Z /'^'' A MEMORIE D I MA TEMA T I C A E DI FISICA -DELLA SOCIETÀ ITALIANA DELLE SCIENZE TOMO XVII PARTE CONTENENTE LE MEMORIE DI FISICA VERONA DALLA TIPOGRAFIA DI LUIGI MAIN/vRDÌ MDCCCXV /' INDICE DELLE COSE CONTENUTE IN QUESTA PARTE FISICA. D 'i un Fungo della classe de' Llcoperdi formato a guisa di tempietto, che nasce particolarmente nel Territorio Pavese a S. Zenone, non descritto finora da verun Botanico Italiano né Franzese , del Sig. VINCENZO MALACARNE Pag. i Sopra alcune di quelle produzioni che volgarmente di- cono rose di quercia , e sulla Microrhizomania , Lettera del Sig. Cav. FILIPPO RE al Socio Sig. Dott. Ottaviano Targioni Tozzetti i4 Osservazione dello squarciamento dell' utero in una partoriente paralitica, del Signor VINCENZO MALACARNE a6 Sull'utilità delle nozioni Fisiologiche per la Patologia e per la Medicina pratica, del Sig. STEFANO . GALLINI 46 Osservazioni di elettrometria animale Lettera III, del Sig. Cav. Ab. CARLO AMORETTI al Sig. Gian Goffredo Eber 8i Lettera IV, DELLO STESSO al Sig. Dott. Già. Malfatti loi Lettera V, DELLO STESSO a Mons. D. Ubaldo Cassina i Sa Sopra la gomma d'ulivo, del Sig. Dott. DOMENICO MORICCHINI i5i Sopra un feto nato nel Comune di Pelago gli ultimi giorni del mese di Ottobre dell'anno 1812,, del Sig. PAOLO MASCAGNI 168 Della teoria e delia cura della tosse convulsiva, com- mentario medico-pratico del Signor VALERIANO Cav. BRERA 184 Sopra alcune sostanze che passano indecomposte nelle urine, del Sig. DOMENICO MORICCHINI 20.3 Sui bachi da seta, sui gelsi e sul loro prodotti, Let- tera dei Sig. Co. DANDOLO al Cav. Gagnoli Pre- sidente P(lg- 2. IO Saggio d'un Trattato di Meteorologia, del Sig. A. M. VASSALLI-EANDI a3o Sopra un singolare fenomeno osservato nella sua spe- cola fisico-meteorologica eretta in Milano dal Sig. Co. PIETRO MOSCATI a56 Analisi chimica del ferro spatico delle miniere di Or- laselo e di Manina nella Valdiscalve, dipartimen- to del Serio, del Sig. GIO. MAIRONI DAPONTE 264 Alcune pratiche considerazioni sull'inchiodamento del- la testa del feto nella pelvi, e sull'uso del Forci- pe, del Sig. ANTONIO MANZONI 298 Del trascegliere dalle sostanze eterogenee le molecole d'argento e d'oro mediante l'amalgamazione, cen- ni sulla storia e teoria dell'arte, suo stato attuale e pratica adottata dal Sig. GIO. FABBRONI 3i6 Sin'-^olare mostruosità d'un feto umano e congetture sul primo sviluppo dell'embrione, del Sig. Cav. VALERIANO BRERA 354 Rischiarimenti intorno alla ruminazione proposti dal Sig. GAETANO MALACARNE, e presentati dal Sig. Vincenzo Malacarne 366 Saggio sulla bonificazione delle Paludi Pontine, del Co. VITTORIO FOSSOMBRONI 4oa Errori e Correzioni 443 MEMORIE D I FISICA DI UN FUNGO DELLA CLASSE DE' LICOPERDI FOR- MATO A GUISA DI TEMPIETTO CHE NASCE PARTICO- LARMENTE NEL TERRITORIO PAVESE A S. ZENONE. Non descritto fin ora da verun Botanico Italiano , NÉ FrANZESR LEZIONE ACCADEMICA Del Signor Vincenzo Malacarne. Ricevuta li i8 Blaggio i8i4- Sl ra le molte utilità risultanti dalle dissertazioni accademi- che degna di molto risguardo è senza dubbio quella di ecci- tare nella mente degli Uditori, se si espongono con la voce, o de' Leggitori se si presentano loro manoscritte, o stampate, eccitare, dicevamo, idee nella mente, che forse mai non vi avrebbono avuto albergo, le quali pondeiate dallo intelletto, indi amorosamente , per dir cosi , vagheggiate , poi tratteg- giate, e di vivaci colori adorne dalla volontà efficace, riesco- no a suo tempo grato pascolo alla curiosità degli intelligenti a' quali vengono presentate . Né meno degno di attenzione si è quello risvegliare, che ci fa talvolta la rimembranza di oggetti, di argomenti, che quantunque per l' addietro con Tom. XFII. A ^ Di un Fungo formato a guisA. di TEAiriEi'ro. (jualche applicazione giù, considerati, senza che se ne abbia cavato altro fratto, vennero dimenticati, o pienamente ne- gletti; sopra i quali, dopo die in simili dissertazioni qualche cosa analoga si ricordò , rivoltasi nuovamente la nostra fan- tasia , ne trae materia non ispregevole di novella occupazio- ne. E che la cosa sia così, eccone una pruova : un discorso dell' e^reiiio nostro Professore di Clinica Luisi Valerìano Brera per promuovere alla Laurea alcuni virtuosi allievi della no- stra Università Padovana, intorno a' Funghi, che fra le so- stanze animali emergono talvolta, mi richiamò alla memoria una specie di funghi indigena e forse propria in Italia sol- tanto di una parte del territorio di Pavia di lui patria; de' quali conservandone io per accidente un vecchio esemplare, lo recai all'egregio Sig. Ranieri Professore qui fra noi di Storia Naturale occulatissimo , pregandolo di esaminarlo, e dal medesimo fu giudicato raro a segno, che non gli sovve- niva d'averne ancora da veruno fra i Botanici a lui noti ve- duto fatta la descrizione . Aguzzata quindi la mia curiosità posi mano immediata- mente al nuovo Dizionario di Storia Naturale compilato dalli più celebri Naturalisti Franzesi , e pubblicato in Parigi, ul- timamente ristampato in Venezia, sperando fra le figure, o nella descrizione de' funghi, di ritrovare qnaKhe cosa, che £;li si assomigliasse , e lo sguardo mio non si |)otè fissare ec- cetto sulla terza figura della Tavola IX del Tomo quinto, dove è rappresentato il Clatro che il celebre Sig. Bosc ha osservato alla Carolina, e nomina = CLathre en colonnes ==; e consultandone il testo relativo lessi a pag. 5i3 le parole seguenti. „ On ne connoit qu'une seule espéce de Clatlire „ qui se trouve dans les bois arides des parties meridionales „ de l'Europe etc. „ successivamente in risguardo al Clatro da lui osservato alla Carolina, che ha pure qualche rassomi- glianza col Fungo di San Zenone, il Signor Bosc aggiunge „ J'ai observó en Caroline un Clathre entiérement sembla- „ ble à cclui ( qui est figure dans les Planches ci-jointes ) Del Sic. Vjncenzo Malacarke . 3 „ mais qui n'a jamais qtie qiiattre branc^ies, qui se reunis- „ sent à leur soramet „. Cotesto s'innalza da una Volva, o Matrice divisa in quattro partì uguali, che in alto finiscono in punta rivolta ìnfi'oi'i, simili alle crasse foglie del sempre- vivo maggiore . Dal fondo della Volva s'innalzano quattro pi- lastri, che vanno ingrossando verso la metà dell'altezza loro per diminuir di volume in ogni senso alla sommità, dove si riuniscono per formare quattro archi che insieme congiunti costituiscono una volta , la faccia esterior della quale è ap- pianata alquanto , né porta verun altro corpo . Confesso che a piima vista inclinai a credere che il Fun- go Sanzenoniano avesse qualche cosa di comune con quello del Sig. Bosc , e potesse per avventura collocarsi nella spe- cie de' Clatri , ma paragonando il mio esemplare con la figu- ra del Caroliniano mi persuasi poi , che le troppe differenze onde sono distinti non permettono ancora , che vengano in- sieme confusi . Questo Fungo dunque meritava d'essere confrontato con le altre specie de' funghi disegnate e descritte dagli altri Na- turalisti più famosi citati nel prelodato Dizionario di Storia Naturale, e specialmente dal Bulliard , e dal Lamarck , do- ve non trovai nemmeno cosa che mi soddisfacesse : imper- ciocché quando il nostro con diversi altri simili fu raccolto verso il fine di Agosto del 1790 ne' luoghi alidi, e sabbio- «osi di San Zenone , non aveva , come non aveano gli altri veruno indizio di Volva, Matrice, o involucro primordiale, anzi ha tuttavia la base (che a quell'epoca era solidamente tutta di un pezzo, e con li suoi quattro angoli reggeva si- metricamente i quattro pilastri ognuno alla punta d'ogni an- golo intimamente unito, e continuo) ha, dicevamo, la base non quadripartita com'è adesso, ma tutta d'un pezzo, este- riormente coperta di sabbia, o terruzzo, che vi è tenacemen- te attaccato: di più, mancavagli affatto quella radice vermi- forme, che portano seco gli Clatri volvacei rappresentati nella Tav. 44' dell'Opera del Sig. Bolliaud , dove tanto dal 4 Di un Fungo formato a guisa di Tempietto. centro esteriore della base della Volva de' due Clatrì aperti, quanto da ([uella donde, non è ancora shucciata la sostanza coralliforme graticolata propria de' medesimi, pende tuttavia la detta unica sottile vermiforme radice . Inoltre la differenza diviene più segnalata fra i due fun- ghi Caroliniano e Sanzenoniano anche in questo, che i pi- lastri del primo nascono tutti quattro uniti da un punto so- lo del centro della faccia interna della base , o volva men- tre che quelli del nostro sono distintissima continuazione del- la sostanza degli angoli della sua base, lontanissimi dal cen- tro, e lasciano fra loro un largo spazio vóto nn pò concavo sulla faccia interna della base medesima. Il principio de' pi- lastri del secondo poi stretto, e sottile, è quasi acuto in basso j e a misura che ogni fusto se ne allontana, e si alza dalla terra, si allarga convesso all'esterno, verticalmente concavo indentro; e la sostanza ne ha un non so che di le- gnoso , elastico , robusto , quantunque non vi apparisca an- damento di fibra veruna . Tutto il Fungo nostro è coperto d'una cuticola coriacea di color cenerognolo fosco , la quale di spazio in ispazio scre- polandosi le sue fimbrie se ne rivoltano in su scostandosi da' margini del pilastro, e lasciano tinti d'un colore un pò me- no bruno gli spazj da cui si sollevarono . La superficie ne è polposa e morbida come il più morbido velluto . II colore della superficie interna de'pilastri, e della ba- se, ha il giallo liscio splendido di quella de' bozzoli de' filu- gelli , anche nelle minutissime fossicelle di quella vasta ca- vità ; né l'unghia vi può sollevar nulla. Il concavo della volta n'è ugualmente liscio e splendente, e giallo, e non ha veruna apertura nel centro : il che fo osservare perchè dal centro della faccia esterna della volta istessa coperta delia medesima cuticola de' fusti bigia, convessa, s'innalza una sottile , breve colonnetta , che sostiene una sfera , pomo , o globo che dir si voglia, bigio, vellutato, alla di cui estre- mità vi era una picciola eminenza acuta a punta di diamante. Del SiG. Vincenzo Malacarne . 6 di colore tendente al lionato, che pareva elevarsi da quat- tro creste angolari, che nasceano nn po' più di mezza linea lungi dalla base di quella punta a far la quale concorrevano convergendo : tanto la punta quanto le creste seccandosi il fungo a poco a poco si dileguarono . Intorno alla colonnetta, essendo ancora fresco il fungo, si osservava un collaretto, del quale si conserva tuttavia qual- che vestigio, che discendea dalla faccia inferiore del globo, fatto dalla cuticola medesima; sottile e fragile come era sì perdette per la siccità, e per l'indiscreto maneggio de' cu- riosi, che per la rarità, ed eleganza singolare di questa bel- la produzione della terra vollero con diligenza per ogni ver- so esaminarla . Il globo al tatto sembrava pieno d' una sostanza spon- gosa elastica , la quale compressa dolcemente crepitava sen- za però squarciarsi , né gettare polviglio , o fumo , e caden- do alquanto sotto la compressione , tolta questa si rialzava tosto per ripigliare la natia l'otondità . Qualunque però sia stata l'avidità mia di vedere che cosa si nascondeva in quei globo , vi ho saputo resistere per non rovinare l' unico esem- plare che mi era stato regalato dalla cortesissima Dama la Marchesa Costanza Mozzi di Casale, vedova Malaspina d^i Sannazzaro allora abitante in Pavia . Da quanto abbiamo esposto fin qui , verificabile sull' e- semplare che conservo, di cui presento agli occhi de' curiosi la figura, si deduce intanto chte il Caroliniano dell'illustre amico mio Bosc , e il Sanzenoniano sono due specie ben di- verse di funghi poiché; il primo è volvaceo , e le quattro som- mità della Volva sono squarciate in alto per lasciar luogo al- le colonne onde innalzarsi dal centro della medesima diver- gendo; e sieguono la direzione centrai verticale di cadauna porzione ascendente di quella; delle quali cose ninna si rav- visa nel secondo, ove i pilastri ben lungi dall'essere uniti alla origine loro nel centro della Volva, di cui è affatto pri- vo, hanno quella origine molle, stretta, sottile, distinta per () Di un Fungo formato a guisa di Tempietto. ampio spazio, dagli angoli della quadripartita base nel modo, che già si ha detto , e che si può vedere presso di me nel fungo , e nella qui annessa figura . Aggiungasi, che la volta, o cupola del Clatro Carolinlano, a norma del disegno pubblicato dal Sig. Bosc , è più larga della base comune de' pilastri, ai contrario di quello, che vediamo nel nostro fungo : quella in alto è alquanto appiat- tita, e questa ha il colmo assai rilevato, e su questo l'ele- gante globo, che dà al fungo la vaga apparenza d'un Tem- pietto . Non potendo io sospettare quali siano le sostanze con- tenuta nel vasto vóto del Fungo Sanzenoniano , e come e quando sfuggano da quel ricettacolo, avrei terminato qui la mia esposizione dettata dalla speranza che servir potesse d'ec- citamento al chiarissimo Professor Nocca a compierne con le opportune indagini la Storia Naturale trattandosi d'una pro- duzione cosi rai-a del territorio Pavese, nel quale dalla R. Università egli dà pruove così distinte di occulatezza , e di Valore : ma il desiderio di assicurarmi per quanto mi era pos- sibile se con altra specie di funghi abbia per avventura il Sanzenoniano più evidente relazione, mi suggerì di tornar a consultarmi con l'opera citata del Buluard, che per gli Clatri soli aveva già prima esaminato, profittando contemporanea- mente de' lumi, e della gentilezza del nostro egregio Pjofes- sore di Botanica il Sig. Antonio Bonato : ed egli appena con- sideratone la fiizura e alla sommità della cupola il globo, sospettò che potesse essere un Licoperdo , o sia una specie di Vescia di Lupo . Allora ci diemmo insieme a esaminare la Crìptogamia del iodato Bulliard nello stesso libro, dove nul- la trovammo, che alle condizioni del nostro fungo si appros- simasse . Di ciò non paghi gettammo gli occhi sulle Tavole annesse alla ricca e bella raccolta di cose botaniche del di- ligente ed esatto Pierantonio Micheli stampata in Firenze in foglio^ come quella, da cui lo stesso Bulliard ha tratto le migliori figure 5 ed abbellite col lenocinio de' più vivi colori Del Sic. Vincenzo Malacarne . 7 ;i più facile cognizione d'ogni pianta, di cui il Micheli (*) avea pubblicato il miglior disegno, e la più esatta descri- zione . Raccogliendo poitaiito ciò, die avea dato alla luce que- sto nostro illustre Botanico intorno a' Lìcoperdi alle pagine ai7 - 18 - ig e 20; sotto il nome di Geastri , vale a dire Stelle, o Astri della Terra, in quella ultima tavola 20 ci sembrò di ravvisare nel solo Globo, o Pericarpio, un cenno di due parti del Fungo Sanzenoniano ., cioè del Pericarpio, e della colonnetta, che lo sostiene, dal Micheli detta pro- priamente = Petioliis =, e che noi diremmo picciuòlo . Questo indizio è nella seconda figura, che appunto fu dimenticata dal Sig. Bulliakd , il quale nella sola tìg. H della Tav. 2,38, ha la volva del Licoperdo da lui detto Stellato squarciata da sei fessure a foggia di stella co' pezzi della detta volva con- vergenti in alto; e in fondo a tale specie di guscio una palla non sostenuta da verun picciuòlo, screpolata in cima per un largo forame , cha irregolarmente tondeggia . Neppure in verun' altra delle figure, che il Bulliard ne copiò, comprese nella medesima tavola, delle quali la prima dice essergli stata regalata dal Sig. De Goìmpy ^ vi ha nulla di simile al Fungo nostro, eccettuata la palla interna, o pe- ricarpio delle fig. C — D; l'aderenza del quale al guscio è totalmente diversa dal modo con cui il pericarpio si eleva dalla sommità della cupola del nostro . Non voglio però ommettere la bellissima Tav. 47' f'a le Bullìardine , ove in tre figure L, M, N campeggiano mira- bilmente altrettanti Geastri col guscio o volva loro in basso rovesciata, tutte color di caffè striato a onde traversali nel- la fig. L giallo-sudice, uniforme nelle altre due, sebbene in quella il pericarpio è schiacciatissimo come una cipolla, scre- (*) Di questo illustre Professore della nostra Università Padovana , e delle ope- re stampate , e Mss. del medesimo ha esposto con rara eloquenza i meriti il Sig. Prof. Antonio Boriato nella erudi- tissima Orazione per l' apertura degli studi nella Università di Padova per l'anuo scolastico 1811 — i8ii. 8 Di un Fungo formato a guisa di Tempietto . polato in cima , aderentissimo al basso per largo tratto alla volva ; nelle ultime un po' meno sciiiacciato ; in tutte senza picciuòlo, o colonnetta. Le quali circostanze; il color difFe- rentissimo; i raggi al numero di sei terminanti in punta acu- ta afFatto libera, dimostrano i funghi con esse rappresentati esser afFatto diversi dal nostro . Sospettando io poi , die il celebre Gio. Antonio Scopoli già Professore di Botanica e di Chimica nella allora Imperia- le Università di Pavia , ne avesse fatto menzione fra le sue Delizie della Flora , e Fauna Insiibrica nella medesima città con bellissime figure impresse in folio , ne feci diligente ri- cerca; ma egli non ve lo ha compreso. Ripigliam'ora l'esame della tavola prelodata del Michkli, e nella fig. 2 osserviamo come gli otto raggi della stella for- mata dalla spontanea crepatura della volva superan del dop- pio il numero de' pilastri del Fungo Pavese, e quelli stando con le punte in su non hanno che far nulla col nostro . In fatti è egli possibile, che i raggi d'una volva screpolata e fessa inclinati cerne nella figura 7 del Micheli possano mai piegarsi a segno di cangiar figura , e consistenza nel mezzo della lunghezza loro , e cacciarsi sotto alla faccia inferiore della porzion sottoposta al pericarpio, e alla colonnetta, im- mergersi nel suolo , e rendervisi aderenti per separarsi da quella porzione dopo d'essersi uniti di nuovo inseparabilmen- te per gli margini loro, e lasciar che la medesima si sollevi a foggia di cupola splendida e netta? Aftinché tutto ciò suc- cedesse farebbe d'uopo che le punte di quegli otto raggi tut- te insieme co' lati, o margini loro, congiunte, avessero con la faccia interna rovesciata gettato radici nel terreno, e tut- to ciò che costituisce il Geastro d'otto raggi, o di più, sì riducesse in modo inesplicabile a costituire un tempietto di quattro pilastri soli. Mutazioni troppe, e troppo strane, men- tre mi sembra nulla ripugnare al gettarsi dal seme del no- stro Licoperdo le radici nel terreno , e intanto formarsi quel- la massa orizzontale un po' convessa in alto, che fa il corpo schiac- Del Sic. Vincenzo Malacarne . 9 schiacciato del tempietto; nei quattro angoli di quella massa svilupparsi i quattro fusti, che alzandosi portano in alto la metà superiore della medesima, che forma poi la cupola su cui poggia il pei'icarpio sostenuto dal suo picciuòlo nello stes- so tempo, che crescerà per avventura quella sostanza inco- gnita a me ( e che forse non esiste salvo nella mia immagi- nazione ) che occuperà il vóto del tempietto, e forse ne for- merà un clatro-licoperdo, il che resta a verificarsi; finalmente maturando il seme racchiuso nella sostanza predetta, e acqui- stando estensione e solidità maggiore i pilastri, e ciò che avea coperto il piano orizzontale, e radicale primitivo innalzarsi per la sua elasticità a forma di cupola, con sopra il globo, o pe- ricardio d'un vero Licoperdo, e prendere tutto il Fungo ibride ( cioè appartenente a due famiglie della medesima classe ) la figura leggiadra, che vi osserviamo. Non insistetti, né insisterò finché mancheranrK) le pinio- ve, su questa idea; intanto oltre a' lumi procacciatimi a ri- sguardo del Licoperdo dalia lettura , dall' esame delle tavole relative, e dalla dottrina ed erudizione del mio collega ed amico BuNATo , avido di sapere se in altri luoghi dell'Italia, della Francia, e specialmente nella 2,7 Divisione Militare dell' Impero Franzese percorsa da un altro Botanico pur celebre mio patriota ed amico, il Sig. Balbis Professore nella Impe- riale Accademia degli studj di Torino, ne lo interpellai, es- ponendogli le mie conghietture circa alla possibile doppia qua- lità di Clatro, e di Licoperdo , che a me sembrava di ravvi- sarvi. In sulle prime non si mostrò alieno dal mio parere, e dal tenere per singolare il Fungo Sanzenoniano: alle mie istan- ze ripetute però, con altra sua lettera delli a8 Marzo 181 1 , rispose ne' termini seguenti : ,, La descrizione esatta, che dai „ del Fungo da te scoperto m'indusse a far nuove ricerche, „ e trovai nello Schoeffer (Voi. a, Tav. i83 ) la specie cui „ esso mi pare appartenga, e ciò dopo d'avere consultata la „ egregia opera del Persoon ( synopsis Fiingorimi pag. i33) „ dove lo chiama Geastrum Quadrifidum . Ti prego di scon- Tom. XV IL B IO Di un Fungo formato a guisa di Tempietto. „ tiare tale elegante figura dello Schoeffer ; e se essa non „ quadra, allora accennami le differenze noUibili, che vi ri- „ trovi ,, . Non si trova in alcuna Biblioteca di Padova, uè in Venezia presso le persone , che ne pregai , veruno esem- plare delle due opere indicate dal Balbis, che io avea già cer- cato vedendole citate dal Linneo, e nel Dizionario prelodato di Storia Naturale, per la qual cosa ottenni dal mio compa- triota e amico suddetto il disegno ben colorito, e la descri- zione brevissima fig. i , 3 , che qui soggiungo a illustraziou delle figure Schoefferiane , e di quella del Fungo Sanzenoniano che si troveranno qui unite . Sarà sempre vero però, che il nostro non è da colloca- re fra i Geastri perchè non ha la figura d'una stella, ma di un Tempietto a quattro pilastri; e perchè non ha volva, né radice vermiforme cotne i Geastri; e perchè i pilastri non so- no liberi, ma s'innalzano da una base comune quadrangolare quasi piatta, ognuno da un angolo della medesima base, per sostenere una volta comune distante più di quattro centime- tri dalla base nel centro del Tempietto: e intanto che lascie- remo di buon cuore alla perspicace diligenza de' Naturalisti, e Botanici Pavesi la indagine della qualità di qualunque siasi la sostanza riempiente nelle diverse età del Fungo nostro il vóto del Tempietto interrogheremo se male se gli adattereb- be il nome, e l'indicazione de'caratteri seguenti premessovi quello della classe, dell'ordine, e della specie a cui suppon- go che s' appartenga , postochè fin ora , che a me sia noto , nissuno degli Italiani né degli Franzesi ne ha pubblicato parola. Cryptogamia . — Fungi — Lycoperdon . Lycoperdon Tetrastichon . Figura . Templiforme . A quatuor enim columnis aequidistantihus ah angulis haseos complanatae , leviter cavae emergentibus , intercolumniis in arcus acutos desinentibus , spatium claudi- tur quadratura , fornicatum . Ah hujìis fornicis culmine pe- tiolus cilindricus brevis emergiti, cui insidet pericarpium sphoe- Del Sic. Vincenzo Malacarne. I[ ricum , ?iudum , circellcj inferius contìnuo, serrato, nec petìo- lum tangente, ornatum ; Pericarpium vero in vertice leviter est acnmìnatum . Color ; Cutìcula cinerea hic illic per faciem exterlorem columna- rum simetrìce crispata . Nil crìspum in Pericarpio etiani ci- nereo. Superficìes interior undique laete lutea, splendens, le~ vis. Idem color sub Fornice, et in concavitate superficiei ba- seos interioris , cujus exterior ìnferior facies insidens humi brevibus radicibus capìllaribus stipata minutissimas arenulas cornplectitur . Substantia . Ex membranaceo cartilaginea, non admodum flexili prae- ter ed regione , qua columnae elevantur ab angulis baseos per continuitatem materici mollioris ibi ginglimum quemdam an- gularem constituentis . Interiora baseos, columnarum , forni~ ci s , firmiora , tecta epitelio luteo levìssimo , a reliquis nullo pacto dividendo . Regio natalis . Loca arenosa, inculta, raris arbustis ìnumbrata , apuà sanctum Zenonem in ditione Papiensi; ideo a nobis apellaha- tur Fungus Tetrastilus Sanzenonianus anno mdccxc gratioso dono acceptus . Vide Tabulati) pi-irnam. „ Sequitur excerptum ex operìs Schoefferi citati „ Voi. a, Tab. iu3. tum pag. i33 cum nobis a „ clarissimo Prof. Balbis communìcatum , una ,, cum ejusdem Tabulae figuris i. et 3. graphice ., pictis . Lycoperdon secundum Schoeffer . Vvl. 2, Tab. i83 est fungus globosi! s , uni col or , petiolatus , per verticem osculo stellato praedìtus , interne lanugine filamentosa , et pollinife- ra repletus; volvae spuriae insidens, cuius altera pars in qua- tuor radios divisa se extoUit ; altera pars pariter in quatuor radios divisa subsidet , et superiori tamquam falera ìnservit . Bavaris anonymus . = Sic Schoeffer in expUcatione Tab. i33. fa Di un Fungo FOKr.iATo a guisa di Tempietto. Gearfnim quadrifidum Persoon ( :ynopsis fungoriun pag. i^^ ) pendio globoso pedìcellato ^ ore canescetite , radici sub- quadrifitìs fornìcatis . Plures hìc Auctor tradii varietates , quas cidere est loco citato . Giovami qui riferire alcune particolarità degli esemplari dipinti, cbe credo stati fedelmente copiati dagli originali, statimi trasmessi dal Prof. Balbis , e per cominciare dalla Fig. I vediamo il Fungo alzarsi da un piano erboso con la falsa volva già in quattro parti divisa , di color cenerognolo di dentro, e di fuori, candida ai margini, mentre che la base del Sanzenoniano è gialla, lieta e splendente al di den- tro, di fuori cenerognola vellutata. I pilastri del i ." sono molto convessi, brevi, lionati nel mezzo, bianchi a' margi- ni , e uniformi ; nel nostro bigi-chiari al basso , fregiati di lembi crespi regolari, simetrici , cenerini. Nel i.° la sommi- tà della cupola ha parecchi giri o circoli di color pavonazzo concentrici intorno al picciuolo del Pericarpio pavonazzo anch' «sso con macchia verde-azzurra, e in cima un tubercolo ber- nocoluto biancheggiante ; nel nostro tutto è bigio , e la som- mità del pericarpio termina in punterella acuta . La fig. 3 ha la falsa volva che si eleva da una coda , o radice conica; si divide al terzo della sua altezza in quat- tro parti divergenti, ripiegate in fuori, più lionate di quel- le della i.^ , e finiscono in punta acuta, dal di dentro della quale si elevano con principio acuto ripiegato infuori quattro pilastri di color lionato , su i quali la cupola è fregiata di scherzi frastagliati, verdognoli alla circonferenza, pavonazzi verso la colonnetta, che sostiene il Pericarpio simile ne' co- lori a quello della fig. i , con un tubercolo biancastro alla sommità aperta per dar esito al polviglio , o semenza che come fumo cenerino ne scappa . y ^ i is: 1. 5- a. s: o. 9- ■o. 4- 3. 0. Del Sic. Vincenzo Malacarne . 1.3 Spiegazione delle lettere, che accompagnano la figura del Licoperdo Templiforme Sanzenoniano , indicanti il sito di molte parti del medesimo principali . ABCD II Fungo col suo Globo — — — Altezza Centimetri 5. Millimetri "J-l. A II Globo solo ___—.—. Altezza a a Diametro orizzontale del Globo b b Collaretto del Globo e e La colonnetta , che lo sostiene BBCC La elevazione esteriore della Cupola del Tempietto ce La maggiore larghezza della Cupola a livello della sommità degli archi acu- ti , che si elevano da' Pilastri a. 8. ■CCDD Altezza de' quattro Pilastri, che la sostengono 3. 5. DD Le unioni flessibili de' Pilastri con le quattro porzioni della base del Fun- go , ( che erano humifusi ed uniti al centro , della base , ina si sepa- rarono pel maneggio , e la essiccazione ) e la diagonale delle estremità inferieri acute de' Pilastri 3. 4- dd I Lembi simmetrici della cuticola , o pelle esteriore de' Pilastri quale nell' esemplare presente era naturalmente . e e Larghezza maggiore di cadaun Pilastro !.. 8. EE La superfìcie esterior convessa , terrosa della base , che dividendosi fino ai centro si è ridotta in quattro parti eguali , della figura qui rappjtsen- tata . FFFF Estremità centrale delle quattro parti suddette, che erano nel Fungo con- servato già da un anno , e non molto maneggiato , insieioe tenacemen- te unite . '4 SOPRA ALCUNE DI QUELLE PRODUZIONI CHE VOLGARMENTE DICONO ROSE DI QUERCIA E SULLA MICRORHIZOMANIA LETTERA Del Signor Filippo Re Al Socio Sic. Dottor Ottaviano Targioni-Tozzettj . Ricevuta li a8 Maggio 1814. Bologna 6 del 1814. X uronmì presentate trovairlomi in Rfirgio a passarvi, com'è mio costume, le ferie nella estate passiita alcuni rami dell'al- bero che colà dicono Quercia, ma che veramente è Rovere, carichi delle pioJuzioni delle (piali è rivestito quello di cui vi presento unita la figura. Le ravvisai subitamente per quel- le che dagli scrittori sono chiamate Rosee Q/ternce. Mi venne talento di consultare qua' che avevano descritto simil,; feno- meno per vedere se ne avessero resa una qualche ragione e lo avessero partirolarizzato in maniera che nulla fosse più a notarsi intorno al medesimo. Presi a svolgere pazientemente gli Ada eruditorum Lipsice, e poi Miscellanea, Mphemerides ^ Ada Acadeniìce Cossareo-Leopoldince naturce curiosonim , e non rinvenni se non se descrizioni di gallozzole di varia forma che 8Ì osservarono sulle Quercie , e lessi la storia della pretesa Qiiercus florida del Fabri registrata nel^app^M\dice al voliutie degli Atti dell'Accademia stampati nel lógS. Nel Commercium Utterarium ad rei medicee et scientice naturalis incrementurn nel volume dell'anno 174^5 pag* 2.60 trovo la indicazione di una Rosa querna trovata nel 1788 fra i verdi rami di una giovine quercia che si fa vedere non prima descritta. L'au- Del Sic. Fjliì'po Re. i5 torfì fa osservare che le Rosee quernce delle quali avevano par- lato il Clusio ed altri propriamente non sono se non se es- crescenze nate intorno al calice od alla ghianda, le quali parti perciò in istrana maniera venivano alterate, e che tali feno- meni sembrava a loro che si dovessero ascrivere all'opera dei varj insetti, che frequentissimi si presentavano negli anni pio- vosi, e quasi mai non accadeva di vederli negli anni asciutti. Quindi descrive alla distesa quella che egli trovò dandone la figura nella tav. 4- Essa è munita di un lungo pedunculo . Invece di calice ha poche foglioline e dal mezzo delle mede- sime caccia fuori alcune fila affatto affatto nude e semplicis- sime . Vuoisi dovuta simile produzione all'eccesso dell'umido dell'anno e concludesi che altre simili trovansi nel Museo di Briicman . A me peraltro non sembra che l'umido possa es- sere almeno in ogni caso la sola cagione di questo fenomeno che è fra noi frequente anche senza il concorso della piovosa stagione . Quindi siccome poi le produzioni da me osservate sono ancora alquanto diverse da quelle descritte nel citato autore mi permetterete che io abbia il piacere di trattener- mi un po' con voi particolarizzandovi le cose che mi sembra- no possano dare origine a tali prodotti . Gettando gli occhj sulla figura che ho fatta delineare con tutta esattezza voi troverete un ramo di Quercus pedunculata cui voi nelle belle vostre Istituzioni botaniche ai num. 1877 della edizione terza date i nomi italiani di Querce gentile o A^ Ischia. Nel reggiano ed in altri luoghi posti al di qua dell' Apennino Io dicono Rovere, ed il Quercus Robur che frequen- tissimo è al monte ed al colle chiamano Quercia . Alla pia- nura cresce quasi esclusivamente e coltivasi la vera Quercia che il nostro comune amico Savi chiama Querce Faniia nell* utile sua opera intorno agli alberi della Toscana . Nel mio paese una porzione di questi alberi sogliono potarla ogni anno in primavera tagliando però sempre soltanto la cresta delli due anni antecedenti, onde questa può dirsi potagione triennale .^ il qual costume di potare i rami di terzo anno costantemente l6 Sopra ALCTJNK^Rose di Quercia ec. fia noi praticasi ancora su gli Olmi cui maritiamo le viti, ca- sa che voi troverete commendevole . Quelle piante di Quer- ce gentile che così potiamo sono volgarmente dette Rovone o Roscione . Ed è appunto in queste , che trovansi le rose e non mai in quelle che non si potano . Anzi per quanto ho potuto sapere non avviene di vederne nelle Quercie del con- tadino , o sia nelle Roveri del botanico. In queste al piìi si incontrano delle produzioni che apertamente appartengono a quelle che tutti conosciamo col nome di Gallozzole, e che sono generate nelle parti della fruttificazione, e più negli an- ni piovosi che non negli asciutti. Queste Gallozzole però tro- vatisi ancora sulle Roveri del contadino, o Quercie vere ed anche in queste con maggiore frequenza negli anni umidi . Da questo parmi si possa concludere che non trovandosi le rose se non in quegli alberi che si vanno potando non possa attribuirsi la formazion loro alla soverchia umidità, tanto più che si presentano indistintamente, almeno a quanto mi vie- ne riferito, eziandio negli anni asciutti; quantunque non vo- gliasi negare che maggiore quantità possa apparirne quando regni molta umidità . Date ora, amico, un'attenta occhiata alle dette Rose e precisamente a quelle segnate A. A. A. Sono elleno segnate di quattro a cinque ordini di laminette a foggia di foglie, le quali sono nella periferia cartilaginose. In mezzo rinchiudono una piccolissima ghiandina che tagliata nel mezzo ho fatta disegnare in B5 ma avvertite che qui è figurata acuta all'e- stremità superiore, comunque infatti la vera sua sezione do- vesse essere elittica . Ho esaminate attentamente molte di tali ghiandine, e ad onta di minutissima osservazione ho mai po- tuto discoprire vestigio d'insetto, e nemmeno scrupulosamen- te investigando sopra tutta la Rosa ed il punto dal quale esce fuori potei rinvenire cosa che mi abilitasse ad attribuire il fenomeno all'opera di alcuno di si fatti piccoli animaletti . Bensì ho vedute alcune di queste rose diversamente foggiate che ora contenevano nell'interno come in E, ora lateralmente come Del Sic. Filippo Re. 17 come ili C lasciavano apparire una piccola gallozzola che mo- strava chiaramente di avere dato ricovero ad un insetto . Già vi sarà tosto comparso il cambiamento notabilissimo avvenu- to nel pednncolo che forma il carattere distintivo della spe- cie, il quale è affatto sparito, mentre i rami che avevano le ghiande ne erano forniti ed avevano benissimo il carattere che dà a questa specie Wildenow . Quercus foliis oblongis sub- sessUìhìis glabrìs sinuatis^ lobìs rotundatis ^ fructìhus oblongìs pedunculaùs e potevasi applicar loro ancora il nome clie a quest'albero dà V Enciclopedìa di Q- racemosa. Le Rose per lo più immediatamente erano aderenti al ramo; o al più al più vi erano unite da un brevissimo ma grosso peduncolo e dovendole descrivere botanicamente direi che erano subsess'des. Osservate ora le pareti DD del calice. Esse hanno acc[uista- to nn volume quasi tre volte maggiore di quello che hanno allorché cresciuti regolarmente accolgono la ghianda. Voi già comprendete a colpo d'occhio che il fenomeno deriva dall' essersi sviluppate le tante fogliette ineguali embriciate che nell'ordine naturale si uniscono fra loro e verisimilmente im- pedite dalla fecondazione del germe cui contengono di spie- garsi formano la cupoletta en)isferica e coriacea dalla quale risulta il calice o come voi con tutti i moderni dite il peri- gonio . Ora a me non sembra punto diflicile attese le particola- rità notate sopra il rendere la ragione di una tale mostruosa, o morbosa produzione . È certissimo che là dove si tagliano più spesso ed in copia rami maggiore quantità concorre di umori . Questa deve necessariamente scorrere per le nuove produzioni cui determina ed infatti vediamo che nelle parti di un albero che si potai'ono sempre più rigogliose spuntano le nuove messe , e particolarmente se la pianta sia in buon terreno e nel vigore dell'età. Per ciò avviso che uno degli effetti prodotto dalla estraordinaria copia dell'umore nelle no- stre Querele , che crescono in ottimo fondo , locchè ho tra- scurato d'indicarvi prima, quello sia di cacciar fuori gli em- Tom. XVII. G 1(5 SoPi'.A ALCUNE Rose di Oulrcia et;. l)rioni della fruttificazione senza lasciar tempo ai peduncoli di alliingaisi . Ciò credo facciasi in un modo analogo a tjuel- lo che avvenire si osserva in alcune erbe, come p. e. frequen- lemente vidi nel fiore chiamato volgarmente Granbretagne llyacìnthus orìentalis fl. pieno in cui talora sorge dal bulbo uno stelo grosso assai ina cortissimo, si veste di fiori gran- dissimi ma pochi e mostruosi assai diversi dagli ordinar] , e tal mostruosità la vidi accader sempre negli anni in cui do- po la pioggia tutt'ad un tratto la stagione incamminasi al caldo, e si mantiene umida, ed in indi/idui posti in un suolo piut- tosto ricco. Nell'ordine naturale della vegetazione le parti della fruttificazione splegansi a poco a poco, e quando gli or- gani generatori hanno compiuto al loro ufficio, allora tutto il magistero della natura è intento a peifezionare il seme. Fecondato questi attira a sé il migliore e più elaborato suc- co ; nò può il c;alice Inssureggiare in foghe o brattee che vo- gliansi dire . Ma nel caso nostro la fecondazione non succede perchè la troppa forza dell'umore sviluppa le parti del calice o perigonio in modo che non può quella aver luogo, o ancora perchè il rudimento del germe per eguale motivo non rima- ne atto ad essere fecondato . Che se pure per un momento vogliasi supporre eseguita la fecondazione il seme viene mal nudrito perchè per la maggior forza di vegetazione che han- no le parti del calice, non può avere il conveniente alimen- to. Come poi possa talora il frutto in qualche modo mostiarsi in abbozzo credo s'intenderà applicando ai lobi della ghian- da ciò che ho detto nella mia Memoria su le frutta senza se- me. Tali accrescimenti sono parziali. Nelle ghiandine da me esaminate non lio potuto trovare vestigio dell'Embrione . Dun- que in questo caso i soli lobi alquanto si formarono al mo- do con cui un pericarpio può svilupparsi, comunque non mai perfettamente, ancorché privo di semenza. Dopo tutto ciò e non vi sembra, amico, ragionevole la mia opinione che il fe- nomeno delle Rose quercine non agli insetti, ma attril)uire si debba piuttosto alla quantità dell'umore accumulato nell'an- Del Sic. Filippo Re. 19 no della potagione dai rami nuovi al sommo vigorosi? Certo è che sempre minore e più rade volte avviene il fenomeno in quelle Querele ( Roveri del contadino ) clie si veggono al monte, che in quelle poste alla pianura, e che finalmente quando sono piantate in terreno più fertile ed umoroso mag- giore è il numero delle sinora descritte produzioni. Quella di cui vi ho presentato il disegno era sopra un individuo che ne aveva moltissime, e suole produrne assai. Vegeta in otti- mo e profondo terreno , lungo un fosso ma che non è sem- pre pieno d'acqua. Non voglio tacervi che quest'anno ap- punto sulle Qiiercie oravi un numero grandissimo di quelle Gallozole che gli entomologisti cliiamano /^o/jK^/^^^/awrt' ; e ve- rosimilmente l'insetto che le produce è il Cynìps Quercus ter- mìnalìs di Fabricio . L'essersi costantemente da me osservato che in tutte le rose eravi internamente nel centro sebbene in miniatura ap- pena visibile l'abbozzo del germe, vi confesso che mi fa sem- pre più inclinare a quella opinione che vuole preesistano gli embrioni delle semenze alla fecondazione. Non è già che io imagini che p. e. sulla prima quercia creata si contenessero gli embrioni di tutte quelle sementi che dovevano produrre tutte le querele da essa derivate. Bensì penso che ogni pian- ta vegetando produca gli embrioni di quei semi la feconda- zione de' quali assicurar deve la successione della specie. Ma qui mi rissovengo il nQtissimo tradidit mundum dìsputatìonì eorrim , e quello che è più vero specialmente in questo argo- mento dedit liomìnìhus occupatìonem pessìmam , e jierciò non aggiungo parola contentandomi di assicurarvi che tutte le os- servazioni che a bella posta ho volute f:\re esaminando i pi- stilli e l'ovaja mi confermarono nell'opinione dei germi pre- esistenti . Forse scorrendo questa mia avrete concepito desiderio di sapere in qual classe , genere , e specie della mia Nosologia io abbia collocata la produzione di cui v' ho tenuto ragiona- mento sin ora, e rai sembra siate curioso che ve lo indichi. 20 Sopra alcune Rose di Quercia ec. Amico dopo avere pubblicato il mio Saggio Teorico Pratico sulle malattie delle piante in cui sviluppai i principj indicati nella Nosologia inserita nel volume XII delle Memorie della Società Italiana delle Scienze, ho voluto esaminarlo con tut- ta queir imparzialità che può avere uno che si dimentica vo- Jontarianiente di essere l'autore di un'opera che gli costò qual- che fatica . Da questo esame ho dovuto convincermi che è somma la difficoltà di stabilire i generi delle malattie dei ve- getabili e circoscriverne i caratteri in maniera tale che non rimangano dubbj nel riscontrarli , e che non siavi pericolo di confonderli uno con l'altro. Anzi porto opinione, che quelli i quali d'ora innanzi si vorranno consecrare alla Patologia dei vegetabili, se veramente abbiano intenzione di essere uti- li all'agricoltura, la quale abbisogna dell' ajuto dei migliori fisici-botanici onde essere ben illuminata intorno a questo ri- levantissimo oggetto, debbano descrivere ciascuna malattia iso- lata e notarne senza prevenzione le menome circostanze e so- prattutto .particolarizzarne l'origine o dirò meglio il princi- pio , il corso , e gli effetti apparenti . Debbo confessare che quanto più ho meditato intorno a questo ramo di scienza ve- getale 5 che mi ha sempre occupato tanto più vado confer- mandomi nella opinione di non doversi per ora pretendere ad avere un sistema di Nosologia , o certamente non istabilìrlo come sioiuo , e voler tutti i fenomeni delle infermità delle piante spiegare o classificare. Se mai mi verrà voglia di l'istam- pare il citato mio Saggio procurerei certo di non dipartirmi da quanto ora vi dico . Con tutto questo però non crediate che facilmente potes- si poi indurmi ad abbandonare certi principj esposti in quei mio lavoro. Un fisico rapito immaturamente alle Scienze avreb- be voluto che tutti i morbi da me descritti nelle prime quat- tro classi del mio sistema li avessi unicamente dedotti sul no- tissimo principio di Brown . AI contrario un altro che pochi mesi sono in età senile cessò di appartenere a quella Società che seppe mantenersi in tante calamità d'Italia nel suo ori- Del Sic. Filippo Re. 21 mo vigore mi ripiendeva sempre quantunque amichevolmente perchè in parte lo avessi seguito. Trattava di chimera direi quasi le parole stesse di Eccitabilità, Astenia, Stenia ec. Ma che volete che io vi dica? La mia maniera di esaminare i fatti riferiti dei quali gran parte è passata innanzi a miei oc- chj non mi permise di addottare, né di escludere affatto cer- ti principj . Non mi condannate, se vi dico che senza lasciarsi trascinarci da quello spirito di setta che tanto nuoce allo sco- primento della verità, ovvero abbandonarsi alla imaginazione che fa travedere non posso cambiare opinione, locchè chiaro appariravvi se rileggerete i! proemio al mentovato mio scritto. Moltissimi poi mi hanno condannato per non aver io sul- le traccie di uomini versatissimi nelle fisiche discipline am- messa pienamente l'analogia fra gli esseri animali e vegetali, e non approvasi averla io talora riconosciuta ed altre volte no . Chiunque però vorrà senza prevenzione esaminare i fatti non potrà a meno di non riconoscere delle relazioni grandissime tra gli esseri organici, ma troverà che molte somiglianze, che a prima vista sembrano evidenti, cadono e svaniscono, qua- lora noi guardiamo la cosa davvicino . So che da taluno si è lodato il Zallingero per avere col suo sistema di Nosologia vegetale dimostrata appunto la grande somiglianza che passa fra l'animale e la pianta. Pure quando veggo ch'egli mi pre- senta i vegetabili soggetti al Vajuolo, alla Peste, al Diabete, alla Diarrea ed altrettali ritengo ch'uno scherzo sia questo suo sistema appunto per mettere in ridicolo ì fautori della pienissima analogia . Né certo sarò mai persuaso che un no- ino di buon senno avvisi che l'autore abbia parlato da senno. Il Sig. Seetzen nella sila Memoria Systeniatum generalìorum de morbis Plantarum hrevis diiudicatio inclina molto in fa- vore del Zallingero cui però saviamente accusa l'avere spin- ta troppo oltre la cosa e loda in preferenza il Fabricio che ha anch' egli nelle sei clnssi in cui divide la sua Nosologia vegetale seguita l'opinione generale di quelli che ammettono la perfetta analogia . Io m' avveggo di essere nel numero mi- 22 Sopra alcune Rose di Quercia ec. nore . Pure non so convertirmi e allor solo potrei cambiare di sentimento quando mi si mostrerà negli esseri animali mi fenomeno esattamente analogo all'innesto. Né io mi conten- terò già di vedere una cresta di gallo unita al capo di un al- tro gallo crescere od un unghia, ma voglio che un pezzo di un animale, anche di quelli che divisi p.e. Actinia, Hydra ec. in parti da ognuna, secondo il dire di alcuni, danno origine ad un nuovo individuo, innestato sovra un individuo della sua specie se gli unisca in modo da produrre nuovi esseri a lui simili . Siccome poi tutto questo mio discorso sarà trattato di rancidume oggi che, e giustamente, nelle cose fisiche si vuo- le essere istruiti dai fatti, io voglio recarvene uno che mi dà campo a parlarvi di una malattia di cui non feci menzione, e l'esame e cura della quale spero farà fede non aver io tor- to se vada cauto avanti di ammettere la totale analogia fra l'animale ed il vegetabile. Il nominato Zallingero nella quarta classe del suo Siste- ma , la quale contiene le Cachessie fra le specie del genere sesto che abbraccia le Cachessie anomale mette la Trichoma, o Plica alla quale fa corrispondere il nome tedesco Haarflechten cioè treccia di capegli. Di questa malattia appunto di cui non 80 come sempre tacqui, comunque da me veduta e curata, è intenzione farvi breve cenno in prova di quanto sopra ho a- vanzato . Avviene frequentemente il vedere piante che si coltivano nei vasi come i Garofani e gli Agrumi, particolarmente tra ì primi qua' che si vogliono fioriti fuor di stagione, cacciar fuo- ri una straordinaria e copiosissima quantità di radici, ma di una piccolissima mole a segno che veramente possono somi- gliarsi affatto ad una treccia di grossi capegli . Sapete che un similissimo fenomeno accade nelle piante coltivate per terra qualora o si trovino in un terreno estremamente ricco, ov- vero quando s'insinuino entro ad un condotto d'acqua od in luogo umido le quali ultime due circostanze più frequenti oc- corrono in aperta campagna che la prima . Io non ho repli- DelSig. Filippo Pi E. 2,3 fati gli sperimenti di Duhamel; ma ho veduti più volte er- he 5 arbusti, e particolarmente vecchie piante di fico poste in vicinanza di luoghi umidi cioè pozzi, e scoli di cucine for- mare code di volpe anche con danno di qualche muraglia a traverso la quale s'insinuavano. Io preferisco di chiamare que- sto morbo M icrorhyzomania e di rigettare quello di Plica sem- brandomi che meglio si presenti l'idea della cosa, e preten- dendo che il secondo nome vada rigettato perchè assolutamen- te offerisce un'idea falsa applicata al caso nostro . In due oc- casioni presentasi come ho detto questa malattia cioè qualora il suolo sia ricco soverchiamente, o troppo umido. Nelle pian- te poste nei vasi quelle, che costantemente me ne presenta- rono di più furono quelle che si vogliono fomite di bottoni e vestite di fiori o nel colmo della cattiva o nel principiare della buona stagione . I concimi più sostanziosi come il leta- me di cavallo , le vinacce , e talora la colombina e la polli- na si profondono a queste piante . Appena terminata la fio- ritura, e talora prima vanno a male irreparabilmente. Meno tristo e meno rapido è il danno per gli Agrumi perchè né tanta copia ad essi profondesi di letame, e diverso metodo adoperano in coltivarli. Ma se un vaso p. e. di violette, vio- laciocche e simili trovisi per mala conformità datagli, dal va- sajo , o per essere mal situato, costretto a non potere scola- re l'acqua, trovasi pure d'impiccolite, ma copiosissime radici abbondare . Oltre a ciò nel primo caso per lo più la pianta muore col disseccarsi, e nel secondo col marcire; e mentre in quello si mostra almeno per un gran tempo robusta , in questo prestissimo languisce . Duhamel trovò che le radici vissute in mezzo ad un soverchio umido trasudavano una so- stanza gelatinosa; e certamente a me pure avvenne talora ve- derne rilucenti come da una vernice, e dal tatto molli assai mi riuscirono . Nulla di ciò per quanto abbia indagato atten- tamente ho potuto vedere nel primo caso . A questo morbo però , oltrecchè facilissima ne è la preservazione col conci- mare ed innestare giudiziosan.ente, difficile non è nella quasi £l4 S.:;'!'.! ALCUNE ilo.-E DI QaF.RCI\ PC. totalità de' casi il rimedio, purché non si lasci di troppo avan- zare. E valga il vero. Non havvi tanto zotico giardiniero che non sappia die recidendo moderatamente la più minuta par- te delle barboline soverchie la pianta, trattandosi della pri- ma delle due indicate specie, di nuovo si riinette. Egli non ignora che se lascierà tutte le radici essa perirà certamente . Più diflìcile è la cura delia seconda sorte. E cosa da me le mille volte verificata dalla stessa mia propria esperienza che nelle piante, specialmente se delicate è più facile il preve- nirla, che non il medicarla. Anzi a dir vero non sono stato che ben di rado felice nell' ottenere la guarigione di piante infette . Pure ne ho risanate con un metodo curativo affatto simile all'altro, e quando sono stato pronto alla cura tra que- ste ancora poche mancarono . A buon conto bisogna comin- ciare a recidere le barboline capellute, e tante ne vanno re- cise che rimangano alla pianta solamente quelle radici che secondo la diversa qualità, possano essere proporzionate alla sua parte superiore. Avvertii però che fa d'uopo usare mol- ta destrezza nel mane£ro-iarle . Manririore deve essere se trat- tisi di erbe. Ma non mai però pongasi mano all'opera quan- do il nodo della pianta sia erba sia legnosa veggasi offeso, ancorcliè ciò fosse in principio. Fatta l'amputazione si rinno- verà la terra intorno alla pianta colle avvertenze generali che non è di questo luogo ripetere . Per quanto vogliasi fare astrazione da qualunque sistema neir assegnare la cagione di questa malattia credo non possa esservi alcuno il quale non la trovi nel primo caso provenien- te dalla soverchia quantità di nutrimento che riceve la pian- ta . Questa da prima si rinforza è vero ma a poco a poco in- ferma perchè astretta a fare delle produzioni troppo abbon- danti ed in un tempo non suo, quando la natura assegnolle un dato periodo onde compire ciò che l'uomo vuole in bre- ve tempo. Nel secondo caso bisogna attribuire il male all'es- sere astretto il vegetabile ad alimentarsi di copiosissimo umo- re sì, ma di una natura tale che induce in lui una debolezza di iJy'àytast t.^/oc. <^ri//. '^^m. XVH, /"^ "-T- ^ '''■ -'-t- ^y^if/Tr- •^^fi>'tca. ^-^oc^m/.'^Taìn. xvn /'"'^ "-t Del Sic. Filippo Re. 2,5 • di vasi per cui si fa una copiosissima traspirazione di mate- ria mucilaginosa dalle radici estremamente moltiplicate onde è spinto per lo più ad inevitabile morte. Il taglio pronto del- le troppe barboline è la prima operazione da farsi per risa- narle . Poi bisogna sottoporle ad una conveniente dieta . Ora trovo ne\ Bertrandi Voi. IV, pag. aio e seg. nelle quali trat- tasi della Plica che la maggior parte degli autori asserisce che se taglinsi i capegli o gli altri peli anche a certa distan- za dalla loro origine gettano sangue, e che Helwìg assicura di avere veduto nel i653 accadere per tal recisione un emor- ragia mortale in un giovine polacco . Questa malattia che il nominato Professore colloca fra le malattie cutanee viene cu- rata con lozioni fatte col decotto di Branca orsina . Or voi versato egualmente nei misterj dell'arte salutare ed in quelli della Fisica vegetale deciderete se male m'apponga negando di seguire coloro che trovano in tutte le malattie delle pian- te di che paragonarle a quelle dell'animale. Sono ec. y Tom. XVII. B 2Ó OSSERVAZIONE DELLO SQUARCIAMENTO DELL'UTERO IN UNA PARTORIENTE PARALITICA Del Sic. Vincenzo Malacarne . Ricevuta li 29 3Taggio 18 14. .1 Ln alcune difficoltà del parto allorché la matrice con forza grande si contrae, e dagli sforzi validissimi della partoriente viene spinta indarno contro il feto e già da lungo tempo du- ra così lagrimevole contrasto fra la viscera , che contiene e spinge un fascio di sostanze per essa di fatale ingombro, e di molestia oramai insopportabile, e le sostanze medesime che non trovano la via di sgombrare ; allora a gran ragione te- miamo noi ostetricanti di quella viscera importantissima lo squarciamento , per cui o tutto intiero il feto o qualche di lui parte, o membro passi nel ventre della madre: disgrazia che per lo più reca la morte al feto, o alla genitrice, o ad ambedue . II. Egli è noto, che il celebre parigino maestro dell'ar- te ostetricia Gregoire asserisce d'aver nel corso di soli treni' anni osservato sedici volte questo luttuoso accidente; né igno- riamo quanto a noi tramandarono su tale argomento mercè la diligenza loro nel raccogliere i casi di maggiore momento in chirurgia, e in ostetricia il Rousseiti, lo Sckenckio ^ Tom- maso Bartolino , lo Straussio, V Ildano Fabricio^ il Saviard, il Velschìo, il Mauriceau , gli La Motte, Eì stero , Levret , Mon- roo, Crantz, Van Swieten, e ( perché non sembri noi ceicar- ne soltanto fra gli stranieri le testimonianze, quasi poco cu- ranti in cosa di tanta importanza quelle, che i solleciti Na- zionali nostri abbondantemente ci somministrarono ) della stes- Del Sic. Vincenzo Malacarne. iìj sa lode si resero partecipi in modo singolare, il Morgagni, il Santorini , il Bianchi Anatomico rinomatissimo Torinese, il Tanarone, il Nannoni, il Valle; né mi sarebbe a picciola mancanza imputato se fra molti altri Italiani non distinguessi Ambrogio Bertrandi già mio Professore amorosissimo, di cui la destrezza nell' osservare, la chiarezza e l'esattezza nel de- scrivere, l'ingegno, e l'acume nel paragonare, e nel classi- ficare opportunamente le osservazioni, e le riflessioni altrui, credo che a nissuno della famig4ia A^ Esculapio siano ignoti; il Bertrandi adunque nell'aureo suo trattato di ostetricia, al capitolo Dell' utero nelle doglie del parto squarciatosi , che fino dall'anno 1764 nella R. Università di Torino a numero- sa scuolaresca spiegò con ammirabile eleganza di stile , pro- prietà di oidine, opportunità, ed abbondanza di precetti, e di suggerimenti, e squisitezza di osservazioni anatomiche, e patologiche sostenute da vasta erudizione , comprendendovi quanto si potea desiderare intorno al nostro argomento, por- tava opinione che la detta lacerazione dell'utero per lo pili dipendesse ora dalla crudele impazienza delle Mammane, che mettono le gravide su gli sforzi, e gli premiti avanti che il collo dello stesso viscere siasi abbastanza sviluppato, e assot- tigliato il margine dell'orificio; ora dalla poca destrezza de- gli ostetricanti nell'impiego degli strumenti. III. Le quali cose possono per dire il vero concorrere a cotesto disastro ; ma non bisogna escludere dal novero delle caffioni del medesimo il morboso assottigli^imento dell'utero in alcuna sua parte premuta contro qualche porzione elevata d' osso materno da membro più solido del feto , e più sotti- le, come nel caso, che siamo per esporre ( ved. 5- xxvii.), del che non conosco Autore, che abbia fatto parola, e però siamo per dare un esempio nel presente; e tanto meno la debolezza, e la macerazione morbosa dello stesso utero sia infiammatoria cronica, sia purulenta, o semplicemente siero- sa ne' siti dove non arrivano i bitorzoli della placenta; la quale pressione dalla indebita positura del feto diffìcilmente correg- a8 Dello squarciamento dell'Utero ec. gibile sia già lunga, valida, e costante, e gli sforzi della vi- scera contenente si succedano a corti intervalli, onde la re- sistenza di cotesta porzione compressa, e attenuata, non pos- sa riacquistar il tuono , il vigor naturale . IV. Comunque sia })redisposta la cosa, è certo, che la matrice non di rado si lacera o prima del termine ordinario della gravidanza , o nel tempo del parto : in fatti Lorenzo Eistéro asserisce di avere veduto il Lracciolino di un feto pen- dente dalla vulva mentre chj3 il corpo ne era tuttavia nell' utero, e il capo passato nella cavità del ventre. U Albino e il De-la-3Iotle narrano di avere osservato il capo disceso giù nella Vagina; il corpo nell'utero, e i piedi penetrati per la sommità del medesimo viscere nel sacco del peritonèo, spinti e visibili a livello del diaframma. Fabricio lldano , il Mau- riceau ^ e lo stesso Tommaso Bartolìno nel suo celebre trat- tato = De ìnsolìtis Partus viis = non hanno essi veduto di varj feti il capo fuor uscito dal fondo dell'utero nella ora detta cavità, rimanendo il corpo tuttavia nell'utero li due primi, e il Battolino un braccio fuori della vulva, ed ambi- due i piedi usciti per la sommità della matrice fra le inte- stina ? V. Io pure , che ho dovuto estrarre col taglio dal sacco del peritonèo due feti maturi in due donne usciti dal corpo dell'utero lacerato, ne' premiti del parto a tempo debito; e un altro, che con la medesima operazione venne estratto dall' abdomine dove in simile circostanza erasi introdotto per una vasta lacerazione della matrice a parte destra fattasi poco me- no di due pollici al di sopra del collo della stessa viscera , dal mio collega Penchìenati già Professore nella Università di Torino, prendo occasione di trattenervi su questo argomento da due casi a me sembranti particolari , de' quali ho fresca memoria , ed esatto registro . VI. Il primo risguarda una femmina paralitica dalla me- tà del corpo in giù ingravidatasi , che giunto il tempo del parto maturo, ad onta d'ogni diligenza impiegata, a cagion ■^ Del Sic. Vincenzo Malacarne. 3.9 della morbosa prominenza in avanti del corpo delle due ver- tebre inferiori de'lumbi ( dal difetto delle quali può avere proceduto la paraplesìa pertinace) n'ebbe lacerato nella sua parte posteriore il fondo dell'utero con la uscita di un pie- de fino a' malleoli, e ciò nulla ostante ivi anche dopo la mor- te, e lo sventramento continuò questa lacerazione a strozza- re con tanta violenza il piede piombino e tumidissimo cui avea dato esito, che per liberarlo da tale strozzatura fu d'uo- po del ferro tagliente per dilatare l'orlo nero e crespo di quella micidiale apertura . Fenomeno morboso affatto nuovo per me, al quale però debbo la spiegazione della invincibile difficultà, che si oppose alla estrazione del feto da quell'u- tero, a segno di stancare il corpo e l'anima sensibile ma coraggiosa di tre, che ponemmo inutilmente le mani alla lut- tuosa operazione , che verrò descrivendo . VII. Il secondo è d'una donna cui dopo una lunga e spu- ria infiammazione di un lato della matrice della ovaja e del la tromba corrispondente , si lacerò la medesima , e ne uscì il feto immaturo; delle quali cose le circostanze funeste me- ritano a pubblica istruzione di non rimanere occulte ; onde serviranno d'ariromento a un altro discorso. "a^ ISTORIA DELLA MALATTIA. VIII. La moglie di un Mugnajo (*) , madre già di tre fi- gli , in età di trentacinque anni dopo di essere stata colpita dalla paralisia perfetta d'amendue le estremità inferiori pre- ceduta da lombagine dolorosissima, e dalla claudicazione, che progressivamente cangiossi nella impossibilità di muovere né gambe , né coscie , quantunque vi avesse la naturale sensibì'» lità, si trovò gravida, ed al termine consueto de' nove mesi ebbe le solite doglie , ma lente del parto , che la tormenta- ci) In Aqrui , alla Jilolinetta fuori della porta detta de' Bagni , addi 14 di Aprile l'anno 1778. 3o Dello squarciamento dell' Utebo ec. reno tre giorni continui avanti che io fossi richiesto di visi- tarla, come feci alle dieci italiane della mattina. IX. Esplorando incontrai tosto il braccio destro nella vul- va , né più oltre avanzai la mia mano finché non arrivò la coniare (*), che mi riferì essere già passati tre giorni dalla effusione della idratnnios improvvisa, e senza doglie gravi; che essa avea tentato in ogni maniera di far discendere il capo, che avea sentito in alto a sinistra poco distante dall' orificio della matrice, ma invano (come era naturale ) sicché non sapea né fare, né proporre altro fuorché di strappare, o far tagliare il braccio alla creaturina per levar via l'impe- dimento alla testa di dicendere , o andare in traccia de' pie- di, e che per ciò era stato chiamato io a dire il mio senti- mento e suggerire qualche mezzo di calmarne le doglie , e le convulsioni quasi di mal caduco da poche ore insorte, che di tratto in tratto mettevano la inferma quasi alla agonìa : soggiunse poi a forza delle interrogazioni mie . X. „ Novi ha perduto per verità molto sangue la pove- „ retta; ma gli svenimenti, e le convulsioni, che la pren- ,, dono frequentemente , fanno temere che possa morirne . „ Queste convulsioni e questi svenimenti cominciarono „ la sera passata verso le ventitre ore mentre che io spin- „ gea con qualche forza il braccio in su verso la parte drit- „ ta lusingandomi che la testa poco lontana dalla bocca della „ matrice a sinistra avrebbe potuto strisciar in basso , e la „ donna piìi facilmente avrebbe partorito. XI. „ Allora il bambino si mosse con impeto sì, che la „ poverella dicea di sentirlo a strepitare : allora pure prin- „ cipiarono le convulsioni , scrosciavanle i denti , che facea „ paura ; il ventre al petenecchio diventò duro come una „ pietra ; più la donna mise uno strido acutissimo dicendo „ con voce interrotta, che si sentiva a stracciare proprio il (') Maria Bagotta di Aqui . Del Sic. Vincenzo Malacarne. 3i j, core, né io la toccava più abbasso; parean tutto fuoco le „ carni , e la faccia infiammata . „ Tosto dopo quello strido impallidi, voltò gli occhi, le ,, vennero i sudori freddi al viso e al collo, e divenne gial- „ la come un cadavere per tutto il corpo senza muovimeuto „ e senza respiro , XII. „ Le bagnai la fronte , il naso , i polsi con aceto „ forte ; le posi in bocca col cucchiaro fra i denti , che te- ., neva serrati , due volte lo stesso aceto che la ristorò , e „ mandai subito pel confessore , e un medico o un cerusico „ perchè le facciano quel die bisogna . Intanto le ho dato ,5 qualche volta del brodo ; ma stenta a mandarlo giù . „ Circa il sangue, era paralitica, e non ho ardito di far- „ lene cavare : e poi dalla matrice non era uscito se non l'ac- „ qua ordinaria; e due o tre cucchiarate di sangue nero quan- „ do fu presa da quelle convulsioni, che l'hanno fatta an- „ dare in svenimento „ . XIII. Avute queste informazioni, e scoperta la donna che era distesa quasi alla sponda destra del letto, trovai fredda la manina fra le labbra della vulva gonfie , e fredde : persi- stea la durezza del ventre dall'anello ombelicale in giù; e si sentia duro e per cosi dire ingruppato il corpo della matri- ce, davanti al quale si toccava un altro pallone elastico, e supponendolo fatto dalla vescica piena di orina mal non mi apposi, poiché introdotto il corto catetere senza grave diffi- coltà per l'uretra, ne estrassi un buon boccale; terminandosi questa evacuazione, la puerpera distendendo alte le braccia, con un = OH Dio ! = di consolazione mostrò di sentirsi sol- levata: m'interrogò se avea partorito; e avendomi riconosciu- to mi si raccomandò lagrima ndo . XIV. Pruovai con le dovute cautele ed unzioni tiepide d'introdurre la mano nella vagina per farmi strada all'utero, ma mi si presentò l'orificio di questo chiuso con tanta forza, e di una tanto squisita sensibilità, che tentando di penetrar- vi almeno col dito si rinnovarono le agitazioni convulsive, e 'àa. Dello squarciamento dell'Utero ec. lo strider de' denti con irrigidimento della spina inarcantesi, e i gemiti, e le sospensioni del respiro, che per qualche mi- nuto non si Iacea che a sbufli. Desistei da ogni altro tenta- tivo; le ordinai trenta goccie di tintura anodina in una emul- sione d'amandorle nell'acqua trlacale fredda da prendersi in tre volte in due ore; un salasso di dieci oncie dal braccio; e fomentazioni di malva tiepide sul ventre, e sulle parti ge- nitali . XV. Passate due ore tornai dalla malata, che non avea più quella prominenza, e splendor terribile degli occhi , quel- la turgidezza delle vene, e quel fosco rossore alle guancie , insorti dopo il mio primo leggerissimo esperimento ; i polsi aveano rimesso molto di quella pienezza e strettezza dura al- ternative , che accompagnavano le convulsioni ; e potè rice- vere i Sacramenti della chiesa, che col battesimo condiziona- le del feto, le feci tosto amministrare. Tranquillizzatasi cosi alquanto la donna e bene unta col burro la mano tiepida con un dito dopo l'altro respinsi il picciolo braccio di maniera che potei con qualche facilità scostarne il fianco dell'orificio, il quale trovai più arrendevole sì, che la mano vi entrò, né mol- to tempo impiegai ad abbrancare un piede, che fu il destro; e trattolo quasi alla vulva, tanto feci, che applicai un laccio molle ai malleoli , e non potendo fare altramente a cagione del braccio, che occupava tuttavia parte dell'orificio, lo ri- condussi nell'utero, e mi occupai nella ricerca dell'altro piede. XVI. Tutto, fino al momento che, sentita la forcatura del feto, abbrancai nel miglior modo che potei la coscia driz- zata verso il fondo dell'utero per piegarla in basso, e arri- vando al ginocchio e piegandolo, impadronirmi della gamba trarne il piede fuori dell'orificio, tutto, dissi, fu accompa- gnato da quiete e docilità si strana della donna, che mi pa- reva un miracolo: ma al primo tratto della coscia in dietro, e in giù la infelice diede un tale balzo con tutto il tronco, e menò uno strillo sì acuto e penetrante, che restammo tutti sorpresi e immobili : e sì , che non avea fatto violenza , nò preci- Del Sic. Vincenzo Malacarne. 33 precipitato nulla, ben cauto per esperienza in operazioni, e ia parti cosi delicate . E qui ricominciarono i sussulti, i tremori, lo stridere co' denti, e il lagnarsi con parole interrotte da gemiti, e da sin- ghiozzi che le si strappava il cuore , che le si stracciavano le viscere , ed io cessai da ogni muovimento di mano , o di dito, procurando di confortare, e tranquillizzare la misera, che ciò non ostante diede in nuova convulsione proprio del- la matrice, cosi veemente, che torpida mi si fece la mano, col granfo dalle dita sino al gomito, onde mi fu giuoco for- za r estrarla, il che a motivo della contrazion simultanea del colio della stessa matrice fu difficile assai a me, e tormen- toso per la donna . XVII. Vennero dietro alla mano a spruzzi alcune cucchia- jate di sangue fluidissimo, caldissimo, facendo per la vagina un insolito susurro . In tal caso qual partito prendere? Che cosa mai credere, che si opponesse tanto pertinacemente, e con la conseguenza di tali sintomi , al seguitarsi dal pie dei feto la direzione che gli venia data dalla mia mano ? Feci ripetere le fomentazioni all'ipogastro , anzi a tutto l'abdo- mine; unzioni anodine alla vagina, al pie del feto già assi- curato col laccio , che era ivi nuovamente disceso , lavativi calmanti ed aniollienti ; e quando fu ridotta la puerpera in sufficiente stato di quiete ripigliai la operazione, facendola cangiar di situazione : e provai perfino di trarre nella vagina tutte due le braccia per mutarle la direzione del corpo , e del capo del feto, affinchè si mutasse quella della gamba im- mobile , della di cui inflessibilità ed ostinazione ignorava la cagione ; tre volte in diversi intervalli ripigliai così penoso lavoro , ma tutto indarno . XVIII. Finalmente accusando io stesso la mia mano, ben- ché di non grande volume, e di assai lunghe e pieghevoli dita, e sufficientemente robusta, invitai la Mammana a pruo- var se la sua più morbida riescisse più felicemente, e risto- rata la inferma con la mistura utilmente somministratale di Tom. XVII . E 34 Dello squauciamejnto dell'Utero ce. quella mattina insegnai alla suddetta il sito dove trovavasi il ginocchio da piegarsi e la direzion , che, affiu di arrivarvi più tosto, dovea prendere nell'utero; adagiammo convenevol- mente la femmina, e la levatrice con disinvoltura insinuata la mano unta la portò al femore immobile, mi assicurò d'a- verlo abbrancato a dovere, e cominciò a trarlo con dolcezza in basso, poi credendo dL poterlo col piede, che però non potea discernere, nella vagina portare, nulla ottenne. Ripi- gliarono le convulsioni, e i clamori della puerpera che pe- netravano i cieli , e i nostri cuori : compressa la mano e il braccio dalla violente contrazione dell'utero, se ne istupidì, e sentendosi a svenire fu costretta di cavamelo . XIX. Vedendo riuscire inutili tante pruove, sendosi già battezzato il feto poco dopo del mio arrivo , e riconosciuto morto, mi disposi, ma invano, alla Embriulcia, che né la inferma né i parenti vollero ammettere. Mi era al fianco un mio allievo (*), che aveva già estratto diverse placente, e feti mal collocati, con esito felice: mi offri di sperimentarsi anch'esso; vi si adoperò ingegnosamente, e con coraggio, e vigore; pieno di speranza, e di buona volontà, come si of- ferse a questo novello tentativo piena di fiducia la già quasi nioriente donna. Appena però penetrato con la mano, e ab- brancato, com'egli assicurava, il femore, tutto il braccio gli s' istupidì come se da torpedine avesse ricevuto fortissima scos- sa : e la sventurata donna stridendo e lagrimando compassio- nevolissimamente a noi tendendo le mani supplichevoli ci scongiurò, che la lasciassimo terminar di vivere senza costi'in- gerla a sg XXX. Cotesti vasi di calibro differente avrebboiio ammes- so questi la punta di un tenue ago , ed altri fino anche il capolino dell'ago medesimo. Di alcuni il corso era diretta- mente verso l'utero nella superfìcie interna del quale pene- travano , altri dopo breve tragitto si ripiegavano , e serpeg- giando andavano senza diramarsi per la muscosità dell'accen- nata superfìcie, divenendo sempre più appiattiti quanto fa- ceano più lungo serpeggiare , come quelli di cui abbiamo da- to notizia parlando della superfìcie esteriore della corion . XXXI. Là dove poi la placenta assottigliandosi termina in circolo sopra la corion contro l'utero, quella cellulosa, che allora dicevamo , acquistando robustezza quasi legamentosa forma varie listarelle che rendono più ferma l'aderenza fra là corion e l'utero, e sotto di queste nel cadavere, die io esa- minava i vasi erano in maggior numero, più grossi, e tanto ampli di diametro all'uscir loro dalla sostanza dell' utero, che alcuni avrebbono ammesso il ceppo d'una penna di corvo. Appena entrando nella placenta vi si diramavano come la ve- na porta fa nel fegato, ed io gli considerai come seni venosi. Erano di tuniche moliissime, sottilissime; erano brevi; e i rami molto più brevi ne uscivano a fasci quasi come quelli, che sollevando la pia madre dal cervello se ne svellono e to- sto in gomittoletti muscosi si accartocciano. Confesso, che in sulle prime le considerai come diramazioni ultime delle arte- rie ombelicali, che in que'seni prolungati dalla sostanza dell' utero versassero il sangue loro affinchè si unisse alla circola- zione di quello della madre : ma col tempo fui convinto del contrario , cioè che appunto allungandosi dal medesimo ute- ro portano il sangue materno nel fegato uterino , dal quale la porzione interiore dello stesso fegato , o placenta , separa ed assorbe quel fluido, che solo è capace di somministrare al feto il nutrimento, e la vita. E tanto più ne sono stato as- sicurato l'anno ultimo scaduto dal risultato delle felici inje- zioni fatte da Gaetano mio Figlio per tutti i vasi d'una fre- sca placenta di gemelli, che si conserva a pubblica istruzione ^o Dello squarciamento dell'Utero ce. nel Gabinetto di Notomia Paragonata, di cui egli è pubbli- co Incisore , e Custode . XXXII. Molti filamenti poliposi elevantisi qua e là vi os- servai, le radicliette de' quali strappate da' tenuissimi vaselli- ni della bernocoluta placenta, vi producevano sopra un tes- suto biancastro muscoso assai più spesso nelle fessure , che vi separano i soliti bernocoli . Allorché rivolsi l'occhio, e la mano verso il lato poste- riore dell'uovo fatto dalle membrane non mi fu possibile di nulla distinguere pel nero colore , e la ecchimosi generale , che ivi tutto ingombrava , e avea reso il medesimo uovo in- dissolubilmente confuso, immedesimato con l'utero stesso. Il che attribuisco al continuo urto, che volendo portare la ma- no in su nell'utero per estrarne il bambino io m' accorgea d'essere costretto a fare contro la base dell'osso sacro, e il corpo delle due ultime vertebre lumbari, che in quella don- na paralitica, sempre obbligata a starsi sedente, avanzavasi innanzi , e diminuiva il diametro antero-posterior del catino considerabilmente , del che nel cadavere stesso avea fatto os- servare l'importanza per rendere laborioso il parto, e cagio- nare talvolta la morte del feto quando l'ostetricante lo vo- lesse imprudentemente accelerare; del qual difetto, e pessi- mo effetto , avea raccolto un esempio in Pavia in una racchi- tica attempata , che avea pure la sinfisi del pube alta due pollici e mezzo . XXXIII. Quell'utero non era opportuno per istituirvi os- servazioni relative alla direzione, e all'intreccio delle fibre carnose, onde verificarvi quelle delicatissime, che con tanta diligenza vi ha istituito il laborioso mio antecessore nella cat- tedra di ostestricia in questa R. Università Luigi Calza : il solo collo mi presentò sotto la tunica membranosa esterna do- vuta al peritonèo un collaretto circolare di fibre musculari brune intrecciate , rare ma robuste , sostenuto da densa cel- lulosa di color nero; del quale collaretto alto un pollice e mezzo la parte superiore si allargava a foggia d'imbuto su per quella Del Sic. Vincenzo Malacarne. 4' quella porzione inferiore dell'utero, che in cotesto non tan- to avanzato nella gravidanza avrà fatto l'istmo; la mezzana ne era confusissima , e più robusta, perchè dava attacco al- la sommità della vagina ; la inferiore era tuttavia corrugata verso l'orlo dell'orificio per la contrazione violenta, in cui era entrato nelle ultime agonie . XXXIV. Dal lato sinistro e posteriore tutto ivi era con- fuso , e infiltrato da sangue nero denso , come in una vera ecchimosi profonda : tuttavia dalla linea vertical centrale an- teriore del collaretto , rimossa senza difficultà la lamina del peritonèo , poi ogni aderenza , che ivi avea contratto l' inte- stino retto , ho veduto elevarsi un grosso e largo fascio di fibre palmate, cioè divaricanti a destra, e a sinistra, delle quali avremmo veduto posteriormente le congeneri, se lo sta- to enchimomatoso j e quasi necrotico di quella faccia dell'u- tero non ci avesse nascosto in gran parte l'aspetto pennifor- me del complesso delle medesime : ciò non ostante osservam- mo , che quanto più si avvicinano le fibre di questi muscoli alla sommità della viscera , tanto più si diradano , e formano liste palmate anch'esse obbliquamente dirette verso i lati, e in su , partendone successivamente liste più sottili dal fascio centrai verticale (*), e maggiormente appiattite. XXXV. Elevatosi però il muscolo penniforme anteriore ( e ciò più visibilmente su questa, che sulla faccia opposta ) sino alla altezza della emersione delle trombe ( che qui come negli altri uteri occupati da feto maturo, ne escono poco me- no che fra il quarto e il terzo della altezza del viscere ) si nasconde sotto quella specie di fionda musculare, che abbrac- cia e cuopre tutto il fondo , e scende a' lati per concorrere Tom. XVII . F C) Il sito del fascio principale di que- sti due muscoli è indicato dalla linea saliente, che dall'Istmo immediatamen- te fuori dalla vagina ascende per la li- nea vertical centrale delle faccio ante- riore e posteriore , dell' utero vóto , più visibile nelle vergini , nelle sterili , e in quelle , che hanno partorito poche vol- te , che nelle madri di numerosa prole . j^o. Dello squarciamento dell'Utero ec. alla formazione de' legamenti rotondi. Né ci fu possibile di proceder oltret in (jiiesto esame per l'infarcimento sanguigno regnante in tutta quella parte superiore, cagionato con altri disordini, e scomponimenti inestricabili dallo squarcio ivi fat- to dal pie dei feto . XXXVI. Da questa e da altre notomìo fatte sugli uteri gravidi, pare anclie a me che questi hanno più apparenti as- sai, e dispiegati, che li non gravidi, due muscoli pennifor- nii , o palmati, se cosi vogliamo indicargli, a un di presso come nella vescica orinaria gli abbiamo descritti, e in tavole rnppi esentati, sebbene riescano meno cospicui nelle matrici, che nelle vesciche, forse dipendendo questa differenza dalla più frequente necessità in cui è la vescica di restringersi più volte ogni di, mentre che la dilatazione, e il successivo strui- gimento della matrice non accade al sommo che una volta in un anno e ciò per pochi anni , uè ogni matrice è atta alla medesima funzione, o in ciicostanze tali da potervisi impie- XXXVII. Coperti dagli accennati muscoli penniformi sen- dovi fra mezzo uno strato di tessuto cellulare assai robusto, e fregiato di vasi reticolati , cioè per mille versi diretti , ho ravvisato anche qui diversi fasci di fibre intersecati da lastre di cellulosa, i quali tendono con molte obbliquità, e flessuo- sità, in traverso; ma molto meno distinti, né continui di quelli da noi descritti negli Atti della Società Italiana delle Scienze ora citati e offerti all'occhio in quelle figure, sebbe- ne meritino, che in qualche modo se ne faccia il confronto, e si paragonino con quelle che il prelodato Sig. Calza pub- blicò ne' primi volumi di questa nostra Accademia. XXXVIII. Sejiibranii inutile qui esporre gli intervalli co- stanti delie fibre muscolari della matrice destinati al passag- gio delle trombe, perchè in questa non vi ho potuto distin- guer nulla per la ecchimosi già mentovata : né mi sforzerò di persuadervi come servir possono i penniformi ora a dilatar l'orificio inferiore 5 ora già dilatato questo a spingere in bas- Del Sjg. Vincenzo Malacarne. 4-^ so il feto, e la placenta, secondo che vengono affette nel parto le diverse regioni della stessa viscera; né stenderei più oltre il mio odierno ragionamento già forse lungo soverchio; ma non posso dispensarmi dal soggiungere come sì stasse in quella il feto . XXXIX. Aperto dunque il sacco membranoso, che lo con- teneva, egli formava una linea retta nella parte sinistra, dal pie prominente fuori della sommità dell'utero, al piede pen- dente nella vagina, della qual linea faceano centro le parti genitali mascoline; il dorso, un braccio, e la testa erano in- cassate nel lato destro , e posteriormente , sì che il ventre guardava il bellico della madre . XL. Né la placenta, né le altre membrane punto erano distaccate dalla superficie interiore dell'utero, e tanto meno dove erano state lacerate dal piede, e così attenuate, che fa- cea stupore che avessero opposto resistenza così valida, e du- revole agli sforzi da noi fatti per richiamare nell'utero quel piede. Certo è però, che quel buco era così stretto, che an- che nella estratta viscera non avevamo potuto ridurlo senza osservar un violente rovesciamento indentro del fondo d(>lla medesima, e che per liberamelo dovemmo impiegare il ta- glio . Da cotesta convulsiva contrazion validissima di quella parte dell'utero sempre irritatissima dalla presenza della gam- ba come da corpo straniero io inclino tuttavia a spiegare la modicità della emorragia osservata in cotesto infelicissimo par- to tanto per la vagina, quanto nel basso ventre, e la dura- ta della vita della madre in tanti strazj ed angoscie . XLI. Il feto era di volume ordinario; avea lividi oltre al pie strozzato anche l'altro, e il braccio destro, nel resto era tutto color di fegato . Siccome non avea sofferto alcuna com- pressione violente sulla testa volli assicurarmi se si trovava- no in essa quegli spazi vóti fra le ossa della base, e la dura madre, che ne'cranj d'altri feti morti fra le doglie efficienti del parto, o poco dopo, aveva osservato i ." fra le porzioni squamose degli ossi delle tempie, l'angolo anteriore inferiore 44 Dello squarciamento dell' Uteko ec. mancante del parietale, e la pur mancante porzion vicina della grande ala dello sfenoide : a." fra'l margine posteriore della stessa porzione squamosa , e la vicina pur mancante in parte dell'osso occipitale, mentre che ivi manca pure in tutteddue i lati l'angolo lambdoidèo: 3." fra l'apofisi petrosa del tempo- rale, e i lati molto scemi della apofisi basilare: ^.^ fra i lati del gran forame occipitale, e il margine posteriore della stes- sa apofisi basilare non ancora congiunto con quelli , né per- fezionato : 5.° finalmente quella selva di seni ond'è tutto per- corso, e illividito l'imbuto che fa la dura madre nella cavità posteriore inferiore del cranio . Tutto infatti v\ ravvisai di- stintamente, e non mi par di allontanarmi dal probabile se credo tutto concorrere per ammirabile consiglio della sapien- za increata affinchè nel passaggio fra le necessarie angustie naturali del catino, minor detrimento ne soffra nel parto l'en- cefalo, o sia la massa cerebrale de' feti, e possa venire com- presso, appianato, allungato il cranio, che la rinchiude sen- za disturbo della circolazione del sangue, e dell'azione vitale e naturale di quella viscera tanto delicata ed importante, e senza che ne manchi alla medesima la opportuna diffesa . Ecco intanto in questa prima parte del mio discorso in- torno alla lacerazione dell'utero nelle doglie del parto un com- plesso di circostanze atto a spargere qualche lume sulla dia- gnostica, e la prognosi de' parti difficilissimi , e a dimostrare con chiarezza la inutilità di raultiplicare tentativi inutili, di terminargli per le vie ordinarie ogni volta che si dà tale di- sgrazia ; in essa se non m'inganno si presentano le indicazio- ni più positive dello unico metodo da impiegare per estrarre vivo il feto, non maltrattandolo con pruove inefficaci, e dan- nose, e forse di preservare da certa morte la madre, cioè il taglio delle parti continenti del basso ventre, e riconosciuto il luogo dove qualche parte del feto è strozzata dalla matri- ce lacera , adattare la incisione della medesima viscei-a con le regole dell'arte al volume della suddetta parte fuoruscita, e alla direzione che ha, per estrarre intiero tutto il corpo e Del Sic. Vincenzo Malacarne. 4' le secondine, onde trattare poi la ferita complicata con quel- la pulizia, semplicità e speditezza che i migliori chirurghi propongono per ottenerne la cicatrice . Prima di tutto mi occupai a raccogliere diligentemente ì seojni dello squarciamento e v'impiegai gli paragrafi III, Vin, IX, X, XIV, XVI, XVII, e XVIII," molti de' quali man- cavano alla semeiotica di questo disastro . In secondo luogo mi prevalsi della opportunità della osservazione cadaverica per isviluppare nel miglior modo possibile non solo il guasto sof- ferto dall'utero, e dagli altri organi genitali ( 5S- XXII, XXIV, XXV, XXXIV, XXXVI, e XLI, ), ma la struttura pur anco di questa viscera {$$• XXVI, XXVII sino al XLI). In tale occasione osservai un vizio riflessibile di direzione delle vertebre lumbari, e della sommità dell'osso sacro^ che spor- gevano troppo in avanti ( §. XXXIV ) ed angustiavano il dia- metro antero-posteriore ; il quale incurvamento chi sa , che non sia stato cagione della paraplegìa di quella donna per la distrazione, che avrà prodotto nella spinai midolla? Da que- sta è noto che derivano i nervi distribuiti per le inferiori estre- mità . Così ho potuto verificare come dalla imperfetta orga- nizzazione delle ossa alla base del cranio de' feti nascenti ne risulta il fenomeno singolare di rendere innocenti le compres- sioni indispensabili, che il capo loro dee sopportare nel per- correre le anguste vie per le quali viene alla luce . Le quali cose quando abbia io avuto la sorte di esporre con tutta quel- la chiarezza , dalla quale dipende la evidenza , e la utilità , sarà il maggiore compenso , che io possa da questa mia fa- tica desiderarmi . 46 SULL'UTILITÀ DELLE NOZIONI FISIOLOGICHE PER LA PATOLOGIA E PER LA MEDICINA PRATICA SAGGIO Del Signore Stefano Gallini. Ricevuto li 3 Agosto 1814. I Je mie proposizioni fisiologiche, quelle particolarmente che mi hanno condotto alla mia teorica della vitalità e ad una più precisa distinzione dei due sistemi di parti che nominai vascolare o vegetante l' uno , nervoso o senziente l' altro , so- no state giudicate bensì ingegnosamente dedotte, ma non con- fermate da apposite sperienze, e sono state da altri conside- rate come risultamenti che potevano soddisfare la curiosità , ma non essere di alcun utile per la medicina pratica . Io so- no però convinto di avere dedotte dall'analisi e dal confron- to di soli fatti i più avverati e i più costanti tanto quelle proposizioni che le altre tutte risguardanti o le successive as- similazioni degli alimenti e dei fluidi animali, o le successive modificazioni che le impressioni ricevono per dare origine al- le serie infinitamente varie ma tra loro corrispondenti di sen- sazioni e di moti . Sono inoltre persuaso che in conseguenza di questi nuovi progressi possano essere abbandonato quelle arbitrarie e capricciose denominazioni, e distinzioni di diatesi, di malattie, di rimedj , di cui in questi ultimi tempi tanto abuso è stato fatto con vero danno della pratica medica, ri- tenendo soltanto quelle che hanno o possono avere un signi- ficato proprio e conforme alla natura della cosa . Risservo ad altra occasione il fare maggiormente conoscere la ferma base che le nuove proposizioni hanno sui fatti e di farne soprat- Del Sic. Stefano Gallimi . 4? tutto rilevare la concatenazione coli' esporle in un ordine in- verso da quello con cui sono state dedotte, progredendo cioè dalle pili semplici che sono per cosi dire l'ultimo risultamen- to, alle più complicate che sono le prime ad essere osserva- te e distinte. Il metodo non è il più utile per gl'iniziandi che amano di conoscere il valore e la possibile applicazione di ciascuna proposizione, ma è bensì il più atto a eccitare la curiosità ed a renderne maggiormente convinti gì' istrutti in queste materie, come devono essere quelli che si applica- no alla patologìa e alla clinica . Mi limiterò quindi a dimo- strare in questo saggio che le nuove proposizioni fisiologiche possano fissare l'opinione dei medici illuminati circa l'essen- ziali differenze di quelle deviazioni che si osservano nelle ope- razioni animali e nelle funzioni dei varj organi conosciute sotto il nome di malattie , come pure circa il metodo di cu- ra conveniente ad ogni malattia . Qualche cenno di questo è stato da me fatto nella secon- da parte della Introduzione alla fisica del corpo umano pub- blicata nel i8oa, ed alcune di quelle idee furono con qual- che maggiore estensione esposte in una Memoria letta all'Ac- cademia di Padova nel j8io, e nell'altra pubblicata nel vo- lume XV di questa Società. Ma ora compariranno tutte con più ordine e con maggiore chiarezza , anzi sotto un aspetto del tutto nuovo che manifesterà a maggior evidenza l'utilità de'principj fisiologici. Sarà per me un massimo conforto il poter giustificare la costanza con cui non ho mai ceduto al- le lusinghiere apparenze di tanti sistemi emessi in questi ul- timi tempi circa la natura del principio vitale, e circa le leg- gi dell'economia animale vivente, e sarò molto contento se / verrà trovata ragionevole la fermezza con cui ho sempre in- / sistito a dire che la fisiologìa sia una scienza non solo indi- pendente dalle altre scienze fisiche, e dalla stessa Anatomìa; ma una base ancora essenziale allo studio dell'uomo amma- lato tanto per conoscere la diversa natura delle malattie, quan- to per curare le medesime . / 4^ Delle Nozioni Fisiologiche ec. Dividerò pertanto questo mio lavoro in due partì . Nella prima proverò che le nuove proposizioni fisiologiclie fanno conoscere con maggiore precisione di prima quello che costi- tuisce la vita, la sanità, e le malattie e che esse portano a considerare le cause tutte di (jneste sotto tre sole classi ge- nerali : alia quale occasione aggiungerò quanto le medesime proposizioni ci istruiscono circa la natura, e l'importanza della così detta materia morbosa di aicune malattie, e circa la par- te che l'alterata costituzione dei fluidi animali ha, se non nel produrre, almeno nell'accrescere la forza, e l'estensione delle malattie. Nella seconda parte dimostrerò che alle divi- sioni generali finora addottale sia più ragionevole il sostitui- re quella delle malattie nelle due classi di nevrosi e d'irri- tative, le une prodotte dall'energia della vitalità precedente- mente alterata, indipendentemente dalle cause che determi- nano al momento la vitalità stessa all'azione: le altre deri- vanti da cause permanentemente applicate, indipendentemen- te da alterazioni precedenti nell'energia delle vitalità. Con- fermerò la ragionevolezza di questa divisione generale coi far vedere che essa suggerisce subito l'indicazione del metodo di cura conveniente alle malattie di ciascuna classe : metodo che i recenti progressi della fisica del corpo umano hanno fatto con più precisione conoscere . Risservo ad un altro sag- gio l'entrare nelle particolarità che possono distinguere tra loro le malattie dell'una e dell'altra classe, e il metodo di cura addattato a ciascuna . PARTE PRIMA. Per progredire con ordine e chiarezza in queste indagi- ni dirette a scoprire e determinare i principj fondamentali della patologia e della pratica medica conviene dall'attento esame dei fenomeni della vita, della salute e delle malattie dedurre con più precisione di quella che fu finora osservata, in che tutti questi stati dell' uomo e di ogni animale consistano . Del Sic. Stefano Gallini . 