principali proprietà, che a ciafcuna fezione appartengono. Ma in quefti Elenenti le cofe fon crefciute a difmifura , e dopo varj tentativi con- dotte al fuo fine . L' Autore per altro non fi è in efii arre- cato a coniiderare le fezioni coniche in piano, ma perchè nulla mancafle alla perfezion dell'opera, le confiderà inoltre nel cono. In quefta parteè maravigliofo uno fcolio,neI qua- le fegato un cono con un piano mobile e con certa regola, fa vedere come le fezioni li trasformano fuccciTivamente l'una b iij XIV neir altra , ed ancora in una retta . Né mena riefcc niaravi- gliofa la continuazione di una tal conilderazione nel cilin- dro, nelle sferoidi, nelle conoidi paraboliche e iperboliche,, dalle quali fpecialmente. mette in chiaro con forprendente a- cume quali coniche, e come fi traggono.. E' notabile come in tutte quelle ricerche li manifefti l' indole delle trasforma- zioni geometriche, delle quali credendo 1' Autore di dover parlare più pienamente in foccorfo di coloro , che. defidera- no di penetrare in tali arcani , diftefe un' eccellente e vera- mente aurea differtaziona fulla trasformazione de'luoghi geo- metrici , in cui parla ancora della legge di continuità , e di alcuni mifterj dell' infinito . Trovati che fieno i principi ef- fenziali , le verità ne difcendono con una facilità deliziofa per lo fpirito ; il loro concatenamento è più femplice e nel medefimo tempo più ftretto; lo fpettacolo della loro gene- razione , che non ha più niente di forzato , è più dilette- vole , e quella generazione più legittima in qualche maniera è ancor più feconda . Quindi a ragione l' Autore faceva a fé medefimo plaufo d' aver ridotto l'intera dottrina delle coni- che a un fol principio , dicendo chequefto era fimile al tronco di un* grand' albero, da cui fi dividono e fi fuddividono rami, e ramufcelliquafi infiniti con una compiacenza non ordinaria per quelli che li contemplano, e con ajuto maravigliofo per la facile, intelligenza del tutto. Ove s'incontrano quefii pregi , può dir- ti che la fcienza così penfava. E' un gran danno che in ele- lementi si belli non abbia impiegati alcuni paragrafi per de- terminare l'equazione dell' elliffe riportata al raggio vettore , ed al fuoco, equazione che è di tant'ufo nella fifica celefte : ma egli ha comune quella ommilfione collo fteffo de l' Hofpi- tal ; non che coi minori fcrittori di coniche. Oltre quelli elementi aveva egli in animo di pubblicare il reflante dei trattati di matematica , il che da altre cure diftratto noa potè, o HQQ volle efeguire. xr ti dovere e 1' onor della fcuola efigeva da lui che oltre ]e giornaliere lezioni pubblicafTe ogni anno qualche differta- zione, che faceva difendere da' fuoi fcolari , e che rendeva più celebre i! fuo nome. Appartengono agli elementi di ma- tematica quella dei cerclij ofculatori , e 1' altra della natura ed ufo degl'infiniti e infinitamente piccoli, e fon del dritto della fifica quelle del moto de'projetti in uno fpazio non re- fifl-ente , dell' ineguaglianza della gravità ne' diverfi luoghi della terra, del moto del corpo attratto nel centro immo- bile , effendo le forze in ragion reciproca duplicata delle diftanze , del centro di gravità , coli' aggiunta della ricerca del centro della grandezza , e di altre cofe affini a quello Importante argomento , della legge delle forze che efiftono in natura, delle forze vive, e del fluflTo e riflu.To del mare ^ Promife di dare a quell'ultima una feconda parte , che poi non fece, e fi gloriava d'aver moilrato 1' errore di Daniel Bernoulli fui flulTo e rifluflb dell'aria fuppofto analogo a quel del mare per tal modo, che quello doveva elTere tanto mag- giore di queflo quanto 1' aria è più leggiera dell' acqua , il che , fc folTe vero , produrrebbe un alzamento di quafi due miglia. Qui è dove pronofe un fuo pernierò per conciliare la quiete della Terra col! leggi della gravità univerfale , e per fine coli' aberrazione delle fìfle , penfiero che può perdo- narli a uno che viveva in Roma , e che doveva fervire alla volontà de' fuoi fuperiori , ma che avrà fempre luogo tra le belle immaginazioni filofofiche . Più gloriofo per lui fu l'aver dimoflrato, che la tanto agitata in que' tempi queftione Tul- le forze vive era una queflione inutile e di puro nome , e quel che fcrilTe fu di ciò ebbe luogo negli Atti dell'Accade- mia dell' Inftituto di Bologna, a cui fin dall'anno 1740 era flato arrolato. Tra le fue diiTertazioni fcolafliche f che così ci piace di chiamarle perchè fatte per ufo della fua fcuola ) ve ne furono molte d'argomento aftronomico , e tali fono quel- XVI le dell'annue aberrazioni delle filTe, delie offervationi agro- nomiche per tìliare i limiti, ai quali arriva la loro certez- za, dell' aftronomia in genere, dell' utilità delle lenti e dei telefcopj diottrici, d'un nuovo metodo d' adoprare le oller- vazioni delle fafi nelle ecclilfi lunari, delle comete , e della maniera di determinare l'orbita d'un pianeta coll'aiuto del- la catottrica, data la forza , la celerità e la direzione del moto in un dato punto , e dell' ammosfera della luna , che credeva ellere affatto digerente dalla terreftre, perchè compo- fìa d' un fluido limile alla noftr' acqua. Neil' anno fteflb in cui pubblicò la penultima di quefte dilTertazioni , che è una ■delle bellilTime fra le molte belle, cioè ne! 1749, fu invita- to a fpiegar la cagione d'un fiero turbine, il quale apportò gran danno a Roma; e bafta il dire che s' ignorava allora qual parte abbia in queffi fenomeni, come in tant' altre me- teore, l'elettricità ammosferica. L'ufo però che ei fece del- le recenti fperienze dell'Hales fu ingegnofo e nuovo , e fer- vi a convincere i filofofì di que' giorni e di quel luogo, che ignoravano molte proprietà dell'aria. Concorfe una fola vol- ta al premio propofto dall'Accademia di Parigi, per chi fpie- gava l'ineguaglianze, che fcmbrano apportarli vicendevolmen- te Saturno e Giove, particolarmente intorno al tempo del lo- ro congiungimento , e perchè dopo le lodi date alla fua dif- fertazione non ne ebbe la ricompenfa che credeva di merita- re, perchè data all'Eulero, non afpirò mai più a quefli let- terari trionfi. Non ricufava però di foddisfare alle richiefl-e degli amici nella foluzione di varj problemi , ed è degna di fpecial menzione quella del folido della mallima attrazione propoilagli dal Signor di Montigny focio della medelima Ac- cademia di Parisi . Fin dai primi paffi conobbe che fi pote- va fciogliere colla fola linear geometria, e in fatti lo Iciol- fe . Adoprò dopo il calcolo integrale , che lungi dal facili- targli la via, gliene accrebbe le difficoltà, onde credè delFer in xvir in diritto di concludere , doverfi fempre preferire la i'uitid all'analill, ricordando con una fpecie di compiacenza il la- mento del Newtono , che vecchio dolevafi d' eflerii troppo prefto e con troppa avidità confacrato alla geometria Carte- lìana. Non può certamente negarli che il Bofcovich non deb- ba una gran parte della .fua celebrità al felice ufo della fin- teli, fottoponendo all'impero di elTa que' problemi medefimi, che fembravano appartenere alla fola anali0. Ella fece la principale occupazione della fua vita, e ne provò egli l'uti- lità, applicando alla fifica , all' ottica, all' aftronomia e ad altre fcienze le fue lìntetiche foluzionl, che per eflere le più facili , le più naturali e le più comode , non lafciano di ef- fere le più gloriofe. Imperocché una fpecie di fatalità vuo- le, che in ogni genere i metodi, o le idee le più naturali non fieno quelle, che fi prcfentinoii più naturalmente . L'in- venzione del calcolo differenziale ed integrale , diceva il no- flro Geometra , per quanto mirabile ella fia , perchè porta le roftre cognizioni fino all'infinito, e quafi al di là de' con- fini prefcritti allo fpirito umano , o ahneno infinitamente al di là di quelli, ne' quali era rifiretta l'antica geometria, ha però i fuoi errori non per colpa della fcienza, ma per l' ab- ufo che ne fanno quelli che I4 profetano . Alcuni luoghi tratti dall'opere dell' Eulero, di Daniele Bernoulli , e di al- tri celebratiffimi analifti fervivano a confermare i fuoi detti . Fin qui non abbiam fatta menzione delle fue differtazioni fopra il lume e fulla legge di continuità , nelle quali fparfe i primi femi della fua teoria dei punti ineftefi , per poterne noi più diffufamente parlare a parte. Il vantaggio d' un fi- ftema generale è che dà uno fpcttacolo pien di pompa a un Genio metafifico,che ama fempre di vedere da un luogo più elevato, e di fcoprire una più grande eftenfione. Ma dall'al- tra parte è un male fenza rimedio , che gli oggetti veduti pui da lontano , e in più gran numero , lo fono anche piij Tomo IV. e confufamente . Differenti parti fono legate dalla coinpofizio- ne di un tutto, e fortificate vicendevolmente da quefta unio- ne, ma ciafcuna in particolare vi è trafcurata, e perde non poco per quello appunto che ella è una parte d' un iirt-ema generale . Se i Filofofi ben intendeflero quanto importi di bene fchiarire una fola coHi in particolare , non cercherebbe- ro forfè altra gloria, tanto più che una fola cofa ben av- verata, diventa fempre aliai generale. Ma l'amor de' lìftemi ha dominato in ogni tempo ed ha fedotto anche i più illu- minati fra gli uom.ini , e perche il Bofcovich credè d'aver- ne trovato uno , diceva qucila fola cofa badargli per l'im- mortalità. Qiiel ch'egli aveva fparfu intorno a quello lifljma nelle nominate differtazioni, alle quali lì può aggmngere an- cor quella della legge delle forze in natura enltenti , fu do- po più ampiamente dilatato e fpiegato dal fuo amico e col- lega Carlo Benvenuti , e pei dall'Autore medelmio in un li- bro flampato in Vienna l'anno 1755 col feguente titolo : Tii^o- ria philofophia naturalis redaSia ad unicam hgem ■virium in na- tura exijìentium . Ei dice d' averlo difìcfo in trenta giorni , poi- ché aveva già preparati i materiali; ma un edilìzio di tal na- tura voleva più ordine , più proporzion di parti je più armonia , e perchè manca l'opera di quelli pregi , è riufcita una delle più ofcure, confufe e verbofe, che efciife dalla penna del Bofco- vich . Molte piccole cofe poco men che nafcondono le prin- cipali e le più intereffanti , che per altro fono molte e de- gne d'effer contemplate ifolate. Quanto alla teoria ella è divifa in tre parti.,, Nella prima (dice l'Autore) io efpon- 5, go la mia legge delle forze, che nelle gran diflanze s'ac- 5, celiano infinitamente all' attrazion Newtoniana , ma che ,, nelle piccole elleno fono quando attrattive quando ripulll- „ ve , di maniera che diminuendo le dillanze all' infinito , ,, la repulfione per lo contrario 5' accrefce all' inrinito. Io 5, efprimiO quelle forze con una curva , che ne pone fotto gli XTX" „ occhi la legfje , e con una equazione algcbraica , che ne fa „ veder l'unità e la regolarità. Io dimoftro pofitivamente 5, l'eliftenza di quefta legge , il che fa vedere che la mia „ teoria non è un'ipotefi arbitraria: rifpondo all' obbiezio- „ ni; ne deduco la natura dai primi elementi della materia, „ che nella mia teoria fono per neceffità punti femnlici e ;, indiviubili, collocati in piccole diftanze tra loro in modo, „ che non vi ha eftenlione continua ne' corpi . Qiielli fono ,, per così dire formati in miniatura, e non a tratti di pen- „ nello ; la materia è difperfa nel vuoto , e non il vuoto „ nella materia. Nella feconda parte, o fia libro dell' opera 5, applico la mia teoria a tutta la meccanica , e nella terza 5, a tuttala filìca generale, e ai fondamenti di tutta la fi.ica „ particolare,,. Se T Autore avelie potuto provare, che gli ele- menti dei corpi come fono femplici così debbono elTere ineftefi , avrebbe forfè liberato da ogni dubbio il fuo fiftema; né oc- corre il dire che non vi è ftato fin ora oppofto argomento che lo diflrugga , quando fi può dire che non ne è ftato ar- recato alcuno, che Io dimoflri . Ma che che lìa della verità di effò, fi dovrà però confelfare che fono eccellenti le fue meditazioni fulla legge della continuità , che fono ingegnofe le confeguenze , che egli deduce dalla combinazione di due, di tre , di quattro o di più punti per dimoflrare le proprie- tà delle mafie o fia de' corpi , e che non potranno non pia- cere agli amatori della fintefi le dimoftrazioni in parte nuo- ve , che dalla fua teoria deduce intorno ai centri d' equili- brio , d'ofcillazione e di percuilìone . Diremmo delle fue idee raetafifiche dirette a prov'are che i fuoi punti nulla avevan che fare colle monadi Leibniziane, e che nulla potevano fuf- fragare ai fautori del materialifmo(rt), fé il fccolo in cui vi- c ij (a) Ebbe per quefto una fiera dif- un'opera fulla natura della maten'a puta coir Inglefe Prieflley , che in fervivaiì della fua teoria ptr inlìnua- XX viamo , mercè i lumi della buona fifica, non ifdegnafTe di ef- fere trattenuto nella fpiegazione di quelle teorie , che appar- tengono alla compoiizione de' corpi , e alla natura dei primi elementi . Il folo efercizio della pubblica fcuola, e gli fcritti fatti principalmente per ella baitarono al Bofcovich per conci- liargli una fama ertenfllma , e viveva in Roma come in re- gno fuo, onorato e accarezzato da rutti i veri dotti, da quel- li che fingevano di elfer tali , e dai più grandi e potenti di quella città e di quella corte. Ne frequentava le cafe e le tavole, e parlando fpeflTo di fé e delle fue fcoperte faceva fempre maraviglia la chiarezza e la facilità, con cui 1' efpcN neva anche ai meno periti . Inioerocchè egli aveva interefTe di allontanar da fé il rifchio,che corre la maggior parte dei dotti matematici , di coltivare una fcienza , che accrefce la gloria dello fpirito umano, e promove i vantaggi della focie- tà, fenza che molti di quelli, che godono dei loro benefit ZJ ■> fappiano né ammirarli, né benedirli. Voleva per fino, che le nobili matrone fapefTero quanto ei meritalfe il titolo di fìlofofo e di matematico. Afpirava ancora a quel di poe- ta, e in tutta la fua vita non mai cefsò di far veni latini buoni, mediocri, e cattivi. Aveva una {ingoiar facilità in comporli , e una iìngolar memoria in ritenerli , e anche non invitato li ripeteva fpefib e volentieri . Nozze , guerre ( a ) , lodi de' Principi , fenomeni celefii , fcherzi familiari invita- vano a fé la mufa del Bofcovich , e per dire a quefta un più largo campo compofe un intero poema fopra l'eccliffi , che fu prima una prefazione per ufo della fcuola j e che poi creb- re il materialifn-io- Il Bofcovich che tcre , e alla religiofita de' fuoi fenti- non potè eilere indiffereiite a quelì' menti. abufo delle lue dottrine, ne fcrilie al {a) Per la fola guerra contro iTur- Prielìley con quell' efpreiriuni che con- chi, quando eramaellro d'Umanità in veais'.ino alla vivacità del fuo carat- Roma , compofe un'intera Accademia • be fino a kì libd , ne' quali non folamente fi fpiegano le ca- gioni e gli eflètti dell'eccliin lunari e folari , ma vi li compendia una gran parte della filìcacelefte, ornata di quei colori, e di que- gli epifodj , che la rendono accetta e gradita anche a quelli che non fono filofofi - Molti fquarci di quefio poema furono da lui recitati in Arcadia, molti ne compofe viaggiando , e con- dottolo a fine lo credè prima degno dell'Accademia di Lon- dra, a cui lo dedicò nella prima edizione , e poi di Lui- gi XVI Re di Francia , che invocò qual nuovo Apollo quando nel 1779 lo riftampò in Parigi colla traduzione fran- cefe in profa dell' Abate di Barruel . Vi fece ancora delle copiofe note per ifpiegarvi le cofe meno ovvie, e per ricor- dare quel che aveva fatto e fcritto pe' progrefli dell' aftrono- mia. Nella città , che tanti monumenti conferva della fua antica grandezza e potenza, volle efTer ancora antiquario, e (piegò fpecialmente quelli, che avevan qualche rapporto alle fcienze, che profeflava . Un antico orologio a fole, un obe- lifco trafportato in Roma dall' Egitto da Cefare Auguilo, che forfè fcrviva al mcdelimo ufo, furono foggctti di due fue epiftolari diflertazioni , e ne didefe altre di fimil genere, che però non videro la pubblica luce. Grazie al fuo deiìde- rio di gloria niuno ricorreva in vano a lui; era tutto a tut- ti, e con un' attività inftancabile ferviva a fé , alla fcuola , agli amici e alla pubblica utilità. Il Sommo Pontefice Bene- detto XIV, e l'illuminato minifirodi lui Card. Silvio Valenti lo confultavano fopra varj oggetti imporranti di pubblica eco- nomia, porti da riaprirli, ftrade e canali da coflruirfi , ed egli lor foddisfaceva collo zelo d' un buon circadmo e cci lumi d'un efperto e profondo matematico. Allorché fi trat- tò di efaniinare fé la ^ran cupola di S. Pietro minacciava rovina, per cui fi deputarono Congregazioni , e fi confulta- rono periti matematici ed ingegneri, e (i fé venir di Pado- va il Marchefe Poleni, anche il Bofcovich dovè pronunzia- c iij XXII re il parer fuo . L'oppugnarono il P. Abate Ravillas Giro- lamino e Monlig. Bottari , lo confermarono 1' architetto Van- vitelli e lo fteffo Poleni , e fu circondata la cupola di un cerchio di ferro . Aveva dimoftrato il Bofcovich che l' azio- ne d' un ferro porto in circolo è fei volte maggiore di quel- la, che produrrebbe il ferro medelìmo tirato perpendicolar- mente; e perchè il Poleni negli; ferirti da lui pubblicati fu quefta controverfia ufurpò la lode dovuta all'amico, I' amor proprio di quello ne fu irritato a fegno , che rinunziò ali* antica amicizia. Tanto è vero che 1' amicizie de' dotti fono fpeflb r effètto dell' amor della gloria e della vicendevole Utilità., L' uno e 1' altro di quelli motivi fece nafcere nel Bofco- vich il defiderio di trafportarll fin nel Braille . Aveva di que' giorni Giovanni V. Re di Portogallo richiedo al Ge- nerai de'Gefuiti dieci de'fuoi matematici, che navigalTero in quelle remote contrade per farne una mappa geografica all' oggetto di fidarne i confini tra lui e il Re di Spagna. Si oilerì egli al Miniftro non. folamente col fine di fervire alla coramifiione , ma anche di mifurare un grado del meridiano da paragonarfi con quello ftabilito poc'anzi dagli Accademi- ci Parigini a Quito. L' offerta fu fubito accettata, il che giunto all' orecchie del Card. Valenti , che era perfuafo che gli uomini d' un merito fingolare fono utili allo flato , a nome del Sommo Pontefice comandò al Bofcovich di noa partire , e di efeguire ne' fuoi dominj quel che aveva dife- gnato di fare nel Braille . S' accinfc fubito all' opera , do- mandò ed ebbe per compagno in ella il Gefuita Mayer, in- glefe, valente matematico, e fu abbondantemente provvedu- to di quegl' iftrumenti e mezzi , che erano neceflarj per con- durla a fine. Fu cominciata fui terminare deli' anno 1750 nelle vicinanze di Roma, fu condotta la linea fino a Rimi- ni 3 e dopo le fatiche penoùlhme di due anni interi non fen- XXIII za pericoli frequenti di vita, potè il Bofcovich dare alla lu- ce il fuo preziofo libro, che intitolò : De expeditione littc- raria per Pontijiciam ditionem ad dimstiendos duos meridiani gradii s ^ & niappam geographicam corrigendam . La mifura di queflo grado è forfè una delle più efatte, e fervi di norma ad altre fatte pofteriormente e promofTe dallo fteflb Bofco- vich (rt). Dovè poi far maraviglia che egli nella latitudine •\ {a) Una lettera di lui al fuo dilet- to (colare Sig. Abate Puccintlli iara una prova e un' illuflra.^ione di quel- lo che abbiamo avanzato. Ella e da- ta di Parigi il di Jj Luglio dell'an. 1776. in ordine al grado di Beccheria e feguito appunto quello , che 10 aveva predetto , ed a\ evo appunto propolìo al morto Re di Sardegna di tur fare la iiiilura del grado nel Piemorte per ve ere 1' ctletto dell' attrazione delle montagne. Come io avevo fatte le oilervazioni aflronomiche a Ron.a e Rimini , l'elevazione di tutto il fuo- lo dell'Italia fino agli appenini duve- va tir. re in dentro in an.endue i lìti il filo a piombo , e perciò accrelcere la diflanzj apparente de' due zenith: onde difiribuendoli il medefimo nu- mero di tele trovate fuUa terra in un pm grande numero di minuti , a un grado , che ne contiene 60 , ne toccava un minor numero , onde il grado doveva trovarli piii piccolo. All'oppuffo nel Piemonte fi aveva la pianura in mezzo , e le alpi a una eftremità, l'appenino all' altra. I due fili a piombo tirati in fuora doveva- no l'ar accollare i due zenith appa- renti , tacendo dare il numero delle tele trovate in terra a un minor nu- niero di minuti: onde il grado dove- va divenire più grande. Spiegai que- fio a S. M. in modo che s invogliò di far fare 1' operazione , e mi do- mandò, fé vi era ne' luoi (lati pcrfo- na opportuna a far quello lavoro: gli propofi il P. Beccheria , che ap- punto allora aveva alzato nel giar- dino Reale un grandilTìmo cannoc- chiale , fé non erro , di 40 piedi , e facilmente maneggiabile • Il Re lo chian ò lo fleilo giorno e gliene die- de r incombenza ; conferimmo infie- me e gli Ipiegai il mio lettole : ne lece dopo uno fimile al mio , e tro- vò L lunghezza del grado , che 10 aveva predetta: ma di tutto quello non ha degnato di dir altro , le noa che io parlando col Re aveva par- lato delia opportunità de' luoi Itati per la milura di un grado, lenza dir nulla di più. tJna cola innile mi accadde col P. Liesganig- 'o parlai colla Regin.i del vancaigio de' (uoi flati per far mifu- rare un grado ndl' Aulirla , Stiria, Carintia, p; efi montuolì, e nelli pia- ni d Ungheria. Mi promilc di penlar- vi icriameiite : mi domandò a chi po- treobe darli la commilTione ; le pro- pofi Liesganig e Sciierffcr : feci una memoria fu quello e la feci avere al Caunitz. Vi tu 1 ordine di eleguire: fi fece il lettore, e i\ verificò in mia prelenza : mi trovai a vedere un gior- no la mihira della baie: li lon trova- ti gli effetti delle attrazioni delle mont.:gne. 11 Liesganig non ha avuta la bontà neppure di nominarmi • Me ne dollì , vedendo la iua ope a : mi rifpofe , che non ci aveva penfato, che quando era giii alfine della fiam- pa. Tanto gli uomini fono ingiulli ed ingrati . Per tarmi più indietro, qundoMau- pertuis (lampo la iua opera al ritorno dalla Lapponia , io 1' anno 3S. o ?9 feci la didertazione de figura Telia- rit e propofi le mie difficolta luile confeguenze della fua miiura parago- XXIV di 42° 5q' trovafle il fuo grado 70 tele minore di quello che era flato trovato nella latitudine di 43° 31' tra Rodi e Perpignano , differenza che doveva folamente produrre la va- riazione di kì tefe e mezza . Ma la maggiore o minore den- fità delle montagne , che cagionano per la loro attrazione la deviazione del pendolo, fervi a rendere ragione di que- fìa differenza, e il Bofcovich ne calcolò 1' effetto e prediffe le confeguenze , che farebbero derivate da altre mifure fatte vicino a più denfe montagne . Tutta l' opra fuddetta molerà un diligente ed accorto oifervatore , e tra gli opufcoli che r adornano, ci piace di ricordare fpecialmente il iv. fui Li rettificazione ed ufo degl' irtrumenti per ottenere le mifure de' gradi del m.eridiano , e il v. che ha una maravigliofa eleganza nata con quella di Francia : la diffe- renza tra la Lapponia e la Francia era di alquante centinaia di tele , ed io feci vedere , che una montagna equivalente ad una sfera_ del raggio di un miglio piegava il filo a piom- bo di un minuto , facendo creicere, o fcemare il grado di quali mille te- fe - Due montagne ali eflremita di cialcuno de' due eradi potevano qua- druplicare r effetto ; onde le addi- zioni di materia equivalenti a ^-j- di miglio, che s' incontrano in tanti luoghi, potevano produrre 400 tefe di differenza, e quello, che fanno i monti vdlbili poflono tare le adden- fazioni di materie fotto la fuperficie, e le cavita fotterrante in feniboppo- fio ; per quefìo io ho proccurato di avere molti gradi ; ed ho fatti mifu- rare e quelli di Germania e di Pie- monte , come pure a mia ilianza ci' Inglefi ne hanno mifurato uno in Peniilvania , e nelle ncte dello Stay, e molto meglio nella niia opera tra- dotta in francefe fui fine ho dato il modo per trovare un mezzo , fecon- do le leggi della probabilità , fra le diverfe sfericità rifultanti dalle diver- ie combiHazioni j tiovando dopo tan- te mifure la compreiTione al doppio minore di quella di Maupertuis , e conforme alle leggi della gravità dilu- guale nelle diverte parti della Terra determinata colle olcillazioai de' pen- doli . Per tornare al grado del Beccaria, non iolo egli ha trovato il medio ri- fultante dalle olìervazioni aflronomi- che efireme tanto maggiore ( lupera il mio quali di 1000 tefe 3 ma avendo fatte le olìervazioni agronomiche an- che in mezzo, in Turino, ha trova- to il grado verlb le alpi aliai più gran- de , che l'altro verfo l'appennino per la prevalenza della attrazione di quel- le . La differenza par troppa : ma avrebbe dovuto ellere anch; maggio- re , fé nelle montagne non vi follerò de' vani immenii • Su quefla attrazio- ne delle montagne ultimamente gì' Inglelì hanno latte fare a Maskelyne delle olìervazioni di qua e di là d'una montagna non molto grande con un gran lettore, e li fono trovati quali Il fecondi di effetto della medefima- Eccole a lungo fu codefìo articolo , lu cui ho tanto merito , e mi fi ren- de la fleffa ingiuftizia, che fuUa fpe- cola di Milano- XXV eleganza fintetlca per diinoftrare le proprietà dell' attrazio- ne , e per ricavare dalle leggi di quefta , come dai gradi mifurati del meridiano, la figura della terra. E' ftato anco- ra grandemente lodato il Bofcovich per quel che dice in eflb intorno alle figure d'equilibrio permanente, e di equilibrio, che noi diremmo fugace; perchi un fluido che abbia quelle figure , può mantenerle , e anche ritornarvi da fc , quando ne fia da qualche cagione allontanato, e all'oppolto nell'al- tre non fi può mantenere, ma le per qualche cagione ne fia allontanato, feguita ad allontanarfene Tempre fenza potere all' equilibrio e a quelle figure ritornare. Ma il d'Alembert trovò da ridire al detto de! Bofcovich , il che lo pofe in im- pegno di trattare più copiofamente la queftione in una nota aggiunta alla traduzion francefe dell' opera medelima , che non lì fa perchè folTe intitolata: Voyage AJìronomiqite & Gca- graphique. Imperocché quantunque il Bofcovich, come era folito , parli in elFa dei più piccoli avvenimenti , e di tutte Je più minute circofl-anze , che accompagnarono queRa fua letteraria fpedizione, le teorie però e le confeguenze le più intereflTanti cavate da efTc, ne fanno la parte principale . Neil' ozio di quefl:' operazione fi abbandonava al fuo gufto e al fuo talento naturale per la poeiia latina, e dai luoghi fteffi, pe' quali pafTava, e dalle perfone colle quali trattava, prendeva motivo d'arricchir d' epifodj , e di belle immagini poetiche il fuo poema dell' ecchffi . Compofe ancora in quello tempo una gran parte delle fue fezioni coniche, e fi doleva che la ruvidezza e ftravaganza del compagno, che poi degenerò in pazzia, gli togliefie quell' alleviamento , di cui abbifognava un'opera si lunga e si penofa . La ricompenfa, che ne ripor- tò dal Sommo Pontefice, furono molte lodi, cento zecchini e una tabacchiera d'oro, ma egli valutò anche più di que- fìo dono le grazie del Miniftro, e finché vifie non cefsò di encomiarle, e di fare onore alla memoria di lui. Si con- Tomo IV. ' ci xxvl ferva ancora come un preziofo monumento dell' alTronomia la pertica che fervi a quefla mifura , e un illuftre Porpora- to , che fa Roma pili bella per le fue virtù fociali e per- la raccolta di tutto quello che appartiene all' arti belle ed alle fcienze, volle eternarne la memoria con un' eiegantilfi- ma ifcrizione latina comporta dal celebre Aoate Morcelli ( a). E' una vera djfgrazia per la nollra Italia che per lo più fcaife e mefchine neno le ricompenfe, che li danno ai grand' uomini , che promovono le fcienie iìiiche e matematiche. Così il primo autore della mifura d'un grado Italico , e di tant' altre opere immortali tornò all' ingrato ef;rciz.io della pubblica fcuola, che folo pot>;a render leggiero la delicatez- za di cofcienza di fcrvire all' Inltituto e alla volontà de' Su- periori. Sì occupava ancora in efercizj diretti alla fpirituale edificazione del popolo: e perchè fu efclufo dal numero di que' Gèfuiti , ai quali era raccomandato l'Oratorio detto del P. Caravita , la fola ricompenfa de'quali era una libera, ma religiofa cena fra loro, ne fu dolente a fegno , che per cal- mare un animo foverchiamente agitato vi volle un ordine del Card. Valenti , il quale lo allicuralfe , che frequentando (a) HexaP£DA . VOCOR . LalOISI . OPUS MaIRANUS . ME ^ - . PaRISIENSES . EXACTAM . AD . MENSURAS . . -, ■. : ^ Primus . . ROGERIO . BOSCHOVICHIO MISIT At . HIC . SOCIAM . GEOMETRICI . LABORIS lAM . SENIOR . - Magno . zeladae . Cardinali PrOPRIAM . DICAVIT mnemosynon ' - - ' - - ' ■ '■ Amico . veteri , et . patrono XXVII l'Oratorio, non avrebbe mai pia perduto il fuo porto e il diritto alla quotidiana cena degli Oratoriani. QLiefto piccolo accidente è una prova, eh' ei non isdegnava tra' fuoi le più comunali occupazioni , che la Tua fantaiia era facile a rifcal- darlì, e che riguardava i conviti conditi dalla libertà del difcorfo, come il nftoro de' Tuoi lunghi e profondi ftudj . E- fciva da quefti allegro e vivo, e moftrava il piacere che ne aveva riportato , e il delìderio di ritornarvi . A \ederlo e a fentirlo li direbbe detto che bifognava fludiar molto per go- der molto, e per provare fenza raefcolanza di noja i piace- ri della focietà degli uomini. Era egli legato coi pia illu- ftri e coi più dotti , ma fpecialmente amava il fuo concittadi- no Abate Benedetto Staj, raro genio invero , che obbligò le mufe a lafciar le armi e gli amori, per ridire in elegantif- fimi verlì latini quel che il gran Newirono e altri fìlofoft moderni prima e dopo di lui avevano infegnato intorno al- la natura delle cofe celefli e terreflri . Un' opera limile vo- leva un comentatore , che non ignoraiTe l' altrui fcoperte , e folle ricco delle proprie, che folle in grado d' indicare i fon- ti d'onde erano fiate attinte , quel che era Rato trovato e quel che rimaneva a cercarli , e di fpiegare il tutto con bre- vità e con chiarezza. Il Bofcovich , che era convmto della grandezza delle proprie forze, alFunfe l'incarico delle aote , nelle quali uno non la fé debba piìi amiiiirare le ricc^iezze , che egli fparge a larga mano fopra tutti gli oggetti che trat- ta, o l'ordine e la nettezza colla quale ne parla. La necef- fità di comprender gran copia di cofe in breve fpazio l'ob- bligò di rinunziare al fuo naturai difetto della verboùtà , e il deliderio d'indicare non folamente i fuoi ferirti, ma an- che le fue idee fui varj oggetti importanti di li ica e ni-ite- matica, lo coftrinfe a dirne quanto baftava , di manier.i ta- le che chi leggerà quelle note vedrà in un colpo d'occhio quanto gli debbano quelle fcienze , e che cofa contengono le d ij XXVIII tante e varie fue Diircrtaiioni . Dee riguardarli come un ve- ro danno che non abbia egli dato compimento all' opera, tanto più che i libri, che rimanevano da pubblicarli, dove- van comprendere l'ottica, cui trattando , co ne il creatore della fcienza, fece maggiormente conofcere agli uomini la luce , decomponendola , riunendola , e in cento guiie ana- lizzandola . Nacque in quefto tempo una controversa tra il Governo della Tofcana e la Repubblica di Lucca a motivo dello fco- 10 dell'acque del lago di Bicntma. Si deputarono matema- tici da una parte e dall'altra per efaminarla, e il Bofcovich fu richiedo dell'opera fua diiLuccheù. Vi volle un co nan- do del Papa perche accettalTe il loro invito. Stette da tre lTje(ì in Lucca fenia che ti apriirerj i congreifi , dopo il qual tempo tornò a Roma per poi paifare a Parigi , dove il chia- mava la volontà de'fuoi Ragufei , ai quali grandemente im- portava di far rimovere un Confole Francefe , che abufando della fua autorità violava i fovrani dritti della Repubblica. 11 fuo amico Card. Valenti mal foffrendo che egli s' ailon- tanaffe dall' Italia , impegnò il Papa a trattare quefl' adare coir Imbafciatore Francefe Duca di Choikul , e la mediazio- ne di lui , e le premure del Nunzio in Parigi produiìero il deliderato effetto. Cosi il Bofcovich pot^ tornare ai Lucche- fi, e foltenne la loro caufa con quell'impegno, e con quell' ardore, che doveva al fuo caratcere eftremamente vivo , e all'amore della giurtizia. Diftefe pili Memorie , difputò coi matematici Tofcani, ma inutilmente, perchè il Conte di Ri- checourt , che governava la Tofcana in nome di Cefare , non confultava fé non la fua rabbia contro i Lucchefì . Quefti generolì verfo il Bofcovich lo regalarono di mille zecchini e di altri doni, e nell' im loffibilità di concluder 1' aHare in Tofcana, lo pregarono di patrocinarlo in Vienna preiT>lIm- perator medeiimo . Vi flette da undici meiì 3 né divife con altri la gloria del buon fucceflb, per cui fu aggregato tra i nobili cittadini di quella Repubblica . SoReneva allora la Cor- te di Vienna la guerra contro il Re di Pruffia, e le prime vittorie fecer nafcere nel Bofcovich il deliderio di cantarle in verii latini . Compi il primo libro del Tuo poema, e lo pre- fentò all' Imperatrice Regina . Cominciò anche il fecondo ma l'avverfa fortuna, che fucceffe alla profpera , lo di'hjlfe dall' incominciato lavoro. Allora fu che il P. S'cherficr cele- bre Gefuita l'invitò a fare una differtazione , in cui moRrdf- fe, come colla fua teoria delle forze ii fcioglieva il proble- ma dellofcillazione dei pendoli comporti . Po. e mano all'one- ra, e conofcendo la necetfità di moftrare in grande il quadro della teoria medelima abbozzato folamente nelle diiTertazio- ni, che le appartengono, diftefe il libro , di cui abbiam di fopra parlato, e lo dedicò al Card. Migazzi . Lo terminò con una lettera allo fleifo P. Scherffer , in cui trattò del centro di perculiione. Gli onori ricevuti in Vienna, l'utilità de' viaggi, i mez- zi avuti dai Lucchelì per intraprenderne dei nuovi, lo mof- fero, tornato che fu in Roma , a demandare ai fuoi Supe- riori la licenza di pallare nella Francia e nella In-^hilterra. Ne'fei meli, che fu in Par>gi , vifTe familiarmente "coi Si-g. Clairaut, d'Alembert ,Fontaine, de la Calile, Monnier , ^dé la Lande, ed altri dotti uomini; frequentò 1' Accadem'ia e l'Oilervatorio, e con una fpecie di commercio, che onora le fcienze e chi le profelTa, rendeva ai fuoi amici quelumi , de' quali erano verfo di lui liberali. Fu anche più fortunato in Londra, perchè gl'illuifri menbri della Società Regia di quella città lo afcrilfero nel loro ceto; e grato e-li acanto onore lor dedicò il fuo poema d.^ folis ac lun£ d-f.-aibus ar- ricchito di dotte e copiofe note. Correva allora l'anno 1760 precedente a quello , in cui doveva accadere il raro ed importan- te fenomeno del pa.laggio di Venere futto il Sole, una fola d iij XXX volta, né bene oflervato dagli agronomi Inglefi nell'anno 1639. li Bofcovich ne parlava fpefTo co'fuoi colleghi , lor raccon- tava le fpcdizioni fatte e da farli dall' Accademia di Parigi di chi roffervaffe a Pondicheri , a Tobolsk , nell' Affrica e in Cipro, e diftefe una breve diflertazione per render conto alla Società d'un piccolo errore dell' Halleio, T annunciatore del fenomeno e l'autore del metodo per ollèrvarlo , errore fcoperto dal Signor de Lille . Ei certamente contribuì non poco perchè due aftronomi Inglefì folTero mandati per lo fleiTo fine all' ifola di S. Elena, e due altri a Sumatra. Promife di fervire anch' egli a queft' oggetto aflrono.nico , ch^ il piìi di tutti per la fua utilità aveva eccitati tanti viaggi , e pro- dotto tanto moto nell'Europa, poicuè li era propofto di paf- fare a Cofiantinopoli , luogo anch' elfo opportuniffimo per l'ofTervaxione . Ma una più lunga dimora preffb quella feli- ce nazione, che più di tutte ha contribuito al progrelfo del- le fcienze e dell' arti , perchè ella e non il Governo è la difpenfiitrice della pubblica ftima , il lungo viaggio fatto per l'Olanda e per la Fiandra nel ritornare in Italia , e fopra ogni cofa il ritardo della partenza da Venezia del Bailo Cor- rer, a cui (i era elìbito per compagno , furono le cagioni che lo trattennero dall' elFere in Coftantinopoli nel tempo del paflaggio , cui malamente potè olFervare in Venezia , perchè impedito dalle nuvole, e perchè non ben provveduto d' iilru- menti . Non molto dopo col fuo illuftre compagno ed amico fece vela per Tenedo. Mentre ivi afpettavano le galere Turche per fare il tragitto a Coffantinopoli , cercarono le rovine di Troja , ricordevoli del paffo di Virgilio: > ■ '; .^ • ..: EJì in confpeflu Tenedos notijjìma fama •-, Infilici Ogni reliquia di quella fuperba città , o per meglio dire di quella , che fu fabbricata dai Romani in vicinanza dell' XXXI «ntica, fu l'oggetto d^lla curiofità de'noftri viaggiatori, e il Bofcovich ne djftefe una minuta relatione , in cui la parte più interefl'ante è quella d'alcune ifcrizioni trovate tra i la- ceri avanzi di grandioii editìzj . Poiché 1' antiquaria ha non meno che le altre fcienze i fuoi mifterj , dilFe che nell'inter- pretazione di alcune di effe trovava non minor difficoltà, che nel problema de' tre corpi in meccanica , e del cafo irredu- cibile in algebra. Il foggiorno di Coftantinopoli non fu lie- to pel Bofcovich, perchè vi fu quali fcmpre infermo, e una volta tra le altre difperarono i medici delia fua vita. Vi fu però amichevolmente trattato dal Co. di Vcrgennes Minirtro di Francia, che la voce dell' Europa e le lagrime della na- zione per la fua frefca morte mi difpenfano dal lodare . Per le premure di lui ne partì dopo fei meli coli' Imbafciatore d'Inghilterra Jacopo Porter , e dopo di aver fcorfo la Bul- garia e la Moldavia, e una porzion della Polonia penfava d' innoltrarfi iìn nella Ruflfia . Ma gravi incomodi di falute , la rigida ftagione , e la morte di Pietro II. 1' obbligaro- no a piegar da Varfavia verfo Cracovia, e per la Sleiìa e per l'Auftria di tornare nell'Italia e a Roma. Il diario del viaggio coir Imbafciatore Inglefe fin nella Polonia fu il fog- getto d' un fuo Libro ftampato in francefe e in italiano, che la narrazione di troppe piccole cofe , e di frettolofc of- fervazioni rendono poco interedante . I più grandi uomini trovano fpefTo nel loro amor proprio medelimo un giudice fecreto, ma fevero, che le lodi degli altri fa tacere per qual- che momento, ma che elleno non giungono mai a corrom- pere. Qiiefto giudice gli obbliga a non elfer ugualmente con- tenti cielle loro produzioni, o almeno a dubitare del merito d'alcune, e a forza di ftudio e d'efperienza giungono qual- che volta a difapprovare in fecreto quello di cui li erano van- tati in pubblico. li Bofcovich però non palesò mai quello fentimento,e ricco de'proprj lumi pareva che fdegnalfe, me- xxxir diante la lettura, la notizia degli altrui , e che proteggefle con egual impegno tutto quello , che aveva pubblicato, co- me meritevole dell' ammirazione de' fuoi contemporanei , e della memoria della pofterità. Se ciò non fervi alla fua glo- ria, fervi almeno al fuo piacere , e fenza temere di edere prefuntuofo li ftudiava di comunicare agli altn queir idea, che aveva di fé medelìmo . Animato dalla curioiità e dall'amor proprio cercava di di- ftinguerlì nelle fcienze di fatto, in quelle aftratte , nella cogni- zione delle cofe politiche , e nelle arti di guRo,e deve far ma- raviglia che delle puerilità pedantefche entraflero fpedb nefuoi difcorfi pieni di fìlofotìa e d'ingegno. Gli (leiTi fuoi viaggi non produflero l'utilità, che doveva afpettarfene , perchè egli pro- curò di fLir conofcere più fefteflfo, che di conofcere gli altri . Ciò non oftante dee riguardarli come un genio fublime e univerfa- le , né fu piccola gloria per lui l'entuliafmo, concui fu fempre accolto in Roma, che , onorandolo , credeva di cancellare la macchia della non curanza , che per molti fecoli di barbarie inoltrò per quelli, che coltivavano le fcienze fiàche , e ma- tematiche . Si trattava allora di profciugare le paludi Ponti- ne, opera grande, e più volte tentata con grave , e quali fempre inutile difpendio . Un Cardinale , che vi prefedeva, rifguardò come un foccorfo celelìe il ritorno del Bofcovich , fottopofe air efame di lui quant' era flato fatto e fcritto , e fpecialmente le due relazioni de' celebri matematici Bertaglia e Gabriel Manfredi, e valutò come un oracolo le riflelìioni del medelìmo. Quantunque egli folle inclinato ai fiftemi nel- la fiiica, e fofTe perfuafo della forza del calcolo per afficu- rare, per così dire, l'eliilenza delle caufe, e per determina- re gli effetti, che debbono produrre; ciò non oftante para- gonando nella fcienza dell'acque quefti effetti con quelli che l'efperienza ci fcuopre, e trovandoli fpeflb da quefta fmenti- ti; confefsò l'umiliante verità, che in quella Itella fcienza a poco - XXXIIT poco o a nulla ferve il luffo della geometria , e che fola- mente una circofpetta e lenta oflervazione può fervirle di guida . Da quefìa afTiftito , formò i fuoi ferirti , e può dirfi che quanto ei fciide o fui bonificamento delle paludi Pon- tine, o fui riaprimento dei porti diTerracina in quefto tem- po, prima d'Anzio e di Odia, e dopo di Rimini (d) e che quei tanto che fomminiftrò al fuo amico e collega P. Lec- chi , e ai Lucchell fui progetto di aprire un nuovo Ozeri , moftra una circofpezione faviffima , che efclude ogni frivola congettura, e che dà dei precetti utiliffimi pel regolamento dell' acque . Se il fuo efeinpio fofTe imitato , fi fpargerebbero nella focietà molti vantaggi, o fé le rifparmierebbero alme- no molti inutili e difpendiolì tentativi. Riferbando la geo- metria per altri oggetti , era ficuro di guadagnarvi , e la fcienza maneggiata da un s\ gran genio fi prometteva dei progrefli fenfibililfimi e utiliffimi per tutto il mondo . L' ot- tica e l'aftronomia l'occupavano allora, e per avere un più luminofo teatro da efercitarle , qual era quello d' un pubbli- co e celebrato Liceo, accettò 1' invito del Senato di Mila- no, e del Co. di Firmian Miniftro Plenipotenziario dell'Im- peratrice Maria Terefa nel governo di quella città , che lo chiamavano alla cattedra di matematiche nell' Univerfità dì Pavia. Vi venne nella primavera dell' an. 1764, e l'orazio- ne , che recitò nell' ingrelTo , fé non era pompofa per 1' elo- Tomo IV. e (a) Interrogato ancora fui porto di „ fufficiente diflanza dalia bocca da Cafìiglione della Pefcaja cosi rifpofe „ ambeleparti due guardiani ,0 fieno al fuo amico Ab. Puccinelli in una „ moli perpendicolari colla (piaggia, lettera data di Parigi il dì j{ Aprile „ che arrefìino le arene, mentre qu«- deir an. 177S. ,, fle non vengono mai dall' alto, ma „ In ordine ai lavori di coteflo „ lungo la fpiaggia ftella per la cor- „ porto , quando fi tratta di un'im- „ rente, che vi fi forma per l'urto ,, beccatura , come cotefla , che è for- „ obbliquo de' venti. Slungando que- „ mata da un corfo d'acqua chiara, „ fìi , fecondo il bifogno , il feno di ,, il miglior partito e ficurifllmo a „ mezzo refla fempre libero e netto. ,, mio giudizio 'e quello di fare in XXXIV quenza , lo era per la copia delle cofe ottiche trovate di frefco, e óà lui o migliorate o fpiegate con più facilità ed eleganza, e delle proprie lodi. GÌ' invidiofi e gli emoli mal le folfrivano. Furono in principio occulti, poi manifefti, e fi apri cosi all'amor proprio del Bofcovich una forge nte d'in- quietudini . S' appigliò al mezzo il più potente per con- fonderli , che fu quello disila pubblicazione delle fue cofe diottriche . L' Accademia di Bologna ne ebbe una gran par- te, che riportò ne' fuoi Atti , e tutte inlieme furono com- prefe nel libro Campato in Vienna 1' an. 1767 dal fuo ami- co P. Scherffer col titolo : Dij']enatìo-f2es ^uìnque ad Dioptri- cam pcrtinentes . A parer di molti quelìa è l'opera che fece il più d'onore al Bofcovich, come quella che moflra lo fpe- rimentator diligente e fagace , ed il profondo geometra . Co- mincia dalla defcrizione d' un iftrumento a prifma variabile d'acqua da lui inventato, cui chiama vitrometro , forfè il più idoneo di tutti per determinare le diverfe qualità di vetri , tanto in ordine alla forza refrattiva , quanto a quella che dicefi difperfiva , de' raggi di diverfa fpecie . Ciò trovato po- tè fare una ferie di belle efperienze dirette fpecialmente a dimofirarc , che con due lenti fi unifcono folamente due co- lori , e che con tre fi poflbno unire i due colori efi:remi con quel di mezzo, e quelle fanno l'argomento della feconda Dif- fertazione . Molte di quefie efperienze fatte prima da lui e in Pavia e in Milano invitarono la curiofità dei dotti , e di più perfonaggi e viaggiatori illuflri , tra i quali dee nomi- narfi il Duca di York, che onorando della fua fi:ima il Bof- covich , andò più volte da lui per efiere inftruito de'fuoi fe- lici diottrici ritrovamenti . La ricerca della difiribuzione del- la luce nel piccol circolo, che nafce dall'errore della figura sferica, problema nuovo (quantunque analogo in parte all' altro, in cui il Newtono aveva determinata la difiribuzio- ne di quel lume pel circolo, che nafce dalla diverfa refran- XXXV gibilità) di fomma importanza, né di facile fcioglimento , occupa fpecialmente la terza Dillertazione. Perchè l'Autore fdegnò di fcioglierlo analiticamente , dovè battere una lunga e tortuofa ftrada , per cui conducendo i fuoi lettori , mal foffrono quelli la lunghezza del cammino , quando i primi palli del nollro Geometra 1' avevano condotto ad un' equa- zione di terzo grado , che veramente a quel problema ap- partiene, dalla quale , ufando del calcolo ordinario , facil- mente poteva giungere al termine propoftolì . Ma egli al fuo folito preferì la via fintetica , e riguardò poi fempre la fo- luzione di queflo problema come uno de' parti più gloriod del fuo genio geometrico. Non fu meno felice nelle formo- le , che riguardano la refrazione delle lenti , perchè quan- tunque interamente prefe dal Clairaut , fon però dimoftrate da lui con metodo piii femplice e facile, e quello pregio fa che egli meriti d' elTer affociato alla gloria dell' inventore. Già fi fa che dopo l'invenzione de' telefcopj acromatici fat- ta dal Dollond, quel!' illuftre Francefe applicò il calcolo al- la pratica, e che potè dedurre cosi dalla diverfa refrangibi- lità dei due vetri adoperati, quali dovevano elTere le curva- ture di quelli flelh due vetri per diftruggere 1' aberrazione della refrangibilità. Anche il d'Alembert lì rivolle a queflo oggetto importante dell'ottica, ma più di tutti l'Eulero, ed avendo il Dollond figlio nel 1765 perfezionata 1' invenzion del padre , combinando due lenti concave d.\Cron^n-glafs con una loia convella .o..n>iia njuguuuiuv. Uupu la loro Itazio- «e per correggere tutti gli altri elementi delle loro orbite , delle quali fi fa con tutta la precifione poifibile il tempo pe- riodico e il luogo del nodo , una nuova maniera di verifi- care lo flrumento dei paffaggi , il piano per erigere un nuo- vo OiFervatorio furono foggetti di molte altre memorie, che moftrano un uomo nato per facilitare la cognizione d' una fcienza, che è fpeflb involta tra le tenebre di calcoli aftru- fiffimi, e che domanda diligenze infinite per liberare dagli errori gl'iflrumenti , di cui fa ufo. Nello ftefib tempo che ferviva all' agronomia , e che dava agli aftronomi occafioni di adoperare e di efporre i fuoi felici ritrovamenti (a) non Tomo IV. f (a) Vedafi tra l'altre opere l'Aflro- ma edizione, in cui fi dà un lungo iiomia del Sig. de la Lande dell'ulti- eflratto della teoria delle refrazieni, e XLII dimenticava l'oggetto principale dei fuo impiego, che ri- guardava i cannocchiali acromatici. In un'opera latina die- de la defcrizione d' un iftrumento , fui quale polla una fpe- cie di prifma di vetro a angolo variabile comporto di due parti , r una piano-convelTa , 1' altra piano-concava , {cor- rendo r una full' altra, fa variare l'angolo. L' idea del- la variazione dell' angolo è del P. Labbat ; ma 1' ifi-ru- mento, la maniera di tagliare i due vetri, e la maniera di fervirfene è tutta propria del Bofcovich. Per mezzo di eflb fi trova faciliffimamente la qualità refrat-f-iva e Hifperfìva dei differenti vetri , mediante il paragone d' un piccoliffimo prif- nia di ciafcuna foftanza con quello prifma variabile . L' in- ventore efpofe la maniera di fervirfene, le formole per de- durne quelle qualità, e i raggi della sfericità sì per gli ob- biettivi, che per le oculari acromatiche, di cui dà le di- moftrazionr molto più femplici delle comuni, colle efprefflo- ni le più facili per la pratica . Dà ancora degli efempj di tutto il calcolo numerico per formare un obbiettivo a due, e a tre lenti . E' ingegnofo il metodo per paragonare infieme due vetri rapporto alla qualità difperfiva , non folamente dei raggi eftremi, ma anche di qualunque di cfue raggi colorati, il che farà di grand' ufo per riunire più efattamente in un foco i raggi con tre lenti di tre foftanze diverfe , quando la chimica avrà finalmente trovato un mezzo ficuro d' avere dei vetri di differenti foftanze baftantemente omogenee e pu- re , perocché avea dimoftrato altrove , che due foftanze , co- me il pnt-glajs e il cro^n-glajs , non poffbno riunire che due foli colori , ond' è che impropriamente fi chiamano a- cromatici i nuovi telefcopj. Anche la maniera di corregge- re i colori, che derivano dalle occulari , fece la materia d'un fi fa menzione di molti altri metodi la fioria dell' Aflronomia loda ancora inventati dal Bofcovich. 11 Bailli nel- il poema degli EclilTi. XLIII opufcolo, e trattò in un altro il metodo di trovare con tre certi fochi d'una lente già fon..ata un diretto e due rifleffi, i ragf^i delle due fue sfericità e la quantità refrattiva del fuo vetro , Io che ferve per vedere fé un artefice ha bene efe- guite le sfericità date del calcolo, e qual ha la difettofa, e di quanto per emendarla. JVIa quello , di cui moftrava di compiacerli efiremamente , era il metodo di calcolare l'erro- re reliduo d'un obbiettivo già calcolato , maravigliandoli egli medetìmo del buon fucceflb di quello fuo ritrovamento (a). Le molte e belle cofe trattate prima nelle cinque diflerta- zioni pubblicate in Vienna furono da lui riordinate e me- glio efpofte per confermare vie più la prova del fuo valore in una fcienza, che, creata di frefco e maneggiata da inge- gni fublimi, aveva bifogno di chi la promovete , e ne fa- f ij (.a) Una fua lettera de' t; di Set- tembre dell' an. 1785 ne è una pro- va . Ella è diretta al Sig. Abate Puc- cinelli , e noi ne riporteremo una porzione. ,, L' ultimo fupplemento è » riulcito lungo ; ma è elienziale- „ Son reflato ibrprefo della precillo- ,. ne, con cui nel primo degli ogget- „ tivi a due lenti determinati nel le- ,, condo opufcolo , per cui ho fatto i „ calcoli efatti per vedere gli errori ,, refidui , fono fiati corretti amtndue „ gli errori di refrangibilit'a e sferi- „ cita, e ciò non lolo per li ragai „ intinitamente proifimi all' alle rolli „ e violacei, e arrivati al fine dell' a- „ pertura , ma anche per gli arrivati „ fra il centro e il bordo . Neil' og- ,, gettivo comune 1' errore di refran- „ gibilit'a va alle centefime , quello „ di sfericità alle millefime; nell'og- „ gettivo comporto appena alcuni arri- „ vano alle decime millelime e po- ,, chiffime ; ficche ne la determina- „ zione degli m , ne il lavoro mate- ,, riale della fuperficie può arrivare ,, ad evitare quefli refidui • Bifogna ,, dire che gli errori nati dalle quan- „ tita dilprezzate fi iìeno conipenfa- ti . Vi fi vede pei , che dove il New- ton in quel fuo obbiettivo avea trovato l'errore della rcfran^ibilità più di 4000 maggiore di quello del- . la sfercita nell'apertura di un pol- ,, lice per ogni piede di dilianza fo- , cale, che fi da agli acromatici , il , longitudinale appena e a li doppj , maggiore; onde fé fi confiderà in , oltre il mio ritrovato dell' ellere la , denfita della luce nel circolttto di , quello della sfericità infinita e nel „ centro e nel lenibo , dove in quel- ., lo della rtfrangibilita verfo il lem- ,, bo fvanifce , fi vede , che la corre- I zione di quel primo è ellenzia- , le almeno quanto quella del fe- , coiido e forle più ; onde gli acro- , matici fanno il grande effetto , per- , che appunto in elfi fi correggono , amendue. Vedo da que' rifultati , , che gli oggettivi a due poflono ef- , fere uguafinente buoni che quelli a , tre quando i vetri fieno ugualmen- , te buoni , e le mifure calcolate be- ine fu gl'individui vetri che ù ado- , prano . Vi vogliono di buoni ve- , tri, e quelli fi afpetcano dalla Chi» , mica • XLIV cilitalfe la cognizione. Vorremmo ancor dare al noftro Otti- co il merito dell'invenzione del micrometro prifmatico col moto rettilineo dentro il tubo , ma poiché o per infedeltà di chi credeva fuo amico , a cui aveva comunicato le fue idee, o perchè realmente altri trovaffero nello flefTo tempo» o prima la ftella cofa, da dover dividere con quelli la glo- ria della fcoperta, noi non decideremo una queftione , che porterebbe feco l'accufa e la condanna di celebrate perfone. Le lettere del Bofcovich fu quefto articolo fono fcritte con quella libertà , cui fembra non potere infpirare che la giu- ftizia della caufa e il teftimonio della propria cofcienza ; ol- tre di che vi fono degli uomini , che hanno diritto di ren- dere teftimonianza a loro medeumi , e il genio dell' inven- zione è naturalmente ardito nelle fue efpreffioni , e qualche volta prefuntuofo . Può dirli ancora per giufl-ificazione di lui, che l'amore ardente per l'immortalità del nome, che tanto ci occupa, e che tanto poco ci appartiene, era fcufabile nel tempo e nel luogo , in cui lì procurava di perfuadere il Go- verno , eh' ei non meritava le ftraordinarie beneficenze ac- cordategli . Condannato a combattere , finche ei vifTe , cogl' invidioli , domandò ed ottenne la licenza di tornare in Ita- lia col fine di pubblicare le fue nuove opere , il che efeguì nel 1785 dopo di aver dimorato quali due anni in Bairano preflTo il Remondini , che ne fu l'editore. Le divife in cin- que tomi, ed annunziò in italiano , in francefe , e in lati- no fu quali argomenti fi aggiravano. Il primo e fecondo to- mo abbraccia tutto ciò , che appartiene all' ottica ; e alle molte cofe nuove da lui trovate , e da noi accennate deelì aggiungere quella d'un cannocchiale ad acqua, col quale ave- va fatte molte belle e curiofe efperienze in Milano. Il ter- zo, oltre le fue meditazioni per determinare le orbite delle comete , ha la teoria del nuovo pianeta fcoperto poco pri- ma in Inghilterra . Il quarto contiene tutto ciò che ferve alla verificazione degl'iftrumenti agronomici. II quinto finalmen- te, confecrato anch' egli all' albonomia , tratta d^l compari- re e fcomparire , che fa 1' atiello di Saturno in cirte fue particolari potìzioni pi?r rapporto al Sole ed alla Terra ; d' un metodo' per determinare il movimento d*l Sole intorno al fuo a(Te per mezzo delle ofTervazioni delle fue macchie ; d'un altro per determinare gli elementi meno ficuri dell'orbita di Venere , impiegando il ritorno di elTa alla medelìma longi- tudme ; e di altri metodi per correggere gli elementi sì di una cometa , quando li ha la longitudine del fuo nodo e l'inclinazione dell'orbita, si d'un pianeta per mezzo di tre offervazioni . Vi fono altri opufcoii , che determinano la cur- va nata dalla proiezione d' un' orbita inclinata fui piano dell' ecclittica o fu qualunqe altro piano, che infegnanoil modo di calcolare l'aberrazione degli aftri nata dalla propagazione fuc- cellìva della luce coli' ajuto di certe formule differenziali ef- polte nel terzo tomo , che fciolgono il problema, in cui fi cerca qual lia il lembo illuminato della Luna, il cui arri- vo al meridiano debba afpettarlì , e che danno delle dhno- fìrazioni fempliciflime d' alcuni bei teoremi appartenenti ai triangoli. L'opufcolo fulla maniera di determinare la lun- ghezza del pendolo femplice è per fé folo una prova eviden- ,te della maravigliofa fagacità del noitro Aftronomo . Non facciam menzione d'un compendio d'aO-ronomia fatta per ufo del Duca di Chartre^ perchè egli non ha altro mento fé non che quello della brevità e della chiarezza. Tutte queft' opere portano in fronte il nome di Luigi XVI, e l'efpref- iione della pia iincera gratitudine verfo un Monarca , che riguarda la protezione delle fcienze come uno d-*gli aitari il pili utile allo Stato, e il più gloriofo al fuo re^no. Dopo 1' edizione di quefii cinque volumi ritornò il Bo- fcovich in Tofcana, e vi li trattenne più meli prefFo i Padri Vallombrofani. Di qui pafsò a Milano, e con un nianifefto MEMORIE D I MATEMATICA E FISICA L' OPPOSIZIONE DEL NUOVO PIANETA OSSERVATA NEL 1788. Dal S'ig. Antonio Gagnoli. COn un quadrante di tre piedi fedamente affettato, e for- nito di ottimo cannocchiale acromatico con eccellente micrometro a fili, ho offervato tre volte nel Meridiano , cioè li 16, li iS, e li 20 Gennaio, la differenza apparente d'afcen- fione retta e di declinazione tra il novo pianeta e la flella y) del Cancro. La pofizione di quefta ftella determinata dal Ma^'^j^ pel 1756 e ridotta al 1760 differifce da quella dd Bradlejo di 3' nell'afcenf. retta e di i" , 2 nella declinazione. Ho prefo il mezzo fra le due pofizioni , e vi aggiunfi la preceffione perfino ai rifpettivi giorni delle offervazioni, facendo quella in longitudine = 50", 252 -{- o", 221 per 1' azion de' piane- ti ; e impiegando — o", 241 per il moto del punto equinozia- le full' equatore dipendentemente dall'azione medefinia. La Tomo IV. A •^ L' Opposizione prima quantità fu ^abilita dal Sig. di la Lande mediante un gran numero di comparazioni ( Aftronom. Tom. IV. Supplem. ai n. 917, 2745). Le altre due quantità fuppongono , in primo luogo che le perturbazioni , prodotte da Mercurio , Marte , Giove e Saturno , iìeno tali quali vennero valutate dal medeiìmo celebre Aftronomo ( Ibid. Supplem. al n. 2737), e in fecondo luogo che la diminuz,ion fecolare dell' obliqui- tà dell'eclittica lìa di 57" conformemente alla teoria ed alle offervazioni di nfpettabili Aftronomi , della qual diminuzio- ne vengono ad imputarti 38" all' azione di Venere . L'ufo poi della feconda quantità, non ancora generalmente -ricevu- to , è flato dimoftrativamente inculcato dalla fagacità del Sig. Ab. Oriani nelle Efemeridi Milaneli degli anni 1781,1783. Ho inoltre adoperato 23° 27' 56" -i- per obliquità apparen- te dell' eclittica nel calcolar le longitudini geocentriche of- fervate, ho prefo il luogo del Sole dalle tavole del la Caillc publicate dal Sig. de la Lande ^ e il luogo del pianeta da quelle del Sig. de la Place calcolando però direttamente l'equa- zione del centro e la latitudine eliocentrica per averle con ogni efattezza . Se fi chiamanoL'L"L"'le tre longitudini geocentriche calco- late, A' A" A'' le olTervate , i rifultati furono: L' = A' + 6", 6; L" = A" -f i", 3; V = A'" +3", 2. Prefo il mezzo, l'error delle Tavole nella longit. geocentrica viene ad efiere + 3", 7, che poi Ci trova di 3", 5 nell' eliocentrica. Diminuite pertanto di tali quantità refpettivamente la lon- gitudine geocentrica e l'eliocentrica date dalle Tavole pel momento dell' ofiervazione del di iS,rifulta l'oppofizione nel giorno flefTo a o** 4' 27" tempo medio del meridiano di Pa- rigi , con 3'' 28° io' 19", 5 di longitudine geocentrica ed elio- centrica vere del pianeta contate dall' equinozio medio , e con 9' 28* 10' 19", 5 di longitudine vera del Sole, nella quale è comprefa l'aberrazione, non già la nutazione. L'error medio delle Tavole nella latitudine boreale geo- centrica è — 4", 5 che diventano — 4", 3 nell'eliocentrica. Efie latitudini , aumentate di quelle refpettive quantità , e ridotte al momento dell' Opponzione , fono , la geocentrica 34' 45", 2 , l'eliocentrica 32' 54", 4. Se nel calcolo di quella Oppofizione fi adopera 33" per DEL NUOVO Pianeta; 5 diminuzion fecolare dell' obliquità dell* eclittica come vuole il Sig. de la Lande, allora 1' ertetto delle perturbazioni pla- netarie da aggiungere alla precellione in longitudine è fola- mente o", 072, ed il moto annuo del punto equinoziale fall' equatore — o", 07S5 , donde viene a crefcere di 4" 1' afe. retta di n del Cancro, e per confeguenza quella di Urano o Herfchel. Crefce pure di 8" l'obliquità attuale dell'eclit- tica : e qucfti incrementi aggrandifcono di 3", 6 le longitudi- ni geocentriche offervate , e diminuifcono di 6", 3 le lati- tudini. Qiiindi l'error delle Tavole in longitudine fparifce, e quello nella latitudine geocentrica diviene -+- i", 8, nell' eliocentrica -\- i", 7. Con quefti dati rifulta 1' Oppofìzione li 18 Gennajo 1788 a o"' 5' 51" t. m. con 3' 28" 10' 23" di longitudine geocentrica ed eliocentrica del pianeta, e con g' 28* 10' 23" di longitudine vera del Sole, alle con- dizioni già dichiarate; con 34' 38", 9 di latitudine geocen- trica, e 32' 48", 4 di latitudine eliocentrica. e /^ 4 COTSLSlDETiAZIO'KI SIKTETICHE SOPRA DI UN CELEBRE PROBLEMA PIANO , E RISOLUZIONE DI ALQUANTI ALTRI PROBLEMI AFFINI Del Sig. D. Annibale Giordano di Ottaiano. PRESENTATA Dal Sig. Cavaliere Lorgna. (-a) LE ricerche geometriche, che qui mi fon propofto ef- porre , da altro principio non nacquero, che da un proulema famofo si per la fua eleganza, che per effere ftato l'oggetto delle occupazioni de' fonimi Geometri Cajìillo'a , la Grange , Euler , Fufs , Lexel : eccone brieve iftoria . 11 Sig.Cr.j'/Wc'r, rinomato Analifta , e degno Profelfore in Gi- nevra, propofe nel 1742 3.\Si^. de CaftiUoriW problema d'infcri- vere in un circolo un triangolo rettilineo , i di cui lati di(ì:e(ì paffaffero per punti dati : impegnandone codefto Geometra a rifolverlo coli' analilì degli antichi ( forfè perchè fé ne fem- brava fterile qualunque giudiziofa applicazione di quella de' moderni), ed obbligandolo alla foluzione colle feguenti pa- role „ Nella mia gioventì:i amava, come voi, il metodo geo- „ metrico degli antichi . Un vecchio Geometra per faggiare „ le mie forze in quefto genere mi propofe il problema, che (a) Nota del mede/imo . Oviedo fcrit- to è (lato mandato da Nipoli alla Società dal Sig. BsliCo. de' Sagramoii fin dal dì 1. Ottobre del 1787 , fic- chi:- il Geometra che n" è 1' Autore il cornpofe nella tenera età di poco più che ledici anni. Parvemi pertanto di- cevole il dargli luojo negli Atti dcl- !.i Società si per quefto, che per ef- fere flati occupati intorno allo fleffo (iigsetto prima del noftro giovanetto diverli illuRri matematici, e sì anco- ra per il di pili ch'egli fece rilolven- do il Problema principale in tutta la fua generalità con tacile metodo ,chs ricorda non già propriamente la fin- tefi , raa l'analilì degli antichi. COKSIDER AZIONI SINTETICHE $ ., io vi propongo: tentate di rifolverlo, e vedrete quanto il „ medelìmo iia difficile,,. Il Sig. de Cajìillon accettò queflo amichevole invito, e feriamente applicatovili altro non rin- venne, che alcuni teoremi che fembravano menarne allo fno- damento fenza però mai produrlo; lìcchè quali dirperandone dopo varj tentativi lafciò l'imprefa. Coli' occatìone poi che ri- vedo problema fu nel 1755 publicamente da un Anonimo proporto in Haye , l'illuitre M/ Bouquet riputandolo come niente indegno delle coniiderazioni de' Geometri ne incorag- giò il Sig. de Cajìillon alla foluzione. La riprefe egli inve- ro, ma il problema come refilo alle fottili indagini di un sì valente Sintetico , lo trattenne fintantoché, fecondo le fue fleire efpreflioni , quali piccato dall' inutilità de' fuoi sforzi rinvenne alcuni lemmi a tale uopo, mediante 1' ajuto de'qua- li gmnfe alla de/ìderata foluzione; ma si tardi , che non fi difcorreva più ne del problema , né dell'Anonimo. La pu- blicò poi negli Atti dell' Accademia di Berlino per 1' an- no 1776; ove leggefene ancora una puramente analitica del Sig. de la Grange. Or elfendomi imbattuto in queflo luogo de'fuddetti Atti ammirando l'eleganza, e femplicità del problema, penfai di efercitarmivi in rifolverlo; e perchè M.' de Cajìillon nella prefazione della fiia Memoria ne avvifava , non ellere il me- delimo che il 40."" di Pappo univerfalizzato , andato un giorno a rifcontrare iiffatto luogo delle Collezioni Matematiche del inedeiimo , torto mi riufci,come è facile avvenire, di rifoive- re il problema generale partendo da que' medelimi femplicif- fimi principi, onde n'era rtato elegantemente rifoluto il par- ticolare dagli antichi ; e comunicatane la foluzione ad un iUurtre Geometra mio amico , giudicò cortui efìeroe la me- delìma molto più fernplice , e fecondo il raffinato gurto de- gli antichi, che quella del Signor de Cajìillon; 1! perchè inco- raggiato ardii tentare lo fnodam.ento dell' irteilo problema concepito fotto afpetti incomparabilmente più univerfali, ed impiegarmi in quefto dilicato , e piacevole lavoro in quelle poche ore, che mi era permefiTo vacare dalle ferie , e dure occupazioni analitiche: ci pervenni feguitando imedeiìmi prin- cipi degli antichi, e ne dirteli una breve diiTertaziune al fo- lo fine di dimortrare con tali efempj .quanto il metodo seo- A iij ' 6 Considerazioni sintetiche metrico degli antichi in alcune circoftanze fuperi in cleg an- za, femplicità, ed univerfalità l' iftelTa moderna analili : av- verandoli alcune volte , che partendo da (emplicilfimi prin- cipi difcoverti con raziocinio fintetico , fi pervenga alla fo- luzione di problemi fommamente aftrufi , alla quale i' alge- bra non arriva fé non che per tortuofi giri, ancorché ma- neggiata da' più valenti analifti . Ma dopo qualche tempo efTendo qui capitati i Commentar] di Pietroburgo per I' anno 1780, mi avvidi, che quello ifteflb problema ne avea occupati , dopo il grande Euler , i rinomati Signori Fz((/ì cLcxel , de' quali quell'ultimo efamina principal- mente fé la foluzione di M' de la Grange lia fufcettibile di co- ftruzione, come ne faceva dubitare adE;//(rrla prolilfità del- la medefima . Le foluzioni di codefti Signori fono analiti- che ; ma ficcome vengono interamente quali appoggiate al medelimo principio degli antichi, mi fembra doverli le me- delìme riputare lintetiche . Del redo devo credere , che i fo- prallodati Geometri non abbiano voluto prenderli la pena di confiderare la fecondità dell' illelTo principio, altrimenti non mi fembra che trafcurato avrebbero di applicarlo ad altri problemi elegantilfimi . Per vendicare dunque in qualche maniera il metodo geo- metrico degli antichi dagl' ingiufli torti di alcuni de'moder- ni Geometri , mi è fembrato convenevol cofa premettere il problema particolar di Pappo colla genuina foluzione degli antichi , di efporre indi la mia foluzione del problema di Cajlillon^ e palTare man mano a problemi kmpre più uni- verfali fino al 6.% che fé non erro, è uno de' più femplici, e generali problemi, che fra geometrici poffano proporli. Prego intanto il favio ed imparziale lettore ad efaminare il filo, e 1* univerfalità de'feguenti problemi, e a giudicare, le di molti de'medelimi lì poflbno dare foluzioni puramen- te analitiche, cioè fenza fervirlì di qualche lemma iintetico a tale uopo ricercato. La cofa mi è fembrata fé non difpe- rata , almeno difficililTima; ma credo , che ciò unicamente dipenda da mia infufficienza : perciocché di molti problemi, che un tempo vantavano i Signori Sintetici , ne fono fl-ate date delle foluzioni puramente analitiche da fommi Algebri- fti , nel che fpecialmente fi è diftinto l' incomparabile M.' de DiUN Problema piano 7 la Grangi . Ma quello , che jl^rincipaltnente mi fa dilperare di una tale imprefa , fi è 1' efTerne la foluzione puramente analitica del fopraccìtato problema data dal medefimoSig. la Grange cotanto intralciata , che come abbiam detto , ne du- bitava Eider della poffibilità della fua cortruzione . Si giudi- chi da quefta quale dovrebbe efler quella degli altri proble- mi tanto pili univerfali , che noi qui ne rechiamo , Del reflo fé di quefti problemi fi diano delle eleganti fo- luiioni analitiche da qualche Genio fuperiore , la confeguen- za , che credo ragionevole dedurfene , fi è di doverfi il Geo- metra efercitare sì nel metodo fintetico, che nell' analitico per fervirfene poi, come più gli riefce comodo, nelle occa- fioni . L' avverfione , che hanno alcuni de' migliori Geome- tri per la fintefi, credo di effer nata dalla poco cura , che i medefimi fi han prefo di formarfene una giufta idea . Mi fem- bra che il metodo geometrico degli antichi in altro non confifta , che nell' induflria di fcovrire que' tali principi d'in- venzione, d' onde poi quafi da fé fìeflb fluifca il refto della foluzione , fia che fi profegua con raziocinio femplicemente geometrico, fia con un' arte fimbolica , come è l'Algebra. Infatti fé attentamente fi efaminino nel fondo le opere de'fom- mi Geometri tanto antichi come Archimede, Apollonio, che moderni, che fono partati pe' migliori fintetici , come Uge- nio, N£\f^ton, fi ravviferà efTer quefto f^ato il loro fare, che forfè è r unico per pervenire alle immortali invenzioni. Ma veniamo al problema. PROBLEMA L (Fig.i.) In un dato cerchio NG ifcrivere un triangolo DEF, / di cui lati prolungati pajftno pe' tre punti A , B , C dati di Jìto , e pojìi in linea retta . O fia ( fecondo lo fi:ile degli antichi ) inclinare ADB^ e mettere in direzione le rette £F, FC, Soluzione. I. Si unifcai^JBC, alla quale s'intenda condotta per Epa- S Considerazioni sintetiche rallela EG -, e congiunta GF la medclìma lì diftenda in H. E perchè 1' angolo EGF adegua si l'angolo EDF , che l'al- tro FHB, faranno uguali i due angoli EDF , FHB,c quin- di limili i due triangoli DAB , FHB , che hanno 1' angolo DBA di comune, e '1 rettangolo /iSH uguale al dato FBD-, e con ciò dato il punto H. 2. Sì tiri per G al medefimo circolo la tangente GK, che incontri AC in K • Sarà dato ancora il punto K : imperocché 1' angolo HGK e uguale all'altro GEF; ma queflo a cagione delie parallele E(j , AC, adegua il fuo alterno FCH; larà dunque l'ango- lo HGK uguale all' altro FCH; ed eflendo quindi limili i due triangoli HGK, HFC , ne farà il rettangolo CHK ugua- le al dato FHG , e confeguentemente elTendo dato il punto K fi ridurrà il problema a condurre dal punto K la tan- gente KG al circolo NG . Come b. r. PROBLEMA II. (Fi£. 2.) In un dato cerchio NG ifcrìvere un triangolo DEF , / di cui lati diflefi pajjino ps' tre punti A , B , C dati di /ito . { ,, ,,. S o L u z I o N E . i. Si unifca ^5, alla quale s' intenda condotta perE paral- lela EG e congiunta GF la medelima fi protragga in H . Sarà dato il punto H, dimoftrandofi con quella iftefla bre- vità, che nel Prob. I. •^•.j2. Similmente unita HC , alla medefima fi concepifca ti- rata per E parallela EI , e congiunta_IG la medefima fi dif- tenda in K- Sarà nell' ifiefia guifx, che prima, dato il punto K '■ im- perocché r angolo EIG coftituifce due retti sì coli' angolo EFG , che coir altro HKG \ dunque 1' angolo EFG o l'al- tro HFC farà uguale all' angolo HKG , ed effendo quindi fimili i due triangoli HFC, HKC , farà il rettangolo KHC uguale al dato FHG, e con ciò dato il punto K. "^Eifendo quindi le rette EG , EI refpettivamente parallele alle DI UN Problema VIANO. 9 alle rette HS , HC , farà l'angolo lEG uguale al dato CHB, ed unito il raggio LG Hirà parimenti dito 1' angolo LGK; e perciò coflruendofi i'opra di LK una porzione di circolo capiente un tale angolo , 1' interfezione di quella col cir- colo NG determinerà il punto G. Come b. n ■;. Avvertimento I. Si ravvila , che due fiano i paflì , che fi danno nella folu- zione di quello problema , ambedue derivati dal femplicifTi- ino principio degli antichi- Il Sig. de Cajlillon riiede inve- ro il primo, ma appligliatofi poi ad altri principi venne a privare la fua foiuzione di quella eleganza , di cui era fu- icettibile. COMPOSIZIONE (Fig.z.n.z.) Da quella fempliciflìma analifi fi deduce la feguente co- rruzione, che ne rapportiamo in grazia della celebrità di llffatto Problema , ed alfinchè fi vegga non aver bifogno la fua diraoftrazione né di alcun lemma , né di deduzione ad affurdo . COSTRUZIONE. 1. Congiunta AB Ci divida la raedefima in H, ficchè il rettangolo ABH pareggi il quadrato della tangente condot- ta per B al circolo NI. 2. Similmente unita HC ii divida la medcfima in K, fic- chè il rettangolo CHK fia uguale al quadrato della tan- gente tirata da H al medefinio circolo. 3. Dal punto H elevata ad HB la perpendicolare HM , fi coiìruifca fu di LK una porzione di circolo capiente l'an- golo CHM , che interfechi il circolo NI in G. 4. Si congiunga primieramente la retta HG , che tagli il cerchio NI in F, indi le BF, CF ., che prodotte incontri- no di nuovo il medefimo circolo in D ed F , e finalmente fi unifcano i punti A , D mediante la retta AD , che dico paffare per £ , licchè DFF fia il triangolo richieito. Comeb. f. Tomo IV. B IO Considerazioni sintetiche DIMOSTRAZIONE. Imperocché fi congiungano le rette KGl, EG , EI , e di L fi cali fu di Kl il perpendicolo LO. E perchè il rettan- golo KHC è uguale dalla cofl-ruzione all' altro FHG , i due triangoli FHC , HK.G , che hanno i' angolo GHC di comu- ne, faranno fra di loro fimili , e I' angolo HKG adeguerà l'altro HFC , o fìaEFff, il quale coftituendo due retti coli' angolo EIG , faranno confeguentemente ancora gli angoli HKI , EIK uguali a due retti , ed EI ne farà parallela ad HC. Inoltre gli angoli GLO , LOG fono uguali all' altro LGK-, o fia CHM, e tolto di comune l'angolo retto, rerterà l'an- golo OLG, o fia lEG uguale all'angolo CHE; ma dalla di- mofirazione EI ne giace parallela ad HC , dunque lo farà pure EG ad HB, e l'angolo EGF uguaglierà il fuo alterno FHB. Or dalla cofiruzione il rettangolo HBA è uguale all' altro FBD , dunque i due triangoli FHB , DAB , che han- no V àngiolo ABD di comune, faranno fimili, e l'angolo FD^ farà uguale all'altro FHB; ma fi èdimoftrato effer quefto u- guale all'angolo EGF, dunque faranno uguali i due angoli FDA, FGE, e perciò AD pafierà per E. Comeb.d, '-Avvertimento II. / Per brevità tralafcio i differenti cafi di quefto problema , come pure quando i punti ^,5,C,fono tutti dentro del cerchio; o pure parte dentro, e parte fuori, giacché le foluzioni fo- no molte analoghe alla prefente , e di leggieri fi ravvifa il fi- lo delle medefime . DI UN Problema piano. h PROBLEMA III. (F/;^. 3 , 4 , 5 ; i>; un dato cerchio in[crivcrc un triangolo^ di cui due. lati paffìno per due punti dati di [ito , e pel terx.o quella, retta i che col terz.o lato cojlituifce un dato angolo. ■■ Soluzione. Caso I. Nel circolo NI fia da infcriverfi il triangolo DEF , di cui i iati DE, DF palfino per A, e B, ed unita FC l'angolo EFC pareggi un dato. 1. Ad AB lì conduca parallela EG , e congiunta indi la retta GFH , farà dato il punto H. 2. Sì unifca ora HC , e lì divida la medelima in K , fic- chè il rettangolo KHC adegui il dato FHG : e congiunta KG iì dillenda la medelìma in/, e li tirino le retto. El , LG . E perchè fono fimili i due triangoli HKG , HFC , faran- no uguali i due angoli HK.G , HFC; ma quelle coli* angolo EFH,o lìa EIG conftituifce un dato angolo EFC: farà dunque data la fomma de' due angoli HKI, EIK.-, e perciò fé le rette £J, HC iì producano, dovranno incontrandoli co- ftituire un dato angolo. Or le rette HC , HB fono date di pofìzione , dunque ancora EI incontrando AB deve formare con quefta un dato angolo; il quale effendo uguale all'altro lEG, a cagione delle parallele EG , AB, farà dato un tale angolo lEG e confeguentemente l'altro LGK, e '1 punto iC. Come b. r. Caso II. Debbano ora i latiPF, EF del triangolo D£F pailare pe' punti B, C, ed efTer dato l'angolo DE.i . : 1. Per D menata DG parallela a BC, ed unita GEH ^ fa- rà dato il punto H. 2. Sì unifca HA, e fatto il rettangolo AHK. uguale al dato EHG, fi congiunga KG, e iì produca mi, e li ciri la retta DI. Ed elFendo fimili i due triangoli GK.H, E AH, far-) l'an- golo GKH uguale all' altro /ÌEH; ma que >o col l'angolo H£I>, o (ìa GID conftituifce un dato angolo AED , dunque faran- B ij 12 CoNSrOÉttAZrÒNl SINTETtCkE no ancora una data fonila i due angoli DIK. , HKI , e fé- guitando :1 medeiìmo raziocìnio , che nel Caso I. fi ritro- verà effer dato il punto G. Caso III. Si riehiegga finalmente, che i Iati DE-, EF, paffino- per ^ , e C , e lia dato 1' angolo DFB . La foluxione di quefVocafo ini'nantinente lì rimette a quel- la del 2." imperocché lì produca BF in J" , ed unifcalì £i* % farà il dato angolo DFS uguale all' altro DES ; ed elTendo quindi dato ben anche il fuo confeguente AES , il problema ridurrai ad infcrivere il triangolo SEF , i di cui lati SF ^ EF pafiìno per B e C, e lìadato l'angolo SEA. Ma affinchè lì ravvili l'univerfaiità de' noflri principi, rapportiamone la folurione fecondo i medelìmi principi . 1. Alla retta AC li conduca per D parallela DG , e fi u- nifca GFH . Sarà dato il punto H. 2. Si congiunga H5 , e fatto il rettangolo BHK. uguale al dato FHG , lì unifca KG , che tagli di nuova il circolo in J, e tirifì la retta DI. Simili CiTend) i duj triangoli BFH ,GKH , farà 1' angolo» GK.H uguale all'altro BFH; ma qaefto, eifendo dato 1' an- golo DFB, diflèrifce dail angolo DFG, o iìa DIG per una data differenza ; farà dunque ancora data la di'Fere-nza de'due an- goli GKH, DIG , e perciò le rette DI, HK. , incontrando^ prodotte devono formare un dato angolo, e feguendo il me- deiìmo raziocinio, che ne' due precedenti cali , Li troverà il punto G- Come b. r. Avvertimento (Fi^- 6.) Moltifiimì altri cali o fi rifolvono nella medednia manie- ra, o lì rimettono facilmente ai rapportati . Così fia da infcriverfi il triangolo DEF , Cicche i lati DE , EF paffinO' per B, e C, ed unita DA dato lia l'angolo FDA. In lif- fatto cafo, che affatto^ fembra rafromigliar agli antecedenti, unita S'È è dato l'angolo SEC, e'I problema lì è immedia- tamente ridotto ad infcrivere il triangolo DTE , i di cui la- ti DS , DE paffino per A q B , q daito ila 1" angolo SEC (Caso I.}. ■. ,>.....,, diunProelemapiano. 13 PROBLEMA IV. J« un dato cerchio infcrivers un triangolo, di cui un '■> lato pajji per un punto dato di /ito , e per due altri punti pajjìno quelle rette , che con i due rimanenti lati cojìituijcono angoli dati. Soluzione. Caso I. I punti A, B, C, ( Fig. 7. ) e '1 cerchio EF fìan dati di polìiione , e lia d' uopo infcrivere in quefto un triangolo DEF , lìcchè il lato DF paffi per B, e dati lìano gli angoli DEA, EFC . i. Unita BC , e fatto il rettanjolo CBH uguale ai dato FBD, lì unifcano le rette DGH.^EG. Si proverà facilmente, che fé le rette EG , BH lì difen- dano finché s'incontrino, debbono formare un dato angolo. Onde per H condotta Hii parallela ad EG , dovrà quella coitituire con BH quel dato angolo, e perciò eller data di poiizione. 2. Si prenda crainH'Rad arbitrio un determinato punto R, e il unifcano le rette DIR , EIS . Sarà evidentemente auto ancora il punto S : imperocché elTendo l'angolo DHR ugua- le all'altro DGE , o fia DIE, o pure RJS , 'i due triangoli DRH, RH faranno limili , e '1 rettangolo SRH uguale all' altro IRD , eh' è dato per eilèrii prefo il determinato pun- to R . E perciò il problema il rimetterà ad infcrivere il trian- golo DIE, i di cui lati DI, EI palfino pe'dati punti R ed S, ed unita AE dato fia l'angolo DEA ( Gas. II. prob. 3. } Come b. f. Altri casi. Se fia diverfa la pofizione de' punti B,C, A , come per efempio il punto A fi ritrovi in a , la fulu- zione e- analoga all'efpofta ; e tralafcio i moltilTimi caù di queflo Problema , eh; con un poco d" induRria li rimettono ai pro- blemi antecedenti , o fi rifolvono feguendo il metodo, che lì è praticato nel Gas. I., come io fi-efib ho veduto fempre riu- fcire: v. g. fé fia da infcnveni (Fig.S.) il triangolo DEE, il di cui lato DF palfi per B, e dati iiano gli angoli DE/J, 13 lij 14 Considerazioni sintetiche EFC , quefto calo lì può ridurre all' efpofto producendo le rette AE, CF in J" ed R, ed unendo JR: cioè lì dovrà in- fcrivere il triangolo R^F , lìcchè lìano dati gli angoli J'FB, R^A,Qd RF palTi per C. Che fé poi non lì voglia fare fif- fatta riduzione, fi potranno unire i punti J3, C , e feguire r ifteflo raziocinio , che nel Cas. I. PROBLEMA V. (Fi^.g.) Infcrivcre- in un dato cìrcolo un triangolo rettilineo , Jìcchh condotte a due angoli del mede/imo tre rette da trs punti dati di /Ito , quefìe comprendano eoa i rif- lettivi lati angoli dati . Soluzione^ Agevolmente rimetto tutti i poffibili cali di quello Pro- blema agli antecedenti, come lì ravvifa da ciò che fiegue . Caso I. Nel cerchio Ri" lia d' uopo infcrivere il trian- golo DEF, licchè unite le rette AE , BF, CF , lìano dati gli angoli DEA, DEB, EFC Prodotta BF in jr,ed unita E j" , farà l'angolo DEJ ugua- le al dato DFS ; ma l' intero angolo DEA è dato , dunque ne farà data la loro diflcrenza, cioè 1' angolo SFA, e con ciò il problema faraffi ridotto ad infcrivere il triangolo JEF, il di cui lato SF paffi per B, e lian dati gli angoli DEA EFC; cioè ii rimette al L Caso Prob. anteced. Caso IL Debbano eflere dati gli angoli DEA, EFB^ DFC. Sì difenda CF in R, e fi congiunga ER: farà l'angolo RED uguale al dato DFR; ma è dato ancora l'angolo DF/l, dun- que farà data la fomma de' medefimi, eh' è l'angolo REA, c'I problema fi rimette ad infcrivere il triangolo REF licchè RF pafTì per C , e dati fiano gli angoli EFB , REA . Altri Casi. Se la polizione de'punti^,5, C comun- que fi muti, o pure il cangi la grandezza de' dati angoli, le riduzioni , che per altro di per le fielle fi prefentano , poco vengono a differire ; onde per quella ragione tralafcio moltiliìmi altri cafi, potendo per quelli fcrvir di norma i già efpofti. DI UN Problema piano. 15 A Avvertimento (Fig. io.) Il chiariffimo Sig. Lcxel verfo la fine della fopraccitata Memoria dice, che avendod propoflo il problema d' infcri- vere in un dato cerchio un quadrilatero , di cui due lati oppofti pairaffero per un dato punto, e gli altri due per un altro, rinvenne che il medellmo in generale era piucchè de- terminato; ma che in un certo cafo diveniva indetermina- to; il che, facondo lui, difcovre iina proprietà niente inde- gna della confidera^ione de'Geometri. Comunque la cofa fi fìa, mi fembra che una tale proprietà quali di per fé ftefla flui- fca dal foprallodato principio degli antichi : infatti la mede- iima fi può trovar col feguente fempliciffimo raziocinio . Sia DCFE un quadrilatero infcritto nel cerchio, i di cui lati oppofli DC , FÉ prodotti fi unifcano in ^ , e gli altri due CF , DE in B. Unifcafi al folito AB , e fé li conduca per C parallela CG; ed unita GÈ , il difienda la medefima in H. Il rettangolo ABH adegua il quadrato della tangen- te condotta da B al cerchio, o fia ( unito il centro L col punto B mediante la retta LNB) alla differenza de' quadra- ti di LB, e di LN . Similmente unita AL dev'effere il ret- tangolo BAH uguale alla differenza de' quadrati di AL, e di LM: dunque farà l'intero quadrato di AB uguale ai due quadrati di LB, e di AL meno il doppio quadrato di LM. Ma fi fa, che abbafTato il perpendicolo BP i quadrati di AL, ed LB devono fuperare quello di AB pel doppio ret- tangolo ALP . Sarà dunque il doppio quadrato del raggio u- guale al doppio rettangolo ALP , ed il rettangolo ALP u- guale al quadrato del raggio LM , e con ciò il raggio me- dio proporzionale fra LA edLP, eh' è la proprietà del qua- drilatero fcoverta dal Sig. Lexel . {Fig. 11.) Mi fembra che uno de' problemi molto eleganti fia quel- lo dell' infcrjzione nel cerchio di un quadrilineo , i di cui lati diflefi pallino per punti dati: problema, di cui non tro- vo fatto menzione , ma che {i rifolve con gran femplicità mediante il principio, che ci è flato folamente di fcorta in quelle noftre ricerche. Infatti nel circolo G7 li defideri infcri- vere il quadrilatero MN^P, i di cui lati prodotti pallino i6 Considerazioni sintetiche pei punti ^,S,C, D dati di polirione. Unitele retteci?, CD, che prodotte (ì uniicano in X, ii menino per M re- fpettivameiite alle medeiìme le parallele MI, MG, e lì uni- fcano le rette /PH,GPiv. Saranno dati i punti ^, e K- Ma r angolo HPK. uguale dev' edere ad IPG , o lia IMG, o pure al dato CXA; dunque Ci è trovato il punto P, che bifognava trovare . Ma vediamo di rifolvere ilfeguente generalifTimo Problema , affinchè non lì deiìderi la foluzione di alcuno elegante que- Cto in fili'atta materia. (F/^.ii.) PROBLEMA VI. UNIVERSALE. . In un dato cerchio infcriver? una figura rettilinea di un qualunque dato numero di lati , i quali diflefi pajjìno per altrettanti punti dati comunque di Jtto . Dati fian di pofìzione i punti A, B, C, D , ecc. , e '1 cir- colo SR: e lia di mellieri nel medelìmo infcrivere il poligo- no MNOP^ ecc. 5 i di cui lati prodotti paffino per que' dati punti . 1. Unifcaiì AB, ed alla medelìma condotta intendali per M parallela MR , e con^iungali ROH . 2. Si congiunga HC, e menatavi per R parallela RS , il unifca SPK. 3. Uniti i punti K , D mediante la retta DKX , fi con- duca alla medelìma per J parallela JT,efi congiunga T^X . 4. Si unifca EXr, e condottavi perT parallela TU, lì uni- fca ben anche UMT. E COSI fi fegaiti innanzi fé vi fono pia punti dati. Immediatamente fi vedrà efler dati gli angoli , MR^jiliT, STV ecc. del poligono MiUTÌ^ecc, come quelli che pareggiano i dati AHK, HlsiX, KAT ecc. Se dunque è pari il numero de' lati MR, R9,ST,lVecc. di elfo poligono (il che addi- viene quando la figura da infcriverli ha un numero difpari di Iati ) comprendendo angoli dati il piimo lato MR col 2/ R; , il 3.° ST col 4.° TU , ecc. farà dato l\ intero arco oiìuIV JB.24r:Z7 • ! V^'"-- ■-■leiL cTocicLt: r.^éaÙ.inc: lyB^.n'- DI UN Problema piano. 17 arco MRSTUecc.^s quindi UM che n'è fottefa,ed il punto M che bafta a determinare tutti gli altri neceirarj per l' in- fc rizione della fuddetta figura . Che fé Ja figura MNOP^ecc. da infcriverfi abbia un nu- mero pari di lati , allora quello delle rette MR , SR, ST , TC7 ecc. farà difpari ,e quindi non verrà ad effe re MI/ la fot- tefa di un dato arco; ma elFendo intanto pari il numero delle rette RS , ST , TU ecc. farà dato l'arco RSTU ecc. ■, e quin- di l'angolo RMU; e diftefa TMU in F,ne farà dato ancora l'angolo TFA a cagione delle parallele RM , AB, onde farà ancora in quello cafo determinato il punto M. Come b. f. VVFRtiuXCMTO Se il poligono MRSTU ecc. venga ad angoli rientranti , il raziocinio per la determinazion del punto M è evidentemen- te il medefimo. Avvertimento U. Sarebbe veramente tofa defidcrabile, che qualche perfpica- ce Aigebrifta fi prendeffe la pena di rinvenire una folu7,io- ne puramente analitica di un si elegante problema piano che nella femplicità non la cedefle alla fintetica già rapportata. Tomo ÌV. i8 CONFEIiMA DELLE OSSERVAZIONI ANATOMICHE Intorno agli Organi della refpirazione degli Uccelli. Al Chiariflìmo Sìg. Dott. Michele Girardi Medico di Camera di S. A. R. di Parma, Prefìdente al Gabinetto di Storia Naturale , e Profedbr priniario della medelima , e di Notomia in quella K. Univeriità. INaturalini avranno fempre motivo d' ammirare la faga- cità, e la diligenza voftra , Illuiìriffimo e Dottiffimo Si- gnore, neir efame di tante parti diverfe, minute, intreccia- te, e neir efpolìzion degli ufi ed officj d'ogni menoma por- zion loro , tanto rifguardanti la fpecial funzione a cui fon desinate , quanto relativi a tutto il corpo degli uccelli, claffe d'animali in cui piacque alla Sapienza increata di pro- digare con fublime artifizio le meraviglie , come d'accordar a voi alacrità e talento per manifeftarle al mondo . La defcrizione per efempio della laringe, quella dell' or- gano , eh' agli uccelli ferve d' epiglottida ; quella de' mufcu- li desinati a muoverlo ; la laringe interiore , e le fue di- \-erhtà nelle differenti fpecie , anzi nel folo vario feffo d' al- cuna fpecie; la multiplice origine de' bronchi, e le membra- nucce che n'attraverfano il calibro delle diramazioni, e fal- famente fi credettero fervir foltanto alla voce, ed al canto; la bruttura de'pulmoni, e le mirabilmente utili adefioni lo- ro a'parieti del torace , e comunicazioni con le cavernette fcolpite in tutti gli olTi della fpina infieme pure comunican- ti; la conveniente difpofizione delle cavità aeree, e dell'am- pie membranofe vefciche , ond'è feparato l'abdomine dal to- race, non comprefovi lo flranamente collocato diaframma; il numero , e '1 fito de' fori , per mezzo de' quali fcambievoi commercio fi mantiene tra le mentovate vefciche, tra le me- , ; -' - - - CoNrCRMA DELLE OSSERVAZIONI ANATOMICHE. 19 dellme e le cellule annidate fra' mufculi pettorali e dorfa- li , tra quefte e l'interne cavità dell'offa principalmente delle parti anteriori, o fuperiori di quc' corpi ec. ec. in fom- ma la ferie intiera delle oiférvazioni e delle verità , che ne dipendono intorno al volo, e al canto degli uccelli , delle quali è doviziolìffimo il Difcorfo voftro inferto fra le Me- morie della nojìra Italiana Società {a), tutta è fommamente pregevole per la novità, per l'evidenza, e l'efattezza dell' efpoiizione , per le cognizioni rilevanti , che foinminiftra, e per lo diletto, che apporta ad ognuno, a cui fila a petto inftruirfi in cosi fatte materie . Ed io non me ne fono punto maravigliato , naturai cofa eflendo per un Notomifta il perfuaderiì , che chi dilucidò con tanta verità, dignità , e dilicatezza non folamente le Tavole del Santorini rendendole utili e famofe,ma pubblicò tante altre lodatiffiine fatiche, non può non poffeder un im- menfo teforo di cognizioni anatomiche d' ogni genere , e fovra ogni claffe d' animali . In fatti quefto voftro Saggio d' ojfewa'z.ioni Anatomiche intorno agli organi della refpiraz.io- ne degli uccelli da me con fomma gratituduie, contento , e vantaggio ricevuto, e riletto, è un Trattato, al quale non rimangono da aggiungere falvo alcune varietà da voi per avventura a bella porta non numerate, né acfcntte. E di quefte , giacché mi preme ubbidire a' cenni voftri , io ardirò rammentarvi qualcheduna in pegno della buona volontà, che nudrifco d'incontrarne pur alcuna cffenziale,onde averl'onor di prefentarvela . Le mie oflervazioni hanno per ifcopo la laringe fuperio- re, la trachea , e la laringe inferiore o interna d' un Pa- pagallo (^), e d'un Anitrocolo, i quali mi trovo appunto avere fotto gli occhi; e lìccome non è pofTibilc dcfcriver la laringe fenza premetter qualche notizia dell' odo ioide , che la foftiene , così dalla fpoiizione della fìruttura e dell' C ij (a) Verona mdcclxxxiv. Parte II. viridis luteo fuhmacuLilus Jrcnlt caru- (\\ i-/r^^' ^'^' '''''■ ^«'«-''''-f janguineis , orbitis incar- U) ^Jìivits 31. Pflttacus byachyurus natis . Linnei. IO Conferma aderenze , che ha quefto con efla nel Papagallo , avrà princi- pio quello mio tenue lavoro. CAPITOLO I. Dell' ojp) Ioide d'un Papagallo. §. i. Qucfl'olTo è comporto di tre porzioni diftinte prin- cipali, e di varie altre fubalterne : le prime fono il corpo, e le due gambe; V altre appartenenti al corpo fono il capo^ il collo, le braccia, il tronco, e la coda. 2. II capo forma l'edreinicà anteriore di tutto l'oITo lun- go un pollice , e conlta di due enamenze divife per un' in- cavatura fetnicircolare , dove in altri uccelli s'articola quel- la cartilagine a guifa di faetta, eh' è iimierfa nella fodanza della lingua, e eh' è mobile non folo da' lati, ma puranco iti alto , e in baffo . La fuperiore dell' eminenze fuddette ha una fpina alla fua faccia fuperiore , a cui per un ligamento s'at- tacca la cartilagme tiroide : l' inferior più rotonda è più eftefa in avanti . 3. Il collo, desinato a foftener le mentovate eminenze, è di mediocre groffezza , quali rotondo , e tra quefto e quel- le fono lunghi cinque linee. 4. Il tronco è alquanto più grolTo , piatto in alto , dove ferve d'appoggio alia laringe , triangolarmente incavato al- la faccia oppofta . E' lungo fette linee, e termina con una coda, che s'allunga fotto la trachea, con la quale un forte ligamento, e varj mufculetti tenacemente l'unifcono. 5. Le braccia fottiii , elegantemente coftrutte , lunghe tre linee, nafcono da' lati del tronco a' confini del collo ($.3.) per una larga bafe appiattita: s'elevano alquanto nel nafce- re , e curvanti al davanti quali a foggia di mezza luna, e tra amendue occupan due linee di fpazio traverfale . Con l'eftre- mitù loro piatta e fottile , rivolta in fu , foflengono mobil- mente le corna pofteriori della cartilagine tiroide. 6. Le gainbe fono mobilmente articolate co' lati del tron- co ($. 4) in una faccetta per parte fcolpita immediatamert- te alla bafe delle braccia ; fono divergenti ; lunghe undici .linee feaza comprendervi Je appendici, eh' a guifa d'aghi fé DELLE OSSERVAZIONI ANATOMICHE. II n' allungano dalla minor eitremità : fottili ma fedamente flenìbili ed elalliche, occupano quivi fette linee di fpazio tra- verfale, e rapprefentano affai bene la doppia clavicola de* polli. 7. Tutto r olTo ioide è compatto , e trafparente , fuorché nel lito d'onde s' allungano le braccia ( ^. 5. ; , e le gam- he (6). 8. Serve non fol di mobile , e folido attacco alla radice della lingua, ma fa pur lo ftefs' uffizio a favore della larin- ge, e della fommità della trachea del Papagallo. CAPITOLO IL Della Laringe del medejimo uccello. Tal organo v'è comporto di cinque corpi diftinti ; un de' quali è oiìofo, e quattro cartilaginoù . Il primo tiene per voftr'avvifo il luogo, e'I nome della cartilagine T/V'?;^^, e i quattro altri terranno pur quelli di Crìcoide , ed iritenoidi ^ fra le quali ultime cartilaj;ini ve n'ha una, che ho giudicato meritar il nome di Trifoglio , o cartilagine comuni. Terre- mo nel defcriverle ad una ad una 1' ordine, con cui lì pre- fentano all' oilervatore dal davanti allo 'ndietro. ARTICOLO I. Della Tiroide. §. I. Non aggiungerei nulla intorno a queft' elegante particella a quanto da voi ne fu pubblicato,, o Signore (a), fé dal volume delle fue parti nel Papagallo, per cui molto meglio lì diftinguono i caratteri loro elfeniiali, non vi ci foffi , ugualmente che dall' urbanità volTra, invitato. Situat» davanti alla laringe occupa la tiroide in que(>' uccello il corpo della lingua, ed è comporta, appunto come voi c'in- C iij (a) 1. e. p. ?3J. ^1 Conferma fegnate , di due cartilagini triangolari, lìmmetriche, con- veil'e in alto , incavate a' Iati, congiunte per l' angolo a- cuto loro ; e nel (ito del congiungimento loro fcambicvole s' articolan pure mobilifTimamente col capo dell' offo ioide ( cap. I. $. 