=■ r • La dimostrazione j che egli ne dà, sebbene incompleta, somministra l'opportunità di una considerazione importante. Se avesse ne' suoi calcoli scritto — in luogo di o, avrebbe trovato che l'integrale / . ^''"^ '"^ j o più giustamente 6c Nota suol' integrali ce. ixi / ' -''"^■''v" j è iiulipcndcnte da /•. E se passando ad un caso r ]iaitic()larc avesse nella fia/,ione — posto ùì^=n, e non avesse tenuto conto del denoininatore r, ne avrebbe tirata Fcrronea consegneuza, clie sia .-V- (« i-'^'^^^Vo — 7-) e2;uale a / ' -'""'^•^■. Di (|ui apparisce , die non può farsi in iienerale alcuna imitazione nella lornia dei limiti de^rinte- i;raU definiti, percliè il solo eanyiainento di — in o, il quale a primo aspetto sembra permesso^ conduce ad un resultainen- to lalso. Insieme si riconosce rpianto sia pericolosa ijuesta ar- Ijitraria distribuzione in parti , con la (juale si attribuisce all' iniinito una forma particolare. Tralascio per brevità di ripetere le medesime osservazio- ni intorno alle altre simili ricerclie del Sig. Frullala^ e solo mi trattengo un poco nell'esame dei ragionamenti derivati da altri principi, che si adducono da lui in conferma dell'equa- zioni (/^ cos. ì-rp =1 c , / ([(j) sen . rfp z= ~, J 0 i-t-p È evidente che l'integrale indefinito fdrpcos.rtp determi- nato in modo, che svanisca insieme con ^ può mettersi sot- to la forma / dxcos.rx d' integrale definito, e viceversa l'in- tegrale in apparenza definito / J.rcos.r.r è equivalente all' DelC/^v. Paoli 6i integrale indefinito fdtpcos.rp. E siccome /dxcos.rx è =/ dxcos.rx — / dxcos.rx , o J o J p essendo e finita o infinita, cosi avrà luogo 1' equazione (a) / d(pcos.r(p =:/ dxcos.rx — / dxcos. .rx. Ma dalla relazione osservata tra gì' integrali definiti ed i corrispondenti indefiniti si comprende, che questa ecjuazione (a) in qualunque modo trasfi)rmata non potrà mai darci il va- lore di/ dxcos.rx sotto una forma diversa da quella, che si ottiene per mezzo della integrazione indefinita, cioè •^^^^. Se per esemplo nell'integrale / dxcos.rx ponghiamo col Signor Frullani x=y-h
)
=cos.r(p / dycos.ry — scn.rfp 1 dysen.ry ,
ponendo il qual valore nell'equazione [a) otterremo
dxcos. r.v =
I d //. Ciò po-
sto, si ha:
X
P p P" P P P
(x—a) (x—a') (x—a") (x— a) (x—a') (z— a")
=(
P P—^
(x—a) [x—a)
ecc.
•ecc.
A
B \ X
r^)
p p—t I — a' I p
{x—a') (x—a') (x—a")
indicando genericamente per A, A', ecc. e per B, B', ecc. i
rispettivi coefficienti delle potenze di -^- , -^, in qualun-
que sviluppo, dopo di avere osservato che in questo caso es-
si possono considerarsi determinati mediante la formola (2)
dell'art." precedente, essendo f l'identica frazione,
(x—a) (.r— a')
il cui sviluppo fu considerato nell'articolo stesso. E quindi
chiaro che quello della frazione ora proposta dipenderà pri-
mieramente dalla determinazione generale del coefficiente di
_ ■ , indicando per n un numero qualunque intero non
(x-a)
>^ — I, nei parziali prodotti
Tomo XXI. 14
lob Sulla Decomposizione ecc.
A-r A'.!.- A X
ecc.
(.r— a) (.r— a") {x—a) (.v— a') (.r— o) (x— a'')
Ora questi, come è visi])ile, non sono che altrettante frazioni
della l'orma di quella considerata nell'art." precedente, verifi-
candosi anche r"'> — Q -^ p" •> espresso per/? — ^/ uno qualun-
que degli esponenti p ^ p — i, ecc. p — (y? — i ) = i j poiché
essendo per ipotesi r" non > p\ sarà r"'<7^"-Hi , e molto più
r'<,p'-\-^, /'"-t-S, ecc.; dunque il coefficiente totale di
-^ sarà la somma dei coefficienti della stessa potenza
{x-a)
nello sviluppo di ciascuno di detti prodotti parziali ricavato
dalla ripetuta applicazione della stessa formola (a). Torna qui
opportuno 1' osservare che se nella trazione proposta si sup-
ponga /• = o, si ha;
I / A A' A
-Hecc-
p p l* \ P P~~^ x—a
(x—a) (.r— a') {r—a") (.r—a) (x—a)
ip'-i)
r
-l-ecc.-f
x—a' f • f>
(X—a') (x—a') (x—a")
ma allora i coefficienti A , A', ecc. B, B', ecc. appartengono
allo sviluppo di ^ r e sono perciò dati dall' equazio-
(x — a) (x^a')
ne (VII) dell'art. 6."; e lo stesso dicasi de' coefficienti corris-
pondenti delle potenze di -^ nello sviluppo de' prodotti
parziali
A A" A
, , eco* .— — ^ -jj^
p p ' p-i p ' p
(x—a) (x—u") (x—a) (x—a"} (x—a) (x—a")
Del Sic. Marchese Rangoni ' 107
de' quali la somma dà gli analoghi coefficienti totali nello
sviluppo della frazione -
P P ., P
(x—a) {x—a') (.r— «')
Passando agli esempj, sia proposta la frazione
X^ X^ X
(X-l)^(X+l)\X—2) {x—l)^i,X-i-l)^ ' x—%
4 (a;—!)' ■ x—a 4 (^ — ^Y x—3, 16 X — I x—a,
8 ■ (x-t-i)' ' X — a 16 ■ x-i-i ' X — a '
sostituito qui lo sviluppo della frazione ^._^ 3 ._^ ottenuto
nell'articolo precedente. Si ponga primieramente
X " A . A' . A" . B
(.r— 1)3 (a-— 2) (x— I)' {x—i)^ X- 1 x~'2.
trattandosi di determinare A, A'^ A''^ B col mezzo della for-
mola [1) dell'art. " precedente. Posto in essa /?'=i, r'=i, r :=o,
essendo in questo caso l'esponente di x nel numeratore della
frazione proposta r=r ed inoltre «=i, a =2, ed a — a = — \=^b,
r' r'— I , , ^ r'— a r"
Y) = a=\,Y)'=ra = i , D"= J±r^ a =oedE=o'=r,
r'— I
E'=:r"a' = o, j9=3, e fatto successivamente /z=c, n=i, ?i=2,
si avranno i valori
A'= ^=^.[.F -+--Ì-.I.F = — a
A"=-i-.F -H-^L.i.F = — a.
—I I
1,2 1,1
lOo Sulla Decomposizione ecc.
Resterebbe a determinarsi la B,locchò si otterrebbe cambian-
do opportunamente i valori nella l'ormola {2) succitata, ma è
più semplice il ricavarla immediatamente dallccpiazione stessa
B
(X — i)\x—^') (.1 — 1/ ^j:—!)' .1—1 X — a
la quale moltiplicata per x — 2, poi fatto a; = 2, dàB = a, e
diviene ancbe perciò
X 12 2 2
(.C—S)\x~-2) (J— •}' (X— i}^ X—I X—2.'
Decomposta oosi una delle parti della proposta espressione
, — -T- , potrebbero determinarsi anclie le altre col sus-
(x — t)'(X-i-l)^(X 3.) ^ i
sidio della detta Ibrmola (2), ma essendo esse tutte decompo-
nibili con facile artificio, semlira questo preferibile nel caso al
metodo generale. Si ha di fatto secondo la regola data nell'art." 2.°
a I
3 ' a;— a
a-
1^2 X II
(x— Utj;— 2)
x—\ ' x—2 ' (a:+i)(x—2.) à ' i-t-i
Posto poi
_ A A' B
{X I)^(X— 2) (X— I)' ' X—I ' x—2 '
e moltiplicando successivamente questa equazione per (x — 1)^,
X — 2, e fatto pure successivamente x=i,x=i,x=o, si ha
A=-i, B=2, A'=A — -5. = — a.
e quindi
2 2
(x— ij-'fr — 2) (X -1)^ X — I X— a
Similmente si ha per analoghe operazioni dalla posizione
Del Sic. Marchese Rangoni icg
X A A» B : •■
(i-4-i;»(x — 2) (H-i)* x-\-i X — a
ò g ' a 9 '
e perciò
2 1 ai
(x-t-i)^(i— 2) 3 ■ (a-hi)^ 9 ■ .r-+-i 9 ' x—a '
Riassumendo pertanto tutti gli sviluppi parziali e sostituendo-
li nella proposta equazione^ si ha:
x^ ili 2 3 a \
r— j)3(a-4-l)»(Z— 2) ~\'~(I— l)'' (x—iy X— I X—2,}
, 3 / I a ^1 " I ^ _i_ ^ 1
4 ^ (x— O^» x— 1 X— a/ 16 \ x— 1 X— a/
l/jL r ._^ _JL -f--l ' \. 5 / I _i ■ a I \_
8^3 ' (x-M)» 9 ■ xH-i 9 'x— 2^ iò\3 ■ x-t-i iJ ' x—2.)
(X-
5 I 43 I I I 19 I 128 I
4 ' (i— 1)* 4 ■ (x— I)» 16' X— I 3.8 ' (x-)-i)^ 9-i6 xH-i 4.9 ' X— a '
Per provare 1' esattezza di questa forinola non sembra inop-
portuno di cimentarla con un esempio. Si ponga pertanto
a: = 3, e si avrà
3' I 5 43 I IQ 128
3^.4».! 4. 2* 4.2-' 4.2' 3.8.2^ 9.16.2» 4-9 '
ovvero
come deve essere riuscendo appunto 1' equazione identica.
Ilo Sulla Decomposizione ecc.
Sia ora l'altra frazione
(x—i)\x-i-iyi,j:—^)
che è pure della Ibriiia della proposta al principio di questo
articolo, quando si suppone r=:o. Essendo per l'equazione (VII)
dell'art. 6.°
(.1 — 1)3
(— )
^^ ■2.,i (x—iy
posto cioè in essa p ^?), j)'=2..a=:i ^ a'=: — \, b = a — a'=2,
si ha pure:
(X — i)iix-^iy(x — 2)
/_i_ __i i_ < _3_ _i i_ ^ 3_ I \ 1
\4 ■ (x— I}* 4 ■ (.1— !)•' lO ' x—ì a • (j;4-ij» lO • x^ij' ^—2.
Quindi la risoluzione dell' equazione proposta si riduce alla
determinazione dei coeiTicicnt
sviluppo dei parziali prodotti
determinazione dei coefficienti di ; , — ^ — . -^— nello
(,x— ij^ (x — ly ■ X — I
4 'C^— ')V— ^; ' 4 "U— if(.'— 2) ' i6 ■ {x—i)[x—z) '
come anche dei coefficienti di , — '^- — , — ^ nello sviluppo dei
prodotti
o (;i-i-ij''(.r — Li] - II) (x-ì-lì(x — li)
Ora il valore di tali coelììcicnti si ottiene iacilmente svilup-
pando i prodotti stessi con nuove applicazioni dell' equazione
(VII) dell'art. 6." Di fitti posto in essa a=i ■> a='2^ jy=i e
b = a — a = — I, e fatto successivamente />:= 3, /> =3, /'=i,
si ha
Del Sic. Marchese Rangoni i i i
(X—1)^(X 2) (-t — !>' {X 1;^ X 1 X—2.
I ■.■■;. ,..
5
(x^i)^(:c— ii) (j. — 1)' x—i x^2.
(x^i){x — a) X — I .T— a
Se ora si pone nella detta equazione (VII) dell'art. 6.° «= — i,
d= 2, onde b :=a — d=. — 3, p'=^ i, e successivamente /«^a,
p -= I, si ha pure ! ■
I ;'. ■ " ' ^ '
I I . t 1
(a:-*-i)'tx— 2) 3 ■ (i-+-i)^ 9 ' a;H-i 9 ' x—2. '
I I . 1 I
(a-(-i)(j:— 2) 3 ■ ar+i 3 ' x—2, '
Sostituendo pertanto nella proposta equazione Io sviluppo de'
prodotti parziali sopraccennati, si ha
I III I I I \
(X— Ij^i^X ■*- iy{x -m 2.) 4y (X—l)\ ~" {x—1)^ """ a— ^ X—2.J
4\ (•^— ')^ a;— 1 ar— 2/ 16 y i — i i»— 2/
.^/ _!_ , _J L . -1 |_^ » \ 3/ !_ _!__ _I_ . \
8 y 3 ■ (z-J-i;» 9 ■ a;-t-i 9 'x—2.J 16^ 3 ' ar-{-i 3 ' x—zj
I I 3 II i.ii i.i I
4 (x — i;J 16 ■ X— I 3.8 (x-hi)' 16.9 ' x-t-i 9 ' X— a "
Anche qui ponendo a cagion d' esempio x = 3 , e sostituito
questo valore e levate le frazioni, si ha per V appunto un'
equazione identica.