49 L'uomo ed ogni animale allora gode della vita quando i 3uoi organi i più esposti a ricevere impressioni dai corpi cir- costanti o da quelli introdotti ed applicati alla siiperfizie del- le sue interne cavità, nel riceverne, producono o influiscono a far produrre da organi più lontani quella particolare azio- ne animale clie si manifesta in alcuni con la contrazione, in altri con la turgescenza del volume', susseguite ciascuna dal- la restituzione degli stessi organi al volume di prima. La influenza degli organi impressionati nei più lontani dal sito dell'impressione dipende per alcuni dalla comunica- zione di un'impressione che corrispondentemente alla ricevu- ta gli organi impressionati fanno arrivare ai lontani ; e per gli altri dall'impulsione clie gli organi impressionati danno al corpo solido e per lo più fluido introdotto in qualche cavità interna, acciocché esso medesimo progredendo di cavità in cavità produca alla saperfizie di ciascuna di queste una simi- le impressione . In corrispondenza alla moltiplicità delle impressioni con- temporaneamente ricevute da varj organi impressionabili e in grazia forse o della diversa proporzione o della diversa forza di quelle, o dell'una e dell'altra di queste cause, l'uomo ed ogni animale nello stesso tempo che i suoi organi sono mes- si in azione , può provare una continua serie di sensazioni or grate or moleste . In corrispondenza poi a queste sensa- zioni sono pure variate la forza e la proporzione delle im- pressioni trasmesse agli organi lontani, poiché le stesse azio- ni di questi sono con una costante relazione variamente pro- porzionate e possibilmente dirette o a ritenere e ad accrescere la sensazione grata o ad evitare e minorare almeno la molesta. La capacità di distinguere queste successive sensazioni, e di proporzionare ad esse le azioni degli organi tutti risie- de nel punto centrale della trasmissione delle impressioni ri- cevute : e venendo questa trasmissione eseguita col mezzo de* nervi negli animali tutti, tranne forse la classe la più im- perfetta di essi, quella capacità sembra risiedere nel centro Tom. XVII. G i5o DnLLE Nozioni Fisiologiche ec. massimo dei nervi che nelle classi almeno superiori le recenti «lissezioni anatomiche dì Gali, e le moltiplicate esperienze di Le Galloìs sul principio di vita, fecero fissare nel tratto di unione tra le due midolle allongata e spinale. Quella ca])a- cità costituisce l'unità dell'animale o il noi di cui in conse- guenza quel centro è la sede . Ma negli animali più perfetti e nell'uomo soprattutto o un'altra capacità esiste che alcuni percettività nominarono, o quella capacità si manifesta col distinguere inoltre, e, come dicono , col percepire alcune impressioni e le modificazioni tutte ch'esse impressioni trasmesse secondo le scoperte e le osservazioni di Gali, da quel centro massimo per i corpi pi- ramidali della midolla allongata e forse per i processi ancora del cervelletto devono ricevere nel loro concentrarsi, divider- si , e riunirsi in altra associazione per le intricate fibre che costituiscono gl'ingrossamenti o eminenze del cervello e for- se ancora del cervelletto. Con questa nuova capacità o con questo secondo attributo di essa capacità l'anima a cui ap- partiene non solo regola proporzionatamente alle sensazioni proprie i movimenti di tutti gli organi , ma modera ancora maggiormente i movimenti di alcuni e particolarmente di quel- li da cui l'ispirazione e l'espirazione sono diversamente pro- porzionate nella loro alternazione, o da cui la voce è varia- mente modtdata ed articolata e nelF uomo di quelli ancora che con i varj loro movimenti e con varj ingrossamenti ac- quistati con la più ripetuta loro azione formano le varietà passeggiere o permanenti delle fisionomie . È manifesto poi che per questa capacità l'uomo sopra tutti gli animali possa moltiplicare le sue idee, i suoi giudi- zj , i suoi ragionamenti, e le sue determinazioni, moltiplican- dosi in esso le modificazioni delle impressioni trasmesse al cervello . Queste modificazioni difatti sono tanto più numero- se non solo quanto inoltiplici sono i fili nervosi che si riu- niscono nel centro massimo e che costituiscono l'intricata struttura del cervello, ina quanto è ancora maggiore l' atten- Del Sic. Stefano Gallini . Sr zione del noi o dell' anima a cui quella capacità appartiene. In corrispondenza a quell'attenzione le impressioni non solo sono più distinte sia unitamente, sia separatamente dal che le idee o percezioni risultano or composte or semplici, ma quelle acquistano ancora una maggiore prontezza a riprodursi da sé indipendentemente dall'essere trasmesse dagli organi impressionati: prontezza che d'altronde è sempre proporzio- nata al numero delle volte ch'esse impressioni furono con- temporaneamente trasmesse o immediatamente successive . Lo impressioni poi riprodotte concorrono con le nuovamente pro- dotte o ti-asmesse a moltiplicare le modificazioni e le corri- spondenti percezioni dell' anima . Ma qualunque possi essere il modo con cui si voglia ren- dere ragione delle moltiplici serie di sensazioni e di moti ani- mali corrispondenti, sempre è vero che la vita dell'uomo e di ogni animale consista in ciò che per le impressioni de' cor- pi circostanti e dei corpi introdotti nelle interne cavità cia- scuno prova sensazioni e produce o con gli organi impressio- nati, o con altri lontani dall'impressione quei movimenti che si manifestano in alcuni con la contrazione, in altri con la turgescenza del loro volume susseguite ciascuna da una pron- ta restituzione de' medesimi al volume di pi'ima . La morte quindi dell'uomo e di ogni animale è quello stato in cui le impressioni dei corpi circostanti o de' corpi introdotti ed ap- plicati alle superfizie dell'interne cavità non eccitano più né sensazioni né moti animali. Questo stato deve essere distinto in apparente ed in reale, ed ognuno sa che la morte sia ap- parente quando le facoltà di produrre sensazioni e movimen- ti animali si conservano negli organi , quantunque nessuno sia messo in azione, e che sia reale soltanto quando quelle fa- coltà più non esistono negli organi , e quando questi non pos- sono assolutamente essere messi in azione dalle impressioni dei corpi circostanti o introdotti nell'interne cavità. Affinchè poi l'uomo a cui le presenti indagini sono più particolarmente dirette, sia giudicato nello stato di salute con- 5i Delle Nozioni Fisiologiche ec. viene prima di tutto che i suoi organi abbiano la conforma- zione, la proporzione e la mutua posizione loro ordinaria e naturale; in secondo luogo che la composizione, o per usare un termine più generale, che la costituzione dei tessuti di- versi sia tale che le proprietà per cui ciascuno viene distin- to dagli altri abbiano l'ordinario e naturale loro grado di at- tività e di energia; e terzo finalmente che le impressioni dei corpi circostanti o introdotti ed applicati alle superfizie delle interne cavità, ch'io comprenderò sotto la sola denominazio- ne d'impressioni dei corpi esterni, siano fatte dai soliti cor- pi, siano dirette agli organi che ordinariamente e naturalmen- te sono esposti e conformati per riceverle e soprattutto sia- no della moderata loro forza ordinaria . Tutte queste circostanze devono però essere prese con una certa latitudine, giacché non vi è un punto fisso per cia- scuna oltrepassato il quale l'uomo possa subito dirsi amma- lato. I vizj di conformazione, di proporzione, e di mutua po- sizione degli organi sono sino a un certo limite di trascura- bile entità . La costituzione dei tessuti può essere cambiata sino a un dato punto senza che l'attività e l'energia delle loro proprietà sia permanente e sensibilmente cambiata. E fi- nalmente quanto alla forza dell'impressioni dei corpi esterni essa può essere fino a un dato punto maggiore o minore dell* ordinario, siano i soliti corpi che le producono, ossiano cor- pi diversi e questi corpi pioducano quelle azioni che possa- no conservare il noau; d'impressioni ovvero ne producano di più forza ancora, e nonostante le funzioni possono essere leg- germente alterate, anzi facilmente restituite al naturale loro modo senza costituire una vera malattia . Ma sempre è certo dalla fisica del corpo umano che data presso a poco la stessa conformazione proporzione, e mutua posizione degli organi , data presso a poco la stessa costitu- zione dei tessuti animali, e quindi lo stesso grado di energia nella loro vitalità e dato finalmente presso a poco lo stesso grado di forza nelle azioni od impressioni dei corpi esterni, Del Sio. Stefano Gallini. 53 tanto il moto progressivo e le successive assimilazioni degli alimenti e de' fluidi animali nel sistema vegetante, quanto le successive trnsmissioni e modificazioni delle impressioni nel sistema senziente devono essere prodotte nel modo loro rego- lare. Dalle funzioni del primo sistema risulterà sempre la me- desima copia , qualità e celerità degli umori nutritivi atti a mantenere e rimettere la stessa costituzione ai tessuti tutti e però lo stesso grado di energìa alla loro vitalità : e dalle funzioni del secondo risulteranno quelle regolari successive serie di sensazioni e di moti corrispondenti, per cui l'uomo può rinnovare ed accrescere le sensazioni grate ed evitare o minorare almeno le moleste . Si può dunque dire francamente che allora l'uomo gode della salute quando le funzioni di tutti i suoi organi sono ese- guite facilmente , regolarmente e senza alcuna permanente molestia . I caratteri quindi generali e sicuri della salute di un individuo saranno la facilità , la regolarità delle funzioni di tutti i suoi organi , e la ninna durevole molestia che da esse derivi . Opposti a questi dovendo essere certamente i ca- ratteri generali e sicuri dello stato di malattia si può dire con eguale franchezza che l'uomo sia ammalato alloraquando la funzione di uno o più organi sia eseguita con difficoltà, con irregolarità e con qualche durevole molestia, e queste verità benché da molto tempo conosciute , pure confermate dai nuo- vi progressi della fisica del corpo umano ci conducono più oltre . Giacché le funzioni nello stato di salute dipendono I." dalla particolare conformazione, proporzione e mutua po- sizione degli organi, a." dal particolar grado di energia nelle proprietà o nella vitalità di ciascun tessuto, e 3." dal parti- colare grado di forza nelle impressioni dei corpi esterni di- rette o trasmesse a ciascun organo, si deve dedurre in gene- rale senza timor di errare che le malattie dipendano da tre classi di circostanze cioè i." dai vizj nella conformazione, proporzione e mutua posizione degli organi, i quali possono essere compresi sotto il solo nome di vizj di organizzazione, 54 Delle Nozioni Fisiologiche ec. o di vizj organici: 2.° dalle alterazioni nell'energìa delle pro- prietà dei tessuti che possono essere considerate sotto il solo nome di alterazioni nell'energìa della vitalità, e 3.° dalla for- za maggiore o minore dell'ordinario con cui i corpi esterni fanno le loro impressioni o possono in qualunque modo ope- rare sul corpo umano vivente . Ora queste circostanze devono essere considerate altret- tante cause col concorso della cui azione le malattie tutte so- no prodotte. I vizj organici, e le alterazioni nell'energìa del- la vitalità come inerenti alle parti stesse che costituiscono il corpo umano, e come producenti immediatamente quelle mu- tazioni nell'esercizio delle funzioni in cui lo stato di malat- tia consiste, cause interne si sogliono chiamare: esse sono state pure designate sotto il nome di seminj di malattie, par- ticolarmente le alterazioni nell'energìa della vitalità che so- no state pure nominate diatesi, circa le quali alcuni recenti scrittori hanno fatte tante indagini ed emesse tante opinioni. Le impressioni poi e le azioni qualunque dei corpi esterni sono state sempre considerate cause esterne, come quelle che producono malattia in quanto che dirette contro i varj orga- ni del corpo umano determinano questi a produrre le loro funzioni con quelle mutazioni che costituiscono le malattie. Ma tra le cause esterne, oltre ai veleni ed ai contagj in- trodotti nelle interne cavità conviene che gli stessi fluidi ani- mali circolanti siano annoverati, i quali nei cambiamenti di loro costituzione producendo impressioni di forza e di modo diverse dall'ordinario concorrono ad occasionare od a mante- nere ed accrescere quelle mutazioni nell'esercizio delle fun- zioni in cui molte malattie consistono . I veleni ed i contagj sono senza dubbio corpi esterni che introducendosi nelle in- terne cavità o per le boccuccie inalanti dei linfatici , ove i contagj manifestano spesso la prima loro azione, occasionano nella stessa maniera che gli altri corpi esterni lo stato mor- boso. Qualche dubbio circa ai fluidi animali circolanti potreb- be nascere poiché essi formano parte essenziale del corpo e Del Sic. Stefano Gallimi. 55 senza la loro costante presenza ed azione questo non potreb- be nemmeno godere della vita . È da osservarsi però che i fluidi animali occasionano e conservano la vita stessa in quan- to che le impressioni da loro fatte nelle superfizie de' canali e delle cavità per cui circolano, determinano all'azione le vitalità specifiche dei pareti dei medesimi canali e delle me- desime cavità . Inoltre corrispondendo la forza e il modo dell' impressione alla costituzione di essi fluidi è certo che, pari essendo le altre circostanze, finché questa costituzione è con- servata nel suo stato presso a poco ordinario, i fluidi anima- li concorrono ad occasionare nelle funzioni degli organi quell' esercizio che costituisce la salute : e proporzionatamente ai cambiamenti di loro costituzione devono influire a dare oc- casione neir esercizio delle funzioni alle mutazioni morbose . In questo caso dunque i cambiamenti della costituzione dei fluidi divengono cause delle malattie, ma cause esterne poi- ché essi sempre operano nella stessa maniera che gli altri cor- pi esterni introdotti , i quali sono posti tra le cause esterne delle malattie . Aggiungerò poi che altrettanti cambiamenti di costituzio- ne nei fluidi animali siano per verità quelle cosi dette acri- monie o virulenze e quella materia morbosa per cacciare le quali non senza apparenza di ragione viene da taluno giudi- cato che la vitalità stia continuamente lottando. In prova di questa lotta vi é certamente l'osservazione che molte malat- tie non terminano se non quando quelle materie escono per mezzo di qualche organo secernente di cui l' escrezione sia accresciuta o per mezzo d'un ascesso ovvero di un'escara gan- grenosa che quali organi secernenti creati al momento dalla stessa vitalità raccolgono la materia morbosa e la eliminano dal corpo per l'apertura fatta or naturalmente or con l'arte neir ascesso , ovvero per la separazione che la vitalità produ- ce tra r escara gangrenosa e la porzione sana della parte . E si sa ancora che alle volte la così detta materia morbosa superando o per la sua quantità o per la sua attività la for- 56 Delle Nozioni Fisiologiche ec. za della vitalità arriva a produrre l'esaurimento mortale per copiosa evacuazione dell'organo secernente e dell'ascesso, ed alle volte ancora produce lo sfacelo generale o la gangrena in una parte essenziale alla vita ovvero l'impedimento asso- luto della separazione tra la porzione gangrenata e la sana di una parte . Ma io sono di parere che le sole acrimonie preesistenti o susseguenti alla malattia dentro quei limiti che non porta- no le mutazioni nell'esercizio delle funzioni al grado di co- stituire lo stato morboso dell'individuo, possano considerarsi come cause esterne di malattie . Col concorso difatti di altre cause che accrescano o diminuiscano maggiormente l'azione e l'energia della vitalità in un modo analogo a quello per cui quelle particolari costituzioni nei fluidi sono state prodot- te, molte malattie prendono origine o si riproducono . Forse esse acrimonie e virulenze potrebbero essere giudicate effetti di malattie miti o incipienti che consistono nell'alterata ener- gìa della vitalità in quei limiti perù in piìi e in meno che non producono né difficoltà , né irregolarità né molestia di qualche entità neiresercizio delle funzioni. Sotto questo aspet- to non devono però mai essere neglette , come non lo devo- no essere i vizj organici o gli altri stimoli permanentemente applicati abbenché non producano spesso ima vera malattia. Ma la materia acrimoniosa virulenta o altra che apparisce du- rante la malattia e che viene particolarmente nominata mor- bosa, deve essere considerata sotto altro aspetto. Per ben conoscere 1' origine e la natura di questa mate- ria morbosa si osservi prima di tutto che ogni qualvolta l'a- zione della vitalità viene accresciuta o minorata sia per un cambiamento permanente di energia della stessa, sia per quel- lo della forza dell'impressioni che la determinano all'azione, le assimilazioni successive de' fluidi animali oltrepassano il grado dovuto, o non arrivano al medesimo, e nell'uri caso e neir altro la costituzione loro deve cambiarsi . La massa quindi sanguigna risultante deve somministrare in proporzione diversa Del Sic. Stefano Gallini . 57 diversa dal solito i materiali tanto alle secrezioni che alle ma- terie nutritive dei diversi tessuti o dei diversi organi . Gol primo effetto alcune secrezioni saranno accresciute, altre di- minuite e nell'individuo alcuni umori si mostreranno prepon- deranti sugli altri oltre l'ordinario: e col secondo effetto le materie nutritive non restituiranno i tessuti alla stessa com- posizione di prima né in conseguenza la vitalità allo stesso grado di energia . Inoltre la fìsica del corpo umano ha mo- strato assai probabile anzi necessario che la vitalità possa com- porre e decomporre gli stessi principj che coi nostri mezzi chimici sono sempre indecomponibili poiché nelle successive assimilazioni si minora la quantità degli uni, si accresce quel- la degli altri e se ne producono di nuovi che certo sfuggono nei chimici laboratorj l'esame della loro composizione . Nei casi quindi ne' quali l'azione della vitalità sia accresciuta o mino- rata al di là di un certo limite, il cambiamento nei fluidi ani- mali non consisterà solo nel cambiamento di proporzione de- gli umori che la massa sanguigna per una retrograda decom- posizione suole somministrare , ma nel cambiamento ancora di natura a cui soggiaceranno quegli umori stessi di retrogra- da decomposizione . Questi umori per così dire nuovi costi- tuiranno la materia morbosa delle erpeti, delle scrofole, de- gli scirri ; dei cancri , dei tumori venerei di ogni genere , e potranno arrivare ad essere tanto copiosi e tanto corrosivi che nelle infiammazioni di ogni genere e in altre malattie potranno produrre quei cambiamenti nei solidi stessi che sot- to il nome di ascesso, di gangrena e di sfacelo si conoscono. L'avere osservato che alcune malattie terminano soltan- to dopo l'espulsione della materia morbosa o per qualche or- gano secretorio la cui funzione sia accresciuta o per qualche ascesso formato ed aperto, ha appoggiata, come dissi, l'opi- nione che durante la malattia vi sia una lotta tra la vitalità e questa materia che giudicavasi la causa della malattia me- desima . E quest'opinione aveva indotti i pratici a far sali- vare l'ammalato sotto la cura mercuriale, a far durare luii- Tom. XVII . H 5'ù Delle Nozioni Fisiologiche ec. gamente ed a proinovere la gonnorea , a spingere i Imbonì alla suppurazione suljito che cominciavano a comparire; e in generale a lasciare perenni le ulcere , ad eccitare il sudore e qualunque altra evacuazione a viva forza, metodi tutti che i dotti pratici riconoscono ora molto perniziosi . Quanto non hanno contrastato i medici sostenendo gli uni che la materia la cui congestione o accumulazione nei vasi e nelle cellule del tessuto della pleura è un sintomo che accompagna la pleu- jitide, sia quella che si evacua per mezzo degli sputi, men- tre altri non conoscendo la strada per cui dal sito , ove si accumula, possa entrare nella cavità de' polmoni per essere evacuata con gli sputi, negarono che vi sia quell'accumula- mento di materia nei vasi e nelle cellule del tessuto della pleura ? Ma la materia morbosa di cui la vitalità libera la mas- sa sanguigna o per mezzo di un organo secernente naturale o per mezzo di uno ch'essa crea sul momento sotto forma di ascesso o di escara gangrenosa , non è la causa della malat- tia che preesista a questa , e che si conservi in eguale quan- tità o si accresca da sé durante la medesima finché tutta sia eliminata alla sua crisi . La materia morbosa é sempre un pro- dotto della malattia che viene in questi casi o in tutto o in pai'te costituita dall'energìa e certo dall'azione sia di molto accresciuta sia di molto diminuita dall'ordinario nella vitalità dei tessuti componenti i pareti delle cavità e dei canali, dal cui complesso risulta il sistema vegetante . Mi sembra dunque che si possa con molta ragionevolezza assei'ire i.° che la materia morbosa sia continuamente forma- ta durante alcune malattie dall'azione maggiore o minore dell' ordinario della vitalità dei tessuti delle costituenti le cavità ed i canali per cui le assimilazioni successive o sono portate al di là del giusto o non arrivano al dovuto grado, a.'^ Che finché queste malattie durano, la detta materia continua a formarsi di nuovo ed a rimpiazzare quella quantità che sem- pre con le escrezioni può e deve uscire . S° che queste ma- lattie cessano non quando la vitalità viene soltanto rimessa Del Sic. Stefano Oallini . 5g alla sua azione ed energìa naturale , ma quando in luogo di rinnovare e rimpiazzare la materia morbosa, depone e caccia fuori del corpo quella eh' è già formata e resa incapace di essere più assimilata ; e questo per mezzo o di un ascesso o di im' escara gangrenosa come essa caccia sotto forma di es- crezioni naturali tutti i principj che non può assimilare o che hanno oltrepassato il grado di assimilazione . 4-° Che se la vitalità in luogo di rimettersi soltanto alla sua azione ed ener- gìa naturale continui a mantenersi nel suo grado di altera- zione, anzi in questo progredisca, allora la materia morbosa cresce o di volume o di attività e in un modo o nell'altro disorganizza gli organi ed i tessuti e produce perfino la mor- te . 5.° Finalmente che la vitalità può essere rimessa nella sua azione ed energìa a quel grado che senza essei'e il natu- rale da cui dipende la perfetta salute , sia però dentro quei limiti in più o in meno che non costituiscono vera malattia. Allora essa lascia nella costituzione dei fluidi quelle così det- te acrimonie o virulenze che dissi potersi considerare come cause di malattie, ma doversi considerare come cause esterne. Fra i cambiamenti di costituzione dei fluidi animali quelli non devono essere omessi che risguardano la materia odorosa o l'effluvio odoroso animale . L'effluvio odoroso del sangue è stato finora trascurato dai chimici e Parmentìer e Deyeiix nella loro Memoria sul sangue pubblicata nel giornale di fisica di Parigi per l'anno 1794 sembrano essere stati i primi ad oc- cuparsene con attenzione. Si sa che esso è sensibilissimo nel sangue recente, che s'indebolisce a misura che questo si al- tera , che sparisce del tutto dacché la putrefazione è stabili- ta e che finalmente nelle malattie è meno rimarcabile, ed in molte è perduto affatto . Il principio odoroso de' corpi in generale non è secondo le indagini del celebre Fourcroy un principio semplice o in- decomponibile : ma un aggregato delle molecole stesse del corpo da cui emana, le quali o perchè i principj più atti ad essere disciolti dal calorico preponderino, o più verisimilmen- 6o Delle Nozioni Fisiologiche ec. tf perchè esso calorico vi sia combinato in maggiore propor- zione, prendono prontamente l'espansibilità gazosa . L'efflu- vio odoroso poi del sangue può tanto meno considerarsi un principio seni|)lice che per le sperienze dei Signori Parmentier e Deyeux rinchiuso o con l'aria o con l'acqua in un vase s'imputridisce facilmente quando sia portato a un certo gra- do di temperatura . Alla pagina i8o della mia Introduzione alla fisica del corpo umano, parte seconda indicai, con qualche oscurità pe- rò circa la sua natura ed i suoi effetti, che questo effluvio odoroso poteva chiamarsi lo spirito rettore animale . Ma la sua esistenza è certa ed ai suoi cambiamenti di composizione le attivissime acrimonie possono attribuirsi . E dovendo inol- tre trovarsi nei tessuti solidi e nei nervi stessi, se non può essere quell'aura che scorre rapidamente da un'estremità all' altra di questi ultimi per trasmettere le impressioni ricevute, può almeno divenire quell'aura che alcuni ammalati assicu- rano sentirsi scorrere lungo i nervi loro. Questo effluvio di- venendo adunque or più or meno mobile, or più or meno abbondante deve influire in quelle irregolarità di azione dei nervi che si osservano in molte malattie e che sono spesso attribuite ad acrimonie o ad un acido particolare. Finalmente esso effluvio scaricandosi per così dire negli organi secernen- ti deve pure contribuire a qualche varietà nelle secrezioni stesse nelle quali la influenza nervosa è manifesta . È vero che queste alterazioni nell'effluvio odoroso do- Trebbero spesso essere considerate alterazioni nella costituzio- ne dei solidi da cui l'energìa o l'attività della vitalità loro dipende . Ma in generale i cambiamenti di costituzione dei fluidi animali sono così corrispondenti e dipendenti da quelli nell'energìa della vitalità che gli uni non possono esistere senza gli altri, anzi senza timor di errare si possono confon- dere gli uni con gli altri . Quindi siccome queste alterazioni sono più manifeste dai caratteri o dall'azione dei fluidi ani- mali e dello stesso effluvio odoroso , le loro acrimonie e vi- Del Sic. Stefano Gallini . 6l nilenze diverse piuttosto che i varj gradi di energia della vi- talità possono considerarsi le cause delle malattie; e non sen- za ragione, giacché l'azione loro sui solidi deve sempre con- correre a produrre od a conservare quelle diversità nell'azio- ne della vitalità di ({uesti, la quale costituisce le malattie. Ma ritornando alle tre classi generali di cause delle ma- lattie, di cui due sono considerate di cause interne, ed una di esterne conviene avere presenti alcune osservazioni . E pri- ma di tutto le azioni dei corpi esterni diverse da quel modo o da quel grado di forza che le fanno considerare sotto il nome d'impressioni, non danno origine ad alcuna malattia, almeno di quella entità che non sia curahile da sé indipen- dentemente da una cura apposita, quando non producano uà qualche vizio che renda difficile, irregolare, o molesto l'e- sercizio di qualche funzione . Le stesse impressioni dei corpi esterni non occasionano una vera malattia quando non arri- vano a produrre un simile vizio organico o almeno qualche alterazione permanente nell' energìa e certo nell'azione della vitalità a quel grado che nell'esercizio delle funzioni vi sia egualmente difficoltà, irregolarità, e molestia. Per costituire dunque una malattia le cause esterne hanno bisogno del con- corso delle interne, le quali se non preesistono, devono al- meno acquistare esistenza prima che apparisca esservi o a fi- ne che esista realmente una malattia . I vizj organici preesistenti e le alterazioni nell'energìa della vitalità già rese permanenti quando non sono a un cer- to grado hanno pure bisogno per produrre una malattia che le cause esterne vi concorrano con una azione analoga alla loro. Ma quando i vizj organici e le alterazioni nell'energia della vitalità ( siano preesistenti o si manifestino ) nel momen- to, arrivano ad oltrepassare quel certo grado, allora produ- cono una malattia quand'anche le azioni qualunque e le im- pressioni dei corpi esterni siano fatte dai soliti corpi , siano dirette agli organi esposti e conformati per ricevere queste ultime, e siano della solita forza. Le cause dunque esterne (tj, Delle Nozioni Fisiologiche ec. tutte sono sempre cause rimote ed occasionali di malattie, e le cause interne, cioè i vizj organici, e le alterazioni nell'e- nergia della vitalità possono essere anch'esse rimote ed occa- sionali , e possono dirsi cause predisponenti alle malattie , quando come accennai non si credesse meglio chiamarle piut- tosto malattie incipienti . Ma queste cause divengono sempre le cause immediate o le cause essenziali delle malattie . Alcuni osservatori spingendo la diligenza al di là del giu- sto hanno opinato che ogni apparenza o fenomeno diverso da quelli che si osservano nello stato di salute possa essere con- siderato segno di una malattia diversa ed hanno in conseguen- za posto tra le malattie tutti i vizj dei solidi sia nella loro tessitura, conformazione, volume e mutua posizione, sia nell' energìa delle proprietà dei tessuti o nell'energìa delle vitali- tà specifiche di questi . Essi dovevano però osservare che que- sti vizj se non esistevano, e se non rimanevano durante solo la malattia , piecedevano e seguitavano questa senza rendere da per loro ammalato l'individuo. Dovevano quindi conside- rare la cognizione di questi vizj come mezzo di arrivare ad una più precisa determinazione dei temperamenti, delle idio- sincrasìe, e dei seminj interni di malattie, o piuttosto dove- vano porre essi vizj nella classe delle cause che portate a un certo grado di forza col concorso di cause esterne possono più direttamente o immediatamente produrre le malattie ed esse- re per così dire le cause prossime delle medesime . Io sarei perciò d'avviso che questi vizj fossero esaminati dai patologhi unitamente alle altre cause esterne che produ- cono lo stato morboso allorché cospirano con quelle nei loro effetti . Accrescendo a questo modo quella parte della pato- logìa che etiologìa si chiama e che tratta delle cause delle malattie , le menti dei giovani non sarebbero confuse dalla singolarità di chiamare vizj costituenti malattie quelli delle parti semplici e quelli degli organi che spesso non produco- no realmente una malattia o svaniscono al terminare della malattia contro la quale un determinato metodo di cura fu Del Sic. Stefamo Gallini . 63 addottato . I vlzj pure dei fluidi animali siano questi nella loro coesione, nella loro celerità, nella loro quantità e nel sito a cui sono stati trasportati diverso dal solito, o siano fi- nalmente nelle loro chimiche qualità, non devono essere con- siderati malattie , ma cause soltanto esterne di quelle ; e ciò tanto più che i vizj dei fluidi dipendono o corrispondono al- le alterazioni precedenti nelle funzioni degli organi inservien- ti alla loro circolazione, assimilazione e distribuzione, e pos- sono essere curati subito che gli organi siano rimessi alla lo- ro azione naturale ed ordinaria. Io converrei pure con l'o- pinione di quei dotti che nominano cambiamenti di costitu- zione nei solidi o nei fluidi animali quei cambiamenti di at- tività dei tessuti semplici o quelli di assimilazione dei fluidi senza voler determinare da qual particolare proporzione e da qual particolare modo di unione degli elementi risultino gli uni o gli altri : e limitarci finalmente le distinzioni loro ai * due estremi di maggiore o minore attività di ciascun tessuto ed a quelli per cui i fluidi concorrono a produrre i sintomi delle infiammazioni, delle artritidi, degli erpeti, delle scrofo- le, della sifilide ecc. Io mi lusingo di poter ora mostrare che questi vizj sono cause soltanto di malattie e che queste coa- sistono nell'azione permanentemente alterata della vitalità. PARTE SECONDA. Le osservazioni circa le cause delle malattie conducono alle seguenti proposizioni. i.^'I vizj organici, e le alterazioni nell'energìa della vitalità o preesistano o siano sul momento prodotte da cause esterne, quando sono al di sotto di un cer- to grado, non costituiscono malattia senza la cooperazione e la maggior forza delle cause esterne che favorisca l'aumento degli uni o delle altre . a." Le cause esterne pure non pro- ducono malattia se non col concorso di qualche vizio organi- co o di qualche alterazione nell'energìa della vitalità che quan- do non preesistano, siano sul momento prodotti e portati al 64 Delle Nozioni Fisiologiche ec. grado necessario dalle cause esterne medesime. 3/ Ma quan- do i vizj organici e le alterazioni nell'energìa della vitalità sono portate a un certo grado producono malattia indipen- dentemente ancora dal concorso delle azioni e delle impres- sioni dei corpi esterni di quella stessa forza per cui divengo- no tante cause esterne di malattia . Per costituire dunque una malattia i vizj organici, e le alterazioni nell'energìa della vitalità devono esistere, ed es- sere a quel grado che da loro sia prodotto o mantenuto quello sconcerto nell'esercizio di qualche funzione, da cui risulta lina difficoltà, una irregolarità, ed una molestia nell'eserci- zio medesimo. Dagli uni e dalle altre dunque le malattie so- no immediatamente prodotte o più essenzialmente costituite, ed in conseguenza le malattie potrebbero essere divise subi- to in due classi generali, in quelle cioè di vizj organici, e •in quelle di alterazioni nell'energìa della vitalità. Le alterazioni nella tessitura, nella conformazione, e nel- la mutua positura degli organi che formano i vizj organici siano esse congenite e originarie, ossiano pioJotte da ester- ne violenze costituiscono le malattie propriamente apparte- nenti ai chiruighi le quali, quando non siano incurabili, pos- sono essere guarite soltanto con i mezzi meccanici o certo con i rimedj detti esterni. Tutte le alterazioni nell'energìa della vitalità siano conseguenze dei vizj organici o lo siano delle impressioni de' corpi esterni e di quelli introdotti nelle inter- ne cavità i quali non operando con l'ordinaria loro forza o nell'ordinario loro modo determinano la vitalità ad un'azione or di maggiore or di minore forza del solito, costituiscono le malattie che propriamente ai medici appartengono, e che pos- sono essere curate con i rimedj detti interni. E facile senza dubbio vedere che i tumori, le ferite, le lussazioni, le di- storsioni, le fratture o che altro esige la mano e l'assisten- za del chirurgo, sconcertino la salute dell'individuo per quel- lo che viene alterata la tessitura, la conformazione, o la mu- tua posizione degli organi. Ma non deve essere difficile da ricono- Del Sic. Stefano €Lallini. G5 riconoscere che tutta !a classe delle piressie siano febbri pro- priamente dette ossiano queste congiunte con l'infiammazio- ne o con qualche vizio nella funzione di qualche organo, e tutta la classe delle nevrosi , e tutta quella delle cachessie , le quali tre classi nella divisione metodica di Cullen abbrac- ciano tutte le malattie che i medici propriamente detti sono incaricati di curare, consistano neh' accresciuto o minorato o certo alterato grado di azione e di energia della vitalità . La differenza sembra consistere in ciò che nella prima classe l'au- mento e il decremento nell'energia della vitalità si manifesta quasi esclusivamente nei tessuti costituenti le cavità e i ca- nali del sistema vegetante, di modo che il sintomo principa- le o certo generale sia la febbre, mentre nelle nevrosi l'au- mento e il decremento apparisce quasi esclusivamente nei tessuti costituenti il sistema senziente, e mentre finalmente nella terza il minor grado di aumento e di decremento nell' energia della vitalità non si palesa con la febbre né con le alterate azioni degli organi del senso e del moto, ma mostra essere soltanto un cambiato modo di operare della vitalità in tutti i tessuti . In questa distinzione di malattie, come cioè prodotte da vizj organici o da alterazioni nell'energìa della vitalità, con- viene avere presente quello che il Dott. Rubini celebre Pro- fessore di medicma in Parma ha fatto osservare. I vizj orga- nici stessi costituiscono malattie in quanto che nell'esercizio della funzione di qualche organo producono difficoltà, irrego- larità e molestia, e devono portare la vitalità, che opeia in ogni funzione, ad un'alterazione nella sua azione e quindi nella sua stessa energia . Le malattie in conseguenza appar- tenenti ai cliiriirghi sono essenzialmente costituite da un'al- terazione nell'azione della vitalità, ed i vizj organici posso- no e devono essere considerati operare come altrettante cau- se esterne, le quali permanentemente applicate portino e mantengano l'alterazione nell'azione e in seguito nell'ener- gìa della vitalità. E quantunque l'ajuto del chirurgo co' suoi Tom. XVII. I 6(> Delle Nozioni Fisiologiche ec. mezzi meccanici e co' suoi rimedj esterni sia sempre necessa- rio nel caso di qualche vizio organico, pure alloicliè i vizj organici sono al grado di produrre una vera malattia, questa senza l'ajuto del medico o de' suoi rimedj interni non può mai essere tolta . Dall'altra parte le sole straordinarie azioni della vitalità alterata nella sua energìa possono produrre un cambiamento nella copia, nella distribuzione e nella composizione dei flui- di che faccia risultare vizj organici o almeno nuove sostanze nelle cavità e canali del sistema vegetante, come sono i cal- coli di ogni spezie che operano come vizj organici, e quelli e questi come tante cause esterne permanentemente applica- te . Le malattie quindi che i vizj organici e le sostanze nuo- vamente formate prolungano o fanno susseguitale alla prima non possono essere curate dal solo medico o dai soli rimelj interni, ma esigono i mezzi meccanici e i rimedj esterni del chirurgo. Lo stesso si dee dire di quelle malattie che dipen- dono dallo stimolo di un corpo estraneo permanentemente ap- plicato alla snperfizie esterna del corpo o a quelle dell'inter- ne cavità, e lo stesso finalmente si deve dire di quelle ma- lattie occasionate nelle donne dalla fecondazione dallo svilup- po, e dalla maturazione del feto. Tutte queste malattie, quantunque esigano i rimedj detti interni che soli possono rimettere la vitalità al suo grado di energia e di azione or- dinaria e naturale, pure abbisognano ancora del chirurgo e delle sue esterne applicazioni o de'suoi mezzi meccanici. E ne- cessaria certamente l'espulsione di tutto ciò che produce uno stimolo insolito e permanente come è indispensabile l'estra- zione del feto e di tutto ciò che di estraneo si accumulò nell' utero per contribuire alla perfezione e maturazione del me- desimo . Io non entrerò qui nell'esame dei limiti delle due pro- fessioni del medico e del chirurgo che queste osservazioni mostrano difficile di ben fissare: ma dirò che come cause ester- ne o come stimoli permanentemente inducenti un'alterazione Del S;g. Stefano Galltni. 6" nf li' azione e nell'energìa della vitalità possono essere consi- derati i vizj organici , la cura dei quali i soli chirurghi co' loro me7zi meccanici o con le loro esterne applicazioni pos- sono ottenere, e tentano di ottenere quand'aiiche non pro- ducano ancora un reale incomodo e una difificoiti\ ed ii rego- larità neir esercizio di qualche funzione. Aggiungerò dippiìi che le malattie propriamente dette si devono sempre far di- pendere da una alterazione nell'azione della vitalità, o sia consistono essenzialmente in questa alterazione che sarà giu- dicata , se si voglia, la causa prossima o l'essenza della ma- lattia. Conviene ipiindi osservare che siccome l'azione della vitalità è sempre proporzionata ed alla sua energia o attività ed alla forza delle cause esterne che la determinano ad ope- rare, le alterazioni permanenti della sua azione che costitui- scono malattia, possono e devono dipendere da due cause, che (]uantunque alle volte operino simultaneamente, pure in- fluiscono spesso separatamente ad obhligare la vitalità ad una alterata azione permanente. Sono queste due cause l'altera- ta energia della vitalità medesima e l'azione diversa dall'or- dinario delle cause esterne permanentemente applicate . E di- fatti quando l'energìa è alterata, l'azione della vitalità lo è pure corrispondentemente , ahhenchè le cause esterne siano le solite ed operino eoa l'ordinario grado di forza: e quando uno stimolo insolito o di una insolita foiza sia permanente- mente applicato a qualche organo, l'azione della vitalità è sempre alterata, sia o non sia alterata precedentemente l'e- nergìa della stessa . Due classi dunque generali di malattie possono essere stabilite in grazia di ciò che più immediatamente produce la causa prossima di ogni malattia, cioè a dire in grazia di ciò che più immediatamente influisce ad obbligare la vitalità ad un'alterata azione, in cui soltanto la natura, e l'essenza di ogni malattia consiste . La prima classe è di quelle malattie che dipendono dall'alterata energìa della vitalità medesima, l'altra di quelle che sono prodotte dagli stimoli permanente- 6i) Delle Nozioni FisioLOGicirE oc. iiifute applicati a qualche organo, tra i quali stimoli i vizj organici ed i .fluidi animali alterati nella loro costituzione de- vono essere collocati . Nella prima classe devono essere poste quelle malattie che meritano il nome di nevrosi, purché si ritenga che que- ste non consistano soltanto in affezioni dei nervi: ma in af- fezioni di ogni qualunque tessuto sensibile, irritabile, con- trattile o turgescente, in somma di ogni tessuto che parte- cipa di qualche gradazione di vitalità . Nella mia Memoria pubblicata nel volume XV di questa Società avevo indicato che le nevrosi dovevano a questo modo essere considerate : „ Le più precise cognizioni sulla composizione degli organi, „ e sulla vitalità dei tessuti mostrarono che le malattie con- „ siderate sotto il nome di nevrosi non siano sempre proprie „ dei soli nervi e del cervello, il cui offìzio è di trasmettere „ con alcune determinate leggi le impressioni ricevute nell' „ istante stesso che le molecole prima impressionate si rimet- „ tono dall'impressione ricevuta. I risultati dell'azione dei „ nervi possono far comparire la loro vitalità stessa più o me- „ no energica dell'ordinario, benché le alterazioni di quell' ,, azione dipendano dall'alterata vitalità ora dei tessuti co- „ stituenti gli organi che difendono e involgono le estremità „ nervose impressionabili , ora dei tessuti costituenti gli or- „ gani nei quali l'estremità nervose motrici, per così dire, ,, s'immedesimano. I primi possono rendere più o meno va- „ fide del solito le impressioni dei corpi circostanti prima 5j che arrivino alle estremità nervose: i secondi possono essi 5, medesimi mettersi in maggior o minore azione del solito 5, all'occasione delle impressioni trasmesse dai nervi con la „ stessa forza „. Dovevo aggiungere ,, ed all'occasione d'im- pressioni direttamente fatte dai sohti corpi operanti con la solita forza „. Continuai quindi col dire: „ Le nevrosi in con- „ seguenza consistono nell'alterata energìa di uno o più di „ quei tessuti o di quegli organi che riuniti in un insieme „ col mezzo dei nervi influiscono reciprocamente con quel Del Sic. Stefano Gallini . 69 „ modo per cui considerai che costituiscano il sistema seii- „ ziente ,, . Si osservi a questo proposito che le parti stesse irritabili contrattili o turgescenti quantunque molte di loro compongano i pareti dei vasi.; pure sono tra loro unite e re- ciprocamente influenti per mezzo dei nervi, di modo che sot- to (jue?to aspetto concorrono a formare il sistema senziente. Tutte le malattie poi che non riconoscono per causa imme- diata l'energìa della vitalità precedentemente alterata sia dalle sole cause esterne sia dalle stesse in concorso con quelle al- terazioni proprie che sotto il nome di seminj o di diatesi si conoscono , non possono che essere prodotte da cause ester- ne permanentemente applicate e devono quindi essei'c messe nella seeonda classe col nome di malattie d'irritazione o irri- tative . In questa classe dunque saranno collocate quelle pro- dotte da vizj organici, da corpi insoliti permanentemente ap- plicati, o da' corpi permanentemente operanti in un modo e con una forza insolita alla superfizie esterna o nell'interno del corpo umano, e finalmente quelle prodotte da veleni e da contap:] . Le nevrosi possono essere affezioni soltanto di qualche parte e possono estendere i sintomi morbosi a varj altri or- gani che col primo affetto cospirino a qualche operazione ani- male mediante la reciproca influenza dei loro nervi . Ma le nevrosi possono e devono divenire ancora malattie universali, subito che l'alterazione nell'azione o nell'energìa della vita- lità sia notabilmente estesa ai tessuti pure dal sistema vasco- lare o vegetante, e che l'alterata azione di questi produca una corrispondente e permanente alterazione nei fluidi . Mol- te malattie irritative possono rimanere affezioni locali , altre o col concorso dei soli nervi , o col trasportare la stessa so- stanza irritante possono produrre dei sintomi in parti lonta- ne dal sito, ove la prima irritazione è stata prodotta, ma spesso col mezzo dell'alterata azione nella costituzione de' fluidi possono estendersi a tutti i tessuti per alterare la loro energìa e divenire malattie universali . 70 Delle Nozioni Fj^ioi.ogiche ec. Non sembri strano che in luogo di seguire la generale divisione addottata ora da molti delie malattie in universali e locali, io ini mostri inclinato a pensare che l'universalità non sia un carattere geneiale di classe . Io osservo che le malattie tutte siano fin da principio universali , o lo diven- ghìno in seguito, devono la loro universalità all'alterata co- stituzione dei fluidi animali per cui l'impressione di questi sui tessuti del sistema vegetante mantiene una permanente alterazione nella circolazione, nella assimilazione e nella di- stribuzione delle materie nutritive. Queste materie, ultimo prodotto delle successive assimilazioni , alterandosi esse pure corrispondentemente alla alterata costituzione dei fluidi ani- mali , devono nel rimpiazzare le perdite di tutti i tessuti cam- biare con eguale corrispondenza la costituzione dei medesimi, alla quale è sempre proporzionata l' energìa della vitalità . Quindi ogni malattia, sia questa prodotta dall'energìa della vitalità precedentemente alterata sia dipendente da cause ir- ritanti permanentemente applicate, quando l'azione della vi- talità de' tessuti costituenti le cavità e i canali del sistema vegetante per la corrispondente alterazione nella costituzione dei fluidi sarà portata e mantenuta a un certo grado maggio- re o minore dell'ordinario, potrà manifestare contemporanea- mente sintomi in tutte le parti . E questo potrà succedere nelle malattie d'ambedue le classi o fin dal primo momento che apparisce la malattia o in progresso della medesima: fin da principio nelle nevrosi quando siano rimaste al grado di diatesi sinché V alterata costituzione dei fluidi sia arrivata al grado di concorrere a portare la diatesi allo stato dì vera ma- lattia, e nelle malattie irritative quando le cause irritanti permanenti sieno subito di una certa fi)rza e possano o co- municare la loro impressione sino ai tessuti del sistema ve- getante , o essere portate in circolo con gli umori medesimi : in progresso poi della malattia tanto nelle nevrosi che nelle irritative allorché l'alterazione nell'azione della vitalità di qualche organo o tessuto portata già al grado di costituire Del Sic. Stefano Gallimi. 71 una malattia, possa progredendo arrivare sino a produrre un' alterazione permanente e di un certo grado nella costituzio- ne de' fluidi animali . Un breve confronto di questa divisione generale delle ma- lattie in nevrosi e in irritative che propongo al giudizio dei dotti con le divisioni ultimamente addottate manifesterà la sua ragionevolezza che sarà poi confermata dall'utilità sua nel mostrare subito l'indicazione o lo scopo principale diverso che nella cura delle une e delle altre deve essere osservato . Prescindendo da alcuni dotti particolarmente Francesi che al)bandonando il progetto della divisione sintomatica con cui furono formate tante nosologie metodiche , hanno al metodo anatomico degli antichi sostituito non però con grande utili- tà, quello di distinguerle dal sistema di parti che manifesta- no i sintomi più notabili o più essenziali, sembra che abbia prevaluto di adottare la divisione generale delle malattie in quelle che fin da principio manifestano sintomi in tutte le parti del corpo ed in quelle che sono limitate a produrne sol- tanto in qualche parte . Culleii col formare una quarta clas- se di malattie sotto il nome appunto di locali, distribuendo le altre tutte nelle tre classi di piressie, di nevrosi, di ca- chessie, sembra avere avuto in mira questa divisione generale . Ma le sue affezioni locali sono prima i vizj stromentali o con- geniti o prodotti da cause esterne ed or producenti or non producenti quell'irregolarità, quella diflicoltà e quella mole- stia nelle azioni della vita e nelle funzioni deorli organi che costituiscono essenzialmente le malattie. In secondo luo^o so- no comprese tra le locali tutte le affezioni che possono di- pendere o dall'energia della vitalità precedentemente alterata o dalla presenza permanente di uno stimolo insolito le quali restano limitate a qualche parte . E nelle tre prime classi ha coiiqjrese le malattie dell'una e dell'altra classe quando esten- dono i loro effetti o manifestano i loro sintomi in tutto il corpo. Brown senza arrestarsi ai caratteri che indussero Cullen a formare le sue quattro classi di malattie ha arditamente 73 Delle Nozioni Fisiologiche ec. comprese sotto la classe di comuni od universali tutte quelle che manifestano sintomi contemporaneamente e sin da prin- cipio in tutte le parti, aggiungendo perù che sono prodotte da cause clie lianno operato sulla vitalità una e indivisibile per metterla in un eccitamento maggiore o minore dell'ordi- nario . Diede poi il nome di locali all'altre tutte che non ma- nifestando sintomi da per tutto, almeno sin da piincipio, gli sembrarono prodotte da cause che non operano sull'eccitabi- lità per portarla a un eccitamento diverso dal naturale . Ma è noto che Browii ha distinto le malattie locali; pri- mo in quelle dei vizj stroraentali delle parti meno eccitabili, i quali in conseguenza sono limitati alla prima parte offesa. Tali sono le ferite, le contusioni, gli slogamenti, le compres- sioni ec; secondo in quelle dei mali stromentali delle parti eccitabili i cui effetti col mezzo dei nervi si estendono a tut- to il corpo manifestando effetti simili a quelli dei mali co- muni . Tali sonò la gastritide , l'epatitide, la splenitide , la pleuritide, la cistitide, il profluvio sanguigno dietro un'infiam- mazione , l'isteritide , l'aborto, il parto diffìcile, le ferite profonde ec; terzo in quelle dei mali che sono conseguenze dell'azione maggiore o minore del solito a cui l'eccitabilità fu precedentemente portata e per cui qualche parte lesta pri- va della sua influenza, o non è più mossa dagli stimoli che sogliono eccitarla all'azione. Questi sono le suppurazioni, le pustule, l'antrace, il bubone, la gangrena, lo sfacelo, i tu- mori scrofolosi, scirrosi ec. Ha formato poi la quarta divisio- ne per i mali dipendenti dai contagj e la quinta per quelli prodotti dai veleni, abbenchè i primi portano e diffondano prontamente la loro azione a tutto il corpo, ed i secondi, se non accrescono o diminuiscono l'eccitamento generale, pas- sano però da parte a parte alterando ovunque la tessitura e mettendo tutto il corpo in tuunilto . Sembra dunque che abbia considerato sotto la denomi- nazione di mali comuni od universali quelli nei quali l'ecci- tabilità una ed indivisibile sia stata precedentemente messa in Del Sic. Stefano Gallimi. 7 5 in queir eccitamento or maggiore or minore del mediocre e dell'ordinario per cui nascono le due diverse diatesi o pre- disposizioni alle malattie die si convertono in queste, quan- do altre cause portano l'eccitamento a un certo grado di au- mento o di decremento. Quindi egli distinse col nome di sti- moli le cause che operano sull'eccitabilità per produrre le diatesi e in seguito le relative malattie, e quindi divise le malattie comuni e le corrispondenti diatesi in quelle dipen- denti da un eccitamento maggiore dell'ordinario ed in quelle costituite da un eccitamento minore del solito, chiamando steniclie le prime, asteniche le altre. Le particolari induzioni che lo hanno condotto a que- sta sua sistematica divisione meritano qualche critica osser- vazione. Brown ha saggiamente distinta l'eccitabilità dall'ec- citamento considerando la prima un' attitudine al secondo e questo l'effetto degli stimoli sull'eccitabilità. Ha con l'agio- ne accordato che l'eccitabilità messa in un eccitamento, sia maggiore ossia minore di quel grado mediocre che costituisce la salute, possa rimanere al grado di essere soltanto una dia- tesi stenica od astenica : ed ha mostrato che queste diatesi si riconoscono da ciò che gli stimoli della medesima forza pro- ducono nel primo caso le azioni della vita con più energìa e nel secondo con meno energia e che come malattie incipien- ti esse diatesi non si tolgano finché dagli stimoli operanti in senso inverso delle diatesi l'eccitamento non sia rimesso al grado mediocre che costituisce la salute . Ma ad onta di tut- to questo, contento egli di avere osservato che l'eccitamento sia sempre regolato dagli stimoli, ha stabilito che l'eccitabi- lità sia una forza passiva obbediente e dipendente dagli sti- moli . Quindi non mostrò mai di metterla a calcolo nella pro- duzione delle variazioni nel grado di eccitamento : quantun- que se avesse addottato che essa ha una energìa propria che può essere e conservarsi accresciuta o diminuita, avrebbe con più semplicità e chiarezza potuto rendere conto degli effetti dell' eccitamento e della sua azione che sono sempre in ra- Tom. XV IL K 74 Delle Nozioni FisiOLocicHg ec. gione e dell'energìa attuale della vitalità e della forza delle cause che la determinano ad operare . Allora in luogo di ri- putare possibile l'unione contemporanea delle due diatesi op- poste avrebbe confessato che la malattia possa manifestarsi con sintomi di un'azione accresciuta abbenchè l'energìa del- la vitalità sia minore dell'ordinario e viceversa. Parimenti non avrebbe allora messe tra le malattie locali le contagiose soltanto perchè quantunque abbiano le forme delle universa- li , non siano però precedute da una diatesi corrispondente . Senza far torto ad alcuno de' suoi ammiratori o di quelli che crederono sulle sue traccie di formare nuovi sistemi, mi sembra però che il giudiziosissimo già lodato Dottor Rubini di Parma abbia con molta ragione e con maggiore precisione d'idee sostituita alla divisione Browniana l'altra in tre classi d'hipersteniche , d' hiposteniclie e d'irritative. Avendo desi- gnato sotto il nome di stenia quell'energìa della vitalità o dell'eccitabilità, se così vogliasi nominaila, la quale costitui- sce lo stato di salute, ha con ragione fatte due classi delle malattie universali secondo che la vitalità mostra un'energìa superiore, o inferiore alla stenia. Tutte le malattie poi che non manifestano un'energia né accresciuta né diminuita del- la vitalità, furono da lui poste in una terza classe, ma no- minate irritative piuttosto che locali . Osservò di fatti che queste non siano, come voleva Brown, indipendenti dalla vi- talità o dal suo eccitamento, giacché non si dà malattia sen- za un'alterata azione della vitalità, ma che in esse l'eccita- mento sia soltanto diverso dall'ordinario senza essere notabil- mente accresciuto o diminuito . In conseguenza egli le ha chiamate irritative perchè se non sono prodotte da cause che inducendo esaurimento o accumulamento di eccitabilità se- condo Brown manifestino un eccitamento maggiore o minore del solito nella medesima, sono però prodotte da cause che perturbano o alterano la vitalità per un'azione loro impro- pria, incongrua, e nullamente ad essa affine. Ma è poi stata determinata la distinzione tra l'azione Dei, Sic. Stefano Galli nm . 17.5 delle cause dette stimoli o potenze eccitanti che danno ori- gine alle malattie hipersteniche ed hipostenicìie , e le cause dette irritative che producono un semplice irritamento e la malattie irritative corrispondenti a questo ? Bondioli troppo presto rapito alle scienze fisiche e mediche che coltivava con tanto successo, aveva voluto più particolarmente di ogni al- tro versare su questa distinzione , e sembra volesse ripetere l'azione irritativa dalla tendenza che hanno le cause di quel genere a distruggere l'integrità naturale delle fibre, e dei tessuti viventi , per cui la vitalità, quasi sorvegliando a quell' integrità per conservare sé medesima, producesse movimenti organici . Rubini però trova che questo carattere non sia sem- pre comune alle cause irritanti, e che sia comune alle volte alle potenze eccitanti. Una goccia d'acqua, un briciolo di pa- ne nella trachea irrita e convelle; un poco d'aria nel ventricolo desta nausea e vomito, e gli alcali, che sono dichiarati poten- ze eccitanti, sono atti a distruggere la integrità delle fibr&^ Fanzago giustamente rinomato Professore di Patologìa, Medicina legale, e Polizia medica nella Università di Padova asserì che le potenze eccitanti non lasciano traccia di loro nella parte a cui si applicano, ma spandono poi rapidamente la loro azione alle altre parti , mentre le irritanti lasciano traccia ed hanno un'azione circoscritta alla località che pri- ma attaccano . Che se le cause irritanti producono alle volte movimenti perturbati in parti lontane , Fanzago attribuisce ciò al consenso, alla diffusione per irradiazione, alla condi- zione patologica che nasce o si sviluppa dall'irritazione, e finalmente al processo morboso atto a disordinare l'universa- le eccitamento come nelle flogosl. Insiste ancora Fanzago nel considerare esservì una differenza tra l'azione delle cause ir- ritanti , e quella delle potenze eccitanti perchè la diatesi ir- ritativa sia senza rimedj o non ne abbia bisogno, mentre al- tro non si può fare che togliere la causa irritante . Ma Ra- hini osserva che l'oppio potenza eccitante produce i suoi ef- fetti soltanto molte ore dopo , mentre il contatto di una si- ■^6 Delle Nozioni Fisiologiche ec. ringa che irrita la vescica orinaria, occasiona istantaneamente le convulsioni eri i dolori. Quanto al consenso trova che quan- do non dipende dalla più immediata influenza per mezzo dei nervi, esso nasca dalla mobilità maggiore che qualche parte ha acquistata per cui tanto le potenze eccitanti che le cause irritative manifestano sintomi notabili in quella. La diffusione per irradiazione sembra al Rubini d'ignoto significato e la condizione patologica non sempre si osserva, e quando pure succede non accresce né diminuisce l'eccitamento ma produ- ce un incitamento abnorme che egli chiama irritamento. I fe- nomeni poi che vestono le forme della flogosi si propagano all'universale con le stesse leggi dell'eccitamento Browniano. Finalmente Rubini accorda che nella diatesi irritativa molte volte almeno, altro non abbisogni che di togliere la causa ir- ritante : ma osserva che nelle diatesi hiperstenica , ed hipo- stenica altro non si faccia pure che togliere o aggiungere stimoli . Checché ne sia di tutto questo Rubini vuole anch' egli che vi sia xina differenza tra l'azione delle potenze eccitan- ti , e quella delle cause irritative . Ma è inclinato a credere che questa differenza consista in ciò che le prime producano un eccitamento abnorme per quantità , cioè sopra o sotto il normale che costituisce la stenia e la salute, mentre le altre lo producono abnorme per qualità . Io oso però opporre a questo celebre scrittore che le potenze tutte, le quali pos- sono determinare all'azione la vitalità, debbano indistinta- mente alterare questa prima di tutto nella sua quantità e in seguito nella sua qualità o nel suo modo di azione . Io ho indicato ciò nella Memoria pubblicata nel volume XV di que- sta Società: ed ho sempre sostenuto che l'azione della vita- lità consista nel rimettere prontamente le molecole ed i tes- suti impressionati o cambiati nella positura e nella propor- zione de' loro elementi allo stato di prima. È certo che la vitalità deve essere or più or meno pronta a ciò fare secondo che la circolazione delle materie nutritive per gli esalanti ed Dei. SiG. Stefano Oallini. 77 inalanti delle stesse è or più or meno celere : ma deve an- cora rimettere le molecole e i tessuti più o meno esattamen- te dall'impressione ricevuta secondo che la quantità e la com- posizione delle materie nutritive si mantengono o deviano dallo stato naturale . Nel primo caso non comparirà alterata che la (juantità di azione e l'energìa della vitalità, e nel secondo, senza comparire spesso alterata nell'energia, la vitalità avrà un'azione diversa dal suo solito. Ora il primo effetto dello potenze , qualunque esse sieno che possino determinare all' azione la vitalità, non può essere che un aumento o un de- cremento nella quantità di sua azione e nella sua energia giac- ché esse cause non potendo essere che maggiori o minori sia nel numero sia nella forza in confronto delle cause ordinarie non fanno che accelerare o ritardare la circolazione delle ma- terie nutritive . Ma qualunque sieno le cause die producono questo primo effetto, quando siano di molto maggiori ovvero di molto minori dell'ordinario e soprattutto quando l'azione della vitalità persista lungamente alterata, devono alterare l'assimilazione delle materie nutritive che in progresso alme- no rimane il solo effetto e produce un cambiamento nel mo- do di operare della vitalità piuttosto che nella quantità di azione della medesima . Dietro tutto questo mi sembra che le alterazioni nell'a- zione della vitalità, sia nella quantità sia nella qualità, non debbano costituire la differenza la più essenziale e la più ge- nerale delle malattie . Ma a maggior conferma della propo- sta mia divisione in nevrosi ed in irritative non dirò che con essa non sia necessario di determinare se esista in realtà o quale almeno sia la differenza nel modo di operare delle cau- se irritative e delle potenze eccitanti . È facile il vedere che le une e le altre dovendo sempre indurre un cambiamento nella proporzione e certo nella mutua positura delle moleco- le dei tessuti organici e degli elementi di quelle, debbano sempre eccitare la vitalità ad operare diversamente dal suo solito , e che quando le une e le altre possono portare la loro 78 DiiLLE Nozioni Fisiologiche ec. influenza sino ai tessuti dei pareti delle cavità e dei canali che costituiscono il sisrema vegetante debbano or più or meno prontamente ed or più or meno intensamente produrre le ma- lattie universali o comuni per la conseguente alterazione nella costituzione dei fluidi animali e delle materie stesse nutritive . Prescindendo da questo dirò piuttosto che la proposta mia divisione ha certamente il vantaggio di condurre subito a determinare la principale differenza nell'essenza delle ma- lattie, anzi quella difiTerenza che manifesta la diversa indica- zione generale nella loro cura. Convengo che dall' addottare la divisione generale delle malattie in nevrosi ed in irritative risulti che molte di quelle dell'una classe e dell'altra avranno lo stesso andamento, la stessa forma, lo stesso nome. Un me- desimo grado o un medesimo modo di azione alterata della vi- talità può essere conseguenza tanto di un determinato grado di alterata energia della medesima indipendentemente dalla causa morbosa che la determina nel momento ad operare , quanto di un determinato grado di forza o di una determinata natura della causa permanentemente applicata per determinarla all'azione senza che l'energìa sua sia stata precedentemente alterata. Ma oltre che la divisione delle malattie dessunta dal- la forma eoa cui appariscono o dai sintomi con cui si manife- stano non fa mai conoscere la natura loro né la indicazione per la loro cura è da osservarsi che per arrivare a questo che deve costituire la più importante indagine del medico, conven- ga sempre esaminare più oltre le malattie di ogni forma e de- terminare se i sintomi provengano da qualche causa morbosa permanentemente applicata o dall'energìa della vitalità che sia stata precedentemente e a poco a poco portata al grado di produrre coli' azione sua quella difficoltà , irregolai-ità , e molestia che costituisce lo stato di vera malattia. Dall'al- tra parte quando è stato riconosciuto che la malattia sia ne- vrosi o irritativa si può stabilire il metodo di cura convene- vole e persistere nel medesimo, abbenchè la malattia cambi forma , con quelle variazioni soltanto che il cambiamento di | Del Sic. Stefano Gallini. 79 ciascuna da parziale ad universale deve sempre suggerire . Dal che ne viene che quelle varietà nell'andamento delle ma- lattie o nel numero e qualità dei sintomi che imbarazzano i pratici di abitudine, non fanno mai titubare quello che si è assicurato della causa prossima e immediata, o dell'essen- za vera della malattia . Non entrerò ora ad esaminare le mutazioni che conver- rebbe fare nella distribuzione delle malattie discendendo da questa generale distinzione in nevrosi ed in irritative alle particolarità che possono differenziare tra loro quelle dell'una e dell'altra classe. Tralascierò pure di far osservare che con qnesta distinzione generale si possa facilmente conoscere co- me e quando la sopravenienza dell'universalità nelle malattie sia un effetto secondario e un semplice sintomo della malat- tìa parziale prima riconosciuta : e come e quando la malattia che sin da principio si sia manifestata universale possi portar in conseguenza alcuni sintomi che , se fossero isolati , costi- tuirebbero una malattia parziale da per loro . Mi risservo a fare ciò in altra occasione dopo soprattutto che avrò conosciu- ta la opinione dei dotti pratici sulla divisione proposta e sul- le osservazioni mie circa la causa per cui le malattie tutte possono or rimanere sempre parziali, or divenire più o me- no prontamente universali . Terminerò col dire soltanto che la proposta divisione del- le malattie sia appoggiata all'utilità sua nell' indicare subito Jo scopo principale diverso che per la cura delle une e delle altre deve essere osservato. È certo, come dissi nella citata Memoria inserita nel volume XV di questa Società, che in ogni caso di malattia l'indicazione generale sia quella non di eccitare o deprimere la vitalità, ma di rimetterla alla sua azione naturale, e che questo sempre si ottenga regolando sol- tanto il processo delle successive assimilazioni, ossia metten- do al grado ordinario di azione la vitalità di tutti gli organi per cui gli umori trapassando soggiacciono alle successive as- similazioni . Si potrebbe portai'e questa proposizione alla mag- fio Delle Nozioni Fisiologiche ec. gioì- evidenza esaminando l'azione dei rimedj tutti che si so- gliono usare con profitto nella cura delie diverse malattie , cioè delle emissioni di sangue, degli emetici, purganti, su- doriferi, vescicanti e dei così detti nutrienti, eccitanti, de- primenti . RisuUarehhe sempre che in ultimo jlsultato la la- ro azione sia sempre diretta a regolare il processo delle as- similazioni vitali preso nel suo complesso, acci'escendo cioè o minorando l'azione or dello stomaco, or degl'intestini, or dei vasi sanguigni, or dei vasi secernenti , e tra questi di quelli spesso che con la loro maggiore o minore azione ob- Lligano gli altri a rimettersi nel loro naturale modo di ope- rare . Quindi conviene non tanto regolare il numero e la for- za degli stimoli, quanto sciegliere quelli che con la specifica loro azione influiscono sopra alcuni organi assimilatori in pre- ferenza di altri , e rimettono a questo modo la dovuta mode- razione e proporzione tra le azioni di tu^'ti . Ma aggiungerò in ultimo luogo che per questo fine vi sia sempre una differenza essenziale tra le malattie che dall'e- nergia precedentemente alterata in qualità o in quantità de- rivano da quelle che sono prodotte dalla permanente appli- cazione di qualche causa morbosa esterna. Per queste ultime che sono le irritative l'oggetto principale e- certamente pri- mo, è di rimuovere il vizio organico o la sostanza pe-rmancn- te applicata, non trascurando in seguito di regolare l'energia della vitalità che viene alterata sempre dalla stessa perma- nente influenza di essa causa. Nelle nevrosi poi lo scopo prin- cipale è quello di rimettere l'energia della vitalità al suo gra- do naturale sottraendo o aggiungendo stimoli eccitanti or l'u- no or l'altro organo assimilatore , non trascurando, quando occorra , di rimuovere le cause irritative permanenti che pos- sono formarsi durante la malattia , e soprattutto non trascu- rando la separazione e l'evacuazione della cosi detta materia morbosa che si forma e circola con la massa degli umori du- rante la malattia medesima . 8f OSSERVAZIONI DI ELETTROMETRIA ANIMALE LETTERA IH. (^) Del Signor Gav. Carlo Amoretti Al Signor Gian-Goffredo Ebel . Ricevuta li la Agosto i8i4- I. JL oicliè Milano 4 Giugno i8i3. lè veggo dalle opere sue, chiarissimo Signore e Col- lega prestantissimo, le quali cotanto hanno illustrata la geo- logìa delle alpi (è); e più dalla cortesissima lettera che si è compiaciuta di scrivermi, che ella reputa utilissimo Io studio delia Elettrometrìa; e non solo approva quanto vo pubblican- do, ma coir esempio suo mi anima a proseguire nelle elettro- metriche ricerche, son certo che non le sarà discaro il vede- re a lei indirizzate le osservazioni da me fatte sul principio del corrente anno , in seguito alle quali lìianderolle pur quel- le che di far mi propongo nella state, e nell'autunno. Né tema già ch'io spaventar mi lasci dai nomi celebri di coloro, i quali, insensibili essendo all'azione elettrometrica, vanno con tuoiK» magistrale predicando non essere che una illusio- ne la sensibilità che noi abbiamo, comune ad «n quinto a un dipresso dell' uman genere. Io assomiglio in qualche mo- do costoro alla Aspaste di Seneca (e) che, essendo cieca, an- ziché confessare la propria cecità, accusava le tenebre che Tom. XVII . L (a) Le due prime Lettere stanno nel Tomo XVI, pagg. Sa, e 212. (i) Uber den Bau der Erde in dern Alpengehìrge. Zurich, 1808. Manuel da VoyageuT en Suisse . Zurich, 1810. (e) Epist. L. 8a OsSERVAZrONI El.ETTROMETKICHE • in quella casa fogliavano, e negava così che altri vedervi potesse . II. Nello scorso inverno, ad imitazione del coltivator di- ligente che nella stagion nevosa prepara gli stromenti rurali, premeditando io i vinggi, che a tempi opportuni avrei fatti, per meglio muniimi di criteri! elettrometrici, volli di propo- sito indagare cou quale probabilità, se non certezza, giudi- care con essi si possa, della qualità delle sostanze che in noi agiscono, sì sotterranee e non vedute, che vedute e toccate ma ignote. In una parola, volli ricercare se di tali sostanze potea determinarsi la natura colla sola elettrometria. Non già ch'io pensi doversi trascurare i caratteri chimici, geometrici e fisici de' corpi che voglionsi conoscere; ma soltanto io pro- poneami di trovare un mezzo più pronto, più facile e como- do, il quale, se non darà un'esatta nozione di ciò che si ri- cerca, servirà almeno di norma nell'indagine; e sopra tutto avvertirà degli errori, ne'quali, per sistema di teoriche fa- cilmente si cade . III. Nessuno ignora che coli' analisi chimica si possono conoscere i componenti de' corpi minerali, vegetali, ed ani- mali; specialmente dopo che la pila dell'ili. Volta in mano del cel. Davy non trova sostanza ch'essa non decomponga; onde si è così imparato a determinare il regno, la classe, l'ordine, il genere e la specie de' corpi che chimicamente fu- rono analizzati. Ma per questa analisi, oltre l'impiegatovi tempo, la spesa, l'incomodo, e talora il pericolo delle ope- razioni chimiche, è necessaria la distruzione intera o parzia- le della sostanza medesima . E infine che sappiamo noi da questa analisi intorno alla vitalità^ { dirò con lei ) de' corpi minerali ? Questi una specie di vitalità pur hanno, com'ella osserva (a), dimostrata dalla loro elettricità, dalla fosforescen- za, dal magnetismo o polarizzazione, e dalla azione galvanica. Io soggiungerovvi dimostrata dall'azione elettrometrica. (a) UbcT den Bau der Erde . Tom. I, pag. 368. Del Sic. Carlo Amoretti 83 IV. Lo stesso dicasi del metodo del eh. Haiiy {a) per le sostanze minerali atte alla cristallizzazione, delle quali egli vuole che si giudichi, e sen determini la natura, esaminan- done le forme cristallografiulie del nòcciolo , e delle moleco- le . Ma è noto ornai che tal metodo , quantunque altamente commendato da alcuni suoi Colleghi , vien ora dai più ripu- tato insufficiente all'oggetto che si propone {b): si perchè l'indagine non può farsi senza il guasto del cristallo che si esamina ; sì perchè ognuno facilmente comprende quanto dif- fidi cosa ella sia il separare questi nòccioli e queste mole- cole, e '1 misurarne e calcolarne colla necessaria esattezza gli angoli e i lati . V. Lo stesso Sig. Hauy molte ricerche avea fatte sulla elettricità de' minerali (e) : non tanto per moltiplicare i mez- zi, com'egli dice, onde riconoscere quelle sostanze quando il lavoro dell'arte ha distrutte le loro forme cristalline; quan- to perchè , avendo queste de' poli elettrici , si potesse deter- minare in quali punti sian essi situati. Dal che si vede ch'e- gli non aveva altro oggetto che quello di trovar nuovi ap- poggi al suo sistema cristallografico ; e quindi non pensava d'estendere le sue osservazioni a tutti i minerali, e molto meno ai tre regni della natura . Ma il Sig. Pellettier andò più oltre ; ed immaginò di potere per mezzo della sola elet- tricità conoscere l'indole de' minerali tutti, distinguendoli in due grandi classi, in una delle quali collocò i corpi che si elettrizzano per lo strofinamento e non per comunicazione , e nell'altra que' corpi, che, dando passaggio all'elettricità, per io strofinio non si elettrizzano . E poiché le sostanze mi- nerali posseggono queste due proprietà in gradi diversi, così, secondo lui, servir potrebbono questi gradi a classificarle. Io (a) Joum. dt Physique . Tom. LUI, pag. 36i. (b) De la méthtrie . Èlémens de Mi- neralogie . Tom. I , pag. xcvii. Dubuis- son . Classification or^ctognost. jiar Wer- ner . Journ. de Physique 1. e. pag. 457- (e) Annal. du, Musaeum . Tom. XV , p. I - 8 . Vedasi pure il Transuoto di Guyton . Journ, de Phys. I. e. p. 896. «^4 Osservazioni Elettuometricite . non esaminerò a quali sperienze s'appogginole asserzioni lei Sig. Pellettiere poiché non le veggo riferite nella sua disser- tazione [a); ma osserverò, che sebbene sia possibile l'inda- gare per tal modo l'indole de' corpi che si possono maneg- giare, e assoggettare alla macchina elettrica comune, o a quella d' Ilauy , non serve il proposto mezzo per le sostanze sotterranee; e dubito che applicare si possa ai regni vegetale ed animale. Aggiungasi, che accorda egli stesso frequenti es- sere le anomalie alle leggi da lui stabilite . VI. Ai sin qui esposti mezzi d'indagare la natura ignota de' corpi io penso che preferir si debbano le osservazioni elet- trometriche, di cui soglio far uso, non già per tutti cono- scere i componenti d'una sostanza minerale, e le loro pro- porzioni , come Coulomb per mezzo del magnetismo giudicava del ferro che un corpo contenea; ma per determinare a qual genere e specie ognuna delle sostanze appartenga . E di ciò io mi compiacqui grandemente. Chiarissimo Signore, quando nella lodata opera sua lessi che il mezzo medesimo della elet- trometrìa sotterranea ella riputavalo il migliore per conoscere 1' indole delle sostanze terrestri : se non che ella fra gli stro- menti elettroraetrici sembra preferire il pendolo , eh' io pur adopro talora; ma più comodo trovo un ramoscello biforcuto, o una penna barbata, ovvero uu cilindretto formato di due brevi aste di metalli de' quali uno sia positivo, e l'altro ne- gativo, come acciaio e ferro, oppure un più semplice cilin- dro preso da ramo o tronco d'albei'o fulminato, che sempre ha i due poli, e al cilindretto bimetallico equivale, come dirò più sotto (i^) . VII. Or venghiamo al modo d'usare di questi stromenti per determinare l'indole delle diverse sostanze naturali. Già da molti anni io avea letto in Zeidler (e) in Schott , ed altri (a) Journal df Physique 1811 Octob. (b) Vedi il Wum. XXI, e Lett. V, Num. XYI. (e) Pantomystherium . Pag. iia. V. Della Raddomanzia . Num. III. Dei. SiG. Gaklo Amorettc . 85 Scrittori che nel secolo xvii della RacUomaiizia si occnparo- no , che il contatto contemporaneo mediato o imrHcdiato di due corpi elettromotori , se non sono Identici come ferro e ferro, acqua ed acqua, sospende il moto degli stromenti elet- trometrici cagionato da un solo de' due; e non l'arresta, se que' corpi son identici. Della verità di qviesto fenomeno io m'era convinto per le prove, che frequentemente ne faceva, or solo , or con altri Elettrometri ( che così chiamo colora che son dotati della facoltà di cui il siam noi ), e special- mente col Sig. Prof. Calamìni ^ che, oltre l'essere valente Fisico è pur huon Meccanico, e si ha formate a tal oggetto delle lastrine d'ognuno de'metalli e d'altre sostanze, che cre- de potersi presentare al suo esame . Io così, ad imitazion sua, e a maggior comodo, porto meco, viaggiando, de' piccoli sag- gi di siffatte sostanze in una scatoletta. Tutto ciò io sapeva, ed avea pur letto com'ella ne' minerali d'ogni ordine avea notate le proprietà elettriche, fosforiche, magnetiche, e gal- vaniche [a) . Tuttavia non m' era mai venuto il buon pensle- re di fare intorno a ciò una serie di sperimenti, che solo ho fatti nello scorso inverno ( aproffittando de' giorni d'oppor- tuna ammosfera, poiché tutti noi sono); il risultamento de* quali è stato : Vili. I .° Che quantunque unico, o tutt'al più doppia ( come da alcuni vuoisi essere l'elettrico ) sia il fluido eh© produce i fenomeni dell'elettrometrìa, pur ogni corpo elet- tromotore ha un'indole sua propria che modifica in certa gui- sa quel fluido ; e '1 contatto immediato o mediato di quel cor- po fa movere gli stromenti elettrometrici in mano della per- sona che della necessaria sensibilità è datata. a.° Che il mo- to dato dagli elettromotori agli stromenti, o è negativo, quan- do la bacchetta e'I cilindretto convergono , ossia inclinano ver- so la persona che gli adopera; o è positivo quando gli stro- (o) Loc. cit. ob Osservazioni Elettrometriche menti all'ergono, ossia s'allontanano da chi gli adopera. Ol- tre questi v'è pur il moto oscillatorio, cioè ffuando gli stro- menti hanno un alterno moto positivo e negativo; il che suc- cede toccando il mezzo de' corpi bipolari, qual è p. e. un' asta di ferro calamitata (a) . 3." Che se due sostanze identi- clie elettromotrici contemporaneamente si tocchino , il moto degli stromenti continua; se non che fa d'uopo aver atten- zione che una di esse non venga alterata ( Z» ) si che seu cangi l'indole, divenendo da positiva negativa e viceversa. Ili tal caso , ancorché siano sostanze identiche , se l' alte- razione succede in una sola, arrestasi l'azione degli stromen- ti nel contemporaneo contatto (e). 4-° Che se le sostanze elet- tromotrici non sono identiche , ancorché amendue siano po- sitive, come zinco e acciaio, ovvero negative, come rame e ferro , non si ha moto negli stromenti elettrometrici (Zii dissimili, contempo- laneamente toccati agiscono. E rimarchevole, che il bronzo aiìtico, quantunque non sia metallo puro [a), è negativo; ed agisce nel contemporaneo contatto col rame; il che non suc- cede col bronzo moderno, che sempre è positivo. Osserva- zione utile agli Antiquari! (Ij) . Il metallo di cui sono formati gli antichi specchi, è positivo sulla taccia liscia, e negativo spilla ruvida. Non agisce col rame l'ottone, che, essendo ( omposto di rame e di zinco, è positivo. Ho però trovato talora dell'ottone negativo, e dello inerte (come formati noi so ) ; né questi agiscono contemporaneamente toccati col ra- me , rrè coli' ottone comune . XII. Il ferro di miniera, sì spatico, che ocraceo è negativo; ed ha generalmente azione contemporanea col ferro fuso o bat- tuto, ma soggiace a molte anomalìe. V'ha negli Appennini e nel colle di S. Colombano, che il Po da essi ha staccato, della miniera di ferro, sovente formata a ceci , la quale è positi- va. Tale è sovente l'arena ferrigna, o da volcano provenga, o trovisi in terreno d'alluvione, o traaiasi colla calamita dall' arena della menacanite , e dall'oro di pesca. Quest'ultima, insolubile nell'acido che scioglie l'oro, ha azione al contem- poraneo contatto col platino. Lo sarebb'ella (r)? Positivo è sempre l'acciaio; il che basta a distinguerlo dal ferro. Le bciable turche, e le spade antiche non hanno nessun' azione, perchè l'acciaio positivo è si frammisto al ferro negativo, <;he non toccasi mai l'uno senza toccar l'altro. Le moderne generalmente son fatte a liste alternate d'acciaio e di ferro, ■onde ora son positive or negative, a norma de' luoghi che si toccano. Positivo è il solfato di ferro, detto volgarmente pi- lite, c\re sovente forma filoni sotterranei; e positivi e piri- tosi (a) Dizè pretende che la lega del ra- | (i) Vedasi il num. XI della Lett. II , me antico fosse stagno . e Geoffroi die | e i numeri X e Xfl della Lett. V. fosse ferro. ^ . Opuscoli scelti di Mila- \ (e) \ . Deità Raddomanzia. IHum. iSg- ■',». Tom. XIII, p. 3i3., \ Del Sic. Carlo Amoretti. 89 tosi essere questi lo conosco al moto contemporaneo clie ha il cilindretto, quando con una mano tocco la pirite, e sto co' piedi sul filone. Che su queste piriti corrano non solo i turhini (a), ma anche i terremoti, ne ho la prova in un'a- rena che in occasione di terremoto [b) fu per lunga striscia sollevata di sotterra, e che ha azione al contenaporaneo con- tatto della pirite testé mentovata. Non l'ha però con tutte le piriti, perchè non sono tutte 'identiche , Alcune pur son bipolari . XIII. Noti sono i fenomeni della calamita (di' è pur es- sa una miniera di ferro), e della magnetizzazione artificiale delle aste di ferro, e noto è l'effetto della, fulminazione, che pur le magnetizza : e si vuole che magnetizzate restino le aste ferree per lo strofinio, per le percosse, pel solo stare perpen- dicolari , e ben anche per l'azione del solo raggio violetto del sole . Io posso qui soggiungere, che quante verghe o la- stre di ferro, di varia grossezza, passate pel cilindro o bat- tute, ho esplorate, tante ne ho trovate fornite dei due poli elettrometrici, negativo l'uno e positivo l'altro, distanti fra di loro da un piede e mezzo ai due; e questi poli ora ho trovati ad un'estrenrità , ora in mezzo dell'asta. Questi tro- vo pur talora nella miniera della isola d'Elba che non è ma- gnete . La parte di mezzo de' ferri polarizzati non è inerte, ma ha la mentovata azione oscillatoria . Con siffatti ferri non possono mai farsi prove di confronto; e volendo cimentare un ferro al contemporaneo contatto con un altro, è d'uopo sperimentarne prima l'indole. XIV. La piombaggine, detta ferro carburato, il manga- nese, l'antimonio, e '1 bismuto che al ferro somigliano, e sono ugualmente negativi, non hanno nessun' azione nel con- Tow. XFII. M (a) V. Nuova scelta d'Opuscoli di Mi- lano . Tomo II , pag. 3oa. (ì) Accadde cjuesto fenomeno a Ti- cengo , territorio Cremonese ai io Mag- gio i8oa. QO OSSFRVAZIONI ELETTROMeTRlCHE . temporaneo contatto uè col ferro né gli uni cogli altri. Ab- benchè talora abbiano somiglianza al ferro le masse degli ae- roliti, e sian anch'essi negativi, pur non hanno contempo- ranea azione con questo metallo; e non ho trovato che ab- bianlo con altra sostanza, se non con altri aeroliti (comun- que poco talora si somiglino ) e col nikel : metallo che in essi sempre sì irova (a). Il piombo, lo stagno, e M molibdeno solforato, sono positivi j e non hanno azione se non coi loro identici metalli; e l'hanno pure co' rispettivi ossidi loro. Le dendriti formate da metalli hanno azione ne! contempo- raneo contatto di esse e de' metalli loro. XV. Dai metalli passiamo alle gemme. Il diamante, ben- ché ad esso talor somigli qualche bel cristallo di mcca , na- turale o avvivato coli' arte, non ha alcuna azione contempo- ranea né con questa né con nessuna sostanza combustibile , benché esso sia tale . E qui osservisi che il cristallo di rocca limpido, comunque ben decisa e chiara ne sia la cristallizza- zione , ancorché trovisi in una drusa fra cristalli colorati elet- tromotori, é sempre inerte: il che mostra non avere i poli, almeno gli elettrometrici , nessuna relazione colla cristalliz- zazione . Il color rosso a varie degradazioni oflìe qualche so- miglianza fra '1 rubino, il vesuviano, il granato ( sostanze ne- gative ), il piropo, l'ametisto, il titano rosso, il giacinto, f^ 'I granato di compostella (sostanze positive ); ma tranne le due ultime, nessuna di queste gemme ha azione contempo- ranea colle altre . Il topazio ( positivo ) 1' ha coi cristalli di rocca gialli . Lo smeraldo ( positivo ) ha azione contempora- nea co' berilli, ma non colle olivine volcaniche, né col gri- sopraso , né colla smaragdite , o quarzo verde , positivi pur essi. Lo zaffiro non ha azione contemporanea col celestino, colla pietra di labrador, né col grisolito, benché tutti siano (a) Siccome il Nikel di color aureo, 1 nel fare lo sperimento di toccar quello, in qualche miniera , è misto al cobalto 1 e non questo . Wanco piombino, abbiasi l'attenzione | Del Sic. Carlo Amoretti. gì positivi. Il carbonchio, o melanite, benché dicasi granato nero, non ha azione contemporanea col granato comune e nobile , né col cristallo di rocca nero ; ma bensì colla obsi- diana : e questa l'ha con una specie di porfido nero vitreo, abbondante in qualche monte della Lombardia. Sarebbe mai ciò una prova della volcanaità di quella sostanza (a) ? La Ven- turina nel quarzo è inerte, la volcanica è negativa, la fat- tizia è positiva. I vetri colorati artificialmente non hanno mai azione contemporanea colle genune alle quali somigliano. Iner- te è Topaia, e positivi sono i vetri opalizzanti; inerte è il corallo, e positiva è la porporina; inerte è la turchese, e positiva la pasta di vetro che l'imita. Alcune delle mento- vate gemme, quando formano lunghe piramidi o raggi, han- no i due opposti poli alle loro estremità : tali ho trovati gli amatisti , i topazii, alcuni sommiti, e cristalli di rocca colo- rati: fra questi i neri hanno negativo il vertice, e positiva la base, e l'opposto avviene ai gialli e ai verdi. XVI. In generale sono bipolari tutti i corpi minerali ra- diati o fibrosi, come gii scorli, le stilbiti , le tormaline, le zoisiti , le tremoliti, le cianiti, le granatiti, gli amanti etc. Che se i raggi sono in giro e concentrici, l'azione bipolare trovasi soltanto in due raggi opposti, e nel mezzo v' é l'a- zione oscillatoria . Nessuna delle mentovate sostanze da me cimentate ha azione contemporanea colle altre . Per la ragio- ne delle fibbre , bipolari sono gli schisti , e i graniti in tavo- le , che noi chiamiamo beote . XVII. Quello poi che sorprende si è il trovare costante- mente bipolari, in qualunque luogo vengan essi trasportati i graniti e i porfidi, sì verdi che rossi, si delle Alpi che de' lontani paesi , ed in qualunque modo lavorati , benché essi non abbiano fibbre ne'raggi, compresovi il summentovato por- fido vitreo . Di più : abbiamo nel nostro museo del Consiglio {■j) Veli il mio Viaggio ai ire Laghi. Capo XV. «jii Osservazioni Elettromethiche . delle Miniere un pezzo di granito di Siberia, i cui conipo- iieriti ( mica, quarzo e feldspato ), sono giganteschi e cristal- lizzati : ogmiiio di questi cristalli è bipolare; ed uno di essi non ha azione contemporanea coli' altro. E altresì fenomeno rimarchevole, che , sperimentando sul luogo natio le mento- vate roccie, trovasi nel granito il polo negativo all'ovest e '1 positivo all'est; e nel porfido il negativo al nord e '1 positi- vo al sud [a) . Bipolari io trovo i basalti colonnari o in altra regolar forma disposti, de' monti Vicentini, delle isole Fon- zie , di Bolsena e di Radicofani ; e le pomici degli stessi luo- giii . Moto al contatto contemporaneo de' poli omologhi han- no fra loro i due primi, i due secondi, e le pomici porose e fistulari di Radicofani rossa, e d'altro volcano, a me igno- to, bianca. Inerti trovo i cipolloni volcanici de' colli Berici in qualunque parte li tocchi . I marmi ( carbonato di calce ) non hanno nessun' azione; e simili sono le breccie, e le are- narie; se non che queste trovo or positive, or negative, ove per l'azione dell'acqua e dell'aria si scompongono. I gessi, ( solfato di calce ) son positivi ; e azione contemporanea col gesso hanno le peponiti Piacentine a facce lucicanti in qua- lunque modo si spezzino : positivi sono i serpentini ; e nega- tive le bariti, benché esse siano solfati, e disposte a raggi concentrici . XVIII. I sassi, le terre, e le arene alluminose come i cristalli d' allume son positivi . Tale è il sale che ricavasi dai solfati piritosi di ferro e rame di monte Ramazzo presso Ge- nova . Tale la soda delle lagune Venete , il natio della col- lina di S. Colombano, e l'Ammoniaca dello stesso colle. Delle sin qui mentovate sostanze nessuna agisce al contemporaneo contatto colle altre. Il sale di cucina (sai muriatico), il sai gemma , i sassi , le arene , e le terre per mezzo alle quali passa l'acijua salata, sono sostanze positive, e tutte hanno (a) Con questo mezzo facilmente distinguonsi i graniti dalle breccie , e dalle pie- tre arenarie . Del Sin. Cari,o Amoretti. q3 azione contemporanea. Positiva è pur l'acqua salata sotto- corrente, onde le vene di questa distinguonsi da quelle d'ac- qua dolce, e si riconoscono all'azione contemporanea col sa- le di cucina. Il nitro e '1 cremor-tartaro son negativi; e non hanno essi azione contemporanea . XIX. Fra i combustibili positivo è lo zolfo; e tali sono le acque sulfuree anche sottocorrenti, riconoscibili all'azione contemporanea collo zolfo, o colla stessa acqua sulfurea {a). I carboni fossili sono negativi sotto qualunque forma si pre- sentino; e tutti hanno fra di loro azione contemporanea, com- presovi il nafta, la pece fossile, il petrolio, l'antracite, e lo schisto bituminoso, quando questo, per essere molto sul- fureo, non sia positivo. La lignite sovente è inerte, come lo è sempre la torba ; ma talora ha azione positiva ; e la co- munica alla lastra di rame o di ferro in quella faccia che si espone alla sua fiamma azzurrognola . Il succino o ambra è sostanza negativa ; e la gomma che le somiglia è inerte . II vetro che imita l'ambra è positivo. Quindi queste tre sostan- ze facilmente distinguonsi . XX. Venghiamo alle sostanze vegetali. Dell'azione oppo- sta delle parti sessuali (maschili e femminili ) de' fiori, delle due faccie nelle foglie, delle due estremità ne' frutti, ho par- lato altrove (/>) ; ma allora non m'era occorso ancora d'osser- vare , che tra i frutti , i nòccioli , e i tronchi istessi delle piante a fiori ermafroditi , che soglion essere negativi , sen trovano alcuni positivi . Chi sa che questa differenza non in- fluisca sulla qualità e quantità del prodotto , come sulla du- rata della pianta, e sul pregio del legno! Intanto ne dedur- remo che dalla sola azione elettrometrica de' frutti e del tron- co, non si può sempre argomentare con certezza il sesso d^una (a) Per un errore tipografico , o forse del copista , nel foglio A' Aggiunte e Correzioni ali opera della Raddoman- zia ( pag. 48^ ) lin. 9 ) leggeei negative quando dovea leggersi positive . (b) V. Lett. I, Num. XU. Della Rad-. domanzia Gap, XV. 94 Osservazioni Elettuometriche . pianta. Importante osservazione fa quella che feci, al ritor- no di primavera sui fiori . I bottoni non aperti ancora, ben- ché nel germe abbiano formato il frutto, o almeno l'embrio- ne, sono sempre inerti; ma appena se ne aprono i petali, cioè appena i pistilli sono fecondati dagli stami, hanno l'a- zione elettrometrica: il che ben s'accorda con ciò che suc- cede nelle femmine degli animali {a) . XXI. Intorno alle sostanze vegetali, divenute bipolari per la fulminazione, delle quali ho parlato nelle Lettere pre- cedenti , ebbi poscia ad osservare che esse dal fulmine ven- gono magnetizzate, o dirò meglio polarizzate, soltanto in quel- la parte per cui il fulmine corse; poiché i rami non tocchi dalla corrente elettrica, e certamente i messi dopo la fulmi- nazione, non hanno polarità. Ho pur osservato che l'effetto della fulminazione non è identico nelle piante che fra di lo- ro identiche non sono; cosicché se, per esempio, tocco con- temporaneaaient'' T estremità positiva di due ramoscelli ful- minati, l'uno di lieo e l'altio di pino, non ho moto negli stronienti elettrometrici ; ma lo ho, se sono amendue di fico o di pino . Questa osservazione non dimostra ella evidente- mente che le sostanze diverse modificano differentemente un fluido medesimo? Imperocché egli é certo che dallo stesso fluido elettrico sono stati polarizzati i due alberi, e ciò non ostante essi non hanno azione nel contatto contemporaneo (b). XXII. Trovo quest'azione in due piante identiche, quan- tunque esse siano state fulminate ad epoche distantissime . E a questo proposito riferirò qui una curiosa osservazione da me fatta sopra la durata del polarizzamento . Abbiamo in Lom- bardia un estesissimo strato di lignite avarie profondità ( che (a) Vedi il Num. XIX. (i) Un'analoga osservazione ho fatta mlle foglie , Queste hanno i due poli opposti nelle due faccie. Se tocco con- temporaneamente le due faccie opposte di due foglie dello stesso albero , ho quel moto di nutazione che nasce dal toccare nel mezzo , o alle due estremi- tà , i corpi bipolari ; ma se le foglie non sono di pianta simile , ancorché della stessa specie 5 non si ha nessun' azione. L' ho provato , anche toccando foglie di vite d' uva nera insieme a foglie di vi- te d' uva bianca . Del Sic. Carlo Amoretti. 9^ a luogo a luogo si mostra, specialmente nelle corrose sponde de'fiumi) nel quale sovente trovansi de'grossi tronchi, com- pressi bensì, ma riconoscibili (a) . Ora in alcuni pezzi di que- sto legno, che si vede alla ramificazione, e talora anche agli strobili, essere della specie de' pini, io trovo il fenomeno del- la polarità, e l'azione contemporanea con altro pino fulmi- nato nello scorso anno, e non con altri legni fulminati. E poiché questo legno sta ben i^o piedi sotto la superficie del suolo, entro cui il Ticino (dieci miglia prima di giugnere a Pavia ) si è scavato il letto, e che ivi tutto il terreno è d'al- luvione , stratificato di ciottoli e d'arena aurifera, ne argo- mento che questo terreno sia stato formato per una catastro- fe anteriore ad ogni storia; e probabilmente quando si spac- cò il monte calcare che univa il terreno d'Arona a quello d'Agera sostenendo il Verbano , e prese allora il Ticino il corso da quella parte ov' ora corre . Aggiungerò qui che le piante fulminate, riconoscibili al polarizzamento, sono fre- quentissime, sebbene poche siano quelle che ne mostrano esterni indlzj ; e a questo male, che il eh. Sig. Prof. Re chia- ma Necrosi elettrica, devesi di molte piante il deperimento, che a tutt' altra cagione suole attribuirsi {b) . XXIII. Sull'elettrometria degli animali poche cose posso aggiugnere alle osservazioni precedenti (e). Si osservò che le estremità del cranio dietro l'orecchio hanno azione contraria a quella della fronte , e le estremità della mascella l' hanno contraria a quella del mento . Il caso o le ricerche faranno scoprire nel corpo animale altri punti d'azione. Si è più vol- te verificata l'azione de' ventri gravidi, e l'inerzia de' non gravidi ; ed allo stesso modo si conoscono le uova fecondate , e dalle non fecondate si distinguono . Non si fu però sempre (a) Vedasi il mio Opuscolo Sulla Tor- ba e sulla Lignite . Milano , presso Pi- rotta 1810. (b) V. Lett. V, Nudi. XV, e la mia Lettera al Sig. TJa ne' suoi Annali d'A- gricoltura . Tom. XXII. (e) Vedi il Trattato di Raddomanzia, Capo XVI , e le Aggiunte e Correzioni . fX' O.-SEavAzioNi Elettro METRICHE . felice nel conghiettiirare il sesso del feto chiuso nell'utero: congettura die può soggiacere a molte anomalie («) . Una cu- riosa osservazione pur feci sui Bezoari, die sovente somiglia- no a ciottoli finitati . Essi non hanno azione se non toccati nel mezzo, e sono hipulaii , cioè positivi in una faccia, e negativi nell'altra . XXIV. Doi)o d'averle parlato delle ricerche jemali , fat- te per lo più nel mio gabinetto, per darle qualche saggio dell' aj)plicnzione de' miei principi alle pratiche osservazioni elettrometriciie, qui hreveinente esporrolle quelle poche che ho fatte ne' primi mesi di quest'anno. All' incorninciamento della buona stagione, ai io di Marzo, con due colti amici il Sig. Alberto Parolini di Bassano, di cui altrove ho parlato (b), e '1 Sig. Conte Cotti di Brusasco Torinese, amendue forniti della facoltà elettrometrica , per cui hanno pure le interne sensazioni, andammo sul Lario a visitare la famosa Fonte Pli- niana . Sulla via di Como, che polverosa era, vedemmo più volte de' tornei di polvere spiralmente sollevarsi; e tutti e tre col cilindretto, o con un ramoscello biforcuto fra le dita, ci accorgemmo di sotterranea sostanza elettromotrice positiva . Questa medesima osservazione facemmo, andando in barca da Como verso la Pliniana sulle strisce del Lago placide e bian- chiccie, in mezzo all'acqua increspata e nericcia, sulle quali stando avemmo sempre prove d'essere sopra sostanze subac- quee positive (e). Alla Pliniana, ove dal promontorio di Tor- no, a motivo del contrario vento, andammo a piedi, non po- temmo fermarci tanto da vederne il fenomeno da me in al- tri tempi a tutt'agio osservato (J); ma sentimmo una vena vegnente ad essa dal nord; e non già dalla altissima cascata laterale, ch'era allora poco men che arida. Nel breve viag- gio (a) Leggerannosi nella Lettera V le osservazioni elettrometrirhe sulle ano- malie che hanno luogo riguardo al ses- so degli animali . (h) V. la Lett. II ai Numeri Vili , e X. (r) Ivi, Numeri XIX , e XX. (d) Viaggio ai Tri Laghi. Ca^. XXIII. Del Sic. Carlo AMORETTr . 