ilf.7 MEMORIE DELLA SOCIETÀ ITALIANA DELLE SCIENZE RESIDENTE IN MODENA T O M O X X. FASCICOLO PRIMO DELLE MEMORIE DI MATEMATICA 3 I H {} M- L. , ■ A /i M u o 1.: ■'! \ :j '! >! .; 'i • e- li ::< 3 J j a 0 MEMORIE DI MATEMATICA E D I F I S I C A DELLA SOCIETÀ ITALIANA DELLE SCIENZE RESIDENTE IN MODENA TOMO XX. PARTE CONTENENTE LE MEMORIE DI MATEMATICA. MODENA — ^4«»^ PRESSO LA TIPOGRAFIA CAMERALE. MDCCOXXVIII. \ ; \ INDICE DELLE COSE CONTENUTE NEL PRIMO FASCICOLO DELLE MEMORIE DI MATEMATICA DEL TOMO XX. ■;'■,( IO': E 'Ijr-. lenco dei libri mandati in dono alla Società Ita- liana delle Scienze Pag. (9) Elogio del Cavalier Giovanni Fabbroni scritto dal Se- gretario ANTONIO LOMBARDI i. La Teoria delle funzioni analitiche considerata ne' suoi principii e nella sua applicazione di PIETRO FER- RONI. I. Giunta facile a compimento della teorica del nuovo me- todo di BUDAN per la risoluzione delle equazio- ni numeriche d' ogni grado DELLO STESSO 17. Riflessioni analitiche sulla riduzione degli archi circo- lari ai Logaritmi immaginarli. Memoria di GIUSEP- PE CALANDRELLI 45. Esame dell'Osservazione del passaggio di Venere sul disco solare ec. di ANDREA CONTI ASTRONOMO 64. Sul Teorema Guldiniano. Memoria del Prof. ANTONIO BORDONI 86. Intorno alla latitudine di Modena. Memoria del Prof. GIUSEPPE BIANCHI 108. Sulla teorica del moto composto. Memoria del Prof. GIUSEPPE ZAMBONI 148. Sopra gli integrali definiti. Memoria del Cav. Prof. PIETRO PAOLI 161. (8) Sull'integrazione dell'Equazione -,■ j^ j DELLO STESSO ' i83. Sulla Legge delle variazioni orarie del Barometro. Me- moria di FRANCESCO CARLINI ASTRONOMO 198. Sopra alcune proprietà dei piani dei momenti ec. DellTNGEGNER GAETANO GIORGINI 243. Suir uso del calcolo delle differenze finite nella dot- trina degli integrali definiti. Memoria del Cav. Prof. PIETRO PAOLI a55. Sulla trasformazione delle formole integrali duplicate e triplicate. Memoria del Dottor GABRIO PIOLA 272. .•MÌ\»;>C. : 1; ,.,t il . . !:,: , .:. ..1 : 'ib:^ .•;.;,. -• ^ - •IT ^\ -l\ ut' '7 '^,i^::I ■ 1 .-f ! ■• ! » ' t •; ..■•. )'(!!,, !'iL .;.;).-, -i j. Hri-^ ; : :'r\ :.;■:.'; r:-;;;;:; iioB (9) ELENCO DI LIBRI MANDATI IN DONO ALLA SOCIETÀ ITALIANA DELLE SCIENZE RESIDENTE IN MODENA dal 17. Marzo 1826. in avanti. Tomo XXIX. Degli Atti della Reale Accademia di Torino, ivi i8a5. in 4.° Berruti Dottor Secondo. Saggio sulla vita e sugli Scritti del Professor Anton-Maria Vassalli-Eandi Segretario perpetuo della R. Accademia delle Scienze di Torino ec. ec. ivi 182,5. ap. Pomba. in 8.° Colla Aloysii Illustrationes et Icones rariorum stirpium quae in ejus horto Ripulis florebant Anno 1024. Addita ad Hortuni Ripulensem Appendice. Herschel J. F. W. Sulla separazione del ferro dagli altri me- talli 4-° Londra i8ai. In lingua Inglese. Lettura Backeriana sopra certi movimenti prodotti nel fluidi conduttoii quando trasmettono la corrente elettri- ca. 4-° Londra 1824. In lìngua Inglese. e Babbage G. Relazione della maniera con cui sonosi ripetuti gli esperimenti del Sig. Arago sui magnetismo manifestato da varie sostanze durante 1' atto di rotazio- ne. 4-'' Londra i8a5. In lingua Inglese. Memorie della Società Astronomica di Londra T. IL' ivi. In lingua Inglese. Pezzana Prof. Angelo. Continuazione delle Memorie degli Scrittori e Letterati Parmigiani raccolte dal Padre Ireneo Affò. Parte I. contenente la vita di Affo 4.° Parma i8a5. presso la Ducale Tipografia. Edwards G. J. Dell' influenza degli agenti fisici sulla vita. Versione compendiata del Conte Paoli 8." Milano iSaS. Il Sig. Conte Paoli mandò questo libro in dono. Pcrtscli Matteo . Saggio sulla proprietà e su gli effetti delle Volte j tratto dall'opera del Sig. Carlo Federico Meerwin traduzione dal Tedesco del suddetto Sig. Pertsch Archi- tetto. 4.° Trieste ap. gli Eredi Coletti 182,5. Mcmoirs of the astronomica! Society of London. Voi. I. Part. II. Londra i8a5. Goldoni Professore Antonio. Trattato sulla infiammazione 8." Parte I. Modena per gli Eredi Soliani 182,5. Brera Cav. Valeriano Luigi. Prospetto clinico dell'anno sco- lastico 1824-1825. Padova i8a6. Annotazioni Cliniche suli' Oftalmia contaggiosa dei sol- dati. Padeva J826. Memoirs oF the Astronomical Society of London. Voi. II. Part. I. London. 1826. Brandes Enrico. Osservazioni sulle stelle cadenti esposte da molti Osservatori della Natura accompagnafe dagli esa- mi intorno alle medesime 8.° Lipsia i8a5. ap. Barth. In Tedesco. Brandes Henrici. Dissertatio physica de repentinis variationi- bus in pressione Atmosjiherae observatis 4-° Lipsiae Li- teris Stanzii i8a6. Donino Dottor Gio. Giacomo. Biografia Medica Piemontese 8.° Torino 1824. ap. Bianco Tomi II. Colla Louis. Memoire sur le Melanopsidium nigrum des jar- diniers 8.° Paris i8a5. De l' imprimerle de Lebel. Geromini F. G. Dottrina medica Bufaliniana compendiata e discussa. 8." Milano i8a6. ap. la Società dei Classici Ita- liani. Ranzani Prof. Camillo. Elementi di Ornitologia, Parte 8.* e ; 9.=» del T.°3.° 8." Bologna i8a6. ap. Nobili e Comp. Piazzi Padre. Del Reale Osservatorio di Palermo. Libri VII. Vili. IX. con appendice di Nicolò Cacciatore Direttor del medesimo , Socio della Società Astronomica di Londra , (Il) ec. ec. Voi. I. Palermo dalla Tipografia di Filippo LoUi. i8i6. 4." De la Casa Professore Vittorio. Opuscolo analitico di Geode- sia sublime. 8.° Vienna 1824- Dalla Tipografia di Carlo Gerold. Bignardi Professor Domenico Alfonso. Memoria sull'Ernia dia- fiammatica. 4-*' Modena 1 827. presso la Tipografia Camerale. Canella Dottor Giuseppe. Giornale di Chirurgia pratica. N." 4-° an. 3.° Aprile 1827. Trento. Tommasini P."^ Giacomo. Della infiammazione , e della feb- bre continua Considerazioni patologico - pratiche. T.° 2.° Pisa presso Sebastiano Nistri. 1827. in 8." Memorie della Società Astronomica di Londra T.° II." Par- te II. Verri Carlo. L' arte di coltivare i Gelsi tradotta in Francese dal Sig. Filiberto Fontaneilles Medico della Casa Bourbon Condè, ec. ec. 8.° a Lione 1826. l'egalato dal Traduttore. Atti dell'Accademia R. di Parigi T." V. e VI. Memorie dei Dotti stranieri. T. I. mandati in dono dall' Accademia suddetta. Atti dell'Accademia Reale di Torino T.° XXXI. De la Casa Professor D. Vittorio. Orazione per le solenni esequie dell'Abate Giuseppe Avanzini Membro del Cesa- reo Regio Istituto ec. ec. recitata nella Chiesa di San- ta Giustina il giorno 19. Giugno 1827. Padova 1827. dal- la Tipografia del Seminario. Ampere M.'' Marie André. Memoire sur quelques nouvelles propriétés des axes permanens de rotation des corps et des plans directeurs de ces axes. 4-° Paris. Chez Bachel- lier 1823. Theorie des Phénoménes electro-dynamiques uniquement deduite de I' experience. 4° Paris. Chez Méquignon-Ma- rois 1826. Poissons M.'' Memoire sur la Theorie du Magnetisme en mou- vement. 4-'' Paris. 1826. -^ Santini Giovanni. Teorica de' Stromentì ottici. Padova i8a8. Voi. I." Tipogr. del Seminario. Colla Aloysìi Icones et illustrationes rariorum stirpium quae in ejus horto florebant anno i8a6. — Addita ad hortum Ripulensem Appendice III. Consoni Canonico Taddeo. Nuovo sistema universale e com- pleto di Stenografia Italiana 8.° Padova ap. li Fratelli Pe- nada. 1826. con Tavole in rame. Man/redini Dottor Gio. Battista. Sulle fasciature chirurgi- che. 8.° Modena 1828. ap. la Tipografia Camerale. Meneghelli Professore Antonio. Discorso inaugurale in circo- stanza che si pone nel chiostro dei RR. PP. Cappucci- ni di Padova una lapide alla memoria del P. Gio. Bat- tista da S. Martino di Lupari. 8.° Padova i8a8. Tipo- grafia del Seminario. Copie due mandate alla Società in dono dall'Eccellentissimo Sig. Dottor Filippo Scolari unitamente alli Signori Me- neghelli suddetto , Giorgio Benomi , Consigliere Dottor Giuseppe Benatti , i quali hanno sostenuto le spese di detta lapide. 'fai i/ //r'/y c//ri y////// :, 'a/é/'( '', /// i ELOGIO DEL CAV. GIOVANNI FABBRONI ' SCRITTO 1 DA ANTONIO LOMBARDI INon è raro il sentir uomini anche mediocremente istruiti nelle Lettere e nelle Scienze metter querela sulla inutilità di certi studii. E chi disprezza 1' Antiquario che si logora il capo onde interpretar sigle, iscrizioni e monumenti; chi non riconosce nel paziente osservator del corso degli astri fuor di un soggetto che si pasce di vana curiosità ^ e che co' suoi calcoli getta tempo e fatica nel volerci segnare le tracce dei loro movimenti , nel fissar le epoche del ritornar che essi fanno all'orizzonte, e nel conoscere la forma il volume ec. di que' corpi maravigliosi che brillano sul firmamento , e che un perenne testimonio ci offrono della Divina Onnipotenza . Alcuni più severi ancora gridano al lusso nelle scienze , e li- mitar vorrebbero l' istruzione , quasi che il mondo morale ed il fisico non ci offrissero ognora nuova materia di meditazio- ni il primo , e di ricerche sperimentali il secondo , vantag- giose per più titoli oltremodo alle arti ed alla Società. Ben diversamente però la pensano quelli cui fu dato fin dai pri- mi anni di loro gioventù il poter consecrarsi alla contempla- zione di oggetti scientifici , e di conoscere i vincoli che in amichevole concordia stringono le scienze , al segno che que- gli studj i quali più disparati sembrano fra loro , prestansi a vicenda mutui ed abbondevoli sussidii. Mentre infatti l'A- stronomo prescrive allo Storico le regole della cronologia, ed al Teologo segna i limiti dei cicli pasquali, onde serbar l' or- dine dovuto nella sacra Liturgia e nella celebrazione annua- Tomo XX. a ri Elogio del Cav. Fabbroni le dei più augusti Misteri, il Chimico presta al Filologo inno- cui reagenti per iscoprire gli antichi ormai spenti caratteri delle pergamene, all'Antiquario le norme per conoscer le va- rie leghe delle medaglie e monete , e somministra lumi e re- gole ai commercianti, onde evitare le frodi che rovinar po- trebbero il loro traffico , e ai medesimi addita quali siano le merci di ottima qualità. Persuaso di questo Vero il Cavaliere Giovanni Fabbroni, rivolse suoi i studj a conoscere più scien- ze, e dotato di penetrazione non comune e di vasto inge- gno, seppe utilmente applicarle ai bisogni della vita civile, anzi questo oggetto come il principale si propose delle sue letterarie fatiche. E appunto le moltiplici cognizioni da lui acquistate in diversi rami delle scienze specialmente natura- li , il guidarono franco ora ad interrogar la natura con esi- to felice, ora a scuoprir nuovi arcani nelle scienze, ed ora ad arricchire di qualche utile invenzione il patrimonio scien- tifico che già possediamo. Io mi accingo a scrivere l'elogio di questo Fisico illu- stre, e mi persuado che la narrazion semplice di quant' egli oprò e come Uomo di lettere, e come Uomo di Stato, baste- rà per comprenderne i meriti insigni, senza che mi sia d'uo- po di mendicare dall' eloquenza i fiori del dire onde ac- crescerne la fama. Che se ci mancassero le prove a dimostra- re quanto giovi a svilupparci talenti, ed a procurar l'avan- zamento delle scienze la protezione efficace e la munificen- za dei Sovrani , il Cavaiier Fabbroni ce ne offrirà un lumi- noso esempio , poiché di lui ragionando e ricordare dovendo i suoi lavori scientifici , non si può non encomiare ad un tempo il magnanimo Leopoldo Gran Duca di Toscana e po- scia Imperadore d' Austria che il protesse , lo amò e il vol- le per sino compagno indiviso de' suoi studj. Da Pistoja trasse origine la nobile famiglia Fabbroni , la quale essendosi in varj rami dal comun tronco distesa, alcu- ni se ne fissarono in piccol luogo della Toscana detto Marad- dij e da una di queste famiglie che diede già nella persona Scritto da Antonio Lombardi ih di Luca Fabbroni un primo Ministro alla Regina di Francia Maria de' Medici, sorti il Cav. Giovanni Valentino nato il i3. di Febbrajo dell'anno 175^. da Orazio Mattia e da Rosalin- da di Adamo Werner Cittadino di Heidelberga nel Palatina- to. Le scuole del Regio Arcispedale di S. Maria Nuova in Firenze somministrarono a questo giovane i mezzi più ampli onde istruirsi j come fece , ed essendosi in lui sviluppata una inclinazione possente per le scienze naturali , volle la propi- zia sua stella, che il magnanimo Leopoldo lo scegliesse a compagno del Fisico illustre Felice Fontana, che nel J776. per Sovrano comando andò a Parigi onde acquistare macchine ed istrumenti fisici all'oggetto di fondare un magnifico gabinetto, che servir doveva all'istruzione dei Principi di Toscana. Quan- tunque giovane il Fabbroni , approfittar seppe di occasione così opportuna, e non tralasciò mezzo veruno per conoscere a fondo le scienze naturali, contrasse fin d'allora amicizia con i primi ingegni che in Parigi fiorivano , e legò con alcun d'essi amichevole corrispondenza scientifica che più non ven- ne meno. Dimorava già egli da due anni in quella vasta Me- tropoli , allorché 1' Abate Fontana ricevette ordine dal suo Principe di trasferirsi a Londra per far nuovi acquisti al Gabi- netto Fiorentino , che servir doveva alla Fisica non solo , ma ben anche all' Astronomia. Con quanto giubilo ricevesse si- mile notizia il Fabbroni , e quale premura ei dimostrasse di corrispondere alle sagge vedute di Leopoldo, argomentar lo possiamo da ciò che son per dire. Ignorava egli pienamente la lingua Inglese ^ e il tempo stringeva a partire; ma non si disanimò punto, e raddoppiando studio e fatica, riusci ad impossessarsi in un mese del nuovo idioma così che Io scri- veva correttamente, e con franchezza il parlava. Come a Pa- rigi, così a Londra trovò favorevole accoglienza presso gli uomini più celebri di que' giorni ; e pregiar si potè dell'ami- cizia di Banks, di Solander, di Magellano, dei fratelli Gior- gio e Rinaldo Forster^ e di Hunter , per tacere di più altri che a lui cortesi mostraronsi di lumi e notizie scientifiche. IV Elogio del Cav. Fabbroni '' Entrando quindi il giovane Fabbroni nelle idee del suo precettore il Chiar. Abate Fontana, e ben corrispondendo alle istruzioni da lui avute, colse l'occasione propizia da que- sto viaggio offertagli , e visitò con occhio filosofico le diver- se miniere che abbondano in varii paesi di quell' isola ; at- tentamente esaminò i metodi con maggior vantaggio impiega- ti nello scavarle ; ed allorché per singoiar favore osservar gli fu dato le lavorazioni Inglesi , che la maraviglia forma- no dei viaggiatori , trasse non solo i disegni , ma costrusse ben anche i modelli delle macchine più pregevoli ; e così do- po quattro anni di assenza rivide la patria ricco di un corre- do di estese cognizioni che seppe all' opportunità utilmente applicare, come vedremo, onde promuovere il ben essere del- la Toscana. Mentre però il Fabbroni si istruiva, cercava ad un tempo di istruir gli altii , e sebben giovane , cominciò a figurare come autore , pubblicando nel i 780. a Parigi le sue riflessioni scritte in lingua Francese sullo stato attuale dell' agricoltura , ossia esposizione del vero piano per coltivare le terre. E convien dire che gli intelligenti favorevole opinio- ne portassero di questo primo frutto dei talenti dell' Autor nostro, poiché due soli anni dopo ebbe il suo libro 1' onore di una versione Tedesca a Berlino pubblicata da Rinaldo For- ster viaggiator rinomato, e compagno dello sventurato Cook nel giro del mondo. A questo Scritto altro più esteso poi ne soggiunse il Fabbroni sullo stesso argomento , periodicamen- te ordinato, in cui fece soggetto delle sue ricerche l'agri- coltura non solo, ma ben anche la pubblica Economia, la Fi- sica vegetabile e non pochi altri rami delle scienze natura- li (.). (1) Son costretto di limitarmi a bre- vi cenni su queste o|i':re del Fabbroni, e lo etesso dovrò f'dre fli non poche altre sue Memorie, poiché non mi è riusci- to di poter avere sott' occhio te non che alcuni dei moltiplici suoi lavori i quali stamparonsi or qua or là , or 8Ì inserirono io varj Giornali, ed in altra iipere periodiche. Scritto da Antonio Lombardi v Restituitosi egli a Firenze , la sovrana munificenza di Leo- poldo non dimenticò i servigi da lui prestati, e il volle com- pagno al sullodato Fontana nel vigilare all' ampliamento del fisico teatro, per cui avevano essi ed a Parigi e a Londra acquistato macchine, strumenti e tutt' altro che occorreva onde formare un magnifico Gabinetto di Storia naturale e di Fisica, in cui nulla mancasse al Filosofo indagatore dei piìi riposti secreti della Natura. Ma piccola gloria per 1' Autor nostro quella sarebbe di aver contribuito ad erigere questo santuario della Filosofia, se mostrare non lo potessi ancora come esperimentatore ingegnoso , e nelle scienze eccellente maestro. Tale però ce lo additano e le varie sue opere, e il nobile impegno a lui affidato di istruire nella Fisica i Reali Principi figli di Leopoldo , i quali raccoglievansi in questo teatro , e attenti pendevano ad osservare le sperienze del Fab- broni ^ e con piacere ne udivano i dotti ammaestramenti; uè i figli soltanto, ma il Reale lor genitore si piacea di intratte- nersi più volte col Professor novello a ragionare sul graif libro della natura. Continuo il Cav. Fabbroni per anni ven- ticinque a vegliare sopra questo celebre Gabinetto , come sot- to-direttore ; ed allorché nel i8o5. mancò di vita il sulloda- to Felice Fontana, non si esitò a nominarlo con onorevole re- scritto successore al Defunto (i). Mentre però credevasi il Fabbroni di poter in pace godere il frutto de' suoi studj , e delle lunghe fatiche per lo spazio di circa 3o. anni impiega- te a vantaggio del sunnominato Reale museo , e per fondar- lo , e per conservarlo nei più difficili tempi , e per ampliar- lo ognora ; mentre dissi , nutrir doveva il nostro Fisico così liete speranze dalF ultima distinzione al suo merito ben do- (i) Ecco le parole del Sovrano Re- BTitto in fiata 19. Miirzo l8o5. Avuto altresì un benigno riguardo all' esteso credito e celebrità che in ogni ramo di fisica scienza go- de V attuale Sotto- Direttore, ed alle moltiplici prove da lui date di attivi- tà sin-^olare e di attaccamento per il bene di questo Regno , ec. VI Elogio del Cav. Fabbroni ' vuta vieppiù avvalorate j, soggiacque nell'anno appresso al pe- so di sinistre vicende , e spogliato si vide di cosi nobile im- piego a lui cotanto gradito . A temprare però 1' amarezza di un colpo cosi inaspettato giovò il pubblico voto , che rico- nobbe come un vero danno per le scienze l' allontanamento del Fabbroni dal Fiorentino museo, e nell' esprimere questi sentimenti si distinsero in particolare maniera i Dotti più ri- nomati dell' Accademia di Parigi ; poiché indirizzarono essi una lettera in suo favore al Ministro Francese residente allora in Toscana (i). A cancellare poi dall' animo suo perfin la me- moria di quest' onta , valsero se mal non mi appongo , le im- portanti commissioni a lui in appresso affidate , e delle quali più oltre dirò , giacché or mi conviene retrocedere alcun poco dal cammino, in cui erami avviato per non interrom- pere la narrazione di quanto oprò il Fabbroni nel museo Fio- rentino. Le viste di pubblica utilità che dirigevano le operazioni del Gran Duca Leopoldo poscia Imperatore , lo determinaro- no a promuovere nei suoi dominii l' escavazione del carbon fossile^, del quale abbondano alcune parti del suolo Toscano. Cliiamò egli perciò in soccorso i lumi del Fabbroni^ che esa- minò diligentemente le cave di questo prodotto, stese un' opera intitolata Dell'Antracite a spese regie stampata, ed as- secondando il magnanimo Principe le idee del Filosofo, pro- pose un premio a incoraggiamento di questa lavorazione. Ma tenue cosa può dirsi ciò a confronto dei tanti ogget- ti di pubblica utilità ^ che occuparono la penna dell'illustre nostro Fisico. E per ricordar soltanto i principali, volendo pur seguire nn certo ordine, divideremo in classi gli Scritti sulle scienze naturali ch'ei pubblicò. L'Agricoltura e la Botanica (l) 1 loro nomi sono Portai , Dejus- «ieu , Fourcroy , Desfontaines , Lamark , Hauy, Geoffroy-S. Hilaire , Vauquelin, Thoiiin , Cuvier, Vdiispaeridonek, Late- pede. Presso di me esiste la copia di detta lettera. Scritto da Antonio Lombardi vn ne formano la prima , 1' Economia pubblica la seconda ; alla terza spettano quei che trattano di Tecnologia ; la Storia na- turale poi , la Chimica suo studio prediletto , la Fisiologia e la Fisica Formano gli altri quattro rami di scienze che sommi- nistrarono materia di dotte e copiose memorie al Fabbroni. Più sopra accennammo già due pregevoli sue produzioni di agricoltura; ma non furono queste le sole, poiché occupos- si e nel far conoscere la coltivazione dei gelsi , e T educazio- ne dei bachi da seta secondo il metodo dei Chinesi , e isti- tuì un giudizioso esame di uno scritto in Londra pubblicato dalla Camera di agricoltura , nel qual esame raffrontò i me- todi di coltivazione in quel rigido clima usati con quelli del ridente suolo Toscano. Né di tutto ciò pago , fece soggetto delle erudite sue ricerche 1' economia agraria dei Chinesi , e trattò, direi quasi, di tutti gli oggetti utili che questa scien- za abbraccia, o per introdurre nuove pratiche di agricoltura nel suo paese , o per correggerne i difetti, o per animare viep- più l'industria degli attivi suoi concittadini. E siccome l'a- gricoltura nacque j può dirsi, col mondo, ed i sacri Codici de- positarli delle più venerande memorie dell'Antichità ci tra- mandarono preziose notizie su quest' arte, cosi di esse il no- stro Autore fece tesoro per una erudita dissertazione che les- se nell'Accademia dei GeorgofiU , e in cui esamina V origine dell'arte agraria; ed appoggiato all'autorità immanchevole della sacra Bibbia , e chiamando in soccorso all' uopo quella di altri vetusti Scrittori, ne tesse brevemente la storia sino all' epoca tremenda della caduta di Gerosolima. Uomo di Stato per lunga serie d' anni occupato in este- se amministrazioni, cercò ognora il Cav. Fabbroni di miglio- rare la pubblica economia, di promuovere le arti, di intro- dur nuovi metodi di lavorazioni fra noi, e di schiantar certi pregiudizi da tempo immemorabile radicati nella plebe sem- pre mai ignorante dei proprii reali vantaggi. Le monete, i pre- mi! di incoraggiamento, l'equilibrio del commercio, l'anno- na, tutti questi rami della scienza economica, che ai nostri vili Elogio del Cav. Fabbroni di cresce e grandeggia con utili speculazioni , risvegliarono r attenzione del nostro Autore. Fece egli perciò parte al Pub- blico sin dal 1786. delle sue meditazioni su gli ardui proble- mi che incontransi nel fissare la lega , il valore e la propor- zione delle monete, indi esaminò in genere il sistema mone- tario , e discusse l' altra non men difficile questione risguar- dante l'interesse eccessivo del denaro; e chiamando in sus- sidio la Fisica si accinse alle chimiche operazioni, onde aver mezzi per determinare il valore dell'oro coll'argento commi- sto; ben veggendo egli che la soluzione teorica di questo pro- blema lasciataci già dal grande Archimede, soffre insigni mo- dificazioni allorché applicar vuoisi al caso concreto. Frutto di sue ricerche fu una copiosa tavola delle specifiche gravi- tà di questi due nobili metalli dedotta dalla analisi delle mo- nete di quasi tutta Europa , e spingendo poi anche piìi oltre le sottili sue indagini sulle antiche monete il Fabbroni , fissar potè un canone alla scienza monetaria oltre modo proficuo , cioè che il peso specifico non va d'accordo con la bontà, da cui la conseguenza ne trasse , che i fabbricatori di monete rende avvertiti ,, somma essere la difficoltà di fonderle tutte „ a un dato titolo ad una data specifica gravità congiunto. „ La storia succinta di quanto operarono gli antecedenti Chi- mici per iscoprire la gravità specifica dei metalli insieme alli- gati, precede la suindicata Memoria ; e questo metodo ben so- vente usò il Fabbroni, metodo oltre modo giovevole a far pro- gredire la scienza, poiché conoscendo noi le fatiche di colo- ro che ci precedettero nella carriera delle scoperte , evitar possiamo le inutili ricerche, e dirigere li nostri studii e le sperienze a fondar nuove conquiste nel vasto regno della na- tura. Più esteso lavoro chimico metallurgico ci presentò in appresso il nostro Autore sui metalli nobili , e ne fece una vantaggiosa applicazione alla Zecca Fiorentina: confrontò egli i metodi comunemente usati per la separazione delle parti- celle dell' oro e dell'argento dalle materie eterogenee, e a un diligente esame assoggettando le pratiche per ciò usate in Scritto da Antonio Lombardi ix Germania, in America e fra noi, con la scorta delle esperien- ze sviluppò questo scabroso argomento per modo che l'Italia a lui andò debitrice di non pochi miglioramenti nello esegui- re ramalgamazione ; metodo da lui anteposto a quello della fusione. Provò la zecca Fiorentina i felici risultamenti di que- sti studii del Cav. Fabbroni , poiché le macchine opportune da lui ivi introdotte produssero un risparmio notabile nelle spese della lavorazione , mentre questa riesci più spedita e diede buoni e ricchi prodotti. Istruito a fondo siccome era il nostro Fisico nelle mas- sime dei recenti Economisti , dar ne volle un saggio nella parte che risguarda la pubblica annona ; ed allorché la To- scana per breve tempo formò il patrimonio di una infelice Regina , scrisse questo Avxtore un' opera piuttosto volumino- sa uscita nel 1804. sui provvedimenti annonari!, in cui ap- poggiato ai principii della scienza propose nuovi regolamenti per r amministrazione delie Provincie del Regno Toscano, e bilanciando una discreta libertà con alcune massime di mo- derata restrizione, procurò di combinare il pubblico e il pri- vato interesse. E dir conviene, che giovasse all'uopo quanto scrisse il Fabbroni, poiché ottenne egli il suffragio degli Eco- nomisti viventi, e provò la soddisfazione che si facesse una seconda edizione del suo libro, la quale tredici anni dopo la prima vide la luce. Se copiosi lavori non ci lasciò egh di Tecnologia e di Storia naturale, in que' pochi da lui condot- ti a termine si prefisse ognora lo scopo di giovare alla socie- tà. Le arti meccaniche infatti da lui ricevevano alcune nuo- ve vernici e colori , mentre la storia della pittura all' En- causto davagli argomento di belle ricerche ; né sfuggivagli r arte maravigliosa della incisione , ed insegnava agli amato- ri di stampe il mezzo di imbiancarle senza recar loro detri- mento; istruì egli inoltre i dilettanti di libri rari a preservar questi preziosi avanzi della dotta antichità dal tarlo, ed a ri- staurarli allorché danneggiati. E mentre in queste materie occupavasi il Cav. Fabbroni, altri oggetti sommamente dispa- Tomo XX. b X Elogio del Cav. Fabbroni rati trattava; e scorreva perciò con occhio indagatore i pae- si dove una volta arsero Vulcani , ed arrichiva di note un' opera Inglese di mineralogia, ed alcune miniere nella Tosca- na esistenti con ogni cura esaminava e descriveva , onde ri- solvere la questione se con profitto dello Stato escavar si po- tessero. Divideva così questo infaticabile Fisico il suo tempo tra le cure dello Stato , come più oltre vedremo , e le scientifi.- che occupazioni , offrendo a lui il vasto campo delle scienze naturali nuovi argomenti ognora e svariati^ nei quali eserci- tava la versatile sua penna. Avvenne però a quest'Uomo in- signe ciò che agli altri suoi pari avvien pure, di prediligge- re cioè un ramo della scienza più che un altro , e di dedi- carsi perciò con fervore più intenso a coltivarlo. La chimi- ca occupò il primato negli studii del Fahbroni, ma la trattò egli per Io più, considerandone le applicazioni; né si curò gran cosa delle teorie perchè incerte e tali che oscillano ogno- ra , e al nascer dell' una 1' altra ancor bambina sen muore. Mentre però il Filosofo osserva questo sorprendente fenome- no di continue teoriche varietà in Chimica, un altro più ma- raviglioso essa ne offre all'indagatore suo sguardo , quello cioè dei rapidi di lei progressi , la mercè dei quali si intro- dussero nel breve giro di pochi lustri tanti metodi nuovi di vantaggiose lavorazioni , e conobbersi non poche invenzioni dal comun voto già apprezzate. Questa importante conside- razione rinvigorì, cred'io, nel Fahbroni il naturai genio di pro- curare il bene de' suoi simili , e fece sì , che con maggiore energia si accingesse a maneggiare le varie sostanze che ci of- frono i tre regni della natura, onde cercar di scuoprire nuo- ve utili verità. Fece egli perciò soggetto delle sue particola- ri ricerche alcuni veleni , i varii metodi di tingere , e sopra tutto il difficile problema di fissare bene sui corpi i colori ; più attentamente trattò, come già di sopra esposi , i metalli nobili , onde scuoprire il mezzo migliore per impiegarli nella monetazione, ed occupossi nell' esaminare seriamente l'azione Scritto da Antonio Lombardi xi chimica de' metalli in aspetto affatto nuovo considerata (i), del qual fatto la storia della scienza esige che io brevemente ragioni. Agli Italiani Padre Beccaria, e Professori Galvani e Vol- ta, nomi all'immortalità sacri, deve assai la teoria della elet- tricità, come tutti sanno; ma per amor del vero, e ad onor di Fabbroni osservar qui mi conviene, che fin dal 1799. spiegò egli le proprie idee intorno ai fenomeni del Galvanis- mo, ed i suoi pensamenti al dir dei Francesi stessi giovaro- no poscia (2) alla grande scoperta della Pila che a gloria del suo inventore testé rapito alle scienze si disse Volt alca (3). Né parmi privo di fondamento questo titolo del Fabbroni per dividere in qualche parte almeno con Fisici così rinomati la riconoscenza dai posteri dovuta agli scuopritori di verità fi- siche feconde di grandi applicazioni ; poiché egli fin dall' e- poca succennata cosi scriveva: Convien supporre e credere che tra i metalli alcuni abbiano una data attrazione per il solo radicale idrogene ^ altri per il solo ossigene .... Che i me- talli siano peraltro altrettanti esseri semplici , 0 altrettanti ra- dicali purissimi , quali pare che si vogliano dai teoristi mo- derni (si tratta dell'epoca del 1793.), sono ben lontano dal potermene persuadere // magnetismo che si propaga a distanza , ed il principio che attira 0 con la presenza , 0 con V accumulamento^ 0 col moto le forze di due metalli dissimi- li per decomporre V acqua^ somiglierebbe in qualche caso per la proprietà suddetta , quasi più al fluido magnetico die al fuoco elettrico; ed in queste ultime espressioni pare che tra- peli come dalle risposte degli antichi oracoli qualche cenno dell' altra insigne scoperta , con cui il Danese Oerstedt apri (i) Dell' azione chimica dei metalli nuovamente avvertita . Firenze 1793. Sur 1' action chimiquc iles diifereiis metaux entr'eux a la temperature de 1' atmosphere et sur 1' explieation de quelques phenomenei Galvaniques 4"' Paris 1799. (a) Ballettino della Società Fìloma- tica di Parigi N. ag. (3) Il Professor Alessandro Volta mo- ri il 5- Marzo 1827. a Como. "^i Elogio del Cav. Fabbroni non ha guari un nuovo campo di amene ricerche ai moderni sperimentatori, cosicché sembrami che l'Italia additar possa agli stranieri nel Cav. Fabbroni il precursore dei Galvani e dei Volta. E se più lunga vita gli avesse il Cielo donata, chi sa che ei gloriar non si potesse delle scoperte dal suUodato Fisico Danese fatte , mentre occupavasi il Fabbroni su gli ul- timi dei suoi giorni a tentare nuove esperienze sulla Calami- ta e sugli effetti del magnetismo minerale : né indarno^ poi- ché le osservazioni sue erano feconde di verità luminose , e conoscer fecero alcune proprietà della Calamita finor scono- sciute. Se io ho fin qui rapidamente parlato di non pochi scrit- ti del nostro Filosofo, ciò far mi convenne oltre le ragioni già sopra addotte , per l'abbondanza delle cose che a svi- luppare mi accinsi^ e per la natura stessa degli argomenti da lui trattati, che non si piegano per se stessi a lunga esposi- zione , quando entrar non vogliasi decisamente in materia . Ma l'analisi della Quina, che inserì nei volumi della So- cietà nostra a cui appartenne, (i) esige una narrazione più diffusa. Segui egli in queste ricerche il metodo da lui qua- si sempre usato , e fece quindi precedere la storia dei fatti antecedenti , e ci istruì in breve sulla scoperta di questa droga, ne distinse le varie specie, e ne assegnò con la scor- ta dei Botanici Spagnuoli i caratteri. La solubilità e 1' atti- vità variabile della Quina dalle analisi di Fourcroy e di al. tri Chimici determinate , furono soggetto di ulteriori indagi- ni del Fabbroni , che mostrò quali conseguenze ora utili or dannose derivare ne possono nell' uso pratico. E vieppiù in- ternandosi in così importanti disquisizioni, istituì egli le op- portune sperienze onde esplorare l' attrazione rispettiva di varie specie di China per l'ossigene, e si condusse così a me- glio conoscere alcuni dei principii che compongono la Quina, ed a fissare ad undici le sostanze varie distintamente separa- (I) T. X. part. I. pag. 3i4' Scritto da Antonio Lombardi Xtb bili in essa , fra le quali tien luogo una materia vegeto-ani- inale che la posteriore analisi di Fourcroy confermò. Dopo di avere eosì oltre spinte le sue ricerche^ voleva pure il no- stro Chimico sciogliere , direni così il nodo Gordiano, e spie- gare come la Quina vinca portentosamente i mali periodici ma qui convenne anche a lui di arrestarsi. Se però la natu- ra svelare non gli volle questo secreto, gli concesse tuttavia di trarre da cosi faticoso e lungo lavoro utili conseguenze per r arte salutare. Molto scrisse e meditò il Fabbroni , come da ciò che sin qui si disse argomentar puossi, ma pure sono ben lungi dall' aver io esposto tutto quanto egli nella carriera scientifica ope- rò ; ed a compiere il quadro delle sue produzioni mostrare lo dovrei Fisico valoroso non solo , ma distinto archeologo ben anche e scrittore di amena letteratura. Si occupò egli infat- ti nell'ottica, ed esaminò la forza refrattiva di alcuni fluidi, nella meccanica, e conoscer fece le bilance e stadere Chine- si , ed insegnò a trasformare in bilancia idrostatica ogni co- mune bilancia. La Cronologia da lui ricevette quello spedito almanacco in tavole per anni 5o. avvenire calcolato, nell'uso assai comodo. La meteorologia fu arricchita, la sua mercè, di un nuovo Termometro stazionario eh' ei costruir fece a Pari- gi, e regalò ai Religiosi del Monte Cenisio, i quali nelle me. teorologiche osservazioni se ne prevalsero con vantaggio. Cu- rioso ed importante ad un tempo dir poi devesi un opusco- lo di Chimica e di Antiquaria insieme, in cui il Fabbroni in- segnò come fabbricar debbansi gli antichi mattoni galleggian- ti ; ne limitossi egli in questa Memoria a figurar come sem- plice erudito, e a darci una ingegnosa si ma sterile specula- zione; poiché mettendo l'Autore a contributo le vasie sue cognizioni chimiche, costruir fece realmente mattoni di tal fat- ta, dimostrò in quali edifizj usar poteansi e non pochi To- scani cominciarono ad impiegarli in alcune fabbriche. Allorché nel i8ca. sorse in Firenze una nuova Società detta degli amatori della Storia patria Fiorentina, le offri il XIV Elogio del Cav. Fabbroni Cav. Fabbroni una breve storia sulla derivazione e coltura degli antichi abitatori d" Italia; nel qual lavoro sviluppò egli special- mente le sue cognizioni di Archeologia. Ed in argomento simile si esercitò allorché con coraggio affrontò il laberinto delle etimo- logie dei nomi dei popoli Celti;, Osci, Iberi, Galli ec. perlocchè addotto un sistema particolare , derivar facendo dall' estremità orientale del Continente i primi stranieri che occuparono „ il bel paese ,, „ che Appenin parte, il mar circonda e l' alpi „ e preceder facendo 1' incivilimento degli Etruschi a quello dei Greci, mentre spogliò questi di non poche invenzioni ad essi comunemente attribuite , da Etrusca origine le tras- se. Io qui non discuterò se questo sistema esattamente com- bini con le antiche storie , e se perciò ritener si debbano secondo T opinione del Fabbroni gli Etruschi come i pri- mi conquistatori d' Italia , e così valorosi , che non la ce- dettero al dir di lui, in estension di Dominio ai Romani, e fondarono colonie , e sconfìssero gli Argonauti ; dirò bensì che risplende in questo Scritto l'erudizione e l'ingegno dell' Autore , e un ben chiaro testimonio esso ci offre della vasti- tà delle sue cognizioni. Esperto Chimico, buon Fisico, Agricoltor felice. Botanico e coltivator della storia naturale , leggeva sempre il Fabbro- ni nell'immenso libro della natura, ora svolgendone una par- te ed or l'altra, e cercando sempre la verità onde accre- scere il patrimonio della pubblica felicità. Non fa quindi ma- raviglia se un Uomo così ricco di lumi e dottrine mantenes- se una estesa letteraria corrispondenza coi primi Dotti d'Eu- ropa , quali erano allora e Banks, e Magellano, e Adams , e Jefferson che edificò nelle sue terre in Virginia una casa per r amico Fabbroni ; e per tacer di tant' altri , ricorderemo i due Humboldt, Kirwan ed Ingenhouss; i quali tutti pregiaron- si di corrispondere col nostro Fisico Italiano. E a rendere viemmaggiore il nome e la fama di lui , concorsero non po- chi Dotti Italiani e stranieri coli' indirizzargli le scientifiche Scritto da Antonio Lombardi xv loro produzioni, come tra gli altri praticò il Vannetti che nel 1778. scrisse una lunga lettera al Fabbroni sulla versione di Orazio pubblicata dal Corsetti, e 1' Antiquario Francese Mil- lin che a lui dedicò il secondo Tomo dell' Anno V. del suo magazzino Enciclopedico , e Sennini e il Botanico Sig. Rad- di col nome di Fabbroni chiamar vollero alcuni nuovi pro- dotti vegetabili da essi scoperti. Più di trenta Accademie o Società scientifiche lo onorarono chiamandolo nel loro seno, fra le quali ricorderemo soltanto le più celebri , quella cioè degli Antiquarii in Londra, 1' altra della Scuola di Medicina in Parigi , l'Economica e 1' Imperiale di Agricoltura di Pietro- burgo, le Società Filomatica e Linneana di Parigi, e tutte le più cospicue d' Italia. Queste corrispondenze , e queste ben meritate ascrizioni accrebbero oltre modo la stima degli este- ri verso il Fabbroni, che un bel testimonio ne ricevette dall' Imperatore delle Russie; poiché volendo questi nell'anno i8o3. fondare una Università a Vilna, interrogar fece per mezzo del Principe Adamo Czartorinschi il nostro Itahano, affinchè pro- ponesse non pochi Professori per le Cattedre nuovamente co- là istituite, e contemporaneamente lo decorò col titolo di Pro- fessor Onorario dell' Università di Vilna (i). Mentre però a conseguire il nobile scopo di giovare alla pubblica cosa consacrava questo Filosofo i suoi giorni alle scienze ed alle lettere, alla stessa meta dirigeva le sue cure come Uomo di Stato. Godeva egli , come già più sopra si dis- se, la confidenza del Gran Duca Leopoldo , il quale più volte si valse dell'opera sua e de' suoi consigli nel reggimento del- le Provincie Toscane. Ed allor quando occupò quel Trono il Figlio Ferdinando IO. , non si limitò questi a consultarlo in affari dipendenti dalle scienze naturali , ma il volle ben an- che legislatore, affidandogli nel 179^^- sulle tracce del chiar. (l) Nel Diploma inviato al Fabbroni leggotiii le seguenti espreesioni. Vir insigni eruditione et icientia con- spicuus , multisque in lucem publicam editis vperibus ce. XVI Elogio del Cav. Fabbroni Professore Lampredi la compilazione del Codice civile della To- scana; e pochi anni dopo per superiore disposizione dovette egli compilare un quadro della legislazione così detta Leopoldina per farne soggetto di studio e di imitazione ad altri popoli. Filosofo profondo ed alla scuola educato di una lunga sperienza il nostro Fabbroni, allor quando soffrir dovette l'I- talia sul cadere del Secolo XVIII. il dominio straniero , la più vigile prudenza regolò i suoi passi , e il credito da lui pro- curatosi gli conciliò ognora la stima dei varii Governi , che rapidamente 1' un l'altro urtandosi succedevansi allora, fin- ché splendettero per 1' Europa intiera giorni migliori. Il ca- rattere ed i lumi suoi più che altri capace il fecero di ren- dere segnalati servigi alla Patria; ed a ciò ognora pronto mostrossi specialmente nei tempi più difficili e burrascosi. Al- lor quando infatti le armi Francesi occuparono nemiche il Territorio Toscano, giovò l'opra sua non poco a temprare il rigor militare, ed a rendere men dura la sorte de' suoi Con- cittadini. Né qui tacer io debbo, che la mercè sua Firenze conservò intatti almeno per alcuni anni in mezzo allo spoglio fatale d' Italia, il suo Museo, il Gabinetto di stoiia naturale, l'Accademia di Belle Arti, le pubbliche Biblioteche, e la Reale Galleria. Il veggiamo inoltre ritornare per comando del suo Principe nell'anno 1798. a Parigi a far parte della Commis- sione, che occupossi della sistemazione dei nuovi pesi e mi- sure ; e prevenuto dalla fama del suo sapere l' Istituto nazio- nale specialmente lo onorò , ricordando lui solo fra gli stra- nieri nel voluminoso rapporto presentato al Governo France- se sopra quest'arduo prolalema (i);edi cosi segnalata distin- zione seco se ne congratulò per lettera (a) il suo Sovrano (i) Ecco le eepreesioni dell' Istituto ,, li giitiìra He dire «[ile Febbroni de ), Florence a écé iiommé pour qiie tuuc ,, le mund soit convéncu qut< ces ex- ,, periences ne puuvuient toraber en de ,, inflleurò m.iins , ni inspirer plus de ,, uonfianre ,, . (a) La lettera porta la data del 3. Ottobre 1799. Scritto da Antonio Lombardi xvji Ferdinando III. che esule allora da' suoi Stati trovavasi a Vienna. Ma il ramo di amministrazione alle scienze da lui colti- vate più analogo quello era delle monete. Ben lo conobbero i pubblici Magistrati, e perciò nel i8o3. affidarono al Cav. Fabbroni la direzione della zecca Fiorentina; e qui applicar ei seppe utilmente le sue cognizioni chimiche ed economi- che, onde assieme conciliare l'interesse del Principe e quello del commercio. Migliorò egli il sistema di quella sempre com- plicata amministrazione , introdusse, come più sopra accennai, nuovi metodi onde ottenere scevri da materie eterogenee i metalli nobili ; nei laboratorii della zecca prepararonsi la sua mercè i chimici reagenti necessarii ai diversi lavori ^ tal che non deve più la Toscana ricorrere agli stranieri per simili og- getti ; e con misure così ben calcolate rianimò quella pubblica officina , e riacquistar fece alla moneta d' oro di quello Sta- to il credito che era alquanto scaduto. Non credasi però che il Cav. Fabbroni si limitasse a ben conoscere questo ramo di amministrazione pubblica ; ma uo- mo universale, come già da principio accennai, dir si deve; poiché oltre gli altri affari da lui a prò dello Stato maneggiati, nei quali influiscono le naturali scienze, egli ci comparisce ora economista^ ora politico ^ or militare A lui in fatti vien commesso nel 1804. di salvare dai fulmini le torri del litto- rale Toscano e le polveriere con V erezione di conduttori opportuni. A lui toccò di vegliare la pubblica salute quando sul cominciare dell'anno j8o5. sviluppossi la terribile ma- lattia in Livorno, ed ei pur fece parte della Deputazione no- minata dalla Regina Reggente al grand' uopo di sistemare le finanze, e rianimare il pubblico credito. E a tutte e cosi sva- riate incombenze compartiva l'attenzione sua questo abile Mi- nistro, né mai l'attività sua rallentavasi , anzi nell' agire nuo- vo vigore e lena maggiore acquistava. Dopo d'avere la Toscana coraggiosamente lottato contro la procella che disperse gli Stati d' Italia , dovette pur essa Tomo XX. e XVIII Elogio del Cav. Fabbroni ceder finalmente all' impeto della medesima , e quanto più tarda , tanto più iatale fu la sua rovina^ poiché le toccò di far parte di un vasto Impero , dalla cui Capitale giaceva all'insigne distanza di più di 800. miglia. In mezzo però a così luttuose vi- cende qualche conforto provar dovette allorché vide il Cav, Fabbroni j il quale andò nel 1808. Legislatore a Parigi per il Dipartimento dell'Arno, restituito nel 1810. all' Italia con- decorato di onori (i), e della suprema Magistratura incaricato dei ponti e strade da Chambery in Savoja sino a Fondi nel territorio Romano. Collocato in così eminente grado ^ e in- volto perciò in tante cure , spiegò egli vieppiù i rari suoi ta- lenti , e proseguir facendo i grandiosi lavori della superba strada sul monte Cenisio aperta, sotto il suo governo pratica- ronsi alcune rettificazioni, e si rese più comoda la salita su quegli ardui gioghi, e si procurarono ai viaggiatori ripari dalle bufere e dagli scoscendimenti di neve, la quale giù precipitando da quelle vette seco strascina qualunque osta- colo incontra. Sotto la direzione del Ministro Fabbroni vide- si compito il magnifico ponte sul Pò all' ingresso della Cit- tà di Torino , e collocò egli la prima pietra di un altro si- mile edifizio sulla Dora, onde agevolare le comunicazioni con Milano ; ed a lui pur devesi il merito di avere nel breve gi- ro di cinque mesi creata intieramente una strada per il tra- sporto delle artiglierie sul Mont-Genevre, che più alto del Cenisio torreggia , strada che abbreviò di un giorno e mezzo il cammino da Lione a Torino. Né sfuggirono alla sorpren- dente sua vigilanza i lavori che ad altri Dipartimenti Fran- cesi di qua dall' Alpi occorrevano ; e le sti'ade ed i ponti della Toscana opportunamente risarcir fece , ed una nuova via cominciò egli che da Nizza costeggiando il mare si diri- ge a Sarzana. (1) Ebbe r Ordine della Legion d'onore, e fu nominato Referendario al Con- ti"lio di Stato. ,. Scritto da Antonio Lombardi xix Chi considerar vorrà queste grandiose opere che in me- no di un histro compier fece il Fabbroni sotto un gover- no all' Italia straniero , in luoghi così fra loro distanti , e in tempi così difficili , perchè più aspra infieriva ognora la guerra, convenir meco dovrà che quest' Uomo unir sep- pe rare prerogative di animo e di mente onde combinar tanti diversi interessi , prevedere le difficoltà che incontra- va sia rapporto ai progetti dell' arte , sia per dirigere la condotta di tante persone da lui dipendenti , e conciliar- si poi la benevolenza e la stima di coloro che in Francia reggevano la somma delle cose. Tutto ciò ei feccj e di mag- giori onori ricolmo (i) il vide ritornare l' Italia nell' anno i8ia. per riunirsi al Chiar. Conte Vittorio Fossombroni ora attuale Ministro e Segretario di Stato del Gran Duca di To- scana, air importante oggetto di sistemare la confinazione tra il Regno d'Italia e l'Impero Francese, Mentre però tratta- vansi questi negozj di Stato , i destini del mondo volgevano a miglior ventura. Dopo che le armate del Conquistatore for- se il più ardito che gli annali della Storia ci offiano , soste- ner dovettero nelle regioni settentrionali i duri colpi della mi- litare fortuna , si sconvolse intieramente la gran macchina ;, e minò l' Impero Francese , laonde riacquistò la Toscana il naturale suo Principe nella persona di S. A. Imperiale Fer- dinando III. che or essa piange estinto. Taluno per avventu- ra vi sarà che considerando le cariche luminose dal Cav. Fab- broni sotto il Governo Francese coperte ;, argomento ne trar- rà per giudicare con severità la sua condotta; ma sospenda pur questi il suo giudizio. L' amor della Patria ^ e il deside- rio di giovare alla Società regolarono ognora li suoi passi , e siccome con integrità ad un sapere non ordinario congiunta servì egli e il Gran Duca Leopoldo, e la Regina d'Etruria^, e 1' Imperator Napoleone , così potè con animo tranquillo (i) Fu decorato dell' Ordine della Riunione col grado di Commendatore e fu insignito del titolo di Barone. XX ELOcro DEL Cav. Fabbroni contemplare sempre le mutazioni di Governo a cui soggiac- que l'Italia, e prestò ognora l'opera sua ai varii Dominatori della Etruria. Rincrebbe, è vero, ai Ministri P'rancesi il per- dere un Uomo cosi distinto in ogni genere di cognizioni (i) e di somma attività e penetrazione fornito ; ma egli bramò di restituirsi al suo Principe , e 1' ottenne. Né mancarongli nuove incombenze e nuovi onori, poiché a lui affidò il So- vrano la gelosa cura di vegliare sui nuovi Amministratori delle miniere Toscane , egli intervenne come arbitro nella difficile operazione di liquidare i crediti tra la Francia e il Gran Ducato ; fece parte della Deputazione del nuovo cata- sto ; riacquistò ben tosto nella restaurata Università di Pisa il grado di Professore onorario (a), e nel 1821. venne deco- rato del R. Ordine del Merito sotto i] titolo di S. Giuseppe. Condusse così questo Filosofo e Uomo di Stato una vita veramente operosa tra le cure del Ministero, e i diletti suoi studj da lui non mai intralasciati divisa; e di robusta com- plessione dotato sperar forse poteva di vedere 1' età più tar- da, ma colpito il giorno 17. Dicembre dell' anno iSaa. da fiera apoplessia mancò rapidamente ai vivi (3) , e venne co- '■ '. ■'■ ' f ■'■ ''. - ! ,ti'i (i) Il Ministro Francese dell' inter- no così si espresse ,, est ce qu'oD voue ,, a jetté des pierés en France ? „ ed allorché S. A. R. Carlo Filippo Luo- gotenente del Regno in quell'epoca con decripto ao. Aprile 1814. gli accordò la chiesta dimissione , nella lettera relati- va del Ministro cos'i egli si eprime ,, „ 11 m'est bien penible M. le Baron „ de vous voir eloigner. Dans tous lea ,, cas croyez que le Gouverneraent aura ,, preaent a la pensée les talens , le zele >, eclairè pour le bien public que voqs „ avez toujours montri^ dans l'exercice ,, de vos fotictione „ . (a) S. A. R. si degnò di esprimersi nel motu proprio di questa nomina con le seguenti parole ,, Avuto riflesso ai „ notorj servigj da esso resi alle scien- ,, ze ed allo Stato ,, . (3) 11 figlio dolentissimo per una co- s'i amara perdita gli ha fatto battere una medaglia in bronzo , nel diritto della quale vedesi l'effigie dell'illustre defunto , e dall' altra leggonsi le paro- le ,, Alla tenerezza paterna e virtù ,, 1' amor figliale „ all' intorno poi quel verso dell' Alighieri ,, Che notabili fien 1' opere sue. „ Scritto da Antonio Lombardi xxi sì meno in lui un luminare della scienza , e un personaggio cui la Patria lungo tempo desidererà. La semplice narrazione che io feci di quanto egli oprò, onde promuovere le scienze naturali, ed applicarle ad ogget- ti di nazionale prosperità, deve a parer mio bastare per for- mare il carattere di quest'Uomo insigne, a cui la Toscana dovette in ogni tempo assai , poiché con le sue cognizioni scientifiche dilatò ne' Concittadini l'istruzione, gli ammae- strò alle buone arti , e introdusse cosi maggiore incivilimen- to in quelle già cosi colte Provincie. Col savio reggimento della pubblica cosa poi cercò ora i vantaggi di que' popoli ; ora pronto riparò e sospese, o mitigò almeno le calamità che minacciavano la Patria; ora diede impulso a fondare nuove utili istituzioni, o a migliorare quelle già ricevute dalla Na- zion Fiorentina. Ed allorché maneggiar dovette sommi affari, dilatò, direni, cosi le sue viste, a più alto segno le diresse, ed abbracciando con la vastità dei talenti l'assieme delle cose , prevenne gli ostacoli o li superò; e con l'esempio e con la voce , e con gli scritti premendo e dirigendo , riuscì a con- durre a termine gelosi negozj alle sue cure affidati; e nel pubblico voto di approvazione ottenne la piìi nobile ricom- pensa che un Uomo dotto ed un Reggitore di Stati deve far scopo precipuo delle vegliate notti, degli sparsi sudori, delle non interrotte sue meditazioni e degli assidui suoi stu- dj (0- (i) Erco l'iscrizione composta dal chiar. Sig. Zaniioiii , e collocata alla tomba del Fdbbrcni nella Chiesa Curata di S. Maria a Casavicchia Putesteria di S. Cdssijino. XXII Elogio del Cav. Fabbroni :■{■-■ ■ ■ IOAKNI . HORATII . F, FABERONIO , FLOR . EQTITI .JOSEPHIANO . ET LEGIOKIS . GALLIARVM . HONORARIAE DOCTORI . EXTRA . ORDINEM . ACADEMIAE , PISANAE . ET . VILKEKSIS PRAEPOSITO . MONETAE . ITEMQVE . FODINIS . ET . FERRI . OPIFICIO VII , VIRO . AEDIEVS . AGRISQVE . VECTIGALIEVS . RECTIVS . CENSENDIS HOMINI . BENEFICO .COMI . RARISSIMO ,' . ,_ QVI . IKGEWIO . VSVS . EST . PROMPTO . ET . SOLERTT ; , - ' . ' i FACTNDIA . FLORVIT . ET . MVLTIPLICI . DOCTRIKA DE REBVS . PHySICIS . DE ADMINISTRATIONE . PVBLICA . DE . COMMERCIO . SCRIPSIT CIVIBVS . AEQVE . CELEBRATVS . ET . EXTERNIS VIK . AN . LXX . M . X ■ D . IV . PIVS . IN . DEVM . PATRIAE . VTILIS . CARVS . OMNIEVS DECESSIT . MATVBA . GLORIA . AN . MDCCCXXII . XVI . K . JANVAR. LEOPÒLDVS . PELLIVS . FAEBRONIVS . PATRI . OPTIMO . DESIDERATISSIMO. ! ' ; 'Hi CVJVS . INTERITV . LITTERAE . ITALICAE . DAMNVM . FECERVNT. TITVLVM . DAT . LACRIMAS . DVM .VITA . SVPPETET . DAEIT. Scritto da Antonio Lombardi XXIII ACCADEMIE ALLE QUALI ERA ASCRITTO Il Cav. F A B BH ONI. Istituto, ossia Accademia delle Scienze di Parigi. Accademia degli Antiquari di Londra. ■)!'.": di Agricoltura di Parigi. della Senna j e Oise. del Commercio di Caen. di Torino. ... di Cagliari. delle Belle Arti di Firenze. ' Celtica di Parigi, di Commercio ed Arti di Roma. Di Economia di San Pietroburgo. D'Emulazione di Cambrai. •'■'■:' Etrusca di Cortona, -.h -.m •>(.(■ i; '.Ì-A Fiorentina per le lettere e la poesia. dei Georgofili di Firenze. di Bologna. Ionica di Corfù. Società Italiana dei XL. delle Scienze Residente in Modena. Accademia Italiana per le Arti, Letteratura, e Scienze di Siena. Italiana di Livorno. ...... Medicale della Scuola di Medicina di Parigi. Medicale , Chirurgica, e Farmaceutica di Brus- selles. Academia Naturae Curiosorum d' Erlang. Accademia Patriottica di Stockolm. < ;•. i ■ Filantropica di Emulazione di Prato. . ■ Filomatica di Parigi. i - .: Delle Scienze di Siena. " ' ■ ^ di varia Letteratura di Pistoja. Reale di Lucca. .: -. < siir li i XXIV Elogio del Cav. Fabbroni Iccademia Liiineana di Parigi. Imperiale di Agricoltura di Mosca , cui fu a- scritto un mese avanti la sua morte. INDICAZIONE DELLE OPERE DEL FABBRONI CLASSIFICATE PER ORDINE DI MATERIE. I. AGRICOLTURA E BOTANICA. Reflexions sur I' etat actuel de 1' Agriculture , cu expo- sition du veritable pian pour cultivar ses terres etc. Paris 1780. '.•■ :^ ; ■ -•':: ■.'■'.. Della coltivazione del Gelso , e della educazione del Fi- lugello secondo che si pratica dai Cliinesi. Perugia 1784. Dell' utilità dei prati artificiali. Firenze 1784- Napoli 1796. Metodo di alimentare i vitelli con una mistura d'acqua di fieno e di latte 1787. Dei sovesci col tabacco 1796. L' Agricoltura , opera periodica , che comprende tutto ciò che concerne l'Agricoltura, pubblica Economia, Fisica vegetabile, Chimica, Veterinaria etc. Perugia 1784.31 1786. Di alcune piante di frumento nate dai soli germi priva- ti di perispermo. Firenze 1786. Napoli 1801. Sul Geranio variegato. Firenze 1796. '• ' ' Rapporto circa due scritti pubblicati dalla Camera di Agricoltura stabilita in Londra , nel quale viene a farsi un paralello tra 1' Agricoltura Inglese e la Toscana. Firenze 179Ó. Napoli 1798. Della moltiplicazione del pollame per mezzo del calore. Firenze 1796. ■ - ■ • Scritto da Antonio Lombardi xxv Coltivazione ed utilità delle Rape 1800. Della Economia agraria dei Chinesi 1801. Espedienti per distruggere i formica] 1804. Rapporto sul Problema „ Cercare per mezzo di esperienze esat- te quale è l'influenza dell'aria, della luce, dell'acqua e della terra sulla vegetazione 1804. IL ECONOMIA PUBBLICA. Lega, valore, e proporzione reciproca delle monete. Firenze 1786. Della prosperità nazionale. — Dell'equilibrio del Goramercioj ed istituzione delle Dogane. Firenze. 1789. i / Dei premi d' incoraggiamento che si retribuiscono alla mer- catura. Dei privilegi esclusivi, che si accordano alle ma- nifatture. Della libertà che si concede al commercio dei grani. Firenze 1791. Lettera di Diego Lopez all' Autore delle lettere Spagnuole» ossia esatta idea del libro che ha per titolo „ Sentimen- to imparziale per la Toscana sopra la seta e lana. Firen- ze 1791. „ Sul sistema monetario di Napoli , e sulla moneta in genera- le. Napoli 1794- Ozj della villeggiatura. Firenze 1800. ( ne furono fatte due edizioni ). Dei provvedimenti annonarj. Firenze. 1804. a." Edizione 1817. Dell'eccessivo interesse del denaro, e della monetazione. i8o5. III. TECNOLOGIA. Manifattura^, conservazione e correzione dell' olio di oliva. Fi- renze 1787, Incisione e tintura di alcune pietre dure. Firenze 1796. Di una nuova tinta stabile che si può estrarre dall'Aloe SOC- cotrino. Firenze 1796. i- / Tomo XX. d XKVi Elogio del Cav. Fabbroni Esperimenti sul liquido estinguente di Knox. Napoli 1797. Vernice atia a dare apparenza di Mahogams al legno comune. Napoli 1797. Antichità, vantaggi, e metodo della pittura Encausta. Roma 1797. Metodo facile per nettare , ed imbiancare le stampe in ra- me. Napoli 1797- IV. STORIA NATURALE. Memoria sopra i Volcani estinti. Firenze 1783. Gabinetto Fisico di S. A. R. Firenze 1785. Note all' Opera intitolata j, Essay toward a system of Mi- neralogy by Cronstedt. Londra 1788. „ Sopra la miniera di rame esistente nella Comunità di Arci- dosso iti Toscana. Dell' Aulractie o carbon fossile. Firenze 1790. V. CHIMICA. Sulla natura dell' arsenico , e preparazione dell' acido arse- nicale. Milano 1780. : Nuovo metodo di fate il sale acetoso mercuriale 1796. Fi- renze. Soluzione mercuriale per la tintura di seta e lana 1796. Come si possa tingere con la filigiiie. Firenze 1796. Sur l'action Cliymique des differents mètaux entr' eux à la temperature de l'Atmosphére, et sur l' expiication de quel(|nes pliénomenes Galvaiiiques. Paris 1799- Metodo di sciogliere la resina elastica. Firenze 17(^1. Metodo per stabilire sulla seta e lana i colori falsi. Firenze '794- Sic ria delle opinioni chimiche relati vamepte alla formazione degli Eteri. Firenze 1796. Idea di un repertorio per i resultati di osservazioni, ed Scritto da Antonio Lombardi xxvii esperienze relative alle materie combustibili. Napoli 1795. Firenze 1796. Ricerche sulla Quina. Modena i8o3. Pisa i8o4- Milano i8o5. Lo Statere Filippico, ovvero rilievi sulla bontà e titolo dell' oro-nativo. Siena 1808. Raccolta di Opuscoli fisici, e chimici di Torberno Bergman tradotti in Italiano con aggiunte e note, sotto il nome di Giuseppe Tofani stampatore. Firenze 1787. Del trascegliere dalle sostanze eterogenee le molecole d'oro e d'argento mediante 1' amalgamazione. Verona i8i5. Della estrazione del glutine dalle ossa. Pistoja j8i6. VL FISIOLOGIA E MEDICINA. " - Tributo d' amicizia a Pierce Smith , ossia lettera sopra alcu- ne novità fisiologiche, e specialmente sugli usi, ed ef- ficacia del sugo gastrico, e sulla facoltà che hanno i va- si Succutanei di separare un fluido analogo al gastrico per distruggere le parti morte ec. Napoli 1796. e 1798. Lettera di Giovanni Warni sopra alcune nuovità fisiologiche, e sulla analogia di effetto tra l'oppio, ed il sale am- moniaco. I Osservazioni circa un nuovo specifico contro la peste ritrova- to da Baldwin Console generale d' Inghilterra per mol- ti anni in Egitto. Fi'cnze i8co. Rapporto all'Accademia dei Georgofili di quanto viene riferito sul preservativo felicemente adoprato in Spagna contro il morso della vipera, e del cane rabbioso. Firenze i8oi. VII. FISICA E CALCOLO. Sulla forza refrattiva di diversi fluidi. Firenze 179^. Sur les Alcazzaras d'Espagne. Paris 1799. Nuovo metodo delle decisioni alla pluralità dei voti. Firenze «8ci . j , •., - 2.8 Giunta al bietodo di Buda N a[±n) -ir-b[±in) -t-ecc. ecc.-+-(^, come deducesi dal Capo III. 5° 34. altra volta citato. Quindi è che sono questi i coefficien- ti due estremi, cioè della prima parte a, e di tutte insieme accumulate le parti a-(-Z»-f-c-H 'li .a. 5 I .a H_ iizilc^-^C x'-O'-f-i 4(4-)(4-^)(4z^ ^_^(4-,K4-aK4-3) ^ • /^ ' i.a.i.4 1.2.3 -*- j 2~ ^ "*" , ^-4-e = «-l-è-+-c-l-^-4- « : e generalmente m m — I m—a, m — 3 m — 4 m— 5 per ax -^bx -i-c.r -h^^i; -4-e:i; -\-fx -+- -t- ^ =p(a:— i) -t-^(x— i) -<-r(:r— i) -^s[x—i) -^t{x—i) -t-z;(^— i)'"~V....H-a, si ha p=a, q= (^) a-H^», n= (-^^^)a . / m.m — \.m — a.m — 3 l / m—i.m— am — 3 \ 7 1 m—z.m — 3 \ _ * = ( ttm" — j^-»-i rz5 — }^-^( — TT— ) <^ o=a-HZ'-f-c-+-6?H-e-f-/H- -+-(^. Né conseguenza sì fatta ed uni- versale proviene a mio senso in sola forza di analogia . Gon- ciossiachè unico è lo a: da paragonarsi nei supposti iden- tici Polinomj , due x del secondo da conguagliarsi con uno del primo , tre x del secondo , quattro x , cin- que X , ecc. , [m-^\)x da pareggiarli ad uno solo del primo, coi coefficienti di legge cognita e rigorosamente con- validata dagli Analisti nell' inalzamento a potenze di (r — i),e con TO-Hi Equazioni semplicissime del prim'ordine per detenni- *"^ Elogio dei, Cav. Fabbroni Diasiacronietro portatile , ossia Istrutnento meteorologico per misurare la densità, e refrazione mac^gjore o minore dell' aria. Dell'agricoltura del Popolo Ebreo. .1 ..;; «1... r ,. MEMORIE DI MATEMATICA LA TEORIA DELLE FUNZIONI ANALITICHE CONSIDERATA NEI SUOI PRINCIPJ '' E NELLA SUA APPLICAZIONE DI PIETRO FERRONI Ricevuta adì 28. Novembre i8a3. J\.\ primo apparire della sublime Analisi degli Infiniti, ele- vata in aggiunta su i fondamenti medesimi dell'Algebra dei Finiti dal Matematico sommo Lagrange , cessarono inconti- nente tutte quelle dubbiezze , che intorno alla cosi detta Metafisica del nuovo Calcolo dìjferenzìale e integrale s' eran promosse sino dal suo nascimento, o imaginando eh' egli sor- gesse e prendesse vita da evanescenti, infinitamente-picco- li , zeri , flussioni , o dai limiti di rapporti come a un dipres- so gli concepirono mediante il metodo appellato di esaustio- ne (1) gli antichi Geometri Greci, e sopra tutti il sottile Archimede . Quella nuova Teoria per ben due volte stampa- ta risguardante alle Funzioni Analitiche , dalle quali ebbe nome (2), e di altre importanti osservazioni fornita quando l'Autore sedeva nelle Scuole Normali di Francia (3) , fu ol- tracciò ripetuta in un Corso ordinato di Lezioni scolastiche, (i) Veii.isi Lezione IX." a pjg.' io5 6, ove fa parola di 4>; tra Fi e fi, cioè int e rmpdi.i ai due estremi. (2) Théorie des Fonctìons Analìtìques (prima Edizione dell'Anno V.''( 1797); Tomo XX. seconda del 18 1 3. ) (3) Séances des Ecoles Normules , nuo- va Edizione in XIV. Tomi compresone uno di Tavole ossia d' incise Figure. a Teoria delle Funzioni ec. dettate ad uso d'insegnamento nelle Università e ne' Licei, la cui ristampa (4) ha riunito anche il Calcolo delle Varia- zioni deducendoio dall'origine stessa ^ mentre nelle prime Memorie di Scienze esatte negli Atti dell' Accademia di To- 1 ino (5) r aveva esposto come una semplice diramazione del solito Algoritmo infinitesimale sotto diversa caratteristica avanti di lasciare l'Italia, Di queste Lezioni vuoisi ora dare appunto alcun cenno ponderandone pochi passim rischiarando- ne altri , pochissimi tipografici difetti senz'emenda lasciando, ed instituendo qualche breve confronto coi miei anteriori di- visameli ti pubblicati nel Prodromo sopra il Trattato di Calco- lo Integrale del Condorcet , e nell' Opera concernente alle Esponenziali e Logaritmiche Quantità trascendenti. Onde disviluppare qualunque siasi Funzione di una va- riabile quando questa s' accresca o si scemi d' una grandez- za omogenea finita e indeterminata, e disvilupparla in Serie secondo l'ordine delle Potenze ascendenti di quella grandezza, o aggiunta o sottratta , mediante le Funzioni derivate dalla primaria, derivate di derivate sempre coli' invariabile mede- sima legge , basta la sola Formula classica del Binomio di Newton. Imperocché a giudizio chiarissimo di Lagrange, e in ispirito e in lettera , si può sempre riguardare una espres- sione in Serie come il di svilupp amento d' una espressione fi- nita o funzione; ed altrove soggiugnesi avvalorando l' istes- sa Massima universale , quantunque queste equazioni siano in Serie, non ne sono perciò meno esatte le conseguenze . che se ne posson dedurre rispetto alle prime equazioni (6) finite. Co- mecché poi il profondo Analista medesimo siasi giovato col mezzo della Teorica generale ordinaria delle Funzioni adatta- (4) Leconssur le Calculdes Fonctions ( Edizione seconda del 1806. ) (5) Mélanges de Mathématiqut & de Physìque de la Sociélé Royale de Turin Volume II." 1760-61 , edito nel 176*. L' argomento è ripreso nel IV. consecutivo a fin di respingere nomi- natamente gli attacchi di Fontaine tra le Memorie del 1767. dell' Accademi» delle Scienze residente in Parigi. (6) Lezione XII."* nelle pag.» i6a- 64-6S magistralmente. diPietroFerroni 3 ta all' indole particolare delle Po/e/zze, di dimostrar vera per tutti in genere gli esponenti , ed irrazionali o sordi in ispe- cie, la Formula Newtoniana, nulladimeno gli è stato indis- pensabile di ricorrere all' ajuto àeW Analogia ^ sempre dub- bia e di prova non piena, quando vuole che il Principio innegabile , perchè pienamente provato a riguardo degli es- ponenti razionalista X« ^=« sia 1 unico sopra il qua- ,5 le riposa , ed in cui possa dirsi che consista Vessenza delle „ Potenze, qualunque valore si abbiano le quantità a, m , «, ,, né potendo in numeri esprimersi gli esponenti ,, poiché irrazionali , inter scendenti, trascendenti .^ ed inesprimìbili giusta il vocabolo d' Euler. Difatto, posto il caso dell'esponente ^or^o , aveva poc' innanzi Lagrange prevenuto il Lettore con avvisarlo ,, che siccome ogni numero irrazionale può conte- „ nere tra limiti tanto ristretti quanto si voglia mai , viene „ a concludersi tutta di seguito la verità ( della Formula „ del Binomio ) rispetto al valore di m irrazionale , poten- ,5 dosene sempre a talento ristrignere o ravvicinare i limiti „ razionali , e del resultamento sempre più diminuire 1' ei-- „ rore (7). „ Aggiungasi che dopo d' avere quel gran Geo- metra stabilita l' assurdità di supporre assolutamente nulli i differenziali „ poiché il loro rapporto riducendosi a zero diviso per zero non appresenta nessuna idea netta „ scende a dire „ che quelli Algebristi , i quali andando dietro ad 5, Euler concepirono e concepiscono come veri zeri i diffe- „ renziali , e per conseguente il loro rapporto pari a quello 5, di zero a zero, stanno anzi in tutto il rigor dell'Analisi, „ poiché una Funzione soddisfacente in genere alle condi- „ zioni di un dato Quesito, qualora cangi di forma per un ,, caso particolare, non può cangiar questa giammai fuorché ,, passando mediante lo stato di -^ ; ciò comprovandosi da „ più esempi " ^ specialmente nel passaggio dalle differenze (7) Così nella Lezione III." alle pag.' 16 e 17 discorre l'Autore. .■i^■ll!\|l , . 4 Teoria delle Funzioni ec. finite reali alle infinitesime imaginate (8), su che appunto si regge „ la base del Calcolo Differenziale „ e le eccezio- ni o limitazioni appellerebbero unicamente ad un cangiamen- to di forma (9) . Ed in ultimo luogo erasi espresso fin dal coininciamento del suo eccellente Trattato (io) facendo pa- rola dei limiti delle grandezze, e d'Archimede, Dalembert, e Maclaurin a questo proposito, che una considerazione di tal natura, attinta in ispecie ai fiinti della Geometria ( peg- gio l'altra di Newton ricavata dalla Meccanica ) parevagli ,, Metafisica, se non contraria, almanco estrania allo spirito ,, ò.^V Analisi , il quale non ne deve aver altra fuori di quella ,, unica j che consiste r\e\ primi principj e nelle prime operazio- ,, ni fondamentali del Calcolo ,, laddove poscia (11) invoca per le Funzioni del Circolo derivate la Geometrica Sintesi ed i Teoremi relativi al Cerchio prodotti dal Geometra di Siracusa. In tale stato di cose, e queste premesse Massime ferme stanti, la derivazione delle Funzioni secondarie da sustituire agi' infinitamente-piccoli d'ogni grado, ed il ritorno aWt pri- mitive col mezzo inverso, dovrebbe a buon diritto l'etrotiarsi di qualche passo se mettesse conto determinare la vera Epo- ca della Scoperta. Computando dilatti l'ordine cronologico all' istesso modo dell' egregio Scrittore della „ Teoria delle Funzioni Analitiche „ mentre gli piacque rivendicare l'Anno MDCCLV. a favore del proprio Calcolo delle Variazioni , di cui in vece sua Leseur e Jacquier avevano data ad Ender la prima pubblicazione (12) nei loro „ Elementi di Calcolo Inte- „ le iirée de la nature du Cerale, est qa" etc. „ Ed ivi allapag.*4a.,, D'unautre coté, il est démontré rigoureusement par les Theoremes d' Archimede etc. etc. (ja) Tanto racconta la Histoire de 3Ia- thématiqttes di Moatucla alla pag .• 354. Parte V.L.I.'^. XXXIV. delTomo HI.» stampato nel MDCCCII. Riscontrisi in fuQte la lagnanza di Lagrange nel IV.* Voi. delle precitate Torinesi Mélanges. (8) L'ìgg.iiisi insieme i due squarci del- le Lezioni l.""" a pjg." \ , e XVIII."» a pag.* 3 18. (9) Pag.' ga-gS delU IX.» Lezione , ed altrove. (io) Si veda alla pig." a. la prima o preliminare Lezione. (li) Vai Seni, Coseni, ecc. Lezione V." pag. 89 ,,...on a ainsi les fonctions an- „ gulaires..., doni la propriété genera- diPiethoFerroni 5 graie ,, dettati al Duca di Panna, direi che nel MDCCLXXXII. ( qnindici anni innante della „ Teoria delle Funzioni ., predet- ta ) alTefFetto d'estendere il dominio del Binomio di Newton, ed accomunarlo con gli Esponenziali sotto 1' istessa genera- zione , m'attenni al ragionamento medesimo di quei limiti, in fra i quali sempre più stretti (i3) possiamo supporre in- definitamente un esponente irrazionale racchiuso : ed ecco- ne le parole di Latino in Volgare trascritte dal Capitolo I.'"" (i4) dell'Opera, il cui titolo Magnitudìnum Exponentialium, Logarithmorum , et Trigonometriae siiblimis Theoria , nova methodo pertractata. ,, Per ciò è tnanifesto dalla natura delle „ Funzioni co«?mz/e che differiscano ancora (i±:.s) , (i±s) j, tra di loro per un numero inassegnabilmente piccolo, ovvero y' y „ (i-Hz) da {i-\-z) , posti/,/' numeri razionali prossimamen- „ te minore e maggiore d'un numero intermedio x, irraziona- li le o trascendente che sia. ,, Della qual'Opera, renduta anche notissima mei'cè dell' estratto spontaneo fattone dal Canovai nel Tomo L. ( p.^ 47. ) e LI. ( p.* i63 ). ( An. 178.3. ) del „ Giornale de' Letterati „ che prima del MDCCC. stampava- si in Pisa, tutto il Capo II." ed il III.° avanti d'ogni altro Libro o Commentario di Analisi algebrica sciolsero in Serie colla sola e consueta Formula del Binomio e direttamente ed inversamente gli Esponenziali di qualunque foggia, ed i ho- garitmi d' ogni modulo o sistema che fossero, disviluppandoli di tal sorte che il preparativo scritto a pag.' 17. nella III.* (l3) Un' Opera di Apollonio a testi- moniatiza d' Eutocio aveva per titolo Q.xvróScor , del qual Vocabolo non si sapea la eignificanza, ( Nota (a) pag. 339. del Tomo VII." ). Il Problema XXXVl. dello QuUtioui Greche parmi che illumini quella Vo- ce — Cur EleOTum midieres Bacchunt in sacro Carmine hortantur ut bubulo p»d» ad ipsas accedati — An quìa.^... aut biibulo dicunt prò magno!' sicut boopin poeta dixit rnagnis praeditam oculis? etc. Il significato si è dunque M ugna { maxima), \a più stretta, più ac- costa appros8im^zione, o serie più presto ( ^Kus )o più convergente ( rispetto all' area del Cerchio , eh' era il tema dell' Opera Apolloaiana ). (t4) Numeri 8, 9, io, e pagiae 4 > 5 ' 6. concordanti» 6 Teoria delle Funzioni ec. Lezione di Lagrange, e tutte le Serie inserite su tal subjetto nella IV. consecutiva (i5), non che le deduzioni, hanno appa- renza di copie tratte ciascuna dai due divisati Capitoli. Con- simile è parimente l'accordo della splendida origine dei Lo- garitmi, cioè che 3, rispondano alle Potenze frazionarie , del- „ le quali sia infinitesimo l'esponente, donde derivi che in- „ finito novero di Logaritmi ad un istesso Numero non di- yj sconvenga (i6) ,, perchè importa il medesimo della mia For- mula (i -+- — ) =7 ossia Num.° = 1 i h — ^ J , e per ogni modulo Num.'=( i-H .. °f" 1 ■> cioè .- "f' =i/Num. — i, diffu- samente esposta e applicata ((7), e nel Capitolo Vili." ezian- dio ripetuta per passare dall' Algebra alla Geometria delle Curve (18). Il regresso delle due Serie dipendenti da. a = y è si semplice^ si spontaneo , si naturale che i passaggi dall' una all'altra Funzione ( VII." delle e . Lezioni ) non differisco- no neir una ed altr' Opera fuorché in riguardo alle frasi. Sen- za uscir punto né allontanarsi dal Newtoniano Binomio, l'i- stessa scorta conduce sola nella prima Opera divulgata delle due precitate a tutte le Serie diritte e rovescie della Trigo- nometria Circolare^ ed anco òeW Iperbolica analoga di Moivre, e di Cotes innanzi di lui (19) , né si rivolge in niun conto (i5) Può farsi il confronto col gittar sulle pag.* aS, a6, 27, 28, e ag. un fu- gacissimo sguardo. (16) Tanto dice nella pag ' 78. l'ot- tava ,, Lezione ,, e si ripete il già det- to pivi latamente a pag.' 34- e 35, nel- la IV." ,, Lezione. „ (17) Precitato Capo II.' Num. 60. a pag." 63., e passim nel prossimo sus- seguente. (18) Sotto la forma di i)" — y si le- ga nella pag." Sog , e nam.° 345." (19) È destinato a ciò il Capo V." , che comincia dalla pag." iga. Num." i5i., e dee specialmente leggersi a pag." 197. Num." i54-i55, ed a pag." 266. Num." 203. e successivi, ed oltre ai luoghi testé citati il Num." 383. ( pag.» 676 ) del Capo IX.* 0 penultimo , do- ve campeggia e figura ancora di piiì la fecondità dell' istesso Binomio. DI Pietro Ferhoni 7 a partire da Teoremi geometrici cambiando principii , ma all' incontro come altrettanti Corollarj qualificati, per applicar- li alia risoluzione dei Triangoli sì rettilinei che sferici , gli traggo dal seno e dalle viscere dell' Analisi. Dall'altra banda se pongasi mente all'equivalenza testé stabilita a tutti gli effetti d' ogni qualunque imaginabil Fun- zione a una Serie, il disvilupparla in questa, ed assegnare la legge delle derivate dalle primitive Funzioni , e indicarne le anomalie e per certi casi le fallacie e i difetti^ divengono spe- culazioni analitiche, le quali immediatamente conseguitano dalle elementari proprietà del Binomio^ non meno che i di- sviluppamenti delle Equazioni, perchè seguono questi ristesse andamento delle Funzioni ricavandone le derivate parziali del- le respettive variabili^ supposte ad una per una le altre co- stanti. Quindi ne viene che 1' edificio nuovo del Calcolo del- le Funzioni si connetta tosto coll'Algebra dandogli solo, quan- do si voglia , per fondamento la Formula delle Potenze. E vaglia il veroj una Funzione F(x) esposta in Serie ( o finita o intinita ) ax -^- bx -f- ex -+- ax -H ex -¥• ec. e cambiata in F(.r-4-/)^ disviluppasi ( per ottenerne il decremento od aumen- to l< ( X- -+- z ) — ^\x)) in ax -\- bx -^ ex -^ dx -ir- ex -^ ec. TO— I n—\ p—i q—t T—i . -+- ( amx -H bnx -t- cpx -h dqx -l- erx -+- ec. ) i _^/«m(m-0 ^.'"-^^ injn-,) ^,"-^ cplp-Q^ /"^ ^ dg(q-,) J-^ \ ^ a 3 ■ a cp(p-,yr-.) /-V^ifc'ifci' J-'^erir-,)ir-.) ^'-3_^ X .3 i.J 2.i a.s / amm—i)(m—^)(m-3) ™— 4 hn(n—ì)(n—2.](n-3) J"'^_^cp{p—i)(p—2.){p—?,) P—4 ^ '^g(?-0(?-^)(?Z:a J-^^erir-.y,-.)(r-3) /"^ _^ ec. ) i^+ecc.-t- ccc. 2.3.4 a. .5.4 / vale a dire F'{x-i-i)=F{x) ( Funzione primitiva ),-+- F'(x)i ( es- sendo F'(x) la prima derivata di F{ a; ) ) , -4- F"(x) -— ( essendo ( 8 Teoria delle Funzioni ec. F"(x) la prima derivata di F'(x) e seconda di F(j;)),-t-F"'(:i;) — 6 ( essendo F"'{x) prima derivata di F"{x) seconda di F'(^) e ter- za di F(x)),-H F"'(x) -^jj ( essendo F""(,i) prima derivata di ¥"'{x) seconda di F"{x) terza di F'{x) e quarta di F(x)), -i- ecc. ecc. e così proseguendo: il che torna in generale l'istessodi F{x^i)=F{x) + F'(.r) ± -hF». ,^,-^ F'"(^). ^ ^F""{x). ^ -(- ec. ec. colla medesima forma, disposizione, dependenza o av- vicendamento uniforme, segni e termini da Lagrange adoprati, o coi simboli equivalenti del Calcolo differenziale innanzi di lui significati da Taylor. Questa concatenazione scambievole e classica di derivate consecutive , le quali , perchè sempre soggette alla medesima legge, tutte unicamente dipendono dal- la prima, giova osservare che riguardo al conoscerla potreb- be con tutta ragion riportarsi al tempo di Wallis, e poscia si- no a quando si seppe che le circolari Funzioni, le iperboliche o logaritmiche ed altrettali trascendenti scioglievansi in Serie ( e dirette ed inverse ), infinite pe '1 numero dei lor termini e composte di tali di questi, che contenessero o fosser capaci di esser ridotti a contenere Coefficienti costanti e Potenze della variabile. Sta poi e dee stare per essenzial' indole sua sempre ferma quella discendenza mirabile , e di tanta chia- rezza delle generate Funzioni, caso che ancora né si conosces- sero in effettivo le grandezze de' Coefficienti né V ordine o grado del progredimento delle Potenze. E colla massima evi- denza si scorgono posti facilmente a contatto i due estremi di quella elegante e ad un tempo utilissima catena analitica nelle più astruse investigazioni dell'Algebra si pura come ap- plicata: imperocché nell'ipotesi di i = o manifestissima cosa è aversi la F{x) data Funzione primitiva^ da cui si parte, e viceversa nella supposizione contraria di a: = o consegue lo disvilupparsi di F(/) in F(i) -t-F'(i) i- -t- F"( /) -;^^ -^^"('")tZ3 -t-F""(i) — ^-f-ecc, dove nella primitiva e nelle derivate diPietroFerroni 9 tutte F, F', F", F'", ¥"", ecc. facciasi i=n { come sarebbe per la stessa ragione di F{x) mutato i in x e nelle Funzioni sin- gole fattosi x=o ): tipo universale delia conversione in Serie delle Funzioni per mezzo delle Potenze della variabile, di cui son quelle composte (20). Riesce agevole averne tosto l'espe- rimento adattando la Formula generale^ in ragion d'esempio, 0 al Tnnomio a-+-bx -^cx (supposto 1 esponente 7n-3) . TO(m-4-l)(m-<-a)(m-f-3)(m->-4) A _, ■_ "'(w-f-i )(m-t-a)(m,-H3)(m-H4)(w-l-5)(....)(m-4-w— a) ^ i.a.3.4.5. n_6 """ I. a. 3. 4. 5. 6 n—i o ' j, qualunque si siano le Grandezze a talento prescelte, seb-' j, bene rappresentate dalla Sigla medesima A , e comunque ,, differenti di segno ■>, . , . DiPiETRO Ferroni ai SECONDO TEOREMA. j, Un Polinomio qualunque siasi ^ il quale proceda in or- „ dine delle potenze (.V espone?ite intero e positivo di x con- dotte dal grado m sino a o , si trasforma in un altro identi- „ co Polinomio ordinato a seconda delle istesse potenze del ^5 binomio {x — i), i coefficienti dei cui termini respetti- ., vi in ordine inverso sono la Somma i.'"'* di tutti i coeffi- „ denti de' termini del Polinomio dato^ la Somma a.''" de' coef- ^, fidenti medesimi eccetto l'ultimo, la Somma 3."" eccetto ,, i due ultimi , la ^."^ ad eccezion dei tre ultimi , e così „ discorrendo , sempre a scaletta rovescia , qualunque s' ab- „ biano coefficienti^ e comunque positivi o negativi si siano „ . ,5 In grazia d' esempio ax* — 3x*-f.5a;— 3=2(x — i)^-H3{a; — \Y-¥-^{x — i)-\-i Somma /." a — I •+• 4-+- i IL" a -f- I -H 5 IH." a -+- 3 II." ,, (io soggiungo) si com'è facile sperimentarlo a tutt'agio, egualmente che il primo Teorema e in numeri e in lettere o specie. Tutta la parte didascalica della nuova maniera di giu- gnere alla notizia delle radici vere o vicinissime al vero si sostiene sul Paragrafo 34- ( pag.'^ aS. ) del Capo III.® , dove r Autore stabilisce in massima la conseguenza del processo delle particolari sue trasformate. Ei ne tace la Prova., ma col di lui modo di trasformare per identità mediante le po- tenze {x — « )"* e seguenti, ovvero {x-k-n)"^ e segg.j nella a,2, Giunta al metodo or Budan prima ipotesi quando facciasi x = ra e nella seconda = — re, riducesi il Polinomio , trasformato o secondario al solo ulti- mo termine tutto cognito^ cioè al Binomio primario, nel quale si facesse x in sustituzione uguale a dz n ; donde si rivela il segreto. Il numero d^ indice dei posto dei termini della ^erie, se- gnata neir enunciato del i.""" Teorema, incominciando da ze- ro a destra , ma sotto della prima Lettera dell' Alfabeto o Sigla Romana, sia a maggior lume della distinzione, da aversi sempre presente, della quantità e qualità ( positiva o negativa) di ciascuno dei ^erwi«i istessi , accompagnato parimente a di- ritta, ma sopra, dai solili accenti, od altri simboli che si volessero, fossero anche colori diversi primigenj o misti e scre- ziati^ conforme Castel distingueva i toni e semitoni e quarti enarmonici dell'Ottica Musicale tempo fa da lui immaginata. Ciò premesso, tostochè volgasi l'occhio su Paralello- grammo dei ì^^umerì figurati ■, ripetuti sempre in base ed al- tezza, talquale ( v. gr. ) il dispose Giacomo BeriiouUi nella sua Opera classica /hs conj ectandi ( Parte II. Gap. V. pag." I 14. Ediz. di Basilea MDCCXIII. ) e si ponga mente al mo- do , col quale abbian parte o concorrano alla generazion di quei Numeri le singole Unità, senza niuna caratteristica, in fronte alla Tavola i , r , i , i , i , i , i , i , r , i , i , i , j accentan- dole nelle superiori caselle 1°, i', 1", 1'", i'", i", 1"', i''', 1"'", 1", i" , i" , i^", evidente egli è ed a chicchessia manifesto, che in riguardo alla prima Somma o Serie corrispondente a quella de' Numeri naturali , che suppone m = 2 , acquiste- rebbe tal l'orma 1% i^-Hi', i°-i- l'-Hi", i»-f-i'-Hi"+i"', iV i-i-i'v 1"'-+- r% I°-)-l'-l-l"-t-l"-Hr''H-l"..,lVl'-4-l"-+-l"'-4-l'"-Hl"^l'"-f-...H-l"~' o disposta in Triangolo a maggior comodo „ e renduta così più acconcia a misurarsi col Compasso visuale j, viene a dir colle Seste negli occhj com' esprimevasi Michelangiolo nel suo Volgare. • diPietroFeuroni a3 1"-*- l"-4-. Vi" l'-f-I '-^i"-f-i' 't l"-»-! '-Hl"-+-J "h-i'" l"-)-! -+-I -t-i "-t-l'"-!-!" I»-HI '+i"-+-i' "_Hr"-HI^H-l"' ecc. ecc. I*-l-l'-f-l "-HI '"-HI '"-HI "-+-!''-+- -+-i" '; di maniera tale ch'eia Somma di «termini (invertendo l'or- dine o incominciando dall'ultimo, e tenuto fermo m=ii ) n— I n — a n — 3 n — 4 = 1.1 H- a. I -+- 3. I -t- 4- ' -I- _,_(„_.3)l'"^(„_.2 ).,'V(/Z— I ).l'-t-«. 1% Cloe, sino al termine — ■ 3^—^ ; — . 1 , ovvero — r-^— .=n, i.a.3....(n — 1) i.2.d.4...(« — 1) come sopra, i numeri naturali essendont; i coefficienti. Rispetto alla seconda Somma ( dove w, = 3 ) resulta la distribuzione seguente in Triangoli, che infilano co' lati obli- qui verso sinistra i termini identici , ma graduati o da scala di maggior pianta, adatti all'esercizio o pratica della Paga di Newton illustrata dal Gramer o "h-Ch-i' "_<_,OH_t»_)-i'-i-r^-i" "h- I "-H I "-+- 1 «-»- 1 '-+- 1 '-(- 1 '-H 1 "-H I "h- 1 '" •-H 1 »-H I "-f- 1 »-H I °-H 1 V I '-H I 'h- r-H I "-(- 1 "-H 1 "-)-'"-»- 1 '"-H l '^ V I °-H r-4- 1 o-H I °-H 1 °H- r-H I V I '-4- 1 '-H I v 1 "-H . "h- 1 "-t- 1 "-1- r" -Hl'''H_r"_Hl'«-Hl"'H-l' lVl°-HC^l''-Hl°-HI°-Hl''-Hl'-+-l'-Hl'-4-r-H.'-f-l'-<-l"-f-l'Vl"-4- I "h_ I ' V I '"-(- 1 '"-+- 1 '"-H 1 '"-I- 1 '^-+-'"-+-'^-1- r-1- 1 "-H"' ecc. ecc. ecc. n. i''-|.(«_,),'-h(«— a)i"-f-(«— 3)i"'-+-(«— 4)i'"H-(/i— 5)1" '-^l n— I iiJM'ii. ;V'.iq H_(,i_6)i"-H(«— 7)l""-f- H- l.I __ (col solito ordine inverso ) - ' r a4 Giunta al metodo di Budan :l.l -h3.I -(-6.t -t-IO.I -H....-f--^— — . I -t-* i-.I i.a ' m..(m-^-n — 2) o j- ^ „:„A 3 4-5....(n-l-i) » ovvero n ^^ ^ i , come di sopra , cioè — i- — '- . i __ "("-*-') ^ jO^ essendone coefficienti i numeri triangolari ossiano i termini della Somma dei coefficienti della prima Somma , i qualij per conservarsi Vanalogia, lo sono delle unità parimen- te, o della Serie che si appellò parallela^ intorno a cui spe- culando Lagrange nelle Sessioni delle Scuole Normali disco- perse assai nuove eleganze e bellezze ricavate dal fondo del suo penetrantissimo ingegno. Quantunque volte col metodo istesso s' appresentassero all'occhio in filari tracciati e riuniti colFordine a ciascuna suo proprio, altrettante la Somma terza^ la Somma quarta ^ ecc. _ sima . j . ecc., in generale la Somma m prenderebber 1 aspetto di I. I -+-4.I H-IO.I -1-Q.O.I -»- -^ 3 ^.I -■■<'o ■■ * ■.-■< . ■:■; ■ { n)(n -i- i )( n -t-Q.) o ■■'^■•'^- ■■■' '> ' :■ "^ 1.2.3 • ^ ossia ( tatto jn = 4.) - — - — ^^ . i , ovvero '^ — - ■ i coi coefficienti piramidali ; e così procedendo al caso di m = 5 , riuscirebbe la Somma quarta a tutta prova dell' occhio { equi- valente all'evidenza della soprapposizia?ie in astratto a propo- sito della Geometria figurata ) nell' andamento inverso dei nu- meri triangolo-piramidali ,i_| „_3 ,j_3 „__A i.i -+-.3.1 -f-i5.i -1-35.1 - m. . .(m-^-'^- -2) 1% ossia l....(«- ) 2)("-t-^) .° ,.2.d.4....(«-,) ' •"'- " ""--^ roi: ■ ■ Di qui n'avverrebbero per \e Somme consecutive i coe/- ficienti ^ ordinati a rovescio, e presi dalla Serie dei piraniido- piramidali, dove m secondo termine =6 ed il termine generale ■émnii:^ _ _^7:^(^^ _^ „(„^„f,.>.,)(„^sy»^4) la qual Fun- 1.2.0.4.5 ' ^ D I PietroFerroni aS 3\ma zione di n ( numero de' termini ) per ogni Somma m de- siderata determinasi col sostituire a rn il numero competen- te al secondo termine delle Serie dei figurati ( alla cit." pag." i3. Budan sul principio) nella Formula universale sin da prima trascritta. A malgrado però di questa immanchevole splendidezza della Dimostrazione concreta per mezzo del simetrico e re- golare spartimento e scrittura dei Membri più o meno o non mai reiterati di quelle Somme , e contuttoché simile disvi- luppamento mi procacciasse digià ( innanzi Lagrange ) la con- versione diretta della Formula Newtoniana delle Potenze in Quantità esponenziali , d' onde poi ne veniva 1' espressione dei Logaritmi di qualsisia Modulo (a), un agevolissimo e nul- la elaborato concepimento analitico astrattamente conduce alla medesima meta senza mendicarne dai precedenti Quadri l'ajuto^come taluna volta nell'insegnamento familiare degli Elementi Geometrici invocava Clairaut il materiale sguardo dei suoi discepoli;, ed Ozanam, e con più copia e dottrina Guyot nelle Ricreazioni di Matematica istruirono , maravigliarono in- sieme, e sul far dei buoni giuocolatori bamboleggiarono in brio coi loro allievi, sollazzandone la fantasia;, a risparmio dan- nevole dell'intelletto. E che sia '1 vero^ all' effetto di non tacciar ({^indiretta e non piena ( poiché la legge analitica pro- segue per modo d' analogia come di lunga durata mercé di questa rimase imperfetto dal lato medesimo il Binomio di Newton) la Prova diffìcultosa taciuta da Budan ^ basta porre avanti alla mente quelle stesse Unità della prima traversa della Tavola BernouUiana. Ora ^ in cambio d'accentarle, s'im- magini accanto a ciascuna ^ non altrimente contrassegnata, una Serie di Grandezze qualunque , rappresentate dalle let- tere ±:gj rtAj — P •> — r , :±:j, ^ t , ecc. a uso dei Cor- si Elementali , ma non si scordi che al fianco d' ognuna ci (a) M agnitudìnum Exponentialium LogariihmOTum b-c.TheoTÌa ò-c. MDCCLXXXII. Capo 11.° a pag." 40. e Capo Ili. consecutivo. Tomo XX. A. a6 Giunta al metodo di Budan sta I o espresso, o sottinteso ed occulto. Fatte le S ornine , e Somme delle Somme successive come in passato , si com- bineranno ^ Yipeterauuosì ., figureranno egualmente nella gene- razion delle Serie quelle Grandezze a piacimento poste e in- determinate , come le scritte o ideatesi laterali f/«/tó ; lo che vuol dire , che i Numeri figurati ( la Teoria de' quali è assi- curata generalmente da pienissima Prova ) resteran tali quali ed accompagneranno in qualità di coefficienti o multipli le respettive lettere rappresentatrici delle Grandezze co" i pro- prj segni. Imperciocché il giro , e nun)ero , e qualità delle combinazioni son matematicamente e con tutta evidenza del- l' istesso tenore ; così che , se piacesse averne un esempio patente di paragone, lo somministrerebbe di subito qualunque Giuoco di Carte o di Lotteria figurata^ dove, datasi la Re- gola, a calcolar le combinazioni e le probabilità servirebbe di norma non la material Carta , non la Scheda , non la Fi- gura, ma il vario incontro j componimento ^ e ripetizione del- l' Un sottinteso. Tolto in sostanza ogni dubbio alla l."" Proposizione in virtù delle generazioni , e generazioni di generazioni senza limite o ali' infinito dei Numeri , cotanto semplici e aperte quanto purtroppo elle sono e dirette e retrograde spoglian- dole del velo mistico o metafisico delle Scuole di Pitagora e di Platone , e loro seguaci , a differenza della fecondazioile nascosa d' occulti embrioni di Vegetabili ed Animali , che non si rivelano ancora né al raffinamento de'sensi , né all' acutezza degli istrumenti , né alla forza di raziocinio dei Naturalisti e Fisiologi , passiamo alla Prova della Proposizione seconda. Se la I."'" è in astratto e in concreto decifrata quant' era mestiere colla massima agevolezza , quasi spontanea di- scopresi la 11.'^" in grazia delle ovvie combinazioni dell' union di più Lettere, ad ambi, terni, quaderne, cinquine, ecc., ecc. , le quali ricorrono nell' elevazione dei Bìnomj a potenze . Anzi discopresi con avvantaggio : imperocché dal considerarsi in ge- nere un Polinomio , oh' è Y argomento della detta Proposi- diPietroFerroni a? zione, scaturisce non solo la conseguenza immediata della Prova intera d' un Predicato dell'Autore senza quella annun- ciato per vero ( Vedasi le pag." 2,7. in calce §. 41 — ■> 3i — 32 — 33 — 34. 5S. 46 , 47 , 48. del Capitolo IV." ) , ma vi si ri- conosce oltracciò già dimostrato il medesimo avanti di lui dai Compilatori d'Elementi d' Algebra per le Scuole Minori, omesso il favellare dell'Opere destinate ai Licei, Università, ed Accademie j come eziandio dei Trattati profondi, i quali vertano intorno alla natura ed indole delle Equazioni m m^i m — 2 m — 3 Vuoisi adunque tal Po«/zomio «a; -^bx H-cx- -^-dx H-ear -4- _l_ (^ ( si diretto che reciproco o collaterale ponendo z ■= — ), in cui m sia esponente indeterminato^ ma sempre positivo e numero intero , com' è il primo Blenibro d' una Equazione razionale ordinata, salvo a quivi i , ed i coefficienti a, Z*, e, f/, e^f, , (p siano negativi positivi, o comunque varii tra loro di segno, ridurre ad un altro Poli- nomio equivalente [d'égale valeur ( pag."^ i3. secondo il Te- sto , identico m tatto ) p[x — i ) -\-cj\x — i ) -H r(.i; — i ) -H s[x — i) -4- t{x — 1) -+- -+- » , determinandone i coefficienti coi consueti mezzi dell' Algebra de' finiti. Quanto s'aspetta alla ricerca del primo e dell'ultimo coeffi- ciente havvi appena luogo a pensarlo, e perderebbesi opera e tempo richiamando in serio la cosa da lunge. Difatto, siccome in ciascuno dei due Polinomj abbiamo un sol termine ax" a parallelo di px"" di questo grado più alto, bisogna porre ^ = a necessariamente ; ed essendoché V equivalenza od iden- tità deve sempre verificarsi dato a x qualunque valore , ne segue che o = c-i-Z'-+-cH-^-l-e-)- ~^ 'P perchè tale diventa supposto x ■= i ; ed in generale , se la trasformata fosse per mezzo delle Potenze p{x^zn) -hq{xz^n) h- ecc. ecc. 4- o , r ultimo suo termine sarebbe il Polinomio a8 Giunta al metodo di Budan a(±zri) -H/>(zt:«) -+-ecc. ecc.-H^, come deducesi dal Capo III." 5.* 34. altra volta citato. Quindi è che sono questi i coefficien- ti due estremi, cioè della prima parte a, e di tutte insieme accumulate le parti a-i-b-i-c-^d-{-e-t- -i- (p dì tutta r intiera somma, tra i quali estremi hanno da interpo- larsi o inserirsi i valori ^, r, 5, ^, ecc. di numero /?z — i, che saranno nascenti , come vedremo , da più o rnen mutilate altre somme. Tutto è co' i due soli estremi nel primo grado ax'-i- b , giacché diviene si per la ragione indicata sì mercè TEquazione ax-i-b=p{x — i )-i-q di prim' ordine =. a{x — i ) -4- {a-i-b) senza niun altro intermedio. Seguendo la medesima indicazione pe' Polinomj di secondo e terz' ordine vediamo se apparisce adesso la legge , da applicarsi dipoi per analogia agli altri innumerevoli casi, e quindi la Regola generale es- posta da Budan. A questo intento propongansi i due casi speciali dell' esponente ??z = 2 , «2 = 3 : le due Equazioni vengono ad essere , ripetuta per paragone ancora la prima , le scritte qui sotto coi loro soliti coefficienti. ax'-^-b=p{x' — i)-i-q,p=:a, "2 , m— I 77!— a , m— 3 , >"»— 4 =p{x—i} -t-^(x— i) -+-r(^_i) ^^(x— i) -t-/(ar— i) -t.v{x—\f''^-i-....-^o, si ha /?=a, ^= hf\ a-hb, r= (-^^^-—-ìa . / m.m — 1.777 — 2.777 — 3 l „ . / 777— 1.777— a m — 3 1 7 . I m—^m — 3 \ _ ^ = ( ttm — ì^'^y ::si — r-^\ — r^— j "" (777 3\ 7 Im.m 1.777 a.771^3.777— 4 l /"J 1 -"J — 2.777—3.777 41» __j^^e,z;=( ^^3^p ijan-^ ^^^ Ijè o=a-^b-i-c-i-d-^e-t-f-+' -+-(^. Né conseguenza si fatta ed uni- versale proviene a mio senso in sola forza di analogia . Gon- ciossiacliè unico è lo x da paragonarsi nei supposti iden- tici Polinomj , due x del secondo da conguagliarsi con 1 1 • "* — ^ 11 1 m— 3 uno del primo , tre x del secondo , quattro x , cin- que X , ecc. , {m-t-i)x da pareggiarli ad uno solo del primo, coi coefficienti di legge cognita e rigorosamente con- validata dagli Analisti nelT inalzamento a potenze di (.r — '),e con m-i-i Equazioni semplicissime del prim'ordine per determi- 3o Giunta al metodo di Budan nare gli w-H i coefficienti p, q ,r,s,t^v, ecc. , o mediante gli m -j- 1 già dati a , b^ e, d , e ^ f, ecc. , (p del Polinomio , che imprendasi a trasfoiuiiare. Disposti adesso in Somme di Somme prossime successi- ve gli ottenuti resultamenti , questi appalesano il seguente perpetuo andamento in proposito de' Coefficienti correspettivi accosto alle Sigle segnati Grado i.'"" do ò.' a,b{C.''} a^a-i-b a a,b..c (C') a,a-\-b,a-^b' a^2.a-^b a 4-' a,b,cd (C") a^a->^h ,a-^b-^c ,a->r-b-\-c-^d a^o.a-'r-b ^ìa-^-:xb->r-c a^'òa-^b p a a, Z*, e, d., e (C") \ " a,a-inb ,a-+-b-\-c,a-^b-\-c-it-d,a-\-b-\-c-^d-^e a,2,a-i-b,'òa-i-2.b-^-c,^a-^db-i-2c-i-d ,- v y ij^?ya-+-bfia-\-ob-^c a.,^a-hb ■ ... : -_ ,', /■._(,;■- Diceva perpetuo andamento , poicliè alla stessa disposizione si luiiformano tutti i gradi ulteriori m del Polinomio , a seconda delle preordinate Formule generali o Funzioni di m, che molti- plicano i Coefficienti dei termini del Polinomio , e dan luogo a Somme prime ^ seconde, terze, quarte, ecc. m'"" troncate a scaletta , viavia mancanti perciò dell' ultimo termine , dei due ultimi, dei tre ultimi, ecc., ed indicanti i valori dei singo- li Coefficienti del Polinomio trasformato , seguitando la diago- nale del Parallelogrammo rettangolo , o dalla punta del Trian- golo ortogonio rovesciato 1' ipotenusa all' in su , ed al contrario contando per primo il più basso, e '1 più alto per l'ultimo. Tanto è puntualmente qu.into nel dar contezza ed intavola- DI Pietro Ferro ni 3i re esemplari del suo divisato algoritmo ha prescritto Buclan senza nessun' ombra di Prova. Sono nelle Scienze esatte gli Sperimenti o le Prove e Riprove di fatto rassomigliate a quelle ^ che i Dialettici chia- mano a posteriori^ e non finiscono mai di contentare da senno, ed acquietar V animo dei Cultori delle medesime , ed al più servon loro di mossa, di stimolo , e scorta per dimostrare a priori la verità, ricavandola dalle altre verità conosciute. Cammin facendo negli Esercizj del Calcolo si parano non di rado all' Algebrista davanti nuove proprietà non attese delle Grandezze, come quando mi riusci di restituire alla Fami- glia delle Parabole la Logaritmica {b) . Doppia è in sequela di ciò la ricerca indiritta al conseguimento di quella compiuta Dimostrazione : o la dee somministrare co^ i suoi membretti il Newtoniano Binomio , o la seconda Proposizione è talmente collegata con la prima ( ormai dimostratasi ) da esserne un di lei derivato. È par di certo che debba essere così stretta- mente connessa quando 1' Autore la osserva mentre scrive ( Note sur le Chapitre II. a. Sa. (C) ) che dalle due Propo- sizioni insieme dépencl V Algorithme ; quale essendo il pun- tualissimo impiego effettivo della seconda vuol significare in sostanza , che la Prova di questa seconda , cioè il nuovo e spedito strumento Aritmetico onde risolvere le Equazioni nu- meriche coir opera di mero Abbachista, dee desumersi, o scaturir di per se dalla prima. Primieramente rifletto alla forma e concatenazione di tutti quei Coefficienti., che richiamano a Progressioni di Nu- meri figurati accanto ad a, b, e, d, e, fi, , ^ , il primo dei quali p , all' effetto di conservare la fiornia , dovrebbe scriversi (i)a, o l'ultimo o così appresentarsi (ì) Magnitudinum Exponentialium &-c. Opera menzionata, Capo Vili, ai SS- 344,345. 3a Giunta al Metodo di Budan (m.m— I-m— 2.m— 3 m — 4 m—{m—i)\ i.a.d.4.5 m ^«-H (m — ITO — 2 m— 3 ra— 4 m— (m— 1)\ » 1 .2.3 . 4 . . . . m— 1 I (TO — 2.m — 3.TO — 4 TO — (to— l)\ i .2.0 ra— 2 ^ (TO — 3.m — 4 m— (TO— 1)\ , i . a ni^i I (TO-4 m— (m — )\ I TO_4 j « -^ /m— 5 w-(to— r)\ /. I 1 TO — 6 J-' sembianti tutti e singoli d' individui dell' istessa famiglia „ facies non omnibus una - Nec diversa tamen qualem decet esse sororum ,^ in altro subjetto Ovidio cantava. E la sentenza del Sulmonese accennavane come in lontano pro- spetto di qual genere e specie nate fossero quelle Serie, in cui consisteva lo scioglimento del nodo. Conciossiacosaché all'aspet- to loro ravvisai subito che le Funzioni di m da me calcola- te per la rappresentazione di quei coefficienti sono precisa- mente le stesse delle Bernoulliane nel Corollario del quarto Lemma del Capitolo IH." della Parte IL' dell' Ars conjectan- di , della quale ho testé fatta parola. Ma vi leggeva nel passo notato dell'Opera ancora più oltre, ed era la letterale applica- zione di quelle Formule al caso simile di Quantità date ad arbi- trio e di pumero e di grandezza , sommate^ di nuovo somma- te , ecc., ecc., e dopo del primo esclusi a scaletta gli ulti- mi , penultimi , antepenultimi , ecc. , ecc. , termini , e per dirlo in breve 1' algoritmo patente medesimo di Budan , in rapporto al quale erasi espresso Legendre ( pag." e." Sa. ) che le Proposizioni , pretese nuove , fossero , non che facili de- duzioni ^ Vénoncé de proprietés déjà connues ^ senza citarne i Nomi e le Opere di questo o quel Matematico. Tutto l'arti- diPietroFerroni 33 ficio dell' Algoritmo è appieno manifestato, unitamente al salto dei termini estremi all' indietro, dalle due Tavole com- binate dei Numeri /gMro^i ( rettangolare a 114, triangolare a 87 ) colla giunta nel Consectarìum cit." della generalità di porre in testa della seconda accanto della linea traversa , ed accanto ad ogni unità ( Monadi) ìe g, h, i ^ l^p, ecc. ecc. , nella qual' generalità restano per conseguente compresi i Coefficienti tutti o positivi o negativi delle Equazioni numeriche , mutando la n del Bernoulli seniore ( alle pagine g4- gS ) nella m di Newton -, e non poteva non essere , poiché sono i figurati medesimi tutti i Numeri , che figurano di lunga pezza nel famoso Newtoniano Binomio , ed innanzi destavano maravi- glia tra le speculazioni di Wallis, di Mercatore ^ e dei due Calcolatori di Ulma rammentati nello Scolio ( pag.* gS ) da Giacomo Bernoulli come parte isterica del tema da lui trat- tatosi in augu mento dell' Opera De ratiociniis in Ludo aleae del celebre Ugenio. Giova in secondo luogo non omettere di far palese la circostanza che dalle Tavole e dal discorso del Bernoulli sul- le medesime sorge altresì chiarissimo l' avvertimento del su- bentrare alla moltiplicazione la somma ( ed in senso opposto la differenza ) tam quod illi (numeri figurati ) additione hae ( potestates ) multipUcatione generantiir ( pag. g6 ) , ch'è la gradita e reciproca Scoperta di Budan, impressa sino nel Titolo o Frontespizio della sua Stampa. Basta a convincersi di tutto questo rivoltar sotto l' occhio del Riguardante il Triangolo Tavolare ( pag." 87 ) di tal maniera che la lista delle Monadi sotto il Numero Romano I. faccia un quarto di rivoluzione, come suol dirsi, sopra la carta^ e di vertica- le eh' ella è per chi legga , venga ad essere orizzontale , ed il Triangolo appoggisi in forma di mensola sull' ultima pun- ta o Monade Araba i , che sotto sta al XII. , e alla colonna dei zeri. Così , a maniera d' Epilogo , fattosi m = 5 , e pun- tato il 6 sopra stante alla colonn i delle il/o/zaJi, accanto al quale i sei coefficienti (/»-Hi) òellai potenza d'un Binomio di Tomo XX. 5 34 Giunta al metodo di Budan quinto grado ( poiché la Tavola incomincia da i ovvero al Monomio), e sottintese le Lettere a, b, e, d, e, f accosto alle sei Unità nella loro colonna , e sommando dalla parte o lato opposto alla punta , si avranno altrettante Somme prima, se- conda , terza , quarta, quinta^ e sesta in quest' ordine quan- to è il numero dei Coefficenti. Somma \f a,a-\rb , a-\-b-^c , a -¥- b-¥-c-i-d , a-t-b-^- c-t-d-t-e , a-ir-b-^c-{-d-^e -f-/ II." a,2a-i-b, 3(Z-Haé-i-c, 4«-H 3è-H2c-Hfi?j5a-H4^-<-3c-i- 2.d-i-e,6a-\-5b-i-/^c-i-Sd-i-2.e-+-f IH." a, 3a-i-b , 6<2-H 3^-i-c, ioa-t- 6Z»-+-3c-Hc?, i 5a-f- lo^ -+-6c-t-id-^e,ìia-i-iSb-*-ioc-h6d-+-3e-h-/ lY .'* a,4a-hb , ica-+-^b-\-c , 2,oa-h-iob-i-/^c-t-d,S5a-i-a.ob ■+- 1 oc-i-4d-\-e,56a-+-3Sb-^2.oc-i-iod-i-^e-h-f V." a, 5a-^b, i5a-+-5b-¥-c, 35a-+-i5b-h5c-ì-d, 'joa-\- 35é •+■ 1 5c-f-5fi?-4-e,i a6a-t-70^-4-35c-i- 1 5d-i-5e-+-f VI .** a,6a-i-b,-2 1 a-\-6b-i-c, Sóa-f-a i b-^- 6c-i-d , 1 2,6a-+-56b -1-2 1 c-H6tì?-t-e,252<7-Hi 26è-t-56c-)-2 1 d-t~6e-+-f Preso dalla prima l'ultimo termine . . a-^-b-^c-^-d-t-e-hf, dalla seconda il penultimo Sa-h^b-i-Sc-i-^d-i-e, dalla terza l'antepenultimo ica-i-bb-i-3c-i-d, dalla quarta ( cioè a scala capovoltata il primo addietro dell'antepenultimo ) . loa-t-^b-^-c, dalla quinta il secondo addietro . . . Sa-i-b, dalla sesta finalmente l'ultimo addietro . a, comparisce il misterioso Triangolo de' Coefficienti , che va mentalmente in pratica raddrizzato per andar con ordine na- turale dei Coefficienti de' termini del Polinomio o primo mem- bro deir Equazion' trasformata. Questo Triangolo coli' egua- glianza o ripetizione dei numeri stessi equidistanti dagli estre- mi o dal mezzo, e colla forma delle da me innante annota- te Funzioni di m., fa manifesta l'origine sua dal Binomio, o dalle Combinazioni a due, a tre, a quattro, a cinque^ ecc. di più Cose diverse senza ripeterne ah ut a; e coli' aggiunta semplice delle Lettere il Retiangolo intero fa incontanente diPietroFerroni 35 vedere d'aver in sé anco la i.™ Proposizione di Budan , la quale nulla ha perciò di necessario legame colla seconda, che può star bene senza di lei , vale a dire esser la Somma , in ragion d' esempio , quinta ( m"""" ) di a,b , e ,d,e, f uguale ( con ordine inverso ) ( wz = 5 , /i = 6) aXVexanomio /-+-5e-t- i5é/-+-35c -H 70^ -+- laóffl, come accade appuntino stando alla Dottrina del MDCCXIII. nel MDdCCVlI. creduta novissima. Poco più di Comento richiede il resto dell'Opera , salvo in alcuni punti non abbastanza a mio giudizio dilucidati, in- fra i quali non merita glossa la Nota (F) \ giacché ognun vede , che conosciuto il limite inferiore della Radice più piccola tra o e \ , V altro limite superiore alla Radice più grande tra e ed I ( r inferiore essendo sempre una vera frazione ) si ha adoprarane l'Equazione trasformata in (r — 1), cambia- tesi le positive in negative radici , e rintracciando ancor qui il limite più vicino a o tra o, e — r, eh' è il maggior limi- te { come fa appunto 1' Autore ) ; d' onde si ottiene per conseguente il secondo maggior limite ( fattosi positivo ) , e rispetto all' unità complemento del primo. Parimente 1' altra Annotazione {G) { a pag." 56 ) è di sua natura provata in vir- tù delle Dimostrazioni premesse , eie altre (H) (VA) non con- tengono che un lamento sul paragone di metodo più o me- no sicuro e sollecito in esercitarsi meccanicamente da prati- canti Abbachisti. Avviene, né sempre di rado, che aspirando a far nume- ro tra gì' Inventori cospicui in ogni maniera di Facoltà o non s' imbatta l'umano intelletto, preoccupato dalla gloria della contemplata futura invenzione , nella via più semplice , più splendida, e più diretta, che vi conduca, o non abbia tutta presente l'Istoria delle già fatte puntuali od affini scoperte. Intorno a che mi rammento , senza uscire della provincia delle Matematiche Discipline, come Bossut ( che nel suo Essai di Matematici Annali faceva nascere Luca Paccìoli , invece di San Sepolcro sul Tevere appiè dell' Appennino o Monte della Luna, in Borgo San Stefano presso a Luni, Sar- 36 Giunta al metodo di Budan zana^ e nel Monte Bardone ) annunciasse dentro al Volume II." delle „ Memorie dellMiistituto delle Scienze ed Arti di Fran- cia ,, la Prova d' un Teorema nuovo ( secondo lui ) risguar- dante ad una porzione di Sfera geometricamente cub abile , al quale era giunto per mezzo d' un doppio Integrale compli- catissimo definito , in addizione alle altre eleganze veramente mirabili della Volta-a-vela Fiorentina o Vivianèa del MDCXGII, laddove con facilissima Sintesi e più copiosi frutti di leggie- ri potea dimostrarsi ad onore della Scuola di Galileo (e). Av- ventura consimile di storica dimenticanza si è quella di Budan quando egli scrive , quasi che né veduto né mai dimostrato si fosse ( Gap. II. §. 2,3. p. i6. ^ indi in più luoghi , cioè G. IV. §.41. aa7,S. 46. 329,30, 3i. C. V. §. 54, a 37, 38, 3g, §. 56. sul principio — L'unìformité des signes ecc. „ Nota (L) a 69) „ // est aisé d' ohserver que par ces transformations ., on finii par avoir des coefficiens qui tous sont de méme sìgne — In tutti i Corsi o Rudimenti dell' Analisi dei Finiti ragionandosi delle Serie , e tra queste delle facili Algebriche segnatamente , si dice e si prova in genere che il primo Membro di un'Equazione ordinata del grado m rappresenta sempre il Termine generale d'una tal Serie, che fattevi le solite sustituzioni per l'inco- gnita di o, I , 2j, 3 , 45 ^ 5 ecc., le differenze m"""' dei resul- tamenti s' uguagliano^ e perciò da li in poi seguitan sempre e seguitar debbono col medesimo segno più o meno , e nel senso opposto (5.2,7 ) con tutte variazioni e nìanaL permanen- za di segno {d). Non ha tampoco bisogno di scolio ne' chiosa il cenno (e) Tomo X. Parte !I. delle „ Me- morie della Società Italiana delle Scien- ze ,, — Pensieri Geometrici - alla pag.' 653. e successive. (d) A motivo di non tralasciare Ig citazioni ( Note C) §. Peut étre da moins ecc. ) vedasi 1' Edizione Fioren- tioa delle „ Lezioni Elementari di Ma- ,, tematiche di Marie MDCCCIII. a „ pag.* io3. §. 282. , dove il Testo in ,, assoluto decide ,, e poiché j, qui i termini dell' ultima colonna „ son tutti positivi, lo saranno anche ,, quelli delle colonne seguenti, e i re- „ saltati non varieranno di segno. „ E si avvisa iu teriniai terminiiDti 1' uso diPietroFerroni 3^ datosi dall'Autore ( Capo II." 5- ^■ó. pag.** 19. ) sul tramutarsi delle Somme in Differenze dei Coefficienti surrogando a x nel Polinomio x -\- \ ^ ecc. ecc. , né l'altro magistrale suo asser- to al termine del Capitolo IV." (5- 4^- pagg. 33 - 34 ) j, taciuta la Prova. Imperciocché , quanto al primo , essendo il propo- sto caso r istesso che retrocedere da :r — i a :c , e torna al medesimo che riunite una dopo dell' altra le grandezze omo- genee scioglier poi queste unioni con ordine inverso , e re- stituirle sciolte sì come eran da prima , e vale a dire distrug- gere colle Sottrazioni o Differenze le Som,me fatte, e ciò con opera ( fermi stanti i segni ) diametralmente contraria. Pon- go a maggior convinzione un esempio parlante nel Quinque- partito o Grado quarto del Polinomio ; al qual fine copio la prima fattura relativa a (a; — i) ( Ved.*' cinque §5- i"*^i®t'"o )• a, è, e, d^ e a,a-i-b^a-i-b-hc.,a-i-b-^c-^a,a-{-b-i-c-i-d-i-e Somme a,2.a-i-b,Sa-+-2.b,-i-c ^a-+-ib-i-2.c-^-d o a,3a-i-b,6a-+-db-^c Addizioni a,^a-hb a e so che in linea dell' z/?o^e?ZM.sa, cominciando dalla punta a per il primo termine sino all'ultimo a-\-b-^c-^d-^e , ricorrono nel Polinomio di (.:«; — i) i suoi Coefficienti. Dò addietro colla se- conda fattura nel verso opposto di Somme ossia per mezzo di a,\a-\-b^()a-^'ib-\-c^a->r-ìb-i-Zc-¥-d^a-\-b-\-c-k-d-\-e a,Aa-k-by^a-t-i.b-i-c,a-t-b-ì-c-ì-d,e Sottrazioni a^2,a-^b ,a-\-b-k-c^d o a,a-\-b 5C Differenze a^b a da farsene nel niodu stessu di Budan — ,, Giova questa dottrina a risolvere „ r Equazioni ( numeriche ) per ap- V protsimazione, come vedremo „ . Ri- petesi l'uso (§.846. a pjg." i3a. ) in congiuntura delle Equazioni, le qusli (i nominano irriducibili. 38 Giunta al metodo di Budan la cui ipotenusa infila i Coefficienti da a sino in e primo ed ultimo del Polinomio identico in a; , e ricalca all' indietro la medesima via col numero istesso di passi retrogradi. Tale e tanta è la fecondità e la vaghezza dei Numeri figurati^ che dal possedere appien la notizia delle loro singolari pro- prietà ed affezioni, rendonsi incontinente patentissimi con pie- nezza di Prova al Calcolatore quei pochi articoli ancora dal- 1 r Autore gettati di passaggio nell' Opera per abbreviazione del Calcolo manuale o quasi meccanico (e), coni' egli chia- ma ( a pag.° 77. Nota (g) sul VI." Capitolo od ultimo) tenen- do silenzio assoluto intorno al modo di dimostrarli, e confi- dando nell'intelligenza del Leggitore. I Paragrafi, per esem- pio, 23 e 26 del 11.''" Capitolo lasciano indovinare ( pag.*' 16. e ao ) quanto possa accorciare opera e tempo il Calcolatore dato che senza il generale algoritmo ami d' incamminarsi per una strada più corta a conoscere in una Equazione cubica le sue radici. Siano i quattro Coefficienti^ a, b, e, d ; quei del- la trasformata nei posti omologhi sono /?, q, r, s, così de- dotti dietro alla sola oculare ispezione dei primi, /;=:tìj, q=3a-¥-b (tre volte il primo insiem col secondo ) , r=^a-i- 2,b -t- e ( tre volte il primo con due il secondo col terzo una volta) j = alla somma di tutti ( frasi da ben ritenersi a memoria). Le riportate di sopra Equazioni numeriche come modelli di cotanta facilità si trasformano immantinente alla sola veduta de' lor Coefficienti , perchè il primo essendo sempre i , ed il secondo o, viene ad essere 3a-i-Z' = 3, 3a-t-2è-)-c=3 col terzo Coefficiente., mentre l'ultimo equivale alla somma dei quattro dati Coefficienti òe\\a.¥,(\nsiZìOX\'' primitiva. Così negli Esempi di pratica , i quali precedono , sonovi i Coefficienti a, — 3,5,— 3. ...1,0, — 7, 7.. ..1,0, — il, — 5.... ecc. ecc. , e si hanno ad un tratto , ed a facil' memoria lo- cale per la semplicità massima della Regola , a , 3, 5, i . . . . 1,3, — 4'' ••.1,3,1, — 6 mentalmente trovati. Tra le difficoltà , che Budan prevedeva potersi objettare («) INel Cdpo lY." §. 40. pag.' 27. leggesi mécanisme. diPietroFerroni 39 dagli Analisti , ed indisporli talmente da astenersi dall' uso del suo nuovo Algoritmo per la sopercliia lungiiezza di esso, accenna particolarmente quella dei casi che sian di più ci- fre le Radici dei numeri ; e la risolve ( 5.° 4^. a pag. 33. e Nota (H) alla pag." 56 ) in sul finire del IV. " Capitolo sen- za somministrarne la Prova. L^indagarla costa di certo men pena e parole che darne altrui sminuzzata comunicazione in iscrit- to. Il numero delle trasformazioni non può difatti mai oltre- passare quel delle cifre della Radice unito all' altro del va- lor cumulato delle medesime considerate come wrai^à dell'in- fima specie. Manifesta cosa ella è nelle Equazioni numeriche di qualunque grado, tanto complesse quanto incomplesse, sì perfette come imperfette , e segnatamente a comodo di tro- var le Radici di qualunque orfi?i«e ( to^""^) da un gran Nume- ro dato, in cambio delle comuni , ordinarie e fastidiose Ope- razioni Aritmetiche. Ed in vero il nuovo Metodo insegna (loco e. ) che se il limite della Radice massima positiva ( e della negativa col cambiamento noto di ■+■ x in — x) facile a de- terminarsi mediante il massimo coefficiente negativo positiva- mente preso e cresciuto d'una unità, fosse composto di quattro cifre , come , v. gr. , sarebbe 7346 , le trasformate si comporrebbero allora considerando unità semplici le miglia- ja, indi le centinaja, poi le diecine^ e le vere o scempie unità finalmente; donde deriva che ci vorrebbero quattro cambiamenti consecutivi x' in x — '■ ( fattosi x ^ loocx' ) x" ino;" — 1 (fattosi x= loox') , .r"' in .r"' — ( ( fattosi x=: lox'), ed in ultimo x"'inx"' — 1 ( fattosi x"":=:<; ) cioè lasciato tal quale il primo Membro dell' Equazione propostasi, ed ese- guiti i sette tentativi od esperimenti per le Unità superiori, tre per le seconde, quattro per le terze, sei per l'estreme inferiori s' arriverebbe all' intento di conoscere i limiti della Radice. La mutazione dei Coefficienti nelle trasformate s' ef- fettua subito ferme le stesse cifre, e collocando a batter d' occhio la virgola nel suo posto , che separa gì' interi dai decimali. All' Equazione numerica Ao Giunta al metodo di Budan ar'*±:53ia;' ±: 7960;'' rt=4o5x 11:891=0 subentrerebbero adunque a;'*dzo,5i{iar'':Jzo,7g6^'="rt: o,^o5x' dz 0^891=0 x"*:}z5,S{x"^±:Y,96x"'±: 4, oSx" ± 8, 91=0 x"'*=iz5S,ìx"^:iz7(),6x"'^±4o, 5x"'=!=89, 1=0 (/). Or noverandosi tutte insieme le Operazioni , son tre i cam- biamenti agevoli del primo Membro e quatt ro con esso da trasformarsi , casochè di quattro cifre composta sia la Radice; altrettanti esperimenti dipoi quante sono le Unità di Miglia- ja unite a quelle di Ceutinaja , di Decine, e Unità dell' istes- sa Radice. ,, Par exemple pour avoir le nombre 812. le nom- bre des tranformées seroit 3-(-8-h r-t-a= (4 55: cosi termi- na il precitato Paragrafo nell' ipotesi dell" Equazione di ter- zo grado. Non è nuovo applicare alla risoluzione delle Equazioni numeriche il serpeggiamento delle Curve di Genere Paraboli- co come nella Nota (U) ed (a) al VI." Capitolo (pag/ 65-66) il ridetto Rudan si sarebbe prefisso. Egli è ben antico il sug- gerimento di rappresentare un Polinomio o primo Membro d' una Equazione in x ( ascissa ) con y ( ordinata corrisponden- te ), e mediante una scala di proporzione assegnare in nu- meri o veri o approssimanti i valori delle radici reali , dalla origine loro contando le ascisse sino ai punti d'intersezione o di contatto coli' asse del tortuoso periinetro della Curva . Su questo argomento si fonda il Methodus dijferentialìs di Newton, illustrato dipoi da Stirling . e divenuto ancor fon- damento della Dottrina delle interpolazioni di' o^m maniera; di qui nacque V applicazione del Polinomio , come Termi- ne generale alle Serie algebriche per differenze; queste diffe- renze m""'^ eguali in :.