^ t/if2/t. MEMORIE DI MATEMATICA E DI FISICA DELLA SOCIETÀ ITALIANA DELLE SCIENZE TOMO XVI PARTE II CONTENENTE LE MEMORIE DI FISrCA VERONA DALLA TIPOGRAFIA DI LUIGI MAINARDI MDCCCXIII mviiv^^ ^ /:. O >l A A" INDICE DELLE COSE CONTENUTE IN QUESTA SECONDA PARTE Oopra la legge dell' organismo animale da cui dipen- dono i mestrui delle donne: del Signore STEFA- NO GALLINI pag. i Osservazioni sopra alcune particolari petrificazioni del monte Misma nel Dipartimento del Serio : del Sig. GIO: MAIRONI DAPONTE 17 Argano di nuova costruzione da adoperarsi sugli edi- fizj e sulle navi: del Sig. Cav. GIO: FABBRONI 3? Intorno all' avvelenamento di nove persone a un trat- to cagionato da funghi : del Sig. VINCENZO MA- LACARNE da Saluzzo 4^ Osservazioni eletrometriche e cerauniche: del Sig. Cav. CARLO AMORETTI 5i Sopra una singolare dcjezlone d' intestino : del Sig. L. M. A. CALDANI 8jt Osservazioni anatomico-patologiche : del Sig. FLORIA- NO CALDANI 119 Storia medica di una singolare malattia verminosa: del Sig. D. LUIGI GROSSI presentata dal Socio Sig. Floriano Caldani _ i35 Calcolo di spezie sijigolare ritrovato nel centro di un tumore esterno . Storia della malattia . Chimica Analisi dello stesso corpo con molti riflessi pato- logico-chimici sulla sede, formazione, e natura del presente"^ calcolo : del Sig. JACOPO PENADA presentata dal Socio Sig. Malacarne \\i Correzioni ed aggiunte all' arpa per renderla atta all' esecuzione precisa e senza ripieghi di qualuiii[atì musica f|uaiilo lo è, il piano-forte: del Sig. ALES- SANDRO DALL' OLIO presentate dal Socio Sig. Cav. Riiffini pag. iSg Sopra r urto e la percossa dei fluidi del Sig. Cav. VINCENZO BRUNACCI 172 Idee relative alla condizione delle malattie universali e locali : del Sig. VALERIANO LUIGI BRERA 181 Delle Cavallette Pugliesi: del Sig. GIUSEPPE MARIA GIOVENE ^ 188 Osservazioni elettrometriclie e cerauniche : del Sig. Cav. CARLO AMORETTI aia Errori scorsi in questa seconda parte e correzioni a3r Ih K'-! MEMORIE DI FISICA SOPRA LA LEGGE DELL' ORGANISMO ANIMALE DA CUI DIPENDONO I MESTRUI DELLE DONNE MEMORIA Del Signore Stefano Gallimi Ricevuta li 7 Settembre 181 1. u, ' na delle leggi dell' economia nell' individuo femmina del- la spezie umana è quella della mensuale secrezione di alcu- ne oncie di sangue per i vasi della superficie interna dell' utero dalla pubertà sino a circa trenta anni dopo . Plinio non ha dubitato di asserire che il solo animale soggetto a quella menstruazione fosse la donna . Aristotele però e tra i moderni naturalisti Io stesso celebre Buffon, hanno sospet- tato che le femmine di altri mammiferi e soprattutto delle scimie avessero una simile purgagione sanguigna : ma que- sta opinione non ebbe finora partigiani di nome . L' Mailer dopo alcune osservazioni ed indagini sulle vacche e sulle pecore ha preteso poter assicurare che quei naturalisti ab- biano preso uno sbaglio considei-ando come mestruo una tra- pelazione sanguigna che durante il tempo del calore, o del- l' estro venereo si manifesta : e Blumenhach celebre fisiolo- Tomo XVI. I a Dei Mestrui delle Donne . go di Gottinga avendo avuto occasione per molti anni di osservare alcune scimie femmine di quella spezie che più sono giudicate avere in comune con le donne i mestrui, francamente scrisse in una nota delle sue Istituzioni fisiolo- giche non avere mai veduto jaculazio- ne del seme sul germe viene fatta senza accoppiamento alcu- no ; i maschi aspergendo di seme i germi che le femmine hanno deposti . È poi curioso che i molluschi gasteropodi e alcuni vermi quantunque ciascun individuo sia di ambedue i sessi e abbia in conseguenza gli organi del liquor fecondan- te, e del germe, pure hanno bisogno di accoppiarsi per met- Del Sic. Stefano Gallini . n tersi in quel!' attività necessaria , acciocché il liquore fecon- dante passi sul germe dell' altro e reciprocamente nello stes- so tempo si fecondino. Nelle rane inoltre abbeuchè l'accop- piamento sia necessario per mettere in una maggior attività gli organi del maschio e della femmina, pure i maschi slan- ciano il seme e ne aspergono i germi nelT atto soltanto che la femmina li caccia fuori per deporli . Ma in tutte queste circostanze diverse la fecondazione è sempre ajutata da una temperatura che si accresce al di là di quella che in deter- minate stagioni viene prodotta nell' atmosfera e nei corpi cir- costanti . In ultimo luogo nella più complicata di tutte le generazioni oh' è quella dei mammiferi e dell'uomo, gli or- gani produttori del liquor fecondante e quelli produttori del germe possono quasi indipendentem.ente dalla stagione e dal- la temperatura de' corpi circostanti mettersi in attività suf- ficiente per produrre quasi ad ogni momento la temperatu- ra necessaria all'apparizione, al distacco, ed allo sviluppo del germe . Risulta da tutto questo che quantunque il calorico sia la causa primaria ed efficiente di ogni generazione pure le diverse e sempre più molteplici circostanze che concorrono a produrre ed accrescere la temperatura negli organi della generazione degli animali più perfetti rendono molto diverse le epoche, e le fornìe delle loro generazioni . È indubitato che negli animali mammiferi e nell' uomo in particolare la maggior attività ed eccitamento degli organi della generazio- ne può spesso dipendere dalla vista dell' oggetto amato o dalla grata ricoi'dazione delle sensazioni altre volte provate e Ma prescindendo pure da tutto ciò che può essere estraneo al presente argomento è indubitato ancora che in essi la mag- gior attività e il maggior eccitamento di quegli organi deb- ba derivare necessaiiamente , oltre che dall'influenza della temperatura atmosferica in determinate stagioni, dallo stimo- lo trasmesso per contiguità o continuità di tessuti dalla co- pia di sangue e di liquore che affluendo agli organi della gè- 1 2 Dei Mestrui delle Donne . nerazione della femmina è atta ad Ingrandire ed a staccare i germi dall' ovaje. Questo fa che gli animali della classe de' mammiferi sembrino quasi del tutto indipendenti dall' influ- enza della stagione per la loro generazione , e sembrino di- pendere piuttosto dall' affluenza maggiore o minore di san- gue a quegli organi che producono il liquore fecondante o il germe , in proporzione alla qual affluenza deriva la più o meno frequente attitudine a mettersi in quell' eccitamento necessario per l'accoppiamento e per la susseguente genera- zione . Ma qui non si limitano le differenze nella generazione di questa più perfetta classe di animali in confronto delle al- tre . E da osservarsi che i mammiferi e l' uomo si dicono an- cora vivipari perchè il germe staccato dalle ovaje e feconda- to dal seme virile non esce subito fuori dei corpo materno, e che non si stacca nemmeno dall' ovaje portando seco il suo nutrimento per non avere bisogno, come si osserva negli ovi- pari , di rimanere soltanto esposto ad una data temperatura onde svogliersi e divenire un essere vivente simile agli altri della sua spezie . Nei vivipari il germe si stacca dall' ovaje non portando seco che alcune membrane in cui sta involto: ma subito si ferma in una interna cavità della madre detta utero ove col favore de' nuovi umori che può continuamente assorbire, e molto più col favore di una temperatura sempre crescente a cui si trova esposto, continua a svogliersi ed in- grandirsi sinché rotti gli involucri esce da questi e contem- poraneamente dall' utero materno , atto a vivere da sé ed a procacciarsi il vitto dai corpi circostanti . Ma per mantenere la temperatura necessaria nell'utero e per poterla accrescere gradatamente a misura che il germe si sviluppa ed ingrandisce, la natura ha costituito le femmi- ne di questa classe in modo che il sangue divenendo soprab- bondante al momento della pubertà affluisce in più copia ai vasi dell'utero e si aumenta anzi gradatamente e solo vi af- ililisce con più impeto nell' accresciuto eccitamento di tutti Del Sic. Stefano Gallini . i3 gli organi della generazione . E questa affluenza di sangue ai vasi dell' utero 5 maggiore nella donna che nelle femmine de- gli altri mammiferi e vivipari dall'epoca della pubertà sino a cii'ca trenta anni dopo , fa si che quella a preferenza di queste sia atta allo sviluppo e al successivo ingrandimento dei germi in tutte le stagioni ; e fa sì ancora che quella a pre- ferenza di queste abbia mensualmente un espurgo sanguigno. Per conoscere poi la ragione di questo ultimo fenomeno che sembra proprio della sola Donna si deve considerare che questa secrezione sanguigna, prescindendo già sempre dai casi morbosi, sia bensì prodotta quando l'afflusso di sangue e il conseguente eccitamento dei vasi dell'utero è arrivato a un certo punto, ma quando pure alcun germe non sia disceso nell'utero. Che se un germe fecondato è nicchiato nell'ute- ro, e se comincia ciò che dicesi la gravidanza, allora l'espurgo mensile cessa ordinariamente dal primo mese di questa. Con- vien dunque dire se mal non mi appongo che nel caso di non gravidanza i vasi dell'utero ripieni ed eccitati sino a un dato punto non potendo più superare la resistenza delle mem- brane che li sostengono, reagiscano con più forza nel san- gue affluente e Io obblighino a trapelare per i pori laterali esalanti ; e che in grazia di questa mestruazione l' eccitamen- to debba gradatamente diminuire finché cessato che sia del tutto ricomincia dal nuovo sangue che seguita sempre ad af- fluire e che allora non può più trapelare . In questo modo e per questa ragione succede !a mensile secrezione di sangue nelle donne non gravide , la quale poi non si osserva allor- ché un germe fecondato è disceso nell'utero, perchè questo germe come nuovo stimolo deve metter in azione la turge- scenza vitale delle membrane dell' utero , deve produrre una espansione nelle fibre di questo , e deve lasciare che i vasi possino maggiormente dilatarsi, anzi possino per l'accresciu- ta loro azione somministrare in più copia per trapelazione di quegli stessi esalanti laterali un umore gelatinoso, da cui esso germe attrae od assorbe il suo nutrimento . l'4 I^Ei Mestrui delle Donne . -z-òvr'. ^|jg questa affluenza di sangue necessaria a mantenere ed accrescere gradatamente la temperatura della cavità in cui per circa trenta anni dopo la pubertà i germi fecondati so- gliono discendere per isvilupparsi ingrandirsi ed acquistare la capacità alla vita, sia la causa ancora della periodica me- struazione delle donne nel tempo che alcun germe non di- scende 5 lo si può argomentare pure da alcune osservazioni sulle femmine degli altri vivipari. In queste l'affluenza del sangue all'utero come agli organi produttori del germe, è certo minore e rende le medesime più di rado atte alla fe- condazione e al successivo sviluppo del germe . Ma in esse pure , quanto particolarmente la loro spezie è più vicina al- la umana, allorché l'affluenza del sangue è arrivata a un cer- to punto e che le altre circostanze favoriscano l' eccitamento degli organi della generazione, o sia allorché sono nello sta- to che diconsi calde o in amore, se l'accoppiamento non por- ta nell'utero il germe che lo irriti, lo espanda, e ne assor- ba l'umore gelatinoso trasudato dai vasi esalanti, nasce quel- la trapelazione sanguigna che imita o corrisponde alla men- suale secrezione delle donne . Dietro tutto questo mi pare ragionevole il concludere, che quantunque nelle sole donne comparisca la mensuale pur- gagione di alcune oncie di sangue, e nelle femmine degli al- tri mammiferi si osservi tutto al più qualche vaga trapela- zione sanguigna nei momenti che sono in calore, non ostante la medesima legge dell'organismo animale in questa classe de'mammiferi regola tutti questi fenomeni . Il sangue allor- ché al tempo della pubertà ridonda, deve in più copia del bisogno affluire agli organi della generazione ed ai vasi dell' utero per mantenere ed accrescere la temperatura soprattut- to di questo ultimo viscere necessaria allo sviluppo ed in- grandimento del feto . La maggior affluenza del sangue all' utero nelle donne in confronto delle femmine degli altri vi- vipari rende quelle atte a fecondare i loro germi quasi ad ogni, istante della loro vita 5 mentre le altre femmine non. Del Sic. Stefano Gallini . io sono atte che a periodi più o meno distanti. Ma quella stes- sa maggior affluenza di sangue tanto nelle donne che nelle femmine degli altri mammiferi fa sì che allor quando non discende alcun germe nell'utero il sangutj stesso che accorso accresce gradatamente l'eccitamento di questi vasi o tutto si scarichi di tratto in tratto nelle vene per una conseguen- te accresciuta celerità di circolazione in quei vasi , o non potendo tutto scaricarsi trapeli per i pori laterali esalanti . Nel primo caso sono tutti i vivipari e per il secondo si os- serva nelle donne una mensuale secrezione di sangue , e nel- le femmine dei vivipari più prossimi alla spezie umana quel- la trapelazione di sangue al tempo del loro calore o estro venereo . Sempre però l' evacuazione del sangue da quei vasi ne' quali aveva affluito in più copia del bisogno, fa che ces- si l'eccitamento e il grado di temperatura necessario alla fe- condazione e al successivo sviluppo del germe , e ciò finché nuovo sangue affluendo in seguito porti l'eccitamento e la temperatura al dovuto grado . La legge dunque dell'organismo animale che regola tut- ti questi fenomeni diversi nelle diverse spezie de' vivipari, dipende dal solo fatto costante che le femmine di tutta que- sta classe di animali sono costituite in modo che dovendo ritenere nell'utero il germe fecondato sino a quell'ingrandi- mento per cui può da sé ritirare dai corpi circostanti il suo vitto , ed avere in conseguenza una vita da sé , l' utero per una progressiva affluenza di sangue possa mantenerne ed ac- crescere la temperatura necessaria a favorire lo sviluppo e l' ingrandimento del germe . Bla la scoperta di questa legge non deve essere considerata come atta a renderci ragione di alcuni fenomeni indiferenti e quindi come arida di conseguen- ze e come di poca entità . Si deve anzi conchiudere da tut- to questo che quantunque le donne stesse sembrino atte a divenire feconde in ogni istante, debbano però concepire più facilmente alcuni giorni dopo la mestruazione o nel nuovo accrescimento progressivo di eccitamento uterino e di afflusso -l6 Dei Mestrui delle Dojmke . di sangue piuttosto che quando l'eccitamento è troppo av- vanzato o quando v'è l'espurgo sanguigno. L'eccitamento dell'utero corrispondente al progressivo afflusso di sangue ha una certa corrispondenza col hisogno del germe , e perciò quando si voglia che lo svihippo del feto progredisca nel mo- do più avvantaggioso a fine che l'individuo acquisti helle forme, salute, e vigore, converrà far attenzione allo stato di ille se ne sono trovati di alquanto più grandi nelle sabie del Berglien in Norvegia , come dice anche Hofmann . Condì \Hologie DesaiUier d' Argenville , Tom. I, pjg. 606, ';3r. aS Petjrificazioni del Monte Mjijìwa . era Storia, e cui troviamo sì vivamente impressa su tutto II Pianeta j convien , dissi, immaginarsi, che l'annientamento, o cessazione delle tante altre, delle quali non ci rimane, che qualche fossile antica reliquia, eseguito siasi dalla natura coli' abbandonare le specie all' imperio di questa inesorabile sua legge ; contro cui vincerla non potè pur anche il non men forte principio in tutti i viventi insito della smania per la perpetuazione della specie . Quindi nel più delle predette raz- ze animali terrestri, o marine, onde giungere per siffatta via all'ultimo loro termine, le generazioni devono aver passati tutti gli innumerabili gradi d'indebolimento progressivo nel- la congenita forza rìprodutti\>a \ sicché , degenerando a poco a poco dalla originaria grandezza, e moltiplicità, e diminuen- dosi così insensibilmente nell'una, e nell'altra, gl'individui, abbiano portata la propria specie a cancellarsi dal ruolo del- le sussistenti . Ora dai tenuissimi Ammoniti microscopici dal nostro Bianchi riferiti , che pur vorrebbonsi fra le specie tutt'ora sussistenti, e da quelli poco piìi grandi rammenta- tici da Hofmann , rimontando noi coli' immaginazione agli Elmintoliti fossili osservati nelle stratificazioni di Macia ^ e pivi ancora a quello descrittoci da Vallìsnieri {de statu Diluv.) il quale dieci piedi avea di circonferenza, ed all'altro vedu- to da Spada , che pesava più di cento libre ( Ceta Lapid. figurai, agri Veron.), i quali da cert'uni vorrebbonsi i veri prototipi degli Ammoniti, che vissero dappoi, quale dovrebbe essere il numero de' secoli dalla natura impiegato nel portare siffatti abitatori del mare ad estremi così distanti di grandez- za de' loro corpi . E quanto maggior numero poi per ridurre con sì lento passo tali razze viventi al totale loro estingui- mento ! i5. Ma lasciamo questi calcoli sempre superiori al nostro intendimento , e passiamo alla descrizione sistematica de' no- stri Belenniti . - I Belenniti { Helmintholithus Linnei spec. 2.3 , Belemnites Aldrovandi Mass. 6i8, Belemnìtce Wall. spec. ^65 ), che in Del Sic. Gio. Maironi Daponte ^ at| Macia sì trovano sono corpi cilindrici retti , della grossezza di un terzo di pollice circa, e che ne hanno dai cjuattro si- no ai sette di lunghezza, impiccolendosi quanto più dall'a- pertura ossia base si passa all'opposta estremità, ov'essi fi- niscono in punta troncata. Esaminati attentamente nella loro superficie questi nostri Belenniti, altri presentano un corpo liscio continuato, altri lo mostrano attraversato da frequenti leggerissime segnature, principalmente vicino alla loro base, le quali talora sfuggono all'osservazione (i) . Sono di una tes- situra sottile e dilicata nel loro contorno;, e se vengono ridotti in pezzi, mostrano d'avere una fibra longitudinale, che vi sta nel mezzo, e a cui si veggono condotte dalla circonferen- za del cilindro, quali strie concentriche, le fibre orizzontali, che il loro interno formano . Esponendo al fuoco questi El~ mintoliti spargono essi un odor fetido, simile a quello del corno bruciato, e della polvere da fucile. Riscaldandoli leg- germente ^ e poscia nell'acqua fredda immergendoli si spez- zano longitudinalmente dietro al loro asse, il che anche a Wallcrìo avvenne di sperimentare (a) . In quelli poi, alli quali per qualche causa accidentale non era stata affatto di- strutta la base , ho ravvisata una cavità conica più o meno larga, in alcuni vacua, ed in altri chiusa da carbonato di ealce. E ne ho avuto alle mani uno, in cui osservasi invece una specie di alveolo fatto a chiusure superiormente connes- se 5 incassate le une sopra le altre , e che tutte insieme ima specie di lungo cono formano, simile a quello, che veggia- mo negli Ortoceratiti ( Orthoceratìtes ) (3) ; ed in altri queste (i) La figura de'nostri Belenniti coin- cide perfettamente colla descrizione, clie di questa fossile conchiglia ci sommini- stra \\ Dictionaire d' Histoire Naturelle in 24 voi. in 8.° Paris an XI , i8o5 , all'Art. Belemniti . (a) Nel suo Systema Mineraìogìcum etc. Tom. 11. Obsen?. 3.", pag. 449- (3) La qualche somiglianza tra li Be- lenniti , e gli Ortoceratiti ha indotto al- cuna fiata a prendere gli uni per gli al- tri , al che forse può aver dato motivo anche la commiione del nome generico di Helniinthollthus dato da Linneo pro- miscuamente all'uno, ed all'altro di questi verrai Conchiglia . Ma sono ba- stantemente nrarcate le caratteristiche differenze loro , perchè bene esaminan- doli j non si abbia a prendere abbaglio . 3o Petrificazioni del Monte Misma . parti organiche particolari della fissile conchiglia hanno smar- rita ogni determinata fìgnra nella sostanza, da cui essa è coni- penetrata, e piena. Questa sostanza è assolutamente calcare, sperimentata tale con tutti i processi chimici , siccome lo è lo stesso guscio, il quale vedesi di un color osseo oscuro ;, affettando nell'interno una tintura più chiara pellucida tcstu- ginosa , di cui certamente non è la pietra, nella quale la marina spoglia mirasi incorporata . 16. Varie sono le opinioni sì degli antichi, che de' mo- derni sull'origine del Belennite fossile . Tutti e tre i regni della natura se lo sono disputato; ma cadono pienamente quel- le opinioni, che non ammettono questi corpi nella classe del- le conchiglie marine petrificate . La loro struttura interna , e la loro esteriore corteccia, chiaramente dimostrano, che questo corpo cilindrico ha servito di soggiorno ad un verme marino , il quale distrutto poscia , e scomposto , ha lasciato il suo casolare in preda ad una sostanza lapidea , che l' ha compenetrato, e riempiuto sì, da far passare il Belennite dal regno animale, a quello de'corpi inorganici (i). (i) Il Belennite conosciuto presso gli antirhi sotto il nome di Ceraunites , di Coracìas , di Corvinus Lapis , di Lapis Lrncis, o Lyncurius secondo Dioscoride, Teofrasto , e Plinio, fu eia quest'ulti- mo chiamato anche Datylus Ideiis dall' essere desso stato rinvenuto sul monte Ida. Riportò dappoi diversi altri nomi, fra i quali quello di Lapis falminaris , e di Tonitrui ciineus dall' essere stato ben anche creduto un corpo formato nelle nuvole . Il Sig. Woodivard nella sua Geografia Phisica, ed i di lui se- guaci Svheuchzer , e Mounier sospetta- no , che il Belennite fosse originario del regno minerale ; e dietro questi Langius nella sua Historia Lapid. figurat. , ed Assaltus in notis ad Mercati metallur- giam lo vollero uno stalatite prodotto dal fluor minerale. Finalmente Libavius in singul. P. in , lib. 8 , cap. i8 , e Ges- neru in Corollar. ad Epiphan. credet- tero , che questo fossile fosse un succi- no pietrificato . Luìdius nella sua Tehno- graph. Lithooph. Britan. mostrò dubi- tare , che i Belenaiti abbiano origine dal Corno del Pesce Narvallo Nar^rat . o dal Pennacchi di mare Penicilla Marina, op- pure da Dentali Dentatia . E Volckman gli ebbe piuttosto per raggi , e spine di un animale marino . Bourguet che denti fossero della Balena americana da Rondelet descritta sotto il nome di Py- seter , o del Cocodrillo Aìligator pari- menti d'America . ( Leti. Pìiilos. sur la format, de Sels ) : opinione adottata an- che dagli Enciclopedisti . Altri , come Klein e Sievers pensarono che fossero spine o raggi di Echini aculei vel rada Echinorum ; e Fischer e Bujfon loro seguaci persino asserirono possedere esìi degli Echini forniti di queste spine. Fra i più moderni Rosinus de Belemnitihus , J. Tti. Klein de Tuhulis Marin. Breyn de P olythalarniis , ed Ehrliat de Bele- mnitibas Svev., Wolch rfe Stai. Reth., Del Sic. Gio. Maironi Daponte. 3i 17. Anche questa conchiglia per parere de' più grandi Naturalisti è da tenersi fra le specie animali perdute, o al- meno fra quelle, che abitando negli abissi del Baltico, o dell' Ocèano glaciale non si lasciano più da noi vedere (i). La Scandinavia, e le australi regioni sono desse quelle, nelle quali li Belenniti fossili ordinariamente si trovano dispersi nelle sitiiazioni più apriche, e nelle campestri arene (2,); ed è certamente cosa assai rimarchevole e strana il trovarne presso di noi . 18. Ci resta per ultimo a ragionare de' corpi silicei ro- tondi, o tondeggianti, che formano la terza delle rarità na- turali che nel Misma a me è riuscito d'osservare. Sotto il mentovato piz o vetta, e nelle adiacenze ove il nucleo, o la falda del monte non è rivestita di crosta vegetabile, trovansi non infrequenti certe pallottole fossili, confusamente racchiu- se in alcuni tratti della mentovata roccia alpina. Veramente non è rara cosa il vedere anche altrove strati calcari fram- mezzati da strati selciosi ; e ciò ci si presenta all'occhio quasi dappertutto, ove ci accada di scorrere montagne di questo genere nel nostro Dipartimento . Alcune poi di siffatte sel- ciose stratificazioni, le quali alternano colle calcari, e ne se- guono l'andamento nei banchi meno massicci della roccia calcarla, si veggono specialmente nelle pendici laterali del ridetto Vallone presso Macia ; e quivi la selce è di color ora e BaumcT nella sua Mineralogia sosten- [jono doversi i Belenniti collocare fra i Testacei , e potersi essi considerare quali tiil uli Tuhulos marini particolari pecu- liare-: o noccioli , nucleos generati ne' Testacei , siccome sembra credere anche Anioni nella sua Orvcto. Pedemon. iVIa svaniscono rotali opinioni in confronto di un diligente esame che si faccia e sulla interna struttura, e sulla tessitu- ra esteriore di questo Elmintolite . IVal- lerio stesso che dapprima classificato a- vea il Belennite fra gli informi marini animali Holothuriie ;, abbandonò il suo parere meliora a N. V. Limi'e iam edoc- tus . Wall. Syst. Nat. Tomo II , observ. tertia in calce pag. ^hz. (i) Allioiii asserisce egli pure nella menzionata sua Orycto. Pedemon. che il Belennite è una concliiglia pelagiana , vale a dire abitatrice , seppur ancor sus- siste , degli abissi del mare ( Bertrand Dictio. Orycto. pag. 70 ) . Il citato Dic- tionnaire d' Histoire Naturelle dice che i Belenniti sino ad ora non si sono da noi trovati che fossili . (2) Linneus Syst. Nat. etc. Tom. Ili, pag. 170. 3a Petrificazioni del Monte Misua . verdognolo, ora oscuro, ed ora rosso vinato (i). Anclie le Alpi propriamente dette, e gli Appennini ne offrono in più luoghi chiari esempi . Ivi pur veggonsi talora stratificati iu mezzo ad una sostanza terrea de' ciottoli silicei, e benanche { il che però è raro ) di quei ciottoli, che sono un ammas- so evidente di conchiglie marine selcificate . Ma tali non so- no quelli, che nel 3Iisfna noi abbiamo. Queste nostre pallot- tole sono di una selce verd' oscura, o nericcia (a), e men- tre molte sono perfettamente sferiche, o quasi sferiche, al- tre hanno una rotondità variata, ed irregolare. Alcune han- no mi nocciolo tutto di un pezzo, altre lo mostrano screpo- loso, e fesso. Alcune presentano dei buchi ne' fianchi , ed altre hanno un vuoto nel centro a foggia delle Etiti, ingom- bro di terra arida calcare, che sembra essere stato il noc- ciolo, su cui la palla siasi lavorata. Alcune sono nude, e le- vigate nel contorno, altre coperte di una patina, o crosta tufacea . Alcune hanno un pollice di diametro, ed altre sino a cinque, e sembrano palle da cannone . Tutte si veggono incorporate nella roccia Alpina nella maniera, che nella mol- le cera resterebbero conficcate le palle d'Artiglieria con for- za cacciatevi . E finalmente alcune vi si incontrano di que- ste pallottole di maggior volume, le quali, come se fossero state dalla sovrapposta roccia schiacciate, e sformate, rappre- sentano tutt' altra figura . Questo fenomeno dà all' occhio se- gnatamente lungo il ciottolo , che attraversando la pendice meridionale del monte sotto l'accennata vetta, conduce al Santuario denominato Santa Maria di Misma . ig. Ma che sono essi questi ciottoli, o palle? Entrarono esse già cosi figurate, e dure nella roccia alpina ancor mol- le ? ovvero la terra calcare è stata depositata sopra corpi fa- cili ad essere distrutti, quali sono le sostanze animali, e ve- getabili ? (i) Petrosilex aiquahìlis Wall. spec. i (2) Silex cequnhiUs spec. ii5 vìrìdt- laa , (a) , (b) , (e) . 1 sceìis , vel colore ferreo Wall. Del Sic. Gio. Maironi Daponte. 33 getabili? E dopo che quella si è rassodata in pietra, queste si sono consunte^ lasciando cosi la forma, in cui l'acqua per infiltrazione abbia poi deposta la selce : ma poiché molti di questi ciottoli hanno nel mezzo una specie di nocciolo bian- co, e calcare, come di esso si spiegherà la formazione? Que- ste selci rotonde sono state talora credute frutta di varie specie selcificate , e potrebbero alla jigura forse credersi ta- li , ma in questo caso per qual mezzo può essersi riempiuto di terra calcare il luogo del nocciolo, o della capsula, essen- do selcioso il resto del corpo, cioè riempiuto di selce il vuo- to, che prima occupavasi dalla drupa? 30. Qualche naturalista ha opinato, che cotali palle, an- che altrove per avventura rinvenute, non siano vere impron- te di frutta, ma animali lapidificati in istato letargico, nel quale conformansi, avvolgendosi a foggia di palle, come nel- le marmotte osservò Prunelle ( De la Malherie an. 1811. ) e noi veggiamo tuttodì negli scojatoli, e nelle serpi, le qua- li lasciano sempre nel centro, acchiocciolandosi un vano più, o meno grande; ed lia perciò conghietturato, che questi ani- mali così intormentiti sieno stati ricoperti di terra calcare ( penetrata pure nel vuoto centrale ), dentro la quale peri- rono, e che siensi poscia, dopo 1' induramento della terra distrutti, e consunrati, lasciando un vacuo tondo, o tondeg- giante, col nocciuolo calcare in mezzo; nel qual vuoto 1' ac- qua abbia in fine portata per filtrazione la selce ad occupar- lo . Altri pensano , che la selce sia penetrata ad occupare questi vacui nella roccia alpina, o sieno eglino stati lasciati da animali scomposte sostanze , oppure da vegetabili distrut- ti ; e che siccome le selci hanno sempre una porzione qua- lunque di calce, così questa a poco a poco sia penetrata nel centro, od in altro luogo determinato dalla combinazione del- le circostanze , e molto più dal libero esercizio delle chimi- che affinità . 2,1. Io non oso di condannare, né di approvare siffatte conghietture . Debbo però per la pura verità , far osservare Tomo XVI. 5 34 PErniFICAZIONI DEL MoNTE MlSMA . non esser nuovo che troviiisi nel marmo delle impronte non solo (li vegetabili, ma ben anclie di animali ignudi (i). Si sa dalla Cliimica altresì, che l'acqua mediante l'acido spatìco tiene in dissoluzione la selce, e che l'acido carbonico dall' acqua precipita la selce del pari, che la stessa calce. Per il che il Sig. Acìiard, se creder vogliamo alle sue sperienze , da arena quarzosa, ed acqua impregnata d' aria fissa ( acido carbonico ) ottenne dei piccoli cristalli di Quarzo Talino . Il celebre Faiijas S. Fond, vedendo tutti i legni petrificati cangiarsi in selce, ancorché nel mezzo di terre, e pietre cal- cari, opina che ciò tenga a qualche grande operazione della natura , da noi non ancor conosciuta , se non negli effetti ( Geolog. Tomo I.'' ). 22. Ho esposto più, che la mia, le opinioni altrui sul fe- nomeno delle palle silicee, che nel monte Misma troviamo, ma non posso dissimulare , che le precedenti di lui spiegazioni , non si presentino a me stesso avvolte in difficoltà grandissi- me , segnatamente nella parte , che risguarda i primordj di siffatte palle, i quali voglionsi derivare da sostanze vegeta- bili , od animali . La ineguaglianza così marcata di questi pezzi silicei, oi-a glandi ora piccoli, ora ignudi, ora di tufa- cea patina vestiti, ora tondi, o tondeggianti, ed ora sott' al- tre non analoghe configurazioni nella roccia alpina schiaccia- ti , sembrano , oltre i tanti altri , un obietto fortissimo con- tro le riportate teorie . E non si potrebbe piuttosto spiegare ìì fatto CQn una di quelle chimiche operazioni, che noi tro- viamo così familiari alla natura in tutti i suoi fenomeni , e alle quali dobbiamo sempre ricorrere, ogni qualvolta ragio- nar vogliamo della conformazione primitiva, e progressiva del (i) Il eli. Cav. Amoretti mio amico singolarissimo possiede un corpo selcio- so , rilevato , affatto simile a serpente messosi a spirale , da lui trovato nella pietra calcare^ da cui lo fece staccare collo scalpello , a Tramona presso Men- drieio al sud del lago di Lugano . Nel Journal des 3fines ( num. aSS ) leggesi che poco lungi da Francfort trovaronsi molti serpenti petrificati a rilievo entro il Grauvake. Ebel pure (Part. I , pag. 874) parla di serpenti impietriti ritrovati nel Canton di Glaris . Del Sic. Gio. Maironi Daponte . 35 nostro globo? Ii>. questo caso si potrebbe dire ( certanaente se non con più di verità, almeno con semplicità maggiore) che, trovandosi in istato di dissoluzione la selce , e la calce nel fluido primitivo, il quale convien dire abbia lungamente coperta la superficie del nostro Pianeta nella sua prima in- fanzia (i), libero quindi avendo esse l'esercizio delle affinità chimiche^ le particelle integranti , ossia assìmìlari della pri- ma dal proprio dissolvente abbandonate , in confronto dell' azione di un altro più forte, siensi vmmte , e. precipitate fiot- to una non affatto indeterminata figura, in questo luogo, e per particolai-i eventuali circostanze , e che talora imprigio- nando , nel loro accozzarsi insieme , de' piccoli nocciuoli di calce parimenti dall'acido carbonico (atta, precipitare , e rap- pigliare, abbiano nel loro seno questi silicei aggruppamenti, racchiuse le piccole masse calcari , che in essi scopriamo . Dovrebbesi poi soggiungere, che alcuni di questi informi ine- guali ammassi silicei , e più voluminosi siano restati immobi- li sul fondo del gran Pelago, e che la deposizione della cal- care sostanza , in assai maggiore quantità sopra di essi pre- cipitata, e deposta, gli abbia involti, ricoperti, e schiacciati ; mentre i più piccoli di essi nell'acque con maggior facilità fluttuanti, e strascinati , arrotandosi sul proprio asse, abbiano riportata quella regolar figura , che in molti di essi miriamo; restando poscia anche questi dalla precipitazione della calce ricoperti, e nella gran iu;issa della roccia alpina incorporati. 23. Ben contento di aver fatte conoscere anche queste particolari petrificazioni, non ad altro aspiro, che alla gloria di avere aggiunta qualche notizia alla massa generale àe fatti, che condur ci possono a ben esaminare il nostro globo . E ter- minerò il discorso col detto di Plinio: Quero ne hcec legen- (i) Che il nostro Globo sia stato pri- mitivamente coperto dall'acque è sen- tenza di Seneca , di Talcte , e dello stes- so sacro Scrittore Masi, non che d'al- tri non meno rinomati nell' antichità - 36 Petrificazioni del Monte Misma ." tes quonìam in his spernunt multa ^ etiam relata fastidio da- mnent ; ciitn in contemjplatione Naturce nil possìt videri su- pervacaneum . 3? ARGANO DI NUOVA COSTRUZIONE DA ADOPRARSI SUGLI EDIFIZJ E SULLE NAVI IDEATO Dal Signor Giovanni Fabbroni. Ricevuto Zi 27 del iSiia. J-Je macchine comunemente chiamate Argani , destinate per alzar dei Gravi ad altezze più , o meno considerabili , sono di evidente vantaggio al commercio , alle arti , e divengono di assoluta necessità , quando tali Gravi eccedono le forze umane, e non si possono convenientemente dividere: quindi è che a norma dell'uso si variarono di tali macchine in tan- ti modi la costruzione , e la forma . Le piìi semplici , qua- lunque la forma fosse, si riconobbero preferibili, perchè più agevolmente si costruiscono , quindi men costano , e presta si restaurano quando ricevono alterazione . La teorìa delle leve assegna la velocità, e la forza nell'azione di tali mac- chine, qualunque siane l'organismo; e dà luogo a specolare, se convenga al bisogno , di accrescere la seconda a scapito della prima . Questa contemplazione determina le proporzioni dei membri componenti la macchina , qualunque sia , ed è ovvio a ciascuno il calcolo da istituirsi per determinarne l'ef- fetto . Per questo è che , prendendo io a descriverne una , che parrai nuova nel modo , e del cui uso fui sommamente contento , non altro farò che indicarne la costruzione con un disegno lineare, che, per la sua semplicità, ben poca, o quasi niuna spiegazione richiederebbe . La contemplazione degli Argani , che comunemente si adoprano , me ne offerse il pensiero . Due cose vidi desiderate generalmente per comodo, e B8 Argano di nuova costruzione. sicurezza degli uomini impiegati come motori all' inalzamento dei pesi : l' una è di poter variare la loro azione , se sono applicati a una manivella, o manubrio, cioè di agire or spin- gendo, or traendo a sé , or dall'indietro all'avanti, or vice- versa; l'altra è di vedere assicurato e fìsso il peso a qualun- (jue punto venga inalzato; e ciò per aver riposo occorrendo, o affincliè il peso condotto all'alto non precipiti per la rot- tura o l'abbandono della manivella, o della corda cui la for- za traente si applichi. Nella costruzione dell'organismo che presento qui disegnato , a tutto ciò si provvede . La forza applicandosi alla corda traente Ce. può esercitarsi d'alto in basso or sulla banda C. or sulla banda e. da uno, o due uo- mini agendo ciascuno con le due mani in ini tempo, e con vicendevol riposo. Se tal corda casualmente si strappi, o si abbandoni , resta il peso PP sempre al posto ove fu condot- to, perchè la ruota dentata R vien fissata, non da uno, ma da due puntelli, che vorrei chiamare àncore A. a. Se poi la forza di vnio,odue uomini si applichi alla manivella M, pos- sono essi alternativamente girarla or dal di dietro all'avanti, ora in contrario senso, con averne sempre l' istesso effetto, cosa che molto ritarda la stanchezza dei muscoli , e che dà luogo anco a prender riposo in qualunque momento per quan- to occoira . La proporzione delle partì della macchina che descrivo, stabilisce, come ho già detto, e come è noto, la proporzio- ne che si vuole tra la necessaria forza, e la velocità che ab- bisogna: resta adunque in balla dell'artefice dì ottenerla ca- rne richiedono Fuso, e la circostanza. La corda perpetua Ce. nel caso nostro, sì avvolge sul- la Puleggia FF, nella cui gola è incavato un solco a spirale, ossìa un passo di vite , per il quale quella corda avvolgen- dosi, fa che traendola non possa scorrere, ed obblighi la Puleggia a muoversi circolarmente . Per qualunque senso que- sta puleggia si giri , ne segue in egual modo l' inalzamento del peso. Alla Puleggia è stabilmente connesso un asse, o Del Sic. Giovanni Fabbroni . Bg Lraccio inginocchiato BB , che volgendosi in giro fa che si alzij e si abbassi alternativamente il Regolo verticale LL con- giunto al medesimo, ma mobilmente in z^ ed imperniato al punto min nella bilancia orizzontale T.