97 glo a piedi da Torno alla Pliniana, vedemmo essere calcare stratificato e inerte tutto il nòcciolo del monte; ma a luogo a luogo incontrammo de' massi di serpentino positivo, e di gra- nito bipolare, venuti senza dubbio da più elevati monti che or più non esistono. Tornando da Como a Milano passammo da Desio, visitammo la villa Cusani, ed i miei compagni cimen- tarono e riconobbero la polarizzazione d'alcuni degli alberi, de' quali già a lungo ho parlato; e sentirono i salti del ful- mine, anche al solo freddo e caldo delle dita. XXV. Un altro breve viaggio ho poi intrapreso a stagio- ne più avanzata e più bella nel Maggio, ad oggetto di veri- ficare se v'erano strati di carbon fossile in Vall'Assina alle sorgenti del Lambro fra un ramo e l'altro del Lario ; e se questi al grande strato indicato da Pennet corrispondeano [a). M'accorsi, cammin facendo, col cilindretto fra le dita d'un elettromotore positivo, a cui cori'ispondeano le strisce placi- de e bianchiccie del laghetto del Sagrino, mentre il resto era increspato da leggiere sirocco; e giunto essendo nel borgo di Asso, osservai che nessuno elettromotore sta sotto il campa- nile dtella chiesa parrocchiale, il quale, sebbene collocato in altissimo luogo, non fu mai fulminato {b) . Ivi pur trovai, senza nessun indizio esterno, i sotterranei canali pe' quali l'acqua del monte è condotta nella casa di Madama Curioni nata Venini , colta gentildonna milanese , che invitato colà m' avea , si per la ricerca del Carbon fossile summentovato , che per verificare la sensibihtà elettrometrica d'alcuni suoi contadini . XXVI. Andammo per questi oggetti insieme ad un suo fondo detto la Possessione della Valle, presso al confluente d'alcuni torrentelli nel Lambro. Ivi vidi tre piccoli strati d'uno scisto calcare bituminoso, de' quali i due primi avean Tom. XVII. N {a) Wx , Capo XXVIII. (h) V. Lett. I, Nura. XI. 9^ OmERVAZIONI Ei.lttrometriche . azione contemporanea col carbon fossile comune; ma non l'a- veva il terzo che meglio degli altri accendeasi; e questo, che acceso mandava forte odore sulfureo, aveva l'azione positiva dello zolfo. La direzione Est-Ovest magnetica di questi strati ben s'accorda coli' andamento delia gran miniera indicata da Pennet , se non che in questo luogo non estendesi che la ra- mificazione meridionale corrispondente a quella della Breggia sotto Castello nel Mondrisotto , e di Moltrasio sul Lario a quattro miglia da Como [a) . XXVII. Non trovammo a casa il contadino Barindelli vecchio Bacchettista, ma nel maggiore de' suoi figliuoli Gian- maria verificai a moltissime prove ch'egli è dotato della fa- coltà di cui trattasi . Fra le altre sperienze che tacemmo egli distinse colla bacchetta e col ramo biforcuto ne' suoi gelsi i rami positivi portatori di fiori maschi, messi al di sotto dell' innesto, che sempre si fa di ramo femmina per averne più copiose e più grandi le foglie; e in que' fiori conobbe allo stesso modo il polline fecondatore de' fiori femminei, neces- sario perchè i granellini delle bacche nascano nel semenzaio . Quando lo condussi più in alto su alcune vene d'acqua, egli ne sentì co' piedi l'andamento per la sensazione che provava or alle dita, or al calcagno, secondo che la faccia, or al monte donde venia l'acqua avea rivolta, ed ora al fiume; e ne determinò col contraccolpo, senza vedere ove l'acqua e- mergesse, la profondità, che trovammo esatta quando, essen- do discesi alquanto , vedemmo lungo la via la fontana forma- ta da quella vena . XXVIII. Non parlerò d'alcune osservazioni fatte presso il vicino borgo di Ganzo alla miniera di ferro or abbandona- ta, se non per dire che avendone esaminati i lavori nella vecchia galleria, conobbi che non erano più antichi di due secoli, argomentandolo, fra le altre cose, dalla sottigliezza e piccolezza delle stallattiti calcaree ivi formatesi. Io feci que- (a) Viaggio ai Tre Laghi. Ed. 4> P^gg- i56, e a5o. Del Sic. Cablo Amoketti . no sta ricerca per vedere se la massa di ferro trovata sul monte di Brianza presso Villa-Raverio, esser potea vero ferro da qui tratto ne' vetusti tempi ; e , sebbene avessi pur letto su me- morie manoscritte, che presso la Pieve d'Incino nel secolo XV vi era un forno di fusione , o piuttosto una fucina , non mi parve probabile, che di colà volesse portarsi oltre tutti ì colli Brianzei {a) una sì enorme massa di ferro greggio e in- forme : e mi confermai nell'opinion mia che quella massa fos- se un aerolite ; giacché tale la riconosco col mezzo della elet- trometria, cioè toccando questa contemporaneamente con un aerolite caduto nel j 786 nel Sanese, ed avendone negli stro- menti elettrometrici un moto, che il contatto del ferro fa immediatamente cessare [b) . L'interno di quella massa mostra pur al colore che siavi misto del uikel e del cromo. Nel ri- torno mi compiacqui di trovare nel compagno di viaggio il Sig. Giovann" Antonio Scannagatti Speziale di Ganzo un as- sai sensibile Elettrometra, che con ugual piacere, per mezzo di moltiplici prove, della propria facoltà si convinse, XXIX. Passai ne' primi di Giugno alcuni giorni nella vil- la Cusani a Desio, ove più estesi sperimenti feci su gli al- beri a fiori ermafroditi ; e per dirlene un solo in un lungo filare di ciriegi, alberi per lo più positivi, ne ho trovata quasi la metà negativi : tali mi si mostrarono pure di quegli alberi i frutti , quando ne stringeva il picciuolo ove ad essi è at- taccato, e tale la faccia superiore delle foglie: all'altra estre- mità del frutto, come nell'inferior faccia delle foglie trovai l'azione opposta. Ove positivo trovai il tronco, corrispondenti pur ebbi le mentovate parti . XXX. Un' altra osservazione feci sulle uova . Cinque ne trovai in un nido di passeri {passer domesticus L.) . Tre di (a) V. sopra al Num. XIV , e Viaggio ai Tre Laghi , 4 Ed. , pag. 264. (b) Il Sig. Cladny ha contata qfuesta massa ferrigna fra le Aeroliti, delle quali ci ha data la storia. D'una simile mas- sa di ferro trovata al Gran Chaco in America , in pari circostanze , fa men- zione Riibin de Celis . Soc. R. di Lon- dra voi. 78. ICO Osservazioni Elettrometriche queste erano positive all'estremità appuntata, e due all'estre- mità tondee^ijiante . Le altre estremità ebbero azione opposta. Congliietturai quindi, che da tre sarebbero nati passerini d'un sesso, e da due dell'altro; ma non ebbi agio di vedere se la congettura si verificava. Ho bensì provato colla Signora Fran- cesca Malagrida vedova .librisi, di cui ho parlato altrove (a), che, delle uova fatte da galline conviventi con gallo, alcune erano convergenti alla punta acuta, e divergenti all'ottusa; e altre aveano le medesime azioni alle estremità opposte. Le uova di gallina che non convivea con gallo erano inerti in ogni parte. Mi propongo di rifare questo sperimento su altre uova, mettendo sotto una chioccia quelle sole che sono posi- tive alla punta, e sotto un'altra quelle che sono negative . Ove da ognuna delle covate s'avessero pulcini tutti d'un ses- so , e diverso sesso avessero le due covate , potrebbe questo giovare all'educatore di esteso pollalo, o di domestici canari- ni (b). Gioverà certamente il non lasciar covare uova inerti. Io le ho scritto , Chiarissimo Signore , e ciò che ho os- servato, e ciò che ho pensato. A Lei, che meglio d'ogni al- tro il può , spetta ora il verificare le mie osservazioni , e le mie conghietture, che non diverranno verità utili se non quan- do i moltiplicati sperimenti escluderanno l'incredulità de' dotti Fisici, come quella del volgo ignorante. Sono ec. (a) Lett. I , Num. XIV not. (b) Prima di mandare questo scritto alla stampa ho fatta la sperienza qui proposta. Ho scelte 16 uova positive al- la punta , ed altrettante negative ; e le ho poste sotto due diverse chioccie, in luoghi distanti; e sotto ognuna delle due ho pur messo un novo inerte segnato con inchiostro. All'usata epoca i tren- tadue pulcini sbucciarono . Gli uni rico- nobbersi tutti femmine , e gli altri tutti maschi . Le due uova segnate coli' in- chiostro non nacquero . JOI OSSERVAZIONI DI ELETTROMETRIA ANIMALE LETTERA IV. Al Sic. Dottor Giovanni Malfatti . Ricevuta li la Agosto 1814. I. \^uando nella state del 1807, trovandomi io in Vienna, il caso presentonimi a Lei, che, senza conoscermi, voglioso era di ripetere i miei sperimenti descritti dai cel. Ritter(a), e che Ella alcuni ne vide alla stessa mensa a cui sedevamo, e li ripetè, trovandosi con sua sorpresa fornito della facoltà medesima [b) , mi fé' ben tosto comprendere di quale e quan- ta importanza giudicava quelle ricerche che io aveva intra- prese perchè la scienza, e gli uomini traessero vantaggio da una proprietà, di cui un quinto dell' uman genere, a un di presso, io trovava e trovo fornito. Questo suo giudizio s'av- valorò alle molte prove che con Lei e con altri Elettrometri costà facemmo; e quindi, anche da lungi, le analoghe osser- vazioni sue comunicandomi, segui a confortarmi perchè pro- seguissi nelle mie indagini, commendando sopra tutto ciò che intorno alla Fisiologìa animale, oggetto principale de'di lei studj , io andava osservando . Egli è per tutte queste ragio- ni , che a Lei ora indirizzo il ragguaglio delle moltiplici ri- cerche elettrometriche da me fatte nel decorso de' passati due mesi estivi, ne' quali ho percorso il Piemonte, varcati due volte gli Apennini , e tutta ho visitata la costa del mar li- gustico da Nizza a Savona, facendo in più luoghi qualche soggiorno; e trovando quasi dappertutto soggetti dotati della (a) Morgen blatt. 3o Genn. 1807. (b) Della Raddomanzia Num- 383, Ica Osservazioni Elettrometriche . sensibilità nostra , coi quali le osservazioni stesse potei con- fermare ed estendere. Per tenere qualche ordine nelle osser- vazioni nioltiplici e diverse che m'è occorso di fare, credo che il migliore sia quello del viaggio istesso . Ripeteroinmi, è vero , perchè replicati ho gli sperimenti in diversi luoghi e tempi; ma procurerò d'evitarle la noia o colla brevità del racconto o colla varietà degli oggetti . II. Partii da Milano per Torino agli 8 di Giugno, e per acquistar tempo ai bagni di mare ( oggetto primario del mio viaggio), giacché non isperava che la strada piana, unifor- me, e a me ben nota, mi desse occasione di fare osserva- zioni importanti d'elettrometrìa, andai col Corriere, e vi giun- si alla mattina del di seguente. Qualche osservazione, anche per ingannare la noia, e distraermi, come potea, dai subsui- ti dell'incomoda vettura, io feci tuttavia. Mirandomi in fac- cia, mentr'eravamo nell'alveo larghissimo del Ticino, un tem- pestoso nembo, che poscia su di noi si rovesciò, vidi chia- ramente la serpeggiante striscia d'un fulmine che a terra scagliossi ; e quasi contemporaneamente , in poca distanza dal- la prima, la striscia d'un fulmine ascendente, ch'io sospet- tai essere il fulmine medesimo di ritorno alle nubi . Prima del lampo folgoratore, inunobile era fra le mie dita il cilin- dretto bipolare: dopo il fulmine girò, ma nel senso opposto all'usato; e quando cominciò a piovere, ripigliò il solito na- turai movimento . Il temporale era stato accompagnato da for- te vento ; e per la via , che attraversa estese coltivazioni , molti campi osservai, ov'era stato rovesciato il lino ed ogni altra pianta erbacea di colmo elevata; ed ivi conobbi col men- tovato cilindretto che que' prodotti campestri erano stati ro- vesciati soltanto ne' luoghi ove lo stromento indlcavami so- stanza sotterranea positiva (a); e, ove l'indizio cessava, le piante tutte diritte erano e rigogliose . (a) Lett. II , Numeri XXIV , XXV. Del Sic. Carlo AMOREirr . lOD III. In Torino, dopo una visita fatta a Monsignor Arci- vescovo Della Torre ^ che da molti anni m'onora di sua ami- cizia, e che mi volle per una singoiar sua benevolenza suo ospite nel tempo del mio soggiorno in quella capitale, fui in traccia degli amici e colleghi , membri di quella celebre Accademia; e primo degli altri ne vidi il Segretario Sig. Cav. Fassa lli-Eandi , uomo nelle cose fisiche chiarissimo. Io cono- sceva in Torino due soggetti Elettrometri, il Sig. Dotfc. Fi- lippi Professore di Patologia chirurgica, e '1 mentovato Sig. Conte Cotti di Brusasco [a). Aveali amendue sperimentati in Milano; ma il secondo, sventuratamente per me, era alla sua villa di Brusasco, esaminando frattanto i sotterranei strati del carbon fossile, che in quelle colline trovasi penetrato da fi- nissim' arena , la quale induratasi divenne grès o sasso arena- rio; e l'altro non potei mai rinvenire se non nell'ultimo gior- no della mia dimora in Torino ; e , attese le sue occupazioni di Medico e di Professore, non potei fare quegli sperimenti che di fare mi era proposto , onde convincere col fatto al- trui, se non potea col fatto loro proprio, quelli de' miei Col- leghi, che generalmente, tenendo le tracce degli Accademi- ci francesi (b) , la possibilità della sensibilità elettrometrica negavano, e negano. Fui di fatto con molti di essi, e non ne trovai nessuno della testé mentovata sensibilità dotato, tranne la chiarissima Accademica allieva delle Muse Diodata di Saluzzo vedova Roero; ma questa pure, e pel tempo sem- pre piovoso e inopportuno a cimenti ov' agisce l'elettricità, e per la di lei troppo debol salute , appena una volta ebbe il moto nel cilindretto bimetallico. Nessuno de' pochi altri che sperimentai, sentì l'azione dell'elettrometria, se non che il Sig. Careno Aggiunto al Segretario della classe Fisica dell' (a) V. Lett. II, Num. II, e Lett. Ili, Num. XXIV. (Il) Non è di questo numero il Sig. Conte Senatore La-Place celebre Mate- matico , che nel suo Traìté des Proha- lìlités , pubblicato nello scorso anno, trova hen probabile l'impressione che può far nascere su alcuni Individui In pros- simità de' metalli e dell' acqua sottocor- rente . lo4 Osservazioni ElettroìMetriche . Accademia, nel cimentar ch'io faceva l'azione bipolare di qne' sassi co' quali costruivasi il nuovo ponte sul Po, mostrò di essere un ottimo conduttore j poiché, al toccargli io le di- ta, colie quali egli stringeva un bifido ramoscello, questo s'nggirava or in dentro or in fuori, ora restava immobile, secondo che il piede sit un capo o sull'altro del sasso io met- teva , o posavalo sul terreno . ìY . Pochi altri sperimenti feci in Torino. Fra i non mol- ti Mss. della Biblioteca del Seminario, uno ne trovai, che, all'azione elettrometrica positiva, mostrò d'essere bambagi- no, cioè di carta formata co'pappi del cotone; e ne convin- si il Bibliotecario, che trovai essere buon Conduttore. Fra le annose piantf^ , che ornano gli ameni passeggi conducenti al Valentino, alcune presentaronmi gli usati fenomeni della sofferta fulminazione, cioè la sottocorrente acqua, e l'azione saltuaria sul tronco . Uno sperimento pur riferirò fatto nel giardino dell'Arcivescovato. V'erano de' bei gigli , alcuni de' quali aveano aperto il fiore ed altri i'aveano chiuso ancora e quasi cilindrico. Toccai d'uno de' primi (recidendone pe- tali, pistillo, e stami ) il germe, e '1 trovai negativo. Lo stes- so feci col secondo, dopo d'averlo aperto, e ne trovai il ger- me affatto inerte . Fra i due germi altra differenza esservi non potea senonchè il primo era stato fecondato, come suol avvenire all'aprirsi del fiore, e non lo era stato il secondo; [)OÌchè è noto che le vescichette del polline contenenti il pulviscolo fecondante non romponsi se non hanno certo gra- do di calore e di siccità {a) . V. Partii da Torino il dì i6 dello stesso mese in como- da carrozza e solo; e senz'arrestarmi giunsi a Savigliano ove per quattr'ore i cavalli riposarono. Io, percorrendo per ozio quel magnifico borgo, fui alla chiesa di S. Pietro altre volte di Monaci , ove ripulivansi due grandi pitture a fresco di Moli- fa) V. Lett. Ili , Niun. XX. Del Sic. Carlo Amoretti. io5 Molineris, buon Pittore del secolo xvn; ed avendovi osserva- te due screpolature, conobbi sotto di esse le vene d'acqua che le aveano cagionate. Alla sera fui a Fossano , ove, se avessi avuta minor fretta di portarmi al mare , avrei accet- tato il cortese invito del mio ili. Collega Sig. Conte Bava di S. Paolo, che colà volea trattenermi nel giorno seguente per fare sperimenti raddomantici . Ai 17 { festa del Corpus Do- mini ) partii di buon'ora; e non altro relativamente alla elet- trometria osservai , se non ciie nelle belle estesissime campa- gne di grano già in spica, ovunque da vento turbinoso le piante n'erano state atterrate, sempre trovai strati o filoni di sostanza positiva . A Mondovi non potei altro osservare , se non che alla screpolatura delia pubblica torre isolata die- tro la Cattedrale 5 corrisponde una vena d'acqua. Andai alla Sera a Geva . VI. Il resto del viaggio convennemi farlo a cavallo e '1 feci. Varcato il monte, entrai nella valle del Tanaro, e giun- si a Bagnasco , ove, memore degli sperimenti fatti con An- fossi in presenza del Sig. Dott. Isnardì (a), di lui chiesi; e seco parlando delle ricerche fatte nel 1800, delle quali ben risovveniasi , gli narrai le osservazioni che vo facendo suU' analoga facoltà mìa, e come in quel paese medesimo avessi prove d'acque sottocorrenti, e di carbon fossile. Preso aven- do in mano un fuscellino biforcuto glie ne fei vedeie l'invo- lontario movimento: volle pur egli provarsi, e con maraviglia sua e degli astanti ebbe il medesimo moto mentre stava in un punto, o piuttosto su una linea, che io, col cilindretto distinguendola, gl'indicai; e nessun moto piìx non aveva quan- do da quella linea usciva . Assai prove facemmo sulla fronte, sul mento , sul dito anulare in confronto delle altre dita ; e spiacque a me e a lui il doverci si pi-esto dividere , quando rimontai in sella per giungere alla sera alla Pieve d'Albenga. Tom. xvn. O (o) V. Della Radiomanzia . Num. 368. loó Osservazioni Ei.ETTnoMETRiGHiì . VII. Vi giunsi di fatto, poche osservazioni elettrometri- che facendo per via. A Garessio , nella bottega del marmo- raio Casabella di Clivio, trovai qualche schisto argilloso bi- polare; e andando ad Ormea { Ulmeta ) nella nuova strada, che faceasi magnifica, (e che allora era pessima perchè non soda ancora uè sgombra ), conobbi l'azione positiva de' ser- pentini, e della pietra oliare, sugli strati de' quali passava il cavallo, e che io vedea nel tagliato monte sin presso al pon- te di Nava sul Tanaro, ove, dal letto del fiume sino a certa altezza, la base è di marmo a più colori, e atto allo scar- pello. Prima che da Milano partissi, lusingaimi, sulle notizie scrittemi, di trovare carreggiabile la strada a traverso tutto l'Apenniiio sino al mare; ma questa, sebbene tutta sia de- lineata, non è fatta che a salti. Maggior lavoro che altrove erasi fatto, e andavasi facendo dal ponte di Nava in avanti, poiché la via servir deve al trasporto di legnami di costru- zione, che ora per la prima volta traggonsi da quei vetustis- simi querceti; ed io che altre volte, nel discendere da quel- la vetta dell' Apennino detta il Pian di Nava nella valle dell' Aroscia , avea veduto uno schisto nero argilloso, che giudi- cai indizio di carbon fossile , sperai allora di trovare questo minerale nel tagliato fianco del monte . Vidi ivi di fatto gli strati neri che diedermi azione negativa , e questa pur ebbi nel contatto contemporaneo d'un pezzolino di buon carbon fossile che meco aveva. Trovai però, quando lo provai al fuo- co, essere quel sasso probabilmente im antracite non infiam- mabile, che al vivo fuoco s'arroventa, e raflVeddato resta color di rame . VITI. Alla Pieve, ove giunsi stanco rifinito per la lunga discesa fatta a piedi, e più pel lungo andare a cavallo, tro- vai cortesissima ospitalità presso il Sig. Massa, prevenuto dell' arrivo mio da un suo fratello valente Medico in Milano. Ivi, ove mi fermai all'indomani, non feci altra osservazione elet- trometrìca se non su una vena d'acqua che passa sotto una considerevole screpolatura nella chiesa maggiore, e sulla pò- Del SiG. Carlo Amoretti. 107 larizzazioiie d'uno de' bei cipressi del giardino, dianzi de' Cappuccini, ora del pubblico spedale. Sotto la pianta trovai la vena d'acqua, onde la giudicai fulminata; e l'effetto del fulmine vedeasi in alcune sue fronde ingiallite . Ne ripartii trovando, poco lungi da quell'insigne borgo, la nuova stra- da carreggiabile sino ad Oneglia per l'anzidetto trasporto di legnami . Sotto il villaggio detto Calderara , presso la vetta del monte , ebbi per lungo tratto azione negativa analoga al ferro; e mi avvidi al color rosso dello scoglio schistato fati- scente, elle di fatti dal ferro quest'azione mi venia. IX. Quando fui sulla vetta, chiamata il colle di S. Bar- tolommeo, quantunque vedessi non lungi la mìa patria, One- glia, pur il bisogno de' bagni di mare mi fé' piegare a sini- stra per andare alla Laiguegiia, luogo pe' bagni assai più op- portuno . Passai pel Testico , paesuccio a me ben noto sulla schiena d'alto colle; e ivi mi fu incontro un giovane Sibello, che conosciuto aveami in Milano, ed era del mio andar colà stato avvisato da suo fratello il Sig. Ab. D. Bartolommeo , mio amico, che in Milano soggiorna. In casa sua mi fermai. Ivi trovai un vecchio zio sacerdote, che pur in Milano avea veduto, il quale, intanto che il pranzo apprestavasi , invitom- mi a cercare in alto la vena che forma fonte, perenne bensì ma troppo incomoda, al di sotto della casa. In tal ricerca, avendo io tosto trovata la vena , volle egli pure provaie la bacchetta; e questa, menti' egli era sulla vena, girò nelle sue mani come nelle mie ; e quindi con molti altri cimenti si fé' sicuro di possedere la facoltà elettrometrica. Alla sera, avendo percorso lungo tratto dell'alveo del fiume Merula, or detto fiume d'Andora, quasi interamente vestito di fiorenti leandri , e quindi varcato il monte per via scoscesa e lun- ga, fui alla Laiguegiia, accolto con amichevole cordialità dal Sig. Badarò dotto Medico, e Maire di quel ricco borgo, che prima della rivoluzione francese era l'emporio de' più valenti navigatori genovesi . X. Per qualche affinità, e per amicizia seco lui contrat-^ io8 Osservazioni Elettrometriche . ta ., quando egli venne a studiar la Medicina a Pavia e a Mi- lano, son ora oltre vent'anni, egli aveami invitato a far i bagni colà, ove nel 1796 e nel 1800 alcuni giorni passati pur avea, facendo con Anfossl sperienze elettrometriche [a). Quella sua casa, comoda a tutti i riguardi, anche per una scelta libreria di scienze naturali e di letteratura , ha verso sud un bel giardino, dal quale uscendo, dopo pochi passi s'entra nel mare sempre placido quando non soffiano venti orientali a motivo del Capo della Meire ( detto delle Mele ), che dal nord, dall'ovest, e dal sud-ovest lo difende. Ivi il mare lambisce un'arena finissima, il cui fondo ha un dolcis- simo declivio. Io, che dal giardino correva all'acqua munito di scafandro, tosto in essa sdraiavami supino, e colle mani e coi pie remigando, senza tema allontanavami dalla sponda. Né , bagnandomi , io dimenticava le mie ricerche elettrome- triche . E che faceva io senza stromenti ? Le dita servianmi di bacchetta. Tenendo i due indici l'un contro l'aUro ap- puntati quasi ad angolo retto (A), il che, in mancanza di stromenti , fo pure in terra , se trovavami sopra una vena d'acqua, o d'altro elettromotore negativo, le dita, malgra- do mio verso di me piegavansi ; e talora ne misurai ben an- che la profondità col sentirle e vederle rivolgersi in fuori, quando col solo moto de' piedi da quel luogo erami allonta- nato. Di più: immerso stando e cheto nell'acqua io aveva quelle sensazioni che non aveva in altro modo, poiché, ove le dita a me piegavano, io sentia l'acqua alquanto più cal- da . Così quando vedea non lungi delle strisce placide e lisce fra le onde dolcemente increspate, ad esse remigando porta- vanii , e ivi sempre ebbi le dita divergenti, e sempre sentii l'acqua più fredda (e) . (a) Della Raddomanzia . Num. 358. Opusc. Scelti . Tom. XIX , pag. a4o. (b) V. Lett. II , Num. XIX. (e) Le stesse sensazioni ancor più de- cise e chiare soglio avere facendo i ba- ^ni nella villa Cusani a Desio in prg- fonda vasca di 140 piedi di diametro ; e ivi vedo il termometro a larghissima scala alzarsi di | di linea ov' ho la sen- sazione fredda , e abbassarsi sulla cal- da . Vedi la Lett. I , Mura. XIV , e la U , Num. X. Del Sic. Carlo Amoretti . 1C9 XI. Né senza fare osservazioni elettrometriche Io stava- mi fuori del bagno. Verificai le sensazioni avute, nelle epo- che indicate , da Vincenzo Anfossi, sì positive presso il Col- le de' Micheli, che negative presso la Madonna di Portosalvo; e nel giardino summentovato , e nella casa istessa del Sig. Dott. Badarò conobbi , nel primo il filone positivo sotto la pianta che un turbine svelse, e nella seconda il luogo ov'era passato il fulmine ( di cui ben ricordavansi gli abitanti ), dan- do alla muraglia l'usata polarizzazione, e ivi pur sentii la sotterranea vena d'acqua. E poiché di ciò ragionavasi col Sig. Arciprete D. Domenico Carassini colto uomo, altre volte Pro- fessore di Fisica nel Seminario d'Albenga, volle pur egli spe- rimentare nello stesso luogo gli stromenti elettrometrici , e n'ebbe i medesimi fenomeni, sempre costanti qualunque vol- ta ha ripetute le sperienze . Ella ben immagina, Sig. Dotto- re , quanto piacere a lui e a me facesse questa scoperta , e come io mi proponessi di approffittarne . Di fatti andammo nello stesso dì a vedere la sua chiesa, e avendo scorta in un muro maestro una considerevole screpolatura , egli ed io vi trovammo al di sotto la vena d'acqua; e di più, avendo il Sig. Arciprete fatta attenzione alla sensazione de' proprj pie- di, sentì il correre dell'acqua, e la sua direzione dal nord al sud. Questa particolare sensibilità, ch'io non ho, giovom- nii alla verificazione d'altri fenomeni. XII. Provò pur egli cogli stromenti elettrometrici la dif- ferente azione della fronte, del mento, e del dito anulare ne' due sessi; la differente azione della testa e dell'addome in alcuni insetti; e l'azione pur diversa nelle parti della frut- tificazione in alcuni fiori, e specialmente ne'pancrazj marit- timi, specie di gigli odorosissimi, che nell'arena presso il mare sono frequenti , e allor fioriano . Negli usati passeggi pomeridiani , andando per la via recentemente tagliata nel monte al Capo delle Mele, ci accorgevamo io col cilindretto o con qualche fuscellino fra le dita, ed egli al caldo de' pie- di d'essere sugli strati d'antracite, che pur ci vedevamo al no Osservazioni Elettrometriche . fianco : strati moltiplici che stendonsi con diversa inclinazio- ne per tutto il monte, e che sarebbono d'un vantaggio in- finito se fossero, come paiono, vero carbon ftjssile ; il tatto contemporaneo del quale non ne impediva l'azione, come già notai al num. VII. Osservavamo al tempo stesso che gli al- tri strati del monte , sia di sasso calcare compatto , sia d' a- rena marina con chioccioline microscopiche , non ci davano nessun'azione elettrometrica. Così, ove ci trovavamo ritnpet- to alle strisce marine, di cui parlai al num. X, che sino al- la sponda prolungavansi , egli avea sensazione di freddo, ed io divergenza negli stroraenti , indizio di sotterranea sostan- za positiva . XIII. Né, col Sig. Arciprete m'occorse di fare sperimenti elettrometrici alla Laigueglia; ma ivi trovai che la bacchetta e '1 cilindretto moveansi in mano della gentilissima Signora Gìovannetta Roggero vedova Blarsiicco ^ onegliese, che a ca- so ivi era, e molto più nelle mani della Signora ^/zge/« Aa- fossì Rotondo^ donna colta e di buon senso. Colla prima ve- rificai, ciò che dianzi aveva osservato, cioè che di due pian- te a fiori ermafroditi della medesima specie una aver possa positivo, e l'altra negativo il tronco. Alla seconda conobbi la sensibilità anche ai piedi , e a molte prove fatte nel suo giardino ce ne assicurammo . Tali sperienze non feci che ne- gli ultimi giorni; e in questi pur ebbi occasione di conoscere nel vicino Alassio dotata della stessa proprietà la Signora Co- stanza Semini nata Perroni d'Acqui. XIV. Intanto che pe' bagni io soggiornava alla Laigue- glia, fui più d'una volta alla mia patria Oneglia , ove, seb- bene alcuno più non siavi di mia famiglia, pur rividi con molto piacere i parenti e gli amici ; e fra gli altri la coltis- sima verseggiatrice Signora Marina Amoretti nata Baclarò so- rella del mio ospite alla Laigueglia, e cognata della mia per- duta amica la Dottoressa Pellegrina Amoretti . Cortese ospi- zio ofFrimmi e diemmi l'amico Sig. Avvocato Acquaroni. Con lui e colla sua quanto bella tanto gentile sposa la Signora Del Sic. Carlo Amoretti. iii Bianca Maria nata Berardi , giacché amendue della facoltà raddoinanlica sono forniti, molti sperimenti facemmo, e in un suo orto snburbano , e in un suo fondo alla Costa , ma due soli riferironne . Un turbine avea svelto un albero di fico di bello ed elevato tronco : vi trovammo tutti e tre cogli stro- menti elettroinetrici il filone sotterraneo positivo, e ne rico- noscemmo i saiti, e la polarizzazione; ma Madama sentì il filone sotterraneo anche al freddo de' piedi ; e al freddo al- ternato col caldo senti il polarizzamento dell'atterrato tron- co. Cosi co' piedi sentiva l'andamento delle vene d'acqua. Col Sig. Avvocato m'accorsi che un olivo, sotto cui l'acqua correva, era stato fulminato; e sebbene fosse tuttavia viva- ce , pur conobbi , recidendone un ramo , che questo era po- larizzato. Un'altra Raddomanta trovai poscia nella gentilissi- ma Signora Giulietta Giordano^, all'occasione che salimmo ad una vicina villa del Sig. Avvocato di lei padre sul poggio di S. Martino per cercarvi una vena d'acqua sotterranea, che trovammo nel luogo istesso ed alla medesima profondità, ove un vecchio Acquario aveala molto prima indicata. Sentimmo altresì la vena d'acqua sotto una casa del Pian del Moro, ch'era stata in quel di fulminata; e non solo trovai la pola- rizzazione nei muri, ma anche in un grosso ciottolo di quar- zo staccatone dal fulmine istesso. Sensibile pur conobbi es- sere Giova/ietta Arduino, figliuola d'un contadino del Sig. Delbecchi di cui altre volte ho parlato (a), all'occasione che salii ad una sua vigna per esaminarvi una sostanza sulfurea, ivi esistente quasi a fior di terra; e che coli' usato metodo giudicai essere un vero zolfo; e tale pur mostrossi ardendo. XV. Due cose in vicinanza d'Oneglia restavanmi a fare. Una era di attenere la promessa d'una visita alla Sig. Con- tessa Tomatis vedova del Conte Nicolis di Robilant, valente Minerologo e Metallurgo torinese, a Garavonica presso quel- la vetta dell' Apennino dov'era già disceso; e l'altra di vi- (o) Della Raddomanzia . Num. 354. • Ili OsSERVAZrONr Elettromiìtriche. sitare alla cima della contigua valle d'Andoia una miniera metallica. Partii con questo doppio oggetto in compagnia del- la lodata Signora Marina Amoretti^ amica della Dama, alla mattina del 6 di Luglio; e sempre tenendo la sinistra del fiume, sentii per mezzo del ciliiidretto, sehben fossi a caval- lo, i filoni positivi corrispondenti al Barclieto, e al Borgo di cui parlai altrove (a) . Oltre il Pontedassio vidi alla destra del fiume Villaguardia, paesuccio per la frana del monte ruinato quasi interamente; e se fossi stato men lontano avrei inda- gato il sotterraneo corso di quell'acqua che, fra lo scoglioso nocciòlo del monte e la vegetabile ben coltivata terra pas- sando, allo scorrimento del terreno diede occasione ed im- pulso. A Chiusa vecchia, ov'ebbi il piacere d'abbracciare i due giovani colti Medici Amei del Muro., e Bianchi di Torria , già da me conosciuti altrove, passai alla destra del ramo orien- tale del fiume; e a S. Lazzaro, luogo, ove, non ha molt'an- ni , regnò la lepra , cominciai a salire per un'erta strada, mentre la strada nuova e carreggiabile lasciata avevamo alla sinistra del fiume, sinché giugnemmo a Caravonica . Corte- sissima fu l'accoglienza della Dama all'amica sua e a me. Essa in non bel villaggio ha comoda e ben ornata casa ; e ivi, colta com'essa è, passa tranquillamente e senza noia la bella stagione, ( che presso al mare sarebbele incomoda di troppo pel caldo ) avendo a compagno de' suoi studj, e diret- tore delia domestica economia, il Sig. Ab. Marcili versato nelle scienze e nella bella letteratura. Tosto si parlò, cora' er.i ben presimiibile , di Raddomanzia . La Dama volle pro- varsi , e in sé con piacere riconobbe la facoltà elettrometri- ca . E poiché detto s'era che il campanile del vicino Santua- rio era stato, non molto prima, fulminato, colà andar volli , e vi riconobbi il polarizzamento nelle muraglie, e la sotter- ranea vena , che fummi poi detto emergere in quella dire- • /: , ; zione (a) Ivi ■ Num. 357. Del Sic. Carlo Amoretti. ii3 zione ili una inferior parte del monte . Ebbi pur colà su al- cuni strati d'antracite l'usata azione del carbon fossile. XVI. Alla lauta tavola eravi fra i cominensali il Sig. Ar- ciprete uomo dotto , pio , e di buon senso . Egli negli anni addietro avea colassù veduto certo P. Clemente da Esa fran- cescano, che colla bacchetta, e più colie interne sensazioni dicea di conoscere le vene d'acqua, l'andamento e la pro- fondità loro ; ed asseriva che lo star su di una vena davagli un'interna agitazione accompagnata da sensibil mormorlsmo, che l'Arciprete dovea guarire con qualche bicchierino di buon rosolio . Con tal mezzo egli indicate gli aveva alcune vene alle quali attribuivansi le frane pregiudicievoli assai ad uà fertile suo fondo . La chiesta medicina del rosolio avea nell' animo del buon Arciprete mosso qualche sospetto d'impostu- ra; ond'egli, senza far motto del passato, chiese che ad evi- tar le frane alla ricerca di quelle vene andassi ne' diversi pia- ni, o fasce ( che cosi colà si chiamano ) del coltivato monte. Vi fummo; e senza che uè egli né altri mi desse il menomo cenno de' luoghi ove le avea sentite il P. Clemente^ ivi pur io le trovai, e ne seguii l'andamento: il che dissipò nel Sig. Arciprete e negli astanti ogni dubbiezza sulle asserzioni del Luon Raddomanta francescano, come sulle mie. Io mi lusin- go che la Dama, di ciò occupandosi, giacché molto vogliosa la lasciai di fare cimenti elettrometrici , le indicazioni mie avrà poi confermate . XVII. Erasene tornata a Oneglia la Sig. Marina, e pren- demmo concerto col Sig. Dott. Bianchi il quale a Caravoni- ca aveami accompagnato, che all'indomani sarei passato a Torria sua patria , daddove saremmo poi insieme andati alla mentovata miniera . Presi alla sera commiato dalla Dama , e all'aurora con abil guida partii, e non senza fatica discesi a piedi sino al fiume detto colà di Silvano, perché vuoisi che un Dio di questo nome v'avesse un tempio. Il nòcciolo del monte è qui di schisto marnoso, cogli usati strati d'antraci- te . Oltre il fiume mi valsi della mula per salire al borgo di Tom. XV IL P j ; 4 Osservazioni Elettrometr-iciie . Torria fabbricato sulla vetta d'un colle. Ivi trovai il Signor Dott. Bianchi e suo Padre; e dopo un abbondante edizione equivalente a buon pranzo, andammo alia cbiesa per esami- narvi le traceie d'un fulmine cadutovi molti anni addietro. Ivi narrato fammi mi curioso fenomeno . Quando cadde il fulmine nel campanile, ove lasciò delle tracce, quattro di- vote donne stavano nell'opposto lato della cbiesa inginocchia- te su un gradino di sasso l'una dietro l'altra per accostarsi successivamente al confessionale, e fu dal fulmine incenerita la seconda e la quarta, illese restando la prima e la terza {a) . Il buon Piovano di quel tempo , registrando nel Diario della sua chiesa questo funesto avvenimento, avvertì che naturale non era quel fulmine, ma bensì mandato da una strega a quelle due donne nimica; e una prova ne addusse nel non essersi mai trovata lì presso la pietra fulminea che le uccise: né dee parere strano che così si ragionasse in quel monte e a que' tempi, benché sia quella la patria del eh. P. Gandolfi Professore di Fisica nella Sapienza di Roma, che da fanciullo testimonio fu del tristo caso. Io, anziché cercare l'immagi- naria pietra, entrai nel campanile, trovai la vena d'acqua, conobbi il polarizzamento della muraglia , seguii la vena at- traversando la chiesa , giunsi su di essa al fatai gradino , e in questo riconobbi l'azione de' salti alternati del fulmine corrispondenti ai luoghi ove le due donne perirono. XVIII. Dopo questa osservazione ci avviammo al passag- gio dell'alta vetta di S. Giacomo, che la valle d'Andora da quella d'Oneglia divide. Aveva udito sin dalla mia fanciul- lezza, che v'era colassù una miniera d'argento; ma io non vi trovai che indizj di ferro . Dopo una considerevol discesa alla destra della Meira , stando però tuttavia su un alto pia- no, m'avvidi cogli stromenti elettrometrici di larghi filoni negativi diretti dal sud-ovest al nord-est ; e dal contempora- (o) Un simi'l fenomeno fu osservato in | V. Opuscoli scelti di Milano , Tom. VII, Inghilterra , ed è narrato da Toaldo . \ pag- 36. 1 Del Sic. Carlo Amoiietxi . Ii5 lieo contatto conobbi che l'elettromotore era rame e non fer- ro . Quando fummo non lungi dalla chiesa detta la Cappella soprana , trovammo l'uomo, che il Sig. Dott. Bianchi avea fatto prevenire per condurci al luogo preciso della miniera messa allo scoperto da un torrentello e da una frana del mon- te. Questa è un ossido di rame di color cupo, sparso d'una cristallizzazione globulosa pur di rame; ma gli spezzati globi hanno color argentino. Frequenti e quasi contigui ne sono i filoncini ; e tutto insieme parvemi miniera da non trascurar- si, essendo abbondantissima di minerale assai pesante. E va- no parlarle del resto del viaggio di quel di. Discesi nel letto della Meira , e varcando quindi il monte, per la stessa via per cui era passato quindici giorni prima, fui alla sera di ri- torno alla Laigueglia . XIX. Qui narrerò come un altro breve viaggio feci coli' amico Badalo ad Albenga ; e sebbene il solo oggetto mio fos- se di vedere, cammin facendo, l'ossatura sassosa del Capo che, oltre Alassio , dovea percorrere, e che in più luoghi trovai di durissima breccia selciosa, e quindi osservare i re- sti d'antichità, che sono in quella vetusta capitale degli In- ganni, pure qualche sperimento ebbi occasione di fare in Aì- benga col Sig. Gherardi valente Chirurgo e buon Naturali- sta-, che della sensibilità elettrometrica trovai fornito. Fra gli antichi monumenti riconobbi, non solo allo sguardo, ma an- che al polarizzamento , che di granito ( probabilmente dell' Elba o di Corsica, ma non dell' orbicolare ) sono le otto co- lonne del vetusto battistero; e notai che la vicina isola non è già un prolungamento del vicin capo d'Albenga; ma bensì del più lontano capo d' Alassio. XX. Malgrado l'opportuna situazione della Laigueglia pe' bagni, più d'una fiata, a motivo dell'incostante stagione, mi fu vietato da venti e da flutti d'entrare in mare, onde deluso era lo scopo primario del mio viaggio . Altronde gli amici miei di Nizza, e specialmente il Sig. Avvocato Cristini, ora Giudice in quel Tribunale di Giustizia, sapendomi ?i vi- il6 OsjERVAZIONI ElCTTROMETRICHE . cino, faceanmi istanza perchè colà andassi ove il porto of- friami, a dispetto d'ogni vento, un bagno tranquillo. Risol- vei d'andarvi, essendomi a tal oggetto portato precedente- mente a Oneglia, daddove fui più d'una volta al Porto-Mo- rizìo , invitatovi dal Sig. Gastaldi Presidente del Tribunal di Giustizia, cognato dell'amico e ospite mio Sig. Dott. Badavo. Ivi, udendo che il fulmine caduto era sul campanile della chiesa maggiore, collocata nella più elevata parte deila cit- tà, volli esaminare se pur colassù scorrea vena d'acqua sot- terra, e se polarizzata n'era la muraglia; e cogli strornenti elettrometrici riconobbi sì quella che la polai'izzazione . XXI. Andando da Oneglia a Nizza per terra ( poiché una fregata inglese, che sempre era a vista, rendea pericoloso il navigare ) non mi fermai in nessun paese prima di giugnere a S. Remo; ma, cammin facendo vidi in più d'un luogo gli strati d'antracite o scisto nero bituminoso, simili ai sumnien- tovati , e ne provai la medesim' azione , mentre nessuna ne mostrarono né i sassi calcari, né gli arenosi, che sebben so- migliassero al granito, pur non aveano né i componenti, né i poli elettrometrici di questo sasso. A S. Ptemo, bella e po- polosa città , sol mi fermai quanto era necessario per pran- zare e riposarmi, e m'avviai verso la Bordighera , ove da Madama Gìrihaldi , sorella del lodato Sig. Avvocato Acqua- roni, e dal degno di lei Suocero che conosciuti aveva in One- glia, era stato cortesemente invitato. Quando giunsi al pae- se che chiamasi Ospedaletto , rammentai che in quelle vici- nanze sospettato aveva altre volte , che vi fossero tracce di volcano estinto nel luogo detto ai Ciotti fumosi ; ma essen- domi stata mostrata l'impossibilità d'andarvi attesa la molta distanza, accettai una guida che mi si offri per condurmi ad una sorgente d'acqua minerale poco lungi dalla strada. Que- sti fu il fanciullo Giuseppe Preglianì . Misi piede a terra, e da lui guidato per un dirupo discesi alla sponda del mare presso una bella piantagione di palme in luogo detto il Giun- cheto pe' molti e grossi giunchi che ivi vegetano . Qui vidi Del Sic. Carlo Amoretti. 117 l'acqua emergere dal monte e tosto perdersi, ne sentii l'o- dore epatico, vidi coperte d'una crosta terreo-sulfurea le vi- cine cannucce, e alcune ne presi che aveano ed hanno azio- ne contemporanea collo zolfo. Cercai, con un ramoscello bi- forcuto, la vena fattasi sotterranea, la trovai e la seguii si- no al mare ove ricompariva; e quando il tliitto, spianandosi, sovr'essa si stendea coprendola colle fine arene che v'appor- tava, essa gorgogliava e bolliva, quasi riaprendosi la via che il mare le aveva chiusa. Questa vena io trovai positiva, co- me soglion essere le sulfuree e saline acque sottocorrenti; e alla distanza di quattro passi all'ovest trovai sotterranea ve- na d'acqua dolce negativa. XXII. Mentre io replicatamente le due vene sperimenta- va, e poscia il sesso delle palme, eh' è ben noto essere pian- te dioecie, il fanciullo Pregliani dotato di vivacità e talento attentamente guatavami : e quando gli dissi che il moto di quel fuscellino non era volontario, ma cagionato dall'acqua su cui io stava, e dagli alberi che toccava, crollò il capo ri- dendo . Prendi tu in mano questo ramoscello, gli diss' io al- lora (ed uno gliene diedi lì trovato a caso), e qui ti metti, cioè sulla vena sulfurea . Ciò fece , e '1 ramoscello , con sua gran maraviglia, gli girò fra le dita, e ferraossi quando eb- be fatto un passo per andare sulla vena d'acqua dolce, sul- la quale girògli in senso opposto . Conghietturai allora che avere pur potesse la sensibilità ai piedi; ed egli di fatti senti le vene con que' sintomi co' quali per la prima volta sentita aveva Vuiccnza Anfossì la vena d'acqua a Oneglia (a). Do- vendo io di là andare alla Madonna della Rota, chiesa distan- te mezzo miglio, ove mandata avea la mula, molti sperimenti facemino col piccolo Pregliani , che , precedendomi , sentia co' piedi or il caldo or il freddo, ora il correre dell'acqua sotterranea ; ed io , col fuscellino biforcuto , ho sempre tro- (a) V. Opuscoli scdti . Tom. XIX , pag. aSy Della Raddomanzia , Num. 355. ilo Osservazioni Elettrometriche . vate veraci le sue asserzioni. Gli insegnai in tal occasione a conoscere la profondità della sostanza che davagli la sensa- zione, e faceagli movere il ramoscello nelle dita; ed egli, mostrandosi ben persuaso del profitto che potea trarre dalla sua sensibilità e da miei insegnamenti, promisemi che saveb- besi in ciò esercitato . XXIII. Rimontato essendo in sella, fui tosto alla Bordi- ghera , che per le numerosissime elevate palme agitate dallo zefiro, destinate a riti cristiani ed ebraici nel plenilunio di Marzo, più alla Palestina somiglia che ad alcun altro paese d'Italia. Ivi fui colla più cordiale cortesia accolto dal men- tovato Sig. Girihaldi ^ Maire di quel castello, che nel basso borgo presso il mare ha signoril casa, dalla sua consorte che pur è onegliese , dal degno figlio, e specialmente dalla loda- ta sua Nuora la Sig. Giulietta . Fui con lei , al cadere del sole, a vedere un batello reduce da lontana pescagione; e sebbene i pescatori si lagnassero d'infelice giornata, pur li vedemmo apportatori di due grossi Gronghi {iMurcena conger), d'un Sagrino, piccolo can-marino, lungo solo tre piedi { Squa- lus sagrino di Risso) ^ d'un grosso Lucerna {Scornber Plumerii), che pesava quaranta libbre, e d'altri pesci minori, de' quali alcuni destinati furono alla nostra cena. Io, toccando con una mano la fronte ai piìi grossi di que' pesci, che aveano anco- ra molta vitalità, e tenendo coU'altra il cilindretto bipolare, ne riconobbi il sesso; o almeno n'ebbi que' diversi movimen- ti, che generalmente il differente sesso degli altri animali, al toccar loro la fronte, cagiona . Passammo presso la cappel- la di sant' Ampelio , sulle luine del vetustissimo monistero appartenente nel quinto secolo dell'era nostra ai celebri mo- naci Lirinensi , onde anche oggidì Abate chiamasi il Piovano di quel castello : ed ivi e in tutto il promontorio non vidi se non un duro sasso arenario che al granito somiglia, ma tal non è; e in un fianco, ov'è fatiscente, abbonda di glo- bettini ferrigni, che avendo un'azione positiva diermi sospet- to di frammisto titano; e che tale fosse me ne assicurai po- scia alla contemporanea azione . Di:l Sic. Carlo Amoretti. 119 XXIV. Non passai alla Bordigliera che una notte promet- tenflo di fermannivi un intero giorno al ritorno . Al dì ve- gnente per la nuova strada lungo il mare andai al fiume Ner- via che guadai, indi all'Aroscia, fiume che venendo dal Col- le di Tenda [Alpes summa;) divideva; ai tempi di Plinio, l'Ita- lia dalle Gallie . Questo fiume passai su vecchio ponte di molti archi, per ripida via salii alla città di Ventimiglia ( Albinti- melium ) , che tutta percorsi , e discendendo per la nuova strada tagliata nella dura Jjreccia , tenuta più ahhasso della cosi detta Cornice il cui solo nome era lo spavento de' viag- giatori, mi ravvicinai al mare. Oltrepassai i Baussi (Balzi) rossi, scogliera calcare tinta d'ocra di ferro, e per via pia- na fui ben tosto a Mentone . Qui comincia la strada carreg- giabile, che a Nizza e per tutta la Francia conduce; e in- tanto che la vettura per me apprestavasi , fui a far visita al Sig. Dott. Blarvaldi accreditato Medico, figliuolo del celebre Astronomo, oriondo della valle d'Oneglia, e pronipote dell' ili. Cassini, e trovailo cortesissimo . XXV. Partendo in non elegante ma comoda vettura da Mentone, quando fui sul Capo Martino, mi lusingai di poter salire alla miniera di carbon fossile, esaminata già dal mio amico il Sig. Faujas di S. Fonds, sopra il castello di Rocca- bruna , che a questa forse dovè la frana per cui la terra , e le sovrapposte case per l'altezza d'oltre 2,00 piedi s'abbas- sarono. Nell'avvicinarmi a quel castello, colla elettrometria m'avvidi di tre larghi filoni ferrei, e quindi di tre altri car- bonosi, l'ultimo de'quali è presso il ponte di Ramingau, so- pra cui sta la mentovata miniera or abbandonata ; ma non po- tei per l'angustia del tempo sino a questa, ascendere. Non tardai a giugnere alla Turbia ( Trophcewn Augusti ) , ove, do- po d'aver veduti barbaramente tronchi per farne arco di pri- vata porta gli avanzi della gi-ande isci'izione scolpita sul Tro- feo, e intera conservataci da Plinio («) , volli tentare se nel (a) Lili. III. Nat. Hìst. Gap. ao. I 20 OiSEEVAZIONl ELi:TT?.OMErUIGnE . rJcinto Ji quel grand'edifizio, luinato da Saraceni nell'ottavo secolo, e in questi ultimi tempi quasi affatto spogliato e di- strutto dai Francesi, provava ijualclie azione elettrometrica, e non n'ehhi nessuna. Proseguii il mio viaggio, e per una strada molto allungata ma comoda, or avendo sotto di me a sinistra Monaco { Portiis Monoeci)^ Esa { Isione ) , Sant'Os- pizio ( Fraxlnetuni Saracenorum ) , Villafranca ( Portus Her- culis), ora a destra Cimié { Cemeneliuni ) , e '1 letto del Pa- glione , giunsi a Nizza . XXVI. Preparato trovai ottimo alloggio in casa dell'ami- co Sig. Avvocato Ciistini , e stabilimmo nello stesso dì quan- to era necessario al bagno. Vidi con piacere parecchi de' miei antichi amici, e feci allora la conoscenza molto utile per me del Sig. Avvocato Tilars^ che buona laccolta ha di minerali, e che molto si occupa della storia naturale di que' contorni . Spiacquemi di non trovare a Nizza il Sig. Risso, di cui les- si l'Izziologìa Nizzarda stampata a Parigi, e vidi una patte del suo museo Izziologico. Nel fare i bagni, or fuori del por- to quando tranquillo era il mare, or dentro di esso (piando il mare esterno era agitato, ebbi più d'una volta le sensa- zioni di caldo e di freddo, e'I moto delle dita di cui già par- lai (a); e avendo trovato a caso nell'acqua una vergiietta , vidi nell' aggirarsi di questa i corrispondenti moti raddoman- tici . Ne' frequenti passeggi col Sig. Mars più volte esaminam- mo, nelle fenditure della rupe calcare, fra la città e'I por- lo, sulla quale stava il castello, la breccia ossosa the le oc- cupa; e checché ne dica il Sig. Cuvinr (Z*), vi vedemmo in- sieme alle ossa delle conchiglie marine, che pur vidi e vedo ( avendone portati meco de' saggi ) nella breccia ossosa del vicln colle di Villafranca. Questi non hanno nessun' azione eletti'Oinetrica ; ma ben ha un'azione positiva quella breccia, o piut- (a) Vedi sopra Num. X. (*) Ossemens fossiles da Quadrupede!. Tom. IV'. I?es Breches osiouses . Pag. 19. 1:2.1 Del Sic. Caulo Amoretti. o piuttosto sasso arenario stratificato verde , colorato dalla clorito ( come argomentai dal contemporaneo contatto ) all' ovest del porto, ripieno d'ammoniti, e di belenniti che da alcuni sono riputate spine d'una specie d'echino che non è ne' nostri mari. Quali antiche e replicate rivoluzioni non in- dicano que' sassi! Ma torniamo all'elettrometria. XXVII. Ebbi occasione un dì di pranzare presso il Sig. Ab. Giaiime, mio antico amico, col Sig. Ippolito Ruba ricco e colto Negoziante ebreo di Bordeaux ^ e desiderando, sì egli che gli altri commensali, di vedere qualche sperimento elet- trometrico, volontieri li compiacqui, trovando sulla tavola medesima gli elettromotori e gli stromenti . Tutti vollero ci- mentarsi ; ma al solo Sig. Ruba questi girarono fra le dita si prontamente che il giudicai sensibile anche ne' piedi; e tosto me n'accertai nella sala istessa, ove avea trovato un matto- ne positivo , mentre gli altri erano neutri (a) . Me n' assicu- rai meglio quando dalla casa uscimmo, e sotto lo stesso por- tico della piazza Vittoria ov'egli albergava, e nel passeggio al nord del porto, ove molte vene d'acqua incontrammo. Egli distinse pur al tatto e ad occhi chiusi, per la sensazio- ne di caldo e di freddo, il sesso delle piante di canapa, che soii dioecie. Così al luogo detto il sorgentino, donde derivasi l'acqua tutta che serve al porto, determinò colla sensazione de' piedi l'andamento sotterraneo dell'acqua, e colla scossa, ossia contraccolpo, la profondità di essa; e colla bacchetta, che girò benché fitta co' due capi in due tubetti di canna da lui impugnati e immobili, convinse anche qualche incredulo. Co' piedi s'accorse della vena sotterranea che corre sotto il fulminato campanile di S. Francesco; e colla alternata sen- sazione di freddo e di caldo trovò in due pareti del medesi- mo il saltuario polarizzamento , indizio certo di fulmine per Tom. XVII . Q (o) Questo deve tenere avvertiti colo- ro che fanno sperimenti , a ben esami- nare gli oggetti co' quali sono in con- tatto , poiché talora ignote cagioni ne alterano il risultato . i:ij Osservazioni Elettrometrighe . esse scorso; e frattanto io delle sue sensazioni avea le prove nel corrispondente moto del cilindretto che tenea fra le dita . XXVIII. Il Sig. Milonis, rispettahil proprietario, invitom- rai un giorno ad andare in un suo fondo oltre Paglione, non tanto per cercarvi vene d'acqua, quanto per fare sperimenti di confronto con Jntonio Caissoii di Villafranca, onesto ope- raio, che all'uopo fa il mestiere d'Acquilego, indicando le vene d'acqua che sente co' piedi, l'andamento loro, la pro- fondità , e in qualche modo anche la quantità . Ecco il me- todo da lui tenuto. Egli non adopra nessuno stromento. Sen- te l'acqua sottocorrente per una sensazione ai piedi : se ne allontana per una perpendicolare , e segue a sentirla , dimi- nuendosene a poco a poco la sensazione a misura che se ne scosta, finché questa cessa interamente: ripete allora la stes- sa via, e la sente crescere finché giunge nuovamente sulla vena, e prosiegue nella stessa direzione, allontanandosi dalla vena nel lato opposto, finché ogni sensazione cessa. Misura allora, con un filo che ha seco a tal uopo tutta la linea per- corsa, piega in due il filo; e la lunghezza di questo addop- piato mostra la profondità a cui la vena si trova . Mentr'egli col suo metodo cercava le vene d'acqua, io or lo seguiva or lo precedeva tacitamente col cilindretto fra le dita ; e sempre nelle indicazioni nostre ci trovammo d'accordo ; argomentan- done io la profondità dal moto retrogrado . Della quantità egli giudicavane per la più o men forte sensazione . XXIX. Mentre stavamo per partire da quel fertile colle, ove presso agli ulivi lussureggiavano le uve sulle viti, e sul- le ficaie e su peschi i variati frutti, de'quali copiosa offerta ne fece il cortesissirao Sig. Milonis, giunsero la gentilissima Madama Mars, nella cui casa avevamo avuto lauto e giovia- le pranzo, coli' amica sua Madama Baile; e questa seconda, provandosi colla bacchetta, e impugnata sola, e stretta col mezzo de' manichi, trovossi essere Eiettrometra: spiacendo a lei e a me di non essercene avveduti prima; giacché l'ulti- mo dì era quello del mio soggiorno in Nizza . Del Sic. Carlo Amorf.tti. ia3 XXX. Ma non fu l'ultimo dì degli sperimenti. Il Sig. Cav. Romei siciliano, Presidente del Tribunale delle Dogane, volle nel giorno stesso di mia partenza fissata al mezzodì, che in sua casa e colla sua consorte Madama Carolina nata Zappi milanese, facessi colizione a cui altri amici miei erano invi- tati . Ricco essendo egli di scelti libri , e di varj antichi e moderni bronzi, veder questi mi fece e gli ammirai; ma vo- lendo io al tempo stesso provare colla elettrometrìa, se i bron- zi erano veramente antichi , conobbi che di due Veneri di questo metallo, (delle quali l'una portata egli avea dalla Si- cilia, e l'altra acquistata aveva in Toscana ), benché appa- rentemente similissime , il bronzo della prima era negativo, come soglion essere i bronzi antichi ; e positivo era quello della seconda, quali sono i bronzi moderni. Il Sig. Raba che con noi era fece le stesse prove coi medesimi fenomeni. Ave- vamo terminata appena la colizione, che potea ben tener luo- go di pranzo, allorché giunse colla vettura a prendermi il Corriere; e dopo gli amichevoli abbracciamenti, non senza un vivo dispiacere, abbandonai quel bel paese. XXXI. Ricalcai la strada che fatta aveva quindici giorni prima, rifacendo le medesime osservazioni elettrometriche per via senz'arrestarmi sinché non giunsi a Mentone; e volendo essere prima della notte alla Bordighera, montai su un buon cavallo della posta, e senza cangiarlo vi giunsi. Ma trovai la casa Giribaldi in uno stato ben diverso da quello in cui l'a- vea lasciata . Gl'Inglesi l'aveano danneggiata colle cannonate dalle navi ; e molto più , avendo ivi fatto uno sbarco , col saccheggio . Il medesimo Maire fu portato prigioniere alla na- ve ; ma poi ricondotto libero a terra, quando ebbe giustifi- cato sé stesso e gli abitanti . Malgrado i sofferti danni egli volle che attenessi la data parola di seco fermarmi nel se- guente giorno . Sperai di veder colà il piccolo Pregliani che era stato avvertito del mio arrivo ; ma non venne . Passai la mattina a fare alcuni sperimenti elettrometrici nel belio ed ampio giardino contiguo alla casa, specialmente su gli alberi 1^4 Osservazioni Elettrometriche . di palme, sul sesso de' quali, se mi fossi ingannato, sareb- besi tosto rilevato l'errore poiché le paline feiiiinine colà pro- ducono e talor maturano i datteri . Qualche osservazione pur feci sugli insetti ; mostrando fra le altre cose , che la nera escrescenza , frequente sulle foglie e sui teneri rami degli agrumi, non è, come credeasi, l'effetto d'un umor travasa- to; ma un nido d'insetti numerosissimi detti alìdi o pidocchi delle piante , che cagionano la Morfea , cotanto agli Agrumi infesta . XXXII. Ivi venne invitato il Sig. Capitano del porto, Acquilego pur egli, per fare alcuni sperimenti di confronto, e li facemmo. Due curiosi fenomeni in lui osservai. Egli ta- nca la bacchetta impugnata com'io la tengo ^ e questa quan- do era sulla vena d'acqua sottocorrente, anziché convergere, divergea. L'altro fenomeno fu che, laddove io per conosce- re se l'agente sotterraneo sia acqua prendo in mano un cen- cio di lino o della carta bagnata; e, se il moto continua, argomento che una vena d'acqua sia quella che in me agi- sce : il Sig. Capitano metteva un cencio bagnato sul vertice della bacchetta , e se questa fermavasi , argomentavane che una vena d'acqua ivi scorresse sotterra. Il primo fenomeno io non sapea combinarlo colle osservazioni che fatte avea si- nallora , e sospettai dipender ciò da una proprietà singolare d'alcuni pochi individui; e vedremo poi quanto ragionevol fosse il mio sospetto [a) . Il secondo fenomeno più volte ri- petei, variandolo in piìi maniere, e sempre lo trovai verifi- cato. Ecco pertanto una nuova sorgente d'alterazioni ne' fe- nomeni elettrometrici, di cui non m'era dianzi avveduto. XXXIII. Io volea pur venire in chiaro dei cosi detti Ciotti fumosi . M'era stato detto e ripetuto più volte esservi in una parte del cosi detto Monte-negro all'est della Bordighera del- le voragini donde sorgeano fiamme e fumo, molto più ne* (a) Vedi la Lett. V , Numeri VII , Vili. Del SiG. Carlo Amoretti . 12,5 passati tempi che adesso. Antiche mappe corografiche di que' contorni queste fiamme indicavano; mi si parlava d'una par- te di monte detta gli Organi , nome dato sovente ai basalti colonnari che di canne d'organo hanno la figura; i globetti che colti avea presso S. A m pel io simili a quelli che raccol- gonsi fra i colli volcanici del Vicentino ; le acque sulfuree del Giuncheto , che appiè dello stesso monte emergono ; e infine il nome del vicino villaggio di Sebolca analogo al Bolca veronese, nome, secondo Minen>ini, proprio de'volcani: tut- to rendeami assai credibile che ivi fosse un volcano estinto. Mi proposi d'andarvi dopo il pranzo, e la Signora Giulietta volle essermi compagna con due altri colti Signori del paese. Una guida ben pratica ne precedeva . Faticosissimo fu il viag- gio di ben tre ore di ripida salita, metà su un nudo scoglio arenario, ove non ebbi mai moto nel cilindretto tenuto sem- pre fra le dita; e l'altra metà entro una macchia di piccoli pinastri, su un fondo ugualmente inerte, tranne l'azione di qualche rara vena d'acqua, e qualche isolata pirite. Alfin vi giugnemmo, e ci trovammo ben delusi. Che son eglino que' Ciotti fumosi? Sono alcuni grandi massi di pietra arenaria, che una frana, e un torrentello sotterraneo hanno spaccati, sicché il letto di questo vedesi alla profondità di circa tren- ta piedi. Ivi, coir elettrometria, osservai che di questa som- mossa scogliera, lunga circa 4*^ piedi, le estremità, si all'est che all'ovest, erano positive, e negativa era la parte di mez- zo . Egli è ben probabile , che sostanza positiva sia una pi- rite scomposta o zolfo, per cui passino le vene d'acqua sul- furea, che emergono presso il mare, come vedemmo, e la sostanza negativa potrebb' essere carbon fossile. Ciò posto po- tè e può ben avvenire, che ivi si veggano delle fiammelle in certe notti oscure e procellose: fenomeno non infrequente in altri luoghi . Tornammo a casa per via meno incomoda . Pensava d' andar pur a visitare i così detti Organi ; ma uno de' nostri compagni che ben conosce quel luogo, ci disse non altro esservi che alcune scanalature fatte dall'acqua in ceca- i:i6 Osservazioni Elettaometriche. sione di pioggia dirotta, su un terreno quasi verticale d'ar- gilla ocracea, onde ci risparmiammo un'inutile strada. XXXIV. All'indomani partii per Oneglia , e quando fui sopra il Giuncheto m'accorsi col cilindretto delle due vene di cui parlai al nnm. XXI. Presso lo Spedaletto incontrai il piccolo Pregliani occupato in faccenduole campestri ; e gli chiesi se altri sperimenti avea fatti. Oh! no certamente, mi disse con tal espressione ch'io ben compresi ch'egli se ne astenea come da atto peccaminoso, consigliato probabilmen- te da qualche ignorante che crede diabolico ciò che supera i pochi suoi lumi . XXXV. Poco mi fermai in Oneglia, e poco alla Laigue- glia, daddove partii a cavallo per Savona, volendo di colà tornarmene in vettura a Milano. Cammin facendo, a motivo del sol cocente , non pensai a fare osservazioni elettrometri- che se non quelle che far potea stando a cavallo. Così nella sti'ada tagliata a picco oltre il luogo ov'era il convento di Santo Spirito fra '1 Ceriale e'I Borghetto, conobbi esser fer- rigno quel sasso nero e pesante stratificato in mezzo al cal- care , che io a prima vista credei antracite . Oltre Borzi , quando cominciai a salire sul Capo di Capra-zoppa, ricordan- domi degli sperimenti fatti con Anfossi [a], volli provarmi pur io col cilindretto, e molte fiate n'ebbi movimento ora convergente, ora divergente, ed ora il cilindretto era immo- bile. Sì l'un moto che l'altro durava per tratti di strada piìi o meno considerevoli ; onde ne argomentai che piìi o meno estesi fossero i filoni , o gli strati . I positivi erano più fre- quenti , e più larghi dei negativi . Conservo ancora i fram- menti del ferro sentito da Anfossi^ e li trovo bipolari. XXXVI. Oltrepassato avendo Finale, ove ci arrestammo pel pranzo e pel riposo delle mule , giunti al borgo di Pia , già ricca Badia di Monaci Olivetani, saremmo andati su stra- (a) Della Raddomanzia . Num. 358. Del Sig. Carlo Amoretti . 127 eia piana, se fosse stata perfezionata, per Varigotti al Capo di Noli a quest'oggetto già traforato; ma la guerra dissipava l'oro e distruggeva gli uomini che dovevano in tal opera im- piegarsi . Ci convenne pertanto salire per la vecchia scoscesa via sino alle vette del monte, e su queste aggirarci veden- doci al di sotto la torrita città di Noli ( Ad Navalia ) , sin- ché discendemmo a Spotorno . In que'giri io ebbi col cilin- dretto e cogli altri miei stromenti, indizio di sostanze or po- sitive or negative; e queste eiano più frequenti: anzi talora vidi, ov'eransi fatti alcuni scavi, de' filoni d'ocra di ferro; e seppi poi che alcuni filoni di questo minerale, compatto e pesante, furono tagliati nell' aprire il mentovato passaggio del Capo, e n'ebbi de' saggi. Chi sa che la gran caverna ora inaccessibile sulla punta del Capo istesso non fosse antica- mente l'ingresso ad una miniera di ferro? Fra Spotorno e Savona la nuova strada costeggiante il mare non era perfe- zionata, ma vi si lavorava, e già vi s'andava comodamente a cavallo. Non riferirò qui tutte le osservazioni orittologiche; ma solo dirò che gli strati di terra verdognola, e quelli di talco verde, su i quali si passa nell' avvicinarsi a Vado ( Vada Sabatìa ) furono per me sempre positivi . XXXVII. In Savona non mi fermai che alla seguente mat- tina per aver notizie della miniera di carbon fossile di Cadi- bona, altre volte da me visitata con Anfossi (a), e sopratut- to delle grandi ossa ivi poi trovate . Essendomi casualmente incontrato nella bottega d'un libraio con un cortese giovane piemontese ( il Sig. Mìglìoretti impiegato nella direzione de' boschi ) questi si offrì di condurmi a casa dell'Ingegnere delle Miniere Sig. Laroche . Ivi ebbi qualche notizia della miniera di Cadibona ; e poiché, di questa parlando, gli narrai le os- servazioni fatte con Anfossi nel 1800, e che io volea ripete- re, dovei mostrargli, con una penna fra le dita, l'effetto (a) Loc. cit. Num. 368. 12 I OiSERVAZIONi ELETTROMKTRICnE degli elettromotori nell'ai^girarsi di essa. Si volle pur cimen- tare il Sìg. Liiroche, e la penna non si mosse; ma così non fu quando si provò il Sig. Migliorettì , poiché questa gli gi- rò come a me gira; del che si accertò con esperimenti mol- tiplici , e persuase della verità del fenomeno il francese In- gegnere, il quale tosto condussemi a casa del Sig. Scotti di- rettore della miniera di Cadibona, che trovai compiacentissì- mo a mostrarmi quanto avea trovato non solo in quella ma anche altrove; e diemmi un saggio della miniera di ferro sca- vata al Capo di Noli . Relativamente alle ossa trovate a Ca- dibona egli me le descrisse e disegnò in modo, che io ne argomentai esser quelle uno scheletro d'Ippopotamo; e me ne assicurai quando mi fé vedere una mandibola , che sola gli era rimasta , essendosi dovuto mandare il resto alla Pre- fettura , che parte aveane chiusa con altri prodotti minerali in una stanza, della quale nemmeno seppe trovarsi la chia- ve; e parte aveane seco portata in Francia il Sig. Gallois dianzi Ispettore delle miniere nel dipartimento di Montenotte . XXXVIII. Parlandole specialmente d'Elettrometrìa, chiar. Sig. Dottoie, non devo tacerle che questo Sig. Gallois (che io aveva avuto il piacere di conoscere in Genova nel i8ro, e trovato lo aveva negli sperimenti fatti privo della facoltà elettrometrica ) ha poi scritto un libriccinoìo Sulla ricerca e la scoperta delle mine («) , nel cui ultimo paragrafo dichiara con tuono autorevole che /' uso della bacchetta è una ciarla- taneria ; e che questa è diffamata e proibita ne' paesi , ove i bravi Maestri minatori sono abbastanza istruiti per ismen~ tire le sue false indicazioni . Mostra egli con ciò di non co- noscere punto l'Elettrometrìa; e così certamente non pensa il cel. Calcolatore La-Place ., come altrove notai (b) . E che i Maestri minatori s' ingannino ben lo sa il Governo del re- gno (a) Savona di pag. 12 in 8 , senza la data dell'anno, (b) Vedi la nota al Num. IH. Del SiG. Carlo Amoretti. lif) gno italico, clie nel i8xa ha fatto qui venire per mezzo mio il più abile Maestro minatore di carbon fossile della Rive de Giers presso Lione. Quest'uomo, sulla cui onestà non mo- vesi dubbio, è stato presso di noi quindici mesi a gran sala- rio: egli fu lungo tempo sul Bresciano, e sul Vicentino; as- sicurava sempre che v'erano indizj di carbon vicino: si è tri- vellato, si è scavato come e sin dove egli ha voluto, e non si è trovato nulla . XXXIX. Partendo da Savona costeggiai per ottima strada il torrente, salii a Cadibona, e andai sino alla Torre, dad- dove, lasciata avendo ivi la vettura, discesi per comoda via ai Frecci, ov' è la miniera. Andando al luogo dello scavo, che parvemi essere quello appunto in cui nel 1800 entrai con Anfossì ^ feci attenzione col cilindretto fra le dita a i varj strati su'quali passava, e che aveva allor disegnati quali An^ fossi gì' indicava; e trovai sempre alle sue corrispondenti le indicazioni mie . Non perù tanto addentro penetrai quanto allora, ma mi bastò di giugnere al luogo, ove furon trovate le ossa summentovate ; il che fu non xuolto dentro la galle- ria; ed è rimarchevole che stavano nella parte superiore del- lo strato, cioè ad un mezzo piede sotto il tetto della minie- ra . La cosa nuova che in questa osservai fu uno strato sot- tile di pirite color d'ottone, sì aderente al carbone che con esso estraevasi ; e, mentre questo era negativo, quella era positiva. Nel ritorno, uno de' Canopi venne a mostrarmi il luogo ove pensavasi d'aprire una nuova galleria più presso al burone : io , da alcuni sperimenti e dalla locale ispezione , giudicai essere quello il luogo dei due strati più angusti , e altro sito gli proposi su filone più largo , di cui pur segnai l'estensione; ma egli non fé caso degli sperimenti della bac- chetta, a norma delle istruzioni avute dal Sig. Gallois . Se ripasserò di colà vedronne l'esito. XL. Nel resto del viaggio sino ad Acqui non feci osser- vazioni da essere registrate. In Acqui fui col Sig. Ab. Filippi valente Professore di Fisica al luogo della Bollente-, ed ivi, Tom. XVII. R i«^>o OssEnvAzioNi Elettrometriche . volendo verificare gVi sperimenti à^ J rifossi (a), entrai nella vicina bottega del Barbiere, e col cilindretto sentii la vena sulfurea positiva, precisaiuf^nte nell'angolo ov'' An fossi l'avea sentita co' piedi; ed essendo poi usciti fuor di città, nello stesso campo, e nella stessa direzione, determinata colla bus- sola trovai la vena medesima ove l'avea sentita Anfossi . Il Sig. Prof. Filippi non si trovò dotato della facoltà elettrome- trica; ma, essendo egli un buon conduttore ^ senti e vide egli pure aggirarglisi fra le dita un ramoscello biforcuto die te- nea , mentre io stando sulla vena le dita stesse toccavagli colle mie . Col medesimo fummo a vedere un fulminato cam- panile di profanata cliiesa; e gli feci conoscere collo stesso mezzo non solo il cagionatovi polarizzamento, ma ben anche la vena d'acqua che dalle fondamenta del campanile, attra- versando un'angusta strada, servi di veicolo al fulmine, il quale nella sovrapposta casa entrò per una chiave di ferro collocata quasi a livello del snolo, e v'apportò molto danno. Quel ferro fu pur esso polarizzato, ma a brevi salti. XLI. Da Acqui fui a pranzo in Alessandria, ove col Sig. Prof. Tadini avremmo esaminati i fenomeni del fulmine ca- duto nel campanile delia chiesa di S. Martino, se questa fos- se stata accessibile; ma ben conobbi la vena d'acqua che per cjuel campanile passava. Fui alla sera a Voghera, e alla mat- tina del giorno 8 a Pavia. Ivi in casa dell'amico e collega Sig. Profess. Brugnatelli , col suo figlio il Sig. Gasparìno , della cui sensibilità elettrometrica aveva avute molte prove in Milano, sperimentammo l'azione de' raggi solari sopra di noi; e questi sempre rovesciarono i movimenti, che per le sostanze sulle quali mettevamo il piede, avevamo negli stro- menti stando all'ombra. E qui devo soggiugnere che quest' effetto non producono i raggi solari nell'inverno, o quando sono intercetti da nebbia anche leggierissima; il che può forse (a) Ddla Raddomanzia . Num. 869. Del Sic. Carlo Amoretti. i3i spiegare perchè lo sperimento del eh. Sig. Prof. Morìcliint di Roma sulla magnetizzazione del ferro col raggio violetto dello spettro solare non riuscirono in Pavia e in Milano . Alla sera fui di ritorno in questa Capitale dopo due in- teri mesi di assenza, ne' quali Ella vede, chiar. Sig. Dotto- re, che mai non dimenticai le mie elettrometriche ricerche; e parmi averle narrate cose bastevolmente importanti per animarla a seguire il mio esempio, ed estendere i vantaggi che possono derivarne . Sono ec. i.Ja OSSERVAZIONI DI ELETTROMETRIA ANIMALE LETTERA V. A Monsignore Don Ubaldo Cassina . Ricevuta li 12. Agosto i^i^. Milano i5 Dicembre i8i3. I. Oe ne lon venni a Pomaro nell'ora scorso autunno ben a me dee dolerne più che a Voi, mio ottimo Amico, poiché io soglio, come ben sapete, passare costà giorni veramente felici, non tanto per l'amenità del luogo, quanto per la com- pagnia vostra, e sovente d'altri colti nostri amici, co' quali non vi fu bisogno mai di studiare il modo d'ingannare il tem- po ; ma questo sempre era poco, mentre ora in scientifici di- scorsi, ora nella lettura di buoni libri, de' quali la ricca e scelta vostra libreria non manca, or in esami, ricerche, e sperimenti ci occupavamo. Fra gli sperimenti piacemi d'an- noverare specialmente quelli che risguardavano la Raddoman- zia, scienza di cui, come v'è ben noto, io mi occupo a pre- ferenza d' ogni altra ; e al vostro Pomaro deggio in parte i progressi che v'ho fatti, poiché costà, quando prima vi ven- ni col piccolo Anfossi nel 1796, trovai nella famiglia vostra cinque persone della elettrica facoltà dotate, compresovi il buon Calami ni [a) . II. Ah ! perché richiamo alla memoria questo degno ami- co che da poco tempo perdemmo ! e '1 perdemmo quando , riavuta avendo una cattedra nel Ginnasio di Piacenza ; avea (a) Della Raddomanzia . Num. 36o. Del Sig. Carlo Amoretti . i33 racquistata una sussistenza, che ben doveasi a quarant'anni di utilissimo servigio prestato alla Gioventù di Borgo S. Don- nino insegnando or la Fisica or la Matematica in quelle pub- bliche Scuole; e insegnando sopra tutto, anche coU'esempio, ad applicare la scienza alla Meccanica, ed a tutte le utili ar- ti . Oh ! quanto la sua morte mi rattristò ! Non era egli sol- tanto un uomo sensibile alla Elettrometria, come noi, e molti altri pur lo sono, ma egli studiavasi d'applicare a questa scienza la Fisica, e la Mineralogìa; egli variava in cento modi gli sperimenti , per la qual cosa molte notizie ebbi da lui , e molte ricerche per lui feci , specialmente sulla Fisiologìa animale, alle quali mai non avrei pensato; e ingegnoso Mec- canico, com'egli era, avea pur formati de'congegni onde ben intendere i fenomeni elettrometrici, verificarli, accertarsene, e gli altri convincerne. Costà venendo io, se mi fosse stato conceduto, come per qualche tempo men lusingai, proponea- mi di verificare con voi, col fratello, colla nipote, e col vo- stro vicino Ghendi più di noi tutti sensibile, parecchie re- centi osservazioni, che leputo molto importanti; ed ora per supplire in qualche modo alla impossibilità di costà venire, a motivo della guerra che dalle rive dell'Elba sin qua sten- de ì suoi furori, darovvi un compendioso ragguaglio di ciò che osservai rispetto all'Elettrometria dopo il mio ritorno dal mare, e ne' brevi viaggi che feci nello scorso autunno, e nella deliziosa villa Cusani ove quasi tutto il passai, e stan- domi in questa stessa Capitale . III. Al primo viaggio autunnale , che meglio chiamerò estivo, poiché fatto fra'l giorno 17 e '1 21 d'Agosto, diede occasione il Sig. di Monlosier^ valente Naturalista, che, aven- do già pubblicata una buon'opera sui volcani estinti dell' Al- vernla , ov'avea, prima della funesta rivoluzion francese, la sua signoria , volle vedere i volcani si vivi che estinti dell' Italia, e fra questi anche il disputato volcano di Grantola nel distretto di Varese. Io me gli offrii a compagno, giacché avea divisato d'andare a Vareise per alcune osservazioni, delle quali i34 Osservazioni Eluttromgtriche. dirò poi. Partimmo dopo il mezzodì, e fummo a Varese la stessa sera, e la mattina vegnente partimmo a cavallo avvi- andoci per la strada di Valgana . Mentre insieme osservava- mo essere calcari que'prinìi monti ascendendo da Induno alla vetta, e su questa continuare lo stesso sasso a formarne, di- rò così, il cai)peilo; e vedevamo, nel discendere in Valgana, esserne di porfido, o piuttosto di granito-porfido la base, io, col cilindretto verificava le precedenti mie osservazioni, d'ac- cordo sempre con quelle di Pennet e d'infossi, sui filoni di pirite e di carbon fossile che quella valle attraversano . Co- steggiando la destra del laghetto fummo a Ghirla , e indi a Cunardo , ove con buona guida proseguimmo ai monticelli , che rotondicci , or nudi ora selvosi, or neri or rosseggianti, sorgono fra Cunardo e Grantola . IV. Dopo d'averne esaminato l'insieme, il Sig. di Mori' losier volle singolarmente percorrerli, rompendo i sassi, e spi- andone l'interno. Risultogli dalle sue osservazioni, che in que' dintorni non v'erano piodotti volcanici, e che all'acqua, alle cristallizzazioni , ed ai colori metallici doveansi i sassi bucherellati, rossigni, e '1 porfido nero vitreo del quale tro- vammo gli strati. Chi fra lui e Dolomieu, fra Pini e Fleuriau di Bellevue abbia ragione, io noi deciderò [a). Solo dirò che il sasso nero e vitreo , sì di que' monti come de' circostanti ove pur sen trova, non ha azione elettrometrica nel contem- poraneo contatto col vicino porfido, né col vetro nero arti- ficiale , né co' neri cristalli di rocca ; ma tale azione esso ha nel contatto contemporaneo del vetro volcanico ( obsidiano ) di Albano, di Napoli, e dell' Ecla. Io frattanto ad altro era intento. Polarizzato trovai costantemente il porfido, sì il ros- signo che il vitreo ; e sempre osservai , che i due poli in a- mendue i sassi, esaminati nella naturai loro posizione, stan- no nella direzione magnetica, ma opposta a quella della ca- lamita e della bussola; poiché la positiva e divergente, che (a) Vedi ii Fiaggio ai Tre Laghi. Capo XV. Del Sxg. Carlo Amoretti . l35 in queste trovasi al nord, in quelli trovasi ai sud del sasso; e la negativa e convergente al nord . Quanto mi spiacque che il Si"-, di Monlosier non fosse né Elettrometra , né Condut- tore ! V. Tornammo a Gliirla, e dopo un mescliino pranzo ci avviammo a Varese per la via di Bedero e di Brincio . Ve- demmo al Ponte Nivo come l'acqua del laghetto di Ghirla erasi aperta una strada sotterranea formando una maestosa e lunghissima grotta entro il sasso calcare orizzontalmente stra- tificato . A Bedero m'occorse di fare un'osservazione nuova e importante per l'elettrometrìa fisiologica. Sapeva esservi in quel paesuccio tre figliuoli Albini, cioè co'capegli candidi, pupille rosse, e mal reggenti alla piena luce: ivi ci fermam- mo per vederli, ma non vi trovammo che la fanciulla di quin- dici anni . Il mio compagno che non avea mai veduti Al'oini, dopo d'averla esaminata, chiese d'avere una ciocca di que' suoi fini e bianchissimi capegli , e mediante un regaluccio, ci fu permesso di reciderla . Mentre ([uesta io aveva in una mano, l'usato cilindretto, che coli' altra io tenea, m'indicò una sostanza negativa; il che mi sorprese, perché i capegli delle femmine avea sempre trovati positivi ( e tali erano i neri capegli della di lei madre ), e negativi sempre quelli de' maschi che io aveva sin allora sperimentati, includendovi an- che i miei che da neri si son fatti blandii. Toccaile la fronte e '1 mento, e trovai quella negativa e questo positivo, come i maschi sogliono averli. In somma l'azione elettrometrica, propria delle teste femminili, in quella fanciulla era rovescia- ta . Passammo per Brincio; e memore del viaggio che feci nel 1793 col Sig. Dott. Thouvenel e Pennet ^ verificai le indica- zioni minerografiche del secondo, come già negli anni scorsi verificate le avea con Anfossi , e con Ferdinando Vìlloresi . Giugnemmo a Varese a notte e ci dividemmo, poiclié io colà dovea fermarmi ; ed il Sig. di Monlosier alla mattina partir voleva per andare a Como e a Lecco . VI. Narrando io in Varese il fenomeno dell'Albina di J 3b Osservazioni Elettrometriche . Baderò., due fanciulletti pur Albini di quella città furonmi indicati, maschio l'uno, e l'altra femmina. Andammo a ve- derli aniendue col Sig. Ab. Orioli Elettrometra sensibilissimo, e tanto colto quanto savio uomo; e trovammo nelja femmina ( Maddalena Favona ) decenne l'azione elettrometrica ma- schile, e nel fanciullo ( Luigi Campiotti ) di quattr'anni la femminile, avendoli toccati per tutto ove la decenza lo per- niettea . Soggiungerò che un finciullo Albino trovai poscia a caso in Milano, chiamato Giacinto Wlorando^ e vi riconobbi le proprietà medesime del precedente . Non pensai allora a sperimentare se avean essi una sensibilità elettrometrica atti- va : il che farò tosto che'l possa . VII. Le osservazioni fatte su gii Albini m'invogliarono maggiormente di esaminare l'elettrometria del pari anomala del Sig. D. Carlo Aronte Curato di Lizzago, del qual feno- meno aveami per lettere avvisato il mentovato Sig. Ab. Orioli. Andammo insieme alia sua casa distante da Varese tre miglia. L'esame e le sperienze fatte su varie parti elettromotrici del suo corpo ci assicurarono ch'egli aveva l'elettrometrìa fem- minile , benché sonora voce , folta barba nera , e neri cape- gli avesse, e fosse fornito della robustezza che conviene a ben costituito uomo di ventiquattro anni. Fin qui l'avevamo esaminato come elettromotore; si volle sperimentare s'egli era pure Elettrometra, e vedemmo un fenomeno per noi nuo- vo . Le donne dotate della proprietà elettrometrica hanno, si nelle loro sensazioni , che nel moto degli stromenti da loro adoperati, i medesimi fenomeni che hanno i maschi; ma nel Sig. Curato di Lizzago tutto ciò era in senso opposto . Sen- tia freddo sull'acqua sottocorrente, e caldo su una sostanza sotterranea per noi positiva; e su quella l'impugnata bacchet- ta divergeva, e convergea su questa; mentre a noi, che con- temporaneamente sperimentavamo l'azione di quegli stessi elettromotori, succedea l'opposto, a me riguardo al solo mo- to degli stromenti , e riguardo anche alle sensazioni al Sig. Ab. Orioli . Vili. Del Sic. Carlo Amoretti. ^^7 Vili. Se mi sorprese il fenomeno degli Albini , che pur io immaginava poter avere ffualche relazione colla stravagan- za del loro colore, maggior maraviglia ini fece quanto osser- vai nel Curato di Lizzago; ed era disposto a crederlo proprio di quel solo individuo, quando ebbi il piacere di conoscere qui in Milano il Sig. Avvocato Pietro San-Desiderìo di Acqui, in cui trovai la proprietà medesima del Sig. Curato Aronte, e cento prove ne abbiamo fatte, e n'andiamo facendo, giac- ché sovente il veggo. Allora, riandando il Giornale delle mie elettrometriche osservazioni, ti'ovai notato, che ai i3 di Set- tembre del 178.5 un simii fenomeno del moto della bacchetta opposto al mio osservai in Giovanni Voggini di Baveno sul Verbano, mentre esaminavamo ivi la miniera di rame da lui trovata; e la stessa cosa osservai nell'ora scorsa state alla Bordighera (a) . IX. Accennerò per ultimo due indicazioni di vene d'ac- qua fatte dal Sig. Ab. Orioli e da me, l'una in un alto ter- reno al nord-est di Varese, nel luogo detto Velmeio, ove il Proprietario avea bisogno d'un pozzo, e l'altra in un fondo contiguo al palazzo Litta-BIodignani, ov'albergavamo. Noi la prima vena indicammo a non molta profondità : osservammo che un gelso sotto il quale essa scorre era in istato di depe- rimento , e vi trovammo l'azione alterna saltuaria del fulmi- ne ; e i rispettivi fenomeni del moto della bacchetta ebbe con molta sua sorpresa un contadino di quel luogo chiamato An- tonio Niccola. Non so se il pozzo siasi scavato; ma so che, la vena, seguendola Orioli colla sensazione de' piedi ed io con un ramoscello biforcuto, ci conducea ad una fonte, che sola somministra l'acqua alle vicine case. Ma ben verificossi l'in- dicazione della seconda vena, di cui determinammo il luogo e la profondità a circa 18 piedi. Si scavò, e a que^sta pro- fondità si trovò l'acqua. Tom. XVII. S (a) Lete. IV , Nudi. XXXII. 1 3t) OiSERVAZtoNi Elettrometriche . X. Stetti un mese in città, e circa la metà di Settem- bre feci il consueto viaggio a Cliignolo appiè della collina di S. Colombano, daddove, se non vedeva il vostro bel Pomaro, vedeva almeno le torri del vicino Monte Canino, che altre volte dieronmi occasione di osservazioni elettrometriche (a) . Nello andarvi pnssai da Lodi, e tanto in Meregnano quanto in questa città, ovunque m'imbattei a veder mura screpola- te, sempre vi trovai sotto una vena d'acqua. Fui, nella di- mora di poche ore in Lodi, a far visita al valente Chimico Sig. Cavezzali , che invitato m'aveva a vedere una Venere di bronzo trovata negli scavi, che attualmente fannosi a Lodi- vecchio . Gonservatissimo è questo idoletto perchè stava en- tro un vaso pur di bronzo; e v' è rappresentata questa Dea nell'atto che esce dal bagno, avente a lato Amore a lei ri- volto. Non vi parlerò del pregio del lavoro che a me parve bellissimo; ma io volli sperimentare specialmente se opera moderna fosse o antica, poiché Lodi-vecchio non fu distrut- to che nel secolo undecime; e col mezzo della Elettrometria, avendo trovato negativo quel bronzo, la giudicai antica,, poi- ché, come sapete, negativo é il bronzo delle opere antiche, e positivo quello de'moderni lavori. Così pur negativo io tro- vo quel bel Priapino che rinveniste casualmente a Pomaro, e di cui mi feste dono . Lo stesso osservai in alcune monete romane trovate negli stessi scavi di Lodi-vecchio . XL Assai più m'importava, ancorché colla Elettrometrìa non abbia nessuna relazione, di vedere nella Collezione del Sig. Dott. Gemello Villa, savio e coltissimo Medico, alcune ossa trovate sotterra , delle quali un grosso teschio cornuto diceasi di Rangifero ( Cervus Tarandus L. ) che voleasi qui condotto dai primi Galli, che dal mar glaciale a poco a po- co la Germania e poi l'Italia invasero; ed una tibia con una costa di grosso animale , che erano per cinque secoli state riputate ossa del pestifero Drago di quelle vicinanze, mira-, (a) V. La Lett. I , Num. XI. Del SiG. Carlo Amoretti. i Sg colosainente estinto, secondo le Cronache lodigiane, per ope- ra di S. Cristoforo; e come tali religiosamente conservate. Vidi tutte quelle ossa , e avendone avuti cortesemente dallo stesso Sig. Dottore degli esatti disegni, riconobbi col confron- to nel primo il teschio d'uno de'così detti Cervi o Alci d'Ir- landa, le cui ri-liquie trovaiisi in seno de' monti in varie par- ti d'Europa, nella seconda una tibia di gran quadrupede, probabilmente d'Elefante, e nella terza una costa di Cetaceo. Queste tre specie d'ossa sono frequenti ne'coUi subapennini (fl). Conghietturai allora che antichissime rivoluzioni, delle quali non rimane memoria se non nel gran Libro della Natura aves- Sfio sepolti ne' colli degli Apennini quegli animali; che le frane e le acque ne avessero scoperte le ossa, e i torrenti le avessero portate al Po ; e che questo re de' fiumi d'Italia le avesse trascinate nelle vicinanze di Lodi in quell'epoca, in cui, non avendo esso ancora ricevuto l'urto dal Ticino presso Pavia, scorreva al nord della collina di S. Colombano, e quindi pel territorio che fu poi detto Lodigiano. XII. I monuiiT^nti di Lodi-vecchio e ciò che io aveva udi- to di quegli scavi invogliaronmi d'andarvi, e vi fui all'indo- mani, passando da Villanova ove sperava di trovare e di con- dur meco II Sig. Avvocato Barinetti, e di far con esso, che della proprietà elettrometrica è fornito, qualche sperimento; ma noi vi trovai . Giunto a Lodi-vecchio vidi alcune cose trat- te dagli scavi presso il Sig. Proposto, e fra esse una statuetta di bronzo rappresentante un Romano togato, e questa pure tro- vai, col solito criterio, antica. Il Sig. Vice-parroco che ivi era cortesemente al luoghi degli scavi condussemi , ove sep- pi che al doppio oggetto d'abbassarne il suolo per renderlo irrigabile, e portarne su i prati la terra eh' è un eccellente (o) Vedi le Memorie di Cortesi inse- rite nel Voi. I, pagg. 289, 3^9, e Voi. II . pagg. 169 , 229 della Nuova scelta d Opuscoli , e le Lettere mie a Monsig. Della Torre , ivi Voi. I , pag. 89 , a Voi. IT , pag. 18. Un mezzo dente fos- sile elefantino è quello che una volta teneasi qual raandiliola di S. Cristoforo nella sua chiesa presso iMilano , al dira delle mentovate Cronache . l4o OiSERVAZrONI ELETraOMETRIGHE . concime, quegli scavi eransi intrapresi, e si proseguiaiio ala- cremente . I migliori lavori di bronzo finor trovati furono in gran parte ac(|uistati da! Sig. Cav. Giuseppe Bossi R. Prof, di Pittura in Milano, presso il quale ne conobbi l'antichità allo stesso modo. Alcuni rottami di statue di bronzo, varie monete de'tempi romani, e alcune momte d'argento del tem- po degli Imperatori germani mostrommi e mi vendè lo sca- vatore Modesto Mazzasogno ^ a cui pur feci provare la bac- chetta, e 'I ramoscello biforcuto, e '1 ritrovai sensibile; ma, comunque gli mostrassi il metodo di conoscere l'esistenza del- le cose sotterranee, di distinguerne la qualità e determinar- ne la profondità, egli, trovando quelle notizie superiori a suoi lumi, non curossene punto. Io, guardando nello scavo il re- sto degli antichi pavimenti, de' quali alcuni erano dianzi a mosaico di fini marmi, trovai un masso d'attifiote verde spar- so di moltissime gemme che all'occhio non ben distingueasi se fossero granati o giacinti, ma tosto vidi che non erano de' primi, poiché aveano azione elettrometrica positiva: conobbi che non poteano collocarsi fra i secondi, perchè al contatto contemporaneo sospendeasi il moto negli stroraenti; e gli ho giudicati piropi , per l'azione che mostrasi negli stromenti stessi al contemporaneo contatto co' veri piropi. Fra i rotta- mi di bronzo uno ne trovai positivo, che ben mostrava al lavoro troppo minuto, di non essere de' bei tempi dell'arte. Ma di quell'epoca è certamente, (e n'ebbi la solita prova) un idoletto di bronzo rappresentante un genio , o forse un piccol Priapo 5 donatomi con varie monete dal Sig. Stroppi figlio, abii coltivatore di quel fertile paese. XIII. Tornato essendo a Chignoio, nei passeggi fatti per l'amena collina col Sig. Ab. Bartolommeo Caiani, del quale piìi d' una fiata a Desio avea sperimentata la sensibilità elet- trometrica, varie ricerche facemmo, or sulle vene d'acqua dolce sempre negative, or su quelle d'acqua sulfurea (e no- minatamente tJcl pozzo di Valbiscera del Sig. Sommariva ) , che trovammo positive, quali trovammo poi le vene d'acqua Del Sic. Carlo Amoretti. i4i salsa frequenti in quella collina, e le tene ferrigne dure e nericce, e '1 ferro ocraceo cristallizzato a pallottoline; ora su- gli insetti che ci veniano alle mani, or sulle foglie, e sui fiori : e sempre ci trovammo d'accordo; se non che egli, ol- tre il moto degli stromenti, avea le corrispondenti sensazio- ni ( consistenti per lo più in un foraiicolaraento ), che io non aveva , o le aveva debolissime . Verificammo cosi la polariz- zazione d'un muro del campanile della chiesa parrocchiale, e della croce ferrea che il fulmine ne avea staccata dalla ci- ma ; trovandovi sotto la vena d'acqua, che pur trovammo sotto un altro muro egualmente fulminato e polarizzato, nel- la casa che fu già convento degli Agostiniani . XIV. Essendo un giorno andati a vedere la magnifica vil- la di Belgioioso, rifeci un'osservazione, che io in più luoghi ho replicata , e che può divenire importantissima quando sia ben verificata . Trovai positivi certi grandissimi funghi bian- chi , e negativi altri pur bianchi ma piccoli . Chi li vedea credeali ugualmente nocivi, e da distruggersi; ma chi era uso a farsene un buon manicaretto assicurò che ottimi al gusto e innocentissinii erano i primi, che allora egli raccolse e con- servò ; e l'opposto era de' secondi (a). Ivi pur trovai la po- larizzazione ne' tronchi, e le vene sotterranee ai due ippoca- stani d'annoso filare percossi già da alcuni anni dal fulmine. Queste ultime osservazioni che possono essere di molta utili- tà per coteste vostre colline, coperte in parte di boschi, ove copiosa è la raccolta de'funghi, e in parte di vigne frammi- ste a numerosi alberi fruttiferi , io proponeami di ripetere con voi ed altri Elettrometri vostri vicini . XV. Quantunque già da qualche anno accorto mi fossi che non rare sono le piante fuhninate, pur non avea mai (a) I primi sembran essere il Letiro- cymes pectinatits di Micheli e di Eat- tarra (Fuiigorum a^ri Arìmineniis . Tah. IV. D ) , che lo chiama esculento cioè ipangiabilej o piuttosto il Leucocymes gemmatus , perchè ha delle prominenze sulla cappella; ma, se guardiamo la fi- gura , somiglia più che ad altri al suo t'ungo specioso ( Fangus speciosior . Tab. VI. A ) . i4a Osservazioni Elettrometrich'^ pensato a cercare ne'fulniiiii la cagjione pài estesa e più fre- quente della loro mortalità, intorno alla quale tante teorìe aveano immaginate i dotti Agronomi, e tanti rimedj aveano proposti gli Empirici senza parlar mai di fulmini. Il mio il- lustre amico e collega Sig. Cav. Prof. Re, che un'eccellente opera ha scritta sulle malattie delle piante (a), e tanti mor- bi a cui vanno esse sogg<;tte annovera, quanti non ve n'ha in uno de' più popolati spedali, ha bensì parlato della iVe- crosi elettrica {b), ossia della morte cagionata alle piante da fulmini; ma egli, come rilevasi, e dalla descrizione del ma- le, e da riinedj che [)ropone, non considera C(jme fulminate se non le piante nelle quali la folgore ha fatto ahbruciamen- to e guasto; e queste non sono che una piccolissima parte di quelle che muoiono pe' fulmini; onde ben aveano ragione i Romani d'annoverare la folgore fra le divinità infeste all' Agricoltura, alle quali, come osserva lo Scritlor mi desimo (e), non per riconoscenza e venerazione , ma per solo amore sa- grificavano. Io me n'avvidi a principio d'autunno nelia villa Cuìani a Desio in quattro piante di fichi, e in quattro pur di prune, le cui foglie pria men vivaci, poi pallide, poi ac- cartocciate, poi cadenti, abbandonavano i rami, lasciandovi i frutti acerbi, che più non maturarono. Altra fuorché il ful- mine avrebbe potuto esserne la cagione; ma, avendo co' mez- zi elettrometrici sentita sotto ognuna di queste piante la ve- na d'acqua conduttrice ordinaria de' fulmini: e ne' tronchi e ne' rami di esse conosciuto avendo quel polarizzamento che il fulmine sempre vi lascia, ne argomentai che a questo, an- ziché ad altra cagione, il deperimento di quelle piante do- vesse attribuirsi . XVI. Queste prime osservazioni replicai in un gran nu- mero degli alberi di quell'ampia villa e fuor di essa; e spe- (à) Saggio teorico e pratico della ma- lattia delle Piante. Venezia 1807. (i) Ivi, pag. 219. (a) Re . Annali d' Agricoltura . Tomo XX j pag. 234. Djìl Sic. Carlo Amoretti. ì^S cialmente ne'gelsi, la mortalilà cle'quali è sì frequente: e quindi ne' vicini, e ne' lontani paesi ove passai qualche par- te dell'autunno, facendo sempre attenzione, lungo le acque ai pioppi e ai salci, ne' campi ai gelsi, e nei giardini agli alberi fruttiferi ch'erano in istato di deperimento, sempre vi trovai i fenomeni della fulminazione; e dove questi alberi trovai mancanti ne'filari, o sostituite vidi delle giovani pian- te alle vecchie ch'erano inaridite, trovai quasi costantemen- te che sotto di esse correva una vena d'acqua. Queste ricer- che feci ripetere a quanti Elettrometri potei avere in esse compagni ne'vaiii luoglii ove mi trovai, e molti furon essi; e tutti meco convennero, come della verità del fenomeno, cosi della giustezza delle mie congetture. In questi alberi cosi polarizzati alcune nuove cose osservai, i .