\: ■ A X -K A .T -H -+- A x-hA X dovevano condur presto ad immaginar l' Algoritmo o Aritmetico {/) Guardisi V Exemple consimile a pag.' 24- §° •^^•° "^^ Capo IH." diPietroFerroni 4^ Processo di Budan ; e DeGua. si compiacque d'illuminare con quest' istesso indirizzo la Teorica universale delle Equazioni , soprattutto la Regola famosissima Cartesiana. Non altrimenti da poche linee scritte nelle Opere di Pascal sulla misura di Su- perficie d' un Cilindro obliquo o scaleno^ e dall' ingegnosa assegnatavi dimensione del contorno di tutte le secondarie Cicloidi eguagliato al perimetro di determinate Elissi coniche Apolloniane, mi venne in mente di annettere a quel solo fi- lo (g) la Dottrina intiera degli Integrali , insegnata avanti di tutti dal Dalembert^ dipendenti in genere dalla rettificazione delle Sezioni del Cono. Tornando a dire della Regola di Descartes , prodotta al- la pnbblica luce la prima volta nel MDCXXXVII. , un qua- driennio dopo, cioè, della sua Geometria , la quale avrebbe più propriamente dovuto appellarsi Algebra applicata alle Li- nee, nell'Operetta di Budan^ che ancora ho sott' occhio , sembra da alcuni squarci della medesima ( 5- iS- p-** io. No- ta (B) al Testo p." 5i. ove avvisa del plagio di Harriot, asserendolo sulla testimonianza di Prestet (MDCLXXXIX. )e di Hudde più indietro. Nota (L) p." 58 - Sg , ed altrove ), che lo Scrittore supponga non essere stata la permanenza e varietà dei Segni nelle Equazioni Algebraiche tenuta dai Geo- metri posteriori in quel grado di onoranza e valenza , che meritava , e più presto dimenticatasi che ricevuta ed acca- rezzata secondo il dovere. „ Si dans cette esquisse des travaux „ de deux Siècles, concernant la resolution des Equations nu- ,5 meriques ., Vimmortel Descartes semble avoir été oiiblié., c^est ,j que nous nous sommes résérvé d'en parler ailleurs. Comment ,, aurions-nous pu oublier sa fameuse règie des variations et 5, des permanences de signes qui longtemps negligèe , ,5 recoit dans notre mèthode une application nou^elle ^ et, en „ quelque sort , une nouvelle existence „ ? Puntuali parole son {g) De Calculo Inlegralium Exercitatio Mathematica (MDCCXCII.) Sezioni I." e II. Tomo XX. 6 ^2, Giunta al metodo di Budan queste di Budan alla fine del $." i8."'° del I."'" Capo^ o Stori- ca Introduzione, che si raggira sul conciso racconto delle ma- niere varie di giungere al discoprimento delle Radici dell'E- quazioni, e nominatamente numeriche^ dall'età in cui fioriva Vieta sino al Secolo decimonono. Letto e tornato a rileggere i passi, dov' ei bramerebbe^ che s'avesse avuto e si avesse dagli Algebristi più in pregio , e si rammemorasse con maggior lode quel ritrovato dell'esimio Francese Geometra, non è in riguardo alla Regola Cartesiana, né alle prerogative inerenti alla natura e composizione delle Equazioni, andato più innanzi degli altri Trattatisti 1' Autore nel profittarne a miglioramento del suo nuovo algoritmo per 1' investigazione delle Radici sì positive che negative. Quella Regola didascalica è ripetuta come appunto Descartes la dettò il primo , ed è applicata come sapevasi nel Paragrafo 38.""" alle diverse particolarità delle Equazioni ordinate. Solamente poteva aggiungersi, sen- za deviare dall' argomento , che in generale facendo sparire qualunque dei termini d'una Equazione ( fuori dell'ultimo), risolvendo a quest'uopo Equazioni di grado inferiore, si molti- plicherebbe il criterio per riconoscere in maggior numero l'e- sistenza delle Radici imagiiiarie o impossibili , le quali non mancano di menomare il vantaggio , che proverrebbe dal con- tarsi le permanenze e le varietà dei segni indicanti il nume- ro e qualità delle Radici reali. Avrebbe Budan proceduto a dir vero più oltre in que- sta importaniissima branca dell' Algebra se mai si verificasse il bieve periodo finale del 111.° Capitolo ( §. 89. pag-" a6) , ove darebbe speranza somma di giugnere a dimostrare [Nous avons viéme de fortes raisons de croire que la seconde propositìon est appìicahle à une Éqnation quelconque ) , che (a,") un' E- quazione algebrica in x non può mai avere una , due, . . . , /i Radici comprese tra zero e /> se la sua trasformata in [x — ■/>) non abbia in corres|)et'ivilà una, due, ,n permanen- ze di segno di più dell' Equazione in x assegnata, posto an- cora che questa non avesse tutte Radici reali. Il numero i.° diPietroFerroni 43 o diretto lia in se stesso X^l Prova , che dipende dal percepi- re come supposto in numero delle Radici tutte reali in una data Equazione del grado m'""" , di cui 1' incognita sia x , e le positive siano n , e perciò m — n le negative , qualora la trasformata o secondaria, dove l'incognita sia x — /? , abbia di più t permanenze di segni della prima , eh' è quanto di- re t radici negative di più , non posson non esservi tra 0 e p altrettante /?o«//pe rabici; poiché (/« — n)-\-t-i-{n — t)=^m^ numero fermo e invariabile. La probabilità di quel secondo Principio , il quale è 1' inverso del primo , che verrebbe ad essere universale subito che non debbano farci eccezione le imaginarie Radici , era inoltrata nella mente dell'Autore quan- do scriveva nel MDCCCVII. a tal segno che rivenendo nel Paragrafo Si."'" ( pag.*" So-Sy ) del Capitolo V." fa creder nel chiuderlo , prima degli Esempj che seguono , d' averne già rintracciata ed ormai possederne la Prova [h). Svanisce que- sta Prova a suo dire nella Nota (T) illustratrice del precita- to Capitolo; ma l'Autore confortasi mercè d'uno, due^ o tre in quattro errori di calcolo , il primo commesso da New- ton, Note (V) e, p.**?!, gli altri da Lagrange — Note {Y) d, pag.** 75 — Note (X) p.* 81. , e pag." 74 da Daniello Bernoul- li , afferrando a sua difesa quell' Egida di Fontenelle che nel- le severe Facoltà Matematiche si concepiscono Principj ec- cellenti più facilmente ed in maggior copia di quel che se ne trovino chiare, precise, e persuasive, cioè convincenti le Prove; tra i quali Principj può stare in compagnia di tan- ti altri anco la Regola di Cartesio considerata universale , os- sia non soggetta a restrizione veruna : lo che vuole in sostan- za significare non essergli mancato coraggio di far conquista della Dimostrazione sperata , la quale avrebbe immensamente accresciuta la supellettile delle Equazioni proposte a risolver- ci),, Camme nous n'apporterons point ici de preuves de la généralité de ce prin- cipe ecc. j, ^ Giunta al metodo di Budan si o letterali o numeriche , quasi volesse egli dire coli' Epico Mantovano (i) ,, si Pergama dextra „ Defendi possent , etiam hac defensa fuissent j, Il cimento è più forte ; perocché qui non si può andar del pari ( sulla parola di Labus ) colla certezza ( anzi evidenza ) della Dottrina antiquaria , dove si vuole in Istoria eroica e Mi- tologia (k) che l'interpretazione dei Monumenti ^gMra^i sia in ultima analisi „ lo scoprire un'incognita per mezzo d' altre, che digià sian manifeste 3, ! 1 / ,'-■.. I . , ■■> >:) 'Il I . --.(1 .T,i (ì) Lil). II. vv. 29. ()2 aelPENEIDE. (k) Tomo IX. Nurn.' XXVII. Mnrzo iKaS. pag.» 86 , 87 dell' ANTOLOGIA .ii Firenze. 45 RIFLESSIONI ANALITICHE SULLA RIDUZIONE DEGLI A II CHI CIRCOLARI AI LOGARITMI IMMAGINARJ MEMORIA DEL SIGNOR GIUSEPPE CALANDRELLl Ricevuta adi i. Marzo 182,5. I. Xill' occasione di una controversia nata tra i due chia- rissimi analisti Conte Vincenzo Riccati, e Gioacchino Pessuti pubblicai già nel 1778. una Memoria sulla riduzione degli archi circolari ai logaritmi immaginar]. Tenni in seguito una letteraria corrispondenza coi celebri analisti d' Alembert, Conte Giordano Riccati , e Canterzani. Ora dunque , che mi si presentano ulteriori riflessioni sullo stesso argomento atte a togliere qualunque questione , queste tanto più volontieri manifesto, poiché derivate sono da' medesimi principj , che il grande Eulero propose già nel Gap. VII, , ed Vili, della sua introduzione all' analisi degli infiniti. a. Essendo a la base logaritmica j ed o un numero infi- nitamente piccolo , onde soltanto non sia uguale a zero , al tu num. (ii4) stabilisce Eulero essere a =. i -t- 1^ ; essendo an- che ìp un numero infinitamente piccolo. Siccome poi può es- sere ip = td ; ^ >• o ; o finalmente t^ ■< o ; dipendendo il va- lore di ip dal valore di a; quindi pone ip = ko, onde ne venga a = i -i- ko. Essendo poi a la base logaritmica, sarà o = L . ( I -h- ha) . 3. Nel sistema de' logaritmi tabulari si pone a = io, ed al numero (ii4) trova ^ = a, 3oa58 , o =: 0,0000004^429 . Al 46 Riflessioni Analitiche ec. numero (12.2) si riflette, che può prendersi a piacere la ba- se logaritmica a; ma volendola prendere, onde sia A=i, si trova la base logaritmica iperbolica compresa da 2,7182818^^45904523536028. Chiamando dunque e questa ba- se, sarà e = iH-o, e L.g =0 = L . ( i -4-0 ). o 4. A norma del num. (iiS) essendo e = i -f- o sarà e =(i-+-o)=:H — H ^ — o -^ — — '— io^-f-/.Quando z rap- presenti l'infinito, potrà farsi o:=4- rappresentando z un numero qualunque finito, onde -^ una frazione infinitesima, equivalente ad o. In luogo di a si sostituisca -^ , e sarà e = ( i -4- 4- ) ' "^ i "*" 1.2 i» "*" 1.2.3 i^ J.2.3 4 i-* -'■ Ma essendo i infinito, i fattori i — i; i — 2;i — 3;i — 4'/' pos- sono prendersi tutti pel medesimo fattore ì; onde sostituendo saràe" = ( ' -»- f ) = * ^ T "*■ fi -+- ."Ì "^ 7ZM ^ T:^o -h/. Questa serie evidentemente , secondo il diverso valore di z, può rappresentare un diverso qualunque numero finito i ^ X. Quindi secondo il numero (119) sarà e = (i -t--^ ) i ) i = I -+- X , e perciò {1 -\- x)^ — i = -=-, e s=i (i-t-.r) ' — / . Ma essendo e" ^ i -t- .r, sarà z ■='L[i->r-x)-= i(i-^x) ' — i. i Si trova poi i-Hx)' =i-i--^x — 1±_1' a^h — ^n — -^ L \ / i i 2,1 1.21. DI i.( i— I ). (ai— I ).( 3;— I ) ^4 i.(i-i).(2t— 1).)(3;— .U4f— 1) ^.5 /- gjj "~" i.ai.3i.4i j.ai.3j.i(j.bi -^ 1 . r. .^ ., 1 ,.. , j— I I ai— I 2 .3i— I 3 4J — I 4. essendo infinito u valore di i sara-^=— ,— ^=-5-5--^ T^~5l ■f/* Sostituendo dunque questi valori, sarà (i-Hx) ' = i -H -r- — Di Giuseppe Calandrelli An I -S--^- S- ^ -^ S -/• Dunque i( . -H^)~-/=L.( r-^:r)=-f - ^ -H ^ T "^ ^ ■^' ^^^ questo metodo^ se in luogo di X fosse data |/ — i , si trova L.(i-f-i/ — i)='^-y^' ■+■ ^~-' —L -+- klzii -H -L _ l^ZL' _ 4 -h/, come si vedrà (io). 45678-' ^ ' 5. Su di tutto ciò non ha luogo difficoltà alcuna ^ su- perando anche 1' x il valore di i di quanto mai si voglia. Vuole dunque esaminarsi, se lo stesso possa dirsi :, divenen- do l'esponente della base e negativo, ossia uguale a ~ ^ ed in secondo luogo essendo positivo , o negativo , ma nel tempo stesso immaginario 1' esponente , supponendolo ^z — ; — , Primieramente data e ' , sarà anche e '= i ?- . Ciò può rilevarsi dall' essere ;=i —, poiché mul- 1 -t- — i ^ i tiplicando per i -f- -L si trova 1 = 1—^ ; equazione, che può aver luogo essendo ^infinitesimo di secondo ordine. Ma ^ -^ '^ = r ^^^ 7 ■ Dunque può anche stabilirsi e ' = e — 1 ^ , e quindi e = ( ' — ?- ) • Nella serie ora stabilita (4) in luogo di -h4- sostituendo — — , sarà e =(i ^) = 1 1 — — I H ir-r : — r •+■ f- Questa sene I i.i 1 i.a 1.3.9.4 1.2.0.4.5 -' può evidentemente rappresentarsi per i — y^ dipendendo il valore di / dal valore di z. Sarà dunque e = ( ' ^ ) = i I z i i—y, onde i — 4- = (i —yy , « = i ( i —y) ' — i 48 Riflessioni Analitiche ec. Ma — z = L.e =L.(i — /) . Dunque stando alla serie di- mostrata (4), sarà L.{i—y) = —'^—^—^—I^—^—f. Quando in luogo di —7 si sostituisca — j/' — i , sarà pur an- cheL.{i-i/—i) = -^'^^^^'-^-kìEl^^^ *^'~' — /,' come si vedrà in seguito (io). Qui opportunamen- te può rilevarsi , che nella dedotta equazione V y non può mai superare 1' unità , ma bensì dee essere sempre minore di 1 . In fatti essendo e ^ 1 — / = — > si comprende , e che per quanto voglia immaginarsi grande il valore di e , e supponendolo anche infinito , darebbe — — uguale ad un in- e finitesimOj onde anche infinitesimo il valore di i — 7, e per- ciò y minore sempre di i. 6. Si consideri ora l'esponente immaginario H- ^J:—^, on- de dato sia e ' . Posto ciò , e posto anche i = i , di- co che sarà anche data I' equazione e ' = 1 -h-^ — . Si è già veduto (4) essere e* = i -f-4-, onde sarà ancora e ' ^ i ' li i.a i» ^^ i.a.3 j3 IO z4 4o~"'Cl/ 1 2^ IQO — Qol/ — r 2* /- Tr I 1 TI T -1 . , e -r T-TTT. ^ "•- / • Volcndo COU- i.a..i.4 i4 I. a. 0.4. 5. j5 1.2. 0.4. 5. 6 i6 J tinuare questa serie , si rileva sempre , che i termini dopo il primo I , e secondo ^^^^ — sono reali, ed immaginar] , ma i reali sono tutti di un valore infinitesimo di secondo, terzo , quarto/ grado , onde negligentabili rispetto al primo termine i. Dr Giuseppe Calandrelli 49 Gli immaginar] poi sono similmente tutti di un valore im- maginario , ed infinitesimo di secondo, terzo, quarto /gra- do , e perciò negiigentabili rispetto al secondo termine im- ■ -l/— ' o > J ■ ~' , 2 [/—' ri/IT, magmario-'^YT"'*^'"^ """^l"^^ ' ^v'"*"!"' ='-t- ^ ■■ z|/~ 7. Posta r equazione e = i -H 2k-^ ^ e paragonata colla consimile e = i -4-4- ( 4) •> sarà ancora e = ( I ■+- ■ ~'- )' consimile ad e =( n-4- ) . Nella serie dunque la quale esprime il valore di ( i -f- — ) (4) in luogo delle di- verse potenze di 4- si sostituiscano quelle di ^^^^ — , e sarà la i.a.b 1.2.5,4 -vjEL. fi /■— ,_£i-4-. -^ ^^ I /- 1 -1^^ i.a3 4.5. 1.2.34.5.6. -' i.a i.a.3.4 i.a..-i.4.5.6 -' i ^—. — I ^ — -- — / = cos. s-Hsen.zi/ — 1; come anche può rilevarsi dallo stesso Eulero Gap. Vili. nuni. (i34)- "~\y—\ — y . 8. Sarà quindi e = ( i-H ^^ ' ) =:cos.z-Hsen.zp/ — i, I e perciò i H- ■^^— — = ( cos. z -t- sen. z\/ — i ) (^ — ■ — e- (cos.zH-sen.s 1/ — i) — i;, e finalmente z\/ — 1= . ^ .^ f fl^=I _ ' 1_ i(cos.z-»-sen.ri/— j) — i. Ma L.e = ■" ' =L.(i-t-"'^~') = L.(cos z-t-sen-zi/ — 1) . Dunque sj/ — 1 =fL(cos.z-l-sen.zi/ — 1) Di un' arco perciò qualunque z due sono i valori, cioè potrà Tomo XX. 7 • 5o Riflessioni Analitiche ec. farsi z = ^i= (i(cos.z-f-sen.Z|/ — i) — 1)^6 potrà anche es- sere z = —r^ ih.(cos.z-t-sen.z\/ — 1) . 1/— I g. Come si è fatto al numero ( 6. e 7 ) si prenda a consi- derare l'esponente immaginario ^ — _, e nel modo mede- simo potrà stabilirsi l'equazione e =1 — -^ — , e quin- di similmente sarà e = ( i '■ — ) = i ; g»i/3r z4 _ zv^ _ z6 , ^_ fi . g* "•" J.2.Ò "•" i.a.S.4 i.a.3.4.5 i.a.3.4.5.6 -^ i.a 1.2.3.4 — r-r-^f -H :. '-T — ;-4-/=:COS.Z — sen.Zi/ — I . I. a. 3.4.5. 6 ^-' • ••a-3 i.a.3.4.5 -^^ l' Sarà quindi similmente , come si è rilevato ( 8 ) e = ( I — tKzJ.y := cos.z — sen. z^/ — i , e perciò — ^ i = (cos.z — sen.zj/ — i ) — i ; onde zj/ — i = ~ V~' _ -z(cos.z — sen.zj/ — i) -hi. Ma L.e = — -'^-r — =L.(i— — j — ) I = L. ( COS. z — sen. z |/ — i ) . Dunque z^/ — i = — zL. (cos.z — sen.zp/ — i) , e così saranno i due valori z = — ' ( i ( cos. z — sen. z ^/ — i) ■+• i) o anche z =: ^?^j= ( — ih. ( cos. z — sen. z |/ — i ) ). Finalmente combi- Di Giuseppe Calandrelli Si nando il valore di zj/ — i già trovato (8) col presente^ sarà a.zj/ — i =f(cos.z-4-8en.zi/ — i) —i — i(cos.z — sen.zi/ — j) '" i(cos.zH-sen.zi/ — i) — i{cos.z — sen.z^/ — i) ,oanche a.z^/— i I i z=iL .{cos.z-¥-sen.Z[/ — i) — iL.(cos.z — sen.zj/ — i) .Ge- neralmente poi parlando , si trova cos. z X tan. z = sen. z. Dun- que sarà ancora a.Zj/' — i = iL (cos.s-H sen.z i/ — i) I I — iL.(cos. z — sen. Zi/ — i) =iL . ( i -t-tan. z|/ — i) ■+■ Il I T" i i iL.(cos. z) — iL.(cos.z) — iL.(i — tan.zj/ — i) = i L . ( I -t- tan. Zi/ — i) — ih . { i — tan. z ^Z — i ) = T / i / T T / ^ 7 ' \ tan.zj/ — i tan.z* L.(f-t-tan. Zi/ — I ) — L.( i — tan. z ^/ — i ) = ^ H tan.s^lX— I tari s4 _ tai».=^|/'— i _ tati 2* fl,i\ • *^"-^t/~' tan.2» tan.=*l/ — 1 taii.z* tan z';/ — 1 tan.z* /• / rr \ _-^ 7 H 1 5 T / (^ì — 6 / \T/ ■ I 5^~ atan.z|/^i ataii.z'l/ — i atanz'l/ — 1 /. , ^ — — — '^ 1 ^ /, onde per una pron- ta, e facile esattezza, e precisione, essendo z=45°, o anche minore, ovvero essendo la tangente i, o minore ancora^ sarà tan.s tan.z^ tnn z* t.nii.z7 -/• IO. Sia z = 45", sarà cos. z = 005.45°= i/-^ e sen. 45° = 1/ — ^ essendo i il raggio, sarà poi (8) z^/ — i=45°i/ — 1 = I — I i \/t ('-^/-O '-^ = ^l. ^/^ (,H-i/-i) Ma 5a Riflessioni Analitiche ec. I I i — : 2.Ì /— = ( — ) = = — = ~ — = I . Può dua- li ^ a ' 1 , ai-Hi 2J I H r i 3,1 que dirsi 45''l/—i='"(n-l/— I ) — i= iL.( i -Hi/— i ) . Si I I . i i rileva poi i( i -l- i/— i ) — i=iL.(i-+-i/— i) =L.(i-+-i/— i) — i^Ti l^^s^T 7 « ^-/ W- Sarà dunque questa serie uguale a 4^"!/ — ' j onde 4'5'* = quantità immaginaria, la quale non può mai rappresentare l'ar- co di 45° rispetto al raggio 1. Si prenda ora il secondo va- lore di sj/ — i già trovato (9), e sarà zi/ — i =^5\/ — 1 =: -i{^[/->) -f-^=-iL.(.-/-.) =-L.^.-i/-i) _!/-■ > _ 1/-' _^ • _^ 1/-' ' t/-' , J_ . /■ Sarà dunque anche in questo caso ripresentato Tarco di 4-5° per una falsa serie immaginaria i •'^=^ — -p -H 7= 4=- -\- f. Per altro combiiiaudo le due serie. le quali esprimono il valore di 4-^"l/ — ' ^^ trova a.45''i/ — i =:/(n-/— l) — i_i(i_/_|) -t-/=i(l-+-/— 1) — i(i— /— i) =iL. (i-h/— 1) — rL. (i— /— i) = L. ( n-i/31) _L. { , - i/=T) = L -^^ =LV^=^- Di Giuseppe Calandrelli 53 Quindi annientandosi l'immaginarietà si rileva L.j/ — 1 = — ^r!i- — —3- 1 5- ■ — 1 \-f; onde 45°= -7== {^^ 21/ — I o[/—ì 2|/ — i al/— 1 0^/- dal Leibnitz rappresentante la vera, e reale lunghezza dell'arco di 45" rispetto al raggio i. Come si trova ~-=^=:zy/ — i , cosi ^ -== =z — y/ — I. Dunque sarà L. ^ — 1/— I "^ ^ ■ i-t-i/—i •^ 1 a 5 y q 't/— l -/, e l.j/ — 1= — L. — 1/ — I. Se quindi si pren- da un numero d qualunque positivo della serie aritmetica -t- i; -H 5j -t-g; -t- i3; ■+-/, sarà -+- £? i^" = ^=tì?.L.i/— i 2|/ 1 *^ = — — — L-t/ — I = -; j--t- -^ /. Se poi per — d si pren- da un numero negativo della serie medesima , ossia — 1 ; —5; — 9; — /, sarà — f/45° = — == ( — d.L. /^^ ) = l T / d d d _ d n I •II. Quando incontrasse difficoltà l'aver fatto 1/ -7 = i, I -r- X allora il primo valore di 45" 1/ — i =iL.i/-^ .(n-j/ZTT) r I -:— potrà risolversi in iL.(i-+-i/— 1) -h j L. 1/ -^ =L.(i-4-i/— 1) 54 Riflessioni Analitiche ec. -^L|/|.MaL|/i = L.(^)^=^L.-f=-.J.L..= _ ± L.( I-+-I )= _ ^ L.( . -H tan.45"' )=- ^ t^ - ^'"'f°^' , (tan45°)» _ (tan45°)4 _^ (tanjSV _ (tan.45")« _^ /" Vi)=: l/ | L 3 4 5 6 -' 1^ •' al a Si trova similmente L.( i -i-\/ — i ) = L. ( i H-tan. 45° i/ — ' ) tan45''l/— 1 (130.45»)» (tan ^5'')^[/—i (tan.45')'* (tan.45°:'t/— i — I "* a 3 4 *~ 6 (tan.45 )* (tan.45°)7|/— 1 (tan^S")» _^ tan.45"l/— i i -^ 6 7 8 — ^J = ; *- T (tan.45")Jt/— I I (tati 45°)5|/— [ , (tan.45' )7t/—i i a 4""^ 5 ■+■ "S^ . 7 T . (tan.45°)»|/3r- (tarì.45-)7l/^^r , ( tan. 45^91/=^^' ^ n,„i^„^ -I 5 Ij -*- g — /. UUU4UC L.( i-Htan. 45°|/— I )-h L. 008.45° = L.( h-j/— i)-i-L. 5/ -7 = L.( I H-/:rT) - -LL.{i-Hi) = 4- -H 4- — 4- -H - — - -h/ ^ »^ 'a^ '4 6 oioia-' tHn4S»t/— 1 (tan.45°)3l/— t (tan.45°)5^/— 1 (tan.45°)7t/— i "^ 1 3 "*" 5 7 (tan.45°,9^/— . ^^ ^ I I , , j r tan_45v[— I (t.in.45%3t/— 1 (taii.45»)»(/— t (t;in.45°)7(/— i (tan.45°)9|/— i a ^ 5 y~ ^ 9 ^f=^-^-^^-^^^-f,e perciò 45°= : ^-+-T ^-*-fi valore vero^ e reale. Questo me- 0 O J '^ desimo metodo dà il secondo valore di 45^l/ — *= — L.(i — [/ — i) -L-/'ì=-L- (i-i/^Ty^-l-L.(i -Hi)=-^ Di Giuseppe Calandbelli 55 T^T 10^ la J ^ I i ^ 5 -+-/". Sarà quindi anche il secondo valore di t/-' 1/- 5 45°= I T-^-r ~ "•" / ^^^^ ^ reale, e la già trovata equazione ritorna ancora , poiché si trova a. 45° [/ — i = L.( I +/~r)-HL.|/I-L.|/I^-L.(i-/— )=L.;^g =L.|/ — r. Questo facile ed evidente computo potea ben deter- minarsi, ed allora da questo medesimo computo, e da quanto si è rilevato (9) sarebbesi compreso;, che — ~ — L.(cos.2;-i-sen.z(/' — i) uguaglia — l=r. ( L. ( I -f- tan. z \/ — i ) -l- L. cos. z ) , quantità reale, benché in apparenza sembri immaginaria. Quando dun- que L. ( I -<- tan. z 1/ — I ) si possa risolvere in termini rea- li, ed immaginarj , sarà necessario che L. cos. z annienti tutti i termini reali . Da ciò dunque ne deriva un teorema non conosciuto^ e questo é, che il logaritmo iperbòlico, ossia L.cos.^ debba uguagliare — ^^^ — ^_ lìILf ^Jliz — \-f. La di- c" t> 2 ^ b •' mostrazione di questo teorema dipende dal trovato valore dell' arco 2 = 45°, al quale può ridursi un qualunque arco z. Sia dunque z:45*'=to: n, onde z ■=■ — 45°. Così per esempio l'ar- co z sia di a5°. 5o'. 3i"= gSoSi". Essendo 45°=i6aooo", sarebbe z:45''= wz: « = gSoSi: lóacoc, onde z = 'j' " ■'■ 45'- Da ciò dunque , e da quanto ora si è dimostrato , sarà 45»/:~F = L. ( I -i-tan.45V^-t-L-cos.45.'' = -^ -»- -^ — ^ I i r tan.45l/^rr (tan.45'')Jl/— I (taii.45°)'l/— i - 56 Riflessioni Analitiche ec. -H L.cos.4'>°; ossia '- 7--(-4 -■+■— — /. Dunque TO / I I II I r\ m tjn.45''t/— m (tan.4S°)^^/"^ "^ "\4 & V, \o li. J ì n 1 ;j d ^(tan.45)Virr / , "» / _; L-H-I -■^- f\. È evidente dunque, che il valore di z y/ — i non può por- tare, che i soh termini immaginarj, poiché si annientano tut- ti gh altri reali . Ma la formola generale (g) porta z [/ — i _ , ^ ;■ , T tati, ri/— r tnn.::» triii z^[/ — I = L.(i -(- tan.z^/ — i)-H L.cos.s = f- 1 ^ tan.z+ t m.z^lX— I tan.z6 tan.z?|/ — i ,- ^ -, — ^/"-4-L.cos. z. Dun- 4 5 ^^ 6 7 -' que per la prima equazione non potendo portare il valore di zi/ — i, che isoli termini immaginarj, sarà in questa secon- , . . T taii :» t.ui.s4 da equazione necessariamente Licos. 2 = — — - — -H — - — — tan.z" ^r ^j^yg^ Jq essere il valore reale di z= 1 — |— . : ^ ('■'"■45'')V-^ ni (tan.45°)V"=7 _ A _ i / tan.;|/-l ~~ T • 3 ^ ir 5 J ì ~~ i/irr \ _ tan.y3;_^ un..Vi:r_ A (^^_ p^^ anche assegnarsi una più semplice , e generale dimostrazione. Si è già dimostrato (9) essere a^p/ — i = -^ 3 H 5 y* ^r. , / tanzl/^ tin.z l/^ tan.=V— i ^ Dunque sarà z\/ — 1 = -^ 5 !- 5 /• Ma spA^ = L.(cos.3 -H sen.s/^ir"! = L.( i -H tan.r;/— i ) , o \ fan cl/^ t.m r> tan.:3j/_i fan 24 H- L. cos. r ( ò. q. ) = 7 ^ 1 i " 4~ tan.z^l/ — t tan.r6 5" ' 6 tan r4 tan z* tari.. -/(4)-hL.cos.z. Dunque L.cos.r=- ■ /. Come si è fatto (9) per ottenere una Di Giuseppe Calanduelli 5^ pronta, e facile esaltezza, e precisione, sia z non maggiore di 4'^-''' ^ P^' esempio si ponga z=i5.°5o.' 3i", la di cui tan- gente è 4843^23, ed il coseno uguale a .9000000 =-j2-. Sarà dunaue L.cos.2 = L. — = L.li ):= — —^ M ju \ IO / IO 200 duco — — 1 — — -r-^ — — f (5) = — . icoooooo — . oo5ooooo — . ooo33333 — .ooooaSoo — .00000202 = — . io536o33. Sarà poi tan.z» tan.s tai' :« tan.s'' tan.s'" titi ='^ tan.i'4 tdii.z"' r- a 4 0 8 IO /2 14 ló -' .33456809 .o55oaai8 .oi2'')r)644 . 00^02744 .00071014 1 ' 4" 6 ' 8 Tè .Ono 16657 .00008007 .O(i00fQi6 r OL / '^ C r JL 12. 14 1 b -^ . T^ T^ i ^ — 003 r 5 1 07-t-. 00037843 — .00007 ! cu-. 0000 1 388 — .00000279-1- .00000057 — ■fi=. — .io536o5o. Rimane a conoscere come, anche nella supposizione di z non maggiore di 45% i due valori di I I z = — =L=|/(cos.s-i-sen.2j/ — 1) — ile .::=— i=^L(cos.z-i-sen.2j/ — i) I (8), o anche gli altri due 2= ^=rj/(cos..s — sen.^j/' — 1) -4- il I e z = —L^l — i L. ( COS. z — .sen. z^/— 1 ) ) (9) pos- sano dare un valore immaginario , come si è dimostrato nel caso di z = 45°^ cos. z = cos. 4.5" = 1/^ (io). Si riflet- ■ ta dunque essere — L= I i ( cos. z ■+• sen. z \/ — i ) — i| = j^(i( I -»-tan. V^=0 X COS. z )- t) = ~= (^^^^, Tomo XX. 8 58 Riflessioni Analitiche ec. I . tan.j* tati. l'i/ — i tiin.zi r/ A\\ v> '' /-\ j. !^ ^/(4) I X COS. z . Questa quan- . - 4 ^ tltà è sempre immaginaria, qualunque sia il valore di cos.z Quando però cos.z porti un valore finito rispetto al raggio i, potrà sempre esprimersi cos.z = ; divenendo tn un valore anche finito rispetto al i aggio i. Cosi per esempio se z fos- se uguale a 65*^ sarebbe cos.z= .iaayiSS = j|-— — -.Dun- o ' ' l-t-I. 0606414 I I I =i:(l-4-- . -H -rr — —-+-/)= I. Se quindi cos.z porti un valore finito rispetto al raggio, può ge- neralmente dirsi con somma approssimazione cos.z = i , e questa quanto mai prossima uguaglianza può anche rilevarsi I ^ . . .771 dall'essere ( i -t-m) maggiore di i, ma minore di i -i — ^ , poiché ( I -♦- -^ ) supera i -4- m . Ciò premesso venendo al I i secondo valore si trova z= . iL.( cos.z ■+• sen.z i/ — i ) I I = . ' i I L. ( i -4- tan. z (/ — i ) -t- L. cos. z j = 1/ I i - 1 i(L( n- tan. zi/ — 1 ) -+- L. 1 ) = L. ( 1 H- tan. z j/— i ) I / tan. zi/ — I tan.z» tan.i^p/ — i tan z* /"/XX 1 . = i7^i — ; — -^ ^ 3 — H--4--^/(4); , valore uguale all' immaginario ora trovato. Benché però quan- Di Giuseppe Calandrelli Sg I I i T to mai prossimamente sia cos. a =i, quindi L.cos.z ^L.i; 1 i non con esattezza può dirsi ih. cos. z =iL.i = o, ma ben- i sì ih. COS. z = L.cos.z. Calcolando dunque su di questo prin- cipio sarà 3 = — L= ìL. ( cos. z -+-sen.s i/— I ) =: I t V^ , i i ■== {ih. (n-tan.i; |/ — i ) X <^os. ;; ) = I , i i ._ (i L.( I -t-tan. z\/—. I ) -H-L. cos.z) ) = I 1 , i i ■-— ■ 2 ( L. ( I -H tan. z[/ — I ) -f-i L. cos.z) := .— — (L. ( I H- tan. z y/ — I ) -H L. cos. z)\ quantità dimostra- ta ora vera e reale. Quanto si è detto rispetto i due valori riferiti (8), lo stesso può dirsi degli altri due (9). 12. Date r equazioni 2. 45° l/— ' = L. [/ — 1 = —^ — — =1/— I 21/— 1 ar/— r 21/— t 21/— I ^ 3 ^ -^ ^- -+- -T T;- -»-/^ sarà an- cora (I) gco^/— i =:L.|/— I, e quindi 90° = —4= L. j/— 1 H y, serie esprimente la lunghezza dell' arco di 90° doppio di 4'5°- Dalla medesima equazione ()o°y/ — i=L.[/' — i può dedursi 2.901/ — 1 = oL.j/ — i, onde (II)L. — i = 4K~' - ^^ JkEi:_JkEL^f^ e quindi anche (III) ÉkpT Riflessioni Anaiitiche ec. zi/ — I /^ \ 2 a a a /^ • *^ L_^ ' — ' ' ' sene , come „ \ 2 2 2 2/- -/= a r-H-T 1 / , 7 sopra, doppia di 45°- Per m rappresentando un numero intero qualunque dispari positivo , o negativo , sarà sempre (IV) z/ìi.qo '.[/-, \ ^ • ^1 2^/_, • ' iiZ-X m 4l/ — ' _. "'■41/' — 1 m.à\/- 3 — 5" -*- 7' :/|. Essendo a-QO^i/ — 1 =: 100° 1/ — i ^ ih. [/ -^ I i ne viene anche (V) 180" = 1/ = 4. 2- _(- 4 ^-+- - — /", serie esprimente la lunghezza vera e reale dell'arco di 180", quadruplo di 45°, e doppio di Qo". Essendo ora dimostrato 180° = I^. — i , ovvero 1/-' i8o°i/ — 1= L. — I, sarà (VI) la lunghezza dell'arco di 180" al ra££LÌo 1 , ossia la circonferenza al diametro come L. — i : 00 ■' / 41/—' 4l/— ■ , 41/— I 41/-—, 41/-I _-4l^Ei:^/a i/=T-, come 4_ A h- A _ ± -,_ -1_±_h/: i. II J V ' ij 5 Y 911-' Questo è il teorema già proposto dal Bernoulli , il quale ha eccitate tante questioni tra i più profondi analisti , perchè mai proposto con questa evidenza , e precisione . Dalla di- mostrata equazione 180° = ' L. — i ^ — — — ( —^ — '— ^ i/— 1/— V 41/-' . 41/-' il/' 3 a. i«o»= ■ / I può anche dedursi 1/-1 i/-. 1/-1 V ■ ^ ■^^--^-^/) onde (VII) i8c° = --_L^L. 1 = Di Giuseppe Calandrelli 6ìI , / 81/irr 8i/^=T~ 8i/::rr si/^rr Y ^-p^^-4 5 --^5 ~r~-^f) • Avendo in vi- sta l'equazione 180"= -^4= L. — i, e prendendo un numero qiialun([ue intero disparo positivo , o negativo, come zti^ztS; it 5;zt 7; dr/, e generalmente it/? , ne verrà sempre (Vili) /4t/— ~ _^. p-^iT^ p 4t/^^ _^p^t/— rf i> ~^ 7 9 - =+=/ 1 ■ Prendendo poi l'equazione 180"= T,.t, e posto che q rappresenti rtro; it:i;dti; =t3; rt4; =t/, o generalmente zero, o qualunque nu- mero intero positivo o negativo, paro o disparo, sarà sempre (IX) zt^. i8c''=-^=(±gL.^)= ;=_L.i= U^/^?VEE -H — 3 =!= 5 — -+. — ± H-fj ■ Tornando al- la prima equazione a.45°j/ — i:=IL.^ — i = '*^~' — ^v—' _^ — 5 — 1 /, potrà anche dedursi 4-2.45°i/ — i =4L./=r= «kSI _ a^ ^ ?^ _ 'jS ^ «iS _/, „„. de 36o°/^ =4L.,/=Tr=L.i equindi(X)36o"=^i= L. i = l/~\ ' ~ ^ -^-6- —-^~9 ^)=^-- _, 8 8 8 ^ . , , , ■•- -5 7 "*" 1^ J ' *^"^ rappresentante la vera, e reale lun- ghezza dell'intera circonferenza 36o°, ottupla di 45°, quadrupla di 90°, e dupla di 180°. Ma a. 36o°= -^^2L.i= -^L=L.i l/^ _J/— _. , /.et/-, _,f,t/-, i6|X-i leix-, i6|/— ^\ \/^=r\ ' 0-^5 7 "^ 9 ""-' / • Dunque si potrà dire ancora (XI) 36o» = L= L. i = 21/ — I 62 RiLESsiONi Analitiche ec. I / '6|/— I i6t/— 1 i6t/— 1 i6i/— I i6t/ir7~ - \ = 8 3"^~ "5 7""'""q f' -'^"'^^^ i" questo caso dell' in- tera circonferenza, o di Bóo", prendendo ±: ^ nel senso già indicato, sempre si rileverà (XIl) ±: ^.Sóo" = ^L= (±^L.i ) — ' T , __L_ /-+-i!k^EE— ?_it:fELH-?VEL— ?ik±il-f. [/-■ ■ i/-' \~ i -^ 3 — 6 -t- 7 — '^•^^3~' =;:/) , o anche (XIII) ±: ^.36o''= — -= (±:^L.i )= =1/-, q i 6|X — ■ . g '(>i/ — I 7 9 i3. Sono state dedotte tutte queste verità dalle formole generali dell'arco z applicate all'arco di 45* Possono però le medesime formole generali dell'arco z applicarsi all'arco di 90'; i8o°'5 36o', e cosi determinare la misura, o lunghezza de' medesimi archi. Sia dunque 2=90*', onde cos.z=cos.go''^03 e sen.s=sen. 90'^=!. Dalle formole generali dell'arco 2(9) sa- rà a.go*^/ — i=i(cos.s-t-sen.2|/ — 1) — f(cos.2; — sen.sj/ — i) :^ iL.(cos.s -i-sen.s|/ — i) — i L. ( cos. ^ — sen.zi/ — i) = r I ìL. (/irr)'_iL.(— |/^^' = L. — ^^ . Dunque 90° = i a — ^= L.— I =. ' L. ( — I 1 = ' L. 1/ — I ; equazioni già dimostrate ( ra. III.) ( 12. I. ). Sia ora l'arco di 180', onde COS. 180° = — i, e sen. 180° = — o. Sarà dunque dalle medesime formole generali per l'arco z (9), 2. i8o''|/' — 1 = i - . . r * j(cos.i8o<'-Hsen.i8o*'|/ — i ) — i(cos. 180" — sen.i8o°i/ — 1) Di Giuseppe Calandrelli 63 :/L.(cos. 1 8o°-+-sen. 1 8o°j/ — i ) — iL.(cos. 1 80" — sen. 1 Bo^j/ — 1 ) I I = fL.(_, )' _iL.( — I )' = L-=^ =L. I. Dunque 180" = — T.. 1 = ' T,.(t) = — 1 — T.. — i: equazioni dimostra- te ( 12. VII. ) ( 12. V. ). Sia finalmente l'intera circonferen- za 360°, e perciò cos.36o°= 1 , e sen.36o°= o. Insistendo dunque sempre sulle formole generali per 1' arco 2(9), si I i rileverà 2,.S6c°y/ — i = f ( cos. 36o° -t- sen. 360" ^/ — i ) — i(cos.36o' — sen.36c|/ — i) =iL. (cos.36o°-i-sen.36o°|/ — i) i i i — ìL. (cos. 360° — sen.36o°|/— 1) =zL i — ih. i =L.i. Dun- que 36o°=: 1.1= ' T, (1) -^ L. I : equazio- ni già dimostrate ( la. XI. ) ( 12. X. ) Tutte queste equazioni 45°=-^L=:L. "^'^"' = L=L.i/^T; 2.45°= 90' = _-L=2L./_i =^J==L. /_ I ; 2.90°=i8o»= 21/— I "^ [/— I '^ ^ —L^ 2L.,/— 1 = -J== L— I ; a.i8o = 36o«= l/-. "^ l/-< — 2L. — I = L. I , si conoscevano già; ma ricoperte da una misteriosa oscurità hanno dato luogo a tante questio- ni. Io mi lusingo, che si fatte questioni debbano terminare, poiché la verità delle medesime equazioni non rimane piìi oc- culta, ma bensì evidentemente dimostrata. 64 ESAME DELL^ Osservazione del passaggio di Venere sul disco solare , .. fatta in Roma nel 1761. dal celebre Padre Audifredi Domenicano nel Convento di Santa Maria sopra Minerva _.. DEL SIC. ANDREA CONTI ASTRONOMO Ricevuto adì 1^'. Dicembre. iBaS. J-ia favorevole opinione, che vivente procacciossi il P- Audifredi Domenicano , (a) e che dopo la morte lo ha reso pur celebre nella repubblica delle lettere , non fu soltanto il frutto delle teologiche e bibliografiche sue cognizioni , le quali a dovizia possedeva ; ma di quelle altresì inoltiplici e non comuni, che si acquistò nello studio dell'Astronomia. Senza altro stimolo che di un particolar genio per questa scienza, vi si applicò indefessamente, ed oltre l'applicazio- ne procurò a proprie spese di fornirsi di quei mezzi , senza de' quali poco si può progredire nella detta scienza. Fra gli altri, circa la metà del secolo passato preparossi^, ad alimen- to delia sua nobile passione, un conveniente Osservatorio nel Convento di S." Maria sopra Minerva , il quale forni di (a) Il P.iflre Amlifredi nacque a Saor- gio il d'i 2. Febljr.ijo tlel fjì^- ^"ttò nell' ordine di S. Domenico nel lySo ; e nel 1759. ottenne in Roma il posto di primo bibliotecario della Casanatenae. Ninno al par di Lui meritava un posto si onorevole per aver in se riunite con mirabile armonia molte cognizioni dlspa- ratissirne , teologiche cioè, matematiche, astronomiche, antiquarie , di storia na- turale , critiche , bibliografiche , 0 la profonda conoscenza delle lingue lati- na e greca. Quest'uomo raro, nato e vis- suto alle lettere ed alla pietà, ai tan- ti varii suoi studii seppis unire una esatta osservanza del professato Istituto , fu sempre fervoroso negli atti del Divin culto ; umile e tenerissimo verso i po- veri. Mori 1' Audifredi in Roma nel dì 3. Luglio del <794i superato avendo di cinque mesi ed un giorno l'ottantesi- mo anno di sua età. Del Sic. Andrea Conti 65 macchine opportune , onde con Irutto occuparsi nella scien- za degli astri. AIT instancaijile assiduità congiunse il nostro celebre Domenicano tutte quelle cautele, che la sua perizia gli suggeriva, per ottenere dalle sue occupazioni plausibili risultati; e gli Astronomi non tardarono a conoscere i frutti di tante di Lui fatiche nelle diverse interessanti raccolte di osservazioni pubblicate dal i^SS. al 1770. Fra queste osservazioni trovasi anche quella del passag- gio di Venere sul disco solare accaduto nel 1761. , che uni- ta ai risultati che ne dedusse, pubblicò nel 1762. senza ap- porvi il suo nome ( come comunemente solca praticare ) in un opuscolo che porta il titolo Transitus Veneris ante Solem observati Romae apud P. P. S. Mariae super Minervam VI. Junìi 1761. Expositio Historico-Jstronomìca. Peraltro questa osservazione del passaggio di Venere non incontrò il favore del P. Pingré eh. Astronomo francese , il quale in una Memoria che ha per titolo Observations Astro- nomiques pour la determination de la Parallaxe du Soleil ... inserita fra quelle dell'Accademia di Parigi dell'anno 1761. alla pag. 474- parlando dell' osservazione fatta a Roma dal nostro Audifredi cosi si esprime = La longitude de Saint-Pier- „ re de Rome est , selon la Connoissance des tenips , de 4^' ;,, 37". orientale ; mais cette ville est d'une grande étendue. ,, Est-ce a Saint-Pierre mème, ou du moins sous le méme ,, méridien , que le passage de Venus a été observé par un „ Anonyme , qui fixe le commencement de la sortie a ai."' „ 9'. 36" ? C'est dit-on au Couvent de Sainte-Marie sur la „ Minerve. Je crois que l'eglise de Saint-Pierre est à une „ extrémité de la ville ... et que le Couvent de S. M. sur ,_, la Minerve est vers le milieu de la ville Pour taire ,, usage de l'observation Romaine il faudroit connoitre avec ,, precision cet intervalle en latitude , e surtout en longitu- ,, de ^ . In seguito in altia Memoria che porta il titolo Nouvelle recherche sur la determination de la Parallaxe du Soleil ec. che trovasi fra quelle dell' Accademia di Tomo XX. 9 66 Esame dell' Osservazione ec. Parigi del 1765. alia pag. i5' cosi si esprime il Pingré. = L'obser- „ vation de Rome est faite par un Aiionyine; il est dune impos- , sible de juger quel est le degré de précision qu' on peut y supposer: pour moij'y presume au coutraire de 1' imper- fection . .. . En coniparant l'observation qui y a été faite avec celle de Paris, telle qu' elle a éié choisie par l'auteur, la , parallaxe du Soleil ii'estque de 6". 16; et si pour l'observation 5, de Paris on prend celle de M. Maraidi la parallaxe est re- ,, streinte a a", 55 ; la méme observation de Home comparée „ avec celle de Greenwich , donne pour parallaxe 5", 3i. La ,, prudence auroit dù conseiller la suppression totale de cette „ observation „ . Conviene osservare ^ che secondo Pingré la longitudine di S. Pietro rispetto all' Osservatorio di Parigi è di ^o . 87" ; onde quella del Convento della Minerva sarebbe di ^d.^o.". Il P. Audifredi poi alla pag. 33. dell'opuscolo sopra citato la pone di 4^' ao" ; ed in altro opuscolo pubblicato nel 1766. che ha per titolo De Solis Parallaxi commentarìus alla pag. 54. la fissa di 40'. i6". Ci sia permesso fra queste longitudi- ni produr anche quella che ottenemmo dai risultati di una triangolazione da noi eseguita , la quale ebbe per iscopo di fissare la posizione geografica de' principali luoghi di Roma. Tali risultati sono inseriti nell' ottavo tomo degli opuscoli Astronomici pubblicati nel 1824. Posta la longitudine della Specola del Collegio Romano dal meridiano di Parigi di à^d . 33", come costa da un gran numero di osservazioni, e la latitudine geografica di 4' •° 53'. 5i", 9; la longitudine del CoriVento di S." M.** sopra Minerva si trova {a) di 40'. 3a', 5. dal rrieridiano dell'Osservatorio di Parigi, e la la- titudine di 4i-*'.53' Sa". La longitudine dunque da noi tro- vata sensibilmente differisce da quella stabilita da Pingré^ ed (a) Opuscoli Astronomici di Giusep- | mo Ricchebach An. 1824. pag. i36. pe Calandrelli , Andrea Conti e Giaco- ' Del Sic. Andrea Conti 67 anche da quella fissata dall' Audifredi . Quindi è che posta anche esatta l'osservazione del passaggio di Venere fatta dal- l' Audifredi , i calcoli ed i risultati Ibndati sopra un elemen- to essenziale , ma inesatto , non possono essere che erronei. Giustamente riflette dunque il Sig. Barone di Zach nel tomo a." della corrispondenza astronomica pag. 376. trattan- do dei risultati non soddisfacenti che Pingré deduce dall' os- servazione dell' Audifredi = . . . il m'est impossible de sup- „ poser^ così si esprime il eh. Barone di Zach, qu'un astrono- „ me aussi sage, aussi inteUigent que le P. Audifredi, ait „ pu faire et produire une aussi mauvaise observation . La „ longitude du Couvent de la Minerve est-elle bien déter- „ minée ? Nous ne la connaissons pas; mais nous sommes per- „ suadés , que lorsqu'on voudra recalculer cette observation „ sur des élémens vérifiés , et rectifiés , on trouvera le preu- „ ves qui confirraeront et augmenteront la juste réputation, 5j dont a toujours joui ce savant astronome, qui au reste a j, bien d' autres titres encore à sa juste celebrile si bien ac- „ quise et si bien méritée = . Sottomettendo ad un esatto esame l'osservazione del pas- saselo di Venere fatta dall' Audifredi , introducendo ne'calcoli precisi elementi su' quali si può senza alcun dubbio fondarsi, mi lusingo di far conoscere in questo scritto j quanto mal si convenga a questa osservazione la taccia d' inesatta datale dal eh. Pingré. Che anzi si vedrà palesemente che dall' os- servazione del nostro Audifredi, e precisamente da quella del secondo contatto interno de' lembi del Sole e di Venere, si ot- tengono plausibili risultati , e non diversi da quelli che gli astronomi han dedotti dal paragone delle osservazioni fatte nel passaggio di Venere del 1769. Nel tomo 2" dell'Astronomia Teorico-pratica del ch.De- lambre, alla pag. 473. si pone la congiunzione di Venere col Sole nel 1761. il dì 6. Giugno alle 5.°' 44'. 34". tem. nied. al meridiano di Parigi. Per questo istante ho trovata dalle tavole dello stesso Delambre la longitudine • ^8 Esame dell'Osservazione ec. del Sole di = a^ i5" 36'3o".4 ; onde longitudine della Terra . . . . = 8'. I5°.36'.3o".4• logal•itmo del raggio vettore = log.R. = o,oc666o4- Moto orario del Sole = a'. aS". 38. Semidiametro del Sole = i5. 4^- 8i. Inoltre dalle tavole di Venere calcolate dal Sig. Reboul Sugli elementi del Sig. De Lindenav, pubblicate a Marsiglia nel Ioli, ho tratto pel medesimo istante Longitudine eliocentrica di Venere ;= 8/ ìó." 36.' a8." 7 Latitudine eliocentrica aus. . . . = 3. 44' ^ Moto orario in longitudine eliocen. . = 3. 5^, 91 Moto relativo = i. 34, 53 ]Moto orario in latitud. eliocen. . . = ì^, io Logaritmo del raggio vettore . . . = 9.8611401. Log. della distanza accorciata = log. r :zr g.8611399 Ora è evidente j che essendo la longitudine della Terra più grande della longitudine eliocentrica di Venere di i", 7 , la congiunzione deve esser stata il di b. Giugno alle 5,°' 44- ^4" -i- 1'. 4' 5 7' o*sia alle 5.'"45 ■ 38", 7. tem.nied. al meridiano di Parigi; pel qual tempo si trova 1 Longitudine della Terra . . . . = 8^ i5«. 36'. 33", o Longitudine eliocentrica di Venere = 8. t.5. 36. 33, o Latitudine eliocentrica di Venere = 3. 44' 4^- Dunque la longitudine geocentrica del Sole e di Venere nel tempo della congiunzione sarà di 2..' i5.° 36'. 33". o; e le lon- gitudini affette dall' aberrazione per 1' ora della congiunzione saranno per Venere . , . . = a.'' 1 5°. 36'. 36", 74 Sole = a. i5. 36. i3, 04 Diff. 23. 70 Inoltre col sussidio delle note formole si ha Moto orario in latitudine geocen. di Venere = e' 35." ^2. Moto orario in longitudine geocentrica . = — i. 34. J7 Moto relativo = — 3. 57. 55. Ciò premesso, essendo la longitudine apparente di Ve- nere maggiore di quella del Sole di a3." 70, riflettendo Del Sic. Andrea Conti 6g che il moto geocentrico di Venere è retrogrado, la con- giunzione apparente di Venere e del Sole sarà stata alle 5-.45'.38",7H- ~^\ cioè alle 5- 45'. 38% 7 -h 5'. Sg", i = S-'^Sr'. 37", 8 tem. med. ovvero 5.°' 53'. 3i", a tempo vero al nieridiiino di Parigi pel quale istante si trova Longitudine del Sole = a\ i5°. 36'. 27% 3 Longitudine geocen. di Venere . . =: 2. i5. 36. 27, 3 Latitud. geocen. appar. in congiun. = g.aS^gaAus. Finalmente si ha Moto orario suU' orhita relativa = 240", 18 Semidiametro di Venere . . . = 28,5a Obbliquità dell' ecclittica . . . == 23" 28',i6". Premessi questi elementi, passiamo ora ad esporre la for- niola di cui ci siam serviti per calcolare 1' effetto della paral- lasse nella distanza de' centri. Suppongasi dunque La distanza vera de' centri di Venere e del Sole = D La distanza apparente ' .' -. . = i^ A La parallasse orizzontale equatoriale del Sole alla di- h stanza media dalla Terra = je Il rapporto del raggio della Terra per una latitudine data al raggio dell' equatore ^^ P' Onde sarà La parallasse orizzontale del Sole per una latitudine data nel tempo dell' osservazione . . . . = -— p La parallasse orizzontale di Venere nel tempo dell' os- i^ . servazione .... - = -5 — p Inoltre sia L' angolo fatto dal verticale del Sole coli' eclittica = C L'angolo latto dall'eclittica ^ e dalla linea che unisce i centri del Sole e di Venere = <7 L'arco che unisce lo zenit vero dell'osservatore col centro del Sole = / 70 Esame dell' Osservazione ec. Si avrà l'effetto della parallasse nella distanza de' cen- tri per mezzo dell' equazione seguente D^ A = n=;r [{m — i)psen./cos.(C — a) — mpsen.Tì.cos.f (a) — À- sen.rsen.^{ C - ■ Parigi 9"'. a8'. 9" ' • ■• 8<'^ 26'. 54" O = 37*. 57'. 45"; /= 45°- 33'. ao"; S = aS". 4Ò'. io" ir= i3a°.46'. 20"; t—(r= 117.° 37."5. 8»'. a6'. 54" -t- i5,8o.;r Tutti i contatti geocentrici trovati , ridotti al meridiano di Parigi, sono dunque Del Sic. Andrea Conti Primo contatto interno. 75 Cajanebourg . Stokholm Upsal n.o' 36'. a4"— 34,i8.jr a. 36. 33 — 35 , 2,8. jr a. 36. 28 — 34 , 97.;r Roma Paiugi . Greenwich Capo di B. S Cajanebourg Secondo contatto interno. . . . 8»^ ag'. 3", 5 -+- i , 3a.n: . . . 8. a8 . 3o -4- 5,87.;r . 8. a8.ai -t- 7 , 89.;^ . 8. 35.37 — 4-i,44.;r . 8. a6 . 18 H- 20 . 25.7r Stokholm . . . 8. 27 ,i5 -+- 1 5, 55. in: Upsal . . ... 8. a6 . 54 -+- i5 , 8o.;;r. Per altro è necessario riflettere , che il valore dell' an- golo a incluso nell' espressione della jiarallasse nella distan- za de' centri;, dipende come vedemmo, dalla latitudine e longitudine di Venere; quindi è, che se gli errori delle ta- vole fossero sensibili, l'angolo «r , e per conseguenza anche i coefficienti di tv non si avrebbero con sufficiente esattezza. Per questa ragione dunque ho creduto conveniente dalle os- servazioni complete di Cajanebouig, Stokholm, ed Upsal de- durre sei equazioni , onde ottenere gli errori delle tavole sì in longitudine che in latitudine geocentrica. A questo fine pongasi come sopra , la differenza ira la longitudine geocentrica di Veneie e quella del Sole = E ; e la latitudine geocentrica di Venere = L ; inoltre la corre- zione delle tavole in longitudine =Xf ed in latitudine = j. 76 Esame dell' Osservazione ec. Essendo a un angolo che ha per tangente —^ la distanza ve- ra de' centri del Sole e di Venere, che abbiamo espressa per D, sarà eguale ad = =ri/(E'-f-L° ) ; onde la cor- ° sen.rr ccs.tr ^ ^ ' ' razione di D dipendente dagli errori x, ed / sarà tì?.D = — a; -H -^/ = a;cos.o'-+-7sen.(T Se dunque 1' effetto della parallasse nella distanza de' centri si esprima per II, 1' equazione superiore (a) si lidurrà alla seguente D -H ' ■; Secondo contatto interno ' Cajanebourg ■ • -Hi5,oi = — 0,6779.:»: •+- o,735a.jK Del Sic. Andrea Conti Stokholm -Hia,3 1 = — 0,6798.3; -4- 057334-/ UpS AL -Hi3.ao = — 0,6791.^ -H o,734t.>'. Dalla somma delle prime tre equazioni si ottiene — 5,14 = 2,,5()<)Z.x ■+■ 1,49^^/ dalla somma delle tre ultime 38j52 = — 2,,o368.a: ■+■ 2,2027.7 — 1^9775 =z X -¥• 0,5763.7 -4-18,9120 = — X -H 1,0815.7 H-1 6,9345 =: 1,6578.7 77. onde per conseguenza e finalmente 7 = -H io", 22 a; = — 7, 86. Dall' errore delle tavole in longitudine di — 7",86 si deduce facilmente , che la congiunzione di Venere col Sole deve es- ser stata alle 5'"' 49' 37", 8 tem. med. , ovvero alle 5°". 5i'. 3i",a tempo vero al meridiano di Parigi (a). (a) Corretta la longitudine di Venere e del Sole dall'aberrazione, e la longi- tudine di Venere dall' errore trovato delle tavole; si avrà la congiunzione alle 5". 43*. 38", 7. tem. med. al meridia- no di Parigi ; e la longitudine del Sole in congiunzione a.' i5.° 36'. a8", a, e la latitudine eliocentrica 3'. 48". 5- Onde posta 1' inclinaiione dell' Orbita di Venere all' ecliticj di 3.' a3'. 35'', sarà r arco eliocentrico fra il nodo e la congiunzione di i.' 4-' ■4>" ^5 e finalmente la longitudine del nodo ascendente di Venere a.' 14.° 3a'. i^". 78 Esame dell'Osservazione ec. Introducendo ora nel calcolo dell'angolo a la longitudi- ne e latitudine geocentrica di Venere corretta dagli eri ori trovati delle tavole , si avranno i seguenti contatti geocen- trici corretti , e ridotti al meridiano di Parigi. Primo contatto interno. Cajanebourg . . . a."' 36. 24' — 34,65. :i; Stokholm .... a. 36. 33 — 35,7a.;r Upsal a.36.a8 — 35,45. ;r Secondo contatto interno. Roma . . . 8.29.3,5-+- 1,39. :;r ... I Parigi . . . 8.a8.3o ■+■ 5,g5.jr ... II Greenwich . . 8.28.31 -+• 7,97.;r ■ • • III Gap. DiB.S. . 8.35.37— 4a,45.ji: ., . IV Cajaneb. . . 8.26.i8-H20j3i.;r ... V Stokholm . . 8.27.i5-Hi5,6a.:T ... VI Upsal . . . 8.a6.54-+-i5,97.7r . . . VII. Prendiamo in primo luogo a considerare le osservazioni del secondo contatto interno de' lembi fra le quali è inclusa l'os- servazione romana. E palese , che tutti i tempi dei secondi contatti geocen- trici Ij II, III ec. devono essere fra loro eguali, prescin- dendo da qualche leggiera incertezza nelle longitudini geo- grafiche , e dagli inevitabili errori delle osservazioni. Combi- nando dunque tra di loro l' espressioni superiori dei secondi contatti geocentrici, e specialmente con quella del Capo di Buona speranza , si avranno delle equazioni , dalle quali po- trà dedursi il valore di 7t. Del Sic. Andrea Conti yg Dall' equazione dunque IV = I si ottiene ... » = 8", 98 IV = VII .T = 8,94 IV = VI ;r = 8 , 65 ' IV = V ;r = 8,9i IV = 11 7r = 8,8a IV = III ;r = 8 , 64 V = I ;r = 8,74 VI = I :;r = 7 , 6a VII = I . . . : . . ;r = 8,88. Escludendo i risultati che dipendono dall' osservazione romana, si ha il medio di fl;=8"j 79; ed i soli risulta- ti nei quali è inclusa 1' osservazione fatta dall' Audifredi in Roma, danno per medio :;r = 8"j55; e qualora si volesse escludere 1' ottavo risultato , in cui 1' osservazione romana è paragonata con quella di Stokholm si otterrebbe jr= 8", 85. Dal medio poi delle nove combinazioni si ha n = 8", 69. Se si combinasse la I. colla II. si avrebbe k = 7", 35 ^ e minor valore di k si otterrebbe dalla combinazione della I. colla III. Ma a motivo dei piccoli coefficienti di :t , ossia del po- co sensibile effetto della parallasse nell'osservazione di Parigi e di Greenwich, e molto meno sensibile in quella di Roma^ è palese, che le osservazioni dovrebbero godere di una e- strema precisione per ottenere un plausibile valore di n. Ma 8o Esame dell' Osservazione ec. come esser sicuri di tanta esattezza nelle osservazioni, quan- ta nel nostro caso se ne esigerebbe ? È noto che per la len- tezza del moto relativo di Venere è ben difficile cogliere il vero momento in cui i lembi del Sole e di Venere sono a perfetto contatto ; Onde , è , che fra le osservazioni fatte da eh. Astronomi situati in un medesimo luogo , trovansi talvolta differenze di circa 1 5 , ed anche ao secondi , se trattasi di contatti interni , e differenze anche maggiori se trattasi di esterni. Per giudicare in qualche modo della esattezza di quel- le osservazioni le quali abbiamo sottomesse a calcolo , nelle espressioni dei secondi contatti geocentici I^ II, III ... . ec. ho sostituito in luogo di n il valor medio trovato di so- pra, cioè 8', 7, ed in questa ipotesi di parallasse ho trovato il tempo del secondo contatto geocentrico ridotto al meri- diano di Parigi per Roma eguale ad S.""" 29.' i5." ' '" Parigi ... 8. 2,9. aa — ^^ ' ■ Greenwich . . 8. aq. 3o .... ': .'." ./'■' . Capo' DI B. S. 8. ag. a8 ' '' Cajanebourg . 8. 39. l5 • " ■ ' Stokholm . . 8. 39. 3i '■•''■' - ' Upsal >;:^ . . 8. ag. i3. ui ;--- L' osservazione romana combina dunque con quella di Cajanebourg , e differisce di soli a" da quella di Upsal . Quelle pel Capo di Buona Speranza , Stokholm , e Greenwich prossimamente combinano fra loro -, e quella di Parigi è qua- si la media di tutte le altre . Ma le osservazioni però pre- Del Sic. Andrea Conti 8i sentano differenze di 17. ed anche 18. secondi; differenze che si notarono ancora nell' osservazione fatta a Parigi da esercita- tisslnii astronomi. Basterà solo indicare, che La Lande os- servò il secondo contatto interno de' lembi alle 8<'^ a8' 2,5", e Maraldi alle o"^ 28. ^2.", cioè 17". più tardi di Lalande. Da tutto ciò rendesi dunque manifesto , che per ottene- re un plausibile valore di ;r , è necessario mettere a confron- to quelle osservazioni nelle quali la differenza fra i coeffi- cienti di re è molto sensibile , onde supplire nella miglior maniera possibile agli inevitabili errori delle osservazioni. Non deve dunque far meraviglia , se dal confronto dell' os- servazione romana con quella di Parigi , e di Greenwicli non abbia il eh. Pingré oltentiti plausibili risultati ; mentre oltre aver Egli supposta una longitudine geografica dell' Osserva- torio del P. Audiiredi di 11" maggiore della vera, ha inoltre paragonata T osservazione romana, in cui la parallasse appe- na si manifesta , con quella di Parigi , e di Greenwich, nel- le quali è anche poco sensibile l'effetto della parallasse. Ciò non ostante se Pingré ne' suoi calcoli avesse introdotta un' esatta longitudine geografica, e quindi fatto avesse il con- fronto dell' osservazione dell' Audifredi con quella del La- lande , avrebbe ottenuta una parallasse di 8 ', 5 , che differi- sce appena di una o due decime ui secondo da quella, che comunemente è adottata dagli Astronomi. Vediamo ora (jual parallasse del Sole risulti dall' osser- vazione dell' Audifredi , mettendo a calcolo la durata geocen- trica. A questo fine dai contatti interni ridotti al centro ed al meridiano di Parigi, di sopra esposti, ho dedotte le se- guenti durate geocentriche . A quelle che risultano dalle complete osservazioni di Cajanebourg, Stokolm , ed Upsal, ho anche unite quelle di Pekino , e Tobolsk, che ho calcola- te sulle osservazioni riportate da Pingré nella Memoria sopra indicata. In tal guisa si avranno cinque espressioni della du- rata geocentrica, indipendenti da qualche piccola incertezza nelle longitudini geografiche. Tomo XX. Il 8a Esame dell' Osservazione ec. (' (4 (5 (6 (7 (8 (9 (.. ('3 ('4: (>5 {i6 (17 (•8 {■9 (ao Cajanebourg Stokolm Upsal . . . Pekino Tobokls . . . Roma, Cajan. . Roma, Stokolm Roma, Upsal . 5.°- 49.' 54"-i-54, 96. n 5. 5o. 42^ ■+- Si, 34. 71 5. 5o. a6 -t-5ij 42" 7t 5. 49- 3a -+- 57, a3. :;r 5. 48. 5o-t-6i,48. 7t 5. Sa. 39, 5 -+-36, 04. :7r S. Sa. 3o, 5-f- 37, w.n 5. Sa. 35, 5 -H 36, 84. ;r Capo di B. S. Cajan. 5. Sg. i3 — 7, 80. n Capo B. S. Stok. . 5. 59. 4—6, 73. re Capo B. S. Upsal . 5. 69. 9 — 7, 00. n Durata geo- centrica posto n -8, "7 5. ^■■57' 5a" 5. 58. 9 5. 57. 53 .5. 57. 5o 5. 57. 45 5. S7. 53 5. 57. 53 5. 57. 56 (A) Green. Cajan Green. Stok. Green. Upsal Parigi, Cajane. Parigi, Stok. Parigi, Upsal. Upsal Cajan. Cajaii. Stok. Stok. Upsal 5. 5i. 5. 5i. 5. Si. 57 48 53 5. Sa. 6 5. Si. 57 5. 5a. a • 43.' 6a. 7t 43, 69. JT • 43, 42'- ?r 40, 60. 7C 4'5 67. 71 4' 5 4^- ^ . 5. So. 3o -)- Se, 6a. tt. . 5. 49- 4S '^- S6, o3. jr . 5. So. 47 -<- Sij 07. 71 Escludiamo primieramante dalle combinazioni l'osserva- zione romana, ed avremo Dbl Sic. Andrea Conti 83 t(.)< 3(10) (') (lO ('-) (9) (^) (") (3) (9) (3) (,o) (4) (9) (5) (9) (io) (la) (9) (i6) (9) (.3) (9) ('4) (9) (.5) (9) (ao) ('0 (ao) n = 8". 9' a: = 8, 95 ;r = 8, 64 n ■=■ 8, 68 ;r = 8, 89 a: = 8, 90 ;r = 8, 93 ;r = 8, 99 ;r = 8j 69 ?r = 8, 81 ;r = 8, 48 :t = 8, 60 ;r = 8, 85 n ■= 8, 59 TT := 8, 64 I (1 Medio :t = 8, 77 Introducendo ora nelle combinazioni I' osservazione mana si ottiene ro- da (6) e (io) . . % — 8", 99 •f (6) (m) . . jt = 9, o5 (7) (9) . . jr = 8, 88 (7) (") . . jr = 9, o3 (8) (9) . . it = 8, 90 (') (7) . . a: = 8, 77 (0 (8) . 7t = 8, 91 (3) (6) . ;r = 8, 68 (4) (6) . . ;r = 8, 85 (4) (7) . :;r = 8, 87 (5) (6) . ;r = 9, 02, (6) (18) . . ;r = 8, 88 1 (8) (19) . ;r = 8, 88 -,, ,1 (6) (20) . . jr = 7. 48 (8) (ac) . . Jt = 7, 62, 1 84 Esame dell'Osservazione ec. Le prime cinque combinazioni includono 1' osservazione del Capo di Buona Speranza , ed il medio di queste ci dà :7r=8", 97j le altre dieci combinazioni danno per medio 8",6o; il medio poi di tutte è di 8", 72, che differisce da 8", 77, medio dei risultati indipendenti dall' osservazione romana^, di sole cinque centesime di secondo . I risultati poi che più si discostano dagli altri sono quelli che dipendono dalla (ao) , in cui la durata geocentrica risulta dal confronto del secon- do contatto interno osservato a Stokolm col primo osserva- to ad Upsal. Peraltro cade qui in acconcio una osservazione, cioè, che posta la parallasse del Sole di 8", 7 , il medio delle tre du- rate geocentriche, che risultano dal confronto del secondo contatto interno osservato in Roma col primo osservato a Cajanebourg , Stokolm , ed Upsal è di 5." 57'. 54', come può osservarsi di sopia (A). Inoltre il medio delle durate geo- centriche, che risultano dalle osservazioni complete di Caja- nebourg, Upsal, Pekino, e Tobolsk, che poco differiscono fra di lorO;, è di 5."' 57'. 5o", minore soltanto di 4' "^^l superio- re; quella poi di Stokolm è di 5. "'^ 58.' 9', onde maggiore dell' antecedente di 19". Altronde osservo, che I' osservazione del contatto interno nell'ingresso, ridotta al centro ed al meri- diano di Parigi , è molto uniforme nelle osservazioni di Ca- janebourg, Stokolm, ed Upsal. Infatti posto ;r--=8", 7 si trova Cajanebourg . . . ii."' 36.' ^4" — 34/)5.;r = 2.<"^, 3i' aS" Stokolm .... 2. 36. 33. — 3S,7i.7r = a. 3i.a2,. Upsal a. 36. a8. — 35,45.7^ = 2. 3i. 20. Sembra dunque che possa con qualche fondamento so- spettarsi , che r eccesso di 19" nella durata geocentrica di Stokolm , debba in gran parte attribuirsi all' osservazione del contatto interno dei lembi nell'egresso; ossia che il tem- po di questa osservazione debba diminuirsi almeno di una buona diecina di secondi \ diminuzione , che in questo caso richiederebbe anche 1' osservazione del Capo di Buona Spe- ranza, e di Greenwich; diminuzione.; che renderebbe l'osserva- Del Sic. Andrea Conti 85 zione del secondo contatto interno fatta da Lalande più pre- cisa, e preferibile alle altre fatte a Parigi; diminuzione infine, che avvicinerebbe le Osservazioni di Stokolm , del Capo di Buona Speranza, e di Greenwicli all'osservazione romana. Non credo però dovermi maggiormente inoltrare in que- ste riflessioni , non potendosi verificare questo mio benché fondato sospetto, che calcolando ed insieme combinando un maggior numero di osservazioni. Altronde il mio scopo non è di analizzare le osservazioni fatte da Astronomi di fondata riputazione , ma soltanto di difendere quella fatta in Roma dal Gel. P. Audifredi ingiustamente tacciata d' inesatta. A questo fine ho paragonata questa osservazione con quelle fat- te nei luoghi ben conosciuti quanto alla loro posizione geo- grafica; e delle osservazioni fatte a Pekino, e Tobolsk non ho fatto altro uso , che per la sola durata geocentrica la quale non è alterata da una leggiera incertezza nella longitudine. Le osservazioni del secondo contatto interno ^ ridotte al centro ed al meridiano di Parigi , ci han fatto palesemente conoscere, che T osservazione romana combina con quella di Cajanebourg e di Upsal, ed anche con quella fatta da La Lan- de a Parigi. Inoltre il confronto fra le osservazioni del secon- do contatto interno fatte al Capo di Buona Speranza , Caja- nebourg, Stokolm , ed Upsal , con quella fatta in Roma , ci han manifestato un valor della parallasse del Sole di 8"^ 6; ed il paragone fra le durate geocentriche di 8", 7 , ovvero anche di 8", 6, qualora dalle combinazioni si volessero to- gliere quelle che includono l'osservazione del Capo di Buo- na Speranza. Quindi può francamente conchiudersi, che l'os- servazione del Passaggio di Venere fatta dal Gel. P. Audifre- di, in luogo di manifestare essenziali difetti , e meritare per conseguenza una total soppressione , come pretende il Ch. Pingré , ha invece contribuito a confermare il valore della parallasse del Sole stabilito dagli Astronomi col confronto delle migliori osservazioni fatte nel passaggio di Venere del 1769. 86 SUL TEOREMA GULDINIANO MEMORIA DEL PROFESSORE ANTONIO BORDONI Ricevuta adi 3. Marzo i8a6. In questa breve Memoria dimostro in tutta la generalità il Teorema Guldiniano ed anco il reciproco di esso. Sebbene di questo famoso Teorema, di tanto uso sì nella teorica che nel- la pratica , abbiano parlato molti uomini sommi , fra i quali merita di essere distinto G. Monge, non ostante io spero che non ispiacerà ciò che ho qui divisato esporre relativamente ad esso e al suo reciproco. I. L'area della superficie generata da una linea piana, che si mova conservandosi perpendicolare alle linee descrit- te dai punti di essa , è eguale al prodotto della lunghezza della medesima linea generatrice per quella percorsa dal suo centro di gravità: ecco la prima quistione che sarà qui trattata. Essendo la linea generatrice di figura invariabile , ed il suo piano costantemente perpendicolare alle linee percorse dai punti di essa , queste medesime linee saranno fra loro parallele. a. La linea generatrice nella sua primitiva posizione sia espressa dalla traccia AMB (Jìg. i )i e G sia il suo centro di gravità. Riferiscansi sì i punti che le linee agli assi Ox^ Oy or- togonali; e dal punto M qualsivoglia della linea AMB si con- duca la MP ordinata; dal punto Q a distanza indeterminata del P conducasi la QN altra ordinata della medesima linea AMB, ed estendasi in T ad incontrare la retta MT toccante in M la curva stessa AMB: congiungasi la retta MN, e con- Del Prof. Bordoni 87 ducansi le . . Gx- . . , . . Gy . . parallele ai medesimi assi Ox, O/. Chiaminsi x, y\ «, s le OP, PM, PQ, AM; ed m[x. A,), t{x,À) le lunghezze delle linee parallele percorse dai pun- ti M, T mentre il G centro di gravità percorre la parte À della linea da esso trascorsa nel generare la intera superficie-, ed x-{Z),y(À) o semplicemente x-,y gli angoli descritti in que- sto movimento dalle rette . . Gx' . . , . . Gj- . . ed anco dal- le rispettive loro parallele: in ultimo si chiami F( x, /l ) l'area di quella porzione di superficie, la quale è generata dalla AM mentre il centro G percorre À. Essendo F { x. À) V area della superficie generata dalla AM, sarà F( x-^a, À) — F( x, /l ) l'area di quella generata dal- la MrN; ed F(a;-(-u, À-i-a) — F{x, À-i-a)— F(x-i-a, À)-i-F{x, À) V area di quella superficie generata dallo stesso arco M/-N mentre il punto G percorre 1' incremento indeterminato a della Z. Sviluppando il quattrinomio qui trovato, e riducendo, si trova esso eguale ao ¥,'-¥■ A: in A gli aumenti a, o hanno almeno tré dimensioni. Gli apici \ qui posti alla F per cui si ha F', significano, quello in allo la derivata di F[ x, À,) rispetto alla variabile X, e 1' altro la derivata della medesima funzione rispetto alla variabile A: analogamente si farà per indicare le derivate ri- spetto alle x, /l di altre funzioni delle medesime variabili Essendo le linee percorse dai punti M, T; M, N fra loro parallele, le aree delle superficie generate dalle rette MT , MNj mentre il centro G percorre la a, saranno, per la pro- posizione settima della Memoria sulle linee e superficie pa- rallele. 88 Sul Teorema Guldiniano -i- {m{x, A-t-a)— w(x, À)-\-t{x, À-^a)—t{x, A) ) MT , -^ {m{x, A,-i-a)—m{x, À)-i-m{x-i-o, À-^a)—m{x-i-a, À) ) MN ossia -i- {am^-hat^-h ecc. )MT, — ( 2am^-+- ecc. ) MN : i termini ommessi contengono almeno a-. Ma è notissimo che MT = o/, MN = «jr'-f- ecc. ; e dalia proposizioTie sesta della dianzi citata Memoria si ha ,; . ;. m{ X, À) = À-i- X- Gtì -^y HM, e t{ X, À) = m { x. A,) -¥- ox'-t- coyy'; adunque le aree delle anzidette superficie generate dalle ret- te MTj, MN saranno cosi espresse aosm^-i- B, aas'm,-i~ C: nelle B, C eli aumenti a, o hanno almeno tre dimensioni. Similmente si dimostra che, la superficie generata dalla retta NT mentre G percorre l'a ha l'area talmente espressa, che in essa gli aumenti a,o hanno almeno tre dimensioni; come anco dimostrasi facilissimamente, che nelle espressioni delle aree del triangolo rettilineo MTN ed in quella del seg- mento MrNM vi è almeno o^. Ora si immaginino le tre superficie seguenti: quella ge- nerata dalla retta MN mentre il punto G percorre a aumen- to della /l; quella composta, della generata dall'arco MrN so- pra considerata e dei due segmenti coi qnali coincide TM^-NM, quando G trovasi nei termini delle linee /l, A-4-a; in ultimo quella composta , delle superficie generate dalle rette MT , TN di cui pure si è parlato dianzi, e dei due triangoli ret- tilinei nei quali cade successivamente l'MTN, quando il pun- to G si trova nei termini anzidetti delle X.,X-^a. Queste tre superficie hanno tutte per contorno lo stesso contorno della prima di esse^ e voltano le convessità dalla medesima banda, Del Prof. Bordoni 89 più la prima e la terza racchiudono la seconda; e però l'area di questa sarà compresa nel modo noto tra le due delle altre. Ma le espressioni delle aree di queste medesime tre superfi- cie sono ordinatamente, per ciò che abbiamo detto e trovato, aasm.;-^ B, ao¥\-+- D, aos'rn^-+- E; 1 . ove si deve osservare che gli a,w contenuti nelle quantità B, D, E hanno almeno tre dimensioni; adunque avrassi F' = s'm . Quest'ultima equazione dà immediatamente F'=s'm ossia F'=gs'-^- x-{g)s'.Gl{-hy{g)s'.EM, dove g esprime la lunghezza della intera linea percorsa dal centro G e della quale e parte À. Quindi avrassi l'area della intera superficie generata dalla curva AB eguale a gfs'dx ■+- x-(g)fGUs'dx -i-y{g)/tìMs'dx, purché le primitive si estendano dal termine A al B cioè dal- la a: = OD alla a==OC; e siccome fsdx = AB, ed fGYls'dx, fìlMs'dx, sono entrambe nulle per essere G centro di gravi- tà della intera linea AB; cosi avrassi l'area della superficie di cui si parla eguale al prodotto g. AB^ cioè della lunghez- za della linea generatrice per quella della linea percorsa dal suo centro di gravità: appunto come si è annunciato sopra. 3. Dimostrerò l'esposta quistione anco nel modo seguen- te, al quale appoggerò, come vedrassi, la dimostrazione della proposizione reciproca di essa medesima. La superficie generata consisterà generalmente in un qua- drilatero ABCD {fig- -2.), che avrà due lati AD, BC paral- leli agli altri due AB , CD eguali fra loro. I due lati paral- leli saraiuio le linee percorse dai punti A , B termini della generatrice, ed i due altri cioè quelli ùa. loro eguali saranno i luoghi nelle estreme posizioni dalla stessa linea generatrice. Si intendano riferiti i punti, le linee, e le superficie ai tre assi ortogonali O.r, Or, Oz; e si chiamino a, v, z le coor- dinate rettangole OV, VT, TM del punto M qualunque del- la superficie; e si immaginino in esse le due linee PM, QM, Tomo XX. la 90 Sul Teorema Guldiniano che hanno entrambe un teimine in M e gli altri due cioè i loro principj P,Q nel contorno delia medesima superficie, e , siano r una porzione della generatrice PN passante pel punto M e l'altra porzione della QR linea stessa , che è generata dal medesimo punto IM loro comune, e si denomini {x la PM ed R la QM. Così, si chiami r quella porzione di contorno, che ha un termine nel principio di ^ e 1' altro nella prima situazione della linea generatrice cioè la AP ; ed S esprima l'area del quadrilatero QMPA di cui tre lati sono R^ ^, r ; in ultimo K rappresenti la intera lunghezza della generatrice. Considerando le S, a:, 7, z funzioni delle due (i , r, le quali sono indipendenti l'una dall'altra^ la teorica dello spia- namento delle superficie dà le x', y, z sono usate sì in questo luogo che altrove per esprimere le \j-)^ \-£r) > (■£■) cio^ le derivate delle x,y,z, rispetto alla r ; e le ^, , J,» z,, per esprimere le yj-]-> \j-] ■> |£ìj derivate delle stesse x, j, 2 rispetto alla variabile ^. Sviluppando i tre quadrati, che vi sono indicati sotto il segno radicale^, e sostituendo in vece dei binomj y;-^-z,\ x;-+-z;', x;-i-y; rispettivamente i tre equivalenti 1 —x;, i-r,% i-z;, ;■'■■■ si trova facilmente (S) = /[^"^/"-*- 2'"-(A-^- y'y.^'^'^n Ma per essere le x (0\ , /': fè) > 2': (^) i coseni degh angoli fatti cogli assi delle x, y , z dalla retta MA tangente alla linea QM nel suo punto M ; e le .r, , 7, , 2, gli analoghi coseni per la retta Mg tangente nello stesso punto M alla li- nea PM ossia n; la frazione Del Prof. Bordoni gì ( A-+- //--<- A) ■•(sr) eguaglia il coseno dell' angolo hMg compreso dalle medesime due tangenti Mh, Mg; per cui , essendo quest' angolo retto , sarà x'x^ ■+■ y'y^ H- zz^ = o. Adunque avrassi per essere, come è d'altronde noto |/'(^''-+-j'*-i-2'")= \-t\ ■ Si denomini À la lunghezza della linea percorsa dal cen- tro di gravità della generatrice K , nel mentre che un suo punto percorre la QM;ej>, q esprimano le coordinate rettango- le del medesimo punto M per rispetto a due assi mobili esi- stenti nel piano della ^ e passanti pel centro di gravità del- la intera PMN. La teorica delle linee parallele dà R = /l -f- wp -In nq ^ ove le m, n sono funzioni della r e costanti rispetto alla ^ e per conseguenza anco rispetto alle /?, q-^ per cui sarà Quindi avrassi -iTTy) = ^-^ I""- ■+■ 9"- ■> ossia ovvero 1^1 = X fdjx -(- m'fpdfjb -H ri fqdfx , (|i) = lU' essendo fpdu=o, fqd{j,=iO, ed yj^ = K, estesi che sia- no gli integrali ossia le primitive agli estremi AD^ BC della superficie. Dall'ultima relazione 1^1= KX , osservando che ad Qii Sul Teobema Guldiniano S = o corx'isponde À = c, si desume la S = K^, La quale significa, che, 1' atea della superficie ABNP di cui si tratta, eguaglia il prodotto della linea generatrice per quel- la percorsa dal suo centro di gravità: proprietà che avrà evi- dentemente luogo anco per la intera superficie ABCD. 4- Se più linee AB, CD, EF^, ecc. ( fig. 3 ), esistenti nello stesso piano jvo^r, si movessero, come si è supposto sopra, che si movesse la AB della figura pi'ima , la som- ma delle aree delle superficie generate da esse sarebbe egua- le alla somma delle medesime linee generatrici moltiplicata per la linea peicorsa dal loro centro di gravità. Si conducano le rette . . Gx' . . , . . Gy . . pel punto G centro di gravità di tutte le linee AB, CD, EF, ecc. e ad esse le perpendicolari gg\hh',ii', ecc. dai punti g,h, i, ecc. loro ri-pettivi centri di gravità. Chiaminsi g,h,i, ecc. G le lunghezze delle linee parallele percorse dai medesimi centri g, /^, i, ecc. G ; e si ritengano i simboli .v^y per signi- ficare ciò, che hanno significato nel paragrafo terzo. La somma delle aree delle superficie generate dalle li- nee ABj CD, EF , ecc. sarà AB.g -H CD. A -+- EF.i ■+■ ecc. ossia AB(G-(- j- .gg'-H X- .g'G) ■+- CD(G ^y.hK— x-.KG) -f- ecc . cioè (AB-HCD-i-EF-<-ec.)G-i-(AB.gg'-HCD.A)^'— EF.ii'-i-ecc.)/- -1- ( AB.g'G— CD.A'G — EF.i'G -+-ecc. ):i;- Ma i moltiplicatori delle /, .r- sono nulli, perchè esprimono i momenti delle linee AB,CD,EF rispetto alle rette . .Gy, . . Gx' . . passanti pel loro centro di gravità ; adunque la som- ma delle aree di cui si parla sarà eguale ad ( AB-i-CD-HEF-i-ecc. ) G, ' ' come si è enunciato al principio di questo paragrafi^. Questa proprietà non cessa di aver luogo anco nel caso che le linee generatrici siano in piani differenti , purché esse Del Prof. Bordoni g3 si movano conservandosi invariabilmente unite , e le linee per- corse dai loro punti siano perpendicolari ai rispettivi piani delle linee generatrici medesime : ciò è facile a dimostrarsi. 5. Passo a fare altrettanto per le solidità; vale a dire a dimostrare che , il volume di un corpo generato da una su- perficie piana , la quale nel moversi si nìantenga perpendi- colare alla linea percorsa dal suo centro di gravità , è egua- le al prodotto della lunghezza di questa linea per 1' area del- la stessa superficie generatrice. Comincio a trattare il caso che tutte le linee percorse dai punti della superficie generatrice siano parallele fra lo- ro, e però anco a quella percorsa dal centro di gravità del- la medesima superficie generatrice. '* La superficie generatrice sia in primo luogo il trapezio ADCB [fig. 4) avente gli angoli D, C retti, i lati CD, AD, BG rettilinei , e 1' AMB qualsivoglia anzi curvilineo. Si riferiscano i punti e le linee alle due rette perpen- dicolari Ox^Oy scelte per assi delle coordinate. Per E pun- to qualunque del trapezio si tirino le rette PEL . . VEF . . parallele alle Oj, Ox; e dall' H, avente dalle rette PEL . .' VEF . . distanze indeterminate^ si tirino le HL , HFUQ pa- rallele anch'esse alle Ox^O/; in ultimo pel punto G centro di gravità del trapezio ABCD tirinsi le . . Gx- . . , . . .G/-. . . pure parallele agli assi Ox , O/. Per semplicità si chiamino x , /, cj, 6 ordinatamente le OP , PE , PQ 3 EL , ed A^/,/", ecc. le lunghezze delle linee parallele percorse rispettivamente dai punti H, L, F, e.cc. mentre il G percorre À, ; in ultimo V ( x^j, A ) il volume del corpo generato dalla porzione AVEPD della figura ABCD mentre il punto G percorre l' arco X, ed x- , y angoli ana- loghi ai già indicati con questi medesimi simboli superior- mente. Essendo N { x ^y, X) il volume del corpo generato dal- la figura VEPDA , mentre G percorre X , sarà V(x-i-(y, y^d,X) _V(x,7-H0,;i) — V{x-Ho, j, À) -+-V{x,7, /) ^ g4 Sul Teorema Guldiniano il volume di quello generato dal rettangolo EFHL ; e però Y{x-i-o,y-ì-6,À-i-a)—Y{x,y-i-d,À-ha)~V{x-\-o,)r,Z-i-a)-h-Y(xyy,A,-^a) —V{x-ho, y-\-d, X}-i-\{x,y-hd, À)-^Y(x-i-o,y, X)—Y{x,y, X) esprimerà il volume del corpo generato dal rettangolo ELHF mentre il centro G percorre a aumento di À. Sviluppando quest' ultima espressione secondo le dimen- sioni crescenti degli aumenti o, 6, a, e riducendo ^ trovasi essa eguale ad in A gli 6>, d, a hanno almeno quattro dimensioni. La proposizione della Memoria sulle linee e superficie parallele usata già più volte dà l =. e ■+- dy^ /= e -H ox', /i = e -h dy -H ax', per cui i prodotti dell' od area del rettangolo ELHF succes- sivamente per gli incrementi delle e, l.,f^ h corrispondenti air a della À saranno ove le B, C, D^ E contengono le a, o , 6 almeno a quattro dimensioni. Ora riflettendo al volume del corpo generato dal rettan- golo ELHF , mentre G percorre a , ed a quelli dei quattro primi anzidetti^ non è difficile il concepire, che il primo sa- rà compreso tra il più grande ed il più piccolo di questi vo- lumi; e per tanto dovendo essere y dxdydX J compreso tra due delle quattro quantità pocanzi trovate , si avrà , ■ .■ .' ■ • ■ , Del Prof. Bordoki t)5 6. Quest'ultima equazioue si può desumere anco dalla pro- prietà, die, il volume di un corpo compreso tra due super- fìcie parallele e corrispondenti , è eguale ad un terzo della distanza di queste superficie moltiplicata per la loro semisom- ma insieme al doppio della superficie parallela corrisponden- te ed equidistante da esse, la quale è dimostrata nel corol- lario secondo della proposizione tredicesima della sopra cita- ta Memoria. Di latto , il corpo generato dal rettangolo ELHF ha le faccie generate dalle rette LH, EF, non che quelle genera- te dalle EL, FH, fra loro parallele; e però il volume di esso sarà eguale al prodotto di -^ EL per la semisomma delle aree delle faccie generate dalle rette LHj EF più il doppio di quel- la generata dalla retta IK parallela ed equidistante dalle stes- se LH, EF. Ma le aree delle superficie generate dalle rette EF, LH, IK sono, per la proposizione settima della Memoria sopra citata, eguale ad ^ (e+/)(3, -i- (Z-f-A) o, ^ (ì-hA)o= j (/-He-H/-+-A)o; adunque il volume del corpo anzidetto eguaglierà 4 (t [e^f^l-^h)^ ^ ( . ^l^f^ h ) ) Ossia ^ ( e -H f-\- h -h l) : 4 ' - l'- espressione che si riduce alla seguente a ■' a . ' ponendovi per/, h, l ì loro valori usati poc'anzi. ' ' ' Ma il volume del corpo generato dal rettangolo EFHL mentre G percorre X è anco eguale a gG Sul Teorema Guldiniano ossia ad oO (-^—7-) ~^Q> ove la Q contiene a, 0 a tre dimen- sioni almeno; adunque sarà — 7-I =: e. -|, 7. Essendo^ per la proposizione relativa alle linee paral- lele già usata replicataraente, e=zA-^x-. GT -+-/•. TE, r equazione trovata nei paragrafi antecedenti si riduce alla la quale insegna^ che, il volume del corpo generato dal tra- pezio ABCD, eguaglia Affdxd/ -H xffGTdxdy -^y f fEiTdxdy; purché le primitive si estendano all'intero trapezio stesso. Ma siccome, estendendo in questa guisa tali primitive doppie, si ha la prima eguale all'area dello stesso trapezio ABCD, eie altre due entrambe nulle ; così il corpo generato dal trapezio medesimo ABCD avrà il volume eguale all'area di esso mol- tiplicata per /l, che esprime la lunghezza della linea percorsa dal suo centro di gravità, come si è enunciato. 8. Quest' ultimo risultamento si può dimostrare anco in quest'altra maniera. Si facciano i rettangoli MRQP, SNQP; e chiamisi u l'ordinata MP corrispondente alla ascissa OP = x della linea AB, F(a;,/i,) il volume del corpo generato dal tra- pezio AMPD mentre il punto G percorre la linea /. Facilmente si dimostra^ che i corpi generati dalle super- ficie MNQP, MRQP, SNQP mentre il punto G percorre l'au- mento a della ^ , hanno i volumi espressi dalle quantità aoF;-4-ecc., — ( w,-f- r-4-/;,-4-^, )PQ. MP-j-ecc, «,-(- /7,-i- ) l'area della SLiperficie generata dalla retta MP , l'equaziono F' = -^ ( m -f-y; ) insegna, che, il volume del corpo in qnistione eguaglia la primitiva rispet- to alla X dell' arca della superficie generato dalla MP ed e- stesa dalla :i- = OD alla a- = OG. Così per essere nulla la primi- tiva di ATT' — rr% r altra relazione F' = ut -^ y ("TP' — MT" ) ci insegna che , il volume medesimo eguaglia la primitiva del prodotto ut, presa anch^ essa rispetto alla x ed estesa come le anzidette. 10. Ora, senza ammettere la restrizione dichiarata quasi sul principio del paragrafo settimo , passerò a dimostrare la quistione di cui si tratta, seguendo un metodo , al quale ap- poggerò , come vedrassi , la dimostrazione della quistione re- ciproca di essa. Si chiamino J, t,u \e coordinate rettangole, per rispet- to a tre assi fissi , del centro di gravità della superficie ge- neratrice, considerata in qualsivoglia sua posizione ; ed ^,/,z le analoghe coordinate di un punto qualunque di essa. Cosi chiaminsi /7 , ^ le coordinate rettangole di quest' ultimo pun- to riportato a due assi rettangolari mohili ed esistenti nella stessa superficie generatrice e passanti per lo stesso suo cen- tro di gravità; e A, esprima la linea percorsa dal centro di gravità per arrivare nel punto corrispondente alle s, t, u. Una leggera riflessione farà comprendere la sussistenza delle tre equazioni X ^=. s -¥- kp -f- B(7 , 2 = K -f- E/7 -4- ¥q, nelle quali le A, B ; C, D ; E , F sono costanti rispetto alle Del Prof. Bordoni 99 p^ q, e funzioni delle s, t, m; giacché esprimono i coseni de- gli angoli fatti dagli assi delle />, q con quelli delle x,y, z. Considerando il volume del corpo , che chiameremo V(/?, q, À), e le coordinate x, y^ z funzioni delle tre quan- tità /l, /», q indipendenti 1' una dall'altra, dalla teorica delle cubature si ha \dXd];uq)—\rx) [ [tp) \d^) ~\ni) wJ"'" \dx) [ [n]) \J^) -(57) \Ì) \ ' e però, siccome le derivate (g) , (^) , (g) . (|) . (-) , i-5| sono ordinatamente eguali ad A, B, G, D j, E , F ; così sarà (,75^>(^^f'-DE)(S)^(BE-AF)(g)-.(AD-BC)(S) / (CF- DE )//'(§) ^^J^- -- (S) = |(BE - AF)//(g) dpdqj<^ [iAB-BC)ff{ifjdpdq ^ ove le tre primitive doppie si debbono estendere a tutta la superficie generatrice. Ma per essere i punti della superficie generatrice inva- riabilmente uniti fra loro, dimostrasi facilmente che (S) =^-^bz-cx, (g) =^H-cx-ez, (^^) =f-^ex - bx , dove è bene osservare, che le a, b, e, d, e, f sono quantità costanti rispetto alle p, q\ per cui si ha i- 100 Sul Teorema Guldiniano J/y^ '^^"^'^ ^ «/M^'^'7 -+- ^ff-dpdq — cffydpjq, ffi^r) ^P'^'i = '^ff'^l^^'l -^ ^ff-^dpdq - effzdpdq , ff^ '^P'^'i —ff^'^P'^'l ^ eJJ'ydpdq — bffxdpdq ; ossia y/(È) ^^^^^ = (^ ^ ^" - '')ff^p^9 = (è) G-. //"(S) '^/'^^ = (^-^ " - eu)fjdpdq= (J) G. //(^) ^^/^^^ = (/-^ ^^ - ^^)//^i^^^ = (S) ^ ' ove G è posta per semplicità in luogo della doppia primiti- va definita f fdpdq cioè dell'area della superficie generatri- ce ; cosi avrassi (S) = g((CF-DE)(£ì)h-(BE-AF)(^)+( AD-BC)(g)) . D'altronde si sa che le tre quantità CF— DE, BE— AF, AD — BC sono i coseni degli angoli fatti cogli assi delle 5, t, u dalla retta perpendicolare al piano delle ^.^^ per cui esse egua- gliano i coseni degli angoli fatti coi medesimi tre assi delle 5, ^, u dalla tangente la linea X nel suo termine corrispon- dente alle coordinate s, t^ w, cioè esse quantità sono rispetti- vamente eguali alle derivate (^1 v (ji)' \JU- Adunque sarà (£)=c((è)V(s)v(s)-), . Da quest' ultima relazione trovata, cioè dallal-jj|= G, osser- vando che a /t= e corrisponde V=o, si desume la seguente Del Prof. Bordoni ioi V = ^G, la quale rappresenta visibilmente la proprietà enunciata e di- mostrata il) parte superiormente. II. Suppongasi la superficie o figura generatrice del cor- po la ABHCLDG {fig. 5. ) qualsivoglia. Si divida nei trape- zj ABFG, BHCEF, e nel segmento GLDC , e triangolo EGD figure tutte analoghe a quella della generatrice considerata qui sopra. I punti I , a , Z , 4 siano i centri di gravità di queste quattro figure e si chiamino A , B , G , D le loro aree , ed a, ^; a , ^ ; a , 3 ; a , 3 le ascisse ed ordinate dei mede- I I a a 3 3 simi centri riferiti ai due assi . . Qx' . . , . . Qy. . passan- ti pel punto Q centro di gravità di tutte le figure stesse os- sia centro di gravità della intera generatrice. II volume del corpo generato da tutta la figura ABCHLDG sarà eguale ad A. A -i-B.B -<-C.C -hD.D ove le A , B , G , D esprimono le lunghezze delle linee 1 I I I ^ ° fra loro parallele percorse dai punti i, 2,, 3, 4- Si ponga in questa espressione in luogo delle A , B ^ G , D i loro rispettivi valori Q -4- a :»;• -f- /9 /•, Q — a x' — /? /■, Q— « x--+-^ y, Q—ax--i-3y, 2, a 3 0 ove Q esprime la lunghezza della linea percorsa dal punto Q , ed essa si ridurrà alla seguente (A-<-B-HG-+-D)Q-t-(Aa — Ba_Ca— Da )x- I a 3 I a ^ ma le quantità, che moltiplicano le x', y, sono nulle; giac- ché esprimono i momenti delle superficie A, B^ C, D aventi 102 Sul Teorema Guldiniano il centro di gravità nella origine delle coordinate a, 3;a , 3 I I «,/?;«,/?: adunque il volume del corpo generato dalla figura ABHCLD, che è qualsivoglia, è eguale al prodotto { A -H B -H G H- D ) Q ; cioè eguaglia l'area della stessa figura generatrice moltiplica- ta pel viaggio percorso dal suo centro di gravità. la. Se nel piano delle rette Ojj^Oj, ove si è supposta la fi- gura ABHCLD, vi fossero altre figure qualsivogliano, e si mo- vessero tutte in modo di conservarsi perpendicolari alle linee percorse dai rispettivi loro centri di gravità, avrebbesi la som- ma dei volumi dei corpi da esse generate , eguale alla som- ma delle aree delle medesime figure generatrici moltiplicata per la lunghezza della linea percorsa dal loro centro di gra- vità. Anzi una proprietà affatto analoga ha luogo anco nel caso, che le figure generatrici non siano nel medesimo piano, purché esse si movano conservandosi unite invariabilmente e perpendicolari ognuna alla linea percorsa dal suo centro di gravità: tutto questo è facile a dimostrarsi dopo le cose esposte. i3. Non ommelterò di far osservare, che dalle proposi- zioni usate per dimostrare le due quistioni costituenti il Teo- rema di Guidino in tutta la sua estensione , risulta , che le cose esposte reggono sempre che le linee e le superficie ge- neratrici abbiano tali movimenti, che le superficie sviluppa- bili alle quali si mantengono tangenti i loro piani non siano toccate dalle effettive generatrici medesime. 14. Sia V il volume del corpo generato nel modo ammes- so nel paragrafo settimo da una superficie piana di area Q ; e siano, K la lunghezza del contorno della superficie gene- ratrice ed S l'area della medesima superficie generata da esso. Se la linea percorsa dal centro di gravità della superfi- cie generatrice del corpo e quella percorsa dal centro di gra- vità del contorno di essa saranno fra loro eguali , evidente- mente avrassi Del Prof. Bordoni io3 V: S=Q: K ossia V=^S; e però, se l'area Q eguaglierà il prodotto del contorno K, per una linea N, sarà V=SN ; vale a dire il volume del cor- po eguale alla superficie convessa di esso moltiplicata per l'a- potema della figura generatrice del medesimo: questa proprie- tà ha evidentemente luogo, quando la figura generatrice sia un cerchio od un poligono regolare. i5. Ora parlerò delle quistioni reciproche alle due espo- ste, cioè del Teorema reciproco di quello di Guidino, e co- mincierò dalla quistione reciproca alla prima delle medesime esposte. Se la superficie generata da una linea piana ha l'area di una qualunque di quelle sue parti, che si possono supporre generate dalla stessa porzione della linea generatrice la inte- ra superfirie, eguale al prodotto di questa porzione della stes- sa generatrice per la lunghezza della linea percorsa dal suo centro di gravità, la linea generatrice sarà dovunque perpen- dicolare a quelle percorse dai suoi punti ; e queste saranno per conseguenza parallele fra loro ed anco a quella percorsa dal centro di gravità della stessa generatrice. Ritengo tutte le denominazioni e dichiarazioni fatte nel paragrafo terzo per la stessa prima quistione , eccettuate le proprietà del parallelismo delle linee r, A, R e la perpendi- colarità di esse al piano della ^ generatrice della superficie. Egli è evidente che tra le ar, /, z e la S area di quel- la parte della superficie , che fra gli estremi ha le linee R, fi, r, sussisterà la relazione usata nello stesso paragrafo terzo cioè la Cosi per essere, come nel paragrafo decimo e per le stes- se ragioni, io4 Sul Teorema Guldiniano e d'altronde s=— fxdyi,, t^— fyd^^u^^ — fzd^, sarà c^ r* f* (?) = 7 ( ^■^"*" ^^-^^^ — ^fxàyi. ) ; e però avrassi ( { }ia -i- bfzdjx — cfydfx )*- (57) ~ ^^ ) ( ^6? -H c/xé/w •- e/zfl?/i )»- ( inf-h efydyL — bfxdyL )* essendoj come è noto Ma dev'essere S= ^ìA ed anco 1^1 =|U 1^1 ; adunqt ( ( fj.a -i- hfzdfjL — cfydfx )'-t- 1 (S)=^^) {iid^cfxdjx— efzd^Y^ / ' . ( iiif-^efyd^ — bfxdiiY. ) Quest'ultima relazione, dovendo sussistere qualunque sia ^, somministra la seguente ( [a-i-bz — cy ){ ^a-i- bfzdu — c/yd(i ) -+- j (^)= i/}{d^cx-ez)i^d^ cfxdfi - efzd(i )-H ( : (g) .... , ( {f-i-ey — bx){^f-^efyd(i — bfxdfi) ) ossia me sarà Del Prof. BoiinoNi jo5 diviso per la radice quadrata di yr l-^] -Hfi"l-^j -h^ìM:^ / Cloe Quindi, affinchè abbia luogo la proprietà ammessa nel teore- ma di Guidino , dovrà sussistere la equazione e conseguentemente anco la seguente l/[{xy-yxy^{xz- z'xy^ (y'z-zy, Y ] : (f ) , la quale significa, che, il seno dell'angolo compreso dalle tan- genti le linee R , À nei loro punti corrispondenti alle coordi- nate x , s eguaglia il seno di quello compreso dalla medesi- ma tangente la R e la tangente la y nello stesso punto loro comune. Indicarò questi due angoli rispettivamente coi sim- boli RÌ, R^. Riflettendo, che, r equazione qui trovata ossia la proprie- tà di essere cos.R/l, = sen.ll^, deve aver luogo qualunque sia r altro termine della u ossia qualunque parte y sia della linea generatrice della superficie, e che col diminuire la jj., avvicinan- do l'altro suo termine al termine comune colla R, 1' angolo R/l deve finalmente annullarsi, si comprenderà, che le rette tangen- ti delle differenti linee analoghe alla A debbono essere tutte parallele alla suddetta tangente della R, ossia che dev'essere senati = I cioè retto l'angolo ^uR, qualunque sia la ^ ; ed anco comprenderassi , che debbono essere le tangenti delle linee analoghe alla R corrispondenti a differenti valori della fi tutte fra loro parallele. Anzi, dovendo essere l'angolo (.ilì. ed ogni suo analogo retto , esse saranno nei corrispondenti piani normali alla linea y, i quali sono tutti perpendicolari allo stesso piano di essa medesima; vale a dire, le tangenti delle linee II debbono essere parallele fra, loro ed in piani Tomo XX. «4 - . io6 Sul Teorema Gui.diniano perpendicolari al piano della ^ generatrice della superficie , e conseguentemente saranno esse pure perpendicolari al pia- no di questa medesima linea, o ciò che è lo stesso^ le linee percorse dai punti della generatrice di una superficie per la quale sussista la proprietà Guldiniana, saranno parallele fra loro ed anco parallele alla linea percorsa dal centro di gravità di qualsivoglia parte della medesima linea generatrice; il che è appunto quanto si è dichiarato superiormente. i6. In ultimo passo a dimostrare che, se un corpo gene- rato da una supeificie , ha il volume di una qualunque sua parte compresa tra due posizioni della superficie generante eguale al prodotto dell'arco della superficie stessa per la lun- ghezza della linea percorsa dal suo centro di gravità nel pas- sare dall' una all' altra di queste posizioni , la superficie ge- nerante il corpo si manterrà costantemente perpendicolare al- la stessa linea percorsa dal suo centro di gravità; sia poi che essa roti o non roti intorno di questa linea medesima. Ritengansi qui pure tutte le denominazioni e condizioni già usate per trattare la quistione diretta nel paragrafo de- cimo , eccettuata la condizione che la superficie generante mantengasi perpendicolare alla linea percorsa dal suo centro di gravità. Comunque si mantenga la superficie generatrice del cor- po rispetto alla linea percorsa dal suo centro di gravità, me- diante le considerazioni occorse nel luogo dianzi citato, si di- mostra che (S)=[(FC-ED)(£)-^(BE-AF)(è)-^(AD-BC)(S) ] G. La proprietà che si deve verificare dà l'equazione \=ÀG, la quale dovendo sussistere qualunque sia la /l, somministra la e però dovrà essere soddisfatta la seguente equazione [(FC-ED)(g-)4-(BE-AF)(£)-t-(AD-BC)(g) ] G = G X,,. /, //,.,„ ,/ ,„,,^,„ >-..- .v^./ .y AV/ >';./, / G H T li N. : B L A; I) ^ p X^ ~ B \ -^^ / y'; fi '". \ i -Y V /.•\ E\ ^^— - ^ r,^ 3 /•\.y S B/ ^^X ■^ ■ 1 1 - fi ■J L Del Prof. Bordoni 107 ovvero la (FG-ED)(è)-^(BE-AF)(è)-H(AD-BC)(S) = 1. Ma i hinomj CF— ED, BE— AF, AD— BC, come si è già detto , eguagliano i coseni degli angoli fatti cogli assi delle coordinate x, y, z da una retta perpendicolare al piano à.f\- \& p, q ossia della superficie generatrice, ed i simboli (tt)j (31) ' (il) esprimono i coseni degli angoli fatti coi medesimi assi dalla tangente la ^ nel suo termine corrispondente alle coordinata s, t, u; adunque per la equazione qui sopra espo- sta cioè per la (FG-ED)(g-)+(BE-AF)(è)-H(AD-BC)(S) = r quest' ultima tangente e la retta anzidetta saranno fra loro parallele ; vale a dire il piano della superficie generatrice del corpo per cui si verifica la suddetta proprietà Guldiniana , sarà costantemente perpendicolare alla linea percorsa dallo stesso centro di gravità di essa^ come si è enunciato. io8 INTORNO ALLA LATITUDINE DI MODENA MEMORIA fi ili ; ' Del Signor ì' <\'vU t-!--^ PROFESSORE GIUSEPPE BIANCHI ■ -'' '' Presentata il dì aa. Gennaj'o i8ai. Dal b oci o SIC. PROF. GIUSEPPE TRAMONTINI , • E APPROVATA DAL SOCIO , vj ' : 1 J . I .' ' ' ' , ■ A.'.i ■ ' ' ' • SIG. GAV. AB. ANGELO CESARIS. JLia investigazione astronomica della latitudine di un luogo terrestre è teoricamente , come ognun sa , un facilissimo problema di sfera; ma esigendosene la pratica esatta soluzio- ne , gravi e molte difficoltà vi si incontrano , le quali non si tolgon di mezzo generalmente, se al miglior perfezionamen- to non sieiio condotti gli stromenti delle osservazioni e i me- todi approssimativi del calcolo. Dopo i recenti e grandi pro- gressi nell'arte di costruire gli stromenti d'Astronomia sem- brerebbe che nulla rimanga a desiderarsi; e infatti ove si possano e si sappiano tali stromenti adoperare, gli errori del- le osservazioni sono ridotti a quantità, per cosi dire, evane- scenti, e la Scienza ne è divenuta conseguentemente quasi una parte di Matematica infinitesimale . Qualora poi non si possano impiegar nelle osservazioni che piccoli ed imperfet- ti stromenti , anche il problema pratico della latitudine de- vesi al calcolo proporre coli' enunciato ,, dato un certo nu- mero di osservazioni mediocremente buone dedurne con preci- Del Sic. Prof. Giuseppe Bianchi log sione la latitudine „ Tale è il problema che nelle mie circo- stanze io mi proposi, e che somministrò argomento a que- sto mio scritto , che al giudizio presento degli astronomi. Ma prima di entrar nel processo delle mie operazioni siami leci- to un breve cenno di quanto è stato fatto e riferito intor- no alla latitudine di Modena. Secondo il famoso Astronomo di Alessandria, Tolomeo., Modena è situata a 43-° 4<^.' di latitudine boreale ^ e forse questo erroneo valore fu ritenuto, o piuttosto fu anch'esso trascurato ne' secoli della barbarie , come qualunque altro punto delle cognizioni scientifiche. Nell'anno i645 l'illustre Gesuita P. Francesco Maria Grimaldi riuscì a determinar la latitudine Modenese e la trovò 44-° 4*^-' ^^ i^ celebre di lui Collega e Compagno il P. Riccioli dubitò dell' esatt&zza di tale determinazione , poiché il Grimaldi avea senz' alcuna assistenza eseguite le proprie osservazioni ( Vegg. V Almage- stum noviini T. I. parte i ." pag. òo. e parte a." pag. 35r. ). Nella Geografia riformata del medesimo Riccioli si trova per la torre maggiore di Modena ( Lib. Geoplaticus pag. ago. ) Altitudo poli accuratissima 44-° 2^- 5o."^ e qualche espres- sione farebbe credere che il dottissimo Autore abbia egli di- rettamente ottenuto un simil valore^ che vien ripetuto nel Libro Mecoplaticus ^a^.^id. Per altro nel V.° Libro Geome- tricus , Cap. ay. num. a. parlando Riccioli delle sue operazioni fatte nel Settembre dell'anno i654, soggiunge rispetto alla tor- re suddeAta „ cujus altitudo poli ex recentioribus observationibus datar 44.° 38.' 5o". In realtà venuto a Modena il Riccioli col Grimaldi nel giorno 16. Settembre di detto anno, osservò dal- la nostra Ghirlandina le due stelle a Lira ^ e a Cigno; ma r unico scopo di tale osservazione fu di conoscere 1' arco celeste fra i due zenit di Modena e della Casa di campagna de' PP. Gesuiti a Serra di Monte Paterno. Non sapendo io per- ciò decidere la quistione , se Riccioli abbia cioè osservato la riferita latitudine, rifletterò solamente ch'Egli ebbe ragione di chiamarla accuratissima^ come si vedrà. .„ no Intorno alla Latitudine ec. Il Marchese Cornelio Malvasìa neir Appendice alle sue Ephemerides novissìmae motuum coelestium pubblicate nel 1662. in Modena alla pag. 187 riferisce due osservazioni del- la stella polare fatte da lui con un Quadrante di quattro pie- di romani di raggio. La prima di esse fu fatta in hortìs no- stris il IO. Gennajo 1662, e ne risultò per la latitudine 44-" 38.' a5" . La seconda istituita l'ii. Novembre dello stesso anno in Specula nostra astronomica prope moenia civitatis Mutinae ( questa Specola sorgeva in un baJoardo della Città, e propriamente in un luogo denominato la Cà del vento nel- la parte settentrionale della Città stessa ) diede la latitudine 44-° 37.' 45". L' illustre osservatore stabili quindi per media sua latitudine 44°- 38'. , trovandosi in ciò d' accordo coU'im- mortale Cassini: pag. i53. delle stesse Effemeridi. Il dotto P.Gaetano Fontana, Teatino e Modenese, nel suo Libro Institutio physico-astronomica etc. uscito in luce l'an- no 169S. alla pag. 1 35. intese di correggere la latitudine data da Riccioli , adducendone per motivo Sed quia ìpse refractio- nibus non utitur majorem vera ponit ,e\a ridusse a 44-° ^8'. 14"; e in un' altra sua Opera Animadversiones in liystoriam jacro-/'oZiffca??z pubblicata nel 17 18. correggendo egli la latitu- dine di Bologna trovata da Cassini, inferì che quindi la latitudine di Modena dovea farsi di 44°- ^8'. ^o",paucis ne- glectìs secundis de quihus certitudo non habetur ( Appendice pag. 18 ). In un Opuscolo del Rizzi-Zannoni intitolato Essai gèograpliique sur une Carte generale de V Alemanne trovasi ( pag. 79. ) che nel 1709. e 1712. il R. P. Fontana Teatino prese molte altezze meridiane del Sole che determinarono V altezza del Polo per Modena 44°- ^o'. 5o", precisamente la stessa che ritrovò il P. Riccioli mediante V intervallo fra il Verticale del Monte Paterno e della Torre di S. Geminiano di Modena determinato colle osservazioni della Lira e del Cigno; ma io non ho potuto rinvenire simih osservazioni del Fontana, e duolmi altresì che siasi tanto dimenticato il me- rito e il nome del modestissimo Teatino , del quale diceva Del Sic. Prof. Giuseppe Bianchi IH il Cassini che fra quante osservazioni riceveva da varii grand' Uomini erano quelle del P. Fontana le più esatte e le più puntuali (Vedi Gioni. de'Letter. d'Italia. T. XXXIII. parte I.°). La latitudine Modenese riferita dal Riccioli fu adotta- ta da M.' d' Anville nella sua Analisi geografica dell' Italia pag. 62. e segg. in preferenza del valore 44-° ^4-.' ^^^ ivi si dice attribuito alla stessa latitudine dalla Connoissance des Tems di Parigi. Le conosciute posizioni astronomiche di Bo- logna e di Ferrara , e il triangolo terrestre formato e misu- rato fra Modena e le dette due Città oifrono argomento al d' Anville per 1' indicata preferenza , e soggiungasi anzi che la vera latitudine di Modena, piuttosto che minore, dee ri- putarsi maggiore della determinazione di Riccioli. Passando sotto silenzio altre citazioni , non posso dissi- mulare un qualche mio stupore nel vedere assegnato alla la- titudine di Modena il valore 44-" '^4 • *^^ •^^i celebre astrono- mo italiano, che dimorò in questa medesima Città per alcuni anni; se non che mancando egli quivi di mezzi per le ce- lesti osservazioni, reputò poi inutile per avventura il discu- tere e offerire nella sua elegante operetta una più precisa quantità per la latitudine Modenese ( Vedi Notizie astrono- miche per r uso comune. Modena 1802. Tom. II. pag. 247. ). Finalmente il si benemerito e chiarissimo Astronomo Sig. Bar. di Zach nel suo Giornale Correspondance astronomique etc. che si pubblica a Genova , richiamò fin dal fascicolo 4-° Novembre 181 8. pag. 4^3. la discussione della geografica po- sizione di Modena. Egli osservò da Bologna nel giorno i3. Ottobre 1808. 1' azzimut della torre maggiore di Modena, e sulla nota distanza delle due torri Gìùrlandina e degli Asi- nelli dedusse la latitudine della prima di esse torri , e la ri- trovò concorde colle operazioni di Riccioli ( Vegg. il citato e il fascicolo 6.' Dicembre bis. 1818. pag. 894. ) . Variando poscia gli elementi del calcolo fu dal medesimo Astronomo la latitudine di Modena alquanto diminuita nel fascicolo i." Gennajo 18 19. pag. 87., e da ultimo facendosi questione iia Intorno alla Latitudine ec. nella triangolazione di Toscana e di Lombardia fra le opera- zioni de' chiarissimi Astronomi P. Inghirami di Firenze , e Sig. Briose/li, si trovò impegnata nella controversia anche la latitudine della Ghirlandina {Yed'i (asc'ìcoIo 2,.° Agosto 18 r 9. pag. 145. e seguenti ). Il suUodato Sig. Barone di Zach riu- scì veramente a togliere tutte le differenze e ne fece quin- di risultar la latitudine della Ghirlandina = 44° 38'. 58", 6 ; ma r ipotesi a tal fine immaginata , oltre all' essere in se stessa affatto gratuita, è stata poi anche provata falsa da chi ha potuto riconoscere ed esaminare le autentiche relative posizioni estratte dall' L Reale Istituto geografico militare di Milano. Da questi cenni due conseguenze compiacciomi di rica- vare : la prima , che mi sembra aggiungere onore alla mia patria , è che quantunque Modena non abbia offerto giam- mai stabile sede all' Astronomia , pure 1' argomento del- la sua geografica posizione si direbbe quasi accompagnare i fasti dell'astronomia stessa: la seconda, che serve di ec- citamento alle mie indagini ed applicazioni, è che appunto interessar deve la curiosità il fissare con eccellenti astrono- miche osservazioni la geografica posizione anzidetta. L' una però e 1' altra di tali conseguenze non può avere il suo pie- no compimento , se non vanti anche Modena un buon osser- vatorio astronomico, la qual condizione , divisata già nelle sag- gie e splendide cure di S. A. R. il mio clementissimo Sovra- no , fra non molto vedrassi effettuata. Fin dall'anno 181 5. profittando io di qualche tempo di autunnale assenza da Milano , dove per Sovrana amorevole protezione io riceveva educazione astronomica nelF I. R. Os- servatorio di Brera , feci alcuni tentativi per conoscere colle osservazioni la latitudine di Modena; ma tutto allora man- cavami , e quindi nulla di buono raccolsi in proposito. Fu nello scorso anno 1819. che acquietai, col placito della su- periore Autorità, un orologio di Grìndel con pendolo a com- pensazione , a regolar il quale ottenni poscia di poter ado- Del Sic. Prof^ Giuseppe Bianchi Ii3 perare un quadrante mobile di Birri di circa 1 1 pollici di raggio. In questo istromento ^ che appartiene di proprietà al Gabinetto tìsico della R. nostra Università , il chiariss. Sig. Prof. Amici sostituì un buon canocchiale acromatico al pes- simo die vi si ritrovava, dopo di che mi accinsi tosto a va- lermene. Riconosciuta la regolarità dell'orologio con quasi quoti- diana osservazione di altezze corrispondenti del Sole , mi ven- ne in pensiero di determinar la latitudine con molte osserva- zioni da trattarsi con varii metodi di calcolo , poiché racco- gliendo infine da ciascun metodo un medio risultamento , il confronto di questi medii mi avrebbe somministrato un cri- terio per assicurarmi del più giusto valore. Uno però di tali metodi mi sembrò sicuro abbastanza per affidarmivi quasi in- tieramente, e di questo soltanto mi occuperò nella presente Memoria . Proposto il detto metodo ,. e illustrato da egregii Astronomi, e anche recentemente seguito dal chiar. Prof. San- tini ( T. XVI. degli Atti della Società Italiana ), esso consiste in ciò che segue: Sia H la cercata latitudine, e per un dato istante siano P l'angolo orario i D la declinazione > apparenti di un astro. h V altezza \ Il primo canone trigonometrico somministra 1' equazione sen.A := sen.D sen.H ■+■ cos.D cos.H cos.P. Se l'orologio è ben regolato, l'angolo P che se ne dedurrà^, non avrà che un piccolo errore K, e potrà farsi COS. (P-f-K) = cos.P — Ksen.P laonde l'equazione suddetta, contemplandovi l'errore dell'o- rologio, si cangia nella seguente sen./j:=sen.Dsen.H-Hcos.Dcos.Hcos.P — Kcos.Dcos.Hsen. P (A) L' osservazione dunque di tre o più stelle conosciute, che ar- rivino alla stessa altezza h in diversi tempi, fornirà per mez- zo delle rispettive equazioni (A) la determinazione delle in- Tomo XX. i5 I i4 Intorno alla Latitudine ec. cognite h, K ed H. Avverto per li segni delle quantità che D, se è australe^, si prenderà con segno negativo, e con po- sitivo se boreale. Così se in una serie di osservazioni s'incon- trino angoli orarli orientali e occidentali, converrà distingue- re nel segno gli uni dagli altri , a motivo di K che in uno de' due casi deve aggiungersi e nell'altro togliersi all'angolo P assoluto. Sarà poi indifferente il prender P, oppure K po- sitivo piuttosto nell'uno che nell'altro senso. Passando a dire delle mie osservazioni , il luogo , dove le istituii , fu nella mia casa , la quale situata pressocchè conti- gua al R. Ducale Palazzo dev' essere alquanto più boreale della Ghirlandina. Il mio quadrante, collocato sopra un ta- volino , al cielo presentavasi ora da una finestra ed ora da un' altra delle mie stanze . Ogni volta prima di cominciare l'osservazione io livellava l'istromento , col mezzo di un suf- ficiente livello a bolla d' aria , che è annesso al quadrante ; ma questa rettificazione è grossolana, e perciò l'artista ag- giunse un filo a piombo, segnandone alle due estremità j armate di microscopio, il raggio verticale, e fece mobile in- torno ad un punto , col mezzo di una chiave , il piano del quadrante. Ad ogni osservazione fui quindi attento per l'e- satta posizione del filo a piombo . Fissata poi colla vite di pressione sul lembo l'altezza del canocchiale, io notava, ol- tre 1' istante dell' orologio in cui le stelle pervenivano alla intersezione dei fili nel centro del campo, anche l'apparente loro carattere di grandezza , e 1' azzimut , che è dato in un piatello orizzontale dello stromento colla precisione di 3 in 4 minuti. Così riferendo a stelle di nome conosciuto quelle , che io non poteva al momento riconoscere, ebbi sempre maniera di calcolarne la posizione e di ravvisarle nel Catalogo indu- bitatamente . L' illuminazione dei fili facevasi per uno spec- chio traforato di carta bianca, che io applicava all'objettivo del canocchiale , diriggendo io medesimo con una mano il ne- cessario lume . Che se le mie osservazioni potevano meglio Del Sic. Prof. Giuseppe Bianchi Ii5 riuscire , spero di riscuoterne un pò d' indulgenza per aver io dovuto far tutto da me solo. Altro non mi rimane a premettere , se non ciò che ri- guarda r esposizione del calcolo numerico. Nel riferire le os- servazioni dichiaro che mi sono fatto legge della maggiore sincerità, non alterando in minima parte le quantità trascrit- te all'atto stesso delle osservazioni . Le posizioni vere delle stelle sono tutte ricavate dall' ultima edizione del Catalogo del celebre P. Piazzi. Quanto all'aberrazione e nutazione in Ascension retta e in declinazione per dedurne le posizioni ap- parenti, mancando io delle moderne tavole opportune, le ho calcolate colle formole note agli Astronomi . Ho trascurato soltanto la nutazione solare, perchè nelle mie circostanze una cosi piccola quantità non valeva per avventura la fati- ca di applicarla. Trattandosi per altro che alcuna delle stel- le osservate appartiene al numero di quelle 34 stelle di Maskeline., delle quali è stata colla massima accuratezza ve- rificata e stabilita la più giusta posizione, per queste ho cal- colato r aberrazione, e nutazione lunare e solare colla tavo- la di elementi costanti riferita ( secondo il bel metodo pro- postone dal Bar. di Zach ) nelle Effemeridi di Milano per l'anno 1817., e riprodotta ancora ne' seguenti Volumi delle stesse Effemeridi. Trovati da ultimo i coefficienti numerici delle equazio- ni (A), ho creduto, se non vantaggioso, per alcuni casi almeno indicativo il trattare le equazioni stesse con doppio metodo, con quello cioè delle semplici combinazioni di eliminazione, e coir altro de' minimi quadrati. Frattanto seguono le os- servazioni , avvertendo che 1' orologio è sensibilmente rego- lato al tempo sidereo. ij6 Intorno alla Latitudine ec. /. Sera 17. Giugno i8ao. Stelle Tempi dell' Ascens. rette Declinazioni orologio apparenti apparenti I. a Cigno a. 35 m Cigno 3. 57 C Serpente 4. 74 /i Vergine 5. 99 t Vergine i4.''4..' o",6 14. 54. 54, 3 i5. i4- 27,4 i5. 5.3. a5, I 16. 38. 40, 0 .3o8.°49.'5a", 41 3o2. 56. 3i, 55 267. 45. 18, 04 200. 39. 36, 04 21 j, 39. 19. 4^ 44.''38'. i9",!2B 34. 25. 5i, ac B 3. 40. 17,68 A 5. 19. 33, 45 A 5. 8. 8, 17 A Al mezzodì vero di questo giorno 1' orologio avanzava sul tempo sidereo di 2'. 53" , 6 , e avea un ritardo diurno di 3o", o. GÌ' istanti delle precedenti osservazioni furono presi ad un cronometro e ridotti all' orologio mediante un buon numero di accordi vicini alle osservazioni stesse. Dopo aver osservate le prime tre stelle traslocai il quadrante , e ciò mi riusci senza sensibile pi-egiudizio della comune altezza. Per- tanto si trova (i) . . sen.A := -+- o, 7026330. sen.H -+- o, 0092415. cos.H -t- o, 71 149^3. K COS. H (a) . . sen.A = -+- o, 5654i 17. sen.H ■+■ o, 144762,1. cos.H ■+- o, 8120060. K cos. H (3) . . sen.^ = — o, o64o374- sen. H -h o, 7665394- cos.H -H o, 6389964. K cos. H . (4) • • sen.A = — c^ 0928219. sen.H -+- o, 7949480. cos. H — o, 5995348. K COS. H (5) . . san. A = — o, 0895133. sen.H ■+■ e, 7918102. cos.H — o, 6041 720. K COS. H. Trascurando le combinazioni a piccole differenze di declina- zione si hanno le seguenti (l) -(.) (') -(3) (') -(4) (ij -(5) (2) -(3) (a) -(4) (2) -(5) Del Sic. Prof. Giuseppe Bianchi 117 . ■+■ tang.H — o, 9876060 — o, 7824933. K = o . -H tang.H — o, 9877752 -+- o, 0945594. K = e . ■+■ tang.H — o, 9877450 -+- i , 6481472. K = o . -+- tang.H — o, 9879092 ■+- 1 , 6608853. K = o . -t- tang.H — o, 98781 19 •+• o, 2748589. K = o . -H tang.H — o, 9877789 -t- 2, 1444369. K= 0 . ■+- tang.H — o, 9879727 ■+• 2, i6235i5. K =0. L'osservazione della stella 5 sembra inchiudere un errore al- quanto sensibile;, e ommettendo perciò la quarta e la setti- ma delle precedenti equazioni, si sommino a parte le a." S.** e 6.'^; indi la i." e la 5." moltiplicata per a. Si avrà cosi -t- 3 tang.H — 2, 9682941 -l- 3^ 8871435. K = o -h 3 tang.H — 2, 9682298 — o, 1927755. K =0 donde K ^ -f-o, ooooi58 , e quindi sostituendo nelle indica- te equazioni H = 44." 38.' 35", o = . . . 5i, 3 = . . . 45, 6 = ... .54, 8 = • • • 47. 8 e per media . . . 44- 38. 46, 9 Operando invece col metodo de' minimi quadrati, e non riget- tando , come abbiam fatto , le equazioni quarta e settima ^ 8Ì trova -»- 7 tang.H — 6, 9145989 -t- 7, 2527459. K = o ■+• 7,2527459 tang.H — 7j 1648140 ■+■ i5, 3708409. K =: o dalle quali equazioni si ottiene K = -H o, 00007 loi H = 44." 88.' 46", 6 - % Ii8 Intorno alla Latitudine ec. Colla sostituzione di questi ultimi valori finalmente si ha . A=3o.° I.' a8", 3 = 26, Q = 33, 5 = i4> 7 = 36, 8 //. Sera 3. Luglio. Stelle I. a Vergine a. /? Leone 3. ^ Pegaso Tempi dell' orologio 16.* 6'. 5", 8 16. 3o. 53, 5 17. 18. 8, e Ascens. rette app. 198.° 56'. i4", ri 174. 58. 23, 45 34:3. 46. 19, 38 Declinazioni apparenti io.«i3'. i8",27 A (5. 34. ^o, 77 B 27. 6. 36, 09 B. L' orologio al mezzodì vero di questo giorno era indietro dal tempo sidereo di i'. 19", 5, e il suo diurno ritardo fu ri- trovato di ii"j6. Anche nelle osservazioni qui accennate mi servii del cronometro , e col mezzo di parecchi accoi'di ridussi gì' istanti notati all' orologio . Nel tempo delle osservazioni soffiò un vento piuttosto forte, il quale per altro non impe- dì le mie operazioni . Il Quadrante poi non fu traslocato . Queste cose avvertite , si ha (i) . . sen7i = — o, 1774683. sen.H •+■ o, 7ao4535. cos.H -4- o, 6703563. K COS. H (2) . . sen./i = -H o, 2685499- sen.H -+- o, 2800168. cos.H ■+■ o, 9216680. K COS. H (3) . . sen.A = -4- o, 4557007. sen.H -+- 0, 0948015. cos.H — o, 8850704. K COS. H donde si ottengono le seguenti Del Sic. Prof. Giuseppe Bianchi iiq (a) — (i) . . . -+- tang.H — o, 9875080 ■+■ o, 5634687. K = o (3) — (1) ... -I- tang.H — o, 9881435 — a, 4566i34. K = o e quindi risulta . . . K = — o, ooo2io4; H = 44° 38'. 35",9 h = aa.° 49'. 3", 7. ///. Sera 8. Luglio. Stelle Tempi deir orologio Ascens. rette app. Declin. apparenti I. 47- Orsa a. 45' 0 Orsa 3. ^ Orsa magg. 4- a Boote 17.A 5'. 5", 0 17. II. ao, 0 18. 33. 6, 3 19. a. 16, 7 162.° ao'. 44''' ^ 160. 53. 58 , 5 162. 44. 4,7 21 r. 5a. 17 , 7 4i.°23'.a6",4B 44, 8.5i,7B 57. 20. 5i, 4B 20. 7. ai, a B. In queste e in tutte le osservazioni, che riferirò appresso, non mi servii più del cronometro, ma riferii immediatamente i tempi all'orologio , il quale a mezzodì vero era oggi indietro dal tempo sidereo di 2'. 17", 3, e ritardava di io", 7 per giorno. 11 Quadrante non fu traslocato. Pertanto si troverà (i) . . sen.h = -4- o, 6611897. sen.H — o, 0590682. cos.H — o, 7478898. K COS. H (a) . . sen.h = -1- o, 6965103. sen.H — e, 0939638. cos.H — 0, 71 13678. K COS. H (3) . . sen./i = -4-0, 8419594. sen.H — o, a3766ii. cos.H — 0,4843776. K COS. H (4) • • sen./i = -+- o, 3440294. sen.H ■+■ o, 2542075. costt — Oj 9038924. K COS. H. Sottraendo successivamente una dall' altra queste equazioni , e alle sei combinazioni , che ne risultano , applicando tosto il metodo de' minimi quadrati , si ottengono le seguenti lao Intorno alla Latitudine ec. -+-0,5278434. tang.H — o, 5ii4i58-+-o, 4081686. K ■+■ o, 4081686. tang.H — e, 4o3ao33 -h o, 3596928. K e risolvendole K = -1-0, 0001978; H = 44.° 38'. 39", 6. Quindi per ordine si rinviene o o h = 24." 59' 3o". 7 ■■'i -: = 3o, I . ■ -. '' = 3o, 4 ■■'- = . . . . , 3o, 3 a «:'..!..■ .. ■' ' IP'. Sera 18. Luglio. Stelle Tempi dell' Ascens. rette Declin. orologio app. apparenti 1. a Scorpione i6.''24'. 4c", 4 2/j^.°36'. 32",o 26." i'.34",8A a. a a Libra 17. 21, 5i, rt 220. i4- 32, 9 i5. 17. 26,4A 3. 41 Chioma di Ber 18. 56, 28, 5 194. 38. 20, 6 28. 35. 35.9 B 4- »? Boote ig. 8. 18, 0 206. 82. 7j I 19. 18. 9,8 B 5. a Boote 19. 32. 44, 7 211. 52. i5, 8 20. 7. 2 [,96 6. a Serpente lio. IO. i, 6 233. 5i. 36, 9 6. 59. 48,0 B. Il tempo sidereo al mezzodì vero di questo giorno a- vanzava suH' orologio di 4 • 4' i 4» ^ ^^ ritardo diurno dell' orologio stesso era di io", i. Dopo T osservazione delle pri- me due stelle il quadrante fu trasportato e livellato di nuo- vo senza toccare il canocchiale . Si hanno , ciò premesso , le equazioni (i) . . sen.h = — o, 4386716. sen.H -t- o, 8977854. cos.H — o, o4o65i8. K cos. H (2) . . sen.h = — o, 2687158. seu.H ■+• o, 7251695. cos.H ;;'^ —o,ó36o686.K cos.H Del SiG. Prof. Giuseppe Bianchi lai (3) . . sen.h = -t- o, 4785,880. sen.H — o, 007929 1 . cos.H — o, 8780083. K COS. H (4) . , sen.A := -H o, 33o5583. sen.H -+- o, 1882398. cos.H — o, 9336064. K COS. H (5) . . sen.A = -H o, 344082,6. sen.H -1- o^ 1349848. cos.H — o, 9806090. K COS. H (6) . . sen.A = -{- o, 12,181 15. sen.H ■+• o, 34444o'- cos.H — o, 9808733. K COS. H. Si combinino queste equazioni colle successive eliminazioni semplici di sen.A^ e trascurando la sola combinazione (2) — (i), e applicando all' altre quattordici la correzione de' mi- nimi quadrati , risulteranno le seguenti -+- 4, 0431489. tang.H — 3,9918768 — 3, 3662514. K = o — 3, 3663514. tang.H -+■ 8,3248943 ■+■ 8, 4124865. K = o le quali equazioni somministrano K = H- o, 0005648 ; H = 44.° 38'. 5i", 4. Sostituendo i trovati valori, finalmente si. ha h= 19.° 17'. 6", 8 = 20, 9 = 195 9 = 7^ 1 -, = 8, o = 8, a ..■.") ì ■ Tomo XX. 16 laa Intorno alla Latitudine ec. V. Notte ai. Luglio. Astri Tempi dell' orologio Ascens. rette apparenti Declinaz. apparenti I. ?p Orsa magg. a. a Corona bor. 3. À Aquario 4. Giove 5. Saturno 19.'' 3o. i5",3 ■20. 3. 5o, 8 io. 59. 58, 0 11. i3. 5o, 0 21. 46. 59, 8 iioS.'^ 6'. 49", o3 23 1. 46. 2,8, 09 340. 43. 53, ()0 354. 16. 19, 5 i3. 16. 4-0, a 5o.;ia'.55",a6B 117. 19. 33, 65B 8. 3i. 5o, loA 3. 58. 34,8oA 3. 3. la, 0 B. Oggi al mezzodì vero il tempo sidereo avanzava suU' orolo- gio di 4- 3456, e il ritardo diurno del pendolo era io", i. Le prime due stelle furono osservate in una stazione , e le ultime tre in un' altra senza cangiar 1' altezza del canocchia- le . Debbo dire ancora come ho ricavato le posizioni appa- renti di Giove e di Saturno . Quanto al primo cioè a Giove ho preso immediatamente 1' ascension retta e la declinazione del Pianeta calcolate dal chiariss." P. Inghìramì e riferite nel 6.° fascicolo Giugno i8ig. della Corrispondenza astronomica del cel. Sig. Bar. Zach. Ho soltanto applicato a tali elemen- ti una piccola riduzione dovuta al moto proprio del Piane- ta corrispondentemente all' angolo orario del Pianeta stesso neir istante della mia osservazione , e alla difFei'enza de' me- ridiani Ira Parigi e Modena , giacché 1' Effemeride Fiorentina è calcolata per il meridiano di Parigi. Quanto a Saturno ho cominciato dal ridurre il tempo sidereo ai''. 5i'. 4*^ ' ^ ^he corrisponde all'istante dell'osser- vazione in tempo medio ^ il quale risulta ^, ai Luglio i3''. Sa'. ST'j o a Modena „ ossia „ ai Luglio i3''. 18'. 3i" a Pa- rigi „ e infine per addattarlo alle tavole ,, aa Luglio, o.* 54' • 53" tempo decimale a Parigi „ . In tale istante un mio dol- cissimo Amico il Sig. D. Gabrio Pìola Dott. di Matematica, e Allievo dell' 1. R. Osservatorio astronomico di Milano ritro- vò colle tavole del Sig. Bouvard i seguenti elementi di po- sizione vera eliocentrica Del Sic. Prof. Giuseppe Bianchi ia3 Long, di Sat. = 7.''36'. 54",9 Latit. . . . = a. a4. 47 5 7 australe Log. distanza al Sole^ =0,9760986. Interpolando sulla Effemeride Milanese per il corrente anno il luogo del Sole risulta dalle forinole note la posizione vera geocentrica come segue Long, di Sat. = i3°. 33' 24'., i Latit ^ a . 29. 54 5 o australe Log. distanza alla terra = o,96io585 r aberrazione si trova in longitudine = — a",6; in latit. = — o",i e la nutazione è -+- a", 2. Quindi si ottengono Long, di Sat. = 1 3.