^. Questa pure è ti'a- versata da un ipomoclio nn sul quale liberamente, or da un lato, or dall'altro s'inalza, o s'inclina: la sua testa tt è più grave dell' opposto , e più lungo braccio T , quanto occorra per formare equilibrio. Le due àncore di ferro K.a. sono imperniate dentro un canale t .u. scavato inferiormente nella bilancia T.#. e facilmente per il loro solo peso si muovono ciondolando su i loro assi x x . hsL distanza tra il punto di sospensione x x di tali àncore , e la periferìa della ruota den- tata R è tale, che puntano esse obliquamente con la loro estremità inferiore , contro i denti serpentini della ruota me- desima , la quale gira insieme con l' asse di ferro in lei fis- sato ww. Ben si comprende che l'alternativo alzarsi, e ab- bassarsi or da un lato or dall'altro, fa che la bilancia T.t. condotta dal Regolo verticale LL , mediante il moto del brac- cio inginocchiato BB, deve produrre l'alzamento, e abbassa- mento di una delle due àncoi'e alternativamente perchè stan- te il loro peso , tendono a prendere la perpendicolare , ogni volta che alzandosi sono liberate dal dente della ruota nel quale prima premevano, e scendono a spingere il susseguen- te . Questa specie, dirò, di spasseggiar che fanno quelle due àncore con successivo passo , obbliga la ruota dentata a muo- versi jjer lo spazio di un dente ad ogni passo contro il sen- so per cui i suoi denti si volgono , ossia , nel caso attuale , da sinistra a destra . La ruota dentata essendo stabilmente connessa medianti varie cavÌ2;lie r.r. alla Pule/U/. ' "«« Xì't /^ -i* y t ■I j' I 1 ny 1 4i INTORNO ALL'AVVELENAMENTO DI NOVE PERSONE A UN TRATTO CAGIONATO DA' FUNGHI LEZIONE ACCADEMICA Del Sig. Vincenzo Malacarne da Saluzzo . Ricevuta lì 3 Fehbrajo 1812,. J_Ja stravaganza , l' assurdità delle umane voglie in non po- che circostanze è tale , e tanta , e queste voglie pur troppo sovente sono tanto imperiose, che a dispetto d'esperienze fu- neste ogni anno più e più volte ripetute in più luoghi a quel- le con volontaria cecità si ubbidisce , e la vita , non che la sanità, si mette ad evidente repentaglio. Non si saprebbe forse con troppo rigor giudicare la classe de'mendici dallo stimolo crudele della fame eccitati perchè talvolta si espon- gono al grave rischio di avvelenarsi inghiottendo sostanze se- miputride , indigeribili , e di equivoca innocenza ; ma non si può dissimulare, né cessar di condannare la smemoratagine , non so s' io dica , o piuttosto la golosità biasimevole , e la temerità deplorabile della classe più doviziosa , che potendo imbandire la mensa di cibi deliziosi al palato, sostanziosi agli individui , ed innocenti alla gola , al ventricolo , agli intesti- ni, astener non si vuole da quelli, come sono i Funghi, de' quali non si può far uso senza inquietudine, e raccapriccio, ancorché si abbia impiegato nel ripulirli, e nel condirli, molte spessissime volte inutili e insufficienti pi-ecauzioni . Non sarà egli dunque dovere de' Medici il richiamare abbastanza sovente sotto gli occhi del Pubblico, e ripetere alla imma- ginazione e all'orecchio del medesimo le storie miserabili del- le angoscie , degli spasimi, de' tormenti orribili, e de' peri- coli imminenti di vedersi alla agonìa, nelle fauci della morte Tomo XVI. 6 4a Avvelenamento cagionato da' Funghi. la più crudele, e spaventosa quelle famiglio infelici, che al- lo stogo di una inconcepibile ingordigia non si curano di sa- crificarsi , condannando volontariamente sé stesse a quanto vi ha di più tetro, e di più scliifosamente doloroso, se per ra- ra ventina noxi ò cegulto dal fatalo compimento di un tale sacrificio ? Mio parere si è , che non si ripetono mai di so- verchio quelle veridiche, essenzialissime storie lugubri, che troppo sovente a pubblico , o privato danno si lasciano an- dare in dimenticanza . Perciò , non ostante che innumerabili sieno già le relazioni degli avvelenamenti fatali prodotti da' Funghi adoprati in cibo , e che negli stessi volumi della no- stra Società sia stato già maestrevolmente trattato di questi dal benemerito Dott. Zeviani, del quale Socio laboriosissimo la memoria sarà sempre onorevole , e grata a chi ebbe con esso lui comune lo scopo utile delle proprie mediche , e let- terarie fatiche ; tuttavia non dispero , che la medesima So- cietà sia per accogliere con bontà quel tanto , che la circo- stanza mi ha offerto ad osservare circa un simile accidente, dal quale , la Dio mercè , trattati per tempo diversi indivi- dui , ebbero la sorte di liberarsi . Dispongo adunque il mio lavoro in tre articoli incomin- ciando dalla storia dell'avvelenamento: in secondo luogo es- porrò la serie de' sintomi comuni a tutti gli individui che per isventura loro ne furono partecipi , e dei particolari ad al- cuni de' medesimi : finalmente indicherò , per quanto mi fu possibile di raccogliere , la specie de' Funghi ;, che li cagio- narono . ._. . ■ .' ■ i- ■<'u' ARTICOLO PRIMO. Storia dell' avvelenamento cagionato da' Funghi . Una Famiglia Veneziana composta della Madre, che cor- re il sesto lustro; di due Figliuoline di dodici anni la prima, l'altra di sette incirca; della sorella della madre; del cogna- -A Del Sic. Vincenzo Malacarne . 4^ to , e della nutrice, tuttettre di trent'anni a un dipresso, alloggiava nel mese d'Ottobre dell'anno corrente 1811 in Padova in una locanda accanto alla Parrocliia di S. Nicolò già da tre mesi per l' infelice stato di salute della madre . Verso le tre ore dopo il mezzo di pranzavano lietamente in- sieme , quando loro si fece sentire il soave odore di certi funghi, che la nutrice cuocea per sé stessa, dal quale allet- tate le due fanciulle pregarono la madre che loro permettes- se di assaggiarne; il che ottenuto incominciarono esse, e poi la madre medesima e gli altri a mangiarne. Entra un amico della famiglia con un forestiere di lui amico e i commensali con iterate cortesi istanze gli stimolano a gustarne ancor es- si 5 nel clie per civiltà si arresero ; onde il tutto si passò con allegrezza e con riso . Si trovavano presenti la Locandie- ra, donna molto gracile, una sua figliuolina di quattro anni circa, e un'altra signorina di forse venti anni abitante nella medesima casa, alle quali offerto pure di quel manicaretto, tutte ne assaggiarono fuorché la signorina suddetta, che pru- dentemente addusse per iscusa la sua poca salute, e per buo- na sorte affatto se ne astenne non ostante le premure con cui vi fu invitata . Dieci pertanto furono le persone , che più o meno di- scretamente si divisero quell'intingolo, che apparecchiato per una persona sola , non dovette toccarne dose esuberante a veruna delle suddette . Non consumatosi ancora tutto il fo- restiere se ne parti , e di lui non ho potuto aver altra no- tizia . ARTICOLO SECONDO. Sìntomi , che furono comuni a que' commensali . La maggior fanciulla intanto, che per disgrazia ne avea preso forse maggior quantità , mostra di essere sorpresa da nausea; ricusa di prender altri cibi si lagna d'un molestis- 44 Avvelenamento cagionato da^ Funghi . sinio ardore nella gola, e d'uno stringimento al collo come da un nastro : poco dopo sente a farsi difficile la respirazio- ne perchè le coste inferiori le sono come da due mani for- temente premute : ha sforzi inefficaci di vomito molestissimi per cui spinge molto fuori dalle labbra la lingua, finalmente oppressa da interno maggiore stringimento de' precordj , e depressione visibile di tutte le false coste , che per la con- vulsione fregandosi insieme cagionano scrosci sensibili agli orecchi degli astanti, ha la fortuna di vomitare a piena boc- ca, ma con maravigliosi storcimenti delle braccia innanzi, e indietro, dove erano tratti violentemente la testa, e il collo- E facile immaginarsi il tumulto, che nacque fra que' commensali , fra' quali il cognato della madre di famiglia vie- ne precipitosamente da me, e di tutto tumultuariamente m'informa, ed io mandati alla spezieria gli ordini, che cre- do opportuni vi accorro Spettacolo orrendo ! Tutta la casa è in confusione: amendue le fi^glie sorelle vomitano con terribili sforzi, con alti stridori; gli altri coabitanti qui at- toniti, là convulsi, co' denti scricchiolenti, pallidi come ca- daveri. La madre sola piìi sollecita per la sanità, anzi per la vita delle sue creature, e de' congiunti, e conoscenti, die di sé stessa, è l'unica padrona di sé, che sta in proposito, non manifesta il suo spavento, e porge soccorso^ e anima ora agli uni ora agli altri . Mi sforzo di mettere qualche ordine in quella casa . So- stengo il coraggio della madre con le parole e co' fatti, dan- do (intanto che aspetto l'alcali volatile, e la mistura teria- cale fin da casa mia prescritti ) olio a chi vomita , e brodo lungo, e acqua tiepida, costringendo tutti a beverne a gran sorsi . Recatosi poi l'alcali volatile, ne mescolo goccie diverse a tener della diversità de' soggetti, e de' bisogni, col brodo, e con l'acqua, rimedio in cui, per triplicata esperienza già fattane in simili casi d'uso interno infelicissimo de' funghi, ho grande fiducia . Fo coricar le fanciulle già troppo deboli , e le ristoro col vino teriacale per guarentirle dalle convul- Del Sic. Vincenzo Malacarne . 4-^ sioni opistotoniche onde erano tratto tratto sorprese ; loro fo- mento il ventre e il petto con panni caldi, e frego soave- mente con altri panni caldi le gambe e le l)raccia come in- tirizzite da marmoreo freddo : loro fo imporre cristei d'acqua, olio caldo, e alcali volatile, e poi di tratto in tratto ne fo loro nuovamente inghiottire . Al cognato , che non ostante le frequenti dosi dello stes- so alcali somministrategli dopo le prese dell'olio continuava con urli a vomitare , e ad ubbidire per secesso alla colèra liudele con tormini e contrazioni violentissima de' precordj , de' fianchi, de' muscoli del basso ventre, e contorsioni degli articoli con gemiti , e minacce di soffocazione , fo prendere altresì una buona dose del vino teriacale tiepido ; e lo co- stringo a coricarsi per soggiacere a' fomenti continui ben cal- di per liberarlo dal freddo sintomatico di tutto il corpo, e specialmente delle estremità , e a lasciarsi imporre lavativi oliosi alcalini affinchè le sostanze velenose verso l'ano dalla colera spremute più presto se n'escano, e gli intestini grossi resi meno sensibili , e irritabili , a quel veleno mucoso con molto men di dolore diano passaggio . Evacuazioni , che , quantunque talvolta sanguinolenti , non mi danno spavento sebbene frequentissime; anzi in caso simile io le promuovo a forza di fomenti e di lavativi ; per- ciochè tre famiglie nelle stesse angoscie tormentosissime per ugual cagione precipitatesi pendente il mio soggiorno in Aqui, con sufficiente speditezza sono state da me trattate , e con tale felicità , che non ne ripoi'tarono veruna incomoda con- seguenza . Debbo però confessare , che dopo tre ore continue di lotta estremamente attiva e penosa con tanti infelici nel me- desimo tempo oppressi da cardialgia j da tormini, da colera, da sete inestinguibile accompagnata da un non so che di or- rore alla bevanda, da difficoltà di respiro, da senso di stran- golamento , e di soffocazione , da singhiozzo strepitoso , da convulsioni universali , da strana ora gonfiezza , ora contra- 46 Avvelenamento cagionato da' FaNGHi . zinne spasmodica di tutta la musculatura del ventre, da de- liquj da nuove turbe precipitose seguiti, io non potei reg- gere solo più oltre, né prestare a tutti i convenevoli soccorsi: sicché feci , che si pregasse di accorrere in mio ajuto il Sig. Dott. Antonio Salmaso mio Amico, uomo attivo, d'ottimo cuore , e caritatevole , idoneissimo a tali affari ; il quale gra- ziosamente ci favorì, e con flemma, e prontezza difficilissi- me a conciliarsi in casi tanto complicati a cagione della di- versità de'genj, delle età, de' temperamenti , e delle circo- stanze complicatissime , mi ajutò in ogni cosa fino alle ore dieci della sera : e per verità con molto vantaggio di tutti quegli infermi . Imperciocché sebbene le faccie loro si mostras- sero ora livide tantosto come d' atro sangue abbeverate : con gli occhi ora spalancati , splendenti ; e sempre in giro : tan- tosto socchiusi , appannati , azzurri ; le labbra piombine as- sottigliatissime; la lingua violacea, tumida; le fauci sgorgan- ti per vomito sostanze alternativamente mucose, glutinose, porracee , acquose : le evacuazioni intestinali in due soh fra tanti individui non sanguinolenti ; i polsi maravigliosamente incostanti massimamente nelle ragazze , che aveano dato in una specie di furore pel fuoco, che sentivano in bocca,egiii per r esofago vomitando onde contorcevansi stranamente le braccia, e le gambe gelate, stralunavano in una specie di sub- delirio ricorrente gli occhi; tuttavia col non interrotto uso del- le bevande , fomentazioni , freghe , e serviziali già detti , a poco a poco tutto si era considerabil mente calmato, e le re- liquie della vitalità quasi esauste nuovo vigore ripigliarono. Né da' riferiti pericolosi sintomi sole erano state si a lun- go tormentate le amabile figlie della signora , ma anche la Locandiera, la di lei tenera figliuolina, e la sorella della si- gnora stessa , che appena sottrattasi alle conseguenze d'un poco fausto puerperio , qui da più terribile e ostinata colèra e da cardialgìa flagrantissima, che le vietava l'inghiottire, fu maltrattata ; di modo che ho temuto più volte, che soppor- tare più non potesse la violenza di ([uelle, uè la necessità di prendere i rimedj , che le erano indispensabili . Del Sic. Vincenzo Malacarne. 47 Lo stesso Aipico di quella famiglia, che si mostrò in tale occasione sviscerato , non ostante che tre soli pezzetti con la punta della forchetta di que' funghi fatali avesse inghiottito unicamente per compiacere alle tre signore cortesemente in- sistenti, sottraevasi di momento in momento a noi per andar di nascosto in altre camere a secondare gli stimoli del ven- tricolo, e degli intestini, e calmar la colèra con le bevande, e co' lavativi, che da sé medesimo si applicava; indi con ca- rità veramente eroica ritornava ad assistere gli infermi come se nulla egli soffrisse . Quello perù, che supera ogni credulità è stato la costan- za della Madre , inferma di malattia inveterata di matrice , d'intestini, e di vescica, per la quale complicazione andava soggetta a frequenti spurghi ora bianchi , ora sanguigni , or saniosi, solita di cadere in isvenimento ad ogni colpo di aria leggiere, ad ogni minimo odore insolito, e a dar in sudori profusi palpabili , in convulsioni , e spasmodie desolatrici al- lorché qualche infausta nuova le si recava, come mai in tan- ta desolazione , in tanto lezzo del continuo esposto agli suoi occhi, alle sue narici^ in tanto complicata avversità avvam- pò ella di tanta fiamma di materno amore e fraterno, che le impedisse di sentire li proprj tormenti , o le dasse forza a dissimularli di maniera che trattener potesse il vomito e gli scarichi di ventre che pur la costringeano a contorcersi li stimoli della colèra contro i consigli del Dott. Salmaso , le preghiere dell'Amico, e le mie, che la strascinavano nella sua camera sino al letto, senza che mai non abbia vohito ce- dere infino a tanto che non vidde passato il pericolo della vi- ta de' suoi maggiore, che nella somma strettezza di quella abi- tazione ci fu impossibile di nasconderle . Eppure lo stimolo dell'amore, che tormentava l'anima della madre fu si possen- te, che arrivò a rintuzzare li stimoli del veleno, che ne ro- deva il ventricolo, e le intestina della infelice indebolita dalle malattie passate , ed attuali di modo che appena non era an- cora dalla emaciazione consunta . 4^ Avvelenamento cagionato da'Funght. „ j.,:' Alle oiv, (licci e mezzo della sera, conie abbiamo detto, dissipato in gran parte il pericolo, sforzato io dalla necessità di liposare, ho pregato il Sig. Salinaso di assumere le mie veci,,. Delitti quoque, ut ramale laureum gestitat , divinatrice eadem con- jecturalique Virga , volucres ìlli Fulgurum jactus . . . monstrahat. Martianus Capella . De Nuptiis Philologia . Liub. i. I.V. edete, Amico e Collega pregiatissimo, che bel testo ho trovato pel mio sermone sul rapporto che può esservi fra la Raddomanzia e i fulmini ! E questo mio sermone or io voglio dirigere a voi, si perchè molte aUre lettere su questo argo- mento negli scorsi anni (a) a voi ho dirette , si per ringra- ziarvi delle Notizie Geologiche e Bletereologiche sulla Japigia che a me indirizzaste {h); sì perchè son certo che voi noa avete abborrimento , come molti hanno , a udir parlare di Raddomanzia , e l' hanno in modo che quanto per essa si è osservato fatto e scritto , non vuoisi nemmeno reputar degno d'avere un piccol luogo nella storia delle scienze fisiche. Voi siete persuaso , e men fa fede il testé citato vostro ultimo scritto, che v'ha ■axi Elettrometrìa animale, detta pure Rad- domanzia , cioè una facoltà propria a molti individui dell' u- mana specie, e probabilmente d'altre specie animali, per cui, con interne sensazioni o con esterni indizj , essi s'ac- (a) Opusc. scelti. Voi. XX, e XXI. (i) 3Iem. della Soc. Ital. Tom. XV , pag. 274. Del Sic. Carlo Amoretti." 53 corgono di sotterranee vene d'acqua, e di filoni o strati bi- tuminosi e metallici, e d'altre sostanze elettromotrici. Io mi lusingo d'aver ciò abbastanza dimostrato nell' opera mia scrit- ta su questo argomento (a) , come prima di me dimostrato avealo con molti ingegnosi trattati il nostro dottissimo ami- co Sig. Dott. Thouvenel , e dopo di me il fu mio collega Sig. Prof. Rìtter (i), altre molti Fisici, de' secoli precedenti, ai racconti de' quali troppo ingiustamente ora negò fede l'orgo- glio filosofico 5 ora attribuì un'empia origine la troppo pia credulità. Scrivo a voi, mio illustre Amico, ma non per voi solo , poiché destino questo scritto ad occupare alcuni fogli d'un volume della nostra Società, end' avverrà che altri po- trà leggerlo ; ma ehi non crede possibile l'esistenza della men- tovata proprietà , o astengasi dal leggere queste mie osserva- zioni, o leggale come un racconto di prodigiosi avvenimenti. Devo soggiunger però, che, parlando io d'elettromotori si sotterranei che fuor di terra , e indicandone , ora nel testo ora nelle note , con precisione i luoghi , possono le asserzio- ni mie verificarsi da que' tutti che hanno, siccome io ho, la facoltà elettrometrica : e questi sou molti , come appare dal (a) Della Raddomanz'ia , ossia Elet- trometria animale. Milano , presso Ma- relli i8o3 in 8.° fig. ( 1 ) Una vile calunnia pubblicò il Giornalista di Berlino , copiata poi su molti Giornali d' Europa , quando as- serì che il Professore Ritter in punto di morte avea ritrattata la sua creden- za alla Elettrometria animale, quasi fos- se un articolo di cieca fede , e non un risultato di fatti evidenti . 11 Sig. Prof. Gchlen. membro dell' Accad. Bavara del- le Scienze , collega ed amico suo , che lo assistè sino agli estremi momenti di sua vita , ha dimostrato , pubblicandolo su varj Giornali, che Ritter, non solo non avea su di ciò mai cangiata opi- nione , ma che poche ore prima di mo- nre uveagli significato il suo dispiacere di non poter mandare al Tipografo di Berlino ( che stampava, siccome ha fat- to, l'opera mia Della Raddomanzìa tra- dotta in tedesco ) un Appendice che gli avea promessa , e che è annunziata sul- lo stesso frontispizio del Libro, conte- nente alcune nuove sue osservazioni su quest' argomento . Mi ha quindi scritto lo stesso Sig. Gcìtlen , che Ritter mori in certo modo martire delle proprie opi- nioni sulla Elettrometria , attese le vio- lente contraddizioni eh' ebbe a sostene- re . Mi ha scritto al tempo stesso il Sig. Bar. De BIoll Segretario della stessa R. Accademia , che in conseguenza di que- ste , ragionandone Ritter con qualche amico, ebbe a dire che se racqnistava la salute Sarebbesi occupato di verità meno contraddette; e che S'i di ciò V in- vidia ha architettata la supposta di lui. ritrattazione . 54 Osservazioni Elettrometriche e Cerauniche ." catalogo stampato in fine della mentovata opera mia ; catalo- go die ben cento nomi presenta, e che io potrei ora più che latldoppiare pe' molti individui trovati in appresso delia stes- sa facoltà dotati (2) . II. Ho altrove parlato de' molti vantaggi che derivar pos- sono dallo studio della Elettrometria animale, sia pe' rapporti che questa ha colla elettricità ammosferica e terrestre , sia per la indagine della animale e vegetale fisiologìa (3) , sia per distinguere l'indole de' fossili elettromotori^ e sopra tutto per conoscere l'esistenza, la profondità, e la qualità delle sotter- ranee sostanze, delle quali l'uomo va in traccia (a). Qui ri- stringerommi a parlare del rapporto che v' ha fra le sostan- ze terrestri conosciute per mezzo dell' elettrometrìa e i ful- mini, che non di rado son fatali agli uomini e alle cose loro; e a mostrare come , conoscendo noi questo rajiporto , spiegar si possano alcuni fenomeni non ben intesi sinora, e come ad alcuni danni che ci vengono dalla folgore apportar si possa un preventivo riparo. Potrei al tempo medesimo, anche per secondare le viste da voi accennate nella vostra descrizione (2) Possono i sotterranei elettromo- tori verificarsi anche da coloro , che non hanno questa proprietà , purché siano almeno conduttori del fluido , qualunque esso siasi , cagione del feno- meno ; poiché se , mentre essi impugna- no la curva bacchetta, uno dotato del- la proprietà elettrometrica loro tocchi le mani, il moto di essa si vedrà evi- dentemente , e si vedrà corrispondere alla natura delle sostanze delle quali il secondo sarà in mediato o in immedia- to contatto . Con questo mezzo io ho convinti parecchi , che non erano dian- zi persuasi di questa azione de' corpi elettromotori. V'ha però alcuni Indivi- dui che non sono nemmeno conduttori; e questi , non potendo essere convinti da un fatto loro proprio , se si ostina- no a non credere a ciò che veggono in altri , si lascino nella loro opinione . (3) Quando puhbllcai la mentovata opera mia Della Raddomanzìa avea bensì fatte molte sperienze e ricerche- sulla fisiologìa animale e vegetale , ma molte men restavano a fare ancora , co- me avverto nella stessa Prefazione . Le ricerche fatte posteriormente mi hanno dato luogo a rettificare alcune preceden- ti mie osservazioni esposte ne' Capi xv , e XVI della Parte I. Una delle rettifica- zioni più importanti che ho fatta ri- sguarda r azione positiva e negativa del- la faccia superiore e inferiore delle fo- glie nelle piante j e la differente aziono nelle varie parti animali, che diversifi- ca pel sesso, per lo stato di vitalità ec. Ho pur verificate molte delle curiose sperienze del S!g. Gerboin . ( jiecherches expériment. sur un nouveau mode de V action électrique ) . Vedasi quello che col titolo d' Aggiunte e Correzioni ho soggiunto air opera medesima . (a) Vedi la mia Istruzione Sulla ri- cerca del Carhon fossile . Milano , pres- ao Bernardoni 181 1 , in 8. Del Sic. Carlo Amoretti . 55 della Japigia, parlare de' turbini, e de' terremoti ai quali i Fisici oggidì danno la stessa origine; ma poiché di troppo allungherei questo mio discorso , riserberommi a trattarne in alti'o ragionamento . III. Come fra gli uomini alquanto versati nelle cose fi- siche più non v'ha chi dubiti della utilità de' conduttori elet- trici , pe' quali i fulmini , che scaglierebbonsi con ruina e danno sugli edifizj , discendono innocuamente in terra -, cosi non v' ha tra Fisici chi ignori che siffatti conduttori non sempre difendono; e v'è pur ragionevole sospetto, che men- tre liberano dalla folgore il luogo su cui sono inalzati, al- trove la mandino. Non già, come alcuni mal sospettarono, perchè attraendo essi debolmente la materia fulminea, que- sta prima di giungere al conduttore, sulle vicine fabbriche si scagli ; ma perchè ,, quando pel conduttore posto in alto è discesa in terra, percorre in seno a questa per conduttori sotterranei , finché trovi opportuna via onde riascendere alle nubi, e restituirvi il perduto equilibrio. Difatti, benché sia volgare opinione 'che la folgore vibrisi dal cielo in terra, pur è notissimo che molti fulmini salgono dalla terra alle nubi ; e quello che prima del March. Maffei era tenuto in conto di fenomeno raro, ora frequentemente si osserva. Di più, dopo che Mylord Mahon ha dimostrato che nella macchina elet- trica il fluido accumulatosi per lo sfregamento , quando si scaglia nel presentatogli conduttore , compie il suo giro per nuovamente equilibrarsi nel corpo eh' erane stato spogliato ; e, dopo che si è pur egli, per alcune ossei'vazioni di fatto, indotto a credere che lo stesso succedesse nella gran macchi- na della natura , le medesime osservazioni moltiplicate su i fulmini ne convinsero i Fisici; e più non si tenne per assio- ma che la terra sia il serbatojo generale della elettricità, e che la sostanza fulminea scagliatasi dall' ammosfera in essa per innumerevoli diramazioni si disperda . Il suUodato Lord Mahon die il nome di colpi di ritorno ( choc de retour detti poi da Hauy) a que' fulmini che quasi contemporaneamente 56 Osservazioni ELETTnoMETRicnE e Ckkauniche ." colpiscono due corpi posti a considevevol distanza, lasciando inlatto ciò che v' lia nel mezzo. IV. Uno de' primi ad accorgersi fra noi di questi colpi o fulmini di ritorno fu l'ingegnoso Canonico Cationi di Conio, il quale, malgrado i suoi mali clje nell'anno locg portaronlo al sepolcro , stava nei tempi procellosi entro la sua specola a vedere come la materia fulminea nel conduttore della vi- cina sua torre ora a poco a poco discendeva ora impetuosa scagliavasl ; e trovò degno di riflessione il non infrequente fenomeno d'un fulmine contemporaneo, che altre non lonta- ne case percotea . A quel fenomeno egli prestò maggior at- tenzione, quando seppe die una medesima casa più d'una volta era stata fulminata contemporaneamente alla sua torre; e giudicò con ogni fondamento, che la folgore, venuta dall' alto nell'Agosto del 1808 nel suo conduttore, fosse risalita per quella casa alle nubi , quando da una tavola della botte- ga, inferiormente arsa e sollevata e superiormente intatta, e da un chiodo fuso alla punta diretta al basso e non nella te- sta , ebbe argomento di conchiuderne che l'azione fosse colà venuta dalla terra, anziché dall' ammosfera {a). V. Ma per qual sotterranea via la folgore andò dalla tor- re alla casa fulminata. Gattoni noi cercò. Io, lasciando ai loro ingegnosi autori le teorìe delle ammosfere e pressioni elettriche (4) , già da lungo tempo sospettato aveva , che , siccome i fulmini vegnenti dalla nube corrono pe' conduttori metallici , e se non li trovano scagliansi a cercare altri con-' Ruttori loro proprj , cosi in terra scorressero per la via di vene (a) Vedasi la sua Memoria Sui ful- mini di ritorno nella Nuova scelta d' O- jmscoli . Tom. II , pag. 249- (4) Haiiy spiega il fenomeno colla doppia elettricità resinosa e vitrea e pensa che la prima , abbondante nel- la nube , colla sua pressione obbliglii la eecouda a ritirarsi sotterra , e che quan- do la nube, scagliando la folgore, del- la prima si spoglia, la seconda, celata- si in terra , ritorni nel corpo elle aveva abbandonato con tal forza da far 1' ef- fetto d' un fulmine ascendente, e tal sia di fitto . D' altre teorie parlerò più sotto . Vedi la nota (io) . Del Sic. Carlo Amoretti. S7 vene metalliche e bituminose , e più sovente per le vene ac- quee , che sono le più frequenti , e son pur esse ottime con- duttrici della materia fulminea ; e a persuadermi di ciò con- tribuivano molte autorevoli osservazioni di Fisici illustri, quali sono Nollet^ De Saussure, Landriani ^ ai quali potrei ora aggiungere Delaméthérie (5) . Ma io allora non pensava an- cora ai lùlmini di ritorno; e solo considerava l'acqua sotto- corrente qual conduttore dell'elettricità ammosferica : e sa- pendo altronde a mille prove che questa agisce in me ( e in molti altri più che in me ) sempre in modo analogo al ferro, all'oro, all'argento, al rame ec, ragionando io ne inferiva, che essendo essa per me un elettromotore come i summen- tovati metalli, atta fosse al pari di questi ad invitare e tra- smettere il fluido elettrico. Con questi dati, quando nel 1807, essendo in Vienna d'Austria, andai col cel. Fisico Sig. Cav. Lanclrìani aLanz, paesuccio distante tre miglia da quella ca- pitale, a visitare la casa fulminata del Sig. De' Battisti^ men- tre con maraviglia osservavamo che il fulmine avea comin- Tomo XVi. 8 (5) Nollet , occupatosi lungamente della elettricità, aveva osservato che la folgore non ha bisogno di corpi elevati per iscagliarsi , ma che " essa in cer- ,j to modo sente, dio' egli, una vena „ metallica , o delle acque sotterranee ,, che l'attraggono ., . ( Acad. iles Se. de Paris an 1754, pag. 6 ) . 11 cel. Benedetto di Saussure j al vedere ful- minata una capannuccia sul pendio d' un monte e in mezzo agli alberi, sos- pettò che sotto vi scorresse dell' acqvia, come vi scorrea di fatti . Il medesimo avea scritto al Sig. Cav. Landriani che " il i'ulmine era caduto nella chiesa 5, della Madonna della Guardia ( pres- ,, so Genova ) mal grado il conduttore, 5, a motivo dell' acqua che copiosa ve- ,, desi a' piedi della muraglia di quel 5, santuario ( proveniente senza dubbio „ da una vena ); e che il P. Ageni la ,, liberò dall' essere fulminata in ap- „ presso , perchè in quell' acqua man- „ dò il capo sotterraneo del filo con- , , duttore „ ; ed avea pur soggiunto , " che se qualche parte dell' edifizio co- ,, munica coli' acqua , di cui non ab- ,, biasi notizia, i muri internamente ,, bagnati possono determinare un' es- ,, plosione del fulmine, ancorché siavi ,, un conduttore distante cinquanta ple- ,, di ,, ( Landriani Loc. cit. , pag. 198 ) . Il eh. Toaldo ha pur egli scrit- to, che " il fulmine suol visitare più ,, volte un fondo contenente vene d'ac- ,, qua, o de' minerali occulti ,,. (Ve- di Opuscoli scelti di Milano, Tom. vi, pag. 3 80 ) ed il eh. Delaméthérie , dis- se poi chiaramente " che le grandi es- ,, plosioni elettriche della folgore alla ,, superficie della terra devono propa- ,, garsi neir interno della medesima per ,, le vene d' acqua o pe' filoni metal- „ liei ,, { Discours prélim. au Journ. de Phys. V an. 1810 ) . 58 Os3ERVAzioNi Elettrometriche e Cerauniche . ciato il guasto e l'incendio nella parte più ])assa della casa, e d*una casa che avea poco distanti un campanile con punta metallica al sud, e un palazzo armato di conduttore francli- niano al nord, io presi in silenzio fra le dita il mio cilin- dretto (<)), e trovai che un elettromotore negativo, da me riputato vena d'acqua non molto profonda vegnente dal nord- est, passava precisamente sotto l'angolo fulminato della casa; e a questo attribuii la direzione del fulmine a quel luogo . Pensai allora bensì che la sottejtanea sostanza elettromotrice avesse in que' luoghi attratto il fulmine, ma non argomentai che quello fosse fulmine di ritorno; del che in appresso eb- bi, se non certezza, almeno molto probabile argomento. VI. Questo pensiero non mi venne se non dopo le os- servazioni del Sig. Can. Gattoni. Egli me le comunicò prima di pubblicarle; ed io andai a Como ad oggetto di verificare il mio sospetto. Trovai, col mezzo del cilindretto un elettro- motore negativo ( e '1 giudicai vena d'acqua), che, passando sotto la torre armata di conduttore, stendeasi verso il luogo della casa fulminata da terra : Io seguii ovunque mi fu per- messo per le contrade, pe' cortili, e per le case, sinché en- trai in una bottega per la porta interna ; e , tenendomi sem- pre su di esso, giunsi al preciso luogo, ove la folgore avea sollevata ed arsa per di sotto la tavola, e fuso il chiodo sulla punta diretta al suolo, nel modo in cui leggesi esposto il fe- nomeno nella mentovata Lettera di Gattoni . VII. Tale verificazione m'animò a cercare quante potea (6) Nella mentovata opera Della Rad- domanz'ia , io spiego , e colle figure an- che mostro all' occhio come , avendo fra le dita un cilindretto , che da un capo sia di sostanza positiva, dall'al- tro di sostanza negativa , ( per es. ac- ciaio e ferro ) o una barra magnetica avente i due poli, io mi assicuro dal suo movimento, or all'indentro or all' infuori, de' sotterranei elettromotori , della loro indole , e della loro distanza verticale; e ivi pur narro come, in ve- ce di cosa metallica, mi valgo anche d'un frutto oblongo e piccolo, che al- le due estremità ha i due opposti poli elettrometrici , come il pinocchio , il se- me di cotone, ed altri; quando per» abbiano tuttavia la facoltà vegetativa . Vedasi il Capo IV della Parte I. Un legno biforcuto , e una panna colle bar- be servono del pari . Del Sic. Carlo Amoretti . Sg conferme del fenomeno. Nell'Agosto del 1808 caddero In un di due fulmini poco lungi da Milano. Uno arse un'umil ca- panna di paglia presso Bruzzano, e vi perirono due persone: l'altro fé' gran guasto nel campanile e nella chiesa del vici- no Dérgano ; e fu contemporaneamente fulminato un albero a considerevole distanza . Andai al villaggio di Bruzzano di- stante dall'arsa capanna circa mezzo miglio, e ivi seppi dal colto Parroco Sig. Borroni che in tempo del funesto acciden- te la punta del parafulmine , ivi non molto prima eretto su una torre dal Sig. Rougier, pareva un'accesa face, e vidi che la catena o filo di quel conduttore termina in un sotto- posto pozzo . Fui poscia sul luogo dell' arsa capanna ; ed os- seivai che li presso un pesco ed una vite erano stati scor- tecciati visibilmente dal sotto in su. Tentai colla bacchetta, e col cilindi-etto se v'era sotto un qualche elettromotore, e due ne trovai negativi ( che credei vene d'acqua ) fra lor vi- cini e paralleli a non molta profondità. Ne segnai sul terre- no la direzione, e potendo vedere, coli' ajnto d'una scala ohe colà era , la mentovata torre , vidi che la linea segnata ad essa dirigevasi . Sino ad essa lo poscia i conduttori sotterra- nei seguii, quanto le siepi e le case mei consentivano, e uno d'essi trovai continuato sino al mentovato pozzo. Conobbi a Dergano, ove andai nello stesso dì e ove poscia tornai, che una vena d'acqua passa sotto il campanile fulminato più vol- te . Di questa vena m' assicurai co' noti stromenti elettrome- trici anche per mezzo del degno Parroco del luogo Sig. Pi- rovano, del Sig. Mauri ora Prof, di Storia naturale e Chimi- ca nel Collegio d' educazione che meco era , e del valente Medico Sig. Prini i quali della facoltà elettrometrica al par di me son dotati . Vili. Crebbe allora e piìi fondata trovossi la mia con- ghiettura per cui sos])ettava che Fulmine ordinariamente non cadesse , ove non trovava vìa che il conducesse a sotterraneo elettromotore; e fulmine non sorgesse che da sotterraneo elet- tromotore non fosse condotto . A verificazione di questo mìo 6o Osservazioni Elettrometeiche e Cerauniche. sospetto mi diedi a cercare tutti I luoghi che io sapeva ful- luinati, molti de' quali trovai indicati nell'Opera che il suni- mentovato Sig. Cav. Landrìani avea scritta Dell' utilità de' conduttori elettrici [a] . Daronne il minuto ragguaglio in una nota (7) . Intanto basterà qui dire che quindici furono i luo- (o) Milano , presso Marelli 1784 in 8. (7) Fra i molti fulmini , che ai a8 d' Agosto del 1778 spaventarono , non senza danno, i Milanesi uno ne cadde nella casa posta al sudest del ponte di Santa Teresa ov' uccise una l'anciulla ( Landrìani loc. cit. pagine 14 5 33 , 62 ) ; e ivi scorre una vena d' acqua vegnente dal nordovest . Uno ne cadde jicl campanile di S. Vincenzino, allora monistero ora studio di mosaico ( /. e. J>agg. 03. 