° Il tronco reciso mostra sovente, nella sezione orizzontale, due punti coH'a- zione del fulmine visibile, de'quali uno è positivo a [Fig. i ) l'altro negativo b . Se dal tronco tagliato orizzontalmente se ne seghi un disco questo nella faccia opposta ha azioni op- poste alle precedenti . Uno di questi tronchi avea sei punti elettromotori quali si vedono nella Fig. a, cioè aa e bb po- sitivi, e ce negativi . a.° I salti del fulmine nelle piante so- no bensì generalmente alla distanza all'incirca di due piedi, ma non sono mai ugualmente distanti . 3.° Ogni pezzo stac- cato di corteccia o di ramo fulminato trovasi polarizzato, cioè ha da un capo il polo positivo ( che generalmente trovasi nel- la parte piìi vicina al tronco) e dall'altro il negativo. E se in due o più parti lo divido, ogni pezzo ha i due poli. 4-° Se il pezzo ha de'rametti laterali in numero pari, si rovescia il moto. A questi rametti laterali equivalgono le spille in esso fìtte . 5." Se il ramo polarizzato tengasi nel mezzo con due dita, ha un moto d'oscillazione, ora stando fermo, ora al- ternamente convergendo, e divergendo. XVII. Sembrerà forse inverisimile che sì frequente sia la fulminazione degli alberi, onde tanta sia la copia delle pian- te tormentate dalla materia fulminea, e che sì frequenti sia- I-fl O.JERVAZIONl ElETTROMETRIOHE . no le vene d'acqua per la quale essa corra. Ma riguardo a queste osservisi, che ogni vena percorre molte miglia, onde moltissimi alberi su di essa son collocati ; e riguardo al nu- mero di questi si consideri, che l'effetto delia fulminazione, cioè il polarizzamento conservasi finché esiste l'albero anche arido [a); e che non v'è bisogno d'un fulmine accompagna- to da tuoni e lampi per nuocergli, ma basta un eccesso d'e- lettricità, che investendo l'albero sovrastante a vena d'acqua su quello si getti per una parte de' rami, e lo penetri per andare alla vena, ovvero da questa risalga per le radici on- de rimettersi in quell'equilibrio a cui tutti tendono i fluidi. Del frequente disequilibrio d'elettricità ammosferica , hanno contiiuie prove i Fisici nelle macchine de' loro gabinetti, e ne fauno fede i turbinetti, che alzano tornei di polvere e di foglie sulle strade; e dell'azione tacita e oscura della elet- tricità accumulata n'è pi'ova la pila voltaica . XVllI. Le medesime osservazioni ripetei a Casanova di- stretto di Varese, ove al solito degli altri anni passai alcuni giorni dell'ottobre. La stagione ]>iovosa non mi permise di molto vagare per quelli ameni colli , ma non fui perciò del tutto ozioso. Nell'esame fatto di molte piante fulminate, sem- pre trovai verificato quanto di sopra ho asserito sulla morta o deperimento loro; e le sperienze venner più d'una volta ripetute a Casanova, a Bizzarone su un fico, a Uggiate su un pesco dalle gentilissime due figliuole del cortesissimo mio ospite Sig. D. Giuseppe Sala, che ivi pur erano liete e feli- ci venutevi coi loro sposi. Volli pur rivedere l'acqua sulfu- rea di Stabio ; e qui m'avvenne di trovare un contadinello ( Giuseppe Brìanza ), ben dotato della sensibilità di cui trat- tasi, cosicché non solo ha moto negli stromenti elettrome- trici, ma ha pure sensazioni ben chiare di caldo e di freddo ai piedi . Con lui indagai nuovamente le sotterranee vene d'ac- (n) Vedi la Leu. Ili, num. XXII. Del Sic. Carlo Ajioretti . i45 d'acqua sulfurea, ch'erano positive e fredde per lui, distin- £;uendole così dalle vene d'acqua dolce dello stesso luogo che son negative. Volli di là andare a Clivio, e tenni la via car- refifgiabile, che dal piano conduce al colle, e quindi passan- do per via piana a quel paese, sentii le cinque vene positi- ve, che a poca profondità correano, corrispondenti a quelle che altre volte sentite avea presso S. Pietro e che prolun- gansi sino a Stahio . Nel i-itorno andai sino al punto ove le stesse vene discendono ; e venendo sopra una di esse sentii Tin deciso odore epatico , e conobbi che la vena ivi non è profonda , ma non mai si vede emergere . Il Contadino che serviami di guida dissemi che sentito avea pur egli più d'una volta quel puzzo, e che talora in quel luogo nelle notti tem- poralesche vedonsi delle fiammelle. Io seguii quelle vene si- no al piano presso le querce altre volte mentovate poco al sud di S. Pietro . XIX. Da Casanova andai a Como, ove tosto imbarcairai per l'amena villa di Belvedere a quattro miglia dalla città; villa, che la Signora D. 3Iacldalena Imbonati Sannazzari , ritiratavisi dopo la perdita del marito, da oltre dieci anni con generosità, eleganza e buon gusto continuamente abbellisce. Ivi trovai con lei , valentissima nella musica e specialmente pel Gemicalo, Madama Pollini nata Gasparini anch'essa abi- lissima suonatrice d'arpa, consorte del bravo maestro di cap- pella Sig. Pollini , Si parlò degli sperimenti con lui fatti po- co prima a Desio , ove venne a veder la villa Cusani colla famiglia Bertolio ^ e cimentarono la facoltà elettrometrica di cui sono dotati la Sig. Contessa Roero di Settimo nata Ber- tolio, e i due minori di lei fratelli D. Luigi, e D. Giuditta, e '1 summentovato Sig. Pollini. La di lui Consorte ciò uden- do volle pur essa provarsi, e trovossi ancor più sensibile che il marito istesso, poiché essa ha pure le sensazioni ai piedi, come per molti sperimenti nelle vicinanze della casa su vene acquee e su filoni negativi e positivi, sulle foglie, sui fiori, e su alcune piante fulminate della villa medesima m'assicurai . Tom. XVII. T l4^ OsSERVAZIOiSI ElETTROMETRICHE . Molte sperieiize collo stesso Sig. Pollini^ che ivi pur venne all' iniloniani , ripetemmo, e ne facemmo delle nuove, spe- cialmente sn»li alberi fulminati, e suU'ellera che talor li cir- conda, non iiilVequenti in quel monte. Curiosa fu l'osserva- zione che facemmo egli, il Sig. Curato D. Giuseppa Boldrini , Elettronietra pur esso, ed io su una bella pianta di fichi. Toccandone il tronco lo trovammo positivo, qual suol essere il profico, ossia fico mascliit) detto salvatico; eppur la pianta avea squisiti fichi brugiotti ben maturi e ben saporiti . Ma cessò la maraviglia quando il Sig. Curato ci narrò esser quel- lo un fico colà nato a caso di seme, sul cui tioiico avea po- scia annestati rami di lieo brugiotto (a). Osservammo pure che ivi fabbricavasi un nuovo campanile su non profonda vena d'acqua; e predissi ch'essa cagionerà screpolature nel muro, e attirerà de' fulmini, se a questi non si ripara con un con- duttore comunicante colla vena istessa;e a quelle col collo- care nel fondamento sopra la vena una larga e lunga tavola di sasso, che servale, dirò così, di ponte sotto cui innocua- mente scorra . Possano non avverarsi le mie predizioni ! XX. Quattro giorni in quella amena villa, e in quella deliziosa compagnia passai ; e in uno di questi volli tragit- tando il lago, andare a Moltraslo: non tanto per cercare fra quelle cave di sasso marnoso tegolare le impronte di gigan- teschi ammoniti che vi si sogliono truvare, quanto per esa- minare colla Elettrometrìa le sotterranee vene di quel carbon fossile, che altre volte negli strati del sasso trovossi , ma in tenue quantità. Non veggonsi da qualche tempo, o non si curano quelle impronte, e di rado trovasi del carbone; ma io col cilindretto, e con un ramo hiforcuto ben ne sentii gli strati a considerevole profondità ( poiché io mi stava molto sopra il livello del lago ), e a grand' estensione dal sud-ovest al nord-est; e furami pur detto che nelle oscure notti tem- (a) Narra Tenfrusto ( De causis plantnriim , Uh. IV , e. i6 ) che coài pur faceasi a tempi suoi nella Grecia . Del Sic. Carlo Amoketti . H7 poralesclie veggonsi colà de' fuochi fatui, o fiaiumelle vagan- ti: fenomeno ch'io non eblji occasione di verificare. XXI. Abbandonai non senza dispiacere f|uel bei luogo, benché men tornassi a terminar l'autunno e cominciar l'in- verno nella magnifica villa Cusani a Desio, ove cotidiaue so- no le osservazioni mie elettrometrlche, confermate per lo più dalla Sig. Francesca Malagrida vedova Albrisì , dalla Signora Macedonia De Simonì Rovatti, dal mentovato Sig. Ab. Ca~ vani, da Ferdinando e Maddalena Villoresi, e da Marco Eg- retta, Cesare Abiati, Gio: Maria Ritsnigo, e Giovanni Pùholdì, ferraio il primo, legnaiuolo il secondo, e contadini gli altri due, tutti al par di me e più di me sensibili all'azione elet- trometrica . Con tutti questi Elettrometri verificammo che ai fulmini doveasi la morte o lo stato di deperimento di molti alberi; e n'avemmo in prova il polarizzamento de' loro tron- chi e rami, e le vene che sotto di esse passano. Col fabbro Cimbardi di Seregno [a) verificammo in un suo campo che vene d'acqua scorrono precisamente, ove i gelsi sono periti del tutto o in molti de' rami; e vivi e vegeti sono quegli al- beri che trovansi a giusta distanza dalle mentovate vene [b) , Osservammo altresì che quando le piante fulminate erano a spalliera appoggiata ad un muro, in esso vedeasi per lo più la screpolatura (e) . Che questa debbasi a vena d'acqua sot- tocorrente, la quale, strascinando seco là terra o T arena en- tro cui passa, formi sotto il muro un vuoto, n'avemmo più prove . In due luoghi del giardino istesso erasi fatto un pic- colo avvallamento, in cui l'acqua destinata all'irrigazione per- deasi , e questo trovammo su una vena d'acqua. Tre simili avvallamenti osservammo in luogo non irrigatorio nella villa (a) V. la Lett. I , Num. XV. (b) Talun m'ha chiesto qual riparo apportarvisi possa? Piantisi, gli risposi, a qualche distanza dalle vene sotterra- nee ; e ove già sulla vena sia qualche albero che prema di conservare, s'armi di conduttore, cioè d'una verga di ter- rò che distenda più profondamente elle le radici , e si sollevi più in alto de' rami . (e) V. Lett. II , Num. XXII. ci le IVI 148 OiSEUVAZiONI ELETTROMETraCHE . jstessa , e in tutti i tre luoghi seutiuinio le vene, non molto profonde scorreauo . XXII. Chiuderò questa Lettera col ragguaglio d'alcune curiose, e forse nuove, osservazioni da me fatte in due spe- cie di molluschi, cioè sulle lumache e sulle ostriche. Tutti sono generalmente d'accordo i Zoologi in asserire che questi animali sono androgini o ermafroditi, cioè dotati d'amendue i sessi, in modo però che le prime hanno bisogno d'accop- piamento per vicendevolmente fecondarsi ; e nelle seconde ogni individuo fecondasi da sé medesimo . Io non voglio mo- ver qui dubbj sulla diligenza e l'esattezza delle osservazioni anatomiche e fisiche, dalle quali indotti furono que'valent' uomini a cosi opinare: a me basta il narrare de' fatti , nelP osservare i quali non solo ebbi de' testimonj , ma pur molti compagni ebbi che le sperienze mie ripeterono . Già mi era avveduto che delle lumache alcune aveano positivo l'apice del guscio, ed altre l' aveano negativo: il che, ragionando per analogia , aveami fatto nascere il sospetto che differente ne fosse il sesso; e tentai d'accertarmene, come meglio po- tea, quando trovai parecchie paia di lumache accoppiate, della specie della Helix Poniatia di Linneo , l' Escargot de' Francesi. Ne' due individui accoppiati osservai sempre la me- desima differenza, cioè se una lumaca avea positivo l'apice a {Fig. 3 ) e negativo l'ombilico ù { Fig. 4)5 l'altra avea questo positivo, e l'apice negativo. Tutte le altre parti del guscio erano inerti . Avendo tagliato questo per cimentarne l'interno, vi trovai costantemente in tutte azione opposta all'esterno. L'azione della testa, quando rnetteanla fuori, corrispondeva a quella dell'apice esterno. Trassi fuori del guscio gli animali , e gli tagliai diligentemente per vedervi quel corpo bianco filiforme, che vuoisi dai più essere il mem- bro maschile {a); e '1 vidi chiaramente in tutte, o negativo. (a) Alcuni però preteiidono che , es- sendo (jaesto senza foro all'estremità ^ tia semplicemente irritatore e non fecon- dante . Hist. Natarelle de Sonnini . Mol- lusqaes . Tom. V , pag. 87. Del Sic. Carlo Amore rxi . i^(j o positivo avessero l'apice: e avendone cimentata l'azione elettrometrica, la trovai sempre omologa a quella dell'apice interno, e dell' ombilico esterno: quindi in alcune lumache questo membro filiforme era positivo , e in altre negativo . Lo stesso fenomeno o-sservai toccando quel corpo bianco, che dal Sig. Bosc vien creduto la glandola seminale; se non che questo aveva azione opposta a quella del corpo filiforme . XXIII. Dai molluschi gasteropodi , cioè ventripedi, quali son le lumache, passai ai molluschi acefali, cioè senza testa, i quali più decisamente son riputati ermafroditi dal cel. Ca- vi er , e tali che ogni individuo necessariamente fecondi sé stesso : sebbene sianvi de' Naturalisti , che opinano poter le femmine essere fecondate da maschi per mezzo del fluido che le circonda, il quale possa, come ne' pesci, servir di veico- lo allo sperma fecondatore (a) . Per liberare dal fango i molti ed ampi canali e recipienti d'acc[ua della villa summentova- ta , eransi trovate in secco o in poc' acqua moltissime ostri- che fluviatili di due specie, cioè il Mytìlus Cygnaeus {Fig.5) e la 3Tya Pictorum ( Fig. 6 ) , di considerevole grandezza . Volli provare se avean esse azione clettroraetrica e quale; e tosto conobbi che stando esse ben chiuse nel guscio, un'a- zione evidente aveano quando toccavansi in a sopra del car- dine, pressO il quale nella Mya s'alzano le natiche {^Nates) aa {Fig. 6), e alia metà incirca delle vulve in b {Fig. 5,6). In tutto il resto erano inerti. Quando le aprii trovai l'azio- ne elettrometrica ne' medesimi punti del guscio interno, ma contraria sempre all'azione dell'esterno. Avendone per tal modo cimentate molte, vidi che alcune avean azione contra- ria alle altre nelle parti medesime. Così l'animale che ivi abitava aveva negli stessi punti azione omologa a quella della conchiglia interna, e contraria all'esterna. In una parola os- servai nelle ostriche ciò che osservato aveva nelle lumache; (a) Idem ■ Tom. VI , pag. ia5. i5o Osservazioni Elettrometrìche . se non che non pensai punto alla notomia , delia qual cosa lascio ad altri la cura. A me basta l'aver qui riferito quanto m'è occorso d'osservare ne'summentovati molluschi, e d'accen- nare li sospetto che in me nasce ch'essi non siano veramen- te ermafroditi , ma abbiano in diversi individui i due sessi , come gli hanno i buccini, i turbini, le volute ed altri ana- loghi (a). XXIV. Eccovi, Amico rispettabile e caro, un diffuso ragguaglio di osservazioni elettrometriche lungi da voi fatte, nelle quali sarei stato })en contento d'avervi a compagno. Voi le potrete tutte o in gran parte almeno replicare, o far ripetere ad altri e dedurne non solo i vantaggi da me pro- posti , ma altri per avventura maggiori ; e dimostrare così col fatto, e coir autorità vostra, esser veri i fenomeni che si narrano della elettrometria; e che la cognizione di essi può apportare alla Società de' vantaggi considerevoli, e degli im- portanti lumi alla scienza . Sono ecc. I (a) Hist. Nat. de Sonnini . Tom. V , pag. 84. Tom Ji.VJT-l^art. /-'tj-ioa . Fatf-^o Iig. 2 T, 'ff *■ Fi,!, tì. ■^av. m. Tom ^Yll- T*irf. /"'t^tc-a . Tati. iSo Fig. a i5i SOPRA LA GOMMA DI ULIVO MEMORIA Del Signor Domenico Morichini. Ricevuta li 17 Ottobre 18 14. I vantaggi, che l' ulivo arreca agli abitanti dei climi caldi, de' quali, è, come la vite, esclusivamente proprio, furono ingegnosamente simlioleggiati dagli antichi nella favola, che assegna a quest'albero un origine divina, e che lo distingue come uno dei più preziosi doni di Minerva :=: Adsis 0 Tegecs favens , oleoeque Minerva inventrlx = cantò Virgilio. Cassiano Basso nel 4-*' ^^^- delle sue opere racconta esservi stata tra- dizione fra i Greci , che nella fondazione di Atene penetran- do Giove nei futuri destini di questa città, e compiacendosi della grandezza, e della gloria, cui sarebbe giunta, e cui niun' altra potrebbe giammai eguagliare sopra la terra, vol- le, che un Nume vegliasse alla sua custodia, e ne prendes- se particolarmente cura, e governo. Nettuno, e Pallade si disputarono vivamente un principato, che avrebbe tanto ac- cresciuto, ed onorato il loro culto, e Giove per terminare questa disputa in una maniera degna del Padre degli Dei e degli uomini, dichiarò che l'avrebbe concessa a quello che avesse fornita la nascente città della cosa più utile a suoi cit- tadini . Nettuno col suo tiidente fece sorger subito porti, ar- senali, e flotte. Pallade fondendo la terra coli' asta creò l'u- livo , e ne ricopri la campagna . Giove non esitò di aggiudi- care la vittoria a Pallade , che per la prima volta allora si cinse la fronte di una corona di ulivo divenuta di poi il sim- bolo della pace, e delle vittorie di beneficenza, e d'ingegno, vittorie „ che onorano gli uomini assai più di quelle che si lui Sopra la Gomma di Ulivo. coinpiaiio col sangue degli altii uomini. Lasciando ora la fa- vola che pur si liene ci adombra i pregi di im albero, che in tanti modi soddisfa ai bisogni della vita umana, io applau- disco allo zelo di quei dotti, che sonosi occupati a tesserne la naturale storia, ad insegnare i modi, con i quali una di- ligente coltura lo rende piìi fruttifero, ed a descrivere le mac- chine ingegnose, col mezzo delle quali si trae dal suo frutto una sostanza, che come alimento, come medicamento, e co- me combustibile è uno dei più [ireziosi prodotti dei climi me- ridionali . Molti insigni Italiani hanno già soddisfatto ad un si lodevole incarico, e soprattutti uno dei miei colleglli il P. Gandolfi nella classica sua opera sopra gli ulivi . Io però ho portata la mia attenzione, e mi lusingo di richiamare l'altrui, sopra un prodotto dell'ulivo, meglio conosciuto dagli antichi, che dai moderni, più utilmente impiegato da quelli, che da questi, e che tra noi porta fino un nome ripugnante alla sua natura, e questo è la gomma di ulivo. In questa breve Memoria, mi sono proposto in prima di raccogliere tuttociò , che gli antichi, e i moderni ci hanno insegnato sopra la natura, e gli usi di questa sostanza; quin- di di esibire i risultati della sua analisi chimica; ed in ulti- mo indicar brevemente gli usi, a' quali potrebbe tuttavia con- sagrarsi PARTE PRIMA. Menzione fatta dagli antichi della resina di olivo, e maniera di raccoglierla usata modernamente. Teofrasto, e Dioscoride fra i Greci sono i primi autori, liei quali si trovi memoria della gomma di olivo, che io chia- merò d'ora in avanti resina^ perchè tale, come si vedrà nel- la seconda parte, è la sua natura. Il primo nel lib.47 cap. 8 della sua Storia delle piante parlando della resina di ulivo, ch'egli chiama lagrima per la forma, con cui stilla dall'al- bero , Del Sic. Domenico Morigchini . i53 hero, cosi si esprime =: Fructum olea proximum hìs nostris olivìs ( cioè della Grecia ) parit , et lachrymam emittit , ex qua medici sistendo sanguini rnedicumentum coniponunt , quod fieri laudatissinium solet . = Dioscoride nel lih. i Gap. 119 della sua grand' opera sul regno vegetabile parla ancora più diffusamente della lagrima di ulivo, e giova riportarne este- samente il testo . = Lacryma, quani aethiopica olea stillai , scammoiiio sìmilis quadantenus est fulva, stillis exilihus coti- stans, mordax . (^aoi autem ammoniaci aut gummi similitu- dinem refert , colore nigricans, nec gustus mordens, superva- cua est . Nostrates olece ( cioè della Grecia ) oleastrique si- rnilem lacrymam siidant , quae commode ad oculorum Jiebetu- dines illiiiitur; cicatrices , albuginesque ìllitu emendat ; uri- nam, et menses ciet; cavis dentium impressa ad dolor es ejfi- cax est . Inter venena scribitur , partus pellit , lepras , et im- petigines sanai . = Mattioli nel commentar questo testo di- chiara, che = sylvestris, seu aetlùopicce oleoe lacryma, licet multis polleat viribus; ejus tamen in Italicis officinis nullus usus est; ncque quod ea ad nos afferatur adhuc compertum habeo = dalla qual ultima espressione si raccoglie, che Mat- tioli ignorava prodursi la stessa lacrima dagli ulivi dell'Ita- lia Meridionale, e di tutt' i paesi di Europa posti alla stessa - latitudine . Plinio in varii luoghi della sua storia naturale fa men- zione di questa stessa lacrima. Nel lib. 12 Gap. 17 dice. = In Arabia et olea dotatur lacryma, qua medicamentuin conficitur , Grcecis enhoema dictuui., singulari effectu contralien- dis vulnerum cicatricibus . = Nel lib. i3 Gap. 11 = Gum- mi ... . fluii .... aliquando ex olea, dentium optimum ec; e finalmente nel lib. aS Gap. 3 = Nani et lacryma, qucs ex arbore ipsa stillai, aetlùopicce maxime olece, mirari satis est repertos, qui dentium dolores illiniendos censerent , vene- num esse prcsdicanies , atque etiam in oleastro qucerendam . = Ed è singolare, che in tutti questi luoghi, dove Plinio fa menzione della lacrima dell'ulivo di Etiopia, e di Arabia, Tom. XIII. V i54 Sopra la Gomma di Ulivo. ^ non parli giammai di quella, die stillano gli ulivi dell'Italia inferiore, locchè prova ch'egli ignorava questo fatto. Strabone nel libro i6 della sua Geografia parlando dell' Arabia fa menzione di alcune Isole deserte poste su quella costa, e ricoperte di olivi selvatici, dai quali si raccoglieva la lacrima come da quelli dell'Arabia stessa, e dell'Etiopia = Inde ( egli dice ) sunt insulce tres desertoe olels obsitcB non jiostratibus, sed indigenis, quce Aethiopicas vocamus , quaruni lacryma medìcam vim habet . Serapione Medico Arabo nel cap. 5 delle sue opere me- diche, fa pure menzione della resina degli ulivi, ch'egli il primo comincia a chiamar gomma = Et olivw domestica; ( egli dice ) et sìlvestres , quce sunt in terra nostra , sunt , ex qui- bus colli gìtur guminì ec. Paolo Egineta infine per tacere di molti altri posteriori scrittori nel lib. 7 delle sue opere mediche parlando di mol- te droghe medicinali, non dimentica la resina di ulivo = Olece AetliìopiccB lacryma similis est Ammoniaco tenui extergenti facultate prcedita . Da molti degli addotti passi di antichi scrittori si rileva pertanto che la resina di olivo era da essi adoperata come medicamento nei mali esterni della cute, dei denti, e degli occhj , ed in qualunque caso di emorragie; e che quantun- que riputata velenosa, si amministrava anche internamente come emmenagoga, e diuretica, seppure non voglia credersi, che anche per quest'oggetto fosse esternamente applicata sot- to forma di empiastro, cerotto, o linimento. Diffatti nei li- bri di Galeno z=z De composit. medicam. sec. locos, e special- mente nel quarto, e nel (jiiinto si trova prescritta in varie formolo sempre per uso esterno . Così per es. per le lichene del mento, e della faccia si prescrive = Olece Aethiopicce la- crymam cum aqua ferito , et pauco adjecto styrace misceto , et ìmponito . Altrove assicura ( loc. cit. ) che z=. Cicatrices et callos exterit . In altro luogo ■=. Ad incipientem suffusionem, et ad omnem visus obtusitatem propone un collirio assai coni- Del Sic. Domenico Moricciiini . i53 posto, e nel quale entra come principio anche la resina di olivo. Questo collirio doveva essere molto efficace, perchè dopo averne per le stesse malattie proposto molti altri, l'au- tore lo annunzia = AVuid coUynum, cui nullum conferri po- test . Un altro collirio fatto egualmente colla resina di olivo mescolata ad altre droghe si esibisce sotto il pomposo nome di = Basilis liquida; hoc est regina, quam reparatricem ap^ pellamiis . In fine tutt'i composti medicinali, ne' quali si fa entrare la resina di olivo nelle opere di Galeno sono di uso esterno . Tutti gli elogj di Galeno non poterono però impe- dire, che la resina di olivo nei tempi successivi, non cades- se con molte altre droghe in una totale dimenticanza, fino a non trovarsene più alcuna menzipne nei libri di materia medica, e di farmacìa. Si è veduto di sopra, che Mattioli al suo tempo, cioè nel secolo XVI ne parla come di una dro- ga da lui non mai veduta, e di nessun uso. Lo stesso poste- riormente attestano anche altri scrittori, fra' quali basterà ci- tare Schrodero nella sua Farmacopèa generale, il quale sec- camente dice •=. Exhibet tum alea, tura oleaster lachrytnam Tesinosam , resince elemi non absimilem , sed hcec in usu non est. Però quest'Autore c'istruisce, che la natura resinosa della lacrima di olivo gli era perfettamente nota egualmente, che la sua differenza dalla resina elemi , mentre Leinery nel suo Dizionario generale delle droghe confonde queste due re- sine, o per dir meglio asserisce, che la resina dell'ulivo è conosciuta in commercio sotto il nome di gomma elemi, loc- chè è falso, mentre per tacer di molti altri, Mattioli nel luogo sopra citato aveva già da gran tempo avvertito, che la resina elemi proveniva da un albero assai diverso dall'olivo, ma ch'egli non conosceva a'suoi tempi, e che L/««eo conob- be di poi , e descrisse sotto il nome di imyris Elemifera . Inoltre, come sì è veduto dal testo citato di Dioscoride , si distinguevano dagli antichi due specie di lacrima di olivo, delle quali l' una in stille di mediocre grandezza, di un co- lor biondo, acre, e somigliante alcun poco alla scammonea;, I 56 Sopra la Gomma di Ulivo . si riputava attivissima, l'altra avvicinantesi alla forma della gomma ammoniaca, di color nerastro, e poco acre al gusto, si rigettava come inutile agli usi medicinali. La resina degli olivi dell'Italia meridionale presenta anch'essa f[ueste due va- rietà facilissime a distinguersi fra loro alla semplice ispezione. Per ultimo non ben si vede la ragione, per la quale DìO' scorìde, e Plinio attribuiscono alla resina di ulivo una facol- tà venefica sul corpo umano. Ciò non può intendersi die del suo interno, giacché si è veduto quanto comunemente essi l'adoperassero all'esterno: e siccome nou si trova in essa al- cun principio narcotico, o corrosivo, così la sua pretesa fa- coltà venefica si riduce alla sua acrozza capace di vellicare l'interna membrana del tubo intestinale, ed eccitare violen- ti diarree, o dissenterie. Potrebbe credere alcuno», che la sua virtù anti-odontalgica celebrata da Dioscoride , e da Pli- nio dimostrasse in questa resina qualche principio calmante, e narcotico, ovvero caustico, e disorganizzante; ma quando si riflette, che il pepe, i garofani, ed altre sostanze irritanti senza essere né stupefacienti , né corrosive, godono di una simile facoltà, non si può adottare un'opinione altronde con- tradetta da tutte le altre proprietà di questa resina . Diffiitti esternamente applicata, come si è veduto, essa esercita un'azione detergente, incisiva, e cicatrizzante, ed in ciò si riavvicina a tutte le sostanze acri, che internamen- te prese eccitano con violenza la secrezione delle memiirane mucose , ed esternamente applicate aumentano la contrattili- tà, ed il tono della cute, e tutto al più l'arrossano, come i rubefacienti, richiamandovi una più copiosa circolazione di sangue . Niente però prova meglio die l'acrezza della resina di olivo nulla ha di caustico, e di corrosivo, quanto l'uso, che gli antichi ne facevano per collirii, e per topiche applicazio- ni nelle malattie di occhi dipendenti da torpore, o ingorga- mento delle sue membrane, e da spessezza, o immeabilità de' suoi umori. Le formule sopra citate di Galeno dimostra- Del SiG. Domenico Moiuccìumi . i.^j no, clie si adoperava In simili casi la resina di olivo senza quelle riserve nella dose, e nella durata dell'applicazione, che sono indispensabili, quante volte si tratta di sostanze di lor natura corrosive . Dal fin qui detto si può conchiudere, che gli antichi hanno ben conosciuta la resina prodotta dagli olivi di Etio- pia, di Arabia, e della Grecia propriamente detta; ma che ninno ha fatto menzione di quella degli ulivi del rimanente dell'Europa meridionale, e specialmente d'Italia, non esclusi gli Autori Patrii almeno da Plinio fino al Mattioli . Risulta inoltre dalle autorità addotte degli antichi scrittori, che la resina Etiopica, ed Arabica dell'ulivo si adoperava una vol- ta in medicina, come rimedio esterno, e ch'essa andò a po- co a poco in disuso fijrse al tempo che gli Arabi comincia- rono a sostituire nella materia medica le sostanze minerali alle vegetabili , e quando cominciò a prevalere la farmacia chimica alla Galenica . I moderni non hanno fatto uso né dell'esotica, né della patria resina di olivo nella composizione de' medicamenti , ri- serbandola unicamente a profumare la camere, e gli appar- tamenti in tempo d'inverno. I popoli di varie contrade del- la Puglia , e specialmente della Provincia di Lecce conosce- vano questa sostanza, e la mettevano per l'oggetto indicato in commercio da lungo tempo. Gli ultimi scrittori Italiani sopra gli olivi , ed in specie il P. Gandolfi ne hanno fatto distinta menzione; ed è sopra questa che io ho fatte le spe- rienze, delle quali renderò conto tra poco. Prima però cre- do necessario di riferire brevemente in qual maniera questa resina si raccolga nella Provincia di Lecce, dov'essa è abbon- dantissima . Io mi sono procurate a quest'oggetto tutte le no- tizie da persone residenti su i luoghi, e superiori ad ogni eccezione . La Provincia di Lecce la piìi calda, e la più meridionale della Puglia, è ancora la più ferace della resina di olivo, che si trova però, benché scarsamente, anche nelle due superiori 1 58 Sopra la Gomma di Ulivo . divisioni della stessa contrada , cioè la Puglia propriamente detta , e la Basilicata . È da notarsi che il suolo di Lecce , e di Taranto è così propizio alla vegetazione di quest'albero, che oltre all'esservi straordinariamente fruttifero, vi cresce ad una smisurata grandezza, e v'invecchia prosperamente. Ora appunto dai più grandi alberi che sono nel vigore dell' età loro, e che hanno ottenuto il loro massimo aumento, si raccoglie più copiosamente la resina. Essa cola spontaneamen- te, e senza incisione dal tronco, e dai rami, e lo scolo du- ra dal mese di Maggio a tutto Luglio. Si raccoglie o sull'al- bero stesso per mezzo di un cannuolo, che la riceve nel tem- po, che la rade dalla corteccia, ovvero si attende che la la- crima per il suo proprio peso cada sul terreno . Quella che si ottiene nel primo modo, com'è chiaro, è assai più pura di quella, che si ha per il secondo, anzi questa ordinaria- mente è cosi imbrattata da sostanze terrose , che alcuni la depurano ammollendola nell'acqua bollente prima di metter- la in commercio, e le danno allora la forma cilindrica, o qua- lunque altra a lor piacimento. Per ultimo non è da tacersi, che quegli ulivi sono più fertili in resiua, che sono posti nella pianura, ed in vicinanza del mare, e che sono favore- volmente esposti al mezzogiorno . Queste ultime circostanze hanno fatto pensare a molti, che la resina degli ulivi potes- se essere uno dei materiali, con i quali l'azione riunita del- l'aria, e delle acque marine formano l'ambra. Dà un gran peso a questa opinione un raro pezzo di ambra posseduto dall'attuale coltissimo Arcivescovo di Taranto, dentro il qua- le si trovano rinchiuse due foglie di olivo, ed un insetto del- la specie di quelli, che rodono la corteccia, ed il frutto dwll' ulivo stesso . Fino a che però non si spiegherà per qual ra- gione l'ambra si rinviene sopra le coste marittime de' paesi , che non comportano per la freddezza del clima né la coltura dell'ulivo domestico, né la nascita dell'ulivo selvatico, l'o- pinione annunciata sarà sempre difficile a sostenersi . Questi sono i dettagli, che mi sono potuto procurare sopra l'origi- Del Sic. Domenico Moricchini . iSg ne, ed il modo di ottenere la resina dell'ulivo nostrale. Pas- so ora a considerar questa sostanza nelle sue proprietà chi- miche per istabilirne esattamente la natura, e gli usi. PARTE SECONDA. Proprietà chimiche della resina di Ulivo . Il peso specifico della resina di olivo varia: è di un quin- to circa maggiore di quello dell'acqua. Essa è dura, e con una moderata percussione si frange in pezzi amorfi . Si pol- verizza facilmente nel mortajo, e la sua polvere ha costan- temente un color grigio-gialletto . Si è già veduto di sopra che il color più, o meno fiasco, e la maggiore, o minor pu- rezza ne fanno distinguere due specie . Stropicciata, o riscaldata si carica dell'elettricità resino- sa . Essa non ha alcun odore quando è fredda ; ne ha però uno marcatissimo di vainìglia, quando si riscalda, e special- mente allorché si stropiccia contro un ferro riscaldato , ma non rovente . Avvicinata alla fiamma di una candela brucia spandendo un fumo denso, come le resine. Esposta in un vase qualunque al fuoco si fonde senza aggiunta di alcun liquido . L'alcool la scioglie rapidamente, e perfettamente a tut- te le temperature , purché però sia stata precedentemente polverizzata . Questa soluzione non lascia alcun residuo , se ciò non è qualche grano di materia terrosa che avesse alte- rata la sua purezza . Il colore della soluzione alcoolica è am- brato, e diviene di più in più fosco tenendola all'aria libe- ra, perchè una gran parte dell'alcool si svapora, quasi tut- ta la resina si precipita in color bianco grigio , e la parte colorante vi aderisce, e non si depone che in ultimo. L'acqua non scioglie affatto questa resina a freddo, sia essa in pezzi, o ridotta in polvere . Quando è bollente la pren- lOo Sopra la Gomma di Ulivo. (le in soluzione, o per dir meglio in sospensione; ma di ma- no in mano di' essa si raffredda, la resina si precipita, fino a lasciarla quasi intieramente pura . Gli acidi in generale sciolgono una piccola porzione del- la resina, e si colorano, ma operando a freddo la maggior parte della medesima si rappiglia, s'indurisce, e prende un color diverso secondo la diversità dell'acido. A caldo però j fenomeni cambiano sensibilmente secondo la natura degli acidi, e specialmente secondo la loro volatilità, e facilità al- la decomposizione . L'acido nitrico si decompone, tramanda dei vapori ru- tilanti di gas nitroso, addensa la resina, e la rigonfia. Fini- sce col discioglierla intieramente anche senza il soccorso del calore. Coll'ajuto di questo la soluzione è più pronta. Neil' uno, o nell'altro modo che siasi ottenuta da un color rosso di rubino, clie diviene pila chiaro colla continuazione del ca- lore, e colla emissione del gas nitroso . L'acido solforico allungato si colora subito in rosso vi- noso, e la resina si rappiglia in una sola massa dura, soli- da, e di color verde sporco. Dopo dieci giorni le cose era- no nel medesimo stato, se non che il colore era divenuto più carico . Non si sviluppò in questo tempo alcun fluido clastico . L'acido muriatico egualmente allungato si colorì in bru- no marrone, e la resina si rappigliò in una massa glutinosa, molle^ e di color verde scuro . Dopo qualche giorno tanto la parte sciolta, che l'altra aderente alle pareti del vaso ave- vano preso un color di huccaro . Anche in questa sperienza, come nella precedente mancò ogni sviluppo di gas . L'acido acetico agi assai più debolmente degli altri . Ap- pena il suo colore giunse al tono di quello di un vino bian- co, e la resina si rapprese in una massa poco tenace ^ cine- rea al di dentro, e nella sua parte inferiore; verde di foglia morta nella parte superiore . Le tre soluzioni acide preceden- ti precipitavano coli' acqua. È da notarsi, che in tutte que- Del Sic. Domenico MoRiccHiNr. i6i ste sperlenze la resina era stata precedentemente ridotta in polvere per diminuire la sua forza di aggregazione . La soluzione nitrica svaporata convenientemente , e la- sci-ata in luogo fresco somministra l'acido ossalico in cristalli setosi . Alternando sul liquido residuo l' evaporazioni , e le cristallizzazioni , si ottengono sempre nuovi cristalli di acido ossalico fino a che in ultimo rimanga un magma bruno, che contiene molto acido malico . La soluzione solforica con un trattamento eguale, sia in vasi aperti, sia in vasi chiusi lascia un residuo nero, dal qua- le separando con ripetute lavande l'eccesso di acido solfori- co , si ricava per mezzo dell' acqua una notabile quantità di tanno, o concino, e di carbone, come già sopra altre resine aveva osservato il celebre Hatchett . Se si raccolgono i pro- dotti della soluzione solforica trattata al fuoco nella maniera precedente si ottengono gli acidi acetico, e solforico liquidi, e gran quantità di gas acido solforoso, e carbonico, prove- nienti il primo dalla decomposizione di una parte di acido solforico, ed il secondo dall'ossigenazione di una parte del carbonio della resina . L'acido muriatico favorisce anch'esso la formazione del- l'acido acetico, e l'evoluzione di una parte del carbonio del- la resina, d'onde nasce il suo coloramento in rosso bruno, o color di buccaio . Il lesiduo che si ottiene dalla soluzione muriatica della resina dopo la distillazione è una porzione di resina disseccata . L'acido acetico non fa che sciogliere una porzione di re- sina maggiore , o minore secondo che la sua temperatura è più, o meno elevata. Per ben esaminare 1' azione del gas ossi-muriatico sulla resina di olivo, adattai ad un matraccio, che conteneva dell' acqua bollente, un tubo proveniente da un apparato, nel quale si sviluppava il gas ossi-muriatico dal solito miscuglio di sai-marino, ossido di manganese, ed acido solforico. La soluzione acquosa di mano in mano che veniva attraversata Tom. XVII. X 1 6a Sopra la Gomma di Ulivo . ilal gas acido si turbava, deponeva una polvere, che agitata dalla corrente del gas, e trasportata vorticosamente nel cor- po del liquido, si coloriva di più in più fino a passare alme- no in parte allo stato carbonoso . Dal che si vede che l'-a- zione del gas ossi-muriatico consisteva primieramente in una più forte ossidazione della resina, onde questa, ed acquista- va un tono più alto di colore, e diveniva sempreppiù inso- lubile nel liquido; di poi, continuando più a lungo la spe- rienza , induceva una combustione completa dell' Idrogeno, e parziale del Carbonio, per lo che si formavano acqua, e gas acido carbonico (a) . Esanimata cosi l'azione dei principali acidi sopra la resi- na di olivo, volli anche riconoscere quella degli alcali. Me- scolata pertanto una soluzione di potassa caustica, che con- teneva mezz'oncia di quest'ultima con altrettanto di resina in polvere, ed ajutata l'azione dell'alcali dal riscaldamento del miscuglio, la soluzione fu completa, e di un color fosco, e si mantenne inalterata anche dopo il suo raffreddamento . Finalmente gli olii volatili sciolgono colla triturazione que- sta resina, e ne formano una vernice. Lo stesso accade con gli ohi seccativi, ma è necessario il concorso del calore. Tutte queste sperienze dimostrano evidentemente , che la così detta gomma di olivo, o di lecce, è una vera, e pu- ra resina, e che la maniera, con la quale agiscono sopra di essa i reagenti chimici , non differisce sensibilmente da quel- la già osservata sopra le altre resine . Si è detto di sopra , che la resina di olivo stropicciata contro un ferro caldo esalava un odor soave di vainiglia. Que- sta notissima sperienza mi fece sospettare , die la medesima (a) Questa memoria fa compilata pri- ma che le nuove e più esatte sperienze del celebre Duvy avessero dimostrato che il gas ossi-muriatiro ò una sostan- za finora indecoraposta , cli'egli chiama clorina , e che unita coli' idrogeno for- ma l'acido muriatico comune . Ciascun» può facilmente spiegare i fenomeni del- l'azione fra il gas ossi-muriatico e la so- luzione acquosa della resina di ulivo applicandovi questa nuova scoperta . Del Sic. Domenico Morigchini. i63 potesse contenere 1' aci Jo benzoico tutto formato , come la vainiglia , e lo storace , nel qual caso sarebbe stata un bal- samo, piuttostochè una resina, o l'acido benzoico si formas- se nel tempo della sperienza, e si volatilizzasse con una por- zione delia resina spandendo il descritto odore . Il primo sospetto svanì intieramente dopo aver ripetuto sopra la nostra resina il processo che Scheele inventò per es- trarre r acido benzoico dallo storace , e dopo avere eseguita una distillazione in vasi chiusi, i di cui prodotti saranno es- posti in seguito. In ambedue queste prove non si ebbe il più piccolo segno di acido benzoico preesistente nella resina; ond' io fermo nel sospetto, che l'odore anzidetto dipendesse da quest'acido, comecché ad esso somigliantissimo, mi rivolsi a ricercarlo prima nel fumo emanante dalia resina stropicciata al ferro caldo , e poi nei prodotti di varie sperienze dirette a favorirne la formazione, e lo sviluppo. In primo luogo dunque avendo eseguito lo stropicciamen- to dentro palloni di vetro a colio largo, che contenevano una certa quantità di acqua destillata, avevo cura di agitare que- st'acqua, quando il pallone era ripieno di fumo, o capovol- gendolo in una capsola, lasciare che tutto il fumo fosse as- sorbito. L'operazione si ripeteva piìi volte sopra la stess' ac- qua , finché questa fosse divenuta satura del fumo, e quasi opalina . Avendo saggiata quest'acqua colle tinture blu, alcuna non divenne rossa , e non accusò la presenza di un acido . Contuttociò io svaporai i" acqua ad un dolce calore per con- centrarla maggiormente, e le tinture blu impiegate non di- vennero perciò più espressive ad indicare la presenza di un acido . Dubitando che questo potesse trovarsi inviluppato da una porzione di resina volatilizzata con esso trattai quest'ac- qua con la calce caustica alla maniera di Scheele, e dopo averla fatta bollire filtrai, evaporai di nuovo, ed affusi infi- ne goccia a goccia l'acido muriatico. Ottenni un precipita- to , ma intieramente formato di resina . 1 64 Sopra la Gom»ia ni Ulivo . Mi venne allora in pensiero di eseguir la sperienza non in palloni di vetro ripieni di aria atmosferica, ma sibbene di aria vitale, sperando così di favorire meglio la formazione, e lo sviluppo dell'acido benzoico. In tutto il successo della spe- rienza fu come il precedente . Due osservazioni perù mi si presentarono nel corso di que- sti infruttuosi tentativi, che sono di ([ualche interesse. La prima, che v'ha durante Io strofinìo della resina sul ferro caldo un piccolo assorbimento di aria vitale, sia che si operi in questa, o nell'aria atmosferica; e la seconda, che quando i palloni si riempiono di gas azoto, l'odore manca affitto, o in sua vece si sente un odor di bruciato, e di empireuma. Non potendomi ancoia persuadere che l'odore della re- sina di olivo riscaldata fosse unicamente dovuto alla volatiliz- zazione della stessa resina , e che ninna parte vi avesse l' a- cido benzoico, e sempre lusingandomi, che un ossigenazione plìi celere, e più decisa mi avrebbe somministrata l'occasio- ne di riconoscerlo trattai la resina disciolta nell'acqua bollen- te i.° con una corrente di gas ossigeno; a." con una corren- te di gas ossi-muriatico, arrestando le sperienze prima, che il colore delle soluzioni divenisse troppo carico, ed annunzias- se la carbonizzazione della resina . Operando di poi sopra le soluzioni, ed i depositi con l'acqua di calce alla maniera di Sc/ieele , io ottenni sempre coli' acido muriatico dei precipita- ti, i quali però non erano formati, che di resina tenuta pre- cedentemente in soluzione perfettissima dalla calce caustica. Queste stesse sperienze furono ripetute sopra la soluzio- ne alcoolica della resina, ma in esse si presentava un nuovo ostacolo al successo, cioè la volatilizzazione dell'alcool col gas ossigeno, e la trasformazione dello stesso in etere col gas ossi-muriatico , per cui mancando successivamente il dissol- vente, la resina si precipitava, e si sottraeva così all'azione dei due fluidi elastici. Questo precipitato è bianco ed è do- tato di una grana quasi cristallina finché si mantiene umido; quest'apparenza mi aveva imposto in principio, e fatto ere- Del SiG. Domenico Moricchini . i65 deie di aver finalmente formato l'acido benzoico^ ma un più niatiuo esame mi disingannò pienamente . Finalmente volli sperimentare ancora la distillazione del- la resina con l' ossido nero di manganese , ma non ottenni , che una più celere carbonizzazione della medesima . Da tutti questi tentativi moltiplicati, e ripetuti, Io so- no convinto, che l'odore della resina di olivo stropicciata contro un ferro caldo, benché similissirao a quello dello sto- race e della vainiglia, anzi con esso aftatto identico, pure è intieramente dovuto alla volatilizzazione della resina stessa. Infine per completare l'analisi della resina di olivo ho eseguita la distillazione della medesima in vasi chiusi sopra una quantità di due once . I prodotti furono = Un' acqua acida sul peso di mezz' oncia =Un olio empireumatico più pesante dell'acqua in quan- tità di due dramme, e mezza =: Gran copia di fluidi elastici corrispondente al peso di una dramma e mezzo = Finalmente rimase m-lla storta un carbone assai più voluminoso della re- sina messa in distillazione, e che pesava un' oncia esatta- mente . L'acqua passata nel recipiente non conteneva che del- l'acido acetico. I fluidi elastici erano formati per un terzo circa di gas acido carbonico, e per il resto di gas Idrogeno carbonato. Il carbone incenerito ad un fuoco sostenuto, la- sciò un residuo di quattro grani di una polvere rossastra . Questa cenere conteneva piccola quantità di solfato di potas- sa, ed un poco di solfato, e carbonato di calce. Il resto nel peso di due grani e mezzo era argilla , che proveniva forse dalle impurità della resina . Da questi risultati si deduce, che la resina di olivo è un composto ternario di carbonio, ossigeno, e idrogeno, nel qua- le però il carbonio è il principio dominante; cui siegue l'os- sigeno, e per ultimo l'idrogeno. Non sembra perciò impro- babile, che l'olio circolante nei vasi proprii dell'ulivo nei luoghi, dove la corteccia è più sottile si ossidi in guisa col 1 G'O SOPKA LA GoiVIJIA DI UuVO . favore delle calde temperature dei climi, che sì accostano al tropici, da non poter più scorrere per soverchia densità. I va- si corticali allora si rompono, e la resina semilicjiiida cola in lacrime, che si addensano per il calore del sole. Questa ipo- tesi corrisponde almeno plausibilmente a tutte le circostanze, che accompagnano la formazione, e lo scolo della nostra re- sina . PARTE TERZA. Usi , ai quali potrebbe consacrarsi la resina di olico . Dimostrata cosi la natura resinosa della lacrima di olivo. è facile di dedurne le applicazioni , che potrebbero farsene alle arti . Abbiamo già veduto che gli anticlii ne fecero uso grandissimo in farmacia . Ma siccome oggidì sono passate di moda le composizioni, nelle tjuali essi introducevano la resi- na di olivo, io non istarò qui a tessere la loro apologia, ad insistere perchè si ritorni a rimedj celebrati dai primi mae- stri dell'arte medica. Peraltro sono oggidì in voga molti me- dicamenti esterni, nei quali si fanno entrare ora una, ora piìi resine esotiche costosissime, e che potrebbero essere rilevate dalla resina di olivo senza perdere niente della loro forma, e della loro efficacia, ed è in questi medicamenti che io pro- porrei di servirsi di un prodotto patrio che senza diminuirne l'efficacia, ne diminuirebbe considerabilmente la spesa. La resina elemi per es. entra nel balsamo di Arcèo , e di Fioravanti, negli unguenti di stirace , e di marte, negli empiastri di bettonica, di oppodeltoch, di Andrea della Croce, ed in moltissimi altri composti . Per qual motivo non si po- trebbe in essi sostituire la resina dell'olivo all'elemi, che co- sta assai dippiù, che non ha così grato odore come quella di olivo, quando è riscaldata, e che finalmente ha molte pro- prietà resinose assai più deboli di questa? Il Sig. Alessandro Conti collaboratore chimico della nostra Università, ed abi- Del Sic. Domenico Moricchini . 167 lissimo farmacista , e che ha con la sua usata diligenza ese- guite tutte le speiienze esposte in questa Memoria , ha ben voluto incaricarsi anche dei saggi di questa sostituzione, che sono riusciti a perfezione . Oltre gli usi medici , la resina di olivo potrebbe consa- grarsi anche ad alcune preparazioni di arti , che ne riporta- rebbero una eguale, e forse maggior economia. Nella prepa- razione delle vernici soprattutto, se si eccettua la sandracca, o la resina del ginepro, eh' è comune, la resina copale, l'e- lemi, l'anime, ed il mastice sono costose, e rincariscono per- ciò considerabilmente il loro prezzo. La resina di olivo , spe- cialmente quella , che si precipita in bianco dalia soluzione alcoolica somministra una vernice cosi fina, e perfetta, che non la cede punto alla più bella vernice di copale, come ho rilevato dai saggi, che sono stati eseguiti da uno dei piìx es- perti vernicia] della città, sebbene non siano stati finora por- tati alla loro perfezione . Se a questi vantaggi si aggiungano quelli , che potreb- bero trarsene impiegandola alla fabbricazione del nero fumo, alle imbalsamazioni, ed alla pittura, che ha tanto bisogno delle resine, ciascuno converrà meco che la resina di olivo potrebbe per le sue proprietà essere cosi utile , quanto ne* suoi particolari rapporti lo è l'olio che si estrae dal frutto di quest' albero . Io crederò pertanto di aver conseguito un ampio frutto da questa mia tenue fatica, se alcuno e per il proprio, e per l'altrui vantaggio dirigerà la sua attenzione sopra quest'og- getto, e si adoprerà efficacemente ad introdurre nelle offici- ne di farmacìa, e delle arti un prodotto, eh' è finora esclu- sivamente impiegato a profumare le oziose sale dei grandi. i68 SOPRA UN FETO NATO NEL COMUNE DI PELAGO GLI ULTIMI GIORNI DEL MESE DI OTTOBRE DELL'ANNO i8ia. OSSERVAZIONI Del Signor Paolo Mascagni. Ricevute li i8 Ottobre 18x4. I I Sig. Chirurgo Ballanti, chiamato ad assistere, una Par- toriente, trovò, che si era presentata la testa, ed un brac- cio, e che introducendo le dita nella vagina, quindi nell'u- tero, incontiavasi un globo, il qual era d'impedimento all' uscita del feto ; onde dato alla levatrice il braccio perchè lo tirasse fuori, ed egli tirata la testa; l'effetto fu, che gli riu- sci di cavar fuori dell'utero un bellissimo feto, che doveva esser morto nel tempo dell'operazione chirurgica, imperoc- ché gli fu tratto rotto l' omero, disarticolata da quella parte la clavicola dallo sterno, e le piccole coste che si univano con quelle dall'altro lato, per formare un rilievo lungo la parte posteriore del dorso, furono pur dalla colonna verte- brale discostate . Questo feto essendo stato trasportato alla Municipalità di Pelago d'ordine del degnissimo Sig. Podestà Marchionni, in quel paese vicino alla Sieve, in occasione del- l'attuai visita delle Farmacie mi fu annunziata la nascita, e il modo che era stato preso d'immergerlo in un vaso d'ac- qua vite, e di trasportarlo, pei-chè fosse veduto, e si con- servasse, tanto più che v'erano alcune difficoltà, ed il Cu- rato era titubante se dovevasi o no seppellirlo in sagrato. Avendo adunque incominciato a farne l'esame, notai to- sto, che si trattava d'un feto a due teste, con due colonne vertebrali, ch'erano fra loro unite per mezzo di un osso in- termedio , Del Sic. Paolo Masgagmi .' 169 termedio , il «filale formava rilievo, nella pai'te media supe- riore, e posteriore del tergo, fra i due colli sotto la parte media, di cui continuavasi in basso sul dorso con una pro- duzione , elevata fra le due colonne vertebrali , e a qualche piccola distanza dalie medesime che corrispondevano, ai pro- cessi spinosi , cosicché presentava un dorso , continuato , coi lombi, e colle natiche, insieme estese ed in continuazione dei due colli . Dalla parte anteriore scorgeasi un petto assai vasto, con un bello sterno, che riceveva una produzione, proveniente dal rilievo posteriore, su cui terminavano dalla parti di dentro i muscoli sterno cleido mastoidei , e di die- tro la respettiva posterior parte dei cuculiari, per formare i due juguli , onde dare il passo alla trachea, all'esofago, ed al timo, che in ambedue formava una porzione, che stende- vasi , dalla parte superiore del petto , sino all' inferioi'e dei due colli . Oltre a ciò le diverse coste che venivano allo ster- no assai estese, ed adattate a rpiel gran petto. Esse deriva- vano , dal lato esterno di ciascheduna colonna , venendo a terminare, nel modo solito, le prime sette allo sterno, con le loio cartilagini, e le altre nella consueta maniera, trovan- dosi a una maggior distanza le destre dalle sinistre, per es- sere più grande il tergo, ed il basso-ventre. Le parti sessuali presentavano la verga, e lo scroto, d'assai volume e molto maggiore a proporzione dell'ordinario, in specie lo scroto dal- la parte sinistra, ove sentiasi il testicolo digià disceso, ciò che non era accaduto dalla parte destra . Nel perineo si ve- devano ai lati due prominenze formate dalla pinguedine, che avevano una certa somiglianza con fjuelle che formano nella femmina le gran labbra . Fra queste scorgeasi il rafe , che corto si estendeva all'apertura del podice, e trovandosi in mezzo alle dette prominenze , situato alquanto in avanti , e molto più vicino del solito allo scroto, fu preso dal Chirur- go per un carattere della femmina . Non so dire come potes- se giudicarsi così, poiché non esisteva che una sola apertura procedente dal termine dell'intestino retto. Le estremità su- Toin. XVIL y 170 Sopra un Feto ec. periori si facevan distinguere per la loro robustezza. Il pan- nicolo adiposo era ben grosso, e abbondante di pinguedine. I muscoli in tutte le parti erano assai ben grossi e nutriti . Questo feto pesato era di Ubbie la ed once 7. Delle due teste, che avevano i capelli ben lunghi e ric- ciuti, una appariva più grossa dell'altra, perchè avevano mol- to sofferto nella circostanza del parto i vasi del sangue, e i tegumenti erano rimasti turgidi per molto tempo, e le altre parti ingrossate . Per questo motivo la pelle era divenuta di un color rosso, livido, e oscuro; e che la maggior grossezza fosse solo apparente, lo fecero poscia conoscere le teste sclie- letrizzate , che erano a un dipresso eguali. Feci disegnare l'esterno, il davanti, e il didietro. In seguito cominciai ad esaminare questo feto . Per meglio scorger tutto rintracciai la vena ombilicale, per mezzo di questa injettai con la colla colorita mediante il vermiglione, seguita dal gesso, ed otten- ni una felicissima injezioiie . Feci quindi levar la pelle, in modo che si potè riempire, e dipoi esaminando i muscoli tro- vai che i cucullari derivavano dalle due teste, dal legamen- to cervicale, e dalle produzioni corrispondenti alle spinose , le quali dalla parte interna andavano a unirsi alle produ- zioni in un osso particolare, equivalente a due scapule riu- nite insieme, che dai lati nella parte superiore e posteriore, presentavano come due spine, le quali terminavano a due a- cromion, che s'elevavano in alto, e toccavansi essendo con- giunti con due altri ossi equivalenti a due clavicole, che dal- la parte anteriore si congiungeauo allo sterno, concorrendo per l'attacco dei muscoli alla formazione dell' jugulum dell' una e dell'altra testa. A quest' istess'osso, situato in mezzo, terminavano i muscoli romboidali, l'elevator della scapula , dall'una e dall'altra parte, e dalle produzioni di quei ossi, che venendo dalla parte interna delle due colonne, si univan fra loro ad angolo acuto, e veniva a formarsi dalla parte po- steriore un rilievo fra le due spine, e dalla parte anteriore un incavo corrispondente, a segno tale, che njteva dirsi equi- Del Sic. Paolo Mascagni. 171 valere alle coste della parte interna . Da queste produzioni ossee derivavano muscoli che andavano ad attaccarsi agli orli del detto osso dalla parte inferiore , e dal lato esterno per portarlo in basso, e dalle parti laterali. La faccia posteriore dell'osso medesimo si vedeva occupata da muscoli divisi in quelli del lato sinistro , e del destro , che si portavano obli- qui, e coi loro tendini si attaccavano in parte all'estremità superiore degli ossi suddetti : ciascuno dal suo lato girando dal- la parte interna, e dalla parte esterna dei processi, che equi- valevano alle spine, e all'acromion. Nella faccia anteriore del suddetto osso s'attaccavano alcuni muscoletti derivanti dagli ossi superiori, che equivalevano alle coste per poterlo porta- re in alto e lateralmente , secondo il bisogno . Gli elevatori del podice erano assai più lunghi , e lo sfintere esterno va- riava nella sua origine. Nelli spazi, o interstizj fra le costo- le che si riunivan tra loro nella parte media posteriore , es- sendo ivi pili larghe, si trovavano dei muscoli, quali a dop- pio ne riempivano i vuoti per servire ai diversi movimenti di elevazione . Nel resto i muscoli delle diverse parti erano ben carnosi e rotondeggianti senza differenze che di qualche momento . Essendo in seguito venuto all'esame dei visceri, trovai che le glandule timo erano entrambe assai estese, occupava- no la parte inferiore del collo, dietro il jugulum, e la parte superiore del petto addosso al pericardio. Nella cavità del to- race riscontrai un pericardio voluminoso j il mediastino si uni- va al diaframma . Il diaframma dalla parte destra era mancante tantoché il fegato da questa parte innalzavasi molto nella ca- vità del torace, ed era diviso in alto dal mediastino solamen- te. Aperto il pericardio ebbi luogo di vedere due cuori, con- tenuti neir istesso sacco, uno anteriore a destra, ed un poco più in alto , r altro un poco a sinistra dalla parte posteriore e più in basso . A ciascheduno dei cuori erano uniti i suoi due polmoni. Ciascheduno di quelli attenenti al cuore, che occupava la parte destra, e anteriore erano un poco più pie- i^a SoTHAUNFiiToec. coli di quelli delia parte posteriore, e a sinistra che erano più estesi . In ciaschedun cuore notavansi i respettivi seni e ventricoli, quindi due aorte, e di queste la sinistra molto più piccola . Queste aorte dopo aver percorse le respettive colon- ne arrivando all'ultime vertebre dei lombi si dividevano nel- rilliaca esterna, e nell' umbilicale , o illiaca interna, ciascu- na dal suo lato, senza che prima ne derivassero le illiache primitive . Delle illiache esterne ([nella dell'aorta posta a de- stra, andava dal suo lato a dividersi nell'estremità inferiore, e l'altra della sinistra si divideva similmente dal proprio la- to. Le umbilicali avanti di passare dietro ai lati della vesci- ca, davano quelle stesse diramazioni, che suol somministrare r illiaca Interna. La cava inferiore era semplice, e passando il diaframma si divideva in due tronchi che andavano ai respet- tivi seni destri dalla sua parte, ove pure pervenivano dalla parte di sopra le res])ettive cave superiori, tostochè si erano ad esse riunite le loro azighe . Due canali toracici s'insinua- vano nell'angolo della jugulare con la succlavia, e questi oc- cupavano fra l'aziga e l'aorta le respettive colonne vertebrali. Il diaframma dalla parte destra era interrotto, ed invece di stendersi a tutte le coste spurie, lasciavane alcune, e for- mava un orlo, fra il quale e il mediastino s'insinuava la par- te destra del fegato, che occupava la maggior parte della det- ta cavità del torace. Il rimanente era nella sua integrità, e presentava quei fori che sogliono trovarsi pel passaggio dei vasi e del canal dell'esofago, che erano doppj . Nella cavità del basso-ventre presentavasi un fegato molto esteso, che ve- nendo dalla cavità destra del torace si dilatava , occupando la parte media a sinistra . Due piccole milze occupavano la parte destra e sinistra . Due erano gli stomachi coi loro ap- parecchi intestinali , che vicino al colon si riunivano in un solo ileon, il quale metteva foce nell'intestino colon, dirim- petto alla cella del cieco . Le intestina grosse erano semplici ma più estese in larghezza, e si vedevano piene di meconio . L'intestino retto occupava fra i due coccigi, e gli ossi sacri DiZL Si'.. Paot-o Mascagni. i"-^ la |3arte media, e dietro al perineo si portava più avanti del solito. I reni, ed i reni succenturiati erano serriplici, ma più grossi insieme gli ureteri . La vescica orinaria era parimente più estesa . Dei testicoli il sinistro era più grosso, e vedevasi disceso nello scroto, a segno che essendosi portato dietro il peritoneo, s'era formata la sua vaginale che comunicava tutt' ora col sacco del suddetto peritoneo . Il destro era ancora nel- la cavità del Lasso-ventre vicino all'anello nudo e senza ve- stigio di vaginale. Il pene era piuttosto grande, col suo ben distinto prepuzio ; e le altre parti proporzionate . Nei visceri della cavità del basso-ventre , e del torace , « nelle parti della cavità istessa, erasi l'injezione fatta a col- la colorita col vermiglione, penetrata si bene sino ai vasi mi- nimi, e dalle arterie passata a rienipire le vene dalle mini- me alle medie, e dalle medie alle massime, tantoché tutto il sistema dei vasi sanguigni , arteriosi , e venosi , scorgevasi intieramente ripieno, e aveva dato luogo a un trasudamento d'una quantità di colla trasparente, la quale occupava le ca- vità, la superficie dei visceri, e gl'intestini. Questa colla as- sorbita nel tempo ch'ella era liquida dai vasi assorbenti, e per tutto il tempo che niantennesi liquida, avendo continua- to a trasudare, e ad assorbirsi dai vasi capillari minimi as- sorbenti , per la forza della loro attrazion vicendevole , fece si, che vedevasi ancora patentemente questo sistema di vasi ripieno, e oltre a ciò scorgeasi, che la colla senza colore era progressivamente arrivata sino al canal toracico . I vasi assor- ijenti del fegato, delle due milze, dei polmoni, dei reni, era- no superbamente injettati , e vedevansi quelli che s'insinua- vano internamente per unirsi ai linfatici profondi, e gli altri che ne percorrevano la superficie, e s'insinuavano poi fra le lamine del peritoneo, quindi per passar dietro al diaframma, e portarsi ad altre glandule senza unirsi mai coi profondi . Manifestavasi con tutta chiarezza, che ancora dopo la morte avevano avuto luogo gli assorbimenti j particolarità che evi- dentemente ci prova non essere questa funzione subordinata iy4 SoPUA UN Feto ec. del tutto alla vitalità, e che anzi si esercita anche per la forza dell'attrazione che si osserva nei tubi capillari, com'è a tutti noto risiedere . Questo feto con due teste, e due colonne vertebrali, così ben conformato in tutto, presentava dal Iato interno i ner- vi e i vasi proporzionati alle parti che dovevano provvedere, e non vi si trovavano quei plessi, come vi si trovano quan- do si deve provvedere agli articoli che qui mancavano intie- I amente . SPIEGAZIONE DELLE TAVOLE . TAF. I. FiG. 1. Feto con due teste, e due colonne vertebrali, veduto dalla parte anteriore . A. Testa che venne fuori la prima insieme col braccio, da quest' istessa parte che compariva livida e ingrossata. B. La testa che venne fuori in seguito, tirando la prima, ed il braccio sortito che si trovò rotto . fi. Rilievo che compariva fra i due colli, formato da alcune ossa , e muscoli che servivano ad alcuni movimenti dal- la parte posteriore ed interna delle due teste . D. Funicolo nrabilicale, con i respettivi vasi tagliati, per i quali s'injettò l'intiero sistema dei vasi sanguigni con la colla colorita, col vermiglione, ed infine col gesso stemprato nell'acqua di colla, e colorito esso pure di rosso. E.E. Rilievi corrispondenti allo scroto, ma un poco diversi, perchè nello spazio medio interponevano un infossamen- to, che malamente fece giudicare a prima vista al Chi- rurgo del sesso femminile . F. Prepuzio ingrossato, che per un ingorgo si presentava in questa forma . O. Infossamento fra i due rilievi E.E., nel mezzo del quale si presentava l'apertura del podice, che era molto in avanti. Del Sic. Paolo Mascagni . 17S FiG. IL L' istessOf feto veduto dalla parte di dietro. H. La testa che sortì la prima ingorgata . I. La seconda . K. Rilievo posto nella parte superiore e media del dorso fra i due colli , e le due colonne vertebrali , indicato nella Fig. I. con la lettera G. L.L. Parte media ove compariscono i processi spinosi della colonna vertebrale sinistra . M.M. Parte media ove compariscono i processi spinosi della colonna vertebrale destra . Fra la suddetta dalla parte in- terna comparisce il rilievo in alto formato da un osso particolare , e successivamente lungo le vertebre dorsali dell'unione delle costole dal lato interno fra di loro, e delle vertebre lombali, e dei sacri delle due colonne, che terminano alla fine del coccige, e interpongono di qua e di là uno spazio arcuato, ove prende sede l'estre- mo dell'intestino retto. N.N. Prominenze corrispondenti alla parte più bassa dello scroto . TAV. IL Fig. L La figura prima, levati I comuni tegumenti, dimostra la par- te posteriore dell' indicato feto. A. La testa posta a destra. B. La testa posta a sinistra . ecce. La parte delle due colonne che corrisponde alle ver- tebre della cervice , ove si vede il legamento cervicale d'onde prende principio una porzion del cuculiare. DDDD. La continuazione delle due colonne, che corrisponde alle vertebre del dorso, dai processi spinosi delle quali, e dai legamenti che gli uniscono, seguita l'origine dell' istesso cuculiare . 176 S 0 p u A u « F E r o ec . EEEE. Il seguito delle due colonne coirispondente alle ver- tebre dei lombi, dell'osso sacro, e del coccige delle quali i processi spinosi danno origine all'espansione lendinosa del latissiino del dorso, che deriva ancora da quelle ul- time sei del dorso dalla parte posteriore della cresta dell' ilio, e con delle produzioni carnose dalla nona, decima, undecima costa, pur anco deriva. 'fj^^ Unione dei due ossi sacri dalla parte interna . »?■•¥•. Archetto che interpone fra gli estremi dei due coccigi, e la parte inferiore dell'unione dei due ossi sacri dalla parte interna che corrisponde all'estremo dell'intestino retto . FFFFF. Archetti, i quali son formati dalle costole derivanti dalla parte interna delle vertebre, esse sì uniscono tra di loro e formano i detti archetti , essendo gli spazi in- terposti occupati da una sostanza muscolare . GG. Le spine delle scapale che terminano nei respettivi acro- mion, si articolano cou le clavicole, e danno per la par- ... te interiore origine al dettoide, e per la parte superiore e posteriore si prestano all'attacco del muscolo cuculiare. HH. Le creste dell'ilio, che dalla parte inferiore mostrano l'origine dei gluzj grandi, e gluzj medj , e dalla parte superiore le origini dei latissimi del dorso, e gli attac- chi in parte degli obliqui esterni . KK. Porzioni esterne dei due cucuUarì destro e sinistro, che derivano dall'osso occipitale, dal legamento cervicale lun- go la cervice , dai processi spinosi dell' ultima vertebra della cervice, e di tutte quelle del dorso, e vanno a ter- minare dalla parte superiore nella spina della scapula', nell'acromion , e nella parte convessa della piccola cur- va della clavicola . LL. Parte interna dei cucullari, che nascono come sopra, ma non arrivano da questa parte agli ultimi processi spi- nosi delle vertebre del dorso; prendono bensì principio dalla riunione delle piccole costole, poste nella parte più bassa Del Sic. Paolo Mascagni. 177 bassa del lato interno, e vanno poi ad inserirsi nella par- te superiore della spina, della scapala, che formano un osso tutto riunito , e nelle due clavicole riunite ciascu- ne dalla loro parte . III. Contorni dell'osso particolare che esisteva nella parte su- periore , e posteriore media fra i due colli . MM. Muscoletti che nascevano dalla parte superiore dei mar- gini esterni dell'osso I. e andavano ad attaccarsi alle e- stremità posteriori di due altri ossi che s'assomigliavano a due clavicole . N. Altro muscoletto assai più piccolo, che nasceva dalla par- te media superiore del detto osso ed andava ad impian- tarsi nell'estremità posteriore dell'osso situato a destra. 00. Muscoli che assomigliar potrebbonsi all'infraspinosi . PP. Porzione dei muscoli romboidali . Q. Muscoli divisi da una fenditura, che dall'archetto forma- to dalla riunione delle due costole F. andavano ad at- taccarsi dalia parte anteriore nell'osso I. Pv. Il podice coi suoi Muscoli . FlG. II. La figura seconda fa vedere dalla parte anteriore 1' unione delle due teste al petto per mezzo dei respettivi colli . AA. Lo sterno che si articola con BB. le clavicole, e con i due ossi, ce. che sono simili alle clavicole . DD. Porzioni dei cucuUari della parte interna, che si attac- cano alla parte superiore e posteriore dei due ossi riuni- ti, che si assomigliano a due clavicole. EEEE. Spazj interposti fra i margini dei muscoli cucullari , e delli sterno cleido mastoidei , che si vedono posti dal lato esterno . FF. Spazj interposti fra i margini dei muscoli cucullari e ster- no cleido mastoidei che si mirano dalla parte interna. Tom. XVII. Z 178 S 0 r 11 A u N F E T o ec . ce. Incavi arcuati posti a destra e a sinistra della parte su- periore dello sterno, che coi rilievi delle protuberanze anteriori delle clavicole, quelli dei due ossi riuniti che si assomij^liano alle clavicole, e i tendini che si trovano all'origine degli sterno mastoidei dello sterno dai lati e- steriori; e dalla parte media gl'interni destinati a dare il passaggio a porzione della gianduia timo, che dal collo passa sopra il pericardio ai muscoli sterno joidei, e ster- no tiroidei, che derivano dallo sterno, e alla trachea ar- teria, e all'esofago, che dal collo passano nella cavità toracica fra le lamine del mediastino . HHHH. I quattro sterno cleido mastoidei, che passano dallo sterno, e dalle clavicole ai processi mastoidei interponen- do tra di loro i suddetti canali colle respettive glandu- le, e muscoli . II. Porzioni della gianduia timo, che si estendono nella par- te inferiore del collo. Fio. III. e TV. . ' La figura terza rappresenta l'osso simile alle due scapule ve- duto dalla parte anteriore . AAAA. Le colonne vertebrali. BBBB. Le piccole costole che si riunivano dalla parte poste- riore e interna formando degli archi . C. L'osso che può assomigliarsi a due scapule. DD. Due ossi che potevano assomigliarsi alle clavicole . EE. Legamenti che servivano a riunire le ossa suddette con le scapule . :, • Fio. IV. La figura quarta rappresenta l'osso simile alle due scapule, e quelli simili alle due clavicole, veduti dalia parte po- steriore . Del Sic. Paolo Mascagni. J79 A. Rilievo che si osserva nella parte media del detto osso. BB. Rilievi che posson dirsi corrispondere alle due spine. ce. L'estremità posteriori delle supposte clavicole, che si uniscono col termine delle due spine, che rappresentano i due acromion . DD. Estremità anteriori, che si riuniscono allo sterno. EE. Cavità infraspinose . FF. Aperture per cui penetrano i vasi, e i nervi, e i mu- scoli della parte posteriore . GG. Legamenti die servono all'unione delle suddette clavl- cole coli' acromion . TAV. IH. Fio. L Questa figura, aperta la cavità del basso-ventre, reciso intor- no intorno dalle sue origini il muscolo diaframma, sepa- rate le due lingue col sacco della laringe, e levate dal- la parte della cavità del toi'aoe , e allontanati i visceri della stessa cavità del torace, e del basso-ventre , mostra ambedue le cavità con le respettive parti . AAAAAA. Le due colonne vertebrali . B. Lo sterno . ce. Le clavicole a cui riunite sono le estremità superiori . DD. I due ossi che si assomigliano alle clavicole . E. Loro capitelli anteriori articolati con due cavità, che com- parivano nella parte media e anterior dello sterno . F. Capitelli superiori e posteriori che si articolano con l'osso GG. situato fra i due feti nella parte superiore e posteriore. HH. Costole, che venendo dalla parte interna delie due co- lonne, si uniscono nella parte media posteriore fra di loro. IIIL II seguito delle costole procedenti dalle due colonne, che in mezzo fra di loro si uniscono, riducendosi dall'al- to al basso successivamente più corte . KK. Le parti laterali del petto con le respettive costole le- gittime, che colle loro cartilagini vanno direttamente ai- iBo Sor II A UN Feto ec. lo sterno in numero di sette, e le spurie che in nume- ro di cinque con le loro cartilagini si uniscono la prima all'ultima delle legittime la seconda alla prima, e la ter- za alla seconda delle spurie, mentre quelle delle due ul- time rimangono fra li muscoli obliqui interni, ed il mu- scolo trasverso del basso-ventre , LL. I muscoli quadrati dei lombi. MM. I muscoli psoas . NN. I muscoli illiaci interni . 00. Le code del diaframma . P. Plesso ischiatico posto a destra. " ' > Q. Plesso ischiatico posto a sinistra. Pt. Nervo crurale posto a destra . SS. Vasi sanguigni, e nervi otturatori. TT. Vasi sanguigni sacri . UU. Le coscie che si continuano nelle estremità inferiori . FlG. II. La figura seconda rappresenta i visceri che contengonsi nel- la cavità del torace, e del basso-ventre, levati fuori do- po aver tagliato il muscolo diaframma, ed aver separate le lingue dalla loro unione , con le respettive mascelle inferiori , i sacchi delle laringi , con tutto il resto dei palati, e respettive colonne vertebrali, insieme coi vasi sanguigni maggioxù veduti dalla parte anteriore . AA. Le lingue coi respettivi ossi toidi , uniti alle laringi. BB. I vasi maggiori jugulari interne, e carotidi. ce. Le glandule tiroidee . ■ DD. Le glandule timo che erano assai grandi . EE. I due cuori contenuti in un solo pericardio dal sinistro dei quali si vedon sortire i vasi maggiori arteriosi . F. Porzione d'un polmone, appartenente al cuore posto a destra . G. Porzione di un polmone appartenente al cuore posto a sinistra . Del Sic. Paolo Mascagni. i8i HH. Il diaframma dalla parte sinistra tagliato . I. Porzione del diaframma posta a destra che formava col me- diastino KK. un margine dietro del quale si trovava il bordo posteriore del lobo destro del fegato , che era e- steso in alto nella cavità destra del torace e lasciava da questa parte poco spazio ai polmoni del cixore destro . KK. Il mediastino . L. Parte convessa del lobo destro del fegato che mostra una fenditura ^ M. Parte convessa del lobo sinistro del fegato . NNNN, Mnrgine del ferrato che divide la faccia convessa dal- la concava . 000. Peritoneo tagliato, che dietro l'arcata crurale del lato sinistro fa vedere come si forma dall' istesso peritoneo, la vaginale del testicolo , essendo non ancora separato , e come dietro il fondo della vescica passa con l'arteria umbilicale all'umbilico, e dietro la parte anteriore del basso-ventre al fegato con la vena umbilicale, onde for- mare il legamento sospensorio dell' istesso fegato, ed in seguito la tonaca che riveste il suo esteriore . P. Porzione della milza situata a sinistra . Q. Porzione dello stomaco sinistro . RR. Le intestina tenui, che sono doppie, riunendosi al ter- mine dell' ileon nel colon . S. La parte sinistra del colon, che era molto dilatata, per- chè piena di meconio . T. Intestino retto similmente dilatato dal meconio . U. La vescica . V. Il suo collo che si continua col canale dell'uretra, e que- sta s' insinua dietro i corpi cavernosi , per occupare la parte inferiore e posteriore del pene . W. Il pene sinistro col suo cordone dei vasi spermatici . X. Il testicolo sinistro dentro la sua vaginale, che per non essersi separato ancora il peritoneo comunica con la ca- vità del basso-ventre . Y. Il funicolo umbilicale formato da due arterie e una vena. i8a Soprau;sFeto ec. FlG. III. La figura terza aperto il sacco del pericardio, dimostra i due cuori che in esso si contenevano . AA. Le glandule timo . B.B.B.B. Il pericardio tagliato . ce. I due cuori . DD. I seni destri die si potevano dire interni . EE. Quelle parti che formano le così dette orecchiette, FF. Le orecchiette sinistre . GG. Porzione dei pohiioni appartenenti al cuore sinistro . HH. Porzione dei polmoni appartenenti al cuore destro . L La cava inferiore, che tosto forato il diaframma penetra nel pericardio, e mette foce nei due seni destri . KK. Le due cave superiori che metton foce nei due seni sud- detti . LLLL. Le aorte dei due cuori con le azighe , e respettivi canaU toracici . MM. Le due arterie polmonali. FiG. IV. Questa figura sollevato in alto il fegato fa vedere la sua fac- cia cava, con certe fenditure, che possono far sospettare che questo fegato sia il resultato, o l'ammasso di due fegati riuiiiti insieme, fa vedere in oltre il raddoppio dei visceri, e l'unione del doppio apparato delle intesti- na tenui . A. A. Il fegato . B.B. Gran fenditura per la quale s' insinuava la vena umbi- licale con altri vasi . ce. Fenditura per cui s'insinuava la vena porta, l'arteria spatica, i nervi del plesso spatico , e ne sortivano i pori biliari , con molti vasi assorbenti . ,^ a/-ff ■^ ij-era ^^.s/ta/. ^^. "^ryy^ ^'-iv-^s. '<-A j: r ) '. 'h Ti'jJl. k;:> w -^yj.^ /i ^x>- v~0 7\ //r ^a^-fa ^ift^. ^£.J7ra^. J^i. X'fXf. J'^.^ìS'. Ftn.I. ,^m "M''/, ;■ , ,,>,'.--. ~ V-Vjy^^, Ft.jll '.^^ c'ìlìlfiiiiu-jririutniit tlufii )' uuue ^£ctz .,ì, JCfTZ. ^^ . IJ'L F>'i IV Fui 111 {•MitonKicierwiliiin ilnui r iivvr /arr/^ ^>^iir/«rrtr ^/7c S/c«/ JK:m.Xì7/ ^~ /» J^arre ^y" Ij trecn JCVZZ. J^aa ,J^ /-/ ./ iJf- :!- J o o / -^ t> P ?/ -^^:sfe>^:-,."'^- ^?. M.. ts- :.:-. i\j: ^^.P-JT ^arte ^ù F'; ,/. ^^ j>^/.-^'"-W?'/ j-,^.j. 'i0^- V 7 . ' i' "^ -Ai .# Fi a. III. ar> 1 t \ " #1 E '/ ''^"» "%. 'hittiiit- 'fi-tuihii (limi 'eiiHV Dal Sic. Paolo Mascagni . i83 DD. Borsetta del fiele . EE. I due pancreas . FF. I due stomachi . GG. I due intestini duodeni che si continuavano col resto del tubo intestinale , rappresentati come recisi . HH. Le due milze . III. I due apparati delle intestina tenui , che si riuniscono verso la fine dell'intestino ileon j rappresentati pure re- cisi . KK. Estremo dell'intestino ileon semplice. L. La cella del cieco . M. L'appendice vermiforme. N. La parte destra del colon . O. Colon trasverso . P. Parte sinistra del colon , che si riduceva molto estesa co- me nella fig. I. per la quantità del meconio . Q. Colon che si rappresenta come tagliato, ma si conserva nella sua integrità nella preparazione . RR. Le aorte . S. La cava inferiore, che si rappresenta come tagliata. TT. I due reni . i84 DELLA TEORIA E DELLA CURA DELLA TOSSE CONVULSIVA. COMMENTARIO MEDICO-PRATICO Del Signor Valekiano Luigi Brera . Ricevuto li ao Ottobre 1814. u, n linimento composto di tartaro emetico, e di grasso de- purato, ed usato per fregagione su la regione dello scrohico- lo del cuore , è stato dal Sig. Autenrìeth proposto cjual ec- cellente rimedio per curare la tosse convulsiva, e noi stessi abbiamo giù altrove (i) replicataniente avvertiti i Pratici, col- r appoggio d'una lunga esperienza, dell'efficacia somma di questo sussidio per vincere e debellare una malattia pertina- ce , e ispessissimo micidiale. L'applicazione di un tal linimen- to su la regione delio scrobicolo del cuore vi induce una e- luzione miliare dapprincipio, e pustolosa in seguito: ed a mi- sura clic le pustole insorte ed infiammate percorrono i stadj della suppurazione e dell'essiccamento, al pari delle pustole vaccine , la malattia si rallenta e cede , e non di rado , ove sia mite e di corso regolare, svanisce all'epoca della caduta delle croste istesse . Un tal fenomeno ci mostra all'evidenza, che per guari- re la tosse convulsiva importa principalmente derivare alla cute quegli irritamenti, i quali senza dubbio nioltij)licati nel polmone vi mantengono con pertinacia quella patologica con- dizione, che fa nascere una si crudele malattia. Sotto un tal punto (i)Ananipsologiae Del Sic. Valeriano Cp.EnA . punto di vista considerata l'affezione, difficile non riesce d'in- dagarne l'essenziale causa di precisare il metoe , Ettiniiller, Ranoé , Sohaejfer, JVidemann, e in seguito Hufeland e Wetzler, del qual rimedio abbiamo titolo amplissimo di lodarci noi pure (i); del mercurio dolce Fischer, Lentìn , Darwin, Stroem , ed Hargens ; degli epite- mi freddi applicati sullo sterno Delavallée ; non che delle fredde immersioni Balz (2) . Ma siccome ordinariamente solo ne'prlmordj delle malat- tie contagiose si giugne ad ottenere il felice risultamento di elidere o moderare le così dette delitescenze contagiose , sì comprende quindi come talvolta debbano necessariamente mancare d'effetto altresì questi cotanto decantati rimedj . Per la qual cosa importa moltissimo, che nell'atto di prescriverli all'oggetto di elidere, o almeno moderare la riproduzione del- le contagiose particelle nella tessitura polmonare a suo pro- prio dispendio, sì procuri eziandio di vendere espansiva, e tendente alla superficie della pelle la già riprodotta materia contagiosa nelle pertinenze del polmone . Egli è quindi per tal titolo, che l'esperienza additò convenienti nel trattamento della tosse convulsiva gli emetici raccomandati principalmente da Cullen, da Stoll, da Struve, da Weber, da Lettsom, da Fother- gill, da Underivood, fra cui è data la preferenza all'ipecacua- na da Bang, da Huzham, e da Hufeland , al tartaro emetico da Fothergill , da Armstrong, e da MelUn, al kermes minera- le portato a dosi emetizzanti da Quarin , da De-Haen, da Lieutaud, all'ossimiele squillitico da Sauvages , al tartaro e- metico combinato all'ipecacuana, ed all'ossimiele squillitico (1) Fed. il Voi. II , pag. 121 , ed il Voi. Ili, pag. SiS del nostro Giornale di Medicina Pratica . (2) Museum der Heilkunde , IV BaD<3, pag. 109. i<)0 Della cura della Tosse Go^n'ULSivA . dallo stesso Hufeland , ed all'ossimiele srjuillitica con altri prepaiati antimoniali da Danzìo . I pediliivj tepidi solo per questa stessa ragione merita- rono d'essere lodati da Thompson e da Buchan, praticati so- prattutto mattina e sera, e resi, più attivi coli' infusione di fiori di camomilla giusta gli insegnamenti di Krebs, ed anco sensibilmente irritanti colla bollitura de' semi di senape, qua- le è ricordata da Hufeland . I vescicanti qua e là opportunamente applicati sono pu- re mezzi senza dubbio validissimi por favorire e promuovere dall'interno all'esterno i morbosi irritamenti, sia per effetto di derivazione , come già insegnava la scuola umorista , op- pure di semplice azione antagonisto-nervosa a norma degli in- segnamenti de'solidisti , o in grazia dell'una e dell'altra in- sieme di queste due operazioni , come ci sembra più proba- bile . Siflatta qualità di mezzi deve necessariamente riuscire di buon successo nella cura della tosse convulsiva all'ogget- to di provocare alla cute le molecole contagiose nel polmone riprodotte, e di liberare in simil guisa questo viscere dalle minaccie d' una positiva disorganizzazione . Laonde avevano ben ragione Hasler, Forbes, Selle, e Quarìn di asserire, non esservi rimedio migliore del vescicante per curare la tosse convulsiva . Attesta di fatto Lettsom d' essere più volte giun- to a vincere la malattia mediante l'applicazione d'un solo epispastico. L'uso di questi sussidj riesce più proficuo, quan- do si attacchino su la parte anteriore del collo, su lo scro- bicolo del cuore, oppure sui lati del petto. I vescicanti po- sti su le scapole rimasero pt-r lo più inefficaci per testimo- nianza di Cullen , di Lettsom, di Hufeland, e di Selle. Ma per quanto commendevole sia per essere una tale risorsa , giova per altro avvertire, che la sua pratica non riesce ugual- mente proficua in tutte le epoche della malattia, e in ogni età dell'infermo. Sviluppandosi fervida nella tosse convulsi- va l'infiammazione polmonare, ogni benché minimo ulterio- re irritamento render deve più grave l'affezione. In tale ci r- Del Sic. VALEaiANO Brera. 191 costanza i vescicanti sarebbero affatto controindicati , e già Undenrood e Buchan ci avvisarono dell' inasprimento morbo- so, che inducono. Del pari i bambini tenerissimi, e di fibra squisitamente sensibile non possono giovarsi d'un tale sussi- dio, perchè a norma degli avvertimenti di Quarin le turbe convulsive, che in essi destano, rendono sempre più perico- losa la malattia . Questa seconda indicazione curativa rimatie e in ogni cir- costanza di complicazione morbosa e in qualunquesiasi età del- l'infermo mirabilmente soddisfatta mediante la ripetuta appli- cazione del linimento di Autenrietk su tutta quanta l'esten- sione dello scrobicolo del cuore, perchè opera con nessun in- comodo quegli effetti benefici , che si attendono tanto dagli emetici , quanto dai vescicanti , anche laddove questi mezzi fossero per essere controindicati da quelle accidentalità, che non ne ammettono l'nso. E quantunque sia vero, che l'eru- zione pustolare provocata su lo scrobicolo del cuore , su la superficie anteriore e laterale del petto , talvolta sul basso ventre, e su lo scroto eziandio ne'maschj, siccome infiamman- dosi ed anco suppurando si fa dolente, e mette in istato di irritazione i tegumenti, ove ha sede; egli è ciò non ostante da riflettersi , che tali irritamenti cagionati da un fomite in- terno ivi invitato, e non già suscitati da un'esterna applica- zione, avvengono sempre in sollievo del polmone. Infatti me- diante una tale operazione questo viscere si scarica propor- zionatamente delle materie eterojrenee, che ne ingombrano e minano la tessitura organica . Un vescicante applicato su la superficie del corpo d'un uomo d'altronde sano vi produce il consueto locale suo effetto in quanto che la tessitura del- la cute soggiace ad un irritamento esteriore. All'incontro il linimento di Autenrìeth applicato sul petto d'un individuo non affetto da veruna indisposizione polmonare di genio irri- tativo o non dà segno della sua azione, o al più vi suscita qualche leggier traccia pustolosa; che in poche ore si essicca, ed anco svanisce. E se mediante l'applicazione su le pareti iga Della cura della Tosse Convulsiva . anteriori toraciche di questo eccellente liniaiento si consegui- scono mirabili effetti nella tosse convulsiva, ed inattesi mi- glioramenti nelle congestioni polmonari cagionate dal morbil- lo, e dalla tisi eziandio, come abbiamo potuto recentemente esperimentare, ciò solo avviene per la sottrazione dall'inter- no all'esterno delle potenze irritative, che mantenevano sif- fatte malattie. Identica non è quindi l'azione irritativo-snp- puratoria prodotta dal vescicante, e dal linimento Autenri- thiano, perchè l'operazione di questo mirabilmente serve per liberare il polmone dalla materia contagiosa, che a danno del- la propria tessitura organica nel medesimo si riproduce ne' casi di tosse convulsiva . Lentia ebbe ad osservare ( i ) , che prontissima era la guarigione della tosse convulsiva in quegli individui, ne' quali succedeva la spontanea escoriazione della cute , e soprattutto di quella del labbro inferiore . Non sempre è semplice il corso d' una malattia contagio- sa : desso non di rado complicato lo si ravvisa o ad una del- le vere diatesi, oppure alla costituzione gastrica, verminosa , reumatica, che lo rendono piìi grave, e più lungo. Questa circostanza di fatto all'evidenza dimostrata da Stoll (a) s'in- contra eziandio nella tosse convulsiva , ed abbastanza ci con- vince , che non sempre arrivare si può ad ottenere la guari- gione d'una tale malattia col semplice uso de' rimedj atti a soddisfare alle due già accennate terapeutiche indicazioni. Per quanto grave ci sia l'autorità di Sydenham., di Rosen- steìn, di Cullen^ di Bang, e d'altri esimj osservatori d'ugual sfera non possiamo pienamente convenire , che per la cura della tosse convulsiva sia il salasso un rimedio sopra ogn' al- tro necessario , cui devesi ricorrere qual àncora sacra , come piacque d'esprimersi a Bourdelin . Molto meno dichiareremo nociva in questa malattia l'emissione sanguigna su le traccie di (i) Beytràge zur ausiibenden Arzne- 1 (a) Rat. Medend. P. Il , pag. 178 . ywissenechaft etc. Ili Band , pag. a^. Del Sic. Vai-eriano Brera. igS- di Lettsom . Noi vi abbiamo ricorso colle debite cautele ri- cordate da Bissot, da Underwood, e da Saiivages, e partico- larmente ne' primi stadj della malattia, quando cioè si tratti d'un infermo robusto, pletorico, abitualmente soggetto a qual- che benefica perdita sanguigna poscia soppressa , con faccia gonfia e rossa, occhi scintillanti e injettati di sangue, con polso duro, teso altresì negli intervalli lasciati dagli accessi della tosse, con ìndizj di congestione sanguigna nel polmone segnati da minaccia di soffocazione, quando insomma alla con- dizione irritativa della tosse convulsiva scorgasi congiunta la vera diatesi iperstenica, od altresì l'infiammazione acuta del polmone. E qui dobbiamo aggiugnere, che nell" istituirla sia- mo soliti di seguire quelle direzioni, che sono comandate dall' età, dal sesso, dall'intensità della piressìa, e della locale flem- massìa , non obbliando mai , che la trasmigrazione della dia- tesi infiammatoria in ipostenica o nervosa, ò una fase quasi diressimo legata all'essenza della massima parte delle malat- tie contagiose , e che perciò dovrassi tener conto del precet- to tanto raccomandato da Huxham in simili casi , cioè bene notandiim , venae sectionem non nisi caute esse in tassi con- vulsiva instituendam . Ne' soli adulti della sudescritta tempra ci parvero perciò convenire le così dette cacciate di sangue generali: ne' bambini al di sotto dei due anni abbiamo sem- pre preferito di diminuire la massa sanguigna delle azygos mediante 1' applicazione delle sanguisughe fra gli interstizj intercostali; espediente, che in ogni e qualunque infiamma- zione polmonare abbiamo ben di rado osservato mancare di successo . Negli impegni sanguigni del polmone già Celso si serviva con vantaggio dell'applicazione delle coppette scari- ficate su le pareti toraciche (i) . La diatesi ipostenica o nervosa, che talvolta in alcune epidemìe fino dal principio rende complicata e più grave l'af- Tom. XVII. Bb (i) De Medicina Lib. IV, cap. 4. J94 Della cura della Tosse Convulsiva . fezione , oppure che il più delle volte nello stadio d'incre- mento si sviluppa, e succede all'irritativo-iperstenica , esige r amministrazione contemporanea di energici rimedj atti a de- bellarla . Ove trattisi di semplice adinamìa , gli eccitanti-cor- roboranti sono col miglior successo adoperati. La china-china sotto varie lormole raccomandata da Aaskow, da Bllllar, da Forbes , da Siniins, da Buchan, da Bang; il lichene islandi- co col latte proposto da Quarin qualora l' infievolimento pol- monare minacci suppurazione; l'angustura suggerita da Sìm- mons, da Brande e da Murray; i nutrienti ed il vino; sono altrettanti sussidj in quest'incontro di gran profitto, quando sieno prescritti colle debite regole dell'Arte, in un cogli an- tidelitescenti e rivulsivi additati per soddisfl^re alle due pri- me indicazioni , e intanto che si va soprattutto provocando per una o più volte a norma del bisogno l'eruzione pustolo- sa, mediante l'uso del rammemorato linimento di Autenrietli . A questa qualità di rimedj poi si combinano o si sostituisco- no i nominati eccitanti antispasmodici, qualora sia l'iposte- nia da gravi turbe convulsive marcata . In siniil guisa posso- no e devono necessariamente entrare talvolta nella cura del- la tosse convulsiva l'oppio cotanto lodato da Huxham , da Undcrwood , da Hasler , e invece biasimato in più incontri da Quarin, prescritto massime in principio di malattia, il muschio e la canfora proposti da Bang; il castoro semplice raccomandato da Underwood , oppure unito al croco come in- segna T/niessink ; Tassa fetida per clistere encomiata da Mil- iare non che l'olio di succino usato per fregagione lungo la spina del dorso a norma degli insegnamenti di Underwood . Le complicazioni costituzionali per effetto di predisposi- zioni individuali, o di atmosferiche vicissitudini, sono frequen- tissime nel corso e nel progresso della tosse convulsiva. Fra queste dominano particolarmente la gastrica, la verminosa, e la reumatica (i). Dai particolari loro sintomi siffatte compli- (i) Non si parla delle discrasie scro- folosa , scorbutica , gottosa , sifilitica ec, le quali per essere per lo più congenite ne' l)ainl)ini esigono un conveniente re- gime curativo , ancorchò questi non fos- sero dalla tosse convulsiva sorpresi . Del Sig. Valeriano Brera . 195 cazioni quindi annunziate, sarà cura del clinico di combinare l'uso degli opportuni ed indicati sussidj a que' mozzi, che ri- marcammo già essere indispensabili per soddisfare sempre al- le due prime indicazioni, le quali rimangono costantemente le essenzialissime per ben curare la tosse convulsiva . In caso di gastricismo gli emetici, i puiganti, ed i cli- steri evacuanti esser devono particolarmente adoperati . Sen- za alcun dubbio i primi riescono più proficui come quelli , che concorrono nell istesso tempo a soddisfare alla indicazio- ne seconda . Qualora per altro ne fosse per essere controin- dicata la prescrizione , si avrà ricorso ai catartici più volte ripetuti a norma delle emergenze, così autorizzati dalle fa- vorevoli osservazioni di SydenJiani, di Wìllis, e di Lieutaud . In tali circostanze trascurati gli evacuanti, osservarono i Pra- tici dietro gli avvertimenti di Huxham accrescersi notabil- mente la febbre irritativa in un colla dispnea e gli accessi della tosse. Nella scelta de'catartici Home, Forbes, ed Huxham. si lodano del rabarbaro puro : altri lo vogliono combinato ad analoghe sostanze. Così lo prescrissero colla manna Smumges ^ col calomelano Thompson , col sale policresto Lieutaud ec. La gialappa gode pure d'un particolare credito in simili in- contri presso Waldschmìdt e Millin , siccome lo godono la scammonea colla manna presso Vogel, ed il calomelano puro presso Home ed Huxham . La verminazione frequente ne' bambini è una complica- zione frequentissima della tosse convulsiva . Dessa cede all' uso de' convenienti antelmintici, e fra questi del seme santo, della coralUna Corsicana, e del mercurio dolce. Siccome or- dinariamente l'irritazione verminosa suscita ne' bambini di fi- bra sensibilissima una serie pressoché infinita di turbe con- vulsive, cosi facilmente si provvede ad un tale sconcerto aven- do ricorso ai fiori di zinco, l'amministrazione de' quali è pre- stissimo susseguita e dalla eliminazione de' vermi, e dalla tran- quillità nervosa. Combinati questi al mercurio dolce, ed al- la belladonna in dose uguale offrono quell'utile raescolauza. l 'j^ì Della cuua della Tosìe Convulsiva ." che a ragioMe cotanto piace ad Hufeland, e che noi pure trovammo sempre efficacissima per togliere insieme le predi- sposizioni delitescente e verminosa , ciò che rende la cura della tosse convulsiva più spedita e certa, massime quando la si possa in simil guisa istituire in principio di malattia iu un colla prescrizione del linimento Autenrithiano . Alla complicazione reumatica si provvede coli' aggiunta deir ordinazione degli antimoniali in generale, combinati agli antispasmodici, ai corroboranti, ai debilitanti, ed alle bevan- de diluenti 5 a norma delle indicazioni, che ci si offrono da soddisfare giusta le tendenze delle forze vitali allo sviluppo ■di questa o di quella diatesi. li vino antimoniato deWHuxham, 6 lo zolfo dorato d'antimonio sono le preparazioni, che in dose proporzionata meritano sopra ogn' altra la preferenza. Questi preparati si amministrano o in una emulsione di gom- ma arabica, oppure in un infuso di fiori di sambuco avvalo- rato collo spirito del Minclei'er a seconda delle accennate in- dicazioni, e qual altra prescrizione supplettoria a vicenda col- la belladonna e col mercurio dolce, e intanto che le pustole allo scrobicolo del cuore provocate dall'unzione Autenrithiana percorrono le già esposte loro fasi . Talvolta avviene, che la tosse convulsiva dopo d'aver percorsi i soliti suoi stadj perde il carattere acuto, ed acqui- sta quello d'una malattia cronica, per essere rimasto il pol- mone ingombro da quelle congestioni linfatiche, che sono le non ordinarie conseguenze dell'infiammazione di questo visce- re . In allora sono ben sovente gli infermi minacciati dal pe- ricolo di soffocazione, ed iticessantemeiite tormentati da una crudele dispnea, che imprime all'affezione quell'aspetto as- matico, sotto cui voleva riguardare Jones la tosse convulsiva medesima (r). Il gommi ammoniaco disciolto in opportuna do- se in un conveniente veicolo qual sarebbe per es. 1' emulsione di gomma arabica, oppure legato in pillole coli' estratto di sa- (i) Observaiioiis on the tussis convulsiva, London 1798 j 8." Del Sic. Valeuiano Brera . jqj ponaria,e coll'ossimiele squillitico, è dall'esperienza adittato per uno de' più efficaci rinjedj, onde ottenere la risoluzione, € l'espettorazione delle materie, che ingombrano il parenchima polmonare . Quando queste fossero per essere abbondanti , e