2 ). z. Le due cartilagini ond' è comporta la tiroide col tem- po diventano perfettamente offofe ; e ficcome il corpo delle medelime ha molta Tpeffezza , così non è raro trovarlo muni- to interiormente di quelle cellule, che tolgono tanto di pe- fo a tutte 1' oda de' volatili . 3. Vi n conlìderano quattro corna, fra le quali al davan- ti, e a tergo fonvi due fpazj voti, ogni cofa deftinata a ren- der più facile r ufo degli organi a' quali elfa appartiene. 4. Le corna anteriori fono acute , uncinate, rivolte al- quanto in fuori ed in giù; la diftanza tra le due punte loro è di tre linee ; vi s' attaccano varj fafcetti mufculari del corpo della lingua . 5. Le pofteriori fono piatte; hanno l'eftremità larghe, ed incavate alla faccia fuperiore , e lafcian tra di loro lo fpa- zio voto di quattro linee . 6. Quello fpazio vien riftretto ad una linea fola fui da- vanti per un apofife piatta, tagliente, la quale dopo '1 cor- fo di mezza linea fi rifiringe per formar un' incavatura rom- boidea limitata al dinanzi dal punto d' union delle due por- zioni principali di quefta cartilagine, al di dietro dal mar- gine anterior incavato dell' orlo fuperiore della cricoide . 7. Il voto fra le corna anteriori ( 4 ) è lungo due linee; 1* oppoflo lin. 3 -j- I : 2. 8. L'articolazion de' due pezzi è ginglimoìdea , confeguen- temente accorda alla fpeflTa, larga, e bruna lingua del Papa- gallo il renderfì longitudinalmente ora concava, or convefsa. 9. In alto la tiroide co' fuoi larghi margini femicircolari elevati e col centro molto depreflb, rapprefenta una mezza girella; la faccia oppofta , o inferiore è convella. DELLE OSSERVAZIONI ANATOMICHE 23 ARTICOLO II Della Cricoidc . §. I, Affai più larga al davanti, com' è flato da voi op- portunamente notato (^),quefta bizzarra cartilagine è lunga cinque linee, avendovi due rifalti arcati feparati per un'in- cavatura femilunare ,checorrifpondendo allo fpazio voto poco fa mentovato , { b ) formano uniti quello fpazio voto rom- boideojche nello fteffo luogo accennai. Que'rifalti fottili, e taglienti non occupano in alto fpazio maggior di due linee . Ha quali la forma d' un anello, fé non eh' è alquanto ob- bliqua ; ed avendo in avanti capacità minore di due linee , allo 'ndietro tal capacità è larga linee cinque. 2. E' comporta d' un fol pezzo dilicato, e fottile , 1' ob- bliqua larghezza anterior del quale s' accorta alle linee due . 3. Dicendoli obbliqua dee intenderli, che i margini arcati fporgono molto in avanti ed in fu , come la punta d' un cucchiar ordinario da menfa , mentre che '1 rerto di tal por- zione fi porta obbliquo verfo il centro dell' anello , dove manca . 4. Le porzioni laterali ne fon alte appena un quarto di linea per lo fpazio di lin. 2 ; indi acquillan rapidamente una linea di larghezza rendendoli affatto orizzontali, e 1' eftre- mità fé ne riducono in punta convergendo , ed abbaffan- dofi alquanto nel voto della fommità della trachea. ARTICOLO IIL Della cartilagine comune, o Trifoglio. §. I. Nel punto d' unione dell' ertremità porteriori pur ora defcritte della cricoide s' attacca mobilmente la piccio- la cartilagine comune , fimile al trifoglio , o fare delle car- (a) 1. cit. pag. ?74. (p) ved. 1 artic. preced- §. 6. 24 Conferma te da giuoco . E' ftata da me così nominata perchè non fo- lo vi s' attacca con le dette eflremità la cricoide, ma vi s'articolan pure le due aritcnoidi prccif;imente nel fito do- ve fon divife, col mezzo d' un incavatura per parte, le due foglie laterali del fion , o trifoglio , che quefl-a rapprefen- ta , dalla foglia di mezzo, che s'innoltra verfo il -centro dell' anello. 2. La cartilagine comune , o il trifoglio è fpeflo , con- veflo in alto, lituato orizzontalmente , largo , e lungo una linea; porta a' lati le due incavature, o faccette articolari, a cui difli già che s' unifcono mobilmente le due aritenoidi. 3. y\nche '1 trifoglio nel Papagallo è odofo , il che forfè non olfervalì eccetto quando 1' animai è già molto vecchio. ARTICOLO IV. ■ • Delle Aritcnoidi. §. I. Non meritano quefte due porzioni della laringe del Papagallo un tal nome per la figura loro; tuttavia continue- remo a chiamarle così ad imitazion voflra , e per lo Tito, che occupano corrifpondente a quello , che nelle laringi umane vien da fimili cartilagini tenuto. Nel Papagallo fo- no due lifche irregolari , concave in alto , fottili , porte o- rizzontalmente nel voto della cricoide a livello dell'orlo fu- perior della medelima. 2. Allungandofi dalle incavature laterali del trifoglio ( a) colle quali s' articolan per una fpecie di condilo, divergo- no infenfibilmente a mifura, che per Io fpazio di tre linee s' avanzano fenza toccar in nifTuna parte la cricoide, il lem- bo efterno loro eflendo arcato, e fempre ugualmente lontano dal concavo dell' anello, cui fono legate per una tela liga- mentofa fleflìbiliffima , e per varj mufcolinucci mirabilmente intrecciati. §. 3. Non fi toccan nemmeno tra loro quelle due carti- lagini , (a) Yed, ì'artic. preced. $. i. DELLE OSSERVAZIÓNI ANATOMICHE. 25 lagini, il lembo interno alquanto obbliquo lafciando ( coni' è già ftato detto (a) ) uno Ipazio a foggia di V, cioè molto ftretto a tergo , e largo poco men di due linee fui davanti. 4. Intanto che l' interno lembo delle aritenoidi s' avanza verfo la lingua, ei s' eleva formando una fpecie di crefla , ch'è molto apparente al terzo anteriore della lunghezza loro. 5. L' efìremità libera, ch'è l'anteriore, è una punta piatta, fottiluTima, capace d' ofcillare ad ogni minimo urto dell' aria che 1' uccello caccia da' polmoni, non efTendo nel- le larmgi frefche foftenuta falvo da poche fibrille mufculari , e dalla membrana comune delle fauci . 6. Qiiefte due cartilagini , difporte nella foggia defcritta , non farebbero al Papagallo ciò , che i labbri dell' aperture de' ventricoli della laringe umana , detti altrimenti corde 'Vocali j fono alla glottide noftra ? A voi, preftantifTimo Si- gnore, s' afpetta il giudicarne. CAPITOLO III. Bella Trachea del Papagallo y e d' altri uccelli. - 5. I. La fommità di queflo maravigliofo canale nel Papa- gallo è più ampia del rimanente , avendo la parte, da cui è foftenuta la laringe, larga lin. 5 , ed alta , mifurandone il diametro verticale, lin. 3 -}- i ^ 2 ; però difcendendo ap- pena mezzo pollice fé ne riducono i diametri a lin. 2 + 1:2. 2. E qui ho pur occalion di notare, che in molt' altre fpe- cie d'uccelli, e particolarmente in quefta, vedefi la trachea comporta non già di perfetti anelli cartilaginoO , ma di due ferie di mezzi cerchj piatti , con le lor eftremità fìnienti d' ordinario in altrettanti angoli acuti : e ficcome la de- fcrizion di quefto canale fu già pubblicata negli Opufcoli In- tereJJ'anti di Torino {b) unitamente a quella dell' organo fien- torofonico degli Anitrocoli, non dovrei qui farne più paro- Tomo IV. D (a) Ved. il §. precedente. im- pag- ^7- e fegg. del primo, €1 -, {b) Efìfìe ne' volumi iv. , e v. del e lt%%. dell'altro. 2(5 Conferma la ; tuttavia ftante la rarità di quei volumi , che probabil- mente non faranno pervenuti lino a voi , permettete ch'io ve ne trafcriva ciò, che fa prefentemente al noftro pro- poiìto . 3. „ Io avea già veduto in Torino, ed inSaluzzo più volte ( fono mie parole dirette al chiarilfimo Sig. Dottor Ma- rino (a)} l'organo pneumatico, o diciamolo ftentorofoni- co dell' anitre, e negli fcritti di Storia Naturale da V. S. citati ne avea letto qualche menzione fenza però pren- derne in ifcritto memoria ; onde vi fono tenuto del palio del Sig. Valmont de Bomare (b) , che avete gentilmente ?> 35 55 55 55 55 _ 5, inferto nella voftra ornatilfima lettera : e dubitando io, „ eh' altri non l'abbia ancora pienamente defcritto , mi per- 55 55 55 55 metterete d' aggiunger alle notizie, che ve n' ho date, le feguenti . " La trachea, che s'apre in bocca fra le corna dell' ofTo ,, ioide con una fefllira longitudinale capace di ftringimen- „ to, e dilatazione, ivi ha una fpecie di tella conveffa in „ avanti, ed in balio, concava , e coftrutta a guifa d' un „ cucchiaio in avanti, ed in alto; difcende giù per lo col- „ lo fei pollici e piti prima di comunicar con quell'organo, ,, o gozzo olfofo ; e per tutto quel tratto è foda , perma- ,, nentemente cava perchè formata di mezzi cerchj piatti e (,a) lì titolo della ferie delle mie ib) Le parole indicate fono come oftervazioni inlerte negli opufcoli è fegue nell'opera del cel- Vahnont in- il (esuente . titolata Diciionaire Uni'verjel d Hijfot» „ Èllratto di Lettere di Vincenzo re Naturelle Tom- II. pag. Jiy. „ M- Malcicayne Chirurgo Collcgiaco nel- „ drovande , etonne de voir que cet la K. Univerfit'a di Torino, e Pro- „ oileau poulfe un cr~i fi grand , & lì , felior ai Chirurgia nella citta d'Aqui „ aigu,& qu' il tient fa rete fi iong- al Sig. Dottore GU: Antonio Ma- „ tems dans 1' eau , prerend qu il eri " fino Medico primario dell' Ofpedale „ faut chercher la caufe dans la h- ,' della SS. Annunziata della città di „ gure de fa trachee, qui , "a 1 endroit Savigliano ecc. ecc. riguardo i. ad „ ou elle fé partage en deux bran- , un cuore offofo in un' anitra fel- „ ches pour aller aux poumons , z . vaggia: I. ad un' oflTificazione dell' ,, une forte de veflìe dure , cartilagi- ,', umor criftallino dell'occhio umano: „ neufe, & concave, & qui eft pen- „ ?. a vari calcoli dello fperma umano: „ chéj du coté droit , ou^^elle paroit ,', 4. all'organo flentorofonico dell' a- „ beaucoup plus gratjde- „ nitre : y. ad altre varie oifervazio- „ ni anatomiche. Aqui ii Dicembre ,, 17-ff. e 13 Febbraio 1777. 5> 5} J5 35 5» 5) DELLE OSSERVAZIONI ANATOMICHE. ' ìf terminati ad angoli in guifa , che tutto quefto canale rap- prefenta due e tre curve a margini dentati , i denti della dertra delle quali trovan opportuna fede nell' incava- ture , che fono tra' denti della (ìniftra , e forman quali due future una al davanti , e 1' altra al di dietro di tut- ta lunghezza del canale „ . „ Tutte le lifche , o mezzi cerchj piatti benché fieno di „ larghezza, e taluni di lunghezza diverfa , rendon però „ uniformemente folido,ed uguale il canale; fono vicinidìmi 5, tra di loro, con tutto ciò la trachea tutta è molto pie- 5, ghevole, ed elaftica,,. ,, Finifce in una fpecie di padiglione di tromba offofo ■>, d'un fol pezzo , eh' è divifo al di dentro da una linguet- „ ta perpendicolare in parte oflofa , ed in parte ligamento- „ fa , la qual rende il principio del bronco deftro irrego- 5, larmente ovale, col diametro maggiore dal davanti allo „ 'ndietro „ . „ E' pur anco ovale il buco della tromba , che comuni- „ ca col bronco lìniftro , ma d'un ovale più fomigliante ad 5, un cerchio , e col diametro maggiore in traverfo . La me- 5, tà di quefta parte finiftra del padiglione della tromba è ., coftrutta in maniera, che comunica col bronco finiftro,e „ coir organo ftentorofonico () : ora ci refta da notare , che la parete anterior,e le laterali del medelìmo ventricolo fon fatte dalla midolla allungata , come la volta n' è formata dalla cominefTura pofleriore del III ventricolo e dal velo , che ne dipende (e); fucceflivamente dalla ladra midollar de' talami (d), dal velo, che fé n' allunga per venirli ad unir con la midollare dell' anterior faccia del cervelletto (e); fi- nalmente dalla bafe fcavata di quello (/) . 3. Non furon da noi dimenticate le quattro picciole emi- nenze midollari , immerfe nella lanugine tappezzante i pa- reti anterior e laterali dell' acquidotto(^) , ne il folco lon- gitudinale che divide il parete anteriore in due parti,efl-en- defi per lo sfondo romboideo fuddetto fin fulla faccia pofte- riore della midolla fpinale. 4. Ad onta di tutte le diligenze ufate dattorno a'cerebri degli uccelli anche più grolfi , non mi è riufcito ancor di trovare un fegno collante , che indichi il vero termine po- lleriore del ponte , affin di conofcere pofitivamente il (ito dov' incomincia la midolla allungata ; perciocché io non fo- glio comprender fotto quello nome tutto 1 tratto , che da' talami llendeli fino al gran foro occipitale . 5. La midolla allungata però , in tutto quel tratto, che fi ftende al gran foro occipitale da quel fìto,dove pur fem- bra che '1 ponte dovrebbe terminar , non è fempre lifcia, ed uguale del pari in tutti gli uccelli; anzi in varie fpecie vi iì fcorgono due leggieri elevazioncelle longitudinali , pa- rallele sì tra di loro , e si al folco pur longitudinale mez- zano anteriore, che flendefi poi anco lungheffo la fpinal midolla , ed in tali fpecie molto più apparente lì vede ; fono ef- («) Tran. III. Cap. VI., Art. II. , {e) Ivi §. 6; e fegg. e Cap. Vili. (/) Ved. il Gap. III. deJ prefente (i) Ivi Cap. VI. Art. I. S. 6j pag. Trattato. '6' • ig) Ved. Tratt. III. Cap- VI- Artic. (t) Ivi Art. II. III. {d) Ivi 5. 63. 48 Encefalo fé paragonabili alle fafcie delle midolle allungate umane al- trove da me ampiamente defcritte (a); e nell'aquile (b), ne'nibbj , ne' galli d' india , nelle galline numidiche , m' è riefcito di feguitarne coli' occhio le traccie , rafchiando con leggerezza la fuperficie anterior inferiore del ponte , fino a' lati ddl' A'/itro k e' Nervi motori cornimi degli occhi. CAPITOLO VI. Del IV ventricolo fecondo /'Allero. • *' '"' ■ TESroALLERI^NO(c). 55 33 33 33 33 .33 35 „ Il quarto ventricolo grande , e rotondo fi trova limi- tato fra le gambe del cervello e la midolla allungata,! proceffi del cervelletto, Is midolla fpinale , il cervelletto lleffo, e queir eminenza traverfale , di cui abbiamo già favellato „ . „ Termina al principio della fpinal midolla dov'è un ar- co tumido , immediatamente al di fotto di cui la ftefla midolla è come ftrozzata ,, . „ E' cinerizio al di dentro, e la penna da fcrivere ne fa r affé anteriore come il cervelletto gli fta a tergo , e le gambe del medeiimo a' lati . Ha il fuo plelTo corioideo „ , „ La penna da fcrivere è la parte mezzana dell'acquidotto „. ., Vi !, a ) Ved. Ehcefalototnia Nuova U- fliv-erfale Parte III. , i. 104. Nuova Eipolìzione della vera ftrutt. del Cer- velletto Um. ecc. pagg. 76, 77, 78. Delle Oflervazioni in Chirurgia ecc. Par. II. Cap. IH-, artic. VI. , e VII. (i) La diftinfi con molta facilita nell' ^voltojo chiomato . ic) „ Ventriculus quartus magnus „ & rotundus intercipitur inter cru- ,, ra cerebri, atque medullam oblon- ,, gatam , procefius cerebelli , medul- „ lam ipinalem, cerebellum, & emi- s, hentiam tranfverfàm , qUani dixi- ,, nius. " „tinitur in principio medullae fpi- ,, nalis , arcu terminatus turiiente , „ fub quo meduUa fubito quali con- ,, flringitur . " „ Intus corticeus eft , calamumque „ habet prò axi anteriori , uti cere- „ bellum pollerius eli, & eius crura ,, lateralia. Habet fuum plexum cho- ,, rioideum . Calamus fcriptorius efl; „ pars media aquaeduilus. In eo flrix „ tranfvcrfse. " BEGLI Uccelli. 49 ^, Vi fi veggono dentro ftrie traverfali . (a) „ A' lati della penna da fcrivere li trova da tutt' e 3, due i fianchi una linea midollare, bianca , larga , quali „ dipinta nella midolla delle gambe del cervello inlìeme uni- ,5 te : queda linea principia dalle gambe mentovate nel fito „ appunto dove i talami cominciano ad allontanarfene . (b)„ La medefima linea vedelì pure nel quarto ventri- „ colo,,. (e) „ Nel principio del medefimo ventricolo s' aprono an~ „ che i Tacchi de' talami , proprio dove 1' acquidotto è co- 5, petto dell'eminenza quadrigemella , tra le gambe del cer- ,, vello e i talami 55 . ARTICOLO L Della figura , e dd Jìto di tal venni colo . §. 1. Il quarto ventricolo degli uccelli { cosi nominato dì tutti gli Anatomici febbene in realtà liane il Jettimo a te- nor di quanto venne da noi coftantemente olTervato , ed in quefl' operetta efpreffo ) conlifle in uno sfondo romboideo, ìcolpito nella faccia fuperiore , e diretana, della colonna mi- dollar centrale oppofta al ponte . 2. Tal figura g^li è propria in tutti gli animali, de' quali ho fatto notomia , come fono uomini , e quadrupedi , e fci- mie, e ferpi , e vipere , e lucertole , e rane ec. ec. : e in quefto ventricolo , il centro del quale corrifponde a quello del- la bafe del cervelletto , fi oflTervano tre angoli ottufi , cioè il fuperiore , che può dirfi anche anteriore , in cui termina r acquidotto, e i due laterali, che corrifpondono alle gambe Tomo IV. G tfl) ,, Ad calami latus extat utrin- (1:) „ In eiusdem ventriculi princi- 3) que linea medullaris alba, lata, in „ pium etiam facci thalamorum ape- ,: coniunfta medulla crurum cerebri ,, riuntur qua aquasduftus eminentia ), quafi pi^a , qua; ab iis cruribus in- „ quadrigemina tegitur, inter cruta j, cipit , qua parte ab iisdem thalami „ cerebri , & thalamos • " ,, haftenus adplicati recedunt . " (b) „ In ventriculo IV eadeai „ Ada cft. " . . ^ 5° Encefalo j^ del cervelletto; ed uno acuto , eh' è appunto il becco della penna da fcrivere, il quale confina quali col gran foro oc- cipitale . ARTICOLO II. De" limiti del mcàefrmo ventricolo . §. I. L'acutezza del becco della penna da fcrivere ne' cer- velletti degli uccelli non è uguale a quella, eh' in fiinil par- ticella de'cerebri umani s'oflerva; ne quell'angolo fuol efler allungabile fin nel canale della fpina fpogliandone della te- nace pia meninge la midolla; perciocché negli uccelli è limi- tato a tergo da un travicello midollare (a), che vi pafla in traverfo , oltre ad alcune laflre midollari , che defcriveremo . 2. Quel travicello interrompe bensì la continuazion della maggiore profondità del folco fcolpito longitudinalmente per l'aile maggiore del ventricolo, ma non cancella il fegno del combaciamento delle parti fuperficiali del midollo allungato degli uccelli; fegno, che fi continua paranco lunghefTo la fac- cia fuperior, o diretana dello fpinale. 3. Tutto quel tratto di foftanza , che dalle gambe del cer- velletto s'allunga verfo il gran foro occipitale, detto la mi- dolla allungata, è abbracciato nell'anitre, e nell'oche da due Jafire obblique, midollari, gli orli convergenti delle quali fe- guitano la direzion de' lati inferiori del fettimo ventricolo, e lì vengon a perdere nel folco longitudinal pofteriore del prin- cipio della midolla fpinale . 4. Sono larghe più d' una linea , e fanno in quel fito per l'ordinario un fenfibile rifalto , lafciando veramente di minor diametro, e per confeguenza quafi ftrozzata ( com' è ftato dall' Allevo ofTervato ) la porzion della midolla, che vi fta fubito a tergo . (a) Un travicello fimilea! qui men- quali è foggetto l'umano, com'è fla- tovato fi trova conantemente nella to efpreflo da me nella Parte HI- dell' fleffa region delle midolle allungate Encefalot- N. Univ. §. 114, e 115, e de' cavalli , degli afini , de' montoni, di nuovo nel Tratt. delle OJfervaz. in de' cani ecc. e vi fa pur ofiacolo a' Chirurgi» Farteli- pag. 6, ed altrore . prolungamenti del IV ventricolo , a' DEGLI Uccelli. 51 ARTICOLO IH. OJfervaz.i'o»i fui becco della penna . ^ ■ §. I. Se 'I chiariamo Autore , di cui feguitiamo in quelle ofTervazioni le treccie , avefTe nel tefto da noi riferito volu- to accennare, ch'il becco della penna da fcrivere nell'ence- falo degli uccelli è fatto dalla metà pofteriore del ventrico- lo, come in fatti fi vede, noi nella traduzione avremmo do- vuto far menzione del ventricolo fteflb, dicendo „ la penna „ da fcrivere è la metà pofteriore del quarto ventricolo,,; ma vi leggiamo ejì pars media aqi(£du£tus ne io faprei come fpiegar tal paflb unjformemente alla vera difpofizion delle parti , che vi fi defcrivono . 2. Avea inoltre già detto il lodato noftro Maeftro „ La „ penna da fcrivere eflfere fcolpita nell' unione delle gambe ,, del cervello (a), il che ci lafcia in fempre maggior con- fulìone ed incertezza , e ci obbliga a pregar i dilettanti di hjotomia comparata ad efarainar elfi ftelfi la verità in quefti non rari encefali. ARTICOLO IV. Delle ftrie del fuddetto ventricolo . §. 1. Quelle, che V Ali ero ha defcritte , realmente vi fo- no; ma non hanno cofl-anza nel numero, e nella direzione; e fé in alcuni encefali fé ne fcuopron molte , in altri fé ne cercano indarno alcune poche tra le meno rare. Qui ad ogni modo a darà notizia di quelle, che ci venne fatto d' of- fervarvi . 2. Alcune ve n'ha, che falgono divergenti verfo le gam- be del cervelletto feguendo l'obbliquità de' lati inferiori dell' G ij (a) „ Et calamus fcriptorius com- Ved. la gran Filìologia Tratt- II. f. ,, miflìs crurJbus cerebri infcribitur." LI. 5~ Encefalo aja romboidea : altre partono più o meno traverfali dal fol- co longitudinale ond' è divifa quell' aja , e lì portano fuor della medelìma per curvarti dintorno alla midolla allungata. 3. Ve n'ha, che a foggia di fìluzzi afcendon oltre alle gambe del cervelietto per unirli alle radici numerofe del nervo trigemello, che vedremo nel Trattato feguente, in COSI ftrana guifa diverfo da quel, che lo troviamo negli en- celali umani : altre portandoli ancor più baffo al davanti del ponte , vanno a congiungerfi con le radici del nervo mo- tor comune degli occhi . 4. Più collanti , e più diftinte però fon quelle, che nafcen- do più verfo l' angolo poflerior dell' aja montano più obbli- quamente , fi curvano fulle gambe del cervelletto circonflet- tendoli fulla facci.! ellerior delle medefime per confonderli con le radici del molle nervo auditorio . 5.. Nell'angolo fuperior dello fteffo sfondo poi , immedia- tamente al di fotto di quelle due prominenzuccie , che oc- cupano i lati del fondo dell' acquidotto , ftate da me para- gonate a' tefticoli cerebrali umani , Il veggon partire dal fol- co longitudinale due filuzai midollari per parte , che trafo- rano i lati del primo velo midollare che pur è anteriore, e fuperiore (a), ed efcono falle gambe del cervello per unir- fi con le radici del nervo patetico , il quale fpiccafi dal fianco della laftra midollar, ond' è fatta porzion della volta dell' acquidotto . (a) Ved- Memorie ec- della Soc. III. rag. 161, e 165, cioè Tratt. Ili- Italiana . Verona MoctLxxxyi. Tom, cap. VI. art. II. , e III. DEGLI U«GELLI. 53 ARTICOLO V. EJanìe delle cofe efpojle dall' AUero nelle note a, 0, e, fovfa riferite. §. I. Non faprei dilìinguere qual altra particella midolla- re il noftro Maefiro abbia voluto di nuovo accennare nella nota a fotto il nome di linea midollare bianca, k non è per avventura quella, che nella fezione fettima della ftefs' ope- retta da noi comentata avea già indicata fotto quel d' arcus tumens , di cui abbiam favellato poco addietro. 2. I ventricoli de' talami de' N. O, , affai grandi relativa- mente al volume de'facchi midollari, in cui lì trovano rin- chiufi , fono già flati nel precedente Trattato (a) ampia- te defcritti iniieme col canal ond' effi comunicano coli' ac- quidotto (h) mediante un' apertura negli uccelli pili piccio- li capace d'una fetola , e ne' più groffi a proporzione più «mpla (e) poiché nell'oche, nell'anitre, ne' galli d'india, e ne' nibbi è capace del capo d'una fpilla comune , e '1 cana- letto v' ha una direzione quali traverfale . Aggiungeremo qui foltanto, per render pia chiaro il teflo Alleriano , le ma- niere di manifeftar più facilmente il canaletto di cadaun de' ventricoli de' talami , e la fua foce. 5. Tagliati obbliquamente quanto fon alti i talami , Ci fof- iìi nella porzion del ventricolo , che refta aderente alla co- lonna midollar centrale, verfo l'acquidotto , e fen vedranno ad elevar i veli midollari , che ne compifcono la volta , e ciò rinnoveraffi a mifura, che vi s'andrà di nuovo introdu- cendo il fiato a riprefe , e con dolcezza . 4. Vedremo poi a gonfiar l'uno o l'altro de' talami quan- do foffierafli fu per l'angolo fuperior dell' aja romboidea do- po aver tolti via gli emisferi , e la fommità del cervelletto , G iij /il ^^^' ^^'^' ^* agevolmente il ceppo d'una penna lì X, n^.*^^P• y^- •^'■f- ^- ^- ^'- maeitra dell'ala d' un canarino- U; Neil Aroltojo Chiomato ammi- 54 Encefalo purché fi tengano dolcemente otturati sì 1' apertura fuperior dell' acquidoto alla commefTura pofteriore, come il ventrico- lo del cervelletto (a) che col taglio della fommità di que- fto re (la aperto . 5. Non ripeteremo in quello luogo le notizie, ch'altrove abbiamo già date della polpofa morbidiirima lanugine cene- rognola, che tappezza tutte le finora mentovate cavità jdo- vendo badar le Suddette. CAPITOLO VII. Dilla Gianduia Pituitaria . §. I. Parvemì flrano che I' Autor noftro diligentiflìmo non avelTe ravvifata negli uccelli la gianduia pituitaria, po- rto che in tutta l'operetta, nel comento della quale ci fiam occupati, favellando dell'oche, e dell' anitre mai non ne fe- ce menzione. Convien dire però che ciò fia flato una mera dimenticanza giacché finalmente al Num. 12. ài.' corollari fif^o- lo^ici dell' opufculo fteffo leggiamo ,, la gianduia pituitaria è „ perpetua : ne' pefci manda qualche fibrilla a' nervi olfatto- 5, ri , e al cerebro fteffo , come vedeli nel lucio : è probabi- „ le adunque , eh' eziandio negli altri animali fomminiftri „ qualche poco di midollare al cervello,,. 2. IJ Ali ero qui non nomina gli uccelli, tuttavia non cre- do sbagliarla quando interpreto quelle parole è perpetua qua- li che avefle detto è in tutti gli animali^ 3. Neir oche, nell' anitre , in fomma in quegli uccelli, che hanno quali piano il pavimento della fiavità del cranio, quefla gianduia è nafcofla in una profonda foflicella dond' è cofa malagevol eftrarla {b) , ed ivi benché l' orlo pofterior di [a) Ved. il Gap. III. del pres. Trat- la foffa pituitaria dalla qual efiraggo tato. la gianduia femicorticals ed eiìerior- (M In un callo d'india l'encefalo mente niembranofa , e lunga o -4, di cui ho fotto gli occhi larga o • 2, " lungo Poi. I. !in. i. alca o . ». largo I. o. alto I. o. ~ ; . DEGLI Uccelli. 55 tale fofTetta (cioè quello , eh' equivale alle apofifi clinoidee pofteriori de'cranj umani) fia conlìderabilmente elevato , il catino però non n'è molto profondo. 4. Negli altri uccelli, niaifime ne' rapaci , fta innicchiata fui margine d'un rifalto, da cui difcendelì nel catino , che fuol edere in quefta claffe più fenlibilmente bipartito mer- cè la crelìa longitudinale (a) che v'abbiamo indicato. 5. La gianduia pituitaria degli uccelli è picciolina , di color fofco-roffigno, attaccata debolmente alla bafe del cer- vello per un tenue picciuolo; che guida l'occhio dell' oflèr- vator diligente a vederla ne' fiti accennati profondamente nafcofta , immediatamente dietro all' aja quadrata de' nervi ottici, ravvifandolo torto che quefta è ftata recifa , e folle- vato dertramente ciò , che fui fondo mezzano della cavità del cranio vi riman di cervello. 6. Io la vidi però non poche fiate ne'grofll uccelli, pro- babilmente molto vecchi, e fpecialmente ne' galli , ad ufcire dal proprio nicchio folamente folJevandone la bafe del cer- vello dal fondo della cavità dei cranio , e rimaner appefa dietro a queir aja all' arrendevole pia-madre , ch'avvolge, e rinforza il breve , tenero imbuto , o picciuolo , che non ha d' un imbuto eccetto la figura. 7. Quefto è fovente pellucido, ne meglio fé ne fcuopre la figura, e fé ne comprende la folidità del fuo corpo , che foffiando in avanti nel terzo ventricolo immediatamente die- tro alla commelFura anteriore ; perciocché allora veggiamo dietro all' aja ergerli un non fo che di lucido, breve e fot- tile , che s'accorta alla figura d' un picciol cono a bafe in alto , concava dal canto fuddetto del III ventricolo ; la fo- ftanza interna però di tal cono è polpofa, e tanto morbida, che non v' ha cotone di tanta finezza , che le fi porta giu- itam.ente paragonare. '' 8. Con l'accennato metodo femplicirtìmo s'allafgàn le pa- reti del ventricolo , per la qual cofa meglio fé 0* può co- (j) E' pur anco fiata da noi reca- Avoltoio Chiomato. ta 1 eccezion a tal regola nel groffo 55 Encefalo nofcere la capacità , e la profondità , eh' e molto maggiore in avanti; dove ii rende più manifefto il padiglione cavo, da cui s' allunga il picciuolo della gianduia , e fé ne ravvi- fa la morbida lanugine cenerognola , che tutto il concavo ne tappezza, e in baflb l'ottura; finalmente più al davanti fi diftingue il candor della midollare , che formando le pa- pille , divifo per le pareti del ventricolo in due fl-rifcie per parte, divergenti in alto; v'ha lo ftefs' officio , eh' è flato da noi ampiamente efporto nell' Encefalotomia (- jS Appendice all' osservazione ragione fufficiente a dedurne la caufa ) io abbandonavo il ca- davere fenza ulteriore difamina, ma fpaccato 1' efofago , e vifto 3. e conlìderato il gruppo enorme di verrai in quello elicente, mutai penfiero, e cos'i ragionai. Nelle tre riferite iftorie di Fiaterò, di Drelincourzio , e di Bonnetto, ncWt quali la caufa immediata della morte de' fog- getti s' afcrive ai tumori ritrovati nel cervello oltre al do- lore di capo, ed alla amaurolì,foli fintomi comuni colla no- ftra ammalata , oflervo edere flati precurfori alla morte lo- ro varj altri fintomi prenuncj di apopleffia , o di paralili ( come Ci può vedere dalle loro iflorie ) malattie, che fini- rono colla morte loro . Ma nella inferma di cui io tratto r efclufione d' ogni lintoma apopletico, o paralitico , lo fla- to de' polii fovra menzionati da me, e dal Sig. mio Affiftcnte ofTervatijlo ftato del calore naturale, la pallidezza del volto, il prurito allo flernuto , al vomito, la lingua, e voce tremola, e le convulfioni fuftbcanti fra' quali ella mori uniti alla impoffi- bilità di nulla inghiottire dal fuo primo attacco fino alla mor- te, fomminiftrano fuftìciente motivo ad efcludere la prefenza del lipoma nel ventricolo defiro del cervello ,ed a fofpettare altra caufa di diverfa natura produttrice della morte non re- ndente nel capo . Quefta fufficientiflima a cagionare una morte anche repentina da ognuno conofciuta in pratica manifedoin nel cadavere colla prefenza numerofa di lombri- ci nell' esoHigo , della quale ne' polii fpecialmente ne diede fegno non equivoco e prima , e nell' ultimo infulto, ed in vero fopra una tale indicazione le prefcriflì la miftura fopra menzionata, la di cui bafe fi era la polvere di radice di val- viana felvaggia negli ultimi periodi di fua vita, e riandando il Ricettario dell' infermeria delle Donne ritrovo, che ne' pri- mi giorni del mio ritorno quando ella era di già in conva- lefcenza della cefalea (da me ignorata) prefcritta io le ave- va per qualche incomodo di cui meco lagnodi la polvere antelmintica di mia defcrizione , dalla quale ella ne fu fol- levata con un tale rimedio. La polvere antelmintica, eh' io pratico, fi è compofla di feme fantonico, corallina di corlì- ca , radice di filice mafchio , corteccia di arancio amaro , aloe , mirra , diagridio , e mercurio dolce in dofi propor- zionate. '••,V .: .-H^''^^ •..!_■ -r :■!<•,. SOPRA UN TUMORE STEATOMATOSO . 79 Che poi UH numero conlìdercvolc ficcome era quello d i diecifctte lombrici elìflrente nel breve , e tiretto canale dell' efo- fago, fé da quello in breve o dalla natura, o dall'arte non s' efpelle , recare pofla e debba convullìoni , fufTocazione e morte , non è così nuovo in medicina onde cercare fi debba di provarlo con autorità, e ragioni: quandoché la fola ma- lattia di dolore di capo, e tanto meno la fola amaurofi giu- fta il fagacillìmo Morgagni non può mai eifère caufa di mor- te fé non paifa prima a formare l'apoplelha [a); che però avuto riguardo ai fintomi narrati precurfori della morte, e fingolarniente al numero , ed al fito de' lombrici rinvenuti, ron meno , che al modo violento con cui tentarono la lo- ro ufcita dall' efofago lino a cacciarfene uno per cadauna na- rice, ed allo fiato de' polii riconofciuti , non v' ha dubbio, giufia il mio parere , che colla convulfione indotta , e lo fpafmo a' mufcoli della deglutizione , e della refpirazione r abbiano fufiocata . E non negherò però, che la caufa della ribelle , ed anti- ca cefalea , e della amauroù fugace afcrivere fi poffa intera- mente al tumore nel cervello ritrovato , mafllmamente fé ri- flettere {\ voglia alla pofizione del tumore premente i talami de' nervi ottici , poiché 1' illuftre Morgagni tagliando ca- daveri di perfone morte cieche trovò una volta il nervo ottico ingorgato da un umore aflai torbido , ed altra volta da denfo mocchio (b). Così il Sig. Paw narra d'avere of- fervata una cecità in confeguenza di un' idatide , che com- primeva il nervo ottico, ed il Blegny un' altra cagionata da concrezione pietrofa nello fiefib nervo, {e) Ma confiderar {\ deve , che 1' amaurofi era fugace , e non permanente, che la cefalea neppure era continuatamente for- te , poiché fé permetteva di vacare all' officio laboriofo di cuoca d'ofieria, e fu convalefcente pel corfo di due fetti- mane nell' ofpedale fenza mofirarne gran cafo ; onde inferire fi può, che o non fempre ugualmente una tal caufa fuppofla (a) J^uid folus ( dolor capitis ) ad (è) id. epifl. ij. num. 8. 9. interitHm perducit fortajfe neminem. {e) Tiffot des matadies des nerv. De jcd. (j cauj. morb. &c. epift. pag. T- J. pag. ». nota («) p. «95. Jium- 1, So Appendice all' osservazione ecc. efiftente nel capo induceva Io ftellb efktto morbofo , o che nella efafperaiione de' fuoi incomodi s' aggiungeva altra ca- gione avventizia ; s' aggiunga infine , che lìccome ho di fo- pra notato , i ùntomi precedenti e continuati fino alla mor- te piuttoflo che ad un principio efiftente nel cervello ad al- tra cagione capace d' indurre mobilità , irritazione , fpafmo , e convullione, ficcome produflero, afcrivere fi debbono nel- la cavità inteftinale contenuta. -iiv^y ftVì— — ■ ■ '^rif. 1 1' i U ''t. ''^^•■ PROBLEMA Si PI{OBLEMA' Determinare il majfimo allungamento , che il pefo di un pen- dolo produce nella corda , a cui e attaccato , che fi fuppone priva d' inerzia, e di gravità. Del Sig. Co. Giordano Riccati. I, /^Uefio problema è flato da me fciolto , quando tentai V^ la coftruzione della curva defcritta dalla ghianda d' un pendolo , mettendo a computo la difknfione della corda. Ecco la ftrada da me inutilmente battuta. Il pendo- lo CB ( Fig. I. ) lia collocato in (ito orizzontale: il diman- da qual curva BDA defcriverà il punto B, mettendo a com- puto la diftenlìone del filo, o corda CB . Sia giunto il pen- dolo nel (ito CD, e pofcia mova un minimo pailb fino in CF . Col raggio CD defcritto 1' archetto DG , conduco pel punto D la perpendicolare EDH, e fegno DH eguale al pe- fo finito, o maffa del volume infinitelìmo B , e pel punto H delineo HI normale a CD prodotta . Finalmente pel pun- to F tiro la perpendicolare FK, e pel punto D l' orizzon- tale DL. Von^o CB=zL,CD=zL + l,ED=:f,CEr=x-]/(L-^r-r), BD z=s ,GDz=dz. , e fi avrà per confeguenza GFz=dl, LF (lTi . dl—ydA = ^7, EK=:^-dxz^- . — ■ —\ DF-ds, dz. V {.E+l —y) r=.\l (ds'^ — di*) . Sia in oltre M la mafia, e pefo del corpo B, z^ la fua velocità per la direzione DG , V la velocità per la direzione GF , ed V \d. velocità aflbluta per 1' archetto DF della curva . II. Eguagliandofi ad u^ il quadrato della velocità in D per la direzione DG , avremo la forza centrifuga nel detto pun« to = r-^ . Il pefo, o forza DH fi rifolve nelle due , IH L Si Del massimo allungamento che rtiinol.i il corpo per Ja direzione DG , e DI che lo fti- mola per la direz'one CI . La feguente analogia determine- rà il valore della forza DI . CD : DE : : DH : DI L + l : f :: M : f^ S'inferifca, che il corpo 5 è fpinto per la direzione CI dal- Ja forza — - — - — .Da tale forza egli è d' uopo fottrar quel- la, con cui la corda refìfte all' allungamento, la quale pel numero XV. dello Schediafma I. della mia Opera Delle cor- . de , ovvero fibre elafiicbe pareggia 1 , (L+/) \ hL — b. ^——' • - — , , dinotando h la rigidità natura- 2 L 2 L+-/ ^ le della corda non iflirata da pefo alcuno , cioè a dire d'elTa corda fituata nella politura orizzontale C5. Sarà dun- que la forza refidua = A. ~\ . ■ ^ L+l z L ^ 2 L+l, la quale dee fupporfi , che agifca per lo fpazio GF=:dl .Ho detto dee fupporlì; perchè la forza centrifuga - - non è at- L+i ta ad efcrcitar vera azione, che alteri lo flato del corpo, ina può folo cangiare la proporzione fra le velocità peri^C?, GF , fenza punto mutare dal canto fuo la velocità alFoluta per l'arco DF della curva, alla quai condizione dee il cai- , colo foddisfare : fopra di che veggafi la Dilfertazione intor- 1 no la vera Origine, e Natura della Forza centrifuga conte- fl nuta nella Raccolta di Lucca del 1763 . Avremo pertanto ^ il quadrato della velocità per la direzione CD — 1 CfMu'dl+Mjdl 1 (Ldl+ldl) , I hLdl\^ — mJ\ L^i T •"!:" +7.LT7y~'^'* Il Il quadrato r^' della velocità per la direzione Z)G ha da ftare .1 al già fcoperto per la direzione CD , oflìa GF come {DGy P :=dz,':{GFy-=dl' . Avremo dunque «' = — . -— . ^ M di'- r/ Mii'dl+'Mjdl _ I (Ldl+ldl) I hLdl \ J\ L+l z- L ^ T • L+/ / ' 9 NELLA CORDA DI UN PENDOLO. 83 c quindi la fomma de' quadrati delle velocità per le dette L+i 2 ds' r/1 direzioni, efTendo dz.''+dl'=^ds\=:— ' If'J V I (Ldl+ldl) . I ALdl \ III. Non efercitandolì altra vera azione , che la politura della gravità del corpo B , la quale iì è applicata allo fpa- zio ED -=2/, e la negativa della tenlione della corda C£>, che ha ripetuto i fuoi contrari per gli fpazietti di , fi avrà /7 I (Ldl+ldl) i /jLdl\ MV^ ,, ^ My — / —h. — = • - — 7 1 = ,0 (laefiettuan- J \ z L 2 L+l / 2 r (2L/4-/') do l'indicata integrazione, My 6. — 2 zL. 1 MV' /6L. log. (L+0 = . (2.) • I logaritmi fi debbo- no prendere nella logilìica della futtangente = i , riferita al protonumero CB=^L . Non ho aggiunta coftante; perchè fenza tale addizione, nella polìzione CE del pendolo, in ri- guardo a cui 7 = 0, / = o, li trova rettamente V=o. Ora il quadrato della velocità per DF pareggia i due quadrati delle velocità per DG , GF ; dunque per le formole ( 2 ^ e M (1)3 moltiplicando quefta per — , fcopnremo My _Z/.,(ii'+£)+I.L.Icg.(l+/) = ^'x 2 iLj z di Mu'dl4-Mydi I (Ldl+ldl) I /jLd\ , . ,. ^^- --i. -^— + - . -x^,) , e „,ol„ph- cando per di' , e prefe le diilèrenze , fuppofto ds coltante , + (au- Ki.'^Hp +J- ìl. log.(L+/) ) / Mii'dl+Mydl I (Ldl {-Idi} . I iLdl \ , ^ — I _ __ — ^ — — -i— — . ] . ds \ L+l z L ^ z L+l J Fatta la diviùone per di , e foflituendo dz.'^ in cambio di L li /( zdlddl §4 Del ^fASSIMO allungamento ds^ — ^/« , quefta equazione fi riduce alla feguente Mdjdl LT I i/2 4-(2M/— ■^=^ + ^L.log.(L+/)V ddl X Rifletta chi legge, che per la formola (2.) M7^=:zMj?- — h - — ^^ h ^^- log- (^+0 dee riferirfi ad Mz/', come ds' : ^xS onde s'abbia Mn'=zMF'. ~ z= ( iM/ ds' V — ^. ■- ■■ "^- -|-/JL. log. (L+Z) ) — . Surrogato quefio 2L / ds^ valore in vece di Mu^ nejla formola (3.) , fi trova Mdfdl -h ( 2M/ —'^.^l^tlìHj^hi^, iog."(L+/) ) • ddl' X rZiM!_L_/ (^^^+^') ^L . log. (L+l) \ , Mjds- = o U.) IV. Col mezzo delle equazioni L-j-/" == \/ (■'<^* +/*) 5 ^jf xdxJfjdj' dx' + xddx + dy"^ -\-yddy x'dx^—ixdxydy—y'^dy^ xddx+yddy x'dy'—ixdxydyJry'dx' , , . r e = — la formola (4.} fi trasformerà , (xdxdy-H'dy) , / ,, , (x'+/'-L') .. ., COSI M . — — {— + ( zMy — h. , , , , \ fXddx-\-Tddy) , > , / {x'-A-y^—U)\ (x'dy^—zxdxydy+y^dx'J NEH A CORDA Ci UM PENDOLO: 85 __{My.{dx'^df) __ ^ ^ ^^^^^^ j^ comune divifione per \/(x^->r)' ) , la forinola dopo breve calcolo prende il feguentc afpetto M.ixdxdjf-ydx')-]- f iMy — h — — 4- ^ L . log. V {x'+y') ) . (xddx+yddf) f {x'^-y^—U) \ (x'-dy^~zxdxydy+y''dx^) + l ^- — TT- )• — ^^mt: — ^ = ° ^^-^ Avendo luogo in queda formola differenziale del fecondo grado amendue le incognite finite , e non potendo ad eda adattarli veruno dei tre metodi infegnati dal dottiffimo Si- gnor Leonardo Eulero nel Tomo terzo dell' Accademia Petro- politana , non è nota la maniera di ridurla alle prime dif- ferenze ; e quindi non riefce di dar compimento alla folu- zione del noilro problema . V. Ho nondimeno giudicato opportuno il pubblicare il metodo da me ufato , acciocché poffa fervire di regola nel- la foluzione di quei problemi , nei quali ha luogo la for- ia centrifuga . Nel numero III. ho già detto , che la fo- la vera azione , che fi efercita, è My h. 2 zL, -| ^L.log. (L+/), a cui deve uguagliarfi la forza viva - del corpo M . La velocità V dei predetto corpo per la direzione DF fi concepifce rifolta nelle due, v per la dire- zione GF, n per la direzione DG . Nel numero II. ho de- terminata la forza per la direzione Di , offia GF derivata My dal pelo del corpo M uguale ad —^ . Si aggiunga la forza centrifuga — - per la flefla direzione, e dalla fomma — F— 7— fi fottn la forza - h .—-—' . , colla ^+* 2 L 2 L+l quale per la medefima direzione la corda ripugna all' allua- L iij Sd Del massimo allungamento . , r My^>rMie I (L+/) ^amento , e rimarra la forza — = — ; «.- , i kL . - , .,.,,. Mfdl-JrMu'dl H — ■ , a CUI fi dee attribuire razione 2 L+l Li-I i , {Ldl-^ldO I /jLdl , . ■ -, ,, ,. . b. — ; -\ ; adempiuta 1 obbligazione di 2 L 2 L-f/ aggiuftar le partite detraendo dall' azione della forza per la direzione DG l'azione , che non efille in natura; per- che alla forza centrifuga non fi può aflegnar vera azione » Mx Poiché CD-=:L4-l:CE = x::DH = M:Hl=i^—, , farà ' L+l Mx — — - la forza deriv'ata dal pefo M , la quale fpingc il cor- l^-j-/ pò per la direzione DG , ed agifce per Io fpazietto DG=dz, Mxdz, onde s'abbia l'azione — — - . La refiftenza della corda, che tira per la direzione DC della corda fteiTaj non può eferci- tare alcuna reazione per la direzione DG . Sì farà la dovu- ta compenfazione , fé la forza viva del corpo M per la di- ^^ ^ r/Mxdz. Mu'dl\ Mu^ rezione DG fi ponga = J [^j^^ Lm) = — ' ^"^ tal guifa la fomma delle azioni elementari per gli fpazietti Mrdl+Mu'dl GF = dl, DG=^dz fi fcoprira= -" — I (Ldl+ldl) I ALdl Mxdz. __ Mu'dl _ Mvdl-\-Mxdz. ~~z E ^2Tf/"^T+7 L47~ L+i i ALdl^ldl) , I hLdl , , , ,. ,, ù = -j .- , la quale s eguaglia alia vera z L. 2 L-t-/ ' ', "■ . r ■ ,^. I / (Ldl+ldl) azione, che in natura fi efercita = AW "'' r 2 L , I hLdl ^, . ^ . MydlA-Mxdz ... e a- • • • 4-- . - — . Ed in fatti -^— - — ■■=Md/ . Sofìituiti in ' 2 L+l L+l vece di di , dz i loro valori regiftrati nel numero IV. tro- ,^ [xdx+ydv) . ^. [xdj-jdx) re remo My . ■ \-Mx . ; — -- NELLA CORDA DI UN PENDOLO. ?7 dimoftrare . Avremo pertanto una nuova efpreflìone di ^"' — / ( - '^ j che ci fomminiftra le fottofcrit- z -~J \ L+l L+l/ te confeguenze. VI. Prefcindendo dalla forza centrifuga , efler dovrebbe .;5.v^— f-^4--/&i:.log.(i:+/), — L+l Z lL 7. 2 , = / ^ z, e la loro fomma= J = — . 1 , (iLl+l') ,!,,,„ -_: i^y /j . . -| iz. log. (L+l) , avendo poco fa 2 2Z 2 dimoftrato +/ + -^^y =Mdy, e perciò y - — ^— T- = Mj . Computata la forza centrifuga, crefce la velocità V, e cala la u colla legge che fia } ^ 2 2 == M^ — M/ — - /& . ^"-^Y^ J\-~hL. log. (£+/) ; dimodo- 2 2 2Z 2 che tanto s' aumenti — — quanto Icema per la / — . Credo che quanto ho fcritto fia fufficiente per mettere in chiaro lume la maniera, con cui deggiond ma- neggiar quei problemi , nei quali e' entra la forza centri- fuga . VII, Se non s' ottiene la corruzione della curva BDFA, ci è non pertanto permeflTo di fcoprire il maffimo allunga- mento della corda corrifpondente alla politura CA , quando le due linee ED =j' ^ CD=.L+l coincidono, onde s' abbia }'=^L+l. Ho determinato nel numero IL la forza , che al- , , j Mu'+M/ i , (L+l) , I 1>L lunga la corda = /j.^~LJ^ __ L+l 1 L / 1 ' L+l 7-+.- 88 Del massimo allungamento = . Qualora 1 allungamento uà emti- te al maffimo , quella forza dee pareggiare il nulla , e per confeguenza Mw' = My : dunque Mu" zhLl-\-hl^ ^, , ^ . . , , ,, ,. = M . (Z+/) . La velocita u normale alla dire- 2Z _ zione della corda s' eguaglia nella mentovata circoflanza alla velocità affoluta F del corpo B, ed effendo generalmen- - zL z/jLI-ÌP avremo zM . (L+l) ■■ }- òL . log. {L+l) zL — M . (L+l) , e perciò log. {L+l) = -^j- zL SM . (L+l) hL (6 .) . Formo due equazioni log. (L+l) ^ ^ rLl+l' ^M.(L+l) „, , . ^P(l-)^ —jl ^~~-^ — q(^.) e queft' ultima fi riduce alla feguente ( L+l — - , ) =Z\(i-\-- . V zh J ^/j^ 4-<7) (9.). Vili. All' afle BI (Fìg.z.) , col parametro V delineo la parabola BDEA, in cui all'afcifTa BI =i i ~\ 77 ~\-q cor- ^LM rifponderà 1' ordinata lA = L+l — ^—7— - Continuata AI zh 3LM fino in C, dimodoché fìa CI = , ne rifulterà CA zh z= L+l . Pel punto C fi tiri CK parallela ad IB , e fegnata gM' BF=.i, a cui fi riferifce FD = L, FG= —r- 5 farà Gì o LCz=zq. . Faccio NELLA CORDA DI UN PENDOLO. 8? Faccio LH = FI' = L, ed all'affintoto KC deferivo la lo- garitmica MHA della futrangente BF = i , che paflì pel punto Hj il cui protonumero LH=L. EfTendo LH<^LEy la logaritmica taglierà la parabola in un punto A , per cui fi conduca l' ordinata AC . Giudo l' equazione ( 7 ■ ) log. (L~\-l) = p , avremo LC =: p, CA z= L-\-l : ma per l' equazione (8.) -—■ Ì£7~=?' LQ=:iq , CA =L+/; dun- que rifpettivamente al punto A,p^=:q, e per confeguenza fi avvera r equazione ( 6 .) log. ( L-j-i ) = — p^ 77 » e CA=::L+i è la mafllma lunghezza, a cui perviene (Fig.i.) il filo del pendolo CB , quando è giunto nel fito vertica- le C^. IX. Se la rigidità naturale h delia corda, che ad effa com- pete prima che fi rnminci ad allungare , fia infinitamente picciola , diverrà infinita la linea (Fig.i.) LG = . Lo fteffo valore adequatamcnte competerà anche all' ordina- ta GÈ della parabola, la quale s'eguaglia ad ,/ 9M'\ bLM , Lh sLM s= . Quindi il punto H diftarà infinitamente dal pun- to E , e la logiftica MHA taglierà la parabola BDEA in un punto A immenfamente lontano dal punto E ; di manie- ra che fé LE è infinita, tanto più riufcirà infinita CA = L-f-/ . Poftochè foffe ^ = 0 , il filo C5 ( Fig. i . ) non fa- rebbe alcuna reliftenza , ed il corpo B difcenderebbe per la linea del piombo BO , né per quanto iì allungale il filo ben- ché infinitamente , potrebbe mai giungere , fé non per ade- quazione, nella politura CA . Che fé fuppongalì /!> infinitefi- ma, il pendolo perverrà nel fito CA , ma dopo un allunga- mento infinito. X. Pado all'ipotefi contraria, e fingo infinita la naturale rigidità ò . In tale circoftanza diviene minima (Ftg.z.) la Tomo IV. M ^o Del massimo allungamento linea LG= - , -, ed immenfamente ancora più picciola la linea FG = ^—7- • ^' adeguano dunque le due ordinate FD , GÈ, ed altresì le due linee LG = LH -- GH, HE= GÈ- GH, laonde il punto H è infinitamente prolfimo al punto E della parabola. S' inferifca,che ancora il punto A ^\n cui le due curve s' interfecano, farà viciniflìmo al punto E, e per- ciò CA ;= L-j-/ fupererà infinitamente poco LH = L . Prefa 2L/+/* per mano la formola (6.) log. ( L~\-l ) = — j~— — ^7 , e fatta la riflefllone effere nella prefente fup- pofizione log. (L+l) =— , ed /* trafcurabile rifpettivamen- te ad / , troveremo 6l-^zii-^^M (T—^-i) , e confeguentc- 3ML ^ , . bJ-^M , rr„ mente ^ = / , o fia per adequazione — y- = / : ma tit. A-3M 'ri ^ = LG = ^— r- -, dunque tirata HN parallela a Bi, ne rifulta 10 UA = l=iHE. Nello Schediafma I. della citata mia Opera ho fatto ve- dere quanto fia grande la rigidità naturale A nelle corde di metallo . La rigidità naturale corrifpondente al pefo di due libbre , che ftirava una corda da me ufata in alcune fperien- n ze riferite nel numero XVIII. afcendeva a libbre 11 34 — • Supponiamo, che la rigidità naturale della corda del pendo- lo nel fito orizzontale C5(F/;?.i.) fi eguagli a libbre 1201, e fia M = — , L = once 12 = linee 144, e facendo ufo 3 della formola / =3 - — r-, competente all' ipotefi di h infini- /&— 3M ta , fi troverà il maffimo allungamento / = — 13^ — = =r — di linea. 1201 — ^ 100 25 NELLA CORDA DI UN PENDOLO. 91 XI. Volendo dedurre la mifura della diftenfionc / dalla for- ™oIa (..) log. (L+/, = ^ -'—^-^ . =SU è d'uopo ricorrere all' attentazione. Per fervirfi dei logaritmi delle tavole, fi rifletta, che nella logiftica della futtangente =: I, log. {L-\-l) riferito al protonumero L lì eguaglia a log. — — riferito al protonumero = i . Ora la logaritmi- ca delle tavole ha il logaritmo del numero io c= i , e nel- la logiftica della futtangente = i il logaritmo del predetto numero è = 2,3025851. Rifpettivamente al medefimo pro- tonumero i logaritmi dello fteflfo numero ftanno come quelli d' un numero dato . Prendendo adunque log. - .: nelle tavole, Ci faccia 1:2, 3025851 : : log. ^ ; ^ Li 3025851 . log. —7—3 ed il quarto termine pareggerà nella logiftica della futtangente = i log. -~ riferito al pro- tonumero =3 I , e confeguentemente log. (L+l) riferito al protonumero L. Quindi valendoci dei logaritmi delle tavole avremo 2, 3025851 log. —jj-= —ji ■- , formola , che fi riduce alla feguente LV/(., 30.585.. log. 'i±i^+.+?^') IMI. = L + / (IO.) Si airegni ad JL-j-/ un valore piìx proftìmo al vero che fia pofiibile, deducendolo o dalla coftruzione delineata diligen- temente, e con filica efattezza, o come nell'efemoio addot- to, quando la rigidità h è aflai grande, dalla formola / = ~^~^ • -^^^ noftro efempio adunque fi ponga h-\-l = 144, 12, onde s' abbia ^ ^ »_l±li ^ i^of. L, 14400 12O0 M ij 9* Del massimo allungamento e log. = 05 00036ZO. Softituiti nella formola (io.) IZOO in vece di log. - — ■ , di L, di M, e di A gli ftabiliti va- lori, fi troverà dopo i neceflarj calcoli 144, 1 19964 = L-|-/, valore adequatamente uguale al fuppofto, confifteii- do la differenza nella minuzia o , 000036 . Qui non e' è bifogno di paffare ad altre operazioni , perchè abbiamo de- terminato il valore di L-|-/ fommamente proffimo al vero. Per altro il trovare L-j-/ minore del valore fuppofto fignì- fica , che il detto valore ipotetico è più grande del giufto. XII. Se la prima politura CP ( Pie. 7. ) del pendolo fofle inclinata all'orizzonte, lì tirino PM, CB orizzontali, e PS verticale, e ritenute l'altre denominazioni, fi chiami CP = L, CM = a. Nel fito CP il filo farà ftirato dalla forza , e perciò a quefta forza tendente dovrà corrifpondere la rigidità naturale f). Giunto il pendolo in CD, farà la cor- da fl:irata dalla forza — ; — ; — , a cui pel numero XV.del- L+l lo Schediafma I. della mentovata mia Opera farà contratto la / I . aM \ (L-\-l) I , L . forza ( — ^ 4- -7- ì - — ? ^ ' r~-, • Avremo Mu^+My ( I dunque la forza refidua = — - — - — l * aM \ L-Vl L / L ' 2 L+/ II corpo B nel punto D verrà animato dalla forza viva I , Ldl L .. . ^ ) -^ M/ — Ma ( —-6 2 L+l / \ 2 ^fM\ f^^^±^) _^_L^£^jog,^L^/^^ prendendo i lo- L / 2L 2 garitmi nella logiftica della futtangentc = i , riferita al pro- tonumero CP = L. Ora nel punto A,u ==. V, }> =: L-{-l, NELLA CORDA DI UN PENDOLO. 9J e la forra allungante la corda efTer dee = o ; dunque fofti- tuendo nella forinola ( ii .) in luogo di u^ =z V' , e di ji ì loro valori , fcopriremo __ formola fi riduce alla feguente / /&L' ■ log. (L+l) + hU-aUL' '-M'L' \ jML' ^ \ hL-\-zaM ^ {hL^-iaMy ) '^ hL+iaìÀ =iL+l (13.) e volendo far ufo dei logaritmi delle tavole, 2, 30258ji^L'.Iog.(^^^ + *L'-«MZ' ^^,^^ n AL+zaM "-^(èL+wW ) •^ j-j-^ — ^ =L~{-1 Ci 4.;. Col mezzo dì quefta equazione fi troverà la maffima lunghezza L-\-l = CA della corda , po- nendo in opera il metodo dell' attentazione . XIII. La formola (12.) fi può coftruire collo ftefTo arti- fìcio ufato rifpettivamente alla formola (6.). La mentovata formola (12.) fi trasforma così log. (L-f-/ ) = (^±^> . (=/.+/■) -1^ . i^+»+':^- ■ Faccio log. (Z+/)=K.5.;, '^^^.(^U+n-§■(L+') -i — 7— =q ( 16 . ) . L'ultima equazione dopo varie operazio- ni prende il fottopofto afpetto {l-\-1 -. •] - ;^ITI^ • V4M^^ZTI^) -^+i-}-^j,efico. ftruifce nella feguente maniera. LTì All' alle BI (Fìp.i.) col parametro , delineo la hL-\-zaM M jii 54 Del massimo allungamento parabola BDEA , le cui afciffe BI = — r— 77 777 — -r? ^ I >|- 5 , e le ordinate 7/1 = L-\-i 7- . Aggiunta all'ordinata lA la linea CI = — -• , ne rifulta C/4 = L-4-/. la -,. ,• r- B/- 9M'L aU , - Taglio pofcia 3G = . ■■. r-r- — -r^ -j- I , e reità GI=^LC = q. Segnata LH=L, che prendo in figura di protonumero," air affintoto CK deferivo la logaritmica AHM della futtan- geatc = I , le cui coordinate LC = />, CA = L-\-l . S'in- terfechino la parabola, e la logiftica nel punto A ,e giacché rifpettivamente ad elio punto , ^ , e /> hanno lo fteflb valo- re, ed altresì è comune l'ordinata CA = L-\-l , avremo log. mente richiede l'equazione (12.), e perciò CA farà la maf- fima lunghezza , a cui perviene la corda , mentre il pendo- lo ofcilla . XIV. L' allungamento / può elTer minimo ,0 perchè fia in- finita la naturale rigidità A della corda , relativa alla forza flirante —, o perchè fia infinitefimo 1' angolo (Fig. 3.) ACP • In ambo le circoftanze fi avrà log. (L+l) = -ir » ^ riufcirà trafcurabile la quantità rifpettivamente nulla /*. Sco- pnremo pertanto, ridottoli computo —— - - — —7=/ (17.) Sia infinitamente grande la rigidità^, e cancellati nel de- nominatore i termini minimi in riguardo ad ^Z, avremo lM.{L-a) _ , . —1 '" Se ftando dentro i limiti del finito la rigidità h fofiè in- finitefimo l'angolo ACP, e per confeguenza minima la tan- gente MP = b dell'arco M^ defcritto col raggio CM = ed in oltre tutta la circonferenza viaggi da K verfo P colla velocità orizzontale proporzionale ad ^iC. La prima velocità pare o gerà la grandezza "^ ^ ^ , e la feconda farà =: — , e di a uyc quefìe due velocita fi compone la terza -1 di ver- ^ a tìgine intorno il punto A. XII. Porto che AC=a ila minima, ne rifulta AK=CD: ma il punto C li nio\-e da C verfo H colla velocità oriz- zontale proporzionale a KA = KC , e con una pari veloci- tà la circonferenza KD LN K, e confeguentemenre anche il centro C viaggia per direzione contraria da C verfo E; dun- que efTo centro iìa. in quiete, e perciò la circonferenza ICDLNK gira intorno il centro C. Quindi fé la detta circonferenza gira intorno al centro C con velocità proporzionale aCK,e nello fleflb tempo viag- gia orizzontalmente con pari velocità da K verfo 0 , fegue in effa il medefìmo movimento, come fé ruzzolaffe fopra il piano KO , ritenendo il centro la flelfa velocità, e nell'uno e nell'altro incontro è lornita di egual forza viva. XIII. Che fé è finita la linea AC, concepifce la circonfe- renza KDLNK la ftefla velocità negli ftefli punti, e la medelìma forza viva o ruzzoli fopra il piano KO con velo- cità in ragione delle diftanze dal punto K, retrocedendo in oltre colla velocità proporzionale ad AK, o fi giri intorno al centro C con velocità relativa a CK , e proceda altresì per la direzione KO con velocità in ragione di AC . Nella prima circoflanza fappiamo , che il punto D gira intorno il punto A con velocita in ragione di AD : ora egli è d' uo- po provare , che lo fteflo fuccede ancora nella circoflanza feconda . Segno Z)^ normale, ed uguale a CD, DS normale ed uguale ad ^D, e congiunti i punti J", ^ colla retta S^, tiro ST parallela a ^D, e DR normale ad J£. E(fendo retti i due angoli C D §_ , ADS, levato il co- mune CDS, refta SD^ uguale all'^DC, e perciò S^ 104 Della POrza Viva r=AC, ed i due triangoli S D ^, ADC fono uguali. Quin- di a cagione degli angoli in R , J retti , 1' angolo ^DR z=.CDI, e perciò levato il primo dall'angolo retto C D ^, ed aggiunto il fecondo , ne proviene 1' angolo IDR retto. e fendo altresì retto l'angolo SRD, le linee J"g, TD fo- no parallele ed uguali, e confeguentemente DT=zAC. La velocità perpendicolare a CD del punto D intorno il punto C fi efpriina per D^ normale, ed uguale a CD , e la velocità orizzontale dello fleflb punto D venga indicata dalla linea DT = AC, e delle due due mentovate velocità jì comporrà la DJ normale ed uguale ad AD, come fi do- vea dimoflrare. Se adunque la circonferenza KDLNK girerà intorno al punto C con velocità in ragione di Giv , e di più cammi- nerà per la direzione orizzontale KO colla velocità relati- va ad AC, la forza viva dell'arco KMD farà eguale ad u^ u^ — (c''-\-iah) .s . ^ab \/ zbx—x'' e quella dell' in- za' ^ ^ ^ za' * ^ tera circonferenza = — ■ . (c''-\-zab) .s . za'- Il circolo AFBHA (Fig. 5.) ruzzoli /opra il piano orizzon- tale AG , e fia conofciuta la velocità del centro C : Ji di- manda la forza viva di effo circolo , e per conleguenza d'un cilindro di data lunghezza, cui ferva di bafe il cir- colo mentovato. .. ....,, . , . ■j . XIV. ^i& ACr=a,QK. = x ,Wt^dx ,AK='BL^a-x , e fi chiami u la velocità del centro C , ed / la forza viva del circolo KDLNK. C infegna il num. VI. , che la for- za viva della circonferenza KDLNK = nx fi efprime per jr / . » \ ji"- — nx { AK +iAGK ) = — . (na^x+nx^) ; dunque la forza viva della zona circolare KDLNKl^^'+^^ / . na'x^ nx^\ ^- , ^ ■ do , / = — ■ . [ A — — 1 . Si determi- ■"-a'b \ 2 4 / r " na il valore della coftante A riflettendo, che nel fito KL nd f z=z 0 corrifponde x z=^ b , onde s' abbia A - ■ •• na\b^ nb^ = ""^ -j~ T" • E quindi ci fi prefenta 1' integrazione O ij io8 Della forza vfvA compiuta / =. ---^ • C -- + ~X~~^~"^ ) ' Nel punto D è xz=LO , e perciò la forza viva della fuperfi- eie LDKL, cioc f = — ^ — • f +fL ) jC quel- la dell' intera fuperflcie LDKL -h LNKL , a/- • ■ '^' yi^'+I^ f ,. , nb^ \ XX. ConciolTiachè la noftra doppia fuperficie conica fi eguaglia ad nb v'^'+<^' s'ella fi movefle colla velocità — \/«'+it' farebbe fornita della medefuna forza viva,on- a * '■ de viene animata , allorché ruzzola fopra un piano orizzon- tale colla condizione, che il punto C cammini colla veloci- tà u. Le velocità dunque del detto punto fi corrifpondereb- bero nella ragione di a : ya^ + lb'. Porta b;=a , il moto della fuperficie farebbe di femplice rotazione rifp>;ttivamente alla circonferenza KL , e fi avreb- .pe 2/ = 1 4 " "" • u^ « / b'-i-p^ / nb' \ XXL La fit^x forza viva 2/= _VL_Ì .[na'b-\-— \ za' \ ^ / competerebbe alla nofira fuperficie , che fi rivolgeffe intorno air afis ND colla legge , che il punto K fofTe dotato della velocità — =: x; , e di pili camminafTe per una direzione a orizzontale normale al detto afTe colla velocità u ■ Qiiefla forza viva fi può anche efprimer così ìf=v^yb'+g"- , f 1^ _- A foftituendo in vece di u il fuo valore —r- b av tj DI ALCUNI CORPI. 109 Fingafi ^C = ^ = o , e fi fcoprirù 2/ = ^- 3 4 ed in quefto cafo la fuperficie, ftando immobile 1' aiTe ND, intorno ad efTo fi gira, ed è fornita d' una forza viva, eh' è la metà di quella, che le competerebbe, fé ti movefie tutta colla velocità V -, colla quale fi gira il punto K , o fia la circonferenza KL. XXII. Sia A7LD un femicircolo , e poiché EF , —bdx ,^ n' i—a-bnxdx—bnx^dx) — "•^ = — , avremo dj = --" \'b'-x' 2^* ^b'-x' r= 'i!^ . ^1^^ -f ''Il . Zi^ . V integrale di — Xdx ^ /-ri , . , —X'dx V ^ ~^ ■ Per integrare la quantità \'b'-x' ° y/b'-x* fi oiTervi efiere x' = b^—y , xdx =■ — /<^/ V'^' — ^^ ~^ ' ^ perciò x^dx^ „ (^'-7')./^/ _ ^.^^ ___^.^_^ , e V'^-x' / — x'dx vi , b^-\-x ___ zb'- -\-x^ \Jb'-x' . Sarà pertanto f — A .. I . i/jI ~V~ r/'to , tCbn zb'-'rX'' + v^ -^ • — + — • —r-^i,^_^^.. Ad/ — e ci corrifponde X:=b, e quindi A=:o, q perciò / yb^-x^ -f- • T — \/b'-x' farà la 2 za"" ^ * "forza viva della fuperficie LEHKL , che fi move colle de- fcritte condizioni. Effendo nel punto D,X — o, ne rifulta la O iij no Della forza viva lorza VJVa della fuperncie emislerica / = U , e 2 * 3 a,' quella di tutta la sferica fuperfìcie zf XXIII. Poiché la noftra sferica fuperfìcie s' eguaglia a rnh"^ s' efia camminane, colla velocità ~ '- — , avrebbe quelli i fteffa forza viva , di cui è fornita , quando rotolando fopra. un piano orizzontale , 1' affé, M> fi muove colla velocità. = Il . Dato che foffe h = a , il moto farebbe di femplice rota- zione rifpettivamentè alla circonferenza. KL , e li fcoprireb,-- be if = mb' . — . -6 XXIV. La mede/ima forza, viva rf r= z/ih'-.u^. [ — ~+ — ^ ) converrebbe alla, sferica fuperfi"- eie , fé fi rivolgeffe intorno 1' affé ND colla, legge , che il punto L. giraffe colla velocità — = z^ , ed in oltre viag- j a ° I giaffe per una direzione orizzontale normale al detto affé ' colla velocità k = — . Surrogando in cambio, di u il fuo b r ^ J. ~ valore— , la mentovata forza viva: può prenderà il feguen- te afpetto z t—inb'^ • l — r + — 1 • Suppongafi ^C=:* la'x^ x' \ ta / — —^ . { ~\ • — , ) : ma rifpet- tivamente al puntoD,.r = o; dunque l'intero conoLDKfa- ra fornito dalla iorza viva r = — .1 1-"~ ì ■> ed il doppio cono LDKNL della forza viva ?/ XXVII. Eguagliandofi la maHa del nollro corpo ad— ^ , fc effo fi moveiTe colla velocità- V^' + - — , avrebbe quel- a IO la ftefTa forza viva , da cui viene animato , quando ruzzola fopra un piano orizzontale colla condizione, che 1' ade ND viaggi colla celerità ti. Le velocità dunque del detto affé fi riferirebbero nella proporzione di a : y^' "H " — ' ^' • Polla b = a, il moto del corpo farebbe di fcmplice rota- zione in riguardo alla circonferenza KL , e fi troverebbe if = -^ • ( -- è' ) = — ^ . --- ■ 4 \ ly / 3 20 XXVIII. La fteflTa forza viva 2/=^- . f — + -) apparterrebbe al noflro corpo, che fi rivolgeffe intorno l' af- fé ND colla condizione , che la circonferenza KL giraffe colla velocità — =z; , e di più camminaffe per una dire- te zione orizzontale normale al detto affé colla celerità tt = --- . Softituendo in luogo di u il fuo valore -7- , la mentovata Di ALCUNI COR?!. II3 mentovata forza viva il può anch' efprimere come fegue 2/ _ 'i^S,'^^ ( ^^' \.^\ Se ^Cr=inferifca, che a 15 le forze vive d' una sferoide, e d' una sfera, che difFerifTero foltanto nel feniialie CD , fi riferirebbero nella proporzione di ^ : ^ . XXXI. Conciofflachè la maffa della sferoide pareggi la gran- 2nb'P aizza. ■ , fé la ftefla camminafle colla velocità 3 u . v/«' + 7 ^' — avrebbe la medefima forza viva , di cui è a dotata, quando, rotolando fopra un piano orizzontale, l'ade ND lì muove colla velocità u. Se il punto A coincidefl'e col punto K , il moto farebbe di femplice rotazione in riguardo alla circonferenza KL , e ne rifulterebbe 2/ = lÉlS . 'L.L ' \ 3 2 5 ;','•-■ -- XXXII. La ftefla forza viva 2/ __ 2/i ^ ^ --- . (a' + i^^) competerebbe alla noftra sfe- roide , fé circolalTe attorno 1' affé iVD colla condizione, che hu ]a maffima circonferenza KL giraffe colla velocità — = '^ 3 a ed altresì la sferoide tutta camminaffe per una direzione oriz- zontale normale al detto affé colla velocità « = — - . Po- 0 ia Som. IV Mia. 116 tC A ON Ir ^/ V-^- ^^ n/ c E L K ^ J / / 1 G .f Il 1 . (s/ile^ni ; deità (Vacieta cJiaJta ■fi'j. !, u H N| ^i V- rontAVBi^.lIÒ K A OM rfu V-^- ^ÌQ.6. DI ALCUNI CORPI. av 115 nendo in vece di u il fuo valore -— , la nominata forxa vi- b va fi può efprimere come fegue if=~— • :j:i -(a^ + - i^') zb' = ^^". (.■+^^-) Fingafi AC=:a=:o , e ne rifulterà 2/ = '^^'^-' . Sen- av 15 do in tale congiuntura ?/ = —=(?, l'affe ND non fa mo- to, e la sferoide girafi intorno «d efTo . Egli è da notarli che la forza viva fi riferifce a quella . — , che le converrebbe , fé tutta fi muovefle colla velocità v , colla quale gira la circonferenza KL , nella ragione di ~ : ~ , a ih di 2:5. Acciocché le due forze vive fofiero uguali , bifognerebbe, che r intera sferoide camminafle colla velocità v }/ -, > ii5 T E O li E M A IL NULLA IMMAGINARIO NON PUÒ' CONFONDERSI COL REALE. ~tr2 . : Del medesimo. I. TL celebi-atiffimo Signor Leonardo Eulero con un inge- X gnofo metodo determina ( chiamata p la femicirconfe- renza circolare del raggio = i. ) log. i = ± a . p \/^^i , ±2p]/-i^, iW-i, &c.; log.-i =±;;j/II7,±3;,y/~r, Ì5/'/ — I 3 e confondendo il nulla immaginario col reale, cava la confeguenza , che log. i ha un valor reale r=o, ed infiniti immaginari; laddove a log. — • i . non com- petono faivochè infiniti valori immaginari , e quefta illazio- ne la eftende a qualunque numero pofitivo, e negativo. II. Afìermo frattanto eifere immaginario log. i =o .p^—i, e che coi metodo del lodato Autore non li fcoprono per log. d: I fenonfe valori immaginar] , a cagione che il nulla immaginario non può confonderfi col reale . Per trovare i logaritmi reali dei numeri pofitivi,e negativi, egli è d'uo- po ricorrere o alla quadratura dell' iperbola conica fra gli / e? \ - affintoti , o alla formola / f v j^^ = Ar, nella quale / figni- ■fica il protonumero ,/ il logaritmo ,jv il numero, ed 6 ,g un logaritmo , ed un numero corrifpondenti , il qual logaritmo ,fia dotato della condizione di eguagliarfi ad un numero pari. IH. Provo evidentemente , che il nulla immaginario non può confiderarfi come un nulla reale , deducendo quella ve- rità dall' equazione del ramo inferiore della concoide . Sia BDI {Fig. i.) la metà del ramo inferiore della concoide , la quale è fornita della proprietà , che tirate a fquadra le due rette AF ^ AC, e menata dal punto fiflb C la linea CF, e tagliata FD usuale alla data AB , il punto D appartenga alla curva. Pongali yt/B =^f^ = ^ j/lC^Z'^^E^CjD =.v, Il molla immaginario ecc. 117 ED = AG=jy, ed elTendo EF = \f{a'—r). GC-b—y, dall' analogia GD : GC X : EF '. ED X : b-y : : Yia^—J''} : / fi raccoglierà la nota equazione x = . V'(AB = « , e pofla AG =3^ = AC = b , fcopriremo ± x = o.\/ (a^—b')^ o(['m rk x=::o. ^ (b^ —a'-)\/ — i , cioè a dire ± -v uguale al nulla immaginario . Refteremo convinti , che queflo non pofTa far figura d'un nulla reale, riflettendo che il punto C non appartiene alia curva IDBdi ; imperciocché per elTo non paffa il punto D defcrivente la curva. IV. Facci afi ora ^G =7 = ^JB =: ^ , e l'equazione prenderà -, r r ^ {b~a).y{a'~a') il feguente aipetto ± x zzz ■ 2-' r= {b—a) . 0 , cioè ± x uguale al nulla reale . Nel punto B adunque ± x fi eguaglia al nulla reale, ed in fatti il punto B fpetta alla curva IDBdi, pallando per lo fleflb il punto defcrivente D. Se fofTe AC = b=:AB = a, il punto C coinciderebbe col punto 5, ed uguagliandoli ± x al nulla reale , la curva fi approprierebbe il punto C. Fingali AG =j>AB = a b , onde s' abbia/ = e > b,nc proverrà la formola±Ar= ( V ^(e'— «') \/-^ gran- dezza parimente immaginaria. V. E qui egli è d' uopo fare la rifleflìone , che trovandofi procedendo da B verfo A i valori reali di ;>c, e procedendo da B verfo C i valori immaginar], abbiamo è vero in B un nulla di quantità immaginaria , ma abbiamo altresì un nul- P iij nS II nulla immaginario la di quantità reale, e perciò il punto B compete alla cur- va IDBdi. Ma in riguardo al punto C s'incontra l'immaginario tan- to da C verfo £, quanto da C verfo H, e confeguentemen- te in C v'è un doppio nulla di quantità immaginaria , e per querta ragione il detto punto non appartiene alla curva . VI. Refta da confiderarrt 1' ipotefi , che (ia AC = bi; = < y' — i , rinvenendofi il primo nulla , quando fi arriva da A in B3 ed il fecondo , quando (ì giunge da H in 5 . VII. I medclinii diicorfi fi polfono applicare alla curva dell' equazione ± x ■=. — - — . /c^'-/') • Defcritte a fquadra le due rette(F/^.3.)CB',I/, che s'interfechino nel punto Ay tagl io AB = AB z=z a,AC = b > a,AG=jz=AG' = ~j' ,e fat- te GF=G'F = a , pei punti C , F conduco la linea CD', la quale s' incontrerà nei punti D , D' colle linee GD ■, G'D' normali a CB', i quali due punti apparterranno ai due rami inferiore IDBdi ^ e fuperiore IDB'd'i della curva, che vogliamo delineare, onde s'abbia GD = x , GD'r=x. Ed in fatti per la fimilitudine de' triangoli C/^F , C(jD = C(J<^ , CG'D' = CGd' abbiamo le analogie CA : AF h : ]/{a^-r) CA : AF b : v^^^'-r) che ci danno -^xz^. (^ propofta CG b-y CG' b—y GD = G(t :i: X G'D'z=2G'd' ±x :^V( a' — >''), eh' è r equazione VIII. Supponendofi AC r= b > AB r= a ^ fé fi faccia AG =zyz=.A C — b,C\ troverà ±.v=;o . ]/ {a'~b^ )^o .]/ {b'- a')]f -i P NON PUÒ CONFONDERSI COL REALE. II9 Uguale al nulla immaginario. Si renderà manifefto , eh' edo non pofla confiderarfi come un nulla reale , odervando che il punto C non conviene alla curva IDBdi, la quale , fé BB' Cidi verticale, non difcende più abbailo del punto B , a cui perviene, quando , ellendo AF = ]/ia^ —}'" ) = o , i due punti G, D Ci congiungono in B. Stabilita AG==j'=:AB = a , ne rifulta ± x = (ù — a).o, oflia ± X uguale al nulla reale , e perciò il punto JB fpetta alla curva IDBdi. Lo llelTo accaderebbe , le fofle AC==b = AB=:a ; imper- ciocché il punto C coinciderebbe col punto B. Sia AG=:J' > AB = a < AC =^ b , q tale grandezza pon- gafi = e , onde ci li ofterifca 1' equazione ± x = ' ~'^K\/(a^ — c')=z- — — ^,/(c^ — a^)]/—i, che determi- na ± a: uguale ad una quantità immaginaria . Se poi lì faccia AG :=/ >b , dimodoché s' abbia j=ze ;>b , ne deriverà la formola ± x = — . y (f' — «*)\/ — i j grandezza altresì immaginaria . Ai punti 15 , C fi accomodano le rifleffioni , che fi leggo- no al numero V. , e che io ftimo fuperfluo il ripetere . IX. Paflb ad efaminare la fuppofizione di AC r=i b < AB = rt, in cui la curva vien efprelfa dalla Figura (4). Deter- minata j/ z=: b , C\ fcopre rt x := 0 .\/ {a^ — b'' ) ^ cioè x ugual al nulla reale . Incontrandofi i valori reali di .V e da C ver- io A, e da C verfo B; il punto C per doppia ragione appar- tiene alla curva IDCKBkCdi. X. Da quanto ho fcritto fi deducono i feguenti Corollari . 1. Se ad / reale fi riferifce x uguale al nulla reale, il pun- to eftremo d' y compete alla curva , quantunque allo fìeffo punto corrifponda x uguale al nulla immaginario . 2. Se ad/ reale s' adatta foltanto x uguale al nulla imma- ginario , l'ultimo punto d' f non conviene alla curva. 3. Quindi il nulla immaginario non può confonderfi col reale, e confeguentemente i logaritmi dell' unità pofitiva, e negativa fcoperti dall' Eulero col fuo metodo fono tutti im- maginar; . lio II nulla immaginario XI. Se al punto elhemo B (Fi^.^.) del protonumero AB =2 I coirirpondede unicamente il logaritmo uguale al nulla immaginario, il detto punto non competerebbe alla curva, ed intanto le compete, in quanto che ad elfo punto lì riferi- fce il logaritmo ugual al nulla reale . Dipende ciò dalla na- tura della logaritmica, in cui ad una ferie geometrica di nu- meri reali dee riferirii una ferie aritmetica di logaritmi reali , Nella logiftica delle tavole lì hanno le due progrelfioni rela- tive di numeri, e di logaritmi. I I ecc. , — 5 I , IO , loo , &c. loo IO &.C. — 2,-1,0, I , 2 , &C. Egli è patente, che dai logaritmi reali politivi fi dee paflare mediante il nulla reale agli eguali logaritmi negativi , effen- do il nulla medio aritmetico fra i e — i , fra 2 e — 2 &c. XII. Per una pari ragione , efiendo pel metodo del dottilTì- «10 Eulero log. i = &c. — ^py/ -i , — ^ p yZ-i , o./'\/-i , ']~zp\/-f-,~\~'\p \/ -^ dee, il 0. p^-i , eh' è medio arit- metico fra — 2p\/-i e -\- zp \/~i , fra — 4P\/~i e -f-4/'j/-i, &c. tutte quantità immaginarie, ha da eflere ne- celTarianiente immaginario. Il tanto celebre argomento adun- que contro i logaritmi reali dei numeri negativi perde tutta 3a forza deducendolì evidentemente dai miei raziocinj , che il metodo del lodato Autore determina tutti immaginar; i logaritmi e dei numeri politivi , e dei numeri negativi . E ficcome ciò non efclude, che ai numeri politivi competano dei logaritmi reali, altrettanto deve altresì affermarli dei nu-. meri negativi , ai quali non meno i logaritmi reali fi adat- tano , che la quadratura dell' iperbola fra gli afiintoti , e la formola efponenziale della logiftica / ( ^ V = ;n: dimoftra- no uguali a quelli dei numeri pofitivi . XIII. Conchiudo con una importante avvertenza. Alla fe- rie geometrica delle unità negative fottopongo la ferie arit- metica dei logaritmi , che ha loro affegnati l' Eukro . . ... ecc. ^Tt'ìn IV ÀatjttM ^- B ^^" ^ ^-^ f e A V, F i"' ^ fi ^ 1 > I- f Y D ^.z. V B H \J (%.5. iì/i{ein:deiùi sSacietd ^taiiaiia •inyin Jl^ Xai-yi^i NON PUÒ CONFONDERSI COL REALE 12 t &c. — I , — ( o . — I , - ( O > ~ I , — ( I ) , — I , — ( 1 ) , — I , &C. &c. — jV-i ' — (4^-0 , — 3P/-I ' — (^V-O , — /'/-i » (o./'j/-i)>+/'l/-i' +(^/'/-0, +3/'/-i5 o.py-i , +2p\/-i , + 4p\/~i , &c. ,che fono quegli flefll logaritmi, che il pro- fondidimo Autore ha fcoperto competere all' unità polltiva . XIV. Similmente fotto la progreilìone geometrica delle uni- tà poiìtive ci ferivo i logaritmi, che V Eukro ha giudicato % loro appartenere &c. I , (i) , I , (O 5 ' » ( I ) , I , ( I ) , 1 , &c. &:c.— -4/'(/-i ,— (3/'/-i), —rp\/-i, —{p\/-i), o.p]/"^^ -\-{PV~'^),+ ^P\/-ì , + iìP]/-i) .4-4/'/-i 5 &c. e tra due unità vicine metto la media geometrica =3 i , e fra i corrifpondenti logaritmi la media aritmetica . Ed affinchè tali medie fi pedano agevolmente difcernere , le ferro fra due parentefi . Si odèrvi , che in quefto incontro altresì la pro- prietà edènziale della logaritmica ricerca , che convengano a + 1 quei logaritmi — 5/^^-1 ,—/'Y/-i,+-/'l/-i,4-3/'/-i)&c., che V Eulero ha ftimato foltanto proprj di — i . XV. S' inferifca pertanto , che ai numeri pofitivi , e nega- tivi gli ftefll logaritmi e immaginari , e reali fi adattano , la qual feconda propofizione Cx dimoftra , come ho detto di fo- pra 5 col mezzo della quadratura dell' iperbola fra gli affinto- ti 5 e della formula efponenziale della logiftiga. Tomo IV. 122 OSSEIiVAZIONI INSETTOLOGICHE. Del Sig. Pietro Rossi Regio Profeffore nell' Univer- fità di Fifa. Indirizzate. AI Sig. Conte d' Hochenwart ProfefTore d' Ifloria Po- litica per le LL. AA.RR. gli Arciduchi Principi diTofcana. LA gentile accoglienza che ho Tempre ritrovata in Lei , ftimatiffimo Sig. Conte , i particolari ajuti che ai ge- mali miei fiudi 1' inlìgne fua Biblioteca mi ha in ogni tem- po fomminirtrati, e quel fuperiore difcernimento che la di- fìingue nella cognizione degl' Infetti , come in tante altre pregevolidime cofe , mi perfuadono ad indirizzare , e fotto- ^orre al fuo giudiziofo efame alcune ofTervazioni che , in mez- zo a ricerche d'altro genere, mi è riufcito fu tal materia di poter fare nella decorfa eftate . Non lì afpetti però di trovare ordine in quefla mia : ef- fendo fatti diverlì , tutti fra loro feparati e fconneffi , non ve ne può edere alcuno, ed io glieli prefenterò in quel mo- do appunto ch'effi verranno ora affacciandofi alla mia mente. Una (ingolarità, accadutami fugli ultimi del paflato Set- tembre, mi ti offre la prima. Crederebbe Ella che nel mez- zo di Pifa fui prato dietro alla Chiefa de' Cavalieri di S. Stefano fi foffe potuto ritrovare, e prendere il grande Inneii- mone della Lapponia , 1' Urocero del Gcoffroy , il Sirex Gigas del Linneo^ {Fig.i^) Quefìo infetto che dalla Lapponia il Sig. d\Mau- pertuis portò in dono al Sig. di Reaumur(a) fu fempre cre- duto, come Ella ben fa, particolare dei paefi fettentriona- (a) T.6, Mem. IX. pa£.jii. t. Ji. Osservazioni insettolog5che . 123 li. Ed infatti il Sig. de Gtfcr (a) in una delle fue Memorie ne parla come d' infetto proprio del fuo paefe , afficurando d' averlo ritrovato in differenti provinole , cioè nell' Oftro- gozia , nella Wefmania , nell' Uplandia, e ce Io defcrive co- me il più grande Inneumone che produca la Svezia, e forfè l'Europa intera, afficurando che non erafi potuto trovare fin* allora né in Francia , né in Germania , né in Olanda . Il hinrico fembra effere dello fted'o fentimento, parlandone nel fuo trattato degli animali della Svezia ; ed il Geojfroy ^ cui piacque di chiamarlo Urocero per quella fpecie di corno che porta alla fua coda , e che potè conofcerlo per effergli flato mandato da Dieppe, dice d' averlo invan cercato intorno a Parigi, inclinando efTo pure a riguardarlo come abitatore del Nort . Il Sig. de Bomare però, che non ebbe mai difficoltà di ripetere tutto ciò che dagli altri è ftato detto, alla paro- la Urocere del fuo Dizionario fcrive così : „ Infeile qui pa- 5, rait particulier aux pays froids , on dit cependant en avoir „ trouvé autour de Paris. „ Ma a quello on dit ( febbene ognun veda quanta poca forza abbia in sé ) io non mi ci opporrò in verun modo, e credendo beniffimo che acciden- talmente poffa efferiì trovato anco altrove, m'innoltrerò piut- tofto a darle qui qualche prova dell' identità del noftro In- neumone . Quefto era una femmina, ed era lungo un pollice, e tre linee dalla tefta all' eftremità del ventre , fenza contar la coda , o cornetto appuntato ; il diametro poi del fuo corpo , ove è più largo , era tre linee e mezza ; aveva tutti i ca- ratteri precifi affegnati dal Linneo al Sirex Gigas (i'),e cor- rifpondeva elàttamente all' Urocero defcrittoci dal Gioffroy (e) (a) Pour l'Hifl. d'Inf.MXVII. pag, ^l.f infer. breviores . 567. t. 56. f. I. 1. Oi maxitlojum . (i) Linn. Syft. Nat. Ed. ro. p. jfio. ^cuUus ani dentatMs ,prominens conti- ti, i. Icneumon abd- mucronato ferrugi- culo tecius . neo jcgmsnUs 3.4.5.6. ?tigris , thorace Md. tibique aquale Thoraci connalum. villojo . ^a Upr. 1736. p. r8. num. i. Ocelli tres . Ichneumon fiauiis . ^ Fabr. Sy/i. Ent. 106. p. 31;. (e) Geot. Hift. d' Inf. 1. 1. pag. ifj. Sirex Gigas abdomine bafi apiceque • t. XIV. ng. 3. Flazio , carpare nigro. jlnUnn^ filiformes . Schoef Jean, t- io. f. i. t. 114 OSSERVAZIONT cioè, ha le antenne gialle , e la teda nera , con una gran macchia gialla dietro a ciafcun occhio , il torace nero , ed un poco vellutato, il ventre cilindrico, ed immediatamen- te nato con bafe larga, e continua dal torace, il primo, e fecondo anello tutto giallo, e i quattro che dopo ne fucce- dono neri , poi riprende il color giallo , e 1' ultimo anello fi prolunga in una fpecie di cornetto in cima appuntato , e fatto quali a doccia , fotto il ventre ha un' apertura dalla quale efce un lungo ago dentato , e rinchiufo da due lami- ne , le ali fono grandi , gialle , e nervofe , le cofce nere , e le gambe e i piedi parimente di color giallo. Quando 1' acquiftai era vivacillinio , e con mia gran for- prefa a prima villa lo riconobbi per quello eh' era. Io ave- va ben prefente alla mente le figure da me già vedute nell' opere dei fopraccitati autori , e da poco tempo mi era ac- caduto di attentamente conlìderare anco la figura colorita che di effb ritrovafi in Rosfel (a) , ondi fubito ricorfo ef- fendo a farne il confronto, ebbi luogo d' afficurarmi che non poteafi meglio, né più efattamente rapprefentare . Ma come dunque fé quefi' Infetto è particolare foltanto delle regioni più fredde , lì è potuto trovare in un paefe di clima dolce, e temperato quale è quello di Pifa? Devo con- feifare che fu di ciò, mio malgrado , non poflTo dirle che delle femplici congetture . B;n lungi però dal figurarmelo venuto dalla Lapponia, o dalla Svezia, ficcome dal Linneo, e da altri C\ vuole che ami di vivere , e foggiornare fu gli alberi coniferi dei quali le campagne all' intorno di Pifa ab- bondantiffime fono, pare che vi lìa motivo a ragionevolmen- te fupporlo nato in quelle, piuttofto che a guifa di rondi- nella, venuto viaggiando a noi da cosi lontani pae fi . Vero è però che quefl' Infetto è gran volatore , vola in pieno giorno, e volando fa una fpecie di ronzio come i ca- labroni . Allorché fu prefo foffiava da tre giorni un forte vento di Levante che aveva non poco rinfrefcata 1' aria , e forfè fi potè prendere perchè fiancato da quefto inclinò » terra . [a) Koefel Inf. t. r. t. 8. 9. Bmb, & Vefp- INSETTOLOGICHE. 115 Ho creduto di non doverle tacere tal circoftania , ma quefta non ha più in me alcuna forza da farmi full' origine di elfo variare opinione , mentre per quella poca efperienza che ho fu tai cole acquiftata, fembrami di potere afferire che tra gì' Inietti non è facile trovare in un clima freddo , o temperato quelle fpecie che proprie fono foltanto dei paefì caldillimi ; ma al contrario accader bene fpedb che li incon- trino in un paefe temperato , quelle che naturali fono d'un clima freddo ; colla fola differenza della minore , o mag- giore rarità . (a ) Comunque lìa però, queflo fatto ha fempre in sé una lìn- golarità che non doveva occultarli, e che ridonda in molta lode di Pifa, potendoli, come Ella ben vede , da ciò lìcura- mente dedurre che fotto queRo cielo benigno ogni più caro animale, o vi nafce , o fi trova, (l;) Ma giacche le ho parlato del più grande Inneumone che ■fi conofca , piacemi ora di raccontarle un' olTervazione che per lungo tempo ho creduto appartenere ad uno dei più pic- coli di quello numerofo genere , benché poi abbia conofciu- to aver con effo folamente qualche rapporto. ■'■ Erano già fcorli due anni eh' io vedeva in certe vefpe (e) ài una data fpecie foltanto ellervene alcune , le quali avevano un anello dell' addome allungato e gonlio, per ca^^ione d'un (.a) AdefTo però b noto che in al- cuni luoghi della Germania 11 è ritro- vato ; ed il Roejel , che nella lua ope- ra ne parla , ne da un' elatta iigura , e ci addita i luoghi ove fi può rin- venire. (è) Oltre il Sirex Gìgas trovafi qui pure il Sii'ex CameUus Linn. Nella mia Collezione d'inietti coniervo tan- to il malchio che la femmina ritro- vati dentro Pila. Queflo nella gran- dezza, e figura del corpo, come nel- le ale , e nel portamento molto lì af- fomiglia alla Raphidia Opliiopfìs , in- torno alla quale avvertirò io ancora per aver trovato sì il mafchio che la femmina , come queft' ultima ha una fpecie di coda dal Linneo datale per carattere e da efifo ottimamente de- IcrJcta, febbene il Geoffroy non abbia potuto ollervarla in due individui avuti per eHer ( come pare ) i luci fiati due malchi . ^ {e) Vejpa gallica Linn. Thoiace uring. lineala dorjo fex maculato abdumine in- cijiifis flavis jecunda bin.aatlata . Cor- pus fimillimum V. vulvari : jcd panilo minits , frons , pedes , j-gment. abdom. macg. f.uya . AnU Flavjr tho>-ax mar- gine amico limo ante alas , pundo an- te , e jiib alis flavo, regio jciitdiis ma- Citl'.s lutets^ i. piriitm ultimo oblougio- re, abdomi/iis jegmenluii 2. utroqae la- fere macula ovata flava . Schoeff. T. XXIV. fig. V. OH* 126 Osservazioni corpo frappoftovi ; ora non avendo lafciato anco nella paf- fata eftate di tener dietro a qucfte vefpe , e badarvi atten- tamente, mi riufcì di raccapezzarne parecchie, che tutte por- tavano r ifteflà irregolarità nell' addome , ed una tino che aveva quattro di quefte gonfiezze diftribuite in quattro di- ftinti anelli ; ma intanto eh' io andava confervandone , e nu- trendone alcune , fpinto dalla curiolìtà di vedere che cofa refultaflTe da quei gonfietti,che fofpettai fubito efTere le nin- fe o pupe di qualche Inneumone , m' accadde un giorno che fu il di 5 d' Agofto di prendere fui fiori della menta pipe- rina, o piuttofto ìa.Viridìs dd Linneo , una. piccola vefpa (a) {Fig.Il.) d' altra fpecie avente all'eftremità del corpo qual- che cofa di flraordinario che richiamò la mia attenzione . Armati gli occhi di lente , vidi che era la tefta d' un in- fetto che s'agitava e C\ contorceva per ufcir da quel luogo; affinchè ciò non feguifle , premendomi di confervare 1' uno e l'altra in quello flato, prefi fui momento il partito d'uc- cidergli col vapore del fuoco : quindi arendo porto mente ai caratteri che prefentava la tefta dei medelìmo tutta ufcitagià fuori , offervai che aveva due piccoliffime antenne divife , e come raddoppiate in modo che apparivano eifer quattro d' u- gual grandezza: rilevai pure eh' era alato , ma nulla più . Ciò mi dette animo a profeguire con maggiore impegno le mie offervazioni full' altre vefpe, e finalmente venni a capo di poterne forprendere una di efle in quel punto che dall' ìncifura del quarto anello fuperiormente , e dove prima ave- va una delle furriferite gonfiezze, tentava d'ufcire un infet- to cui poco mancava per affatto fottrarfi da quel luogo . Stimando però opportuno di confervar fui porto ancor que- fto, m'appigliai fubito al folito partito del vapor* del fuo- co che Io foffbgò,e mi diede la foddisfazione di poter ave- re r infetto quafi del tutto vifibile , ma fempre trattenuto in parte fra i lembi dell'anello. Sappia dunque che febbene querto apparifca di erter più grande del primo di fopra accennato , facilmente però fi ve- (a) Ve[pi minuta Lin- Syft. 2. ^tra d'i ovalls , Jubtus muricatis . [enicitlis fedum hitcis f^moribiis porti- INSETTOLOGICHI. 12/ de che tanto l'uno quanto l'altro fono individui della me- deiìma fpecie : ambedue hanno la tefta piccola , e nera , gli occhi molto rilevati, le antenne brevi, cilindriche, e come dicono rotte, e piegate in mezzo , ma doppie , e ciafcun» formata di due pezzi uguali che fi diramano fubito dopo la prima articolazione ; le ale di quefto fecondo, che rimane quafi tutto fcoperto, e che fi prefenta non voltato a terra, ma colle gambe in a'ria , fono quattro, e comparifcono affat- to trafparenti : in tutto il reftante poi il colore che domina è il nero alla riferva dei piedi che ha gialli . Per poter fida- re un fimile infetto, o per averne almeno idea più precifa bifognerebbe,riveriti(rimo Sig. Conte , eh' ella poteffe vederlo. Io mi lullngo che allora converrebbe meco della fua rarità, e ponendolo nella clafle degli Hymenopteri , farebbe inde- cifo fé giudicare Io doveffe o una Cynips , o una Sphex , o un Inneumone : ma riflettendo poi al tutto infieme della fua figura ed alla maniera con la quale nafce , io vado certa- mente perfuafo che fi determinerebbe a dichiararlo piuttofto che Inneumone una vera Cynips . (a) E qui mi fia lecito di potere avvertire che febbene fia notiffimo per le ofiervazioni dei Signori de Keaumur , de Geer , e Geoffrqy che le uova di moltiflìme fpecie d' Inneumo- ni come quelle ancora delle Cynips fono dalle madri depo- fìtate non folo nel corpo d'ogni bruco grande, e piccolo, e riporto fino tra le membrane delle foglie , e dentro le gal- lozzole , ma ancora nei falfi bruchi , e nelP uova ftefie delle farfalle, nei gallinfetti, nei vermi mangiatori dei gorgoglio- ni , e nei medeiìmi gorgoglioni , con tutto ciò nelTuno di loro eh' io fappia ha potuto offervar mai che dal corpo del- le vefpe fieno ufciti Inneumoni , o altri infetti confimili, come è accaduto a me di vedere. E a quefta novità s'ag- giunge r altra affai maggiore d' una Cynips che già dichia- rata q'ìcq. dal corpo di una vefpa quando effa è ancor tutta in vita. Sulla qual cofa contraria a quel che fi oflTerva feguire in (a) ^n Cynips ater pedibus {aitato- t, i. riit ? varictas ? Geof- n. 23. pag. joi. liS OSSBRVAZIONI Ogni altro infetto il quale ricevuto abbia dentro di sé le uova degP Inneunioni , e delle Cynips , dirò poter ciò for- fè accadere perchè occupando il noftro infetto un luogo nien- te neceffario alla vita della vefpa, e pafFando velocemente allo Itato di ninfa , può in appreso giungere ancora a di- chiararli fenza che efTa ne rimanga la vittima. Come poi , e in qual tempo dalle femmine di quefti in- fetti il depongano le uova nel corpo 'delle fuddette vefpe non pollo per ora dirlo: forfè ciò fuccede nei primi tempi della formazione del nido, quando è fola la madre ad aver cura dei parti , e che fono nello rtato di larva avanti che fi rinchiudano nelle cellule per trasformarli (!. 76 Jlpis nigra abdom. fafciis tri bus al- bis . Nuva . 78 .Apis proxima A. lunata Fabr. fed non eadan . 81 Apis Cari. Linn- proxima . 99 Vefpa nigra abdom lucido fafcies y. albidis fcutello maculas albida pcdibus rufs . Sph.f/ìi accedit . 100 yefpa nigra abdom, lucido punSis ijo Osservazioni conferma ancora del celebre Sig. Configliere Scapoli , la cui aflerzione in iìmiii materie ognuno ben fa quanto vaglia, av- vi una Tentredine Angolare per la figura delle fue antenne, raddoppiate in modo che nafcendo ciafcuna dalla fua bafe, o nodo vengono a formarle fuUa teRa come due laccetti, i quali febbene iìeno aperti in cima per reftare i pezzi quali a contatto, non apparifcono d' eflTerlo . Allorché delle due, che tengo , io preil la prima fulle foglie del rovo Ideo, volgarmente chiamato lampone, vedendo che in tutto il re- tto era (imiliffima alla mofca rofaia (i7),mi cadde il dubbio che quella variata forma d' antenne poteffe efTer mofi-ruofa , e cafuale , ma in appreffo dopo molti giorni di replicate ri- cerche, r acquiflo d' altra limile trovata fu i detti lampo- ni mi determinò a conliderarla diverfamente . E fìccome quella figura d' antenne nelle tentredini era per me tut- ta nuova , riflettendovi fopra mi ricordai che il Sig. de Keaumur nella Memoria III. (Fig.W.eV.) ove tratta della diftribuzione generale delle mofche in dadi, e in generi, parla d' una mofca che ha le antenne raddoppiate . Ecco quanto ne dice : ,, Qiielques mouches ont des antennes „ branchues, des antennes composces de deux pieces arti- „ culées , des antennes dont chacune parait doublé . " Ma febbene ne dia anche la figura (^) non fi rileva però qual fia r infetto che vuole indicare . Vero è che dall' avere la Fig. VI. che è ingrandita quattro ale , pare abbia voluto denotare una tentredine che s' adomiglierebbe nelle antenne alla mia, ma la Fig. V. che prefcnta l'immagine dell'infet- to al naturale non corrifponde punto né in quanto all' an- tenne, né in quanto alla grandezza, onde non potendofi da verun' altra cofa ottenere fchiarimento , forza è reflar nel dubbio fé egli abbia voluto di fatto denotare quella fleffa diiobus fafciisque tribus luicis , caput nuove fi tralafciano per brevità. crajfum • noz>a . (a) Tenthredo Rof^ antennii feptem' Ili Sphfx ni'gra abdom.fajcìis binis In- nodiis , carpare fla-vo ,colja alarum Ju- teis. nova- perioritnt longitudinali nigra. Linn. F- i»o Mii{cd jetaria , thor. lituris qua- L- 1555- Geof. Paris z. p. zyi. ». 4. iitor longitiidinalibiis aihidis , femori- Kea;im. In/. 