37.); e passando pel vicolo di Porlezza trovai che di tre elettromo- tori negativi vegnenti da nordest a sud- ovest , il più orientale tende precisamen- te a quel campanile . Fu nel tempo stes- so e lo fu più volte prima e dopo , ful- minato il collegio di Brera, ( ora R. Palazzo di scienze e d'arti ), il che diede poi occasione a munire di molti conduttori quell'importante edilìzio, che da queir epoca sino a noi non fu mai più toccato dalla folgore . Ivi trovai nel- la cosi detta Contrada de' fiori scuri tre filoni positivi vegnenti da nordest^ e altrettanti negativi vegnenti da nord- ovest che lo attraversano . Dirò più sot- to come fra tutte queste vie del fulmi- ne trovai ipiella per cui è passato ( N'unì. XIV. ) . Cosi trovai che due vene nega- tive passano presso i due stipiti della porta del palazzo Besozzi ora Ali : due vene pur corrono presso la porta del pa- lazzo Biglia , una vicina allo stipite set- tentrionale, e l'altra cinque passi più al sud . Amendue questi palazzi sono stati fulminati ( /. e. pagg. 16 e 18 ). Una vena passa sotto la torre del pa- lazzo Stampa di Soncino , in vetta alla quale la palla metallica fu in più luo- ghi, al riferire di Frisi ( De' Condut- tori elettrici fra suoi Opuscoli filoiofi- ci pag. 36. ) traforata or all' indentro or all' infuori. Il campanile di S. Gio- vanni in conca, or divenuto osservato- rio fisico del Sig. Conte Senatore Mo- scati ; quello di S. Antonio ( Opusc. Scelti di BTilano Tom. III. p. 289. ) e quello di S. Bartolommeo furono ful- minati pur essi , come lo fu la torre del castello , ora caserma militare , ( Lan- drìani , l. e. p. la. ) . Ho trovato nel primo la vena che passa sotto la mez- za-colonnetta postavi a rilievo nel mez- zo della base; una vena pur riconobhi sotto il secondo , e due sotto il terzo presso ai due angoli quasi nord e sud . Meritò le osservazioni particolari del Sig. Cav. Landriani la folgore che nel 1784 cadde nel palazzo Dugnani, di cui nel suo libro ci ha pur dato il disegno , onde mostrarci come , avendo essa tro- vata una scala a lumaca contornata da una barra di ferro , pel metallo innocua- mente corse , finché , terminando il fer- ro in una lastra di sasso , spezzolla, probabilmente per gettarsi in quella di mezzo delle tre vene , che venendo dal nordest quel palazzo attraversano . Ram- menta lo stesso illustre Fisico il fulmi- ne caduto per ben due volte nella ca- sa de" Sigg. Venini a S. Ambrogio ( /. e. pagg. Sa. 36. ); e due vene ivi pas- sano, ( ima delle quali precisamente sot- to la sala la più danneggiata ) verificata co' mezzi elettrometrici anche da Mad. Peverelli nipote del proprietario . Ram- menterò qui pure il palazzo Visconti d' Ai-agona presso la caserma de' Veliti, fulminato 1' anno 1809; e ivi trovai due vene vegnenti dal nordovest , delle qua- li la più orientale portasi infine del la- to sinistro del palazzo , ove la folgore ha fatti i più sensibili danni : ed è ri- marchevole che la stessa vena corre nel- la direzione della mentovata torre del castello. De' fulmini caduti nella me- tropolitana prima che fosse armata di conduttori, e delle vene che sotto vi scorrono parlerò in altro luogo . Veda- si (il N. xvni. Del Sic. Carlo Amoretti. 6i glii fulminati^ che potei esaminare in questa città; e sotto tutti, ora con altre persone (8) ora solo, verificai le vene d'acqua sottocorrente . Chiamo vene d'acqua i sotterranei elettromotori , pe' quali sospetto che quasi tutti i mentovati fulmini siano corsi, e perchè gii ho riconosciuti negativi, e perchè quelli , che ho esaminati col mezzo da me esposto al num. e pag. iii della mentovata mia opera, mostrai'onmi che l'azione venia dall'acqua; e perchè tutti hanno la profondi- tà delle vene d' acqua di questa città , cioè dai 34 ^i ^^ pie- di (8, a IO metri ). Ma ov' anche fossero elettromotori d'al- tro genere, non sono men vere le mie osservazioni, e meno importanti le mie conghietture . IX. So di fatto che alcuni fulmini hanno pur danneggiati de' luoghi posti su filoni positivi; filoni che non sono infre- quenti in questa città , e che generalmente stanno alia pro- fondità di 18 a ao metri . Il piìi importante di questi feno- meni e '1 più uocevole fu il fulmine che nel Maggio dell' anno 1810 nelle stalle del Lazzaretto, ov' era alloggiato un reggi- mento di cavalleria, uccise cinque cavalli. Io v'andai non molto dopo : entrai in quel vasto ricinto , ignaro affatto del luogo fulminato. A non molta distanza dall'ingresso mi tro- vai su un elettromotore positivo d'un sol passo di larghezza: lo seguii , finché andando nella direzione prossimamente di nordovest, giunsi circa il mezzo dell'opposto lato. Ivi incon- trai de' soldati, clie cortesemente condussermi nelle stalle. Nella prima, sebhene vi sentissi sotto l'elettromotore positi- vo, non v'era stato recato nessun danno ai cavalli. Passam- mo nella seconda, e sentii tosto un altro filone, che, essen- do largo più di 24 piedi , anche sotto la terza estendeasi . Nella seconda stalla erano stati uccisi tre cavalli, e due nella (8) Riconobbi 1' esistenza d' alcuni di que' sotterranei elettromotori col men- tovato Signor prof. Mauri, col Signor Crivelli ora prof, di Fisica nel Liceo di Trento, col R. Meccanico Sig. Gay. Clo- rosi, col Sig. ab. DoTÌa R. espellano, col Sig. avvocato Poggi, col Sig. Paro- lini, col Sig. Dott. Vandonì, ed altri parecchi . 6a Osservazioni Elettrometriche e Cerauniche . terza. Essendo essi attaccati con catene di ferro, che trova- ronsi fuse , queste furono forse la cagione che il fulmine dai ferrati lor piedi salisse pel corpo alla testa incatenata, dad- dove passò alla finestra ivi vicina, e ruppe la parete. Di questo largo filone positivo ho seguita la traccia sin dentro la città 5 e ne ho fatta riconoscere da altri Elettrometri l'e- sistenza . X. Le osservazioni fatte nella capitale ho ripetute in al- tri paesi di questo e de' vicini Dipartimenti; e quindi in luo- ghi più lontani, ove negli scorsi e nel presente anno ho avuta occasione d'andare. Alcuni ne accennerò in una nota (q) e (9) Memorabili ( oltre quelli de' qua- li io particolare meuzione nel discor- so ) sono in Desio i fulmini caduti più volte nell' altissimo disarmato cam- panile , facendo notabil danno di sa- cri arredi ; e quel luogo esaminando trovai due elettromotori negativi , che jiiissano sotto quella torre, tagliandone, »lirò cosi, gli angoli dal nordovest al sudest, a quella molta profondità a cui sogliono in quel paese trovarsi le vene acquee vegnenti dal nordovest , mentre poco profonde sono quelle del nordest . Ivi pur cadde il fulmine nella casa Pe- rego ( sulla quale messi poi furono i conduttori ) che ha sotto di sé due ve- ne nella stessa direzione , ed una di cfueste passa sotto il fulminato angolo della casa Zucchelli . Una vena pur pas- sa sotto la casa PeverelH fulminata nel i3i I . Il campanile della chiesa del Car- mine di Pavia fulminato nel 1809 ha sotto di se due filoni positivi , alla pro- fondità di circa 5o piedi , nella dire- zione di nordest sudovest . Cosi di due filoni positivi m'avvidi a Chlgnolo al sud del colle di S.Colombano, in mezzo ai quali fu fatto in brani un grand' olmo sulla piazza della già chiesa degli Ago- stiniani. Trovandomi nel i8il alla Roc- chetta del Tanaro col giovane Sig. Leo- poldo Incisa, \fiAemmo presso quell an- tichissimo feudo di sua famiglia , un castagno sqimrciato dal fidmine , e vi trovammo, io col cilindretto, egli colla sensai'.ione de' piedi, che sotto vi scor- reva una vena d'acqua. E soggiungerò qui che , ove in vetta al vicino colle di Montebruno ( luogo ove fu trovato un dente e una mascella di mastodonte ) noi indicammo una vena d'acqua deter- minandone la profondità , e che essen- dosi scavato il pozzo, l'acqua trovossi all'indicata altezza. A Monza, cadde un fulmine nel collegio d' educazione , e precisamente sotto il luogo fulminato conoscemmo la vena acquea Ferdinando Villoresi ed io . Cosi fulminato fu il campanile della prepositurale chiesa di Mariano a i5 miglia da Milano , ed ha sotto di sé una vena d'acqua vegnente da nordest. Percorrendo nell'autunno i contorni di Mendrisio ( Cantone svizze- ro del Ticino ) nel villaggio di Bisacio trovai due vene d'acqua sotto il cam- panile della nuova chiesa , e seppi che questo era stato fulminato con grave danno del vicino altare. Ivi all'angolo del giardino del valente Medico e amico mio il Sig. Dott. Schiera sta presso la via una colonna di rozzo marmo , soste- nente una croce di ferro , spezzata in luogo e in modo da non potervi sospet- tare un colpo datovi . Io vi congetturai r effetto del fulmine , e trovai che sot- to vi passa una vena d'acqua. Di que- ste vene, come d'altre di que' contorni di cui parlerò , s'avvidero colla bacchet- ta e col cilindro il Signor D. Giuseppe Fontana colto Curato di quella chiesa ; e la Signora Giuseppina sua sorella sen- tille anche co' piedi onde giudicare da Del Sic. Carlo Amoretti . 63 d'altri avrò occasione di parlare più sotto. Molti ne osservai in Desio, borgo a io miglia da Milano ^ noto per la magni- fica villa Cusani nella quale gran parte ho fatte e scritte del- le mie osservazioni. Un solo tristo avvenimento io narrerò, di cui un funesto monumento presenta la Fig. i . Ai ai dì Giugno del 1811 la moglie del Fattore o Castaldo del Signor Confalonieri stava filando presso alla finestra della cucina a pian terreno . I vetri sostenuti , come è l' uso , da una asti- cella di ferro orizzontale , erano aperti , e presso V asticella terminava un' asta orizzontale della ferrata la quale avea sei aste perpendicolari : [nesso l' altra estremità dell' asticella se- dea la donna in modo che di pochi pollici n'era distante un grosso bottone a dello spillone a b d'argento, posto quasi nell'occipite, con cui in quel paese, tutte le contadine so- stengono le trecce e s' adornano . S' udì lo scoppio del fulmi- ne , la donna cadde boccone . Si esaminò , e trovossi il bot- tone dello spillone fuso in quella parte con un foro e tondo qiial parte veniano . Al vicino Stabio , oltre le vene d'acqua sulfurea ( Vedasi la mia Memoria nel Tom. XV della Soc. Jtal. pag- 317 ) trovai due vene che passano sotto la chiesiuola residuo dell' antico castello , la quale in aS anni è «tata fulminata due volte . A Casanova, paese pure di que' contorni, trovai due vene d' acqua sul!' angolo occidentale della casa di campagna del Sig. Sala , ov'io aveva cortesissimo ospizio, e sep- pi che la casa era stata appunto in quell' angolo fulminata due volte . Ivi pure era stata fulminata la vicina casuccia , e l'anuessavi filanda di seta ove nel 1809 era stata uccisa una filatrice, e vi tro- vai la vena d'acqua che passa al luogo preciso della donna fulminata . E poiché nella stessa casa v'erano due colte e gentili figliuole del proprietario della fa- coltà olettrometrica dotate, esse pure verificarono meco il tutto , avendo gli stessi fenomeni. Nel tornare di là a Mi- lano vidi nel santviario di Saronno, ri- guardevole per r architettura di Pelle- grino Tibaldo e più ancora pe" freschi di Luino, e di Ferrari, un quadro rap- presentante il fulmine caduto nel I7i5 in quel campanile, sotto il quale tro- vai passarvi una vena d' acqua. Nel set- tembre del 1811 a Castel S. Giovanni nel Piacentino , sentii , insieme al Sig. Canonico Pìzzi^ la vena che passa sot- to il campanile fulminato di quella col- legiata; e pochi giorni dopo quella che passa sotto il campanile pur fulminato della chiesa di Mommiliano, e meco sen- tili! la Sig. Gaetana Cassìna. In Piacen- za sentii la vena d'acqua sotto la catte- - drale , poco lungi dalla fulminata torre , e un' altra pur ne sentii attraversante . il fulminato campanile di S. Savino.! Così sentii la vena d' acqua sotto la fui- , minata torre di Fiorenzuola separata dalla chiesa maggiore a cui tende la stessa vena, e in cui mi fu detto che il fulmine apportò del danno . Sentim- mo pur la vena il Sig. Prof. Calamini ed io sotto la fulminata alta torre di Monte Canino, antica rocca in vetta a un colle all' est del Ti Jone . Ometto al- tre osservazioni analoghe per non riu- scire soverchiamente huigu . 64- OjiEnvAziONi Elettrometkighe e Cerauniche . d'una linea e mezzo di diametro; e fusa nel mezzo rZov'era più vicina alla testa, e leggermente in due altri luoghi, Fa- sta medesima dello spillone. Questo spillone io ora posseggo; e riparlerò di esso e delle altre circostanze di quel fenome- no importanti al mio oggetto. Basterà per ora sapere, che sotto la casa Gonfalonieri, nel luogo appunto ove fé' danni il fulmine, passa una vena d'acqua, la quale viene dal nord- est, e non aveva allora che la profondità di 3o piedi all' in- circa . Questa vena, alla distanza di circa 600 passi al nord- est, ha sopra di sé una quercia altissima, che videsì allora chiaramente fulminata nella vetta . Alla distanza di circa 60 piedi dalla donna fulminata v'è un conduttore francliniano sulla casa del Sig. Perego^ che senza ragione è stato da al- cuni accagionato del male. Notisi che il marito della uccisa donna , distante da lei appena tre passi , non ebbe nessun danno dal fulmine che a salti, come apparve dal guasto mu- ro , portossi al tetto . XI. Mentre io osservava i luoghi, e sopra tutto i cam- panili fulminati , che furono ben trenta , ( siccome ho espo- sto nelle note 7 e 9 ) non lasciava d' esaminare quelli che a luoghi fulminati eran vicini, e piti di questi pareano esposti alla folgore ; ed ebbi occasione di dedurne in conferma dell' asserzion mia un argomento , negativo bensì , ma non senza molto valore . Al nordovest della mentovata casa de' Signori Sala in Casanova, sta assai vicino, e in luogo più elevato il campanile della chiesa parrocchiale, che, a memoria d'uomi- ni, non fu mai fulminato . Così non lo furono mai i campa- nili delle non lontane chiese prepositurali di Stabio e d' Ug- giate, e, quello che è più sorprendente, mai noi fu il cam- panile dell'antica or abbandonata chiesa di S. Antonino di Bisacio alto per sé stesso, e più pel poggio su cui è fabbri- cato , a dugento passi all' incirca da quello della chiesa nuo- va, di cui parlai nella citata nota g . Io girai intorno ai quat- tro summentovati campanili, e non trovai che sotto d'essi ''ossevi vena d'acqua o d'altra sostanza elettromotrice. Così non Del Sic. Carlo Amoretti . 65 non trovai vena nessuna sotto l'altissima torre di Monza non mai fulminata , sebbene sia più volte caduto il fulmine in quella città. La chiesa di Pomaro, paese ove feci alcvini de' primi e più importanti sperimenti di Raddomanzìa (a) , sta su d'un elevato colle ed ha un campanile di giusta altezza, che non fu mai fulminato; e sotto questo trovammo Monsig. Arciprete Cassina , il Prof. Calamini ed io , che non v' ha vena acquea, né altro elettromotore. Così vena d'acqua non iscorre sotto il campanile né sotto le altre cinque torri , di Monte Canino, che mai non furono percosse dal fulmine, co- me lo fu la torre ma^eiore . Onesto fenomeno mi richiamò a memoria un'osservazione di Lewenhoek , comunicata alla So- cietà R. di Londra che pubblicoUa nelle sue Transazioni fi- losofiche per l'anno 1722. Eiasi osservato che le aste di ferro poste verticalmente in luogo elevato, dopo qualche tempo, trovavansi magnetizzate ; e credeasi che la sola loro posizione producesse questo effetto. A quell'insigne Fisico fu recata una croce di ferro tratta dalla vetta d'un campanile, ove stava già da aoo anni ; e trovò che non era punto magnetiz- zata : indi a poco ebbe occasione di provarne un" altra, che su un altro campanile era stata per minor tratto di tempo , e trovolla intensamente magnetica . Egli non sa render ragio- ne del fenomeno ; ma se si fossero fatte allora le osservazio- ni, che io ho fatte in questi ultimi tempi, n'avrebbe trova- ta la ragione nell'avere probabilmente la seconda croce dato passaggio alla materia elettrica che dalla nuvola scendeva ad una sostanza elettromotrice posta sotto le fondamenta; men- tre la prima stava su un campanile che , sotto di sé non avendo elettromotori, non avea mai servito di veicolo a quel fluido fulmineo che magnetizza il ferro ed altre sostanze, co- me or ora vedremo . Tomo XVI. 9 (a) Vedi la citata opera mia Della Raddomanzìa . Part. II, Gap. XIV, e la mia Lettera a Fortis pel suo libro , Mémoires pour servir à V histoìre itatu- relle d' Italie. Voi. Il, pag. 2i}7, num. XXI. ec. 66 Osservazioni Elettrometriche e Cerauniche . XII. La folgore che diemmi occasione a maggiori e nuo- ve ricerche, e quindi mi somministrò maggiori Unni, fu quel- la che cadde nel Giugno del 1810 a Desio a pochi passi dalla magnifica villa Cusani , in cui io mi trovava . Vedesi , e si udì la folgore nella sera del giorno 12.. Alla mattina vegnen- te mi fu indicato l'albero percosso ch'era una grossa quercia scappezzata , da Lombardi detta Gabba ( Fìg. 2. ) piantata su una sponda all'altezza di circa cinque piedi dalla pubblica via. Su quella sponda ai due lati dell'albero vedeansi due solchi a.^b, larghi circa 4 pollici, e altrettanto profondi, che partendo dal piede dell'albero alquanto fra di lor divergeva- no . Il meridionale b aveva il color gialliccio naturale a quel terreno , ma il settentrionale a mostrava una terra superficial- mente cenerognola, come se vi si fosse acceso sopra del fuo- co, o della polvere da schioppo . Vidi al tempo stesso il tron- co scortecciato sì al nord che al sudovest, e lo scorteccia- mento con interruzioni, cioè a salti, estendeasi sino alla cima. Cominciai a provarmi co' miei stromenti sui due solchi , e trovai positivo il boreale a e negativo l' australe b . Gli stessi stromenti m'indicarono sulla pubblica via due elettromotori paralleli negativi e d che io reputo due vene d'acqua vegnen- ti da nordest e non più profonde di 2,4 piedi ; e l' albero ful- minato sta in mezzo a loro . Salii presso l' albero : trovai ne- gativo poco sopra il piede e il lato settentrionale, e positivo lo trovai all'altezza di circa ii piedi /": il rovescio m'avven- ne nell'altro lato g, h, mentre i lati intermedj erano inerti. Ciò mi sorprese , perchè il fenomeno era per me nuovo ; ma tante volte il provai, e'I feci provare ad altri Elettrometri, che del fatto non posso dubitare . Trovai nel campo le me- desime vene tanto più profonde, quanto mi era sollevato dalla strada. Meco n'ebbero indizio colla bacchetta la Sig. Fran- cesca Malagrida Albrizzi , e'I contadino Cattaneo, che lavo- ra que' campi. Vedendo per terra sparsi de' grossi brani del- la corteccia , mi venne pensiere di cimentare se pur essa era elettromotrice, e con mia soipresa trovai che ogni pezzo, sì Del Sic. Carlo Amoretti '. 67 grande che piccolo, avea I quattro poli, cioè ad ognuna del- le due estremità un polo toccando la parte esterna, e'I con- trario toccando l' interna : all' altra estremità avea gli stessi due polì , ma in senso opposto . E poiché de' pezzi sparsi non potea giudicare quale alla parte settentrionale, e quale alla meridionale fosse prima rivolto, né qual parte inferior fosse e quale superiore, due pezzi ne staccai, uno cioè per lato, notando con precisione il luogo e la posizione loro; e non solo il loro effetto corrispose a quello dello stesso albero, ma quest'effetto, ossia azione vidi conservata, e la veggo tutta- via ; e di questi due pezzi mi valgo per cotidiani sperimenti elettrometrici, sì con altri al par di me dell'opportuna sen- sibilità dotati , si con quelli ( e questi sono numerosissimi ), che, in sé non avendola, servono, dirò cosi, di conduttori. La stessa osservazione feci poi in un gelso allo stesso modo fulminato presso Desio ai 3c di Giugno dell'anno 181 1, e cogli stessi fenomeni; se non che, invece d'avere al piede le mentovate strisce come la quercia , aveavi due buchi del diametro di circa due pollici; e uno di essi era sì profondo, che v'introdussi un ramo lungo oltre un metro (io). XIII. Ben sapeasi che il fulmine magnetizza, e lo ma- gnetizza a salti, dandogli i due poli, il ferro per cui passa: (io) Questo fenomeno non parrà stra- no agli Elettricisti, che osservarono es- sere spesso corso il fulmine a salti , di- rò cos'i, in un filo di ferro, a pezzi a pezzi regolarmente spezzandolo e ma- gnetizzandolo; in una banderuola e in un globo di rame , traforandoli in modo che per una metà i pertugi veggonsi fatti dal fuori in dentro, e per l'altra metà dal dentro in fuori, quali li vide- ro i cel. Fisici Barletti ( V. Opusc. Scelti di Mil. Tom. in. p. 289. f e Frisi I hoc. cit. ) e nelle stesse pare- ti da fulmine percosse e tiaforate e rot- te allo stesso modo . Ognun vede lo stretto rapporto di questi fenomeni con quello d»'lle piante fulminate; e posso- no rutti ugualmente spiegarsi, o si adot- ti la teoria de' due fluidi vitreo 0 resi- noso; ovvero quella d' un fluido solo che si condensi e si rarefacela, e or sia affluente or effluente, e or agisca per eccesso ora per difetto ; o meglio ancora ove s' adotti la congettura di Priestley , il quale sospettò , in vista degli osservati fenomeni, che il fulmi- ne avesse intorno al propri» asse de' cilindrici spazj vuoti; o l'asserzione del eh. Barletti, il quale opina essere il fulmine composto di varj filoni più o meno fra loro distanti; o ben anche col- la teoria delle ammosfere e delle pres- sioni che sembra essere ora la più rice- vuta . Io non condanno né adotto teo- rie : narro de' fatti ; e lascio a cln è addetto a teorie particolari la cura di applicarvele . 68 Osservazioni Elettrometriciie e Cerauniche . sapeasl , che v' ha una specie di salto nello stesso magnetis- mo, poiché, se vogliasi calamitare un'asta di ferro molto lun- ga, non si hanno già i poli ai due capi, ma, dopo un certo tratto, il polo cangiasi: sapeasi che lo stesso fenomeno osser- vasi nello elettrizzamento d'una lunga canna di vetro, nella quale si passa, senza vederne la cagione, dal positivo al ne- gativo ; ma strano pareami che il fulmine magnetizzasse nel- lo stesso modo il legno d' un albero in vegetazione , e che questo l'azione magnetica, o almeno elettrometrica, conser- vasse anche secco j stato in cui generalmente (ii) trovasi iner- te : e quanto più pareami strano questo fenomeno, tanto più importavami di verificarlo . Cominciai dall' esaminare nella villa Cusani un vecchio oppio fulminato circa ao anni addie- tro, e trovai che pur esso ha una vena d'acqua vegnente dal nordovest che gli scorre a lato , e che le cortecce del tronco sono dotate ancora della doppia azione negativa ab- basso, e positiva all'alto nel lato occidentale, e viceversa sul lato opposto. D'altre fulminazioni in quella villa non v'era precisa memoria j ma, poiché vedea che gli alberi ful- minati erano or più or meno scortecciati , mi fei ad esami- nare nel boschetto ( lungo 4oo passi, e circa aoo largo ), che costeggia il canale, gli alberi tutti, per lo più castagni altissimi , che fulminati mi parvero . Oltre venti io ne tro- vai . Né deve recar maraviglia , a parer mio , che trovinsi molti alberi fulminati, poiché essi colla estesa ramificazione raccolgono la soverchia elettricità ammosferica , e radunanla tutta nel tronco; e , se la materia fulminea vien di sotterra, la raccolgono colle moltiplici radici . E vano che ne annoveri le località : soltanto dirò che due soli sorgono presso un filo- ne positivo ; e gli altri tutti stanno fra due filoni negativi o vene, o sopra una almeno. Fra le ultime v'è quella vena (il) Diro generalmente , e non sem- pre , perchè ho trovati de' tronchi da lungo tempo recisi, anche segati in ta- vole e piallati, dotati de' poli elettro- metrici . Sarebbono mai tronchi di al- beri fulminati ? Del Sic. C ARLO L.MORETTI . 69 d'acqua, che io sentii; nella parte nordest della villa, e la seguii sin dentro V Hahà, ossia la fossa che la chiude al sud, ove, avendo fatto scavare, la trovai esattamente alla profon- dità indicatami dal moto retrogrado degli stromenti elettro- metrici . Farò solo menzione di quel castagno , che sta alla distanza di circa 90 passi al sud dell'antica lapida della fol- gore (la). Ha esso puie ai fianchi due elettromotori negativi, che , col mezzo altrove indicato , ho riconosciuto essere due vene d'acqua vegnenti dal nordovest; e tali pur le riconob- bero altri Elettrometii ; e fra questi , alla sensazione de' pie- di, Ferdinando l'illoresl, di cui molto ho parlato nella men- tovata mia opera . Io tenni dietro a queste vene che all' uscire dalla villa verso nordovest son dirette al giardino del Signor Zucchelli summentovato, nel quale pur le seguii colla scorta del cilindretto sino nella casa , ed al preciso luogo ove pro- dusse ini piccolo incendio il fulmine nel i8o3 . Non è egli probabile che questo, caduto nel castagno della villa Cusani, sia andato, tenendo la strada sotterranea della vena, a sor- gere in quell'angolo della casa del Sig. Zucchelli^ Molti al- tri alberi rammentar potrei incontrati in più luoghi dopo le prime osservazioni, e specialmente nel boschetto e ne' viali del pubblico giardino di Milano , che a molti Elettrometri pur feci sperimentare ; ma colla semplice enumerazione ren- (la) Quantunque abbia già pubblica- ta nel mio Viaggio ai tre Laghi V is- crizione di questo cippo, alto metro i, e 4 decimetri, e formato di quel gra- nito rozzo elle noi chiamiamo scerizzo dal latino siliceum , non sarà fuor di luogo, cred'io, il qui inserirla pel rap- porto che ha coli' argomento di cui trat- to . Vedasi la fig. 3. Questo sasso da me scoperto nella base del campanile dell' antica or profanata chiesa di Gal- liano, a 8 miglia al nord di Desio, fu ivi fatta trasportare . Certamente quel cippo era stato posto nel luogo ov' era caduta la Folgore e ve V avea sepolta per la Podestà che n' avea Flavio Va- lente, uno di que' Seniori, de'quali scris- se Giovenale ( Sat. vi. ) Aut aliquis Se- nior qui public a fui gara conditi Dedi- cando il Puteale, e Consacrando a Giove Ottimo Massimo quel luogo Per De- creto . E per r oggetto nostro degna di osservazione la maniera con cui gli An- tichi effigiavano la folgore a doppia pun- ta trisulca ( indizio sempre di luogo con- secrato a Giove ) , qual vedesi in questa lapida. Avrebbon essi mai osservata la doppia e opposta strada elle tiene il ful- mine, e la doppia azione di cui lascia le tracce ? 70 Osservazioni Elettrometriche e Cerauniche . derei il mio ragguaglio nojoso, senza istruire, né convincere. XIV. In tutti i mentovati alberi io trovai , dirò cosi , i quattro poli, cioè l'azione negativa abbasso e positiva in at- to da una parte , e '1 contrario nel lato opposto si del tron- co, che della sveltane corteccia; mentre gli alberi colla cor- teccia lacera per altra cagione e non per fulmine, anche pas- sandovi sotto una vena d' acqua , mostransi per ogni parte inerti, o d'un indole sola lor propria, si all'alto che al bas- so . Osservai però che gli alberi ne' quali la folgore avea sol- cata e divisa la corteccia, questa avea nelle due labbra, an- corché staccate solo per pochi centimetri , i due poli , e inerte era il resto della corteccia. La Fig. 4 ne può dare un'idea. Di ciò m'avvidi per la prima volta nel bel faggio purpureo die sta fra le piante esotiche presso al mentovato boschetto di castagni nella villa Cusani . Rividi quindi lo stesso feno- meno in altre piante; e da un tiglio cosi fenduto feci stac- care dalle due labbra due lunghe liste di corteccia, che an- cora conservo, ed hanno tuttavia la loro attività. Questi poli osservai pure negli edifizj fulminati ; e se sotto di essi pas- sano più filoni o vene , riconosco quelle che dierono passag- gio al fulmine dal trovare nel muro le mentovate azioni . Le jiconobbi per tal modo in quasi tutti i luoghi mentovati nel- le note 7 e 9 (i3) . (i3) Nel R. palazzo delle Scienze, de' sei mentovati elettromotori che sotto vi passano un solo ( negativo ) presso al bugnato , a 20 passi all' ovest dalla por- ta rustica nella contrarla de'fiori, mi ha mostrata nel muro l'opposta azione. Lo stesso fenomeno provai nel palazzo Bigh'a sulla sola vena eh' è a cinque passi al sud della porta. Nel palazzo Ali l'in- dizio del fulmine si ha nel solo stipite occidentale della porta . Nel campanile di S. Bartolommeo m'indicò il passaggio del fulmine la sola vena che sta sotto l'angolo meridionale. Nella casa Venini >1 passaggio del fulmine mi venne indi- tato nella vena che è più al sudovest, e non nell'altra distante pochi passi, e trovai in alto positiva anche l'asta della ferrata, che vi sta sopra. Le medesime prove con ugual successo feci nella ca- sa Visconti d'Aragona, nell'osservatorio del Sig. Conte Senatore Moscati , ove ne riconobbi i salti sino in alto, e nel- la stalla del Lazzaretto . In alcuni di questi luoghi verificarono meco que' fe- nomeni alcuni degli Elettrometri men- tovati nella nota 8 . Le stesse osserva- zioni feci nella casa del Sig. Zucchelli a Desio, ove i muri non fulminati, ben- ché posti sopra una vena d'acqua, non dieronmi mai indizio dell* azione della folgore i e i fulminati , quali son quelli Del Sic. Carlo Amoretti . 71 XV. Non m'era venuto mai il pensiero di misurare con qualche attenzione a quanto si estendessero i mentovati salti, se cosi possono chiamarsi, del fulniine (14)5 finché non m'av- venne d'esaminare un'altissimo noce rovesciato da un turbi- ne presso Seregno a due miglia circa da Desio . Neil' indagare se quella meteora avea lasciata nell'albero l'impressione in- visibile di quella specie di magnetizzamento che produce la folgore, non senza qualche sorpresa vel riconobbi; e poiché r albei'o era atterrato ; e '1 tronco , sgombro da rami e svet- tato , era lungo oltre sette metri , potei , trovato il primo punto d'azione positiva, vedere che questa occupava poco più d'un decimetro, e lasciava quindi inerti da 6 in 8 deci- metri, dopo i quali si avea l'azione negativa di pari esten- sione della precedente; poi nuovamente succedea l'inazione, poi l'azione positiva, e con questo alternamento contai ben otto salti , dirò così , del turbine . Ad ogni azione corrispon- deva l'azione opposta nell'opposto lato; e l'azione opposta che dividono la stalla dal pozzo , e la emina del Castaldo dal cortile , hanno al Inogo delle vene che sotto vi scorro- no i quattro poli come gli alberi ; il che hanno meco verificato la Sig. Malagrida Alhrizzi suocera del proprietario , e la iua castalda Maria RedaelU. Così del- le due vene che attraversano la rasa del Sig. Perego nello stesso borgo, quella che per mezzo del pozzo comunica col conduttore recentemente erettovi ha da- ti al muro che le sta sopra i due poli , che non ha il muro posto sopra 1' al- tra vena . E qui rimarchevole che la prima è una di quelle che passano al fulminato luogo della casa Zucchelli , onde può ben essere che il fulmine del 1810 sia ivi venuto da quel condutto- re, mentre il fulmine del i8o3 sembra, come dissi, venuto dalla villa Cusani. Nel mentovato campanile di quella chie- sa prepositurale trovai ai due lati gì' in- dizj del passaggio de' fulmini , e non n ebbi nessun indizio nel muro posto sopra la vicina vena, che, attraversan- do la sagristia meridionale, p>.àsa frale iscrizioni votive d' Ercole e di Mercu- rio , mal a proposito collocate in luogo dedicato alla religione cristiana . Osser- vai lo stesso fenomeno nel campanile di Bisacio , nella colonna ad essa vicina , nella chiesiuola del castello di Stabio , nella casa e nella filanda di Casanova , nel collegio d' educazione di Monza , ne' campanili di Castel S. Giovanni, di Piacenza , e di Fiorenzola . In una pa- rola dirò, che, dacché ho osservato il magnetismo elettrometrico , se cosi mi lice chiamarlo, prodotto da fulmini, iu tutti i luoghi ov' io trovai il guasto , o la certa tradizione di folgore cadutavi , riconobbi i due 0 i quattro poli . (14) Credea che i salti del fulmine non avessero nessuna regolarità , atteso il sal- to di pochi centimetri osservato nello spillone ( N. X ), e di pochi decimetri ne' fili e nelle aste di ferro; ma vidi poi che diversa estensione ha il salto ne' metalli, e ne' corpi inerti, quali sono generalmente i muri , e le ruvide cor- tecce di vecchi alberi . Y^ Osservazioni Elettrometriche e Cerauniche. a quella della nn Ida scorza trovai uè U' alburno , quando un pezzo di corteccia potei farne staccare . Con questa osserva- zione elle parvemi molto inqiortante, mi diedi nella villa Cu- sani ad esaminare l'estensione de' salti ne' molti alberi fulmi- nati; e in tutti trovai a un dipresso quello che avea trovato nel noce atterrato dal turbine, e nella contigua casa, il cui tetto era stato dal turbine spogliato di tegole (i5) . XVI. Né la sola bacchetta, il cilindretto, e '1 pendolo mostrarommi l'azione or positiva or negativa, e quella che io chiamo magnetizzazione delle sostanze fulminate ; ma volli assicurarmene con altri mezzi fisici, e con esperimenti pur replicati da altri Elettrometri . i .° Dissi che la corteccia svel- ta dall'albero per l'azione della folgore conservava, come an- cora conserva i due poli . Per vedere se questi aveano qual- che rapporto co' poli magnetici dell'asta calamitata posi un pezzo di quella corteccia , lungo circa tre decimetri , e largo cinque centimetri, in bilico sopra un tubo di vetro termina- to in punta alquanto tondeggiante ( Fig. 5 ) ; e quindi acco- stando all'estremità positiva a il polo nord della calamita, quella n'era, debolmente bensì, ma evidentemente rispinta; e accostandovi il polo sud n' era allo stesso modo attratta . a.° Volli provare l'azione del caldo e del freddo; ed ebbi sempre toccando or la parte positiva or la negativa , sensa- zioni, bensì diverse, ma sì deboli, ed equivoche da non po- terne inferir nulla di certo . Ma , avendo un termometro a larga scala, sicché ogni grado leaum. era diviso in 5 e coli* occhio potea dividersi in io, ne presi il nudo bulbo fra'l pollice e r indice , e '1 tenni finché fosse stazionario : allora coli' altra mano toccai l'albero fulminato nel luogo dell'azio- ne (i5) Notisi che il turbine, il quale molti altri danni ha recato in quel luo- go , ha sempre tenuto 1' andamento de' sotterranei filoni positivi, 1' esistenza de' quali, come tutti gli altri indicati feno- meni , verificò meco il valente fabbro Innocenzo Cimhardi di Seiegno . Veda- si la mia Memoria sui Turbini, o Trom- be di terra nel voi. li. della Nuova Scelta d' Opuscoli ; pag. 3oa. Del Sic. Carlo Amoretti 73 ne positiva, e '1 liquore alzossi , ne' replicati sperimenti, or di quattro or di sei decimi . Toccando poscia il luogo dell' azione negativa, il liquore s'abbassò di alcuni decimi sotto il punto in cui era stazionario . Questo sperimento feci ad al- tri ripetere a un dipresso colla stessa riuscita . E poiché una volta meco trovossi il mentovato Ferdinando Villoresi , volli ch'egli, che ha molta sensibilità ai piedi e alle mani, toc- casse que' medesimi luoghi : toccolli , e trovò , contro ogni aspettazione sua e mia, caldo il negativo, e freddo il positi- vo, sebbene regolare fosse lo stato dell' ammosfera (16). Io non so rendere ragione del fenomeno; ma so che anche Vin- cenzo Anfossi sentia caldo sui filoni negativi, come quelli del carbon fossile, e freddo sui positivi come quelli della pirite, quando percorrevamo le sponde del Verbano per verificare le sensazioni di Pennet. Questo fenomeno non potrebb'egli ave- re qualche rapporto colla formazione della grandine eh' è un acqua congelata dall'afflusso d'elettricità? 3." Un altro cimen- to feci ugualmente degno dì considerazione sulla saltuaria e alterna azione positiva e negativa de' luoghi fulminati , indi- catami dall' acceleramento o allentamento del polso , misurato con un orinolo a secondi . Sul positivo crescea di 4 in 6 pul- sazioni ad ogni minuto primo; e d'altrettanto a un dipresso rallentavasi sul negativo . Queste osservazioni ripetute soventi or da me solo , or con altri parecchi , non mi lasciano alcun dubbio sulla verità del fenomeno . XVII. Essendo in Genova nella state del 18 io ebbi agio d'esaminare due fenomeni simili ai testé narrati, e fare altre analoghe osservazioni . Nella amenissima villa del Zerbino ap- Tomo XVI. IO (16) Relativamente a questi e ad al- tri analoghi fenomeni 1' Elettrometra che vuole in sé provarli deve prima es- plorare col cilindretto bimetallico o in altro modo , lo stato dell' ammosfera ; poiché , se , a cagion d' esempio , il me- tallo positivo converge , e '1 negativo di- verge, come talor avviene , allora la so- stanza negativa produce tutti gli effet- ti della positiva, e reciprocamente da questa si hanno gli effetti di quella . Io n' ebbi frequenti ed evidentissimo prove . 