  • elladonna col mercurio, e che trascurate le indicazioni emergenti dalle sviluppate dia- tesi , non si potranno ottenere sì avventurosi successi ! Ave- va quindi ragione Schneìcler di dichiarare inefficace il solo uso del linimento di tartaro emetico (i). Onde rendere pertanto famigliare l'uso di questo piano CTirativo , ed illustrarne l'applicazione, crediamo opportuno di quivi riferire l'ordine, con cui è nostro costume di pra- ticarlo in conformità delle memorie tratte dalie moltiplicì os- servazioni da noi raccolte in proposito, tanto più, che la det- tagliata narrativa di queste potrebbe riuscire nojosa, essendo non di rado una osservazione la ripetizione d'un' altra. Alla cura della tosse convulsiva sogliamo dare incomin- <;iamento con un proporzionato emetico, e per lo più coli' ipecacuana, oppure con un conveniente purgante adattati al- l'età ed alla costituzione dell'infermo, qualora si rilevi il ben- ché minimo indizio di gastricismo ( cosa frequentissima a se- gno che Styx (a) equivocò fino a ritenere la malattia di na- (i) Ved. Horn Archiv fùr pract. Me- dicin , IV Band , pag. 3i8 . (2) Ved. Hufelaii'i Journal der pract. Arzneykunde etc. VH Band , IV St. , pag. 177. Del Sic. Valeriano BaERA . 199 tura affatto gastrica), e le forze dell'ammalato lo permetta- no ; la quale prescrizione mirabilmente serve per garantirci dalle irritazioni gastriche, che per effetto di morboso consen- so cotanto influiscono su l' incremento delle irritazioni pol- monari. Se esistono congiuntamente, oppure separatamente i diversi segni di verminazione , cogli accennati antelmintici o soli, o cogli evacuanti combinati si dà pure principio al- la cura. Nell'istesso tempo si prescrive una leggier frega- gione su tutta quanta la superficie dello scrobicolo del cuore con una dramma circa (e più se l'infermo avesse oltrepas- sata l'età infantile ) del linimento di Autenrieth , composto di cinque parti di grasso depurato, e d'una parte di tartaro emetico ridotto in polvere finissima, e insieme accuratamente mescolati . La parte unta si copre poscia con carta da filtro , quindi si fascia. Una tale unzione dovrà essere rinnovata mat- tina e sera . Ottenuti gli effetti dell'emetico, o del purgante, o del- l'antelmintico si passa alia prescrizione ripetuta nella giorna- ta e nella notte d'una polvere di foglie di atropa belladonna e di mercurio dolce. Pe'batubini al di sotto di due anni lu dose è di mezzo grano dell'una e dell'altra sostanza in un poco di zuccaro ogni tre, quattr'ore; e per quelli di mas^sior età due terzi di grano , un grano d' amendue formano la do- se da somministrarsi ad uguali intervalli . Perchè la belladon- na spiegar possa la benefica sua azione bisogna prescriverla in dose tale, che valga a produrre un senso d'aridezza nelle fauci , ed un certo qual grado di obnubilazione nella vista . Qualora per il mercurio dolce divenisse causa di sovrabbon- danti scariche alvine, s'avrà cura di tralasciarne la combi- nazione colla belladonna, e invece si ordinerà ogni giorno una fregagione di linimento mercuriale alla dose d'uno scrupolo, di mezza dramma dapprima su la parte anteriore del collo, indi su l'interno delle braccia, delle coscia, delle gambe ec. Sviluppandosi contefnporaneamente i sintomi della diatesi irritati vo-iperstenica, e della vera infiammazione polmonare. noo Della cura della Tosse Convulsiva . alle accennate prescrizioni aggiugnere si devono la bibita d'un' emulsione di gomma arabica leggermente e couvenevolmente tartarizzata 5 non che l'applicazione esatta, e giusta il biso- gno quanto occorre reiterata d'un proporzionato numero di sanguisughe Fra gli interstizj delle coste. L'alvo dev'essere tenuto aperto con adattati clisteri . I pediluvj possono conve- nire in queste circostanze . Come pure è giovevole la digita- le purpurea data in polvere, o nell'accennata emulsione; per- chè in tali casi l'uso di questo semplice è coronato da tale e tanto successo , che Drake ( i ) si credette autorizzato di proclamarlo per uno specifico della tosse convulsiva. L'inspi- razione de' vapori emollienti dal valente nostro Concittadino il Sig. Dott. Caccìaluppì in questa malattia cotanto raccoman- dati (2) serve non poco per moderare la polmonare flemmassìa. Agli eccitanti antispasmodici, o corroboranti si avrà in- vece ricorso, se ipostenica fosse per essere la diatesi, che al- la predominante condizione irritativa si sviluppasse associata. Lo svolgimento dell'una o dell'altra diatesi ordinariamente si effettua nello stadio d' incremento : in quello però di decre- mento già per Io più si osservano debilitate le forze dell'in- fermo . Se a quest'epoca o continua la costituzione verminosa, o il Clinico s'accorge della complicazione reumatica, oppure le congenite discrasie scorbutica, scrofolosa, gottosa, sifiliti- ca ec. fossero per aggravare il corso ordinario della malattia, in allora si avrà ricorso all'uso de'rimedj atti a combatter- le, che si somministreranno negli intervalli abbastanza lun- ghi fra l'una e l'altra presa della belladonna, e del mercu- rio dolce . Dopo sei o otto fregagioni ripetute su lo scrobicolo del cuore col linimento Autenrithiano, spuntano sopra di questa (i) Medicai Contributions etc. (a) De halituum, vapoium, òuffituum- que in morbis respirationis organa ob- siilentibus Hsu ac praestantia ; Ticini 179.5 4.", Lib. IJI, cap. VII. Del Sic. Valeriano Brera. 201 regione più pustole quasi confluenti di forma miliare, rosse, con cercine porporino alia base, pruriginose da prima, e do- lenti in seguito . Talvolta una tale eruzione pustolare qua e là discreta spunta sulla superfi'Me del petto, dell'addome, e perfino dello scroto . In allora si sospendono le ulteriori un- zioni, e la parte si cuopre con fino pannolino all'oggetto di gaicintlil;! dagli urti e dalle confricazioni. In seguito queste pustole vanno a poco a (>ooo sviluppandosi, e ad occhio veg- gente in un pajo di giorni s'ingrossano talune fino al volu- me della consueta pustola vaccina, e talaltre di un mezzo grano di frumento . In allora diventano maggiormente dolen- ti, e se l'infermo può esprimersi le accusa qual causa d'una sensazione urente nell'estensione della parte stata dapprima unta e strofinata. Giunte queste pustole al sommo grado d'in- cremento incominciano a farsi bianche su l'appuntata sommi- tà, indi acquistano la condizione d'una compiuta interna sup- purazione; fase, che si compie in altri tre o quattro giorni. Invase tali pustole dalla suppurazione somma dev' essere la cura per garantirle dal benché minimo strofinamento, poiché facilmente si rompono, ed a guisa delle pustole vaccine si cangiano in una grossa crosta di cornea consistenza, e di co- loje oscuro-carico . Desse cadono infine nel decimo, ed anco nel decimo secondo, quaito e quinto giorno dalla loro for- mazione , e lasciano nel sottoposto tessuto cellulare una pro- fonda cicatrice, per l'appunto come avviene delle pustole vac- cine. Disciolta la continuità di queste pustole, e vestendo le medesime l'abito d'un ulcere, vogliono essere medicate col- l'unguento digestivo per detergerle, indi coli' unguento di cerusa condotte a cicatrice . Anche in questo caso la cicatrice si forma, mediante la comparsa d'una crosta, la quale è per altro meno densa ed oscura di quella, che si effettua nel pri- mo caso . A misura che spuntano queste pustole e si procede in- nanzi colla contemporanea amministrazione dell' atropa-bella- donna e del mercurio dolce, non che degli altri sussidj, che Tom. XVII . Ce aoa Della cura della Tosse Conv0LS1VA . possono essere richiesti dalla vigente diatesi , la condizione patologica dei polmone, da cui sorge la forma della tosse con- vulsiva, si va gradatamente diminuendo, e gli accessi tossi- colosi divengono meno intensi e più rari . Il più delle volte all'epoca dell'essiccamento delle pustole la malattia rimane totalmente superata . Ma qualora ciò non avvenisse, e sussi- stesse pur anco in grado incomodo la tosse dell' istessf» natu- ra , ed i polsi continuassero a segnare un movimento febbrile di genio irritativo, in tal caso rendesi indispensabile di ricor- rere di bel nuovo alle unzioni Autenrithiane su lo scrobicolo del cuore , onde provocare una nuova eruzione pustolosa , e di permettere, che questa pure percorra le già esposte fasi. Anche dopo una seconda pratica di queste fregagioni non sì è sempre sicuri d'aver superata la malattia: a noi è anzi ac- caduto, sebbene rarissime volte, di usarne fino a tre volte . Quanto più la malattia si mostra grave e a lungo si man- tiene , altrettanto sensibile è il deperimento delle forze dell' infermo nello stadio d'incremento, e molto più nel susseguente di decremento. In tali epoche e in tali circostanze convengono i corroboranti avvalorati da una dieta nutriente e di facile di- gestione, non che la simultanea prescrizione di que'sussidj, che atti sono a rinvigorire la condizione vitale del polmone, e dell'intiero organismo. Sono questi gli stadj , ne' quali la cura eccitante preserva gli infermi dagli effetti della malattia , che talvolta sono più della medesima funesti . E qui devesi avvertire, che richiedesi una particolare precauzione onde mantenere l'infermo per tutto il tempo del- la cura in una tepida temperatura. L'aria fredda e secca vuol essere scrupolosamente evitata . Già Bang fece abbastanza co- noscere quanto una tale condizione atmosferica renda più in- tensi e pui frequenti i parossismi della tosse convulsiva , e contribuisca ad eccitare le pericolose stasi nel polmone. Noi abbiamo sempre procurato di mantenere costantemente i no- stri infermi in una temperatura valevole a promuovere ne' medesimi un legger grado di diaforesi . 2.0 3 SOPRA ALCUNE SOSTANZE CHE PASSANO IN DECOMPOSTE NELLE URINE . MEMORIA Del Signor Dottor Domenico Mokichini . Ricevuta li a4 Ottobre i8i4- Fi in dai primi tempi della Medicina si è prestata una scru- polosa attenzione alle apparenze che le urine presentavano nelle differenti malattie del corpo umano . Per ben ricono- scere , e caratterizzare queste apparenze , gli antichi Medici avevano stabilita una utile distinzione fra le urine rese dopo il compimento della digestione, e quelle che si espellono po- co dopo il pasto , e le bevande . Consideravano le prime co- me provenienti dal sangue, e pregne di tutt'i principj super- flui, o inutili alla nutrizione, ed alle secrezioni. Riguarda- vano le seconde come prodotte immediatamente dal Chilo, o dalle bevande, e quindi con una nomenclatura derivante da questi principi, ed espressiva, chiamarono urine del sangue le prime, ed urine del chilo, o della bevanda le seconde. In seguito di questa distinzione essi dirigevano a preferen- za le loro osservazioni sul!' urina del sangue resa cinque , o sei ore dopo il pasto, o dopo il sonno, e trascuravano nelle malattie di occuparsi delle altre due specie, che non avendo ancora ricevuti i caratteri della completa animalizzazione , o per meglio dire non avendo fatto col sangue il giro di tutti gli organi interni della macchina umana , non esibivano al- cun rapporto con lo stato morboso dei medesimi . Questa dottrina degli antichi è stata come tante altre o disprezzata, o leggermente accolta dai moderni, soprattutto quando l'anatomia avendo esclusa ogni diretta coraunicazio- :ìi.'4 Delle Sostanze indegomposte nelle Urine. ne fra il tubo alimentare, e la vescica, ol)bligò a pensare che tuttociò che si raccoglie nella vescica urinaria dev'esse- re stato separato dal sangue nei reni . Contuttociò non si è potuto nei:are, che v'era una gran differenza fra l'urina det- ta del sangue dagli antichi, e l'altra delta del chilo, o del- la bevanda dai medesimi ; ma questa differenza si è unica- mente attribuita al grado diverso di animalizzazione , che le due indicate specie di urina avevano subito per il loro sog- giorno più o meno lungo nel sangue . Io mi propongo in qui^sta Memoria di esporre alcune mie osservazioni, e sperienze , dalle quali sembrerebbe risultare che l'opinione degli antichi sia almeno egualmente plausibile di quella dei moderni, dappoiché le urine dette del chilo, e della bevanda presentano nella loro costituzione chimica tali differenze, che non sembra permesso il credere provenire le une , e le altre da una medesima sorgente . E necessario prima di ogni altra cosa di rammentare qui brevemente, che il sangue delle persone sane, e ben costi- tuite esibisce sempre ai reagenti chimici una leggiera alcali- nità dovuta ad una porzione di soda Ideerà che si ritrova nel siero del sangue estratto , e che non deve confondersi coli' altra porzione di soda, la quale è combinata con l'acido cat- tico , coll'albume, coli' ossifosfato di ferro ec. Bevasi ancora richiamare a memoria che le urine rese a digestione compiuta , e dopo il sonno , cioè le urine del sangue degli antichi, sono sempre ad un leggiero grado di acidità dovuto ad una porzione di acido fosforico libero, loc- chè è stato per la prima volta determinato da Berthollet . Per ultimo non deve perdersi di vista che i principi es- senziali di questa specie di urina sono l'urea, i fosfati di so- da, e di ammoniaca, e l'acido urico, ommesse le altre sostan- ze che in più deboli proporzioni vi si rinvengono , come il nmriato di soda, il carbonato di calce, l'acido benzoico ec. Dopo i bei lavori di Ptouelle , Fourcroy , Proust, Cruìskank , ed in ultimo luogo quelli di Berzelius, ciò che io qui avan- zo , è pienamente dimostrato . DiiL SiG. Domenico Moìiichini . :2o5 Premesso tuttociò, passo ora ad esporre i fatti, che sem- brano convalidare l'opinione degli anticlii . È qualche tempo che occupandomi di alcune ricerche sopra la rachitide mi è sovente accaduto di trovare nelle uri- ne de' rachitici , l'acido malico insieme coli' ossalico (a); ma essendo incerto, se ciò si dovesse alla malattia, ovvero ai ci- bi, ed alle bevande, mi proposi di fare qualche sperienza sopra me stesso, e sopra altre persone in istato di salute, ed eccone il risultato . La mattina a stomaco digiuno, e dopo aver bevuto qual- che bicchiere di acqua pura per nettare intieramente la ve- scica dai resti dell'urina detta del sangue, io presi a bevere un'abbondante limonèa, e l'urina che io resi qualche tem- po dopo, conteneva copiosamente i due acidi del limone, cioè il citrico, ed il malico senza miscuglio di acido fosfoiico. Io non istarò qui a dettagliare il metodo facilissimo di ricono- scere questi due acidi . Esso è lo stesso che quello adopera- to da Scheele^ e che consiste nel saturare i due acidi coll'ac- qua di calce, e separarli di nuovo coli' acido solforico. Il ci- trico cristallizza, ed il malico rimane liquido, riconoscibili l'uno, e l'altro per le loro proprietà specifiche, e per la lo- ro decomposizione al fuoco con odore di caramella, e con re- siduo di carbone voluminoso . Ma oltre la presenza dei due acidi vegetabili nell'urina, e la mancanza totale del fosfori- co, io non potei rinvenire in questa alcuna traccia di ùrèa, o del sali pioprj dell'urina del sangue. Era insomma questa urina una soluzione dei due acidi con qualche leggiera trac- cia di muriato di soda, che sì trova in tutti gli umori del tratto alimentare, incominciando dalla saliva. Come concepire pertanto che gli acidi del limone s'in- troducessero nel sangue, che si rimanessero colà isolati, e (a) Il Sig. Bonliomme è stato il pri- mo ad annunzi. ire la presenza dell'aci- do ossalico nelle uiine , precisamente in queUe de' rachitici , ma per quanto io sappia l'acido malico non vi era stato veduto né dimostrato da veruno prima di me . ao6 Dklle Sostanze indecomposte nelle Urine. senza neppur neutralizzare la soda libera, che trovasi nel siero? E come siipj)orre finalmente che mescolati colla linfa nel lo- ro tragitto per i vasi lattoi, e per il canale toracico, col san- gue nella succlavia sinistra, ed esposti con questo all'azione dei polmoni, siano rimasti inalterati, e senza decomposizio- ne, e cosi sian passati per i reni fino alla vescica? Questo stesso ragionamento può applicarsi a ciò che io ho osservato in persone d'altronde sane, e che nella stagio- ne estiva vivendo quasi esclusivamente di frutta in specie di quello del solarium Lycopzrsìcon , detto fra noi pomodoro, presentano nelle loro urine dopo il pasto, o del chilo, gli acidi malico, ed ossalico contenuti abbondantemente nelle frut- ta medesime. Proust osservò nelle nrine l'acido carbonico formante una spuma alla loro superficie . Questa osservazione si verifica fiicilmeute in tutti quelli , che passano le acque acidule, e bevono i vini spumanti, ed acidetti , come sono fra noi i vini di Orvieto, e quella specie di vino economico, che comunemente dicesi acquato . Segala, e Cruìskank avevano già scoperta la gelatina nel- le urine anche dopo la digestione, ed il sonno, ma se a sto- maco digiuno si prende un brodo di vitella, di gallina, o di bove in una certa quantità che solleciti le urine se ne rin- verrà in queste una dose assai considerabile, come si può di- mostrare colla infusione di Vallonèa, che vi produce un de- posito assai voluminoso . Inoltre la gelatina che passa per le virine ritiene l'odore particolare della carne, con la quale fu preparata", locchè prova che unitamente alla gelatina passa nelle urine l'estratto aromatico della carne, ossia l'osinaza- «la di Thenard . I sali neutri passano ancora facilmente nelle urine, e po- co dopo di averli presi disciolti in molt' acqua, ed in dose da non provocare la diarrea. I muriati di soda, e di potassa vi furono riconosciuti fin da Ranelle, ma non era stato osser- vato che per mezzo delle sole bevande questi sali potessero farsi strada rapidamente nelle vie urinarie. Io non ho pota- Del Sic. Dominico Mokichini • ao/ to ancora riconoscere nelle urine il nitro, ma vi ho bensì ritrovato il solfato di potassa che amministrava come deostru- ente alla dose di due dramme al giorno ad un infermo. So- pra me stesso ho sperimentato giungere indecomposto alle uri- ne il solfato di soda preso egualmente alla dose di due dram- me in moli' acqua, ed è inutile che io soggiunga essermene accertato colla soluzione di muriato di barite . Il fosfato di barite, se ve ne ha si ridiscioglie facilmente negli acidi ni- trico , e muriatico , mentre il solfato di barite rimane inso- lubile ad un eccesso di qualunque acido . li sotto-carbonato di potassa preso alla dose di una sola dramma colle stesse cautele dal Dottor Carpi mio allievo ha somministrato coll'a- cido tartaroso un precipitato di tartrito acidulo di potassa nelle urine . Le bevande mucilaginose, come sono le decozioni di mal- va, di altèa, di viole, e dei semi refrigeranti prese in copia, ed a stomaco digiuno impregnano facilmente le urine della loro mucilagine, come già i Medici avevano dedotto dai van- taggi che queste bevande arrecano nelle irritazioni, ed infiam- mazioni della membrana mucosa della vescica, e dell'uretra. È facile però di convincersene anche colle prove chimiche soprattutto col nitrato di mercurio, che forma nelle urine mucilagmose un coagulo bianco, il quale si ridiscioglie coll'a- gitazione, e si riproduce colla semplice aggiunta di poc'acqua. A questi fatti, de' quali sono stato testimonio io stesso non debbo omettere di aggiungere quelli che ci furono tras- messi da scrittori di somma autorità . Cister osservò che il latte copiosamente bevuto si poteva riconoscere nelle urine benché inagrito , perchè al raffreddarsi di queste la parte ca- seosa si rappigliava in grumi dotati di tutte le proprietà del latte coagulato . Questo medesimo autore dice di avervi tro- vato il sai prunello, ed il solfato di magnesia amministrato precedentemente ai malati. Nel secondo volume dei Commen- tar] dell'Istituto Bolognese, e nel nurn.° 87 delle Transazioni filosofiche si trovano descritte alcune osservazioni, dalle quali 2(.8 Delle Sostanze indecomposte nelle U.r-in: . risulta, che gli olii, e le sostanze pingui prasf. alle volte In bevanda , o nei cibi , sonosi ritrovate inalterate nelle urine poco dopo di averne fatto uso . Gestner^ e Bayle hanno fat- to un gran numero di osservazioni sopra le tracce de' cibi pre- si nelle urine del chilo . Esiste un trattato del primo De ci- horum in lotlo vestigìis . La parte colorante verde del Thè , soprattutto del Faltrank dei Svizzeri , e la fecola turchina dell' Indiffofera si ritrovano facilmente nelle urine . Basta con- D sultare la gran Fisiologia di Haller per conoscere qual nume- ro incredibile di sostanze siano passate dal ventricolo alle uri- ne senza alterazione, secondo le osservazioni di un numero egualmente prodigioso di scrittori classici, e superiori a qua- huique eccezione . Finalmente è noto a tutti, che l'aglio, le cipolle; gli asparagi, le fragole, le corteccie aromatiche, soprattutto la cannella, l'oglio volatile di trementina, i balsami, e le resi- ne imprimono alle urine l'odore proprio di queste sostanze, e quest'odore o sia che provenga da un oglio etereo, o da una sostanza estrattiva , o resinosa suppone necessariamente che queste sostanze siansi in parte trasfuse nelle urine che si rendono poco dopo la loro propinazione . Or come suppor- re che sostanze acri, e capaci d'infiammare la cute, e le membrane mucose, possano innocentemente, e senza morta- le irritazione essere portate nel sistema sanguigno, e quindi indecomposte passare nei ricettacoli delle urine ? Io non con- trasto già che le forze di vitalità, e di animalizzazione pos- sano assimilare, e rendere innocue le sostanze anciie le più deleterie , ma poiché una porzione di queste sostanze nò aui- malizzata, né assimilata si ritrova con tutt' i suoi caratteri nelle urine , mi sembra ancor dubbio che questa porzione possa essere stata trasportata nei vasi sanguigni , e nei pol- moni, cioè negli agenti primarj dell'assimilazione animale, prima di potersi rendere fino alle urine . Mi si opporrà pertanto che i più diligenti Anatomici fi- no all'immortale Valsali>a hanno invano cercato vie dirette di Del Sic. Domenico MoRiCHmrT 20 g di comunicazione fra il ventricolo , e gli organi destinati a separare, o contenere le urine. Ma dopo la scoperta dei va- si linfatici, non sarebbe forse possibile d'indicare un mezzo di comunicazione fra gli organi chilopojetici , e gli uropoje- tici più pronto, e più diretto di quello della circolazione san- guigna? Questa ricerca sarebbe degna di occupare i talenti, ed il tempo di qualche sperimentato Anatomico . Potrebbe molto contribuire alla soluzione della questione l'esame del sangue dopo la propinazione delle sostanze che passano in tutto, o in parte indecompnste nelle urine; ma per quest'oggetto converrebbe esaminare il sangue arterioso, e principalmente quello che per 1' aorta discendente si diri- ge all'emulgenti 5 giacché potrebbe da alcuno supporsi che questa parte del sistema arterioso, fosse esclusivamente desti- nata a trasportare tuttociò che per eccesso, e per difetto di assimilazione dev'essere separato dai reni. Certamente in un soggetto che per l'uso quasi esclusivo delle frutta, e del vi- no, le urine erano abitualmente cariche di acido malico, io ho osservato che il sangue tratto dalle vene del braccio non presentava la più piccola ap[)arenza di quest'acido né libero, né in combinazione. Per lo contrario il siero di questo santone conteneva la consueta dose di soda non combinata , e dava segni di alcalinità . Gonchiudo dunque che nello stato attuale delle nostre cognizioni la distinzione stabilita dagli antichi fra le urine da essi dette del sangue, e quelle del chilo, e della bevanda può sostenersi ancoia a fronte dell'opinione de' moderni, i qnali credono che ogni urina venga separata dal sangue, eia ragione n'è che se questi hanno in loro favore il niun suc- cesso delie ricerche anatomiche finora istituite per trovare un altro passaggio per le urine dette del chilo, e del sangue; quelli psr l'opposto sono ancor forti della diversità dei prin- cipi di questo urine da quelle del sangue, e del non essersi trovata nel sangue delle vene esterne del corpo alcuna trac- cia delle sostanze che passano indecomposte nelle vie urinarie . Tom. XVII. Dd aio SUI BACHI DA SETA, SUI GELSI, E SUI LORO PRODOTTI. LETTERA Al Signor Cav. Antonio Gagnoli Del Signor Conte Dandolo. Ricevuta li 7 Dicembre 18 14. o. 'gnuno sa, egregio Sig. Presidente, che Ira i riccìù pro- dotti, che l'industria degli Italiani trae dal suolo felice del loro paese, giustamente devesi noverare la seta. Pochi avver- tono però , che mentre il valore annuale di essa viene dopo quello delle granaglie, e de' vini, esso è il primo di tutti, quando la seta si consideri come prodotto cambiabile all'es- tero . Noi consumiamo di questo genere prezioso per proprj nostri usi una quantità assai grande : e con tutto ciò tanta è quella ancora, che vendiamo fuori d'Italia, che col valore presso che solo di essa possiamo pagare tutta la immensa se- rie delle cose, che per bisogno, per comodo, o per lusso ri- ceviamo da forastieri . La coltivazione de' bachi da seta è dunque una delle prin- cipali miniere della nostra ricchezza : miniera tanto più pre- ziosa, che né costa la vita agli uomini, come quelle che dan- no l'oro e l'argento, né esige o troppa somma di capitali, o troppo assidue cure di lungo tempo . Applicatomi da alcuni anni a questo genere di coltiva- zione, ho voluto conoscere i principi, che debbono diriger- la , le pratiche , che si usano comunemente , e i migliora- menti, che vi si potrebbero introdurre. Ho quindi composto Del Sic. Co. Dandolo. air un libro sulla coltivazione de bachi, che fra non molto usci- rà alla luce . Esso, io spero, potrà sopra ogni altro pubblicato fin qui su questo argomento riuscirà utilissimo, tanto ai possidenti che hanno gelsi, e ai loro coloni, che allevano bachi, quan- to ad ognuno che senza essere Possidente , o Colono voglia comprando da altri la foglia di gelso farsi coltivatore di bachi. Molto eccitamento a comporre questo libro mi ha dato l'osservazione, che presso i più l'arte di allevare i bachi gia- ce ancora in tuia spezie d'infanzia, turbata sventuratamente da una massa di erronee prevenzioni, e di usi fatali all'og- getto stesso , che i coltivatori di bachi si propongono . Ma eguale eccitamento mi ha dato l'osservazione che ol- tre al potere noi seguendo alcune diligenze semplicissime e facili assicurare malgrado ogni disuguaglianza di stagione una raccolta abbondante di bozzoli di ottima qualità, possiamo an- cora con alcuni pochi miglioramenti aumentare hen presto pressoché della metà questo prezioso prodotto . A voi , Signor Presidente , che prendete tanta parte in tutto ciò che può riguardare i progressi delle arti, l'aumen- to della prosperità nazionale, e quello in ispezie del ben es- sere della si benemerita e dai più sì poco curata classe de- gli agricoltori, non sarà discaro, che io vi trattenga alcun poco sopra questo argomento . I registri delle dogane del cessato Regno d'Italia da me consultati sugli anni 1807, 1808, 1809, 18 io mostrano, che il valore della seta greggia , filatojata , tinta e lavorata , in drappi, e veli, e delle dipendenze greggie, o lavorate ancor esse esportate all'estero, ammonta ogn'anno per termine me- dio a 88000000729,157 di lire milanesi, e che il solo valor della seta greggia, filatojata e tinta, ammonta ogn'anno a circa settanta milioni di lire . Nel 1810 il valore delle sole sete greggie filatojate e tin- te montò pressoché a novanta milioni . Egli è d' uopo poi avvertire , che il prodotto della seta 2.12, Sui Baciu da Seta, sui Gelsi, ec. fra noi negli anni ultimi poco piìx poco meno fu uguale a quello degli accennati quattro anni . Io non ne parlo in par- ticolare per non estendermi troppo . Ogni uomo penetrante può con facili approssimazioni de- terminare il valore di detti oggetti esportati dalle altre pro- vinole della nostra Penisola . Il suolo di essa è non solo atto quanto qualunque altro del globo a dare ampia copia di «[uesto prodotto j ma è po- co meno che il solo, massimamente nella sua più alta parte, atto a darlo più fino che qualunque altro paese, il che por- ta ancora un notabile e particolare vantaggio . Che può dunque fare per sua parte l'Amministrazione, perchè la produzione della seta abbia in Italia l'incremento di cui è capace ? Nuli' altro per parte sua occorre, se non che essa ne pro- tegga l'esportazione, e cerchi che greggia e non greggia, possa la seta colle minori possibili tasse liberamente sortire, onde se ne accresca vieppiù la consumazione . Il principio generalmente proclamato dagli Economisti di aggravare l'esportazione delle materie prime non può essere applicato alle sete senza rovesciare uno degli oggetti princi- pali, che l'economia civile si propone; quello cioè di trarre dagli esteri più valori che si può niedianti le proprie produ- zioni . È bene aggravare l'esportazione delle materie prime, quan- do queste rftaterie prime si possano lavorar tutte con vantag- gio dalla nazione che le produce, e quando le proprie mani- fatture sono cei-te di ottenere un vantaggio nella concorren- za de^ mercati stranieri : ma possono gl'Italiani lavorare tutte le sete che producono? Possono essi generalmente sperare di sostenere sui mercati stranieri la concorrenza cogli altri ri- guardo alle manifatture di seta? E non sappiamo anz' che i compratori stranieri desiderosi di lavorare le sete greggie se- condo il loro gusto, talora si sono veduti pagare a più caro prezzo la nostra seta greggia , che la filatojata ? Del Sic. Co. Dandolo. 2.1 3 Ogni volta adunque, che l'Amministrazione si è propo- sta di aggravare la tassa di sortita sulla seta greggia , è ve- nuta senza forse accorgersi a reagire sulla sua produzione . Ed ogni volta che ha voluto far guadagnare alla nazione in salarj e profitti per esempio tre lire per libhra sottile mila- nese, mettendo inceppamento alla esportazione della seta greg- gia, essa le ha tolto il mezzo pronto di venderla alle 18 o 2,0 lire la libbra, e tal volta ne ha fatto diminuire la con- correnza e la consumazione con evidente discapito . E qual colpo ancora più funesto alla produzione ? Egli è da sperare che i buoni principj trovino protezio- ne . Essi, giovando ai produttori della seta, giovano anche al- lo stato . All'ombra spezialmente di si ben intesa e giusta prote- zione, ecco, Sig. Presidente, come i privati cittadini posso- no aumentare annualmente il prodotto delle sete mediante il governo de' bachi tenuto nel modo che nel mio libro ho pro- posto . Io parlerò primieramente nella supposizione che ì possi- denti somministrino la foglia necessaria a! mantenimento de' bachi, e i coloni pongano l'opera loro dividendosi tra gli uni e gli altri per metà i bozzoli , che si ottengono . E dimostrato che ben regolato questo governo tredici lib- bre grosse milanesi e mezzo di foglia, ed anche quattordeci, se si vuole, bastano per ottenere da'bachi una libbra di bozzoli. Quattordici mila libbre di foglia daranno dunque mille libbre grosse di bozzoli, 5oo delle quali saranno del proprie- tario , e 5oo del colono . Lf 5oo libbre di bozzoli,, che toccano al proprietario, gli costano la rendita del fondo occupato da gelsi che danno la foglia, ed il frutto del capitale, o delle anticipazioni fat- te, per avere qne'' gelsi . Le 5oo libbre df.'' bozzoli, che toccano al colono, gli co- stano tutti i salarj o giornate di lavoro occorrenti al governo dei bachi stessi , ed alcune altre spesette , che non sono sa- larj, e che riconosceremo in appresso. 2l4 Svi UaCìU UA SiiTA , SUI GeLSI , CC. la quanto al proprietario esamineremo la cosa .^ tanto, partendo dalla supposizione ch'esso abbia già da molti anni gelsi bastanti sui proprj fondi per ottenere la foglia indicata, quanto stqjponendo ch'esso non ne abbia, e brami di aver- ne . Le norme che servono per avere i4 mila libbre di fo- glia , servono per averne qualunque souuua maggiore . Perchè un proprietario abbia libbre i4 mila di foglia ba- sta che abbia 60 gelsi che ne portino cinque libbre grosse ognuno, 60 che ne dieno dieci, 60 che ne dieno quindici, 60 venti , 60 venticinque ., 60 trenta , 60 trentacinque , 60 quaranta, 60 quarantacinque, e jo cinquanta libbi'e . Questi gelsi ammontano a 55c. E siccome è da supporsi, almeno ne' nostri climi, che luia quarta parte di questi gelsi venga ogni anno diramata, e che rimanga in riposo un anno, così inve- ce di 55o gelsi ve ne vorrebbero ^Sa. Un fondo adunque contenente da più anni 782, gelsi as- sortiti come si è veduto , e nel quale se ne piantino alcuni per supplire a quelli che muojono, darà 14 mila libbre di foglia ogni anno. Se i gelsi saranno di maggiore portata, il conto riescirà più favorevole al proprietario; e se porteranno meno foglia , si vedrà tosto cosa al detto conto convenga ag- giugnere . Perchè prosperi un gelso è utile che per molti anni si mantenga intorno ad esso uno spazio di due braccia in qua- dro di fondo netto , affinchè altre piante non gli tolgano i succhi fertilizzanti, e le sue radici possano, dirò cosi., respi- rare l'aria esterna . Settecento treutadue gelsi porranno quindi fuori di pro- duzione di cereali agaS braccia quadre di fondo . Esse equi- valgono a poco più di una pertica e mezzo milanese . Se il fondo che porta il gelso fosse di cosi eccellente qua- lità da pagare tre staja milanesi di formento per pertica mi- lanese, il proprietario perderebbe un prodotto di quattro staja e mezzo di formento . E se questo formento valesse per ter- mine medio lire quaranta il moggio , perderebbe il valore di lire aa e mezzo l'anno. Del Sic. Co. Dandolo.' 21 5 Ciò sìa detto in quanto alla rendita del fondo . In quanto poi alle anticipazioni , eccone il conto . Si suppone che l'acquisto del gelso, la preparazione, ed ingrasso della buca ove va piantato, costino lire due. I gel- si 73a importeranno quindi lire i^^^, il qual capitale aggiun- to al fondo dee rendere lire 78 . E siccome si suppone che perisca un quattro per cento di gelsi ogni anno ; così è pur forza aggiugnere altre 69 li- re , delle quali il proprietario che deve rimetterli ha diritto a rimborsarsi ogni anno . In conseguenza di tutto ciò il proprietario deve ottenere ogni anno Per rendita del fondo — — — — — L. 22 . io Frutto del capitale impiegato — — — ,, 78 . — Perdita annuale di gelsi , o piantagioni suc- cessive - — — — — — — — — — „ 59. — L. i54 . IO Ora in confronto delle lire i54 e mezzo annue il proprie- tario trari'à libbre 5oo di bozzoli . Ed è qui da notare, che quand'anche invece di 783 gel- si ve ne volessero mille, in quanto che molti fossero giova- ni, il proprietario, tutto compreso, non avrebbe diritto che ad una rendita addizionale di lire 211 in confronto delle quali Trarrebbe per lo meno libbre 5oo di bozzoli . Il profitto sa- rebbe quindi enorme . Se poi il proprietario non avesse gelsi sopra i suoi fon- di, ecco qual sarebbe la condizione sua piantandoli, affine di ottenere dopo un dato numero di anni la foglia bastante per avere mille libbre di bozzoli ; e quindi di sua porzione le su- indicate libbre 5oo . Qui si suppone che il proprietario pianti a dirittura mille gelsi , e che tanti o più voglia conservarne . Il fondo occupato da essi, e messo fuori di coltivazione, sarebbe braccia 4000, cioè un po' meno di pertiche due e un quinto . ai6 Sui B \cm UA Seta, sui Gelsi, ec. La rendita perduta del fondo sarebbe equivalente a sei staja e mezzo circa di forinento, il cui valore ammonterebbe a lire 33 . Mille gelsi piantati varrebbero, come sopra lire 2,000, il cui frutto annuale sarebbe di lire cento . La j)erdita annuale sui gelsi novelli si calcola il tre per cento, e quindi il valore di 3o gelsi da piantarsi ogni anno ammonterebbe a lire òo . Così che il proprietario avrebbe tosto diritto a ricavare 1. Rendita del fondo -_ — ___ L. 33 . — 2. Frutto delle lire aooo valor de' gelsi pian- tati — — — — — — — — — ,., toc . — 5V 3. Gelsi da rimettere ogni anno — — — ,, 60 . — L. i()3 . — La buona e veramente fruttuosa coltivazione de'' gelsi esi- gerebbe ch'essi dopo tratti dal vivajo della grandezza nota rimaner dovessero tre anni interi sul fondo senza essere sfron- dati. In prossimità della quarta primavera, cioè dopo due an- ni circa, dovrebbero essere diramati: la quinta primavera do- po quattro anni sarebbero già ricchi di foglia, e si potrebbe- ro sfiondare . Gioverebbe però che non si sfrondassero che la sesta pri- mavera avanzata , cioè dopo cinque anni . Allora sembrereb- bero gelsi di più anni , e sarebbero ricchi di foglia . Dopo quella prima sfrondatura verrebbero regolarmente sfrondati e parte diramati annaaimente . In questa supposiziosie il proprietario perderebbe pel cor- so di quattro anni interi le lire ig3 che trar doveva ogni an- no . Dico qu.ittr'anni perchè dopo cinque, cioè la sesta pri- mavera avvanzata comincerebbe ad approfittare della foglia . Queste lire igS non cavate per quattro anni formano la somma di lire 7711 . Oltre alle lire igS annue converrebbe adunque che traes- se in appresso altre lire 38 annue, frutto delle lire 772, os- sia Dei, Sic. Co. Dandolo . ai-r sia della rendita non percetta. In tutto trar dunque dovreb- be lire a3r . E perchè non avesse perduto il picciolo frutto suU' am- montare della stessa rendita non riscossa a principio d'anno pel corso dei primi quattro anni , e per supplire alle spese di far coltivar i gelsi in questi anni, tenendo cioè monde le superfìzie, o buche ove sono piantati; suppongo che tutto ciò venga a formare una somma capitale di lire i8o, la quale dovrebbe rendere lire nove annue . Cosicché la somma annuale che il proprietario ha diritto di ricavare il quinto anno co- me frutto del capitale agp;iunto al fondo, sarebbe di lire 2.^0. Alla fine della sesta primavera dopo cinque anni mille gelsi porteranno, per termine medio, cadauno libbre otto al- meno di foglia. Si otteri'anno adunque libbre 8000 di foglia da darsi ai bachi . Queste libbre 8000 di foglia debbono pro- durre 570 libbre di bozzoli, dei quali a85 saranno del pro- prietario . In cambio adunque di lire a4o di rendita troverà dopo cinque anni libbre aSS milanesi grosse di bozzoli . Ed è qui da riflettere, che da quell'anno in avanti, ben regolando la coltivazione de' gelsi secondo il sistema noto, la rendita andrà con sicurezza aumentando progressivamente, qnantunque soli ySo gelsi vadano costantemente ogni anno sfrondati , affine di diramarne e lasciarne in riposo ogni an- no a5o . Quando questi ^Sc gelsi saranno giunti a dare ca- dauno, per termine medio, solo libbre 20 di foglia, si avrà tosto disponibile libbre i5 mille di foglia, atta a dare libbre 1070 di bozzoli, delle quali ne toccheranno al proprietario 535. Queste saranno in compenso delle lire a4o di rendita in denaro, e questo compenso aumenterà ogni anno. Pochi cen- ni fatti bastano certamente, perchè ogni mente alquanto qua- dra, ed ogni capo di famiglia interessato al bene di essa, comprender possano a colpo d'occhio, che non può esistere ramo d'industria, la quale nuoca meno di ogni altro, e ren- da maggior netto guadagno annuale quanto la coltivazione de' gelsi , ed il governo dei bachi . Tom. XFII. E e 2t8 Sui Bachi da Seta, sur G-elsi , ec. Oltre l'esposto, quattro circostanze importantissime, con- corrono ancora a favore del proprietario . Prima. E di fatto, che per quante piantagioni di gelsi faccia il proprietario sopra un fondo già affittato, nulla in ge- nerale abbona al colono nò sulle granaglie, né in altro mo- do pel terreno che occupa colle piantagioni di gelsi . Seconda . Si è supposto che il proprietario comperi sem- pre altrove i gelsi di opportuna grandezza e buona qualità, e che ognuno gli costi accuratamente piantato due lire. Traendo i gelsi dai viva] proprj, ed anche bene preparando ed ingras- sando la bixca che li contiene, non veri'ebbero a costare nem- meno una lira per uno . Terza. La proporzione ò.é' gelsi , che si è supposto mo- rire ogni anno, è assolutamente esagerata. Quarta . Tenendo il proprietario per socio e compagno il colono neir allevare i bachi, viene ad aver direttamente ed indirettamente una parte cospicua dello stesso vantaggio che il colono ne trae, perciocché il ricavato totale àe bozzoli po- co più poco meno va a cadere nella saccoccia dello stesso proprietario, essendo tra le altre cose noto, che in generale si aumenta l'affitto del fondo a misura che il colono trae da esso rendita maggiore . Questo è lo stato vero della cosa . Convien però credere assolutamente, che se il proprietario non veglierà alla pian- tagione de'ge/ii, ed al governo loro, principalmente ne' pri- mi otto, o dieci anni, non trarrà da mille gelsi dopo dieci anni, che tanta foglia, quanta un abile agricoltore ne trarrà dopo sei da dugento . Questa osservazione merita la più grande attenzione, es- sendo essa il fondamento primiero dei vantaggi ottenibili , e durevoli , di questa industria ricca e preziosa . Altre considerazioni relative a questo grande oggetto me- ritano d'essere poste sott' occhio dei proprietarj . Si supponga che tanto li 782. gelsi, di cui a principio si è parlato come esistenti sul fondo ( e lascio che si suppon- Del Sic. Co. Dandolo. a, 19 gaiio anche mille) quanto i mille novelli, di cui ora ho par- lato, siano piantati qua e là con intelligenza sopra una esten- sione, per esempio, di aoo pertiche circa di ottima campagna. Questa campagna, pagando, come si è supposto, tre staja di Tormento la pertica , darà 7$ moggia di fermento al pro- prietario . Queste 7.5 moggia importeranno a lire ^o il mog- gio lire 3oco . Il prodotto attuale de' gelsi, o quello otteni- bile in non molti anni, sarà, come si è detto, di libbre 5oo di bozzoli a favore del proprietario . Per ottenere questi bozzoli , lo spazio di terreno impie- gato occupato dai gelsi non sarà, come pure si è detto, che di due pertiche ed un quinto. Ma il valore de'' bozzoli cal- colati soltanto a soldi cinquanta la libbra, ammonterà a lire i2.5o . È quindi chiaro, che questa somma equivale non alla rendita di due pertiche e un quarto occupato dai gelsi, ma a quella di pertiche 83, ognuna delle quali paghi al proprie- tario tre staja di formento. In altri termini, è lo stesso che dire, che il proprietario con un capitale di poco più di lire duemille unito al fondo, o campagna primitiva, ottiene una rendita eguale a quella che danno 83 pertiche di scelta cam- pagna, le quali costano infinitamente di piìi . Non ho certamente assegnato poco fondo colle aoo per- tiche, per ben collocare senza danno alcuno 1000 gelsi: è di fatto che io ne ho oltre 800 sopra un fondo asciutto, la mag- gior parte a prato , la cui estensione non è né meno di 70 pertiche; e ciò senza che il fondo ne risenta danno alcuno. E sopra quello stesso fondo ho tre mille braccia di siepe che molto frutta ogni anno . Esposto quanto ha rapporto al proprietario, veniamo ora a ciò che riguarda il colono, consocio del proprietario stesso in questo genere di coltivazione . Io comincerò da un fatto che rassomiglia a raigliaja d'altri della stessa natura, il qua- le mette tosto ad evidenza ogni cosa . In quest'anno 1814, per esempio, in cui i bozzoli in ge- nerale non sono andati molto bene, uà mio colono ha tratto aio Sui Bachi da Sjìta , sui Gelsi, ec. di sua porzione libbre lao di bozzoli, ch'erano la metà di libbre 240 provenienti da quattro once di semente . Questi bozzoli, di buona qualità, sono stati venduti soldi 76 la libbra . Le libbre 120 hanno dunque importato lire 456. La campagna che lavora questo colono, che è pure di buona qualità, paga due staja di formento per pertica. E co- me si è sempre supposto, che il formento valga lire quaran- ta il moggio, il valore quindi delle lire 4^6 ne rappresenta più di undici moggia . Il colono dunque colle lire 4-56 ha pa- gato l'affitto di 45 pertiche di fondo. E quand'anche il pro- prietario nulla avesse abbonato al colono pel fondo occupato dai gelsi ^ lo stesso colono perdendo il frutto di una pertica circa di terra dai gelsi occupata, ne ha acquistato uno che equivale a quanto paga di 45 pertiche di campagna . Ma per ottenere le moggia undici e più di formento che pagar deve al proprietario per l'affitto delle 45 pertiche di fondo, le quali undici moggia e più di formento, come si è detto equivalgono a lire 456 circa ricavate dalle libbre iììo di bozzoli , conviene , 1. che lavori per lo meno venti pertiche di fondo. 2. Che versi 4° , 50, o più carra di letame ogni anno in quel fondo stesso . 3. Glie semini per lo meno due moggia e mezzo di scelto formento . 4. Ghe si presti a tutti I lavori opportuni, sinché vien fat- ta la raccolta , e tratto il formento . 5. Glie corra tutti gli azzardi delle stagioni . Confrontisi ora adunque il valore delle anticipazioni che far deve in cose, e in salar] il colono per ottener più d'un- dici moggia nette di formento: si calcolino i pericoli, a cui è sempre esposto il colono, sinché non raccolga e stagioni il formento : e si ponga ogni cosa in confronto ai soli salar] , che il colono anticipa per ottenere le libbre 240 di bozzoli i e si vedrà chiaramente il vantaggio netto che reca questa col- tivazione allo stesso colono . Del Sic. Co. Dandolo. aai Anclie pel colono adunque il profitto della produzione de' bozzoli è sommo, comparativamente ad ogni altra produ- zione agraria a noi nota . A questo profitto potrà ognuno secondo il modo suo di pensare detrarre od aggiungere quanto crederà conveniente. In ogni supposizione però si troverà sempre grandissimo. Io poi ho creduto opportuno analizzare, dirò cosi, un sì cospi- cuo ramo di produzione annuale, perchè non mi è paruto , che fino ad ora avesse abbastanza fissata l'attenzione de' pos- sidenti e coltivatori . Non conviene però dissimulare , che il colono , oltre ai salarj, o alle giornate di lavoro, soffre qualche danno, e an- ticipa, o paga alcune altre poche cose, che propriamente non sono salarj . Esse sono , I. l'ombra che recano al fondo le piante di gelso, quan- tunque una parte di esse sia regolarmente diramata, e siano poi tutte di raro frondeggio . a. Il calpestìo del fondo indispensabile allorché si va a rac- corre la foglia , o a diramare i gelsi . 3. La consumazione di legna, di olio, di carta, e il pic- ciolo frutto del capitale primitivo impiegato in graticci , ed altre cosuzze . A queste tre sorgenti di danno , e spesa corrispondono però tre piccioli vantaggi , di cui non si è ancora parlato . 1. La grande quantità di legna, che ogni anno si trae di- ramando una quarta parte circa de' gelsi esistenti sul fondo. 2. Il letame prezioso, che si trae dai graticcj governando i bachi . 3. Lo sfrondare, quando è prossima a cadere, la foglia, che è ottimo pasto pei buoi; oppure l'eccellente stramaglia, che il gelso dà quando si lascia da esso cadere la foglia stessa. In tal modo si sono dunque offerti de' compensi propor- zionati certamente ai danni . Terminando questo discorso debbo ripetere di nuovo, che il sistema di trarsi tanto pel proprietario, quanto pel colono 222, Sui Bachi da Seta, e sui Gelsi, ec. sì gran profìtto dalla coltivazione dei bachi, è fondato sul ben, piantare e ben coltivare i gelsi e sul ben governare i bacìa . È pressocciiè perduto tutto per coloro che piantano male, e che lasciano vivere stentati i gelsi, facendoli invecchiare pri- ma del tempo ; e che avendo prosperi i gelsi , mal governa- no i bachi . Ora discendo a parlare nella supposizione che s'intrapren- da ad allevar bacìa interamente a proprio conto, sia adope- rando foglia che si ha , sia comprandola da altri . I conti che vado qui a produrre, formano essi, per quan- to penso, una pienissima dimostrazione, che l'arte di alle- vare i bachi può intraprendersi da chiunque abbia una stan- za, uova di bachi, e foglia di gelso. La cura che fa d'uopo d'avere, non è che di trentacinque giorni incirca. Il meto- do da tenersi è alla portata dì ognuno . Questi conti sono tratti dai registri di spesa, e dì pro- dotti esattamente da me tenuti nella coltivazione de' bachi in questi ultimi due anni. Io ho impiegata una stanza, ossia bigattiera, capace di contenere quanti bachi derivano da cin- qu'once di semente . Sui dati, che offro, ognuno può prendere norma per qua- lunque quantità maggiore , o minore che voglia allevarne . Spese fatte nel i8i3. Once 5 di semente — — — — — — L- i5. Legna per farle nascere — — — — — 11 i.ij Foglia di gelso libbre 55oo a lire sette il cento prezzo medio — — — — — — — m ^^''^ • Spese per isfrondare i gelsi in ragione di soldi 35 per ogni libbre cento di foglia — — — ■>■> 96 . j Ricci, legna leggera, e legna grossa lib. i25o a soldi 82 il cento — — — — — — ■>•> ao.^ Brugo per le siepi — — — — — — •>•> ^"" Carta pei graticci — — — — — — — ■>■> ^4- Olio per lumi — — — — — — — — 55 9 Bottiglia migliorante — — — — — — « 1 . IO Del Sic. Co. Dandolo . 2a8 Giornate di donna e di uomo num.° no pagate le prime soldi i5, e !e seconde soldi aS . Quando stanno alzate alcune ore della not- te si danno alle donne soldi cinque , e dieci . se ne danno agli uomini . Le une e gli altri si cambiano poi secondo che il buon servi- zio esige . Spese — — — — — — L. io3 , io di Milano L. 664 . — Affitto di locali e frutto del capitale impiegato in graticci ed altre minute cose — — L. 90 . — L. 754.- La maggior parte della carta e del brugo serve per gli anni successivi . Si sono tratte libbre 409 di bozzoli, i quali ven- duti a soldi Sii la libbra importano — L. io63 . 8 Profitto netto per l'Imprenditore — — — Spese 1814. Semente once 5 — — — — — Legna per farla nascere — — — — Foglia lib. 55oo a lire 7 — — — Spese a trar la foglia — — — — Ricci, legna leggera o grossa libbre loco a sol- di 3a — — — — — — Brugo supplemento — — — — — Carta supplemento — — — — Olio per i lumi — — __ — — Bottiglia migliorante — — — — Giornate di lavoro — — — — _ Affitto e frutto del capitale — — — L. 3og . 8 i5. — — 1 . i5 385 . , — 96. , 5 16 . __ 4. , IO 4- . — 9 • — I . IO 109 . — L. 642 . — L. 90 . — ?32 224 Sui Bachi da Seta, e sui Gelsi, ec. Somma addietro — L. jSa . — Si sono raccolte libbre 4^1 di bozzoli, i quali ven- duti a soldi 78 la libbra lianno prodotto L. i563 . 18 Profitto netto L. 83i . 18 Da questi conti, ne' quali sono calcolati i salar] di ogni genere, e tutte le altre spese, risulta anche più manifesto quanto si è asserito antecedentemente; vale a dire, che il colono trae sempre notabile profitto prestando l'opera, e le altre poche cose, in confronto della metà del valore de' boz- zoli, che a lui tocca. In quest'anno è poi stato eccessivo questo profitto per coloro che hanno ben governato i bachi. Dal conto suespresso si scorge evidentemente che il co- lono non avrebbe dato in salarj che lire ao5, e soldi cinque, e colle altre picciole anticipazioni, avrebbe dato, compreso il valore della metà della semente , per lire 44 soldi 5 . In confronto di questa spesa avrebbe tratto nel 18 14 lire 781 . 19 metà delle lire i568 . i3. Per una famiglia industriosa que- sto profitto avuto in pochi giorni è sommo e vivificante . Del resto l'alto prezzo de' bozzoli ha certamente contri- buito a rendere si grande profitto nel 1814 • Al contrario nel 181 3 in cui i bozzoli si vendettero a basso prezzo si è vedu- to non essere stato che di lire 809 . 8 . Nondimeno fatta comparazione col tempo impiegato , e colle anticipazioni premesse , chi non troverà notabile anche questo netto profitto ? Ho parlato fin qui de' profitti che posson trarsi median- te la buona coltivazione de' bachi da particolari, considerati nelle diverse circostanze esposte. Termino col parlare dell'au- mento di ricchezza che ogni anno può derivare alla Nazione anche dai soli miglioramenti generali dell'arte suggeriti nel mio libro . Io porto opinione che la produzione della seta può nelle Provincie già componenti il Ptegno d'Italia aumentare in bre- ve spazio di anni per un valore esportabile da trenta in qua- ranta Dll Sig. Co. Dandolo; ai5 ranta milioni . Chi vorrà abbracciare nel suo calcolo quanto può dirsi di tutta intera la Penisola, non avrà che a fare po- che e facili approssimazioni . Vado adunque a mettere in chiaro la verità del mio pen- samento partendo dal dato , che oggi giorno la quantità del- le sole sete greggie, filatojate e tinte, che vanno all'estero ( non tenendo conto di tutto il resto ) appartenenti alle Pro- vincie che componevano il cessato Regno d'Italia, ammonti- no al valore di 80 milioni , come all' incirca ammontavano nel 181 o . Eccone il conto . I. Quando si ottenga da ogni oncia di semen- te sole libbre 60 di bozzoli, invece di libbre 3o, che, per termine medio, ora si ottiene, si verrà a risparmiare la metà de'èozzo/i destinati a dar se- mente . Questa metà de' bozzoli, che daranno seta esportabile, avrà un valore di circa lire — — 800000 a. Ridotto facilmente il governo dei bachi a dare ogni i3 libbre e mezzo di foglia, ed anche ogni libbre 14 5 una libbra di bozzoli, quando at- tualmente vi vogliono libbre 17 e mezzo, essendo che si richieggono, per termine medio, come da molte osservazioni a me consta, più di libbre 700 di foglia per ottenere libbre 40 di bozzoli; il ri- sparmio in foglia , e quindi la maggior produzione in bozzoli ammonta a quasi un terzo . Il suo valore ammonterà dunque di circa — 20,000000 3. Fissato un buon sistema di governo dei ba- chi suppongo ch'esso, per termine medio, non mi- nori i danni che ora il coltivatore sopporta, se non di un dieci per cento . Questo buon sistema produrrà più, o raen pre- sto lire — — — — — — — — — __ 8,000000 4- Ammetto che una miglior cura si ponga nel- la coltivazione de' gelsi, ed uno aelo più vivo nel- Tom. XVII . Ff aaG Sui Bachi da Seta, sui Gelst, ec. le piantagioni , suppongo che in dieci anni la pro- duzione della foglia non aumenti che di un dieci per cento . Si avrà allora un aumento di produzioni in boz- zoli di lire — — — — — — — — — 8,000000 5. Migliorandosi la coltivazione dei bachi , i bozzoli a peso eguale con quelli provenienti da bi- gattiere mal governato daranno per lo meno un die- ci per cento di più in seta, come anche oggi gior- no la sperienza dimostra . Il valore di questa migliorazione ammonterà se non a 9 al certo poi a lire — — — — — 6,000000 L'aumento dunque di produzione cambiabile annuale potrebbe facilmente giugnere ad un vaio re di lire — — — — — — — — — 4^5°o<^^<^*^ Bramo che l'uom saggio prima di stimare esorbitante questo facile aumento annuale di produzione, vi mediti sopra. Riguardo allora come cosa certa, che troverà al di sotto, an- ziché esagerata, la somma suindicata. Si è dovuto in questo conto partire dal valor della seta asportata, confondendolo con quello della produzione dei boz- zoli . Non si poteva far diversamente . Sono le sete che si esportano, e non i bozzoli. D'altronde ognuno potrà fare se- condo le circostanze, e il modo suo di vedere deduzioni op- portune . Dalle cose sin ora dette e dimostrate , si potrebbe anzi asseverantemente assicurare, che aumentandosi la produzione annuale, e l'esportazione di 4^ milioni di lire in seta, vi sa- rebbe a favor della Nazione un profitto netto d'oltre due ter- zi , vale a dire di oltre 26 milioni annui . E se sin qui non è stata considerata la seta che come produzione esportabile, si scorge che il valor suo annuale di- venta ancor più gigantesco qualora ad esso si unisca la quan- tità che si consuma all'interno nei differenti nostri usi e bi- sogni Del Sic. Co. Dandolo. 227 Non è certamente facile il prevedere sin dove ammontar potrebbe, il valore esportabile della seta quando l'arte di pro- durla divenisse un'arte nazionale, verso cui si rivolgessero le cure degli uomini istrutti, capaci, e amici della patria. Sin ora quest'arte preziosissima non presentò che un ammas- so di pratiche, la maggior parte incerte, e spesso assurde e funeste . Potrà tratto tratto variare fra i popoli del globo la mo- da in quanto alla maniera di raanifatturare la seta . Non pe- rò mai potrà cessare la seta di essere avidamente ricercata da tutte le Nazioni . Nulla equivale ad essa tra tutti i pro- dotti naturali, ed artiflziali che l' noni conosce, in ordine a sontuosità ed a splendidezza. Le Reggie, i Palagj, i Grandi indarno cercherebbero ornamento più magnifico delle stoffe di seta per soddisfare alla loro ambizione , e al loro lusso . I tempj della Religione invano potrebbero invocare più no- bile mezzo di pomposa solennità. Altro quindi non manca se non che la seta divenga abbondantissima, onde provvedere schietta e manifatturata a tutti i mercati dell'universo. Ogni popolo ne dovrebbe avere comodo l'uso. Allora si abituereb- be al bisogno di consumare di più, e in noi si sentirebbe il bisogno di più produrre . Tutti i miei conti e calcoli sono stati fatti partendo da dati autentici appartenenti all'Amministrazione del cessato Regno d'Italia . Ogni Provincia italiana che non ha fatto par- te del Regno d'Italia potrebbe calcolare a quanto ammontas- sero le sue esportazioni all' estero in seta . Cosi facendo si verrebbe a conoscere l'immenso valore della seta, che tutta l'Italia ogni anno esporta, e di cui a voglia sua può farsi produttrice maggiore . Signor Presidente ! Io ho forse ecceduto i limiti della bon- tà che mi accordate. Ma la gravità dell'argomento, di cui vi ho intrattenuto, il prospetto imponente degl'importantis- simi vantaggi, che a tante classi di cittadini, e alla int.?ra Nazione comunemente sono per venire dopo le esposte cose. 2.28 Sui Bachi da Seta, ?ni Gelsi, ec. mi giustificheranno presso di Voi . Voi avete nello stesso tem- po da quanto fin qui ho detto un non duhbio cenno della costante buona volontà mia in applicare i lumi qualunque, che ho potuto acquistare nelle scienze fisiche, alla pratica degli utili rami dell'industria agraria. Voi pensate con me, che il possedimento delle scienze non è che un ornamento nell'uomo, e che la sola applicazione delle medesime ai van- taggi delia società può essere virtù . Sono coi sentimenti della stima e della considerazione, che giustamente vi sono dovuti . Del SiG. Co. Dandolo. aag TAVOLA Del rapporto tra i pesi e misure milanesi nominate in qiiest' opera, ed i pesi e misure nuove Italiane e Francesi^ a co- modo dei leggitori di tutte le Provincie . La libbra grossa milanese, d'once comuni vent'otto, corri- sponde a libbre nuove ( Kilogrammes ) 0,762,5. La libbra picciola milanese^ d'once dodici corrisponde a lib- bre nuove (Kilogrammes) 0,3268. Un oncia milanese corrisponde a grossi (Decagrammes) 2,72. Un grano ( 576 grani fanno un'oncia comune di Milano ) cor- risponde a quasi un mezzo grano del nuovo peso . Una pertica di Milano corrisponde a Tornature ( Hectares ) o, o6545a . Una Tavola. j che è la ventiquattresima parte di una pertica, corrisponde a tavole nuove ( ares ) 0,2727. Il braccio dì Milano che dìvidesi in 12 once, l'oncia in la punti , ed il punto in 12 atomi , corrisponde a palmi ( Decimetres ) 5,9-5 . Un Moggio che è composto di otto Sta] a e contiene libbre grosse milanesi 146 a i55 circa di frumento, secondo la qualità, corrisponde a some ( Hectolitres ) 1,462. Uno Stajo ottava parte del moggio composto di 16 metà, contiene circa libbre grosse 18 a 19 di frumento come sopra , corrisponde a mine ( Decalitres ) 1 , 83 . Una lira di Milano, composta di venti soldi, corrisponde a 76 centesimi e tre quarti circa della nuova lira Italia- na 0 Franco . Un soldo di Milano corrisponde a centesimi 3 e millesimi 8 nuova moneta italiana . a3o SAGGIO DI UN TRATTATO DI METEOROLOGIA MEMORIA Del Signor A. M. Vassalli-Eandi . Ricevuta li ig Dicembre ì8i^. CAPO 1° Dello scopo delle Osservazioni Meteorologiche , ed indicazione dell' Osservatorio j degli strumenti dei quali deve essere for- nito, e delle osservazioni da aggiungere alle Meteorologiche per ricavarne i maggiori vantaggi . i. rima tìi descrivere l'Osservatorio Meteorologico, e di par- lare delle osservazioni, conviene stabilire quale ne sia lo sco- po, dovendo dal medesimo dipendere il numero e la qualità delle osservazioni, le quali non servono ad altro, che ad ap- pagare una sterile curiosità, se non si ha in mira che di pre- sentare i fatti; a far perder tempo e mantenere errori, se si voglia dalle medesime dedurre massime, che sono ben lungi dall'essere fondate sopra la scienza delle meteore; e possono essere della più grande utilità se siano dirette a ben cono- scere la storia naturale della nostra atmosfera, e l'influenza delle sue modificazioni sopra i tre regni della natura . Nell'antecedente Proemio Storico ( Tomo XIII della So- cietà, Parte II, pag. 85), ho notato che appena scoperti il barometro od il termometro i Medici farono tra i primi ad esaminare e registrare le osservazioni meteorologiche a norma dei precetti del grande Ippocrate , che raccomanda lo studio delle meteore a chiunque voglia ai)profittare nell'Arte Medi- ca ; in seguito le più celebri Accademie stabilirono Osserva- Del Sig. a. M. Vassalli-Eandi . a3r torj , molti uomini dotti tra quali il Dottore Moria, Picard, De la Hire , ed i nostri Maralcli, e Cassini se ne occuparo- no; Duhamel pubblicò le osservazioni Botanico-Meteorologi- che , nello stesso tempo die il Dottore Malouiii diede le Me- dico-Meteorologiche ; il Dottore Berriat notò l'influenza del- le meteore sull'azione de'rimedj, ec. L'Abate Toalclo ed il Dottore P\.etz pubblicarono le loro Opere su la Meteorologia applicata all'Agricoltura, ed alla Medicina coronate dalle Ac- cademie di Montpellier e di Bruxelles . Dal sin qui detto risulta che lo studio delle meteore de- ve aver per oggetto di scoprirne la cagione, e di conoscerne l'azione . Per quanto spetta alla prima parte le leggi Fisiche e Chi- miche dei moti dei fluidi, dell'azione, e della distribuzione della luce, del calorico, e dell'elettricità, dell'evaporazione, delle dissoluzioni, e delle precipitazioni, delle combinazioni dei gaz, ec. paragonate ai fatti meteorologici accuratamente esaminati con tutte le loro circostanze, faranno conoscere la cwnnessione , e la teoria di molti fenomeni , dei quali igno- rasi la dipendenza, e la spiegazione. Il paragone delle modi- ficazioni atmosferiche con le produzioni della terra, con i pro- dotti e la salute degli animali, con la sanità degli uomini ci farà conoscere la loro azione. E se non è dato all'uomo di prevedere con certezza j1 corso delle stagioni, potrà conoscer- ne gli effetti , onde prevenirne molti mali , e maggiormente profittare dei vantaggi che presentano . Per ottenere l'uno e l'altro intento conviene i? stabi- lire un osservatorio. a.° Corredarlo degli opportuni strumenti per farvi le osservazioni meteorologiche . 3." Aggiunger a que- ste tutte le altre osservazioni che possono contribuire a far conoscere l'azione delle meteore sopra i vegetabili, e sopra gli animali . L'osservatorio essendo destinato agli strumenti che deg- giono indicare le modificazioni atmosferiche vuole essere in sito affatto libero, acciocché l'aria agisca sopra i medesimi, come se fossero in aperta campagna . 2,3a Trattato di BIeteorologia . Un terrazzo più elevato degli edifizj che lo ciroonrlauo ili competente distanza, e lontano il più che si può dai mon- ti , che ostano al libero corso dei venti , oppure situato alla sommità del più elevato fra i circostanti, offre il sito più op- portuno per collocarvi gli strumenti, della posizione dei quali si tratterà nel capo seguente . Giova pure per varie osservazioni avere nello stesso edi- fizio camere a diverse altezze dal suolo, e profondi sotterranei . I principali strumenti onde deve essere fornito l'osser- vatorio sono II Barometro per misurare il peso della colonna atmos- ferica . Il Termometro per conoscerne la temperatura . Il Manometro per misurare il peso di un determinato strato dell'aria . L'Igrometro por conoscere la secchezza e l'umidezza dell'ambiente . L' Anemoscopio per conoscere la direzione dei venti tan- to orizzontale, che inclinata all'orizzonte. L'Anemometro per misurarne la forza. L'Udometro per misurare la quantità d'acqua che cade dal cielo . L'Atmidometro per misurarne l'evaporazione sia che des- sa sia liquida oppure ghiacciata . Il Ceraunografo per misurare la forza dei fulmini, e co- noscete se siano ascendenti o discendenti . L'Elettrometro per misurare la più blanda elettricità at- iiiosft rica , e conoscerne la qualità positiva o negativa. Il Diafanometro per misurare la trasparenza dell'aria. Il Lianometro per determinare il colore del cielo . Il Fooraetro per misurare l'intensità della luce. L'Eudiometro per determinare la quantità di gaz ossi- geno contenuta nell' aria atmosferica . Infine l'ago magnetico per esaminarne le variazioni gior- naliere ed annue . Tutti Del Sic. A. M. Vassalli-Eamdi . i2,33 Tatti questi sti-umenti deggiouo essere della maggiore perfezione possibile, di molti non basta averne un solo, ma se ne doggiono osservare diversi contemporaneamente, e uel- ]' osservarli si deggiono usare particolari cautele come vedre- mo nel capo seguente . Riguardo alle osservazioni da aggiungere alle Meteorolo- giche pel maggiore progresso delle scienze fisiche ed econo- miche sono : Le epoche naturali concernenti i fenomeni della vegeta- zione , e gli animali di passaggio, gli insetti, particolarmen- te le api ed i bachi da seta . I fenomeni straordinarj notando se già sono accaduti ed i loro effetti sopra le piante e gli animali . Le malattie degli animali domestici con i rimedj , che si usarono , ed i loro effetti , Le epidemie ed altre malattìe più frequenti degli uomi- ni con l'indicazione dei rimedj che riuscirono utili ed anche di quelli inutilmente amministrati . Finalmente per chi. amasse di occuparsi dell'influenza della luna , e della verità dei proverbj tanto meteorologici , che agricoli, conviene aggiungere le fasi, e la declinazione della luna, e paragonare i proverbj coi fenomeni meteorolo- gici, come ho fatto negli Jnnali dell' Osservatorio dell' Acca- demia di Torino, per distinguere i proverbj nati accidental- mente da quelli, die sono il risultato di lunglie osservazioni. CAPO IL" Della scelta e posizione degli strumenti, e delle cautele nelV osservarli . ie Nella notizia di un Bleteorografo ( Mémoires de l'Acadé- niie des Sciences, Litterature et Beaux arts de Turin tom. 7 de la classe pour Ics années 1801 -i8oa pag. 436) ho indi- cato gli errori, nei quali è facil cosa l'esser indotto dalle 03- Tom. XVII. Gff a34 TRATTATO DI Meteokologia . scrvazioiii meteorologiche fatte cogli ordinaij strumenti , ai quali crjori non va soggetto chi fa uso del proposto meteo- iografo, cui possono di leggieri farsi le aggiunte necessarie per dare a tutte le principali macchine meteorologiche i van- taggi del barometro e del termometro che ho descritti nel precedente Tomo Vili della Società pag. 5t6. Cliiunque adun- que ama conoscere l'andamento delle modificazioni atmosfe- riche ed i loro effetti debbe al suddetto strumento o ad al- tro analogo appigliarsi per non esser soggetto ad attribuire ai gradi tii ealdo o di freddo, di umido, o di secco, ec. ec. notati all'ora della osservazione gli effetti della temperatura diversa o di altro stato atmosferico che avrà avuto luogo tra le due epoche delle osservazioni . Il collocamento del Meteorografo deve essere tale , che ogni strumento onde è composto, ottenga l'opportuna posi- zione . Che se per ragione della spesa , o per altra qualunque cagione non si facesse uso del Meteorografo , in tal caso si dee scegliere in ogni qualità di strumenti il più convenien- te ; cosi ; Tra i numerosi barometri credo che ad uno stabile Osser- vatorio meteorologico maggiormente convenga il Torricellia- no , il cui tubo abbia almeno quattro linee di diametro in- terno , ed il recipiente sia abbastanza grande , onde rendere quasi insensibili le variazioni del livello corrispondenti alle diverse altezze della colonna barometrica. In difetto del tor- ricelliano adoperar si può il barometro a doppio recipiente. Tino piccolo nel quale è immersa l'apertura della canna, l'al- tro grande che il piccolo riceve , e col suo abbassamento Io lascia sempre colmo di mercurio, onde se la scossa dell'ab- bassamento è uguale, messe a parte le piccole differenze nel- la fluidità del mercurio provenienti dalla sua diversa purezza e temperatura , per le quali può alquanto variare la conves- sità della sua superficie , il livello sarà costante ; ovvero si adoperi il barometro col recipiente munito di uno stantuffo. DiiL Sic. a. M. VAfSALLi-EANUi . i3i> come il portatile che ho presentato all' Accademia di Torino { Mem. de la Classe des Sciences tom. 8, i8o3-i8o4, pag. i ), o di altro ordigno, pel quale il livello si possa mantenere co- stante; o finalmente si faccia uso del barometro a sifone, mu- nito di doppio nonio come quello che la Società di Storia Naturale di Aarau mandò ai suoi Socj osservatori stabiliti su tutta la linea, che attraversa l'Europa dall'Ostro a Tramontana. Qualunque sia il barometro che si adopra ha da esser fat- to di mercurio ben purgato, e debbe avere il termometro uni- to per farvi le correzioni provenienti dalle variazioni nella temperatura del uiercurio; dee collocarsi ben perpendicolare e ad altezza tale che la sua elevazione media sia a livello -dell'occhio dell'osservatore. Se il diametro del tubo è alquan- to angusto giova scuotere un pochetto il barometro prima di osservarlo . Quantunque la pratica insegni a non isbagliare di una decima di linea nel fissare l'altezza della colonna barometri- ca è miglior partito servirsi di un nonio , che ne assicuri la elevazione. Questa caqM'la è utile per tutti gli strumenti, cui si può applicare il nomo . Giova avere divei'si barometri nei varj piani dell' Ossei"- vatorio e persino nei profondi sotterranei per paragonarne le variazioni comparativamente con quelle degli altri strumenti. Il termometro detto volgarmente di Reaurnur essendo piìi universalmente adottato pare che meriti la preferenza, ma la divisione della scala poco importa, purché nota, ognun può ridurla a suo piacere . La grande influenza della tavoletta o di altro corpo in contatto del globo e del tubo del termometro , sopra la tem- peratura del medesimo, le differenze nella loro capacità per contenere il calorico, e nella loro facoltà di trasmetterlo, co- me pure la diversa massa dei corpi che lo toccano variando in molti casi la sua elevazione, giova servirsi di termometri ohe siano quanto più si può isolati, come quelli che ho de- scritti nel Tomo dell'Accademia delle Scienze di Torino per 236 Trattato n; IMeti^orologia . gli anni i8o5-joo8 pag. 27, e negli Annali dell'Osservato- rio per l'anno iv3ii pag. iG . Conviene che purissimo sia il mercurio del termometro, perchè la più piccola dose di lega ne altera !i mossa princi- palmente nei gradi sotto io zi^ro; che il termometro sia ben privo d'aria, che sia graduato quando l'elevazione del baro- metro è media, oppure che si noti l'altezza del barometro quando vi si fìssa il punto dell'acqua bollente. Questa sia distillata per iscansare le difterenze provenienti dalla varia temperatura dell'acqua bollente in ragione delie sostanze ete- rogenee che contiene . Il vaso hi cui si metto il ghiaccio pe- sto, per fissare nel termometro il punto del diaccio, sia tra- forato, perchè l'acqua possa liberamente uscire. Quanto è indifferente la posizione del barometro, purché sia verticale, si possa ben osservare, ed abbia il termometro ben unito per indicarne le variazioni dovute ai cambiamenti nella sua temperatura , altrettanto è essenziale la posizione del termometro dalla quale dipende il ben conoscere i gradi di caldo e di freddo dell'ambiente, e particolarmente dei venti che spirano dalle diverse parti . Ordinariamente si colloca un termometro all'Ostro ed un altro a tramontana. Avendo all'osservatorio un terrazzo più elevato degli edifizj che si trovano poco distanti dal medesi- mo è facil cosa l'esporre un termometro che non sia punto riparato dai raggi del so! meriggio; mail termometro esposto a tramontana nella state è facilmente tocco dai raggi del sol nascente e del so! cadente. Conviene riparamelo in guisa pe- rò che l'aria di tramontana abbia il suo corso, e che i ripa- ri del sole riscaldandosi non possano agire su la temperatura del termometro. Similmente si ripara pure dal sole riflesso, ossia dall'azione de' suoi raggi caloriferi che potessero essere riflessi sul termometro da corpi posti in qualche distanza dal medesimo . Per mancanza di questa cautela accade sovente d'ingannarsi nel giudicare della temperatura dell'ambiente in una determinata esposizione . DZL SiG. A. M. 'VaS?ALLI-EaNDI. 2^7 Credo inutil cosa di parlare, dei ripari, e della loro di- sposizione , dovendosi essi adattare alle varie circostanze , le quali possono in tante guise variare, che nemmeno in un lun- go discorso potrebbero essere tutte comprese; e chiunque ri- flette alle sovresposte cagioni di errore può adattare i ripari convenienti alle particolari circostanze . Per l'esame di parecchi fenomeni meteorologici convie- ne avere altri termometri esposti a levante ed a ponente, ed altri a diverse altezze dal suolo per osservarvi le variazioni, che succedono nella temperatura non solo nei cangiamenti delle stagioni , ma nncora nelle varie modificazioni atmosferiche . Le cautele superiormente indicate riguardo ai termome- tri esposti all'ostro, ed a tramontana deggiono pure aversi riguardo agli altri esposti ai diversi venti, e posti a diverse altezze dal snolo, per non ingannarsi nel giudicare della tem- peratura dell'ambiente. Per cinque anni consecutivi osservai tre volte al giorno tre termometri posti alla stessa altezza dal suolo, due sopra tavolette esposti l'uno ad ostro verso garbino, l'altro a tra- montana verso greco 5 come i muri laterali di un balcone ai quali erano sospesi, il terzo era isolato e portato da due brac- cia di ferro alla distanza di un piede dal muro . Rarissima- mente questi tre termometri segnavano lo stesso grado, seb- bene la loro mossa nella camera fosse uniforme, e ciò acca- - ■ nelle C) Io avea annunziata la presenza del manganese nelle nostre miniere di Fer- ro Spatico sin (lall'anao 1788 nella mia Memoria Oro^^rafica sulla nostra Valdi- scahe , inserita nel Tomo IV degli Atti di questa Società Italiana delle Scienze • E il mio concetto era basato sopra al- cuni saggi analitici , clu; sino allora i» ne avea fatti , onde assicurarmi da ano- malie nella classificazione delle miniere di essa valle , come oggetto principaU di quel mio lavoro . Del Sic. Gio. Maironi Daponte . ^78 nelle miniere spatiche, confessa di averne trovata una co- mecché picciola quantità in quelle stesse di Baigorry , di Vanvaiieys, e di Allevard. 57. Sapea anzi che Collet-Descostils ripetendo le sperien- ze di Drappier dichiarò con asseveranza d'averne separati no- ve in dieci grani per cento dalle ridette miniere stesse di Allevard, e più di un grano da quelle di Vanvaneys {Journ. des min. Tom. XV III, num. io5). 58. La mia analisi mi ha confermato nel concetto già fatto sull'intervento di questo metallo nelle nostre miniere spa- tiche; e mi ha dato per risultato che quelle poi delle monta- gne Fles e Manina ne contengono in quantità maggiore . §. Vili. 59. E per dir anche degli altri edotti, che pur ottenni dall'analisi del nostro Ferro Spatico, la esistenza della ma- gnesia nelle miniere di questo genere nella Francia ha per iscopritore il tante volte lodato Sig. Drappier . 60. Ed è questa una scoperta molto importante, e che dà gran merito all'autore; tanto più se si rifletta che nes- suno ( almen che io sappia ) non ha avuto prima di lui que- sto edotto, seppur si eccettui Bergmann, il quale pare però che quasi Io confondesse col manganese (*). 6j. Egli scoprì questa terra nel Ferro Spatico di Vanva- neys, di Allevard, e di Baigorry; ma d'altronde sappiamo che Collet-Descostils suo valentissimo seguace, rinnovando le sperienze di lui, riscontrò in queste miniere una quantità di magnesia incomparabilmente minore di quella annunziata dal Sig. Drappier. Vuoisi credere questo provvenuto dalla non identità dei pezzi analizzati . Tom. XFII. Mm (*) Veggagi la citata Analyse de la mi- ne de Fer etc. del lodato Sig. Drappier-. nella quale l'autore descrive il suo pro- cesso in confronto di quanto ci avea la- sciato scritto il Cav. Bergmann nel pro- posito . 2,74 ANALISI Chimica del Ferro Spatico ec. 62. Ciò intanto dimostra ( se non altro, come dice il Sig. Brocchi ) che le pro[)orzioni ili ffuesta terra possono notabil- mente variare nel Ferro Spatico di uno stesso paese, e for- se della miniera medesima . 63. E d'altronde giova considerare, che siccome Io sclii- sto micaceo accompagnar snoie quasi sempre siffitte miniere, e la magnesia in esse non sempre entra ad egual dose, così il metallo stesso, che sempre partecipa delle sostanze, nelle quali è racchiuso, deve ora più ora meno mostrarsi carico di questo principio non essenziale alla sua composizione . 64- Quanto a me la magnesia trovata non meno nelle ri- dette due miniere spatiche della Valdiscalve, che in quella da me analizzata altra volta in Gandellino, offertami dal dotto e caro mio amico ora defunto Sig. Giambattista Franzini, è pur essa molto inferiore nella quantità a quella scoperta da Drappier nelle miniere spatiche di Francia; ed è più confor- me allo sperimento eseguito su di esse da Collet-Decostils . S- IX. 65. Non è parimente scoperta antica l'intervento dello zinco nelle minie^re spatiche . 66. Bayen fu forse il primo, che lo annunziò esiste^nte nel Ferro Spatico di Germania; e l'asserzione del Chimico Alemanno fu messa fuori d'ogni dubbietà dagli sperimenti reiterati di Dizè ( V. Bayen Opusc. Chiin. note alla pag. 89 Tom. II). 67. Sage egli pure scoprì lo zinco nelle miniere spatiche, e principalmente nell' analizzare quelle del nostro Dipartimen- to; nelle quali egli asserì esistervene sino al 27 per cento [Elenien. de Minerà log. Docimas. Tom. fi). 68. A me certamente non è riuscita di ottenerne se non una quantità assai scarsa nelle dette due miniere di Valdi- scalve, e in quella di Gandellino. 69. Convien però avvertire, che il Mineralogista Fran- Del Sic. Gio. Maikoni Dapokte . 375 cese in altra sua opera col titolo Analyse et concord, des troìs regncs etc. sospetta d'aver preso per zinco una sostanza, la quale piuttosto manganese essere poteva . S- X. 70. Il quarzo e la pirite, che assolutamente non sono sostanze essenziali al Ferro Spatico , vi si trovano nuliameno assai di sovente combinate . 71. Oltre cpianto osservò 11 Sig. Brocchi rispetto al Fer- ro Spatico della Valtrompia , si sa che siffatta comlnnazione ha luogo comunemente nelle miniere spaticlie del Deifinato, dei Pirenei, della Bassa-Navarra, della Sassonia, di Bareuth, della Savoja , di Valdaosta , dei Monte-bianco, e di tanti al- tri luoghi . 7f2. Le nostre stesse non ne sono esenti ; e le strisce di quarzo e di pirite qualche però rara volta , giungono ad al- terarne affatto l'apparenza ed i caratteri esteriori, non che i risultati della loro scomposizione nelle chimiclie analisi . S- XI. 73. Quanto alla selce argillosa, la quale non è che sel- ce intimamente combinata all'argilla, e che da Brocchi vie- ne classificata come una delle sostanze componenti la minie- ra spatica del Ronchetto in Valtrompia, io stesso T ho rite- nuta, siccome esso, quale edotto dell'analisi. 74- Ho tentato per un di più di conoscere le proporzio- ni osservate da queste due differenti terre nella loro combi- nazione, resistente al loro svincolamento, se vi si usi la sola azione df'gii acidi . 1'). E diffatti mi è riuscito di riconoscere queste pi'opor- zioni . Ma meglio fora nuliameno considerare questo edotto sotto l'aspetto ritenuto dal lodato analizzatore, cioè di Selce- argillosa . 27^ Analisi Chimica del Ferro Sfatico ec. 76. Oltre di che, in tale caso avrebbesi dovuto conside- rare separatamente anche la bencliè minima porzione di al- lumina, che si sa sempre entrare nel composto dello stesso «juarzo . E allora l'analisi avrebbe potuto riuscire e più com- plicata , e meno forse sicura , certamente poi non corrispon- dente in pieno al suo oggetto . S- XII. 77. Non sono d'accordo i Cìiimici-Mineralogisti sulla pro- porzione dell'ossido di ferro colle altre sostanze componenti la miniera spatica . 78. Ed è questo per mio avviso ciò, che formar deve il punto principale dell'analisi, se si voglia, come devesi, con- siderarne la utilità . 79. Wallerio dice che il Ferro Spatico è solito contene- re dalli venti alli quaranta e più ancora per cento di metallo. 80. Bergmann pronunciò non oltrepassare in peso la ghi- sa soventemente le trenta , le venti , ed anche le sole dieci libbre in un centinajo . E da quello della Stiria egli dice di averne avuto per fatto straordinario quarantadue . 81. Collet-Descostils dalla miniera di Ferro Spatico di Vanvaneys n'ebbe trentaquattro, e poco più di trentotto da quella di Allevard . i 8a. Berthier poi ne ricavò il trentasette per cento da una simile presso Santelena in Francia . 83. Sage , parlando del Ferro Spatico del nostro Dipar- timento, dice di averne avuto soltanto il venticinque per cen- to . Tale certamente non è la quantità della ghisa , che noi oggidì ricaviamo dalle nostre miniere (*) . . , . . .. (*) Il ferro , che si cava dalle monta- gne di Valdiscaive , che è la più ricca in questo genere di prodotto naturale , e dove le miniere sono quasi tutte del- la specie da me indicata , perde nella fusione all' incirca il cinquaatacinque per cento . Come mai dirsi che il nostro Ferro Spatico non dà che il venticin [ue ? Le mie Osservazioni sul Dipartimento del Serio contengono le operazioni nella nostra fusione del ferro , ed il risultato della medesima . Del Sic. Gio. Mairo^si Dapoi-ìte . 277 84- Qui ora però non trattasi di ferro-crnrlo, ma dell'os- sido di questo metallo, il quale risultar suole da un'analisi. 85. Quindi è die, tornando il discorso delle miniere spa- tiche straniere, il maggior prodotto, calcolato per questo con- to, è forse quello di una miniera di Baigorry, da cui Drap- pier f;bbe il sessantun© d'ossido rosso per cento. 86. È molto considerabile, a dir vero, anche quello, che Bocliolz ottenne dalla miniera di Bareuth, la quale gli die il cinquanta per cento d'ossido, però imperfetto. 87. A cinquantaquattro r cinquanta per cento arrivò l'os- sido di ferro, che Brocchi ottenne dalla miniera del Ronchet- to, ed ai cinquantasette e venticinque dall'altra del Cavallo situata parimente in Valtrompia . 88. I! risultato dall'analisi mia fu per ogni duecento gra- ni nella miniera di Ortasolo , di grani 109.7.5 d'ossido di ferro, ed in quella di Manina, di grani 114.064. Sicché cal- colato questo risultato sopra un solo centinajo, l'ossido di ferro nella prima di esse miniere è di gran. 54 • 87S nella seconda — — — — — di gran. 67 . o3a . Ma passiamo a dare il processo analitico da me tenuto per le mentovate due miniere . S. XIII. 8g. Essendo che lo scopo mio quasi primario in questa analisi fosse, siccome ho anche detto, quello stesso, che pre- fìsso erasi riguardo alle minier.; di Francia il Sig. Drappìer, cioè a dire di verificare specialmente se nel Ferro Spatico esistesse o no la calce, io ho creduto di dover aprire l'ana- litico processo primieramente su questo punto di fatto, facen- do sul minerale prima di tutto lo sperimento dal Chimico Fran- cese proposto . 90. Siccome poi le due nostre miniere a questo uopo da me prescelte , moltissima analogia hanno con quelle della Val- trompia , analizzate, come dissi, eccellentemente dal lodato 278 Analisi Chimica del Ferro Statico ec. Sig. Ispettor Brocchi, cosi il processo da essolui istituito mi è parso conveniente di seguire a norma ed a scorta del mio, dietro le prime risultanze sul cammino battuto da! Sicnor Drappier . Qr. Anzi dirò che dal processo di Brocchi non mi sono discoitato se non in picciolissime cose, nelle quali l'arte nii ha ricordati alcuni cimenti, da me altra volta in consimili operazioni trovati non meno sicuri ed efficaci . 92. I primi miei sperimenti dunque furono diretti allo scoprimento della calce. E a quest'uopo anche lungo il pro- cesso, da cui mi venne progressivamente comprovato l'inter- vento delle altre sostanze, che il genere della miniera face- va sospettare vi potessero esistere , non ho trascurata occa- sione, la quale mi si presentasse, onde comprovare la risul- tanza primiera su questo punto . 93. Conservai sempre distinto il processo della prima da quello della seconda delle due miniere, onde non ne andas- sero confusi i risultati, ma si avesse un'analisi distinta e di paragone, se fosse occorso. Quindi denominai O la prima, M la seconda delle miniere . §. XIV. 94. Presi un pezzo eguale di ciascheduna . E per non con- fondere quella calce, che formar potesse i filetti di spato cal- care che talora vedonsi, segnatamente sulla miniera M, o che può entrare a formare quella parte del filon minerale, che dicesi salh ancia , tabla nel termine de' minatori Bresciani, e molla in quello de' nostri, ho sviscerati i pezzi medesimi dal- la parte più interna della miniera , scevra affatto di tracce calcaree, e che escludeva assolutamente qualsivoglia dubbio dell'intervento della calce, almeno di quella, che non vi fos- se intimamente combinata quale essenziale principio della mi- niera . 95. Abbrustolii alla lampada sopra un carbone separata- Del Sic. Gio. Maironi Daponte ; 279 mente i due pezzi di minerale . Essi si annerirono sollecita- mente ambidue; ma con maggior prontezza il pezzo della va' rietà M . 96. E non fu che a questo punto che tutti due indistin- tamente incominciarono a mostrarsi sensibili alla calamita. 97. Questi due pezzi così torrefatti, separatamente, gli unii al borace ; e conobbi che si fondevano al soffio della ca- netta ferruminatoria senza crepitare, e senza mostrare effer- vescenza, comunicando al vetro, che ne risultava, un color violetto; il quale si fece più vivace all'aggiungervi un pò di nitro . 98. Gonvien pei'ò avvertire che il vetro risultante dal borace unito alla miniera M, più restìo a prendere la tinta violetta , la spiegò anzi sollecitamente oscura . 99. Il colorito poscia in tutti due i pezzi passò al nero assoluto , quando la dose del minerale da me si aumentò in modo da superare quella del sale . 100. Replicai lo sperimento sopra due altri pezzi non ab- brustoliti ; ed al momento, in cui, mercè l'applicazione del borace, e della fiamma, incominciavano a fondersi in vetro, io osservai svilupparsene molte bolle d' aria . 101. E vi fu d'uopo di molta avvertenza, onde lungo r operazione non si arrostissero prima che effettivamente pas- sassero alla fusione . ioa. Versai alcune poche gocce d'acido-nitrico sopra un altro pezzo d'ognuna di queste miniere; e non vidi nascere alcuna effervescenza . io3. Essa però manifestossi eminentemente quando con detto acido misi in contatto le miniere ridotte in polvere sottile . 104. Ma questi ed altri consimili fenomeni succedono in tutte le miniere di Ferro Spatico di qualunque paese, sicco- me dice anche Brocchi; ed io hogli riscontrati identificamen- te in quante altre dello stesso genere ebbi per avventura pri- ma d' ora a trattare . 280 Analisi Chimica del Fjìruo Sfatico ec. §• XV. io5. Porfirizzai porzioni eguali di ciascuna di queste due miniere; e su di esse istituii i seguenti nuovi speritnenti , die sono i più importanti in un'analisi esatta e regolare. 106. Presi duecento grani di ognuna di esse miniere, credendo di poter operare meglio sopra una quantità consi- derevole, anziché sopra una picciola, quale sarebbe stato un solo centinajo, perchè cosi i risultati sono più sensibili, e facilmente commensurabili . 107. Questi duecento grani di minerale gli infusi in due diverse fiale di vetro a collo lungo e stretto, segnandole col immero i e a . ic8. In ciascuna di esse versai dell'acqua distillata al duplice intendimento di ben lavare la miniera, e d'indebo- lire un pò l'azione dell' acido-solforico, che a dettame di Drappìer vi andai poscia versando progressivamente a poche gocce la volta, sino a compita saturazione. 109. Bramoso io di portare sulla mia analisi la più gran- de evidenza in riguardo all'intervento della calce nelle nostre miniere di Ferro Spatico , siccome rispetto a tutti gli altri suoi componenti, al cimento suaccennato del Chimico Fran- «;pse ne aggiunsi un secondo collo sperimentare altri duecen- to grani in altre due fiale 3 e 4 come sopra infondendovi deli'acido-muriatico rettificato, siccome colla miniera del Ron- chello di Baveiio aveva praticato Brocchi. 110. Applicai a tutte quattro le fiale il fuoco a bagno d'arena, immaginandomi che il calore promovere e facilitare potesse ne' vasi non meno lo sviluppo de' vapori, che lo scio- glimento del minerale . 111. Non tardò difatti a manifestarsi in tutti due i pro- cessi una forte effervescenza dovuta al gas carbonico, che dalle miniere si sviluppava, intanto che queste giungevani» al loro intero scioglimento . S- XVI. Del StG. Gio. Maironi Daponte . a8i $. XVI. Ila. La soluzione solforica nelle fiale i e a rimase per qualche tempo senza cangiarsi di colore, e senza mostrare il minimo intorbidamento . 11 3. Ma osservata nuovamente dopo qualche altro tem- po, vi ravvisai una nebbia leggere come nuotante, (;he an- nunziava perturbamento nel liquore; e questo poi più eviden- temente videsi nella fiala a . 114. Mi parve potersi questa dire una vera precipitazio- ne ed attribuire ad una comecché picciolissima quantità di calce, che in queste due varietà di Ferro Spatico si trovas- se; sicché hi sostanza precipitata, la quale prese la figura fioccosa fosse un vero solfato di calce . 1 15. Veramente l'asseveranza, colla quale il Chimico Fran- cese esclude dalle ridette sue miniere spatiche l'intervento di questa terra, mi aveva in certa guisa prevenuto contro la presenza della medesima nelle nostre: a segno di dubitar quasi di qualche difetto nel mìo processo . 116. Lo replicai sopra due altre quantità di esse minie- re In altre due fiale coli' infusione dello stesso acido-solforico goccia a goccia ; il nuovo cimento mi die precisamente gli stessi risaltati . 117. Mi persuasi quindi dell'aggiustatezza dello sperimen- to, e della verità del tatto. Restai perciò convinto che se- condo lo stesso processo Drappier nelle due miniere nostre di Ferro Spatico realmente esiste della calce . 