° 33'. 23", 7 ) Latit. . . . = 2. 29. 53 , 9 ) "" Con questi ultimi elementi e coli' apparente obbliquità = 23.° 27'. 55", 7 si trovano 1' Ascension retta e la Declinazione del Pianeta che ho riferite. Ora procedendo col metodo consueto si avrà (i) . . sen.h := -\- o, 7684550. sen.H — o, 0068639. cos.H -t- o, 6398667. K cos. H (a) , . sen.^ = -+- 0, 459o53i. sen.H ■+■ 0, 29871 18. cos.H -+- o, 8366846. K cos. H (3) . . sen.^ = — o, 1483373. sen.H -t- o, 8987724. cos.H — Oj 4i2558o. K cos. H (4) . . sen.h =: — Oj 0693444- sen.H -+- o, 8206934. cos.H — o, 5671455. K cos. H (5) . . san. A := -f- Oj o53a655. sen.H ■+• o, 6995777. cos.H — 0, 7125688. K COS. H. Queste equazioni somministrano '^iÌ^'h;: ìoi«V 1^4 Intorno alla Latitudine ec. — (2) . . -»- tang.H — 0, 9876335 — o, 63612,37. K := o — (3) . . -+- tang.H — o, 9878317 -+- i, i4794i3. K = o — (4) . . -t- tang.H — O5 98777.50 -+- I, 4406934. K = o — (5) . . -+- tang.H — o, 9877687 ■+- i, 8910174. K = o — (3) . . -4- tang.H — o, 98793^2, -h 2,, 0567376. K = o — (4) . . -t- tang.H — e, 9878580 -4- a, 656769 1 . K = o a) — (5) . . _)_ tang.H — o, 9878715 -+- 3, 8178935. K = o 5) _ (4) . . -H tang.H — o, 9878135 — i, 1860647. K = o. Si sommino a parte la prima e l'ultima dopo averle mol- tiplicate ciascuna per 3 ; indi si sommino le altre sei com- binazioni. In tal modo risulta -+- 6 tang H — 5, 9263410 — 5, 466565^. K = o -+■ 6 tang.H — 5, 9270371 -+■ [3^ 01 io523. K = o e quindi K = -f- o ^ 0000377 ^ sostituito il qual valore nelle precedenti combinazioni si ottiene H = 44.° 38'. 39", a -^ = ... 39. 52^ 9 ■r- ^-i«,r: 45, 8 43. 4 - - ,-..:,; ,A^(l ■ S9, 6 ■^..'-l.U. 49. 7 46. 5 -;- -:^^..u^ 0, a ' Valor medio . . H = 44-*' 38'. 49"^ 7- ■.: rA:;->o :)ììn' Del Sig. Pucf. Giuseppe Bianchi ia5 Che se vogliansi trattare le otto superiori combinazioni col metodo de' minimi quadrati si avranno le due seguenti equa- zioni -H 8 tang.H — 7, 902484 1 -h 1 1 , 1 88863 9. K = e -^ 1 1,1888639 tang.H — 1 1, 0530890 -H 34, 6456182. K = o e risolvendole K =-+-c, oooo32i; H = 44.'> 38'. So", 5. Questi ultimi valori somministrano finalmente h = 32°. 21'. 16", 3 = . . . .10,3 = .... 20 , 9 :=.... I I . a VI. Notte 29. Luglio. Stelle Tempi deir orologio Ascens. rette app. Declin. apparenti I. a Aquila a. 78 fi Cigno 3. t Orsa magg. 4. 24 7 Boote 5. a Corona bor. 17''. JO'. 42",5 17. 4i- '9? 0 18. 19. 47, 5 18. 4a. 3, 7 19. 7. 55, 8 2g5°.3o'. 44'.'^3 324. 2. 7, 38 199. 9. 57, S9 ai6. 12. 47, 71 23l. 46. 27, II 8°.24'.ii".95B 27. 56. 6. i3B 55. 5a. IO. 24 B 39. 6. i,44B 27. 19. 33, 96 B. Al mezzodì vero di questo giorno 1' orologio restava indietro dal tempo sidereo di 5'. 5i ", 7 , e il suo diurno ritardo era di 8", 6. Dopo l'osservazione delle prime due stelle traslocai il Quadrante non toccandone il canocchiale. Prevengo infine che ho aggiunto i' al tempo dell'orologio per l'osservazione della stella 4- Questa è 1' unica volta in cui mi sono arbitra- to di fare un cangiamento all' osservazione originale , e spe- ro che mi si concederà di farlo, attesa la probabilità di aver appunto sbagliato il minuto leggendo nell'orologio. 120 Intorno alla Latitudine ec. Colle precedenti quantità si ottiene (i) . . sen./i = -*- o, 1461406. sen.H -+- o, 7966960. cos.H -1-0,5864454. K cos.H (2) . . sen.h = -H Oj 4684700- sen.H -+- e, 4782.869. cos.H •+■ e, 7428495. K COS. H (3) . . sen.^ ^ -H o, 8277619. sen.H -4- o, 1237134. cos.H — o, 5472.706. K COS. H (4) . . sen./i = H- o, 63c68ii. sen.H -+- o, 3188286. cos.H — o, 7077650. K COS. H (5) . . sen.h = -t- o, ^ScfoS^S. sen.H -+- o, 4878918. cos.H — e, 7424492. K COS. H dalle quali equazioni , ritraggo le seguenti (3)- (3)- (4)- (3)- (4)- (5)- (3)- )- tang.H — o, 9879927 -H o, 4852807. K = o H tang.H — o, 9874896 -+- o, 8i43584. K = o f- tang.H — o, 9877150 -t- e, 5298590. K = o H tang.H — o, 9879742 ■+- o, 20209 1 o. K = o H tang.H — o^ 9878267 — i^ 6682635. K = o I- tang.H — o, 9872600 — 2, 6710056. K =0 H tang.H — 0,9868680 — 4-, 2468869. K =0 h tang.H — o, 9867288 — 3, 5907800. K = o. Si sommino le prime quattro , e poscia le altre quattro di tali equazioni ed avremo ■+■ 4 tang.H — 3, 95 1 171 5 -I- 2, o3 10891. K = o -t-4 tang.H — 3, 9481880 — 12, 1718860. K = o la risoluzione delle quali somministra K = -<-o, 00021 c4; H = 44.'' 88'. 42", a. Trattando invece le otto precedenti equazioni col metodo de' mìnimi quadrati , risultano le seguenti -»-8 tang.H — 7, 8998545 — f o, 1407969. K = o — to, 1407969 tang.H -H IO, 00721 12 -f- 42, 049^692. K = o dalle quali si ha K = -»- o, oocac58 -, H = 44.'' 38'. 41", 6. Del Sic. Prof. Giuseppe Bianchi Cosli ultimi valori trovati si avrà finalmente h = 4a«' a'. i3", a I. 59, 7 a. 14, 7 137 (^■'■^ = . . . 9.4 VII. Notte 3o Agosto. Stelle Tempi dell' Ascens. rette Declin. orologio apparenti apparenti 1. A Aquila i8.*3o'. ao",o 284°. II'. 4", ai 5.» 8'. 33", 0 A a. ;« Ofiuco 19. a7. 35j 8 a5a. 17. 46j 85 9. 39. 46, 4 B 3. y Ofiuco 19. 35. ai, 6 264. 43. 38, 76 2. 46- 59, 7 B 4. /? Ofiuco 19. 43. 59, 3 203. 39. 17, 16 4. 39. 4, 3B 5. ;[; Ercole 20. a5. a3j 3 236. 36. 49> 71 42. 57. 38, 7 B 6. t, Ercole 10. 4o- 6, 4 248. 37. 49, 24 3i. 56. II, I B 7. ^ Orsa min. ai. a7. 43? 0 222. 5c. I, 36 74. 53. 24, 7 B. Al mezzodì vero di questo giorno 1' orologio restava in- dietro dal tempo sidereo di 7'. 3o", 5 , e il suo ritardo diur- no era 10", 9. Le prime quattro stelle furono osservate da una finestra e le ultime tre da un' altra , per la qual cosa lu d' uopo trasportar il quadrante e porlo nuovamente di li- vello. In tale traslocamento, benché per altro io non mi ac- corgessi di aver alterata la posizione del canocchiale , can- giò nondimeno la comune altezza, e il calcolo me lo ha chia- ramente indicato. Pertanto distinguendo con un apice la se- conda altezza , viene ; .- (i) . . sen./i = — o, 0896331. sen.H -t- o, 9926173. cos.H -H o, 0817097. K COS. H .y.'ntraUcin o laS Intorno alla Latitudine ec. (2) . . sen.h = -I- o, 1678509. sen.H ■+■ o, 7383678. cos.H ■+■ o, 6531762,. K COS. H (3) . . sen.h = -+- o, 0485578. sen.H ■+■ o, 8560962. cos.H — O:, 5 14530 1. Kcos. H (4) • . sen.h = -4-0, 0810895. sen.H -h o, 8239944' cos.H — Oj 5607659. K COS. H (5) . . sen.^'= ■+■ o, 6814972. sen.H ■+■ 0, 23o6449- cos.H — o, 6945247. K cos. H (6) . . sen./i' = -<- o, 5289779 . sen.H ■+■ o, 38 14073. cos.H "■■ '"; " ", ■ — o, 7580967. K cos. H (7) . . sen./i' = -f- o, 9654280. sen.H — o, 049721 3. cos.H " - '^ '■ ■'■^' — o, 2558837. K cos. H. ' " ' Da tali equazioni emergono le seguenti (2) — (i) . . -+- tang. H — o, 9874382 — 2, 8541027. K = o (3) — (i) . . -+- tang. H — o, 9879169 — 4' 3 146 no. K = o (4) — (i) . . -i- tang. H — o, 9877012 — 3, 7632726. K = o {7) — (5) . . -+- tang. H — o, 9874457 ■+- 1 , 5448868. K = o (7.) — (6) . . -H tang. H — o , 9878072 -h i , 1 506766. K = o e queste immediatamente trattate col metodo de' minimi qua- drati somministrano -¥- 5 tang.H — ^, 9383092 — 8, 2364229. K =: o — 8, 2364229 tang.H ■+■ 8, 1355761 -h 44-> 634727. K = o donde e finalmente K = — o, C000249 ; H =44.° 38'. 35", 4 Del Sic. Prof. Giuseppe Bianchi lag h — 40.° a'. 6", 8 A' = 4o-° o'. 56", a = : ... 19, 4 =. . . I. ai, 6 I, 8 7. 3 I. 3, 7. .,, E qui piacerai di avvertire che la picciola quantità K vien sempre determinata bene col metodo de' minimi quadrati, e infatti non considerando la differenza delle due altezze h ed K e applicando il metodo de' minimi quadrati alle vent'una combinazioni delle equazioni primitive, si troverebbe per K un valore pochissimo diverso dal precedente. Vili. Notte I. Settembre. Stelle Tempi dell' orologio i8.''5a'. 46", 3 19. 43. 58, ù. 30. I. r, 8 ao. 17. 18, 3 Ascens. rette app. Declin. apparenti 1. a Orsa magg. 2. E Boote 3. e Orsa magg. 4- r^ Orsa magg. 163." 8'.i4",ra 219. 17. 14, ao 191. 3i. 19, 58 ao5. 6. 34, 26 6a.°43'. 9',66B 27. 5o. i3, 68 B 56. 56. 14, 36 B 5o. la. 54, la B, Il tempo sidereo al mezzodì vero di questo giorno avanzava di 7'. 5a'', a l'orologio del quale il diurno ritardo era di io", 8. Il Quadrante non fu nella precedente osservazione traslocato, anzi dallo stesso luogo e alla stess' altezza delle stelle pre- cedenti osservai un' altra stelluccia che giudicai di quinta in sesta grandezza. Il tempo dell'orologio per questa osservazio- ne fu 19*. \o'. ^^'\ S , e l'azzimut della stella preso dal Nord verso l'ovest 6a°. 59' incirca. Con questi dati e coU'altezza comune delle stelle a6''. 5o' trovo l'ascension retta di tale stella = i3''. 3o' e la sua declinazione = 37°. 16'. boreale. Ninna stella del Catalogo di Piazzi soddisfa all'indicata osservazio- ne. Forse vi soddisfarebbe la a5 del Levriere notata con que- sto nome alla pagina 164 della Storia celeste francese di La- Tomo XX. 17 i3o Intorno alla Latitudine ec. lande. Io V abbandonerò , contentandomi di riflettere che mol- te fra le stelle di sesta , e probabilmente alcune altresì di quinta grandezza hanno dovuto sfuggire all'infaticabile Astro- nomo Palermitano, e che esse meriterebbei-o per avventura di essere osservate e registrate da altri Astronomi . Ma tor- nando alle note stelle si troverà (i) . . sen./i = -f- e, 8887720. sen.H — o, a43i5cg. cos.H j, , , , — o, 3885378. K COS. H (a) . . sen,/i = -t- o, 4669599. sen. H -t- o, 1734286. cos. H — o, 8671050. K COS. H . • (3) . . sen. A = -j- o, 8380742. sen.H — o, 1930221. cos. H — o, 5102684. I^ ^*^s- H (4) • ■ sen./ì = -H 0, 7684514- sen.H — o, 1243 195. cos. H — o, 6277157. K cos. H. Piacemi di ommettere 1' osservazione della stella 3 , e quin- di non considero che le seguenti equazioni (i) — (2) . . -)- tang.H — o, 9875947 -H I, i3455o5. K = 0 (i) — (4) . . -+- tang.H — o, 9876232 -+- I, 9878383. K =0 (4) — (2) . . -(-tang.H — o, 9875840-1- o, 7940169. K = o dalla somma delle prime due si sottragga la terza equa- zione moltiplicata per 2 , e si avrà . . . K = o , oooo325. Con questo valore le tre superiori equazioni si accordano a dare H = 44.° 38'. 28', 8 donde risulta la comune altezza delle tre .'Stelle /ì=26''. 5o'.2a",7. L' altezza della stella 3 cogli stessi valori di K e di He a6.° 5o'. 32", 2. Si poteva anche determinare H indipendentemente da K, per- chè infatti le combinazioni ( i ) — (4) e (4) — (2.) in origine sono Del Sic. Prof. Giuseppe Bianchi i3i -(- o, iao32o6 tang.H — o, i i883i4 -i- o, 2391779. K = o -(- o, 3oi49i5 tang.H — o, 2977481 ■+- o, 239389.3. K = o. E riguardando i termini moltiplicati per K siccome uguali , e sottraendo si ha come poc' anzi H = 44^ 38'. 28", 8. IX. Notte 4- Settembre. Stelle Tempi dell' orologio Ascens. rette app. Declin. apparenti 1. a Boote 2. a Orsa magg. 3. d Orsa magg. 4. 24. y Boote 5. 48- % Boote i8.''5o'. 22", e 19. 2. 53-, 5 .9. 36. 45, 8 IO, 5 i5, 5 36. 20. 18. ao. 25. 21 1 ,'52 .63. 8 ,81. 37 216. 12 226. 44 . 12",8l 14, 12 8. J7 44.28 5o, 62 20." 7'. 2r',toB 62. 43. 9 ,66B 58. 1. 44,6oB 39. 6. o,36B 29. 5o. 20,796. L' orologio era indietro dal tempo sidereo al mezzodì vero di questo giorno di 8'. 28", o , e il suo diurno ritardo fu ritrovato di 8", 4- H Quadrante non fu traslocato per os- servar le stelle qui sopra indicate, le quali trattate al solito danno le seguenti equazioni (i) . . sen./i = -t- o, 3440289. sen.H -+- o, 2768810. cos.H — o, 8972070. K COS. H (2) . . sen.h = H- o, 8887720. sen.H — o, 2610248. cos.H — o, 3767626. K COS. H (3) . . sen.h = -h o, 8483i66. sen.H — o, 2212702. cos.H ■ — o, 48io388. Kcos. H (4) • • sen.h = -4- o, 6306773. sen.H — o, oo6253o. cos.H — o, 7760200. K cos.H ■ \ ■ ' (5) . . sen.h = -+- o, 497^66 1. sen.H -+- o, 1252495. cos.H — 0,8583358. Kcos. H ,:...,,, .> donde si formano le combinazioni l3a Intorno alla Latitudine ec- (a) — (i) . . -H tang.H — o, 9874490 -+■ o, 9553940- K = o (3) — (1) . .-+- tang.H — o, 9878319 -+- o, 82,5a594. K = o (4) — (1) • • -^ tang.H — Oj 9877410 -H o, 422772,3. K = o (5) — ( I ) . . -H- tang.H — o, 9875900 -+- o, 253 1712. K = o (2) — (4) . . -H tang.H — o, 9871250 -4- r, 54694» f • K = 0 (2) — (5) . . -H tang.H — o, 9873939 -+■ i, 2309966. K = 0 (3) — (4) . . H- tang.H — o, 9879520 -+- i, 3553675. K =0 (3) — (5). . -H tang.H — o, 9879380 -H 1,0756852. K = o dalla somma delle prime quattro si sottragga la somma delle quattro ultime e si avrà K = — o, 0000738 ; H = 44°. 38'. 43", 5 coi quali valori si ottiene ^ = 26°. i'. 37", 5 - > 53j a . 21, 2 . 33, 8 . 39, 5. E se vogliansi considerar solamente le prime quattro combi- nazioni , dalla somma delle prime due sottratta quella delle due ultime si troverà K = — o, 0000454 ; H = 44°. 38'. 4i ", 7 . Coi minimi quadrati , ritenendo ancora la combinazione (4) — (5), risulterebbero le due seguenti equazioni H- 9 tang. H — 8, 8889353 h- 8, 2839859. K = o -+-8,2839859. tang.H^8, 1819916 ■+■ 9, 1215780. K = o e quindi K = -I- o, 000 1 577 ; H = 44». 38. 24", a : . .,t Del Sic. Prof. Giuseppe Bianchi i33 Da ultimo si può determinar H indipendentemente da K. A tal oggetto si considerino le combinazioni (5) — (i) , (2) _ (4), e (3) — (S) quali sono immediatamente, prima cioè di divide- re 1' equazione per il coefficiente di tang. H. Si moltiplichi pei -20 la [ìrima di esse e sarà -f. 3, 070744. tang. H — 3, o3a636 -1- o, 777424- K=o • • .{a). Le altre due sono -HO, 2580947- tang. H — o,a5477i8 -ho, 3992574. K=o • • ■ (b) -H o,35o75G5.tang. H — 0,3465197-+- o, 3772,970. K=o • ■ . (e) Trascurando quindi come piccolissimo il termine , che con- tiene K, si avrà {a) — ii^)-^ (e)). • • -+- a, 461899. talig. H — 2, 43'344 = o e perciò H = 44°. 38'. 3a", o. Richiamando pertanto le varie determinazioni che akbiam ot- tenute H = 44°. 38'. 43", 5 si avrà per medio valore . . 41 5 7 a4, a 32 , o H = 44". 38'. 35", 4. :f. :..) X. Notte 8. Settembre. Stelle I. a Boote a y Orsa magg, 3. e Boote Tempi dell' orologio 19.'' 6' 40", 4 19. 20. 34, 3 20. 5. 3, o Ascens. rette 2ii".5a'. ia",8i 176. 4- ^^5 ^9 aig 17. 14? 20 Declin. apparenti 20.° 7'.ai",io B 54.41.36,066 27. 5o. i3, 68B Al mezzodì vero di questo giorno il tempo sidereo avanzava di 9'. 8", I l'orologio, il cui diurno ritardo era 9", 2. Il Qua- drante non fu traslocato , e anzi nella stazione medesima, e alla stessa comune altezza delle stelle precedenti osservai giungere i34 Intorno alla Latitudine ec. un'altra piccola stella che giudicai di quinta in sesta grandezza. Il tempo deirorologio iu cui essa vi giunse tu 19''. 53'. 16", 8. Con quest' elemento e coli' azzimut relativo ad Arturo che notai ho ritrovato l' Ascension retta = 1 S''. 89', e la declina- zione =: Sg". 29' boreale. Alla pagina i65 della Storia celeste francese di Lalande si trova riferita V osservazione di una stel- la di sesta in settima grandezza che potrebb'essere quella di cui parliamo. Parimenti aao''. Sg'. i3"it dell'orologio osservai nel centro del canocchiale un' altra stelluccia di quinta in sesta grandezza. Il suo azzimut non fu preso troppo bene: cionono- stante ho voluto dedurne 1' Ascension retta = 16*. 38', e la declinazione = 9°. 56' boreale. Nella citata Storia celeste forse rinvenir si potrà una qualche stella che soddisfi a quest'ul- tima osservazione : ma intanto le tre stelle note somministrano (1) . . sen.A z= ->r- o, 344oa8g. sen.H ■+■ o, 0,097092.. cos.H — o, 9i5a4io. K cos. H (a) . . sen.A ^ -h o, 8160706. sen.H — o, 2565901. cos.H — o, 5178708. K cos. H (3) . . sen.A = -+- o, 4669599. sen.H -4- o^ 0882858. cos.H — o, 8798652. K cos. H e quindi .si hanno le due seguenti equazioni (a) _ (i) . . -+- tang.H — o, 9878853 -+- e, 84181 18. K = o (a) — (3) . . -H tang.H — o, 9877265 -1- i , 0869043. K = e dalle quali risulta . . K = — 0, 0000910; H = 44-*' 39'. 4", li e si ha perciò . . . A = aS". i'. 6", o. Del Sic. Prof. Giuseppe Bianchi XI. Notte 1 1 . Settembre. i35 Stelle I . /3 Ofiuco a. a Ofiuco 3. 4' t Aquila 4. 65 3 Aquila Tempi dell' orologio 19/41'. 5o",ò 20. 17. 5o, 8 20. 4i- 49' 5 21. ao, 6, 5 Ascens. rette aòS.'^Sg'. i7",i6 261. 39. 14, o3 291. 5i. 49, 37 3oo. 3o. 53, 8a Declinazioni apparenti 4^39'. 4", 3B la. 42. 6, 5i B I. 40.33, II A I. ao.45, 3aA. Il tempo sidereo al mezzodì vero di questo giorno avanzava di 9'. 39". 6 sull'orologio che avea per diurno ritardo 11" ^o. Non traslocai nelle precedenti osservazioni il quadrante , e già si vede alabastanza che le stelle osservate non difFerisco- no molto in declinazione. Trovasi coi riferiti elementi (i) . . sen./i = -t- o, 0810895. sen.H -»- o, 8240026. cos.H — o^ 5607539. K COS. H (a) . . sen./i = -t- o, aig8769. sen.H -t- o^ 6869018. cos.H — o, 6926906. K cos. H (3) . . sen.A =: ^ 0, 0292451. sen.H -t- o^ 9330194. cos.H — o, 3586353. K cos. H (4) • • sen.A = — o, oa34885. sen.H ■+■ o, 9272763. cos.H — o, 3736402. K COS. H ' Quindi si ottengono le seguenti combinazioni (2) — (1) . . -t- tang.H — e, 9878475 — o, 9506387. K = 6 (0-{3) (')-(4) (2) - (3) (a) - (4) tang.H — o, 9880562 — i, 8318693. K = o tang.H — o, 9875269 — I, 7893257. K = o tang.H — o, 9879320 — I, 3409199. K = o tang.H — o, 9877098 — I, 3109930. K = o. i36 Intorno alla Latitudine ec. Si sommino la prima di queste combinazioni moltiplicata per a colla quinta, e poscia le tre intermedie. Si avranno così le seguenti H- 3 tang. H — 2, g635 1 5 1 — 4' 9620 149. K = o -+■ 3 tang.H — 2, 9634048 — 3, 2122704. K = o ohe sciolte somministrano K = — o , oooo63o ; H = 44°. 38'. 45", 9. Si trattino invece le cinque suddette combinazioni col me- todo de' minimi quadrati , e ne risulteranno le seguenti -t- 5 tang. H — 4-> 9'^907^4 — 7, 2236466. K ^ o — 7,a236466 tang.H ■+■ y> i3.56o34-h io, 9778576. K = o risolvendo le quali si ottiene K = -I- o, OOOC347 ; H = 44». Sg'. o", 8. Con questi ultimi valori si ha ^ = 4o^ i'.45", I = . . 44,6 = . . 5o , 5 = . . 39 , 6. XII. Notte i3. Settembre. Stelle Tempi dell' orologio Ascens. rette app. Declin. apparenti I. 70 Aquila a. ,5 Pegaso 3. a Pegaso 4. a Aquario 5. a Ariete iq.'' 12'. i5", 0 19. 29. 5i, 7 iq. 37. 46, 3 20. 17. 0, 5 22. 5. 26, 5 3o6.°5i'. 2", 23 33o. 17. 34, 66 .343. 57. 47, 89 029. 8. So, 74 29. 16. a8, 4^ 3." 9'. 48", 78 A 5. 19. 17, 93 B 14. 14. 40, 54 B I. 1 1. 1 5, 4^ A. 22. 36. 44'> 0^ ^- A mezzodì vero in questo giorno l'orologio restava indietro dal tempo sidereo di io', i", 6, e il suo diurno ritardo era II ", o. Per l'osservazione di a Ariete trasportai il quadrante ad altra finestra , e avrei anche osservato altre stelle ; ma si rup- Del Sic. Prof. Giuseppe Bianchi 187 pe il filo a piombo , ed io non mi sentii allora di rimetter- lo. Pertanto si ottiene (i) . . sen./i = — 0, 0551864. sen.H-f- 0,9587104. cos.H '''■ — o, 2789778. K COS. H (a) . . sen.A = H- o. 0927466. sen.H -+■ o, 8125696. cos.H — o, 5754377. K COS. H (3) . . sen./j = -I- o, 246^616. sen.H -1- o. 66ic556. cos.H — e, 7088437. K COS. H (4) . • sen./i = — o, 0207267. sen.H -f- o, 9245356. cos.H — o, 38o53/4. Kcos. H (5) . . sen.A = -1- e, 38449^3. sen.H -f- o, 5248694. cos.H — o, 7597883. K cos. H. Formansi quindi le seguenti (2) — (i) . . -f- tang.H — o, 9878850 — 2, 00401 79. K = o (3) — ( I ) . . -f- tang.H — o, 9880722 — i , 42695 16. K = o (3) — (4) . . -(- tang.H — o^ 9875996 — i , 2806097. K = o (5) — (i) . . -H tang.H — o, 9878600 — i, 0984371. K= o (5) — (2) . . -1- tang.H — 0^9878472 — 0^6817164. K= o (5) — (4) . . -1- tang.H — o, 9875307 — o, 9858072. K = o. Sommando a parte le prime tre combinazioni e poscia le ul- time tre si avrà -I- 3 tang.H — 2, 9635568 — 4t> 6615792. K = o ,- , j -t- 3 tang. H — 2, 9682879 — 2,6609607. K = o dalle quali emerge Tomo XX. 18 i38 Intorno alla Latitudine ec. K = — 0,0001 594; H = 44».38'. Si", 6 e applicando invece la correzione de' minimi quadrati alle sei precedenti combinazioni si ha -+- 6 tang. H — 5j 9267947 — 7j 3225399. K = o — 7, 3225399 tang. H -H 7,23336c3 ■+■ io, 0371021. K = 0 donde risulta . - ^ ^ K = — o, 0001470 ; H = 44.° 38'. 35", 3. Questi ultimi valori somministrano . . h — 40". 2'. 36", 6 ■ . = . . . 37 , 7 = ... 12,6 = . . . 3o , 3 XIII. Notte 24. Settembre 1820. Stelle Tempi dell' Ascens. rette Declin. orologio app. apparenti I . a Pegaso 19.^35'. 48",5 34a".57'.48",i6 14." i4.'4r',83B 2. a Aquario 20. i5. 3, 5=t 329. 8. 5o, 16 I. 1 1. 12, 89 A 3. y Pegaso 20. 44- '^^ ^ I. 0. 29, 23 14. II. 19, 23 B 4. 0 Triangolo 21. 26. 52, 7 29. 43. 54,07 34. 8. 12,43 B 5. a Ariete 22. 3. 27, 3 29. 16. 3i, 95 22. 36. 45,75 B 6. e Perseo 22. 57. 37, 5 56. 27. 55,58 39. 29. 2, 5o B 7. ti, Perseo 23. 19. 35, 0 55. 43. 20, 98 3i. ao. 4^^ 93 B A mezzodì vero in questo giorno 1' orologio fu ritrovato .indietro dal tempo sidereo di 1 2'. 2 " , e , e il suo diurno ri- tardo era di io", 9. Il Quadrante poi dopo 1' osservazione delle prime tre stelle fu traslocato e posto nuovamente di livello per le osservazioni seguenti. Ciò premesso risulta Del Sic. Prof. Giuseppe Bianchi 189 (i) . . sen.^ = -t- o, 2460677. sen.H -+■ o, 661 1 782. cos. H ^ e, 7087830. K COS. H (a) . . sen.h = — O;, 020714 •• sen.H -f- o, 92462.44- cos. H , _o, 8808168. K COS. H (3) . . sen.A = -f- o, 24^^ '^6. sen.H -h o, 6620179. cos. H — o, 7082782. K cos. H (4) . . sen.A = ■+- o. 56 1 1704. sen.H -+■ e, 8499868. cos. H — o, 7500647. K COS. H (5) . . stn.h = -+- o, 8845004. sen.H ■+■ o, 5244^05. cos. H — Oj 7597127. K COS. H (6) . . sen.A = -+- o, 685863i. sen.H -h o^ 2762118. cos. H — O, 7206888. K COS. H \-/ <.-; (7) . . sen.h = -(- o, 520i854. sen.H -t- o^, 3904808. cos. H ) — o, 7595864. K COS. H. Fra le diverse combinazioni semplici di queste equazio- ni nella eliminazione di sen h ve ne ha alcune che si debbono assolutamente rigettare attesa la poca differenza nelle rispettive declinazioni delle stelle, come per esempio fra le stelle i.e3. Dall' ispezione più attenta di tali combinazioni si può anche arguire che l' osservazione della stella 8. contiene rispetto alle altre un errore un pò forte^ e perciò gioverebbe forse di trascurarla intieramente. Ciò nondimeno , ti'attando dapprima le combinazioni col metodo de' minimi quadrati , mi si conce- derà di ritenere anche la suddetta osservazione. Le combina- zioni, che io considero, si riducono alle seguenti (i) — (a) . . . _t_ tang.H — o, 9875157 — 1, 2810274. K = o (4) — (i) . . . -♦- tang.H — o, 9875460 — o, 6854826. K = o i4o Intorno alla Latitudine ec. r- tang.H — o, 9876839 — o, 9362852. K = o I- tang.H — o, 9876032 — e, 701 1840. K = o h tang.H — o, 9876712 — o, i3i 1722. K = o H tang H — o, 9875986, — o, 0806618. K = o h tang.H — o, 9876882 — o, 1855207. K == o - tang.H — o, 9875660 — o, 5182446. K = o - tang.H — o, 9880086 — o, 8682707. K = o - tang.H — o, 9878760 — I, 2337294. K =: o h tang.H — o, 9873539 — o, 08176 12. K = 0 (- tang.H — o, 9877135 -f- o, 8933570. K = o h tang.H — o, 9878780 ■+■ o, 1652693. K = o h tang.H — o, 9878622 ■+- o, 0009808. K = o. La correzione de' minimi quadrati applicata a tutte que- ste equazioni somministra le due seguenti -+- i4 tang. H — i3, 8264680 — 6,4587327. K = o — 5, 4537827. tang. H -H 5, 3866 161 -+-6,4461933. K = o risolvendo le quali si ottiene K = — o, oooii 66 ; H = 44.° 38'. 28", 9. Proviam ora un secondo metodo. Riflettendo alle combinazio- ni immediate delle equazioni fondamentali , prima cioè di di- viderle per lo coefficiente di tang.H, si sarà veduto che al- cuni termini sono trascurabili , perchè in essi il coefficiente di K è una picciolissima quantità. In simil guisa , ommettendo ancora di considerar V osservazione 3 , io prendo i seguenti valori indipendenti da K ,, „. . ' (5)- '2) . (7)- '2) . (4)- !') • (6)- 'i) . (7)- '1) . (6)- 2) . I 1 (3)- / * [2) . (6)- (3) . (6)- (4). (6)- 0) . (7)- [0} . Del Sic Prof. Giuseppe Bianchi i^i dalla combinazione (4) — (') ■ • • tang.H = o, 9875712, (5)-.(i) =0, 9880C85 ; (6) — (1) =0,9875986 (7) — (i) = 0,9876882 (6)-(4) =0,9877135 (7) — (5) =0, 9878622 e per un medio di tali valori . . H = 44-°3^'- 39", a. Finalmente delle quattordici combinazioni superiormente esposte si considerino le sole prime otto, dalle quali non è contenuta l'osservazione 3. e cbe presentano le più favorevoli circostanze alle attuali determinazioni. Sommando a parte le prime quattro, e poscia le quattro ultime si avrà •+■ 4 tang. H — 3, 9508488 — 3, 5089292. K = o ■+■ 4 tang. H — 3, 9504^80 — 0^8655998. K^ o donde si ottiene K = -H Oj 0000281. Sostituito questo valore in ciascuna delle prime otto combi- nazioni suindicate si troverà per ordine H=44.° 38'. 28", o = ^9. 4 = 44. 7 = 35, 6 ' ■ =: 3o, 6 ^ 33, 2 = 4^, 9 = 3o, 9 e quindi per valor medio H = 44.° 38'. 34", 4. Queste ultime determinazioni di H e di K somministrano poi i4a Intorno alla Latitudine ec. h = 40.° 2'. a3", I . 4, 8 . a5, 3 . la, 3 . a4, o . 18, 8. Di qui si conferma che l'osservazione 3. fu, rispetto alle al- tre 5 in errore alquanto sensibile. Hanno termine a questo punto le osservazioni che feci di stelle arrivate ad una comune altezza nel)' intervallo di poche ore della notte. Riunirò nel sottoposto quadro i risul- tamenti che ne abbiam ottenuti Notti I. . . II. . III. . IV.. V. . VI. . VII. viir. IX . X. . XI.. XII. XITI. Numero delle stelle osservate 5 3 4 6 S 5 7 4 5 3 4 5 7 Latitudine 44.° 38'. 40", 9 . 38. 35, 9 38. 38. 38. 39, 5i, 47. 38. 41, 38. 37, 38. a8. 38. 35, 4 39- 4. 7 38. 53, 4 38. 33, 5 38. 34, i Del Sic. Prof. Giuseppe Bianchi Iì!|.3 la media delle quali determinazioni, ninna eccettuandone , è 44." 38'. 4a", 3. Ma l'incertezza di quest' ulti mio risultamento ^ ad onta delle diligenze praticate nelle osservazioni e nel calcolo, è ancora molto forte , giacché i valori del quadro precedente si allontanan di troppo uno dall'altro , ed io infatti ritengo che la mia latitudine sia maggiore di circa io" della media testé ottenuta. La discordanza però delle suesposte determi- nazioni non mi sgomenta, e quasi direi di esserne soddisfat- to in vista che un accordo sorprendente fra i risultati di mol- te osservazioni è stato qualche volta di sola apparenza , o piuttosto esso conteneva un error comune, che il calcolo non era capace di eliminare, e che d' altronde non si sapeva co- noscere a priori. Veggasi per esempio ciò che riferisce il so- pralodato Bar. di Zach nella sua Corrispondenza astronomica '6.'* fascicolo Marzo i8ic). pag. 3i5. e seg. sulla latitudine di Roma da valenti Astronomi determinata con buoni stromen- ti e con parecchie migliaja di osservazioni, le quali dapprin- cipio si accordarono perfettamente, indi per sensibile diffe- renza si divisero quasi in due partiti. Ed è pure un' altra mia soddisfazione quella che le differenze fra i risultamenti delle mie operazioni oscillano fra gli stessi limiti delle posi- zioni calcolate dal medesimo Bar. di Zach. e riportate ne' due fascicoli 6.° 1818. pag. SgS. e i.° 18 19. pag. 87. della citata Corrispondenza. A decidere pertanto la quistioncj, e a fissare il valore più prossimo del cercato elemento senza partire dalle osservazio- ni che ho esposte, mi venne in pensiero di riguardare le pre- cedenti determinazioni appunto come un primo calcolo di ap- prossimazione, al quale se ne possano far succedere altri sem- pre più al vero approssimantisi. Il mezzo per conseguir que- sto fine mi sembrerebbe il seguente. Determinati i prossimi valori di H e K si hanno dalle equazioni fondamentali i valori di h per ciascuna stella os- servata. Le differenze che s'incontrano fra tali valori di /i ■ 44 Intorno alla Latitudine ec. rappresentano^ se non a rigore almeno sensibilmente , gli er- rori delle rispettive osservazioni. Posto ciò nella equazione generale (A) si considerino variabili /i e P , e si differenzii trascurando l'ultimo termine del secondo membro, perchè as- sai picciolo. Sarà dP= - '"'-^ dh ' (A'). Con questa forinola, impiegando i prossimi valori noti e date le differenze dh , si troveranno rispettivamente le correzioni dP da applicarsi agli angoli orarii delle stelle. Introdotte poi simili correzioni si ripiglierà il calcolo delle equazioni come se h non fosse conosciuta, cioè si riprenderanno le operazio- i>i dalla eliminazione di sen. h. Qualora però la quantità K si possa credere sufficientemente bene stabilita, basterà di con- siderar immediatamente la latitudine in quelle combinazioni che sono le più favorevoli, ossia che debbono risentir meno r influenza dei residui errori delle osservazioni. Mi limiterò ad un esempio. ,;, Per la sera i8 Luglio num. IV. pongasi tì?A = — 1 4'' tan- to rispetto alla stella a a Libbra quanto all' altra della chio- ma di Berenice. Si troverà fZ P =: -I- 39 ', a per la prima stella =:-Hai,2, per la seconda. - ; , « .., Quindi le equazioni corrette risulteranno iv". A (2) . . sen. A = — e, 2,687 1 58. sen.H -+- o, 72,50798. cos.H -'l'i :i> < !'. . O, 036171 1. K COS. H ;.,■,,.,-,;..'•■ (3) . . sen./f = -t- o, 47o588o. sen.H — o, 0080194. cos.H — e, 8780028. K COS. H E correggendo corrispondentemente le combinazioni piìi favorevoli, e ad esse applicando il valore di K = -+- o,ooo5643 j si avrà Del Sic. Prof. Giuseppe Bianchi l45 dalla combinazione (2) — (i) . . . H = 44.° 38'. 5o", 9 (3)-(i) = 5a, I (4)-(') = 5i, 5 (5)-(i) = 5o, 3 . {6)-(.) = 49. 7 (3) — (a) = 5a, 3 (4)-(^) = 5., a (5) — (a) = 5o, I (6) - (2) = 49. I (5) -(6) = 52, o Media . . . H = 44.'' 38'. 5o", 9. L' accordo fra i valori di H nell' indicata maniera otte- nuti mi sembra che più non debba ingerire grande sospetto^ ed é perciò che senza estendermi ad ulteriori calcoli mi ri- prometto di lievissimo errore nello stabilire in rotondi nu- meri la cercata latitudine =44°- 38'. 5 1", quale all' incirca si conosceva per geodetiche congiunzioni di triangoli ( 6." fa- scicolo 181 8 citato della corrispondenza astronomica). Si ve- de altresì che può bastare una sola osservazione di poche stelle per fissare con qualche precisione la latitudine , pur- ché opportunamente si trattino le equazioni (A) ed (A'). Terminerò la presente Memoria indicando un metodo per ottenere la latitudine analogo a quello che abbiam seguito. Invece di riguardar comune per molte osservazioni^ come abbiam fatto, l'altezza delle stelle, si potrebbe riguardar co- mune lazzimut, ed è chiaro anzi che si sfuggirebbe in que- sta guisa il difetto, per altro insensibile, del primo metodo, e che proviene dalle differenze di refrazione corrispondente- mente alla temperatura variante dell'Atmosfera. Vediamo qual calcolo si deve istituire per battere la nuova strada. Tomo XX. 19 r46 Intorno alla. Latitudine ec. Chiamato Z 1' azzimut di una stella per il dato istante e ritenendo le altre superiori denominazioni , il terzo Canone trigonometrico somministra • ^^1- -7 tatig.Dcos.H— cos.P sen.H COt. Z = 2 _ . sen.r Supposto anche qui = K l' errore dell' orologio, se ne aumen- ti l'angolo P, e facendo - sen. ( P -H K ) = sen. P -t- K cos. P COS. ( P -f- K ) = cos. P — K sen. P svolgasi in serie ^ e si trascurino al solito i termini oltre la seconda dimensione inclusivamente. Si avrà, dividendo per cos. H e ponendo per brevità . . . tang. H — tang.D cos. P= a. COt^ ^ U^ _ ^^j p JJ _^ _^ (g. coa.H sen.P ° ten. P ^ ' Questa equazione è a vero dire più incomoda a calcolarsi che la (A) . Inoltre abbiamo qui il termine K tang. H, che porterebbe nella eliminazione delle incognite ad una equa- zione di a.° grado. Ma se le osservazioni sono in maggior numero di tre, se ne tratteranno per semplicità le equazioni come se K tang. H fosse una quarta incognita ^ o piuttosto aK , ... per il termine "zir^"" , che è sempre una piccola quanti- sen. P tà , basterà di supporre in a un valor prossimo di tang. H , e basterebbe nel mio caso di lare a = I — tang. D cos. P. Per togliere infine gli errori individuali delle osserva- zioni , differenzieremo 1' equazione (B) , trascurando in tale operazione l' ultimo termine del secondo membro. Avremo così JP=^!L ._i^ (B') Pertanto il sistema delle equazioni (B) e (B') servirà come quello delle (A) ed (A') per determinare praticamente la la- titudine. Del Sic. Puof. Giuseppe Bianchi i^? Avrei amato di soggiungere un esempio del metodo poc' anzi accennato , e feci anche a tal oggetto una osservazione di quattro stelle pervenute successivamente al centro del ca- nocchiale del mio quadrante che stava immobile in azzimut; ma oltreché le stelle erano troppo vicine in declinazione , il calcolo mi ha convinto che gli errori di ciascuna osservazio- ne riuscirono forti soverchiamente . Né poteva essere altri- menti, poiché nel mio piccolo quadrante il movimento del canocchiale in altezza importa uno sfregamento alquanto ru- de contro il lembo , in conseguenza di che 1' azzimut deve sensibilmente alterarsene. Aggiungasi che il piede dello stro- mento è assai debole di sua costruzione e lo era più ancora nella penuria delle mie circostanze per ben valermene . Da ultimo l'asse medesimo del canocchiale trasportandosi lungo il lembo avea per avventura forti deviazioni meccaniche da un invariabile piano verticale. Non dubito per altro che si potrebbero con vantaggio istituire le indicate osservazioni con un semplice e anche picciolo Teodolite. NOTA All'epoca, in cui questa Memoria esce alla pubblica lu- ce^ sta per compiersi con Estense splendidezza 1' Osservato- rio Astronomico di Modena, eretto per Sovrana clementissi- ma volontà nel Torrione a Oriente della Facciata del R. Pa- lazzo. Quivi saranno in breve collocate varie macchine bel- lissime, e di moderna squisitezza per uso di osservazioni ce- lesti; laonde non andrà molto che la posizione geografica di Modena, cosi in latitudine come in longitudine, potrà essere coll'ullima esattezza riconosciuta. i48 SULLA TEORICA DEL MOTO COMPOSTO MEMORIA DELL^AB. GIUSEPPE ZAMBONI ., Prof, di Fisica nell'I. R. Liceo di Verona Ricevuta adì 9. Febbrajo 1817. J? ra i teoremi fondamentali della Meccanica , quello della equipollenza di due forze unite ad angolo alla forza espres- sa per la diagonale nel moto composto, sembra, a giudizio di sommi Matematici , non potersi dimostrare con tutto ri- gore geometrico se non per parecchi altri teoremi , e lun- ghissime dimostrazioni , come può vedersi nel Bernoulli , nel d' Alembert , e nel P. Riccati. E quel che è più, dappoiché il celebre P. Fontana (*) illustrò la dimostrazione semplicis- sima lasciataci dal Newton di quel Teorema , ecco nuovamen- te in campo al principio di questo secolo il Professor Mi- chele Araldi nome assai caro alle scienze , e di preziosa me- moria nella Società nostra non meno, che nell' Istituto Na- zionale d' Italia. Egli pertanto nella sua Memoria inserita nel T.° I. del suddetto Istituto P. I. p." \\^ , riconosciuta l'im- portanza di sostenere il detto principio dell'equipollenza con tal forza di raziocinio . che soggiogando V intelletto , costrin- ga anche i più fastidiosi e difficili a dichiararsene soddisfat- ti , propone con esemplare modestia una sua prova, promet- tendone il vantaggio dalle altre , che mentre Ei dice le di- (') Biblisteca Fisica d'Europa T. VII- pag. 5c. Dell' Ab. Giuseppe Zamboni lAg mostrazioni dei Matematici soprallodati si avvolgono ed al- lungano per ben sei ed anche sette dimostrazioni , il mio ten- tativo , se pur desso ha raggiunto lo scopo ^ spedisce tutto V af- fare in tre soli Teoremi. INel primo di questi Egli tratta del- la forza equivalente a due altre eguali, le cui dilezioni si uniscano ad angolo retto. Nel secondo suppone retto 1' an- golo delle direzioni , e disuguali le forze ; nel terzo finalmen- te disuguali le forze , e le direzioni unite da qualunque an- golo. Semplice e facilissima è la sua dimostrazione del pri- mo teorema , ma però di quelle indirette , che diconsi per absurdum . Semplicissima altresì quella del terzo; ma il se- condo da cui il terzo dipende abbisogna di cinque figure, e dei lunghissimo raziocinio di quattro pagine e mezza. Mirabile a dir vero è la finezza di quel suo ragionare geometrico; ma per ciò appunto riesce a confermare, che sia molto difficile la dimostrazione rigorosa del teorema colla geometria elementare. D' altra parte il Newton , pur severis- simo nelle sue dimostrazioni , giudicò provata ogni cosa di quei tre teoremi per un solo, nel modo più facile , e ripu- tato il migliore dal sullodato Fontana. Or dunque donde mai differenza sì strana? E come ischifare la taccia di ardito, chi volesse difinirla ? Io certamente Colla veduta corta d'una spanna non verrò mai a disputare fra le linci. Se non che abbracciata la dimostrazion Newtoniana, for- se perchè più conveniente alla brevità del mio ingegno, mi sono studiato di trovare nella medesima quel rigore geome- trico , che per avventura non si manifesta nel comento che ce ne diede il Fontana. Come io vi sia riuscito, lo giudiche- ranno i più veggenti ; ma spero , che alla maniera che io ten- go per giungere allo scopo, si accorderà almeno il vantaggio di chiarire vie meglio l' istruzione sul moto composto. u ' i: '. i5o Sulla teorica del moto composto DEFINIZIONI Il moto rispettivo a un dato punto o retta linea è il cangiamento successivo della distanza del mobile dal detto punto o linea. ^ ■ . II. La misura della detta distanza nel moto rispettivo è la linea più corta intei'cettr fra il punto ove il mobile si tro- va 5 ed il punto o retta linea riguardo a cui si fa il moto rispettivo prolungata se occorre. Un mobile per esempio, che dal punto A ( Fig. i. ) viene in B descrivendo la AB. i.° Ha un moto rispettivo dal punto A verso il punto B , e le varie distanze che acquista il mobile successivamen- te dal punto B nei punti E ^ G sono misurate dalle rette EB, GB. 2.° Il mobile venendo da A in B ha eziandio dei mo- ti rispettivi riguardo ad altre linee. Si avvicina per esempio alle rette GB, BH ; e le varie distanze del mobile dalla pri- ma GB quando si trova successivamente nei punti A,E, G sono misurate dalle normali AC , ED , GF ; e le normali AR, EH, GP misurano il variare della sua distanza nei punti me- desimi A, Ej G dalla retta BH. Così pure collo stesso movi- mento da A in B si allontana contemporaneamente dalle ret- te AC, AO; e le normali EM, GN, BO misurano il cresce- re della sua distanza dalla retta AO , come le normali ES , GT , BG il suo allontanarsi pivi e più dalla retta AG. III. La velocità per la quale un mobile fa un moto rispettivo di una certa misura in certo tempo dicesi velocità rispettiva. Dell' Ab. Giuseppe Zamboni i5i E però se un mobile dal punto A ( Fig. 2,. ) abbia un moto rispettivo verso la retta BD per 1' una o 1' altra delle tre direzioni AB, AG , AD ; ed impieghi lo stesso tempo a descrivere tanto la AB, quanto la AG , o la AD , avendo tut- te e tre per misura comune del detto moto rispettivo la di- stanza normale AE, la velocità rispettiva del mobile è la me- desima in ciascuna delle tre direzioni. ASSIOMI Un mobile non ha alcun moto rispettivo riguardp a una linea parallela a quella eh" esso descrive. II. Un mobile fra due linee parallele non può aver contem- poraneamente due moti rispettivi di avvicinamento alle det- te due linee, o di allontanamento dalle medesime. TEOREMA. Un mobile in A ( Fig. 3. ) spinto al moto contempora- neamente da due forze AB , AG le cui direzioni si uniscano con un angolo qualunque GAB , in quel tempo che avrebbe descritto o 1' una o 1' altra delle AB , AC , descrive la dia- gonale AD del parallelogrammo ABDC , che risulta dalle due linee AG, AB esprimenti le direzioni e i valori delle due forze. DIMOSTRAZIONE. Ecco quella del Newton : Nam quonìam vis AC agii se- cundum lineam AC ipsi BD parallelam, haec vis AC {per Le- gem II. motus ) nihil mutahit velocitatem accedendi ad lineam illam BD a vi altera AB genitam. Accedei ìgitur corpus eo- dem tempore ad lineam BD , sive vis AG imprimatur sive non- i5a Sulla teorica del moto composto atque adeo in fine illius temporìs reperietur alìcubi in linea Illa BD. Eodem argutnento in fine ternporis ejusdem reperietur alicubi in linea GD ; et idcirco in utriusque lineae concursu D reperiri necesse est. Perget autem mota rectilineo ab A ad D per Leg. I. Or questa dimostrazione dietro gli allegati principi del moto rispettivo si potrebbe svolgere nella seguente maniera. La forza AG produce da sé il moto per AG , e con esso un moto rispettivo verso la retta GD ( Defin. II ) ■ Il qual molo rispettivo potrebbe avere la stessa velocità rispettiva tanto per la direzione AG , quanto per altra direzione che dal punto A venisse a toccare altro punto della CD diverso dal punto G. ( Definiz. IH. ). Dico primieramente , che il mobile non può fare il detto moto rispettivo di avvicinamento alla GD per la direzione AG, ed ubbidire insieme all'altra forza AB. Imperciocché questa forza AB produce un moto rispettivo dal punto A verso la retta BD . Ma se il mobile si movesse per AG non avrebbe alcun moto rispettivo verso la retta BD , essendo AG paral- lela a BD { Assioma I). Dunque il mobile se venisse per AG non avrebbe in nulla ubbidito alla forza AB. Similmente si dimostra , che se il mobile andasse per AB non potrebbe in nulla ubbidire alla forza AG. Dico in secondo luogo, che il moto rispettivo di avvi- cinamento dal punto A verso la retta GD dee farsi , malgra- do dell' altra forza AB , per direzione bensì diversa dalla AG, ma colla stessa velocità rispettiva, che si avrebbe per la direzione AG. Poiché essendo AB parallela a GD , la forza che produce il moto per AB non produce alcun moto ris- pettivo riguardo alla linea GD ( Assioma I ) ; vale a dire la forza AB colla sua direzione AB parallela alla GD non può né accrescere ne diminuire la velocità rispettiva dell' altra for- za AC dal punto A verso la retta GD. Dunque se il mobile non può fare il suo moto rispettivo dal punto A verso la retta CD per la direzione AG , come fu provato , dovrà far- Dell' Ab. Giuseppe Zamboni l53 lo per altra direzione e colla stessa velocità rispettiva che avrebbe avuto per la direzione AC. Similmente si dimostra, che essendo AC parallela a BD , il moto rispettivo dal pun- to A verso la retta BD , che non può farsi per la direzione AB, si dovrà lare, malgrado della forza AC, per altra direzio- ne colla stessa velocità rispettiva che si avrebbe per la AB. Pertanto essendosi provato , che il moto rispettivo dal punto A verso la CD non può essere né agevolato né impe- dito dalla forza AB; né parimenti il moto rispettivo dallo stesso punto A verso la BD può essere impedito né agevo- lato dalia forza AC, ne viene, che il mobile dovrà ubbidire alle due forze col descrivere una linea la cui direzione par- tendo dal punto A abbia contemporaneamente due moti ris- pettivi di avvicinamento 1' uno alla retta CD , 1' altro alla retta BD ; e la detta linea si descriva colla stessa velocità rispettiva , che si avrebbe avuto o per la AC o per la AB essendo il tempo per AB uguale al tempo *per AC. Ma la sola diagonale AD ( Defin. II. ) é quella la cui direzione AD contiene i due moti rispettivi 1' uno verso la retta CD, l'al- tro verso la retta BD^ al termine della qual diagonale de- scritta nel detto tempo il mobile compisce amendue i moti rispettivi , toccando amendue le rette CD , BD nel punto D comune ad entrambi. Dunque ec. Ecco a parer mio V evidenza geometrica che si può da- re alla dimostrazione del Newton colla figura simplicissima da Lui usata. Ma se si adoperi la Fig. 4- colla quale i Fisici scompo- nendo sì l'una delle forze date AB nelle due AE^ AH, come l'altra AC nelle due AF , AG, dimostrano, che delle quat- tro forze le due AE AF perché uguali e contrarie non pro- ducono alcun moto; e le altre due AE ed AG, che riman- gono cospiranti servono a far descrivere la sola diagonale AD, se, dico, applicheremo le nozioni e i principj del mo- to rispettivo a tal figura , né verrà altra dimostrazione an- cor più analizzata dello stesso Teorema; mentre nell'uso fat- Tomo XX. ao I 54 Sulla teorica del moto composto to da' Fisici di tal costruzione^ si suppone già dimostrato, che la forza AB equivalga alle due espresse dalle AE , AH , e così "pure V altra forza AG equivalga alle due AF AG. Pertanto colle due rette AH, AG, che esprimono le due forze componenti, compiuto il parallelogrammo ABDG , e ti- rata la diagonale AD , io non propongo già di scomporre ve- runa delle forze date ; ma condotta comunque si voglia la BH , con le due HA, HB formo il parallelogrammo AEBH ; indi condotta CG parallela ad AE , e CF parallela ad AG, prolungo EA in F per compire V altro parallelogrammo AGCF. Per tal costruzione abbiamo dalla Geometria AE uguale ad AF , ed AH uguale a GD ; e quindi la somma di AG con AH uguale a tutta la diagonale AD. Dico adunque j che le due forze AB, AC non possono dare il moto se non per la diagonale AD. Imperciocché la forza in A colla sua direzione AB pro- duce due movimenti rispettivi di avvicinamento 1' uno alla retta BH , V altro alla retta EB ( Defin. IL ) ; e parimenti r altra forza in A colla sua direzione AC produce altri due movimenti rispettivi di avvicinamento 1' uno alla retta CG , Y altro alla retta FC . Dei quali movimenti rispettivi quello dal punto A verso la EB e l'altro dallo stesso punto A ver- so la FC non possono aver luogo ; perciocché il mobile in A fra le due parallele EB , ed FC non può essere contem- poraneamente avvicinato ad entrambi { Assioma II) ; e nem- meno all'una più che all'altra; perché essendo E A uguale ad AF , amendue gli avvicinamenti dal punto A alla EB , e dallo stesso punto A alla FC sono di ugual misura; ed il tempo per AB ponendosi uguale al tempo per AC , il mobi- le in A tende a fare ciascuno dei detti due avvicinamenti con la stessa velocità rispettiva ( Defin. Ili ), e perciò non dovrà fare né 1' uno né 1' altro. Ma i due movimenti rispet- tivi dal punto A verso la BH, e dallo stesso punto A verso la GG possono farsi per una sola direzione. Dunque il mo- bile dovrà farli amendue, iiia per tal direzione che non ab- Dell' Ab. Giuseppe Zamboni i55 bia alcun moto rispettivo né verso la EB , né verso la FG ; cioè per una direzione parallela a queste due linee ( assio- ma I ). Ora la diagonale AD è appunto parallela alle due EB, FC. Dunque il movimento rispettivo dal punto A verso la BH dovrà farsi per AH porzione della diagonale , e 1" al- tro dal punto A verso la GG per 1' altra porzione AG ; le quali due porzioni formano appunto tutto il moto per la diagonale AD come dovea dimostrarsi. Da ciò si vede, che la risultante di due forze unite ad angolo contiene quei so- li movimenti rispettivi delle componenti, che possono farsi per una sola direzione ; e gli altri si distruggono 1' un 1' al- tro , il che mostra in qualunque caso la distruzione d'una parte di moto in ciascuna delle forze componenti. E questa maniera di rappresentare la risultante di due forze unite ad angolo ci fa strada a dover considerare in qualunque forza anche semplice i suoi moti rispettivi; il che darà maggior luce a quelle teorie ineccaniclie, nelle quali si usa risolvere una forza semplice in altre obbliqne. Ed in vero , per 1' esempio della Definizione II , e per le fatte dimostrazioni si potrà formare il seguente principio generale : Qualunque movimento semplice da un punto a un altro contien necessariamente tutti i moti rispettivi ai lati di tutti i parallelogrammi , che hanno per diagonale comune la retta esprimente quel moto semplice. Un mobile per es. che descrive il moto semplice da A in B ( Fig. 5 ) , colla sua di- rezione AB fa nello stesso tempo tanto i movimenti rispet- tivi ai lati AC AE , GB, EB del parallelogrammo AEBG, quan- to i movimenti rispettivi ai lati del parallelogrammo ADBF, e cosi pure tutti i movimenti rispettivi ai lati di tutti quei parallelogrammi che hanno la retta AB per diagonale comune. Il perchè una forza semplice in tanto produce il movimento da A in B , inquanto che non vien impedita dal fare nello stesso tempo tutti gli altri suddetti rispettivi; de' quali un solo che le fosse tolto di fare , la forza produrrebbe un moto diverso da AB in direzione e in valore. . • . • 1 56 Sulla teorica del moto composto Pei" determinare in tal caso, qual debba essere il nuo- vo movimento prodotto dalla foiza ; sia e. g. il moto rispet- tivo dal punto A ( Fig. 5 ) verso la EB tolto interamente da un ostacolo che si oppone da E in A. Allora colle due AE, EB fatto il parallelogrammo AEBC , si prova, che la forza in vece del moto AB produrrà nello stesso tempo il moto AG. Ed in fatti la direzione AB contiene necessariamente il movimento rispettivo dal punto A verso la retta EB . Ma questo movimento rispettivo sì suppone impossibile a farsi per cagion dell' ostacolo. Dunque non si avrà più moto per la direzione'AB , ma per altra direzione, che non abbia al- cun moto rispettivo verso la EB. La causa poi, o l'ostaco- lo che toglie il moto rispettivo dal punto A verso la EB o- perando da E in A cioè in direzione parallela a GB, non può alterare il moto rispettivo, che la forza in A produce dal punto A verso la BG ( Assioma I ) Laonde il mobile dovrà prender tal direzione dal punto A , che non abbia alcun mo- to rispettivo verso la EB, ma lo abbia verso la BG colla stes- sa velocità rispettiva che avrebbe avuto descrivendo la AB. Ma la sola AG essendo parallela ad EB non contiene alcun moto rispettivo riguardo alla EB ( Assioma I)-^ ed il mobile descrivendo la detta AG nel tempo medesimo che avrebbe percorso la AB , conserva la stessa velocità rispettiva verso BG { Defin. III). Dunque la forza produrrà il movimento da A in G col valore AG in luogo del movimento AB. Vero è , che posto il principio della risoluzione d' una forza semplice AB in altre due obblique AE.^ AG, si con- chiude più prestamente, che tolta una di queste AE dall' ostacolo, il moto sarà fatto unicamente dall'altra AG; né io pretendo già infirmare di un minimo che la sicurezza di tal principio. Ma lo spiegare il fenomeno d' un moto , come sa- rebbe r urto obbliquo AB sul piano EG ( Fig. 6 ) col sosti- tuire alla forza reale AB due forze, che in fatto non esisto- no cioè le AD, AG unite ad angolo retto in A, può bensì convincere per la equivalenza della forza reale AB alle due Deli,' An. Giuseppe Zamboni i-')? supposte AD, AC; mar animo, che non trova esistenti real- mente queste due forze, non può esserne pienamente sod- disfatto e domanda tuttavia cosa v' abbia nella forza reale AB, che la fa operare al modo stesso delle due supposte AD AC. Ora usando del principio soprallegato, che ogni moto semplice contien necessariamente dei moti rispettivi , se in vece dì considerare le due AC, AD come forze da sostituirsi alla forza AB, si dica, che la forza reale produttrice del moto AB, produce altresì con esso due moti rispettivi di avvici- namento, r uno al piano EG , l'altro alla retta CB , si di- ce cosa che realmente esiste; essendo verità di fatto, che il mobile venendo per AB, si avvicina tanto al piano EG quanto alla retta GB E perchè Turtare del mobile nel pia- no viene unicamente dal suo avvicinarsi al piano stesso; così questo solo moto rispettivo di avvicinamento al piano misu- rato dalla normale AD potrà essere alterato nell'urto, a quel modo che prescrivono le leggi dinamiche nei vari casi. E 1' altro moto rispettivo di avvicinamento alla retta CB perchè misurato dalla normale AC, parallela alla DB, si rimarrà in- tatto dopo r urto. Similmente la discesa di un grave per il piano inclinato AE { Fig. 7 ) vien certo dalla gravità insita nel mobile ; ma la teoria della risoluzione d'una forza in altre, col sostitui- re alla gravità AC del mobile le due forze AD , AB , unite sotto l'angolo retto DAB fa comparire invece quella discesa come prodotta dalla forza AB. Laddove il principio suddetto dei moti rispettivi mostra direttamente, che la gravità in tal caso non può produrre che il moto per AB nel tempo stes- so che il grave avrebbe fatto AC senza l' impedimento del piano. Poiché la gravità per se stessa tende a produrre il moto semplice per AC verticale, direzione propria de' gravi. Ma questo moto semplice contien di necessità anco i due moti rispettivi di avvicinamento l'uno dal punto A verso la retta CD, e 1' altro dallo stesso punto A verso la retta BC ; l58 Sulla teorica del moto composto dei quali il primo essendo impossibile per la reazione del piano, la gravità dee produr l'altro solamente per AB paral- lela a DC. Finalmente dalle premesse nozioni e principi del moto rispettivo verrà più chiara ed esatta la teoria del moto cur- vilineo. Due sole forze realmente esistenti unite ad angolo producono il moto composto per l'elemento AD d'una curva ( Fig. 8. ). Una delle forze è detta centrale come sarebbe la centripeta espressa da AC, e l'altra espressa da AB che tan- genziale si appella. La prima AC tende a produrre un moto rispettivo di avvicinamento verso un punto interno F nella concavità della curva; e l'altra, cioè la tangenziale AB ten- de a produrre un moto rispettivo di allontanamento dallo stesso punto F. Perciocché il mobile abbandonato dalla cen- tripeta AC fuggirebbe per la tangente AB^ e si troverebbe nel punto B nell' istante medesimo nel quale per la unione delle due forze si sarebbe trovato in D. Se impertanto il moto rispettivo della centripeta sarà di ugual valore o mi- sura del moto rispettivo della tangenziale, il mobile dovrà nel suo moto descrivere tal curva , in ciascun punto della quale né si avvicini né si allontani dal punto F, cioè dovrà fare un circolo intorno a questo punto. E in altro caso de- scriverà altra curva secondo la diversa ragione che avranno tra loro i valori o misure dei detti due moti rispettivi. Oltre a ciò vuoisi notare, che la retta AC misura tanto il valore assoluto della forza centripeta quanto il suo moto rispettivo verso il punto F; poiché nel caso che manchi la tangenziale AB , il mobile in quel tempo che avrebbe fatto l'elemento di curva AD in virtù delle due forze, farebbe in- vece la AC, avvicinandosi nel detto tempo al punto F quan- to porta AC. Ma quanto alla tangenziale, il suo valore assolu- to è misurato dalla AB , ed il suo moto rispettivo di allon- tanamento dal punto F vien misurato dalla OB. Questa OB, se l'arco infinitesimo AD é circolare, si confonde colla BD parallela alla AC. Poiché, per la proprietà del circolo, é ret- Dell' Ab. Giuseppe Za:\ieoni l5q to l'angolo BOD , ed è retto eziandio l'angolo EDO perchè uguale air alterno retto CAD. Ma i due angoli BOD, EDO non possono esser retti, se non perchè la BD si confonde colla EO. Dunque il detto moto rispettivo della tangenziale si esprime nel circolo dalla OE egualmente che dalla DB. Ma la AE ch'esprime il valore assoluto della forza tangenziale non può esser mai confusa con la DB, o colla sua identica OE, perciocché dell' arco infinitesimo AD il seno verso AC uguale a ED è un infinitesimo di secondo ordine, mentre CD uguale ad AB essendo il seno dello stesso arco, è un infiini- tesimo di primo ordine. Pertanto da questa differenza di misura fra il valore as- soluto della tangenziale, ed il moto rispettivo della medesi- ma è venuto, che i Fisici comunemente riguardano il moto rispettivo OE della tangenziale come prodotto da una forza particolare detta centrifuga espressa dalla OB. Ma se com'è evidente j il detto moto rispettivo di allontanamento OB dal punto F, si contiene essenzialmente nel moto semplice AB della tangenziale , questo moto rispettivo non può al certo provenire da un'altra forza che realmente esista distinta da quella che produce il moto semplice per AB; altrimenti es- sendo infiniti i moti rispettivi contenuti in un moto sempli- ce, bisognerebhe ammettere altrettante forze reali e distinte in qualunque moto semplice prodotto da una sola forza il che sarebbe un assurdo. Dunque la forza centrifuga non può essere mia forza speciale, che realmente esista distinta dalla tangenziale ; ma è la tangenziale medesima, che ha la pro- prietà di essere centrifuga per il suo moto rispettivo di al- lontanamento misurato dalla OB. Accorderò bensì che per agevolare le dimostrazioni ed i calcoli si possa supporre questa forza speciale , che operi da 0 in E col valore OB , e che si chiami centrifuga ; per- chè quanto all' effetto, la cosa torna a un medesimo, come se questa forza esistesse realmente appunto come nella risolu- zione di una forza semplice, si adoperano altre forze ad es- i6o Sulla teorica del moto composto sa equivalenti, che però non esistono; ma sembrami, che nel dare a principio le nozioni delle forze, che producono que- sto moto curvilineo , si dovrebbe procedere con esattezza maggiore, e distinguendo col principj del moto rispettivo le forze reali dalle supposte, evitare lo sconcio di qualunque oscurità e confusione oggimai intollerabile in tanta luce di fisiche discipline. ^ * ■ i' ' - 1 ' . V _ ' . J, • ^ i -'. ■Ai\\ '■ ■<.. r- ir ■ s i:r,.;.. r-> I ■I. f.t-'.'f - 1.^. ■■ IJijTr'l Jt' ! i; . ( ' I ,:.')• " T , • ,; . ^- - , ") M : :;l '.il! .V' il ■ ■ '■ ' : r ; . ,i •'. .'.IkO-> 01. ,': rj.'i!! , ! ■ • ': M; j . ' , ,1'ici ^■■- ■ 1 ■ \<-'' ■■•-"•■■! '■■■ <'- ..•;::■/ A---- 'i :'.'■-. .ir. .. i .■■ r -^ ii: //.> .^//^ /^, ^„, // //^m ././/,, .'/C..^ ./^„/ .7^\\- /„„y //,. . //„/,,„ i6i SOPRA GL' INTEGRALI DEFINITI MEMORIA DEL PROFESSORE PIETRO PAOLI Ricevuta adì 8. Ottobre i 027. '■,-* lo mi propongo in questa breve Memoria di richiamar Tattenzione dei Geometri sopra alcune difficoltà , che possono incontrarsi nella teoria degl' integrali definiti comunemente adottata. A quest' oggetto prendo a ricercar nuovamente i valori già noti tra i limiti o ed — delle formole integrali fé . X dx san. ax ed fé . x dx cos. ar, ove e è il numero che ha per logaritmo iperbolico l' unità e b eA n sono numeri positivi escluso lo zero. I. Il problema ammette una semplicissima risoluzione^ al- lorché il è un numero intero. Poiché essendo __ix 72-1 d"—'fe—''^drcos.ax te . X dx COS. ax = rh , ■' dhn~ i ove il segno superiore -h deve prendersi nel caso di 11 dispari, e l'inferiore — nel caso di ti pari , e facilmente trovandosi col mezzo dell'integrazione indefinita il valore di fé dxcos.ax tra i limiti o ed -L essere = -±- = '- . '^^"^(f^^-.l , avremo —hx n-i , J e . X ax COS. ax = ± — . db- E così pure , essendo l' integrale egualmente definito —Ix d Ar6(f..ng.= -r ) J e dx sen. ax = , , ■ = ^— '— , troveremo a^-t-b^ db —hx n—ì t/».Arc(taiig = -jA e . X aj;sen. ax = rp i— '—. ^^ db" a. Quando n non è un numero intero , i valori di Tomo XX. 31 i6a Sugli integrali definiti quest' integrali dipendono da quello di un altro integrale definito più semplice. Facendo z := J e . x ax sen. ax , y = fé . X dx COS. ax , e differenziando per rapporto ad a avremo dz r ~^^ "7 ày f — *^ " , — = e . X dx COS. ax , -r- = — / ^ ■ x ax sen. ax, da -^ da •> cioè integrando per parti dz e— *^. x" cos.flx n r —^^ "— • , -— =- ; y- -r ì ^ • X ax COS. ax da 0 b -' a r ~*^ " 1 ■ T J ^ . X dx sen. ax da h b •' ■' ' ■ a .-^^ ", — -7- / e . X dx COS. ax. u ■' Ora le quantità fuori del segno integrale svaniscono ad ambedue i limiti o ed —, quando ^ ed re sono > o, come ab- biamo supposto. Con queste condizioni pertanto, e non altri- menti, avremo tra i medesimi limiti l'equazioni d z a fly , n - j .1 : (l\ 'Li — fi. IL ^ I- y ^ ' da ~ b ' da b -^ ''•■' '..-■' / v dy a_ dz n_ 1 — "^.i ; ••. ' '1 IH ^~' dH T ' dZ b ' Fin qui quest' analisi è perfettamente conforme a quel- la, che ha dato il Sig. Poisson in una profonda Memoria su gl'integrali definiti inserita nel Tomo X. del Giornale della Scuola Politecnica di Parigi. Questo gran Geometra eliminan- do in seguito la z dalle due equazioni (i) e {1) trova un'e- quazione differenziale del second' ordine alquanto complicata^, che giunge ad integrare ponendo in luogo della variabile a l'angolo che ha per tangente -|-. Ma era difficile prevedere che una tale sostituzione avrebbe prestato l'uffizio desidera- Del Prof. Pietro Paoli i63 to , se il valore di y non fòsse stato già noto , ed assegnato per la prima volta dall'Eulero. In una lettera scritta al Sig. Marchese Laplace nell'anno 1811. fu da me indicato il se- guente semplicissimo metodo ;, con cui può direttamente ot- tenersi l'integrazione dell'equazioni (i) e (a). Alia prima di esse moltiplicata per z aggiungendo la se- conda moltiplicata per / avremo (3) 2^H-y£^ = A/z^-yl^ì ■' ■ • ^ ' da ^^-^ da b \ da ^ da ) Similmente se dall'equazione (i) moltiplicata per 7 si sot- trae la (2,) moltiplicata per z, sarà Ora secondo che eliminiamo da queste due equazioni (3) e (4) l'una o l'altra delle due quantità y 4^ — 2 ^,z4^ -H y ^, ^ •'da da^ da •'da- Otterremo le seguenti dz dy z^-^y- fl»-+-6^ dz dy y da^'^da = nh z'-\-y^ ■ o, apparisce evideniemente che annullandosi ae y =:r(Z'), e z = o. Abbiamo pertanto , per determinare le costan- A A ti A e B , r equazioni F ( è ) = cos. B , o =; sen . B^ le quali ci danno B=.Ì7i^ ove i è un numero intero qua- Del Prof. Pietro Paoli. i65 lunqne , ^ ì\ rapporto della circonferenza del circolo al dia- metro , ed A = ±: b".T {h) secondo che i è pari o dispari^ e per conseguenza . — sen. nt y = := —-^ cos. nt n 2. (o»-t-i') 5. Possiamo render più semplici quest' espressioni ridu- cendo r {b) per ogni valoie di b al caso die = i. Poiché in- tegrando per parti abbiamo j e . X ax -^ 7 \- -y J e . x cix e quindi tra i limiti o ed — = — /e"*"", xdx = — f r(Z.) la qual' equazione integrata ci dà r(Z') =— ;^ . Sarà dunque i« r(i) s ■=. ^ ' - sen. nt n y = U— COS. 72i •' n a (a»-t-i») i ■ -X n—i ove r(i) rappresenta il valore dell'integrale fé .x dx tra i limiti o ed -^ . < - o 6. La medesima riduzione suol farsi comunemente così: nella formola fé . x dx si pone x in luogo di bx, e sic- come dopo la sostituzione diventa fé . x dx , se ne conclude immediatamente che tra i limiti o ed -^ sia e i 66 Sugli integrali definiti n —Ix n—i —X n—t ^ .X o je .X ax = J e . x ax. i^»uesto ragionamento però non può usarsi che con molta precauzione, perchè applicando- lo all'integrale j — — , ed osservando che la sostituzione di bx in luogo di x ne fa sparire la Z» , e' inganneremmo se da ciò deducessimo che l'integrale 1— da o ad — èin- ° / a; o dipendente da b. Infatti j / e dx db ■' b ' ~ = G — log. b. Posta 6 = I si " -; dunque /■ a^r = — log. o Lo stesso, se bisognasse, si potrebbe dimostrare in al- tro modo. Ponendo i -+- è — i in luogo di b , ed invece di -(b-')x .... e li suo sviluppo in sene, avremo r e-hx _ ^—x __ -fe~"'dx [b- i -<^^ ^^^x^-&c. ] . Ma tra i limiti o ed — è /e dx = i , fé xdx = i , fé x dx=: i.a, e generalmente denotando i un numero in- tero positivo e ye . x ax ■= i.a.o. ..i; perciò dx:= — [b — I ) -t- ^ a T" -'-^C. = — log.&>. • Né ciò deve recare alcuna maraviglia, perchè sebbene /w^ffX J i__ — - si cangi in /— ^ , e ne scomparisca la b, essa però si ri- f Del Prof. Pietro Paoli 167 trova nei limiti, i quali non sono o ed oo come prima, ma 0. b ed 00. b, ed avuto riguardo alla variazione di b in que- d.f±-l'll sii limiti II ^ non è zero, ma = — -^ . Poiché rappre- sentando col segno ^(x) l' integrale indefinito / ^ ^-— avie- -—^ — - =^ ipi^^^) — rpic. b). '^ , il,h\rT.M ,— 00 4 d4(T) _ e-^ co.-A ''^(~*) Ma siccome ^^ = -^- , sarà ^^^ = -^_ = o, e dx X db b "^ e à 4(0.1) _i_ db b 7. Si può facilmente assegnare in generale la condizione a cui si deve soddisfare, perchè in un integrale qualunque fdxY(x) da o ad — sia permesso di mettere ex in luofro di x^ essendo e una costante, ed insieme supporre mantenuti i medesimi limiti. Affinchè l'integrale /V-o, ed n :=., o >■ o , mi noti lo sarebbe nel caso di b zero o di n negativa. Pertanto , quantunque la sostituzione di x in luo- go di ax faccia sparire la quantità a dall'integrale /-^-^— , questa sola circostanza non ci autorizza a concliiudere, che tra 1 limiti o ed — sia / j. indqiendente da a. 8. Il casa di « = o non è compreso nei valori di z e di / trovati di sopra (4)- Riandando infatti i ragionamenti precedenti vedremo che non hanno luogo in questo caso 1' e- quazioni (i) e (2) ^ ma si devono ad esse sostituir le seguenti oppure le altre dz _i a dy da b b ' da dy a dz da b ' da ;■: , t'_t;Vs ■ j l\i .''\ i i." ii'tì'iS. 1 dz a dy . , . , 'db~T ' db """ ■ " ■■'.'} dy I a dz 7~ db X IT ' db '■'-■' ■ * ' dalle prime o dalle seconde delle quali facilmente si deduce /'"'"■';"°''-=Arc(tang.=f) /^ ■ dx cos. ax = — los- 9. Quantunque i valori trovati (4) di 2: ed jy siano tali sotto l'espressa condizione di ^>' o , e debba per conseguen- za escludersi dai medesimi il caso di b = o , pure scordan- do?i di ciò r Eulero il primo, ed altri dopo di lui pongono Z» = 0 nelle forinole generali;, ed ammettono come legittimi Del Prof. Pietro P,\oli 169 i resultati particolari /Ja:sen. a;c= — , fdxcos.ax = o, &c. prsen^as^ _ n_ ^j^^ all'arco di 90. gradi. È evidente che quest' equazioni non potendosi riguardare come in tal modo dimostrate, hanno bisogno di altre prove. Siccome le formole fdxi>en.ax ed fdxcos.ax ammetto- no r integrazione indefinita , i valori trovati per questo mez- zo dei medesimi integrali tra i limiti o ed — possono som- ministrare la conferma dei resultamenti precedenti. Essendo r 7 COS. ax j /• j sen. ax ^ .„ ; jdxsen.ax= , ed J dxcos.ax = , avremo tra i a i.^«os. — sen.- hmiti o ed -^ , fdxsen.ax = , fdxcos. ax = — - — . Ora a a i.^cos. — seri. perchè le due quantità e — si riducano respetti- varaente ad -^ e zero, bisogna supporre nel medesimo tempo COS. — = o j e sen. — =: o , lo che non può farsi a motivo dell'equazione l cos. — )-*-( sen. — P = i . • IO. Sembra che il seno dell'arco infinito, il quale non si riferisce piuttosto ad un punto che ad un altro della circon- ferenza, possa essere rappresentato da un numero qualun- que j?i compreso tra i limiti -f- i e — i ; e cosi pure il coseno dell' arco infinito sia espresso da un numero indeterminato n , ma compreso tra i medesimi limiti -i- i e — i ; questi due numeri m ed n non sono però indipendenti tra loro essen- do legati insieme per mezzo dell'equazione yn"" ~\~ 71' :=: ì . Ma quantunque essi non possano esser nulli nel medesimo tem- po , contuttociò zero è la somma di tutti i valori tanto del- l' uno che dell' altro, e per conseguenza — è il medio arit- Tomo XX. a a i'7o Sugli integrali definiti a I— COS. metico tra tutti i valori della quantità 2_ j e zero il me- a sen. dio aritmentico tra tutti i valori della quantità 1 . Pos- a sono pertanto ammettersi contemporaneamente in un certo senso ambedue I' equazioni I a cos o «. sen. a o quando cioè s' intenda che il secondo membro esprima non il valore assoluto del primo, ma il medio aritmetico tra tut- ti i valori, che questo può prendere. Supposte tra i limiti e ed — l' equazioni /6?xsen.ax = — , fdx COS. ao; = o , se ne deducono col mezzo della differen- ziazione le seguenti fxclx cos. ax = — ^ ^*^ fxdx sen. ax = o , le quali possono ancora ricavarsi dai valori di y e z ponendovi b = o , ed /z = a. L' integrazione indefinita ci dà J xdx cos. ax = 1 ^ xcos. ar sen. ax r 7 xcoi.ax J xdx sen. ax =■ f ma ne la quantità 1 ^— presa tra i limiti o ed T ,T • I XI .•^- xcos.ax Ben. ax — può divenire =: 1, ne la quantità — -+- — - — o 1 a" i a a^ può ridursi a zero , se non quando si consideri il medio arit- metico tra tutti i loro valori . E simili osservazioni hanno luogo in generale relativamente alle altre equazioni , che si ricavano dalle precedenti mediante l'ulteriore differenziazlo- Del Prof. Pietro Paoli I7r ne relativamente ad a, o inopportunamente si deducano dai valori generali di 7 e di z , facendovi l> = o. Passiamo ad altre considerazioni. Il Sig. Poisson nella ci- tata Memoria prosegue le sue dotte ricerche sopra una clas- se molto estesa d' integrali definiti , ma noi ci ristringeremo per brevità ad un caso particolare, cioè a (juello di / — ''"'"^_f tra i limiti o ed — . Chiamando / il valore di questo inte- grale definito egli giunge all'equazione o =: j ~ J dxcos. ax che poi riduce a c=y j^ supponendo J dxcos. ax = e. Questa circostanza (9) lascia nella mente qualche scrupolo suir esattezza della soluzione. Oltre di che per determinare il valore dell'integrale / ^ ^^^"-"^ ^lel caso di a-=o il Sig. Poisson vi pone x in luogo di ax, dopo la qual sostituzione diventa / — - — — , e si muta in / , quando a e zero. Non sembra primieramente che questo modo di ragiona- re possa senza dimostrazione ammettersi in generale j e ne avremo una prova convincente applicandolo all' integrale ixaen.ax—cosMx ^^ ^ -^ quale per i ritrovati del Sig. Poisson sa- rebbe = o per qualunque valore di a. Postovi x in luogo di ax questo integrale si cangerebbe in / ^^'^"•^~°"°^-'^ dx, e qualora nel caso di a zero fiasse permesso sopprimerne prima dell' iu- jsen.r_ ^ In secondo luogo è da osservarsi , che i limiti dell' integrale /xdxif^n.x ~ non sono propriamente o ed -^ , quali erano pri- ma della sostituzione, mao.fl ed —.a^ e questi nel caso di / 172 Sugli integrali definiti a zero diventano o.o ed — . o, cioè o ed i . ( Si veda il se- o ^ guente n." i3. ). Ponendo in Inogo della quantità — ^—^ il suo sviluppo in serie abbiamo Tcos^ __ y^^^^ ^^^ ax{\ — JC'H- x'* — &c . ) , e se tra i limiti o ed — fossero realmente nulli gì' integra- li fclx COS. ax., fx^'dx COS. ax , fxfidx cos. ax , &c., ne dovrem- mo concludere / ^''°^'-^—-=z o. Questa conseguenza, che non sarebbe facilmente ammessa relativamente al valore assoluto di queir integrale, ci somministra un altro motivo di dubita- re dell'equazione J dxcos .ax =■ o . La medesima equazione non implicherebbe forse contraddizione veruna nel concetto del n.° IO, nel quale gl'integrali fdx cos. ax, fx^dx cos. ax, &c. so- no tutti nulli senza contrasto, quando cioè si considerasse il medio aritmetico tra tutti i possibili valori. 12. Non ignoto che il resultato a cui è giunto il Sig. Poisson , si accorda con questo , che è stato ottenuto con al- tri metodi , ma anche questi sembrano soggetti a qualche dif- ficoltà . Il Signor Laplace prende a considerare 1' integrale doppio _ ' z=JJe . aydydx COS. ax tra i limiti o ed — iJer ambedue le variabili x ed y, ed inte- grando in primo luogo relativamente alla/ trova s= /' ^''"^■"J: . Per altra parte incominciando le integrazioni dalla x, ed os- servando che fé dx cos. ax = -*^ e ne deduce .1 a* II- z=i/ r / aye .. e siccome Jdye = -^ — ? Del Prof. Pietro Paoli 178 hi r ì . • ' /(/rrns. ax IT ~a lude iinalniente essere z cioè / j— = — .e Ninna osservazione può farsi intorno alla jirinia integra- zione , perchè /e . 2.ycly conserva la medesima forma l — per tutti i valori della x da zero all'infinito; ma non è lo stesso della seconda integrazione. In questa si ammette che sia fé dxcos.ax^ ^^—^e per tutti i valori che può prendei'e la/, tra i quali è compreso anche lo zero ., cioè si suppone che sia fdx cos. ax = — . i— - , lo che in qualun- que modo è molto lontano dal vero. Bisognerel)be adunque dimostrare che una tale supposizione non può influire sul risultamento finale j ed alterarne il valore. ■-..:. Per mostrare con qualch' esempio, che la nostra obiezio- ne non è forse priva affatto di fondamento , applichiamo il metodo del Sig. Laplace alla formola z =/fe . ■ù.ydydx tra i limiti o ed -^ tanto per la x che per la/. Avremo danna parte s= /^ 5 dall'altra 0 = 2, /^, lo che porterebbe alla strana conseguenza che fosse a /— = /—, e quindi/— ==0 tra i limiti o ed — . Cessa ogni difficoltà ^ se le integrazioni si fanno tra i limiti i ed — , perchè i due valori di z, che /^^ OC J /^ ^~V^^ e 2/-^ Z sono evidente- mente eguali. Se prendiamo ad esaminare il valore z dell' integrale J fé dxdysen.ax, e primieiamente integriamo per rapporto ad / da zero all'infinito, troviamo z = flf^^^^ ed integrali- 174 Sugli intechali definiti do relativamente alla :*; abbiamo {^)fe ilxsen.ax-=z _ ya 5 e quindi 5= / -^—~z = ^ • ^'^■^ ^V-"^^ apparisce chiaramente, che mentre supponghiamo essere ^^_^ ^ il valore di fé cIx%gi\. ax anche nel caso di / zero , ammettiamo per dato quello che ■ è in questione^ cioè supponghiarao che sia /V/x-sen.aa:= — . i3. Il Signor Legendre nelle sue eccellenti Esercitazioni sopra il Calcolo Integrale, dubitando forse anch'esso dell'e- quazione fdx COS. ax= o ha immaginato un ripiego ingegno- so per evitarla. Cercando il valore dell'integrale/ ^''"°-ff tj-a i limiti o e -^^ , ove i è un numero intero e 2:?r la circon- ferenza del circolo che ha per raggio l'unità, egli assegna con tutto il rigore l' equazione differenziale, da cui dipende la ri- soluzione del problema propostosi. Ma nell'applicazione^, che ne fa alla ricerca dello stesso integrale tra i limiti o ed — , o o lascia nello spirito qualche incertezza la supposizione , che l'arco infinito termini precisamente dopo un numero intero di circonferenze, o dopo lo stesso numero intero diviso per a. Poiché sebbene posto i un numero intero infinito e b un numero finito la quantità 2.iji-^b possa riguardarsi come eguale a 2,i;r, non è però sen. [iiÌ7t-\-b)z=.?,en .a^'m cioè zero, ma ^sen.Z'. Per toglierci questo dubbio^ seguitando le traccio del Sig. Legendre cerchiamo il valore Z deU'inteoirale f '_f^2ìi.pi pre- so tra i limiti o e '^"^"^ '• , ove b è una quantità indipenden- te da a , e tenendo conto della variazione di a nel secondo limite troveremo da J i-t-x^ a^-^-{2.in-\-bi^ Del Prof. Pietro Paoli lyS e differenziando di nuovo d^Z /'x^dxcoe. ax (a.ijr-^l)^ienb !ìa(3.in-t-!/)cos.h e quindi r7 d 2 ri (2/jr-t-J)'sen. J ««(a/ff-l-Jìros.S Ma siccome J dxcos. ax = — ^ — , tra i limiti o e ■ e ^^ ììHi. avremo finalmente y d^Z sen.J (27fl:-f-J)"«en.J &aÌ2.ijT-i-h)ccs.b *^ 5a^ a o[a'-H(2Ì;i-+-/')»] i;a»-t-(ai;r-+-^)=]» * uando il numero i e infinito j, li termine -.. , ,— ■, , si 11 •! . • (2zV-t- J)' sen .6 !• • seti, è •^ annulla, il termine ' , — r-=- diviene = , e perciò spa- risce è dall' equazione , die si riduce a E qui giova avvertire che si giunge al medesimo risulta- manto, senza che sia necessario di porre l'infinito sotto la forma ain o sotto la fi)rma 2.Ì7i-hb. Infatti chiamando Z' l'inte- grale /£f;££iL^ tra i limiti o e — , ed operando come sopra avremo d'Z' seti, e c'spn.c , 2a<;ros.c ,. .iii o = Z'. la qual' equazione j posta e infinita ^ si cangia in d Z' o = Z'. da'" Sembra adunque potersi con ogni sicurezza concludere , che a questa ultima equazione deve soddisfare il valore dell'in- tegrale / ' ■^''°°-°f preso tra i limiti o ed — , ma siamo incer- ti se sia permesso di sostituire a questi i limiti e ed co. Poiché cercandosi direttamente il valore / dell' integrale / 1^6 Sugli integrali definiti xeo,.ax_ ^^.^ ^ limiti o 6 2Ì.T-I-6 si giuiigc all' cquazìone Y 7— =/ clx COS. ax ^ da' ■> ove il termine non si annulla per oojni valore di b, comunque sia il numero i finito o infinito , e ne pur divien zero poucndosi col Sig. Legendre ò :^ o , se non quando za è un numero intero. ' •■'•'. Se non tenendo conto di questa difficoltà vogliamo de- durre dall' equazione d'r ■ — .:_■_- . , da- l'integrale j 'j^^21f~ da o ad — , rimane al compimento del- la ricerca la determinazione delle costanti G e C nel valore di / = Ce -H Ce . Il Sig. Legendre riflette che la prima dev'esser nulla per la natura dell' intes-rale / ^'"''"^ e la seconda eguale al valore dello stesso integrale nel caso di a=o, e ponendo l'unità in luogo di cos.ax e poi integrando ti'ova C'= / — ~ ■= -^ ; ma questa seconda parte ha bisogno di esser dimostrata. Convien cioè far conoscere il motivo per cui nel caso di a = o si possa prima dell'integrazione porre l'unità invece di COS. ax e dedurne /^^^^— = — , e nel medesimo ca- so non sia permesso di porre zero in luogo di sen.axj e con- eluderne / = o. J ;-<-^" , Sembrami, se non m' inganno, che alla richiesta diino- ' strazione possa supplirsi cosi. Ponendo in luogo di cos.ax il suo sviluppo in serie avremo /'dx^nsjiT^ __ r ilx / a' J' o^ xi ^^ \ Oxa facendo le iii'.e^razioiii da zero ad — troviamo Del Prof. Pietro Paoli 177 &c. Dunque sostituendo questi valori avremo tra i limiti o ed — dxcos. ax 1 ^^ p essendo P una quantità che svanisce insieme con a , e per- ciò posta a = o sarà tra i limiti o ed— . -^:;:^ = Arc(tang.=-j=-. Ma qualora sia riconosciuto legittimo il precedente ra- gionamento, incontreremo un nuovo imbarazzo applicandolo alla ricerca del valore, che prende tra i limiti e ed — l' in- tegrale / -^^^^^^^^^ quando a è zero. Poiché sostituendo a sen.flx il suo sviluppo in serie avremo t /xdxBfirx.ax I ^^ l « o^ x^ a'^x^ o \ e ponendo in luogo di 1 -^—^ •> /— ^ 5 &c. i valori prece- denti troveremo tra i limiti o ed — .1 / Wxsen.rtx _ . I . I I . ^^._^Q i-t-s» a.S.S a.d.4.5.5 a. 3. 4. 5. 6. 7. 7 ove Q si annulla con a. Pertanto posta a = o sarebbe tra i limiti o ed -^ ...... j >.- Tomo XX. a3 '7^ SuGLr INTEGRALI DEFINITI xdxsen .OT I f- ' a.i.i X3.4.5.5 — &c. = o,946o83 cioè molto diverso da -^ , valore comunemente attribuito al medesimo integrale. Merita di essere osservato, che la stessa serie ' 131 "*~ a.3.4.5.6 a.. .7.7 "*■ ^*'* rappresenta ancora l'integrale P^^^""^ tra i limiti o ed -1-, com' è facile verificare. Questo integrale adunque è indipen- dente da a, e per conseguenza = j dxs^^ ^j.^ j jj^j^; ^ gj I , e fors'anco = fd±^21 tra i limiti o ed -L. f X o Si trova in sirail guisa tra i limiti o ed — / — cos ar — — dx = - 1—. H . ' -- — &c. 5= o, aSgSi i , X a.a a.d.4.4 a.3.4.5.6.6 ' ì/ ' ed ha il medesimo valore /'~""^ É?a; tra i limiti o ed i , e pare che sia lo stesso quello dell'integrale /'~'=°*-°^ ^^jc tra i limiti o ed I I dubbj da me accennati ed altri simili, che per brevi- tà tralascio , potranno forse dalla sagacità degli Analisti es- sere facilmente dileguati. Ma siccome non mi è riescito, per quanto vi abjjia meditato , di trovarne per me stesso uno scioglimento, che mi acquietasse pienamente lo spirito , così bramerei che un gran Geometra , come il Sig. Legendre , il quale ha portato tanta accuratezza in altre parti della Mate- matica, prendesse la cura di schiarir le difficoltà, che pre- sentano alcuni principi ammessi nella teoria importante degl' integrali definiti. Del Prof. Pietro Paoli i^f) i4- Prima di terininar (juesta Memoria indicherò un nuo- vo metodo per trovare i valori degl'integrali definiti in prin- ci|)io contemplati, il quale può esser utile in altre circostan- ze. Ritenute le medesime denominazioni abbiamo ■—f— = e ■ X arcos.ax, -—- = — /e . x axcos.ax db' ■' da* ■' e quindi 1' equazione ■ " la quale ha per integrale d*Y d'r • i ...I. — 1- — — =: O ' ,— n. .(h^a[/~ 1)— " 2[/— I la qual formola per la riduzione delle quantità immaginarie diventerà lo stesso valore di z del n.' 5. 16. In questa soluzione non è escluso ^ come nell' altra, il — log. b , e quindi „ /e "-^coR.aj:— e ^ 7 log, {a ■+■ h\/ — i ) ■+■ lug.( a — h [/ — 1 ) X a .. '■ ' ■ " =_^loo.(«^ + ^") DelPbof. Pietro Paoli i8i /e — ^'dxsen.ax log. {l-\- a \/ — i ) — log . ( ?/ — a [/— i ) X "~ SI/UT = Are I tang. = -^ ) • . \ t-f.. -i? com' è noto. 17. Senza ricorrere all' equazioni -^ -4- -^ =0 e .£!f_ -4- .£!i- =0, potevamo ottener l'intento con la semplice sostituzione alle quantità cos.a:i; e sen.flo; del loro sviluppo in serie. Infatti così facendo abbiamo trovato (4) -^ ' y—i[b)—— . -^p-H-— . _^^.— &c. ^ — — ^ -db- -*" -T3 • -3P 2~3T5 ■ "dir- ^ ^^' che è quanto dire r( ^ — a 1/— I )-i-V(b -^-a \/— 1 ) _ _ r( i — a t/- 1 ) — r( ì -t- o t/— 1 ) j8. Potremo ancora porre in luogo di co%.ax e sen.flA- i loro valori espressi per l'esponenziali immaginarie, e sicco- me dopo questa sostituzione / e z diventano z = — =. / e ax = le ax al^—l •' 21/— I •' senza altro ragionamento ne dedurremo a colpo d' occhio i resultanienti precedenti. E questa sembra la più semplice so- luzione del problema. 19. Pili generalmente, qualora tra i limiti o ed —si co- nosca il valore ¥{b) dell'integrale fé .Xdx^ ove X è una funzione di x che non contenga b, se nella funzione F(b) por- i8a Sugli integrali definiti remo in luogo di b prima b — a^/ — i e poi b-\-a\/ — i, la sc.inisoinina di questi due resullati darà il valore dell' inte- graie fé .Xdxcos.ax da o ad — , e la loro semidiflFerenza divisa per ^/ — i somministrerà il valore dell' integrale Je .Xtì?a;sen.a:i; tra i medesimi limiti . E per altro necessaria la condizione, che ■■ , non sia infinita, perchè altrimenti non potremmo dimostrare che annullandosi a, sia fé . Xtì?a;cos.«a; = F(i), ed/e .X<^a:sen.aA=o. " r "• ." ' iì^" 'te" ■ «ih ;. A n ') -i.-, -.'Vr i) O.-.ll lii '>T!Ot] i;iO:'»n« Oli ,,:. -,i(:,,;i'.'i;in ai i! nixi-Hi'^.nr/) 1 il!; : !(; I '1 ' "- '"' "' '''I' ■^.^^ . .-, j ^^•„\j'^-"~^""''"h\ .--- •. J- {.:> . ■ !■ :. ■■> . :>'. . -^'i ■K .;;;:vn: .)!;>< , ' ■ • ■ ' ■ ■'-'■' "; -ii ,■ > / .:" >'(| ■ i;; 1 ■. il.nf] hif" ^ ^ ili-; ' ■■■■ ùi.i:. ;,i ,,.:;■/, i,J .-.'Jiii.:./ li.i*^! . '0 x^w; . ■ ■ :ì;:::. ,i:;l '}-'' \ '.l'-i 'V;(.(:::/ , f 1 1 ' ' e M ! •^■■ù .■ \ ■ ■ '.\ ,.',;.;:. ;i ■k; ; T; il> i83 SULL' INTEGRAZIONE DELL' EQUAZIONE MEMORIA DEL PROFESSOR PIETRO PAOLI Ricevuta adì 8. Ottobre 1827. > »;ì; Il Sig. Prof. Plana nel Tomo XXVI delle Memorie della Rea- le Accademia di Torino da alcune relazioni osservate da lui tra i termini delle serie, che rappresentano l'integrale dell' equazione ,i-i(> ha dedotto un mezzo elegante e diverso dai metodi ordinar] per esprimerne l' integrale in termini finiti , quando i è un numero intero. Siccome è importante che siano promossi tut- ti i differenti artifizj , con i quali possono superarsi le diffi- coltà che presenta 1' integrazione dell'equazioni differenziali, ho creduto bene di mostrare una via più diretta e più sem- plice ed insieme indipendente dalla considerazione delle se- rie per giungere al medesimo risultamento. All'equazione proposta moltiplicata per una funzione M di X aggiungendo il differenziale della medesima equazione avremo Pongliianio ,- 1 i 1 .^' ' ^ -4- M/ = z ax ■' ed osservando che ii^4 Sull' Integrazione ec. dh- , j d\r d^z (ilVI dy __ d'M dxi dx^ dx^ dx ' dx dx^ ' ^ d^z m_ _, / àvi d^m\ dx' dx ' y dx dx" J ■' otterremo con la sostituzione di questo valore d-z I ^ i(i-i-i) dy\ \ , / n/r rfM <^'M 2/(/-*-i)\ -dir-^y--^—^^^-^[^^-jr--d^-^-^)y=''- Per ridurre 1' ultima equazione ad una forma simile a quella della proposta eliminandone la / facciamo dx dx'' ^^ a:' ed integrando avremo dx x" Ora se lasciassimo questa equazione in tutta la sua ge- neralità, incontreremmo per integrarla le stesse difficoltà, che presenta la proposta; ma siccome non abbiamo bisogno che di un valore particolare di M porremo la costante e = o. L'e- (juazione in M diventa allora quella del Conte Riccati in un caso integrabile , e facilmente vedremo che ad essa soddisfa •;"•. "•■; M = — iii-. ,. .' '■ - 'i i!!t'-i-:i ■ -ii:- ■:' ■■ ■■:. ■ i. 'lorvi i'j Di. )'l Sostituito il valore di M sarà , ,n'i)i 1 '.vi i.' i 1 ^ dy z-l-i ,,■ - ■^ di T" y ' ' " ■■■ dx'- \ x^ I E se paragoniamo questa ultima equazione con la proposta , vedremo che la seconda si cangia nella prima , allorché vi si ponga i-Hi in luogo di i. Pertanto qualora si conosca l'integrale /=X della proposta nel caso di i = n, saràjK=: ^ — ■ X , quando i = n -\- i. Del Prof. Pietro Paoli i85 Chiamando y > y ■> y •> &c. i valori di y corrispondenti ad O I 3 j = o, );, 2, &c. avremo l'equazione a differenze miste d.x y i dx ^ j — • ' «'^ per mezzo della quale conosciuto jy = a se)i.( x -l- £*) potremo successivamente trovare i valori di r , r &c. e dedurne il valor generale di/ nel modo seguente. Avremo primieramente a ien . (x-^-h) X „/ , r \ aìen. (x-i-b) Y = T = acos. l X -^ O ) • •^ I dx ^ ' X e posto b — go" in luogo di b, lo che è permesso Y=asen.(x-i-b)-h'"'°'-^''-^^K -^ J ^ ' X Così pure sarà (x-t-h) y = x'-£-=acos.{x-^b)(:-^yj^;^ e cangiando ^ in // — go° y = a seri, {x -\-b) l i ^ J -f-acos. {x -i- b).—. In simil guisa troveremo 7^=asen. (x-t-Z.)(i - 'l'j^acos. (x^b)^-^ - ^^ y=asen.ix^b) ( • -^! H- ^yacos.{x^b)[^ - -i^) ^ &c. Da ciò apparisce, che avrà / in generale la forma j = asen.(x-4-è)(i— -J- ^-^ —^ -H&c.J -I- a cos.( ar-H ^^ ) (-^ - -^ -+- .^ - &c. ) essendo i coefficienti e , e , c^, &.C. funzioni di i. Per deter- I a 3 Tomo XX. 24 -'■ i ^o6 Sul l' Integrazione ec. muiaili sostituiamo questo valore di / nella proposta, e pa- ragonando tra loro separatamente i termini moltiplicati p sen. ( a- -H Z* ) e cos. (x -+- 1^ ) avremo l'equazioni er ac — i (i-i- 1 )== o 2,.2C — [ i(i-H I )— i.a 1 e =o 2,.3c —[i{i-+- i) — a.3 le =o ed in generale cioè onde si deduce i, (i-+-n)(z-l-n^i)...j(!— i)(j— a)...(j— n-»-i) a.4'^- • • ^"^ a motivo di e = I . Sostituiti questi valori avremo y espressa in termini fi- nitij allorché sarà i un numero intero positivo o negativo. Ma dal modo con cui abbiamo determinato i coefficienti e , e &c. I a si comprende, che il valore trovato di / soddisfarà alla pro- posta anche quando i non è numero intero, se non che sarà allora espresso da una serie infinita. All'equazione dM z(i-t-i) . :;' '';. •■io M^ dx !li±:l = o possiamo ancora soddisfare ponendo M= — ^ sostituito il qual valore abbiamo .. " ' ~. ' " '-.l'i >•"■■•)-■' ^^ "'••. •■ ■ 1 ; •••■'^ : dy i .'-.''--•■: dx X ^ Del Prof. Pietro Paoli 187 -d^-^y--^)^ = '' ed in quest' ultima equazione si cangia la proposta , se vi si muta i in i — i. Sarà dunque ^i _dy. — I dx -1- I — y X -^ = I d.xy. dx ed integ andò avremo 7.= I /-'. ^i- dx -I t col mezzo della qual' equazione in un modo più analogo a quello seguitato dal Sig. Plana troveremo i valori successivi di y , ed il valore generale di j. Ma questo metodo proceden- do per integrazioni deve riguardarsi come men semplice del precedente, il quale non richiede che differenziazioni. Se facciamo /== a; M, la proposta diventerà dx^ >n dii i n(n — i) — i(i-+-i) \ e posta re = — i si cangerà in d^u. 3,1 d i •-+- M= O. dx' X ' dx Introducendo adesso in luogo di x un'altra variabile t, che ne sia funzione, l'equazione precedente si trasformerà in , . d^'u Idt 'i* , du l d'^t zi dt \ ('') -dF- -[dlì-^Tt [l^F-lE •5^j-^" = °- Determiniamo la funzione t in modo, che sia (j'f ai dt dx^ X dx ' ed avremo integrando x . ^ = e , ed integrando di nuovo ai-*-' ., ,. ai-t-i i = £f ■4-c,o più semplicemente t:=.x posta c=ai^-i I e e = o , e quindi x-=.t . Sostituiti questi valori l'equa- zione {a) diventerà i88 Sul l' Integrazione ec. 4i (*) 4^-H(..i-HlM^^""'-« = 0. a!-+-i Conosciuto pertanto il valore y , che soddisfa alla proposta , avremo quello di u cioè l'integrale dell'equazione (Z'), se nel- la quantità ^ porremo t in luogo di x. L'Eulero nel suo Calcolo Integrale osservò la medesima relazione tra la proposta e l'equazione (/.»), e siccome aveva già assegnato I' integrale di questa, conviene ancora attribuir- gli la prima integrazione dell' altra , che ha formato il sog- getto di questa breve Memoria. i-:' li. '- . ^/.^"I,; w.r,; •■ ' ■■ ■■ : > - • :-■ ■ '■ ■ ''■• ' ., '■ '■• •'■• < -I-M- 198 SULLA LEGGE DELLE VARIAZIONI ORARIE DEL BAROMETRO MEMORIA : DELL'ASTRONOMO FRANCESCO CARLINI •' Ricevuta adì 5. Novembre 1827. 1. J_-'opo l'invenzione del tubo Torricelliano molte e molte ipotesi sono state proposte per ispiegarne i diversi fenomeni, e quello specialmente delle continue ed irregolari oscillazioni dell' altezza del mercurio in esso contenuto. Non v' ha dub- bio che le cause che lo producono debbono essere in gran numero ed assai complicate , e per ciò non è meraviglia se tutte quelle ipotesi che si sono fondate sopra un solo prin- cipio non hanno potuto reggere al paragone de' fatti. Se in simil genere di ricerche riuscirà mai ai fisici di fare qualche passo, non sarà già coli' immaginare degli ingegnosi sistemi, ma col separare quant' è possibile i diversi termini, dei qua- li compongonsi quelle variazioni , onde poterli esaminare dis- giuntamente gli uni dagli altri. Nel far ciò dobbiamo propor- ci per norma la strada che è stata battuta dagli antichi astro- nomi nello studiare i fenomeni del moto degli astri. Questi, sebbene ignari del vero sistema della natura, erano pur ar- rivati a forza d' osservazioni e di ragionati confronti a rico- noscere , almeno prossimamente , le principali ineguaglianze del moto del Sole, della Luna e de' pianeti. 2. L' analogia che sussiste fra i moti dell' Atmosfera ed altri fenomeni naturali già conosciuti deve servirci di guida, onde presupporre i periodi che possono avere alcune delle ineguaglianze che si vogliono esaminare , prese separatamen- te dalle altre. Stabiliti poi questi periodi basterà prendere igo Sulla Legge delle variazioni orarie ec. delle quantità medie fra un gran numero di altezze barome- triche osservate per rispetto a ciascuno di essi in circostanze parij ed allora si verrà a separare il coefficiente dell'inegua- glianza cercata dalla riunione complicatissima di tutte le altre. 3. II fenomeno che ha una maggiore analogia con que- sto delle oscillazioni atmosferiche si è quello delle ondula- zioni del mare , le quali si compongono del flusso solare che ha un periodo medio di 12 ore^ del flusso lunare che ha un periodo medio di ia*25', e finalmente delle ondulazioni che per la loro apparente irregolarità chiameremo, sebbene impro- priamente , accidentali. Nei movimenti dell' atmosfera debbon sussistere delle analoghe variazioni ; ed infatti oltre le ondu- lazione accidentali sono già state avvertite quelle più regola- ri che dipendono dall'azione del Sole e della Luna. Una es- senziale differenza però ha luogo fra i fenomeni dell' aria , e quelli dell' Oceano che sopra abbiamo accennati : ed è che in questo le oscillazioni accidentali sono generalmente meno estese , e di periodo più breve che le regolari ; mentre ne' moti atmosferici le ineguaglianze accidentali sono le più no- tabili , e le regolari appena si rendono percettibili nel medio di un gran numero d' osservazioni. 4- Un' altra circostanza che è particolare ai fenomeni atmosferici e che ha giovato assai a metter gli osservatori sulla via di studiarne le leggi , si è che le variazioni acci- dentali le quali ne' nostri climi sono considerabilissime ed assorbono, per così esprimerci, quelle regolari, divengono affatto nulle nelle vicinanze dell'equatore, cosicché le ine- guaglianze orarie ivi si presentano quasi spontanee all' at- tenzione dell' osservatore. 5. Il Gel. (Humboldt), che nel suo viaggio alle regioni equinoziali ( Relation historique T. III. pag. 270. ) ha tes- suta la storia di ciò che è stato osservato e scritto intorno a questo fenomeno, osserva che la prima scoperta è dovuta ai Sigg. Varin des Hayes e de Glos. In un viaggio alle isole dell' America che essi fecero per ordine del Re di Francia Di Francesco Carlini igi neir anno i6oa. ( vedi Mèm. de 1' Acad. des Sciences Tom. Vili. pag. /^^i. ) lo accennarono, sebbene in ter- mini non del tutto precisi, dicendo,, cbe a Corea il ba- ,, rometro è generalmente più basso , quando il termometro „ è più altOj e generalmente più alto la notte cbe il gior- j, no, di a fino a 4 bnee e die questo istrumento fa mag- „ gior variazione dalla mattina alla sera, che dalla sera al- la mattina. ,, Ad un' indicazione vaga ed inesatta si ridu- cono del pari le osservazioni del P.* Bozè, al quale al- cuni Fisici attribuiscono a torto il merito d' avere scoperto nel 1690. a Pondicheri ed a Batavia la regolarità delle va- riazioni orarie nei paesi posti fra i due tropici. In una let- tera inserita nel Giornale letterario dell'Aja anno 1723. tro- vasi per la prima volta una descrizione abbastanza precisa di cotesto variazioni ^, In questa parte della Guiana Olan- ,, dese , dice l'anonimo autore della lettera suddetta , il ba- „ rometro sale ogni giorno regolarmente dalle ore nove , si- „ no alle undici e mezzo della mattina^ indi discende sin ,) verso le due o le tre della sera per ritornare all' altezza ■„ di prima. Nelle corrispondenti ore poi della notte le va- >, riazioni si ripetono nell' ordine medesimo j, . 6. Le leggi stabilite dall' osservatore Olandese furono confermate dal P.* Boudier alle Indie Orientali , daali Ac- cademici Francesi al Perù, dal Sig. Tibault de Chassalon alle Antille , dal Sig. Adanson al Senegal , e da altri in di- versi luoghi posti in vicinanza della linea. Nelle zone nostre temperate era cosa assai più difficile il riconoscere , in mez- zo alle tante perturbazioni atmosferiche j queste piccole va- riazioni periodiche del barometro ; eppure esse non isfuggì- rono all' attenzione del diligentissimo Ab. Chiminello già Astronomo di Padova. Le sue prime ricerche su questo fe- nomeno trovansi in una dissertazione letta il 20. Gennajo #780. ed inserita nel volume primo dei Saggi dell' Accade- mia Patavina. L' autore comincia dall' annunciare che col considerare alcune serie di osservazioni barometriche agevol- iga Sulla Legge delle variazioni orarie ec. niente si rileva un doppio flusso e riflusso quotidiano dell' at- mosfera non modificato in varii tempi dell' anno che dalla differente temperatura delle stagioni „ . Nei primi giorni, „ egli dice , delle mie osservazioni un semplice passeggiero „ confronto mi fece vedere confusamente il fenomeno, e mi „ si avvalorò subito l'opinione della sua esistenza per 1' as- „ serzione di alcuni recenti Fisici, i quali sospettano che qual- ;,, che causa generale non per anche conosciuta faccia alle „ volte comparire r accidentale variazione del barometro tut- „ to all' opposto di quello che vorrebbe 1' alterato peso dei „ vapori ,^ . In un altro luogo poi si studia di dedurre dal- le sue proprie osservazioni e da alcuni vaghi raziocinj quale dovrebb' essere sotto l'equatore la quantità della diurna va- riazione ; il che mostra ad evidenza eh' egli non avea alcuna notizia delle analoghe osservazioni eh' erano già state fatte in America. 7. Non seguiremo 1' autore nei tentativi poco felici fatti per dare una spiegazione teorica del fenomeno j ma non la- sceremo di rilevare ch'egli nella descrizione di esso ha fat- to qualche passo di più degli altri osservatori ; avendo sco- perto non solo la diversità che passa fra i massimi e mini- mi diurni e i notturni , ma ben anche la notabile varietà suU' ora in cui hanno luogo nelle diverse stagioni i due minimi; il che meglio apparirà dai calcoli ciie verremo esponendo in questa Memoria. 8. Troppo diffìcile impresa sarebbe il cercare per via teori- ca la legge delle oscillazioni dell'atmosfera, le quali dipendono da tante e diverse cause fra di loro combinate e confuse. Per- ciò il cel. Laplace nella sua Meccanica celeste si è ristretto alla considerazione delle oscillazioni che chiameremo dinami- che, e che dipendono unicamente dalle attrazioni della Lu- na e del Sole sulle molecole dell' aria che ci circonda. Le limitazioni però eh' egli ha dovuto porre al problema per fa- cilitarne la soluzione e 1' incertezza che rimane sopra diver- si essenziali elementi , non gli permisero di giungere ad es- Di Francesco Carlini iqS pressioni dalle quali si possa dedurre con sicurezza 1' assolu- ta grandezza delle oscillazioni, e i tempi del loro massimo e minimo. Ciò nulla ostante le indicazioni del calcolo possono utilmente servire di guida nelle ricerche da istituirsi col sus- sidio delle immediate osservazioni. g. Il flusso atmosferico che abbiamo chiamato dinamico è prodotto dalle tre cause seguenti i.° dall' azione diretta del Sole e della Luna; a." dall'elevazione ed abbassamento periodico dell' Oceano che è la base mobile dell' atmosfera ; 3.° dalla variazione nella forza attrattiva esercitata dalla massa delle acque in conseguenza del cambiamento che succede nella loro figura. Non è cosa facile il riconoscere separatamente l'effetto di ciascheduna di queste tre cause ; il Sig. Laplace è però d'opinione che la seconda sia quella che vi ha mag- giore influenza. Nei calcoli esposti dall' autore nella sua Mec- canica celeste, T. L pag. io5. e T. II. pag. 294, egli fa astrazione dalla variazione del calore a differenti latitudini ed a differenti altezze , e suppone la densità dell' aria in ciascun punto semplicemente proporzionale alla forza com- primente ; fra le diverse ipotesi poi che possono farsi sulla profondità media del mare, e sull'altezza media dell' atmos- fera ^ egli ritiene per maggior comodo del calcolo la prima d' del raggio terrestre e la seconda del doppio maggio- re , poste le quali cose giunge ad esprimere 1' altezza b del barometro sopra la media B per mezzo d' una formula che di- pende dalla latitudine del luogo, dagli angoli orarj del Sole e della Luna , e dalle rispettive loro declinazioni. Per la la- titudine di 45" questa formula darebbe miU. Z» = B — o, CI 3ay9 ( cos.^f -f- e.cos'.z;') mill. — o , Oli 544 ( cos.'u cos.2/i-i- e cos. VcGS. a/i' ) ; dove V e v' sono le declinazioni dei due astri suddetti, h ed /i' gli angoli orarj ed e il rapporto delle forze rispettive colle quali tendono a sollevare le molecole dell' atmosfera. Da ciò con- Tomo XX. a5 iQ^ Sur.LA Legge delle variazioni orauie ec. chiude che il periodo del flusso atmosferico prodotto dal Sole debb'essere della metà d'un giorno solare, e il periodo del flusso prodotto dalla Luna la metà d'un giorno lunare. In un altro luogo poi ( Connaissance des tems pour 182,6. ) ritornando su qua- si' argomento , osserva che „ la hauteur du baromètre due „ au flux solaire redevenant chaque jour la méme à la mé- „ me heure , ce flux se contond avec la variation diurne j, qu' il modifie et il ne peut étre distingue par les obser- 5, vations faites à T observatoire royal. „ IO. Questo passo può dar luogo ad alcune speciali conside- razioni. É chiaro che qui l'autore oltre il flusso dinamico, ossia prodotto dalle attrazioni celesti, riconosce l'esistenza di altre variazioni diurne , le quali ritornano le stesse alle medesime ore solari , e che per conseguenza debbon essere prodotte anch' esse dall' azione del Sole. Ora , per quanto noi sappiamo, quest'astro non agisce sul nostro pianeta che in due modi ; cioè per mezzo dell' attrazione e per mezzo de' raggi calorifici e luminosi. Ciò adunque che l'autore chia- ma variazione diurna e che noi chiameremo flusso fisico dell' atmosfera , deve necessariamente dipendere dal calor solare, il quale su di essa agisce, sia direttamente dilatandola e facen- dola più leggiera, sia indirettamente rendendola idonea a con- tenere in maggior copia i vapori. Ma comunque ciò avven- ga , poiché le vicende del calor solare hanno per noi un pe- riodo di a4 o^'^ ' anche le variazioni barometriche che ne dipendono , od almeno la parte principale di esse, avrà un eguale periodo ; dunque le variazioni orarie del barometro saranno composte di due termini , l' uno che abbiamo chia. mato dinamico {*) il cui periodo sarà di la ore , l'altro che abbiamo detto fisico il cui periodo sarà di 2,4 ore. Ora an- (•) Le variaiioni del barometro di- pendenti d,iir angolo ordrio della Lu- na formano anch' esse parte del flusso dinamico. La loro influenza però ei eli- de quasi interamente allorché si para- gonano le altezze medie orarie risul- tanti dj uno o pili mesi d' osserva- zions. Di Francesco Carlini igS corolle questi due termini si combinino continuamente fra di loro e ritornino gli stessi alle medesime ore, sarà sempre possibile, daccbè hanno un periodo differente , il disgiunger- li r uno dall' altro ; nel modo appunto con cui nella teoria della Luna si arriva a separare i coefficienti di due termini d'una ineguaglianza che dipendono da argomenti l'uno mul- tiplo dell'altro. Questa separazione dei due termini che com- pongono la variazione oraria o variazione solare del Barome- tro è l'oggetto che mi sono specialmente prefisso nella pre- sente Memoria. II. Nella state dello scorso anno ho procurato di riuni- re un buon numero di altezze barometriche osservate ad in- tervalli eguali di tempo , e combinate con quelle del termo- metro interno e dell'igrometro ;, affine di riconoscere le relazio- ni che possono sussistere nelle variazioni atmosferiche indi- cate da ciascuno di questi stromenti. Le mie osservazioni co- minciarono il di 2.8 Maggio e furono continuate, colla sola interruzione di tre giorni^ fino al ag Giugno ; esse venivano ripetute , sì di giorno che di notte , di quattro in quattro ore; avendole poi sottomesse ad un esame preliminare mi iccorsi che volendo riconoscere con più sicurezza 1' anda- nento delle oscillazioni barometriche, conveniva che le os- servazioni si succedessero a minore intervallo ed almeno di àxe in due ore. Cominciai per ciò tosto una nuova serie su tile sistema, e la continuai fino alla metà di Luglio. Per trure poi partito anche dalle osservazioni precedenti pensai di collegarle fra loro in questo modo. Per le ore o, 4^ 8, la, i6 , ao ritenni il medio di tutte le osservazioni in nu- me:o di 5o per ciascun ora ; indi calcolati i medii delle ul- tim- ao fatte di due in due ore cercai la differenza fra le semsomme delle altezze barometriche corrispondenti alle ore suddette , e quelle corrispondenti alle ore intermedie. Que- sta dfferenza, che è quantità molto piccola j, applicata alla seniiscTiuia delle altezze che risultano dal medio di tutte le 5o alttjze , hanno dato con molta approssimazione quelle ■ 9^ SuLi.\ Legge delle VARrAzioNi orarie ec. che sarebbero risultate nelle ore intermedie se fossero state (-leteriiiiuate con altrettante osservazioni. Questa specie d'in- terpolazione è stata eseguita dopo che furono applicate a ciascuna quantità media le correzioni necessarie per ridurle alla temperatura del ghiaccio. 12,. Poiché qui si trattava di ricercare, non le altezze assolute , ma le piccole variazioni delle altezze medesime, ho giudicato conveniente di non toccare mai il galleggiante per ricondurlo alla coincidenza , riducendo così T error proprio di ciascuna osservazione a quello solo che può commettersi nel collimare coH'anello scorrevole che porta 1' indice e il nonio, ponendolo tangente alla superficie convessa del mercurio nella canna. Questa collimazione poi si faceva sempre coli' occhio armato di lente , e traguardando contro il lume. i3. Per riconoscere l'influenza che la variazione di li- vello del mercurio entro il pozzetto può avere sui risulta- ti finali del calcolo supponiamo che in origine 1' indice del galleggiante sia stato posto al punto di coincidenza, mentre r altezza del mercurio nella canna riferita alla divisione del- la scala fissa fosse ::= ^ e la temperatura del mercurio fosse = o; supponiamo inoltre che successivamente venga a cre- scere prima la pressione atmosferica , poi la temperatura ; ì chiaro che neh' un caso e nell' altro le altezze del mercurio varieranno tanto nella canna quanto nel pozzetto , con que- sta differenza che tiel primo crescerà l'una e diminuirà l'a'- tra , e nel secondo cresceranno tutte e due. Per convinceici di ciò facciamo da prima che la pressione barometrica p si aumenti di n rimanendo costante la temperatura; una p>r- zione di mercurio dal pozzetto passerà nella canna, e ne gas- serà tanta che basti a far sì che la differenza d'altezza de' due livelli sia =. p -^ n; se dunque il livello non si rimette a sito, l'altezza /'del barometro riferita alla scala fissa sarà /;'= i> -+- Il — «r", chiamando r il rapporto fra il diametro del- la canna e quello del pozzetto che supporremo di figua ci- lindrica. Di Francesco Carlini fC)^ i4- Fingiamo ora che tale essendo la pressione barome- trica cresca la temperatura sino aggradi, la mnssa del mer- curio rimarrà la medesima nei due tubi comunicanti ; ma di- latando'ii essa crescerà proporzionalmente in ciascuno. Sia q l'altezza del mercurio nel cilindro quando la temperatura è eguale a zero e la pressione =/*; divenuta la pressione =y;> -4-74 l'altezza q si cangerà, per quel che s'è detto, in q — «r% e portato il mercurio alla temperatura t l'altezza medesima di- verrà ( q — nr''){ i -^kt) , indicando con k la dilatazione del mercurio per ogni grado del termometro di Reaumur. L'al- tezza del mercurio nella canna al di sopra del livello sarà al- lora = { j9 -»- « ) ( I -H /cf ) , e F altezza apparente segnata sulla scala fissa sarà p=. [p^n){\-\-ht) — nT\ IH- A?) -f- qkt; d'onde si deduce /»-h «(1 — r^) ■= -£-j-^ J^ , che por- remo = b. i5. Nel nostro barometro si ha il diametro della canna = linee 3, il diametro del pozzetto =: linee 18^ onde r-=.^ , f^-=.~\ e F altezza media del fluido nel pozzetto q = linee 18, 2. Il valore di k si ritiene comunemente = -X- . Per ri- 4òdo durre adunque le fatte osservazioni^ prese da prima le rispet- tive quantità medie delle altezze p" corrispondenti, separata- mente, a ciascun' ora d'osservazione, e prese pure le rispet- tive quantità medie delle temperature i indicate dal termo- metro unito al barometro, ho calcolato il valore del termine -—/^ ■> che è l'altezza barometrica ridotta colla solita regola alla temperatura del ghiaccio. A quest'altezza ridotta ho poi applicata la piccola correzione — — -r- •> onde avere il valore di b. Calcolando allora coi metodi che verranno esposti in 198 Sulla Legge delle variazioni orarie ec. appresso i coefficienti delle ineguaglianze orarie, invece del- le ineguaglianze assolute , mi risultarono le apparenti , rappre- sentate da «( i — r'); divise poi queste per i — r^=o, 972,2, ot- tenni le ineguaglianze assolute n che si volevano determinare. 16. Ommettendo di scrivere qui le singole osservazioni che occuperebbero tròppo spazio^, riferiremo le sole quantità medie del barometro , e del termometro competenti a cia- scun' ora. Altezze barometriche osservate di due in due ore dal 29 giugno al 19 luglio 182,6; medio di 20 osservazioni. Differenza Ore di Barom. Term. Barom. Semisomma t vero osservato unito ridotto del preced. astron. =P" = t = b e del seg. lin. lin. 0 334,580 ai°,28 332,8547 lin. - a 334,438 21, 57 332,6898 332,6752 4 334,270 2[,9C 332,4957 6 334,188 21,65 332,4346 33a,5347 8 334,278 21,04 332,5738 io 334,335 FQ, 96 332,7173 332,7097 12 334,4,6 19,37 332,8457 4 334,366 18, 85 332,8379 332,8401 16 334,340 18,57 332,8346 18 334,384 18, 65 332,8716 332,9091 20 334,565 19, 5o 332,9836 22 334,635 21, 21 332,9154 332,9191 lin. -HO, 0147 — O, 1001 -+-0, 0076 — o, oo2a — o, 0375 — o, 0037. Altezze barometriche osservate di quattro in quattr'ore dal di 28 maggio al 19 luglio; medio di Lo osservazioni. (*) C) Lo alter7e baromf tritile delle qua- li si tratta in questa Memoria eeseiido tutte espresse in linee e frazioni deci- mali di linea del piede francese, trala- sceremo d'ora in avanti d'apporre la parola linee al di sopra di ciascun nn- miro. Ore o 4 « 16 ao 33440C8 3345 io8t 34, 1 566 334,2998 334,1984 334^4^9*^ Di Francesco Carlini Ore 19,282 19,496 1 8, 882 17,930 17,1.54 17,936 332,837.5 332,5296 332, 55o2 332,846 332,8078 382,9544 ..2 ..6 .10 •'4 .18 .22 Semi- somma 332,683 332,5399 332,698 332,8296 332,8811 382,8960 DifTc- reuza H-o,oi47 O, lOOl -HO, 0076 . — o, 0022 — o, 0875 — e, 0087 199 interpo- lato 832,6()8a 33a,43()8 882, 7007 882,8247 3 3 0,8436 882,8928 I valori di b dati nella 4" e nella 8' colonna delia seconda tabella sono quelli di cui faremo uso nelle seguenti opera- zioni. 17. Prima di accingerci a dedurre dalle osservazioni che abbiamo raccolte V espressione delle periodiclie variazioni dell' atmosfera , conviene assicurarci se il numero delle os- servazioni medesime sia sufficiente a fare quasi interamente sparire dalle quantità medie l' influenza delle alterazioni ac- cidentali. Per riconoscere se ciò si verifica non possiamo qui valerci del solito criterio delle differenze di diversi ordini, il quale trova la sua applicazione allorché si tratta dell' esame d' una funzione rappresentante una curva del gene- re parabolico , od allorché la funzione stessa , sebbene di tutt' altra natura, sia calcolata per diversi valori della va- riabile assai vicini fra loro. Nel caso nostro la funzione che rappresenta le variazioni delle altezze barometriche debb'es- sere composta d' una serie di seni di archi , i quali nei suc- cessivi intervalli di due ore possono variare di So" o di 60° 0 d'un maggior numero di gradi, e quindi convien far uso d' un altro metodo per riconoscerne le regolarità. 18. L' analisi delle differenze successive delle serie di simil genere forma il soggetto d' una Memoria dell' illustre Lagrange inserita nel volume delle Effemeridi astronomiche di Berlino per 1' anno 1788. pag. 4i' della quale riferiremo qui ioo Sulla Legge delle variazioni orarie ec. quella parte che è necessaria all' intelligenza delle applica- zioni che ne faremo in appresso. L' autore considera una serie il cui termine generale sia della forma A = as'm.{a -i- nf) -{- bs'm.{^ -i- nd) -h csìn.ly -i- nip) -hccc. e dando successivamente ad re i valori — 3, — a, — ijO, 1,-1-2,, ecc. suppone che siano noti i valori corrispon- denti di A , cioè n A ^ , A , A , A , A , A ec. ^3 —a —I 0 12 Se, per cominciare da un caso più semplice , si ritiene che A non sia composto che del solo termine a sin. { a -hricp), si avrà A = asin.(a — 3(p) A =asin.a A = asìn.[a •+■ I^,= aasin. — (pcos.{a-i- — -^-; ^ '-" -- 14 è"" = 332,8247 16 &"'"= 332,8078 ■ ; _ i8 i'=' = 33a,8436 . » , )-^' ao h^ =333,9544 aa è" = 332,8923 fatta la somma e dividendola per la sarà dunque a; = 33a , 744^- ■ " • Formando successivamente i valori delle alti'e somme avremo 2.Z'sin./i = ^.o,3i3i — '^0,6824 — 0,4038=: —. i_,i5i3 S.^cos. /i=-4-— .o,iaS6-H'^Ojo6oi — 0,0086= -<-c,io6a S.èsin.2/i= — ^0,24^3 s= — 0,2098 2.icos.2/t=-H o,4oo2-t-— 0,2789 =-+-0,5397 j ao8 Sulla Lecce delle variazioni orarie ec. onde risulta a; = 33aj7442, / = — 0,1919, 7' = -1-0,0177 :; = — o,o35o, z' = -+- 0,0900 e quindi Z» = 33i,7442 — 0,1 Qiq sin. A ■+■ 0,0177 cos.h — o,o35o sin. a/i -H 0,0900 COS. aÀ. 29. Vediamo ora sino a qual segno la nostra formula corrisponda alle singole osservazioni. Sostituendo in essa suc- cessivamente gli archi o", 3o", 60°, ec. in luogo di t, si ottiene / sin. h o 3o 60 90 10,0 1 5( 1 80 ■2 ic a4o 3( ( 33c /' cos. h — o, oooc — o, 0960 -o, ibba -0, 1919 — o, 1662 0, 0960 0, 0000 -(-e, 0960 -HO, IÒ62 -HO ,1919 -HO, i66a -HO, 0960 -HO, -+-0, -HO, -)-0, — o, — o, — o — o — o — e -HO -HO z sin. ah Olii — o, 0000 — o, o3o3 — o, o3o3 01 53 0088 0000 0088 01 53 0177 oi53 0088 0000 0088 oi53 s'cos. 2A valore di b calcolato osservato -HO, o3o3 -HO, o3o3 -HO, 0000 o, o3o3 — o, o3o3 — o, 0000 -HO, o3o3 -HO, o3o3 o, 0900 o, 045 o — o, 0450 — o, 0900 — o, 0450 •HO, 0450 4-0, ogoo -HO, 045 O — o . 0450 — o, 0900 — o, o45o -HO, 0450 33a,85T9 332,6782 332,5 I i5 332,4623 332,5545 332, 7o8u 332, 81 65 33a,83g6 332,8263 33a, 846 I 3. Sa, 9045 332,9308 diffe- renza 332,8375 332,6982 332,5296 332,4398 332,55o2 332, 7057 33a,846 332,8247 332,8078 33a,8436 332,9544 332,8923 — 0, 0144 -HO, 0200 0,0181 — o, oaaS — o, 0043 — o, ooaS -HO, 0296 —0,0149 — o, 01 85 — O, 0025 o, 0499 — o, o385 Il massimo errore non arriva a 5 centesimi di linea , ed il minimo non arriva a 2 centesimi; possiamo dunque sperare che anche i coefficienti delle ineguaglianze sieno determina- ti entro questo limite di esattezza. 3o. Si potrà ora ridurre il valore di h ad una forma più compendiosa riunendo i seni e i coseni del medesimo angolo, e si avrà b = 3:32,7442 ■+■ o,i9a7sin.(i74 -44'-^- ^') -h o,og65sin.(i 1 i.°i5'-H a/i ). Di Francesco Carlini acc) Ma per ciò che si è avvertito al n." i5 i coefficienti delle trovate ineguaglianze debbono dividersi peri — r'' = o ^g'j o-u , oppure moltiplicarsi per -^ onde ottenere il loro valore asso- luto; avremo dunque infine b = 33a,7442, -+- o,i982sin.( i74".44'-i- h ) , .,, -+- 0,0998 sin.( 1 1 1°. 1 5'-i- aA ). 3i. Dall'esame delle osservazioni fatte di due in due ore , e meglio ancora dalla formula precedente che le rap- presenta , si scorge che V altezza del barometro nel corso della giornata ha due massimi e due minimi. Infatti egua- gliando a zero il differenziale del valore di b si ha -4- e, 1 982cos.( 1 74°. 44'-'"^^) -1-0,1 986cos.( I » 1 ". 1 5'-t- a/i) = o. Poiché questa equazione non può risolversi per via diretta , cominciamo dal supporre che i coefficienti dei due coseni sia- no eguali , si avrà allora COS. ( 1 74''44'-*-^) = — cos.( 1 1 1°. 1 5'-+- 2.h) = cos.(a9 1**. 1 5'-+- 2.h), e si otterrà una delle radici cercate ponendo 174°. 44'-+- '■' = 2.9i°.i5'-<-2A, e quindi /i = 243°. 29'. Le altre radici si avranno mettendo successivamente i74°.44'-i-/i= 360°— 29i°.i5'-t-i2A A=— 35''.ao'=324°.4o' 174. 44-<~^''=2,x36o — 291. i5-+-2/i onde h= 84.4° risulta 174. 44 -+-"^=3X3 bo — 2()\.i5-h2.h h= ao4-4'^- 32. Sia ora h' uno di questi valori approssimati di h; cosicché si abbia h=h'-^-6, e siano i due coefficienti dell' espressione di b l'uno :^p — o, T altro =/?-t- o, essendo/7 il loro valor medio ed o una quantità molto piccola; facciasi inoltre l'angolo 174°. 44 =="^5 l'angolo 291°. i5'. = «,si avrà r equazione {p — o )cos.( w -+- h-\-d) =(/? -H o )cos.(;ì -f- a/i'-f- o.d). Tomo XX aj aro Sulla Legge delle variazioni orarie ec. Svolgendo e trascurando le quantità di second' ordine per rispetto ad o ed a 0 , avremo pdcos.{ni -f- h') — (ocos.{rn -H h') — pdsìn.{m -+- h') = pcàs.{n -+- a/i') H- ocos.{ii -+- ah') — y}Oi'in.{n -+- ah'), ed ommettendo i primi termini dei due membri che si eli- dono j7d[2siiì.{ìt -+- ah') — sin.(w -f- h')] = a[cos.{n -4- a/i') -4- 003.(772 H- A')] onde „ o cos.(n-+-2/i')-f-cos (m-i-h') 20 res.(m-t-/t') "TT asi [1 .(n-t-a/t'j — òiu .(m-+-/t') p 2sin.(n-t-2/i')— sin.(ra-t-/i') ' Restituendo i valori numerici si ha per ciascuna delle radici cercate poste per ordine delle loro grandezze /i'= 84" .40', 0 = — 0,00009 = — o',4, h= 84°.4o' ao4. 4° — OjOot47 = — 6 ao4. 34 a43. ag -J- 0,00096 = -+- 4 • .. 2,43. 33 324- 4° — 0,00060 = — 3 3a4. 43- Gli archi h divisi per i5 daranno le ore solari alle quali cor- rispondono i massimi e i minimi, ed i valori di questi si ot- terranno dall'espressione di b sostituendo in essa i suddetti valori di h i si avrà per tal modo Nella stagione estiva ore dei massimi alt ezze massime escursioni e dei minimi e minime del barometro h\ 39' min. 33a,45i7 -4-0,3914 i3. 