74 Osservazioni Elettrosietriche e Cerauniciie . pai tenente al Sig. Ippolito Durazzo ^ cortese quanto colto signore, valentissimo Botanico e Mineralogo , vidi un giova- ne cipresso inaridito quasi interamente . Sospettai che fosse stato percosso dalla folgore , se non che faceami maraviglia come questa non si fosse piuttosto scagliata negli alti e ra- mosi elei, che quasi lo circondavano. Avvicinatomi ^d esso, trovai nel tronco i due poli proprj degli alberi fulminati , e presso il polo positivo abbasso m'accorsi d'un filone pur po- sitivo che diretto era verso il nordovest ad una elevata casa sul vicin poggio, sulla quale il proprietario di essa Sig. 3'Ioion, noto e valente professore di Chimica, avea fatte innalzare due aste francliniane , che colla terra comunicavano . Egli di ciò ragionando dissemi, che si era più d'una volta osservata, in occasione di tempo procelloso, una fiammella sulla punta dell' asta orientale . Al piede di quella casa fui tosto col Sig. Dott. MarcZieZ/i Professore di Chirurgia, e Segretario dell'Imperiale Accad. Genovese, e col Sig. Ab. Pagano Prof, di Fisica nell' Accademia medesima alla quale mi glorio d' appartenere . Il primo ebbe cogli stromenti elettrometrici gli stessi miei fe- nomeni, e ancor più forti; e '1 secondo, non elettrometra ma conduttore, impugnando egli la bacchetta, al mio contatto, mentre io stava sul filone , sentilla e videla verso lui piega- re , e arrestarsi , e prender moto retrogrado quando io dall' azione del filone usciva ; onde non solo non restògli alcun dubbio sull' azione del sotterraneo elettromotore ; ma vieppiù confermossi nella opinione in cui già era dello scorrimento sotterraneo de' fulmini, e loro ritorno alle nubi. Argomentam- mo quindi , che da quel conduttore pel filone fosse andato il fulmine al cipresso , e per la cima di questo si fosse sca- gliato alla nube . Questa conghiettura eragli nata in mente quando, dopo dopo di aver letta la memoria del Can. Gattoni sui fulmini di ritorno, seppe che in un di della precedente state caduta era la folgore presso S. Andrea, luogo situato su un elevato poggio della città ; e salito era contemporanea- mente nell'ammosfera un fulmine dal tetto della chiesa di Del Sic. Cablo Amoretti . j5 S. Luca, ove sollevate aveva alcune delle lastre d'ardesia oiid' era coperto . Mancavangli però ancora argomenti della via tenuta, e da me gli ebbe; poiché io per lunghissimo tratto della città seguii la traccia di due paralleli filoni positivi, indicatimi dal cilindretto, che appunto dai contorni di S. An- drea sino a S. Luca, passando per piazza nuova, sono con- tinuati ; anzi molto più oltre estendonsi , avendoli seguiti , nell'andare alla Lanterna anche sotto la villa Durazzo. D'al- tra importante osservazione del Sig. Profess. Pagano parlerò più sotto . XVin. Da tutti questi fatti risulta, se non con certez- za, con molta probabilità almeno, che siccome nelle sperienze elettriche non vibrasi mai la scintilla, comunque carica d'e- lettricità sia la macchina^ se non le si presenta un corpo at- to a riceverla, o immediatamente, o anche a traverso d'un corpo coibente ; che in tal caso è spezzato o fuso ; così i ful- mini sca"liandosi dalle nubi alla terra sieno tratti, dirò così, a gettarsi in quei canali, che loro danno passaggio, del che noi abbiamo un argomento ne' conduttori francliniani ; e i canali da loro percorsi sotterra siano le vene acquee, metal- liche e bituminose . Ciò già osservato aveva il sovente loda- to Sig. Cav. La n chi ani ^ il quale chiaramente dice che •' la „ scarica d'una nuvola temporalesca deve essere determinata „ da una cagione molto grande , cioè dallo stato contrario „ della nuvola e del suolo „ ; e ciò pur accordasi colle an- tiche osservazioni fatte dai Mineraloghi , cioè che i fulmini, frequentemente cadendo in un luogo, indicano una sottopo- sta miniera {a) . Ciò posto egli è evidente , che la folgore deve cadere soltanto in que' luoghi sotto i quali stanno o passano questi conduttori naturali, onde, affinchè non vi si scagli, come suole, con più o meno grave danno, ma inno- cua vi discenda , conviene armare di spranga francliniana i (a) Vedi l'opera Della Raddomanzia , Parte I, Num. aSi. 76 Osservazioni Elettrometriciie e Cerauniche . luoghi elevati , che sovr' essi stanno ; ed è ventura , a parer mio, per la nostra Metropolitana spesso fulminata per l' ad- dietro ( sebbene a motivo delle molte interne aste di ferro , comunicanti colle frequentissime vene piritose del marmo ond'è fabbricato il tempio, ivi meno distruggitrice sia la fol- gore ) è ventura dissi , che due dei tre conduttori sovr' essa sinora collocati , siano precisamente su due delle sei vene che lo attraversano dal nordest al sudovest . Il terzo conduttore, messo verso nord all'ovest dell'ultimo pilastro presso la fac- ciata, poteva forse meglio essere collocato presso al penulti- mo sotto cui passa la vena , che prosiegue il suo corso sotto la prima porta laterale settentrionale (17). Con tutto ciò son persuaso che il conduttore, se giunge costantemente al con- tatto dell'acqua, debba ugualmente difendere, attesa la co- municazione che colle vene aver deve lo strato d' acqua che s'incontra in ogni parte di questa città. Osservisi però che alcune vene d'acqua sogliono avvicinarsi alla superficie, e allontanarsene abbassandosi . In Milano non è raro che le ac- que sotterranee s'alzino ad inondar le cantine, e talora s'ab- bassi d'alcune braccia l'acqua de' pozzi . A Desio ho trovata nella state abbassata quasi da 4 metri la vena di cui parlai al num. xiii , e m'accorsi poi come a poco a poco rialzavasi reir autunno, sinché tornò al primo livello . E altresì da av- vertirsi che alcune vene d'acqua specialmente quelle che ven- gono da colli , e non da monti sono intermittenti , e quindi sono insensibili all'elettrometrìa per molti secondi : onde con- viene fermarvisi alquanto per sentirne l'azione. XIX. Né basta, a mio parere, come da taluni si è cre- duto, che il conduttore termini in poca acqua stagnante o (17) Sono ben lontano , ciò scriven- do , dall' accusare il valente Professore elle ha diretto il colloi:amento de' con- duttori francliuiani sulla Metropolita- na . Egli si è regolato sulle moltiplici osservazioni de' Fisici dalle ^ali risul- ta che un conduttore attrae la materia fulminea dalla nube alla distanza al- meno di 5o piedi : cpiindi gli ha fatti collocare a distanza non maggiore; aven- do cura che il filo conduttore mettesse capo in pozzi d' acqua perenne o già esistenti , o a tal uopo ecavati . Del Sic. Carlo Amoretti . yj nella terra, riputata il gran serbatojo della elettricità, in cui debba spegnersi, direm così, quella face, o immensamente suddividersi, e disperdersi quel fluido. La fulminazione del- la Madonna della Guardia presso Genova ne somministra una prova riguardo alla terra {a); e l'acqua, siccome quando non ha corso non è elettromotrice, cosi io non credo che essen- do stagnante sia conduttrice : opino però che l' acqua d' un pozzo perenne sia opportuna per ricevei*e la materia fulminea e darle una strada; perchè un cotal pozzo ha certamente una vena che l'acqua gli somministra; ma lo non mi fiderei d'un pozzo, ove l'acqua non fosse perenne. Quindi non dobbia- mo fidarci di cisterne : del che due singolari esempli narrom- mi avvenuti presso Genova il summentovato Sig. Prof. Pagano, Il Signor Gian Carlo Brignole volle armare di conduttore il palazzo dell'amena sua villa d'Albaro, e, non avendovi poz- zo d'acqua portatavi da una vena naturale, si fé' terminare il filo metallico in una cisterna, in cui l'acqua di pioggia quanta san può si raccoglie e si conserva . Egli teneasi cosi sicuro dal fulmine , quando uno se ne scagliò su quel con- duttore, e tanto danno apportò al palazzo, quanto apportato n'avrebbe se conduttore non vi fosse stato. Questo avveni- mento die luogo a sospettare che la cisterna facesse ivi la vece d'una gran boccia di Leiden atta a ricevere e ritenere il fluido elettrico, finché questo, superiore alla resistenza del- la boccia, s'apre, spezzandola, una strada, e cerca l'equi- librio . E ciò che più ci persuase della somiglianza d' una ci- sterna colla boccia leidense fu il fenomeno avvenuto non ha guari appiè della Lanterna di quel porto . Ivi nello scoglio , base di quella altissima torre, è stata tagliata una cisterna a comodo del Custode, ed essendosi poi munita d'un condut- tore la lanterna , si fece in quella cisterna discendere la ca- tena metallica . Non ne venne mai danno né all' edifizio né (a) Vedi la nota 5 . ^8 Osservazioni Elettrometriche e Cerauniche. agli uomini, finché in un dì procelloso essendo il Custode andato alia cisterna, per attinger acqua, quando ebbe avvi- cinata a questa la secchia , ne sorse , e avventossi a lui tal fuoco, ch'egli ne fu rovesciato a terra, né sì facilmente ri- ebbesi . Ora non è egli chiaro che dalla spranga francliniana pertossi a poco a poco l'elettricità ammosferica in quella ci- sterna, come nello aggirare il disco della macchina elettrica portasi nella boccia di Leiden l'artificiale; e che la secchia, la corda , e l' uomo servirono per iscaricarnela ? Mi si dirà che v'ha delle cisterne anclie nelle vicinanze di Genova, nelle quali metton capo i conduttori senza che mai siane ri- sultato danno. Ben lo credo. O la cisterna riceva l'acqua da canale perenne, o la lasci filtrare da qualche screpolatu- ra, e nella sua ampiezza ritenga in gran copia l'elettricità portatavi dal conduttore , e a poco a poco disperdala avanti che alcuno si accosti a scaricamela, come appunto fa la boc- cia leidense, il conduttore salvar deve la casa. Ma riputerei ben mal consigliato colui che in tempo procelloso andasse ad attinger acqua a quella cisterna . XX. Se i fulmini, talun mi dice, portansi per naturai tendenza ai luoghi sovrastanti a vene acquee, bituminose, e metalliche: se queste, e specialmente le prime, sono frequenti in tutte le parti della città, de' borghi, delle ville, e de' campi , ad ogni minaccia di procella l'uomo versato nella Fi- sica, e nella Mineralogìa, dovrà tremare, come trema la don- nicciuola, e'I fanciullo ad ogni lampo e tuono; e quindi, se- gue taluno a dirmi, mentre vi proponete d'insegnare il mo- do di fuggire o allontanare la folgore , ci opprimete con un timore continuo d' inevitabil male , forse peggiore del fulmi- ne istesso , che di rado cade , e rarissimo caso è che ne sia saettato l' uomo . Specioso è il rimprovero ; ma io , ben lun- gi dall' incutere un vano timore o accrescerlo, ho per oggetto di dissiparlo. Chi teme il fulmine, al veder lampo e all'udir tuono, trema in quniunque luogo egli siasi, perchè crede che il fulmine si scagli all'azzardo. Ora, quando io lo persuada. Del Sic. Carlo Amoiietti . 79 elle se egli non è sopra o in contatto di sostanze elettromo- trici, non può essere tocco dal fulmine, non vengo io a mo- strargli tanto minore il pericolo , quanto maggiori sono gli spazj liberi dalle mentovate vene , che gli spazj da esse oc- cupati ? Sono esse iVecjuenti , mi si dice . Il so ; ma anguste generalmente ; e l' azione delle vene acquee di rado estendesi oltre un passo ; e non è infrequente die talora cento passi si percorrano senza ti-ovarne . Fìù. estesi è vero, sogliono es- sere i filoni metallici, e più ancora gli strati bituminosi; ma sono assai meno frequenti , e l' estensione loro è ben lungi dal pareggiare quella del suolo o sasso inerte, ossia non elet- tromotore. Tuttavia, mi si soggiunge, si deve sempre teme- re e tremare , perchè s' ignora se sotto i nostri piedi siavi una sostanza attraente il fulmine, o ne sia lontana. Ma qui si osservi in primo luogo che non infrequenti essendo gì' in- dividui atti a conoscere le sotterranee sostanze conduttrici , diffidi cosa non sarà il farsi con precisione indicare i luoghi da esse lontani, onde recarvisi e starvi durante il pericolo o'I timore . In secondo luogo si consideri che il fulmine non is- cagliasi per portarsi agli elettromotori sotterranei, se la nu- be fulminante, o sovraccarica d'elettricità, sia positiva sia negativa , non trova su alcuno di essi un corpo elevato che servale di conduttore, e fulmine non risorge, se ad ixna nu- be dotata d' elettricità contraria non corrisponde un corpo più o meno elevato da terra , che , ricevendo il fluido elet- trico il quale ha percorso il sottoposto elettromotore , alla nube lo restituisca . Or questa combinazione di cose è assai rara; e quindi è poco a temersi il fulmine, anche data la possibilità di trovarsi sopra un elettromotore . Preveggo in- oltre un' obbiezione che mi si farà , e giustamente . Veggia- mo che i fulmini scagliandosi in un edifizio, ancorché abbia sotto di sé un elettromotore, non vanno a questo diretta- mente ; ma scorrono , per lo più a salti per una gran parte dell' edifizio medesimo; onde quantunque l'uomo non sia sul- la vena può egualmente essere percosso . È vero ; e nelle 05- 8o Osservazioni Elettrometriche e Cerauniche. «ervazioni mie ho più d'un esempio di fultniiii, or caduti su d'un edilizio non sovrapposto ma vicino alla vena, o per es- so risaliti, come avvenne, a cagion d'esempio, nel campa- nile della Cattedrale di Piacenza, che non ha la vena sotto di sé, ma circa a quattro passi di distanza al sud; or, aven- do essi trovato un'asta, o un sol filo di ferro, delle cornici dorate ec, per esse sonosi di molti metri allontanati dall'e- lettromotore sotterraneo , come osservai più volte nelle case e chiese fulminate. Quindi è pur vero che l'uomo può esse- re percosso dal fulmine ancorché non sia precisamente sopra r elettromotore . Ma ciò non toglie che non sia grandemente minore il pericolo di chi non vi sta sopra ; che di chi sovr' esso si trova; e'I pericolo si evita interamente stando in tem- po procelloso lungi dai ferri e dalle stesse pareti ; e se temesi che anche il pavimento dia passaggio al fulmine , sottopon- gasi alla sedia, o ai piedi un corpo coibente, come un legno inverniciato o un moltiplice strato di seta; e'I fulmine, se- condo le conosciute leggi dell'elettricità, non salirà per es- so, ma proseguirà il suo cammino, sinché trovi la più breve strada per discendere all'elettromotore, o salire alle nuvole. XXI. Ho esposti i miei pensieri, e le mie conghietture colla sola lusinga di giovare a miei simili, indicando il modo di diminuire i danni , i pericoli , e i timori che cagionano i fulmini, e altri fenomeni elettrici, ma se pur ciò non otten- go, sono certo almeno di non aver accresciuti né quelli, né questi . " Io ben so ( dice il valente Geologo Sig. Ebel ) che 5, molti illustri Fisici non credono all'azione delle sotterra- „ nee sostanze su alcuni individui , ed ai fenomeni del pen- 5, dolo ; ma io per mille sperimenti , fatti con tutta la diffi- „ denza , e la cautela possibile , ne sono tanto certo quanto 5, di qualunque altro fenomeno naturale il men contraddet- 5, lo {a) „ . Lo stesso io ripeto e del pendolo e di tutti gli (a) Uber Bauder Erde in der Alpen- gebirge . Zurich i8o8. Voi. II , Paragr. 101 . Questo medesimo valente Scritto- re , in una Lettera datata da Zurigo ai i3 di Luglio i8ii (inserita nel Journal des arti j dei sciences , et de la litéro' DI risicjv c/oc. Jt,// . T . XVI. P 80. liiliiiiBl — STAI) Del Sic. Carlo Amoretix . 8i stromenti elettroraetrici, e delle sensazioni alle quali essi sup- pliscono. Mi guarderò però dal fondare, com'egli, e Gray , é Rìtter ed altri hanno fatto su i fenomeni della Elettrome- tria una teorìa per un sistema terrestre o mondiale . Accumu- late de' fatti , dicea Bacone , e poi farete delle teorie . Tomo XFI. II ture N." laS ), scrive d'aver trovati nella Svizzera più di trenta individui dotati della facoltà minerografìca o es- ploTutTÌce ( oh ' io chiamo elettrometrica ), e d'avere espressamente percorsi alcuni di que' Cantoni per far con loro della sperienze . 82 SOPRA UNA SINGOLARE DEIEZIONE D' INTESTINO MEMORIA Del Sic. Leopoldo M. A. Caldani . Ricevuta li a Aprile 1812,. E .0 letto, son molti e molti anni, in qualche opera clii- rurgica di antico Autore, di cui non mi ricordo il nome, ma per quanto mi pare anteriore a Prassagora, che in quella cru- dele malattia, la quale comunemente chiamasi Volvolo^ e che talora nasce da una parte d' intestino entrato in sé stesso per modo da formare tuia porzione di tubo raddoppiato ; ho let- to, io dissi, che in questa feroce malattia è stata tentata, o fatta l' operazione di aprire il ventre al malato ; di estrarre gradatamente gl'intestini tenui sino a che si giunga al luogo raddoppiato, che dicesi da' Chirurghi invaginamento , o inva- ginazione. Fatta l'estrazione e la successiva sollecita intro- duzione di questo canale nel ventre dopo di aver disciolto il raddoppiamento colle dita, che lentamente stirarono il pezzo invaginato, si cura l'artefatta apertura col metodo usato nel- le grandi ferite dell' addome ; cioè con quella cucitura che con greco nome Gastroraphia si appella . a. Se questa operazione chirurgica, cioè l'apertura di ventre in caso di volvolo, sia stata proposta, se non esegui- ta, da Paolo Barbetta, poiché ne fa menzione nell'opera sua anatomico-chirurgica , siccome da qualcuno si vuole ; ovvero se sia stata suggerita da altri non poco tempo prima di lui, io 5 per le ragioni addotte poco sopra , non oso deciderlo . Monsieur Hevin (a) trattò quest'argomento, e dimostrò che (a) Mem. de l'Acad. Ruyale de Scien. de Paris . Tom. IV. Del Sic. Leopoldo M. A. Caldani. 83 né Prassagora., uè altri Chirurghi hanno veramente eseguita questa operazione, trattone forse un sol caso, in cui fu sug- gerita da Antonio Niick celebre Anatomico di Leyden, almeno secondo quanto ne scrisse l'Olandese Oosterdykius Scacht , di cui non conosco l'opera, perchè non indicata ( come si usa 5 e non bene, da non pochi ) dal suddetto Monsienr Hevin (a) . 3. L'autorità di Nuck presso di me è tanto rispettabile, che mi è quasi d'uopo credere, che realmente la detta ope- razione (se il caso fu veramente d'Ileo per invaginamento, ovvero anche per qualche strozzatura ) abbia avuto luogo, e sia insieme riuscita felicemente . La severa critica al contra- rio, che dell'autorità fa pochissimo conto, avrebbe fatto so- spettare, che l'operazione fosse stata quella che conviene nell'ernia incarcerata operazione che si praticava dagli anti- chi Chirurghi, e non già l'apertura del ventre (se con que- sta espressione non s'intenda il taglio che si fa alla scissura addominale per cui è passato l'intestino strozzato) per isno- dare un invaginamento d' intestino , o per tagliare una bri- glia strangolatrice . E, per verità, se fia vero che Prassagora sia stato tacciato di crudele per ciò che in questa malattia comprimeva fortemente l'addome addolorato, sembra chiaro, chiarissimo, che non si trattava di volvolo; perchè, direbbe qualcuno, siffatta compressione sarebbe stata più dannosa che utile , ma sibbene di ernia recente intestinale . 4- Questa sola e semplice riflessione sarebbe stata alla suddetta critica più che sufficiente per dubitare, o piuttosto per sostenere che l'operazione^ di cui qvù si tratta, fu piut- tosto immaginata da qualcuno pel desiderio di farsi convin- cere, o di accrescere lustro al proprio nome, ed in somma pour parvenir ^ siccome dicesi da Franzesi , anzi che esegui- ta. Aggiugnerebbe peso a questa decisione il riflettere che. (a) NoH si ha di Oosterdikius Scacht 1 ri , portati senza molestia da un uomo , elle un'ossei-vwione di calcoli di urete- | e da un cane. Ved. Haller Bibli Chiruig. 84 Sopra la Deiezione d' Intestino . accordando il caso suggerito dal Nuck e felicemente riuscito, non altri che si sappia praticarono nel volvolo sì temeraria operazione (a) : e alla perfine si richiami alla mente, che que- sta malattia gravissima non è figlia soltanto d'invaginamento, ma sibbene ancora di non poche altre cagioni; le quali, sic- come l'invaginamento , mancano di que' segni principali che di (fuesta o di quell'altra cagione sono soltanto proprj ; e che con greco nome si dicono patho^noìnonicì . 5. Né qui han fine li fondamenti per credere e giudicar favoloso ciò che pur si voleva innalzare al grado di storia . Imperocché dato , e non concesso , che noto fosse esser la causa del volvolo o qualche briglia strangolante, o l'ingres- so di una parte inferiore del tubo alimentare nella superio- re, o viceversa, chi mai ad oggetto di tagliare la briglia, o di sgroppare al più presto l'invaginamento, siccome è neces- sario, potrebbe assicurare che non vi è principio d'infiam- mazione dalla quale più di frequente nasce il volvolo, e che la briglia o l'invaginazione s'incontrerà più facilmente e più presto , estraendo le budella in guisa , che la parte estratta risponda piuttosto allo stomaco che al podice ? In una ope- razione di tal natura può mai essere indifferente, per l'esito felice o funesto, il perder più tempo, o perderne meno? La ragione fondata sulla nota sensitività e delicata natura di tali visceri non avvezzi ad essere maneggiati, o ad essere esposti all'azione dell'aria libera, favorisce il minor pericolo nel ca- so della maggior possibile sollecitudine nell' operare . 6. E, posto anche, per ipotesi, uguale il pericolo nel maggiore o minor tempo impiegato, siccome le briglie liga- mentose,e le invaginazioni non sono la sola cagione del vol- volo siccome poc' anzi indicai , per esser talvolta e più spes- so effetto d'infiammazione, di pertinace diarrèa, di forti con- vulsioni o strignimenti delle budella, di bile acerrima, di (a) Gel. Aurei, scrive, Chimrgiam temerariam Praxagoram proposiusse . Acut. moib, lib, lU, Del Sic. Leopoldo M. A. Caldani . 85 tumori sviluppati a poco a poco fra le tonache intestinali , o di cagioni comprìmenti il tubo alimentare, o di morbose concrezioni delle parti che lo compongono, o di materie rac- colte in copia tale si che ne chiudano la cavità; qual van- taggio mai nel caso di siffatte cagioni ne verrebbe all'infer- mo dalla nota operazione, e qual fama al Chirurgo operatore? 7. Io pubblicai nel primo volume de^ Saggi dell'Accademia di Scienze, Lettere, ed Jrti di Padova la storia di un volvolo, prodotto dalla concrezione o attacco delle fimbrie di una delle due tube Falloppiane col fondo dell'utero; per cui si formò un anello , entro del quale si fece strada gran parte degl' in- testini tenui col suo mesenterio . Se di siffatta cagione vi fos- sero stati li segni caratteristici, l'apertura dell'addome, ed il taglio di quel tenue ma robusto anello avrebbe forse sal- vata l'inferma. Ma chi mai poteva indovinare siffatta cagio- ne? o, indovinata, azzardare un'apertura di ventre corrispon- dente al bisogno? o, dopo l'apertura, vedere l'anello stran- golatore , eh' era sepolto profondamente nella pelvi fra gì' in- testini infiammati , e sommamente distesi ? 8. Un'altra storia avrei potuto esporre al pubblico di un volvolo , prodotto da infiammazione di una strana e forte concrezione inorganica di un pezzo d'intestino ileo, limgo un braccio crescente , e raccolto in un globo , grosso per lo meno quanto un uovo di struzzo , di cui ne presentava la forma . Era fatto di cinque in sei giri intestiniformi , uniti fortemente insieme, e pieni di putidi fetenti lombrici, che pro- babilmente furono gli autori della fatai malattia . In questo secondo caso, siccome in altri ancora, l'ultimo de' quali da me trattato , nel breve giro di due giorni trasse di vita un dotto Professore di questa Università («) mio amico amatissi- mo , sarebbe stata molto irragionevole la supposizione d' in- vaginamento, o di compressione per ciò, che quanto in que- (a) L' Ab. Rustici P. F. P. di Gius Canonico . 86 Sopra la Dejezione d"" Intestino . sto amico si prestò di ajuti per le vie tanto superiori che in- feriori , tutto era rimandato con impetuoso e pronto vomito si, che non solo il pretto e figurato sterco, e li cristèì nien- te mutati , ma le stesse supposte non alterate per modo al- cuno uscivano ben presto per la bocca : il qual vomito per- niciosissimo e singolare non può aver luogo là dove il volvolo riconosce per causa o una compressione sensibile, ovvero ( che è lo stesso quanto all'effetto ) uno strangolamento, o la pre- senza di materie che il tubo ostruiscano si che non permetta il passaggio alle più acquidose sostanze; cosa che accade an- che nel caso di notabile invaginaniento, in forza del mesen- terio annesso all'intestino invaginato. 9. E per nulla tacere anche intorno ai presidj,che pos- sono usarsi in si feroce malattia, se, nel caso indicato del globo fatto di pezzi d'intestino strettamente uniti fra di lo- ro, si fosse aperto il ventre sul falso giudizio d'invaginazio- ne , come estrarre dalla ferita un globo di tal volume senza prolungar questa moltissimo, e separare dal forte tessuto cel- luioso inorganico le porzioni intestinali tanto tenacemente fra di loro connesse , con sicurezza di non abbreviare all' infer- mo li giorni del viver suo ? 10. Non voglio credere, che a difesa, o piuttosto a so- stegno della pratica della Gastrotomìa, cioè dell'apertura dell' addome in caso di volvolo, possa qualcuno far riflettere, che gl'invaginamenti intestinali, siccome pure le loro viziose a- derenze reciproche, o con altri visceri, non sono sempre sì forti da disperale del pronto e felice successo nella separa- zione de' viziosi attacchi, o nello sgruppamento delle invagi- nazioni accordando io questi fatti , che le anatomiche dise- zioni qualche volta confermano, domando che a me parimenti si conceda, che le piccole invaginazioni non fanno il volvo- lo; che il moto naturale degl'intestini, se fa l'invaginamen- to , sa e può anche disfarlo ; e che ne' cadaveri non di rado s'incontrano qua e là delle piccole invaginazioni, che nou produssero il volvolo . Quindi è che sarà sempre imprudente Del Sic. Leopoldo M. A. Caldani . 87 ed inagionevole la Gastrotomia per ciò, siccome dissi poco addietro , che il volvolo è un effetto di cagioni diverse , le quali mancano di segni caratteristici, atti a manifestarne la natura e la sede . E chi sa se il solo esempio felice di Ga- strotomia suggerita dal Nuck , fu veramente in caso di vol- volo per invaginazione , e non piuttosto di ernia comune o ventrale , siccome dicesi , che non si potè riporre o guarire senza la detta operazione ? Io azzardo questa dnbbietà per r inutile fatica ) di Prassagora dice, che nella (a) BUjI. Ghir, Tom. I. (*) Hist. d'Anat. et de Cliir. Del Sic. Leopoldo M. A. Caldani. 91 •malattìa di cui si tratta faceva ingojare un globo o palla di piombo siccome usavasi da Ippocrate . Esso è il solo, per quanto io so , il quale copiando in parte Aureliano dica es- pressamente che Prassagora faceva egli stesso in casi A'Ileus la Gastrotomìa: imperocché scrive, che dove appresso l'usò de'presidj da lui suggeriti gli accidenti del male non cessa- vano , il faisoìt fori hardiment une incision au ventre pour en tirer V excrement ^ et recoutoit en suite l' intesti n. Ma da quanto di Prassagora sappiamo, può egli mai decidersi, leg- gendo Celio, che il Greco Chirurgo abbia eseguita colle pro- prie mani la detta incisione ? Ciò si vedrà in appresso recan- do il testo di Aureliano^ il quale, per nulla tacere, non dice per certo che facesse ingojare palla alcuna di piombo come facevasi da' Chirurghi antichi , e si fa tuttavìa da qualcuno a giorni nostri; alcuni de' quali si servono pili di frequente del mercurio vivo ingojato alla quantità di non poche Once, su la sovente falsa supposizione , che il volvolo sia effetto d'invaginamento d'intestino, e piìl frequentemente di quel- lo che diresi Ileo . 18. Avendo sino ad ora dimostrato, per quanto mi pa- re, che gli Autori, li quali scrissero della Chirurgia di Pras- sagora, relativamente al metodo di cura ch'ei credeva con- veniente nel volvolo , non sono tra loro perfettamente d' ac- cordo quantunque tutti ci facciano sapere di aver tratte le notizie da una stessa fonte, mi rimane ora il carico di esporre e d' interpretare quanto scrisse il Medico Africano , che di Prassagora ci lasciò conservati alcuni pochi frammenti . Ma egli è questo un carico, in cui non mi lusingo di riuscir be- ne, o almeno per modo che si comprenda nettamente il sen- timento dell'Autore. La poca cognizione che aveva Celio del- la lingua greca , come fu osservato dall' Haller , che nella prefazione alla ristampa dell'opera di Celio ^ dopo di aver no- tato la barbarie dello stile, di alcune parole, e della costru- zione latina adoperata da Celio stesso , avvisa che groecis Ut- tcris non optime imbutus fuìt ; e che scrisse in que' tempii 9* Sopra la "Deiezione D'Ti^TT£ST)NO. ne' quali grcecce voces male a lafìnìs reddehnntjir , sono la ca- gione della poca mia lusinga di ben riuscire nell'impresa di parlare il linguaggio della chiarezza. Ad ogni modo m'accin- go all'opra; ed ecco sulle prime quali fossero li principali ajuti medici, che nel volvolo, detto da Celio e da altri an- cora Tormentum.) da Prassagora si praticavano. 19. Usava cristèi , purganti, e frequenti emetici, onde l'infermo smagrisse ( Jiibet per voinitum corpora desìccare ) . Praticava le supposte , ma spezialmente gli emetici in modo da far vomitare lo sterco ( donec stercora facìat evomì . . . ) . Non altro cercando che di far crepar le budella, tentava di far ciò con medicamenti acri, con bevande flatuose, o con qualche in- iezione dotata della stessa facoltà: le quali cose rendendosi mo- leste colla tensione che procurano, o coU'infiammazione, o coli' esser trattenute , cagionassero la rottura , o la putrefazione ; ovvero cacciate in massa, cioè in un colpo, uccidessei'o per al- tro modo . Non alìud quam facere disruptìonem. ìntestinorum adfectans , per acrimonìam medicamentorum id tentata et in- flahìl'mm potionum, et ìnjectìone virtù te similium: quoe ingesta tensione ac tumore ( tumor presso Aureliano^ ed altri ancora, è l'infiammazione ) ìntestinorum, aut retenta ruptionem perfi- cìant, vel putredinem; aut acervatim exclusa alio genere ìnter- fectìonem facìant . Dopo di questo tratto soggiugne Celio, che lo sterco leso col vomito è indizio di tumore ( cioè d'infiamma- zione ) d'intestini, non potendo ciò accadere ( vale a dire il vomito di sterco ) senza gran tumore . Imperocché lo sterco così spremuto, passando per il ventre, e sboccando nello stomaco, esce per questa via ( cioè per la bocca ) : per la qual cosa è nianifesto che Prassagora volle descrivere una pomposa mor- te , anzi che un metodo di cura . Item omne stercus per vo- mitum tumoris Ìntestinorum est argumentum . Non enim sìne tumore nimio hoc perfici potest . Nam stercus ex ìntestinis expressum per ventrem transìens , stomachoque ìnfìuens , per eam partem excutitur: quo probatur magnificam morteni Praxa-^ goras magis quam curationem voluisse scribere . Del Sic. Leopoldo M. A. Caldani. y3 ao. Sin qui mi pare che la traduzione ed il testo siano d'accordo bastantemente. Ma per il resto ho bisogno dell' indulgenza de' miei cortesi lettori; ai quali stimo meglio per la rimanenza del testo di presentare prima della traduzione il testo medesimo, che è il seguente. Quìbusdam etiam^ma- nibus premens intestina, magna quassatione vexavìt , quibus ìntestiniim quod Grceci TVCpÀov iVTipov adpellant , in follìcu- lum ( nelle note questa voce è mutata in quella di Scrotum ) f aerai illapsiim , plurimis stercoribus confertum . Cioè, ad al- cuni ancora , comprimendo colle mani le budella , le agitava con tal forza , che quell' intestino chiamato da' Greci cieco intestino ( rotto ) cacciasse la matex-ia nello scroto , sporcato cosi di moltissimo sterco . Non parendomi però possibile che un uomo perito [a) nella scienza anatomica , qual era Pras- sagora , s' immaginasse colla pressione dell' intestino cieco di poter cacciare lo sterco da questo intestino nello scroto sen- za rottura dello stesso intestino, incarcerato forse con parte dell' ileo nella coglia ; così ho aggiunta la parola rotto ; per- suaso che Prassagora trattasse allora di rimettere colla com- pressione un ernia che produsse il volvolo per discesa e stroz- zatura dell'intestino suddetto. Ma si proseguisca il testo, cui poche righe , ma strane impongono fine . ai. Item confectis quìbusdam supradictis adjutoriìs , di- videndum ventrem probat pubetenus : dividendum intestinum rectum, atque detracto stercore consuendum dicit , in proter- vam veniens chìrurgiam . Oportebat enìm si ad hoc acceden- dum necessitas imperabat , enterocelicorum adprobare curatio- nem . A questa finale ho dovuto fare ( come si vedrà in ap- presso ) qualche cangiamento, che ho stimato giusto e neces- sario , senza del quale conveniva dichiarare il Chirurgo ope- ratore per lo meno un pazzo . Ma si passi alla traduzione . Parimente dopo la pratica di alcuni de' suddetti soccorsi, ap- prova che si apra il ventre presso il pube ( cioè all'anguìnaja ) : (a) Di questa peruia ved. il Clerc Hist. de Med, luog. cit. 94 Sopra la Dejezione d'Intestino . die si apra ancora l' Intestino retto \ e vuotato dallo sterco si cucisca, passando per tal modo ad una insolente e temera- ria Chirurgia. Imperocché bisognava, se lo comandava la ne- cessità, approvare la cura delli erniosi. Ho tradottò W prohat in approva , per ciò che se scritto avessi fa prova V accusa- tivo d'widendum ventrem dopo il prohat è un modo troppo antilatino . Gli autori che parlano di tale operazione non so- no d'accordo fra di loro, come ho dimostrato sotto lì numeri li sino al 17 inclusivamente . Chi scrive ( mi conviene ripe- terlo ) che ordinava che si aprisse il ventre ; chi dice che lo apriva ; ed altri che ne approvava l' apertura : e mi pare che r ordinare o fare , o approvare l' operazione nel volvolo , co- me trovasi descritta da Celio Aureliano , sia un pensare e agire brutalmente . aa. Quest'ultimo tratto dunque del medico di Numldia, spettante alla cura del volvolo, praticata o suggerita da Pras' sagora, è tanto per me strano, che mi sembra piuttosto una satira anziché una storia . Né l'accusa di satira disconverrebbe ad un maldicente di professione , com' era appunta Celio Au- reliano . In alcune parole del suddetto tratto vi è dell' equi- voco, e non poco dello stravagante per non dire decisamente ridicolo. L'equivoco sta spezialmente in quel dividendum ventrem prohat puhetenus . Io non saprei dire , come ho in- dicato poco addietro , se voglia significare che Prassagora approvava o suggeriva questo taglio dì ventre, ovvero se lo faceva egli stesso . La stravaganza poi é palese nelle parole dividendum intestinum rectum , e nel consuendum .. Non è possibile, se non si spacca il ventre tutto, passare dal pube all' intestino retto , aprir questo , e poi cucirlo . Chiunque abbia qualche superfizial cognizione della distanza , del nu- mero , e qualità delle parti frapposte al pube , o all' angui- naglie , e all' intestino retto , dee ridere insieme e stordire all'intendere che siasi fatta, o suggerita, o immaginata una cosi strana , irragionevole , micidiale , e bestialissima opera- 2Ìone , Oltre di che , se Io sterco , viziosamente trattenuto , Del Sic. Leopoldo M. A. Caldani . gS fosse annidato nell' intestino retto , e questo colla soverchia mole e secchezza impedito avesse lo scarico delle materie fe- cali arrestate nelle budella , onde per siffatto impedimento succeduta ne fosse la passione iliaca , perchè mai una tale carnificina ad oggetto di estrarli ? Forse che sono pochi e sconosciuti li modi per cacciarle di là ? 23. Quindi è che escluso, se si voglia, il sospetto di maldicenza , a fine di salvare da si barbari racconti e metodi di cura il Greco Chirurgo Prassagora^ io credo che si debba leggere d'widendum intestinum recta, in vece di rectum: cioè tagliar si potrebbe l'intestino invaginato, o strozzato, o vio- lentemente contratto, o infiammato, che fa il volvolo, recta\ cioè a dirittura, subitamente , ovvero con taglio longitudina- le , che permette con prontezza e facilità la cucitura : cosa non facile in taglj d' altre direzioni che si accostino più o meno alla trasversale, per la ragione che sotto taglj simili si rovescia tosto l'intestino per modo, che si forma un orlo al- quanto grosso; in cui la faccia interna diviene esterna, e quindi perdesi molto tempo nell' unire , anche rozzamente , colla cucitura i labbri della ferita . Se in questa qualunque mutazione, che ho fatta di una semplice parola nel testo di Aureliano , sono riuscito a correggere uno sproposito massic- cio, quale si è quello della proposta operazione, ecco l'idea che formata mi sono del metodo di cura, tenuto da Prassa- gora nella cura del volvolo . 24. Li molti emetici ; li purganti ; li cristei ; le supposte (chiamate con greco nome Collyrium, o Colurium); le inje- zioni di molt'aria per l'ano, servendosi a tal uopo molto probabilmente del mantice da fabbro come faceva Ippocrate {a); le compressioni del ventre; il vomito dello sterco che PraS' sagora tentava di promuovere , dimostrano a mio giudizio ch'egli credeva il volvolo prodotto o da copia di materie fe- (a) Lib. de Morbis . 9^ Sopra' la Deiezione d' Intestino . cali accumulato, e trattenute da qualche cagione nel canale degli alimenti, o da invaginazione d'intestino. Tentava per ciò di vincere la causa del male cacciando lo sterco per qual- che via , o sgroppando l' invaginameiito . La maldicenza Ce- Jiana depone che procurava di far crepare le budella : ma un Chirurgo, e di fama, qual era Prassagora, non poteva pen- sare sì brutalmente ; e torna a scorno del satirico il pubbli- care siffatte sciocchezze e ribalderìe . Ove a fronte di prati- cati soccorsi, sussisteva la malattia , persuaso che la sede di questa fosse nell'intestino ileo che occupa la regione ipoga- strica (sede frequente della passione iliaca) faceva o sugge- riva l'operazione che sì usa per l'ernia incarcerata : nella quale alcune volte non essendo facile anzi possibile l'esatta separazione dell'intestino incarcerato dalle parti cui è attac- cato morbosamente, e prontamente vuotarlo dalle dure e sec- che feccie che contiene , si è in necessità di aprire per lo lungo l'intestino stesso, vuotarlo, cucirlo, e rimetterlo nel venti'e né può essere ignoto ai maestri dell' arte , che qual- che volta in caso dì ernia, trovandosi l'intestino cangrena- to , si dee separare quanto vi è di guasto , e cucire la parte superiore e sana del tubo co' labbri della ferita, formando per cotal modo un ano artifiziale : e ciò là dove la natura non ayesse essa stessa , dopo di aver promosso il distacco della porzione cangrenata, fatto supplire al difetto di un pezzo del canale coli' adesione de' lembi della parte sana superstite alle parti vicine ; della qual provvidenza della natura non mancano alcuni {a) esempj . a5. Supponendo intanto che Prassagora abbia fatta nel volvolo l'operazione sì rozzamente descritta dal Medico Afri- cano , egli è da lodarsi , quand' anche non l' avesse che sug- gexita 5 per ciò che propose di tentare una via di salvare qualche (a) Ved. Dizion. Olir.