( *, — . . I •
Ila Sulla Decomposizione ecc.
Sia ancora la lìazione
e fatto per inaggioro semplicità ^— i z=. a , si ha purt;
j:\^^a)ic—a) P^"^" esprimere la proposta frazione, che a cagione
I I • • I li r
~~ z:. ■ rr-- , SI riduce ad — . -3
— T, ■ 3 ' ,■• Si tratterà dunrrue di applicare ad -7-^ — - ,
^3^j^^^ la forinola generale (Vili) dell'articolo G.% fatto in
essa (]=3 , p=i e posto — a in luogo di a per l'applicazio-
ne riguardante . ' . Cosi si ha, avvertendo che a»=— i,
a^— 1;
I I
-r (.t — a) a^ x — a a ' x^ a» ' i» a' ' x
x^(x-Y-a) ( — uf
II r T I I
2a x'(x — a) aa 3,3^j,-Hiì; x^i^x^^-i-i)
_!_/ ' I j_i i\ 1/ I I I I j_\
i \x — a x^ a^ ' r' .ci li l x-*-a a' a^ ' x' 2/
I
I ] I ! Ili
ri
X 2, X — a •■!• x-T-a X
X 3 ■ x+l/— I a ■ x—\/— i
9. Per generalizzare il modo di decomposizione della fra-
zione : — -, —IT giova considerare la più generale
(c—a) (x—a') {x—a")
X
p p' (n—2.) p
ix—a) (x—a') . . . (x — a )
Del Sic. Marchese Rangoni li3
per cui può asserirsi che essendo per supposizione r<,p-k- p'-\-
("-2) . . . „ .
ecc. •+-p ed essa decomponibile in tanti terrami frazionar]
che col numeratore costante abbiano una delle potenze di
esima
x—a fino alla/; inclusivamente o una di quelle di x — a
esima
fino alla p' , ecc. per denominatore, se si moltiplichi per
r' .
(n— I) p
(x^a )
supposto che sia r non >/? , la nuova frazione che nasce-
rà sarà riducibile alla stessa forma, cioè sarà essa pure decom-
ponibile in analoghi termini frazionar]. Di fatti essendo
r t'
X X
(n—ì) (1—1)
p // (.n—2.) p (n—i) p
(x—a) (x—a) ■ . ■ (x—a ) (x—a )
r'
r (n—i)
X la
('1—2) ■ \ ("— ')
p p' (n—2.)p (n—i)p
(x—a) (x—a') ■ . .(x—a ) {x — a )
r' — I r'^2
a ■ r'(r'—j) a
n — a (n — i) p ^r '
(;ì— I) 2
(n—i)p —I l'i— i);' — ^ ('z— I) P
(x—a ) (x—a ) (x—a )
secondo 1' articolo 3.°. è chiaro che i prodotti parziali ne' qua-
li si decomporrà il secondo membro di questa equazione, an-
che per le fatte supposizioni, saranno tutti della forma
Tomo XXI. iS
ii4 Sulla Decomposizione ecc.
M
J> [>' '
(.<■— a) (x—a)
r[ualunque sia 31, purché costante, e qualiinqiie sieno le a, a',
p, p . Dunque ciascuno degli stessi prodotti potrà secondo la
lonuola (VII) dell'art." 6." risolversi in altrettante frazioni
col numeratore costante, quante sieno le unità in/? -4-/'', le
quali abbiano per rispettivi loro denominatori le potenze di
(n—i)
■V — a,x — a', ecc. Per tal modo, e supposto sempre r non >/? ,
si vede subito che
X
p p' {n—2} p («— i) ;,
(x—a) (x— II') . . . (x—u ) (x—a )
sarà decomiionibile in modo analo"'o ad
1 o
(1— i)
p p' (n—2) p
(x—a) (x—a') . . . (.r— a )
(1—1) _
(Juaudo poi fosse r=p , riducendosi allora
(1— I)
(n— I) p —T
(x—a )
ad i, i prodotti parziali ove può entrare questo termine non
avranno d'uopo di ulteriore sviluppo, perchè saranno già del-
la forma moltiplicata per una costante. Osservando poi
{x—a)
che r ipotesi assunta a fondamento di questa dimostrazione
r
si verifica quando viene proposta la frazione ,^ es-
(x-a) {I—a')
sendo rK^p-^p', essa si verificherà in ogni altro caso di un
numero maggiore di fattori nel denominatore sempre che Ics-
Del Sic. Marchese Rangoki Ii5
ponente di x nel nunitnalore sia minore della somma deoli
esponenti de' fattori dei denominatore.
Intanto un altro esempio potrà rendere più chiara ove
occorresse la precedente dimostrazione. Sia la frazione
; — — , il cui sviluppo colla separazione de' fattori fu
già trovato nell'art." precedente; se essa si nioltiplichi per
— ^ , e le si sostituisca la sua espressione pure determinata
neir art." stesso, si avrà
43
{x—i)Hx-t-t,\x—2.){x-+-2.)' \ 4 (x—i)' 4 (x—i)- l6 X—l
3.8 (xH-iJ' 9.16 ■ X
+ 1 4.9 X—2.J\{X-\-2.)' X-h2. I
'9 . __ ..
ove si vede che il secondo membro di questa equazione non
è che la somma di parziah prodotti della forma —,
(x—a) (x—a'l
eccettuando i termini ne' quaji entra il fattore ì , che
possono considerarsi della forma — - — .Or
^ P
(x-a)
dotti parziali si prendano i coefficienti di
possono considerarsi della forma — '- — .Ora se da questi pio
(x-a)
I
{x—iy'' (.1— ij» ' x-i ' (x-M)^ ' ar+i ' (x+2)^ ' x+a '
le somme di essi relativamente a ciascuna di dette potenze
saranno i coefficienti delio sviluppo di
(X— I )3(x-f-i)»(x — 2)(x-l-a)»
a cui compete, come è evidente anche per le cose dette, la
forma
A A' A" B B' C D D'
-f-r- r,-t— —-+-,— -7T^-+—— r--+- -—:-+-
(x—ìY (x — i;» X— I (x-j-i)» ar-t-i x— 2 (x-j-a;" x+a
ii(j Sulla DEco^rosiziONE ecc.
Ora, come si è veduto in analoghi casi e come meglio eziandio si
vedrà in seguito, tacilmente si determinano A, B, C, D, ed an-
che una delle quattro A', A", D', BVluando siano determinate le
altre. Perciò meglio conviene di ricercare primierameute i va-
lori di A', A",B', cioè di prendere i coefficienti di , — ^ — in
fi) . . , /_-L.__l ± '—~\{~ ^\_± —i—
^ ' \ 4 (-1—1)' 4 ' (ì^-— ')" /\{«-*-2f a--»-2/ 4 ■ (a— 1)= '
i coefficienti di — ^ in
(a)... ./_± . _J A. -J £ -i-V_^^ ilW^ -1-
^ ' \ 4 (v— i;' 4 {j:—\)'^ io '.x-— i/y(«-t-2)» .T-4-2^ i6 a—i '
e finalmente i coefficienti di — ^ in
V ' * • ' ^ 3.S ■ (jT-t-i)-' 9- i6'.rH-i/y(.n-2)' x-^j.) 9.16 ■ .-(,-(- 1 ■
Ora i coefficienti parziali ricercati sono rispetto alla (i) quel-
li che si ricavano dallo sviluppo dei prodotti
r
t.,_i,3 • (.c-t-af ' (a-— 1)3 (.C4-2) ' (r— I)-' ' (x-Hi)-' ' (x— j)' (.r-1-2) ■
Rammentando poi qui secondo l'articolo 7." che in generale il
coefficiente di ^ nello sviluppo di
p—n ^ '
7 e
P—'l P —1
\~ '. F , se si ponca 0=1,0'= — a, onde Z'=« — fi'=3,
ed inoltre 7Z=: i, /; = 3, 77= 2, e successivamente q=^q-=.(j\
q-=.c., q-=-\\ q-=i-! q'=c; q = q'=i-^ i coefficienti richiesti sa-
ranno secondo 1' ordine de' prodotti da' quali nascono
Del Sic. Marchese Rangoni 117
2,1 I5I 1,0 1,0
Sostituendo dunque nell' espressione (i) ai mentovati prodot-
ti i rispettivi coefficienti da essi derivati, si otterrà
j r a I 5 5 5 19
■^ ~ P" P 5^"*" 3 "4" — ~" 334*
Per la determinazione degli analoghi coefficienti della espres-
sione (2) osservando che i prodotti sono
I I II
(z— i)3(x-(-3)" ' (.r--i)3(a--)-a) ' (.r— I y ' (.r-t-s)" '
{x—iy{x-i-2) ' (ar— i)(x-t-2)» ' {X — i)(a;-(-2) '
si farà /»=3, />— a, a=i, a'= — 2, onde ^=3, ra=a, e succes-
sivamente (j=:q'=c; ^ = 0, q'=: i; q=i-, q'=o; q = q'= i ,
q=:2., q'=o; <7=2, ^'=i;ed i coefficienti ora richiesti secondo
la regola data di sopra e per ordine sono:
li a III'
■33^ T3' W ì^ ' "5»' 3'
valori, i quali opportunamente sostituiti nell'espressione (2)
danno
A'" 209
■^ — 4^3 •
Finalmente ad ottenere il valore di B' si dovranno pi'endere
i coefficienti parziali di — ^ nei prodotti
(x-i-i)' ' (x-\-!ì)^' (x+'t)'{x-ì-2) ' (x-\-t){x+zy ' (r-^-I)(.^■-^-2)
iiB Sulla DEcoiirosizioNE ecc.
che si coiiteui^oiio nell'espressione (3), e perciò, posto/7=a,y.':=i>,
a= — I, a'=— 2,ontlc l>^=a — a'= i , 11:=: ì , e successivamente
(j=g=c; <7=o, q=i ; ']=(-, '7=0; /v=i'y'=:i ; coniorniemente alla
regola data di so|)ia tali coellìcienti saranno per ordine
— 2,, — I , I , I .
Così l'espressione (3), sostitniti ai prodotti parziali suaccen-
nati i rispettivi coeflìcienti di - — nel loro sviluppo, dà final-
mente
9. 10
Ora è d" uopo sostituire i valori per A', A", B' nel!' equazio-
ne di sopia
A' B B' , C D D'
e di sostituirvi pure quelli di A, B, C, D die si ritrovano
facilmente e senza dipendenza dell' un valore dall'altro. Di
fatti coir artificio altra volta praticato di moltiplicare tutta
l'equazione per {x — i)^, poi di porre .1— 1 = 0 ovvero x=i^
si ha
e similmente
B=-3:^, c=ii, D=-^.
Fatte perciò tutte le sostituzioni si lia
r" I I 10 I ^^'ì f
(.!-— 1 ,'jx-+-i;"(.r— 2)lx+a)' 2'.3' ■ (.£■— i)i à'.'j.' ' (.r— ?^' 4'.33 ' x— i
i_ I ^ 4.'> I ^ a' I a"' I D'
j.a^ ■ (x-t-iy g.ib ■ x-t-i 3* ' x—i i' ' {x-^iy
Del Sic. Marchese Rangoni 119
Fatto ora :i:=o si determina anche D' coli' equazione
I 19 aog I 43 2' a» D'
e SI trova
D' — -2.-
cosicché^ determinati tutti i coefficienti che si ricercavano ,
r equazione proposta è pienamente risoluta.
IO. Si raccoglie dall'art." precedente essere sempre pos-
sibile coir uso del metodo in esso spiegato la risoluzione del-
la frazione
(r)r
C X
(n—i)
p p' irì~i)p
(x— a) (x-a') . . . (x—a )
e per conseguenza anche della frazione
(n—i) (n—i)
(p-t-p'+ecc.-\-p — 1) p-i-^'-t-ecc.-t-p — i
CH-C'jH-C'x'-Hecc.-hC X
(n-j)
p p' {n—i) p
(x — a) (x — a') . . . (jT — a )
giacché questa, come è evidente, è la somma di altrettante
frazioni della forma
in r
e T
p p' ("— ') p
rx-^a) (x—a') . . . (x^a )
quanti sono i termini del suo numeratore , e quindi potendo
anche rappresentare la generalissiraa proposta nell'art." i.",
solo che in essa si faccia una o piìi delle a, a , a' ecc. egua-
le allo zero, la risoluzione dell'una involverà quella dell'altra.
lio Sulla Decomposizione ecc.