38. mass. 33a, 8431 — 0, oi47 16. 14. min. 33a, 8284 -HO, 1094 ai. 3g. mass. 33a, 9378 —0,4861, Di Francesco Carlini aii ove per escursione del barometro intendiamo dinotare la dif- ferenza tra i successivi massimi e minimi. 33. Le altezze barometriche nella State e nel nostro cli- ma hanno dunque un minimo a 5* ^ , un massimo ad i'' ^ dopo mezza notte , un minimo a 4* del mattino ed un mas- simo a 9* ^ ; queste per ciò sarebbero le ore più favorevoli per le osservazioni del barometro , quando non si avesse al- tro in mira che di determinare il valore di cotesti massimi e minimi ; ma sarebbero all' opposto le meno vantaggiose quando si volessero riconoscere le ore in cui le massime e le minime altezze hanno luogo precisamente. Laonde chi vo- lesse conoscere e V una e 1' altra circostanza di questo sin- golare fenomeno o dovrà osservare otto volte al giorno j cioè vicino al tempo in cui le ineguaglianze sono successivamen- te massime positive, nulle e massime negative, oppure (ciò che riuscirà sempre più comodo, e più regolare ) potrà os- servare, come noi abbiamo fatto, ad intervalli uniformemen- te distribuiti nel corso della giornata per poi cavarne fuori col calcolo il valore delle costanti che rappresentano le leg- gi delle giornaliere variazioni del barometro. 34. Dall'esame che abbiamo sin qui istituito siamo con- dotti a conchiudere che a torto alcuni Fisici Francesi, volen- do prescrivere agli osservatori le ore più opportune in cui notare le altezze del barometro , asserirono che per averne la quantità media bastava istituire le osservazioni in due tem- pi della giornata , in uno de' quali avesse luogo un massimo e neir altra un minimo. Essi non avvertirono che in una fun- zione composta di più termini variabili non basta prendere la semisomma d'uno de' suoi massimi e d' uno de' suoi mi- nimi per avere la parte costante della funzione medesima. Per esempio nel caso delle osservazioni estive di Milano , delle quali abbiam trovata 1' espressione generale, si ha il massimo antemeridiano a 2,1''. 3g' = 332, 9378 il minimo pomeridiano a 5. 39 = 332,45i7 semisomma '' 33^, ()()^y aia Sulla Lerge delle vabiazioni orarie ec. mentre il vero termine costante è 332j7442'- 35. Un'altra circostanza che conveniva aver presente pri- ma di stabilire una norma generale per le osservazioni baro- metriche si è quella, già avvertita dal Chiminello , che le ore delle massime e delle minime altezze non sono le mede- sime in tutti i tempi dell'anno. Per esaminare il fenomeno anche sotto questo aspetto , ho vohito ripetere le osservazio- ni orarie nelle vicinanze dello scorso solstizio jemale. Sicco- me nell'accennata stagione sarebbe riuscita un' opera oltre mo- do faticosa l'osservare ad ogni due ore sì di giorno che di notte gli stromenti meteorologici , ho procurato di supplire alle osservazioni successive nel modo seguente. Avendo stabilito di continuare le osservazioni per ^o giorni, ho diviso questo intervallo di tempo in quattro decine. Nella prima e terza de- cina furono esse istituite a o, 4') 8, la, i6, ao ore contate dal mezzodì, e nella seconda e quarta a o, a, 6, io, 14^ 18, aa ore. I medii delle osservazioni nelle ore diverse hanno dato Altezze barometriche osservate dal dì i Dicembre i8a6. al la. Gennajo 1827. Prima e terza decina Seconda e quarta decina 0 re o 4 8 16 ao Baroni. = ì> 333, II 55 33a, 9695 333, 01 lo 33a,965o 33a,9i 3r 333, jai5 Terni. 8, 1 85 7,985 7,68c 7,4'^5 7, 180 7,075 Barom. ridotto 33a,45'x6 33a,3a3i 33a, 3892 3 3 a, 3629 332,33 [7 332,5483 Ore Barom. Terni. Barom. = P' = t ridotto 0 331,9528 7,676 33i,333a 0 3 3 1,7085 7^776 33 1,081 a 6 331,6243 7,34 33i,o344 IO 33 r, 68 14 7,290 331,0933 14 33 I,. 5886 7, I IO 33i,oiSo 18 331,5790 0,867 33i,oa5a 22 331,8871 7.457 33i,a85a 36. Le osservazioni fatte in diverse serie di giorni non sono immediatamente comparabili tra di loro, contenendo esse una quantità costante diversa e dipendente dalle oscillazioni Dt Francesco Carlini ai3 Irregolari dell' atmosfera. Per lidnrle all' uniformità convien conoscere la differenza delle due quantità costanti; ad otte- nere la quale prenderemo nelle due precedenti tabelle il me- dio aritmetico delie osservazioni fatte di 4 in 4 o^'^- Sappia- mo infatti che in questi medii si distruggono necessariamen- te tutte le ineguaglianze che possono essere espresse dai se- ni e coseni di archi aliquoti della circonferenza. Avremo in tal modo chiamando [3°, /?", /?'", ecc. le altezze ridotte della pri- ma sericj e /?, , ^^^^^ ^ , ecc. quelle della seconda nella prima serie \ (^°h-^"h-^'''-4-^-'-h/3^"-h/?'')=33ìì4o 1 3 nella seconda -^ (/?'-l-^"'-*-/?t,H-/?«"-l-/?«-i-/?x.)=33 1,089 r. La semidifferenza dei due medii è =o,656i che ar-0, f48 lOC H-3j 016 -1-2, 960 — 0, o56 180° -1-2, 596 -H2,54l — 0, 057 aio -+-2, 312 -1-2,455 -HO, 143 240 -+-1,946 -*-J,776 — 0, 170 270 -+-I, 675 -hi, 827 -HO, l52 3oo -H2, 180 -H2,o66 — 0, 114 33o •4-3, 524 -h3,594 4-0,170. 3^ .22' -H 21,661 escursione 16 4 -H 15,571 6,090 I. 21 -H 4,95a 17- 58 H- 1,675. 3,377 49. Cercando colla formula precedente e con quella del n." 47- ^6 ore dei massimi e dei minimi del calore si trova neir estate massimo calore a 3''.22' minimo nell'inverno massimo calore minimo Queste determinazioni bastano all' uopo nostro per indagare le corrispondenze che possono aver luogo fralle variazioni del calore e le oscillazioni dell' atmosfera , del resto poi se si volesse stabilire con grande esattezza la legge delle varia- zioni diurne della temperatura converrebbe che le osserva- zioni fossero in maggior numero e fatte con quelle precau- zioni che sono necessarie a diminuire l'influenza delle cause locali e specialmente quella dei riflessi calorifici provenienti dai corpi circostanti. ', ;•. 50. Possiamo ora porre a confronto il termine esprimen- te l'oscillazione dell'atmosfera nelle due opposte stagioni, coir espressione della variazione oraria del termometro, e le ore rispettive del massimo e del minimo, affine di vedere se fra ([uesti diversi elementi sussista una qualche relazione. Di Francesco Carlini 22 3 Riunendo i risultati ottenuti precedentemente abbiamo estate inverno •1, • { -HO,iQ82sin.(i74''44'-+-^') H-C',c667sin.(i2o''.44'H-//) OSClllaZIO-y ^ \ ^-T -r-r / i \ -r-r / ne fisica loia del mass. 18''. 21' 21''. 67' , joradelmin. 6.21 9-57 baroni. / ' V escursione 0,0964 o^ i334 /'-l-2,gi6sin.(46°.i2'-i-/i)-+-ecc. -1-1.4' 7sin.(39''.i i'-i-/i)-i-ec. y^' Nora del mass. 3*.22'. i''.2i' riaz. ) del Sora delmin. 16. 4 17.58 escursione 6, 090 3, 277. ter. Il coefficiente dell' oscillazione fisica del pari che quello del- la variazione termometrica riescono maggiori nella state clie nell'inverno: nel primo fenomeno il rapporto de' coefficienti jemale ed estivo è di i :3; nel secondo di i :2 e poco più. Le ore dei massimi dell'oscillazione atmosferica sembrano corris- pondere a quelle dei minimi del calore^ rimanendo però sem- pre in ritardo di alcune ore. Questo ritardo che è importan- te di considerare risulta nell'estate nell'inverno 2. ''17' 3''.24' ritardo del massimo atmosfe- ) rico sul minimo termometrico ( ritardo del minimo atmosferi- 1 co sul massimo termometrico ( 2. 59 8. 36. 5i. Le variazioni orarie dell'umidità dell'aria vanno soggette a maggiori irregolarità: si perchè su di esse influi- scono maggiormente le circostanze locali ed i fenomeni at- mosferici che hanno luogo alla superficie della terra, quanto perchè i gradi dell' igrometro, che sono indicati dai nostri stromenti , sono una funzione composta dell'umidità dell'aria e della disposizione di essa a contenere in maggior o minore 224 Sulla LiEgoe delle variazioni orarie ec. copia i vapori. Ciò nulla ostante avendo raccolti i medii d'un discreto numero d' osservazioni deirigrometio fatte nelle di- verse ore del giorno, lio veduto che con qualche precisione si potevano anch'esse rappiesentare per mezzo d'una funzio- ne del seno e del coseno dell'angolo orario. Poiché quest' espressione si ottiene colle medesime for- mule e coi medesimi processi esposti precedentemente, ci bas- terà riferire i medii delle osservazioni igrometriche ed il con- fronto colla formula che da essi è stata dedotta. Le osserva- zioni di cui si tratta sono fatte con un igrometro a capello recentemente costrutto a Ginevra, il quale, come si è già detto del termometro , si esponeva nelle ore della notte ad una finestra verso mezzodì e nelle ore del giorno ad un' al- tra verso settentrione. Sa. Chiamando i il grado dell'igrometro corrispondente all' angolo orario h, si è trovato verso il solstizio estivo i= 83, j — o,6osin.A— 5,53cos.A =83,3 ■+■ 8,53sin.(aao''-(- h) verso il solstizio jemale i = 89,4 — 5,6asin./i — 1,1 bcos.A = 89,4 -H i ,83sin.(2 1 g^-t- h). grado dell' diffe- ore idrometro 1 1 renza calco. osser. 0 77,8 77-' ? — 0,1 2 7-5,3 74.' — 1,2 4 74,9 72,5 -2,4 6 76,8 77,3 -+- 0,5 8 80,4 82,6 -^'2,2 IO 84,8 86,0 ■+- i,a Ì2 88,8 «7,7 — 1 ,1 i4 91,3 39,3 — a,o ib 9 '.7 91,9 -+- o,a 18 89,8 90,8 -+- r,c 2.0 8b,a 86,3 H- 0,1 S.J. 81,8 83,3 -+- 1,5 grado igron calco. dell' letro osser. diffe- renza 88, a 87,9 -0,3 87,7 87, b 87,. 88,1 -o,b -H 0,5 88,0 88,6 -H c,6 88,7 88,0 — 0,7 89,7 90,5 -4-0,8 90,6 90,1 — . 0,5 91,1 90,6 _o,.^ 91, a 91,6 ■+- 0,4 90,8 90, b — o,a 90,1 89,1 91,0 88,8 -+-0,9 — 0,3 Di Francesco Carlini aa5 Il coefficiente della variazione è nella State quattro volte e mezzo maggiore die nell'inverno: ma i massimi e minimi ca- dono quasi precisamente nelle medesime ore cioè massima umidità a i5*-i- ■ . ' ' . minima a 3 — -. 4 Le ore indicate dei massimi e minimi igrometrici riceve- rebbero forse qualche notabile mutazione, se nella formula che gli esprime s'introducessero i termini dipendenti dal doppio e dal triplo dell'angolo orario: ma questo genere d'istronienti è ancora troppo imperfetto per potervi applicare con qualche vantaggio una serie composta d' vm maggior numero di ter- mini oltre i primi già computati. 53. Fin qui abbiamo considerati i fenomeni atmosferici osservati in un sol punto del globo ; resterebbe ora a veder- si quali mutazioni possono essi subire non solo nelle diverse latitudini, ma ben anche sotto lo stesso parallelo, in diffe- renti costituzioni del suolo. Noi sappiamo infatti che 1' am- piezza delle maree dipende anch' essa moltissimo dalla confi- gurazione delle coste ; onde avviene che le elevazioni delle acque sono assai piccole presso le isole del mar Pacifico; ed all'opposto assai considerevoli sulle coste d'Europa bagnate dal mar Atlantico. Per esplorare le variazioni delle maree at- mosferiche converrebbe avere un buon numero d'osservazio- ni barometriche fatte regolarmente in diversi punti del glo- bo, e convenientemente distribuite nelle diverse ore sì del giorno che della notte. Ma qui dobbiamo confessare che nel gran numero d' osservazioni meteorologiche che si fanno in varj luoghi , pochissime sono quelle che riuniscono le con- dizioni richieste onde potervi applicare i metodi di calcolo che abbiamo sin qui spiegato. Divengono perciò pregievolis- sime quelle continuate pel corso d' un intero anno dal dili- gentissimo Chiminello, delle quali egli ha pubblicate le quan- tità medie corrispondenti a ciascun ora , ed alle diverse sta- remo XX. ag aa6 Sulla Legge delle variazioni orarie ec. gioni dell' anno^ e che si trovano nel volume sopra citato dei Saggi dell'Accademia di Padova. 54- Esaminiamo prima di tutto le osservazioni estive fat- te nel '.778 e registrate nella tabella annessa all' accennata Memoria sotto la lettera G. Le altezze barometriche essendo, come parCj di già corrette dalla dilatazione del mercurio, non hanno bisogno di altra riduzione fuorché di quella delle par- ti 160™ di linea in frazioni decimali. Fatta questa riduzione si ha • ■ - -i:.j7 ore valore di b 0 ò" 334, 1062 0, U 333, 9687 4 b" 333,8(2.5 6 b'" 333, 72 5c 8 y- 333,8a5o IO b^ 333, q5oc ore valore 12 b-' di /; 333,9687 4 b-" 333,9780 16 b^'" 333,937.5 18 ^■x 334, CI 25 20 b- 3.34, 1375 22 b" 334, I8I2 Applicando a questa serie d'osservazioni le formole del n.° 2,7, troviamo i ■..,.>: ; 2.^àin. h = 1X0,2375 — *^. 0,4375 — 052875 = — 0,7851 S.Z'Cos. h=-h— . 0,1875-4-'^. 0^2249-1-0,1375=: -HO,42,6c 'E.bs'm.Q.h= — ":;- . o,4oco 2.ècos.2A=-H— . 0.3624 I.' = — 0,3464 = -t-o,5i86. Avremo dunque - a; =333,9666, j =: — 0,1 3o8, y=H- 0,0710 z = — o,o577, s— ■+■ 0,0864 # i i-.» 'HI ~. :.\'y. Di Francesco Carlini E di qui deriva l'espressione cercata h = 333,9666 -Ho,i488sin.( I5l.^3l'-H A) -H c,io3gsin.( i23.°44'-t- a/i ) la quale paragonata colle immediate osservazioni dà 1237 valore di b diffe- h calcolato osservato renza 0' 334, ia4o 334, 1062 — 0, 0178 3o 333, 9559 333, 0687 -HO, 0128 60 333, 7955 333,8125 -HO, oibg 90 333,7494 333, 7a5o —0, 0244 120 333,8246 333, 825o -HO, COO4 i5o 333, 9329 333, gSoo -HO, 01 71 h valore di b calcolato osservato diffe- renza 180° 210 240 270 3oo 33o 333,9820 333,9637 333,95 12 334, Olio 334, 1222 334,1867 333,9687 333,9750 333.9.375 334,0125 334, 1375 334, 1812 — 0, 01 33 -HO, OJ i3 — 0, 0137 -HO, 00 1 5 -HO, oi53 ~o, oo55 Qui l' accordo è raaraviglioso , e deve certamente at- tribuirsi alla scrupolosa esattezza che il Chiminello ha messo nel fare le sue osservazioni , e che io non ho saputo imi- tare. Intanto l'esito di questo confronto cospira a dimostra- re che la separazione delle due ineguaglianze esiste realmen- te in natura, e si rende tanto più manifesta quanto piti le quantità osservate riescono indipendenti dalle alterazioni ac- cidentali. 55. Applicheremo le stesse formule alle osservazioni je- niali di Padova, le quali, da quanto oscuramente si accenna nella Memoria del Chimi)iello , pare che risultino dal medio delle osservazioni dal i.""" Gennajo al 6 Fehbrajo del 17780 dal IO Ottobre al aa Dicembre dello stesso anno. Ridotte le parti 160™° di linea in decimali questi medii danno ciò che segue. J'n- :/|0 ^J .-'e., ao8 Suix.v Legge delle variazioni oraeie ec. h o 3o 60 90 i5o valore ore di b 0 h" 337, laSo a b' 336,8937 4 h" 336,9260 6 b'" 337,oa5o 8 b'^' 337, 1625 IO b^ 337,2687 valore ore di b 12 b-' 337, aSia 4 ^.„ 337,0000 16 F"' 336,9375 18 b'^ 336,9187 20 b^ 337, oiaS 22 b" 337,2125 la.x = 4o44'7'2'3 S. Z'sin. A = ^.OjoSoi t/3 1/3 .0, 1 375-1-0, 106 3 = -t- 0,2004 2. icos. h=^ ^ . 0,1625 — — .0,1625 — 0,1 o63 = — 0,3282 2. b?\n. ili = — 1/3 o, gooo = — 0,7794 ^-f-o,58i2 2. b COS. ili z=-\- — ■ 0,3374 -4- 0,4 125 - ■. !c. e quindi b = 337,G5g4-t-o,o334sin./i — o,o547cos./z — 0,12993111.2/1 -+- 0,0969.003.2/1. = 337,0594 -f- 0,0641 sin. (3oi.°24'-t-/i) -t- 0,1621. sin. ( 143°. 57'-4- 2A). Paragonando ora il calcolo colT ossei'vazione abbiamo valore di b calcolato 337, 1016 336,9646 336, oodo 336, 995q 337,1798 337,2844 osservato 337, i25o 336, 8907 336, 9260 337,0260 337, 1625 337, 2687 difFe- renza -HO, e 234 — o, 0709 -(-0, 0260 -o, 0291 — o, 01 73 — o, or 5 h 180 2tO 240 270 3oo 33o valore di b calcolato 337,21 10 337,0260 336,8970 336,9291 337,0671 33 '^^ r562 osservato 337,23x5 337,0000 336,9375 3.36,9187 337, 0125 337,2 f 25 diffe- renza -o, 0202 ■o, 0260 -t-o, o4o5 — o, 0104 — o, 0546 -\-o, o563 56. Le ore dei massimi e dei minimi che risultano dalle Di Francesco Carlini aag osservazioni di Padova sono alquanto differenti da quelle che abbiamo trovate per Milano; infatti differenziando le espres- sioni di b che abbiamo ultimamente ottenute si ha nell'estate -f-o,i4o8cos.(i5i.''3i'-f-/()-t-o,2078cos.()23."44'-*- 2^) = o neir inverno -+- 0,064 icos.(3oi. ^\-^h) -+- 0,3242003.(143. 37-1- 2.h) = o le quali risolute danno neir estate valori ore dei massimi altezze massime escursioni di h e dei minimi e minime -4- 0^2346 — o,o334 -f- Oja384 — 0,4396 -H 0^3954 — e, 8964 H-o, 2687 — OJ2677. 57. Le formule dedotte dalle osservazioni di Padova con- fermano dunque pienamente le conclusioni che avevamo dedot- te dalle nostre cioè i.^^Che le oscillazioni diurne atmosferiche sono composte di due parti l'una dipendente dall'angolo orario, r altra dal doppio dello stesso angolo; 2.*^° che il coefficien- te della prima parte cioè dell' oscillazione procedente dalle vicissitudini del calore, è due o tre volte maggiore nell'esta- te che neir inverno ; 3.^° che la varietà è assai più piccola sul coefficiente della seconda parte proveniente dall'atrrazio- ne solare ; 4-"' che le ore dei massimi e dei minimi non so- 84». 3a' 5* 38' minimo 333,7475 i83. 17 12. i3 massimo 333,9811 282,. 4^ 17- 3i minimo 333,9487 33i. 39 22. 7 massimo 334,1871 neir inverno 57.39 3. 5i minimo 336,88ga iSa. 56 IO 12 massimo 337,a853 248. 58 16. 36 minimo 336,8889 333. 53 aa i5 massimo 337,1576 •Idi 1! "" a30: Sulla Legge delle variazioni orarie ec. no le stesse nella stagione estiva e nella jemale; osservando- si che il massimo della sera e i due minimi vengono piìi pre- sto in inverno che in estate, mentre il massimo della matti- na viene alquanto più tardi. Ma acciò queste nostre conclusioni appariscano più chiaramente riuniremo in un sol prospetto il risultato de' calcoli precedenti, e lasciando anclie qui da par- te il paragone del termine costante del valore di Z», il qua- le trattandosi di osservazioni istituite in luoghi diversi e con diversi stromenti deve dipendere non solo dagli elementi ac- cennati al numero 38 , tua ancora dalla grossezza della can- na , dalla maggiore o minor purezza del mercurio e dalla di- versa elevazione del luogo di osservazione sul livello del mare • j. - . Milano '< *• Padova Flusso j coefficiente |-l-o, 1982 fisico ^costante dell'argomento | i74"-44 estate inverno -o, oòby 1 so". 44' estate -o, 1488 i5i^3i' inverno H-o, ob4i 3oi°.a4' Flusso ^ coefficiente dinani. ^costante delFargomento minimo della sera escursione . massimo della notte escursione minimo della mattina escursione . . . . massimo della mattina escursione .... -:-o, C993 iii".i5' 5.'' 39' 0,3914 i3.'' 38' 0, 0147 Ioli 4' 0, 1094 21. ''39' 0,4861 H-C, 0698 133°. 54' 5.'' 2.5' 0,0902 IO. 43' 0^0720 i5*.3S" o, 2037 22''. 25' o, 2209 +-0, 1039 ia3".44' 5.'' 38' 0,2840 -HO, 162I i47».i7 3\ Si' 0^3954 10.^12' 12. ^i3' o, o334 o, 3964 i7.''3r o, 2084 i6''.36' o, 2687 22.*l5' o, 4396 0,2677. 22. ''7' 58. Ecco dunque che non solo in diverse stagioni , ma anche nella stagione medesima ed in luoghi poco fra di loro discosti , cambiansi notabilmente gli elementi tutti delle oscil- lazioni atmosferiche ; la qual varietà sempre più ci conferma nella nostra opinione che i Fisici francesi si sono troppo af- Dr Francesco Carlini a3i frettati nel voler prescrivere le ore in cni d'ora in avanti dovrebbe da tutti osservarsi il barometro. Essi hanno assun- to come cognito e come costante ciò che era in realtà ed incognito e variabile, cioè il tempo al quale nei diversi pun- ti del globo e nelle diverse stagioni corrispondono le massi- me e le minime altezze ; ed hanno inoltre preso equivoco nel supporre che basti assumere la semisomma d' un massimo, e d' un minimo per avere il termine costante d' una funzione variabile. È bensì vero che se nelle osservazioni estive di Padova si prendesse la semisomma del minimo della mattina, e del massimo della sera, si avrebbe, per una accidentale combi- nazione _, un medio che pochissimo differirebbe dal termine costante dato dal calcolo fatto a rigore ; ma questa combi- nazione non sussiste più nelle osservazioni jemali dalle quali risulta una differenza alquanto considerabile, siccome aveva- mo trovato colle nostre. Infatti si ha nell' inverno a Padova, massimo della mattina 337,1576 minimo della sera 336.8899 semisomma 337,0237 termine costante del valore di h 337,o.5q4 differenza 0,0357. 59. Dopo aver indicati i punti intorno ai quali le osser- vazioni di Milano e di Padova si confermano reciprocamen- te, non ometteremo di notare alcune non lievi discordanze che rimangono da spiegarsi e che fmno desiderare di poter raccogliere e sottomettere ad esame un maggior numero di buone osservazioni. In primo luogo avevamo già avvertito che il coefficien- te dell' oscillazione dinamica per Milano è alquanto minore in estate che in inverno; ma che la differenza essendo te- nuissima, vi era motivo di credere che dovesse attribuirsi al- le piccole incertezze delle osservazioni. Ma ora vediamo che nelle osservazioni Padovane questa differenza risulta di segno aSa Sulla Legge delle variazioni orarie ec. contrarlo ed assai più considerabile, giacché si lia nell'esta- te questo coefficiente = o,io3g e nell'inverno :^c,i6ai. In secondo luogo incontriamo una differenza enorme, cioè di qua- si 180°, sulla costante dell'argomento da cui dipende l'oscil- lazione fisica neir inverno dedotta dalle osservazioni di Pa- dova ; la qual differenza equivale ad un passaggio del coef- ficiente dal positivo al negativo. Infatti se si conviene di pren- dere le costanti di tutti gli argomenti nel primo o nel secondo quadrante, si avranno per le oscillazioni fisiche le seguenti espressioni. Milano -f- o,i98asin.(i74.°44-'-^)-> -+-o,o667sin.(i5i°.3r-f-/i) Padova -1- o. !488sin.(i 5i . 3n-A), — o,o64isin.(i2,i. 2^-i-h) v: Queste essenziali discordanze ci fanno nascere qualche dubbio sull'esattezza dei metodi coi quali il Cliiminello de- ve aver fatta la riduzione delle altezze barometriche ad una temperatura costante; intorno ai quali non si trova nella sua Memoria una soddisfacente spiegazione. 60. Può nascere oltre a ciò il sospetto che le differenze che si presentano negli istituiti paragoni, e che abbiamo at- tribuito alle circostanze locali ed alla diversità della posizio- ne geografica, derivino, almeno in parte, dalT epoche assai discoste in cui le osservazioni sono state fatte; potendo be- nissimo accadere che siccome nei diversi anni sono varie le temperature, le direzioni dei venti dominanti ed altre simili circostanze dell' atrnosfeia , così vadano soggetti a notabili al- terazioni gli elementi dai quali dipendono le oscillazioni dell' atmosfera medesima. Per separare per quanto è possibile nell' incredibile complicazione de' fenomeni della natura le cause diverse che abbiamo accennate, gioverebbe moltissimo che il paragone delle quantità medie osservate in diversi luoghi si facesse sopra osservazioni contemporanee e fatte con unifor- j mità di metodi e di istromenti. Sebbene ci manchi ttna rac- ' colta di altezze barometriche osservate, che pienamente sod- disfacciano alle accennate condizioni , procureremo di trarre I qualche profitto da una serie d'osservazioni meteorologiche Di Francesco Carlini 233 .htte nell'anno 180,3 in molte parti d' Italia, delle quali per un fortunato incontro abbiamo avuto comunicazione. 6i. Nel suddetto anno 1820 l'Accademia delie scienze di Berlino con lettere circolari dirette alla maggior parte degli Astronomi di Europa, gli eccitò ad intraprendere una serie d'osservazioni contemporanee del barometro e del termome- tro. Queste osservazioni dovevano essere continuate dal di 18 di Giugno al 18 di Luglio ed essere ripetute di due in due ore dalle 8 della mattina alle io della sera inclusivamente. Noi ignoriamo lo scopo preciso d' un tale invito ed il motivo pel quale dagl'istanti prefissi alle osservazioni vennero escluse le ore della notte, ma tutto ciò verrà pienamente chiarito allor- ché il Sig. Magg. Oersfeldj a cui iu affidato dall'Accademia sud- detta l'incarico di discutere il complesso delle osservazioni rac- colte , avrà pubblicato il frutto delle sue dotte ricerche. Nel- la sola Italia superiore si ebbero le osservazioni corrisponden- ti fatte in 7 diversi luoghi; cioè a Milano, a Pavia, a Toii- no, a Padova, a Modena, a Bologna ed a Firenze; e di tut- te queste avendo io potuto conservar copia non volli oni- niettere di applicarle alla ricerca delle variazioni orarie del barometro. Egli è ben vero che la mancanza delle osserva- zioni notturne, rompendo la continuità, rende l'eliminazio- ne più laboriosa e nel tempo stesso meno esatti i valori che dall'eliminazione si deducono; ma ciò nulla ostante non sarà senza qualche utilità il vedere che nessuna delle serie che sottoporremo al calcolo; si sottrae dalle leggi generali delle oscillazioni che avevamo dedotte dalle sole osservazioni di Padova e di Milano. 6a. Poiché troppo spazio occuperebbe in questa Memo- ria 1' esposizione di tutte le osservazioni originali , ci limite- remo a trascrivere i medii delle altezze del barometro e del termometro unito, corrispondenti alle diverse ore di osserva- zione. Avvertiremo soltanto che dalla somma totale si sono commessi quei giorni nei quali la serie delle osservazioni era rimasta incompleta; di modo che i medii che qui si riferiscono Tomo XX. 3o a 34 Sulla Legge delle variazioni orarie ec. risultano alcuni da 2.5, alcuni da 27, altri da 2,8^, da 29 o da 3i termini. Altezze medie del barometro osservate dal 18 Giugno al 18 L uglio 18 23. Ore Milano Pavia Torino Padova Modena Bologna Firenze 20 333,25. 334,428 327,235 336,468 336,133 334,389 336,222 22 333,280 334, 36g 327. 297 336,457 336, 107 334,437 Ì36,2I2 0 333, 200 334,296 327,374 336,447 336,0 10 334,309 335, 761 2 333,088 334,176 327,429 336, 411 335,827 334,139 335,944 4 333,010 333,931 327,158 336, 3i4 335 677 333,999 335; 846 6 332,946 333,903 327,187 336, 190 335,643 333,969 335,838 8 333,034 333,990 327,252 336,336 335,976 334,074 336, 061 IC 333,146 334,217 327,261 336,407 3.35,900 334,186 336,281 A tezze m edie del termometro unito. 20 -f-17,53 -Hi6,66 -1-17,87 -*- 1 7i 96 -t-19, 23 -H2I, 2S- 22 18,20 17,29 20,52 18, 38 19, 60 21,24 0 18,79 17^73 23,55 18,70 20,09 21,10 2 iq,02 18, i5 25,28 18,86 20, 58 21,3 4 18,93 18,42 25,41, 18,98 20,85 21,37 6 18,68 18,39 22,90 18,81 20,79 21,11 8 i8,3o 17,95 20,84 18, 58 20,63 20,64 IO 17.86 17,39 18,80 18,29 20,20 20,58 •19,69 19,03 19,40 19,83 20,26 20, 34 20, 12 18,69 Altezze medie del barometro ridotte alla temperatura zero. 20 22 o o, 4 6 o «J IO 331,906 331,885 331,760 33 1,632 33i,56c 33i,5i6 3 3 1,632 331,778 333,1461 333,0391 332,960 332,781 332, 5 16 332,491 332,61 I 33a,88o 325,890 325,753 325, 6o3 325,528 325,244 325,466 325,685 325,839 335,079 335,035 i35, 0011 334,952 334,846 334,73.. 334,899 334,992 334,647 334,592 334,458 334,238 334,068 334,039 334,383 334,336 332,725334,777 332,804334,74.1 332,688 332,5o3 332,3.59 332,349 332,489 332,6o5 3.34,263 334,41 3 334,282 334,26» 334,50 334,836 =b' =b" =^b"' =b'^ =b'"' 63. Poiché le osservazioni cominciano dalle 8 ore della mattina supporremo che l'angolo h sia contato dal medesimo istante , ed assumendo la forma del valore di b stabilita pre- ■ Di Francesco Carlini :- a35 cedentemente porremo in generale b =■ X -j- jsin.AH- j'cos./i -j- zsin.aA -h z'cos.aA. Le otto ore di osservazione ci daranno dunque otto equazio- ni di questa medesima forma le quali trattate col metodo de' minimi quadrati si ridurranno alle cinque seguenti ....,, ox -+- j2sin./i -H/'Scos./i ■+- zSsin.aA H- z'Zcos.nh = 2è x2sin.A-+-j2sin.* h -i- j'Ssin./ìCos./i -)- z2sin.^sin.aA -H s'Ssin.Acos.a/i = 2.èsin./i x'Lcos.h -t-jS.sin.Acos.A -+- j'Scos." A -H zScos.Asin.aA ■+■ z'Scos./zcos.aA = S.Z^cos.A - ' "■ a;2sin.aA-t-7S.sin./iSÌn.aZs-+-y2sin.aAcos.A-t-z2sin.'iA -t- z'S.sin.aAcos.aA = S.èsin.aA x2cos.a/i-+-/2.sin./jcos.aA-f-y2.cos.a/zcos.A-f-z2sin.2Acos.a/t -4- z'Scos.'aA = 2.^cos.a/i Ora si ha 2sin.A =sin.o''-+-sin.3o° + sin.aio^= "^'t" =-"'"y. tan.ió" tan.iS* 2cos./i =cos.o-Hcos.3o -+-cos.aio= — cos.3o°= — sin.6o° 2sin.a/i =:sin.o-t-sin.6o -f-sin.4-io=:sin.6o''=— i/3 2cos.2A =a cos.''3o'' = — a 2sin.»A =2/'-!- — -Lcos.aAÌ = 4— i. = iÌ5 ^a a / *t^ 4 4 Scos.^A =2f— H- -i- cos.aA.Ì = i -4- — = i2 - -,-, ; - ^a a / t 4 4 2sin.Acos./t = — 2cos.a/ì = — sin. 60° a a 2sin.Asin.aA = 2l— cos. h cos.3A |= — — sin. 60" \ a a f a 2.8Ìn.Acos.2A=2(- sin.SA - -L sin./iW - -L ^'"'^f, . • \a a / a tao. 15" ' e ■ 2.C08.ÀC0S. aA = 2(— cos. A -4- — cos.3A l=: gin.Co" , la a I a ' ■ a36 Sulla Legge delle variazioni orarie ec. \ 3 a / * taii.ió» S.sin.'aA =s/jL _ _L cos.ìaWì L = _^ V^ 4 ^ / ^ 4 4 2.cos.»aA =2[^-»-^cos.4/i) = 4-H-^ = -^ S.sin.2Acos.aA= — Ssin.4^ = sin. 60° dunque le equazioni da risolversi saranno -t_8.t .+- -^^ y — sin .6oy-H sin.6o°. z-i- — z'= S6 sin. 60' 13., , sin. 60" r sin. 60" t sin 60» 1 v 7 ■ 1 taii.iS" 4 -^ a -^ a a taii.iS" ^•„ A^o ~. . sin. 60» , ") ' . I sin 60" sin. 60 1^7 1 —Sin. 00 .x-\ y-^-rJ-^ e- ^ 2=2.e'cos.« a -^ 4 ^ taii.iò-" a . -■„ A^o _ sin 6o* T sin. 60' I i5 sin. 60" > ■ci r • r a -^ a tan.ia* •'4 a .3 I sin. 60° » • /: o sin. 60° 17 , ■v i_„„ _ 7 H :i: r— y Sin. 60 .y -\ z-\ — iz=:2.ocos.2« a. a tan.iD •" a, •'a 4 ossia sostituendo i numeri -+-8j00coo.jr-i-3,23ac5./ — o,866o3./'-ho,866o3.z-hi,5oooo.z'=2.Z» -t-3,a3ao5. xH-3, 20000 ./-i-o,433o2.y — c,433o2.z — i,6i6o2.z'=2.Z'SÌn./i — o,866o3..r-t-o,433oa.j-i-4,7Sooc.j'-i-3,a32ca.z — Cj866o3.z'=:2.ècos.^ -+-Oj86óo3.x — o,433oa./-t-3,a32o5.y-f-3,75ooo.z-i-o,866o3.z— 2.Z'sin.2A -+-i,5oooo.a; — j,6i6oa./ — o,866o3.y-i-o,866o3.z-t-4;2Sooo.z'=2.icos.aA. 64- I coefficienti numerici che entrano nei primi mem- bri di queste equazioni rimangono i medesimi nelle diverse serie di osservazioni che si devono sottoporre al calcolo, co- sicché non resta che da formare per ciascuna di esse i valo- ri dei secondi membri i quali si comporranno agevolmente os- servando che si ha Di Francesco Carlini ?. Sb = b'-hb'-i- b"-^ è"'-t- b'^-+- b"-^ i-'-t- b^" J..b sìn.h = ~ (è'-t- b-— b-"") -+- i^ {V-h b'")-^ b'" ^.bcos.k = ^ {b"^ b''')-h J^ (^/'— è'— b'"')-h b"— b^' S.*sin.a/i= i^ (è'-4- è"— ^»'«'— *"-+- ^''") ^.bcosMi= -^ {b'— b"— b'^-i-b^'-h b'"')-^b''—b"'-^b^'. tt37 ^\ li;;; ;■ ' ■ ■ r ,- 65. Sostituendo ora le quantità date dalle osservazioni si avrà pei diversi luoglii di stazione 2è libsin.h 'Lbcos.h libs\n.2.h Iibcosah Milano -♦-2653,669 -+-1071^896 — 286,634 ■+• 287,821 -H 497^835 Pavia 2662,897 1075,400 207,067 289,1 19 499,450 Torino 26c5,oo8 io5 1,867 o r ~ "^ 201 ,00 D 28:.,738 489,153 Padova 2679,539 1082,445 209,596 290,498 502,484 Modena 2674,761 1080,347 288,606 29^,358 5o2,oi3 Bologna 2660,553 1074,725 287,212 288,725 499,090 Firenze 26765087 1080,476 289,306 290.369 5oa,52i Formando poi con questi dati i diversi sistemi d' equa- zioni ed eliminando le incognite , si avranno per ciascuno di essi i valori seguenti di b ■i CJ Milano ^=33i,74r2— o,i5i3.sin,A-i-o,i4i4.cos7i-t-o,o535.sin.2A— o,cro2.cos.2 Pavia Z*=332,9584— 0,2981. -1-0,2669. -ho,o657 — o,o885 Torino ^=825,7259 — 0,2587. -ho, 1076, -HOjOgSa Padova Z'=335,o3o2— 0,1645. -t-0,1124. -HC,o348 ModenaZ'=3.34,.34o5— 0,0294. -1-0,1675. -1-0,1278 Bologi)a^'=332,59f 8— 0,0591. -ho, 1420. -Ho,ii34 Firenze /5'=334,7482— 0,5075. -1-0,1617. -(-o,oo63 -t-o,o355 — 0,0691 -t-o,i iir -f-0,0283 — o,o83a 0 sia , riunendo i seni e i coseni dello stesso angolo a38 Sulla Legge delle variazioni orahie ec. Milano ^=33 1 ^78 1 2-Ho,ao7 1 .sin ( 1 36''.5ò'-+-A)-i-o,o544-^'"-(349''- ' 3'-HaA) l'avia />=33a595o4-t-o,4ooi.sin.(r38. q -4-A)-Ho,i 1 [a.sin.(3o6. 36-i-aA) Torino Z'=33aj7aS9-f-o,2u( 1 .siii.(i 57. 3oH-A)-i-OjOgg7.sin.( ao. So-f-a/t) Padova è=:335,o3oa-i-o,i9ga.sìn.(i45. 4o-i-/i)-+-Ov0774-sin.(2g6. 44~t~^^*) Modena Z'=334,34o5-t-o,i 701 .sin, (icg. 57-i-A)-)-Oji6g3.siii.( 4o- 5g-i-aA) Bologna Z':=33a,59o8-Ho,i 53g. sin. (i la. 35-hA)-<-o,i i6g.sin.( 14. ii-naA) Firenze Z'=334.,748a-H0553a6.sin.(i6a. ao-t-/i)-HO,o836.sin.(a74. ig-haA). 66. I termini che esprimono l' oscillazione fisica dell'At- mosfera presentano una grande uniformità, essendo i coeffi- cienti di s'm.h tutti negativi^ e quelli di cos.h tutti positivi: per Io che le costanti dell'argomento vengono ad esser tutte comprese nel secondo quadrante^ e nei limiti di i io°a i6a°. Lo stesso accordo sussiste per rispetto alle osservazioni fatte a Milano ed a Padova^ fra queste dell'estate dell'anno ioaS, e le altre degli anni i8a7, 1778 calcolate di sopra. I termini ^ ,. all'opposto che rappresentano l'oscillazione dinamica vanno soggetti a notabili varietà di grandezza, e di segno le quali meritano d' esser più a lungo studiate. A noi basterà per ora l'aver mostrato come questi fenomeni, a primo aspetto tan- to variabili, si possano fino ad un certo segno sottomettere alla precisione del calcolo. 67. Dopo avere discusse le piccole oscillazioni del baro- 1 metro che dipendono dall' azione fisica e dinamica del sole passeremo ad esporre alcune indagini totalmente empiriche ' relative alle variazioni accidentali ed a lungo periodo che ri- sultano dalle osservazioni contemporanee fatte nel i8a3. Il primo fenomeno che ci si offre da considerare si è quello del- le escursioni ossia delle differenze fralle massime e le mini- me altezze osservate in tempi successivi. E noto che queste escursioni sono assai minori nei luoghi più elevati ; ma qui, dove le diversità di livello frai punti di stazione sono poco considerabili, troviamo che le più grandi escursioni non cor- I Di Francesco Carlini a3g rispondono sempre alle minori elevazioni. Ecco in qual mo- do abbiamo formata la segneiite tabella che rappresenta le circostanze di questo fenomeno. Dai registri delle osservazio- ni barometriche fatte nei diversi luoghi dal i8 Giugno al i8 Luglio 1823 abbiamo estratte le altezze massime e minime successive, escludendo però le piccole ondulazioni minori d'un quatto di linea, le quali possono attribuirsi alle oscillazioni orarie. Prese poi le successive differenze frai massimi e i mini- mi si ebbero i valori di ciascuna escursione. Fatta separata- mente la somma di quelle osservate in ciascun luogo, e di- visa per la, che è il numero delle grandi oscillazioni le qua- li ebbero luogo nell' accennato intervallo di tempo, si otten- nero i valori medii delle escursioni stesse che abbiamo scrit- ti nella seconda colonna della tabella mettendoli per ordine di grandezza. A lato a questi abbiamo riferite le costanti del- le altezze del barometro che possono servirci a riconoscere le rispettive differenze d' elevazione sul livello del mare. Luoghi Medio dell'escursione Alt. media baro d'osservazione del Barometro metrica lin. lin. Padova a, 39 335, o3 Firenze 2.47 334, 75 Milano a, 83 33i,74 Bologna 3, oa 33a, 59 Modena 3, 06 > 334, 34 Pavia 3, i3 33a,g6 Torino 3, 16 3a5, 73. È cosa ben singolare il vedere che in quest'intervallo di tempo le escursioni piìi considerabili si osservarono a Tori- no, cioè nel luogo più elevato, e le minori a Padova, cioè nel luogo più basso. 68. Passeremo ora al confronto dei tempi corrispondenti alle grandi oscillazioni atmosferiche , onde vedere se queste a4o Sulla Legge delle variazioni orarie ec. sono contemporanee oppure successive pei luoghi posti sotto diversi meridiani o sotto diversi paralleli. Questo confronto suole farsi notando i tempi corrispondenti alle massime ed al- le minime altezze barometriche; ma se ben si riflette si scor- gerà che questi punti di paragone sono i meno opportuni all' intento , rimanendo di sua natura sempre incerto il preciso istante in cui li luogo il massimo e il minimo d'una quan- tità che sia funzione del tempo. Noi abbiamo per ciò prefe- rito di notare i momenti in cui per ciascun luogo il barome- tro ffiunceva all' altezza media fralla massima e la minima escursione precedente e seguente. Paragonando poi gl'istanti in cui il barometro arrivò nei diversi luoghi ai limiti suddet- ti, con quelli osservati a Milano, risultò l'anticipazione o il rilardo dedotto dal medio di undici termini come segue. Pavia anticipazione^ ore i'', 9 Torino ritardo o^ 5 Padova ritardo - ' 3^4 Modena anticipazione o, 9 Bologna id. o, 6 Firenze id. a, a 69. Supponiamo cbe il ritardo rispettivamente a Milano sia espresso da una costante incognita x moltiplicata per la differenza di longitudine, più un'altra incognita/ moltiplica- ta per la differenza di latitudine , avremo le sei equazioni , . .: ox — T7.j = — i'',9 '): — 6 :r — a4-7 = -H o, 5 .1,;. H-ii.a; — 4.j = -h3,4 ■+■ Y-x — 49-7 = — °^ 9 ■ ;;..,' - _i_ S.x — 58.7 = — 0,6 -■ ■ 1 •' • -+- 8.:c — 102./ = — 2, a. Alle quali applicando il metodo de' minimi quadrati si avrà 334.0; — i5-i3./ = -+- 5,7 j — ;■ • — iSaS. y -+- 17050.7 = -H Sto, o e quindi x = -4- 0,167, 7 = -}-o, o33. Di Francesco Carlini 2,41 70. Sia a la longitudine, ^ la latitudine di Milano e sia- no a-^p, [i -^ q la longitudine e la latitudine di un altro pae- se, ^ il tempo in cui l'oscillazione atmosferica arriva a Mi- lano al punto di mezzo della sua escursione, t -\-d quello iu cui vi arriva nel paese suddetto; si avrà ( con quel grado di probabilità che si può attendere tiattandosi di fenomeni tan- to irregolari )i-+-^ = ^-i--|--t-£-, ritenendo che p è espres- so in minuti di tempo ed è positivo pei paesi posti all' Est di Milano; q è espresso in minuti di grado , ed è positivo pei paesi posti al Nord. 1 tempi t e d poi sono espressi in ore e frazioni decimali di ora. Se si vuole 6 espresso in minuti di tempo si avrà 6 = 10/7 -i- 2.q. 71. Poiché in queste formule abbiamo indicato con 0 Torà contata sotto il meridiano rispettivo de' diversi luoghi, sarà facile il dedurre il corrispondente tempo 6' contato sotto il meridiano di Milano, giacché si avrà d' =: d — jf, sarà dun- que fatta la sostituzione , 6':= 9/7 -+- 2q. Questa formula ci mostra che, generalmente parlando, le oscil- lazioni atmosferiche si propagarono da Occidente in Oriente e dal Sud al Nord. Volendo poi conoscere prossimamente l'an- golo di direzione della linea lungo la quale si fece la propa- gazione delle onde, convien lidurre la quantità p nella stessa unità di misura colla quale è espressa la quantità q, ed es- sendo sotto la nostra latitudine un minuto di tempo in lon- gitudine = ic' di arco di circolo massimo sarà (>'=o,q p'-^2q, e la tangente della cercata inclinazione = -^^ =tan.24''con- .tando quest' angolo di 2,4° dal Nord andando all' Est. La li- nea perpendicolare a questa e per conseguenza inclinata di 66° al meridiano andando dal Sud verso l'Està segnerà la po- sizione dei luoghi nei quali le oscillazioni barometriche han- no dovuto essere contemporanee a quelle osservate a Milano. Tomo XX. 3i . Q.^2 Sulla Legge delle variazioni orarie ec Quest'ultima direzione non si allontana gran fatto da quella segnata dal continente d'Italia o dalle coste dell'Adriatico, cosicché dalla configurazione stessa del nostro suolo potreb- be trarsi una spiegazione plausibile dei fenomeni che abbia- mo qui preso ad esaminare. 72. Vediamo per ultimo se si verifica ciò che da alcuni è stato avvertito circa il verso pel quale piìi rapidamente si propagano le grandi oscillazioni atmosferiche. A questo fine converrà rappresentare con una espressione della (orma px-+-gy il valor medio delle anticipazioni o dei ritardi osservati, pre- so senza aver riguardo ai segni positivi e negativi. Questi me- dii risultano per Pavia ore a^i onde si hanno le equazioni o.a;-+- i7.j=a,i 6 x-^- 2,4.7=1,9 ■''' ' li.x-H /!^..y=6,i ' ' " '■ 7.:c-H 49.7=1,8 ' ;'•■ '' ■ '■ ■ 8.X-Ì- 5a./=a,5 Firenze a,5 ; •' ' ' ' ' -. 8.a;H-ioa./=a,5 dalle quali risulta 334.:»: -H 181 1.7 r= i3i,i 18 J i.x -)- 17010./ = 593,9 e quindi .r = 0,4670 , / = — 0,0137. 73. Se si esprime la differenza di longitudine in minuti di arco di circolo massimo ; il coefficiente x si cambierà in a; = c,o467 rimanendo jK = — 0,0137^ onde può conchiudersi che le oscillazioni atmosferiche si propagarono tre o quattro volte più rapidamente in longitudine che in latitudine. Queste conclusioni non devono considerarsi che come un abozzo di quelle che converrebbe dedurre dal paragone delle osservazioni continuate per un gran numero d'anni. Ciò nul- la ostante non ci è sembrato del tutto inutile il presentar qui i risultati delle poche osservazioni delle quali potevamo far uso, sperando che da essi possa trarsi qualche nonna per istabilire un piano generale d'osservazioni meteorologiche che riesca il più opportuno allo studio de' fenomeni atmosferici. Torino 1.9 Padova 6.1 Modena 1,8 Bologna a,5 ^tc./ J5^ ■ A" A" /!^^. 242 . ..--■'1 ^-<^ \^ y ^^^ -'-■'" ^^^ ^ /'' 1 ■ >-\^ --^, "v ^ ^\ ! .-A y . \ ,.-'' /■■: \ / / \ \ X 1 .\ 1 i :. / \ 34. s/. fé. xj. t-j. q, 6. 3. ». 3. 6. ?■ -■ -^ f ■■■■ -i 'ìSarL ù> cu foo a a / , 1 1 ' 1 9\^.z,- AV: .-'^OT. t/i. .^/ifat^'n c/.^//^ S^^ -.0^x/' // y^ y^ /> y e/ A /• \ "■''^ ^^\ ^1 ! / .-' > ^ \\ --. ^ \ ■■: . "N. ■■■•.. ' \ M \ s ) / / ' \ % 1 1 1 1 1 f 1 1 1 -.y X .\' /i'", p'^ etc. le forze applicate ne' (a) PoissoTi. Mecanique, Paris 1811. Poinsot. Statique, Paris r8a4- Giorgini. Teoria analitica delle pro- iezioni Lucca 1819. Bordoni. Giornale di Pavia Tomo 4-° 1821. Bordoni. Giornale di Pavia Tomo 5.» iSaa. a44 Sopra àicone proprietà* ec. punti x', y, z'; x", y", z"; x", y'", z"; x'% /", z'\ etc. di un sistema rigido: m', m\ rrì'\ m!" , etc. i momenti di tali forze. Intendasi inoltre generalmente per p , p , p le tre compo- nenti di una qualsivoglia forza/?, parallele ai tre assi coordi- nati rettangolari: per m ^ m ^ ni i tre momenti componen- ti del momento m, perpendicolari ai tre assi indicati, i tre momenti cioè di rotazione della forza p attorno a tali assi. Posto che P sia la massima azione di traslazione ed M il mas- simo momento di rotazione del sistema (Z») attorno all'origine delle coordinate, sappiamo che P = V . . . , P = 2/?' . . , P = 2;.' , M = 2m' . . , M = Sw' . . . , M = Sw' . s X y y z z SapjMamo inoltre che trasportando il centro de' momenti nel punto a, /?, y; i nuovi momenti di rotazione attorno a tre as- si condotti per questo punto parallelamente a quelli delle coordinate, si hanno dalle formole ,; (i) M' = M — (7P — /3P )...,M' = M —{a? —y? ) X X y z y y z X . . . M' = M — ( /?P — aP ). z z ^ X y Ora è facile riconoscere che le altre proprietà de' momenti principali , e del minimo tra momenti principali esposte ne' trattati col metodo generale de' massimi e minimi divengono apparenti per loro stesse, mediante alcune facilissime trasfor- mazioni di coordinate. Si supponga effettivamente per asse degli z prescelta un^ retta parallela alia massima azione di traslazione P: saranno allora ■ _ P = P . . . ,P = 0 . . . , P =0 - y X e le accennate formole diverranno ;:, ; . ,>, (i) Teoria analitica delle proiezioni. Titolo VI. Del Sic. Ingegner Gaetano Giorcini ri4-5 e daranno M' = M -+- /3P . . , M' = M — aP . . , M' = M XX y y 12 M'«=( M -+-/9P)»-h(M _aP)'-HM" ^ X ' ^ y z per l'espressione del momento principale del sistema il di cui centro è nel punto a, ^, y . Facendo adesso variare di situazione il centro a, fi , y , il momento principale diverrà evidentemente un minimo pei valori di a e /?, che danno Mh-/?P=o...,M— aP = o X y e sarà perciò determinato dalla equazione M' = o . . , M' = o . . , M' = M = M' X y z z onde si possono immediatamente j enunciare tutte le princi- pali proprietà di questo minimo trai momenti principali cioè i.° Che il momento principale è un minimo per tutti i punti della retta rappresentata dall' equazioni M M p ' '^ p parallele alla massima azione di traslazione. 3.° Che questa retta è l'asse stesso di rotazione di esso momento. 3." Che il momento principale è costante per una qual- sivoglia retta Mh-/?P = B...,M— aP = A X y parallela all' asse sopraindicato. 4-° Che il minimo momento principale M' è sempre ugua- le al momento di rotazione M , attorno ad asse parallelo a quello del minimo momento principale condotto per un qual- sivoglia centro de' momenti. Trovato l'asse del minimo momento principale possiamo in questo asse immaginar trasportata l'origine delle coordina- a46 Sopra alcune proprietà' ec. te. Nelle forraole (i) si dovrà allora , per le dimostrate pro- prietà , supporre non solo ma ancora P =0 . . ,P =o . . ,P = P ■_ X y z M=o..jM=o..^M =M X y z ed avremo i tre momenti di rotazione attorno a tre assi per un qualsivoglia centro a, ^, y condotti parallelamente a quel- li delle coordinate espressi dall' equazioni M' = /?P . . , M' =— aP . . , M' = M a y z ed il quadrato del momento principale pel centro a, (5, y sa- rà conforme a quanto già si sapeva (a) . . . . M'»= { a»^- /3^ )P'-+- W. ' L'equazione poi M' (x — a) -I- M' (/ — /?) -H M' (2 — y )= o X V z del piano di questo momento principale (e), diverrà (3) . . . . V^x — P ay-^Mz = My e servirà a porre in evidenza alcune singolari proprietà de' piani de' momenti principali. E primieramente ci proverà che come ciaschedun punto a, /3, y può esser preso per centro di un momento principa- le del piano del quale essa è l'equazione, cosi ciaschedun piano dato dalla sua equazione (4) z =kx H- B/ -4- G può esser preso per quello di un momento principale, aven- te il suo centro nel punto a — -^ . . . , ^ =z — . . . , y _ L, , determinato dall'equazioni (e) Teoria analitica delle projezioni. Titolo V. con Del Sio. Ingegner Gaetano Giorgini ^4? M' = — AM . . , M' = — BM . . , M' = M, X y * e però uguale ad M'=: M/A^-H B^-i- i . Se conseguentemente Facciamo variare il piano (4) secon- do una legge espressa dall'equazione /( A, B, C) = o, il cen- tro del momento principale varierà col piano preindicato, se- do la legge /( =^. ^, y J = o, ossia sopra la superfi- cie rappresentata da questa equazione. Suppongasi per esempio che il piano (4)^ si faccia muo- vere soggetto a passare da un punto fisso a', /?', y' per mo- do cioè che si abbia l'equazione di condizione y= ka -1- B/3'-4- G dovrà traile coordinate a, ^, y del centro corrispondente ve- rificarsi r equazione P/Ja'— Pa'/? -+- M7 = M/ ,/ . ,/ la quale paragonata coli' equazione generale (3) del piano del momento principale corrispondente al centro a, ^, y ci di- mostra che. Il luogo geometrico de^ centri de' momenti prin- cipali, i piani de' quali passano per un dato punto^ è nel pia- no del momento principale, avente il suo centro in questo stes- so punto dato. Similmente se vogliasi che il piano (4) sia tangente alla sfera 0;"-)-^*-+- 2"= r", avente il suo centro nell'origine delle coordinate dovrà verificarsi la condizione r*( i -l-A*-l-B")=:C*, e però traile coordinate a , /? , y del centro corrispondente l' equazione r»P»(a» -f- p') — MY= — MV» dalla quale potremo concludere. Che il luogo geometrico de' cen- tri de' momenti principali i piani de' quali sono tangenti ad una sfera avente il suo centro neW asse del minimo momen- to principale, è un iperboloide di rivoluzione attorno al mede- 248 Sopra alcune phoprieta' ec. Simo asse {d). Il valore di uno qualsivoglia de' momenti prin- cipali preindicati si ricaverà dall' equazione (2), e sarà r Più generalmente poi se il piano z = Ax -+- B/ -4- C si assoggetta ad esser tangente ad tuia qualsivoglia superficie di secondo ordine, la relativa condizione trai coefficienti A, B, C sarà di secondo grado, e perciò ' Il luogo geometrico de' centri de' momenti principali i piani de' quali sono tangenti ad mia superficie del secondo or- dine, è esso pure una superficie del secondo ordine. Sottopongasi adesso il piano (3) del momento principale avente il suo centro nel punto a , (i , y a rimaner parallelo alla retta y = ax -h- c z = hx -+- d. Avremo la condizione. che rappresenta un piano parallelo alla retta predetta ed all' asse degli z onde potremo concludere Che il luogo geometrico de' centri de' momenti princi- pali, i piani de' quali sono paralleli ad una data retta è un piano parallelo a questa linea data ed all' asse del minimo 1 momento principale . Seguitando queste ricerche vogliasi che il piano del mo- mento principale (3) passi per la retta, i,, , , . ; iK\ \y = ax^c '■' ^' ' ) z = bx-^d. :^ Il centro a, ^, y dovrà in questa supposizione soddisfare alle due condizioni (d) Giorgini Teoria analitica delle superficie di secondo ordine. Lucca 1817. Del Sic. Ingegner Gaetano Giòrgini a49 (3z=aa- ~p~ ' ■ << J le quali rappresentano una retta ai;i j: ,; . .v;. 1 ( z=.b'x-^d\ ove , r M^ 7, ?C V , Ma da queste equazioni si ha a-=a. . . , c= — . . . , b = — . . , d=d. Dunque le due rette (5) e (6) sono talmente tra loro colle- gate e reciproclie, che la seconda si determina per mezzo del- la prima, nel modo istesso che la prima per la seconda, dun- que Ad una qualsivoglia retta ne corrisponde sempre una se- conda tale che una qualunque delle due è il luogo geometri- co de' centri de" momenti principali i piani de'' quali passano per V altre. Traile diverse proprietà di queste linee reciproche, me- rita particolare attenzione la seguente Ad una qualsivoglia coppia di linee come sopra recìpro- che corrisponde una coppia di forze equilibranti il sistema , applicate secondo la loro direzione. E di fatti ricerchiamo direttamente quale deve essere la grandezza di una forza ti applicata secondo una retta ^ ' \'z = bx^d affinchè il sistema di foize 7t,p' ,p\p"' etc. possa ess'ere equi- libralo da una forza unica tt', e quali la grandezza e l'equa- Tomo XX. 3a " * aóo Sopra alcune proprietà' ec. ir\ \ y ■=■ cùx -¥■ e ('^^ \z = V.^d di questa ultima. ' • Sappiamo perciò , che espresso per ^ il momento della forza TI le sue equazioni sono yii — xn ■= a , X y ^ z XK — Zit •=:■ n , z X y ZTl yn ^ a ; . ;rrr •^ . y z X " • alle quali dee aggiungersi la condizione (7) ^ U -^ n a -\- 71 a ^= o. *' x^ X y y z^ z Avremo adunque, per esprimere che questa forza è applica- ta secondo la retta (5), l' equazioni "x ^X ^X ^x (g) " -{-71 {cb — ad) = o. X X Ma se vogliamo che il nuovo sistema di forze 7C,p ,p",p"' ec. sia equilibrato da una unica forza 7i\ della quale rappresen- teremo per ^' il momento si dovranno avere l'equazioni (io) Tt a' -ir 71 a -\- 71 u! -^ o e XX y y z^ z ( . . . 71 -^71 -=.0 . . ,71 -\- 7t =:0..,:T'-t-P-)-:T=O..Ì. (Il) 5 ^ " ' ' z z J . . . ^' -f- ^ =0 . . , ^ -\- fx ■=. o . . ., i_ì -i-M-i-^ =c... Tra queste le (11) riducono l'antecedente (10) a % a -t-JT a H-(P-(-;r)(M-H// ) = o; x^ X y y = 2 condizione che combinata colla (7), diviene . (la) PM -h M;r -f- P/i = o. z z Questa poi, combinata colle equazioni (8), e (9), darà Del Sic. Ingegner Gaetano Giorgini PM PMa ÌTC =•— —rr, — rr~ • • » JT = — (.3) X MA-*-Pc ••'^'y Mb-*-?c >RGIN1 a5i PMi z Mi-i-Pc ■ ' ^.= — PMc Mi-4-Pc VM{cb~da) PMd x — Mi-t-Pc • • ■ • '^^ Mb-t-Pc e per conseguenza la forza cercata ed il suo momento ^'^^ ^— Nib:^c • La forza come sopra trovata unita alle altre del sistema dato saranno equilibrate da una forza unica ti' , la grandezza ed il momento della quale si determineranno facilmente pel mezzo dell'equazione (ii). Per averne poi le sue equazioni basterà porre !t y ■= a X -^ c Z =: h X -*- d a = -^ . . , c = -7— . . , è = -T— . • ,d = — ■ X e quindi combinando questi valori coli' equazioni (ii), e co- gli altri (i3), si avranno (i6) .... a'=a . . . ,c' = — — p- . . , b'= ^ . . , d=d risultati i quali ci provano l'annunziata identità delle linee secondo le quali sono applicate le forze equilibranti colle cop- pie di linee reciproche. Resumendoci adunque concluderemo Che un qualsivoglia sistema di forze applicate ad un si- stema rigido di punti ( P essendo il massimo sforzo di trasla- zione ed M il minimo momento principale di rotazione^ e sup- posto prescelto per asse degli z V asse stesso di questo mini- mo momento principale ) può essere equilibrato da un indefi- aSa Sopra alcune Proprietà' ec. nito numero di coppie dì forze^ ciascheduna delle quali è ap' plicata secondo la direzione di una delle due rette (5) K=:::^ <*> K=?':::. rilegate tra loro dall' equazioni .^ (17) fl = a'. . ,MUz=—?c . . ,Vc = —m.b. . ,d=:d; ed uguale rispettivamente a v , n. _ PM[/( 1 -t- a^ -H /^- ) ,_ PMt/(i -f.a"--Ht") ^ 1 O; . . . , TT — MiM-Fc . . . . , :T — Mi- ^ p^. • I risultamenti ottenuti essendo sufficienti a rappresentar- ci una qualsivoglia coppia di forze equilibranti, se ne dedur- ranno facilmente tutte le loro proprietà (e). Eccone alcune più rilevanti Un qualsivoglia piano ' ' / •- 1 >• y = A:»: "'."'' condotto per l'asse del minimo momento principale è incon- trato dalle due rette (5)^ (6) ne' punti / ^ —Mi — AMJ hc-\-d(\—a) (20) ...,x = -f^^- ..,y = -p^^3^ . . , z = -j^ posti alla medesima altezza z sopra il piano degli x, y. Dun- que le due forze :t e V si possono considerare come appli- cate ne' punti (19), (:2o) di una retta che si appoggia suU' asse del minimo momento principale, gli è perpendicolare ed è rappresentata dall'equazioni ;■;■■■ (y = kx '■'.",,;■' ' (^0 \ bc^d{h—a) I Z = . - ■ \ A — a Ciò posto osserviamo che i valori (18) di 71, 7i\ e quelli (19), e (ao) delle coordinate x, y de' loro punti di applicazione so- no indipendenti dal valore di d, e che però (e) B'ifdoni. Giuriule di Pavia Turno A. Del Sic. Ingegner Gaetano Giorgini 253 Le due forze equilibranti un sistema si possono senza al- terare V e(juilibrio trasportare parallelamente a se stesse, pur- ché i loro punti di applicazione si trasportino essi pure di una medesima quantità parallelamente all' asse del minimo momento principale. Ritornando alla retta (ai), che unisce i due punti di ap- plicazione delle due forze equilibranti egli è chiaro che, pren- dendo il piano y ^ A.x perpendicolare al piano y ■= ax che è parallelo alle due rette reciproche, essa diverrà (aa) -' yr «il i-+-a»)— eia poiché si dovrà fare A=— — , ed in questo caso sarà quel- la sopra la quale si misura la minima distanza delle due ret- te reciproche. I punti di applicazione delle due forze all' estremità di questa minima distanza saranno dati dalle coordinate ^ -g'' V g ^ rf(i-t-a»)— cio^ •*- , . „. • • • 5 / ^.„i ■ . . -, Z. sopra r una , ed X = -Mia —Mi , p)- Integrando per parti avremo , quando p & q sono >• o , f ^x dx[\ — x) = -3- f ^ X dx[i — x) .; , ; z=-3-f^x dx{\ — x) ?- J' 'x dx{i — x) quindi sarà {p-^q)f '■^' dx{\ — x) =qf ^x dx{i — x) i Cloe (a) (p, ^-^l) = -2_ {p, q) la qual'equazione è il fondamento delle nostre indagini. Prendendone i logaritmi da una parte e dall'altra avremo ' '■ L.(yA <7-m)— L.(;7, (7) = L.^— L.(/^H-7); ma L.(j95 <^-4-i ) — L.(/»,^) è la differenza finita della funzio- ne L.(/?, q) per rapporto a q nella ipotesi di ò,q = i •, sarà dunque ed integrando avrassi i \..{p, q) = ^y..q — ^\.[p-nq)^V.p o%e aggiungo la funzione arbitraria F./?, percliè nella integra- zione p è stata riguardata come costante. j Del Sic. Gav. Pietro Paoli 267 Per determinare questa funzione F.p cangiamo nella equa- zione precedente p in q e viceversa, ed avremo L.(^, /7)=SL./7 — SL.(/?-|-^)-l-F.^ : .:)-^ e siccome {p, q) = {q, p) converrà che sia . ;:i;j ZL.p -+- F.q = ^h.q H- ¥.p per soddisfare alla qual' equazione porremo ciascuna delie quantità ¥ .p — I>h.p , e ¥.q — 2L.^ eguale ad una costante L.C indipendente da /? e da q. Avremo adunque L.(/?, ^) = L.G -f- 2L./? -4- SL.^ — 2L.(/? -H ^ ) e passando dai logaritmi ai numeri {p,q)=zCe Supponghiamo adesso che 1' integrale 2L./? sia determi- nato in modoj che svanisca quando p = 1, lo che è permes- so a motivo della costante arbitraria C, e ponendo q=i ot- terremo (/7,i) = Ce = — perchè 2L.(/? -f- i) = 2L./7-t- ASL./> = ^Lp -+- L.p. E sicco- me (p, I )=/' X Jj; = -^ , ne segue che la costante C è e- p—i guale ali unità , e perciò P ■ «' SL./j-HSL.y— SL.(/)-*-y) , {p,qì=e L equazione (p,q)=zL.e non e per ve- rità che un' integrale particolare dell' equazione (2,) alla qua- le possiamo più generalmente soddisfare ponendo in luogo del- la costante G una funzione indeterminata q) = fpi sen.3/>.T, I ). . a . 3 ... 5 — I p. p-\ri. pH-3. .... p-*-q — l Ma dair equazione (a) per mezzo delle continue sostituzioni si deduce nel caso di q numero intero ip->ì)= ':^J/.:\i' • (/^. o = : 1 . a . . . g— I /)-t-i. p-i-i . ■ . p-*-q—i ^-«^ ' ' p. jj-i-i . . . p.^q—1 dunque i/^(sen. 2.pji, i ) = i, e lo stesso avviene quando p è numero intero. Se adesso ponghiamo che la funzione '>p conservi il me- desimo valore eguale all' unità, anche quando ninno dei due numeri p e q è intero , avremo in generale , qualunque sia- no /> e 5-, , 2L./,-HSL.j-SL.(pH-j) (3) (Z?, ^) = e Del Sic Cav. Pietro. Paoli 209 In questa ipotesi , la quale si riduce in sostanza ad ammet- tere , come comunemente si suole , che in grazia della con- tinuità della funzione [p, q) \e di lei proprietà verificate nel caso particolare, in cui uno dei numeri p e q h intero , possano estendersi al caso generale Ai p e q numeri qualun- que;, avranno luogo le considerazioni seguenti. Abbiamo osservato che 2 L.j? è eguale al logaritmo del prodotto I. 2. 3. . ./> — I, quando p è un numero intero. Al- lorché /? è la metà di un numero intero dispari , il valore della medesima funzione può esprimersi per mezzo del lo- garitmo della circonferenza del circolo. Sia primieramente p ■=z q ■=. — ^ G. l'equazione (3) ci darà a2L. -^=:L.|— 5 — l-. ma [^' t)=/Jì7(^' ^^« posta r=7' àìveuuj l^^=n, dunque 2L. — = h-i/jt . Ora dall' equazione 2 L. (/?-+- i ) =lLp-hL.p si deduce 2L.Ì-= L./-i-/;rj, 2L. A = L./^-f/^) e generalmente 2L. -^ =L. / '^-S •- ■ ^'-' ^^ \ ed SL.^-i 3.5... 2Ì — r / Fuori di questi casi il valore di 2,h.p è legato con quello della trascendente / ' dxl L. ~\ , come vedremo in seguito. Ritorniamo all' equazione generale (3) , la quale posto ^ -f- ^ in luogo di ^ ed r in luogo di q si cangia nella se- guente {p-+-q,r) = e . Sarà dunque € siccome il secondo membro di questa equazione si mantie- a6o Sull' uso del Calcolo ec. ne sempre lo stesso, in qualunque modo si permutino tra di loro le lettere /?, q ed r, se ne può concludere la nota re- lazione scoperta dall' Eulero. (4) {P^qY {p-^'ì^r) = {p,r) .[p-^r,q) = {q . r) . (q^r, p). Passiamo all' integrale definito / ' dxi L. — ) , che il Sig. Legendre denota col segno Fa, e relativamente al qua- le ha luogo r equazione r(a -1- I ) = aTa. Prendendo i logaritmi avremo L.r(a -+- i) — L.r« = ALTa = L.a e quindi integrando L.Fa =2L.a -i-L.<^( sen.aa;r) , e passan- do dai logaritmi ai numeri ^ 1 a = (p(sen. 2,a:;r ). e Quando « è un numero intero qualunque , la funzione (p[ sen. ±an ) si riduce ad una costante C, e se determinia- mo come sopra T integrale 2L.a in modo, che svanisca quan- , SL. I SL.a do a=. i , avremo ri = i=Ce =C,e ra=e .Se SL.a adesso ponghiamo che la funzione i. a. 3. ... a — i =e , la quale è espressa da Va quando a è un numero intero, sia egualmente rappresentata dalla medesima funzione Fa, quan- do a è un numero qualunque, la quale ipotesi ammetteremo sempre nelle ricerche seguenti; avremo in generale per qual-r sivoglia valore di a (5) Ta = e'''\ ' "'"^' Questa espressione della trascendente Va non offre per verità alcun nuovo vantaggio per la di lei valutazione , ma serve a dimostrarne molto semplicemente le proprietà, come tra poco vedremo. Intanto se nella equazione (4) sostituiamo ad e , e , e i rispettivi valori !/>, \q, i\p-^q)y Del Sic. Gav. Pietro Paoli a6i otterremo immediatamente la relazione trovata dal Sig. Le- gendre per mezzo della quale si riferisce il valore della trascenden- te (/>, (7) a quello di Fp. Consideriamo adesso la funzione Ta^ , per la quale ha luogo l'equazione ^ ,. r( 2x -+- I ) = axFaa;. .1 a Prendendo i logaritmi abbiamo }.'> tri •'{\t'<ì L.r{2x -i- I ) — LTax- = L.a -»- L.a; (a) cioè indicando col segno A (px la differenza finita di (p.x^ quando quella di x è = — ed integrando e passando dai logaritmi ai numeri A^^Taa; == L.a ■+• L.x ^ LTaa; = 2xL.a -H S L.:c -t- L.C aa: S Lx r2a;=Ca .e . — ..J2: .jjpduh (a) Se prendiamo l'integrale S"L.x in modo che si annulli quando .r =: — , avremo per determinare la costante C I' e- quazione Ti = i = aC, cioè C = -^ , e ax — I 5 L.x r^x :=. 2, .e . " L' integrale 2 " può esprimersi per mezzo di un altro integrale 2, rapporto al quale sia Aa:=i. Ponghianio infatti (a) (^) 2 " h.x = 2P , e prendendo la differenza A ' avremo l6a Sull' uso del Calcolo ec. L.^ = 2(P -P ). Ora perchè sia soddisfatta questa equazione è necessario che si abbia ^ ■-> P^_^^— P^= L.( ^ -H I ) — 'L.x = h.{x-^ I )_L.(x-H^ ) ' ' ' ' > ' ' -H L. ( .r -4- — ) — L.a: o sia A P=A L.a:-i-A h.ix-^ — ) X ^ a ' onde si deduce mediante l'integrazione . , P = L.:k -+- L.( X -H — ) -H- L.C e per conseguenza - - ■• . ' : ;!; -L^^h.x = SL.o: -H 2L.(a:-H) -i- -1- 2L.C. Essendo, come sopra, 2L. i =o, abbiamo nel caso di x- = — 2^\. — = o = 2L. — H- 2L.C , a a dunque 2L.c = — 2L. -f- , e - - ■'.,' ax— i SL.i-4-SL.(T-t-|)— 2L.^ Tao; = a .e 2i ■ ri * a Più generalmente l'equazione r( ix •+■1 ) = jx r /'jc ove i è un numero intero, ci darà L.r(iar-t- i) — h.Tix — A LTix^zL.i -t- Lx Del Sic. CaV. Pietro Paoli a63 (r) A rappresentando la differenza finita, quando x varia di — . Dunque avremo integrando L.riz= ixL.i -+- 2 L.x-i- L. e ' e passando dai logaritmi ai numeri / ' | rr:r = Ci . e (t) Supposto che l' integrale 2 h.x cominci da a; = -r- , per questo valore di x sarà Fi = i =Ci, cioè C=4-, e (r) ix—i 2 L.a: 1 IX= l . e . (t) Facciamo 2 L.x = 2Q , e prendendo la differenza w A avremo Q^^i — Q = L.(:i; -l- i) — L.x i ^ =L.(;c -H 1 ) — L Y a; -4- i^W L Y ^ -<- Ì:fLV . .-hL. / :i; -H -f-)-L:i; Cloe (t) [A A^ ' 'q^ = A^ ' ' f L;c -H L. / ;c-h4- ) -t- L. ( :c -+- -f ) ...... *L.(.^^)] dalla qual' equazione si ricava a64 Sull' uso del Calcolo ec. t) e posto x—4- ^.. ^ - '2._^,.j, / I V i !• VT(fi II: ■ j;|TÉ:(:f>.
  • col segno Z> dp (8) Z'(y,-f-i) = Z>H--i-. Questa equazione a differenze finite integrata ci dà ^ p se supponghiamo determinato l'integrale 2 — in modo che svanisca quando p =. i . .,,■. ... ^i-,-;.vi (,•- • ; 7=.- Posto — in luogo di p l'equazione (8) diventa (a) . se indichiamo col segno A la difTerenza finita, quando p varia di a. Dunque avremo integrando (9) z'(i)=.2'*'.i+z'. v: .. nella ipotesi che 2 . — si renda nullo nel caso di/' = a. Per mezzo di questi priucipj si possono facilmente asse- gnare i valori degl'integrali definiti / _f ^ ={p> ^) ^^ /j£__j£. Relativamente al primo abbiamo (/>-+- 1, o) — (p-,o) 0 1-t-J = A{/?,o) = — / X dx=: ,e quindi (p , o )=:(i ,o) — 2. — ■ = ( r,o)-+-Z'i — 7jp. Per eliminarne la costante ( i,o),chel è infinita, prendendo un'altra funzione (r,o) avremo egual- mento (r, o) = (i , o)-t-Z'i — ZV, e {p,c) — (r, o) = ZV — Z'p. Sarà dunque ^^ -^ dx o t—x ' :■ . Del Sic. Cav. Pietro Paoli aój e posta p = I (il) 7Jr = Z'i -\- fidili dx come ha trovato per altra strada il Sig. Legendre a pag. 45. T. II. dei suoi Esercizi . Facendo / — ÌL = F.o avremo I p — I ( F.(/?-H 1 ) -hF./7 =/ a; dx^= — , la quar equazione cangiando p in /? -+- i diventa F.(;, + a) + F.(7.+ .)=-i- e sottraendo da questa la precedente F.(;.^a)-F.;, = A^^V.^ = ^-^ che integrata ci dà .» = 2 . 2 . H G . ^ P-^' P v . I, ./. ; (2) e preso l' integrale 2 . — come sopra nell'equazione (9) avre- mo per determinare la costante C F.i =L.2 = — 2*^'. I -(-C, (2) cioè sarà G' = L.aH-2 . r, e F^ =L.. -4- S^^\x^2^^l-1—2^^U^ '•'•>■'■ ■ = L.a -H - Z. -L — -L Zi -f. - Z' (P^ - -L zìa • E siccome per l'equazione (10) è Z' Zi — / ''~^~ ' //r che posto a; = r* diventa —2 / -^ = — aL.a, otterremo finalmente . , • • aG8 Sull' uso del Calcolo ec. Convieu però osservare che questo resultato si può più sem- plicemente dedurre dall'equazione (io), come ha fatto il Sig. Legendre ( Eserc. T. II. pag. iSy.). I medesimi principj somministrano una facile dimostra- zione di un altro bel Teorema dello stesso Autore. Se col se- gno ip{x ) rappresentiamo la somma della serie infinita _L H l 1 l I L_ _f_ &.C x" (x-^-i)" (a:-4-2)» (x-^-i)" ove n è un numero intero positivo, avremo differenziando lììl(x'^) dx e quindi (II I \ n-l-i X (ar-t-i) (*-<-') / ili {x '= (-') . J: ii£) . I .2.3.... n — I , n— I ax Rimane a trovarsi il valore di 4){x) = -L_H._L__t-_L_-H-!- H-ec. ' ^ ' X I-I- I X-l-2 X-f-0 al quale oggetto ponendo ;»; -t- i in luogo di x otterremo il/(a;-H I ) = — 1 ^ 1 ^-^- ec. = i!/(a;) cioè '4'i^) = '/'(') — 2. — , ove S — deve determinarsi al so- lito in modo che sia nullo quando a:=i, eia costante i//(i) è infinita ed ^ i -+-— -t- 4- -•- ec. Sostituendo a 2. -^il suo valoi'e 7^x — Z'r avremo dhVx ^(a:)=^(i) + Z'i-Z'a: = i//(.)-4-Z'i-: ^^ e per conseguenza Del Sic. Cav. Pietro Paoli 269 ( Eserc. T. II. pag. 17- )• Per mostrare con un altro esempio l'uso, che può avere il calcolo delle differenze finite in questo genere di ricerche, proponghiamoci di trovare il valore dell' integrale definito If ^ ) e ax ^ Q^rg m ed n sono numeri qualunque, e / k un numero positivo intero e>»c. Supposta n costante que- sto integrale è una funzione di A e di to , che indicheremo col segno F(A, m), e se in luogo di k porremo k-i-i avremo J O X J O X -f 00 , — nx .k — mx j (e — I ) . e ax che è qnanto dire F{k-h i,m)= F{k,m -hn)— F(k, m) = AF{k, m) nella ipotesi che la differenza Aw sia = n. Pertanto sarà F{k,m) = A ~'.F( i,m) '" ' -' •mXj ax /oo i ^nx . - Il ~ '''^ O X Ma abbiamo ^^Ii^ = -/'V"-0-«~"'^^ = - 1^-^ -, dm. J o '" ed integrando F(i,m)=: — L.{m-i- n)-+- h.f?i= — AL.m, ove tralascio la costante perchè F{i ,Tn) svanisce quando /z = o. Dunque , ,, / 00 , — nx ,k — mxj A Se moltiplichiamo questa equazione per f//7z ^ e ne prendiamo i volte l'integrale, avremo / 00 , — nx ^k ~mx, , i-i-i i i k_ 0 J-+-I (e — t ) . e dx = ( — I ) fdmA L.m = ( — i) A f dm L.m 270 SULL* USO DEL GaLCOLO CC. Ora fdmL.m^=mL.m — w-t-C f^dm^h.m= — L .m— — m'-h Gm -t- C Pdm'h.m= J^l^.m—'^ m?-\- ^ -+- Gm -)- G" ec. dunque f dm h.m avrà in generale la forma amLi.m= — :; -.-i-am-h-am -\- a m ....n- (i) essendo a, a .... a costanti indipendenti da m. E se osser- viamo che è . , ■ , . . " - .k i i—J i— a (i) A ( am -+• am -^ a m -f-a) = o quando k è ^, o > i -(- i , come noi supponghiamo , sarà in questo caso (a) I ± -^) .e dx_ _ (— ) A .m L.m. Se facciamo e =7, l'integrale/ (-"^_,f . -'"^J:, si k m—I cangerà in (>^ -') •>• ^, e perciò (y -, ) .r dr _ l_ A .A?Z L.?« o (L.j)"*"' 1.2-3 i purché sia k-=,o> /-t- i , perchè altrimenti quell'integrale sarebbe infinito. E ponendo A = i-i-i avremo lo che combina col resultato ottenuto dal Sig.Legendre nella terza parte de' suoi Esercizj pag. 872. Consideriamo ades«o i due integrai /oo , — nx .k — mx , /*co , ■ (e — I ) .e tlxrii-à ax j. ^_ i (e A: — mx , foo , —nx Jc , — "'^j^,.. ,.» X Del Sic. Cav. Pietro Paoli 271 e ponendo in luogo di cos.ax e di sen.ax i loro valori espres- si per gli esponenziali imniaginarj troveremo J-4-I X /°° {e~"^~ i)^ —(m-~o\/—i)x _ ^— (m-(-fl|/— ijx o i -»-I 0.]/ — I py)\=yy) ■■> y[^vpj.x)]=yj,x)- Ora queste equazioni hanno veramente luogo , come è facile a riconoscere osservando che il ritrovamento delle due p {x), p {x) radici della equazione (4) conduce primieramente alle due equazioni " " '■ y\x,p\—y{x) ; y\x,p\=y{x) le quali, sciolte per/?, danno poi i valori p-=-p (.t), p=p (^); questi valori sostituiti nelle precedenti equazioni da cui so- no cavati, debbono evidentemente renderle identiche, e allo- ra si hanno le equazioni (7). , , , Del Sic. D. Gabrio Piola 277 6. Presentemente possiamo proporci la trasformazione ge- nerale delle formole integrali duplicate. Sia tutto come al principio del n." precedente, e siano anche date le due equa- zioni (8) x = x[p, g] ; y = y[p, q] per le quali le due variabili si esprimono generalmente in funzione di due nuove variabili p, q. Dalla prima di queste equazioni (8) si può intendere ca- vata la q in funzione di x, p. .;,_, (9) q = q{x^p) : ';. > il qual valore, se sostituiscasi nelle (8), le riduce (io) x = x[p,q{x,p)] ('0 y = y{p->q{^->p)] Di queste la prima, cioè la (io) deve essere manifestamente un'equazione identica, però insieme con essa sussisteranno tutte le sue derivate tanto per x che per p : gioverà notare le due prime (la) e = x{p) -^ x'{q)q\p) (I3) ^=x'{q)q\x) l'altra equazione (11) servirà come segue. Vedemmo ( n.° prec. ) che il valor finale dell'integrale duplicato non muta se pongasi in luogo di y una funzione dell'altra variabile x e òi una nuova/?, purché la funzione \[x,y\x,p\ ) si moltiplichi per J^[jP]' ^ ®^ prenda il primo integrale per /?. Poniamo dunque in luogo di y la y[p-> q {x,p)^ data dal secondo membro del- la (ii)j che è veramente una funzione delle due x, p ( non facendo alcuna diflFerenza 1' esservi la p in parte esplicita in parte implicita alla q[x,p)) solamente avvertiamo che la de- rivata parziale per la p avrà due termini^ dei quali il primo sarà dovuto al p esplicito alla q[x,p) e 1' altra al p impli- cito, sarà cioè y[p]=y{p)-^y{q)q\p)- Questa espressione può subire due cangiamenti , in luogo di a 7^ Sulla trasformazione delle Formole ec. ^'{p) si potrà porre il suo valore — -/j^ cavato dalla (la) e si avrà poscia si potrà mettere q'{x) in luogo di -y- in virtù della equazione (i3), e cosi avrassi y{p] = l^'Wip) - y'i^ì^'ipìl q'{x) ; quindi 1' integrale duplicato si trasformerà nella espressione (i4) fdxfdpY{x[p,q{x,p)ly[p,q{x,p)]\x{q)y{p)—y{q)x'{p)\g'{xy, dove osservo che veramente la V avrebbe dovuto scriversi y{x,y[p, q (x,p]) , ma ho potuto surrogare alla x semplice la quantità x[p,q {x,p)] che gli è eguale per la (io), e nel- la quale la p non entra che apparentemente. In questa es|nessione (i4) è da notarsi che anche nel fattore binomiale formato colle derivate parziali x'Uj)y'(p) — y'{q) ^'{p) sta dappertutto la quantità composta q{x,p) in luogo della lettera semplice q ; talché se pongasi Tip, q) =\{x[p, qly[p, q]}\x{q)y{p) '-y{q)x'{p)\ considerando le derivate parziali come dedotte immediata- mente dalle equazioni (8), e quindi aventi la q lettera sem- plice , il precedente integrale duplicato (i4) potrà scriversi (i5) fdxfdpl{p,q[x,p))q\x). Dal complesso delle cose fin' ora vedute risulta che se si pren- de il precedente integrale (i 5) cominciando l'integrazione dal- la p ed estendendola fra i limiti p [x) ,/? [x) dedotti dall'equa- I 2. zione (i6) f{x.y{p,q{x,p)])=o e poi si passa alla seconda per x estendendola fra i limiti ^=« X ■=-h ^ si avrà lo stesso resultato finale come se, non avendo fatta alcuna trasformazione, si fosse operato alla maniera espressa al principio del n.* 5. . Del Sic. D. Gabrio Piola 3719 7. Cerchiamo ora se nell'ultimo integrai duplicato (i4)^ 0 (i5) si può rovesciare l'ordine delle integrazioni ; e osser- viamo che questo sarà provato quando si arrivi a dimostrare che i valori x = a ., x=b limiti della seconda integrazione sono quelli stessi a cui saremmo giunti cercando nella equa- zione (16) dei limiti i valori del massimo e del minimodella stessa X considerata come funzione òip { n." 4- )• Questo poi è cosa assai facile: perocché le equazioni, dalle quali j elimi- nata p , si hanno per x i valori del massimo e del minimo , sono la stessa equazione (16) e quest'altra ossia , dividendo quest' ultima pel secondo fattore, le due ('7) f{x^y[P^^{^op)]) = o ; f'{y[p,q{x,p)]) = o. Ora si vede subito che la p si elimina fra quest' ultime due eliminando tutta la (unzione y[p, q{x ,p)], la quale opera- zione dà lo stesso resultato che si sarebbe ottenuto eliminan- do la y lettera semplice fra le due f{x,y):=o; f'{y) = o , come al n." 4- 8. Pertanto invertiamo le integrazioni nell' integrale du- plicato (i4) o (i5), cioè incominciamo dalla a; , integrando fra i limiti X = X {p) , X -^x {p) desunti dall' equazione (i6)j e poi passiamo all'integrazione per/? fra i limiti /?:=:/??, /? = « che sono i valori del massimo e del minimo ottenuti elimi- nando X fra le due (18) f{x,y[p,q(x,p)]) = o ; f\x)-^f{y)y\q)q\x)=o la qual seconda è la derivata della prima presa per rapporto ad X. Otterremo cosi primieramente 1' integrale (■9) r^\'\d^np^q{^^p))qV) il quale, pel n.° a, eguaglierà quest'altro J q{i (p)p) .. 1 ! .' a8o Sulla trasformazionb delle Formole ec. e quest' ultimo eguaglierà l' integrale (.1) r^''ldq'l[p,q) J ?i (p) che è, come si vede, definito fra i limiti q-^q (p), q=q {p), i quali sono radici della equazione (aa) f{4P>9]'AP^'i]) = '^ sciolta per q ; non essendo questa equazione che la (3) col- la sostituzione dei valori (8) . Sarà provata 1' eguaglianza dei due ultimi integrali quando siano provate le equazioni (a3) ■ q{x{p),p) = ql^p) ; q{x J,p) -, p) = q jp) e queste provansi nel modo seguente. L'equazione (i6) a mo- tivo della (io) può scriversi f{x[p, q{x,p)],y[p, q{x,p)]) = o Sciogliere ora questa equazione per :*; e cavarne i valori X [p) , X (p) richiede che prima se ne cavi la quantità com- posta q{x,p): il che facetido si ia come sciogliendo la (aa) per q. Si hanno cosi per q{x,p) due valori q{x,p)=: q (/?); ^( ^j/') =7 (/?) e da queste equazioni si hanno poi i valori X {p), X (p) che risostituiti nelle equazioni stesse mostrano la verità delle equazioni {a3). •• 9. Passando presentemente all'altra integrazione per/;, osserviamo che le equazioni (18) a motivo delle (io) , (i3) possono scriversi f{x[p, q{x,p)],y[p, q{x,p)] ) = 0 ; f'{x)x{q)-^-f'{/)y{q)=0 e che si elimina fra queste la x eliminando la funzione q{x,py, la qual' ultima operazione conduce allo stesso resultato che l'eli- minazione della q espressa con una lettera semplice fra le due (4) /(4/''?]'/[/'W]) = o ; f(x)x'(q)-i-f'(y)y{q)=zo. e questo si sa essere il sistema delle due equazioni dalle qua- li , eliminata q , si hanno i valori del massimo e del minimo Del Sic. D. Gabrio Piola 281 della p considerata nella (aa) come funzione implicita della stessa q. IO. Raccogliendo le cose dette nei due numeri preceden- ti si vede che rovesciando nell'integrale duplicato (i5) l'or- dine delle integrazioni e prendendo la prima per x fra i li- miti X {p) , X {p) desunti dall'equazione (lò), e la seconda per /? fra i limiti jt? = m ,/? = « desunti dal sistema delle (18) dopo averne scacciata la :c : si ha lo stesso risultato che si ottiene dall' integrale duplicato fdpfdq1{p,q) estendendo la prima integrazione per q fra i limiti q {p) -, q (p) radici della (aa) e la seconda integrazione per p fra i limiti p = m , p = n che ottengcnsi dal sistema delle {a4) , scacciata la q. Ma si può ( n." 7. ) rovesciar l'ordine delle integrazioni nell'integrale (i5) sènza alterare il valore finale, e lo stesso integrale (i5) preso culle integrazioni dirette (n.° 6. sul fine) eguaglia l'integrale duplicato y^^/.ry"f/xV(:r,/) pre- so come si è detto al principio del n." 5: adunque, rimetten- do per T{p,q) il suo valore ( n.° 6. ) , si ha finalmente il Teorema desiderato, cioè ,, L'integrale duplicato fdxfd/'V{x,y), presa la prima ,, integrazione per y fra i limiti y [x) , y (x) desunti dall' e- I St, „ quazione f(x-,y) = o , e la seconda integrazione per x fra „i limiti a, b, che si cavano, scacciata la/, dal sistema del- „ le due /(x,7) = o , /'(y) = o: presenta lo stesso valore fi- „ naie dell' integrale duplicato (a5) fdpfdqy{x[p., q] , y[p, q]\ x'{q)y{p) -y{q)Ap)\ „ prendendo la prima integrazione per q fra i limiti q (p), „ q (p) dedotti dall' equazione f(x[p, q],y[p, q]) =0, e poi „ la seconda integrazione per/? fra i limiti /? = w, /> = « ca- ,t vati dalle due Tomo XX. 36 282 Sulla trasformazione delle Formole ec. " fi4P>^hx[P'g]) = o ; f\x)Aq)-^ny)y{q) = o. „ dopo averne eliminata la q. ir. E chiaro [n." ^) che se nelP integrale duplicato pro- posto può invertersi l'ordine delle integrazioni, potrà anche ìnvertersi nell' integrale duplicato (aS) risultante dopo la (ras- formazione. Vedemmo infatti che nelle equazioni (24) havvi la stessa relazione formata colle nuove variabili p, q^ la stes- sa dipendenza per la ricerca del massimo e del minimo che al 11.° 4- <^i persuase ad ammettere l' inversione. Se dunque l'integrale (a5) s'incomincia da /? e si estende fra due limi- ti p {q) , p {q) radici dell' equazione f{-i[p,q\ '/[/'^ ^] ) = o, e poi si passa alla seconda integrazione per q estendendola fra i limiti q ■=z fx^ q=-v che si ottengono dalle equazioni f^Ap^ q\ ' y\p^ ^] ) = o ; f'{x)x\p) ^f\y) y{p) = o dopo avere eliminata la p: si avrà lo stesso valore di prima, e il valor finale sarà ancora eguale a quello che si ha dall' integrale duplicato /Jj;/tì?/V(a;, 7) preso alla maniera più vol- te esposta. la. Rimane ad avvertire, come fanno tutti gli Autori, che il binomio ^'W{p)—yi^)Ap) può a piacimento avere il segno contrario: il che si fa mani- festo ripetendo da capo le operazioni esposte in questo para- grafo e solo cambiando ( ciò che è in pieno arbitrio ) fra di loro le variabili x, y. S- n. Trasformazione delle formole integrali triplicate. i3. Propongasi l'integrale triplicato (a6) fdxfdyfdzS{ x,y, z) e 1' equazione dei limiti Del Sic. D. Gabrio Piola ìì83 (37) f{x,y,z) = o; la regola ohe si tiene in queste integrazioni è la seguente. Si prende ad arbitrio l'ordine delle variabili per le quali deb- bonsi eseguire le tre integrazioni, per esempio l'ordine z, Y, X : ed è cliiaro clie può variarsi in sei modi differenti a ciascun dei quali si adatta facilmente , cambiando solo le de- nominazioni delle lettere, il discorso che esponiamo, supposto l'ordine z,y, x. Si eseguisce la prima integrazione per z, ritenendo costanti le /, x, e la si estende fra i limiti (2ÌÌ) z = z{x,y) ; z = z(x,y) 1 ^ che sono radici della equazione (27) sciolta per z. Poscia si passa air altra integrazione per / che si estende fra i limiti i quali sono radici di quella equazione che si ottiene elimi- nando z fra le due (3o) f{x,y,z) = c ; f'{z) = o e sono i valori del massimo e del minimo che prende la / nel- la equazione (2,7) considerata come funzione implicita di quel- la variabile z per la quale è stata fatta la prima integrazione, ritenuta x costante. In ultimo si fa l'integrazione per x esten- dendola fra i limiti a: = (2, x=ib che si cavano dall'equa- zione risultante dopo l'eliminazione delle due variabili /, z fra le tre (3,) f{x.y,z) = o ■,f{z) = o ;/'(/) =0 e sono i valori del massimo e del minimo che prende la x nella equazione (27) considerata come funzione implicita del- le due variabili j, z. i4- Il valore finale dell' integrale triplicato che si dedu- ce dopo le tre definizioni spiegate nel n." prec. esprime nel- le applicazioni la misura di un qualche concreto, per esem- pio, la solidità o la massa di un corpo. Siccome però (come 6Ì disse al n.° 4- i" U" caso similissimo ) non havvi alcuna ragione per la quale , mentre quel concreto si riferisce a tre a84 Sulla trasformazione delle Foumole ec. assi orrogonali , si abbia delle tre coordinate a scegliere una in preferenza delle altre: segue di necessità che sortirà sem- pre Io stesso valore finale qualunque sia l' ordine con cui si prendono le tre variabili nelle integrazioni. i5. La trasformazione generale di questi integrali tripli- cati si può dimostrare nel modo seguente. Siano date tre equa- zioni per le quali le tre prime variabili si esprimano col mez- zo di tre nuove p, q, r (3a) x = x{p,q, r\\ y=zy[p,q, r]; z = z{p,q,r]; e prima di far la sostituzione di questi valori sotto l'integra- le triplicato (-26) vediamo alcune conseguenze delle poste equazioni (3^) che ci saranno necessarie nel progresso. Immaginiamo clie dalle due prime si cavino i valori di o, r per a;, /, e p, dimodoché quelle possano esprimersi per queste colle equazioni (33) qz=q[x^y,p) ; r=sr{x,y,p); se le funzioni che formano i secondi membri di quest'ultime si sostituiscano in luogo di q, r nelle stesse equazioni da cui furono dedotte, si avranno manifestamente le equazioni iden- tiche (34) x=x[p,q{x,y,p),r[x,Y,p)\; y=y{pyq{x^y>p)A^'y^p)\-> e se le medesime funzioni pongansi allo stesso modo nella terza delle (3a), avrassi di più quest' altra (35) z — z[p, q(r,y,p) , r{x,y,p)]. Ora essendo identiche le equazioni (■^) sussisteranno insieme ad esse tutte le loro equazioni derivate prese per p, per x, e per /. Al nostro caso non giovano che quelle di primo or- dine ; avremo pertanto le due derivate prese rapporto a /> che saranno (36) ° ~ ^'^^^ "^ ""'ilWiP) -*- Ar)r{p) f^ =y{p) -^y\q)q'{p) -^yi^Vip)^ le due derivate rapporto alla x Del Sic. D. Gabrio Piola a85 ^ ^^ ^ c:=y{g)q{x)^y{r)r'{x) e le due rapporto alla / ^33j c = x'{g)q\y)^x-{r)r'(y) 1 =x'{q)q'{jr)-i-y(r) /(/). Si cavano dalle equazioni (36) le due Wy; y {/") — x\q)y\r)-y\q,x\r) ' V/'^— x' {q) / (r)-/ (q)x\T] dalle (37) le due '/ \ y'(r) . Il V — j^'(y) 9\^ì— x'{q)/(r)-y(^)7{r) ' ^^^l~ x\qìy(r)-y(q)^?(fr e dalle (38) le due Queste ultime quattro poi somministrano ossia 16. Richiamo 1' equazione (35) e la derivo per rapporto a /?, indicando per z\p\ la derivata di z per la p tanto espli- cita che implicita alle q[x,y^p), r{x,y,jp), ottengo ^'[P] = ^'{PÌ -^ ^'Wip) -^ ArVip) •■> metto in questa in luogo delle q'{p)^ ^(p) ' loro valori dati dalle (89) , e mi viene z'\p]j= ''^P'>\.^'(9)y<'-)—yig)Ar)]-*-z'{q)lHr)y{p}—y{r]x\p)]-^z'{r)[a/'(p)y{g)—y{j>)x'(g)] '■' ■' 3'(q)yfn—y{q)x'{r) dove faccio sparire il denominatore servendomi dell'equazio- ne (40) , ed ho 286 Solla trasformazione delle Formole ec. 4P] = \Ap) [ A7)yir)-yiq)Ar)] ^ziq)[ x\r) y{p)-y{r)x\p)] -*- Ar)[x{p) y{q) - y(p) x{q)]y(x) r(y) - /•'(%'( j)| . Osservo che in questa espressione il secondo membro è com- posto di due fattori, cioè di un binomio , e di un sestino- mio formati con tante derivate parziali. Le derivate parziali che compongono il sestinomio sono altrettante funzioni di p, q[x,y,p) , r{x,y,p)-, cioè contengono le quantità compo- ste q[x,y,p), r(r,y,p) nel luogo delle lettere semplici q, r. Intendiamo pertanto che sianvi in esso sestinomio le lettere semplici q, r invece delle quantità composte, e poniamo per brevità (40 ^P^ q-^ r\ = z\p)\ x\q)j\r)^y\q) x\r)\ -^- z[q)\x\r)y[p) — y[r)x{p)\ -H z {r)\x {p) y\q) — y{p)x\q)\ dove le derivate parziali sono funzioni delle/?, ^, r quali de- duconsì direttamente dalle equazioni (3a): sarà (4i) z{p\ = S[/7, q[x,y,p), r{x,y,p)]\q\x)r\y)—r\x)q\y)\ 17. Queste cose premesse, torniamo a considerare l'inte- grale proposto. Veggasi primieramente come sia vera l'equa- zione tra gì' integrali semplici = (^>r) p (x,y) (4.S) fdz Y{x,y,z)=fdp y{x,y,z[p,q{x,y,p),r{x,y,p)])z'[p] I I dove nel primo integrale i lìmiti sono quelli dati dai secon- di membri delle equazioni (28) ; e nel secondo vi è nella V in luogo di z la quantità composta eguale, data dal secondo membro della (35): vi è la z'[p] sua derivata per p espressa nel modo convenuto al n." 16. precedente: e i due limiti so- no valori di p cavati dalla equazione (44) /(^.7. 4p^ q{^^y->p) , r{x,y,p)])=o che è la (27) colla z composta data dalla (35). Se io luogo Del Sic. D. Gabrio Piola 287 dei due limiti 2 {x,y) , z {x,y) nel primo integrale della equa^ sione (43) vi fossero queste altre quantità z[p,qix,y,p {x,y)), r(x,y,p {x,y))], la verità della detta equazione sarebbe una immediata conse- guenza del teorema del n.° a ; perchè dunque sia vera l'equa- zione (43) tale come sta, bisogna che siano identiche queste altre 4/^' gi^r'X'P^i^^y))' r{x,y,p^{x,y))]=:z^{x,y) 4P' ^(^'/'/'J^' y)) ' r{x,y,pj^x,y) )]=z^{x,y) il che facilmente si dimostra osservando che per cavare i due valori/? {x,y),p {x,y) dalla (44) si comincia a cavarne la « composta come facevasi della z semplice sciogliendo l'equa- aione (27) per dedurne le (i8). Così si hanno per la z com- posta due valori che sono z[p, q[oÉ,y,p) , r{x,y,p)]=z z^[x,y) e queste equazioni, sciolte separatamente per rispetto alla/>, danno i due valori/?^/? (x, /);/?=/? {x,y) i quali risosti- tuiti nelle stesse equazioni da cui furono dedotti le rendono identiche, venendo in tal modo dimostrate le (45)- 18. Essendo vera l'equazione (43) fra gl'integrali sem- plici, è manifestamente vera anche la seguente fra gl'inte- grali triplicati h y (x) z (x,y) (46) f'i' l'i /''^ V(x,/,«) I I * y {X) p (x,y) = / dxl dy I dp V(a;,/, z{p, q[x,y,p), r[x , y\, p)]z[p] J aJ y (x)f p {x,y) a88 Sulla trasformazione delle Formole ec. dove le altre due integrazioni per / e per x sono fatte allo stesso modo. Ora vogliamo dimostrare che anche nell'integra- le triplicato che forma il secondo membro della precedente equazione (46) si può invertere a piacimento l'ordine delle integrazioni, come ( n. \^. i4- ) può farsi nell' integrale tri- plicato che forma il primo membro della stessa equazione (46)- Ciò sarà provato quando si dimostri, che, adoperando l'equa- zione (44) per le definizioni di queir integrale, le variabili or, 7, p conservano fra di loro analoghe relazioni conducenti al- le stesse proprietà di massimo e di minimo come le a:, /, z, quando si adopera per le definizioni l'equazione {p.'j) nel mo- do spiegato al n." i.S. Or questo appunto ha luogo nel nostro caso. Infatti eliminare la z semplice fra le (3c) dà lo stesso risultato che eliminare la z composta fra la (44) ^ la seguente (4?) /M/'' q{^'y->p) •> Ax->y->p)\) = ^ il quale risultato è poi lo stesso che si sigtiifica dicendo di eliminare la p tra la (44) ^ la sua derivata per p\ giacché la derivata della (44) per /> è la (47) precedente moltiplicata per 2'[/;], e può intendersi che questo fattore z\p\ siasi fatto sparire colla divisione: né può farsi altrimenti la eliminazio- ne di p fra la (44) e la (47) che eliminandone la z compo- sta. Per l'altra definizione bisogna che abbiasi lo stesso risul- tato eliminando z, / fra le (3i), ed eliminando p , y fra la (44) :> la sua derivata per/;, e la sua derivata per /. Questo pure si verifica perché la derivata della (44) P^r /? é la (47)5 e la derivata per / è /'(/) -^/'(^) 1 Aq)q{y) -^ Ar)r{ r) | = o che si riduce alla /'(jy ) = o a motivo del fattore f\z) che è zero per la stessa (47). È visibile che in questo se<-.ondo caso non vi è altra diBerenza che quella di avere la z com- posta invece della z semplice fra le quantità che si scaccia- no: e ciò non altera il risultato che rimane dopo le elimina- zioni. Del Sic. D. Gabrio Piola 389 19. Poiché dunque può farsi, inveì tiamo le integrazioni nel secondo integrale della (46) tenendo in ultimo quella per p. Prima però sostituiremo alla z\p\ il suo valore dato dalla (4a) , e osserveremo che a motivo delle e(]uazioni identiche (34) la (44) si F"° scrivere senza alterazione f\x{p, q{x,y,p) , r[x, y, /?)] , ; [/?, q{x,y,p) , r{x, y,p) ] , z[p,q{x,y.p), r{x,y,p)]\ = o e la quantità N[x, y, z[p, q{x,y,p), r[x, y,p)'\) parimenti V \x{p, q{x,y, p) , r(x, y,p) ] , y[p, q{x, y,p), r(r, y,p)], z{p,q[x,y,p), r{x,y,p)]\. Quindi è che ponendo per brevità (48) x[p, q, r\ =fix[p, q, r],y[p, q, r] , z.p, q, r] ) (49) T[/>, q, r] = Y(x[p, q, r]y[p,q, r],z[p, q, /■]) t [/>, q,r\ . dove la S[/7, ^,r] è quella della equazione (4')» e le ^ , r stanno come lettere semplici: l' integrale triplicato può scri- versi (50) fdpjdxfdyl[p, q{x,y,p) , T{x,y,p)\\q\x)r{y)—r{x)q\y) \ e parimenti 1' equazione dei limiti (5i) x[p,q{x,y,p). r{x,y,p)] = o. 11 precedente integrale triplicato dovrà essere preso primie- ramente per / fra due limiti y {x,p), y {x,p) radici dell'e- quazione (5i), poscia per x fra due limiti x {p) , x (/>) de- I a sunti dall'equazione che risulta eliminando/ fra la (5i) e la seguente (Sa) x{q)q'(y) -f- x'{r)r{y) = o ; e in ultimo per p fra i lìmiti p = a, p:^ fi radici dell'equa- zione risultante dopo l'eliminazione di x,y fra la (Si) la (Sa) e la seguente Tomo XX. 37 ago Sulla trasformazione delle Formole ec. (53) x'{q)q'{x) -\- x{r)r{x) = o. I ragionamenti antecedenti persuadono che il valor fìnale dell' integrale triplicato ottenuto come ultimamente si è detto, egua- glierà l'integrale del secondo membro della (46) e quindi an- che quello del primo. ao. L'integrale duplicato * (p) r {x, p) I I che con una nuova integrazione per p diventa il triplicato (5o) , e dove le quantità dei limiti sono determinate comesi è detto al numero precedente, equivale all'integrale dupli- cato ' • ,^/' g (p) ^ iq^p) (55) ' ' fdq fdr T[;?,^, r] '^ q (P) ' r (q,p) dove r {q,p) , r {q,p) sono radici della equazione (56) x[p,q,r] — o sciolta per r, e q {p) , q {p) sono radici dell'equazione che risulta eliminando r fra la precedente e la (57) Ar) = o Questa proposizione è una immediata conseguenza del teore- ma per la trasformazione degli integrali duplicati che supe- riormente abbiamo dimostrato al n." io: basta un poco di at- tenzione per ciò rilevare, ponendo mente che la p è qui una costante la quale si esprime per ragione della terza integra- zione, ma che potrebbe ommettersi finché si considera sola- mente l'integrale duplicato antecedente. Notisi ancora che l'eliminazione di x , 7 fra le (5i), (5a), (53) dà lo stesso ri- Del Sic. D. Gabrio Piola 291 sultato che V eliminazione di g, r fra la (56), la (Sy) e la se- guente (58) x'{q) = o; perocché le (5a) , (53) combinate fra loro si riducono facil- r'ixW(y)—q'(T)r'(x) ì _ mente alle che divise pel secondo fattore sono le (67), (58) colla sola diffe- renza di contenere le ^,r composte invece delle semplici, la quale è pure la sola differenza fra le (5i) e (56). Tale dif- ferenza non influisce sul risultato ottenuto dopo le eliminazio- ni, come è manifesto. ai. Dal fin qui detto si arriva a comprendere che l'in- tegrale triplicato (5o) preso come si è esposto al n.* 20. darà lo stesso risultato finale dell'integrale 1 (p) r iq,p) fdpfd] fdr l[p,q,r\ J a J q (p)J T (q,p) dove le quantità dei limiti hanno i valori indicati nel nume- ro precedente; ma quell'integrale (5o) eguaglia ( n." 19. sul fine ) il primo integrale dell' equazione (46) ; dunque r (x) z (x,y) q (p) T {q,p) I dx I dy I L V(:c,7, z) =fdp f dq f dz T[/7, q, r ]. J a J y z (x,^) J a / q (p)J t (q,p) i(j:) I II Rimettasi per T^[p > q ■> >"] l'espressione equivalente data dalle (41), e (49) •> <^ pfir l'equazione dei limiti in luogo della x[p.q,r\ l'espressione equivalente data dalla (4^), e uscirà il Teo- rema desiderato, che „ l'integrale triplicato fdxfdyfdzY{x,y,z) „ preso servendosi dell'equazione dei limiti /(x,/, z) = o per aga Sulla trasformazione delle Formole ec. ,, definire le successive integrazioni come si è esposto al n." ^, i3, dà lo stesso valore finale dell'integrale triplicato „ fdpfdqfdrV{x[p,q, r],y[p, q,r], z[p, q, r]) S[p,q, r ] „ essendo S[/;,y,rJ=z'(;,)[.r(.y)y(r)-y(y)xV)]-H^'(^)tx'(r)y(/^)-y('-)^'(/^)] ^z'(r)[x'ip)y'{q)-y{py{q)] „ preso servendosi dell' equazione dei limiti f{x[p,q,r], y[p,q,r],z[p,q,r]) = o „ la quale viene trattata colle nuove variabili/», g, riti un 5, modo affatto analogo a quello con cui la /(a:,7,z) = o vie- j, ne trattata colle vecchie variabili x, /, z. aa. In quest'ultimo integrale triplicato l'ordine delle in- tegrazioni potrà cambiarsi in sei modi differenti senza altera- re il valore finale, e ciò per le stesse ragioni che al n.° i4- ci persuasero dell'analoga proprietà nell'integrale non tras- formato. Il segno poi del sesti nomio S[p,q^r] può ad arbi- trio prendersi positivo o negativo, finché la questione si con- sidera puramente dalla parte dell' analisi, perchè niente v' è che qualifichi una delle tre variabili in preferenza delle altre, onde possono fra di loro scambiarsi per le derivazioni: il che facendo viene quel sestinomio a mutare di segno. '■:. i '■ -3- MEMORIE DELLA SOCIETÀ ITALIANA DELLE SCIENZE RESIDENTE IN MODENA TOMO XX. FASCICOLO SECONDO DELLE MEMORIE DI MATEMATICA (3) INDICE DELLE COSE CONTENUTE NEL SECONDO FASCICOLO DELLE MEMORIE DI MATEMATICA DEL TOMO XX. E, ilenco dei libri mandati in dono alla Società Italiana delle Scienze pag. (5) Memorie storiche di alcuni Socii defunti scritte dal SE- GRETARIO ANTONIO LOMBARDI i Sullo sviluppo delle funzioni in serie del PROFESSORE PIETRO PAOLI 293 Teorica degli Objettivi acromatici proposti dal Sig. Ro~ gers. Memoria del PROFESSOR GIOVANNI SANTINI 41 5 Sopra gli integrali definiti. Memoria del CAV. GIULIA- NO FRULLANI 448 Memoria sopra un Cordometro ed un Tonometro di PAO- LO ANANIA DE LUCA 468 Sulle superficie generabili dal movimento di una linea piana qualunque. Memoria del DOTTOR GASPARE MAINARDI. Parte I. e II. 482 Esperienze sulle contrazioni parziali delle vene d'acqua. Memoria del PROFESSOR GIORGIO BIDONE 536 Sulla teoria delle funzioni discontinue, Memoria di GA- BRIO PIOLA 573 Rifrazioni astronomiche osservate a piccole altezze sull' Orizzonte. Memoria del PROFESSORE GIUSEPPE BIANCHI 640 Sopra 1' uso di alcune serie nella determinazione degli In- tegrali definiti. Memoria del CAVALIERE GIULIA- NO FRULLANI 663 Sopra la riduzione di alcune trascendenti. Memoria DEL- LO STESSO 7ia (4) N. B. Aviieriasi che dalla pagina agS. si salta alla 394: * ■si prosegue alla SqS. etc; ma questo e puro sbaglio di stampale perciò non ostante questo salto nul- la manca nel presente Fascicolo. Avvertasi inoltre che nell'Elenco dei libri regalati alla Società Italiana delle Scienze inserito nel Fascicolo I . di Matematica di que- sto Tomo XX. si attribuì per errore al PADRE PIAZZI la continuazione dell'O- pera sul Reale Osservatorio di Palermo, che è lavoro del Chiar. Astronomo vivente NICCOLO' CACCIATORE. ELENCO DI LIBRI MANDATI IN DONO ALLA SOCIETÀ ITALIANA DELLE SCIENZE RESIDENTE IN MODENA. ' -, DaW 1. Ottobre 182,8. ia avanti. 1 ezzana Angelo. Continuazione delle Memorie degli Scritto- ri Parmigiani T.° VI. Parte II. 4-" Parma 1827. Santini Professor Giovanni. Teorica degli Stromenti ottici. Pa- dova i8a8. 4.° T.° VII. Memorie della R. Accademia di Parigi — ivi 4-° Bonino Dottor Gio: Giacomo. Biografia Medica Piemontese par- te seconda ed ultima. 8.° Torino 1828. Herschell I. F. W. Serie tre di osservazioni fatte con un ri- flettore di 2.0. piedij che contengono un Catalogo di 884. nuove stelle doppie ridotte al principio del 1828. 4*' Lon- dra 1828. T.° XXX. XXXI. XXXII. delle Memorie della R. Accademia delle scienze di Torino, ivi 1826-1828. J^." Emiliani Professor Luigi. Pticerche sulla cura delle malattie infiammatorie. 8.° Modena 1828. Transazioni Anglicane della R. Società di Londra in dodici Volutni. Anno 1822. all'anno 1826. inclusivamente. 4-° Londra. Paoli Domenico. Saggio di una monografia delle sostanze gom- mose. Firenze 1828. Cacciatore Niccolò R. Astronomo. Lettera al Sig. Barone Fer- rusac suir alzamento straordinario osservato nel Barome- tro in Geniiajo 1828. 8.° Palermo 1828. (6) - Cacciatore Niccolò R. Astronomo. Viaggio ai bagni minerali di Sclafani. 8.° Palermo i8ii8. Furitano Prof. Antonio. Corso di Chimica filosofico-pratica. 8.° Palermo 1828. Voi. due. Bravi Abate Giuseppe. Teorica e pratica del probabile. 8.° Mi- lano 182,7. Libri Guillaume . Memoires de Mathematique et de Physique. Tome I. 4-° Florence i8ig. Bouvard M. A. Memoire sur les observations meterologiques faites à 1' Observatoire Royal de Paris lue a l'Academie des Sciences le 2,3. Auril 1827. 4-° Babbage Carlo. Sulle rotazioni elettriche e magnetiche. 4'"' Londra 1826. . . .Sull'applicazione delle macchine al computo delle tavo- le astronomiche e matematiche, ivi 1824- 4-° . . . Sopra un nuovo micrometro zenitale. 4-*' ivi. Bignardi Professor Alfonso Domenico. Estrofia, e caso di qua- si totale mancanza di vescica orinarla; lettera e risposta d( ] Professor Antonio Alessandrini. 8.° Bologna 1829. Chiaje {delle) Stefano. Iconografia ed uso delle piante medi- ciniJi. 8." Napoli dalla Stamperia della Società Tipogra- fica 1824. T.' due ed uno di Tavole in 4-° . . . Coni lendio di Elmintografia umana illusti'ata da dieci ta- vole 4.° ibid. 1825. . . . Descrizione di un capretto mostruoso disomo , e necro- logia dei Socii del Rcal Instituto di incoraggiamento. 4-° Napoli 1822. . . . Memoria sul Ciclamino Pollano. 4-° Napoli 1824. . . . Memoria sulla storia e notomia degli animali senza ver- tebre del Regno di Napoli 4-" ivi 1828. T.* due. . . . Osservazioni sulla struttura della epidermide umana con Tavola. 4-° Napoli 1827. Memorie della Società Astronomica di Londra divise in due parti, Volume terzo. Londra 1829. 4-° Thomson Giacomo. Le stagioni corrispondenti all' originale (7) Inglese tradotte da Patrizio Muschi di Siena con prefa- lazione ^ dedica , argomento, inno, ode e note. Firenze 1826. 8.° • Inghirami Professor Giovanni. Mappa uranografica rappresen- tante la porzione dell' ora xviii. fra i paralleli xv. Borea- le e XV. Australe delineata nell'Osservatorio delle Scuo- le pie di Firenze, ivi 1829. , r Memoria (alla) di Giuseppe Raddi. Firenze i83o. 4-° Gràherg de ìlemso Giacomo. Annali di Geografia e di Stati- stica 8.° piccolo Tomi 11. Genova i8oa. . . . LcQons elementaires de Cosmograpliie et de Statistique a"*'. Edition 8.° petit a Gènes 181 3. . . . Lettera al Sig. Luigi Grossi Medico ec. sulla peste d Tangeri negli aiuii i8i8-ig. 8.° Genova e Tangeri 1820 Memorie della R. Accademia di Torino T.° XXXIII. XXXIV ivi 4.° Santini Giovanni. Elementi di Astronomia con le applicazioni alla Geografia, Nautica, Gnonomica, e Cronologia. Edizione 2." riveduta ed aumentata dall' autore. Padova i83o. Tomi due 4-'' Piala Gabrio. Sulla teorica del pendolo. 4-*' Milano i83i. Bliizzarelll Prof. Luigi. Diritti della Città di Modena sulle acque di Secchia nella causa istituita per Sovrano co- mando in via di compromesso tra la Comunità di Mode- na e la Comunità di Sassuolo avanti i Signori Avvocato Vincenzo Poppi Modenese Giudice Conciliatore nominato dalla Comunità di Modena in sostituzione al Sig. Conte Avv. Luigi Valdrighi mancato di vita in pendenza del giudizio, ed Avv. Pellegrino Nobili Reggiano nominato dalla Comunità di Sassuolo. Modena Tipografia Soliani. 1827. in fol. Brera Eq. Valerianns Aloysiiis. De praestantia Institutionum Medico-practicarum III. Jo. Bapt. Burserii de Kanilfeld ac de methodo eas exarandi Neotericorum consiliis et ob- servationibus commentariolum. Praemissa ipsius Burserii vita. Patavii Typis Seminarli 1823. 8.° (8) Libri Guglielmo. Memoria sopra la fiamma, letta alla Società dei Georgofili nella seduta del di 3. Dicembre i8a6. Estratto dall'Antologia n." 78. Firenze. Tipografia di Lui- gi Pezzati 1827. Trasmondi Dottor Giuseppe. Risposta al Sig. Professore Gae- tano Flajani intorno la scoperta del muscolo d'Hermer e dei nuovi due nervi dell'occhio umano. Roma iBaS. pres- so Alessandro Ceracela. 8." MEMORIE STORICHE DI ALCUNI SOCII DEFUNTI SCRITTE DA ANTONIO LOMBARDI Socio e Segretario DELLA Società Italiana delle Scienze Q uantunque manchino del dovuto elogio accademico alcuni fra i nostri socii attuali che già da lungo tempo pagarono al- la natura l'inevitabile tributo, ascrivere non mi si potrà, io spero, a colpa od a trascuratezza un tale indugio, poiché la sola difficoltà di raccogliere le notizie necessarie all'uopo, dif- ficoltà che per alcuni di essi tuttora sussiste (i), cagionò si- mile ritardo. Comunque però stia la cosa, essendomi pur riu- scito di unire insieme varie notizie qua e là sparse toccanti questi egregii soggetti, non debbo più oltre defraudarli delle ben meiitate laudi , e mi accingo perciò ad esporre quanto raccolsi suU' argomento, nel presente scritto , che sebben te- nue, consacro alla loro memoria, onde in qualche parte alme- no compiere al dover che mi corre, di ricordare onorevolmen- te alla posterità quegli uomini insigni, i quali con le scien- tifiche loro imprese procurarono 1' incremento dei buoni stu- elli, e promossero le scienze naturali. (l) Questi specialmente sono quelli 1 di guerre e di universale sconvolgi- che morirono nel i8i3, e i8i4- anni l mento. a iir SALADINI CANONICO GIROLAMO iJucca fu la patria di Girolamo Saladini che vide la luce del giorno (i) nell'anno lySS, ed allorché dopo di essersi istruito nelle umane lettere cominciò la sua carriera scientifica , de- dicossi in ispecial modo alle matematiche pure ed applicate, nelle quali facoltà cominciò di buon'ora a primeggiare in Ita- lia. Stabilitosi egli a Bologna , dove allora insegnava questa scienza 1' illustre Padre Vincenzo Riccati della Compagnia di Gesù, ebbe il Saladini tutto l'agio di penetrare a fondo i mi- steri dell' analisi, e di ben conoscere le nuove teorie del calcolo differenziale ed integrale che diffbndevansi allora per la colta Europa. E convien dire, che non tardasse egli a dar saggi luminosi delle sue cognizioni in questa ardua materia, poiché nell'anno 1760. ventesimo quinto di sua età il veg- giamo già lettore di matematica nella Congregazione dei Mo- naci Celestini di cui aveva abbracciato l'Istituto, e Professo- re ad un tempo della stessa facoltà nell'Archiginnasio Bolo- gnese {2). Proposto siccome egli si era a precipuo scopo de' suoi studii l'istruzione della gioventù, diede alla luce in detto an- no gli elementi della Geometria degli infinitesimi , argomento da lui trattato colla sintesi, coi quali elementi procurò di spia- nare le principali difficoltà che si incontrano per formarsi una giusta idea delle quantità infinite ed infinitesime, il che fa- (i) Nelle notizie di Saladini in- serite nel T.° III. degli Atti del C. R. Istituto si lascia indecisa 1' epo- ca della nascita di lui , e si dice nato nel 11^1. circa, ma dalla iscrizione se- polcrale per lui composta ddl Sig. Ca- nonico Schiasei, e die vedrassi in fine di questo Articolo rilevasi che nacque il Saladini nel lySS. (2) Ciò si rileva dal frontespizio dell' opera su gli infinitesimi da lui in quest' anno stampata col titulo Elemento Geo- meiriae infinitesimOTum. IV ElogioStorico cendo agevolò la strada a suoi discepoli , onde penetrare gli arcani più sublimi della scienza. Aveva già la chiarissima Donna Gaetana Agnesi fin dall' anno 1748. stampate le sue istituzioni di analisi che fecero, può dirsi, mutar faccia in Italia all'insegnamento della ma- tematica ; ma siccome avviene che 1' uomo già messo sulla strada di scuoprir la verità^ facilmente avanza nell' incomin- ciato cammino , così nell' intervallo di venti anni circa dopo la pubblicazione dell'opera dell'Agnesi gli Algebristi arricchi- rono la scienza di non poche pregevoli novità, e desiderava- si nelle scuole un corso più esteso del sunnominato. A quest' uopo il Padre Vincenzo Riccati pubblicò dal 1765. al 1767. le sue istituzioni analitiche più ampie assai di quelle dell'A- gnesi ;, ma volle a compagno di questo insigne lavoro il Ca- nonico Saladini. Mentre perciò il Padre Gesuita tracciava il piano dell'opera in grande , e somministrava i lumi e le re- gole per spiegare con chiarezza ai giovani i problemi più oscu- ri e difficili della scienza, il nostro Monaco raccoglieva i ma- teriali, gli ordinava, e spiegava, ampliando così le istituzioni dell'Agnesi, specialmente in ciò che riguarda le serie, l'appli- cazione del calcolo alle curve , e le loro singolari proprie- tà; più abbondevol messe offrì poi al Saladini il calcolo dif- ferenziale ed integrale , nella qual parte d' analisi ei fece molte utili giunte alle istituzioni della sullodata Donna (i). Queste voluminose istituzioni scritte in lingua latina e che formarono testo nelle scuole, ben diedero a conoscere quan- to valente analista fosse il Riccati non solo , ma il Saladini ancora che ne fece poi anche un compendio Italiano, e che meritossi perciò l'aggregazione all'Istituto delle Scienze in Bologna, della cui insigne JNIetropolitana era già nel 1775. Ca- (i) Nella prefazione che trovasi in fronte alio istituzioni di Riccati si ha una breve storia della scienza dalla sua origine sino all'epoca in cui queste vi- dero la luce , e si rileva quanta parte avesse in esse il Professor Saladini. Del Canonico Saladini v noiiico (i) ; dal che arguir possiamo facilmente in qua! pregio salito ei fosse presso il Senato Bolognese^ e presso li Sommi Pontefici che in quegli anni sedevano al governo della Chie- sa Cattolica. L'analisi pura è , come ognun sa , un Istrumento che in mano del Fisico esperto lo giova assai per sottomettere al cal- colo i naturali fenomeni^ e per conoscerne le leggi, le forze, ed applicarne i risultamenti agli usi diversi della civile so- cietà, e così fece il Professor Saladini con l'inserire negli At- ti di varie Accademie le sue memorie di matematica pura ed applicata, delle quali daremo ora un qualche cenno. Franco maneggio di calcolo riscontrasi in quella memoria che egli in- serì nel T." V. parte II. dei commentarii dell'Istituto Bolo- gnese, in cui prende ad esame il metodo da Bernulli proposto per costruire le formole differenziali con le curve algebraiche. Siccome nell' applicar le regole Bernulliane si urtava sovente nello scoglio delle quantità immaginarie, così il Professor Sa- ladini scuoprì li mezzi onde superar questa difficoltà, e dopo di aver dimostrato per diversa via di quella da Bernulli bat- tuta , alcuni teoremi sulle costruzioni delle formole differen- ziali di una sola variabile, propone un suo particolar metodo più spedito col quale costruir si possono altre simili formole di numero indeterminato. Le astruse teorie delle curve a dop- pia curvatura occuparono inoltre molti anni dopo la penna del Saladini, il quale nel primo volume delle memorie dell'Isti- tuto nazionale Italiano (a) ci offre la spedita integrazione del- le formole che esprimono la compianazione delle superficie (l) Neil' articolo necrologico di Sa- ladini inserito nelle Memorie dell'Isti- tuto , e già da me citato, si dice che egli era Canonico della Metropolita- na di Lucca , ma io temo che questo «ia un errore , poiché ne) frontespizio del suo coiDpendio di analisi stampato nel 1775. egli si dice Canonico della Metropolitana di Bologna, e tale viene chiamato nella iscrizione sepolcrale già pivi sopra citata. (a) T.° I. parte I. raatem. pag. 69. Bologna 1804- VI ElogioStorico generate dalle curve , e dei solidi da queste superficie origi- nati, allorché esse ruotar si fanno intorno ad un asse. Se que- sti saggi del saper in matematica del nostro Professore ci com- provano quant'ei valesse nell'analisi pura, varie altre memo- rie di astronomia e di meccanica da lui date in luce, un bel testimonio ci presentano delle estese sue cognizioni in mate- matica applicata. Il sempre difficil problema di determina- re l'orbita delle comete non sfuggì alle indagini del Saladini, e mentre l'esimio Eustachio Zanetti come Astronomo osser- vatore inseguiva, direni così, la Cometa nel 1790 apparsa sul nostro orizzonte , impegnavasi 1' altro a segnarne analitica- mente il cammino. Assumendo egli la ipotesi molto proba- bile dell' orbita parabolica , ed impiegando opportunamen- te or la sintesi ed ora l'analisi, riuscì all'uopo, ed osservar fece che se il calcolo ci presentasse diverse soluzioni del pro- posto quesito, come accader può, allora a toglier 1' incertez- za , confrontinsi i risultamenti della teoria con l'orbita asse- gnata dalle tre osservazioni dell' astro, dato indispensabile al- la pratica soluzione del quesito, e si conseguirà lo scopo de- siderato. Mentre il Professor Gio: Battista Guglielmini con le sue sperienze eseguite in Roma comprovava la declinazione orien- tale dei gravi cadenti, già teoricamente dimostrata dai Fisici come una conseguenza del moto della terra, il Professor Sa- ladini occupavasi a dimostrar presso che nulla la declinazio- ne meridionale dei gravi stessi dall' illustre Donati e da al- tri Dotti ammessa. Per ben tre volte meditò il Saladini «opra questo bel problema (i), e convinse alla fine il Bonati che non esisteva la voluta deviazione meridionale almeno sensibi- le , la quale però ha luogo , benché piccola , quando valutar (1) La prima Memoria su questo ar- gomento dall' autor nostro trattato in- contrasi nel T.° VÌI. degli atti dell'Ac- cademia di Siena j la seconda nel T.o IX. e Id terza nel T." XU. parte ma- tematica delle Memorie della nostra Società. Del Canonico Saladini vii vogliasi l'elemento della resistenza del mezzo in cui cadono i gravi. Altro problema nuovo a tempi dell'autor nostro ma arduo assai esercitò V ingegno di lui^, quello cioè della salita delle macchine aereostaticlie. Dopo che l'immortale Eulero po- co innanzi la sua morte erasene già occupato, volle il nostro Italiano esaminare la soluzione di quello, ed applicando i sa- ni principii della Fisica e i risultamenti delle più recenti spe- rienze sulla gravità specifica dei corpi e sulla densità dell' aria, procurò di rettificare alcune conseguenze dell'Eulero^ e di far progredire questo novello ramo di Fisica (i). Anche l'a- sta ritrometrica d' invenzione del sullodato Donati , sommini- strò al Professor di Bologna argomento di ragionata critica^ e in una lettera diretta al Sig. Ingegnere Giusti propone li suoi fondati dubbii sull'uso di questo strumento per misurare la ve- locità dei fiumi con una certa precisione'^ dubbii che in lui sorsero, specialmente osservando che la dottrina dell' urto dei fluidi non è ancora ben determinata, variando anche al pre- sente r opinione dei più celebri Idraulici sulla misura degli effetti di questa forza (a). Son queste le produzioni più interessanti che uscirono dalla penna del Saladini, ma non le sole; poiché trattò egli in altri scritti, alcuni problemi di Meccanica e Idrostatica, cer- cando sempre di render più semplici e chiare le soluzioni dei medesimi (3); e se non ci lasciò opere di lunga lena^, attri- (i) La Memoria su questo argomen- to leggasi nel T. X. parte tisica degli Atti della Società nostra j ma aveva già il Saladini stampato antecedentemente un altro suo scritto sulla salita ec. nel primo volume degli Atti della R. Accademia delle Scienze di Napoli, di cui era membro pensionario. ■ (a) L' oi)uscolo del Saladini sull'asta titrometrica è intitolato Lettera Idro- ttatica responsiva ad altra del Cittadi- no Giusti, ed è stampato a Bologna a S. Tommaso d'Aquino. (3) Nel T. I. parte 11. dell'Istituto nazionale Italiano leggesi una sua Me- moria sulla discesa dei gravi per la cur- va detta Lemniscata , e nella parte I. del T. II. vedesi la soluzione di un pro- blema di Meccanica dell' Eulero. Nel T. XI. poi delle nostre memorie parte I. havvi uno scritto sulla determina- zione del centi 0 di pressione nelle ca- vili Elogio Storico buir devesi, in parte almeno, alla profondità del saper suo che acquistato aveagli presso i Dotti straordinario credi- to. Veniva egli quindi consultato sovente sulle più ardue que- stioni scientifiche; alle volte era scelto qua! giudice a defi- nir e comporre le contese che insorgevano in matematica (i), e somministravano inoltre a lui argomento di serie e lunghe meditazioni le dispute al suo tempo forse più che adesso fre* quenti a cagione particolarmente del nuovo calcolo infinite- simale, i cui principii, quantunque certamente inconcussi, tut- tavia occuparono per molti anni i più sublimi ingegni del se- colo impegnati con ogni studio a procurare loro l' evidenza delle matematiche dimostrazioni. Quest' uomo insigne per sapere, e per cristiane virtù di- stinto qnant' altri mai , aggregato già a varie illustri Accade- mie Italiane, e fra queste all' Istituto Italiano ed alla Società nostra, cessò di vivere il i ." Giugno dell'anno i8i3. nell'a- vanzata età di anni 78. a Bologna, che dir puossi seconda sua patria ; ed il chiar. Sig. Professore Canonico Schiassi compose la seguente iscrizione sepolcrale, che leggesi sulla tomba del Canonico Saladini, le cui ceneri riposano nel magnifico Ci- mitero di detta Città, terrate circolari ec. ec. Nel Tomo I. degli Atti della R. Accademia di Na- poli leggonsi due Memorie di Saladini, la prima sulle caustiche; nella a.^ poi 1' autore ci offre la descrizione di una stadera inventata da Lorenzo Micheli Bolognese, ne STÌluppi i pregi partico- lari, e ne insegna gli usi. (1) V. L'articolo necrologico di Sa- ladini inserito nel terzo Volnme delle Memorie del C. R. Istituto. 4' Milano 1817. pag. 74. IX HIC . SITVS . EST HIERONYMVS . SALADINVS . SACERDOS DOMO . LVCA . QVI . ET . BONONIENSIS EQ. LEGIONIS . HONORATORVM GANONIGVS . DECANVS . TEMPLI . METROPOLITANI DOCTOR . EMERITVS . ARCHIGYMNASII SODALIS . BENEDIGTIN . SODALIS . REGI . INSTIT. ITAL. MATHEMATIGVS . EXIMIVS QVI . SGRIPTIS . EDITIS . LVGVBRATISSIMIS PER . EVROPAM . VNIVERS. MAXIMVM . SIBI . NOMEN COMPARAVIT VIX. AN. LXXVIII. DEG. K. IVN. AN. MDGGGXIII. HAEREDES . F. C. /.I !'■%•:■. -,": :- -"-i- :- J4,. • ( r /• .X! XI II. PEZZI INGEGNER FRANCESCO. Xodie notizie mi è riuscito di raccogliere intorno al Socio Francesco Pezzi Ingegnere e Professore di Matematica in Ge- nova sua patria morto nel mese di Novembre dell'anno i8i3. Nominato nell'anno I79i. fra i membri attuali della So- cietà nostra da pochi anni allora istituita per cura del cele- bre Cavalier Anton-Mario Lorgna Veronese , arricchì il Pezzi con varie dissertazioni le Memorie che questo corpo Accade- mico pubblica regolarmente sulle scienze naturali. Il calcolo puro specialmente lo occupò, e dopo di aver tradotto in lin- gua Francese unitamente al Sig. Kramp il primo volume dell' Opera classica dell'immortale Eulero , la quale ha per titolo Introductlo in Analysìm infinltorum , sciolse alcuni problemi di calcolo integrale tenendo una via diversa da quella battu- ta dal sullodato Matematico, ma più breve e spedita , e che lo condusse a formole identiche con quelle, del Geometra Te- desco. Nello sviluppare queste integrazioni il Pezzi dimostra una perizia non comune di calcolo, e si estende a considerar le formole trascendenti che dipendono dal circolo, come pu- re a contemplare il caso in cui contengonsi nelle quantità da integrarsi fattori imaginarii (j). Fra le tante questioni agitate dagli Astronomi, una ne insorse fra gli insigni Matematici La- lande e la Calile, la quale riguardava l' equazione del tempo solare, che il primo computar voleva a iS." per ora, mentre l'altro progettava di estenderla a i5.° a.' ii8". Esaminò la dif- ferenza di opinioni di così illustri Geometri l'ingegner Pezzi, ed in una breve Memoria {-i) trattò con precisione e chiarez- za l'argomento , e la regola da lui prescelta applicar puossi (i) Vejgansi le Memorie della Società . 