  • '2 0--FRVAZrONt ANATO'WlCO-PATOLOCinHE . Si die mano adunque a quo' rimedj cIir più atti coran- iiemente si stimano a ritardare il progresso nella malattia dell' utero, che non alterò però mai le mensuali sue purghe, quantunque il getto sanguigno divenuto fosse pressocchè quo- tidiano e fetente . Ma alla tosse ogni dì più insistente, agli sputi di sangue or nero e disciolto, or globoso, or più o me- no vivace di colorito e diversamente abbondanti, il gonfiia- mento si aggiunse del collo, del braccio destro, e poi della corrispondente mammella, per cui impossibile fu all' inferma il coricarsi, dovendo rimanere tra tormenti sempre eretta col dorso e penzolone colle gambe per lo spazio di cinquanta giorni continui . Né industria alcuna valevole fu mai ad al- lontanar quelle pene ; che anzi ripetuti attacchi spasmodici la minacciavano ogni giorno con più o meno di forza e ri- petutamente di soffocarla, inutile essendo riuscito mai sem- pre ogni rimedio, se il ghiaccio si eccettui, che sembrò per qualche tempo recarle un momentaneo alleviamento . In tali circostanze lungi dal pensare alla morbosa condizione dell' utero fu diretta ogni medica prescrizione a mitigare la vio- lenza degli accennati sintomi, e vieppiù perchè Io sputo sempre sanguigno, la tosse non interrotta, ed il frequente pericolo della soffocazione sospettar già facevano che un al- tra malattia preso avesse a bersaglio il polmone . Mancando però di giorno in giorno le forze all' inferma , e fatto quindi vano ogni presidio dell' ai'te finì essa di vivere li aS di Set- tembre del 1811. Più volte in sì lunga infermità chiese questa Signora al marito che fosse aperto dopo la morte il di Lei cadavere ac- ciò r origine s' iscuoprisse della sua infermità, e secondando questi cotal dimanda ne commise la cura al Sig. Domenico Menato Incisore di Anatomia umana nella R. Università di Padova . Trovò egli primieramente 1' utero molto accresciuto di mole : il labbro del di lui orificio era nel lato destro co- sì voluminoso, che I' orificio stesso riguardava obliquamente il lato sinistro del corpo: nello stesso lato destro discendeva Del Sic. Floriano Caldani. l33 Jal corpo cieli' utero un tumore assai duro, e che non dimo- strò nella sezione alcuna alterazione dell' interna sostanza : aggrandite ed indurate erano le ovaja, dilatate le tube, e le estremità loro cosi aderenti al corpo dell' utero che non fu possibile ravvisarne le frastagliature o fogliame, di cui ador- na suol essere quell' apertura . Feci rappresentare nella Tac. V. Fig, I. la strana forma che palesava la faccia posteriore di questo viscere. Apertone il collo, che con angustissimo pertugio coramunicava colla vagina, apparì ulcerato, e la ca- vità dell'utero, ch'era sommamente ristretta, conteneva due piccioli polipi simili a due grani di frumento pendenti dalle pareti per sottile picciuolo . Dalla qual descrizione chiara- inenle si scorge che non solo era scirroso 1' utero di questa Signora, ma che i vizj in esso scoperti esattamente corrispo- sero a ciò che i due valenti Professori di Chirurgia scoperto aveano nella replicata esplorazione, al getto sanguigno e fre- quente ed al fetore che negli ultimi giorni della malattia caratterizzava quella escrezione, vale a dire che dallo stato di scirro passato era quel viscere alla cancerosa degenerazione. Lo sputo sanguigno, lo stringimento soffocativo, e la gon- fiezza si di frequente manifestata nel collo ci fecero stimar conveniente cosa di esaminare il torace di questo cadavere j e con somma nostra sorpresa perfettamente sani apparvero v polmoni, non attaccati alle coste, non infiammati, non co- perti di crosta linfatica, e pel colore e per la mollezza per- fettamente simili a quelli che s' incontrano ne' cadaveri di coloro, cui verun incomodo nella vita alterato abbia le fun- zioni del petto . Se non che sollevati que' visceri per inda- garne attentamente la posterior superficie, un durissimo tu- more s' iscuopri nella più alta parte del mediastino posterio- re, e che messo allo scoperto videsi abbracciare la trachea, i bronchi, i grossi rami delle arterie e delle vene polmonali fuori de' polmoni e parte dell'esofago. INIulte glandolo linfa- tiche ed un' addensata cellulosa formavano questa massa ma- nifestamente scirrosa , che feci disegnare nelle figure a e 3 della Tavola V anteriormente e posteriormente riguardata . i34 Osservazioni Anatomico-Patologiche. Mercè la scoperta di questo scìitoso tumore potrà ognu- no rendere agevolmente a sé stesso ragione de' morbosi feno- meni che sì gran tempo travagliarono quella inferma . Quanti nervi infatti erano da quella massa compressi , perchè e le tumefizioni del collo e la continua tosse , e gli stiramenti non ne dovessero derivare ! Quanti vasi abbracciati dal tumo- re, sì che il sangue liberamente non potesse scorrere, e rac- colto in vece or in questo ora in quel ramo versar si doves- se nella trachea ! Ma chi sospettato arebbe che di que' ma- lori fosse nascosta la cagione in siffatto imbarazzo ? Conosco bene qualche esempio di tumore abbracciato dalle lamine dell' anterìor mediastino, che con particolari- sintomi si manifesta; ma non mi venne mai fatto d'incontrare presso gli Autori una storia così singolare come quella che ho testé riferita . Né perciocché o contro l'aspettazione de" medici uno scirro- so volume occupava quella porzione del petto , o non era dell'arte lo sradicarlo, dovrà esso sorprenderci, se alla faci- lità si rifletta, con cui il principio cancerosa diffondesi al si- stema glandolare di tutto il corpo , accada ciò per alterata qualità degli umori , ovvero per irritazione de' nervi come pensò il celebre Ghiruigo Pouteau . Egli è certo che l' infred- datura , da cui fu assalita l'inferma nel giorno 1 5 di Ottobre 1810 cagionar non potea di per sé sola un tumore quale de- scrissi , se la preesistente malattia dell' utero disposta non avesse la macchina in modo che l' uno o l' altro viscere pro- var dovesse l'influenza del canceroso veleno ad ogni qualsi- voglia sopravenienza di morbosa alterazione . Il FISICA J(/c.Jù// ..-->(>/// Xl'J //!// /:j/^_ ^9/». I cs- ^1. jy: II , IV ■y orii . JÌ.V I /"/'/ t3. MEMOBU; DI TISICA !^ I o/p, «<■ • ^tfii . jt; o" XVr /".y /1^. I 35 STORIA MEDICA DI UNA SINGOLARE MALATTIA VERMINOSA MEMORIA Del Sic. Dottor Luigi Grossi Presentata dal Sic. Floriano Caldani li 2,6 Maggio 1812. ED APPROVATA DAL SoCIO SiG. BrERA . c> lomune è a' Medici il curare le malattie verminose , né ;[uindi dall' annunziare la Storia di una malattia verminosa potranno essi attendere novità di dottrine o interessanti sco- perte ; e meno poi possono attenderne gl'Italiani, dopo che tra essi il chiarissimo Professor Brera con opere sì erudite e sì lahoriose illustrò codesto argomento. Siccome però in ogni osservazione v'ha sempre qualche cosa d'interessante; così se la mia Storia ad altro non fosse diretta che a presentare l'as- sociazione in uno stesso individuo di due differenti specie di vermi, ed a far conoscei'e l'inutilità di un rimedio assai van- tato presso gli stranieri , io credo che non si riputerà fatica interamente inutile l'avere diligentemente registrato quanto in questo caso mi venne di osservare . Chiamato nel Settembre del 1808 a visitare una bambi- na di sei anni, fummi narrato da' genitori che da un anno in- circa soffriva qualche indisposizione di salute, e che nell'an- tecedente sera uscite eranle dall'ano alcune braccia di certa sostanza che non conoscevano e che serbavano all'osservazio- ne del Medico . Ed infatti mi fu presentata quella massa cre- duta così singolare , e riconobbi subito essere una tenia cu- curbitina della lunghezza di sei braccia, e che fuor di dub- bio sarebbe stata più lunga ancora se tirata dalla servente con poco riguardo non fosse stata divelta . R.icercando io le necessarie notizie sull'antecedente stato di salute della barn- l36 Di una singolare Malattia Verminosa. bina, mi fu dalla madre narrato che da dieci e più mesi es- sa cacciava ogni giorno dal corpo de' pezzi piìi o meno lun- ghi di verme consimile , e talvolta iuiigìii a metà di un brac- cio ed un braccio intero, tal' altra de' frammenti molti simili ad un seme di zucca, e ch'essa ravvisò negli articoli della tenia che io aveva sott' occhio; cosicché calcolata questa mas- sa con somma moderazione , e supponendo che se ne possa assegnare mezzo braccio a cadaun giorno, scorge ognuno non essere poi così mirabili le descrizioni di enormi tenie che s'incontrano presso gli Autori. Ad onta però di si lunga e penosa malattia trovai lo stato dell'inferma sufficientemente lodevole, poiché né que' travagli soffriva che annutiziar sogliono la presenza della te- nia , e pochi erano gli sconcerti dello stomaco, e leggera la tensione del ventre , ed incostante la diarrea e la stitichezza alternativa, irregolare la febbre; sì che non potea la malat- tia ravvisarsi da certi comuni caratteri esteriori , perchè o mancavano essi del tutto o non si osservavano costantemen- te . Ciò piuttosto che si accusò dalla genitrice e dagli astan- ti a lume del medico fu il dimagramento della persona , \\ pallore della faccia, lo stridore dei denti nel tempo di un sonno già inquieto ed interrotto . Siffatti racconti mentre inspiravano qualche fiducia scof" gendo di assumere la cura di un soggetto non interamente debilitato dalla malattia, e quindi tale che promettere ne potessi una miglior condizione, m'imbarazzavano però som- mamente poiché io sapea non trovarsi nel paese ove mi eser- cito (Finale di Modena ) la radice di polipodio felce maschio co- sì celebrata in questa malattia dopo le osservazioni di Nouffer, uè poter contare sull'uso dello stagno, perchè non avrei po- tuto assicurarmi che fosse }>en puro, e la novità della pre- scrizione in una ristretta Comune occasione avria dato di di- cerie e di contrasti . Trattavasi poi d'altronde di una fanciulla per temperamento indocile e per educazione, e perciò mi ap- pigliai tosto al più ovvio degli antelmintici, qual è il seme di san< Del Sic. Luigi Grossi. iS'j' tonico , fino a che giugnesse la radice di pollpodio commes- sa ad uno Speziale delle vicine Città . Picciolo a vero dire ne fu il vantaggio , e se di frequente univansi agli escremen- ti alcune porzioni di tenia, or lunghe una terza parte di braccio, ora tre pollici, quando alcuni isolati articoli di es- sa, quando uniti a due o a tre in un sol pezzo, se nel gioi'- no a8 di Novembre 1808 videsi una lunga catena di articoli oltre due braccia , se a questa tenne dietro per più settima- ne considerabile quantità di cucurbitini , tutto ciò lungi dall' assicurarci delia distruzione dell'ospite che si prendeva a combattere , ci confermava ogni dì la sua presenza , ed agli occhj de'nien veggenti sembrar potea una successiva ripro- duzione . Al finire del mese di Decembre fu la fanciulla as- salita da gagliarda febbre , che non solo pel carattere suo malignante cagionò negli astanti il timore di perdere la pic- cola inferma , ma più ancora perchè ricusando essa qualun- que medico presidio inutili rendeva le cure e le direzioni de- gli assistenti. La febbre continuò oltre i quaranta giorni, e durante il suo corso , e la lunga convalescenza dalla quale fu seguita , nessun verme o parte di tenia apparve nelle feci , né i sintomi si osservarono nell' inferma che poco sopra ho riferiti : ma rinvigorita la persona a poco a poco e ritornato l'appetito nuovi cucurbitini e nuove porzioni di tenia si tro- varono mescolate agli escrementi . Così andò la faccenda fino all'Aprile 1809 tempo in cui giunse il tanto bramato polipodio che in dose proporzionata all' età feci esibire alla fanciulla nel giorno ai colle avver- tenze tutte prescritte da Noujfer ^ esclusa però la gomma gotta, e nel dopo pranzo dello stesso giorno se ne ottennero due scarichi, al secondo de' quali era unito un gomitolo di tenia lunga nove braccia , appianata , bianca e simile negli articoli alla tenia osservata nel Settembre antecedente . Ne* giorni appresso nessun indizio di vermi nelle fecci: nel dì 26 nuova dose del rimedio, e nuove evacuazioni, ma senza ver- mi , anzi per molti giorni senza verun segnale di malattia , Tomo XV I. ^ 18 .i38 Di una singolare Malattia Verminosa . pei- lo clie cominciava io rfuasi a lusingarmi della perfetta guarigione ilei soggetto . Passati però due mesi e mezzo si videro nuovi cucurbitini , e poscia alcune porzioni di tenia lunghe poco più di un pollice, sottili con due o tre artico- lazioni . Ho tosto ripetuto lo specifico nel giorno r5 di Lu- glio, che ffuantunque renduto in parte per vomito cagionò due evacuazioni alvine con frammenti verminosi , due o tre cucurbitini , e quattro o cinque porzioncelle di tenia lunghe mezzo pollice, ed assai sottili. Da un'altra dose della stessa radice esibita nel giorno 20 non si ottennero che alcuni cu- curbitini soliti ad uscire di tempo in tempo, sicché disperan- do quasi dell'efficacia del vantato specifico determinai di ten- tarlo un' ultima volta nel giorno 2,7 dello stesso mese . L' ef- fetto infatti non fu sì pronto, ma solo sull' avanzar della not- te dopo ch'ebbe la fanciulla cacciati dal corpo alcuni escre- menti ne uscì pure senza verun incomodo vin nuovo gomitolo di tenia, che si trovò di otto braccia, più larga delle pre- cedenti porzioni , e decrescente a poco a poco a misura che verso una delle estremità progrediva l' esame . Ed a quel go- mitolo due altre porzioni di minor conto aggiungevansi ; ma benché tutta l'attenzione siasi da me posta in opera per is- cuoprire la testa o estremità della tenia , non mi venne an- cora fat1:o di ravvisarla , né ho potuto che tener conto dell" ampiezza del verme e della maggiore o minore spessezza del- le sue articolazioni . In questo mentre riflettendo io al sufficiente vigore del» la picciola inferma , e rammentandomi che tra i molti rime- dj suggeriti nella tenia fu sommamente lodato il tartaro eme- tico o tartrito di potassa antimoniale , dal celebre Borsieri fra gli altri utilmente praticato , stimai opportuno di appi- gliarmi ad esso tosto che vidi il gomitolo di tenia poco pri- ma accennato , ed ogni due giorni ne prescrissi una piccio- lissima dose. Ne' primi giorni misti alle fecci apparirono alcu- ni bianchi granelli , che non seppi riconoscere per vermi , e che minorando gradatamente in numero sembravano contri- Del Sic. Luigi Grossi. iSq Buire moltissimo al ben essere della inferma che fu per cin- quanta e più giorni quale poteasi desiderare . Ad onta però di si fondate lusinghe io sapea troppo be- ne che il capo della tenia non era comparso ancora , e mi erano presenti le osservazioni ed i precetti di Tissot , che vide travagliati dopo alcuni anni dalla tenia quelli che di- ceansene liberati collo specifico di Noujfer ^ dipenda poi il fenomeno da una vera rigenerazione del verme , o d^lf au- mento progressivo di qualche porzione che non fosse scaccia- ta . A ciò si aggiunga che li i8 Settembre senza incomodo precedente uscì dall'ano dell'inferma un grosso lombrico, al- tro nel giorno 19, altro nel ao , e finalmente altro simile nel giorno 21 . E sapendosi infatti da Rosenstein e da Montili che il lombrico fu spesso osservato compagno della tenia, in me si accrebbe il sospetto che non distrutta ancora la diatesi o disposizione alla verminazione in questa inferma, temer si dovessero nuovi infortunj . L'eff'etto corrispose ai miei timori, poiché attaccata la fanciulla ne' primi giorni di Ottobre dalla febbre scarlattina, e schiva di qualunque rimedio e perfino della bevanda , nel giorno 1 1 all' occasione di restituire un clistere , che ho sug- gerito a sollievo della malattia cacciò nuovamente la tenia , che dall' imprudentissima sei'vente, ad onta di mio replicato divieto, fu tirata a segno che ne foi'zò la rottura. Qual fosse la mia sopresa per questa nuova comparsa dopo settanta e più giorni, e senza la precedenza di verun sintoma, e quale il dispiacere per l'impedita evacuazione di una maggior por- zione della tenia può facilmente immaginarlo ogni medico che tutto il zelo impieghi e l'avvedutezza nelle malattie né co- jfnuni , né facili a debellarsi . La catena verminosa uscita in questa circostanza era lunga più di cinque braccia , la sua larghezza minore delle altre, sì che sembri a poco a poco assottigliarsi . Io terrò conto dell'andamento di questa malattìa, e ne proseguirò diligentemente il giornale in altra Memoria . In-^ i4o Di una singolare Malattia Verminosa . tanto le cinque porzioni di tenia da me vedute superano la misura delle trenta braccia ; e se a queste vorremmo aggiun- gere tutti i frammenti lunghi or mezzo braccio or due pol- lici , or composti di due o tre articoli , e piìx ancora se cal- colar ci piaccia i piccioli pezzi usciti dalla bambina per pa-« recchi mesi pria che fosse veduta ed assistita da me , com- prende ognuno quanto esteso sia il verme che vorrei pure distruggere , e che intraprendo di combattere colla limatura di stagno procuratami da una vicina città . i4r CALCOLO DI SPEZIE SINGOLARE RITROVATO NEL CENTRO DI UN TUMORE ESTERNO. STORIA DELLA MALATTIA . CHIMICA ANALISI DELLO STESSO COR- PO , CON MOLTI RIFLESSI PATOLOGICO -CHIMICI SULLA SEDE, FORMAZIONE, E NATURA DEL PRE- SENTE CALCOLO . MEMORIA Del Signor Jacopo Penada Presentata li 4 Giugno 1812, dal Signor Malacarne ED APPROVATA DAL SoClO SiG. RuBINI . I Li nostro Mecenate SIg. Conte Senator Moscati^ che nelle Fisiche, e Chimico -Mediche facoltà tanto si distingue nell' Orbe Letterario , essendosi incontrato in un corpo calcolare urinoso il quale all'Analisi Chimica diede dei principj com- ponenti insoliti a riscontrarsi in cosifatti calcoli, si avvisò di fare cosa utile alla Scienza Medico-Chimica col pubblicare una sua dottissima Memoria contenente l'analisi di questo corpo Ja quale fu inserita e stampata negli Atti della Società Ita- liana Tom. XIII, parte seconda, alla pag. 3io, portando il titolo: Memoria sopra alcuni prodotti singolari nell'animale economia morbosa ; cioè Calcoli urinar] , che analizzati con- tenevano del Ferro, della Magnesia, della Terra silicea; men- tre questi principi non furono trovati chimicamente , né da Fourcroy , né da Vaiiqnelin Chimici che fecero l'analisi ad una serie di calcoli grandissima . Se però il ritrovamento, e l'esame di un calcolo non ordinario potè occupare l'attenzione di un Fisico di sì gran portata, e quella ancora dell'illustre Sig. Professor Rubini che la storia di un calcolo espulso per secesso estese recen- i4^ Calcolo di spezie singolare ec. temente , e pubblicò negli Atti della Società Italiana Tomo XIV, parte seconda, pag. 5(); mi lusingo, che mi si vorrà snper buon grado se avendomi io abbattuto nel caso di un calcolo molto distinto per le tante sue particolarità e di se- de, e di vaghissima struttura, e di varietà di principj Chi- mici 5 che lo compongono , io ne darò al Pubblico una suc- cinta relazione e memoria . Ad oggetto però di conservare nel mio presente Ragio- namento un ordine di cose il più chiaro, e preciso, che per me fia possibile , esporrò primieramente la storia ragionata della malattia che diede motivo a questa osservazione ; indi descriverò le particolari circostanze di quel corpo , conside- rato prima nella sua totalità; indi nelle sue parti principali; passerò in seguito ad esporre l'Analisi Chimica dello stesso coi relativi risultati , e finalmente mi farò lecito di aggiun- gere alcune Patologiche riflessioni molto necessarie al mag- giore possibile rischiaramento delle cose da noi osservate» ed esposte nel caso presente . Ecco non pertanto ciò che risguarda la Storia Medica ; Rosa moglie di Angelo Vignato lavoratore di campagna nella Comune di Cona Dipartimento dell'Adriatico d'anni cinquan- ta, di buon temperamento, e nutrizione, a cUi nell'età con- sueta comparvero i suoi tributi lunarj ; i quali si mantennero regolari, fino agli anni 5o , e che ebbe 12, figliuoli, fu sog- getta a qualche malattia acuta , ed aflitta poi fino dalla sua gioventù da certo dolore lanciante, alla regione dell" ipocon- drio sinistio un poco lateralmente , senza però alcuna ester- na tumidezza, per cui ella si trovava in necessità di rimane- re tratto tratto a letto per pochi giorni, giacché con tal mez- zo e colla sola applicazione de' pannilini caldi , si diminuiva il suddetto dolore rimanendo sempre però a quel luogo, co- me si poteva anco rilevare colla mano esploratrice , un cer- to duro corpetto, supposto una qualche ghiandola ivi indu- rita , il quale giammai si rimoveva dalla sopra indicata sua sede . - . - Del Sic. Jacopo Penada . i43 Nel mese però di Novembre dell'anno 1806 fu trava- gliata la nostra inferma dal solito dolore più atroce dell'u- sato con molta febbre rigorifica , ed irritativa; chiamato al- lora il benemerito Clinico di qnel villaggio il Sig. Dott. Vin- cenzo Bonomo , che fu negli anni addietro mio Aluimo nella Pratica Medica , ed esaminando egli la donna che accusava quell'acerbo dolore all'indicata parte, gli venne fatto di sen- tii'C un vasto tumore profondo, ed immaturo posto per quan- to si poteva giudicare sotto dei comuni integumenti, ed a contatto della teca aponevrotica che ricopre i muscoli obbli- quj del basso-ventre ; il quale tumore però nel suo centro presentava al tatto un certo nucleo più duro e resistente di male non abbastanza determinabile , e circoscritta . Applicò egli non pertanto a quel tumore varj empiastri ammollienti e discuzienti, sotto l'uso dei quali incominciaro- no gli indizj di una non lontana suppurazione , la quale eb- be luogo appunto verso la fine del mese di Decembre dello stesso anno ; questa fu piena , ed abbondante , per cui si mi- norò più di due terzi il volume del descritto tumore, nel quale vi rimase un'apertura di dieci linee di Parigi circa. Non fu possibile al Medico Chirurgo, di persuadere l'in- ferma ad assoggettarsi ad un taglio atto ad ampliare il foro del suppurato tumore, nel fondo del quale si sentiva collo specillo , ed anco vedevasi imprigionato un corpo duro estra- neo di una consistenza , e durezza molto considerabile . Dal foro poi dell' ulcere esterno gemeva continuamente un umore marcioso ; V inferma però ad onta di avere un tu- more così aperto , si riebbe un tal poco , e cessata anco la febbre si alzava dal letto e poteva in qualche modo accudi- re alle sue domestiche faccende ; ma trovandola il Medico sem- pre più ostinata a non voler soggiacere ad un taglio conven- ne che si contentasse di essere semplice spettatore della me- dicatrice natura . E per verità giunto il giorno 26 del mese di Maggio 1807 ^i videro intumidire di nuovo gli involucri e le labbra i44 Calcolo di spezie singolare ec. dell'aperta piaga con un senso di dolore vivissimo, die ri- sentiva la donna ad ogni più piccolo movimento, che faceva, e nella susseguente notte poi volendosi rizzare colle sue brac- cia un tal poco sul letto , questo corpo straniero si rivolse in modo, che presentando la sua parte più acuminata sbuc- ciò fuori con impeto dalle auguste labbra di quel tumore , balzando a qualche distanza con sorpresa e spavento dell'in- ferma , e degli stessi astanti ; ii qual corpo poi raccolto dal marito di quella donna fu poscia fedelmente consegnato al Sig. Dott. Bonomo sopraccitato, ed indi a me dallo stesso presentato, acciò dalla mia insufficienza venisse osservato, e descritto . Riguardato adunque questo corpo esternamente presenta la figura e grandezza di un mediocre ovo di gallina avente due pollici e due linee di Parigi di lunghezza; un pollice di circonferenza nel suo fondo , o parte più ottusa ; e nel suo apice poi appena un pollice di Parigi di circonferenza; Il suo colore esterno è di mi bigio oscuro, di superficie un pò aspi'a, e granellosa , sagrinata come un velluto . Squammata un poco quella bigia oscura superficie , com- parisce una struttura lamellata, una sovraposta all'altra, ed avente un color giallo vivido ; la sua consistenza poi non è durissima, ma bastantemente però compatta; ed il peso final- mente è nella totalità di oncie una peso medico , e dramme due . Immerso nell'acqua prima di aprirlo, lo vidi un tal po- co galleggiante , indi calò al fondo mandando alcune bollicel- le d'aria, che venivano a galla del liquido in cui stava gia- cente . Diviso poi questo stesso corpo calcolare per il suo asse ia due eguali segmenti , ci presenta una cosi bella , ed ar- monica tessitura di parti interne che tutta a sé chiama la nostra particolare attenzione . E per verità io non mi sarei mai avvisato di riscontrare in questo corpo una distribuzione cosi singolare , e bizzarra di Del Sic. Jacopo Pei;.>da . J^5 di pnrti interne consistente in tante elissi ben disposte , e concentriche al numero di dieci, o dodici sempre decrt;scen- ti in grandezza , e rappresentanti come la macchia di un gruppo di legno di noce od altro che sia analogo corpo le- gnoso: queste elissi sono tra loro divise da un filo nero, in- tralciato da un'area di color fortemente giallo, e bellissimo, che diminuisce in larghezza avvicinandosi al centro, e che ha una superfìcie levigata splendente quasi come quella di un pezzo di marmo o di legno ben terso, e pulito. E qui si osservi , come nel centro appunto sunnominato di queste elissi già descritte vi giace un elegante corpicino perfettamente sferico, bianchissimo, formato di una sostanza meno compatta del resto, squammoso, cristallino, ed avente in qualche suo punto quasi la figura e la consistenza di una lente cristallina d'un occhio di bue, alquanto rappresa, e con- densata dal fuoco . Questo interno nucleo è poi compreso vagamente , e circoscritto da un bellissimo circell/) nero piìi colorito delle elissi descritte, quasi come la lente cristallina dell'occhio è circondata, e ritenuta dall' orbicelo , cosi detto ciliare. Alia descrizione da me fattavi di questo corpo, devo, ora aggiun- gere la spiegazione della tavola disegnata, la quale poi mol- to pili si rende indispensabile per coloro tutti, che non po- tranno esaminare lo stesso pezzo originale . SPIEGAZIONE DELLA TAVOLA . La prima figura, che si trova nella sua vera, e naturale grandezza, siccome tutte le altre, rappresenta il nostro cal- colo nella sua perfetta integrità . La lettera A. indica l'apice; la B. il fondo, la C. il corpo di questo calcolo particolare . La figura seconda , e la terza mostrano lo spaccato di questo corpo : in queste due figure si veggono delineate tutte Tomo XVI. 19 i46 Calcolo di spezie sincolaue ec. quelle dissi concentriche, che costituiscono quel suo elegan- te interno tessuto; le lettere majuscolé AA. in tutte e due queste figure conterminano la circonferenza del pezzo cosi come egli è ora ajDcrto per l'asse; le piccole lettere 4 e. e. e. e. segnano i varj elittici segmenti , e le aree intermedie , che costituiscono la tessitura interna di questo corpo . La lettera poi C. dinota quel nucleo centrale rotondo, bianchissimo, che giaceva nel mezzo del presente corpo calcolare . La Figu- ra IV è soltanto disegnata per dimostrare la forea o cavità, che rimane, estratto il nucleo testé indicato. La lettera A. majuscola segna quella particolare cavità: con la Figura V rappresentasi nella sua naturale grandezza quel corpetto quasi ovale tutto intero, come ritrovasi: finalmente la Figura VI ci dà espresso questo stesso nucleo orizzontalmente diviso in due segmenti ; nel quale si ponno rilevare bastantemente varj punti rilucenti, qua e là sparsi, che al momento che fu di- viso quel pezzetto sembravano briccioli di un vero sale cri- stallizzato; e che sono rimarcati nella figura col mezzo delle piccole lettere e. e. e. e. Dietro alla descrizione e dimostrazione di questo calco- lo, è d'uopo ch'io esponga la succinta analisi dello stesso, la quale sulle mie istanze si compiacque d'instituire il beneme- rito, ed abilissimo Chimico, il Signor Dottor Girolamo Me- landri ora Pubblico Professor di Chimica nella nostra Regia Università di Padova = La sostanza = sono parole dello stes- so Signor Melandri = di forma calcolosa da me posta in analisi chimica, è manifestamente divisa in due parti; l'una che si può dire centrale bianca di un bianco di perla , l' al- tra corticale gialla oscura rigata di nero, e regolarmente al- la foggia de' gruppi 5 o ladici di legno gialli, come sarebbe del moro . La sostanza centrale , o nucleo bianco sopra indicato è intieramente solubile nell'etere, e cristallizzabile, e combu- stibile; essa sostanza manda al fuoco un odore simile all'in- censo: la sostanza poi corticale è in parte solubile dall' ete- Del Sic. Jacopo Penada •' t47 re, e dall'alcool, ed in parte è indissolubile; la parte solu- bile si cristallizza, ed abbrucia con fiamma bianca dell'odor di cera ; la parte indissolubile brucia spandendo odore ani- male . Dalle cfuali sperienze condotto , credo che il calcolo in questione sia formato tutto AeW adipo-cera , modificato da un principio resinoso, e la parte corticale jX)i un composto di purissimo adìpo-cera ^ e di sostanza animale; la base perciò di un tal corpo è molto affine a quella dei calcoli biliarj, a cui fi)rse non mancherebbe , che l' estrattivo amaro , e qual- che altro analogo principio . Ma dall'analisi passando al ragionamento non v'ha dub- bio, che forse in ogni parte dell' mnan coipo non si sieno combinati talvolta dei principj particolari atti a produrvi del- le preternaturali durezze , ossificazioni , ed anco delle calco- lose concrezioni di varianti principi formate, e composte, che osservate poi , e descritte da saggi Modici osservatori , occu- parono moltissimo l'attenzione de' Dotti. Per la qual cosa lo stesso Eistero nella sua chirurgia al capìtolo de Lìthotomia ci fa avvertire appunto come in omni- bus corporis partìhus calculos posse generari, imo et inventos esse; ed il Vater pubblicò esso pure l'anno 1708 una sua bellissima Memoria intitolata : De Calculis in locis insoUtis natis , et per vias insolitas exclusis ; oltre di che si leggono le storie de' calcoli di varie spezie, e figura, e grandezza, generati ora per esempio nel tubo degli intestini, ed espulsi per secesso in numero anco esorbitante al riferire dello stes- so nostro immortale Morgagni^ del Gooech, di Marcello Do- nato, AeW Hesqucto , che ne annoverò fino a 200; di picco- la mole da un sol soggetto deposti, e di un solo di vastissi- ma mole fornito siccome osservò il Marechal , ed il Duha- mel', e così poi si dica de' calcoli i quali furono espulsi per bocca al dire dello Schenk, Breijn nelle Transazioni Filosofi- che , alcuni de' quali come pretende Riviere si aveano fatta strada dalla milza pei vasi brevi nello stomaco , per tacere l-^B C\r,C0LO DI SPEZIE SINGOLARE CC. de' calcoli liiiveuuti quasi in ogni viscera contenuta non solo nella cavità del basso-ventie, siccome luogo piii acconcio al- la produzione de' calcoli, ma bensì ancora in (juelle e del petto, e del capo, e nello stesso cervello, giacché toccò a me stesso il riscontrare una gianduia pineale affatto calcolo- sa, e quasi impietrita in un caso particolare . Non è adunque che io intenda di esporre colla presente Memoria un caso affatto nuovo; ma sibbene fornito di mol- te pregevoli, e distinte particolarità, le quali, se grandemen- te non erro, meritano di essere conosciute, e diligentemente osservate . E prima di ogni altra cosa giova d' investigare se il cal- colo nel caso nostro ritrovato nell' indicata regione, cioè nell' ipocondrio sinistro sotto le coste spurie , impegnato profon- damente al di là dei comuni integumenti , e quasi incuneato nella teca aponevrosica dei musculi obbliqui dell' abdotne in una località comunemente tanto lontana di esser sede di cal- colose sostanze, preesistesse da molto tempo alla formazione del vasto tumore, che in fine si manifestò, e che lentamen- te passato a suppurazione lasciò finalmente scoppiare dal suo seno più profondo quel corpo duro calcoloso che forma il sog- getto della presente osservazione . Certamente il senso di do- lore, che più o meno fortemente risentiva fin dai primi suoi anni l'inferma in quella precisa località, e quella profonda determinata durezza, che in quel luogo preesisteva; tutto ciò ci fa credere che il nucleo calcoloso si fosse formato da un' epoca assai rimota in quel luogo insolito, e che abbia poi data occasione a quel particolare tumore . Abbiamo infatti moltissimi casi nei quali, dei corpi os- sosi , o petrosi , e per fino degli intieri feti estrauterini lun- gamente stazionati nelle varie interne cavità, o tra le cellu- lari stesse sottoposte alla cute, produssero de' tumori stranis- simi , che suppurati cacciarono fuori dal profondo lor seno , od un qualche nucleo singolare , od anco degli intieri corpic- cini de' feti in istrane foggie guasti ed alterati . Del Sic. Jacopo Penada . i49 Ma prima di passare a verini' altra ricerca, io reputo ne- cessario il farvi riflettere se assolutamente vi sia una vera analogìa di rapporti tra i caratteri esterni, ed i principj com- ponenti il calcolo in questione con quelli che si osservano nei calcoli blliarj , a' quali a prima giunta sembra che ras- somigli il nostro calcolo . E perciò adunque che riguarda l'esame comparativo del- le rappresentanze, e delle qualità esterne si del nostro, che dei calcoli biliari, la stessa figura pressoché rotonda, e la- mellata del nostro calcolo, il volume, la configurazione, lo allontana non poco dalle stesse più esterne rappresentanze, e configu razioni de' comuni calcoli biliari: quindi ella è cosa di fatto , che il Morgagni dice di non aver mai veduti cal- coli propriamente biliarj, i quali fossero rotondi; ma bensì di figura affatto irregolare, con varie faccie , e varj angoli, e lo stesso afferma il Vicq-d'Azyr\ avvegnaché per altro il Bianchi dica di averne osservato uno di rotondo, unico per altro, e solitario nella cistifellea; mentre quasi sempre i det- ti calcoli sono di figura or esagona, pentagona , a varie fac- cie , ed angoli costrutti , con superficie quasi sempre liscia ; come che si può rilevare osservando alcuni calcoli della ci- stifellea da me nelle sezioni fatte a cadaveri raccolti, e che ora vi espongo da esaminare ; anzi di più la configurazione interna dei calcoli biliarj differisce molto dagli altri ealcoli di varia specie, e dal nostro che fonna il soggetto della pre- sente Memoria ; osservato quel calcolo biliare da me tagliato per mezzo, si vede che invece di presentare un nucleo, o centro qualunque duro e cristallizzato, ci offre un vacuo una forca , quando all' opposto il nostro calcolo tien un nucleo nel suo centro bianco splendente cristallino , più fitto , e compatto della rimanente sostanza corticale del calcolo stes- so; questa cavità è esclusivamente propria dei veri calcoli biliarj . Leggete la bella Memoria del Sig. Rubini , e trove- rete che vien fatta da esso pure la stessa osservazione : Pen- sieri sulla varia origine^ e natura de' corpi calcolosi. Società Italiana Tom. XiF, parte seconda , pag. Sg . iSo Calcolo di spezie singolare ec. E per ciò poi die spetta alle pioprietà intrinseche rlel nostro calcolo, cliimicamente considerate, l'arò primieramente osservare che alloraquando la Chimica colle felicissime sue scoperte non si era ancor avvanzata a tanto splendore , e chiarezza, credevasi comnneniente , che i calcoli biliarj altro non fossero che un ammasso di bile condensata, ed agemina- ta ; esaminati chimicamente allora davano dell'aria, della flem- ma , dell'olio in molta coppia che nella storta ascendeva pri- ma giallo , poi rosso , indi nero , ed empireumatico , e car- bone che restava atro-splendente in fondo al vaso ; i due carattei'i poi per i quali i calcoli della bile si distinguevano dagli altri, erano l'infiammabilità quasi esclusiva, ed il loro peso minore dell'acqua; l'infiammabilità la ripetevano dalla sovrabbondanza in essi calcoli de' principj combustibili , oleo- si , sulfurei ; e la loro leggerezza poi dalla vaga e porosa tes- situra delle parti, che li componevano; e se si voglia anco- ra dalle stesse parti oleose, che abbondantemente contengono. Quindi il Bidloo , il Reoerostio , il Quischio, il Bergero, e gli Accademici di Edimburgo, nelle loro osservazioni su tale argomento riportate dall'immortale nostro fllorgagnì nel- la sua Lettera Anatomica trigesima settima, si dichiarano di un somigliante avviso , dicendo Hi Calculi ( cioè i Biliarj ) igni admoti flammam concipiunt , et In aquam projecti , mi- nime fundum petunt . Tentati però da molti Medici, e Chimici osservatori gli stessi sperimenti , specialmente per ciò che spetta la suppo- sta leggerezza specifica de' calcoli biliari, maggiore dell'acqua, non presentarono ad essi gli stessi risultati . Per la qual cosa Giovanni Conrado, il Lancisio, V Ales- sio , e lo stesso Hallero , e finalmente anco il Morgagni y\- levarono delle notabili differenze, e varietà in così fatte os- servazioni; quindi posti da essi nell'acqua dei calcoli biliarj viddero che alcuni vi galleggiavano benissimo j ma che altri poi calavano ben tosto al fondo . Lo stesso sopralodato Morgagni esaminando la cosa con, Del Sic. Jacopo Penada . i5i niaggioie attenzione fu condotto a credere, che le varietà ia tale proposito incontrate dagli sperimentatori , dipendan da molte cause accidentali , ed estrinseche , come per esempio se i detti calcoli biliarj venghiuo immersi nell'acqua piutto- sto calda che fredda, in una piuttosto che in un'altra sta- gione ; ovvero che sieno gli stessi calcoli affatto recenti , op- pure disseccati da molto tempo ; ed in quanto poi alle cause intrinseche , la stessa particolar