5. /• 14. /• io. i». bus pofiicis crajjioribus . nova. (^) T. IV. tab. 9. i.6. e 7. Kcaum . Altre (pecie che parimente fcmbrapo INSETTO LOGICHE. I^I tentredine . A mio parere però è chiaro che ciò non è da prefumerfi in conto alcuno per la ragione che mofirando in- dubitatamente quello inletto d' eflere del genere delle ten- tredini, s'egli avefTe voluto parlare di elfo, e indicarlo, non a\'rebbe lempliccmente detto quelques mouchss^m^. avreb- be detto motiches a fcìe , ed avrebbe avvertita quefta iìngo- larità anco nella Memoria che tutta fi raggira fulle tentredi- ni , ove parlando appunto di quelle che derivano dai lalfi bruchi delle rofe, dice folamente che i mafchi hanno le an- tenne contornate di peli , e che quelle delle femmine fono lifce. Infine rifiringendo il mio difcorfo dirò , che per averne un' idea precifa bafia immaginarfi la tentredine delle rofe, colla differenza foltanto di quefte antenne che fi diramano, come ho accennato, da un bottone, o nodo ben grofib per formar poi una fpecie di laccetto comporto di due pezzi or- nati della folita frangia, o peluria , e un poco più fottili d' un' antenna ordinaria, confiderato ciafcun pezzo per fé folo . La mia opinione poi fulla natura d' un tale infetto fi è, che quefto non fia altro che una varietà delle tentredini delle rofe, ma varietà propria dei foli mafchi , e rariffima per non effermi fiato mai pili pofiìbile di ritrovarne altre fi- mili in tante e tante da me confiderate dipoi . Nella campagna di Pila e in qualche altro luogo della Tofcana {a) trovafi per lo piìi intorno alle foffe , ove erbe, o fiepi verdeggianti fieno, un infetto d'un genere che fem- bra nuovo, ma che per varie ragioni, e per effere in qual- che maniera fimile nella figura alla Mantis Gigas del Lin' veo, (b) febbene non giunge mai ad eflere si grande , né a metter teche , o ale di forte alcuna, io ridurrò per ora nel numero di quelle , e lo indicherò col volgar nome di locufia, o di cavalletta datogli qui dalle perfone della cam- pagna . R ij ia) So che fi ritrova anche al- (i) ^oefcl t. 27. f. 9. ic. trove . i^i Osservazioni Qiiefia locufta adunque afTai lingolare per !a figura nuova," ritore ofrervato , con prevalermi dell' eflratto da- toci dal Sig. d? Bomare all' articolo Araignéc Maconm del fuo Dizionario . „ L' araignée ma«^onne ne tend point de „ filets corame les autres. Elle reflemble prefque entierement „ a celle des Caves , elle en à la forme, la couleur , et le 5, velouté : Sa tete eft de mSme armée de deux fortes pin- „ ces qui paraiffent ctre les feuls inftrumens dont elle fé „ puiiTe fervir pour creufer un terrier , comme un Lapin , „ pour y fabbriquer une porte mobile qui ferme fi exaéle- ,) ment qu*a peine peut on introduire une pointe d'epingle „ entre fes joints . Elle apporte , ainfi que les fourmis , et ., plufieurs autres infetftes , une grande attention pour le choix „ d'un lieu favorable pour etablir fon habitation. Elle choi- „ fit un endroit ou il ne fé rencontre aucune herbe ou ter- „ rein en pente pour que l'eau de la pluye ne puifle s' y 5, arreter, et une terre exempte de pierrailles , qui oppofe- j, raient un'obflacle invincible a la conflruclion de fon do- „ micile. Elle le creufe a un ou deux pieds de profondeur, „ elle lui donne afséz de largeur pour s' y mouvoir facile- „ ment , et lui conferver partout le méme diametre , elle le „ tapifle enfuite d'une toile adherente a la terre, foit pour ,, eviter les eboulemens , foit pour avoir prife a grimper plus „ facilemertt , foit peut ette encore pour fentir du fond de „ fon trou ce qui fé pafle a l'entrée. Mais ou I' indufiric 5, de cette araignée brille particulierement , e' eft dans la „ fermeture qu' elle conftruit a l'entrée de fort terrier , et „ auquel elle fert tout a la fois de porte , et de couvertu- 5, re . Cette porte , ou trappe eft peut étre unique chèz „ les infecftes ; et felon Mr. de Sauvagis on n' en trouve „ point d' exemple que dans le nid d' urt oifeau etranger „ qui eft reprefenté dans le trefor d' Albert Jeba . Elle eft „ formée de differentes couches de terre detrempées , et liées „ pour empecher vraifemblement qu' elle ne fé gerce , et „ que fes parties ne fé feparent . Son contour eft parfaite- „ ment rond ; le deflus qui a fleur de terre eft plat, et ra- „ boteux: le deffous eft convexe, et uni, et de plus il eft „ recouvert d' une toile dont les fìls font tres forts , et le „ tifsLi ferrè . Ce font ces fils qui prolongés du cotés du trou „ y attachent fortement la porte, et forment une efpece de 136 OsSERVAZIONt „ periture au moyeti de la quelle elle s'ouvre, er fé ferme j „ ce qu'il y a de plus admirable dans cette conitruilion , „ e' efl: que cette penture,ou charmere efi- tjujours fixé au „ bord le plus elevé de l'entree a Hii que la porte rctom- 5, he, et fé ferme par fa propre pefanteur : eliei qui eit ea- „ core facilité par 1' incliiiation du terrain qu' elle caouit. „ Tel le efl eacore l'adreife avec la quelle tout ceci e't fa- „ briqué que l'entrée forme par fon evafement une efpece „ de feuillure contre la quelle la porte vient battre , n" ayant „ que le jeu necelfaire pour y entrer,et s' appliquer exaile- ,, ment ; enrin le contour de le feuillure et la partie in- terieure de la porte iunt ii bien formés qu' on dirait qu' ils ont été arrondis au cumpas . Tant de precautions pour fermer l'entrée de fon habitation, naraiflent indiquer que cette araignée craint la furprife de quelque ennemi : il fembie auffi qu'elle ait voulù cacher fa demeure, car fa porte n' a rien qui puiiTe la faire diftinguer , elle efl: cou- verte d' un enduit de terre de couleur femblable a celle des environs et que 1' infeòìe a laifsé raboteux à deffein „ fans doute, car il aurait pu 1' unir comme Tinterieur. Le ,; contour de la porte ne deborde en aucun endroit, et les ,, joints en font lì ferrés qu' iìs ne donnent point de prife ,. pour la faifir, et pour la foulever . A tants de foins, et ,, de travaux pour cacher fon habitation , et pour enfetmer „ r entrée cette araignée joint encore une adrelfè, et une force iingulierc pour empecher qu' on en ouvre la porte. A la premiere decouverte que Mr. 1' Abbe de Sauvagcs en fit il n' eut rien de plus prefsé que d' enfoncer une epingle fous la porte de cette habitation pour la foulever, mais il y trouva une relìftance qui 1' etonna . C' etait ,, r araignée qui retenait cette porte avec une force qui le „ furprit extremement dans un fi petit animai : il ne fit „ qu'entre ouvrjr la porte , et il la vit le corps renversé a- „ crochée par les jambes d' une coté aux parois de 1' en- ,. trée du trou , de V autre a la toile qui recouvrait le def- „ fous de la porte ; dans cette attitude qui augmentait fa „ force, r araignée tirai la porte à elle le plus qu' elle pou- „ voit, pendant que le Naturalifte tirait auffi de fon coté, 3, dv fa^on que dans cette efpece de combat, la porte s' ou- vrait 51 ■)■> 55 55 53 INSETTOLOGICHE. I37 „ vrait et fé refermait alternativement . L' araignée bien de- „ terminée à ne pas ceder, ne lacha prife qu' a la derniere „ eftremité et lorfijue Mr. de Saiwages eut entierement „ foulevé la trappe , alors elle fé precipita au fond de fon 3, trou . Il a fouvent repeté certe experience , et il a toujours ,, obfervé que 1' araignée accourait fur le champ pour s' op- pofer a ce qu'on ouvrit la porte de fa demeure . Cctte promptitude ne montre-t-elle pas que par le moyen de la toile qui tapifle fon habitation , elle feiit cu connait 5, du fond de fa demeure tout ce qui fé pafl'e vers 1' entrée; 55 comme V araignée ordinaire qui par le moyen de fa toi- 5, le prolonge , lì ^ela fé peut dire, fon fcntiment a une gran- 5, de diftance d'elle? Quoiqu' il en foit elle ne cefle de fai- 5, re la garde a cetre porte de la quelle y entend ou y fent 3, la moindre chofe ; et ce qui vraiinent lingulier, e' ed: que 5, pourvù qu' elle fut fermée , Mr. V Abbé de Sauv^iges pou- 5, vait travailler aux environs , et cerner la terre pour en- j, lever une partie du trou fans que l' araignée frappée de 5, cet ebranlemenr, ou du fracas qu' elle entendait , et qui 5, la menagait d'une ruine prochaine , fongeat à abandonner 35 fon polte ; elle fé tenait toujours collée fur le derriere de 5, la porte , et Mr. de Sauvages 1' enlevait avec , fans pren- 5, dre aucune precaution pour l'empecher de fuire . Mais lì 3, certe araignée montre tant de force , et d' adrelfe pour 5, defendre fes foyers, il n' en eft plus de meme quand on 5, r en a tirée ,elle ne parait plus que languiffantc, engour- 3, die, et il elle fait quelque pas ce n'eft qu'en chancelant : 5, cette circonftance , et quelques autres ont fait penfer a 55 nòtre Obfervateur qu' elle pourrait bien gtre un infeóte 5, noilurne que la clairté du jour bleffe , au moins ne l' a- 55 t-il jamais vù fortir de fon trou d' elle meme , et lorfque 3, on r expofe au jour elle parait étre dans un element 3, etranger. Cette araignée fé trouve fur les boids des che- „ mins aux environs de Montpellier, on la rencontre auffi 3, fur les berges de la petite riviere de Lcz , qui palfe au- 3, pres de la méme Ville. On n' a pas de connaiflance qu' „ on r ait encore decouverte ailleurs , pout ètre n' habite- 3, t-elle que dans les pays chauds.La maniere finguliere dont j, fé loge cet infeste lì difì'erent des autres araignées infpire Tomo IV. S ijS Osservazioni „ naturellement la curiofité de favoir coinmeftt il vit, coni- „ ment il vient a bouc de le fabriquer certe demeure ecc. „ mais il faut attendre des nouvelles obfervations . Jusqu* „ ici quelques efiorts qu' ait fair Mr. de Sauva^es pour con- „ ferver ces araigné^s vivantes,il a' a puf y reurir;elles font ,, toutes mortes malgré fes foins , et confequement il n'a pù „ poulFer plus loin fes decouvertes fur leur maniere de vi- „ vre . " Ma venendo ora a quei di Corlìca che fono flati il fog- getto delle poche mie cfervazioni , è da faperli , che aven- do ricercato colà a perfone pratiche, ed intelligenti , le no- tizie che lì avevano intorno ad effi, n' ebbi folo in rifpolla . ,, On ne peut indiquer 1' epoque ou 1' araignée Madonne , „ ou mineufe à commencée à ètrc connùc en Corfe , peut „ etre l'a-t-elle été de tout tems ; il femble qu' il y a eut 5, peu d' obfervations fur cet infeòle dans le pays . On ne 3, trouve perfone qui puilTe dire fous quel noni on i'y con- 5, nait . (^lelques uns 1' ont confonda avec un' autre araignée „ comunement nommé^ Marmi^ììatto ^mzìs c'eft un erreur,lc „ Marmignatto ed; plus petite , noire rayée de rougc : Sa ,, piqure eft fort dangereufe , elle exige des remedes fort „ pronts . On n' allure pas que 1' araignée Madonne ait les „ mSmes qualités nuiiibles. On trouve 1' araignée Madonne „ dans les lieux fraix, mediocrement humides, toujours dans ,, la pente d'un terrain coupé en talus , ce qui eft dans fon „ inftinót pour preferver fon habitation de fubmerlìon . Sa „ demeure eft conftruite par elle dans une terre friable , de- „ bris des couches fchift-eufcs . Cette terre eft d' un gris ti- „ rant fur le jaune . L' infecle en forme avec le méne glu- „ ten,dont elle fé fert pour faire fon fil , une forte de mor- 5, tier doiit elle enduit un trou profond, et rond qu' elle a ,, pratiqué . Elle tapifte 1' interieur de cette efpece de ca- „ nal du mSme gluten foyeux , elle forme en haut du ca- „ nal , et à r une des parties feulement un burelet qui lui „ fert de charniere pour attacher le couvercle de mème „ matiere qui à gre bouche ermetiquement fa retraite . Per- „ fonne ne dit avoir vù cet infeóle hors de fa demeure. 5, Sa vie parait bornée a une année. La defcription que don- ,j ne Mr. Valmont de Bomare de 1' araignée Madonne , ou INSETTOLOGICHE. 1^5 „ mineufc d'auprés de Montpellier convient a merveille a l' „ araignée dont nous parlons , et on ne peut rien ajou- „ ter etc. " Acquiftate tali notizie mi polì la mattina del dì 17 a- gofto 17S6 per la prima volta intorno ad effe cafe (a) col fine d' efaminarle, e ficcome tra quelle avute ve ne erano alcune naturali, ed altre rifatte, o come dicono ripafciute, cioè al di fuori rotondate , e a forza d' acqua colla mano rendute Jifcie , mi propofì per allora di volerne facrificare una per Torta all' oggetto d' offervarne 1' interna bruttura , di vedere il ragno, e conofcerne l'umore, e 1' indole. Coir ajuto dunque d' una piccola fega divife avendole a- mendue per lo lungo , comparvero allo fcoperto i ragni circondati da un numero prodigiofo di figliuolini, che fparfì qua e là, ed anco un fopra l'altro rivenivano in buona par- te l'interno delle cafe. Tirate fuori la madri in luogo per- coffo dai raggi del fole fi diedero a fuggire, non colla maf- ilma velocità, ma nemmeno con tanto languore, e debolez- za come viene riferito accadere in quelli di Montpellier . Incontratefi infieme s' azzuffarono fieramente colia peggio d' una di effe , che reftò da queflo conflitto affai malmena- ta. I piccoli che mi parvero interamente bianchi alla rifer- va d' avere due punti neri affai vifibili nel porto ove ftan- no gli occhi, furono da me gettati fubito nello fpirito di vino , coficchè rimafle effendo libere le cafe dai fuoi abitato- ri , potei con ficurezza vederne la groffa interna tela che le rivefte , ed ammirare I' artifizio fempliciflìmo meffo in ope- ra per farla firvire di cerniera mobile alla valvula , o pic- cola porta nel mentre che la ricuopre , confiftente foltanto neir elTere in quel luogo mancante di terra , onde poterfi con facilità follevare la porticina, e richiudere obbligata dal proprio pefo , e dalla lituazione diretta ad un tal fine. Que- lla porta però non è di quella femplicità che pare a prima vifta. A giudicarne fenza disfarla. Ci crede che fia della ter- ra unicamente raccomandata alla tela che ferve a foppannar- S ij C*") Fig. IX. X. 14© Osservazioni la , ma non è così . Effa è fatta a ftrati uniformi conipofti di tela, e di terra fopra impalata fino alla groflezza che deve avere ; la tela di quefti Arati comincia a dividerli dal luogo ove fa 1' uffizio di cerniera , e fembra che tutto ciò fia all' oggetto di dare alla porta una maggiore ftabilità , e confidenza , poiché fé folle ( come pare non efaminandola ) un qualche accidente potrebbe forfè far cader la terra , ed in quefio cafo fi ridurrebbe ad eflere una poco ficura difefa di femplice tela . Rilevai anche nella fodera di detta porta alcuni piccoli buchi, o maglie difiribuite in giro^ delle quali avremo luo- go di parlare in appreflb . Rifpetto alla parte efterna di quelle cafe, nuli' altro feppi io ofiervare di nuovo , fé non che non cffer fempre vero , che quefli ragni fcielgano un terreno fpogliato d' ogni erba , e molto meno d' ogni pietra, per non incontrare un oftacolo invincibile alla coftruzione del loro domicilio , poiché anzi la terra ( almeno nelle mie ) fi trova ripiena di fa(fi picco- li, e grandi , e fembra piuttoflo , come ho offervato , che incontrati gli evitino col ritorcere altrove quella loro fpe- cie di canale . Per darle poi una qualche idea di quefio ragno , le dirò che tutto il fuo corpo è un poco vellutato , ma nelle gam- be ha dei peli affai più lunghi, ed ifpidi , come pure nella parte anteriore del torace, e inferiormente fra le morfe , o tenaglie: il colore di efi'o è bruno neraftro, più cupo nel di fopra dell' addome che fui torace , e quefto ftiacciandofi fi dilata molto a fegno che per il largo fupera V eftenOone del ventre che è di forma quafi ovale. Quefto ragno ha i palpi, o antenne pediformi, cioè com- porti di più pezzi articolati infieme , le quali in nulla difìé- rifcono dalle gambe, e le uguagliano anco in lunghezza ed in fii'ura, in modo che fembra avere dieci gambe, tutta la diverfità confiftendo nell'avere quefte in cima una fola ugna, a differenza delle vere gambe che ne hanno due. Gli occhi hanno preffo a poco la fteffa difpofizione di queui del ra- gno vagabondo, e del ragno lupo, cioè quattro nella prima linea trafverfa difpofti due per parte, e molto uniti infieme, talché a prima villa fembrano due foli , i due fecondi che INSETTOLOGICH3. I41 fuccedono fono i pili grodì, ed occupano la linea più bre- ve, gli ultimi due fono i più diftanti formando una fnecie di quadrato imperfetto, le tenaglie fono forti, lacertofe , e terminate in una breve punta acuta al modo degli altri . Ha poi all'eflremità del ventre fopra all'ano due papille grof- fe, e prominenti da ciafcuna delle quali eftrae doppio filo. Aranea Sauvagii H.ib. prope mommi Veffulanum , ò" in Corjìca ad margines uiarum^ uhi tcrram excavando , domicilium Jìruit operculo mobili claufum in quo fé fé occultat , & nocfu exit . E/i ( Corilcana ) infer maximas generis fui tota fufco livi- da., hirfuta , pedes infuper bilpidi ^ ungulati ; palpi pedifor- mes , tcquales . Oris forceps robujìa , nigra ; thorax antice gib- hus , pojìice dilatatns . Abdomen ovato oblongum , atrum , holo- fericeum , ano obtufo dnobus appendiculis prominentibus , e qui- bus trahit fila quatuor disjuntla . Io fono flato , come Ella può immaginarfì , affai curiofo per voler foddisfarmi ancora intorno alla forprendente e tra gì' infetti non più udita avvedutezza che ha quefio ras no d'accorrere ad ogni piccolo rumore alla porta , opponendoli col tenerla e tirarla a fé che altri lì procurin 1' acceffo in fua cafa . Eccole dunque ciò che ho notato . Se fi tenti di porgli a lieva con un ferro , o un forte fpillo la porta , fl vede il ragno che con i quattro piedi davanti la tira a fé , e ciò viene da effo efeguito per mezzo dell' ugne , colle qua- li Ci attacca alla groffa tela di cui ò foderata, e dove pare eh' efpreffimente vi fieno flati fatti dei buchi , o maglie per introdurvele . La forza con cui la tiene è forprendente , fé fi abbia riguardo alla mole dell'infetto, ma vero è che pre- fio {{ fianca ; ed allora cedendo il campo fi ritira nel fon- do di cafa, che è la ftanza fua favorita . Se {\ metta un o- flacolo che obblighi la porta a flare mezza aperta , dopo- poco viene il ragno dal fondo, Io leva con un piede, e ri- chiude la porta : fé gli lì ponga la cafa a rovefcio , cioè in maniera, eh' effendo fiata aperta la porta, per non efferpiù quella obbligata dal fuo pefo non folo non il chiuda da fé, ma anzi abbia bifogno della maffima forza per rinchiuderfi, fi vede accorrere il ragno che dopo averla invano cercata col piede dall' altra parte , introducendo al folito le ugne S iij 14* Osservazioni nella tela, tenta tirarla a fé , ma dopo varj sforzi inutili s'appiglia fubito al partito di fare pia internamente una ten- dina, o portiera che efeguifce in pochi momenti , col mez- zo delle due appendici, o papille che ha all' eftremità del corpo, da ciafcuna delle quali, come fi è detto, efce doppio filo . Quefta tendina viene in feguito rinforzata dalla terra che unifce , e che (lacca dalle pareti della cafa , in modo che nello fpazio di poco più d' un giorno , viene a farli una feconda porta, la quale però non è mobile, ne atta ad aprirfi come la prima; da tutto ciò pare poterli concludere che quefto ragno fia d'un' indole timidiffima. Bramando di fapere qualche cofa di più intorno alla na- fcofta e folitaria vita di quefto ragno , malgrado tutte le difficoltà che mi lì prefentavano per non potere efaminargli nel luogo nativo, e per non piacermi fui dubbio d' efl'er venefici di dar loro alloggio nel mio piccolo giardino ,pen- fai di far fare un' affai grande caffetta di vetro, e la matti- na del di 26 agoflo , ripiena avendola d' una terra preci- famente limile a quella delle cafe in cui fi trovavano parte fciolta, e parte legata in zolle, vi accomodai tre delle fo- praddette cafe , cioè una feci che fteffe fotterraca reftando foltanto fcoperta dalla parte fuperiore ov' era la porta , e le altre due furono da me adattate a conveniente diftanza tra loro, e in quel modo che credei più naturale, fopra il pia- no della terra di detta caffetta. Di poi per afficurarmi fc il ragno di notte ufciva di cafa, ( giacché di giorno no cer- tamente ) immaginai d' accomodare fopra le refpettive por- te di quelle cafe dei fegni come dell' arena, ed altro in gui- fa che fé mai foffero fiate alzate , io doveffi accorgermene dalla caduta di effi . Tutto queflo feci io la mattina del di 28 agoflo e fulla fera rivifitate avendo le cafe , tutto era al fuo poflo : la mattina dopo riefaminate trovai che le due porte ove era fiata pofla 1' arena non erano (late atterrate, ma non cos\ era però di quella ove collocato aveva uno fpillo, che off;rvai caduto molto lontano; non dubitai dun- que che foffe (lata nella notte aperta, e fofpettai che potef- fe effere anco ulcito di cafa il ragno. In fatti effe era ufci- to , perchè alla diftanza di dieci pollici, offervai fulla ter- ra un piccolo ammaffo di materia mucilaginofa unita a del- J INSETTOLOCICHE. I45 U tela che fi vedeva edere di ragno . Confiderato quello ammalFo trovai eh' era un comporto di globuletti che ave- van r apparenza come di bucce, e di uova andate a male, credei doverlo laiciare nello fteflo luogo fenza perderlo di vifta , ma non ne riluttò alcuna cofa , e dopo qualche gior- no vi comparve fopra la murfa , Ai jo agofto provai a chiudere in una delle dette cafe che conteneva il folo ragno fenza i piccoli nati un gril- lo, (a) e poco dopo riaprendo la porta potei oflervare che gli era addoffo , ed appariva mangiarlo . Lo fteflb feguì aven- do ivi introdotta una groffa mofca (b). Dal non aver po- tuto ritrovare più in cafà le fpoglie ne congetturai che po- tere averle traiportate fuori , ma non vi fu modo d' afTicu- rarfene, perchè nell' ifteira cadetta ve n' erano dell' altre sì di mofche, che di grilli melhvi col fine di porger loro on- de cibarfi . Nella mattina del dì 7 fettembrc volli vedere che cofa accadeva facendo sloggiare il ragno dalla propria cafa : pre- fa dunque quella di cui m' era fervito nel 30 agofto , vi feci un buco nel fondo tanto da poterci introdurre un fu- fcello, poi rimeflTa avendola nella cadetta orizzontalmente e a porta aperta, cominciai a moleftarlo col fufcello ; fcoftoffi fubiro il ragno ritirandoli verfo la porta , ma perfeguitato fin là fu corretto ad abbandonarla , e a cercare colla fuga uno fcampo : dopo avere fcorfa per una o due volte tutta la cafletta , fermoffi in un angolo dove la terra aveva uà piccolo incavo, lì fi trattenne per un' ora in circa, ma poi lafciato quel porto andò a trovarne altro più coperto tra la terra e il crirtallo formante una parete di detta cartet- ta : ed in querto vi fi fermò immobile tutta 1' intera gior- nata, fenza curar di ritornare , come già m' immaginava, neir antica abitazione ivi lafciata a porta focchiufa. La mat- tina del dì 8 detto trovai che il ragno non v' era più , né potei rilevare da verun fegno dove fi forte nafcofto : Ja terra avendo delle fenditure lo credei verifimilmente entra- {") Gr. Pede/lris Linn. (fr) Af. Camaria Linn. 14+ Osservazioni to in una di quelle, ed in appreflb, per quanto Tempre vi abbia fatta attenzione , non è più ftato po(iibile il rivederlo. Dopo quefio tempo avendo lafciati i miei ragni in ripofo, non mi fono accorto che Ha fucceduta cofa alcuna degna di c/Ter notata fino al 20 febbrajo di queft' anno, giorno in cui mi piacque di fapere con licu rezza fé pure anche vive- vano efii, e che cofa foilè ftato dei piccoli nati, dei quali da che ripofi in cadetta le cafe nuli' altro aveva lìn' allora faputo . Prefa dunque quella cala eh' era femplicemente po- fata fui piano della cafFetta , ed efaminata ancor l'altra non vidi che vi efiftelTe più alcun figliuolino, e per accertarmi fé la madre era morta o viva,bifognò col folito mezzo for- zarla ad ufcire di cafa . Ufci di fatto, e dopo ellerii alquanto aggirata intorno ad ella, (ì diede a cercar di nafconderlì; fu però quindi a poco corretta a rientrare nel fuo domicilio ftato da me avanti nfarcito nel fondo, e di li a qualche ora oflervai che ii era chiufa dentro anco da capo , cioè dalla parte della valvula colla folita tela . Appagata quefta curio- fìtà non feppi immaginare altro tentativo da fperimentarfì allora, e mi ridulTi a creder che non folfe neceilario altro che provedergli di tempo in tempo d' alimento per afpettar poi il fettembre , cioè dopo che foiFe trafcori'o l'anno ,3 ve- derne 1' efito , e fare alcune prove . : 12 Settembre il ragno della cafa che orizzontalmente po- fava fui piano della caftetta fu ritrovato morto .e iì vedeva che lo era da qualche tempo . Qi-iello dell' altra cafa viveva fempre , ma in iftato di languidezza e porto in un vafe di vetro campò fole fei ore . Dell'altro che fu obbligato a slog- giare di cafa, e cercarli un alilo nelle fenditure della ter- ra della cadetta , non fu pofTibile per quanta diligenza u- fafii di trovare nemmeno il più piccolo fegno di fpoi^lia; c(^o però nel tempo della fua ritirata li era fcavato un nuo- vo canale , o cafa che aveva anco leggiermente foppannata della folita tela. L'opera era imperfetta , e la fola conget- tura ch'io potei formare fulla mancanza di lui iu il dubbio che foffe reftato vittima di qualcuno dei fuoi compagni. Ed ecco quale fu il fine e il rifultato delle mie pre- mure , dal quale venni fempre più a perfuadermi dell' inef- ficacia 5 ed imperfezione delle olTervazioni che s' intrapren- dono INSETTOLOGICHE. IJ5 dono fuori del luogo nativo , ove oltre alla mancanza di tutti quelli individui che v' abbifognerebbero , liete coftret- to a porre in uno flato di Ichiavitii , il piìi delle volte no- civa agli efperimenti , quegli animali la cui vita tanto vi piacerebbe di poter conofcere . Per rimediare in parte a quefto difetto, io fono flato pre- murofo di nuovamente richiedere in Cornea ulteriori no- tizie, o fchiarimenti intorno a quefti ragni, ed ecco quanto un illu!h-e Naturalifta incaricato per quanto mi vien detto dalla Francia di fcrivcre fulle cofe pili notabili diquell'Ifola ha avuto la gentilezza di rifpondere . „ L' araignée matgonne „ eft ainfi furnommée parcequ' elle eft la feule entre touts „ les infeiles de la mcme efpece qui fé fabrique une loge , „ ou demeure . Sa vie parait bornée a une année.Sa denieure „ eft conftruite par elle dans une terre friable , debris de „ couches fchideufes, Cette terre eft d' un gris tirant fur le ,, jaune, 1' infeéte en forme avec le meme gluten dont elle „ fé fert pour faire fon fil , une forte de mortier dont elle „ enduit un trou profond,& rond qu' elle a pratiqué . Elle „ tapiiTe l'interieur de cette efpece de canal du meme gluten ,, foyeux . Elle forme en haut du canal, et a l'une des par- ,, ties feulement un bourelet qui lui fert de charniere pour „ attacher le couvercle de mcme matiere qui à fon grès bou- „ che hermetiquement fa retraite . Cf efì: en aout qu' elle at- „ teint la groHèur qu' elle peut avoir . C eft alors qu' elle „ eft provoquée a l'amour; e' eft alors qu'elle fuit au moin- „ dre bruit , et qu' elle eft plus timide . En feptembre elle „ devient mere , et mechante en meme tems , e' eft a dire „ qu' elle ne fuit plus et qu'elle eft plus vorace. Les mou- ,, ches , les moucherons , les petits vers lui fervente de pà- „ ture, elle les prend dans des fìlets qu'elle etend,et attaché „ fur les inegalités des terres voilines de fa demeure . La four- „ mi femble étre fon ennemie, leurs habitations ne font ja- „ mais r une pres de 1' autre . Sa morfure ou pour mieux „ dire fa picqùre n' eft point dangereufe comme celle de la „ Marmignatte autre araignée de Corfe &c. " Potrei , pregiatiffimo Sig. Conte , fé non temefTì di fover- chiamente annoiarla, aggiungerle ancora un non piccolo nu- mero d'altre oftervazioni , ma per non abufarmi di fua gen- Tomo IV. T 146 Osservazioni tilezza le riferberò ad altro tempo, e mi rirtringerò foltanto ad accennarne qui alcune che in poche parole fi efpongono. Voglio dunque dire d'avere ofFervato che tra i bruchi avve- ne più d'una fpecie che a giuda ragione potrebbero chiamarfi carnivori : oltre quella fpecie da me ritrovata fu varie pian- te, come fuUa Malva Alcea , fuUa Lantana Camara , che fi pafce delle larve della Pb. N. Gamma fiata da me già de- fcritta in altra Memoria diretta all' immortale mio venera- tiflTimo amico il Sig. Abate Spallanx.ani , ftampata poi nel Giornale dei Letterati di Pifa , io ne ho in quefi:' anno in- contrata un' altra fpecie egualmente carnivora nella larva della Ph. Farinalis edendomi accaduto con mio difpiacere di ve- dermi divorate alcune crifalidi della P. B." Bncephala eh' io confervava tra delle foglie in un polveriere. Padreggiando nell'orto botanico di Pifa m'accadde d'ofler» vare (ul LeKiìfco , detto volgarmente Sondro da cui deriva la refina conofciuta col nome di maftice , alcune foglie irrego- lari che rammentandomi 1' Aphis Pijlacis del Linneo fidaro- no la mia attenzione. Colta una di quefi-e foglie fu facile l'accorgerfi ch'effa non era altro che il nido loro (^7) . L'ar- tificio con cui quefti involvuli , o nidi erano formati m'in- vogliò a procurarmene tutti quei più che potei per efami- nargli . Frattanto la prima cofa che rilevai fu l'uniformità, e fomiglianza della figura, fatti efiendo in forma di rene, e prodotte dal raddoppiamento d' un lobo folo della foglia ftraor- dinanamente crefciuto e ingroffato , che a guifa di tafca fi richiude lungo la cortola per mezzo d'una perfettifiima unio- ne . Le foglie che formano quefi:i involvuli terminati in una punta, o codetta femplice vengono ad efiere mancanti dell' altro lobo , forfè perchè il fugo nutritivo fi trafporta tutto al ricettacolo: fono però tali che uno non pratico non ìi accorge che fieno nidi , e le prende per foglie mofiruofé . Quefti hanno nella pianta diverfe età , come C\ vede dal- la diverfa grandezza , e dal colore che in qualcheduno di verde è pailato ad effer giallo rolTiCcio . Avendoli aperti 3, (a) E' noto che lafle/Ta fpecie fitro- e fui Terebinto. va fui Lentifco > come fui Pilìacchio , INSETTOLOCICHE. I47 cioè allontanati i lobi che ne univano efattamente I' apertu- ra , furono da me offervati tutti ripieni di piccoli candidif- fimi gorgoglioni che ivi fé ne ftavano involti in un'untuofa, bianca e attaccaticcia farina , o lana che voglia chiamarli . Regolarmente in quegl" involvuli che non hanno ancora cam- biato colore fi trovano in maggior numero, e più di cento, ma tutti fenz' ale , e la bianca polvere che gli ravvolge è in molto minor quantità: quei ricettacoli che hanno acquiftato al di fuori un color rofliccio ne contengono molti degli ala- ti, chi più, chi meno, fecondo la maggiore, o minore ma- turità degl' involvuli ; potendoli dal colore di elfi giudicare fé vi fi troveranno dentro i gorgoglioni alati , o fé per elfer cominciati ad appaffire gli avranno abbandonati in parte, o del tutto per non aver più bifogno di ftarvi rinchiufi . Giun- ti elfi in iftato di ultima perfezione di tutti candidi che era- no divengono nella tefta , nel torace , e nelle gambe d' un color nero tendente al ceruleo , acquiftando molti di elfi quat- tro ale trafparenti , e in proporzione del loro corpicciuolo alTai grandi . Hanno alla tefta due antenne moniliformi con cinque articolazioni, o nodi, l'ultimo dei quali è molto più lungo, il roftro loro è dei corti , la lana o farina che tra- fpirano dal corpo , non fi trova da chi l' afiaggia punto dol- ce ma infipida, onde le formiche non hanno molto onde do- Jerfi di quefta loro difefa , e ritiratezza che non gli rende però ficuri da alcuni vermi afidofagi,i quali forandone gl'in- volucri vi s' introducono (a). Non fo fé da Lei fia fl^ato avvertito confiderando la mia Collezione d'Infetti, che fé in nulla ella abbonda, ciò è nel- la clafie degli Hymenopteri , ed in ifpecie nei generi delle Spiex , delie Fc-/^(f, e dei Crabro . Ciò è addivenuto credo io, in grazia di aver fofierto con molta coftanza i cocenti raggi T ij ict)^. Piftacia nìgra aììs albidis ti- ex eo exìere per lineare*» apertura»»; bus longiiP.mis.^ thor. verrucofo . Liti. ^phides flav^e annulis 10. , rolinim in- Lentifct folliciflus reniformi s compref- flexiim ^oculi nigricantes . antenna moni- fiis ex parte laterali folli auBa ; cum iiformes; abdcmen poftice muticiim . ta- hic folliculus viridi s eji , vivunt in eo niigo alba globuìis allis pellucidis mixtx tipl}idis,cum vero de»iumruber evaft, jxpe adhceretabdomini poftice. Vandelliut. 148 OSSSRVAZIONI del fole nell' ore eftive più calde in traccia di effi . Or tra quefti confervo un piccolo Crabro che alla figura s' accorta mol- to a quella Ipecie che il Sig. di Geofrqy chiama le Frdon a epaukttes . (a) Allorché lo prefì egli ebbe la gentilezz,a di bucarmi in due luoghi diftinti nel tempo fteffo, avendo ar- mata la coda , a differenza degli altri , non d' una , ma di due aculei , o aghi dentati nafcofti che velocemente vibran- do mandava uno a deftra , ed, uno a lìniftra , interi , e per- fetti e derivanti da bafe diverfa, tali quali ce li defcrive il Sig. de ReaumuT parlando di quelli delle api . In feguito ho potuto oflervare che ciò è comune anche a qualche altra fpe- cie che ridurre potrebbelì al genere delle Sphex . Ella conofce bene la larva (^) comune della farfalla a tejìa di morto che Linneo chiama Sp. Atmpof. S^àp^ìz. che fi dà tra quelle una varietà ch'io non trovo avvertita da alcuno, di- verfilTima nei colori e nelle macchie dalla già nota, per ef- fere quefta, come potrà vedere dalla qui anneflfa figura, tut- ta d' un color cupo tanè ferpato con tre macchie bianche af- fai grandi dopo il capo nei primi anelli, (e) Io 1' ho trova- ta fempre a flagione avanzata, vale a dire nel fettembre , e nell' ottobre ; la prima volta full' agnocafto (d) q poi tutte Je altre volte fui gelfomino volgare , e da effa ho ottenuto fempre degli individui mafchi . Sarebbe quefta mai un diftin- tivo di felfo? Per determinar ciò decifivamente, mi refl-a ad efaminare il fedo di quelle che derivano dalla larva ordina- ria , di cui la fpoglia è vagamente macchiata di verde , e ce- lefte fui dorfo . (e) Le unifco la figura d'un verme partico- {a) Cyabrei ni^er fubhirftitus fronte fatti potei riconofcerla la prima vol- thaace fiiperns abdomineque fiavis i.i. ta che la incontrai. & 4. ex parte nigris -GioL 1. 1, p. 26». {d) Vitex foUis angu/ììorihus • n. I. ( f ) Q.ue(lo mio dubbio quantunque (i) La figura colorita di quefla lar- mi parelte adìflito da molta probabili- va che da l'Albino non e molto buo- ta , e dal fatto per non avere io iKaì na , quella che trovafi in Roefel e af- fin qui ottenuto da quefle larve alcun fai più naturale. individuo femmina , rure devo con- {c) Ella è talmente diverfa che i felTare adelTo che è f'alfo . Nel di io. foli fegni della teRa confimili in que- dicembre mi nacquero con mia for- fli.come nell'altra ,!a polTono far rav" pre(a,e fenza che io ne avelli procu- vifare per quella che è. Da quegli in rato lo {viluppo in alcun modo , due 1 '^/■a/ta/icz i^ifeni ■.dei/'a yofa/le a te/la di morto provenienti dz iarve fimi i alla fig. ,i. e trasforma- te .ncnfahdi nei primi d'ottobre, una (ora che m. ricordo) con quel che fu da «ne un altra volta ofTervato fu due .ndmdm avuti dalla larva comune sfa conofciuta, i quali furono due mafchi, come apparifce dalla mia Ifloria di queffa sfinee Pampata nedi Opufcoli leciti di Milano . Dipenderà dunque tal varietà dalla diverfaflagione in cui nalcono.? 150 Fil F L E S S I O N I ED ESPERIENZE SULLA PRETESA CASTRAZIONE DELLE POLLASTRE, E SULLA FECONDA- ZIONE DELL' UOVO. Del Sig. Gio. Francesco Cigna Profedore di Ana- tomia nella Regia Univerlìtà di Torino . LI gravi fconcerti di mia fanità non avendomi fin' ora per- meffo di adempiere i miei doveri verfo quefta rifpetta- bihflima Compagnia, che mi ha sì graziofamente prevenuto col compartirmi il diftinto onore di annoverarmi fra gì' il- luftri fuoi membri ; né potendo per ora offrirle , ficcome avrei deilderato, il ben giudo tributo di qualche letterario lavoro frutto di più profonde ricerche , ho penfato di pre- fentarle quelle poche efperienze, e rifleflioni , quali mi ha pernieffo lo (iato attuale della cagionevole mia falute in te- nue contraffegno della mia buona volontà, e della perpetua mia riconofcenza . E' nota r offervazione di Fabricio da. Aquapendente {a) con- fermata da Harveo (b), e da molti altri , che un folo ac- cozzamento del gallo balla per rendere feconde tutte quelle uova , che la gallina partorirà in tutta quella ftagione , an- zi in tutto queir anno. Il qual fatto pare avelTe in mira lo Rqì^o Fabricio , quan- ( a ) Mulieres gallmam domi gallo Phyf. Lugdun. Bat. ed. p. io, deflitHtam habenies eam per unum, aique (b) Gallinam {a gallo) Jeclu/ì , ^Uct altsrum diem alibi gallo committimt , ex decimo ab inde die o-vum peperit , aliud- hoc enimexiguo tempore juccedit ovorum que die '^ngefimo, ir utrumque fxcun- omnium fcecunditas per iotitm itlitd anni ditm . Ut videaiiir pojfe unum , atqut iempus . Id qiiod Arilìuteles lib. ?. de alterum coittim integrum racemum , o/«- Gener. Anim. cap. 1. confirmat , qui niaque illius anni oz>a fxcunda redde- •vttli , quoi cum jemel a-ues coierint , re . Htrv. De gen- Exer. j. Pag. mi- cmnia fere ava fcec:ini(i habere perfe- hi i^. vsrent. Vid. Aucì- Ogera Omn. Anat. Della pretesa castrazione delle pollastre. 151 do propofe la fua ipotefi , che lo fpenna del gallo foire ri- cevuto in certa borfa polla fra 1' uropigio e la cloaca del- la gallina, e comunicante con effa cloaca per mezzo di un tenue forellino, che trattenendoli ivi lo fperma confervafTe la fua virtù proliiìca, (a) e quafi per irradiazione la fpan- defle nell'utero, onde le uova tutte dappoi nel cadervi ne fofTero fecondate . ISlè folo quella ipotefi di Fabricio {b) riefce comoda per fpie- gare la fecondazione di molte uova da un folo accozzamen- to; ma inoltre va efente dalle gravi difficoltà, che fi incon- trano da coloro , che fuppongono operarfi la fecondazione nel medeiimo ovajo ; inipeiciocchè ammettendo anche che l'uova menome, ed immature, che non fono per diftaccarll fé non dopo molti giorni egualmente che le grandi , e prof- fìme al parto, lieno fufcettibili, e capaci di fecondazione , (e) è preffo che imponibile ad intenderli come 1' aura fecondan- te , e molto più lo fperma del gallo debolmente fpruzzato dalle brevillime verghe, o piuttofto papille {d) polTa arri- vare all' ovajo per la lunga , e tortuofa via dell' ovidutto, perpetuamente fpalmata di abbondante muco fenza elTervi inceppato, e difperfo. Quindi è che lo fleflb Malpighi , in conformità dell' opi- nione Fabriciana , propendellè a credere , che lo fperma del mafchio fi confervi colla fua attività in qualche riferbatojo della gallina per poter fervire fucceffivamente alla feconda- ( a ) Porro feminis fcecundandi vir- ( b ) Galli femen in uteri principium fui , ne ullo modo exhdare pofit , fed jaSur» efpcere totum uterum , ir fimul diutius in utero confiftere , ac tati im' quoque omnes 'vitellos eo cadentes , ac pertiri , natura ipjum conclufit , repo- totum denique ovuyn facundum , idquc fuitqtte in cavitatem , quafi burjam pò- facere fua /acuitale jeu fpiritati Jub- dici uicinam . CT utero appenfam , Cir ftantia irradiante }6. p. io. Col. i. ingrelJu tantum donatam , ut inibi diu- (f ) Vedi Paltoni . Della generazio- tius /emine retento, virtus ejus magis ne dell'uomo. Dilcor. iv. p. 165. confervaretur , CT" univerfo communi ca- (.d) Licei gallus nec penem ,nec glan' retur utero ...In hanc autem vefficam. dem habeat , z/aforum iame-n dejeren- eo facilius femen ,penifque galli immit- tium extremitas fpiritu ,dum coit , in- litur , quo furfum motu voluìitario a fiata , glandis more turgefcit , quo uteri gallina, uropygio re'voluto, recìior, bre- gallinse orificium aperto podice retelHunt 'viorque in ■veficam paratur ■via, iter- comprimit , humoreque fuo genitali obli' que: quce veffica m gallina indica ma- nit Harv. L, C. ExsfQ, jS. p. IJ'. ]or apparet ■ fed in nofìrate confpicu* quoque fjl. Fabr. Le. p. 10. coLz, 15- Della pretesa castrazione zione delle uova, che col tempo fi rendono mature , non al- trimenti che nelle farfalle; in quibus , come egli fcrive , /«- griis hicornis vcjjicula extremo appenditiir oz'H'rio , a qua glu- tinoft'.s perpetuo catillat icbor in cavitatem 'vagin£ , quo ma- fculinum jemen , aliufque eiiam a laterali loculo eruEtatus Int- mor excipiuntur , à" foventur , qiiibus omnibus pertranfetm- tia ova irrora/itur , ò" fxcundantur , & ita per plures dies plajlica illa vis confervatur , & fubfequentibus diebus excur- rentibus ovis communicatur , quod par iter in gallinis conjcSìa- ri licet, in quibus feminis fernel recepti energia non parum confervatur , ita ut fucce£ivo etiam teìr.pore ova fcecunden- tur . (a) Per altra parte non fi può dilfimulare , che la Fabriciana ipoted foggiace anch' elU a graviffime difficoltà, e/lendo mol- to difficile a comprenderli come Io fperma del mafchio pof- fa inlinuarlì in quella borfa della gallina , ed ivi non fole trattenerli per lungo tempo , ma confervare altresì la fua virtù fecondante : come tal virtù , e for^a arrivi a penetra- re lino al tuorlo dell'uovo per fecondarlo propagandoli attra- verfo dell' utero della chiara, e del gufcio,di cui ivi l'uo- vo trovali di già riveftito . Oltre quelle difficoltà ha rileva- to r Harveo che la veffica Fabriciana trovafi ne' galli non meno che nelle galline, onde il di lei ufo debba edere tutt' altro, che quello aflegnatole da Fabricio (b) (ebbene potreb- be darli beniliimo , che due parti in apparenza analoghe co- me i tefticoli , e le ovaja de' quadrupedi, la verga, e la cli- toride de' medelìrni , e finalmente le mammelle, di cui I' u- no , e r altro f.-lFo e limilmente provillo, o fodero foiranto ad entrambi compartite per una certa analogia , o follerò ne' diverlì feffi a diverfe funzioni deftinate. . , ., -. Riflettendo ( a ) Dìjfert. Epi/Ì. ad Sporiittm . jctirutn ft , ut tar.t.e utiliiatis non ap- ( b ) ForaiTiffi aittcm in quod Falriciiis parfat ... ^ in cavitatem Ccecam ter- puiat gallum fanen fiiam immittere in- mimtiir , neqiie uniquam potui hiimorem ter hoc 'vuivce ojiium , & iiropygium feminakm in eo reperire . De Generai. cernitur.Ego vero talem ejus Hftcm noti Exer. 4. pag. niihi 14. fimilia iterum agnofco. In pitllis enim jiivcncuiis vix exercit. 39. pag. «3^- Ó" ex Harveo reperii ur ,.. in adulti s autem promifcuc GtzzÌMS De mulier.Organ. p-io^.^o^. inefi tam gallo , quam gallina . ^ccedit edìt. Liigd-Bata . q:ioJ forarnen valde exìguum , &" ob- DELLE POLLASTRE. 155 Riflettendo al modo con cui nel no'.lro paelb fi fanno le pollarde, le quali, fecondo la volgare opinione non ammet- tono più il gallo, e non partorilcono fé non uova fl:erili,ed infeconde, ho penfato , che ove quella pretefa fterilità ve- nire confermata da collanti fatti potrebbe recare fé non una piena certezza, almeno una fomma probabilità all' ipotelt fa- briciana ; imperciocché appo di noi la caftrazione delle gal- line tanto noftrali, che indiane confifte per appunto nel fa- re un taglio tranfverl'o fotto l'uropigio affine di eftrarne con un ago la fabriciana vellica , ed eftirparnela . Per efaminare dunque con precile fperienze la popolare opinione ho fatto caftrare alla mia prefenza da perfone peri- te , ed efercitate nella pratica di tal' operazione molte pol- laftre, fei delle quali ho i'.itto allevare in luogo fegregato , e tolto che furono giunte a quell'età , in cui fogliono fare le uova le ho provville di un adulto, e vigorolb gallo, che pretto fi addimefticò colle medefime , ed or con 1' una , or coir altra ben fpelTo fi accoppiava ripaffandole tutte- più vol- te nella giornata. Non tardò molto, che quefte pollarde co- minciarono a far le uova , le quali furono raccolte , e quin- di mede a covare fotto due altre galline , a ciò difpofte in numero di dieciotto per ciafcuna. Sin da' primi giorni dilla covatura avendone aperte due mi fu facile di ravvifarvi l'a- nimato pulcino, e di accorgermi della falfità della volgare opinione; la quale fi refe tanto più manifefta quando nello fchiuderfi delle uova al foliro termine ne ufcirono altrettan- ti compiti , e ben formati pulcini . Egli è dunque evidente che la veffica dìFabricìo non ferve a ricevere, e confervare il fenie del gallo , pofciachè 1' eftirpazione della medefima non porta verun pregiudizio alla fecondità . Qual farà dunque T ufo di quefta veifica, e quale il van- taggio della fuppofta caftrazione i Sarebbe ella per avventu- ra affatto inutile , e la maggior obeiità e delicatezza delle noftre pollarde dipenderebbe forfè unicamente dalla maggior abbondanza, e fcelta dell'alimento , che vi fi fomminiftra, e dalla diligenza, che fi ufa per ingraffarle? Non fi potreb- be egli anche fofpettare , che quefta vellica tanto nel gallo che nella gallina facefte una qualche fonzione analoga a quel- la della proftata ne' quadrupedi , e fofte deftinata a prepara- rono IV. V 154- Della pretesa castrazione re un umore lento, e mucolo, il quale trafmelTo nella cloa- ca, non folo ajutarte l'efcreiione di fecci dure, e calcaree , ma fervide altresì d' incentivo venereo , onde le galline a cui folle itata tolta, eifendons meno inquietate, fodero più difpofte ad impinguarfi ? la {trattura di una tal veflica dota- ta di pareti affai crafle , e polpofe , la di lei prefenza in en- trambi i feffi , la comunicazione , che ha colla cloaca , fem- brano favorire tal congettura . Per rifchiarirla maggiormen- te mi fono propoflo di efeguire fimile operazione anche ne' galli , e di olfervare fé indi ne diventino meno falaci , più faporiti , e più graffi . Sebbene la caftrazione delle galline nel nodro paefe gene- ralmente fi pratichi nel modo fovra divifato, non ho potu- to fin ora accertarmi fé la pratica di altre nazioni fia la medefima . Il Sig. Buc/joz. di padaggio accenna (a) che le pollarde fi fanno coli' eftrarre loro 1' ovajo ; il che fembra veramente difficile ad efeguirfi nelle tenere polladre , in cui r ovajo non è per anche fviluppato , e prefenta la forma di una femplice efpanfione membranofa . Ho cercato d' infor- marmi preflTo gli antichi , fovra tutto predo Plifiio , e gli fcrittori de re riijìica fé da loro fofie di già conofciuta queft' operazione , ma né predo di elfi , né appo altri fcrit- tori non mi è riufcito di rinvenire notizia , che vi avedfe rapporto . Che che ne fia , il modo di operare prefTo di noi ferve mirabilmente a dimoftrare la faldtà dell' opinione di Fabri- cio tuttoché affai comoda , ed ingegnofa fode per ifpiegare la fecondazione fuccediva di molte uova da un folo accoz- zamento. Refta pertanto nella fua primiera ofcurità la mi- fieriofa fecondazione dell' uovo (^), ed attefa la lunghezza , la tortuofità, e mucofità del canale per cui lo fcarfo fper- ma del gallo dovrebbe portarfi per arrivare all' ovajo fem- bra quafi meno improbabile 1' opinione di coloro, che pen- (a) Traité économique,& phillque miurgos , aui .Angeles , vel Demonei des oifeaux de bafle-cour pag. no. in [cenam ziocant ,alii contagium mul- { b ) Non7iulti {eminis efflwvia odorum ligunt fermenti , aut fyacedims infiar . more emanantia in vAerum pervenire, Harve. De Generai, p- }65- aia Jpiriius incorporeos tamquam De- DELLE POLLASTRE. IJJ fano , che non 1' ovajo , ma il fangue (a) , ed il corpo tut- to della gallina ricevano le impreifioni dello fperma (b) , che loro imprima la virtìi fecondante (e) nel modo appun- to che poche goccie di acqua , di lauro-cerafo fchizz.ate nel retto inteftino di un animale fenz,a fare viubile impreflìonc fulla parte portano una grave perturbazione , e pronta eftin- zione di tutte le funzioni, e della vita. Per la qual cofa meno ftrana , e Angolare riufcir debbe l'ofTervazione del Sig. Lyoni^t^ìl quale ci afficura , che T im- preffione dello fperma del mafchio in alcuni infetti non fo- lo iì conferva perenne nella ftelfa femmina , ma fi propaga eziandio per molte generazioni, (d) ij ( a ) Siccome pretende Gafpai-o Bar- lo/ino nella fua Lert. al Si§. Gugliel- mo I{ÌTja . Nella Bibliotec. Anat. di Manget. Tona. i. pag. yi2. e feg. Si veda il Dilc. iv. del Sig. Patio- ni pag. 56. , e feg. {b) Gaia femen tanice 'vìrtutis effs > Hi non ttterum modo , fed Ó" ovum in utero , in ovario papulam , totam deni- que gallinam ipfara , papulas , Ù" ouo- > um primordia parti m jam habiniem , partin mox produaiiram fcecundam , ac frolificam reddat. Harve . 1. e. Exeic. 58. p. IJ2. (c) Vidttur fané {cumina pofl tacìutt» fpermaticiim eodem moda afici , nullo- qae jenfibili corporeo agenti- prolifica fie- ri, quo /e/rum a magnete tacfiim hiijiis fìatim 'vidonatur. Harve . 1. e. pag.j7S. ( d ) Altri ( infetti ) con un folo con- giangimento vaglion» a produrre una poderità di molte generazioni , come ho fcopcrto io fleflo ne' gorgoglioni . Lyonet. nelle note alla Teolog- degli inletti del Sig. Lejfer Tom.i. pag. 4^. Lo fleiio avea fofpettato il Si.?. Trembley . Vedi Bonnet . Corps Organ't- fés Ediz. a. Tom. IL pag- io}. JJÓ DEL VARIAZIONI ANALITICHE FINITE Del Sig. Cavaliere Lougna^ Quand'anche fu! finire del pafTato fecolo aveflero i Geo- inetri ne! coltivare il calcolo delle differenze infinite- "lime travveduto il frutto avvenire delle loro meditazio^ 1 ni, dal fatto apparilce , che men dell' applicazione li occti- pavane fu! momento, che dell'oggetto afìrattiffimo che ave- vano per le mani . Pare che oggidì non altrimenti intrav- venga nel calcolo delle differenze finite, il quale fa da qual- che tempo fuggetto non infecondo di fpeculazione , e per ri- guardo al quale può dirfi tuttora , come dell' altro ne' fuoi principi, che in una flagione Ci femina, e in altra fi racco- glie . Non farà dunque inopportuno il prenderlo ora a pro- muovere per nuova (ìrada , e il coltivarlo in parte, che può. 1 metter frutto abbondantifTimo prontamente , combinandolo coli' altro, il quale non è in fondo che un cafo particolare di quefto. Oggetto pertanto di quefta Memoria è primamen- te di ordire un legame più fi retto che non anparifce eflere tra quefti due calcoli , e di preparare un tranlìto dalle dif- ferenze finite alle infinitefime, e da quefle a quelle recipro- camente, non limitato da alcuna condizione . E in feconde» luogo è mio propofito di verfare non folamente fopra le fun- zioni di una fola variabile, ma fu quelle eziandio di piìi va- riabili , e in coafeguenza di profittare della combinazione pre- parata delle diilèrenze co' differenziali n^I rintracciare le dif- ferenze finite anche di quelle funzioni , e il ritorno dalle differenze alle funzioni, non efiendo parola di quefto in al- cuna parte delle eccellenti Iftituzioni di Calcolo Differenzia- le dell' Eulero . Nel promuovere quefta indagine , e nel dif- porre a maggiori avanzamenti il maneggio diretto e inverfo di Delle variazioni analitiche finite. 157 quefte differenze più compofte ho in mira principalmente l'og- getto "importantiinmo di ridurre con appropriati metodi a sì fatto calcolo, fé fia poffibile, il calcolo delle Variazioni finite che agii obbietti intravvengono della milìa Matematica dietro al variar delle parti;Onde fono comporti ,quaIor poflano ellere rapprcfentati da funzioni di tante variabili e coffanti , quante fono le parti variabili e coftanti di ciafcun obbietto . Ma ciò farà materia d'altro tempo, nella quale m'appagherò di aver molTo alcuni paffi , fé non permetterà di più la pochezza del- le mie forze , attefa la vaftità del campo , in cui per verità pare che a torto occupi oggidì tutto il luogo , e quaiì efclu- lìvamente, un calcolo di particolari Variazioni intefo alla ri- foluzione di foli problemi di malfimi e di minimi , pregevo- le d'altronde e degno degl'illuftri Geometri Eulero, e de la Grange, che l'hanno prodotto e promofTo , luogo unicamen- te dovuto al genere, non alla fpecie , cioè alla fcienza uni- verfale delle Variazioni , di cui quel calcolo non è che un piccoliffimo ramo . Quindi apparifce non ofcurainente onde ila j che io abbia creduto bene di por nuovo ftudio nel ma- neggiare le differenze finite delle funzioni, e nel legarle più intimamente co' difìèrenziali, de' quali fon elle il vero fonda- mento, e le abbia poi fotto un tal punto di vifta denomina- te Variazioni Analitiche Finite. ni Ij5 Delle variazioni CAPITOLO I. ?• I- T E O R E M A L La variazione finita ùidz. del differenz.iak di z, funzione ài qualunque numero di variabili x , j ecc. è uguale al dijferen- ziale d^z, della variazione finita, di z .. Imperciocché efTendo z.']~Ùl.z Io flato fucceflìvo di z , fa- rà manifeRamente^( Z.-J- Az.) lo ftato fucceffivo di dz, e pe- rò per le regole del calcolo differenziale dovrà eflere ù^dz.. x=d{Z'^ùxz)—dz. Per confeguenza A<^2,=:f/AX. Il che ecc. Corollario L Se dunque fi. faccia, che w rapprefenti in generale il mo- dulo della variazione finita Ax , ij, quello della variazione: di / , TT quello della variazione di 2, ecc. .^ moduli tutti I' uà dall' altro indipendenti, farà ùdx=:diù , ùdj'z^diJ. , ùdz^ T^dTT ecc. Corollario IL Quindi nel folo eafo de' moduli w,. [J. y tt , ecc.. coftanti ^ farà ùdx=:o, ùdj=zo, C\dz-=zo ecc.. Corollario III. Che fé fi ponga nell'equazione ù^dz-=dCyz., dz in luogo di 2,, fi avrà ùJ'z = dù,dz. Ma ^dz = d:lz (§.i.) ; dun- que ùd'z = d'ù^z . Similmente continuando a porre dz in luogo di z. Il troverà ùi.d^z,=^d'ùdz:=-d'ù,z,e generalmen- te ùd"z = d''ù^z. Co Jl OLLA RIO IV. Nello fteffb modo ponendo continuamente àz in luogo ANALITICHE FINITE. 159 e COSI fucceflìvamente, §. ir. TEOREMA IL Fojio, come qui innanzi, il modulo ù>.xz=.w in genere., di- co, che ùzdx =4xù-z ■-{- z'dio , ejfendo z' il valor variato diz. Imperciocché, eflendo Cizdx = z'd (x + £:ix) — zdx=z'dx — zdx — z!d^x = dxL^z -j~ z' d[\x , e dùix z= ùidx = d(f)(§. i. Corali. L), farà ù,zdx = dx^z-\~z'doo . Il che ecc. Corollario. Nel cafo pertanto di w coftante, farà ùiZdx=zdxi\z, §. III. TEOREMA III. La fomma lldz del differenziale di z funzione di quante •variabili fi vuole x , y , ecc. è uguale a d^z differenziale del- la fomma di z . Sì faccia 22: = P, farà z = AP, e però dzz=dùiP ; ma d^P = ù^dP (§. i.); dunque 'Sdz = dP=zd^z . Il che ecc. Corollario. E perciò cangiando A in 2 ne'Coroll. in. iv. del §. t. fi avrà Xd''z = d"^z , i:di:z=zdi:'z = Z'dz , 2V2z,= 2'Z^' — dx'Zz. — dic'Zz! . Ma d{x + w) 22.' — dxtz.'z^Cx {dx'Zx.) ; dunque 'Z.dx=zC\{dx'Zz.) — <^c<;22.',e fommando 2 (z^x) = ^a'22: — S^w^z', Il che ecc. Corollario. Nel cafo pertanto di w coftante, farà X(zdx) = dx'2z. ; §. Y. TEOREMA V. ■ La Variazione finita della formula integrale fzdx , qualun- que cofa Jìa z , è uguale all' integrale della differenza finita dell' efprejjione zdx. Porto V ■=■ Jzdx , farà differenziando dV=zzdx , e diffe- renziando Enitamente ùidVz=ù.zdx . Ma A^''z! =zfdx-Ez, — fX'z.'doo { §. III.). Corollario II. E fé fia co=z£ix coftante, farà qui pure Xfz,dx=fdxi:z. §. VII. TEOREMA VII. ^mlunque funz.ìone dì x fia z ^ dico , chs in fuppofiz.ioni ci"z di w cofiante^ ùiZ=f(^dxf(àxf(dx /(dxA -— ) tanti ejjendo i fegni integrali confccutivi , quante fono le uni- tà in n . Imperocché , efTendo ^Az, =3 ù^dz. , farà integrando Az /•A ) /-A ^2: dz. „. dz. . , ,. =^Juaz,=zf£i---.ax = fdxùj-. Si ponga inluogodiz, ^ , ^ dz. ^, ^ ddz „ <^z, . , lara C\ --^= jdx H-—^ , e di nuovo pofto — m luogo di z, , ddz ^ , d^z . , , ^"-'z lara Ci —-— = f dx ùi , e pero generalmente A dx' -' dx' ' ^ ^ dx"-' d'-z =/ìa;A~. Dunque facendo fucceflivamente quefte foftitu- zioni per z, fi avrà ùz=f(dxf(dx f(dx^~%). II che ecc. dx" Tomo IV. 102 Delle variazioni Corollario I. Se dunque fi ponga A - — =^<^-, e fi richiami in quefto luo- ■' dx" go il bel Teorema , che li ricava dall' ultima propofizione del Trattato intorno alle quadrature delle curve del Newton , farà generalmente ùyz. = X" J -}~ ecc. •^ I - 2 1.2 "3 . 71 , n.n~i n.n-i.n-i , v + x"+'(È { I V- ecc. ) ., ^ i.2 1.2.3 1.2. ..4 ^ §. Vili. ' TEOREMA Vili. E di nuovo , qualunque funz,ione di x Jìa z. , dico , chi in JiippoJìz.ione di w coftantc Jara , dz. x^ ddz x^ d^z, Ax = .vA , A-T-, + - A—;— ecc. dx 1.2 dx- 1.2.3- ^-"^ Efiendo dùiz.r=ùdz. ( §. i. ), farà integrando , come nel Teor. precedente, ùz= fdxù^— , cioè integrando per par- -' dx • A ^ dz ,. , ^ dz ,r , , dz. ^ ddz. _ . ti Az T^x^- (xdC\ — . Ma ^.::\ — = A -y- ( ^. I . ) e pero 1 dx •' dx dx dx ANALITICHE FINITE. 163 lÌz r ^ àd-z. . dz. p . ddx. Ù.Z.= X^- / XÙ -—z=zX^- A-A —-, . dx dx -^ dx dx -^ dx- dz. r , . ddx. ^ , ^ ddz. x^ z=.xùi — ixdxù^-r-. Ma di v\\xo\o i xdxLi- — r= — V dx -^ dx"" -J dx"- 2 ddx. ^x'-ddx. X' ^ndz. x\ d'x. , ^ x' cl^x. . dx^ "^ 2 dx"- 2 dx"- 2.3 dx^ ' "^ 2.3 , Cx^ d'z dz X' ddz , fx'dx d'z + / ^S— -=A-2;^ 2t^+ / ^TT J 1.2 dx' dx 1.2 rf:v^ J 1.2 rf.v' e così fucceflìvamente . Continuando dunque a integrar per parti all'infinito fi perverrà all' equazione (B). Il che ecc. §. XV. Non fiirà infruttuofo il fare qualche applicazione delle for- me trovate, onde moftrare il buon ufo, che può farfene, e il modo di maneggiare le coflanti arbitrarie , di che s'è det- to al §. IX. A queft' oggetto mi pare opportuno il cercare direttamente per faggio le fomme della poteftà di x , polla l'unità per modulo collante, col mezzo del IX Teorema. Pongo pertanto gì' integrali di quell' equazione generale fot- to quella forma 2 z =.fdx(K-hfdx(K'+fdxiK" + ecc fdx{K"-'+ 2^ ) in cui K, K', K' ecc. fono le collanti arbitrarie da deter- minarli , e fia I.° da trovarli la fomma della collante A. Prendendo un folo integrale dovrà effere «=1, e 2z.= / ^aYjFC+2— ) . Ora effendo z-=A, farà dz:=:o , e per- ^ dx ciò ^A=J'Kdx = Kx. Differenziando pertanto finitamente dovrà elTere A:= AKxz=:K^x=: K eflendo ^jv = «=i per ipotefi, e però •ZA = Ax , II.» Trovare i:x . AlTumendo di lóS Delle variazioni nuovo un Iblo integrale per Sz,, farà Sx=: r^.vCK+ S— ) =fdx{K-\-'2.i). Ma S I =:.v, porta l'unità per A ncW art. dx(!c/( dx ... .f(dx A ^„ ) fi moltiplichi l'equazione per dx, e s'integri, farà pure (II) ....(z)=f(dxf(dxf(dx /{dx^ ^„ ) Tomo IV. Y 17^ Delle variazioni e di nuovo ancora, eflendofi trovato (sJ.VIII. ) ^z, x' ddz , X' ^ d'x As = xA-- A- A ecc. dx 2 dx"- 2.3 dx^ oppure ( j). II.) X x' a:' Az,r=—J.A:s -—d'Az-\ —dK^^z — ecc. dx zdx z.^dx' fi ponga fdx^z in luogo di A:ì, e fi avrà r , . , A"' . dz , x' ddz / dx^z = .Vì:ì2, — —b. £i— - — ecc. *' z dx 2.3 dx Ma deve effere J'dxù^z^^lz); dunque (III) ... iz)z=xi:yz—'^Ci ^+ecc. 2 dx Colle equazioni pertanto (I.), (II.), (III.) per tre vie di- verfe fi potrà dal differenziale zdx rimontare alla forma fi- nita {z); il che ecc. E/empio I. Sia z, = j.r -|- ^'-v' , onde zdx'=axdx -\^bx-dx Ha il diffe- renziale da cui ha propofto di rimontare alla funzione fini- ta ( z, ) . Sarà dz = adx -\- zbxdx , ddz = zbdx"- , d'z , d'^z ecc. = 0. Si foflituifbano per z, dz ecc. quefti valori nell' efpref- lione ( I. ) , e farà (z) — {a.^ -L ho')x 4- h,:x' + ■?£ 4. ^ _|- Coli. arb. :> In fatti fz.dx-= L. — - = S ( {a:c-{-bo:>^)x-\-biox'^ E/empio IL "'^" '" -^ ' ■'-''• Sia il differenziale propoflo zdx = ax^dx ^e però z^=^ax^ -, dz=^ax''-dx, ddz^óaxdx'' . Facendo ufo dell' efpreffio- ne (II. ) , dovrà eflere ( z ) =J^( dxfdx ( K+fdx^6ax ) -f- K' ) + -K" e poiché ù.6axz=6aXx-=6a:c, farà fdxò.6axz=z6a(^x ,t pe- rò J'dx {K-r-óatjcx) = K.x -]- 2^ci)x' . Dunque ANALITICHE FINITE. I7I Kx'' (z) — fdx {Kx-\-za'^x'-\-K) = ^ f- a-^x' -{- K'x + K" . Per determinare le coftanti iv, K', eflendo {z)=^fdxCiz z= rdxùi.ax^ , farà difFerenziando d{z)-=K xdx ~\- ^aoùx^dx ~\- K' dx = dx ù>. ax' , e però Kx -j- ^aux' -|- K' = ^ax^ = ^acox"- -(- ^a^^x -|- ^ = Oj e però K = 3«w' , K' = «tt-^ . Softituendo pertanto quefti valori per K, K' , farà (:ixdx co ^ ~\~bxdx~\ "- \-cdxjì e così di altre forme fen- za fine . E' dunque neceffario rifolvere anche il Problema del difcendere dalle forme finite (2,) a' diflerenziali zdx ge- neralmente . §. XIX. Lemma. Suppojìa z funzione qualunque dì x, a il modulo delle va- riazioni finite , trovare il valore generale 2 z . - Sia 2xr=^, d)'T=i^dx, farà 2, = ^/, e però (M)...x = .^-f ^4-^^~.+^;^^+ecc. In confeguenza farà (N) a§dx = zdx • — — — ecc. Si differenzi l'equazione (M), e il differenziale fi multipli- chi per M . Sì avrà &;V^ oùdz w'dd§i cù*d'^ ( M' ) = — j T-; — ^cc. w d'S) Si foflituifca il valore di -nell'equazione (W), e lì avrà 2 oùdz .1 I X dd^ (jù§dx = zdx — — ~- 'f &;' ( ) dx d^§l + &)''( ) v-7 -4- ecc. ' . '^ 2.2.3 2.3.4 ' dx^ ' ... I I , \ I _ cioè , pofto — — = A , = B , 2.2 2.3 2.2.3 2-3-4 I I , , . . - ■ — • = C , e cosi gli altri coethcienti fuccel- 2.2.3.4 2.3-40" fivamente uguali per ordine alle lettere D , E , F ecc. , fi avrà l'equazione (N') ANALITICHE FINITE. I75 (N) w§dx = z.dk +^w' '^ +Bw^ ,-v +ecc. ^ -^ 2 dx dx^ Si differenzi l'equazione (M') , tolto via il divifor comune 2 , . .. , <^^ e farà , moltiplicando per — , Ac^'dd^ Aw'ddz. Au>^d'^ Ac^'d*^ ( J\^" ) = — — — - — i . — ecc. ^ '^ dx dx idx"" z.^dx' . A(ù'dd^ Si foflituifca li valore di ■ ■ nell' equazione (N) dx e farà <^dz A'^'ddz , A „ X d'^ u®dx :=. xdx h — r ^M •» J yr z dx ^ 2 ^ dx- — u'( C ) ,^ — a/*( D ) -J-— — ecc. *^ 2.3 '' dx' ^2.3,4 ^ dx* cioè ^ , , ^^^ Aco^ddz. „ , d'§, ( N' ) ... (^^x = zdx -i A, oi* — - — B, w' -— C, w -7-, — ecc. dx' ' dx* pofto — - B = 4, — - C=B, , ^-D = C, ecc. 2 2.3 2.3.4 Si differenzi l'equazione (M'), e moltiplicando il differen- ^'^^' P'' Ad~x ' ^^'^ A,,M'§i A,c.'d'z. A,cc'd*^ A,co'd'§i ( M") . . . — ,--— = — j—. 7-1 j-r ~" s^c. dx' dx- zdx' z.^dx* fi fofìituifca neir equazione ( N' ) il valore A oj*d'^ di — !-; tratto dall' equazione (M'), e farà dx^ dz ddz, (N') .... o:^dx=zdx-co \~A<^' -— z dx . , , d'z . A'a>'d*^ , B'co'd'^ — A, 'jù' -j , .-4^ ecc. dx' ' dx' ~ dx* ~ A A pofto -^^ -- B, = ^', -^ - C, = F ecc. - 2.3 lyó Delle variazioni Così procedendo, fenz.a fine, e ponendo fuccefllvamentc — - B' = 4, , — -C' = B, ecc. indi ^-B„ =A', ^ 2 2.3 2 2.3 — C„ = B' ecc. fi perverrà all' equazione finale dz , , ddz A.co'd'z co^dx z=. zdx — w 1- Aoo' — 2 dx dx' "^ dx' dx'' "^ 1^ ^'^'^' Softituifcafi djf a §ldx , e s'integri , indi fi ponga 2z.=/r fi avrà ( I ) 2 z, = —/zdx \-Aù> -, A,w' -, — w-' 2 ' dx dx^ 4- ^'c' '^ _4a)* 4^ 4. Gcc. + Cofi. arb. K dx' " dx'* TV* /, VTT ^ r , XZ. X'dz , x'ddz Ma (ii.XII.) fzdx= 1 y-r - ecc. ■' I 2«X 2.^dX e inoltre fviluppando i coefficienti fi trova efiere A, A II = B = — == 0, e fimilmente A ^z 0 , A 2 2.12 2.3.4 "' n:= 0 , e così fucceflìvamente tutti gli altri coefficienti piefe- gnati ; dunque facendo quefte foftituzioni , e ordinando i ter- mini farà finalmente , X i . , y . x^ ^ dz x'ddz ^22^'^ Zoo ^ dx z.7,^dx^ , , ., ^^ ^ <^'2, , X^d'^Z ' ^ 2.3.4W ' dx' ' 2.3..5o«;>:* . V «•* > d'z 4- e ^",,r ) X^ + ecc. ' ^ 2.3....6W ^ dx- ^ cfprefiione in cui tutto è finito, e la legge de' coefficienti A-> A, A" ecc. dipendentemente l'un dall'altro è definita fupe- riorniente. Il che ecc. I §. XX. ANALITIGHE FINITE. 177 §. XX. Scolio I. Queftì coefficienti fono que' medefimi , che rifultarono già per altre vie men dirette all' illuftre Eulero nell'VIII. Voi. de' vecchj Com. di Pietrob, , indi nel Gap. V. della II. Par- te delle fue Iftituzioni di Cale, differenziale per 1' efpref- fione generale della fomma delle ferie . Ma poiché s' è ora fcoperto , che poffbno trovarfi indipendentemente 1' uà dall'altro, trovando il termine qualunque n.""" dell' infiniti- nomio { I H -4 H j- ecc. r, e po- ^ 1.2 1.2.3 1.2.3.4 ' ncndovi — i in Juogo di A (Mem. dell' Ac. Reale di Tori- no 1 786-1 787. nella mia DifTert. che ha per titolo Théorie d' une nou-velle ejpéa di Cakul ) , riufcirà più agevole di prima la determinazione del valore 22:, e della legge eoa cui procedono i termini di quella famofa progreflione. Scolio II. Abbùimo pertanto nel Coroll, III. del $. XVII. I' efpref- fione dell' integrale yz,<^Ar per i differenziali di tutti gli or- dini di 2Z., e qui V efpreffione inverfa dell'integrale Sz, per i differenziali di tutti gli ordini di fz.dx . Quella , come mi fembra , è totalmente nuova, e queffa è trovata con un metodo diretto e femplice , fé non è nuova. §. XXI. PROBLEMA IV. l'ropojla qualunque funx.ione finita (z) di x e colanti , di' jeendere alla forma differenziale zdx , onde Jìa /zdx = 2 ( z ^ . Dovendo effere fz.dx-=.'2. (z.) , differenziando farà dt.iz.) zJx =i rf2 (2.) , e 2:= -^ — . Ma s'è trovato generalmente Tomo IV. Z 1 73 DvE LLE VARIAZIONI {§. XIX. ) il valore di Sz qualunque funzione di JC fia Z; dunque foftituendo (z,) a z.,diirerenziando I' equazione ,6 divi- dendo per dx, fi troverà Ma di nuovo cfiendoil trovato (§. xvi.) ( z ) =zf(dxf{dx .fidx ^ i-„) fé fi difierenzj queft' equazione , e fi divida per dx ^ fi dif- ferenza di nuovo £ fi divida per dx , e cosi all' infinito , fi perverrà all' equazione ^_^ - = A — ^ . Dunque fomman- do farà (l"+^(x.) d"z. 2 V" = ~r- • Porto ciò s' integri , e farà dx''+' dx" ° ^, d"+\z.) d''-'z . , .. idx'Z —. =-. , e intej'rando di nuovo fdx fdxi: ^ =: -7 5 e cosi procedendo ali infinito fi '' "^ dx"^' dx"~^ giugnerà all' equazione ( JI' ) . . . . z =f(dxf(dxf(dx f(dxX "^^^ ) . E inoltre poiché abbiamo una nuova efpreffione di S(j,) , cioè (vedi la Dilfcrt. nelle Mem. di Torino citata al $. xx. ) ^(z) = x(z)—^(z)Sx-\~A'(z.)S'x~ ecc. ove vT è la caratteriftica della fomma delle ferie , differen- ziando queffa equazione, e fofiituendo z.dx a dX{z) fi per- verrà a quella efpreffione (HI) .... z — ~(d. x(z.) - d. ^(z)Sx -f d. A' (z) J'x - ecc. ) dx ^ e però con le equazioni (!'), (7/'), (IH') fi potrà per tre vie diverfe difcendere dalla funzione (^) al differenziale zdx ; il che ecc. •-. ANALITICHE FINITE. I79 §. XX IL Scolio. Sin qui abbiamo fempre fuppofto z funzione propriamen- te dì X ] ma può ella contenere una formula integrale 'h-=r=.fzldx , in cui fia zi funzione di x tutt' altra da z, e di nuovo z,' può contenere altra formula integrale A' ■=:^ fzdx ^ e così fucceffivamente . E' convenevole , che ap- plichiamo anche a quefti integrali complicati le foluzioni precedenti . §. XXIII. PROBLEMA V. Fropojla la formula dijfsrenz.iale dx/zdx in cui z è fun- zions di X , rimontare alla forma finita ( z ) , onde fia 2 ( z ) r=ydxyzdx . Si ripiglino le forme f 7) , (77), (777) del §. xvi., e per 2, fi foftituifca in tutte fz.dx . La forma (7) fomminiftrerà pertanto l'equazione {IV) (2:J = &)/x<^a;-| 4- r--4-ecc» -' ' 1.2 i.z.^dx ' in cui foftituito per Jhidx il valore trovato al (J. xu. , fi ridurrà ella alla forma (F)...W = (-+„^)^ + (___)- . w* u.x^ sddz ^(rr^-^'Zs'^d^.'-^'''- • la forma (77) fomminiftrerà poi il valore feguente iVl)...(z.)=f(dxfidx....f(dx^~) e dalla forma (777) rifulterà (VII).... (z.) =:x^fzdx Az-j c^ ecc. 2, 2.? dX z il i8o Delle variAzioi^i e poiché iljz.dxz=. fdxClz. , fé la {III) torma del §. xvi- fi moltiplichi per a:, darà ella il valore di xù^fx^dx ^ìi qua- le foftituito neir equazione ( VII) , e fatte le convenevoli ri- duzioni, la trasformerà nell' equazione (Vili) ^^^, e lì avrà ANALITICHE FINITE. x8l d'(z) d'(z) Ac^d*(z) onde farà 2 (z) z=:fdxfxdx, e però generalmente l'equa- zione d'iz.) d'-'(z,) Ac^d^+'iz) A'<^'d"+*(z) ~ udx" zdx"-' dx"^' ^ dxr+^ Somminiftrerà il valore di x. , onde fia 2 (z) = f dx f dx r dx j'-z.dx efprimendo n il numero de' fegni d' integrazione afTunti ; il che ecc» CAPITOLO TERZO. Veduto per le funrioni di una fola variabile , è meftieri di fare qualche tentativo per le funzioni a più variabili rav- vicinando SI le loro differenze finite che le fomme al cal- colo infinitefimale . Ma primamente mi fia permeilo per fa- cilità e comodo di allontanarmi dal confueto modo di con- traffegnare i differenziali parziali delle efprelfioni analitiche. Potrebbe accadere, che fi trovaff'e utile 1' adoperarle comu- nemente anche fuori di queffo cafo . Nel rovefcio pertanto della lettera corfiva d efprimente 1' ordinaria differenziazio- ne ^\ affiggano le lettere x ^ y ^ z ecc. con cui fogliono fe- gnarfi le variabili in queflo modo U ■> U -i^d ^cc. dando luo- go a queffe forme caratteriftiche come a' radicali , a* fegni d'integrazione ecc. Se K fia funzione, o efpreffione in gene- re di quante variabili fi vuole a:,/, z, ecc. , ^ì^ farà il dif- ferenziale di V prefo facendo variare la fola x , e prenden- do per collanti le altre / , z ecc. , U^ farà il differenziale di V non facendo variare , che y , e cosi dell' altre . Effen- do la- lettera variabile nel rovefcio , re Ita luogo agli efponen- ti, alle parentefi, e ad ogni altra indicazione nella parte deftra. Così ( — ) (Ìa: , eh' è in ufo , farà per noi 'd^ femplicemente , ^ _- ) farà ^ , che non potrà più con- Z iij iS2 Delle variazioni dV . . fonderfì con —- , ove occorra indicare la differenza dV prela dx '^ facendo variar tutto, e divifa per dx . Similmente ^''V ef- • . . ddV . mV r . ^ f ddv . ^ pnmera ( -r — ) dx , — ■ — elpnmera { -; — - ) djr ^ &. V dx'' ' dx ^ dxdy ^ Qosi, fucceffivamente. Ciò premeflTo accigniamoci alla cofa.. §. XXV.. PROBLEMA VII.. Trovare la variaz.ione finita di z funz.ione di x , y e co*-- Qo/ìanti-, pofii refpettivamente 0 , ^ i moduli delle differenz.e: Ziiix, Ay. Efisndo generalmente A coftante farà ^ja f^ dy ^ ^ ^dy' '^ i-^dy' ^ Dunque aggiugnendo la debita funzione P , avremo per Az in generale 1' efpreffione (A) ANALITICHE TINI TE. 183 (A) .... Az = P — ; — h w — 7- dx ìdx' Il che tcc^ §. XXVI. Scolio- Quanto al completare la variazione , o al determinare la funzione P, due nature di quantità in genere debbono defi- nirli , r una che può effere funzione di x , o di / , o di entrambe le variabili, l'altra puramente coftante. Per la pri- ma il chiami M il rifultamento dalle forme precedenti per ùxz,^ ficchè fìa Az, = M -j- P, Si differenzi attualmente la funzione z., e fìa dz.'=d^, e di quella equazione lì prenda pur attualmente la variazione finita, ficchè fia £l<^z. = £^^^-. Ma HdTi^^^d^z,, e però farà ùidx.z=dM-^dP . Dunque A^^ t=:idM-\-dP , dalla qual equazione fi determinerà la forma P col calcolo integrale comune. E quanto alle collanti pu- ramente a cui metteffe capo una tal deduzione , non è dif- fìcile cofa il vedere, che qualunque fiafi la funzione z da differenziare finitamente, e di qualunque numero di variabi- li X , y ecc. fia ella funzione, nel valore fucceffivo z,' , al- lorché .V ,/, z. ecc. vi diventano x-\-(i ^ y ~\~ fj. ^ 2,-|-r ecc. fempre dee trovarfi una funzione de' moduli w , jU, tt ecc. fimile alla funzione z, propolla , la quale non ifvani- fce nella differenza z' — z = Az . Quella offervazione per- tanto ci farà rinvenir fempre fui fatto le quantità puramen- te collanti di cui avremo meflieri per com.pletare la diffe- renza trovata con quello metodo . Paffiamo dunque agli efem-f pli. /. Efimpio. Sia z = tìf^v;/ -j- ^^* di cui C\ cerca la variazione finita; fa- I rz "d^ := aydx , ^'z = o , ^'z = o ecc. Similmente ^z = axdy -\- zbydj/ , U'z. = zbdy' , ^^z, = o , U'^ = o ecc. Si iS4 Delle VARIAZIONI *" foftituifcano quefti valori neirefpreffione (A), e fi avrà (K) ùiz.z=P-\-acj'-^aax-{-2bijj>-\-bix' Per determinare la funzione P iì trovi il differenziale dx. =. ajdx -j- axdy -j- ibj'dj' , indi la variazione finita di quefto difierenziale (Gap. i.J ùdz. = adxù^jf 4- ad/:^x -f- ibdj^^f = af/dx 4- aoodj' -f- ibfj^dj' . Ma A^/z = ^^2, = dP~{- acùd/ -)- <7^'^;!c -f- ib ■d}' . Dunque ^P = 2^^^/, e P = a^^-j- coft./.Ora nel valore (K) è già comprefa la funzione del modulo fjL fimile alla funzio- ne bj>' ; dunque cofl. fr^aoofx funzione de' moduli w,jw Umi- le alla funzione axy . In confeguenza ù { axy-]-by ):=:au)j'-{'afj.x -f- ibuj'-\-bix'-}-aaiy . IL E/empio. » Sia z. = axy-{-bxy*. Porto prima 2, = ^x>, farà ^z = 2aj'xdx , Ji'z.T^zaj'dx' , ^'z, , ^'z. ecc. =o . Similmen- te ^^z. = ax^dj>, ^'z. ., H^z. ecc. =o , e però fatte quelle fo- ftituzioni nella forma {A\ del Problema, fi avrà Laxyz=2a'joxj'-\-a(x)y-\-aiJX^-\-P', porto P' una parte di P corrifpondente al primo termine dell' efprertìone propofta . Differenziando ■z.z=.axy , fi ottiene dz.i=iaxjdx + ax'dj , e però ùdz. = 2adxAxj'-^adjilx' . Ed è per 1' efempio prece- dente 2aùxj= la-jiy + layx + 2acàfj., e a£:^x^ = zaccx + a^ (Cap. I.) . Dunque Ùidz.=:i2a,ydx + zafj-xdx + 2aaiJ.dx + zaoixdf + aoo^dj' = dùz. . Quindi artlimendo per Ciz. il va- lore trovato , differenziandolo , e paragonandolo a Ùdz. , (i troverà dP' =z zaccf/dx , e però P'=2au)tJ.x + c . Ma e deve elTere una funzione in wu fimile alla funzione axy propo- fla, cioè a'jù'-ix. In confeguenza farà ( K' ) ù^ax^ = za'^xy -\- aoù'/ + afjix' + 2a'S);jx 4- a-jù^jj. . Sia ora di nuovo per riguardo al fecondo termine ■z.— bxy^ ; farà ^z.=i2bj''xdx , ^'z.= 2bydx* , e ^'z ecc. = 0. Similmente ^z,=:2bxyd/ ^^'z.zzzzbx'dj'' ,^^ z.ecc.:=:o. Fatte querte foftituzioni farà ùbxy^ = zb-jùXj'^ + boùY + ibfj-xy + bu'x^ -f- P" . Porto ciò , Ci differenza z.t=zbxy* , e fi avrà dz,— 2b}''xdx + 2bxyd/ , e però ù^dz=z 2bdx ^xjf' + zbdy ùyx'- . Ma porto nella varia- zione del termine precedente (K! ) zb ìa luogo di ;? , fi ha zbùxy ANALITICHE FIN/TE. 185 •ihù^xy = ^bù)xy -{■ zbcoy + zbfxx'^ 4- ^bwixx 4- iti^y . E di nuovo porto nella fteffa equazione {K!) ib in luogo di a ,x in luogo dì j/ , fx in luogo di ù),q w in luogo di f^, fi avrà zbùijy'x = j,b;jxy 4- 2bf).'x 4- zK^' 4- ^bxfjj' 4- 2^^'a) . In confcguenza farà £i) . Ma quello valore deve elTere uguale a dC^Z^ e però il {{ u- guagli al differenziale della formula (B'), e lì otterrà r/P = airij-dx -}- , ùx'z, fé quefli il foftituifca- Aa ij i88 Delle variazioni no nell'equazione (II), e fi paragoni il valore che ne rl- fulta col differenziale della formula (I), fi troverà dP =3 2aM|^ (xdz. + zdx ) -\- laoojr {xdy +jdx ) -\- lamjj.dx -f 2aTrfj.xdx + aoo'^iJidz. + aoy'nd/ , e però P = laoofjixz. + lacjùTixy -\- ia(x)7rij.x + aTry^x^ 4- av^/xz + acc^-nry + C - E poiché C = au)^fJL7r, unendo tutti i valori trovati, farà ùi. (axyz + h/z. -f zy') = la-jyzx + a-jd^z -{- atxx^z^ anxy -\- lavfxxz -\- zaooTTXj' + za(i>iJ.T[x -f a/r/j-x^ -\- a^^^z -\- aw^iry -\- aM'^^Tt §. XXIX. Scolio. E qui pure ^\ ofTerva , che la funzione P può determi- narfi con un regolare andamento, riducendoiì la fua defini- zione prima a differenze di grado inferiore , e gradatamente poi alla differenza di funzioni di una fola variabile . Il me- todo pertanto fembra efièr proprio per funzioni di qualun- que numero di variabili, non avendovi altra difficoltà fuor- ché quella del calcolo . Tentiamo ora di conofcere , fé con altrettanta fimplicità ci riefca il metodo inverfo , cioè l'in- tegrare le funzioni finite a più variabili . §. XXX. PROBLEMA IX. Trovare /' integrale dì Z fimz.ione delle variabili x , y , ritenute per moduli delle differenz.e refpettive Ax , Ay le ca- ratterifiiche w, fJ.. Effendofi dimoflrato fuperiormente (Gap. i.) effere gene- ralmente 'ZdZ — d-2.Z^ farà integrando SZ^/s^Z =/r ( Mdx + my ) =/2 iciZ + H'^ ) . Sì ripigli pertanto l'efpreiTjone generale degl' integrali finiti (^. xix. ) 2Z=(?--)Z-}-(^.— ^)^-- + ecc. ^ a ^ ' ^ ra ' dip in cui Z rapprefenta una funzione di cp, e a il modulo ù^<^; ANALITICHE FINITE. iS? e confiderando %- come funzione di x. Ci foftituifca per Z dx in quefta efprefiìone l'integrale fc/Z in fuppofìzione di j> co- ftante , x in luogo di (p , oo in luogo dì a , e farà Similmente confiderando -r come funzione della fola jy , fi foftituifca nell'equazione fuperiore per Z l' integrale y^^^Z in fuppolizione di x collante , 7 per (p , m pei" rt , e fi avrà . In confeguenza nel cafo noflro farà generalmente 2:Z = P nz Il che ecc. §. XX XL Scolio. E' facile da vederfi , che per determinare la funzione P non e meOieri di alcun particolare artificio , come nel cafo delle variazioni, o difierenze , mentre il prendere attualmen- te la variazione finita dell'equazione per determinarla è co- fa dipendente da' Problemi di quello , e de' Capitoli antece- denti . Per altro riufcirà comodo bene fpelTo e compendio- fo , nel cercare gì' integrali delle funzioni a due variabili, il fupporre colante una di quelle, e maneggiare quella fola- mente delle due forme qui trovate, in cui la medefima va- riabile è fuppofta coftante, tutto allora riducendoli al defi- nire la funzione P . Così nel cafo di tre variabili può ri- durh la ricerca all' integrale d'una funzione di due variabi- li, e così fucceflivamente . ' A a iij ipo Delle variazioni Ejcmpli . I. Sia per efempio fempliciffimo Z ■=. xj òì cui fi cer- ca l'integrale finito. Sarà ^Z=^<^x,^/'Z ecc,=:o,e fimil- mente ^Z:=xdj, ^'Z ecc. = o. Softituendo pertanto queftì valori nelle forme precedenti, fi troverà Per determinare la funzione P fi difTerenzj finitamente 1' e- quazione, e farà r^' = /^P 4- — ^xy + — A/'x — Aa7 J- — A/ 4- — Ax. 2M zy. 'il 12 Ma pel Probi, vii. 2W 2 2 2 2W 2 ZfJI. 2 2*2 Ifjt. 2. e pe' Gap. precedenti w/ wu ^ ux eoa ,. . , A ^^=-^5 A — = — . Fatte dunque le convenevoli ndu- 12 12 I2I1 zioni fi avrà AP=: — ' — -— ~ ^j di cui fi troverà efle- 20) 2ja 6 re l'integrale jux' ^„v* IJ.X 0]}'* ' cùj' o^y 3w- zoo 6 3/x^ 2/x 6 Per confeguenza farà , .V ;/ N ux^ ux^ fJX orf' ioy* ay ^ 2aj ijU. '^ 3W 2w 6 3,u 2|U 6 II. Trovare 1' integrale diZ=:<7.v^/. Ellendo Z=zaxy , farà ^Z=;2'\ \^ }- y-x' -^ u/j-x -]~ — , ja 3 3^ 3 fi faccia -^ + ~ ^u.v=^-a:u.v-f- — =^, eUendo i ter- mini funzioni di una fola variabile; quindi farà .TX , ^ =:axy, e fi finga nella funzione Z coftante la / ; farà f^Z = axy , ^Z = ^a/x'dx , ^'Z = óajxdx' , ^^Z=i6aydx^ , fvanendo i fucceflivi differenziali, e però fat- ta la foftituzione di quefti valori nella prima delle due ef- prelfioni del Problema, fi avrà _. , axy axy , arjùxy ay a^xy=P^ ^ ' -^ -^ 4C.J 2 4 4-5-6 Differenziando pertanto finitamente 1' equazione , dovrà ef- fe re tfx'/ = AP4-A — -^— A— ^ + A --^—A --^ , e però 4M 2*4 4-5-<5 ax^y fi differenzj attualmente il folo termine — — fuperiore di 4w grado alla funzione propofta, e fi avrà xy 'lauxy ' J^ / l_ff> _ ^^^ ^ 2,v> ^ ( zbfjiw' — ibfxco ) ZXJ — SA^-f. S M 2 effendo M' ciò che divien M porto ib/x in luogo di ^. Pertanto fi unifcano i valori (B,), ( C, ) , e fi avrà S ( axy4-bxy')= —- H ^-^ ^ ' 4W 301; 2W -r + f ~ .zb}x — - — ) 2a:> — b , -^ •, _ . . Sia da trovarfi l'integrale finito della funzione a tre va- riabili Z ■=. axjz ~\- bxjyz.' . Prendendo un termine dopo l'ai- ANALITICHE FINITE. I9> tro, fia prìm^ Z =z: axjz. . Sarà "(fL r=. ay-hdx , llZ,-=Laz.xdy ^ ^IZrzzaxj'dz.^Q come gli altri fucceffivi differenziali fvanifco- no per ciafcuna delle variabili , (ì facciano quefle foftituzio- ni nelle forme trovate, e farà Saxj'z. = P+- h ~ — ■ + — -^^^^' lùù 2[J- 27r 2. ; ■.. '20 2^ 27r 2 effendo M=— =- — + -!- — 4- — - funzioni di due fole 12 12 ' 12 variabili. Dovrà pertanto efTere , difìerenziando finitamente, axjz = L\P+^^, podo ^ il compleffo degli altri termini. Si differenzi attualmente un folo de' termini dell' efpreffio- ne ^ fuperiore di grado alla funzione axjz , cioè , 20) e farà (5. xxviii.) ^ qyz.x'' , flfT/A"' , aux'z , , ù. = axjz -] H ' i- anxy 4- au.xz 2(0 ZCj) zco ' , auìzy , aanx' a-à-ny , awaz , a'jìujt J^ rL, _^ /- __ ^ aix-nx •\ ^— -^ i— . ' 2 2W ' 2 2 2 Si denoti poi per M' il compieffo di tutti quefti termini, efclufo il primo , come funzioni al più di due variabili , e farà ayzx' '^ =axyz~f-M. Dunque avremo ^ ZOù ay^xz ^ ayxz' r ^ i 27r 2 ay\xz ayzx^ 3 ^P=:-M'-A^i^-A^l^-f AÌ^at/^-AM, e P = ~.xM'-^^L^^^^'^^-^^axyz,^M.. ifj. 27r 2 Soflituito queflo valore per P, fi avrà ayzx^ 2 axyz = . — 2 M' , dipendendo sM' da' Probi, prece- denti. B b ij igó Delle variazioni Trovato l' integrale del primo termine della funzione pro- pofta, iìa ora Zz=.bx}'Z,' . Sarà ^Z = b/z^(lx, i^Z:=.bxfdj' , '^Z^ibxjzdz., c^^Zrzzzbxjdz."" ; e poiché gli altri differen- ziali fucceffivi fvanifcono,fi facciano quelle foftituzioni nelle forme del Problema , e farà bxjz' bxyz' bxzY 3 , ^bxyz'= P + — ^— + -^— + + - bxj'z.- z „ bcoVZ wfj.^^ ..... • T -f t» •. pofto R = f- — 5 lunzioni di due variabili, iara ' 12 J 2 dunque differenziando ^.\72,^ := AP -f A^ , effendo ^ il com- pleffo di tutti gli altri termini , Si differenzi pertanto at- tualmente nella forma ^ il folo primo termine , e farà ( ^. bxyzj XXV III.) ùi. •=.bxyz^ ^bnxyiL-\- S ^ efiendo S il com- pleffo delle funzioni rifultanti di due variabili . Si avrà per- tanto AP = — I — bTTxyz — A —- A -^ + - A^.r/z.' 2W 2U 2 — — ùiXjz — AR, e però 6 P=i--£(S + bTTxyz ) ^^ + - bxjz' 2(à 2// 2 bnxyz „ , r R . In conleguenza 6 ^ , . ^bxjz'= — ^(S + bTrxj/z.), e poflo brr in luogo di a nel valore trovato poco fa di S ^^yz, , fìcchè M diventi M", farà S bxjz,' = -^^ — bir/zx' + S M" — Si' . Unendo dun- que inlieme i valori trovati , fi avrà bxyz,^ . a—b-n: ■. X(ax_yz,^bxjz.')= -f ( j /X.V" ANALITICHE FINITE. 197 ove M", Af , S fono funzioni al più di due variabili , che pofTono trattarli co' Probi, antecedenti. §. XXXIV. Scolio. Non credo neceffario di eflendermi di pili , fcorgendoli manifeflamente da quella Teoria , che le variazioni finite non meno, che gl'integrali delle funzioni a piìi variabili fono ridotte aile fleflè leggi delle funzioni di una fola va- riabile, 'al che ci ha condotto per mano la combinazione delle differenze e de' differenziali delle funzioni con felice fucceffo . Non refta pertanto , che , come s' è fatto per le funzioni di una fola variabile (Gap. II. ) , s'indichi pure la via onde afcendere da' differenziali a più variabili alle for- me finite, e di difcendere reciprocamente da quelle a' diik- renziali corrifpondenti. 5. XXXV. PROBLEMA XI. Fropojìo il differen-z.iak Mdx+Ndy in cui M , N fono funzioni qualunqui di ^ , y e cojìanti , rimontare alla forma fnita 0 finzione delle medefime 'variabili , onde Jìa 2^ =/'(Mdx -f Ndy } , ritenuti i moduli confueti & , ^. per le differenze ùw , Ay . Si faccia S-t) = Z; farà <^ == ÙiZ z= fCldZ . Ma (^.xxv. ) ÙZ~P Z.^dX^ --}- ecc. + 'di + -.df + Ts^ + '"'• Dovendo pertanto effere dXp:=Mdx + Nd/=:dZ per fup- pofizione , fi foftituifca in quefte forme Mdx per ^Z , dxc^M per ^'Z ecc. ; e fimilmente Ndj/ per i^Z , d/^JN per Bb iij 198 Delle variazioni <^/'Z ecc. , e (p per ùZ , farà generalmente cf> = P Il che ecc. Efempio . Sìa. iaxj'dx-^-ax'4y ■\-bdy-\-ccix una formula differenziale da cui lì tratti di rimontare alla forma finita cD , onde l'in- tegrale di quella formula fia uguale a Sp . Eflendo pertan- to M^iaxjr + c , N=ax' + b , farà ^M = 2ajdx , ^'M, ^'M ecc. = o. Ed è pure //N , ^W ecc.=:o; dunque fatte quefte fortituzioni nelle forme precedenti fi avrà 0 = P -f laùTfx + C(o + aooy + a/jix^ + bfj. . Per definire la funzione P fi confideri, che dovendo effere 2(f) — f{Mdx + Nd}'), farà differenziando d'E

cN+'^ + ^^-^ + ecc. II che ecc. §. XXXVII. Scolio. Con Io fteflb metodo Ci potrà procedere ne' differenziali di più variabili , fenza che fia neceflario di moftrarlo a par- te a parte. Veggiamo dunque del difcendere dalle funzionr finite a più variabili a' differenziali corrifpondenti . aoo Delle variazioni §. XXXVIIL PROBLEMA Xyi. Propojìa la funzione (p ddle variabili x , y , difcendere al differenziale Mdx + Ndy , onde y?d( /(Mdx + Ndy) =r '£

P, che incontra la AP in P . Ra- gionando alla ftelfa maniera del probi. I. , avremo AB . BP ==al quadrato della tangente , che lì fpicca da B e va al cerchio. Dunque P è punto noto . Unifco ora P con C, e da N tiro la corda NL parallela a PC , e congiungo LE , che incontra la CP in ^. Onde riefce il rettangolo PC^ = al quadrato della 2." nota tangente che li parte da C , e però abbiam cognito il punto ^ . Conduco ora al quarto punto D la. retta ^D , e dico: gli angoli M NL , MEL , che inliftono fullo ftefTo arco ML, fono tra loro eguali. Ma per- chè è MAT' parallela a P5, e NL parallela a PC, diventa l'an- golo MNL-=BPC ^ cioè noto. Dunque LEM pure, o il fuo oppodo al vertice DE§i farà noto . Il prelente problema vien dunque ridotto al II. Leitima : dati 2 punti , ^ , D e un cerchio , determinare nella circonferenza un punto E per modo che, condotte DE, §lE , lìa dato l'angolo DE§1. C'J. PROBLEMA III. Dato un cerchio LMNO e cinque punti A. ,B ,C,D,E, in- fcrivere al cerchio un pentagono MIOGF coj7cchè i fuoi lati, fi fa bijogno , prodotti incontrino i cinque punti dati { Fig. 6. ) Col folito ordine unifco i punti ^ , J5 , e tiro la corda MN parallela ad .45, e da N per 0 la retta NOP . Il ret- tangolo ABP è = al quadrato della' tangente da B . Dun- que P è punto noto . Congiungo P con C , e da N ten- do la corda NL parallela a PC , e guido la fecante LG§1 che incontrando PC in §i fa elTere il rettangolo PC§, e- :/rjS Qj Olii: LI ^aa.-jos ^ oJùm.M'L J^suUfjtTÙ^n^ iloin.n ' JÌi2b; b ;> e , diventando però in apprello c/«, e quindi tutte le quan- tità infinite dello ftefib ordine di n infinitamente maggiori di In . Perciò anche m inf.' :> In ^t molto più mh inf.' >ln : il che efiendo veriflimo ripugna alla confeguenza contraria dell' ipotefi afiurda , che ci dava mh inf.' »'"; il che fa effere 1' ultimo termine della pro- poda ferie e confeguentemente tutta la ferie una quantità infinita . Refi^a dunque provato con evidenza , che colla fo- la ragione dei denominatori infiniti de' termini di una ferie che abbia i corrifpondenti numeratori finiti e divergenti nei polli finitamente lontani dal primo , non fi può aver cer- tezza del fuo fvanimento , che debb' efiere per altra via co- nofciuto 5 ove efib realmente fucceda . Quello a me pare un 2i6 Esame di una dimostrazione principio ficuriffimo , fui quale non poffa far cader dubbio un geometra ragionatore . la. Vengo ora alla applicazione che nel Gap. V. della IL Parte del cale. diff. fa l'Eulero di quefta teoria del Bernoul- lio ad una funzione trafcendente ; e ftabilifco con e(rof = /«, che dà vf .f = /i -j- /i -[- /j . . . -f- /« ; ftdn ■=.fdnln == nln~n ; dt \ — - = - ; poi fatto dn collante , dn n '■ d'-t I d^ I.» _ d^t: 1.1.3 ci't dn' '^ '^ n'' ' dn' ^ 'n' ' J;~ ~" ~" '^^ ' 'dn' 1.1.5.4 = ecc. , ove fi vede , che tutti i valori de' dif- ferenziali difpari hanno prefìffo il fegno pofitivo, e dei pari il negativo ; che il coefficiente numerico del termine è il prodotto de' numeri naturali fino al numero di un'unità mi- nore di quel che denomina il differenziale, e che la podeftà di n nel termine è il numero dello ftelTo differenziale . Ri- fulta da ciò, che fé introdurremo nella equazione {i) tutti queffi valori , fenza ommettere la coftante , a cui ci obbli- ga la fommatoria nel 2." membro, avremo {t).. .. /i"|-r/2-|-/3...4-/» = C-}-(^4--) in — «4-.- 7«' ' c/a^ \ìn" ' i^n" 15W" 4- U — /— ecc. . E queita equazione va- ^ 17»" 19^2" ~ zi«'- ^ ^ le, qualunque fia il numero n. 13. Per la determinazione della coffànte C fi è offerta all'Autore prima d'ogni altra l'ipotefi di nz=\ , che indu- ce nella equazione (?) la modificazione feguente ; ^ , <^ ^ , f r li=zoz=C—i4-a f-- ecc., o fia ' 3 5 7 9 h c C T e z=. I — aA 1 — ^cc. Ma riflettendo toflo, 3 5*79 che d'un teorema analitico. 217 che quefta ferie per la troppa divergenza li rende inetta a dare almeno un valor prolfiino della collante C , fi rivolge all'altra ipotefì di n infinito; e allora, ioggiunge il celebre Autore , fvanifcono tutti i termini affetti dai numeri ber- noulliani , e refta l ...li -\- h-\- l^ ...'\- lnz=C -\-{n -^\)X In—n; per determinar C pone nella Iteffa equazione 1 i« in vece dì », ed ha II...li~\-h-\-ll...~\~l2nz=zC-\-i^n -\-\) Izn — in. Ag- giunge nella I dall' una e dall' altra parte nlz , e gli fi ge- nera ( /l 4- /i ) ^ (/ì ^ /i ) _j_ ( /, ^ /t ) (/4^/2 ) . . . '\-{ln-[-h)^C-\-{n-\-\)ln—nJ^nU , cioè III...h •-j- /4 4- ^6 -j- /8 . . . -j- /i« = C + ( « 4- t )^^ — ^ -\-nh . Sottraendo poi I' equazione /// dalla II ottiene .FF/1+/3 + /5... H-/(i»— I ) = »/»-}- (»-!-. i)/i—w . Ma per 1' efprefllone Wallijìana nota a tutti i Geometri, fi ha TT 1.1.4.4.6.6.8.8.10.10,12 ecc. * 1. 3. 3. 5. 5. 7.7.9. 9. 1 1. II ecc. T 1.2.4.4.6.6.8.8. ... < 1 n~z ) ( in-i ) ( i« ) ovvero -= — 5^ — :^ — ; \ dove ir = 1.3.3.5.5.7.7.9.9 ( ^a-i ) ( zn-i ) fìgnifica la femicirconferenza di raggio i , e il numero n è iniinito. Dunque col prendere i logaritmi, avremo / ~=ih~\-il^-^il6 ...^ thn — hn — li — 1/3 — 1/5 — 1/7 ... — i/(i3— I ) , ovvero ponendo — i/i in vece di —/r, che è lo flellb, perchè /i=o, e riducendo, -l '- ^ /i»=:/i-{-/44-/6...-f-lfi» — /i— /3— /j —Ij... — l(~n--i), cioè colla fofiituzione nel -.° membro degli o- mogenei delle equazioni III ^ IV- - l ^-[~ — h-)i=iC i 2 2 + ("4~ — ) lyi — n-{-nh — nln — (n-\-L)hJ^n = C Tomo IV. E e 21 8 Esame di una dimostrazione .J^-! / 1 . Quindi fi deduce C=i. / I + J. / i^ — — / — — — /»7r , cioè in frazioni decimali 2 2 Z C = (j. 9i8938533io467»74i78o3i97; e però collocato que- fto valore nella equazione I, ci aikt. .. li -\~ h ....-{-In = (^H — ) ^'^ — ''*-\ ^*''"> cui equivale quell'altra /( 1.2.3.4...» ) = log. V ;; J , fuppoRa e la folita bafe de'logaritmi iperbolici; onde finalmente paflandodai logaritmi ai numeri; 1.2.3...» = !! — LVlI5 , che è il teorema fin dal e' principio enunziato. 14. Dopo tutto ciò che fi è detto nei §.§. 9 , io, ognu- no dee di per fé vedere che la difficoltà , la quale potrebbe trattenere un attento Geometra dal preftare l'alTenfo a que- iT-a dimoflrazione , è quella che nafce dalla fecca decilìone pronunziata Ò9.\V Eulero dello fvanimento in (/) de' termini affetti dai numeri bernoulliani . Già abbiamo offervato collo fìelFo Autore che la ferie di quelli numeri è divergente , e di più ricaviamo dall' efempio della ferie del §. ii. , che le podeflà dell' infinito nei denominatori de' termini non ba- fìano a perfuadere della evanefcenza di tutta la ferie . Con qual fondamento dunque, fenza aver nota la legge di que- lla divergenza in una maniera che ci difcopra j1 rapporto che hanno tra loro il numeratore e il denominatore de" ter- mmi infinitamente diflanti dal primo, può egli afferire che la ferie prefa nella fua totalità non fia altro che zero ? Io non veggo in quello palfo la ficurezza del piede di quel grand' uomo ; e mi fa ancora più cafo , che dopo la cognizione della divergenza di quella ferie, e la confefTata fua inidonei- tà a dare qualunque valor proflimo, che col mezzo di effa lì volelie ottenere, abbia poi fperato di trarne utile , e al d'un tsorema analitico. 219 f. 159 del cap. citato imprenda di fervirfene per aver la fomma profiima di qualunque numero finito di logaritmi de' numeri naturali . 15. Il fatto però fta che la cofa gli è ben riufcita, e che ì rifulrati combinano iìno a buon numero di cifre decimali coi logaritmi delle tavole , quando però nell' adunameato de' termini della ferie in (^) non fi vada più avanti di un tal numero di effi termini, che fecondo le ipoted di « ora è maggiore , ora è minore . Ciò fa una grande prefunzione per la verità del fifiato valore della coftante C , e del fud- detto fvanimento della ferie nella fuppofizione di n infinito . Ma fempre fta, che refta a defiderariì una dimoflrazione più convincente di quel che fia la Euleriana , per potere ammet- tere con maggiore acquiefcenza dello fpirito la verità del ■fuo teorema . 16. Tentiamone una cosi. Al ^.8. abbiam già notato i va- lori de' numeri bernoulliani fino all'undecimo termine. Pre- fa pertanto da (t) la fola ferie de' termini che ne fono af- fetti, abbiamo (u)... ! [--J^ IL lifca prima di tutto »=i , e in tal cafo efTa diventa 3 5 7 9 11^13 15 17 19^21 Ora facendo ufo degli effettivi valori di a^b, e ecc., e ri- dotto ognuno de' fuperiori termini e frazioni decimali , col preicinder dal fegno, e collo fcrivere il valore fotto il ter- mine analitico, rifulta E e i j 2 20 Esame di una dimostrazionb b e s tf — — — 3 5 7 «•08535533; 0.00277777; 0.00079365 j 0.00059523- / ^ ± 1 9 n 13 15 0.00084175; 0.00191752; 0.00641025; o. 02955065- k m 17 19 .0.179120627843; 1. 392432216906 - I 21 13.402864044168; ecc. Offervo in quefta ferie, che i primi 4 termini coftituifcono una ferie convergente , facendoli al quinto divergente , e con- tinuando poi fempre tale. 17 Paffo all'ipoteiì di »= 2 , e (u) prende quefta formar I^JI^^y^' 7.2''^9.2.^ 11.2" "^ 13.2'' 1-5. 2« ' L — £ — ecc. , la quale efpreffione ri- 17.2" 19.2'* ' 21.2 dotta a decimali fenza curare il f^gno 5 fi fa a b e 2 3.2' 5-2^ 0.04166666; 0.00034722; 0.00002480- _£ _£_ g 7.2^' 9.2' II.2" 0.00000465; 0.00000164; O.QOOOQO93 ; h i l 13.2" ' l-j.l'' 17.2" 0.00000078; 0.00000090; 0.000001566582 ecc. In quefta i primi 7 termini fanno la parte convergente , e cominciano a divergere nelL' ottavo. D' un teorema analitico. 2ZI x8. La 3.* ipotefi di «=3 induce in («) tal cangiamento; 3 3-3'"^5-3' 7-3' "^9-3' ii-3" »3-3" 1 15-3"^ 17. / m •3" I9-3'' offia colla riduzione a decimali ; « b tee. 3 3-3^ 5.3^ 7-3' 0 .02777777; / 9.3' 0 .00010321 ; 0.00000 g II.3" 325; O.OOI D00027 ; 13.3" 0.00000004 j O.OOOOOGOX ; 0 .0000000041 D20; ; / m 15.3'^ 17-3" 19.3 ij 0, ,0000000020 'i9 ; O.OOOOOOOOI 3875 0.000000001198 ; p 21.3" 0.000000001281 ; ecc. , ove fi vede che la parte conver- gente della ferie abbraccia i primi io termini , e la parte divergente comincia all' undecime. 1 9. Cosi fé faremo »=:;4, «=5, » = 6 ecc , troveremo che efTendo le ferie corrifpondenti fui principio convergenti , cominciano a divergere nel 14.'"", 17""', 20"" ecc. termine, onde generalmente la divergenza avrà il fuo principio al ter- mine di pofio 3« 1-2 , coftituendo tutta la parte anteceden- te a quefto una ferie convergente. 20. Da ciò il trae, che prefa la ferie (//) per n numero di termini fuccefiivi, deve quefta efTere infallibilmente conver- gente, mentre riman pur tale lino al termine di pollo 2/z-f-- 5 quando fi vuol'eira produrre oltre n . Dunque nell' ipotelì di n infinito tutta la ferie infinita di numero n ter- mini convergerà lino all' ultimo termme. E ficcome in tale ipotefi di 71 infinito, il i.° termine della ferie è un infini- tefimo di i.° ordine; il 2.° un infinitefimo di 3.°, il 3.° di 5* ecc. j dovendo elTere per la ragion della convergenza l'ul- E e iij 22r Esame di una DiMOSTitAzroNff timo termine in fin ite limo di un ordine infinitamente fupe-- riore, tutta la ferie (ino al porto n non farà che una quan- tità infinitamente piccola , cioè tutta la ferie^ («) affetta dai numeri bernoulliani farà=3(?.- 2 1. Per poter aderire che la fuddetta, ferie è un quanto- nullo, quando n è infinito, pofta- che il primo fuo- termine è un intìnitehmo di i.° ordine, erami necefiario il riflettere- aJP accrefcimento degli ordini di infinitefimi nel valore de' termini fucceflivi ; perchè fé il valore di ciafcun termine, foflè fiato folo un infinitefimo di i." ordine, l' aggregato in- finito di quelli termini avrebbemi portato a un valor di fe- rie finito : come: accade: nella armonica III r — ! -j o . . ». -J , di cui , come fi fa , la: fom- n ' n+L n+z. 'in ma ha un valor finito, quando « è infinito, febbene ciafcua; de' fuoi termini iia una quantità infinitefima. 2 2. li raziocinio, che ci ha guidato a provare l' evane- fcenza della ferie de' numeri bernoulliani,, ove n è infinito, ci fa conofcere al contrario, che la ferie — ■ ^ — , — ecc.. del J. IO. nella ftefTa ipotefi di n infinito' ha un valore in- finito . Imperciocché , fatto fucceflivamente nz=z 1,2,3 ■■ 7 j tutta la ferie riman fempre divergente .. Quando poi fi fa 2 ló »=8 , i due primi termini — >, — Ci fanno eguali, e divcr- ^ 8 64 o ' gono i fufTeguenti . Alle ipotefi di « = 9, io, rr ..... 31 5. i due primi termini convergono , e poi nel terzo comincia la divergenza che dura per tutta la ferie . Ove {i ponga 72=32, il 2." e il 3." termine fono eguali , e il refto di- verge. Da »=33 fino a «:= 127 i tre primi termini con- vergono, divergendo gli altri che feguono , e fi fa eguale il 3.° al 4.° nella fuppolizione di «=128. Cosi fi troverà r eguaglianza del 4,° ai 5." , quando «==512 , del 5.° at 6.°, ponendo « = 2048 ecc. Pertanto fé fi chiama m il po^ Ea del termine, a cui diventa eguale il fuo fufTeguentc ,. d' tjn teorema analitico. 125 varrà l'equazione « = 2""+', elTendo appunto i'"-*-' il termi- ne generale della ferie 8 , 32 , 12S, 2048 ecc. 23 Or, poiché »=: 2*""+' , paflTando ai logaritmi, fi ha ln=z(im4-i)li che ci fomminiftra m-=.~ . Dunque ' 2/2 2 prendendo nella ferie termini di numero «, e fupponendo n infinito, la parte di quella ferie, i cui termini convergono, è comporta di termini di numero w, cioè di numero ■ 2/2 , ovvero di un numero, il quale, benché infinito, è però infinitamente minore del numero n de' termini di tut- ta la ferie , perchè In , e molto più -y- è infinitamen- te minore di n. Dunque il refiduo de' termini da m fino a n che è pure un rehduo infinito, ma pel quale devefi fcor- rere per arrivare al numero di termini n , coftituifce una ferie divergente infinita, e però tutta la ferie è un infinito. Qt^iefta maniera di conlìdcrare le ferie divergenti all' infinito aventi ne' denominatori de' termini podeftii o funzioni di », che non fo , fé fia rtata da alcun Geometra adoperata , mi pare molto acconcia a trarne degli utili rifultati per rintrac- ciarne i loro valori , maffimamente fé ci manca il metodo di conofcer la forma comoda de' loro termini generali , co- me fuccede nella ferie de' numeri bernouiliani . 24. Da ciò difcende come naturai corollario , che volen- do ne' cafi particolari di n il valor profilmo della fomma de' logaritmi de' numeri naturali, non potremo far ufo nella ferie de' termini afletti dai numeri bernouiliani altro che della fua parte convergente , della quale , quanto maggior numero di termini prenderemo, tanto piti il valore di que- fla fomma farà vicino al vero . L' aggiunta che fi faceffe al- la parte convergente di uno o più termini della 2." parte divergente guiderebbeci fempre più lontano dal valore efatto della ftefla fomma. Così fé »=:i , poiché di 4 termini co- rta la parte convergente della ferie , l'equazione utile, per ottenere il valor piìi proflimo poffibile , farà /i = o = C— i-j-€ e ^ . — — I , oiTia riducendo tutto a frazioni decimali e 3 5 7 compiendo il calcolo; o = — 0.0003075 , con che abbiamo un valore minor del vero per quanto porta la frazione 3075 . Se Ci crefce l'omogeneo di un termine folo del- lOOOOOOO la parte divergente, cioè di - , ovvero di ,c ecc. vengono dati da equazioni della feguente forma D' UN TEOREMA ANALITICO. 22? I ^ " 3-4 , I 5 zab «■— 5-4- — 7 ^ 2(7(7 7.5.'?, 4 I , e = 7-6. [~^ — -3 . _£,» 9 I-2-3 9 2«£f 9.8.7.6 2 /=9.8. — + ^-^-._^c II ' I.2.? II •3 2^/ , II. IO. 9. 8 i , , II. 10.9. 8. 7.5. I ?= II. IO. -^ ^ .— t'^-j- ■ ■ . — C 13 1.2-3 13 1.2.3.4.5. 13 zag , 13. 12. II. IO 2 13.12.11,10.9.8 2 ^=13.12.-2.-^ — tpj-f-- -—ce 15 1.2.3 ^5 1.2.3,4.5 15 lah , 15. 14. 13. 12 2 15.14.13.2.11,10 ^ =15.14 -• — p^-h — X ' ^ 17 ' 1.2.3. 17 1.2.3.4.5 2 ^ , 65.14.13.12.11.10.9.8 I — cf ~\- '-- . — e^ ecc. 17 T, 2. 3.4.5.6.7 17 colla legge che è chiara, facendo folo la rifleflìone, che ove s'incontra il quadrato di qualche numero, cornea-, è*, e* , e^ ecc. , in vece del 2 che moltiplica i rettangoli ab , «r, ae , bc ecc. fi mette l'unità. Di quefli fimboli a, b, e ecc. troviamo i valori numeri- ci, avvertendo di tener feparati negli omogenei delle fupe- riori equazioni i termini T uno dall' altro ; con che fi ot- tiene II I io + 7 3.4 2.3.4.5 2.3.6.7 2.5.8.9.9 /= 3+2 , 350+231 + 11°. ^ — ^91+455+4^9. 2. 3. IO. Il' 2. 3. 5. 7. 12. 13 ' 2.5,9.14,15 ' . 420o-[-2764+26oo-(-i287 2. 