4'7- T. VI. p.ig. aSó. Italiana T. IV. pag. 577. T. V. pag. [ (a) T. Vili. Parte I. pag. 243. xn Notizie con tutta facilità e sicurezza al calcolo dei passaggi delle stel- le e dei pianeti per il meridiano. La trigonometria poi a lui deve un metodo per determinare i seni e coseni tra loro di- suguali di archi summultipli di altri archi etc. (i), e delle formole trovate 1' autor nostro si prevalse per determinar le radici delle equazioni di terzo grado^ colla quale opportunità chiamò a confronto col suo metodo quello dato per la stessa determinazione dall' illustre Cav. Gagnoli benemerito Presi- dente per tanti anni della Società nostra. ' ' • ' ' La bella teoria delle frazioni continue , nelle quali gli algebristi insegnano a trasformare una frazione qualunque, fu dal Professor Pezzi semplificata , poiché ci istruì egli (a) sul modo di ridurre rapidamente in frazione continua una frazion comune, senza aver duopo di determinare i termini parziali , e si giovò di questo suo metodo per la soluzione delle equa- zioni indeterminate di primo grado da lui ottenuta con for- mole più semplici di quelle che ci diedero già Eulero j La- grange^ e Le Gendre. Lo stesso argomento trattò inoltre il no- stro Matematico in altra Memoria , che è 1' ultima venuta a mia notizia (3), e in essa fece un'applicazione dell'indica- to suo sviluppo delle frazioni a risolvere l' equazione inde- terminata x" — Ay~ = zìzi semprechè A non sia numero qua- drato: per il che ottenere si propose a risolvere il problema di determinare in generale il numero dì termini del periodo simmetrico di una frazione continua il quale ripetuto quant' un voglia esprime la [/A, quantità da cui dipende la soluzio- ne della proposta equazione. Ri usci egli iicU' intento, deter-' minando da prima la forma pari o dispari che aver deve il numero A, e poscia somministrò agli Algebristi la regola che con rajuto di varii teoremi seguir debbono, onde col più bre- ve periodo di operazioni possibile far verificare la proposta x^ — Ay^= zh I . ... (i) T. Xr. ecc. pag. io. | (3) T. XIII. pag. 342. (a) T. XI. ec. pag. 410. Di Francesco Pezzi xiii Queste sono le produzioni del Professore Pezzi delle qua- li io ho potuto dar notizia, nia non so se siano le sole, giacché essendo egli mancato di vita in un' epoca in cui l'Italia sog- giacque a strane vicende guerriere, la biografia di f[uesto Ma- tematico fu negletta^ e niuno dei giornali scientifici di que' tempi , per quanto io sappia^ ne tramandò ai posteri la me- moria. . •ri'--" ■( . 1 XIV III. RE CONTE FILIPPO IT ochi sono coloro ai quali compartì natura una estensione di talenti ed una forza di ingegno capace ad abbracciar con- temporaneamente lo studio di piìi scienze fra loro disparate, e di consecrarvisi a tutte per modo di riuscir profondo in ciascuna , e meritar così il titolo di sommi in molti rami di scienza, di letteratura e d'arti. Persuasi di questo vero i Dot- ti delle trascorse età, limitaronsi per l'ordinario a viaggiare , ma a lento e meditato passo alcune proyincie soltanto dell' umano sapere, e chi comparve eccellente Teologo, chi occu- possi del gran libro della natura, e cercando di penetrarne i segreti arcani , giunse a svelarne alcuni dei più importanti ; chi inoltrandosi negli spinai della Giurisprudenza, interpretò le antiche leggi , ne dettò utili applicazioni al buon regime dei popoli , e ne promosse così T incivilimento e la felicità. A questo metodo di profondo studio ma limitato ad alcuni ra- mi soltanto delle scienze umane dobbiamo, non v'ha dubbio, tante Opere insigni, le quali, mentre ci aprirono il santuario delle scienze religiose, naturali e politicbe , assicurarono ad un tempo ai loro autori una stabil fama , e segnaron , direm così, le norme al reggimento morale e fisico della società. Ma il desiderio all'uomo connaturale della novità, e 1' ardor di tutto sapere, di voler ragionare di tutto, che s'introdusse nel mondo, specialmente dacché comparvero li Dizionarii enciclo- pedici, produssero una rivoluzione nei metodi di insegnare e studiare le scienze, per cui non pochi fra i moderni culto- ri di esse avidi di tutte conoscerle, abusarono della facilità che loro porgevano le Enciclopedie, e luslngaronsi che scor- rendo gli articoli separati sopra diverse e tra loro ben varie materie che formano tai libri.; avrebbero potuto arricchirsi di estese e ben fondate cognizioni nelle rispettive scientifiche fa- «'fi>:^Ti]5 nhivrn jxf. Elogio Storico xv colta. Ingannaronsi però a partito coloro che così la pensava- no, e mentre credettero di poter in tal modo dettar leggi, ed acquistar nome di veri Dotti, accorgersi alla perfine dovette- ro, che questa foggia di studio giovava soltanto per acquistar idee superficiali nelle scienze, bastevoli, se pur è vero, a fi- gurare nei crocchii e nelle brigate , ma non mai a fondarsi nella dottrina; e chi sia in possesso di copiose cognizioni ad una sola facoltà relative, confessar deve che i Dizionarii scien- tificij e le Enciclopedie sono libri da consultarsi all'uopo da coloro che già penetrarono i secreti della scienza, onde risov. venirsi le idee già conosciute e poscia dimenticate , ma che non più oltre estender puossi il frutto della loro lettura. Istruito in queste massime il Conte Filippo Re che di- venir voleva eccellente Agronomo , esaminò quali e quante cognizioni preliminari posseder doveva chi dedicavasi a que- sto studio, e con ogni premura perciò si applicò alla botani- ca, alla chimica, alla meteorologia, ed alla fisica ^ e versò a lungo sulle Opere classiche degli antichi nostri Georgici, on- de all'uopo saper applicare utilmente! loro principi! all'agri- coltura, che formò lo scopo precipuo delle sue letterarie fa- tiche. Reggio di Lombardia^, Città ognor feconda di svegliati ingegni, vide nascer nel giorno ao. Marzo dell' anno i^óS. questo Cavaliere, che nel Collegio di Ravenna , indi in quel- lo di Reggio sua patria fu educato alla Religione ed alle scienze, ed allorché nel 1781. si restituì alla paterna casa , consacrò tutte le sue cure alla Botanica ed all'Agraria. Né tardò egli molto a dar saggi luminosi delle acquistate cogni- zioni nel campo vastissimo della naturale filosofia, perlocché volgendo l'anno 1790. cuoprì nel Liceo di detta Città la Scuo- la di agricoltura. Addestratosi egli cosi di buon ora ad istrui- re la gioventù, conobbe e adoprò i mezzi più acconci! per dirigerla con profitto nell' impreso cammino, e facondo dici- tore riuscì dalla Cattedra per modo, che ebbe fama di uno fra li più eloquenti Professori dei tempi suoi: al che ottenere gio- varongli le copiose ed estese notizie che procurossi sui libri xvi Elogio Storico di Agraria; e della vasta sua erudizione in tale materia fece poi ben presto mostra in ima lettera diretta al Sig. Giulio Montanari nostro Concittadino , in cui trattò l' argomento „ Quali libri consultar dovevaiisi per migliorare la nostra agri- coltura, -i '>.'i>- "". '' ' .■ '■■■■■'■ Ben persuasoli Conte Re che le patrie ricchezze preferir sempre devonsi alle merci straniere, andò di t|uelle in traccia, e sul cader del secolo XVIII. pubblicò un opuscolo in cui de- scrisse con adattato stile un viaggio da lui fatto al Blonte Fentasso, ed alle terme di Quara, luoghi della Provincia Reg- giana. In questa sclentitica escursione raccolse egli un buon numero di osservazioni botaniche, delle quali prevaler poi vo- levasi per compilare la Flora Reggiana , ed esaminò chimica- mente le acque termali di Quara , presentando ad un tempo cogli ottenuti risultameuti una tavola degli effetti prodotti su di esse dai reagenti chimici. Mentre il nostro Professore dedicavasi a questi studii, le politiche vicende che turbarono nell'anno 1796. la pace d'I- talia, oltre modo J afflissero e impedirongli per qualche tem- po ulteriori progressi. Ma ricompostosi poi l'animo suo alla quiete ed alle occupazioni scientifiche, proseguì a ben fon- darsi nella scienza a lui prediletta , perlocchè il Governo lo destinò correndo l'anno i8o3. Professor di Agraria nella ri- nomata Università di Bologna. Abbandonata perciò la cara sua patria, colà si trasferi il Conte Re , ed animato dal più vivo zelo per istruire bene la gioventù , e per migliorare la nostra agricoltura , che a dir vero presentava un sommo de- cadimento, niun mezzo intralasciò per ottenere l'intento bra- mato. E fra questi sovra ogn' altro giovò la fondazione a lui dovuta in detta Città dell' orto agrario così utile per unire insieme l'istruzione teorica alla pratica nell'insegnar una scien- za, che più d'ogni altra a quest' ultima si appoggia , ma che però senza il soccorso della prima commette errori e non po- chi air interesse sociale piucchè mai dannosi. Ed allorquan- do quest' orto videsi incamminato, il Professore Re die in lu- Del Conte Re xvii ce il Catalogo delle piante ivi coltivate, e con dotte annota- zioni lo illustiò (i). Appassionato siccome egli era per le scienze naturali, ma specialmente per 1' agricoltura e dotato di molti talenti e di una singolare attività , non è maraviglia se ci lasciò molte opere e dissertazioni varie tutte alla Agraria relative, di ognu- na delle quali chi volesse partitamente ragionare , trascende- rebbe i limiti ad un elogio prescritti. Mentre io quindi trat- terrò i miei lettori su quelle soltanto delle sue produzioni , che comunemente reputansi le più insigni, e perchè con più accuratezza lavorate, e per gli oggetti trattati, avvertirò che non vi ha, dir puossi argomento agrario, sul quale il Profes- sor nostro non abbia scritto, e che ne' suoi lavori ei compa- risce sempre erudito, e profondamente versato nella scienza. Il fertile suolo dell' in allora Dipartimento del Crostolo in cui Reggio è collocato , richiamò prima d' ogni altro a se la cura del Conte Re; ed era ben doveroso che egH Cittadi- no riconoscente verso la Patria consecrasse li suoi studj a mi- gliorar r agricoltura di cosi ameno e fertile territorio. Esami- nò ei quindi in una ragionata Memoria uscita alle stampe in Milano nel i8o5. i varii metodi che impiegano gli agricolto- ri Reggiani tanto del colle come della pianura , ed animan- doli a seguire quegli usi li quali con una buona teorica com- binano, procurò di correggere poi quegli errori in cui una pratica ed una ignoranza inveterate cader li facevano (a). Ed a vieppiù eccitare l'industria agricola de' suoi Concittadini, in altro opuscolo successivamente pubblicato presentò un erudito compendio della storia agraria della Provincia Pveggiana, in cui ne esaminò le epoche_ più remote, e raccogliendo le scarse notizie de' secoli antichi, con fino criterio separar seppe le (l) Rapporto al Ministro dell'interno sulla situazione dell' orto agrario di Bo- logna, 8. Milano i8ia. (i) Meruoria sull'agricoltura del pia- no, e pidno colla del Dipartimento del Crostolo. C XVIII Elogio Storico vere dalle false, e ci offrì un quadro sicuro delle varie pra- tiche colà usate per un così lungo periodo di tempo, quadro assai utile per l'istruzione degli agricoltori. Aveva già la Toscana poco dopo la metà del Secolo xviii. istituita per cura del Padre Abbate Montelatici la Società dei Georgofili, la quale mercè de' suoi Socii ma in modo specia- le del cliiar. Proposto Lastri, tanto promosse l'industria agra- ria in quelle amene Provincie j e la Repubblica Veneta asse- condando le sasiffie viste del celebre Professor Giovanni Ardui- no, eresse pochi anni dopo nelle Città al suo dominio sogget- te le Accademie di agricoltura, le quali risvegliarono ovunque l'amore per tali studii, e fecer conoscere ed adottare le utili pratiche della scienza. Ma la nostra Lombardia in cui abbonda- no i territorii fertili e suscettibili di somministrare abbon- danti raccolte, non si determinò ad imitar così nobile esera- pio, se non allor quando il Conte Re ne la richiamò dal let- targo in cui giaceva, pubblicando li suoi elementi di agi'icol- tura che ottennero un ottimo successo. Aveva già egli accuratamente letto , come accennai , gli antichi Georgici , un diligente esame istituito pure aveva di ciò che scrissero i moderni Agronomi^ specialmente quelli d'Ol- tremonte , ed assoggettato aveva all' esperienza propria non poche pratiche agrarie dei nostri paesi. Accintosi all'opera con un corredo così ricco di materiali, pi-eceder fece alli suoi eie- menti di agricoltura [\)\e cognizioni botaniche agli Agronomi più necessarie , e poscia li istruì con ordine e chiarezza non ordinaria sul miglior modo di coltivar ogni specie di piante e biade secondo la diversità del suolo ; né ominise a compimen- to di questo esimio lavoro di somministrare ai periti estima- tori le istruzioni opportune sull' architettura delle fabbriche rustiche, e sui più acconcii mezzi per sciogliere il difficile (i) Questo è il titolo dell' opera di cui la prima edizione porta la data 1798. Parma, anno trentesimo quinto dell'età dell'Autore. Del Conte Re xix problema di valutai* giustamente, per quanto è possibile, il prezzo dei fondi rurali. In queste lezioni mise il nostro Pro- fessore a contribuzione le scienze naturali tutte, ma special- mente la Chimica e la Fisica, discusse li varii metodi della nostra coltivazione, che ben tutti li conosceva^ per sceglier- ne i migliori ; e l'ormò cosi un corpo di dottrine le più adat- te al suolo Italiano, ed appoggiate sulle autorità dei più esperti Georgicij e su gli esperimenti da lui stesso nei proprii pode- ri con ogni cura istituiti. Sommo vantaggio ne ridondò alla nostra agricoltura tosto che vider la luce questi elementi , e l'Autor suo si riconobbe come legislatore in questo ramo di pubblica e privata economia ; il Governo del Regno Italiano sassiamente determinò che il libro del Conte Re si usasse DO come testo nelle nostre Università, e lo nominò, come già dis- si, Professore di Agraria nell'Archiginnasio Bolognese. Inde- fesso siccome egli era nella fatica, e corrisponder volendo al favorevole accoglimento che ottenuta aveva questa sua pro- duzione, ben presto alla prima succeder ne fece una seconda edizione più copiosa di quella, e nel periodo di circa tre lu- stri altre due ne comparvero in luce, nelle quali tutte l'Au- tor loro aggiunse nuove pregevoli osservazioni che incessan- temente si procurava, e migliorò cosi ognora questa sua ope- ra che riguardar devesi classica nel suo genere. Il nome illustre che il Conte Re cosi acquistossi h'a gli Scrittori agronomi, detei'minò i due primi nostri corpi scien- tifici, l'Istituto nazionale cioè e la Società Italiana delle Scien- ze a dargli un attestato di approvazione chiamandolo nel loro seno, e cosi facendo aggiunsero nuovo sprone alle ardenti sue brame di promuovere gli utili studii, e dilatar per tal modo vieppiù la sua fama, nobile sentimento che negli animi gene- rosi produce ognora ottimi frutti. Se gli elementi di agricoltura dal nostro Cavaliere pub- blicati a dimostrar non bastassero come egli possedesse in tutta r estension sua la scienza, soccorrerebbe a quest'uopo la moltiplicità delle altre sue produzioni , per cui pochi ar- XX Elogio Storico gementi agrarii vi fuioiio che non formassero l' oggetto o di qualche sua dissertazione, o di qualche nuova sua più estesa fatica scientifica. La storia dell' agricoltura, quella degli Scrit- tori più chiari in questa facoltà, la coltivazione parziale di varie piante, la cura degli animali domestici e simili cose il- lustrò egli con li suoi scritti. Allorquando comparvero a devastare i nostri canepai quei bruchi dai Naturalisti chiamati Piralidi, tosto egli accorse ad istruire gli Agronomi , pubblicando la storia di questi vermi divoratori , e insegnò i mezzi per estirparli. La coltivazione deir Erba medica foraggio cosi utile ai nostri bestiami, quel- la dei pomi di terra, la storia del fico, e il metodo migliore per farlo vegetare con profitto ; i tristi effetti prodotti dalle l'isaje, e non pochi altri rami parziali dell'agricoltura svilup- pò egli in tanti separati opuscoli , maneggiando sempre con piena cognizione della cosa gli argomenti che a trattare si ac- cingeva. Ma il lavoro più di ogni altro pregevole in questa' classe dir devesi la compilazione degli annali di agricoltura del Pregno d' Italia dal Conte Re cominciati a pubblicare nell' anno 1809. e proseguiti sino al ioi4- H credito con le sue Opere acquistatosi procurato gli aveva una estesa corrispon- denza, cosi che tutti li nostri Agronomi facevano a gara per somministrargli lettere, dissertazioni e notizie, onde alimentar quest'Opera periodica, che vieppiù eccitò gli ingegni Italiani a dedicarsi all' agricoltura fra noi allora trascurata anzi che ' nò. L'attività poi del Conte Re non gli permise di figurar soltanto come semplice compilatore di detti annali, ma fuco- sì operosa, che leggousi più di quaranta dissertazioni agrarie tutte più o meno pregevoli da lui composte, ed in questa collezione inserite, talché essa merita un luogo distinto fra le arccolte più utili di simile argomento (i). , — -, . (i) Fra le produzioni di poca mole . di Sebastiano Corradi recitato in Mo" del Conte Re annoverar devesi l'elogio | dena l'anno 1816. per l'apertura della Del Conte Re xxi Se io rapidamente trascorsi sopra queste produzioni del nostro esimio Professore, ciò attribuir devesi soltanto all'abbon- danza delle materie delle quali a trattar mi rimane ; perlocchè passando io adesso a ragionare delle altre sue Opere che con- tengono cose nuove, e che più decisamente concorsero a mi- gliorare l'agricoltura Italiana, mi è duopo di più estesamen- te parlarne, affinchè conoscer si possa quanto ben meritò del- la scienza il Conte Re. Gli argomenti principali che egli svi- luppòj furono la storia generale dell' agricoltura sulla quale scrisse con vasta erudizione, la biografia degli Scrittori della scienza, e la bibliografia georgica, la nosologia delle piante e la loro terapeutica. Considerò inoltre ed esaminò le qualità diverse dei letami , e ci istruì sulla scelta dei medesimi alla diversità delle coltivazioni più idonei; finalmente dettò utili precetti sulla economia campestre^ sulla cultura degli orti e sul giardinaggio , talché ogni classe di agricoltori può ricor- rere agli scritti del Conte Re, ed ivi troverà abbondante pa- scolo di istruzione , ed apprenderà le regole più importanti onde ottenere messi ubertose dai proprii fondi. Alla biografia agraria appartiene il discorso che ei les- se nell'anno 1810. alla Bolognese Società di agricoltura, in cui tessè un breve elogio ad alcuni illustri soggetti di que- sta Città nelle scienze naturali rendutisi celebri, il che viep- più accrebbe verso di lui la stima di què Cittadini, i qua- li con sommo piacere dalla sua bocca udivano esaltate le patrie glorie. Ma un nuovo titolo egli poi si acquistò alla lo- ro gratitudine, allor quando fece meglio conoscere nell'anno 181 2, le Opere di Pietro Crescenzi pur Bolognese, e quando pubblicò r elogio di questo Agronomo il più antico nostro maestro nella scienza dopo il risorgimento de' buoni studii ; elogio in cui 1' Autore congiunger seppe ai pregi dello stile nostra Università. Eleganza di stile, co- I buona condotta risplendono in questo gnizione delle materie filologiche , e I scritto. XXII Elogio Storico r utilità, perchè lo corredò di copiose note a rischiarar diret- te la storia dell' agricoltura nei secoli di mezzo, dei quali co- me ognun sa , poche e mal sicure notizie ci son pervenute. Né lasciava egli di cogliere ogni opportunità per trattar qual- che punto di relativa erudizione ; perlocchè ora ragionò sulla nostra agricoltura in generale (i), ora conoscer ci fece come ai tempi dell' antica Roma la Religione influiva a mantenere le huone pratiche agrarie, ed ora si intertenne sulla poesia didascalica georgica (a). A scopo di questo suo lavoro si pre- fisse di comprovare j che verun' altra nazione quanto la no- stra maneggiar seppe in poesia con maggior eloquenza, e pro- fondità di dottrina gli argomenti di economia campestre. E per amenizzare questo suo scritto ed a vieppiù convalidare il suo assunto^ inserì in esso alcuni fra i migliori squarci di poe- sia georgica fra i tanti che furon parte della feconda vena de- gli autori Italiani. Ma se questi saggi del sapere del Conte Re da alcuni non si credessero hastevoli a dimostrare quant'egli era valente scrittore , e come ben possedeva la scienza , tale sicuramente lo dovrà ognuno riconoscere or che rammentere- mo le Opere sue principali, e fra queste sia la prima il suo dizionario ragionato dei libri di Agricoltura, Veterinaiia ec. (3). Siccome egli procurava sempre l'istruzione della gioventù nelle sue produzioni, cosi preceder fece a questa una dotta prefazio- ne in cui molto diffondesi nell'ammaestrare gli Agronomi in- torno al modo di leggere con profitto i libri di agricoltura , e traccia in compendio la storia agraria di tutti i popoli, poi- ché dà a conoscere le Opere diverse più interessanti degli Scrit- tori d' ogni Nazione. E mentre egli in succinto espone con ordine alfabetico le produzioni di ben ottocento scrittori (i) Lettere due sul'' agricoltura Ita- liana. Bologna 1809. (a) Della poesia didascalica georgica degli Italiani dopo il rietauramento del- le scienze ec. ec. 1809. (3) La prima edizione di questo di- zionario usci nel i8oa. unita agli ele- menti di agricoltura; indi fu dall'Au- tore ristampato nel 1809. a Venezia con molte giunte e variazioni. Del Conte Re xxiii georgiclj offre a suoi lettori contemporaneamente un breve cri- tico esame delle medesime. Con questo dizionario alla mano ognuno sceglier può i migliori autori da consultare in agricol- tura, ben certo che guidato dal Professor nostro non smarrirà nella via, e conoscere potrà quante invenzioni degli Italiani ab- bianci per negligenza nostra usurpate, spacciandole come pro- prie, gli stranieri (i). Non furon pero questi sempre ingiusti verso il Conte Re ; poiché allor quando pubblicò il suo Sag- gio sui letami e sic le altre sostanze adoperate a migliorare i terreni , la Società agraria di Parigi onorò con una meda- glia d'oro il suo segretario Sig. Dupont che in lingua Fran- cese tradusse il lavoro del nostro Italiano. E a dir vero me- rita questi ogni lode per così utile fatica, perchè sviluppa in tutta 1' estensione V argomento scelto a trattare , novera più di cinquanta qualità di sostanze atte a letamare i varii ter- reni, sciolti, argillosi, sabbiosi ecc., e determina quali di es- se impiegar debba l' agricoltore nella varietà della coltiva- zione. Oggetto ulteriore delle sue ricerche fece il Conte Re r economia dei letami, e ci istruì perciò su i metodi piìx ido- nei ad applicare il concime ai terreni, e siccome fra le sostan- ze suenunciate la creta, il carbon fossile, ed i sali considerar debbonsi fra i migliori ingrassi, così egli diffondesi a ragiona- re di essi , e si fa un impegno particolare di correggere gli abusi inveterati sulla scelta dei letami in generale, scelta che per la comune degli Agronomi forma un oggetto indifferente, mentre tale non la considerano i buoni agricoltori: così ado- perando in questo lavoro il Conte Re, nulla ommette di quan- to riguarda l'argomento che tratta dei concimi, uno dei prin- cipali oggetti per ottenere abbondevoli e scelti raccolti. Sen- sibile vantaggio trasse la nostra agricoltura dagli ottimi pre- cetti in quest' Opei'a sviluppati, e l'Autore ottenne così lo (i) In fine di questo dizionario tro- vansi un indice degli autori, uno de- gli Atti delle varie Accademie, ed uno si.-nile ragionato delle materie, i quali tutti giovano assai a clii usar deve di questi libri. XXIV Elogio Storico scopo che pur voleva raggiungere, di render comuni cioè, molte utili cognizioni non applicate per l'addietro alla prati- ca perchè dalla maggior parte dei coloni ignorate. Lo stes- so fine ei pure si propose con altri due libri che in appres- so vider la luce, e che gli piacque di intitolar modestamente r Ortolano dirozzato , ed il Giardiniere avviato nelV esercizio della sua professione (i). Cornell saggio su 1 letami, così que- ste due Opere sulla coltura degli oi'ti e dei giardini sommini- strarono cognizioni per noi in gran parte nuove^ ed ora asse- rir puossi francamente che non ci mancano le istruzioni più necessarie ad ogni genere di coltivazione del fertile ed ameno nostro suolo. Senza pompa di stile ma corretto espone il no- stro Cavaliere le regole migliori che seguir deve un ortolano ed un giardiniere , il primo per ottenere da un angusto spa- zio di terreno varii e moltiplici prodotti, che più gradite ren- dano le nostre mense , il secondo per apprender bene 1' arte sua^ e per far prosperare nel bel cielo d'Italia i fiori più va- ghi che sotto lontani climi vegetano, provengan pur essi dal ghiacciato settentrione, o dalle aduste plaggie del mezzodì. Mentre con ordine mirabile e con tutta la dovuta estensione il Conte Re tratta della coltura degli orti e dei giardini nel primo volume di ciascuna di queste sue produzioni, consacra il secondo ad un dizionario ragionato delle piante ortensi, e dei fiori, in cui presenta i loro caratteri botanici, e ne inse- gna la particolar colti vazione^ cosicché gli ortolani ed i giar- dinieri, i quali prima che possedessero queste Opere, regolava- no con una cieca pratica le loro agrarie speculazioni , posso- no adesso con la scorta dei precetti di un tanto maestro di- rigere con sicuro profitto la coltivazione loro affidata (a). (l) 11 primo tu stampato a Milmo in Vi." i8i2. e nello stesso anno com- parve per la terzj volta il secondo. (i) Quando il Professor Re ristam- pava le sue opere , e molte certo più di una volta ne ripubblicò , non om- metteva di correggerle, e di aggiun- gervi quanto di nuovo e di utile tro- vava negli scritti più recenti, il che ci dà un chiaro testimonio della sua pre- mura di perfezionare per quanto era possibile i suoi lavori scientifici. Del Conte Re xxv Chiunque legga le Opere dell'Autor nostro, comprenderà facilmente quante cognizioni botaniche possedesse, ma del suo valore in questa facoltà ei ci diede poi una luminosa prova nel Saggio teorico pratico sulle malattie delle piante da lui pub- blicato l'anno 1807. a Venezia, dopo di aver già due anni avanti stampato nelli Atti della Società Italiana (i) una Me- moria sul medesimo argomento^ nella quale ci dà un' idea ge- nerale dei varii morbi classificati da lui secondo le moderne teorie mediche, i quali attaccano le piante. Sviluppa il Pro- fessore Re neirindicato Saggio diffusamente questa importan- te materia^ e fa precedere al suo lavoro una storia compen- diosa di quanto scrissero gli antichi ed i più recenti Agrono- mi sulle malattie di questi esseri inanimati, dei quali cerca di determinare 1' analogia cogli animali. Si occupa quindi a de- scrivere lo stato morboso delle piante, e ad indagare le cau- se producitrici delle varie loro infermità, il che facendo esten- de il dominio della scienza assai oltre i confini segnati dai chiar. Plenk e Adanson, che primi fra gli Oltramontani occu- paronsi a fissare un sistema universale nosologico delle pian- te (2). Poco vantaggio però ne ridonderebbe all'agricoltura se qui si limitassero le ricerche dell'Autore, ma spiegando egli ogno- ra un vasto corredo di scientifiche cognizioni , propone i ri- medii più atti a risanar le piante inferme, e per mantenerle vegete e robuste, perlocchè questo Saggio contiene la loro pa- tologia e terapeutica insieme , e quel che più lo rende pre- gevole , sì e che il Conte Re ha sempre cercato di unire i metodi teorici alle pratiche osservazioni su i proprii fondi re- plicatamente eseguite. Quello spirito di amor patrio e nazionale che sempre lo animò, e che più o meno in ogni sua produzione traluce, lo determinò ad assumere l' ardua impresa di scrivere una storia ragionata dell' origine , dei progressi e delle vicende dell' a- (l) T. XII. Parte fisica pag. aa5. | (a) Fappanì. Elogio del Conte Re pag. aa Tomo XX. d XXVI ■ ElogioStorico gricoltura Italiana. Ed a vieppiù eccitarlo a cosi vasto e dif- ficile lavoro, influì non poco l'opera del Francese Sig. Peu- chet intitolata Rechèrches sur les progrès de VAgrìculture en Europe. Siccome quest'Autore con poca fedeltà storica ragio- na deir agricoltura di Roma, così a raddrizzare il racconto dei fatti j ed a pagar un giusto tributo al vero, tracciò il Conte Re un quadro ben delineato della nostra storia agraria dai tempi più remoti progredendo sino al declinar del secolo II. dell' Era Cristiana, limitando però le sue erudite ricerche ai paesi fra l'Alpe e il Tronto situati , e dall'Adriatico mare e dall'Apennino circoscritti. Chi legger vorrà questo saggio di storia agraria, con piacere scorgerà quanto feconde fossero ai tempi Romani le nostre Piovincie, e come dopo le funeste vicissitudini a cui soggiacque 1' agricoltura sotto il governo dei primi Cesari^ risorgesse nei secoli successivi a florido sta- to, ed avrà così mezzo di rettificare le false idee che intorno a quella coltivazione concepite avesse per quel periodo di tempo, attingendo come fece Peuchet.j notizie a fonti meno pure di quelle alle quali ricorse il nostro scrittore. Con questo che dir puossi Prodromo di notizie agrarie il Conte Re augurar fe- ce assai bene dell' esito dell' impresa , e nutrir potevasi fon- data speranza che assumendo cigli l'arduo impegno di scrive- re la storia completa di questa scienza, ci avrebbe lasciato un lavoro esimio degno di gareggiare con gli altri di storia lette- raria che noi possediamo, ma ben diversamente dispose la Prov- videnza Divina. Abbandonata l'Università di Bologna dopo la pace del 1814. venne il Professore Re a Modena, dove il nuovo Prin- cipe l' ottimo nostro Sovrano Francesco IV. onorollo di sua confidenza, e il destinò Professore di Botanica ed Agraria in- sieme nel Modenese Archiginnasio da lui restituito allo splen- dore primiero. Si accinse perciò il Conte Re a spiegar dalla Cattedra con chiarezza, amenità ed erudizione non comune i precetti della sua facoltà a numeroso stuolo di giovani che avidamente lo udivano , e rifuse direm così ed a nuova vita Del Conte Re xxvii condusse 1' orto botanico della Modenese Università ; ma in mezzo a queste così per lui dilette occupazioni, volgendo il terzo anno soltanto dacché era fra noi, dovette in pochi dì soccombere al fiero morbo contagioso che nel 1817. infierì per queste Provincie, e cessò di vivere alli 26. di marzo in Reg- gio sua patria, dove per le ferie pasquali erasi recato a ripo- sare alquanto dalle incessanti sue fatiche. Grave riuscì que- sta perdita ed oltre modo amara alli suoi Concittadini ai qua- li mancò una sicura guida nella teorica, ma più nella pratica agricoltura ; la Modenese Università in lui perdette uno de' più insigni Professori j che registrar potesse ne' suoi Annali, e la scienza agraria difficilmente additar potrà fra suoi culto- ri un soggetto del Conte Re più zelante per 1' avanzamento di essa, e più di lui versato in tutti i rami che la compongo- no, sia se si consideri o la parte storica della medesima, o la teoria della professione, o finalmente se allo scopo principale si miri di quest'arte, cioè all'applicazione dei principii-, e se noi seconderemo le saggie sue vedute, e fedelmente seguire- mo i precetti agrarii che in tanti scritti ei ci lasciò, potrem viver sicuri di ritrarre abbondanti prodotti dalle fertili no- stre campagne, e procurarci così abbondevole sussistenza, ani- mar il commercio, e promuovere la pubblica e privata felicità. XXVIII IV. DANDOLO CONTE VINCENZO. Oe egli è pur vero che rapplicazione delle varie scoperte di cui si gloria l'umano ingegno, e delle verità scientifiche agli usi ed ai bisogni della vita, formi il più nobile scopo, a cui i Dotti diriger possano le loro vigilie e le loro meditazioni , merita certamente ogni elogio il Conte Vincenzo Dandolo , poiché egli con gli scientifici suoi lavori si prefisse costante* mente di giovare al corpo sociale^ e di accrescer le ricchez- ze della Nazione. Il padre di lui esercitava la professione di chimico in Ve- nezia allorquando nacque Vincenzo l'anno 1758. alli 6 di Ot- tobre (1). La vicina Padova antica sede del sapere accolse nel- la sua Università il giovinetto Dandolo, che consecratosi agli studii della chimica teorica e pratica rapidamente profittò in questa facoltà, cosicché ottenne prima dell'età consueta il grado straordinario, distinzione che a què tempi difficilmente potevasi conseguire. Restituitosi egli alla patria con sì fausti auspicii , cominciò l'esercizio della pratica farmacia, e ben presto le sue preparazioni acquistarono credito straordinario; ma allorquando l'Italia dopo una lunga pace di quasi un mez- zo secolo videsi involta in una guerra di nuovo genere , il Dandolo comparve a figurare nel teatro del mondo. Diremo però a sua lode, che procurò in que' tristi giorni di alleviar, per quanto da lui dipendeva , i mali che affligevano le con- quistate Provincie, e seppe più di una volta con singolare fermezza resistere all'audacia dei nuovi Dominatori. Infatti al- lorquando l'antica Veneta Aristocrazia fu spenta, chiamato (i) Compagnoni Cav. Memorie sto- | i8io. pag. 5. TÌche del Conte Dandolo. 8. Milano ' a/n^a^, (7ta Elogio Storico xxix egli a servire la patria , zelò e sostenne a tutto potere gli interessi della medesima, nò bilanciando un momento tra il dovere di Cittadino Magistrato ed i pericoli a cui esponeva- si, volle piuttosto irritar quell' Uomo a cui la Provvidenza , negli alti suoi disegni permise di reggere per alcun tempo i destini del mondo :, anziché tradire la causa de' suoi Concit- tadini (i). Glie se alcun frutto ritrar non potè egli coli' ani- moso suo contegno in cosi terribil lotta , consolar si dovette almeno j poiché riuscì ad ottenere libertà e sollievo a molti suoi paesani, che contro ogni diritto aggravati si videro di ferri stranieri perchè reclamavan giustizia. In mezzo però ad un mar cosi burrascoso ben scorgendo il Dandolo, che quegli il quale operar volesse il bene, noi potea^ i consigli segui della pru- denza, e si ridusse a vita privata in Varese, dove si dedicò con ogni fervore agli studii della campestre economia. Ma prolun- gatasi la memorabil lotta dell' armi Francesi ed Austriache , avendo la contraria fortuna ricondotta l'Italia sotto il domi- nio dei primi, percorrer dovette il Dandolo una nuova car- riera politica, e andò Provveditor generale in Dalmazia, dove spiegando singolare attività , diresse le sue vedute a miglio- rar quegli incolti paesi, ed a dirozzare quelle misere popola- zioni che a lui gratitudine mostrarono e corrispondenza di quanto oprar procurò a loro sollievo. E finché 1' Italia sog- giacque alla Francia , veggiamo quest' Uomo indefesso occu- pato ognora in supreme Magistrature (2), in ardue commissio- ni che egli sempre esegui, spiegando una forza di carattere comune a pochi, e cercando di promuovere ognora, per quan- to ei poteva sebben sovente indarno, il bene della Repub- blica. Varese dove già dissi, fissò il Dandolo sul cominciar del Secolo xix. sua dimora, lo accolse di nuovo, allorché cessarono le varie incombenze a lui affidate , ed allorquando (1) Mera. cit. p. i5. i6. i Lui occupata fu quella di Senatore del (a) L' ultima più cospicua carica da i Regno d' Italia. XXX Elogio Storico la stabil pace dell'anno i8i5. ricondusse in Europa giorni migliori, ed a più liete speranze soUevaronsi gli animi da lunghe sventure sommamente attristiti. Intese egli in quel delizioso soggiorno a procurarsi abbon- danti raccolte dalle sue terre, cercando sempre di comunica- re gli utili ritrovamenti, ed i migliori metodi di agricoltura ai suoi connazionali, che si diede ogni premura di illuminare con li varii suoi scritti, e colla estesa pratica agraria. Né qui si limitarono le moltiplici fatiche del Dandcrlo ; ma estese egli le sue ricerche ad alcuni fra i rami più lucrosi del nostro commercio, e in modo particolare a quello delle sete, dei vi- ni e dei grani , eccitando per ogni maniera 1' industria onde premunir la nazione Italiana contro i gravi danni che le mi- naccia il commercio estero. Mentre però a questi studii , ed alle sue gradite occupazioni campestri intieramente consecra- to conduceva il Dandolo una vita pacifica in seno alla piccola sua famiglia, un colpo apopletico rapidamente lo involò nell'età di soli anni 6i. alla scienza, ai parenti ed ai dotti amici, che la cortese sua ospitalità continuamente presso lui richiamava a trattenersi in scientifici colloquii, e ad istituire utili sperien- ze al grande scopo rivolte di giovare 1' umanità , e di accre- scere le nazionali ricchezze. Abbozzato così in pochi tratti il quadro della vita civile del Conte Vincenzo Dandolo, perchè non manchino alla sto- ria i cenni più importanti intorno ad un personaggio per mol- ti riguardi chiaro e distinto , le sue opere e le sue imprese letterarie occupar debbono con più diritto la mia penna, poi- ché la Società nostra, cui l'Italia fidò nelle scienze naturali un patrimonio per essa oltre modo caro e geloso, mentre pro- curar ne deve l' incremento e lo splendore , un sacro dovere si fa pure di consegnare alla memoria della posterità ne' suoi Annali le onorate ed utili fatiche de' valorosi suoi Accade- mici. Allor quando il Conte Dandolo si occupò nello studio della Filosofia e specialmente della Fisica e della Chimica , Del Conte Dandolo xxxi non pochi progressi aveva già fatto la prima , e la seconda abbandonate le teorie di Stahl cominciava già ad insegnare quelle del Lavoisier che più adatte sembrarono allora a spie- garne gli intralciati fenomeni. E sebben queste dottrine ab- bian dovuto nel volger di non molti anni dar luogo alle più recenti di Vauquelin, Davy, Thenard, Berzelius, e di altri som- mi neir arte, tuttavia il Conte Dandolo ben meritò della scien- za, poiché noverossi egli fra i primi in Italia, che seguace deir illustre ma sventurato Chimico Francese ne abbracciasse gli insegnamenti, e con fervore li propagasse nelle nostre scuo- le. A quest' uopo diresse egli le prime sue fatiche, traduceri- do in Italiano il Trattato elementare di chimica di Lavoisier, quello delle affinità di Morveau , e la nuova nomenclatura chimica che seppe egli con garbo addattare all'indole del no- stro idioma. Queste versioni alle quali il Dandolo molte illu- strazioni aggiunse dirette a comprovare la verità^, e ad esten- der vieppiù l'uso delle dottrine chimiche d'oltremonte, si ri- conobbero generalmente eseguite a dovere, ed ebber la sorte d'incontrar l'approvazione di alcuni dei dotti Chimici Fran- cesi, i quali compiacquersi di spedire al nostro Autore alcu- ne loro Memorie ed altri scritti, che egli poi fece di pubbli- co diritto colle stampe (i). Entrato con augurii così fausti il Conte Dandolo nella carriera scientifica, e scorgendo ben egli dopo gli avanzamenti che dalla metà del secolo xviii. in a- vanti fatti avevano le fisiche discipline, quali vincoli le strin- gano fra loro in amichevol concordia , si accinse all'util fa- tica di illustrare con l'ajuto dell'Abate Antonio Fabris gli elementi di Fisica sperimentale del chiar. Professor Napole- tano Saverio Maria Poli, procurandone una nuova edizione per le nostre scuole. Sebbene questo pregevol corso di lezioni racchiudesse verità utili in copia, e giovato avesse non poco (i) Lavoisier gli mandò due Memo- rie sulla respirazione, e la traspirazio- ne; Fourcroi alcune giunte inedite alla sua Filosofia chimica tradotta dal Dan- dolo; e Van-Mons alcuni suoi cementi inediti. XXXII Elogio Storico introducendo fra noi giuste idee in fatto di Fisica , tuttavia scevro non era di alcuni difetti. Li due commentatori rischia- rarono i passi più ardui , offrirono le dimostrazioni di molti teoremi nudamente esposti , e diversi intieramente nuovi ne aggiunsero i quali servono di base ad alcune dottrine. Né ommisero essi di inserire e scogli , e coroUarii per far cono- scere non poche utili verità pratiche , e dimostrare alcuna volta l'insussistenza di varie osservazioni non vere o poco pro- babili. Ma più segnalati servigi rendettero questi due Filosofi alla nostra gioventù nella parte fisico-chimica del loro lavoro, poiché compilarono due dizionarii ragionati di vecchia e nuova chimica nomenclatura, nei quali sviluppate veggonsi le nuove teorie fisico-chimiche, somministrando così agli studiosi ogni più acconcio mezzo onde conoscere le idee antiche e nuove della scienza, e di valutarne il relativo pregio (i). Con straordinario plauso accolta venne quest' Opera, che eccitò e rivolse i no- sti'i più svegliati ingegni a coltivar con fervore questo ramo di scienza naturale, e così grande ricerca se n'ebbe che nel giro di nove anni sei edizioni ne uscirono dai nostri torchii. Mentre il Conte Dandolo con queste sue prime produ- zioni giovava non poco a diffondere nella penisola li sani principii delia Fisica, ed a render più comuni le applica- zioni delle chimiche scoperte alle arti ed alle composizioni dei farmaci salutari, in altri oggetti di pubblica utilità impie- gava egli le dotte sue meditazioni, nell' agricoltura cioè , ed in generale nella campestre economia. Prima però di dedicar- si, come fece, intieramente a promuovere la scienza agraria, dar ci volle un nuovo saggio delle sue profonde cognizioni in chimica traducendo in Italiano la Statica chimica dell' il- (t) Contengono questi due diziona- rii il linguaggio nuovo e vecchio, vec- chio e nuovo de Fisico-chimici con ta- vole indicanti l'ordine di un' ntil<> let- tura. Essi hanno per titolo Fondamen- ti della scienza fisico-chimica applica- ti alla formazione dei corpi e ai feno- meni della natura; e vanno uniti all' edizione della Fisica del Prof. Poli fat- ta da Dandolo. Del Conte Dandolo xxxiii lustre Berthollet , e corredandola di copiose annotazioni. Il che facendo rendette il Dandolo un segnalato servigio ai col- tivatori della chimica teorica, perchè mentre essi convenir dèb- bon tutti sul merito dell'Opera^ confessar pur debbono al tem- po stesso che l'arduità della materia in se, alla sublimità con- giunta delle teorie , e dei pensamenti dal Berthollet in que- sto suo lavoro sviluppati , ne rendevano oltre modo difficile r intelligenza del testo francese. Ma ben considerando il no- stro Autore che la chimica teorica di poca o niuna utilità sa- rebbe, se non se ne applicassero i principii a sciogliere pro- blemi pratici, abbandonò , direi quasi intieramente le discus- sioni di teoria 5 e si consecrò tutto allo studio dell'agricol- tura, procurando di introdurre sane regole ai nominati prin- cipii appoggiate, e promovendo non pochi utili miglioramen- ti nei metodi delle nostre lavorazioni. Quattro principali oggetti di campestre economia chiama- rono soprattutto a se l'attenzione di questo insigne Agronomo, il governo cioè delle pecore Italiane e Spagnuole, quello dei bachi da seta, la coltivazione delle patate, e il commercio dei grani, su i quali argomenti esige il dover mio che partitamen- te io ragioni, Chiunque conosca la storia politica ed economica della bella nostra penisola , ignorar non deve quanto esteso com- mercio con tutte le Nazioni del globo facessero gli Avi no- stri con le copiose lane, che producevano le mandre nudrite nei boschi specialmente della Lombardia, e nelle regioni Ve- nete e Toscane. E sebbene scorgesse il nostro Conte che al presente ritrar forse non si possono da questo ramo d' indu- stria gli immensi profitti , che nei passati secoli ritraevansi , tuttavia ben vedeva che una coltivazione più estesa, una più ragionata e miglior custodia degli armenti accrescer poteva questo commercio. Animato egli perciò da un generoso spiri- to di patrio interesse, versò a lungo su questo argomento, e cominciò dall' introdurre fra noi più d'una volta le pecore e gli arieti Spagnuoli, i cui finissimi e lunghi velli somministra- e XXXIV Elogio Stoeico nono i migliori materiali per le fabbriche dei tessuti in lana. Ogni cura ed ogni studio inoltre impiegò egli per naturaliz- zare in questi climi simili animali, e quindi nell'Opera da lui pubblicata sul governo delle pecore Spagnuole ampiamen- te trattò della loro educazione, del loro nutrimento, del me- todo migliore di raccogliere le lane^ e si diffuse a descriver- ne le infermità e ad indicarne i più opportuni rimedii. Né di tutto ciò pago, fissato avendo per massima, che quando r uomo si accinge a qualche impresa, cercar deve, per quan- to è in lui, di raggiungere la perfezione, dopo di aver il Con- te Dandolo ammaestrato i nostri pastori su i loro doveri , e dopo di avere istruiti i coloni sulla miglior costruzione degli ovili, insegnò i metodi più acconci ad ottener lane ed allie- vi di sommo valore, e ad evitare il pericolo di peggiorare in qualità, pericolo cui facilmente vanno soggette le razze Spa- gnuole traspiantate altrove. Ed a promuovere vieppiù questa coltivazione nel fertile nostro suolo, istituì gli opportuni cal- coli, e fece palesi i vantaggi che producono le sunnominate pecore ben tenute, concludendo che giunger si può ad otte- ner da un dato fondo per sino un duplicato prodotto. Men- tre il Dandolo procurava così di introdurre in Italia, come gli riuscì, questo nuovo metodo, non trascurò i nostri ovili e con- sacrò la seconda parte dell' opera di cui ragiono, ad ammae- strare gli abitatori specialmente del Dipartimento del Lario in questa materia, onde illuminati così sui loro veri interes- si, correggere volessero gli errori invalsi nell' allevare le pe- core indigene , errori che sono infausta fonte di non Ipochi danni. Al qual uopo comunicò loro ed alla Repubblica Ita- liana un nuovo sistema per la custodia delle nostre mandre, applicando opportunamente agli ovili d'Italia gli usi delle al- tre nazioni modificati però al clima e suolo di questi paesi. A così sagge vedute di campestre economia corrispose il go- verno del Regno Italiano, col pubblicare a proprie spese, e col diffondere 1' Opera del nostro Autore, che provò la con- solazione inoltre di veder fra noi propagati i cosi detti Me; Del Conte Dandolo xxxv tini di Spagna, e migliorate in tal modo le razze delle pecore comuni, e per naturai conseguenza ancora la qualità delle nostre lane (i). Impiegava cosi il Conte Dandolo i suoi talenti e gli ab- bondanti suoi redditi pel pubblico bene, né mai si ristava dal cercar nuovi oggetti per raggiungere questo^ direi quasi, uni- co scopo di sue letterarie fatiche. Ad altro ramo di naziona- le industria perciò ^ e di forse maggior interesse per i com- mercianti rivolse egli le sue ricerche, al governo cioè dei ba- chi da seta. Se somministravano anticamente lucrose specu- lazioni le nostre lane / non minori certamente ne offerivano le sete che qui lavoravansi ; ma un fatale decadimento di que- ste lavorazioni minacciava già da parecchi anni ruina a simi- le commercio, e lo si dica pure a lode del vero, agli studii, alle premure, al generoso cuore del Conte Dandolo siam de- bitori di aver fortemente scossa la nostra infingardaggine , e di aver richiamato con sommo comune vantaggio a nuova vi- ta questa coltivazione. L' Italiana letteratura già ricca di opere e di poemi di- dascalici, frutto dei felici ingegni del secolo d'Augusto, ci ad- dita poi fra i non pochi moderni La Rìseìde poemetto incom- parabile dell' egregio Cav. Veronese Spolverini, ed i Bachi da seta , i costumi dei quali con cetra Virgiliana cantò nel se- colo XVI. il Cremonese Vida; ma i precetti ch'ei ci lasciò sul governo di questi così prodigiosi animaletti non giovavano pili all' uopo di raccogliere da essi abbondevoli prodotti per il commercio. A riparar perciò tanto danno pronto accorse il Conte Dandolo, e nella sua Arte di governare i bachi da se- ta si propose la soluzione del più importante problema che in questo ramo di industria si incontri ; quello cioè Di trarre da una data quantità di foglia di gelso la maggior copia di ottimi bozzoli, determinando contemporaneamente V influenza (i) Notizie ec. pag. aa. XXXVI Elogio Storico di questo maggior annuo prodotto sulV aumento annuo di ric- chezza sì domestica che nazionale. Io mi dilungherei troppo dai limiti ad un elogio prefissi, se presentar qui volessi T e- stratto di quest' Opera che vide in Milano la prima volta la luce nell'anno i8i5. Dirò bensì che l'Autore nulla ommise di quanto concerne l'argomento trattato, e perciò facendosi a insegnar da prima il modo per lui creduto il più atto a prO' curare la nascita, la raccolta e il trasporto dei bachi da seta, guida egli l'Agronomo per tutte le epoche della vita di que- sti vermi , e gli addita il cibo migliore fra le diverse qualità di foglia per nutrirli , la più opportuna architettura dei loro alloggiamenti, la vigilanza e le regole ad evitar richieste i pe- ricoli di morte, ai quali per le vicende della stagione questi delicati esseri facilmente soccombono; descrive le varie infer- mità che gli assalgono, ed insegna i mezzi a prevenirle i più acconci ; né trascura l'oggetto importantissimo della rinnova- zione del prodotto con 1' istruirci sui mezzi per conservar la semente. Sviluppate così ampiamente queste materie il no- stro Autore, che considerar volle, come già dissi, in tutta l'e- stension sua l'argomento , porta in fine le sue indagini sulle viste economiche del commercio delle sete Italiane con le na- zioni di Oltremonte, e ci enumera i vantaggi sommi che trar- remo dalla prospera coltivazione dei bachi da seta. Accolsero con ardore gli Agronomi le istruzioni del Conte Dandolo , e si accinsero a praticarle, specialmente quelli delle Provincie Venete, le quali ricche di gelsi somministrano abbondante pa- scolo ai più volte nominati vermi ; ma come avviene a chi introdur vuole novità, se egli trovò non pochi, i quali appi- gliandosi al nuovo metodo di educare quelli animali, sommo profitto ne trassero e perciò il lodarono, ed a lui si mostra- rono riconoscenti, insorsero però ad un tempo altri a com- batter le nuove dottrine. Ma diretto siccome era il Dandolo dal solo spirito di giovare alla pubblica cosa, con animo pla- cato accolse le opposte sentenze, e perseverò costante ad os- servare e registrare i casi favorevoli e contrarii, che nelle va- Del Conte Dandolo xxxvii ste sue bigattiere accadere dal i8i5.al 1819., e raccolse da mol- ti suoi corrispondenti i materiali all' uopo necessarii per tes- sere la storia delie diverse vicende^ a cui soggiacquero le bi- gattiere regolate con gli antichi e co' nuovi metodi. Potè egli così compiere 1' Opera sua, e in due nuovi volumi consegnan- do i risultamenti da lui e da alcuni altri insigni Agronomi ottenuti neir allevare i bachi da seta , vittoriosamente dimo- strò il vantaggio del nuovo suo metodo , e compiutamente sciolse il quesito propostosi (»). Ammaestrati così dalla spe- rienza i coltivatori in grande di questo ramo di pubblica in- dustria, adottarono essi o in tutto o in parte gli insegnamen- ti del Conte Dandolo, il quale perciò con le utili novità da lui introdotte ad incremento del commercio delle sete, si pro- curò la stabil gloria di venir dichiarato e riconosciuto quan- to mai benemerito della sua nazione. Ma altri titoli alla pa- tria riconoscenza acquistò questo Cavaliere, che quantunque occupato ben sovente in tanti pubblici negozii , con sommo ardore coltivò gli studii agronomici, congiungendo sempre le ricerche teoriche alla pratica, onde trovar quali fra le propo- ste teoriche realmente giovar potessero all' agricoltura. Dopo che r Italia perdette il Professor Conte Filippo Re, più non eran comparsi alla luce giornali agrarii: a questa lo- devole impresa dar voleva nuova vita il Conte Dandolo, il quale con l'ajuto degli ospiti suoi che di continuo il visita- vano nel suo delizioso ritiro di Varese, dove facevan lunga di- mora, e coi mezzo di tanti suoi dotti corrispondenti avrebbe non v' ha dubbio, ben inanimato una simile opera periodica, che riuscita sarebbe all'agricoltura oltre modo giovevole. Ma re- staron deluse così belle speranze, poiché la morte, come so- pra accennai, colse il Dandolo in buona età: se però non po- (■) AI preEcnte con due terzi e fore' anche eoo la sola metà della faglia che altre roite impiegaTaii, «i ricava dalla «testa misara di temente un prodotto due 0 tre Tolte maggiore di ottimi boz- Eoli. XXXVIII Elogio Storico tè compiere questo suo progetto, altri pegni ben luminosi ei ci lasciò dello zelo che, direm così, il divorava per la nazio- nale prosperità. La troppo minuta divisione dei poderi, l'in- tersecazione dei fondi j le tanto svariate loro confinazioni , i beni comunali, ed altri simili oggetti somministraron materia alle sue attive ricerche; procurò egli perciò di suggerire ai proprietarii gli opportuni rimedi a togliere in agricoltura gli inceppamenti dalle indicate cause prodotti, e varii metodi in- trodusse diretti a migliorare la coltivazione dei fondi, le qua- li cose tutte risvegliarono l'attenzione comune per cui si adot- tarono, e si vanno adottando dovunque non poche novità van- taggiose all'agricoltura. Al che ottenere influì assai la mas- sima che ei si fissò ,, di eseguire gradatamente ( sono parole „ del chiar. Sig. Compagnoni ) un sistema dì operazioni agra- ,, rie, per cui mentre amplificasse i profitti dell'industria sua, „ accumulasse un complesso di prove per diffonderne la per- ,1 suasione negli altri sia coiresenipio, sia coU'istruzione ,,(i). Né già la sola privata industria procurò questo insigne Agronomo di promuovere con li suoi scritti e le sue sperien- ze, ma estendendo a più ampii confini le sue vedute , cercò di scuoprire le intime relazioni che legano la scienza agraria con la pubblica fortuna , e mentre giovò ai privati , sommi- nistrò pure lumi e regolamenti ai Governi , onde perfezionar vieppiù il reggimento dei nazionali interessi. Fra le tante qua- lità di piante , la coltivazione delle quali porse per tale og- getto al Dandolo argomento di nuove sperienze e di nuove osservazioni , deve qui ricordarsi quella dei pomi di terra e r altra delle uve. Se dopo che cominciossi a coltivare in Ita- lia il grano turco si ottenne un abbondevol sollievo nelle pe- nuriose annate, che 1' inclemenza delle stagioni di quando in quando riconduce, tuttavia soggiacer dovette a gravi miserie la parte meno agiata degli abitatori d'Italia, qualor ci percos- (i) Pag. ao. delle cit. Mera. Compagnoni. Del Conte Dandolo xxxiX se il flagello della carestia. La mercè però delle fatiche di varii Agronomi, si cominciò poi a introdurre nel nostro suolo la coltivazione delle patate, la raccolta delle quali giovò a rendere nien gravi i danni della penuria de' grani per coloro che docili ascoltarono le voci dei dotti agricoltori. Un posto distinto occupa fra questi il Conte Dandolo , il quale con la reiterata pubblicazione di varii opuscoli inculcò ai nostri co- loni una tal coltivazione, ed ammaestrandoli col proprio esem- pio riusci a salvare le numerose famiglie de' suoi rustici dai terribili effetti della carestia che ci afflisse nell'anno 1816. Ed allora fu che animato egli vieppiù da un vivo patrio amo- re die in luce l'Opera quanto mai pregevole in cui sviluppa estesamente 1' argomento della coltivazione dei pomi di terra; e collegando ognora le viste di pubblica utilità con quelle dell' istruzione agli agricoltori^ onde ritrar dalla terra i miglio- ri e più alibondanti prodotti, gli eccitò da prima ad introdurre nei poderi mezzani questa nuova pianta, come già fecero gli avi nostri quella del frumentone. Ma per ciò eseguire con ve- ro vantaggio, come si era prefìsso il Conte Dandolo, ci addi- tò egli i metodi migliori per letamare il suolo che ricever deve li pomi di terra , per raccoglierli e conservarli , istituì un util confronto fra le quantità di grano e di patate che rac- corre si possono da una data estensione di terra, bilanciando r utile rispettivo di questi due prodotti , né ommise di esa- minare quali ostacoli si oppongono a questo nuovo ramo d'en- trata , ed insegnò a superarli. A compiere poi la trattazione dell' assunta materia , si occupò ancora a determinare i rap- porti, che passano fra questa coltivazione e l' interesse e la tranquillità dei possidenti per il miglior sistema economico delle famiglie, e per ottenere ottimi foraggi e letami più ab- bondanti , cosicché l 'opera da lui pubblicata su questo ramo di industria agricola sì riconosce in ogni sua parte compita , e la più opportuna all' intento di ottenere abbondevol rac- colta di simile derrata e un sicuro smercio della medesima. I lumi e le cognizioni profonde nella scienza della natu- XL ElogioStorico ra, e in modo speciale nella chimica guidarono il nostro Au- tore anche nelle ricerche da lui imprese^ allor quando arden- do in Europa lunga ed aspra guerra fra le più potenti Nazio- ni in essa dominatrici, gemeva il commercio Europeo dai più forti vincoli di proibizioni inceppato. E quantunque 1' esito pienamente non corrispondesse alle sue indagini nella fabbri- cazione dello sciloppo di uva da sostituirsi allo zucchero, tut- tavia se comune si rendesse la pratica da lui perciò insegna- ta , mentre per l' una parte 1' abbondevol raccolta delle no- stre uve ci somministrerebbe mosto bastante per la lavorazio- ne del sciloppo senza pregiudicare a quella dei vini e dell' acquavite, avremmo per 1' altra in questo artificiale prodotto un nuovo ramo di commercio per noi attivo. Ma più util ma- teria procurossi poi il Conte Dandolo per le sue dotte specu- lazioni, allorché si occupò di fare e conservare i vini in mo- do che regger possano a lunghe navigazioni. Considerò egli il problema in aspetto ben diverso da quello in cui gli scritto- ri di Enologia l'avevan finora maneggiato, e reggendo sempre li suoi passi con la scorta delle cognizioni sìentifiche congiun- te alla pratica^, stabili con sicurezza i precetti di quest' arte fondati sui fatti e sulle più inconcusse ragioni ; ma come di altri argomenti dall'Autor nostro trattati^, così di questo avven- ne, che la morte cioè non gli permise di compiere il suo la- voro, il quale avrebbe sicuramente giovato a promuovere viep- più il commercio dei nostri vini con le nazioni straniere (i); poiché sappiamo, che i vini Piemontesi fabbricati con le regole da lui prescritte valicarono incolumi la linea, e le sue istru- zioni di Enologia pratica contarono in pochi anni due edi- zioni. Sopra molti e svariati oggetti versò a dir vero questo Ca- (i) Notizie citate pag. 36. alla Sg. 4 dal cognato Ji lui Sig. Djttor Lu li Dandolo lasciò molti materiali per j Giofisi. compiere quest' Opera che si attende Del Conte Dandolo xli valiere, la cui attività non permettevagli mai riposo , o Fosse occupato nelle pubbliche cure , o in vita privata conducesse tranquilli i suoi giorni ; allorquando perciò una ferma pace ristabili in Europa l'ordine, e ci permise di respirar sotto la protezione di regolati Governi^ temette non senza ragione l'Au- tor nostro, che il commercio Italiano provar potesse notabile scapito dalla libera navigazione dei mari d'Oriente. Aveva già egli fin dal i3o6. per far fronte a questo pericolo impiegata la sua penna, onde animar l'industria nostra ad imprendere nuovi rami di commercio, ma si accinse poi ad esaminare più d'appresso quest'arduo problema di civile economia, allor quando dopo 1' accennata pace si verificò la libertà della na- vigazione del 3[ar Nero : fece egli perciò di pubblico diritto un'Opera nel i8ao. in cui descrisse i pericoli che dopo le ab- bondanti introduzioni di granaglie nei Porti dell'xldriatico più d' avvicino temer doveansi .j e cercò d' istruirci sul modo di trovarvi il dovuto compenso. E ricalcando già le orme da lui battute in varii de' suoi lavori agricoli-economici, eccitò nuo- vamente gli Italiani a migliorare la fabbricazione delle sete e dei vini, onde aumentarne lo smercio, consigliò utili e fa- cili avvicendamenti all'oggetto di ottener prodotti più abbon- danti d' agricoltura , ed insistette sulla massima di estendere la coltivazione dei bestiami, onde procurarci nuovi oggetti da commerciare con le piazze estere, ed ottener cosi che non si scosti molto dall' equilibrio la bilancia della nostra contratta- zione con r estero, se pender non può a nostro favore. Bello è il carattere che il chiar. Cav. Compagnoni sulla fine delle più volte citate memorie ci offre del Conte Dan- dolo (i). Temperanza nella varia fortuna e generosità verso gli amici, che furon numerosi, egli sempre dimostrò ; accolse con affetto e volentieri prestò ospizio agli sventurati ; V onest' uomo trovò in lui protezione e soccorso nelle tristi vicende (i) pog. 6i e seg. XLii Elogio Storico della vita, e più volte il Dandolo prevenne i bisogni altrui , né dimenticò giammai nel soccorrere, quei riguardi che rendon raen grave il peso di chi è costretto a ricever il benefizio. Animato egli sempre da viva brama di alleviar la sorte infe- lice de' suoi simili, e ben conoscendo esser miglior partito il procurar lavoro al povero, anziché somministrargli elemosina gratuita , impiegò una parte delle sue beneficenze nei lavori della campagna, e molte famiglie di rustici in lui riconobbe- ro non già un padrone ma un amico, un padre. Avvenente e ben composto nella persona , nobile nel tratto , e parlator facondo, riusciva gradito a chi seco lui conversava, così che quelli che davvicino il conobbero, tutti ne concepiron stima insieme ed affretto. Ornato cosi di tanti pregi il Conte Dan- dolo visse caro agli amici ed alla piccol sua famiglia, compo- sta, di un' amabile sposa e di un unico figlio, che seguendo le paterne orme si distingue nella carriera delle scienze. 29^ MEMORIE D I MATEMATICA SULLO SVILUPPO DELLE FUNZIONI IN SERIE MEMORIA DEL PROF. PIETRO PAOLI Ricevuta adì 19. Novembre i8a8. I. J_/ata l'equazione z = o tra le variabili x ed y, sia proposto di esprìmere una funzione ip delle medesime va- riabili per y senza x. Se ponghiamo x'-\-x — x in luogo di X, e sia z il valore di z quando x si cangia in x\ avremo pel teorema di Taylor ^ ' dx' a dx'^ 3.0 Ci» Per determinare la quantità x—x' mediante questa equa- zione facciamo X — x'= Az'-4- Bz'»-4- Cz''-l- Dz'4-H &c. sostituendo il qual valore nell'equazione precedente, e pa- ragonando tra loro i termini affetti dalle medesime potenze di z' conosceremo le quantità A, B, G, &c. Tomo XX. 38 394 Sullo SviLUPro delle funzioni in serie ^ j/- Ponendo slmihnetite x ->t- x — x! invece di x nella fun- ^—^ zione i// , e chiamando ip' il valore di 1^ quando x diventa X , otterremo e sostituendo ad a; — x' la serie antecedente avremo tp co- si espressa ih = ip'-h a s'-f- a z''-i- a 2''-+- &c. Per trovare i valori dei coefficienti a , a ^ a , &c. si osser- I a 3 vi, che in questa ultima equazione a;' non esiste che in ap- parenza, e deve sparirne dopo fatta la riduzione di tutti i termini , e da ciò segue che il differenziale della medesima equazione preso per rapporto ad x' dev'essere =0. Avremo pertanto 0= -T^-+- _L.Z'-I- -^.Z'^-H _Ì. .z'»-t-&C. dJ: dx' di' dz' dz' dz' I o ^^' (« B -f-fi -^ -i-2a —-, .z-i-óa —y . z »H- &c. I dx' a dx 3 dx' Quindi se facciamo -^f = — ^r, e paragoniamo insieme le me- desime potenze di z\ troveremo a =A _L=:X a ìdx' ^dx j d. y^d. X' -jV 3 idx' a..idx'* &C. Del Prof. Pietro Paoli 3g5 Conosciuti i valori di ez , a , a , &c. avremo ip espressa per x' e per y ; ma siccome possiamo prendere x a piacere, ac- ciò sia ìp espressa per jy senza x, basta che facciamo x' eguale ad una costante , o anche ad una funzione qualunque di y, E se osserviamo che z e z' sono funzioni simili di a: e di x , po- tremo usare z ed x in luogo di z' ed x, purché ci ricordia- mo di far da per tutto terminate le operazioni x ^ x'. Sarà I dz pertanto , posta ^ = — ^ » d.X^4 d.Xd.X'^ facendo nel secondo membro dopo le differenziazioni ^ = ad una funzione qualunque di y. a. Sia tp funzione della sola x, e z abbia la forma F (or) — F (<2) — y -> ove a è una costante ; indicando col segno F'(x-) la funzione — — avremo — ? = F'(;r), e quindi Y_ i_ fj __ i_ a j _i ^ j t j 1 d'ili e siccome z diventa — y quando vi si pone x-=-a, otterremo di: . , t dili .1 i (x) dx j _« T _i dj^ . ^•F(.r)^-F(r) dx o^ ^y Fu) ^:ódP ^^^' facendo nel secondo membro x = a. E se sostituiamo ad y il suo valore F(a;) — F(a), avremo così lo sviluppo di una 3g6 Sullo Sviluppo delle funzioni in serie funzione ip ordinato per le potenze di un' altra funzione F(x) - F{a). Se per esempio ìp = b , F(x) = e , ed a = o, sarà -T^ = è^ log.^, F'(x) := c'Iog.c , e posta m in luogo di ^^ sa- j I dij/ d -^—d ■^— ^ , • F\x) ' r(x) dx m(m— i)(m— a) , * —3* „ f'(x) a.Scij» a.3 e quindi i £>"=I+m(c"-l)-HÌ^i^(/-l)'H- "»<-"-')(-"--) (/- if-H&C. Quando F(a) = o , avremo lo sviluppo di ip secondo le potenze di F{x) , ed in luogo di a dovrà prendersi un va- lore di X, che soddisfaccia all'equazione F (x) = o. Tante adunque saranno le serie , quanti i valori di x, che rendono F{x) nulla; ma acciò lo sviluppo sia possibile, è necessario che per un dato valore di a non abbia F{x) altri fattori egua- li ad X — a, perchè altrimenti sarebbe F'(a) zero , ed i coeffi- cienti della serie riescirebbero infiniti. 3. Rimanendo ip funzione della sola x sia più general- mente z=F(x) — F(a) — y(p^ ove anche (p sia funzione di x . Avremo — = F'{jr)— y -^ , e quindi X = — ' — , dx ^ ' -^ dx ^ ^,, > dà ^ = _ ! . ^ , ^ ^ _ : . fV^ , e poiché z diventa — y(p quando vi si pone x = a, otterremo in que- sto caso ip ■=: ip — a y(p -j- a y^(p* — a y^(p^ -+- &c. Del Prof. Pietro Paoli 897 ove nel secondo membro si deve porre x= a. Ora se si vo- lesse ordinare questa serie per le potenze di j, è chiaro che il coefficiente di y sarebbe (, r r — 1 da , r — a d^a ^ d^^^ a . (p.a—

    -l_-+-i^(j5 — ^=Li— &C.I Ma se in luogo di a , _!_, .. '~ ' , òcc. mettiamo i loro valori troveremo 5^!!^ _±^^-'.!!::rL' filino/-' -^^-^-. ^&e. P =;• ■ ' r-t-i,x (f-^-'; ^ 1^ dx r T ' dx uj d? Ora questa quantità è visibilmente = - — ' - . . LiL; quin- di avremo per deteiniinare P T equazione d? p ' r.x e siccome P =i — (p a = ±- . '-— ne dedurremo d.l-'4 d'd.4-^4- Posto s ■=.T sarà p _ ((, ^ p _I ' F''-r) ^ p L_ F'(r) F'(x) dx o *^3,x~ FV) • ^M^^ , «C. e , J^ djj_ ^ J_ j ^ siccome P non contenendo a, è V-—'^ j ^quan- dx da ' da da '■ do nell'integrale fPdx si riguarda / come costante, avremo {c) d.r^i'i.)'±dx d^ J f^Uyl dx d fadx djr da da Del Prof. Pietro Paoli ^oS facendo a = — -^ . (^ J . ^ . E se m è funzione di x e di j, poiché du = (g^ dy-i- (^£j dx , ove ('^) dj e ^^^x rap- " presentano rispettivamente i differenziali di u presi per rap- porto ad / ed x considerate come indipendenti tra loro, sarà ^ > dy \dy) \dx) dy \dr) Ta L' equazione (e) differenziata ci darà -^^ = y " ^ ; ma ponendo nella equazione {d) fadx in luogo di u abbiamo • < \' ■ ■■-" adx -m)-^^-'-^ d.fadx dy J Xdyf """ 'dà ' ".,:- " i dunque facendo ^= (g) e /?^ =- ^ (|) a, sarà , ■ '; , ;, d^ _ d.flldx d'^f^iàx •;, «ij' da da' ' _ ;- ,\ ' Differenziando di nuovo troveiemo d^_ _ d'.f^dx d^-f?,dx dy^ dady da'dy ' e poiché r equazione {d) ci dà ' ponendo y in luogo di (|^ , y^ in luogo di (^)_^(^)/?, 4o6 Sullo Sviluppo delle funzioni in serie e y in luogo di — -i l^j /? avremo à^ _d.fyix d^fVtdx d>.fy^dx dy^ da "*" da'' da^ ' Continuando queste operazioni vedremo in generale , che ilore di -^^ sarà della forma seguente d'^ _d,fMx ^_ d.\f^,dx ^ d^/B^dx _^ d:f^^„_,)dx dy'\ da da^ ^da^ ' " da"' {e) ove convien determinare le quantità B, B^ Ba, &c. Chia- miamo B' , B'i , &c. i valori B , Bi , &c. quando n diventa re -H I j ed avremo similmente ^•f' TH^Ti ~~d^ d^'- d^^ dy Ma r equazione (e) differenziata ci dà , n-i-i da da^ da^ dy da'' da^ dunque paragonando questa coli' equazione (/) otterremo la serie seguente di equazioni a differenze finite ed infinitesime te) ^>(w)-TÌ$) ; B' = &\ _ ^ (^\ a \dy ) A \dr) &C. Del PfiOF. Pietro Paoli 4^7 Se adesso osserviamo che -^ — i=B-^, avremo aa a a Ora per isvolgere la fvinzione ip in una serie ordinata per le potenze di y bisogna trovare il valore di -—■ quando/ = o; ma 1' equazione z ^ o nel caso di / zero ci Akx ■=■ a^ dunque avremo il ricercato valore di -^ , se nel secondo membro dell' equazione [h) porremo 7=0 ed x-=a. Per altra parte, sic- come A, tp 6(^)=(^)ed in conseguenza le quantità B,Bi, &c. non contengono a , facilmente si vede che ~ — po- nendovi a; = a, è lo stesso che ^Jl , se vi si pone x =■ a dx' dopo le differenziazioni. Sarà pertanto con questa condizione i:i = B+f:^-4-Ì-^-»-Ì-^... ■ ^ """•^-o djr'^ dx dx'' dx^ n— i dx Converrebbe adesso trovare i valori di B;,Bi, &c. mediante l'integrazione dell'equazioni (g); ma senza eseguire questa operazione , dalla quale difficilmente ottener si potrebbe sotto una forma abbastanza comoda il valor generale di B(r), la sola cognizione delle relazioni che hanno tra loro le quanti- tà B, B, , &c. ci basterà per conseguire una espressione as- sai semplice del valore di — !^ nel caso di / zero. Prima pe- rò è necessario di dare un' altra forma all' equazione pre- cedente. A tale oggetto si osservi che , quando si fa x = a, dopo le differenziazioni, è sempre per una funzione qualun- que P di .r , la quale non contenga a. 4o8 Sullo Sviluppo delle funzioni in serie dx ifZilLJL =(«-!)(«— 2) In—r) n — I ' ' ove si suppone r e cosi HI seguito tino al coeth- /"' (x-af '± ^±^ ' Cicute di y che saia . :_ , nelle quali 1.2 (n t}ax formole si dovrà porre i = o dopo le differenziazioni relative Del Prof. Pietro Paoli 4^ ^ a questa variabile. Se adesso supporremo che sia t ■=■ y ., in modo che sia tp funzione di :i: e di /, è evidente che la soni- ma di tutti questi coefficienti formerà il coefficiente di / nel- la serie, che rappresenta in questo caso il valore di i//. Chia- mando dunque r quest' ultimo coefficiente avremo fi [x — a) zzr, . — T^- __ à''^ _ ^ ' dxdy" ' dy_ n t.i....ndjf'' 1.2. . . . (n — i) a.(x—a) ^^^^„_, . .^-^^ a .{x-a) ^^^^„_3 y^^jjjr 1 .2.. ...(ri — i)dx j .a.i .2. . . . {n — òjdx'' d'ix—ap _ _ „_^ • — - — — - d .{x — a) -/ =-p- ^ dxdy ^ t.-i-i.^dy* \ ' dx i .-2. . . ndjy"' i.a.3.i.a....(/i — A)Ux^ • ■ ■ ■ - „_[ *' ^ 1.2 (7! Ijdx Ma siccome convien fare a; ^ a dopo le differenziazioni, e fa- cilmente apparisce essere in tal caso {x — a) ^37 - ■ — = ^ ' dxdy" ^ dy- ^ > dxdy"- ^ dy^ __ « a , . j n—i ' dx^ a.S. . . (« — i)dx ,n—2 , !^ ^^^""' '^^^ , &c. 3.4 (n— i)(iar"~' sostituendo questi valori troveremo r =:-_Ì2Ì_ _ d"~'.(a:-a)" Q n i.a. . .ndjr* „^x 1.». , ,(n—t).i.A...nax 4ia Sullo Sviluppo delle funzioni in serie essendo _ d'^^ ^ n— I n dx o « XX—dì • TT d'il/ ^ ' i-^-.-ndy » ■' i.a (n — •)"* -I;. ')!.,,■ .1- - _— — ^— — , i.a...,(ra — i)i.a...nox ove si potrà omettere 1' ultimo termine^ il quale è sempre = 0. Infatti posto / = o questo termine avrà la forma [ G{x^a)-^^\x—df-^C'\x—a)^ . . . -1-G " (a;-fl)"]log.(^— «) H- D'(a;— a)-t-D"{x— fl)^-t-D"'(x— fl)3 ... . -h D " {x—à) ove i coefficienti C, G" , &c. D' , D" , &c. dipendenti dalla quantità ^""^'V' non possono divenire infiniti quando x=a, nel qual caso è sempre {x — à) log.(a;— a) = o, se r è =o,> i. Pertanto otterremo finalmente con le solite condizioni f^.-^log.s a \x — a\ T-- — f ^Z I ^ ■ <^m ■ • " ■^ j.a. . . (n^i)dx Del Prof. Pietro Paoli 4'^ Abbiamo trovato la serie che rappresenta ip dipenden- temente dal fattore x — a, ed una simile serie si trove- rà per esprimere rp, qualunque altro fattore si assuma della quantità in cui si cangia z j quando vi si fa j = o ; ma perchè la cosa riesca, è necessario che tutti questi fattori sia- no diversi ^ ed infatti abbiamo supposto nei calcoli preceden- ti , che A non comprenda altri fattori eguali ad x — a. Nel caso che vi siano più fattori eguali espressi da (x — a)', la quantità z si può concepire risoluta in i fattori z' , z" , z" 9 &c. ^ ciascuno dei quali abbia la forma {x — «)A'-(-^', ove A' non contenga piìi il fattore x — a , e (p' sia una funzione di a; ed 7 , che svanisca con y. Ciascuno dei fattori z',z",z"', &c. ci darà per coefficiente di y' nello sviluppo di tp la quantità j" ' / \^ dx ° rf"-)// ^ i.a...nd>-" i.a,...ndjr'' ~ 71—1 * I. a . . . {n—i)ax , Se adesso prendiamo il medio aritmetico tra le i serie , che nascono dal fattore [x — a) , e chiamiamo ^ il coefficiente I di 7 in questa serie media, avremo .-, „^.»g (log.z'-Hlog.z"H-log.z'"-i-&c.) , , a .(x—a) ; d"y I .a naj" *n, 1.2,. ..ndy" , ^j n—i " ■' ' 1.3 (n—i)idx I cioè a motivo di log.z'-H log .z"-f-log.s"'-f- &c. =log.s j n— J n dx . o a Ax — a) ■ ; ^ ' i-a.-nar" d'ìj/ i.a...ndy"' "ri 1.2... ..ndy i.a {n—i)idx 4i4 Sullo Sviluppo delle funzioni in serie posto, come sopra, y ■=. o dopo le diflPerenzlazìoni relative ad /, ed j; = a dopo tutte le differenziazioni. Laplace assegna in generale il precedente valore al coef- ficiente di / nello sviluppo di ip^ quando la funzione z nel caso di / = o è divisibile per [x — a). Risulta dalla nostra analisi la verità di questo teorema quando i =r r , se però i è >• ij ^ non esprime che il coefficiente di y nella serie, la quale è il medio aritmetico tra tutte quelle, che rappre- sentano il valore di ip dipendentemente dal fattore [x — a) . Ma questa serie media non somministra il giusto valore di i//, come può mostrarsi con un esempio semplicissimo. Sia data l'equazione z = (.f — aY —y^{b -\-cxY = o^ e si voglia svolge- re il valore di x in una serie ordinata per le potenze di /. Saranno x — a — y{h-\-cx), x — a — ^y{h-ì-cx), x — a — ^'^y[b-\-cx') i fattori di z, ove i , ;3 e /?^ rappresentano le tre radici cubi- che dell' unità, e questi fattori ci daranno le tre serie x-==.a-^{ac-^h)y-\-c{ac-\-h)y'^-\-c\ac-¥-h)y^-^c\ac-Jrh)y^-^&ic. a;=a-H/?(ac-H-è)/-H/?*c(ac-f-Z')/^-t-c'(ac-HZ')j^-f-/?c^(ac-HZ')j'>-i-&c. :»;=a-t-/3*(ac-f-è)7-H/?c(r- c\ac -4- è)/*-+-&c. la quale però non soddisfa all'equazione z = c. Quantunque la precedente dimostrazione sia un poco me- no complicata di quella data da noi nel T. Vili, della Socie- tà, lo è tuttavia abbastanza per far desiderare, che i Geome- tri prendano la cura di sostituirgliene un' altra più semplice. ri 4i5 TEORICA DEGLI OBIETTIVI ACROMATICI PROPOSTI DAL SIGNOR ROGERS MEMORIA DEL SOCIO GIOVANNI SANTINI PROFESSORE DI ASTRONOMIA NELL' UNIVERSITÀ' DI PADOVA Presentata li 8. Maggio 1829. JL'opo che DoUond ed Eulero verso la metà dello scorso se- colo dimostrarono colla teoria e colla esperienza, che si po- tevano togliere, od almeno attenuare fino al punto dì render- li innocui alla chiara visione gli errori provenienti dalla di- versa rifrangibilità dei colori , e dalla figura sferica dei vetri nei Cannocchiali, i più celebri matematici si occuparono con ardore nello sviluppo della teorica di questi preziosi stromen- ti, ai quali va l'Astronomia debitrice di tante e si luminose scoperte ; e gli ottici pratici più riputati dietro la scorta dei precetti loro additati^ pervennero in fatti a costruire dei Can- nocchiali acromatici dotati di una chiarezza , e di una forza amplificativa sorprendente. Ciò non pertanto scarso è il nu- mero di sì fatti Cannocchiali in grandi dimensioni scevri da qualche difetto ; ed è oltremodo difficile il procuraneli anche con grandi spese, eccedenti per lo più i limiti che i privati sono astretti di imporsi negli oggetti di loro studio e dilet- to ; lo che non a mancanza di teoria vuoisi attribuire, ma più- 4i6 Teorica degli objettivi ec. tosto ad una peculiare disposizione scelta dai pratici , com- mendata anco dai teorici, ed alle difficoltà che in pratica se- co conduce sì fatta disposizione. Si costruiscono per lo più i grandi objettivi acromatici con ducj talvolta anco con tre lenti di due diverse specie di cristalli comunemente conosciuti sotto il nome di Crown e di Flint, i quali operano nella decomposizione della luce una dispersione molto differente; e fra le varie disposizioni chea queste lenti si può dare per produrre immagini chiare, e di- stinte, quella si presceglie in pratica nella quale le lenti si riducono a contatto o ad una minima distanza fra loro po- nendo esternamente una lente convessa di Crown , interna- mente una concava di Flint, e talvolta anco al di dietro di questa una terza lente convessa dello stesso vetro della pri- ma. Non è nostro scopo di rintracciare i precetti per il cal- colo dei raggi di curvatura delle diverse superficie delle len- ti in si fatta disposizione; questi si trovano esposti in molte Opere, e particolarmente nella Diottrica di Eulero, nelle Ope- re del P. Boschovich, ed anco nel primo volume del tratta- tello da me pubblicato lo scorso anno in Padova col titolo Teorica degli stromenti ottici , dove ho raccolto i precetti per la costruzione degli objettivi acromatici secondo le piìi accreditate teorie. Se nulla lasciano a desiderare per parte della teoria questi precetti , rimane un grandissimo ostacolo in pratica nella difficoltà di procurarsi dei pezzi di Flint puro ed omogeneo, scevro da filamenti, da bolle e da certa specie di onde le quali turbano la regolarità delle rifrazioni, e tan- to danno arrecano alla precisione delle immagini. Questa dif- ficoltà fu provata dai primi costruttori degli objettivi acro- matici, e piuttosto che diminuire si è aumentata, giacché quantunque molte celebri fabbriche di cristalli siano sorte in Inghilterra, in Francia ed in Germania, sembra che non siasi per anco riuscito a scuoprire un processo per la fusione e raffi'eddamento del Flint, atto a renderlo a colpo sicuro in gran quantità omogeneo, quale richiedesi per la costruzione degli Del Sic. Giovanni Santini 4' 7 stromenti ottici, sicché convenga scegliere fra una gran quan- tità eli pezzi quello che è atto alla costruzione di una lente, e mentre facilmente si incontrano molti pezzi idonei alla co- struzione di minori objettivi di uno, o due pollici di apertu- ra , rarissimo è il caso di potersene procurare dei pezzi ab- bastanza grossi, e larghi per formare un objettivo maggiore di 5 pollici, a segno che riguardasi a giusto titolo come un prodigio dell'Arte ottica il grande cannocchiale di i6o pollici di di- stanza focale^, e di 9 pollici di apertura fabbricato a Monaco dal celebre Fraunhofer, e parallatticamente montato per l' os- servatorio di Dorpat in Russia. Queste difficoltà suggerirono il compenso di sostituire al Flint un fluido trasparente dotato di uiia gran forza dispersi- va ; sembra che li Signori Blair (padre e figlio), il Signor Brewster in Inghilterra , il Sig. Girard in Vienna siano feli- cemente riusciti nei primi loro tentativi. Ultimamente anco il Sig. Barlow, dietro un annunzio pubblicato dal Dott. Brew- ster nel giornale filosofico di Edimburgo^ ha costruito due di questi cannocchiali Acromatici, in uno dei quali 1' objettivo ha 3 -^ poli; nell'altro 6 poli, di apertura. Col primo rico- nobbe per doppie tutte quelle stelle come tali osservate dal Sig. Dott. W. Herschel con un' objettivo di prova di poli. 3 — di apertura ; col secondo vide separate ancora delle stel- le più vicine, che con questo apparivano semplici^, e più dif- ficili a riconoscersi per doppie. Per quanto felici siano que- sti risultamenti^ vi si possono fare molte ragionevoli objezio- ni, che molto limitano l'uso di questi Acromatici , i quali d' altronde presentano in pratica grandissime difficoltà, e la- sciano sempre il desiderio di vedere perfezionati i metodi per la fabbrica del Flint. Primieramente è molto difficile racchiudere fra due ve- tri un fluido con tale cemento, che non evapori, e non ven- ga a diminuirsene la massa, cerne accade negli ordinari livel- Tomo XX. 4i 4'S Teorica degli objettivi ec. li internamente smerigliati^ i quali per la evaporazione presto divenji,ono inservibili, ed obbligano chi ne fa uso a riempirli con nuovo alcool. Il Dott. Blair assicura, che in trent' anni nulla ha per questa parte perduto l'objettivo costruito da suo padre, e quantunque siasi il fluido un poco alterato, ed ab- bia deposto alcuni cristalli, tuttavia supera ancora in bontà i migliori cannocchiali acromatici della stessa dimensione- ( Bibliotheque universe/le Avril. et Juin. i8a8). In secondo luogo , conviene lasciare un piccolo vacuo non riempiendo esattamente lo spazio fra le due lenti racchiuso, affinchè dilatandosi il fluido per l'incremento della temperatura, quel- le non si rompano. Tale spazietto in vero apporterà nessuno, o leggero nocumento alla bontà del cannocchiale, quando si osservi un oggetto in direzione orizzontale, od elevato pochi gradi sopra l'orizzonte; ma se vadasi avvicinando al zenit, quella bolla si trasporterà verso il centro dell' objettivo, e de- turperà le immagini, togliendo la regolarità delle rifrazioni nel- la parte migliore e più interessante. In terzo luogo, nei flui- di col variare della temperatura varia fortemente l'indice di rifrazione, ed affinchè l'acromatismo rimanga costante per ogni grado del termometro, richiedesi, che detto m! V indice di ri- frazione per i raggi medii ; nì-^dm' per i raggi estremi dello spettro solare ad un determinato grado di temperatura , ri- manga costante il rapporto ,^ , comunque quella venga a variare. Non è indicato di qual fluido abbiano fatto uso i Si- gnori Blair; nel citato annunzio del Dott. Brewster dicesi, che il Sig. Barlow ha adoperato il solfuro di carbonio. Conviene inoltre che al momento dell'osservazione la temperatura sia uniforme per tutta la massa, altrimenti nei diversi strati ver- rebbero a prodursi certe onde, cbe come nel Flint impuro tur- berebbero la regolarità delle rifrazioni. Queste considerazioni sembrano di molto ristringere 1' uso degli objettivi costruiti coti sostanze fluide, i quali dalla parte -pratica presentano al- la maggior parte degli artefici grandi difficoltà, e richiedono Del Sic. Giovanni Santini 4^9 per la loro costruzione una grandissima diligenza; perciò ri- mane sempre, come da bel principio annunziammo, il desi- derio che si rimuovano gli ostacoli che si incontrano nella fabbrica dei comuni cannocchiali Acromatici col Crown, e col Flint. Il Chiarissimo Sig. Littrow, Professore di Astronomia nell' Università di Vienna, sviluppò per il primo le condizioni al- le quali si dovrebbe soddisfare per ottenere un buon cannoc- chiale Acromatico, mediante due specie di vetri con due sole lenti, delle quali la prima fosse convessa, e l'altra concava portata dalla prima in gran distanza. E palese, che quando ciò riesca , la lente concava per essere situata molto vicina al foco delia lente di Crown , dove il fascio luminoso è già ristretto in un angusto spazio, riuscirà di dimensioni molto minoii, ed in conseguenza si richiederanno per la sua costru- zione minori pezzi di Flint puro ed omogeneo, quali più facil- mente si ottengono dalie fabbriche. Colla scorta della teoria è facile di assegnare le condizioni alle quali si deve soddisfa- re, affinchè vengano anche in questa disposizione distrutti gli errori di rifransribilità e di fio-ura. Ma si cade nell' inconve- niente di aumentare la lunghezza del cannocchiale, la quale tanto più fassi maggiore, quanto minore è la forza dispersiva del Flint in confronto di quella del Crown posti in opera. Di- mostrò il lodato autore, che se ottenere si potesse una pasta di Flint in cui la forza dispersiva fosse quattro o cinque vol- te maggiore di quella dell'ordinario flint inglese, una tale di- stribuzione condurrebbe a risultati vantaggiosi, perchè con pic- cole porzioncelle di un tal vetro pure ed omogenee riuscire si potrebbe a costruire un buon cannocchiale Acromatico di grandi dimensioni. La composizione però di un tal Flint si de- sidera tuttavia, e si può temerla non esente da gravi difficol- tà, riflettendo che la forza dispersiva aumenta con la quan- tità di ossido di piombo , conche aumentasi la difficoltà di mescolare peifettamente gli elementi componenti tal vetro ; ed oltre ad aumentarsi il numero ed il pericolo delle onde , 4^0 Teorica degli objettivi ec. e dei filamenti , una soverchia quantità di ossido di piombo tende a diminuire la diafaneità, e ad imprimergli un colore lat- tiginoso. Giova non pertanto sperare, che i progressi sempre crescenti della chimica perveng;nio a rimuovere queste diffi- coltà, nel qual caso il progetto del Sig. Littrow sarà per l'ot- tica pratica sommamente vantaggioso. Questo suo interessan- te lavoro è inserito nel IV. volume del giornale di Fisica e Matematica pubblicato in Vienna dai Signori Professori Et- tingshausen , e Bahumgartner sotto il titolo Zeitschrìft fùr Physìk linci Mathematik IV. 1157. Circa lo stesso tempo^ cioè agli II di Aprile 1828. il Sig. Rogers lesse alla Società astro- nomica di Londra una memoria ., di cui si dà l'annunzio nel giornale Filosofico per il mese di Giugno i8i8, ed anco nelT ora citato giornale di Fisica e di Matematica ( Voi. V. pag. lao. ),la quale ha per iscopo di costruire con un piccolo pez- zo di Flint delle fabbriche conniiii un gran cannocchiale Acro- matico; nel che procede con un metodo molto ingegnoso, il quale sembra dover produrre in pratica un ottimo effetto. Il metodo praticato da Rogers riduce-i in sostanza a costruire una lente semplice di Crown^ la quale abbia la distanza fo- cale che si vuol dare airobjettivo del cannocchiale composto con l'apertura solita a darsi agli objettivi acromatici della medesima dimensione. Fra questa ed il suo foco introducesi una piccola lente, che egli appella dì correzione^ composta di due lenti, una convessa di Crown, l'altra di Flint ridotte a contatto od in grandissima vicinanza fra loro, ed in modo com- binate che producano sui raggi di media rifrangibilità l'efFet- to di una lente piana, sicché questi attraversino irrefratti il loro sistema; ma sia al tempo stesso accelerata la convergen- za dei raggi rossi, e ritardata quella dei violacei in modo che tutti vengano a riunirsi in un sol punto, formando cosi chia- re e precise le immagini degli oggetti lontani. Nulla di piìi si richiede per l'acromatismo. Rogers dà pel calcolo delle di- stanze focali delle lenti nel suo objettivo la seguente re- gola. Del Sic Giovanni Santini 4^' ,, La lunghezza focale di ciascheduna parte della lente j, di correzione sta a quella dell' objettivo di Crown in ragio- „ ne composta della superficie della lente di correzione alla ,, superficie delV objettivo, e della differenza degli indici di di- , spersione del Flint e del Crown alV indice di dispersione ., del Crown. Calcolate prossimamente le distanze focali delle lenti os- serva l'Autore, che l'aberrazione longitudinale residua di rifiangibilità si può togliere senza alterare le loro curvature, me- diante un piccolo movimento lungo* l'asse dell' objettivo da- to con un opportuno apparato micrometrico alla lente di cor- rezione ^ e che del pari si può distruggere l'aberrazione lon- gitudinale di sfericità, separando convenientemente le due lenti di correzione. Infine osserva non essere necessario che le due lenti congiunte producano sui raggi di media rifran- gibilità i' effetto di un vetro piano , ma potersi ancora con opportune modificazioni nelle loro dimensioni abbreviar al- cun poco la lungliez^a del tubo objettivo. In tal guisa è palese, che con piccoli pezzi di Flint pu- ro, ed omogeneo quali più facilmente ottengonsi dalle fab- briche, si può costruire un cannocchiale acromatico di gran- di dimensioni, purché abbiasi una lente objettiva semplice di Crown , ed è per conseguenza tolta una delle maggiori diffi- coltà che ai pratici si è sempre presentata nella costruzione dei grandi rifrattori astronomici. L' importanza di questo argomento mi ha determinato ad esporre in questa breve Memoria i precetti dalla teoria indicati per sì fatte costruzioni, ed illustrarli con un esem- pio numerico, affinchè abbiano i pratici una guida convenien- te per il calcolo di un tal genere di objettivi , i quali per la loro semplicità meritano una particolare attenzione. Prima però di venire al calcolo dell' objettivo di Piogers, stimo opportuno di riferire brevemente la teoria di quello a due lenti proposto da Litrow, giacché sebbene questa dispo- sizione non possa utilmente applicarsi con le attuali qualità ^mi V Teorica degli obiettivi ec. di Flint , renderà un utile servigio , se avvenga di scuoprire una sostanza molto disperdente da sostituirsegli , siccome lo stesso autore fece sagj^iamente riflettere nella Memoria ^ che abbiamo sopra citata ; e per procedere con ordine, brevemen- te riferiremo le formule , alle quali si appoggia la teoria dei sistemi acromatici di lenti disposte intorno ad uno stesso as- se , ritenendo le definizioni , ed i simboli adoperati nel primo volume della Teorica degli stromentì ottici^ alla quale Ope- ra saranno da riferirsi le citazioni dei paragrafi che si in- contrano nelle cose seguenti. FORMULE GENERALI per il calcolo di un sistema di lenti acromatiche disposte intorno ad un medesimo asse. ci e '■■■ 1 E_^^-^ -^ \^ B X \o A F\^ 4"" (J I. Sia nella qui unita figura EAO l'asse comune di un sistema di lenti Aa , BZ», Ce ... , che fingeremo tutte con- vesse ; E il punto radiante ; le loro distanze focali siano ri- spettivamente/?,^, r^ • • ■ ; Ea^cO il viaggio del raggio ulti- mo, che da E conducesi alla prima lente, sicché F, G, O siano i punti di riunione successivi dei raggi procedenti da E, dove pure esistono le immagini del punto E; pongansi le distanze di riunione EA = , BG^ /? GC = c, CO = y ec. Le semiaperture successive A a, ^b , Ce delle lenti siano = a:, x , x" \ le loro distanze scambievo- li AB , BC ...•=■ d , d! ... \ \e semi-aperture da darsi alla se- conda, terza ec. lente, affinchè i raggi provenienti dall' e- stremità di un' oggetto situato in E , e facienti nel centro della prima lente con V asse un' angolo determinato (p , da cui di- Del Sic. Giovanni Santini 4^3 pende il campo del sistema, si indichino per tsq. tir L'angolo (p nella teoria dei cannocchiali rappresenta il mez- zo campo , ed è sempre un piccolo angolo , che si può sup- porre uguale alla sua tangente od al suo seno ; le quantità cr , sr' sono frazioni assolute, per le quali sì stabilisce gene- ralmente la condizione, che non debbano risultare maggiori di i , affinchè le intere aperture delle lenti non risultino maggiori della metà della loro distanza focale. Gli indici di rifrazione nel vetro di cui si formano le lenti , siano per i raggi di media rifrangibilità rappresentati rispettivamente da in,rn,in' . . ., e per i raggi estremi dello spettro ricevano le variazioni dm, dm , dm . . . , quantità che riescono abbastanza piccole per poterne trascurare le potenze superiori alla prima. I raggi delle superficie della prima lente siano R , R'; della seconda R", R'"; della terza R'" , R", ec. Questi raggi devono riguar- darsi come positivi per le superficie convesse , negativi per le concave ; cosi pure le distanze focali p, j V p = a=i, q^—r,-^ ._^ = ^, c = -/?, darà '-+-7('— ^)=° " ■ •■.'■• dalla quale si otterrà q = b^[^-l) {a) e perciò r=-b^{i-l) {b). Preso pertanto ci a piacere , tosto si avrà b ; e quindi le equa- zioni precedenti [a] , [b] daranno le distanze focali della se- conda , e terza lente atte a togliere 1' aberrazione longitudi- nale di rifrangibilità prodotta dalla lente A , ed è abbastan- za palese clie queste equivalgono alla regola data da Ro- gers, di cui abbiamo sopra riferito l'enunziato. In seguito r equazione (a) darà ' 0 = ±L = -c, e r equazione (3) , a motivo di r = — q, ^ = — e, darà y = — b. Resta ad assegnare la figura delle lenti in modo che l'errore di sfericità sia distrutto, al che si perverrà facilmente sod- disfacendo all'equazione (i4) mediante le arbitrarie À,À',À". E facile vedere 3 che nel caso presente i valori di P, Q, R si ridurranno ai seguenti P = A,^Q = ^-^.^;R=-^-^. Osservando che ^ = i , la detta equazione diverrà ^'^-»- 73 ( ^^'— fi'^" ) -^- ^ (^^ — ^'^') =0 (C) 43o Teorica degli objettivi ec. dalla quale , presi a piacere due dei tre numeri arbitrarii À, À', X\ si avrà l' altro. In seguito il calcolo numerico del- le equazioni (7) , (8) , (9) darà i raggi delle superficie delle singole lenti A , B , C. • , - Esempio Numerico. 5. Si voglia costruire un objettivo acromatico dietro que- sta teoria con due specie di vetro , per il quale siano gli in- dici di rifrazione e di dispersione quelli stessi, dei quali ho fatto uso nella Teorica, degli strumenti ottici voi. I. 5-° ^aó; cioè Crown, pei raggi medii m= i,53oooo •i';:i '!'.(._ pei raggi rossi . . . -^ m — dn= i,5aTOoo " ' _' • e perciò Jw == 0.009000 Flint, pel raggi medii m'= 1,034494 pei raggi rossi m' — dm'= 1,616707 Jw'= 0.017787. Dietro questi dati si troverà ■^ ■ , i . ^__^ _m-i__ 55o853. ^ dm nt—i Assunta la distanza focale p della prima lente = i , ponga- -|- ; sarà b =. — -^ i in segi si r arbitraria d=z — ; sarà è = ^ ;, in seguito si troverà . f Raggi meda ì = 2.°43'.o",o . / = I. 46. 3o,8 . 0=0. 56. ag^a . k = 3,o5854o5 i' = 3.0 39'. 3o"4o. l' = 5. 36. g,i6 . 0'=2. 53. 7,96 . k' = 0,995676 i"=g."39'.45",36 /"=6. 17'. 53,35 . 0"= 6. 14. 59. 77 A;"= 0,1 539007 r= 18." 56'. a7",6o r=29. 46. 38,1 . 0"'=i7. 5. 10,3 . /;"=: o,o5a9i59 ^=29." la'. 5r',8 Z'"= 17. aa, 27,2 . 0'"= 5. 14.45,7 . A;"'= 0,1813396 . i"= 3." 3a'. 54",9 Z"=5. 48. 23,0 . 0'^=2. 59. 17,6 . A''= 0,3 16238 Raggi rossi. i =2.° 43'. o", o / = I. 47. 8,6 0=0. 55. 5i,4 k = 3,oq3o42o i' = 3.°38'. 5a",63 /' = 5. 33. 12,53 0'= a. 5o. I i,3o k' = 1 .012955. i"= io.°8'.43",8o Z"=6. 39. 1,45 0"=6. 19.53,65 k"= o,i57i54a i"'= I .°a8'. 5a",3o Z"= 3o. a8. 5o,9 0'''=i7. 19. 5i,a k"'= 0,0538743 r=a9.°53'.44",8 r= 17.57.23,6 0'"=5. a3. 3o,o /&'"= o,i8a5478 r=3.°4a'.a6",3 lv= 6. o. 1,9 0"=:3. 5. 54,4 k^=: 0,3 15527 pei raggi prossimi si trovò A^'sr: 0,317137 . . . k''= 0,3 17131 438 Teorica degli Objettivi ec. Quindi l'aberrazione di sfericità residua nei raggi medii = o, oooSgg nei raggi rossi =0,001594 Affinchè gli errori di sfericità non apportino in un can- nocchiale una sensibile confusione, dimostrammo al §. 116. del i." Volume non dovere l'aberrazione longitudinale resi- dua ( almeno nei raggi di media rifrangibilità costituenti l'im- magine principale e più splendente ) oltrepassare il limite 0,0000747 •i'- La precedente risultando all'incirca dieci volte maggiore, dovrà ancora attenuarsi mediante piccole alterazio- ni introdotte nel sistema delle lenti. Qui intanto rendesi ma- nifesto, che se anche giungasi a distruggere esattamente l'a- berrazione di sfericità nei raggii medii, rimarrà tuttavia una piccola aberrazione nei raggi rossi, la quale se si può atten- uare cambiando la figura della prima lente, non si può toglie- re del tutto, se non con forme di lenti incomode nella pra- tica, come mostrammo accadere negli objettivi duplicati nel- la pili volte citata Teorica degli stromentì ottici; perciò da ora in poi cercheremo solo di togliere 1' aberrazione di figu- ra per i raggi medii, tollerando la residua nei raggi estremi dello spettro solare. 10. Il Sig. Rogers vanta , come uno dei principali pregi della sua costruzione il poter togliere l'errore di figura con un piccolo allontanamento della seconda dalla terza lente, che prescrive doversi lasciare arbitrario mediante un apparato nii- cronietrico, finché per osservazione trovisi questo distrutto, o almeno attenuato a segno di essere impercettibile all'occhio, il quale per la sua arcana costruzione non richiede nell'acro- matismo l'ultima esattezza. Quantunque non seinbri gran fat- to lodevole il permettere che le lenti di questo sistema siano avvicinate ed allontanate mediante apparati micrometrici, per la facilità, con cui possono insorgere errori di centratura ( se r apparato tutto non sia perfettissimo ) anche piìi pericolosi di quelli che si vogliono evitare, non parmi né anche possi- Del Sic. Giovanni Santini 4^9 bile di togliere con questo mezzo l'errore di sfericità. In fat- ti, introducendo una piccola distanza del' fra la seconda e ter- za lente, si riproducono gli errori di rifrangibilità che erano stati precedentemente disti utti; conviene pertanto far varia- re contemporaneamente d di una quantità arbitraria dd\ quin- di per i raggi prossimi all'asse si troverà dk''=--^ dd-'^dd La quale ridotta a numeri nel nostro caso tanto per i raggi niedii come per i raggi rossi, darà la distanza del punto di concorso dietro l'ultima lente espressa come segue ; - per i raggi medii ^'=0,317137 — o,88g6a.^t/ — 28^,833^. ^^'....(i) per i raggi rossi A;"=o,3i7iai — 0,80462.^^? — 2,'j,D'ò6^.dd'....(a.) Più prolisso e laborioso riesce il calcolo della variazione di k" per i raggi medii condotti paralellamente all'asse verso le estremità; imperciocché variano con ^^ le quantità z", i"'...z", /". . . . Z% ^". . . . k''; e dipendentemente da dd^ variano le quan- tità i", i", Z'", r,., K" , k". Queste variazioni si otterranno differenziando le equazioni del n." 8; così sarà, per esempio, di"=- -^ . ^^.dd ; dr= .^,. . di'; dO"= di"— di'; il cos.J mcos.i dK'= ( r— R" ).cot.r. JZ"— ( K'— R" ).cot.O". JO" Simili equazioni daranno i valori di dlì"^ dk'"^", dk", dal calco- lo successivo delle quali trovo i seguenti risultamenti jr= — 0,13695. dd dk"'= -t- o,cooo3. dd c?A;"'=— 0,24524. dd— 7,52629 dd' dky-=z — 1,2x6 IO. dd — 34,87460. dd'. Quindi si formerà la seguente equazione di condizione 44*^ Teorica degli obiettivi ec. k' = o,3iò-2d8— i,2.i6io.dd— 34,87460.^^'. .. . (3). Uguagliando i valori di k" dati dalie equazioni (1), (a) (3) si ottiene §d = -^ OjOi4oi3 ; dd' = — 0,0009021 ed essendosi precedentemente supposte a contatto le lenti di correzione, il risultato negativo è inammissibile. Vuoisi non per- tanto osservare, che le variazioni di k" variano notabilmente cogli indici di rifrazione, ed è quindi possibile che con altre paste di vetri anche in una simile disposizione si riesca a di- struggere contemporaneamente i due errori di rifrangibilità, e di figura con la semplice variazione delle distanze ; varian- do però con dd molto forremente ambi;due le aberrazioni , riuscirà una tale via ( parmi ) sempre pericolosa in pratica j sopra tutto se gli apparati micrometrici non siano con ogni diligenza costruiti. II. Non putendosi pertanto nella attuale disposizione di lenti distruggere al tempo stesso gli errori di rifrangibilità e di figura con un'alterazione nelle loro distanze scambievoli, è forza ricorrere alla vaiiazione dei ragsi di una delle due len- ti di correzione, ed a tal' uopo riesce comodissima per il cal- colo numerico una variazione arbitraria nei rae;2Ì dell'ultima lente, giacché in tal caso tutte le quantità relative alle due precedenti rimangono invariabili. Indicando con dK", dlV gli Incrementi piccolissimi dati ai raggi R'", R" riguardati come positivi, si calcoleranno i valori di J/t" col mezzo delle seguen- ti equazioni, che facilmente deduconsi dalla differenziazione delle equazioni generali date di sopra. i .° Per i raggi prossimi all'asse ^^ — (/l'"_.'V,R'- ^^^-^ K^- • ^^^ l^) a.° Per i raggi rimoti si avrà ^^„ = (-S;)^R'.-.(-)./R^.. .... , (*) Del Sic. Giovanni Santini 44'' Il primo termine i ~^ I dR'^ si otterrà dal calcolo suc- cessivo delle seguenti equazioni: B.'u» cos.i'" - - . .. di'' = -ir . -^ di'"; dO'^= di'-— di'"; • - ■ m cosi'" <^/5;"'=Ìjl . dR''-i-{k"'-i-R"')coU\d£-—{k'"-i-R"')cQt.O'\dO^; di^= ^,'^i:\> dk"'-i- tangi". cot.O'". dO'" <^0"= f?i"— ^Z"-H- dO'" l^\ ^'"=(^-— R")cot.Z" dl"—{k-—R-) cot.OVZO". Quanto al secondo termine dell'equazione (b) dipendente da dR", si otterrà dietro il calcolo dalle seguenti equazioni J^«" COS.l" di" = w'. -^ . <£i- ^0"= ^i"— di" (if) ^^' =è • ^JR-"-t"(^ — Rlcot.Z" f//"— {^"— R^).cot.0.vZO''. la. Se ora riducesi a numeri il valore di dk'" dato dall' equazione (a) del n.° precedente tanto pei raggi mediij come pei rossij e si aggiungono i risultati ai rispettivi valori Ji del n." 7, si avrà pei raggi prossimi all'asse Meda A"= 0,3 171 37— 10,07444. JR'"— 5,51794. JR".... (4) Rossi ^"=0,317131— 9,79024. JR"— 5,37508. ^R".... (5). Passando all'equazione (b), si formerà il termine (•^, ) dR'^ Tomo XX. 44 44^ Teorica degli obiettivi ec. dietro le superiori equazioni applicate ai raggi di inedia ritian- gibilità, il calcolo delle quali dà i seguenti risultati f/r = — 3,781 a56.c?R'' 610'"= -+■ 1, 22,5099. ^R' dt=— i,55òi57.^R''' <^F= — 2,,5iii4o7.fiiR"^ Ji'^=— i,3ii933.JR'^ ^0"^=: -+- a,l956i4-^R-'' ( , u ^}dR''=-i^,i554S8.dK\ Per ultimo si formerà { -j^ I .. ..-' dk''= — I a, 1 55458.^R'' — 4,9766o8. o\ *• 1 ." lente , isoscele di Crown, convessa; distanza focale = i ,000000 Raggio comune alle due superficie . . .= 1,060000 a." lente, isoscele dello stesso Crown; distanza focale = o,o7i2,3i 7 Raggio comune alle due superficie . . . = 0,0766555 3." lente, concavo-concava di Flint; distanza fo- cale risultante dai superiori raggi corretti = — c,07a35g9 Raggio della i.^'superficie rivolta versogli oggetti =: — 0,0797687 Raggi della 2.* superficie rivolta all'occhio = — o,io8i8o5 Distanza della prima dalla seconda lente . . .= 0,668437 Grossezza della prima e della seconda lente = 0,002 circa Grossezza della terza lente = 0,001 Semi-apertura della prima lente = x = o,o5 La semi-apertura delle due lenti di correzione = -^a;=o .01 7 cir. L'estremo raggio principale, che attraversando il centro della prima lente potrà essere rifratto dalla seconda e terza lente farà con l'asse un' angolo di i.°a5'; perciò il campo sarà sempre convenientemente grande. i3. Neir objettivo precedentemente descritto sarebbero tolti gli errori di rifrangibilità nei raggi eterogenei prossimi all' asse, e di figura nei raggi medii estremi, se i piccoli er- rori commessi nella stima delle parti proporzionali in una si lunga serie di operazioni numeriche, e le seconde potestà del- le correzioni trovate, trascurate per la natura stessa del cal- colo differenziale, non esercitassero sui finali valori di k' una qualche influenza. È quindi opportuno di mostrare col calco- lo la grandezza delle aberrazioni residue. Si riprenderà quin- 444 Teorica degli objettivi ec. di da capo il calcolo delle quantità A, K. . . k" , tanto pei rag- gi prossimi all'asse, come pei remoti, e siccome la posizione, e le dimensioni delle prime due lenti non hanno variato, ba- sterà proseguire il calcolo delle indicate quantità da k'" in poi. Si troverà così pei raggi prossimi all'asse. Meda Rossi ^'"= o,i8ao756 ^'''= 0,1834396 ^;_ - A;^= 0,316145 .... ^«=o,3i6i36 e perciò l'aberrazione residua di rifrangibilità sarà=o,oooco9; quantità esigua e trascurabile. Quanto ai raggi remoti si troverà "i"" ' Pei meda Pei rossi r=a9.°i5'.a4",8 .... r= a9'.56'.a3",6 r= 17. a3. 5a,8 .... 1'"= 17. 58. 53,r 0'"= 5. i3. 38,3 .... 0'"= 5. aa. ao,7 A'"= o, 18201S3 .... ^'"=o,I83aa89 £"= 3°.3i'. o",i8 . . . . i"= 3''.4c'.a8",i7 l"= 5.45, i4,8a ..../„= 5.56. 49,85 0"= a. 59. a3,66 . . . . 0"= 3. 5. Sg, o k''= o,3i6iao ^"=o,3i5466. Aberrazione di figura residua nei raggi medii = o.coooaS. nei raggi rossi = 0.000679. Vedesi pertanto, che l'aberrazione di sfericità residua nei rag- gi medii è all' incirca tre volte minore di quella , che può esercitare una sensibile influenza, e perciò trascurabile 5 ma Del Sic. Giovaxa'x Santini 44^ rimane qui pure come negli objettivi duplicati, e triplicati a contatto una piccola aberrazione nei raggi rossi, la quale non può essere tolta dei tutto , e solo potrà diminuirsi assumen- do altre forme per le due prime lenti , la figura delle quali rimase al nostro arbitrio. Qui però vuoisi osservare , clie a motivo della piccola distanza locale delle due lenti di corre- zione, sembra per esse conveniente la figura isoscele, almeno prossimamente, per non cadere in raggi di curvatura troppo piccoli, e d' altronde la figura della prima lente in virtìi dell' equazione (e) del n.° 4- ^^^ su quella delle altre due una pic- cola influenza. Quindi la disposizione da noi riferita riunisce al pregio della semplicità eziandio quello della tenuità delle aberrazioni residue pei raggi paralelli all' asse ; a ciò si ag- giungCj che è anche tolto all' incirca il contorno colorato in quanto che questo può derivare dalla decomposizione dei rag- gi principali di media rifrangibilità ; imperciocché la lente di correzione produce in essi all' incirca l'effetto di un vetro pianoj piccolissima essendo la differenza fra le opposte distan- ze focali della seconda e della terza lente , la qual cosa £n- che sì manifesta dall'equazione (ra)' del n.° i. che è sensi- bilmente soddisfatta. Sembra quindi tale costruzione dover pre- durre in pratica un buon effetto ; ciò non pertanto è da os- servarsij che esigerà questa una grandissima diligenza, giac- ché è facile convincersi dalle cose precedenti, che le aberra- zioni di rifrangibilitàj e di figura variano fortemente per pic- cole alterazioni date ai raggi delle lenti di correzione, e quin- di un piccolo errore in questi può esercitare una pericolosa influenza. Per questa ragione non sembra potersene racco- mandare r uso che per i maggiori cannocchiali, per i quali sì fatta disposizione può divenire molto vantaggiosa , richieden- dosi per essa dei mediocri pezzi di Flint pui-o, come più chia- ramente apparirà dal seguente esempio numerico. i 1 Ir 44^ Teorica degli obiettivi ec. Colle paste di Crown, e di Flint , che hanno servito di base all'esempio precedente, si vuol costruire un grande rifrattore astronomico , il quale abbia i o piedi di distanza focale. I ." Si farà la prima lente di Crown isoscele ; i raggi del- le sue due superficie saranno ^ lo.^ 7.^°^ 2', -^ . Nel nostro calcolo abbiamo portato l'apertura di questa lente ad -i- del- la sua distanza focale; quindi sarebbe = la— poi. e supe- rerebbe quella di qualunque cannocchiale fin' ora costruito. Si potrà diminuire un' apertura così eccedente, e ridurla a g, o IO. poli, con che eziandio gli errori residui di sfericità avranno minore influenza. La grossezza della lente risulterà circa 3. linee. a." La seconda lente si farà pure dello stesso vetro, con- vessa ed isoscele; i raggi delle due superficie dov^ranno es- sere = 0^. 9^°'. a', 384 ch-ca ; la sua apertura sarà di circa 4 poli., la sua grossezza nel calcolo è stata assunta uguale al- la precedente ; ma poca influenza ha nel risultato, se anche risulta un poco minore. 3.° La terza lente sarà di Flint concavo-concava, ed avrà 1' apertura di 4 poi- come la precedente, laddove negli objet- tivi a contatto avrebbe dovuto essere di 9,0 10. poli, come quella della prima lente ; se si lascierà nel mezzo una gros- sezza di circa i . — linee ; cioè circa la metà di quella del- la seconda. Il raggio della prima superficie sarà = o.^ 9.^ 6,'86c. circa quello della seconda . . . . = i. o. 1 1,780. 4.° Le due lenti di correzione si fisseranno, come i co- muni objettivij, in un anello di ottone ; e siccome le due in terne superficie rimangono quasi a contatto per la piccola dil- Del Sic. Giovanni Santini 44? t'erenza dei raggi, per evitare l' immediato contatto verso il centro, e gli anelli colorati che ne risulterebbero, si frappor- ranno fra l'una e l'altra lente tre piccoli pezzetti di foglia di stagno ugualmente grossi, come nei suoi obiettivi praticò Fraunliofer , e si userà ogni diligenza nel centrarle dentro l'anello. Per ultimo in un tubo , intorno ad un' asse comune , si porrà la prima lente ad una sua estremità , e la lente di cor- rezione in modo, che le loro interne superficie siano alla di- stanza di b.P 7.-"''^ 7', 349, ed in modo che tutto il sistema sia esattamente centrato; lo che si potrà verificare i;el mo- do proposto , e praticato da Wollaston per gli objettivi tri- plicati. Tale dovrà essere la disposizione delle lenti, perchè l'o- bjettivo composto produca una immagine chiara , e precisa degli oggetti lontani ; ad esso si adatterà una serie di occu- lari per i diversi ingrandimenti dalla chiarezza naturale fino al massimo ingrandimento che può sostenere , i <[uali si co- struiranno coi precetti , che diffusamente si espongono nel secondo volume della Teorica degli Stromenti Ottici. 448 SOPRA GLI INTEGRALI DEFINITI. MEMORIA DEL ' ' CAV. GIULIANO FRULLANI Ricevuta adX 2.1. Novembre iSag. iNel IV. Volume del suo Calcolo Integrale Euler trattò il primo la formola trascendente / ^'"'^' ^ estesa tra i limiti (^ = o, (^ = 00. In appresso altri geometri distintissimi si oc- cuparono di quella formola stessa , e ciò con impegno tanto maggiore in quanto si riconobbe che varie estese classi di trascendenti ne dipendevano. Io mi propongo in questa Memoria di esporre alcune con- siderazioni non tanto relative alla formola qui sopra citata, come riguardanti altre analoghe trascendenti. I. Per determinare l'Integrale / ^'"''^ '^ ■ tra i limiti (^r=o (^ = OS incomincierò con dividerne V estensione in una infi- nità di parti ; successivamente prendendolo da zero sino a ;rj da SjT sino a 3,t, e cosi seguitando in infinito: ove ir dinota la mezza circonferenza del circolo di cui 1' unità sia il rag- gio. Cosi formeremo una serie infinita e convergente, di cui troveremo facilmente la somma. Infatti noi avremo (p = co ) y ri> / II" U-*-Ì7l) Del Cav. Giuliano Frullani 449 Avvertendo che l'integrale relativo ad u deve estendersi da M = o sino ad u^Tt; mentre la somma denotata dal segno S deve essere estesa a tutti i valori interi e positivi di ì, da i = o, sino ad i = co. Cosi la Equazione precedente si ridurrà alla seguente: r \. i y —»-,._. / ^,j 9,n ,,/ S- ; i ; __ [ i_ ^q 5=0 j f^M^^fdu.sm.u\-^ 5=00 \J

    ■ ^■'^ a.3.4.4 • ec. Del Cav. Giuliano Frollani 4^5 f .1» Ki'^ .■■ ove o esser deve minore di — , e di — ; . ar ar Se supporremo 0 = 0 avremo (p = O ì r dt) = /?^ sarà dunque ancora I onde per ciò che qui sopra abbiamo notato, 1' integrale inde- finito della formola differenziale Fr(p.d(p sarà dato dalla e- quazione /Fr / dxsin. rx =i — a; = co \ •' r ]e quali formolo trattavasi appunto di dimostrare. Questo metodo, estendibile a molti analoghi casi nei qua- li si tratti di funzioni periodiche , può servire a mostrare il legame che unisce alcuni integrali indefiniti ai corrisponden- ti definiti; i quali senza di ciò comparirebbero indeterminati. 7. Vedemmo già nel precedente Articolo 4- come possa determinarsi il valore dell'integrale (Òz=iCoS / p ^ ,. - ì ' e lo trovammo = log. — . ;«,. ,- Questa formola non è che un caso speciale di una assai più generale, come apparirà dall'analisi seguente. Sia data la formola =/- y , -r^-d/p h da integrarsi tra i limiti (p ■= o , (p = — . Differenziando rap Del Gav. Giuliano Frullani 4^9 porto ad r, noi avremo in riguardo della variabilità del se- condo limite, ove F'r(p dinota la funzione -^ . Sarà pertanto dy Trqt Fh i.j . - :; - ■ dr r r . i . . ■ • ■ e passando ai limiti^ e supponendo che al limite (p^o la fun- zione Fr(p non divenga infinita, avremo dy Fo SF r E quindi integrando ' < y =z — Fo.Iog.r-t-C sarà pertanto v, . l^l \ /'!:tó' = _Fo.log.r-4-C La costante G essendo indipendente da r, noi potremo deter- minarla per mezzo della stessa formola / -^^-^ attribuendo ad r un valore particolare. Così se faremo r= i, sarà ^ = O ) f Fifi.difi p (p = h) J ~T~ ~ onde sarà pure, sostituendo, 46o Sopra gli Integrali definiti Per un altro valore / di r avremo parimente ovvero, sottraendo. = \\f'-^-\l=\\f'-^-^oAo,.^. Se faremo h =:coj sarà Io comunicai questo risultato al eh. Plana sino dal i8ai. Suc- cessivamente;, e nel giornale della Scuola Politecnica per l'an- no 182,3 ne ho veduta una dimostrazione dovuta al eh. Gau- chy, e dedotta da principj difFerentissimi dai precedenti. 8. Col metodo qui sopra esposto noi possiam giungere ad altre più generali conseguenze. Consideriamo la formola / JliJÉ. di cui si voglia il va- lore esteso tra i limiti (^ = o, ^ = — . Ponghiamo J =/^# avremo differenziando rapporto ad /• , ed avuto riguardo alla variabilità del secondo limite. Del Cav. Giuliano Frullani 4^^ dr J