Essendo però d' uopo il riconoscere che il metodo fin qui spie-
gato per risolverle può riuscire in molti casi complicato e
prolisso, giova (jnì soggiungerne altro egualmente generale e
sicuro. Se pertanto si ponga nella frazione
(n—i) (,i—i)
(p-i-p'-+-ecc.-ì-i) —I ) p^p'^ecc.-^-p — i
C-i-C'.r-t-C"x=-(-ccc.-t-C X
(n—i)
P p' ("—■!)p
(x—a) (JT— a') . . .(x—a )
X — a= z , onde x = z -h a , x — a=- z -\- a — a'= z -t- i ,
x—à'=z-i-a—à'=:^z-^l>\ecc.x—a ^z-i-a—a =:iZ-i-b sfatto
pure a — a = b ^ a — à=b',ecc. a — a = b , essa si trasfor-
merà in un'altra della forma
(n-'ì
p l>' p" (n—2.) p
z (=+J) (z-^-b') . . . (z-i-b )
in cui il numeratore è un polinomio in z che non può ecce-
(n — i) esimo
dere il grado p-^p'-\- ecc. -hp — i . Ora la frazione pro-
posta può rappresentarsi anche per
A A A" A
1 H h . . . H -+-ecc.-Hb ,
{x—a) (x — a) (x—a) ^
indicando per S la somma degli altri termini corrispondenti
X
alle// potenze di ., alley^" di -^^^-rr, e e e. alle/» di („_i) ,
x—a
che debbono essere rispettivamente di forma analoga ad
A A' A
(x—a) (x—a)
Del Sig. Marchese Rangoni 121
Ponendo quindi anche z in luogo di a'— a in S ossia zH-<2 in
luogo di X, può istituirsi 1' equazione
- . :''-h
P (p-i)
" A Q
4-ecc.H- — ■ ' -t-S
p p' ("—2) p X z
z(z-t-i) . . .(r-t-i )
p p' {n-2.)p
Moltiplicandola per z {z-¥-b) . . . {z-^b ) , che per brevità
può esprimersi per 2 Q , si toglieranno le frazioni, perchè rap-
presentando S la somma di frazioni con numeratori costan-
3+fl
ti e con denominatori che sono le potenze di x — a', x — a",
ecc. ovvero di c-i-Z'jii-i-Z'', ecc. niuna delle quali oltrepassa ris-
esima esima
pettivamente Is. p 5 la /? , ecc., il prodotto
(n-i)
p p' (n—^)p
z [z-^b] .... {z-\-b ) S
. ■ . • . s-t-a
deve essere una funzione intera di x. Ciò posto , si ha
. , . . P = Q (A-f-A'z-i-ecc.-t-A z h- z S ), '
z z ^+a
dalla quale, fatto z = o, si ottiene
Q ■
-'■'', o ' • ■:.■.:
Sostituendo questo valore nell' eqviazione dopo la trasposizio-
ne del termine Q A, essa si renderà divisibile per z , poiché
il valore di A è determinato in modo che la quantità costan-
te che può essere nel primo membro dell'equazione (I) si egua-
gli colla quantità costante del secondo membro^ e con esso si
elida per la trasposizione. Ciò premesso, si vede che effettuando
Tomo XXL 16
122 Sulla Decomposizione ecc.
l'attuale divisione per z nascerà l'altra equazione
{p—')p—^ P—i
(11) P' =Q (A'-f-A"c-+-ccc.-+-A z -^ z S ),
a z z+a
in cui P' è un altro polinomio in ;;. Anche dalla (II), fatto
r = o, si ricaverà
P'
A = ^.
o
Trasposto poi il termine Q A' e sostituito nell' espressione di
esso il valore ritrovato per A', l'equazione sarà pure divisibile
per :;, cosicché, fatta la divisione, si avrà una nuova equazio-
ne di cui il primo membro sarà un altro polinomio in z che
può indicarsi per P' . Si avrà quindi
P"=Q (A"-HA"'2-f-ecc.-^A z -H e S ),
per la quale analogamente si determina A". Proseguendo con
questo metodo è facile a vedersi che si giungerà ad un' equa-
zione
(p—i) (p—ì) ,
P = Q(A -4- ;=S )
z z 2-+-a
(p-i)
con cui si determinerà 1' ultimo coefficiente A . Resteranno
perciò a determinarsi i coefficienti delle potenze di ^ ,
—~T 1 ecc. quali si richiedono ad un perfetto sviluppo della fra-
ziono proposta, locchè si otterrà con metodo simile, e recipro-
cando le posizioni come meglio si vedrà per gli esempj seguenti.
Sia la frazione — ^ '^'^ "^!^ — , che per avvertirlo qui
ar(.r—i )»(.!■-♦- O- ' ^ ^
Del Sic. Marchese Rangoni ia3
di passaggio e come facilmente si rileva dalle cose già dette ,
potrebbe risolversi in molte maniere. Volendo però applicare
ad essa il metodo precedentemente spiegato, si avrà
r3.t_X»
x(x — i)'(a:-4-i)» (x — i)» 2—1 X
indicando per S la somma delle frazioni che nello sviluppo
X
della proposta corrispondono ai denominatori [x-\-\Y, x-^i , x,
ovvero posto x — i^=z, onde x—z-^i, a;-t-i=s-t-a, nascerà la
trasformata
Z»(z-t-l) (Z-+-2)» Z^ 2 "*"'"-+,'
e quindi
23-f-4z»-t-5s-<-4=(::-t- 1 )(::-)-2)"(A-+-A's^-s=S ) ,
z-Hi
onde, fitto ^=0, si ricava A— i. Sostituito questo valore nelT
equazione, dopo di averla ridotta e divisa per z, si ha ancora:
— s — 3=(s-f-i)(z-i-2)"(A'-HzS ),
Z-4-I
ove, fatto z=o, si raccoglie A'= . Collo stesso metodo po-
trebbero trovarsi i numeratori delle frazioni ; , , che
si suppongono far parte dello sviluppo totale della frazione pro-
postaj bensì con una posizione diversa, facendo cioè x-^i-=z,
onde a;=z — i, x — 1=2 — 2, e supponendo S rappresentare la
X
somma delle frazioni che nello sviluppo della proposta cor-
rispondono ai denominatori [x — i)% x—i, x. Nel presente
caso però 1' uso che si è fatto del metodo stesso per deter-
minare i coefficienti A , A' basta per risolvere pienamente la
proposta frazione, determinandosi molto facilmente gli altri.
Di fatti istituendo 1' equazione
I ^4 Sulla DecoiMposizione ecc.
a-^-t-.r'-t-a i 3 i JJ B' G
x(x—i)'{x-i-i)^ (.r— i)^ ■"" ■4' ' ^-^ ~^ (x-t-iy "^ 7+7 "*" ~ '
Si; essa si moltiplichi per x e poscia si faccia x=:o, si lia C=r-i2,
e moltiplicandola per (a-t-r)" e l'atto .r:^— i, »1 lia B= ^.
Fatto poi x=2., l'equazione precedente diviene
7 _5_ !_ B'
9 ~ 4 la "^ 3 '
da CUI si ricava
e |)erciò sarà finalmente
3''-|-j'-4-2 I 3 I II 5 I 3
.T(.r— i)»(.r-+-i)' (r— 1)' 4" ' .r — i ~ ' (,r-t-i)" 4" " a; -Hi T
Si può applicare utilmente il presente metodo alla frazione
x2
anche per contermarne la risoluzione data nell'art." preceden-
te. Si supponga che essa sia pure rappresentata da
A A' A" o
-H S ,
indicando per S la somma delle trazioni corrispondenti ai de-
nominatori (.v-Hi)'", .r-+-i, (.r-^-s)"', .r-Ha ed x — a. Posto pertan-
to x-^i=z, onde x — 2=;; — i, x-^i=z-i~2,, x-i-2,=z-^-3, si ha,
fatte le opportune sostituzioni,
(s -+- I )-^= {z -H 2)^(3 - I )(^ ^ 3)»( A -H A's -H A"s' -+- z^S ),
=-t-i
cosicché, fatto C=0, si ha A= — — ^ , valore che sostituito
' ' 2*3* ^
Del Sic. Marchese Rangoni laS
nella proposta coli' opportuna trasposizione la riduce a
36:7-t-252:S-4-757:'-t-i2C9:'*-t-i287z'-+-779:»-t-228z
= (z^an2— i)(s-H3nA'z-t-AV-+-2'S ),
2-t-I
equazione, che divisa per z e fatto s=o, dà
^'--. ^°8 19
a». 3». a.» 3» 3». a» * ?
Se neir equazione stessa già divisa per z si sostituisca il va-
lore di A'j e si eseguisca la solita trasposizione e riduzione, si ha
3(36z6-<-253:'-t-757z44- 12691^-1- ia87z^-i-779=-4-g33) i9(zH-aW= I)(z-^3)»
= (A"Z4-Z'^S )(2-4-2)»(z— i)(z-+-3)%
i
la quale, divisa per z e fatto c=o, dà
. rr 2337 4^6 209
3^. 2». 3^ 2» 24.33 ■
A determinare I coefficienti di ■; — ^--— , ^— nello svilup-
po totale della proposta frazione, che trattasi di compiere nel
modo il più semplice anche secondo il presente metodo , è
d' uopo, cambiando posizione, istituire la nuova equazione
:cT_ B B' c-
(x-t-i)»{x— i)3(a— 2Xx-<-2)^ (^+1)' ^+1 ar '
indicando per S' la somma delle frazioni alle quali corrispon-
X
dono rispettivamente i denominatori {x — lY, [x — i)^,.r — i, x — a,
(x-+-a)*j a-t-a. Ciò postOj se si pone x-^i=-z, onde x^z — i,
X — i=z — a, X — a = c— .3, a;-f-a=:z-Hi, sostituendo questi va-
lori, si ha la trasformata
I -il^t Sulla Decomposizione ecc.
ovvero
2— I
da cui, fatto z = o, si ha subito B = — -g^ , e sostituito
questo valore iielT equazione e trasponendo, si ha pure
hi quale, divisa per z e fatto s=o., dà B'=: -^
Per ricavare più iacilniente questo valore nella pratica è op-
portuno riflettere, che trovato nel primo membro dell'ultima equa-
zione in :; il coefficiente di z, è inutile cercar gli altri delle j)o-
t(;nze superiori a z, poiché appartenenti a termini che debbono
annullarsi col porre z=o. Ora in (:: — 0'^^( — O^'+'Tt — ')*'--<- ecc.
il coetììciente di z è 7; e nel prodotto (:; — ^Yi^ — 3)(^~*~ 'T
rjuesto si troverà preudendo primieramente il coefficiente di
z, e di z° in (:; — ii)'(:;^3). Ma questi coefficienti sono rispet-
tivamente — 3. 12- — 8^= — 44^ e 2,4 ; e moltiplicando
— 44^'+" -4 P'^'* -^^-+-2,^-1- i^ e prendendo i coefficienti parziali
di z, il totale risulta — 44^"*~4^'-^^^4~!- Trovati pertanto pei coef-
ficienti A, A', A' e B, B', gli stessi valori che si ebbero
neir art." precedente, si determineranno anche gli altri D, D',
C corrispondentemente ai denominatori {x-^'iY, x-4-2, X'—2.,e
così sarà pienamente risoluta la proposta frazione.