5.7,9.16.17 / __ 75957+49980+46988+46410 _ 2. 3. 5. 7.18. 19 Tomo IV. F f 2 25 Esame di una dimostrazione 24126S50-1-I 5875013 + 14922600 + 14730738J-754S250 m •- — — ecc. 2.5.7.9.1 1. 20.21 Ora cominciando da e ofTervo , che prefcindendó dai de- nominatori, i primi termini de' ritrovati valori di e, /,^ ecc. fono reipecii'v'arr^SPfe i maffinii ; clie^ i fecondi termini fupe- rano in grandezza ciafcuno dei fulleguenti ; e così dice.ndo gradatamente de' termini terzi, quarti ecc. fino agli ultimi che fono i minimi di tutti. Per veder poi , fé anderà Tem- pre così la faccenda, rifletto, che effendo il i.° numeratore binomio quello che appartiene a. e , e il 2.° quello che ap- partiene a /, fta il primo termine del binomio di e al fuo fecondo in maggior ragione del i.° termine del binomio di/ al fuo 2." , cioè 20 : 7 > 3:2. Ma le feguitafle a verifìcar- fi quefta maggior ragione tra i due primi termini di / che tra i due primi di ^ , e così fodc maggiore la ragione tra i due primi di ^, che tra i due primi di ò ecc., potrebbe^ temere, che andando innanzi nella ferie de' numeri bernoul- liani arrivale in alcun d'elfi il 2.° termine a fuperare non che ad uguagliare il i.°; e in tal cafo non ci farebbe lecito di alferire, che i fuddetti primi termini fiano realmente i maflimi. Ciò però non accade, perchè realmente prefi i due primi termini in ciafcuna delle equazioni col cominciare da/, abbiamo 3:2 < 350:231 ; 350: 231 < 691 : 455; 691: 455 < 4200: 2764; 4200: 2764 < 75957 : 49980; 75957: 49980 < 24126850: 15875013 ecc.; e fiam quindi ficuri , che il i." termine di qualunque numero bernoullia- ro è fempre maggiore del 2.° Il primo numero , che ha il numeratore di 3 termini , è ^. Confronto la ragione che paffa tra il z° e il 3.° ter- rcine in ^ con quella che hanno i 2 termini omologhi nel fuflèguente /^ , e veggo che fta 231 : 110 > 455: 429. La continuazione di quefta maggior ragione ne' termini 2.° e 3.° dei numeri antecedenti riferita a quella che olfervan tra loro gli omologhi dei numeri immediatamente fuffegaenti potrebbe farci riforgere nuovamente, il fofpetto del fuperiore §. full' ingrandimento del 3.° termine fopra il 2.° e fors' art- che fopra il \.° coli' andare avanti nella ferie . Ma fvanifce fubito quefto fofpetto _, perchè minore fi fa a un tratto la d" un teorema analitico. 227 ragione de' fuddctri 2 termini in h ctie de' corrifpondenti ter- mini in / , e feguita poi fempre così negli omologhi fuffe- guenti , eflendo 455 : 429 <27<54 : 2600 ; 2764 : 2(5oo<4998o : 4Ó988; 499S0 : 46988 < 15S75013: 14922600 ecc. Con- cluderemo pertanto efiere per tutta la ferie in qualunque rum.° bernoulliano il 2.° fempre maggiore del 3.°, e perciò il i." del 2.°, e del 3.° invariabilmente maggiore. Air ifleUo modo, poiché / è il primo numero che ha 4 termini nel numeratore, prendendo i 3.' e i 4.' nel confron- to con / farà 2600 : 1287 > 469S8 : 46410 , ma poi pro- feguendo a m ; 469SS : 46410 < 1492260 : 14730738 ; e quefta minor ragione ne* termini 3.° e 4.° de' numeri che feguono continuerà fempre nel confronto colla ragione degli omologhi ne' numeri pofleriori . Onde il 3.° termine de' nu- meratori e confeguentemente il i.° refta perpetuamente mag- giore del 4.°; e così diremo del 5.", 6° ecc. ; e verrà con ciò ftabiiito efib il maffimo tra i termini che coftituifcono i rifpettivi numeratori iino al numero bernoulliano infinito. Ciò porto , è cofa evidentifTima , che principiando da b fé ne' fecondi membri prendo tanto numero di primi termi- ni quanto è il numero di tutti termini ne' mede(ìmi,e met- to 2 in vece dell' unità per coefficiente de' quadrati c; e' > e ecc. Pongo ora nel valore di e' il precedente valore di i»' , e così in e' il valore trovato di e' ; il che s' intenda detto per tutti quelli che vengon poi; e nafcc F £ . i 2i8 Esame di una dimostrazione t» = 3 , 1 . 1 . 5 e = 3 . I . l' 2 2V 2*«^ 7 ^'=?.I.2.3.l',2. 9 /;=3. 1.2.3.4. i'.2^ ^^ 5' = 3.I.2.3.4.5.l^2^3.-^^ ^' = 3 . I . 2 .3.4. 5,6. 1*.2% 3". 2'V 2'V 15 z' =2 3 . I . 2. 3 .4.5. 5.7. I'. 2^. 3". 4 2'V 17 ecc. - / Onde chiamato m il porto pari del num. generale n' , cui corrifponde il numero bernoulliano u minore di u' , farà ?/ = 3.^.2.3....«^.l^2^3'... — . ■^^^^- , ovvero, i.2.3...w.i'.2'-3'..-. — perchè «'"+' = ^^ : ; W = ——ì . Prefentemente noi dobbiamo rimetterci fotte all' occhio la ferie Euleriana ! \~ - — , che , ove « 3«' yn^ nn'' 9«' fi filli il fuo principio nel 2.° termine col prefcinder dal fe- gno , ha il fuo termine generale . Pongo il numeratore accrefciuto u' in vece di k , e adoperando il fuo m 1.2. .I'.2\3^... — valore mi foree ■ — ■ — - ; la qual fra- ^ 4.3'" (2W4-l)(2?W + 3 )?;""+" ^ zione voglio veder cofa diventa nella ipotefi di w , » infi- niti ed eguali. Giacché po.'fiamo lavorare fui largo, fuppo- nendo eziandio che i.r.-i,...m foffe m.m.m ecc. fino a fattori di num." m non il avrebbe altro che 'frì" \ e così in vece di DI UN TEOREMA ANALIITICO. 229 .1.2,3,,. — ponendo — . — . — uno a fattori di num.' i 222 m — , per r altro fattore del numeratore avrebbe/I ( — ) 2 =— , Dunque con tale foftituzione diventerebbe 2 2 il numeratore della formola m"' . — =: — , e tutta la fra- zione w cioè nulla. Quindi fi dedu- 2"'+*.3'" ( 2W4-I ) ( 2W4-3 ) ^ ' ce che con maggior ragione fi dovrà dir che fvanifca la for- 1.2, 3..,. ?»,!'. 2^3^.. — , mola — cioè . Ma è 4.3'"(2W4-i)(2/«+3) «''"+' ( 2W-1-I _)»""+' ti' ^ u , maflimo numero bernoulliano , Dunque è egualmen- ^< te nulla la frazione ;^ , cioè l' ultimo termine ( 2 W4-I )»'■"+' all'infinito della ferie Euleriana , In confeguenza riefce di neflun valore tutta la della ferie, perchè i denominatori in- . . ^ ^ , e finiti de' termini -~ H scc. non rimangono del- n 3»' 5« . lo fteffo ordine d'infiniti, come nella ferie armonica - 5 , — , la cui lomma e un finito , ma n »+i «4-2 2« crefcon fempre di grado. In una eccellente Memoria del celebre nollro Prefidente Sig. Cavalier Lorgna inferita nel Tomo III. della R. Ac. di Torino, e capitatami pur ora alle mani per dono gentilif- fimo dello ftedo Autore, trovo una curiofa derivazione dei numeri bernoulliani dai termini dell' infinitinomio X x^ .v' •>.— ' e I -j 1 }-- ecc. ) , ove dopo aver trovato ^ 2 2.3 2.3.4 F f iij 250 Esame di una dimostrazione qualfivoglia termine , fi ponga x^= i . Io non dubito che, coir ajuto della nuova efpreflìone di quefti numeri , fi podk anche dimoftrare più direttamente il teorema ddl' Eulero. ARTICOLO IL Efame di una famofa regola per trovare il valor projjtmo delle radici di qualunque equaz.ione . I. TTNa celebre regola falle traccie di un illuftre Geome- U tra prefenta il Ch. Sig. Ab. Gianella nella I. Parte dell' Ac.R. di Torino a car. 467, per conofcere il valor prof- lìmo delle radici reali di qualunque equazione determinata, e per affegnare il numero delle radici immaginarie che in efTa hanno . A quefta regola egli fi fa ftrada nella fua Me- moria con una ferie di ingegnofifflmi teoremi , che paffo paf- fo il guidano al teorema finale, il quale può efTere così enun- ziato . Sia { A) .. .xz:zk{z.-{-(px"' ~\~ *=i , k=.— — , b z, = tf, n , tutte le m ferie rapprefenteran- no tutte le radici . Ora nelle equazioni , oltre le radici reali, potendo bene fpeffo aver luogo anche le radici immaginarie, tra le fuddette ferie ve ne faranno ancora delle rapprefen- tative di quefle . Le ferie convergenti che s' incontreranno, non potranno mai elFere di quefto numero, perchè , non me- fcolandofi ne' loro termini alcun coefficiente inunaginario, "iacchè fuppongonlì fempre reali le quantità a , b , e ecc. , e dando effe fuor di dubbio coli' aggregato di parecchi di eflì un valor profiimo reale, debbono necefTariamente appar- • tenere alle radici reali. Quindi per la ragion de' contrari 5 conclude il Sig. Abate, le ferie divergenti , che compariran- no, fpettano alle radici immaginarie; e fi potrà flabilire la resola, che tante faranno le radici reali della equazione pro- polla , quante ferie convergenti rifultano colle operazioni dell' efpolto metodo, e tante le immaginarie , quante fono le divergenti. 5. Quello feducente difcorfo pecca a parer mio in quella parte, ove fi ftabilifce, che per neceffità le ferie di^'ergenti debbano rapprefentare le radici immaginarie delle equazio- ni , e non liano atte ad occultare fotto 1' afpetto della lor divergenza delle radici reali. Imperciocché, o la pro'Olizio- ne ii afferifce generalmente per tutti 1 valori di quantità efpreni da ferie , o li riftrjnge ai valori rapprefentati dalle ferie d' un teorema analitico. aj3 ferie trovate col preferite metodo . Accettando la propolìzio- ne nel fenlb di generalità, non farebbe poffibile fvolgere un valor di quanto reale in una ferie divergente , e , per efem- 2 1.2' 1.3.2' pio , la ferie di tal natura : i -J H ' ' I 1.2 ' 1.2.J -'- '"■ ecc. dovrebbe equivalere ad una quantità imma- 1.2.5.4 ginaria . Pure ognuno può accorgerli di per fé , che quella X ferie trae origine dalla formola reale ( i -[- 4 ) * maneggiata col canone Newtoniano. La qual cofa fola , che può però unirli ad altri frequentiffimi efempj di ferie divergenti efpri- menti quantità reali , e incontrate tutto dì dagli Analifti , fa conofcere chiaramente , che non può verificarli general- mente la neceffità della corrifpondenza di sì fatte ferie alle quantità immaginarie , potendo efle talvolta equivalere alle reali. Se poi s'intende limitata la proporzione alle diver- genti che emanano dall' efpofto metodo, ragion voleva, che li dimoftrafie , combinarli nel cafo noftro , malgrado la fal- lita del teorema in genere , tali circoftanze che obbliga- no le flelTe ferie a non potere lignificare altro che le ra- dici immaginarie. Or ciò non eflendofi fatto , refta che fi confideri come viziofo il raziocinio del precedente numero, e almen dubbia la conclufione che da elTo deriva . 6. Cerchiamo, fé adattando la regola alle equazioni tri- romie , polFiamo almeno riguardo ad effe liberarci da una tale incertezza; e fupponiamo data l'equazione ecumenica dì 2." grado a -{' bx ~\- x^' =:^ 0 , nella quale a , b , fiano quan- tita pofitive , e le cui radici fono x = — — -j-.\/- —a; Jb' ^' = — b — y— — a; reali , fé —>a; immaginarie , fé b' 4 b' ~ ('±tl}Sl^!±l^ . ± ■ eflendo per la condizione della divergenza (m-i-i) (in-hz) a ^ ^ + - < — . --; Cloe, fatto n infinito, per la ù' /,» convergenza dovrà efiere- >^; per la divergenza -< <7 . 4 4 Ma quefte condizioni fon le flefTe che abbiamo trovato §. 6 G g ij 2^6 Esame di uwa DiMOrruAzroNE colla rifoluzione dell' equazione trinomia per determinare la realità o l'immaginarietà della radice. Dunque la regola del Sig. Ciancila ci guida bene; ed effettivamente alla radice rea- le corrifponde la ferie convergente , alla immaginaria la di- vergente . 9. Data alla equazione di 2.° grado la forma 2." del §. », cioè.r = — i(&+«x~'), fomminiftrerà nel confronto con (A) h — — i,r=i ,2,=:^, cf) = ^, m^=. — I , annullandoli tutto il refto . Quindi nafce Z=: — ab~^ , e fupponendo b ■ """ '~^~~; — » folo va riabile 1.1 = 1.2.3 d^{Z') ___ 4.5.6«* ecc. d"(Z" +') i.i.3.4 I.1.3.4&' i.i.3...(«-|-i) = — '■ ^ '^ ^ ' ; e perciò il valore della 2." 1.2.3 ...(«+1) è"+' radice verrà così erpreATo; ^ 1.2^' l.z.^b' 1.2.3.4^^ , »(«4-i)... (2«— 2) ^rt^ , («_{.i)(«4-i),.. iw "+" ° Per la convergenza poi di quefta ferie fi efige che fia f7(n+i)...(^n-z) _ a" ^ (^n+i)(n-h^)...^n ^ ^.^. ^^^_ 1.2.3 ...« ^>"-- 1.2.3 ...(«-fi) ^"+' ' ' to il fattor comune » > i^^— QP^) . ^ , e fatto n infini- ;,- . . , ^' to, _ > "-V-' 7^, he chiamo P. 3«(3»— 1)(3»-2)... (2»+2) a"-' S ^"(Z"+') _ f3»4-3)(3»-f2)....r2»+4) '^^z, 1 ^f) 1.2.3. ...(»4-i) 1.2.3 ...(»+i) '^'"^' ^ "* a C » (2W-f-2) bc »(»— i) (2«4-2)('2«4-i) b^c^ 240 Esame di una dimostrazione ^ 1.2.3 (3«+3)(3«+2)(3»+0 "«^ h •••• -+~ , T — ; ^^ > che chiamo ©. (3«+3X3«+2)-(2»4-4) a" $ E foftituendo tutti quefli valori in (C), ho (D)...«=-^(.+^-(. + ^)+^,(. + -) (,+4^.,..4.P4.g. 13. Per conofcere la convergenza o la divergenza di queft' ultima ferie, bifognerebbe fapere , le in cafo di « infinito lìa P>^, o a! contrario ; e a quefto fine , prefcindendo dai primi fattori che moltiplican le ferie ne' valori di P,^ converrebbe anticipatamente poter fommare le ferie , che ven- gono da quelli moltiplicate , cioè una di effe , per efempio l'ultima, giacché eiTendo cognita la fomma di quefla , refta pur nota quella del termine precedente . Ma la ferie che è in ^ è una di quelle, la cui fomma generale non cade fot- to nefliino de' metodi conofciuti . Ciò nonoftante ci verrà fatto di trar dalla forma loro qualche conclufione utile al noflro intento, e prima di tutto, chiamata Kla fomma del- la ferie che fpetta a ^ , e K' quella del termine preceden- te P , onde rifulti P=: ^-^^ ' 3 1.2. .n b^" bc / I _j )k:, diremo, che la ferie in (P) farà convergen- te, qualora fia nell' ipotefi di n infinito 1.2.3...» ' ^' ^ a > rr, ^ (3«+3)f3»-f2)(3«-{-l)^(2«+4) ^"^'/^T^^A^ elTendo D' *N TEOREMA ANALITICO. 241 eflendo nel cafo contrario divergente . Divido le due forino- le per i comuni fattori , e riduco la condizione della con- vergenza alla feguente; (2»^^) (in-\-i)K' > «4-1 b^ queft' altra 4^' > — -r^, — ; e così la condizione della diver- K. genza a ^* < . 14. Faccio poi r attuai divifione fino al 3.° termine del- la ferie K per 1' altra Kl notando i veri coefficienti nume- rici , dai quali rcftano affetti quefti tre primi termini , ed indicando i coefficienti de' termini rimanenti fino all' infini- to coi Hmboli H, H', H" ecc., e mi nafce K_ n [in+i) he n{n—i) {in-\-z){inj-i) b^C K'""'"^!' 3«-f3 'a'^ 1.2 ■(3»+3}(3«-i-2r <»' {n~\) (ir,) bc (n — i)(n — 2) {2n){in — i) h'c"" I yn a 1.2 3'*(3'* — ^) ^' , (2nXzH—i)...(n+z) b"-'c"~' ' (3«J(3»— 1}...(2«+2) • a"-' 2bc (3«+4X^-0 ^'c' j,^^ 4_^£^ , H'b'c' ~\ ecc. s a' , zbc b'c' , Hb'c' , H'b'c* , HVc' r= I H • A ecc. perchè n è infinito . Facendo pertanto ufo dell' ultimo no- tato valore di -, nella efpreffione della condizione , che K coftituifce nella ferie in (D) il carattere di convergenza, dovrà edere ^h'' > 2'ja^ -\- iSabc — b'c' -j- 27^?' , Hb'C , Hb'c* N , ,, , ( — ] r — ^ — ecc. ) ; della quale quantità fé 40* e mi- Tomo IV. H h ì 3 242 Esame di una dimostrazione nore , h ferie in (D) fi fa divergente . Gioverà poi il riflettere , che nel 2." membro di confronto la fomma de' termini dopo il 3°, cioè 2ja ( r~t ecc.} qualunque ella lialì , deve ne- ceflariamente contenere il {imbolo b. 15. Riprendafi prefentemente in mano 1' equazione cubi- c ca; a — l'x-\-c::'-\-x^:=.o; e coUafoftituzione a: = « fi trasformi ella nella leguente : u' ^ • 3 H :=ci mancante del 2.° termine . Aftinché la trasformata , e in confeguenza la propofla abbia 3 radici reali, fanno tutti i Geometri, che debb' edere (zja+-2c'-\-gbcy , . v , ..... • , <^ i'^'+sb)' ; cioc dopo le riduzioni; 4 j^b^ > ija' -{- iSabc — b'c' -{- ^ac^ . Dunque, dico io , ove fia giuda la regola del Sig. Gianella , quella condizione farà identica con quella che rifulta dai fuoi canoni , ed è 4^' > 27^'-]- lùiibc — ^'c-'-f- z-ja^ ( \~ ecc. ). Hb^c^ Onde 4^c' efprimerà la fomma della ferie zja'C • H'b^c^ . -j ~ — ecc. j . Ma quello è impoffibile , generalmente par- lando , perchè ^c^ non contiene la fpecie ^ , e la fuddetta ferie è una funzion neceffaria de'limboli a^ b, e . Egli po- trebbe perciò avvenire , che una equazione cubica foddisfa- ceflè alla formula di condizione, che dà la regola del Sig. Abate, e non all' altra, che danno i metodi conofciuti ,che con quelli fi dovelle decidere la prefenza nella equazione delle 3 radici reali , e con quella fi dovefie concludere a- vervi nella medeiima 2 radici immaginarie . Il che fa ve- dere , quanto a torto li fiabilifca il criterio della divergen- za della ferie per inferirne da efla la necelTaria immagina- rietà della radice . • . .. D' un teorema analitico. Ì4J i5. A confermar maggiormente id verità della mia pro- 4X' 2X 4 pofizione , valgami l'equazione x' 1 = o, la 3 3 9 quale ha 3 radici reali ; x = ; x=:i-\~ y^. :sf = i — y/7 . Il confronto di quefta coli' ecumenica (j — bx -^ ex' -^ x'=o ci fa nafcere quefte determinazioni; 4_ , l_ 4_ ,^ , ,bc fl' 2' «' 2* ^'2^ . ,. , . 7T = — ? TT==-r 3 7-0 = T scc. 5 coi quali valori poiti 6' 3' Z** 3'* £>' 3^ ^ ^ 5 2^ 2^ 2* 2* in fD) fi ottiene x =: ~ ( -r-l — .-\-o 2^333^ 3' 7.2' -}- --y. ecc. ) . Ora eflendo in quefto 2.' membro conver-- genti i foli primi 4 termini, e divergenti gli altri che fe- guitano (ino all' infinito, la feria è di fua natura divergen- te, e njiidiineiio farebbe falfa la illazione, chi V equazione comprenda 2 radici immaginarie , perchè Ci è già veduto, effere tutte e tre le fae radici reali. Si coniideri oltracciò, che, per ragione della divergenza della ferie , dovrà elTere ne' termini aM' infinito 4^' <2ja''-^ i^abc — .^'c* 4-27^?'^ — ^ 1 — ecc. J , nel tempo ftefTo che ab- biamo ^b^ > i7a^-{~ iSabc — 'b'c'-^- ^ac\ come porta la rea- lità delle 3 raiici, e come fi troverà in fatti , fé in vece di a, bj e ù foitituifcono i lor valori . Il perchè farà pro- Hb^c' pofizione di palpabile verità l' aderire che lya^ ( ecc.) è quantità diverdi da ^ac^ , e che la condizione di realità nelle radici pjò ftar benitTmio in compagnia delle ferie di- vergenti, rhe s'incontrano col mentovato metodo. 17. Nella ipoteiì però delle 3 ridici reali di un* eauazio- ne cubica fi può fai vare, quando fi voglia, la corrifnonden- za tra il convergere delie ferie, e la realità delle radici fem- pre che in vece di render completa l'equazione , ove le man- H h ij 244 Esame di una dimostrazione chi qualche termine, fìccome prefcrive il Sig. Abate, fi tras- formi al contrario 1' equazione cubica che iia completa in un'altra che del z.",© del 3.° termine reftafTe privata. Sup- ponendola mancante del 2,.° termine , 1' equazione generale a — Lx -\^ cx^ -^ X' =: 0 diventa a — bx--\-x^ =z0 che fa cf- fer c=z:Oj e tale ipotefi porta all' ugualtà — -=i- M.a ab- biam veduto , che eflendo ^P > — — — , la noftra ferie è XV convergente. Dunque pel cafo della equazione mancante del 2.° termine, convergerà la ferie del valor della- i.' radice ove fi verifichi la condizione di 4^^ > zya' ; che è la con- dizione notifiìma della realità di quella i." radice. ib. Ma, non fol quelìa prima , anche le altre due radici reali verranno efprelle da ferie convergenti, col dare alla cu- bica la forma x^=zb — ax~' , da cui ellraendo la radice- quadrata, fi ha x-=:dti(b — ax~^)^ . Di quelle due radici prendo la pofitiva xz=zi{b — <7a— ')v,e confrontandola col- la canonica (A)^ rifulta k=:zi , r=:i, z = b , (p = — tì , m = — I 5 eflendo tutto il refto zero. Quindi Z= — ab-Z ^ e facendo variar folo b nelle confuete diflerenziazioni , a- vremo d{z^)— \ b^ , Zdiz^)=: -; -^ ^ 2bZ i-i d>(Z^d(z.')) ^, ' • •■ dXZ-^'diz.'}} = — r-, ^cc. , onde 777T\ »-2-3-4 1.2.3.4 24£,V- 1.2. 3... («4-1) „ 3«(3«-2)C3«-4)-f«4-2) _ __£^: _ Quell'ultima formo-^ la , che è il termine generale della ferie dei differenziali? equivale alla feguente ; d'un teorema analitico. 245 « (t)(t-O(t-O--(i+0- — :«-.' ^ P^'-c^^ 1.2 («-hi) adoperando i ritrovati valori nella equazione (C), fi avrà ~(!^)(^-0...(^ + iy+' > t 1.2...(»+l). 2t i~ 19. Dato a « un valore infinito , poiché pel teorema Euleriano, che è ftato nel i." articolo rigorofamente dirao- ftrato, fi ha; 1.2.3 ...«= l_iJi_lJ; fé in vece di n fofti- e" tujfco prima — , poi £_, farà 1.2.3... _, 2 -^ ^ W.2.3... ^(« + x) 3« e^ 2 ^ 2 ' 2 ~ , Dunque dividendo quefta 2.* equazio- ei ne per la precedente , fi avrà dopo le. riduzioni ; termini della ferie, che rapprefenta il valore di x , faranno i feguenti; JH-» 3« 4. I H h iij 246 Esame di una dimostrazione Laonde concluderemo , che la predetta ferie farà convergen- te, quando abbia luogo la condizione; 3"-» i" '*' ' 5-7- fa- 1)"-' a 3 » a" a''+' — 5^ — . — > — . ,— . — t ovverà dopo l'erpurgo; (a-i)»-^ > 1!^ . A . Ma (jn-if-^ __ (?^-i)"__ " ^ ^ a'"^ 1.2»' 1.2.3;»' w— I ;? — I I.2.3.4W'' = P I — I H n-i \ ' 1.2 1-2-3 1.2.3.4 1.2» '"1.2. 3» i.2.3.4« i.2.3.4.5« . m{m-\-i) 2 . 1 . ^ '. ^ ^ 1.2 1.2.3»' 1.2.3.4»' 1.2.3.4.5»'^ I.2...(W-f l}» 85 , ;w(mfi)(w-}-2)(3m-|-5) ^ H .....± ecc. ^ ; ^ 1.2. 3.4.5.6»' 1.2.3.4 J i.2,3...(?w4-2)»' e fatto w infinito dell' ordine di cui è » 5 le ferie aggiun- te alla prima vanno vifibilmente a zero , eflendo la prima 1 _ I J ■ ecc. = (14-1 — .--^ ^^1.2 1.2.3 1---3-4. . 1-2 1.2.3 J • ecc. V' = - 5 pof^a f la folita bafe de' loga- ' 1.2.3.4 ^ e (n-if »" ... ritmi iperoolici. Dunque =^ r ;e quindi la con- ^ ^ »— I (»— i)e \ n" 3Ta» ^ rr ^ 3~^ , dizione > ^ . — , , ollia i > — j~, che qua- .^. («-0^ {«+0^ 2^» 2b' -L- '• d'un teorema analitico. 247 drando dà 4^' > xya' , farà la condizione della convergenza della ferie , che è nello fteflb tempo quella appunto delle 3 radici reali . 20. La 3." radice finalmente è x=i~ i (b — ax~' )~ , al- la quale, inftituiti i debiti confronti colle canoniche , cor- rifponde 1' equazione €cc. , nella quale, principiando dal z." termine, i fegni van- no alternando, e in ciò fol diverfifica dalla ferie apparte- nente alla z." radice. Sicché per quefla pure la condizione di 4^^>2 7, e la verticale KM — GH a z=FP=^P precifimente come fi era trovato nell' Articolo antecedente e nella Figura quarta, ne fegue che la OM della Figura fert-a farà uguale e ugualmente ali orizzonte inclinata che la 5L della quarta citata ; la forza pui contro il piano ver- P ticale AD è = - (a — l^).cot.

, e il pefo E = P . E poiché i due angoli CR.D CAD fono retti, faranno uguali a due retti gli angoli FCA ^DB ; dunque fen. FCA=ka.ADB = kn. «;farà poi fen. CAF =z cof, BAD=:co{.(p. Inoltre eflendo l'angolo i^BK uguale ai due angoli ^DB B^D, farà fen. ^BK = fen. ^D = fen. (ùj+cf)) , e cof ABD ■= cof ABK = — cof (co+) : : b-.AC, darà AC = — —j-^ '■ — ; come poi AB: BF : : AC: CH; dunque ru — H^-l') • COS. (o}+y Se fi voiefle poi avere una formola efprimente il momento di efl"a fpinta contro il muro BST, bifognerà operare come nel §. X. , e farà quella (chiamata 1' altezza BS=zd, e la ^ -^ , Pd(a—b). fcn.w. cos. (cù+)), che mediante un poco di calcolo può ridurfi alla noflra. Anche per la fpinta contro il muro AD trova la formula -— ^ — ' eh' e pari- a. COS.

z=o , \ì <}"«»^ cafo avviene quando reftremità A s'appoggi ad UD piano che fecondi 1' inclinazione ftefla della verga , P / riufc^'rà allora la fpinta BM contro il muro BST = -y{b* Jr^b{a~b). fen/«-f-(') = - / (b\ COS.' TT + a'. Icn.' tt)— - y/(6'+(«'-^') - fen.' tt) . Oltre a ciò fé vogliafi calcolare la forza orizzon- tale Ba contro l'oftacolOje la verticale <7^, fi troveranno la P Pb P ^ prima =- (tf-^) . fen. 7r.cos.7r, e la fecondaci: — -[-" {^~b) • len.' TT . I quali valori egualmente che i precedenti della forza Af contro il muro AN , e della intera forza Bg con- tro r oftacolo P , coincidono perfettamente con quelli del §. XV. dedotti dalle formole del P. Fontana e dalle mie nella fuppofìzione che il muro A'N fecondi 1' andamento del- la verga AB. Per farli un'idea diftinta di quefto cafo veg- gafì la Fig. 9 dove AZ nioflra il piano fu cui s' appoggia Tefì-remità A della verga, vale a dire AZ moftra la fom- inità del muro AVD . §. XVII. Si potrebbe rifoh^re affai facilmente quefto cafo col mio metodo , fenza dedurre la fua rifoluzione dal problema ge- nerale del §. XIII. e ciò in quello modo. Si conduca la AC perpendicolare alla AB, finché incontri la verticale EFC in C, e unita la CB , Ci compia il parallelogrammo CGFH , di cui fé la diagonale CF efprime il pefo E, CH efprimerà la preffione contro il muro AVD, e CG quella contro BST : e calcolando ii troveranno le fteffe identiche formole. Sembra pertanto che il dottiffimo Sig. Cav. Lorgna nel determinare la forza Af (Fig.S) che fpinge il muro AN , facendola ca- dere fecondo una direzione perpendicolare alla AB , abbia avuto in vifta quella pofizione della verga . Ciò mi dà oc- calione di difcutere fé fia più alla pratica conforme il fup- porrc la verga nella pofizione fuddetta , ovvero in quella della Ft^. 4.', come l'hanno intefa fino ad ora tutti gliAu- K k iij 252 M £ Nf O R ! A tori eccetto il Sig. Cav. Lorgna : ma per procedere con fi- curo fondamento in tale ricerca defcriviamo prima la ma- niera tenuta da'noftri Architetti nella coftruzione di quelli tetti che piovono da una fola banda . §. XVIII. Dimoftra AB ( Fig. io ) un puntone collocato frale mu- raglie: quefti puntoni, che fanno l'uffizio di cavalietti per foftenere il tetto, mettonfi alla diftanza di io a 12 piedi r uno dall' altro per tutta la lunghezza che effo debbe ave- re , e fi fanno , quando la tratta fia di 15 a 18 piedi, di legname groflb poi. 839,6 meno, fé la tratta è minore; e fi fofiengono qualche volta coi r<7Z,z./rZ come -^ella figura. I puntoni però Ci fanno poggiare nell' eftr^'iità fu' muri , dentro cui vanno incaftrati ; anzi per te«^r'i ben fermi , fi follevano alquanto i muri fopra di elfi» e Ci affortificano con due chiavi di ferro R R una per j>»rte . Sopra i puntoni (i mettono i correnti §i di legnan?^ Squadrato di poi. 5 a 5 alla difianza di 4 piedi circa uno dall' altro, e vanno di- ftribuiti come nella figura medefima . Finalmente fi metto- no fopra a' correnti i p4nconcelli DE alla diftanza di poi. io fra loro , e fu quef>i le pianelle , e gli embrici o teg^oliui , ^ XIX. I panconcelli vengono inchiodati ne' correnti , quefti ne* puntoni ; ma prefcindendo da' ferramenti , da' quali bifogna prefcindere volendo ridurre a calcolo Io sforzo del tetto , egli è manifefto che tutto il pefo del tetro medefimo vien fofienuto da' puntoni , e che però dividendolo pel numero de' puntoni fi avrà il pefo E che opera contro ciafcuno dì cfll. E quefto pefo £,per cagione dell'uniformità del tetto, potrebbefi, fenza tema di andar molto lontani dal vero, in- tenderlo applicato al punto Fdella metà della lunghezza del puntone AB. Ma il puntone AB come fi debbe intender egli appoggiato nelle fue due eftremità A B, e qual fuppofizio- ne può elTer mai più alia verità e al fatto conforme i SUI TETTI CHE PIOVONO DACNA SOLA BANDA • 26 J §. XX. Sembra che la fuppofizione opiù naturale fia quella d'in- tendere levate le muraglie fuperiori a' punti A B , h quali non producono che 1' efi'etto , come abbiamo accennato nel J. xviii , di tener obbligate V eftremità del puntone AB, e quindi intendere che 1' eftremità A s'appoggi fui piano AS che fegue la ftefta direzione del puntone. Certamente è più al vero conforme quefta fuppofizione dell' altra , benché comunemente abbracciata , per cui fi tiene come recifo il tronco AS del puntone , e appoggiantefi quefto in S al muro verticale SM ; poiché niuno può negare che appun- to per mezzo di effo tronco AS s' affefta 1' eftremità fupe- riore del puntone alla muraglia SMT . Bifognerà però nella prima pofizione fupporre ancora che l'altra eftremità Bs'af- fefti nel piano PB, la cui direzione pel §. v. dovrà eflèr per- pendicolare alia retta BC tirata dal punto B al punto dove concorrono la verticale EF e quella retta , che dal punto A fi conduce ad angoli retti alla AB , e ciò perchè pofla il puntone reftar foftenuto dai piani AS PB. §. XXJ. Concludiamo pertanto i.* che il P. Fontana ha rifoluto il problema della verga appoggiata nella fua eftremità fupe- riore ad un piano o verticale , o comunque inclinato coli* orizzonte, in un modo fuori di qualunque eccezione. 2." Che il Sig. Cav. Lorgna ha con ugual felicità rifoluto il proble- ma nella fuppofizione che 1' eftremità fuperiore della verga s'appoggi ad un piano fecondante 1' andamento della verga medefima. 3.° Che quefta rifoluzione fi ricava anche dalle formole generali del P. Fontana . 4.° E per fine che la fup- pofizione del Sig. Cav. Lorgna pare pofla eflere pili alla ve- rità conforme per calcolare le fpinte de' tetti che piovono da una fola banda. 254 SPEBJENZE ELETTEJCHE SOPRA L' ACmJA E SOPRA IL GHIACCIO Del Sig. Anton Maria Vassalli ProfefTore di Fi- lofofia nel R. Collegio di Cortona , Corrifpondente della R. Accademia delle Scienze , Membro della R. Società Agraria di Torino, e dell' Accademia di Foflano. DIRETTE Al Sig. e. A. G. ZiMMERMA^N ProfefTore di Matema- tica, di Fifica e d' Moria Naturale nel Collegio Carolino di Brunswic , dell'Accademia delle Scienze di Gottinga", e della Società dei curiofi della Natura di Berlino. Prefentate dal Sig. Malacarne. APpena conobbero i Fifici la diftinzione de' corpi indefe- renti, e coibenti relativamente all'elettricità, che of- fervando la diffipazione ( i ) di quefto fluido per mezzo de' vapori acquofi , e che fé una quantità d' acqua faccia un corpo folo còlla catena caricata 11 tirano da quello fluido Je fcintille come dal conduttore metallico, giudicarono tolto efiere 1' acqua ugualmente deferente dei metalli fteffi . Nella qual opinione furono maggiormente confermati dalie fpe- rienze del tragitto della fcofl'a traverfo fiumi , e laghi : quin- di i primi fcrittori di quefto fluido credettero cofa certiffi- ma la mafiìma deferenza dell'acqua, come tra gli altri mo- ftra (i) Quefta diffipasione fu anche of- nel fuo trattato de magnete , ivveiu dt fervati prima che fi diflingueffero i di- già , che i vapori acquofi annichilano verfi corpi indeferenti , e coibenti . Gii- quafi i fenomeni elettrici . Pr/f/i'/O' Hilt, hi-t domandato padre dell' elettricità de l'Electiicité Tom. i. pag. 6- 67ónh: I V J:cuy -. .2 i ? oyìùrrucL'ila, iJocù^i -yfci/ia. ^coilAV Jfoi/ : .1 i 5 Sperienze elettriche ecc. 265 fìra chiaramente Eulero nella diflTertazione fopra la caufa e la teoria dell'elettricità, coronata dall'Accademia di Pietro- burgo (a). E quantunque alcuni diligenti fperimentatori , il primo de' quali a queflo propolito credo che fìa flato il Bec- caria (b), abbiano tentato con molti fatti di rimovere ta- le errore, tuttavia la fentenza contraria era cosi univerlal- mente abbracciata , e ritrovavafi foftenuto da uomini di si gran credito , che ancora a' noftri giorni vi fono fcrittori che l'ammettono, altri poi che fé non tolgono affatto ogni deferenza all'acqua, la fcemano talmente che piccola diffe- renza vi rimane tra efia, ed i corpi più coibenti . In tale contrarietà di pareri la fola via , che ci rimane per non isbagliare, feguendo l'autorità, fi è d'interrogare la natura con gli efperimenti, e cofl-ringeria in tal modo a manife- ftarci quale in fé la cofa è veramente . Ed in vero queflo fu il metodo feguito dal Beccaria fino dal 1753 che pub- blicò le fperienze , le quali formano la bafe dell'articolo II. dell' incomparabile capo della fcintilla nell' opera del 1772. Ma fviato per altre occupazioni da queflo foggetto lafciò ad altri il farne un più accurato efame , pel quale tra le altre cofe ricercali di provare il ghiaccio , avvertendo però come dice il degnifìimo iflorico di queflo grand' uomo ( e ) di non lafciarci ingannare dal velo umido, che per io più attornia il ghiaccio {d) . II Sig. Bergmann nel 1773. i^) prefentò diverfi fperimenti atti a rifchiarare moltiflTimo quefla materia facendo pafTare la fcarica della boccia ora per diverfe quan- tità d'acqua contenuta in tubi di vetro, ora per cilindri di neve, ora per pezzi di ghiaccio, i quali fperimenti farebbe- Tomo IV. L 1 {a) N. 18. ed altrove. Vgdi pure velo umido fìano flati ingannati co- delio flelTo Lettres a une Princeffe d' loro , clie differo il ghiaccio un ottimo Allemagne. Lettr- CXLI. in cui mette conduttore , come pure il S\2,.Tallahert r acqua prima de' metalli , e di qua- nella Tua fperienza nella boccia di Lei- lunque altro corpo riguardo alla det'e- da, in cui l'acqua era gelata. Priefiley lenza. ivi pag. 139. (i) Elettr. Artif. e Nat. ijj?. png- (?) Nova a^a Kegic£ Societatis Jcìen- III. e feg. _ tiarum Upj alien fu -voi. i. Vpialia 177J. KC] Bandi Memorie irtoriche intorno Experimcr.ta eUBrica tranfnum corn- ai fludi del P. G. B. Bn-cMr/a §. XLIV. motionis per aquam illttjlrantia ^uSore {d) Non è improbabile, che da queflo Torbemo Bergmann. pag. 11 1. 255 Sperienze elettriche ro flati di maggiore utilità fé 1' autore i.° non Ci foffe fer- vito del metodo già ufato dal Beccaria (a) dì mifurare la forza della fcarica, cioè di far pafTare la fcarica traverfo il noftro corpo, e determinarne la forza dalla fenfazione prin- cipalmente nelle articolazioni; poiché tutto dì ofTervo gran- diffime differenze nella fenfazione prodotta da uguali fcari- che nel corpo de'diverfi foggetti,al che aggiungendo la dif- ficoltà di efprimerc talmente una fenfazione , che gli altri intendano precifamente la ftefla cofa, reffa vieppiù manifefto quanto fia difettofo queffo metodo . 2.° Le efperienze fopra il ghiaccio , e la neve non fembrano abbaftanza variate , uè circoffanziate per poterne dedurre ficure confeguenze ; da' fuoi fperimenti però l'autore conchiufe : Nonnifi quantitates ma^n£ expbfionem transmitttmt {b) ^ la qual propofirione , ioggìunge , diiabiis propofitionibus notis repugnat ,quarnm altera h£c ejì : commotio aquam perfdie tranfit ^ altera vero glacies circulum explofionis intrans concujfoni tranfitum omnino dene- gat . Prior axiomatis inftar per duodecim circiter annos in- "valtiit , pojìerior autem a Doilore Beniamin Franklin primum, quantum fcio , eJì detefìa , eamque glaciei proprietatem jure miratur inventar , cum aquam dicli circuii optimum articu- lum crederei ( e ) . Vedendo la difparità delle opinioni , e che 1' efperienze recate per P una e l'altra fentenza non vanno affatto efenti d' ogni taccia di qualche inaccuratezza nella relazione delle circoffanze che poffbno influire full'elito dello fperimento, cercai fé mi era poffibile d'accertarmi della verità d' alcuna delle due oppofte fentenze , efaminando la natura nella fe- guente maniera. ■ ■ - Sperien-x.e fopra l' acqua. Siccome riefce molto più facile lo fperimentare fopra la de- ferenza dell' acqua, di quel che fia l'efaminar la deferenza del ghiaccio, perchè quella fi può fempre avere in tanta copia come fi deffdera, perciò fu d'efla ho fatto un maggior numero d'ef- ((t) Elett. Art. e Nat. t- J84. Obfervations on eleftricites . Lete. (b) I.ib. cit. pag. 11;. III. §. i8. ^ , (f) Neus experiments and '• ' SOVRA l' ACaUA E SOPRA IL GHIACCIO. 267 perienze, delle quali però riferirò foltanto quelle che poilo- no crederfi foftanriaimente diverlc per la mutazioiie de^Ii aggiunti . i." Ho prefo un vafo di rame di tre pollici di diametro, e mezzo pollice d' altezza . Quefto pieno d'acqua comune l'ho pofto fo:^ra il quadro di Franklia^màx a cariche ugua- li mifurate coli' elettrometro r^;) eilraeva le fcintille ora dall' acqua ora dal quadro . Quelle del quadro erano bianche e vivicidime , le altre tirate dall' acqua comparivano rolTiccie e deboli. Per determinarne la forza mi procurai tanti pez- zi uguali di cartoncino rino, ed oHervai che le fcintille del quadro pairarono fei pezzi pofti uno fopra l'altro ; all' in- contro quelle dell' acqua forarono un folo pezzo , ed il bu- co era di gran lunga minore di quello che vedealì negli al- tri fei pezzi . 2." Giudicando che lo (Irato d'acqua foflTe troppo fottile e temendo che 1' elettricità a elevafle lino alla lupertìcie dell' acqua pel metallo, ho tolto il fondo ad un bicchiere alto tre pollici circa, e largo due di criftallo , e vi adattai un fondo d' ottone; di poi empiuto detto bicchiere d' acqua lo lìtuai parimenti fui quadro. Le fcintille tirate da quefto , e dall' acqua non comparivano diverfe da quelle dell' antece- dente fpenmento ; ed avendo fatto ufo de' pezzi di cartonci- no per m. furarne la forza , ritrovai che le fcintille de! quadro (s'intende fempre a cariche uguali) bucavano cinque pezzi, e quelle dell acqua anpena ne palpavano uno lafciandovi un forellino quali infenlibile. Che fé ne metteva due, uno fopra l'altro, la fcarica pallava con tìfchio fenza fcintilla . 3.'* Servendomi dello fì-ello apparato ho voluto provare a tirare le fcintille dall'acqua al bujo . ed offervai primo che le fcintille non comparivano che alla fuperfìcie dell' acqua di dove fpiccavano . Secondo che nell' avvicinare il globo dell'arco conduttore all'acqua , quefto giunto ad una certa L 1 ij (a) Molti ufano Ji dare ur,ual nu- trovai fallace. Cangiandoli perlofief- mero di eiri della rota peravere cari- fo fregamento la forza del rriflaIIo,e che uguali , ma quella regola , che varie volte anche l'ambiente. qualche volta ègiufla, per lo più lari- 2(58 SpERlENZE ELETTRICHE diftanza cominciava a rilucere , e che lo accodava ancora per un certo tratto prima che fpiccafTe la fcintilla. Terzo che tenendo per qualche tempo il globo dell'arco condutto- re alla diilanza neceflaria dall' acqua per ofl'ervare la luce , il quadro lì fcaricava filenziofamenìe , e fcomparfa la luce non fi avea più alcuna fcintilla. Volendo mifurare la diilanza del globo dell' arco condut- tore dall'acqua, in cui fi vede la luce , e lì fcarica il qua- dro, replicai più volte quella fperienza, mettendo anche un appoggio alia mano per elTere più ficuro di non moverla e facendo prefentare il chiaro torto che offervava la luce , ri- trovai che la diftanza del fudde.tto globo dall' acqua era di quattro in cinque linee. 4," Vedendo che in querto modo d' erperimentare una par- te della carica fi potea difperdere inducendo i vapori deli' acqua in fentiero , e per elTi portandoli alTarco conduttore, penfai di fervirmi di tubi di vetro pieni d' acqua, ed ottu- rarli da ambe le parti con turaccioli in parte metallici per avere una perfetta comunicazione coli' acqua , ed in tal mo- do tirare la fcintilla dal metallo in contatto coli' acqua fenza il menomo difperdimento della carica . A quefto uopo ho prefo un tubo di vetro lungo più di quattro piedi , e di un pollice e nove linee di diametro , ed avendogli adattati due turaccioli di fovero che chiudefTero perfettamente, per que- fli feci palTare due fili metallici , che ripiegandofi da una parte formavano un uncino fuori del turacciolo, e fpor^ gendo dall' altra penetravano nell' acqua più d' un pollice . Indi caricato il quadro facendo comunicare l'uncino d'un turacciolo coli' armatura inferiore , e tenendo un eftremo dell'arco conduttore filTo all' uncino dell' oppofto turacciolo coli' altro eflremo toccava l'armatura fuperiore del quadro obbligando in quella guifa la fcarica a paffare pel cilindro d'acqua contenuto nel tubo. A cariche uguali mifurate fem- pre coir elettrometro piccoliflìme, e roflìccie erano 'le fcin- tille , che doveano paffare per 1' acqua ; all' incontro fortiflì- me quelle che tirava dal quadro fecondo il metodo ordina- rio. Ed avendo foftituito il tavolino fulminante del Becca- ria al quadro del Fr.inklm per avere cariche più potenti, ritrovai che le fcintille dell' acqua ( con quefto nome inten- SOPRA f ACQUA E SOPRA IL GHIACCIO. log do le fcintille che doveano pafl'are per 1' acqua) bucavano un fole pezzo di cartoncino, mentre le altre ne pafTavano otto, lafciandovi un foro patentiiiìmo . In quefte , e nelle al- tre fimili fperienze il tubo di vetro era fenipre foflenuto da un tavolino ifolato. 5.* Volendo provare fopra un cilindro d' acqua minore ho prefo un tubo di vetro lungo quattro piedi, e di quattro in cinque linee di diametro , ed aggiuftati i turaccioli come nella fperienza antecedente , ed empiuto d' acqua, provai a farne paffare le fcariche per eflb facendo ufo dello fieflb ta- volino fulminante, non ritrovai alcuna fenfibile differenza nella forza delle fcintille parendomi però , che in quefto ca- fo le fcintille dell' acqua foflero alquanto maggiori , e ve* dendo che non paflavano più d'un pezzo di cartoncino , men- tre le altre ne paffavano otto. cercai di determinarne la forza con pezzi di carta femplice da fcrivere , e ritrovai che le fcintille dell'acqua ne paflavano due , e le altre venti. Ed avendo replicato l'efperienza col tubo d'un pollice, e nova linee di diametro. oflervai che le fcintille dell'acqua bucava- no tre pezzi di carta , e le altre parimenti venti . In una limile fperienza mi fono anche fervito d' un tubo di due li- nee di diametro , e lungo tre piedi con lo flello fucceflo della fperienza antecedente. Come pure ho provato di em- piere i tubi di vino, ma non offervai alcuna diverfità nella deferenza di quefti due fluidi . Servendomi dei tubi di maggior diametro , ho a beli' arte lafciato entrare bollicelle d' aria per vedere fé nel paffaggio della fcarica foffrivano qualche mutazione, ma non mi riufcì mai d' offervarvi la menoma variazione. 6." EflTendo cofa notirTmia che la fcarica fi traduce fortif- fìma traverfo fiumi e laghi, ho voluto provare fé mi riufci- va di farla fcorrere intera fu la fuperficie di poca quantità d" acqua riftretta in un tubo . A quefto oggetto ho empiuto foltanto per metà il tubo della fperienza 4." e difpofta ogni cofa come nella ftefla fperienza, provai a tirare le fcintille, in cui non oflervai alcuna differenza . Tolto un terzo dell' acqua, e ripiegati i fili metallici perchè s' immergeffero nell' acqua , che non occupava più che un terzo del tubo , pro- vai nuovamente a tirare le fcintille nella maniera di fopra L 1 iij 270 Sperienze elettriche flabilita ; e mi parve che follerò alquanto maggiori delle al- tre, ma non ho potuto riconofcere alcuna difierenza nella forza di bucare i pezzi di cartoncino. Quefta fperienza potrebbe al primo afpetto fembrare con- traddittoria a tanti fatti della traduzione delle fcariche tra- verfo i fiumi ; ma conlìderando alquanto la cofa , fé noti m'inganno, fé ne può affegnare la ragione ; la qujle potreb- be edere che le fcariche non paiTano pei corpo del! acqua del fiume, ma portandoli alla fuperficie elevano una dofe d'acqua in vapori ( come offervai fuccedere nella fpencnza 3.* ) i quali avendo maggiore capacità a proporzione che fono me- no condenfati , per effi liberamente fcorrerà la fcarica ; la quale non poteva interamente tragittare pel tubo pieno a metà perchè le pareti del tubo impedivano che i vapori lì rarefacelTero abbaf^anza per acquiftare la capacità di trasfe- rirla. Non faprei fé alla differenza che vi potefle elfere nell' acqua, o all'ineguaglianza delle cariche , come mi pare pivi probabile, lì debba riferire il diverfo fucceffo delle mie fpe- rienze , e di quelle del Sig. 'Birg;inann ., il quale nello fpe ri- mento 2. ( I ) dice , che per un tubo barometrico lungo tre: o quattro piedi, pieno d' acqua, e chiufo da ambe le parti con turaccioli di fovero , per cui paffino fili metallici, che penetrino alquanto nell'acqua. la fcarica d'una boccia o non vi palla G vi palfa molto debole ; quando io ho ottenuto «na fcarica fcintillante per un tubo limilmente apparecchia- to lungo tre piedi, e di due linee di diametro (fper. 5.*) . Inoltre mi pare da conlìderarli la maniera d'efprimerli,G non vi palfa , o vi palfa molto debole; poiché mifurando il Sig. Bergniann la forza della fcarica dalla fenfazione della fcof- fa nelle diverfe articolazioni, e nel petto ecc. avrà detto ;,. che non paH'ava , quando 1' uomo poflo nel circolo della fcarica non fi lagnava d' alcun dolore nelle articolazioni , rei che è facile il prendere abbaglio , perchè paffando la fcarica a grande (lento impiega un certo tempo a pafTare e le mutazioni che produce nel corpo dell'uomo fono trop- po deboli per edere mifurate dalla fenfazione; onde avrebbe («) Opera citata pag- »"• SOPRA l/ ACQ.ua e sopra IL GHIACCIO. 27 1 dovuto oflTervare fé in minima diftanza corpicciuoli leggerif- fimi fi tnoveano per qualche tempo dall'uncino della boc- cia air arco conduttore ; ovvero ripetere lo fpcrimento al bujo per meglio diftinguerne la luce all' diremo dell' arco conduttore portato in vicinanza dell' uncino della boccia . li dire poi che certe volte vi pafla molto debole , fembra manifeftare che non fi ferviva Tempre di cariche uguali . Dalla maniera di determinare la forza delia fcarica credo pu- re, che fia ftato ingannato nello fperimento 3. (a) in cui dice , che fé invece del tubo barometrico d adoperi un va- fo che contenga molt' acqua , la fcarica pafia perfettamente, la qual cofa non mi riufci mai di ofiervare di qualunque ftruttura ed ampiezza folTero i vafi. Sperimenti fopra il ghiaccio. i.° Ho prefo due vafì uguali di rame larghi pollici i-; ed alti mezzo pollice ; riempiuti d' acqua gli ho porti alla fera fuori della finefira ; alla mattina il termometro fecon- do ia graduazione di Keaumur fegnava 5° f circa fotto il zero, e I' acqua era tutto ghiaccio fecco, in modo che paf- fandovi fopra il dito non lo bagnava . Porti querti vafi uno per volta fopra il quadro di Fran- klin tirai fcintille ora dal ghiaccio, ora dal quadro per far- ne il paragone , avvertendo fempre d' afpettare a cavar la fcintilla che l'elettrometro mi fegnafie lo ftert'o grado d'e- lettricità . Le fcintille ertratte dall' armatura del quale erano bian- che , e poderofe , all' incontro quelle cavate dal ghiaccio erano roflìccie e deboli . Per mirtirarne la forza ho prefo un cartoncino fino ben afciutto , e ne tagliai una quantità di pezzi uguali , indi aggiurtati in modo , che uno fi adattartè bene coli' altro , provai quanti ne poteva bucare la fcintilla tirata dal quadro e quanti quella tirata dal ghiaccio, e ritrovai che la fcin- (*) Ivi pas- 114- a 7^ ' Speriénze elettriche tilla tirata dal quadro ne bucava fette porti l' uno fopra l'al- tro , all' incontro ponendogli fopra il ghiaccio la fcintilla non ne bucava più d'uno. Replicai più giorni quefto fperimento , ed ogni qua! vol- ta avea ghiaccio afciutto,re(ìto fu conlimile, colla differen- za però che alcune fiate la fcintilla del quadro non bucò di più di lei cartoncini , e la fcintilla del ghiaccio ne bucò parimenti uno ; ed un giorno che la fcintilla eftratta dal ghiaccio non bucava ( almeno con foro villbile ) il carton- cino, avendo foftituito fogli di carta comune da fcrivere ben uniti infieme , ritrovai che la fcintilla del ghiaccio ne bucò due, e l'altra dodici. Efiendomi fucceduto d' ottenere ghiaccio poco fodo , e co- perto d'un velo umido, le fcintille che eftraeva da quefto erano alquanto maggiori ; ed efTcndovi nel mezzo d' uno de' vali una fcrepolatura nel ghiaccio, oflervai che le fcintille venivano più forti dalla fcrepolatura ; anzi toccando il ghiac- cio in poca diftanza dall' apertura , le fcintille venivano ob- blique, cioè ufcivano dalla fcrepolatura , indi fi portavano lambenti il ghiaccio al globo dell'arco conduttore. Cercai di conofcere la differenza nell' eftenlione dell' atmo- sfera elettrica dell'armatura del quadro e del ghiaccio con un elettrometro di Saujfur , al quale in vece della punta inetallica di due piedi, ho foftituito un filo metallico ricur- vo in arco, per mezzo del quale efploro facilmente 1' elet- tricità di vari corpi, ma credo per la poca elevazione ed ampiezza del ghiaccio le due atmosfere fi confondevano . 2.° Per mezzo d' un cono di latta di tre pollici d' altez- za e due di bafe mi procurai un cono di ghiaccio , che do- vetti fondere alquanto tutto all' intorno per cavarlo intero dalla latta . Pofto queflo cono così bagnato fui quadro ma- gico dall'apice ricavai diverfe fcintille molto forti; ma vo- lendolo afciutto r ho pollo fuori della finefira fopra un difco metallico, ove il termometro fegnava 5° fotto il zero , ed alla mattina effendo il termometro fotto i 6* lo ritirai nel- la camera ben afciutto ; il termometro di paragone che ten- go nella camera, in cui fperimento, era fotto i 4° fotto il zero . Porto il fuddetto cono fenza toccarlo fopra il quadro , provai a cavare delle fcintille , che erano molto più deboli di SOPRA l' ACQ.trA E SOPRA IL GHIACCIO. 273 di quelle che ricavava il giorno antecedente, di modo che coloro , che adifl-evano a queflo fperimento , non le giudica- rono maggiori di -ts di quelle , che avea dal quadro u- gualmente carico. Ma volendole mifurare col numero de' fo- gli di carta, che erano capaci di bucare le une e le altre , ritrovai che quelle eftratte dal cono bucavano un pezzo di carta che attorniava il globo dell' arco conduttore, e le al- tre ne paiTavano ora cinque, ora fei. 3.° Portatomi in lito ove fi ritrovava ampia quantità di ghiaccio da riporll in una ghiacciaia, ne ho fcelto un pezzo maggiore d'un piede cubo, che era unitiflìmo e diafano co- me crifìallo . Da quello pezzo per via di ferri roventi ne ricavai un prifma quadrangolare, che ben lifciato e pulito con acqua calda era alto fei pollici , ed avea la bafe di tre pollici circa di diametro . Elevato quefto prifma fopra uà difco metallico lo lituai fuori della fìneflra, alla mattina il termometro nel fìto del prifma appena fegnava 3° fotto il zero , e nella camera era quali a" fotto il zero . Pofto il primo fopra il quadro magico tirai fcintille ad uguali cari- che e da quefto e da quello. Le fcintille del quadro erano vivaciflinie , e quelle tirate dalla fommith del prifma debo- lilhme. Delìderando di determinarne la forza feci ufo di va- rj pezzi uguali di cartoncino fino ben afciutto . Le fcintil- le del quadro paffavauo cinque pezzi di cartoncino lafcian- dovi un foro patentifTimo , e quelle eflratte dal prifma non potevano bucarne un folo , che anzi tirandole traverfo ad un pezzo venivano con ifcrofcio. Avendo fofìituito pezzi di carta femplice al cartoncino , le fcintille del prifma lafcia- vano un forcllino piccolilhmo pafTando per un folo pezzo , e quelle del quadro ne bucavano otto . 4°. Riporto alla fera il prifma fuori della fineftra fopra il fuo difco m.etallico , alla mattina il termometro non era che al ghiaccio, e nella camera circa 1° più baflb , ed il prif- ma era coperto d' un velo umido. Provai ad efìrarne fcin- tille nel modo folito , e le ritrovai alquanto più forti del giorno antecedente . Avendo col fuddetto elettrometro ( fper. I.) efaminato le eftenfioni delle atmosfere elettriche, ritro- vai che quella del quadro era aflai lorte alla difianza di nove pollici, e quella del prifma alla diftanza di tre pollici e mezzo . Tomo IV. M m 274 Sperienze elettriche Alla fera pofto di nuovo il prifma fopra il quadro ne ti- rai le fcintille al bajo, e nello fleflo iftante che fpiccava la fcintilla dalla fommità del prifma , ofTervai una luce debole , che attorniava tutto il prifma fino alla metà dell' altezza in circa, e fi elevava alquanto di più lungo gii angoli. 5." Vedendo che a proporzione che il ghiaccio è più a- fciutto più piccole fono le fcintille , ho voluto provare a cavarne dal criftallo umido ; a tal uopo ho prefo un bic- chiere di criftallo alto" tre pollici circa, e per coprirlo d'un velo umido l'ho inimerfo tutto nell'acqua, indi lafciata co- lare r acqua foprabbondante lo fituai fui quadro col fondo all' insù-, e provando ad eftrarre fcintille ellendo le cariche uguali erano più vive le fcintille , che tirava dal fondo del bicchiere , di quelle che otteneva dalla fommità del prifma fuddetto - 6° Da un pezzo di ghiaccio ilmile al defcritto nello fpe- riraento 3.° mi procurai un prifma alto tre pollici circa col- la bafe di due pollici di diametro . Indi poftolo fopra un difco metallico fuori della fineftra alla mattina quando lo ritirai per efperimentare il termometro all' efpofizione del prifma era circa i 6° fotto il zero , e nella camera quali ai 4° . Portato il difco col prifma fopra il quadro provai a ti- rare fcintille da ambedue, avvertendo fempre , che le cari- che foffero uguali . Fortifllme erano le fcintille cavate dal quadro, e molto deboli quelle eftratte dalla fommità del prifma; e facendo ufo de' l'oliti pezzi di cartoncino per de- terminarne la forza, ritrovai che le fcintille tirate dalla fom- mità del prifma palTavano un pezzo folo , e vi lafciavano un piccoliilìmo forellino; all' incontro quelle del quadro ne paffavano fei , e facevano un buco affai ampio . Da quefti e da altri fperimenti confirnili fatti fopra la deferenza del ghiaccio, fono portato a credere i." che fé ^\ poteffe ottenere ghiaccio fodo affatto afciutto , fi troverebbe coibente, e per tale li potrebbe ufare . 2.° che non corrif- ponde ai fatti la regola ^abilita dal Sig. Bergmann : Nonnifi quantitates magn£ explofiomm tranfmittimt ; poiché dal pa- ragone degli fperimenti 3.° e 6.° ne rifuita piuttoflo il con- trario avendo trafmefib maggior parte della carica il prifma più piccolo, di quel che abbia trafmeflb il prifma maggiore SOPRA L' ACQUX e sopra IL GHIACCIO. 275 del doppio; ed in vero fé la. deferenza del ghiaccio foff; nel- la fola ragiona della groflczza, pare che il pezzo di ghiac- cio ufato da! Sig. Bergmann nello fperi'nento fefìo («) of- fendo lungo 15 largo 13 ed alto 8 pollici, avreùbe dovuta trafniettere tutta la fcarica della boccia; 1' A^ però avverte, che 1' avrebbe trafmelTa intieramente fé folTe (lato maggiore , nel che non andiamo d' accordo, come daino nelT alferma- re che l'acqua è più deferente del ghiaccio ; {a) la quale maggiore coibenza del ghiaccio parmi anche manifeda dalla comparazione dello fperimento 4.* con la fperienza 3." poi- ché tirando la fcintilla dal ghiaccio ii vedeva una luce (ino alla metà dell'altezza di t^o y il che dimoftra una reiiften- za; all' oppofto cavandola dall' acqua, non olTervai mai al- cuna luce 5 fé non alla fupcrficie dove fpiccava la fcintilla; né in alcun'altra maniera mi riufci di poter ofTervare la lu- ce elettrica nel tragetto di quello fluido per l' acqua , al qual oggetto feci la feguente fperienza . In un vafo di criftallo che contiene più di quattro libre d'acqua ne ho meffo tanta quantità che la fuperfìcie rima- nede diflante un pollice dall' orlo del vafo, indi poflo- que- llo fotto il conduttore , ad un uncino del medelimo ho^ ap- pefo una verga metallica tutta coperta d' uno (Irato ben u- nito di cera iacea dello fpeifore d'una linea e mezzo tolti gli eflremi , de' quali uno dovea ricevere 1' elettricità del conduttore, e l'altro reftava immerfo nell' acqua alla didan- za d'un pollice e mezzo dal fondo, e di circa quattro pol- lici dalla fuperfìcie ; di poi prefa un' altra verga metallica , la intonacai parimenti di cera lacca lafciando i foli edremi nudi. Quindi eccitata una forte elettricità nel conduttore» portai r edremo della feconda verga metallica vicino all' e- ftremo immerfo nelT acqua della verga appefa al condutto- re, anzi toccai più volte quell' edremo lènza mai vedere alcuna luce fcbbene afTatto ofcura fodè la camera . Tenend» la feconda verga per la cera lacca , mentre un. edremo era M m ii {a) Opera citata pag. ufi. l<»j Ivi pag.. Ili- 27*5 Sperienze elettriche immerfo nell' acqua , ricavava dall' altro eflremo fcintitlc- con diverfe di quelle, che tirava dal conduttore, e per ve- dere fé nell' atto che eftraeva una fcintilla alle volte fi fo(fe moftrata qualche luce nel pailaggio del fuoco elettrico dall' eftremo della verga, appefa al conduttore, all'ellremo dell'al- tra verga traverfo all' acq^ua , per mezzo di cera molle ap- plicata all'orlo del vafo , porcai l'eftremo della feconda ver- ga alla diftanza ora di quattro , ora di tre. , ora di una fola linea dall' eltremo dell' altra verga, e certe Hate più vicino: ancora, indi faceva tirare le fcintille dell'altro elh-emo of- fervando io attentilFimaniente , e fecondo la mia ufmza fa- cendo anche ollervare altri incapaci di prevenzione fé nio- ftra\'aiì, qualche luce nell'atto che tiravanlì le fcintille ; ne- ci fu mai poffibile lo fcoprire alcuna luce. Ulando olio in vece dell'acqua, nello fte.fo fperiniento, la- luce deirelettricit?! tragittante tra irli eflremi delle due ver- ghe è manitefHlinna . E lìccome in quefto liquido, come in- ogni mezzo coibfinte,due pe;idolett.i comunicanti col condut- tore elettrizzato divengono,, ho pure voluto provare fé la coibenza dell' acqua era capace, di procurare in elfa qualche divergenza.. A tal fine all' eifremo inferiore della verga cha- appendeva a! conduttore vi adattai due anelli di fottililfimO" filo d'argento, ed a quefh ho fofpefo due pendoletti metal- lici perchè non galleggiaffero , foftenuti da pezzetti dello- fteffo hlo d'argento. Indi prima d' attutarli nell' acqua of- fervai che nell'aria divergevano beniliimo. Allora fofpefa di. nuovo la verga al conduttore feci sì che i pendoletti venif- fero a rimanere, immerii nell' acqua ad uguale diflanza dal fondo 5 e dalla fuperficie ; ed eccitata l' elettricità non mi fu mai poffibile di conofjere in elfi la menoma divergenza .. Onde appare che la coibenza dell' acqua non è fufficiente adi opporre tanta reiìllenza al pailaggio d' una modica quantità di fuoco elettrico da farlo rifplendere nel fuo tragitto , ne di procurare la. divergenza de' pendoletti in elfa immeriì . Nel fare quelle fperienze lì prefentano varj fenomeni del- lo fcorrimento del fuoco elettrico fopra i corpi coibenti , e delle moditìcazioni che fovr'elìì prende: ma ia defcrizione e l'efarae di quelle oflervazioni fono troppo lontani dal pre- SOPITA l' acqua e sopra il ghiaccio. 277 fentc foggetto perchè poflan quivi aver luogo , onde mi ri- ferbo a trattarne altrove. Sebbene però nella fuddetta, ed in molte altre fperienze non abbia ollervaro alcuna luce del fuoco elettrico tra^it- tante traverlo all' acqua , tuttavia non dubito che facendo ufo dì cariche fortiiTi.ne li poffa beniflimo olTervare ; ed in vero il 'Prieftuy che la od'ervò diverfc volte avverte che è inutile intraprendere tali fperienze, fé non li ha un' elettri- cità fortiilima {a)\ la qual circoflanza dimoftra che l'acqua ha un grado di dcrferenza per cui trafmette una quantità di fuoco elettrico inviiibile, ma che non è baflantemente defe- rente per traimetterne qualunque grande quantità , comun- que fé ne accrefca la copia. Ed avendo provato che l'acqua è più deferente del ghiaccio, come già fcriffero Fra/iklin , e Bergmann {b) contro il fentiraento di Vrkfìky (e) , il quale dice che prelib a poco il ghiaccio è tanto deferen- te quanto 1' acqua ; parmi che ii potrebbe ftabilire che la madina deferenza dell' acqua li ha quando quella è nello fla- to di vapori, i quali condenfandoli perdono gran parte del- la loro capacità, come accade a tutti i corpi deferenti, fce- mandoli il loro volume, e pafl'ando finalmente allo flato di ghiaccio lì cangia in coibente , né ritiene più della prima natura che in ragione che attorniata da particelle , le quali confervano lo (lato primiero. Della quale mutazione abbia- mo r efempio del vetro , e di tanti altri corpi , i quali ri- fcaldati ad un certo fegno fono deferenti , e freddi fono coi- benti ; ma per giudicare con fondamento lì ricercano anco- ra molte efperienze full' acqua, fui ghiaccio, e fui paffaggio dell' acqua d'uno flato all'alno, delle quali ne avrei già ten- tato una gran parte, fé le mie circoftanze me l' avellerò per- meilo . La qual cofa mentre non polFo per ora efeguire la ve- drei molto volentieri efattamente adempita a vantaggio del- le fcienze - M m iij (a) Hifl de fFlertriVite Tom. 3. pag. J94. [b) Opere citate ed altrove, (e) ivi pas. iji. 278 GUABJGIONE MIB^ABILE DI UN TISICO DISPERATO CON L'USO DELLA CICUTA MEMORIA Del Sig.. Dott. Giovanni V e r. ar d O' Z e v i a n r . Nec Jemper noxia ejl h£c pianta , imo, falutifera. quandotiu^ deprehmditur . Geoffroy Mat.. med.. IN un mio libro , che. ha per titolo , Dei' morbi- purulenta del corpo umano ^, ftampato la prima volta all'anno 1771 5, ita fcritto cosi al capo decimo della prima parte ; „ In cali ,, difficili e difperati talvolta utilmente per bocca (ì prefcri- ,5^ vono i più potenti veleni, fé fede il de' predare alle, af- 5, ferzioni degli fcrittori , dai quali pur troppo fpelTo- viene ,;> fpacciata per verità la menzogna . „ E. dopo al capo duo- decimo^ della feconda parte. ,, E riguardo ai rimedj inter- „ ni, fé pur vere fono quelle guarjgioni del cancro, che fi „ millantano compiute felicemente con l'ufo dell' eftratto di 5, cicuta, poiché non manca chi le revochi in dubbio ecc.".. A cader vengono quefte diffidenze fopra alcune relazioni di Antonio Storck\, il quale negli anni 1760, 1763 , 1764 , irt fpeciali libretti riferì molte portentofe cure operate in varji morbi con l'eflratto. di cicuta. Non ebbi io per mia parte; veruna ragione di dubitare delia verità e precilìone delle of- fervazioni addotte dallo Storchio : ma m' indulTe in timore: una lettera ftampata di Antonio^ de Haen , contrariaste alle. alTerzioni dello Storchio . Ora elTendomii ultimamente intra- venuto di afficurarmi cogli occhi proprj della fomma attivi- tà della cicuta in un cafo difperato ed eftremo , mi trovo» in dovere di publicarne la ftoria , per reftituire alla cicuta- quella fama ,. di cui per le mie diffidenze folfe per ventura venuta meno . Anzi affinchè i pili miferabili fra gì' inférmi ^ ai quali fembra rifervato dalla natura e prodotto quefto foc-^ Guarigione mirabile di un tisico dispeuato . 279 corfo, non reftino di effo frodati, m' inoltrerò ad indagare ó' onde mai avvenga che un rimedio, qualche volca efficacif- fimo. Ci trovi quali fempre inutile in circoftanze aiFatto fi- mili di malattie. Non intendo io già con quefto di far cri- tica all'opera dello Storchio ^ né di volerla emendare , ma di dare ad efla maggior rifalto : a tenore appunto del defl- derio del medefimo, il quale fcriflfe : inquiranuir rationes ò" cauf£ cur in eodim morbo quandoqiie projit cicuta , & radi- caliter vurct , ^ cur autem ^uandoque nil efficìat . (a) Un Mercatante, giovane d' anni 30, abitante nella piazza de' Signori , per occalìone di una gonorrea virulenta mal cu- rata, ebbe a lottare per il corfo continuo di fei anni con varj morbi, contro de' quali inutilmente avea meflTo in pra- tica ogni forte di rimedj mercuriali, purgativi violenti, de- coiiioni de' legni e radici flibiate , ed altri fpecifici fecreti credati opportuni al fuo bifogno . Era già abbandonato dal Medico, fotto la cura dell'efperto Chirurgo S\g. Bevilacqua ^ quando io la prima volta lo viiìtai , e fu fui finire dell'an- no 178 1. Giacea da due meli nel letto in figura più di ca- davere che di uomo, tanto era putido, sfigurato, piagato , confunto . I faoi mali vifibili , oltre la febbre abituale , gli fputi raarciofi, la diarrea, erano due efoftofi , una al finci- pite , l'altra alla fpina di^ll'offò ilio : una fiftola aperta fot- to la cute dalle narici alla bocca: la caduta di un orlo del- la deftra mafcella fuperiore: efulcerazioni in bocca ed in go- la. Tutto il collo davanti e nei lati oiTeiro da glandole in- durite : molte delle quali aperte in cancro a labbia rover- fe , ed una di effe aperta con fiflola fin dentro alla trachea . Gli domandai che voleffe da me con tanti mali , dopo tan- ti e SI forti rimedj inutilmente per tanto tempo ingollati , in una ftagione nemica, con sì poco capitale di forze , di nutrizione e di vita. Mi rifpofe affai francamente : 0 'vince- re ^ 0 morire. Fu fortuna che in quei giorni io avea tra le mani l'opera dello Storchio fu la cicuta, con il fuo fupple- mento; dentro cui avea frefca memoria di aver letto i fe- guenti paragrafi : Scrophulofos iialde multos extraBo cicuta (a) De Cicuta, libd, /uppl. pag. 56. 28o Guarigione mirabile percuravi - {a) Scirrbos ingentcs, annofos , dokntes circa pa- rotides , jub axilla , in collo , in mammis ecc. ^olo cicut& tifu interno externoque folvi , dippavi . Ulcera fanioja , jerpen- tia , cancro fa , & ad omnia rebdlia inde optime f aitata , iy fijìulas prof linde penetrantes , claiifas j£piui "vidi . (b) Jwvcnis ig annor. lue venerea pejjime erat exulceratus per totum cor- pus : ojjd litriuj'quc tibits erant profimde cario/a . Kemedia anti- venerea cujufcumque generis nocuerunt ^& vires debilitate funt, & jam aderat fumma macies ; mediocris cicute dofis ad curan- dwm hunc pertinacijjlnmm venereum morlum fuffccit {e ) . Vhthijtn (crophularem fo'.a cicuta & lafie fepius curavi (d) . Hac dofi per tres menfes continuavi mus , ò" hoc tempore omnes tu- 7nores funt diffipati , & ulcera cicatrice obduóìa ; & finus ac fiflule coaluerunt , rediitque collum totum ad Jìatum natura- lem {e). Homo 29 ann. variis malis venereis per multos annos divexatus eji , numquam autem integre curatus . Gianduia col- li , inguinum , circa aures , fub axillis ò'c. demum intumue- ru.nt , multumque dolorem die nofluque egro crearunt : tandem de- reli6lus efi penitus a fuo Medico ordinario : fuajì cicutam , ò" (patio duorwm menfium erat curatus (/) . Cicuta referat glan- 'dulas fublinguales , fu.baxillares , circa aures , in collo , fub axil- lis , in peEiore ò'c. pulmonum fcirrhos fundit , producitque fpu- tum glutinofum , hinc tollit dijftcilem refpirationern , fudorem noclurnum , tabem ■ (g) Tollit reliquias ex morbo venereo fu- perjìites , qu£ nulli alio remedio cedunt . (/j) Fatto forte da quefte efpreffioni e da quelli fatti prcfcrifìì all' infermo la ci- cuta. PremefTo un purgante con manna cominciò a prende- re cinque grani dei fuo eftratto mattina e fera; foprabbeven- dovi una decozione allungata di legno fanto . Pochi giorni dopo niun effetto fcorgendoiì né buono né trifto , aumentai la dofe ai dieci , e poi ai quindici grani due volte al gior- no : frammettendo ogni fettimana il purgante di prima. Paf- fato il duodecimo giorno , gli Icirri fi fecero rubicondi , in- fiammati la) Lib. 1. pag. 1??. (f) Lib. i. pag. i??. (i) Lib. 2. pag- 23^. (/) Suppl. pag" m. (f) Lib. 2. pag- 171. (g) Suppl. pag- , (1^) Lib. z. pag. liJi- ih) Suppl. pag. 40. DI UN TISICO DISPERATO, 28i fiammati e dolenti; le ulcere lì ravvivarono e dilatarono, e cangiodi il loro atro icore in biancaftro. Sino al ventèlimo giorùo crebbi a poco a poco la dofc del rimedio : ed in quel tempo confumate appena otto dramme di eflratto fenza verun» femibile operazione o moleilia delle vikere interne, fi fenti d' improvvifo per tutto il corpo uà nojolb prurito, e lìngolarmente nelle efoftolì , e ne' fcirri d' intorno al col- lo : dentro ai quali diceva di fentire nuova vita , e come infinite punture di acute fpine . Segui imperterrito a pren- dere ogni giorno la fteiTa dofe di cicuta: e fra il breviffimo fpazio di altri otto giorni li videro del tutto fcomparfi i tumori ; e le immonde ulcere e le fiftoie ù nettarono e chiù- fero , e coprironfi di una foda e flabile cicatrice . E quel eh' è flupendo e fopra ogni credere, fi trovarono abballate nel tempo fielfo le efoftoiì al cranio ed airoflb ilio: niun' al- tra moleftia di morbo reftando all'infermo, che il fafiidiofo prurito alla pelle, A moderar quello, ed iniìeme a rinutri- re r infermo , ho voluto che beved'e gran quantità di fiero di latte: non ommettendo qualciie lieve ufo di cicuta per due o tre meli. Con che ricuperò la priltina forma ed il naturai vigore, in cui al d'i d'oggi dopo lei anni fi confer- va e mantiene : pronto a moftrare a chiunque le imprelfionì alla cute delle antiche fue piaghe. In quella floria lì combinano per accidente fortunato mol- te circofianze infieme , per cui apparifce chiaramente eilere provenuta la guarigion di quel male non per pura opera della natura , né per virtù di altro medicamento , ma uni- camente per virtù e forza della cicuta . Scirri, cancri, fi- ftoie, efoftofi , fpontaneamente in brevi giornate non fanano, ma ricercano diuturno ufo di forti ed appropriati rimedj , e le più nfolute operazioni di Chirurgia. La ftagione di fitto inverno s' oppone alla maturazione e crifi de' morbi . Il mor- bo venereo non fana fé ftefib , come fanno gli altri morbi per la maggior parte ; ma trafcurato prende piede , e s' im- pofiefia tanto degli umori, che delle parti ferme del cor- po. La efirema eftenuazione dell'ammalato, e le perdute fue forze fanno vedere uni natura che più non agifce,ma che è fuperata e vinta dal morbo. Il non aver edb per qualche mefe prima della fua guarigione praticato verun rimedio né Tomo IV. N n 2S2 Guarigione mirabile forte ne lieve, a cui Ci poffa attribuire la fua guarigione, fanno vedere che alla fola cicuta fi dee attribuire la felice forte di elTare 1' infermo fcampato da tanti mali . I mali di quello infermo non erano per fegni dedotti o argomentati , con lafciare però qualche dubbio della loro reale efiftenza e natura: ma erano vifibili e palpabili, e da tutti riconof^ciu- ti . La fua guarigione è certa, perchè 1' uomo fuffifle fano e vigorofo anche al di d' oggi. Che manca qui a non do- ver credere efletto della cicuta quefia portentofa guarigione? In vano fi opporrà contro di quelìo un numero ben grande di altri fomiglianti cali ^ dove la fiefla cicuta l\ provò inu- tile , o ben anche dannola; che per molti che fiono non di- flruggeranno mai la verità di un folo , che riufci • Quefto modo di opporre fu indebitamente uliito contro dello Stor- erò dall' Hacnio -^ e fi ,ufa comunemente fra noi; onde l'ufo medico della cicuta è ornai beflemmiato e fuggito. Ma tut- to all' oppoilto cercar conviene la ragione perchè la cicuta, in qualche cafo così nobile e valorofo medicamento, in altri fimili riefca difutile ; per vedere fé riufciife mai d' incontrar- la : alla quale per ventura potendofi opporre non reftino fro- dati i più infelici e miferabili infermi di un fudidio per e!ii unico e folo . La cicuta è un'erba umbellifera., che fiorifcc nei meli di giugno e di luglio , e dopo ancora. Folia ejus ^ longis^craf- fiS , cavis pedimculis appenfa , pltirifariam myrrhidis modo in alas plurimas ^ tenue s , atrovirentes divifa funt . Cutmus proce- rus , fcrulacens , glaber , Uvis , crajfus , intus inanis , dilute 'virens , nonnullis tamen fubruhentibus xieluti ferpentum macn- lis refperfus , fupra tres non raro cuhitos ajpirgit . Umhellte fa- fiigia occupant . Candidi in his flint fofculi . Semina pojiea anifi smula , alìquanto candidiora . Radix dodrantalis , quando caukm facit , cava eft interius , prius autem folida . Odor eft ingratus ,f£tidiis . Così la defcrive il Morifonio ^ citato dallo S torchio [a] . Ed il noftro Seguieri : Cicut£ fìorcs in umbcllam dijponuntiir . Unicuiqtie radio injìdet flos quinis petalis cordi- formibus infexis , insqualibus conjìans . Stamina juxta petala (a) Lib. I. pag. i. DI UN rrsico disperato. zS^ Qppofita flint , eaquc apicihus injlruuntur . Pijìillum qiiod jìyli difpertitmt fcivinis reccptaado iid/j£ret , idqus de inde crefcit in fruSlum fere globo fum ex binis feminibus compojltum , bine gib- bis & Jìriatis , illinc laro planis . (a) Due fpecie di cicuta preilb noi fon comuni . Una minore crefce fpontanea negli orti, confondeii col petrofemolo , ed è fenza odore. L'altra maggiore fi trova alle rive dei foffi, ed in luoghi umidi e palu'lri: mena un odore, fl-ropicciandola, più o meno rin- crefcevolc ; e fi trova per lo piìi macchiata , talvolta nel fuRo, talvolta nelle foglie . Come di quefla i fufli ed i gambi delle foglie fono maggiori, e più lunghi , e dentro vuoti , fi fervono di elfi i -paftorelli a fare de' zufoli.. Quin- di è che Virgilio organizzò la zampogna di quel padore di canne di cicuta : EJl iràhi difparibus feptem compaEia cicutis. Fijìiila {b)i onde errano i fuoi Comentatori , e gli Autori del Vocabo- lario in dare doppio fignificato di cicuta , e di canna alla voce cicuta : quando in realtà anche preffo Virgilio non ne ha che un folo . Crefce la cicuta maggiore in molti liti del territorio no- ftro Veronefe , e pia frequente e rigogliofa , fecondo notò il Seguieri , a Ponte Molino: lupgo confinante col Ferrarefe . Onde errò il Lanzorà ove dille in una lettera al Mangeti , che ella non trovafi ne' tratti del Ferrarefe, {e) Volgarmente è (limata la cicuta per un' erba venefica e micidiale . Vuolfi che di efla fi fervifiero gli Ateniefi per dar morte ai rei, e che abbia una facoltà cotanto refrigerante, che vaglia in pochi ifianti ad am.morzare la fiamma vitale . Qiiantunque non fi pofTa negare in efia una qualche facoltà nemica dell'uomo, io frimo però che non fia tanto nocevo- le quanto comunemente.fi eflima. Tutti fi appellano al fat- to di Socrate narrato da Platone^ il quale i\ crede uccifo in prigione col velen di cicuta: per cui fotto gli occhi degli N n ij (j) Plant. Veron. \b) Eciog. B. (f ) In Marig. Faìb. vcrb- Venenum' 2^4 GuAR!GIO^rE MIRABILE alianti a poco a poco intorpidito e agghiacciato morì. Altri aggiungono che Demoftinc e Seneca parimenti morirono dal velen di cicuta Tpontaneamente prefo e ingollato . Ma Via- ione non diffe mai che folle di cicuta quel veleno di cuiJ'o- crate mori: ne competono le circoflan/e di prepararlo, narrate da Platone., ad un veleno vegetabile. Egli dille che fu trito e fpez.7.ato mpc' ijlij.v.'ov , come le folle falino o minerale. Teo- frarto Icrittor Greco antichiOìmo , più che dalla cicuta , ri- trafle la forza micidiale in quel veleno dall'oppio, dall'aco- nito, e da altri ingredienti peggiori . (a) Il Hne di DmiO' jkm è defcritto da Plutarco in quelli terniini . " Com' ebbe „ ciò detto, li ritirò nell' interno del tempio : e prefa qui- „ vi una tabella 5 quali fofìe per ifcnvere , fi mife la canna „ alla bocca, e morikandola ficcome folito era di fare quan- 5, do appunto fcriveva e meditava ^ Ja tenne così per qual- 5, che tempo; indi tutto ricopertoli piegò la teda. Que' Sa- v 5, telliti però 5 che itavanfi predo le porte , il deridevano, come uomo timido, e chia.mavanlo debile e molle . Ma. A'ichia accoftatofegli Lo efortava a pui: levarli, e ripeten- do pure gli fteffi parlari , prometteagli di bel nuovo che j, accomodata, avrebbe ogni cofa con Antipatro . Allora fen- tendo Demojhm che il veleno fé gli andava iniinuando e clie ei ne venia già fuperato , fi difcoperfe, cadde a terra e fofpirando morì. Ariftom racconta che egli fucciò il ve- leno dalla canna , come (\. è detto „ {b) . Non fi fa qui menzione di cicuta: né compete a quello veleno, qualunque fia , Io flare nafcofto. dentro una penna da fcrivere. Del quale veleno in un loco parla Galeno di quella maniera : fi lisro cicutA exigimm quiddam fumatur , mortem homini nequa- ^uam inferet (c)^ Il fine di Seneca è defcritto da Tacito: Seneca intenm durante traElu & lentitudine mortis , fiatim Annxum din [ibi amicitì£ fide ò" arte Medicin£ probatifm , orat provi fum pridem 'venenum , quo damnati publico Atbenie'n.- jìum jiidicio extiìtguerentu.r , promeret : allatumque baufit fru- jìra^ frigidis jam artibus , & claufo corpore adverfum uim {a) Hi/}, plani, lib. 9. can. 17. {b) Vite ecc. toni. 4. pa,5. n8 (1;) SimpL facili. cap.iS. 5? 55 53 55 33 DI UN TISfCO DISPERATO. 28 y veaent (ci). Qui pur non fi nomina velcn di cicuta. Fu ar- bitrio colpevole del Davanz,ati il tradurre : " Seneca ftcn- „ tando a morire, prega Anno Stazio^ fuo fedele amico e „ Medico, che gli porga certa cicuta , molto prima ripo- j, (lati . „ Ancorché folfe cicuta , non prova quello facto che fia forte veleno , perchè Seneca non ne mori . Non è Credibile che i Magiftrati di Atene ufaflero per dar morte ai rei di un veleno , fé non innocente del tutto , almeno al- quanto infecuro e dubbiofo . Mi conferma in quefla opinio- ne il leggere in Ippocrate ufata e lodata la cicuta per medi- cainento interno {b) . Il leggerla entrare in molte compofi- zioni di interni medicamenti ai tempi di Galeno : il veder- la ufata per bocca in polvere ed in eftratto in quefti ulti- mi tempi dal Baule , dal Renealme , dallo Storc/jìo , e da molti dopo di lui. Galeno fteiro benché offefo dal comune errore, non potè contenerfi dal dire , che non nuoce la ci- cuta all' uomo , fé non ufata \n grandi doiì : che una don- na di Atene fé la mangiava ghiottamente fenza danno : che gli ftorni s' ingrafTano con ella . E Plinio più di tutti ir- ritato contro della cicuta, dovè pur confeffare che alcuni fé la mangiavano impunemente alla menfa : come in quello an- no fu impunemente mangiata alla menfa inavvedutamente da un de' noft-ri , che 1' avea nell' orto confufa con il petro- femolo . Ma come fta che Gìacopo Vepfero nel fecole paffato ha dimofl-rata la forza venefica e micidiale della cicuta , in un fpeciale trattato, da tutti letto e riverito V Siamo pervenuti alla più forte e formidabile oppofizione . Perchè full' autorità del Vepfero negli fcrittori , che furon dappoi, fi trova viep- più beftemmiata e temuta la cicuta di quanto era prima di lui. Ma io non peno a dire che gli fcrittori per inavvedu- tezza fi fono ingannati in credere che in quel libro il Ve- pfero pnrlaffe della cicuta di cui fi tratta ; quando altra e diverfa fu l'erba , della quale favellò il Vepfero , e di cui produffe argomenti di una gran forza di nuocere . Il B^jo N n iij (a; Ann. lib. ij. {b) De Nat. Mulidii. 1^6 Guarigione mirabile dice che il Vepfcro parlò della, cicutaria paluftre dd Lobcllio.'^ altrimenti detta fellandrio : ma il Rajo li è ingannato , co- me appare dal titolo del libro del Vepft'ro , ove dicefi de ci- cuta aquatica Gefncri , la quale non al fellandrio corrifpon- de, ma al iìo ai:c]uatico , /c/m multifidis longis & ferratis, del Morifonio ( a ) . La queftione adunque fu la venefica forzi della cicuta fi rimane ancora indecifa dopo il libro del Vepfcro ; in cui non di elfa , ma di altra pianta parlò .. Non fi rifolverà quefta queftione , dice il Seguieri , perchà non fi troverà il pazzo che ne voglia fare in fé ftedo lo fperimento: 'vix tamcn qiicmpiam. ejf puto, qui tam fufpecìum olus experiri vclit {b) . Ma quel che è avv>;nuto dell' ellebo- ro , rtiniato un tempo terribil veleno : pretina nobis vera.- trum. eft acrs vsn;nnm{c) ^ che Ci fono, trovati chi per di- letto di Audio hanno in fé fledi voluto far prova della fua. temuta forza fin da' tempi di P//>z/o , quando era più fofpet- \o : quondam terribile , pojìea tam premi fcuum , ut pleriqice Jìu~ diorum gratia ad pervidenda acrius^ qu£ commentahantur , fiC- pius fiimptita'vsrint (d) : quel che è avvenuto dell' antimo- nio: " L'antimonio, dice il Sig. Azz-oguidi, che due fecolL ,, fono facea tanto ribrezzo ,6 di fé niedefimo cosi alta pau- „ ra avea imprelTo , onde 1' autorità fuprema in molti Go- 5, verni fi dovette intereffare a proibir l'efercizio della Pro- „ fedìone a que' Medici, i q^uali lo avefTero prefcritto, e in „ Roma fi videro ufcire leggi fevere , che la condanna di „ galera a color intimavano , i quali la polvere del Corna- „ chino aveflero praticata , al giorno d' oggi fi riconofce per 5, un minerale pieno di modeflia e d'innocenza (e) „ : quel che è avvenuto dell' argento vivo.- ^^z^/o tardÌNs,dìce. l'Aftruc, ccEptt/m eft mercurix» uti ad interiora . Oh/ìabat procul dubio: antiqucrum auBoritas, qui ftatuerant quajì ex tripode hydrargi- rum potum firn pcrnitialem habere ^ iy interanea fuo pondere perrodere . Sed dsmum faHo per i culo , ubi comperi um fuit ve-- tcres in ea re falfos ejfe , mos fnfim invaluit mercurium in^ {a) V. Segiticri, Plant- Veron- tom. ic) Lucret. 3. pag. 8. id) Nat. hifl. lib- i?. cap. ;. ik) Ibi pag. (T. . . . ■ (f) Specietia domeftica pag» jt^ DI UN TISICO DISPERATO. 287 tus Jumendi midtipUci form.x {a) : lo ftellb è avvenuto del- la cicuta 5 che Antonio Storchio medico in Vienna , per la diffenlione degli autori ignorando quale e quanta foife la forza venefica della cicuta , perluafo col Ridi che chi vuol trovare la verità non bifogna cercarla a tavolino fu i li-. bri , ma bifogna vedere le cofe cogli occhi propri ed efa- minarle , volle ne' cani prima e poi in fé fleflb farne lo fperimento , affinchè a lui non foflè imputato quel famo- fo detto di Plinio : difcimt aliano periculo , & experimenta per mortis a^unt . Quello fatto e narrato dallo Stosrchio ftelib in queflii teraùni: //; me ipfo experinuntum ficì . Mane & vefperi jumfi gramim unum extraEli cici'.:£ , & vajculum unum infufi the& haufi de fi/per, tali doji per ociiduiim continua'vi , nec minimam inde molejìiam (enfi ... altera feptimana auxi dojìm , Ò" z'efperi duo grana deglutivi -neque inde quid mali aut infoU- ti in meo carpare ortum ejì ... Kadix recens dum in tal eoi ai fcin- di tur , fundit lac quod guflu arrurum & acre eJì . Hujus la6ìis imam alter amrve guttulam lingus apice delibavi. Mox lingua faiia eJÌ rigida, intumuit , vai de doluit , & ego nec ver bum loqui poteram . Kadix exiccata , & in pulverem redacia , mi- nus nociva ejì(b). Quiedi audaci fperimenti dello Storchio mettono in chiaro come nella radice della cicuta ftia appiat- tato un liquore temibile e capace di nuocere , nel fufìo e nelle foglie non tanto . Si rende quindi ragione di quanto dice Plinio che alcuni al fuo tempo fi cibavano alle menfe del furto della cicuta ; e 'C\ fpiega come Gafparo Bavhino , il Chirchero , il Mattioli abbiano veduti trilli effetti della radi- ce di cicuta mangiata in luogo di pafiinaca . Stantechè i medicamenti , a differenza degli alimenti , perciò appunto fono medicamenti , perchè fono più o meno contrarj alla vita e natura dell' uomo, dovendo elfi contrariare alle ca- gioni de' morbi, era da credere che una medicina accoftantefi all'eflere di veleno, doveffe avere in qualche bifogno una for- za confiderabile e maggiore dell' altre . Qiiindi e palfato lo Storchio a far prova della cicuta negli uomini ammalati ; e (a) De morb. yen. lib. 2. Cfip- 7. (i) lib' I. cap. I. aSS Guarigione mirabilk non ienza un dilettevole ftupore , 1' ha trovata valevole ai fcomporre e dileguare malattie ad ogni altra cura oftinate e ribelli . Si è fempre creduto che operi la cicuta dentro del corpo umano con una forza ai Ib-nnio refrigerante e ifupefattiva : Cicuta quod extremi rsfrigirantis faciìltatìs , o.nnes norunt (a) . Cicuta , y? (]uis liberalius utatur , non modo condcnfandi X'irn ohtimt , Jed & objìupifac lindi , dice Galsno {b) . Pietro d' Aba- no , detto il Conciliatore, ed il Cardano turono eie' primi a dipartirà da queda credenza : dichiarando an^i al contrario nella cicuta una facoltà di ri-fcaldare e brugiare. L'opinione degli antichi provenne dal fatto di Socrate che veramente credevano avvelenato con la cicuta ; il quale morì torpido ed agghiacciato. Quindi alcuni antichi Monaci per ifludio di caitità vennero a far ufo della cicuta, credendola capace di ammorzare il fuoco della libidine . (^iieila opinione però e quella pratica quantunque fondata fu d'un falfo fuppoiito , non è da ripudiarli allblutamente : avendo io veduto in due cali qualche fpecieltà che la conferma . Un Signore attem- pato avendo dovuto far lungo ufo della cicuta per liberarli di un tumore cancercfo che avea da gran tempo lungheflTo il nafo e dentro le narici penetrante, avendo una volta per prora ufato di un eflratto di cicuta minore alquanto liqui- do ed incorporato con la pohere dell'erba feccata , provò ai genitali tale contrazione e cosi dolorofa , che fé avelie continuato nel Tuo ufo , farebbefi in fine perduta del tutto l'azione di quelle parti . Ed un giovane Muuco nel tempo che a gran paffi andava!» liberando con I' efl-ratto di cicuta maggiore di una idropifìa , fuccedutagli a Icrofole e tumori del mcfenterio , riientivalì così vive e dolorofe contrazioni agl'inguini, in luogo de' genitali, per cui camminava curvò e rattratto . La cicuta d'ordinano non produce veruna l'en- fìbi'e evacuazione : non muove il fecedo , non precipita le orine , non eccita il fudore, non promove lo fputo : non fa febbre, né accrefcc , o conturba il giro del (angue . Cicuta nec (a) ihnpl. Fac. li'j. 7. {b) Simpl.Pac. lib. 5. cap. I?. - DI UN TISICO DISPERATO. 2S9 me majoremmotum^nec in ^anguinis cìrcnitu turbam excitat , nec refrigerai , nec calefacit . In plurimis £gris nullam excre- tionem fcnjtbiliter auget j notoUo lo (iiii^o Storcilo (a). Per qual virtù adunque, per qual maniera opera efTa i magnifi- ci falutari effetti , che talvolta produce ? li: materia di va- lutare le ancor dubbie o fconofciure forze de' medicamenti , n corre a grave rifchio di errare , chi voleffe dedurle dalT odore, dal fapore , dal colore, da efterne marche o fegni di efiì . Né tampoco dobbiamo fidarci degli efami da Chimico : fapendofi troppo come il fuoco altera e fcambia i principj fondamentali de' vegetabili, fino a far comparire egualmen- te innocenti, egualmente venefici i più benigni e i più tri- fli . ^lii ex fapore , odore , analogia , ratiocinando uires firn- pUcium determinare aufint , oleum operamque & perdidere & perdent perpetuo . Examen chemicum ad id laudabile admo- dum ejl modo attendamus i. panium uegetabilium naturam operationibus Chemicis f£pe ita mutari , invertique , ut id quod tunc referant a Chemia potius quam a natura poffidere videan- tur . 2. Carere Chemiam admiranda ^ neque ullo modo imitan- da , tali Machina , qualis corpus animale^ adeoque effe£lum medicamenti cum hu']us , tum alìus cujufcumque , analyfi che- mica vix leviter adumbrari : fcrive cosi il dottiflìmo e fpe- rimentatiffimo Haenio (b) . La fola ftoria fedele de' loro gio- vamenti ferve a determinare la loro forza . Ma non tutti gli uomini fon capaci in quell'opera: bifogna avere occhi e pazienza per quefto, e gran cognizione dell' effere e degli an- damenti de' morbi , per non eflere contento di uno o di due fperimenti , e per faper diftinguere quelle moltiplici circo- ftanze che s'intromettono a fraflornare gli effetti veri e pro- prj de' medicamenti , ad alterarli, e ben anche a farli appari- re per nulli . Per quefta difficoltà inondano in Medicina le imperfette e falfe relazioni , ed è divenuta effa un teatro aperto di mille favole . La cicuta, quando è veleno , turba gli fpiriti , ubbriaca e fa impazzare , morde e convelle le Tomo IV. O o (a) Suppl. pag. ?4. e feg. ( b ) Hat. Med. tom, io, pag. 6. tgo Guarigione mirabile parti genitali e le affafcina . Qiiando è medicamento, fcnza ofiondere lo llomaco e gì' inteliini , paffa a fpezzare i tumo- ri e li dilegua; s' interna a togliere la paralifì , e a dirada- re la cataratta degli occhi. Qiiefte proprietà fanno conofce- ra un rimedio di Ibinma agilità, ibttigliezzà , e penetrabili- tà : che velocemente palili dallo (lomaco al l'angue , ai vali fieroli , e fin dentro i canaletti impercettibili dei nervi. Ma oltre a ciò il rifolvere che fa i tumori mortra una doppia forza : difiemperante cioè e rifolvente degli umori glutinoll e addenfati : irritante e folleticante le libre e i nervi a ri- metterli in giro . Con ciò valendo a fuperare morbi ad o- gni altro rimedio reliflenti , merita giuflamente il titolo del principale fra i rimedj attenuanti e rifolventi : Cicnt£ extra- iium v'iTii maximam rejalvcndi habet , & ibi f/spe peneirat , Ò" Ulne pcniììgit , quo foytijfima hncufque cognita remedia per- %>enire non pouienint . Coji lo S torchio (a). S' innoltra egli a determinare nella cicuta anche una virtù modificativa dell' acrimonia , vedendo che efia vale a curare il cancro aperto, gli ulceri maligni, la tigna, la rogna, il vajuolo, il mor- bo fallico : Ja'nguinis acrimoniam emendai & morbos inde pendentes tollit (b). Ma io non fottofcrivo a quefta fua opi- nione . Perciocché f.mbra anzi all' oppofito eh' efia operi in virtìi di un' acrimonia comune a quafi tutti i veleni , per cui penetrati e difciolti gli umori , fmofie e follecitate le fibre , fi tolgano le fcJrrofe durezze e le callofità , fa cui poggia e fuflille il cancro , e le ulceri maligne fi fomentano , onde quello e quefie il curino. Si f.i che gli efperti Chirur- gi , dovendo faldare antiche piaghe, hanno per coflume di Tjafcondere fra i loro unguenti il piombo , 1' arfsnico , il n:£rcurio, il raiiie, ed altri correlivi e velenofi ingredienti, con cai corrodere la funerfizie e togliere le calloiìtà impedi- tive di una falda e lodevole cicatrice . E parlando della tigna e della rogna, forfè quefri morbi riconofcono un principio or- ganico vivente, che col veleno della cicuta iì uccide ;come gio- vano in quefli morbi per ia ftella ragione i zolforofi , i mer- (a) Suri- pag. ?;. {b) Supl. pag. J9. DI UN- TISICO DISPERATO. ZC)I cariali, i brodi di vipera , e di lucertole. In certe partico- lari difpolizioni di corpi produce la cicuta la diarrea, folle- cita le orine , promove il fudore , non per altro al certo che per una fua fottile acrimonia fpcciale . Nel cafo di fo- pra narrato a principio, produfTe eHa di mezzo inverno un prurito infofì'ribile alla pelle, che fi de' attribuire all'acrimo- nia della cicuta; leggendofi qucOo effetto di ella riferito da Jocls; e da altri : CicHt£ berla , jcmcn , ant radìx conicjla , grauijjlma infcrt fyìnptomata , v.^rtigimm & oculonim caligi- wm , ìnfaniam ac fiirorcm , compreffìoncm diaphragmatis , 'vehementcm cutis pruritum^ & animi anxietatim{a). In fi- mile maniera, non correggendo gl'incorreggibili umori ve- nereo o vajuolofo , ma fnidandoli dai luoghi ove fono ap- piattati, alle trifte reliquie di quelli morbi la cicuta ron fine . Or donde avvien mai che un rimedio, cotanto attivo e forte, il più d!:lle volte ù. fperimenti morto ed inofnziofo ? Per quanto io ho potuto ofiervare,e meditando conghiettu- rare, il difordine procede principalmente per colpa delio Spe- ziale che erra nella fcelta dell'erba e nel modo di preparar- ne l'eftratto. Qualche volta per colpa del Medico, che non fa ufarlo dove e come conviene . Qualche altra per colpa dell' ammalato che non obbedifce alle prefcrizioni del Me- dico. Gli elperimenti fpefio fono dubbiolì e non corrifpon- do-no , dice Ipocrats nel primo degli aforifmi , perchè non barta che il Medico faccia il dover fuo ; ma lo devon fare anche l'ammalato, e gli a(ri(lenti;e le circoftanze tutte de- vono unirfi e cooperare alla falute degl'infermi. Alla cicuta fomigliano altre piante , raalfimamente prima che alzino i loro fuiìi , con le quali dai meno periti ccn- fondefi . Se ne lavora -quindi un eftratto che non è di cicu- ta, e non ha le facoltà defiderate . Co» efia, dicono gì' in- tendenti di Botanica, confondonfì la mirride, il dauco , la cicutaria, il cherefillo filvefire , il petrofemolo. Il Seguieri rimprovera i noftri Speziali perchè in luogo della cicuta O o ij {a) Opera Medica Tom. j. Secl. i. 29- Guarigione mirabile maggiore adcprano la oitenfe : ftimando egli quefla nje- no efficace di quella . Apud Pharmacopolas Vaonenjes h£c nequaquam in nju ejì , fid jpecies FetrojHino jìmilis , cui Bau- hinus in Finact , minor is cicuta nomen indidit , quam in hor~ tis coltmt , ci'.jiifque vis minus efficax eft {a) . Ma quefto fcam- bio ho io veduto efTere-di poca o niuna rilevatezza, valen- do un eflratto di cicuta minore, quando fia poco cotto, ed incorporato con la polvere dell'erba fecca , a produrre pau- rolì fintomi , proprj della cicuta maggiore . Crefce ne' baffi luoghi paluftri del noflro Baldo erbifero monte una pianta limile alla cicuta : la quale ha un furto incavato groffiffimo , grandiffimie e lunghiffime foglie intaglia- te a guila di cicuta maggiore , e folo da quelle di queffii differenti in afpetto, in quantochè finifcono con la cima ad angolo pili acuto e puntivo. Una figura di effa vedeli im- preca nel libro del ìslattioli fotto il nome di feffeli pelopo- nefe . Quella pianta crefce nell' orto botanico qui in Vero- na de' Cappuccini, e mofiralì da effi per la cicuta maggi&re voluta dallo Storchio. QLiefta fteffa vien portata in città dai botanici villani ; e comprafi dagli Speziali per cicuta mag- giore, e fé ne lavora l'eflratto. Non è deffa la cicuta del- lo Storchio ^ ma la cicutaria: di cui corre una ridicola que- ftione preffio i Botanici : fé Ila efla fetida o no ; altri negan- dolo, altri affermandolo. Avendo io avuto comodo di efa- ininare quefia pianta al confronto della cicuta vera, mi fo- no incontrato a conofcere in efla una proprietà fino ad ora non oflTervata , ed ho trovato facile il togliere la queflione del ftio putire. Non pute effii odorata fuperfizialnìente , ne men non fortemente ftropicciata alle narici : ma fé per tra- verfo fi taglia il fuo gambo , o ben anche il gambo o ner- vo delle foglie , ne filila viiìbilmente gran quantità di umo- re fonimamente fetido e ftomachevole . Qi.icflo fuo odore ed iì fapK>re infieme affatto rapprefentano il fapore e l' odore della g'omma fagapeno. Ignorali ancora nella fioria Farma- ceutica da qual pianta il fagapeno provenga: affertur ex JE- gypto , & Vcrjia , India orientali &c. ex incifo quodam frutì- (j) Pisiit. Vero.i. Tom. 5. pas- 6. ni UN TISICO DISPERATO. ÌQJ ce ferulaceo , nondum tamen Botauìcis fatis noto , extillarc di- citiir ((?). Forfè adunque d.illa cicutaria il fagapeno provie- ne. Li caratteri di Ibpra addotti contrafregnano abbafbnza qual debba eiFere la cicuta da eleggerli a cavarne 1' eftratto defiderato dallo Storcbio , ad efclulìone delP altre erbe che ad elTa fomi^Hano . Doxc p-rò è necelFario avvertire , che non fono indifpenfabili i due caratteri voluti dallo Storchio: d'edere cioè macchiata, e d'e'ler fetida: bine pancis tantum nimc adnoto : uh'am cicniam ejje ciciitam majorem , vulgarcm , maculatam ^ f£tidani {b). Stantechè non mutano qued-i la fpecie , trovandoli talvolta da uno fl-edb fenie e da uno ftelFo ceppo, ufcire cicuta macchiata e non macchiata : or in un fito lunghefTo il gambo macchiata , or folamente nelle fo- glie; e COSI or piì^i or meno fetente. Non c'è ragione di credere che la cicuta di Vie^ina fia più forte ed atta della noftrale; che anzi prefTo di noi debb' effere più vigorofa la pianta, i quali fìam polli in un clima meno freddo ed auftrale . Il nobile effetto ne' cafi di fopra narrati fu prodotto dalla cicuta noflrale , crefciuta non lun- gi dalla città , nelle ville di Ronco e d' Ifola della fcala. Il modo di preparare l'eftratto di cicuta voluto dallo J/or- chìo è: fpremuto il fucchio della pianta fiorente, cuocerlo a molle denlìtà a fuoco lentilfimo . Cicuta ad extracium facien- dum optime colligitur antecjuam pandantur flores . Radix au- tem ad extraEìum non adhibetitr : veruni reliqua tota pianta. Succus exprejfus in uafe terreo , z'itrato , lento igne , & f£pius agitando coquitur ad jpifft extracii confijlentiam . Rogo autem ne Vharmacop(£i fint follie iti in depurando hoc fucco,amo enim potius , ut fit craffum ^ fere pulpofum extracium [e). Peccali dagli Speziali ordinariamente in ufare deli' erba ancor imma- tura; quando la fua virtìi non è ancora dalla radice falita al gambo ed alle foglie . Peccasi in dar fuoco violento al fucchio, onde piìi predo s' infpelfifca e confolidi : cosi iVapo- rane la parte volatile; e troppo attutite le particelle atti- Ò o iij _^5^, (a) Ciiithcufer. ( C ) Lib- z. cap. I. {b ) Lib, 1. cap. I . 