5. XVIL 118. Ciò posto passiamo a proseguire l'analisi delle stes- se miniere secondo il processo descrittoci da Brocchi riguar- do alle miniere spatiche della Valtrompia, colle quali, come dissi , hanno moltissima analogia le nostre . Tom. XFII. Nn a8a Df.i.LE Miniere del Feiiro Sfatico ec. I 19. Le soluzioni rnuriaticlie delle miniere O e M nelle fiale 3 e 4? ne' mentre che il minerale andava sciogliendosi, mercè l'applicazione del calore, si videro in grande efferve- scenza, ed assumere un colore giallo di cedro. lao. M'accorsi inoltre che in ambedue le fiale una por- zione del minerale evidentemente resisteva all'azione dell'a- cido, e restava pressoché indisciolta . lai. Anzi il liquore, che dal color giallo-cedrino era pas- sato a quello di un rossobruno, prese nel raffreddarsi un co- lorito verde-iriallognolo . 12,2. Quanto alla porzione restia allo scioglimento, la quale aveva una sembianza in parte bianca, ed in parte di color bigio, ebbi ad osservare che quella fornita di quest'ultima tinta, restava maggiormente sospesa, e che poscia precipi- tando andava a formare sedimento sopra la prima. In quale pel suo peso maggiore era già scesa sul fondo . 123. Lasciai svaporare a lento fuoco la soluzione in am- bidue le fiale; e poiché questa fu ben concentrata, vidi che al punto del raffreddamento si rapprese in un magma giallo- gnolo . 124. Questo fu da me nuovamente sciolto in un po' d'al- tra acqua distillata; e lasciato per alcune ore in riposo, ne ottenni anch'io, siccome J5rocc/«', de' cristalli romboidali co- gli spigoli affilati, tinti in verde-chiaro, che all'aria cadeva- no in deliquescenza . 125. Ad imitazione del lodato Chimico-Mineralogista io tornai ad aggiungere dell'acqua pura al magma salino, onde scioglierlo di nuovo . 126. E poiché la parte restia allo scioglimento la vidi discesa nuovamente sui fondo de' vasi, ne decantai lentamen- te il liquore sopranuotante . 127. Ed approfittando anch' io della differenza del peso nelle due sostanze deposte, versai pian piano dalle fiale la prima di esse, la quale era ancora fluente, senza che ne uscis- se r altra , che più pesante erasi fissata sul fondo . Del Sic. Gio. M.-mroni Daponte . a83 ia8. Tolta dalie fiale questa prima parte della sostanza più leggiere , vi versai pian piano nuova acqua pura ; e sem- pre restando su! fondo la parte più pesante feci uscire con un siffone l'ultimo residuo ancora torbido della sostanza più leggiera; sicché potei ottenere separate le dette due porzio- ni resistenti all'azione dell'acido. 129. Sopra differenti feltri io feci cadere l'una e l'altra di queste porzioni di sostanza, con tutta l'accuratezza rac- colte, e bene lavate con acqua pura, rispettivamente ad am- Lidue le miniere; e vidi che l'ultima era una vera arena bian- ca ruvida al tatto , e di aspetto cristallino lucente . i3o. Conservai separatamente sempre tutte le acque di lavacro rispetto a ciascuna delle due miniere . i3i. Ed aveva avuta l'avvertenza di lavare coli' acido- nitrico la carta da usarsi ne' feltri in ambidue questi proces- si, onde eliminare preventivamente ogni quantità dì calce, e di magnesia, dalle quali non va mai scevra la carta, che a quest' uopo suolsi adoperare . iSa. Esaminando poi attentamente colla lente questa bian- ca arena , vi potei discernere , unicamente però quanto alla miniera O, alcuni minuti granellini di figura do-decaedra di lustro decisamente metallico, e di tinta quasi dorata, la qua- le non dubitai essere pirite, malgrado che io avessi procura- to di trasciegliere , segnatamente quanto ad essa, pezzi, che fossero assolutamente lontani dal contener solfuri . i33. Esaminai, e poi tornai ad esaminare ancora rispet- to alla miniera M essa bianca sabbia; ma certamente non mi riusci mai di scoprirvi pur un atomo di pirite . 134. Restava da determinarsi la natura di essa pirite; e per riuscirne sicuramente passai a trattare nella fiala 3 que- sto miscuglio coir acido-nitrico allungato, siccome altra volta avea praticato coll'anzimentovata miniera di Gandellino. i35. Aggiunte quindi all'infusione nitrica nella fiala me- desima alcune gocce d'ammoniaca, vidi intorbidarsi il liquo- re, e deporsi un po' d'ocra di ferro, la quale prese un leg- 284 Delle Miniere del Ferro Sfatico ec. gier color cilestre, sicché un miscuglio mi parve di pirite ferrea e di pirite cuprea . i36. Conchiusi dunr^ue che questa parte bianca precipi- tata della infusione delle miniere nell' acido-muriatico rettifi- cato, fosse un vero quarzo, misto di pirite ferreo-cuprea quan- to alla varietà O . 187. Questo edotto, che chiamo quarzo piritoso quanto alla prima, e puro quanto alla seconda, pesava nella fiala 3 gran. 3.o3a, e nella fiala 4 grani i solamente. i38. E calcolata la perdita di peso fatta dal quarzo, quan- to alla miniera O, col trattarlo coli' acido-nitrico , onde di- scernere la pirite, potei stabilire che in essa varietà O il quar- zo è di gran. 3. ia8, e la pirite grani 0.064; ^ ^he nella varietà M il quarzo è di grani i solo, come dissi . 5. XVIII. 189. L'altra porzione di sostanza, la quale mostrata si è restia allo scioglimento, e che io ho accennata controdistin- ta dal color bigio ( 12,2,) era morbida al tatto; e disseccan- dosi sul feltro parca non prendere consistenza . 140. Ne sollevai dal feltro destramente una picciola par- te-, ed applicandole la fiamma della lampada per lungo tem- po, osservai convertirsi in uno smalto: fenomeno, che suc- cede nella selce combinata coli' argilla messa in fusione. 141. Volli assicurarmene con un nuovo cimento su di es- sa sostanza . Dal feltro ne levai una seconda porzione ; e la feci arroventare in un crogiuolo per una mezz'ora. 142. Ed avendo veduto poscia che col perdere la sua morbidezza acquistava anche un color rosso, sospettai che questa porzione contenesse ancora qualche particella d'ossi- do di ferro . 143. Gli accennati caratteri scoperti in questa terrea bi- gia sostanza mi fecero nascere l' idea che un composto essa fosse di silice, e di allumina, difficilmente decomponibile dal- Del Sic. Grò. Maiko:^i Daponte . a85 la sola azione degli acidi : quale appunto trovasi comporre in gran parte la stessa salhanda de' filoni, ed alla quale è mol- to analogo lo schisto argilloso e micaceo, di cui formate so- no le montagne metallifere . i44' E vieppiù m'indussi a ciò credere quando mi feci a riflettere che tale era il parere anche di Brocchi rispetto alla miniera del Ronchetto in Valtrompia , dove i monti so- no formati di uno schisto del tutto simile a quello, nel qua- le per lo più trovasi il nostro Ferro Spatico . 145. Il lodato Chimico-Mineralogista da ducento grani di essa miniera trattata coli' acido-muriatico ebbe in ultima ana- lisi qjiattro grani di questa terra, che egli amò chiamare selce- argillosa ( V. il citato Trattato mineralogico chimico pag. i38). 146. Quanto a me nella fiala 3 essa fu di grani 5 . aS — ; e nella fiala 4 si trovò essere di un grano solo . i47- L'opportunità di un'ottima bilancia docimastica mi prestò i mezzi di avere questi pesi, sebbene minimi, con tut- ta la precisione possibile . 148. Mi prefissi anch'io di tentare lo svincolamento di queste due terre, che in istato di combinazione mostravansi così resistenti all'azione degli acidi, e quindi fissare la quan- tità dell'una in confronto dell'altra. 149. Sciolsi quindi anch'io una maggior quantità di am- bedue queste miniere in due altre fiale 5 e 6 col mezzo dell' acido-muriatico rettificato j e non cessai d' infondervene goc- cia a goccia, sinché mercè il calore non vidi avervi luogo i fenomeni , che nel surifferito processo abbiamo osservati . i5o. Raccolta la sumentovata selce-argillosa, passai a trat- tarla colla potassa caustica nel crogiuolo d'argento; ed in que- sto essa restò fusa quasi intieramente in breve tempo . i5i. La massa arida fu poscia da me stemperata nell'ac- qua pura : sempre operando distintamente riguardo ad ambe- due le miniere . iSa. In questa soluzione essendosi formata coli' aggiunta d'altro acido-muiiatico un deposito bianco passai a discioglier* lo infondendovi nuovo acido ancora . a86 Delle Miniere del Ferro Sfatico ec. i53. Fatto svaporare a siccità mercè un lento fuoco il liquore; ed avendo coH'aumento del fuoco fatto bollire il re- siduo nell'acqua pura, a cui aveva aggiunte alcune goccie di nuovo acido, restò in fondo dei vasi una polvere bianco-ce- nericcia . i54- Questa esposta ai consueti cimenti mostrossi essere una vera selce, mista di quaiclie atorno di ossido di ferro. i55. Dessa si trovò più scarsa nel processo spettante al- la miniera M . i56. Infusi dell'ammoniaca nel fluido, che aveva sovra- nuotato a quella terra, il quale da me si era prima fatto pas- sare pel feltro; e ne pi-ecipitò un'altra terra bianca gelati- nosa . 157. Osservai che questa diffìcilmente lasciava l'acqua, di cui era imbevuta, che al fuoco anzi s'induriva, e che mes- sa in contatto della lingua vi si attaccava facilmente, scio- gliendosi altresì perfettamente negli acidi : caratteri tutti pro- prj esclusivamente dell'Allumina . i58. Le proporzioni dell'argilla alla selce in questa ter- ra siliceo-argillosa quanto alla miniera O è come a a i ; e quanto alla miniera M come 3 a i . S- XIX. iSg. Avea , siccome ho già detto, conservate diligente- mente le acque di lavacro, e ad esse unita la soluzione mu- riatica , da cui si era edotto il quarzo misto di pirite , e la selce combinata coli' argilla. 160. Fatta svaporare questa liquida massa sino alla quan- tità di sole quattr'once, v'infusi alcune poche goccie di sol- fato di soda . 161. Il vedere non produrvisi alcun intorbidamento, o mutazione di colore sull'istante creder mi fece che, non so- lamente non vi esistesse barite , ma che qualche dubbio an- cor restar potesse sugli sperimenti da me già fatti quanto al- Del Sic. Gio. Mvironi Daponte . 287 la presenza della calce seguendo il processo analitico di Drap- pier . i6a. Ma lasciata più lungamente in riposo anche questa infusione muriatica in ambedue le fiale, m'accorsi che un certo ombreggiamento pur qui nasceva, il quale la precipi- tazione indicava di una sostanza fatta a fiocchi, siccome era- mi riuscito d'osservare rispetto alla infusione solforica secon- do il riportato processo del Chimico Francese . i63. Diluii la torbida soluzione muriatica con acqua pu- ra un po' riscaldata . Si rischiarò il liquore , e scomparve il precipitato . 164. Questo fatto mi confermò vie maggiormente nell'opi- nione che il precipitato fosse realmente un solfato di calce, for- mato dalla scomposizione del solfato di soda colla calce esi- stente in picciola quantità veramente in ambedue queste va- rietà di Ferro Spatico . i65. A ciò credere parimente m'indusse il vedere che il precipitato era meno scarso nella fiala 4- E già mi era noto, siccome ho già detto , che la miniera M era frequentemente intralciata di vene di spato calcare . 166. Pensai quindi che la quantità di calce, che certa- mente esiste in queste due miniere, avendo formato coli' aci- do-muriatico del muriato di calce, quest'ultimo sia rimasto decomposto dall'acido-solforico unito alla soda col formare del solfato di calce, essendo questo sale un po' solubile, e pel contrario affatto insolubile il solfato di barite . 167. Nella soluzione muriatica delle due miniere versai del carbonato di potassa ; e vidi formarsi subito la precipita- zione di una sostanza ocreacea-biancastra . 168. Cessai di farvi l'infusione quando l'ultima goccia di carbonato di potassa alcalinulo non produceva più preci- pitato, sebbene vi applicassi il calore. 169. Era memore che nella stessa guisa procedendo sul- la miniera di Gandellino l'ossido marziale staccatone, mercè r acido-nitrico, e trattato coli' ammoniaca p mi fece scoprire ii88 Analisi Chimica del Ferro Sfatico ec. la presenza di una sostanza , che io avea poi dovuto ricono- scere per zinco, metallo, che non è straniero alle nostre montagne schisto-argillose . 170. Quivi dunque indirizzai il mio processo a tal0 Analisi Chimica del Feuro Sfatico ec. 241. Ma malgrado tutto ciò è accaduto a me di farvi al- cuna perdita ancora, siccome accade a chiunque si accinge a i(ne$te intralciate ardue dilicatissime operazioni; nolie quali occhio richiedesi , perizia, ed una pazienza, e maestria d'o- perare, che non è sempre facile trovarsi sufficientemente riu- nite in tutti . 2.^1. Questa perdita però, sebbene alquanto maggiore nella miniera M, non è tale da formare difetto; massimamen- te se si rifli'tta che il mio processo risguarda una quantità uiaggiore del solo centinajo solito impiegarsi nelle analisi di questo genere, e che venne diffatto ritenuto anche da Sroc- chì rispetto alla miniera del Ronchetto di Baveno . 343. Convengo poi io pure perfettamente con questo tan- te volte lodato Chimico-Mineralista quanto alla insussistenza rispettivamente alle mentovate nostre miniere del fenomeno curiosissimo osservato da Bucholz sul Ferro Sputico di Bareuth; poiché a me pure non è certamente riuscito di vedere come vide Bucholz che i campioni delle dette due varietà abbru- stoliti non solo venissero attratti dalla calamita, ma che an- zi possedessero essi medesimi la facoltà magnetica : in guisa che un ago finissimo sospeso ad un sottil filo di seta ne fos- se attratto alla distanza di qualche linea . ' 244. Uniti insieme tutti i prodotti dell'analisi, rispetti- vamente ad ognuna delle due nostre varietà di Ferro Spati- co, il seguente quadro presenta la tavola de'principj in esse contenuti, calcolate le proporzioni sopra duecento grani. 245. E non fia difficile a chi amasse di averne il rap- porto sul calcolo di nn solo centinajo, siccome fece il lodato Si"-. Ispettor Brocchi nel suo processo, che a noi servì di modello, il dimezzare nel computo gli edotti, non che le stesse pei'dite . Ji46. Dei. Sic. Gio. Maironi Daponte . 297 a46. Tavola degli edotti dalla analisi della miniera spatica d" Ortasolo . Acido-carbonico ed acqua — — — Quarzo — — — — — — — — Pirite — — — — — — — — Selce-argillosa — — — — — -~ Calce — — — — — — — — Magnesia — — — — — — — Ossido di Zinco — — — — — di Manganese — — — — di Ferro — — — — — Perdita — — — — — — — a47- Tavola degli edotti dalla analisi della miniera spatica di Manina . Acido carbonico ed acqua — — — 63. la.S Quarzo — — — — — — — i. — .— Selce-argillosa — — — — — — i. — .— Calce — — — — — — — — 3.70.— Magnesia — — — — — — — a. 06. 4 Ossido di Zinco — — — — — 0.06.— di Manganese — — — — 10.08.— di Ferro — — — — — 114.06.4 Perdita — — — — — — — 4-90-4 65 . la . .8 3, . la , ,8 0 , ,06, 4 3 .a4, 2 , .So, , - 3. , la . ~ I . 6a. 8 8, , la . .8 109 . ,75. ~ 3. 3i . 4 aoo , __, ,„ ifoo . — Tom. XV IL Pp a98 ALCUNE PRATICHE CONSIDERAZIONI SULL'INCHIODAMENTO DELLA TESTA DEL FETO NELLA PELVI , E SULL' USO DEL FORCIPE . MEMORIA Del Signor Antonio JManzoni. Ricevuta li i4 Marzo i8i5. Oe quanti esercitano l'arte di raccogliere i parti, siccome loro intervengono non rade volte casi gravi, or di felice riu- sciniento, ora d'infauito, così gli avessero minutamente e fe- delmente descritti, notandone le circostanze, e le conseguen- ze degne di osservazione, e memoria, quest'arte sarebbe og- gimai cotanto ricca di esempj, che ogni giovane pratico po- trebbe dirigersi nell'esercizio della sua professione senza quel- la temenza, che naturalmente ispira la gravità di alcuni par- ti complicati, e la mancanza della suppellettile delle pratiche osservazioni . Ma egli è sì fatto l'ingegno degli uomini, che altri per diffidenza di poter scrivere acconciamente gli avvenimenti lo- ro accaduti, e il loro principio, progresso, e fine; altri per certo orgoglio, che tal maniera di descrizioni come bassa co- sa risguarda, ìe osservazioni di questo genere lasciano in oblio, e di pili anche scherniscono, o per lo meno sprezzano la fa- tica di que' pochi , i quali hanno lasciato scritti i parti gra- vissimi, a' quali accadde loro di assistere, avvertendo per es- si ciò che o nelle operazioni , o negli stromenti potesse es- sere emendato ed aggiunto . Tale appunto è la sorte occorsa all'arte ostetricia dopo l'invenzione del Forcipe, e singolarmente dopo la utile cor- rezione fattane circa la metà del secolo decimo ottavo dal grande ed immortale Andrea Levret . Del Sio . Antonio Manzosii . agg E3 in vero si cominciò appena a parlare delle correzio- ni fla quell'uomo illustre fatte al Forcipe ostetricio della dop- pia curva de'cuccliiaj, e dell'incavatura alla interna parte de' medesimi, che usci fuori, come è noto, un critico ano- nimo a censurare con velenosa acrimonia questo incompara- bile strumento di meccanica, negandone scioccamente perfino la sua esistenza, e concedendo, quasi per grazia, cjie forse ancora egli fosse nella mente del proprio autore . Ma in pro- gresso di tempo , sebbene più non si disputasse della corre- zione Levreziana , e della felice riuscita, con cui adopravasi il Forcipe, onde l'arte ostetricia mutò faccia del tutto, non mancarono tuttavia non pochi ostetricanti , i quali affermas- sero nel foi'cipe esservi ancora delle imperfezioni; perle quali ai bisogni dell'arte esso non soddisfacesse pienamente, come erasi per l' avanti creduto. Quindi o per oggetto di pubblica utilità, o per emulazione e genio di vincere, e superare l'in- dustrioso Levret , nel corso di un mezzo secolo circa venne fuori un numero grande di Forcipi da far meravigliare; im- maginando, cred'io, ogni singolo autore di questi di meri- tarsi l'onore, e la gloria di un compiuto perfezionamento. Ciò abbiamo da Giovanni Mulder, dal quale in una disser- tazione stampata l'anno 1794 P^"^ ^^ cinquanta specie di for- cipi ostetricii si affermano pubblicate . Or non ha luogo a di- re, se sieno o no riusciti questi Professori nella loro impre- sa , avendo già su questo proposito pronunziata la sua opinio- ne il celebre Stein, dicendo, che quanti più cangiamenti fu- rono fatti al Forcipe francese, tanto più si guastò, e che tut- te le altrui fatiche non produssero che strumenti malfatti e bastardi . Ma forse la franca decisione di questo dotto Profes- sore tedesco è troppo universale, potendogliela aver cavata dalla penna il grande affetto per il suo precettore . Ci sia dunque permesso, lasciando al Levret l'onore della doppia curva de' cucchiai , senza la quale ogni altro trovamento o nulla o poco utile sarebbe stato, il riandare alcune mutazio- ni o giunte fatte ail suo Forcipe, e non pronunciare troppo li- beramente , che sieno disutili e vane . 30O Sur.L'lNCHIODAMENTO DELLA TESTA DEL FeTO CC. E per dir qualche cosa del pregio di alcuni di questi più receuti strumenti, egli è assai stimabile secondo il parere di molti quello di Pean , che è una correzione del forcipe del Levret , consistente nell'essere due pollici più lungo, e sen- za incavatura nella parte concava de'cucchiaj^ della quale pe- rò il Levret facea gran conto . Il Baudelocque avendolo pre- scelto, ed usato in tutto il corso della sua pratica, vi è giu- sto motivo di avernelo in grande considerazione . Anche quel- lo del Professor Osiander di Gottinga è stimato da molti ; ed il chiar. Cav. Assalirli lo giudica uno de' migliori da esòo ve- duti ne' suoi viaggi di Europa. Ne ha però voluto esso pure costruir uno di sua invenzione assai ingegnosa, ed è un com- posto, secondo ch'ei dice, tratto dalle correzioni de' forcipi di Osiander^ di Thenance di Lione, e di Briinninghausen ul- timamente corretto . Ma non avendosi avuta ancora di que- sto strumento esperienza tanto estesa, che basri ad assicurar- si del vero suo merito, convien per ora sospender ogni giu- dizio, e attender dai dotti pratici la decisione. Utilissima, e, s'io non m'inganno di molto, forse ad ogni altro preferibi- le, mi par quello di Brilnninghausea di prima correzione, perchè è facile da applicarsi attesa la strettezza de'cucchiaj, ed è agevole da congiungersi per il meccanismo suo sempli- cissimo; al quale, essendomi riuscito meglio del Forcipe del Levret , in ogni caso occorsomi da lungo tempo ho data la preferenza; e rai sono compiaciuto, che alcuni altri Profes- sori al mio esempio se ne sieno serviti . Non ho fatto gran conto dell'ultima correzione dataci dal suo autore, consisten- te, come è noto, nei manichi curvi in alto, nelle picciole aperture de'cucchiaj, e nella brevità de' medesimi perchè sì fatti cangiamenti mi parvero poco, o niente utili all'oggetto propostosi dal suo Autore . In quali casi , ed in quali circo- stanze abbia io fatto uso del suddetto forcipe, e quali regole e modi abbia sempre tenuti nell'adoprarlo, piacemi ora di accennare con tutto il candore , onde possano da ciò i gio- vani ostetricanti chiaramente conoscere, che il Forcipe per sé Del Sic. Antonio Manzoni . Sor medesimo è uno strumento semplice, di facile pratica, e si- cura , esente dai diffetti , che se gli vogliono apporre ; e che alcuni maestri, i quali godono di una grande celebrità, men- tre hanno voluto renderne l'uso più sicuro e piìi utile, ri- ducendolo a regole, ed a principj, l'hanno invece ridotto più complicato 5 meno certo, e più diffìcile a praticarsi. Quaranta operazioni nel corso di non molti anni ho io eseguite col suddetto Forcipe tutte nello stesso modo , e feli- cemente, se si eccettuino alcuni infortunj , indipendenti pe- rò dallo strumento, de' quali appresso si dirà qualche cosa. È necessario a sapersi, che in questi parti, quando si fece da me l'operazione, la testa del feto erasi ben innoltrata nel bacino, e si può dire discesa affatto nel fondo del medesimo quivi rimasta serrata per molte ore, e tutta immobile per ogni verso; per il che, secondo la deffinizione del Daudelocque, erano que' feti colla testa veramente inchiodata. E inutile il dire, che prima di operare la donna fu col- locata nella maniera a tutti nota , e che correndo la stagion del verno, il forcipe si è immerso nell'acqua tepida, e sem- pre untone la parte convessa de'cucchiaj con butirro fresco, o altro simile untume . Questi furono sempre introdotti per li lati del bacino ora più ora meno agevolmente. La qual co- stante possibilità d' introdurre mi ha fatto conoscere esser ve- rissimo l'insegnamento dell'illustre Lei^ret, che quando la te- sta del feto è arrestata nel cerchio osseo del bacino, ai lati di esso se ne trova sempre libero uno spazio. Io non mi so- no mai perciò dato gran pena avanti di operare di saper qual fosse la posizione della testa ; né se i lati della medesima o altra parte fossero abbracciati nella concavità de' cucchiaj . Certo è però, che l'operazione m'è sempre riuscita bene e prontamente , quantunque non i lati della testa , ma fossero stati presi ora la faccia, ora l'occipite, o qualche altra re- gione della testa , o fosse la faccia rivolta in alto verso del pube . Perchè il Leoret non usasse questo metodo semplicis- simo ed assai facile da eseguirsi, che può servire in tutti i ScOr ScLL'lNCHIOnAMFNTO PELI A. TESTA DEL FeTO CC. nasi possìbili d'inchiodamento, e di arrestamento della testa in fondo del picciolo bacino, non si sa intendere ; o almeno convien supporre in lui la sfortuna di aver ne' parti da lui ope- rati trovato sempre un ostacolo ad uno dei lati del bacino; la qual cosa non par credibile : ed ognuno comprende esser più facile, e men molesto l'introdurre i cucchiaj a destra l'uno, ed a sinistra l'altro, di quello che nella supposizio- ne, che può esser falsa, che un lato del bacino sia un po' ristretto, il far passare sempre dal lato più libero il cucchia- io, che dovea introdursi nel Iato più ristretto, e far descri- vere, come facea il Levret , a questo medesimo cucchiajo la metà di un cerchio, o due terzi della interna circonferenza del bacino; la qual operazione certamente è più difficile per il cliirurgo , e più molesta per la partoriente . Ho rilevato colle mie osservazioni, che il parto, quando è lento, e tardo, sebbene sieno le doglie frequenti e forti, forse per alcuni ostacoli , che il feto incontra attraversando il bacino, i quali ora dal feto dipendono, ora dalla madre, il parto, dissi, non suol terminare senza gli ajuti dell'arte. Imperciocché quando la testa è arrivata nel fondo del piccio- lo bacino, la donna trovasi senza forze affatto, e senza do- glie espulsive; e se trattisi specialmente del primo parto, le parti molli esterne fanno una grande resistenza, onde la na- tura essendo vinta, e non più capace di operare, se non ri- corrasi sollecitamente al Forcipe ostetricio, il feto corre peri- colo di perire, e con esso la madre, o almeno d'incorrere in gravi mali , come si vedrà appresso . Che l'arrestaraento della testa all'apertura inferiore del bacino sia stata dipendente nel maggior numero di questi casi dalle cause qui sopra accennate , par dimostrato dalla facilità d'introdur il Forcipe, e dalla prontezza, con cui n'è uscita la testa; la quale, per lo più, presentavasi nella maniera pres- so che naturale . . . Non si nieghi al Levret , com'egli afferma, ritrovarsi in uno dei lati del bacino della difficoltà, e talora della impos- Del Sic. Antonio Manzoni . 3o3 sìbìlità a passare col cucchiajo del forcipe ; onde usò sempre il suo metodo generale d' introdurre ambo i cucchiaj per il lato del bacino più libero . Io pure alcuna volta ho incontra- te queste medesime difficoltà e resistenze ; ma le ho anche potute sempre superare, ritirando un poco in fuori il cucchia- jo introdotto, rimettendolo nuovamente, e facendo nel tem- po stesso alcuni dolci movimenti; il qual tentativo, quando è stato frustraneo , mi è riuscito l' altro d' introdurre cioè il cucchiajo per la parte della forcella coli' avvertenza di con- durlo in alto colla guida del dito, piegandolo a grado a gra- do allato del bacino col manico assai abbassato , e condotto verso la coscia opposta della partoriente . In cotal guisa non una sola volta mi è riuscito di superare alcuni ostacoli incon- trati, per lo più dipendenti dalle molte, e grosse pieghe na- te su la cotica della testa del feto , e dal gonfiamento delle parti molli investienti la cavità del bacino . Tra gli altri as- sai difficile è stato il caso di una giovane prinn'para, alia qua- le dopo un lungo patimento, non s'era potuta introdurre che una branca del Forcipe di BrùnÌ7ighausen, essendo l'altra sta- ta arrestata da un forte ostacolo incontrato nel destro lato del bacino . In tale circostanza la introduzione non fu a me difficile dalla parte della forcella nei modi sopra accennati ; perchè fatta prontamente la congiunzione dei manichi, la par- toriente fu subito liberata . Più singolare del soprannotato, e più meritevole di ri- cordanza fu l'altro caso di una nostra Dama primipara, la quale ottenne d'essere liberata col suddetto Forcipe quasi contro la nostra aspettazione . Presso la mezza notte dei quat- tro di Settembre dell'anno 1812 trovandosi la suddetta Dama in vina sua villa, fu presa all'improvviso dalle doglie del par- to, al quale per li suoi computi credea che molto tempo man- casse ancora . Verso le due della notte stessa fui levato da Verona , e al farsi del giorno giunto alla Dama, la trovai in grande angustia e travaglio . Erano da quattro ore colate le acque , e le doglie incalzavano con forza e frequenza . Feci 3o4 Sull'inchiodamento della testa del Feto ec. l'esplorazione vaginale, e rilevai che era la testa che si pre- sentava, ma che, essendo la bocca dell'utero assai alta, e rivolta posteriortnente , non poteasi col dito ad ogni modo sentire. Par facilitare alla stessa testa il portarsi avanti, ed agevolare all'orificio uterino una opportuna dilatazione, fu- rono praticati con giusti intervalli tre emissioni di sangue, i clistieri ammollienti, le fomentazioni calde al ventre, e i li- nimenti di butirro fresco alle parti pudende si esterne che interne. Incominciò finalmente la bocca dell'utero a portarsi avanti e ad aprirsi lentamente tanto che a mattina avanzata si ritrovò della larghezza di un mezzo scudo di Milano, e si conobbe, che aprivasi inegualmente così che nel corso della giornata rimase scoperta una porzione del fronte, e della si- nistra tempia, restando il rimanente della testa serrata ob- bliquamente, e stretta dall'utero, che tra questo e la testa non si sarebbe fatto passare un sottile stilo. Venne consulta- to un altro Professore, il quale riscontrò Io stato della Dama, quale gli era stato descritto. Non approvò l'uso del forcipe; raccomandò le bagnature fredde a! ventre e alle cosce all'og- getto, cred'io, di rianimare le doglie, che andavansi sempre più illanguidendo . L'uso dell'acqua fredda fu messo tosto in pratica, e fu continuato per tre ore circa; ma inutilmente. Essendo ridotta la Dama in una somma debolezza, e senza doglie, acconsentendolo anche il Professore sopracchiamato , circa il mezzo giorno dei sei del mese , cioè trentasei ore do- po r incominciamento del parto, intrapresi la operazione. Collocata la partoriente nella dovuta situazione, introdussi fa- cilmente un cucchiajo del Forcipe di Brùnìnghausen nel sini- stro lato del bacino; ma grande difficoltà incontrai, volendo introdurre l'altro cucchiajo nel lato destro; anzi non essen- domi ciò riuscito per diligenza usata, condussi la punta del cucchiajo dolcemente dalla parte della forcella colla guida del dito tra il collo dell'utero, e la testa del feto; e dopo un paziente e dilicato lavoro il cucchiajo finalmente è penetrato quasi come in un vuoto, che nell'uso del forcipe per me fu sempre ^'n. Antonio Manzoni. 3o5 sempre segno di buon auguiw ^ una eguale altezza , ho fatta felicemèntL ambo i cucchiaj ad manichi . Era veramente uno spettacolo il vederè'VdOge dei resistenza del collo dell'utero colla testa del feto, che mi- nacciava di squarciarsi più tosto che cedere, e abbandonarla. Piegando io però dolcemente il Forcipe ora da un lato ora dall'altro del bacino, l'utero si ritirò quasi in un colpo; la testa rimase scarcerata, ed il feto usci fuori dalla vagina sa- no e salvo con somma allegrezza della puerpera, con inespri- mibile contento de' famigliari , e con piena soddisfazione de- gli assistenti . Un caso a questo slmile, ma assai men grave, nel qua- le la testa del feto dopo ventidue ore di travaglio era disce- sa verso il fondo del bacino un po' piegata verso il suo lato sinistro colla fronte, e colia sinistra tempia coperte e molto serrate dal collo dell'utero in forma di cuffia, io ebbi a ve- dere in altra nobile primipara , la quale fu liberata col For- cipe del Levret . Avendo io introdotta la branca maschio nel sinistro lato del bacino ad una certa altezza tra la testa del feto, e la cuffia, da cui era coperta, ma non a quella altez- za, che bastasse a far soda presa, il Forcipe mi scivolò fuori due volte . Fatta poi la introduzione del cucchiajo dalla par- te della forcella, tutto riusci bene, poiché fu levata una bam- bina sanissima, che ora è madre felice di una vegeta figlia: del qual parto ne ho fatto memoria nel primo libro delle mie Osservazioni Patologiche . Da queste ostetricie mie osservazioni, se non erro di mol- to , mi par di avere chiaramente riconosciute le seguenti ve- rità, utili, e necessarie a sapersi dai giovani ostetricanti : primo , che , non avendo il feto favorevoli circostanze , che lo abilitino a discendere liberamente dalla apertura superiore del bacino alla inferiore, raro è il caso, che la natura non basti a sé stessa a superare e vincere gli ostacoli incontrati per via, purché ad essa si lasci il tempo dovuto a compiere questo suo lavoro importantissimo . La qual cosa a conoscersi Tom. XVII. Qq 3c6 Sull'inchiodamento della testa dp' . ..luita prudenza. Secondo, con grande esperienza è^ne^^^-gggg^JQ^^. j^U^ j^gji^^ ^ i^ so. che la perait3^.^i delle parti pudende esterne sono per l'or- y.trAYiO le cause principali, anzi assai spesso le uniche e so- le impedienti la ultimazione del parto. Terzo, che egli è un caso assai raro, che non possano introdursi i cucchiaj dai lati del bacino ; e se incontrasi difficoltà e resistenza in uno de* medesimi, si potrà per l'ordinario superare, ritirando il cuc- chiajo, rimettendolo nuovamente, e facendo nel tempo stes- so dei dolci movimenti , e non riuscendo la cosa per questi modi, sarà, si può dire, quasi sicura la introduzione del cuc- chiajo dalla parte della forcella. Quarto, che sono conseguen- temente superflue ed inutili quelle varie maniere d'introdur- re il Forcipe proposte, ed insegnate da alcuni dotti maestri, cioè che sempre debbano nella concavità de' cucchiaj esser presi i Iati della testa del feto, per qualunque parte del ca- tino vi si presentino; poiché ogni altra parte, che si pren- desse, sarebbe aliena, e dannosa per il bambino; la qual dot- trina, contraria a quella dell' illustre Levret^ è dimostrata falsa anche per le nostre osservazioni. Quinto, che i casi d'inchio- damento, e di arresto della testa sono assai rari nell'ingres- so del bacino; un po' più frequenti nella di lui escavazione; più frequentemente si osservano nel di lui fondo . E se a provare quanto conviene le suddette verità qua- ranta osservazioni da alcuni non si credessero sufficienti , io ne potrei aggiugnere un numero assai maggiore , alcune ve- dute cogli occhi miei proprj , e molte riferitemi dagli opera- tori stessi, della fede, ed integrità de' quali non resta luogo a dubitare . Alcuni infortuni però molto dispiacevoli in queste mie operazioni sono avvenuti, i quali espor voglio con esattezza, e candore, perchè i veri conoscitori dell'arte giudichino im- parzialmente, se sieno essi proceduti dall'uso del Forcipe, o da altre più vere cagioni da pochi conosciute, le quali io credo di poter dimostrare ad evidenza . Del Sic. Antonio Manzoni . 807 Egli è vero, e si vuol ingenuamente confessare, che dei quaranta feti da me tratti col Forcipe, alcuni pochi ne so- no periti. Ma ben considerando, che n'era stata facile la in- troduzione de'cucchiaj, ed egualmente facile la estrazione del- la testa senza stento , e fatica , par manifesto , che da tutt' altra cagione che dal Forcipe sia provenuta la morte di que- sti infanti. E d'altra parte considerato, che la testa del fe- to v'era rimasta arrestala nel fondo del bacino, in chi ven- ti, ed in chi trenta ore, prima che facessi l'operazione col Forcipe; ed in nobile robusta giovane primipara uno di co- tai feti avendo corso a discendere dall'apertura superiore al- la inferior del bacino più di ventiquattro ore con gravi do- glie e moleste, cessate le quali, lasciatane in estremo lan- guore la genitrice , fu estratto col Forcipe senza la menoma difficoltà, sebbene fosse la testa voluminosa; ciò, dissi, con- siderato, ognuno intende, che tutti questi feti sono periti per non esser stato a tempo adoperato il Forcipe, come si conveniva di fare . Ed in fatti che nei parti lunghi e difficili perisca il fe- to, avvegnacchè non siasi usato di nessuno stromento, è cosa nota , e non infrequente . Conciossiacchè sa ognuno , che in questi casi la volta ossea del cranio venendo ammaccata e compressa dalle violenti contrazioni dell'utero, il feto perisce per stravaso cerebrale . Se in così fatti parti si fosse per l'o- stetricante deliberato di estraere il feto col Forcipe , e lo avesse trovato morto, chi mai ardirebbe incolpare l'istrumen- to, molto più se nell'uso di esso difficoltà nessuna non si fosse incontrata ; e non più giustamente non ne accuserebbe la lun- ghezza del travaglio , e le violenti compressioni sofferte dal feto nella matrice ? Fu però grande fortuna, che siensi salvate le madri, le quali potean perire pur esse di violenta infiammazione. Il che avvenne ad una povera partoriente, avegnacchè fosse di otti- ma costituzione di corpo, alla quale dopo due giorni e mez- zo di travaglio fu da me col Forcipe facilmente estratta la crea- 3o8 SuLL'lNCmODAMENTO DELLA TESTA PEL FeTO ec. tura, che si trovò morta per soverchia dilazione di operare. La qual operazione, come io avea proposto molte ore innan- zi, dovea sollecitarsi anclie per ciò, che era assai tempo, che ]a donna non orinava . Ed in fatti appena uscita fuori la te- sta del feto dalla vagina , sgorgò dalla vescica straordinaria copia di fluido orinoso alterato . Altro infortunio di grandissima conseguenza, raro bensì, ma non unico, fu da me osservato in una delle donne da ma operate per ^effetto di violenta parziale infiammazione . Essen- do rimasto per lungo spazio di tempo compresso, e schiac- ciato il collo della vescica tra la testa del feto , ed il pube della partoriente, il collo stesso si guastò, e corruppe, onde le orine, presa la strada della vagina, oltre la sozzura, e l'in- decenza, vi lasciarono in essa delle esulcerazioni di pessinìa indole con perforazione della vescica, i quali vizj non si puo- tero né guarire, né migliorare per que' mezzi dalla moderna chirurgia con gran fiducia proposti . La operazione in questa donna fu pronta, e facile, sebbene la testa del feto fosse vo- luminosa; dal che si comprende, che il Forcipe non è stato colpevole di questa grande sventura, singolarmente essendo i cucchiaj stati introdotti dai lati del bacino, dove niente haa che fare l'uretra, e il collo della vescica . Ma il volgo scioc- co , e gli artisti o mal prevenuti , o mal istruiti spesso non sono capaci di poter intender ragioni così giuste, ed evidenti. Minore del sopra esposto, non però esente da grave dan- no, è l'accidente alle primipare accaduto, avendo io loro fat- ta col Forcipe l'estrazione della testa del feto. Imperciocché si ritrovò a queste puerpere dopo alcuni giorni corrotta e gua- sta una non picciola porzione del perineo, e ne fu accusato il Forcipe qual cagione di questo male ; ma io credo assai fuor di ragione. Conciossiachè a queste operazioni v'erano presenti altri Professori dotti, ed esercitati, e non si aviddero di tal disordine, né lo scopersero, che dopo alcuni giorni della fat- ta operazione. Dunque è giusta la congettura, che essendo stato contuso e percosso il perineo dalla testa del feto, che Df L Sic. Antonio Manzoni . 809 vi avea calcato sopra per molte ore, il danno sia proceduto da corruzione 5 non da squarciamento; dalla qual cagione se il mal fosse nato, sarebbesi conosciuto nell'atto stesso dell'uscir della testa. Da ciò si comprende, perchè vi s'abbia voluto usare sulle prime la cura antisettica col decotto di china e fiori di camomilla, e perchè su! finire siasi la piaga rimargi- nata bene coi lavacri di acqua tepida, e colle fila asciutte. Una di queste Signore nel corso di due anni e mezzo partorì due volte presto e bene. L'altra non divenne più madre, sebbene dopo questo infelice parto le sia il marito alcun an- no sopravvissuto . La terza attualmente ritrovasi in istato di gravidità , né soffre alcuno anche menomo incomodo nelle parti, che furono maltrattate; e tutto promette nel venturo parto un esito felice . Ma squarciarsi il perineo anche dove non fu usato il For- cipe, solo per contusione di questa parte molle, e morbida, essendo la testa del feto rimasta per molte ore arrestata nel fondo del bacino, in due primipare mi torna alla memoria di aver veduto; e mi ricorda ancora, che in una di esse fu tanto esteso il guasto del perineo, che lo sfintere non fu più atto a contener i clisteri, ed i flati, e talora né anclie gli escrementi, se erano di troppo scorrevoli, recando lordura, se pronto non era il vase da depositameli. Da^ quali fatti ne viene la giusta conchiusione, che i danni sopravvenuti al pe- rineo, ed all'ano delle mie partorienti non al Forcipe, ma al suo uso di troppo ritardato debbasi attribuire . E per con- trario i mali rimasti alle due partorienti non soccorse col For- cipe sieno provenuti appunto per non essersi colla dovuta sol- lecitudine nsesso in pratica questo stromento . Dalle quali cose si vede tosto il grave pericolo, che cor- re il feto restando colla testa inchiodata nel fondo del baci- no, e que' pericoli insieme, da' quali per la stessa ragione la madre è minacciata ; e che il mezzo unico per preservare si il feto, che la madre è di estrarre la testa opportunamente col Forcipe senza troppo dilazionare . Mi ha fatto però cono- 3 co S0Ll'iNCHI0DA.MKNT0 DErX\ TESTA DEL FeTO CC. scere la sperienza, che, quando, presso un lungo travaglio, vadan cessando le doglie, rimanga la testa del feto immobile nel fondo del bacino, le parti pudende esteriori incomincino a illividire, e farsi gonfie, debbasi tosto adoprar il Forcipe senza altro aspettar i beneficj per lo più inutili della natura. Anzi io mi fo ardito di dire , che è meglio e più prudente di accelerar il parto coli' arte, anzi che arrivino le triste cir- costanze sopraccennate. Quando poi si dice di accelerar il parto coir arte, s'intende sempre che tutto sia preparato, e favorevole al ben operare ; cioè che sieno scolate le acque , e la bocca della matrice molle, morbida, e così aperta a po- ter dare l'accesso alia mano dell' ostetricante e nuda e arma- ta secondo le circostanze del caso , senza però il pericolo di danneggiare la madre ed il feto . Al qnal proposito mi sov- viene del caso, che mi fu narrato di una primipara, colla quale , essendo da due giorni sopraggiunte le doglie del par- to violentissime, e frequenti, ma inutili ad onta delle cava- te di sangue, de' clistieri ammollienti, e delle tepide bagna- ture, si era determinato il Chirurgo di adoperare il Forcipe, dacché la testa del feto era così bassa , che non solo toccar col dito, ma veder poteasi ad occhio nudo. La levatrice im- pedì saggiamente, che l'opera, che erasi per tentare, non si eseguisse , facendo avvertito il giovane Professore , che la testa del feto giaceva ancora nell'utero con l'acqua rinchiusa nelle sue membrane , e che egli operando avrebbe afferrata colla tenaglia una porzione del segmento inferiore dell'utero, in cui era rinchiusa la testa del feto, come in un cappuccio, non la testa nuda, come ei credeva. In fatti, dopo un gior- no ancora di dilazione , si prepararono le acque , si ruppero le membrane , ed apertasi bene la bocca della matrice , la donna partorì da sé felicemente, e corse un ottimo puerperio. Un consimile grossolano errore mi toccò di vedere in al- tra puerpera , per la quale fui da un chirurgo ricercato del mio parere, se si dovesse o no operare col Forcipe, stante che questa donna di età giovane era in travaglio del parto Del Sic. Antonio Manzoni. Sii da più di venti quattro ore. Avendo io conosciuto, che man- cavano i veri segni del vicino partorire, consigliai il chirur- go di armarsi di costante pazienza , che avrebbe già veduta ogni cosa arrivar a buon termine . Dopo altre venti ore di male all' incirca, scoppiarono le membrane, ed apertosi bene l'oroficio dell'utero, il parto terminò con prospera fortuna senza bisogno alcuno degli stromenti . Dopo avere sposti i casi occorsimi d'inchiodamento alla apertura inferiore del bacino, e i loro varj esiti coli' uso del Forcipe , sarebbe omission biasimevole il non dir qualche co- sa anche di quelli, ne' quali la testa del feto è rimasta in- chiodata alla superior apertura della pelvi, e tuttocciò, che mi è occorso di osservare in questi parti rispetto al partito, che mi è sembrato il migliore , e il più prudente da pren- dersi , e quale io abbbia preso , e con qual fortuna . Se le regole insegnate, e prescritte da alcuni grandi mae- stri da tenersi nell'inchiodamento all'ingresso del bacino so- no veramente tali da non aversene a dubitare, deggio aper- tamente dire , che io o sono stato molto sfortunato , o poco esperto, e meno atto nell'esercizio ostetricie, oppure che quel- le regole non sieno così sicure , e vere , come si dice . Im- perciocché io mai , o assai di rado le ho vedute corrisponde- re agli effetti, che se ne attendono. Io però più tosto che incolpare d'inesattezza, e di poca sincerità gli autori di que- ste regole, e le osservazioni riportate da uomini valorosissi- mi , amo meglio di attribuire al poco sapere , e capacità la mia trista fortuna . Che che però sia di questo, potendo ognuno chiarirsene colla propria sperienza, io ho sempre tenuti nella mia men- te per certi alcuni principi ' vale a dire , che quando la te- sta del feto è arrestata all'ingresso del bacino, volendo ten- tare con ragionevole fiducia la di lei presa colla tenaglia, si richiedano assolutamente le seguenti condizioni . Primo , che il collo della matrice siasi assai dilatato, e ritirato dietro la testa del feto, acciocché resti spazio libero al Forcipe da ap- 3ra Sull'inchiodamento della testa del Feto ec. plicarsi, e far buona presa. Secondo, che sia possibile di con- dur lo strumento alla suddetta apertura colla guida di uno o più diti , i quali sogliono incontrare grande difficoltà e per la molta distanza, che c'è tra l'uscita e l'ingresso del baci- no, e per la gonfiezza delle parti molli interne del bacino sopravvenuta in conseguenza dell'urto, e compressione della testa del feto procedenti dalle violenti contrazioni della ma- trice, e per la testa stessa per l'ordinario non esente da tu- midezza e gonfiore. Ma chi è mai quello, per poco esercita- to che ei sia nell'arte ostetricia, il quale non conosca l'im- pedimento, che fanno I suddetti ostacoli al bene e liberamen- te operare colla tenaglia ? E poiché uno de' maggiori ostacoli è la distanza del luogo, nel quale è arrestata la testa, si è cercato da uomini ingegnosissimi di rimediarvi coli' allungare il Forcipe, il qual ripiego è tutto dovuto, come sopra si è detto, all'ostetricante Pean . Io non ardirei dire, ma è leci- to sospettare, che alcuni parti, ne' quali la testa essendo mol- to alta, si era creduta arrestata all'ingresso del bacino, al- cuni parti, io dico, abbiano avuto un buon esito, perchè la testa non all'ingresso, ma era in vece arrestata nella escava- zione; nel qual luogo è certamente più agevole per la minor distanza condur il Forcipe, maneggiarlo, e prender la testa del feto . Per un simile errore io credo di esser una volta riuscito ad estraere un bambino col Forcipe di Drutiinghausen inchiodato nella escavazione, che io immaginava, che lo fos- se nella apertura superiore. Cinque volte introdussi i cucchiaj, i quali altrettante mi scivolarono fuori senza effetto. La se- sta fecero ferma, e soda presa, e il feto fu estratto felice- mente vivo e sano; la qual operazione io congetturo, che ab- bia avuto buon termine, perchè coi cinque tentativi fatti col Forcipe, essendo la testa un po' discesa, abbiasi potuta pren- dere sodamente col sesto sperimento. Anzi io inclinerei a cre- dei-e , che per simili modi e circostanze siasi dallo Smellie per la prima volta estratta la testa dalla apertura superiore del bacino, altrimenti non si saprebbe intendere, come avesse egli Del Sic. Antonio Manzoni. 3i3 esli potuto prenderla a tale altezza con un Forcipe retto e corto , qua! era il suo . Nove casi io ho avuti, ne' quali il feto presentava la te- sta all'ingresso del bacino in cattiva posizione, né mai a me è riuscito di prenderla bene e sodamente col Forcipe; quin- di fu vana per ([uesto mezzo la operazione. A cinque di que- ste partorienti tentai dopo il rivolgimento, spingendo in dietro con molta fatica la testa dei feto; ma tre di essi furono estratti morti, e dopo alcuni giorni perirono le genitrici per gravissima infiammazione dell'utero. Un altro feto venne vivo, e visse anche la madre sua, avendo corso grande pericolo per sinco- pi, e convulsioni sopravvenute senza perdita alcuna di sangue. Il quinto campò poche ore, e la madre pati d'acuta infiamma- zione del peritoneo, la quale terminò con suppurazione assai diuturna , e grave all' inguine destro . Agli altri quattro feti fu necessario vuotar il cranio del cervello , indi estraere il corpo coir uncino. Perirono due madri, e due furono salva- te, ad una delle quali era stata fatta altra volta per la ca- gione stessa la medesima operazione. Mi è però noto, che essendo questa donna in seguito divenuta feconda, le fu fat- to il rivolgimento, il quale al chirurgo grande fatica, e al- la donna, poche ore dopo l'operazione, costò infelicemente la vita. E non avrebbe questo parto avuta forse la stessa buo- na fortuna per la genitrice, se invece del rivolgimento aves- se l'ostetricante praticata la medesima operazione degli altri due parti? A così credere conduce la più probabile, e ragio- nevole congettura. Perchè il Professore chirurgo siasi delibe- rato di fare il rivolgimento, non si saprebbe dire, se non fos- se stata la fiducia natagli per questo modo di operare oltre alla madre di poter salvare la vita anche al figlio . Tale ve- ramente era la pratica del Deventer , nella quale, narrasi, che ei sia stato assai fortunato; ma volea, che il rivolgimen- to si facesse prontamente, ed appena colate le acque, a cui attribuiva il merito del buon esito delle sue operazioni . Le quali due circostanze per il più mancano, essendo l' ostetri- Tom. XV IL Rr 3i4 Sull'inchiodamento della testa djel FtTo ec. cante chiamato assai tardi dopo lo scolo delle acque verifica- tosi da lunga pezza . In quale stato si trovasse questa infe- lice partoriente, a me non lice di ricercare: egli è però ve- ro che la morte di tante madri, e di tanti figli osservate nel- le popolate città dell'Olanda, alle suddette cagioni il /)e()e7i- ter le attiilmiva . Io non ho tante osservazioni, che hastino a poter indicare una regola sicura, o almeno prohahile da te- nersi in que'casi, ne' quali la testa del feto si presenta in cattiva situazione all'ingresso del hacino; la qual cosa ognuno conosce per li fatti stessi da me sopra esposti . Mi parrehbe però prudente consiglio l'incominciar sempre la operazione dal metodo più semplice, e meno pericoloso, passando ordi- natamente agli altri più difficili, e gravi; il primo de'quali sarebbe il rivolgimento, l'altro il Forcipe;, e il terzo il vo- tarnento del cervello, e l'estrazione del corpo coli' uncino. Il qual votamento del cervello, perchè riesca più agevole, sarà da usarsi il forfice dello Sinellìè corretto dal Levret , ed assai meglio l'ingegnoso trapano cogli altri relativi strumenti d'invenzione del Cav. Assaliai illustre nostro amico, appro- vati dall'Istituto nazionale di Francia, da molte celebri Ac- cademie, ed ultimamente dalla Società delle Arti di Londra , dalla quale il chiarissimo Autore fu meritamente onorato di una medaglia d'oro in segno di stima, e di soddisfazione. Ella è però grande fortuna per le partorienti, e per gli oste- tricantijche assai di rado nasca l'inchiodamento all'ingresso del bacino . Imperciocché in cosi fatti parti poche donne si vedrebbero campar la morte : e se si narrano molti esempj di operazioni eseguite felicemente, nasce grande sospetto, che o per poca conoscenza dell'arte, o per inesattezza di osser- vare siasi talora creduto, o voluto credere essere la testa del feto inchiodata all'ingresso del bacino, qual n'era anzi nel di lui londo , cercando forse cotali operatori per questo mo- do di acquistarsi molta lode in non diffidi lavoro. Per le quali cose non senza ragione io diceva fin éa\ principio di questo mio qualunque siasi ragionamento essere utilissimo all' mi- Del SiG. Antonio Manzoni. 3i5 •^'i-andiraento dell'arte ostetricia il descrivere esattamente i gravi casi , che occorrono , sponendo i varj successi e felici ed infausti con religioso candore, e senza la menoma preven- zione . 3i6 DEL TRASCEGLIERE DALLE SOSTANZE ETEROGENEE LE MOLECOLE D'ARGENTO, E D'ORO MEDIANTE L' AMALGAMAZIONE . CENNI SULLA STORIA E TEORIA DELL'ARTE, SUO STATO ATTUALE , E PRATICA ADOTTATA Dal Signor Gio. Fabbroni. Ricevuti li 3o Aprile i8i5. §. I. Introduzione. T J-Ja maggior parte delle sostanze metalliche si trova suscet- tibile di vicendevole combinazione chimica, semprechè un suf- ficiente calore, o altro mestruo ne abbia diradate, e fatte mobili le molecole componenti, almeno d'una di loro. In que- sto caso si opera una vera combinazione tra metallo, e me- tallo , con assorbimento , o emissione di calorico , non meno delle altre soggetta a un determinato grado di sazietà, o co- me dicesi, saturazione. Prova sazietà, per esempio se abbisogna, il vedere, con- forme si notò da Homberg ^ che tenendo lungamente in sta- to di fusione un mescolo di oro, e argento a parti eguali, r oro superfluo alla saturazione discende al fondo del vaso fu- sorio, e non ritiene che una sola sesta parte di argento. Forse la difficoltà di separare in questo caso, precisamente lo stra- to che limita il composto , offre un resultato un poco supe- riore al vero ; poiché nel departo che si opera mediante lo zolfo, non si trova più di una settima parte di argento ri- tenuta dall'oro: dall'altro lato l'argento che si separa per mezzo della cementazione trae seco una dodicesima d'oro {a) . (a) Anzi dea. a3 per oncie dodici . Del Sic. Gio. Fabbroni. 817 Se si unisce oro ed argento ad esuberante mercurio, es- si ne abbandonano l'eccesso: l'oro non ritiene di mercurio che tre volte il suo peso, cinque l'argento; ed il mercurio che si estrne per espressione da quei metalli , porta seco al- quanto di loro [a). Sage osservò che l'amalgama di argento cristallizzandosi ritiene l'ottuplo di mercurio; ed in questo caso, in simil modo che l'acqua nei sali, oltre il mercurio necessario alla combinazione, vi resta mercurio di cristalliz- zazione pur anco . Dimostra affinità elettiva tra i metalli una osservazione ovvia degli affinato!"! tra molte, cioè che non si arriva, me- diante il piombo in coppellazione , ad estrarre il rame dall' oro, se questo ne contiene un ventiquattresimo solamente, ammeno che non vi si aggiunga un poco di argento ; nel qual caso l'oro preferisce l'argento, e abbandona il rame alla vo- racità del piombo, ma ritiene alquanto di questo: se poi si aumenta argento all'oro in proporzione eguale, o comunque maggiore, allora è che l'oro abbandona e piombo, e rame del pari . L'espulsione del calorico, o assorbimento di esso che for- ma il carattere di una vera soluzione e con)binazione chimi- ca, per la quale si muti la densità del composto, mal potreb- ' be desumersi nelle combinazioni metalliche alla liquefazione per fuoco : ma è noto che il mercurio , sciogliendo oro ed argento alla naturale temperatura, altera molto la propria, e ne resulta un composto di densità maggiore . Egli ne fa dun- que una chimica combinazione soggetta a saturità, con aumen- to di gravità specifica, e nella quale gli Accademici di Di- gione riconobbero le note leggi delle affinità elettive. Quindi è che il mercurio scioglie con preferenza alcuni metalli, e che rifinta costantemente ogni sostanza terrosa . L'unione dei metalli, e specialmente argento, ed oro al mercurio, chiamarono Amalgama gli alchimisti, e Amalga- (a) Ascende a circa un' oncia il metallo solido per ogni cento libine di mercurio . 3j8 Cenni sulla Storia eTeoriv dell'Amalgamazione ec. inazione l'atto con che procedesi , come nel divisato modo, a effettuarla . S. II. Applicazione economica della facoltà solvente del Mercurio in Europa . Le specifiche proprietà del mercurio essendo anticamente note, anticamente non meno venne applicato alla purificazio- ne, o piuttosto alla separazione dell'oro, che si credette scio- gliere per preferenza . Aveva avvertito Vitruvio {a) la potente attrazione che il mercurio ha per l'oro; e Plinio narra [b] che l'oro, il qua- le, come gli altri metalli allora noti, non vi galleggia viene tra le altre cose, unico e solo attratto, e ottimamente pur- gato, se per lungo tempo sia con esso agitato dentro un va- so di terra: il mercurio, egli dice, ne rigetta ogni sordida cosa; e premuto poi dentro una pelle, esce fuori in modo di sudore 5 lasciandovi l'oro di che era imbevuto, con poca dose di se . Sembra che questa fosse una invenzione di quel tenìpo, e praticata solamente in Italia, niente dicendone Stra- hone per le ricche miniere della Spagna . Non è questo cer- tamente, che un negativo argomento; ma non lascia di ac- quistar molta forza , se si osserva che quel diligente Scritto- re non trascura di descriver l'uso dei Chrysoplysia , detti la- tinamente Aurilavacra , che praticavansi allora in quel paese. Possìdonio, per la cui testimonianza parla Strahone^ descrive circostanziatamente che si pestava in polvere la pietra metal- lifera; che questa si passava per crivello, separandone poi la parte la più tenue per decantazione; che la sussidente più grave si ripestava, e crivellava di nuovo; ma ad oggetto di fonderla poi col piombo, e non già di sottoporla al mercu- (a) Lib. VII, e. 8. (b) Lib. xxxiu , e. 6. - . . ■ . Del Sic. Gio. Fabbroni. Sig rio. Egli descrive ancora il modo col quale i popoli vicini al Caucaso raccoglievano l'oro fluviatile; e in questo pure non si vede aver luogo il mercurio . Isidoro di Siviglia parla del- l'amalgama per dorare, ma non dice che per amalgamazione si traesse in Spagna il metallo dalle miniere . Era facil cosa il procedere dalla pretesa e già indicata puriiìcazione dell'oro mediante il mercurio, alla separazione di quello dalle materie nelle quali trovavasi disseminato, e disperso , come nelle terre , o pietre metalliche , o ceneri di officine ; anzi forse sono queste materie , quelle che sotto il nome -di Sordes intende Plinio indicare; e nella separazione loro soltanto, probabilmente consisteva la da lui chiamata /?u- TÌficazione . È probabile che fosse dipoi portato questo meto- do dai Romani a trasceglier l'oro dalle arene, e terre rico- nosciute aurifere nel loro vasto dominio; ma ciò non fu per quanto pare, ai tempi di Plinio; e di tal fatto non si trans- mise memoria. E forza convenire per altro, che l'uso della Amalgamazione si vede limitato in quel tempo a trascegliere l'oro visibilmente mescolato con parti eterogenee, separato dalle terre e arene per lavatura, ossia dagli atomi di piriti arsenicali, e zulfuree , o dalla blenda, o galena, o altri mi- nerali non solubili al mercurio, non separabili dall'acqua, stante la gravità loro; e che se incorporati restassero all'oro nell'atto della fusione, lo renderebbero agro, e fors'anco as- solutamente intrattabile . Non più si legge suU' Amalgamazione , neppur dell'oro fluviatile, dopo il sunnominato scrittor Latino. Vero è che o^mi ramo di scienza lungamente tacque, dopo la caduta del- rimpero di Roma. Avvi luogo da creder per altro, che non ne fosse interrotta la pratica sino al secolo XV in Italia, leg- gendosi allora nella Pirotecnia del Birìngucci cli-s {a) „ alla {a) Vannoccio Birìngucci Gentiluomo Senese, fu al servizio di Luigi Farnese, della casa d'Este, e poi della Repubbli- ca di Venezia . La prima edizione della sua opera venne a luce nel i54o , ed è alquanto rara : ne furono fatte più edi- zioni , e poi più traduzioni in francese ed in latino . 3;20 Cenni jui.la Storia eTeokia dell' Amalgamazione ec. „ fine dell'opera di lavare le arene fluviali contenenti oro „ ( o il sasso aurifero macinato ) le molecole di questo me- „ tallo restate sulle tavole del lavatojo, si mettono in un va- ,, so di legno, simile ad una navicella da lavar spazzature, „ ovvero un tagliero cavato in mezzo, di nuovo si rilavano, „ e in ultimo si ammalgamano con il mercurio, e da poi per 5, una borsa, o per boccia lo passano; e cosi ne resta l'ojo, ,5 evaporato il mercurio, simile a una renella in fondo, che „ con borace, o nitro o sapon negro si fonde „. Fu già un passo di più il portar questo metodo dal tra- sceglier l'oro visibile che l'Adda, il Tesino, il Pò ed altri fiumi trascinano con le loro arene, a utilizzare quello che re- stava invisibilmente nascosto nel solido sasso aurifero, il qua- le , come Bìringucci scrive, riducevasi prima in fina polvere a tale effetto. Anco Agricola contemporaneamente, o poco dopo, avvertendo che erano Italiani quei che raccoglievano l'oro nei monti, fiumi, e ruscelli della Germania (a), dice che alcuni, dopo averlo lavato, lo ripongono in otri, e lo trasportano altrove , ed altri non di meno " fabbricano una „ macchina, che in uno stesso tempo insieme, la vena del- „ l'oro pesta 5 macina, cava netta, e col mercurio mescola- „ ta, passa di vaso in vaso, nel fondo di ciascuno trovando „ mercurio, che tira a sé gli atomi d'oro „ . Fin qui l'opera di amalgamare era ristretta, e sembrava unicamente diretta alla separazione del solo oro. Nuovo per- fezionamento, o applicazione dell'arte fu quello di estrarre egualmente l'argento per amalgamazione, cosa assolutamente ignota al tempo dei Romani, e la cui origine è in quello di Bìringucci, poiché viene distintamente prima d'ogn' altro in- dicata dal medesimo, previa la torrefazione, macinatura, e lavatura del minerale; metodo, egli dice, "che so da molti „ essere stato usato, e n' han cavato profitto ,, . Ma per quan- to nuo- («) De Re metallica i55o, lib. 8. Del Sic. Gio. Faebroni. Sai to nuova fosse sì fatta applicazione, ella non si discosta dal- la semplice amalgamazione Pliniana, e va considerata come la cosa medesima. Non si tratta di più nell'una, e nell'al- tra, clie dì sottoporre le nude molecole metalliche, sian d'oro, o d'argento alla immediata azione dissolvente del mercurio: ma eravi una differenza ben grande nell'esito tra questi due metalli: l'oro sembrava esser sempre accessibile; non cosi peraltro avveniva dell'argento, clie qualche volta invincibil- mente vi resisteva . Quindi è che lo stesso Birìnguccì previe- ne, che dopo aver macinati i diversi minerali argentiferi, „ convien provare se col mercurio inmalgamare si possono ,, . In fatti, sarebbe opra perduta il procedere alla amalgamazio- ne, se l'argento si trovasse intimamente combinato all'arse- nico, alla blenda; o se fosse in altra cosa involto, che lo di- fenda dal necessario contatto col mercurio. Ad oggetto di por- re a nudo l' argento , e farlo accessibile sempre a quel sol- vente metallico, s'introdussero nella operazione, empiricamen- te al certo , alcune altre coadiuvatrici sostanze . §. III. Amalgamazione per intermedio . Riconosciuto essendo una volta che poteva esistere in un minerale qualunque, specialmente l'argento, e non essere at- taccabile dal mercurio, cui suolevasi in altra circostanza sot- toporre utilmente, nacque il pensiero di chiamare in ajuto altri chimici agenti . Questa innovazione egualmente sorse al tempo di Birin- gucci: ella forma veramente una operazione distinta dalla sem- plice amalgamazione Pliniana ; e quindi per maggior chiarez- za può distinguersi a giusto titolo col nome di amalgamazio- ne per intermedio. Biringucci che primo la descrive, ne rende conto cosi: " Ingegnosa considerazione certamente fu dell' in- „ ventore di (con brieve via) cavar ogni sostanza dell'oro, Tom. XFII. Ss 02-2. Cenni sulla Storia e Teoria dell' AiUALCAMAZiONEec. ,, e argento dalle spazzature di ciascun' arte, o che li fondi- „ tori delle miniere nelle loppe lasciato avessero, o quelle „ di qualche miniera propria, senz'altro bisogno di fusioni, ,, solo con la virtù del mercurio , togliendo una pila di pie- ,, tra, odi legname grande murata, e dentro adattandovi una „ macina di pietra, qual giri come d'un molino, nel cui va- „ no inattesi la materia continente l'oro, o argento, in un „ mortajo ben tnacinata^ e di poi lavata ed asciutta rimaci- „ nandola con detta macina, humidandola con aceto, o acqua, „ ove sia risoluto solimato , verderame, e sai comune, met- „ tendoli sopra tanta quantità di mercurio che basti a coprir- „ la, e falla guazzar per dentro un'ora, o due, menando at- „ torno la macina a mano, o con cavallo (secondo l'adatta- „ mento ) perocché, ([uanto più la materia si sfrega col mer- „ curio per virtù delia macina, tanto più quello piglia della „ sustantia che dette materie contengono : e così disposto e „ lavatolo, e con uno staccio dalla terrestreità separatolo, „ recuperasi il detto mercurio; il quale facendo salire con ,, una boccietta [cioè stillandolo) , o passandolo per borsa, ,, lascierà nel fondo l'oro, e l'argento, o rame, o altro me- ,, tallo, che col detto sfregare nella macina bavera preso „• Era questa una operazione nuovissima, ed a pochi nota in allora, poiché Biringucci dovette acquistarne il processo, come dice, col dono di un suo diamante. Il contemporaneo Benvenuto Cellini (a) quantunque es- pertissimo orelice fosse di professione, e che diversi paesi vi- de, non fa parola di tal maniera di recuperare oro, e argen- to, della quale non avrebbe fatto segreto nella sua opera sulla oreficerìa, se la conosceva, come non lo fece delle molte pra- tiche dell'arte sua ivi descritte: egli parla bensì dell'unione dell'oro al mercurio, come altri molti, in proporzione di parti una a otlo per uso d'indorare; ma niente dice sul modo di procedere ai recuperi nelle officine di orefici, o nelle zecche. (a) Nacque nel ir>oo , mori nel 1870 Del Sic. Gio. Fabbroni. 828 S- IV. Amalgamazìone in America . Era da credersi che la facilità di un metodo, in appa- renza meccanico soltanto, per trasceglier l'oro, e l'argento, senza intervento del fuoco , dovesse dilatarsi con sollecitudi- ne dovunque oro ed argento si trovan frammisti a molte ma- terie inutili . Nel momento stesso della scoperta del nuovo mondo, la sete del guadagno vi dovette attirare molti specolatori, e Spa- gnuoli, e Italiani, i quali, dopo avere esaurito l'oro, e l'ar- gento già estratto e posto in opra dai naturali aiutatori; do- po avere sfiorato le grandi vene delle più ricche cave per via del fuoco, siccome costumavano i naturali abitanti; si dovet- tero rivolgere a profittare anco delle minutissime pagliuzze di quei metalli scarsamente disperse, separandole, al modo Pliniano, da ogni eterogeneità col mercurio, come già in Ita- lia anticamente facevasi . Restava un passo di più per sotto- porre all'azione del mercurio anco lo stesso sasso metallifero polverizzato, e questo facilissimo passo, già fatto nel vecchio mondo, conforme lo indicammo poc'anzi, ivi pure si fece. Dopo tutto ciò che in rapporto a quest'arte abbiam pas- sato brevemente in rivista, parrà strano di sentir pronunzia- re e con tuono assoluto all'istorico Bowles (a), che " nessu- „ no avanti gli Spagnuoli ebbe l'idea di mescolare il mercu- ,, rio con una pietra in cui è l'argento invisibile, sciolto col „ solfo, coir arsenico , e mescolato sovente con rame e fer- 55 ro Gli Spagnuoli ( egli soggiunge ancora ) imraagi- „ narono l'ingegnoso metodo di macinare il minerale pove- „ ro , per ridurlo in polvere fina „ . Ma in polvere fina già riducevasi il sasso metallifero per utilizzarne, sin dal tempo (a) Introd. à l'hist. nat. «le l' Espagne. 3^4 Cenni sun.A Storia e Teoria deli/Amalgamazionecc. Ji Jgatarchìcle : jiarlano di questa circostanza anco Sfrabone, e Plinio; ne parla poi Biriiigucci, nel cui testo, poco fa ri- portato leggesi chiaramente dell'uso del mercurio per estrar l'oro, e V argento non dalle sole arene, ma dalle scorie, o loppe, e dal sasso metailico, o minerale, nominatamente ar- gentifero macinato. L'accurato tecnologo Bekinan contrasta con ragione adunque agli Spagnuoli questa pretesa inven- zione, e ne riconosce l'uso nel nuovo mondo, poco anterior- mente all'anno 1577. ^lonzo Barba, abilissimo metallurgo Spagnnolo , non ne fa autore veruno della sua nazione; e si contenta unicamente di dire («) , che l' invenzione ^oco nota agli antichi di separare mediante il mercurio l'argento dal minerale ridotto infarina.) si cominciò a porre in opra al Potosì nel 1S74, epoca adottata poi da Robertson nella sua storia. Acosta che viaggiò all'America nel 1571 dice [b] che in quell'anno istesso fosse introdotta l' anialgamazione al Po- tosi da Fernandez de Velasco , che l'aveva veduta praticare nel Messico. Ulloa nella sua opera, ne segue l'autorità. Il citato Bowles asserisce che Enrico Garces scopritore delle ca- ve di mercurio a Guancavelica, stabilisse l'applicazione di tal metallo all'uso delle miniere d'oro e d'argento nel i566 al Messico, e al Potosì. Egli pure andò errato, giacché il Mi- lanese Girolamo Benzoni (e), che percorse il nuovo mondo dagli anni i54i a i556, epoca sempre posteriore all'opera del Biringucci , dice dell' oro , che si cavava dalla montagna del Potosì " che è come una minuta arena , e cosi cavatovi „ la terra, con l'argento vivo il cogliono „. Resta dunque evidentemente provato dall'anteriore testimonianza di questo viaggiatore, che l'uso del metodo Pliniano per estrarre il me- tallo nobile amalgamandolo col mercurio al Potosì, è per lo (a) Arte de los raetales , en que sa ensena el verdadero beneficio de los mi- nerales de oro y piata . Questo autore scrisse nel 1687 , fu stampata la sua opera a Madrid nel 1640, tradotta in Tedesco nel 17^6 , e in Fran- cese in altra epoca . (/;) Hist. naturai , y moral de las In- dias . Sevilla i5go. Barcelona tSgi ; fu tradotta in Italiano nel jSgò, in Fran- cese nel iSgS . {e) La Istoria del mondo nuovo. Del Sic. Cjo. Fa n buoni. ' SaS meno elicci anni anteriore al ritrovamento che Garces fece delle cave di Guancavelica nel i566 («) . Acosta ^ Gemelli Carreri (b), Frezier (e) oltre Ulloa^ e più circostanziatamente che questo, ri descrivono il metodo di amalgamazione per intermedio introdottosi al nuovo mondo; e si vede che consisteva nel macinare primieramente con mole verticali, o frangere con pestelli gravissimi il minerale, del- la cui polvere, o farina come chiamano, si faceva uno stra- to di 3o quintali, alto un piede in un aja , per impastarvi con acqua cinque quintali di sai marino, rimovendo frequen- temente per più giorni il mescolo : vi si spremeva poi sopra una libbra di mercurio per oi^ni cento, ma a guisa di piog- gia attraverso una tela , incorporando dì nuovo il tutto per lo spazio almeno di venti giorni. Nasceva calore nella massa per la scomposizione, e acidificazione delle sostanze saline, e seguiva in quell'atto la disposizione ad unirsi del mercurio all'argento: si esponeva anco l'impasto a un calore artificia- le per accelerarne l'effetto. Compiuto questo si gettava, e scioglieva il tutto nell'acqua contenuta in alcune casse di ta- vole, nelle quali agitavasi a mano con pestelli, o ruote, o mulinelli ad ale, onde farne cadere al fondo col mercurio i metalli. Si separava allora la terra impoverita, e sospesa in parte nell'acqua, non senza sottoporla a nuove lavature in altri vasi. Indi raccolto il mercurio in una pelle spremevasi; e l'amalgama duro si esponeva all'azione del fuoco in una campana di terra, o di ferro, sotto cui n'era unita, bocca, a bocca a rovescio, un'altra piena d'acqua : si fugava col fuo- co il mercurio dalla superiore , il quale lasciandovi i metalli fìssi, scendeva a condensarsi nell'acqua della inferiore. (a) Le ricchissime miniere dell'argen- to furono scoperte da Villaroel nel 1547. Pietro Cera che viaggiò il nuovo mon- do dal 1541 al i558, vide il Potosì an- teriormente al i55o,edire che si trae- va l'argento dal minerale al modo de- gli Indiani con i forni a vento detti giiaire : e adunque non erasi adottato ancora l'uso del mercurio in servizio del- le medesime Istorie del Perù ; traduzio- ne Italiana. Venezia i556. Quest'opera fu terminata al Perù nel i55o. (b) Giro del mondo ec. Questo viag- giatore fu al Messico nel 1697. (e) Voyage à la mer du sud . Saó Cenni sulla Storl'^ e Teoria dell' Amalgamazione ec. Ma sino al 1636, anno in cui Alonzo Barba scrisse il suo libro, coinprendesi che tale operazione facevasi in un mo- do sì trascurato, che erasi ben lontani dall' ottenere a gran pezzo la totalità del metallo. Egli rilevò, per esempio, che nel paese dei Lipas ritraevasi cinquecento scudi d'argento per ogni cento libbre di un minerale, che a lui ne rese non me- no di geo: da una cava sulla collina di Santa Zuana , nella quale gli Amalgamatori trovarono poco cenno d'argento, egli ne ottenne sessanta scudi per ogni, centinajo di libbre: tal- ché con ragione ebbe a dire, che quello che si perdeva al Potosì per negligenza ed ignoranza degli operanti, sarebbe servito per arricchire molti altri paesi . Occorrevano dei correttivi, o agenti intermedj nella sud- divisata opei'azione per disporre il minerale, secondo la sua natura, a cedere più facilmente il metallo fino al mercurio: un Domenicano trovò utile, in questa categoria, l'aggiunta delle scorie del rame; altri altre cose adoprarono . Uno dei principali errori avvertito da Alonzo Barba è quello di non saper trascegliere tali correttivi , né cotìvenientemente adat- tarli al bisogno, sebbene l'aspetto solo del mercurio, duran- te l'operazione, offra, secondo questo scrittore, bastante in- dizio alla decisione : per esempio, egli dice, se il suo colore si fa livido traente al nero, richiede che vi si aggiunga del ferro : se si vela in color dorato , vi abbisogna calce ; se mo- strasi ammortito , e non corre vivacemente in giobetti come suole, ma sembra trascinarsi torpidamente allungato, convie- ne aggiungervi cuperosa , ec. Se queste aggiunte non si fan con giudizio, può anco incontrarsi il caso, che volendo ef- fettuar r amalgamazione , non si trovi più né mercurio, né metallo fino . Una simile disparizione , che Alonzo Barba di- ce accaduta qualche volta, doveva certamente apparir miste- riosa, e soprattutto in quell'epoca, a chi non rettamente pen- sava, né considerava l'azione dei dissolventi. Tale era l'igno- ranza del paese, e del tempo, che, come rilevasi da Gemelli Carreri , gli Amalgamatori, vedendo che tanto il mercurio Del Sic. Gio. Fabbroni. Sa^ adoprato calava loro nella operazione, quanto era l'argento che trovavano dopo la distillazione dell'amalgama, tenevano per fermo che altrettanto mercurio si fosse solidificato, e cam- biato in argento . Ma ciò che più deve far specie si è il ve- dere che questa folle idea ancor vigeva oltre la metà del pas- sato secolo, allorquando Ulloa, che lo afferma, fu comandan- te al Perù . Raramente gli antichi Metallurgi andarono esenti da al- chimistiche presunzioni, e progetti; né possiamo i)er ciò pren- derli a scherno, poiché da tale errore discesero molte impor- tanti scoperte . Lo stesso Alonzo Barba fu tinto di questa pece; e l'arte di che si parla ne trasse miglioramento. Egli narra che essendo curato a Tiguanaco nel 1617, ebbe in men- te, come molti altri, di tentare la solidificazione del mercu- rio ; e gliene risultò in quella vece , il casuale ritrovamento del metodo di amalgamare per cottura, metodo assai più pron- to , e più proficuo , che quello praticato in avanti . Consiste questo nel far bollire per due ore con acqua ed alquanto mer- curio in vaso di rame, la polvere o farina argentifera, pri- mieramente unita a sale comune, ed ivi agitarla orizzontal- mente con un rastello , o arcolajo di legno , mosso in giro , attorno ad un asse verticale : egli ottenne così , in sole due ore, quel risultato che col metodo usualmente praticato in avanti non ottenevasi quasi nell' intiero corso di un mese . Egli dovette con ragione restar sorpreso della prontezza dell* esito della sua nuova operazione, che trovò esser anco eco- nomica in confronto della volgare, sull'appoggio di un cal- colo comparativo . La presenza del rame e del sale, il calore ed il moto furono da lui riputate cose, e condizioni essen- ziali all'effetto. Questa sua scoperta, peraltro, restò forse particolare al solo Potosì , sapendosi che altro metodo prati- cavasi al Messico, per relazione di Gemelli Carreri , che lo descrive appresso a poco cosi : si separava in primo luogo il minerale che merita d'esser trattato col fuoco, da quello che convien tosto mettere all' amalgamazione : si tritolava separa- SaS Cenni sulla Storia e Teoria dell' AMALGAMAZioNEec. tumente ciascuna specie di sasso metallico in aioitaj di ferro simili a quei della polvere da guerra, per mezzo di mecca- nismi mossi da cavaiio, o da ac([ua; e il sasso più povero, ridotto iu sottil farina, si poneva in una cassa di tavole, con acqua , sale e scoria di rame , come se sene dovesse far loto da faJjbricare : ciò fallo, si aggiungeva il mercurio, intriden- dolo, calpestandolo insieme duranti 2,^ ore, sin che venisse a diffondersi bene in tutta la massa, la quale poi si lasciava in riposo sotto un tetto per due giorni, ripetendone l'alter- nativa durante a presso poco un mese. Indi si portava il tut- to in un lavatojo pieno d'acqua corrente, ove con ruote di legno a mano, si teneva in moto la materia nell'acqua; e la terra lavata scolava con l'acqua fatta torba da essa, in un secondo simile lavatojo sottostante, e da questo in un terzo; e finalmente andava in una fossa di deposito, ove le donne trovavano sempre, a suo dire, qualche poco d'argento. Tanto resta difficile a introdurre e mantenere stabili le operazioni nuove, quantunque utili, che anco al Potosi stes- so restò negletto, e si abbandonò, per tornare alle antiche consuetudini, il miglior metodo di Alonzo Barba : già non più era in uso al tempo di Ulloa ; ed il suo annotatore dice, che sotto la condotta dei nuovi Impresarj fu riassunta la prece- dente pratica di amalgamare, niun riguardo avendo ai consi- gli dall'inventore diretti ad evitare le avvertite perdite con- siderabili che si facevano in metallo fino , e mercurio . S- V. Stato dell' Arte in Germania . Rimase per più di un secolo nel medesimo punto l'arte dell' amalgamazione dovunque, e quasi che sepolta in nuovo silenzio la storia della medesima . Il Tecnologo Bekmann af- ferma nelle sue memorie per servire alla storia delle arti in genere, che avanti la scoperta dell'America si adoprasse il mercurio Del Sic. Gio. F abbuoni. Sag mercurio al Reno per raccogliere le pagliette d'oro, che se- co porta quel fiume. Bowles asserisce pure che l'amalgama- ziotie si usava nelle miniere dell'Ungheria sino dal i566. Non si tratta in questi due casi che della semplice amalganiazio- ne Pliniana, che vi lasciaron forse i Romani, o che vi fa al tempo di Giorgio Agricola portata fors'anco da quelli Italia- ni, che mestiero facevano di andare a raccoglier pagliette d'oro nella Germania (a). Vi fu uno Spagnuolo che volle in- trodurre nel i588 il metodo Americano in Boemia, e non eb- be effetto, come si dimostra dai documenti riportati da Borri. Si ottiene evidente prova che non altro metodo si praticasse che quello della amalgamazione Pliniana dal metallurgo /«r, che due secoli dopo quell'epoca, dal 1757 al 1769 intrapre- se espressamente un viaggio [b) per esaminare i mineralogici stabilimenti di più nazioni . Egli trovò effettivamente prati- cata l' amalgamazione nelle miniere di Schmnitz, e la descri- ve, all' incirca, con le seguenti parole: " l'oro naturale, che „ si separa a Schemnitz dalle parti eterogenee del sasso me- „ tallifero pestato , resta ancor misto con minerale di piom- ,, bo , e con pirite ; si purifica amalgamandolo così : nel mez- „ zo della stanza destinata a tal opra è un canale di legno „ sostenuto con pilastri all'altezza di tre piedi da terra, in- „ torno al quale sono tavole con fori tondi, in cui stanno „ incastrati altrettanti mortaj di legno , che han sei a sette ,, pollici di vuoto in altezza, e in diametro: in questa cavi- „ tà si tritnra a mano, con egual peso di mercurio, il sud- „ detto oro lavato : quando l' operante sente che il mercurio „ è addensato in pasta, vi getta sopra acqua calda, la quale „ rendendo più liquido l'amalgama, lo fa più pronto ad unir- „ si alle molecole d'oro, che potessero ancora essere sfuggite „ alla sua azione. Se ne scola il fluido nel contiguo canale; „ si lava l'amalgama a chiare acque; si spreme in pelle; e Tom. XVII. Tt {a) JBiringucci era for«e nel nuoiisro . (b) Vopge metallurgique etc. 33o CiLNNi SULLA Storia eTeoria dell' Amalgamazione ec. ,, ne risulta una pallottola ili oro, e mercurio del volume di ,, una noce , non mai più grossa , perchè il mercurio se ne ,, svaporerebbe con maggiore difficoltà al fuoco, uiediante il „ quale si fa distillare per descenso „ . In questo metodo, che da quello di Plinio primieramen- te riferito non si discosta, se non forse nel ritrarne succes- sivamente il mercurio , sembra rilevarsi chiaro in che senso quel latino Scrittore abbia c\\\a.ma.to purificazione dell'oro quel- lo che altro non è, se non che una semplice separazione di esso dalle impurità eterogenee affatto, conforme accennammo già, e che purificazione egualmente si dice dallo stesso /ar, sebbene con improprio vocabolo, in tempi nei quali esigevasi già una maggiore esattezza nelle chimiche espressioni . S- VI. Stabilimento Borniano in, Ungheria , e successivi miglioramenti introdotti in Germania nelV arte di amalgamare per inter- medio . Il Barone Born che intraprese un viaggio nella Transil- vania, Ungheria ec. l'anno dopo il ritornò di Jar {a) , parla degli aurilavacri della Transilvania , e Bannato ; e quantun- que minutamente ragioni delle miniere di Schemnitz, niente dice sull'esistenza della amalgamazione trovatavi dal suo pre- cursore : ciò non ostante la vide sicuramente egli pure ; e tro- vandola in abietto stato, concepì il progetto di sottoporla a filosofico esame , come di fatto fece [b) . Non più angusti mortai di legno, ma grandi caldaje di rame si usarono nel nuovo stabilimento progettato da Born, che era in attività sino dal 1785. In queste caldaje con ac- qua bollente, o condotta almeno al medio termine di 4° ^ 1^ (a) Voyage mineralogique fait en Hon- ie et en Transilvanie par M.' de Born. radotto da Monnet , Parigi J780. (b) Uber das anquicken das Gold und Silberhaltigen Erztes vien 1786. Dei S r g . O i o . F a b n r. o n r . 33 1 60 grarli, sopra a i5o libbre di mercurio posto in fondo, si agitavano circa aSo libbre di farina minerale torrefatta con sale [rostmeJil) mossa continuamente in giro per mezzo di un rastello, o arcolajo [querl) duranti 16, 18, ed anco a4 ore, secondochè più, o meno ricca consideravasi la materia. Non restò dubbio il migliore effetto di questo metodo sul precedente in Ungheria , come non lo fu per Alonzo Barba al Potosì : ma il consumo del fuoco risvegliò l'attenzione de- gli specolatori ; e i dotti già meditavano sulla possibilità di evitarlo, del pari con l'uso delle caldaje e del sale. Si è già veduto, che né rame metallico, né calore usa- vasi , oltre alcune sostanze saline, nelle prime amalgaraazioni semplici; ma non se ne conoscono bene né lo stato dei me- talli, riè i risultati economici per giudicarne in comparazione. Circa al 1779, un anno avanti il viaggio del Baron Born, erasi stabilito da Puivissa sul Rodano presso Ginevra, un mec- canismo per r amalgamazione a freddo, che pur venne in men- te anco al Baron de Chastel , e che trovasi stampato nella Biblìotheque economìque di quell'anno in Parigi. Consiste es- senzialmente questo in due ruote pesanti, verticali, che dal corso dell'acqua sono fatte girare in un canale, in cui scen- de sopra una quantità di mercurio la terra aurifera, già pol- verizzata dal meccanismo medesimo, e inondata sempre da un filo d'acqua, che lentamente ne trasporta in particolare ser- batojo le parti più attenuate, per esser poi sottoposte a nuo- va amalgamazione . Ferber ^ che espressamente, ed a lungo sì occupa dello stabilimento Borniano in primo luogo descritto, narra nel suo avviso (a) ec. stampato in Berlino nel 1787 di aver tentato 1 amalgamazione a freddo, in vasi di legno, ma senza miglior successo di quello non felice, che ottenne lo stesso Borri, e che questi descrive da pag. 167 a 174 della sua opera su tal (a) Narhricht . . . anquicken der Gold und Silber Erze etc. in Ungarn und Bó- hemen , in Jar 1786. 33^ Cenni sur t,a Storia ETconiA dell' Ahialgamazione ec. soggetto. Barì>a aveva già positivamente asserito, che sareb- besi tentata inutilmente in altri vasi fuor che di rame. Gellert citato da Ferher^ e da Franoso, come quegli che portò all'amalgamazione germanica un perfezionamento maj;- giore , sperimentò egualmente dal canto suo, di operare in vasi di legno, ed a freddo, e con l'ajuto, come egli dice, di un più forte meccanico pestare, ma non senza per altro, la presenza del rame ^ e del sale marino, ed ottenne piena- mente il buon esito che ne aspettava . I suoi sperimenti fu- rono descritti da Ortmann, e pubblicati nel 1788. Egli so- stituì alle caldaje un vaso angusto di legno, simile a quello in cui suol battersi il burro, e denominato in qualche luogo Baratta [a)\ e invece di rastello, o arcolajo, usò un pesto- ne , che muovevasl d'alto in basso, armato con una lastra di rame in fondo . In sedici ore di azione ritrasse da una quan- tità di farina minerale ben sottilizzata, tutto l'argento che conteneva , sino a due soli danari . Haìdìnger a Joachimsthal sostituì felicemente, con mec- canismo simile al già descritto, il ferro al rame: egli operò egualmente in mastelli di legno contenenti acqua sino ai due terzi dell'altezza loro, con 5oo libbre di mercurio in fondo, sul quale faceva acciaccare 5oo libbre di polvere minerale, con sale marino, per mezzo di una piastra, o piatto di fer- ro, che la percuoteva d'alto in basso con 16 a 18 colpi per ogni minuto, duranti 4^ ore per le terre ricche da tre a sei marche di fino per cento, e duranti 3o ore soltanto per le più povere. Quando facendone saggio si conosce, egli dice, che il mercurio è amalgamato al possibile ( e l'indizio per Alonzo Barba è il trovarsi due parti di amalgama unite ad una di mercurio ) si apre un foro per cui questo metallo flui- do, unitamente all'argento ed oro che ha incorporato, cola in altro vaso pieno d'acqua, nel quale gira verticalmente un (fl) Non è questa voce in questo sen- 1 sì il diminutivo barattolo , che vaso an- so nel Dizionario della Cruscai avvi ben- | gusto, e bislungo significa . Del Sic. G/o. Fabbro nt. 333 rastello per tre quarti d'ora, al solo effetto di riunirlo e la- varlo . Appena che Borri ebbe stabilito il metodo di arnalgama- zione per intermedio nel 1785 si risvegliò l'attenzione degli specolatori , e dei Principi che possedevan miniere nei loro stati: L'Elettore di Sassonia sp(Hlì a conoscerne l'utilità il suo Consigliere KuWco C ha rp enti er , ^^he si trovò nel 1786 sul- la faccia del luogo insieme con Trebra, Poda, e DeLlmyar. Ritornando in patria quell'abile Consigliere, aggiunse alle al- trui esperienze le proprie, ed ebbe luogo di foiinai' finalmen- te il gi'ande stabilimento di Hiisbriicke |jress(j Freyberg, che giustamente si dice da Fragoso essere il primo d'Europa per uso della grande amalgamazione a freddo. Consiste questo prin- cipalmente in una serie di botti orizzontali, che facendo da i5 a ao rivoluzioni per minuto sul loro asse, agitano nell'in- terno ciascuna, e duranti 16 ore, dieci centinaja di farina minerale torrefatta con sale marino, 3 centinaja d'acqua, 5 di mercurio, e diverse verghe di ferro a proporzione di sei per cento in peso . La terra residua è sottoposta con acqua in altri vasi al moto di rastelli, o arcolaj di ferro, che gira- no lentamente duranti otto a dieci ore, acciò si depositi al fondo il mercurio che vi può esser disperso . Trovasene am- pio ragguaglio, e disegno nella operetta che ne scrisse in Francese, e Tedesco il già citato Fragoso de Siquieira nel 1797, e che vide la luce nel 1800 in Dresda [a). S- VII. Etiologia della operazione . Abbtam veduto, sino dai primi tempi, nei quali fu inven- tata r amalgamazione per intermedio, che praticavasi unire (a) r)etrii|,ti. n nbregée de tous les travaux tant d' amalgamatìon que de fonde- rie etc. de Halóbiuck ete. 334 Cenni stu.i.a Stomia e Teoria dell' Amalgamazionecc. in sussidio all'azione del mercurio alcuni sali composti a basi metalliche e saline, quali sono il muriato di soda, Fossimu- riato di mercurio e l'acetato di rame. Si è veduto che Barba insiste molto sull'aggiunta di quei che chiama rimedj appro- priati all'indole del minerale, cioè, calce, ferro, cuperosa ; e che alla bene appropriata efficacia di questi, attribuisce il buono e cattivo esito di tale operazione. Non si rendeva ra- gione, né della utilità dei sali ingredienti di Biringucci, né dei rimedj ò.'' Alonzo Barba; ma ciascuno doveva credere, che non fu certamente senza sicura speranza e conseguimento di qualche vantaggio, che si determinarono gli operanti alla ado- zione, e all'uso continuato di costosi ingredienti. Molte operazioni pratiche nell'arti, che di metalli si oc- cupano, han dimostrato la necessità assoluta di aver nette e terse le superficj delle molecole di quelli, o come dicono, avvivate; non solamente perchè l'un metallo sull'altro agisca, e si attacchi, ma anco perchè le particelle di un identico me- tallo si uniscano tra di loro. L'argento e Toro stesso in li- matura essendo, non si unisce in corpo facendone la fusione, se non si aggiunge nitro, e borrace, che purghi le superficj delle sue particelle da ogni sostanza che ne impedisce il con- tatto. Il mercurio medesimo, diviso in globetti per semplice agitazione, non facilmente si rimette in massa, se avvi acqua interposta , se un velo piomboso li rinvolge, se una materia oleosa li spalma: e molto meno una circostanza, che contra- sta a questo metallo di unirsi a sé stesso , può accordargli potenza di combinarsi ai metalli dei quali vuoisi ottenere amal- gamazione : a torre adunque principalmente le materie, che impatinano le superficj dell'oro, dell'argento e mercurio, ed a prevenire l'ossidazione di questo, furono in prima dirette le aggiunte dell'acetato, e solfato di rame, dell' ossimuriato di mercurio , del muriato di soda , e poi della calce destina- ta specialmente a render netto il mercurio dal solfo, che for- mando una pellicola nera di etiope si oppone al suo contat- to con l'argento ed oro . A questo effetto appunto vien con- Del Sic. Gio. Fabbroni. 335 sigliala da Barba la cuperosa per purgarlo dal piombo semi- ossidato che lo involge, ed a questo uso pure sembrano di- retti l'ossimuriato di mercurio, che scaccia anco l'arsenico dalle sue metalliche combinazioni, e l'acetato di rame, ch& il muriato d'argento scompone. Ma quale può essere P effi- cacia, e l'oggetto del sai marino, celebrato come attivissimo anco da Plinio, adoprato da Barba, e da Born nell'opera dell' amalgamazione ? A che si appoggia l'asserta necessità del- la presenza o del rame , o del ferro ? Questo riescirà forse chiaro per le seguenti osserv'azioni , e sperienze . L'oro, e l'argento sono assai men soggetti che le altre sostanze analoghe a perdere i loro caratteri metallici, e con questi caratteri per lo più si offrono dalla natura: cosi il Ba- ron Born pensò che l' oro , e l' argento esistono nel minerale che li contiene occultati, larvati forse, ma non già minera- lizzati, come dicesi, cioè non in stato di così intima combi- nazione con i principi mineralizzatori , che ne cambi total- mente i caratteri, o affatto li denaturi. Tale fu già l'opinione di Bergman, di Kirwan , di Bau- me, da molti altri seguita : ma al contrario Ruprecht , Del- huyar. Suge etc. sostennero che si trovino effettivamente mi- neralizzati, sebbene in modo che il solo calore di torrefazio- ne basta per ricondurli al loro metallico stato . Ferber non vide in tale asserto che una specie di sottigliezza; la quale non molto si discosta in sostanza, dall'opinione di Bergman^ Born, e Kirvati, e adottò pienamente il parere di questi: Pro- ust va anco più oltre , sostenendo perfino , che la stessa ve- trificazione non cambi lo stato metallico dell'argento, e dell* oro, asserendo che l'oro, il quale tinge in rosso gli smalti, e i vetri, vi sia misto semplicemente, e non alterato. A me costa dal fatto , che i vetri colorati in fosco e nero dal ni- trato d'argento mediante il fuoco, cedono questo metallo al mercurio, che su i veri ossidi non agisce. E certo che non si trovano in natura, né ossidi, né zol- furi, nò sali d'oro, ma iion cosi è dell'argento, che il regno 336 Cenni sulla Storia e Teoria dell'Amalgamazione ec. minerale in realtà ci offre saliiicato dall'acido muriatico, e dall'arsenico, e combinato intimamente col zolfo. La vola- tilità dello zolfo, e dell'arsenico rendono talmente debole la combinazione loro coli' argento , che poco calore basta ordi- nariamente per separarli : a questo scopo è principalmente diretto quel rosticciamento , o torrefazione che si fa subire a tali minerali arijentiferi , prima di sottoporli all'azione del mercurio. Non così è dell' unione strettissima dell'acido mu- riatico, che si rende volatile con l' istesso argento, piuttosto che separarsene al solo calore, senz'altra forza intermedia. Pur non ostante Alonzo Barba asserì come si è veduto che senza sale marino, in vano si tenterebbe l' Amalgamazione dell'argento, ma in vano egualmente disse, che si tentereb- be , senza la simultanea presenza del rame . Bora convenne col fatto di questa duplice necessità . Riferisce Ferber nella citata operetta, che alcuni Chi- mici riflettendo sul processo Borniano, opinarono , ma senza prove , che l'acido muriatico si staccasse dalla soda per unir- si all'argento: pensarono che questo nuovo niuriato fosse suc- cessivamente scomposto dalle terre assorbenti del minerale, e che in quell'atto il mercurio avesse luogo di impadronir- sene . Tale fu appunto l' idea dello stesso Boni . Ma se così era; come mai sarebbesi trovata necessaria la presenza del rame, o del ferro? Merita forse osservazione , che nell' Amal- gamazione di Alonzo Barba , e del Baron Born , sono col sa- le marino quattro metalli a contatto più, o men perfetto, oro, argento, rame, e mercurio. Si potrebbe sospettare adun- que, che avesse luogo una galvanica azione, tendente a de- comporre primieramente, con atto prontissimo il sale mari- no, e dividerne i componenti, i quali dovrebbero reagir poi su i metalli, sugli ossidi, e sulle terre, per obbedir final- mente le chimiche affinità dei composti . L'Amalgama si forma in manifesto modo per via umida in questo caso, poiché le pareti delle caldaje di Bora, se ne trovavano spalmate, e si ingrossava successivamente a segno, clic Del Sic. Gio. Fabcroni . 