II. Nella materia fin qui trattata essendosi considerati
come conosciuti i fattori semplici de' denominatori delle pro-
poste frazioni, rimane a prendere in esame quelle che secon-
do la formola (i]) dell'art." i.° hanno tra i fattori del loro de-
nominatore un polinomio realmente irresolubile o che non vo-
gliasi risolvere. Questa formola potrà rappresentarsi anche nella
forma più semplice benché essa pure generale
Del Sic. Marchese Rangoni 127
(p-i-m—j) p-i-m — I
C-)-C'a;+C''j'-t-ecc.+G x
p {rf) m '
(x—a) (D-f-D'a;-4-D"x»-t-ecc.-(-D x )
essendo le C, Crocce le D, D', ecc. quantità note, giacché si
può supporre D-HD'a;-t-D"a-''-t-ecc.-+-D x o irresolubile affat-
to, o anche risolubile in fattori fra i quali alcuni sieno della
forma (x — a) . In amendue i casi si potrà ottenere la decom-
posizione della frazione proposta in altre più semplici secon-
do ciò che ora è d' uopo di dichiarare. Si istituisca pertanto
r equazione
(0
ip-hm—i) p+m — I
C-HC'x-t-C'j'-t-ecc.+C X
p (m) m
(x—a) (D-<-D'x4-DV-4-ecc.-t-D r )
(p-t-ra— a) p-i-m^2,
BH-B'x-i-ecc.-)-B X
p (m) m Z*""' '
{x—a) (D-hD'x-t-ecc.+ D x )(x— a)
dalla quale primieramente ricavasi, moltiplicandola per {x — a)
e fatto X ^ a,
(p-t-m— i) p+m—i
. C-t-C'a+C"a*->-ecc.-f-C a
(m) m
D-t-D'«+D"a^-t-ecc.-l-D a
Considerando ora la A come determinata si ottiene fa-
cilmente r altra
(p-hm — i) p-i-m—i (m) m
C-i-C'a:-f-ecc.-+-G x — A(D-t-Dx-f-ecc.-HD x )
(p-i-m—z) p-i-m — 2
= (B-<-B.r-f-ecc.-+-B .r ){x — a),
e ponendo ulteriormente
128 Sulla Decomposizione ecc
C— AI
si ha pine
C_AD=E, C-AD=E', ecc. C^"L AD^'U E^'^
(m) 7)1 ("!-+- 1) ra-t-i ([j-fm—i] p-t-m—i
(a) . . . E-hE'.i'-t-ecc.-i-E x -+-C .v -hccc.-hG x
= (B -4- B'.v-i- ecc. -4- B x ){x — a),
equazione^ la quale se dee sussistere^ richiede che i coefHcien-
ti delle stesse potenze di ;i; ne' due suoi mcnihri si eguaglino
fra loro. Perciò, ordinato pure secondo le potenze di x il se-
condo membro dell' equazione medesima, si avranno le altre
E= — Ba, onde B =
a
E'=B-B'a, onde V,' = l=^=- ^^-^^'^
ti a"
E ti Ti' IT' 1 n" E' — E" E-+-E'(i-+-E"(i^
=U — ha, onde B = = ^
/„! , , / \ / V {m— lì (m) (m) m
(m) {m — I) (m) (m p r? e . n , r
E = B — B a, onde B =^ = .
a
Sono con ciò determinati i coefficienti B, B', ecc. B ; ma^, co-
me è visibile, restano a determinarsi gli altri corrispondenti a
potenze superiori di x, i quali seguono una legge diversa e
dipendono tutti dall'equazione
(m-i-r) (m-f-r— I) (m-*-r)
C = B — aB ,
supposto che ;• rappresenti un numero qualunque non/> — a, poiché questa equazione rappresentaappunto l'eguaglianza
Del Sic. Marchese Rangomi lag
richiesta dei coefficienti corrispondenti delle potenze di x su-
m m-t-p — a
periori ad x fino ad x iiiclusivamente ne' due membri
dell' equazione (2), come è facile di rilevare per 1' ispezione
della stessa. Riguardo però ai coefficienti corrispondenti di
a; , si ha
(p+m— i) (j}-\rm—2.)
C =B
Quindi per questa equazione e per l'altra stabilita di sopra ,
che vale per tutti gli altri coefficienti delle potenze superiori
m
ad X e si verifica ponendo successivamente r ■= p — 2 ,
r=p — 3j ecc. r=i, si avranno le seguenti equazioni
(p-t-ra— 1_) (^^-m— 2)
G =B '
(3)
<
(p-i-m — 2.) (pH-m— 3) (^^-771^2)
G =B —aB
ip-i-m—3) (/j-t-m— 4) (p-\-m—3)
G = B —aB
(nH-i) (m)
G =B
zB
(m-hi)
(/? -t- m — 2)
le quali servono a determinare tutti i coefficienti B , ecc.
B e danno ancora un' altra espressione di B . Di fatti, è
primieramente visibile, che da esse si ricava facilmente
{p-i-m—2.) (p-^m — 0
B =G
{p-i-m—3) (p-i-m—2) (p-^m—i)
B = G ^- flC
(p-\-m^^) {p+m — 3) (^-(-m— a) (p-t-m — i)
B = C M- aC -+- a"G
Questi tre valori bastano a rilevare per induzione la legge
Tomo XXI. J7
■'^0 Sulla Decomposizione ecc.
(p-ì-m—2)
chi; seguono i ricercati cocfllcienti dopo il primo C , la
(piale può eziandio provarsi rigorosamente. Di latti, ponendo per
brevità p-^rn-=n^ potrà supporsi die essendo anche n! un nu-
mero non <3 e non >y^ — i, si abbia
(n—n') (n — /j'-t-i) (;i— «'-t-a) (n — h'+3) h'-'j. (n — i)
B = C -t- aC -H a'C -i-ecc.-i-a C ,
equazione la (juale , rpiando si faccia in essa n'=4--, dà il valo-
(/;-t-m— 4)
re sopra trovato di B . Pertanto avendosi per le equazioni (3)
(n — n) {ri~n'—!) (ri — n')
C = B — aB ,
sarà anche, secondo l' assunta ipotesi,
{Il — u' — i) (n—n) (n — n') (n — n') (ri — n'-i-i) (n—n'-i-ù.) n'—ì (n — i)
B = C -^ aB — C -^- aC -4- a^C -i-ccc.-^a C ,
e (juindi dipendentemente da essa la forma del coefficiente
(n—n'—\) (n—n')
B è simile a quella del coefficiente B . Perciò verifican-
tiosi r espressione supposta di B nel caso di «'=4' ^' verifi-
(n—n'—i)
oliera anche quella di B nella stessa ipotesi riguardo ad n,
(/! — 5) _ _ ('i — 4) . {"—"')
cioè B sarà della stessa forma di di B . Se ora in B si fac-
(n-6)
eia n'=5, se ne inferirà legittimamente essere B della stessa
("—5)
forma di B , e cosi successivamente finché si ponga ii'=iJ — 2,
(»i-t-ii
onde pure si conchindc che essendo sempre B della stessa
forma, essa appartiene in idtimo anche a B , e sarà perciò,
posto ?i=:p — I ,
(m) (m-t-i) (m-i-3.) (m+'i) p — a (p-\-m — i)
B = C -H aC HH a'C -H ecc. -4- a G
Giova ora dimostrare l'identità di questa formola coll'altra
Del Sic. Marchese Rangoni idi
(m) m
("!) E-t-E'fl-t-E"a'-vecr.-4-E a
a
(m)
Di fatti, sostituendo i valori attribuiti ad E, E';, ecc. E, si ha
(m) (m) m
(m) C— AD-»-(C'— AD')n-t-erc.-(-(C — aD )a
— -^
m-<-i
a
C+C'a-t-eccH-C a
(m) m
'D-t-D'fl-4-prr,-t-D a )A
^^~
TO-t-l
TO-t-I
a
a
(m) m
C-t-C'a-»-pcc.-f-C a
(m-+-/)^i) p-i-m—i
C-+-C'n-t-i>cc.-t-C a
m-t-i
' m-M
a
a
(m-Hi) (m-»-2) (m-1-3) />— 2 (m-4-/)i— i)
= C -4- aC -H a'G -+- ecc. -t- a C ,
dopo aver posto anche in luogo di A il suo valore trovato di
sopra ; locchè rendcj come è manifesto^ quest' ultima equazio-
ne identica.
Si conoscono pertanto tutte le quantità che erano da
determinarsi nelT espressione
(p-*-m^a) p-ìrtn — 2
A B-|-B'a--t-pcc.-HB X
p (m) m p — I
(x— a) (D-j-Dy-t-ecc.+D x )[x—a) ' '
a cui si è cercato ridurre la proposta frazione. Considerando
quindi ora le B, B', ecc. come date, la frazione
{p-\rm^2.) p-i-m—z
B-t-B'i-+-erc.-4-B x
(m) m /'— '
(DH-D'xH-ecc.-t-D X ){x— o)
potrà decomporsi anch'essa in altre due della forma di quelle,
nelle quali fu risoluta la proposta , cosicché potrà verificarsi
l'equazione
1^-1 Sulla Decomposizione ecc.
(p-i-m — a) p-^.m—2
B+B'x-t-B' T'+crr.-t-B ,T
(D-t-D'.r+ecc.-t-D x ){x—a}
(p-^-ni—3} p-i-m—3
G-(-G'.r-l-G''.r>-+-ecc.4-r. .r
p — ' {m) m p — J
(.r— a) (D-t-D'x-^-ecc.+D x )(x—a)
Quinili anche la iiazione
(/;+m— 3) p^m—i
G+G'r-t-ecc.-t-G t
(m) m p — J
(D-HD'.r-f-ecc.-t-D x )(r-^a)
può essere decomposta in altre due rispettivamente della forma
di quelle, nelle (|uali fu risoluta la proposta e che riusciranno
egualmente deterniinate, essendo poi affette nel loro denomina-
p^i p—3
tore dai fattori (.v— a) , (.r — a) rispettivamente. Procedendo con
operazioni analoghe, è facile a vedersi come si giungerà al ri-
sultamento di due frazioni, Tuna delle quali abbia il numera-
tore costante col denominatore x — a, e l'altra che abbia per nu-
meratore un polinomio in .r, in cui la massima potenza dell'
esima (m) m
incognita sia la m — i. ^ e D -h D'.r -+- D"a-~-+- ecc. ~h D a;
per denominatore. Perciò col metodo spiegato e colle formo-
le generali già determinate, si perviene alla verificazione dell'
equazione
(p-t-m—J) p-ì-m—z
C-l-C'.r-»-erc.-t-C .r
i7«) ni p
(D-)-D'.r-t-ecc.H-D .r )(-C— a)
ip^i) (m — I) ?;ì— I
A M-t-M'jr-(-ecc.-»-M x
+-ecc.-
p p — I x—a (ni) m
(x — (j) {x—a) D-i-D'x-t-ecc.-rD x
Del Sig. Marchese Ranconi i33
Per meglio far conoscere la verità e lo spirito di questo
metodo, giova cimentarlo con qualche esempio. Sia perciò 1' e-
quazione > : . :
a:4 A B-t-B'r-v-B"a:»-t-B"'i»
Applicando le formolo ritrovate, e trascurando le lettere che
in questo caso esprimono quantità che sono lo zero, si avrà
(p-i-m—i) ^ ^^
p=2, w=3, a:= — a, e = I, D=i, D'=:3, D"=i;
e quindi
Perciò . .; ' ...,{.
8 Tjt 20 T>f, IO Tjrir
==— ' ^=73' ^=-73' ^='-
Ora r equazione proposta diviene per le sostituzioni
a:4 i6 I li i3 li
(a;'-4-da;-Hi)(x-*-2)» i3 ' (x-t-ii)» (j;3-(-3x-t-i)(x-ha)
Si tratterà dunque di decomporre ancora la frazione
0 , 20 IO 2 . «
-UT H — a ^ 3 ^i- -+- a-'
IO IO IO
(x3-i-3x-l-i)(a:-t-2)
come se dapprima fosse stata proposta 1' equazione
8 so IO a , , .J
"^ 1 ?» *^ "^ — 5" *^ I »^ . « «., _
i3 i3 IO A B-(-B'3-*-B"2->
I 34 Sulla Decomposizione ecc.
da risolversi col mezzo delle i'ormole generali iriù ritrovate.
Essendo pertanto le D, D', ecc. le stesse che nella risoluzio-
ne precedente, ed eziandio le «, 7?^, si lia ora
onde
8 40 40 3.1 3
. '6 li lÓ li) ,nf,
Inoltre e pure
Perciò
ìÒ" ' lo-" ' li
p 36 y: I 16 pi. _^ 7
ló^ ' ~~ li' ' ìÒ'
Si raccoglie perciò facilmente
8 20 IO i 1
i.J IO li l'^D I I oo-Hi lOr-t-yr
ed
.r4 16 I 176 1 I .%-!- 1 1 6r-t-7i*
2-''-l-3a--t-i)ljr-»-i)^ 1,3 ' (.j-i-2)' li' ' x-h2, i^-* " .T3-f-3:c-(-r
Questa decomposizione della trazione
a-»
(a '-f-d j-i- j j( x-1-2) '
può pero ottenersi più direttamente, e forse con maggior sem-
plicità, usando di un metodo analogo allo spiegato nell'art."
precedente. Sia perciò
Del Sic. Marchese Rangoni i35
t4 a A' B-t-B'x^B"x»
e posto
x-^2 = z e B-t-B'or H- B"x^= S
X
si ha 1' altra
fz— 1)5 A , A' S
j:
ovvero .