2 94 Guarigione mirabile ve, rimaa l' eftratto abbruftolito ed inutile. Per evitar que- fto 5 e per evitare ancora il dover tenere efpofro al fuoco per molte ore il fucchio , altro fpediente non veggo , che dividerlo in molti vafelli d'ampia bocca, perche feguane pia prefto la cercata evaporazione della fuperflua umidità. Que- fti ed altri cotali disordini per la parte degli Speziali fono avvertiti dallo fteflb Storchio nel Supplemento a' fuoi libri . Ext;-a6lum vero, non ubique ad meam mrntrm paratur : fumiint enifu [ucci exprejjt ìngentem copiam: sam in vafe cupreo igne fatis forti coqimnt ; fatar inde ingens longe lateque fpargitur , avolat quod ejì optimum . Pr eterea nimis folli ci te fuccum & ex- tracium purificant . Fit hac ratio.-ie inaffa nigricans , tenax , haud multum fetens . Mea autem metbodo dum paratur , dehet effe extrafium craffum , ex fufco virìdefcens , & ingratipmum habens ftstorem ( qualem murcs domefiici fpargunt ) . Quidam alias herbas cum cicuta mifcuerunt . Quidam relinquunt herbam recenter colleBain in uno cumulo per plurss dies , imde facce- fcit , & quidam pars corrumpitur , fuccus lentefcit , ft mucila- ginofis . Subinde fuccum exprejfum non illieo igni ad'movent , l'ed per duos ternofque dies exfpecìayit , donec tempus ipfis com- modum & opportunum vidcatur : ft tunc in ficco alteratio , & Z!irtus minuitur . Mifer & infelix Medicus , qui cum debilibus & corruptis naturis corporum curationes tentare debet , dice 1' Offmanno , ma pili mifero ed infelice perchè fempre e dovunque dcelì affi- dare dello Speziale ; il quale fé non è in colpa per dare agi' infermi rimedj dai preferirti diverlì , non fcelti ed ottisni , lo è il pi'u delle volte nel modo di prepararli . Qijanto av- vien della cicuta, il dì cui eftratto qualche volta fi trova avere una forza forprendente e mirabile, quafi fempre debi- le ed inefficace lì fperimenra , avvien d' altri medicamenti; dove rifondeli la colpa al Medico , che non feppe adattarli e dirigerne 1' ufo . Non fi può errare nella conofcenza e nella fcelta della fcilla marina; e pur toccò a vedere al ^z^^- rino^ che 1' eftratto acquofo da elfa tratto facea mirabile ef- fetto tolto da una bottega, e niuno tolto da un' altra: ac- cidit quandoque ut extraElum fciU£ acquofum , uno in pharma- copolio confeHum nidlam prorfus vim exereret , fid id ab alio pharmacopola p^titutn , eidem agro copiofam urinam cieret . Is , DI UN TISICO DISPERATO 295 tum dcnuo ad priormi pharmacoU£um rcdiret , vix quìdquam lotii rsddidit ; ad alium vero dcnuo rcvcrfus , iterimi copio- fam urinam fudit (a) . Lo fteffo farà avvenuto all' Az,z.o~ guidi nell'iiiare delle fue pillole mercuriali ; onde dopo di avere di effe parlato nella fua Spix.ieria domejlica , cosi fog- „ giunge: '• Per ora avvifo folamente altre due cofe : una „ li è il configliare chi vorrii far ufo delle pillole mercu- ,, riali a lavorarfele e prepararfcle in cafa da fé : il rende- „ re ragione di quefro conliglio farebbe imprudenza : 1' a- ,, verlo taciuto avrebbe forfè difonorato il rimedio , ed ,, avvilito il decoro fuo in moltiflime circolìanze tzc. ,,. Qijanto appartiene agli errori del Medico, prima di par- larne è da avvertire che farebbe folle pretefa V afpettare in ogni cafo i nobili eriètti che qualche volta la cicuta produ- ce . Trattali qui di morbi e per natura e per ogni arte di medicamenti infanabili ; dove molto ottienfi col liberarne uno fra dieci infermi. E però, come dice Calmo ad altro proposito , Ji prima experientia te fcfellerit , non illieo defpe- raveris ; né alzar deonfi fchiamazzi contro della cicuta . Se fupera quefta la forza di altri medicamenti , non tenta né vince l'iinpoflibile. A5lio pbarmacorum in ipfo corpore vivo nunquam ahfoluta^ (ed jemper relativa eft : & Medicus ea pro- pter maximo Jemper Jludio allahorare debet , ut naturas indi- viduorum ante medicaminum exhihitionem probe cognofcat, di- ce il Cartheiifero (b). Qiiefta avvertenza, fé è fempre necef- faria , lo è maffimamente per 1' ufo della cicuta . ExtraBum cici(t£, dice lo S torchio , [ufficienti quantitate pulveris folio- rum cicut£ in majfam pilularem fubigatur : ex qua fiant pilu- le granorum duorum . A minima dofi femper incolpi ^ & fub initium mane & ve/peri iinicam folumm^odo pilulam exhihui , tenia quartove die dedi ter talem pilulam . {e ) Cosi lì pra- tica al di d' oggi ancora comunemente per 1' orrore che li ha di un rimedio nuovo ed infame. Quella cautela era da condonarli e lodarli al principio : ma al di d' oggi che per replicate prove di molti accreditati uomini liam fatti ficuri (a) ^nimad. prat- pag. J34. {b) Mat. msd. feci . i. cap. i. (<:) Lib- I. cap. i. 196 Guarigione mirabile dell'innocenza del rimedio prudentemente ulato , il comin- ciare con sì fcarfa dofe è perder tempo inutilmente, con no- ja e faftidio degli animalati . Io ho per coftume cominciare la cura con grani dicci al giorno di limil rimedio, per ac- crefcerlo di tratto in tratto fecondo che viene dagl' infer- mi tollerato . Dove fono meabili i canali, fottili e fcorre- voli gli umori , fufcettibili ed irritabili le fibre ed i nervi , fervidi i temperamenti, eftiva la flagione , tenera la età, minori dofi vengono a ballare . Dove all' incontro preval- gono e fono antiche le oftruzioni, fono vifcolì gli umori , torpide le fibre, infenfibili i nervi, milenfi i temperamenti, fredda la Ragione, avanzata la età, una dofe piccola è fem- pre inutile: fi perde in ella il tempo, e fi dà tempo al mor- bo di figgerfi fempre più . Il tempo per cui è da continua- re il rimedio non può fiflàrfi in tutte le perfone , né in tutt'i morbi eguale. Generalmente parlando, dove i tumo- ri fono fcirrofi, freddi, chiufi, follicolofi ., o attaccati a fot- tile peduncolo, vi vogliono dei niefi prima che penetri in effi il rimedio, e lo rifentano . Dove poggiano con largo piede, dove fono aperti in ulcere, e però atti a fentire im- mediatamente la forza della cicuta anche all' eflerno appli- cata, in brevi fettimane fé ne compie la cura. Non approvo io che le pillole fiano formate di due foli grani di cicuta per cadauna . Importa moltiflimo evitare che la cicuta non ifpieghi la fua forza al ventricolo, dove po- trebbe graviffimi mali eccitare . Divifa efia in piccoliiTime porzioni fé ne moltiplica la fuperfizieed è più atta a fpiegar la fua forza dentro lo ftomaco . Per quella ragione ftefla dapprincipio non voglio io che fiano compofle le pillole con la polvere di cicuta: riferbandomi a così fare quando defi- dero in effa un'attività maggiore e più forte del confueto ; ma le compongo con la polvere di liquerizia . Un altro errore commettefi comunemente , che molto ri- tarda ed impedifce Tazion libera del rimedio . Qiiefio è il volere che fempre ed in gran quantità ii beva il latte od il fiero dopo prefe le pillole di cicuta . Così fi toglie od infer- ma la loro attività, involvendo;ì le punte acri della cicu- ta, e coprendofi le fibre dal troppo neceiìàrio rifentire i fuoi ftimoli. Che importa cercar correttivi dove iì delìdera un ri- DI UN TISICO DISPERATO. 2gy un rimedio fortidinio, e dove ogni danno (ì fuol evitare coli' adattarne la dofe e Scemarla, fé ne rifentano ofìela gl'infer- mi? Lo fteffo Storchio ^ benché timido a principio della for- «a venefica della cicuta, ricorda dopo il fuo ufo non già il latte, ma una decozione di tè,o un brodo di vitello: qua- libet "vice dum ajfumimtur pilul£ datur unum , alterumve ua- Jculum infufi the£ , vel jufcuU vitulini . {a) Un'altra ragio- ne di fuggire al più che fi pofla i latticinofi è quella che alTazion libera della cicuta ed alla fua penetrazione ne' mi- nimi vafellini più interni o-da che il corpo dell' infermo fìa ben nutrito e graflb , a che porta l'ufo dei latte. Certo che nel noflro infermo giovò preftamente la cicuta, il quale era al fommo eftcnuato e magro: ond' è forfè che ne' cafi più eftremi e difperati fi è veduto aver giovato più fpeflb la cicuta : la quale quindi giuftamente può dirfi rimedio dalla Previdenza riferbato ai più bifognoli emiferabili infermi . Que- fla regola però non è univeriale : che in certe nature intol- lerabili di ogni minima dofe di rimedio per troppa fenfibi- Jità di fibra, riman neceflàrio accompagnarlo con i lattici- nofi , perchè fi pofTa fenza danno tollerare. Di qui C\ elice un' altra mancanza del Medico, per cui vien impedita o frafiornata V azion della cicuta , Quefhi è di non preparare all'ufo della medefima gl'infermi che fono ancora nutriti e pingui . Convien debilitarli ed eflenuarli ■con fpelTe miffioni di fangiie , con replicati purgativi , con tenerli fiffi in una dieta rigorofifiìma , privi affatto delle car- ni , e di ogni foftanziale vivanda, affinchè iiano fcorrevoli gli umori , ed aperti e meabili i canali alla libera azion della cicuta. Dovendo la cicuta agire non come topico , ma come ri- medio mofib dal giro comune degli umori, e dovendo per quefto anche per la guarigione de' tumori efterni effere in- trodotta nelle vene , farà impedimento ai fuoi effetti il tro- vare le prime ftrade imbarazzate di crafiè materie indigene, ed intonacata la interna fuperfizie dello ftomaco e degl' in- Tomo IV. P p ' (d) Lib. I. cap. j. 298 Guarigione mirabile teftini di tarde vifchiolìtà ritardanti V ingreflb fuo ne' vali lattei . Saranno quindi anche per quefta ragione neceffar) i purgativi, premelìi e frammeilì all'ufo delia cicuta. Che fé per qualche fcirrolìtà foflè il piloro riflretto ed oftrutto , dovrairi allora molto cautamente procedere con la cicuta: la quale troppo fermandoli in fu lo fiomaco per non poter penetrare agT inteflini può in elfo nuocere ed incan- cherire quel fcirro che per cfla fi vuol togliere . Il Sig. Gafpari ed io poco fa fummo chiamati alla cui a di un Cava- liere che aveva un' anguflia al piloro 3 fofpetrata da noi dal- la inappetenza, e dal rigurgito degli alimenti . Ordinam- mo l'ufo dell' eftratto di cicuta, che fu continuato per al- quanti giorni . Crebbero i mali dello ftomaco , s' acccfe la febbre , rigettò materie nere e morì . Apertone il cadavere trovammo una porzione del ventricolo verfo il piloro oftrut- ta e fcirrofa , e dentro corrofa ed incancherita . In quefti cali non fo per qual ragione in quefti ultimi anni frequen- tiflìmi , crederei che folle pui cauto 1' introdurre la cicuta per creitiero, affinchè entrata per di là nelle vene potefle agire per via di circolo , non come topico , contro dello fcirro dello ftomaco . Non ofl-ance però anche dalla cicuta internamente prefa in pillole di pochiflimo volarne , fi fono qui veduti in quelle ofiruzioni di piloro, fé non delle per- fette , fuffiflenti guarigioni , de' miglioramenti almeno , ba- llanti a fofl-enere la vita. Impedimento all' ingreflo della cicuta farà per anche la prefenza della diarrea per qual fi voglia cagione nata : per- chè quefta fottrae il rimedio dall' entrar nelle vene , anzi tempo portandolo fuori dal fecelfo. Adoprafi la cicuta , e vien raccomandata dallo Storchìo maflimamente per lo fcirro e cancro delle mammelle d: Il e don- ne; morbo ribelle e frequentiffimo ad accadere. Qiu(che vol- ta riefce la cura: quafi fcmpre fi prova del tutto inutile fé non dannofa . Una ragione fortilfima di quefla varietà di fucceflb in un medefimo male, non oifervi-ta dagli Autori , emmi riufcito di conofcere in pratica . Ho trovato che il più delle volte i tumori delle mammelle diuturni o fcirrofi fono figliuoli del tumore e dello fcirro dell ute'O ; da cui come figli da' padri derivano , e per cui fi foftentano. Ka- I DI UN TISICO DISPERATO. 2^^ gion di ciò troveraliì ia quel mailimo confentimento per via di nervi, che palla fra l'utero, e le mammelle , onde una parte rifente le alìèzioni dell' aitra. Qui in vano adopraii la cicuta contro dello fcirro delle mammelle , di cui vien fo- mentata la fermezza dalla fua perenne fufTiftente caufa dentro dell' utero. Si opporrà che la cicuta in un tempo fteflb che opera la guarigion delle mammelle , opera ancora la rifolu- zione del tumore dell' utero ; mentre eda , come lì è detto, agifce ed opera per la via del circolo comun degli umori . L' opponzione varrebbe in altre circoftanze di tumori : non vale aJ propolìto nofìro . L' utero fcirrofo quali fempre è fcir- rofo per eflere abballato e flrozzato nella vagina . Non vale a rifolverne il tumore qualunque forza medicamentofa tin- che non lìa eflb alzato e melTo e ritenuto in libertà al fuo naturale fito . Si fa qui dunque un circolo viziofo di male da non toglieril mai , fé non eflirpatane li radice . E farà fempre vana ogni cura diretta al tumor delle mammelle, fé con l'opera chirurgica , e con opportuni follentacoli e fa- fciature nor^ lìa ripofto 1' utera e fermato al fuo loco. Noi vedemmo in un male antico e difperato ,ed all' efìre- mo ridotto , per virtù della cicuta compita la guarigione nel fìtto inverno, e nel breve tempo di un mefe , con do- ii di rimedio ancora fcarfe e noa inoltrate . Quefto è un mifterio che fa trafecolare , elTendo noto che tempus frig^i- dum in'ptum efl ad perfeFlas Jolutiones morbomm. Bifogna at- tendere con reiterate oiTervazioni pratiche , fé per ventura le malattie, che con quello rimedio iì curano, ricerchino piìi tolto ii verno che la ftate per eiTcre curate. Chi fa che in tempo di ftate elfcndo troppo aperti e meabili i minimi canali fanguigni , e piìi aperta e facile fa via al fudore , non venga difperfa la virtù del rimedio, e fuori trafportata; quan- do neir inverno è pia interna e raccolta 1' azion fua e rite- nuta nel corpo 5 E' riufcira a noi felicemente e prettamente la cura per l'ufo fetnritcemcnte interno della cicuta. Sembra che aiuta- ta dair efterna applicazione d^l'erba bollita e cotta farebbe riufcita ancor meglio e. piìi nreilo . Veggalì bene le qui pu- re , dove ad o^ni radiane anr>are un ajuto^ alla forza inter- na dei rimedio, in tatto poi ftia anzi un impedimento al P P ii 50Q, Guarigione mirabile fuo operare . In quefta eftrinfeca applicazion di rimedio due cofe occorrono da confiderarfi : 1' umidità naturale dell'acqua, ed il calore attuale che acquifla col fuoco . Può oOare la umidità , rilafciando troppo e fiaccando le fibre , che col ri- medio C\ vogliono eccitate ed irritate al moto contro degli umori bagnanti . Può oliare il calore , figgendo fejiipre più e addenfando l'umore oftrutto inzeppato. Ufandoli qui dalle noftre donne applicare alle mammelle dopo il parto aifidui caldi fomenti per fciogliere le concrezioni del latte , quante: volte ho veduto io tutto all' oppolìto feguirne da tal uloi peflìmi incagliamenti delio fieffo latte, da doverli levare eoa molefle operazioni chirurgicali i Quanto agl'infermi, molti effer pofTono per difetto e col- pa di effi gli oftacoli- all'ufo, ed al buono riufcimento della; cicuta. Qi^iefti dallo Storcilo fon comprefi generalmente fotto» il nome di idiolincraiìa. Sufjt qui ex ajjh/npt/s lapidilus can-- croriim , qui arto rernsdium Jnnt innocenti jjimum , angimtur , vomunt^ fibre corripiuntur. , incidunt in. animi deliquia, ; air non & ejje pojjhit , qui ex latente caufa , a cicuta, male habe- rent ■: Novimus enirn quam 'mira & diz>erf£ fint hominum. idiosyncrafiis ; hinc poffent quidem ejfe qui r.emedium minus- ferrent (a) . Significa quello, vocabolo le particolari fcgrete.- coflituzioni e temperature degli individui . Qiiefta idiolincra- iìa fecondo Galeno è ineffabile , e appena può acquiftarfene; la cognizione con lungo ed intenliffìnio Itudio : ipfam z^ero,, ut aderii vocant , idiosjncrajtam , idejì corporum proprietatem ,. in qua fingula eorum pollere funi vi/a. , nec dignofc.ere nec meminijfe poffunt (b). Il conrentarfi di addurre 1" idiofincra- fia per ragione che la cicuta or giovi , or lìa inutile , or noccia, è un metter argine alle utili e necefiarie ricerche. delle cagioni vere e reali di quelli diflèrentJ rifluitati ; per cui forfè una volta fi verrà , conofciutele , a togliere ogni impedimento al buono e felice ufo del rimedio. L' idioiin- crafia è un. fantafma e uà puro nome , che non ha ell'enzat ne potere veruno: bifog.na difcendere a rintracciare le cagio-- {a) Suppl. p. J9. (i) Metii. med. cit. J. cap. »;> DI UN TISICO DISPERATO. JOI ni vere e reali delle cofe , per norma del noilro operare » Nihil efi minus philofophì , quam admivari , & confenefcere in admiratione ^ dirte un Filoiofo . E Cicerone : caufam ùrve- fiigato in re nova & admirabili fi potes ; fi niilla'm rcperies, illud prò certo habett , 'nihil fieri potuijje fine catifa . Per ca- gion di efenipio farà da efaminarli fé pofla fare oftacolo alT azion della cicuta una coftitiizione naturale di fibra lada e fievole , che non fi rifente né lì rialza contro degli ftimolì del medicamento. Al contrario può nuocere una coftituzion di fibra tefa e forte, che fi raggrinza ad ogni lieve ftimolo e chiude le vie al medicamento di penetrare ne'vafeilini mi- nuti. Poco però per quanto io penfo fi dee attribuire a quefte caufe, che non fono difetti di natura , ma diverlità di tem- peramenti: ed ognuno Ci trova fano e bene fotto il fuo pro- prio temperamento ; né fi pofibno fenza pericolo cangiare i temperamenti , fé pur 1' arte queflo valefle a fare ftabilmen-. te . Più torto per la medelìma teoria farà meglio il dire , che un nervo addolorato, infiammato , ofìefo , per pafiloni di animo maffimamente , come più fpeffo accade nelle fem- mine, divenga mobile, più fenfitivo , intollerante degli fti- moli della cicuta . O al contrario che im nervo torpido e paralitico per oitruzioni o preflioni ne' tronchi maggiori o nella fua origine , poco o nulla lìa atto a rialzarfi contro degli (limoli della cicuta. Parlando degli umori , una fcia- jiva troppo acida , i fughi digerivi troppo fteflamente ace- toll , pod'ono troppo attemperare, o ftruggere la forza della cicuta, fé è vero che eifa operi con particelle putride e al- caliehe . Unfangue pigro e pieno di vifchiofe ed oliofe par- ti Reifamente involve e ritiene, qualunque fieno le particel- le attive della cicuta . Un fangue troppo dcnfo non riceve in fé facilmente effe particelle , né le diftribuifce ne' vafelli minori. Un fangue acrimoniofo e diflemperato può rendere troppo viva r.izione della cicuta, e facile laemoragia. Qje- fti generi di vizj e d'impedimenti che d'ordinario lì trova- no a fradornare e diveriilìcare in varj tempi ed in varj fog- getti le virtù degli altri medicanienti, lì pofibno in qualche nii'iiera togliere od emendare, con far preced:;rc purgarivi e fala'u all'ufo della cicuta in una fpeTezza e tardanza dì umori, con accompagnarla con a.'lorbenti dove pecca l' acidi- P p iij joi, Guarigione mirabile tà 5 con latticinoli dov'è fpiegata e nota ia loro acrimonia alcalina : con fedare gli fpalimi. con blandi oppiati: che alle paraliiì e torpore di nervi efla cicuta vale , accrefciutane Ja dofe., o la fua forza con la giunta, della, polvere dell' eibi feccata , • Altri oftacoli, fono, non per colpa di natura , ma per .pura, colpa degl'infermi intolleranti e fciocchi. Per l'axion libera dejla, cicuta ricercaniì fottili gli umori, e facilmente meabi- li i canali . Quindi è neceflaria nel tempo che fi mette in pratica una ngoroliflima dieta di. tenue e fcarfo alimento . A quefta come, nota Ipocrate rade volte lì attengono lunga- mente, gl'infermi: arroti morbo quidcm gravati , cibis "vero •vacui ^ ^ qii£ morbo grata funt potius eligimt , qiiam qi'.£ ad fa.ùtatem conferunt; mori quidem non amantss , ^cd tokrare noi potentes {a).. Altri degl'infermi per riverenza di un Me- dico o accreditato o amico che non vogliono contriftare, di- cono di prendere il rimedio prefcritto , che in verità poi gettano via, o per delicatezza foverchia di. ftoraaco , o per le genti vicine che fufurrano contro di quello. Altri infen- lati quefto fanno per farO beffe del Medico, che poco ftimano ,. non penfando che non a lui, ma. a fé fteflì recano il danno. Altri plebei ftimano che i! Medico a. piccole doli di rimedio fi attenga, per prolongare il morbo e trarne maggior gua- dagno ; onde fenza fua faputa raddoppiano le doli col confi- glio dello Spiziale,con loro periglio ignorando che in Me- dicina non vale la regola del tre, come dice il. Rf^/ , mentre fé due giovano , quattro pofiono nuocere . Per quefti ed, altri difordini che par vergogna: numerare , eppure fono frequen- tiffimi , refta fruftraneo e ben anche, dannofo 1' ufo della ci- cuta. Dove fenza fua colpa perde que,fta il fuo credito an- che appreflo del Medico che la prefcrive :. e contro il vero crefcono nella Medicina pratica. le ftorie dell' infelice; fuo riufcimento . Del refto, come è avvenuto del mercurio, e della china- china , non ci vorrà meno di un fecolo prima che a forza, di ofiervazioni. e di oppoiizioni. lì venga a. metter in. chiara ia) De jirte. DI UN TISICO DISPERATO. ^OJ il miglior metodo di ufare di quefto rimedio nei bifognl particolari e moltiplici degP inf*;rini , e di conofcere gi' im- pedunenti tutti che li frappongono al Xuo operare . Reda an- cora a fare de' tentativi full ufo che fi può fare della polve- re della cicuta, e della fua radice, o del fucchio di recente efprello, per averne un rimedio ancor più efficace dell' elirat- to lino ad ora ufato . Relìa a vedere qual forza abbiano i femi , e l'olio da efli 'eiiratto, o la emullione : i quali for- fè potranno elfere tollerati dalle perfone più fenutive e dili- cate. Refta a vedere fé applicata la cicuta alla pelle, o den- tro introdotta per creftiere a giovar venga del pari , quando non è cauto e permeilo introdurla per bocca . Reda infine a vedere fé giovi unire aa efi'a il mercurio, o l'oppio o al- tro ingrediente per ajutare, o fcemare la fua forza , e fariì incontro con altri ajuti agli fpeciali bifogni delle varie infer- mità. Ma per la ftoria che fino al di d' oggi dopo venti anni abbiamo de' giovamenti o danni prodotti per efia, me- rita certamente che fiano fatte prove ulteriori del fuo valo- re ; che è quanto appunto per conchiufione della fua opera defidera lo Storchio: ex hìs patct dignum ejje , ut cum cìaaa Jiant expcvimsnta . 304 DELLA SUTVOSTA EGVAGLlAlSiZA di contraria elettricità nelle due oppofte. facce del vetro ^ 0 di uno firato reftflente per impiegare la ^carica , 0 fcojfa della boccia di heyden . ( Franklin. Opp. Voi. I. Lett. 4.) Del P. Carlo Barletti ProfefTore di Fifica Generale Sperimentale nella Univerlìtìi di Pavia . QUefl-o cardinale principio della Fraiikiiniana ipotefi adot- tato fenza verun fondamento ha la fìngolarità dì fem- braie"' immediatamente contrario al bel primo afpetto di una boccia , o d' un quadro , che comincia a caricarli ; poiché le oppofle facce al primo affluirò di elettricità prefentano fu- bito ambedue iniìeme omologa elettricità , cioè della fola fpecie , che s' induce per far la carica . Ha di pili 1' altra fìngolarità di fembrar contrario anche all' ultimo afpetto della carica elettrica, che è lo fcoppio ; poiché , come a- cutamente ofliervò il celebre Cigna { Mi fcellan.Taurinenf.Tom. 5.) fé folle come lì pretende perfetta l'eguaglianza delle due elettricità , reflerebbero perciò quefte fra di loro in perfet- to equilibrio; né vi farebbe più modo, né ragione , onde far partire la fcarica . Sarebbero nella loro contrarietà nel- le ftelTe condizioni , che dominano nel fuppollo univerfalc equilibrio. E fé qualunque porzione d' una ipecie di elettri- cità partiflè da una faccia, mentre V altra deve già efTere, e non può far di meno in vigor della fuppoda legge di non eflere eguale, quefta non avrebbe giammai adito nell' oppo- fta faccia, e cosi non avrebbe più luogo il fuppofto circolo di reftituzione . Quantunque però fembri queflo Frankliniano principio di- rettamente oppofto al primo fino all'ultimo termine del fe- nomeno , che fi vuole fpiegare , qualora con qualche atten- zione , e diftinzione fi confideri ; ciò non oftante come fu da prin- Della supposta eguaglianza ecc. 305 da principio imbevuto confufamente , e involto nelle mara- viglie della novità di quel forprendente fenomeno, così con- tinua tuttavia a ripeterli, e fi ripeterà ancora per molti an- ni e come rigorofamente vero , e come idoneo a renderne adequati ragione . Tanta è la forza dell' ufo negli uomini , è tanta la perverfità de' giudizj di prevenzione. Può ciafcuno convincerli della palpabile fallita di quel principio cimentandone V elietto fopra un grolTo ftrato ren- itente per efempio di zolfo, alto uno, o due pollici • Vedrà falla faccia fuperiore imprimerli o collo flroffinamento, o con affluiTo notabile elettricità fcintillante , e fcuotente , fenza che mai l'eguale, e talvolta neppure la menoma parte di con- traria iì nianifefti nell' oppofta faccia. Chi tratta di elettriche materie con qualche ufo di atten- zione non può a meno di non aver avuto fottocchio nella notiflima macchina a difco una perpetua , e collante prova della elettricità omologa tanto di una, come dell' altra fpe- cie,che lì eccita, e lì raccoglie nello ftelTo tempo dalle due oppofte facce d'uno ftelTo criiìalio . Era necefiaria confeguenza del Frankliniano principio, che una boccia , o un quadro armato fottopofto ad un altro li- mile nell'atto, che fi carica, doveffe contrarre forza di ca- rica elettrica eguale a quel primo . Indi Franklin propofe una fpecie di elettrica batteria con una ferie di quadri , che lì caricaflero nell'atto ftedo, con cui fi caricherebbe un fo- lo ( Fra'^klin Voi. 1. Lem. 4. «. i o. e 1 8. ) . Idea arbitrariamen- te ricavata piuttofto da quell' ipotetico principio , che dai tentativi , che ne fece imperfettifllmi , in realtà però non mai praticata , né praticabile . Mentre in fiffatta ferie di quadri, o di bocce, ficcome io ho trovato per efperimen- to , Ci riconofce manifeftamente in ciafcuno inferiore la fuc- ceflìva diminuzione di carica ; e ad altro non ferve finiile batteria, che a rendere evidentiflìma 1' illufione, dalla quale ella prefe nafcimento . Dai refidui della elettricità dopo la fcarica di grandi qua- dri , i quali refidui fono fempre della fpecie fleffa di elettri- cità , onde il quadro fu caricato , dedufle il celebre Epino ( JEpini Tentam. Theor. elettr. & magnet. ) la falfità di quel principio; e conchiufe evidentemente , che 1' ecceflb di elet- Tomo IV. Q.^q 3o6 Della supposta eguaglianza tricità è fempre in quella faccia , e di quella fpecie flelTa , onde s' induce la carica . Chiamai io quefto eccefTo elettricità dominante , e ne feci qualche utile applicazione ne' miei Dubb} , e penf.eri Julia Teoria degli elettrici fenomeni . Sono ora in grado di prova- re direttamente con efpenmentale induzione con quanta ve- rità s'introduca quel nome di elettricità dominante , e con quanta fìcurezra Ha applicato ai fenomeni , che da quefta derivano . Nelle ferie di Iperienze iuUe punte elettriche , le quali mi hanno fatto paflar per mano piìi migliaia di cari- che, e fcoppj elettrici di ogni fpecie, e forza, mi era dol- ce il contemplar di paflTaggio la coftanza di que' movimenti elegantidimi , che io fulle tracce del celebre Ricòmann di- chiarai nella precitata mia opera . Ma fui più dolcemente forprefo, quando diflinfì in que' modi nuovi fenomeni , che ne Kichmann , né io avevamo giammai notati . Reftando adunque nel quadro elettrico ver- ticale, che fia carico, e ifolato da ambe le facce , vibrati, e tefi que' pendolini anneffi alle ftelTe armature , 1' angolo della loro divergenza col piano del quadro non è mai in ambedue eguale, ma è fempre invariabilmente maggiore in quel pendolino, che appartiene alla faccia del quadro , che fu caricata . Che fé tanto a Kichmann , come a me sfuggi quefla particolarità, non è per difetto di efa'tezza nell' of- fervare, ma piuttoflo perchè adoprando femplici fili fenza quel globetto, che li rende meno mobili , e meno infierae atti a difperdere 1' elettricità, onde fono vibrati, non vi è realmente, che pochilfima , o niuna differenza nella diver- genza loro {a). Tanto e vero, che la foverchia mobilità. {a) DiiTioftrai nella mia feconda mente fcaricata nell'aria. Onde hen- Lettera dei Diibtj , e p:nj7^ri ecc., che che ineguali fieno le elettricità vibran- l' angolo di ripulfione è proporzionale ti, re!iano però eguali quelle dei fili alla quantit-i di elettricità o'iiologa vijrati, e quindi eEuali fono gli an- nel corno ripuifo . Ori quel filo len- goli di ripullione . All' oppofìo coi glo- aa ii ^l'jjetto in fondo fi Icarica con- betti aggiunti ciafcun pendolino ritie- tinu.i ente nell'aria di quella mag- ne l'intera elettricità , che riceve dal- gior porzione , che fpinge in rllo la la vicina armatura, e dimoflra inge- faccia caricati , e perciò non la mag- nuair.ente colla fua maggior divergen- gior angolo dell'altro vibrato da mi- za quella elettricità, ciie è maggiore. nere elettricit'a, la quale non è fittili- DI CONTRARIA ELETTRICITÀ.' e-C. Joy 0 fenfibilità j fé cosi piace chiamarla, degli ftromcnti, quan- do non è contemperata colle forze , cbe fi vogliono efplo- rare, turba talvolta, e perfino trasforma 1' ingenuità de' fe- ri ome ni . Ora quefla inalterabile coflanza di maggior vibrazione nel filo anneifo alla faccia del quadro caricata non meno di vi- trea, che di refinofa elettricità in tutti i gradi della carica elettrica, è la più folenne teftimonianza della elettricità do- minante , che ho propofto di fiabilire . Per vie più convincermi , che quella prima apparenza di eguale divergenza ne' fili all'ufo dìRicòmann nafce veramen- te dalla più pronta, e facile difperfione della elettricità, che è in fefteifa maggiore, ripetei quella parte dell' efperimento , in cui rtando que' fili egualmente vibrati, fi tocca col dito una delle armature, e Ci vede in tal atto pendere fenza al- cuna vibrazione il filo , che corrifponde all' armatura toc- cata, e l'altro all'oppofio fi vibra in qu«l momento ad an- golo doppio di prima . Succede è vero nell' iftante quefla maggior vibrazione . Ma fé perfiftete col dito a toccar l'ar- matura , ben torto ricade quel filo a minor divergenza, co- me prima. Segno evidente, che quella maggiore elettricità, da cui fuiridante fu fpinto, non fi mantiene ; che anzi Ci difperde aflài prontamente. Il che non fuccede quando all' ufo mio fì;a in fondo dei fili quel globetto, che nella pre- cedente preparazione defcriffi {a). E qui pure inafpettati fenomeni trovai, che più efficace- mente atteflano la dominante elettricità della faccia , in cui s'induce la carica. Ritirando il dito dal premeilò contatto d'una armatura, ricade vie piìi l' oppofio filo , e comincia queflo , che pendeva inerte, a rialzarfi , come efìge l'efperi- mento di Kicb/nann . Ora efperimentando all' ufo mio coi globetti in londo di que' fili mi occorfero delle notabili dif- QLq ij (a) Concordano con quelle riflsfno- to del peniolo, fi riducono quelle ri- ni q-. feiioniriii ci ripal'ione , dia pulfoni a termini incrediSilinente più deUrilTi nella ioprarcitst Ict'.cra , nel- corti, clif non quando era il giobet- la T-.aie colla loia i.ii.j.i'; d'u;,a pan- to lolo lenza quella punierella difper- terella metallica dilperdeate al globe:- 4eaLe. 3oS Della sopposta eguaglianza fsrenzc da Kichmann non offervate; e non mi fermai finetó non ne ebbi rintracciate le vere leggi. Conlìflono le differenze I. nel toccare piuttofto l' armatu- ra , per cui fu caricato il quadro, che l'oppofta. II. efimil^ mente nel ritirare il dito da quella piuttoflo, che da que- lla armatura toccata . Né altre fono le vere leggi ., che a quefte differenze cor- rifpondonoj fé non le feguenti . Legge prima. Se fi tocca T armatura , per cui fu impreffa la carica , il filo tefo delToppofta armatura diverge bensì di più, che non prima di queir atto ; ma quefta divergenza non è mai tan- ta, quanta lo è aflai di più nell' armatura prima , in cui fu impreffa la carica, quando invece di toccar queita ii toc- ca piuttoRo col dito J' oppoRa armatura. Onde fi può cer- tamente riconofcere quale lìa ftata 1' armatura , per cui nel quadro fu impreffa la carica, dal maggior angolo della di- vergenza accrefciuta nell' oppofla armatura , mentre V una e r altra C\ tocca alternamente col dito . Ed è quefVo uà nuovo criterio , che rende vie pili perfetta 1' elettrica teoria . Legge seconda. Similmente ritirato il dito nel primo cafo, quando fi toccò l'armatura per cui fu impreda la carica , il pendolino dell' oppofla armatura ricade quafi verticale lungo la fieffa , né pili comincia a rialzarli, finché quello dell' armatura tocca- ta non è rifalito prima, e notabilmente di più. All' oppo- ilo ritirato il dito nel fecondo cafo , quando [\ toccò 1' ar- matura oppofla a quella, per cui fu impreffa la carica , ri- mane il pendolino anne.fo affatto inerte ; e frattanto quello dell'armatura, per cui fu impreffa la carica, non ricade mai in tal atto interamente-, ed è inoltre il primo, che comin- cia a rialzarli , e divergere di più innanzi, che l'altro fac- cia verun acquiflo nella divergenza , che fa poi lentamen- te, e fempre minore del primo. E con quef>a legge iì effen- di vie più, e fi conferma quel nuovo criterio , che nella prima fu flabilito. DI CONTRARIA ELETTRICITÀ ecC. 309 E lìccome quefte diftcrenze, e quefte leggi fuffiftono in- Variabilmente le iìcdc in ogni fpecie di elettricità reiinofa, e vitrea, colla quale fi carica il quadro ; e fono coftantjf- fime finché Rei quadro vi e fufficienza di elettricità per vi- brare que' fili , che pendono dalle due armature , perciò tut- te cofpirano a flabilire fuori d'ogni dubbio l'elettricità do- minante della faccia , che fi carica . Onde ciò , che Epino dedulTe dai foli effetti fuccedenti al- io fcoppio, e foltanto con grandi, e non ordinarie prepa- razioni; ciò che nei tentativi , che ne fece , non ofTervò Franklin^ ne credette Epino poterfi altrimenti offervare, io lo dimoftro con facile, e comodo apparato paflando per tutti i gradi della più alta forza di carica fino all' ultimo decadimento delle oppofte elettricità, che fanno 1' elettrico fcoppio . Q_q iij L E T T E li A Del Sig. Leopoldo Marc-Antonio Caldani ^Z. DOTTO E CELEBRE SIGNORE » Il Sig. Dott. LioNARDo Targa. TUtto ciò, che ferve ad amplificare ed illudrare la fio- ria delle fedi e cagioni delle malattie , fu mai fempre tenuto in fommo pregio dai veri e dotti Medici . Quindi è, che non effendomi ignoto com' ella ferbi di limili cofe il più efatto regiflro, ho creduto di farle cofa grata, comuni- candole un cafo fingolare , da me già tempo offervato di quella orribile malattia , nella quale vomitandoli prefTochè tutto ciò che trovali nel tubo degli alimenti , con accom- pagnamento il più delle volte di feroci dolori di addome, e in feguito con pertinace ftitichezza di ventre , viene chiama- ta col nome d' ileo o di fàjjiom iliaca j e volgarmente dicefi il male del mifererc . Ella ben fa da quante cagioni fra loro diverfe quefla ma- lattia tragga la funefta fua origine . Analizzando però la maggior parte di quelle cagioni , pare che la maniera loro di operare fi riduca a far sì, che il tubo degl'intefìini fpef- fo in qualche fua parte venga ftrozzato , o compreflo , o chiufo da materia aliena, o s'interrompa e perverta in qua- lunque modo ì\ naturale fuo movimento. Quindi poi ne Suc- ceda il più fovente , che non potendo ne gli alimenti, né l'aria, né que' fughi e materiali , che debbono fcorrere per gì' interini , fuperare 1' in«folita refiftenza che loro fi oppo- ne, fi arredino al di fopra della ftrozzatura , o degli o(ta- coli che lo comprimono, o l'otturano, o del luogo di fua immobilità, ii guaftino; e ftimolando foverchiamente le to- nache del canale medelinio , quefto fi contragga con violen- Lettera 511 za , e refpinga r fughi e materiali indicati verfo la parte che meno relUte, vale a dire fuperiormente . Quefto è ciò che avviene nell iko per forte flrozzatura , che non permette il libero movimento delle materie per la cavità intelHnale. Del reRo non mancano efempj ài affex.ioni iliache^ fotto le quali, almeno ne' primi giorni , con appa- rato di dolori tormentofl , fovente filfati alla regione del bellico e dell' ipogaffrio , di vomito, di iìnghiozzo ecc. anzi qualche volta anche fenza dolori , efcono i flati e le feccie più e meno liberamente. E ciò accade quando l'inteftino è fornito di qualche appendice o naturale o morbofa , che re- fli imprigionata ; ovvero allora quando è ftiozzata qualche picciola porzione delle tonache dell' intefrino , si che la fua cavità poco o niente fi riftringa. La fliratura , o 1' infiam- mazione fono in tali cafi le cagioni dell' iko, perchè 1' una e r altra per infolita guifa irritano T interino : e a quefto male poi, quando è innoltrato , fuccede 1' infuperabile ftiti- chezza di ventre . Tale fembra generalmente il modo di operare della mag- gior parte delle cagioni, dalle quali \' affizionc iliaca proce- de ; perchè ve n'ha una fpezie, in cui pare che in tutto il canale degli alimenti altro non fiavi che una tale irritazio- ne , per la quale il moto antiperiftaltico prevalga al periftal- tico del canale medefimo . Io non fo bene fé quefl:' ultima fpecie d' ileo potefie chia- marfi iko di fpafmodia , di cui ne ho veduto un folo efem- pio . Mi fomminifi-rò quella ©nervazione un nomo d' anni 42, che faceva il tefiitore da feta, di abito di corpo carno- fo, e robufl-ifiimo . Venne egli allo Spedale di S. Maria del- la morte, di Bologna, nell' aprile del 1749. Da due giorni addietro fenz' altra cagione a lui nota, oltre quella di eilerlì efpofio a un colpo d'aria fredda nella notte antecedente al- la malattia, cominciò egli a vomitare quanto inghiottiva o di cibo o di medicamento , e quanto aveva negl' intefìini . AlTicurava e proteftava egli fteffo ne' modi più forti, e con _ fomma agitazione di fpirito, di avere reftituito per bocca il pretto flerco figurato . Non era erniofo , né aveva febbre : il ventre era tefo , intieramente inofficiofo , e fotto l'efplora- zione poco dolente: pochiffimo orinava, e le orine erano fi- 512 EfiTTERA nilli alle naturali: fofllriva di quando in quando qualche in- fulto di lìnghioz/.o, che lo molellava airaiilimo . Si prefcrif- fero de' crillei : ma tale era la collrizione dello sfintere , che con grandiilimo ftento potè riceverne uno che tratten- ne, ne volle adòggcttarli ad un kcondo , l/na prefa d' olio con quattr'once di mercurio fu da lui lubitamente rigetta- ta. Si fece ufo de' fomenti all'addome , ma inutilmente , per- chè fu attaccato in quella notte , ter/.o giorno di fua ma- lattia , da univerfali convullioni, e con tal forza, che nell' accedo ufc\ di fentimento. Replicò 1' accedo la mattina do- po prima del mezzogiorno, e con tanta violenza che ne re- ftò per cosi dire flrangolato . Neil' apertura del fuo cadavere non mi fu poflibile trova- re la cagione materiale di quello volvolo , almeno nel tubo degli alimenti, il quale , fé fi eccettua una foverchia gonfiez- za per copia d' aria che conteneva , fembrava in ogni fua parte limile allo flato di natura . Io dilli almeno nel tubo degli alin/enti ^yicvchc incontrai cofa nel rene deliro, che mi par degna di ellérle comunicata . In poche parole tutta la pelvi di quello rene , e cinque de' tubi che concorrono a formarla , erano ollrutti da un calcolo , il quale flendevafì in giù fino al principio dell' uretere . Eflratto quello calco- lo, vidi le cincjue fue radici fuperiori pertugiate ed aperte in una cavicìi maggiore, che occupava il centro del calcolo della pelvi . Non mi è ignoto come altri calcoli fiflolofi , per così dire , fianlì trovati alle volte ne' cadaveri : quello però pavvemi (ingoiare , perchè una pietra forfè qualunque non (Ì potrebbe trap;jnare con tanta regolarità , con quanta era trapanato quello curiofo calcolo, il quale per confeguen- za lafciava libero il corfo alle orine , che da quel rene fi fcparavaijo. Qiiefli canali pietrofi erano gucrniti iinernamcn- te di un dcnCo muco , a guifa di membrana . Il rcllo di quello vifcere , con mia forprefa non picciola , non preientò nemmeno velligio di arena , o vizio d' altra forta , liccome neppure la vefcica . Cercai de' parenti di quello infelice per aver qualche lu- me intorno alla ftoria di fua malattia , ficcome intorno a quella lìngolarità in uno de' fuoi reni incontrata : ma e la madre fua e la moglie ancora , da me interrogata protella- rono Lettera 315 rono di non efferfi mai avvedute eh egli rendeffe orine are- nofe , e mi accertarono eh' egli iìcuramente, vivendo , non craiì giammai lagnato di alcun incomodo nell' orinare . Qiian- to alla cagione del volvolo non potei fapere più di quello che l'infermo avevami egli ftello raccontato. Mi fu d'uopo cedere ad ogni modo quefto calcolo al fu Sig. Dott. Vin- cenzo Mcnghini , che allora faceva alcune fperienze fu di quefte produzioni morbofe del corpo umano : e mi duole adcfTo di non averne fatto trarre almeno il difegno , che in quefta occaùone le manderei. Negli altri ventri non fi tro- vò alcun vizio fenlibile. Lafcio eh' ella giudichi fé queflo calcolo , nato , crefciu- to 5 e portato naturalmente parlando per tanto tempo , fen- za difagio o incomodo alcuno, pofla dirfi la cagione mate- riale del volvolo , che io ho detto poterfi forfè chiamare Ileo fpafmodico ; che intanto pafTo ad intrattenerla , iiccome mi iono proporto, colla relazione di quell'altra fpecie d'Ileo da me ofi'ervato parimente in Bologna mia patria : ìleo co- tanto, a mio giudizio, fingolare , che mi obbligò a Aenderne infin da quel tempo non folamente la fioria,ma fibbene an- che la fezione anatomica, non difgiunta da una tavola o di- fegno che rapprefentaflTe la itravagante cagione di quella ma- Jattia.Il difegno fu efeguito dal fu Sig. Ercole Lelli miogran- diffìmo amico, ch'ella avrà facilmente conofciuto di perfona ancoraje la cui abilità nella cognizione delia fabbrica del cor- po umano, nel dilegno, nella fcoltura, e quali in ogni ge- nere di delicato e diligente meccanifmo, gli acquiftò giufta- mente quella riputazione , che vivrà mai fempre nella me- moria degli uomini ; anche per ciò che fulTiflono alcune ope- re di fua mano, fempre ammirate da' forertieri intelligenti , nella camera anatomica dell' Inrtituto di Bologna. La ftoria della malattia e della fezione, che io ho determinato di co- municare a lei , fulla lulinga che non fia per difpiacerle , è quella ch'io qui traferivo. Il di 7 dicembre dell'anno 1750 fu condotta allo fpeda- le fuddetto una vecchia d' anni 80 compiuti , pieciola ; cur- va, e fcarnata; la quale li lagnava altamente di un dolore coftante nel baflbventre , che fpeflTo innafprivafi all' intorno del bellico, ed anche in fondo al ventre, liccom' effa dice- Tomo IV. R r 314 LETtHRA. va; e che riducevala preflTochè a un forte deliquio , il qua- le non cedeva che ad un vomito infoiente e fetido ; rellan- do in appreflo fpofTata ; con fete e pertinace ftitichezta di ventre. La lingua era arida e fporca , pefllmo l'alito ed il fapore della bocca ; fenfibile il calore di fua pelle afciutta ; l'addome tefo e dolente ; i polii trovaronfi piccioli , celeri , contratti ; le orine erano fcariìflime ; efalava ruti puzzolen- tiflimi , fpeflò feguiti o preceduti da linghiozzo . Vomitò due volte in tempo eh' io la vilitava, e la materia fgorgata con impeto era non molta, ma di colore pre.Tochè atro, e di un odore infolfribile . Prefentandomili tofto 1' idea di una pajjiom iliaca, mi feci a chiederle fé folFe erniofa ; né con- tento di Aia negativa efplorai io fteflTo il ba'Foventre , e i luoghi all'intorno di elio, ove fogliono fornarù dell'ernie; e la feci anche viiitare dal primario Chirurgo dell' of,"edaIe : ma non fi trovò ombra di ernia in luogo veruno . Fu in mezzo a quefta efplorazione , che lamentandofi ella che per noi le fi era innafprito il dolore del ventre, fi fvenne per la feconda volta, e non {\ riebbe che vomitando. La interrogai intorno alle cagioni di quefia fua crudele ma- lattia; ed ecco appuntino ciò che a (lento, e dopo molte in- terrogazioni potei raccogliere da una di lei forella , che era pre- fente quando la viiìtai,non meno che dall'inferma medciima. Da fei anni addietro, effa mi dille, nel maggior freddo dell'inverno, fui mai fempre attaccata da un pò di diarrea; unica e fola malattia che ho fofFerto nel corfo di mia lun- ga vita. Qi-iert-a diarrea duravami in ciafcun anno per lo fpazio di dieci o dodici giorni al più ; indi celiava fponta- neamente . Era però difcreta, dacché i dolori, che talvolta l'accompagnavano, erano afiai miti ; né m' impedì giammai l'efercizio di mie domeniche faccende . Verfo la hne dello fcorfo mefe lì uni al freddo, che però non era grande, una forte pafhone di animo per la morte di mio fratello , da cui riceveva il cotidiano foflentamento ; e fui aiTalita dalla foli- ta diarrea , accompagnata però da dolori un poco più fre- quenti del paifato . Ciononollante a certe ore ufciva di ca- fa , e mi portava a viiitare le mie amiche, prelTo una delle quali , dopo otto giorni di quella diarrea, mi fermai anche .a pranzo, dove mangiai con buon appetito, e bevei dell' ot- Lettera. ^ly timo vino. Parendo a me , e pili all' amica mia , che que- fto vino mi riftoraffe e nii rinvigorilfe , me ne fece dono di un fiafchetto, che mi portai a cala , e tracannai a cena in compagnia delle mie due forelle . Ciò avvenne la fera dei due del corrente dicembre ; quando prima di pafTare al let- to i doloretti di pancia mi (i rendettero acerbi , fpezialmen- te all'ombelico; mi li gonfiò e indurì tutto il ventre; e fui afialita dopo alcune ore da un freddo , per cui io tremava tutta; fotto il quale vomitai non folo quanto aveva man- giato a cena, che veramente fu pochiirimo, ma sì bene an- che il pranzo , e tutto il vino bevuto , che però non fu molto, non efTendo ufcita di fentimenti . Mi rifcaldai ap- preso più del dovere; fui tormentata da molta fete ; non potei dormire; e mi reftai fenza alcun ajuto medico pel trat- to di tre giorni , fperando che il male cedefle di per fé , fic- come in quefla occalìone aveva fatto la diarrea. Le mie fpe- ranze andarono però fallite, perchè i foliti dolori , gli sfi- nimenti, il vomito di materie difguftofiflime e fetenti, non folo fufTifterono, ma fui principiare del quarto giorno infe- rocirono di modo, che una delle mie forelle andò in trac- cia di un Chirurgo, che mi cavò fangue dal piede , e per clFere quattro giorni che non aveva avuto benefizio di ven- tre, voleva mettermi un fottrattivo ch'io non volli permet- tere ad alcun patto. Crefcendo però maggiormente i dolori e gli altri incomodi , e fentendomi priva di forze, mi fono fatta trafportare all' ofpedale . Ella s' immaginerà facilmente che non folo da me , ma dal bravo ed eccellente clinico Sig. Dott. Giufeppe Azx.ogui~ di, allora Medico ordinario di quell' ofpedale , li pofero in opra ordinatamente tutti gli ajuti dell'arte , che in cafo fi- mile erano praticabili . Avvegnaché fi conofcefle manifefta- mente che la malattia , fpezialmente tanto innoltrata , non era fuperabile dalla forza de' medicamenti . Non volemmo pe- rò far ufo del mercurio crudo a gran dofe per bocca C tut- toché , attefa la fanità coftantemente goduta in paffato dall' inferma, e 1' afienza di ernia, potefle più fofpettarfi d' inva- ginamento o violenta coftrizione di qualche pezzo d' interi- no, che di altra cagione ; e d' invaginamento o coftrizione nata probabilmente da infiammazione , attefa la febbre che R r ij ^i6 Lettera. lì manifeftò prima dell' ìleo ) perchè e in quella fera eh' io la vifitai per la prima volta , e la mattina feguente , fuflTi- ftendo di quando in quando il vomito fempre più fetido , avvegnaché fcarfo e fpumofo, i polli eranli fatti più debo- li , il dolore era fcemato notabilmente , le forze erano quali intieramente perdute, fredde le eftremità : fintomi tutti, com'ella ben vede, che pare dimoftraflèro edere già nata la cangrena degl' inteftini. Di fatti , ventiquattrore dopo il fuo trafporto allo fpedale, cominciò la refpiragione a farfi diffi- cile ; i polli mancarono infieme co' fentimenti ; e pafsò al numero de' più la mattina dell'altro giorno ; vale a dire do- po effere fiata nell' ofpedale pel folo intervallo di 40 ore all' incirca . Feci trafportare il cadavere nella camera anatomica per farne (a) la fezione : nella quale io mi era preparato a ve- (a) Vivono ancora moltiflìme per- fone e in Bologna, e in altri luoghi, le quali pofTono attellarecome io non abbia giammai omelTo di aprire pref- fochè ogni cadavere nel detto fpeda- le, si per informarmi alla meglio del- la fabbrica fovranamente maraviglio- fa del corpo umano , per quanto per- mettere lo potevano i miei fenfijche non ammifero per vero fé non quello che ad elTi compariva in maniera evi- dente , o al più aiutati qualche volta con vetri di non molta attività , che ipeflo inganna ; come per conofcere le fedi e le cagioni delle malattie- E ciò fu da me fatto non folo per tut- to quel tratto di tempo ch'io abitava neir ofpedale fuddetto in qualità di medico affiftente , ma prima e dopo ancora ; e parimente qualche volta in altri fpedali, e per moki anni nelle camere delle pubbliche fcuo'e di effa citta , non che in cafa propria . Mol- ti pure ne ho aperti e ne apro qui in Padova , dacché occupo pel corfo ornai d' anni diecifctte anche la cattedra anatomica di quefia Univerfita . Non ho giammai tenuto conto del numero di erti , perchè non ho mai creduto, fic;o:iie non credo nemmeno adello, che ciò poffa contribuire ad acquitiarfi fama e riputazione . Pure non mi fc ignoto che ciò fu fatto da uomini fommi ; ed a quefli pare che fi debba perdonare quefia piccioliffima vanita , la quale niente può ofcurare il vero meriro loro ; laddove da altri imitata moverebbe le rifa ai leggitori ; o ad una brigata di uomini anche non ta- cili a ridere. Ora appunto era in mia cafa che il celebre letterato ed ami- co mio amatiffimo Sig- Co- Francefco ^Igaroiti , terminatafi da me la gior- naliera dimofirazione anatomica ai giovani fìudiofi, voleva che a lui pure dimoflrafll e defcriveffi quant' era pre- parato , e quanto bramava egli che preparadi , onde Ibddisfare alla dotta fua curiofita. Vide egli in tale occa- fione tutta la miologia e la fplanchno- logia , ficcoms pure i tronchi e rami principali de'vaji e de' nervi. Ciò ac- cadde neir inverno degli anni 1756 e I7J9) ( fs la memoria non m'ingan- na ) e non certamente negli anni pri- mi di fua gioventù. Ellendo egli fia- to uno degli uditori di un mio iilu- ftre Prozio , Eufìizchio Manfredi , quan- do queRi mori ( del 1739 ) io appena contava gli anni tredici . Ho voluto aggiagnere quella nota onde fia cor- recto un anacronifmo GOairaelfo dall' Lettera. 517 derc o una forte coftrixione, o non picciolo invaginamento d' interino, che coftituifce fecondo alcuni ciò che propria- mente chiamali volvolo . L' addome era aliai tumido , tefo, e fegnato di alcune flrifcie , rubiconde infieme e fcurette . Aperto che fu, fparfe un tetro naufeofo fetore per tutta quel- la gran camera. II colon trafverfo era molto dilatato per copia di aria, ma fcevero da infiammazione : lo ftomaco pic- colo e contratto eoa pareti refiClenti e dure: gì' inteflini te- nui fi videro gonfi, infiammati per la maflìma parte, e con- tratti qua e là in guifa, da prefentare alla vifta una qual- che fpecie di celle o concamerazioni , quali come il colon : quelli che occupavano la pelvi , e vi (lavano un poco al di fopra , erano anche cangrenati. Cominciai a fvolgere d' al- to in baflTo quelli inteftini , alquanto più in fu del luogo cangrenofo , e profeguendo a fvolgerli lino a quello luogo vidi una gran parte di elfi infieme col loro mefenterio ftroz- zati violentemente dentro la pelvi: quindi cercando con un dito la cagione di quello flrangolamento m'incontrai in una cordicella molto dura e refillente.Lafciando tutto a fuo luo- go , e comprimendo foltanto gì' inteftini ai lati della flroz- zatura in guifa, da rifpignere alle parti oppofte 1' aria con- tenuta, e cosi vedere l'origine ed il fine di quello legamen- to fingolare , che veniva coperto dagl' inteftini turgidi ed infiammati ; non fu piccola la mia forprefa allo fcorgere che un' eftremità di qucfta briglia micidiale partiva dalla tuba falloppiana deftra,poco prima della fua fimbria, e di là fcen- dendo attacc.-'.vaù fortemente al fondo dell' utero ; il quale era foUevato m punta, facendo ancor eiTo una parte dello ftefib legamento . La fingolarità del cafo fece tofto fofpendere ogni ulterio- re perquilizione , e mandai in traccia dsl lodato Sig. Lf///, perchè volelfe farmi il piacere di trarne il difegno fui cada- R r iij autore della vita del fuddetto Cava- pò di riflefllone e quindi m' .iveT.ro liere : anacronifmo che ve?;gio ripetu- guardato in f.ccia,non fare_b;ro cer- to da altri, i quali, conoicendomi di tamente nello lìefl'o errcre inciam- perlona , ficcorae ccnolcevaini 1' au- pati. . - ■ : -' ,- ' tore della vita, fé avellerò fatto un 3IÌ5 Lèttera. vere mcdefimo. Venne egli a me prontamente, e fece ch'io portafll via colla fega le due ofla del pube , indi feparafli la vefcica dell' orina, affinchè tutto 1' utero , e parte anche della vagina reftaire fcoperta: ma perchè la tumidezza degl' inteftini all'intorno della ftrozzatura non permetteva che fi vedefTe il detto legamento , quindi feci paffare a forza di compreflìone una parte dell' aria , che contenevano , negli al- tri inteftini più lontani, legando in apprefFo fopra e fotto quella porzione di quefto tubo, in cui eralì lafciato tanto di aria che baftalTe a mantenere in elfi le tracce della loro fezione, fcnza coprire la briglia che li teneva validamente ftrangolati ; e feparando tutto il reilante degl' inteftini , che allo fcopo noftro erano inutili . La figura I della tavola, aggiunta a quefto fcritto , colle lettere DEKKKL rapprefenta 1' inteftino ileo col mefenterio I ftrozzato (a) della briglia C, che aveva alzato l'utero A infolitamente rotondo nella prominenza B. Le lettere D E indicano forfè il fine dell' inteftino digiuno. Il collo dell'u- tero eh' era un pò tumido , e un tantino rofllccio , ficcome Io era il reftante dell' utero fteftb , è fegnato colla lettera F. Le lettere H H notano parti del peritoneo. La vagina aperta è rapprefentata dalla lettera G , fotto la quale fi veg- giono le pieghe o rughe , e fra quefte una colonna rugofa {ingoiare, e prominente , ^, nel parete pofteriore della va- gina medefima. Finalmente L è quella parte dell' inteftino ileo, che, dopo la ftrozzatura, facendo varie circonvoluzio- ni , andava poi ad aprirfi fecondo il folito nel colon . Efeguito quefto primo difegno fi fprigionarono gì' intefti- ni ftrangolati , e fi trafle l'utero dalla pelvi . Lo fprigiona- mento riufci facilifllmo , perchè ftirandoli fenza molta forza fi ftracciarono , tanto erano maltrattati . Comparve allora (a) Conviene ricordarli, come fi e tornaflfe . Lo flefTo dicafi del corpo detto pocanzi,che quefta briglia non deli' utero, coperto elTo pure dalle bu- fi vedeva per elFere coperta dalla gon- della; e fi avverta che in quefla figu- fiezza degl'inteflini .-e che per vedrT- ra prima non fi fono efprelfe nemme- la , e difegnarla , fu d'uopo rifpignere no le rraccie de' legamenti dell' ute- J'aria negli altri intefiini lontani ; e ro , perche meglio comparifle la fin- impedire colla legatura che non viri- golarit'a della ftrozzatura. Lettera. 319 l'utero (Fig.IL) colle fue tube NN feparate quafi òl\ tut- to dagli attacchi de' legamenti larghi diW utero, e (ì vide l'anello H ( fatto dalla tuba rivoltata in alto, ed anche un poco dall' utero ) per cui paflTata era non piccola porzione dell' ileo col mefenterio, e forfè parte ancora del digiuno, giacché r interino , al luogo E della figura priina , era in- ternamente guernito di valvole più frequenti di quanto of- fervalì comunemente nell' ileo : quindi è chj nella ftelfa fi- gura prima ho penfato di poter indicare col D il digiuno inteftino. Delle ovaja 00 la deftra era come divifa in due porzioni diffcrjìnti di volume. Poco o nulla importa avvi- fare che le altre lettere rifpondono a parti indicate nella prima figura, e che con MM. fi notano i legamenti rotondi dell' utero ; non dee però tacerfi che quefto vifcere con tut^ ta la detta ftiratura , in quella donna che mollrò d' elTere per ogni titolo intatta, non prefentò alterazione alcuna nel- la propria foftanza , e nella cavità fua : era foltanto un po- colino inclinato e trafportato al deftro lato della pelvi (F/^. I.) e la tuba deftra era totalmente oftrutta : anzi in tutto il fuo tratto cangiata in un pretto e duro legamento. Eccole , Padrone ed Amico veneratiffimo , la ftoria e la fezione anatomica di una donna , morta di pajjìone iliaca, rata da un vizio che neftuno certamente avrebbe potuto in- dovinare. Egli e vero che non namo fenza efemj li di fimi- le affezione prodotta da qualche briglia o legamento mor- bofo , che ftrangolava gl'intellini: e Cx pofTono leggerne al- cuni nella Memoria del chiariflìmo Sìg. Hez'ift , inferita nel volume IV. della Reale accademia di chirurgia di Parigi: ma di una fiffatta briglia , qual è quella da me oftervata, io ron mi ricordo che fiavi ftato efempio. Un Nofologifta da- rebbe a quefta fpezie d' ileo un nome nuovo e rifonante . Forfè , volendo indicare 1' anello ftrangolatore , fatto dalla tuba infieme e dall' utero, lo chiamerebbe Ileus DaByliosal- finghyjhros , che farebbe finalmente voce greca , e non bar- bara, ficcome fono non poche di quelle che furono inven- tate da alcuni Nofologifti : e parimente a quella pajfiom ilia- ca^ nella quale ^\ vomita il pretto llerco, darebbe il nome di Copremstia , da I. H. Levater cento Tedici anni fono ado- jio Lettera; perato (^), ovvero di Copriemejìa che fi legge nell'opera del Bonet (b). Ma io non voglio nemmeno provarmi di diventare Nofo- logirta: conofcendo che il denominare appropriatamente , e il ben cladificare le malattie , e cosa fommamente difficile ; e che r accignerfi a fabbricare un vero fìftema nofologico in tanta copia di fintomi , e di cagioni comuni a moltiihmi morbi, rade volte femplici, fpeffiirimo complicati ed ofcuri , e in tanta fcarfezza di fegni patognomonici , fia prefibchè lo fteflò che il pretendere di aflegnare i limiti della divilì- bilità della materia. Da quefta difficoltà nafoe che i Nofo- logifti poco afTai convengono fra di loro ; e che uno fielTo autore , riftampando la fua Nofologia , trafporta in ogni edizione alcune malattie da un luogo all' altro, collocando- le fotto claffi diverfe da quelle, ove le avea pofte da pri- ma. Quindi è che i giovani medici, i quali leggono leNo- fologie, non fanno chi fra gli autori di effe debba prefcie- glierll : imperocché la malattia, di cui qui iì tratta, fecon- do il Si^. Vogel entra nella claffe delle febbri, quali non fi defilé paffions iliaca fenza febbre che 1' accompagni iin da principio, o fi fufciti in progrefl'o : il Sig. Cullen la vuole in quella de' fpafmi ; il Sig. Sauvages ^ e quindi il Sig. Su- gar^ in quella de' fluifi ( fra i quali non dubitò di colloca- re anche la naufea ) fcrivendo dell' ileo , che gaflrodinia , ob- fìipatio , anxietas , iy uomitiis drmum feculente materi£ , de- terminant hunc morbum . Ma ne il vomito di materia fecale è compagno indivifibile di quefia malattia ; né fempre il do- lor forte di ventre o di ftomaco, come importa il valore della voce gaftrodynia , è congiunto alla fteffia . Potrei qui citare non poche florie di quefta affezione fenza 1' accompa- gnamento di dolore , o di dolor notabile , s' io non fapeffi che a lei non pofibno effere ignote. E poiché mi è venuto fatto di nominare i Nofologifti , io (a) Ve intt/finof. etmpref'one . {h) Sepulc- Attaì. Di'ìitt. Bafil. j67«. Lettera. ih le confenb di non intendere come fi voglia da quale uno di effi, che la papom iUaca lia una cofa itefla colla colica ; fc per colica dee propriamente intenderà, lìccome pare, un do- lore che ha lua ùd^ nell'inteitino colon. 2\iò il dolore qua- lunque di ventre chiamarli, come fecero molti antichi , col nome g.:nerale di colica: può, quale che liali l'inteftino ad- dolorato, vale a dire ìi fpecie di colica., fuccedere a quefta la pajfiom iliaca \ ma fé quefta attacca talvolta fenza dolore perchè dovrà dirli che \' ileo ., o V affex.ione iliaca^ altro non è che un grado maggiore della colica ì Si confonde dunque mal a pròpoiito il aolor colico colla fajjìone ina:a; liccome iì confonde il dolore che alle volte ha fua fede nell' intefti- ro ileo colla malattia di quefto nome . Anche 1' epileflìa . per fervirmi di un qualche ef^^mpio , pafla alcune fiate all'a- poplcliìa : ma quefto male non è lo Iteflb che quello , alme- no per confcnfo comune . Non vi è dunque altra differenza (ed ella pure più d'una volta meco parlando me lo ha fignihcato e confermato ) fra la colica ed il dolor iliaco, oltre quella che fpetta alla fede quando qucfl-a polla determinarli : cofa che fembra poterfi fa- re, fecondo alcuni, quando il dolore ftringe a guifa di cin- golo la parto fuperiore dell' addome , ed occupa le regioni epicoliche , ovvero quando è fiflato alla regione del bellico e dell' ipogaflrio. Che fé fi vuole che fia più pericolofo il dolore degi' inteftini tenui che de' craffi, perchè quelli fi cre- dono più fenlitivi di quefti, allora ix dica pure che il dolo- re iliaco non diff'erifce che per maggioranza di forza dal dolor colico, ofiìa dalla colica; ma non li decida che la co- lica e il dolor iliaco fiano eirenzialmente lo ftefTo che la pajfione iliaca; il cui carattere fi è la pertinace ftitichezza del ventre, unitamente al vomito frequente di materie più o meno fetide , e qualche volta ancora di pretto f^erco : fpecie fola di vomito che fembra richiedere che la malattia fi chiami col nome di uolvolo ; il qual nome da certuni , non fo con quanto buona ragione , viene attribuito all' in- vaginamento di qualche porzione d' intelaino. Ed a propofito di lìflatto vomito, potrà egli dunque dir- li col celebre Sig. Qulkn :, ficcome ce ne avvifa il chiariiiimo Tomo IV. S f - .. _ 322 Lettera. Sig. Boufquillon ( a ) che quefto vomito moftra che la colica non è una malattia diverfa dall' ileo che per fole grado di forza? " La douleur, egli fcrive,de 1' abdomen , cu la coJi- „ que accompagnée du vomilfement de matiéres fìercorales „ peut exifter ians inflammation , en confequence M. Ctd- „ Ieri croit que l' ileus ne differe de la coliquc , que par le ,, degré . „ Non è da pord in dubbio che la colica e 1' ileo non pollano aver luogo fenza la compagnia dell' infiamma- zione : ma nella fuddetta efpreirione , s' io non erro grande- mente, li confonde il dolore , chiamato col nome generale di colica, coW affezione iliaca. Accordo pure che alla colica pofla affociarlì alcuna volta il vomito delle feccie,ma licco- me tal cofa non è frequente, e quando accade, allora il ma- le precifamente fi è la pajfione iliaca della fpecie più grave; e \\ è già detto non efler nuovo che querta malattia attac- chi alcuna volta fenza dolori, o dolori aliai forti; così non è poflibile, fenza apportare una manifefta confulìone nella nomenclatura delle malattie , il foilenere ragionevolmente che V ileo non è altro che un più forte grado della colica. Oltre a ciò non fi deduce forfè tacitamente dal fuddetto tratto del Sig. 'Boufquillon, che il carattere dell' ileo vero fi crede il vomito delle feccie ? Eppure il Sig. Cullen non può certamente ignorare che fi dà l'ileo non folo qualche volta fenza dolore, ma si bene anche fenza il vomito dello fter- co : imperocché, a cagion d'efempio, fé un inteftino de' te- nui è ftrozzato, o compreflb, o chiufo per invaginamento , o per violenta contrazione, e ne fucceda V ileo , e quindi il 'vomito delle materie contenute negl' intedini fieflì fopra il luogo flrozzato o contratto, come mai il pretto flerco, che fole fi forma negl' inteflini cralfi , potrà ufcire col vomito ? Dunque , io qui ripeto, o i\ crede che 1' affezione iliaca fia fempre congiunta a dolore-, e mi pare che la cofa non cam- mini bene : o fi confonde la colica e con il dolor iliaco , e con r ileo, che debbono certamente fra di loro difiinguerfi. Ha forfè fentita la nezelfità di quefia difiinzione il loda- {a) Ne'comenti agli" Eléméns de x. de la colique „ médecinepratique de M. Cullen. Chap. I Lettera. 325 to Sig. Boufquillon : imperocché, poco prima del luogo cita- to , dopo di aver detto che nella colica pituitofa „ la dou- „ leur eft fixe et reffemble à celle qu' occalìonneroit un pieu „ que l'on enfonceroit daiis la partie ; le ventre eft diften-- „ du de vents, 1' hypochondre gauche eft particuliérement 5, affe£lé ecc. „ ii fa tofto a defcrivere 1' ileo pituitofo in cui „ le malade a toujours froid,il n'y a point de fièvre, „ Ics douleurs font très-vives, il furvient d' abord des vo- „ miftecnens de bile et de glaires, et enfuite de matières fé- „ culentes. „ Ma fé 1' ileo e la cclica fono una cofa ftefta, né diHèrifcono che per folo grado , perchè chiamò ìleo que- fta fpecie di colica pituitofa ? Se fono quefte due malattie una cofa ftefla , perchè mai dopo di avere fcritto che nella colica fpafmodica „ les malades vomiflent leurs excrémens, „ ou les matières que 1' on a injeólées dans I' anus „ ag- giunfe poi fubito „ ainfi dans 1' ileus fpafmodique on a vu „ les malades rendre , non feulement les lavemens, mais mè- „ me les fuppoiitoires ? „ Se, ripeto anche una volta, que- fte due malattie fono in eftenza una cofa medefima , perchè ci avvifa che „ l' inflammation eft réunie à la colique , i." „ dans r ileus inflammatoire ; 2.° dans la colique inflamma- „ toire ? ,, Quefta curiofa efpreffione d' infiammazione con- giunta all' ileo infiammatorio ^^ aUa. colica infiammatoria , non. dimoftra forfè ancor eft'a baftanteraente che quefto Scrittore mette differenza eftenziale fra una malattia e l'altra? A me fembra certamente che lo dimoftri ; perchè altrimenti bafta- va indicare 1' infiammazione della colica; e chiamare colica ciò eh' egli ha diftinto col nome d' ileo . Si vede adunque anche da ciò che i iiftemi nofologici fono molto imperfet- ti (a) e che non poffono apportare quell'utilità che , fecon- do il parere di alcuni, fé ne doveva attendere. Ma , da quefta forfè troppo lunga digreflione ritornando in cammino, io protefto che fé alcuno mi chiedefTe s'io penlì S f ij (a) Meritano d' effer lette a que- Hccome pure la Prefazione del chiarifs- flo propofito le Inft. Mt-d. Piaci. ie\ tu Sip. Frank alla 4. edizione della No- amatil. mio amico Sìr. Bon/V;/ , e fpe- tologia del Sig. Cuilc" . alalmente la. Prefazione al Tom. Ili, 324 Lettera che queir attacco della tuba al fondo dell' utero folle un vi- zio origiuario di coefione , ovvero fé fìa nato in appreffo : fé, pollo che folTe originario, io creda che la cagione del- la diarrea, da cui era malmenata la donna nel fommo fred- do da fei anni addietro, follecitando il moto periftaltico , ed alterandolo, abbia fatto palTare a poco a poco gl'intefli- ni dentro, di queir anello , e che ne andaffero , come fuoi dirli, dentro e fuori più e meno fecondo la direzione e for- za de' varj movimenti del tubo; si che finalmente nell'ulti- ma diarrea tanta parte dell' inteftino digiuno ed ileo col fuo niefenterio ne fia paffata da far nafcere la flrozzatura mor- tale ; io rifponderei che di mia natura non fono molto, por- tato a congetturare fenza tali fondamenti , che diano fpe- ranza di far paiiare col tempo le congetture a dinioflrazio- ni . La fola rifpofta eh' io farei a quelle ricerche , e ad al- tre , che forfè mi fi potrebbero fare, farebbe quella : cioè , che le tube falloppiane , avvegnaché nuotanti colla loro e- ftremità fimbriata nel cavo della pelvi , noa fono però- nel refto di loro lunghezza cotanto libere da potere , in cafo di erezione, avanzarti colla detta eflremità fino fopra il fondo, dell'utero (a). E fé quella mia rifpolla viene valutata, egli è manifeUo che il vizio di coefione, di cui fi tratta, fareb- be flato originario. Del refto ei fembra che la durezza e ro- buflezza dell' indicata briglia , e la diflrazione del fondo^ dell'utero nella fadd^tta donna, non follerò opera degli ul- timi giorni della fua vita . Almeno non abbiamo efempj ,, per quanto io fappia , di legamenti morbofi recenti , i quali acquillino la folidità de' legamenti propriamente detti. La ricerca però più a propofito , almeno a mio giudizio ,. che- mi Ci potrebbe fare, farebbe, fé in quel cafo convenifTe: o no tentare la Gajìrotomia ^ ollìa l'apertura dell' addome ,, onde liberare gl'inteftini dallo flrangolamento . Quella ope-- {a) Nella Fig. II. fembrar potreb- e fi fappia ancora che nel difegnarc" be ad alcuno , che la_ tuba iiniftra quefle parti non fi pensò di confer- polla benilTirao rivolgerli fopra il fon- vare una giufla rroporzione nelT im- do dell'utero ; ma lì confideri ( e iì picciolirle ; quindi è che le tube fono- è già avvifato ) che quefia tuba iì più larghe e più lunghe di quanto, rapprefenta prsflbchè del tutto fepa- converrebbe alla mole dell' utero rap- lau dal legameato largo dell'utero: pcefentato. ,. ..,.,, L * T T B R A. 315 razione, cht fecondo alcuni è fiata praticata da PraJJa^ora^ e forfè anche da altri prima di lui, quanto alla fua conve-, nienza o difconvenienza , fu chiamata a iindacato dal Sig. Hevin nella fua dotta Memoria fu di quefto argomento . In efTa fi efamina fé realmente Pralfagora , ed altri fui di lui efempio abbiano infatti efeguita una limile operazione ; in quale fpecie d' ìko potefTe convenire; in qual tempo; e con quale fortuna. La conchiutione fi è, che la non (i dee giam- mai tentare per ciò, che, potendo al più convenire in cafo d' invaginamento , o di briglia morbofa ftrangoiatrice , non effendovi fegni caratteriftici dell'una o dell' altra di quefle morbofe coflituzioni d'inteftini, non fi dee por mano aduna operazione, la quale, oltre il poter facilmente riufcire inu- tile , non i\. può non riconofcerla pericolofa . E in vero fembrami che alcuno mi dica , fé 1' invagina- mento o la briglia non fi prefentafiero a prima vifta , cioè fatto appena il taglio dell' addome e fvolta piccola porzio- ne d' intefiini , chi vorrebbe fenza timore di accelerare la morte dell'infermo, fvolgere gran parte del tubo intefiina- le , onde giugnere finalmente a fciorre 1' invaginamento , o tagliare la firozzante briglia ? Qua! Medico o Chirurgo po- trebbe com-prometterfi che gl'intefiini non fofiero infiammati o cangrenofi i A quelle quifiioni aggiugnerebbero pur anche l'autorità del lodato Sig. Hevin^ il quale termina la fua Me- moria con quelle rifleflibili parole . „ Gomment remédier à ,, des tumcurs, à des brides , à des étranglemens intérieurs, ,, dont on ne connoit que les efFets ^ communs avec toutes „ les autres efpéces de pafljon iliaque , quelque differente 5, qu'en foit la caufe? Ces cas font très- formidables en ce „ qui ne préfentent aucun figne pofitif, qui marque la na- „ ture de la caufe, & le licu qu' elle occupe ; ce qui les „ met abfoluraent hors du dgmaine de la Chirurgie opera- ,, toire. „ Io accordo benifiìmo che, molte efier potendo le cagioni dell' affàz-iom iliaca., forfè il più delle volte non vi fiano quei fegni pofitivi , dei quali parla il Sig.Hc'Z'/;? :e pur trop- po l'infiammazione di quefli vifceri non fi manifefia alle vol- te SI chiaramente, che non redi luogo a dubbio alcuno I Certe lente infiammazioni, ed alcune fubite cangrcne di que- S f iij 3^6 Lettera-. fto canale , ammazzano tal volta repentinamente fcnza la pre-- cedenza di alcun (intorno , che poteflTe far fofpettare della malattia . Io ne ho veduto di quefti efempli più d' uno ; e r ultimo fu in un robufto giovinetto , i! quale dopo aver fervito da fano il fuo Padrone (ino alle ore fei della notte ( ciò avvenne qui nel mefe, d' agofto dell' anno 1785 ) paf- fando apprelìb a dormire a cafa fua , fu trovato la mattina, morto nel proprio letto , coricato in guifa che parca dor- miflè placidamente, appoggiato colla tefta fu di una delle fue mani , ficcome Ci fa da^ non pochi : né s' incontrò, nel di lui cadavere altro di morbofo, fuori che una cangrena nelL' interino ileo pel tratto foltanto di mezzo piede, poco più.. Non mancano però fempre, ficcom' ella fa, i fegni d' in- teftini infiammati: e per verità fé l' infiammazione lia la ma- lattia, primaria , e ad ella fucceda 1' ileo , credo fia inutile, allora qualunque operazione . Ma perchè non dovrebbe ten- tarfi, fuori di que4o cafo, la Gajìrotomia in tempo oppor- tuno ; vale a dire ove le forze del male e dell' infermo lo- richicdeffero e permetteflfero rifpettivamente ? Il dolore che fuole fidarfi o eifere più acerbo i.i qualche luogo determi- nato del ballo ventre; il qual luogo, per fervirmi delle pa- role di Corndio Enrico. Ve' fi (a) interdum innate fcit ex eo <]uod homines affti£li qu£cunqiie ingefta deorfwrn ferri per inte- fiina ad aliquam eorum plagam uf'jue, fid inde tumultuo fi ri- gurgitare^ ipjì fat dijìi'nfle perfentifcunt , non potrebbe forfè, indicare la fede precjfa dell' inteflino o compreflb , o ftroz- 7.ato da_ qualche briglia, o invaginato con adertone delle re- ciproche pareti (dacché fenza una qualche adefione fi fa che il fe.mplice invaginamento non produce V ileo ) sì che fatta l'apertura dell' addome non ì\ avefle a fvolgere grandifTima parte del tubo interinale; cofa che da non pochi fi ha per molto pericolofa ? Dee forfè temerfi de! taglio dell'addome? Io non lo credo, fapendolì che l'ernie incarcerate fi ripone- vano una volta {b ) felicemente, principiando il taglio dal baffo ventre, e producendolo in baffo, onde fpaccare l'anel- lo che ffrozzava 1' inteftino : che W fa un ampio taglio alla (a) De mutuo ìnUjììno/Htn ìngrejfu Ven. dove cita il Rou(fei , il quale- §. XLvii. Leid. 1741. riferilce tre cafi cli> addome aperto .-,. (i) Freind bill. med. pag. 4$. ediz. onde rijjorre 1' inteftino. ftrangolato » Lettera. 327 regione ipogaftrica, ed all' utero ncW Hj/ìerotonìia , di cui il hanno alcuni cafì favorevoli : e che fi guarifcono grandi fe- rite penetranti nell'addome . Di fatti egli è noto che Paolo Barbette (a) fcrivendo di quefta malattia domandò an non etiam pr^flaret , fa6la dijfeciione mufculorum & peritonei , di- gitis fufceptum inteftinum extrabere , quam certa morti £gro- tantem committere : il Freind (b) facendo menzione di Pao- lo, quarto ed ultimo degli fcrittori greci, de' quali egli af- funfe di parlare , moflra di convenire con Barbette da lui citato, pr£fertim cum ^ fcrive egli, e forfè con foverchio co- raggio , in epigajlrio nihil magis penculi , quam in procejjibus peritonei incidendis appareat . Oltre di che pare che non lì pofTa rivocare in dubbio che quefta operazione non fia fiata efeguita con felicità in una dama da un giovine Chirur- go (e) di armata, che le aprì il ventre, ne traffe fuori par- te degl'inteltini , e fvolfe l'invaginamento , cagione dell' // da CUI era oppreiTa , facendo in feguito V opportuna cucitu- ra, e ridonandole per così dire la vita ch'era fui punto di perdere. Io fo bene che il Sig. Hsvin , ed altri autori da lui citati fon di parere, che 1' operazione (ia ftata quella dell'ernia incarcerata, fpecialmente perchè il cafo è riferito da un Parroco, e non già da un Medico o da un Chirur- go; pure, perchè fi fa menzione d' inteftinì tirati fuori del ventre, e di fvolgimento di nodi, il fofpetto del Sig. H^z;/« non fembra appogg'ato a fondamenti baftantemente folidi ; poiché fiffàtte maniere di dire non pajono convenienti all'o- perazione dell'ernia. V' ha chi pretende che una fimile operazione fia ftata e- feguita anche dal fuddetto Cornelio Enrico Velj'e (d), o che racconti quefto autore come foffe praticata da qualcuno : ma egli è certo ch'ei non l'ha efeguita, e che non fa menzio- ne che di quella riferita dal Bonet , e di un'altra configlia- ta dal Nuck, defcritta anche dal Sig. Hevin e indicata da altri, la quale ebbe un fuccefTo fortunato : quindi la difier- tazione del Velfe non contiene intorno a quefto argomento fé non quanto ci avvisò il Sig. di Haller {e) ; vale a dire (a) Anat. praft. lib. 4. cap. 2- Vfus lib. 3. Seft.xiv. Schol. 3. Obf. x.\\ Chifiirgiciis num. 3. pag. 357- (d) Luog. cit. {b) Luog. cit. (f) Bibl. Chir. §. dclxxv. Tom. IL (f) Bonet Sepulcr. anat. Tom. II. pag. 243. 328 Lettera. un femplice conjtlium abdominis apericndi ad explicandumvol- X'ulum. Che fc alcuno finalmente mi dicelle che potrebbelì qualche volta trovare l' inteftmo cangrenato ; nel qual cafo renderebbefi inutile la Gaflrotomia ; io gli rifponderei che forfè nemmeno per quefto ii dovrebbe omettere il tentativo; imperocché non ci mancano ftorie d' inteftini cangrenolì fe- parati , ed artiliz,iofamente inneflati con etìto felice , come ne fono ftati feparati ed inneftati alcuni , che nell' operazio- ne dell'ernia incarcerata lì videro intieramente chiuiì per incallimento delle loro tonache {b) . Quefte ragioni, quali eh' eife iieno , quefte autorità, que- fli efempj , ed altri che noti fono di operazioni più ardite , Je quali riufcirono e riefcono tal volta felicemente , fono effe bafl-anti ad infpirare coraggio ne' Chirurghi non meno che negl' infermi? Io non ofo di affermarlo ; che né voglio né polfo foftenere il carattere di giudice tra due diiFerenti opi- nioni. Né vi iìa perciò chi li meravigli , fé nella fioria dell' iko ftravagante, che fomminiftrò T argomento di quella Let- tera, niun cenno fiafi fatto di quella operazione. Oltre che fi trattava di una vecchia ottuagenaria , e priva di forze, il male aveva fatto rapidi progrefli , e vi era accompagnamen- to di febbre acuta. Quindi fono di parere che in tale cir- cofianza 1' idea dell' operazione non potefle prefentarlì alla mente di chicchellia. Ma lì ponga fine a quefta foverchiamente lunga Lettera . Mi perdoni ella fé tanto 1' ho trattenuta fu di una ma- teria , che per il modo con cui fu trattata forfè non me- ritava di toglierla né men per poco alle dotte ed utili oc- cupazioni fue . Quello perdono io non difpero di ottenerlo fé non per altro, almeno per 1' oggetto che ho avuto in villa nello fcriverle ; il quale non folo {{ fu quello che ac- cennai fui principio di quefta mia, ma si bene anche l' al- tro di darle un pubblico attellato qualunque di quella fin- cera e cordialifìinij (lima , con cui mi confermo immuta- bilmente STATICA (a) Heifl. Chir. Tom. ?, de Hernìa. un interino; e cita una differtazione incarc dove riferike ia fìoria di la quale io non conolco - _^ j^ ^iWmr.vua '^ocù'taStaL^na . JSm-.IKJ^y. ^28 M/liZ . ,JC'iu iv.M ■iy:.3zH -J&i 329 STATICA E MECCANICA DE' SEMIFLUIDI Del Sig. Paolo Delanges Profcflbre di Matematica nel Collegio Militare di Verona. INTRODUZIONE, T~^a. femifluidi io intendo d' annoverare la fabbia , V are- na, le migliatole di piombo, il miglio o altre mate- rie confimili. Sogliono al giorno d' oggi i Fifici ufare indi- fìintamente , parlando dell' acqua o liquori , tanto la voce ■di fluido che di liquido; io però bo creduto conveniente di apporre alle materie fopraindicate il nome di femifluido, per edere compofle di parti elementari vilibilmente feparate e diflinte fra sé non folo , ma eziandio quante e divifibili , condizioni , ci^ie certo non pofTono adegnarlì agli elementi de' liquidi , e nemmeno a' propriamente detti fluidi , come farebbe V aria , il fuoco ecc. Non ho trovato che di tale fpecie di fluidi lia flata fatta menzione da altri autori , fé non che da Galileo e da Lambert . Il primo cos'i alla sfug- gita oflervando che, a ditièrenza de' liquidi {a) " accumu- „ lati inlieme lì foflengono ammucchiati ; e fcavati fino a „ certo fegno , refla la cavità, fenza che le parti d' intorno 5, fcorrano a riempirla ; agitati e commoffi fubito il ferma- 5, no, tantofto che il motore eflerno gli abbandona,, trova egli motivo " di poter molto ragionevolmente arguire , i „ minimi dell'acqua, nei quali ella pur fembra clier rifolu- „ ta ( poiché ha minor coniiflenza di quahivoglia fottiliffima Tomo IK T t (a) Opere di Galileo Galilei' Tom- iii. pag. ij. 33^ Statica e meccanica ,3 polvere , anzi non ha conlìftenza nelfuna ) cffcr dififeren- „ tiffimi dai minimi quanti e diviiìbili „ e fegue " né faprei „ ritrovarvi altra diflèrenza che 1' cflere indivifibili „ ecc. Lambert {a} poi imprendendo a ftabilire Ja teoria delle pa- lafitte e della folidità o fermezza del fondamento delle ope- re d' architettura , e rilevando che le immerlioni di folidi parallelepipedi leggermente poggiati fulla fuperficie della /ab- bia rinchiufa in un vafe , fono in ragione diretta de' peli e reciproca delle bali loro, ed odervando in oltre che un pa- rallelepipedo del pefo di i8 mezz'enee immergevafi 6 linee cadendo dalla fuperficie, e rimaneva in equilibrio poflo tre linee fotto la fuperficie della fabbia , conchiufe da ciò effer- vi perfetta raflbmiglianza tra la fluidità della fabbia e quel- la de' liquidi. " Car, com'egli dice , encore dans les liqui- „ des un parallelepipede fpecifiquement plus léger fera en ,, equilibre lorfque la profondeur a la quelle il y eft enfoncé „ eli en raifon direòle de fon poids et en raifon reciproque ,, de fa bafe et de la gravite fpecifique du liquide . „ £' fta- to mio fcopo pertanto nell' infHtuire le fperienze che fono per cfporre intorno a' femifluidi non folo di rilevare per di- verfe vie il loro grado di analogia in ciò che riguarda le leggi idrodinamiche feguite da' liquidi, ma eziandio che riu- fciltero di qualche immediata utilità ne' bifogni umani , e finsolarmente in que' cali ne' quali rendefi del pari neceffario conofcere i modi di agire de' liquidi che de' femifluidi . La- fcio giudicare a' dotti fé meriti efiere coltivato ed aver luo- go nella FiUca tale argomento. (a) " Nouveaux Mémoires de l'Acad. MDCCLXXII. Roy. dei ^ciencc5 ecc. ,, Berlin. An. de' semifluidi, 331 ARTICOLO I. Della linea dì livello de' femijìuidi . Esperienza I. §. I. Rattenuto un vafe cilindrico conico o di qualiìvo- glia altra figura , ia maniera che fia verticale T affé di e(To diretto al centro d''un foro fatto nel fuo fondo , a qualche dirtanza dalla fupcrficie di una tavola orizzontale, ed effen- do detto vafe riempiuto di un femifluido , quello fortendo dal foro del fondo componefi in figura conica efattamente . Adoperando la fteifa maniera di femifluido e generandoli nel modo efpofto più e più coni di diverfa altezza , offervafi che il loro Iato è ugualmente inclinato fui piano foggetto , inclinazione che d'ora innanzi chiameremo liììsa di livello. Similmente togliendo una parete ad un vafe di qualunque fi- gura prifmatica od altro, contenente il femifluido a diverfe altezze, componefi efTo da quella parte che forte in piano inclinato, e fotto una cofl:ante linea di livello. E così fi- nalmente fcomponendofi o incavandofi una maffa femifluida in quallivoglia modo, apparifce fempre cofiante la linea di livello in efia da quelle parti nelle quali il femifluido ha avuto libertà di comporfi da fé fteflb . Efeguite quelle fpe- rienze in tre diverfe forta di femifluido , cioè nella fabbia minutifiìma di fiume, nel miglio , e nelle migliarole di piom- bo , ho trovato , che la linea di livello della fabbia forma- va col piano foggetto 1' angolo di - - - - - 33.° quella del miglio ---------__ 23.' e qui'IIa de'le migliarole di piombo - - . _ _ 22,° 20' e per ultimo quella di pallini di un diametro triplo delle migliarole --------___ 25." Cotali angoli d'inclinazione furono da me mifurati efatta- mente , mediante un iflrumento comporto d' un quadrante annefib ad una fquadra , come può comprenderli colla fola ifpeaione della figura I. T t ij 33> Statica n meccanica Conf.dcrax.ioni . ^. IL Oltre alla proprietà di mantenere i femifluidi co- flante la loro linea di livello nella propria fpecie , come ab-- biamo rilevato nella defcritta efperienza , reilano ancora da farli intorno a' nlultati di eifa delle coniìderaz'oni non me- r,o degne della cunoutà di un Fiiico . Oirervando pertanto- avremo dalla Trigo- nometria la ragione del feno al cofeno dell' angolo d' incli- nazione appartenente alla fabbia, efprefla da' numeri - 9 : 14. per r angolo d'inclinazione del miglio - - - - ^g ; gì e per r angolo d' inchnazione delle migliarole di piombo -------- ------38 -,92 Laonde con tali ragioni in pronto facilmente può determi- narli o l'altezza o il raggio della bafe di un cono da qual- fivoglia degli accennati femifluidi generato , qualora fianc? r una o r altro dati . II.° Procedendo con rigore ho trovato il pefo del pollice cubo di fabbia ------ Dramme 7 , 3 pollice cubo di miglio --------- 4,2 pollice cubo di migliarole di piombo - - - - 39 5 3 ni." Chiamando A l'altezza d'un prifma rettangolare, L la lunghezza della bafe e D la fua larghezza , ed intenden- doli date le dimenlìoni in pollici, avremo generalmente Volume del prifma rettangolare - - Poi. cub. ADL e per il pefo d' un egual volume di fabbia ---------- Dram. — IO ,. ... _ 42^^!. di miglio ---------- Dram. IO ^92 ADL di migliarole ai piombo- ----- Dram. ■ IV.° Chiamando A l'altezza di un cilin- dro, e di un cono,amendue con l' affé per- pendicolare al piano della bafe , e D il dia- metro della medelima , farà generalmente Volume del cilindro ----- PoL cub., . e per il pefo d'un egual volume T t iii 334 Statica e meccanica di fabbia ---------- Dram. — i^ 140 di mjgiio -.-.----- -r * Dram.. di migliarole di piombo -----. Dram.. V.* Volume del cono - - - - Poi. cub,. e per il pefo d'un egual volume di fabbia ---------- Dram. di miglia ----------- Dram. di migliarole di piombo _ -^ - - _ Dram. 140 VI." Effendo D il diametro della bafe maggiore del cono tronco, e d il diametro della minore , A la fua altezza , è noto che farà generalmente Volume del cono- tronco - Poi. cub. e però il pefo d' un egual volume di fabbia ------- Dram,, di miglio - - - - - - - Dram.. di migliarole di piombo - - Dram. ILO 4323^0» I4Q 1 1 AD' 4i 803 AD' 420 I r AD' la i44ii4D' 4* So^A(D'+Dd+d') 420 1 1 A(D'-\-Dd-\-d' ). IO 1441 A(D'+Dd+d' ì de' semifluidi. 33 y ARTICOLO II. Bella prejpom verticale de' jemifiuiài . §. 4. Ho architettato la macchina rapprefentata di pro- fpetto ualla figura II. per rnifurare con efattez.za le predio- ni verticali de' femiBuidu Nel mezzo d'una tavoletta di le- gno AB abbraccìante due colonne verticali PR ^^,3116 qua- li può rattenerli a maggior o minor altezza, fecondo il bi- fogno,dal piano d'una tavola orizzontale , che foftiene l' in- tero apparecchio, fono incavati più fori circolari, onde ri- cevere vali di diverfa grandezza , e di figura cilindrica o conica. In mezzo poi al traverfo RS , che lega le fommità delle due colonne Sopraddette , è affiflTa la girella E , intor- no a cui rivolgefi un filo , che foftiene da una parte la lance C, e dall' altra, paflando per 1' ade del vafe accomo- dato nel foro competente fulla tavoletta AB , il fondo po- fticcio D del medelìmo vafe . E' chiaro pertanto , che de- terminandoli l'equilibrio meccanico fra la lance C ed il fon- do D, fi determinerà eziandio con precifione il pefo equiva- lente alla preffione , che foffre il detto fondo P per la quan- tità del femifluido contenuta nel vafe, a cui deve rattenerls congiunto. Esperienza II. §. 5. Verfando a diverfe altezze delle tre maniere di fe- mifluido , fabbia, miglio, e migliatole di piombo in due va- fi cilindrici di latta, amendue alti poli, d, e di bafe 1' uno di poli. 2 di diametro , e 1' altro di poli. 3, , ho trovato facendo ufo della defcritta macchina ì rifultati che feguono 55* Statica k meccanica TAVOLA I. 1 Vaie cilindrico alto poli. 6 col fondo d diametro 1 poli. 2 di Altezze de' femifluidi Pollici Peti equivalenti alle preffio del vafe ni fui fondo Sabbia dram. gr. Miglio dram. gr. Migliarole di piombo dram. gr. 2 21 : I j i8 : 0 177 : 0 4 28 : 0 26 : 30 220 : 0 6 3? : 0 . 55 •■ 45 TAVOLA IL Vaie cilindrico alto poli. 6 col fondo dij poli. 3 di diametro Altezze de' peli equivalenti alla prellione! femifluidi Pollici fui fondo del vafe Sabbia dram. gr. 76 : 30 130 : o Miglio dram. gr. 49 : o 88 : o ConjìderaiLioni . 5. 6. Col foccorfo delle formule efpofte (5. 3. n. iv. ) age- volmente ricavali dagli fperimenti fopra defcntti , che le prin- cipali de' Semifluidi. 337 cspalì proprietìi riguardo alle preflìoni verticali de' fenii.flui- di contenuti in vali cilindrici, fono i.* che la prciìione con- tro il fondo è minore del pefo alloluto della colonna femi- fluida ad elfo foprailante , cilendo nella fabbia il terzo , e nel miglio e migliarole di piombo la metà circa di detto pefo alloluto: ii.° che lilFatte preffioni verticali procedono da vicino in ragione delle radici delle altezze nello fteflb vafe cilindrico: iii.° e che per ultimo in differenti vali ci- lindrici fotto la medelìma altezza s' accodano le preffioni contro i fondi, nella fabbia, più alla ragione de' cubi, che de' quadrati de' diametri loro, e per converfo nel miglio più alla ragione de' quadrati che a quella de' cubi. Debbo con- feliare che mi trovava si lontano dal prevedere le proprietà dichiarate , che a ftento mi fono accinto all' efecuzione di tali efperienze, perfuafo già, come avrebbe fembrato ad ogn' uno ragionevole , che le preffioni verticali de' femifluidi fu fondi di vali cilindrici doveffero pareggiare il pefo affoiuto delle colonne femiHuide fopraOanti, feguire nello fteffo vafe cilindrico la ragione delle altezze, ed effendo coftante 1' al- tezza in differenti vali cilindrici, feguire la ragione de' qua- drati de' diiimetri loro. Sembra a me pertanto non poter de- rivare che la preffione effettiva fui fondo pofticcio ^5 ( F/^. III.) del vafe cilindrico AHLB foftenuto verticale , come abbiamo indicato nell' antecedente paragrafo , ila minore del pefo affoiuto della colonna femifluida ADEB , o AFGB fé non che dal foftenramento proveniente dall' attrito che in- contrano le particelle lemifluide aderenti alle pareti dello fìeffo vafe; e di fatti trovando le particelle del miglio e delle migliarole di piombo, attefa la figura e lifciatura lo- ro, meno ollacoli e ritegno nelle pareti del vafe , olfervia- mo che in tali femifluidi vie più s' accodano le preflìoni effettive alle affolute . Siccome poi in tutte e tre le manie- re di femifluido adoperate negli efperi menti generali fui fon- do pofticcio AB lo fteffo cono ACB sì trovandoti il femi- fluido inalzato nel vafe all' altezza AD di 2 poli., che alla AF di 4,0 6 ($. 5. n. I.); ne fegue che la prellione effetti- va fofferta dal fondo AB ha maggior ragione al pefo affo- iuto della colonna femifluida della prima altezza AD , che la preffione effettiva al pefo affoiuto della colonna femi- Tomo IV. V V 33^ Statica e meccanica fluida della feconda altezza AF , e quindi la preflTione effet- tiva nell'altezza AD alla preffione effettiva nell' altezza AF avrà maggior ragione che I' altezza AD alla AF , e perciò Ja preflìone effettiva del femifiuido nell' altezza maggiore fa- rà minore della prelfione effettiva nell'altezza minore di quel- lo converrebbe alla ragione delle altezze dello fteffo femiffui- do ; il che è conforme pure a ciò che abbiam raccolto dall' efperienza. Seguendo quefte idee potrebbe tentarli ancora qual- che ipiegazione della terza fopraccennata proprietà riguardo alle preflìoni verticali de' femifluidi contenuti in vali prifma- tici. Ma ficcome non poffbno confiderarli quefli ragionamen- ti in fine che fole conghietture ; cosi non giudico di perde- re intorno a ciò tempo maggiore inutilmente. Esperienza III. §. 7. Neil' apparecchio indicato (^. 4. ) , ho accomodato de'vafi conici di latta, ed infondendo in effi a differenti al- tezze de' femifluidi , ho cercato in ogni cafo la preffione ,che foffVivano i fondi fottopoffi alle bali inferiori de' detti coni . Due fono fìiati i coni , che ho meffb in opera , tutti e due colla bafe inferiore di pollici due , ma il lato di uno , ef- fendo l'afle verticale, era inclinato all' angolo di 53.° fui piano foggetto, e nell' altro formava 1' angolo di 23.". Ed ecco i rifultati degli efperimenti efeguiti col primo degli enunciati vali . D E' SEMIFLUIDI. 339 Vafe conico alto poli. 6 colla bafe inferiore di poli. 2 di diametro, e col Iato inclinato a 53.° Altezze de' Semifluidi . Pollici 3 7 4 6 Peli equivalenti alle preflìoni fui fondo fottopofto alla bafe iiiferiore del vafe. Sabbia Dram. gr. 19 21 21 23 15 45 Miglio Dram. gr. 5 : o 7 : 25 8 : IO 9 •• 25 Migliarole di piombo . Dram. gr. 85 134 30 EfTendofi ad un vafe conico alto poli. 4 , e nel rimanente conforme al fopraddetto , faldato un coperchio di latta alla maggior bafe fuperiore , lafciando in centro di detto coper- chio un foro circolare di 2 poli, di diametro , di maniera che follenuto coli' affé verticale dalla folita macchina {§• \) e colla bafe maggiore in giù , il foro preparato in effa ugua- gliava la minor bafe fuperiore pure di poli. 2 di diametro, fi è trovato, che in tal vafe, riempiuto di fabbia , cioè ef- fendo in effo la fabbia alta poli. 4, la preffione verticale con- tro il fondo fottopofio al foro equivaleva a - Dram. 24:30 ed elTendo riempiuto di miglio, a Dram. 11:0 Adoperando poi il fecondo vafe conico fuperiormente accen- nato ch'era alto poi! bafe inferiore di poli. \ 3-7 col lato inclinato a 23° , e colla 2 di diametro , effendo riempiuto di T , fi è tro- fabbia, cioè eflendo in elio la fabbia alta poli V v ij / 340 Statica e meccanica vato, che la preffione verticale contro il fondo fottopofio al foro equivaleva a------- Dram. 19 : o ed efiendo riempiuto di miglio , a - - - Dram. 6 : 20 Conjìderazioni . §. 8. Ne' vafi conici pertanto, come fi è veduto de' cilin- drici (§.6.), le prellioni effettive contro i fondi fono mi- nori de' peli affoluti delle colonne femifluide ad elfi fopraftan- ti, feguendo proffimamente la ragione delle radici delle al- tezze del femifluido infufo nel vafe ; intorno alle quali cofe pofibno farfi le rifleffioni , che fonoli fatte nel l'opraccitato luogo. Paragonando pofcia i rifultati del vafe conico rove- fciato che avea il foro tatto nella bafe maggiore, e del va- fe conico col lato inclinato 23.° full' orizzonte , coi corri- fpondenti del primo vafe conico comprefi nella tavola; ii ri- leva , che nel vafi conico rovefciato la prelfione effettiva è bensì minore dell' aflbluta, ma maggiore di quella che dà il vafe conico uguale e diritto, e che la prelfione effettiva nel vafe conico col lato inclinato all'angolo di 23.