tessitura , ed organizzazione de'diversi calcoli più o meno compatta, e quasi solida, o più lassa , e quasi spugnosa contenente più o meno dose abbon- dante di sostanze oleose , e sopranatanti nell' acqua ; ed ec- cone appunto il passo tratto dalla sopraccitata Lettera 87 Mor- gagniana, in cui così dice = Quoerenti autem tìbi , linde sìt ut ala ex hisce Calculis , ( silicet bilìariis ) innatent, alìi sub- sident; num quia illis plus itisi t oleosarum particularum copia? nunc ob eorum confi grirationem plura inter se spatia , aere videlicet piena , relinquentem , cujus immensam sane copiam in Cysticis lapillis contineri affirmat ce!. Hallerus ? In tan- ta non solum inter diversos, sed inter eosdeni calculos varie- tale non facile judicabo . Alcune però particolari proprietà intrinseche del nostro calcolo fuori dell'analisi considerato potrebbe ravvicinarlo al- quanto alle diverse spezie de' calcoli biliaij : abbiamo dilfatto dallo stesso Jllern poco fa citato nella Lettera 87 dell'im- mortale Blorgagni ch'egli osservò in varj calcoli biliari una stratificazione interna , ed una lamellata sti'uttura ; quindi egli cosi si esprime: Substantia interna huj usce Calculi ^ quasi micans, ex centro flavo radiatiin extrorsum porrcela ad corti- cem in crustas , et laminas facta erat; ed il Malpighì descri- vendoci esso pure la struttura particolare di alcuni calcoli bi- liarj , dice che per laminas concretos tot involucris se se coni- plexantibus conflati erant (i). E nell'interno poi di questi (i) Malpig. Oper. postume . i5a Calcolo di spezie singolare ec. coipi calcolosi si sono talvolta riscontrate delle certe cristal- lizzazioni di cui cosi ne parla lo Schenchìo ■= fracti instar cry- stallorum tartari aiit talci splendebant scìntillantes , quasi es- serli congeries nigri salis crìstallizati ; e lo Scnltetro scrive di aver trovato in una Donna = vesc/culum faleam calculo instar cristalli pellucido repletam (i) . La struttura però del nostro Calcolo è assai diversa da quella de' Calcoli biliar] sopra descritti, e solo nel suo nucleo interno presenta un tal poco r idea di qualche cristallizzazione salina siccome abbiamo a suo luogo esattamente osservato, e descritto, dif- ferindo in tutto il rimanente della sua struttura da quella dei comuni calcoli della cistifellea . Ma il confronto più esatto, e piìi rigoroso è quello de- sunto dall' analisi Chimica sì del nostro che dei Calcoli bi- liari, e questo è quel confronto, che io m'accingo tantosto ad eseguire . II Sig. Chaptal parlando della Bile al Capitolo quinto della quinta parte de' suoi Elementi di Chimica stabilisce , che i principi dalla Kle sieno = L'acqua, un'aroma, una sostanza albuminosa, un oglio resinoso, e la soda; Caddet poi, egli soggiunge, vi ha ritrovato un sai analogo allo zuc- chero del latte forse scoperto prima da Paulletier^ ed è poi la sopraddetta sostanza alluminosa, che partecipa alla Bile un carattere d' animalizzazione ; condensandosi la Bile nel- la cistifellea forma delle concrezioni dette calcoli biliari ; Paulletier li sciolse nello spirito di vino ardente ; abbando- nata a sé stessa questa soluzione vi si forma un sale parti- colare molto analogo a quello di Benzoino : questo sale è un ammasso di lamine cristalline trasparenti, simili alla mi- ca, od al talco, e secondo Fourcrov è molto simile al bian- co di balena. Egli pretende che si possano stabilire due spe- zie di calcoli biliarj gli uni opachi e prodotti dalla Bile spessa, (i) Opusc. Patholog. — Terza . Del Sic. Jacopo Penada . i53 spessa , e nera , gli altri dal sale benzoico , che per la su*-. sovrabbondanza non può essere disciolto nella bile . Il Tromsdorff poi assegna per principi componenti la bi- le, ed i calcoli biliarj = L'acqua, la soda, una materia oleo- sa particolare, l'albimiine, il fosfato di calce, di soda, di ammoniaca, di muriato di soda, poche traccie dì ferro. Finalmente il cele})re Essiene fondato sulle proprie espe- rienze, confermate ancora dal Sig. Morelot^ stabilisce la ve- ra base dei calcoli biliari, una sostanza resino-mncosa, o adi- po-ceru satura di ossigeno, ed in parte in istato di sapone. Ma per verità dalle chimiche analisi che si sono fatte da piìx celebri chimici de' nostri giorni, voglio dire del Fourcroy , Sca- poli, Bostoche , ed altri molti non sembrano determinati per anco i veri principj costituenti la sostanza cosi detta adipo- cera , la quale si tiene per base principale singolarmente de' calcoli biliarj . Diffatto Goldnwitz la paragona alla cera fusa; Poulletier , uno de' primi che ebbe ad esaminare questa materia, la tro- vò simile per alcuni principi all'acido benzoico, lo Scopoli con la distillazione la vide convertirsi in un olio denso giallo- scuro ; Fourcroy, la trovò composta di carbone, d'idrogeno, e di ossigeno; indi esposta all'azione dell'acido muriatico os- sigenato, l'ha veduta imbiancarsi; la qual cosa fu anco spe- rimentata dallo stesso da noi piìi volte lodato Sig- Rubini, come consta dalla citata sua Memoria intorno ad un calcolo espulso da una donna per secesso ; ed in quanto poi all' adipo-cera, lo stesso Fourcroy in tal modo si esprime in una sua Memoria, che si trova pubblicata negli Annali del Museo Nazionale d'Istoria Naturale di Parigi per l'anno 1802. „ Si nomina da qualche anno a questa parte Adipo~Cera una materia oleosa concreta , particolare , che si trova in molti composti animali sostanze, e che presenta i caratteii tra il grasso, e la cera, quando però non fosse né ben una cosa, né ben l'altra: quoiqu' elle ne soit ni l'une, ìli l'au- Toino XVI. ao 154 Calcolo di spezie singolare ec. tre elle est aiialugue oit blaiic de baleine , etc. Vedi citata Memoria . Dall'analisi nonpertanto eseguita sul nostro calcolo dal prelodato Sig. Melandri risulta che per alcuni principi sol- tanto potrebbe avvicinarsi alia spezie dei calcoli biliarj, man- candovi perù in esso una gran paite degli stessi avvertiti componenti, che furono riscontrati dai Chimici nei varj cal- coli biliarj , come sarebbe a dire, la parte estrattiva amara, il sale benzoinico, il solferò di calce, l'ammoniaca, ed altri si- mili ; per la qual cosa io sono condotto a credere che il cor- po calcoloso di cui si fratta sia piuttosto una concrezione morbosa sui generis, ed un composto di particolari sostanze, le quali però solo che in qualche loro parte si avvicinano ai prilli ipj componenti i calcoli biliarj . Pur troppo vi sono dei prodotti singolari nell'animale economia morbosa che abbastanza non conosciamo, e che va- riano tra loro ne' loro componenti, per cui diviene molto uti- le alla Scienza Medica , e necessario che sieiio possibilmente conosciuti, e distinti tra di loro, e ridotti alle loro più no- te classificazioni . Provata adunque, se grandemente non erro, la singolari- tà intrinseca del cor|)o da noi fino ad ora esaminato volendo addurre presentemente una qualche possibile spiegazione di vina tale calcolosa sostanza particolare potrei giovarmi dell' opinione recataci dall'immortale Hallero, nel suo Trattato :^ De ossium formatioìie in locis insolitìs corporis Immani. Pre- tende il sullodato Autore , che un cosi morboso preternaturale fenomeno si possi ripetere da certa sovrabbondanza del suc- co osseo stesso , che si combini in qualche caso , e che poi per aberrazione di luogo si trasporti or in una, or in altra parte non sua , formandovi in essa quelle particolari ossifica- zioni che furono spesse volte riscontrate dai Medici osserva- tori . '"" Ma se si potesse anco ammettere senza veruna contraddi- zione cosi fatta ipotesi, non si potrebbe però agevolmente Del Sig. Jacopo Penada . i55 applicarla nel caso nostro in cui il calcolo da noi esaminato noti si può dire che avesse per base i veri principj , che si riscontrano nei comuni calcoli biiiarj . Per la qual cosa non si potrebbe meglio per mio avviso, anzi per sentimento dello stesso soprallodato illustre Fisico Sig. Moscati spiegare il tcnonieno di siffatte, e di cent' altre strane produzioni morbose, che talvolta si riscontrano avve- rate in alcune particolari circostanze nel corpo animale vi- vente, quanto coir ammettere per principio causante una cer- ta singolare modificazione, o vogliam dire piuttosto, fìsica al- terazione , in grazia della quale si rendono alcuni di questi organi atti a separare straordinariamente di quelle sostanze, che non separerebbero giammai in istato naturale, ed alcune altre ne ritengono, che esistendo la sanità dovrebbero espel- lere dal sistema vivente . Per esempio se costante rimanesse l'organizzazione natu- rale dei reni, e dei sinfatici , ed immutabile nella sua dovu- ta intensità l'universale eccitamento, come dovrebbe mai ac- cadere, che l'urina, v. g. composta in istato sano, di urèo, di materia animale gelatinosa, di muriato di soda, e d'am- moniaca, di solfato di calce, e di magnesia, e di acido fosfo- rico, urico, e benzoico, sciolti nell'acqua per quanto ne di- ce il celeJ)re Fourcroy (i), si scambiasse nei diabetici in un liquido spoglio della maggior parte dei suddetti principj , e saturo invece di una quantità prodigiosa di zucchero, e di mucoso, secondo il Marahellì'ì in qual modo l'urina stessa potrebbe divenir acida , come T osservò GraAZ^ ; sopracarica di fosfato di calce, come la vid:- Baldinger\ arenosa come quel- la riscontrata da Zichy-Woigel^ e lattea siccome vien riferito nelle Efemeridi de' Curiosi . E la saliva poi separata dai soliti fonti, come mai si sarebbe talvolta riscontrata affatto dolce, altre fiate satura all'eccesso di sai marino, come fu trovata (i) System, de connois. Chim. Tom. X. 1-56 Calcolo di spezie singolare ec. da Gilbert, e dal sopralodato Sig. Cav. Moscati-, or di na- tura acre, or lattea, come fu veduta da Dolco, e da Nuc , ove poi tinta di color ceruleo, come l'ho riscontrata io stes- so più volte in alcuni morbi particolari di petto ; e così si dica del sudore cangiatosi in un'indole afflitto urinosa gluti- nosa, linfatica, sanguigna, atto perfino a somministrar mate- ria alla produzione di sostanze fungose , anzi di varj funghi delle spezie probabilmente degli agarici chiodi-formi rinnovel- lati per otto giorni consecutivi nelle treccie alto sudanti di certa femmina febbricitante, siccome riporta in una sua rara osservazione il Sig. Dott. Giuseppe Gautìeri la quale si tro- va inserita nel primo Tomo delle Memorie della Società Me- dica di Bologna ? e come mai dalle stesse ulceri si sarebbe osservato sortire in copia del sai marino , come nota il più volte citato Sig. Cav. Moscati, e perfino dei grossi calcoli di diverse specie, qualità, grandezza, ed anco del peso di quat- tro libbre cerne riporta il Bartolini cent, quarta osserv. 64; e COSI pure di varie altre grandezze siccome si legge negli Atti degli Eruditi di Lipsia per l'anno 1698? Il Baglivio riporta il caso di un giovine itterico dalle di cui narici , e dalle coppette scarificate usciva una purissima acqua giallastra di cui dice : Loco sanguinis ex naribus , et cucurbitiiUs scarificatis , aqua flava solumodo prodibat . Io perciò porto opinione , che nata essendo forse anco nel caso nostro per alcune cause particolari una qualche to- pica alterazione o mutazione straordinaria negli organi secre- tori l'adipe, e la linfa scorrente pel vago cellulare tessuto ap[)artenente alle membrane involventi le parti musculari dell' abdomine ivi raccolti e condensati alcuni principi estranei a quel luogo, e di lor natura salino-terrei, e coagulabili, siasi cosi formato il primo nucleo di quel corpo calcoloso da noi descritto, e dimostrato; e che indi poi d'intorno ad esso noc- ciuolo si sieno per la stessa ragione applicati mano a mano tutti quei strati disposti in quell'elegante forma, che abbia- mo veduto . Del Sic. Jacopo Penada . 1^7 Quest'opinione però da noi adottata in riguardo al no- stro, e ad altri simili casi non esclude già che altri corpi calcolosi di differente specie, che si ritrovano tal volta nel corpo umano in luoghi affatto strani, ed anco nei soliti a con- tenerne, non possano trarre la loro origine d'altre svariatissi- me cause tanto intrinseche, come accidentali, ed estrinseche. Sappiamo infatti che una sola goccia di sangue stravena- ta, e rimasta per cosi dire imprigionata in una data località potè talora somministrar la base di un nucleo calcoloso , sic- come osservò , e descrisse Wintringluim nei Commentari di Edimburgo Tom. V, pag. 261 ; e ci viene confermato con al- tra osservazione nelle Effemeridi dei curiosi della Natura, an- no 3.° osservaz. ^85; come pure Ludeem^ nel suo Trattato intitolato : De Lithogenesia , e che ciò può avvenire anco per una sola minima glanduletta indurata, per. un solo globetto di grasso degenerato in luoghi inusitati , e strani . E così parimenti sappiamo che le basi di alcuni calcoli urinar] furono le tante e tante volte somministrate da corpi affatto estranei, ed introdotti casualmente, od anco malizio- samente nella vescica ^ come per esempio da pagliuzze, da spille , e da altre somiglianti cose . Si leggono moltissimi casi di calcoli formati nella vesci- ca urinaria per l'introduzione fattavi per la vagina, e per l'u- retra da molte salaci fanciulle di spille ossee , o metalliche , d'intorno alle quali si sono poi abbarbicate, e concrete al- cune sostanze terreo-saline calcaree. Ivi con l'urina condot- te , per cui si formarono poi dei calcoli di varia grandezza nelle vesciche di tali femmine . Nel nostro Museo d' Istoria Naturale di Padova , si con- serva un calcolo ben grosso ritrovato nella vescica muliebre urinaria il quale aveva jier nucleo un ago di osso di tre pol- lici circa di lunghezza . Ma raccogliendo le sparse fila del mio discorso il nostro calcolo mi sembra meritevole di molta considerazione, e per la sua struttura aflf'atto singolare , e così bizzarramente armo 1-58 Calcolo di spezie singolare ec. HÌzzata dalla scherzevole natura, e per essere finalmente un composto (li sostanze, che si ponno considerare come sue pro- prie , e distinte, e solo in qualche parte analoghe a (juelle dei comuni calcoli biliaij , siccome credo di avere bastante- mente provato , Quindi io mi lusingo di non avere inutilmente occupata la pubblica attenzione colla mia presente qualunque Osserva- zione , e Memoria. Forse non v'ha cosa in natura così te- nue, e (piasi sfuggevole allo sguardo comune, che ravvicina- ta con occhio filosofico non sia degna di considerazione , e dalla quale non se ne possano ritrarre degli utili riflessi , e corollari ^'*^'" importanti per la Scienza Patologico-Chimica , che professiamo , potendosi dire con Seneca che ad onta delle tante cognizioni che possediamo in ogni ramo di Scienza , e di Dottrina , tuttavia := Maltutn adirne restai operis inul- turnque restabìt , nec ullì nato post mille scecula prceclude-^ tur occasio , aliquid adirne ad'ijcendi . 'il'fH [ rii'ic^i ZJlq. I. 'J- A>c.c'//a/.T.XVl.j.j../.is, . c. ^ y,/,. 7'/. MEMOBIE DI Elj'ic^ Joc.c7ta/.T. XVJ./j.Mò\ . A ■%-^- e ^c^. TI. A LQ. III. A -# A niUS*"- ^i,^. /^ LO. VI. . i 6 I 59 CORREZIONI ED AGGIUNTE ALL'ARPA PER RENDERLA ATTA ALL'ESECUZIONE PRECISA E SENZA RIPIEGHI DI QUALUNQUE MUSICA QUANTO LO È IL PIANO-FORTE MEMORIA Del Signor Alessandro Dall'Olio Presentata li ì.o Giugno i8i3 dal Sic. Cav. Paolo Ruffini ED APPROVATA DAL SiG. CaV. PiNO . Oin dal principio che incominciai ad esercitarmi nel suono dell'Arpa, previo un lungo studio della musica in generale, e principalmente del Piano-Forte, conobbi che essa, ad on- ta di tante correzioni ed aggiunte recentemente fattevi ad effetto di ridurla atta al presente sistema musicale, non era ancora arrivata a quel grado ultimo di perfezione che un amator di buon gusto può desiderare . L'eccellenza della voce di questo antichissimo istromen- to lo ha preservato dall' obblivione in cui sono caduti tanti altri , de' quali altro non ci è restato che il nome: ed ha in oltre due particolarità che lo rendono, a mio giudizio, supe- riore al Pianoforte, sia pur anche de' migliori di Germania e di Francia . La prima è che il timbro dell'Arpa è molto più dolce e insieme armonico di quello del Pianoforte : e se non lo supera in forza n'è almeno eguale: ed oltracciò il chiaro- 'Scuro ossia l'espressione si ricava con un mezzo più pronto e più sicuro, e che non può mai mancare, cioè con le pol- pastrelle delle dita. La seconda particolarità è che l'Arpa si accorda in pochi minuti , ma il Pianoforte l'icerca molto più tempo. Non è mio scopo di stender qui l'elogio dell'Arpa, ma non posso astenermi di rammemorare un pregio pressoc- j6o Courezioni ed Aggiunte ali/ Arpa ec. clic |)iuprio i\\ qiKSto solo istrornento, che è di potersi ave- re da ogni corda le armoniche , e di tal dolcezza e chiarez- za che non si può desiderar di ineglio . Quante volte non ho io detto ira me stesso : se il Cem- balo, per i vantaggi che presenta di facilità nell'esecuzione, singolarmente nella combinazione dell'armonia, ha meritato tanti studj , tante pruove , e una quasi metamorfosi cambian- do per fino il nome in quello di Pianoforte, perchè mai l'Ar- pa che pur presta gli stessi vantaggi, e le stesse facilità d'e- secuzione , non dovrà meritare i medesimi studj e le mede- sime premure, essa che poi d'altra parte offre ancora mag- giori compensi ? I difetti eh' io riscontrava rimanere ancora nell' Arpa d'oggigiorno sono i seguenti. Primo: che non è atta all'ese- cuzione di qualunque musica, come il Pianoforte, se non si ricorra a ripieghi o alterazioni . Secondo : che le corde per- dono la loro giusta direzione allorché , coli' attuai meccanismo posto in movimento per mezzo de' pedali, occorre alterarle con diesi? o con bequadri . Terzo : che quando si fanno agi- re i pedali i non possono i piedi restare in una stabile posi- zione, la qual cosa è di molto incomodo al Sonatore. Quarto: che il movimento de' piedi in far agire i pedali è irregolare. Quinto: che la distribuzione locale de' pedali non è coerente all'attuale sistema musicale. Sesto: che si richiede un dop- pio e differente movimento allorché si vuol far agire i pedali per qualche tempo . Settimo finalmente : che non può il So- natore prevalersi contemporaneamente d'ambidue i piedi sen- za trovarsi in una situazione incomodissima e quasi inesegui- bile . Mi venne adunque in pensiero di tentare di correggere i descritti difetti , lusingato dal mio amor proprio che forse sarei più fortunato di quanti ra' hanno prevenuto in questa impresa. Finalmente dopo cinque anni di continuo lavoro, spesse volte inutile, e dopo una spesa notabile, spesse volte impiegata senza frutto, credo d'esser riuscito appieno nel mio divi- Del SiG. Alessandro Dall'Olio. lót {livisamento : e qui sottopongo al giudizio degl'intelligenti il prodotto de' miei tentativi. Il primo difetto accennato, cioè che l'Arpa d'oggigior- no non è atta all'esecuzione di qualunque musica, come il Pianoforte se non si ricorra a ripieghi o ad alterazioni , ri- sulta dal non poter il Sonatore servirsi sempre delle sette voci naturali,, che formano la scala del tuono di Do maggiore,, e insieme delle cinque accidentate con bimmolle , cioè dei 5/, Mi,, La,, i?e, e Sol, come pure delle cinque accidenta- te con diesis, cioè dei Fa,, Do,, Sol, Re, e La alla stessa guisa che si pratica nel Pianoforte . In questo istromento ba- stano cinque soltanto delle indicate voci accidentate, per la ragione che siccome sono combinate in tasti e corde separa- te ( cosicché il l'a diesis serve ancora per il Sol bimmolle , il Do diesis per il Re bimmolle ec. ) così non è necessaria una tale duplicazione . Ma poiché nell'Arpa non vi sono che le sole corde di scala d' un determinato tuono , sono neces- sari dieci pedali , cioè cinque distinti e relativi ad ognuna delie cinque voci accidentate con diesis, ed altri cinque pe- dali per le cinque voci accidentate con bimmolle . Con un numero minore di pedali non può adunque essere che difet- tosa, e talvolta impraticabile, l'esecuzione della musica nell' Arpa, a meno che non si voglia permettere che resti sfigu- rato in parte l' ordine musicale . Il formare l'Arpa con l'Ottava (*) di dodici corde ( la qual cosa combinerebbe colla tastatura del Pianoforte ) sareb- be un renderla imperfetta sotto un altro rapporto . In tal ca- so, Io spazio che occuperebbe un'ottava sarebbe cosi grande che renderebbe ineseguibili gli accordi complicati, a meno che non si facesse più stretto il comparto o distanza da una cor- Tomo XV L ai (*) La parola Ottava ha un doppio significato : ora vuol dinotare una serie di otto suoni compreso il primo della susseguente , ora un intervallo che ha relazione alla fondamentale . Nel primo caso mi servo di Ottava colla prima let- tera majuscola , nel secondo di ottava, c*n lettera minuscola . i6a Correzioni ed Aggiunte all'Arpa. da .nll'altra. Questo tempeiametito nocerebbe all' esritta sen- timeiital esecuzione, mentre per poter pizzicar le i,oi(if con la conveniente forza e necessario internar le dita fra di es- se, la qual cosa riuscirebbe assai incomoda se esse fossero troppo vicine fra di loro. In oltre l'oscillazione delle mede- sime urtando contro le dita, produrrebbe un effetto assai dis- gustoso. Da tutto ciò raccogliesi cli'ò da apprezzarsi l'inven- zione de'pedali per supplire ai bisogni d'una retta esecuzione. Nell'Arpa d'oggigiorno ogni corda ( con le relative ot- tave ) della scala composta di sette voci , lia un corrispon- dente pedale ( e così sette in tutto ) il quale premuto col piede la fa crescere di mezza voce : in conseguenza di ciò non vi sono che sette pedali . Ordinariamente si accorda nel tuo- no di 311 himnwUe maggiore : perciò non vi si può eseguire la musica scritta nei tuoni di La o di Re bimmolli , a me- noccliè non si alteri l'accordatura fissata, coli' abbassare di mezza voce i Ile e i Sol . Facendo agire tutti in una volta i sette pedali, si trasporta i'istromento nel tuono di Mi mag- giore : perciò non vi si può eseguire la musica che sia scrit- ta nei tuoni di Si, di Fa diesis, o di Do diesis^ qualora non si alteri la fissata accordatura, coli' alzar pure di mezza voce i La , i Mi , e i Si . È vero che si pratica di far uso dei Do diesis in luogo dei Pie bimmolle, dei Fa diesis in luogo dei Sol bimmolle ec, ma è altressì vero che ciò si pratica soltanto in semplici no- te di passaggio, e non già per sonare in un tuono stabile, perchè ciò sarebbe impraticabile, attesocchè, accordata l'Ar- pa nel tuono di Mi bimmolle 7?iaggiore , volendosi sonare in quello di La bimolle , e servirsi del pedale del Do diesis per i Re bimmolli , ne risulta che le corde dei Re rimangono inutili, e mancano i Do naturali, qualora non si alzi ed ab- bassi ad ogni istante il pedale relativo : la qual cosa riusci- rebbe di sommo incomodo . Lo stesso dicasi rapporto alle al- tre note accidentali . Da questo sistema, che è la base dell'odierna accorda- Del Sic. Alessandro Dall'Olio. i63 tura dell'Arpa, necessariamente deriva che non vi si può ese- o-uire che musica adattata, e di ripiego: la qual cosa fa co- noscere che questo istromento è tuttora imperfetto . Una tale imperfezione è tantopiù sensibile e disgustosa nel presente tempo, in cui si è aperto nella musica un vasto campo ai giri dell' armonia nelle modulazioni, e in cui non vi son più vincoli ( dirò così ) di pregiudizio, de'quali ha dimostrata l'er- roneità in atto pratico e con tanta maestria l'inwnortale Hayclii^ che può a tutta ragione considerarsi il vero fondatore del buon gusto nella musica istromentale . Ho corretto nella mia Arpa l'esposto primo difetto con collocarvi dieci pedali : ed è accordata stabilmente nel tuono di Re bimmolle maggiore. Cinque di essi servono per levare i bimmolli inerenti a detto tuono, e gli altri cinque per le note accidentate di diesis : in questa guisa adunque si può eseguire qualunque musica, come si fa nel Pianoforte, sen- za che vi sia bisogno di ripieghi o d'alterazioni che la defor- mino . Quindi è che i Mi diesis si eseguiscono con i Fa na- turali ^ e i Si diesis con i Do naturali, come pure i Do hirn- niolli con i Si naturali, e i Fa bimmolli con i Mi naturali: ciò si pratica sempre egualmente nel Pianoforte, e non si al- tera punto né il sistema attuale della musica, né la comodi- tà relativa dell' istromento . In tal modo la mia Arpa si tro- va posta allo stesso livello per la giusta esecuzione , come appunto il Pianoforte . Il secondo difetta accennato ( cioè che le corde nelle Arpe d'oggigiorno perdono la loro giusta direzione allorché, coir attuai meccanismo posto in movimento per mezzo de' pe- dali, occorre alterarle con diesis o con biquadri ) deriva per- chè colla pressione d'essi pedali le corde relative sono tirate da uncinetti corrispondenti in dentro e contro l' arco , dove vengono accorciate da squadretti di urto ivi collocati . Risul- ta da ciò l'inconveniente che la mano spesse volte resta tra- dita , singolarmente quando si eseguisce qualche motivo de- licato e piano, poiché le corde non ritrovandosi allora in una 1 64 Correzioni ed Aggiunte all' Arpa . linea eguale ed uniforme, le dita nello scorrerle pizzicano di conseguenza con più forza quelle che i-estano in fuori , poi- ché trovansi internate maggiormente . E vero che può con- siderarsi in parte ripiegato a questo difetto col recente mec- canismo alle Chei'illes ; ma sembrami che questo non corri- sponda totalmente all'oggetto, risguardandolo sotto l'aspetto d' una sicura robustezza . Affinchè le corde non perdano la loro sonorità quando sono accorciate dall'azione del pedale, è necessario che nel- la porzione accorciata formino due angoli opposti . Egli è perciò che nell'Arpa moderna gli uncinetti menzionati di so- pra formano nelle corde il primo angolo in dentro , e gli squadretti contrapposti alle coide fanno urto nelle corde e producono in esse il secondo angolo in fuori: ne risulta per- ciò che le corde restano appunto portate fuori della linea delle altre, e per la stessa distanza che passa dalle corde ai contrapposti squadretti allorché il pedale non è in azione. Ho corretto questo secondo difetto sostituendovi un mec- canismo semplice, che non può essere soggetto ad alcuna al- terazione. Esso ha la forma di tenaglietta : nella perfetta metà dell'apertura di essa vi passa la corda. In una delle porzio- ni che la compongono vi è un rivolto sporgente verso la cor- da lateralmente, il quale col chiudersi della tenaglietta me- diante l'azione del pedale, forma il primo angolo: e il se- condo, che riesce opposto, viene formato dall'altra porzione di detta tenaglietta, per cui la corda vien rimessa nella per- fetta ed egual situazione , in cui resta , allorché il pedale è fuori di azione . Il terzo degli accennati difetti è che quando si fanno agire i pedali, non possono i piedi restare in una stabile po- sizione , la qual cosa è di molto incomodo al Sonatore . De- riva ciò dall' essersi essi collocati in una linea semicircolare, per cui conviene portare i piedi ora avanti , ed ora indietro a norma della loro posizione. Ciò riesce molto incomodo, ed è in oltre necessaria una lunga pratica al Sonatore per ahi- \ Del Sic. Alessandro Dall'Olio. i65 tuarsi alla diversità di distanza dei pedali : ed è anche au- mentata la difficoltà dal non poter egli appoggiare i piedi , perchè è costretto a tenerli un poco in aria per non far ru- more collo stropicciamento dei talloni, che riuscirebhe assai disgustoso . Ho corretto questo diff'etto nella mia Arpa con formare una distribuzione dei pedali affatto diversa dalle so- lite: e sebbene in questa ve ne siano tre di più, l'uso non ne riesce men comodo . Ne ho collocati cinque nella parte dv'stra , ed altrettanti nella sinistra, cosi disposti per la co- mo^dità dell'uno e dell'altro piede. Restano come in livello o scala differente l'uno dall'altro lateralmente, e in maniera tale che collocando i due talloni in due situazioni fissate e stabii,', e comode al Sonatore, egli fa agire i piedi circolarmen- te facendo centro coi talloni, senz'aver mai bisogno di leva- re o alzare i piedi in nessuna circostanza . L'irregolarità del movimento de' piedi in far agire i pe- dali ( che è il quarto difetto ) è stata da me corretta colla diversa accennata distribuzione de' pedali, per cui non sì ri-^ chiede che un movimento uniforme e circolare della sola e- stremità dei piedi, restando però sempre fermi i talloni nelle situazioni fissate . Credo di poter accertare che la pratica dell' uso dei pedali della mia Arpa si acquista in brevissimo tempo e colla massima facilità . Il difetto , accennato in quinto luogo , della distribuzio- ne locale dei pedali non coerente all'attuale sistema musica- le, nasce dall' esser essi distribuiti nella seguente maniera. Il primo a destra serve per il La naturale, il secondo per il Sol diesis, il terzo per il Fa diesis, e il quarto per il Mi naturale: il primo a sinistra serve per il Re diesis, \\ secon- do per il Do diesis, e il terzo per il Si naturale. Essendo ordinariamente il tuono dell'Arpa quello di Mi biminolle maggiore, il secondo pedale destro dovrebbe essere quello del Mi naturale, il terzo del Si naturale, e il quarto del Fa diesis : per la stessa ragione il primo pedale sinistro dovreb- be essere quello del Do diesis, il secondo del Sol diesis, e '• 66 Correzioni ed Aggiunte all' Arpa . il teizo del Re diesis . Dunque non vi è che il primo pedale destro , il quale sia situato conformemente al praticato siste- ma musicale . Ho corretto questo quinto difetto coli' accordare stabil- mente la mia Arpa nel tuono di Re biinmolle maggiore^ e con collocare i pedali col seguente ordine . Il primo destro per il Sol naturale^ il secondo per il Re naturale, il terzo per il La naturale^ il quarto per il Mi naturale, e il quin- to per il Si naturale : il primo sinistco per il Fa diesis , il secondo per il Do diesis, il terzo per il Sol diesis, il quar- to per il Re diesis, e il quinto per il La diesis. Questo di- visamento facilita in parte, come ben si scorge, l'uso dei pedali, sulla riflessione ancora che il più delle volte veggonsi adoprate nella musica le note accidentate dai Compositori nella norma menzionata , e a seconda del tuono in cui è basata . Ho accennato per sesto difetto che si richiede un dop- pio e differente movimento allorché si vuol far agire i pedali per qualche tempo . Spiego questo doppio movimento . Con- viene in primo luogo premere col piede il pedale e poscia col medesimo piede voltarlo verso la persona e contro un attacco che lo tien fermo: in secondo luogo per levare l'ef- fetto del pedale è necessario premerlo prima , e poscia vol- tarlo verso la parte opposta alla persona per rimetterlo nel- la primiera sua posizione naturale . Questo difetto vien cor- retto in conseguenza della distribuzione e delia forma de' miei pedali, mentre non è necessario che premerli soltanto, e per lasciarli in libertà basta alzare l'estremità del piede: il qual movimento non ne distrugge l'effetto, perchè resta- no indipendenti dall'azione del meccanismo interno. Volendo poscia far cessare l'effetto dei detti pedali, non occorre che di nuovo premerli nella stessa guisa che si fa per farli agi- re : la qual seconda pressione leva l' azione del menzionato meccanismo interno. In tal maniera procedendo, non occorre che un solo movimento di pressione tanto per far agire , Del Sic. Alessandro Dall'Olio. 167 quanto per far cessare l'azione dei pedali: movimento che riesce ancora facilissimo e comodissimo . Il settimo difetto da me accennato è che non può il So- natore prevalersi contemporaneamente d' amhidue i piedi sen- za trovarsi in una situazione incomodissima e quasi inesegui-, bile. Ad oggetto di far agire i pedali, conviene alzarli alcun poco da terra , per non istrisciare il tallone , ed anche per aver la forza necessaria per moverli , e singolarmente quan- do si devono voltare per portarli nel loro attacco, e vicever- sa per levarli : ed oltre a ciò per la ragione della situazione circolare dei medesimi pedali, la quale obbliga di portarli o innanzi o indietro a norma del bisogno e della loro posizione. Da ciò avviene che volendo il Sonatore adopi-are contempo- raneamente i due piedi, la persona resta, per così dire, sen- za l'appoggio dei medesimi e in un modo in realtà incomo- do . Questo settimo difetto viene corretto dalla distribuzione da me fissata nella mia Arpa ai pedali, perchè in questa i talloni de' piedi non sono costretti ad alzarsi giammai , ma restano sempre fermi ed appoggiati nelle situazioni stabilite: e perciò i due piedi si possono adoprare nel medesimo tem- po colla medesima facilità con cui se n' adopra un solo : e ciò giova molto alla precisa esecuzione della musica la qua- le moduli molto . Esposte così le necessarie correzioni e le aggiunte da me fatte nel costruire la mia Arpa ad oggetto di renderla atta air esecuzione precisa e senza ripieghi di qualunque mu- sica, come lo è il Pianoforte, indicherò alcune aggiunte di meccanismo, o correzioni , o mutazioni che in pratica ho ritrovato utili . Comunemente si pratica che tutte le corde che espri- mono i Do sieno rosse, che quelle che esprimono i Fa sia- no azzurre, e le altre tutte sieno bianche. Essendomi sembra- ta non necessaria una tal assegnazione di tre colori , 1' ho ridotta a due soli . Ciò che a primo colpo d' occhio indica la località delle diverse corde è il color bianco delle inter- i68 Correzioni ed AcoruNTr, all'Arpa. medie : queste trovansi sempre interpolatamente cine di se- guito, cioè i 7?e e i Mi, e tre pure di seguito, cioè i Sol i La e \ Si . E cerne appunto nella tostatura del Pianoforte non si praticano che due colori , ho trovato esser comodo il seguire ini tal esempio . Ho riformato alquanto il comparto delle corde, ossia la distanza fra una corda e l'altra, rendendola crescente un po- co più del praticato, avendomi l'esperienza fatto provare che r esecuzione riesce più comoda , e più precisa . Mediante un meccanismo d' incastro adattato m' è riu- scito di ripiegare all' inconveniente che si trova in tutte le Arpe, il qual è che i bischeri di ferro, ai quali sono attac- cate le corde, massimamente le grosse, nel voltarli, per for- mare r accordatura, tendono a dare indietro o uscire dai fo- ri in cui sono collocati . Ciò proviene dalla loro forma coni- ca, per cui spesse volte conviene premerli indentro con for- za : la qual cosa è incomoda , non menocchè perniciosa alla conservazione della perfetta accordatura . In oltre i medesi- mi bischeri non restano in perfetta linea eguale nella lor fronte con disgusto dell' occhio amante della precisione : il qual inconveniente non accade nella mia Arpa . Rapporto poi ai bischeretti di legno i quali fermano le corde alla tavola armonica dell'Arpa, veggonsi praticati due inconvenienti , procedenti da una piccola incavità che si fa ne' medesimi . Una tale cavità è quasi sempre troppo profon- da, per cui convien fare alle volte tre o quattro nodi alla corda onde essa non fugga per mezzo della detta cavità dal- la tavola armonica , e con ciò si tormenta maggiormente la corda con pericolo di rovinarla . L' altro inconveniente è che rendesi necessaria un' esatta diligenza per voltare l' incavità del bischeretto nel mezzo del piccolo righetto dalla parte superiore della tavola armonica , affinchè la corda resti col- locata in linea delle altre . Ho sostituito all' incavità de' bì- scheretti un' impostatura adattata alle varie grossezze delle corde nei fori di corrispondenza della tavola armonica , per cui Del Sic. Alessandro Dall'Olio. 1G9 cui liasta un nodo solo alla corda onde non fugga, ma resti sempre nella sua giusta e fissata situazione . Il meccanismo interlio sia dell'arco, sia della base del-- ]e Arpe d' oggigiorno resta difeso da un coperchio obbligato da viti che in caso di sconcerto convien levare, impiegan- dovi non poco tempo , e non poca attenzione . Nella mia Arpa il detto meccanismo si scopi-e in un istante senza bi- sogno d' un ferro estraneo , dipendendo ciò dalla combina- zione semplice dello stesso meccanismo . In caso di sconcerto non si può levare il meccanismo interno dell' arco senza diminuire totalmente la forza di ten- sione delle corde . Nella mia ciò si effettua senza muover 1' accordatura , e senza alcun pericolo dell' arco , perchè nelle usuali tutta la tensione delle corde è sostenuta dalla piastra di ferro, sulla quale è fermato il detto meccanismo, ma nel- la mia questo è affatto indipendente dalla detta piastra di ferro . Parimenti nelle Arpe usuali non si può levare il mecca- nismo interno dell'arco senza abbandonare e staccare tutti i filoni di comunicazione dell'asta, con pericolo d'intrecciarli e confonderli , perchè levato il detto meccanismo essi resta- no sciolti e promiscui nel vacuo della stessa asta: ed oltrac- ciò per rimetterli nelle loro distinte posizioni si richiede non poco tempo, ed occorrono molte precauzioni per impedire che s'intreccino lungo il vacuo suddetto, il che accadendo produrrebbe un tremito disgustoso nel pizzicar le corde. Nella mia Arpa il meccanismo dell'arco è come indipendente dai filoni dell'asta: si può levare il primo senza muover i secon- di . Di più: in caso di dover levare da luogo i filoni, ciò si effettua comodamente , ed essi si rimettono in un istante , perchè ogni filone ha una guida separata e distinta dalle al- tre per cui non possono né confondersi né intrecciai-si . Ordinariamente le Arpe si appoggiano sopra quattro pic- coli piedi che le tengono alcun poco alzate da terra . È ben difficile trovare una situazione sempre perfettamente eguale. Tomo XVI. ,ija "170 Correzioni ed Aggiunte all'Arpa. mancando la quale l'Arpa è in pericolo avvenendo un urto improvviso . Ilo posto nella mia un regolatore clie si alza e si abbassa in un momento a norma della disuguaglianza del terreno che potesse riscontrarsi per qualunque verso . Per accomodare nelle Arpe usuali qualche sconcerto che avvenisse nel meccanismo dell' arco , convien levare intera- mente il medesimo, perchè tutto intero è obbligato all' intei- na piastra di ferro; ma nella mia Arpa sì può levare quel solo pezzo di meccanismo che si fosse sconcertato , mentre ognun d'essi è isolato, e indipendente dagli altri. Ordinariamente gli uncinetti, che colla pressione de' pe- dali portano le corde contro gli squadretti di urto che le accorciano affine di farle crescere di mezza voce ( ossia per trasformarle in diesis o biquadri ) restano scoperti, e perciò necessariamente si trovano in pericolo d' essere voltati in di- rezione irregolare con urto inavveduto . Nella mia Arpa nulla resta scoperto, e perciò tutto il meccanismo dell'arco è al coperto di simile inconveniente . I bischeri, a riserva di quelli degli ultimi bassi, soglio- no avere una fenditura per attaccarvi le corde mediante un adattato intreccio : la qual cosa ricerca un qualche maggior tempo per rimetterle occorrendo . Quelli della mia Arpa han- no tutti un foro della capacità delle loro corde : e in un is- tante vi si collocano , senza neppur farvi un intreccio eh' è sempre per esse pernicioso . Non mi estendo di più in esporre dettagliatamente e de- scrivere le parti formanti la mia Arpa , e particolarmente l'intero meccanismo risguardante l'azione o il giro de' peda- li , poiché il mio assunto principale è stato quello di descri- vere soltanto ciò che ha rapporto alla correzione dei difetti descritti , e di provare la verità delle mie asserzioni . Spero d'aver con questo mio lavoro procurato presso gli Amatori di buon gusto un più esteso e un più favorevole accoglimen- to all' Arpa : e questo sarà per me un soave compenso de' miei intensi studj e dei mio lungo lavoro . Non tutti per al- Del Sic. Alessandro Dall'Olio. 171 tro sono favorevoli alle innovazioni: temo pei'ciò che questo delicatissimo e amabilissimo istroraento vestito alla mia foggia abbia da restar oppresso dai morsi della critica , ed incontii la sorte del Pianoforte che nato in Italia restò rammingo per pili di mezzo secolo per poi ricomparire in Italia sotto spo- glie straniere , SOPRA L' URTO E LA PERCOSSA DEI FLUIDI MEMORIA FISICO-MECCANICA Del Sic. Cav. Vikcenzo Bhunagci Ricevuta li ao Luglio i8ia. ragione sembrò al Torricelli che nella sfera delle mara- viglie della natura l' energia dell' urto e della percossa tenes- se la corona del principato . Egli è infatti a pi-ima giunta difficile a comprendersi come uno stesso colpo di martello possa fare l' effetto che fa la pressione di cento , di mille , di centomila libbre di peso , di modo che quel colpo abbia in sé r efficacia di vincere la forza di qualunque immensa e sterminata pressione , e sia dotato di virtù infinita se si pa- ragoni col peso di un grave quiescente . Ce ne persuadono ogni momento i sensi, ma forse senza le dichiarazioni di quel degno discepolo del divino Galileo , mercè delle quali un cost misterioso fenomeno è intieramente svelato , noi dovremmo- anco a questo proposito ripetere quella sentenza di Dante dietro i sensi Vedi che la ragione ha corte le ali . È dunque la forza della percossa infinita rispetto ad una forza di pressione, e non può mai esservi equilibrio ove in conflitto pongansi queste due forze , comunque piccola e^ser possa la prima e grandissima l' alffa ; ma questo portento di meccanica avviene egli ancora nell'urto e nella percossa dei fluidi ? Qui è dove al primo speculare mi parve che s'incontras- sero fatti ben diversi da quelli che dovrebbero nascere dalla mentovata energia dell' urto e della percossa ; vi sono in fat- ti nell'idraulica pratica alcuni cu'degni , la cui mercè si può Del Sic. Vincenzo BauNACcr . 