    - ; r Del Cav- Giuliano Frullani 4^3 Fr(p = log. COS. r>! :'■(<;'; (p ^ co ) J f ° cos.r'p 7^ a » ' Se ne dedurrà tra i limiti tì = o, 0 = co . , . /" cos.rip — cos.r'p t ^ Z' log.cos.r^ — 1og.cos.rV 7^ Non mi estenderò ad altri esempj , potendo ciascuno da per se stesso supplirvi , non che estendere il precedente metodo ad altri casi in cui la variabile fosse nel denominatore eleva- ta a potenze maggiori. 9. L'analisi di cui ho fatto uso nell'articolo 6. trattan- do le formolo f cos .T(p. drh 'fi"! )■ ove nel secondo membro gli integrali devono estendersi da M = o, sino ad « = oo. IO. L'equazione precedente si trasforma immediatamen- te nella seguente: u u e" . j _J f ~c. l=l\f' ^'Z'-'^^f' '^-■-'^-e-'^o,.chj u-*-bc — e sin.-"^ ' * cos.u.du ■-*/- u-¥-bc ove nel secondo membro i limiti sono m=o, zi=:co. Quindi si deduce che relativamente all' accrescimento in- definito di e il limite dell' integrale :zi\f- — X ■ , e s\n.cx.dx sarà U :^ O \ iiin.udu ___ jt U = co\ J u ~ Noi troveremmo nelle circostanze stesse ; t' t.Airjkoo :=i\f- e sin. cxdx Tomo XX. ■ . 47 466 Sopra gli Integiiali definiti Or noi abbiamo, incominciando gli integrali da h = o, fé COS. hx.dh = e *t|i. ■l'(> i*.» " (xsin.hx-t-cos.hT) j fe''\oUix.dh = e~'' ^^'"'"-r'^-> Se da ambe le parti noi moltiplicheremo per clx, sarà pren- dendo gli integrali in modo che svaniscano per x:=o, '■ //Ì£fÌ2:^£±££!M dx = Aro. tauE.x-^ fJi^ML , ^-y (xsij^^co^^ ^:r= -Arc.tang.x-f-/£jjp^f^ ove gli integrali rapporto ad a; si estendono sino ad x qua- lunque , e gli integrali rapporto ad h sino ad h qualunque pur essi. Se supporremo h infinita avremo dalla seconda equazione — O^) / e \\n.hxdh ^ Arn. tang ^ A = O ) / —^^ 1 i 0'uJ(fi^-;'a ii'i:i\>i:>3; a; = O ì J^ f(xs\n.hx-*-cos.hx)dx a? == CO ) J i-t-j:" Jt Del Cav. Giuliano Frullani 4^7 a? = O 1 "~^ /'(xiin.hx^cos.hx)dx a; = ooÌ ^ J «+^ ° onde trarremo '-' '' ' ^ •* ■ ;i; = O ^ /coshx dx rx&\n.hxdx _£ X = CO i J i-^J:* / '-^^' ii —A e come e noto. ■n Ci, Oli!?;:' ir.) io :>f!'> 468 MEMORIA SOPRA UN GORDOMETRO ED UN TONOMETRO DEL SIGNOR , PAOLO ANANIA DE LUCA BICEVUTA IR GIUGNO MDCCCXXVII. ' PRESENTATA DAL SOCIO SIGNOR ARCIPRETE D. GIUSEPPE MARIA GIOVENE ED APPROVATA DAL SOCIO SIGNOR PROFESSORE GIOVANNI BATTISTA AMICI. 1 rofessare l'arte musicale senza conoscere la tonometria, è lo stesso che professare 1' architettura privo delle cognizioni geometriche. Ciò non ostante ^ mentre l'arte di misurare le quantità di tuono sembra perfezionata, possono chiamarsi for- tunati que' Professori di musica che l'ignorano affatto. Quel- li fra costoro che hanno voluto avvicinarla , non ne hanno riportato se non confusione e false idee. Ecco perchè in que- sto ramo di scibile l'arte si trova tuttavia divisa dalla scien- za: ecco perchè la musica giace ancora nell'anarchia dell'em- pirismo: ecco perchè si vede stazionaria sulla strada del suo perfezionamento. Noi ci siamo occupati d'indagare e rimovere le cagioni di tanto male. La speranza di aver colpito lo scopo ci anima a sottomettere il nostro lavoro alla censura de' dotti. Se costo- ro il troveranno fornito delle qualità necessarie, non ci resta che a farne un regalo agli artisti ed agli amatori del ramo musicale. Se il crederanno meritevole di emendazione, prote- stiamo anticipatamente la nostra riconoscenza verso tutti co- loro che ci faranno rimarcare i falli commessi. Se poi il tro- Del Sic. Paolo Anania de Luca 4^9 vassero affatto indegno di comparire fra le produzioni di que- sto secolo, si ricordino che, essendoci noi proposto il far del bencj non ci tocca la stessa penale di coloro che si propon- gono il far del buono. Tutti i sistemi di musica possono ridursi a due soli: uno proveniente dalla scala naturale, l'altro dalla temperata. Per conoscere le quantità tonoraetriche del primo si ricorre al cal- colo de' rotti ; per conoscere quelle del secondo è necessario far uso de' logaritmi. I professori di musica ordinariamente ignorano questi due modi di calcolare ; ma non è difficile vin- cere un tale ostacolo con poche lezioni ; mentre tutti cono- scono per lo meno il calcolo degl'interi. Supponiamo dunque che i nostri allievi si trovino alla portata di' valersi de' rotti e de' logaritmi: potranno essi con questi soli mezzi acquista- re un' idea chiara ed esatta delle quantità di tuono ? No cer- tamente. Portiamoci sul tonometroj e cerchiamo di formarci un' idea chiara delle sole quantità che offre la scala cromatica na- turale. Noi troveremo a prima vista che le quantità in que- stione vengono espresse dalle seguenti lunghezze di corda 24 . i5 . 9 . 8 . ia5 , 108 . 64 . _5_ . 4 . aS . 3 . i8 . aS . a 'a5 ' 16 ' IO ■ 9 ' 144 ' >25 ' 75 ' 6 ■ 5 ■ 3a ■ 4 ' i5 ' 36 ' 3 ' li : 1 : li : 4. : i^. : ^ : A : ± : 4 : 2| : _L: Fino a che a5 a 5 128 ai6 126 i6 9 i5 48 a tutte queste frazioni non avranno uno stesso denominatore , non potranno somministrarci se non delle idee isolate , rife- ribili alla sola totalità della corda ;, ed insuscettibili di esser paragonate fra loro. Troviamo dunque questo comune deno- minatore. Eccolo 36i^j 102068'^, 154368^, ooocoo'', ooooco'^ ooooco! La semplice pronunzia di questo numero non basta da se sola a spaventare e confondere qualunque privilegiato intelletto? Qual'idea chiara ed esatta potrebbe acquistarsi del- le quantità di tuono risultanti da cosiffatta quantità di corda?... Bisogna dunque convenire che il calcolo de' rotti può„ e de- ve servirci per determinare esattamente le quantità di corda 47° Sopra un Cordometro ed un Tonometro appartenenti alle scale naturali , ma non potrà darci giammai un'idea chiara ed esatta delle quantità di tuono che da quel- le risultano Passiamo alla scala cromatica temperata. Qui sparisce un inconveniente e ne sorge un altro. Qui non si tratta di for- marsi un' idea chiara ed esatta delle quantità di tuono: que- sta sorge naturalmente dalla stessa ipotesi, la quale suppone r intervallo di ottava diviso in dodici parti eguali. La diffi- coltà cade sulle quantità di corda, che debbono produrre que- ste dodici parti eguali di tuono^ propriamente dette sernituo- ni temperati. Non sono più i rotti che possono rappresentare tali quantità di corda, sono bensì de' numeri irrazionali: so- no undici medie geometricamente proporzionali, che giaccio- no tra l'integrità e la meta della corda. Come faremo dun- que per conoscere i rapporti esatti che passano tra le quan- tità naturali e le temperate? L'espediente è facile. L'insigne Sauveur l'aveva di già adottato nel suo sistema generale pub- blicato nel i^oijtrale Memorie dell'Accademia Reale di Pa- rigi. Egli aveva divisa l'ottava in 3oo medie geometriche, le quali unite alla totalità ed alla metà della corda costituiva- no luia scala composta di 3oi ettameridi, applicabile a tutti i sistemi ed a tutti gli stromenti musicali. Questa scala però conteneva due difetti essenzialissimi. Primieramente non essendo divisibile per dodici non poteva servire alla tonometria della scala temperata: secondariamen- te non vi si potevano riportare tutte le gradazioni della scala naturale , senza di uno slogamento sensibile , pel calcolo al- meno se non per l' orecnliio. Noi, dopo non brevi ricerche, abbiamo trovato che, per allontanare questi difetti , bisogna- va adottare come minimo coniun divisore di tutti i sistemi possibili la òia.'* parte dell' ottava. Quindi abbiamo divisala nostra scala tonometrica in 6ia intervalli, che per la loro pic- ciolezza abbiamo chiamati Microcommi. Ma una sola scala può mai servirci per indicare tanto le quantità di tuono quanto quelle di corda? Ecco l'impossibi- Del Sic. Paolo Anania de Luca 4?^ le. Quando trattiamo del tuono, l'intervallo fra a ed i deve essere diviso in 612 parti eguali, e quando trattiamo della corda bisogna dividerlo in 612 parti geometricamente propor- zionali. Quindi la massima imperfezione della tonometria con- siste nel pretendere che le scale destinate a misurare le quan- tità di corda, ci dieno una idea cliiara ed esatta delle quan- tità di tuono a quelle relative. Quindi quell' istrumento che finora è stato impropriamente chiamato Tonometro merita il suo vero nome qual' è quello di Cordometro; e merita tutte le rettificazioni non ottenute finora , perchè guardato sot- to di un diverso aspetto. Quindi le scuole acustiche e mu- sicali mancano tuttavia di un Tonometro. Quindi, restando co- si le cose, la tonometria non potrà giammai fornire tutti que' dati, che sono necessarii ad un uomo di genio per formarsi un sistema d'idee generali, e stabilire una teoria acustica per codice della pratica musicale. Penetrati da queste verità ci siamo occupati ad escogi- tare e costruire due istrumenti: uno col nome di Cordometro l'altro con quello di Tonometro. Entrambi hanno la loro sca- la di óra. niicrocommi analogamente divisa; ed entrambi si corrispondono in modo da potersi risolvere suU' uno qualun- que problema dato sull'altro, senza bisogno di calcolo e sen- za pericolo di errore alcuno. Noi ne faremo rilevare i van- taggi quando parleremo della loro applicazione agli usi neces- sarii. Intanto ci si permetta che, nel farne la descrizione, ag- giungiamo a questa il metodo tenuto nel costruirli; acciò tan- to gli Scienziati, quanto gli Artisti e gli Artefici possano giu- dicare del merito degli ostacoli da noi incontrati , e de' ri- pieghi di cui ci siamo valuti per soi'montarli. CORDOMETRO :.. . : ,.;..■;.,. La cassa di questo instrumento è di forma prismatica ret- tangolare, larga quattro pollici e mezzo, alta cinque, e lunga tre piedi e nove pollici. I laterali sono tutti di massiccio e 47^ Sopra un Cordometro ed un Tonometro secchissimo noce. Il di sopra è ricoperto da una sottilissima tavoletta di acero, e vi si osservano quattro scanalature longi- tudinali a giorno, le quali, partendo dal capo-tasto, corrono fino alla metà dell' istrumento. Il di sotto corrispondente a que- ste scanalature è sfondato; il resto è chiuso da una tavola anche di noce. Tutto l'interno non forma che una sola anima. Nella parte superiore delle due testate vi sono due pia- strine di ottone fatte a squadra , e bene assettate sul legno. Una è trapassata ed inchiodata da quattro pernetti di ottone, che servono a ritenere uno de' capi delle corde; l'altra ser- ve di armatura a quattro viti di richiamo, che sono destina- te a ritenere e tendere le corde medesime dall'altro capQ. Queste quattro corde eguali nella materia , nel peso e nella lunghezza, riposano orizzontalmente, e nello stesso pia- no sopra un capotaste ed un ponticello fisso, entrambi di eba- no , eguali d'altezza, paralleli tra loro, e distanti un metro l'uno dall' altro. A poca distanza dal ponticello fisso, vi è un castelletto, che porta quattro martellini di bosso, destinati ad eccitare le rispettive corde al moto vibratorio, mediante quattro pomet- ti che tengono luogo di tastiera. Le corde occupano la parte media dello strumento , in guisa che vengono a cadere perfettamente sul mezzo delle quattro scanalature , per le quali scorrono quattro ponticelli mobili , destinati a limitare la lunghezza delle corde , senza alterare menomamente la loro direzione. Questi ponticelli mobili sono formati da un cilindretto traforato di cocco, alto quanto il capo-tasto, e leggermente concavo dalla parte superiore: una pallina egualmente di coc- co, trapassata da due fili di minugia ( i quali, dopo aver ab- bracciato la corda e trapassato il cilindretto, sostengono il pe- so di un mattoncello di piombo ) serve a completarne il mec- canismo. ■ '• : \: .:'.': ii' ■ ì Sull'orlo laterale alle scanalature si trovano due scale incise in ottone. Una è la scala cordometrica generale divisa Del Sic. Paolo Anania de Luca 4?^ ne' corrispondenti 6i a microcommi, colle indicazioni analoghe a tutti gl'intervalli possibili, tanto delle scale naturali quan- to delle temperate. L' altra contiene quella sola parte della prima che riguarda 1' accordo temperato degli strumenti a ta- sto fisso , come gravicembali, organi ec. Verso la metà dell' istrumento si trova un altro mecca- nismo destinato ad assicuraisi che la totalità delle corde con- serva l'unissono, nell'atto che si trovano divise in parti di- seguali da ponticelli mobili , onde non rimanga dubbio alcu- no suir esattezza delle esperienze , e delle applicazioni cui ristrumento è destinato. Ma perchè dare una preferenza esclusiva a tutte queste particolarità di costruzione? Risponderemo subito. Essendo indispensabile il saggiare contemporaneamente l'effetto di più tuoni, onde potersi formare un'idea esatta e materiale degli accordi , era indispensabile benanche che il cordometro fosse tetracordo, e non già monocordo come l'an- tico tonometroi quindi la necessità di ottenere quattro corde le quali, messe una volta all'unissono, fossero rimaste permanen- temente in tale stato. Non pctevamo servirci de' pesi tendenti per mezzo di carrucole, perchè le anomalie provenienti dalla rigidezza della corda incarrucolata e dallo sfregamento degli assij rendevano variabile l'effetto della forza de' pesi ; facen- do ristrumento verticale^ non avremmo potuto servirci delle pinzette, essendo impossibile di stabilirne quattro sullo stes- so piano, senza incorrere in una complicazione incomoda e soggetta ad altri non piccoli inconvenienti. Ricorremmo quin- di al ripiego delle viti di richiamo j questo espediente però richiedeva la soluzione di un altro difficile problema; quella cioè di rendere inalterabile le distanze tra i pernetti che ri- tenevano i due estremi delle corde. Incominciammo perciò dal congegnare la cassa in modo che tutte le fibre delle sue parti, senza escluderne le testate, si trovassero nella direzio- ne delle corde, ed ottenemmo così una base inalterabile nel- la sua lunghezza alle variazioni del caldo e dell'umido; co- Tomo XX. 48 474 SoPIlA UN COHDOMETRO ED UN ToNOMETRO struimmo i pernetti di richiamo in modo da non poter sof- frire veruno slogamento dalla trazione delle corde o da qua- lunque altra diversa cagione; conficcammo i pernetti stabili profondamente e forzatamente nel massiccio del legno, dopo averli fatti passare , anche forzatamente, per la piastrina di ottone messa a squadra , acciò non cedessero dalla parte del- la trazione, facendo piaga nel legno. Dietro que&te precauzioni abbiamo ottenuto tanta inalte- rabilità, che da sei anni a questa parte, le quattro corde con- servano ancora il loro perfetto unissono, non ostante che l'i- strumento siasi trovato spesso in balia de' facchini, per esser trasportato da un'abitazione in un'altra. I ponticelli mobili erano opposti direttamente all' esat- tezza somma che noi volevamo nel cordometro. O questi si facevano dell'altezza medesima del capo-tasto e del ponticel- lo fisso, e non sarebbero stati sufficienti per dare al suono la chiarezza e la precisione necessaria ; o si portavano ad un'al- tezza maggiore, e le corde sarebbero state forzate a descrive- re un angolo che avrebbe aumentata la loro tensione. Esco- gitammo i ponticelli mobili da noi descritti, ma questi ci pre- sentarono un altro terribile scoglio. I mattoncelli di piombo facendo gravitare fortemente i cilindretti sopra i tre listelli che separano le quattro scanalature, richiedevano che questi listelli fossero molto più profondi che larghi. Il legno non era indicato per questo lavoro, perchè inabilitato a curvarsi nel- la profondità , si sarebbe curvato lateralmente , con sommo danno del parallelismo indispensabile tra le corde e le scana- lature. Le verghe metalliche si opponevano alla inalterabilità della lunghezza; bisogtiava dunque trovare un altro espedien- te, e fu questo. Prendemmo delle sottili e secche assicelle di faggio, e dopo averle ben piallate ed esiccate al forno, le pas- sammo alla trafila fino alla grossezza di circa un terzo di li- nea ; allora riscaldate di nuovo fortemente le abbiamo incol- late r una suir altra fino alla spessezza necessaria, e così ab- biamo ottenuto delle verghe composte di legno talmente ri- Del Sic. Paolo Anania de Lucia 4?'^ gide ed inalterabili, che avendo con esse formati i tre listel- li, non vi abbiamo ancora osservata veruna minima alterazione. Ma i ponticelli mobili, trovandosi ad una certa distanza dalle scale, abbisognavano di una norma per esser messi con precisione alle determinate distanze dal capo-tasto. Qui la stes- sa disposizione delle parti ci somministrò prontamente un fa- cile e comodo ripiego : essendo i fianchi dello strumento pa- ralleli fra loro ed alle corde , non bisognò che costruire una picciola squadra di ottone, fatta a martello, e con un batten- te dalla parte della testa. Applicando questo battente contro uno de' fianchi del cordometro, e facendo correre un lembo della squadra fino al grado cordometrico che si richiede , i ponticelli portati fino al contatto di questo lembo determi- nano eguali lunghezze di corda. Restava ancora un certo voto nel nostro spirito circa gli accidenti imprevedibili che avessero potuto alterare lo stato unissono delle corde, nell'atto che i ponticelli mobili si tro- vavano distribuiti in diverse distanze. Riportare i ponticelli al capo-tasto, sarebbe stato lo stesso che assicurarsi dell'esat- tezza de' dati dopo fatta l'esperienza ; oltrecchè sarebbe sta- to di sommo impaccio il fare andare e venire i ponticelli in ogni esperienza , mentre la maggior parte di queste richiede la mossa di un solo ponticello. Ecco perchè ci piacque ag- giungervi un meccanismo mediante il quale, mentre i ponti- celli si trovano nella loro posizione qualunque, noi possiamo assicurarci che la totalità delle corde si trova costantemente air unissono. Questo meccanismo è stabilito sugli stessi principi! de' ponticelli mobili, e diflTerisce solamente, per essere un sol ponte che limita ad un tratto quattro eguali porzioni di cor- da. Se queste quattro porzioni si trovano all' unissono è chia- ro che le corde intere debbono esserlo egualmente. Non ci resta che a parlare della scala generale , giacché dicemmo esser l'altra un semplice estratto della prima. Pren- demmo il numero ioo,occ come rappresentante la totalità del- la corda, e ci servimmo della edizione stereotipa delie tavo- 47^ SoPflA UN CORDOMETRO ED UN ToNOMETRO le di Callet per determinare la progressione geometrica cor- rispondente ai óra microcommi di questa scala. Fin qui la cosa era facilissima: non si trattava che di farsi una legge per serbare le dovute proporzioni , e questa legge esisteva bella e fatta nel più perfetto codice del mondo. Ma l'esatta appli- cazione di questa legge ! Ecco il veprajo. Dividere un metro in centomila parti, vale dividere un millimetro in cento porzioni. Qual occhio, qual mano, qual compasso^ qual bulino può cimentarsi a tale operazione? In- tanto non potevamo arbitrarci a costituire un numero meno forte perchè sarebbe sparita quella esattezza matematica, che i dotti avean diritto di richiedere in un lavoro di questa na- tura. Ci risolvemmo quindi ad immaginare ed eseguire una macchina mediante la quale avremmo potuto tener conto ben- anche de' quarti di centomillesima se mai ci fosse stato ne- cessario. Con questa macchina che divide ed incide da se so- la, in tutte le proporzioni che si richieggono , dividemmo la nostra scala cordometrica ne' corrispondenti microcommi. Ne' margini di essa scala, oltre la numerazione de' microcommi per decine e mezze decine , vi si trovano marcati benanche tutti i gradi delle scale naturali e temperate, colle corrispon- denti frazioni, indicazioni ec. ■ ' ' TONOME T RO. - • ">' '' Per avere una scala tonometrica corrispondente all'indi- cata, bastava dividere una linea qualunque in 612 parti egua- li, e contrassegnarla colle stesse indicazioni. Ciò non ostante trovammo vantaggioso che la lunghezza di questa fosse egua- le a quella della cordometrica; tanto per favorire il passag- gio materiale delle idee dall'una all'altra, quanto perchè con questa lunghezza i microcommi venivano ad occupare il mi- nimo spazio compatibile colla maggior chiarezza delle divi- sioni. ; '■ -• ; ' ■'.■..■.: Osservammo però che questa scala non poteva limitarsi Del Sic. Paolo Anania de Luca. 4?? come la prima ad una sola ottava ; mentre in questo caso non sarebbe stata applicabile alle dimostrazioni de' cicli delle con- sonanze, della necessità degli accidenti e del modo onde di- stribuirli, del sistema massimo de' Greci, delle successioni de- gli accordi, e di tanti altri problemi e teoremi che riguarda- no un intervallo maggiore dell' ottava. Allungarla di vantag- gio sarebbe stato lo stesso, clie faile perdere quell'unico col- po d' occhio che è tanto giovevole negli strumenti di tal fat- ta: diminuire i microcommi era un impossibile ; bisognò quin- di ripiegare. Invece di far la scala retta la facemmo circo- lare. Ecco perchè il tonometro consiste in un quadrante di ottone di nove pollici di diametro, in mezzo al quale gira con- centricamente un disco di ferro largo sette pollici ; ma il pia- no di questo è inferiore a quello del quadrante di circa un quarto di linea, corrispondente alla spessezza di un altro di- sco di cartoncino, che deve esservi sovraimposto. La scala è tracciata sul lembo interno del quadrante, suU' esterno sono contrassegnate le corrispondenti indicazioni. Il grado zero coincide col 612.° Nel centro del disco vi è un buco , per lo quale passa- no i perni destinati a tener fermo il Rappresentante . I rappresentanti, così detti perchè rappresentano le quan- tità di tuono che vogliono misurarsi, consistono in tanti di- schi di cartoncino eguali in larghezza a quello di ferro , ed in grossezza alla differenza che passa fra il livello del qua- drante e quello del disco. I perni sono due: uno con testa piana ed analogamente centrato e segnato, onde poter descrivere facilmente su i rap- presentanti de' cerclii concentrici, o delle spirali secondo oc- corre: l'altro termina con un bottone, ed è destinato per tut- te le altre operazioni , tranne le due indicate. La punta di entrambi termina a vite, onde poterli stringere e fissare con una chiocciola sul disco. In fine vi sono due alidade staccate dall' istrumento, e 4"^ Sopra un Cordometro ed un Tonometro destinate a tirare sui rappresentanti de' raggi corrispondenti alle gradazioni del quadrante. Premessa questa descrizione è facile il concepire. i.° Glie ogni cerchio segnato su di un rappresentante fi- gura come un intervallo di ottava, diviso in quelle parti che si vuole dall'intersezione de' raggi, che vanno a finire sulla scala del quadrante, e che noi chiameremo dati. a.° Che molti cerchi concentrici coi rispettivi dati met- tono sotto un colpo d' occhio i diversi rapporti, che possano avere fra loro diverse ottave diversamente divise. 3." (jhe nello stesso modo due o più giri di spirale pos- sono rappresentare due o più ottave di seguito. 4." Che quando trattasi di una o due ottave solamente, possono segnarsi su i rappresentanti le intere portate musica- li colle corrispondenti note , e cosi mettersi in un contatto immediato l'idea dell'essenza delle note con quella delle quan- tità di tuono che rappresentano. 5." Che facendo girare il rappresentante, gli stessi dati possono esser sottoposti a tutte le analisi e le sintesi possi- bili, dalle sole indicazioni del quadrante. ; : A questo modo il nostro tonometro può servire senza limite alcuno a tutti i quesiti non solo della tonometria astrat- ta, ma benanche dell'applicazione di questa all'armonia ed alla melodia. Vogliamo formarci un' idea chiara ed esatta de' sistemi musicali de' Greci, degli Egizii , degli Arabi, de' Cinesi, de' Turchi, de' Persiani, di Guido, di Sauveur, di Lemme Rossi e tanti altri? Vogliamo conoscere a colpo d'occhio, e con ogni precisione cosa sia il sistema moderno diatonico, croma- tico , enarmonico, o misto? naturale o temperato? Vogliamo guardar da vicino e nella loro essenza i tanti tetracordi di Pittagora, Aristosseno, Didimo, Archita, Tolommeo, Eratoste- ne ec? Vogliamo considerar nettamente il merito de' penta- cordi, degli esacordi, degli ettacordi, e de' tetracordi con- giunti o disgiunti? Non dobbiamo che tracciare i nostri da- Del Sic. Paolo Anania de Luca 479 ti su di un rappresentante, e lasciare all' occhio ed alla ma- no il compiere il resto. Trattasi di sommare, dividere, sottrarre o moltiplicare un intervallo qualunque, immaginario o indicato dal cordometro? Basta metterne i dati sul rappresentante perchè l'operazione sia fatta con una semplice mossa di mano. Si vuol conoscere la necessità degli accidenti, il perchè dell'ordine loro, l'uso da farsene senza abusarne? Basta se- gnare una scala diatonica sopra di un rappresentante, e con- siderare successivamente ciascun grado come tonico. Sarà questione sull'origine della scala naturale, sull'inver- sione delle consonanze e dissonanze , sul prodotto de' cicli che da queste risultano ? Basta un rappresentante destinato all' oggetto. Vorrà sapersi del merito de' diversi accordi , della loro originalità o derivazione , della loro posizione retta, rovescia- ta o confusa? Non bisogna che un analogo rappresentante. In somma coU'ajuto del nostro tonometro un allievo qua- lunque può apprendere a colpo d'occhio e nettamente tutto quello che un Professore peritissimo nelle matematiche non può concepire se non astrattamente, isolatamente, con molta pena , ed in moltissimo tempo: circostanze che riunite insie- me portano immancabilmente secoloro la confusione e la noja. Il tonometro dunque è l'unico mezzo per acquistare tut- te le cognizioni relative alle quantità di tuono considerate nel loro vero essere. Ma come si fa per passare alla testimonian- za dell' udito ? Basta volgersi dal tonometro al cordometro. Quella stessa quantità di commi , che ha servito per vedere e considerare l'effettiva quantità di tuono nel primo, servirà per sentirla e considerarla nell'altro. In questo invece di se- gnare i dati sul rappresentante, condurremo i ponticelli mo- bili alle corrispondenti distanze , e tocchei'emo le corrispon- ti corde. Ci si potrebbe obbiettare che per avere un' esatta reci- procanza tra il tonometro ed il cordometro, bisognerebbe che 48o Sopra un Cordometro ed un Tonometro anche quest'ultimo fosse indeterminato nella lunghezza del- la scala e nel numero delle corde. Questa obbiezione non sa- rebbe né giusta né a proposito; non tutte le cose abbiso^^na- no dello stesso grado di perlezione; ciò che forma la perfe- zione del tonometro formerebbe una imbarazzante superfluità nel cordometro. Tra gli usi cui quest' ultimo è destinato, vi è quello di poter accordare con esso tutti gli strumenti a ta- stiera, come organi, gravicembali ec. secondo qualunque siste- ma, e colla semplice pratica di saper mettere due corde all' unissono. Quindi tutte le volte che si tratta di sentire l'effet- to melodico di più d'una ottava, o l'armonico di più di quattro corde , se non troviamo nel cordometro un' estensione corri- spondente , vi troviamo in sua vece il mezzo facilissimo da sentire l'effetto richiesto da un gravicembalo qualunque: nell' atto che se del cordometro volesse farsene benanche un gra- vicembalo , non si potrebbe se non a costo di tutte le altre qualità che gli sono indispensabili, e che sono compatibili so- lamente colla sua semplicità. ' Spiegazione della Tavola prima. Fig.'* i ." N.° i.° Cordometro veduto dalla parte superiore, e ridotto alla sedicesima parte della sua effettiva grandez- za. I ponticelli mobili sono disposti per dare l' accordo perfetto. Il meccanismo per assicurarsi che le corde sono alTunissono non è in azione. Le due scale mancano delle corrispondenti divisioni ed indicazioni, attesa la loro pic- ciolezza. Fig.*^ I." N.° 2,.° Taglio verticale del Cordometro. Vi si vede allo scoperto un ponticello mobile. Il meccanismo per as- sicurarsi che le corde sono all' unissono è nella sua po- sizione attiva. Fig." a." N." I ." e a." Squadra per determinare le distanze de' ponticelli mobili, veduta di faccia e di lato. Fig.'* 3. N.° i.° Taglio verticale di tutto il meccanismo di un .yai /// fìa J A^iim 2 !Ì\ ìFco. j Nu / 1 & o o o 0 ^^^^ — rt ' ^Z3 =^T=^ --.^ fùm ^^^ .y^ ,^%/ ^^xx. .//^ fé'TT? y^t?^ ^Sf L /'la. ^.JVam/ /^t^. 2 JVum 5. 1^^ r ir /^la /.JViim : ± /7> J yV'J/ L' ,7i, /// I 5^' r/ «^ ^'9 4 F,a 7 A. ^'S '-^ ^ /e /^^/- ^/e//a ./*^ .^^/ ^y .VV..>^/-« yia^ e ^ /-/ V /' ta 6 . l ///// ^ A'ta. é ^ \'u/ k /,y,Ì. /-.^ i. /w ^ \m ^. % ^'f 4 P^ -^^4««^ ^'if. r.A'a / , \ Del Sic. Paolo Anania de Luca. ^8i ponticello mobile. Vi si vede l'uncinetto del mattoncel- lo di piombo in mezzo a due altri pezzetti di ottone ri- coperti di velluto, i quali servono per impedire al mat- toncello il moto di rotazione, senza nuocere alla nettez- za del suono. Fig." 3." N.° 2.° Taglio orizzontale del mattoncello suddetto. Spiegazione della Tavola Seconda. Fig." i." Tonometro ridotto a un quarto della sua grandez- za. Vi si vede applicato un rappi'esentante destinato al- le dimostrazioni relative alla scala diatonica naturale. Fig." 2,.'^ 8." IO." Tre altri rappresentanti, ridotti alla quar- ta parte del loro diametro , e destinati a dimostrare ri- spettivamente quanto concerne il ciclo delle terze mino- ri, il ciclo delle quinte, e la scala cromatica temperata. Fig." 4-'^ Disco di ferro, sul quale si adattano i rappresentan- ti, ridotto anch' esso alla quarta parte del suo diametro. Fig." 6." N." 1.° e a." Perno destinato a tracciare i cerchi e le spirali sopra i rappresentanti, veduto di lato e di fronte. Fig.* Y'" N-° '•" ^ ^° Pi'ospetto e profilo del perno che ter- mina a bottone, e che serve a far girare i rappresentan- ti in mezzo al quadrante del tonometro. Fig.* 5." N." i." e a. 0 Prospetto e profilo della chiocciola de- stinata a fermare i rappresentanti sul disco di ferro, me- diante uno de' due indicati perni. Fig." a.^eg.*^ Alidade destinate a tracciare i dati sopra i rap- presentanti. La prima è fatta per girare intorno al per- no a bottone , la seconda per girare intorno all' altro perno. Tomo XX. 49 482 SULLE SUPERFICIE GENERABILI DAL MOVIMENTO DI UNA LINEA PIANA QUALUNQUE . MEMORIA DEL DOTI. GASPARE MAINARDI SUPPLENTE ALLA CATTEDKA DI MATEMATICA PURA ELEMENTARE NELl' I. R. università di PAVIA , . PRESENTATA DAL SOCIO , ; SIGNOR PROFESSORE CONFIGLIAGHI '. IL XX SETTEMBRE MDCCCXXIX. ED APPROVATA DAL SOCIO ■ . . ■ - .'■. ■ ,:..■>■.■ SIGNOR PROFESSOR MAGISTRINI Oe una linea piana si move nello spazio, e nello stesso tem- j pò varia di grandezza con qualsivoglia legge, genera una su- ' perfice tale , che la sua estensione e quella dei solidi termi- nati da essa comprendono^ pressoché tutte le grandezze geo- | metriche delle quali finora si è stabilita la misura. Infatti va- i riandò la natura di quella curva, e moderando diversamente le leggi del suo movimento, potranno venir generate le super- ficie coniche, cilindriche, anulari, le superficie gobbe, quelle ! del secondo ordine, le superficie sviluppabili, e simili. i Quando poi la linea generatrice è retta, un punto il qua- ! le scorra lungo della medesima con legge determinata, descri- I vera nello spazio una curva la quale , per rispetto ad un al- tra che dirigga il movimento di quella retta , potrà rappre- sentare molte di quelle linee la cui importanza attrasse mag- Del Dottor Mainardi ^83 giormente l'attenzione dei geometri. Per tal modo infatti po- tranno venir generate le evolventi ed evolute di Huyghens e di Monge, le curve parallele di Leibnitz, le linee dei cen- tri osculatori, quelle di curvatura sierica ecc. Nella presente memoria per me si svolge questo importan- te argomento; cioè si offrono le forinole per descrivere e mi- surare le estensioni nominate, qualunque siasi la legge della loro generazione , quindi percorrendo i casi particolari della maggiore importanza, si ottengono i risultamenti noti ed altri ancora che forse misi devono interamente. Tali sono, a cagion d' esempio , le espressioni della estensione e curvatura delle evolventi ed evolute, della linea dei centri osculatori, e dell' evoluta per il piano di una linea data qualunque: alcune re- lazioni semplici che regnano fra lo spigolo di regresso di una superficie sviluppabile ed una linea qualunque tracciata in essa, d'onde si desume l'equazione delle linee brevissime di quella superficie, la quale equazione si riduce alle quadratu- re; poi si ricavano la famosa teoria delle sviluppate di Mon- ge, e gli eleganti teoremi di Lancret. Finalmente si dà una nuova estensione al famoso teorema di Guidino , cioè si ge- neralizza la regola insegnata da Archimede per misurare la so- lidità del cono ordinario. Avrei potuto applicare le formolo trovate in questa me- moria a molte ricerche particolari, ma la quantità delle me- desime e la prolissità di alcuni calcoli mi hanno determinato a fare di queste 1' argomento di un altro lavoro , che mi fa- rò sollecito di pubblicare. PARTE PRIMA. DELLE SUPERFICIE GENERATE DAL MOVIMENTO DI UNA LINE*. RETTA PROPOSIZIONE PRIMA. - Una retta si mova nello spazio in maniera che un pun- to individuato di essa percorra una linea data, o roti intorno. 484 Sulle Superficie ec. a questo punto con legge determinata qualunque , e nello stes- so tempo un punto scorra lungo la retta generatrice pure con data legge: mi propongo di trovare le equazioni della super- ficie e della linea che vengono generate dal movimento di quella retta e di quel punto. I punti e le estensioni che mi occorrerà di considerare in appresso, le supporrò riferite a tre assi ortogonali Gx, G/, Gz; colla traccia Gg rappresento una curva qualunque cui sia tangente l'asse Gx; con MG la retta generatrice consi- derata nella posiisione primitiva, e con MP, PQ, GQ le coor- dinate del punto M. Si conduca la retta MQ, e si supponga- no Ang.°MGQ = Z», Ang. MQP=fc7. Fingiamo poi che moven- dosi la retta GM, il punto G della medesima scorra lungo la curva Gg., e tragga seco gli assi coordinati ^ per modo che ]' asse Gx sia sempre tangente alla curva diietrice Gg, ed il piano jGz non roti intorno a quell'asse. Giunto l'estremo G in g ed M in m, supponghiamo che gli angoli^ b, o divengano ri- spettivamente è-+-a, o-^d; ove considereremo a, d quali fun- zioni determinate della lunghezza dell' arco Gg. Ponghiamo quest'arco Gg = s, gm^m, e chiamiamo x, y, z le coordinate del punto ??t ; p, q, r quelle del punto g; e finalmente rappresentate con gx" la retta tangente in g la curva Gg, con gx' la sua projezione sul piano delle rette gx, gz rispettivamente parallele agli assi Gx , Gz ; supponiamo Au^.°xgx =h, Ang.Vgx"=: ^. Ciò posto immagino condotta pel punto G una retta GM'= m per la quale le coordinate del punto M' siano M'P'=z", P'Q'=y', GQ'=.r", Ang."JVI'Gx=Z*-Ha, Ang.^M'Q'P^o -1- 0 ; e scrivendo per brevità o ed a in luogo di o -t- 0, a-\-h avremo a;''= TOCos-a^ 7"= wsen.acos.Oj z"= 7«sen.asen.o Fingiamo ora che il sistema delle rette Gx , G/, Gz, GM' si disponga in maniera che il punto G cada in g, 1' asse Ga; si adatti a gx\ né accada rotazione intorno al punto G. E chia- ro che la retta GM' si confonderà colla generatrice gm. e le Del Dottok Mainardi ^85 coordinate del punto m per lispetto a questi assi saranno x" , y'\ z" . Ciò posto l'asse Gx considerato in questa posizione si mova ora nel piano x'gx traendo seco gli altri due finché si adatti alla retta gx , senza però clie accada rotazione intorno ad esso, e supposte x\ y\ z, le coordinate del punto m ri- spetto agli assi primitivi Gx ec. considerati in questa terza posizione, avremo facilmente x=. x'cos.k — /"sen./i, y= x"sen.k -^ y'cos.k, z'-^z". Supponghiamo per ultimo che gli assi Gx ec. vengano rimos- si ancora dalla terza posizione, l'asse gx si avvicini a gx nei piano xgx\ finché si confonda con esso , e tragga con se gli altri due assi senza altro moto di questi. Siccome x — p,y — q, z — r sono le coordinate del punto m rispetto a quest' ultimo sistema di assi, quindi avremo x—p^x'cos.h — z'sen.h, y — q-=.y , z — r'=.xi&xi..h-\-zcQ%.h. Eliminando ora dalle equazioni trovate le quantità x\ y' ec. x" ec. si avranno x=p-\-mco?,.aco%.hcoi,.k — msen.a(sen.Asen.a-f-cos./iSen.A:cos.o) (') / = ^-i-/?zcos.asen.^-t-TOsen.acos.Acos.o , . z = /•-»- mcos.asen.Acos./; — 772sen.a(sen.Asen.Acos.o — cos.Asen.o) ove gli angoli A, e k si determinano mediante le equazioni (2) cos./icos./t= /JÌ, sen./jcos.A=fó), sen./t =(§) . ■ Ora tutte le volte che le quantità/?;, «7, r, a ed o saranno date in funzione di s, eliminando ?/z, ed s da quelle equazio- aì, la risultante rappresenterà la superficie generata dalla ret- ra GM. Se poi il punto M scorre lungo la retta generatrice, espressa la lunghezza variabile m in funzione di s, eliminan- do dalle equazioni (1) questa quantità $, si avranno due risul- ^86 Sulle Superficie ec. tanti dalle quali verrà rappresentata la linea descritta da quel punto. Per indicare con un esempio facile e comune 1' uso di quelle formole, fingiamo che si voglia trovare l'equazione del- la superficie generata da una retta, la quale si appoggia co- stantemente sopra altre tre rette date. L'asse Gx sia una di queste direttrici, 1' asse Gj sia il prolungamento della minima distanza di quella retta e di un altra direttrice, le cui equazio- ni siano X = Az, y = D; e suppongliiamo la terza direttrice rappresentata dalle equazioni x'=.Mz'-\-N, y'=Pz'-^-Q. Suppo- sto nel caso presente , che la linea Gg sia lo stesso asse Gor, avremo ^=o_, r=o, h=o, k=o e le equazioni (i) fijrniranno X ==p-i-mcos.a, y ■=. wsen.acos.Q, z = msen.asen.o quindi indicando con /??, m' le parti della retta generatrice in- tercette fra 1' asse Gx ed ognuna delle altre due direttrici avremo p -+- mcos.a=.Amsen.asen.o, msen.acos.o = D p -4- m'cos.a = Mm'sexìMsen.o -+- N , ,., ,1, V /«'sen.acos.o = P/^z'sen.otsen.o •+■ Q. Eliminando ora m ed m si ottengono /;cos.osen.a = D(Asen.osen.a — cosa), {p — N)(cos.o — Psen.o)sen.a= Q(Msen.osen.a — cos.a) , e siccome tang.o = — , cos.a= ^^^, 7n=|/'{(.i: — pT-^X^~^^^) quelle equazioni si trasformano nelle seguenti, p{y — D) = D{Az — x), (/? — N)(7 — Pz) = Q(Mz — :f-i-/7) da cui eliminata p si ottiene per la superficie di cui si trat- ta, la seguente equazione [D{Az-x)—^{y—D)]{y—?z)=Q[{Mz-x){y—T>)-i-D{Az-x)]. .,. Del Dottor Mainardi 4^7 Mediante le nostre equazioni si risolvono molte questioni re- lative alla superficie considerata, sulle quali però non ci dob- biamo trattenere. 'PROPOSIZIONE SECONDA '■"- r.-.-' SI DOMANDA LA LUNGHEZZA DELLA LINEA CONSIDERATA j NELLA TROPOSIZIONE ANTECEDENTE. Formando le derivate , per rispetto ad s delle equazioni (i), nell'ipotesi che ?n sia funzione di questa variabile, ed in- dicando cogli apici quelle derivate che non si possono effet- tuare, secondo il metodo delle funzioni analitiche di Lagran- ge, si ottengono cos.Acos.A-f-w^'(sen.asen.7zsen.^cos.o — sen.acos.Asen.o — cos.asen./tcos.A)— mA'(sen.acos7iCos.Acos.o-(-cos.acos.y^sen.A;)j -i-Tn6'sen.a[cos.hsen.kseii o — sen./icos.o)-t- — ( a: — p ) — wa'[sen.acos.Acos.^ •+• cos.a(sen.^sen.o-t-cos./isen.A;cos.o)] (3) 7=sen./;-4-m/;'(cos.acos./;— sen.asen.Acos.o) — w^'sen.cccos.Asen o -H — (/ — q) — wa'(sen.asen./:.^cos.acos.Acos.o) r -) ^ sen.hccs.k-i-mh'{cos.acos.hcos.k — sen.acos.Asen.A;cos.o — sen.asen.Asen.o) — m^'(cos.asen.Asen.A-)-sen.asen.Acos.Acos.o)i (-t- W0'sen.a(sen./isen./:sen.ra -+- cos.^cos.o) -j- — (z —- r) — ma[ sen.asen.hcos.k H- cos.a{sen.hsen.kcos.o— cos.Asen.o) ] Rappresentando ora con v la parte della linea cercata com- presa fra i punti M ed m , quadrando le equazioni (3) , poi sommandole avremo 488 Sulle Superficie ec. i-^m'h'^[{cos.acos.k — sen.asen.A;cos.o)''-f-sen.'^«sen.°o] -{-Tri^k'*{i — sen.'^asen.='o)-Hw'0''sen.*a — 2.7/1/1 sen.acos.ksen.o ^'i_-_l — 2.7nk'sen.acos.o-^-2,m^h'k'sena$eno{sen.acos.kcos.o-i-cos.asen,k)\ — aTO'^^'A'sen.a(sen.asen.A; — cos.acos.Acos.o) — 2.m'd'k'sen.acos.asen.o-^m''*-\-ìn^a'^-i-2,[mcos.a') H- 2m^a'(h'cos .ksen.a •+- ^'cos.o) da cui, dopo alcune facili riduzioni, si deduce u"'r= [sen.a — m{a -^ h'cos.ksen.o -h- k'cos.a)Y (4) -^ìn'ldsen.a — A'cos.aseno. — ^'(sen.asen.^ — cos.acos.itcos.o)]» -H ( 7}icos.a )'' . ,.,' PROPOSIZIONE TERZA. Proponiamoci di determinare la tangente ed il raggio oscu- latore la linea considerata nella proposizione seconda , corri- spondenti ad un punto individuato qualunque della medesi- ma linea. Formando le derivate per rispetto ad s delle equazioni (a) si ottengono p"= — Iisea.hcos.k — k'cos.hsen.k, q"-= k'cos.k, ■ r'=h'cos.hcos.k — k'sen.hsen.k . .^, , p"'=: — /l'sen.hcos.k — ^"cos.^sen.A — (h'^-i-k'^)cos.hcos.k •+■ ^h'k'sen.hsen.k q"= k"cos.k — k"^sen.k ' \ r"= h"cos.hcos.k — k"sen.hsen.k — [h'^-^ k"')sen.hcos.k — !ih'k'cos.hsen..k ■. da cui si desumono I A.' Del Dottor Mainardi 489 p'q"—p"q':=zk'sen.hsen.kcos.k-^k'cos.h, r'p" — r"p'=—h'cos,''k, q'r" — q"r'=: h'cos.hsen.kcos.k-^ k'sen.h. Indicato poi con R il raggio osculatore; con e', i' le deriva- te degli angoli di prima e seconda flessione della curva Gg, avremo ^ =p"'^ q"'-+- r"= k"-i- h'^cosrk e i — {pq—pq)r -^{rp—rp)q ^{qr—qr)p = {lì'k' — Kk!')cQSi.k — (iA'"-H lì' co?, .' k)h' sen.k. ;jr| Ciò posto, essendo 2^^, ■'-H^ SZLl i coseni degli ansfoli cora- presi dalla retta m e dagli assi coordinati, ed R/?", R^", Rr" le quantità analoghe per la retta R; rappresentando col sim- bolo R.m r angolo compreso da quelle linee^ con ms.Vt.s l'in- .'..'.'.! clinazione dei piani che passano l'uno lungo le rette m ed s; l'altro lungo le rette R ed ^ ; della quale indicazione userò sempre in appresso; si avrà Il * 1 (5) cos.V..7m=l[p'\x^p)-^q"{y-q)^r"[z-r)\ = Rsen.a ( h!cos.ksei\.(o ■+- k'cos.o ), "^ e dalla trigonometria sferica avremo cos.K.m=sen.acos.m5.Rj. *• ^ Siccome poi, indicato con m.Rs V angolo formato dalle rette m col piano Rs si ha cos/m.Rj= cos.^^a-Hcos.^R-w, onde sen.''w.Rj=sen.^acos.'^R.m, quindi avremo (6) sen./Tz.R^ = Rsen.a(A;'sen.o — ^'cos.A;cos.o) tta:):,.- Tomo XX. 5o '5 49° Sulle Superficie ec. Ciò premesso , osserviamo che le equazioni dei piani i quali si segano lungo la retta m, e passano rispettivamente per le tangenti le curve s g v sono {r(y -q)- q'{^ - rW -p) ^ [p\^ -r)- r{x -/;)] X{Q-q)^ [q\x-p) ~p\y-qm-r) = o b'iy — q) —y{z — r)\{X — x) -h [x\z — r) — z\x —p)] X (Y -y) -4- {y'{x -p)-x( y - ^)](Z - z) = o purché P, Q ecc. X,, ecc. rappresentino le coordinate di un punto qualunque dell' uno e dell'altro piano, avremo quindi il coseno dell'angolo compreso dai piani medesimi^ cioè COS. mv. ms = ili J, '!• [r'(r - y) - 9'(z-'-)][='( Y^q)—y'(z~-T)-]^[pf(z-T)—T'{x—p)][Az-T)—z'(x—p)-ì-^ec. \/\iAy-q)—q')(z-T)-\^-^[p\z—T)—T\x—p)y-i-tc.]^{{z'(Y—q)—y'(z—r)Y^(x\z—T)~.z\x—p)Y-^c.] Ora il numeratore si riduce facilmente alla quantità che segue i^p':,'^qy^^z')[{x-pfMy-qTM^-rn-[Ax-p)-^y'{y-q) ^z\z-r)\[p\x—p)^q\y—q)-^r{z-r)] ed essendo ' .... .,-',,.- , ,;,' ,.:;,' \' ,. livt^.;!:;^:; {x — p)p-^{y — q)q''^ (^ — '■)'■= "tcos.a, p X ^q y ^r £-=i-^{mcos.a)' — msen.a(A'cos.A;sen. -t-A'cos.fj), e dall' equazione [x—pf-^{y—qf-^{z—rf= m", cavandosi {x—p)x'^{y— q)y-¥- {z — r)z'= m{m'-i- cos.a) il detto numeratore si ridurrà ad w*sen.a[sen.a — m{a'-^ /l'cos.Asen.o -*- A'cos.o)]; siccome pei .- ,-, .1. . ;i e; -7- . ■ -w. -.>•:■ Del Dottor Mainardi 49' [r(y^q)^q'{z-r)Y-i'[p'{z-r)-r^ix-p)Y-^ec. [z\y -q)- y\z - r)Y^ [x\z - r) - z'{x - p)Y-^ ec. = m'{x''-i-y^-t- z'') - [x'{x - p) -^/{y- q) -hz'{z- r)f = ni^\v"' — (m'-(- COS. a)"] ' " . avremoj per ultimo sostituendo , , ,, , u ÌI..'0'.I'.m'.ì •=- set) a— m(o-»-/t cos.Ksen.o-l-Arcos.o cos.mv. ms = t/[^'»-(^-co8.^)'] • '"idis Essendo poi co%.m.v= ^ {x\x —p)-^y'{y — q)-^ z\z — r)] avremo la seguente equazione _^ ^ (7) v'.cos.m.v = m:-i-co&.a fnjiniif o,i.>f :. e quindi sarà (8) 'y'sen.??z.w.cos.7?zu.w5=:sen.a — m(a'-f-/i'cos.A:sen.o-t-^'cos.o) Cosi siccome u'.cos.u.j =/?V-l- ^-y'-t- r'z'= I -t- (wcos.a)' '' ''M — msen.a(^cos.A;sen.o -t- A;'cos.o), sarà . ; ■, (9) v'.co?,.v.s= 1 -H (wcos.a)' — ^ cos.R.m. , .^^^. . - L' equazione del piano osculatore la curva Mttz nel punto m è la seguente . . {y'z"^fz'){X—x)^{zx"-z"x){Y-y)^[x'y"—x"y){Z—z)=o ove X, Y, Z rappresentano le coordinate di qualsivoglia pun- to di quel piano. Dunque indicando con p il raggio osculato- re di quella curva, avremo 492' Sulle Superficie ec. cos .mv. pv = [:', Y-q]—y'(2—T)](yz"—y'z')-i-[x'{z-r)-z'(x—p)-\[z'x"—z"x')-^[y\x—p)~'x'{y—q)\(x'y"—x"y') \\/(-\y—q)—y\z-r))*-^[x'(z—r)—z\x—p)Y-^ec..[/[{yz"—j"z')-^-(z'x"-'z"x'f^ec.\ ' ma il numeratore del secondo membro non è altro che [ x\x —p) -4- y\y— q) •+■ z'(z — r) ]{x'x"-+- yy"-¥- z'z") — x"(x—p)-hy"iy—q)-hz"{z — r)]{x"-i-y'^-hz% e siccome formando la derivata per rispetto ad s dell' equa- zione x'{x — p) ■+-y'{y — q) -*-z'{z — r) = m(w'-Hcos.a) si ha x''{x—p)-¥-y"(y — q)-i-z"{z— r)= ~ {m-)"-h a(/7?cos.a)' ■+- i —v"" — wsen.a(/i'cos.Asen.o-t- ^'coso), e sono inoltre " ' " [/[{yz —y z) -h{zx —zx) -i-ec.] = — , \/[{z'{y — 5')— y(z — r))''-^{x'{z — r)~-z'{x — p)Y-i-ec. ^ mv'sen.m.v, per conseguenza sostituendo avremo —. , -. t,-^^ "„ (io) ^^^ sen. m.v. COS. mv.pv = m{m'-¥- cos.a)v" — v'[— {rn^)" -f- a(/?2Cos.a)'-H I — v"" — /«sen.a(/i'cos.Asen.« -f- A'cos.o)] ove sen.m.v.cos.mv.pv=cos.m.p, come risulta dalla trigonome- tria sferica. La ricerca diretta del raggio osculatore p conduce me- diante calcoli prolissi ad un risultamento complicato. Possia- mo per altro ottenerne il valore col seguente processo di cal- colo, che indicherò soltanto, mentre sebbene sia più spedito del primo, pure la formola risultante è del pari complicata. • Del Dottor Mainardi 49^ L' equazione di un piano che passa per 1' origine delle coordinate ed è parallelo alle rette tangenti le curve v ed s nei loro estremi variabili e corrispondenti, è della forma se- guente Z{q'x-py)-^-Y{p'z-rx')-hX{ry—q'z')=o ove X , Y , Z rappresentano le coordinate di un suo punto qualunque. Sarà per conseguenza cos.pv. vs— (q'^r'z'), e siccome mediante le foi'mole riferite disopra si trova p"x'-i-g"y-^r"z'=:m{k"^-\-h'^cos.''k)cos.a-i-{h'cos.ksen.o-hk'cos.o)X [[msen.a)'-^ m{d' — A'sen.A;)sen.a], j perciò formando la derivata per rispetto ad s dell'equazione p'x'-^-q'y-^r'z'=:i-i-[mcos.a)' — 7wsen.a(A'cos.A:seri.o-»-^'cos.o) si otterrà il valore del trinomio /7V-4-^y-4-r'z", e quindi quel* lo della frazione che si considera. Avremo poi anche quello del denominatore osservando che —{p'x'-hgy-^r'z')\ "'"' ' Cerchiamo ora cos. mv.vs^ e siccome sono date le equazioni dei piani mv, e vs si avrà 494 Sulle Superficie ec. cos.mv. vs= {q'x'^py)[y{x—p)-x\x-g)]-^(p'z'—r'x')[x'iz—r)—z'(x—p)]Mry-q'z')[x'(x—q)—y'(z-r^ mv .8«ii m.v l/[ ( q'x'—pYì'-i-l p'z'—r'x' y-t-{ T'y'—q'z'f\ •» Ora il numeratore del secondo membro non è altro che (/;'^'H-^>'-+-/-'z')[x'(^— ;;)-h/(;^— ^)-Hz'(z— r)]— (;c'"-+-y'-t-a") la quale espressione è formata di quantità totalmente cono- sciute. Posto tutto ciò supponghiamo cos.pv.vs=:p.A,cos pv.vm=p.B, cos.mv.vs=G, e siccome Ang°mv.vs=Ang.''pv.vm—Ang.°pv.vs avremo ^- = —-iTl^l^ . ^ ^^ Determinato cosi il valore di p si avrà immediatamente la posizione del piano osculatore ; e quindi si conoscerà tut- to quanto ci siamo proposti di trovare. Corollari . Se la retta m movendosi si conserva tangente alla curva direttrice Gg^ siccome a=o , b=o avremo dall' e- quazione (7) u'.cos.'y..y=i-H/?2', e dall'equazione (4) u ^^ ( I -f- w )'-H p per cui sarà ?;.sen.t;..s = -^ Se inoltre fingiamo Ang.°D..s=90.° saranno i-4-/«'=o e w=^ • Se poi nella ipotesi di oc = o, b = o vuoisi che la lunghezza della retta TO sia costante, avremo v'.co?,.v.s-=z \ ^ v =■ —^ — , d' onde si ricava m-^kt^ug.v.s Se la generatrice sarà ovunque normale alla curva Gg che ne dirigge il movimento, supposti a=:o, b=ii)o'', avremo dalla for- mola (7) v' co?,. m.v=m!, e dalla (9) v'cos.v.s= — Ziiii_ — La pri- ma ne insegna che essendo m costante sarà Ang.''m.u = 90" e viceversa: e supponendo nella seconda Ang.''u..y=o, nel qual caso le curve v eà s sono parallele, si avrà la nota relazione Del Dottor Mainardi ^- Aq5 che regna fra gli archi corrispondenti di due curve di questa specie. PROPOSIZIONE QUARTA. Nella superficie generata dal movimento di una linea ret- ta, che qui si considera, immaginiamo un poligono mistilineo qualunque , e proponiamoci di trovarne la quadratura. Chia- merò S la parte di quella superficie compresa fra un arco qualunque s della curva direttrice, dalle rette generatrici che passano per gli estremi di quell'arco, e da una linea qualun- que Mto tracciata in quella superficie. Rappresenterò con x, /, z le coordinate di un punto m di questa linea arbitraria, con V la sua lunghezza, e chiamata n la parte della retta ge- neratrice compresa fra il punto m e la curva Gg, avremo • ■ (dA/dA _(dx\(dz\hì \(iv)\dn) \dvj\dnl\ J' 1 CO- Siccome poi le derivate |^ì , |^ ì , |^j rappresentano seni degli angoli che la retta tangente la curva v nel punto m, forma cogli assi coordinati, e |^ì, ec. i coseni analoghi re- lativi alla generatrice, e il secondo membro di quella equa- zione rappresenta la funzione sen.v.n e sarà / d^s \ (dv\ Olì !■ .% OJ li •i.\;n ponendo ora nella formola (7) m = e, cambiando m in re, per cui si ha «'cos.v'.ra = cos.a ossia v'.sen.w.ra^ j/z;'* — cos."a, so- stituito quivi il valore di v quale fornisce la formola (4) do- po di avervi supposto m=^n e costante, si avrà 49^ Sulle Superficie ec. (") (-^7^j=[/[(sen.cc — ra(a'-HA'cos.Asen.o-t- A'cos.o))» -+-n'{d'sen a — A'cos.asen.o — A'(sen.asen A— cos.acos./tcos.o))'']. Ciò posto si effettui la integrazione per rispetto ad n il che è sempre possibile. Infatti chiamato B"" il coefficiente di n', A il coefficiente di — 2,«sen.a, e supposto l/[sen^a — aAnsen.a -♦- B^/i"") — Bn = wsen.a, si avrà 7 fi4>0 Ò-. / '^'M — ^en.'>^(B-»-2Au-4-B7/')» si-n.a (B'- A'-Hs»)» 4B5 • gi Fatto poi A-i-Bm=z si ha | ^^ ' -j =• quindi integrando ed eliminando z si avrà (g) = Cost.-i^[(A^-B.)^-;|;^-H4(B^-A^)log(A+B.)]. Si estenda ora questo integrale da « = o fino ad n eguale a quella funzione di s che rappresenta la parte della retta ge- neratrice compresa fra la direttrice Gg, ed uno dei lati dei po- ligono di cui si cerca la quadratura, onde si avrà Cost. = -^ [AB + (B - A^)log.(A ^ B)] . f I-..' 'li; eseguita ora di nuovo la integrazione per rispetto ad i , si estenderà il risultato dall'uno all'altro termine di quel la- to del poligono che si considera. Ripetuta poi una simile ope- razione per ciascun lato di quella figura , nella somma alge- braica delle quantità successivamente ottenute si avrà l'espres- sione dell'area richiesta. Ma in tanta generalità di supposizioni non è possibile spingere più oltre la integrazione. Possiamo per altro ridurre quella ricerca alla misura dell' estensione di una linea, come già usarono in simili indagini il grande Eulero ed altri. Infat- Del Dottor Mainardi 497 ti immaginiamo una curva piana qualunque, per esempio la stessa linea Gg, distesa su di un piano. Fingiamo che una ret- ta scorra con un estremo lungo quella curva e sia tangente ad un'altra linea da determinarsi. Prendo nella curva arbitra- ria un arco di lunghezza s, chiamo v l'arco corrispondente della linea cercata, m la parte della retta generatrice compre- sa fra quelle linee, e À l'angolo formato da questa retta colla curva arbitraria e data. Posti nell'equazione (7) Ang.°m.v=:o, a=À avremo v'=m'-{-cos.À, ossia v^m-i-fcos.Z.ds. Si suppon- ga ora Ccos.;i = '-^ ~9^[ {A-^Buf- 1^: -H4(B-A7og. è±^] , essendo G una costante richiesta dalla omogeneità j ed avre- mo S =Cost -H liZ^ . Ci Dunque descritta la curva v poi misurate le linee v ed m si conoscerà l' estensione cercata. Riguardo poi alla lun- ghezza della retta m si desumerà dall'equazione (8) ponendo in essa ,''"- A=o, o^0:=o, Ang,.°m.v=o, a=^, e si avrà m{k'-i-À')=seiì.À. Corol." I ° Se la superficie sarà sviluppabile avremo A=:B, come fra poco verrà dimostrato , per cui sparirà la quantità trascendente dalla formola che abbiamo superiormente tro- vata. Se la retta m si conserva tangente alla curva direttrice Gg, essendo a-=.b =■ o avremo (^) = V(^''^---=^-^-^'^)=T' « q"^"d'(S) = -Ì-^Cost. Il geometra Tinseau in una memoria presentata all'Ac- cademia di Parigi si propone di quadrare la parte di una su- perficie sviluppabile, quale attualmente si considera , compre- sa fra lo spigolo di regresso, due lati rettilinei^ ed una curva Tomo XX. 5i 49^ Sulle Superficie ec. piana qualunque ; e giunge ad una forinola particolare , più complicata ed essenzialmente diversa dalla nostra. Per compren- dere la ragione di tale differenza si osservi che il Tinseau considera due lati infinitamente vicini di quella superficie com- presi fra Io spigolo di regresso e la linea piana , quindi de- scritto nel piano di essi un arco circolare avente il centro nell'estremo del lato maggiore in cui tocca la curva direttrice, e per raggio questo lato medesimo^ suppone che la parte del lato minore intercetta fra quella circonferenza e la linea pia- na nominata superiormente eguagli il differenziale del lato , menti'e con facilità si prova essere eguale alla somma alge- \ brica dei differenziali del lato e dello spigolo di regresso. Corol." a." Se la retta m tangente alla direttrice è an- 's^ che di lunghezza costante sarà S =— 1 '■^•. e siccome / -^ eguaglia V angolo di contingenza della direttrice medesima , perciò indicato quest' angolo con A avremo S := — A, da cui discende la regola insegnata da Archimede per quadrare la superficie del cono retto. Corol." 3.° Fingiamo che la direttrice sia una retta, per es.° lo stesso asse Gx, per cui saranno /i=^=:o, e supposto costante 1' angolo a, siccome A = e, B=:0'sen.a avremo /gWcost.— ^[M^-~~+-41og.?i0'sen.a] ove u=i/{i^n'&^)-n&. Limitando maggiormente le condizioni del problema, de- sumeremo poi da questa formola le espressioni già trovate da Pergola nell'Accademia di Napoli e da Saladini nell'I. R. Isti- tuto Italiano, per la quadratura della Volta spirale scalena. CoTol." 4'' Supponendo che la linea direttrice e la cur- va limite siano parallele, posti nella formola (9) a = Oj è = 90% Ang. "«;..? = o avremo v-=. i — -^ cos.R.ra, e siccome in questo caso Del Dottor Mainardi ^99 (:S-)=^- ' -i cos.R.;z,avremo(5)=:;._Jl cos.R.n , ed integrando di nuovo S=Cost.-4-ra.^ — 1 — '^ '" ds. Ora nel piano normale alla curva Og, pel centro del circolo oscu- latore si conduca la perpendicolare al raggio R, e si estenda fino ad incontrare la retta n. La parte di questa retta com- presa fra la curva ^ e la perpendicolare ad R, rappresenta un raggio di curvatura della linea ^, onde indicata quella parte con R', essendo R=R'cos.R.«, sarà / ££!^_? Jj= / jr^.e que- sto integrale rappresenta l'angolo di contingenza dello spigo- lo di regresso di quella superficie sviluppabile in cui sono coUocate quelle curve parallele . Avremo per conseguenza S = Cost.-H/z.^ — — I '-ér } <^lie è la formola trovata. a / K. Corolf 5.° Supposta la superficie sviluppabile cioè A=B, si finga inoltre che il punto in cui la retta m incontra la di- rettrice sia il proprio centro di grandezza^ e siano o=:^=o, m ed a costanti. L^ equazione A = B ridurrassi per tanto ad Kcos.[a-^k)=^o^ onde supposto A'=o si avrà,!--— — |=sen.a^«/t'^ ossia I — j =rasen.a — — h! -+■ Cost. Estendendo ora da ii= — m ad 7z = w l'integrale, avremo ( — ) =a/7zsen. a , e finalmente S =2TO.j.sen.6t. Teorema di cui forse non si conobbe finora che il solo caso considerato da Euclide nel quale la diiet- trice è una linea retta. PROPOSIZIONE QUINTA. Immaginiamo il poligono mistilineo considerato nella pro- posizione antecedente , poi le superficie cilindriche che pas- sano lungo i lati di quella figura e le cui caratteristiche so- no perpendicolari per es.° al piano xGy, e proponiamoci di 5oo Sulle Superficie ec. trovare la cubatura del solido compreso fra quelle superficie e questo piano. Si chiami M il volume del solido terminato dalla super- ficie che nella proposizione antecedente si è indicata con S, nella parte inferiore dal piano xGy, e lateralmente dalle su- perficie cilindriche perpendicolari a quel piano e che passano lungo i lati del quadrilatero S. Indicata poi con t la lunghez- za di una curva qualunque che passa per il punto w e da cui dipende il valore di M, avremo „ \dV.Ut.dn) \dv)[\dt)\dnj YijYnj] \dt j\\dnf\dvj ~\d^)\d^j\'^\Tn)[\t^)\Tt)~\dij\£j\^ Ora, siccome le derivate l^" ) ? (^) ^^* i"appresentano i cose- ni degli angoli compresi dalla curva v e dagli assi coordina- ti; I t| j ec. sono le quantità analoghe per la curva t; ec; così per quanto ha provato il cel. Lagrange nella meccanica ana- lìtica, il secondo membro di quella equazione eguaglierà il prodotto sen.n. tsen.v.nt, ove v.?it indica l' inclinazione della curva V al piano delle altre due linee n e i. Avremo quindi La curva arbitraria t sia presentemente la stessa ordinata z, per cui ritenute le denominazioni assunte disopra avremo nsen.n.z=\/[{x — pf-^ix — g)']- Essendo (Y _ y){p -x)-{X- x){q -7 ) = O r equazione del piano ra.z, purché siano X , Y le coordinate di un suo punto qualunque, sarà sen.z;.«z = ■ J^'[,lZ^'^y^lq)% Del Dottor Mainardi 5oi e perciò avremo '^ • • Sostituendo finalmente il valore dell'espressione {p — x ) y' — ( <7 ^ — j )x'j introducendo la variabile s in luogo di v, in- tegrando per rispetto a z e supponendo per brevità U = (sen./isen .Asen.o -l- cos. Acos.o)sen.a , 'A'(cos.asen.A-l-sen.acos.^cos.f,))[(sen./isen./;cos.o — cos./jsen.o)sen.ai , — sen./iCos.Acos.a] — ^'[cos./^(cos.''a-^~ sen-'acos.""») T=/ — sen.asen.Asen.(D(cos.acos.^ — sen.asen./;cos.o)] f-f-0'sen.a[cos.a(cos hsen.a — sen /isen./tcos.c?)— sen.asen./iCOS.A;] — «'(sen.Asen.Asen.o -+- cos./icos.o) avremo (sS) = («T-^U)z. '.:[■{- l Sostituendo ora il valore di z ed integrando per rispetto ad n si avrà ( Tn^[ — r -ì- -^ ncos.asen.kcos .k — ^rasen.a(sen.Asen.Acos.« / JdM\ ) ^ '\ ds j — \ — cos.Asen.o)]-i-U«[r-+- — ncos.asen.Acos A . f — y resen.a{sen.^sen.A;cos.o — cos.Asen.»)]-4-Cost. Esteso ora quest' ultimo integrale da ra = o fino a quel valo- re di n che rappresenta la lunghezza della parte di questa retta che è compresa fra la curva direttrice e la linea v, quin- di integrando per rispetto ad s ed estendendo dall'uno all'al- tro termine di questa linea si avrà 1' espressione del solido rappresentato con M. Il volume del solido domandato nella Son Sulle Superficie ec. proposizione sarà poi la somma algebraica di tanti solidi con- formati analogamente a quello di cui abbiamo superiormente esibita la cubatura. Corol.° I ." La superficie generata dalla retta m sia svi- luppabile e la linea Gg il suo spigolo di regresso. Supposti nella formola trovata a=è = o avremo l'-jj I =Cost. — ^{3r-h2.nsen.hcos.k){h'ètìn.hseiì.kcos.k-i-k'cos.h), Introduciamo le coordinate della curva Gff, e siccome f k!cos.h-\- K&Qn.hsen.kcos.k ■= q"p — qp"=zp'^ lÌ-^\ , i .... \ " I I sen./iCos.A; = r'= fc) : (^) si avrà (^)=-— "-^hfe)-3.(è)]. Sostituendo poi alle variabili s ed n le projezioni di queste ( . linee sul piano Gxjy, le quali indicherò rispettivamente con u ed Z, siccome cos.n.z= (^) : (^) , l = n.sexx.n. z, (^) -(^^) = 1-2^1 , per cui l: {-p-\ =rt:/i:|T^|, avremo quindi per ultimo (")=Cos..-'lMr3.a=a/|)l "• M Paragonando questa formola con quella proposta dal Tinseau nella memoria citata ove suppone che la linea v sia la trac- cia della superficie sviluppabile sul piano Gxy, si scorge che Del Dottor Mainardi 5o3 la nostra è differente e assai più semplice di quella , e ciò per r errore superiormente avvertito. Corol." 2.° Se la linea direttrice è lo stesso asse Gx, sup- posti nella formola (12) k = k-=o, ed r= o si ottiene j — j:=-^ /i^sen.asen.o(0'sen.acos.asen.a — a'cos.o)) -+- — 7i^sen."aseu.ocos.o-i-Cost. • '•.ì.i. :' ' Se fingiamo inoltre a =90° si avrà (•^1 = Cost.-H -4-"'sen 20. PROPOSIZIONE SESTA. .i Si domandano le formole per determinare la posizione dei centri di gravità della superficie e del solido considerati nel- le proposizioni antecedenti. Incominciando dalla superficie quadrilatera indicata su- periormente con S, consideriamo la curva descritta dal centro di gravità di quella parte della retta variabile n che è com- presa fra la direttrice e la linea arbitraria v che termina quel- la figura. Fingasi che la densità d'ogni punto di essa curva sia proporzionale alla lunghezza della retta generatrice che passa per il punto medesimo^, ed il centro di gravità di que- sta curva sarà manifestamente il punto cercato. Ritenendo ora le denominazioni assunte disopra ed indi- cando con X^Y, Z le coordinate del centro richiesto^ median- te le formole notissime che offie la meccanicaj, si avranno le seguenti equazioni yL.fnv'ds=ifnxvds, Yfnv'ds=zfnyv'ds, Zfnv'ds=fnzv'ds. '■ Ciò posto dovremo sostituire in queste formole i valori di x, y, z ^ V desunti dalle formole (i) e (4);, dopo di avervi cam- 5o4 Sulle Superficie ec. biata m in — ra, e di aver sostituito ad n il valore che si ot- tiene combinando le equazioni (i) con quella che rappresen- ta la curva arbitraria tracciata nella superficie che si consi- dera. Se il quadrilatero 8 fosse attraversato da una di quelle linee chiamate da Monge lignes de strictions , dovremo allora considerare separatamente le due parti in cui il quadrilatero medesimo vien diviso da quella curva, ad una di esse si po- tranno applicare le formole trovate, e quelle per l' altra si ot- terranno cambiando la n esplicita in ^-^ , e la implicita in x. y, z e V in , essendo n' il valore di n che corrisponde al- la curva più lontana dalla direttrice. In quanto poi al centro di gravità del solido M, espres- se con X, y, Z le sue coordinate, e ritenuto quanto sopra, avremo MX=fff.[,^)dsdndz, MY=.f//y[J^)ds.dnM, , MZ=fffz[^)ds.dn.dz. . . ■ ' . i , ,. • .. ^■.. ., ... ..^... Supponiamo ora nelle equazioni (i) cos.acos.Acos.^ ^ sen.a(cos.Asen.A;cos.o-f-sen.^sen.o)=P, cos.asen./;-t- sen.acos.Acos.o = Q, cos.asen./icos.A — sen.a(sen./isen.Acos.o — cos.Asen.fi))= R, per cui saranno x =/7 -<- /zP , y =z q ->r- nQ , z =z r -h aR : sostituendo in quelle formole questi valori non che quello di \-j—-j — y-j ^d integrando rispetto a z avremo Del Dottor Mainardi 5o5 MX = ff{p -H n?)[r -H 7zR)(U H- nT) dnJs, MY =//(<7 -+- raQ)(r-H nR){\J-i-nT)dn.ds, MZ = //(r-t- «R)"(U -I- nT)dii.ds. Sviluppando , poi integrando per rispetto ad n^ avremo per , \.fà.".liilllAIi:\:^i ultimo ■ni-MÌ::j MX=/[/7rU.«H- -^ (RU/7-t-PUr-HTj9r)7i^--f-i(RUP-HRT/;-HPTr)7z3 -4-i.PRT«4]^j MY= f[gr\].n -H ^(RU^-+-UQr-HT^r)n^-t-|-(RUQ-i-RT^-f.QTr)?i3 -t- i- QKI.n'^]ds MZ=/[r^U«-f- ^ (2RM-HTr>'-»-y (R'U-+-2RT);z3_^i.R^T.^i4]j5. .'I Ove ho omesse le costanti, mentre il solido M si annulla tan- to per re:^o come per sz=o. Determinata finalmente ?i in fun- zione di s, come si è detto disopra, eseguita l'integrazione ri- spetto ad s ed estesa fra i limiti dati , si conoscerà la posi- zione del centro richiesto. È poi manifesto come mediante le formole trovate si giun- ga a determinare il centro di gravità di qualsivoglia porzione della superficie ovvero del solido, di cui abbiamo in questo luogo parlato. PROPOSIZIONE SETTIMA. Si cerca qual relazione deve aver luogo fra le leggi che regolano il moto della retta generatrice, perchè la superficie descritta possa distendersi su di un piano. Si osservi che la generatrice dovrà in tal caso serbarsi Tomo XX. 5a 5o6 Sulle Superficie ec. tangente ad una curva tracciata in quella superficie , per- chè essendo Mm questa curva fatto, nelle equazioni (7) (8) Ang.'/n.'y = o SI avranno u'=/?2'-4-cos.a, w(a'-4- A'cos.^sen.o-f-^'cos.o)^sen.a. Combinando ora queste due equazioni colla formola (4) si ottiene ( 1 5) A'sen .0 — /l'cos.^sen.o -»- tang.a(/i'sen.A — &) = o che è la relazione cercata. Mediante questa equazione essen- do dato a ovvero 0 in funzione di s si troverà 1' altro an- golo. Avremo poi m = sen.a: (a -4- A'cos.^sen.o -*- A'cos.o ), v=^cost,-\-m-^fcos,.a.ds, e dall'equazione (6) si avrà sen.7?z.Rj = R 1£IL± tff — Jìs&n.k ) . PROPOSIZIONE OTTAVA. ■' Supponendo che la superficie considerata finora sia svi- luppabile, e che la linea Gg ne sia lo spigolo di regresso ^ pren- diamo a considerare alcune relazioni che regnano fra questo spigolo ed un' altra linea qualunque tracciata in quella su- perficie, "j^n'i ■ Supponendo a=o le equazioni (4) (7) forniscono u'.cos.w.ossi-t-w', z;'^=^^ -i-(i-(-m')% u'sen.m.'y= ^;, combinandole poi coll'equazione (io) ne dedurremo facilmente 1 ■ cos.m.p = v' .sen.'^m.v -i-m.{rn.v)'sen.7n.v mv la quale, per essere e' = ^ ,e z;'sen./?2,zj^/».e'5 supposto— ^E' . l'-i-f f.ll-:''; ' niente E'cos.m.p = [e'-+- {m..v)']sen.m.'v conduce alla seguente P '"i Del Dottor Mainardi '-. 607 Siccome poi - 'xiu- ^sen.m.pu=(^-;^)(y2"— y'z')-i-(/-^)(2V'— 2"a:')-i-(z_r)(xy'-a;'y') e nella presente ipotesi di a=o si hanno «"= — [H->r- imJì-¥- mh")sen.hcos.k — {k'-^2?n'k'-i- mk'')cos.hsen.k -i-2mh'k'sen./isen.k — 7?z(/i'*-l-^"^)cos.7zcos.A;, __/ " '' y"= {k'-t- 2.m'k'-\- 7nk")cos.k-{- m"senk—mk'sen.k, ,...\\«'i ^ . z"= (,Vh- am'h'-i- mh")cos.hcos.k — {k'-i- 2.m'k'-\- mk'') sen.hsen.k —a.mh'k'cos.hsen.k — w(/i"'-»-^"')sen./iCos.A;, ~" y{x—p) — x'{y — q)-:=m'^(k'cos.h-^h'sen.hsen.kcos.k), x'{z — r) — z'{x — p) = — m^h'cos^.k h. . , z'{y — q)—y{z — 7-)=TO''(/i'cos./isen.Z;cos.A;— /;'sen.A), 'J.'ilii'i; onde sostituendo nel valore di sen.m.pv e riducendo si avrà sen.m.pv=: ^ [{h"k'—h'k")cos.k—h'{ak'^-^h'^cos.^k)sen.k]. Ora ponendo mente al valore del prodotto e'^i' trovato nel- la terza proposizione si avrà (16) E'.sen.7re.pu= ^-7^ i' ovvero E'sen.TO.pu=i'sen.''/7z.'y. Da queste eleganti relazioni (i5) (16) si desume poi ancora Per ottenere l' espressione del raggio osculatore della curva di cui si tratta formiamo le quantità seguenti -• .- ..' ' jiio;i.' I II _"„'_ 5o8 Sulle Su perfici e ec. (i -+- Sm'-+-2,m"' — mm"){h'sen .hsen.kcos.k ■+■ k'cos.h) i-^m{\-i-m')(k"cos.h-hh"sen.hseìì.kcos.k-i-h"'cos.hsen.kcos.k \ — •2hk'sen.hsen.'^k)-i- invilì' k' — }ìk!')sen.hco?,.''k -h''k'cos.hcos.'k — k'''h'sen.hsen.kcos.k-^-k'^cos.h] (i ■+• 3//i'-t- 2,7n'^ — m7n"){/icos.hsen .kcos.k — k'sen.h) \-^m{i-+-m'){h"cos.hsen.kcos k—k"sen.h — h'^sen. hsen.kcos.k y z — y 2 = ^ I — 2, h'k' COS. hsen'^k]-^m'^[{h"k' — h'k")coshcos.^k — h'k'senhcos.''k{ ^ — k'^'h'cos.hsen.kcos.k — k'^sen.h] -{i-i-3m'-i-2m"' — m?n")h'cos.'k — m{i-i-m'){h"cos.^k zx—zx=ì ^h'k'sen.kcos.k) -+■ m'[(k"k'— k'k")sen.kcos.k ,x:- '_(/i'"_H^'-)/i'cos.U— 2/iT"sen.»A]. ,.. _ .^ -., }' Ayendosì^^sen.R.pv={y'z''—y''zY-^{z'x''-z''xy'-^{xy'--x''yy' sostituendosi si ottiene (i8) ^ sen.R.pv= — m(i -+- m')[h"k'— h'k")cos.k — ìì{2.kl'^ — h'k'sen.kcos.k-i- /i''cos.''A)sen.A;]. Quadrando poi quelle equazioni e sommandole avremo facil- mente r espressione del raggio osculatore che qui non rife- risco, essendo alquanto complicata. Corol° i.** Supponendo che l'angolo m.v debba essere di grandezza costante, dalle equazioni trovate desumeremo le seguenti K'cos.m.p = e .sen.m.'y, E'sen.m.pv = isen.''m.v, een.^n.v • ^ ' inoltre m.cos.m p^ p.sen.^m.v. •' > Del Dottor Mainardi 009 È noto che il Ch. Lancret pubblicò una memoria sulle sviluppate imperfette, la quale trovasi registrata nel secondo volume delle memorie presentate dai dotti stranieri all' Isti- tuto di Francia. È assai probabile che quell' illustre autore rimarcasse prima di me le formolette eleganti riferite in que- sto corollario: io però non posso asserirlo non essendomi sta- to possibile il consultare che il primo volume di quella col- lezione^ che unico possiede la I. R. Biblioteca di Pavia. Corol.° a." Fingasi ora Ang.''m.u=90°: ed avremo Aììg.''m.p=^ Ang"m.pv, '" e'=E'cos.7n.p, i'= E'.sen.7?z.p, E'^= e'^-Hi'^ ì' , I m tangw./3=-^, i -^m = c, v= — ^ e pz=z mcos.m.p. j Le prime tre forraole sono quelle trovate da Lancret in una bellissima memoria registrata nel primo volume della colle- zione superiormente citata, e le ultime conducono alla famo- sa teoria delle sviluppanti e sviluppate di cui siamo debitori all' immortale Monge. Infatti Essendo p=m.cos.m.p, Ang.''m.v=()o° ne segue che tutte le sviluppate di una curva sono disposte in una superficie che può venir generata dal movimento di una retta, la quale scorra lungo la curva dei centri osculato- ri di quella linea^ e si conservi perpendicolare alla superficie osculatrice la linea medesima. Dall'equazione ??t-^-i=c ossia m=:cost. — s, si raccoglie che fissato ad un punto della curva Gg il capo di un filo e disteso in maniera che l'altro estre- mo incontri la linea Mm, se questo estremo si obbliga a per- correre la stessa curva Mm, il filo distendendosi sulla super- ficie che è il luogo delle sviluppate, si adatta alla linea Gg, per cui questa linea come pure un' altra evoluta qualunque saranno curve l^revissime di quella superficie. Supposto nell'equazione (18) iH-m'=o sìha sen.K.pv=o, cioè il raggio R è parallelo alla curva u, ossia il j^iano 7?i.p è perpendicolare al raggio R della linea brevissima Gg, e quin- 5io Sulle Superficie ec. di tangente alla superficie in cui questa linea è tracciata. Concludiamo adunque clie la superficie luogo delle evo- lute di una curva qualunque è l'inviluppo dei piani norma- li a questa linea, ossia è una superficie sviluppabile di cui uno spigolo è la retta che unisce i punti non comuni alle li- nee p ed ni. Corol." 3." Se l' inclinazione dello spigolo di regresso ad un piano qualunque zOx è costante, cioè se ^ = cost.; avre- mo 7"=TO"sen.A ec; ma per una sviluppata qualunque di quel- lo spigolo si ha 7?z"=o per cui y=o, ossia y=.h.s-\-Vt ove A , B rappresentano due costanti: dunque ciascuna di quelle svi- luppanti ha una costante inclinazione al piano nominato , il che non concorda con quanto asserisce il sagacissimo Bobi- lier nel volume 17.° degli annali di Gergonne. PROPOSIZIONE NONA. , Date le equazioni dello spigolo di regresso di una super- ficie sviluppabile , si domanda quella della linea brevissima che congiunge due punti qualisivogliano della medesima su- perficie. Sia M/re la linea brevissima di cui si cercano le equazio- ni. Siccome il piano osculatore della medesima deve essere ovunque perpendioolare alla superficie sviluppabile in cui quel- la linea è tracciata, dall'equazione (i5) supposto Ang.°/9.m =190". si avrà . , ,„ . - . è^{rn.v^=^ Oj ossia e-+- {in.v) = a costante. Essendo poi cos.nz./^u = cos./tz u l'equazione (16) fornirà la seguente .:/i; 1 1. -^ E' = i&^xi.ni.v. Ciò posto, siccome m = R ( i -+- m' ) tang.w.u. ossia jy{ — ''°t<^— ^) „^_. — i^ integrando col metodo noto questa equa- zione alle derivate del primo ordine, si avrà Del Dottor Mainardi 5 1 1 J'^±^ ds _y 2£Hp) ^^ m = £ \b — / e ds ] ove e rappresenta la base dei logaritmi iperbolici e Z> la costante portata dall' integrazione. Avremo poi ancora _J coU-^ ^^ J ££M>I1) j, , ■ I v'= — r[l'—f£ ds] e siccome E=i'sen.(a — e), p=:-^ , ed — =e', quindi avremo b—fds.sen.(a-^e) < b—fdsseo.(a—e) h—fchien .(a— e) sen.(a— e) ' Kàen.^(a— e) ' ' tX.i'sen.\a — e) ' mediante le quali equazioni la linea sarà totalmente deter- minata. Per determinare poi le due costanti che entrano in quel- le equazioni, dagli estremi fra i quali si deve estendere la li- nea brevissima si condurranno le rette tangenti lo spigolo di regresso; si misureranno le lunghezze di queste tangenti, che indico con m, m\ ed anche le parti del detto spigolo com- prese fra il primo termine arbitrario dell' arco j ed i punti in cui lo stesso arco è toccato dalle rette w', ni , le quali parti chiamerò rispettivamente s ed s' . Ciò posto rappresen- tata con ni ■= f{s, «, h) l'equazione della linea brevissima, avremo m'=if {s\ a^b), m"=f{s", a, b ) e mediante que- ste equazioni caveremo i valori delle quantità a e b cer- cate. . . ^ta Sulle Superficie ec. Osservazione. Se vorremmo trovare V equazione delle li- nee brevissime che ponno tracciarsi nella superficie genera- bile dal movimento di una linea retta, qualunque essa siasi, basterà supporre nell'equazione (io) della Prop. 3, l'angolo m.p ^ 90.° e si avrà quanto si cerca. Se poi vorremo conoscere le linee di massima e minima curvatura, trovato il valore di p, ne formeremo la derivata per rispetto ad m' considerata qual variabile unica ed indipenden- te dalle altre, e questa derivata posta eguale a zero fornirà r equazione delle linee richieste. PROPOSIZIONE DECIMA. Supponiamo che la retta 7n movendosi descriva quella superficie sviluppabile, la quale distesa su di un piano tras- forma la linea Gg data in una linea retta, sia cioè la super- ficie di Lancret, e proponiamoci di trovare 1' equazione del- lo spigolo di regresso di quella superficie. Rappresentato colla linea M/re lo spigolo cercato, dovran- no essere Aiìg°m.v = o, Ang. ° ms. Rs = ()o°: per il che le e- quazioni (5) forniscono Ang.'R.m = go": A'cos.^seno. -t- A'cos.o := o. Essendo poi R*= I :(A' "-t-A'^'cos .^^)=sen.'^CJ:^''(sen.^o-f-cos.*o), avre- mo sen.o=RA', cos.o= — Rh'cos.k. Ponendo ora nelle equazioni (7), (9) Ang.°/«.'y=o, cos.R./?z=:o, Ang.'^.^y = Ang.°7re.5=a, si avranno u'=7?z'-t-cos.a, v'ccs.a^ 1 -+-{mcos.a)',e quindi ma'=sen.a. Per determinare 1' angolo a si ponga nell' equazione (4) !;':=/« '-I-COS. a, od essendo sen.a — ma=o,/i'cos./;sen.c9-+-A;'cos.o=o si avrà . ' ' ' - .■^■-. .^c-,.,. 0'sen.a — ^'cos.asen.o — /i'(sen.asen.A— cos.acos.Acos.«) =0. Sostituendo i valori di sen.cj, cos.c? trovati disopra j, dividendo per cos.a, ed osservando che Del Dottor Mainardi 5j3 A'*-H h'*cos.*k = -^ t avremo tang.a = „,., ' — r- . Dall' equazione sen.o =: Kk' poi si ricava e'=— .g!ÙL.—^M(h''k'--h'k'')cos.k-hh'k''sen.k] e tang.a=- r :[{h"k' h'k")cosk-hh'{2k'^-^-h''cos^k)3en.k]R^z=i :RV»i': ma e'= -^ onde avremo per ultimo tang.a= %. ; come altri- menti ha dimostrato il sagacissimo Lancret. Dall'equazione m=s^^^ si desume poi m = e'i/e"^-^ i'^: :{e"i' — eV), onde conoscendo m,ae(ìo potremo descrivere per punti lo spigolo di regresso della superficie cercata. Per conseguire le espressioni dell'arco, del raggio osculato- re ec. della medesima curva si osservi, che siccome la retta m tocca la linea Mm , dalle formule della proposizione otta- va, fatto Ang.°m.5:=i8o'' — a caveremo m'-i-v'= — cos.a, yOsen.a=wu', e per quanto abbiamo osservato nella proposizione nona si avranno e':=rsen.a, E — a = cost. Essendo poi e'= i'tang.a si deducono i':= l'cos.a, r=j/'e'"-t- i* altre formole dovute a Lancret, dalle quali si ricavano poi E=cost.-H Arc.tang. 4' . v^^Yr^'- f ''''' e finalmente /) = ^. PROPOSIZIONE DECIMA PRIMA. Si cercano le equazioni della linea di curvatura sfei-ica o sviluppata per il piano di una linea data. Tomo XX. 53 5i4 Sulle Superficie ec. Questa curva considerata la prima volta io credo dal Gel. Mon- ge, è lo spigolo di regresso della superficie sviluppabile^ luogo geometrico delle evolute della curva proposta. La linea data sia Gg , Mm la richiesta. Siccome i piani tangenti la superficie sviluppabile nominata, cioè i piani oscu- latori della curva M/?z sono perpendicolari alla linea Gg , ed i lati di quella superficie, ossia le rette tangenti la stessa linea Mììi sono perpendicolari alla superficie osculatrice della cur- va Gg, perciò gli angoli di prima e seconda flessione di que- sta linea saranno rispettivamente eguali agli angoli di seconda e prima flessione dell'altra ; ossia E=i, ed I ^e, siccome è no- to. Ciò posto indicando con M, r, w le quantità rappresenta- te disopra con m,, p ev^ siccome a^go" ed Ang.*'M(v.Mj=90°, l'equazione (8) fijrnisce . ., M { A'cos.Asen.o -H ^'cos.a ) = I e quindi dall' equazione (5) si caverà R = M.cos.R.M , co- me d'altronde sappiamo. Avendosi poi sen.M.n; =cos.M.R , Ang.°MH;.rM; = 0, dalle equazioni (7) (io) otterremo «;'.sen.R.M = M',i^ cos.R.M=MMW'-(v'(M'»-i-MM"— «;'•). La prima di queste ci da w=. — - e siccome — =1, eli- r T I/M"— R" ' minata w dalla seconda si avrà M''= R^-+- I— 7! , e quindi m;'=Rì'-<- l — J ossia w=-rj -^ fKi.ds. Chiamato poi l il cateto del triangolo rettangolo di cui r ipotenu.«a è la retta M, e 1' altro cateto il raggio osculato- re, R si avrà /=* = M^ — R^ ossia R' = li. Del Dottor Mainardi 5i5 Cosi avremo cos.R.M= ■ ' =• ^ quindi taiig.R.M= ^. , e fi- nalmente = y = R-f- y ^j-j ossia r = R Z' ed ecco costruite tutte le forinole necessarie per determina- re compiutamente la curva dei centri di curvatura sferica di qualsivoglia linea data. Corol.° i." Siccome le evolute della curva Gg', che giaccio- no nella superficie sviluppabile di cui Mm; è lo spigolo di re- gresso, sono linee brevissime di quella superficie, così combi- nando quanto si è detto nella proposizione presente e nella proposizione nona, giungeremo a trovare l'estensione e la cur- vatura di una qualunque di quelle sviluppate. ' Chiamata Z/ la parte del lato di quella superficie svilup- pabile che è intercetta fra l'evoluta richiesta e la curva dei centri osculatori, cambiando nelle equazioni trovate nel Corol.° citato m in / — L, e angolo di contingenza della detta curva dei centri in i, e viceversa; ds in dw=.[Ri'-i- l~\ ]ds ; ~ in — ds = ids =: di, e finalmente R in /•= R -+- 4- (^1 : si me 1"°^' ^^^ ds=fdicot.{a — i) = — log.sen.(« — z), e slCCO- ■ K' r cot.(a — e) ■r ds sen.(a — i) ' COSÌ avremo le seguenti equazioni t) =1 rR^./R'V\ ^i \b-mì'^(%)^....[a-^).ds ] [R-H_^_j jsen. (a — j)i- \ / J p = 5i6 Sulle Superficie ec. b — /[Ri'-H fc)']sen. {a — i).ds e'[R-*-4-(^y]sen.3(a — f) mediante le quali si troverà facilmente un' evoluta qualunque di una linea data. CoroL° a." Affinchè una linea data possa adattarsi inte- ramente alla superficie di una sfera, la sua sviluppata perii piano, cioè la linea di curvatura sferica, dovrà ridursi ad un unico punto, per cui supposto w=o nella forinola che espri- me r estensione di questa linea si avrà m'H-(^) = o che è la condizione cercata. Mediante le espressioni di M e dell' angolo R.M si troverà poi la grandezza del raggio e la posizione del centro di quella sfera. PROPOSIZIONE DECIMA SECONDA. La curva descritta dall' estremo libero della retta gene- ratrice sia il luogo dei centri osculatori di una linea data^ e cerchiamo quanto è necessario per determinare compiutamen- te questa curva. Supposto che sia Gg la linea data, ed Mm la curva dei centri osculatori, saranno Ang.''R.OT = o, Ang.''a= 90°, sen.m.Rs = o ed /« = R, onde dalle equazioni (4) (5) (6) si desumeranno le seguenti / Jt j _ ,, » ^ /t'ros k m[ncos.Ksen.o -\- kcos.oj= i, tang.o = — p — , v"= m'{h'seiì.k — 0'y-\- rn\ Formando ora la derivata per rispetto ad s del valore di tang.o SI ottiene o=- -n— ^ ; 5 per cui sarà Del Dottor Mainardi 517 h'sen .k—d'=R [{k"h'—k'h")cos.k-i-h's(in I{ir-+-k''cos.'k)] = — R''e'V= — i'. Siccome poi R=:w=-V, ed r e" ^ I . : . m= r •> sarà u '=m*z "-i-to *, ossia (19) ?;'»= R4(e'»r-f-e"»). Si ponga ora nell'equazione (9) cos,R./re=f, m=R, a=zgo° e ne verrà Ang.''i'.j=9c'', da cui si apprende che il piano m.v deve essere perpendicolare alla curva Gg. Dall' equazione (7) poi si ricava v'cos.m.v = m e quindi (ao) tang.R.t; = ^^""-"'" = - -^ , to' e le quali equazione, semplicissime bastano a rettificare la cur- va non che a desci-verla esattamente per punti. Osserviamo ora eh* essendo la linea v tracciata nella su- perficie sviluppabile di C|i lo spigolo di regresso è il luogo dei centri di curvatura sfeilca della linea Gg, cambiate nelle equazioni (i5) (16) della Proposizione ottava m in l, e ango- lo di contingenza della sviluppata per il piano in i e vicever- sa: avremo E'.cos l.p = [i'-h{lv)']sen.l.v ; ìl.sen.l.pv = e'sen.»Z.z;; siccome poi l.v = 90"— R.v e dalla figonometria sferica si hanno sen. l.v. COS. Iv.pv = cos.l.p, cos.'l.p -+■ cos^/.u = cos.'l.pv, ossia senM.pv = c(.'a.'R.v — cos.^/p, sarà : . E'"=[i'-t-(R.t,']'-He'\cos.>R.i;. • ' ; „,. m Mi tang.R.u = onde cos.Ru = ^ . Si8 Sulle Superficie ec. avremo per conseguenza "' ' ' "^ ' pra_ f ., . / /i' \' e"" 1» e'V» e quindi si avrà tosto p =^ i.' i'—iK.v)' Essendo poi cos. lv.pv= ' — pi—^ avremo onde nulla resta a desiderare intorno alla cmva considerata. Corol." 1° Abbiamo trovato tanff.R.'= i^=:^,e ' ■» dalla proposizione antecedente si ha -ang. M.R' := -|_ , onde ne segue tang.R.'y.tang.R.M = i . 'a quale ne apprende che la curva dei centri d' osculo è perpendicolare alla retta M. Corol.° a." Se la curva ì^m, di cui sopra, fosse un evo- luta della linea Gg, avremmr v'=iK ossia '«"'= ^=RV*,e quin- di iz=zo ossia z = o; cioJ l'evolvente sarebbe una linea pia- na, come ha osservato credo la prima volta il Monge. Corol." 3.° Se h curvatura della linea Gg è costante , per cui e"=:o, saranno tang.R.'y=r — ossia la curva dei centri osculatori perpenciicolare al raggio R, z;'=Ri' ossia u^R.i-t-cost., quindi E'=i' per cui /9 = ^=— ;^=R. Avremo poi dalla proposizione antecedente Z=o, M=R ; cioè la linea dei cen- tri di curvatura sferica coinciderà con quella dei centri oscu- latori, per cui r= e'= -^ , ossa 1= e= -^ -t- Cost. Ciasiu- Del Dottor Mainardi 5 io na delle linee Gg, Mto sarà la curva dei centri d'osculo dell' altra , come ha osservato il Monge in una elegantissima me- moria che verte sull' integrazione delle equazioni che non soddisfanno ai criterj d'integrabilità. Corol? 4-° Colle formole trovate si possono risolvere mol- te questioni. Eccone una per esempio. m ■ , , Si cerca 1' equazione generale di quelle curve l'estensio- ne delle quali, e 1' estensione corrispondente della curva dei centri osculatori differiscono di una quantità costante. L' equazion di condizione sarà ?;'= rt i ossia, attesa la formola (19) sarà e* := e i -l- e . Per introdurre le coordinate si osservi che e'''^/?"''-i-^"'-t-r"*, e^i'^=e\p *-f-^ *-i-r ) — \p p -^q q -\-t r ) — e% onde queir equazione si ridurrà alla seguente ^"'»_H y"-^ r"'»= 3( y?"^.+- j'"-t-r"»)% -T Se la curva richiesta sarà piana, facilmente si troverà la sua equazione finita. PARTE SECONDA DELLE SUPERFICIE GENERABILI DAL MOVIMENTO DI UNA LINEA PIANA QUALUNQUE. '., _ PROPOSIZIONE PRIMA. Una linea piana si muova nello spazio in maniera che un punto individuato del piano di essa scorra lungo una linea data, roti comunque intorno a quel punto, e la linea mede- sima varii di grandezza con legge determinata e tale, che il punto in cui il piano della linea generatrice incontra succes- ; 5ao Sulle Superficie ec. sivamente la curva che ne dirigge il movimentOj sia sempre disposto similmente per rispetto alla linea medesima. Supponendo che si conoscano la linea direttrice , la ge- neratrice e le leggi colle quali questa linea si muove e va- ria di grandezza, ceichiauio le equazioni della superficie che viene descritta. Tutte le estensioni che dovremo considerare in appresso le supporrò riferite a tre assi ortogonali Gx, Gy, Gz; e riter- remo poi le denominazioni già assunte nella prima parte di questa memoria. Sia Gg la linea che deve percorrere un punto G indivi- duato nel piano della generatrice considerata nella posizione primitiva, ed M qualunque punto della medesima. Nel mentre che il punto G percone l'arco Gg=:j, il punto M descriva la curva Mm, e supposto GMz=m, sìa gam=m.n, essendo re una funzione data dell'arco Gg=5, dipendente dalla legge con cui varia la dimensione della curva generatrice. Questa cui va con- siderata allorché il suo piano passa pel punto g sia mhf. Sup- poniamo che gli assi gx , gy , gz ortogonali accompagnino la generatrice nel suo movimento, di modo che la retta gex toc- chi costantemente la direttrice Gg, ed il piano ygz non roti intorno a quella retta. Sia poi gcf la sezione comune al pia- no della generatrice gmhf e al piano xgy , e gbh una retta arbitraria tracciata nel primo piano. Ciò posto, dal centro g air intervallo eguale all' unità si descriva la superficie sferica abcde , su cui si conduca l'arco di circolo massimo ad per- pendicolare all'arco cde: finalmente si suppongano Are ec = A, Arc.be = À, Ang.°eca = w. Are. ab=y.. Are. ea=a, Ang.''aec=o-4- d, e finalmente jf/-+-A=T. ; • ■ Conoscendo gli angoli A, A, w, a, o, e 0 che sono fun- zioni di s, e l'angolo (i funzione di quell'arco delia generatri- ce considerata nella posizione primitiva che corrisponde ad hm, il quale indicherò con t , conoscendo dico quegli angoli , si Del Dottor Mainardi Sai conoscerà la superficie di cui si tratta. Infatti dalla trigono- raetria sferica abbiamo cot.ricn.A— ooE.trcos.A eeii.jr (I)cos.a=cos.Acos.T-+-sen.Asen.Tcos.M>jCot.fi)='^ per cui se nelle equazioni (i) della prima parte cambieremo m nel prodotto m.n^ vi porremo i valori di a, o forniti dal- le precedenti equazioni (I) ed il valore di m espresso per t., quale fornisce l'equazione della generatrice considerata nel- la prima posizione , eliminando dalle risultanti le variabili t ed s si avrà 1' equazione richiesta. Se poi vi elimineremo soltanto #, si avranno due equazio- ni che rappresentano la generatrice considerata allorquando il suo piano incontra la direttrice nel punto g, ed eliminan- do s avremo le equazioni della curva generata dall' estremo variabile M del raggio vettore GM. PROPOSIZIONE SECONDA Si cerca 1' espressione della superficie di cui abbiamo su- periormente parlato. Si chiami S la parte della superficie richiesta che è com- presa fra le curve mh = I. Mm=v ed altre due qualisivo- gliano: per quanto si è detto nella proposizione quarta della prima parte sarà (liwi ) ^^ sen.z;.! , e quindi siccome I =: n.t I <]'S \ idv\ avremo I Indicato poi con a l'angolo cae e con | l'angolo mv.ms for- mato dai piani che passano per la retta gm e per le tangen- ti alle curve w ed 5 , dalla risoluzione dei triangoli sferici avremo ^»t „— >■"* ^^en.T-cos «>cos. t Tomo XX. 54 Sia Sulle Superficie ec. cos.u.I = cos./.f .cos./.I -f- sen./,usen.Z.I.cos.(a — |) ove colla lettera l rappresento la retta gm ■=. m.n. Essendo poi tang./.I= -^^ , ove gli apici posti al piede delle lettere ^ ed ttz indicano le derivate prese per rispetto a f, siccome m" ix^-^m*=-\ ^ avremo sen./.I^/re^,, cos./.I=:7re, e quindi cos.'y.I=:7?z^cos./.'u -+- m^,.sen.Z.z)cos.(a — |). Ora dalle equazioni (7) (8) cambiatovi m in m.n si hanno u'.cos./.z; = mra'-Hcos.a, 'y'sen.Z.u.cos.l =sen.a — w«(a'-t- A'cos.Asen.o -t- A'cos.o) , e quindi per 1' equazione (4) avrassi ?;'sen.Z.u.sen.5 = mrt[0'sen.a — A;'cos.asen.« — /i'(sen.asen.A — cos.acos.Acos.o)], e finalmente |[sen.a — mn[a'-^ A'cos.Asen.o -+- A'cos.o)]" -H m*ii^[d'sen.a — A;'cos.asen.o — A'(sen.asen.A; — cos.acos./;cos.o)]''-H (mn -i- cos.aY (^^) {drdiì^^^i/ < — [m {mn -i-cos.a)-^ w/i,cos.a[sen.a / — /?2«(a'-f-/i'cos./;sen.o-(- A'cos.o)] - /«^«^,sen.a[0'sen.a — A'cos.asen.o — /i'(seii.asen.>t — cos.acos.Acos.o)]]^ che è quanto ci siamo proposto di trovare. È cosa facile 1' applicare la nostra formola ai casi parti- colari, per cui mi limiterò a pochi esempj e ai più comuni. Uno dei teoremi più importanti sulla quadratura delle su- Del Dottor Mainardi • 5a3 perfide si è quello di Guidino. Per darne una dimostrazione assai semplice, divierò per un momento dalla foimola (II). La curva generatrice sia sempre normale alla linea Gg , non roti intorno al punto G, né varj di grandezza, per il che saranno «= t , Ang."t;.I = go", a = qo". e quindi mediante la formola (g) della prima parte, avremo \ds.dtl \ds I m.cos.K m Nel piano mgf in cui giace il raggio osculatore R della cur- va Gg si conduca una retta qualunque gbh e si rappresenti- no rispettivamente con (p ip gli angoli mgh, K.gh, per cui sa- rà Ang-'R. m=(p — ip , ove (p è funzione di ^ e non dì s, e ip funzione di s soltanto. Avremo quindi 1^— 1= 1 — ^ cos.(<^ — ìp), ossia S=s.t — j-^^dsfm.cos.ip.dt — / I^I^ dsfm.sen. ip. dt. Ora se il punto g è il centro di gravità della curva genera- trice, estesi gli integrali rispetto a ^ a tutta la curva luede- sima, si hanno fm.cos.(pdt=o, fm.sen.(pdt=o, dunque chia- mata I la totale estensione di quella linea avremo S=j.I che è quanto ec. Nei corpi dei quali in pratica occorre spesso di misura- re la superficie, il piano della generatrice non rota, e la di- rettrice è una retta che supporremo essere l'asse Gx. Saran- no adunque a':=f^'=o, k=k=o e la formola (II) si trasforme- rà nella seguente ^'^') (jjyj= "]/''( sen.''a-+-(m«'-f- COS. a)" — [m,{mn'-ì-cos.a) ' .<■ — mft,sen. acos.a]^ ) . Supponiamo dippiù che il piano xGy arbitrario sia perpendico- 3a4 Sulle Superficie ec. lare al piano generatore per cui w=C)0°, e fatto Z^o avre- mo cos.a = cos.A.cos.^j cottìE= cot.Asen.^ e quindi, cos.asen.a=cos.Asen.^. Introducendo questi valori e sostituen- do ^ alla variabile t, se ciò riesce più comodo si avrà, (Si) = /([sen.a*-H {mn'^ cos-af] {^£j — ri'[{mn'-i- cos.a) l-p-\ ■+■ mcos.Asen.^]^ J e siccome si avrà per ultimo l-j^\^ni/lim^-i-m,'')sen^A-{-[T}r'n-¥-{mcos.^ — wsen.^)cos.A]'l_ Se la superficie fosse cilindrica avremmo ra=o e quindi dal- la formola (III) si caverà ^0\ = 5// (-cos.^A.cos.^(ZI— A Se ora si finge sen./l := cos.Acos.(ZI— ft), si potrà descrivere una curva dalla rettificazione della quale dipenda l'integrale che rimane a trovarsi; come già si è fatto sul fine della quar- ta Proposizione. Se la superficie è conica sarà, « proporzionale ad s, on- de supposto n-=--a.s si avrà lT-|=-^a5*i/l(w''-+-TO'')sen.^A-H[amV(mcos.ft— msen.fi)cosA]'i. Se il cono è retto, essendo AzriQO", avremo Del Dottor Mainardi SaS se poi il cono è obbliquo , ma la base circolare , supposto TO= I SI avrà lf\= -^ asY(^en.'A-+-{a-hcos.Acos.nY\ che è la forinola trovata da Eulero, Leibnitz, ed altri. PROPOSIZIONE TERZA. Si cerca il volume del solido terminato dalla superficie considerata superiormente, e da altre qualisivogliano, delle qua- li si conosca la natura. Si chiami M il volume del corpo i di cui estremi sono^ la superficie S della proposizione antecedente, il piano della generatrice considerato in una posizione qualunque^ la super- ficie generata dalla retta gm = l, ed altre superficie di natu- ra conosciuta. Ritenendo le denominazioni adottate finora^ per quanto si è osservato nella Prop. 5. della prima parte si avrà siccome poi sen.'y./I=sen.Z.u.sen.(a — ^), sarà per conseguenza {dr^) = {i) sen./.u.sen./I..8en.(« — |). Sostituendo ora i valori delle quantità che fiarmano il secon- do membro di questa equazione , quali abbiamo trovati sul principio della proposizione antecedente^ ponendovi mn = l, sen.Z.I = l lj^\ , avremo \cUM.dL)~ ^(f*,sen.4sen.a— L'(a'-i-A'cos.Asen.o-f- A cos.o)] — rftcos.c[0'sen.a — A'cos.asen.o — A'(sen,asen.A — cos.acos.Acos.w) ] 5a6 Sulle Superficie ec. ove ^,= l^r) : integrando ora per rispetto ad l ed estenden- do fra i limiti di Z = o e di l=mn si avrà (IV) |- ' 1= 7«'«*^,sen.ffl[ -^ san.» — -j mn{a-+-h'cos.ksen.o ■+■ k'cos.o)] — y m^«*cos.a[6'sen.a — A'cos.ocsen.» — ^'{sen.asen.^ — cos.acos.Acos.fi))) ' che è la forinola cercata. Mediante questa formola si potrà poi trovare il volume del solido di cui si è parlato nella proposizione. Veniamo ora alle applicazioni. Riferirò qui pure una dimostrazione del teorema di Gui- dino, senza farla dipendere dalla formola (IV) j perchè riesca più semplice. ,,,, _ Fingiamo che la grandezza della generatrice resti invaria- bile, il punto G rappresenti il centro di gravità dell'area ter- minata da quella linea, ed il suo piano sia sempre perpendi- colare alia curva Gg che ne dirigge il movimento. Avremo per Gonsee;uenza , . , , -. ■ , i,- , , sen.'y./l=cos.t;.5 e quindi 1-^ .-1 =:p .senV.l.cos.'D.j; si sostituisca il valore di u'.cos.'y..y che fornisce la formola (9) della prima parte nell' ipotesi di a=go° e si avrà (d'M \ / m cos.R.mA ina-i)=y 5— jsen.m.^. Supponendo Ang.°R./7z=(^ — ìp come nella proposizione , sosti- tuendo ed integrando si ha M=sffsen.m.tdm.dt — / '^^ dsffm.cQS.(psen.m.t.dm.dt -/ Del Dottor Mainardi 5a7 '£^ dsffmsen.cpsen.m.t.dt.dm . Estesi ora gli integrali rispetto a ^ ed m, a tutta la su- perficie generatrice, siccome il punto G è il centro di gravi- tà di quella superficie, saranno ffmcos,(psen.m.t.dt.dm:=^c, ffmsen.(psen.m.t.dt.dm=o, e siccome ffsen.m.t.dt.dm rappresenta l'area generatrice, in- dicata quest'area con A, avremo M = Aj che è quanto ec. Supponiamo che l'area generatrice debba essere sempre perpendicolare alla curva che ne dirigge il movimento, per cui saranno A=h;=90°, «=^=90", e o-t-d=z=À-i-ii e la for- mola (IV) si ridurrà alla seguente Il =m''n''[- -^mn{h'cos.ksen.o-i-k'cos. )]; siccome poi le quantità n, h, k e À sono funzioni della sola variabile s, ed m funzione soltanto dell'angolo ^, avremo in- tegrando l—z — 1 =.n'f—m*.d^ — ^ (A'cos.Acos./i — k'serì/i.)fm^ien.fi.du — ^ {h'cos ksen.A-¥-k'cos.À)fm^cos.(i.d}i. Fingiamo che il punto in cui l'area generatrice incontra la li- nea Gg, sia il proprio centro di gravità e saranno visibilmente fm^sen.^.d^=:c, fm^.cos^.d(i = o., siccome poi chiamata A la totale estensione della generatrice con- siderata nella posizione primitiva, si ha / —m'^du=A, perciò SaS Sulle Superficie ec. indipendentemente dalla natura della linea direttrice e dalla legge colla quale la generatrice rota intorno a questa linea avremo M = kfrv'ds teorema che parmi degno di qualche osservazione. Si finga n = ^-^ , essendo a costante, come nel caso co- mune in cui l'asse del cono è rettilineo,siavràM= — fia — sYds. Integrando quindi ed estendendo fra i limiti di s ■=■ o e di s-^a avremo M = -i-A.a. Dunque la regola insegnata da Archimede per trovare la solidità di un cono a base circolare ed estesa dai moderni al- la misura dei coni di qualunque base^ vale quand'anche l'as- se sia una curva e l'area generatrice roti intorno a quell'as- se con una legge qualunque , purché si conservi perpendico- lare ad esso. Particolarizzando ancora più questo teorema ne segue quel- lo di Guidino superiormente dimostrato. Infatti se«=i, cioè r area generatrice non varia durante il suo movimento si avrà M = Aj. Ognuno vede quali e quante applicazioni potremo fare della nostra formola ; mi limiterò per altro alla seguente per- chè presenta qualche cosa di nuovo. La generatrice sia sempre perpendicolare al piano x^y e non roti intorno alla direttrice, inoltre questa linea sia lo stesso asse Ga;, onde saranno h-=. A =: e, a'=0'= o, w=^ go°. ;l=o,sen.asen.a=sen.A e | , — 1=— m'^n^fi seri A. Fingiamo n'^=aas-i-bs*, ove a, b siano quantità costanti, e fi- nalmente m-=i. Egli è manifesto che il solido per tal modo generato sarà del secondo ordine ed avremo per esso Del Dottor Mainardi Sag M = t^{das-hbs')s, di qui si ricavano i seguenti teoremi , i quali parnii che si credano tuttora esclusivi ai solidi di rivoluzione. Se per la retta luogo dei centri dei ciicoli generatori una superficie di secondo ordine si conducono due piani ijualisi- vogliano, r unghia solida compresa fra essi ed il piano di uno di quei cerchj è proporzionale all'angolo che formano le ret- te lungo le quali i primi due piani segano quello del cerchio nominato. Se la curva che regola le variazioni del circolo genera- tore è una parabola avremo b = e, onde rfisen.A I ■ 4 M = — nn.^ j.sen.A , =:'——, — s.2as= — - un. ssen.A, e se u=2.7i sarà 4 ■ 4 "^ "^ W cioè il solido terminato dalla superficie generata e dal piano di un cerchio qualunque vale la metà del cilindro circoscritto. - V. ?'^'-<. Supposto che l'equazione della curva regolatrice sia * ' '. "' . ■ ' ^ «'==t-^ ( iiAs — .5^ ), cioè supposti a = :ìz ~, b—^z^^ ... •■ fatto ^ = 2,jt avremo M: ± jr(Aò»— ^ 5' ) sen.A = B^ AS cioè se la regolatrice è un elissi od un iperbole, il rapporto geometrico che ha il solido terminato dalla superficie di se- condo ordine e da un cerchio qualunque, alla differenza dei volumi di un cilindro obbliquo dell'angolo A, di cui l'altez- " za ed il raggio della base sono rispettivamente il semidiame- tro della curva regolatrice, luogo dei centri de' circoli gene- " ' ratori, e la parte di questo o del suo prolungamento , inter- cetta dal solido che si considera, e del cono rettangolo obbli- ' ■ Tomo XX. 55 53o Sulle Superficie ec. quo pure dell'angolo A, che ha per asse la stessa parte dell* asse nominata ; il rapporto geometrico di questi solidi egua- glia quello che hanno fra loro il quadrato del diametro della direttrice conjugato al suddetto e di questo diametro mede- simo. Pongo fine al presente lavoro con un' altra osservazione relativa al teorema di Guidino. È noto ai Geometri quanto siasi scritto intorno a questo argomento, e come venisse am- pliato da Eulero, BernouUi, Vincenzo Riccati , e da Monge ; parmi però che esso riceva, se l'amor del vero non m'ingan- na, una nuova rimarcabile estensione dal teorema dimostrato nella terza proposizione di questa seconda parte. Nessun Geo- metra poi prima del Chiar. Professor Bordoni sembrami aver os- servato che regge il teorema di Guidino, anche quando l'area generatrice ruoti intorno al proprio centro di gravità, e tut- ti ammisero, ma nessuno ha dimostrato che le altre condizio- ni siano essenziali, prima di quell'illustre Geometra nel XX. Volume degli Atti di questa celebre Società delle Scienze. Sic- come però la parte del teorema reciproco del Sig. Bordoni, cioè quella che riguarda la genesi delle superficie lascia for- se tutt' ora qualche cosa a desiderare, cosi ho divisato di ten- tare la dimostrazione di quella parte, cioè di provare che se la superficie generata dal movimento di una linea piana qualun- que è proporzionale al prodotto dell' estensione di quella li- nea, e dell'altra che vien descritta dal proprio centro di gra- vità, il piano della generatrice sarà sempre perpendicolare al- la curva percorsa dal centro nominato, e quando la linea ge- neratrice non sia un cerchio, non potrà rotare intorno al cen- tro medesimo. Immaginiamo la generatrice nella sua posizione primiti- va. Conduciamo pel suo centro di gravità G tre assi ortogo- nali Gjc, G/, Gz, di cui i primi giacciano nel piano di quel- la linea. Siano x , / le coordinate di un suo punto qualun- que, e fingiamo che allorquando il punto G occupa il luogo cui corrispondono le coordinate /?, q, r, siano x\ y\ z quelle Del Dottor Mainardi 53 i del punto nominato della generatrice ed s V estensione del- la curva percorsa dal centro suddetto. Fra le coordinate x , y, x', y\ s', p , ed r sussisteranno le seguenti equazioni (i) x'=p-hax-ha'y, y=q-i-bx-i-b'y , z'=r-^-cx-i-c'y ove le quantità a, a, b ec. che sono funzioni di s , rappre- tano coseni di angoli. Indicando ora con t l'arco della generatrice compreso fra r asse Gx ed il punto a; , 7 , e con S quella parte della su- perficie che si considera , la quale è intercetta fra le curve descritte da un estremo della generatrice, e dal punto x, y\ e r intera generatrice considerata nella posizione primitiva e nella seconda; per l'enunciato del teorema dovrà essere S =H,T.5: essendo H una quantità costante, e T la lunghez- za totale della generatrice. Ora siccome Se si formano le derivate per rispetto a i e ad j delle equazioni (i) coli' avvertenza che le quantità />, y, r, a, a' ec. sono funzioni di .y e non di ^, ed x^ y sono funzioni di que- sta variabile t ma non della prima, si avrà (#)(^)-(^)(^)=a(|)*b(J), più termini moltiplicati per i prodotti di una qualunque del- le quantità a; ed 7 per le derivate |^J , |^V e dove per bre- vità ho supposto ecc. 532 Sulle Superficie ec. A«(f)-»(£).B=c'(|)-.'(i), Cosi avremo ove il significato di A', B' ec. è analogo a quello di A, e B. Supponiamo ora espressa la variabile y da una serie or- dinata per rispetto alle potenze crescenti dell' arco t e sia y=M.t'^ -+- Ni'-f-ec. ove non può essere m < i , altrimenti a / = o corrisponderebbe (^J= — , il che è assurdo. Noi supporemo che l'arco generatore della superficie S abbia le estremità nei punti a cui corrispondono t^=x e ì=t', onde saràT = r — x', quindi nelle serie che fijrniscono i va- lori di :t:, 7 ec. espressi per i, terremo a calcolo solo quei ter- mini i quali non contengono alcuna dimensione delle quan- tità ^, r e x . Del che se ne vedrà tosto la ragione. Essendo G il centro di gravità dell'arco T sarà f ydt=^o ossia — — — (r — f IH {% — r )-t-ec. = o per cui il parametro M conterrà almeno n — m dimensioni de- gli archi t, e', e sarà per conseguenza y=o, j^j = 0. Dall'equazione (j)=j/.-(^) s. hanno ( j)='- x= i -1- Cost., ove i termini ommessi contengono dimensioni di ^, T e t maggiori della prima. Siccome poi / xdt^o, ossia (r — r')cost.H — (r^ — r'*)-4-ec.=o, Del Dottor Mainardi 533 avremo Cost.=o ed a:=o. Sostituendo ormai i valori trovati neir equazion di condizione, eseguendo l'integrazione rispet- to a ^ ed estendendo da ? = t a f = x' si avrà (7_ T')//(A^-+-A'»H-A'")Jj-Hec.=H(r— x').s, ove i termini ommessi nel primo membro contengono potenze di e, t' non minori della seconda. Dunque quell' equazione non può essere identica quando non sia /j/(A^-f. A'»-+. K'^^ds = H^, qualunque siasi $•, cioè /(A»H- A'^-f- A '^)= H, " o finalmente la quale ne indica che considerata la generatrice in qualun- que posizione che movendosi assume la tangente alla curva descritta dal centro di gravità, ed una retta qualunque Gx condotta nel piano della generatrice, dovranno formare un an- golo di grandezza costante ; ossia la detta tangente dovrà es- sere perpendicolare al piano della medesima generatrice. Rappresentiamo ora con v l'arco descritto dal punto :r,7 e si avrà (Sr) = *«"-^-' ^'''^ {ir) =(57) *^''-^'' • Ma dalla formola (9) della prima parte si ha (^J cos.v.s=i 1 — ^co».R./n, ove m=i/x'-i-y^^ ed R è il raggio osculatore, del- 534 Sulle Superficie ec. la linea j nell' estremo variabile di sua lunghezza: avremo perciò ■m- I =( I 5 COS.R.TTi 1 : . dtAsI y K I COÌ.V.S Siccome poi nel caso presente Ang.°m.'a=: jO', come si è provato nella Proposizione 3." della prima patte , si proverà facilmente colla trigonometria sferica che cos.i>.f=sen.'y.j.sen./».i onde . ■ * ' — --=/(n-cos.»m.i.tang. -y.*), e / -^1=1 I — ^ cos.R.m J |/(n-cos.''w.itang,''t).^.). Ciò preiiiesso osserviamo che se in qualche posizione delia curva generatrice il perimetro di essa segasse la superficie svi- luppabile descritta dal suo piano, più non avrebbe luogo il teo- rema di cui si tratta, e siccome questa superficie non è altro che il luogo delle evolute della curva direttrice, così non potrà essere 2;iammai R:cos.R./« // I 1 — ^ coi.^.m\ dt.ds cioè maggiore di T.j, come risulta dalla proposizione seconda di questa seconda parte. Dunque la condizione S=T.5 non potrà essere soddisfatta Del Dottor Mainardi 53S a meno che si abbia cos.m.t.tang.v.s=o cioè cos./ra.^=o, ossia la curva generatrice una circonferenza, ovvero tang.'y.5=o^ vale a dire le rette che toccano le linee descritte da qualunque pun- to della generatrice e dal suo centro di gravità , la dove le medesime vengono incontrate dalla generatrice, tali rette do- vranno essere parallele fra loro, ossia la generatrice non dovrà rotare intorno al proprio centro di gravità , che è quanto ci restava a provare. 536 ESPERIENZE SULLE CONTRAZIONI PARZIALI DELLE VENE D'ACQUA. MEMORIA DEL PROFESSORE GIORGIO BIDONE Ricevuta adì ao. Blarzo i83o. Una vena d' acqua all' uscite da una luce aperta in lastra sottile si ristrigne e si contrae rispetto a tutto il perimetro della luce, e prende la forma di un cono o di una piramide tronca convergente, la cui base maggiore è circoscritta dal pe- rimetro interno della luce , e la base minore è al sito della massima contrazione, posta a poca distanza dalla luce. Questa vena pertanto tocca il solo perimetro interno della luce, sen- za toccare né il perimetro esterno della medesima^ né la gros- sezza della lastra compresa tra questi due perimetri. Affinchè una luce possa dirsi in lastra sottile ^ oltreché essa deve essere intagliata perpendicolarmente alla lastra , e la grossezza di questa deve in generale essere minore della distanza del perimetro interno della luce al sito della massi- ma contrazione della vena, si richiede ancora che la luce sia situata a sufficiente distanza dalle pareti del vaso adjacenti a quella in cui essa é praticata^, perché l'afflusso del liquido alla luce sia libero da ogni banda, e le particelle del mede- simo, situate sul piano della lastra della luce, arrivino al pe- rimetro interno di questa scorrendo su questo piano. Noi chia- meremo contrazione totale quella delle vene sgorganti da lu- ci, le quali soddisfanno alle anzidette condizioni, e sono per- .Ma.fcr,i./7^yy ^i(^ ii3[jciiu au uicuiil lari della luce^ e sussistere rispeito agli altri lati. Per distingue- re queste contrazioni sussistenti dalla contrazione totale, noi le cliiamereino contrazioni parziali , e con questa denomina- lo «o ^YA'. Lo ^^r.,^ ''Jc^^iT^ ^r y^.'/- .y^XX y^c^tc^,, y^.^j/ ^J-^ z, V Del Professor Bidone 687 ciò in lastre o in pareti sottili. La diminuzione cagionata da si fatta contrazione nella portata di queste luci è stata osser- vata e misurata da molti con varie e numerose esperienze. Sia ora una luce rettangola, praticata in una parete ver- ticale e sottile di un vaso prismatico rettangolo, e questa lu- ce sia situata in modo che il suo lato orizzontale inferiore &i trovi sul fondo del vaso, ed i suoi due lati verticali siano as- sai lontani dalle pareti verticali del vaso, laterali a quella in cui è aperta la luce. Ciò posto^ durante l'efflusso da questa luce, le jiarticelle dell'acqua contigue al fondo arriveranno alla luce scorrendo su un piano ad essa perpendicolare, e ne usciranno toccandone il lato inferiore interno ed il lato infe- l'iore esterno, e scorrendo sulla grossezza della parete com- presa fra questi lati. Per questa luce pertanto non vi sarà con- trazione della vena rispetto al lato inferiore; ma sussisterà una contrazione rispetto a ciascuno degli altri tre lati. La stessa luce rettangola ven^a situata in uno desìi an- goli inferiori del vaso prismatico, di maniera che essa abbia tuttavia il suo lato inferiore sul piano del fondo del vaso, ed abbia inoltre mi lato verticale sul jjiano della vicina parete verticale del vaso. In questa situazione della luce la vena non avrà contrazione rispetto a due lati; ma essa ne avrà una ri- spetto a ciascuno degli altri due. Similmente la situazione e le dimensioni della luce ret- tangola possono essere tali , che il suo laio oiizzontale infe- riore sia sul fondo del vaso, e ciascuno de' suoi lati veitica- li si trovi su una delle pareli verticali,, fra le quali è com- presa quella, in cui è aperta la luce. Per questa luce non vi sarà contrazione rispetto al lato inferiore e ai lati verticcdi ; ma sussisterà una coni razione rispetto al Iato supcriore. Da questi esenq)j si vede che la contrazione di una ve- na può essere distrutta ed annientata rispetto ad alcuni lati della luce, e sussistere rispetto agli altri lati. Per distingue- re queste contrazioni sussistenti dalla contrazione totale, noi le chiameremo contrazioni parziali , e con questa denomina- rono XX. 56 533 Esperienze sulle contrazioni ec. zione intenderemo in generale le contrazioni delle vene che escono da luci , per le quali sono soddisfatte tutte le condi- zioni richieste nelle luci dette in lastre sottili, salvo che in queste vene la contrazione si la solamente su una o su più parti del perimetro delle luci , e sulle altre parti essa è di- strutta in modi eguali o equivalenti a quelli ora rifeiiti. Per- taiito, mentre la contrazione totale delle vene presenta un sol caso, ed è sempre presso a poco la stessa, qualunque sia la luce, le contrazioni parziali presentano infiniti casi diversi , dipendenti dalla figura delle luci, e dalle parti del perimetro delle stesse luci, rispetto alle quali la contrazione sussiste. Noi ci siamo proposto di determinare esperimentalmente l'ef- fetto di alcuni di questi casi sulla portata delle luci. La contrazione di una vena, che spiccia da una luce aper- ta in lastra sottile, si può togliere rispetto ad uno o a più lati, adattando a ciascuno di questi, presi sulla faccia inter- na della luce, una lastra piana e perpendicolare alla luce. Con tali lastre, suilìcientemente estese per tutti i versi, viene an- nullata la contrazione della vena rispetto ai lati, ai quali es- se sono applicate. Le luci preparate in tal modo , e le con- trazioni parziali delle loro vene sono cosi ridotte al massimo grado di semplicità e di precisione, e le une e le altre pos- sono sempre con somma facilità riprodursi ed ottenersi in cir-> costanze affatto eguali. Per la qual cosa noi ci siamo serviti di luci così preparate come le piìi adattate a somministrare, per via degli efflussi dalle medesime, la determinazione dell' effetto delle contrazioni parziali sulla portata delle luci , di- stinto e non confuso con altri effetti provenienti da altre cau- se di aumento o di diminuzione della stessa portata. Fra i casi di efflusso osservati da Dubuat se ne trovano pure alcuni, ne' quali la contrazione è distrutta su qualche lato della luce: ma questi casi sono per la maggior parte ac- compagnati da altre circostanze, come da tuhi o da canali ap- plicati alla faccia esterna della luce, da stramazzi e simili, le quali, alterando ancor esse 1' efflusso, non permettono di ot- Del PuoFESson Bidone SSg tenere dal medesimo l'effetto separato e distinto della sola contrazione parziale sulla portata della luce. Nel 1793 il P. Bartolommeo Ferrari pubblicò nelle sue opere le seguenti esperienze da lui fatto sulla portata di una luce quadra di nove linee del piede di Parigi di lato, aperta in una parete verticale e sottile di un vaso prismatico. Que- sta luce era preparata internamente con lastre piane nel modo sopra indicato ora sui due soli lati verticali, ora su questi, e sul lato orizzontale inferiore. Egli osservò che quando il ca- nale formato dalle due lastre verticali e dalla lastra inferiore orizzontale aveva le sponde alte come i lati verticali della luce, l'acqua del vaso, uscendo dalla luce^ impiegava un po' meno di tempo ad abbassarsi sino al lato superiore della luce di quello che essa impiegava pel medesimo abbassamento , quando la luce era nuda e senza l'anzidetto canale. Avendo poi cambiatole sponde di questo canale e postone due altre, l'altezza delle quali sopravvanzava tredici volte quella della luce, egli trovò che il tempo impiegato dall'acqua ad abbas- sarsi nel vaso sino alla sommità di queste nuove sponde era eguale a quello impiegato dall'acqua ad abbassarsi all'istesso segno, quando la luce era nuda e senza canale. E trovò pure che per l'anzidetto abbassamento il tempo era ancora il me- desimo quando si lasciavano ferme al loro sito le nuove spon- de, e si toglieva il fondo del canale. Quando poi l'acqua con- tenuta nel vaso, continuando a fluire dalla luce, si abbassava al di sotto della sommità di queste nuove sponde, egli os- sevò che il pelo dell'acqua compresa fra esse era inclinato verso la luce, e più basso del pelo dell'acqua esterna a que- ste sponde : e perciò egli non fece alcun paragone tra i tempi di questo efflusso , e quelli dell'efflusso dalla luce nuda, co- me cosa troppo complicata e soggetta a molte dubbiezze. Fra gli autori posteriori, senza che da essi si faccia men- zione di queste esperienze del P. Ferrari^ forse poco note o giudicate insufficienti alla determinazione dell' effetto delle contrazioni parziali sulla portata delle luci , alcuni dicono 54*5 Esperienze sulle contrazioni ec. che questo effetto è diverso da quello della contrazione to- tale^ ma non propongono il modo di valutarlo. Altri stabili- scono che la diminuzione cagionata da queste contrazioni par- ziali alla portata della luce sta alla diminuzione cagionata dalla contrazione totale, come la parte del perimetro sulla quale si fa la contrazione parziale, sta a tutto il perimetro della luce. Alcuni poi o non fanno parola delle contrazioni parziali o non ne espongono i varii casi: cosi il S/g. Eytel- wein^ il quale riferisce i valori di un gran numero di contra- zioni diverse, ricavati dalle proprie o dalle altrui esperienze, non considera^ fra le contrazioni parziali delle . quali ora si ragiona, se non quella di una vena che esce da una luce ret- tan IflTìr cés par divers ouvertures , stampata nel tomo XXXIV. della Reale Accadeiiiia delle Scienze di Torino, Quanto airaumen- to della portata, abbiamo procurata, rispetto alle Ijjqi quadre verticali, di rendere, colle esperienze esposte nella presente Memoria, più generali le ricerche esperimentali che ayev^imt) già fatte sulle luci di questa forma. I ■•.'.)■ s- Per annullare la contrazione della vena rispetto ad uno o a più lati di una luce rettilinea, aperta in una parete pi^- na e sottile, ho adoperato una armatura, la quale consiste in una o più lastre piane e rettangole , adattate perpendicolar- mente alla faccia interna della parete della luce, in guisa che r armatura è tutta dentro il vaso. Ciascuna di queste lastre è disposta in modo che essa ha una sola faccia riguardante la luce , e che il lato di questa faccia contiguo alla parete della luce è applicato sul lato della luce, rispetto al quale §i vuole annullare la contrazione della vena. Mediante queste lastre così disposte , e sufficientemente ampie gd estesp pef ogni verso, colle quali uno o più lati della luce veflg^njp s,r- mati, si distrugge la contrazione d^Ha vena rispetto » que^i Del Professor Bidone 547 lati, e non si occupa alcuna parte dello spazio prismatico in- definito che corrisponde alla luce perpendicolarmente alla pa- rete in cui essa è aperta. In ciascuna delle lastre colle quali si armano i Iati del- la luce, noi chiameremo altezza la sua dimensione perpendi- colare al piano della luce, e prolungamento quella parte del- la lastra che sopravvanza ciascuna estremità del lato della lu- ce, al quale essa lastra è applicata. Quando l'armatura è for- mata con lastre egualmente alte, 1' altezza di queste lastre è pure V altezza dell'armatura, e -^ev prolungamenti dell'arma- tura non si intenderà altro che i prolungamenti stessi delle lastre che la compongono. Così se la lunghezza di un lato delia luce è di ^xn pollice, e la lastra rettangola con cui es- so è armato, è alta due pollici, ed ha un pollice di prolun- gamento al di là di ciascuna estremità di questo lato , dire- mo che Valtezza di questa armatura è di due pollici , e che ciascuno de" suoi prolungamenti al di là delle estremità del lato armato è di un pollice. Se in una luce si armano nel modo anzidetto due lati contigui, i prolungamenti dell'armatura al di là del vertice dell' angolo formato da questi lati sono inutili , e si possono ommettere; ma l'armatura si prolunga all'altra estremità di ciascun lato armato. Se si armano tre lati di una luce qua- dra, r armatura avrà due soli prolungamenti, e ne avrà quat- tro, se si armano solamente due lati paralleli. Nel caso in cui una parte di un lato è da armarsi, uno dei prolungamenti dell'armatura, o tutti e due non si fanno più nella direzione della parte armata, ma si piegano perpen- dicolarmente a questa, e vengono applicati sulla lastra della luce, ('osi per esempio se, partendo da un angolo di una lu- ce rettangola, si voglia armare la sola terza parte di un lato adjacente a quest'angolo, l'armatura avrà un prolungamento al vertice dell' angolo nella direzione del lato, e un altro pro- lungamento al punto ove termina la terza parte armata ; ma questo prolungamento sarà perpendicolare al lato, e verrà ap- 543 Esperienze sulle contrazioni ec. plicato, come 1' altro, sulla lastra della luce. Se poi la terza parte del lato la quale deve armarsi, non termina né all'una ne all' altra estremità del lato, l'armatura applicata a questa terza parte avrà a ciascuno de' suoi termini un prolungamen- to perpendicolare al lato ed all' armatura, ed applicato sulla lastra della luce. > ; 'j. Quando il perimetro della luce è curvilineo, come nelle luci circolari, 1' armatura consiste in una o piìi lastre incur- vate con faccie cilindriche, ed applicate nel modo preceden- temente spiegato ad uno o a più archi del perimetro della luce. Ciascuna di queste lastre alle due estremità dell'arco ar- mato, ove essa abbandona il perimetro, si piega nella direzio- ne dei raggi dell'arco, i quali passano rispettivamente per queste estremità, e 1' armatura si continua per qualche trat- to nella direzione di questi raggi, in modo che i prolungamen- ti di questa armatura cilindrica sono lastre piane applicate perpendicolarmente sulla lastra della luce, e dirette secondo i l'aggi che passano per le estremità dell' arco armato. Queste spiegazioni sembrano sufficienti per dare un' idea precisa e chiara delle armature e delle luci armate di cui ci siamo serviti in queste esperienze. Chi desiderasse di veder- ne anche le figure, le troverà fra quelle unite alla sopracci- tata Memoria inserta nel tomo XXXIV. della Reale Accademia delle Scienze di Torino. . : <:.