° è qualche cofa minore di quella , che provali nell' altro vafe conico col lato inclinato all'angolo di 53.°; di maniera che fembra che nel primo cafo il femifluido circonfufo alla colonna di quello che fovrafta al foro , aumenti la prelfione effettiva fui fondo, e che nel fecondo , per elfere meno inclinato il lato del vafe conico, cioè per elfervi meno quantità di fe- mifluido circonfufo alla colonna femifluida fopraflante al fo- ro, s'aumenti la preffione effettiva fui fondo ; il che però dee procedere fino ad un certo limite, offervandofi col con- frontare da sé i rifultati efpofli nella tavola di quella efpe- rienzalll. con quelli comprefi nella tavola I. dell' Efperienza II. , che le prelfioni effettive fu i fondi de' vafi cilindrici fono maggiori delle prelfioni effettii^e fu i fondi de' vafi co- ' nici in parità di circolfanze . Io certo avrei giudicato che elfendo riempiuto il vafe conico AHLB foflenuto con l'alfe verticale di femifluido , il fondo ^S doveffe portare mag- gior preffione di quella, che foffrirebbe da una colonna fe- mifluida ADEB rinchiufa in vafe cilindrico , a cagione del de' semifluidi. ^.[l fiinifluido circontufo AHD ELB , fembrando in certa ma- niera, che doveffe quello caricarfi_ contro la ftelfa colonna ADEB ed aumentare in confeguenza la prefìione fui fondo AB ; ma ciò non accadendo è duopo adunque conghiettura- re che all'oppofito la colonna femiHuida ADEB che ha per bafe il fondo AB non agifca contro di elfo nemmeno con quella libertà che agirebbe fé li trovalfe rinchiufi in un va- fe cilindrico; ficchè più impedimenti fofira per parte del fe- mifluido ad efla circonfufo nel vafe conico che dalle pareti del detto vafe cilindrico a cagione dell' attrito , come ab- biamo conl'iderato al §. 6. §. g. Dai tentativi che feci per conofcere fé i femifluidi abbiano tendenza a premere ancora verticalmente dal baffo air alto , non m'è riufcito di rilevar intorno a ciò effetto alcuno fenlibile, mancando in effi probabilmente quefla pro- prietà in confronto de' liquori per avere la loro linea di li- vello inclinata all'orizzonte come fi è dimoftrato (§.i.). Riguardo pertanto alle preffioni verticali di tali femifluidi, ciò che può ammetterli con certezza in confeguenza delle efpofte efperienze, lì è , che rinchiuli in vali cilindrici e co- nici rattenuti fofpelì con 1' afi'e verticale , le prejijìoni verti- cali dall' alto al baj[o fono minori del pefo ajfoluto delle colon- ne fe'fììifluide foprajianii al fondo de' fori , Jeguendo la ragio- ne profjtmamcnte fudduplicata delle altez.z.e con quelle altre particolarità, che a fuo luogo fonolì indicate ; tra le quali una iliigolarmente merita di effer notata , cioè che le pref- fioni effettive ne' vafi cilindrici fieno maggiori delle prcffio- ni effettive ne' vafi conici fotto altezze uguali . Proprietà tut- te , che intanto palefemente dimoftrano agire i femifluidi , quanto al premere per linea verticale , con leggi bensì loro proprie, ma che partecipano di quelle de' folidi e de' liqui- di in un tempo fteffo : imperocché 1' effere le preffioni etìet- tive minori del pefo affoluto delle colonne femifluide fopra- fìanti a' fori, e maggiori ne' vali cilindrici , che ne' conici, non può attribuirli che a quel limitato grado di libertà , che hanno le particelle che li compongono , effendo certo, che fé foffero legate inlieme coflituendo un folido folo , la preffione effettiva nel vafe cilindrico farebbe uguale all'affo- hita, e nel vafe conico fvanirebbe interamente portandoli V v Jij 342. Statica e meccanica tutto il pefo affbluto dai lati dello fteffo vafe : e fc foflerc? dette particelle al fommo libere e fcorrevoli le une fuUe al- tre a guifa di quelle de' liquidi, farebbero, qualunque ioiXc la figura del vafe, le preffìoni effettive uguali alle affolute, cioè al pefo delle colonne femifluide fopraftanti a' fori, e fe- guirebbero tali preffioni la ragione delle altezze , e non la ragione minore, cioè la fudduplicata delle niedefiine altez- ze, come s' è raccolto dagli efpcrimenti . ARTICOLO II L Della prejjione orizzontale o laterale de" femifluidì . §. IO. II vafe, di cui mi fono fervito per mifurare la pref- fione orizzontale o laterale de' femifluidi, era di figura prif- inatica , lungo poli. i6, largo ed alto poli. 6, con le due pareti lunghe fiabili fui fondo , e delle altre due, una fi mo- vea fulla bafe , mediante un perno orizzontale , e l'altra po- tea fermarli a più o meno di diftanza inferendola in canalet- ti verticali fcavati nelle lunghe pareti (labili, ed in corri- fpondenti canaletti orizzontali fatti nel fondo del vafe me- defimo , onde ridurlo di maggiore o minor capacità fecondo il bifogno . La parete mobile fuddetta mettevafi in equilibrio col fofpendere due lance alle due eftremità di un cordonci- no di feta ( raccomandato nella metà dell'orlo fuperiore di elTa, e che portavafi orizzontalmente all'altezza di poli. 7. lin. 7 fopra il fondo del vafe pafl'ando fopra due girelle con- gegnate alle eftremità oppofte di eflb), e coli' aggravare del pefo necefl'ario quella, ch'era fofpefa dalla parte , verfo cui detta parete mobile dovea difporli al movimento . L' altra lance poi ferviva a rattenere i pefi occorrenti all' equilibrio della parete mobile venendo premuta dal femifluido infufo nel vafe . Esperienza IV. §. II. Due fono flati gli elementi, che ho avuto in vi- fta nel rintracciare le leggi delle predioni laterali de' femi- fiuidi rinchiui'i in un vafe parallelepipedo rettangolo, l' uno la maggior o minor altezza , e l'altro la maggior o minor de' semifluidi. 343 eftenfione di elfi in lunghezza in detto vafe , rimanendo co- ftante la larghezza del medelimo.La macchina fopra defcrit- ta fu coflruita adattata a cotali erperimenti , da' quali , met- tendo a cimento i noftri tre foliti generi di femifluido , cioè fabbia , miglio e migliarole di piombo , ho ricavati i riful- tati efpofti nella feguente tavola . Altezze dei femi- fluido nel vale Pollici 4 4 6 6 6 6 6 Elteniio- ni in lun- ghezza del femi- tiuiuo nel vafe Pollici 4 6 6 IO 4 6 S \6 Peli equivalenti alle preliioni laterali del femifluido, efercitanti la loro azione al- la diftanza di poli. 7 lin. 7 dal centro del moto della parete mobile . Sabbia Dram. gr. 22 9 23 30 o 24 : 45 24 : 52 24 : 45 Miglio Dram. gr. 2 : 45 14 27 27 31 32 30 7 22 30 Migliarole di piombo Dram. gr. 14 69 : 30 206 206 o 206 Conjtderaz.ioni . §. 12. E poiché rapprefentando ABCD (Fìg. V. ) la fe- zione per lunghezza del vafe parallelepipedo , che abbiamo 344 Statica e meccanica adoperato neH'efpofla fperieiiza, ed AB la parete mobile in- torno al perno B , e BH la linea di livello , in cui com- porrebbefi la mafia feinifluida ABCD infufa nel vafe,la par- te di femifluido contenuta nello fpazio ABH farebbe quella, che lì porrebbe in movimento, fé venifle tolta di mezzo la detta parete mobile AB, rinianendof] 1' altra contenuta nello fpazio BHDC immobile e ftagnante nel vafe ; cosi è fem- brato , lìngolarmente a quelli che trattarono fulla preffione de' terreni, che la preffione efercitata dall'intera mafia femi- fluida ABCD dipender debba dalla quantità contenuta nello fpazio ABH; di maniera che la maiìima prellìone nel nollro cafo per la fabbia farebbe, pofta l'erteniìone ^H della malia femifluida nel vafe poli. 9 , lin. 4. ($. 3. n. i,), nel miglio poli. 14, lin. 2, e nelle migliarole di piombo poli. 14, lin. 5, trovandoli collantemente alto il femiHuido poli. 6 . L' efpe« rienza però è ben lontana dal fecondare limile ipotelì , avvegnaché ella ci fa conofcere , che la maggiore o mino- re eftenlìone della maifa femifluida nel vafe fotto la medell- ma altezza di poli. 6 non porta alterazione computabile nel- la prefllone fofierta dalla parete mobile padando perfino dal- le maflTime eftenlioni fopraindicate a quella di foli poli. 2 , oltre il qual limite non abbiamo creduto ragionevole di pro- cedere, onde poter concludere già colle reftrizioni proprie alla fifica de' corpi , che le pre£toni laterali de' Semifluidi fo- 710 coflanti fotto la medejt'/na alte2jz.a , influendo poco 0 nulla la maggior loro eflenflone in lunghez.z.a , come lì è veduto . II che potrebbe fpiegarlì in qualche modo riflettendo , che in qualunque lìtuazione inclinata BA' li trasferifca la parete verticale BA.W fetnifluido infufo nel vafe prontamente com- porrebbelì nella linea GÈ parallela alla fua linea di livel- lo SH, e ciò dovendo fuccedere anche nella lìtuazione in- clinata vicinidima alla BA, e conliltendo nella forza produ- cente tale movimento infinitelimo impreflb nella parete il valore della preflìone laterale dei femifluido contro di elTa ; dipenda perciò detta prellione foltanto dalla difpolìzione al moto di una quantità di femifluido affai piccola , diventan- do, per efprimerli in qualche maniera , indilferente alla pa- rete mobile AB V averne, rinchiufo in lunghezza dietro di f; con maggiore o minore ertenlìonc. L' altra proprietà poi che de' semifluidi. 345 che ricavafi dai lifultati della medefìma efperienza iv. lì è, che, pofta colante la diftanza dal centro del moto , a cui deve agire la potenza neceflfaria ad equilibrare le preflTioni laterali de' femirtuidi , diftanza che nel nofho efperimento era di poli. 7 lin. 7, fi è, dico, che le prelfioni laterali di tali femifluidi leguono , nella labbia, più da vicino la ragio- ne de' quadrati delle altezze , che la compofia di detti qua- drati, e delle radici delle medelìme altezze, e nel miglio , e molto più nelle migliarole di piombo più da vicino la fe- conda che la prima delle enunciate ragioni : ovvero ridiicen- do la diftanza della potenza dal centro del moto uguale all' altezza del femifluido infufo nel vafc , lì ha per la ragione delle preftìoni laterali della fabbia quella delle altezze, e per il miglio, e con più efattezza per le preflìoni laterali delle migliarole di piombo la ragione compofta delle ragioni del- le altezze , e delle radici loro . Non polTiamo qui difpenfarci di far vedere appunto come l'enunciata ragione feguita dalle preflìoni laterali de' femiflui- di , il lega e combina con la ragione delle radici delle al- tezze che feguono nelle preflìoni verticali . E di fatto fia ABCD ( Fig. VI. ) la fezione per lunghezza di un vafe pa- rallelepipedo con la parete mobile AB fui perno B efpofta alla preffione del femifluido che lo riempie . Ammettendo pertanto che la preftìone orizzontale del femifluido in qual- ììvoglia punto della parete mobile AB fia proporzionale alla radice dell' altezza del femifluido che fovrafta , è chiaro che il piano ABE conterminato dalla parabola AE^ di cui 1' af- fé fia AB , ed abbia 1' unità per parametro , indicherà la fomma delle preflìoni cJie fofire la parete mobile AB; ficchè chiamando A l'altezza AB di efla, detta fomma farà efpref- 2 fa dalla quantità - A\/ A ; e pofto che fia G il centro di gravità del piano ABE , onde condotta 1' orizzontale GH 2 fia BH uguale —A , avremo per i comuni principi dì Sta- 2.2 tica efpreflTo fotto la forma ~ — . A^\/ A il momento di S- 5 ^ tutta la preflìone laterale contro la parete AB difpofta a ei- Tomo IV. X X 346 Statica e meccanica rarfi fui perno B e rattenuta in equilibrio da una potenza equivalente P , che agifca colla diftanza AB , cioè A , dal 2. i centro di moto B: per il che farà P. /i in ragione di — -A^K/A, o ila P in ragione di A . \/ A , vale a dire , che la poten- za P occorrente a rattenere in equilibrio la parete mobi- le AB , foggetta alla prelfione laterale del femifluido rinchiu- fo nel vafe ABCD, è in ragione comporta dell' altezza della parete, o del femifluido , e della radice della medciiìma al- tezza . L' efperienza ha corriipodo quanto bada per poter concludere , che le prefiioni laterali de' fcmifluidi feguono l'indicata ragione, combinandoli in effa e irregolarità di fi- gura ed un impedimento vicendevole nelle particelle di e(Ii al loro pronto fcioglimento, dalle quali e limili accidentali- tà fi fa aftrazione nell'elpon-o ragionamento matematico , ed è perciò appunto che le migliarole di piombo , componendo un femifluido piti uniforme e regolare, s'avvicinano con maggior precifione all' enunciata legge . Nelle pratiche nul- lameno può ufarfi nel calcolare la prelfione laterale de' ter- reni la femplice ragione delle altezze per non abbondare di foverchio . §. 15. Non farà ora fpregevole il far ofTervare , come i fenomeni rifguardanti le preiuoni laterali de' femifluidi s' uni- formano, o per meglio dire s' accoftano a quelli delle pref- lioni laterali de' liquidi affretti ad agire fotto condizioni uguali. E primieramente è noto per le leggi idroftatiche , che la parete AB foiìrirebbe fempre la fleflà preflTione dal liquido infufo nel vale ABCD qualunque iia 1' ellenlione di eflb liquido in lunghezza , purché fclfe innalzato collante- mente all'altezza AB ^ fu di che, da quanto li è veduto, i noftri femifluidi procedono del pari con tanta approlfimazio- ne, che per queiì-o riguarao non potrebbe dubitarti efTere ana- logo il modo lIì agire de' primi a quello de' fecondi . In fe- condo luogo poi, liccome è dimoffrato pure dall' Idroflarica, che eilendo il vafe ABCD riempiuto di liquido , il piano del triangolo ABF col 'ato orizzontale BF uguale al verti- cale BA^ rapprefenterebbe la fomma delle preffioni orizzon- tali foflerte dalla parete AB^ fomma che può efprimerlì dal- \J Dt' SEMIFtCr-lDI. 347 la quantità ■; A' nominando A V altezza AB ; cosi ne fcguc per i principi fiatici , che -i A^ indicherà la foinnia de' mo- menti di dette preffioni contro la parete mobile AB fui fuo perno B ; e che la potenza P neceiTaria a rattenere in equi- librio detta parete farebbe proporzionale al quadrato dell' altezza AB del liquido, che ita nel vafe . Se i lemifluidi per- tanto non danno la potenza P che foltanto proporzionale all' altezza /iB , come accade nella fabbja , o proflìmamente in ragione compofia di detta altezza, e della di lei radice , come nel miglio e più nelle migliarole di piombo; nulladi- meno non può ad elfi negarli un modo di premere contro la parete AB analogo a quello de' liquidi: analogia , che (1 fa fempre pili manifefla quanto che il femifluido è comporto di particelle atte a fcioglierll e facilmente fvolgerll le une fulle altre. §. 14. Quantunque poi abbiafi veduto nell' articolo an- tecedente, che le preffioni verticali de'femifluidi fono mino- ri del pefo affbluto delle colonne fopraflanti a' fondi , ben- ché di vafi cilindrici o prifmatici , ciò però non toglie , che il fondo BC del vafe prifmatico ABCD , come pure fé folTe di quainvoglia altra figura, mentre poggia fui piano fogget- to , non fotfra 1' intero pefo della colonna femifluida ABCD o di tutto il femifluido in elio vafe rinchiufo, avvegnaché ognun ben vede, che per l'aderenza che in quello cafo han- no le fponde ed il fondo a vicenda, gli sforzi laterali delle particelle femifluide verfo le fponde fono dalle medefime con- trabbilanciati , e quindi rimanendo efle particelle immobili , deggiono , come fé coftituiffero un folo tutto , aggravarli contro il fondo del vafe o contro il piano foggetto fu cui è appoggiato . Non è difficile Io fpiegare in oltre co' foli principi della Statica de' corpi la doppia azione efercitata dal femifluido rinchiufo dentro il vafe ABCD , cioè di pre- mere con tutto il fuo pefo contro il fondo CB e nello flef- fo iftante contro le fponde laterali dello fleflò vafe. Si con- cepifcano perciò, per intendere quello fenomeno con chiarez- za, tre corpi uguali M, P , N difpofti regolarmente dentro il vafe ABCD come (1 vede nella figura vii . E' certo in- tanto che fé i due laterali M N folTero congiunti e legati infienie con quello di mezzo P,il fondo BC porterebbe l' in- X X ij 348 Statica e meccanica tero pefo de' corpi M P N coftituenti una mafia fola, e le fponde AB CD andrebbero efenti da quailìvoglia prelfione de' corpi laterali M N,e(rendo nelle fatte fuppolìzioni indif- ferente air equilibrio di tutti e tre i corpi inlieme il tro- vare o non trovarli anneflè dette fponde al fondo BC dei vafe. Ma fiano i corpi laterali M,N fciolti , com'è proprio delle particelle femlHuide , da quello di mezzo P , e con- giunti i centri di gravità di effi corpi colle rette MP NP , prefentino le verticali ME PR NF i loro peli afl'oluti , ed intorno alle verticali ME NF iiano coftruiti i parallelogram- mi PH PG co' lati MH NG perpendicolari alle fponde AB CD ; faranno dunque in tal cafo MH NG gli sforzi o le preffioni efercirate da' corpi laterali MN contro dette fponde AB CD ,QdMP NP que'ch'efercitano nello ftellb ilhnte con- tro il corpo di mezzo P. Ma lìccome la forza compofla PS che rifulta dalle due PL PI uguali e per diritto alle MP NP uguaglia i due peli aflbluti ME NF de' due corpi late- rali M N , così fi fa chiaro , che mentre le fponde AB CD del vafe foffrono le preffioni rapprefentate dalle rette MH NG , il fondo BC è aggravato dall' intero pefo affoluto de' tre corpi inlieme M P N in effo vafe rinchiuli . Procedendo con limile fcompofizione e compofizione di forze , ciò che s'è provato di foli tre, può egualmente provarli per quailì- voglia moltitudine di corpi , eh' eliftelTero aderenti sì, ma slegati r uno dall' altro dentro il vafe ABCD . Quindi ap- parifce, che il premere de' femifluidi lateralmente è un ef- fetto derivante dalla fteda gravità delle particelle loro , e che hanno quefla proprietà di più a differenza de' folidi per effere dette particelle 1' una dall' altra slegate e libere . ARTICOLO IV. Della direzione , cJ^e tengono le particelle de' femifluidi per fortire dai fori ori'zz.ontali ne' uafi di figura cilindrica e conica . Esperienza V. $. 1 5. Mediante 1' apparécchio rapprefentato dalla figu- ra 1 1. (1 ratteneva un vafe di figura cilindrica o conica fof- de' semifluidi. 34 9 pcfo con r afTe vetticale , e col fuo fondo orizzontale . In tale polìzione pertanto iì dovranno fempre intendere ratte- nuti i vali co' quali furono efeguiti li feguenti fperimenti ; avvertendo però, che i vali conici fi rivolgevano colla bafe maggiore ali insù , e che per foro in detti vali dovrà inten- derli la loro bafc minore rivolta all' ingiù , e coftituita ia un piano orizzontale . Semifluido fabbia . N. I. Vafe cilindrico alto poli. 6 , di poli, z di diame- tro, e col foro di lin. 4 di diametro nel fuo fondo oriz- zontale. Innalzato il femifluido in quefto vafe all'altezza di poli. 2 , e di poli. 4 , e lafciando in ogni cafo libero 1' ef- flufTo pel foro del fondo , la fuperficie fuperiore del femiflui- do difpofta in un piano orizzontale , s' incavò con qualche irregolarità di figura in centro di detta fuperficie dal primo iflante, ed abbaflandofi il femifluido per qualche linea verti- calmente le particelle femifluide di mano in mano dall' orlo di detto incavo alla fuperficie interiore del vafe s' incammi- narono tutte per 1' affé del medefimo, cofèituendo in figura conica col vertice in giù la fuperficie del femifluido. For- mato eh' ebbe in tal guifa il femifluido , e perfezionato il fuo imbuto, continuò efiò a fcaricarli alimentando fempre il foro di particelle femifluide difcefe dall' alto di detto imbu- to, reflando , finita la fcanca , fl-agnante dentro il vafe una certa quantità di femifluido difpofto nella propria linea di livello dalla fuperficie interna del vafe all'orlo del foro efi- flenre nel fuo fondo. Innalzando nello ftefTo vafe il femifluido all' altezza di polì. 6, cioè empiendolo interamente, e dandogli libertà di efcire dal foro fudd.-tto , s' abbafia per tre o quattro linee circa d' altezza, mantenendoli orizzontale in fuperficie fen- za fcomponerii le particelle in efia coftituite; fuccedono quin- di r incavo e 1' imbuto e li compie la fcarica come nel ca- fo antecedente. Adattando al medeiimo vafe un fondo col foro di 6 lin. di diametro li offervano effetti prelfo poco uguali a'defcritti. N. li. Vafe cilindrico alto poli. 6 , di poli. 5 di diame^ X X iij STO Statica e meccanica tro . Efeguendo con quefto vafe gli efperimenti cfeguiti col fopraindicato nel n. i. fi offervano accadere gli fteflì fe- nomeni , fé non che apparifce in fuperficie nainoi-e la di- Icefa verticale effettuandofi preftamente l'incavo e l'imbuto. N. IIL Vafe cònico alto poli. d,e col lato inclinato full' orizzonte all'angolo di 53''' Eflendo fornito quello vafe tanto del foro di lin. 4 , che di lin. 6 di diametro, il femifluido, che lo riempiva dal pri- mo iftante che cominciò a fluire dal foro , formò in fuper- ficie una fpecie d'imbuto intorno l'afTe del cono, che andò di mano in mano dilatandoli, finche per/enne alla Superfi- cie interna del vafe . Le particelle in fuperficie del femiflui- do circonfufe all' imbuto nafcente fi veggono' difcenderc verticalmente, abballandoiì il femifluido nel vafe, e ad im- buto compiuto difcendono per la fuperficie" conica di elfo , fluendo per tale via dal foro del vafe medefimo , il quale rella in fine interamente voto. N. IV. Il getto del femifluido fabbia ufato in quefti efpe- rimenti nell'efcire da' fori de' fondi orizzontali di vafi cilin- drici e conici defcritti a'NN. u il. in., dal foro in giìi per poli. 12, ed anche 15 profegue raccolto, reftringendoli fotto un diametro preflb a poco la metà di quello del foro, pren- dendo la figura di un cono tronco; vicino al foro però di- moftra rivolgerfi con qualche conveflìtà verfo l' affé del me- defimo getto: indi le particelle femifluide fì veggono fpar- gerfi e allontanarli dalla intraprefa via , e fcmpre più Ci of- ferva maggiore lo fpargimento , e l' allontanamento di effe quanto più lungo Ct fa il getto, talmentechè v' è ragione a credere , che feguendo fenza impedimenti per confiderabile altezza lì convertirebbe egli in una fpecie di pioggia. Semifluidi miglio e migliar ole dì piombo. N. V. Applicato al vafe N. i. il fondo col foro di lin. 4 di diametro , fi è pollo in elfo il femifluido all' altezza di poli. 6. Scaricandofi il femifluido pel detto foro mantenne la fua fuperficie orizzontale così difpofla da bel principio per la difcefa di poli. 3 Jin. 6 ; quindi cominciò a farfi più e più concava intorno l'affe de! vafe, finché pervenuta a poli. [ D2' SEMIFLUIDI. 35I 4 Un. 8 , fi coflituì in fuperfìcie conica, che è quanto a dire , che il femifluido formò a detta aiftanza foltanto, prefa dietro la fuperlicie interna del vafe , e pertezionò il fuo im- buto. Le particelle fcmifluide -comprcfe nella fuperficie di- fcefero fenza fcomporli m direzione verticale ; ma comincian- do a divenire più e più concava, le più vicine all' alic fuc- ceffivamente s' incamminavano per l'aiTe niedelìmo al foro , continuando a difcendere verticalmente le particelle rima- nenti ad effe circonfufe , per moao tale che foltanto perfe- zionato l'imbuto li vedevano partire le più lontane aderen- ti alla fuperfìcie interna del v.dc per portarli intorno 1' affé del medefimo , e metteni per tale via in pronto , onde for- tire dal foro fatto nel fuo fondo , ceffando ogni movimento verticale. Terminato refflull'o rimafe immobile certa Quan- tità di femifluido difpoflo nella propria linea di livello'dall' ■ orlo del foro alla fuperfìcie cilindrica del vafe. Nello fledo vafe, effendo empiuto di femifluido, ed aven- do nel fuo fondo il foro di lin. 6 di diametro , cominciò ad incavarfi o farli concava la fuperfìcie orizzontale del fe- mifluido, difcefa dall'altezza di poli. 4 , ed effendo il foro di lin. Il di diametro, dall'altezza di poli, 4 lin. io. Nel reflante le particelle del femifluido profeguirono come fopra. N. VI. Vafe cilindrico defcritto al N. 11. Empiendo quefto vafe di femifluido , ed efeguendo con ef- fo i medelimi efperimenti, li offervò, che elFendo fornito il fuo fondo del foro di lin. 4 di diametro , la fuperficie oriz- zontale del femifluido principiava a diventare concava difce- fa dall' altezza di poli, i, lin. io, e l'imbuto lì ftabili all' altezza verticale di poli. 3 , lin. 11 , tolta nella fuperficie cilindrica del vafe; e che avendo il foro lin. 6 di diametro, il concavo appariva , effendo difcefa la fuperficie de! femiflui- do per poli. 2, lin. i; e fotto il foro di lin. 11. di dia- metro , per poli. 2 , lin. 9 . Quanto al movimento delle par- tice'le femifluide tutto accadde come s'è dichiarato nel N. v. antecedente. N. VII. Vafe conico alto poli. 6, e col lato inclinato full' orizzonte all'angolo di 53° Trovandoli fornito quello vafe del foro di lin. 4 , o di Vw. 6 di diametro 5 ed effendo riempiuto di femifluido , la 552 Statica e meccanica fuperfìcie orizzontale di quello comincia dal primo iftante , che lafciail libero 1' effluflb , a farli concava dalla fuperfìcie conica interna del vafe intorno all' affé del medefimo con uniformità e regolarmente ; e va divenendo vie pili concava profeguendo la fcarica del femifluido. Le particelle poi fitua- te in fuperfìcie lì veggono fornite di due moti nello fleflb tempo , cioè del verticale difcendendo , minorandofi la malia femifluida nel vafe , e dell' obbliquo per incamminarli verfo l'affe del medefimo, compiendoli in tal guifa la fcarica to- tale . N. Vili. Vafe conico alto poli. 3 i col lato inclinato full' orizzonte all' angolo di 23°. Preparato quello vafe col foro di lin, 4 , o di lin. 6 di diametro e caricato interamente di femifluido , tutto accade ■come nel vafe antecedente N. vn , falvo che la concavità in luperficie più preflo acquifla profondità notabile fembrando anzi che poco dopo cominciato 1' effluffo fi coftituifca fotto una certa linea di livello cofiante fino a fcarica compiuta. N. IX. I getti verticali di quelli femifluidi miglio e mì- oliarole di piombo* nel fortire da' fori orizzontali de' vafi in- dicati a'NN. V. VI. VII. vili, fi conformano nella figura dicono tronco , la di cui bafe minore è il fjro del vafe . Le parti- celle femifluide fortite dal foro veggonfi vie più difcoflarfi le une dalle altre quanto più fono difcele al baffo , mante- nendofi però tutte infieme dentro il volume dell' accennato cono tronco. Le particelle componenti il getto formato dal- le mi^^liarole di piombo fi tengono più raccolte che quelle del miglio , e conformano fotto al loro il getto con qual- che conveffità verfo il fuo affé, nell'uno e nell' altro getto fi offervano inoltre tratto tratto in diverfe loro fczioni oriz- zontali arrefiarfi e fofpenderii le particelle in eflè comprefe, dimofirando quali in quell' ifiante di equilibrarli nell' aria dentro cui nuotano e muovonfi . . • ; .■ - Confida az^ioni . . $. 16. Dagli efperimenti pertanto efpofli nell' antecedente fperienza , ma fingolarmente da quelli che fi fon fatti col miglio e le migliarole di piombo, ì\ raccoglie , che quanto a vati de' semifluidi. jjj *' vafì cilindrici v' ha una certa altezza determinata, a cui inalzati i femifiuidi fuddetti cominciano a dirporre dal pri- mo momento dell' effluffo la /uperiìcie loro in imbuto , fa- cendoli vie e vie più concava, oltre la quale rialzandoli la mantengono parallela all'orizzonte, finché ad effii pervengo- no; altezza poi che va crefcendo, aumentandoli il diametro •del vafe e diminuendoi! il diametro del foro orizzontale , eh' è in centro elei di lui fondo ; dai che apparifce il lille- ma dell' efrtuflTo in tali vali dipendere dalla combinazione o concorrenza di tre elementi nello fteffò tempo, cioè dall'al- tezza del femifluido nel vafe, dal luo diametro, e da quello del foro coftituito nel fuo fondo . E quanto a' vafi conici dee concluderli derivare il fiflema del loro effluflb fopra tut- to dall' altezza del fem.ifluido in effi infufo , e dalla minor o maggior inclinazione all' orizzonte de' lati loro , non ef- iendoli potuto fcorgere difièrenze di effetti per la diverfa. grandezza de' fori da lin. 4 a lin. 6 di diametro . Ma non v'ha dubbio però che in fine non debba riguardarli il fìfle- ma di effluirò ne' vali cilindrici come un cafo di quello de' conici e viceverfa , avvegnaché ne' primi lo fteffò femifluido, che li riempie 5 coflituifce intorno al loro fondo colla quan- tità, che ofl'ervali (lagnante, terminato l' effluflb, una bafe co- nica come fé tale folFe per quel tratto la figura di detti va- fì cilindrici. Benché poi da quefìi efperimenti non (ìafi rile- vato che la direzione del moto delle particelle coftituite in fuperficie ; nulladimeno fembra intanto, che dal moverli que- fìe per linee verticali fino a certa diftanza dal foro , non polFa ciò avvenire , fé non che col concorrere a! foro me- defimo non folo le particelle ad elTo fopraftanti , ma le la- terali ancora , e dover continuare ciò anche cominciata la concavità della fuperflcie continuando a vederfi dette parti- celle fornite ancora del moto verticale, congiunto però coli' inclinato verfo l' alTe della concavità medeilma . Diminuen- doli r attività in detto moto verticale , mentre s' aumenta l'ampiezza e la profondità dell' imbuto, egli è evidente con- trafTegno avere in tale lìtuazione le particelle fopraffanti al loro prelb tale vantaggio a fortire da elfo fopra le laterali , che finalmente nemmen una ne può fortire perfezionato l'im- buto, nel qual cafo l'effluffo al foro viene alimentato dalle Tomo IV, Y y 354 Statica e meccanica fole particelle coftituite nell' alto dell' imbuto medefimo . E tutto ciò fcorgefi pure accadere fimilmente ne' vafi cilindri- ci non meno che ne' conici, foltanto colla differenza in que- lli , che fembrano le particelle fopraftanti al foro avere an- che fotto le maggiori altezze pili attività a fard ftrada che ie laterali, comparendo qualche concavità in fuperfìcie dall' iftante che comincia l'eiiìufo. Quefto è quello, che puòdirfi per ora all' indigrollo intorno alla direzione che tengono le particelle de' femifluidi dentro i vali da' quali etfluifcono, efaminando il movimento della loro fuperficie colHtuita da bel principio in un piano orizzontale. §. 17. Efaminando poi T andamento e la figura del get- to verticale formato da' femifluidi nel loro effluflb , ficcome nel femirtuido fabbia viene efTo per la maggior parte alimen- tato dalle particelle che fucceflivamente vanno difcendendo dall' alto dell'imbuto, che generali in fuperficie col comin- ciare dell' efflutfo raedelimo , dirigendoli elleno in confeguen- za per tale via al foro; cosi fembra che la figura conoidale afi'unta del getto verticale di tale femifiuido debba indicare, che le particelle, che mantengono 1' efflufib feguono la pri- ma direzione loro inclinata verfo il centro del foro anche fortite dal medelimo. La convellità pure, che ha il getto ri- volta verfo il di lui ade vicino al foro, dimofìra che pro- cedono le particelle femifluide intorno 1' affé del getto di moto comporto, dell'inclinato cioè fecondo il quale forto- no, e del verticale generato dalla gravità loro. Lo fpargerfi poi le particelle femifluide componenti il getto dopo avere unitamente trafcorfo il notabile fpazio verticale di 12 in 15 pollici, dee attribuirli certamente all' azione , che prende l'aria fottopolta contro di effe , debilitandoli di mano in ma- no nelle particelle circonfufe al getto la forza obbliqua,che tende a tenerle raccolte a quelle che fcorrono in direzione dell' alfe del medeiimo . Ma come ragioneremo intorno al getto del miglio e delle migliarole di piombo , conforman- dofi pure elio anche in quefti femifluidi bensì fotto la figu- ra di un cono tronco, ma tutto all' oppoflo di quello che accade nella fabbia , cioè colla bafe minore al foro orizzonta- le del vafe.'' Che ciò accader debba, non già perchè in co- tali femifluidi non fieno dirette eziandio le particelle al cen- de' semifluidi. 355 ■ tro del foro , benché le particelle in fuperficie Ci veggano difcen Icre per Iuilì verticali , ma perchè a cagione della grandezza figura e difpQlìzione loro dieno all'aria libero paf- faggio , onde riacquiihire per la via più breve il polio pri- miero da cui viene cacciata , e che in confeguenza Ila effa che le fegrega e difunifca fino da principio del loro efflufo, non ci potrebbe accertare a mio credere che un' efperienza nel vacuo Boyleano ; tutto -che veggalì che nelle migliarole di piombo per eflere le particelle (emifluide pefanti fi tengono elTe pili raccolte che quelle del miglio leggiere e facili a lafciarlì condurre dall' aria in moto. Egli è vero che all'a- ria pure fi attribuifce comunemente lo fpargimento di una mafTa di pallini cacciata fuori da un archibugia, il che di- venta un cafo moltifTimo confimile a' noftri getti, ne' quali la forza impellente nelle particelle, che Ci prefentano al fo- ro , è la velocità che poflbno aver acquiftata dentro il va- fe ; ma non può rjulla oflante concepirli il fenomeno con chiurezza. Ciò però eh' è prefumibile fi è , che al foro fol- tanto in liiTatti femifluidi le particelle ad elfo tratto tratto concorfe s' accodano vicendevolmente in quell'iflante quan- to loro è polìlbile contraftando le une alle altre la libera fortita dal medelimo foro ; il che accadendo come di fatto accade , attentamente ofTervando , non può non fofpettarfi concorrere al foro le particelle femifluide con direzioni in- clinate verfo il di lui centro . Cerchiamo però mediante l' efperienza di acquiflare piìi precife nozioni fu quello fog- getto .. Esperienza VI. ^. i8. (a) Tinta a nero della fabbia confuetamente im- piegata in quclH fpcrimenti , e del miglio a color roflb-,, il è offervato , che i. coniponendoll in un vafe cilindrico! uno flrato di fabbia nera alto poli. 2, eoa altro (Irato egual- y y ij (a) dueflo penfiero, che a me è ve- cato , ed efìefo,ad' altre materie- ana- »iito in mente fenza averne avuta da loghe potrebbe fervire a molto utilL e: altri notizia o traccia alcuna , appli- curiofe Icoperce .. 35^ Statica e meccanica piente alto di fabbia comune, e pofcia lafciandofì libero. l'efflufo dal foro preparato in centro del di lui fondo , for- te fui bel principio un po' di fabbia componente lo ftrato inferiore, indi comparifce mefcola^ta , e ben tofto efiluifce tutta queila dello ftrato fuperiore, compiendo la fcarica la rimanente dello ftrato inferiore eccetto quella parte che com- ponelì fui fondo nella propria linea di livello dall' orlo del, foro alla parete del vafe. II. E^npiendo un vafe conico di falòia a due colori di- ftinti in due ftrati , vedefi cominciare 1' eftluftb il color in- feriore , e profeguirc mefcolato a due colori fino a fcarica; compiuta . HI. In un vafe cilindrico alto poli. 6 infufo de! miglio, colorito a rofìo all'altezza di poli. 4, e del miglio natura- le all' altezza dei due pollici rimanenti , fi: offerva effluire; dal foro fatto in «entro del fondo di detto vafe il miglio inferiore rollo , pofcia comparire frammifchiato con quello, dello ftrato fuperiore, compiendoli la fcarica col medelìmo . Sul fondo però del vafe rimane ftagnante parte del miglio, inferiore roftb coftituito come altre volte s' è detto. IV. Nello fteftb vafe componendofi due ftrati uguali alti- poli. 2 uno di miglio rciTo , e 1' altro di naturale , efce il miglio dello ftrato inferiore, finché la fuperficie dello ftrato fuperiore difpofta orizzontale difcende , fenza fcomporfi , per piani paralleli a sé fteiTa ; ed efce frammifchiato con quello dello ftrato fuperiore dacché principia la fuperficie a farfi concava , fortendo finalmente fchietto il miglio rimanente dello ftrato fuperiore, e compiendoli cosi la fcarica totale col folito avanzo in fondo del v^Xz di quella qualità di mi- glio con cui fi compofe lo ftrato inferiore . V. Caricito il vafe conico alto poli. 6, e col Iato incli- nato a 53." full' orizzonte di miglio rofto all' altezza di 3 poli, e di miglio naturale all' altezza degli altri 3 poli, ri- manenti, comincia l'efflufTo col miglio roflb dello fìrato in- feriore, pofcia difponendofi la fuperficie del femifluido in im- buto continua col miglio a due colori in confuiione ,confur (ione che diventa meno e meno oftervabile , compiendo la; fcarica totale del vafj. il miglio naturale componente lo ftra- to fuperiore . ., - v... de' semifluidi» 3 j 7 Cor.Jideraz.ioni . (5. 19. Confrontandofi pertanto i rifultati di quella fperienza gli uni cogli altri, raccogliamo con certezza , che nell' ef- fluire i femifluidi da' fori orizzontali fatti intorno il centra de' fondi di vafi rattenuti con 1' aflTe verticale , dirigonfi al foro le particelle inferiori, e di mano in mano le più prof- fìme al medefìmo , fino a che la fuperficie di tali Semifluidi coftituita orizzontalmente cosi fi mantiene difcendendo foI~ tanto per piani paralleli fenza fcomporfi ; ma poiché comin- cia efTa a divenire vie e vie più concava ,e(rere quefto indi- zio certo che concorrono al foro non folo le inferiori, ma eziandio le fuperiori inlìeme , e con maggior concorfo le fe- conde quanto che s' accoda a ftabilirfi in imbuto , ed arre- flarfi interamente il concorfo delle inferiori a imbuto perfe- zionato. Che fé cosi accade ne' vafi che vanno vuotandofi , è chiaro che poffiamo tener per certo , che fé in un vale fofle talmente coftituita 1' altezza del femifluido , che la di lui fuperficie potefie rimanere orizzontale per qualche fpazia di difcefa a efHuflb corrente , e venifie infufa quantità di femifluido uguale a quella che forte dal foro, onde fi con- fervafie coftantemente alla ftefia altezza , in tale combinazio- ne di cofe l'efflufib verrebbe alimentato regolarmente dalle particelle femifluide più vicine al foro, e cosi di mano in mano dalle fucceffive pofte in neceffità di occupare il luogo dalle prime abbandonato . Nullameno i feguenti efperimenti dilucideranno ciò con maggior certezza. Esperienza VII. §. 20. La figura Vili, rapprefenta la fezione verticale del vafe di vetro, che abbiamo in quefta fperienza adoperato, di cui r altezza AC è poli. 4 , lin. io, il diametro AB. poli. 2, lin. 2. Applicato a tal vafe il fondo CD di latta col foro E in centro di lin. 4, la fuperficie AB coftituita in un piano orizzontale del femifluido miglio , che lo riem- pie, e che fi lafcia effluire dal detto foro E , fi conferva orizzontale per la difcefa AM di poli, i , lin. 2 , pervenu- Y y iij 55S Statica e meccanica ta in MN' comincia a farli concava , e di mano in man», fempre più concava , ficchè perfeziona e ftabilifce il di lei. imbuto alia profondità AH di poli. 5, lin. 8, recando (la- gnante dentro il vafe. dal fuo fondo CD all' altezza CF o DG di lin. S la quantità di femifluido FC£ GED intorno al foro E comporta nella di lui conveniente linea di livello. FÉ o GÈ . QLiedi fono gli accidenti , che accadono nella fuperficie del femifluido che riempie il vafe ACDB nel cer- io del fuo vuotamente. Palfando poi ad oirervare il moto delle particelle, femifluide aderenti alla parete del vafe li e notato I. Che col cominciare T effluffo mettonfi in moto tutte le particelle femifluide comprefe nell' altezza. AF o BG recan- do immobili le difpofle nella, rimanente altezza del vafe FC o GD , movimento, che gradatamente dal baffo all' alto va; diventando infenlibile , quanto più va fcemando il femiflui- do in altezza, di modo che quand' è ridotto all'altezza CH^ con le particclie comprefe in CF fé ne veggono altre anco- ra, da F in H egualmente immobili , attendendo, per cos'i; dire il momento di portarli al foro per la fuperficie dell' im- buto, già in tal luogo, come, s' è avvertito , compiuto e. perfezionato dal femifluido. II, Prefa diligentemente la refpettiva diflanza di due par- ticelle r , s foprappolìe 1' una all'altra in linea verticale, e. vicino alla fuperficie AB del femifluido , che riempie il va- fe, e così pure quella di due altre z. , x poco fotto il pun- to N, donde la detta fuperficie comincia a farfì concava, fi è offervato,che ridotto-mediante l'ettlufTo il femifluido in MN', cioè all'altezza CM, sì le prime che le feconde particelle fono fi mantenute difcendendo nella loro linea verticale ; ma Je prime r, s paflTate fotto il punto N s' accodarono 1' una all' altra più fenfibilmente che. le z , a: di altrettanto difce- fe verfo il punto: L, delle quali però 1' inferiore, x dimoftrò- di eflTerfi qualche poco difcoftata dalla parete. IH. Facendo attenzione al movimento di una fola parti- cella r coftituita in, fommità del vafe, ed infondendo in ef- fo di continuo nuovo femifluido, onde, mantenerlo alla pri- mitiva altezza CA, fi è offervato che effa difcend'iva bensì pec- linea, verticale , ma che nello fteffb tempo veniva. vi.& de' semifluidi. 359 più ftimolata ad internarli dentro il vafe enfendod perduta interamente di vifta pervenuta intorno al luogo G . IV. Sottomettendo allo fteffo vafe di vetro AC DB ( Fi£. IX.) il fondo CED di figura conica, il cui lato CE o DE era inclinato fui piano foggetto FG all'angolo CEF o DEG di 23° conveniente alia linea di livello del femifluido mi- glio fcelto per quelli efperimenti (§.i.) , fonolì confermati tutti gli accidenti defcritti ne' NN. I. II. III. nel movimento delle particelle femifluide aderenti alla parete del vafe .^CDB, Porgendoli in fine che niente importava avere fottopolto al vafe li fondo CD (Fig.VII.) orizzontale , poiché lo fteflo femifluido infufo in elfo li fl-abilì da per sé il fondo FEG di figura conica uguale precifamente a quella del fondo ar- tificiale CED immediatamente applicato al vafe medefimOj ■come ora abbiamo -dichiarato, €onJìderazJoni .. §. 21. Benché pertanto nella fopra efpofta fperienza vii» ■non abbiali potuto rilevare fé non che la direzione del mo- to delle particelle femifluide aderenti alla parete del vafe di vetro che le conteneva, non potrà non accordarfi però che le olTervazioni fatte fu tali particelle contribuifcono moltif- fimo, onde conghietturare fulla direzione del moto delle in- terne tolte alla vifla dall'opacità propria de'femifluidi: men- tre egli è certo, che fino a che la fuperficie AB confervali orizzontale o parallela a sé ftelTa , tutte le particelle cofti- tuite all' altezza Dr oppure Ds deggiono moverli del pari che le r , ^ aderenti alla fuperficie del vafe . Polfiamo per- tanto ormai , combinando e conlìderando iniieme i fatti pre- fentatici dalle tre fperienze riferite nel prefente articolo, con- chiudere con certezza, che qualora 1' altezza del femifluido infufo in un vafe cilindrico iolTe tanta che potelfe mante- nerli orizzontale la fuperficie del femifluido, che deve eflui- re dal foro fatto in centro del fondo di detto vafe , e che il femifluido nel vafe fofle ridotto a flato permanente , fio- che tanto ne venilTe continuamente foprappofto quanto ne andaffe ufcendo dal foro, polfiamo, dico, in ta'e liftema di efìlufo conchiudere con certezza eflere tutte in moto le par- 3^° Statica e ^.jeccanica ticelle femifluide dentro il vafe , ed avere tutte oltre al mo- to verticale una chiamata o tendenza al foro , la cui atti- vità va crefcendo dalle particelle fuperiori alle inferiori di- ventando madima in quelle , che trovanfi immediatamente fui l'ondo di figura conica , che il femifluido da per se fi forma e ftabilifce ; e che mercè di tal chiamata al foro fuc- ceda, che il moto verticale delle particelle femifluide fia più veloce di mano in mano nelle fuperiori che nelle inferiori , di maniera che combinafi col maggior movimento di chia- mata al foro un minore movimento di difcefa per linea verticale verfo il fondo, e viceverfa. Quindi non fenza fon- damento fi può ammettere , che ftante la combinazione di detti due movimenti le particelle femifluide circonfufe a quel- le della colonna fopraftante al foro difcendano dall' alto , e s'incamminino verfo il fondo del vafe percorrendo linee cur- ve, le di cui conveffità rivolte verfo le fponde del vafe di- vengano vie più rimarchevoli quanto più fono vicine alle fponde e s' appreflano al foro (F-;^. Z'. ) ,prefentandoli ad efTo perciò le particelle laterali , che concorrono all' eft'luffo con una velocità derivante da (ìflfatto moto compofto ; ma in quanto fpetta il grado di velocità delle particelle nel mo- mento di effluire cercheremo di accertarcene con efperi- menti particolari , baftando per ora di efferci adicurati del- la direzione , che tengono le particelle de' femilluidi nel for- tire da fori orizzontali in vafi cilindrici , potendofi con- ghietturare fimilmente quella, che debbono feguire effluendo da vafi conici . §. 2 2. Paflando ora ad efaminare 1' analogia che offer va- no i noftri femifluidi co' liquidi quanto fia alla direzione che tengono si le particelle degli uni che degli altri, onde fortire da fori orizzontali fatti ne' fondi di vafi cilindrici o conici, fi rileva intanto che il femifluido fabbia , tuttoché di particelle minutidime, è comparfo nelle noftre fperienze meno atto a mantenere la fuperficie orizzontale in confron- to del miglio e delle migliarole di piombo ; il che fa vede- re, che anche per queflro conto tanto più procedono in via analoga i femifluidi co' liquidi, quanto le particelle loro fo- no difpofle per la figura e lifcezza a fcioglierfi e raggirarfi le une fulle altre . Di maniera che parrebbe, che un liqui- do, le DE* SEMIFLUIDI. ^6 l (do, !e di cui particelle debbono concepirli al fommo grado perfettamente sferiche e lifciate , doveffe nello fcaricarlì dal foro orizzontale fatto nel fondo di un vafe mantenere co- ftantemente la fupertìcie orizzontale lino a fcarica compiuta , fenza che accada in elHi coli' accodarli al fondo , come ac- cade ne' noftri femifluidi , indizio d'imbuto alcuno . Eppure r esperienze inffituite dagl' Idrodinamici, onde ftabilire que- {ko fatto, fono tuttora contraddicenti le une alle altre : pre- tendono alcuni la generazione dell' enunciato imbuto a pih o meno diftanza dal fondo del vafe fecondo la di lui figura o la grandezza del foro per cui efce il liquido che va da ef- fo vuotandoli; e pretendono altri non darli ne' liquidi gene- razione d' imbuto alcuno , ma vuotarli eglino interamente mantenendo la fuperfìcie orizzontale fino a effluffo compiu- to. Non è ora mio propolito d'internarmi fu tale queftio- ne, e mi fia foltanto lecito il dire difficiliffimo effere a tal uopo inftituire un' efperienza decilìva e libera da illufioni e da equivoci , e ciò non alferifco fenza ragione , mentre ef- fendomi per mera curiofità accinto fui momento ad efeguire qualche fperimento, fcegliendo un vafe di figura conica co- me pili atta a dover produrre l'imbuto, ed accadendomi di vedere la generazione yj>>>:->:V'jw.o ■ f:ff.;;^\;.y;.\v.vi:",o^ M ' ' r.v.' .'.*,'. "."■".' .' * .'," .'.".V-".*; isr ■'■'■' ■■'■'■-•:■.:■.■:]:■ tiff. ■:::::-:::;;.,\::.::xà: '-■^'^■'-■^y^c):M:\ rr mJB L F E ""M^mi^ G Tri D (ìAt' 1' altezza dovuta alla velocità alterata, cioè alla velocità attuale fecondo la cadente del fondo ba , e z V angolo bac. E giacché tutto è ignoto . riduciamo primamente a relazione le due altezze P,f- Sia pertanto lecito di far rapprefentare la velocità AL MOTO Dt' Lia U IDI, 5S9 attuale delle ftille pel fondo ftabilito ba da quella che un grave difcendente nel vacuo pel medefimo piano inclinato i\i acquifterebbe in un tempo pari a quello che fpenderebbe il medefimo grave libero a difcendere per l'altezza verticale P dovuta alla velocità primitiva non alterata . E perciò s' in- tenda indefinitamente prolungato il fondo ab dalle parti di h, come fino in M, e conducafi dal punto M la MN per- pendicolare al fondo aC prolungato , e dal punto N la Nn perpendicolare ad «M , e dal punto ;; la nm perpendicolare ad MN . Se lia pertanto MN V altezza P , farà Mn la lun- ghezza nel piano inclinato , cui percorrerebbe un grave in un tempo /ari a quello ch'eflo fpenderebbe nella difcefa per MN , e la velocità acquiftata nel punto n rapprefenterà la velocità attuale dovuta all'altezza /> , cioè dovuta per le no- te leggi ali altezza Mm . Sarà perciò Mm=p , e P :p 1 .» » » = MN : Mm = Mn : Mm = Ma : aN = 1 : fen.'- z,, pre- fa r unità per feno tutto. E' dunque P : p -=: 1 : J'c«/ z, e 1' angolo z dovrà ftabilir/ì nell' in- clinazione diiìiandata da quefta proporzione . Ma di nuovo {ìa X la forza affoluta non alterata che opera verticalmen- te fopra le ftille verfo il fondo, x la forza attuale ed effet- tiva che rifulta fottraendo dalia forza X la forza confunta neir infleflìone , ed incamminamento obbliquo delle ftille. verfo il foro , ^ 1' altezza permanente del liquore Ec , q V altezza Eb ffabilita anch' efTa e permanente, e la lineetta ab rapprefenti un filamento infinitamente piccolo in moto fopra il fondo liquido ftabilito ab . E' certo pertanto , che X=abxP-, e per la fteflà ragione x = abXP • Ma dalla proporzionalità precedente è p = PSeM.^z.; dunque x z=abX PSen.^z.. Dunque X—x — ab(P-^PSe».'z,) ...(A) . Ma di nuovo efTendo Ec — ■Eb = ^ — q = bc , fé Ci prenda ab per feno tutto, farà nel triangolo /^^c- il lato bc=: ab Se/i. z e però ^ — q=zabSen.z ... (B), e cacciando col paragone del/e equazioni {A),(B) l' infinitamente piccolo ab, fi avrà Ora efTendo X proporzionale z P, x proporzionale a/?, of- iia PSen.'z, il foftituifcano in queft' equazione per X , x i C e e iij 390 Teoria intorno Joro proporzionali P , PSen.'z. , e fi ridurrà ella a quefta ^ — q^Seii.z. Ma §1, q effendo le altezze permanenti del medefimo liquore fotto le quali s'intendono impreUe le velo- cità dovute alle altezze P, /», oppure P, Pi^^/z,, faranno ^, ^, P, PSen.^ z. quantità refpettivamente proporzionali, cioè É. : ? = P : PSe}i.'z.= i : Sen.' z . Ma ^ è l'altezza permanente modulare, per cui fi è afl'unta l'unità. Dunque ^=1, e però ^:q=.i:Se».'z=i:q ,e per confeguenza hra. q = Sen.^z, , e 1' equazione ^ — q=:Sen. z, fi cangierà jn quefia Sen.'z -}- Sen. z.= i la quale rifoluta fomminiftrerà " ■• e . /j — ' 2 con che farà cognito l' angolo d' inclinazione bac della ca- dente del liquore importata al margine a, prefa l'unità per altezza modulare permanente del liquore fopra il centro del foro . Il che ecc. §. XXXIL ,.', Scolio . Abbiamo pertanto ottenuto di conofcere V obbli- quità del moto con cui concorrono le ftille all'orifizio fot- to un'altezza modulare. La foluzione è per verità appog- giata ad un Poftulato, il quale mena a quella proporziona- lità, cioè che il feno tutto al feno dell' obbliquità fia come la velocità totale non alterata, che converrebbe ad un liquo- re fotto detta altezza permanente , alla medefima velocità alterata dalle reliftenze al margine, cioè alla velocità attua- le ed effettiva. Ma perchè non inforga dubbio fu quella fo- luzione eh' è capitale, mi fo a mollrare , che a quella con- clufionc lì potrebbe pervenire direttamente fenza derivarla da alcun Poftulato. In fatti rapprefentando ba un piano ob- bliquo alla direzione della forza premente, e quefta operan- do continuamente fotto un' altezza coftante e permanente, mentre, fatta l' impreflìone , fcappa pel foro il liquore pre- muto, è fuor di dubbio, che (i fa fu quefto piano una ve- ra impulfione obbliqua. In confeguenza di che, lafciando le denominazioni medefime di P all' altezza dovuta alla velo- AL MOTO DE' LIQ.UIDI. ^gt cita affoluta e totale che avrebbe il liquore, fé non trovaf- fe refiftenze, e di /> a quella eh' è dovuta alla velocità al- terata, o alla velocità attuale, l'elemento liquido ba fortie- re una preflione efpreffa dalla formula ba{P — p). Ma, po- llo jj. l'angolo EbM ^ e ammettendo , eh' è permeffo, la teo- ria ordinaria delle impullioni obblique de' liquori, 1' impul- fione contro ba è efprelfa dalla forma £'<7X-?X'^^'^-V* egua- gliando quefte due forme fi confeguifce j> = P — PJ'f«^^ = PCo/"///. Ma Cof.iLi.=:Se)t.bacz=Sen.z.. Dunque P:p=:zP ■.PSen.''z=: i :Sra.^z, ^ ch'è la noftra proporziona- lità ftabilita qui fopra . Quindi apparifce non edere altrimen- ti arbitrario quel Poftulato , ne mancante di fondamento la foluzione precedente . §. XXXIII. CoROLL. I. Dunque l'altezza P dovuta alla velocità, on- de farebbe animato il liquore dalla prefTione circonfufa fotte r altezzza modulare i , fé la reiìftenza al margine non fof- fe, ond' è corretto a piegare il fuo corfo verfo il foro coli' obbliquità determinata , farà all' altezza p dovuta alla velo- cità alterata , ofiìa all' attuale ed effettiva al margine , come -:(^)-. CoROLL. II. E però fé fi prenda , che può farfi , V altez- za permanente modulare del liquore, cioè I' unità per T al- tezza P , farà neceffariamente ( J l'altezza altera- ta/» dovuta alla velocità effettiva del liquore al punto a del margine. CoROLL. III. Ma come quefl:' altezza p , così è la forza del liquore in a , s come in a così in ogn' altro punto del margine, intendendoli adoperare un' egual preffione da per tutto fotto una medefima altezza permanente del liquore. Dunque la forza alterata, o 1' attuale ed effettiva, onde fo- lio animate le ftilie al margine del foro, nell'atto che van- no fucceffivamente fcappando , e fottraendoiì alla preffione 39* Teoria intorno circonfufa eoa la direzione ba fotto la data altezza modula- re j farà efprefla dalla forma f §. XXXIV. Prop. IX. Se due filamenti d' acqua coftituiti in moto in un mede/mio piano da oppojìe parti con direz.ionì tra di se co- fpiranti vengano a riimirfi , di due fi fa un filamento fola dopo il concorfo , // quale progredifce di 'moto compofio pari a quello che ajjumerebhe una fiilla folitaria follecitata dalle for- ze inerenti a' filamenti con le ftèjfe direzioni . Imperciocché delle ftille fucceffivamente toccantifi nel con- corfo de' filamenti ciafcheduna vicendevolmente è follecitata obbliquamente da due forze , cioè da quella del proprio fì- fVema, e da quella che tende a imprimerle 1' oppofta ftilla incontrata . E però ciafcheduna , fé folTe folitaria , fi move- rebbe di moto comporto con la direzione dovuta all'ordina- ria compofirione de' moti . Ma nell' iftante del contatto per la natura del liquore fi unifcono immediatamente le gocce , e di due fé ne forma una , e perciò la goccia comporta pren- de il moto e la direzione, cui prenderebbe ciafcuna goccia componente fé dopo il concorfo reftafle folitaria : il che è lo ftertb come fé al concorfo forte una rtilla folitaria folleci- tata dalle forze immateriali che fono ne' filamenti concorren- ti con le fteife direzioni . Se dunque il flurtb de' filamenti è permanente - continua la combinazione fucceflìva di due flil- ie in una, e il moto fopraddetto , e però fi forma un fila- mento folo di quefte rtille luccefilve comporte di due , cioè un filamento comporto de' due filamenti concorrenti, il qua- le necertliriamente prende il moto comporto pari a quello delle ftille folitarie che s'è detto. Il che ecc. "■■ '■■ '■.■''"''' '' ■ §. XXXV. Prop. X, Se due correnti concorrano infieme , e fi unifica- no , / filamenti del tronco unito prendono direzione e moto a modo di filamenti compofii dietro all' incontro ed unione di due AL MOTO de' LIQ.U1DI. 39J ^iie filamenti che concorrmo infieme con la fteffa forz.a ddlt torrenti re-fpettivamente e con le Jìejfe direzioni . Poiché è di fatto , che delle due correnti fé ne forma fempre una fola dopo I' unione, o un folo tronco , è cofa indubitata , che le impreflìoni che fi fanno fcambievolmente i due corpi liquidi concorrenti s' inducono fcambievolmente mutazione nel moto e nella direzione di ciafchedun filamen- to ; e però dovendo efTere comune la direzione , e il moto dopo l'unione, ciò non può efTì^re fé quefte mutue impref- fioni non li comunichino fcambievolmente , e difiòndano per tutti i filamenti , licchè ne rifulti una e la fteffa compoiì- zione di moto per tutti . Ma ciò elTendo , è pure manife- fto, che ciafcun filamento del fidema unito prende direzio- ne e moto a guifa di filamento (Prop.preced.) comporto die- tro all'unione di due filamenti che s'incontrano con la ftef- fa forza e direzione delle córrenti refpettivamente . Dunque ie due correnti ecc. Il che ecc, §. XXXVL CoROLL. ì. Per confeguenza il moto di ciafcun filamento del fifiema unito è pari a quello chs affumerebbe una ftilla folitariii follecitata dalle forze inerenti a' due oppofti filamene ti con le ttsfCc direzioni , cioè dalle forze di due oppofie correnti, confiderate immateriali , e con le loro re^fpettive direzioni . CoROLL. II. E come fé non di due fole , ma di qualun^ que numero fi trattaffe di correnti che fi unifl'ero, è di fat- to, che di tutte fi forma una corrente fola , in cui fluifco- 110 i filamenti con moto e direzione comune ; cosi è chia- ro, che ciafcun filamento dopo l'unione è nel cafo di un filamento rifultante dall'unione di due, altrimenti non affli- merebbero direzione e moto comune , contro il fuppofto v §. XXXVII. Prof. XI. Suppofie quejìe e a fé , e data la forz.a e la dire- zione con cui opera il liquore al marcine dell' orificio /otto la Tomo IV. Ddd 394 ' T E O 11 I A INTORNO data altexxa modulare mantenuta cojlantements nella conjer- Z'.7, trovare l' altezza dovuta alla velocita effettiva ed at- tuale della vena intera all' ufcir dell' orificio /otto la fiejfa al- ti^zza permanente . Eflendo ftabilita (^. xxix. ) fotto un dato angolo la ca- dente del liquore veiib il fondo del vafe importata a qua- lunque punto del margine del foro, tutte le ftille intorno debbono concorrere all'orificio con la fteffa direzione . for- mandoli ivi confluenza di correnti da tutte le parti fotto un tal angolo d'inclinazione col fondo . Ovunque pertanto s' intenda fegata pel centro del foro la maifa liquida con un piano verticale, due correnti hanno luogo perpetuamen- te in quefto piano, i cui filamenti fcqrrono al baffo fotto un tal angolo. Se dunque fi riguardi la comune fezione di queflo piano e del piano interno dell'orificio, come il luo- go di confluenza , ove fi unifcano i filamenti delle due op- pone correnti , ciafcuna ftilla di quefta comune fezione può conlìderarù appartenere all' origine della vena ufcente , ed eflere riguard.ua come formata di due ftille combinate ( §. XXXIV. ) dietro al concorfo ed u.nione di due oppofti filamen- ti . Il che verificandofi in tutte le fezioni f,U'te fimilmente all'intorno, l'origine dell'intera vena ufcente \'a riguarda- ta come il luogo della confluenza ed unione di tutti i fifte- ini di filamenti concorrenti al foro prefi due a due da op- pofte parti in un medefimo piano . Il moto pertanto di cia- fcuna ftilla dall'origine di detta vena diventa neceffariamen- te comporto , e pari a quello che allumerebbe una ftilla fo- litaria follecitata dalle forze inerenti a' filamenti che a quel- la ftilla mettono capo ((J. xxxiv. ) , cioè dalle forze delle due correnti opporte coftituite nel medefimo piano , e con- correnti inficme. Ma dovendo effere una e coftante fotto un' altezza comune di liquore permanente la quantità dell'a- zione efercitata tutto all' intorno dell' orificio, tutti i fila- menti delle correnti per ogni parte debbono eftere animati dalla ftefla forza; ed elìendo tutti diretti al foro con un da- to e flabilito angolo d' inclinazione prefcritto dalla cadente dell'infimo ftrato circonfufo iinpoftata al margine, ciafcun Ci~ flema di due oppofti filamenti concorrenti dovrà coftituire AL MOTO de' LIQ.UIDI. 395 colla medelìma direiione di moto un medeùnio e determi- nato angolo al concorfo , cioè all' origine della vena ufcen- te . In confe:^uenza la conipoiizione di due forze per una del- le flilk qualunque all'origine della vena fomminillrerà la for- za compofta , ond' è animato il iKtema di tutti i filamenti dell'intera vena ufcente dall'orifìcio. Per la qual cofa fìa il punto B (Fz^. VI.) nell'orizzontale GD una di quefte ftille combinate della confluenza, e ciafcuna delb rette uguali ^B, CB rapprefenti la forza del liquore al margine del foro cioè quella di ciafcun de' due filamenti di cui jB è la confluen- za , cui abbiamo determinato al §. xxxiii. Coroll. ni., e ciafcuno degli angoli ABD , CBG V angolo cofiante che fa d' ogn' intorno la direzione del liquore concorrente al mar- gine determinata al §. xxxi. cioè di nuovo quella de' pre- detti filamenti. Dalle uguali CB , AB li coflruifca il paral- lelogrammo CBAF , e condotta la diagonale FB , che farà neced'ariamente perpendicolare a GD , fi tiri a quella diago- nale dal punto A la perpendicolare AE . EfFendo uguali gli angoli EAB, ABD per le parellele DB , AB , farà i : fen. ABD= I : ^-ili =^BA:BE. Ma la forza BA = f ^^-^ Y (§. XXXIII.). Dunque i : = f ^- V: BE, e per- ciò BE=i(y~-y. Dunque la forza compofta BF^iBE farà efpreffa dalla forma z ( '^ )' . Se dunque fia T -^- V l'altezza dovuta alla velocità di ciafcuno de' due filamenti concorrenti in B,(àrì\i(^ ] l'altezza dovuta alla velocità effettiva da cui farà animata ]a filila 5, e in confeguenza il filamento comporto che ver- rà generato nella vena dal flullb della ftilla jS . Ma quefta velocità è la velocità di tutto il (iftema di (lille, come la filila B, combinale nella comune confluenza all'origine del- la vena . Dunque 1' altezza dovuta alla velocità attuale ed Ddd ij 59'? Teoria into, rn. a effettiva duella, vena nel luo fluffo fuor dell' orificro è <^v-) ', effendo r unità I;' altezza modulare permanente del Ii<]uore mantenuta nella conferva fopra il centro del, fo,.- ro . Il elle ecc. §. XXXVIII. CoROLL. I. Ed ceco in che adopera la coazione delle pref^ fioni circonfufe al foro dimoftrata da' fenomeni e mefl'a in- chiaro ne' primi paragrafi di quefto Capitolo. L'effetto com- piuto e totale di quefta coazione è il generare nelle ftille tifcenti un vero moto comporto, di cui in genere nella Prop^. VII, e che abbiamo qui determinato a rigore : n>oto con- forme a tutte le fpsrienze , come il moftreremo- quv fotto. CoRCLL. II. Si fa quindi palefe come lia e come adoperi al foro la combinazione della gravità naturale con quefla. coazione-, di che nelle Propofizioni VI, e VII le quali agii- fcono congiuntamente , ma la coazione in quanto a. fé ope- ra come fé la gravità nelle (tille ufcenti non folle, e quefla come fé quella non folle . Nel feguente Capitolo vedremo poi in che vaglia ed infiuifca la forza acceleratrice della, gravità che comincia all'origine della vena , dovendo efferc riguardato come colante ed uniforme il moto indotto dallaj coazione a fluifo ffabilito e permanente-. CoROLL. III. Dobbiamo pertanto nel pafTaggio dallo flato^ ringorgato allo flato libero diftinguere bene le condizioni che poffono agire in quel pafTaggio fu le filile ufcenti . Im- perciocché allora riefcono le fHlIe come corpi abbandonati air azione libera della fola gravità , quando è rimofTa la coazione delle prefTioni circonfufe, come accaderebbe tolto, improvvifamente il fondo alla conferva ^ e in quello cafo nell'equazione de — gdt:=.o{ §. xxii. ) ^ è la gravità na- turale . Ma nel cafo dell' ufcita da un foro fcolpito nella conferva , eh' è il noflro , la coazione delle prefTioni opera combinata e congiuntamente coli' azione della gravità, e g non è più la fola forza naturale de' corpi abbandonati a fé fteffi.. Quefla diflinzione. e. dilucidazione, di cofe fembra del.f ultima importanza . AL MOTO DE* LIQ.UIDI. 397 CoROLL. IV. Quindi è facile arguire, che in tutti i cai» la velocità iniziale nel primo aprirli di un foro in fondo o in fianco di una conferva , ove il liquore contenuto è in alToluta e perfetta quiete , non può efl'ere che infinitamente piccola. Al moto finito permanente non può altrimenti per- venire il fludo nel primo iflante , giacché le prime ftillc partono fempre dalla quiete; e non è forza finita in natu- ra, come ne faremo parola nel Gap. feguente,la quale pof- fa in un iftante imprimere velocità finita in un corpo quie- to. Per la qual cola ovunque fi parli di velocità finita all' origine della vena, s'intenda fempre non di velocità inizia- le, ma di velocità riabilita, uniforme , e collante , ridotto il flufTo allo ftato permanente. CoROLL. V, Sarà pertanto la velocità che avrebbe in fine del moto un grave liberamente difcefo dall' altezza modula- re I, cioè dalla fuperficie permanente del liquore al centro del foro, alla velocità attuale ed effettiva delle flille ufcen- ti col moto indotto dalla coazione delle prelfioni circonfu- fe fuor del medeiiino foro fotto una tale altezza modulare j efattamentc , come ^"^VC/J-O e proffimamente, prendendo le radici quadrate colte fole pri- me decimali , come 55 : 36=8 : 5 ii 55 Ma come fono tra di se quelle velocità , così fono gli esbor- fi di liquore fatti in pari tempo dal medefimo foro . Dun- que farà l'esborfo che fi farebbe fotto l'altezza i , fé la ve- locità del liquore al foro fofTe quella d'un grave difcefo li- beramente da tanta altezza fino al centro del foro, all' ef- boifo attuale ed effettivo, che fi fa in pari tempo dal me- defimo foro, come 8 : 5 — . 55 §. XXXIX. Scolio I. Prendendo per mano le Tavole del Gu^lietmì'rì.i Ddd iii 59^ Teoria intorno nel libro che ha per titolo, Menfura aquarum fluentium , fi trovino gli esborfi che converrebbero alle velocità libere ac- quiihite cadendo dalle altezze ivi notate, e fi paragonino co- gli effettivi che l'Autore dedufTe dalle fue proprie fperienze ; lì troverà che Li proporzione di quelli a quelH fi aggira in- torno a' numeri 8:4 — , edendo m femore maggiore di n. Il cafo calcolato dal P. Grandi nella Prop. x, Cap. TI. del Trattato intorno al movimento dell' acque porta la propor- zione tra r esborfo che dirò ipotetico e 1' esborso etìettivo ibtto l'altezza di piedi la parigini , de' numeri 2952,1603, eh' è quella di 8 : 4 — • e così dicali degli altri che ho calcolato con lo fiefTo metodo , e con la ftelTa proporzione affegnata dal Grandi tra il piede di Parigi e quello di Bolo- gna. Un po' più forti riefcono le proporzioni tra l'un esbor- n ^o e l'altro, cioè di 8:ó — , facendo lo ftefib efame full'efpe- m. ^ rienzs del Mariotte . Ma tenendoci alle più recenti ed ac- curatiflime fperienze del Sig. Ab, Bojfut ( Traiti elementaire 4' Hjdrodjnamique ) , non può darfi per certo maggior con- fenfo né più decifo tra la noftra Teoria , e 1' efperienza mae- llra . La Tavola nella Part. 11. Cap. iv. pag. 72 il dimoftra evidentemente , ed è appunto la proporzione di 8 : 5 proffi- mamente ricavata dalle fue fperi<^nze , quella che quefto il- lufire Geometra adopera { §. 361. ) per correggere ed abbaf- fare gli esborli ipotetici , onde ridurli ai veri ed effettivi , che è per appunto quella lìeffa , che teoricamente abbiamo, determinato a priori . Scolio II. E poiché le velocità effettive ed attuali dell' acqua ufcente in pari tempo da un medelìmo foro fotto dif- ferenti altezze di liquore permanente fopra il centro del fo- ro fono perpetuamente {§. xi.) in ragione fudduplicata del- le medefime altezze permanenti ; ancorché non lieno elle poi quelle medellme velocità che acquifterebbe un gra\'e difcen- dendo per effe liberamente fino al centro del foro ; e fono in oltre quelle velocità effettive neceffariamente tra di fé in ragione fudduplicata delle altezze da cui difccndendo un gra- ve liberamente dalla quiete giugnerebbe ad acquiftarle effet~ ALMOTO DE L1Q.UÌDI. 299 tivamente in fine del moto, faranno ( 5. xi.CorolI. ) le al- tezze permanenti del liquore , fotto di cui vengono elle ac- quiftate , nella fteffa proporzione di queftc altezze vere a cui fono elle efìèttivamente ed attualmente dovute. Se lia dun- que l'unità una di quelle altezze di liquore permanente, A un' altra qualunque , giacché 1' altezza permanente i fta all' altezza vera dovuta alla velocità del liquore al foro co- me I : 2 f y , lara e però 2A ( — J' farà 1' altezza vera dovuta alla velo- cità della vena all' orificio fotto V altezza permanente A di liquore ringorgato nella conferva fopra il centro del foro , cioè proilìmamente — A, oppure -A in più piccoli nume- ri proffimi . Scolio III. Ed ecco finalmente onde avviene , che, men- tre le velocità dell' acqua ufcente da' fori delle conferve fo- no feiifibilmente nella ragione dimezzata delle altezze per- manenti fopra i centri de'medefimi fori ( §. xr.), fi moftri- no elle nello ileilb tempo di tanto minori di quelle che acquifterebbe un grave cadendo liberamente dalla quiete dal- le medeiime altezze. _,, , • ;\ E' bens"! A 1' altezza permanente nella conferva, fotto di cui fluifce la vena , ma non è che lA [ -^— — V l'altezza vera da cui dee difcendere un grave dalla quiete per acqui- flare 1' attuale ed effettiva velocità del fluffo all' orificio ; end' è poi che abbiamo trovato effere come 835—^ proflì- 55 mamente l' esborfo che dovrebbe aver luogo in fuppofizione che l'altezza vera foflc A, all' esborfo effettivo ; proporzio- ne intorno a cui fi fono fempre aggirate le fperienze di tut- ti gl'Idrodinamici, e di tutti i tempi. 4^3 Teoria intorno CAPITOLO Q^U ARTO Delia vena contratta, f . X L. Da quanto ci fiamo induflriati d'inveftigare e H-abilire ne' Capitoli precedenti intorno alia legge con cui fluifcono dal- le conferve i liquori mantenuti a coftante altezza durante il fluflb , apparifce chiaramente , che il non efTere giammai (la- ta per avventura definita a dovere la condizione loro , e r indole vera dello flato ringorgato , ha tenuto mai fempre involto queft' argomento in ofcuntà denfiflima , ancorché d' al- tronde fi trovafle col fatto la velocità a' fori fempre minore di quella che avrebbe acquiftato un grave libero difcefo dal- la fuperficie permanente fino al foro, e l'altezza vera ed ef- fettiva dovuta a quefla velocità fempre minore della metà dell' altezza permanente del liquore nelle conferve ; il che pur doveva rendere fofpette tutte le teorie che a tali riful- tamenti non conducevano per alcun modo . E fa meraviglia che voleirero quella velocità dovuta a tanta altezza anche quegl' Idrodinamici , i quali attribuivano nelle loro teorie il fluffo de' liquori alla preffione di una colonna avente per bafe il foro e per altezza l'altezza del liquore, non poten- do giammai dimoftrarfi , che tale velocità pofla effere effetto adeguato di tale preliione . Dando anche luogo alla preffio- ne circonfufa, alla coazione delle prelfioni intorno al foro , dimoflrata da' fenomeni , perchè pofla efiere imprelfa alla ve- na ufcente la velocità, onde la troviamo effettivamente do- tata, eh' è ben tutt' altro da detta preliione limitata, e di tutt' altra efficacia, è ella tuttavia infuflficiente a imprimcr- iìe tanta quanta è quella d' un grave libero difcefo dalla fuperficie del nngorgainento al piano del foro. §. XLI. L'illufl:re Necton era per avventura con più di ragione a tal fentenza condotto, ficcome quegli che nella fua teo- ria faceva AL MOTO de' liquidi. AC l ria faceva attualmente ed effettivamente difcendere il liquo- re da quella luperficie al foro . Ciò non oftante nella fua prima edizione de' Principi matematici della fìlofofìa natura- le non feppe allontanarli dal tatto conchiudendo la velocità del liquore ufcente dovuta alla loia meta incirca dell' altez- W dei liquore permanente nella conferva . Ma facendo in apprello fopra di lui forza grandiifima , co- me fu molti altri hanno fempre fatto e fanno tuttavia i get- ti dell'acqua fatti da' fori aperti nelle Iponde de' vali, i qua- li fembrano rifpondere in qualche modo alle leggi de'projet- ti trovati dal Galilei, cangiò fentenza nella feconda edizio- ne. Avendo pertanto ollervato nelle vene ch'efcono un no- tabile riftrignimento palefarli a poca diftanza dal foro,fl:imò nel calcolo della velocità dell' acqua ufcita da' fori doverli aver luguardo non già al diametro del foro , ma a quefto della vena riftretta. E in fatti col folo impiccolire la vena in ragione di y'2 : i , trovò immediatamente rifpondere, ed eflére dovuta alla velocità della fezione contratta un' al- tezza doppia deli' altezza che le fperienze facevano dovuta alla velocità attuale ed effettiva, cioè 1' altezza incirca dell' acqua permanente fopra il centro del foro : partito degno di quel grand' uomo. §. XLIL Ma ora che abbiamo accertata la condizione dell' acqua contenuta nelle conferve a coftante altezza, e che, la teori- ca è meflTa in concordia co' fenomeni, fembra nel calcolo del- la velocità dell'acqua ufcente da' fori non doverli più aver riguardo al diametro di quefla vena , ma si bene a quello del foro attuale ed effettivo unicamente . Imperciocché non avendo luogo alcuna immaginabile accelerazione per entro alla mafia contenuta nelle conferve , né altra reale difcefa fuorché quella momentanea eh' è neceffaria per tener rifar- cito l'esborfo, e pareggiata l'entrata coli' ufcita, non è ra- gione che sforzi a conchiudere la velocità del fluffo effere neceffariamente uguale a quella, che l'acqua medefima avreb- be acquiftato nel cadere dalla fuperficie permanente lino al foro, onde fìa d' uopo, per falvar la legge, di aver riguar- Tomo IV. Eee 40 2 Teoria intorno do al diametro della vena contratta , non già all' efTettivO dell'orifìcio. Ed oltre che militano anzi ragioni dimoftrati- ve per lo contrario, le fperienze tutte fanno vedere aperta- mente , che le velocità attuali non rifpondono a quelle de' gravi caduti da tanta altezza . Ma come tutti gì' Idrodina- mici coU'efempio del Nerton hanno fempre riguardato e adot- tato il folHtuire la fezione contratta oltre il foro al foro medeiimo come capitale mezzo , onde ridurre il flufTo dell' acqua dalle conferve alle leggi de' gravi cadenti , è necefla- ria cofa , e non fenza frutto, il mettere più in chiaro che farà poffibile le ragioni , che portano ad efcludere dal cal- colo della velocità dell' acqua che fgorga da' vali la contra- zione delle vene. ■" 1 ^. XLIIL E' cofa indubitata , che fenza una reale accelerazione di moto la vena ufccnte né a poca , né a molta diftanza dal foro non potrebbe riRrignerlI giammai. Ma realmente nella vena comincia aver luogo immediatamente all' ufcir del foro un' accelerazione effettiva. Imperciocché è bensì collante ed uniforme la forza del moto compofto indotto dalla coazione delle preffioni circonfufe ($, xxxviii.) , ma con quella forza va combinata la gravità naturale delle ftille , alla cui libera azione fì trovano elle abbandonate all'orificio ; ed è poi con- giuntamente che quelle due forze operano all' origine della vena. In ,(;onfeguenza dovendo paffare per tutte le fezioni la ftelfa quantità d'acqua nello flato che fi vuol fempre confide- rare ridotto a permanenza, è manifefto,che le fezioni debbo- no eflere più riflrette ov'è maggiore la velocità, e però la ve- na prenderà ad affottigliarfi più e più fucceffivamente per l'ac- celerazione neceffariamente indotta dalla gravità acceleratri- ce dall' origine più e più fucceffivamente crefcente . Giufia pertanto è fiata l'ofiervazione del Newton e d' altri in ap- preflo intorno a quella contrazione , la quale indipendente- mente dall' efpcrienza è dimoRrata dalla ragione , e non è altrimenti effetto accidentale , come qualche Idrodinamico , d'altronde illuflre,s'è dato a credere. Non fembra però ne giudo 3 né efatto i! conchiudere che s' è fatto dal N^mon AL MOTO Dt' LIQ.UIDI. 403 e dagli altri , che quella contraz.ione abbia efclulivainente luo- go ad una fola determinata dilianza dal foro , oltre di cui debba la vena cefTar di rinrignenì . Quefta concluiione è fon- data fui fuppofto, che là loiamente fucceda detto riftrigni- mento , ove i moti laterali riunifcono le loro obblique dire- zioni cofpirando col moto dell'acqua che fgorga perpendico- lar.iiente . Ma riflettendo che 1' azione libera delia gravità conincia immediatamente all'origine della vena ad efercitar- fi fopra le ftille ufcenti, è manifefto, che fé l'effetto di que' mori laterali obbliqui ceifa , fecondo una tale fentenza , dopo l'unione, lafciando nelle ilille impreilo un grado di veloci- tà uniforme che continua ad animarle coftantemente fenza nuovi aumenti, non cefla però la gravità di agire fopra di effe, e di accelerarle continuamente . Se dunque il fluffo (ia in un mezzo non relìftente , la contrazione della vena non nafce già e ceffa ad una determinata disianza dal foro , ma dall' origine comincia della vena, e continua ad aumentarli più e piìa quanto più crefce l'accelerazione . Ed ecco (labilità bensì la realità della contrazione , ma tolto di mezzo un falfo fuppoflo , che legittimava in qual- che modo r arbitrio di aver riguardo piuttoflo al diametro della vena riftretta di quello che all'effettivo del foro. ^. XLIV. E qui fìa permeffo 1' offervare , che effendo ora decifo , che non è accelerazione alcuna per entro alla mafia dell' acqua ringorgata nelle conferve , e che non è il fluffo dovuto alla difcefa dell' acqua dalla fuperficie al foro , come (limava il Newton , non ha più luogo il conoide iperbolico di liquore, o la cateratta che quefto grand' uomo aveva introdotto nel Lib. II. Sez. VII. Prop. xxxvi. de' fuoi Principi . e il no- flro Guglieltnini dopo di lui nel fuo Trattato Di menfura a- quarum flucmium. Ma per l'oppoiito è chiaro da quello che or abbiamo efroflo intorno alla vena contratta , che la ca- teratta vera fatta dall'acqua fluente riefce fuori del vafe, ed ha principio al foro. La figura della vena è quivi pure un conoide iperbolico del quarto grado , di cui non è fuor di propoiìto il dar qui l'equazione della fezione generatrice or Ee e ij 404 Teoria intorno poi che per la prima volta è lecito di efprimerc con efat- tezza la velocità elettiva al foro per una funzione dell' al- tezza permanente del liquore contenuto nella conferva. Sia pertanto MNOP (Fig. VII.) la conferva , BC =z a il femidiametro della fezione orizzontale , fuppofta circolare, del- la vena all'origine, D£ = / il femidiametro di qualunque altra fezione della vena parallela a BC , BD ■= x ; e rap- prefenti AB =: z l'altezza dovuta alla velocità uniforme ftabilita durante il fluffo permanente per la coazione delle preffioni circonfufe al foro nelle ftille all' origme della ve- na. Sarà la velocità in B alla velocità in D come y'z a \/(z-\-x) ; ma quede velocità fono inverfamente come le fezioni , o come i quadrati de' femidiametri di dette fe- zioni , per le quali pafl'a ad ogn'iftante una medelìma quan- tità di acqua , e però farà ^/z, : ^ (z~{-x) r=r • a'- E poiché j pofla A l'altezza permanente del liquore NM , hz=^A(^— j {§• XXXIX Se. 11.), l'equazione al- la fezione CE generatrice del conoide iperbolico della vena farà ■ • -■ ' • ^Aa^ ( v^ny ^/(^^^^A(y^')) = o. ;,■■),;■, §. xLv. Poffiamo intanto conchiudere , che non dee per alcun mo- do imputarli a quefta contrazione l' oppollzione in cui è fia- ta finora la teorica coll'efpcrienza , come li pretende , cioè la cagione per cui non efce tant' acqua da' fori quanta ri- chiede la velocità dovuta all'altezza del liquore fopra '1 pia- no di loro ; imperciocché la teorica primamente che richie- de quefl-a corrifpondenza del moto effettivo dell' acqua con quello de' gravi caduti da tanta altezza, non e fondata che fopra alcuni fatti non bene interpretati, come vedremo; e in fecondo luogo, fé la fezione della vena è più angufta a qualcpe diftanza dal foro, che non è al foro , la velocità AL MOTO Dt' LldUIDI. 405 in ricompenki è ivi altrettanto maggiore, che non è al fo- ro, e precifamente in ragione inverla delle lezioni. La llelTa ragione poi, che autorizza a foftituire al diame- tro del ioro il ùjametro di una tal lezione piìi angufta, au- torizza pure a foflkuirgli quello di tal altra che fi vuole nell'edenàone della vena , giacché per tutte palla la flefla quantità di acqua. Se dee quindi averli riguardo nel calco- lo della velocità non gl'i al diametro dell' orificio , ma ad altro più riftretto della vena, non è per avventura fezione nel conoide liquido, che non polla efiere afl'unta legittima- mente per fezione più riftretta,e l'altezza che rifulterà do- vuta alia velocità larà lempre varia , e fempre legittima al par di quella , che coincide coli' altezza del liquore fopra il foro. Tolto che ii attribuifca al foro efièttivo la \era ed ef- fettiva velocità dovuta non già all'' altezza permanente dell' acqua A, ma. alla, funzione 2^^ f *- j di quella altezza che abbiamo determinato , non è più neceflario d' ora in- nanzi lo fcemarlo in ragione di 8 a 5 ( Boffia Hfdrodyyj. §. 361.) per conto della contrazione della vena, ellendo la vera ragione della velocità di un grave caduto dall' altezza A alla, velocità attuale ed effettiva al foro fotto una tale al- tezza permanente in ragione di ^'^ a 1/ ^ ( \/ 5 — i ) 2 I -1 cioè come 8 a 5 -^ per l'appunto (§. xxxviii.). . §. XLVL Ma così efTendo , end' è poi che i getti, come dicemmo, fembrano fare eccezione alla regola ed onta alle altre fpe- rienze, e alla teorica che attefl-a il contrario? La queftio- ne è oltremodo diffìcile, e difficile il nodo da fciorfi quant' altri mai . Cerchiamo pertanto d' introdurre almeno un po' di chiarore in tanto bujo , fé pur fia polìibile , analizzando i fatti fcrupolofamente. Per due verfi pajono opporfi i getti alle altre fperienze , cioè per le loro ampiezze trovate, come fi pretende ,rifpon- E e e iij 405 TEORIA INTORNO dere al moto de' projetti in modo , che la forza di proie- zione fembra eflere quella di un grave caduto dall' altezza permanente dell'acqua nelle conferve, e pel rifalire che fan- no verticalmente all'altezza dell'acqua contenuta nelle me- delìme conferve ; dal che (ì vuol inferire , avere il getto all' ufcir del foro per appunto quella velocità che avrebbe ac- quiftato l'acqua cadendo da tanta altezza. Cominciamo dunque dil primo, ed efaniiniamo la realità della cofa, e fé iìa fondata fu' fenomeni 1' argomentazione. Si comincia in primo luo^o dal riguardare la vena liquida air ufcir del foro, come un grave lanciato da quel lìto con una certa forza nel vacuo . Combinando pofcia il moto na- turale accelerato di quefto grave, alla maniera del Galilei, col moto orizzontale che quella forza gì' imprimerebbe uniforme- mente, lì viene a conchiudere, che , come dal grave , così fìa dalla vena defcritta la parabola conica . Note edendo pertanto le coordinate per qualunque punto prefo nel getto curvilineo, e fuppofta parabolica la trajettoria, fi ricava ben prefto il fuo parametro; e perchè la quarta parte di queflo parametro è dimoftrata d^lGalilei effere l'altezza dovuta'al- la velocità orizzontale con cui è lanciato il grave , farà quella pure l'altezza dovuta alla velocità della vena all' u- fcir del foro . Si pretende dunque, che le ampiezze delle curve defcritte da' getti fi trovino tali quali fi richiedono, perchè , dietro a quefle fuppofizioni , i getti all' ufcir dell'orificio abbiano per velocità orizzontale quella flefia eh' è dovuta all'altezza dell' acqua fopra il centro del medelimo orificio. Quefla femplice efpolìzione di cofe moftra fubito , che-i principi intanto fu' quali r argomentazione fi appoggia fono ipotetici : che non s'inferifce l'altezza dovuta alla velocità della proiezione dal fatto , ma dalle proprietà della parabola : che una neceiTità , per cosi dire, geometrica prende il luogo della legge natu- rale ed effettiva con cui efce il liquore del foro , e che per confeguenza non fono quelli per alcun modo fondamenti fodi e ficuri onde trarne confeguenze di fatto, com'ènecef- fario nel cafo prefente. Se fon ben lontani i gravi lanciati in aria dal defcrivere la parabola apolloniana , molto più debbono efierlo i liquori , attefo il loro compoRo particola- AL MOTO de' LICLUIDI. 40 7 re, e il particolar modo con cui cadono per aria a differenza de'folidi. Ferma dunque una data ampiezza di getto fotto una data altezza di liquore nella conferva , che fono le cofe di fatto, toftg che dee dipendere la determinazione della velocità dalla legge de! moto fatto per aria, cioè dalla natura della traiet- toria defcritta dal getto, è cofa dell' ultima evidenza, che fé none legittima l'afTunzione di quefla , ficcome quella che af- foggetta a determinata legge la forza di proiezione, illegitti- ma pure riefce la determinazione confeguente della velocità al foro, e perciò dell'altezza che le è dovuta. E' dunque manifefto, che, fé delle anche il calcolo nell' ipotefi affunta con tutta precilione l'altezza del liquore fopra il centro del foro per altezza dovuta alla velocità di proiezione , farebbe ella fempre una verità condizionata, un ipotetico rifultamen- to di cui potrebbe fempre dubitarli ,6 in tutt' altro cafo for- fè ammiffibile fuorché in queflo . §. XLVL Ma il fatto fta, che il rifultamento di quello calcolo non folamente non fomminiftra tanta altezza, ma piuttofto fi u- niforma fenfibiimente a quello dell' altre fperienze comuni del raccorre e mifurare 1' acqua eh' efce per fori armati di tubo in un dato tempo fotto pari altezze permanenti; eh' è cofa notabile . A queflo oggetto prendo a confiderare le fperienze folen- ni iftituite dal Sig. Kra^t a Pietroburgo, deftinate a mifu- rare la quantità dell' impulfione delle vene fluide {Com. pri- mi di S. Pietrob. Voi. Vili.), a qualcuna delle quali die- •de maro lo fletlb venerando Eulero , e quelle ifiituite dall' accuratiffimo Sig. Boffìa {Hydrodyn. T. II. §. pag. 55.). Rifulta al Sig. Bojfut da moltiplici fperimenti eflbre I' al- tezza dell'acqua permanente nelle conferve all' altezza do- vuta alla velocità con cui efcono le vene da' fori armati di tubo, come 1708 a mi, cioè come 3738 a 2431. Affun- ta pertanto quefl-a proporzione come fondamentale, è que- fto il profpetto delle altezze ricavate dal Sig. Krafft dalle ampiezze de' getti conliderati di figura parabolica. 4o8 Teoria intorno Sperienze Altezza permanente del liquore Altezza dovuta alla ve- locità effettiva Altezza teorica dedotta dalle ampiezze def getto. I. 3738 243 I 15 57 II. 2579 III. 2753 IV. 2539 ove fi vedono concorrere i rifultamenti dalla confiderazione delle ampiezze de' getti piuttofto colle fperienze comuni, che far loro eccezione, ed effere ben lontani dal fare argomento capitale per la velocità ai fori coni« dovuta all' altezza de' liquori permanente nelle conferve. Da tutto ciò poffiamo non fenza fondamento conchiudere, che il fatto delle ampiezze de' getti non è (lato per avven- tura rigorofamente interpretato, si per conto della linea da effi defcritta per aria , la quale mena ad una velocità di pro- iezione puramente ipotetica non mai effettiva e reale , come dovrebbe effere , per opporli legittimamente alle fperienze di fatto, e sì ancora perchè, conceduto pure che fofle parabo- . lica la loro trajettoria , non ne rifatta poi la confeguenza che s' intende di ricavarne ; fìcchè da queflo canto non s'af- faccia, come fenibrava, fondata ragione onde piantar maflTi- ma, che che inducano a credere le altre fperienze , avere indubitatamente i getti all' ufcir de' fori fotto una data al- tezza permanente di liquore velocità pari a quella de' gravi caduti da tanta altezza. §. XLVIL AL MOTO D£' L1Q.UÌDI. 409 §. XLVII. E quanto all'argomento del rifalir verticale de' getti po- co men che all'altezza dell'acqua nelle conferve , è egli tutt' altro da quello delle ampiezze che abbiamo coniiderato quit innanzi . E* cofa di fatto , che rifale 1' acqua a tanta altezza , e fé non andaffe fpefa parte della forz,a nel fuperare le relìllenze ne' tubi di condotta, e negli orifizj di ufcita , e non tragit- taffero i zampilli un mezzo renitente , pare che vi rimonte- rebbero indubitatamente . Se dunque per una parte tutte le altre fpcrienze concorrono a dimoftrare ,che la velocità del- le vene all' ufcir degli orifizj è ben lontana dal pareggiare quella che avrebbe guadagnato l'acqua cadendo dall'altezza della conferva, quefto fenomeno dall'altra fembra certamen- te edere in oppofizione con tutti gli altri fatti , e menar a conchiudere , che l' acqua efca da' vafi con una velocità pari a quella che lì farebbe acquietata cadendo dall' altezza che ha nel vafe , mentre la può ricondurre alla medelìma altez- za. Ma è egli conceduto di dir<; , a fronte di si potente dif- ficoltà che ha fempre lino al dì d' oggi confervato la fua forza, né ha potuto giammai torli di mezzo nell' Idrodina- mica , edere apparente foltanto 1' analogia , la corrifpon- denza di quefto fenomeno con quello della difcefa ed afce- fa de' gravi liberi , e doverli da altri principi ripetere la caufa di una tal afcefa de'Iiquori? Efporrò qui pertanto bre- vemente ciò che ho trovato ineditando e fperimentando fu quefto foggetto, e ciò che m' ha potuto convincere, e trar- re dalla perpleffità in cui era per 1' innanzi con tutti gli altri. §. XLVIII. Confideriamo dunque la vena all' ufcir de' fori in due cii- coftanze ; la prima all'iftante dell' aprirfi il varco all' acqua j la feconda all'iftante che il fuo moto è ftabilito , e tale fi tnannene in appreflbjcioè che il corfo e ridotto a ftato per- manente . Querte due epoche vanno debitamente diftinte . Mi fo perciò a dimoftrare rigorofamente , che nella prima non Tom. IV. Fff 41 o Teoria intor-no è affolutamente luogo a velocità pari a quella di un grave caduto dall'altezza dell'acqua permanente nella conferva fi- no al centro del foro . Imperciocché è cofa certa , che le ftille neir iftante che precede quello dello fchiuderfi dell'ori- ficio fono in quiete ad'oluta . Qualunque pertanto fiafi la for- za finita con cui nell' iftante dello fchiudimento vengono cacciate le prime ftilie dall'orifìcio è ugualmente certo, che elle debbono cominciare a muoverli dalla quiete. Ma non è affolutamente forza finita in natura ( J. xxxvi i i.Coroll. iv. ) che polla in iftante imprimere in un corpo quieto velocità finita. In confeguenza le ftille della vena nel primo iftante dell' ufcita non polfono edere animate che da velocità infi- nitamente piccola. Ora, fupponendofi Tempre finita l'altezza dell' acqua fopra il foro, è indubitato, che fé quelle mede- fiine ftille foftero in vece effettivamente cadute da tanta al- tezza , e doveftero con la velocità acquiftata cominciar il lo- ro moto all'orifìcio , farebbero attualmente ed elfettivamente animate al primo iftante dell' ufcire da velocità finita , cioè da quella eh' è dovuta a tanta altezza . Ma attualmente ed effettivamente muovono elle dalla quiete, e non concepifco- no nel primo iftante che una velocità infinitamente piccola, qualunque fiafi i' altezza dell' acqua permanente fopra il fo- ro. E' dunque dimoftrato, che nella prima epoca non è la velocità delle filile ufcenti pari a quella di un grave caduto da tanta altezza . §. XLIX, Di qua ricaviamo per confeguenza neceffaria , che eftèndo di fatto finita nello flato permanente la velocità attuale del- la vena, e dovendo elTere infinitamente piccola la velocità iniziale al principio del moto , il paffaggio dalla prima alla feconda epoca dee farfi per gradi minimi di velocità fempre crefcente, finche le ftille pervengano al grado finito unifor- me, che fi mantiene poi coftantemente finché dura il flufTo. S. L. Efaminiamo dunque fé mai fia quefto grado di velocità B' AL MOTO de' LIQ.UIDI. 411 fljta permanente quello per l'appunto che avrebbero le ftil- te cadute attualmente dall'altezza dell'acqua nella conferva,, giacché volte all' insti le vene fluenti rifalgono a tanta al- tezza. E in primo luogo veggianio qualche coHi intorno all' esborfo d' acqua che iì fa per i getti verticali , onde trar qualche lume nella quefl-ione . Sì oflèrva intanto, che quefto esborfo non è altrimenti regolato dall'altezza de' getti, ma dalla fola velocità permanente delle vene , eh' è appunto il noftro argomento. Imperciocché facendo uno fcrupolofo con- fronto di tutte le fperienze fatte cosi dal Sig. Bojfia , come da altri, fotto una collante altezza di acqua nella conferva con orifizi di. 2, 4,6, ecc. linee di diametro, fi vede, che mentre i getti per gli orifizj di due linee non poggiano al- la ftefla altezza de' getti per gli orifizj di 4 , e 6 linee , danno per altro fempre quantità di acqua fenfibilmente pro- porzionali alle aree delle loro aperture refpettive . Ciò fa comprendere , che quelli esborfi non vanno eftimati dalle altezze de' getti , ma unicamente, dalla velocità che ani- ma le vene, agli orifizj , e che quefta velocità è fenfibilmen- te la ftefla cosi per le piccole come per le più grandi aper- ture fotto una data e collante altezza d' acqua nella confer- va. In oltre Ci oflerva, che la quantità dell'acqua fommini- flrata da un getto verticale in un dato tempo per un dato orificio di ufcita , e fotto una data altezza permanente è di affai minore di quella che ufcirebbe nello fleflo tempo dallo fleflTo orificio fcolpito in fottile lamina in fianco della con- ferva fotto la fiefia altezza d'acqua ringorgata (veggafene il confronto nelle Tavole ddV Idrodin. del Sig Bojiit Parte 11. Cap. IV.). Se dunque quefti esborfi per una parte non van- no regolati dalle altezze de' getti verticali, né per efle efti- mati , ma dalla fola velocità attuale ed effettiva che anima, la vena al foro; e dall' altra troviamo quefte velocità mol- to minori di quelle che animano le vene ufcenti da' mede- fimi fori fcolpiti in fianco delle conferve fotto lo fteftb ca- rico di acqua, chiaramente, ci fi fa comprendere, che le al- tezze dovute alle velocità permanenti de' getti verticali fo- no molto minori delle altezze dovute alle velocità delle ve- ne ufcenti da' fori delle conferve .. Ma la teorica e i fatti dimoftrano efTere quefte ultime altezze molto minori della Ff£ a 412 Teoria i kt t o r n o altezze permanenti dell'acqua nelle conferve . Dunque dimo-' ftrano la teori-ca e i fatti , che la velocità (labilità e per- manente che anima all' ufcire i getti verticali è minore di quella che acquifterebbe un grave cadendo dall' altezza dell' acqua ringorgata nella conferva §. LI. La confideraziòne pertanto degli esborfi effettivi fatti dai; lanipilli, cioè il fatto ci ha condotto a fcuoprire i.° che la velocità con cui efcono i getti dagli orifizj elleriori eflendo quella che avrebbe acquiftato un grave cadendo da molto mi- nore altezza che non è quella che ha l'acqua nella conferva., ella non è certamente capace di ricondurli che a quel!' al- tezza fola che le è dovuta efièttivamente , non mai a tanta altezza coni' è quella dell'acqua permanente nelle conferve ■,. eh' è una verità di fatto importantiffima . ii." che in con- feguenxa il rifalire de' getti a tanta altezza non va altri- menti eftimato da quella velocità, né da effa regolato , fic— come quella che non è atta a produrlo ; 1 1 1.