(z — 2)4= ( A -H A'2)(3'— 6z^-+- 1 52 — 1 3) -H S z%
onde, latto z=:Oj si ricava A = — i^ , e perciò si ha, riducendo
e dividendo per z,
33_8s^-H242—3a=A(z^— 02-4-1 5) -h A'{z^—6z'-¥- 1 52— i 3)-fS 2
5
a;
d' onde pure^ fatto 2 = 0, si ricava A— -rr- 5 e quindi, ridu- .
ceiido pure e dividendo per 2,
2»_82-4-a4 = A(2 — 6)-t-A'(2»— 62-Hi5)-f-S ,
ovvero, restituendo a 2 il suo valore :c -+- 2,
(x-H2)"— 8(x-i-2)-4-24— A (j:-+-2)-h6 A— A'(a;-i-a)»-i-6 A'(ar-Fa)— 1 5 A'=S
( , _A');c"-h(2 A'— A— 4);«r-i- 1 2— 7A'-t-4A=B-HB'^-4-B"x%
Perciò eguagliando i coefficienti delle stesse potenze di x ne'
136 Sulla Decomposizione ecc.
due membri dell' e([uaziono che dove sussistere qualunque sia
x, si ha dipendentemente dai valori giù trovati per A, A',
ii6
B = 2A'— A— 4 = — -^
B ■= I — A'=
li'
Essendo perciò identici i risultamenti che si sono ottenuti per
la decomposizione della proposta frazione da due metodi di-
versi, r luio serve di prova all'altro.
Intanto potrebbe sembrare clic le formule generali sopra
ritrovate per la verificazione dell'equazione (i) dell'art.'' pre-
sente potessero pure servire alla verificazione dell'altra equa-
zione
(p-*-m—i) p-i-m — I (p-t-m — n) p-t-n:
./, C-(-C'x-i-^r '--(-C .r A B-«-B'.r+err.-+-B x
p (m) m [i (ni) m p — r
r (D-i-D'.r-+-ecc.-i-D .r ) x (D-+-D'a-t-ecc.-t-D x )v
derivata dal porre fl=o nella stessa (i). Volendosi però in questo
caso determinare colle formole mentovate le B , B', ecc. fino
a B , esse tutte avrebbero l'espressione dell'infinito, come
è manifesto per 1' ispezione della formola
(m)
B =_
(m) m
E-i- E'a -t- E"fl-'-t-erc. -I- E a
m-i-i
a
(m—i) {m—2)
che ha luoiio anche ne' valori di B , B , ecc.. B. Ciò
o
posto, conviene determinare direttamente i coefficienti dell'
■equazione (4) •. la quale , tolte le frazioni^ si riduce all'altra
Del Sig. Marchese Rangoni 187
{p-i-m — i) p-i-ni^i '\
C-i-C'x-4-ecc.-4-G x= '
(m) m (/>+m— a) p-hm—a.
A(D-i-D';c-+-ecc.-f-D .r )-(-(B-(-B'x-Hecc.-f-B x )x,
equazione la quale, posto x=o, dà A = ^; e quindi, riducen-
do e dividendo per x,
(p-i-m—i) p-t-m — 2
G-h G'x -^ ecc.-^ G x^ — .
(m) m— I (p+m— 2) p-i-m—2
A(D'-»-D"ar-+-ecc.-4-D :c )-t- BH-B'x-t-ecc .-hB a; ,
ovvero^ ritenute le significazioni di sopra date ad E', E", ecc.,
cioè posto C — AD'=E', C"— AD"=E",ecc. si avrà ancora
(m) m — I (m-Hi) m (m-+-2) ra-t-i (j9-i-m— i) ^-t-ra— 2
E'-HE"xM-ecc.M-E :»; h-G ;c-hC a; -f-ecc.-nC :e
(p-^-m—3.) p-^m — 2
= B-i-B'a;-4-BV-j-ecc.-t-B x , :,,
equazione da cui si ricava ._ , l'i r ! , ,- . —. ,
(m— i) (to)
B = E', B'=E", B''=E ', ecc. B = E
(m) (?7H-r) (m-4-i) (m+a) (p+m—o.) (p-hm—i) , ■
B = G , B =^ C, ecc. B = C. "
Anche questo metodo può applicarsi ad un esempio, quale fra
i molti che potrebbero aver luogo è quello che fu proposto dal
Padre Vincenzo Riccati (*) per la decomposizione della frazione
—— — ^r in due altre che abbiano per rispettivi denominatori
(*) F. Institutiones Analyticae. Bononiaej 1767. T. II. pag. ia5.
Tomo XXI. 18
1 38 Sulla Decomposizione ecc.
p _
X; (.V — a). \ olendo perciò riferirla all'equazione (4) conver-
rà sviluppale la potenza [x — «)^ per ricavarne un polinomio cor-
(m) m
rispondente a D-i-D'aM- ecc. -f-D x , ed avendosi qui m=5,
yy=F.si avrà perciò
/rv a» A B-^B'J■^-B"■^c'-^-B"'3^^-^B"a^4
e D=—a\ D'=5a4, D"= — ica^, D"'=iOfl% D'^ = — 5a, D^= i,
ed inoltre C=La^ C'=C' = ccc.= G =o; onde A=-^= — a,
B = — AD'= 5a^ B'=i: — AD"= — loa^', B"= — AD"'= ioa\
B"= — AD''=— 5a% B'"= — AD'=fl, secondo le formolo ri-
trovate. Sostituendo dunque questi valori j si ha finalmente
Indipendentemente però dal metodo con cui si è ottenuta la
verificazione delTequazione (5), può essa rendersi identica con
semplici artifici. Di fotti, se essa si moltiplichi per a; e poi si
ponga ^-=0, si avrà subito A =: — a; e sostituendo questo va-
lore di A e trasponendo il termine — nella stessa (5) , poi
liberandola dalle frazioni^ nasce l'altra
Sa^x— ì oa'>x^-]- ica\v^—5a\v'>-i-ax^—. Bx-^B'x^-hB"x^-i-B'"x^-hB"'x^,
per cui vengono determinate le B, B', ecc. come prima, do-
vendo eguagliarsi i coefficienti delle stesse potenze di x ne'
due membri dell' equazione.
la. Passando ora a considerare l'espressione (la) dell'
art." i.°, cioè la
(m—ì) m—i
C-+-C'.r-t-C''a-'-t-ecc.-+-C x
{m) ni
D-4-D'aH-D"3:'-t-ecc.-1-D x
Del Sic. Mauchese Rangoni iSq
suppongo che il denominatore di essa sia un polinomio su-
periore al quarto grado, ma che possa risolversi in altri due
di grado comunque maggiore o minore del quarto, e si tratta
perciò di decomporla in due altre nel modo che viene indi-
cato dalla seguente equazióne
(m — i) m—i
C+C'x-\-C"x'-hfCc.^C X
(m) m
D-l-D'a:-t-D"j;"-t-ecc.-1-D x
(r— i) T—\ (m— r— r)m— r— I
A-l-A'jr-(-prc.H-A X B-t-B'jr-4-eco.-t-B x
^_— ^— ^— ^-— ^^— .^^_— ^^— ^— — ■ I I . — - — — — ,
(r) r ('"""'■) '"■—T
E-l-E'x-»-ecc.-HE X G-t-G'jT-t-ecc.-t-G x
(r— i) {m—r—i)
in cui le sole costanti A, A', ecc. A e B, B', ecc. B
sono da determinarsi, essendo date tutte le altre. Se per-
tanto i due fattori del denominatore della proposta frazio-
ne siano superiori al quarto grado , e come tali general-
mente irresolubili, oppure , non essendo superiori al quarto
grado , non si ami di decomporli per non cadere nell' in-
ciampo delle radici immaginarie, di cui si parlerà in seguito,
r equazione testé istituita non sembra potersi verificare o
rendersi identica che con artificj, che per una parte si ridu-
cano al metodo ordinario de' coefficienti indeterminati^ locchè
non sarebbe quando uno de' polinomj, il cui prodotto costi-
tuisce il denominatore della proposta frazione, fosse esso pure
risolubile o piacesse di risolverlo ne' suoi fattori più sempli-
ci, giacché, come è evidente, la decomposizione dipenderebbe
dalle regole già date. Ho detto doversi solamente in parte ri-
correre al metodo ordinario de' coefficienti indeterminati per
tale decomposizione, giacché per mezzo di altro che mi fo ad
esporre, le quantità da determinarsi nell'equazione proposta
esigono solo parzialmente per essere conosciute l'uso del me-
todo comunemente fin qui adottato. A questo si supplisce al-
meno per la metà delle quantità da determinarsi col seguente
'4^' Sulla, Decomposizione ecc.
processo. E facile a vedersi che l'equazione proposta, in cui
(m) m
si suppone che il polinonuo D-HD'a;-4-D".i-^-H ecc. H- D x sia
(r) r
il prodotto degli altri due E -H E'a;-f- E".i- -t- ecc. -+- E x e
(m — r) m^T
C-f-G'.i;-+-0''.L'-4-ecc. H-G x , si riduce all'altra
(m — I) m — I (r^i) T — I ("i— r) m — r
C-t-C'.r-*-orc.-t-C .T — (A-f.A'.r+occ.-4- A .r ) (G+G'.r-t-ccr.-1-O .r )
(m) m
D-(-D'x-t-D".r»-hecc.+D .t
( m—r^ I ) m—r — i
R-t-B'.T-Heoc.-1-B X
(m — r) m—r
G-t-Cr-t-ecc.+G x
Ora si scorge che essendo il denominatore del primo membro
dcir ecpiazioue divisibile per E-HE'.x--4-E".T^-f-ecc.-i-E x,s,e si
renda tale anclic il numeratore, l'equazione potrà subito ri-
dursi a quella di due Trazioni clic abbiano eguali i loro deno-
muiatori. Ciò si ottiene, se si divida per E-t-E'.r-Hec.-HE x il
polinomio
(m— i) (r — i) {.m—r) m"
G-AG-»-(C'— AG— A'G).rH-(C"— AG"— A'G— A"G).r^4-ec.H-(C — A G \x,
pcrlocchè riesce il quoziente un polinomio del grado
esimo
m — r — I. , e si eguagli a zero il residuo che sarà funzione
delle A, A', ecc. come il (jnoziente stesso, e sarà pure
un
polinomio del grado ni — / — a . Si determineranno quindi le
stesse A, A', ecc. eguagliando pure parzialmente a zero i coef-
ficienti delle potenze di x nel detto residuo. Con ciò saranno
determinati anche i coefTicienti delle potenze di x nel quo-
ziente, cosicché, fatte le debite operazioni per ridurre il pri-
mo membro dell' equazione coli' accennata divisione, i coefH-
Del Sic. Marchese Rangoni ìI^a
cicnti delle potenze di x che esso darà, si eguaglierantio ai
corrispondenti nel secondo membro dell'equazione, locchè farà
conoscere anche le B, B', ecc. e verificarsi l'equazione stessa.
Affinchè il metodo si renda più chiaro con qualche esem-
piOj sia r equazione
a4-H33r'-<-5j-t-9 A-hA'z B-f-B'x-i-B"3:'
ovvero l'altra '
g4-h3x'+53r-4-9—(AH-A'3r)(i^— 73-4-2) E-t-BV-4-B"j:'
(x"-t-4i — 6j(x'— 7iH-a) ;c^— 7x-Fa '
Quindi secondo il metodo spiegato, fatto
I— A'=P, A = P', 7A'-t-3=P", 5-f-7A— 2A'=P", 9— aA=P'%
si tratterà di dividere
Pa;4— P'a:3-HP'V-»-P"'^-+-P"' per x»^-4x— 6,
d' onde si trarrà il quoziente
Px=_ ( 4P -H P' );e-+- 22P H- 4P'-4- P",
ed il residuo
(P"'_4P-_.1 12P— 22P>^-P"-+-6P"-t- 1 32P-H 24P',
ovvero, sostituendo in questo i valori di P, P', ecc. P'" ed egua-
gliando a zero nello stesso i coefficienti di x e di x°, si han-
no le due equazioni
82A' — i5A— 119=0, — 90 A'-f-a2A-i- 159=0,
dalle quali facilmente si ricava
^_. "64 ^r_ 233
237 ' 4^
Avendosi perciò
P=i_A'=.^, P'=A = -ii^, P"=7A'-t-3=^,
454 ' 217 ' ' 454 '
sarà
143 Sulla Df.composizione eco.
1V_ (4l> -+- l>),t: -H :iaP -t-4P'H- 1' =
aii , 1444 '4IJ7 n T->i vi'i
404 4>.4 4O4
C (
ulndi
j3__ ,^4^ ]3'_ '444 B"=:-^
454 ^ 454 ' 454 ■
rortanlo i vaKiri tiovnti per A , A' e B, B', B" debboiiu ve-
lificarc la proposta equazione, la quale, sostituiti tali va-
lori e tatto in ossa x= 1, ilivicne per l'appunto identica.