■• • l §• In questo paragrafo esporremo le esperienze fatte con lu- ci verticali quadre di un pollice di lato, con tenuissimo di- vario, del quale si tien conto nel valore dell'area di ciascu- na di queste luci. Esse erano intagliate in lastre sottili d'ot- tone , ed armate internamente con simili lastre , e venivano applicate alla parete verticale della Torre delVEdìfizio Idrau- lico, nella quale sono praticate le aperture e stabiliti gli or- digni necessari per adattarvi le luci , e per chiuderle e per Del Professor Bidone 549 aprirle. In ciascuna esperienza il battente era costante , ma variava da una esperienza all'altra. Il più piccolo di essi, mi- surato dal centro delle luci è di piedi 6^ linee g, ossia di li- nee 878; ed il maggiore è di piedi 21 , pollici 2, linee io ; cioè di linee 3o58: e siccome l'altezza delle luci è di linee la, si vede die in queste esperienze^ nelle quali il battente è da 72 a aSS volte quest' altezza, si può prendere pel bat- tente medio quello che corrisponde al mezzo dell'altezza del- le lucij ed è appunto questo battente che si espone nella se- guente tavola. L'efflusso si faceva liberamente nell'aria , e perciò chiamando a^ r area della luce ; /i il battente corrispondente al punto di mezzo dell'al- tezza della luce ; t il tempo dell'efflusso; Q la portata della luce nel tempo t\ g la gravità ; fi il coefficiente comunemente detto della contrazione , si ha la nota equazione Q = iia'ti/agh ; dalla quale si ricaverà il valore del coefficiente (i, poiché tut- te le altre quantità sono date dalla misura immediata. In tutte queste esperienze 1' unità lineare è il piede di Parigi; perciò prendendo 2g=piedi óOjSgió, e [/2g:=7,77ia, si ha 3Q . f^ (o,ibi)9a»/[//i ' nella quale equazione Q deve esprimersi in pollici cubici ; a^ in linee quadrate; h in linee, e f in minuti secondi. Con que- sta formula si sono calcolati i valori di (i contenuti nella se- guente tavola. SSù Esperienze sulle contrazioni ec. TAVOLA I." Esperienze sulle contrazioni parziali delle vene d'acqua, fatte con luci verticali , quadre^ di 12 linee di lato^ prossimamente, armate internamente su alcuni lati, e con battenti costanti da 6 a 21 piedi di Parigi, cioè da 72 a 255 volte l'altezza delle luci. Lati sui quali si fa la contrazione, e dimensioni dell'armatura. fl^ delle esp. h t Q ^ valori medii di ^ Contrazione su tre lati; i due verti- lin.quad. lin poli. cu cali^ e l'orizzontale superiore. 139,2375 I 891 600 84099 0^6249 L'armatura del lato orizzontale infe- riore è alta linee 3o ; ciascun suo prolungamento è di linee 12. a 892 900 126582 0,6267 0,6256 Contrazione su due lati paralleli ; i due verticali. 3 3o56 600 165597 0,6424 L'armatura dei lati orizzontali è alta linee 3o; ciascun suo prolungamen- to è di linee 12. i44>oooc 4 3o58 700 ai5oi6 0^6422 " 5 897 600 91035 0,65 19 6 898 780 1 17912 0,6491 0,6464 Contrazione su due lati contigui; l'o- rizzontale superiore, ed uno dei verticali. 7 3o57 500 16819B 0,6552 L'armatura degli altri due lati è alta 8 3o57 780 218484 0,6546 linee 3o; ciascun suo prolungamen- to è di linee 12. 143,4^^00 9 3o57 900 25o563 o,65o7 IO 873 (JOO 90168 0,6572 I I 874 780 [ 161 78 o,65io ■ - 12 875 900 134385 0,6523 0,6535 Contrazione su un sol lato; l'orizzon- tale superiore. i3 3 043 boo .75134 0,6924 L'armatura degli altri tre lati è alta >4 3045 780 228021 0,6932 linee 3o; ciascun suo prolungamen- to è di linee i3. 141^6075 i5 3045 900 262701 0,6922 16 8q6 600 96237 0,7012 17 8q6 780 1 2398 1 0,6949 18 896 900 143055 0,6949 0,6948 Del Professor Bidone 55 i S- 3. Riferiremo ora le esperienze fatte con una luce quadra di quattro pollici di lato, intagliata in una lastra sottile d'ot- tone, ed applicata ad una parete verticale di un vaso inesau- sto e di sezione assai grande rispetto alla luce. Questa aveva due lati verticali, e si armava internamente su uno o su più lati nel modo avanti detto con lastre rettangole d' ottone , delle quali si daranno le dimensioni nella tavola seguente. L' efflusso si faceva liberamente neir aria. In ciascuna espe- rienza il battente era costante, ma esso variava dall'una all' altra di maniera che il piii piccolo battente, misurato dal la- to superiore della luce, era di linee 65, cioè una volta e un terzo r altezza della luce , ed il piìi gran battente di linee lai, cioè due volte e mezzo la stessa altezza. Perciò si è te- nuto conto in ciascuna esperienza della diversità dei batten- ti da un punto all' altro dell' altezza della luce , adoperando la nota equazione JL 1. Q =-j titl\/2g[ {m-i-n) — n ]; nella quale t esprime il tempo dell'efflusso; Q la portata nel tempo t ; / e /re la larghezza e 1' altezza della luce ; n il battente sopra il lato superiore della luce ; g la gravità ; fi il coefficiente detto della contrazione. Prendendo, come precedentemente, il /?zWe di Parigi per unità di misura, ed osservando che la luce, larga ed alta quat-» tro pollici, è identicamente la medesima in tutte queste espe- rienze, si ottiene i6a.Q H = L i.' a 3 (0,1619) 4( 48 H-ra) — n ] 55ii Esperienze sulle contrazioni ec. ove Q deve essere espresso in piedi cubici ; t in minuti se- condi, ed n in linee del piede. La tavola seguente contiene i risultamenti ottenuti da queste esperienze, in ciascuna delle quali è da notarsi che i prolungamenti dell' armatura non isporgevano mai fuori della superfìcie dell'acqua contenuta nel vaso. -( ;-, ■••• \ V !.;,■■' .. 1 ^' ..':r^ -I ^.■ ii j.;,' 1-; .-, ■.;::/, 'e ' ■ ■•■.)v.:'il .:.• ■ : . wF .i^ / '..■:, . ' r '. 1 Del Professor Bidone TAVOLA 3." 553 Esperienze sulle contrazioni parziali delle vene d'acqua, fatte con una luce qua- dra verticale di 4. pollici di lato, armata internamente su alcuni lati^ con battenti co- stanti da pollici S Y °- pollici io, cioè da i — a 3 volte e -j l'altezza della luce. Lati sui quali si fa la contrazione , e dimensione dell' armatura. N." delle esp. n t Q ^ valori medii di fi Im. pied.cub. Contrazione su tutti quattro i lati. 19 91,0 3óo' 169,1250 0,6099 La luce non ha armatura, ed è in lastra sottile. 20 90,5 36o 167,2500 0,6045 21 87,5 36o i65,25oo o,6o53 22 86,5 36o 165,1875 0,6078 0,6069 Contrazione su tre lati; i due orizzontali ed uno dei verticali. 23 109,0 3 60 187^203- 0,6275 L'armatura dell'altro lato è alta 8 pollici; ciascun suo prolungamento è di 6. pollici 24 99,0 36o 179,0000 0^6241 0,6258 Contrazione su tre lati; i due verticali, e l'orizzontale superiore. 25 IDI ,C 36o 180,4375 0^6 24^5 L' armatura del lato orizzontale inferiore alta pollici 8; ciascun suo proluneamen- to è di pollici 6. 26 90,5 36o i8o,o6a5 0,6265 27 80,5 36o 169,9375 o,6a5i 28 85,5 36o 169,8750 0,6280 0,6259 Contrazione su tre lati, i due verticali, e 1' orizzontale inferiore. aq 102,0 36o 1 82,6a5o 0,6290 L'armatura del lato orizzontale superiore è alta 8 pollici; ciascun suo prolunga- mento è di 6 pollici . io 97>5 36g 179,6250 o,63oi O56295 Contrazione su due lati paralleli; i due ver- ticali. 3i 93,5 36o 181,0625 0,6460 L'armatura dei due lati orizzontali è alta pollici 8; ciascun suo prolungamento è di 6 pollici. 3a 02,0 36o 180,1875 0,6470 33 90,5 B60 179,6250 0,6492 34 88,5 36o 177,3750 0,6468 3S 86,0 i6o 176,5000 o,65io 0,6480 Tomo XX. =;a 554 Esperienze sulle oonthazioni ec. Continuazione della T avola a.» Lati sui quali si fa la contrazione, e ielle valori dimensioni deirarniatura. Ti t Q /i medii esp. di fi Contrazione su-due lati contigui; l'orizzon- lin. pied.cul). tale superiore ed uno dei verticali. 30 j I 1^,5 3 3o'' 1 79,5625 o,65o5 L'armatura degli altri lati è alta jioll. 8; il piolungamento orizzontale è poli. 8; il prolungamento verticale poli. 6. 3? 107,5 33o i77,i25c o,65i4 o,G5oo Contrazione su due lati paralleli ; i due orizzontali. 38 102,5 33o I 74j5ooo 0,6544 L'armatura dei lati verticali è alta poli. 8; ciascun suo prolungamento è poli. 6. 39 99,0 33o 172,3125 0,6554 0,6549 Contrazione su due lati contigui; l'orizzon- tale inferiore, ed uno dei verticali. 4o 96,0 360 189,0093 0,6672 L'armatura degli altri lati è alta poli. 8; il prolungamento verticale è poli. 8, e r orizzontale poli. 6. 4i G5,o SGo 162,2500 0,6659 0^6665 Contrazione su un sol lato; l'orizzontale superiore. 42 II 5,5 3oo 171,3750 o,673t L'armatura degli altri tre lati è alta poli. 8; ciascun prolungamento è poli. 8. 43 114,0 3oo 171,4375 o,_6769 0,6749 Contrazione su un sol lato; uno dei ver- ticali. 44 lai^o 3oo 178,0000 0,6854 L'armatura degli altri tre lati è alta pol- lici 8; ciascun prolungamento è poli. 8. 45 120,5 3oo 178,0625 0,6870 45 I i5,o 3 00 174,8750 0,6880 0,6868 Contrazione su un sol lato; 1' orizzontale inferiore. 47 120,0 300 18 3,3 7 So 0,7087 L'armatura degli altri tre lati è alta pol- lici 8; ciascun prolungamento è poli. 8. 48 115,5 3oo i8o,!25o 0,7074 49 i>3,5 3 00 1 78,87001 0,7076 0,7079 Del Professor Bidone " 555 Da questa tavola si vede che quando la contrazione si fa solamente su tre lati, qualunque essi sianOj i valori medii di ^ sono pressoché eguali tra loro: il più grande di essi, 0,629$ non difFerisce dal più piccolo o^óaSG che di una 170." parte. Fra i valori medii di ji, relativi alla contrazione su due soli lati, qualunque essi siano, si osservano differenze alquan- to più considerabili: il maggiore di questi valori 0,6665 dif- ferisce dal minore o,64Bo di una 36.'* parte. Le differenze tra i valori medii di fx , relativi alla con- trazione su un sol lato, qualunque esso sia, sono le più grandi: La maggiore di esse è tra 0,7079 60,6749 ed è la ai. '^ parte del primo di questi valori. Senza cercare di proposito la cagione di queste differen- ze, pare che esse si debbano principalmente attribuire alla piccolezza del battente rispetto all'altezza della luce. Poiché quando il battente è assai grande rispetto a questa altezza, sembra evidente che per una luce quadia verticale la por- tata non può cambiare, allorché , posto un sol lato armato, in vece di questo se ne arma un altro qualunque con eguale armatura. Così pure se ne sono armati due lati paralleli , la portata non si muterà, armando in loro vece gli altri due lati paralleli; lo stesso si dica allorché in vece di due lati contigui armati , se ne armano due altri qualunque , purché contigui ; e così finalmente allorché in vece di tre lati ar- mati se ne armano altri tre. Ma quando il battente è piccolo , pare che facendo gli accennati cambiamenti dei lati armati, debba pure cambiarsi la portata della luce, poiché in questo caso la velocità con cui l'acqua scorre sulle lastre dell'armatura, prima di uscire dalla luce, è diversa secondo la situazione più o meno alta^ orizzontale o verticale delle lastre stesse: d'altra parte si sa che il coefficiente ^ contiene non solamente la correzione dovuta alla contrazione della vena, ma ancora quella dovuta all'inesatta supposizione che si fa, prendendo per la velocità media di ciascun punto di una linea orizzontale di una luce 556 Esperienze sulle contrazioni ec. quella dovuta al battente di questa linea, senza tener conto della perdita di velocità cagionata dall' aderenza dell' acqua alle pareti, e dall'imperfetta fluidità dell'acqua medesima. Da ciò ne segue che nel caso di battenti piccoli le portate delle luci verticali annate internamente nel modo sopra descritto debbono variare non solo quando il numero de* lati armati va- ria, ma ancora quando la situazione di questi viene a variare ancorché il loro numero resti il medesimo. La tavola prece- dente mette sott' occhio queste variazioni di portata, prove- nienti e dal numero e dalla situazione de' lati armati. S-4- I precedenti risultamenti sulle contrazioni parziali delle vene, ottenuti da due serie distinte di esperienze , e quelli ottenuti dall'altra serte sopraccitata eseguita nel i8iii, si riu- niscono nella seguente tavola , intorno alla quale dobbiamo notare in primo luogo, che per una luce quadra verticale di la linee di lato, aperta in lastra sottile, e con battenti di 6 e di 2,0 piedi risultò ^=0,6077: questo stesso valore di ^ noi prendiamo per le luci quadre di 6 linee di lato in lastre sottili con battenti di 287 a 141 linee, ancorché non ne ab- biamo fatto direttamente l'esperienza. Noteremo in secondo luogo che nella serie delle espe- rienze fatte nel 1821 con luci quadre di 6 linee di lato, e nella serie di quelle fatte con luci qnadre di 12 linee di lato, riferite qui sopra al 5- 2, nelle quali due serie i battenti sono assai grandi rispetto all'altezza delle luci, noi supponiamo che quando la contrazione si fa su tre lati solamente, il coef- ficiente fj, ha ristesso valore, qualunque siano questi lati. Si- milmente quando la contrazione si fa su due lati paralleli , noi prendiamo per ^ Tistesso valore, siano essi o i lati oriz- zontali o i lati verticali : cosi si dica del valore di ^ quando la contrazione si fa su due lati contigui e quando si fa su un sol lato. I valori di fi non ottenuti direttamente dall'espe- rienza, ma supposti e presi eguali ad altri ottenuti dall'espe- rienza, sono segnati nella tavola con un asterisco *. Del Professor Bidone TAVOLA 3.'' 557 Valori dei coefficienti u, ottenuti da tre distinte serie di esperienze fatte sulle contrazioni parziali. Lati sui quali si fa la contrazione. I Seria Valori di (L otte- nuti da esperienze fatte con luci qua- dre verticali di 6 linee di lato, con battenti da 4 ^ a4 volte l'altezza delle luci II Sene Valori di fi otte- nuti da esperienze fatte con luci qua- dre verticali di la linee di lato, con battenti da 72 a a55 volte l'altezza delle luci. IH Serie Valori di fi otte- nuti da esperienze fatte con una luce quadra verticale di 4 J>ollici di lato , con battenti da J 1 a a ' volte r altezza della luce. Contrazione su tutti quattro i lati. Le luci sono senza armatura e in lastre sottili. 0,6077* 0,6077 0,6069 Contrazione su tre lati; i due orizzontali ed uno dei verticali. 0,6389* 0,6256* 0,6253 Contrazione su tre lati; i due verticali, e 1' orizzontale superiore. 0,6389 0,6256 0^6259 Contrazione su tre lati ; i due verticali e r orizzontale inferiore. 0,6389* o,6a56* o_,6295 Contrazione su due lati; i due verticali. o,65i3 0,6464 0,6480 Contrazione su due lati ; l'orizzontale su- periore, ed uno dei verticali. c,66ai 0,6535 o,65o9 Contrazione su due lati ; i due orizzon- tali. 0,65 i3* 0,6464* 0,6549 558 Esperienze sulle contrazioni ec. Continuazione della Tavola 3.^ Lati sui quali si fa la contrazione. I Serie Valori dì ^ Otte- nuti da esperienze fatte con luci qua- dre verticali di 6 linee di lato, con battenti da 4 a 34 volte l'altezza delle luci. II Seri* Valori di ft otte- nuti da esperienze fatte con luci qua- dre verticali di la linee di lato, con battenti da 71 a a55 volte l'altezza doUe luci. III Serie Vaioli di (l otte- nuti da esperienze fatte con una luce quadra verticale di 4 pollici di lato , eoa Lattenti da I J a a 1 volte l'altezza della luce. Contrazione su due lati; l'orizzontale in- feriore, ed uno dei verticali. 0,6621* 0,6 5 3 5* 0,6665 Contrazione su un sol lato; l'orizzontale superiore; 0,6943* 0,6948 0,6749 Contrazione su un sol lato; uno dei verticali 0,6943* 0,6948* 0,6868 Contrazione su un sol lato; 1' orizzontale inferiore. 0,6943* 0,6948* 0,7079 Del Professor Bidone 55<) Cercando in questa tavola le maggiori differenze tra i va- lori di fi relativi ad una stessa contrazione parziale , e posti in una stessa linea orizzontale della tavola, si trova in primo luogo, che nella seconda, terza e quarta linea orizzontale si ha per la colonna verticale n.° I.fi=o,6389, e per la colonna ver- ticale n.*!!. si ha ^=o/)2.56; e questi sono il maggiore ed il minore valore di ^ dati dalle esperienze, relativi alla contra- zione parziale della vena su tre soli lati della luce. La differen- za tra questi due valori è la ^Q.'^ parte del maggiore di essi. Si trova in secondo luogo che nella nona linea orizzon- tale i valori di {j. contenuti nelle colonne verticali n.° I. e n.' II. sono pressoché eguali tra loro, ed hanno per valor medio o,6g45, il quale è di una sua 35." parte maggiore del cor- rispondente valore 0,6749 posto nella colonna n.° III. Intorno a queste differenze noi osserveremo prima di tut- to^ che esse sono minori di quelle , che si incontrano nelle esperienze fatte per determinare il valore della contrazione totale delle vene^ che escono da luci aperte in lastre sottili, nelle quali esperienze i valori ottenuti per questa contrazione differiscono talvolta tra loro di una trentesima parte. Perciò le serie I. II. e III. della tavola precedente possono da que- sto canto riguardarsi come assai bene d'accordo tra loro. Oltre a ciò osserveremo che nelle esperienze della serie n.°I. il fondo del vaso prismatico, o solo o con una parete del medesimoj serviva di armatura alla luce nei casi ne' quali si armava o un sol lato, o due lati contigui di questa. Quan- do poi si armavano o due lati paralleli o tre lati, si adopera- va, oltre il fondo e una parete del vaso, una lastra rettan- gola alta e lunga sei pollici , e perciò l'altezza di questa la- stra era dodici volte il lato della luce, e ciascun suo prolun- gamento era cinque volte e mezzo il medesimo lato. Ma nelie esperienze delle serie n.** II. e n.** III. tutte le armature era- no formate con lastre rettangole, le altezze e i prolungamenti delle quali avevano una ragione assai minore ai lati delle luci. Ora quando l'altezza ed i prolungamenti dell' armatura ecce- 5ÓO Esperienze sulle contrazioni ec. dono di poco le dimensioni della luce , pare che non si di- strugga cosi compiutamente tutta la contrazione sui lati ar- niatij come quando l'altezza ed i prolungamenti dell'armatura eccedono di molto le dimensioni della luce, e sono come in- definiti. Ed in conferma di questa osservazione gioverà riferire, che per una luce rettangola , il cui lato orizzontale inferiore è posto sul fondo stesso del vaso, il Sig. Eytelweìn colla scorta di Dubitata il quale aveva già osservato questo caso , arreca pel valore della contrazione della vena fluente da questa lu- ce il numero o,63ai, il quale è assai poco diverso dal nu- mero 0,6089 dato dalla serie n."!. per un caso affatto egua- le di una luce rettangola , in cui la conti-azione rispetto al suo lato inferiore era distrutta, non per via di un'armatura, ma perchè questo Iato era situato sul fondo stesso del vaso. Le differenze poi, le quali trovansi tra i valori di^ dati dalla serie n." III. e quelli dati dalle altre due serie, debbo- no principalmente ripetersi, come si è già notato sopra, da ciò che quando il battente è assai grande rispetto all' altez- za di una luce verticale, come nelle serie I. e II. la velocità dell'efflusso è la medesima in tutti i punti della luce, e per- ciò la portata di questa non può variare, se in vece di alcu- ni lati armati, se ne armano altri in egual modo e numero, i quali inoltre abbiano tra loro la stessa posizione relativa che avevano i primi, cioè siano o paralleli o contigui, se si trat- ta di lati paralleli o contigui. Ma quando il battente è pic- colo rispetto all'altezza della luce, la velocità dell'efflusso non è più la medesima in tutti i punti della luce , e perciò se- condo la situazione dei lati, ai quali si applica l'armatura, si ottiene una portata diversa ed un valore diverso di w, ancor- ché tutte le altre circostanze siano uguali. Cosi dalla colonna n." III. si vede che nel caso della contrazione su un sol lato, la maggiore portata si ottiene quando questa contrazione si fa sul lato orizzontale inferiore della luce. 'i. Del Professor Bidone 56 1 §. 5. I valori dei coefficienti ^ relativi ad una stessa contra- zione parziale, dati dalle tre serie di esperienze esposte nel- la tavola precedente j avendo tra loro differenze piccole j e comprese nei limiti di quelle che in simili esperienze si in- contrano inevitabilmente , ed inoltre ciascun coefficiente fj, avendo presso a poco l'istesso valore, quando il numero dei lati sui quali si fa la contrazione è il medesimo , qualunque siano questi lati, ho formato per 1" uso pratico e ordinario, e per compendio e per maggiore evidenza de' risultamenti , la tavola seguente: essa contiene i valori di (j, per quattro casi di contrazioni di una luce quadra verticale in lastra sottile, cioè quando la contrazione si fa sui quattro lati, su tre , su due o su un sol lato. Questi valori di fx si presentano separa- tamente e per battenti assai grandi, e per battenti piccoli ri- spetto all'altezza della luce. Quindi dagli uni e dagli altri di questi valori, poco div<-rsi tra loro per ciascuna contrazione, si ricavano i valori medii generali delle anzidette contrazioni per un battente qualunque. Pertanto le colonne verticali A e B della tavola seguen- te contengono i valori delle medesime contrazioni ricavati dalle serie n.° I. e n.° II. della tavola S." rispettivamente. Dai valori contenuti nelle colonne A e B, tutti relativi al caso di un battente assai grande rispetto all' altezza della luce , si è formata la colonna C , la quale contiene i valori medii di quelli compresi nelle colonne A e B. Perciò questa colonna G presenta i valori delle contrazioni parziali da noi considerate per le luci quadre verticali, quando i battenti so- no assai grandi rispetto all'altezza di queste luci. Nella colonna D si espongono i valori delle stesse con- trazioni ricavati dalla serie n.° III. della tavola 3.", nella qua- le serie i battenti sono piccoli rispetto all'altezza della luce. Finalmente nella colonna E si presentano i valori medii generali delle medesime contrazioni , i quali si ottengono pren- Tomo XX. 59 56a Esperienze sulle contrazioni ec. dendo i valori medli di quelli contenuti nelle colonne C e D. Questi valori medii generali possono riguardarsi come assai prossimi al vero , e adoperarsi in tutti i casi di luci quadre verticali, qualunque sia il loro battente, purché i prolunga- menti dell' armatura non isporgano mai fuori della superficie dell' acqua contenuta nel vaso, e questo abbia le sua sezio- ni assai grandi rispetto all'area della luce. Del Professore Bidone TAVOLA 4.'' :.. " , ... .• Valori medii dei coefficienti ^ , particolari per ciascuna delle tre serie precedenti di esperienze ; e valori medii ge- nerali dei medesimi coefficienti. La contrazione si fa A Valori medii ' di « ricavati dalla serie n.*^ Ij nella quale i battenti sono da 4 a 24 volte l'altezza della luce. B Valori medii di fi ricavati dalla serie n." li, nella quale i battenti sono da 73 a -25 5 volte l'altezza della luce. G Valori medii di ti ricavati dalle colonne A e B nelle quali i battenti sono da 2.\ a i55 volte l'altezza della luce. D Valori medii di u, ricavati dalla serie n.° III, nella quale i battenti sono i 1 a 2 1 volte t 2 V altezza della luce. E Valori medii generali di U ricavati dalle colonne C e D^ nelle quali i batten- ti sono da 1 1 a s55 volte l'altezza della luce. Su tutti e quattro i lati. 0,6077 0,6077 0,6077 0,6069 0,6073 Su ti-e lati qualunque. 0,6389 o,6a56 0,6333 0,6271 0,6297 Su due lati qualunque. of5567 o,65oo 0,6533 o,655i 0,6542 Su un lato qualunque. 0,6943 0,6943 0,6945 0,6899 0,6923 I valori medii generali dei coefficienti (x, contenuti nel- la colonna E , possono scriversi nel modo seguente , comin- 564 Esperienze sulle contrazioni ec. ciando dal più piccolo , relativo al caso in cui la luce è in lastra sottile senza armatura alcuna: (x = 0,6073 ; /i' = 0,6297 = 0^6073 /i-+-^l; fi" = Oj654a = 0,6073 { 1 -*- -^ 1 i ^, (i"= o^ógaa = 0,6078 ('■+- — )• Da queste espressioni si vede che gli aumenti della por- tata, i quali si ottengono negli efflussi da luci quadre verti- cali , quando si distrugge la contrazione su un lato, su due o su tre, stanno prossimamente tra loro come i : 2 : 4- Que- sta relazione si era già notata nella sopraccitata Memoria che contiene la serie delle esperienze fatte nel jSìi. sulle con- trazioni parziali. * ^ . . §-6. . ; ■ Nelle esperienze esposte nella tavola 2,.", fatte con una luce quadra verticale di quattro pollici di lato, i battenti an- corché piccoli, erano però tali che in nessuna di esse i pro- lungamenti dell' armatura sporgevano fuori della superficie dell'acqua contenuta nel vaso. Ora presenterò alcune espe- rienze fatte colla medesima luce, armata sul lato orizzontale inferiore e sui due lati verticali, come nelle esperienze 4^ ^ 43 ( §.° 3.°) e con battenti piccoli e tali che i prolungamen- ti verticali dell' aniiatura sporgevano fuori della superficie dell'acqua contenuta nel vaso. I valori dei coefficienti jx si so- no calcolati colla formula esposta al 5° 3" Del Professor Bidone 565 T A V 0 L A 5." Altre esperienze sulle contrazioni parziali, fatte colla sopraddetta luce quadra verticale di 4 pollici di lato , con battenti piccoli e tali che i prolungamenti verticali dell' armatura sporgevano fuori della su- perficie dell' acqua contenuta nel vaso. Lati sui quali si fa la contra- N." zione, e dimensione delle n t Q y- dell' armatura. esp. Contrazione su un sol lato j lin. pied.cub. l'orizzontale superiore. 5o 64,5 33o" lóOjóaSo 0,7314 5i 64,0 3 3o lóijiaSo 0,7355 L' armatura degli altri lati è alta pollici 8; e ciascun pro- . lungamento è pure di 8. pollici. 02 63,5 33o 162,6876 0,7391 Questa luce e questa armatu- ra, ed i lati cui essa è ap- plicata , sono identicamen- te quegli istessi delle espe- rienze 4a e 43. 53 5ó,5 36o 176,1250 0,7603 In queste quattro esperienze i prolungamenti dell'arma- tura sporgevano fuori dell'acqua dalle linee 3i,5 alle linee 39,5. ]I battente non si è misurato dal livello dell'acqua com- presa fra le due lastre verticali dell'armatura, ma dal livel- lo dell'acqua esterna alle medesime. L'acqua compresa fra le anzidette lastre verticali, e la lastra orizzontale dell'arma- tura aveva una superficie più bassa della superficie dell'ac- qua esterna a queste lastre contenute nel vaso , e formava una corrente assai rapida e di superficie inclinata verso la lu- ce, alla quale si affacciava con molta velocità, e di cui non 566 Esperienze sulle contrazioni ec. superava 1" altezza che di sei a dodici linee , formando così un labbro sempre agitato e ondeggiante sopra il lato supe- riore della luce. Questa corrente alla sua entrata nel canale formato dalle lastre dell'armatura aveva una contrazione af- fatto particolare, in virtù della quale le faccie interne delle pareti di esso canale presso l'anzidetta entrata non erano toc- che dall' acqua la quale si teneva in mezzo del canale e pre- cipitava verso la luce. Queste circostanze del movimento dell'acqua contenuta nel canale formato dall' armatura della lucCj già osservato dal P. Ferrari nelle sue esperienze sopra riferite, sono tali che a que- sto caso non sembra potersi applicare la formula della porta- ta esposta al 5- '^•'':> ^ adoperata per gli altri casi della stes- sa luce e armatura, ne' quali l'acqua contenuta fra le lastre di questa è pressoché stagnante e senza moto, e la vena esce dalla luce per pura pressione. Ma qualunque sia il modo con cui si deve calcolare la portata nelle esperienze di questa tavola , è osservabile che questa poitata, paragonata a quella delle esperienze 4^ e 4^ fatte coH'istessa identica luce e armatura, ma con maggiori battenti, diminuisca meno di quello che richiegga la diminu- zione de' battenti; ed è pure osservabile che nell'esperien- za 53, per esempio, la portata nelT unità di tempo è alcun poco maggiore di quella ottenuta nell' esperienza 5o, quan- tunque in quest'ultima il battente sia di otto linee, cioè di un settimo maggiore del battente nell' esperienza 53. Del resto in ordine alla particolarità che offrono i valo- ri di |(t esposti nella tavola precedente j i quali crescono da 0,7214 a 0,7603, diminuendo il battente, non è inopportuno il riferirne un' altra simile che si trova nelle esperienze fat- te dal Sig. Poncelet con una luce rettangola , di altezza va- riabile, aperta in una parete inclinata all'indentro verso il va- so. In questa luce la contrazione si faceva sul solo lato oriz- zontale superiore, come nelle esperienze di questo paragrafo. Egli ha trovato pei valori di questa contrazione 0,737; 0,751, Del Professor Bidone 567 i quali sono poco diversi dai sopra riferiti, e crescono a mi- sura che r altezza delle luce diminuisce. S- 7-° ■•■ In quest' ultimo paragrafo esporrò altre esperienze fatte sulle contrazioni parziali con piccole luci verticali , alcune rettangole ed altre circolari, aperte in lastre sottili d'ottone, con battenti costanti e assai grandi , come nelle esperienze del 5- 2." La seguente tavola mostra i risultamenti ottenuti con queste luci, armate internamente ^ nel modo sopra indi- cato , con lastre d' ottone su qualche parte del loro perime- tro. Le aree di queste luci sono comprese tra ro8 e 260 li- nee quadrate. La loro maggiore altezza verticale è di 18 li- nee ^ ed i battenti sono da 891 a 3o55 linee; e perciò nel calcolo di queste esperienze, nelle quali l'efflusso si faceva liberaifieute nell'aria^ si è fatto uso della formula esposta nel §• 2.°, ritenendo le stesse lettere colla significazione ivi spie- gata. 568 Esperienze sulle contrazioni ec. T A V O L 6.» Altre esperienze sulle contrazioni parziali delle vene d'acqua^ fatte con piccole lu- ci verticali, alcune rettangole ed altre circolari, armate internamente su qualche par- te del loro perimetro, e con battenti assai grandi, come nelle esperienze della tavola Forma e dimensioni delle luci: lati sui quali si fa la contrazione: dimensioni dall' armatura. a^ delle esp. h t Q ^ Valori meidi 'li ^ Luce rettangola: il lato verticale è di li- nee 17; l'orizzontale è di linee !J^i. Contrazione su due lati; l'orizzontale in- lin.quad. 54 Un. 3o35 600" poli. cu i5866i 0,6459 feriore ed uno dei verticali. L'armatura degli altri lati è alta linee 3o; 137,7000 55 3o35 780 206346 0,6462 il suo prolungamento verticale è di li- nee IO, ed il prolungamento orizzon- tale è di linee 17. 56 3oi4 900 337991 0,6460 0,6460 Luce rettangola: Il lato verticale è di li- nee if5, e l'orizzontale di linee 6. Contrazione su una lunghezza di linee 6 57 3o5i 600 134385 0,6957 il cui punto di mezzo coincide col pun- 108,0000 to di mezzo di un lato verticale. L'armatura del rimanente perimetro è alta linee 3o^ ciascun suo prolungamento, perpendicolare al perimetro è di linee la. 58 3o52 goo aoaci 1 0,6971 0,6964 Luce semicircolare col vertice in su , e col diametro orizzontale: questo è lun- go linee 23,75. Contrazione sulla semicirconferenza. L'armatura del diametro è alta linee 3o; 260,3340 59 889 600 i5866i o,63i 1 ciascun suo prolungamento è linee 5. 60 891 900 a38425 o,63 16 o,63i3 Del Professor Bidone Sóg Continuazione della Tavola 6.* Forma e dimensione delle luci: lati sui N.° Valori quali si fa la contrazione: a- delle II t Q y- medii Dimensioni dell' armatura esp. di ^ Luce circolare di un pollice di diame- lin. poli. cu i tro. 61 3o3i 600" i3oqi7 O56493 Contrazione su due ardii del perime- tro , ciascuno di 45°? separati 1' uno dall' altro da due archi eguali ed ar- IJn. (juad. mati. 1 13,0973 62 304S tSo i68iq8 0,6403 L'armatura è alta linee 3o , e ciascun suo prolungamento nella direzione del raggio è di linee 9. 63 3045 ■JCO 195075 0,6436 0,6444 Luce circolare di un pollice di diame- tro. 64 3 054 600 136966 0,6769 Contrazione su un arco di 45.° L'armatura del rimanente perimetro è I 13,0973 65 3oór> 700 ■77735 0,6755 alta linee 3o; ciascun suo prolunga- mento nella direzione del raggio è di lioee 9. 66 3o55 000 206046 0,6754 0,6759 Il valore di ^^=0,6460 ottenuto dalle esperienze 54, 55 e 56, fatte con una luce rettangola, armata su due lati con- tigui, de' quali uno è doppio dell'altro^ è poco diverso dal valore o.,6535 ottenuto da una luce quadra, armata pure su due lati contigui e con battenti assai grandi (esperienze 7."... la.") La differenza tra questi due valori non è che la 87." parte del maggiore di essi. Per la luce semicircolare, armata sul suo diametro ( esp. 59. e 60.) il valore di //=o,63r3 è medio tra quelli dati da una luce quadra armata su im sol lato, e annata su due la- ti paralleli, (esp. 1 , a e 3;, 4:> 5 e 6 ). Tomo XX. 60 5yo Esperienze sulle contrazioni ec. Il valore di ^=o,()J^^j^, somministrato da una luce circo- lare armata su due porzioni eguali del suo perimetro e egual- mente distanti tra loro (esp. 61,62, e 63), è pressoché egua- le al valore di ^=:0,64645 ottenuto da una luce quadra , ar- mata su due lati paralleli ( esp. 3, 4? 5 e 6 ), quantunque in queste ultime esperienze la contrazione si faccia sulla metà del perimetro della luce, mentre nelle esperienze 61, 6a e 63 la contrazione si fa solamente sulla quarta parte del pe- rimetro della luce circolare. Finalmente le esperienze 67 e 58 , fatte con una luce rettangola armata sui sette ottavi del suo perimetro danno ^ = 0,6964, il qual valore è maggiore di ^ = 0,6759 sommi- nistrato dalle esperienze 64^ 65, e 66, fatte con una luce cir- colare, armata pure sui sette ottavi del suo perimetro. Ma da queste sole esperienze fatte con ciascuna di queste luci così armate non si può inferire, se aumentando o diminuendo la porzione non armata del perimetro di ciascuna di esse luci, il valore di fi sia per aumentarsi o per diminuirsi. Questa in- certezza nasce dal risultamento ottenuto e colla teoria e coli esperienza da Borda, e conformato da Venturi; il quale risul- tamento consiste in ciò che se una luce è armata interna- mente con un breve tubo prismatico^ il coefficiente ^ ha per valore o,5ooo. Ora paragonando questo valore ottenuto da Borda nel caso in cui la luce è armata internamente con un breve tu- bo prismatico su tutto il suo perimetro, col valore di fx quan- do la luce è nuda ed in lastra sottile , e coi valori di y, ot- tenuti colle nostre esperienze, quando la luce è armata inter- namente su porzioni più o meno grandi del suo perìmetro, si scorge che fra questi valori di fj, dovrà necessariamente tro- varsi un valore massimo, il quale corrisponderà al caso in cui la contrazione sarà parziale , e si farà su una certa determi- nata parte del perimetro della luce, l'altra parte essendo ar- mata nel modo superiormente descritto. Così, per esempio, se la luce è un quadrato di un poi- Del Professore Bidone S71 lice di lato, come le luci delle esperienze esposte al 5- a, si avranno i seguenti valori di ^y cioè ^ = 0,6077; luce nuda, in lastra sottile; contrazdoue sui quattro lati: , -^ ^' = 0,6256; luce armata internamente su un latoj con- trazione su tre lati. fi!' = o, 6535; luce armata internamente su due lati con- tigui ; contrazione su due lati contigui: fi'" = o, 6g48; luce armata internamente su tre lati; con- trazione su un sol lato: ^'" = Oj 5ooo; luce armata internamente su tutto il suo perimetro ; esperienza di Borda. Il massimo di questi valori è ^"': ma non si può asserire che esso è il massimo assoluto tra tutti quelli che si otter- rebbero, armando ancora qualche porzione del quarto lato, oltre i tre già armati, come si è praticato nelle esperienze S7 e 58 fatte con una luce rettangola, armata su tre lati, e su due terze parti del quarto , e dalle quali si è ottenuto ^=o,6q64. Ma qui non si deve ommettere una osservazione essen- ziale sulla maniera con cui esce la vena da una luce armata internamente su qualche parte del suo perimetro, oppure ar- mata su tutto il perimetro. In tutte le nostre esperienze sulle contrazioni parziali la forma della vena alla sua uscita da una luce armata solamente su qualche parte del suo perimetro è tale, che le faccio della vena, corrispondenti alle parti arma- te del perimetro , sono , all' uscire dalla luce , perfettamente prismatiche o cilindriche, perpendicolari al piano della luce, e toccano tutta la grossezza della lastra, in cui la luce è in- tagliata: e le faccie della stessa vena corrispondenti alle parti non armate del perimetro, escono dalla luce obblique al pia- no di questa, e dirette verso l'asse della medesima, e radono solamente il perimetro interno della luce, senza toccarne il perimetro esterno. 572 Esperienze sulle contrazioni ec. Quando poi tutto il perimetro della luce è armato interna- mente con un breve tubo prismatico o cilindrico, come nell'e- sperienza dì Borda, nella quale la luce era circolare del diame- tio di linee 14 e un decimo , ed il tubo di egual diametro era lungo linee 72, , la vena si contrae alla sua entrata nel tubo, cioè su tutto il perimetro dell'estremità di questo op- posta a quella che è applicata al perimetro della luce: la vena così contratta passa pel tubo e per la luce , staccata affatto dalle pareti interne del tubo e del perimetro della luce. 1!.'! .'.;■ ■ !■■'':■■ ■;: <:\r,ì '.-li (;ji;!:;ii.;o • " ■:■• •'(!: ■_, ,L.'[ -IMj :.!;;■ C.M:.,\.j. im'. ■yi '' ... •: '.■;-; ^ ; - ' ■' ;- cM.,"> •> - ^0 ! ■ :ip 'r>h h'[ )'■ ... •, ■ : li. ;:■ :, ■:, ■ [.: 'if ((;■"■ ■!:i::; /.i. ti '.l' ,- • ,'•:,■) if;-. il I i '■. i. ■:-!■> ^ ■ ' '?i ■■.■,■ ■ : .T' 1: ..:('J '■■ h . . I :(.'.■;, 573 SULLA TEORIA DELLE FUNZIONI DISCONTINUE. MEMORIA DI GABRIO PIOLA ' .' ; Ricevuta adì a3. Jprile i83o. - ■' •' ' Oe attentamente si considerano i recenti progressi dell' a- nalisi , pare che il filosofo amico unicamente delle utili co- gnizioni possa distinguerne due parti, e porre nella prima al- cune teoriche di sottile invenzione ma di cui non saprebbesi per avventura ben prevedere quale debba essere finalmente lo scopo^ e raccogliere nella seconda le vere scoperte d'onde la scienza può sperare maggiori e sempre crescenti vantaggi. Fra quest' tiltime tengono , se io non m' inganno, posto pri- mario quelle dottrine sulla discontinuità delle funzioni che promosse da alcuni grandi viventi Geometrij furono immedia- tamente trovate di somma utilità nei plìi intralciati problemi di fisica matematica : e non è forse illusione il pensare che il meglio di esse ancora s'ignori, e che venendo quanto che sia a prodursi con pienezza d' insegnamento^ debba 1' effetto superare di molto l'aspettativa. A dare per tanta impresa qual- che avviamento secondo la mia possibilità, è diretta la presen- te memoria, in cui mi propongo: primieramente di dichiarare l'indole delle questioni con una metafisica facile che conten- ga il principio di una persuadente dimostrazione: in secondo luogo d'indicare come ciò che finora in tale materia è stato trovato, si possa prestamente dedurre dalle formolo generali col metodo che verrò sponendo: per ultimo di mostrare come si giunga a dare al calcolo un andamento più largo di quello finora usato, e così ad aprire nuove vie per simili ricerche. 5^4 Sulla Teoria delle Funzioni ec. $. I- Dichiarazione del princìpio di Discontinuità nelle Funzioni. 1. Aduna variabile in una forinola si può attribuire un numero indefinito di valori^ di cui ciascuno può differire dall' antecedente e dal seguente meno d'ogni quantità assegnabile. Questa maniera di dire è sinonima ma forse più chiara dell' altra comunemente usata, che i valori della variabile cresco- no o calano per gradi insensibili. Una variabile la quale nella questione che si ha di mira deve prendere una tale succes- sione di valori, dicesi avere un corso continuo. Or ecco un principio fondamentale nella presente teorica; se il corso della variabile è da — co a -H co, certamente il numero dei valo- ri diversi eh' essa può prendere è matematicamente infinito: ma è infinito anche il numero dei valori diversi che può pren- dere la variabile nel suo corso particolare fra due limiti a, b grandezze finite di cui la seconda supera per ipotesi la prima di una differenza assegnabile: di più se questo tratto si divi- de in un numero finito di parti, è infinito anche il numero dei valori diversi possibili a prendersi dalla variabile dentro il solo tratto che corrisponde ad una di queste parti. Così per assegnare un numero matematicamente infinito di punti in Ulta retta, non è necessario che la retta si estenda all' in- finito da ambe le estremità : anche in un brevissimo pezzo di essa, purché sia di finita lunghezza , è infinito il numero dei punti che vi si possono distinguere, se non coli' atto cer- tamente col pensiero. 2. Le equazioni identiche, nelle quali i due membri so- no formolo diverse di forma ma eguali di valore , sussistono in generale per tutti i valori possibili delle variabili da — co a -Kco, ed anche immaginar]. È vero che si dà qualche ca. so di eccezione : per esempio 1' equazione tra la funzione di una variabile e il suo sviluppo colla serie di Taylor può di- Di Gabrio Piola .SyS venir falsa, come è notissimo, per alcuni valori particolari del- la variabile. È vero altresì che le equazioni identiche le qua- li;, come quella ultimamente nominata, hanno in un membro una funzione sotto forma finita e nell' altro una serie infini- ta, si devono ritenere erronee (i) per tutti i valori particola- ri della variabile che producono nelle serie infinite la diver- genza. Però queste speculazioni sono di tutt' altro genere di quelle che qui ci conducono a stabilire una proposizione, la quale sul principio fa qualche urto a motivo della sua sin- golarità, ma trovasi di verità inconcussa e di estrema impor- tanza. Si danno equazioni che sussistono solamente pel corso delle variabili fra limiti la cui differenza è una quantità fi- nita. Così se trattasi di una sola variabile x, V equazione sa- rà vera solamente per tutto il tratto finito della x fra certi limiti a, Z», e sarà falsa pei valori di x antecedenti ad a , e per quelli susseguenti a h. Una tale proposizione servendo di base a tutta la teorica che ho preso ad esporre, merita di es' sere con diligenza esaminata e riconosciuta. Parmi che non si possa contrastare al Sig. Fourier la gloria di averne data la vera dimostrazione: ed ora io non farò che seguire in una ma- niera generale quello stesso andamento che il detto Geome- tra ha tracciato per un caso particolare (a). Né può essere senza sorpresa il vedere come una verità rimasta per tanto tem- po così recondita , emerga da assai facili considerazioni sulla natura delle equazioni lineari a piìi incognite. 3. Vuoisi una equazione tra una funzione qualunque ^{x) e una serie che ne' suoi termini contenga la stessa x, e vuoi- si che questa equazione sia vera unicamente pei valori di x compresi fra a, b. Si assuma un' altra funzione ?// [x) di ^ e di un indice n numero intero, la cui forma i/; sia in origine arbitraria e indipendente dalla forma (p: si divida per n la dif- (i) Poissoii. Journal de 1' Ecole Polyt. Cah. 19. pag. Sol. (1) Theorie de la Chaleur. Ch?p. III. Sect. VI. {-)i 576 Sulla Teoria delle Funzioni ec. ferenza h — a dei due limiti e si ponga per abbreviazione poscia si formi un quadro di equazioni come segue ' (p(a) =zA^ip^{a) H-A t/;J«) ^A^'ìp^{a) h- . . .... -+-A ip (a) (p{a-^o) =A ip (a-i-o) -i-A ip (a-t-w) -¥-A ip {a-+-o) -*- . . , X I ia St 0 0 ...-.:■: .... -hA ih (a-hco) (p{a-i-2.o)=A ih {a-i-2o)-hA ip (a-f-ao)-t-A ■^ (a-H2o) -<-.., 11 !2 ^ 3 3 .... -i-A 1// (a-Hao) (p{a-\-3o):=A rp (a-4-3o)-i-A ip (a-t-3o)-i-A 1/; (a-f-3w) -f- . . Il 3i 2 0 0 .... -4-A ip (a-+-3«) n-^-l n-k-i (p{a-i-{n — 1)0) z= A ip {a-i-{ìi — i)o)-hA ip (a-+-(ra — 1}«) -+-A tZ/ (a-i-in — i)o)-H H-A ih la-\-(n — 1)0) m =^,^j.b) +Ajj,b) -^A^ipj^b) -4-... Qui A , A , A A sono coefficienti incogniti da I a 3 n-*-t determinarsi , e siccome essi sono di numero n -+- i precisa- mente come le equazioni , sì vede che la loro determina- zione può sempre intendersi come fatta: nella quale supposi- zione i medesimi coefficienti riescono quantità che dipendono Di Gabrio Piola " 877 no da cinque cose: dalle due forme ^, t//, da due limiti a, Z», e dal numero n per cui è divisa la differenza b — a. Se ora nelle precedenti equazioni (2) si sostituiscano ai coefficienti incogniti i loro valori determinati come si è detto, è manife- sto che tutte quelle equazioni diventeranno identiche: il che è lo stesso che dire in altri termini ; V equazione (3) (5[x)=k 4j {x)-^k ìp {x)-^Aip {x)-i- -hA ip (x) ove A , A 5 A A s'intendono avere i valori costanti I a 3 «-HI trovati come fu esposto, è vera per gli n-\-i valori di xseguentij «, a-4-0, «-4-20j, a-^'òo, .... «-(-(« — 1)0, b e per tutti gli altri valori di x prima di a o dopo b o inter- medi fra a, a-ì-rs: «-f-o, a-^-aa: a-i-2o, a-hdo: ec. l'equazio- ne (3) non sussiste e deve dirsi falsa . Onde fissar meglio le idee, se nella (3) i due membri rappresentano le ordinate di due curve piane riferite agli stessi assi, queste curve avran- no un numero n-\-i di punti d'incontro corrispondenti agli ra-t-i valori dell' ascissa x ultimamente scritti ; per tutti gli altri valori dell' ascissa le ordinate saranno diverse, e i corsi delle curve saranno distinti ; ben è vero che moltiplicando i punti d' incontro ne verrà di conseguenza che i detti corsi delle due curve fra i limiti a , b che esprimono le ascisse estreme, si approssimeranno sempreppiìi verso la coincidenza. 4. Quanto più è grande nella (i)il numero n, tanto più grande è il numero delle equazioni {2.), e quindi tanto mag- giore è il numero dei valori di x intermedj fra a, b per cui si verifica 1' equazione (3). Il problema è sempre solubile an- che quando n diventa numero grandissimo , perchè insieme col numero delle equazioni (2) cresce in esse quello dei coef- ficienti da determinarsi, e vi è sempre eguale. Si vede per- ciò come sia possibile, impiegando un numero infinito di coef- ficienti, di verificare l'equazione (3) per l'infinito numero dei valori di x compresi fra i valori estremi a, b. Tale risulta- Tomo XX. 61 578 Sulla Teoria delle Funzioni ec. mento potrà esistere come limite di tutti quegli altri risulta- meuti che si otterranno crescendo continuamente il numero delle equazioni (a), e che ad esso sempreppiù si avvicineran- no. Allora l'equazione (3) avrà nel secondo membro una se- rie infinita: e i valori dei coefficienti A , A , A ... saranno 1 s. 3 i limiti verso i quali continuamente convergeranno al cresce- re di n quelle funzioni dell' indice stesso n , che per essi si cavano dalla soluzione delle equazioni (a). Una tale equazio- ne (3) avente nel secondo membro una serie infinita, sarà ve- ra per tutti i valori di x compresi fra a e b, ma pei valori di X prima di a e dopo b sarà falsa. I corsi delle curve pia- ne le cui ordinata sono espresse -dai due membri della equa- zione suddetta coincideranno perfettamente per tutto il corso della ascissa da a a ^, ma prima e dopo saranno distinti. Ec- co la stessa proposizione enunciata al numero a. 5. Scriviamo 1' equazione (3) quando il secondo membro è una serie infinita giusta l'esposto nel numero precedente e poniamo (4) (p{x)—k 7p {x)-\-A ip {x)-+- À.i//(a)-H. .. all'inf dove le À , A , A, , ecc. marcate con un punto in alto, sono 1 a a le A , A , A , «co. nelle quali è stata fatta n=co. Dietro un I a 3 principio noto nella teorica delle serie si potranno anche in- tendere i coefficienti A , A ^ A„, funzioni dell' indice, 120 cioè dedotti tutti da una medesima funzione A. dell' indicci i in cui facciasi successivamente z=i, a, 3, . . . . ec. Difatto si capisce che potendosi nel secondo membro della precedente equazione senza alterarne il valore, cambiare i termini fra di loro di posto in tutte le maniere, la ragione per cui uno qua- lunque dei coefficienti A ^ A , A ec. diversifica dai compa- * I a 3 gnì, non può venire da altro se non dall' essere esso coeffi- Di Gabrio Piola '^ dente di diversa quantità variabile, per es. della ip (x) piut- tosto che della tp [x) ; ma come queste stesse quantità varia- ó bili non diversificano fra loro per diversa forma di funzione ma solo per diverso valore dell' indice; anche quelle quanti- tà la cui differenza è attaccata a quest'unica ragione, diversifi- cheranno alla stessa maniera. Adunque la precedente equa- zione (4) potrà scriversi (5) (p(x)z=I, Ai.k^plx) ^.biiag I i i . . . , , oiinr. ni Jinri^?"» i"Ol significando 1' espressione del secondo membro l' integrale fi- nito per i della funzione A_'ìp{x) definito fra i limiti ijCO.(*) Questa equazione (5) ci fa palese come il valore della funzio- ne (p[x) per il solo corso della variabile fra a, b può essere rappresentato da un' altra espressione in cui la variabile è posta sotto un altro simbolo di funzione ip affatto diverso da ^.Tali seconde espressioni che riempiono gli ufficj delle prime, sono poi affette da segni di integrali definiti^ che possono^ se si vuo- le, cangiarsi in integrali definiti continui, e che sono presi per tutt' altra lettera che non è la variabile x. Essendo la (5) in quanto alla sostanza la stessa equazione (4), di essa pure varrà ciò che si è detto di quella^ cioè che se i due membri signifi- cano le ordinate di due curve piane riferite agli stessi assi, det- te curve anderanno insieme per tutto il tratto dell'ascissa da x-=a fin xz=b, comunque prima e dopo siano distinte: al qual fatto geometrico singolarissimo è stato dal Fourier dato il no- me di osculazione finita. In questa coincidenza di vaioli ( per un tratto continuo finito della variabile ) di due formole di (') Vrdi \a Nota post^ in foiiJo a questa mtmoria dove rendo fagione della no- tazione qui adottata, ed espongo alcuni teoremi sul calcolo degli integrali finiti de- finiti che mi sono necessaij: dei quali uno dei primi è quello cbe permetti; il pas- saggio dalle eepress'oni come la (4) «"He espressioni come la (5). 58o Sulla Teoria delle Funzioni ec. diversa forma, clie danno per tutt' altro tratto diversi valori, sta il principio della discontinuità delle funzioni. 6. Ma questo principio può anche presentarsi sotto un aspetto di maggior estensione. Al n.° 3. formando le equazio- ni (a) abbiamo tenuta costante nel primo membro di tutte le 7iH-i equazioni la forma (p: ora questa si può variare una, due, un numero qualunque di volte. Per procedei'e con chiarezza facciamo il caso di una sola mutazione : fissiamo tre valori a, b, e della variabile x tra loro distanti di intervalli finiti, es- sendo Z» >• a, e > i ; dividiamo la differenza e — a dei due va- lori estremi in un numero arbitrario n di parti eguali, ponen- do per brevità a = ^^^ •■, poi nella formazione delle equazio- ni (a) riteniamo la forma (p nei primi membri di un numero m -t- I di equazioni , scrivendoli ' i-"" (p{a), (p{a-i-(o), (^(a-f-2o), ) -^\d^{a^o) -f-B^^^(«-H„) h..... ... -t-B ^ (a-f-o) n » -f-A^^(«+,«)^A^^Ja-Hao)-4-A3^^(«-H2o)-4-.... . . . -t-A ^ (a-f-ao) • . . -t-B i-ro)^ la terza per f{a -Ji- 2.0) . . . l (h-\-i)esima per /(a-nAo) ..../' {n-\-i)esima per /(«-i-rao), poi sommando tutte le dette equazioni , tale somma potrà scri- versi (1). 2 Ah.(p{a-i-ho)f{a-^ho)= A H Ah.f {a-i-ha)f{a-ì-ha) -f-A 2 Ah.ip {a -H ho)f{a ■+■ ha) (i) Vedi la Nota posta in fine della presenta Memoria, Teor. II. Di Gabrio Pxola n-¥-ì ? 1 o A. 2 Ah.ip.{ a -h ha )f{ a -i- ho ) -i- . . . , 72*4** I A 2 Ah.ìp {a-^ho)f{a-^ho). e siccome per un teorema del calcolo degli integrali finiti definiti (i) 2 Am.¥[mj)) = 2 Aa.F(a) quando A.m= ì , e Aa:=o; la precedente equazione può an- che scriversi h — a-*-u . h — a-\-o , . . 2 Aa.(^(a-Ha)/(a-i-a)=A 2 Aa4i {a-\-a)f{a-{-a) ■' O I \ / \ 'io I b—a-i-a \ ri \ ■''' •Jt-k 2 Aa.xb ( a -+- a)} (a -t- a) -4- ... . ■ ^^ ■ ■ a o 2 -+- A 2 Aoc.i// (a -H a)/(a -H a) -+- l ù I -f- A 2 Aa.i// (a -H a)/(a -+-a). jz-f-i o ' ^^-^-I ." Moltiplicata questa equazione in ambi i membri per o, si può a dirittura avere il risultamento del limite pel caso di n cre- sciuta fino all'infinito ossia di a diminuita fino a zero: infat- ti allora ognuno degli integrali finiti definiti precedenti ha per limite un integrale continuo (2), e si ottiene h — a h—a I da.'p{a-^a)f{a-ha)=À. 1 da.ip {a-i-à)f{a-ha) -+- (l) Vedi ]a Nota suddetta, Tenr. III. (3) Chi non avesse in pronto altro autore in cui trovare la ragione di questo passo, può consultare la mia Memoria suW applicazione dei principj della Mecca- nica analitica del Lagrange, coronata dall' Istituto, alla pag. ioa. 11, 184. 588 Sulla Teoria delle Funzioni ec. l — a y — a -f-A / da.ip (a-i-a)f{a-i-a)-\-....-i-À-i daìp{a-\-a)f{a-^a)-\- te. o o la quale per un teorema del calcolo degli integrali definiti as- sai facile a dimostrarsi (i) si può scrivere b b h (io) / da.(p{a)f{a)=zk 1 da.tp {a)f{a)-\-k f da.ip {a)f(a) a h a I da^iA(j)f[a)-\-....-ir-'k.j da.'ìpiya)f{a)-\- all' inf. a a che può anche compendiarsi nella da.(p{a)f{a)=z'2, Az.À. / da,ip {a)f{a) . a a ' Queste equazioni (io), (ri) contengono a dirittura le quanti- tà del limite,, e sono quelle dietro cui, disponendo della fun- zione arbitraria f{a), cercare di determinare i coefficienti A A , A j ec. Si poteva cavare a dirittura la (io) dalla (4) mol- tiplicandola in ambi i membri per/(a:), e poi integrando per (i) Desiderando un libro in cui il calcolo degli integrali definiti sia, come me- riterebbe, trattato di proposito in tutta la sua estensionej citerò frattanto per que- sto teorema il Cauchy Résumé des lec^ons données a l' Ecole Palyth. Lecon 2.2,. équat. 17. Anche senza citazioni, il teorema che si legge nella equazione. b—a j dx.(p[x)=/ dx.(p[a-^x) è subito dimostrato ponendo nel primo integrale x zua -t-yt e poi rimettendo x in luogo di ^ dopo che, fatte le sostituzioni, si capisce che la jk non entra se non in un modo puramente istrumentale , onde può essere supplita da qualsivoglia altra lettera. Di Gabrio Piola. ■ ^ SB'Q- X fra i limiti a, h: ma l'analisi precedente ha il vantaggio di provare che i limiti fra cui nella (io) dehbono essere defini- ti gl'integrali, sono quelli stessi fra cui si è stabilita vera l'e- quazione (3). Di più nel caso del n.° 6, quando tra la prima e l'ultima equazione il primo membro cambia una o più vol- te di forma;, 1' adottato metodo di dimostrazione è anche mag- giormente opportuno, come ora ora vedrassi. Un andamento affatto simile di calcolo tenuto sulla (6) conduce alla equazione -4-A.^ da.ip{a)f{a)-i-ec. (ra) 1 da.(p(a)f(a)=.C\ ciaf {a) -H Ì5 l "^"'^ Ja. e (a)/(a)-)-ec. che può compendiarsi nella /*-« . /*-" co . ^J-" (iS)/ da.(p{a)f(a)=Gj daf{a)-h-2 AìÀ./ da.ip^{a)f{a) -hS^ Ai.B.f da.di,a)f{a) dove la/(a) è parimenti una funzione di forma arbitraria. T2,. Comincierò , per dare un esempio , a dedurre dalle precedenti equazioni generali una forraola notissima e di grand' uso negli scritti de' moderni analisti. Sia nella (3) 5go Sulla Teoria delle FuN2fioNi ec. i//.(a;)=sin.-p- ^ dove r è una quantità qualunque reale positivaj e vogliasi che l'equazione (4) sia vera fra i limiti o, r. La (io) diventa / da.(p{a)f(a) =À.f da.sìn,'^ f{a)-h\f da.sm.^f{a)-^-.... r . . . . -t- A.r da. sin. ^f{a)-hec. o Dispongasi dell'arbitraria f{a) facendola eguale a sin. ^^ ; e siccome il calcolo degli integrali definiti ( il che si prova fa- cilmente per mezzo dell'integrazione ordinaria) dà r T f da.sin. ^sin. ^=o; j daUnx. ì^ V= ^ ; essendo nella prima di queste k un numero intero qualunque diverso da i; tutti i termini nel secondo membro dell'ultima equazione si annullano, tranne quello che ha A. per cofficien- te, e si cava À.=^/"^a.^(a)sai.Ì^ o per cui la (5) diventa (4) <^(x)=^S Ai/ ^«.(^(a)siu.^sin.i^. I o Se avessimo presa per ^.(x) la forma più generale Di Gabrio Pioi.a Sqi sin. ( H ;t •^^l , dove H. è una funzione qualunque raziona- le intera di i. e quindi avessimo disposto della f{a) ponendo- la eguale a sin. I Yin r^] '■ lo stesso andamento di calcolo ci avrebbe somministrata la b che è vera soltanto fra i limiti a, b. i3. Sia il caso del n.° 6., si esprima cioè per F{x) una funzione discontinua che pel tratto da a a. b deve sommini- strare gli stessi valori della (p{x) , e pel tratto da. b a e gli stessi valori della ;^(.r). Si potrà egualmente formare una e- quazione che tenga luogo della (io). Seguendo l'andamento descritto al prec. n." ii. si formerà primieramente una equa- zione colle sommatorie finite che sarà • fi -t- 1 7i-+- I 2 Ak.fp{a-^-ho)f{a-i-ho)-i-I, Ak.x{a-i-ka)f{a-i-ko) = A 2 Ah.ip (fl-l-Ac?)/(a-+-^a)-4-...-4-A.S A/i.ip{a-i-h(j)f{a-hho)-i-ec. ■+-A I, Ak.xp (a-¥-ko)f(a-hko)-^-...-^A I, Akip (a-i-ko)f(a-hka)H-(ic. 1 nz-t-i 1 i m-i-i i ' dove h, k sono due lettere denotanti numeri interi introdot- te per formare l'espressione delle sommatorie. Da questa si pas- serà all' altra parimenti colle sommatorie finite, 2 Aa.(j5(a-l-a)/(a-t-a)-t-2 Aa.^{a-i-a)f{a-i-a) = A 2 Aa.ip (a-f-ct) /(«-!-«)-<-... -4-A. 2 Aa.^.(aH-a)/(a-t-a)-Hec. e — a-t-o e — a-\-o -hA 2 Aa.i/; (a-+-a)/'(a-4-a)-H..-i-A 2 Aa.4> {a-^a\f{a-\-a)-^ec. 5cj2. Sulla Teoria delle Funzioni ec. in vii'tù del teorema del calcolo degli integrali finiti definiti al n. II. citato in nota, osservando essere mo=b — a, no-=:c — a, ed esprimendo per g un numero minore dell'unità. Da tale equazione poi si passerà a quella del limite, che a motivo di due teoremi noti (() oltre quello già citato in nota al n." ii si riduce primieramente i;_, / da.(p{a-^a)f[a-^a)-hf da.^{a-^-a)f{a'i-a)=. A / da.ip (a-+-a)/(a-t-a)-H...-t-A./ da.ip .{a'i-a)f{a-i-a)-{-ec. I O 1 io* e poscia b e ' .e > ' (i6) f da.(p{a)f{a)-hf da.%[a)f{a)=A f da.^p (a)f{a) -\- . . . e ■ ,, '•' ■'-... ,-\- A./ da.ip,{a)f[a)-+-ec. ! ■ ' che è l'equazione che tiene luogo della (io), e che vi è al tutto simile nel secondo membro. Quindi nel caso di ip (x)=sin, ( Ì7t ^^) prendendo /(a)=sin. I Ì7t ^-^) si provano similmente zero tutti i termini del secondo meni- ci) Questi due teoremi sono I dx.(p{x)=:\ dx.-^{a) sin. [i.^^y^^^l da.x[a)sln. (f.^) : epperò la funzione discontinua che denominammo F{x) è -*- J '/«^(«) sin. ('^S)] sin. (^'^r^) • 14. Per fare una applicazione geometrica, sia F{x) la fun- zione discontinua che rappresenta simultaneamente le ordina- te variabili dei punti di due rette congiunte ad angolo, le qua- li insieme con una terza che coincide coli' asse delle ascisse chiudono il perimetro di un triangolo. Sia ^(^) = A; ^^ 1' e- quazione della prima retta, e ^{x) = ^^^ quella della se- conda retta , dove k è la. perpendicolare abbassata dal ver- tice del triangolo suU' asse delle ascisse , a è V ascissa* pel punto d'incontro dell'asse colla prima retta^ b l'ascissa pel piede della perpendicolare anzidetta, e l'ascissa pel punto d' incontro dell'asse colla seconda retta; sarà per la {17) ■-"-o--'' qui le integrazioni si possono eseguire j giacché abbiamo la formola d' integrale indefinito Tomo XX. 63 594 Solla Teoria delle Funzioni ec. /Jx.(A-HB.r)sin.(C-4-Dx) = — -5 (A-f-Bx)cos.(C-i- Dx) H-^ sin.(C-i-Dx) che ci conduce a trovare ^ '' ' j^/>£f si„.(/.s)=_^cos.(,-.t: I e — a - Sin. i'n* b — a ■ _I- r^af=fsin.(f.^^)= ± COS. ImtlA -H -:-— — T Sin . I r:T I : i*a» e— i" l e — 0/ laonde sostituendo viene la quale non contiene più integrali continui ed è , come si vede, una serie infinita di legge manifesta. Nel caso di fl=o, k ■= —% ^ c-=-Tt, la precedente dà ossia j i F(a:)=i-2~ Ai.4sin.Ì-'sin. IXi, F{x)=^~-[sin.x-^-~sìn.3x-i--^^ sin.5;c-4- 4- sin.y^t-f-ec] elegantissima serie trovata da Fourier. ^ ' ' i5. L' integrale finito definito nella (18) si può eseguire: ma allora la formola una torna a scomporsi in due per le due parti separatamente continue. È pregio dell'opera il trattenersi un momento a dimostrarlo, perchè ciò primieramente servirà a verificare i calcoli precedenti, e in secondo luogo mostre- Di Gabrio Piola 5g5 rà con un esempio come le funzioni discontinue vogliono es- sere espressioni formate con segni integrali simili o continui, talché questi tolti^ esse cessano d'esistere. Scomponendo nel- la (i8) il prodotto dei seni in differenza di coseni essa diventa, g) Flx)= -ÌÌ£i:^rs~Aii-cos.(f;r^)-2~Ai4cos.(z;r*-±^=^'il ma abbiamo (*) •mi 2" M . "=2iiL= il — !5 ^- 51 , ''i^^ W' ) , i* 4 ^ 6 purché la | sia compresa fra o, ajt. Questa condizione si vede adempiuta in entrambi gl'integrali precedenti finché x è com- presa fra <2, b: ma se x passa b, diventa negativa la quantità sotto al coseno del primo integrale, e manca la condizione. Però tenendoci al solo corso di x fra a, b, cerchinsi i due in- tegrali colla formola precedentCj e la loro differenza sarà 4 \c — aj "" a le — al 4 y e— a j a y e — a y che si raccoglie in "'^^"■^^|^~..)^ la quale sostituita nella (19) la riduce F(x)=A; t^t ' ^^^^ l'equazione della prima retta. Quan- do x passa b, allora per fare che il primo degli integrali fini- ti della (19) rientri nella condizione, bisogna mutare il segno alla quantità sotto al coseno e scriverla ■ .2 Aj. -r- cos.lzn: 1; ;-; , J» \ e— a)" cercati poscia i due integrali la loro differenza è .^ .' "'' (*) Poisson. Journal. Polyt. Chap. 19. pag. 4f3. 5cj6 Sulla Teoria delle Funzioni ec. 4 \^c— a/ a \c— a/ 4 \ e— a ^ "a" y e— a ^ che si compendia in ' ("^^^r 'j per cui la (19) diventa F(ar) = k ^^ , che è 1' equazione della seconda retta. 16. Per fare un caso della serie doppia del n." 9, sia ^(a;) = sin. ^^ , 0.(x)= cos. -^^, e facciasi a= — r, 6 = 0: la (12) sarà . . '^ ■4-À / c?a.sin. — /"(a) -+- " ' '■ ■■ '" ' -t-À.y_[<;a.sin.-Ì^/(a)-(-ec. r da.(p{a)f{a)=òr da.f{a) , , • > ' ■ ' '' •^Bf^da.cos.'^f{a)-h , ^ e' -4.-, . y-»r - .,7;' -+-B./ Ja.cos.-^/(a)-t-ec. Qui per determinare tutti i coefficienti bisogna fare tre di- verse ipotesi della funzione arbitraria f{a). Facciasi primiera- mente /(a)=sin.^^, e a motivo delle formole seguenti che tutte facilmente si provano per mezzo dell' integrazione or- dinaria. ^l da sin. ^ = e ; f^da.sìn. ^ sin. Ì£l = o (2o)j /"' Ja.cos. t^ sin. Ì^= e; / ^da.cos. ';" sin. Ì2^ = o "" - " ■ f^da l sin. i^ y = r " Di Gabrio Piola 597 si trova "i i f J — ^ Facciasi in seguito /(a)=cos. -^ , e a motivo delle forinole ( r da.cos. J^ = o ; r da.cos. Ì^ cos. ^ = o ) / -r ' J -r (ai) < ( y_^Ja(cos.^ j = r e della terza e quarta delle precedenti si cava B = -Tdacp (a) cos. ì^ . Per ultimo facciasi /{a)=o e per le due prime formole delle precedenti (ao)j(ai)j e per la / É?oc.i=ar, viene pertanto l'equazione {9) è nel nostro caso y [sin. i^sin. i^-HCos. Ì22.cos.^ ] che può scriversi (aa) (j5(x) = ~ f^da._. '..''.'i. :.,.,.v,.,'> ^. 2 Ai. / da.(p[a) cos.( ì^ {a — x)) = 2°°A/7. / da.ip{a)cos.{p{a — x)) essendo Ai=i. A/^ = fi: e j,,^ ,■ |^y, onoiscupo "i ci ,^:^, ^ilT à.p. J da.(p{a)co?,.{p[a — x)) ^ per un altro teorema citato allo stesso numero, ha per limi- te r integrale continuo '■'.■J^ ói. ''(■ r°dp /"°° da.(pla)cos.{p[a — x)), • > ' • " / O J — 00 laonde, scomparendo nel limite anche il primo termine del secondo membro, 1' equazione diventa f .,), % , oSli dove la t esprime l'ultima delle n variabili :»;,7, z.... Avver- to qui un notabile miglioramento che si può introdurre in questa formola, il quale riesce assai vantaggioso nelle appli- cazioni: ed è che invece di formare la H con un numero n di cosenij si può formare con un coseno solo e scrivere {a6) H=cos.r» (x—a )-f-o (y—a )-h -f-/? (t—a ) ] ' I 1 a a n n nella quale le p , p , p . . . .p possono avere tanto il segno -t- che il segno — . Dimostrerò questa trasformazione pel ca- so di due variabili, cioè che invece della (^7) .. ^v'^v, ..V X f^ (^pf^ dq.coa.{p{x—a))cos.{q{y—^)) J —co J —00 può prendersi la ,;.,. ./niiw Jy — a^ -»- gt ] [- e per la continua applicazione dello stesso principio I dp\ dp .\ dp co%\p {x — a )h-w (j — a )-h..-+-p {t—a )] 2'*sin(a(x— a,))3Ìn.(J(j— a,!) 6Ìn.(j(t-a )) "~~ (x— a,)(7— «a)( )('— a ) laonde chiamando X il secondo membro della (aS) ove sian- si messe le lettere a, b, e... invece dei secondi limiti infini- ti, potrà scriversi X= if* da'±L^^^=^ C'* da ÌÌIim=^ ..... ■■■■■i «a z )(m»— ;*) (3o) {i-g^h'){i'g-i-{h^i}-)(i'g^iji-*-^f) i' (( m— I )»- (m— 2)»)(m'— (m— »)») X =H ((m—^Yg-i-h'){{m—2.fg-+-(k-^-^y){i^m—^fg-+-{h^o.Y) ' ^—a a.A che sarà V{li)esìma del terzo sistema e fornirà tutte le equa- zioni di questo sistema facendo successivamente A=i, o., 3.. ...VI — 2. Fra r antecedente equazione e quella che si cava dalla medesima mettendo h -+- i invece di h si elimini similmente X , e risulterà un' equazione con sole /» — 3 incognite in cui il coefficiente di X. sarà i (fw— 3)'— i')((m— i)»— i')(m'— »•') (j»^-t-A"j{i^g-l-(/i-Hi))(j»g-H(A-»-2;»j(,i'g-H(A-«-i)») 6o8 Sulla Teoria delle Funzioni ec. ed il secondo membro e fatta in essa h=i,2,, 3....m— 3 si avrà il quarto sistema di equazioni fra sole m — 3 incognite. Seguitando collo stesso me- todo si capisce facilmente che quando le incognite saranno ridotte a m — (J. il coefficiente di X. nella [h)esima equazione del {yi-\-i)esimo sistema sarà /,. V ((w— ^-Hi)'— ;')((m— ft-f-a)'— ;») (m'— i') ^ ' (i^g-^A»)(i»S-(-(/i-(-0') (j='s+.(/i-t-ft)») ed il secondo membro (33) H = '("'-^^ ')'g-^^'') Vi,/. -(('"-^^')'g^(^'-^f^)')H^-,,A->.. a4- Bisogna ora studiare la forma di questa H in fun- ^,/t zione delle prime H , H , ec. desumendola con successive '■ h ft-i-i sostituzioni dalle precedenti (ag), (3o), (3i), ec. Queste sosti- tuzioni danno m^H-i! m'^ii±l]l ■■:::• ((„-.)...>^)(,„.^^) ((,„-)-^). , . .( .[h-t-m—k— I )»— (/i-t-m— A:)») ^35) H =MH H-NH -h O H - ■V H h n-¥-m—k (36) a5. Conosciuta cosi la H , se pongasi anche ' ' T _' ((^-t-l)'— i')((^-->-a)'— i^)...(m'— i») ove il secondo membro non è che l' espressione (Sa): il siste- ma delle m — ^ ovvero k equazioni fra un egual numero d'in- cognite potrà scrìversi L X-f-L X -t-L X,-t-....-f-L. X.-*-...-+-L X =H 1,1 I a,i i 3;i o »)« 1 K,i k (<.jt L X-*-L X-t-L X-H....-t-L. X.-+-...-f-L^ X=H i,a I 3,3 a 3, a 3 i,a i k,a k fi,a L X-4-L X H-L X-H....H-L. X.-f-...4-L X=H 1,3 1 a,3 a 3,3 3 j,3 i *;0 a. ^,i Di Gabrio Piola 6 1 1 L X-hL X-hL X,h-...h-L. X.-»-....-*-L, X=H , L , X-i-L , X-»-L_ X-t-..H-L., X.-t...H-L^^ X=H , i/i-4-t 1 a,/i-(-i 2 3,A-t-i D i,«-t-i » fc,ft-)-i fc /*/'-'-i L X-hL xVl X^-h....-4-L. X.-t-....-1-L X=H . Adesso con un andamento di operazione affatto simile biso- gna eliminare da questo le prime incognite fino ad un certo numero. 2.6. Si osservi che per la (36) le funzioni L hanno la se- guente proprietà (3?) L = ''g-^-^'* L Moltiplicando quindi per g-i-h'' V{h)esima equazione del siste- ma precedente e per g-i-{h-+-m — A-Hi)' 1' equazione {h-i-\)esi- ma, e poi sottraendo al solito, il coefficiente di X. nell'equa- zione che risulta sarà y ossia per la proprietà della (37) i,h p i^g^^k^m-k-^-iy^ J che si riduce dove il fattore g{{h-i-m — k-+-ìy — h'^) è indipendente da i ep- però comune a tutti i termini del primo membro di quell'e- quazione. Dividasi adunque per questo fattore, e ponendo per brevità A -t- m — /; :=/>, l'equazione sarà •- 'Z"--': . X +...H- '-"'^■' X^^-...-K '■-'■"■» X = K ^ 6l2 Sulla Teoria delle Funzioni ec. essendo (i^Ì!)h -L^^I±2)l)n ^ ^^^> ^,;. ip-^iy-k' talché quando facciasi h=i, 2,, 3. . . .k — i si avranno k — i equazioni in cui manca anche l' incognita X . Fra la precedente equazione [h)esima e quella che si ca- va da essa ponendo /z-t-i in luogo di h si elimini similmente X : il che riesce moltiplicando la prima per a*g-t-/i^, e la se- conda per aV-H(z?-t-i)', indi sottraendo e mettendo per L il suo valore dedotto dalla {Z'^) ove facciasi f=:ì!,. Il coefficien- te di X. nella nuova equazione dopo aver diviso pel fattore costante è (i'g-*-(jM-i)»)(i»^-H(jj-»-a)») e il secondo membro (39) K = V sì ^^h \ e f uh^i . così proseguendo si vede che nel sistema in cui mancano tut- te le prime incognite fino a X il coefficiente di X è (i-i»)(a"-i )....(/»-i')L.^^ e il secondo membro - , ' {40) j^ _ V g/ /-!■/. V S / l—tji^r l,h (p-t-ly—h^ e se mettasi per L. il suo valore dato dalla (36) , il coeffi- Dr Gabrio Piola 6i3 ciente di X sarà espresso da i /^,j (,-t')(a'-;')...(Z*-i^)((A--t-i)^-i^)((^-^a)'-i'')...(m'— i») ^^ ' (i»^-+-A»;(j»^-t-(A-Hi)')....(z''g-H(;7-*-/)») 27. Rimane a dedurre il valore di K nella (40) dalle precedenti (38)^ (Sq), ec. e dal valore di H dato dal siste- ma delle (34), (35). Per avviarci a questa ricerca osserviamo le seguenti proprietà delle funzioni M, N, Oj . . . V, che pron- tamente si dimostrano per mezzo delle (34) M = h^-(/^-^^)^ ^ (42) ^ N = ^''-<^'-^^)* O O _ /t»— (/ZH-S)» p A-t-t (/>-♦- i)»—(/jH-3j» h ' \ ec. ec. Per queste e per la (35) si vede che la (38) può scriversi I-4-Ì! K =: £_M H i,h {p-f-iy—k' h h ■ S 14-^ i-H^Z±lI* ) I ■*■) !_ -_. £__ h^-jh^^)" l n u A-t-2 ____!_— £_ ;>'-(A-t-3r ( p IT H- ec 6i4 Sulla Teoria delle Funzioni ec, che si riduce K , = , I^.MHh ! NH i,h (p-*-iy—h' h h (p-i-i/— iA-»-i>» A A+i I -f.(^[±l!! Sostituiscasi nella (Sg) questo valore di K , dal quale si for- ma subito quelle di K , ed olii N, , ec. mediante le (42), verrà h-i-i * ' ' ma subito quelle di K , , ed eliminando di nuovo le M V __ ^ S lyr TT H ^ £__N H -4-60 Così proseguendo a trovare K ,K , ec. avrassi per analogia (43) K = — . !- . i^ M H IH- (^±11! a>4-(^±l^ Z>-4-l^±l^ — ^ i . L_ i N H (P-^')"-(A-+-ir (p^2)^-(h-^iy (^^/)»_(/,^r)» A /^^, I -f- ^^-^'')' 2,*-+- ^^'•*''^' Z^ -1- ^A±i)' .^ S__ g__ S Q jr -4- ec. dove la legge è manifesta. Di Gabrio Piola 6i5 a8. Mediante questa equazione (43), e l'espressione (40 abbiamo noto il coefficiente di X. e il secondo membro nell' i {h)esima equazione di quel sistema contenente un numero m — u, — l di equazioni , nel quale delle incognite X , X , I a X .... X mancano tutte le prime sino alla X inclusiva, e 3 m ^ l tutte le ultime dalla X esclusiva in poi. Essendo aibitra- m — ^ rii i numeri interi /, fi, che mentre si accrescono, diminui- scono sempreppiìi il numero delle incognite superstiti, possia- mo farli tali che di queste non ne rimanga più che una so- laj cioè la Xj: il che riesce ponendo l=i—i, (i=7n — i. Allo- ra, per le denominazioni accettate a titolo di brevità, abbia- mo k=i, p=:h-i-m — f, che è poi /?=i-t-7?z — i, perchè l'ultimo sistema non contenendo che una sola equazione, la h non può avere che il valore i. Quest'unica equazione è della forma (44) £lXi=z-^ dove le £t, "^ saranno date dalle espressioni (40' (4^) nelle quali h, l, k, p prendanogli indicati valori. Sarà così (45) O — (i—i*)(a»—i*)...((;»-i)»-i')((;-+.T)'— ;')... (m»-,-») (i»^-»-i)ci»é-*.a"K''g-<-i?;-"('?^-^'«?; I -H "¥-. 6 {2-*-m—i)'-^i ' (a-*-m— i;'— I 1 M H a» s (a-t-TO— j;"— a»' (2-*-TO— i)*— 2» . — T-^ N H _3* g • ec. ^O H 6i6 Sulla Teoria delle Funzioni ec. dove debbono sostituirsi i valori di M ^ N , O , . . . . cavati III dalle (34) in cui si pongano parimenti k=ì, h=ii, cioè M = I _ ((i^.)-^^)((.V.)-HHf) (».■+ ^) {.^^-i)[i'—i) ((i^m-if.-i ) N _((-■)■* ^)M--f )...... (-.--f) ( I —2.%i-'—a.^) .....(( 1 -^-m—if—s.^) ._("-)--7)(p-)--l) ("'--D (I— 3"Ka->— d»j ((iH-m— j)'— d^) V = I ((i-Hi)^-^ (i±:pL) („^^- (r-t-m— jy ■) (l— (!-<-«— i)') ((m— ij"— (1-HTO— 0") Facciasi questa sostituzione e il valore finale di "'I'" potrà scri- versi (46) v=_i_ . (^"-i)(;3-i)(4'-i) K— 0 / H i! ' (i-3^)(:i^-3^)(4=— 3^) K-3") 3 Di Gabrio Piola ('-t)(^'-t)('--t)- l'H 617 ( 1 —h') . . . .({h— 1 )»— A») ((A-*- 1 y—h') . . . .(TO"— A») (I— m»j(a'— m'X^"— '"'J (m»— (m— 1)»; espressione assai elegante e di legge ben manifesta : ritenen- do che in tutti i denominatori manca quel fattore che rende- rebbe la quantità zero : così nel termine {Iijesimo manca il fattore /r—h\ 29. Che in conseguenza della (44) la frazione a in cui £ì, "^ hanno i valori (45):. (4^)» sia l'espressione gene- rale dell'incognita X , talché fatto j= ij2^3 .... w si abbiano i note tutte le incognite nel sistema delle equazioni scritte al n. 22: è questa una verità analitica per se stessa importante che può avere varie applicazioni. Essa lo diventa tanto più in quantochè le trovate forme (4-5) , (46) si adattano pronta- mente al caso di m infinita^ e secondo si è detto al n." ai, sciolgono il problema per un infinito numero d'incognite, quando i primi membri delle equazioni riferite al n." aa sono altrettante storie infinite. Allora i termini delle funzioni che compongono le espressioni delle i2, "V sono altrettanti prodotti infiniti, e quindi le dette Q,, '^' possono ridursi (47) fì = I 7* i-n{'-^){~-^) (48) v= . (-y)('-7:=K'-i-) '-r (.-4=)(.-i)(.-i.) Tomo XX. 66 -H 6i8 Sulla Teoria delle Funzioni ec. '■*7 i'-^Ì^-f)('-^) (M)i'-7^){'-U H ec. È chiaro che per avere questa (47) si sono divisi il numera- tore e il denominatore della (45) pel prodotto infinito l'.a'^.S*..., e che non essendovi nel numeratore il fattore T — ^ mentre nel denominatore vi è il fattore i^g-^ i^ , per questo motivo compare il fattore -i- che moltiplica tutta la frazione per pro- dotti infiniti; operazioni molto simili spiegano le riduzioni che danno la (48)- 3o. Le (47)5 (4^) si riducono a forme finite: abbiamo (*) hx dalla quale facendo prima ?/=i;ri/g, poi u =-^si deducono (49) ^ =JVg( i-»-g''")(i -+-g9)('-*-^ £■ ) — (So) e — e ^=w{-*y)('*.^)('-^-- (*) Eulero. Int. in analysin inf, T. 1. n." l56. Di Gabrio Piola 619 Abbiamo anche (*) sin.M=z^(i - ;^)(i - ^)(i - 3^) si estragga dal secondo membro il fattore 1 — j^ che di- venta zero per u=Ic7t, e si cerchi il valore di '—^ — pel caso di u=kK. Si trova colla nota regola eh' esso è kii COS. kTt; quindi fatto prima u = f/r, poi u = hjt otteniamo (5i) mcos.i:r=Ì7t{i — i*) li — ^)(^ — P") da cui è escluso il fattore i — 4- che renderebbe zero il se- condo membro; (5a) — ± hzcos.h;r = hji{ì-h')li — ^Vi — ^.) da cui è parimenti escluso il fattore i — ^ . Ora le (49), (5i) cambiano la (47) nella seguente (53) a= >^^/g■co3.V i{e —e ) e le (5o), (5a) riducono similmente la (48) tale che può scri- versi (*) Eulero. Int. in analrain inf. T. I. n." i58. 020 Sulla Teoria delle Funzioni ec. (54) ^=:— 2* A/i. 1^^ 7tC0?i '-(!'-'i) 3i. Facciasi g=s', e dal fin qui detto conchiudasi que- sta verità interessante. Nel sistema delle infinite equazioni fra un infinito numero d'incognite ^= ihr^. ^,-^ -I^i^ \-^ -¥JÌ:^ X^-H.. .-H -r^j^ X .-neo. ^3= ,-3Ì3r X -H ^5^, X^-H 1^. Xg-i-.-H-^ X. -4.ee. o, , ^ r X,-»-...-4- .. .^, a- X ^-ec. -'incognita X., da cui si deducono tutte le altre^ si trova per la formola hv hv '9S — ivs (55) X = 4 . '^''-' " ) 2"a/z. A^L=1-.L1 H cos./z;r ht\ h 3a. Facciasi g= — 5^, e con qualche facile riduzione si de- durrà anche quest'altra verità. Nel sistema delle infinite equa- zioni fra un infinito numero d'incognite Di Gabrio Piola 621 H = ib \-^ rrk. \-^ nk. ^a-^- -^ ^ ^-^^<^- H,= ^ X^^- 3::^ X^H- .^^^kr X3-H...-t- 3:1^. X^H-ec. H,= lèjr X.-*- ,-é^ X^H- .,^;::^ X^^-...^-^^, X^+ec r incognita generale X. è determinata per la forinola /isin. — (56) X = i-.'i:iLiIÌS~A^ '. H. ^ '' ^°^" • cos.A;r(i»-^) '' 33. Stabiliti questi teoremi, comincierò a mostrarne l'u- tilità con un esempio in cui si veda ridotto all'atto il meto- do teoricamente esposto più sopra al n." 2,1; e che conducen- do ad un risultamento noto serva di conferma agli stessi teo- remij sulla verità dei quali per la lunghezza dei calcoli pre- cedenti avrebbe potuto per avventura taluno avere qualche inquietudine. Sia nella equazione (4) del n.° 5 ,,,., ■tp _[x)=Sin. iax si abbia cioè l'equazione (p{x)=A sìn.ax-i-A sin.2Lax-i-....-^Asìn.iax-hec. '■'' ' I a i che può scriversi (57) „ (p{x)=^ Ai.À.sin.faa;; _ ^ e vogliasi che 1' equazione sia vera fra i limiti e, r. L'equa- zione (10) del n." II. sarà 6aa Sulla Teoria delle Funzioni ec. / da.i;, perchè nei valori di a prossimi ad r verrebbe negativa la quantità sotto al coseno: similmente pel secondo si vede che non può essere 5-j I j] 2~AA. cos.^--aj-_ ^ T 2IJ 2~AA. I cos, ms — ij — I cos Poniamo questi valori nel secondo membro della (60), e chia- mandone per un momento I il primo membro, otterremo con pronta riduzione /. ■ \ • in sa il '" sin.(i;T5 — z^ijsin. I=JL _ L^ e scomponendo il primo seno del numeratore, e insieme av vertendo essere sin.i,7=o 1 =-^cos.i;rsin. valore che sostituito nella (Sg) la riduce ( fatta j = i ) (^(a:)= -i. /^'■^a. (^(a) S^Ai.sin. ±^ sin. -i^ formola assai nota, e anche in questa memoria trovata con al- tro metodo al n.° la. e segnata (i4)- 35 Ho tentato varie altre determinazioni della forma ip ,{x) nell'equazione (4) del n.° 5, e della forma arbitraria /(a) nell' equazione (to) per cercare nuovi risultamenti col metodo e- sposto al n". ai, e coi teoremi dei n.* 3i , 3a: il che, sicco- Tomo XX. 67 626 Sulla Teoria delle Funzioni ec. me è manifesto, poteva farsi in moltissimi modi diversi. Deb" bo però dichiarare d'essere sempre giunto o alle stesse formo- le diFourier, o ad altre che da esse si possono dedurre: il qual secondo mezzo di dimostrazione sarà da ognuno preferito a quello di seguire a priori calcoli lunghi e intralciati. Per re- carne un esempio : una delle formole più curiose a cui ven- ni dopo molto giro di operazioni è la seguente (6a) (p{x)= 4- / ~Ja.(35(a) / "^dp. ( 2 1__ ] la quale è molto simile alla (24) che qui richiamo ,, ^(*')— ~ \ da.(p{a)\ dpsìn.pasinpx ma ha queste due singolarità, che la x tolta fuori dal simbolo (p non viene a collocarsi sotto trascendenti circolari ma in fun- zioni razionali assai semplici , e che contiene una indeter- minata a che può essere un qualunque numero positivo. Essa però può dedursi dalla forniola di Fourier or ora ripetuta, ed ecco come. Pongasi (p I — Iper ^(/)= ~ / ^^-^i^)/ dp.sinpyu.sinp^U, ■ '■'■ li ' " ." ''.Il ì-sU Ik) nriatKnnna'i;' si divida per « e si moltiplichi per sin.au , essendo a una quantità qualunque positiva, sarà 7 , f Di Gabrio Pioi.a 627 ^{y)--~=-^l ^^■'Pi^)/ dp.sin.au.&in.pyu.sìn.p^ui osservisi essere per trasformazioni trigonometriche sin.au.sin./vKM.sin./i/Jw = -j sin. {a-^p{y—^))u-h j sin. [a— p{y—^))u 'O — -1. sìn.{a-i-p{y-h^))u— j sin .{a—p(y^^))u apparò se ne faccia la sostituzione nella precedente, e poi si integri per u fra i limiti o, co. Rammentate le note formole /dx. ?'""^- ;=r — ; / ^x.sin.aj:=: — verrà, dopo aver moltiplicato per — , e rimesse x, a per y.^ (p{x)=-^/ da. (èia) I dp.i ^ — z L_y ■pi-^pa a—px — pa I -pa a — px-*-pa a-k-pi- Qui le quattro frazioni sotto il secondo segno integrale si pos- sono compendiare in varie maniere: due ne distinguo che dan- no le formole •'«' T A/t tèin.tr Ammettendo la condizione che x sia compresa fra o, HTt esclu- si i limiti, abbiamo (**) n-i (•) Poisson. Journal Polyt. Cali. i8". pi^. 3a5. (") Poijson. Juurnat. Pulyt. Cah. 19. pag. 418. Di Gabrio Piola 63 i y°* A j ks'>n kx tt «in.t'j()t— j) ;^..t^ , ' A* — l's' a a\[ì.nts . ... , . "ir; C'-o' '>::j[ quindi sostituendo si cava oo icos.ÌTSÌn.ij(;r— ar) _ tin.hxcoshtt /A \ 2 Ai. n — = 7- formola che facilmente si verifica in molte maniere dando ad X e ad s dei valori particolari. Non vou,lio dissimulare che ritenendo s quantità reale, la formola (64) incontrerà le difficoltà cui soggiacciono le serie divergenti: non così la (65), che si risolve in una serie con- vergente. NOTA Sugli integrali finiti definiti. Essendo P una funzione analitica formata di molte let- tere, esprimerò per 2Aa;.P piuttosto che per 2P l' integrale finito indefinito preso relativamente alla x, e ciò a fine d'in- dicare la variabile per cui si è fatta l'integrazione, in perfet- ta similitudine a quanto si pratica negl'integrali continui. Qui però bisognerà esprimere a parte anche una quantità finita o cui è eguale la differenza Ax. Immaginando trovata per SlAx.P la funzione F(.r, o) che vi è eguale, scriverò 2 A:c.P invece a della differenza F(Z',o) — F{a.a), e chiamerò questa espressione /' integrale finito della P preso per rapporto ad x e definito fra i limiti x=a, x^=b, essendo Ax=o. Il sig. Fourier segna questo integrale definito colle due equazioni .r=a, x=b scrit- te costantemente una sotto e una sopra il simbolo 2 , il che è un po' più lungo per la scrittura e riesce incomodo per la stampa. Questa ragione, e più quella della piena somiglianza colla notazione adottata per gli integrali definiti continui, var- 63a Sulla Teoria delle Funzioni ec. rà, spero, perchè mi sia condonata la piccola innovazione in- trodotta. ' Raccolgo alcuni principj e teoremi relativi a questi in- tegrali finiti definiti, di molti dei quali faccio uso nella pre- cedente Memoria. I. Si possono rovesciare i limiti cambiando il segno all' integrale. Questo principio discende immediatamente dalla de- finizione. II. Dalla equazione notissima nel calcolo delle differen- ze, che subito si costruisce sulla definizione che ne forma il fondamento -,-"' '' I A. . '2,^x.if[x-\-nó)-=.'p{x)-k-((>[x-^o)-^ -\-(p{x-\-[n"~\)o)-^'L^x.(p[x); mettendo x-=a e trasponendo l'ultimo termine, si ha pel det- to or ora (a) 2 ^x.'p{x)-=.(p[a)-\-(p{a-\-o)-¥-(p[a-k-o.o)-^...-^(p{a-^{n — 1)6)) e se a=i, a=.ni ponendo n per Tn-+-n, e cambiando per co- modo la X esprimente numero intero in i , n m che quando ra=co, m=i diventa ; ' 'ilo (f;i," a i;.oi ?.'■:. „ . -v)^' i iiKH:.; . Ilio i (y) 2 Ar.<^(i) = <55(i) -+- (^(a)-+- (^(3) -\- ec. all' inf. .%.,\u. . I primi membri di queste ( a) , (/?) , {y) sono espressioni ora adottate per significare compendiosamente serie finite o infi- nite e tali equazioni provano eh' esse sono veri integrali fi- niti e non modi capricciosi di scrivere. - ' . ' III. Osservisi il seguente teorema I Di Gabrio Piola 633 dove è A:i;=o, Ai=i. Esso si prova subito sciogliendo i due membri nelle due serie equivalenti mediante le (ce), (/?): que- sto è il teorema usato nella memoria ai n.' ii. i3. IV. Essendo b =:a-\-mo, e ■=■ a -\- na è 2* AxMx) -4- 2" Ax4[x) = 2" Ax.(p{x) "'^' ■ a b ii come nel caso analogo degli integrali continui : il teorèma si prova colla forniola (a) precedente. V. Tutte le serie infinite di cui si conosce la somma ( e grandissimo ne è il numero in analisi) somministrano altret- tante formole integrali definite fra 1 ^ co date per espressioni finite e note. Per un esempio la notissima SI l a -\- a -f- -H a -i-ec. h cvro ;; i.\ si traduce a motivo della (y) nella forinola , 1— « la quale è però soltanto vera quando a Ai. log. 1 1 — ^ I , e derivando per x facilmente si deduce (e) . 2°°Ai. r^ = -L.^1. cot.Tix. Se il secondo membro di questa equazione si scrive sotto la forma f " '^^— '^^""^•^^ diventa —per x=:o: ma colla nota rego- la si cava il vero valore e quindi la formola 2 Ai. 4- = ^ che è conosciuta dietro 1' uso di principi analitici differenti. Vili. Gl'integrali di cui qui si parla si usano talvolta promiscuamente cogli integrali continui , e sono dati gli uni per gli altri. Cosi il Poisson sul principio di una sua elegan- tissima memoria (*) dimostra l'equazione ad integrali misti ■ —gt , -/?'■ I ((ij— ijir-t-^r-l--c' J o itt —rt e — e dove g deve essere compresa fra — ;t.,co: eccone un alt ro (') Journal Polyt. Cali. 18. pag. ÌÌ96. esempio. Dalla Di Gabrio Piola. 635 00 —IX 2 AJ.e = ' >IH che si ottiene subito dalla (d) col porre fl=e ; moltiplican- do per sin.Ajr^ cos.^.v^ e poi integrando per a; da o all'co, si hanno per formole assai note (*) '■) Il ' i 2j Al' TX — — = / dx. ■ Z Al. TT-T = / "•^"- —Z • Di questi integrali finiti il primo è conosciuto (**) per una for mola che si cava anche subito dalla (e) ove pongasi x=k[/ — i, e si conchiude / kit —kir °° j s\n kx n e -f- e t dx. — = . ; ; p e — e IX. Notabilissima per questi integrali, come per gl'inte- grali continui, è la circostanza che spesso ha luogo, di pote- re assegnare il valore dell' integrale definito fra certi limiti , mentre non se ne saprebbe trovare l' integrale indefinito. Co- si mentre il calcolo delle difi^erenze non sa dare 1' integrale indefinito 2Ai. ^ si ha da una serie nota (iff^.i; 2 Ai. ^ = — 'og-(i — a) (*) Poisson. Journal Polyt. Cali. i6. pag. 219. . - ..- - -,j ,- (**) Poisson. Journal Polyt. Cali. 19. pag. 4' 6. ^ 636 Sulla Teoria delle Funzioni ec. foimola che potevasi prontamente dedurre anche dalla prece- dente (d) integrando per la costante a fra e , a dopo averla tutta divisa per la stessa a. X. La precedente osservazione non toglie che il mezzo più ovvio per la ricerca degli integrali definiti sia quello di tentare il passaggio per l'integrale indefinito. Pertanto dimo- strerò qui due forinole d'integrali finiti indefiniti che sono fe- condissime di applicazioni , e tanto più volentieri in quanto che il metodo usato riesce egualmente bene in varii altri ca- si analoghi. Pongo - .V ■'- -. X X X =:2Ax./7 cos.ax r, Y = 'Zà.x.p sin.aa;, prendo dal calcolo delle differenze i quattro dati seguenti , - Asin.aa; = (cos.flo^ i)sin.a;t;-+- sin.acj.cos.ojc • f ■,-. !- ^ Acos.ao; = (cos.ao — i)cos.aA' — sin.flosin.«;c 2Aa;.p =_£. p -I ■'■; n .,, SAa;.(U Z ) =USA^.Z— SA^.[(Z-H2Aa:.Z)AU] X ce . - . . ,. , . <•'., . : i . - . . . j. coi quali le due equazioni di posizione si cambiano nelle se- guenti ■ X ' ■ X = rne /ir- P — ^Ax . o P — I I [(cos.ow — i)cos.flx — sin.awsinao:] _£ 1 Di Gabrio Piola 687 Y = sìn.ax P"" — 2Ax. :. , ^ ■ ' ■ [[{cos.ao — i)sin.aa; ■+• sìn.aocos.ax] P 1 , p" — I J e queste ( osservando che gì' integrali dei secondi membri , sgombrati più che è possibile dei fattori costanti , sono que- gli stessi designati colle lettere X, Y ) danno con facili ridu- zioni le due equazioni {p COS. co — i)X — p sin.aoY = p cos.ax p sin.aoX ■+■ [p cos.flo — i)Y=:p sin.fl;^. Si risolvano queste col metodo elementare, e sostituendo ad X, Y, le formole rappresentate, si avranno lAx.p'c05.ax=p^ P° cos.[a(x-»)1-co8.^T o . ao 1—3/7 co8.ao-+-^ iv) 2Ax.p's\n.ax=zp''- P° s;n.[a(^-o)]-5Ìn.ax ■ ,,., .;.■ ,.r.r, I— 2/1 cos.ao-Hj» ? a: Quindi si deducono le espressioni generali per 2 ^x.p cos.ax ^ X . . . . ' 2 Ax.p sin.ca: qualunque siano i limiti a, /5: e moltiplicando Cd la prima per cos.^, la seconda per sin.^ e sottraendo, poi la prima per sin.^^ e la seconda per cos.^ e sommando, si han- no quelle anche più generali di ^ X ^ X . 2 Axp cos.(«.r-t-<7 ), 2 Axp sin.(a.v-f-^). 638 Sulla Teoria delle Funzioni ec. Non iscrivo qneste formole per amore di brevità, e perchè ognuno lo può fare. Dalle (?p), definendo le integrazioni fra i, co, messa o=r, e quindi surrogata la lettera i alla x, si hanno subito L ■■ ■ • i Al.p COSMI = — i- — I ■* 1 — 2.pcuf).a-*-p^ (0) V^°° A • ' • ■ psino Z IXi.p èin. ai =. - 1 * 1 — J,pcoi.u-i-p* le quali suppongono />< r . Queste formole che il Poisson tro- va coir uso delle serie (*) ed altre che ne conseguono, sono manifestamente casi assai parlicolari delle 2 Ax.p cos.ax, S Ax.p sin.ax che insegnammo a trovare. r ,. Si determinano per le premesse anche le formole inte- grali indefinite X . . X _ Il Ax.p sin.axsin.bx, lAx.p sin.axcos.^o:, . X "'■' liAx.p cos.axcos.bx scomponendo per trasformazioni trigonometriche i prodotti di seni e coseni in seni e coseni semplici, il che le riduce alla forma delle trovate: cosi si determinano anche formole inte- grali contenenti un qualunque prodotto di seni e coseni , e quindi anche le a: . m x m '--■ . ZiAx.p \s\n.ax) , lAx.p (cos.ax) , essendo ni numero intero. In seguito passando a definizioni fra limiti scelti ad arbitrio si dedurrà un grandissimo nu- (•) Journal Polyt. Cah. 19. pag. 4»5 . Di Gabrio Piola 689 mero di forinole integrali finite definite che saranno eguali ad espressioni note. E se dopo aver introdotto sotto i segni integrali un nu- mero qualunque di fattori formanti un prodotto cos.axcos.bxcos.cx , ovvero sin.axcos.bxcos.cx....,ec. si rifletta che le lettere a, b, e,... sono quantità che riman- gono affatto arbitrarie^ si capirà che potendo derivare o inte- grare a piacimento per queste costanti le equazioni formate dalle formolo integrali e dai loro valori trovati come sopra , si estende all'infinito il numero di altri nuovi integrali fini- ti definiti che possono aversi dai precedenti. I •j.r ■ j'i 640 RIFRAZIONI ASTRONOMICHE OSSERVATE A PICCOLE ALTEZZE SU L'ORIZZONTE . ^^'7-^ MEMORIA ■:'■;■; :.;: . DEL PROFESSOR GIUSEPPE BIANCHI ;;• . .' Ricevuta adì 2,7. Aprile i83o. -. ; I. Uno degl'importanti oggetti dell'astronomia egli è senza dubbio quello delle rifrazioni. O si consideri la necessaria parte che hanno le rifrazioni in tutte, generalmente parlan- do, le osservazioni ; o si rifletta che la teoria e 1' osservazio- ne pienamente ancora non s'accordano su le quantità precise della rifrazione per le piccole altezze; o si ponga mente che molta oscurità jimane tuttora in quest'ultimo caso; per la osservazione riguardo ai cangiamenti irregolari della densità dell'aria presso 1' orizzonte, e per la teoria relativamente all' ignota legge della diminuzion del calore negli strati atmosfe- rici ; o r attenzione rivolgasi alle gravi e singolari quistioni , che dalle rifrazioni dipendono, o ne possono ricever luine; e, pili mirando insieme a tutte queste ragioni sarà forza conve- nire^ che in realtà la pratica ricerca delle rifrazioni e la se- luzion teorica dell'analogo problema ofFron argomento del mag- gior interesse. Di qui ebber motivo e impulso commendevo- lissimo gli sforzi de' primi e più valenti Geometri moderni per assegnar la vera formula della rifrazione ; e di qui pure il consiglio dato agli osservatori di ciascuna Specola di non ommettere un' accurata e diretta indagine delle rifrazioni con- crete e al proprio luogo appartenenti. Sono abbastanza cono- sciute e debitamente apprezzate fra le operazioni del primo Del Prof. Giuseppe Bianchi ù^i genere la formula di Simpson, o più veramente di Bouguer , e le profonde analitiche disquisizioni in proposito di Eulero j di Kramp^ di Oriani, di Laplace e più recentemente^ per ta- cer di altri^ dell' illustre Sig. professore Plana nel!' ampia e dottissima di lui memoria premessa al I." Volume delle osser- vazioni della R. Specola di Torino. E per le determinazioni del secondo genere note pur sono, e non meno degne di plau- so le cure die vi posero Cassini^ 3Iayer, Bradley, Piazzi^ e fra i più recenti gli esimii astronomi CarZ/ni e Bessel. Notan- te fatiche falliron lo scopo ed anzi perfettamente quasi il raggiunsero per le distanze allo zenit non maggiori di 80. ° Un poco più al di sotto cominciano le discordanze, come , a re- carne un esempio^ il eh. Sig. Nìcollet giudicava non ha gua- ri che all' altezza di 7." — ,, les efforts rèunis des Gèomè- ,, tres et des Astronomes n' ont pas encore rèussi à se ren- „ dre maitres des irrègularitès des rèfractions ,, alla quale opi- nione però non assentiva per alcuni riguardi e argomenti il lodato prof, e cavaliere Plana. Ma nelle altezze ancora mi- nori^ ossia pei primi gradi sopra l'orizzonte, niuna formula poi risponde fin qui con sicurezza e approssiraazion sufficien- te ai valori osservati delle rifrazioni ; e solo giova sperare che novelli sforzi di esperienze e di analisi potranno meglio riu- scire all' intento, come un rimarchevol passo, già fatto e che in seguito accennerò, sembra promettere. a. Appena la fabbrica di questo R. osservatorio fu com- piuta, e in esso collocati si trovarono gli stromenti per le os- servazioni, semita io pure la forza de' precedenti riflessi mi avvisai d'intraprendere fra le altre fondamentali ricerche quel- la eziandio delle rifrazioni ; al che mi spronarono vieppiù le opportunità de' mezzi, del sito, e della stagione. Quanto in primo luogo ai mezzi, il circolo meridiano di P\.eichenbach par- vemi essere lo stromento il più acconcio ad una simile inve- stigazione ; perocché sebbene la stabile posizion del cannoc- chiale di esso in un solo piano tolga di profittar delle occa- Tomo XX. 69 64^ Rifrazioni Astronomiche ec. sioni di un' atmosfera propizia per osservar in un breve tem- po un grande numero di rifrazioni prossime all'orizzonte, co- me ciò potrebbe farsi con un circolo verticale mobile; tutta- via per la fiducia maggiore da riporsi ne' risultamenti la sta- bilità medesima costituisce invece una condizion vantaggiosa. L'osservazione inoltre delle altezze meridiane somministra le rifrazioni con un minor numero di dati o elementi di quello che si richiede a desumerle dalle altezze osservate fuori del meridiano, e quindi le osservazioni meridiane sono da prefe- rir per la semplicità, che vale a scemar il numero e l'influen- za degli errori. E lo svantaggio infine di non poter istituire col circolo meridiano le osservazioni, fuorché sopra due pun- ti dell'orizzonte, è nullo o indifferente all' oggetto di cui ci occupiamo ; e pel quale, anziché raccogliere in una notte so- la una serie copiosa di rifrazioni osservate , interessa princi- palmente, come vedremo, di confrontare e discutere le rifra- zioni determinate in epoche e circostanze le piìi diverse. Ri- guardo secondariamente al sito , il meridiano di questa Spe- cola mi offeriva condizioni assai favorevoli per la ricerca del- le rifrazioni, onde mi tenni quasi in dovere di assumerla e non rinunziare ad un favor di posizione, che non è ad ogni Specola conceduto. Al Sud il detto meridiano termina coi mon- ti alla base dell'apennino, e al Nord coi monti veronesi ; ma quelli non sorgono più elevati di i ." a'., e questi, per la mag- giore distanza, s'innalzano appena oltre io.'; cosicché in que- sta ultima plaga, che è la più interessante, come quella del- le stelle circompolari, di pochissimo non rimane scoperto e contro il ciel projettato l'orizzonte razionale. Di più questa parte della pianura lombarda, ove mi trovo, non è da molte acque irrigata, e soffre anzi agevolmente la siccità estiva; laonde i vapori non debbon sollevarsene iu quantità enorme a ingombrar 1' orizzonte. Vero è nondimeno che la mia linea meridiana orizzontale verso il Nord attraversa le valli e gli umidi terreni alle rive del Po ; e infatti da questo lato l'at- mosfera mi si offre più rare volte serena, e dalle basse neh- Del Prof. Giuseppe Bianchi 643 bie non occupata che in altri punti: allo spirare però di cer- ti venti le nebbie quivi pur si disperdono e 1' aria vi divien limpida e quieta come al Sud. Né tacerò che gli stromen- ti delle mie osservazioni sono collocati notabilmente al di sopra dei tetti della Città , e che il meridiano passa per la parte di questa meno popolata , verso il Nord specialmen- te ; il perchè dal fumo che sollevasi dalle case , nell' in- verno sopratutto, le osservazioni di altezza non sono forte- mente alterate ; comecché io m' accorsi talora di qualche salto non picciolo , a tal cagione per avventura dovuto , nelle stelle più australi e durante la fredda stagione. Ma io dissi in terzo luogo che anche il tempo mi fu assai pro- pizio allo scopo di riconoscere le rifrazioni ; e ognuno di leggieri si rammenterà quanto lungamente si mantenne la serenità dell'atmosfera negli ultimi due anni passati; dura- zione di serenità cosi memorabile appunto nel i8ao, pei no- stri paesi almeno, come lo è stato il rigor dell'inverno in quest'anno; per lo che di conseguenza quanto le osservazio- ni astronomiche riuscirono scarse e dubbiose nell' ultima di tali epoche , altrettanto poterono esser copiose e ben accer- tate nella prima. 3. Questi cenni premessi, che reputai al mio scopo non estranei o indifferenti, vengo all' oggetto stesso immediato del- la presente Memoria, che è di esporre le quantità della rifra- zione da me osservate nelle piccole altezze , e di limitarmi per ora su di esse ad alcune pratiche riflessioni, lo non pre- si perciò di mira che le altezze meridiane delle stelle non maggiori di So.": poiché assolutamente la diversità delle ipo- tesi dai Geometri assunte per esprimere le rifrazioni, e quel- la delle tavole dai moderni astronomi addottate per lo stesso elemento sono trascurabili affatto nelle altezze all' accennato limite superiori. Quindi è che, senza incorrere la taccia logi- ca di supporre ciò che trattasi di determinare , nella ricerca delle rifrazioni si può far uso delle micrliori tavole o formole note per le grandi altezze ; e cosi per queste io sempre ho 644 Rifrazioni Astronomiche ec. adoperato le tavole di rifrazione^ quanto esatte altrettanto per r uso comode, che il Sig. Cav. Carlini sulle proprie osserva- eioni calcolò, dopo averne ingegnosamente fissato i valori del- le tre costanti della formola di Laplace, pel suo clima di Mi- lano (V. EfFem. di Milano per gli anni 1807. e 1808. nelle appendici ). A seguir poi le rifrazioni, ove ne insorgon più for- ti i dubbila cioè nelle piccole altezze, il eh. Astronomo Sig. Ab. Oriani si pose a darne stimolo ed esempio colla sua in- teressante Memoria^ inserita nell'appendice dell'effemeridi mi- lanesi per l'anno 1816, e nella quale confrontando egli le mi- gliori tavole con alcune di lui osservazioni delle altezze cir- commeridiane di a del cocchiere sotto il polo ne dedusse la tavola del Sig. Carlini rappresentar meglio d'ogni altra le ri- frazionij così di estate come d'inverno, conchiudendo egli pe- rò: „ tuttavia per accertare con maggior esattezza gli errori „ delle diverse tavole di rifrazione^ principalmente in estate, j, converrà replicare più volte le stesse osservazioni ed ag- „ giungere quelle di altre stelle circompolari. „ Anche il eh. professore Bessel, dopo aver nell'insigne di lui opera = Astro- nomiae Fundamenta = analizzata con profonda sagacità la for- mula differenziale della rifrazione, costrutta indi su di essa la propria tavola ivi pubblicata , e paragonata questa con una serie di osservazioni di picciole altezze fatte dal Bradley , esprimeva il vóto ,, lucundum quidem fuisset , tabulas istas ,, cum observationum in alia Specula factaruni continua, ne- „ que minus accurata serie conferre, quoniam eo modo, quod j, est verisimile confirniaretur quaestio , parine instrumento- „ rum meteorologicorum gradui pares ubique conveniant re- „ fractiones. „ Contuttoché pertanto abbia dipoi 1' indefesso astronomo di Kònisberg soddisfatto egli medesimo il proprio e ben ragionevole desiderio, pubblicando ed esaminando nel- la VII. e Vili, parte della grande collezione delle sue osser- vazioni nuove e numerose serie di rifrazioni osservate in pros- simità dell' orizzonte; cionondimeno inutil opera non sarà cer- tamente il ripetere in altri luoghi somiglianti ricerche, e pre- Del Prof. Giuseppe Bianchi 645 pararne i materiali che valgano a perfezionar l'astronomica dot- trina delle rifrazioni. Tanto più l'astronomia essendo oggiinai quella scienza avanzatasi fino alle difficoltà , che sono bensì le pili minute e sfuggevoli ai nostri mezzi, ma che perciò rie- scono a superarsi altresì le piìi ardue, e sembran esigere a tal fine gli sforzi e l' opera combinata di un maggior nume- ro di coltivatori. 4- Il noto metodo più diretto e semplice di ottener le rifrazioni dalle altezze meridiane osservate delle stelle sup- pone per dati la latitudine del luogo terrestre, la declinazio- ne di ogni stella osservata, e che inoltre le altezze meridia- ne siano stabilite colla più scrupolosa precisione. Ciascuno di questi dati formò 'partitamente l'oggetto delle mie anteriori determinazioni, e posi le cure per me possibili di fissarlo con- forme alla verità. Sul valor della latitudine, che trovai e ri- tengo: 44-° 38', 5a", 75, niun dubbio finora ho concepito, e se pure dovrò in appresso apportarvi alcun cangiamento, non sarà, spero, che di qualche decimo di secondo tutto al più. Per le declinazioni delle stelle circompolari ho potuto io me- desimo procurarmele e definirle al principio del 1828. L'ac- cordo che mi risultò sulle piccole quantità dei moti proprii di tali stelle, secondo le mie determinazioni e quelle di altri, rni serve ora di criterio e fondamento a credere che le declina- zioni stesse da me ottenute poco si scostin dal vero, e quin- di ad appoggiarmivi con fiducia nell' attuale argomento. Ri- guardo però alle stelle australi ( essendomi prefisso di deter- minar le rifrazioni si al Nord come al Sud ) io non poteva si- milmente procacciarmene le declinazioni , e dovendo perciò desumerle dai cataloghi, ho preferito il catalogo del cel. P. Piazzi, come quello che riunisce al pregio della moderna esat- tezza la circostanza per me significante di essere stato costrut- to in una latitudine meno boreale che altri. Intorno al terzo dato finalmente delle altezze meridiane osservate, ad esclu- derne ogni minimo dubbio di errore io doveva istituir un esame diligente e minuto delle parti del mio istromento, che 646 Rifrazioni Astronomiche ec. su quel dato influiscono, quali sono gli errori delle divisioni o della lettura, la flessione del cannocchiale, l'eccentricità e la posizione del piano del circolo ; ma non avendo io sin qui avuto il tempo di procedere a siffatto esame, ho creduto poi anche di potermelo risparmiar senza pregiudizio delle attua- li ricerche. Imperciocché ne' circoli meridiani di Reìchenbach gì' indicati errori furon già dimostrativamente riconosciuti in parte nulli, e in parte così tenui che quasi non metterebbe il rintracciarli e correggerne le osservazioni ; come per esem- pio la flession del cannocchiale si trovò dal prof. Bessel non ascendere, nel suo massimo valore all'orizzonte chea i", ii; onde a ragione il medesimo astronomo intitolava il suo nuo- vo circolo ,, un ìstromento atto a far progredire la Scienza. „ E che anche nel mio circolo i detti errori siano, se non del tutto rimossi, insensibili almeno, io me ne persuadeva, seb- bene con prova indiretta, dacché per le declinazioni delle 2,8 stelle fondamentali più elevate mi accordai col Sig. Bessel en- tro il limite di 1", 5 circa; il qual accordo in ripetuti con- fronti, anziché a fortuite combinazioni, mi sembrò di dover ascrivere alla perfezion esimia dei due stromenti. Gli elementi poi del calcolo delle rifrazioni così predispo- sti e assicurati, non mi rimaneva che usar le necessarie avn vertenze all' atto d' istituir le osservazioni delle altezze, cioè appuntar bene il cannocchiale alle stelle, collocare e fermar queste sotto il filo orizzontale nel sito proprio del meridiano, legger attentamente i nonii e il livello del circolo, e infine per le stelle all'orizzonte vicinissime notar anche lo stato dell' atmosfera da quella parte -, a tutte le quali cautele io mi studiai ogni volta di soddisfare. 5. Ne' quadri de' risultamenti , che darò qui appresso , con A' per ogni stella circompolare osservata ho espressa la sua distanza meridiana vera allo zenit, affetta cioè dall'aber- razione e nutazione, sotto il polo, e quale si ha dalla formula ^'=180°— (L-i-D') ' ,. Del Prof. Giuseppe Bianchi 647 L rappresentando la latitudine e D' la declinazione apparen- te da me data e riferita nel!' effemeridi di Milano i83o alla pag. 1 14- dell'appendice: di modo che A' è presa, come D' al principio del 1828. Chiamata A" la distanza meridiana ve- ra di una stella australe allo zenit, e D" la sua declinazion apparente, si ha A"= L -t- D" Alle declinazioni australi del catalogo di Piazzi (i8i4) appli- cando la precessione, il moto proprio, Taberrazione e nutazio- ne, e tenuto conto anche del piccol termine della precessio- ne relativo al quadrato del tempo, io ne composi i valori D", dai quali ho formato quelli di A" per l'epoca stessa del prin- cipio del i8a8. Per ogni stella circompolare li numeri della a.* colonna, sotto il titolo di altezza ne' passaggi inferiori, so- no gli archi letti del nonnio I del mio cerchio, presa riguar- do ai minuti secondi la media delle letture dei quattro nonii, e fatte ai detti archi le correzioni sì del livello del circolo come dello zero o principio di numerazione. Altrettanto in- dicano i numeri della colonna medesima per le stelle austra- li ; se non che il nonnio I per queste , contandosi gli archi di altezza dal punto Nord dell'orizzonte, somministra le di- stanze allo zenit, otnmessone il costante di go.** che quelli contengono. II principio di numerazione, prima di applicarlo, fu sempre da me riconosciuto e confermato per diverse os- servazioni di alcune stelle, e talvolta pure coll'inversion dell' istromento ; né su di esso mi nascerebbe dubbio quasi non più che sopra il valor della latitudine. Ma le osservazioni eran poi da ridurre al principio del i8a8 per confrontarle con A' e A", e dedurne le rifrazioni. A questo fine calcolai e ho ri- portato nella terza colonna dei seguenti quadri le variazioni o differenze delle declinazioni fra l'epoca di ciascuna osser- vazione e il principio del 1828. Sia z la quantità dell'aberra- zione e nutazion lunl-solare , ovvero la differenza fra la de- clinazion media e l'apparente nella detta epoca di paragone. 648 Rifrazioni Astronomiche ec. Chiamata z la simile quantità di aberrazione e nutazione per la data di una osservazione , con aggiuntavi la parte propor- zionale della precessione e del moto proprio corrispondente- mente all'intervallo fra questa data e quell'epoca, sarà i—z la variazion accennata e da applicarsi, coi segni convenienti, all'osservazione di altezza o di distanza al vertice. Per le os- servazioni successive o vicine di una medesima stella basta poi calcolar z — z coll'intervallo di dieci o quindici giorni e prenderne, come bo fatto, le parti proporzionali nell'epoche intermedie. Dall' applicare così i numeri della terza colonna a quelli della a." risultano le distanze vere allo zenit osser- vate e poste nella 4-^ colonna, e le differenze fra queste e il valore di A' o di A", per ogni stella rispettivamente, sono le rifrazioni esposte nella colonna quinta. 6. Ad ogni rifrazione osservata e vera ho scritto di fian- co le notate quantità del barometro, del termometro a que- sto annesso, e del termometro esterno. Il barometro situato a canto al circolo e mantenuto ben verticale fu cangiato du- fante la serie delle osservazioni, al primo di Grìndel avendo- ne io sostituito uno appositamente costrutto da ^garZ»/', mac- chinista della Specola. GolT opportunità quindi che ebbi di confrontare li due barometri mi accorsi dell'errore di uno di essi, ed era il primo, in cui lo zero della scala e il segno del galleggiante più non si corrispondevano. Ad esserne vieppiù certo io mi procurai da Milano un campione di misura lineare, e rinnovati con essO i confronti, e corretto poscia il primo ba- rometro ne ottenni il mio intento; poiché dopo la correzione i due barometri vanno benissimo d'accordo , né sussiste altra differenza fra essi che quella della varia loro capillarità (*). (*) Nota. Le scale ilei miei barome- tri sono in pollici del pieJa di Parigi. Quello di Grindel , che ho adoperato fino al jy Febbrajo 1829, hu il dia- metro interno della sua canna di linee «,ó. L' altro di S2arl)i, adoperato eem- pre dopo il detto giorno , ha la canna del diametro interno di linee 2,83. Alle quantità che riporterò di questi due barometri non è stata applicata la cor- rezion capillare. Del PnoF. Giuseppe Bianchi 64y Nei termometri pure, dei quali mi son servito, riscontrai piccole differenze dai termini esatti della scala di Reaumur^ e ne fis- sai la correzione di ognuno. Le indicazioni pertanto dei det- ti strumenti meteorologici, che nelle tavole ho riportate, so- no già state ridotte al più giusto loro valore, con che le ri- frazioni osservate rendonsi comparabili alle calcolate. E nin- no cred'io giudicherà le diligenze in proposito eccessive o troppo minute al riflettere che, trattandosi di rifrazioni pros- sime air orizzonte^, ossia molto grandi, ogni sensibil divario di barometro e di termometro deve considerabilmente influire ne' confronti e nelle conclusioni. 7. Stimando che le rifrazioni accuratamente determinate pel clima di Milano possano ben convenire, attesa la vicinanza de' luoghi, alla mia situazione, ho preferito di confrontar con esse ciascuna delle analoghe quantità osservate; così nell'ulti- ma colonna dei quadri esporrò le differenze fra l'osservazio- ne e la tavola del Sig. Carlini, col segno -h indicato l'ecces- so della tavola e col segno — il difetto di essa dalla osser- vazion corrispondente. Di contro in fine ad ogni linea di os- servazione, per le stelle meno alte nel meridiano e quindi più soggette all'influenza de' vapori, ho creduto utile di accennar brevemente lo stato dell'atmosfera mediante le iniziali ot, s^b, 0 delle parole male, sufficientemente , bene, ottimamente, desti- nate ad esprimere le relative condizioni atmosfericlie da me avvertite e conservate ne' miei registri originali. Tali condi- zioni mi apparivano dalla luce più o meno chiara delle stel- le, dalla figura o grandezza loro sì o no alterata, e dall'attra- versar che facevano più o meno tranquillamente il cannoc- chiale. Concorrendo tutti gì' indizii favorevoli così distinti , l'osservazione riputavasi ottima, e non poche volte la riconob- bi tale anche nelle altezze minori di i.° Equi poi all'attua- le uso è manifesto un vantaggio del circolo meridiano; men- tre il cannocchiale di esso tenendosi fisso alla stella, e que- sta in uno stato quieto di atmosfera dovendo scorrere oriz- zontalmente, se ne ha tosto la prova che ciò accada e quin- Tomo XX. 70 6So Rifrazioni Astronomiche ec. di che sussista la condizion favorevole delle atmosferiche den- sità permanenti; dal vedere cioè la stella non uscir dal filo orizzontale, come nelle migliori osservazioni è stato sempre accertato che avveniva. In alcuna delle più belle notti le stel- le all'orizzonte splendevano chiare e placide, quasi non altri- menti che osservate fossero vicine allo zenit. 8. Ora nel produrre gli ottenuti risultamenti debbo pre- venire che nei lunghi e nojosi calcoli delle riduzioni esegui- ti da un solo, né riveduti, può essere sfuggito qualche erro- re, ad onta dell'attenzione che vi ho impiegata per non com- metterne. Ma chiunque il voglia, o a cui prema, potrà senz altro assicurarsene cogli elementi e processi di sopra dichia- rati. Dei- PnoF. Giuseppe Bianchi 65 i Nella colonna prima invece del nome di ogni stella os- servata posi la rispettiva distanza apparente allo zenit; segue a lato di essa nella tavola il numero delle osservazioni cor- rispondentemente fatte; nella terza colonna ho registrati i me- dii delle surriferite e singole differenze per ogni stella fra la rifrazione osservata e la calcolata secondo la tavola del Sig. Carlini; è notata nella quarta colonna la massima oscillazioa in più e in meno che riscontrasi fra le suddette singole dif- ferenze e il rispettivo medio per ogni stella, in modo che la somma delle due oscillazioni porge la variazion totale ottenu- ta nel confronto colla tavola di rifrazione per la medesima distanza allo zenit e nelle date circostanze atmosferiche; alla massima oscillazione in meno corrisponde nella colonna quin- ta il primo degli accennati mesi , e alla massima oscillazione in più il secondo; e finalmente la sesta colonna presenta, col- lo stess' ordine in riguardo alla doppia mentovata oscillazione, le ore delle corrispondenti osservazioni in tempo vero prossi- tnamente , avendo io per tal fine considerate le osservazioni siccome instituite alla metà del mese in cui furono realmen- te fatte, e ciò per ottenere l'ora prossima speditamente in tut- ta la serie. IO. Ora è manifesto che i medii delle differenze fra l'os- servazion e la tavola del Sig. Carlini procedono con qualche regolarità e similmente per le stelle boreali ed australi. Fino a due in tre gradi di altezza la rifrazion osservata eccede co- stantemente la calcolata e l'eccesso di quella su di questa è tanto più forte, quanto la piccola altezza è minore ; ma dai tre ai dieci gradi di altezza la tavola poi supera inversamen- te l'osservazione di una (juantità che sembra costante , però alquanto diversa nelle plaghe opposte Nord e Sud; ed è an- zi a questo riguardo che ho detto procedere le differenze me- die boreali ed australi similmente, non ugualmente. Le diffe- renze positive maggiori al Sud die al Nord indicherebbero che ad uguale altezza la rifrazione è più debole nella prima che nella seconda plaga, e ciò confermerebbe l'analoga couclusio- 65a Rifrazioni Astronomiche ec. ne altre volte stabilita dal Sig. Carlini {*)^ non che il dubbio in genere su la diversità della rifrazione spettante alle due plaghe, quale movevalo pel primo l'astronomo Cassini de Thury negli atti dell'Accademia di Berlino 1773. E qui rifletto che ove tale diversità realmente sussista e come si è trovatOj ne vie- ne un' altra prova di fatto che lo stato igrometrico o la copia dei vapori acquosi dell'atmosfera non influisce né influir può su la quantità della rihazione, giusta quanto il celebre Laplace dimostrava. Li meridiani infatti delle duo Specole di Milano e di Modena presentan cambiate ed alterne dall' una all' altra le circostanze de' vapori più o meno copiosi rispettivamente alle opposte plaghe suddette , distendendosi la valle per Mi- lano al mezzogiorno e sorgendo le non lontane alpi a setten- trione ; laddove per Modena si distende la valle a settentrio- ne, e s'innalza il terreno a mezzogiorno verso gli appennini. Quin- di, se i vapori sensibilmente influissero ad alterar le quanti- tà della rifrazione per le picciolo altezze, le differenze nelle contrarie plaghe meridiane delle nostre Specole , a parità di altre circostanze, risultar dovrebbero di segno contrario, o non conformi almeno quali abbiam veduto che risultano. Al di so- pra infine dei dieci gradi di altezza il picciol valore e il va- rio segno delle differenze medie fra l' osservazion e la tavola per le stelle boreali e avuto altresì riguardo al numero delle osservazioni, dimostrano che la tavola ossia la formula di ri- frazione fino a questo limite rappresenta bene le quantità os- servate, nel che gli astronomi sono tutti d'accordo. Se altret- tanto non sembra potersi dire delle stelle australi , convien tuttavia richiamarsi che le declinazioni di queste furon pre- se dal catalogo per 1' epoca del 1800, e quindi che le dub- biezze dei piccioli moti proprii spiegar potrebbero in parte le differenze maggiori. 