° e che tutt'al- tra da quella de' gravi cadenti ricondotti con la velocità ac- quifiata in pari tempo all' altezza mededma da cui fono ca- duti, è la legge con cui è fatta quefta belliflima operazione.. Né vale il fupporre , che la velocità al foro interno ne' tu- bi di condotta poflà effere tanta- quanta li pretende , e chs fpendendofì parte nel vincere le refiflenze , non fìa poi che un refiduo quel grado minora , onde troviamo attualmente animati i getti all'orificio efteriore, mentre la parte di ve- locità confunta eflendo perduta per l'azione che vogliamo at-- tribuirle fopra il getto , fé non fi ricorra ad altro princi-- pio , la velocità refìdua non può mai ricondurli a tanta al-- tezza., cui poggiano di fatto i zampilli.. -''■'' T'> §. LII. Potrebbe per verità eflere b affante il detto fin qui per far chiaro , che 1' appoggiarfì fia fulle ampiezze de' getti obbli- qui , fia fui rifalire de' getti verticali , h prefunzione comu- ne deil' effere là; velocità dell' acqua all' ufcir de' vali , ove fia. AL MOTO de' LIQ.U1D1. 415. mantenuta a coftante altezza , pari a quella d' un ^ grave li- bero caduto da tanta altezza, non è autorizzata ne dai fat- ti, ne dalla ragione; ma pervenuto a quefta conclulione mi lì eccitò viviffimo deliderio nell' animo di penetrare , onde poi fo(Te da ripeterli il miflero particolarmente de' getti ver- ticali , giacche era fatto certo , che non poteva la loro ri- condotta poco men che all'altezza dell'acqua nelle conferve attribuirli alla velocità attuale ed effettiva della vena all' ufcir del foro. Mi fo qui pertanto ad efporre ciò che m' è riufcito di trovare intorno a quello difficile argomento , foggettando i miei penfamenti, qualunque fi fieno, ali" efame e giudicio de' dotti . §. LI IL Sia ABCD {Fig. Vili.) una conferva in cui pofTa metter acqja la vena perenne 0; GHIE un tubo di condotta nel cui piano fuperiore EI fia fcolpito a dovere in fottile lami- na un piccolo pertugio I per cui pofTa fprizzar 1' acqua all' insù verticalmente. MelTo in atto l' effluffo dell' acqua dalla vena 0 nella conferva, s' intenda pareggiata 1' entrata dell' acqua coli' ufcita pel foro 7. E' certo, che il getto, ridotto il fluffb allo flato permanente , fi manterrà follevato ad una certa altezza, come IL , Q V acqua influente fi comporrà e manterrà anch' efla collantemente all'altezza , come EB , la quale, fuppoRo che il fluflb fi faccia nel vacuo , fi fa che riefce poco men che uguale all'altezza IL^ Di nuovo s'intenda chiufo il foro J, e aperto nello fief- {o piano fuperiore del tubo di condotta il foro K fimile ed uguale al foro J, il quale recapiti nel fondo FG di un va- fe o tubo attaccato al medefimo tubo di condotta , ed eret- to nella lleila verticalità della conferva , di modo che la conferva e queflo vafe diventino vafi comunicanti , e l'altez- za GM o FN di queflo tubo fia efattamente uguale ad EB , altezza del liquore permanente nella conferva nel cafo del fluflb pel getto IL. MelTo qui pure in azione il flullb di prinu , è Gofa indubitata , che a mifura eh' entrerà acqua mella conferva , paflerà ella nel vafe o tubo comunicante , «, Fff iij 414 T E O R I A I N T O R N, 0> e fi andranno ne' due vali bilanciando le altezte per T equi- librio. Ma giunta che lìa 1' acqua nel tubo GN all' orlo fu- periore NM , continuando l'influfTo, andrà ella fubito traci- mando , e fcaricandofi si , che quant' acqua metterà la. vena 0 ad ogni iftante nella conferva fopra la comune orizzontale delle due fuperfìcie .^43, NM, altrettanta ne fcaricherà il va-- i e , pareggiandofi l'entrata, coli' ufcita , e riducendoll qui pu- re il flufib, come ne! cafo del getto per 1' orificio I , allo, ftato permanente. Qi-undi fi riconofce non ofcuramente , che, com' è fimile. lo flato di quiete afibluta de' liquori nel cafo dell'equilibrio, afibluto si nella conferva che nel vafe comu- nicante , così è fimile lo fl:ato di entrambi nel cafo del fluf- fo , cioè che il liquore, com'è nella, conferva , così riefce nel vafe in ifiato di ringorgamento, flato (Gap. L II.) parteci- pe di quiete e, di moto, di moto però difcenfivo nella, con- ferva , ed afcenfivo nel vafe. comunicante; ciò che è fatto, palefe per un verfo dalle fuperficie AB , NM fenfibilmente: mantenentifi. orizzontali durante il flufib , e per V. altro dal: flufib attuale permanente . Come, dunque, nel cafo dell' acqua; i (lagnante fono eguali le prelfioni contrarie, ne' due vafi per l'equilibrio aflbluto , cosi nel cafo dell' acqua, ringorgata fo- no pure, uguali ne! medefimi vafi le preffioni contrarie per ì' equilibrio fenfìbile . Ma fé all' orificio K non fofle altra preffione per parte del liquore contenuto nella conferva EA fuorché quella eh' è neceffariaper equilibrarfi col liquore con-- tenuto nel vafe. GN, all' altezza FiV, non avrebbe luogo il fluf- fo. Perchè dunque efca l'acqua per l'orificio 2VA:I, la preffione in K per parte della conferva deve efiere, alcun poco maggiore di quella ch'è neceflTaria pel puro equilibrio, affinchè refi^i fo-- fpinta ne! tubo GN V acqua alcun poco oltre 1' orizzontale NM . Ma il prifma. d'acqua avente per bafe l'orificio K , e: per altezza l' altezza. FN è la. mifura di ciafcuna delle preffio- ni eguali e contrarie nel cafo dell'equilibrio .Dunque la for- za neceifaria per mantenere cofl:antemente fofpinta 1' acqua nel vafe comunicante oltre l'orizzontale NM deve efiere una pre.fiione alcun poco maggiore del pefo di un tal prifma.; e.- però fatto il fluflb permanente per NM , dovrà l'acqua nel- la conferva tenerfi cofiantemsnte alcun poco fuperiore all'' orizzontale NM cioè fuperiore al livello^B fotto. di cui, il AL MOTO de' LIQ.UIDf. 415 fa il getto IL per fuppoiìzione . In confeguenza un prifma d' acqua avente per altezza l'altezza dell' acqua (labilità fo- pra detto livello -, e per bafe 1' onricio K , farà la mifura della preifione in K dovuta al flutlo permanente per MN . Perchè dunque il livello nella conferva lìa la fl-efla oriz- •zontale AB-, dovrà alcun poco intenderli fcemata 1' altezza del tubo FN, quanto per appunto è neceflario perchè fotto r orizzontale AB trabocchi dall' orifìcio NM la medefima quantità di acqua. Così pertanto fupponghiamo che fia ; e mentre fluifce 1' acqua per NM , ed è inabilito il fluffo fot- to 1' orizzontale permarjente AB, s'intenda in un iftante ri- moffa d' ogn' intorno la parete del vafe GN, lenza che refìi tocca la vena fluente. Il flullo continuar deve neceflariamen- te , e convertirli T acqua afcendente pel tubo in un perfet- tifTimo getto . E lìccome le circoilanze tutte di queflo getto diventano quelle precifamente del getto IL, rimarrà l'acqua comporta xiella conferva , e ftabilita all'altezza di prima EB , e r altezza del getto farà IL , cioè V altezza del getto per r orificio I. Se dunque il getto verticale permanente è nel cafo del fluffo permanente fuor del vafe^fofpignendofi in en- trambi e fcaricandoiì fuor degli orifizj limili ed eguali I t K la ftefTa quantità di acqua lotto i' altezza comune e per- Tnanente di liquore £5 nella conferva, l'altezza IL dovrà ne- cefTariamente riufcire e mantenerli alcun poco inferiore all' altezza EB , dovendo, come s'è dimoftrato pel tubo comuni- cante, rifarciril in altezza nella conferva medeiima il di più eh' è necelTario per mantenere l'esborfo effettivo , cioè fofpinta 1' acqua oltre 1' orizzontale o il livello dell' equilibrio . Se dunque le cofe efpofte dal §. xlviii, lino al §. lii. dimoflrano ad evidenza per una parte non effere altrimenti dovuto il rifalire de' getti verticalmente all'altezza del liquo- re permanente nelle conferve all'effettiva velocità della vena al foro , la quale effendo molto minore di quella che avreb- be ivi un grave libero caduto da quell'altezza, non potreb- be tant' alto ricondurli giammai , ed è perciò tolto per ef- clufione il luogo al principio da cui per confenfo comune era ripetuto il fenomeno ; e fé per 1' altra la preffione efer- citata al foro dal liquore ringorgato nella conferva è per se atta nata a condurveli fenza ftranieri fuffidj per legge di 41 ó Teoria intorno equilibrio ne' liquori tra sé comunicanti, non è fen'i* ragio- ne il ricorrere a quefio principio , e 1' attribuire 1' effetto in queftione all'efficacia di una caufa di cui è egli proprio e naturale , come 1' abbiamo niello in chiaro in quefto ra- gionamento. Sembra pertanto che fi polla conchiudere fon- datamente ì.° Che l'elevazione permanente del getto IL poco meo cbe air altezza EB dell'acqua nella conferva non è che un cafo ringoiare d' Idroftatica di liquore contenuto ed equili- brato in vaiì comunicanti, in cui ad ogni iftante entra in uno de' vali una data quantità di liquore, ed efce per l' al- tro; un puro fenomeno di oppofte preflioni di liquori tra sé comunicanti che fi equilibrano e mantengono continuamente equilibrate con la prevalenza di livello nella conferva fopra il livello dell'equilibrio, neceffaria per lo fcarico e fmaltimen- to della data quantità di liquore immefla ad ogni iflante nella conferva . II." Che però indipendentemente dall' aria , dal ricadere delle faille fopra di se , e da qualunque altra immaginabile refìftenza , la fommità del getto dee fempre neceirariamente rimanerli alcun poco inferiore al pelo dell' acqua nella con- ferva 3 perchè refli nel liquore di quella un pò pili di forza oltre quella eh' è richieffa da detto equilibrio di preflioni oppofle,ondc fofpignere l'acqua nel fluito permanente oltre il livello dell'equilibrio. Quindi il rifalire de' getti non già all' altezza EB, ma. poco men che all'altezza E£ che s'è detto. III.' E che in confeguenza , follevata e ftabilita che fìa attualmente 1' acqua nella conferva all' altezza EB convene- vole allo fcarico per 1' orifìcio I della quantità coflante d' acqua immefTa dalla fonte nella conferva , mifura della preffione finale e permanente che opera in J è per appunto un prifma avente per altezza detta altezza finale e perma- nente EB, per bafe lo ffellb orifìcio I. ' ' '<•;>;;■/ 5. LIV. Queflà in riftretto è la Teoria intorno al falire de' get- ti , a cui mena , direi neceffariamente , I' efclufìone della teoria comune incompatibile co' fatti e con la ragione , e la {trettiffima AL MOTO de' LIQ.UIDI, 4I7 rtrettifìTima conneffione , fé dell' identità potefle dubitarfi , che ha il cafo con quello de' liquori contenuti in vafi co- municanti , ove in un coli' equilibrio convenga dar luo- go ad un fluflb permanente . Con che termino le mie Ri- cerche intorno al moto de' liquidi, deliderando , che riefca- no di qualche frutto, e fieno altrui di ftimolo onde pro- muovere lo ftudio di una materia , quanto dilettevole al- trettanto difficile e piena di pericolo , la quale non può mai eflfere foggetto di pura Meccanica attratta fenza efiere dalle ipoteiì sformata totalmente , e fatta oggetto di tutt' altro che della vera fcienza della natura . Tomo IV. G or a 4i8 M I S U li A DELL' IMPULSIONE PERMANENTE DE' LliUIDI CONTRO LE SUPERFICIE PIANE . Del Sig. Cavaliere Lorgna. MAturamente efaminando ciò che dagl' Idrodinamici è flato fcritto fino a' dì noftri intorno all'impullione de' liquidi in moto, è forza confeflare, che non traluce tuttora raggio di verità decifa e incontraftabile in sì fatto argoaien- to . E mettendo anche da parte il cafo degli offacoli total- mente immerli nel fluido impellente , ofcuro quant' altri mai , fono divife tuttavia le fentenze de' Dotti anche intorno all' impulfione folamente di una vena fluida contro una fuperfi- cie piana non immerfa , 1' eRimazione che fé ne fa per al- cuni differendo niente men che del doppio dall' effimazione d' altri non pochi. Quindi incertezza ragionevole per en- trambe. Il Sig.de la Grange , i cui talenti nelle Scienze Ma- tematiche fono abbaffanza noti , e fuperiori a' miei elogj , è l'ultimo, che lìafi accinto di propoiìto a troncare , fé po- teva fard, la quiftione nella i. Parte delle Mem. della R. A. delle Scienze di Torino, per gli anni 1784 - 1785. Ma a qualche fuppolizione è dato luogo nel lavoro di queft' eccellente Geometra, da cui fembra elFer tolto moltif- fìmo al rigore delle fue dinioftrazioni . E tanto piìi che dal- la fua medelìma teoria potrebbe conchiuderlì a buon dirit- to, per mifura dell' impulfione , un pò pi>i che non è il pefo dedotto, mettendo a conto la nreffione , che non può trafcurarfi , de! Conoide liquido afFunto come nocciolo ffa- gnante delia vena, il quale mentre trafmette alla fuperficie fottopofia la preffione del canale circoniulo , non lafcia di premerla anch' efib col proprio pefo natura'e . (^i-H^o è l'ar- gomento della prefente Memoria , in cui tento di farmi flra- da nel fuggetto co' foli inconcuffi principj della Djnimica, Misura dell' impulsione de' liquidi. 419 lottoinettendo al giudicio dcgridrodinamici , e di lui mede-* fimo il mio tentativo. PRINCIPI ( I ) Una vena di liquore in moto per un mezzo non refiflen- te,Ie cui ftille fieno tutte animate da una ftefFa velocità, e tutte mode fecondo la fteffa direzione , è come un fluido imperfetto di parti difgiunte e folitarie con lo fiefib movi- mento, e come fé l'adeiione tra le fue ftille non avefie luo- go, durante quello ftato , ficcome la coerenza è , come fa non foflTe , tra le parti di un corpo concreto abbandonato all'azione libera della gravità nel vacuo. (II) Neceflariamente dunque tutte le fezioni parallele di que- fia vena debbono effere tra di sé uguali. ■"b"- (III) Prendendo pertanto le fezioni fecondo 1' andamento natu- rale del liquore, cioè perpendicolari alla direzione del mo- to, fi concepifca 3 che a qualunque di quefie fezioni liquide venga foftituita una fuperficie piana inflefTibile . E' cofa in- dubitata, che, perchè il flufio della vena fia permanente co- me prima nelle fezioni anteriori , farà neceflario , che le fe- zioni liquide fucceilìvamente incorrenti in quefta fuperficie fi fottraggano iftantaneamente dopo 1' impreifione fatta , e diano luogo alle immediatamente fulTeguenti . ( IV ) Per confeguenza le ftille fucceffivamente fottraentifi non debbono pii entrare nel fiftema della vena attualmente fluen- te, e r iinpr>;ifione , che le fezioni della vena fucceffivamen- te incorrenti nella fuperficie fottopofta efercitano contro di Ggg ij 420 Misura. effa, continua ad effere dovuta al momento coftante del iì- ftema. (V) Affinchè dunque la quantità dell' impulfione foftenuta dal- la fuperficie impulfa fia una, determinata , e coftante nello fìato di flulTo permanente, è d'uopo, che le ftille fottratte» ftraniere da queir iftante al fiftema delle ftille impellenti, ceffino di agire fu la fuperficie foggetta dopo 1' impreffione primitiva. (VI) E perchè ciò fia è forza , che la fuperficie impulfa fia li- mitata ad accogliere la fola fezione liquida impellente né più, né meno, eh' è quanto dire, che le fia efattamente fi- mile ed eguale , affinchè le ftille della fezione anteriore do- po r impreffione fatta fcappino per ogni verfo fuor dell'am- bito della nuova fezione impellente immediatamente fuc- cefllva . ( VII ) Due condizioni pertanto debbono verificarfi per una giu- fta eflimazione della quantità dell' impuliione perpendicolare di una vena liquida fluente uniformemente contro una fu- perficie piana , cioè primamente , che le (lille Ci fottraggano dalla vena dopo l' impreilione fatta , e in fecondo luogo, che le ftille fottratte dalla vena non rimangano a carico della fuperficie foggetta . La prima lì verifica puntualmente , come può accertarfi chiunque ne faccia da sé l'efperimento, non eflendo nel ca- fo nofiro la fuperficie percofia immcrfa nel fluido . Imper- ciocché facendo cadere un liquore da un pertugio orizzon- tale nel fondo di un vafe , ove fia mantenuto il liquore a cofiante altezza, fopra una fuperficie piana di metallo o di pietra, oflerverà fempre, ridotta che fia permanente V ìm- preffione ,che il prifma liquido infifte cofiantemente fu quel- la fuperficie come le fofTe folido; e intanto fprizza dal con- torno dell' infime fezioni il liquore per ogni verfo fottra- DtLL' IMPULSIONE Dt' LIQUIDI. 411 CJidofi dalla vena, e diftencìcndofi pel ioggetto piano; eh' è cofa bellifTìma a vederli; facendoli tanto contiguamente alla fuperficie percofla, e sì rapidamente la fottrazione , che non. apparifce indizio di sfiguramento nella vena , la quale vi fta fitta collantemente, come fé fofTe di criflallo. La feconda condizione poi potrà fempre aver luogo, men- tre la ftggetta fuperficie fia limile ed eguale alla fezione della vena , e non ne refii per fervir di fondo al liquore che fcappa , e afTolutamente non fa più lìftema con la vena impellente, come s'è detto. (Vili) Dal non efTere flato convenevolmente avvertito , che il liquore che fi fcttrae fucceffivamente dalla vena non dee più appartenere alla vena impellente , derivano principalmente le incertezze in cui è tuttora involta quefta delicatiflima par- te dell'Idrodinamica. Senza una limitazione della fuperficie impulfa, che adegui efattamente la fezione impellente , non può mai fiirarlì una mifura unica dell'impulfione, dovendo ef- fere diflinto e valutato a parte il di più che proviene dal fiflema delle fHlle fottratte dalla vena , allorché la fuperficie percofla eccede la fazione vera impellente, e diflinto pure e valutato a parte il ai meno, allorché la fuperficie è mino- re della fezione liquida impellente . Ciò. preraeflb dimollre- remo i feguenti Teoremi . TEOREMA I. L' impuljtom permanente perpendicolare di ima vena di li- quore uniformemente fluente nel v^i'^uo contro una fuperficis piana immobile Jlmile ed eguale alla fezione proj/ima immi- nente della vena, il cui piano fia perpendicolare alla direzio- ne del moto , ha per 7nifura il pefo di un prifma del medefi- mo liquore aveytte per hafe la inedefima ferjone della vena , 0 la fuperficie percojfa , e per alt-^zza il doppio deW altezza da cui dovrebbe fcendere nel vacuo liberamente dalla quiete un grave per acquiflare la velocita uniforme della vena . Ggs iij 422 Misura Sia ABCD (Fig.lX) la vena fluente del propofto liquore, di cui la denfità fìa ^,e le cui ftille iieno animate dalla velo- cità uniforme e , e mofle con la direzione AC per un mezzo non rellflente; e fìa Z' l'altezza dovuta alla velocità della ve- na e. Si concepifca, che una delle ftille folitarie(I) di quella vena la cui niaffa ila w, feparatamente dal fiftema cada nel vacuo liberamente dalla quiete per la verticale NM{Fig,X) ■ E poiché la mafTawrapprefenta il pefo della ftilla, rapprefen- terà ella a un tempo la forza della gravità ^,e però la forza acceleratrice — di quefla filila farà uguale all' unità. Scorfo m il tempo f, fia quella filila pervenuta in M , ove abbia ac- quiflato la velocità e , e Ila NM. = x . Progredendo il fuo movimento accelerato percorra la filila nel tempo infinita- mente piccolo dt Io fpazietto Mm = dx. E poiché abbiamo fuppoflo edere v 1' altezza dovuta alla celerità e , farà per ì principi della Dinamica dv^ — dx .t però nel cafo no- r r-- m Aro in cui la forza acceleratrice è uguale all' unità , farà dv = dx^ cioè r incremento dell' altezza v farà uguale all' elemento dello Ipazio percorlo . Uunque — = — . Come poi r elemento dx dee fupporfl percorfo con moto unifor- ^ . dX , . ^ ^ ^'V 1 -KIT , me, farà —=dt, e in confeguenza anche — =:dt. Ma pe e e medefimi principi della Dinamica l'incremento della veloci- tà de è proporzionale al prodotto della forza acceleratrice nel tempufcolo^?. Per confeguenza nel cafo noflro farà l'in- cremento de proporzionale a. dt . Si foflituJfca pertanto de dv in luogo di dt nell'equazione — =^dt, e farà d'u = cdc, di cui r integrale completo fomminidrerà la relazione c^ = zv tra la velocità e di qualunque ftilla della vena , e l'altez- za TJ da cui dee fcendere nel vacuo una ftilla folitaria per acquidare queda medefima velocità in fine della Tua difcefa . In confeguenza fé venga fegata , ovunque ciò da , la vena fluente con un piano EF perpendicolare alia direzione del I DELL* IMPULSIONE DE* Lia^IDI . 423 moto, e certo, che queita relazione dee verificarfi per tutta r eftenfione della fezione liquida EF puntualmente. Pofto ciò s' intenda fottopofta immediatamente a qucib fc7.ione una fuperfìcie piana immobile , cui uiremo /' , limile ed eguale alla fezione EF , che interrompa il flulio della vena , e ri- ceva r impresone dovuta al momento delia fezione liquida impellente . Edendo in libertà (vii j le ftiile di quc(ta fe- zione di fottrarti per ogni verfo, uopo 1' imjrelfione fatta , dando luogo alla nuova fezione immediatamente fufleguente, e così fucceifivamente ,lì concepifca cclhtuito il flulTo e T im- pullìone in iflato permanente . E poiché milura della forza impulfìva de' liquori fluenti uniformemente è il prodotto della quantità di materia in moto per la velocità de! fluf- fo, e la quantità di materia è mifurata dal prodotto della fezione liquida fluente per la velocità del fluflò, farà mifura della farza impullìva i! prodotto della fezione liquida fluen- te pel quadrato della velocità del fluffo . Per confeguenza , effendo d la denlità del liquore, farà mifura dell' impulfione perpendicolare foftenuta dalla fuperficie EF il folido d.f'.c'. Ma enTendolì dimoftrato verificarli per tutta I' eflenlìone del- la fezione EF l'equazione c^ = iv, fuflifterà pure per tutta la medelìma eftenlione 1' equazione d.f'. c^.-=:d.f\zv . Se dunque il folido d.f'.c^ efprime 1' impulfione perpendicolare contro la fuperficie /^farà pure efprella quefta medefima im- pulfione dal folido d.f\iv. Ma d.f'.ivh il pefo aflbluto di un prifma di queflo medefimo liquore avente per bafe la fu- perficie impulfa, o la fezione della vena impellente, e per altezza il doppio dell' altezza dovuta alla velocità della ve- na . Dunque 1' impulfione permanente perpendicolare di una vena ecc. Il che ecc. TEOREMA IL L' impulfione permanente obbliqua della medefima vena con- tro una fuperficie piana immobile ftmik ed eguale alla fezione proffima imminente della vena , // cui piano faccia lo fteffo angolo obbliquo con la dtrez.ione del moto , ba per mifura il pefo di un prifma del medefimo liquore avente per baie la fe- stone della vena perpendicolare alla direzione del moto dimi- 414 Misura mata in ragione del feno tutto al feno dell' obbliquita dell' ìm- pulfione , e per altez.z.a il doppio dell' altezza dovuta alla ve- locità della vena . Sia FG la fuperfìcie impulfa obbliquamente dalla medefì- ma vena ABCD , e s' intenda mefTa in corfo permanente al- tra vena del medefimo liquore ^OPR ( Fig. XI. ) animata dalla fteda velocità della vena ABCD , la cui fezione OP perpendicolare alla direzione del corfo ila quarta proporzio- nale al ieno tutto, al feno dell' obbliquita dell' impulfione contro la fuperfìcie FG , e alla fezione FÉ. EfTendo effetti- vamente come folitarie ( I ) le llille del liquore ^BCD,l'im- pullione permanente eh' elle efercitano contro la fuperfì- cie FG , ridotto a permanenza in un col flullo il fottraerfì fucceffivo delle filile dopo 1' impreflìone fatta . non è che l'azione aifoluta permanente efcrcitata da un fiflema di cor- picciuoli folitarj foftenuto fopra il piano inclinato FG, con- tro il medefimo piano . E fìccome queft' azione è all' azione perpendicolare efercitata dal fìfkma contro il piano , come il feno tutto al cofeno dell'inclinazione GFE del piano ; co- si r impulfione alìbluta della vena ABCD fecondo la dire- zione del corfo contro la fuperfìcie FGc all'impuliìone per- pendicolare contro il medefimo piano , come il feno tutto al cofeno dell'angolo GFE , cioè come il feno tutto al feno dell' obbliquita dell' impulfione . Ma come il feno tutto al fino dell' obbliquita dell' impulfione , cosi fla la fezione FÉ alla fezione OP ; e come la fezione FÉ alla fezione OP, co- s'i fla r impulfione perpendicolare della vena ACDB contro la l'uperfìcie FÉ all' impullìone perpendicolare della ve- na mOPR contro la fuperfìcie OP . Sarà dunque l' imi.";ul:io- ne afloluta della \-ena ACDB fecondo la direzione del corfo air impulfione perpendicolare contro la fuperfìcie FG . come r impulsone perpendicolare della vena ACDB contro la fu- perfìcie FÉ air impulfione perpendicolare della vena '^GPR. contro la fuperfìcie OP. Ed è l' impulfione afioluta della vena ACDB fecondo la direzione del moto lo ftefiTo che 1' impul- fione perpendicolare contro la fuperfìcie FÉ. Per confeguen- za r impulfione perpendicolare contro la fuperfìcie FG farà lo neffo che l' impulfione perpendicolare contro la fuper- fìcie dell' impulsione de' LiauiDI. 425 ficie OP.. Ma dell' impullione perpendicolare contro OP (Tffor. preced. ) è mifura il pefo di un pnfma ael inedeiimo liquo- re avente per bafe la fuperficie 0?, e per altezza il doppio dell' altezza dovuta alla velocità comune delle vene; e non altro è la fuperficie OP che la fuperficie F£ , o la fezione della vena ACDB perpendicolare alla direzione del corfo , diminuita in ragione del feno tutto al leno dell' obbliquità dell' impuhione . Dunque 1' impuhione permanente della ve- na ACDB contro la fuperficie FO , obbliqua alla direzione del corfo, hd per mifura j1 pefo di un pnfma del medefi- nao liquore avente per bafe la fezione FÉ della vena per- pendicolare alla direzione del moto diminuita in ragione del fcno tutto al feno dell' obbliquità dell' impuliìone , e per altezza il doppio deil' altezza dovuta alla velocità della ve- na . Il che ecc. (IX) QLiefte dimoftrazioni fono unicamente appoggiate a' prin- cinj più fL-mf'lici della Dinamica, e non altro dimandano fé 3ion le, che li conuderino 1 liquori Huenti delle vene, al- lorché è unir rme il loro moto , e una medelìma per tutte le (iille la velocità . onde fono animati , come fluidi imper- fetti di parti l'olitarie , o com; fé 1' aderenza non tofle tra di elTe . Il che certamente non ripugna, ove non ha luogo alcuna accelerazione, e la legge delle fezioni reciproche alle velocità nelle diverfe parti del Hullo non importa né con- trazione di vena, né azione 4nutua tra le (ìille. L' efperien- za intanto non è difcorde dalla conclufione a cui elle con- ducono, come può vederli (ingolarmente in quelle che con fomma accuratezza ha iftituite il Sig. Ab. Bojfut ed efpode rei T. II. della fua Idrodinamica, e nell'altre con pari efat- tezza fatte , e riferite dal Sig. Michelotti nella II. Parte delle Mem. citate di Torino , il quale li propone di efpor- re in progrelTo, che farà cofa fruttuoiiffiiiia, le fue fperienze fugli urti obbliqui . ( X. :) Il Sig. de la Grange conchiude cosi " on peut prendre Tomo IV. Hhh 426 Misura „ deformais pour regie generale et conftante dans le choc „ direct , et lorfque fon effèt eft Je plus grand , ce qui a „ lieu quand le pian eft affez large pourque toutes les par- 5, ticules du fluide foient contraintes d'en fuivre la direction , en le quittant, l'aòtion contre le pian eft egale au paids d'une colonne du fluide de la ineme groffeur que la vei- , ne 5 et d'une longueur doublé de celle d'ou un corps pe- , fant devroit tomber pour acquerir la vitefle du fluide „ . Ma dietro a quanto abbiamo dirnoftrato , perchè nel cafo delle impulfioni perpendicolari l'azione delle vene fia mifu- rata da un prifma dello fteffo liquore avente per bafe la le- zione della vena, e per altezza il doppio dell'altezza dovuta alla velocità della vena , è neceflario, che la fuperficie pia- na fia limile ed eguale alla fezione .della vena perpendicola- re alla direzione del moto . Il liquore che fcappa , fatta r impreflione , fa fìftema à parte , eflendo da quell' iftante ftraniero alla vena impelleiUe, e dee valutarli a parte, fé la fuperficie fia , come vuole queft' illuftre Geometra , tanto eftefa quanto bafta perchè le particole del fluido fieno co- ilrette a feguirne la direzione . .(XI.) ISIon è però quefla fola determinazione della fuperficie im- pulfi, corrifpondente alla fezione liquida impellente, l'effen- ziale oggetto nell' eftimazione delle impulfioni de' liquori , avendovene un altro niente men elTenziale ed importante , cioè quello della velocità della vena , o per dir meglio dell' altezza da cui dee fcendere un grave dalla quiete per acqui- fìarla , cosi nel cafo degli oritìzj nelle conferve armati di •cannello, come in quello de' non armati o fcolpiti femplice- mente in fottili lamine . Un piccolo errore aumenta o fce- ma il valore dell' impulfione più eh' altri non eftima . In f;itti avendo prefo ad efaminare con tutta 1' attenzione on- de avvenga principalmente , che le fperienze del Sig. Bojfut e pia ancora quelle del Sig. Krajft citato dal Sig. de la Grange , diano per valore effettivo dell' impulfione un pefo minore del teorico, cioè del pefo di un pr'fma avente l'ori- iìcio della vena per bafe, e per altezza il doppio dell' altsz- I dell' rMl'ULSIONE DE' LIQUIDI . 4^7 za dovuta alla velocità della vena , e avendo perciò con- frontato inlìeme molte fperienze fatte anche da altri , come diremo, intorno agli esborfi dell'acqua per orifizi armati di cannello , mi fono accertato , eh' eflendo 1' altezza teorica , affiinta come dovuta alla velocità delle vene , alcun poco più forte del dovere, il pefo vero ed effettivo neceffariamen- te doveva riufcire un pò minore del teorico . Affume per efempio il Sig. Bojfut ( pag. 325 del T. citato) quell'altezza in ragione di 2 a 3 coli' altezza colante del liquore fopra il centro de' fori arm.ati di cannello , come ragione da se trovata prollimamente nelle fue fperienze . Ma facendo il dovuto cafo anche delle fperienze del Guglielmini , e del Marchefe Pokni ^ ho riconofciuto doverli allumere per altez- za dovuta alla velocità effettiva un pò meno di — dell' al- 3 tezza coftante del liquore nelle conferve , cioè quella a que- f>a come 163 a 256. Ancorché fìa piccolo il divario, ciò non oftante intorno a quefto piccolo divario fi aggira la di- fcordanza tra le fperienze full' urto de' liquori e la teorica . Molto, pia pertanto le ragioni per quelle altezze dal Sig. Kì'ciffi ricavate, dalle ampiezze de' getti fuppofti parabolici , di che nel iv. Gap. della noflra Mem. precedente , doveva- no neceflariamente produrre eccefTo più fenfibile del pefo teorico fopra il pefo effettivo equivalente all' impulfione , ec- ceffo che quafi fvanifce non affumendo dette altezze che in ragione di 163 a 256, come proviene dal ragguagliamento delle antiche con le più recenti fperienze . Tal che avuto riguardo alla determinazione noftra nella Memoria preceden- te per gli esborlì fatti dagli orifizi non armati , in cui ab- biamo trovato effere l'altezza dovuta alla velocità della ve- na al foro — - proffimamente dell' altezza permanente del 125 ^ liquore fopra il centro de' fori, può effere canone e regola conforme ai fatti nell' effimare quelle altezze , che I' altezza permanente del liquore fopra il centro de' fori, 1' altezza dovuta alla velocità attuale ed. effettiva agli orifizi armati di cannello fotto quell'altezza permanente , e 1' altezza do- vuta alla velocità pur effettiva della vena ufcente da'medefi- Hhh ij. 42 S Misura mi orjfìzj fcolpiti in fottili lamine lotto la fiefla altezza per^ manentejfono aflai da vicino come i numeri 256, 163,111 , ( XII ) Ma è d'uopo avvertire pe' fori armati, che i cannelli del- le fperienze, ond'è derivata detta proporzione , erano cortif- lìmi,e Tempre cilindrici nelle interne cavità, mentre la pro- porzione non potrebbe aver luogo ne' tubi o cannelli di qualche lunghezza, e di figura non cilindrica internamente.. E per rifpetto poi a' fori fcolpiti in fottili lamine , la pro- porzione fuppone , che non lì tenga conto della vena con- tratta, ma SI bene dell'effettivo orifici» della vena, abban- donando la correzione , che facevafi , e la foftituzione di quefta vena contratta al foro reale, come arbitraria, e noft neceflaria fubito che fi alTuma l'altezza vera dovuta alla ve- locità effettiva del foro attuale voluta dalla ragione , e dal- • . V 54 m le fperienze unitorrai di tutti 1 tempi , cioè — , oppure — - dell' altezza permanente de' liquori fopra il centro degli ori- fizi , purché la grofTezza del fondo , o della parete , ov' è fcolpito il foro, non fia tanta da equivalere ad un cannello applicato all'orificio interno , con che fi potrebbe ricadere nella neceffità di dar luogo alla proporzione pe'fori armati, o a proporzione pila a quella vicina , che a quella. E cer- tamente di molte ineguaglianze che apparifcono nelle ftefle fperienze fatte da diverfi Idraulici per orifizi fidili ed egua- li, e fotto le medefim.e altezze permanenti di liquore, po- trebbe non efiere ultima cagione la condizione ineguale de- gli orifizi . ^^m:F/ .faj-^-2'Ì \ Fi .g-. Ili e Fi e. IV o ti' ■ ,m\^ '" Fig.vii M B.C. N D E ■R Tt^.X! IM D I ^ i/.-.v, ; .i^u'J.! '.fo.ietJ: ■Atalia iiii ^ Fi.Qil A' ìlJ^iì'^JIs s" f À ;;-^w Fi.T. V .M F.g-.VI 6i..--" Fio. Vili Tom.ur J?y:^aS FlCT.IV^ o te F.^.vii B^^^^C A^,;iil|.|ii-,|;,||t].„, r.,| yn|)iB Fi,3-_I.\' Fie.x ì Fisf.xi ìm 429 li I C E K C H E SULLE S E T( I E Del Sig. Pietro Paoli P. ProfeflTore delle Matematiche Superiori nell' Univerfità di Pifa. IO mi propongo in quefte Ricerche di rifolvere il Proble- ma feguente : Dato un numero qualunque di equazioni z = o, ^,' = 0 ,2:":=; o ecc. tra le variabili -v, /, t, », ecc., efprimere una funzione qualunque •*• delle medefime variabili per tante di effe, quanto è il loro numero diminuito del nu- mero dell'equazioni z, = (?, z't=o, 2," = o, ecc. Se folTe conofciuta la rifoluzione generale dell'equazioni, quefto pro- blema non avrebbe alcuna difficoltà ; perchè dall' equazioni x = (?, ^'=30, ecc. dedur li potrebbe il valore di altrettan- te variabili efpr^fle per le altre, e queflo foftituito in -ì* ci darebbe quella efpreffione della funzione -f- che ricercavamo . Ma nello flato prefente dell' Analifi convien ricorrere ad al- tri artifizi 5 pei" mezzo de' quali 1' intento ottener fi polTa indipendentemente dalla rifoluzione dell'equazioni, e quelli artifizi (iccome in moltiifime altre ricerche cosi in quelìa convien ripeterli dal calcolo differenziale . Dalla natura poi del Problema fi comprende, che il valore richiedo di •*• non potrà per lo più efprimerfi per una quantità finita, ma fem- pre per una ferie infinita , come vedremo . I. Si abbia in primo luogo una fola equazione z = o tra le variabili x,y, ?, u , ecc.-, e fi voglia efprimere la fun- zione -f delle medeiime variabili per 7 , f , «, ecc. fenza^:. Sia XI il valore di z. quando x (i cangia in xi ; in luogo di X prendiamo xi -^x — xi , e fupponendo xi accrefciuta Hhh iij 43*^ Ricerche dell'incremento x — xi, ed/, t, « , ecc. coftanti, avremo pel Teorema di Taylor z = o = zi, -i-(x — XI ) \^f x — xiY —, — dxi ' ^ ' zdxi" d^ .zi d* "^ I 4- (x—xiy — '-^ ^(^x-xiy '^ — :+ecc. ove „ dz.1 d\zi le differenze-; — , — , ecc. (1 devon, prender folamente dxi dxC ^ per rapporto ad xi , fupponendo cofbnti / , t, u, ecc. Per determinare la quantità x — xi mediante quella equazione. facciamo x-xi =z.i.A + zi'.B-\-7.V .C + z.i/'.D + xi'.E + ecc. e foftituendo quefto valore, nella precedente equazione avremo , , -. dzi , ^dzi , -r^ dzi 0-z.i -^-zi-.B 5 \-zirC-— -\-zi\D -r- dxi dxi dxi ^ dxi idxi' ' zdxC^ zdxi"" Paragonando- adeflo i. termini; affetti dalle, medefime potenze-, di 2,1 , avremo dzi dxi. '^^2= ^ . ; - - dxi. d\zi , , d\zi (3)C = dz.1 dxi (4)2) = - SULLE SERIE. 43 1 2rfxi* 2 una funzione qualunque ■*• delle variabili x , j^ , t, «, ecc. Avremo per mezzo della feconda equazione , fé ponghiamo Tomo IV. lii 434 Ricerche A'dA'~ A'dA'dA''^ A'dA'dA'cLd'i^^ d-i- t dv ' dj ^ dy ^ 2^7 2. ^rf/- 2, 3. 4. dy^ facendo nel fecondo membro y :=: f ^ ed/' funzione di ? » ?^ , ecc. fenza x x\h y . Chiamiamo cp queito fecondo mem- bro, e ficcome cp è una funzione di x^t, u, ecc. fenza/, avremo per mezzo della prima equazione AdA^ Ad Ad A P- Ad Ad Ad A ^-^ d-i- dx dx dx facendo nel fecondo membro Ar=: /=;: funz. (t ^ u^ tee). Sofl-ituendo adedb il valore di $, e riflettendo che in z! ed in A! non fi contiene .v, avremo -, .... . d"^ d'i' d'i' - ' j Ad A 5- Ad Ad A ~ Ad Ad Ad A ~ d'i- , dx dx dx ■Ì- + Z..A -J- + Z- . r -h z' . ; . + z*. dx idx 2. ^.dx' ' 2. 3. i\.dx . AA'dA f4- AA'dAdA — 4 «■** d'-i' , dxdy dxdy ■■■■ A^JA'''^ AA-dA'^Z AA'dAdA-'''* dy ,' dxdy » dxdy zdy '"7 rdx.idy 3 d'i' d^-^ A'dA'dA' — AA'dA'dA' ~ dy } dxdy + ^ ■ ■~~+zz'. j-^ ^ 2. sdy- 2, ^dy' "'.,\ Z \ '■ ' ■■'- A'dA'dA'dA'^^f- 4 dy facendo dopo le differenziazioni ;>c = /,/=:/, ed /, /' fun- zioni qualunque a piacere di f,M,ecc. fenza x ne y . Avre- mo dunque -i- efpreffa da una ferie data per i , n , ecc. (en- za. X ne y , e la. legge di quefta ferie è evidente; poiché cffa è ordinata per le potenze ed i prodotti di z , e z.', ed SULLE SERIE 43 5 Ad Ad Ad A ...dA d'ir il coeficiente di z," è in efTa = A'dA'dA' fidente di z,' è dx ^. ^....ndx^''^'"" . d-i- • d" — , ed il coefficiente . . nd/ dAdA'. A Ad Ad A... dA d'-i- dxd_y 3- n'd}"'- di ZJ'.7:^'hr= , „ , , 2. 3 ndx"-^ Se foTer date due cquizioni tra a' , / , *, «, ecc. fi po- trebbe mediante queH-e due equazioni eliminar prima «•, poi/, e fi avrebbero le due equazioni 2,=:o , :s' = o , la prima fenza x , la feconda fenza y . Dunque date due equazioni tra x^y^ t «, ecc. fi potrà fempre ottenere il valore del- la funzione •$• efpreiro per ?, ?/, ecc. fenza x vìe y . V I. Similmente date tre equazioni z, = o, z,'=o, 2,"=o, la prima tra x. u, ecc. fenza/ né ?, la feconda tra z,?^, ecc. fenza x né /,e la terza tra f.u^scc. fenza .v né /, troveremo il valore della funzione -i- cfpreOo in una ferie data per?/, ecc. fenza .v , né / , né t . Ciuefia ferie farà ordinata per le po- tenze ed i prodotti di 2., z', z" in modo, che il coefficien- AdidA. n te di z farà A"dAdA" . .dA'p dx -, il coefficiente di z.' farà n , Ndx" A'dAdA! . . . dÀ d-ì' n ndf'-' dt il coefficiente di z" farà n n ndt ; quello di x. .x.' farà I i i ij 4^6 Ricerche AA'dAdA dAdA'dA ...dA' - — dxdy ,, .. n yf ^ , = j— — — -^; quello ai z, -2." larii 2. 3. . . . ndx"-'. 2.3.. . .n'dy"-' ^ AA'dAdA . . . dAdA"dA". . . dA" ~ dxdt n n' quello di z . 2. ' 2. 3. . . . ndx''~\ 2. ^...n'dt" A'A"dA'dA' . . . dA'dA'dA" . . . dA" ^^"^ dydt 2. 3. . . - ndj'"-\ 2. 3. . . . n'de"'-' coefficiente di 2, . 2, .z lara AA'A"dAdA . . . d Ad Ad A .... dA'dA'dA" . . . dA" e finalmente il dxdjdt ove 2. 3. . . . ndx"~'. 2.3. .. . ndj'"-\ 2. 3, . . n'dt""- i^ = — — , ^ =: — ^^'5-^" = — TT, • -^ fcanfo di equivoci fi noti , che in quefte formole la caratteriftica d quando pre- cede A indica il difl^renziale prefo per ranporto ad at, quan- do precede A'., il differenziale relativamente ad / , e quan- do precede A" ., il differenziale relativo a t . Convien però terminate le operazioni porre nella ferie Arn=/.7 =/./=:y", eflendo / , /' , /" funzioni arbitrarie di u , ecc. fenza .v, né /, né t . VII. Non occorre continuar di più cuefl-a teoria , perchè dalle cofe precedenti abbaiìanza apparifce , che qualunque iia il numero dell' equazioni z, = o, z,'=o, x" = o, ecc. fi potrà fempre efprimere in ferie il valore di •ì- . La legge di quefia ferie è nota, e facilmente fé ne troverà ciafcun termine . Vili. Ma quantunque le formole che abbiamo ritrovate per la loro generalità fembriho meritare l'attenzione de' Geometri, SULLE SERIE. 437 contuttociò le variabili in elie fono così inviluppate, che fé fi vichiedeffè di efprimere la funzione -i- in una ferie ordina- ta per le potenze ed i prodotti delle variabili, difficilmente da effe potrebbero dedurfi i coefficienti di quefti prodotti . Per riefcire in quefta nuova ricerca , diamo un' altra forma alia ferie del N." IV. QLialunque lìa 1' equazione z, = o , fi potrà fempre dare ad e(la la forma .v — / — i(p = o ,eflendo / quella funzione di/, ?, « , ecc. che fopra (i foftituifce in luogo di .V dopo le differenziazioni , e q:. una qualunque fun- zione di x,/, t, u , ecc. Avremo dunque , =1 — -r- ^ ca A=:— -- ■=■ j- , e rifolyendo que- dx dx dx. i - dp ^ dx dx fla quantità in ferie d- dp' dt' d.i* ^ " ~ ' ~ ^.v ~ Z? - dx' dx* ^"' e quindi d'Ir dx _ d'-i- d^b «^-i" _, ^t> d^ d'i' idx ~ idx' idx' dx dx tdx"- dx , '^^dx' idx' ~^ ^ dx'' zdx^ d-ìr o dx' 2. sdx' 2- sdx' dx d'^ d"^ dt> d'-^ ^ dx 2. zdx^ AdAJMA'£ ,,^ -\-ccc. 2. 3. Hfdx' 2. 3. ^dx"* SolTituendo quefti valori , ed ofTervando che z diventa - <|> ? quando vi li pone x=f, avremo (4) I i i iij 438 Ricerche d-if d'p d^ dp^ d-qr d^' dF + tF' + ecc. _ ^*_l_ ^^ ~ A ^ dx*" idx 44'' Ricerche facendo nel fecondo membro x-=.a dopo le differenziazioni. Ora è noto , che fé una funzione v li vuole fvolgere in una ferie ordinata per le potenze ed i prodotti poutivi di J ■> t , ecc. farà il coefficiente del termine/", t'" ecc. ,a + »'-j-ecc. facendo / = o , ^=:o , ecc. I. 2. ... ndy. I. 2. ... n'dt'". ecc. dopo le differenziazioni . Quindi chiamando a , il ^ 'n , n ecc. . . /?' d^- coefficiente ài^.i .ecc. nella evoluzione di -j- + (p — h^^cc. dx avremo (j n-\-n' + ecc. a ."}■ »3»', ecc. i.z... ndy. i.z... n'dt"'. ecc. d'i" n + n' + ecc. , ^ (' cb' — ) d ^ d-i' , ^ dx ^ \ J- ( d hec^ ] ' I. 2.../Z(^". I. 2. ... «V^"'. ecc. \ dx idx / facendo dopo le diiìerenziazio.'ii /=z o , f=;o, ecc. e x::^a. d(:-<') •» ( rf;v > V ...^ ^- i— i I. 2. . . . ndy''. I. 2. . . «'<^^"'. ecc. I. 2. . . . (3 + »'-fecc d'i Ma la quantità -; hecc. invece che fìa comporta dì un numero finito di termini , ^\ potrà fupporre continuata all' infinito, perchè i termini che li aggiungono fono zero,do- vendofi fare 7 = 0, /=o , ecc. dopo le differenziazioni re- lative a quefivi variabili; nel qual cafo quella quantità dive- nendo = — -— log. ( i — ■ ), avremo per confeeuenza dx ^ x—a ' ° «+»'+ecc.-i ^ , »+a'+ecc n^n' -hQCC. ^d^ d e »+a+ecc «+«+ecc./'rf'i' &, \. p =- I. z..ndy." I. 2. .n'dt.'"ecc. 1.2... («+«'+ecc.-iJ.7 ^ dj."dt" .Qcc. dx 'Ji) "~i.2..«. i.2..«'. ecc. i.2...(«-H«'+ecc.-iyA;"+"'+'"--' facendo /=o dopo le differenziazioni relative ad/, * = o dopo le differenziazioni relative a ; , ecc. edA; = C dj'.''dt."'scc^dx ^ ^-> 1.2../;. 1.2. . « ecc. I. 2. . («-t-^' + ecc- i) i'dx''+'''+"'-~'' facendo j':^ o ,? = o , ecc. dopo le differenziazioni relative ad j, t, ecc. ed x=:a dopo tutte le differenziazioni. XII. Se 2, e -i- fono funzioni di due fole variabili x ed/, ed (x - a)' è uno de' fattori di 2: quando 7=0 , avremo chia- mando q^^ il coefficiente di j" nella ferie che rapprefenta il valore di ir quando fi fa ufo del fattore x — a Kkk i} 444 A d."^ €■ ' I.Z.... ndy ^n'" i.z..ndf~~ 1. i (n~i)idx"-' facendo /r=o dopo le differenziazioni relative ad /, ed a;=:" nella ferie che efprime il valore di * quando i z^ 1 ; ma quando i> i , 1. lìa il coefficiente di j" nella ferie che è il medio aritmetico tra tutte quelle ferie che rapprefentano il valore di ■*■ , quando fi fa ufo del fattore (x~ay. Sì abbia per efempio l'equazione (x—i)'—/'(a + l?xy=.o, e fi voglia fvolgere il valore di x in una ferie ordinata per ]e potenze di/. Saranno x— i ~_y(a + kv), x— i +f(a-'.hx) i due fattori dell' equazione z = o , e quefti fattori ci da- ranno le due ferie per efprimere il valore di x ;c = I 4- (a + b')j' -}- (^ + b)by + (a + bjby -f (^ 4- b)bY 4- ecc. x=^i — (a^- h)y -f (^ + h)hr — (a + b)hY -f {a -;■ h)bY ~ ecc. s ciafcuna di quelle ferie foddisfa all' equazione zr^o . Se prendiamo il medio aritmetico tra quefte due ferie , avremo quella ferie che ci dà la formola del Sig. de la Place, cioc x-i ^{a-\-b)br -\-{a^b)bY ^-tcc. ma quella ferie non foddisfa più all' equazione z, = o , XIII. Ritorniamo al problema generale , e fupponghiamo che l'equazione z. = o fia delia forma {x — a) A — jF—tF' ecc. = o 3 ove fiano F -, F' ■, ecc. e ■*" funzioni di x folamente . E' chiaro che il primo termine del valore A\ a è in quefto cafo =; o : per avere il valore del- ^n,n' , ecc. la feconda parte ft ofiervi che SULLE SERIE. 445 dy". dt"'. ecc. ^ dx' ^'' + "'+'--(.v-^;" + '"+ '"• fz=o, ecc. e quindi farà n + »' + ecc. — I / „„ -,•' <^* \ ^» ,«' , ecc. ~~ i.z....n.i.z...n'. ecc. ^.V' + "' + '"• " ■ facendo x=:a dopo le differenziazioni. X I V. » ,«' 5 ecc. I. i.,.ndt''.i.2...n'du".e:cc- Kkk iii I. 2. I. 2 Si abbiano adeflTo due equazioni z = o, 2.'=o , .'-^ nrima tra a; , / , ? , ecc. la feconda tra / , t, ecc. fenza »-!->. cendo /=o, ecc. in e' fia/r^zi» uno de' valori di j rirLilta,iI qual valore fupporrò che non ne abbia alt li . Facendo adeffo t = o, ecc. e/ = & in Zjfìa Ar- de'valori' di X, e quefto ancora fupporrò ciie non , altri eguali. Sarà z della forma (x~ a)A—(_y—b)F—f. e 2,' della forma (j — l;)B~tf —ecc. eflendo A funi a^.? X , F , F' 5 ecc. funzioni di :v, / , t, ecc. B funs ^ /, /, ecc. funzioni di/,/, ecc. Ora facendo ufo dell equazione z, = o, avremo •$• = lì'- -H 0) -1 ~ 4- ecc. ^ ^ dx^ 2dx ^ 2. 3dx' ^ {y-b)F-\-tF'+ecc. , , r a ove

farà =z m , quindi quefta quantità farà = o , dovendoli fare dopo le differenziazioni 7=3^ . Con piìa torte ragione potranno ometterli i teniini più remoti di quello che abbiamo con- fìderato . Quindi in luogo della t^uantità *^H ~^- l~ecc. potremo porre l'efpreflìone »H-»'+écc.-i n-i-n'+cccC^ dx , **2?c" ^ d .(x-a) \ — -4-tcc.J x-a 2(x-ay ' ' I. 2. . . . ( n -\- n' -j- ecc. — i ) dx''+'"+"'--' e permutando le differenziali e ponendo come fopra d'i' ^"^^ ■ ^d^ — 'dx ^^' ^ ^"^^"^^ ^^ h ^cc. avremo quefia quarta parte così efpreffa ^ C (x-a) (f-b) '-TI—, \ — ■ lo?, z' ) I , df.dW'.Qcc. ^ dy ^ ^ 1.2...». i.z...»'.ecc. i'.2*... («4-»' + ecc. — i / I. z...n. 1.2... «'.ecc. I. 2... («-}-»'-f ecc. — i )i;/"+"'+«'— « «+»'+ecc. 4j~^°S-^j N-5 .2«+2«'+ecc.-2r^ — - — nvn-\-Qccd / ^dx ' \? d J(x-a)(y-b) •- l log. z )> r dr.dw'.^ccK dy yj + "i. 2 . . . ». I. 2- • • »'• ecc. i\i'...(n+n'+ccc.-ij'dx''+'"+"'.~'df"+'"+'"-' Ho fuppofio che i fattori x — a ^ y — b non ne abbiano altri u'^uali : fé ne aveflero , lì feguiterà un metodo analogo a quello ufato di fopra(XIJ. Sia / il numero de' fattori ugua- li ad x — a, l il numero de' fattori uguali ad/ — ^, e fé vorremo avere quella ferie che è il medio aritmetico tra tutte quelle che nafcono dai fattori (x — «)'' , [y — b)\ avremo per quefta ferie ponendo per più femplicità n-\-n' '\-tcc.z=m d .^P ^n;/i^v.zz. I. i...ndt".i.2...fi'du'".tcc. ni m-ic^ m d /^^^w^Y 1.2... n. 1.2... n' tee. i.2...(m—i)idx"'-' 'df.dif I.2....W. i.2...«'.ecc. i.2...(?w- 1 )ldy^' \{y—b) •j,,^j„n/.ecc. \dx °^' ^S + SULLE SERIE. 449 à l{x-a)(y-h) •- — ; f — 5 log. x' J^ '-^ ' (it\du" ecc. \ dy Jò I.2.. .n.i. 2,.. «'ecc. x*. 2*. . .(w— I yildx"'-'iij''"-^ X V. Sia per efempio zr='(x — a) A — tF, xJ = (y — b)B—uf^ ove iìeno A tà F funzioni di x fola, 5 ed / funzioni di jf fola, e fi \'oglia mediante quelle due equazioni fvolgere una funzione ■*• delle variabili x , ji in una ferie ordinata per le potenze ed i prodotti di *, 7< . La prima parte del valore ài q , è =0 perchè * non contiene t né «: la feconda 71 ^ fi' parte fvanifce quando »'>o, perchè 7, non contiene u; ma \ /?" dx f ■quando »' = o, cfTa diventa : fimilmente la 1.2... 'fidx''~^ terza parte fvanifce quando «>o, ma quando w = o diviene ^B"' dyJ „ ^^'^« ■ ^^^'"'^ ^^ valore della quarta parte fi I. 2. '^^'S'^°-"=^-) \dx / d'^ offervi che — — ~ iTT' ^°^' ^ ^"'^^ difFerenziando per rapporto z t ed u, avremo nel cafo di t=:ìt = o a l -7—7- . log.z, log. 2.' ) \dxd)> ^ ^ / d'-i- F" f" i. ^...ndt". I. i...ndii"^.ccc. dxdy ' n(x-a)''A" ' n'iy-bf.B"' °' Differenziando adeflb per rapporto ad j avremo nel cafo Tomo IV. Lil 450 ' Ricerche i.z (n + n'-i )dr^"'^' n'-i , Jji- P'_ f^\ -\dxd/n[x-arA''B'" ) .._. , , -— _ ^ — e differenziando per rap- porto ad X ,«K— »S. ,»'n'-ifd'^ F". f"' \7 1.2, . . {n + n'~ijdx"+"'-\i.z. . o n'd/''-' ^ -^ Kdxd/A". £"'>',,,. ^ . . == T-j- nT-'^ "^^ calo di ;c = d. Quindi la quarta parte del valore di //^ ^, farà ^ \dxdy ■ y-i". B"' / - — , , „ 7 ; la medefìma quarta parte è=:o quando « = o , e quando ;j' = o, quindi farà facendo x=:^=° „ • • '^A-'.B'''' dxdyJ ■' , 5'„ „' = i'.2....«^x"-'.i.2....«'^/' -' quando « ed «' fono > o . La funzione * ridotta in ferie fa- rà perciò della forma S 0 L L E S E R 1 E. 451 f d-^ F f d'^ y/j.Bdxdj^ '^/p.B'dxdy^ ^ B ' df A. B dxdj' i.2dx 1. 2. sdx ^.F' d-^. ^,F.f d'^. F'£ d^. '^•C A'- dj) ^< A3'' 'dxdyf , , \7ì\B''dxdy^ . . ^ I. 2. 3^/ I- -• 3^7 + «V facendo nel fecondo n-.embro .v = rf.^ — ^ X V I. .'; Si abbiano adeflb tre equazioni ::::=::o, 2,' =3 o , 2,' la prima tra le variabili .v,/, ?, «, r, ecc. la feconda tra ^, r, ?<, r, ecc. fenza x, la terza tra ? , «, y, ecc. fenza pr né/. Facendo ;/=o, r=o, ecc. in 2,",fia ^=:f; tacendo 7/ = o 5 r ::= o ,ecc. e ?=:cin z, fi a_;' = &; facendo finalmente nz=.o , r=o, ecc. /=r:c ed/rr:^' in z, lia «• =^ rt . Suppongo che t — f,/ — è, x — a non abbiano nelle loro refpettive quan- tità altri fattori uguali, perchè fé ne avellerò, converrebbe ri- correre ali' artificio ufato di fopra (XI). Si voglia adeflTo facendo ufo di quefti valori di ?,/, x fvolgere la funzione ^ ■3" delle variabili a:,/, ?, u^r ^ ecc. per le potenze ed i ' prodotti di ti , r , ecc. Chiamando a , il coefficiente di É| ^ ^fi,n .ecc. p 7f. /"'. ecc. in quefia evoluzione , troveremo per i principi cfpofi:! che il valore di ^ , è comporto di otto termi- * ■'«.«, ecc. '^ ni, il primo de" quali , fé facciamo »-[-»'-[- ecc. = m, far^ Lll ij ì 45^ m d .-ir I. i.^ndu". i.2...n'dr'".ecc- ^—1 ^ m d Ricerche il fecondo farà h du\dr"'.ecc, \dx 1.2. ..«. I. 2.. .«'.ecc. I. 2. .. ( m--i)dx'"~' Altri due termini fi troveranno ponendo in quefto in luogo di ftr — a, e z, prima/ — ^ e z,' , poi f — e e z,". Il quinto termine farà. .2W — 2^— m J" 'dH".dr."'ccc. < d(i'£Aog.^) dy log.z' 1.2... w. I. 2.. . «'.ecc. l^ 2\. ..(m— I )'dx"'-\dj'"~* Altri due termini fi troveranno ponendo in quefto t — e, e 2." prima in luogo dìy~b^ e z.' , poi in luogo di x—a^ e z.. Finalmente l'ottavo termine farà ,.(^-?log..) l •) ;% ^3?"'2-5 ^ (x-a)(j^-b){t-c) • ^,^". ^^"'. ecc.' ( - log.:s' log.^") «. I n. ecc. 1'. . . . . (w-i ydy-'.dt'"-' Convien però in quefle formole fare u = o , r-=o , ecc. t = c , j = b , X T= a dopo le diiferenziaz,ioni relative ad j ecc. u , r t , J' , X . -r, .. - . X V I L ' ■ Sia per efempio z = (x--a) A-uF, z'=:(/-&) B-rf, x" = (? — c)C — 5ì> , ove ^ ed F fìano funzioni di x fola, B ed f funzioni di / fola , C e $ funzioni di t fola , e fia propofto di fvolgere la funzione "*• delle variabili a;, /, ?, in una ferie ordinata per le potenze ed i prodotti delle va- riabili u , r , i . Se chiamiamo g jAr". i"", av il coefficiente di /remo ragionando come fopra (XV) ?Ur.LE.SERIE. \ 45J 5« ^' ^" = quando »'=»"=o, ed » > o , \B"' • ^7 y ^n,n',n" 1.2 n'dj>'"-' quando » = »"=o , ed »'> o , J ^»,n\n" ^1,3 n"eit'"'-' quando » = »'=o , ed «" > o , ;?+« -2 /F"./"' ^'-i- N a (^A".B"' ■ dxd/J ^n;n\ì-ì' i.i...yidx''-'.i.2... n'dy"'-^ quando a" = o , ed » > o , »' > o w+»"-2 /F".cp"" «^'i- \ _^ \A^"' dxdiJ ^ ^n.n'.n"'" i.2...ndx'-\i.i...n"df"-^ quando a' = o, ed »>o, »''>o, \B^"' djdt) ^»,«',»"~ i,2...»'^r'~'-i-i-»"'^^""~' quando « = o , ed »' > o , »" > o ; e finalmente U".B'".C"" ' dxdydt) '%^n',n" \.z...ndx"-'.i.z...ndy-\i.z...n'dt'"'-^ quando «, «', a'' fono>o. In quefti valori di a , „con- vien però fare t=:c , j — b , xz^a dopo le differenziazioni relative a t , y , x . XVIII, Se paragoniamo tra loro i valori di «? , che abbia- ■"aj^jecc L 1 1 iij 454 Ricerche sulle serie. ino ne' diverfi cafi ritrovati (X), (XIV) , (XYI), vedre-, mo facilmente la legge che regna in effi : onde qualunque lìa il numero dell' equazioni 21 = 0, 2,' = o , ecc. potremo fsmpre fvolgere in ferie la funzione •*" , ed in qualunque ca- fo troveremo quella formola comporta di replicate differen- ziazioni che efprim» il valore di q , (^efla formola è già affai complicata jquando il numero dell'equazioni è tre: fé quefto numero foffe maggiore , quantunque per quel che abbiamo infegnato 11 polla facilmente trovare il valore di n , quefto valore però farà eftremamente involuto in ^»,»,ecc. ^ modo che non fé ne potrà fare alcun ufo. Ma attefa la ge- neralità de' problemi fembra che quefte formole non poffano eflere meno complicate . Forfè potranno ridurli in una for- ma più contratta diminuendone il numero de' termini ; ma non effendomi in ciò niente riefcito che mi abbia foddisfat» to, porrò qui fine a quefte ricerche. XIX. Mi rcfta ad avvertire , che quantunque le noftre ferie fia- no ordinate per le variabili j/, t, u, ecc. li potrà nondime», no col medelimo metodo avere ferie ordinate per qualunque funzione delle medeiime variabili . Siano infatti quefte fun- zioni P,. i, R, ecc. facciamo P^f, ^ = !?, R = r , ecc. e ne dedurremo i valori di / , /, «, ecc. per Z' , ^, r, ecc. Softituiamo quedi valori in z. , ^', ecc. ed in *, e col no- ftro metodo troveremo * efprelTa da una ferie ordinata per p, ^, r, ecc. cioè per P, ^, R, ecc. come li richiedeva. in. I ^ '' .f. 455 SULL EQUAZIONI A DIFFERENZE FINITE Del medefimo ,. L"" Equazioni a differenze finite prefentano Ipeffo per la I loro integrazione maggiori ditficoltà di quelle, che fi incontrano nella integrazione dell' equazioni differenziali. In quarte edendo la differenza dx infinitamente piccola , e potendoli fempre airumere collante , quelle due condizioni fa- cilitano le operazioni che la loro integrazione richiede . In quelle la difierenza di x può eflere o collante o variabile ; nel primo cafo le difficoltà della loro integrazione fi riduco- no a quelle dell' equazioni differenziali ; ma nel fecondo ca- fo la variabilità della differenza potendo effer qualunque, ed eflendendolj alle differenze feconde ed ulteriori , fi rende ol- tremodo malagevole 1' integrazione di quefl' equazioni, pre- fa generalmente e fpeffo quell' equazione , che in un da- to fiflema di differenza variabile può integrarli , la me- defima fi rende affatto intrattabile , fé fi muta la legge della differenza . Ma fìccome tra le differenze variabili e le coftanti vi è un certo rapporto , mediante il quale quelle per quelle efprimer fi poflono ; pare che vi debba effere un metodo generale, per cui qualunque fìa la differenza variabi- le, r integrazione dell'equazioni affette da quella differenza ridur li poffa all' integrazione di equazioni a differenze co- lanti . Con quefto metodo ci potremo difpenfare dal fare ul- teriori ricerche nelle moltiplici fpecie dell' equazioni a dif- ferenze variabili, e tutto fi ridurrà all'integrazione di equa- zioni a differenze collanti , le quali fono più trattabili. Ho altrove accennato un tal metodo, ma adeffo mi propongo di cfporne i principi con qualche eftenfione. 45<5 Sull' equazioni I. Sì abbia dunque un' equazione qualunque a differenze fi- nite e variabili M = o tra le variabili x ed / , e la tìiffe- renza.di x fia ;) .-1 . I I. Di qualunque ordine fia 1' equazione M = o , V integrale t rr:P contiene tutte le coflanti neceflarie per ottenere un valore completo di y : quindi non farà d' uopo che trova- re un integrale particolare dell' equazione (a), oppure aven- done trovato r integrale completo fi potrà determinare la collante arbitraria in modo che il valore di/ riefca il più fcmplice e il più comodo per l' ufo che fé ne vuol fare . iu '■■.' ■■ III. A DlfFER-ENZE FINITE» 457 I I I. Per maggior fchiarimento fupnonghiamo che 1' equazione M=:o Ila lineare , cioè della forma ove fieno A ^B, C. ..M, ed X funzioni di ?c, ed /^ ~/x ~\-ùy , y =y 4-^^' 5 ecc. elTendo come fopra ùx =: L_2._C«-C'3 C= «(« — 4)(»— ^) i.c^vt.C"» + C% ecc. Le coftan- ti C, C" , C" , ecc. fi troveranno tutte uguali a zero , fé ij riflette che il termine medio della potenza ( ^ H ) 2i ^ M m m iij 4(5z- S u L. l' e q. u a Z I o n f è = 2. quando 72 = 2 5 è = 6 quando ?; = 4, è =20 quandi 71 i 71 •— " "* ì w rr 6 , ecc. Quindi avremo .4 = ;'2^ B = — ^ ■L = , D=^ . ecc. e perciò 2. 3 2- 3- 4 ' . r equazione q + ^q'' +-J- ei darà, ponendo q +7^/»^ . p =p -np ^] ^ l'p % ~ -^p -Qcc J.+ I Z. Z 2 2, 2. 3. 2, e l'integrale di quefta equazione farà ^ Cn~ — Cn' „ ^ V; ■ '('■ p z=. X =: e + e =2 cos. C«^ .. .._;r'; ■ ' VI. ■ " ' Abbiamo fcorlì alcuni cafi tra moki altri, che potrebbe- ro riferirli, ne'quali può integrarli l' equazione/? =(p:p . Ma potremo anche far di meno di queila integrazione per ritrovare il valore di z, che deve foflituirfi in luogo di x . In fatti fé x=:P , viceverfa farà z, = q ,e{rendo q una fun- z XX zione di .v , e ficcome '(«^«-i ); e quindi ^y: -^^^S-( ^ +^"') log. a Vili. Ma lafcjando da parte quelle ricerche particolari, per il- luflrar maggiormente la noflra riduzione delle differenze va- riabili alle differenze coflanti , prendiamo ad integrar diretta- mente r.equazione lineare di qualunque ordine a coefficienti coflanti e a differenze in qualunque modo variabili : tanto più che quefla integrazione contiene alcuni artifizi , i quali 4^4 StILL' EaUAZlONfl potranno ciTer utili in altre occafioni . Sia pertanto propo* ilo d' integrare 1' cuaiione jj,^B/-\-C/-^Dy" +M/'"^ = Jt effendo A, B, . . . M quantità coftanti , X funzioni di k, y zi^jy -\- i^f ^ y =:y -{-i^y ,Qcc. e la differenza di x variabile fecondo quaUi.ique legge. Supponghiamo che quefta equazio- ne divenga integrabile moltiplicata per a^^ , ove ah coftan- te, P funzione di a; , e SPI' integrale finito di P prefo nel fìftcma di differenza variabile che regna nella propofta ; e il di lei integrale lia ,7^^(^17 + 51/ + Ci/' .... -|-Li/'"-'0 = SaSf-^ Avremo prendendo la differenza aP(Aiy-\-Biy' + Ciy" .... -^ uy-"^) = x' — Axjf-Biy — Ciy .... Li/"— ^ e paragonando quefl-a equazione con la propofta troveremo Ai= — A e M = Li^^ B^Aia^-Bi ,- C = BiaP~Ci Cloe Aiz=-A Bi=z-.B-AaP Ci=-C — Ba^-Aa'P Li=:-L ~ laP-Ha'P . . . -Aa^^'^-'^P onde, ficcome M = LiaP, avremo I' equazione ^' . - ,■ M-\-LaP-\-Ha'^'' .... 4-Ba'-'"-'^P-{-Aa'"Pz=:o. Ora elfendo i coefficienti di quefta equazione co/ìanti , fa- rà collante ^P,ed in confeguenza P. Facciamo dunque P=i, ff per determinare a avremo 1" equazione ' ' ' M + k ElFfERENZE FINITE. ^6^ M + L=-. a Li = — . a Trovati quefti valori l'integrale della propella farà . a-^'.-Za^^X^Aiz + Bif-^Cif .... +Li/'"-'>. Ma r equazione (P) ha m radici , le quali poflono tutte ugualmente prenderli per a ; dunque chiamando quefte radi- ci a, ai ^ az , ecc. e fupponendo che Ai fi muti in Az j Ai , ecc. quando a li cangia in ai ^ az , ecc. e così degli altri coefficienti Bi , Ci , ecc. avremo le m equazioni fé-» gucnti Tom. IV. Nnn 46Ó SuLL' EaUAZIONI a-'^\'^a^\X—Aty^-Biy + Cif' . . . . + Li/"— ^ ai-^'\^ai-\X=:/hj -{-Bz/ -\-C2f . . . . + L2/"— ^ e fl2-S-.X.7z2'.Z=:yÌ5/+£?/ + C37" . . . . + L3/"'-'> ecc. Mediante queft' equazioni lì potranno eliminare le quanti- tà 7', J''', . . ./'"'"''', e fi otterrà il \-aIore di/. Ma fen- za efeguire quefta eliminazione , che farebbe per lo pia in- volta di molte difficoltà , fi oflervi che efla ci darebbe il valore di / cos\ efpreffo : rt-S'.Srt^'.Z ai-^\Yai'^\X ai-^'.-^ai^'.X j = H ; + + ecc. n n il! eflendo « , ?/ , ecc. quantità colanti . Per determinarle , fi foftituifca il valore di y nella prima delle precedenti equa- zioni , e lì avrà .--■.S«-'.J..--.S.-.jf^ +^' + ^-i + ^ + ecc.^ \ n na na no' j , BiX Ci/X X\ DifX X X'\ . J A / j \~\ ( 1 1 1-4- ecc. na n \a^ a J n\a^ a' a J ^ ^ ^ ^.fAi Bi Ci Di \ ' \,n nai nai nai^ / , BiX Ci/ X A ^Y^ ^' X\ ' nai n \ai ai/ n' \ai' ai' ai^ -j-ecc. Siccome quefla equazione dev' efiere identica , convien che fìa ■\7. Al Bi . Ci Di . - -? — 4-. A ^, + ecc. = 1 n na na'' na^ ' e tutti gli altri termini devono da loro fleffi fvanire . Sarà Bi Ci Di , dunque » = ^i A, i j -f — f •^^^.c. ^i fofìituendovi 1 Ci i» ti _ i . valori di Ai ^ Bi , ecc. B , 2C , ^D , mM :. . ^==;-^<+'^ +'^- Qi;efto valore di n non è che il differenziale della quantità R C M A -]- - -] 4-",iPfefo per rapporto ad ^^j e mol- A DlFrERENiE FINITE. 467 tiplicata per — •--. I valori di ri , ìì!' , ecc. 'ì\ troveranno riflettendo che n fi muta in «' -, ri' ^ , ecc. quando a diventa «I 5 az ^ zcc. Dunque fé facciamo avremo /7 = z, -- facendovi x = - dz. a , ^P f ^ • ^ »c=2,-7- lacendovi 2: = — dP ^ , . I w'=:z-;— facendovi 2: = — dz. az ecc. Ora la quantità P è =^(i — = Z • +— -? + — ^^ +^^^- efTendo «, >;' , scc. come fopra . Qiiefto integrale lì cani-'ia in quetro di fopra ritrovato ponendovi Si invece di x , come doveva fuccedere per ciò che abbiamo precedentemen- te aimbitrato (VI). N n n ij 4CJ8r ^ U l. T EQUAZIONt Riguardo aff equazioni lineari a coefficienti variabili , noR lappiamo integrarle ai di là del primo grado. Solo è noto, che fé r integrale della propofla fi conofce quando X=o , fé ne potrà dedurre I' integrale quando X è una funzione qualunque di x (a) . Non farà dunque affatto inutile 1' ac- cennare alcune equazioni , 1' integrazione delle quali dalli- cofe efpofte dipende . Si abbia pertanto 1' equazione dell' or- dine m a differenze finite e variabili X — sP Ponghiamo/ = e , eflendo e ì\ numero che ha per lo- garitmo iperbolico l'unità, e l'equazione diventerà -SP _2P-P-P'-F'...-F'^'' e — Ci . e =o X t prendendo i logaritmi avremo P4.p' + P".... + p-'"-')=:fog.a . X In quefta equazione i coefficienti fono coftanti ; quindi inte- grandola per quel che abbiamo infegnato di fopra CVIII) avremo il valore di P , e quindi 1' integrale della propoft* — 2P X L Nel cafo di w rn: i avremo P = log. a , e quindi — S log. « y ■= e ^ cora' è noto. Se m=2, avremo 1' equa- zione - ,P + P' = log.« ,e perciòP = -(-ir^'(C + 2(-0^Mog.« ), OC X 2(-i)~^'(C' + S;-i;^'. log. of t y z=zCe ^ 3 e nel cafo di ùiX = i Ca) Si vedi una Memoria del Sig. le differenze finite pubblicata neLpri- Cav. Lottna lui Calcolo Integrale dtl= mo Tomo d» quefla iociet'a. ADIFFERENXE FINITE. 4^9. r^Ce^~^^"''''^'"^~'^'''^'^°"''''^^- Qi'eflo integrale potre- mo efprimerlo in una maniera molto più comoda : cerchia- mo a queft' oggetto un valore particolare di / . E' noto che Sr-OMos.a: zz(-i)''-'.\0fx-y. s-f-f )""'• 'og-=^ ■i- (-!)"-'. log. a .. . -f (-ij log. (Z. ,, .'. :■ ■" Quindi farà i-iy.-Ei-iyAoe.x =-log. « -i-Iog. a -log.a; ...rplog.x, ove il fegno ^ avrà luogo fecondo che x e pari o diipan ; e prendendo la fomma di qucila quantità avremo 2(-i}-*.S(:-i)Mog,« =-Iog.a -logx -log.a --log.x -ec<^ ^ x-z x-3 ^"-4 ^-) -ì- losr.x + \os.x -:- log. a , ^^^ • -'«S-V4-^'^-V5-ecc. ^^°S-V5 + ecc. cioè — — lo?, a >— Ic^.a — log. a: —ecc. = — log. « .a .a . ecc. x-z X-\ X-6 ove l'ultimo fattore farà a fé a; è pari, ed «, , fé .ve dif- pari . Dunque fé indichiamo col fegno v^o; il prodot- x-z to X . X .oc . ecc. continuato finché non fi abbiano .V-2 .Y-4 x-6 Fattori coir indice zero o negativo, avremo }/=£ ° ^ x-i = . Quello non è che un integrale X-2 particolare della propoda : per aver l'integrale completo 11 z faccia /= 5 e la propofìa diventerà z, — z, =o , e x-z questa avendo per integrale zr=C~\~C'(~iy, farà N n n iij 47*' SuLL' EQ.UAZIONI / = x-z (C-hC'C-i)") r integrai completo della. propofta ' ■' ■ • • XI L Generalmente, nella ipotefi di ùix = i fé facciamo l\"'.x X z=.ix oL. . « • "^ . ecc. continuando quefto X x—m x—im x—ym ^ prodotto fino al fattore a ove x — nm è tale che po- nendo n-\-i in luogo di w, diventi x — {n-iri)m zero o I negativo 5 Hi rà / = —- un integrale pafticolare dell' equa- x-m zione 7 — x . y'"> — o , Per rintracciare 1' integrale coni- X pleto ponghiamo y = — n; , ed avremo 1 equazione x-m 2; _ z^c») - o . Quefta ha per integrale 2; = C/^ ■:- C/i''- + C'/z".... 4-G'"-'^/(w— i)" chiamando /, /i , /2 , ecc. le radici dell' equazione i -/"' = e . Qiiindi l'integrale completo della pro- poiìa farà TH. X X-m Ma le quantità f -, fi ■, ecc. fono a due a due della forma COS. (p-tv^ — !• lin.cj): dunque quella parte d'integrale che appartiene a quelle radici farà C(cos.$4-\/ — i.fen.cp)", C ( COS. q) — v/ —iJcn.t}" . Ora ( cos. cr -Jr \/ — i . fen. cp)" = cos. dxd: y/ - I. fen. (tA: : onde mutando le collanti farà hi parte d' integrale dovuta a quelle radici cos'i efpreffa ; Ccos.cpx ir: 4-C.'fen.'J:.v . E' noto pel Teorema di Cotes che * = — ove ' ' m 77 è la femiperiferia del cerchio che ha per raggio V unità - i efprinie qualunque numero pari non maggiore di m, quin- di farà A DIFFERENZE FINITE. 47I C ,. CY- 1 r -:- C" COS. — "^ + C" fé n . - ^' + C- cos. "^-^ ) fé ni è pari , e x-m ■» ■ w ' ^2 . . ?w C ^. C'cos. f- C'fen. — + C'cos. ^— 4.0'^ fen. 2— '^ w w Vfi 'm ( V- ^„,^r + C-"-'^ COS. ^- ^ -f C<;"'-'^ fen. ^3 •^■" m m fi m e difpari , XIII. Sia propofto d'integrare l'equazione X XX X X X 'X X X ove A, B , ecc. fono quantità colanti, a ed X funzioni date di x, e la differenza di x comunque variabile . Pou- ghiamo 7 =-, ed avremo t Ax ■-■'.■Boi .ce' .-.....-i-Ma .«' ....a ^"^--nzZ,.. Xt X X t' XX X f") « X •«' ,, Slog.a',^ A," X X t ° X Facciamo — == -^ -cioè? - = o,e farà(TI)? = e t t' a Pollo quefto valore di ^/l'equazione propofla diventerà Az + Bz' + Cz" .... 4- Mx^'"^ =z Xe ° ^ e integrando queft' equazione come abbiamo infegnato (VIII), ne dedurremo l'integrale completo della propofta così efnrefTo —2:1.^ ^log.axy, ^. — Sr, ■( j = e - -( ^ ^4- eflendo le quantità a, ai , ecc. n , n' , ecc. come fo( A.vnr: I , farà e — 2 log.a' y.a: a , a . a Ax 47Ì. Sull' equazioni a differenzte finite. e in queflo cafo la propofla è Hata iiuegrata dal Sig. de li Place nel Tomo fettimo delle Memorie prefentate all' Acca- demia delle Scienze di Parigi . XIV. Più generalmente fìa data l'equazione X-Ji-Ba. .yS'"> ./'"-' -i-Ca •«^'"-' .a'""-» ./-""> ...i-Moi ...oc C'->»')/("»'>-X XX XXX X X Facciamo per integrarla / = - effendo t tale che abbia luogo t fi'") l'equazione t — — — =: o , della qual' equazione fi potrà ave- X re un integrale particolare (X). Mediante quella fodituzio- ne la propofta diventerà . ... Xt Az + Bzl^'"> + Cz-'"K . . : . .-fMx^"'">= — . a X Qi-iindi chiamando a , ai , ecc. le radici dell' equazione A -f £-'" + Cz."" . . . . + Mz""" = o=zP avremo l'integrale della propofta cosi efprelìb : ,a ^■(C-;S«-2' . _ ) ai^'(C 4- S.n-2- . ±' ) li 'x . ^.v , r t a fi " dP ove « = 2:—- facendo dopo la differenziazione z, = )- Non vogliamo però lafciarlì alcu- ne offervazioni relative all' operazione indicata , che verrò ?pp ij (<;) E rigu.'.ido ai colombi Tyoja Orerà rit. (t) E' nota la quiflione che ha in- terellato tanto l'illufìre Francefe D»- Hamei , e 1' immortale Hallero , ie il penr^'^'io degeneri in ofio , o no. Il Dti-Himel dall' analogia che palli tra le Olia e le piante, credette che /ec- come la fcorza degenera in legno , cos'i l'ofTo fi formale dal perioftio. L' Hai/ero guidato da uno fcrupolofo efame fui pulcino nell' uovofoPienne tutto il contrario . d^iantunque noi» ni.inchino fu queflo lo,sge:to e belle olTcrv3.TÌo;.i , ed ingegnofi efnerimen- ti, non (^Jìaino però ancora accertare chi de' due valenti fcrittoii lofìenga la verità . 4S4 Ri e 9 K C H E qui tollo accennando come lì prefentino al penfiero . Dico adunque che ne' cail di cui parliamo trafuda continuamente un umor biancaftro lottile, che il raflbmiglia ai bianco deli' uovo. E' quefto neceffario all'opera della riproduzione, poi- ché fotte di efib lì fvolgono i vali fanguigni , guardati que- fti , e difefi merce di tale umore dalle pericolofe efterne im- preffioni , ofl'ervandofi altresì, che dalla maggiore , o minore quantità di elio dipende pure il maggiore o minore aumento delTolfo. Del quale umore giacché ne accade di parlare .gio- va avvertire , che non Iblamente nel cafo di olTa guaftc ^ ma dalla fuperfìcie ancora di tutte le ferite, qualunque elle lia- ne, un umore ne fuda di natura linfatica fomigiiante in qualche maniera al tede indicato . Al che troppo importa che pongan mente i Chirurghi, onde artenerlì quant'è polFi- bile da certe loro tinture fpiritofe di mirra, e di garofani, come pure dello fpirito di vino puro , di cui gli empirici imbevono più volte i piumacciuoli in occalìone di frattura d' olTa . Oltre che materie sì fatte inafprifcono l'inlìamma- gione delle labbra del'a ferita , diftruggono ancora quello umore linfatico tanto neceflario all'opera delia riproduzione, e ritSrdano cosi moltilTimo i prpgrefli della cura , e però gli avveduti Chirurghi in limili cali lì valgono piuttollo d'una tintura acquofa di mirra allungata eon una decozione d' orzo . Ma una leggere rnfiammagione riefce inevitabile in ogni genere di riproduzione . Dipende quefta dal fangue , e dagli Uinori, che in copia li portano ai bordi della ferita, da do- ve incomincia la riproduzione , e coli' urto loro fvolgono , diftendono, modellano le fibre a loro adiacenti, nelle quali operazioni però tutto conlifte il meccanifmo della riprodu- zione , (iccome lo fviluppo di tutta la macchina . Non è poi così regolare, come lo era innanzi, la nuova produzione dell'oliò. La direzione delle fibre componenti la malfa olTea vana moltiflimo. Ora pare che feguano l'ordine, con cui fono difpolie le fibre del perioflio , ora un altro fa- fcetto le attraverfa , ed interrompe il corfo loro . Anzi al- lora foltanto ci accorciamo eiTere feguita 1' intera riparazio- ne dell' oiTo diftrutro , quando quefta parte non compare pia roda, e fpugaofa , saa piuttofto bianca, e refluente col- INTORNO ALCUNE RIPRODUZIONC ecc. 4? j' le fibre difpolte irregolarmente , del rello tale irregolarità nel rigenerare non è folunto limitata alle ofla , ma ad eiTa foggi.icciono tutte le altre parti , che ii riprodi'.cono . Fino le cKàtrici cutanee efaniinate tanto nell'uomo, che negli al- tri animali .prefentano un ammafib di iìbre totalmente irre- golare; la qusle irregolarità liccome dipende dal vario in- trnfciainenfo delle fibre , e delle lamine fia delle oflTa , ila degli integutiienti ivi raddoppiate, e piìi itivate che in altri luoghi, cesi fuccede coftantemente , che le parti riprodotte fono Tempre pi^i dure delle altre. Di tale fermezza fi accor- gono gli Anatomici dalla reiiftenza che foffre il coltello nel tagliare una parte cicatrizzata, e ne fono teftimonj coloro, ai quali edendofi riprodotto qualche pezzo d' ofTo , fé venne quello fgraziatamente a fpezzarlì , ciò fu al di fotto, o al di fopra , non mai alla parte medefima della riproduzione. A me certo fece flupore le due volte eh' ebbi occafione di efaminare offa riprodotte in un cadavere , fece dico fl-u- pore l'oflervare quanto irregolarmente foffero crefciuti quei due pezzi d' olio. Ora le lamine erano molto rialzate, e la fuperficie allora reflava afpra e fquamofa . Ora fi trovavano delle lacune , dei pori, dai quali veniva come intercetto il piano dell olio , ed il perioflio , che vi iì adattava, era pure nella fuperlicie irregolare . e Labro : ora fembrava che dalla foftanza mufcolare parimenti rigenerata li rtaccalTero delle fi- bre tendinee, e s'impiantaflTero dentro all' ofib, attraverfando in varj modi il periolho. Né dee già attribuirfi tale irre- golarità od alle irnpredioni dell" aria , od all' applicazione dei rimedj , o dei piumacciuoli , o finalmente all' ufo delle fafciature, ma fibbene ad una ineguale diftribuzione d'umori, neceifaria confeguenza dell' efiere in quelle parti il mecca- nifmo della circolazione alquanto alterato.; onde ne avviene che anche le riproduzioni , le quali operano internamente , riefcono elTe pure irregolari. Ppp iij 486 RlCKRCHK ARTICOLO IL Dell' innefio dello Sperone Julia crefta del gallo , s dell inm- Jìo del nafo nell' uomo . , La riproduzione dei tendini è .un fatto così notorio ^ che non occorre parlarne particolarmente . Noi abbianjo pro- ve accertate della riparazione di tutto il gran tendine d'A- chille , altrimenti chiamata corda magna (a); altrettanto fi dica de' legamenti i quali non folo lì riproducono quando vengono difirutti , come appare nel cafo fopra accennato della clavicola , ma poffono ancora generarli di nuovo. L' in- nello dello fperone fulla crefta di un gallo può fervire di prova. Siccome però a tutti non è noto come iì proceda in quefto efperimento dilettevole non meno , che iflruttivo , fa- rà cred' io pregio dell' opera , che qui vengali brevemente de feri vendo . Tutti fanno che la crefta de' galli è attaccata alla lor te- fta con una bafe abbaftanza larga , che prende dalia parte fuperiore dell' occipite, e li eftende fino all'origine del bec- co. Ciò prefuppofto, lì taglia quefta crefta alla diftanza di un dito traverfo delle oìXn dei cranio. Fatta tale fezione , iì forma alla parte pofteriore una protuberanza d' ordinario molto fitta , vicino alla quale far lì dee un' anfa con filo incerato : e ne viene quindi che la crefta lafcia un vuoto nel mezzo, in cui deve eftere collocato lo fperone diftaccato dal piede d' un altro polio. Già le lamine della crefta, che rimangono attaccate per via di un telTuto cellulare , Ci ac- coccano tra di loro verfo il becco , e già lo fperone fi at- tacca , e crefce . E' vero che quando Ìì fa quefto giuoco , ali cuni degli fperoni cadono per lo movimento, che fa il pol- lo colla tefta , ma fé giungono ad acquiftare una unione ab- baftanza perfetta; quegli fperoni che emulavano nella loro grolfezza una femente di canape , nello fpazio di fei meli (a) Vedi una mia Lettera diretta IX parf. V- pag. 51; negli Opufcoli: al ProfefTors Girardi di Parma nel Tomo fcelti di Milano. INTORNO AlCUNS RIPRODUZIONI CCC. 487 acquìftano un mczio pollice di lunghezza . Accade inoltre , che molto più crcfcono fulla crefta, che nel piede, così che nel decorfo di tre o quattr' anni considerandoli dritti fono lunghi più di quattro pollici, e formano come un corno; efpongono poi 1 ciurmadori de' galli si fatti , quali moftri , cui nato iia fulla tefta una fpecie di corno, come a me me- deiimo è accaduto di vedere . Che fé anatomizzare li vo- gliono quefti inneili, lì comincia a vedere un bordo duro , e callofo che cinge la bafe del corno : diftruggendo quindi una porzione di queflo bordo , ti fcopre un legamento capfu- Jare, che impedifce di vedere l'inferzione dello fperone col- la tefta, e ferve intanto all' articolazione. Staccata in parte anche quefta fafcia ligamentofa , appajono delie altre ftrifcie parimenti ligamentofe, delle quali alcune vanno a terminare nelle foffe nafali alla parte fuperiore dell' orbite , ed altre in alcuni punti dell' occipite . Or li rompano quefti ligamenti , e fi ripieghi il corno verfo il becco ; e fi troveranno alla di lui bafe delle cavità articolari , e delle eminenze corrif- pondenti fui cranio : quantunque poi v' abbia della varietà nel numero, e nelle attaccature di detti legantenti nei di- verfi galli, pur nondimeno la loro produzione è fìcura, e il legamento capfuiare, che articola lo fperone colla crefta, toftantemente fi trova in tutti i galli , in cui lì tentò l'ef- perimento, ed è quindi una prova, che non folo i legamen- ti li rifanno, ma lì generano anche di nuovo. Non parrà certo sì facile il trovare l'analogia tra quefti in- nefti dei polli e le riproduzioni nell' uomo . Gioverà però aftai all'intento l'efaminare il raro libro di Gafparo Taglia- coz.io^ che profefsò la chirurgia , e 1' anatomia in Bologna verfo la metà del fecolo decimo fefto : De curtorum chirur- gia per infitionem , Libri duo, in quibus omnia ea , qu£ ad hujus chirurgie , narium fcilicet, aurium , ac labiorum per in- Jìtionem rejiaurandorum cum theoricen , tum praBicen pertinerc xidebantur , clarijjima methodo cumulati jjime decUirantur . Ad- di tis cutis tradmis injìrumentorum omnium, atque deligatio- r.um iconibus , & tabuli s. l/enetiis apud Gafparem Bindonem juniorem 1597 in fol. così poita il titolo. Troviamo qui che a quefto grand' uomo non era ignota la maniera di riparare il nafo, e Je orecchie fiaccate io rif- 48S Ricerche fa , o tagliate in fegno di obbrobrio ai malfattovi , come portava la giurifprudenza criminale di que' tempi . Non ar- direi però aderire Tagliacoz.io elTere ffato l'inventore di que- fto metodo, volendoli da alcuni, che fino dal 1442 un cer- to Bra/ica Chirurgo di Sicilia lo avefle fcoperto, e che An- tonio fuo figlio lo abbia perfezionato fino per riparare con quefìa novella arte delle orecchie , e delle labbra tagliate . Si aggiunge anzi che Vincenzo ViMneo medico , e chirurgo Calabrefe abbia refo più facile il metodo d' inneflare i nafi {a) licchè in apprefio altri Chirurghi ancora principalmen- te in Calabria fi fecero gtte furono in grandiffimo nume- ro, e fortunato per la maggior parte fu il loro facce fio ; e llccome però può riufcire Uucchevola la relazione materiale uniforme fenza riferire uno ad uno, ed in dettaglio gli efpe- rimenti , mi terrò ad efporre foltanto i rjfultati più genera- li , che pur baiìano a foddisfare la curiolità filofofica. i. Si polTono diilruggere nei gallinacei entrambi gli emisferi del cervello impunemente, e con ifperanza d'una pronta ripara- zione purché non Cx tocchi quel centro , da cui partono co- me raggianti molte fibre midollari, centro che li può tene- re, come C\ e detto di fopra , per il corpo callofo, che an- zi in fatto di tale riproduzione qualora non li mantenga una certa comprellioiie dove mancano le olfa del cranio , il cerebro lulfureggia, e crelce nella riproduzione più del bi- fogno , di più cioè di quanto n' era flato feparato . 2. La ferita penetrante i ventricoli laterali del cerebro non defrau- da il curiofo oiTervatore della bramata regenerazione , ma allora quando giunge a pregiudicare il terzo, e quarto ven- tricolo, reca la morte all'animale. 3. Il iangue che pene- tra nel cavo della ferita ammazza quali all' ilfante il pollo, il che non fa una goccia d'acqua, o di vino, campando in ìjfitdo cafo le molte ore, e le intiere giornate con un mo- vimento INTORNO ALCUNE RIPRODUZIÓNI CCC. 513 vfmento ondulatorio continuo della tcfta . Quefti fono i ri- ftiitati generali di molte, e molte efpcrienze che vado pro- feguendo onde illuftrare fenipre piìi quello interefTante ramo di Fifica animale ; e lìccome riguardo a grandi diftruzioni di cervello non mancano ne' libri de'Chirurghi ,e degli Ana- tomici oflervazioni intereilanti , ed analoghe alle efpofle , non mi credo qui permelFo di pafl'arle lotto lìlenzio . Co- mincierò dunque da quelle, che polTono fare immediatamen- te al cafo , e verrò poi narrando quanto mi avvenne di leggere fu quefto propolito in autori degni d' ogni fede. Un certo Hartosker riportato da Andrea Ottomar Goc- like (a) per afiìcurariì che le ferite del cervello non fono affolutamente mortali , attaccò un cane ad una tavola , me- diante un chiedo che gli traverfava il cervello per un cer- to fpazio di tempo ; dopo il quale diftaccatolo , gli indillo per la ferita un pò di vin del Renose fenza che verun ac- cidente gli fovraggiungeflè fu ben prefto guarito . Una fpe- rienza poco meno che eguale la leggiamo pure nelle Efeme- ridi Germaniche , che iie la raccontano come felicemente tentata, ed efeguita dal Vedriez; ed il Coìferm {b) accerta di avere appodatamente fcoperte le cervella dei bruti vi- venti, e di averle ferite, ed intatti i nervi, i loro principj, ed i ventricoli di mezzo, averle elìratte fenza che ne appa- riffe veruna offefa né della voce, nt- del refpiro,nè del fenfo, né del moto.I volatili, dice, quindi vivono qualche fpazio di tempo fenza cervello, come può ciafcuno fperimentare per fc fleflb ne' polli tagliando loro il roilro di fopra colla metà del capo, e cavandone la maggior parte del cervello. Final- mente a tal occafione riferifce efler cofa famigliare lino ai fanciulli il conficcare nella telta d'un pollo una fpilla, per cui riportare non ne fogliono incomodo veruno , né dare verun fegno di dolore. Qiianto però mi ha incoraggito ad intraprendere 1' efperi- mento di diflruggere una porzione confiderevole di cervello Tom. IV. Ttt (a) Hifl. Chirurg. antiq. & modem. (i) Mifcel. Obferv. Anat. & CJiir. pag. j-ij- pag. iji. 514 Ricerche in un animale caldo , per vedere fé fi riproduceva, ciò fu Ja quotidiana oflervazione tanto famigliar ai pò i Medici , ed i Chirurghi , che le fungofità , le quali nafcono fui cer- vello umano, difiruggere fi poffono impunemente fcny.a pre- -giudjcare le folite animali funzioni del cerebro m'^defimo . Qiiefti funghi altro non fono , che una porzione luffureg- giante della molle, e polpofa foftanza di quell' importantif- linio vifcere, dalla di cui integrità , e perfezione il fenti- mento, e tutta l'umanità dipende. E di fatti tali efcrefcen- ze nafcono allora quando viene per qualche accidentale ca- gione diflrutta e feparata una parte della Calvario , cosi che non reftando equabilmente comprefib il fottopofto cervello , fi erge oltre il fuo livello e forma de' grofiì tumori protu- beranti , maffime che le arterie del cerebro ffogliate elTendo di tonaca mufcolare , cedono facilmente all'urto del fangue . La rapidità poi , colla quale forgono improvvifamente in ta- li circoflanze quefii tumori , ha ad effi procacciata la deno- minazione di funghi. Il coftume famigliare dei Chirurghi è di legarli , e ftringerli con un filo di feta , cos\ rimanen- do intercetta la comunicazione degli umori, s' imputridi- scono, e cadono : alcuni poi mal coniigliati operatori di- ftruggono quefii tumori col mafiice , o coli' olibano cotti nello fpirito di vino, oppure con delle polveri aftringenti . Che che (ìa però di quefto metodo generalmente riprovato, in qualunque maniera fi efeguifca la diflruzione di quefti funghi , lia con rimedj corrofivi , fia col taglio , egli è cer- to che una parte di vera foflanza molle e midollare del cer- vello può edere feparata, e diftrutta fenza punto atterrare le funzioni animali . Anzi parlando dell' uomo in particolare, bada confultare lo Schenchlo {a) e le dotte opere di Morga- gni (b) e di Mailer {e) per trovare efempj luminofi di per- fone che hanno fopravvifflito a forti lelìoni , ed alla diflru- zione di parte del cervello , al quale propofito poi merita d' effere ricordata la famofa diflertazione del Sig. La Pejro- nie fin dal principio di quefto fecolo ftata letta nell' af- {a) I ib. I. pac. i8 Francfoid i€($ (e) Elem. Pliyfiolog- lib. io SeA. VJF. {t) Lettere ii. e st ^. 56 }7 ?8 INTORNO ALÒUNÈ RU'RODUZlONI CCC. 5I5 femblea (iella Società Reale delle Scienze di Mompelier (a) in cui ha fatto vedere che pollone CiTerc tagliate , e levate alcune parti del cervello e che fuppurandofì poflono convcr- tirfi in marcia , fenza che 1' infermo ne muoja , e fenza che l'anima ceffi d' avere lo fue percezioni ordinarie, dal che egli ne inferiva che tali parti dovefTero riguardarli come in- difierentij non rifpetto all' ufo cui fono elleno naturalmen- te deflinate, ma attefa la loro moltiplicità, credendo che una parte fupplir potefi'e al difetto dell' altra . Difcofla'ndoci poi dagli animali di fangue caldo , e venen- do a quelli di fredda tempra (/'j, meritano d' edere confide- rati i due fatti confiderabiliiiimi riferiti dal Rf^/, l'uno di una teftuggine che decapitata continuò a vivere per ventitre giorni, e T altro di un' altra tefluggine che priva affatto di cervello campò fei mefi ; fenza che v' ha forfè chi ignora a' dì noflri che le rane, i rofpi , le bifce , le vipere campano fenza cervello un tempo più o meno lungo? L'Abbate Spal- lan'Z.ani ha pure oflervato che alcuni animali confervano il- lefi i movimenti del cuore, e della refpirazione anche dopo la difìruzione del cervello ( e ) , e 1' Abbate Felice Fontana nelle fue ricerche Filofofìche fopra la Fifica animale ne rac- conta lo fteffb, e più chiaramente ebbe a dire che,"on peut ,5 vivre lors meme qu' une grande partie de la fub^ance ,, meduUaire du cerveau efl detruite (d),,. Le quali cofe prefe tutte infieme combinano a ben dimoftrare che tutte le parti del cervello non fono necefiarie alla vita; che fé lumi ancora maggiori fi volefiero , fi potrebbero quefti acquiflare quando le fperienze fatte fui polli fi eftendcfTero anche fui T 1 1 ij (a) L'efiratto di quefia DifTertazio- mali , e facendolo pervenire fino al ne trovali nel giornale de' Letterati ventricolo, poco o nulla s' innalza, di Trevoux in Aprile del I709artic. e lo (l^ffo fuccede applicandolo al cuo- 45 rag- 595) re, ed immergendolo nei vivo fangue, (i) Gli animali di fredda 'empra mentre tutto il contrario accade ne- altrimenti chiamati a fangue fieddo gli animali a fangue caldo, fono quelli, nei quali un cctal fluido {e) Dei fenomeni della circolazio- non è niente, o quafi niente pia cai- ne . do dell' atmosfera , o dell' acqua in {d) Giornale de Kozier i:8i mar- cai vivono, cosi che introducendo il zo . termometro nella bocca di quelli ani' ji6 Ricerche quadrupedi . I cani , i gatti , i moutons fono certo opporta- lìiffimi air intento, ma prima di tutto importa di aliìcurarii delie vendette, a cui fono pronti i cani, ed i gatti; in ap- preiFo fi dovrebbe trapanare il cranio, ed acconcio riufcireb- be il trapano degli Ingleli: di poi levando col tira-fondo il pezzo d' odo fegato tagliare fi vorrebbero le meningi, ed in- trodurre fotto di efle un piccolo cucchiajo d' avorio, ed ertrarre in tal maniera una porzione di cervello , il quale fé mai in quefli animali fofle più refifiiente di quello che fi crede, farebbe utile che i cucchiaj , di cui s' avelfe a far ufo, fofTero forniti d'un bordo molto fottile . Fatta la feparazio- ne del cervello fi dovrebbero riadattare le meningi, chiude- re fi dovrebbe il fito , dove è flato fegato 1' oflb con un pezzo di cuojo bollito, il quale potefTe levarfi all'occafione per efaminare gli andamenti della ferita . Quefto metodo po- trebbe fervire anche per altri animali . Non farebbero però a mio parere adattati i cavalli per C\- mile operazione, perchè elfi hanno pochifllrao cervello, di- pendendo ^alle offa il gran volume di tutta la loro grolla refta . Ma quelle prove per altro richiederebbero un ferio efame anatomico per iftabilire de' limiti fino a' quali C\ emende la natura, operando la riproduzione, e per cavarne quelle uti- li confei^uenze , che potrebbero fervire al buon efito di mol- te malattie chirurgiche. QLiello però che fi può con tutta ragione conchiudere fi è, che la fcienza delle animali ripro- duzioni è ancor bambina, né dalle offervazioni che fi fono finora intraprefe iì poffono dedurre quei corollari -, che ne- cefTari farebbero in una fjienza il cui oggetto tanto è uti- le, e fublime. Quanto finora fi è fcoperto può dirfi un lam- po di quanto refterebbe a fcoprirfi . Il grande Spallanz^ani (tì')>che fa balzare la tefla dal tron- co d' una lumaca , e in capo ad un mefe lo vede rinato , che taglia alla lucertola acquajuola mani, gambe, e mafcel- la , e coda, e ftrappa anche V omero intero, e che il tutto (^"1 Prodromo fulle riproduzioni a- Zani 17^8 Modena simali dell" Abbate Lazzaro Spalian- <.■■■ INTORNO ALCUNE RIPRODUZIONI CCC. 517 vede riprodurlì , ha dato luogo all' illuftre Filofofo Ginevri- no il Sig. Carlo Bonnct di credere che il corpo di quefti ani- mali rinchiuda probabilmente una moltitudine di germi ri- paratori (a) appropriati a diverlì generi di riproduzione , che l'i devono fare, e che ciafcun germe fi trova collocato e nel luogo e nella maniera che meglio conviene al fuo fvi- luppo . L' uomo che riproduce dei groffi pezzi d' olio , dei brani di carne tagliati, e dillrutti , avrà anch' egli quelli germi riparatori? I polii, che rifanno delle porzioni confi- derevoli di cervello, godranno anch' eglino di quefla bella proprietà r La bianchezza , e la trafparenza che coflituifco- no Io (lato primitivo degli efleri organici , cioè quello flato che vien detto germe , e che fi trova nel primo fviluppo delle parti che fi riproducono negli animali a fangue fred- do, farà egli proprio anche dei caldi animali, e dell'uomo? Quanto è certo il primo , altrettanto di difficoltà s' incon- tra a dimofìrare il fecondo . In natura tutto è graduato , e tutto è difpofio ad un tal uopo . I periodi della vita ani- male , e le mutazioni che fi oflervano fono effetti codanti , ed inviolabili di quella caufa meccanica, e puramente mate- riale, che dà il moto all' animale fino dal primo momento della fua concezione . Da tutte le fin qui efpofre oiTervazIoni riguardo le varie riproduzioni che fuccedono negli animali caldi, e nell'uomo medefimo abbaftanza chiaramente fi fcuopre, che riguardo al tempo che la natura fuol impiegare nel rifacimento delle parti difirutte fiegue la proporzione con cui iìa il glutine alla terra [b). Le olla che contengono pochiffimo glutine Ttt iij (a) Giornale di Fifica del Abbate per lo contrario il glutine rende que- 'R.ozicr mele di sovembre 1777 Ile molli, e più cedenti: di tatti do- {b) Tenendo dietro alla decomro- ve gran^iffima 'e la quantità della ter- fizione delle olla ,de' mufcrli , de' ner- ra in proporzione del gktine , maflfi- vi,e delle altre parti che infìemeuni- rna pure è la durezza come fi olTerr te formano la mirabile firLttur» del va nella rigida fibra ollea ; e dove è corpo animale, fi rilolvono fìnalmen- minore, minore pure la .olidita , co- te in un.» terra friabile in inafifima me graduatamente fi trova ne'mufco- parte calcare, ed un glutine che con- li, nei nervi, e nel cervello, in cui tiene qualche cola d' intìammabile; la in paragone della terra abbonda ìL terra comunica alle parti animali la glutine, robuflezza , e la loro folidit'a , mentre 5i8 Ricerche intorno alcune riproduzioni ecc. in ragione della terra fono più tarde' di tutte le altre parti a riprodurfi ; vi vogliono dei meli per queile , quando per le altre parti moili vi abbifognano foltanto dei giorni . La foia divedìtà che palfa nella quantità del glutine , che lì trova tra la fibra mufcolare e la molle foftanza nervea, e midollare , dinioftra quella legge che fiegue la natura nell' ordine delle riproduzioni . Una ferita fatta ad un animale in venti giorni circa fi cicatrizza , quantunque la perdita della fofìanza mufcolare fia grande . l nervi, che fecondo le odervazioni Halleriane contengano una ventèlima parte di terra, il rimanente tutto glutine, e quello piìi fluido, e più fcorrevole delle altre parti , quanto più predo elleno fi ri- producono i II Sig. Lorenzo Nanoni ci afficura che in meno di quindici giorni ^i riproducono i nervi , non eccettuato l'ifchiatico comunemente conofciuto per il nervo più grolTo . La quantità del glutine, che Ci mifchia nelle parti anima- li , rende quelle più cedenti , e più facili a diflenderfi , e modellarfi : Ja giovinezza poi dell' animale , che è Io ftefib animale più gelatinofo {a) , prefenta per quello riguardo una favorevole circollanza anche alle riproduzioni . Se ci allonta- niamo un momento dagli animali caldi, e diamo un' occhia- ta al polipo d'acqua dolce, al lombrico , alla lumaca terre- flre,e ad altri animali, così detti a fangue freddo che hanno fatto (lordire il mondo per le maravigliofe riproduzioni che fi operano nei loro corpi , non fono eglino del tutto preflo che interapiente gelatinofi?La prontezza della regene- razione del cervello dee attribuirfi appunto all' eflere com- porto d' una follanza gelatinofa, e più molle del rimanente delle altre parti del corpo animale . (a)' Un agnino di poche fettimane tuate le offa, lo che dimoflra quanto fé fi cacce a lento fuoco , tutto fi fia gelatinofo un animale nei primi fcioglie in una mucilagine non eccet- teinpt delia lua vita . 5^9 LE DIGIiESSIONI DI MERCURIO E DI VENERE In Aprile e Maggio 1788 , offervate in Verona Dal Sig. Antonio Gagnoli. PRima di riferire le o{rerva£Ìoni che ho fatto di Mercu- rio e di Venere nelle loro digreflioni di Aprile e Mag- gio 1788, efporrò una formula che ho trovato, atta a de- terminare il momento delle mafTime elongazioni de' pianati inferiori fopraccennati con molto maggior precifione di quel che poteiTe farfi mediante il fin qui praticato metodo delle interpolazioni . Fatta l' elongazione TziT, la parallalTe annuari P, il raggio vettore del fole =R, quello del pianeta, ridotto all' eclit- tica =^r , fi ha dalla proporzione de' lati co' feni degli an- r fen.P goli oppofti , fen. T = — - — . Ma nella maflìma digreffio- R ^ rcos.P^P + fen.P Jr rkn.PdR ne dT — o . Dunque =; s o. * R R' Ti Moltiplicando per —^ — 5 , e trafportando , fi ottiene dR dr (A)...cot.PdP=^^ -. R r Or fé fi faccia la longitudine vera del fole = 1^, quella eliocentrica del pianeta ridotta all' eclittica =«', la com- mutazione = S , farà S= iSo" — (u'-V) . Ma P = i8o* — T — S. Dunque P z=u' — V' — T , e per confeguenza dP =zdH' — dV'. Softituito quefto valore di ^P nell'equazio- ne {A) , nafce 5ZO Le digressioni R. r AI prefente fi ponga T anomalia vera del fole=:]^, 1' ec- centricità dell'orbita terreftre = E, il femiafle minore della ftefla =5 , il maggiore = i , il moto medio del fole in un iftante di tempo = M, quello del pianeta nel medefmio iftan- ten=w, 1' anomalia vera del pianeta = K, il femiafle mag- giore dell'orbita di e{ro=:<7, il minore = ^ , 1' eccentricità dell' orbita fteffa=;f , la fua inclinazione all' eclittica = /, e la latitudine eliocentrica del pianeta =A . Ciò pollo s'in- troducano neir equazione (B) i valori di ^«', dV' , dR , dr de' quali ho fatto ufo nella Memoria falle flazioni de' pia- neti ( Tom. IH. di quefia Società ) , ella equazion diverrà ^/mabcos.I MB\ mae kn.u cos.7^. cot. P( \ r' R' J br mah fen'.A cot. arg. lat. ME fen. V Ma ho dimoftrato in r' BR M ^ detta Memoria, che ma=: — ,— . Se queflo valore di ma fi V ^ fofiituifca neir equazion precedente , indi quella fi moltipli- r'tang.P]/a chi per m"^ ' " "^ • g ■'■- ' E\/ a r'fen V\ (C) .. tang.Pr y . ffen.wcos.A -i- bkn'h.cot.arg.lat. — ~ . ^ ) = ^-cos.J — B\fa .^^ . Quefla equazione dà il valore della parallafTè annua al mo- mento della main.na elongazione , della quale fi può deter- minare non folamente l'ora, ma anche il minuto enutilfima- mente . A tale oggetto iì farà fucceifivamente il calcolo del- la formola (C) per due mo'ienti ret)utati vicini alla maffi- ma digrelfione . I valori di P dati dalla formola tì compa- reranno con quelli corrifoor/denti diti dalle Tavole ( corret-. te fé faccia d'uopo con 1' oflervazione ) , e li avrai^no due errori . Da queiti , fé troppo grandi non lieno , il ricaverà per mezzo d' una femplice proporzione il momento ne! qual la compa- DI MERCURIO E DI VENERE. Jll la comparazione farebbe fenza errore , e quello farà il mo- mento della mailìma elongazione . Vengo ora a riferire le mie odervarioni di Mercurio, che furono fatte con triplice obiettivo acromatico di 40 linee di diametro e di 3 piedi 8 pollici di foco , egregiamente montato fopra una macchina equatoriale , inventata e co- ftrutta in Parigi dal Sig. Megnie . Li i8 Aprile 1788 a ló* 26' 36" /. m. al meridiano di Parigi ho o'iervato la differenza apparente di afcenlìone ret- ta tra t, dell' Aquario e il pianeta=29° 21' 48", 4 ; la dif- fer. app. di declinazione =iS' 56", 8 ; la ftella elTendo più auftrale del pianeta : inoltre la diff. app. di afe. retta tra la ftella n.