337 che il proprio peso lo faceva staccare in croste, le quali ca- devano a immergersi nel sottostante mercurio . Anco le ver- ghe di ferro girate col mercurio nelle botti di Charpentìer si trovano coperte di amalgama, che difficilmente si stacca dal- le medesime . Ma acciocché questo amalgama si faccia nel flui- do, conviene che l'argento pure sia reso solubile; e la quasi che assoluta insolubilità del muriato d'argento non sembre- rebbe accordarlo. Che l'argento si faccia solubile, lo mostra chiaro, oltre il suddetto fenomeno. Alonzo Barba ^ che an- nunzia per carattere d'esser ben disposto alla amalgamazione un tal minerale impastato, e torrefatto col sale marino, il trovarsi tinte indelebilmente le mani, se si bagnino nell'ac- qua in cui quell'impasto medesimo sia stato immerso. Se que- sto avvenne, non fu certamente l'acido muriatico il solvente. Tutti i minerali che contengono degli zolfuri si cambiano in zolfati al calore umido della torrefazione, o a quello delle na- turali scomposizioni dei misti . Si novera da Alonzo Barba tra i correttivi la cuperosa , come cosa atta a predisporre il minerale e favorirne l' amalgamazione . Se galvanismo ha luo- go per la riunione e contatto di più metalli , questo zolfato pure può venire ad essere galvanicamente scomposto; ed in tal caso l'acido zolforico s'impadronirebbe dell'argento nell' atto medesimo che l'acido muriatico assale forse il mercurio: potrebbero risultarne cosi due sali solubili, che contempora- neamente dal rame , o dal ferro presente verrebbero poi scom- posti . Questo spiegherebbe come nel tentare l' amalgamazio- ne di un dato minerale argentifero avvenne talvolta , secon- do riferisce Barba ^ che non si trovò più né argento, né mer- curio . Sarebbe forza credere in tal caso, che si fosse formato un ossimuriato di mercurio, ed un zolfato d'argento, ambi solubili, e che sciolti dall'acqua delle lavature, se ne anda- ron con essa . Queste due metalliche combinazioni saline tro- vandosi insieme sciolte nell'acqua, possono, e debbono esse- re scomposte dalla presenza , o del rame , o del ferro ; e il mercurio e l'argento riprodotti nel loro metallico aspetto, si uniscono reciprocamente in amalgama . Tom. XV II. ^ Vv !^38 Cp.niM sulla SroRiA eTi:oria dell' Amalgasi azione ec. Barba aveva osservato che se si tritura mercurio cou cu- perosa ed acqua, vedesi prontamente atiimortito il metallo, e che aiririunsendovi sai comuni; si dile^iua . Abusivamente da taluno si disse cuperosa non solo il zol- faio di rame, ma quello pure di ferro. Provai una tritura- zione, quasi a secco, di mercurio, e zolfaio di ferino; vidi effettivamente sminuzzarsi in tenui globetti ben presto il mer- curio : aggiuntovi sale marino , Io parve ancora di più ; ma diluito il tutto con acqua, si vide riunirsi al fondo in sferette vivaci il mercurio di nuovo. R.ipetei la prova con zolfato di rame seniiumido ; ed in questa vidi verificato l'asserto del sud- detto Scrittore, poiché il mercurio fu come estinto nell'at- to, scorrendo torpidamente sul sottostante zolfato, e lascian- do lungo strascico argentino sul suo passaggio : unitovi sale marino ed acqua ogni vestigio di mercurio effettivamente spa- ri, tingendo per qualche istante di color fosco il bel verde, che aveva assunto il composto. Unii anco argento in foglia, mediante la triturazione al zolfato di ferro: sciogliendo il tut- to con acqua, l'argento si vide in fondo ridotto in polvere. Lo stesso feci col zolfato di rame ; ed aggiuntovi sale mari- no, un color castagno cupo si manifestò nella massa, che in- dicò azione su quel metallo: in vano più volte vi tuffai le dita per vedere se ne restava tinta la pelle; dunque non po- tei concluderne che si fosse formato un zolfato d'argento. Questi due distinti mescoli, di mercurio con zolfato di rame e sale marino ; e di argento con quei sali medesimi , furono uniti in un mortajo di porcellana, e nuovamente triturati in- sieme, e lasciati alternativamente in riposo per più giorni, senza effetto sensibile . Posi questo stesso mescolo, diluito con acqua , in un vaso di ottone , nel quale lo feci per qualche tempo bollire : niun fenomeno particolare ebbe luogo in due successive bolliture , né ainalgamazione comparve ; eppure ara- vi presenza di rame metallico, acido zolforico, e muriatico, e soda, insieme con mercurio ed argento. Vi aggiunsi qual- che pezzetto di ferro ; e quantunque fosser cosi quattro me- Del Sic. G i o . F a a n r o si i . 3 3fj talli Insieme, due- dei quali in metallico stato, niuna subita- nea cosa si manifestò che annunziasse una galvanica azione : il ferro soltanto fu attaccato alquanto dagli acidi, come do- veva: fu forza concludere che niente aveva luogo, che dalle note chimiche affinità si discostasse • Aggiunsi mercurio vivo a quel mescolo, traendone il ferro, che non eravi stato se non pochi istanti, e feci bollire nuovamente il tutto, che aveva apparenza di tenue fango verdastro, sebbene niuna co- sa terrosa fossevi mescolata. Esaminato in seguito il mercu- rio, parve non aver tratto a sé l'argento, conforme d'appres- so ai resultati di Barba potevasi sperare . Vi rimisi del fer- ro, e nuovamente bollendo, il mercurio videsi finalmente amalgamato, contenendo il rame del zolfato, che il ferro ave- va decomposto. E noto l'artifizio di quei ciarlatani che mo- strano la fissazione del mercurio col solo fiirio bollire in ac- qua celeste dentro un vaso di ferro. Quell'acqua color cele- ste è zolfato di rame che il ferro scompone; ed il rame se- parato in stato metallico viene ad unirsi al mercurio . E noto che il sale marino nel suo neutro stato, non so- lo agisce mediante il suo acido sugli ossidi ( ed è questo uno dei metodi usati per separaine la soda ) ma su i metalli me- desimi . Il ferro metallico, lo stagno, il rame, scompongono il sale marino . Le monete di argento che restarono lunga- mente- sotto le acque del mare, allorché naufragò il vascello S. Pietro d'Alcantara sulle coste Inglesi, furono trovate mi- neralizzate . Nelle ricche miniere del Potosi esiste copioso il muriato di argento, che forse origina egualmente dalle acque marine. Non è nemmen necessario per ciò che l'argento sia allegato con rame, per tale effetto, come lo era nelle sud- dette monete : feci bollir lungamente una soluzione acquosa di buon sale marino in un vaso di argento di coppella; e ve- rificai che di questo metallo fino fu sciolta una parte dall'a- zione del sale, che ne resta proporzionalmente scomposto; né perciò quel poco argento si vide in fondo al vaso in polvere insolubile quale suol mostrarsi il suo mudato . 34c Cenni sulla Storia eTeoria dell'Amalgamazione ec. Io aveva anco fatto artificialmente un zolfuro d'argento per fusione, e ridottolo in polvere lo triturai lungamente iti mortajo di porcellana, con zolfato di ferro, sale marino, e mercurio, ma senza ottenerne cenno di amalgamazione. Tri- turai in seguito questa stessa materia in mortajo di ferro; e non passarono molti giorni che riscontrai combinato in amal- gama col mercurio l'argento . Il sale marino si manifestò chia- ramente decomposto , poiché una parte di lui rifiorì , dopo lungo riposo, in copiosi fiocchi di soda sopra l'orlo del vaso. Il ferro si propenso a ossigenarsi con la presenza dell'acqua, scompose al certo il sale marino in quel caso : il zolfo ne fu ossigenato; abbandonò l'argento per combinarsi al ferro me- tallico del vaso; ed il mercurio potè unirsi all'argento. Il sale marino è adunque utilmente chiamato a concorrere all' opra della amalgamazione in grande, e per impadronirsi de- gli ossidi , con i quali fa dei muriati , e perchè favorisce la decomposizione delle altre combinazioni metalliche, e perchè, finalmente, abbandona l'argento al mercurio allorché la più potente attrazione del rame, e del ferro dal medesimo lo di- stacca. Ferber non avendo riflettuto bastantemente sulla etio- logìa del processo, volle sostituire della pirite al sale mari- no, col minerale da amalgamarsi, e si dolse di esito contra- rio alla sua non ben calcolata aspettativa . Più lodevole risul- tato ottenne Haìdinger da questa sostituzione, forse premet- tendo l'acidificazione delie sue piriti, ma solamente nella amalgamazione della blenda argentifera di Radiborsiz , nella quale quelle piriti riescirono utili all'effetto di convertire in zolfati lo zinco ed il ferro, che sono contenuti nella mede- sima . Quanto al calore dell'acqua in rapporto al buon esito dell' amalgamazione per intermedio, prescritto da Barba, a- dottato da Born, sembra che sia diretto a due oggetti; l'uno d'imprimere un moto di basso in alto mediante il bollore al- le molecole terrose , e metalliche , tenendo sollevate le pui leggiere, facilitando il contatto delle più gravi con il mer- Del Sic. Gio. Faburoni. 3^i curio: l'altro (che era utile nel loro metodo) faceva sì clie il mercurio toccasse poco a nudo il fondo, e le pareti delle caldaje di rame , staccandone di punto in punto il combacia- mento , e frapponendovi costantemente un velo di umidità . Un terzo oggetto del calore può trovarsi nel calore, quale è quello di coadiuvare alla piìi facile soluzione delle materie saline, e nel mantener più fluido, e perciò più attivo l'amal- gama sottostante. Comunque sia, questa azione del calore, non richiesta nell'antichissimo metodo di amalgamazione iu Italia, non fu poi trovata assolutamente necessaria nemmeno in Germania, e venne riformata, col risparmio non indiffe- rente al certo, di tutto il combustibile. Una maggior copia d'acqua supplir poteva alla sua minor facoltà solvente, quan- do è fredda ; e per mezzo di una superiore quantità di mer- curio può rendersi fluente l'amalgama quanto occorre al bi- soitno S- vili. Utilità del metodo . Ebbe l'amalgamazione, come ogni altra faccenda umana, avversari, e fautori. L'attenzione degli operanti, l'esame del- le circostanze, l'uso dei metodi dettero in varj tempi, cagio- ni di biasimo, e di lode. Negli antichi imperfetti metodi praticati in America, ed jn Europa; oltre una cospicua quantità di mercurio, perde- vasi non poco metallo nobile, che seco lui si smarriva, o re- stava intatto nel minerale . Quindi fu che Sclilutter si dichia- rò giustamente avverso alla amalgamazione, perchè a suo tem- po, come egli dice, riguardavasi come ben riuscita, quando non restava che un'oncia, o una e mezza di fino nella mas- sa, mentrechè, per suo asserto, tutto ntrar potrebbesi con la fusione . Schneider al contrario asserisce, che l'amalgamazione ha Il vero vantaggio d' estrarre dai minerali aridi, e poveri, il .•.•4i2 Cenni sui.i, a Storia e Teoria dell'Amalcamazione ec. poco metallo die contengono, Io che egli dichiara non poter- si ottenere dalla fusione , Alonzo Barba dice aver verificato che da alcune specie dei ricchi minerali -del Potosì ritraeva esattamente la stessa quantità di fino, tanto col mercurio, quanto col fuoco. Spielmaii riconosce nell'amalgamazione il mezzo più eflS- cace, e d'ogni altro raen dispendioso, per separare i metal- li nobili dalla arena, pietre, ed altre eterogeneità con le quali siano mescolati . La inavvertenza di sottoporre al mercurio dei minerali non a lui facilmente solubili, quanto al metallo fino, contro l'ammonizione di Biringiicci, e Barba, e quindi il poco buon risultato che in tal caso se ne otteneva, fece revocare in dub- bio l'utilità del metodo, e scoraggi ad usarne. Si rileva dall'opera di Bazinghen (a) che sino al 1764 si effettuavano per amalgamazione i recuperi dalle terre nella zecca di Parigi : una nota che Cadet appone alla traduzione di Spielman nel 1770 indica che \\ Delacorbìère, à'ivetiore ò\ quella zecca in allora, aveva preferito la fusione per ciò; e questa preferenza tuttavia dura . Ma un metodo , il quale per estrarre il metallo nobile dalle terre che lo inceppano, non esige, per dir così, la ma- no dell'uomo, secondo la espressione di Biringucci; che non richiede consumo di combustibili ; che offre un resultato in ogni punto del giorno , non può non essere più economico della fusione, nella quale una parte di fino si svapora, una parte resta ancor nelle ultime scorie, ed esige mano d'opra, e consumo grande di piombo , e di materie da ardere : avvi mantenimento di un locale nell'uno, e nell'altro metodo; ed il mantenimento di un meccanismo motore per l' amalgama- zione non è sicuramente maggiore di quel di un forno che il fuoco logora, e consuma ad ogni successiva operazione. Fra- goso si proponeva di pubblicare una tabella comparativa di (a) Traile des monnoies etc. a voi. 4-°^ ^ Paris 1764. Del Sic. Grò. Faisdkoni. 34^$ spesa , e di profitto nel trarre il fino da pari peso di terre aurifere, o argentifere, egualmente ricche, e per mezzo del fuoco, e per mezzo del mercurio: non si sa,o non mie no- to almeno, che questo suo proponimento fosse portato a ef- fetto . Il Cavaliere de Robilant, che esorta a preferire la fusio- ne per i recuperi, narra che per fondere ^2. quintali di ter- re contenenti ciascuno once 2, | di metallo fino, con più due quintali di pirite, altrettanto di scorie, e li quintali di piom- bo, si perdette una quarta parte di questo, il cui valore uni- to al combustibile occorso, portò una spesa di 2,07 lire, os- sia di lire cinijue per cento. Ma egli per altro non valuta nel calcolo , che conveniva poi passare a nuova fusione le nuove scorie ; che conveniva estrarre il fino dal piombo per coppel- la ; che occorreva revificare il litargirio derivante da tale ope- razione, e finalmente navarrarlo come dicono, o farne la li- quazione . Ma ciò che sembra dar vittoriosa sentenza in favore del- la amalgamazione si è il raccogliere dallo stesso avversario Cav. de Robilant , che le scorie , dopo ancora esser ripassate nel fuoco , pur contengono tre denari di fino per ogni cento di libbre, e sentirgli pronunziare che non meritano allora la spe- sa di operazioni ulteriori . Mettasi questa confessione a con- fronto di quanto il Padre Pini asserisce, cioè che si amalga- mano con profitto le piriti, che un solo denaro d'oro con- tengono per quintale ! Non si taccia per altro una delle più forti imputazioni che a svantaggio della amalgamazione facevansi , ed è, che se per la fusione si svapora una porzione considerabile di piom- bo; una quantità assai più cospicua di un metallo più ricco, quale è il mercurio, si diceva perduta nell'opra di ritrar con esso per amalgamazione l'argento, e l'oro. 344 Cenni sulla Storia eTeokia dell' Amalo amazionecc. $■ IX. Calo del Mercurio nelV opra della Amalgamazione . Nelle grandi officine dirette a ritrarre in amalgama l'o- ro, e l'argento dai minerali, si deplorò sempre la perdita che facevasi nella qnantità del n>frcurio adoprato come solvente, la quale da inavvertenza resulta, ed è tanto maggiore , quan- to meii si pon mente alle circostanze che la producono . Alonzo Barba dovette dire, che se l'argento estratto dal Perii ha riempiuto l'universo di ricchezza, si è perduto per ottenerlo, almeno una doppia quantità di mercurio; e dovet- te concludere, che a tempo suo il piìi diligente ed abile ope- ratore ne perdeva sicuramente un peso eguale all'argento fi- no, che ritraeva. „ Nel solo Potosi, sino al iò36 ( egli pro- ,, siegue ) si sono consumate libbre 3,847,000 di mercurio,, e altrove „ ora che le cave del Potosi cominciano a dirainui- „ re, si valuta che perdasi di mercurio per più di 3o,ooo 5, scudi ali' anno „ . Quei tempi nei quali avevasì trascuranza somma per la dovizia eccessiva d'oro, e d'argento nel nuovo mondo pros- simamente alla sua scoperta , finiron presto colà , e non fu- ron comuni all'Europa • nelle cave di questa valutavasi da gran tempo quanto conviene i metalli nobili, e non meno il mer- curio : ciò non ostante il calcolo di questo agente a Joachim- stall giungeva altre volte sino al a8 per cento . In seguito , ancorché si portassero precauzioni ulteriori , non fu meno del 17. Jar osservò che in Ungheria perdevasene da i ^ a 2 on- ce per Loth che vuol dire uno in otto, ossia circa il 12, per cento. Il Padre Finì trovò il i3 di perdita per cento in Lom- bardia . Il Cavaliere de Rohilant^ giustamente sdegnato per ciò, contro il sistema di amalgamazione quale praticavasi a suo teni- ])0 in Torino , immaginò dei forni atti a ricuperare dalle terre esaurite , Del Sic. G io. Fabbroni. 345 esaurite , e di rifiuto , una parte di quel mercurio , che ivi riguardavasi come perduto . Da 3o libbre di terra provenienti dall' amalgamazione in Torino, egli potette ritrarre once 6. 19 di mercurio: la massa era 1219 (juintalijC ne avrebbe dato circa 92 rubbi . A questa maniera di recuperamento del mercurio riputa- to perduto, erasi già pensato anco in America, sin dal tem- po di Acosta il quale riferisce che ì\ fango, o sedimento del- le prime lavature si torrefa dentro un forno per ritrarne il mercurio restatovi. Si lavora per Beo, 000 quintali di mine- rale all'anno nel Potosi; e dai suoi fanghi, rigettati altre vol- te, si ricupera più di 2000 quintali di mercurio . Questa sola porzione è quella , che nella diminuzione del mercurio riguar- dasi come vera perdita in America, perchè si reputa il re- sto , con speciosa idea , come abbiamo indicato , quasi parte faciente della operazione. È forse questa una conseguenza del- la persuasione in cui molti lungamente restarono colà , cioè che abbia luogo solidificazione di mercurio in quella circostan- za; ma siccome tra i creduli sono per ogni dove anco degli uomini istruiti, e che pensano rettamente, non tutti ne an- dran daccordo. Dice difatti Ulloa ., che avvi divisione di opi- nione circa al mercurio che si consuma ; alcuni la fissano a 14 once per ogni marco d'argento che si ritrae amalgaman- do, altri a 12, altri a meno: ma aggiunge che in generale tutti convengono, che il peso del mercurio mancante egua- glia quello dell'argento ottenuto, cioè che \a produzione d'o- gni marco d'argento fa consumo d'un marco di mercurio; ed è in questo senso, che egli presagisce doversi una volta tro- vare il metodo di amalgamare senza perdita di mercurio, non riguardando come perdita ([uello che chiamò consumo. Simi- le idea, che si sappia, non entrò mai nella mente di veruno amalgamatore Europeo : le cognizioni chimiche e metallurgi- che sono assai piìi perfezionate qua, e più diffuse; ma la pratica per la parte materiale di quest'arte non vi fu generalmente condotta con l'ultima perfezione, avendo già veduto non in- Tom. XFII. Xx 346 Cemsi sulla Stokia e Teoria deli.'Amalgamazione ec. dlfrercnto il caio cui socsiaceva il mercurio in alcune delle officine amalgamatorie più accreditate . A due distinte cagioni deve attribuirsi la perdita del mer- curio; l'una alla salificazione di lui, ed è questo il repuKito consumo ò^ Vlloa ^ per la qual circostanza vien fatto solubile al!'ac(iua, come già fu indicato; l'altra, al triturameiito che soflVe nelle macini, o altri meccanici modi aiualgamatorj , per il che ne divengono galleggianti le minute molecole, e son disperse con l'acqua, ovvero restan nel fango; e questo è quel che costituisce la vera perdita per il sunnominato Scrittore. Della salificazione, e soluzione del mercurio non si può dubitare, per i fenomeni poco avanti avvertiti. Il Padre Pini notò in questo senso, che la pirite arsenicale ne fa consumo. Barba vide che la cuperosa, da lui chiamata il maggior ne- mico del mercurio, sembra per sé stessa potentemente divi- derlo, sminuzzarlo, e farlo solubile, se avvi anco sale comu- ne, come poc'anzi verificammo. Si sa che il zolfo triturato col mercurio vi contrae unione, e lo cambia in leggiera pol- vere nera, che galleggia talvolta, ed è soggetta ad escir dai vasi insieme con l' acqua . Un lungo agitar che facciasi del mercurio con acqua Io ossida in parte, e lo riduce egualmen- te in polvere nera . Burba osserva ancora, che quando il mer- curio è troppo fatigato per il soflfregar della macine si slisa, conforme anco dicono le persone dell'arte in Firenze, cioè si divide in molecole tenuissime, suscettibili di galleggiare: altrettanto , più o meno efficacemente , devono fare i rastel- li , o arcolaj adoprati nell' amalgamazione , come pure il col- po dei pestoni, e il ruotar nelle botti. Il mercurio cosi di- viso non più agisce sul minerale; e se non fugge con l'ac- qua, resta inosservato nelle terre residue . È adunque un ei-- rore , un vizio nell'arte per questo oggetto, il macinar con pietre per soffregamento il mercurio col minerale, il pestarlo con colpi verticali, il conquassarlo con midinetti ad ale, mo- vimenti violenti tutti, che producendone Io sminuzzamento, ne favoriscono la perdita . Del Sic. Giù. Fabbro ni. 347 Nellu "rande officina di Halsbrucke il calo del meicurio è ridolto veramente a piccolissima cosa; perchè facendosi ruo- tare in botti col minerale, ne occupa sempre la più bassa parte, né va soggetto ad essere scosso da altri colpi, che da quei soli delle lastre di ferro, che nelle botti sono ad ogget- to di scomporre i muriati e zolfati metallici, che vi si sono formati per l'aggiunta del sale marino. Ma il minerale quan- tunque già polverizzato, non entra di una attenuazione estre- ma in quelle botti, né vi si attenua di più. Ogni molecola di terra, comunque piccola, ne può racchiudere una minore di metallo fino: e adunque quel metodo di gran lunga supe- riore ad ogni altro, par suscettibile ancora di qualche picco- lo miglioramento meccanico, niente di più potendo aggiun- gersi a ciò che la chimica ha fatto, sino all'attuale momento. S. X. Stato dell' Amai gamazìon e nel secolo XIX in Italia. Abbiam veduto già che coerentemente alla pratica enun- ciata da Alonzo Barba., ed alla natura del minerale che vuoisi amalgamare, si fan concorrere a questo effetto alcuni adattati intermedj : quindi è che si costuma aggiungere della calce al- le piriti aurifere, ohe si sottopongono alla amalgamazione in Italia. L'uso di questa aggiunta sembra non ad altro esser diretto, che ad impedire l'azione del zolfo della pirite sul inerf urio, e tener netta, quindi accessibile la superfice di que- sto . Non è in tal caso da dire, come disse Barba., che sen- za sale marino non ha luogo amalgamazione: dunque di sa- le marino in questa circostanza non parlasi, come nemmeno nei recuperi debile zecche, perchè non vi sono combinazioni avverse da decomporre . Si riducono in polvere quelle piriti aurifere, e vi si unisce la calce, con la quale si tengono me- scolate per qualche tempo : indi sì pone il tutto in un mu- lino con macine che ruota orizzontalmente, non dissimile, che 348 Cenni sulla Storia e Teoria dell' Amalgamazione ec. per la forma curva della sua parte inferiore, da ffuelle desti- nate al grano . Si carica successivamente in 2,4 o^e in tal mo- lino tre centinaja di piriti, e si triturano con mercurio e acqua: si dà opportunamente esito all'acqua torba, quando credesi bastantemente macinata, e amalgamata la materia; e finalmente, togliendo dal molino il mercurio impregnato d'oro si lava, e si spreme in pelle di camozza al solito, per sepa- rarne l'amalgama aurifero, che si distilla. Tutto ciò s'impa- ra dal mentissimo Padre Pini, altrove citato, che scrivendo su tanti, e diversi rami di cognizioni, seppe apportare nuo- va luce in ciascuno: dopo aver egli parlato dell' amalgamazio- ne Borniana nella sua opera de venarum metaUicaruin exco- ctione , diresse nel i8o5 una sua speciale Memoria alla Socie- tà Italiana per le Scienze (a), che nel 1807 comparve stam- pata nel Volume XIII della medesima . Egli ebbe per oggetto di accennare, conforme porta il titolo " alcuni facili rniglio- „ ramenti , che si possono introdurre nell'amalgamazione usata 5, in varie parti d'Italia, massimamente nella Valle Anzasca , 5, e nella Valle d'Antrone, i quali miglioramenti sono ancora „ in parte adattabili alle terre aurifere ed argentifere .... „ ed alle spazzature delle officine degli orefici , e delle zec- „ che „ . In im deplorabilissimo stato di decadenza par che fosse in allora il sistema di amalgamazione praticato nelle officine, e zecche d'Italia; ed a queste più specialmente , come di un uso più generale, e più diffuso, rivolgeremo adesso il ragio- namento . Il già citato Cavaliere di Robilant , cui erano , come al Padre Pini, ben conosciuti i perfezionamenti portati a que- st'arte in Germania, ne offre un infelice prospetto con la de- scrizione seguente: i raolini a mercurio, egli dice, consisto- no in piccole tinozze di ^4 once di diametro alla base, e aa (a) Sopra alcuni rniglioiamenti all'a- 1 argentifere; Mera. àeW.D. Ermenegìl- malgamazione delle materie aurifere ed | do Pini i3 Lug. i8o5. Dkl Src. s^io. pABBnoNr. 34*) alla bocca: il fondo loro è di pietra, avente nel centro un rallino d'acciajo, sul quale gira un asse verticale, che muo- ve in giro la macine, mediante la forza umana. Il macchi- nista Matlicy per mezzo di corde continue, pose in moto più macini alla volta nella zecca di Torino, acciò si diminuisse il numero d'uomini, e la spesa che abbisogna ai recuperi per amalgamazione . In questi cosi fatti molini s'introduce una quantità di terre, e spazzature, senza l'avvertenza di cono- scerne preventivamente il contenuto istituendone saggio, e con una quantità d'acqua si macinano per ridurle in polti- glio . Vi si aggiunge una quantità di mercurio, che con tal poltiglio pure si macina, tenendo in moto il molino duranti tre ore; indi si apre una doccia che è al fondo del medesi- mo, per la quale esce la terra reputata esaurita, che si riu- nisce in un mastello sottostante : il mercurio si raccoglie nel- la cavità di questo, scolandone l'acqua torba in altro vaso: si separa, e si spreme l'amalgama, per stillarlo in storta, cui è adattato un recipiente di vetro . Se si dubita di non aver ricavato il totale del fino, si sottomettono i rifiuti a nuova amalganiazione . Questi rifiuti sono stati riguardati come di niun valore; e senza assicurarsi per mezzo dei noti metodi, se siano veramente spogliati affitto del fino che contenevano, si vendono per bagattella. Tutta l'Italia, afferma Robilant ^ è su questo piede : le terre di cementazione che contengono da li a i6 once di argento con oro per ogni centinajo di libbre, sono ripassate sino a 14 volte : ed aggiunge " per re- 5, lazioni avute da Venezia i resta perduto . A una stima mo- „ dica, contenendo ahneno So lire di valore ogni quintale, ,, si vede a qual perdita si vada incontro, quando non si „ ha altra risorsa che i molini di amalgamazione; e si può ,, dire che la zecca di Venezia {a) di Genova, di Firenze, e (a) Per le informazioni prese da que- sto autore si rileva che la zecca di Ve- nezia si ritrova annualmente per 35o quintali di terre di cementazione, lo che indica un lavoro d'oro di 17000 libbre . 35o Cenni suu,a Storia e Teoria dell' AiviAtGAiHAZioNEec. „ di Roma vi siano eguilinente soggette „ senza porre a cal- colo la perdita del mercurio . Di perdite non meno considerabili si lamenta il prefato P. Pini nell'amaigamazione delle piriti aurifere precedente- mente descritta, dicendo che nell'anno 1772, nella Valle d'An- tigono, si passarono all' amalg.mi;izione 568o quintali di esse piriti : vi si caricarono 4-5 2 quintali di mercurio : se ne ritras- sero 40 e libbre 6 circa di mercurio aurifero, da cui si eb- bero quiutali a e libbre 60 circa palle di amalgama, e que- ste alla distillazione dettero libbre 56 d'oro, che formano il valore di circa 4^00 zecchini. Si vede, e lo rileva l'autore stesso, che fuvvi una perdita di mercurio considerabile: egli nemmen crede che ne andasse estratto tutto il fino che con- tenevasi nel minerale, perchè se ne lasciò andar perduto con quella terra che esci con l'acqua dal molino, dopo la imper- fetta amalgamazione ; e dovette andarne perduto ancora col mercurio mancante, il quale essendo naturalmente non meno ricco dell'altro, doveva aver ritenuto seco per ga once d'oro! Tra i miglioramenti che il dotto Socio propone introdur- re nella pratica ora descritta , uno importantissimo è quello di separare primieramente fra i minerali auriferi , o argenti- feri, conforme vedemmo praticarsi sin dal tempo di Acosta in America, quelle qualità che conviene trattar col mercurio, come la suddetta pirite, da quelle che anco del rame, e del piombo contengono, e che più utilmente si trattano per fu- sione : l'altro miglioramento consiste nel separare per suo con- siglio dal minerale, durante l' amalgamazione , la parte che successivamente viene ad essere più attenuata, e impoverita, onde la rimanente più ricca, venga con facilità maggiore a contatto col mercurio ; e ciò, introducendo un cannelletto d'ac- qua chiara sempre fluente, nella parte superiore del recipien- te del molino da un lato, e facendone escire altrettanta ac- qua torbida dall'altro con un costante scolo, non già per la- sciarne andar perduta quella terra , conforme par che fosse ivi in costume , ma per mandarla a depositarsi in un adatta- Del Sic. Gio. Fabbroni. 35i to serbatojo , onde esservi concentrata per sussidenza , e la- vatura sopra adattate tavole, o mediante un mulinetto ad ale, per raccogliere il mercurio disperso e per sottoporre la terra residua ancor ricca, a nuova anialgamazione ; questo suo me- todo , che suppongo adesso introdotto , egli chiamò Amalga- mazione a scolo . S- XI. 3Ietodo e resultati dell' Amalgamazione semplice praticata nella Zecca di Firenze. Venni incaricato dal mio Governo nell'Aprile del i8o3 di riordinare l'amministrazione della Zecca di Firenze, non meno che di migliorare i processi, e metodi di lavorazione. Trovai, relativamente all'oggetto di che si tratta, che con sei macini a manivella, simili a quelle figurate da Biringuc- ci , e agitate da altrettanti uomini, efFettuavasi l' amalgama- zione dei recuperi, ossia delle ceneri, vasi fusorj, spazzatu- re, e terre di cementazione per ritrarne il metallo fino, che restavi contenuto . Fu facile idea il sostituir subito a tanti uomini un solo giumento, che le poneva in giro mediante una gran ruota dentata. Le macini per fregamento, come capaci di triturare il mercurio , furono immediatamente proscritte . Ottenni poi l'uso di un tenue corso d'acqua alla parte su- periore dell'Arno in città, ed ivi, riformando il suddetto mo- tore , feci eseguire un semplice meccanismo, che per mezzo di una ruota corona verticale, dà moto ad una maggior ruo- ta dentata orizzontale , destinata a condurre in giro una gran mola verticale per triturare i crogiuoli, ed altri vasi, e cin- que mortai di amalgamazione : ruotolano in giro sul fondo di questi morta] altrettanti cilindri di ferro fuso, che hanno no- ve pollici, in lunghezza, e nove in diametro. Si giravano pure con questo meccanismo due botti, secondo il metodo di Charpentier , da servire per l'ultimo rilavo delle terre spos- 35;! Cenni sur.i.\ Storia eTeoiua dell' Amalgamazione ec. satc già per mezzo di ripetuta auiali;;ainazione ; ma restaron «[ueste senz'uso maucandone ogni profitto. Nella cavità di ciascuno degli indicati morta] sono 4^ libbre di mercurio, sul quale con suflicieute quantità d'acqua si pongono da loo a i5o libbre di terre auriargentifere . Il già indicato cilindro di ferro volgendosi sul propiio asse oriz- zontale, mentre questo è coiidotto in giro da un palo di fer- ro verticale, spinge avanti di sé il mercurio senza dividerlo, come lo fanno le macini a strascico, o soifrega mento; e men- tre preme su quello le terre, chiama sotto di sé ogni mole- cola di queste e le tritura, rendendo il tutto impalpabile co- me la fina poltiglia da dar lustro agli specchi. Pochi momen- ti di un solo uomo, che altre iucumbenze compie nella gior- nata, bastano per visitare ( al cader del sole ) se in buon or- dine agisca il meccanismo, cavarne la tenuissima poltiglia, resultato delle 24 ore di azione, e rinnovare altrettanta terra. Quella poltiglia si pone in un trogolo ad asciugare, per torna- re ancora due volte a girar col mercurio negli indicati morta] . Niuna giunta di sale comune, o altro, si trovò necessa- ria a tali terre; e se sali metallici siano casualmente con es- se , il cilindro di ferro macinante offre quanto occorra per decomporli completamente. I resultati dell' affineria che piom- bo, e rame contengono, si trattano per mezzo della fusione. Nel primo sperimento, fatto col meccanismo posto in mo- to da un giumento , e che durò 3c giorni , si amalgamarono triplicatamente con sei morta] contenenti 24° libbre di mer-^ curio, 6000 libbre ( che vuol dire 18000 ) di ceneri, vasi, spazzature, e terre di cementazione previo un saggio del con- tenuto loro per via secca, dal quale resultava che contene- vano un poco più di tre once di metallo fino per cento lib- bre . Se ne ottennero 36 palle d'amalgama del peso di libbre 140 che dettero alla distillazione libbre 19 di metallo fino, composto di libbre 1 ,^.,(), 11 oro a 2.^ carati, e libbre 14, 5, IO argento a 11 e 2,1 . Ciò che di metallo nobile restò in quelle terre dopo la triplice amalgamazioue , era cosa trascu- rabile Del Sic. Gio. FACBKONt. 353 rabile affatto, e senza comparazione assai minore di quel che inevitabilmente resta nelle scorie vetrose, quando si effettua il recupero per fusione . Calcolato quanto occorse a nutrire il giumento , spesa da non porsi in conto quando si usa il correr dell'acqua per motore; calcolato il breve tempo che si richiese giornalmente dal servizio d' un uomo , si dovette contemplare una spesa di 36 lire per la triplice macinatura di beco libbre di terre e recupero del loro fino per amalga- mazione, ossia circa 12, soldi per ogni cento di libbre; e col fuoco, secondo il calcolo di Robilant, sarebbe costato più che cinque lire . Il mercurio adoprato per ciò, essendo mercurio purissimo d'Idria, non solamente non si trovò diminuito in peso , ma anzi alquanto cresciuto , per quel poco di metallo solido, che trasse seco venendo spremuto dall'amalgama: quel- lo che nell'amalgama era non soffri perdita alcuna come si vide dopo averlo distillato per descenso in vasi di ferro per- fettamente chiusi dall'acqua, come si suole. Evitata cosi ogni perdita di mercurio , non è più com- parabile per la parte economica 1' amalgamazione delle terre, alla fusione loro per fuoco ad oggetto di trarne il fino nel caso suddivisato : cosi che questo metodo merita assolutamen- te di esser preferito per i recuperi ordinar] delle oreficerìe, e delle zecche; ma occorre per ottenerlo economico quanto è possibile, che non si usino pestelli e macini capaci di tri- turare il mercurio ; né ciò si può meglio ottenere che adot- tando il semplicissimo meccanismo e modo ora descritto, tan- to nell' amalgamazione semplice o Pliniana, che è quella che in questi casi conviene , quanto nelle amalgamazioni per in- termedio , necessarie adoprarsi alle miniere . Tom. XVII . Yy 354 SINGOLARE MOSTRUOSITÀ D'UN FETO UMANO, E CONGETTURE SUL PRIMITIVO SVILUPPO DELL' EMBRIONE MEMORIA Del Signor Valeri a no Luigi Brera. Ricevuta li aa Aprile i8i5. E. ispongo la storia d' un singolare mostro umano , non già per far conoscere una delle stravaganti metamorfosi, che nel- la riproduzione di nostra specie sorprender possono per la cu- riosità, che destano, ma bensì per aprire un campo non ab- bastanza coltivato; giacché io porto opinione, che eziandio per questo lato dedurre si possa qualche ben fondata conget- tura onde comprendere la strada, per la quale dai primi ru- dimenti dell'embrione vannosi svolgendo que' differenti tessu- ti, che danno forma e struttura agli organi, da cui risulta la macchina del feto. Arduo e diflìcile insieme n'è l'argo- mento trattandosi di penetrare in un mistero dalla natura ge- losamente custodito ! Ciò non pertanto non meno soddisfacen- te riuscirà l'impresa, perchè servirà se non altro a provocare il felice ingegno do' celebri nostri Anatomici e Fisiologi all' oggetto di rintracciare quelle verità, che tutt'ora avvolte si trovano in tenebre veramente dense . Una femmina di Crema, dopo d'avere altre volte natu- ralmente e bene partorito, rimasta nuovamente gravida giun- se fino a tutto il settimo mese senza soffrire al solito il ben- ché minimo incomodo . A tal epoca fu repentinamente assa- lita senza causa manifesta dalle doglie del parto, e chiamato ad assisterla l'esperto Chirurgo Signor Magarini, egli trovò, che dalla bocca dell'utero pendevano i piedi del feto. Aven- Del Sic. Valehiano Luici Brera . 355 (Ioli quindi convenevolmente disposti attese la comparsa di nuove doglie per promuoverne l' estrazione , il che segui di iktto senza difficoltà di sorta : ma con sorpresa somma invece dell'atteso feto si sgravò la donna della mostruosità espressa nella Tav. VII . Gran quantità d'acqua sortì immediatamen- te dall' utero, al cui oriiizio presentaronsi tosto altri due pie- di, che dall'abile Ostetricante afferrati condussero fra le sue mani un altro feto di sesso pure mascolino sano, vegeto, e vivente . La madre ebbe a soffrire pochissimo per questo par- to gemello, e nello spazio brevissimo d'una settimana si sentì totalmente ristabilita . Il primo frutto di questo parto si riduce ad una massa avente l'aspetto d'un feto acefalo non solo, rna mancante an- cora delle estremità superiori, e d'un buon terzo della re- gione toracica ( Tav. VII), sormontata da un moncone car- noso (a), fornito per altro di basso ventre assai regolare, de- gli organi, che distinguono il sesso mascolino (è), di coscio, gambe e piedi, coperto di pelle affatto umana, con ombelli- co e cordone orabellicale, da cui per lo spazio d'un giorno s'effuse a goccie gran quantità di sangue. Appena uscito dal- l'utero materno fece qualche movimento colle estremità in- feriori, il che lo dinotò di vita non affatto destituito. S'eb- be perciò un feto mostruoso per vero dire raro senza essere unico e nuovo, incontrandosi qualche figura analoga nelle ope- re di Liceto (i), di Voigtel (2), e dell'illustre Collega Signor Professor Malacarne (3) . Questo feto singolarmente mostruoso , perchè acefalo e privo d'un terzo della cavità toracica, era di tre pollici Pa- rigini nella maggior grossezza del suo tronco dalla parte an- teriore alla posteriore ; di dodici pollici nella maggiore sua lunghezza ; e di sei pollici circa nella maggior larghezza del suo corpo. La sua totalità consisteva ne' due arti inferiori, e (i) De Tnonstris ex recensione Blasii ; Patavii 1668 4° Appendix pag. io3. (a) Fraginenu Semiologiae Obgtetri- ciae ; Halae 1793 4.° Tab. VI. (3) Oggetti più iuteressmti d" Oòtetri- cia ec. Padova 1807 , 4.° Tav. II , pag. 16. 356 Singolare mostruosità' d'uln Feto umano ec. nella massima parte del tronco ( Tap. FU), il quale termina- va laddove sorger doveva il terzo superiore all' incirca del to- race , punto, che vedesi quivi rappresentato da un moncone carnoso disposto a fogf,'ia di semicerchio uniforme (a) senza segno di cicatrice, uè d'alterazione di sorta: ivi il tessuto cellulare si adunò abbondantissimo inn;dzandosi qua e là delle escrescenze, e molte duplicature rugose. Nel fundo del ven- tre svolto s'incontra il pene coU'apertura dell'uretra ( Tav.VII h Tav. IX kl).j da cui scorgesi pendente la borsa scrotale evi- dentissima altresì nella sua parte posteriore ( Tav. VII! g ) . Percorrendo coli' occhio la linea centrale del basso ventre, un infossatura si scuopre nel luogo ove s'impianta il funicolo om- bellicale, ed altra simile vedesi alla medesima superiore lad- dove suole prolungarsi l'apofisi ensiforme, sebbene sepolta nel tessuto cellulare. L'ano è manifesto nella sua parte posterio- re ( Tav. Vili g). Curiosa è poi la mostruosità de' suoi pie- di : nel piede sinistro si scorgono le due prime dita interne mancando il minimo, il medio, ed il quarto, tuttocchè vi sieno abbozzati . Nel piede destro si trova il pollice in un col dito terzo , e diremo quasi il disegno del minimo . All'oggetto di esaminarlo internamente s'incisero i co- muni integumenti nella parte anteriore e media del corpo tutt'al lungo della linea bianca piegando un poco a sinistra in vicinanza dell' ombellico, onde poter meglio investigare la densità del tessuto cellulare, e quanto esser poteva contenu- to nel basso ventre. Dietro siffatte indagini s'incominciarono ad iscuoprire le coste nella parte sinistra ( Tav. IX b ) sepol- te in una gran massa di tessuto cellulare . Neil' isolarle si sco- prì una cavità considerevole nella parte posteriore del dorso, la quale era per intiero scavata nel tessuto cellulare, e sem- brava, che nulla avesse mai contenuto. Le pareti di questa cavità si mantenevano quasi a reciproco contatto, e prive di comunicazione si scorgevano colle parti vicine, così che la si poteva paragonare alla cavità de'tumoretti cistici vuoti di so- stanza, con pareti depresse e dense (e). , , .^ Del Sic. Valeriano Luigi Biieiia . SSy Isolato ili simil guisa il lato sinistro di questa parte, che dire si potrebbe toracica , si giunse a riconoscere la disposi- zione delle esistenti coste , le quali molto bene si potevano compiendere nella loro parte posteriore ( Tav. Vili). Le pri- me quattro mancavano affatto,, e la quinta si presentò rotta ( Tav. IX a ), come se fosse stata distrutta da qualche tumo- re aneurismatico, senza che per altro esistesse un tal disor- dine, non essendovi sovrapposto che del semplice tessuto cel- lulare . Un analogo apparato di coste si è pure osservato nel iato destro . Penetrando nel basso ventre lungo la linea bianca si sco- prirono i muscoli retti ed obbliqui della parete addominale, e si videro in allora le aperture de' vasi appartenenti all'om- bellico ( Tai>. IX pp t)^ unitamente ai quali stava mediante denso tessuto cellulare avviluppato l'intestino colon, col quale aveva principio (luel poco di tubo intestinale, di cui era for- nito questo feto . Injettata a colla ed a cera di color rosso l'arteria ombellicale sinistra (/?), ed a colla e a ceia di color bleù la vena ombellicale [t). si potè meglio proseguire nelle indagini del basso ventre e della cavità toracica. Né diafram- ma, né polmoni si sono rinvenuti, ed una cellulare densa tenacemente attaccata alla superficie interna delle coste, cui stava nel centro una picciol borsa cistica, occupava la cavi- tà del lato destro . Levate dal torace queste masse cellulari si presentò l'arteria aorta in alto biforcata (w), dalle cui pa- reti laterali uscivano le rispettive arterie intercostali . Questa grossa arteria vedevasi fiancheggiata da due vene, la sinistra delle quali gettandosi nella destra, ove aver dovrebbe il no- me di cava ascendente (^), la si scoprì essere la continua- zione della vena ombellicale {t) . Nella disamina de' visceri addominali si trovarono ambe- due i reni di notabile grandezza, forniti di ureteri {//), che andavano a finire nel fundo della vescica orinarla (A) . Non si giunse ad iscoprire superiormente ad fssi traccia alcuna di reni succenturiati , sebbene tali corpi esser soglia. io eviden- 3.')8 Singolare mostruosità' d'un Feto umano ec. t'issimi ne' feti. Seguendosi l'andata della vena ombellicale (/) si rimarcò, che questo vaso per mancanza di fegato scorreva direttamente ascendendo, si confondeva colla vena iliaca de- stra (o), riceveva le vene meseraiche (j), le vene emulgenti (n), e dividendosi poscia in due grossi tronchi, come si è accennato, si dirigeva lungo i corpi delle vertebre per rice- vervi le vene intercostali, ed aveva fine nella massa cellulare del moncone sovrapposto alla cavità del petto . Indizio alcu- no non era di cuore nella cavità toracica . Le due arterie ora- bellicali {pp) mettevano nelle iliache, le quali riunite forma- vano l'aorta ventrale, da cui si vedevano sortire la meseraì- ca inferiore (r), e le emulgenti {n) . Affatto mancava la ce- liaca, perchè mancavano il fegato, la milza, lo stomaco, il tulf?) intestinale tenue e porzione del crasso. Si vide nell'oc- casione di questa disamina un esempio nuovissimo nella sto- ria della disposizione anatomica del sistema vascolare sangui- gno, cioè, che le vene del tubo intestinale dopo d'aver ac- compagnata l'arteria meseraica inferiore andavano ad iscari- carsi nella cava ascendente. A misura che l'aorta ascendeva per le vertebre lombari si diminuiva di volume invece d'iu- grossarsi, mandava in ambedue i lati le intervertebrali, e le intercostali, e terminava da ultimo nelle due intercostali su- periori, che appartener dovevano alla quinta costa di cia- scun lato . Tutto l'apparato viscerale della cavità del basso ventre sì riduceva a porzione del tubo intestinale , ed ai due reni cogli ureteri impiantati nella vescica orinaria {ff ggg)- Que- sta porzione del tubo intestinale era formata da un pezzo di colon trasverso, e dal retto. Mancando il rimanente manca- vano quindi l'arteria e la vena meseraica superiore. Un tal tubo intestinale (e) aveva origine nel cordone ombellicale, ove avviluppato si trovava colla vena e colle arterie ombel- licali mediante denso tessuto cellulare. I reni, gli ureteri, e la vescica orinaria {h) si trovavano in istato naturale. Nello scroto (l) non s'incontrarono né testicoli né cavità di sorta. Del Sic. Valeriano Luigi Brera . 35g ma bensì in ambedue gli inguini si osservarono due corpi ovati (i) aventi tutte le apparenze de' testicoli avviluppati in ab- bondante tessuto cellulare . Il pene si manteneva coperto di grosso ed esteso prepuzio in guisa, che il glande ne rimane- va totalmente nascosto . Il glande si vedeva naturale , e re- golarmente fornito del suo orifizio dell'uretra {k) . Non meno curiosa ma ben più interessante si rilevò es- sere la disposizione del sistema nervoso in questo feto mostruo- so . Scopeite le vertebre tutt'al lungo creila sua parte poste- riore ( Tai^. FUI a ) , se ne sono enumerate tredici, vale a dire otto dorsali, e cinque lombari oltre l'osso sacro regolar- mente costituito. Questa colonna vertebrale andava restrignen- dosi a misura, che progrediva superiormente, di modo che la prima vertebra della medesima, che era la quarta dorsa- le, si vedeva più piccola delle altre, ed aveva l'apertura cen- trale affatto chiusa da una sostanza cartilaginosa sovrapposta- vi {b) . Tagliate le apofisi spinose si scopri la dura madre, e questa incisa pure in lungo ci si presentarono Io spinale midollo, ed i tralci nervosi, che per i fori intervertebrali dallo stesso sono o mandati o ricevuti . A misura che lo spi- nale midollo si avanzava verso la parte superiore della regio- ne dorsale, lo si vedeva notabilmente diminuito di volume, e in fine nella sua sommità terminato ne'due nervi interco- stali, che appartengono alla quinta costa di ciascun lato. Nel- la parte inferiore si ravvisava questo nùdollo spinale regolar- mente diviso nella cauda equina . Seguendo possibilmente l'an- data di qualche tralcio nervoso proveniente dallo spinale mi- dollo, per quanto divenisse il medesimo minutissimo, si è po- tuto rinvenire nel basso ventre qualche non equivoca traccia del nervo gran simpatico, e vedervi anzi chiaramente molti ganglj da esso formati, non che quelle sue diramazioni, che si portano al tubo intestinale ed ai reni . Tale era la conformazione interna di questo singolare mo- stro umano, che tuttavia si conserva nel Gabinetto Patologi- co dell'Università di Bologna, ove lo depositai io stesso bel- 36o Singolare mostruosità d'un Fiìto umamo ec. lo e preparato, allorché nella mia qualità di Professore di Patologìa e di Medicina Legale mi onorava d'averne la di- rezione (negli anni 1807- 1808), Questa dissezione può cer- tamente dar motivo a non poche interessantissime ricerche fisiologiche. Non essendo del mio istituto di quivi intrapren- derle in tutta la loro estensione mi limiterò solo di ricorda- re, che la mancanza totale del cervello, del cervelletto, del- la midolla oblungita , e d'una porzione del midollo spinale non impedì né punto né poco, che questo feto acquistasse un certo qual sviluppo nelle parti, dalle quali si vedeva co- stituito . Il sistema vascolare sanguigno si era in questo caso per così dire adattato alla singolare organizzazione delle par- ti, cui doveva servire, e l'organizzazione in un tal feto mo- struoso si distinse più compiuta, o almeno più regolare lad- dove dal midollo spinale erano state distribuite le convenienti diramazioni nervose . Per unanime consenso de' Fisiologi , dopo massime le bel- le ed ingegnosissime esperienze deW Mailer sul punto salien- te^ si è opinato, che il cuore fosse il primo viscere ad isvol- gersi nell'uovo incubato, e che dal medesimo prolungandosi le aste vascolari, 1' apparato vascolare sanguigno preceder do- vesse in simil guisa l'organizzazione degli altri sistemi orga- nici . Questa unanime opinione di molti venerandi Scrittori dire già non si poteva scevra affatto di eccezione, quando si prendevano in considerazione que' mostri umani, che svolti si sono nell'utero materno affatto privi di cuore. Ma il caso ora riferito rovescia affatto una tale opinione, mentre nel nostro feto mostruoso oltre la mancanza del cuore traccia alcuna non si scorgeva neppure del consueto apparato vascolare sangui- gno, la di cui disposizione poco o nulla aveva del naturale. Quella conformazione dell'aorta, che merita solo un tal no- me per essere arteria centrale nel nostro feto ; quella vena cava divisa in due; quell'andata delle vene raeseraiche diret- tamente nella cava; la presenza dell'arteria meseraica infe- riore, e la mancanza della superiore; sono infine prove evi- dentissime , Del Sic. Valeriano Luici Brera. 36 i flentisslme, clie tanto lo arterie quanto le vene sono state dal- la natura adattate alla stravagantissima organizzazione de' po- chi tessuti viscerali , che si sono osservati in questo feto mo- struoso . Il sistema sanguigno si è adunque quivi uniformato alla circostanza, e perciò non sarà mai da supporsi,che dall' azione del medesimo debhasi ripetere il disegno, per cosi di- re , dell'organizzazione, che vi si è riscontrata. Se adunque il sistema sanguigno fu passivo nella primitiva evoluzione e disposizione delle parti osservate in questo feto mostruoso, a qual altro niso dovrassi mai attribuire la formazione di que- sta curiosa macchinetta tuttocchè singolarissima ne'differenti suoi tessuti ? La spiegazione del fenomeno non è senza dubbio così facile a darsi, percliè battere bisogna tutt' altra strada in simili incontri seguita onde arrivare alla desiata meta! Io non arrischierò quindi che una semplice congettura, sebbene abbia per fondaniento l'operazione anatomica. Nel nostro feto mostruoso abbiamo il midollo spinale, che principiando dalla quarta vertebra del dorso intatto scorre fi- no a formare compiutamente la cauda equina nelle cavità dell' osso sacro. Quantunque nel suo principio sia più assottigliato che nella sua parte media, dall'uno e dall'altro lato si ve- dono sortire il quinto, il sesto, il settimo, l'ottavo, il nono, il decimo, l'undecimo, ed il duodecimo pajo de' nervi dorsa- li, tutti e cinque per ogni Iato i nervi lombari, non che per intiero i nervi sacri. Non equivoca traccia del gran simpati- co si disse essersi pure osservata, e questa è appunto quella parte d'un tal nervo, che risulta dalle anastomosi de' nervi dorsali esistenti, e de' lombari nel nostro feto. Le parti , che ricevono vita da siffatti apparati nervosi dal pili al meno sviluppate sonosi pure rinvenute. Tronco il quinto pajo de' nervi dorsali ed esile il sesto, i muscoli pet- torali maggiore e minore, il muscolo serrato posteriore supe- liore , il cucculare, i romboidei, in una parola i tessuti del terzo superiore della cavità toracica rimaner dovevano per- ciò privi di tralci nervosi j ond'è, che di tutte queste parti Tom. XVII. Zz obi Singolare mostruosità' d'un Feto umano ec. si trovò essere mancante il nostro fL*to. Esistendo all'incon- tro compiuti i nervi dorsali incominciando dal settimo pajo, tutti i lombari , ed i sacri del pari essendo organizzati , si ravvisarono porzione del muscolo latissimo del dorso, il mu- scolo serrato posteriore inferiore, i muscoli addominali, i qua- drati dei lombi^ i psoas, gli iliaci interni, i crem;i3teri, i te- sticoli col loro cordone spermatico, i reni, gli ureteri, e la vescica orinaria, il pene, porzione d'intestino colon col ret- to, e in fine i nervi crurali, gli ottuiatoij , gli ischiatici, e tutte le parti, che costituiscono le estremità inferiori , come quelle, che trovansi soggette all'impero di siffatti nervi. Volendo quindi dal complesso di (jueste considerazioni de- durre qualche conseguenza valevole a dilucidare il nostro ar- gomento , non si potrà a meno di convenire, che la porzio- ne di sistema nervoso ritrovata in questo feto mostruoso esat- tamente manteneva la naturale sua disposizione, e che man- cando perciò il titolo di supporlo conformato per gli organi e per le parti , che componevano questa mostruosa macchi- netta a guisa del sistema vascolare sanguigno, come si è di sopra accennato, pare anzi, che il complesso della medesima esistesse solo in quinto che esisteva quella tal data disposi- zione del sistema nervoso. Se così è adunque la cosa, la con- clusione, che emerger dovrebbe dagli antecedenti, sarebbe, ohe il sistema nervoso sia il primo ad organizzarsi nell'em- brione, e debbasi quindi considerare per la potenza, la quale regola e dispone l'organizzazione negli altri sistemi organici, non eccettuato il cuore istesso, imperciocché senza cuore può riuscire benissimo organizzata nella massima sua parte la mac- china umana, e senza preventivo sviluppo nervoso sembra che effettuare non si possa in verun conto la benché minima or- ganizzazione degli altri tessuti . E qui non intendo già di ri- produrre r opinione di alcuni Fisiologi contro il sentimento dell' Inglese Monro , e dell'Olandese Foss , che i nervi cioè concorrano colla loro propria materia a nutrire l'organismo: solo mi pare di poter con fondamento asserire, che l'azione I Del Sic. Valuriano Luig: Bkera . 363 neiTosa nell'evoluzione ed organizzazione de' tessuti sia asso- lutamente indispensabile per destare nelle molecole della ma- teria, che si vanno tessendo ed organizzando quel necessario turgore vitale, mancando il quale non hanno luogo né nutri- zione, né riparazione, né incremento, né svolgimento di par- ti , e molto meno l'energìa, e l' arteriosità de' vasi. Lesi di fatto o distrutti i nervi di una data parte, questa perde e movimento e vita, e cade in uno stato d'irreparabile putre- iazione . Ma all'oggetto di definitivamente stabilire, che seguita l'incubazione dell'uovo i primi germi de' tessuti ad isvolgersi sieno i nervosi, converrebbe assicurarsi, se realmente s'in- contrino traccie di sostanza nervosa nell'uovo appena incu- bato. Queste ricerche non sono state, a dire il vero, prese nella dovuta considerazione : ad onta di ciò abbastanza si è scoperto in appoggio del mio assunto . Il nostro Malpìghi , cui la fisica degli esseri organici deve tante preziose scoper- te, e molti reali avanzamenti, ci ha pure con sufficiente chia- rezza fatto palese, che i primi rudimenti del jìulcino nell'uo- vo incubato si scorgono alla comparsa della colonna vertebra- le di tessitura gelatinosa (i) . Il midollo spinale sarebbe adun- que il primo organo ad isvilupparsi : verrebbero in seguito i tralci nervosi, che dallo stesso sortono, e quindi gli organi ed i sistemi organici sotto l'impero di tali nervi disposti; la quale osservazione trovasi affatto d'accordo colla struttura, the si è ravvisata nel descritto feto mostruoso . Ella è inol- tre una verità di fatto, che il sistema nervoso della colonna vertebrale trovasi molto più del cerebrale sviluppato nel fe- to, e nel bambino. Prochaska e Vicq cV Azyr videro più gran- di in quest'età dell' uomo i corpi ovati, che sorgono nella parte superiore e laterale dei corpi piramidali . (i) Opera omnia , Art. de forma pulii in ovo ; Fig. V. 364 Singolare mostruosità' d'un Feto umano ec. SPIEGAZIONE DELLE TAVOLE IN RAME . Tavola VII. Figura del feto mostruoso veduto nella sua parte anteriore . a Moncone celluioso disposto a foggia di cemlcer- cliio uniforme, che copi-e la sommità della ca- vità toracica . b Parti genitali di sesso mascolino . Tavola Vili. Figura di questo feto mostruoso veduto nella sua parte posteriore . a Apofisi spinose delia quarta vertebra dorsale, ove incomincia la colonna vertebrale nella sommi- tà coperta da b Sostanza cartilaginosa . e Cavità cellulosa . d Midollo spinale coi tralci nervosi in ambedue i lati . e Cauda equina . / Ano. g Parte posteriore dello scroto . Tavola IX. Cavità toracica e addominale aperte anteriormente. a Quinta costa sinistra rotta attaccata alla colonna vertebrale . h Coste . e Cisti cellulosa nella cavità toracica sinistra, che tiene luogo di lobo polmonare. Altra consimi- le più piccola nella cavità toracica destra . ddd Circonferenza del petto e del basso ventre in- sieme aperti . e Intestino colon aperto e in istato naturale ade- rente all'ombellico . Ivi aveva origine il tubo intestinale di questo feto consistente in por- zione del colon e nel retto . ff Reni . <; >«/*^ ■" >^(rr( ^yòr. ■Jfh/. Or Xl^y^^-.jjf.. .£>r„. rir O'ovilJr ^„..^kj^€f^A"/v ' 'yé^^cti ^c. ^yió/. t^'XKS'y^af^ -JÓi. tX« riBr •^ir-i: 1 77r/tir circa Roditori — — — — — 9 f Cavallo — — IO Solipedi < Asino — — — 9 C Zebra _ _ _ 8 Pachidermidi = Porco — — 9 a i3 . §. 17. Quella becoada masticazione dicesi Ruminazione > e dicousi Ruminanti gli ammali in cui si osserva spontanea naturale ed abituale . Ne hanno trattato ex professo = Aristotile, Galeno, Pli- nio , Peyero , Alurovando , Emiliano , Perrault , Buffon , Camper, Velschio, Glisson, Duverney , Blasio , Valentini , DaUBENTON , VlTET, BoURGELAT, SPALLANZANI, ReaUMUR, ChA- B£RT, 'Foggia, Pozzi, Cuvi£r, Brugnone . ^. 18. Nell'uomo la Ruminazione è piuttosto una malat- tia, che una funzione naturale, e ne hanno fatta menzione: Fabrizio d'Acquapendente, Sennerto, Peyero, Salmuto , Vel- schio, El. Ackord, Metzger, ed altri fra i quali giova ricor- dare il ccl. Professore Vincenzo Malacarne che in varie opere sue ebbe oocasione di trattarne, e particolarmente in quella che ha per titolo =: / sistemi e la reciproca influenza loro . Padova i8o3. = Dalle sue osstuvazioni viene confermato quan- to esposero Peyero , e Valmont de Bomar circa tale facoltà Del Sie. Gaetano Malacarne. 871 che hanno alcuni uomini senza apparenza di malattia, ed in specialità i Cretini, de' quali alcuni ruminano abitualmente, benché nel ventricolo e nell'esofago loro non abbia rimarca- to il citato chiarissimo Professore, se non forse una robustez- za maggiore delle tonache : non di meno però quelle normali viziature ciie esso osservò in questi infelici alla base del cra- nio; quell'incurvamento della midolla allungata, quella com- pressione del cervelletto, quello stringimento e quasi ottura- mento de' fori laceri, per cui è ritardata la uscita del sangue venoso dal cranio, e angustiati i nervi mesosimpatici {par vago) epimesQsimpatici ( intercostale ) glossofaringei , ipoglossici, geu- s/ci [gustativi) , e sottooccipitali; quella pressione fatta dal gozzo, e quella curva sofferta dalla laringe, e dall'esofago, possono somministrar lumi per ispiegare la ruminazione ne' Cretini, e per analogia rischiarare non poco le dense tenebre in cui è involto quésto fenomeno naturale ne'quadrupedi ru- minanti . §. 19. Gli animali ruminanti, clie cadono sotto la ispe- zione del Veterinario, sono: il Bue, la Pecora, e la Capra. Gli altri quadrupedi che hanno questo modo di digestione, sono: il Camelo, il Dromedario, la Giraffa, il Bonaso, il Buf- falo, il Bisone , l'Urocco, il Cervo, il Daino, il Lama, il Capriolo, la Camozza, il Rangifero, l'Alce, l'Algazella, Io Stambecco, l'Antilopa, il Lepre ed il Coniglio. 5. ao. Erano stati annoverati fra questi anche altri qua- drupedi ne' quali lo stomaco è diviso in varie cavità, come il Rinoceronte, l'Ippopotamo, la Foca ec. Ma si è poi stabilito dal lodato Ciivier che questa nota caratteristica presa dalla moltiplicità degli stomachi, senza però l'attitudine alla rumi- nazione, distingua appunto i Pachidermidi da' Ruminanti , so- pra di die è da avvertirsi che la Foca è posta dal Cuvjer nell'ordine degli Anfibj benché il suo stomaco sia manifesta- mente diviso in più d'una cavità. 5- 21. Tra i Roditori alcuni ( Kanguroo ) hanno lo sto- maco diviso in due sacchi di struttura diversa, anzi vi è in ora Ij^torno alla Ruminazione . uno di essi una ghiandola che separa molta linfa. L'Istrice ha tre stomachi; il Mus cecoaomus ne ha tre ben distinti da interne divisioni membranose, ed il Bradipo tridattilo ne ha pure tre anch'esso , de' quali il terzo diviso in tre segmenti da due tramezzi longitudinali, molto analogamente a' rimii- jianti, con una doccia che permette a' cibi di passare dall'e- sofago nel secondo stomaco, così che sembra che rumini an- ch'esso, tanto più che il citato Cuvier trovò que'due sto- machi pieni di materie legnose non bene digerite e neppure triturate. Nel majale , e nella lontra è facile osservare lo sto- maco diviso in varie cavità o borse, se si esamini questa vi- scera in istato di vacuità, e dopo molte ore di astinenza dal cibo. Si consulti la Tavola XV, e la relativa spiegazione del- le figure . 5. aa. Ad alcuni uccelli è stata applicata la denominazio- ne di Ruminanti, perchè i cibi passar debbono dal primo agli altri ventricoli ( gallinacei ) mediante una nuova deglu- tizione interna. Alcuni Aironi, il Pellicano, il Piccione, la Tortora , le Strigi regurgitano il cibo inghiottito per riassu- merlo indi a varie ore, o per trasmetterlo nelle fauci e nel- lo stomaco de' pulcini inetti ancora a cibar soli. §. 2,3. Né mancò chi giudicasse ruminanti il Gambaro , l'Astaco, per aver essi lo stomaco munito di robuste lamine cornee dentate, nella quale circostanza trovasi pure il Gril- lotalpa con alcuni altri Grilli, e Locuste; altri per avere rin- venuti varj stomachi: MaljJÌghi ne' Grilli; Swammerdani nel- le Locuste; Willis nel Lumbrico, Velschio nel Grillotalpa; Harder ne' Lumaconi, ascrissero questi insetti o vermi a que- sta classe, alla quale certamente sembrerebbe appartenere fra i cetacei il Delfino, se la pluralità degli stomachi bastasse a stabilir questo criterio . Vedasi la Tavola XIV. 5. 24. Prescindo dallo rammentare clie anche fra i pesci si credette da Aristotele, Gesnero, Aldovrando, Jonston ec. che ruminasse lo Scaro, che perciò denorainavasi anche Me- rice o Ruminale , ed il Salmone . Del Sic. Gaetano Malacarne. 878 ^. a5. Il Sig. Brugnone si propose di dimostrare in al- tra occasione che gli Uccelli Gallinacei hanno veramente una specie di ruminazione ; io m' immagino che egli ne desumerà l'argomento dalla struttura degli stomachi, e dalle diverse funzioni di ognuno di essi, segnatamente del così detto Car- noso nel quale accumulando volontariamente l' individuo mol- te pietruzze, valgono queste a stritolare i grani e le sementi inghiottite, niente meno di quello facciano i denti molari nella bocca de' quadrupedi . §. a6. Fra i quadrupedi vivipari ed erbivori,! ruminanti si distinguono per la mancanza de' denti incisivi alla mascel- la anteriore, e per la presenza di quattro stomachi, la qual ul- tima regola patisce eccezioni posto che ruminano il Lepre ed il Coniglio, che sono pure monogastrici, e nullameno rumi- nano come ho avuta molte volte la occasione di osservare ne' Coniglj, ne' quali se il Sig. Brugnone non ha potuto sorpren- dere il bolo riasceso nella bocca, strangolando l'animale, pro- babilmente perchè ebbe campo di sdrucciolare nello stomaco di quegli animali uccisi nel tempo della ruminazione, ho pe- rò io costantemente trovati molti di que'globetti sferici, i quali sono composti di sostanze alimentari molto più tritura- te, grossi quanto un pisello, o più piccioli, agevolmente di- scernibili se si getti in un catino d'acqua tutta la massa ali- mentare contenuta nello stomaco, e si vada leggiermente rom- pendola con un bastoncello o spatola, che que'boli si vedran- no un pò più leggieri della rimanente poltiglia, quasi galleg- giare nell'acqua istessa . §. a?. Lasciando pertanto a' Naturalisti le più minuziose discussioni circa il numero degli animali ruminanti nelle va- rie classi, e circa i caratteri che distinguono essenzialmente i quadrupedi vivipari erbivori ne' quali ha luogo questa sin- golare maniera di digestione, mi limiterò a parlar di quelli che interessano i Veterinarj , vale a dire del Bue , della Pe- cora, e della Capra, e presenterò le figure di quegli organi da' quali essa dipende, non che di quelli che presentano no- 3^4 Intorno alla Ruminazione . tabili differenze in alcuni degli animali delle altre classi po- co addietro accennati . §. a8. Generalmente i quadrupedi vivipari raccolgono il cibo inghiottito, mediante un lungo canale ( l'esofago) in un sacco membranoso e muscolare ( lo stomaco ) che sta nella ca- vità del basso ventre, dal qual sacco per un'altra sua aper- tura ( il piloro ) passano negli intestini d'onde ne viene as- sorbita la parte nutritiva . 5. 2Q. I Carnivori, come il Cane, 11 Gatto ec. che divo- rano il loro cibo non bene masticato, hanno lo stomaco più robusto, mediocremente ampio, e continuamente irrorato da umori (sughi gastrici ) atti a decomporlo, e gli intestini an- cor pili robusti e muscolosi , ne' quali si compie la vera di- gestione ( la assimilazione ) . §. 3o. Gli Erbivori hanno d' uopo di maggiore capacità nel loro tubo alimentare , posto che i vegetabili contengono molto minor copia di sostanze assimilabili, di quello che ne. abbiano le carni e le ossa degli animali divorati ; e questa maggiore capacità osservasi ora nello stomaco ( de' Ruminanti ) ora negli intestini (del Cavallo, dell'Asino ec. ) . §. 3i. I Ruminanti hanno lo stomaco molto più grande, e diviso in quattro borse di differente struttura, alle quali è stato dato un nome rispettivo . 5. Sa. Il primo stomaco nominasi Ventrone, Pancione, Trippa; Puntazza Baldone; Der wanst; Magnus venter; Pe- ra; la Pause, l'Herbier, Cadouble . 5. 33. Il secondo: la Beretta., Cuffia, Rete; das Rets ; Reticulum ; le Bonnet , le Rescau . 5. 34. Il terzo: Centopelle , Centopezzi , libro, millefo- glio; der Blattermagen ; Omasus, Echinus , Centipellius ; le Millet, Livre, Pseautier, Foeuillet , Myrefoeuillet . §. 35. Il quarto: Il Quaglio, Muletta; Conajo; der hab- magen ; Abomasus; la Caillette, Franohemule . 5. 36. Col qual ordme appunto si succedono in fatto; cioè l'esofago ( rumegale ) mette foce nel primo ventricolo per Del Sic. Gaetano Malacarne. SyS una apertura detta esternamente il Cardias, internamente la Doccia; il Ventrone nella Beretta, questa nel Centopeile , e quest'ultimo nel quarto stomaco che è il Quaglio, il quale si scarica nell'intestino mediante un altro orificio che chia- masi il Piloro . §. 37. In questo luogo osservasi un allargamento del ca- nale alimentare che rappresenta un altro ventricolo posto che ha due orificj . uno per la entrata, e l'altro per la uscita de- gli alimenti , del quale non è stata fatta menzione fin ora , forse perchè la sua struttura non sembra molto diversa dal rimanente del tubo intestinale . §. 38. Non v'è che il Sig. Brugnone il quale ne ha fat- to brevissimo cenno indicando al proposito del Quaglio, che = ha alla estremità posteriore un collo lungo che forma un gozzo ( bosse ) a parte = . §. 39. Il fatto è che questo allargamento è costante, e che ne risulta un recipiente di capacità non ispregievole, mu- nito di robustissime tonache, diviso in varj segmenti, con uno sfintere ad ogni orificio, e mi sembra doversene tener conto tanto più esattamente, qujmto che questa istessa par- te forma nel Delfino un ampio ventricolo ( V. la Tav. XIV ), e tanto in questo cetaceo, quanto fra i pachidermidi nel Por- co ( V. la Tav. XV) vi s'inseriscono i condotti biliari, forse perchè nel passar che vi fanno gli alimenti, possano soggior- narvi quanto è d'uopo perchè vi s'incorpori quel menstruo, col liquore del Pancreas, e ne risulti quella liquida consisten- za ( chimo ) che si richiede perchè il sistema inalante inte- stinale più facilmente ne assorba la parte più elaborata e sot- tile ( il chilo ) . Del Ve n t ho n e . Rumen macerans , ruminans . Lìnn. §. 40 • Il Ventrone è lo stomaco più grande ne' Ruminanti adulti, mentre in que'che allattano ancora è molto ristretto. 376 Intorno alla Ruminazione . ed in sua vece supera gli altri in grandezza il Quaglio, co- me si osserva ne' vitelli, e negli agnelletti in cui il ciljo ( il latte) non avendo d'uopo di ulteriore elaborazione, e tanto meno di masticazione o triturazione, non ha luotro la rumi- nazione, se non quando cominciano ad assumere pascolo più solido ( V. la Tav. X ). 5. àf\ . 11 Ventrone è formato di due grandi lobi irrego- larmente ovali, divisi da un profondo stringimento all'ester- no, e comunìcantisi internamente per un ampio orificio co- miuie (Tav. X, Fig. 1, lìì) . §. 4^. In complesso il Ventrone rappresenta una spirale o meglio una cornamusa che si stringe gradatamente quasi confondendosi con la Beretta, fino alla inserzione dell'esofa- go, ed ha l'apertura in cjuel confine dove comincia il secon- do stomaco . §. 43- La superficie interna del Ventrone è tapezzata di folte papille cornee di varia figura, le quali la rendono sca- bra, e quasi porosa sì che ne' loro interstizj vengono tratte- nuti que' sughi che scaturiscono perennemente da vasi esalan- ti , e dalle molte ghiandolette mucose sparse fra le lamine della tonaca cellulare o media . ^. 44- ^'i alimenti provvenuti dall'esofago percorrono re- golarmente un dopo l'altro i quattro grandi segmenti in cui sembra diviso il Ventrone dalle profonde scissure che gli im- partiscono cjuella figura spirale che si accennò . Della Beretta. Reticulum cancellatum recipìens . Linn. §. 45. La Beretta è un allungamento del Ventrone, dal (luale è diviso per mezzo di uno stringimento che ne forma ad un tempo anche l'orificio comune ad entrambi questi sto- machi . 5. 46^ Si distingue la Beretta inoltre , per la forma re- ticolare Del Sic. Gaetano Malacarne. 877 ticolare delle sue pareti (V. Tav. XII, Fig. 2 e 4) e parti- colarmente per i suoi due orificj, de' quali il poc'anzi accen- nato comunica mediante la doccia con l'esofago a sinistra, e l'altro r.ntero superiore col centopelle per mezzo della doccia istessa ( Tav. XII , Fig. a ) . 5. 47* Sembra che quelle cellule, che risultano dalla strut- tura interna di questo stomaco, siano destinate a conservare quasi come lo farebbe una spugna, una porzione della bevan- da, e de' sughi gastrici, perchè il lavoro della digestione non subisca interruzioni . Del Centopelle. Omasus multìplìcatus consumans . Linn. §. 48- Il Centojìelle è il più piccolo de' quattro stomachi, ha una figura ovale, e giace obbliquamente fra la beretta ed il Quaglio (Tav. X, Fig. 2) è internamente diviso longitu- dinalmente ( Tav. XI, Fig. 5 ) da molte lamine di varia gran- dezza, quasi come un portafoglio; queste lamine hanno la stessa organizzazione che s'indicò comune alle tonache de* ventricoli ; la tonaca villosa suol essere di colore oscuro e ne- riccio, e facilmente si distacca da quelle lamine, alla quale circostanza conviene che riflettano i Veterinarj che troppo facilmente la caratterizzano come indizio morboso, come pure 5. 49- La durezza delle sostanze contenute in questo sto- maco anche ne' ruminanti sani , è una necessaria conseguen- za dell'uso a cui sembra destinato quest'organo, cioè di com- primere la massa alimentare pervenutagli dalla beretta, spin- gerne la parte fluida nel Quaglio, e regurgitarne nella beretta quella che ha d'uopo di ulteriore elaborazione. §. 5o. Le lamine del Centopelle sono disposte paralella- niente secondo la lunght-zza del medesimo : cioè scorrono da un orificio all'altro; di questi orificj, l'anteriore comunica con la beretta, ed il posteriore sbocca nel Quaglio. Tom. XFIL Bbb 378 Intorno alla. Ruminazione . Del Quaglio. Abomasus fasciatus acescens coagulo prò sebo ut mìnus alcalescat . Linn. 5. 5i. Il Quaglio è il qnp.rto stomaco, posto fra il Cen- topelle ed il duodeno. La sna figura è conica, più grande verso il centopelle gradatamente si va restringendo fino alia apertura {piloro ) che mette negli intestini . 5. 5i. La capacità di questo stomaco ne' Ruminanti lat- tanti supera quella degli altri tre, ma reso adulto l'anima- le, è minore di quella del ventrone, maggiore però di quel- la degli altri due . Ha questo stomaco dieci o dodici grandi ripiegature longitudinali fatte dalla membrana interna, le quali cominciano all'orificio del Centopelle, e vanno crescendo in estensione fin oltre alla metà della lunghezza di questo ven- tricolo conico, allora cominciano a diminuire finché dove è più stretto il cono, sono quasi obliterate. Nel loro corso de- scrivono una specie di spirale sulle tonache del Quaglio da cui pendono ondeggianti nella cavità sua (Tav. XI, Fig. 2, e 4)- 5. 53. Le suddette ripiegature, o rughe nel Quaglio, a mio credere hanno i seguenti usi . A. Impediscono il troppo sollecito passaggio degli alimenti neeil intestini . B. Agevolano la triturazione de' nuovi alimenti che vi span- de il Gentopt'lle , la quale non avrebbe luogo che a stento, quando il Quaglio trovasi vuoto. C. Trattenendo sempre alcuna porzione di alimenti digeri- ti , e molta copia di sughi gastrici , somministrano a' nuovamente introdotti una specie di lievito o fermento che li dispone più sollecitamente alla concozione di cui abbisognano . D. Quando il Quaglio è vuoto di alimenti, generano quel- le rubile nel continuo movimento del ventricolo la mo- Del Sic. Gaetano Malacarne . 879 lesta sensazione della fame intrafregandosi l'una con- tro l'altra . E. Rendono più ampia la superfìcie interna del ventricolo si che più prontamente i vasi assorbenti possono as- sumere copia di chilo atto a ristorare con sollecitudi- ne l'animale tormentato dalla fame, o dalla sete. F. S'internano nella massa degli alimenti pervenutivi in copia, e vi esercitano per maggior numero di punti di contatto quella salutare azione che non esercitereb- bero eccetto sulla sola superfìcie esterna della massa alimentare, nel caso che riempia questo stomaco in mo- do da distenderne le pareti . G. Nella folta lanuggine che vi costisuisce la membrana villosa conservasi molta linfa necessaria a diluire gli alimenti fino alla consistenza del cliimo, e ad ovviare a' danni della sete patita per troppo lungo tratto di tempo dall'animale. §. 54. I quattro stomachi ( §. 3i e segg. ) sono tutti com- posti di quattro tonache: la esterna, la muscolare, la villo- sa, che è la interna, e fra quelle tre, la cellulare distribuita per conseguenza in tre strati . 5. 55. E da notarsi che la tonaca muscolare è composta di due strati di fibre sovrapposti l'uno all'altro sì che elle- no s'incrocicchiano costantemente ad angolo obbliquo, il che pure si osserva nell'esofago de'Ruminanti, in modo che ognu- no de' due strati avvolge quel canale a foggia di spirale; quin- di queste parti sono suscettibili di due opposti movimenti, secondo che è in azione l'uno., o l'altro di quegli strati mu- scolari { Tav. XI, Fig. i ) . 5. 56. Questa direzione opposta de' due strati di fascicoli muscolari spirali non è già particolare esclusivamente all'eso- fago de' soli Ruminanti, ma è stata dimostrata dal ce\.CuviER in altri animali, come nel Gatto, nel Cane, nell'Orso, nella Foca ec. 5- 57. Dall'esofago gli alimenti cadono nel ventrone per 38o Intorno alla Ruminazione. mezzo Ji una inciìvatiira obbliqua , die li dirige allo segmen- to suo anteriore sinistro; ma vi è una Doccia legamentosa al lato destro del medesimo Cardia, che scorre luno^o tutta la faccia interna inferiore della beretta fin verso l'orificio an- teriore del Ceritopelle, e termina nel Quaglio, lunga un pie- de circa nel Bue adulto, larga circa due pollici, e tutta mu- nita di fibre muscolari longitudinali, le quali costituiscono nel tragitto per il Centopelle uno sfintere all'orificio anteriore di questo stomaco, e all'orificio anteriore del Quaglio (Tav. XII). 5. 58. Questa Doccia ho rappresentata in quattro aspetti diffidenti nella Tavola XII, perchè meglio se ne concepisca la figura ed i rapporti che ne risultano fra l'esofago e i ven- tricoli . Dessa è in somma una continuazione dell'esofago, che ivi ( nella Beretta ) conviene rappresentarsi spaccato per lun- go , e corroborato a' lati di questa sua spaccatura da due co- lonne legamentose e muscolari, risultanti dalla ripiegatura del- le tonache comuni all'esofago istesso , ed a' ventricoli . 5. 59. Il Sig. Brvgnoiye dopo avere considerati i varj processi di cui si sono serviti gli osservatori che lo precedet- tero per render ragione del meccanismo della Piuminazione , raccolte le deduzioni dalle sue osservazioni anatomiche e fi- siologiche, ha stabilito, che i movimenti della respirazione vi abbiano grande influenza, cosi che durante la inspirazione gli orificj posteriori della Beretta e del Quaglio si aprano, e permettano il passaggio ad una porzione della massa alimen- tare in ognuno di essi contenuta; ed all'opposto, compresso il ventrone nella sua parte anteriore dalla contrazione del Dia- framma, la massa contenutavi è spinta ne' posteriori segmenti di quel gran sacco . 5. 60. Ora nella espirazione i muscoli dell' addomine com- primono questi segmenti posteriori del Ventrone, lo eccitano a contraersi in una inversa direzione, e la massa alimentare viene spinta contro il Cardia , e la Beretta . 5. 61. Ad eccitare queste contrazioni del Ventrone, con- corre la fermentazione , e la rarefazione eoa aumento di vo- Del Sic. Gaetano Malacarne . 38i lume della massa alimentare, che ne distende le pareti; que- ste vi reagiscono sopra con forza, ed allora succedono gì' in- dicati movimenti . 5. 62. Nella inspirazione l'esofago è compresso dalle co- lonne muscolari del Diaframma, anzi da una specie di sfin- tere che alcuni fascicoli muscolari vi costituiscono; mentre nella espirazione è libero il tragitto nel medesimo canale . 5. 63. All'ingresso della Beretta è posta una valvula se- milunare la quale viene agevolmente superata dagli alimenti più liquidi e sdrucciolevoli, che perciò scorrono tosto dal Ven- trone nella Beretta , ma presentandovisi la massa di alimenti ruvidi grossolanamente infranti, e non abbastanza umettati, cliiude loro quella valvula l'adito alla Beretta, quindi viene essa spinta contro il Cardia, e nell'esofago, il quale contra- endosi ivi fortemente per il nuovo stimolo sopraggiunto , ne viene per tal modo chiusa fuor del ventrone, e nella cavità dell'esofago una porzione. E questa sembra appunto essere la ragione per cui i Ruminanti non vomitano, al quale pro- posito osserva il cel. Professore Malacarne Vincenzo (/ sì- stemi, e la reciproca influenza loro: Padova i8o3 ) che i ner- vi errinici ( nasali ) sostengono il consenso che regna fra i sensi dell'odorato, della vista, e del gusto con la respirazio- ne, la deglutizione, la concezione degli alimenti, e la espul- sione loro dal ventricolo verso gl'intestini, non che su per l'esofago nel vomito, e nella ruminazione. §. 64- Quella porzioncella di massa alimentare confinata nel Cardia ( §. 60 ) per lo suscitato movimento antiperistalti- co, viene condotta alle fauci, ed in bocca; d'onde quando ha subita la nuova masticazione, deglutita à\ bel nuovo, giun- ge un'altra volta al Cardia dove sono le due strade, una a sinistra che conduce al Ventrone, e l'altra a destra, che met- te alla Beretta , divise dalla sovraccennata Doccia . 5. 65. Nella prima non può penetrare perchè è chiusa dalla contrazione delle fibre muscolari che traggono la doccia a sinistra; perchè la massa alimentare sta fortemente appli- 38a Intorno alla. Ruminazione . cata e compressa contro l'orificio clu! Veiitrone; perchè il se- micanale della Doccia stessa ammette esclusivamente sostanze quasi liquide, non potendo insinuarvisi di basso in alto le più grossolane ed asciutte; e perchè tale non altro è il movimen- to che necessariamente risulta dalla forma, distribuzione, mi- merò, robustezza, e direzione de' fascicoli e strati mnsc()lari; perciò quella porzioncella passa direttamente nella Beretta, e indi a poco in un'altra espirazione riascende un altro bolo alle fauci per subire le stesse vicende . 5. 66. Ho fatto osservare che i varj sacchi onde è com- posto il Ventrone, sono disposti un contro l'altro regolarmen- te in guisa che ne risulta quasi un grande imbuto . Questa struttura conduce in giro ne' movimenti del ventrone la mas- sa alimentare sì che tutte le sue porzioni vengono elaborate uniformemente, e tutto quel che è da ruminarsi, si presen- ta a suo tempo al Cardia per riascendere alle fauci . 5. 67. Giunto il Bolo ruminato nella Beretta, si mesco- la con quella porzione di alimenti che non aveva d'uopo di ruminazione, e che vi pervenne direttamente dal ventrone, e quando sia questo miscuglio ben macerato e stemperato ne' copiosi sughi de' quali abbondano le cellule di questo ventri- colo secondo, può insinuarsi ( e noi potea prima ) nella Doc- cia che lo trasporta nel Gentopelle . §. 68. Fra le ruvide lamine di questo robusto stomaco, vengono fortemente compressi gli alimenti, e tosto la parte liquida ne scorre di mano in mano che si separa, nel Qua- glio, e da questo a suo tempo, negli intestini tenui ec. 5. 6g. Conchiudasi adunque con Peyero, P errali lt , Glisson , DuvERi^Y , Camper , Daubenton , c Brugnone 5, i.° che gli alimenti vengono raccolti nel ventrone; i.° che „ da quest'ampio sacco ne ritorna partitamente in bocca la ,5 porzione da ruminarsi , il che fatto passano agli altri sto- „ machi „. Poco importando al Veterinario la varietà di opi- nione tra gli accennati Scrittori, le quali si riducono alle se- guenti . Del biG. Gaetano Malacarne. 383 §. 70. Peyero = La Doccia trasmette la parte liquida agli ultimi due stomaclii , la parte solida ritorna dal ventrone al- le fauci . §. 71. Perrault = lja. Doccia è quella che prepara il bo- lo da ruminarsi ; gli alimenti raccolti nel Ventrone passano nella Beretta , d'onde alle fauci, e di nuovo nella Beretta, o nel Gentopelle, ec. §. 7ÌI. Glisson = Gli alimenti tutti discendono nella Be- retta, d'onde i grossolani nel ventrone indi di nuovo nella beretta, poi alle fauci; i liquidi soggiornano nel secondo sto- maco per passar poi insieme a' ruminati nel Gentopelle ec. 5. 73. DuvERNEY = Dal ventrone riascende il bolo di soli cibi grossolani e duri, ma i più disciolti passano nella beret- ta, d'onde però, se ancora ne risultano di non bene elabo- rati , tornano direttamente nel Ventrone . ^. 74- D^c/BEA-roiv = Raccolti nel ventrone, passano nel- la Beretta, nella Doccia, alle Fauci, al Gentopelle, ec. §. 7-5. Brugnone = Tutti i cibi vanno nel Ventrone; i liquidi passano dopo nella beretta ; i solidi probabilmente ri- tornano alle fauci senza attraversar la beretta ( la doccia non ammetterebbe sostanze cosi grossolane ) perchè quando la be- retta è piena, si chiude quasi intieramente; e non è neppu- re necessario che que'cibi grossolani passino per la doccia on- de acquistare la forma di Bolo : nella seconda deglutizione pas- sano dall'esofago direttamente nel secondo stomaco per la doc- cia , e non ritornano mai più indietro, benché §. 76. Haller, e BouRGELAT ritengouo che gli alimenti vengano ricondotti varie volte nella bocca per subirvi varie ruminazioni . 5. 77. D' AcBENTON è d'avviso che la beretta sia da con- siderarsi come un segmento del ventrone ; non di meno at- tribuisce alla medesima una grandissima influenza nella eco- nomia animale dell'individuo, per la proprietà che ha di se- parare quella tanta copia di umore onde sempre sono inzup- pate le sue cellule, e per la facoltà di formare della massa 384 Intorno alla Ruminazione . alimentare del Ventrone quel bolo che debbe nascenJere al- le fauci per la ruminazione ; nella ijiiale credenza è stato in- dotto dall'avere sorpreso nelle pecore questo stomaco tutto contratto sopra un globo di massa alimentare similissima a quella del ventrone, e del diametro di un pollice. 5. 78. Nell'attualità di tale contrazione non si scorgeva più la forma reticolare spugnosa della membrana interna, ma raffreddandosi ripigliava la naturale grandezza , e ricompari- vano le cellule pronte a sparire ogni qualvolta si comprime- va Io stomaco . La qual circostanza stabilisce una grande ana- logia fra i nostri ruminanti e il Camelo che ha uno stomaco ( il secondo ) incavato da venti cellule contenenti molta ac- qua , alle quali il citato D' Aubenton attribuì la proprietà di funger le veci d'un riserbatojo d'acqua atto ad agevolare la macerazione in tutti i ruminanti , e forse a mitigare la sete nel Camelo e nel Dromedario, ruminanti indigeni di paesi ove è scarsezza d'acqua (Tavola XIV, Fig. 3 e 4)- 5. 79. È forza convenire che la ruminazione è una de- glutizione inversa, un movimento spontaneo e volontario ne' ruminanti ; che la mentovata Doccia non è che una continuii- zione dell'esofago; e che le medesime forze le quali spingo- no il bolo masticato dalle fauci negli stomachi , eccitate a movimento inverso ( antiperistaltico ) dal bolo da ruminarsi , 10 riconducono dagli stomachi nelle fauci, poco importando a ciò, se quest'ultimo bolo sia realmente stato apparecchia- to dalla Beretta,o se nel Cardia medesimo dove s'intrusela massa alimentare della beretta, siasene separata dalle fibre orbicolari del Cardia, ovvero da' muscoli della Doccia quella tal porzione che è atta a riascendere alle fauci in forma di bolo , 5. 00. I Ruminanti, e particolarmente le Pecore vanno soffgette a molte e gravissime malattie linfatiche delle quali la maw'Tior parte riconosce per causa l'eccesso di sierosità. 11 vajnolo, il marciume, le idropisie ec. le angine sierose, l'idrocefalo interno, le idatidi ec. , e si suol addurre da' ve- terinari Del Sic. Gaetano Malacarne. 385 terinarj che la causa ne è stata la stagione umida , i venti sciroccali, il pascolo in piati paludosi, le acque stagnanti, la umidità delle stalle, e simili. 5. Bi, Il fatto sta che i Ruminanti hanno un organo che separa l'acqua o la linfa nel loro corpo, e quest' organo è la baratta, la quale dehbe separarne a dovizia, per umettare tutta quella massa alimentare che contiene il ventrone, e che trovasi quasi asciutta anche pochi momenti dopo che l'ani- male ha bevuto : che se poi questa bevanda ecceda , allora trovandosi abbastanza umettata quella massa, non avrà più d'uopo di assorbire dalle cellule della beretta quella copia di linfa che in essa a tale oggetto ha la provvida natura radu- nato; lo stesso si dica del pascolo verde, o bagnato dalla piog- gia o dalla rugiada; in tal caso la linfa delle cellule della be- retta viene riassorbita dal sistema inalante, e torna nel tor- rente della circolazione a mescolarsi col sangue , nel quale fluido viene cosi a scemarsi la vitalità a danno della animale economia dell'individuo. §. 8a. Di fatti si ingrassano i Buoi e le Pecore facendoli lavorar poco, mangiar molto, e bere oltre misura e spesso; ma appena ingrassato l'animale se non si conduce tosto al macello , cade sicuramente infermo , e morirebbe se il pro- prietario non lo facesse uccidere . Quindi egli sembra che ne* nostri paesi si abusi un po' troppo circa la quantità di bevan- da che si concede a' Ruminanti , i quali per altro sopportar possono la sete più di qualsiasi altra specie di poppanti . Il Camelo e il Dromedario sopportano la sete per dieci, dodici, e quindici giorni . Alle Pecore in alcuni paesi non si porge bevanda, che tre, o quattro volte alla settimana. 5. 83. Nel trattamento delle malattie febbriU de' Rumi- nanti è da prendersi in seria considerazione il sudore, come quella cutanea escrezione che avendo grandissima relazione col sistema gastrico ed enterico , influir può moltissimo sulle facoltà digerenti anche in vista della quantità di linfa diret- ta alle cellule del secondo stomaco, la quale viene derivata Tom. XVII. Ccc 386 Intorno all.v Ruminazione . al comune integumento col sudore; circostanzn che era notis- siiTia fino a" tempi di M. Varr.one^ che inculca al suo Scrofa, riguardo alla scielta de' pascoli per gli armenti , di badare in qua regione quamque potissimum pascas et quando et queìs? ut Capras in montuosis potius locìs et fruticihus , quam in herbìdis campis; equns cantra: neque eadem loca, cestiva, et liiberna , idonea omnibus ad pascendum . 5. 84. Il sugo gastrico degli animali erbivori contiene mol- to acido. Macquart e Vauquelin trovarono l'acido fosforico in quello del Bue e della Pecora . Sembra che per gli animali erbivori si esiga un sugo gastrico meno antisettico che ne' carnivori , stantecchè i loro alimenti non vanno soggetti a così prontamente putrefarsi, e d'altronde la natura munì le sin- gole specie loro di un istinto così perspicace, che ciascun in- dividuo della medesima scieglie que' vegetabili che meglio al- le sue facoltà digerenti si confanno, e ricusa costantemente que' che non gii convengono . 5. 85. Il cel. Linneo numerò le 856 piante che popola- no i pascoli della Svezia, ed avendo osservato quali vengano prescielte o ricusate dal Bue, dalla Capra, dalla Pecora, dal Cavallo, e dal Porco, ottenne per risultato, che i Bovini ne mangiano ^76, e ne ricusano ai8 le Capre — — — 44') ~" — — — '^^ le Pecore — — — 387 — — — — \^i i Cavalli — — — 2,62 — — — — aia i Porci - — — — 72 — — — — 171 5. 86. Ad ogni modo confessa ingenuamente il lodato Sig. Brugnone , che non sono ancora bene sciolti tutti i dubbj , de' quali è sparsa la spiegazione di questa funzione animale, ed enumerati i medesimi , si limita a soggiungere che sono altrettanti stimoli di natura particolare o specifica , che agi- scono su certi organi e non su altri, come le vibrazioni so- nore sul nervo acustico, la luce sulla retina, i sapori sulla lingua, ec. .", i 5. 87. Que'dubbj sono i seguenti, de' quali io propongo Del Sic. Gaetano Malacarne. 887 frattanto quello scioglimento che mi offrirono le mie osser- vazioni . 1." Perchè inai il latte inghiottito passa sempre, e tutto per la doccia al Quaglio ? R." Perchè è assunto a poco a poco si che la doccia lo ammette tutto : non di meno anche nel ventrone de' vitelli si trovano grummi di latte rappreso, se- gnatamente quando il bovino comincia a pascolare . a.° Perchè mai l'acqua, e gli altri liquidi passano per la doccia, e anche per l'altra via che conduce al solo ven- trone ? R." Perchè ne viene assunta una colonna che dilata molto e l'esofago e la doccia cosicché questa sola non può contenerla tutta; d'altronde ve n'ha d'uo- po anche nel ventrone . 3." Perchè mai gli alimenti solidi inghiottiti per la prima volta vanno tutti al ventrone, mentre la porzion liquida che contengono frammischiata, potrebbe passare per l'al- tra via nella beretta ? R." Perchè si affaccia alla Doccia un Bolo troppo gran- de , e non bastando essa, si dilata l'esofago tutto; inoltre non è provato che la porzion liquida che con- tengono non passi in gran parte negli altri stoma- chi; anzi è molto verossiraile che ciò abbia luogo costantemente . 4-° E perchè gli alimenti ruminati vanno tutti per la doc- cia nella beretta e non mai nel ventrone ? R." Perchè gli ammette agevolmente la doccia; e non è abbastanza dimostrato neppure dalle argomentazio- ni delio stesso Sig. Brugnojve , che nessuna porzio- ne de' cibi ruminati passi talvolta nel ventrone. 5." Perchè i corpi stranieri del ventrone non ritornano mai jn bocca, e neppur l'acqua o altro liquido? R." I corpi stranieri di piccolo volume sono stati vo- mitati dalla Pecora di Spallanzani ; i grandi non ven- 388 Intorno alla Ruminazione . gono ammessi dalla apertura cardiaca dell'esofago. I liquidi stanno frammischiati con la massa alimen- tare del ventrone , o vengono assorbiti dal sistema gastrico inalante attivissimo nella beretta che ha cosi ampia comunicazione col ventronej o riascendono alle fauci col bolo da ruminarsi . 6," Finalmente perchè i Ruminanti non vomitano dopo qual- siasi dose di emetico, mentre la ruminazione, è cosi ana- loga al vomito . R." Perchè la natura gli ha resi cauti nello assumere il cibo; cosi che per essi è inutile questa utile ri- sorsa de' Carnivori ; perchè la capacità degli stoma- chi di un solo individuo è tanto grande ed amplia- bile per la elasticità delle tonache, e suscettibde di sfoghi considerevoli da uno stomaco all'altro; per- chè forse non si conoscono ancora quelle sostanze che potrebbero per avventura eccitare il vomito; perchè quand'anche si conoscessero, è tale la organizzazio- ne degli stomachi e dell'esofago, non che l'effetto dello stimolo indotto alle fauci da' cibi regurgitati , che verrebbero questi forse costantemente rimasti- cati e di bel nuovo inghiottiti; e perchè la strettez- za dell'esofago vei'so le fauci, la curva ivi descrit- ta da codesto canale, la situazione, e le comunica- zioni della doccia , la robustezza delle tonache mu- scolari dell'esofago, e la moltiplicità de' ventricoli si oppongono al regurgitamento continuato ed impe- tuoso di una grande colonna di massa alimentare, che è pur ciò che costituisce il vomito, la quale e- vacuazione sotto tali o analoghe condizioni troviamo impossibilitata anche ne' Carnivori . Del Sic. Gaetano Malacarne DIMENSIONI 389 Degli stomachi del Bue adulto, del Vitello, della Pecora, del Capretto, del Delfino, del Cavallo, del Porco, e della Lontra . ( N. B. Un metro equivale a piedi 3 pollici i circa . Un decimetro = pollici 3 lin. 9. Un centimetro = linee 4 2 ci'ca . Un piede equivale a centim. Sa, mlllim. 4- Un pollice = centim. a millini. 8). Stomachi del Bue Ventrone Beretta Centopelle Quaglio Intestino duodeno Gozzo del Piloro Piloro Doccia adulto, di statura mpdiocre . 'C é li Lunghezza maggiore — — I - 4 - Largh«-zza dal fondo di un emi- sfero a quel dell'altro — - 8 5 - Diametro circolare maggiore - a - 9 - Lunghezza del ventrone con la beretta — — — — — I 3 5 - Lunghezza maggiore rettilinea - 4 5 - Larghezza — — — — — - a 4 - Lunghezza magg. curvilinea - - 8 a - Lunghezza rettilinea — — - a 3 - T.pro"n#^77a _ ^^ .