La frazione proposta rimane (juindi risoluta nel modo che si
voleva col metodo precedentemente sjiiegato , il quale è lo
stesso die può adoperarsi (piando i lattori di un' altra tVazio.
ne elle pur vtMii^a proposta sieno due polinomj di grado su-
periore al quarto.
Abbiasi perciò la iVazione
(.i-^-i-ò.i-Hiji,i5-»-4.i-t-3) '
e pongasi V eipiazione
.\-HA'r-t-A"r^-4-A"'.r'-t-\".r4 r>-f-B'.r-*-IV .r'-(-B"'j-3-4-B'\r* ,
(.l-'-^-o.n-l)^.^'^-^-4.l■-^-ò) .i5-f-j.t-+.i .i5-k.4.r-i-3
e ([uiiidi
I— t.\-t-A'.i--t-A' .;-'-4-.-V".r'-t-A''.r4nj-5-H4.r+3) B+B'.i-4-B".;-°-t-R"'.r3-)-P".i4
(a-5-i-3.(-Hi )i.!'-+-4.i-*-o) .j'-(-4x-+-o
Perciò se si istituisca la divisione di
, — (A -t- Ax -+- A".r-^-4- A'".L-3 -t- iVw^) (.r'-t- 4.1; -+- 3)
per .v''-4- 3.1- -t- I, si ha il i|uoziente
— A\v^- A .r — A".r'— Ax — (A ^ A > )
Del Sic. Maechese Ranconi i^B
ed il residuo • '. '.
-(a A"-4-A" V— (a A" VA'>MaA"-t-A>MA-4-a A'— 3 A'')a;-4- 1 -2A-4- A";
onde le equazioni
(i) — aA'v— A"'=o, , ,
(a) — a A" — A":= o,
(3) — 2 A' — A = o, - ' '
(4) . . . .'"." - A— aA'^-3A'^=o
(5) I - aA -+- A'^=: o.
Ricavando pertanto dalla (ó) il valore di A =: — — e sosti-
tuendolo nella (4)? si ha pure da essa A':= — ^-^^ — , valore che
posto nella (3) dà A"= — y — • Cosi per la sostituzione di
questa espressione di A" nella (2) si ha A'''= ^-^^ — , e fi-
nalmente ponendo ^-^^ — in luogo di A" nella (i) si de-
termina A'''=^: perciò
A il A' ^ A" ^ A'" i
^ — 37' ^ — — 57' -^—37' ^ — 37-
Si avrà dunque per le cose già dette
i; ^7 d7 i^ àj '
onde -. , _. : . •
B — ?1 B — — B'— i- B'" — — B'' — — i.-
37 ^7 ' 37' i-j ' 07 '
e finalmente l'equazione da principio istituita diviene, fatte
i44 Sulla Decomposizione ecc.
le necessarie sostituzioni.
{.t'-+-3x-+- 1 Xx5-t-4-i'-t-o)
IO 8 A ^ ^ ■> 1 , Ù.0 8 i^^ril.
■T^ — -7- .v-t- r- X — TT- .X-^'-l- -7- .1'» -; -r-x-i-i^ x^ — — x^-i- .j- X^
ÓJ 07 .TJ O- OT 0^ à-J i? .3-" O-
Questa equazione di Ritto si scorge identica quando si ponga
a; = I , a; = 2, come appunto dev'essere.
i3. Esaminate giù particolarmente tutte le modificazioni
che può ricevere la frazione generalmente proposta da prin-
cipio secondo le diverse ipotesi che intorno a quella possono
aver luogo, non è torse inopportuno, prima di dar termine alla
presente trattazione, di applicare i metodi fin qui esposti ad
altri esempi per rendere anche sensibili gli artificj speciali che
possono rendere più semplice ed accomodata la risoluzione del-
le hazionl ne' casi particolari , ne' quali può essere varia od
ambigua la scelta del metodo più opportuno, ove si renda ezian-
dio meno utile il ricorrere alle forinole generali, o nel cerca-
re l'espressione delle frazioni componenti si voglia facilitare il
calcolo degli irrazionali e degli immaginar] od anche evitarli.
Sia perciò la frazione
Il 1 -t-a" 1 1 ! -t-a -t-.t '1(1 — ,
x'}[i—j:)'' / i_|/_3\/ i^|/_:A
xi I ^x)\ I — .r) \^v H \^ 1 rx-H ^ 1
— ^
a-( I -^x-Yix- , ) (.V + i^^') (x- -H ^^i^)
la quale può riferirsi alla forinola generale dell'art." i.° e per
cui, come è facile a vedersi, essa si trasformerebbe in
l^^^^—JL ^ ^ X _i_
Del Sic. Marchese Rangomi i^S
espressione , nella quale per le cose dette le A , A', A", A"'
essendo facilmente determinabili e quindi potendosi supporre
note^ non lascia che a determinare il parziale sviluppo^ o de-
coniposizione delle frazioni
A A' A" A'-
x{a--t- ij-' (jr— 1)1,
^x-i L j{.v-^\Y ^x-i ^ j(A•^-I)*
che pure si riferiscono ad una delle considerate ipotesi sulla
formola generale dell'art." i." Però siccome questa risoluzio-
ne, oltre la prolissità cui anderebhe soggetta, involverebbe
eziandio il maneggio degli immaginarj, de' quali sarebbero af-
fetti i risultati finalij così volendosi questi eliminare, è d'uo-
po ricorrere ad altro metodo di decomposizione, trasformando
la proposta in un' espressione piìi compendiata ed iairauae da
tali inconvenienti. Si ponga pertanto
i_x^2x^ A A' . B-*-B':r . A" . A"
X{IH-XÌ{1-+-X-^X'){1 — x)"- X i-t-x i-v-x^x'- {^i—xY Ì—X
Moltiplica:ido questa equazione per x^ poi fatto x = o^ se ne
ricava A = i; moltiplicandola per i -4- x, poi fatto x = — i,
risulta A'= — i; e moltipllcandola per (i — a;)'', poi fatto a:=i,
viene A"= — . Sostituiti questi valori e trasposto nell'equa-
A"
zione il termine r, si ha 1' altra
Ci— ^r.
j — r-l-Qj-^
I — A"-(-2a:° ^ {x''-i-x){l-+-x-i-x'')
xis+xj^i-^-x-i-x'jii—x)^ 3 (i—xf xii-i-xXi-i-x-hx'-Xi—Xj'
I — -y x ■+- -^ a' — -|- x' — ^ x^ -^ x^-t-x'^ j x-h I
x(i-t-x){\-\-x-^x-)(t—xf' a:(i-Hx}(i-t-x-(-x*)(i— x>
I I B-*-B'x A'"
X l-t-X l-i-X-hX^
Tomo XXI. 19
i^**' Sulla Decomposizione ecc.
e moltiplicando (]nesta equazione per i — x e fatto x=ì, si ottie-
ne A' = ~. Sostituendo anche questo valore nell'ultima equa-
zione e trasponendone il termine—, si ha:
±. x^-hx'— -^ .r-H I — ( I — .r^)( I -^-x-hx')
x( I -+-a-)( n-.rH-^ ^j( I —X)
a-3-H 4 x'-i-x~ 4
-^ ■l_ I B+B'-r j_ I
(H-a-)(H-a-+.!;^}(i— .r) n-r i^^^-^i "*" 3 ' i—^-
equazione, in cui trasponendo 11 termine — , dà
a-^-t- -^x'-h X — i- -h( I— .T)(r-4-.r-t-a;'') 4 x'-^x ^
(l-i-.l%l-*-X-+-X''){l—X) (l-i-X)(l-^X-\-X')(ì—X)
e quindi
4a--4-4-(i-+--r-Hx-)
I I I o o 0
(^-i)^
(i-i-X-^X^){l—X) à ' i—X (l-t-.!,'+Z»)(I — X)
X
^ à B+B'.r
7 5
l-(-X-i-.i." l-hx-i-x
onde
e finalmente
I— .r-(-2T^ III Q — .r II II
a'(,i-T-;r)(i-t-^'+*'*)(i — x)' x i-t-x d ' i-i-x-*-x- 3 ' (i— .jr)^ 3 ' i— .^ '
Del Sic. Marchese RangOni 147
Si perviene allo stesso risultato se, dopo avere determinati
come sopra i coefficienti A, A', A", si prosegue a determinare
gli altri con metodo diverso ed indipendente dalle divisioni
che rendono forse alquanto più brigoso il calcolo. Sostituendo
pertanto nell'equazione proposta i valori di A, A', A", si ha:
/ \ I — .r-t-2r=' I I B+B'.c i i A"
^ '■"x(H-.r}(i-+-ar-t-j;-j(i — x)' x i-^x H-J-t-X» 3 ' (i— JJ* i—
dalla quale, ponendo — in luogo di x. viene l'altra
I a
I 1
X X^ 3-6_j:5_^,3.4
. ■>
(a:-4-x)(x^H-x-t-iX-r— i)^
^ . I I A''
I I 3
I -i- - I H 1 — -
y x) ^ X
X Bx'-t-B'.r I r' A"'x
= X — I -I- U — . ^_— -4-
ar-f-i a^-t-x-t-i 3 (x — i)" x — i
3
equazione , che divisa per x e fatto x = o , dà B' = A".
Se ora ripigliando la (i), posto in essa B' in luogo di A"', suc-
cessivamente si faccia x=2,, x^ — a^si hanno le equazioni
r _ I r B+aB' i „,
2.3 — 2 3 ' 7 '3 -^ '
II I , , B—aB' , I , B'
2.3.9 ~" 2 "^ ^ ' ' 3 ■ ' ' 3.9 "•" 3 '
onde
(a) . .
• • E-5B'=-^, .
(3) . . . . B - B'= - I .
i48 Sulla Decomposizione ecc.
Sottraendo la (3) dalla (i), si ha
-4B'=-4.
e perciò
e conscguentemente anclie
E = -T'
come si era trovato dapprima.
Sia ancora la frazione
equivalente all'altra
(x-*-sì(.v—i)^(x^—i)
(X-i-l)(X i)'(X'-^-X-i-l) '
a cairione di
x^ — I ={x — I ) {x~-h.v-i- 1 ) .
Fra le molte maniere nelle quali può decomporsi questa fra-
zione, la più semplice ed opportuna ad evitare possibilmente
il calcolo degli immaginar] sembra la seguente , che richie-
de una sola operazione di divisione. Si ponga quindi, espri-
mendo per a, /9 le due radici immaginarie dell'equazione
x"-i~ .r -+- I = o,
(4)... =?:! ,=-±-^^L.^J^^_L^S±2^ .
^^' (x-t-i){x — i)^(X~a){x—p) (X — I)' (x—iy X — t x-i-i x'-i-x-t-i
Moltiplicando tutto per {x— i )^, poi llitto x' = r, si ottiene
A=: A-, essendo {x — a){x — /?) = a-*-i- .t -hi . Se ora si
Del Sic. Marchese Rangoni l49
A .... .i
trasponga il termine ■ __ ^j, sostituito prima in esso il trovato
valore di A, nasce l'altra equazione
5s» 3 ,_2_
.p. 6 6 6 A' _. . A" B C+Cj
j
che, moltiplicata pcir (.t — i)^ e fatto a-=:i, dà A'= — ~ . La
stessa moltiplicata per a; -f- ij e fatto .i; = — i , dà pure
Per determinare le C, 01 , è d' uopo osservare , che annul-
landosi pe' due valori a;=a, a;=/? l'espressione x*-^x-\-\, se
per questa si moltiplichi 1' equazione (4) ■> poi si ponga a=:a
ovvero x=^, si avranno rispettivamente le due equazioni
(a-t-i)(a— I)' ' ' (.j-t-ij(f/— 1)3
Sottraendo la seconda di queste equazioni dalla prima, si ha
Per liberare questa equazione dagli immaginar] ed ottenere
il valore di C, conviene qui richiamare le note proprietà del-
le radici cubiche immaginarie dell' unità quali sono le a, /?,
vale a dire i.° che la loro somma eguaglia l'unità negativa;
2..° che ciascuna di esse è eguale al quadrato dell'altra; 3."
che il prodotto (a— i)(/?— i) = 3. Ciò posto, essendo
C{.y.-^):
3ia-i) "*" 3(^—1) ~ 3.9 "" 3.9 '
i5c Sulla Decomposizione ecc.
onde C:= — . Sostituendo ora questo valore di C nelfecruazioue
9 ^ ^
c-4-cv; -''
si ha pure
da cui si trae subito
~ 9 ~" 9 '
Resta quindi solamente a determinarsi la A". Perciò sostituiti
neir equazione (4) i valori trovati per A , A', B , G e i'atto
X ■= 0, si ha
1 = 0, e perciò A = - — .
a y ^ o.(j
Sarà dunque finahnente
(.1 + 1 )(.C— I j3 (i'-t-.t-+-l )
3 r
1 X
I r I I r I 9 9
i.i ' (x—iji 4 ' (x — ly 8.9 ' x~ i a ' a-hi .i-^-)-jr-*-i
11 calcolo degli iuimaginarj introdotto in questa risoluzione
avrebbe potuto risparmiarsi con ulteriore divisione sul primo
membro dell' equazione (5) dopo aver trasposto il termine
— ^ — onde determinare A", trasponendo poi successivamente
anche il termine , dopo di che, eseguito il solito proces-
SO, le C, C vengono date immediatamente dall'equazione ri-
dotta. L' uso però degli immaginar] colle avvertenze indicate
sembra abbreviare notabilmente le operazioni che vengono ri-
chieste per quanto sembra inevitabilmente dall'altro metodo
di successiva trasposizione e divisione.