17.3 misurare l'urto del fluidi col mezzo di un peso: la bilancia, il pendolo idrometrico, il cannello ricurvo, detto anco tuba di Pitot sono strumenti di tal fatta, e la di loro Teorica ap- poggiasi a questo principio di potere^ cioè, agguagliare e di- struggere l'urto del fluido con l' opera di un grave quiescente . Ora onde avviene egli mai die in questi casi la suindi- cata forza non è infinita e misurar si può con un peso ? Se io confessar debbo la tardità del mio ingegno , lungo tempo sono stato senza poter rintracciai-ne la causa : e non basta il dire che la diversità consiste nel trattarsi qui di urto di flui- di contro solidi e non già di Solidi contro solidi , come è il caso contemplato dal Torricelli . Conviene sapei'e perchè ap- punto essendo fluidi non è più vera per essi quell'ammiran- da legge della natura : ecco il soggetto del presente mio ra- gionare , che io volentieri sottometta al purgatissimo giudi- zio de' miei illustri Colleghi . Seguendo il Torricelli io chiamo percossa lo scambievol concorso di due corpi , quando uno di essi sia accelerato da intrinseca gravità, ed intendo per urto quel concorso di due corpi , quando almeno uno di essi sia velocitato da causa este- riore, come da vento, da foraa di animali, da archi e cose simili. Riferirò in pochi versi il principale argomento. di que- sto filosofo per provare l' immensità della forza di percossa , onde a me riesca più facile esporre la ragione per la quale la percossa e l'urto dei fluidi non vanno soggetti a questa legge . Posato sur una tavola di marma un grave quiescente noa valevole a romperla, egli pesa ed aggrava in ogni istante del tempo che scorre , quella tavola per ispezzarla . La gravità , la quale come dir si suole non dorme mai, genera in ciascu- no di quegli istanti un momento di peso , il quale viene di- strutto nello stesso suo nascere dalla resistenza che il marmo fa per non esser rotto ; e se il grave peserà per modo d' esera- pio una libbra , la gravità farà in ogni piccolissimo istante uno sforzo di una libbra j di modo che se un cotal grave si 174 Dell'Urto e Percossa dei Fluidi . manterrà per sempre sopra quella tavola, vi sarà anco per sempre una lotta tra il conato del grave e la resistenza del marmo. Si sollevi questo grave in aria all'altezza di 1 5 pie- di , se si vuole , e si abbandoni a sé medesimo onde libera- mente cada su quella tavola . Ei prima di giungervi impie- gherà un minuto secondo di tempo . In questo minuto secon- do, che pure contiene moltissimi e si può dire anco infiniti istanti, la gravità avrà generati infiniti ed innumerabili di quei momenti di peso di una libbra , e questi non si sono già successivamente annientati, come avveniva al grave qui- escente su quel marmo , ma si trovano tutti in lui accumu- lati, e pronti a scaricarsi, ed esercitare la lor jx>ssa in quell' unico istante, nel quale terminata la caduta il grave incon- tra e percuote la tavola . Così egli nel percuotere non opera sul marmo col momento di peso di una libbra, come faceva quando sopra vi posava, ma sibbene con una forza eguale al cumulo di quegli innumerabili momenti di una libbra ciascu- no : che è quanto a dire , in questo secondo caso il grave eserciterà una forza immensamente maggiore della prima pres- sione ; ed ecco come la forza di percossa supera quella di qualunque pesantissimo grave quiescente ; e qui poniamo men- te a ciò che questo discorso suppone che la forza della per- cossa tutta si scarichi in uno di quegli istanti del tempo che scorre , e che il coi-po percuziente ed il percosso siano per- fettamente duri, in guisa che mentre le prime o precedenti parti del percuziente percuotono l'ostacolo, anco l'ultime & susseguenti lo percuotano , senza che segua il benché mini- mo schiacciamento o ammaccatura . Ma torniamo a considerare quel grave di una libbra, il quale è sollevato all'altezza di quindici piedi, e cadendo per- cuote con un cumulo d' innuraerabili momenti di peso , cia- scuno dei quali è di una libbra : siano per modo di dire un milione , e quella forza di percossa sarà di un milione di libbre ; ora se pria di cadere è quel grave diminuito della metà, ridotto cioè ad una mezza libbra, a me par manifesto Del Sic. Vincenzo Brunacci . 175 che cadendo egli per lo spazio di quindici piedi in un secon- do, avrà acquistato ancor esso un numero infinito di momenti di peso eguali ciascuno ad una mezza libbra , e questo cu- mulo di forza sarà per l'appiuito la metà di quello che il grave acquistava alloraquando era intiero ; la sua forza di per- cossa sarà pertanto di un mezzo milione, se prima era di un milione . Se poi il peso di cotal grave si ridurrà ad un quarto di libbra . La percossa equivarrà allora alla quarta parte di un mi- lione di libbre ; e se faremo quel grave un centesimo , un millesimo , un milionesimo di quello che era in principio , allora cadendo esso dalla mentovata altezza , acquisterà una forza di percuotere il marmo sottoposto cento, mille, un mi- lione di volte minore di quella che concepì nella primiera caduta . Così nella finta estimazione di questa forza ( nella quale alla parola cumulo d'infiniti momenti sostituimmo mi- lione di momenti ) , un minuzzolo di quel corpo , il quale pesasse la milionesima parte di esso, cadendo da quindici piedi di altezza avrebbe una forza di percossa eguale ad una lil)bia di peso; anzi parlando con geometrica esattezza, se f|uel grave di una libbra si dividesse in un numero infinito di parti , ciascuno di questi atomi acquisterebbe nel cadere una forza di percossa, la quale sarebbe infinitamente minore di quel cumulo di forze , che concepite aveva il corpo intie- ro, minore, cioè, di una infinità di libbre di peso, e quin- di l'energia di quell'atomo per ispezzare il marmo, o la di lui forza di percossa, sarebbe equivalente ad una libbra sol- tanto ; ed ecco in qual caso può la percossa misurarsi con una pressione . Infatti fingiamo che posto nel piatto della bilancia un grave di una libbra, cada sull'altro piatto da quindici piedi di altezza quell' atomo , o minuzzolo di materia : che avverrà egli ? Certo che se la forza di percossa , con la quale quel briciolo incontra il piatto equivarrà ad una libbra di peso , parmi evidente che vi sarà equilibrio tra la forza di quel 1 76 Dell' Urto e Percossa de' Fluidi . grave quiescente sul piatto della bilancia, e la gagliardi» del- la percossa, o la violenza che l'atomo esercita su dell'altro*, ma qui si ponga bene attenzione a ciò, che questo equilibrio non durerà che un picciolissimo istante, e tanto quanto ci vuole a quella particella di materia per fare il suo colpo sul piatto. Subito dopo l' equilibrio sarà rotto, e l'atomo non potendo gravare piìi il piatto se non col suo proprio peso , sarà allora vinto e sopraffatto dal momento del peso del gra- ve quiescente . Ora continuando l'immaginata finzione supponiamo che terminato il colpo di quel minuzzolo, ne venga subito dietro un secondo, quindi un terzo, poscia un quarto, e così di mano in mano, l'equilibrio si conserverà finché vi sajà quel discorrimento di minuzzoli, i quali uno dopo l'altro percuo- teranno il piatto della bilancia; e questa continua forza di percussione sarà misurata col peso di una libbra : in cotal modo se tutto quel grave che fingemmo sollevato in aria all' altezza di quindici piedi, caderà sul piatto della bilancia tri- tato in minuzzoli , purché vengano essi a cadere e battere il detto piatto l'uno dopo l'altro, ei , quel grave, non potrà mai vincere lo sforzo di una libbra di peso , mentre al con- trario niun grandissimo peso avrebbe potuto contrabbilanciare la di lui gagliardìa , se tutti quegli atomi che lo compongo- no fossero caduti nel tempo stesso sulla bilancia , che equi- vale a dire se il grave tutto intiero avesse colpito sul piatto. Né in questo la natura smentisce sé medesima, che an- zi essa si contradirebbe di molto se avvenisse al contrario ; imperciocché se ben si riflette anco il grave tritato in mini- me particelle produce un effetto equivalente ad un cumulo d'infiniti momenti di peso eguali ciascuno ad una libbra, co- me faceva prima; ma quando egli era di un sol pezzo, in un unico e solo istante scaricava tutta la preconcepita forza di percossa, ed ora ei la scarica in un numero finito d' istan- ti ad una libbra per volta; che meraviglia adunque se con sì piccola forza ei non può vincere il momento di una libbra di Del Sic. Vincenzo BauNACcr . 177 di peso: è vero che egli, il grave tritato in minuzzoli, ri- pete ben milje volte una dopo l'altra lo stesso conato con- tro il piatto della bilancia, ma è altresì vero che il contrap- peso distrugge pure ad uno per volta quei conati, a misura che si esercitano , di modo che ancoi-a esso ripete mille vol- te l'opera sua per annientare quell'infinito numero di per- cosse, che tutte insieme riunite in quel grave potevano sfi- dare e vincere non solo il momento di una libbra, ma ben anche la forza di qualunque sterminata pressione . Alle ter- mopile pochi Spartani resisterono lungo tempo all' impeto delle innumerabili falangi persiane, perchè l'angustia del sito le obbligava ad andare spicciolatamente all'assalto, di modo che le seconde non potevano percuotere quei bravi che quando essi avevano già sopraffatte e distrutte le prime ; io penso poi che quei coraggiosissimi greci sarebbero stati di- spersi come la nebbia al vento , se le ft-otte persiane avesse- ro tutte nel tempo stesso potuto investirli . Ora percuotano e cadano sul piatto della bilancia molti minuzzoli contemporaneamente , e continui pure questo flui- re di minuzzoli per qualche tempo : è alloi-a evidente che la forza della percossa sarà appunto di tante libbre, quanti so- no gli atomi che nello stesso istante danno il colpo; cosi se cento bricioli battessero sul piatto della bilancia nel primo istante, cento altri nel secondo, cento altri nel terzo, e così via discorrendo , la percossa equivarrebbe allora a cento lib- bre di peso . Questo caso , che mi sono figurato , è appunto quello della percossa di una colonna di acqua che cade dall'alto. La porzione del fluido che percuote è un sottilissimo velo acqueo , il quale batte su di un ostacolo che incontra e vi esercita la sua percossa . È questo velo seguito da un secon- do, da un terzo, da un quarto, e dura quella percossa fin- che dura il discorrere del fluido ; siffatto velo fluido acqueo è quell'atomo o minuzzolo picciolissimo, che considerammo qui sopra , ed in cui finché dura la caduta si accumulano in- Tomo XVI. aS ijo Dell'Urto e Pcucoìs.\. de' Fluidi . finiti momenti di peso, ma tutti picciollssimi ed anzi infini- tesimi, per la qual cosa il di loro aggregato diviene un pe- so di determinata grandezza ; ed ecco perchè la percossa dei fluidi è misurabile col momento di un grave quiescente, cioè col peso . Che se poi una porzione di quella colonna fluida congelasse , allora si che nell' istante nel quale questo pezzo di diaccio incontrasse l'ostacolo, la sua forza di percossa non sarebbe misurabile con lui peso, ma sarebbe infinita rispetto alla pressione, come accade appunto pei corpi solidi. Ai navigatori dei mari del Norte poco timore incutono gli altissimi cavalloni del mare, che percuotono i fianchi del- le loro navi, quando non strascinano seco delle moli di diac- cio, che talvolta errano vaganti sulle onde di quell'Oceano; è però quasi inevitabile la rovina dei loro bastimenti allor- ché sono con impeto incontrati da siffatte masse di acqua raggelata . Ma tornando alla nostra esplicazione della percossa dei fluidi, mi potrebbe taluno dimandare come nell'addotto esem- pio del grave di una libbra, il quale cade da i5 piedi d'al- tezza, avviene egli che ei possa per appunto dividersi in tan- te picciolissime particelle , quanti sono gli istanti indivisibili del tempo componenti quel minuto secondo, che egli mette a cadere da cotale altezza ? E se ciò non succede a che co- sa si riduce allora il vostro discorso . A tale obbiezione io risponderei , che soltanto per rendermi più facile il dar ra- gione di quel fenomeno io feci quei supposti; del resto a me basta che immaginando quel grave di una libbra diviso col pensiero in minuzzoli così piccioli come sono le molecule di un fluido si finga poi di aver preso per altezza da cui farlo cadere, quella cui corrisponda im tempo- composto di tanti istanti quanti erano quei minuzzoli ; allora non vi sarà più nulla da opporre , e la forza di percossa di uno di quegli atomi sarà assolutamente di una libbra • E se poi lo faremo cadere, questo atomo, da un'altezza maggiore o minore, sa- rà la di lui forza di percossa maggiore o minore di una lib- r Del Sic. Vincenzo Brunacci . 179 bra ; anzi in questo secondo caso una tal forza sari tanto maggiore o minore di una libbra di peso, quanto il numero degli istanti , che si contengono nel tempo impiegato a fare la seconda caduta , è maggiore o minore di quel numero d'istanti, dei quali è formato il tempo messo nel cadere dalla prima altezza , vale a dire quanto quel secondo tempo è mag- giore o minore di questo primo; sempre perù sarà la forza di percossa di quel minuzzolo misurabile con un peso . Rispetto alla percossa che fa il fluido incontrando con una certa velocità un ostacolo , se ad alcuno sembrasse che in conseguenza del mio ragionare dovi-ebbe una cotal forza potersi misurare senza lo sperimento, coli' eguagliarla cioè alla somma di tutti i momenti di peso, che la gravità ha fatto nascere in quella sottilissima sfoglia che percuote l'o- stacolo , io rispondo che appunto avverrebbe così se noi po- tessimo sapere la massa di quel velo fluido , e contare que- gli innumerabill istanti che compongono il tempo che il flui- do ha impiegato a cadere ; ma queste sono cose facili ad im- maginarsi ( e ciò basta per dar ragione del fenomeno ), im- possibili ad eseguirsi . Del resto a me pare , se di soverchio non mi confido, che Tessere la percossa dei fluidi misurabi- le con la pressione, sia una necessaria conseguenza dell'in- terna tessitura dei fluidi medesimi , per cui essendo slegate le di loro particelle, non è che picciolissima la massa di quel- le, le quali nello stesso istante percuotono l'ostacolo. È vero che ciascuna di esse ha in sé un numero immenso di momen- ti di peso , ma ciascuno di questi non essendo maggiore del peso di una di quelle particelle medesime, ne seguita che il cumulo di essi tutti, nel che consiste la gagliardia della per- cossa , non forma che un peso di limitata grandezza . Per ciò poi che spetta all' urto dei fluidi facilmente si comprende, che questo non debbe avere una misura diversa da quella della percossa, dalla quale non differisce in sostan- za che nella direzione del moto del fluido ; in fatti da qua- lunque causa venga al fluido la sua potenza per operare in if?o Dell'Urto e Percossa de' Fluidi . una direzione differente da quella della gravità , parmi per sé manifesto , che produrrà esso su di uno ostacolo lo stesso effetto , che vi produrrebbe una egual colonna di fluido , la (juale velocitata dalla gravità concepita avesse una celerità eguale a quella del fluido urtante, e con essa giungesse a per- cuotere quel medesimo ostacolo; giacché nello stimare la gran- dezza dell'effetto nulla ha che fare la direzione con la quale il fluido si muove sia essa verticale o inclinata , purché nel modo stesso incontri l' ostacolo ; l' urto adunque dovi'à ancor esso misurarsi col peso , e qui pongo fine al discorso . • 1- i8r IDEE RELATIVE ALLA CONDIZIONE DELLE MALATTIE UNIVERSALI E LOCALI MEMORIA Del Sic. Valeriano Luigi Brera Ricevuta li 7 Agosto 1812. 1 aliando Cicerone nel Lib. II. de natura Deorum de- gli usi delle diverse parti , di cui è composto il corpo ani- male , così si esprime : Enumerare possnm quae sii in figuris animantium , et quam solers suhtilisque descrìptio partium , quamque admirabilis fabrica meuihrorum. — Omnia enim quae quidem ìntus inclusa sunt , ita nata atque locata sunt , ut nihil eorum supervacaneiuit sit , nìliil ad vitam retinendam non necessarium . Faciliusque intelligitur a Diis immortali- hus hominibus esse provisum , si erit tota horninis fabrica perspecta, omnìsque humanae naturae figura atque perfectio . Come questa sentenza dedotta dalla pura osservazione filoso- fica sia stata saggiamente qual cardine stabilita nella dottri- na delle funzioni de' corpi organici, la Fisiologia ce ne por- ge ad ogni passo non equivoche testimonianze . Come poi la considerazione della medesima sviluppata nei giusti suoi prin- cipi influir possa a rischiarare la condizione e 1' essenza del- le diverse malattie , questo è quanto ci avvisiamo di poter ora brevemente dimostrare . Ne' suoi principi affatto semplice , mirabilmente mesco- lata nella sua assimilazione , sommamente varia , rimescolata e disposta nell' organizzazione de' differenti tessuti , si è la materia, d' onde risulta 1' intiera fabbrica del corpo animale. La varietà essenzialissima , che passa non solamente nella mistione di questa materia nelle diverse parti della macchi- i8a Malattie Universali e Locali . na animale , ma altresì nelle varie sue direzioni e combina- zioni , quali si osservano nelle moltiplici tessiture delle par- ti, che sono formate di identici principi , ci conducono a co- noscere , che non solo il corpo umano , e gli evidenti suoi membri meritano d' essere riguardati come particolari mac- chine , ma che eziandio le stesse sue benché minime parti sono già altrettanti risultamenti di parziali organismi . Rie- scirebbe senza dubbio di sommo vantaggio per la Patologia e per la Clinica Medicina, quando giunger si potesse ad ana- lizzare le varie qualità ed i differenti gradi dell' organizza- zione animale , a risolverne i più composti tessuti ne' più semplici elementi, ed a seguirla dall'organo primogenio fino al più complicato . Solo in simil guisa si arriverebbe a com- prendere con asseveranza la causa di que' tanti fenomeni, che nel corso della vita esterna a determinate epoche, ed in mo- di cotanto sorprendenti la macchina umana in istato di sa- lute , e in quello di malattia ancora . Tuttavia per quanto scarse ed incerte sieno le possedute cognizioni in proposito, non si potrà per altro negare, che gli organi semplici, com- posti cioè di materia elementare ed identica, dovranno esteiv nare uguali e corrispondenti fenomeni; che gli organi com- posti siccome risultanti di diversi organi semplici esterneran- no essi pure analoghi fenomeni; e che la combinazione di innumerevoli organi in differenti gradi e in varie proporzio- ni insieme associati fornire dovrà alla macchina umana una serie di forze combinate . Colla scorta di queste considerazio- ni si può in qualche modo comprendere, come un aggregato di organi della stessa natura, che per maggior chiarezza d»- stingueremo col nome di sistema organico, compier possa le proprie funzioni indipendentemente da altri organi o sistemi di condizione diversa ,. e come i differenti sistemi dell' intie- ra macchina vivente debbano e possano trovarsi fra loro in reciproca relazione . . Tutti i sistemi organici del corpo animale vivente sono senza dubbio fra loro in certo qual modo insieme uniti, noa Del Sic. Valeriano Luigi Brera. i83 potendo uno continuare ad agire e ad operare senza l' influ- enza dell' altro, e la conservazione di questo dipendendo re- ciprocamente dalla conservazione di rpiello . Ciò non pertan- to siccome ogni sistema organico nella particolare ed essen- ziale sua organizzazione è affatto indipendente, e ([uando per effetto della medesima viene messo in azione opera col mez- zo delle proprie forze , così a buon diritto si può conclude- re , che nella particolare sua fabbrica esiste la base de' feno- meni , che esterna , e che perciò considerato sotto di questo rapporto lo si ravvisa vivere , nutrirsi , conservarsi e cresce- re colle proprie forze . E quantunque si convenga , che le operazioni parziali d' un sistema organico sieno mantenute dall' azione al medesimo impressa da potenze ad esso lui este- riori , e che perciò in simil guisa dipenda da altri sistemi , pure egli è del pari dimostrato, che l' intiera macchina ani- male non può sussistere senza che si accordi in certo qual modo colle cose esterne , sebbene fornita sia d' un' enei'gia vitale affatto indipendente. Per la qual cosa punto non è da sorprendersi , se ciascun sistema organico possa essere con- siderato come indipendente da ogn' altro e per la particolare sua materia e struttura, e pel particolare modo, con cui dal- le potenze esteriori rimane eccitata o depressa la sua vitalità. Ogni sistema organico può dirsi adunque un essere organico particolare , e relativamente alla sua posizione isolato e lo- cale , il quale , se sia in relazione con qualch' altro sistema organico, dal medesimo unicamente dipende, in quanto che quello rimane pure da esso lui dipendente . Una tal legge di fatto non solamente è comune ai siste- mi perfetti , e composti , ma eziandio alle picciole fibre del- la macchina animale . Il corpo animale è regolato a press' a poco come una gran famiglia , consistente di più membri vi- cendevolmente uniti , e unanimemente cospiranti a sostener- ne il peso : ma ogni membro agisce in virtù ed in propor- zione delle sue forze, gode d'un particolare stato di salute, siegue alcune speziali modalità nell' ammalarsi , e tutto ciò indipendentemente dagli altri membri della famiglia . Iu4- Malattie Universali e Locali, Le proporzioni della materia, d'onde risultami sistema organico, ed il modo della sua assimilazione, organizzazione e disposizione in quel tal dato sistema contengono la hase di tutti i fenomeni, che gli sono particolari. Le forze, ne- cessità è, che emergano nel medesimo adunque e particola- ri e indipendenti da ogn' altro sistema . La causa , a cagiou d'esempio, dell'evidente elasticità, e della squisita irritabi- lità del sistema muscolare esiste non già nella sola materia, che lo compone, ma eziandio nella particolare assimilazione e disposizione di tessitura di questa istessa materia. L'osser- vazione e l'esperienza a pieno confermano un tale assunto» Spesse volte ci viene fatto di osservare negli animali , che una delle loro parti si svolge e si mantiene conformata pili bene o più male, ancorché tutte le altre ci presentino del- le qualità affatto opposte. Nelle persone dedicate alle scien- ze ed alle lettere si rilevano frequentemente viziati tutti gli organi e sistemi ad eccezione del cervello . In molte malat- tie croniche soventi volte trovasi affetta una parte sola , quando die tutte le altre sono perfettamente sane . Nella morte non muojono tutti gli organi, tutti i sistemi nell' istes- so tempo ; ma uno muore dopo dell' altro . Un esempio lo abbiamo nella soffocazione : i polmoni possono rimanere per qualche tempo paralitici, e sani ed intatti mantenersi gli altri organi. Spesso osserviamo, che nelle morti apparenti sopravvivono per molte ore alcuni organi, e sistemi. Altresì nelle morti reali appena seguite si possono col galvanismo eccitare ad arte le contrazioni muscolari . In questi casi si suol dire , che la disposizione alla vita si mantiene tuttavia anche dopo la morte ; il che vuol dire dopo la morte di al- cuni organi, di alcuni sistemi: altrimenti bisognerebbe am- mettere l'assurdo, che questa disposizione alla vita avesse a sopravvivere da per sé stessa . Ogni sistema possiede adunque la particolare sua dispo- sizione alla vita, e la proprietà di essere questa in esso lui affettata da particolari potenze . Gode quindi d' una vita par- • ' ■ j',: y [f .1 .'Hif. li.V' Mii'^'ij'jUì ziale, Del Sic. Valeriano Luigi Brera . i85 ziale , d'una energìa vitale propria, di forze indipendenti: costituisce perciò nell'ordine degli esseri una fisica partico- lare all'occliio del Fisiologo, del Patologo e del Clinico. Così essendo dalle precedenze ne discendono le conseguenze: esso cioè potrà per le stesse ragioni particolarmente amma- larsi , subire cioè delle morbose alterazioni tanto nell'essen- ziale sua organizzazione, quanto nel particolare suo modo di vivere. Per la qual cosa le malattie d'identica natura offrir possono varie notabili diffei'enze dipendenti dall'indole del sistema, ove hanno sede, e dall'essenzialità delle sue funzio- ni relativamente alla conservazione della macchina animale . Siffatte considerazioni dietro tali principi dirette ci por- tano ad ammettere in Nosologia un'essenzialissima divisione fra le malattie, che attaccano se non l'universalità almeno la pluralità de' sistemi , e quelle, che ne sorprendono uno solo, quantunque questi per connessione di struttura o di consenso diffonder possa a modo d'irradiazione uno stato mor- boso in qualch'altro sistema. La sede adunque delle affezio- ni sarà importantissima a conoscersi altresì per la Terapia generale e speciale. Universali si potrebbero perciò dire quel- le mnlattie , che affettano direttamente dal più al meno se non i sistemi tutti, il massimo loro numero almeno; e di- stinguere si potrebbe col nome di locale l'affezione, ove essa abbia sede in un dato sistema , o in una data parte di un sistema ( organo speciale ) , e che solo per effetto di consen- so , o di relazione di struttura si estenda a questo o a quell' altro sistema, od anco ai sistemi tutti, acquistando in simil guisa l'aspetto d'una malattia universale. I Pratici illuminati di tutte le età hanno a pieno cono- sciuta l'importanza di questa dottrina. Fernelio distingueva le malattie unìus siibstantiae da quelle totius suhstantìae . Lorry nel commentare l'aforismo i5. Sezione II Òl Ippocrate ha pur scritto inorbonun , qui parti alienae incumbunt , ori- go triplex . Vel enìni illam illaeso caeteroquin corpore inva- dunt; vel totius corporis laesi symptomata unum praecipue Tomo XVI. a4 i85 Malattie Universali e Locali. partali occtipant; aut demum lìum desaeviunt in imam, eoe- teras quasi metastasi facta liherant . Nel rigore del termine malattia locale esser dovrebbe l'affezione di un organo isolato indipendentemente dall'influ- enza morbosa degli altri . La vita degli animali essendo il complesso delle vite parziali d'ogni organo, d'ogni sistema ci lascia benissimo comprendere, come un organo solo possa ammalarsi , e come la sua malattia possa farsi sentire sugli altri organi al medesimo uniti d'azione, sia per relazione di consenso, sia per continuità, o intimità di struttura. In questo senso può esistere una malattia propriamente locale ad un organo, o ad un complesso di organi della stessa na- tura denominato sistema , ancorcliè qualch' altro sistema , od anco tutti i sistemi ne risentano simpaticamente , e per re- ciproca dipendenza. Così 1' uscita difficile di un dente mola- re suscitò e mantenne per lungo tempo una ribelle febbre quartana . Del pari si è veduto , che l' utero affetto da un osseo-steatoma fu la causa di micidiale febbre terzana eme- tica . Molte febbri intermittenti dipendono pure da vera labe polmonare . Tutti i sintomi della tisi si sono talvolta susci- tati dietro una semplice affezione di ventricolo . Le malattie del fegato, del pancreas, del cervello ec. sono non di rado da febbri intermittenti accompagnate . Le morbose alterazio- ni del ventricolo fanno insorgere la cefalalgia, la vertigine, il delirio, l' ipocondriasi . Le morbose irritazioni dai vermi suscitate nel tubo intestinale destano le più terribili malat- tie nervose, quali sono l'epilessia, il ballo di S. Vito, e per- fino l'apparente tifo. Le sostanze acri introdotte nel ventri- colo sono da Celso riguardate quali cause d' un senso gene- rale di freddo non dissimile dal febbrile . La presenza de' calcoli nella vescica orinarla induce talvolta un vomito osti- nato e ribelle. Coliche violentissime accompagnate da febbre sono in alcuni incontri comparse pel semplice raffreddamen- to de' piedi . Diversi vizj organici de' visceri del basso ven- tre sono dai Clinici pure annoverati fra le cause capaci di Del Sic. Valeriano Luigi Brera. 187 suscitare perfino una serie di fenomeni morbosi analoghi a quelli deirencefalitide . Le cosi dette ostruzioni de'visceri addominali diventano spesso la causa di micidiali febbri len- te nervose. La rafanìa, la tosse convulsiva, l'asma ed il ca- tarro sofR)cativo sono malattie, che talvolta derivano da una semplice affezione dello stomaco. Il tetano, il letargo, l'a- poplessia, le paralisi, la catalessi ben sovente sono da ripe- tersi da questo fonte . Tutti questi fatti sono altrettante te- stimonianze pel sommo vantaggio, che devesi nell'esercizio pratico della Medicina attendere dall' accennata distinzione delle malattie d'origine locale da quelle di origine univer- sale . L'idea della malattia locale è adunque relativa, ed es- ser deve fondata sopra uno stato morboso più o meno loca- le, giusta la natura e l'essenzialità per l'economia animale del sistema primitivamente leso, e secondo la qualità delle cause della lesione. Diremo perciò generale la malattia; quan- do sarà per emergere da un disordine manifesto nella plura- lità delle organiche funzioni , senza che un particolare siste- ma possa essere determinato per centro e per causa esclusi- va dell'affezione. Dirassi invece locale l'affezione qualora il disordine nelle funzioni de' sistemi riesca assolutamente ine- guale , perchè concentrato come malattia in un sistema , in un organo solo, e solamente per irradiazione simpatica pro- pagato qual indisposizione ad altri organi , o sistemi , le cui azioni diventano piuttosto imperfette anzi che morbose . Tale sembra, che esser debba l'idea da formarsi intorno a questo ramo importantissimo di nosologica dottrina colla scorta de' già esposti principj riguardo all'azione indipenden- te, isotata e consensuale d'ogni organo, d'ogni sistema ac- cora tanto nello stato di salute , quanto in quello di malat- tia . i08 DELLE CAVALLETTE PUGLIESI MEMORIA Del Sic. Giuseppe Maria Giovene Ricevuta li 5 Settembre xSiii. N< lon è bello, e non è certamente piacevole il dire, o scri- vere di cose , che sembrano essere state dall' Autore della natura destinate a flagellare di tempo in tempo l'uomo; ma senza dubbio è necessario , ed utile ancora . E bello e pia- cevole dire dell'Api, e del loro ingegnoso istinto, e del lo- ro governo, e descrivere come raccolgano il dolce mele, che condisce gratamente le nostre vivande , e presta medicina ai nostri malori , e la molle cera , che arde ad illuminare gra- tamente la notte. È bello, e piacevole dire de' filugelli, e come essi nascano, come faccian loro mudo, e come final- mente lavorino quella nobile tomba , da cui rinascono cam- biati , e come si tiri quello splendido filo , che con tanto lu- stro e magnificenza ci veste . Ma se non è piacevole , se è anzi trista cosa o spiacevole guardar soltanto la malefica ge- nia delle locuste^ o cavallette, che vogliansi dire, e mirare ai guasti che fanno , alle devastazioni eh' esercitano , e spia- re la loro indole , e come nascano , e come crescano , e si moltiplichino, e muojano, è pur necessario ed utile il ciò fare . In ogni tempo tali insetti sono stati considerati come un flagello di Dio , e senza dubbio lo sono , perchè divora- tori, distruttori, devastatori mettono a sacco quanto la ter- ra produce a cibo e bene dell'uomo. Bisogna però conoscerli pure e studiarli , esaminarli per fare ad essi la guerra con vantaggio, e per distruggerli se sia possibile, che non altri- menti tutto ciò può farsi senza conoscerli . Del Sic. Giuseppe Maria Giovene . 