° 962 del catalogo di Mayer e il pianeta =15° 40' II", 4; la diff. app. di declinazione =5' 21", o , Avendo riconofciuto , col mezzo della formola (C7) che fi trova all' art. 826 della mia Trigonometria , eflere di 18' l'angolo del parallelo vero con V apparente in virtù della rifrazione, ne deduffi che la prima diff. di afe. retta doveva efTere di- minuita di 12" per quefl:a caufa , e la feconda di 3". 4; all' incontro doverfi aggiungere 6" , 3 alla prima diff. di decli- nazione, e 1", 8 alla feconda. Per conto della parallaffe di Mercurio ho poi detratto 7", 7 dalle dette differenze di afe. retta , e aggiunto 8" a quelle di declinazione . L' afceniìone retta di ^ dell' Aquario prefa nel catalogo di Mayer e ridotta all'anno 1760 fupera di 11" quella del Bradleyo Adi cui declinazione all'incontro è maggiore di 8", 8 che quella del Majer . Ho prefo il mezzo , e per aggiunger- vi la preceflìone ho fuppoflo quella in longitudine = 50", 473 per le ragioni già dichiarate nell' altra Memoria che fla ia principio del prefente volume. La ftella ^ mi ha dato l'afe, retta app. di Mercurio più grande di 14", 3 di quel che mi abbia dato 1' altra ftella n.° 962 . Similmente la prima ftel- la m' ha dato 6" di più dell'altra nella declin. app. di Mer- curio. Ho tagliato per mezzo quefte difcrepanze,e con l'o- bliquità apparente dell' eclittica 23° 27' 55", 5 ho conclufo dall' ofl'ervazione la longitudine geocentrica apparente di Mercurio = 3° 12' 51", la latitudine auftrale = 2° 14' 23", 2 . Dalle Tavole poi di Mercurio publicate dal Sig. ds la Lan- di nel I. Tomo della feconda edizione della fua Aftronomia, Tomo IV. V V V jii Le digressioni ed in parte da lui corrette nella Conofcenza de' tempi pei l'_anno 1789, ho ottenuto, prefo il luogo del fole in quel- ' le del la Caille co:i fopprimere la nutazione ed aggiungervi r aberrazione, ho ottenuto , dilfi , la longit. geocentrica app. di Mercurio=:3'' 12' 49", 5 ; la latitudine = 2° i4'3i", 5. QLiindi l'error delle Tavole nella longit. geocentr. = — i% 7 ; nella latitudine = + 8", 3: notando che ho prefo l'aberra- zion di Mercurio nelle tavole efattiflime del Sig. de hambre , che trovanfi nel Tomo Vili, delle Efemeridi di Parigi alla pag. loi dell' Introduzione . Li 21 Aprile a ló* 16' 32" t.m. fempre al meridiano di Parigi ho oflervato la diff. app. di afe. retta tra ix de' Pe- fci e Mercurio = I 7° 13' e", 3; quella di declinazione = 11' 37", la (Iella eflèndo più boreale del pianeta. L' angolo de' paralleli =44' produce 17", 7 di accrelcimento alla diff'. di afe- retta, e 4", 6 alla diff. di declinazione . La parallafTe toglie 7", 4 alla diff. di afe. retta, e 7", 6 alla diff. di de- clinazione. Prefo il mezzo tra le pofizioni della (Iella , che di poco difcordano ne' cataloghi del Majer , e del Bmdlefo, e fatto il redo come per l'antecedente o{fervazione,ho tro- vato la longitudine geocentrica odervata = 5° 41' 35", 7; la latitudine auiirale =i° ^3' 58", 6: 1' error delle Tavo- le nella longit. geocentrica =4-4", 4 ; nella latitudine =+ 9", 5- Li 27 Aprile a ij* 54*44" t.rN.ho o.ffervato la diff. app. d'afe, retta' tra y de' Pelei e Mercurio = 2 5° 37' 35", quel- la di declinazione =4' i" , la (Iella elTendo pili boreale del pianeta. L'angolo de' paralleli 1° 45' aumenta di 14", 7 la diff. di afe. retta , e di 7", 4 quella di declinazione . La pa- rallaffe all' incontro fcema di ó", 7 la diff. di afe. retta, e d'a'trettaiito quella di declinazione . Prefa dal Majer la po- fizione della della, e fatto il redo come fopra , ho trovato la lon<^itudine offervata di Mercurio = 12" o' 6", la latitu- dine auO-rale =2° 55' 3% 5 ; 1' error delle Tavole nella prii-na 4-13", 3; nella feconda -[- 2", 5. Nelle digreJfioni egli è inutile tener conto delle perturba- zioni , poiché il loro effetto e infenfibile nella longitudine geocentrica; né dagli errori offervati in quella fi tratta di conchiudere correjrioni per la longitudine delle Tavole; men- DI M E n C U K I O E DI VENERE. 523 tre farebbe imprudentiliimo dedur le grandi dall;2 minime quantità, ma folamente per l' afelio e l'eccentricità . Se (ì confiderà poi che gli errori trovati di fopra , ficcome tenui , potrebbero dipendere da qualche piccolo abbaglio nella ol- fervazione , o nella polìzione delle ftelle, da cui fu dedotto il luogo del pianeta, refla intatta la prefunzione in favor delle Tavole del Sig. de la Landi , e fi può conchiuder che quefle mie ofTervazioni confermano la bontà delle Tavole fìefle . Solamente dagli errori in latitudine fi potrebbe fofpet- tare , o che il nodo debba effere avanzato im tantino, o piuttofto che r inclinazione fia un pochette piti grande del dovere , come in fatti ella deve anche andar lentamente fce- mando in forza delle perturbazioni di Giove e di Venere. Per inveftigare gli errori delle Tavole nella latitudine eliocentrica A corrifpojadenti agli errori ollèrvati nella geo- centrica TT , mi fervo di quefta formola comodiffima , , dir fen.2A , , ^ • ^•rr ■ -, , rfA = —. 5 la qual li ricava difterenziando la nota for- ien. 27r mola tang. A fen.T =:= tang. tt fen. J , in cui fono coftanti gli angoli T, S . In tal maniera ho trovato come fegue gli errori nella latitudine eliocentrica rifultanti 'dalle tre ofTer- vazioni di fopra efpofic : -^ 13'' , 8 ;-}- 16", S ;-j- 5", o . Che fé anche s' impiegafFe nel calcolar le ofTervazioni l'obliquità apparente dell" eclittica adottata dal Sig. de la Lande e mag- giore di 8" della enunciata di fopra, non per quello ne na- fcerebbe variazione fenfibile fopra le latitudini ofTervate , at- tefo che il pianeta fi trovava vicino al coluro degli equi- nozi . Finalmente tenendo fermi gli elementi delle Tavole ho rinvenuto col mezzo della formola (C) che la maffima di- greffione di Mercurio in Aprile 17S8 è avvenuta il dì 22 a 21* 13' 54"?.w.al meridiano di Parigi, e fu di 26° S9'?^" all'occidente del fole, il pianeta avendo trapafTato T afelio di quafi i6°. PalTo ora a render conto delle mie ofTervazioni di Vene- re . Li 21 Maggio ho oflervato l' afe. retta apparente di quello pianeta = 108° 8' 37", 4; la fua declinazione app- = -5° 15' 3 5' =4 boreale. L'una e l'altra fono corrette del- V V V ij C24 Le digressioni la paralIaiL", e dedotte dalle offervarioni concordi di a ed A de' Gemelli, le cui pofizioni ho prefe dal Majer . Li 2 2 del detto mefe ho olTervato mediante le medefime ftelle r afe. retta di Venere = 109° 17' iS" , e la declinazào- ne^ris^ó'^j". Li 23 ho offervato 2° 33' 8", 5 di diff, d'afe, r. tra Ve- nere e X de' Gemelli , e 4' 4" , 5 di diff. di declinazione, la ftella efièndo meno boreale del pianeta. Ho diminuito li prima di 8" p^r cagion della parallaffe, aumentata la fecon- da di 6", 8: ed ho prefo il mezzo tra le pofizioni della flella che pochiifimo difcrepavano ne' cataloghi del Majer e del Bradlejo . Li 24 l'afe, r. app. di Venere =111" 27' 36", la declina- zione = 24*47' 57", 8 ; ambe corrette della parallade e de- dotte dalle ollervazioni concordi di i del Lione e di x de' Gemelli. Ho prefo pure il mezzo tra le polìzioni della pri- ma flella date con tenue differenza dal la Cailk , dal Mayer e dal Bradlejo . Li 26 ho offervato 1' afe. retta app. di Venere maggior dì 8° 43' 28", 8 di quella di m de' Gemelli , la declinazione minore di 29", 2. Ho aggiunto alla prima 8" per ragion della parallaffe , e 6", 7 alla feconda 4 ed ho prefo la pofi- zione della flella dal Majer . Li 6 Giugno trovai 1' afe. retta app. di Venere maggior di 5° 45' 18" di quella di 2// del Cancro, la declinazione minore di 8' 39'. All'una ed all'altra ho aggiunto 9", ^ pei" motivo della parallafle , ed ho prefo la poiizione della flella nel catalogo del Majer.. Per quel che fia 1' aberrazione e la nutazione delle ftelle fopramentovate , mi fono fervito delle Tavole generali co- modiffime del Sig. Abate de Lambre , e di Lambert , che ftanno inferite nella Conofcenza de* tempi dell' anno corren- te 1788. . . Fatta la comparazione delle offervazioni precedenti di Ve- nere con le tavole del Sig. de la Lande , che in grazia di fucceffive riforme fi trovano diftribuite nel L e nel IV. To- mo dellafuaA{lronomia,e nellaConofcenza de' tempi pel i7Sc>, ho ottenuto i feguenti rifultati. DI MERCURIO E DI VENERE 52? 1788 I tempo I medio a I Parigi . 21 Maggio, 7*41' 28" 22 24 26 8 34 I 8 o 31 8 15 19 8 47 15 6 Giugno 9 1020 longitudine geocentrica offervata 3' 16° 22'40' 3 17 25 32 3 iS 24 47 3 19 25 15 3 2i 24 49 I 46 12 jz iS 43 lat. bo- Icrror del- realegeoc'le Tavole offervata 2» 49' 16' 2 48 16 2 47 16 2 4Ó 15 2 44 7 nella lon, geco. + 34" -f 20 - 9 + 5 + error del- le Tavole nella lat. geoc. - 40" - 23 - I 2 - 1 1 - 3^ - 35 Siccome le due prime ofTervazioni fono troppo difcordi dalle altre quanto agli errori nella longitudine , cosi dee fofpettarlì un qualche fallo nell' oiTervazione del pianeta , giacche la differenza offervata di afe. retta tra le due fteMe, che fervirono ambe le volte a determinare quella di Vene- re , va d' accordo con le pofizioni del Maj/cr . Vi potreb- be eflère alcun difetto in quefte pofizioni, o un qualche mo- to proprio nelle accennate fl-elle,ma bifognerebbe che fi com- binane una giufla compenfazione . Comunque fia , fé fi met- tono da parte i primi due errori nella longitudine, gli altri quattro fono abbaftanza tenui per confermar la bontà delle Tavole del Sig. de la Lande , fino almeno a più copiofi fchiarimenti . Del reflo la circof^anza , in cui furono fatte quefle olTervazioni , cioè in vicinanza al dì 7 Giugno nel quale il pianeta fi trovò nella fua diflanza media , è propi- zia fpecialmente a far credere ben fifTato il luogo dell'afelio. Gli errori delle Tavole nella latitudine geocentrica, traf- portati all'eliocentrica col mezzo della forraola data di fo- pra , divengono come fegue : -43", — 24"t., — i3",-ii"t' — 30";, — 31"- Il Sig. de la Lande ha già detto nella Conofcenza de' tempi pel 1789, che l'inclinazione dell'orbita gli pareva dover elTere aumen- V vv iij 5i5 Le digressioni tata di 15" circa. Gli errori precedenti avvalorano il di luì rifpettabile giudizio , anzi perfuaderebbero ad aumento an- che maggiore , quando fi creda efente di errore il luogo del nodo . Non tacerò per altro , che fé nel calcola delle mie oflervazioni Ci adoperale P obliquità dell'eclittica voluta dal medefimo Aflronomo, ciafcun degli, errori OiTervati nella la- titudine geocentrica verrebbe a diminuirli di 7" circa. Stando intanto agli elementi delle Tavole ho rilevato col mezzo della formola (C) che la maiTima digreffione di Venere nel Maggio 178S è avvenuta il dì 29 a 17* 16' ^ ^;w. al me- ridiano di Parigi con 45° 19' 3o"idi elongazione orientale. Con quefla occafione ftimo non inutile render publicii me- todi di cui mi fervo per calcolare il luogo geocentrico di un pianeta, così dalle Tavole, come dall' oflervazione , fembran- domi averli ridotti a più facilità e fpeditezza di quel che fia flato finora fatto . Metodo per calcolare il luogo geocentrico di un pianeta dalle Tavole. Siano la longitudine eliocentrica vera del pianeta ridotta all'eclittica =L ]a latitudine vera del medelìmo , pure eli-ocentrica . =A irraggio vettore del pianeta, ridotto full' eclittica . = '/ la longitudine vera del fole 3 omeffa la nutazione , e aggiunta 1' aberrazione = A il raggio vettore del fole . . =R 1' elongazione . . = T la parallafle annua . =P la longitudine geocentrica del pianeta , che fi ricerca = G la latitudine geocentrica =7r Si farà il calcolo come fegue : R tan?. X tang. ± / = tang. | ( L - A ) tang. {^f-x) Il fegno — vaie per 7 quando x ;> ^^ = Se L 90' : fi avrà però ■ — • tang. — 7=: — 140° 40'. QLundi T = { (L— A)+7= ii4°S'— i4o°4o' = 333°28'; P = -j (L — A ) — 7 := 114° 8' -j- 140° 40'= 254" 48' . Quefì^i fono appunto i valori di T , P corrifpondenti alla mia oflervazion di Mercurio dei 18 Aprile: 1' efTer maggio- ri di 180° fignifica in generale che il pianeta ha pafiato r oppofizione o la congiunzione inferiore . Quindi è che alla verità fono i fupplementi dei detti valori a 360° quelli che coftituifcono gli angoli del triangolo ; ma per proceder con metodo generale il qua! foddisfi a tutte le formole e a tutti i cafi , l'elongazione e la parallafie devono contarfi da 0° fino 360° cominciando dalla congiunzion fuperiore,ed in quella terminando . Di fatti nel cafo prefente la formola (CJ dà pofitivo il valore di tang.P,come conviene fé fia P =; 254° 48', non già fé fi confideri P =z 105° 12', che è il valore effettivo della parallailè nel triangolo. Metodo per calcolare ii luogo geocentrico di un pianeta dall' ojfervazione . Siano l'afcenfione retta oiTerva-ta del pianeta . . =A la declinazione =i) l'obliquità apparente dell'eclittica .......=:(» la longitudine geocentrica cercata =G' la latitudine ;=7r' Si farà il calcolo come fegue . tang. 3? = kn.A cot.D j' ■=z (6 -j^ X, Indi ,-, .. fen.7 tang. G^ = tang. ^Xf^^^ tang. 7r' = fen. G' cot. 7 ; o pure COS. y fen. t' = fen. Z) X — - COS. X fen. (S' = tang- 7r' tang. 7 . • 528 Le digressioni Le dua ultime equazioni fono fiate propofle dal Si<^. Abbate de Calitfo (Meni. Torineli 1785 Part. IL pag. 294). Ma fuori del cafo , in cui fi cercafle la fola latitudine , fti- mo non indegne della preferenza le due precedenti , attefo che la longitudine può fempre averfi con ogni efattezza per mezzo della tangente, non così per mezzo del feno quando ria poco lontana dai 90° o dai 270°. Così nelT antecedente equazione l'obliquità dell'eclittica folea farfi talora additiva talor fottrattiva fecondo i cafi , e facea d' uopo guidarfi con r aiuto di una figura , così per queflo, come per fapere in qual quarto dell' eclittica dovcffe prenderfi la longitudine cercata , e fé la latitudine folle auftrale o boreale . Io ho refo r obliquità fempre additiva , e folchè nel corfo di tut- to il calcolo fi oflervino fempre le regole de'fegni, non fa- rà mai meflieri d' aver fott' occhio figura alcuna . Per la longitudine baderà riflettere che effa non può efTere ne'fe- gni afcendenti quando 1' afcenfione retta fia ne' difcendenti , e così viceverfa . La latitudine poi farà auflrrale quando tang. tt' riefca negativa . Per la llella ragione fi farà cot. D nec'ativa , quando la declinazione fia auftrale. Quefto metodo , il qual ferve indifferentemente per calco- lare eziandio le longitudini e le latitudini delle fìelle, è più fpedito di' quelli che ho dato ( Trigonom. 740 a 743 ) , ed è applicabile generalm.ente a quattro cafi de' triangoli sferici. Dati due lati e 1' angolo comprefo , fé dopo trovato uno d^^li angoli ignoti Ci voglia conofcere il terzo lato, o fé viceverfa dopo trovato il terzo lato il voglia avere un de- gli angoli, 1' intento iì ottiene con la femplice rifoluzione di un triangolo rettangolo . Lo fleffo ha luogo , dati due angoli e il lato comprefo, fé dopo trovato un de' lati igno- ti fi cerchi il terzo angolo, o fé viceverfa dopo trovato il terzo angolo, fi cerchi un de' lati. Finalmente quando fi tratta di paragonare 1' offervazione d' un pianeta con le Tavole , e definire gli errori di quefte nel luogo eliocentrico, allora non faccio alcun ufo del pri- mo metodo efpofto di fopra per calcolare il luogo geocen- trico dalle Tavole, ma determinato quefto luogo dall' ofTer- vazione per via del fecondo metodo, vi applico l'aberrazio- ne e la nutazione con fegni contrarj a quelli che prefcrivo- no le DI MERCURIO B DI VENERE. 52^ no le tavole, e così converto il luogo geocentrico apparen- te nel vero: fottrageo dalla longitudine vera, cosi ottenuta» quella del fole prela nelle Tavole fcnza 1' equazione della nutazione ma con aggiungervi l'aberrazione: la difl'erenza è l'elongazione osservata, con la quale, e con li raggi vetto- ri del sole e del pianerà dati dalle Tavole full' eclittica, tro- vo la parallasse annua mediante questa comodissima formo- -la, fen.P' != . Quindi aggiunto quest' angolo al- la longitudine geocentrica vera , ho 1' eliocentrica dedott* dalla osservazione, e paragonandola con quella delle Tavo- le , ne ritraggo immediatamente gli errori di queste nell» detta longitudine eliocentrica ; laddove col metodo antico si determinano in prima gli errori nel luogo geocentrico , per valerfene poi da conchiuderne con doppia fatica di calcoli quelli del luogo eliocentrico. Dalla longitudine eliocentrica osservata detraggo quella del sole , ed ho la commutazione ofTervata . Con questa , con 1' elongazione , e con la lati- tudine geocentrica vera cioè fpogliata dell' aberrazione, de- termino la latitudine eliocentrica olìervata, mediante la for- fcn. (L — A)' iiiola,taTig. A' = tang. 7r X — 7 TjT, ; e questa latitudine comparata con quella delle Tavole fa conoscer P errore di queste nella latitudine medesima . Qiiesto metodo , che dal Sig. Budgs nelle Meniorie di Stockolm pel 1785 fu intrecciato ed accumulato non so perchè col metodo antico , è di per fé fpeditiffimo , e con- duce direttamente allo fcopo : né può indurre in errore per- chè a determinare il luogo eliocentrico offervato fi adopri- no i raggi vettori e la longitudine del fole prefi nelle Ta- vole , mentre tutto ciò fi adoprava già per avere il luogo geocentrico dalle Tavole e compararlo con 1' oiTervazibne ; e quando s' erano così rinvenuti gli errori geocentrici , pef dedurne poi gli eliocentrici Ci teneano per buoni e costanti ì fuddetti raggi vettori e la longitudine del fole. ••••■■ f . ■> .1 . . Ì5 i .. . Ioni. IV, Xxx 53» 0SSE1ÌVA2I0KI E '^IFLESSIOKl INTORNO ALLA TUNICA VAGINALE DEL TESTICOLO, Del Sig. Michele Girardi Al celebre Sig, Felice Fontana. Direttore del R. Gabinetto di Storia Naturale di Firenze , e Socio di più illuftri Accademie. IO fo bene che al giungervi di quefla mìa , voi ftimatif- fimo Signore , vi farete le maraviglie , vedendo cosi tar- di rifpofto a quanto voi mi chiedefte fino dagli ultimi di luglio dell' anno fcorfo intorno alla Differtazione pubblicata dal chiaridimo Sig. Giovanni Bnignoni {a) riguardante la pofizione dei tefiicoli nel feto , nella quale m' indicavate di notare ciò che in ejja vi trovavo degno di ejfere rilevato^ Ile io vi darò il torto ; giacché appunto per quella tardan- za avevo divifato di non pili rifpondervi, né vi risponderei prefentemente , fé alcune combinazioni non mi aveifero ob- bligato a farlo . Quando ebbi la voftra lettera, non avevo ancor veduta la Memoria indicata, e fecero alcune circoftanze che io noii la poteffi vedere che ultimaniente , ed in tempo che mi tro- vavo occupatillìmo . Avendo io avuto occalìone di fcrivere molto prima fu l'argomento medelimo,ed avendo veduto in parte confermate le cofe mie , potete immaginarvi , quale Ila fìato il mio piacere nel leggerla, e voi particolarmente, che avendo fcritto fu di molti argomenti , e fempre con quella precifione , chiarezza , ed erudizione che è tutta vostra , avete avuta occafione di vedere da altri più volte conferma- ci) "Mémoi'res Je 1' Académie Re- Seconde Partie . A Turin. 1781J paj. 31 yale des sciences Années 1784 ijSj jj . Osservazioni e ritlessioni intorno ecc. 551 te le cofe voftre , e da quelli particolarmente , cui il pro- fondo fapere dalla comune dei dotti di gran lunga diftin- gue. Nella diflertazione del Sig. Brugnoni vi ho ritrovato per tutto chiarezza , ordine , eleganza , e ciò che più tor- na cognizione intrinfeca delle parti in cui ne fcrive la fto- ria , talché a mio credere non v' è quafi cofa che o per r ingegno y o per la precilìone non meriti di effere giufla- mente lodata , e da me fcgnatamente, avendo egli le poche e tenui mie ofTervazioni tante volte ricordate e dipinte . Niente meno però io io bene che voi non farete per acquie- tarvi a quefto mio ingenuo fentimento , e vorrete da me ragione di alcune pocluliìme cofe , nelle quali fembra difco- ftarii in qualche parte dal mio fentimento , oppure di quel- le eh' egli produce, e maggiormente illuftra . Eccomi però a compiacervi, ed a dirvi ciò che mi fembra , lafciando a voi che fentite tant' oltre nelle cofe Anatomiche e Fiiiche il libero penlìero di giudicare di quefte ., Si comincia queft' accurata differtazione dall' efaminare la polìzione dei tefiicoli nel feto , e veggo in quefto confer- marli intieramente quanto io ebbi occalìon di vedere (a) ed altri prima di me , e fegnatamente il celebre Sig. Giovanni Hunter (b) riguardo ai tefiicoli, i quali fono entro la ca- vità del ventre, nel facco del peritoneo contenuti; all' epi- didime , vale a dire che lia non folo proporzionatamente maggiore nei feti, che negli adulti, ma che fia ancora me- no al tefticolo aderente, ed anche più dilungato; parimenti intorno alla fJefTuofa e ferpentina difpolizione dei vali fper- matici , come ancora del dotto deferente , e così per tacer di tant' altre nella defcrizione della bafe che fofiiene il te- flicolo, e difcende all' anello inguinale , cioè che quefta fia lata fuperiormente, e riftretta inferiormente, e quindi parte nelle tendinofe inferiori fibre del mufcolo obliquo ellerno , parte nel lembo inferiore dell' obliquo interno , e parte fu- perato- i' anello abbia 1" ; nei lati dell' offo del pube . A. X X X ij (a) Jo Dominici Sdnion'ni feptemde- (l>)"' Memoires de Chirurgie par dm Tj^K.'it" pag. "8j. C7" /t'^.. George Arnaud^ Premiere Partiepag.ia. 5ji Osservazioni e niFiESsroNi qnefta defcrizione però egli ne aggiunge una porzione anco- ra che termina nell' eftremità dello fcroto, le quali fibri: appunto le hanno fatto ritenere il nome di conduttore ante- ponendolo a quello di bafe , come io la ho denominata . Io veggo bene da quefto che voi potete facilmente domandar- Rii ragione perchè io abbia cambiato il nome di legamento y 0 conduttore apporto dall' Huntcro a quella parte in quello di bafe ; ed egli è ben giuito eh' io render ve la debba .^ proteìtandomi però affatto indifferente qualora a voi , o a chiunque altro piaceiìe meglio il nome di conduttore , che quello di bafo , giacche il nome niente muta d' intrinfeco alla fìoria medefima . Quando io cominciai le mie olTerva- y.ioni intorno alla vaginale , mi fembrò da principio di ve- dere in un feto il legamento, o lia il conduttore del tefti- colo limile appunto come Io defcrive e delinea 1' Huntero ,, il di cui fine inferiore terminaffe nell' edrema interior par- te dello fcroto, e però tale io lo defcrilfi (c);{ìccome però molte , e replicate offervaxioni fatte dietro alla prima non mi hanno cos\ facilmente confermata queft' edremità inferio- re che termina nello, fcroto, ed avendolo inoltre quali fem~ pre veduto terminar come diflì, fui d' opinione che meglio. convenir le poteflTe il nome di bafe-, che quello di legamento: o conduttore , e ciò per quelle ragioni ; prima perchè il te- fiicolo, qualora riiiede nella cavità del- ventre , all' eftremi- tà fua fuperiore- fi. poggia ed unifce , come fé egli fu di una bafe foflc coflituito ; indi perchè ivi riiiede e difcende fem^ pre a mifura della difcenfion della bafe , come è proprio di un corpo il feguir fenipre le mutazioni del fuo foftegno;; pofcia perchè alla bruttura della bafe comporta di fibre mu- fcolari , di celTulare. e di peritoneo , mal fi conviene il no- me di legamento ;o per ultimo perchè il fine di quefta erten- do agi' inguini non può mai preftare 1' impoftole offizio di^ conduttor nello fcroto , ove egli non perviene . Eccovi le.- mie ragioni, buone: o cattive chcfiano, rtarà a voi il giu- dicarne . Dopo pubblicate le mie ortervazioni fu querto argomento ^ (,«) loc. cit. r.ag- J^a INTORNO ALLA TUNICA VAGINALE CCC. 53 J qualunque -volta mi venne occalìone di efaminare dei feti , la ftruttura della hafe fu quella che m' interefsò fempre , fo- pra tutto, e particolarmente la ricerca di quelle libre cha Bello fcroto dilcendono ; quindi io ritrovo regiftrato ne' miei giornali : Aperto un feto ( li 9 novembre 1775 ) di nove mefi , ho trovati i teflicoli difcefi da entrambi i Iati nella cavità dello fcroto, e gii orifizj fuperiori chiufi intieramente. Nul- la ho veduto che poteile aver relazione col legamento Htm- teriano. In due feti ( li ir gennaro 1776 ) di nove me(ì abbiamo in entrambi trovati i teflicoli nello fcroto. In uno di que- fìi gli orifizi fuperiori delle vaginali erano intieramente chiu- fi ; neir altro aperti. Né nell' uno né nel!' altro vi era in- dizio alcuno di conduttore^ Ho aperto un feto ( li 17 dicembre 1777 ) di fette med circa. Il teflicolo deftro era nella cavità del ventre, ma dì- fcefo molto , e proffimo all' anello . Il finiftro era pafTatO' !' anello y ma era ancora agli inguini . Non ci venne fatto di vedervi fibre che partidero dalle bajì , in niafiìmà parte già rovefciate, e che paffadero nello fcroto. Offervai un feto ( li 5 novembre 177S ) di nove meiì, il quale aveva il tefìicolo finiilro nella cavità dello fcroto, con il corrifpondente fuperior orifizio della v.aginale già chiufo ; il deliro agli inguini , né dalla bafe di quefto fi partivano fibre, le quali pafTadero ad unirfi all' eftremità dello fcroto. Vi fi vedeva foltanto molta mucillagine intralciata di vafi . Ho pubblicamente ( li 28 gennaro 1779 ) in teatro mo- tirati a molti fcolari e I>ottori di medicina i teflicoli di un feto di circa cinque meli nella cavità del ventre appog- giati alla fua bafe , la quale terminava certamente agli in- guini , nulla eflendovi che difcendeffe fino allo fcroto , il quale di fola mucaggine era tutto pieno. Ho- puce nel giorno apprefl'o alli medefirai fcolari , e pu- blicamente moftrato un feto niaturo di nove meli, il dedro- teflicolo del quale era. difcefo lino al principio dello fcroto; aveva fotto il teilicolo molta mucillagine, da cui però nul- ì-a' cerì-nniente partiva che fi poteffe chiamare il conduttore-y ejI&Xìdo la mucillagine fiella come notante , né attaccata a. Xxx ìii 534 Osservazioni e riflessioni parte alcuna . Il fin'idro tefticolo poi, era nella cavità del ventre, ma alquanto difcefo, ed appoggiato alla fua bafe , e quella bafi difcendeva per 1' anello foltanto iìno agli inguini ivi dividendo le fue libre manifeftamente parte a deflra , e parte a finiftra terminanti e nell' oflTo del pube , e nei vici- ri mufcoli . La grofTe-zxa di quella bafi al di fot to dell' anel- lo corrifpondcva incirca all' interior fua parte , che ordina-- riamente, fi chiude nella cavità del ventre, fé non fé a.lquan-- to fchiacciata . Quello però che vi ebbe di particolare , e che fu la fola volta che io il vidi, né pofcia mi venne più fatto di confermarlo, fi fu che era tutta cava fino all' in- circa dell' anello , e forfè qualche linea più oltre . Quefia, cavità fu a tutti mofrrata con 1' introduzione di uno fpecil-- lo, che liberamente fino all' indicato luogo paflàva . Aperta. pofcia. per il lungo comparve un canale ben lifcio , e. levi- gato, come fé appunto li apriffe per il lungo 1' uretra ftef- la . La parte fuperior della b,if(f chiufa nel ve.ntre era piena, di mucillagine .. , Ma troppo lungo e faRidiofo farei" certamente fé tutte: Yoleffi trafcrivervi le oflervazioni che di anno in anno mi è avvenuto fino ad ora di f;ire fu quello argomento: baftivl per il rimanente , che tutte alfieme fono fiate fra loro coe- renti, moftrando ad un dipreifo quello che ho fino a qui accennato . Qtiefte. fibre però che compongono 1' eflremità della bafe inferiore, non fono le fole che mi rubano il con- fenfo del Sig. Brugnong , ma fìbbene ancora la fede e la po-- lizione della bafs mi fa contralto , volendo egli che quella ila afTolutameote dietro il peritoneo ^ in quella guifa mede- fìma che dietro al peritoneo ftelTo fcorrono i vafi fperma- tici , adducendone quella ragione (a) quum enim a tcjìis bu- fi fcalpelli ade bocce ligamentum feparajfem .nullo negotio peri- toiitsuni , quod ip/ì pr£tendebatur , integrirm removere mihi li- cì'.it , reliquo ligaynento propria in fede permariente .. Se io però non fono di gran lunga ingannato, a me pare. che quello altro non li voglia dire, fé non che levato facil- mente il peritoneo dalla bafe , la. bafe medelima rellò nella (a) loc. cit. §. V. pag, 17 INTORNO ALLA TUNICA VAGINALE SCC. 535 propria fua naturai fede : la qual cofa fé è cosi non fo bene fé quefto eder pofla fufficiente argomento per provare che Ja ^afe fia fuori del facco del peritoneo . Quelli che hanno fatto lo fperiinento , tra quali certamente non fi deve omet- tere il Sig. Bru^onom (oc(rig explicatur , come infegnai fino dall' anno 1773, e pubblicai nel 1775 (a). Tutto quefto viene ancora maggiormente comprovato qua- lora fi voglia un fol momento riflettere fu la figura della ba^ fé e quella della 'vaginal del refticolo : abbiamo veduto che la bafe è riftretta inferiormente, e lata fuperiormente . Se è dunque vero , come è cofa innegabile , che la bafe fi vadi fuccellivamente ravefciando , a mifuca che il teflicolo difcen- (.a) loc. eie. pag. ijj. 54» Osservazioni e niFLEssiONi de per formare la. vaginale ^ne avverrà che giunta queflo nello fcroto dovrà eflere il fondo della ViJginale lato , e la parte fua fuperiore rifVretta ; ma quefta è appunto la figura efat- tifFuTia della uagìnale , cioè lata inferiormente , ove con- tiene il tefticolo , e riftretta fuperiormente , ove comunica da principio con la cavità del ventre : dunque è innegabile che entrambi le figure convengono efattamente afTieme: dun- que la vaginale è un prodotto della l^af?, cioè del peritoneo che copriva da principio la bafe'. Qui però fento a replicarmi da alcuno, ma di quel foro, di quella piegatura, o fia proceUb cavo, giacché quefl-a noa è che queftione di nome , che tu pure hai detto e pubblica- to ritrovarli all' eflremità anterior della l^afo , che ne addi- viene dappoiché il tefticolo è difcefo intieramente nella cavi- tà dello fcroto ? Volete voi faperlo ^ eccovelo fchiettamentc e con pura verità anatomica : Egli è pafiàto ad efTere la fo- la folifllma parte fuprenva ed cftrema della Z'agìnal del tefli- c-olo , e quella fola che fa continuazione tra la cavità del ventre e la vagin.ile^ qualora quefta è ancora fuperiormen- te aperta, e che indi fi contrae e {x chiude , efcludendo qua- lunque adito tra il ventre e la vaginale medefima ; talché fi' può dire francamente che tutta la vaginak^ò^ copre e qua- ù circonda il tefiicolo , nell' uom già nsto tutta tutta ^\ debba intieramente al peritoneo che copriva da principio la hafe ^zà al proceflb cavo quella fola ed eilrema fuperior por- zione che fi ritrova conglutinata , dappoiché il tefticolo fi, ritrova nello fcroto da qualche tempo difcefo. Quefte tenui differenze che tra me pafiano ed il Sig. Brit- gnonc ^ voi ben vedete che non fono che poche ombre e di- radate in paragone di quella molta luce che fpande in tutta la di lui dotta diflertazione , e di quelle moltiftime cofe an- cora nel fentimento delle quali conveniamo intieramente af- fieme . Una prova di quefte d è ancora la ftruttura della ba~ /e, nella defcrizion della quale mi veggo in mafllma parte fe- co lui coerente, febbene altri l'abbiano più immaginata che anatomicamente defcritta . E qui io debbo a tutta ragione ringraziare il Sig. Br ugnane , non tanto perché a quefto pro- pofito abbia voluto ricordar me , e le poche cofe mie , ma perchè egli abbia voluto ancora gentilmente fare la mia apo- I INTORNO ALLA TUNICA VAGINALE CCC. 54 1 logia, alla quale forfè per temperamento non avrei mai pen- fato, verfo il Sig. Palletta di Milano, il quale avendo (fam- pato fu r argomento medelimo fui quale io in Parma avevo pubblicato due anni prima , e forfè rifatte le oiTervaiioni medelime, le quali molto anteriormente alla Rampa io ave- va nel R. Teatro Anatomico pubblicamente moftrate , non li venne mai fatto di ricordar me , come fé in quefto pro- pofito io non aveffi detto cofa alcuna mai ; il che non an- dando forfè a fangue del Sig. Brugnom , o fembrandoli che il Sig. Palletta non avelie veduto che quello che io prima aveva oflervato, ebbe a dira : Eade/n omnia qu£ Girardi, duo- bus pojì annis vidit Palletta qui Mediolani Chirurgiam multa ami laude facit (a) . Guardimi però il cielo che io dica quello mai per dolermi del Sig. Palletta ; fo quant' egli va- glia , e fo ancora quant egli fia onefto, e fono pienamente perfuafo di quanto mi fcrifFe un fuo e mio onoratiffimo ami-- co il Sig-. Giufeppe Baronio valente ProfefTore di Medicina in Milano, e cultore indefeflb della fìoria naturale , come ne fanno fede le molte cofc da lui accuratamente pubblicate , cioè chi quando il Sig. Palletta pubblicò le fue ojfervazioni , non az/eva cognix.ion delle mie., aggiungendo eh' egli conofce- •va ancora., che le fue a me in gran parte fi dovevano come avrebbe pubblicato a prima occafione . Perfuafo io adunque di quefto, non vi farà forfè meravi- glia, fé vi dirò che ripadando alla sfuggita la terza edizio- ne italiana (non fo che iìa della feconda, non avendola ve- duta ) delle Inftituzioni Filiologiche del celebre Sig. Caldani P. P. in Padova di Notomia e Filìologia , e pervenuto a vedere le correzioni ed aggiunte ch'egli ha fatte fu la tuni- ca Taginal del tefticolo , rimafì , non tanto perchè egli taccia di me intieramente , di ciò n' era già perfuafo affai , ed invece commemori e lodi il Sig. Palletta, ma perchè ef- fondo egli di molta penetrazione fornito , in un argomento tanto oramai agitato , le di lui correzioni ed aggiunte ri- fentano ancora delle pallate fue cofe , e fé è lecito dirlo , fembra che quelle fiano men difettofe ancora delle ultime da Yyy iij \a) ice. cit- § XI. rag- ZI 54* Osservazioni e riflessioni' lui pubblicate. Egli lafcia la lunga nota che aveva appoftO' al § 478 della prima edizione, e che nella terza è 115.482, la quale formava in parte la fua difera,e quaiì tutto rifonde ed accrefce il $.483 di queft'ultima per fpiegare l'origine del- la 'vagìnai del tefticolo.Sono quefle le fue parole: buie fubejì (i.r^m:iCxcrì)'/Hcr/jbranacaim involucrum a peritoneo prodiicium ^ quod ad [cdem anuli abdoniinalis contraciiim , meatiim relinqmtj per quem te/ìis in fam ex abdo'minis cavitate in fcrotum defce'/i-- dit; deia infra anulum in burfam producitur , qi{£ cum laxs^ tcjles comprehendat , Ò fpermatici funicidi partem ^ idcirco va'- ginalis commiinis- appellatur . Interim poft.quam tejìis^ ipfe quo- que periton£o ar.6ie eircumdatiis , ex abdomine in fcrotinn de- Lzpfus eft , meatus ille plerumque clauditur , quippe qui cumi pjQxima cellulofa tela, conferruminatur : ita periton£um tefierm convejìiens in fuperiori fede cwn vaginali communi continuum videtirr : ac propterea communis h£c vaginalis- ad tejìem prò- pemodum se òùbet, uti pericardium ad. cor. Nempe quemadmo^ diim pericardium laxe cordi circumjetium fupra cor in fé ipfum; atque interius reflexum^ buie vi (e eri quaquaverfus fir.miter in^ nafcitur ; ita communis vaginalis Juperius in [e ipfam quaji revoluta & defcendens tejìem velat , ipfumque valide compie ■ Qi.tur . Periton£!im cum tejìe hac ratione concretum dicitur va- ginalis te(Hs propria . Denique cellulofa illa ^ qu£ spermatica: vafa comprehendit retro periton£um decurrentia , àf qu£ cum; difcriptis vaginalibus quodammodo cobsret ^ vaginalis propria funicuii appellata fuit . H£ tres vagi/ìales Jccundum , idque proprium , tefiium involucrum confiituunt . Pojìremum inter h£c involucra tunica eft alba., ideo albuginea diBa,aliis ner- vea, qu£, uti vidimns ., periton£um habet exterius validijjime gccretum , qu£que propriam tefiis jubjìantiam coercet , eumque Jìc limat , ut in ovalem figurami ajfurgat ; cujus apex obtufus ligamentum habens infertum fundo fcroti alligatum , deorfum nonnihil fpe^at cr interius , acutus autem extrorfum , & ali- quantulum Juperius .. Fremcna.' quell'aggiunta, fìami permeflTo di vedere ciò egli fi voglia dire con quella . Oaieti-endo in primo luogo che non fembra bene efpreilo che.- la vagina! del tefiicolo ( cosi fi deve intendere- quel membranaceum involucrum ] iafci un fo- ' ro all' anello inguinale per cui nei feti il tejìlcolo discende INTORNO ALLA TCTNICA VAGINALE CCC. 54^ nella cavita dello fcroto , qualìchè dilceiuiefle prima la va^ì- 'fiale, e lal'cialfe il foro per cui indi difcendefle il teflicolo , lo che è fallo, mentre difcende fempre il tefticolo in conti- nuazione della vaginale a cui (la tenacemente attaccato , omettendo diflì quello, egli aggiunge qui cofa più rimarca- bile affai, cioè che la va^inal del tefìicolo fi conforma in una bar fa, la quale comprendendo lajfamr/ite i teflicoli ed una fror- •aione del funicolo fpermatìco , per quejìo fi chiama vaginale tomune . Voi ben vedete che quefto non li può adolutamen- te comporre con la Notomia .giacché mai e poi mai la va- ^inal del telHcolo comprende, né può comprendere una ben- ché menomiffmia parte del funicolo fpermatico . I vali fper- matici , ed il dotto fpermatico che compongono il funicolo, fono fempre flati, fono, e faranno fempre dietro il perito- neo fino che la fchiatta degli uomini fegiiiti ad effere quel- la che è fiata fino al prefente : è quefto un fatto cos'i chia- ro , che il contràftarlo oramai farebbe lo fteiìo che negare che fplende di giorno la luce: ora un abbaglio si manifefto in un libro che paffar deve per le mani della fludiofa gio- ventù non fembra egli ragionevole che meritaflè piuttoflo ■di effere levato , che intrufo novellamente nel teflo ? Ne V abbaglio termina qui, ma da queflo primo ne nafce il fe- condo, il quale è maggiore ancora del primo . Dalla noft retta dottrina che la uaginal del telìicolo comprenda una parte ancora del funicolo fpermatico, fé ne fa un'inutile ed infuffiflente divilìone , e fé ne deduce una vaj^inale comune del tefUcolo e del funicolo che non vi è mai fiata , e che ron vi può effere. Da ciò ne na.^cono due mali egualmente fignificanti ; il primo che la Notoir.ia fcienza oramai per i nuovi ritrovati ed utili refa doviziolìlfima viene a renderli , anziché facile, più difficile all'ai da apprenderli , qualora vi lì intrudono nuove ed inutili divifioni ; 1' altro, e che è maggiore aliai , perchè imbevuta la lludiofa gioventù d' er- rori difficilmente indi con graviffmio danno fé ne fpoglia , avverandoli pur troppo continuamente il detto d' Orazio ; quo femel efi imbuta recens , fervati t odorem Tefia diu (a) . (tf) Lib. I. Epifì. I. 544 Osservazioni e riflessioni ÌSlè chi fofle condotto da vero fpirito di criticare mene- rebbe forfè buono al chiariflTimo Sig. Caldani quel dire che il tejlicolo e Jìrcttamerite circondato dal peritoneo ^q^iaccVÌz egli, feguendo V immortale Hallero , non vuole il ventricolo iia dal peritoneo cicondato, mancando quefto nell'origine degli omenti , come manca ancora al tefUcolo ove il peritoneo forma quali una capfula , per cui i vali afcendono al tefti- colo, e dove ancora fi forma il globo maggiore dell' epidi- dime ; ma non volendo di ciò fare commemorazione alcuna , mi trattiene con maggior ragione quel dire eh' egli fa che il foro della vaginale di fopra accennato, coftituito all'anel- lo inguinale, il piì{ delle uolte fi chiuda; il che fembra am- nettere , anzi ammette di certo, che il meno delle volte rimanga aperto. Ma che direbbe fé gli diceffi che in centi- naia e centinaia di cadaveri che ho offervati a quefto fine due fole volte mi è avvenuto di vederlo aperto («),ed una fola volta al Sig. grugnone {h)'i anzi io tengo per fermo che in quefte tre volte come in quelle da me altrove accen- nate e da altri ofiervate {e) ciò iia addivenuto non già na- turalmente , ma per caufa morbofa , giacché non fol io , ma quafi tutti lo hanno negli adulti coftantementc ritrovato del tutto chiufo; il che , s' io non m' inganno , è iìata quefta r unica caufa, perchè tanti illufiri perfonaggi ; tra' quali il VVinslow, Morgagni^ V Hallero, e tra quefti non m' è punto difcaro di nominar anche il Sig. Caldani, hanno foflenuto che la vaginal del tefticolo folle procedente foltanto dalla cellulare del peritoneo, non già dal peritoneo medeiimo. Né poi queflo foro fi chiude perché fi attacchi o i' incolli con la projftma cellulare. E' quefia una dottrina molto alie- na dalla verità. La Notomia infegna che la cellulare fta dietro il peritoneo, cioè copre la faccia efkriore del peri- toneo ; per confeguenza non può mai quefla chiudere 1' ori- ficio fuperior della vaginale , che è tutto fatto della faccia interna del peritoneo, il quale come ognuno fa è tutta li- fcia ed (a) loc. cit. pa?. 198 ic) loc. cit. pag. i99 {b) loc. eie. § X. pag- ro INTORNO Af.LA TUNICA VAGINALE eCC. 545 fcia ed eguale, e fpoglia certo di qualunque forte di cellu- lare . Se quelta fofle quella che chiuder dovefFe 1' orifizio accennato, converrebbe attribuirle quella forza e quell' azio- ne medefìma che lì attribuifce ad una legaccia , mercè della quale ftringendo la parte fuperior di una borfa venilTe a chiuderne V orifizio; ina queftc due proprietà fono aliene af- fatto ed incompetenti con la cellulare; dunque non è vero che meatus clauditur quìppe qui cum proxima cellulofa con- f^rruminatur . Ma mi fi potrebbe domandare , d' onde dunque avviene eh' egli fi chiuda è Qiieflo fi è egli un nodo non facile da fcioglierfi , e per cui temendo di fortirne malamente, ftimai meglio tacere che avventurar cofa non ancor bene da efatte ofiervazioni confermata . Il eh. Sig. Palletta (a) dice , c/^e ncll' uomo verticale i vajt fpermatici ed il dotto deferentc premendo anteriormente il margine pofteviore del foro mentre che la parte anteriore Z'iene comprejfa pejkriormente dall' arte- ria epigaftric^i ^ fanno che il foro -mede fimo, mercè la uertical pofix.ione a ciò molto opportuna , uenga a cofiringerfl , ed indi a chiuderfi intieramente . A quello veggo non molto confen- ziente il Sig. Brugnone {b) ^ il quale penfa che ciò poffa addi- venire dall' azione del mufcolo cremaftere che comprimendo la parte juperiore della vaginale venghi infen/ìbilmente a chiuder- ne l' orifizio , aiutato in ciò ancora dal pefo del tejìicolo , // quale tirando i/i giti le pareti della vaginale quefie vengano fuperiormente fempre più ad accofiarfi tra loro , ed a procurar- ne con ciò r adefione . Io però avendo moltiflìmo di riguardo per la fentenza di quefii Signori , dimanderei loro rifpettofamente d' onde av- viene che molti feti fi veggono di otto , e nove mefi con i teilicoli già nello fcroto difcelì , o da entrambi i lati o da un folo , i quali hanno i corrifpondenti loro orifizj delle vaginali o chiufi intieramente , o proilimi a chiuderfi i:i modo, die ricufano intieramente il regrello del tefiicolo nel- Tom. IK Zzz (a) A'f7;.i Gubernacitli te/ìis Hunte- (b) ioc. cit. pag- 4J ùiiìi a?iai(.mi,adelciiptio • Medici. 1777 ^ 54<5 Osservazioni e riflessioni !a cavità del ventre i Simili ofl'ervazicni furono già da me pubblicate (a) , ed altre non poclie potrei aggiungere a que- lle,le quali comprovano ancora non eliere Tempre vero, che rei feti compiuti perfettamente gli oriHij fuperiori delle va- ginali rimangano per una o due fetcimane aperti dappoiché j1 feto è naturalmente nato [a); mentre di frequente anzi quali fempre fi trovano chiufi ; tali li ofTervò pure Huntcr medelimo, ed il Sig. Amaud aggiunge, che fé fodero altri- menti vi farebbero piìa fanciulli, di quello che vi fono, all' ernie foggetti (b). Ora in fimili cali, ove fi veggono gli orifizj già chiufi prima dei nove meli, nulla giovò a chiu- derli la vertical pofizione dell' uom già nato, come ha pen- fato il Sig. Palletta^ ne il pcfo dei teliicoli , come il Sig. Brugnom , AH' oppofto perchè in quelli che crefciuti di no- ve m.eli , o poco appreflo , i teflicoli dei quali erano anco- ra nella cavità del ventre contenuti , non è avvenuto che dal mufcolo cremaftere fi iìa contratta I' edremità inferiore della bafe ■:, o fia quella che fi dice proceffo cavo , che è pur quello che fi contrae qualora il tefticolo è nello fcroto di- fcefo? Certo 1' attività e forza del mufcolo non può né de- ve eder-e maggiore più in quefti che in quelli . Eppure di fimili o'iervazioni io non ne ho fatte mai , ne fo che altri ne abbiano fatte. Per quefte ragioni dunque nulla ho volu- to pronunziare fu quello, laiciando che offervazioni maggio- ri tolgano in ciò quella denfa nube , in cui a mio credere ci avvolgiamo tuttora. 'i' Ma per ritornare all' eruditismo Sig. Caldani abbiamo certo veduto non edere la cellulare che chiude qued' orifi- zio , come egli ha pronunziato ; ne tampoco fembra correr bene ciò che viene in feguito , cioè co; il peritoneo^ che co- pre il tejlicolo nella fuperior fede, fembra efjere continuato con la vaginale comune. Cofa fi voglia dire con quello nella fu- perior fede , fé con ciò s' intenda della cavità fuperiore del ventre, o pur di quella dello fcroto , non è facile di rile- varlo ; giacché niuno potrà mai intendere a ragione che parlar voglia della fede fuperior dello fcroto , ove certo la (a) Bruznoni pag i6 S. XX- [t) Ice. cit. pag. 31 noe. a. INTORNO ALLA TUNICA VAGINALE CCC. 547 vaginale è fempre la ftella , (ìa pure il tefticolo nella fupe- rior fede o nelT inferiore coftituito . Ma lìa pur lo fteffo che parli dell' una o dell'altra cavità, perchè deve dire con dubitazione che fcmbra , quando è vero veriffimo che il pe- ritoneo, che copre il tefticolo si nella cavità del ventre che in quella dello fcroto , è qucIdefTo che coftituifce ancora la Xiaginal del tefticolo ? Quefla dubitazione fembra a me che fii mal nichiata , perchè tiene il lettore in fofpefo , né fa bene che li abbia a credere. Quella porzione poi di perito- neo folo che copre il tefticolo , con non poca confusone della fiudioia gioventù lo chiama egli con nome particolare Vaginal propria del teflicolo ; e ciò per diflinguerla cosi dal- la terza che è la vaginal propria del funicolo , riconferman- do in quella maniera le tre vaginali che aveva porte nella prima edizione delle fue Inllituzioni Filiologiche , icbbene con bizzarro innefto d'antico e moderno tutte rifufe e compofte^ Ne crediate già che ciò fia detto mai per mancanza ch'io abbia di (lima verfo di un uomo, i di cui talenti meritano certo di elTere apprezzati : una prova di quefto iì è quella, che fino d'allora eh' io cominciai a verfare fu 1' argomenta della tunica vaginale il Sjg. Caldani li fu il primo ,"0 alme- no uno dei primi eh' io confultai per quello . Ne confervo ancora due fue lettere, una fcritta alli 15 aprile 1775: l'al- tra li 7 maggio dell'anno medefimo, in cui con molto in- gegno cerca di rendermi ragione per cui non poteva abbraccia- re la fentenza Hunteriana-già appoggiato ai ricevuti principi che la vaginale folTe un .prodotto dclja cellulare del perito- neo. La qual fentenza quantunque oramai da tante e sì ma- jiifefte oflervazioni condannata, pure fembra che- gli lìi an- cora attaccata , e lo faccia travedere , come a me pare che abbia traveduto ancora nelle note ch'egli ha voluto rillam- pate contro 1' immortale mio maefrro Morgagni, la cui me- moria non potrà a meno di rifvegliarmi fempre la più viv.i fenfibilirà , e giuda gratitudine . Io nulla debbo i:rrogare a me fleilo, conofco la pochezza de' miei talenti, e fo ancora quanto poco debbano efTere valutate le cofe mie; pure fé non m'ingannano tanti illullri e rifpettabili perfonaggi , le cui lette- re gclofamente confervo, m'hanno quefti f.uto credere che la confutazione di quelle note da me fatta con altre limili, ed Z z z ij 548 Osservazioni e riflessioni appofte alla fpiegaz,ione della Tavola XV del Santorìyiì ^ìvd- fe per cosi fatta maniera pofta la cofa in chiaro , che nulla pju vi iimanefTe a che dire . La qual cofa fé è cosi, come ognuno può facilmente vedere , perchè voler riprodotte quel- le fue noce? Forfè perchè non è rima(l:o perfuafo di quanto ho fcritto nelle mie ? Si riveggano per grazia , e 1' impar- ziale Lettore ne giudichi . Forfè perchè il Morgagni gliene abbia data occalìone ? Ma come, e quando? Le doti morali che adornavano V animo di quell' incomparabile uomo, e che alfe fcientifiche andavano certo di paro quando non le fuperavano ancora , fanno certa fede che non voleva , né men provocato, ofìendere mai alcuno. Forfè perchè io l'ab- bia nella confutazione offefo f Se ciò fia, me ne appello a tjtto il mondo; io ho trafcritte le fue parole , ma ne ho taciuto il fuo nome: ho confutata la fentenza, ma rifpetta- to l'Autore, chiamandolo anzi fempre preftantillìmo ; aM'op- poflo ho lìudiofamente cercato honoris caufa di nominarlo ; ho pubblicamente commendate le opere fue; che dunque po- tevo fare di più? Forfè non ha egli veduta l'opera mia , le Tavole del Santcvinii Ciò potrebbe effere , ma non fembra credibile per un Profeflbre di Notomia quale egli lì è , e mainme dopo i molti elogi che univerfalmente vennero fat- ti a quelle Tavole ; e d' altronde nìi fembra di travedere eh' egli abbia anche lette le fpiegazioni ; giacché fra 1' altre cofe avendo io avuta occasione (^) di accennare cofa che apparteneva al ^379 della prima edizione delle fue Inftitu- zioni Fiiìologiche, egli nel § 383 della terza edizione, che corrifponde al § 379 della prima, lia fatta un' aggiunta che fembra a ragione relativa a quell' iftellò che io in allora avevo accennato . Ma lafciamo querto noftro illuftre e celebre Collega per cui certo conferverò fempre fentimenti particolari di ftima, e ritorniamo alla dotta difiértazione del Sig. Grugnoni . Nel $. XVI per fpiegare che // mufcolo crcmaftac e lo ftejfo che il conduttore inverfo , egli sì meco conviene nell' inverfìone della bafe medelìma , che fembra quali incredibile che nel {a) loc. cit. pag. i6 INTORNO ALLA TUNICA VAGINALE CCC. 549 tempo ch'egli oflTervava l'inverfìone del cremaftere non abb:a veduto quella ancora del peritoneo che copriva nella cavità del ventre il cremaftere ftelio ; giacche l'uno è all'altro ce- si aderente che non può rovefciarfi alfolutamente l'uno, fen- za che lo fieno fiegua ancora dell'altro, né può difcendere il teflicolo e penetrar nello fcroto fenza il rovefciamento d'en- trambi , ftando egli nella di lui parte inferiore al perito- neo ed al cremaftere tenacemente attaccato . Conferma indi egli pure accuratamente al §. XXI le cicatrici o iìano ve- fligia che di frequente fi veggono nella fuperficie interna del peritoneo , per ove i tefticoli fono ufciti dalla cavità del ventre , le quali talvolta fono cosi manifefte che fembra incredibile , come tanti illuftri ed accurati Anatomici che ci hanno proceduto, non vi abbino pofta mente nell' inve- ftigazione della tunica 'vaginale , e più ancora come di pre- fente alcuni a fronte di quefte giornaliere ofi'ervazioni vo- gliono nell'origine della vaginal del tefticolo confondere la cellulare del peritoneo col peritoneo medelìmo. Siccome pe- rò mi è flato facile di riconfermare pili volte quefte cicatri- ci , ch'io pure altrove avevo accennate f ) loc. cit. pag. 40 S. XXXIl V 5J2 Osservazioni e riflessioni intereffante ed erudita dinfertazione , o fu da noi altrove confiderato , o riguarda la faggia applicazione della Notomia alla fpiegazione ed illuftrazione d' alcuni fatti , e fegnata- mente dell' Ernie congenite, delle quali ne fu già da altri ancora 5 e fegnatamente dall' Huntero , e dall' Arnaud con molta utilità pubblicato . Il fine poi viene ad edere corre- dato d' alcune faggie rifleffioni eh' egli fa alle ricerche del dotto ed accuratiifimo Sig. Vicq-d' Ax-jr intorno alla bruttu- ra e pofizione dei telliicoli nel feto , pubblicate nella Storia dell'Accademia R. delle Scienze di Parigi I' anno 17S0 . Quefte ricerche, che io pure con particolar piacere aveva lette , vedendo in efle in maffima parte confermarli , quanto io aveva molto prima pubblicato, mi prcccuranouna ben giu- fta compiacenza nel vedere che egli pure meco conviene nell' oflervare che la bufi non termina già nell'eftremità dello fcro- to ,come viene univerfalmente creduto, ma sì bene (ì perde e fvanifce al di l'opra dello fcroto medelìmo (a); dal che cer- tam.ente ne avviene che i teflicoli, paflTato l'anello inguina- le , ivi alquanto lì fofìermano , oppure lentiliimamente li movono per difcendere nello fcroto, come accuratamente of- fervò pure il Sig. Vicq-d' Azjr (b) ; giacché ivi ì' azione del mufcolo cremaflere il rallenta di molto nel proccurare più oltre la difcefa dei tefticoli nello fcroto . L' erudizion lìngolare, l'efattezza che 10 oflervo in quella fua Memoria, mi conferma già nella flìma particolare che io avevo di lui concepita per le moke opere pubblicate, e fegnatamente per le di lui oflervazioni fopra il cervello ed i nervi pubblicate nella Storia già fopra indicata per l'anno 1781, nelle quali ha egli gentilmente avuta pili volte la bontà di ricordare le cofc mie: ficcome però oltre I' efattezza vi lì fcorge in effe una propenlìone deciHi per la rettitudine , aliena fempre da qualunque fpirito di partito, così fono certo che non farà per fpiacergli qualora a lui perveniile quefla mia lettera , fé in paffando accennerò, che non ben comprendo come aven- do egli (a) loc. cir. pag. 49S " feperdfoiis it) loc cit, cae, J05 le peau aii-c!cliu$ du icrotum. INTORNO ALLA TUNICA VAGINALE CCC. 553 do egli nella feconda Memoria delle lue Ollèrvazioni ricorda- ta r efattezxa particolare dell'immortale S autor ini , refti for- prefo perchè non abbia latta menzione alcuna nella figura prima della fua tavola terza della foJìan-z.a perforata , così dal Sig. Vicq-d' Az.jr nominata, ove ella certo dovrebbe ejjere in- dicata (a), quando io nella fpiegazione della figura medeiìma , ben lontano di averla omniella , alle lettere bbbb ,m cui de- ferivo l'efterior radice del nervo del primo paro dei cerebra- li , la quale egli pure commemora nella defcrizione della fo- flanza perforata , cosi mi fono efpreflb : exterior vero & lon- gior ex lobi anterioris & pojlerioris intervallo emergit ex plu- ribus disjeEiis confiata fibris , prope quas interius plura fora- mimila confpiciuntur , per quis vafa cerebrum fubeunt . Sono con la maggiore ftima ecc. Tom. IV. Aaai («) ou elle devroit étre indiquce loc. cit. pag. J4;. 5 54 ' M E M O li I A OROGRAFICO -MINERALOGICA DELLE MONTAGNE BERGAMASCHE DELLE VALLI DI SCALVE , E DI BONDIONE . Del Sig. Giovanni Maironi da Ponte, Cittadino Nobile di Bergamo ecc. F R E s E NT ^r ut ,^ .. , , Dal Sig. Giovanni Arduino. LA valle di Scalve. le cui minerali produzioni devono fer- vire d'argomento a quefta breve mia Memoria, è fra le componenti la parte montuofa della provincia Eergamafca quella che più d'ogn' altra fembra intereffare la noftra curio- lità e per la copia de' minerali che pofiìede , e per le filofo- fìche offervazioni . alle quali ella dà luogo. Eila confina col- la Valtellina , ed è tutta rinferrata fra montagne altilfime , le quali la circondano da ogni parte , non lafciandovi alcu- na piana fortita fé non fé una auguftiffima verfo il fiid in mezzo a due eccelfe rupi , tra le quali fcorre profondamente il Deflo , fiume fuo principale , che va poi a fcaricarfi in Ollio nella Valcamonica Brefciana . Le fue montagne fono alcune di pietra calcaria (a) , al- cune di granito (b), e alcune di poriìrite (e) e di fchifto micaceo (d) . Le prirìte vi fianno al fud e le altre al ?iord ( a) Lapis calcar ctis rudis . Cron^edt Sez. VII . {b) Granite s rubefcens cum quarzo pingui femipelluàdoApec.zoi e. vralUrii (e) " Roche "còmpof'ée de Jafpe & de feldspatb. Sixieme efpece n. vu. Monf- de Launay . " Eilai fur THi- „ floire Naturelledes Roches ,, a Bru- xelles 1786. ((i) " Les Roches feuilletés „ del Si^. SauJJtirc , parce da lui chiamate Grait-'vainé e parte alTegnate alla frec- 203 del Sig- Wall(riiis,Saxitn>forna- cum . Memoria orografico ' mineralocca ecc. 555 tutte conofe, divallate, e fcofcefe ; ;na le calcarle fono quel- le, fu Ile quali maggiormente companfce la rovina e la defo- lazione riportata dal tempo , dalla azione delle meteore , s dalle rivokuioni folierte dal globo nella progrediva fua con- formazione . Poca terra e pochi vegetabili vellono le une e le altre, principalmente fulle vette, dove anzi fi danno a vedere per lo più a roccie fcalpellate , e a guglie affatto nu- de . Ho poi voluto fare per avventura qualche efame fulla re- ciproca difpofizione delle fofianze componenti quefle gran moli ; e mi è riufcito di oflervare che in quelle di prima origine le pietre granitofe , le fchifto-micacee , e le porfìriti tono frammifchiate le une colle altre , fìcchè qui le prime fembrano formar bafe alle feconde , là le feconde alle prime , qui le ultime alle feconde je là quelle a quefte ,fcnza limme- tria , e fenza ordine . In effe ho altresì ravvifati gì' indizj di vene metallifere . Nelle calcarie ali' oppoflo io ho potuto chiaramente rav- vifare le tracce di una regolare ftratiticazione , o quelle di una confulione, che non può effere (lata prodotta che dalla forza impercettibile di orribili rivoluzioni fuccedute nella at- tualità del loro confolidamento . In q'jefle ho rinvenuti dei marmi oflreaciti (a), de4li te- flacei (^) , e delle altre foftanze derivative dal regno ani- male. Ma nelle prime mi è caduto frequentemente Ibtt' oc- chio dell' ardefia (e), della pietra cornea (d), del ferpen- tino (e), e delle altre materie : e quefie fem-brano le pia intereffanti la Mineralogia. Dalle pendici delle più alte montagne, che formano il contorno alla valle , vedonfi in certa maniera fpuntare al- tre picciole montagnuole di un uniforme livello, le quali li flendono al centro della valle , e che altro non fono fé A a a a ij ( ay Marmiy Tefacciir-i fpec. 59, «à* (d) Corr.eus Frjfilìs fpec. '70 Wall. Calcareus Tefiaceus Ipec. 55 Wall. (f) Serpcntiiius faxojus rptrc. 114 , (i) Chamita: Ipec 507 Wall. Ù" [erpcntinus pallide "viiidis fpcc. 18} ( e ) Schiflus duru! rufiira albe[cens , & alias Wall. ilangenSyArdefiatcgtildiis fpec. 157 Wal- 55^ Memoria jion ie un aggregato conkiio di materiali d' ogni genere ri- fpettivamente divelti dalle maggiori , da cui comparifco-no derivate . Immediatamente fui centro della valle avvi una piccioia ftrifcia di pianura tutta di materie gregarie deponevi dall' acque, e che impedifce di vedere il congiungimento d«IIe montagne alla loro bafc . Chiufo r accennato paffo del Dello , te acque fue rigurgi- terebbero neceUariameiuc ; e inondando tutta la valle , vi formerebbero un gran lago. E chi la che . prima che la na- tura con qualche de'fuoi mezzi ftraordinarj aprifle quefto paf- fo , non eliileffe quivi appunto un lago ì Molte altre offer- vazioni analoghe , che vi cadono facilmente fott' occhio , rendono fempre merdo improbabile fiff'atta conghiettura . Egli è triftiflìmo 1' afpetto di quella valle : ma la natura ha compenfate le fue orridezze coi ricchi tefori , che ha prodotti nelle vifcere delle fue montagne. Vi fi trovano delle miniere di rame (a) , di zingo, di piombo, ed in grandiflima copia di quelle di ferro, di cui veramente la valle abbonda fopra ogn' altra del noftro di- itretto . Vi hanno anche degli altri minerali, che noi ande- remo accennando nel far menzione delle miniere, alle quali li rinvengono uniti . Sì confervano tutt'ora ne' noftri Archivj le memorie, che quivi altra volta fi cavafTe dell' oro , e dell' argento . Il Feudatario della vaile , ne' tempi in cui la patria noflra ibggiacque al dominio di Federico il BarbarolTa , dovea per condizione della Inveflitura far pervenire alla zecca di Ber- gamo r oro tutto, e l'argento , che fi traea dalle fue minie- re . Ad avvalorare fempre più quello fatto concorre la rac- ( a ) Il rame vi fi maniferta in più luoghi , ficcome vedremo , con tali e tanti fegni eflerni , che mi do a cre- dere quivi fpezialmente foffero le fe- dine , d' onde efìraevafi a' tempi di Plinio , come egli ci lafciò fcritto nel •libro trigefimo quarto , capitolo prir»o della fua Storia Naturale, àove par- lando cs'i di quello cuetallo diilc" Ce- lebritas in Jifta , & quondam in Cam- pania , jittnc in Bergomatiam agro . (x- Iremct parte Italije „ notizia ripetuta dall' inijgne Mineralago Giorgio ^-f^ri- cola nel libro fecondo dr veteribus & novi! Mitallis con quelle parole " Fiifrunt injupir in .Alpibiis Salafo- rum teris fading : Tla/orum in Bc'rga- maiiitm agro, CT irt Campania „ OROGR AF ICO-MI NERALOGie A CCC. 557 colta , che anche a' dì noftri fuol farii di pagliette d' oro nelle arene del Serio, fiume che ha la fua forgente in Val- bondione , pertinenza nel civile governo di quefta valle . Una miniera però formale di liffatti metalli , che ne con- tenga doviziofamente , fino ad ora non ne ho fcopcrta . For- fè in que' tempi fuolevafi cavare da alcune piriti e da altre miniere , che anche al di d' oggi troviamo contenerne in qualche picciola dofe ; e la mancanza in allora di più ricche cave farà fiata quella , che avrà determinati gli uomini a coltivar quefte , febbene fcarfiffime , oggidì poi refe quali inu- tili dalle più doviziofe ed abbondanti , difcoperte e coltivate altrove . Il ferro nella vai di Scalve Ci trova per la maggior parte in iftato di calce cioè a dire calciforms , colla raiflura di altre foftanze , ed in varie combinazioni; ficchè fé ne ha di adatto a differenti ufi . Io ho oflfervate le fue vene difpofic in forma di letti, offia a ftrati molto inclinati , ed a filo- ni, piuttofto che in ammaffijed efiftono nelle pendici rivolte full' arco orizzontale , che dal nordsjì per il sud palla al sudovfft . Le foftanze y che accompagnano la miniera del ferro, fo- no fempre lo fchift-o, ed il granito, eccetto che nella Ma- nina 3 montagna che alle calcarie congiunge le granitofe , nella quale il ferro trovafi accompagnato anche dal tufo {a ) . Quello fchiflo argillofo è di un color azzurro- cene- riccio ( è ), e molte volte giallognolo per la molta ocra , che contiene, e comparifce qualche volta vagamente dendri- tico (e) Immediatamente fotto di quefio fchifto s' incontra una fpecie di granito, che forma il tetto della miniera , e che compenetrato dalla ferrea foftanza quanto più fi accofta al- la miniera medefima , viene a coRituire ciò, che i Francefi chiamano Gan^ue e che i noflri Mineraloghi dicono MoUa . A a aa iij 1 ' (a) StaUactiics cjtcareus figura incfr- { e) Imita moltifTmo il Mjigodcs ^>-- ij : Cronstedt Sez. XII. e. gillaccus fper. 16; di iTaZ/iJ/oiggiun- . {b) icìfi/ius argiilacius friabilis ci- tovi il Daìclriìicus O il Pidorius , jjS ""■" Memoria Io attribuirci quefla fofl-anza alla fpecie 211 del Sig. VVallc^ rius da elfo lui denominata Saxtrni Ferreum .1^3. ftelFa trova- ii ancora fotto il corpo della miniera , dove viene a forma- re il letto , e va poi nuovamente a tìnire in un femplice granito {a) . Gli (irati ed i filoni d<;I ferro quivi variano molto nel- la groirezzajOelL-i eftenùone, e nella ricchezza del minerale. La maniera pò! , colla quale viene cavato dalla terra , è tutta corrifpondente alla forma favorevoliffima , con cui 1& Natjra ve io ha difpofto . Le fcavazioni vi fi aprono a gal- leria piuttoflo che in altra foggia, con un poco di penden- za al di fuori , onde dare fcolo alle acque, che vi filtrano. Si praticano direttamente full' affé verticale della montagna per prendere di profpetto la miniera , la quale cercata di profilo sfugge non di rado alle indagini del montanifta non psrito. Giunto quefri fullo flrato minerale affai inclinato , iiccome ho detto {b), fopra vi dilata traverfalmente i lavo- 3Ì. Accade frequentemente, che lo flrato olfia filone medeii- mo venga attaccato in più luoghi fino a comunicarfi fotter- raneamente le opere , e a doverli difporre i termini di con- fine , ficcome fulla fuperficie della terra calle leggi della Geometria fuol fare la civile economia . Tratta dalla galleria la miniera offia il minerale, nel qua! artificio fi fa moltiffimo ufo dello fcarpello , della leva , e della polvere da fchioppo , viene fottomelfa alle altre opera- zioni preparatorie alla fuiìone , che fono la Torrefaz.ions , e Jo Scevramento da ogni porzione di pietra non metallica . Cottizzare chiamafi da' nofiri la prima • Taiz.zare la feconda di quefte operazioni (e). Indi fi trafporta al forno , in cui con veementiffimo fuoco di carbone viene fufa e metallizza- {a) Granite} fpec . 201 Watt. fericoli , quai>do vogliali allora pene- ib) Parrh forfè flrana cofa che tur- trare in quelle fedine affatto abban- te le miniere da me ofl'ervate con- donate in fiffatti tempi dagli llelFi fca- vengano nella forma di quelli difpofi- vatori . 7Ìone. Le da me vifitate lino al fon- (e) Ho creduto eflraneo al mio af- do non fono veramente tutte le efi- funto il minuto dettaglio di quelle , e llenti in quella valle . La flagione , delle feguenti operazioni occorrenti nella quale ho potuto fare tali viag- alla metallizzazione del ferro, fcille gi , e Aata fempre la efliva non mai quali farebbe poi neceifaria una fcien- Icevra di graviffirai inconvenienti, e tifica, e affai più ragionata relazione. O R O G K A F I e 0-M I N E R A L 0 G 1 e A eCC. 559 .ta in ferro crudo, offia fragile ; il quale fi traduce poi alle fucine , dove fi fa fubire gli altri trattamenti necedarj a conciliargli la malleabilità , e l'attitudine ai tanti ufi, ne' quali viene impiegato con si grande utile e comodo della foci«tà . Ma dalla generale paffiamo alla defcritione partico- lare di quefte miniere . Io ci conlerverò quell' ordine , che ho tenuto nel vilitarle . Il monte Polzone , il quale veramente non è fé non fé una falda della grande Prezzolana , montagna calcarla cele- bre per la fua altezza ed eftenfione , fu il primo , che io vifitai . Qiiivi fogliono prefentarfi all' olTervatore molti feno- memi della Fifica Generale con una grandezza ed una mae- ftà , di cui gli abitatori della pianura non hanno idea. L'a- zione dei venti , e quella della elettricità atmosferica vi il cfercitano con una forza forprendente.Le nuvole vi fi forma- no orizzontalmente- all' oflervatore e qualche volta fotto gli fleffi fuoi piedi ; ed a me appunto accadde in tale occafionc che , ict^o eflendo da quelle cime , un rumoreggiante tem- porale , che avevo avuto fotto a' miei piedi , trovai avere fca- ricata molta pioggia fui piano della valle, mentr' io fu quel- le altezze aveva avuto un fole brillantiflimo ,e fpaziato coli' occhio fopra un mare di nuvole , che mi fottomettevano al guardo un oceano immenfo. In una delle fue vette laterali rivolta al nord comporta di nuda pietra affai fcrepolofa, a gruppi , e con pochifTìma apparenza di firatificazione H vedono gì' indizj di una mi- niera; e poco fotto vi fi trova aperta una galleria di poclii piedi, la quale attacca obliquamente la miniera fiefla . Gran- de è la eftentione del monte , che apparifce fegnata dal mi- nerale , o dalle fue emanazioni . Sembra che fia a gruppo piuttoftochè a vero filone , ma certamente di una mole affai grande . Efaminata e confiderata quePra miniera , io la crederci di „ rame mineralizzato dallo zolfo unitamente al ferro, an- „ timonio, arfenico , e a poca quantità di argento „ cioè Cuprum Arfenico^ & Ferro mituralifatum ; Minerà albefcens ; Minerà Cupri alba Wall. fpec. 352. Io non ardirei di aflerirla utilidìma , giacché fegnatamente 560 * ' Memoria i metalli proficui vi ftanno in affai fcarfa dofe , per quanto io ho potuto \cdere .^ e prima di me oileivò il celebre Si?. (jiovanni Arduini ; ma nullamcno, potendo edere più ricca nelle profonde vilcere del monte, lìccome accade non di ra- do nelle vene de' prez,ioli metalli , menca che le ne faccia conto . In fianco dell' anrifcritta miniera , e a duecento paflì in circa dalla medellma fé ne manifefta alla fuperficie del mon- te un'altra di ,, piombo mineralizz,ato dallo zolfo , fram- milchiato di blenda con un pò di pirite fcomponenteli „ cioè Flumbum Sulphurc nnniYalì[atum Bergman §. 184 della fua Sciagratìa del Regno minerale volgarizzata da me e di note corredata . Veramente non li può aiTerire ancora fc ella piuttoflo ap- partenga ad alcuno de' (J. 1S5 iS5 187, fé non fé col mez- zo di una efatta chimica analiiì , eflendo una galena a mi- nutilfime , e quali foltanto colla lente difcernibili cubiche criftallizzazioni. In altri paefi conlimili miniere fi fono tro- vate convenientemente ricche d'argento; ma quef^a piuttofto abbonda tratto tratto di blenda , oflia miniera di zingo . Dalla fuperlìziate fcavazione, che vi fi vede aperta, compa- rifce difporta in forma di gruppo , o cumulo , piuttoflo che a filone . xA.lIe fpalle di ambedue quefle miniere fui colmo della montagna vedelì fpuntare tratto tratto una copiofa ftratifica- zione di „ fpato-fiuore „ Fluor Mineralis . Ella è diretta dal fudefi al nordoveft , inclinata verfo il nordefi full' oriz- zonte trenta gradi incirca, e della grolTezza di circa fei piedi. Forma di quando in quando delle arcate, e appoggia fempre fui calcarlo. E' fcxnmamente fcrepolofo quello fluore, fopra tutto dove è efpoflo all'azione delle meteore ; e cangia di co- lore dal latteo- nebulofo all'acqueo -trafparente . Avvene an- che di avvicinantefi all' ameteflino, dal magnefio che contiene. Fluor [olidus albus. Spec. 77 Wall, a parmi fia la fpecie , a cui fi debba riferire. ■_ v>,. ;:■. :..) Air eft della miniera di piombo , e a picciola diftanza dalla medefima trovafi dello „ fpato - pefante „ cioè Ferra fonderofa uitriolata Bergman OROGRAFIC 0-M INEROLOGICA CCC. jdl Bergman §. S9 della precitata opera (a) Egli è di un color nericcio e propriamente il Marmar mt- tallicum del Cronftedt . Qui vicino fentefi il ruinore come della caduta di un fiu- me fotterraneo , che fi rompa giù per balze . Per mezzo di una fcrepolatura femiorizzontale firettifiìma e lunga introdu- cendofi carpone , fi arriva ad una grande vafca , a cui fo- vrafta una ugualmente grande volta . La vafca nella parte oppofia è inaccefiìbile , e moftra di efiere profondiflìma . Ne efce molto interiormente un rufcello perenne , il quale ca- dendo giù per una firetta voragine produce il rumore anzi- detto. Non ho veduto Ipeco più orrido e fpaventofo, fegna- tamente illuminato dal chiaror d' una fiaccola. Merita qualche ofiervazione quefto monte ancora per la ftrana configurazione delle fue cime . Egli è tutto come a fcogli frammezzati da certe voragini a cono inverfo,le qua- li moftrano di efTere le volte fprofondate di vacui fotterra- nei. Quivi fono alte e frequentiffime le fcrepolature quafi per- pendicolari . Servì tale afpetto a rifvegliarmi nella fantafia a tutta prima vifia la idea che quivi anticamente potefie aver efiftito un qualche vulcano . Quindi mi diedi tutto al rin- tracciamento di quelle note caratterifiiche, che fogliono ac- compagnare confimili effetti di fotterranei incendj ; ed in (atti mi riufci di ritrovarci una pietra , la quale veramente le pofilede tutte, e fervi ad avvalorare il mio fofpetto. El- la è una perfetta lava aderente ad alcune delle minori fcrepolature in fianco delle più grandi . Io la ho confronta- ta con quelle del Vefuvio , che confervo in ferie nel mio Gabinetto , e vi è intieramente confimile. Il Polzone, e la Prezzolana propriamente detta, la quale io in ifpecialità non deferivo , perchè priva , come ella è, di fofl-anze metalliche non ha direttamente interefiate le mi- neralogiche mie ofiervazioni , fono i monti , fui quali ho rifcontrati i marmi oftraciti , ed i teftacei . Vi ha ancora Tom. IV. Bbbb (a) Pare veramente che il termine fante fcevra di acido vitriolico • Cià ViUhlaia ila inutile , perchè già fi fa notifi rapporto alla precitata opera, non darfi in natura veruna Tcrra-pc- 5^2 Memoria dello fchifto calcarlo (a) , dell' argillofo (b) ^ abbondantif- fimamente del geffo (e) e dello fpato calcarlo (d) . Dalle cime del Polzone , con il cammino di quattr' or^ in circa verlb il nordovefi , fempre attraverfo di roccie , e di balze quali inacceffibili , fi giunge al monte Conchetta cfTo pure di pietra calcarla . E' fama che quivi elìflefle anticamente una miniera di me- tallo nobile. Oggidì il luogo, dove diceva!! eliftere, è affat- to coperto di frammenti di pietra rovinati da una vetta fupe- riore, ficchè non mi è (lato poflìbile di farvi alcuna olfer- vazione . Ho potuto avere alcuno di que' pezzi cavati , già tempo, fu quali li fecero degli fperimenti . che, per quanto mi fi dice, riufcirono molto vantaggioli . Ma per quanto io gli abbia efaminati, ed attentamente conliderati , nell'uno in- dizio vi ho potuto rav\'ifare di metallo preziofo . E la cre- derei anzi una miniera di " ferro calciforme concreta con molta ocra difciolta. „ Dal Conchetta Ci palfa immediatamente al BarbarolTa , mon- te pure calcarlo. Con elfo centina il luogo detto le Vigno- le, antico patrimonio della valle di Scalve , ma ora appar- tenenza di alcune Comunità della confinante valle Seriana . Quivi fi trova una miniera di calamita , cioè a dire : Ferrum mìHfralifatum , minerà frrnim attrahinte , ò" polos mundi oflcndcnti . Magms . Wall, fpec 223, Dal Barbarofla profeguendo il cammino, e ritorcendo mol- to fui nord a arriva fulla Manina . E' da notarfi particolar- mente di quefia montagna che il fuo tefluto efleriore è tut- to di terra vegetabile (f), e di una fpecie di tufo calca- rio (/) , ma che il fuo nucleo è di granito (^). Ella ha in fianco il Saffina , e il Cavandole, monti appunto di grani- to, e di fchifto micaceo {h)^ in mezzo ai quali s' innoltra e refta feco loro nella flefla fezione di piano , nel mentre (a) Caìcareus fiJplÌ!. fpec. j? Wall. ib) Schiflus friabilis cinercH!. Lin- nei 58. 7 (e) Gypfum tequabile. fpec. 6Z Wall. (d) Spathufn Lamellare. Ipec. \(> ,(3" arenarinm Ipec. 6i Wall. C t' ) Humus colorata Martialis • fpec 2 Wall. (/) StalaBites cakareus incerta figa- ra . Cronftedt loco precitato . [g] Granitts . Ipet. toi Wall. (,%) Les Roches feuilletés di SaulTu- re, & granices , fpecie anzidetta. ORO G R A F I e O-M I N E R A L oc I e A CCC. ^6^ che dalla parte di mezzogiorno refla attaccata all' anzidetta montagna calcarla Barbaroila . Io ho voluto propriamente vedere quali fodero le mate- rie , che fervivano di punto di congiunzione di quelle due foflanze dalle prefate montagne tanto differenti nella edenza, e nelle epoche della rifpettiva loro origine ; e mi è riufcito di offervare che un groffo ferpeggiante ftrato di fchido ar- gillofo non molto compatto (a) formava quello congiun- gimento . La Manina ha la fua pendice fettentrionale fotto la de- nominazione di monte Fles appart;r:ente alla Valbondìone , e fé ne parlerà in feguito . Nella fua coftiera verfo mezzodì ha dieci o dodici cave di ferro. E in quella, cui io ho po- tuto villtare , vi è difpofto in idrato colla inclinazione let- tentrionale di 27 gradi incirca e colla direzione dal pd- oveft al nordefi . Varie devono edere le vene o filoni di fer- ro in quedo monte ; ma adai picciola diderenza 'ìx ravvifa nel metallo , che fé ne ritrae . E da qualunque di quede ca- ve egli fi ottenga , fempre abbifogna di un medruo nella fu- sione , a differenza delle altre miniere di queda valle , le quali vengono comunemente trattate fcnza di tale foc- corfo . Vi fi impiega dello fpato calcarlo {b) che fuold ca- vare dalle falde del Barbaroffa e da altre montagne di dmil genere ; anzi fé ne trova qualche volta nelle dede cave del- la Manina intramezzato a drifce nella miniera ,6 fu i fianchi della medefima . Egli è quedo un ferro perfettidìmo , e di una fingolar» riufcita principalmente nei gettoni , a motivo della fomma ■fua duttilità. E' " calciforme fpatofo roffo,e calciforme fpa- tofo giallo „ . Il primo ha ancora della " mica ferrea „ dalla quale diligentemente non fcevrata la miniera , viene queda ad effere molto pregiudicata nella fufione. Ferrum calcarei s Lipìdibus inb£rcns , minerà alba , facis B b b b ij (e) Schi.his aygilljc;us friaHHs cine- ih) Spathura arenarium fpec. 6ì , iS" r.»«f Linnei 38. 7. Alcune volte e ancora tcjfulare fpec- èo WalL .giallosnolo dall' ocra che ccntitne . 5), principalmente al- la fua bafe , dove ne ha un grande ammaflb confuTo . Quefto fchiflo fragile in moltiflima parte è inveftito da " un vitriolo marziale frammifchiato di allume. „ Ferrum vitriolatum .'^cr^m. §. 70 cum argilla vitriola- ta §. 6-j ibidem . Se colla lente C\ efamini quefto fchifVo , vi (ì vedono i piccioli pezzi di pirite, che fi {compone , e produce ambe- due quefìe foftanze le quali rade volte vanno disgiunte . Trecento pa(Iì incirca da quefi-o luogo , fulla (leda coftie- ra , ma veri'o il fiidovefi -, a qualche minor elevazione trovali una miniera di " ferro calciforme „ cioè Frrrum calcareis lapidibus inh£rens , minerà fufca, facie lapidea^ fine nitore ^magneti non attraBilis fc. Wall. fpec. 336. Contiene ancora del " magnefio ofiia manganefe ., in do- fe non picciola ed a foggia di ftrato , diretto dal fudovefi al nordejì , inclinato di 25 gradi incirca fui noxAorvefi . Due altre cave ve ne fono lungo la ftefla coftiera , fempre abbafiandofi di elevazione, ed alla diftanza di più di cinque- cento palli dall'anzidetta in una rupe poco meno che inac- celTibile . Quelle due fono quelle che fornifcono una quanti- tà di ferro maggiore d' ogn' altra di quelle vicinanze , e di un ferro atto a qualunque opera. L'altra delle grandi cofliere del Glenno , nella falda fua finiftra pendente verfo il ^iidefi , ha varie denominazioni , fecondo che viene variamente configurata in promontori , ed in vallette . Si le une che gli altri mettono fui centro della valle , e fono ricchiflimi di miniere di ferro , il qua- le però varia molto nelle proprietà col cangiare della fitua- iione . Dal centro della valle volendoli riandare quefi^e vallette e quefti promontori , dal fudefi s' incomincia ad incontrare la Valmanna. / i.'tt . t Bbbb iij (a) Schi/ius pinguis tenuioribus la- (.b) Schi'/fus ec. fpec. I-;njnii>n . fjiec. ti & fez. VII. - - - iejjulars . Ipsc. 60 Wall. J74 Memoria i Molto orrido è I' afpetto della valle Bondionc. Selve fol- tifliiTie di ofcLiri abeti , e di vecchj faggi la ingombrano per ogni dove ; montagne ertifiime eftremanìente Li rinferrano , ficchè il fole non vi comparifce che brevemente full' orizzon- te ; e il colore flelTo della pietra componente quefle moli flerminate , collantemente nericcia - bruno , concorre a rile- vare gli orrori di quefla lituazione . Vedonfi quivi ne' fìti inofpiti a' raggi folari biancheggiare perpetuamente le ne- vi fra le ofcurità delie vette torreggianti , e di là con pre- cipitofe cadute romperfi come in bianche nebbie perenni ru- fcelli di acque limpidiffime . Ve n'hanno di quelle, che nelle loro riprefe di balza in balza contano fino qualche centina- io di piedi di perpendicolo, • 1 Siami qui lecito di fare qualche cenno della gran caduta, del Serio chiamata ili BarbcUino , lontana dal villaggio di Bondione un'ora di faticofo cammino . R.imontando quinci i\ corfo del fiume , Ci arriva ad una folta felva di annofì faggi ; e quivi fentefi lo ftrepitofo mormorio della caduta ; ed una minuta pioggia inalzata dal vento , che quivi fempre fpira , avvifa della prefenza di quella gran caduta molto pri- ma che vi fi giunga. Attraverfato il bofco , e falita a ftento una fpecie di alto fcoglio , che in qualche diftanza s'erge di profpetto alla caduta medefima , godefi quindi di quefto gra- ziofo e forprendente fpettacolo. La caduta è a varie riprefe fempre perpendicolari , e che. mettono in tanti bacili naturali fcavati nel duro faffo . La prima, che veggafi dalla fuddetta lituazione, ha pochi piedi di altezza : la feconda ne avrà trenta in circa : ma la terza non ne conterà meno di cento . Alquanto meii alta è* la quarta, la quinta parimente; e tutte infieme verranno a ri- levare non meno di trecento piedi di altezza, andando a fini- re in un alveo dirupato precipitofo interrotto, da flerminati macigni rovinativi dalle vette circoftanti. Fortunatamente nel punto, ia cui io vi giunfi,vi penetra- va il fole co'fuoi raggi, e vi producea un' iride belliffima . In vita mia non avevo guftato di uno Spettacolo piì;i vago né pili graziofo . Sulla finiftra di chi rimonta quefla valle diretta nel fjo principio dal n.ord. al fui , avvi una lunga catena di monti 0 R OGRAF ICO-M 1 N ERA I. OGICO ecc. 575 tutti variamente denominati , ma gli uni sì ftrettainente uniti agli altri , che fembrerebbero quali una montagna fo- la a varie riprefe , e a varj promontori. Quefta è quella, che nella maggior parte contiene i minerali , di cui abbon- da la valle. Nei Maslana, nel Lanci, nel Calvéra , e in altri fiti nel- la ftefTa direzione , alla elevazione di qualche centinaio di piedi dalla radice del monte , fi vedono tratto tratto gì' in- dizi 5 febbene poco copioli , di una miniera di „ rame pirito- fa „ . Fu tentata in tutti effi luoghi , ma fempre inutilmen- te , giacché il minerale d'effo merallo,che fé ne ritraea,era in una dofe fcarfiflima . Oggidì quefle cave fono affatto ab- bandonafre , né mi fu poffibile di farvi alcuna oflervazione . Il monte Lanci, che cogli altri tutti di quefla coftiera del- la valle è di granito e promifcuamente di porfirite , e di fchiflo- micaceo , ha ancora un filone di „ piombo minera- lizzato dallo zolfo ( Gale-zìa teJJ'ulis miijoribi"<^£?Z'f/?quarantafet- te gradi incirca. In fianco , ed alla difl:anza di venti paffi incirca da que- fto luogo, in uno fchiflo fragile argillofo {a)^'ì\ vede fpun- tare copiofamente dalle fcrepolature ,, un vitriolo di marte accompagnato da un poco di allume ,, Ferrum vitriolatinn . Bergman §. 70 et Argilla vitrio- lata §. 67 nella fteffa opera . Nel Calvéra ancora vedefi un grofib filone di „ piom- bo mineralizzato dallo zolfo „ Plumbum fulphure mincralifatum . Galena teffulis minoribus . Bergman $. 184. Egli contiene poi della ,, pirite di rame „ . Pjrites cupri . Cronftedt fez. 19S. (4) Schìflus argiHofui ec- fpic. 160. wall. 57^ Memoria Il filone qui pure è fettentrionale cogli fteffi gradi d' incli- nazione, ma verlb V ovejl . Ambedue quefre miniere furono altra volta tentate, ma oggidì reOrano aiùtto in abbandono . Se ne trov^ano gì' indizj in varj altri luoghi delle vicine falde, ma tutti alla fteffa condizione. Sul monte Redorta trovali un groffo e lunghidìmo ftratò di una „ pirite arfenicale frammifchiata di ferro e di pionv bo „ Arfsnicum cum fulphure minerai ifatum .BsT^mun §.zi^ct Galena tejjulis minor ibus . wall. fpec. 367. 6. Sulla falda fuperiormente al villaggio di Fiume -nero, ul- timo termine d--lla Valbondione verfo il fui ^ lì trovano due miniere di ferro molto copioie : la prima è di,, ferro fpato- fo bianco „ Minerà ferri alba. Wall. fpec. 536. h. La feconda parimente di „ ferro fpatofo bianco , ma tenden- te a! giallo, e coperto di un' ocra marziale difciolta , e in qualche luogo indurata, come nella miniera paluitre Minerà ferri alba. Wall. fpec. ^^6 . h. Ochra ferri . Wall. fpec. 341. Sono utiliiìime quefte due miniere , e per la quantità del metallo, che fomininidrano , e per la fua perfezione. EflTe , e le già defcritte elìdenti nel Fies , e ne' contorni , fono quelle , che mantengono andanti quali tutto 1' anno i due gran forni di fulìone, che elidono in quella valle, alla tor- re di Bondione , e nel luogo detto Gavaffb, L' altra cofliera cioè la polla a deftra non e punto fertile di minerali ; non trovanvili per lo più né cave , né indizj di vene metalliche, quindi non ha intereflate le mineralogi- che mie offervazioni . ■ . La valle Bondione , ficcome la propriamente detta valle di Scal- ve, ha delle cave di ferro abbanclonate , e degli indizj , che quivi pure efillauo degli altri minerali , che con vantaggio fi potrebbero cavare : ma la mancanza di focietà , che vi ri- volgano i loro fludj e v'impieghino i loro cap'taii , è 1' ofta- colo principale , che li oppone a cotali. induuncfe nazionali riforfe . RICERC4 577 li I C E li C A SOPRA V INTEGR4ZI0NE SVILUPPATA IN UNA SERIE FINITA ,,, . , (A + Bz) dz «dia jormola ; : , eflendo p un numero •' (a' — 2abicos.$-f b'z')p ' ^^ ^ qualunque intero. Del Sig. Francesco pezzi Tenente nel Corpo degl' Ingegneri , e Proleflbre di Mate- matica neir Univerfità di Genova. tKESENT ^ T ^ Dal Sig, Leonardo Salì m beni M I accadde, ha già gran tempo, d'integrare per me7/ZO di un numero finito di termini il differenziale , rapprefentando p un numero intie- (a' — 2abz, cos.

-'dx La legge che regna in quefta ferie è manifcfìa ; il numera de' termini affètti dal fegno di differenziazione è=p — i j ed il numero di quei che fono moltiplicati da dx e anco- ra =/> — i; dunque il numero totale c=zz(p—i). xt^f-^;^f-''dx Ora eliminando 1' integrale di , fi trova (7-:-iX^-)r ('7+i)-(7+3)t' ('?+i)...C7H-4)^* + ^^''" X. 2. ..(/'— 2)'' /-A'^+f-'g^f-'^V.V 1.2...(>— 3)» rx'!'P-'^f-*'^'dx (q^l)...{q^p~l)J i^^^^ iqi-l)...(qi-p-zj ^T' 1^2^ r x^+'^^'dx I rxT^'g^"dx\ '"• (q,-i)...(q^.3)J ^' {q^.-y){q^-z)J ~'~W~ )"'^'^ II. Se invece dell' integrale precedente fi volefle quella di xì^t-^dx ^ ^, Il avrebbe 0p D d d d ii 5S0 Ricerca J ^' ~\ i.z....(p-i) JKq^iJ^'-' ' ^ x^dx i.z...(p—zy rx^-^f- ' §t'dx ecc. (^) n x'>dx i.z...(p — zy r. 1.2' ^.•v?+'£"^;c__ I rx^+'^'dx\ '^ (^i.i)...(q^)J W'§:'-^ (q+iXq+^)J a'.^'^-y Non pofTo qui trattenermi nelle varie riflelfioni che le formole ( i ) e (2) prefentano , onde ottenere delle mag- giori riduzioni; mi baiterà di oHervare per arrivar tofto al- la propoftami integrazione, che uno dei femplici rifultati , ch'efle poflano fornire, dipende chiaramente dal cafodi^"=o; allora g' =c ; e efiendo una coftante arbitraria ; dunque '^^' ^ ^' '^'"^^ ^* P^" generale che qui per fortuna poffa avvenire ; allora 1' equazione primiti- va diviene xì4x .V''''"' mx'i+"dx ■■■■ - \ ' ^=-d. , — , —, . .. -.+ e d ^— non farà più efpreffb da un trinomio , ma da cn{qvn^i)x'ì+''dx zc'frxi^"dx , . . ,,n ìiinomio — ~ ; \ ed in conle- un uinomio ^^ _^ ^^^^ ^ ^^^.„^. (rj,-iXO^cxy ' "uenza tutti li differenziali fucceffivi verranno efpreffi da foli binomj ; dunque i termini in numero p — 2, affetti dal fegno f e moltiplicati per ^' nella formola ( i ) divengono rulli ,' od eguali a zero . Suppongavilì dunque, dopo aver moltiplicato il numeratore del primo membro per .r"- ',§.''=: o ; g'r=c-« •,g"=c'«';. ..^'^"' = (f/2)''~' 5 e fi foftituifcano da per tutto per q-{-^ , — n(f— I)+i j_ ^-^^^ro-n;/.— j)+i (m-ìì(p-i)-ii)(b+cx") ' {'m—>ì(p—i)ii){m~M{p-z)i-i){b-ì-cx"y ' I. 2. c'?ì'x'"-"'-P-^^+' (m-n(p~i)+i)...(m-n(p-3)+iXb+cx''y '^ I. 2. . . . (p — z)x"'-"+'(cn)i'-' />x"'-"^^-''^dx\ {m--n[p-i)^ri){m-n{p-zU-i)...{m-n<-iXbi-cx"y-'' J b^cx" ) • . . (3) Ch' è la formola del Sig. Cavaliere Lorgna , a me inviata dall' Illurtre Autore. La legge di progreffione è nota; il numero de' termini è =/> ; de" quali/» — i fono algebraici e liberi dal fegno d'in- tegrazione IV. Suppongafi b ~{- ex" :=: -z. ; lì avrà ■ . /x"^'"f--^^dx I r ,,^^ -I' dz. , b + CX" «-;■« , V Z. ^ le farà integrabile per una ferie finita , algebraica in parte, in parte trafcendente tutte le volte che farà un nume- ^ n ro intero; allora fé ■>Tì ^' integrale fi fvilupperà per n rn-\- 1 il binomio di Newton; fé + — , allora la riduzione in quiftione e ugualmente poiribile . Sia dunque §l=z(b-{-cx''y'- 7 ; fé fi pon niente che il fecondo .%-'? + ' ■ ■• ■ ' ■ . termine del differenziale di — '- , non contiene pivi al denominatore il quadrato di b + cx", ma bensì la po-tenza i4-- della fleffa quantità, e che il numeratore invece di ' r . s edere moltiolicato dall' unità, lo e da-; fi vede facilmen- te, che laddove p non è combinato con s. Ci deve fofiitui- re per/? — J , Z' — • ^ ? ? — 3= ecc. nella forinola (3),p-, p—i , P—---, ecc. ; e per /^ — i , Z' — 2 , . . . 3 , 2 , i ; s s s S s p— i~l-- . p — z-}-- , =i4--5i+-,-, ond' eiTa. r ' r r X r T diverrà /- x^dx __ / _ (^»-^^/^+ i){m—n'p— i )+ 1 ) . . . {m-n^- 1 )\ ( ■ ne - X , - -. ' — + _ (ju — np-Jr i)[b+cx'')r {m-np^ci){m-nfj>~i)+i){b^-cx")7+' S S m_ji(f_2; (1. C^»^ - ( l-'.- - )x + ■ {rn-npA-\)...{m~n{p~i)^\){b^cx'')r'^'^ ■-'■■'■-■ C'«^ -( I + 7)(^ 2 -f -)X f - • •■ '! I- + ; — {m~np ^.■i)...{m-n{p-7,]^\){b^cx'')7 -^^ SOPRA l'integrazione ecc. 585 + + ; (m-~np'\-\)(rn-n{p-i)-iri) {m-n+i)[b-\-cx") ~ + C"' '^dx J (b + ex") ; ) (4) {b + CXn'r J ■ • - ' '' ^' Ove il numero de' termini è ^=p-\-i. VI. Sia ora propofto d' integrare la formola ;— ; esh e evidente che per darle la {a^ — iabz.cos.(p + b'z^y ^ • .,- ; r r ■ aCOS.p forma prefcntta, bifogna fupporre z = «-t ] — 5 loltituen- dovi dunque i valori dì z, 'Z.^ , ^ dz ; e facendo per mag- gior brevità Cz=A-\ ; e D = flMen.^i^, ii avrà l-{C-\-Bu)dH B r du -j- Coli-.; trattone però il cafo di Z' 1=1. .»; VII. Si p = i , lì ha evidentemente ^f C 4- Bu ) du B r. , , , , C , tan. -—- = Cofl-, ^ r log. ( a' — zabz cos.^p + b'z.' ) 4- \/D ~ ib' ° ^ ' y^^ 4- 777 Are. tang. • ; — • 4- C . ab'kn.p ° a—bzcos,

. I T, b' i' h' A — — -R — _-r. -F — • • • • T =z± —y -, U=:f —r- ■ dunque J ^ 4- bl"-' ¥' r du r du I ^ h* , ^ M (;;-i)D«'"-""^ {p'-3)D'uf-^ (p'-5)DUiP'-'^ (p'~j)DU{f'-' ...q^-TT-T 7— Are. tang. -^....(5) . D:u D-r ^ La legge che vi regna è evidente ; ed il numero de' termi- _ p' ' ■ •- ■ - ■■ • . . lii e = --t~ ^ • IX. Ma fé p' fofTe un numero intero qualunque pari o dlfpari, allora calcolando due ferie feparatamente fi troverebbe r___du I b' ^__ J (D+b'u')Hf ~ (p'^Duf'-' ^ (p'-3)D'uf'-' (p'-5)D'uf'-' + ... SOPRA l'integrazione CCC. 585 dll \ , ' ■ y P' — , 7— r:, 1 . . . (6) ove il numero de termini e = - -\- t bu-\/-Dj 2 ' ovvero == ~i" ^j fecondo che p' è pari, o difpari . 2 Si prenderà nel fattore — del coefficiente dell' anti- 2 penultimo termine -f ovvero — , fecondo che/»' farà pari o difpa- ri, e fi riterrà -f ovvero — nel penultimo, termine fecondo che/»' farà pari o difpari , e + ovvero — nel coefficiente rr- fecondo che p' farà pari o difpari; onde fupponendo p'=2ad un numero pari, l'integrale fi trasformerà in quello eh' ab- biam trovato per queflo ultimo cafo , in cui il fegno dell' ul- timo termine è fimile a quello del penultimo . X. Ora foftituendo negl' integrali (3) 6(5} per w, ;/, , . r bx.-acos.q) b, c,x (=:u),p'; 1 loro valori 0 , 2 , <7' fen.> , t»' , 7 , 2(p' — i); fi troverà dopo averli ridotti, moltiplicati per Ab+aB COS.

— 2)2P- \ ^ ^ ( 3 — 2p ) . . . ( — I ) {bz. — a COS. $ ) A?-' > To/w. /K pece 5S)(5-;/>)(7-2/>)...-i v J {D<-h'u')u'(F-')~~ b' \ I. i.^....{p — 'Cj^' ) (- l + l V {2p-2){bz-acos. ^ {a fen.ip)'?-' '^'^' ^"" a--bz.cos4>) (A + Bz.]dz. B :=: Colt. — Dunque / — ; J (a^—iabzcos.(p + b'z.'/ '.ip-i)b'Xf-' , Ab -haB COS.

)XP-' 1 . I (zp—SXbz^a cos.(t>y^-^(a fen.cp)' ' (2p—^) {bz.—a cos. — i . Querto integrale fviluppato in cotal modo non pare in- degno dell' attenzione de' Geometri . Effb può condurre ad altre integrazioni necefTarie alla perfezione del metodo poco. avanzato a' noftri tempi delle quadrature. -. SOPRA l' integrazione CCC. 5S7 Xr. Sia a cagion d'efeiupio p=^z; e per maggior brevità B=o ; A= I ; (ì avrà /^^ I / I I X' 2b\ (Ox.—acos.'- + -^ = (^^~^cos.cpJ' ; dunque /^2. Z'~ — i7cos.(^ I . folen. 05 Z' 2^Z(<7fen.;p)'- 2^(«fen. (p)» ' 'a — bz.cos.'p come ha trovato il Sig. Eulero nel citato Voi. pag. 41 . XII. Sia nella ftefTa ipoteli p=:2; Q avrà f^^—l ±- ( L 1 J X' 1' \.2.ù,\iX{b-z.—azos.':^y i{hx, — acos.f3^)X^ — \ 4- ' I-_J ■3,[a\i.n.<^y(bz.~ai.Qs.T^y (te — «COS. cfj(«fen. cp}"* ' {akv\.%-y Are. tan. ^-— \ . a — bz.co^.'p } E riducendo allo flelTo denominatore le quattro prime fra- . . Xrt'^en.^:pf«'fen.^J-Zj+(^3:-^cos.(^)'(3X^-2«^^en.*^) zioni, ^i ha ^ -11 Il 7,X'' ( a. fen. cp y{bz~a cos. , (Z— «'fen.'o;)»', e dividendo per X~a''kn.^p il ha -^-- — • ma 1 ( 3Z— rt' fen.'^) = 3X\akn.(pyyf{X—a'kn.''i) ^^ ^^ X{ 'ìh'rj — 6abz. cos.cp -j- 3^' zos.^

) dente diviene -^ — ^X\akn.ri.y\/ {X—a'kn.'y E e e e ij + 588 Ricerca sopra l' integrazione ecc. bx~a COS. $ 3 . bz fen. A Arc.tan. ■. ~\ rifut- tato identico con quello del Sig. Eulero p. 41 ; ecc. Fì/jc delle Memorie Sociali. 589 INDICE DELLE MEMORIE PRIMA SEZIONE, jL_y Oppoftxlone del nuovoViwefa offervata }7el 1788 Dal Sig. Antonio Gagnoli pag. i Confìdera%ìonì fintet'icbe /opra di un celebre Vroble- ma piano , e rìfolu^ìone di a/quanti altri problemi affini ' . Del Sig. D. Annibale Giordano di Ottajano Prefentata dal Sig. Cavaliere Lorgn a . . . 4 Conferma delle O(ferva<^ioni anatomiche intorno aoli organi della rej'pir anione degli Uccelli. Eece iij 590 Del Sig. Vincenzo Malacarne Direttore delle Regie Terme Acquefì , e Chirurgo Maggiore del Reale Prefidio di Torino . Al chiariffimo Sig. Michele Girardi Medico di Ca- mera di S. A. R. il Duca di Parma, Preiìdente al Ga- binetto di Storia Naturale , ProfefTore primario della me- dellma j e di Notomia in quella R. Univerfità . . i8 Efpofi^lone Anatomica delle parti relative alf Ence-^ falò degli Uccelli . Del medefìmo . Al mcdefimo Sig. Michele Girardi . . . . 37 Offerva-^ione /opra un tumore [ingoiare Cijiico in- terno . Del Sig. Giovanni Antonio Marino Medico Pri- mario dell' Ofpitale della SS. Annunciata di Savigliano in Piemonte Prefentata dal Sig. Vincenzo Malacarne . , jp Appendice alle Ojferva-^ioni /opra un tumore Stea- tomatico fin ej- ■' -^ (a^ — labzcos.cp+b'z'/ - fendo p un numero qualunque intero . Del Sig. Francesco yi.7.T.\ Tenente nel Corpo dcgl' Ingegneri , e Profeflore di Matematica nel!' Univerfità di Genova. Prefentata dal Sig. Leonardo Salimbeni . . 577 NOTA Del Si^. Pietro Rossi P. P. nell' Univerfità dì Pifa . *D" Eflendomi di frefco venuto alle mani le Sperienze intorno la generazione degl' Infetti dell' Illurt-re R.edi d'altra edizio- ne da quella eli' io pofTeggo , vi trovai un' ultima Tavola che non eiìrte nella mia, in cui è la figura dell' infetto di cui parlo nella mia Memoria inferita in quello IV. Volume dilla Società Italiana col nome di Pfiudomantes RoJJìa ecc. Siccome il Kedi fa parola di quefti animaletti alla pag. SS col nome di Cavallucci, cos'i non avendo fotto l'occhio al- cuna figura , non ho potuto accorgermi, che convenifiero co' miei . Rendo pertanto giuftizia al medefimo Autore di- chiarando aver egli prima di me fatta o.Tervazione fu quella natura d' Infetti . 4- Il prcfente IV. Volume contiene Fogli 8i e Tavole io . Il fuo valore perciò, comprefa la provvifione del dieci per cento al Librajo venditore , farà Lire venti Vene- te . Né altra fpefa dovrà avere il compratore , fuorché quella del trafporto del Libro fuori di Verona . Dico -- - - - - - - L. 20 ■^'■'K'^&0^