• Del Sic. Marchese Rancori • " i5r
Sia da viltimo proposta a risolversi nelle sue componenti
r espressione
(H-X"}-'(i-t-x4) '
la quale, come è facile a vedersi, potrebbe decomporsi in do-
dici altre, vale a dire in altrettante quanti sono i fattori sem-
plici o di primo grado nel suo denominatore, che avrebbero
tutte per numeratore una quantità costante. Volendosi però
evitare possibilmente il calcolo degli immaginar] e renderne
esenti le frazioni più semplici che possono derivare dalia de-
composizione della proposta , giova dare a queste la forma
che viene indicata dalla seguente equazione
(i-t-j:"j4(i-+-.i4)
A-f-A'x , B+B'i , C-f-C'a; . D-nD'r E-(-E'T-»-E".r=-(-E"':c3
(J-t-j;»j4 (i^^»)3 (i-t-^c'j^' i-*-j:^ i-H.t4 '
ove è opportuno riflettere che le quattro prime frazioni, che
costituiscono il secondo membro, possono ridursi ad una sola
della forma
in cui la massima potenza di x nel numeratore è minore di
un'unità della massima potenza di x nel denominatore, come
facilmente rilevasi, riducendole tutte al medesimo denomina-
tore e sommandole , cosicché allora è evidente che si avreb-
bero nell'equazione proposta tante incognite quante equazio-
ni per determinarle secondo il metodo dei coefficienti inde-
terminati, supponendosi sempre le A, A', B^ B', ecc. e quindi
le loro somme quantità costanti da determinarsi. Ciò premes-
l'a Sulla Decomposizione ecc.
so, se si moltipllclil l'equazione proposta yicv (i -H-V")"* e poi
si ponga .i' = ±n/ — 1, nasce la doppia equazione
A ± A',/- I =^\'-^fl^-^ = :t,/- I,
dalla quale si ricava subito A = o, A'=i. Sostituendo questi
valori nella stessa proposta equazione e trasponendo la fra-
zione -, SI ila
B-HlVr C+C.'.r D-f-D'x E-^E'r-\-E"x'-hE"'xi
equazione, che moltiplicata per (i-i-.r°)^ e fatto nuovamente
.r=::j=l/ — i,dù BrtB'i/ — i =:=i^ ' ~' , e quindi B=o, B'= — ;
dunque
— r' . — -r — 2r' — r— r^ — r' — r
(i-+-.i-j5^i-f-.;ji 2ti-t-.i^}' i^i-4-it)^i-+-.i"^3 i>(l-^-J,•^)^l-)-J;■')■'
-r-
(i-t-x-'j-' IH-.t^ H-.i*
IMoltiplIcata anche questa equazione per (i-4-.t~)" e fatto al
solito a— =b|/— I, nasce CztC'i/— i = =t -^^^^^ z;: ii:;=:JL = o,
4 4
onde si ricava facilmente C=o. C=o. Sarà pertanto
—:,J~x —.7- V-t-r)'.T E-t-E'3--f-E".r'-t-E"'ri
ove. moltiplicando per i -h a;^ e tatto pure .v =: zt]/ — ijsi lia j
Del Sic. Marchese Rangoki i53
DztD'i/— 1==?: *^x^^e perciò D=o, D'= . Fatta 1' op-
portuna sostituzione e trasposizione, viene anche
— X , X ^2jr-t-T(i-(-r4) . .
4(i-t-z4X'-«-a^') 4(i-t-ar4; i-t-x+
■ ?
ovvero
a-'— a; = 4E H- 4E'x -4- 4E"x^-4- 4E"'x^
da cui si ricava •
E=o,E'=--|, E"=o,E'"=-L, . -
cosicché rimanendo determinate tutte le costanti, si ha fi-
nalmente
X — t' XXX X — r'
(i-t-j;»j4vi-*-x+} (i-Hx»j* 2(i-»-i='}3 4(i-*-«') 4(H-j:*> '
equazione perfettamente identica a quella che trovò il Lotte-
ri (*) decomponendo la frazione proposta col metodo ordinario
de' coefficienti indeterminati, che lo condusse a risolvere do-
dici equazioni insieme collegate con maneggio di calcolo assai
prohsso e laborioso.
Le cose fin qui dichiarate sembrano mostrare sufficiente-
mente come nella decomposizione delle frazioni si possa quasi
sempre prescindere dall' ordinario metodo pressoché costante-
mente seguito dagli Algebristi de' coefficienti indeterminati.
Questo, oltre al non potersi spingere praticamente molto lungi
per la complicazione delle tante equazioni che si debbono per
(*) r. Lezioni di Introduzione al Calcolo Sublime. Pavia i8ai;Par. I. pag. 45^
Tomo XXI. ao
i54 Sulla Decomposizione ecc.
esso risolvere, non è poi atto ad indicale che per indu-
zione la legge di serie per pochi tcnnini mostrata dai coefìì-
cicnti medesimi, laddove le lormole generali stabilite nella
presente IMemoria la dimostrano rigorosamente ed all'infinito.
Forse anche i teoremi che conducono a determinarle potreb-
Lero giovare per conoscere i residui delle serie inlinitc, come
da qualche cenno tatto di sopra in proposito si è potuto rac-
cogliere. Ad ogni modo la varietà dei mezzi che per esse si
hanno a risolvere una stessa frazione, come si rileva dai molti
esempi recati, e la maggiore semplicità che risulta dall'appli-
cazione degli uni piuttosto che degli altri ai casi particolari,
ne; raccomandano l'uso, a cui d'altronde ponno mirabilmente
scurire non difficili industrie di calcolo. S'intravede poi ezian-
dio che le considerazioni esposte non debbano limitarsi alla
trasformazione e decomposizione delle frazioni, ma possano
estendersi ad altri osiiretti dell' Introduzione al Calcolo infini-
tesimale per tutto forse ove il metodo ordinario dei coeffi-
cienti indeterminati manifesta nelle ricerche , per le quali
s'impiega, il bisogno di più rigorose e meno intralciate dimo-
strazioni.
i55
NUOVA ANALISI
PER TUTTE LE QUESTIONI
DELLA
MECCANICA MOLECOLARE
DEL SIGNOR DOTTORE D0\ GABRIO PIOLA
Ricevuta adì ai. Marzo i835.
1 Geometri del secolo scorso e del prìficipio del presente
trattarono le questioni più generali intorno al moto ed all'e-
quilibrio dei corpi , e a tale oggetto crearono metodi di cui
la Meccanica analitica , e la Meccanica celeste segnarono
r eccellenza. Ma quei metodi supponevano nei corpi la ma-
teria continua: almeno così fu scritto da un vivente celebra-
tissimo Geometra (*): però considerando che in natura la di-
stribuzione della materia è spesso discontinua, si cercò dai più
moderni Autori di rifare l'analisi del moto dei corpi, avvici-
nandola alla realtà delle cose. Si guadagnarono alcuni nuovi
teoremi, ma si perdette gran parte dei vantaggi e delle bel-
lezze di un' analisi elaborata con lungo studio dai nostri mae-
stri; ciò principalmente distaccando la meccanica dal calcolo
delle variazioni cui era stata ridotta da La£;ran5e mediante
una delle più ammirabili concezioni che onorino 1' umano in-
telletto.
Al punto in cui siamo: mostrare come si sostenga ancora
in gran parte l'analisi di D'Alembert, di Eulero e di Lagrange
supponendo coi moderni la materia discontiiuia: conservare il
tesoro di scienza trasmessoci dai nostri predecessori, e nondi-
(') Mémoires de l' Institut de France T. Vili. pag. 40C.
I '>(y N u o V A Analisi ec.
ineuo progredire coi lumi del nostro secolo : ecco il mio
tentativo.
lliloiuleiido l'analisi della meccanica molecolare mediante
metodi rigorosi, mi è occorso di trovar coiileruiati alcuni di
quei teoremi dei ({iiali so|)ra Iio parlato : il clie potrà forse
conciliare a' miei calcoli l'attenzione degl' inventoi i de' me-
tlesiaii teoremi ; ma nelle applicazioni mi si sono anche, pre-
sentate tali novità, che se tutte sono vere, varie teoriche di
meccanica e di fisica matematica vanno a subire un cambia-
mento. Do in questa Memoria l'analisi generale, e la sola ap-
plicazione per cui si trovano le formolo generali dell'idraulica.
S()S[)endo la pubblicazione di altre applicazioni interessanti
elle contengono un maiiiiior numero di innovazioni. Se il voto
de' Geometri sarà favorevole a questa mia ardita impresa, mi
farò coraggio a produrre anche il resto del mio lavoro.
S- I-
Princìpio generale />er /.' applicazione del calcolo
alle questioni relative al moto ed all' equilibrio de" corpi.
Esporrò in questo paragrafo con qualche estensione un
principio analitico, che è per me la chiave d'ogni applicazione
del calcolo alle questioni meccaniche prese per oggetto della
presente Memoria. Ho fissate queste idee dopo lo studio da
me fatto sulle funzioni discontinue (*). Potrei però citare al-
cuni passi tolti dalle Miscellanee di Torino e dalla Meccanica
analitica dai quali ap|)are, che Lagrange avea intraveduto lo
stesso principio: ma a' suoi tempi le nozioni sulle funzioni
discontinue non erano cosi avanzate come di presente dopo
i lavori de' moderni chiarissimi iieometri.
C) Vedi il T. .XX. delle JMemone di Matematica di (questa Società pag. 57.3.
Del Sic. Dottor Piola iS^
I. Sia una serie di valori
i
l ' / X '■) X \ X '■) X \ X
12,34 n . '
che si suppongono i.° determinati ed anche numerici: 2.° di
un numero n grande quanto si vuole: 3." saltanti anche senza
alcuna regola, talché alcuni siano fra loro eguali, altri diver-
sifichino per salti bruschi come piace. Tali sarebbero le di-
stanze da un punto preso per origine di moltissimi punti fi-
sici distribuiti sopra una retta in maniera affatto capricciosa.
Si può sempre immaginare una funzione x{a) di una va-
riabile a il cui primo valore si fissa arbitrariamente ( lo chia-
mo / ) e il cui aumento si fissa pure arbitrariamente { lo chia-
mo a), di maniera che i valori di
(i) x[I) ; x{l-^-a) ; x[l- -i*po"'^o:
quel coeflìcienfe estremamente piccolo che non si vede fattore
della prima parte della (i6) , vi si deve necessariamente in-
trodurre ( ed è un a^ ) quando i valori numerici delle forze
acceleratrici X, Y, Z, — ^ , -^r^ , -!-^ s' intendono formati
avendo stabilita per unità di forza quella che è applicata all'
unità di massa, con altre circostanze che ipiì non importa
riferire. Mi riserbo, come in luogo più opportuno, a provar
ciò con tutta chiarezza sul principio del § seguente; e se
Del Sic. Dottor Piola a^-Q
finora ho ommesso un tal fattore piccolissimo a^, fu per mi-
nore complicazione, potendosene in tutti gli antecedenti far
di meno. Questa risposta, che sembra perentoria, dà luogo
ancora ad una replica. Sia pure ( si dirà ) die le forze X, Y,
Z,-^ ec. per essere applicate ad atomi di materia e non a
masse finite debbano moltiplicarsi pel fattore cr', anche (j5(S)
essendo 1' espressione di una sitnile forza applicata agli stessi
punti fisici, dovrà prendere quel fattore, e allora avremo sotto
ai segni sommatorj (124) il coefficiente piccolissimo che ren-
derà vano tutto il discorso del numero precedente. Rispondo:
il fattore a^ della (^(S) non può essere disposto come qui si
suppone: esso deve conservarsi estrinseco ai segni sommatorj
nelle (124) ^ simili, perchè le quantilà indi risultanti sono
ancora nella (;i6) sottoposte ad un altro integrale triplicato,
come la prima parte di cui qui sopra si è parlato. Con altre
parole ; la seconda parte della (26) è una somma sestupla : il
fattore a' servirà a produrre quella piccolezza che si esige
per un integrale triplicato, ma per 1' altra somma triplicata ,
il cui segno è poi distribuito sopra molti termini che riescono
fatti delle (124) e simili, la piccolezza sarà procurata dal ra-
gionamento del numero precedente che rimane come prima
della fatta obbjezione.