189 Già non è possibile dire con parole la terribile Jevasta- zione, che questi insetti portano alle campagne, non è pos- sibile trovar espressioni atte a dire Io spavento de' miseri agricoltori all'avvicinarsi dell'esercito di essi. Io trovo nel Profeta Giob un tratto sublime di vera eloquenza , che dice l'uua e l'altro in due parole = ()««« liortus voluptatis terra corani eo , et post eum solìtudo deserti = e più sopra = con,' fusi sunt agricola , iiliilaverunt vìatores super frumento , et Jiordeo , quìa perìit messìs agri . Intanto come avviene soventi volte, che favole si rac- contino di ciò, che reca spavento e terrore; così delle ca- vallette è avvenuto , che tante cose si sono e dette e scrit- te, le quali con diligenza esaminate si trovano false: e però tantoppiù sia necessario di dare una esatta storia di essi , quanto che si trova quelle poco essere conosciute, ovvero iocchè è peggio, falsamente conosciute . E qui bisogna pure ripetere ciocché dicea il celebre Professore di Gottinga Mi- chaelis ,, ohe mentre cioè uno si crede occupato a prendere intelligenza de' Libri santi della Bibbia, si trova insensibil- mente impegnato a studiare non solo, ma a conoscere la più gran parte della storia naturale ; cosicché se la Filosofia de- ve molto alle sante Scritture, come provò in un profondo erudito discorso il Dottor Heilman,, certamente la Storia Na- turale lor deve moltissimo . E per dir vero, da niun fonte meglio, non d'Aristotele, non da Plinio, che pur tante buone cose ci han lasciato scrit- to intorno alle cavallette, non d'altri autori, quanto dalla sacra Bibbia si ha la vera storia naturale delle cavallette . Io che disgraziatamente mi sono trovato in una Provincia ; in cui non è infrequente il comparir degli eserciti delle ca- vallette, e non solamente ho veduto co'miei occhi, e tocca- te, a dir così, colle mie mani per alcuni anni le orribili de- vastazioni da esse fatte , e le ho seguite ne' loro viaggi , le ho studiate nelle loro usanze , ma dippiù incaricato dal Go- vei'no ho dovuto presiedere alle operazioni per la loro distru- rf)0 Delle Cavallette Pugliesi . zione, lio rilevato che niun meglio degli autori sagri le ha conosciute, e niuu meglio ha saputa la loro storia, cosicché a buon conto fare un buon cemento ad alcuni passaggi de' sagri autori, e specialmente di Geremìa, di Gioele, di Nnhum sarebbe un descrivere esattamente la storia di quest'insetti, come descrivere la storia di essi sarebbe lo stesso , che fare un buon comento a tali sagri autori, e spargere molta luce su r espressioni da essi usate . Non già che questi avessero avuto pensiero di scrivere la storia delle cavallette . Il solo Mosè , che dovea farle co- noscere, le descrive così, che il loro genere sommo almeno non possa sbagliarsi , caratterizzandole egli in questi termini. = Quidqiiìd ambulat quìdem super quatuor pedes , sed ha- bet longiora retro crura^per qum salii super terram ( Le^. XI , ai ), e passa indi a nominare quattro generi subalterni. È tale infatti la cavalletta, che ha quattro gambe, o piedi che vogliansi dire, ed oltre a queste per di dietro due altri piedi saltatorii, come suol dirsi, che sono più lunghi degli antecedenti . Gli altri autori sagri intanto abituati dirò così colle cavallette, e conoscendole perfettamente, mentre avea- no in mira di predire, e minacciare le invasioni nemiche, sia degli Assirii , sia de' Caldei, o di altri popoli nella Giu- dèa , prendevano le loro immagini dalle cavallette . Il nomi- nato professore Blìcìiaelìs volea , che li dotti inviati dal Re di Danimarca nella Siria, e nell'Arabia, dove dicesi essere le cavallette indigene, avessero letto sul luogo li passaggi degli autori sagri , che le riguardano , ed avessero messo in carta le idee , che l' occasione lor facesse venir in mente . Lo scrivo appunto mentre sono alcuni anni dacché la Pro- vincia di Terra d'Otranto, dove sono, è particolarmente af- flitta da questo flagello. Io tengo aperti li libri de' sagri au- tori , e trovo la più esatta conformità tra quanto essi ci han lasciato scritto , e quanto il fatto dimostra agli occhi miei . Molti che hanno scritto sulle cavallette in occasione di tal flagello, tra quali nomino per cagion di onore il Sig. Arci- Del Sic. Giuseppe Maria Giovene . 191 diacono De Lucretiis, ed il Sig. Cav. Tarsìa, hanno riportato quanto ci hanno lasciato scritto su di questa genia malefica d'insetti Aristotele, e Plinio, ed altri tali Scrittori; forse non sarà dispiacevole a chi leggerà, che io loro porga sotto gli occhi quello, che ne han detto gli autori sagri. Essi ve- dranno, che han conosciuto questi ultimi meglio le cavallet- te, che non li primi. Dal che una conseguenza vorrei, che se ne traesse , conseguenza , che in moltissimi oggetti ho io verificata, la storia naturale dell'ultima Pi'ovincia del Regno di Napoli, cioè di Otranto, e Bari essere analoga alia storia naturale dell' Oriente , col quale quasicchè potrebhe dirsi , che quella confinino . i." Ciò che si trova ne' libri sagri intorno alle Cavallette . E per proseguire a dire dì ciò che appartiene alla de- scrizione delle cavallette , così bene caratterizzate da Mosè , come si è veduto, io trovo in Geremia al cap. 5i , v. 7 un altro tratto = Addiicit equum quasi bruchum aculeatum = vi si dice colà . Non è da dirsi quante questioni siansi fatte su tale passaggio , affermando il famoso Bochart , che le caval- lette non hanno aculei , ed altri traducendo invece di acu- leatum , horrìpìlanum , onde han creduto di altri insetti farsi colà menzione , e non di cavallette {a) : ma hanno benissimo le cavallette i loro aculei, o spine, che si amasse a dire, e ben molti , e numerosi . Ve ne sono 57 alle gambe saltato- ne, 20 alle gambe di mezzo, e 16 alle prime, onde a ben contarle sono 98 [b] . Viene da ciò ancora, che le cavallette (a) Li LXX hanno per loppiù inteso hruchus per la cavalletta , e nella Pro- vincia di TeiTa d'Otranto , dove si par- la in molti luoghi ancora la lingua de' Settanta , le cavallette diconsi bruchi , ed in contadinesco Tucoli . (h) Il per altro dotto Bochart aveva dimenticato dirsi da Plinio , che in ta- luni paesi , dove vi erano cavallette fi- no a tre piedi di lunghezza , le gambe colà adoperavansi per seghe . Il fatto de' tre piedi non sarà forse vero, ma tanto si può trarre argomento degli aculei . 19=^ Delle Cavallette Pugliesi. dnnnegi^iano le piante col loro aggrapparsi su di esse , ben- ché siasi da taluno attribuito l'avvelenamento, a così dire, delle piante al contatto delle cavallette, ad una certa bava caustica, ch'esse metton fuori dalla loro bocca, del cbe vi è qualche antico scrittore , che ne fa autorità . Vengo intanto a Gioele, eh' è quel Profeta, il quale di- pinge cosi vivamente con tratti presi dalle cavallette l'inva- sione nemica, che minacciava alla Giudea, che non può im- maginarsi cosa più bella, e più esatta e più sublime al tem- po stesso . Nel primo capitolo là dove dicesi dal Volgata = Res'uluum ciucce comedi t locusta^ et residuum locustcs co- jìiedit hruchus.) et residuum brucili comedit rubigo = dall'Ebreo si hanno quattro nomi d'insetti, cioè Gazam, Harbe^ Teleck, Cìiasil . Molti han voluto farne quattro specie differenti di locuste, e molti bau creduto designarsi quattro stati dell'istes- sa cavalletta. Ma è chiaro in quel luogo parlarsi d'ijisetti devastatori della vite . E qui ripeto, che avendo io studiato alcun poco i libri santi, ed avendo data qualche opera a co- noscere la storia naturale della Puglia, e particolarmente del- la Provincia di Bari, e di Terra d'Otranto, trovo la maggio- re conformità tra la storia naturale della Palestina, e quella di queste due Provincie . Se ne fosse questo il luogo direi che siano il Gazarti., ed il Chasil, che certamente non sono cavallette. Ma lasciando ciò, dirò che a parer mio Harbe,e Teleck siano propriamente le cavallette nostre ne' due suoi diversi stati . Anche in questa Provincia distinguonsi comu- nemente le cavallette, o bruchi come si appellano in pedoni, ed in volanti . Saranno li primi VHarbe, e saranno li secon- di li Teleck . Ora le cavallette hanno la testa così formata , che sve- glia l'immagine di un cavallo, donde io credo, che sia venu- to il nome italiano di cavalletta, ed è perciò, che ed in Gioe- le , e neir Apocalisse , ed altrove ancora sono menzionate a dar l'immagine di una cavalleria nemica, che scorre e deva- sta , e dia sacco ad un paese . Nò solamente è per la testa , che Del Sic. Giuseppe Maria Giovene , 193 clje vengono rassomigliate a cavalli, ma ancora è per li sal- ti clic tlanno co' loro piedi saltatorii, alloracchè sono pedoni <; non volano . È perù bene osservabile cosa , che mentre le cavallette si rassomigliano da Giobbe ai cavalli, in Giobbe al cap. 3g , v. 20 si rassomigliano li cavalli alle cavallette, r= Numquìd siiscitahis p.inn quasi locustas = e ciò è appun- to per il saltare che fanno, e gli uni e gli altri, come li migliori interpreti han riconosciuto, li quali han tradotto saltare facies , invece di suscitahis - Ma che che ne sia di ciò, poiché non è mia intenzione entrare a squittinare gli autori sagri , ecco in breve descrit- ta da Giobbe dirò cosi la cavalletta : =: quasi aspectus equo- rinn^ aspectus eorum^et quasi equites sic current ^=. [a). Essi in fatti viaggiano nello stato di pedoni a grandi torme, e che assomigliar si possono ad un esercito, che cammina in colonne a varie direzioni , qualcuna delle quali colonne suole avere di fronte un quarto di miglio e di profondità fin di cinque miglia. Esse camminano in modo, che nessuna impedisce o disturba l'altra, e voi non vedete mai confusione nella loro marcia . = In olis suis gradiuntur ^ et non declinabunt a se- mitis suis : unusquisque fratrern suu/u non coarctabit, singull in calle suo ambulabunt = . Quando sono a volo non è del tutto impossibile impedire, che non vengano in un giardino, o in un orto, che sia, e venuti possono discacciarsi con ru- mori, con suoni, con ventagli, ed altri simili industrie; ma quando sono pedoni è impossibile loro tagliar la via a meno, che non si uccidano , facendole cadere in ben lungo , e lar- go fosso praticato a bella posta , e presto coprirle di buona terra , operazione forse conosciuta dagli Ebrei , poiché sem- bra che a questa si alluda nel passo di Isaia, che è al cap. 33, V. 4. Tomo XVI. 25 (a) Bochart ha radunato quanto è sta- to scritto da S. Girolamo, da Teodore- to , da Cirillo , da Damire intorno all' ordine della marcia delle lacuste , e quanto Sigeberto scrisse dell'invasione patita dalla Francia nell'anno 874. i'94 Delle Cavallette PucLrEsr . Ili quest'anno i8ia, in cui scrivo ho verlnto cosa che a memoria di uomo non era avvenuta, e che lia fatto veri- tìcare alla lettera ciò che il Profeta segue a dire = Quasi wi bellatores ascenderti murum, urbem ingredientur , in muro cur- rent, doinus conscendent , per feaestras intrahunt quasi fiir . = Dopo che un esercito di cavallette s'impadronì di alcune Ter- re, e Villaggi, che erano sulla loro strada, assaltò questa cit- tà di Lecce, ascese su per le mura della stessa, ne occupò un quartiere, salendo anche su fin sopra li tetti delle case, ed introducendosi nell'interno di esse e per finestre, e per le fissure . E non solamente alloracchè sono pedoni , ma an- che alloracchè han messe le ali, pare che abbiano particola- re istinto di attaccarsi alle mura . Nemici del freddo a notte, ovvero ancora di giorno quan- do sia nuvoloso, e freddo si rappiattano alla meglio, che pos- sono lungo le siepi, e lungo i muri e le macerie, onde ri- pararsi , ma venuto fuora il sole , o cessato il freddo svolaz- zano con grande agilità = Quce consìdunt in sepibus in die frigoris, sol ortus est, et avolaverunt ( Naluan cap. 3, v. 17 ). Anzi allorché sono di fresco nate, alla notte si ammonticchia- no accavallandosi l' una sopra l' altre , non certamente per meglio succhiare la rugiada del cielo, come altri disse, ma per meglio difendersi dal freddo, e conservai'e il proprio ca- lore [a) . Sostengono per lungo tempo il digiuno , ed alloracchè lo serba una , lo serban tutte , come ho osservato mentre ho tenute alcune cavallette sotto campane di vetro (b) . Quindi alloracchè mangiano , mangian tutte in comune , e voi sen- tite uno strepito simile a quello, che dà la fiamma alloracchè (o) Naìium ne sapeva molto più flel- la Storia naturale delle cavallette , che non ne sapesse Plinio , il quale pare , che deriila gli antichi, li quali scrisse- ro , che alla notte le cavallette non vo- lavano . Gli antichi avean ragione . (Il) Da ciò , che le cavallette non sem- pre subito , che giungono ad occupare una campagna, ne addentano l'erba a divorarla , disse S. Ambrogio nel capo 33 del lib. V dell' Esaraeroue, che lo copiò forse da S. Basilio, che aspettava- no il comando della Provvidenza divina a darvi il sacco . Del Sic. Giuseppe Maria. Giovene . igS arde qualche siepe, o macchia alcun poco verde. Gioele sl- curanieute avea inteso questo strepito , strepito che dà al cuore del povero agricoltore, che vede in pochi momenti di- strutte le sue lunghe fatiche, e le sue dolci speranze, quan- do che disse = Sicut sonitus flammee ignis devorantis stipu- lami . Si dice, che in alcuni luoghi dell'Africa, ed ancor dell' Asia gli eserciti delle cavallette svolazzando per l'aria, e fa- cendo della lor massa un denso velo, oscurino il sole. Sarò, così certamente, là dove, senzacchè mano di uomo s'impe- gni a distruggerle, si dovranno moltiplicare all'eccesso. Quin- di l'espressioni dìes tenebrarum. et calìgìnis , dies nuhìs ^ et turhìnìs . Ne'quattro anni, ne' quali questa Provincia è stata afflitta , niente ho veduto di simile . Ho veduto bensì farsi pallidetta la luce del sole, e l'idea che mi si è svegliata, quando vi è stata invasione di cavallette volanti, è stata quel- la di grossa neve a fiocchi, che cadendo giìi si sparga, qua- sicchè svolazzando per l'aria nel fitto inverno. Ma ho detto non intendere , ne essere questo il luogo di fare un comen- to agli autori sagri; che se volessi farlo, tirerei molto a lun- go, e forse verrà altra opportunità di farlo. Passo intanto a descrivere le cavallette, che tanto male han fatto a questa Provincia, e tante lagrime han fatto spargere agli afflitti agri- coltori , e prima dicasi qualche cosa della loro patria . a.° Della patria delle Cavallette Pugliesi . Ma quale sarà la patria vera di queste cavallette, che hanno tanto afflitto, e tuttavia affliggono le Provincie del Re- gno di Napoli , e particolarmente quelle che vanno sotto il nome generale di Puglia? E primamente osservo, in partico- lar maniera esòerne stata ed in ogni tempo e frequentemen- te flagellata la Provincia di Terra d'Otranto, e da questa Provincia sempre ed in ogni tempo essersi sparse per l'altre Provincie. Già io non saprei darmi a credere, queste essere 196 Delle Cavallette Pugliesi. originarie «3al1a Tartaria , poiché non so itninaginarc come dalla Tartaria possano , lasciando indietro altre terre , ed al- tre campagne avere speciale istinto di assalire la nominata Provincia . Neppure posso indurre me stesso a credere , che vengano dall'Africa. Se venissero da colà, non vorrebbero certamente lasciare indietro la calda Sicilia, e l'ubertosa Ca- labria per venire fino alla Provincia di Otranto . Chi ha pen- sato che venissero dalla Tartaria, o dall'Africa ha fondato il suo pensiero sulla supposizione , che la nostra cavalletta ap- partenesse alla specie del Grìllus migratorius , locchè certa- mente non è . A dir vero però io ho tutto il fondamento da credere , che siano oramai , e da lungo tempo indigene di Terra d'Otranto, e che venute una volta dal Levante siensi quivi stabilite a perpetuità . La perfetta conformità tra quan- to si trova scritto negli autori sagri intorno alle cavallette , e quanto qui si osserva mi fa credere , che la prima volta sieno venute dall'Oriente, ed ho poi se non certe, almeno ben fondate osservazioni per credei-e , che oramai siensi fat- te proprie della Provincia di Terra d'Otranto. Il celebre An- tonio Ferrari conosciuto sotto il nome di Galateo , che così bene conobbe , e così bene descrisse questa Provincia le cre- dè ancora indigene . Così egli = Gignit etiam regio bruchos; li parum peninsulce fines transgrediuntur . Peculiare huic re- gioni malum; ammalia sunt^ quce omnia solo tactu foedant ^ omnia devorant, omnia more hostium vastant, nihil qua tran- seunte virens, nihil intactum relinquunt . Videre scepe rustici iuas messes , suos annuos labores pene maturos , et falcibus vicinos, una qua ibi bruchi nocte castrametati sunt^ atra in- gluvie, et acutis dentibus corrosisse ; et quandoque ab arho- ribus non abstinent . Vacavit Provincia hac peste multìs an- nis , ope marinarum avìum, quas Gainas appellante quaru/n ova aut pullos ne quis violaret lege cautum est Hoc contigisse Plinius ait incolis Casii montis , quibus prcesidio erant Seleucides aves^locustis eorum fruges vastantibus, Nunc autem avìum ^ quas diximus defectu ( eorum, enim foetus post Del Sic. Giuseppe Maria Giovene.' 197 briichorum interìtrim vastare coeperunt ) aut deoruni ira aut aliqna ignota nobis inìtiria bruchi rediere ^ et ìterum felices Saleiitinos campos populari coeperunt = . Perdoni il lettore questa lunga citazione. Importa moltissimo lo stabilire l'in- digenato delle cavallette nella Provincia di Otranto. Quando così fosse , come opino che sia , bisognerebbe , che vi fosse una permanente vigilanza , o come amasi a dire police a dan- no di qìiesti insetti . Forse s' inganna il Galateo dando al Gabbiani l'onore di far la guerra alle cavallette. Li Gabbia- ni sono uccelli marini, che non s'inoltrano nelle terre, se non per poco, e non mai se non per particolari circostanze. Li Corvi, le Cornacchie, ed altri congeneri uccelli senza dub- bio fanno guerra alle cavallette , scavando col loro becco le ovaje, e divorandole. Non vi è ancora dubbio, che si è vedu- to in queste occorrenze ed in questa Pi'ovincia, e nella vici- na Terra di Bari ima immensa quantità di tali uccelli venuti certamente da lontani paesi a far banchetto in questa Pro- vincia . Un tale fatto intanto per quanto io penso è impor- tantissimo per la storia dell'emigrazione degli uccelli, e fa vedere un insigne odorato in essi, che tanto da lontano pos- sano avvertire il cibo, che loro convenga, e del quale han- no il bisogno Descrizione delle Cavallette Bisogna pur dirlo e ripeterlo sempre . Dacché coloro che delle nostre cavallette hanno scritto, han creduto quelle ap- partenere al genere del Grillo, ed alla specie chiamata Grz7/o migratorio dal Linneo^ non si son dati la pena di passar piti oltre ad esaminarle e descriverle. Debbo però dire, che aven- do messe le nostre cavallette al confronto delle varie specie di Grilli e di Locuste descritte e dal Linneo^ e dal Fabricio e da altri, ho trovato che a ninna di quelle s'assomiglino, e quindi son disceso ad opinai'e, che siano quelle di una spe- cie ignota ancora a naturalisti . So che il xnio amicissimo Sig . igS Delle Cavallette Pugliesi. D. Luigi Petagna^ die tanto vale nella entomologia è appli- cato ad osservare questo insetto, ed a compararlo, ed a de- scriverlo, e darne ancora le figure; quindi mi astengo da ogni minuta discussione di tal punto, e basterà, che io de- scriva così come meglio possa le Cavallette Pugliesi . Senza dubbio queste lianno una grandissima somiglianza e col Grillus ìnigratorius e col Tartaricus di Linneo^ ma cer- tamente non sono le stesse : se pure fatte indigene della Provincia di Terra d'Otranto non fossero dearenerate fino a farne una bea distinta varietà . Ed è stato a tal proposito osservato, che in questo anno i8ia le cavallette sono state più rossastre , che non negli anni antecedenti . L' insetto perfetto ha in lunghezza circa un pollice e mezzo , e secondo la verissima osservazione di Aristotele il maschio è minore della femmina . E di colore bianco sporco per di sotto, giallo rossastro per di sopra. Lì femori delle gambe posteriori saltatorie sono interiormente , dalla parte cioè che riguardano il corpo , rosse , esteriormente oltre a quattro macchie fosche, una delle quali eh' è la maggiore neir articolazione colla tibia , hanno ancora una linea longi- tudinale bianca con cui varie linee trasversali inclinate fan- no angolo . Accenno di passaggio tali linee essere a dir cosi le impronte esteriori de' validi e ben congegnati muscoli in- teriori. Le tibie sono rosse con due file di spine, o di acu- lei , come sopra ho detto . E dopo aver del colore , per far- mi dal capo, è questo reflesso ^ come amasi a dire, munito di antenne articolate non maggiori della testa , e le mascelle cornee oscuramente pettinate, nere nelle loro sommità, ben- ché bianche nella base . La bocca è coperta di due labbri in- feriore e superiore , ed ha quattro palpi disuguali , neri an- cora nelle loro sommità . Ha cinque occhi , due grandi reti- colari, due piccioli accanto a questi, al di sopra delle anten- ne , ed uno picciolissimo in mezzo alla fronte . Le ali sono più lunghe del corpo, e reticolate, e le superiori, o elitre che vogliansi dire con macchie ferruginose . Là dove è il Del Sic. Giuseppe Maria Giovene • 199 mezzo tra II secondo pajo di gambe, ed il terzo saltatoiio vi sono due stimmate una da ogni parte . Sono come un man- ticetto, che si apre, e chiude, e per esso si fa il giuoco dell' aria, e della respirazione. È molto facile cosa il distinguere li maschi dalle femmine, lasciando ancor da parte. Tessere li primi minori delle seconde. II maschio ha il termine dell' addome sollevato in su con due come cornetti bianchi , li quali appena si distinguono nelle femmine . Queste alla loro coda hanno come una specie di cerniera cornea a quattro pezzi acuminati , pubescenti , e che terminano in nero . Li due pezzi inferiori di tal cerniera, tra quali è la vulva sono articolati interiormente su per l'addome con due, come ver- ghette cornee vestite di molti muscoli . Ritornerò a parlare i , perchè gli ho sempre trovati tali al moto de' miei stromenti , tali gli hanno trova- ti quelli che hanno la sensibilità ai piedi, e sempre io ne ho riconosciuta la profondità a circa 27 passi, a un dipresso aa metri . Vero è che i lodati celebri Osservatori attribuirono i terremoti della Calabria e del Piemonte al litantrace e al ferro 5 sostanze in que' luoghi frequenti, e che d'indole lo- ro sogliono essere negative , laddove io ne incolpo sostanze positive; ma 5 oltrecchè può avvenire che uno squilibrio d'e- lettricità produca per difetto gli stessi fenomeni che soglio- no nascere dall' eccesso , non è punto improbabile che in mezzo agli strati negativi stessero de' filoni positivi , il che frequentemente si vede j ed è noto altronde esservi delle mi- niere di ferro positive , specialmente negli ossidi . XVI. Una specie di leggerissimo e direi quasi microsco- pico terremoto è quello che già da oltre un anno va osservan- do il già lodato Sig. Mauri . Avendo egli sospesi molti pen- doli formati di sostanze diverse presso le quattro pareti d'u- na stanza superiore del mentovato osservatorio del Sig. Sena- tore Moscati , li vide e li vede costantemente moversi tutti ossia oscillare da ponente a levante : fenomeno non ad alti'o 2^4 OsiEnvAZK)Ni Elettroiietkiche e Cerauniche . attiibniliile che ad una leggera oscillazione della torre istessa . Ma donde <|uesta oscillazione ? Quwranius quid sit qiiod ter- ram ah infimo moveat^ cur tremai etc. dicea Seneca ( Qucest. Naiur. VI, e. 4)- Noi so, io rispondo. Ma trovo che sotto vi sta un filone di sostanza ])ositiva, riconosciuta dallo stes- so Sig. 3Iauri : so che avendo egli veduta una simile oscil- lazione nel campanile della Chiesa di S. Angelo,, vi ricono- scemmo amendue lui filone positivo largo oltre sei passi, che lo attraversa dal sudovest al nordest: ed un filone positivo, ma pili angusto, io pur riconohbi a pie del campanile di S. Eustorgio , in cima al quale egli avea pur veduti i pendoli oscillare: so che nessuna oscillazione v'ha nella specola di Brera, sotto la quale io non ebbi mal azione di sostanza po- sitiva. Sarebb' ella mal fiondata la congettura di chi attribuis- se all'elettricismo di metalli positivi il fenomeno di questa specie di sismometro indicante i più piccoli movimenti del suolo, latti più sensibili nelle torri elevate, come ad esso si attribuiscono i terremoti ? XVII. A siffatte sotterranee sostanze io attribuii i turbi- ni e i mali gravissimi che questi fanno, nel descrivere quel- li che nel 1708 devastarono alcuni tratti del Dipartimento d°^01ona (^7). In quest'ultimo mio viaggio due occasioni ebbi di verificare anche con altri le mie congetture. In Padova, essendo nell'Orto botanico, ove il Custode dissemi che mol- te piante d'alto fusto erano state atterrate o svelte da un turbine qualche anno prima, io, conosciuto avendo l'anda- mento d'un filone positivo largo circa 6 metri, indovinai pri- ma ch'egli me la indicasse la strada che il turbine avea per- corsa -, e della osservazion mia n«n contento , in quell' Orto tornai co' mentovati miei Corraddomanti la Sig. Cunegonda Malacarne^ e '1 Sig. Ingegnere Cattaneo-, ed essi, al freddo de' piedi e al moto stesso della bacchetta e del cilindretto , pro- (a) Vedi Nuoi'a scelta d'Opuscoli di JMjlano . Tom. II, pag. 3c3. Del Sic. Carlo Amoretti. aa5 provarono l'azione positiva della sotterranea sostanza: e gli sperimenti loro ripetuti sulla pianta fulminata di cui parlai, sulle parti sessuali d'alcuni fiori, e sulle tenere pianticelle d'alcune brussonezie delle (juali ignoravasi il sesso, convin- sero pienamente il Custode, e '1 eh. Prof. Boriato che a quell* Orto degnamente presiede . Un altro più disastroso turbine nel 1756 avea sollevato e portato altrove il tetta <:operto di piombo dell'immenso salone della Ragione. Io fui sotto di esso, e trovai che due filoni positivi di circa dodici metri fra amendue , da breve intervallo inerte separati, obbliqua- niente lo attraversano ; e guardando quindi la pianta della città vidi che sono questi a un dipresso diretti all'Orto bo- tànico . L' osservazione mia verificò nel seguente giorno la lodata Sig. Cunegonda colla sensibilità de' suoi piedi, e rico- nobbe l'esistenaa di cfuo' aottcrronei elettromotori, l' estensio- ne loro e l'andamento. XVIII. Più altre sperienze avrei potuto fare con essa, e col Sig. Cattaneo , e con altri che v' erano colà dotati della proprietà elettrometrica, se avessi potuto in quella città più a lungo trattenermi; ma avea fretta di tornare a Milano, e molte cose restavami a fare nelle altre città intermedie , e che ho fatte. A Vicenza udii rammemorare un turbine che, negli anni addietro, tutto avea messo sossopra un grand' ap- parecchio di baracche e di tende militari preparate nel ma- gnifico Campo Marzio. Io già, salendo al celebre Santuario di Monte Berico, erami accorto di alcuni filoni positivi, che, quasi paralleli al secondo corso di que' magnifici portici sino al sud di quella chiesa si stendono; ma nessuno seppe dir- mi che alcun turbine avesse colà arrecato danno, uè quella direzione avea rapporto col Campo Marzio . Ben trovai alcu- ni filoni ugualmente positivi f ra "1 primo portico abbasso e la porta Lupia che al mentovato Campo erano diretti. Fui quin- di a percorrere il Campo istesso, e vi riconobbi co' miei stro- menti sei filoni precisamente nella osservata direzione ; onde non esitai nel mio pensiere d'attribuire a questi il guasto Tomo XVI. 29 2a6 Osservazioni Elettrometriche E Ceraunighe." fattovi, molto sensibile per le alzatevi tende e baracche, che al corso del lluido si opposero . XIX. Tassiani' ora ad un altro tranquillo e placido, e si- nora non ben ispiegato fenomeno , che Voi , vivente presso il lido Adriatico e diligente osservatore, dovete vedere fre- quentemente, di cui senza dubbio avrete cercata la cagione, e probabilmente non ne avrete trovata nessuna soddisfacente. A mare placido voi vedete sul mare delle fasce più o meno larghe, che piìi del resto sono lucide e lisce: queste meglio ancora si distinguono quando un venticello increspa legger- mente l'acqua, ma pare che non osi stendersi a quelle fa- sce, e quasi saltandole passa ad increspare l'onda che sta citi' esse. E quando per il vento fattosi alquanto pii!i ardito accavalla i flutti, veduto avrete delle fasce ove questi s'al- zano bensì ma non ispumeggiauo . Io tutto uiò innumerevoli volte osservai sui laghi a Milano vicini, sul mar Ligustico ove nacqui e ove torno sovente , e nello scorso Agosto sull' Adriatico a Venezia, a Ghioggia, e navigando dall'una all' altra città. Avendo in mano alcuno de' miei stromenti elet- trometrici , io quasi sempre trovai quelle fasce , lisce e ri- spettate da zefiro , poste sopra sotterranei elettromotori po- sitivi (a) . Ne feci pur prova standomi ignudo entro il mare sostenuto dallo scafandro al lido di Ghioggia ; e poiché non avea stroraento alcuno, adoperai invece di bacchetta i miei due indici posti ad angolo; e questi, che fuori delle mento- vate fasce stavano diritti e paralleli al mio petto, tostochè su alcuna delle fasce placide io giungeva, piegavano in fuo- ri come fa la curva bacchetta quando sto sopra elettromoto- re positivo. Nell'ultimo bagno che presi al lido detto sotto- marina di Ghioggia, entrai, per evitare i flutti spumeggianti, (a) Dissi quasi sempre perchè talora osservai che le fasce placide e lisce sten- deansi su conosciute vene d'acqua, e non su que' filoni che , a tempo regolare , 10 riconosciuti avea positivi ; ma vidi ciò avvenire quando si era rovesciata l'azione elettrometrica , e le vene d'ac- qua faceano divergere la bacchetta . Del SiG. Carlo Amoretti . 22,7 in lina delle mentovate fasce larga circa ao metri, ove le onde, senza rompersi, m'alzavano sul loro dorso, e ivi tro- vai l'elettromotore positivo collo stromento delle mie dita. XX. Rifeci più volte lo sperimento sulle fasce placide percorrendo quella Laguna. I marinai clie vogliono saper la i-agione d'ogni cosa, or diceanmi che ciò avvenia perchè il luogo è riparato da venti , ora perchè una barca Len ispal- mata con sego eravi passata poc'anzi, ora percliè in quel luogo v'era il profondo canale che solo è navigabile in quel- la Laguna j ma mi fu facile il dimostrar loro l'insussistenza di questi motivi . Ciò specialmente feci a Venezia andando dalla Riva de' Scliiavoni , ora verso San Giorgio maggiore ( oggidì Porto franco ) ora verso Sant'Erasmo ( oggidì Cimi- tero); e poiché meco era il mentovato Signor Giambattista Martelli^ egli pure sentì e vide nelle suc mani girare all' in- fuori la bacchetta di osso di balena all'entrare colla gondo- letta su una delle mentovate fasce. Un simil fenomeno m'av- venne sul Benaco presso Peschiera ad un miglio all' incirca da terra . Stando su una delle fasce placide che frammezza- vano l'acqua increspata dal venticello, ebbi moto divergente nella bacchetta che presa aveva nel vicino lido: il barcaiuo- lo Giovanni Bernardelli che conduceami ne fu sorpreso ; e lo fu ben più quando, avendo preso io a dimenare quella cur- va sua paia, egli, tenendo impugnata in debito modo la bac- chetta, questa pur a Ini si fé sentire e vedere divergente finché sull'acqua liscia eravamo; poi starsi ciieta e immobi- le, e indi a poco ( trascorrendo noi lentamente sull'acqua) a lui convergere : probabile indizio di quegli strati di carbon fossile , frammezzati ora da sasso inerte , ora da filoncini di pirite, che quel lago, e '1 monte Baldo, e gli altri monti at- traversano. Non è egli probabile che quel fluido, il quale sulla bacchetta agisce passando per l'uomo, produca il feno- meno delle fasce tranquille e lisce dell'acqua (a)? trin- ca) M. Poisson ( Journ. df PhYsitf- 1 elettrici e un'aria asciutta die costi Sejit. i8ja ) ammettendo i due fluidi | gè uno d' essi a fermarsi sulla superficie aa8 Osservazioni Elettrometriche e Ceiuuniche . XXI. D'un più vago e sorprendente fenomeno, cioè del- la Fata Morgana o Mutata , da voi si ben osservata presso Molfetta e descritta nel 1791 (a), io credo potersi rendere ragione collo stesso principio, cioè j?er l'emanazione d'un, fluido elettrico 0 d'un qualche gas ( son vostre parole ) che si sollevino dalle regioni sopra le quali veggonsi i descrìtti fenomeni . In prova di questa opinion vostra io addurrò un altro fatto. Il eh. Sig. Filiasi, che tanto e si bene ha scrit- to sulle Lagune Venete, e col quale nella serotina conversa- zione, insieme al cel. Cav. Morelli, e al mentovato Profess. Zendrini ., e' intertenevamo di cose or letterarie oi'a scientifi- che , diemmi a leggere un capo dell'opera sua, in cui de- scrive lo spettacolo d' una Fata Morgana da lui osservata fra Venezia e le isole di Sant' Erasmo , Treporti , e Mui-ano . A quella volta io m'indirizzai in gontlola col lodato Sig. Mar- felli, partendo dalle Fondamenta nuove, ed ivi replicate fa- sce trovammo lucide e lisce, sulle quali avemmo sempre la divero-enza de' nostri stromenti . Vero è che questo moto in- dica azione di sostanze positive nel galvanismo, laddove, giu- sta le osservazioni vostre e de' nostri amici Thouvenel e For- tis , quelle appariscenze mostransi talora sopra il carbon fos- sile; ma già avvertii, che questo è d'ordinario frammezzato da piriti positive , e di piriti che costà si trovano fate voi stesso sovente menzione . XXII. Ho qui terminato di narrarvi, mio illustre Amico," le osservazioni mie elettrometriche , che col fluido fulmineo hanno qualche rapporto ; ma pria di chiudere la lettera non vofflio astenermi dal narrarvi un'osservazione che può esser ben utile per salvare preventivamente le fabbriche da un danno, che, se loro non avviene dal fulmine, può ben esser cagionato da quello che a mio parere, i fulmini attrae e lo- deir acqua, offre un altro mezzo di spie- 1 (a) Opuscoli scelti di Milano . Tomi gare il fenomeno; ma io lascio questa XIV j pag. i5. cura e questa gloria ad altri . | -7 ■ ■ . / Del SiG. Carlo Amoretti.' aag 10 serve di veicolo, cioè dalle vene d'acqua. Frequentissime sono le sctepolatiire ne' vecchi edifizj ; e sebbene queste ta- lora avvengano per cattiva costruzione, o per tremuoti, pur talora esse veggonsi senza che né quella né questi possano esserne accusati . Veggendo io per accidente una recente scre- polatura in una vecchia casa, sospettai che la vena d'acqua, ch'io co' mezzi elettrometrici conobbi scorrere precisamente sotto la screpolatura, portando via l'arena o la terra che quel punto del fondamento sosteneva , avesse cagionata nel muro un'inclinazione per cui una parte dall'altra staccando- si , lasciato v' avesse quel vano che vi si vedeva ; e nel so- spetto mio vieppiù mi confermai, quando seguii quella vena ( che taglia la casa in un angolo ) nella strada su cui sta l'al- tro fianco, e ivi trovai nuovamente la vena, e la corrispon- dente screpolatura (ai). Un celt-lup. Architetto, a cui T osser- vazion mia comunicai, dissemi che lo stesso abbassamento avea veduto succedere in un muro fabbricato da pochi mesi, a motivo di due vene d'acqua divenute poi visibili, al qual male egli riparò facendo collocare sopra le vene de' lunghi e larghi sassi, che loro servono in certo modo di ponte, sotto cui innocuamente ora scorrono . Questa prima osservazione diemmi tosto occasione di farne altre cento e in Milano, ove alcune ne verificarono meco li Signori Dott. Vandoni e Zuc- chetti, e '1 Sig. Prof. Crivelli, e in Vicenza col lodato Signor Architetto Rigato, e in Chioggia col summentovato Sig. Ab. Chiereghin . Cento altre simili osservazioni , fatte con altri e da solo , narrar potrei ; ma già soverchiamente lunga è que- sta mia dicerìa . XXIII. Non vi par egli, mio egregio Collega , che io v'abbia narrate cose quanto nuove tanto importanti? So che alcuni gran Fisici, Naturalisti, Mineraloghi, come molti igno- ranti queste scienze , non solo compiaccionsi a dire che non (a) Sta questa casa fra la contrada di Brera , e '1 vicolo del Melone in Milano . aSo Osservazioni Elettrometriche e Cerauniche. mi prestan tede; ma v'ha pur chi mi reputa uomo visiona- rio; altri forse nell'anima loro, sebbene non mei dicano, m' hanno per uno scaltro giocolatore ; ed alcuni protestano ài non voler credere, fincliè non è dimostrata l'impossibili- tà d'un errore o d'un inganno. Io potrei dire a questi ulti- mi di leggere lo sperimento fatto da Pennet in Verona, e i mezzi indicati nel mio libro co' quali escludo o dissipo ogni ragionevol sospetto; ma mi basta il dir loro, che avendo con precisione indicati i luoghi, e le persone dove, e colle qua- li si sono fatti gli sperimenti, credo d'aver loro somministrati i mezzi di conoscere la verità . Se non vogliono vederla , se amano meglio ritenere religiosamente le loro vecchie opinio- ni , attenersi alle care loro teorie , o agli adottati principi , io ben guarderommi dal pretendere di convertirli . Ma non rinunzierò mai al piacere , e al dovere di render note e co- muni quanto è possibile le verità qui esposte ; come non ces- serò mai d'essere Vostro e e. I ■ Jj»! a3i ERRORI SCOPERTI IN QUESTA SECONDA PARTE (*) Pagina Linea 5 aa 8 i4 9 9 T I pen.eult. Erbori trasmette poi viventi perchè copia di sangue '9 ra Bolennitl aS aó a6 Nota i Pitologi tectce 3o I fissile — Nota ai P. III. — Nota 3i Bourguet 3a a5 ciottolo 33 16 Malherie 83 ag e 3c ) convincere 85 7 publicai. . . la storia 92 II tentava di far ciò 95 ult. 5 Praxagoras estrarli ? 96 I accumulato CORREZIOSI trasmetta cosi viventi , non solo perchè copia di seme raccolto nei testicoli e nelle vesci- chette seminali del ma- schio e della copia di sangue . Belenniti Litologi testce fossile B. III. Bourguet sostenne viottolo Méthérie journ. conoscere publicai nel volume IV delle Memorie di que- sta illustre Società la storia tentava ciò Praxagorarn estraerle ? accumulate (') Il Correttore , benché conosca non aver da incolparsi d' incuria nella revi- sion della stampa dei Manoscritti, dove, per difetto degli Amanuensi, trovansi alcune delle inesattezze, ora rettificate , e dove mancano certe aggiunte, che ades- so vengono inserite dai respettivi Autori , ha chiesto ed ottenuto da questi la Nota completa degli Errori occorsi , onde pienamente corretta comparisca l' edizione di questo Tomo . a3a Pagina Linea Erbori CoBREZIONI 96 18 ventre né ventre : né lOI a4 forse forze io3 4 nota p. ioa ), nota ), no ult. qualche modo questo mezzo II I 19 diacero diaccio ii5 pen. condurrebbe condurrebbero laa 3i disposizioni deposizioni i3a 14 e iS » ripetutamente si levi i33 i5 scoperto asserito 187 I tonico santonico i4a a6 lancìante lancinante 143 i3 male mole 146 9 forca fovea 147 29 Hesqueto Hequeto i5o 18 Quìschio Ruìschìo i5i 16 nunc num l52 4 Scult etro S cult et 0 , a3 alluminosa albuminosa i54 9 benzoinico benzoico 1 solferò solfato 187 J7 generale universale