^ ^^ __ 1 7 7 JJd l Ji IH7Zj£icI ^^^ ^^^ «i^™ ^-^ ■■■■ Diametro circolare — — — _ _ Lunghezza - — — — — - 6 - Larghezza rettilinea — — - a 8 - Diametro circolare maggiore - - 8 8 - Diametro circolare — — — - 2 a - Diametro circolare — — — - 4 - - Lunghezza - — — — — - a 7 - Diametro circolare dell'orificio - - q - Diametro circolare — — — - 1 - Lunghezza - — — — — - - ±ó - Larghezza ad un pollice e mez- zo di distanza dalla commes- sura esofagea — — — - - 5 5 3qo Intorno alla Ruminazione. Largliezza ad un pollice e mez- zo di distanza dalla commes- sura posteriore — — — Distanza dell'orificio posterio- re delia Doccia, dalla cavità del Centopelle — — — Distanza fra i due orificj del Centopelle — — — — Diametro dell'orificio comune alla Doccia e al Centopelle (è però dilatabile al doppio sen- za notabile violenza ) Distanza dell'orificio medesimo del Centopelle dalla inser- ziou dell' esofago posterior- mente , cioè dalla parte es- terna della beretta — — Vitello tkiaiestre . Ventrone Diametro circolare — — — Lunghezza dall'appendice mag- giore alla inserzion dell'eso- fago -_ — — — — Larghezza dal fondo di un e- misfero a quello dell'altro - Beretta Lunghezza - — — — — Larghezza — — — — — Diametro circolare — — — Centopelle Lunghezza maggiore — — Larghezza maggiore — — Quaglio Lunghezza dal confine del Cen- topelle alla valvula del Piloro Larghezza maggiore - — — Diametro circolare maggiore - PpcoRA .... Lunghezza del Ventrone con la Beretta — — — — — Ventrone Lunghezza rettilinea maggiore Diametro circolare maggiore - Larghezza rettilinea maggiore io 1 1 3 n \ ò I I ■2. G 7 Del Sic . Gaetano Malacarne . 891 Beretta Lunghezza rettilinea — — Larghezza rettilinea — — Diametro circolare maggiore - Centopelle Lunghezza rettilinea maggiore Quaglio Caphetto bimestre Larghezza - — — Diametro circolare — — — Lunghezza - — — — — Diametro circolare maggiore - Il Quaglio è più grande , me- no allungato - — Il Centopelle è piccolissimo - Il Ventrone è più piccolo del Quaglio ------- La beretta è quasi confusa col Ventrone — — — — Diametro circolare dell'esofago Delfino . . . Ventrone Diametro circolare — — — Diametro del gozzo cardiaco Lunghezza Larghezza — — — — — Lunghezza del primo gozzo del ventrone — — — — Larghezza — — — — — Quinto Stomaco Che per la struttura bernocco- luta , e con cellule grandi , ha maggiore analogìa con la beretta de' ruminanti , di quello che il primo gozzo del ventrone per la sua situazio- ne , ha per lunghezza — Diametro circolare — — — Larghezza — — — — — Centopelle ( così chiamato ora per la sola sua situazione ) Lunghezza - — — — — Larghezza Sesto Stomaco Diametro circolare maggiore Lunghezza a 6 a 7 9 7 I 5 18 6 3 18 18 i3 14 I IO 5 4 39!^ l!JTORNO ALIA iluMIWAZIONli Larghezza — — — — — Ultimo Stomaco Diametro circolare — — — Lunghezza - — — — — Larghezza - — — — — Diametro rettilÌMeo del canale fra l'ultimo stomaco e ilCen- topelle — — — — — Distanza dall'ultimo stomaco al Centopelle , cioè la lun- ghezza del suddetto canale Porco Lunghezza maggiore dello sto- maco — — — — — Larghezza - — — — — Diametro circolare maggiore - Lunghezza dell'appendice cie- ca delio stomaco •- — — Larghezza maggiore di questa appendice — — — — Cavallo Lunghezza dello stomaco — Larghezza — — — — — Diametro circolare maggiore - Lontra Lunghezza dello stomaco — 7 ■2.5 I I 7 Larghezza Diametro circolare — — — 19 36 17 68 [ I 8 39 2,0 6a 16 7 26 SPIE- Del Sic. Gaetano Malacarne . SgS SPIEGAZIONE DELLE FIGURE. Tav. X. Gli stomachi del Bue adulto . Fig. I . Gli stomachi veduti dalla parte che risguarda lo ster- no, sciolti dalle loro aderenze membranose in mo- do che venga bene in chiaro come il Veiitxone sia diviso in lobi ben distinti . A. L'esofago . B.B.B. Il Ventrone. C. La Beretta . D. Il Quaglio . E. II Piloro. F. L'allargamento del duodeno, o il gozzo pìlorìco . G. Un nuovo stringimento analogo al piloro . H. L'intestino duodeno. I.I.I. Le scissure che suddividono il ventrone = la linea punteggiata indica la stretta divisione del Ventrone in due grandi lobi . K.L. Il luogo di comunicazione fra la Beretta ed il Cento- pelle, il quale ultimo stomaco è stato separato per- chè si scorga la direzione de' suoi orificj coaiuni- canti K con la Beretta L col Quaglio , rappresen- tata con quella linea K L . M.N. Indizio della divisione fra il Ventrone e la Beretta. 0.0. Le due appendici cieche posteriori del Ventrone. P.Q. Le due più profonde scissure che dividono i due lo- bi maggiori 1' uno dall' altro . R. Lobo maggiore sinistro . S. Lobo maggiore destro . Fig. a. Gli stomachi veduti dalla parte del dorso; e come nella figura prima sciolti dalle loro aderenze mem- branose perchè si scorga la vera forma della loro cavità mediocremente gonfiata d'aria. A. Fino alla H, come nella figura prima. Tom. XVII, Ddd 3t):j. Intorno alla Ruminazione . I. Gentopelle nella sua sede . K. La dinzlone della Doccia, come apparisce esterna- mente . L. L'appendice cieca anteriore destra del Ventrone . M. Il Cardia . N. La inserzione della Beretta nel ventrone . 00;P.Q. Come nella figura prima. Fig. 3. Gli stomachi veduti dalia parte che risguarda lo sterno, e lasciati intatti come stanno nell'addome Bovino. A. Fino alla H come nella figura prima. LLLL Gli indizj delle scissure che suddividono il VentVone. Fig. 4- Gli stomachi veduti dalla parte che risguarda il dor- so, e non preparati, se non con mediocre injezio- ne d'aria . A. Fino alle LLLL, come nella figura terza. K.L. Lidizio della direzione della doccia internamente. M. La regione del Gentopelle, il quale trovandosi coper- to dagli altri stomachi, qui non si vede. Tav. XL La tonaca muscolare de' ventricoli bovini; la comu- nicazione del Gentopelle con gli altri stomachi; la struttura del medesimo terzo stomaco , e del Qua- glio; la trasparenza della Doccia negli stomachi del- la Pecora . Fig. I . Si è reciso il Gentopelle in JB perchè si veda l'o- rificio suo che mette nella beretta C e l'altro D che comunica col Quaglio E . F.F. Il termine delle lamine del Gentopelle. G . Il promontorio legamentoso e muscolare risultante dal- ia duplicatura di:l!e membrane, posto in traverso fra il Gentopelle e il Quaglio, poco dopo il termi- ne della Doccia . H.H. Porzione del Ventrone. Fig. i. Tratta dal Peyero, rappresenta la direzione delie fi- bre muscolari ne* ventricoli del Bue, e gli interstizj legamentosi da' quali è intersecata la tonaca carnosa che ne risulta in ognuno di essi . Del Sic. Gaetano Malacarne . SgS Fig. 3. Negli stomachi della Pecora adulta, la figura e dire- zione de' fascicoli muscolari della Doccia, come si vede per trasparenza nella preparazione secca, qui descritte in H.H.H. A. Il Centopelle . B. La Beretta . C. Porzion del Ventrone . D. Il Quaglio. E. L'allargamento del Piloro. F. Il Cardia . G. L'esofago . H.H.H. La Doccia e le fibre muscolari che la circondano, veduti per trasparenza . Fig. 4- Nel Quaglio la direzione ed inserzione de' foglj mem- branosi fluttuanti nella sua cavità . A. L'orificio suo per cui comunica col Centopelle . B. L'allargamento del piloro. Fig. 5. Il Centopelle tal quale è stato reciso via nella figu- ra prima in AB: vi si scorge la direzione delle la- mine da un orificio all'altro, cioè paralellamente alla lunghezza dello stomaco istesso; e il rimanen- te del promontorio che risultò tagliato in A . Tav. XII. La Doccia^ ossia il mezzo di comunicazione fra l'e- sofago, e tutti quanti sono gli stomachi. Fig. I. Quella 'porzione de'quattro stomachi che ha relazio- ne immediata con la doccia . A. L'esofago . B. La sua inserzione nella Beretta . C.C. Linea saliente che a guisa di Rafe seconda la dire- zione della doccia che qui non si vede essendo co- perta dalla D.D. Parete esterna della Beretta. E. E. E. Porzione del Centopelle rimasta dallo averlo reciso via con taglio circolare attorno a' suoi orificj , de' quali quello che comunica con la Doccia sta nel SgG Intorno alla. Pcuminazione . centro., e quello che mette nel Quaglio è segnato F.F. G. Promontorio fra il Centopelle e il Quaglio, nel qua- le termina la doccia con quella doppiatura obbliqua che si scorge nel triangolo di cui quel Promonto- rio è base . H.H. Concorso de' foglietti del Centopelle, che convergo- no nella doccia . I.I. Alcuni di que' foglietti che abbracciano l'orificio del Quaglio . K. L'orificio comune al Centopelle e al Quaglio, L. Porzione del Quaglio che è stato tagliato attraverso a poca distanza dalla sua inserzione nel Centopel- le : Vedesi come i foglietti del Quaglio si confon- dono e si corrugano in quest'orificio costituendovi quasi una valvula . Fig. 2. La Doccia un po' dilatata . A. L'esofago . b.b.b. La porzione della Beretta che circonda la doccia, ve- duta nella cavità di questo secondo stomaco . c.d.e.J'.ha Doccia: le due colonne ed ed e/ sono state di- varicate perchè si vedano le rughe longitudinali in- terne della Doccia, le quali raggrinzandosi intorno alla apertura che inette nell'esofago, la ingombra- no, e sembrano impedire per questa strada l'acces- so nel medesimo; e si protendono nell'orificio po- steriore della Doccia de, nel quale s'intrudono raccolte in una colonna sola le multifarie ripiega- ture reticolari della beretta gg. Fìg. 3. È la figura prima veduta dalla parte opposta . A. L'esofago . b.b.b.b.Vorz\on della beretta, veduta dal di dentro della sua cavità, e rovesciata in e sulla doccia d, per met- tere allo scoperto l'orificio e e del Centupelle, e quello del Quaglio ff. Fìg. 4. La Doccia veduta tal quale si presenta nella Beret- Del Sic. Gaetano Malacarne . 897 ta, del quale stomaco per conseguenza si vede qui la stessa porzione di parete reticolare inferno, che si osservò nella figura seconda: le due colonne quasi si combaciano, e nascondono l'apertura esofagea e la posteriore, ma qualora la beretta sia distesa dal- la massa degli alimenti, facilmente si divaricano, e ancor più facilmente lo fanno quando giù per l'e- sofaso discendono 2:li alimenti grossolanamente in- franti dalla prima masticazione : che se siano rumi- nati o liquidi, percorrono la doccia chiusa da' mu- scoli che ne fanno combaciare le colonne scanalate al di dentro, e vanno addirittura a sboccare nel Centopelle, e nel Quaglio. Tav. XIII. Gli stomaclii del Capretto da latte, quello del Co- niglio, e lo stesso organo osservato dal P'^r.LscTO nel Grillotalpa, la di cui figura die ne dà quell'Auto- re, qui ricopiata ( tìg. 4 ) ^ molto diversa da quel- la che risulta dalla ispezione anatomica del mede- simo insetto ne-' nostri p;iesi . ( Vedi fig. 6, e 7 ) . Fìg. I. Gli stomachi del Capretto da latte osservati dalla par- te che risguarda il dorso : 1' animale cominciava a pascolar l'erba, ma nonostante il Quaglio è ancora molto grande in ])roporzione degli altri stomachi; anche qui è costante quell'allargamento del duode- no presso al Piloro . Fìg. 2. Gli stessi stomachi veduti dalla parte dello sterno. Fìg. 3. Lo stomaco del Coniglio, diviso nel mezzo da uno stringimento, al di là del quale, verso il Piloro, la tonaca muscolare è molto più robusta, ed i suoi fascicoli fibrosi longitudinali molto j)iù apparenti. Fìg. 4- Gli stomachi della Zuccarola, o Grillotalpa, come gli ha d^■scritti il Velscio { Hecatostece IL 167S ) , a. Il primo stomaco (Kcilia). h. Il secondo ( Echinos ) , e. I! terzo . 398 Intorno alla Ruminazione . d. Il quarto . e. L'intestino tenue . f. L'intestino crasso. Fig. 5, Lo stomaco dell'Astaco (Cancer Astacus). a. Le fauci con le tre mandibole cornee . b. Il tubo intestinale . e. Lamine caitilaginose che sporgono nella cavità dello stomaco . d. Allargamento del piloro circondato da corpi ghian- dolosi . Fig. 6. Tutto il canale alimentare del Grillotalpa. a. L'esofago . b. Lo stomaco . e. Due ghiandole a' lati del Piloro. d. Gli intestini . e. Le parti della generazione . Fig. 7. Lo stomaco del Grillotalpa, aperto. a. Otto filze di lamine dentate, di colore oscuro, dispo- ste longitudinalmente come i foglietti del Cento- pelle ne' quadrupedi ruminanti cornigeri. b. Una di quelle lamine ingrandita essa pure con la len- te perchè si scorgano le quattro filze di denti, on- de ognuna di esse è composta . Tav. XIV. Gli stomachi del Camelo e que' del Delfino . Fig. I. La faccia vertebrale de' ventricoli del Delfino. a. L'esofago . 1. . , b. Allargamento, o gozzo cardiaco. . .. - ... e. Il Cardia. d. Il Ventrone . e. Porzione dell'omento. /. Il quinto ventricolo, bernoccoluto, e con cellule grandi . g. Il sesto ventricolo, analogo al Quaglio de' Ruminanti. li. L'ultimo stomaco analogo al gozzo pilorico de' qua- drupedi ruminanti . , ., Del Sic . Gaetano Malacarne . 899 i. Porzione del Pancreas . k. Il principio del tubo intestinale . Fig. a. La faccia sternale de' ventricoli del Delfino. A. b.c. come nella figura prima. d. Ventricolo analogo alla beretta de' Ruminanti, per la situazione . e. Il ventrone . f. Rigonfiamento analogo al Centopelle . g. II quinto ventricolo . h. Il sesto . i. L'ultimo . k. I condotti biliari . l. Il tubo intestinale . Fig. 3. Gli stomachi del Caraelo . A. L'esofago . b. Il primo stomaco . e. Il secondo . d. Il terzo . e. Il quarto . /. Il Piloro. Fig. 4- Il secondo stomaco del Carnaio, aperto. A. L'esofago . b. II primo ventricolo veduto in profilo . ecce. Il secondo ventricolo spaccato in quattro lembi, per- chè si veda l'orificio d comune alli due stomachi, pei-chè si scorgano le grandi cellule e e che in nu- mero di ac circa conservano la porzion liquida de- gli alimenti, presso a poco come accade delle cel- lule della Beretta negli altri Ruminanti . Ta\ . XV. Gli stomachi del Porco, del Cavallo, e della Lontra. Fig. I. Lo stomaco di un Porco adulto, macellato poco do- po avere assunto il cibo . A . L' esofago . b. Sua rigonfiatura cardiaca . e. Il Cardia . 4oo Intorno alla KuiUinazioae . d. Il primo gozzo dello stomaco . e e. Altri gozzi maggiori analoghi al veiitrone de' Rumi- nanti . f. Terzo gozzo che ha molta analogìa co! Geiitopelle . g. Ultimo gozzo analogo al Quaglio . h. Il Piloro . i. Allargamento del piloro in cui s'inseriscono i con- dotti biliari, come si osservò nel Delfino ( Vedi la Tav. XIV , fig. a K ) . K. L'intestino duodeno. Fig. a. Lo stomaco di un altro Porco ucciso dopo varie ore di astinenza dal cibo , preparato in modo che si scorga la direzione, e la distribuzione de' principali fascicoli di fibre muscolari in tutto l'organo. A. L'esofago . b. Il Cardia. C. Il secondo gozzo dello stomaco, analogo alla baratta de' Ruminanti . d. Il primo gozzo dello stomaco . e e. Altri gozzi maggiori analoghi al Ventrone . f. Stringimento che sembra dividere lo stomaco tutto in due grandi cavità, delle quali la porzione che risguarda il Piloro è molto carnosa, e robustissima, come apparila meglio dalla figura quarta di questa istessa tavola. La porzione poi che risguarda il Car- dia è tutta tapezzata internamente di minute pa- pille folte e coniche . g. Quel rigonfiamento che si è paragonato al Centopel- le nella figura prima in f, il quale qui apparisce in istato di contrazione . h. i. k. Come nella figura precedente . Fig. 3. Lo stomaco della Lontra, che è simile a quello de' Martorelli , delle Puzzole, ec. Di tutti que'gozzi, o quelle borse, esistono ancora alcuni indizj , che non riscontransi più ne' Carnivori più perfetti. Fig. 4- jya^. '^-OO. .""Malacarn e fc .- !ZIS. J to'- /. '-^0!?~^e. t-^ />^^- 4-00. T f:''Malacarne/c.fS/?. ^a^. ^6>a. yan.ju: /^S'- i-^^- ^ ^ /-®7 -^oo. c7a:t,.XZr. ,_^^//&. d/^iSó'cCC'- ,J^iSiC B /^^^ -fOO. f^sl^- ^:H}(\f'''T^*^^_ R,JV. '&l£j-^'" ':^. ^ !:bìi^ì.ìi[] ■ixiiOJU."'.JM*-''" 9': Af '>c '^^^ /"^'7- ^OtP. cri S-AT. jT^iy. XW. jv^' ^oo. '% ^3-^' S'AT. /^^■>f-^^. ^'"^^t'^/caocarnc/^lH ") c-^/ . x/i: '-^a^'As- >J^^ù. ^wviaa^. /^^- ^ o.^- dastf A/alacttrne /ólf- ^1 :^ tv .1 rj^. R^JIl. ^ & \ S°M. Del SiG. Gaetano Malacarne. 4'-'' Fìg. 4. Spaccato dello stomaco del Porco , con taglio lungo la grande curvatura . A. L'esofago, la di cui struttura è niente diversa da quella del medesimo canale ne' ruminanti . b. Il Cardia. e. Alcune papille regolarmente disposte in doppio ordi- ne , che hanno qualche analogia con la doccia del Bue e della Pecora . d. Due di queste papille, di figura cilindrica, paralelie, che ascendono su per l'esofago. e. Ingresso dell'appendice cieca analoga alla Beretta . ff. Le grosse, carnose, robustissime pareti del terzo goz- zo analogo al Centopelle . g. Cospicua ghiandola posta alla imboccatura del Piloro, che sembra anche fungervi le veci di valvula . h.h. Le rughe interne di questo gozzo, analoghe alle la- mine del Centopelle . i. L'ultimo gozzo analogo al Quaglio. kkk. Le grosse e robuste membrane componenti lo stomaco. LI. 1.1. La porzione cardiaca dello stomaco, tutta tapezzata di folte papille cornee . m. L'appendice cieca. -Fig. 5. Lo stomaco del Cavallo. Tom. XVII. Eee 4oa SAGGIO SULLA BONIFICAZIONE DELLE PALUDI PONTINE Del Signor Co. Vittorio Fossombroni . Ricevuto li 3o Aprile i8i5. ia.vendo avuto occasione di esaminare sulla faccia del luogo le condizioni delle Paludi Pontine, e di concepire sul propo- sito della bonificazione di esse alcune idee, ohe non sono sta- te finora a tale oggetto proposte, ho creduto espediente es- porle al Pubblico, acciò qualora vi sia alcuna utilità, ne sia facilitata l'applicazione. Articolo I. DelV origine delle Paludi Pontine. 5. I . Il Paese che si può attualmente comprendere sotto il nome di Paludi Pontine è una pianura che forma quasi un parallelogrammo. Due dei suoi lati contigui sono costeggiati dalle montagne, e i due altri dal mare. Ai quattro angoli si trovano la Torre d' Astura, Sermoneta, Terracina, e il favo- loso Monte Circeo . Si può vedere dalla pianta qui unita che la diagonale condotta da Sermoneta a Monte Circeo è quasi nel senso del meridiano . §. 3. Siamo debitori al dottissimo Niccolai di una grand' Opera in foglio, nella quale, in seguito di una scelta e co- piosa erudizione, egli ha compilato le più interessanti opi- nioni, e vedute sulle Paludi Pontine; ma siccome dall' istes- se autorità può ciascuno, secondo la sua maniera particolare di vedere, tirarne conseguenze diverse, così le opinioni sul- Del SiG. Vittorio Fossombroni . 4^'^ l'antica fertilità, e salubrità delle Paludi Pontine, non sono troppo conformi . Sebbene il mio scopo non sia una discus- sione sopra gli antichi monumenti , non ostante io credo di non dovermi dispensare dall' esporre ciò che mi sembra risul- tare dall'antica Istoria, e che può servire a illustrare l'an- damento del mio progetto sul risanamento della pianura Pon- tina . 5. 3. GÌ' Istorici parlano qualche volta in modo genera- le della fertilità di questo paese, e della potenza dei Volsci, cui apparteneva, ciò die ha fatto talvolta credere ^ che la pianuia Pontina fosse coltivata in tutta la sua estensione . Vi è per altra parte un gran numero di autorità dalle quali resulta oKo i» alo. ine epoche della Repubblica, e dell'Impe- ro di Roma vi erano in questo paese delle paludi, e un cli- ma malsano . 5. 4- Dopo aver bene esaminate queste numerose , e tra loro diverse asserzioni degli antichi Autori, non vi è da ma- ravigliarsi se si sono immaginate delle ipotesi molto differenti circa l'origine, e stato successivo della pianura Pontina. Al- cune volte si è procurato di conciliare queste diverse asser- zioni senza prendere in considerazione l'epoche respettive , e le leagi 2;enerali della Natura : queste leggi ., allorché si manca d'autorità decisive, possono non solamente avvicinarci alla verità, ma impedire ancora che noi non siamo strascinati nel vortice delle congetture, per appoggiare le quali si è stati obbligati d'immaginare perfino ini' eruzione vulcanica, che abbia fatto escir fuori dal mare delle nuove terre per forma- re la pianura Pontina . 5. 5. Omero è il più antico Autore che abbia fatto men- zione di questo paese , e sembra aver creduto che la pianu- ra Pontina fosse inondata dalle acque del Mare . Dopo molti secoli gli Autori Romani, che danno l'idea di paludi esistenti in questo paese, non parlano punto delle acque del Mare, neppur facendo la descrizione del primo disseccamento fatto- ne da Appio . Dieci secoli dopo, questa pianura è stata tro- 4c4 Delle Paludi Pontine . vata in molte parti superiore alla superficie del mare, e fi- nalmente oggi, vale a dire sei secoli dopo quest'ultima epo- ca, non vi sono, die alcuni punti, che siano inferiori alla superficie predetta . 5. 6. L'osservazione viene ad appoggiare l'autorità d'Ome- ro , poiché molte volte essendo accaduto di far degli scavi in questa pianura, si è trovato dopo uno strato di terra, un l'ondo di mare, e di sabbia, ed in alcuni luoghi questo fon- do di mare è stato ritrovato alla profondità di 2,2, metri dal- la superficie attuale della terra . §. 7. Ecco dunque quattro epoche dello stato di questa pianura . Nella prima la sua superficie si trova inferiore a quella delle acque del mare : nella scujuela essa è qua^' ^ *» vello del mare. Difatti in alcuni punti, come nelle vicinan- ze dell'antico Tempio di Feronia , si vedono le tracce dell' antica via Appia accostarsi al piede delle montagne. Nella terza epoca questa pianura sembra rialzata ancora di più, poi- ché cominciando dal i3oo della nostra era è stato tentato di- verse volte il suo disseccamento con maggiore, o minor suc- cesso. Finalmente nella quarta epoca (juesto disseccamento si è riconosciuto in gran parte eseguibile, ciò che dimostra i progressi degl'innalzamenti successivi della superficie della pia- nura Pontina . 5. 8. Osservo in conferma di queste considerazioni che gli antichi Autori parlano di ventisei città esistenti nelle vi- cinanze di Velletri , e di Terracina . La posizione di quelle situate sulle montagne, o in alcuni punti della costa del ma- re ( una parte delle quali esiste ancora ) è determinata con tutta la chiarezza, e precisione desiderabile, ma non si può garantire la posizione di alcuna delle città nel mezzo della pianura, senza abbandonarsi a delle congetture molto incerte. 5. 9. Si deve ancora rilevare che le rovine, che si tro- vano su queste montagne, e sulla costa del mare sono tali, da confermare ciò che è stato detto circa la potenza di que- ste antiche città, dove al contrario alcune rovine poco con- Del SiG. Vittorio Fossombroni '. 4^5 siderabili , che si trovano nella pianura non presentano l'i- stessa idea, ed essendo situate in prossimità della via Appia si possono supporre appartenere ad epoche successive alla co- struzione di questa strada . Si deve infatti credere , che la via Appia essendo molto frequentata, non mancasse di fab- briche per uso dei viaggiatori , e del commercio . 5. 10. Sembra adunque che la palude Pontina si trovi sempre più profonda a misura, che allontanandoci dai laostri giorni ci accostiamo all'antichità la più remota, fino al pun- to di trovare ai tempi di Omero le acque del mare in que- sta pianura, e tal congettura ha tutta l'evidenza, di cui è suscettibile l'Istoria di quei tempi. Se si aggiunge, che in torza delle leggi delia natura, le acque scenoònu ua..^ .uuu- tagne su questo bacino, e non avendo un rapido corso do- vevano arrestarvisi , e deporvi le grosse materie strascinate con loro , la congettura isterica sì cangerà in una verità fisi- ca, e si riconoscerà questo bacino colmato successivamente dalle terre trasportatevi dalle montagne vicine . §. II. Per dissipare i dubbj, che si potrebbero avere su questo sistema della costituzione originaria della pianura Pon- tina convien distruggere un'obiezione, che potrebbe venir fatta da quelli, che suppongono, che questa pianura sia sta- ta fertile, e salubre, osservando che le città dei Volsci era- no potenti, e ricche, che numerose armate hanno manovra- to in essa, e che questo stesso paese ha bene spesso liberata Roma dalla carestia ; circostanze tutte , che secondo la loro opinione non possono accordarsi con lo stato paludoso della pianura medesima . 5. la. Rispondo, che la popolazione dell'antica Italia, come ce ne fan fede gì' Istorici , e le montagne di questa pe- nisola tutte coperte di antiche rovine, non abitava ordina- riamente nelle pianure . Per conseguenza le città dei Volsci potevano essere molto potenti senza perciò avere dei sudditi nella pianura Pontina , e per quel che riguarda la salubrità dell'aria sembra, che gli antichi non vi facessero molta at- 4o6 Deixe Pai^ulm Pontine . tenzione, come vien provato dall'epidemie, e dalla peste, che affliggevano così spesso l'antica Roma. D'altronde clii Ila veduto la città di Catania rifabbricata più volte colla stes- sa Lava , da cui era stata sepolta potrà facilmente persuader- si del poco conto che si fa dei pericoli che sono comuni a quelli, con i quali si convive, e che si sono corsi fino dall' infanzia . Se fra dieci secoli un antiquario esaminerà la de- scrizione dei mobili, che ornano oggidì molte case di cam- pagna nelle vicinanze di Roma, e le loro magnifiche dipen- denze, ne tirerà la conseguenza della salubrità dell'aria del- l'agro Romano, e avià molta difficoltà a persuadersi, che si siano volute. faKKrìfaip rlplip phitazinni sì cnniode. e sontuo- se, in luoglii, ove non si può passare impunemente una notte di estate . Le armate che hanno manovrato in questa pianu- ra non sono una prova*, che non vi esistessero delle acque stagnanti in abbondanza , perchè esse non sono un ostacolo alle operazioni della guerra, come si può convincersene, sen- za ancor parlare dei moderni, se si riflette che l'armata d'An- nibale continuò per più giorni a marciare traverso le paludi del Pò . Finalmente per quel che concerne i viveri sommini- strati molte volte a Roma io osservo, che le colline che con- tornano questa pianura , trovandosi allora più coperte di ter- ra di quello, che siano al presente, dovevano essere ben col- tivate . Lioltre una parte di questa pianTua verso il piede del- la montagna, doveva anco allora essere abbastanza elevata per prestarsi alla coltivazione, di maniera che ( se si considera ancora la gran sobrietà di quei popoli ) non deve far mera- viglia, che questo paese abbia potuto in qualche occasione approvvisioiiare la città di Roma . 5. i3. Dopo questo rapido colpo d'occhio si potrebbe dire che allorquando Pio VI concepì, e principiò il suo pro- getto la natura aveva fatto molto più dell'arte per favorire il risanamento della pianura Pontina . Infatti alcuni dissecca- menti particolaii praticati in diverse epoche, hanno prodot- to il vantaggio di renderne qualche parte provvisoriamente Del Sic. Vittorio Fossombroni . ^oj coltivabile. Ma per non avere avuto in vista l'originaria co- stituzione di questo paese, e non averne coiisiderato l'insie- me sotto un istesso colpo d'occhio, n'è avvenuto che si è soltanto cercato il più pronto scolo delle acque, e si sono fatte trasportare al mare qut^lle stesse terre, che la natura libera nel suo andamento, avrebbe al contrario sparse, e de- poste nella pianura, innalzandone così la superficie;, fino a met- terla al coperto dagli ostacoli, che il mare oppone al suo ri- sanamento . §. i4- Giammai pertanto la pianura non si è trovata così capace di esser bonificata, come essa Io è al di d'oggi; ed i lavori felicemente eseguiti da Pio VI, oltre ai vantaggi at- tuali, hanno prodotto il buon effetto di rendere quel terre- no praticabile , e di poterne valutare le intrinseche apparte- nenze per calcolare quali soccorsi la natura attenda tuttora dall'arte . Articolo II. Analogia tra la pianura Pontina e la Val di Chiana . %. i. Nel dettagliare il mio progetto sopra il risanamen- to della pianura Pontina, appoggerò alcune volte le mie as serzioni a qualche caso somigliante , da me osservato nella Val-di-Chiana . Io credo pertanto di poter servire nel tempo stesso all'intelligenza, e alla brevità, esponendo alcune par- ticolari analogìe, che hanno tra loro questi due paesi tanto famosi per l'infezione della loro aria, quanto possono esser- lo per il loro bonificamento . 5. 52.. La Val-di-Chiana rappresenta mi parallelogrammo quasi egualmente lungo, ma più stretto di quello formato dal- la pianura Pontina . La sua lunghezza è quasi nella linea del meridiano, e la sua estremità Boreale ha per limite TArno, l'Australe il Tevere . Le montagne costeggiano i suoi due lati più lunglii, mentre che la pianura Pontina non è costeggia- 4o8 Delle Paludi Ponine . ta dalle montagne che su due dei suoi lati contigui . Si può dunque facilmeiUe concepii'e per qual ragione nella Val-di- Chiana scoli un maggior numero di ruscelli, torrenti, e fiumi, che nella pianura Pontina . §. 3. Tutte queste acque discendendo nella pianura si riu- nivano nella Chiana , allora fiume , il quale scorrendo nel sen- so longitudinale della pianura, andava a soaxùcarsi nel Tevere; ma il corso della Chiana divenne a poco a poco meno rapido , fino a non poter piìi trasportare le gravi materie condotte dai suoi influenti . Ecco ciò che fece nascere i trabocchi, le inon- dazioni, e quindi la vasta palude, che pel corso di tanti se- coli nel medio Evo ha prodotto l'infezione di questo paese. 5. 4- Si deve al Torricelli la felice idea di trar profitto dalle terre trasportate dai fiumi , e torrenti per ottenerne la bonificazione, non coli' abbassare la superficie delle acque, ma coir innalzare la superficie dei terreni. Si cominciò col col- mare alcune delle più basse parti , ma si perdeva spesso in un luogo, quel che si guadagnava in un altro, perchè i ter- reni situati tra quelli nuovamente colmati, e le montagne, non godevano più del pronto scolo delle loro acque . 5. 5. Riflettendo in seguito sulle cause, che avevano fat- to diventar paludoso questo paese, ed esaminando la maniera di procedere della natura , si venne ad accorgersi che non bisognava soltanto preparare dei terreni circondati di argini per ricevervi le deposizioni dei diversi fiumi, e torrenti, ma conveniva immaginare ancora un sistema di Colmate^ che riu- nisse le tre condizioni seguenti = 1 ." Che il bonificamento, e rialzamento di una porzione non nuocesse all'altra = 2." Che tutta la pianura venisse rialzata in modo, da fargli acquista- re una pendenza in senso contrario a quella, che le faceva anticamente caricare le sue acque nel Tevere = -S.** Che il gran canale che scorre nella direzione longitudinale della campa- gna, non ricevesse alcuna porzione di acque torbide, ma sol- tanto le acque chiarificate nei diversi recinti delle colmate . Si può vedere il dettaglio di tutte queste operazioni nella mia Del Sic. Vittorio Fossombroni . 4^9 mia Opera sopra la Val-di-Chiana , stampata in Firenze nel 1789. §. 6. La Chiana adunque, che era anticamente un fiu- me di acque torlie, scorrenti dall'Arno verso il Tevere, di- venne un canale di acque chiare, avente il suo corso dal Te- vere verso l'Arno. Essa diverrà di nuovo un fiume, cioè po- trà trasportare le gravi materie dei suoi influenti, allorquan- do le colmate saranno giunte alla loro perfezione, ed allor- ché questo canale avrà potuto acquistare una pendenza più grande di quella, che ha attualmente, e che non può basta- re , che per lo scolo delle acque chiare . 5. 7. Sebbene vi siano delle opinioni diverse circa l'ori- gine della palude Pontina, egli è certo che le acque in essa discese dalie montagne, e che hanno dovuto arrestarvisi pei corso di molti secoli, e deporvi le terre, che seco traspor- tavano, ed in oltre la decomposizione dei vegetabili ridotti in torba, hanno dovuto contribuire ad elevarne la superficie. Newton ha detto che non bisogna ammettere più cause di quelle, che son necessarie alla spiegazione dei fenomeni del- la natura; perciò non credo ingannarmi, se rispettando le congetture ingegnose circa le influenze vulcaniche, e le pos- sibili rivoluzioni cosmografiche, io riguardo la pianura Pon- tina come liberata dall'acque del mare, ed inalzata al di so- pra della superficie di esso dalle terre, che vi hanno tras- portato le acque torbide; ed inoltre se io ne concludo, eh» le acque torbide l'hanno formata, e che esse devono conser- varla , e perfezionarla . 5. 8. Per esporre il mio sentimento circa l'opinione del Sig. i?a/7m/, il quale sembra poco persuaso dell' influenza del- l'acque torbide in questo paese, io citerò le proprie parole del dotto Bolognese Sig. Zanotti , alla di cui famiglia , co- me a quella dei Manfredi^ e dei Guglielmini si debbono i più gran progressi della Idrometria Italiana. Si legge nel suo Rapporto del 1777 ciò, che segue ,, Non so del tutto affatto „ disprezzare la torbidezza di quei fiumi . Di ciò mi ha dato Tom. XVII. Fff 59 il 91 55 55 55 55 55 55 4. CO Delle Paludi Pontine . sospptto il vedere, che dalla parte destra della Via Appia (come dimostra il profilo) la campagna è più alta molti palmi della campagna a sinistra, e appunto da quella parte si spandono la Teppia, e il fosso di Cisterna, che sono tor- bidi . Né parmi verisimile il supporre, che tal differenza sia naturale al terreno, da che non è verisimile il suppor- re che Appio Claudio per fabbricare la sua strada avesse scelta quella linea, ove si trovasse cotal differenza fra i piani delle campagne . 5. g. Qualcuno forse osserverà che i fiumi della Val-di- Chiana sono in più gran numero, e le loro acque più cari- che di terra, che quelle della palude Pontina, e domanderà , se si può attendere da queste lo stesso successo , che si è ottenuto per mezzo delle altre . Ma questo dubbio si dissipe- rà tosto, che si farà osservazione, che nella Val-di-Chiana si è dovuto rovesciare la posizione di una cosi lunga pianu- ra", e la sua pendenza, che era stabilita dall'Arno verso il Tevere, si è dovuta dirigere dal Tevere verso l'Arno. Per mez- zo di un calcolo ben facile si potrà valutare la massa enor- me di terra, di cui si è dovuto disporre per produrre un cam- biamento così considerabile . Al contrario non vi è bisogno nella pianura Pontina di una inversione nella sua pendenza; e la terra, che vi è trasportata dalle acque, è destinata sola- mente a rialzarne la superficie a seconda del genio della na- tura, e dell'indicazioni date dall'arte per operare un tal rial- zamento piuttosto in una parte, che in un'altra. §. IO. Uno strato di buona terra sparso nella pianura sa- rà utilissimo sotto più rapporti, come farò osservare all'Art. IV, e d'altronde le acque chiarificate per mezzo della depo- sizione di questa terra sono meno infeste alla campagna. In- fatti io ho osservato, che a circostanze eguali le acque chiare hanno una maggior velocità delle torbide. Egli è facilissimo di convincersene coli' esperienza, ed io mi dispenserò dal trat- tenermi qui a dettagliare, ciò che ho immaginato ed eseguito su questo proposito ; ma ciascuno può da se stesso persuader- Del Sic. Vittorio Fossombroni . 4'* sene, considerando, che l'adesione, o viscosità delle mole- cole fluide ritarda i loro movimenti , osservando quanto le parti terrose mescolate con l'acqua possono aumentare que- sta causa ritardatrice , tanto col moltiplicare i punti di con- tatto , quanto per la complicazione dei movimenti , ai quali è esposto un fluido mescolato con dei corpi eterogenei . Il pronto scolo delle acque è troppo interessante in una pianu- ra coltivata, per non fare attenzione anche ad un sol giorno d'inondazione di più, o di meno, il quale può decidere di una significante parte delle raccolte . 5. II. La separazione delle acque torbide, e dell'acque chiare, è per cosi dire, lo scoglio dell'Idrometria Italiana. Non si trova altrove così facilmente, come in Italia, una frequen- te alternativa di pianura , e di montagna , e una cosi lunga serie di piogge impetuose , e di piene quasi istantanee dei fiumi. D'onde ne segue che le pietre, le ghiaje, e le terre delle montagne sono trasportate in abbondanza nei letti dei fiumi, che risentono grandi alterazioni nelle loro dimensioni. In conseguenza gl'Idraulici Italiani si trovano spesso obbligati d'introdurre nei calcoli della pendenza, e larghezza dei fiu- mi dell'equazioni relative alle anomalie cagionate dalle acque torbide, che si ha cura di separare dalle acque chiare, come che incapaci di produrre i medesimi effetti ; e siccome que- sti calcoli sono eccessivamente complicati, ne segue, che le teorie divengono talvolta un ornato piuttosto , che una gui- da per l'esecuzione del diversi lavori, e che si è obbligati di riportarsi all'esperienza, e di procurar di trovare delle cir- costanza analoghe ai casi , che si presentano . 5- la. Questa separazione delle acque torbide, e delle acque chiare è ancora più imperiosamente raccomandata nei due casi singolari della Val-di-Chiana , e della pianura Pon- tina , perchè ivi non si tratta soltanto di evitare dei perico- li, ma di ottenere dei vantaggi considerabili, migliorando la costituzione fisica del paese. Ciò è si vero, che se per ipo- tesi si fosse potuto trovare un esito pronto , e immancabile 4i2, Delle Paludi Pontine. per tutte le acque straniere, die inondano questi due paesi, non sarebbe conforme al progetto di un perfetto risanamen- to il profittarne liberamente , per quanto lusinghiero potes- se essere un tal momentaneo successo . Per questo perfetto risanamento è necessario, che la superficie della pianura s'i- nalzi, e cambj di posizione; ciò che non può succedere sen- za che le acque straniere vi depositino delie parti terrose . 5. i3. Che tale asserzione non sia un paradosso, si può vedere, per quel che riguarda la Val-di-Chiana , nell'Opera qui sopra citata; e quanto alla palude Pontina si può darne la seguente dimostrazione : ,, La posizione di questa pianura ,, rapporto al mare è tale , che una gran parte ha solamen- „ te la pendenza necessaria per lo scolo dell'acque chiare „. Egli è evidente che, liberata che fosse dalle inondazioni dell' acque straniere , sarebbe capace di esser quasi interamente coltivata. Le sue acque proprie, cioè a dire le acque piova- ne , goderebbero di un facile scolo nel mare , ma a poco a poco si verrebbe ad accorgersi, che questo scolo diventereb- be meno pronto, fino a vedere dopo qualche tempo queste stesse acque piovane soggiornarvi di nuovo , e produrre del- le nuove paludi. Ciò nasce dall'abbassamento progressivo, che provano i terreni coltivati, benché possano essere un po- co rialzati colle spoglie dei vegetabili; e volendo evitare que- sto abbassamento , bisogna indennizzarli di queste continue perdite, e tra le altre di quella, prodotta dalle acque pio- vane, che trasportano sempre seco una porzione degli ele- menti della sua superficie . Per conseguenza questo terreno, che adesso ha soltanto l'elevazione necessaria per lo scolo delle sue acque chiare, ha bisogno die le acque torbide vi depositino delle parti terrose, per mezzo delle quali, se non si può molto guadagnare, si possa almeno mettersi al coper- to delle perdite . 5. i4- Dunque il risanamento perfetto della pianura Pon- tina dipenderà da un sistema composto di due principi , cioè a dire di alluvione , e di diseccamento ; e se si adottasse il Del Sic. Vittorio Fossombroni . 4''^ secondo esclusivamente , si rischierebbe di preferire un mo- mentaneo maraviglioso successo ad una utilità permanente . Se qualcuno avesse ripugnanza a persuadersi deli' influenza di questi sottilissimi strati di terra deposti dalle acque, io osserverò che questi strati sono come i pretesi infinitamente pìccoli, ciascuno dei quali è trascurato nel calcolo, ma la somma dei quali ha somministrati i soccorsi più energici per scuoprire i segreti della natura; e domanderò, che si abbia la compiacenza d'inFunnarsi di ciò, che ho avuto il conten- to di potere sperimentare su tal proposito in Val-di-Ghiana nel corso di 82, anni . Articolo III. Dello Stato attuale della Pianura Pontina . §. I. Io non credo, che le operazioni eseguite dagli an- tichi nelle paludi Pontine possano dar dei lumi per il siste- ma da seguirsi al di d'oggi, onde giungere al loro bonifica- mento; e si può anche dubitare, se i progetti di alcuni cele- bri Matematici, come Manfredi, Boscovick, Ximenes ec. sia- no stati diretti dalla sagacità superiore di quei grandi uomini con l'idea dì qualche operazione parziale, piuttosto che con quella di considerare l'insieme del terreno, che comprende le paludi Pontine . §. 2. Questo dubbio si accrescerà, se si considera che nel- l'ultima impresa diretta dall'Ingegnere Rapini il territorio Pontino, che si ebbe in animo di diseccare, fu limitato, e circoscritto, e non vi si compresero tutti i terreni soggetti alle inondazioni , come quelli di Terracina , e gli altri tra Tor-tre-Ponti, e Cisterna, i quali pure avrebbero dovuto en- trare nella circoscrizione . §. 3. Tutto ciò non è, che conforme alla natura delle cose; e si vede spesso accadere, che allorquando si tratta del risanamento di una vasta campagna , la parte la più paludo- 4^4 Delle Paludi Pontine . sa, ed Infetta eccita in preferenza le maggiori premure, di modo che I minori inconvenienti non sono abbastanza presi in considerazione , che allorquando I piij grandi sono stati ridotti meno sensibili. Un sistema generale, che abbracci con adattate operazioni tutti gli oggetti in questione, qon si pre- senta molto facilmente, se i disordini, di cui si tratta, non so- no sparsi con una specie di uguaglianza; lo che a un di pres- so si vede al di d'oggi nella pianura Pontina. $. 4- Il progetto di risanamento eseguito dal Bapini , benché diretto in generale con le regole dell'arte, non si tro- vava finito nel momento, in cui il cambiamento delle circo- stanze fece luttuosamente trascurare una gran parte del la- voro, che era stato fatto, di modo che lo stato attuale delle cose somiglia ad un ben concepito disegno, nel quale vi so- no dei tratti cancellati, che bisogna ristabilire; altri, che esigono alcune variazioni; ed alcuni, che bisogna interamen- te aggiungere . 5- 5. I tratti, che bisogna ristabilire, sono per esempio: l'allargamento dei nuovi letti dei fiumi, e canali, che sono quasi tutti pili stretti di quello, che richiede la massa re- spettiva delle loro acque ; la riparazione della piìi gran parte degli argini, che per le loro dimensioni, e cattiva costruzio- ne non sono in grado d'impedire i trabocchi delle acque; lo stabilimento delle chiaviche mancanti; la formazione dei con- trofossi in vicinanza degli argini ; la costruzione in muro del- le porzioni di argini, che servono ai bestiami per andare al beveraggio, mentre fino a tanto che saranno di semplice ter- ra, verranno degradati, e non potranno contenere le acque; e finalmente lo stabilimento degli argini dell' UfFente al luo- go detto la Coronella . 5. 6. I tratti da variare sono : la rettificazione del letto dell' UfFente , e la separazione dall' Amaseno torrente torbido, che si vede riunito all'altro contro tutte le regole. L'intro- duzione dell' Amaseno separata da quella dell' Uffente nel por- tatore; la separazione della Cavata dalla Cavatella, che sono \, ■^ Del Sic. Vittorio Fossombroni . 4' 5 due fiumi, uno dei quali per causa di qualche suo influente è toibo, e l'altro ciliare. Similmente è necessario il prepa- rare dei Ietti convenienti per le acque superiori, come la Teppia, la Ninfa, il fosso di Cisterna ec. a fine di porre un termine ai loro trabocclii , e al corso irregolare , che adesào hanno . 5. 7. I tratti, che bisogna aggiungere, sono; di stabilire per principio, che le acque non devono giungere al mare, che dopo essere state chiarificate , per quanto è possibile , con la deposizione delle parti terrose , con cui sono mesco- late . Per conseguenza è necessario di adottare un sistema di colmate regolari, e di recinti circondati di argini, secondo l'esigenza dei diversi torrenti, e ruscelli. Ne risulterebbero da questo sistema dei vantaggi essenziali, che si vedranno nell'Articolo seguente, e se ne otterrebbero ancora degli e- ventuali, come quello, per esempio, di potersi dispensare dal- la separazione di alcune acque chiare, e torbide, perchè que- ste potrebbero essere chiarificate prima di essere riunite. Vi è ancora da aggiungere un Porto-Canale allo sbocco di Badi- no, affine di facilitare lo scolo delle acque, e l'introduzione dei bastimenti di commercio, per favorire lo smercio delle derrate di tutto il paese, nell'interno del quale i diversi ca- nali e fiumi rendono molto utile l'abituale navigazione. 5. 8. Sebbene esista una gran quantità di piante, pro- getti, e profili relativi alle operazioni, di cui si tratta, non si è mancato di fare delle verificazioni ; ma astrazione fatta dai resultati ottenuti dagli esami diretti con buoni istrumenti , la semplice osservazione dei diversi fiumi, sìa nel tempo del- la magrezza delle loro acque, sia in quello di qualche piena, è bastata per ispirare della fiducia. Difatti si è osservato ge- neralmente, che le acque, in specie a qualche distanza dal mare, godevano di una velocità considerabile. Per conseguen- za l'ispezione oculare presenta la pianura Pontina in una po- sizione capace di prestarsi al soccorso dell'arte, e si accorda colla posizione della stessa pianura determinata dai diversi punti assoggettati alle livellazioni . 4i6 Delle Paludi Pontine. 5. 9. I punti come sopra determinati sono descritti nel- la seguente Tavola . Il segno -+• indica la posizione al di so- pra della superficie del mare, ed il segno — la posizione al di sotto di questa stessa superficie. Gli asterischi indicano, che la differenza di livello tra le acque in piena, e quelle magre deve nei punti indicati essere attribuita alle acque del- l'Atnaseno, che vi si erano introdotte nel momento della li- vellazione . A M A S E N O AI Ponte di Fossa Nuova . Metri Acque in piena ■ Acque basse -i- Sojjlia del Ponte ^o" Vicino al suo sbocco nel Pantano dell' Infiìrno. Acque in piena ■+■ Acque basse H- Sbocco della Colmata di Ponte maggiore . Acque in piena -H Acque basse -+- Soglia del Ponte — U F F E N T E. Alle sorgenti del Mulino Muti -+- Al dì sotto del Mulino acque in piena -H Acque basse ■+■ Fondo •+• Di faccia al Miglio =49= ' * Acque in piena -+- i5. 1 1. 89 i5 IO. 70 4- 3. 91 27 T. 0. 0. 47 74 94 8. 77 6. oa, 5. 64 4- 16 S. i3 Acque \ Del Sic. Vittorio FossoxMbroni . 4' 7 Metri Acque basse ■+■ 4- 2,0 Fondo -H a. 4^ Alla voltata di Cassanello, dove l'Uffente si av- vicina all'Amaseno. * Acque in piena -+- 4- 7^ Acque basse ■+■ a. a3 Alla voltata di Capo Selce, dove 1' UfFente si av- vicina alla Via Appia . Acque in piena ■+• a. 94 Acque basse -+- a. i3 A Ponte Maggiore . Soglia del Ponte — o. 94 Acqua in piena -H i . 47 Acque basse -t- o. y4 Canale della Schiazza sui confini del Circondario. Acque in piena -t- - 3. 96 Fondo ■+■ a. 90 Di faccia al Miglio =: 48 = Acque in piena H- 3. 18 Fondo ■+■ !• 17 Alla voltata di Orsino . Acque in piena -+• a. 60 Fondo -1- o. 69 Allo sbocco della linea Pio. Acque in piena -f- a. 54 Soglia del Ponte -+- o. 4' Tom. XVII. Ggg Metr 6. 43 5. 7a 4- oo 3. Si a. 67 I. 00 4.18 Delle P.^ludi Pontine .. Canal Pio al Foro Appio . Acque in piena -+- Acque Lasse ■+■ Fondo ■+■ A Mesa . Acque in piena -l- Acque basse -h Fondo •+■ A Capo Selce dì faccia all' Uffente, dove è la Chiavica del Tabio . Acque in piena -t- 1.73 Acque basse -+- o- 92. PORTATORE. Vicino al suo sbocco a Badino di faccia al Ca- sino Sagliani . Acque in piena -+- o. 8q Acque basse ■+■ o. 00 Fondo — 4- <20 Fondo fuori dello sbocco — i . 00 FOSSO DELLA BOTTE. Alla Botte sotterranea di faccia a Mesa . Acque in piena -♦- 2. 90 Fondo -+- I. 48 Di faccia al Miglio = 56 = Acque in piena -t- i . 70 Campagna ■+. 1 . 00 Del Sic. Vittorio Fossombkoni Fiume Sisto a tre Ponti . Acque in piena •+- Acque basse -t- Fondo -+- Alla confluenza del Fosso delle Congiunte . Acque in piena -i- Fondo -f- Al passo di S. Donato . Acque in piena •+■ Acque basse -¥• Fondo -H Alla sua riunione col fiume delle Volte . Acque in piena -i- Acque basse -+- 419 Metri IO. ga 9- 4^ 8. 54 10. 70 6. 3o 7- 80 6. 35 5. 40 I. So 0. So TEPPIA , LINEA VICI , E RIO MARTINO Al Ponte di due Luci . Acque in piena -+- Fondo -H Al Ponte della Pacchereccia . Fondo del Fosso degli Ebrei -+• Campagna -h Alla Chiesa di S. Carlo . Fondo del Fosso di Cisterna -+- Campagna -4- Ai confini del Circondario . Fondo del Fosso delle Congiunte Campagna -+- Si. 5o ag. 40 18. 19. 8a 85 i3. i5. 7' a3 9- 9- 29 6a 42.0 Dklle Paludi Pontine Metri Al Ponte di S. Ficittola vicino al Confluente col fiume Sisto . Fondo del detto Fosso delle Congiunte -+- 7. 36 Vicino allo sbocco del Fosso del Tradimento . Fondo di Rio Martino -f- . 9-7 Campagna •+• la. 00 Alla Sezione maggiore di Rio Martino vicino al- lo sbocco di Pozza grande . Fondo •+• 7. i3 Campagna -f- 2,1. 63 Al Passo delle Mura di S. Donato. Fondo di Rio Martino -H a. 34 Campagna -+- 3. 56 Turaoletto al di sopra del Lago dei Monaci vi- cino allo sbocco della Linea Pici -+- i4- oc Il detto Tumoletto vicino alla Foce di Fogliano -+- 4- ^^ Articolo IV. Del Pàsanamento della Pianura Pontina. §• I- Da quanto si è fin qui esposto, può dedursi, clie le operazioni da eseguirsi pel risanamento della pianura Ponti- na sono di due specie, cioè tsmporarie, e periodiche. Le ope- razioni temporarie sono il regolamento delle ac(|ue superiori, la separazione dell' Arnaseno dall' Uffente ec, e le operazio- ni periodiche sono le colmate successive , ed il mantenimen- to degli argini , e canali . 5. a. Egli è specialmente da osservarsi, che lasciando da parte le cure particolari, che esige ogni operazione individua- Del Sic. Vittorio Fossombroni . ^2X le, bisogna ancora occuparsi del tempo, in cui devono ese- guirsi. Una tal precauzione sarebbe inutile, se tutte queste operazioni fossero indipendenti T una dall'altra; ma poiché deve esistere un rapporto tra molte di esse, egli è necessa- rio che, invece di stare in collisione, esse cospirino al grande oggetto del risanamento generale . Per questa ragione io cre- do indispensabile di classare tutti i lavori in questione in tre epoche . §. 3. Nella prima epoca io comprendo la riparazione dei danni cagionati dalla mancanza di mantenimento, a cui una gran parte del paese è stata esposta di qualche tempo in poi. Un articolo, che cade sotto gli occhi dei semplici viaggiatori è la riparazione della via Appia, di questa unica, ed impor- tante comunicazione postale tra Roma , e Napoli , e molti altri paesi del Territorio Pontino . In seguito egli è indispen- sabile di rendere le dimensioni convenienti asrli argini del fiume Sisto, senza di che i terreni situati tra questo fiume, e la linea Pio sono esposti a dei guasti incalcolabili. Egli è necessario di ristabilire gli argini dell' UiFente nel luoiro det- to la Coronella, ove il terreno instabile, e quoroso ha im- pedito di stabilire degli argini, essendo rimasti più volte som- mersi, ed ingojati . Siccome resulta dai scandagli fatti, che il terreno stabile non si trova che ad una profondità conside- rabile, io credo che sarebbe partito più economico di riti- rarsi ancora con la linea dell'argine, fino a tanto che si tro- vi il luogo, in cui si possa stabilire; tanto più che il terre- no , che verrà ad abbandonarsi , non può essere un oggetto considerabile per la coltivazione . Conviene egualmente ren- dere attivo il canale della Salcella, ed allargare quello della Schiazza, dando al suo sbocco una direzione più adattata per lo scolo delle acque. Bisogna pure riparare, e rendere atti- vo il canale della Botte, e finalmente tutti gli altri articoli relativi ai lavori di già esistenti, che non devono andar sog- getti a dei cambiamenti considerabili , e cbe non si trovano attualmente nell'attività necessaria . A.:ia, Delle Paludi Pontine . 5. 4- Nella seconda epoca conviene prenrlere in conside- razione alcnne nuove opera?;ioni, che sarebbe dannoso il dif- ferire. Io intendo parlare delle colmate regolari, essendo in- dispensabile d'impedire, che la terra mescolata con le acque sia trasportata al mare . La mancanza di un sistema di col- mate impedisce il godimento di cinque oggetti di utilità, ed espone a due oggetti di perdita . 5. 5. Gli oggetti di utilità, di cui non si gode, sono i se- guenti : I ° Non si gode del rialzaipento successivo del ter- reno, e si diminuisce per conseguenza la facilità di porlo al coperto dalle inondazioni . a.** Si perde uno strato di buona terra propria alla vegetazione, con la quale potrebbe coprir- si la torba , di cui è composta gran parte della pianura Pon- tina, che non può coltivarsi. Quest'oggetto è di un grandis- simo interesse , e non sì può mai abbastanza raccomandare , acciò non sia trascurato, non solo nella pianura Pontina, co- me in alcuni altri luoghi ancora del Littorale d' Italia . In- fatti si potrebbe alcune volte esser sedotti dal progetto del diseccamento di un terreno, e allorquando dopo molti lavo- ri, e spese il progetto fosse perfettamente riuscito, si potreb- be trovarsi privi del vantaggio, che si sperava ritrarre da que- sto terreno ., e trovarlo incapace per la vegetazione . Io ho dovuto fare questa riflessione, allorché consultato sul disecca- mento delle paludi di Piombino, non avendo trovato il mez- zo di comhinare in tal località il diseccamento, e l'alluvio- ne, fui di parere che non si dovesse generalmente intrapren- dere . 3." Si perde uno strato di terra, che servirebbe a di- fendere contro il fuoco, che si accende facilmente sulla su- perficie composta di torba. Il fuoco, oltre i guasti ordinar], che produce , riducendo in cenere questa torba , ne abbassa sensibilmente la superficie, e l'espone a diventare un bacino di acqua morta. 4° Si perde il vantaggio di diminuire l'in- salubrità dell'aria. Infatti questo strato di buona terra, copren- do la torba sparsa sulla pianura , diminuisce le cattive esala- zioni dei cadaveri degl'insetti, e dei vegetabili. Un sottile Del Sig. Vittohio FossOmbroni . /^a,^ strato di terra non potrà per la verità impedirle interamen- te, specialmente in tempo d'estate, allorché il sole produce delle larghe crepature nella terra, ma nondimeno la diminu- zione di questa causa d'infezione è sempre valutabile. 5." Si perde finalmente l'aumento di celerità, di cui gode l'acqua chiara a preferenza dell'acqua torba; e siccome le acque chia- rificate potrebbero muoversi con una maggior celerità nei ca- nali meno inclinati della pianura, questo elemento diventa tanto più prezioso, in quanto che rende le inondazioni me- no durevoli . §. 6. Nel mentre che per la mancanza di un sistema di colmate si perde la terra per i cinque oggetti vantaggiosi qui sopra dettagliati , questa stessa terra viene determinata a fa- vorire i due seguenti articoli di disvantaggio, i ." Le porzioni di Ietto de' canali 5 che non hanno bastante pendenza per po- tere scolare le acque torbe, rimangono perciò interrite, il lo- ro letto si risti'inge, e le inondazioni diventano più funeste, e più frequenti liella pianura . 2." In occasione delie grandi piene la terra vien trasportata fino allo sbocco di Badino, dove nella collisione delle acque fluviali , e del mare si for- ma un deposito di terra, e una specie di chiusa, che si op- pone allo scolo delle acque, e all'ingresso dei bastimenti mer- cantili . Quando anche il ragionamento non venisse all'appog- gio di questa verità, il solo esame del locale potrebbe garan- tirne l'evidenza. Gli scandagli, che sono stati fatti a questo sbocco 5 e il progresso della costa nel mare (dimostrata dal- l'attuale situazione della Torre di Badino, la quale, costruita sulla riva del mare, se ne trova attualmente molto lontana ) provano, quanto questo interrimento sia stato considerabile . Trovandomi a Terracina in occasione di una grossa piena ho potuto osservare, che la corrente dell'acqua torbida, che usci- va da Badino, si ripiegava lungo la costa, e la differenza fra il suo colore, e quello delle acque del mare faceva eviden- temente distinguere , che essa si dirigeva verso il Porto di Terracina . 4^4 Delle Paludi Pontine . 5. 7. E necessario di osservare die vi è una gran diffe- renza tra i lesultati degF interrimenti aperti, o sia delle al- luvioni naturali delle acque torbide, ed i resultati delle col- mate regolai i circondate di argini . È vero che nel primo ca- so si ottiene qualche deposizione di terra; ma le acque rien- trano nel fiume quasi torbide tanto, quanto erano, allorché traboccarono, ed il rialzamento non si dispone, come conver- rebbe per conseguire la destinazione, che si vuol dare al ter- reno. Al contrario in una colmata regolare, cioè in un re- cinto circondato di argini, l'interrimento è più abbondante, e resta soceetto alle regole dell'arte. Questa osservazione è tanto più interessante, allorché si tratta, non di una sola col- mata^ ma bensì, come nel caso in questione, di un sistema di colmate combinate tra loro . §. 8. Con questa combinazione di diverse colmate si è giunti nella Val-di-Chiana a disporre la terra in modo da pro- durre una inversione di pendenza in una pianura di quasi trenta miglia di lunghezza . E2,li é facile di accorgersi che se nella Val-di-Chiana si fossero lasciate liberamente spargersi le acque, ed i trabocchi dei diversi torrenti, si sarebbero col- mati alcuni terreni ; ma la pianura non avrebbe acquistato quell'inclinazione regolare, che decide del suo perfetto risa- namento. Si parla spesso nella Medicina come nell'Idrome- tria di secondare le inclinazioni della natura; e l'amor pro- prio ha portato a credere che ella faccia tutto per seconda- re le inclinazioni degli uomini : ma la natura fa tutto per se stessa, e vede con occhio eguale la sanità e la malattia, la vita e la morte, il Padule e la Coltivazione; di maniera che bisogna procurare d'indovinar le sue direzioni segrete, e cam- minare nel senso soltanto di quelle, che ci sono favorevoli. §. g. Se nel fiume Sisto, invece di lasciarlo traboccare irregolarmente sulla sua diritta, e formare degl'interrimenti in alcuni boschi, che non ne hanno bisogno, si fossero pra- ticate delle aperture sulla sua sinistra, ad oggetto di colma- re la bassa campagna, che si trova tra questo fiume, e il ca- nale Del Sic. Vittorio FossoMERONr .' 4^5 naie Pio, questa campagna Invece di presentare l'infeconda torba, e dì essere esposta alternativamente ai guasti ora del- l'inondazioni, ora degl' incendj , sarebbe di già tutta coperta di buona terra , e somministrerebbe di grandissimi vantaggi a' coltivatori . 5. IO. Parimente ho veduto l'Amaseno traboccare nel Pan- tano dell'Inferno, ma, non essendo trattenuta da argini, l'ac- qua esce dal detto Pantano molto torba per mezzo dei canali di diversione ; e così si ottiene un piccolo vantaggio , e si fa una gran perdita , lasciando passare le acque torbide fino al mare . 5. II. Si osserverà forse che non esistono molti fiumi tor- bidi in questo paese, e si temerà per conseguenza, che non vi sia da lusingarsi di un gran successo, che dopo un tem- po considerabile . Io rispondo a questo, che, per giudicare del- l'attitudine di un fiume a trasportare della terra, bisogna esa- minarlo in tempo di piena. L'UiTente è un fiume di acque chiarissime, che nasce al piede della montagna di Sezze , 9 che non può per conseguenza trasportar seco le terre delle colline . Non ostante , avendolo io rimontato in barca in un giorno di piena , osservai che sebbene in qualche parte del suo corso l'acqua rimanesse nella sua naturai chiarezza, vi era- no alcune altre parti, dove l'acqua era torba in conseguen- za dello scarico dei fossi, che trasportavano la terra dei cam- pi adiacenti . Dunque lo stesso Uffente porta della terra , e se non ne porta così abbondantemente da meritare che si pre- parino dei recinti per riceverla, ne porta almeno abbastanza per avvertirci che della terra, che dovrebbe restare nel cen- tro della pianura, viene trasportata verso l'estremità. Vi sono ancora altri fiuraicelli, come la Ninfa, e la Ga- vatella, che sono nella stessa condizione dell' Uffente; ma vi è pure una gran quantità di ruscelli, e torrenti molto ricchi di terra , e capaci di produrre i gran vantaggi qui sopra det- tagliati . 5. la. Io credo utile di ripetere che non si tratta qui Tom. XVII . ■ Hhh 4a6 Delle Paludi PoNTrNE , di ottenere un così gran risultato, come rfuello, che si è avu- to in Val-di-Chiana . Si è di già osservato che la pianura è disposta in maniera da favorire Io scolo delie sue acque, co- sicché non si aspetta dalle Colmate che la facilitazione di que- sto scolo nei canali meno inclinati, e ciò in seguito della maggior velocità, di cui godono le acque chiare, e si aspetta nel tempo istesso che uno strato di huona terra sia sparso nella pianura, e produca gli utili effetti qui sopra descritti, con una progressione analoga a quella, che la natura avreb- be seguitata , ma più convergente , e più rapida . 5. i3. La lunghezza del tempo non è dunque un osta- colo in questa occasione, poiché le Colmate non debbono es- sere il solo mezzo per restituire questa pianura alla coltiva- zione . Si vuole soltanto, che le Colmate migliorino le con- dizioni, e costituiscano questa pianura in grado di profittare maggiormente in seguito della miglior direzione, che verrà da- ta ai diversi fiumi , e torrenti . \ 5- '4- S'incontra in questo paese la favorevole circostan- za, che i fiumi sono bene incassati nel terreno, ed in gene- rale non hanno un gran bisogno di argini , di modo che sa- rà necessaria una spesa minore in proporzione di quella, che abbisogna in Vai-di-Chiana . Questa spesa diventerà ancor me- no capace di scoraggire , se nell' eseguire le Colmate si vor- rà conformarsi alle prescrizioni, che in seguito delle osserva- zioni fatte in Val-di-Chiana io ho indicato in una Memoria Idraulica stampata negli Atti della Società Italiana delle Scien- ze, ed in un'altra Memoria Economica stampata negli Atti dei Georgofili di Firenze . Per non ripetere qui i dettagli, che ivi ho esposti, indiclierò soltanto, che bisogna che il recinto di ogni Colmata sia più piccolo di quello , che veniva ordinaria- mente praticato, ed esser molto utile, che si preparino per oeni fiume due recinti da colmarsi alternativamente un an- no per ciascuno . 5. i5. La terza epoca è quella dei lavori, che io ho chia- mati temperar] , perchè , una volta che siano stati fatti , non è Del Sic. Vittorio Fossombroni. ^I'^ più necessaiio di occuparsene, che per il semplice manteni- mento. Mi sembra che il primo di questi lavori debba esse- re la separazione dell'Amasene dall' Uff.-nte, e credo che sia necessario di dirigere in modo il letto dell'Amasene, che, ta- gliando la via Appia al di sotto di Ponte-maggiore , vada a introdursi n<-l Portatore . §. 16. Il secondo di questi lavori è l'introduzione dell' UfFente al di sotto di Ponte-maggiore, con una direzione che si avvicini alla rettilinea per evitare l'attuale tortuosità, che si oppone al felice scolo delle sue acque . 5. 17. Il terzo consiste nella costruzione di un Porto-ca- nale allo sbocco di Badino. Esiste un Piano, e un Progetto di questo lavoro, che si potrebbero forse eseguire nella se- conda epoca, dopo avere stabilito il sistema delle Colmate. 5. 18. Il quarto è l' escavazione del Rio Martino per ri- cevere le acque superiori della pianura, e la separazione del- la Cavata, e Cavatella, che si può eseguire nel tempo stes- so, se si giudica necessario. 5. 19. Io credo che qu-^'sta operazione sul Rio Martino debba essere riservata in ultimo luogo per due ragioni : 1 ." Se l'esecuzione è veramente necessaria, si avrà un tempo mag- giore per riflettere sopra tutti i suoi dettagli, e si eseguiran- no frattanto in questa pianura delle operazioni indispensabili per il suo bonificamento. 2." Io credo che, allorché saranno stati assicurati gli argini di fiume Sisto, se si profitta delle torbe dei suoi influenti per colmare i terreni sulla sua sini- stra, si otterrà un vantaggio incalcolabile, astrazione fatta dall'operazione di Rio Martino. L'esame, che si potrà fare nel periodo delle due prime epoche, potrà dissipare tutti i dubbj circa la mia opinione. Se si trovasse necessaria l'ope- razione di Rio Martino 5 non si sarebbe fatta alcuna perdita, perchè si potrebbe eseguirla all'epoca conveniente, e stabi- lita ; ed allorché tutta la pianura sarebbe disposta a conse- guirne il maggior profitto possibile per mezzo delle operazio- ni preliminari qui sopraindicate . Al contrario se si trovasse 4^8 Delle Paludi PoifiNE. a proposito di potersi fli«pensare-Aii4'opptazione dì Rio Mar- tino, si sarebbe ben contenti di aver risparmiato una spesa considerabile, e di avere profittato dei vantaggi meno costosi offerti dalia natura del locale . ^. 0.0. Io so che si considera, come un gran vantaggio, l'allontanamento delle acque di questi fiumi superiori della pianura Pontina, e che si è fino immaginato di separarli in- teramente, dirigendoli al mare per mezzo dell'escavazione co- stosissima di un nuovo canale, che si dirigerebbe verso Foce- Verde. Io mi credo in dovme di ripetere, che quand'anche si potesse trovare il mezzo di liberare la pianura Pontina da tutte le acque straniere, si sarebbe ben lontani d'avere con ciò provveduto al suo risanameuto, perchè questo esige che la pianura sia coperta di uno strato di terra destinata a pro- durre gli utili effetti qui sopra esposti; e ciò non può otte- nersi, che per mezzo delle regolate alluvioni delie acque stra- niere . 5. 2,1. La Val-di-Chiana riceve una gran quantità di ac- que . I due Governi di Toscana, e di Roma deputarono, so- no più di trent'anni, dei Gommissarj per determinare il cor- so delle acque nei respettivi Territorj nelle vicinanze di Chiu- si, città situata all'estremità Australe della Val-di-Chiaua . Fu convenuto che le acque di diversi fiumi, e torrenti, co- me la Tresa, il Maranzano ec. sarebbero introdotte nella Val- di-Chlana, e che un grand'argine di separazione itnpedireb- be alle loro acque di dirigersi come prima verso il Tevere . Non vi voreva niente meno che una gran persuasione nei Commissari Toscani dei gran vantaggi, che si possono ottene- re dalle acque torbide, per determinarli a consentire di libe- rare dal preteso imbarazzo di queste acque i! territorio Pro- mano, e sopracaricarne quello della Val-di-Gliiana . Tali ac- que sono state sottoposte al generai sistema delle Colmate, e attualmente la città di Chiusi, che seuibrava condannata a esser circondata di paludi , vede mietere le biade nei luo- ghi stessi, di dove per l' avanti poteva appena ritirare una piccola pesca . Del Sic. Vittorio Fossombroni . 42'9 5. 2.2. Io sono persuaso clie per mezzo dei lavori relati- vi a queste tre epoche, si avrebbe la soddisfazione di vede- re ogni giorno migliorare le condizioni della pianura Ponti- na, ed ofFiire un campo sempre più vasto alle speculazioni, ed all'agricoltunt . E inutile che io mi trattenga su dei det- tagli di esecuzione, che resteranno sempre in arbitrio di que- gli, che avrà la suprema direzione di questi lavori. Indiche- rò soltanto, che la prima epoca potrebbe giungere al suo ter- mine in due anni, in un anno la seconda, e la terza in dup; di modo che in cinque anni, e godendo ogni anno dei frut- ti dell'eseguito lavoro, si giungerebbe a portare quest'opera, se non alla sua perfezione, almeno al grado d'incamminarvi- si rapidamente, e senza far uni un passo retrogrado. 5. a3. Se si trattasse di aprire una cateratta naturale, e dì prO('urare per questo mezzo un esito all'acque traboc- cate in una pianura per s*» stessa sana, e fertile, non vi sa- rebbe bisogno, dopoché T operazione fosse eseguita, di darsi pena per il suo mantenimento, e si potrebbe abbandonarla alle cure dei coltivatori : qiii al contrario non bisognerà scor- dare la massima di una sena vigilanza, e la necessità di qual- che annuo sagrifizio a carico dei terreni interessati , per man- tenere la separazione delle acque torbide dalle ac([ue chia- re . Ma questo sagrifizio, e questa vigilanza sarebbero ben piccola cosa, in proporzione del gran pericolo, che si eviterà, se s'impedisce che la pianura Pontina, invece di diventare ogni giorno pili capace di esser coltivata e abitata, si ravvicini al- lo stato d'infezione, in cui era. 5. 24- D'altronde devesi osservare che la pianura Pon- tina non è dall'arte condannata eternamente a questa specie di regime . Allorché la sua superficie sarà giunta alla conve- niente elevazione, e avrà acquistata la necessaria pendenza per potere stabilire il letto dei fiumi, che non portano acque chiare, essa non esigerà più che la vigilanza ordinariamente indispensabile per ogni territorio coltivato, e abitato. 43o Delle Paludi Pontine . Articolo V. Della salubrità , e della fertilità della Pianura Pontina. 5. I. La coltivazione del Grano, e del Gran-turco pos- sono esser riguardate come indigene della pianura Pontina . Queste due specie vi prosperano con una gran facilità, di mo- do che se si aggiunge la considerazione delle vaste praterie naturali, che nutriscono una gran quantità di bestiame, si troverà clie questo territorio con le poche spese, che esige, rende quanto un altro, che sia capace di ogni sorta di colti- vazione, e che non è quindi necessario di moltiplicarvi i ge- neri da coltivarsi . 5. a. Nondimeno vi è stata ultimamente coltivata la So- da, e il Cotone-, ma vi è luogo di temere, che quest'ultima specie di coltivazione venga a soffrire dalla fredda umidità che vi regna; e sembra che l'industria naturale dei proprie- larj eccitata da una favorevole legislazione debba presente- mente limitarsi a coltivare il Grano, e il Gran-turco, e ritrar- re il maggior profitto dal numeroso bestiame , 5. 3. Difatti ciò è suggerito, non solamente dalla natura del clima, ma ancora dalla mancanza di popolazione nel pae- se . I coltivatori vengono dalle montagne anco lontane all'e- poca dei lavori, convengono con i proprietarj del prezzo del- la loro opera, e tosto che la raccolta è fatta, riscuotono la loro mercede , e abl>andonano il paese . §. 4- Questo sistema di coltivazione porta due conseguen- ze . La prima, che le specie da coltivarsi non devono esige- re un'assistenza né lunga, né assidua. La seconda, che il proprietario deve essere ricco, ovvero sicuro di vendere pron- tamente una parte della sua raccolta, per non fare attende- re agli operaj la convenuta mercede . 5. 5. Egli è dunque evidente, che se col proporre dei premj , o con qualche altro teniporario incoraggimento si vo- Del Sic. Vittorio Fossombrosi . ^oi lesse introduiTe un'altra specie di coltivazione, si rlschiereb- be (li esser sedotti da un'incerta raccolta di una nuova der- rata, e di perdere le raccolte abituali del paese, che l'espe- rienza ha fatto vedere essere di un'immancabile utilità. L'in- coraggirnento il più energico, che si possa proporre per invi- tare alla coltivazione di questo terreno , è quello di permet- tere la libera esportazione dei suoi prodotti . 5. 6. Questa permissione è particolarmente interessante riguardo al Gran-turco, di cui non si fa quasi alcuna consu- mazione nei paesi Romani, e che non può lungamente esser serbato, perchè esposto ad alterarsi, e a non potere più ser- vire di nutrimento . §,7. Per una conseguenza dello spopolamento di questo paese, i pascoli delle vaste praterie, che esistono nella pia- nura, sono ahLoudantissinii . Vi si mantengono non solo dei Bovi, Vacche, Bufale, ma ancora delle buone razze di Ca- valli, che formano un considerabile oggetto di pubblica, e privata utilità . 5. 8. Le opinioni sulle cause, e sui rimedj della notoria insalubrità del clima di questo paese non sono interamente conformi. Si attribuisce la causa delle malattie, che vi re- gnano cosi frequentemente, al terreno paludoso, a dei resti nascosti di miasmi vulcanici , alla mancanza di boscaglie , e alla gran differenza tra il calore dei giorni di estate, e la fresca umidità del mattino, e della sera. E stato prescritto per rimedio a tutto ciò il diseccamento delle acque morte, una piantagione abbondante d'alberi, ed alcune precauzioni da suggerire agli operaj e giornalieri per evitare il fresco, e r umidità . §. 9. Il terreno paludoso può produrre da se solo delle malattie, ma s'incontrano dei terreni paludosi, gli abitatori dei quali non sono soggetti a malattie cosi gravi, come quel- le, che infestano la pianura Pontina. Per esempio, (juanti , e quanti paesi adiacenti al basso Pò, ed agl'influenti di esso, sono infestati dalle acque, e palustri assai, senza che siano 43:i Delle Paluui Pontine . diffamati per l'infezione del loro clima. L'Italia è coperta di resti di vulcani, e di aciiue minerali di ogni specie; ma tutto ciò si trova anche iti abbondanza in molti luoghi, sen- za che per questo il clima sia cosi insalubre, come nelle pa- ludi Pontine, ove d'altronde non si trovano, che alcune pic- cole sorgenti di acqua minerale a pie delle montagne, che non si possono riguardare come la causa dell'infezione di un sì vasto paese. La mancanza d'alberi non è eccessiva, e la differenza, che si trova fra l'umidità della sera nella pianura Pontina, e quella dei bassi terreni di Ferrara, non è così gran- de, come quella, che esiste tra la natura delle malattie, che regnano in questi due paesi . 5- IO. Bisogna dunque concludere, che l'infezione non è prodotta da una sola delle cause qui sopra esposte, ma dal- la riunione di molte tra loro, e forse da alcun' altra , che non è abbastanza conosciuta . Sembra che questo principio d'infezione sia comune ad una gran parte della costa d'Ita- lia, che guarda il Mediterraneo. Vi sono delle eccezioni a questa regola in alcuni punti, ove trovasi riunita una gran popolazione situata sulla riva del mare. Come al dì d'oggi si soggiorna impunemente a Livorno, ad Orbetello , a Civi- tavecchia ec.,così forse poteva anticamente abitarsi nelle cit- tà , che esistevano sulle rive del mare tra la Torre d' Astu- ra , e Terracina . §. II. Non potendosi attribuire esclusivamente ad alcu- na di queste cause l'infezione della pianura Pontina, è ne- cessario, allorché si tratta di portarvi dei rimedj,di non tra- scurare quelli, che, se non si è sicuri potersi direttamente opporre alla vera causa, siano almeno capaci di produrre per se stessi dei buoni effetti . Egli è dunque necessario di cam- biare l'attuale stato paludoso, e combinando lo scolo delle acque , e l' inalzamento del terreno in modo, che la sua su- perficie resti coperta di uno strato di buona terra, l'esala- zioni malefiche saranno meno capaci d'infettare l'atmosfera. 5. 12,. Allora l'umidità, per quanto grande siasi, sarà me- no Del Sic. Vittorio Fossombrohi .' 433 no nociva . Io ho dimostrato nel Capitolo VII, seconda parte della mia Opera sulla Val-di-Chiana, a quanto poco si riduca la cattiva influenza dell'umidità, allorché essa non introduce nel corpo umano i principi contrarj alla salute, dei quali gii umidi vapori possono essere saturati . 5. i3. Circa al moltiplicare gli alheri io penso che non bisogni andare al di là di ciò, che produrrà per se stesso l'au- mento della coltivazione della pianura, e di quel che può ri- chiedere il guarnimento delle strade . Si dice generalmente che le piante rendono migliore l'aria vitale, ma l'esperienze ò!' In genii.au sen, provano che questo miglioramento è subordi- nato alla condizione, che le piante siano esposte ai raggi del sole , senza di che le stesse piante possono anzi deteriorare l'aria vitale . Si può avere un riscontro di ciò, riflettendo al- la sensazione spiacevole, che si prova entrando in un bosco quando il sole non brilla sull'orizzonte. Ne resulta dunque che il vantaggio prodotto dalle piante sull'aria non sarebbe considerabile in tutto il corso dell'anno. 5. i4- Si è di già detto che il mezzo il più sicuro di au- mentai-e la salubrità dell'aria è quello di aumentare la popo- lazione, e la coltivazione, le quali due cose non possono com- binarsi con l'abbondanza delle boscaglie. Io credo pertanto necessario di preferire il metodo sicuro di rendere il terreno coltivato, e abitato, all'altro troppo incerto di moltiplicar le foresto . 5- i5. Io ho di già fatte della osservazioni, che non mi lasciano luogo a dubitare, che una gran parte dell'insalubri- tà, che viene attribuita ai terreni paludosi, sia un efletto del- la cattiva acqua di cui si fa ordinariamente uso per bere in tali paesi . La pianura Pontina non è nello stesso caso della Val-di-Ciiiana , ove è stata favorita utilmente la coltivazione delle viti, le quali, ss non somministrano un buon vino, dan- no almeno una bevanda meno spiacevole, e insalubre, che la cattiva acqua . Conviene adunque limitarsi per ora ad un al- tro espediente, il quale sebbene fosse per avere un maggior 2'om . XVII . I i i 4^4 Delle Paludi Pontine . successo , qualora fosse riunito alla coltivazione delle viti , non lascerà però di procurare anche da se solo un resultato mol- to vantaggioso . Tale espediente è quello di ordinare che ogni fabbricato sia provvisto in proporzione della sua grandezza df. una cisterna, ove conservare le acque pluviali debitamente fil- trate , e purificate, e rese con questo mezzo potabili. Articolo VI. Osservazioni Amministrative . 5. I- Non crederei di avere adempito al mio assunto, se dopo avere indicati i precetti dell'Idraulica capaci di contri- buire al risanamento della pianura Pontina, io lasciassi di ac- cennare ciò, che credo necessario per poter portare a esecu- zione i precetti medesimi . 5- a. Sensibilità per concepire, fiducia cordiale, e talen- to per ben collocarla, dovendo supplire, in chiunque governa e dirige, all' impossibilità, di far tutto da se, io credo, che due condizioni siano indispensabili per resecuzione della grand'o- pera, di cui si tratta : i ." Che gli uomini si familiarizzino con la pianura Pontina . a.° Che i lavori indicati siano eseguiti secondo l'ordine qui sopra esposto, e senza alcuna interru- zione • 5. 3. Sebbene tra le opinioni, o i sogni di qualche eco- nomista si trovi che l'agricoltura è piuttosto la causa, che l'effetto della popolazione, io sono convinto del contrario, e credo che si possano trovare più facilmente degli uomini, che si occupino a coltivare il terreno da loro abitato, di quello che altri 5 i quali si lusinghino di potersi senza contrasto stabili- re in terreni di già coltivati, e profittare del dissodamento già fattone, e di cui è presumibile che il Proprietario abbia non meno la volontà , che il diritto di godere . Quindi è che io penso, che se venisse coltivata una campagna deserta, ed in seguito abbandonata, prima che una nuova popolazione vi "Del Sic. Vittorio Fossombroni . 4-3''^ si staLIlIsse, la più gran parte della coltivazione sarebbe di- strutta, e non sarebbe che per mezzo dell'allettativo della proprietà del terreno, e dei suoi prodotti, che si perverreb- de a vederla di nuovo coltivata . §. 4- Non ignoro che si potrebbero proporre delle ricom- pense, e dei premj d'incoraggimento, delle distribuzioni di terre, delle leggi agrarie ec; ma conviene osservare che lo scoraggimento prodotto dalla cattiva aria della pianura Pon- tina è troppo generalmente diffuso . Sono dunque necessarie delle allettative molto seducenti, onde invitare gli uomini a stabilirvisi con rischio della propria esistenza per migliorare le condizioni dell'esistenza dei loro successori. §. 5. Aggiungasi che le giustificazioni, che sono indispen- sabili per accordare le ricompense, e gl'incoraggimenti , di cui si tratta , le operazioni necessarie per la distribuzione del- le terre con qualche regola, ed altre simili disposizioni, esi- gono degli stabilimenti, degl'impiegati, delle discussioni, e èi rischia, come sovente accade, di aumentare il male in pro- porzione del numero dei Medici . 5. 6. Io credo che il mezzo il più semplice, e il più si- curo sia quello di rendere questi terreni di un valore mag- giore degli altri, ed eccitare così una predilezione per le pro- prietà della pianura Pontina. Questo prezzo del terreno, e l'attaccamento, che vi si avrà, sarà il più grande possibile, se venga accordata la facoltà di venderne i prodotti, e derrate in qualunque luogo, e a qualsivoglia prezzo . 5. 7. Questo privilegio parziale non sarebbe un sensibile sagrifizio per il Governo , e produrrebbe dei gran vantaggi ai Particolari, ed al Pubblico. Infatti la porzione d'industria, che un Governo qualunque può spiegare su di una estensio- ne determinata di paese, non sarà mai cosi grande, e così energica, quanto la somma delle industrie individuali, cui ven- ga permesso di essere liberamente attive . 5- 8. In questo proposito torna in acconcio il riportare ciò, che sulla libertà dell'industria si legge nella lettera di OD^ 436 Delle Paludi Pontine . un'anonimo Professore di Pavia pubblicata unitamente alla bella Opera sui Provvedimenti Annonaij del celebre nostro Socio Sig. Giovanni Fahbroni . 5, Questa ( cioè la Società ) era anticamente composta di ,, Padroni, e di Schiavi, e cort abolire la schiavitìi , ed ar- 5, ricchirsi di tanti individui, quanti no erano prima con bar- 55 bara degradazione equiparati alle bestie, le sue forze si ,5 accrebbero, e gli umani bisogni restarono tanto meglio sod- „ disfatti , quanto i moti di reciproco interesse , e di sensi- „ bilità sono più energici della servile abitudine, e del ti- ,5 more . In simil guisa, parmi , si farebbe un passo non meno „ fortunato, mettendo in piena attività tutte le industrie na- ,, zionali , aumentandone in tal guisa la massa, e per conse- „ guenza i comuni vantaggi, non meno sicuramente del dop- pio; mentre adesso tanti individui di ogni società, lungi dal cooperare al ben pubblico con la propria industria, so- no occupati per tarare, e render più lenta l'industria de- gli altri . 5. 9. Il naturale buon senso suggerisce queste verità; ma il desiderio di fiire nna scienza di quel che non è suscetti- bile di esserlo, ed una ridondanza d'istruzione, e sovente an- che il particolare interesse , rendono meno sensibile l'eviden- za delle verità stesse fino al segno talora di farle porre in non cale. Infatti nelle società più brillanti delle città s'im- maginano le predilezioni per le secondarie manifatture, e si fanno vedere i calcoli dei vantaggiosi prodotti commerciali tanto più seducenti, quanto meno è facile l'accertarsi nelle città della somma dei piccoli, ma numerosissimi scapiti, che la nazione ha fatto nel commercio vincolato della materia bruta ; la qual somma eccede sovente gli ostentati prodotti delle secondarie manifatture . 5. IO. Ma è difficile assai per un Governo il difendersi dalle insinuazioni di chi progetta un privilegio per una ma- nifattura, e pone sott' occhio il numerario, che tal rnaniiattu- ra introduce nello Stato. Per lo più oltre il vantaggio eco- Dll Sic. Vittorio Fussomdroni . 4-^7 nemico si fa giocare anche il delicato sentimento di dar la- voro, e sussistenza ai poveri braccianti, come se questi non potessero impiegarsi o in lavorare la terra, o in manifatture tali 5 che non siano a scapito di altre, e si verifica talora il suggerimento del maligno personaggio rappresentato dall'an- tica commedia Toscana , cioè Dei mascherare il mal con le huoi'i opre , Che sotto il bene ogni gran mal si cuopre essendo troppo facile, che lo zelo astuto sorprenda lo zelo im- becille per far guerra allo zelo sincero ed illuminato. 5. II. Aggiungo ancora che l'idea di questa particolare eccezione legislativa non è nuova in questo paese, e che con tal mezzo si sono ottenuti dei resultati favorevoli in qualche altro punto dell'insalubre littorale d'Italia, e che si sono ve- dute delle capanne di pescatori divenire ricchi , e popolosi paesi . 5. 12. Quanto alla rapidità del corso dei lavori successi- vi io osservo, che molti dovendo essere in corrispondenza tra loro, è necessario ciie alcuno non venga ritardato, sia per man- canza di mezzi, sia per mancanza d'accordo tra chi ordina, e chi deve eseguire . Egli è vero che con gli ordinarj meto- di amministrativi, e giudiciarj si definiscono le questioni, e si punisce chi è stato causa del ritardo; ma, durante la di- scussione, le acque aumentano il disordine , l'operazione, che era utile in un'epoca, diviene alcune volte dannosa in un'al- tra, e così il ritardo, e l'incertezza cagionano dei danni in- calcolabili . 5. i3. Non bisogna dissimulare, che la circostanza di avere una gran quantità riunita di possessi dipendenti dal Sovrano ha molto contribuito al felice successo dei lavori nella Val- di-Chiana . AllorcJiò si sono dovute fare delle Colmate, o del- le escavazioni di canali, i terreni, sui quali dovevano farsi i lavori appartenendo allo stesso Sovrano , che gli ordinava , non si sono mai presentate le difficoltà , che avrebbero avu- to luogo, se fossero stati in proprietà di qualche particolare, . 438 Delle Paludi Pontine ." il quale si sarebbe ricusato ai lavori necessaij , o per man- canza di mezzi , o perchè i suoi interessi individuali non sa- rebbero stati conformi agl'interessi del Pubblico. 5. i4- L'esperienza avendo provato che i Proprietarj par- ticolari non potrebbero spesso sottoporsi alle Colmate, fu sta- bilito in Val-di-Chiana un regolamento, per mezzo del quale, allorché la Direzione dell'Acque giudicava a proposito di col- mare dei terreni appartenenti a dei Particolari compresi nel circondario del sistema generale, se il proprietario non pote- va prestarvisi, si richiamava con delle valutazioni, e dei com- pensi sempre per lui vantaggiosi o a cambiare i suoi terreni con altri già colmati , e risanati , 0 a concludere col Gover- no dei contratti enfiteutici , o di vendita . 5. i5. In questa maniera i lavori non sono stati ritardati da delle rimostranze, o contestazioni gludiciarie tra l'interes- se particolare , e il pubblico , perchè la stessa volontà deci- deva, per cosi dire, per la parte Idraulica, e per la parte Eco- nomica . Nella pianura Pontina una gran parte dei terreni ap- partiene allo Stato; ma ve ne è una gran parte ancora, che appartiene a dei Proprietarj Particolari ; e nel caso presumi- bile, che molti di essi non possano prestarsi con la necessaria prontezza ai lavori in questione, e che le discussioni debba- no portarsi davanti ai Tribunali, l'opera soffrirà per questo dei lunghi ritardi, e con delle spese considerabili non si giun- gerà al termine propostosi . 5. 16. Sembra pertanto espediente i ." di fissare nella pia- nura Pontina il circondario , in cui deve eseguirsi il sistema generale dei lavori \ e questo circondario conviene che sia (come l'ho di già indicato) piìi esteso di quello conosciuto attualmente sotto il nome di Bonificazione Pontina , e dee comprendere tutti i terreni esposti allo stesso sistema di di- sordini , 2,.° Sarebbe desiderabile che i terreni compresi in questo circondarlo potessero appartenere in gran parte, o di- pendere dal Governo , e che per il restante appartenente ai Proprietarj particolari si ponesse in esecuzione il Regolamen- to, di cui si è parlato al 5- ii- \ Del Sic. Vittorio FosàOMRRONr . A'òn §. 17. Ciò posto quegli, die avrà la soprintendenza di quest'opera dovrebbe essere in perfetta corrispondenza con il Governo, o con quel ramo di amministrazione, a cui appar- tenesse il terreno esistente nella pianura Pontina , e concer- tarsi col medesimo per assicurare all'epoche convenienti l'e- sistenza dei fondi necessarj per le spese dei lavori da e5c<^uir- si , e pel mantenimento di quelli già eseguiti . §. 18. Dovrebbe redigersi un bilancio di previsione ge- nerale per la spesa dei lavori delle tre epoche qui sopra in- dicate . A questo bilancio generale dovrebbero essere subor- dinati i Lilanci parziali di ogni anno, con i cambiamenti, che venissero richiesti d'anno in anno dall'avanzamento dell'ope- ra. Questo bilancio generale in seguito degli esami, verifica- zioni, e ricerche state eseguite, oso presumere, che non pre- senterà per i cinque anni una spesa totale, che ecceda i tre milioni di franchi . 5. 19. Io credo che dopo l'esecuzione di quei lavori, che ho posti nella prima epoca, ricevendo il paese un considera- bile miglioramento, e che essendo tutto messo in regola, non resterebbe altra cosa da fare, che di occuparsi del manteni- mento dei canali e degli argini, di tagliare periodicamente le piante ( delle quali vi è una prodigiosa vegetazione nel fon- do dei letti dei fiumi, e dei canali, con gran ritardo delio scolo delle acque) e di preparare secondo l'esigenza locale alcuni recinti da colmare . E tutto ciò potrebbe egualmente essere riguardato come un oggetto di mantenimento, di cui le spese sarebbero poste a carico dei possessori adiacenti ai fiumi, e dei proprietarj di terreni, e per conseguenza il pae- se non resterebbe più sottoposto, che ad un sistema di vigi- lanza particolare, e relativo alla conservazione dei lavori ese- guiti . 44o Delle Paludi PoariSE . CONCLUSIONE. 5. I. La mancanza del materiali, che la natura non ara- va anticamente preparati, io credo che rendesse allora impos- sibile il risanamento della palude Pontina, che può eseguirsi al dì d'oggi . 5. 2. Con questo risanamento si tratta non solo di pro- durre dei gran vantaggi, ma ancora d'impedire dei gran dan- ni 5 quali sono quelli di perdere la coltivazione attuale , di rendei'e più energica questa fucina d'infezione, e di rompere la sola comunicazione facile fra Roma, e Napoli. 5. 3. Nel 1777 il prodotto delle paludi Pontine fu sti- mato meno di 40,000.8 all'anno. Il circondario della boni- ficazione Pontina riunito a quelli dei Contribuenti riguardati come capaci di esser migliorati comprende i36 miglia Roma- ne quadrate, o decametri quadrati 8,031,776. Questi terre- ni aumentati di estensione, e di forza produttiva possono in poco tempo giungere a dare una rendita annua di i,5oo,coo franchi . 5. 4- La perfezione di quest'opera non dipenderà né dal- la sola essiccazione, nò dalla sola alluvione delie acque, ma da un sistema composto di alluvione, e di essiccazione { cioè a dire da un seguito di operazioni tra loro corrispondenti ) da un'assidua vigilanza, e da una speciale amministrazione , durante approssimativamente pel corso di cinque anni . 5. j. Sarebbe molto più lusinghiero, se con un solo col- po decisivo si potesse mettere questa pianura al coperto dei trabocchi delle acque, e si farà qualche osservazione sulla lunghezza del tempo necessario per un sistema di Colmate . Io osservo, i." che ciò, che non può esser più corto, none mai troppo lungo. a.° Che le Colmate non fanno che garan- tire l' utilità di tutte le altre operazioni , e senza impedire il godimento dei terreni risanati, ne rendono le condizioni sempre migliori. 3." Che in occasione di alcune osservazioni Del Sic. Vittorio Fossombroni • 44' analoghe, che si facevano allora sulla Val-di-Chiana, il Tor- ricelli fece vedere riUusiono di simili raoinentanei successi, e provò che spesso lo spirito trasporta a cercare lontano con degli sforzi meravigliosi ciò, che il talento fa trovare vicino con tenui mezzi opportunamente adoprati . 5. 6. Il problema si riduce qui a fare in maniera, che la più gran parte possibile della terra trasportata dalle acque sia deposta nella pianura Pontina , e che la più gran massa di acque chiare si riunisca a sboccare nel mare . 5- ?• Così si adempiranno le due condizioni essenziali, cioè col mezzo dell'alluvione si sarà sparso uno strato di buo- na terra nella pianura, la quale lungi dal presentare una su- perficie paludosa, e sterile, sarà praticabile, e si presterà al- la coltivaziohe , Gol mezzo dello scolo di acque chiarificate , lungi da! portare alio sbocco del materiali capaci di formar- vi una chiusa, si riunirà il maximum della forza per lottare contro il mare , e mantenere questo sbocco aperto ed attivo, quanto ò possibile . 5. 8. Quindi con una spesa, che io credo non poter giun- gere a tre milioni di franchi in cinque anui , e con la faci- lità di valutarne ogni anno la respettiva distribuzione, si por- ranno in regola i letti dei fiumi e dei canali, tanto riguar- do alla loro direzione , quanto alle respettive dimensioni , e si andrà sempre avanzando fino a portare quest'opera alla sua perfezione, con la generalità dei suoi gran resultati, e con quel grado di solidità capace di resistere ad un gran nu- mero di secoli, e di caratterizzare quest'opera per un'ope- ra degna della forza dell'antica Roma, e dei lumi scientifici di Roma moderna . Tom. XVII. Kkk 44^ Delle Paludi Pontine . SCHIARIMENTI Alla Carta dell' Agro Pontino già* bonificato dalla Santità' di Papa Pio VI ec. ec. ( Vedi Tav. XVI ) Il Cauipo chiaro diviso da tante linee perpendicolari al- la Via Appia, compresa la Tenuta Pio, è l'Agro Pontino in quantità di rubbia Romane ioói6. I campi punteggiati oscu- ri, e circoscritti da una linea, eh' è formata dai minori tagli obliffui pressoché toccantisi l'un l'altro, sono i terreni con- tribuenti di primo grado, della quantità in tutti di rubbia Romane 1869 . I campi punteggiati superiormente, e a chiaro- oscuro, indicano i terreni contribuenti di secondo grado, in quantità fra tutti di rubbia Romane SgaS . Tutto il di più che vedesi nella Pianta dimostra le aggiacenze alle dette ter- re Pontine . I cambiamenti, che si vedono nelle descritte tre classi di terreno, confrontando lo stato di qnesta nuova Pianta con lo stato dell'altra del 1777, t^erivano dalle permute e dagli acquisti fatti successivamente dalla R.C. A., per cui porzio- ne dei terreni contribuenti si è inclusa entro il Circondario Pontino. I numeri Romani, che si vedono lungo la Via Ap- pia, indicano le antiche colonne migliari, che in essa furo- no trovate nel ristorarla. Le linee perpendicolari alla mede- sima , e corrispondenti insieme a dette colonne antiche , so- no tante fosse e stradoni aperti per bonificare l'Agro Ponti- no, e per comodamente coltivarlo. Le linee, che si vedono fra le fosse e stradoni migliari, accennano i confini divisorj tra i diversi Proprietarj Enfiteotl . I segni, che si vedono dif- fusi in Pianta a guisa di piccole palle, corrispondono a tanti termini di pietra recentemente apposti per conservare i limi- ti dell'Agro Pontino, e dei terreni contribuenti. La stellet- ta * indica Posta de' cavalli. f^^JPha^ cv^fc Xlxx€Z erte. O I^Q2VTI7\7r O FT >S^c.&c. jjy^j^T. .^ar-lB^^J?'^. ^oc.JT'ax/ cvSw'i. X12/ C^mT^ Ifl^LL' -^^^tO rO.^riA'O 6rL4 JiOTVZFJC^TO D.4LI^ S.42[^rirA DI J'.^P^ ^J^O l^Z S:-c.