1 1 . Passiamo a considerar le massime deviazioni delle sin- gole dalle differenze medie. E primieramente notiamo che nel- (*) (V. Appendice di Milano dell' anno 1808. p3g. i^- ) Del Prof. Giuseppe Bianchi 653 le maggiori vicinanze all' orizzonte , ai mesi di temperatura più alta corrispondono le massime deviazioni in meno , e a quelli di bassa temperatura le massime deviazioni in più, co- si verso il Nord come al Sud^ e qualunque d'altronde sia stata l' ora della notturna osservazione. Ciò vuol dire che le rifrazioni estive per la medesima altezza superano le jemali più di quello che importi la correzion termometrica della ta- vola ; e già il Sig. Carlini avvertiva egli pure certe irre- golarità un po' forti „ che forse dipendono da una diversità nella diminuzion del calore in inverno ed in estate ,, {*). A poca differenza poi di temperatura, ma sempre per picciole altezze boreali o australi, la massima deviazione in meno ca- de nelle ore mattutine, e quella in più nelle ultime ore ve- spertine; onde se ne inferirebbe che a parità d'altre circostan- ze la rifrazion è più forte di buon mattino e innanzi 1' alba che a tarda sera. Forse alla combinazione o ad una specie di compensamento delle circostanze estreme di temperatura e dell'ora è dovuta l' eguaglianza delle due deviazioni massime di a Auriga , per la quale stella circompolare il copioso nu- mero delle osservazioni m' induce a credere che tali devia- zioni siano appunto i limiti naturali e veri delle differenze colla tavola, e che la differenza media ottenuta fra questa e 1' osservazione rappresenti con qualche precisione il difetto della prima, ossia della formula da cui essa è dedotta. Di qui si avrebbe la regola per accertarsi il meglio della quantità di media rifrazione osservata a picciolissima altezza , e sareb- be di desumerla da una coppia di buone osservazioni fatte a stagioni o temperature le più diverse, una di sera e l'altra di mattina. E importante dopo ciò, se mal non m'avviso , il mettere attenzione alla variazion totale delle singole dalle dif- ferenze medie, che è ([uanto dire alla somma delle deviazio- ni massime in meno e in più. Questa somma che giunge qua- si a a d'arco presso 1' orizzonte verso il Nord va scemando C) ( Eff. cit. di Milano 1808. pag. 53. dell'app. ) 654 RiFUAziONi Astronomiche ec. ma poco sensibilmente al crescere dell'altezza ne' primi due gradii oltre il qual termine offre una diminuzion rapida e co- me per salto. La discontinuità di un simile fenomeno sfugge per avventura ai nostri mezzi di rintracciarne la legge e sot- tometterla al calcolo: nulladimeno raccogliendone le osserva- zioni ed i risultati di più anni, pare a me che non sia fuor di speranza 1' ottenerne un qualche più fondato criterio che fac- ciaj empiricamente almeno^ traveder la detta legge, alla qua- le come a cagione duopo è si congiunga quella dei cangia- menti della densità dell'aria per la varia diminuzion del ca- lore negli strati atmosferici a elevazioni diverse. Il perseve- rare perciò in questo genere di determinazioni, scegliendo sempre e notandone le propizie circostanze di atmosfera, non può se non raccomandarsi allo zelo degli osservatori forniti de' grandi e migliori stromenti; e quindi pure ne inferirei che possa un giorno aversene il frutto di una cognizion sicura e più esatta su l'indicata diminuzion del calore, donde inver- samente dipende, come è noto, il perfezionamento della teorica delle rifrazioni. Tali per lo meno sono le due vie che guidar possono a questo bramato perfezionamento; cioè ulteriori pro- gressi della teorica del calore, che è la via diretta, e indiretta- mente le indaggini ulteriori su le quantità osservate della rifra- zione a piccolissime altezze. Le stelle australi poi ci confermano anch'esse l'avvertita variazion totale delle singole dalle differen- ze medie di rifrazione, e ne troviam quasi l'eguale quantità per le due stelle oa Cigno e ^i Gru, australe questa e quella circompolare. Ma io insisto del rimanente su la necessità che simili confronti si raccolgano da più anni di osservazioni; poi- ché in una sola notte, comecché l'aria sia creduta favorevo- lissima, possono emergere nelle varie altezze e dalle varie par- ti dell'orizzonte ineguaglianze e anomalie inesplicabili. Cosi mi avvenne per esempio la notte del 3o Ottobre 180,9. du- rante la quale osservai parecchie stelle al Nord e al Sud, ma con forti discordanze ne' risultamenti, come dai quadri delle osservazioni apparisce. Del Prof. Giuseppe Bianchi 655 Per le rifrazioni di Piazzi ho usato la tavola delle rifrazioni me- die che il celebre Autore determinò appoggiandola interamente alle proprie osservazioni, e che trovasi nel libro V della Specola astronomica di Palermo. Chiamata x tale rifrazion media , b l'altezza del barometro in pollici inglesi, t il grado del ter- mometro unito colla scala di Fahrnheit, ed r la rifrazione ve- ra corrispondente, la formula di Bradley addottata da Piaz- zi, e che mi ha servito per 1' attuale confronto è 2-. h. 4oo r — a9,6(ò5o-+-f) Le rifrazioni secondo il Delamhre mi sono state somministra- te dalla tavola pubblicatane fra quelle del Barò delle longi- tudini. Ho riprodotto poscia il confronto colla tavola di Car- lini onde offerirne il paralello colle altre tavole per le mede- sime osservazioni. Segue il confronto colla tavola di Bessel nella sullodata opera Astronomiae Fundamenta ; e per le stel- le all'orizzonte più vicine^ si boreali che australi, ho voluto confrontar eziandio le rifrazioni osservate con quelle ulterior- mente date dal medesimo astronomo nella VII Abtheilung del- le sue osservazioni, ed espresse dalla formula o o r J 5550-4-10 5370C -ht' l^r "8c-+-i 6,75.0, 36438 1'^ " ' Id.1c!,a8 6ooo-*-io Sci 700-1-1 o J |_ibc-»-(/ — d2)o,d64iJ8 J ove le quantità p. A, e X sono prese dalla tavola dei Fonda- menti, b è r altezza del barometro in linee di Parigi, t' il ter- mometro unito a scala centigrada , ^ il termometro esterno a scala di Fahrnheit ; ed il coefficiente 555o essendo poi stato introdotto ed ammesso dall' autore in seguito di alcune spe- rienze de' Signori Dulong e Petit. Dai commentarli astronomi- ci del eh. Brioschi T. I. parte i .'' pag. i5o-5i ho ricavato il confronto della penultima colonna^ e quello dell' ultima pro- viene dalle rifrazioni che ho calcolato col metodo e sulla ta- vola dell' illustre Sig. Ji-'ory nelle Transactions Philosophical del i8a3. parte a." pag. 49'- 656 Rifrazioni Astronomiche ec. i3. Ebbi riguardo nel paragone or ora istituito di sce- gliere le osservazioni credute le migliori , e per ogni stella o distanza allo zenit ne scelsi avvedutamente tuia coppia che presentasse notabili differenze di temperatura fra l'una e l'al- tra di esse. All'ispezione pertanto dei confronti ottenuti si ri- leva: I ." che nelle picciolissime altezze al Nord ed in estate le varie tavole danno tutte il valor della rifrazione al di sot- to del vero, qual più qual meno, eccettuata solamente l'ulti- ma calcolata formula di Bessel, che appunto nelle temperatu- re alte sembra ben accordarsi colla osservazione : a." che al Sud nelle analoghe circostanze le tavole superano al contra- rio il valor osservato, comparativamente almeno dalle alte al- le basse temperature e coli' eccezione medesima della formu- la di Bessel: 3." che in tutte le tavole o formule contempla- te passa una forte diversità coli' osservazione , e sempre nel senso medesimo, per le temperature anche più diflTei'enti e si- no alle più picciole altezze: 4-° che fra gli estremi conside- rati della temperatura in ciascuna coppia delle trovate diffe- renze la tavola e quindi la formula di Bessel nev fondamenti rappresenta per un medio le rifrazioni osservate meglio di ogni altra , così al Nord come al Sud , e nelle stesse maggiori vi- cinanze all'orizzonte: 5." che le tavole e quindi le formule della rifrazione secondo li Signori Brloschi ed Jvory si accor- dan bene e quasi esattamente coli' anzidetta di Bessel al di sopra di due gradi e mezzo di altezza , ma se ne discostano fortemente ed ugualmente nelle altezze minori: 6." che per le distanze allo zenit minori di oo." le moderne tavole rap- presentan tutte ugualmente bene le rifrazioni osservate, come sapevasi e abbiam già ricordato. Anche il lodato Sig. prof. Plana avvertiva nella sopracitata sua Memoria congiunta alle osservazioni di Torino, cbe la piccola divergenza delle varie formolo di rifrazione propriamente non si fa sentire se non al di là di VìO." di distanza allo zenit, e spiegava poi ottimamen- te come tali diverse formule possano ugualmente rappresen- tar le rifrazioni osservate. ,, Variando, egli dice, le ipotesi su ì RIFRAZIONI OSSERVATE STELLE CIRCOMPOLARI ■*• Orsa maggiore A' =89.° 5y, _jp'^ 54 Tavola I. Mesi e giorni 1828. Ott. i5. Die. 5. 1829. AgOS. 22 Ottob. 10. 3o. Nov. r4. Altezza ne' passaggi inl'er. o. "32'. 27", 80 8,38 iS,S7 35. 2(), 6 i 3a. 22, a3 32. 3o, 02 02. iS, 14 33.5o,iì3 Variaz. in deci. — o ,40 -I- o, 58 -t- 3, 33 -t-i4, 59 -H 5,43 -1-18, c4 -<-23,48 -H27, 27 J->istariza allo Zen. al [>rineipio ilei 1028 89."27'.32',b'i 27. 5 1, 04 27.42, IO 24. 18,80 27. 32, 34 27. 5,94 27, 21, 38 ^5.41,90 Rifrazione osservata ^8', 7",84 i'7-49,5o 27.58,44 3 r . 2 1 , 74 28. 8,20 28. .34, 60 28. 19, 16 29-58, .54 Baroro. aHP, i',o3 28. 4, '8 28. 0, 6r 28. 3,77 28, 2, 75 20.. 4, 'J"^' 28. 2, 2f 28. 2, 55 Termo unito -(-i5",o -Hr4, 0 -f-ii,9 -t- 2,5 -(-li;, 2 -(-IO, 6 -H7,4 -H 5, Il metro esterno Tav. di Cari. -l-i5°,i -1-11,9 -H 2, 5 -i-i8, 5 -HI 1, 0 -H7>'' -*- 5, 9 -■-i56",9 — ic8, 0 -101,7 — 171,6 — 1971 ' — 109, S — 59,0 -i37,3 m. m. s. m- b. s. 0. s. X Andromeda A'= ".■j.°4y', 10", 55 1829. Marzo 7. ij.''38'.3i»",li7 — 3 ",52 8ij."2i'. 23",8.5 27'.4ij",7e 27. II, 3.J -t- 4' "J -H 4, e — 3o",c m. Ajirile 1 1 . 37.24, 19 -t- 3, .54 22. 32, 27 26. 3.",, 28 27. 1 1, IC> -FIO, 7 -HII, 2 — 54,6 b. au. 37.38,23 -H 4, 63 22. 17, 14 26. 53,41 28. 0, 45 -{-12, 3 -1-12, 3 — 83, S b. 23. 37. i4,<)7 -+- 5, co 22. 40, "3 26. 3o, 02 28. 0, lu -1-1 3, 1 -i-i3,4 - 7>,S s. a Auriga A'^8.|.°32'. 25" 19. j8a8. Marzo 1 1. o.°53'.2.3",74 — 4",'4 89." (j'.4i",it 25'.44",e9 2;'. 2, ii -1- 6,3 + 4,7 — l8",6 m. Aprile 29. .52.55,59 -1- 0,12 7- 4,29 25,20, 90 28. 4,60 -I-I2, 7 -1-12, 7 — 79' 5 s. Magg. 20. 51.53,83 -H 3, 49 8. a, 6;; 24.23, Si 2«. 1, 18 -4-i6, 5 -i-i6, 1 — 70,0 s. Giugno 5. 51.53,68 ■+■ 5, 22 8. I, IO 24. 24, 09 27. 11,35 -1-19,0 -(-19,0 — ii3, I m. 6. 5i. 22, co -H 5,41 8. 32, 59 23. S2, 60 27. 11,43 H-i8,8 -+-18, 6 - 73,6 s. 8. 5i .49, 29 -H 5,72 8. 4,99 ù.^.ù.0, 20 28. 1,60 -^'7,7 -1-17, 5 — 82,0 b. 10. Si.3c, 00 -H 6, oi 8.23,69 24. I, 5c 28. 2, 6fi -H17, 1 -H17, I — 52,8 m. 19. 5i. 12, oc -H 7,39 8.40, 61 23.44,58 28. 3, 27 -i-Q.il, 3 -1-20, 3 — 68,8 s. Luglio 3. So. 58, So -H ;i, 70 8.52, 80 23. 32, 39 28. 1, 27 -t-2 1 , 6 -H2C, 7 — 68, I b. 5. So, 45, 28 -t- 0,87 9. 5,85 23. 19, 34 2".. i,o3 -t-22, 3 -1-31, 9 -78,7 s. 9- S0.41Ì, 27 + 8, 9iì y. 2,75 23. 22, 44 28. 0, 18 -f-23, I -1-23, 2 — 90, 3 s. 16. Si. 23, 22 ■+■ '), 27 8.27,51 23. S7, 68 27. 11, 10 -1-19, S -1-19,7 — 87,6 b. >7- 50.35,87 ■+- 9, 3i 9. 14, 82 a3. IO, 37 28. 0,27 -H20, 8 -1-30, 9 — So, 6 m. 3o. Si. II, 85 ■+• 9' 97 8.38, if. 23.47,01 27. I I. 27 -t-H), 1 -i-i8, 7 - (><)■> 4 b. 3i. 50.4I1, 94 -HIO, 02 9- 3, "4 23.22, l5 28. ^-,77 -M9, 3 -1-19,0 — 39, 3 b. Agosto I. 5o. 57, 61 -i-io, 07 8.52, 32 23. .32, 87 28. 1, 18 -1-20, 6 -1-20, 3 — 64, 3 s. 1829. Marzo 19. 53.40,45 — 7, o3 6. ac, 58 26. 4,61 28. i,o5 -t- 5, I -1- 5,3 - 54, 7 b. Aprile 1 1 . 53. 3,o5 — 5, 92 7- :i,87 25.23, 02 27. 8. 85 -H 8,7 -*- 9, «^ — 72, 0 s. 25. 52.a4, 77 - 4,30 7. 39, 43 24.45,76 28. 0, 9' -1-1 3,0 -i-i3, 1 — 61,4 s. Maggio i3. 5 1.54,04 — 1, 22 8. 7, i". 24. I ' '■, 0 1 27. II, 75 -^-14, 4 -t-i4, 6 — 53,5 s. Giugno I . 5 1 . 34, 28 +- 1, 4a 8. 24, 3o 24. 0,89 28. 0, 8( -i-I'), 7 -i-i6, 7 - 54, 8 s. 6. 5a. 40, 81 ■+- 2, 19 7. i7>oo 25. .", ,,, ^7, 1 1 , 60 -i-i3,4 -HI 3, 5 - 96, 4 m. IO. 51,37,43 H- 2, 56 8. 20, oi 24. S, 18. 28. 2, i5 -1-14,8 -Hl5, 1 - 34, 9 b. •4- Sa. 0, (.3 -H 3, cS 7.56,32 24. 28, 87 28, 3,55 -*-i(., 2 -HI 5, 1) - 64,4 m. i5. Si, 53,81 -t- 3, 17 8. 3,02 24.22, 17 28. 3, 00 -^17,4 -HI7, 2 - 74,8 b. jg. 5a. 9, 63 -1- 3, 66 7.46,72 24.3.8,47 28. I, la -1-16, 7 -H16, 5 — 92, a s. ao. 51,37, 26 -H 3, 78 8.18,9(1 24. (1, 23 20. 0, 4" -1-17,3 -H17, 5 — 71,6 s. 22. 5 1 . 5o, 48 H- 3, 95 8. 5,57 24- '9, 62 28. ,,75 -1-17,4 -H17, 3 — 77' 3 b. 29. 51.53,58 -1- 4, 7-J 8. ,,67 24. 23, 52 27. 1 1, 20 -1-17, 0 -H16, 4 — 82, I 0. Luglio 4- 5i. 18,70 ■+- 5, 10 8. 36, 20 23. 4.8, 91, 28. 0, 5r -t-2C, 7 -H3I, 1 - 94,3 s. 6 5 1 . 26, 69 -¥- 5, 28 8.28,c3 23.57, 16 38. 0, 95 -l-2( , 7 -H30, 3 — 91,8 m. 7- 5 1 . 34, 00 -H 5, 39 8.20,61 24. 4-5." 28. 1, 2r -1-20, 5 -H20, C — <)'>■> ' 0. IO. 5... 55,. 55 H- 5.1)2 8.. 5;;, ."■3 23.26.36 37. 1 1 , 3f. -1-30, 2 -H2C, 3 — 65,3 0. 12 5i .28, 77 -i-5,74 8.25,4.) 23.59, 7" 27. II, 35 -t-lg, 6 -H19, 0 - 93,4 b. i3 So. 36, 77 -1- 5,81 9. 17,42 20. 7, 77 28. 1 , 80 -1-21, 0 -H2 1 , 5 - 48,4 b. ■4 So. 33, 34 -¥- 5, ui) 9' 0.77 23.24,4.2 28. 2,70 -t-21, 7 -H2I, 9 — 67,3 0. i5 So. 49, 9"^ -(- 5, 96 9- 4, '4 a3.2i, o5 28. 2, 41 -4-22. 7 -H23, 1 - 78, -5 b. 21 Sa. 0,47 -t- 6, 32 7.53, 21 24.31,98 28. 2, 9-5 -1-19, 8 -H19, 7 — 1 13, 7 b. aa Si. 45, CI H- 6, 37 8. 8,62 24. 16,57 28. 3,75 +19,7 -HI 9, 0 — 86, 9 s. a3 Si. 3,42 H- 6, 4 ; 8.50,17 23. 35, 02 23. 2, 40 -t-2r, 5 -H20, I — S9, 0 s. 25 Si. 3,57 -1- 6, Si 8.4*1. 92 23,35, 27 28. a, 35 -1-21,8 -H2 1 , 9 - 8c,6 b. 2C| 5i. 3,31. -1- 6. 70 «■49, 'H 23. .35. 2.J 28. 0,35 -i-ii,, 8 -HI9- 2 - 57, 9 b. 3i 5o. .54, 14 -1- h, 7I) 8. .').,, IO 23. 26, <:() 28. 1. or. -1-19,9 -HI 9, 8 — Si, 8 b. 70' y \ ^ Ercole. A'= 8<).° i4'.5(,"^5q Tamia II. Mesi 1828. Die. 1829. Gemi. Febb. Marzo Ott. Altezza Ile' passaci; inf. "" 10.12 ,1 1 9.17,53 9.38,44 8. 4,44 7. 56, 96 7. 5o, 60 C|. 4p, 3S Variaz. ili deci. — 7">75 ■+- 4,09 ■+■ 8,91 -t-i5, 01 -(-'5, 3o -Hill, 17 — I .^», 90 Lli^taiiza allo Zen. al piiiicipio del 1S28 88.»49'.55",64 50.38, 3B 5o. 12, 65 5i. 40, 55 Si. 47, 74 5i. 53, a3 5,1, 35, 5 Ritrazione osservala 25'. o",95 24- 18, ai 24.43,94 a3. 16, c4 23. 8,85 23. 3,30 24.21,07 Baro 3.ÌÌ.P 4.' 27. 27. 27. 28. 27. 28. 9. 18 10, o5 8,60 I, 5o 1 1 , 3c 1,45 Ter.uometro unito esterno 1.9 0,8 1,3 3,4 5,6 a, 3 6,8 2. '"3 3,9 6,5 6,5 Tav. Ji Cari. 59".? 29, o 52, I 8,9 6,0 78,9 0 2 Ci;;no A' = i ' 7'- 3o',42 1828. Uic. ò. 1829. Febb. 23. Marzo 7. I. "16'. 54", 73 i5.25, 14 14.41,03 14.42,65 — 16".84 -*- 5. 53 -+- u, 12 ■+- q, 87 ^O .22 ,1 1 44.29, 3.S 45.10,85 45. 7,411 24'. 8",3i 23. 1 , 09 22.19,57 22. 22, 94 28 4. 05l-|- 2,'ci -+- 2.^2 — 5o",2 27. 9,00-1- 3.3 -1-3,5 - "7.4 -(- 22. 1 n 27. 11,45-1-4,7 -h 5,1 h 20. 0, 5o -1- 6, 6 -*- 7- '1-1- 2,5 0. 7 Ercole A'= 83 .° 37'. 34", 74 1828. Febii. .j. 1.42. 24', 40 -+- ')'',37 88.' i7'.2()'',i7 20'. 8", 57 28. 3,77 -1- 3.°6 -1- i^-o — 3". 2 \m. Die. 2. 43.2', i5 — 2, 64 16.41,49 20.53, 25 38- 4,93 -t- 2, 2 -1- n,6 - 15,4 — 23,4 ì 5. 43. 26, 46 — I, 62 16.35, iG 20.59, 58 28, 4, 1« -t- 2, < -1-2.4 1829. Genn. 3. 43.14.24 -1- 8, 20 16.37, 56 20.57, '8 27. 10, 18 -1-1,5 -1- 1,8 -37,3 — 12, 0 S. 0. 42.48,67 -1- 9,96 17. 1,37 20.33,37 27. 9, 10 -(- 1 , 0 ■+■ '.4 h. 16 43. 17, 04 -1-12, 01 16. 3c. 95 21. 3,79 27- 8,93 -f- 0. 6 -1-1,0 — 42, 2 .5. 2S. 4». 39, 14 -H14, o5 17. 6,81 20. 27, 93 27. 9,85 -H I, 3 -H 1. 0 — 0, 0 h. Febb. 2. 42.39,01 -1-15,87 17. 5,12 20. 29, 62 28. 3,52 -1- 1,8 -K 2, 1 ■+■ P, 7 il. 3. 43. 20, 09 -i-i6, CI 16. 23, gc 21 . IO, 84 28. 3,68 -f- 1,0 -1- 1,3 — 27)7 s. 5. 43. i5, 99 -i-i6, 3o 16.27, 7' 21. 7,o3 28. '^77 - 0,4 -1- 0, 2 — 21,6 s. la. 43.18, IC) -H17, 3o 16.24, 5i 21.10, 23 28. 1,43 - '.4 — 0, 7 - 18,6 b. 16. 42. 3o, 02 -1-17, 87 17. 12, 1 1 20.22, 63 28. 1,93 -H 0, 5 -H 1,0 -1- 20, 6 s. Ottob. 3o. 42. 55, 02 -V- 4,28 17. 0, 7c 20.34,04 28. .,75 -*- 7. ' -)- 7.4 — 45,6 0. X Boote = 88.° 28'. 28", 60 1828. Die. 2. 5. 6. lo. 1829. Genn. 3. fi- li). Ottob. 12 3o. Nov. 10. °5,'. .,",68 5i.3i, 58 5 1 . 1 a, 85 5o. 3i, 95 5o,4o, 66 5o,5i, 73 5i, 8, 73 50.33,45 5o.52, i3 50.46, 75 5i.5q,86 5' ,83 6, 81 7i i3 8 43 i5 co 16, 18 17 56 .-; o3 n, 89 12 67 16 4.) 28. 28. 28. 28. 27. 27. 27. 28. 8. 28. 8. 4. ,8 -^ 2.-H -1- 3",2 ->- 4"-> 4. 02 -)- 2, 4 -H 2, 5 -5,4 4.27 ■+■ 3, 1 -<- 3,4 -t- 2,5 4,68 -t- 4, 6 -t- 4.7 -H 3i,6 IO, 02 -1- 1,8 -1- 2, e -1- i3, 1 9, 10 -1-1,6 -1- 1.8 — ■•7 8, 5a -H 0, 9 ■¥■ I, I - 17.9 3, 60 -1-10,2 -•-9.9 — 7.9 2, 00 -+- 7.7 -1- 8, 0 — 25,4 3, IO -H 7, 6 -t- 7>9 — IQ,4 4,65 -1- 1. 1 -1-1,3 - 45.2 (V Perseo A' =83." 7'. 18", 7q. 1829. Giug. '4 2.** 9.'i 3",u6 ■+- 3",66 H7.°5o'.43",2;i lO.'SS ',5i 28. 3, Su -1-16. '6 -1-16. "7 -H 11 ",6 s. iS. 9. 4,42 -H 3, 71 5o.5i, 87 16. 26, 92 28 3, 10 + 17,8 -1-18,0 -1- 11,3 s. iq. g. 22, 66 -H 3, gì So. 33, 43 16.45,36 28, i,o5 -H17.4 -1-17, 5 — 11,8 s. 20. q. 8, oS -1- 3, 96 50.47, gq i6..3o, 80 28, 0, 40 -1-17,7 -1-17, 7 -H 0,9 m. 22. g.ió,.^ -1- 4, o5 So. 39, Oi 16.39, '8 28. 1,70 -1-17,8 -1-17,6 3,6 b. 24. 9. 6, .16 -+- 4, 'S 5o.4g, 2q 16. 3<), 5o 28. 2, Se -l-lg, 3 -1-1 q, 0 -f- 0, 5 s. 29. q. 19, o3 + 4. 39 So. 30. Sii 16.42,21 27. 1 1, ao -1-17, 1 -t-16, g 10, 7 b. .30. 8.59,54 -1-4,40 5o,56, 0(1 16.32, 73 28. 0, So -•-'7.9 -1-18,0 -1- 8, I .1. Luglio 1. 9. 4. 37 -+- 4,4' So.Si, 22 16.27, 57 28. 1, IO -(-18,8 -1-19, S 5,0 s. 4- 8.57, 59 + 4.43 So, 57, 98 16. 20, 81 28. 0,45 -1-21 , 3 -1-21.4 1 1. 7 m. .5. 8.55,85 + 4.44 5o. 5(), 71 16. 19, 08 27. 1 1, 60 -1-21, 5 -1-21 , 6 i3, 4 m. 7. 8.56, gì -+- 4. 45 5o, 58, 64 16. 20, iS 28. 1,25 -1-21,3 -H2C, 7 3,q b. 8. 8. 54,51 -t-4,46 5i. i,o3 16. 17, 76 27. 11,70 -1-21.8 -4-21,5 11,0 .(. IO. 8.46,26 -H 4. 47 5i. 9, 27 16. g, 52 27. 1 1 . oS -1-20, 7 -1-3 1 , 0 I, 2 s. 12. 8. 55, 69 -+- 4.4» So.. 59, 83 16. 18, g6 27. 1 1, 10 -Hlq, 7 -1-19.9 4-4 s. i3. 8.40.26 -H 4.49 5i. iS, 25 16. 3, .54 28. I, So -1-^1. 3 -1-22. 0 -H 6,7 s. Mesi e giorni Altt ne' pa inf i8a8..Febb. 6. Magg. 25. Giugno a. 2."4o'.i 38. 38.. '' Andromeda A'=8- .« 35'. 4 Tm-ola in. r ■, ria. Mesi Altezza Variaz. Uistauza 1 — ne' passaggi inler. in deci. allo Zen. si principio Rifrazione osservata Baroni. ferniometro Tav: di rini-l del i8aU unito esterno 1828. Febb. 6. Magg. 25. Giugno 2. 3. 5. 2."4o'.3i ,60 38. 58, 64 38.42,95 38.39, o5 38.17,33 -i- 2", 24 -1-20, 57 -H20, 62 -1-20, 62 -H2C, 64 87." 19'. 26", ,6 20. 40, 79 20. 56, 43 21. e, 33 21,22, o3 i6.'i5",76 '5. I, i3 '4-45,49 '4-4i,59 •4- 19,89 28.P 3',3S 28. 1, 10 28. 2. 27 28. 1,18 27, 11, 18 -1- 2."! -1-16,7 -^-l7,9 -H 1 9, 0 -Hio, 6 - 0°,5|-H -Hi6,6- -1-17.4-4- + .8,9;- -HIO, 0 -H i6",4 6,1 0,7 l3,2 m. s. s. s. 6. 38. 37, 99 -1-20, 65 21, 1,36 ■4-40,56 27, 11,35 -1-11, 4 -H19, 2 — 6, I m. 1829. Apr. 24. 3g. 17, 85 -H 0,43 20, 4i, 72 l5, 0, 20 28. 0, 95 -*-i3,5 -HI 4, O.-H 5. I h 25. 39. i3, 21 -H 0, Sg 20.46, 20 ■ 4- 55, 72 28. 0, 55 -1-14, 9 -HlS,3 -H 1,6 s. Maggio 8. 3g. 20, 12 -(- 2, 71 20. 37, 17 .5. 4,75 28. 2, 3o -i-i4, I -1-14, 2 -H 2,9 3,6 .f. 12. 3g. 19, iS -+- 3, 36 20. 37, 49 i5. 4,43 27. II, 20 -h 1 3, 7 -HI 3, 9 /> 23. 39.16,33 -H 4. 16 20. 3g, 5i i5. 2,41 28. 2, 60 -HI 4, 7 -1-1 4, 9 -H 2,5 nr. 29. 39. 1,74 -1- 4, 60 20. 53, 66 14-43.26 27. 11, c|5 -H14, 8-Hi5, I -H 8 5 h Giugno 2 38. 57, 47 -)- 4, 60 20. 57, 93 14-4-5,99 28. i,5o -HI7,4-HI7, 9 -H 2,4 9,7 b 5. 38.27,47 -t- 4, 60 21.27,93 14.13,99 27. 8, 10 -H19,4-HI9,7 -H m. IO. 33.44,72 -1- 4' S9 31. IO, 69 14.31,23 28. i,5o -Hi5, 5 -HiS, g -H 26,4 s. 3 Perseo A'= 86.° 5i'. 20", 33. 86." 37'.23"j98 38.27,88 38,40, 54 38.42,68 38.41,81 38. 38, 99 33.40, 3o 38. 39, 00 iSaS.Febb. b. 3. "22' .37' ,84 iSag.Magg.ag. 21 28,65 3o. 21 i5, g3 Giug. i4- 21 12, 91 i5. 21 i3, 76 ig. 21 16, 5o 2t. 21 i5, 16 22. 21 16,44 l",82 3,47 -+- 3, 43 4,41 4,4-3 4, 5i 4,54 4, 56 i3'.56",35 12. 52, 4S la. 39. 79 12. 37, 65 12.38,52 12.41, 34 12.40, o3 12.41,33 28. 3,85 27. 11,90 27. 9 28. 3, So 28. 3, 10 28. I, co 28. 1,25 28. I, 70 -H 2 ,0 — o,"7 -f-i4, 7 -Hl5, e - -H16, 2 -HI 6, 3 -HI7,2 -H17, S ■ -HIP, I -f-i8,a -4-'7,9 -Hi8,8 H-17,9 -Hi8,7 -Hl8,2 -H17.8 — 2l",3 0,5 ^,4 12,7 8,1 ',7 O, 2 3.7 l Orsa maggiore ; 36.° 38'. 49",<^o- i8a8.Sett. '7- 3.°33'.44",5o -H 3",67 uC).''a6'.i i",83 I2'.37",i7 2H. 4,43 -H14.7 -1-14.6 — 3".9 m. 24. a6;58 -H 5, 00 a8,42 20,58 28. 3, 37 -Hi5,9 -Hi5,g -H 6, a b. 25. 23, 60 -H 5, 19 3l,2I '7.79 28. 3,35 -Hi6,3 -H16, 0 -H 7.9 b. 26. i5, 97 -H 5,38 38,65 IO, 35 28. 3, 10 -1-17, 1 -H17, 1 -H 10, 5 s. 3o. i5, 61 -H 6, 14 38, a5 IO, 75 28. 1,35 -Hi6,6 -H16, 3 -H 9.5 b. Ottob I. IO, 77 -H 6,33 4a,90 6, IO 28. 0, 93 -HI7,0 -Hi6,8 -H 9,9 s. 7. 17,37 ■^ 7,47 35, 16 i3,84 28. 0,85 -Hi;,6 -Hl5,0 -H 10,7 b. Io. 29, 01 ■*• 7. 9« a3, CI a5, gg 28. 3.77 -Hi4,<; -H14, 5 -H 6,7 s. II. 24, 19 -H 3, 14 37,67 ai, 33 28. 4,10 -Hi4,4 -1-14,5 -H 12,4 s. 12. 81,89 4o, 77 -H 8, 3i 19, 86 29, 20 28. 4, 6c -H14. e -H14, 0 -H 7,2 b. iS. -H 8,80 10,43 38,57 28. e, C2 -H12, 5 -H12, S — 6,5 m. ao. 41. 91 -+■ 9,62 8,47 40, 53 28. 5,43 -HI I, 2 -HI I, 2 ■+■ 9.3 0. 22. 28,51 ■+■ 9,94 21, 55 27,45 28. 4,35 -H12, 2 -HI2, i\ -H i5, I b. 3i. 34. 0, Sa -HI I, 14 a5.48, 34 i3. 0,66 28. 0, 27 -H 7.4 -1- 7 A — 4,0 b. Nov. 1. 33.55,24 -4-11,27 53,49 la. 55, Si 28. 0, 27 -H 7.3 -t- 7,4 -H f,7 s. 3. 46, g5 -HI 1,54 a5. i,5i 47>49 28. 3,35 -H 7, I -+- 7,5 -H i3,4 0. 4- Si, 96 -HI I, 67 25.56,37 52, 63 28. 3,35 -1-7,0 -^ 7, 1 -H 9,8 s. 5. 34. 4,55 -HI1,8. 43,64 i3. 5,36 28. 5,27 -H 5, g -H 6, e -H 5,9 b.- 6. 8,93 -1-11,94 39, i3 9.37 28. 4,93 -H 5,3 -H 5,3 -H 3,6 m. '7- 33.22,86 -Hi3,56 26.23,58 12.25, 42 23. 0, 52 -HI I, 0 -Hll, I -H 14,4 b. iSag.Lug 19. 12, o3 -H 3, 6a 44,35 4,65 =^7, ii,8c -H2I, 3 -H20, 5 — 4,7 m. 21. 39. 4" -H 4. 00 16,53 02,47 28. 3, 7C-H18, 2 -H17, 6 — 14. 0 ni. 23. 22, 02 -H 4,38 33,60 i5,4o 28. 2, 4.0 -Hig,8 -H20, C — 7. 6 b. 24 25, 1 1 -H 4, 56 3o, 33 18,67 28. a, a5 -H20, 7 -t-2C, 5 — i3, 2 b. 25. 1.5,54 -H 4,75 3g, 71 9, 29 28. 2,45 -Hai, 4 -H2I,S — 7.5 0. ag. 11,21 -H 5,49 43,30 5,70 28. 0,35 -Hig, 2 -H19, 0 -H 1,5 b. 3i. 17-44 -H 5, 87 36, 6g 12, 3 1 23. 1,45 -H19, 2 -HI 8, 8 — a, 0 s. Agosto a. 22,42 -H 6,27 3i,3i 17,69 28. 3, 6c -HI,"., 6 -Hi8,5 — 1,3 b. 14- 6,78 -H 8,70 44,52 4,48 27. 11, 6c -H2 1, 3 -H20, 7 — 5,7 s. i5 0, 33 -H 8, go 5o, 77 11.58,23 27. 1 1, 00 -HI 9. 7 -HI 9, 6 -H 4,i b. 26. 3i,8H -HI 1, 07 17, c5 12. 3i,q5 28. 3,25 -H16, 8 -H16, g — 9,9 b. Sett. I. 16,74 -H12, 34 3o, g2 18, c8 27. II, 95 -Hi6,4 -Hl6,4 — 1.4 m. 4- ai,3i -1-12,97 aS, 72 13,28 28. 2, 20 -H16, 7 -Hi6,5 -H 8,1 0. i5 10,49 -Hi5, 29 34, 23 14,78 28. 1, 60 -HI 6, 9 -H17, i -H 2,7 0. Ottob. 5 10,86 -HI9, 29 2g,8S 19, i5 27. 23. II, 75 3, IO -HI 4, 7 -Hi4.S -H 3,7 s. Nov. Io 37, 64 -H24, 29 25.58,07 So, 9.3 -H 8,4-+- 8, 6l -H 5,9 0. '9 34. 3, 66 -H25, 28 3i,o6 10.17,54 28. 2,75 3.45 -(- 3, 1 -t- 3,6 -H 0, 3 s. 20 4,38 -H25, 39 3o, 23 '3.77 28. -H 2,5-H 2,8 -H 4.7 0. ti ;i ì :>l-i-;< O . .f ■ i X. Orsa maggiore A'= 86.° 07.' 3i",c5. Tavola. IV. Mesi Altezza ne'passaggi inl'er. Variaz. in deci. l'istanza allo Zen. al principio del i8i8 Rifrazione osservata Barom. Termometro di Tav. Cari. e giorii unito ■+- 6. "7 esterno itìiS.Nov. 1 . D.-SS'.aB'^Sb -h S",3i 06.' 24'.25",83 i3'. 5".2a 28.f i',68 -t- 7.°i — , u",3 /«. 17- 34.57,57 -*- 9> 79 52,64 12.38,41 28. .,.8 -1- 9. 7 -HIO, 0 ■+• 1,8 s. a.6. 35. 1 3, 96 -HI I, 26 34.78 56,27 28. 2,35 -i- b,5 -t- 6,9 — 0, 2 s. Die. a,. 33,43 -t-i3,46 i3, II 13.17,94 28. 3, 10 -H 3, 7 -t- 3, 8 — 6,3 m. 6. 43,59 -1-13,04 2.77 28,28 28. 6,18 -)- !, 5 -1- 1,6 -t- e, 6 in. ò. . i5, 8a -4-l4, 01 3o, 17 0,88 28. 3,85 -t- 2,5 -1-2,6 -H '7.9 b. 0. 17,98 -*-i4, 19 37,83 3,22 28. 4.^7 -t- 3,5 + 3,7 -1- ii>7 b. 10. 14, 12 -1-14, qa 3o, 96 0,09 28. 4, Oc -H 5, 0 -¥■ 5, l ■+■ 9,4 b. i5. 26,08 -t-i5, 84 18, c8 12,97 28. 3, 18 -1- 2, 4 -+- 2,5 -h 4-7 s. '9- 4, 3o -I-.I6, 57 39, i3 12. 5i, 92 28. 0,68 -t- 2,7 -K 3,3 ■+■ 16, 3 ìli' io. 5j 02 -+-'7,74 37,24 53,81 28. 3,68 -1-5,5 -*- 5,4 ■+. 12, 2 b. 1820. Genti i. 0, 52 -4-i3, lO 41,32 49.73 27. q.85 -H 1,9 -f- 2, 2 ■+- 16,8 s. a Perseo A'= 86." 6,. 34", 76. 1828. Gemi. 26. Fel.b. 6 4." 6. o",42 — i',97 5. 32, 09 — 3, 78 85." 54'. i",55 I2'.33','ii 28. 5, 18I-+- 2,6 — 3, o 3i,6i) 3,07 28. 3,77!-*- 1,9 — 1,1 - .",8 -H 18,4 i4". Lucerla A'= 85.° 56'. 4? '. 67. 1827. Nov. 20. 4."i4'.53",24 — 3",o3 85." 45'. 9" ,79 ir.37",83 28. o,bo -t- 0.% - 2."4 -H 22".4 ni. 1829. Marzo 18 26, CO -(- a, 80 3l, 20 l'i, 47 28. 0,80 -t- 6, 1 -H 6, e -H 1 I, 2 0.. Aprile I. 13.53,45 -t- 5,26 46. 1,29 10.46,38 27. 4,85 ■+■ 9," -H 9. 2 -H i3, 3 b. 8, 14. 3, 77 -t- 6, 59 45.44,64 11. 3, o3 27. 1 1, 70 -f-IC, o -i-ic, 5 -H 5, 9 in IO. 7.7' -H 6,78 45, 5 1 2, 16 27. 9,45 -l-lO, 0 -l-I0,C -H 3, 9 b. 1 1. 3,71 -F 6,88 49.4' 10.58,26 27. J I, oc -1-11,0 -HI 1, 6 -H 5,0 s. 18. i3. 59,58 -H 7,53 52,89 54,78 28. 0, 00 -1-11,4 -H12, I -H 8, 8 s. a3. 55,33 -t- 8,01 56,66 Si, 01 27. 11,90 -l-i3, 3 -Hi3,7 -H 6, 8 b. a4. 58,86 -H 8,c3 53, Il 54,56 28. 0,85 -t-14, 2 -H14, 5 -H 2, I b. 25. 43,96 -H 8, c5 45. 7,99 39,68 28. 0, 60 4-.5,7 -Hib, 5 -H 9,5 b. 28. 5o, 65 4- 8,10 1, 25 46,42 27. 10, 00 -1-14,5 -Hl4,h -H 4,4 b. Maggio 1. 57,04 -H 8, 17 45,54,79 52, 88 27. 1 1, 75 -+-12, 2 -H12, 5 -H 8, 0 s. 5 , 4» -74 -t- 8.24 46. 3, 02 44. b5 28. 2. 55 -1-14, 5 -HlS, 0 a Cigno A'=85.'' 3i'. 2i",98. i829.Feljbr 23. 4:39. b",24 -H 8" ,07 85.°2c'.48",69 io'.3(",29 27. 8. 90 -H 3",4 -H 3. '6 -H b",9 9,5 s. Marzo 6. 1,84 -HIO, 07 43,09 33, 89 27. 1 1, 5c -t- 3,7 -H 4. ' -H 7. 38.59, iS -HIO, 25 5o, 60 3i,38 37. 11,41^ -H 4,8 -H 5, 3 -H 7.« 0. 8. 54, 5o -4-10,43 55,07 26, 91 27. II, So -H 5, 5 -H 6,3 -H 9, 0 s. II. 39. 1,63 -HIO, 97 47,4° 34,53 27. 10, 9f -H 5,4 -H 5, 3 -H 0, 7 4,5 s. 'A- 08.48,54 -HI I, 52 59,94 22, o4 27. 9, 85 -H 7, 6 -H 8, I -H s. 18 5o, 52 -HIl.81 57,67 24,31 28. o,4<5 -HO, 7 -H 7, 3 -H 9,0 0. ■9 46,71 -HI 1,88 21. I,4l 20,57 28. 1,80 -t- 7.7 -H 8,8 -H II, 1 s . 21 41,00 -H12,o3 6,88 i5, IO 28. 1,60 -H 9,7 -HIO, 8 -H 9,5 s- 27 41, 2f -HI2,47 6, 24 15,76 27. IO, 90 ■+■ 9,0 -HIO, e -H 0,5 b. Aprile 1 28,53 -HI 2, i'.4 i8,6.=i 3,35 27. 4. 5o -H q. 4I-H 9. 0 -H 8,3 II. ri Orsa maggiore A'=i io', 50", 91 1827. Uic. 27 4.'5i|'.22",r7 — o",58 35." o',38",5i io.'i8'',4o 11,56 28. 5,43 -H 3.4 -H 2 .,") -H b", 1 ìli. 29. i5,54 — o,»9 45, 35 28. 2, 27 -H 3,3 -H 2, C' -H 8,2 s. 1828.Cenn.20. 9, Si -H 3, 29 47. a<^ 9,7' 7,3o i,.35 28. 5,6c -H 2,5 -H ',3 -H 18,8 ìli. 22. 6,93 -H 3,41 49,61 28. 5, .8 4- 4. 2 4- 4,c 4- 11,4 b. 25 0,85 -H 3,5.) 55,56 ^.8. 5,52 4-4,8 -H 3,3 -H 20, 5 b. 26 59. 4,53 -H 3,65 51,82 5, on 28. 4., 85 -H 4, 5 -H 3,5 -H 14,7 b. 1829. Gcnn. 3 58. 49, 93 -HI 6, 82 53,25 3,66 27. «1, 93 ■+- ',7 -H 2, 1 -H 7,9 b. 4 58, 81 -HlO, 93 44,26 12,65 27. 8,93 -H 1, 0 -H 1, 2 -H 0, 1 s. 9 55,5- -<-"7, 49 46, 94 9, 97 27. 9, 10 -H ,,b -Hi,') -H e, 7 m. :6 54, co -HlS, 27 47, 73 9, i3 27. 8,43 -H 1, 0 -H 1,4 -H 2,0 s. 23 58.52.86 -HIO. bl 0.4-.53 0, 33 37. ||. 27'-H 1 . '|!-H 2, 51 — 0,4 ìli. Mesi e giorni A ne' I gS. Lucerla A'= a3,°58'. 4i",4c). Tamia V. Mesi Altezza ne' passaggi iufer. Variaz. in deci. Distanza alio Zen. al principio del 1828. Rirrazioiie osservata Baroni. Terinonietro Tav. di Cari. e giorni unito esterno 1827. Nov. 19. 21. b." 9. '5 5", 88 St,38 — Z\ii — 3, 36 83.° Jc'. 7',3.5 11,98 o'.34',i4 29, 5 1 28.'' 3',02 28. o,5a + 4%9 -H 3,7 -*- 3°,8 — 0, I H- o",3 -1-11.7 $ Dragone A'=82.°.55'. 1 14. 1828. Marzo 4- 7. ii'.34 >?<:■' -+-i5 ,65 82. 40 • q' ,65 7- i 49 27. 9 27 ~*~ 7' j -H 5, C -1- '4 .8 b. ò. =9' (j8 -i-iS, 62 '4, 70 6.S8, 44 27. () 93 -H 8 0 -*- 7' 6 -\- 1 1, 0 m «. 47. 5o -1-1.5, So 47 57= co 7.16, '4 28. 2 18 + 4 8 ■+- I» 9 ■+■ i5, S b. 1 1. 36, 33 -^-I3, 38 48. 8, 29 7- 4 85 28. 2, 43 -I-IO I -t-ii. I -1- 6, 6 s. 12. 37' 80 -Hl5, 35 6, 86 7' <^ 29 28. 2 77 ■+■ q. 0 -HIO, 0 -*- 7' q s. i3. 33, .bb -Hl3, 32 1 1, 12 7. 2, 02 28. 3 43 -t-10 5 -HIO 6 -4- 12 0 s. 3 Orsa ni jgiore A'=82.°54'. 6", 94- 1028. Sett. 24. 7. i2.49",79 -H 3', 77 82. 47'. 6",44 7.' o',5o 28. 3,35 H-IÓ, 7 -mS,7 -+- a ,0 b. 25. 46,95 -+• 4, 00 9, i5 6.57,79 28. 3,35 -I-16, C -1-16, 1 -H 3,5 b. 26. 43,57 -1- 4,23 12, 2C 54.74 28. 3, IO -(-17, c h-i7jC -t- 4.S b. 3o. 4a, 1 1 -1- 5, i5 12, 74 54, 20 28. 1,35 -(-i6, 6 -Hi6,3 -H 4, a b. Ottol). I. 33,61 -H 5,38 16, 01 So, 93 28. 0,98 -t-i6, 9 H-i6,8 ■+■ 6, 0 b. 7- 45, 72 -t- 6, 76 7.52 5q, 42 28. e, 93 -i-i4' 9 -4- 1 5 , 0 -1- 1, I b. 3 Boote A = 82°. 42'. 26", IO. 1827. Die. 29. 7. 24' .46" ,81 — o",35 8a .35'.! 3' ,04 7'. 12", 56 28. 2, 27 -t- 3,3 -1- 2, 0 -^ 7"»' j. 1828. Genn. ao. 41,37 -t- 4> °3 1 2, 60 i3 So 28. S,6o -f- a, 5 -1- 1,3 -t- la, 3 s. 25. 46. 14 -1- 4. 9' 8,95 17, 1 5 28. 5, S2I-1- 4,8|-f- 3, 3 -t- 3.8 b. ? Cassiopea A^C-." 23'. So", 54. 1827. Die. 28.17. 4J'.i3",i8|— o",io I82. i6.'43".oo| 7'. 2".54 I28. 4, 93 |-t- a. 5 |-»- o, 3 |-i- 8".3 \b. y Orsa maggiore A'= 80.° 42'. 24.", 21. 1827. iMov. 10. 20. 9. 23'.3o",02 — 6",S3 80. 36',36' ,3 1 5'.47",7o 28. 3.35 -1- 6, 1 't- 4, e -4- a",b ^ 24,91 — 6, o5 4>,'4 43,07 2i.. 1,85 -4-5,8 + 3,7 -4- 6, a a5. 26,49 - 4-84 33,35 45, 86 28. 2, 02 -4- a, 6 — 0,2 ^- lo, 7 27. 29, o5 - 4=36 35, 3i 48,90 28, 1,85 -+- 1,6 — 1,0 -4-8,8 Dicemli.5. 3i,32 — 3,3o 31,98 Sa, 23 28. 2, 60 -H 2, I -4-1,6 -t- ',7 8. 3o,44 — a, 76 32,32 5i,8g 28. 3,43 -1- 3,6 -4- 3, e -4-0,3 18. 24, So — 0, 96 36,46 47,75 28. 3,10 -+- 4,5 -4- 4, " -4- a, 3 19. 19, 60 — 0,78 4', 18 42, o3 28. 3, 10 -4- 3,7 -4- 3,0 -•- 9,9 20. 2- , 22 — 0, 60 3g,38 44,83 28. 2, IO -4-3,2 -4- 2, 6 -^ 6,7 21. 27,38 — 0, 42 33, 04 Si, 17 28. 1,68 ^- 3,1 -4-2,5 0, 0 24. 11,88 0-00 48, 12 36, og 28. 2, 43i"*" 5, 8 -4-5,5 -4- 10,7 20. 16, g5 ■+■ 0, 01 43,04 4'> 17 28 2, 60 -f- 4, 2 -1-3,6 -H g, 0 27. a5. Il -H 0, c4 34,85 4q, 36 28. 5, 43 -t- 3, 5 -1- 2, 6 -4- 5,6 29. 20, 24 -H 0, 07 39, 6g 44,52 28. 2, 10-4- 3,4 -^ 2,7 -4- 6,8 3o. 20,47 -1- 0, 08 39, 45 44-76 28. 3,27+ 2,7 -4- 2, 1 -H 8, 8 1828. Oonn. 5. i3.88 -t- 0, 18 45.9+ 38. 27 27. IO. Sa -*- 3, 2 ■+- 2,8 -H 9. 1 a Cassiopea A'= 79.''45'. 2i",4i . i8i8..Vpr Mas 21). 10. i .).22 ,61. ^7- 24, 92 28. 3o, 73 29 26, 58 12. 18 40 2 j . II, 'M -i6".3o -16, 53 -16, 77 -17, 00 ^20, e 6 -22. 45 79' 4o'.2i",o4 18,55 12, So 16, 42 21,54 20, 64 o",37 2,86 4-5g,87 5. 77 2, 60 3,60 5, 02 4,g3 I, 02 I, 02 -14,4 -14,5 -i4. <^' -i3, S -16, 7 - 1 j , 2 -14,8 -4,3 -i3, 7 -17,2 Mesi Al (3 Orsa maggiore A'=78.''3i'.23",R7. Tavola l'I. Mesi Alti'zza ne' passaggi Vanaz. in deci IJislanza allo Zen. al piincipio Kilraziùiie osservata Baroin . Termometro Tav. di Cari. ^ e giorni del 1828 unito esterno 1828.Ottob.1c. 12°. o'.59"92 -H i",87 77.°óS.5«",2i 4'.25",66 28. 4, 18 28. 4. 18 28. 4,93 28. o,6r -1-14, 0 -H14, 2 — 2",3 li. I. 0,48 -t- 2, 17 57,35 26,53 -1-14, 1 -t-i4, 3 — 3,2 i5. 3, 6a -1- ^>47 53, gì 29, 96 -l-i3,5 +13,7 -5,4 2,57 -+- 3,57 54, c6 2Q, 81 -+-11,9 H-II,9 - 6,4 2C. 3, 43 H- 4, 8b 51,7. 32, 16 28. 5, 52 -H 1 ! , 0 -t- 1 1 , 1 -3,9 •2Ìi - 4,f|5 -t- 7. 2.) 47.80 36. 07 18. 5,43 -)-lo, 4'-+-Io. 6 — 7, a ^ C Cefeo = 77. jy. 27 ,27. 1827. Nov. 19 12. 5'. i 3'',73l — 3'',,55 lo, 34 — 3, 04 IO, 331 — 3, 95 -7. 54.5 I ",82 53, 3o 53, (_,2 4'.3.y'.45 33,97 33, b5 28. 3. t2 -4- 4> '> -1- 3,8 28, 0, 52 + 3,7 — 0, 1 28, c, (10 -(- 0, 0 -2,4 - >"A ■+- 3,3 + 6.9 S Orsa maggiore A'= 77."22'. 9", 56. 1827. Ott. 26. Nov. 18 1-2 .9 .67 — i5 ,73 77- 18 . h' .0() 2 1 o3 — 8, 59 17 47 56 ■ (> 09 — 7- ')'* 17 5i 89 . 3",5o 22, ro '7-67 28 . 3,11 28. 3, 35 28. 1, 68 1,2 -1- 8' .6 6, 1 -H 4, 0 — 0,9 5, 1 -1- 2, 6 ■+■ 3.8 ff Cassiopea A = 77°.8'. 45",i4- 1827. Dir. |28. 12.55',38",92|— o",22 I77. 4.'2i".3o | 4 '23".o4 I28. 4, 93 |-i- 2, 5 |-t- o,3|— i"4 | j Dragone A'=: 76°. ig'. 38", i3. 1827. Fcbb. i3. 44'.'' '53 -t- 9", 20 76. i5, 3o -+■ 11, 57 -.■2 ,27 35, 1 3 3'.55",86 27. IO, 77 4. 3, 00 27. 10, IO 3, 5 -+- 2, o 1,5 — 2,9 5",i (V Cassiopea A' = 76.° o'. 4'")<'9- iSiS.Magg. 25. a8. 3i. Giugno ■4- 2'.44' 3?' ,76 - 68- 40. 45, 80 08 42, 39 36 08 44 21 -1-17' ,78 -f-i8 40 -H19 02, -HIO 43 -HI 9, 64 -(-20 o5 -(-20 26 70. 56'. 57", 46 57. 3, 92 67. o, 18 56.55,/'9 56. 58, 3o 57. o, 5i 57. 3, 53 3'.43' ,63 'i7 ' 7 40, 91 4i. 60 42, 7q 40 58 37. 56 28. 1, 10 -i-'6, 7 ■+■ I Ij, 6 28. e, 52 -HI 7, I -+-17, I 28. 1,10 -H18, 6 -HiS, 6 28. 2,27 -1-18, I -t-17, 6 28. 1, IO 4-19, 3 -t-ig, 3 27. II, 18 -i-ig, 6 -t-ig, 6 27. 11,35 -H ( 9 , 4 -Hlf), 2 2 ,6 2, 9 '.9 4.5 4.9 3,7 0.4 / Dr.igone A'=75\47'. 3", 63. 1828. Genn.26 Febb. 5 ii4.i6'.44",4i 1 43, 58 4i,83 6 .92 7, 62 8, if) 75. 43'. 8",07 7,92 3'.54",96 54, 83' 55; 71 4,68 3,77 10, in 4,3 3,6 1,5 2,3 1,8 2,9 1^ Cefeo A'= 74.° 10'. 29", 61. 1827. Nov. 19. 21. 1 5. 53'. 12 ,24 1 2, 21"! - -'4' 74. 0'.55',35 55, i.| 3'. 14" .20 2Ì3. d, IO 3. 34, 42 '28. 0,60 -+- 5, 2 1-1- 2, 9 + 4. 1 1 0, 0 3,7 0 Orsa maggiore A'= 74.°4 ■ 26", 40. 1828. Utt. 16. 2r . i5. 58'.42"2o -i-:2",2i 43,51 ^-12. 72 74- !■• 5',59 3.77 3'.2o",8i 3 22,63 28. 2, 52 -1-12. 5 28. 5,52 -1-11.4 -1-12, 6 4-11,3 2",5 1,3 a Celeo A'= 73. "29'. 18", 35. 1627. Nov. 2 1 . 28 1 6.34.' 1 3 ".91 11,86 12, 74 - 5',84 - 5,77 - 5, 54 73. 25 .5 1 ",93 53, 91 52, 8c -t-3'.26"4i 24,44 25,55 28. 3, 10 28. 0, 60 28. 0,68 -+■ 5,2 -h4, ■ -t- 0,8 ■+- 2, 9 0, 0 — 2, 0 - 6',o 2,6 1,8 7 Dragone A'r= fi." a6'. SS' Tavola VII. 99. Mesi Altezza ne' passaggi infer. Variaz. in deci. Distanza allo Zen. al principio del i8i8 Rifrazione osservata Barom. Termometro Tav. di Cari. "* unito esterno 1828. Febb. 5. 8. IO, aq -t- 9"4S -4-1 e, 26 73.''a3'. 36",64 89,45 3'.i9",35»8J' 3',77 3.16, 54 ay. IO, 77 •♦-3,6 -H 3,5 -t- 1,8 -f- a, 0 -+- a ,0 -H 1,1 a Orsa maggiore A'= 73.° 41^.53, 27. 1837. Nov. 5. I7<'.aa'.a5",46 - 7"'58 72. 37'. 4^"^'^ 3'.ii",iJ a8. 4,85 -t- 6,6 ■4-4.3 — '',' ~ II. ai, 46 — 6,33 44,87 8,4c aS. 0, 60 -<-6,6 -t-4,6 — 0, 5 18. a6, 96 -4,87 37,9, i5, 36 »8. 3,35 ■+■ 6,3 -t- 4.4 — 5,8 ao. ai, 26 — 4, 45 43, .9 lo, 08 a8. 1,85 -1-5,8 -1-3,7 — 0,7 a5. 17,37]- 3,4. 46,08 7>i9 i8. a, oa -t- a, 6 — 0, 2 -H 5,9 27. 22, 48 2, 99 4c,5i 12, 76 j8. i,85|-*- 1,6 — 1,0 -1- 1,0 £ Cassiopea A'= 72.°3i'. 47", 82. i8a8.Giug. 14. iS. 'Jt 17.30.41' 5=^0 4^,44 4', 9^ -t-25",52 -4-a5, 59 H-25, 72 28'.53",28 Si, 97 Sa, 3(. 2'.54",54 55,85 55.46 28. 2,77 28. 2, 18 28. o, 27 -+-20, e -t-20, 8 -)-20, l -+-20, O -t-31, I -t-20, l 0,4 a, 6 a, 4 /j Orsa maggiore A' =71.° 33'. 6", 37. 1828. Ott. 18 2() .37",20 ■+- 8' ,80 71. 3o' •'4 ,00 2'. Sa' >^7 28. 3, 77 -t-'4,4 -^i4, 5 — 37,48 -H <) 01 i3. 5i Sa 76 28. 4, IO -+-14, a -t-i4. 1 — 3g. 73 -1- 0 22 1 1, o5 55, 22 28. 4, (.8 -+-i3, 7 -4-l3, 6 — a, 8 a. 9 4,6 a Dragone ; 70.° 9'. 26", 33. 1827. Die. 29. i9.53'ai",35 — o",38 70. b'.3q",o3 2'.47",29 28. a, 37 -♦. 3. 3 -H a, 0 - 1.6 1828. Genn. 5. 19, So ■+■ 0, 69 39,81 46, Si 37. IO, 43 -+- 3,c-i- 1,7 - >'4 18. ai, 67 H- 3, 68 35, 65 So, 67 28. 8,77 ■+■ 1,6 — 0, 5 -1-0,3 ao. i5, iS ■+■ 2, ()0 41,86 44,46 28. 5,60 -H a, 5-t- 1,3 -1-3,5 / Cefeo A' = 70.° a'. 56", 71. 827. Nov. 28.|i9.59'.S2".65|— i",3q I70.0'. 8",74l 2'.47",q7 I28. o', 6o|-t- o, 61— 2. 4|— 0.4 {^Dragone A'=67.° S9'.34", 99- 1828. Marzo 3. 9- i22. a',38",aò -vi9",o8 67. 57'. 2", 66 a'. 22", 33 I 41, '7 -»-2o, i5 56. 58, 68 26,81 27. 9, IO a8. 3, IO 6,6 6,3 4.5 6,0 1,9 e, 6 (? Cefeo A'= 65.° 32'. 28 ", 82. 1827. Nov. i9.l24.a9'.57",o8 21.1 56,78 28.1 56, 24 4", 8al05. 3o'. 7", 74 4,81 8, o3 4,78 I 8,54 2'.i5',58 128. 3. IO • i5, 29 a8. o, 60 • 14. 78I28. 0,68- 5,3 4,' 0.8 a, 9 o, e 3, o 3,7 2,5 0,7 A Dragone A' = 65." 4'. 47", 54 1827. Nov. «5. 24.57.3ff',52 - 8",75 05. 2'.32",23 a'.i.5",3i 28. 4. 851-t- 6,0 -1-4,3 - 6,4 1 1. 26,46 — 7, 35 40, 8q 6,65 28. e, 60 -+-6,6 -4-4,6 -H e ,4 _ 5, 6 18. 81,96 ~f'^; 33,75 i3, 79 28. 8, 85 -1- 6,3 ■+-4.4 20. a7,69 -5,44 37, 75 9, 7n 28. 1,85 -+-5,8 -1-3,7 - 1,7 25. aS, S7 — 4,37 38,70 8,84 H- 3, 6 — e, a -*- 1,8 Die. 5. 18, 37,76 — 2,86 35, IO 13,44 28. a, 60 -+- a, I -+- 1,6 — 2,7 a3, 85 — 0, 6r 36, 76 io, 78 a8. 3, IO -1-4,5 ■*- 4-c -3.4 II,. 28, 56 — e, 47 36, 91 10,63 a8. 3, IO -H 3,7 -(- 3, 0 — 1,6 .o.. I . Tavola l'Ili. X Dragone A'=64.»37'. i6",83. Mesi Altezza ne' passaggi infer. Variaz. in deci. JJistanza allo Zen. al principio del 1028 Rifrazione osservata Baroni. Termometro Tav. di Cari. - unito esterno 1827. Nov. 18. 20. aS. 37. a5."a5'. 4'j°5 1,71 34. 57, 37 57, oS — 'l",i3 — 8, Sa — 7, 00 — 6, 39 64.° 35'. 5",o8 6,8. 9,63 0.34 a'. Il ',75 IO, 03 7, 30 7-49 38. 3,35 38. 1,68 28. 2, 45 28. 1,60 ■+■ 6, I -f- 5, I -4-2,3 -1-1,2 -<- 4.0 -H 2, 6 -0,8 — I, f) — 5",9 - 3,9 -4-1,3 -H .,4 y Cefeo A'= 58." 40'. 23", 11. i8a7.Dic. 38.|3..2r.23",q5|-4- o',.6 158. 38.35, 89I 1.47. 22I28. 4, 93 |-f 3, 5 |-k o. 3|- 6,6 STELLE AUSTRALL X Fenice A"= 89.° i7'.4",48 P. Mesi Distanza allo Zen. osserv. Variaz. in deci. Distanza allo Zen. al principio del 1828 RilVazione osservata Barom. Termometro Tav. di Cari. ^^ e giorni unito esterno i8a8.0tt. IO. iS. 1829. Ott. 3o. Nov. a. Io. 22. 88.53'.! 3",4i 36,62 52. 3i, i3 15,37 12,43 5 . . 9, 24 -4-3o",77 -H39, 60 -4-43, 69 -4-42, 77 -H40, 33 -1-36, 67 88. 5 3'. 44", 18 54. 6, 23 53. .4,83 Sa. 58, 14 52, 76 51.45,91 23'.2o",3o 22. 58,26 23. 46, 80 24. 3,48 24. 8. 86 25, 18, 57 28. 4> 27 0,77 a, 20 1,85 3, IO 3, aS -(-i3.8 -4-11,5 -t- 7'4 -1-6,6 -1-7,8 -4- 0, ti -4-i4- 0 -4-12, e -H 7.7 -4-6,5 -H 8,0 -4- I. e — 57",9 — a7,o — 28,8 — 35,8 — 53,0 — 57,9 b. s. m. s, s. b. (Va Gru A"= 89.° i5'. 3o", 78. P. 1839. Luglio 5.|«8.53'.58",io|-t-4q, 57 l>"'8- 54.47.07121.43,11 I28. 2. 70 |-i-ar . OI-1-20. b|— 28.9 |s. /t Centauro A"= 89° i5'. 12", 34- P. 1829. Giug. i4- 19. 20. 88.03.31,37 53, i3 37. .36 — 37, 00 —.38, 13 —38, 22 88. Sa. 53, 77 53. i5, 01 52.. 59, t4 22. 18,57 21.57,33 22. i3, 20 28. 3, 5o i,o5 0. 35 -4-16,6 -+-•7.4 -1-17, 9 -4-16,7 -1-17, 5 -4-18,2 — 29, I s. , — 24, 7 s. — 5o, 8 0. TI. Lupo A"=89.° 14. 22",28. P- 1829.GUIK. 14. |»;(.53. 7, 91 1—44- 53 |H8. 52.23, 38121.58, 00 I28. ò. a.J I-H17, 2 |-i-i 0, 8|_ 9,0 |o. di Gru A"=89.°i'. Il", 18. P- J828. Nov. 0. 1839. Agos. 33. Ottob. 3o. Nov. 3. •4' 21. 32. 88.38.33, 38 39, 12, 5i 4,7- 14,81 38. 13, OQ 37. 7,98 i5,Q9 -4-17,34 -4-45, 99 -1-.34, 21 -1-33, 92 -1-32, 76 -1-32, 07 -h3i, 97 88. 38.40,73 39. 58, So 38,92 ,0 ^^' 7^ 38.44,85 37.40, c5 47' q6 22. 3o,4tp 21. 12, 68 21. 33, 26 21. 23, 4'5 33.36,33 33. 3i, i3 33. 33, 22 28. 4' 93 2, 75 3, i5 I, 70 2,65 4,35 2,70 -4-4.4 -1-17,3 ■4- 7' 3 -4-7.0 -t- 5,7 -H 1,0 -4-1.2 -1-4,0 -i-i6, 6 -<- 7. 7 -<- 7'4 -4- 6, a -1- 0, 4 -4- .,4 -2,5 - 38,7 •+- 20, 7 -4- 32, 1 - 16,5 — 2(), 7 — 07, 8 s. 0. s. s. s. !,, Tavola IX. )' Fenice A"= 88. •5r. 0", 92 P. Mesi i Distanza allo Zent. osserv. Variaz. in deci. Distanza allo Zen. al principio Rifrazione osservata Barom. Termoniet io Tav. di Cari. del 1828 unito esterno 1828. Ott. IO. 88.29.4.5,96 -1-33,42 88. 3o. iq, 38 20.41, 54 28. 4, 27 -i-i3, 1 — 22, 2 1 1. 3o. 6,01 -t-33, 17 39, 18 20.21, 74 4, IO -<-i3,6 -i-i3,6 -4,8 T. 20. 29. Si, 52 -i-3o, gì 22,43 20.37, 49 5,52 -HIO, 2 -I-IO, 2 H- l3, I /-. Die. 3. 28.40, 23 4-20, 53 29, 0, 76 22. 0, 16 6, 18 -i- I, 7 -1- 2, 0 — 4,7 b. 28.54,43 -1-19,83 29. 14, 26 21.46, 66 4,2- -H 3, 3 -f- 3, 5 - il - 1,4 /. 1 Gag. Ott. 11. 29.27,07 -<-49, 89 3o. 16, 96 20.43, 96 4, -s -HIO, 2 -1-10, 5 .?. 12. 27,92 -1-49, ^4 17,56 43,36 3,55 -t-10, 7 H-io, q — 6,8 0, li. 32,44 H-4o, 39 21,83 3g, 09 3,25 -I-IO, 9 -+-7,6 -t- 7, 7 -HI I , 0 — 3,6 /; io. IO, 38 -1-45, 20 29.55,58 21. 5,34 2, IC -1- 8. 0 — IO, 4 — 18,8 Nov. IO. 2, 52 -1-42, 46 44.98 i5,94 3, 10 h 0,1. 28. 7, 5i -«-3q, 73 28.47,24 22. 1 3, 68 4,60 -1- I,2'-l- 1,4 - iS,8 0. 5 Lupo A' — 88.° 4i'' 25", 70. 1029. Giug. 24.188.23.57,221 — 3b, 3o 188. 23. 20, 92] 18. 4, 78 [28. 4, 35|-i-ii), 7|^-k|„ 1 j-i- 5o. : e Eridano A"=88.° 23'.5i",92. P. 1829. Gen. 3.|88. 3. 38, 07 |-i-i i, i3 |88. 3. zfq, ao|20. 2, 72 I27. 10, io|-(- 1 a Fenice A"=87.''53'. 23',66. Cacciatore 2, 3|— 53,8 \s. 1827. Die. 8. 87. 36'. 52", 17 -1- 1, So 87. 36.53,67 16, 29, 99 28. 3,43 -1-3,4 -H 2, 7 -H So, 5 s. 18. 4'>75 -1- 0, 5g 42,34 41,39 3, IO -i-4,> -H 3, 3 -H 33, 6 ni. iq. 27, iq -1- o,So 27,29 56,37 3, IO -1-3,6 -H 2, 9 -H 20, 0 l). 20. 3i, 17 -1- 0,41 3i,58 52,08 2, 18 -H 3, 1 -H 1,9 -H 28, 5 s. 24. 37. 3. 88 -(- 0, 26 37- 4, '4 ig, 52 2, 60 -1-5,6 -+-4,7 -H45,4 m. 27. 36. 25, 66 -1- 0, i5 36.25, 81 57, 85 5,43 -H 3,5 -H 2, 6 -H 27,7 m. aq. 54,55 -H 0,08 54,63 29, c3 a, IO -H 3,4 -H 2, 7 -H 47,4 m. 3o 40, 24 -t- 0,04 40,28 43,38 3,27 -1-2,7 -H 2, 1 -H 3g,8 m. 3i. 32,81 0, 00 32,81 5o, 85 1,43 -H 3, 0 -H a, 6 -H 22,9 in. 1828. Gen. 5. 37, 3,39 — 0, 18 37. 3,21 20, 45 27. IO, 52 -f- 3, 2 -H 2,8 -H 45,3 0. Sett. 24. 36.52, 41 -1-34, 16 26, 57 15.57, 09 28. 3, Sa -i-iS,6 -Hi5,5 -H 2, 4 s. 25. 56, 81 -1-33, 94 30,75 53, gì 3,27 -HI 5, 7 -Hi5, 7 -H 5, 1 0. 26. 54,21 -1-33, 72 37,93 55,73 3, 18 -H16, 0 -HiS, 9 -H 0, 5 s. 29. 37. 1,73 -t-33, 07 34,80 48,86 0, 93 -Hi5, 9 -H16, e -H 0, 5 \s. 3o. 36. 57, 76 H-32, 85 3o, 61 53, o5 1,43 -HI 6, 0 -Hl5,4 -H 3, 6 0. Ott. 1. 37. 2,82 -1-32, 64 35,46 48,20 0, g3 -H16, 5 -H16, 5 -1,7 III. Nov. i. 36. 20, q4 -1-2S, 60 36.46,54 16.37, '^ 1,85 -H 6, 2 -H 6,8 -H II. 8 b. 23. 16, 35 -1-2 1. 27 37, 62 46,04 2,35 -H 6, 6 -H 6, g -H 3,0 s. Die. 5. 6, 92 -1-19,68 26, 60 57,06 3, g3 -H 2, 6 -H a, 7 -H a3, 2 0. 6. 7,9' -1-19, 55 26,46 57, 20 4,27 -H 3, 5 -H 3, g -H 16.4 0. i3. e, 39 -4-18,62 ig, 01 17. 4,65 4. 77-1- 2, 5 -H 2,7 -H 18, 1 III. i5. 0, i3 -1-18, 5i 18,64 5,02 3,27 -H 2,4 -H 2, 6 -H i3,9 s. iq. 38,64 -1-18, 29 56, g3 16. 26, 73 1, 02 -H 3,c -H 3, 6 -H 40,7 III. 3o. 32, 75 -H.7,67 So, 42 33, 24 3, 68 -H 5,5 -H 5, 5 -H 3n. 1 .f V Ar" A"=87."4r. 57", 90. 1828. Mar. 3. 87.26. 3l, 4q 16, U2 07. 2b. l5, 47 iS 42.43 27. q. IO -H 6, 6 -H 4,5 -H 26,8 0. 4. 38,77 — 16, II 22, 66 35, 24 9, 35 -H 7'' ■*- 4,' -H 38, I s. 8. 18,35 — 16,49 1,86 56, c4 28. 2,43 -f- 4,7 -H I, 7 -H 45,8 III. 9- l'I, 12 — 16, Sq 2,53 55,37 3, 10 -H 6, 3 -H 6, 0 -H 22, 4 s. 1 1. 45, 76 -16,78 28,98 28, 92 a. Sa -Hlo, 0 -HI 1, 1 -H 17, 2 s. la. 53,85 — 16,87 36,98 20, q2 2,77 -<- 9,7 -<- 9, 9 -H 32, g s. i3. 53,87 — 16, 97 36, 4o ai, 5o 3,43 -HIO, 0 -HIO, 0 -H 33,7 b. 16. Sg, 72 — 17, a6 42, 46 15-44 2, 60 -HI I, 6 -HIO, 5 -H 34,5 s. iSag. Mar. 7- 27, 07 — ao, iq 6,88 Sì, 02 27. 1 1, 3o -H 5, e -H 5,6 -H 17,8 s. 10 So, IO — ao, 41 29, 6q 28,21 7, 55 -H 6, 8 -H7,^ -H 20, I s. 1 1 aS, 21 — ao, 43 4- 73 53,17 lo, 80 -H 6, 0 -H 6, 0 -H la, 3 b. 18 43, 10 — 20. q') 22, 1 1 35. 79 28. 0 , 20 -H 6, 7 -*• "- ' -H 26. 9 0. )/. Scorpione A'=87/>38'. 37",i8. P. Tavola X. Mesi e giorni 1829. Giug. 19. 20. 29. Luglio IO. Distanza allo Zen. osserv. 87''23'.58"i6 ^. 8,68 7'39 3a,43 Variaz. in deci. -i3",49 — 13, 60 — 14) 62 — iS,86 Distanza allo Zen. al principio del 1828. 87.° 23 '44"j67 55, c8 52,77 ^4 'b^57 Rifrazione osservata i4.5a',,5i 42, IO 44,41 20, (Ji Barom, 28. ^7= i,i5 0,40 i, 20 1 1, 3c Termometro unito esterno -i6°,7 -17, 3 -rlj^jS -1-16,4 -1-20. 3 Tav. di Cari. i3',o i5, 9 16, a 19, 5 a Argo nella poppa ^"=87.° 36'. Sg.", 86. P. /l Argo nelle vele A"=87.° 23'. 23", 44- ^ Lupo A"=87.°4'. 3i" 1829. Febb. 16. 87.20. 37, 94 — 2i,8b 87. 20. it),o8 i6.a3,-8 a8. i, 93 -t- 0, 51-1- I ,ol-t- i.AI/, aS. 31. II, 06 -23, 27 48,39 i5.5i,47 27, 8, 90 -1- 3,4 -4-3,6 -^ 3:7 + 4,1 — 7,4 Mar. 8, 22,73 — 25,8g 56,84 43,02 11, 5o -1-5,5 -1-6,3 h II. 7,63 —26, 27 4., 36 58, 5o IO, 90 + 5,4 -K 5,3 18. 38,00 -27, 14 21. 10, 86 29, 00 28. 0, 40 + 6,7 M- 7,3 -1- 14, 9 ai. 46, 3i — 27, 52 18,79 ai, 07 1,60 -^ 9>7 -i-ic, 8 -1-0.3 S. 829. Aprile 8.I87. 9.37,401—40,59 187. 8.56,89114.26,55127. ii,45|-no, 6|-t-ii,o| -t- ,3,8 \m. iSag Giug. 14. 86.52. 4,16 -38, i3 86. 51,25,98 i3. 5,92 28. 3, So -H17, 2 -4-17,5 -(- Ui, 3 s. i5. 10,24 —38, 29 31,95 12.59,93 3, IO -l-i8, I -HI 8, 2 ■+- 22, I n. 19. 5,58 -38, 73 26,85 i3. 5,o3 I, co ^-'7'y -t-17, 9 ■+- i3,4 n. ^^■M ao. 7,00 -38, 84 28,16 i3. 3,72 0, 35 -1-17, 9 -1-18,2 -+- 11,7 0. (i Centauro A"= 86°. 1 5'. 22 ", 7 1 . i828.Apr. 26. 86.4.19,57 -24, 56 86. 3.55,01 11.37,70 28. 2,68 -4-i3, 9 -4-14, 0 -1- 14, 2 - 27. 14,57 -24, 73 49,84 3a,87 3,77 -f-i4, I -4-14,4 -4- 9,8 .. a8. 6,46 — 24, go 41,. 56 41, iS 5,27 -|-|3, 6 -(-i3, ci -4-6,5 s. 29. 9, 19 — 25,c8 44," 38, Oo 4,93 -i-i3, 1 -Hi3,5 ■+- f|, 9 in. Marzo la. 39, 00 -27, 3i 4.11,59 1 1, 02 I, 10 -H16, 6 -t-16, 9 -4- lO, 7 b. 1829. Aprile24. 30,7$ -39, 83 3. 5o, go 3i,8i 0, gS -l-i3, 5 -4-i4> 0 -4-6,6 b. 25. 4a, IO — 40, 01 4. 1,09 ai,6a 0, .55 -+-'4,9 -4-iS, 3 -4- II, 1 0. Maggio 12. 34, ai — 43, 02 3. Si, 19 3i,S3 37. II, 20 -f-i3, 7 -Hi3,9 -F 3,5 s. 23. 28,46 -44,34 54, la 28, 59 a8. 2, 60 + 14,7 -+-■4,9 -+- 9,8 s. ag. 4', 94 —45, 06 56,88 aS,83 27. II, 95 -4-l4, 8 -4-l5, 1 -4-6,4 b. Giugno a. 53,91 -45. 54 4- 7,37 >S,34 28. i.So -+-17,4 -1-17,9 ■+■ 9, 5 b. S. S.12,45 — 45, 90 a6, 55 10. 56, 16 27. 8, IO -4-19,4 -+-19,7 -4-11,2 III. IO. 4.33,22 —46, S I 3.46,71 1 1. 36,00 28. i,.5o -i-i5, 5 -l-i5,9 - 3,7 b. i3. 34,72 -46, 87 47, 85 34,86 28. 3.00 -1- 1 .5 . 4 -t- 1 5 , 3 -4- 2. 8 b. X Centauro A" = 86 .° 3'. 6", 74- i82H.FeM). 6. 85. 5i. i3,45 — 2, 25 85. 5 1. 1 1, 20 11.55,54 10.55,56 28. 3,85 -4-2,0 — ti, 7 -4- 18, 7 m- 1829, Giug. 21. S2.49, 78 -38, 60 52.11, 18 I, 2.5 -4-18,8 -Ki8,7 -H 1.4 0. 22. 52,34 —38, 68 i3, 66 53,08 I, 70 -4-18,2 -4-17,8 + 7,8 0. 24. 5i,gg -38, 84 i3, iS 53, 59 45, 40 a. So -t-19,7 -4-20, 0 -4- 1,3 0. Luglio I. 53. 0, 72 —39,38 21,34 1, 00 -4-18,9 -4-19, 7 -t- 7.7 0. 2. 5,63 — 3n,40 2«,, ,7 4'-, 5: 0, qo -4-20, 0 -(-20. 6 -4- 0, 1 s. ■ti Centauro A"= 86". a', ii'^ yS. P. 1828 Febb. 6. 85 .5o 44 6- -4 52 85. 5o 4', i5 II "3? 03 ^8 3 85 -4- 3, C — < ■^ -H •.- 5 s. 1829 Giug. '4- Ò2 7, 8- -4', 36 5i 26 0 1 lo 48 27 3 So -4-1- 2 -H17, 5 -4- iS, 0 b. iq. .>2 20. 88 -4'. 2 3 5i. 3q 63 IO 35, |3 1, 00 -Hlli. 1 -4-I.S. 5 -1- 21, 1 0. Mesi e giorni Di ali Oi 85.4 1839. Aprile 8. IO. I r. 18. a5. q Argo nelle vele A"=85.''5S' 5" Tamia XI. Mesi e giorni iSag. Aprile 8 IO 1 1. i8. ^. a5. Mairgio I , Distanza allo Zen. osserv. 85.«45.' 8" ,42 I, 24 q, IO 6,36 6,64 14,78 5, c8 Variaz. in deci. -44'44 -44.73 -44,88 —4.5, 90 —46, 46 —46, 55 -4:. 12 JJistanza allo Zen. al principio del 1828 85.'>44,'a3",r)8 16, .5 24. aa ao, 46 so, 33, a3 I7.c,f. Ritrazione osservata lo.'4i",l'' 4R, 64 40.93 44.69 44.97 3l, ()2 47. '9 Teimometro unito esterno -io°,3 -IO, 1 - 1 1 , e -12, 9 -14. ^ -1.5,7 -1 2. a - 1 0^,6 -10, 5 -11,6 -i3,6 -14,6 -16,6 -la. 5 Tav. di Cari. a6",i 14,8 21,4 i3, I IO, 3 i5, g i3,4 Erid; ano prec. A"= 85.° 3(| j Lupo i8a8. Gelili, ao. 8S.a7.58, bi — a, 09 85. a7. 55, 92 II. 5,06 28. 5,60 -H 2,5 -1-1,3 -t- i5, 6 *. aa. a8. 8, o3 — 2, 79 a8. 5, a4 IO. 55, 74 5. 18 H- 4' ^ -1- 4' ° -4- 14,0 0. a6. i5, 01 — a, 98 la, o3 48, 95 4,68 3,68 -t- 4. 3 -1- a, 3 -(- a6, 1 s. Febb. 5. 6,oq — 3,46 a, 63 58,35 -1-3,7 -4- a, 5 -t- 14, a m. 1829. Genn. 3. 0,78 -)-i I, 61 1 2, 39 48,59 27. IO, IO -t- '»7 -<- a, 3 -t- i3, S b. Il- a7. 4q, 48 -f-io, 81 0,29 59, 69 9, IO -^- 1,4 -^- •>? -H a,7 s. io. 46, 87 -1- 9,8H 27. 56, 75 II. 4, a3 8,60 -(- e, 6 -t- 1,0 — 0, a )■ A"=85.° i3'. a5 i8ay.Lugl. 1 . tìó. 4-4-' "^0 — 3a, 66 85. 4. 9,43 9. i5, 66 28. 1 , co -4-i8, 9 -^'9.7 -1- i3, 7 0. 5. 54,73 — 3i, 71 a3 ca 2, 07 a7. II, 60 -l-ai, 5 -l-ai, 9 -4- 18,5 s. tt. 48, 5i — 3i. co 17, 5i 7,58 ay. Il, 70 -l-ai,8 -*-ai, 7 -1- i3,8 0. l'ò. 46,40 — ao, 81 16,59 8, .50 28. i,5c -1-2 1 , 3 -f-aa, 0 -4- i5, 1 0. 8 Lupo A"= 84." 39'. 37", 22. 1829. Luglio I. 84.3 . 38, 72 — 36, a4 114. 3 I . a, 48 •■-■■■ ■••4- :^ 28. 1, co -1-18,9 -t-19,7 -+-6,6 0. 5. 49, B» —36, 06 i3,82 a3, 40 27. II, 60 -H2I, 5 -t-ai,9 ■+■ 10,9 s. 7. 45,86 -35,97 9,89 a7, 33 28. 1,25 -1-21.3 -t-ai, 5 -(- IO, 7 s. 8. 44-91 —35, 9 3 9.98 28,24 27. 11.7.1 -1-2 1,8 -4-21,7-1- 6.7 0- ? Argo nella poppa A"=84°. io'. ac",65. P. 1829. Aprile ».|'"4- ^ . 3t|, 93 |— 82. .58 184. a. 7, 65 \ 8. i3. 3o [27. 11. ic|. -1 1, 6 1-4- IO, 6 1*. «Scorpione A"= 83.° 34'. 3i", 57. j8att.Magg.i5. 83.26.58, 70 ^^ a, ob 8j. 20.5(3,64 7. 34, 93 27. i,i8 -1-16, 5 -4-16, 0 -4- 1, 1 m. Giugno 5. 27. 4,89 — 3, 02 27. 1,87 ao, 70 a7. 11,35 -+-19, 0 -4-19,0 — 2,8 s. 19. IO, 62 — 4. 3o 6,32 a5, a5 a8. 3,27 -1-20, 3 -4-20, 3 -1- 3.9 b. Luglio ló. '4.44 6>79 7. 65 a3, 92 27. 1 I, IO -4-19, 5 -4-19, 2 -4- a, 1 s. So. 8,86 7. 9' 0, 95 3o, 6a 27. 1 1, 35 -i-ig, 0 -4-18,8 — 3,3 s. 3i. IO, 78 7' 99 3,79 a8, 78 28. 1,85 -t-19, 3 -4-19,3 — 0,6 s. 1829. Marzo la. 26. 26. i3 -i- 0, 57 26. 26, 70 8. 4,87 27. 11,55 -4- 4, 2 + 4.4 — 3,9 s. n. 38, 01 -4- 0, 3i 33,32 7.53,25 28. 1,25 -1-5,2 -4- 5,4-4- 7,7 b. Aprile II. 46,83 — 0, 60 4(), 23 45, 34 27. 8,80 -4-8,6 -4-8,9 -4- >, < s. aS. 54,24 — 1, 3g 5a,85 33,72 28. 0, 90 -4-12, 7 -l-i3, 0 -4- 3,8 0. Mags- i3. 59,54 — 2,68 56,86 34,7' 27. 11, 75 -1-14,5 -4-l4,f> -1- 3,5 0. Gius IO- 55,72 — 5,14 5o, 58 40.99 23. 2, .5 -1-14,8 -i-i5,3 — a, I 0. .5. 27, 8,93 — 5,63 a7. 3, 3o 28,27 28. 3, 00 -4-17.4 -t-17, 3 -4- 7,2 0. 22. 6, 72 — 6,32 0,40 3i,i7 28. 1,75 -Hi7,4 -1-17,5 -1- 2, a b. Lugl. 12. i5,4i - 8, 17 7.a4 a4, 33 27. 11.35 -1-19- 6 -4- 19, 6 -1- 1, a b. '/ Gru A"=82».49' i", 67. 1828. Sett. 2.H. 82.4 Ott. 48 2(J 48, 94 48. 58 53, 06 5i, 23 56, ao 54. f 1 -4-ao, 79 82. 4^- -1-20, 67 -4-20, 54 -4-20, 42 -19, 93 -19, 81 -IO, C7 9, o5 g, 61 g, I 2 i3,48 1 1, 16 16, 01 i3, 18 6. 5a, 62 Sa, c6 Sa, 55 48,19 5o,5i 45, 66 48- 49 28. 3, c5 3,35 3,35 3, o5 1,35 0.94 0.94 H.5,7|- hl6, o • hI7, O - u,6,7|. -'6,9|- -l4- 9 - -i5, 0 -i5, 5 -16, I -17, o -16,3 -16,8 -iS, e 7, ' 5,4 7,6 4,6 7.8 8.6 m Mesi e giorni ( Eridano sri. A" ".t " aìì' /■■ r o " — "2. 4°- u ,5a, Tamia XII. Mesi ; niorni i8a8. Gemi. 26. Fcbb. 5. Distanza allo Zen. osserv. 82''4o'.59'V58 41. 3,57 40. 53, 66 40. 5ri, a5 Variaz. in deci. — 4".44 5, 19 — 5,42 — 5, (j5 Distanza allo Zen. al principio del 1828 8»."'4o'.55",i4 58, 38 48,24 53. 60 Rifrazionf osservala 7.' Il ",38 8, 14 18,28 12, 92 Bar 28. 4, (jB ^8. 3,77 27. 10,77 27. IO, IO Termometro esterno ■ 4° -7 ■ 3,6 ■ 3,5 • 1,5 2>7 1,8 2, o — ^>9 Tav. di Cari. i6",o 20, 4 3,0 19, o Il Lnpo A"= 82.° 32'. 22, 29. p. i828.l-Vbl,. 6.|82.25.23..Jo|- 1,1,4 |K2 2.S.2i.ì;i.| 7. cTp^. 3.7-1-1- 1.9I- .,l|+20,6|^. ^i Scorpione A"=82.» 23'. io", 73. p. i8i8.Mar. i3. 82.16. 27, 22 — 1,84 82. 16.25, 38 6.45,35 28. 3, 10 -+-7,6 -1-4, 5 -1-21, 1 1829. Lugl 23. 17.12,86 — 19, 3o 53, 56 i7>i7 2,45 -1-20,7 -1- ,9. 25. 16, i3 -19,40 56,73 14, 00 2, 3o -1-22, C -1-22, 3 -1- IO, I (7. 28. 4, 3ci — iq, 55 44. 84 25,89 I, IO -t-IQ, 6 -1-11, 0 -1- a, 9 0. (li Scorpione A" =8a.*' ai'. 3o"jo6. P. i8ag.Liigl. ag.lBii. i j. 3i, c'ó — 20, 09 3i . Sa, I r — 20, 39 Agosto a.l 27,02 —20, 09 8a. i5. IO, f)9 11,72 6. ly, 07 18,34 23,73 28. e, 35 1, 00 3, 20 19, 81-1-19, 8 -1-19, 9-1-20, o -4-19, ij-i-ig. 2 6,2 6.0 u Scorpione A'= 8i.° 47'. 22", 53. P. 1828. Apr. 29. 81 .41. 17, 97 — I, 71 81. 41. 16, 26 6. 6,27 28. 4,60 -1-12,7 -1-12,7 -1- 12, 3 s. 1829. Lugl. 26. Si, 88 — 1 1, 22 40,66 S.41,87 2, 35 -H2 1,7 -1-21, 9 ■+■ 18,1 29. 47,5, —11,43 36, o3 46, So e, 3c -l-!9,4 -t-19, 5 -f- i5,S 3i. 48, oS — 11,61 36,42 46, Il I, 4<5 -1-19, 7 -1-19,7 ■+■ 16, 7 y Telescopio A"= 8i.°37'. 21", 5o. P. 1829. Lugl. 25. 29. 3i. • i.3i. 40, 5i 38,55 38, 46 7, J3 7,49 7.57 Ui. 3i. 33, 18 3i , 06 3c,8o 5.48,32 28. So, 44 5o, 61 2, 35 0, 3o .,40 -1-21, 7 -1-19,4 -1-I9-. 7 -1-21, 9 -1-19,5 -1-19,7 -1- -1- -1- ;), 0 4,9 5,5 /3 Telescopio A"=8i.°26'. So", 12. 1829. Lugl. 25. 25. 81 .21. 12, 18 — , 12 21 IO, 63 — ,45 3i. 1 1, 20 — 1,61 81. 21.11.86 9, 18 1, 59 5.38, 26 40, l4 40,53 j8. 2, 35 0, 3o .,4c' -1-21, 7 -Hi9,4 -•-19,7 -H2 1 , f) -1-19,5 •+■19,7 8,6 7.8 9, I ^ Lupo A"=8o.*'58'. I i",o2. P. 1829. Lugl II. 3o.53. 19,79 — 26, 89 «0. 5a. 52, <)0 5. .8, 12 27. 11, 10 -1-22,4 -1-22,8 -1- 8,3 S. 21. 4,87 — 26, 9") 3-, 9^ 33, 10 28. 2, 8c -1-20, 0 -1-19,9 -1- 0,7 s. 22. 7,33 —26, 98 40, sr. 30.67 28. 3, 70 -1-2C, I -1-20, 2 -H 3,4 0. a Centauro A" = 8d.^ 9'. 3o", aa i328.Felib. 6. 80. 4- =iS, 3i -1- 1 , 1 8 00. 4. 26, 39 5. 3,83 28. 3,85 -1- 2, e — ■:'' 7 -1- 37, 0 m 1829. Giug. i4- 5.26, 3<) —35,41 5o, 18 4. 39, 28 3,45 -1-17,2 -i-i8,o -1- 32, 2 s. i5. 26, 73 -35,4- 5 1 , 26 38,96 3, 00 -1-18,4 -1-19, 0 -1- 3o, 7 b. 19. 29, 02 —35, 61 53, 23 36, 09 i, 00 -1-18, 1 -1-18,5 -1- 3 1 , 7 b. «Sagittario A' ^ 79.° 5'. 54", 48. 1828. 5eu. 1 1 . 71- 1 . 28, 54 - 2,91 -9. I. 25, 63 4. 28, 85 28. 1,18 -1-19, 6 -1-20, I -1- 9,5 ^ 12. 34, 58 — 2, 92 3i,66 22, 82 0,27 -1-20, 3 -1-20, 6 -H l5,2 aS. a8, 32 — 3,09 25,23 29, 25 3,27 -1-16,7 -1-17, 0 -1- 14,8 .3o, .30.95 - 3, ,6 27,79 26, 69 I, 27 -1-17,2 -1-17,4 -t- l5, 2 a Colom Ila A"=78.«49', ,-", 04. P. Tania XllI Mesi Distanza allo Zen. osserv. Variaz. in deci. Distanza allo Zen. al principio del 1028 Rifrazione osservata Barom . Termometro di Tav. Cari. ^ e giorni unito esterno 1828. Gemi. 18, IO. 20. 21. 22. 23. 78'44.2i",37 26, 29 ag, 12 32, 20 3(), 93 .39, 3 1 — 4,"li2 — 5, 04 — 5, 27 -5,49 — 5, -a — 5, ,,4 78.''44'.i6",,55 21, 25 23,85 26,7. 3i, 21 33, 37 5'. r',39 4.56,69 54,09 5i,a3 46, -3 44. S7 28. 9. 02 8,52 5,35 5. 02 5. 02 3,27 4- r,c 4- 1,9 4- 2, 1 -1- 3, C 4- 3,5 -h4.o — o',3 -+- 0,5 -t- e, 7 4- 2,7 4-2,3 4- 2, 5 4- -t- 4- -1- ■+- 4- 4"=5 6,6 7-' 11,8 12, I £ Scorpione A"= 78.° 35'. 46", 74. P. 1829. Lugl. 19. 21. 22. 78.32.57,08 S2, 02 5o, 76 — 17,51 — 17, fai — 17, M< 78. 32. 39, 5- 34,4; 33,10 4- 7> '7 12, 33 1 3 , 64 27. 1 1, 95 28. 2,80 28. 3,70 4-22, 2 4-20, 0 4-20, I -H32, 4 -1-19,9 -HQO, 2 4- 4- 4- i5, ò 16, 3 16,3 ^ Pesce Australe A"= 77.° S2'.23", 10 P. 1829.011. 10. 12. 28. 77.47,22, 17-1-38, 14 26, 75'-)-37, 88 3o. .34 4-35, 70 77. 4». c,,3i 4, ()3 6, 1 3 4.22, 79 .8,47 1 6, 97 28. 4, 5o 28. 3,45 27. 1 1, 5o -H10,8 4-10, 9 4-10, 4 4-11,4 4-10, 5 4-10, e ■+■ 4- 4- 1,0 5,6 4,6 s . b. 0. j'2 Sagittario A''= 75.° 3'. 3o", 80. P. 1829. Lugl. 29. 3i. Agosto IO. 75. 0.22,70 23, ob 24,88 1 , faO 75. 0, 21, M) — I, 77 21, 29 — 2, 32 22, Sij 3. 9,61 9, Si 8,24 28. 0, 3o 4-10, 4 1,404-19, 7 2. 25 -(-20, 3 -1-19,4 4-19,7 -H20 , 4 -t- 4- 4- 14.7 i5, 2 16,3 ? Sagittario A" = 74.° 45'. 44', 22. P. 1829. Agos. i5. 16. lo- 74.4'-i- '0. 78 18,35 17, 87 -H 8, "6 -H 8, -0 -1- 8, 53 74. 42.28,541 3.15,6827,11,1014-19,9 27,(5 17, '7 28. t, ìc 4-20. 0 2b, 40 17,82 28. 0,604-10,8 4-19, 9 4-20, 0 4-19,9 4- -t- -1- 3,4 3, I 2, 2 ci' Sagittario A" = 74." 32'. 10", 37. P. 1829. Agos. i5. 16. IO 74.28.58,28 58, 70 57, .'15 -+- 0, 62 4- 0, .58 4- 0, 45 74. 28. 58,90 3. 1 1,47 59,29 11,08 5.'!, 3c 12,07 27. 1 1 , co 28. 1,00 28. 0, 70 -+-19,8 4-20, 0 4-10,9 -1-19, 3 -(-20, 0 4-20, 1 4- 4- 4- 5,2 6, I 4.R 1 3. Elidano A"= 74.° 19'. 55", 12. P. 1829. Die. 31.I74. i5. IO. 32I-1-21, 27, 23 44.4=^ 0, ()3 -t-2ll, 4 -1-20, 0 ■+- 2,3 2r, ot) -H 4,45 25, 5 1 46, 14 2,35 -1-18,0 -1-17.8 -HI 8, 3 ■+- 3,0 22, 3g + 4,43 26,82 44,83 1,52 -1-18,6 ■+- 3,5 22, 52 -t- 4.40 26, 92 44,73 27. 11,93 -1-20, 0 -*-20 , 0 ■+■ 1,5 29. 3o. 1829. Agos. 19. 22, 24 -t- 4,39 26,63 45, 02 28. i>77 0,18 -1-20, 2 -t-20, 2 -t- 2, 0 24,47 -*- 4.37 28,84 42,81 -1-2 I, 2 -(-2 1 , 5 -H 2,4 25, 32 -+- 5, 91 3 1 , 2.H 40,42 0, 70 -)-i'l, 9 -4-20, I -+- 6, I 20. aò, 4-i -t- 5, 87 32, 29 39, .36 27. 1 1 j c5 -(-20, 5 -1-20, 7 -f- 5,9 — 24. I 1 -+- 5, 75 29, 80 4ln 74 28. 2, 2C -i-ii|- 7 -t-20. 0 -1- 5.5 _^ ff Sagittario A"= 71°. 8'. 43", 52. i82q,Agost. i5, 16, 19 1,72 2,53 4-21. -+- 8,4' -H 8,36 ■+- 8,21 b. IO, i3 IO, 89 12, 42 2. 33, 39 32, 63 3i . IO 27. 1 ij m j-i-19, 9 -i-iy, 9 -H 0,4 28. 1,10 -)-20, 0 -HiO, 0 -H 8, I 28, 0, 60 -1-19, 8 -Hill, l) -H q,4 ^> Sairittario A"=7o.*8'. 58", 75. 1828. Lugl. I. 2. 3. 4- 1029. Lugl. 3i. Agos. IO. i3. 70. 6. 37, 84 37,33 38,68 4', 91 38,56 38, 76 3o, 70 2 29 2 28 2 26 2 25 3 26 2, 98 2, OC| 70. 6.40, i3 39, 61 4°, 94 44,4 41, 82 4i>74 42,59 . 18,62 19. 14 .7,8. 14,61 16, 93 17, 01 16, 16 1 1, 93 0,77 1, 35 1,18 1,4" a, aS 2^ 3o -H2I, b -H2I, 6 -H20,5 -4-20. 5 -H2I, 3 -1-21,4 -H22, I -1-22, 2 -<-'9, 7 + '9,7 -1-20, 3 -H20, 4 -1-21 , I -H2 1 , 5 1 1 0 12 6 l3 5 j6 I i5 6 i5 4 iT), 5 ^ Capricorno A'^67.'' 47'- 4^'^ ^'^- ''■ 1828 L ,gl, ,6. (i',.45. Il), 20 -H20, 60 67. 45.39,80 2. 3,41)127. 11,53 -Hill, 0 -Hi8,y +- 11,3 '7- 18,59 -Hao, 14 39, 23 4, còiaè. 0,27 -HI 9, 5 -HI 9, 1 1-H 11,0 18. '7,4''> -H20, 67 38, i3 5, i3 0, 5o -H20, 8 -H20, 7.-H 8,7 20. 22,55 -H2C, 74 43,29 1.59,97 27. 10, 35 -H2I, 9 -H21,g-H 12, 6 21. ig, 02 -H20, 78 39,80 2. 3,4(1 11,85 -Haa, 0 -H22, 0|-H 9.6 22. HI, 6ci -H20, 81 40, 5o 2,76 1 1, 60 -Hi 1,8 -Hai,8j-H lo, 3 24. 18,20 -Hao, 88 39,08 4, 18 28. 0, 35 -+-21,7 -H2I, 9(-H 4,2 25. 19, (,3 -H20, 91 40,54 2, 72 27. 1 1, 85 -Haa, 0 -Ha2, uj-H .0,4 26 111,4' -Hao, q5 40,36 2, go 27. Il, 53 -Ha2, 6 -H22, 6|-H 9-7 2H, i5,r- -Ha 1 , 02 36,00 7, '7 10,68 -H20, 1 -H19, 6-1- b,9 . '1 l.'i. qi| -Hai, f 5 37. c4 b, aj 11, IC -HI''"!. 5 -H tli. 5|-H 8.7 . n Sagittario A "= 65°. 55'. 57", l l«a«.l,ing a3. b5.53. 55, gq -H b, 77 b5. 54, a, 7I1 1. 5.j, io a8. 0, 40 -H2I , 0 -Hai, 0 -H 7-4 "" 24. 55, 33 -H 6,79 2, 12 55,77 0, 93 -H20, 4 -H20, 0 -1- 7,5 2S. Si,c8 -H 6,81 53. 57, 8g 2. 0, co 2, 35 -HI 8, C -Hi7,8 -H 5. I 28. 57, co -*- 6,87 54. 3,87 1. 54, 02 27. 11,93 -H2D, 0 -Hao, 0 -H 8,9 29. 56, 00 -H 6, 8g 2,89 55, 00 28. ', 77 H-ac, 2 -Hao, 2 H- 8,5 3o. 57,03 -H 6, 91 3,94 53, 95 0, 18 -H2» . 2 -f-21, 5 -H 8,2 Lugl. 1 . 56,23 -H 6,93 3,16 54,73 27. 1 1, 93 -H2 I , 6 -I-21, 6 -H 7-3 2. 56,94 -H 6,95 3,89 54, co 28. 0, 77 -H20, 5 H-20, 5 -H g, 0 6. 56, 94 -H 6,97 3, 91 53,98 1,35 -H2 1 , 3 -H2I , 4 -H 8,7 4- 54, 'li ■+■ 6, 1)9 1,90 55, gg 1, 18 -Haa, 1 -H22. a -H 6,2 il d Sngittniin A"=63.°5.S'. 47", 36. Tania AT. Mesi ; jriorni i»a8. Luì;!. iO, in, Distanza alio Zenit osserv. 03. Si. 47, 29 Si, 94 So, 0(3 Sa , 02 Variaz. in deci. 8,07 8, II K, i3 8, aS Distanza allo Zen. al principio del 1820 63. Si. SS, 30 Sa. o, o5 5i,S8, 19 Sa. o, 27 Rifrazione osservata I. Sa, 00 47, 3i 49' '7 47' ci(| fiarom. 11,35 0,S2 I l , 43 11,85 Termometro unito esterno -1-19, 3 -t-a 1 , 3 H-ai, 4 -l-aa, 9 -1-19,2 -Ha 1 , 3 -)-ai, 4 -t-2 3 Tav. di Cari. 4' 5 a, a 3,7 31 Capricorno A"= 63.° 24'- So"' o4' 1829. Lugl. 19. 21. 23. 24. 25. 28. 39. 3i. Agosto I . 03.22. 44j '9 41,22 4°' 4' 41, 25 41,42 40,18 40, S6 40, 24 38, 08 39, 49 -(-a.b,a7 -)-aS, 3a -t-aS, 36 -t-aS, 38 -(-2Sj 40 -l-aS, 47 -l-aS, 49 -t-aS, 54 -1-2S, 56 -+-a5, 58 03. 23. 9, 4' 6,54 5,77 6,63 6,8: 5, 65 6, oS 5,78 8,64 5,07 1.40,58 43,50 44' 27 43,4. 43, aa 44' 39 43' 9') 44>2f> 46,40 U,97 ■28. 1 , uO -+-a!, 3 -1-21, 3 - 3, 70 + 18,7 -1-17, s . 2,40 -1-20, 0 -l-ao, I - a, aS -t-ao,7 -1-ao, 6 - a, 45 H-ai, 4 -1-2 1, 6 - 0, go -i-iS, 8 -4-l8,2 0,35 H-I9, 2 -t-i9, 2 .,45 -1-19' 2 -H19, 3 2, aS -1-i8,4 -(-i8,3 3,60 -t-i8,6 -Hi8,6 8, 7 9' 0 0, 5 7' i 6, 8 0. 8 6 S 6 5 5 2 6 9 9- J be le pi e compi d'estate rifrazion Tai-ola XVI. q. L'esposta serie di rifrazioni osservate fino alle più piccole altezze e da entram- be le plaghe australe e boreale del meridiano abbraccia l'intervallo di oltre un anno e comprende pure le quantità della rilVazion vera per le diverse ore della notte cosi d'estate come d'inverno. In vista di tali circostanze che possono influire a modificare le rifrazioni mi è sembrato che la serie medesima non sarà inutile porgendo essa la ma- teria di confronti moltiplici sull' argomento. Ad averne però sott'occhio più facilmen- te le principali condizioni e influenze ho divisato di ricavar dalle tavole che precedo- no il seguente prospetto TAVOLA GENERALE DELLE RIFRAZIONI OSSERVATE. RIFRAZIONI BOREALI . ... 1 Limiti delle 1 Mesi Ore Distanze app. allo Numero delle Jieau delle differ. ditl'crenze colla tav. di Carlini delie massime diiferenze di questi limiti in osserva- coli ì tavole medii Zenit. di Carlini risp. ai in meno tempo V. zioni in iiieuo 111 più e in più prossim. 89.° 26' 8 _ , 3o",oi - 47".' 4- 7o",o Ag. — Ott. 14.*— 10.' 8g. 22 4 — 69,90 23,6 29,9 Apr. — Mar. 10. — 12. 8q, 8 43 _ 71,67 52,0 53, I Ltig. - Mar. IO. — 17. 88. So 7 28,06 5o,8 36,5 Ott. — Feb. 16. - 8. 88. 44 4 10,75 39,4 32,9 Die. — Mar. i5. — 9. 88. 17 i3 16, 67 25,5 37,3 Gen. — Feb. g- — 7 88. 9 1 1 6,96 38,2 38,6 Nov. — Die. II. - 9. 87. 5i 87. ar 16 2,35 11,0 i4j 0 Lug. — Giug. 8. — IO. iS .+. 5, co 14.4 21, 4 Mag. — Giug. IO. — 8. 86. 38 8 -¥■ 1, 00 22, 3 11,7 Feb. — Giug. 16. — 9. 86. 2Ó 38 -+- a, 67 16,7 12,4 Lug. — Ott. i3. - 7. 86. 24 12 ■+■ 6, .3 i7'4 11,8 Nov. — Die. 8. — 6. 85. 54 85. 46 a -t- 8, 3c IO, I IO, I Gen. — Feb. 19. - 17. i3 -1- 8,89 6,8 i3,S Apr. — Nov. g. - .9. 85. 21 1 1 ■+■ 7,88 4, a 3,2 Mar. — Mar. 8. 85. I 1 1 -¥■ 8, 18 8,5 12,3 Gen. — Gen. 6. 83. So 2 -+- 6, 00 5,7 5,7 Nov. — Nov. 19. 82. 48 82. 47 82. 35 6 -H 1 1, 3o 4' 7 4,=^ Mar. — Mar. 6. 6 -t- 3,55 2,5 a, 4 Ott. — Ott. 8. 3 -(- 7,73 3,9 4.6 Gen. — Gen. 6. 82. 17 80. 37 , ^_ 8, 3o Die. ig. 16 -^- 6, 20 ' 6, a ' 4', 5 Die. — Dio. II. 79. 40 77. 5g 77. 55 77. .8 77- 4 76. ib 75. 57 75. 43 74- 7 74. . 73. 26 73, 24 72. 38 72. 29 71. 3o 70. 7 70. 0 6 0,28 2,6 1,9 Apr. — Apr. 1 1. 6 4' 73 2,5 a, 4 Ott. — Ott. IO. 3 -t- 2, g3 4,3 4,0 Nov. — Nov. ig. 3 I 2 7 3 -t- -+- 3,83 1, 40 3,g5 2, 1 6 0, 27 4,7 1 ,2 a, 7 0,3 4,8 1, 1 S, I 0,4 Nov. — Ott. Die. Fol,b.— Febb Giug.- Mag. Gen. — Feb. 9. — II- 18. 8, 8. — 10. 7.- 5. 18. 7- 18. 2 2 3 — 4,35 I, 90 3,47 0,6 0,6 2,5 0,7 0, 6 ■.7 Nov. — Nov. Ott. — Ott. Nov. — Nov. 2 -(- 1,55 o,S 0,4 Feb. - Feb. 7- 6 0? 20 5,6 6, I Nov. — Nov. 8. 3 1,80 0,8 '>4 Giug. - Giug. 8. 3 3, 10 1,5 0, 3 Ott. - Ott. 8. 4 __ 0, o5 2,3 3,6 Gen. — Gen. 6. 0,40 Nov. 19. 67. 57 65. 3o 2 -+- e, 65 1,3 I, a Mar. — Mar. (' ■ 3 2, 3o ',4 1,6 Nov. — Nov. 18. 65. 3 8 2,53 3,9 4,3 Nov. — Nov. 8. 64. 35 4 — ,,78 4< 3, 1 Nov. — Nov. 9. 1 58. 39 ' — 6, 60 Die. Io. SaS numero totale delle osservazioni r^ stanze lume Tavola Xìll- RIFRAZIONI AUSTRALI Distanze app. allo Xcnit. Numero delle Mcdii delle difler. i. imiti delle diirerenze colla Mesi delle massime Ore di cjuesti osserva- colle tavole tav. di ~ " tailiiii differenze limiti in zioni di Carlini risp. a nicdii in meno e in [ilii tempo V. piossim. 111 iiieiiu III l'IU 88.° 52' 88. 55 6 — 43,"4o a8, 90 - >4",5 -t- ib",4 Nov. — Ott. Lncr 9.*- i5. li.' 83. 53 88. Si 88. 39 3 7 — 34,35 9, 00 10, 34 i5, 9 28, 7 IO, 2 '4^U Giiig. — Ciug. Giup;. Ag. ~ Nov. 10, 9- .3. — 7' «3. 3o 1 1 — 7.54 4,7 20, 6 Ott. — Ott. 12. 88. a3 ■ n ■+- 5o, 20 Giui:. 9. 88. 4 1 — 53_, 80 0 Gen. 7- 87. 37 24 -+■ 22, 07 2V3 28,4 Ott. — Die. II. — 7- 87. 20 12 ■+- 27, 38 i5, 1 18,4 Mar. — Mar. 7. 8-, 24 4 -t- ib, iS 3,2 3,3 Giug. — Lug. II. — 9- 87. 21 6 ■+■ 3,33 11,2 1 1, I Mar. — Mar. 8. o^-c'' I ■+■ i3,3o Apr. 7- 8b. 5i 4 ■+■ 14, 38 ' 4^ > 7, 7 Ging. — Ging. 9- 86. 4 '4 -4- 8, 16 11,9 8,5 Giug. — Mar. 8. — '4- 85. 52 b -1- 7,1.7 0.4 11,0 Giug. — Fel>. 9- — 17- 85. Si 3 -1- 25, 17 9,3 i3, 3 Giug. — Feb. 9. — '7- 85. 44 7 -t- 16, 43 6, I 9>7 Apr. — Apr. 3. 85. 28 7 -1- 12, 27 12, 5 i3, 3 Gen. — Gen. 7- 85. 4 4 -+• 15.28 1,6 3,2 Lug. — Lug. 8. 84. 3i 4 -+• 8,73 2, I 2, 2 Lug. — Lug. 8. 84. 2 -H IO, 60 Apr. 6. 83. 27 i5 -H 1,34 ■ '5^2 ' 6; 4 Mar. — Giug. 18. - 12. 82. 42 7 -1- 6, 92 2,3 ',7 Sett. — Ott. 10. — 8. 82. 41 4 -1- 14,60 11,6 5,8 Feb. — Gen. 6. — 8. 82. iS I ■+• 2C, 60 , , Feb. i3. 82. 17 4 -+- 9,28 6,4 ' '5^5 Lug. — Mar. 9. '7- 82. i5 3 -+- 6,53 0,5 0,9 Ag. — Lug. 7. — 9- 81. 42 4 ■+■ i5, 65 3,4 2,4 Apr. — Lug. ib. — 10. 81. 32 3 ■+- 5, i3 0, 2 0,4 Lug. — Lug. 10. 81. 21 3 -i- 3, 5o 0.7 0,6 Lug. — Lug. IO. 80. 53 3 •+■ 4, i3 3,4 4,^ Lu^. — Liig. 8. 80. 5 4 -t- 3a, (jo a, a 4, ' Ciug. — Feb. 3. — 16. 79. 1 4 -1- i3,63 4,^ 1,5 Sett. — Sett. 7- 78. 44 6 ■+- b, i3 1,6 6, I Gen. — Gen. 10. 73. 33 3 -t- 16, 07 0,5 0,2 Lug. — Lug. 9- 77. 48 3 -H 3,73 ^,7 1,9 Ott. — Ott. 9- 75. 0 3 -F i5,4o 0,7 0,9 Lug. — Ag. IO. — 3. 74. 42 3 -H 2, 90 0,7 0, S Ag. - Ag. 9- 74, 29 3 ■+■ 5, 37 0,6 0,7 Ag. - Ag, 9- 74. .6 I — 38, 40 Die. 9- 72. 32 3 ■+■ 3,o3 1^3 1,0 Ott. — Ott. 9- 72. 27 3 -H IO, co 2, 2 1, 3 Lug. — Lug. 9- 7'- 45 IO -H 3,40 ', Q i,7 Giug. — Ag. i3. — 9- 71. 6 3 •+■ 7' 97 1,6 ■,4 Ag. - Ag. 9. 70. 7 7 ■¥■ '4, '^7 2,5 ',7 Lug. — Lug. 1 1. 67. 46 1 1 ■+- 9,85 3,0 2,7 Lug. — Lug. 14. 65. 64 IO ■+■ 7,63 2, b 1,3 Giug. — . Lug. i3. — 1 1 . 63. Sa 4 ■+- 2,73 2, 2 1,8 Lug. — Lug. 1 1. 63. 23 IO -\- 7, 00 1,3 2, 0 Ag. - Lug. i3. — 1 1 . 2G6 numero totale delle o&scrvaziuii i'? ^ '«^'•'inile elle uell" oBBorsuziono unica della etellu i Lupo leggendont) 1' iiliozza poitbè la d.nirenia troppo fo,t„ colla tavola di Carlini, e ,ii aenio opposto allo «Iti Itibm,.. .Ila d.cli„aMo„ o.Uolata o del ctalofio. io :ibbiii proGo Io Bitxglio di 1 i' BtcUe uflservato, nuii puciubbe ut-' Alla pag. 654 Tm'ola XVIII. la. F,n 1,0 paragonato le n,ie rifrazioni colle sole tavole del Sig. Carlini , m:. non volli ommettere un qualche paragone ancora colle altre migliori tavole moderne , e ristringendo queste a un picciol numero di osservazioni ottenni le dillerenze clie soggiungo. domi per GIORNI delle osservazioni Dillerenze Ira le rifrazioni osservate e le calcolate STELLE secondo le tavole 0 formule di Piazzi Dclambre Carlini Bessel Bessel Ivory P. T. S. A. L. V. B. ,/. L. E. M. ,823 F. A. VII. Ab C. A. ìp Orsa magg. 1829. Ag. 22 -■44",' — 70" ,8 — 197",! — 55",8 — 8", S — I I2",3 ■4",7 2, 0 a Auriga Ott. 3o — 32, a — '. 7 — 59, 0 -1- 66, 2 4-128, 8 4- 2, 2 4- Mar. iq — 48, 2 - ^4, 0 - 54, 7 4- 16, I 4- 14, I — 3i, 0 27, 6 r Ercole Lug. 7 — 35, 6 — 0, b — 96, I — 7' 7 4- 5, 0 — 46, 0 __ 46, 0 Geno. 25 - 8,7 — 8, 8 0, 0 ■+■ IO, 9 4- II, ) - 6, 4 0, 3 r* Andromeda Ott. io -4^4 — 09, I — 45, fi — 32, 9 - 28, Q - 47, 4 43,4 Mag. j 2 — 2, 7 -+- 3, b — 3, 6 - 5, 8 — 12, 7 8, 8 Mag. 29 H- I r, I -1- "7> 5 -H 8, 5 H- 5, 0 4- 0, I 5, e / Orsa magg. Lug. 25 — 11,6 — f. 1 - 7,5 - iS, 3 _ 16, 6 '4, 4 Nov, IO — 0, 9 -4- 2, 5 -1- 5, 9 ■+■ II, 2 — 3, 6 - 0, 9 4- 2, 2 ., 4 5, 6 Lucerla 141 P. Mar. 18 -H 9, 6 -H 3, 0 -H a, 3 4- Apr. 2» -+- 3, 7 -<- 2, I -^ 4, 4 - 3, 4 - 3, 9 3, 4 (3 Dragone 1828. Mar. 4 -1- 6, 6 ■+- <), 0 -H 14, 8 +• 9> 4 4- 9, 8 4- 12, I ^ Orsa magg. 1828. Ott. 7 - 4,5 — a, 0 -t- I5 I - 4,5 — 4, 2 2, 6 y Orsa magg. 1827. Die. 8 •4- 3, 0 — 2, 5 -1- 0, 3 - 3, 4 - 3, I 1, 4 1827. Die. 24 -H i3, 4 + 8, 7 -*- IO, 7 4- 7, 2 4- 7, 5 4- 8, 6 5 Dragone 1828. Feb. 8 -H a, 0 ■+■ 3, 7 -*- 5, t 4- a, 7 4- 3, 5 4- 4, 0 d Cassiopea Giug. 2 - 9, « - s. 9 - 4,9 - 7,5 — 7, 2 — 6, 6 £ Cassiopea Ciug. i5 — i, I "■ 3, 3 — 2, 6 - 4,7 - 4,4 — 3,7 a Dragone Gen. 20 -+- 5, I -H 2, 8 4-3,5 4- 2, 2 4- 2, I 4- 2, 9 X Fenice 1829. Nov. 22 — 62, e — 62, I — 57, 9 — 16, e 4- 44. 6 - 48, 7 45,4 S2. Gru Lng. 5 -*- iq, 9 -H 4-?. 2 — 28, 9 4- 32, 4 4- 19, j 4- 3, 4 4- 3, 8 »i Gru Ag. 22 — 1 3, 9 -H 5, G — 38, 7 — 3, 1 -t- 9, 8 — 25, 3 — 22, 3 Nov. 22 — 31), 2 - 44, 2 -37,8 _ .., 3 — IO, 5 - 36, I — 32, I / Fenice Ott. 12 -I- 5, I -t- '2, 7 — b, 8 -t- i5, 5 - 4, 3 4- I, 0 Nov. 21 — 21, 0 — a4. I — i5, 8 4- 2, 9 — 18, 2 — i3, 9 0. Fenice 1828. Gen. 5 -t- 39, I •+- 39, I -H 45, 3 4- 48, 3 4- 35, 3 4- 41, 0 i82a..Sett. 25 -(- i3, 3 -H 21, 7 -¥■ 5, 1 4- 8, 6 4- a, 3 4- 5, 5 X Scorpione 1829. Mar. 19 -t- 6, 5 -!- 3, 0 -<- 7, 7 4- 2, C 4- 2, 5 4- 4,6 1829. Lug. 12 - 2, 9 — 0, 6 ■+■ 1)2 - 4,8 - 4, 2 ~ a, 9 Del Prof. Giuseppe Bianchi 65 7 „ la densità degli strati atmosferici, certa cosa è che ne veii- „ gon cangiate le dimensioni assolute della curva descritta „ dalla luce ; ma basta che queste curve siano tutte tangen- ,, ti alla medesima visuale perchè l'effetto in totalità che può „ misurarsi, ed è quanto dir la rifrazione^ risulti la stessa re- j, lativamente a queste curve diverse ( §. XXXVII. ) „. i4- In mezzo alla oscurità e complicazione di cose che nasconde tuttora la legge e 1' andamento preciso delle rifra- zioni astronomiche a piccole altezze su l' orizzonte, si trave- de non pertanto il cammino che è da battere per avanzarci anche da questa parte, ed io affermai dapprincipio che già è stato fatto un passo rimarchevole che mette su tale cammino e lo dischiude alle indaggini ulteriori. Cade qui in acconcio il rammentarsi che la teorica delle rifrazioni fondata su fisici principii esprime la quantità del fenomeno dipendentemente da tre costanti le quali sono: i .'^ una costante relativa e pro- porzionale alla forza rifrattiva dell' aria per una data densità e temperatui'a dell' aria stessa e corrispondentemente ad un' altezza data, che si suol prendere di ^^:>.° a.^ un coefficiente relativo alle variazioni della densità dell'aria indicate dall'al- tezza del barometro , la quale costante barometrica è uguale al prodotto di a8 pollici nella densità del mercurio diviso per r altro prodotto della densità dell'aria nel raggio della terra : S.'* un coefficiente relativo alla diminuzion del calore nei di- versi strati dell' atmosfera. Nelle tavole del Sig. Carlini la pri- ma di queste costanti è=58",o; la seconda costante =0,00 1286; la terza = a5,3 nel meridiano al Nord e 1=2.8,0 nel meridiano al Sud. Ora la prima costante è assolutamente invariabile, non vedendosi ragion fisica per cui debba esser diversa la forza ri- frattiva dell'aria nelle uguali circostanze o per gli stessi ele- menti di altezza, di densità e di temperatura. Ma non può dirsi altrettanto delle altre due costanti accennate, le quali non escludono di lor natura la possibilità di piccole variazio- ni dai valori di esse che siansi una volta coli' osservazione o coir esperienza determinati j e già tutto induce a credere che Tomo XX. Il 5 658 Rifrazioni Astronomiche ec. sian esse realmente variabili col diverso stato barometrico e termometrico dell'atmosfera. Sotto questo aspetto il problema delle rifrazioni conformasi alle altre parti dell'astronomia teo- rica, nelle quali ognora trattasi di stabilir alcune costanti ad epoche date o per date combinazioni, e poscia di determinar le picciole variazioni delle costanti medesime al cangiar delle combinazioni o dei tempi. Rimane dunque da conoscere per le rifrazioni prossime all'orizzonte la forma analitica delle va. riazioni di due costanti ^ alla quale rispondono poi le quan- tità osservate. Che una simile ricerca sia ormai necessaria per compierne la teorica delle rifrazioni ce ne ha dato prova il Sig. prof. Plana^ ove calcolando egli alcune osservazioni del Sig. Oriani ( Mem. cit. 5- XXXIX. ) dimostrò esser fra loro di- versi i valori che s' incontrano per uno dei due parametri ossia delle due costanti della formula del Sig. Ivory ^ comec- ché r astronomo di Torino si dichiari persuaso che detta for- mula o ipotesi dell'inglese matematico ,, ha un deciso vantag- ,, gio ( 5- XL. ) sopra le altre finora immaginate e probabil- 5, mente ancora su quelle che potrebbero immaginarsi, j, Quin- di rifletteva eziandio l'Autore della Memoria che le trovate diversità nei valori del mentovato parametro dell' /potj sono troppo grandi per attribuirle ad errori d'osservazione ;, e che è forza considerarle,, come prova di un effetto di una causa realmente esistente „ locchè è quanto ammettere la variabi- lità dell' anzidetto parametro nella formula giudicata la più consentanea alle osservazioni. Tale se non m'appongo è il nuo- vo passo rivolto a progredir nell' esatta espression delle ri- frazioni per le picciole altezze e fino all' orizzonte. i5. Checche ne sia dell'idea e possibilità di raggiunge- re le picciole variazioni delle costanti di rifrazione, a confer- ma nondimeno delle differenze avvertite dal Sig. prof. Plana ho amato io pure di calcolar i valori del parametro suddetto, desumendoli dal confronto delle tavole del Sig. Jvory colle mie osservazioni , e adoperando l'identico metodo e calcolo del citato §. XXXIX. che troppo lungo sarebbe il voler qui Del Prof. Giuseppe Bianchi óSg richiamare. Trascelte all' uopo le prime dodici osservazioni di stelle circompolari e le prime otto di stelle australi, fra quelle dell'ultima tabella esposta al n." la., cominciai dal calcolar per ciascuna l'angolo ausiliario (^ delle formule ( 5» cit. ), e ne ottenni per ordine i seguenti valori. i ' ; : < ìi • (0 . • T (^) (3) = 41.54. 18,3 [■ j = 43. 0 7. ao ,7 = 43. 6. 4^5 7 = 41. 54. 18,3 = 4^. I. IO, 6 = 39. 8. 7,3 = 39. 7- i4,^ = 36. 4- 23,6 (4) (5) -' (6) (7) (8) = 36. 5. 17, I (9) =: 33. 20. 3i, o (io) = 33. 18. 2,8, 2 (11) . = 3i. 23. 54^ 5 (12) =: 3r. aS. 16, 7 (i3) . . I (^ = 4^' 3. 53,9 (i5) -< -^ (16) - - (17) --^ (18) ,- ■ (19) -' (ao) - = 41.14. 44.9 := 40'24- ai, 7 " 1 '! = 40. 16. 58,6 '•' / = 39. 5l. 41, a :') = 39.46. 35,3 '■' = 36. 56. 34,2 j ' 1 = 36. 58. 3,9 >-' 66o Rifrazioni Astronomiche ec. Tratte dipoi le altre opportune quantità dalle osservazioni e dalla tavola di rifrazione del Sig. Ivory ebbi dal calcolo del- le forniole ( un poco lungo veramente ma non difficile ) il ri- sultato dell'equazioni qui appresso ^ nelle quali entra inco- gnita al i.° grado il parametro/, che è quello di cui si tratta (i) i8i7",4 = 1786, 5 — 358, I. / (a) 1634, 9 = 1 784, 4 - 356, 9. / (3) 1539,0 = 15721,7 — 245,8./* (4) i57a, a = i5gi, i — 253, o. / (5) 1 188, 8 = 1214, 6 — 109, I. / (6) I 1229,5 = 1212,3 — ic8,6./ (7) 943, 7 = 947' 5 — 46, 8. /. (8) 93r, I = 948,6- 47. o- / (9) 783,8 = 776,5- 22,6./ (io) 770,4= 774,6— 22,4./ (11) 671,1 = 679,6— i3, 6. / (12) 680,0= 680,8— i3, 7. / (i3) \.,,., 1450,9 = 1448,4-191,6./ (14) 1415,4=1473,6—201,6./ (i5) 7 , : 1342, 2 =: i36o, 6 — 157, I. / (16) ,!.;'', 1340,7 = 1345,6— i5r,7./ (17) ia59, 7 = 1295,0— i34, a. / (18) 1267,7 = 1285,2— i3i, o./ (19) 971.7 = ioi3,5— 59,2./ (20) , ;; 1010,9=: loiS, 5 — 59,6./ Del Prof. Giuseppe Bianchi 66 r donde finalmente i valori di / nella tavola che sottopongo Mesi Distanza allo Zenit. Baromet. in poli. Termom. ester. di Valori eli/ e giorni appar. 1 inglesi Fahrnheit iSag. Agosto aa. 89.«'a7'.3a" oc, 086 73,° 6 —0,08657 Ottobre 3o. 89. a7. ai 3ojo37 49' ^ -1-0,43376 Marzo 19. 89. b. ai a95935 44, G -t-o, 18710 Luglio 7. 8q. 8. ai ag,948 11> c. -1-0,07470 GennajoaS. 88. 17. 7 a9,655 34, 3 -l-o,a3648 Ottobre 3o. 88. 17. 1 3o,oot 48,7 -0,1 5888 Maggio la. 87. ao." 87 39,770 63, 3 -f-o,ooiao Maggio ag. 87. ac 54 a9,84i 66, 0 H-o, 87384 Luglio a5. 86. a6.4o 3o,o64 80,4 — 0, 8a3oi Novem. io. 86. aS. 58 3o, 117 5i, 4 -t-o, 18750 Marzo 1 8 . 85. 45. 3i a9,9ia 45, 5 -HO. 6a5oo Aprile a8. 85. 46. I ag, 664 64, 9 H-o,c583g Novem. aa. 88. 51.46 3g,c46 34, 3 — o,oi3c5 Luglio 5. 88. 54. 48 3o,o8i 78,4 H-Oj 28869 Agosto aa. 88. 39.59 30,090 69,4 -t-o, II 71 2 Novem. aa. 88. 37.48 3ojo8i 35, 3 -1-o,o3a8c Ottobre la. 88. 3o. 18 3o, 161 56, 5 H-o, 26804 Novem. ai. 88.28.47 3o,a5o 35, a H-o, i335g i8a8. GennajoS. 87. 37. 3 29,709 38, 3 -HO, 70608 Settem.aS. 87.37. 3i 3o, i35 67.4 -1-0,07718 Per medio di tutti questi valori si trova /=-H Ojigooa invece di — 4 valore che vuol dire meno di -^ e più di assegnato ad / dal Sig. Jvory. Ma le differenze dei singoli pre- cedenti valori di / per verità sono troppo grandi, e il medio aritmetico ne è conseguentemente poco probabile. Io però col presentar tali valori non ho inteso altro fuor di mostrare 66a Rifrazioni Astkonomighe ec. che il parametro / è soggetto a fortissime variazioni, le qua- li particolarmente si manifestano a notabile diversità di tem- peratura, e accadono in contrario senso dalle stelle circom- polari alle australi. ■■r' i I )ùJ i'> t. !n- \ il. i :!;'ì; 663 SOPRA L'USO DI ALCUNE SERIE > NELLA DETERMINAZIONE DEGLI INTEGRALI DEFINITI. MEMORIA .>-.:■. ' IJi .1 ; . . DEL CAVALIERE GIULIANO FRULLANI. -.v, / , Ricevuta adì i3 Bfaggio i83o. In questa memoria mi propongo di rappresentare col mezzo delle serie 1' integrale completo ed indefinito di alcune for- mole differenziali, onde ricavarne il modo di esprimerle quan- do che l' integrale di esse debba andare ristretto tra limiti determinati. ... Nella scelta degli esempj pe' quali il metodo che sono per esporre può con felice successo adoperarsi, ne ho prefe- riti alcuni da cui discendono varie riduzioni già dai geometri riconosciute sussistere tra le trascendenti, e che sono partico- lari casi di più generali trasformazioni che andrò esponendo. I. Prendiamo a considerare la formola differenziale a—log.u Ponghiamo per semplicità x=^a — log.w; e quindi risolvendo in serie rapporto ad u otterremo: "T x"- x^ a-4j 1 u= e \ i — xH óH tt: — ec. l a a.3 2.J.4 J \ '-.Il ora sostituendo nella data formola in luogo di u la sua espres- sione in X avremo immediatamente: , ,, . , — I — = — e dx\ 1 -) 3- H — r-A~~^^-\> a — log.M I X 2 2.0 2.0.4 J quindi trarremo, integrando indefinitamente: - ■ i»-'" '■ 664 Sopra l'uso di alcune serie ec. H- COSt. Facciamo attualmente m =: e ; noi ricaveremo dalla equazione x-=. a — log.M il corrispondente valore di x che sa- rà x^=.a — (p\/ — I. Di più si faccia a=rcos.3; ^=rsin.Z;, cosic- ché abbiasi r=i/a^^^^^; z= are. tang. ■^. Noi avremo con queste denominazioni x-=:re . Sostituendo questi valori di M e di a; nella equazione (i), troveremo: / \ / , fdf(acos4~(psìa.f) f d'f>((pcos.cfi-i-as\n.tp) -^cf _i_ [2.) 1/— '-y ^q:^;: J ^mI^^ —cosi.h- / "T • . a sin.az a gin.Sz _,/! tin.Az ^„ 1 -t-lZ-i .e 1^ z-rsm.z-hr .-j^, t^ ^^j^r -t-r* ~^^^ ec. J "T, a cos.az ? cos.Sz , /. ros.4z 1 - e [^log.r-rcos.z^-r -^ -r' -^^^ -^r^-J^j:^ — ec. J; or confrontando tra di loro le,'parti imaginarie^ e pur separa- tamente tra di loro le parti reali, conseguiremo: rdi.ia.o.4-'P^\.4) ^ A^^rsm.z-^r'-^ -r' ^ -*- ec. 1 -t- COSt. ^^^ ^M£^£^e!ÌIL£=e«[log.r-«:os.zH-r'i^ - ;r3£^ ^ec] -H COSt. —.-•■'- f. - - ' -.. Se noi applicheremo letteralmente il metodo ed i calcoli precedenti alla formola differenziale — ^ — » e se come sopra 1 a-t-log.M faremo r= [/d'-h- (p^, 2;=arc. tang. -^j troveremo con somma facilità le seguenti riduzioni: ; , ' : /•• Del Cav. Giuliano Frullani 665 -+- COSt. -4- COSt. a. Se ti-a di loro aggiungeremo le formole (3), (5) otter- remo: rsin.z -+- ■ — ^3- H 3-—^ -t- ec. 1 i.a.3» 1.3.3.45' J I (e — e aa _ -+• COSt. Parimente sommando la formola (4) con la formola (7) si avrà (8) /^^=^^^F^K^-H^^.^^s$--^--] [r*co«.3z r'cos.Sz 1 rcos.sH 3- H ^-TTi -4- ec. 1 i.a.3" i.a.3.4.5* 1 , a —a . (e —e ) COSt. E se dalla formola (3) sottrarremo la formola (5); e quin- di dalla formola (4) sottrarremo la (6), noi dedurremo: , . />i^-8in.^ _ e~ '^ — e" r^ . rWaz rW4s^ '"^ain-éz . pp 1 y9) J a--^r ~ 1 X." ^^ '■a-3-4' i.a.34.5.6»^®*^-J ^- Lilj!L£rj_[ ;^in^ -H :!ii:ii^ -H ^:^. -H ec. 1 a |_ i.a.3» 1.3.3.4.5» J -t- cost. Tomo XX. 7a «. 666 Sopra l'uso di alcune serie ec. (■0) /^ = -^^^['°8-+ ^1=?^ -^ ^S^ H- ec. _ ( ■* - «~* I f rr„, , ^ 'Ì£iÌ -^ ''"•■^' -¥• COSt. rcos.z H JT -\ -— j- -H ec. i.a.o* i.a.d.4.0» 3. I precedenti risultati potranno tutti facilmente verifi- carsi col mezzo della differenziazione. Ma egli è notabile che quelli sviluppi e conseguenti in- tegrali potrebbero anche facilmente conseguirsi mediante la trasformazione delle date funzioni. Posto infatti a = rcos.s ; ^=rsin.z e quindi /•=:^/a*-+-(^% z=arc.tang. — , noi avremo identicamente, come sarà facile di verificare; L " ■■■'""" ' / ZI/-I _ -Z]/-l\ /jj\ acfia.ip—\ .a I — I __ (pe \ e — re — e 21/ — I -re 2I/-1 _ -ZI/-1 Indi risolvendo in serie gli^esponenziali e , e~ 21/— I il primo per le potenze di e , il secondo per le potenze di e troveremo immediatamente: da) """^•^-'^'''""-'^ = _^r i-rcos.z-H :^S2̱1 _ ±^- -t- ec 1 [:'->ii;.'V!r')-. ullnìj :i> rsin.z • 1 ec. 1 . i.a 1.2.3 J . ,, Or dalle equazioni a = rcos.s, (p := rs'm.z si ottiene [ onde si avrà: lg,,., Del Cav. Giuliano Frullani 667 ( r 3) '"'"^•^-^"'"•^' d(Ò =edz fi -rcosz-H '^^^^ - '^ -h ec. 1 " 7 r • rsin.az . r»sin.3z 1 — e dr\%\n.z H -, ec. I ove tanto il primo membro quanto il secondo essendo diffe- renziali esatti , conseguiremo integrando: (i4) / — - — T^r~-.d(p=e I z — rsin.zH — ^ -+- ec. 1 H- COSt. come sopra trovammo. " Sempre ritenute le equazioni rcos.s = a; rsin.z =\ (^^1 acos.y-fy-in.ig gg—a \/e -». e*"^ / / ZlZ—I — 2l/_,V —a Ire re I I ^e \ e — e / ( =1/— -sl/-i\ a— asin.a ^ pe~° V e''" -^ e'' ^ / - ■'J (.6) 0COS e-" i e'« _ /« ; Vi:00 (17) fl^-H^» 21/ — I Ire gccs.c-t-aco8.(p ,e"* y e -f- e a ( - __ oe \ e a'-t-p' al/— I — g / li- !r,fi lOii E qui pure svolgendo in serie gli esponenziali che nei secondi membri dijiendono da z, e notando che 668 Sopra l'uso di alcune serie ec. dz __ a dr 9 dp a'-t-j' ' ■ a.3* 2.3.4.5» sarà eguale all'integrale j^^IlZdr esteso tra i limiti r = o, r=oo. Ora in questa ipotesi abbiamo /^^^ Jr = — ; onde so- stituendo nella equazione (18), sarà tra i limiti, ^=0, <^=:co. /- a'-t-p". J^ * a ^^ ■ a ovvero: (io) . . f^±f21± = IL, e"" . Per richiamare alla mente i limiti tra i quali un dato in- tegrale si estende^ userò la notazione adottata da molti geo- metri di riportare nelle due estremità del segno sommatorio i limiti dell' integrale^ cosicché una integrazione estesa tra i li- miti a, /? sia indicata dal segno / . Con questa notazione sarà (.0) r-i^.cc^^^ -, 5. L' integrale completo della formola |q^ d(p è dato 670 Sopra l'uso di alcune serie ec. neir articolo a dalla equazione ftdp2^i± = _L.±_Llirioe ri ''""'■"' -f- -±2£±. -t- ec. 1 J a*-4-9» a L '■** i.a.3.4» J T , r'cos.Ss _, r^co8.5z _, „„ 1 ( e — e )l •4- COSt. ■■■ 1 . ■ ' Ove abbiamo al solito r =z i/a^-Hi^»; z = are. tang. ^ . Sarà pertanto tra i limiti (p = o, (^ = co .., ■ ][ , . r^^p.cos-, _ .^-J-e-lflocr r- -^ H ^^^ CC. 1 - ,. .., _(a"^ e--) [w^^ ^ ^ __fL_ _♦- ec. 1 a 1 *'^ i.a.0.4* J - Ifll^flL L ^ -4^ -4- —1^5^ -H ec. 1 a I i.a.3''. i.a.o.4.& J Ove nel secondo membro dovremo porre r=:oo. Ora è noto che per il caso di r = co si ha -, j ^"g-'--— » -^7^4^- a.3.4.5.b- -<-ec.=-K essendo K=o,577ai5. ' ' ' , , .. ' ' Pertanto avremo^, sostituendo: 6. Prendiamo ora in esame l'integrale completo / — »^j,i- dato neir articolo a dalla equazione: Del Cav. Giuliano Frullani 671 /fflf/a.sin.a «""" — e" 1 . r'sin.as r^sln.Az 1 ■^-T — T^ =-^ — -I •^^ -t- ; ' ri- -+- ec. I a"-»-f' a |_ «-a* i.a.3.4» J a |_ i.a.o' 1. a. 0.40 I -+■ cost. Al caso attuale applicando le precedenti avvertenze, tro- veremo con la facilità maggiore. ^ ' J o '^'-^P'' a ■ a : ' J o ^ ' poiché / j; — = —, noi avremo: Finalmente in modo analogo operando sopra l'integrale com- pleto della formola ;°'"'^ dato nel precedente articolo a dalla equazione ivi segnata dal numero marginale (io), troveremo con breve calcolo: 7. Le formole (aa) (a5) sono dovute al eh. Bidone che le ha dimostrate con metodi diversi dai precedenti nella sua dottissima memoria sopra gli integrali definiti inserita negli At- ti della Società R. di Torino per l'anno 18 la. Sono dovute al cel. La Place le formole (ac) (a4) impor- tantissime in questo ramo di analisi. Egli le dimostrò nelle Memorie dell'Accademia delle Scienze di Francia per 1' anno i78a fondandosi per induzione sul passaggio dal reale all'ima- ginario ; e vale a dire cercando di esprimere 1' integrale 6721 Sopra l'u50 di algone serie ec. fz e clz esteso tra i limiti imaginarj che annullino la for- niola z e , ed applicandovi poi il metodo generale con cui può rappresentarsi l' integrale fydx nel caso in cui la fun- zione j sia =0 ai due limiti dell' integrale : ritenendo che la funzione / non sia suscettibile che di un solo massimo tra quei limiti. Un tal metodo di dimostrazione potendo andar soggetto a qualche incertezza ^ volle il La Place dedurre le citate for- molo da diverso metodo; ed uno ne propose fondato sopra r alternativa delle integrazioni in un integrale doppio. Indi il eh. Bidone si prevalse per l'oggetto medesimo nella sopra citata Memoria della evoluzione in serie per le potenze ascen- denti e discendenti della variabile: mentre già il Le Gendre aveva adoperato un artifizio di calcolo dipendente dal far va- riare i limiti dell' integrale: cosi pervenendo ad una sempli- ce equazione lineare del secondo ordine dalla quale la data fovmola dipende. Finalmente il eh. Poisson ridusse pur esso il problema alla medesima equazione differenziale lineare del secondo ordine, valendosi delle formole f co^.x.dx =:. o', f iìn.x.dx. = i. -, Può vedersi nella Memoria sopra gli integrali definiti in- serita in questo volume stesso un mezzo di pervenire alle for- mole di che si tratta, appoggiato esso pure alla integrazione doppia: e da questo principio medesimo può dedursi il meto- do seguente che applicherò alla formola 1 —^-^ per un e- sempio delle avvertenze che in alcuni casi può esigere 1' in- tegrazione doppia, onde essere adoperata con buon successo. La formola /"^S^iiL^i può subito ridursi all' altra /<^cos.h/pJ<(i g -^ . accingeremo a determinare il valore di quest' ultima. " Del Cav. Giuliano Frullani 678 Consideriamo la forinola > >> ■■ ■ \ f-^ ' ■. -, ■• =/A ~~y cos.hx .sìn.xy.dx.dy ove la integrazione deve farsi tra i limiti x^=:o, x=oo; y=:c, y =: co. Integrando rapporto ad y noi avremo /'^cos.bx.dx Ora nel dato integrale doppio incominciando ad integra- re rapporto ad x, noi dovremo considerare l' integrale • / °* cos.ix.sin.xy j il di cui valore è differente secondo che sia / < ^ , ovvero y>b. Se y'^b, noi avremo per i noti teoremi: /'^ co3.bx.Bin.xy j jt I . , , . i ,1 . ' ■; ma se/-<è noi avremo in vece » - • ,- ■ 1 ■ < ' ■■: • ^ .: '•/': -. ':-, '. r^ co^hx.f,n.xy ^^_p_ J o X Ciò premesso, noi potremo dividere l' integrale doppio f f '~y coB.bx.sin.xy j 7 in due distinte parti: la prima delle quali sia presa tra i limiti a;=:o, a;=co; y =o, y:=b; e di cui la seconda venga presa tra i limiti X ■=so, .r = co; y = b, y ^co. Ma è facile il convincersi che la prima parte sarà sem- Tomo XX. 73 674 Sopra l'uso di alcune serie ec. pre nulla: ed infatti è manifesto che nell' integrare rapporto ad X la formola V *"v / / y rosi. /^j-. sin. arr 7 7 / / e ax.ay-, (la quale poi deve essere integrata tra i limiti y=io.jy=b) noi dovremo ammettere che nell' integrare rapporto ad x siaj<è, il che ci dà /''"cni.ijT sin.,ry 7 — axr=o o * '!!.?:;> onde si è in diritto di concludere che tra i limiti x=o , X =.co, y ^ o, y ■=b si ha >■■ : - 1 11:,. '" ) ■ -i :..'Ji;/ jì; ffe ^S2ìIf.:p5L dx.dy=o . \ .:;' Per ottenere l' altra parte del propostoci integrale già stabilimmo che l'integrazione rapporto ad/ debba farsi tra i li- miti y=b, j=oo; il che esige che nella integrazione rappor- to ad X si consideri y^h. Ora abbiamo quando y'>h ■■■■■■ ■■ -- - \ ■ ' /'^ cits.hmtn.xy j v or se noi moltiplicheremo da ambe le parti questa equazione per e dy, ed integreremo quindi tra i limiti j = è, j = co^ troveremo ffe ^^^ìl^p^ Jx.dy = e' questo pertanto è il valore dell'integrale doppio Z. Onde in- fine concluderemo Del Cav. Giuliano Frullani ÓyS /: °°dx.cosbx ir — ^ ^= — . e 8. Dopo questa breve digressione riprendiamo alcun'altro esempio dei modo di rappresentare in serie l'integrale di for- mole differenziali analoghe a quelle trattate negli articoli a. e 3. Sia data pertanto la formola differenziale du (a-i-lug.u)* ove a, h sono costanti qualunque. I Se noi faremo {a-\-\og.u) =x otterremo u=e ;onde in virtù di queste convenzioni sarà i—zh a — o.h 3 — uh 4 — *^ (a?) r=— —\x -1-07 -H— -+-^ -4-ec. ed integrando: . . . , 1 i-7i 2— A 3-A 4—^ ~A~ "a" /i A :r :c ar ec. i—h h X 2.—h a(a— A) 3.3.(4— A) / i.a.ij {i—i)i,i—h) ec. I -H cost. Se ora riprenderemo la equazione x=:{a-i-\og.u) , e farc- ii/-' , ^ hz[/-l 1 . • , 1 T mo a=e , sarà x=r . e , purché si stabilisca a=:rcos.z, (p = rsinz. Quindi trarremo, sostituendo: 676 " Sopra l'uso di alcune serie ec. (.9) /-iALff!±i=rr^ri^r!!^^^_: a—hj[;i—h)t[/—t a— A 3-h p-h)zl/-j i-h (i-h)z\/-, ^-ec....H- J_ — -4 : -j-ecl-Hcost. 1 a(d— /() a.5....(i— i;(j— A) Paragonando tra di loro le parti imaginarie ricaveremo ec. r..!nO-/.)z ^_ec. l^-cOSt. a.,i...(£— i)(i— A) ove nel primo membro debbono ommettersi le parti imagi- narie. 9. Né qui trascurerò di notare che la trasformazione ado- perata sopra la formola differenziale - — ■ -r^ consecutivo con- fronto delle parti imaginarie, onde ottenere il completo integrale , rp\/ — I rÉ! _, potrebbe, come in analogo caso vedemmo all'ar- / ticolo 4- essere agevolmente supplita, opportunamente dispo- nendo la' stessa funzione f ? — In fatti sarà facile di verificare la identità seguente tra le parti reali: (31) (a-t-i^l/— I)* e .r .41- e — e .e 21/— I . e \r 4' if ±£ •e ■+-e purché si abbia r.cos.z = a, r.sìn.z = (p, ovvero r=|/(a.*-4-(^-); z=arc.tano:. -t . , Del Cav. Giuliano Frullani 677 Se noi svolgeremo in serie il secondo membro della equa- zione (3i) si troverà facilmente: (32) '^'^"' =e"".r''i-rsin.(i-A)z-Hrsin.(a-À)z-+-r»sin. (±±f ] ec. l-^ I • /• ; , r sin.(!^«)z a.i...(j— 1) ^e'^'T 4-| cos.(i — ^)z-+-rcos.(a — A)z-t- - ] a r "" cos.(!— /Oz , gp a.3....(i— 1) ,»■ 1 11 • • '"'■'■'"'''' '■'■' • I ■ - Ma dalie equazioni £ a r=i/{fli^-4-<^*) j s= Are. tang. -I- si ottiene (fi __ = ] r cos.(»-A)z ^^ a.iJ (i-I) j , . È manifesto che il secondo membro di questa equazione è una differenziale esatta : e che integrando indefinitamente si avrà come sopra: ■■ • ' • Sopra l'uso Dt alcune serie ec. r'»in.(J — h)z . I ' -4- ec. I -f-cost. ■ ' ' a.5....(i — 1)(! — /*) 10. Or se vorremo estendere la formola integrale J (u-t-fl/— i/' tra i limiti (^=— co^ (^=co, noi osserveremo che nel secondo membro della equazione che ne determina l'integrale com- pleto ed indefinito, le quantità r e z dipendono da

    .'> .,_' ,■■ '!■'!■ ec. . . . -f-COSt. Se in luogo di u porremo e , e quindi in luogo di x so- stituiremo il suo valore /»-H(7j/ — i che deriva dal legame sta- bilito tra u ed x dalla equazione x =: Yu : se di più faremo pz=rcos.z^ q=rs'm.z, e quindi r:=i/p''-^-q'; z=arc.tang.— noi ot- terremo finalmente: =/-i.rAz-HaArsin.z-f-3A '-!f!ll:l= ^. AA 'ili^ -4- ec . 1 ' ^ \_ i a 3a ^43 J -t-A lóg.r-f-aA rcos.3-(-3A '-^^^^^^ -4- 4A *• ''°^- ? ^_ ec. ■+. cost. . 1 *' a 32 ^43 E paragonando tra di loro separatamente le parti reali e le parti imaglnarie, noi conseguiremo: (40) /^££ioitóÌILÌ)=A 2-4-aA rsin.z-h3A. ^lÉH^l^ 4A ' J P-^t I a 32 ^ , -1- ec. -H cost. .(U Tomo XX. 74 68a Sopra l'uso di alcune serie ec. (4.) J — ec. -4- cost. 12. Potrebbero questi integrali completi delle formole Jifil pcos.rfi-t-qiìn..'••■•■. e facendo di queste la sostituzione nella equazione (4^)» ot- terremo; ■ pcosjpA-qcot.ifi ^,. ; da dp ^ ^ ; — i — A -t- aA rcosjz -h 3A r*cos.2Z -t- ecj- 684 Sopra l'uso di alcune serie ec. r aA sìn.z ■+■ 3A rsin.az ■+■ AA. r^'sinS^r-f- ec. 1 Ma poiché z=:arc. tang. -i-; r =:z i/p'^-i- q'' Tit i: sarà pure: . i, , ' ' dq dp dp dq dz ^ ^ ^df d T _P 7^ iTp E pertanto avremo: ' - pcos.^^qjin.^ ^^ = Jsf A -H a A rcos.z •+■ 3A r»cos .az -t- ec . 1 -h Jr r aA sin.2r -i- 3A rsln.as -f- iA r^sin.Sz -H ec. 1 ••a 3 ^4 ■• E facile il vedere che il secondo membro è differenziale esat- ta; e che integrando otterremo: />cos^,^ysin., ^^^^ ^ ^^ rsin.z-H3A, ^^^^ -4-4A^ ±Ì^ -t-ec. J p'-*-Q^ ^ I a 3 a ^ 4 3 . ■+- cost, , , ! ::..,■■,. .■ come sopra trovammo. ' Egualmente potrà dimostrarsi la esistenza della identità «i/» dq (4r>\ psin.qi—pcos.ti " d

    s;n.^-ycos., j^ ^ _ ^ log.r-sA rcos.z-3A, :^^2!ff « ec. y -t- cost. r ^ - ." i i3. Gli integrali completi come sopra assegnati alle for- molo differenziali 7^ (pc.os.(f,-hqs\rì. iirrgat .:.iil>"aili::i - : Cy ,0:r " ^l/-l Tra queste due equazioni eliminando (p, noi giungeremo ad una equazione tra u ed x che supporremo risoluta rapporto ad u onde si abbia u = "^Vx. Quindi sempre che ciò sia pos- sibile, svolgeremo la funzione "^x in serie per le potenze in- Del Cav. GiULLiANo Frullani , 687 tere e positive di x; e ne dedurremo: _-»-i :- u = A-+- A x-h A x' -h ec. E calcolati i coefficienti . A;, A, A, A„, ce. .::_ ■ J'J/<' \ .'•_. il problema sarà risoluto, ed avremo: ' rdf(pco,,.^g,\..,)^^ z-t-aA rsin.z-t-3A, '^^^^ -H 4A -H ec H- cost. E sarà pure , : " , ., . fd^iPÈL^Zpts} =:^A ]og.;waA rcos. ;z - 3A, I^ r'sln.Sz 4—3- a" ■1 r'cos.Sz 4 essendo 4A^ ~= _ ec -f- cost. r = i/j»^-t- ^% « = are. taug. -3-. . ■ . i5. Riprendiamo presentemente la formola (44) " • ■ r~^2LP££Lrtl?!!2-^=A i^aAr-4A 4 ^- 6A ^ - ec. J o P'-^r 1 a a 43 6 5 ove nel secondo membro deve farsi r=co. I coefficienti A , A , A , ec. dipendono dalla evoluzione I a 4 della funzione "^x formata con la regola qui sopra stabilita . in modo che sia "^x = A -H A .r -4- A ar'^-H A x'-»- A ar*-H ec. I a 3 4 ; . Ora è manifesto che noi avremo: ■"''-' 688 Sopra l'uso di alcune serie ec. -t/"^'"^-'V'-'^-"=-A.'-4A, -? * 6A^ 4- _ ec. purché gli integrali si facciano principiare da r = o. Onde per il caso di r=co si avrà __^/-°o,[^(.^/-)^-P(-.|/-.)] ^^A r-4A 4-H6A li-ec. ^y o *" a 4 6 & E per tanto avremo^ sostituendo: t/,f,\ /"°°d^(pcos^->-J^\r^.q>) _ . ,c f°° dr[rir\/-,)-- A = ( I — ma) I 77» A=(i— ma) . , 1 ^ ' i—ma I A=(i-mfl)"' .^■-"'>. I 771/ A =z{l — ma) ('-"')('-^"') (r-(7— .)>n; 71 ^ a, 3 71(1— 77ia)» Del Cav. Giuliano Frullani 69 e E per tanto sarà: I / /o\ P d)cos.m^ -+- i] z =: aro. tang. Ein.m^ eoe. ma -t- am — i 17. Così avremo espresso in serie 1' integrale completo della proposta formola. Se vorremo passare al di lei integra- le definito estendendolo tra i lìmiti (g = o, ^ = _I, noi tro- ' m veremo J o ("■'''■ — i-)'-*-^{^ non è che un caso particolare della precedente formola (49). Facciamo in essa m-=o. In tal caso la funzione m(am — i)ros.»-t-mcos.(m— 1)9 (am^ I )'-f-2(am — 1 )cos .rnj-*- 1 diverrà — . Cercandone il valore con i metodi noti, lo tro- o 692. SoPKA l'uso di alcune SERIE CC. ocos.ffi H- o'in.oj .,'. ;..■ veremo = — - — — . Per il caso di m-=o è noto dalla dottrina degli esponen- ziali che ( I — ma ) = e Pertanto sarà sostituendo: /''°^<^) =J!lL^ a ^^=^\ sin. ^. cos. -^ ^ ' J 2(1 — cos.mi/*) ara a a a'(i — m)(i — am) • ma) . -, ■ 1 i^ i. sin.— ^— sin. 772© Oi^ m» a ' a-.TO» -3 3'(i— m)(i— 3m)(i— 3m) • m,;} o m,p — ■ 77-- ,, ' . Sili. CUb. O ^— ■ a.o^ra^ a a 4-±-li il 3-7Ì — : — - — 2__L. sin. . sin.2,77itp -(- ec. -+- cost. a.0.4 .w^ a ' I Del Cav. Giulliano Frullani 698 Da questo risultato noi potremo dedurre alcune conse- guenze. Poiché esso rappresenta F integrale completo della formola md0(cos{m^i)'r^cos.(!,) 2(1 — cos.mp) noi potremo concluderne il definito tra limiti determinati. Sia- no i limiti (^ =: o, (p =z — ; e noi dedurremo tosto: X /^ tj m(cos.(m— 1)0— cos.p) » \ Se faremo m = o, in tal caso la formola m(cos.(?ra — i)p— 00S.9) 2(1— cos.mpj diverrà — . Cercandone il valore in questo caso, noi lo trove- remo = 'ii^ : onde sarà: / 9 ' f^ d ma delle potenze k delle a//?, radici della qui sopra asse- gnata equazione algebrica: cosicché si abbia (k) k k h h S =c -*-c -t-c -+- -+-C I a o ani f arco ax risulterà espresso dalla seguente serie: ,,.., max=sS sm.ax —l^sm.2ax-h —sm.òax —ec. H) . - » ^ la quale per la natura delle radici delle equazioni reciproche sarà necessariamente divergente. Moltiplicando d'ambe le parti per cos.«.x- otterremo: Del Cav. Giuliano Frullami 699 ^max.co%,ax-=ò ( i — cos.aflo; ) — .x_ ( co%.ax — cos. iax ) -H , ( cos.2a.r — cos.4<2-^ ) — ec. Quindi nuovamente moltiplicando per — ^ ed integran- do rapporto ad x tra i limiti a:=o, ^=:oo si avrà: e c(3) — 3a c(4> —^a■ _1_ e — -S— e H- ec. 3 4 Ma poiché le quantità e ^ e , e e sono le a/n radici della I a 3 ara equazione reciproca del grado 2/?z 0=1-+-/' j-i-/? 7'-f- -^p y -^py -+-J cosi noi pure avremo: (55) .^f^'Hjìl^h^dx: a — '^,, , """ — 2a — (a/n— i)a —amo. [e — e )log.(n-y7 e -^-p e -h....-(-/7 e -4-e ) I ove/? :, /> ,.•••/' sono quantità qualunque. I a m A tale assurdo ci condurrebbe 1' adoperare la serie non convergente (54): la quale ciò nonostante, ed attesa appunto la sua indeterminazione potrebbe in infiniti casi condurne a resultati esatti. Se per esempio le quantità arbitrarie » , » , p^ p fossero tra di loro dipendenti in virti^i della equazione —a —ad ^(a/7i— i)fl — '^rna I -¥-p e -H/» e -4- -\-p e -+-e : 700 Sopra l'uso di alcune serie ec. in tal caso la equazione (55) ci condurrebbe al vero. Ma tali anomalie provano vie meglio 1' incertezza che sempre deriva dall' uso delle serie divergenti : e come elleno non possano neir analisi essere di uso nessuno. a4- Essendo u la funzione generatrice di una data equa- zione differenziale tra y ed a; il cel. Laplace dà per deter- minarne r integrale il metodo seguente. Poiché M è la funzione generatrice di / noi avremo; X u=y -+-/ #-Hy f-^- -+-V t -t-ec. Ola •' X 2|/— I Facciamo in questa equazione i = e e sia U quello che u diviene in virtù di tale sostituzione. Indi moltiplican- do la equazione risultante per e ed integrando si avrà -„ , —xz\/—i ^x:l/—t _(x— i)jl/— I JyJdz.e = fdz[y e ■+-y e -(X— 2)21/— I 11/— I •+-y e -4- e e. -4- -4-r -l- r e -t- ec. . a -^ x -^ x-t-i ■' Se ora estenderemo gli integrali tra i limiti z= — tv, z=;r, è manifesto che il secondo membro ói riduce a a,7Ty , e che X quindi avremo: , . ~XZ[/—l v=-L r \5.dze' X ^JtJ o Si veda la prima parte della Teoria Analitica delle probabi- lità art. 21. Ma questo metodo non è esatto e può facilmente con- durre in errore. Per averne un esempio semplicissimo ponghiamo il ^ ni'' -»- at • Del Cav. Giulliano Frullani 701 n essendo una quantità qualunque. Sia y il coefficiente di t nello sviluppo di u per le potenze intere e positive di t. Se dalla cognizione della funzione generatrice u vorremo aver quella del coefficiente / , noi faremo. . X 00 , , M=j -Hj t-v-y t'-\- -4-jy t -¥• -+-7 t . 00 Ed adoperando il metodo del Laplace troveremo: I É'^ cosxzdz 1/ — I ì^'"^ eìn.xz.dz ' ' _■ . : -'^j; 2.irJ ^ i-t-ncos.z air / ^ i-t-ncus.z ' ,y , Ora è evidente che l'integrale / ■^'"^"" è nullo per iden- '-' / ^ i-t-ncus.z '■ tità: poiché di esso gli elementi negativi sono distrutti dagli equivalenti positivi. Abbiamo inoltre identicamente /■'' cne.xz.dz C'" co?..xz.d = 3/ _^ l-t-«COS.S J o l-t-«COS.: dz ,z Ma nel caso di /z< i sappiamo per i conosciuti teoi'emi di Euler che > /■ ■»■ coi.xz.dz _^ ir /,— [/i— «A' ' ' ". " ■ ' 0 i-(-«cos.z 1/1— n^ \ " / ' ove il segno superiore deve preferirsi nel caso dell' esponen- te pari;, e l' inferiore nel dispari. Pertanto dedurremo •^^ 1/ Il qual risultato è falso^ poiché dalla dottrina delle se- rie ricorrenti noi abbiamo, qualunque sia n ^. =-^[{^^'^r-(-^^-n -t 7^2, Sopra l'uso di alcune serie ec. a5. E facile di riconoscere che la sorgente dell'errore sta nella mancanza di convergenza della serie adoprata. Infatti riprendendo le denominazioni di sopra usate , la funzione generatrice u diverrà U postovi e in luogo di t; e la funzione U si svolgerà nella serie (56) U =jr -t-/ cos.z -+-jK cos.az -H V cos.Sz -(- -+-x cos.a-z -4- ec. -t- 1/ — i( y sin.z-f-r sin.2s-l- -t- y sm.xz ■+- ec.) dalla quale^ se non sarà convergente ^ non potremo ricavare alcun profitto. ' ■'-• "• Cosi nel caso particolare in cui 2* nr-*-i.t-{- n noi sappiamo dalla dottrina delle serie ricorrenti che ove i',-. ■ , '•;.i:', .;i A r >'■ ;;-t quindi sarà sempre a < i. Poiché pertanto la precedente equazione sussiste comun- que grande si supponga m, noi faremo m=:co, e ne dedurre- mo rigorosamente: /. dzrns.xz come è noto. 2,7. Le osservazioni precedenti debbono tenersi presenti quando si facesse uso delle equazioni (4o), (40' ^ ^he da que- ste si volessero dedurre gli integrali definiti delle formole /?cos.»-t-ysin.ji j , pi]n.2—qcos.T i^ come appunto si è fatto negli articoli i3. i5. tra i limiti (p-^o r- te. I a o 4 noi dedurremo: Fé -t-Fe , , cos.i* . ^ , acoa.p T"^ = o -t-y e cos.sm,(^-H£i e cos.asni.(p -i-ec. la qual serie sarà convergente ogni volta che chiamato A il limite di "•*•' relativo air indefinito accrescimento di «si b n . cos.?S , abbia e <^. Pertanto, moltiplicando per d(p la equazione precedente, ed integrando tra i limiti (p=z e,

    a-i-b •^ a'-i-2aue ' cos.isin.f-t-i^e ' Così pure si otterrebbe I i "^ 7JT / . 7 'cos.p . . afcos.e. , , ,. (63) T 1 «^Iog.(a*-H2fi^6e cos.iSin.^-Ht' e )=;rlog.(a-l-i'). Non mi tratterrò attualmente più a lungo nella esposizio- Del Cav. Giuliano Frullani 7II ne dei casi speciali che discendono dalle formole referite nel corso di questa memoria: principalmente perchè nella dottri- na degli integrali definiti non tanto consiste il pregio dell'o- pera nella molteplice esposizione di singoli casi che l'eserci- zio del calcolo talvolta somministra spontanei \ come piuttosto nel comprendere sotto forme meno particolari estese classi di trascendenti; delle rpiali cosi risulti palese il legame e la di- pendenza. 1 7ia SOPRA LA RIDUZIONE DI ALCUNE TRASCENDENTI 1 MEMORIA DEL CAVALIERE GIULIANO FRULLANJ. Ricevuta adì i. Ottobre i83o. I. iVappresenti Fcos.s una funzione qualunque disparì d COS. Zi tale in conseguenza che essa muti segno allora quan- do cos.z diviene — cos.s; cosicché si abbia Fcos.z= — F( — cos.z.) Sia inoltre i un numero intero e pari. Ciò premesso la for- mola integrale fz dz F COS. z estesa tra i limiti z=o, z = n^ ove 7t rappresenta il rappor- to tra la periferia circolare e il diametro, ammetterà alcune riduzioni che in qualche caso potrà essere utile di avere pre- senti, e che brevemente andrò esponendo. Rappresenterò col segno /. la formola di cui si tratta. Né occorrerà che io richiami alla mente dei miei lettori i li- miti dell' integrale con adoperare il segno / ; poiché una vol- ta per tutte mi basterà il dire che le formole integrali che si incontreranno nel corso di questa memoria sono tutte as- sunte tra i limiti citati. a. Ammesse tali convenzioni, noi avremo i yp=. fz dz. Fcos.z Del Cav. Giuliano Frullani 718 se in luogo di z si sostituisca ii — z, sarà senza che i limiti vengano alterati y^fin — z) clzF — C0S.Z. , • Ma poiché F— cos.z= — Fcos.z avremo pure • y,= — f{jt — s) dzFcos.z ■ t- • \ Ora risolvendo ilbinomio(;r — s)', e dinotando col segno/, l'in- i—n tegrale fz dz F cos.z, noi otterremo , rammentando che il numero intero i è paxi, " \ >.-... ^y=:my _̱Iii;r^/. .,.'('-0 (i-^^) ^3 e. E parimente /• \ («-2) (f— 3) a , (/■— 2)(i— 3)(i— 4) 3 ay. =(z— 6):i:r — •i — -ny „H- i '^—r^ -xy — ec. i ' a_y = an: y . Attualmente moltiplichiamo la seconda di queste equazioni per ì[ì — \)k'X ; la terza per z(/ — i)(i — a)(i— 3):;r'*^'; la quarta per i{i — i)(z — a)(i — 3)(i — 4)(' — 5).t''/1", e così di seguito: essendo ^, X , X' ec. coefficienti arbitrar] , si otterrà, sommando tut- te le precedenti equazioni cosi moltiplicate: Tomo XX. 78 7i4 Sopra la Ridnzioue ec. (') —ec. -+- '■('— ' )-^' ( T -<- ^^ ) Z.,.^ -t- ec. Abbiamo supposto j numero pari : è dunque manifesto che le quantità À, À.\ Z" ec. saranno-^ i di numero ^ cosic- . . . ■ , / (--) che la serie di esse si estenderà sino a À 3. La precedente equazione (i) rappresenterà la funzio- ne y , data per mezzo delle f — i funzioni y ,y ,y i *■ i—I »— a i — 3 y ; delle quali potremo eliminarne i convenientemente ir-) determinando le quantità À, À\ X' , /l , meno per altro la funzione / la quale non può eliminarsi perchè non è affetta da nessuna di quelle arbitrarie. Così per esempio osserveremo che nella serie Del Cav. Giuliano Frullani 710 ove i è numero pari , li teraiini collocati in posto pari sono ^ X di numero ; noi potremo dunque eliminare tutti que- sti termini ; ed in tal caso la funzione y resterà espressa li- nearmente nella equazione precedente (i) per mezzo delle quantità i — I i — 2 i — 3 I 4- Per eseguire questa eliminazione è chiaro che noi do- vremo determinare le arbitrarie A, A, X' À per mezzo delle equazioni seguenti: . ay^-H — = o (A) aA'H-4 ■^ ..3.4 - ° /1 rr X a,À H — -1- -^ 1 ' - ■ a.34 ' a.3.4.5.6 ■2. 1 ^' 1 ^ 1' ^ a. .3.4 a.3.4.5.6 ec. . . Ammesse le quali rimarrà y , espresso dalla equazione 2,/.=: ijty , -H i( i — I )( i — 2 )(in.^y. , ■ (a) -^ ì[i — i)(i — 2)(i — 3)(i — ^)dn^y -+- ec. i— 5 -{-i[i — i)[i — a) [i — ^n]ii a 7. -»- ec. purché si abbia ffld '' Sopra la Riduzione ec. ••li' a = À-^ 7 rr.'ì ■ ' 'li: ::\'j ;!'-> mm :i;i;ìi-.ìiii ii> a.d :2. 0.4.0 ■ i ■ A' . /l ' ■ (B) a=r^ à -^ .-XP -^ OT5X7 a.3 a.3.4.5 2.S.4....(2/i-t-i) ec. 5. Tutto dunque consisterà nella risoluzione delle equa- zioni (A) e nel calcolo delle quantità a, a, a", ec. date dal- le equazioni (B). Per tale ogiietto è facile il convincersi che ritenute le equazioni (A) sussisterà pure la equazione i.^.Àar-t-/l'x*H-/l"a;3-4-À"'jc''-t-ec. a a.3.4 2.3.4.6.6 ove X rappresenta una variabile qualunque: Or supponendo I -¥- Àx-+-À'x'!-i- /l"x^-^ rx'*-^ ec. —Jx ed osservando che — =^ = I H 1- -^ H rr-r-f, ■+- ec. 2 a a. 0.4 3.3.4.0.0 è manifesto che la precedente equazione diverrà a- d' onde trarremo: Del Gav. Giuliano Frullani 71' / T»/^ ""Ti/ ^\ Ve -He / e ne inferiremo che le quantità À, À', À" ec. sono i coef- ficienti delle successive potenze di x nello sviluppo della funzione 4 ~ ( cosicché si avrà •fi/^ -• Ti^-^v '''rr^"^ "" e -he f fj'inqfjo .,3.4....(«*0<^x"*' '^ -L/x — i/o; le -4- e / ■i() facendo ^=0 dopo le differenziazioni. Per determinare i valori di a, a', a!' ec. dati dalle equa- zioni (B), noi osserveremo che in virtù di queste ed essendo X una variabile qualunque, sussisterà pure la equazione I +.aa:-+-a'x*-*-a"a;3-4-a"'a;'*-t-ec. x x^ x^ i-t-/Ì2;-t-A'x'-»-À''x3-+-/i,"'a:'t-)-ec. a. 3 a. ci. 4.5 a. 3. 4. 5. 6. 7. Or noi abbiamo -T- t i-t-Aa;-4-A'a;*-f-;i"a,-3-j'-^"'a;'*-t-ec. = e si ha non meno e H- e .1/ * _ «-l/^ a; ,r' 2:^ 2.3 2.3.4.0 2.3.4.5.6.7. \/ X quindi concluderemo e 7^8 Sopra la Riduzione ec. _ a \e — e ) i-hax-ha'x^-i-a"x^-ha"x'>-hec. = ^ ^^ l/x E pertanto j. i 2.3.4.. ..(ra-Hi)ia;"'*"' /TI/" Tl^ *^\ \e -*-e ìi/x •,,',, oppure (K) 8 n-4-2, / Tl^^ ""Tl^'^\ purché si faccia a; = o dopo le differenziazioni. Or dalia decomposizione nei suoi infiniti fattori della fun- zione esponenziale ^ e -H e noi abbiamo: ■ ■ •' . log. ( e X — -H e I / ) = = log.a H- ^''* w" •+■ Sg.3 ec _^ S 2n-t-4 n-t-2 a; ec. iiff^ , , 2n-+-4 essendo am 507 ove m è un numero intero e positivo. Pertanto Del Cav. Giuliano Frullani 719 n ^ 2n-+-4 • I ove il segno superiore conviene al caso di n dispari, e F in- feriore al caso di n pari. Denotiamo attualmente con i segni B ,B ,B^ B ,ec. 100 2n-t-3 la serie dei numeri di BernouUi. Noi avremo , come è noto dagli elementi di algebra ^ «^"-•-4 , an-i-4 n *"*4 ^ ,.a.3 (an.+.4)' ' ■ ^- ~ onde sostituendo nel valore di a otterremo finalmente ^W^±4(^=^"*4_.)B^_3 < t'. a. 3.4 (2«-(-4) Né questa espressione di a potrà lasciare da desidera- re quanto alla generalità^ perchè il termine generale dei nu- meri di Bernoulli è analiticamente determinato in funzione del suo indice. 6. Riprendiamo attualmente il valore di /. dato nel pre- cedente articolo 4 dalla equazione (a). In esso potremo sosti- tuire in luogo di a, a, a", ec. i loro valori dedotti dalla ge- nerale loro espressione: e ciò facendo otterremo: . a/ = 1 .4(2»-i )B jty _'(^-'X'-^) 4( a4_ j ) B n\ i a ^^ ' i -^ ì—i a.3.4 ^^ ' 3 ■' i—^ i(;-.)(i-a)(i-3)(/-4) // ^6_ ) J3 5 a.3.4.5.() ^^ ' 5 ■^ iS •M ■ . (3) — ec. l;. 1 i(;_j)(i_2) (i— a/i) ., a/'-t-a ,_ o/j-t-i 4( ii — i)B ;r y. a.3.4 ..(2/;-i-a) ^^ ' a/;-f-i ' i— aA— i i — I z;i ec — 4(2' — j)^- '^ >' ^ao Sopra la Riduzion:e ec. nella quale espressione il termine generale che vi è com- preso avrà il segno superiore quando h è pari :, e l' inferiore quando è dispari: e l'ultimo termine di essa dovrà essere pre- ceduto dal segno positivo quando — sia dispari , e dal nega- tivo nel caso contrario. Si noterà che nella espressione di a/ in luogo del pri- mo termine che sarebbe ìny ho scritto il suo equivalente i—I ^ — 4( 2.* — I ) B ny_ , e ciò per meglio rappresentare la legge dei termini. La equazione (3) potrebbe scriversi in ordine inverso: e ciò facendo si troverà: ^_^„ , („; ^y^-^Y- ^^~'(^i-. yr^ ^ (^ - 1) B^^3 y^ •^ (a — i)B. y •w a.3.4.5 ^ / i_5 -'s ., ■;.»«: ...r (4) -ec. : • :) ; i(;_,)....(,-__2?7-+-3) J— 2n^r , i-an-t-a -. , , ^ (a — i)B. y =^ec ±Ì;iK-i)B^7^_^ ] Nella quale equazione il coefficiente di B y avrà il segno superiore quando sia n dispari, e l'inferiore quan- do sia pari ; mentre poi degli altri doppj segni dovranno pre- ferirsi i superiori quando -L sia dispari, e gli inferioiù quando — sia pari. Tale sarà dunque il valore dell' integrale 2,/.= a/z JzFcos.2 Del Cav. Giuliano Frullani 72.1 esteso tra 1 limiti z=:o, z=;r purché sia i un numero intero e pari ; ed Fcos.z una funzione dispari di cos.z, 7. Abbiamo, come è noto, Se pertanto nel valore generale di j. faremo successivamen- te i=o, a, 4? 6, ec. troveremo le riduzioni seguenti fdzFcos.z = 0 fz'^dzWcos.z = TtfzdzFcos.z fz^dzFcos.z = 2.Tcfz^dzFco5.z — Tt^fzdzFcos.z fz^dzFcos.z=3}ifz^dzFcos.z—5jz^fz^dzFcos.z-^iz^fzdzFcos.z ec. • ' . 8. È notabile c!ie la generale equazione (3) può molto semplicemente rappresentarsi per mezzo di una equazione simbolica. Infatti abbiamo la equazione identica a-(,-H^tX-i)''*"-(.-^l/- !)'•*" —,± . ■ - 2A.(Ì-(-l) ^ iii—t)(l—2) ^3 i(i-i)(;'— a)(i— 3)(i— 4) ^5 ^^ a.;i.4 2.3. 4.5. 6 Indi è manifesto che la equazione (3) equivarrà alla seguente: (5) n — y -4- ( .-*-rft/-.)"^' ^(,-^X-t/-, )'■*-' -a purché nello sviluppo per le potenze di k si ponga (a — i)B V in luogo della potenza ^ , essendo B il numero dì Bernoulli '■ a/j-t-c rispondente all'indice a/i-i-i. - . . Tomo XX. 79 7aa Sopra la Riduzione ec. 9. Riprendiamo la generale equazione (1) riportata nel precedente articolo a. In quella abbiamo sino ad ora determinate le arbitrarie /l, À\ À" ec. in modo da esprimere la trascendente 7. per mezzo delle analoghe trascendenti r. ,y ,jy ./.. Po- i — I i— 3 i— 5 i tremo invece disporre di quelle arbitrarie in modo che la tra- scendente y. venga determinata per mezzo delle trascendenti i — I j— a z — 4 * ed otterremo ciò facilmente purché si faccia (c) 0 = -^, -+-47-+-^' ^ ' 2.3.4.5 a.d 1 , -^ . '^ , 1" a.c5.4.5.6.7 a.a.4.5 a. 3 ec. In virtù delle quali noi conseguiremo: 2,y_^=iiry._ — ì{i — i)7t''by. — i{i — i)(i— ii(i — 3)K^b'y. ,'— ec. purché si abbia (D) è'=-i_^ i.M.a;i' ^ ' a.i.4 a a.i.^.0.6 a.d.4 a ec. Per risolvere le equazioni (C), e determinare le quantità Del Cav. Giuliano Frullani 728 À,, X\ X' ec. noi csserveremo che sopra quelle equazioni stes- se si ricadrà quando per risolvere in serie secondo le poten- ze della variabile x la funzione ""p^I —\/x si ponga ^/ x_-\/x = IH- -l t -H X.e-^ X'x^->rX"x'^-\- ec. onde sarà ' in) a j""*"' ^^ 2.ó.^....[n-*-i)dx e" — e ^ purché si faccia x=o dopo le differenziazioni. Parimente risolveremo le equazioni (D) osservando che in virtù di esse sussisterà indipendentemente da x la equazione t^bx-\-b'x*-*-h"x3-t.b"'xi-t-ec.-.ÀT—X'.T^—À"x^—ec- t^ ' ^ e~^-^ i-+-/ij;-+-/l'^"-t-/l"j;'-t-ec. ^ (px ^ i -^ bx -^ b'x^'-k- b''x^-\- ec. Facciamo F.r = I -+- Ai--h/l'x'-+- A'a^H- ec, e la precedente equazione ci darà (px=z±i^L^!l±yZ:LYx-^-Yx—ì. sy/x . • Ma si ha ¥x = ~~^Zx _ ^^ quindi pure sarà ridu- cendo , \/a ° l/a Per una semplificazione ulteriore tacendo a = h = i ot- terremo: (.5) ^ , J- zdzs'iti.z la quale formola dedotta da diversa analisi trovasi riferita dal cel. Poisson nella sua seconda memoria sopra gli integra- li definiti inserita nel giornale Politecnico. Dalla fijrmola (t4) potremo trarre altre riduzioni. Ponga- si hi/ — I in luogo di h ; noi abbiamo se h < i/a ,—7 7— are. tan". "^ . = -, ,- lo [/a sarebbe : . ■rry — — rare, tang.-^^^— = -TT-r- log. j — ^ onde in questi due respettivi casi otterremo: (16) r_zdz^m^ _ __fL_locr.t^2!±i' ' ' y a—/t'cos.z^ 2.li[/a '^ l/a—h (17) r-±ìlILz^=-JL-\o3. t^ ^ '' J «— À^cos.s- 2/(l/a ^' h—\/a' Le formole (14), (i5), (16), (17) possono dedursi da quel- le riportate dal cel. Legendre nei suoi esercizj di calcolo in- tegiBle art. 75 e seg. della 5." parte. 732 SoPR\ LA Riduzione ec. Altre integrazioni definite potranno dedursi dalla equa- zione generale: J zazsin.z[a-\-bcos.z ) = —J [a-i-h ) a seconda degli infiniti casi di integrabilità della formola / (a-i-h ) flh. Tale assunto essendo straniero all'oggetto di questa memoria^ mi limiterò ad osservare che qualora per la specialità degli esponenti rn , n non ammetta questa formola una finita evoluzione ; potremo adottare in tale occasione li metodi approssimativi referiti nella eccellente memoria di Eu- ler che è contenuta nel 4-° volume del suo calcolo Integra- le {a). i4- Essendo i un numero impari, ed Fcos.z una funzio- ne pari di COS.Z, e ponendo i — n y ■=■ fz «zFcos.z ove i limiti della integrazione sono sempre z=o, s=.t noi tro- vammo neir articolo 1 1 — ec. 2.ò.4....(2n-4-2) ^ ' a/iH-i i— an— I ec. (a) De reeolut. formulae /x"* 'jx(A-t-x")'^. MS. Acad. Petrop. Del Cav. Giuliano Frullani ^33 Se nella forinola 7 "=■ fz dz¥ COS. z i—n faremo Fcos.2 = a, essendo a una costante qualunque, noi otterremo i—n-t-t y- = JL a i — n i— n-l-i e sostituendo nella equazione precedente si avrà a a ^ ' i a. 3.4 » ' 3 (18) ^ (i.^,);(,--,)(|--.)(,--3) ^^6_ j )B ^ ' a.ò.4.5.6 ^ '5 ec. La quale equazione contiene una generale relazione tra i numeri Bernoulliani , che per mezzo di quella potrebbero tutti successivamente determinarsi. Ed inlatti se successiva- mente faremo i= i, 3, 5, 7, ec. si avrà: ec. E potremo anche in tale circostanza osservare che la equazione (18) può rappresentarsi concisamente col mezzo del- la equazione simbolica 734 Sopra la Riduzione ec. (iq) r^ — , .x- (i-H^i/-.)'-^' H-[.-At/-,)'-*- ^-a la quale sussisterà quando nello sviluppo per le potenze di k a/i-t-2, . ,a/j-Hi SI ponga (2 — i)B in luogo della potenza k i5. Moivre nelle sue miscellanee analitiche dedusse dal calcolo delle differenze finite una generale equazione^ nella quale successivamente determinando un indice compresovi, si ottenevano altrettante equazioni atte a determinare l'uno dopo l'altro i numeri di Bernoulli, appunto come ho accennato po- tersi conseguire dalla equazione (17). La equazione di Moivre può dedursi dalla equazione (9) che ho riportata nell'articolo la. Di fatti facendo in questa Fcos.z=:a troveremo: i— I (/'-»- i)i T, (i-t-i)f(f— i)(i— 2) g ii-i-i)i(i— I )(i— 2)(i'— 3)(i— 4) r> a 3 1 3.3.4 i a. 3. 4.5. 6 5 ' , — ec. che appunto è quella di Moivre ; e dalla quale altrettante equazioni successive si ricaveranno facendovi successivamen- te i=:3, 5, 7, g. ec. Ma egli è manifesto che tanto la equa- zione di Moivre quanto la equazione (17) che ho di sopra ot- tenuta, le quali possono offrire forse qualche curiosità come teoremi numerici^ non presentano nessun' interesse quando si tratti del calcolo dei numeri di Bernoulli , dei quali è nota r espressione del termine generale in funzione del suo indice. FINE.