48. Insistiamo anzi su quel ragionamento per dedurne
altre importanti conseguenze. Si trasformino le {124) e simili
ponendo
(laS) f—a = k, g — b = i, h — c=j
dove k, i, J esprimono tre nuove variabili: avremo
A'^A— a izza — b j^p — e ,
(126) A = 12 2 2 <^(S)Ì.
k^l—a i^m — b j^n—c
e similmente per le quantità simili j la S data dalla (28) ci
sarà ora data dalla
Tomo XXL 3 a
2,5o Nuova Analisi ec.
^'=[-''^(^'+"^' ^-^h c-f-y) — x{a^ b, c)y
( ' ^:) -i-[y{a-^k,b-hi, c-^j)—y[a,b, c)Y
-H[s(a-*-X-, b-^i, c-i-J)—z{a, b, e)]'
e sarà una funzione di k, i, j che indichiamo con S(^, i, j).
Gli indici inferiori nei segni sommatorj delle (lad) e simili,
saranno necessariamente quantità negative; la variabile k pas-
sando dal valore negativo — [a — l) al positivo /l — a passerà per
tutti i valori espressi e sottintesi nella serie
(128) — [a — /),.•-. — 3(7, — 2a, — tr, Oj a, aa, 3cr,....,( — /la);
dicasi a un di presso per le variabili i, j.
E bene immaginarsi distesa la somma triplicata (ra6), ri-
chiamando la forma (ii) del n." 5: eccone una porzione che
abbraccia due soli termini prima e dopo del valor zero di
ciascuna delle tre variabili.
B
Del Sic. Dottor Piola ^^j
4 4 + +
Isi :2; -e. -Qb -Q,
I i s ^M
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«? § 5 I -?
il 111
1 1 1 i I
«'it o.it 4t Jt
aSa Nuova Analisi ec.
più quattro altre riunioni simili di cincjue linee orizzontali,
che facilmente si formano dopo la precedente. Osservandosi
nella precedente al terzo posto in tutto le S la quantità — 2a,
le altre quattro riunioni \i avranno costantemente — a la se-
conda , zero la terza, a la quarta, uà la (jiiinta. Noteremo
inoltre che in tutti i termini sopra scritti la S in denominatori
deve seguire la composizione della S sotto il segno (p nello
stesso t(;rmine: ciò non si è indicato per minor conqilicazione.
Si capisce facilmente come questa somma tripla debbasi
estendere da sei parti per abbracciare tutti i termini signifi-
cati nella (fa')). Ora diciamo non essere necessario ritenOi^'e
nella somma (i^iO) della quale la (129) è parte, tutti i termini
visibili nella forma distesa: perchè molto prima di arrivare ai
sei limiti i termini ora menzionati possono considerarsi come
tanti zero, non aggiungendo quantità sensibile al valore già
raccolto in forza dei termini antecedenti. Questa proposizione
è fatta di due altre che la dichiarano completamente. Osser-
viamo in primo luogo che non bisogna concederle troppo, fino
a credere che basti tener conto di un numero finito di ter-
mini in tutti i sei versi: il che equivarrebbe a credere chela
^(S) si estenda a sole poche molecole intorno al punto [a,b.c).
Riflettendo sulle (126), (129) si capisce che il fattore — da-
rebbe coefficienti 4-o-j —^.a, ec. piccolissimi, per cui un nu-
mero finito di termini ci somministrerebbe una somma la quale
avrebbe un valore trascurabile. Non è che abbracciando un
numero di termini maciriore d'offni assecnabile, che si viene
a distruggere I' effetto di quel coefficiente piccolissimo e ad
ottenere ima quantità finita. Adunque fazione molecolare (p(S)
si estende air ingiro del punto {a, Z*, e) ad un numero di mo-
lecole maggiore d' ogni assegnai/ile. Chiamasi raggio della sfera
di attività quello di una sfera ideale dove sono comprese tutte
le molecole a cui si estende 1' azione molecolare con effetto
da calcolarsi. Ma pongasi mente alla natura delle serie triple
Del Sjg. Dottor Piola a53
come la (126), e ne dedurremo un'altra proposizione ben in-
teressante. L' estensione per ciascuna delle tre variabili ad
un numero di termini tanto maggiore d'ogni assegnabile, che
la serie
(i3o) — mcr, — {m — i)(t,...., — a, o, a, 2.a,.,..,n(T
corrispondente alla (ia8), finisca da ambe le parti con — ma',
na quantità finite, quando tutti i termini influiscano nel va-
lore della somma totale, non solo distrugge l'efl^etto della pic-
colezza introdotta da un coefficiente a di primo ordine , ma
quello altresì di una piccolezza introdotta da un coefficiente
a^ di terz' ordine. Ora nelle serie come la (126) vedemmo piìi
sopra che non ci abbisogna di togliere se non la piccolezza
di primo ordine. Se dunque i termini formanti la (126) aves-
sero un valore influente nella somma per tutta 1' estensione
indicata dai sei limiti, questo valore della somma sarebbe an-
cora infinito. Ciò non potendo essere, convien dire che nei tre
versi indicati dai tre segni sommatorj , a motivo del rapido
decremento di (j5(S), i termini cessino d' avere valore influen-
te nella somma, assai prima che nella serie (i3o) e nelle due
simili si giunga dall' una e dall' altra parte a limiti — ma ,
na di grandezza finita. Da ciò consegue che il raggio della
sfera di attività dell azione molecolare^ quantunque si estenda
a un numero grandissimo di molecole, deve ancora considerarsi
una quantità insensibile. Questa proposizione è stabilita dal
Sig. Poisson come ipotesi conforme alla natura (*): ora dai
precedenti ragionamenti è provata discendere necessariamente
dalle premesse.
49- Per quest'ultima proposizione alla (126) e a tutte le
espressioni simili può farsi subire un cambiamento, può darsi
cioè la forma
(') Journal de l'Ecole Polyt. Cali. 20. pag. 7.
254 Nuova Analisi ec.
kznna i:::n )
1=2. -j-j- ; E= 2. -— - ; D = 2,-— ^ .
(/-ri// UxUz djaz
Quindi le (ii4) diventano
\d)^ dz- )\djdz) djdz\df^ dz^ ) dxih\d-,dzj dxdz\dxd_yj ~°
{.-, '] ( !t±. J-;. \/ d'X Y d^X I dX _^Y d^(d^\ d X I d'X y
^■^^■^l\dz- dx')\d.,dz) djdz\dz' dx- )'^dydz\d.,d_yj d7d'\dydzj~^
l±± _ ±±\( d^\_d2>^l±±_ d'X Y d'X I d-X Y_ d'X / d'X \'_
\dx- dy- j\dxdyf dxd\dx' d_y- j ~^ dxdz\djdz j dj)dz\dxdz) °
colle quali dovrà essere determinata la À.
Del Sic. Dottor Piola 817
Anche queste equazioni si trovano soddisfatte dalla sup-
posizione di tre equazioni che ne sono tre integrali partico-
lari, cioè dalle , .. /. 1.
le quali ci danno "' ' ■ > ; ■ .
(226) A = (p{x,i)-^Ìj{y,t)-^X{-^i)
e quindi per le (216)
/ \ dfi de (Ir
(227) « = 51; ^ = 5^'; «^=5f;
cioè ognuna delle tre velocità secondo i tre assi funzione della
sola coordinata secondo cui è diretta^ e del tempo esplicito. E
questo il caso particolare previsto al n." 71, dove abbiamo
messe in ipotesi le equazioni (199)-
Il moto in cui si riscontra sifatta proprietà è generalmen-
te assai diverso da quello che si avvera in natura, anche nella
supposizione delle (220), ma può servire di base alla ricerca
delle equazioni proprie del moto che ammette tale supposizione^
in quella guisa che nella teorica dei pianeti si può far dipen-
dere la determinazione del moto dittico da quella del moto
circolare.
79. Ecco pertanto^ per quanto a me pare, il vero anda-
mento da tenersi per la formazione di una esatta teorica idrau-
lica. Si partirà primieramente dalla disamina del moto in cui
si avverassero le equazioni (225), e di cui facilmente possono
determinarsi tutti gli accidenti ; cercando per mezzo delle
equazioni (224) di dedurne 1' analisi spettante al moto piìi vi-
cino alla natura che ammette la sola supposizione delle equa-
zioni (223). Poi di nuovo partendo da quest' ultimo si salirà
col sussidio delle equazioni (222) alle equazioni generalissime
che esprimeranno il vero moto della natura. Cosi si vincerà
3 I o N u o V A A X A T, I s I ec.
in due volte la ilitricultà, siccome si ò notato tarsi in Astro-
nomia .
Restano a crearsi lo due analisi con cui fare gli accen-
nati due passi, né io oso dirle superiori alle attuali loize della
scienza del calcolo: anzi ne reputo accessibile la ricerca almeno
per alcuno dei grandi pro))lcmi della natura. L'impresa però
è SI vasta che non può essere da me tentata in questo luogo,
essendomi qui proposta la sola dimostrazione delle equazioni
generali spettanti alla nuova teorica.
80. Prima di iinire ci rimane a far parola delie equazioni
elle si avverano alla superficie del iluido , e che discendono
dalle (i65) del § 6." Basterà discuterne le prime tre che a
motivo delle (177/ diventano nel nostro caso
.T = — t Ff ; ;r =; — ^~ l ;, ; tt ■= — ^ 1 t
11' I I ly I I j= Il
ossia per la (217)
(22h) 7t = YT' e ; :t — ^ : ; ,t = p, t ■
ir I I !_/ 111= II
La pressione tt alla superficie nel punto (.v, j, z) è per defi-
nizione data dall'equazione
I "^ I^ ly iz
7t
siijnificano i tre coseni de^li anifoli che la sua direzione fa
cogli assi delle .r, /, z.
Dunque nel nostro caso per le (228) e per la prima delle
{181) avremo
1
Del Sic. Dottor Piola ' 819
e i tre coseni che ne lissaiio la direzione saranno
(aSo)
1/', l/^ l/^
81. Parlammo ( n." Si}, equaz. (i6c)) di una equazione
/{x,y, ::) = o che ha luogo Ira le coordinate dei punti della
superficie cui è applicata la pressione ^ ; e al n.° 60 facem-
mo conoscere che queste x,y,z non sono le x{a,b,c), y(a, b, e),
z[a, b, e) generali per qualunque punto del fluido, ma x{l, b, e),
y{l,b,c), z{l, b, e) in cui una delle a, b, e (in questo caso
la a ) ha assunto un valore costante /.
Immaginiamo sostituite le ar(/, Z», c),j( l, Z», c),ì:(Z, b, e) nella
/(a;, 7, z) = o; l'equazione si verificherà indipendentemente
dalle i, e, che mantengono la loro variahilità^ quindi sussi-
steranno insieme con essa le sue derivate per b, e per e. Le
prime di queste, a motivo delle denominazioni (i53) possono
scriversi
(.31) f\^)t^-^f\y)K:'^fy)T = o
dove gli apici indicano le derivate al modo Lagrangiano. In ve-
rità \-^ f{x , y ^ z) -=. o sarà identica anche per riguardo ad Z,
e quindi potrebbe essere derivata anche relativamente a que-
sta quantità, ma sbaglierebbe assai chi credesse di poterne in
tale maniera dedurre un'altra equazione simile alle due pre-
cedenti; perchè, ponendo mente ( n.° 60 ) alla formazione delle
funzioni x{Uh,c), y{l,b,c), z(Lb,c), si viene a capire chela
l vi entra non solo al posto della a, ma anche fra le costanti.
La (2,31) e la prima delle (182) sono due equazioni, che
mediante un processo assai noto possono mettersi sotto la forma
(233) _l. = _!^=_Ii.
(J) (2) (i)
3ao Nuova Analisi ec.
essendo
(a34) {2) = sf{=)-T/{x)
(3) = .5/'(,t)-£/'(v).
In maniera affatto slmile la (282) e la seconda delle {182)
ci daranno
(235) JL=IL=^.
(O (-) (3)
Chiamisi por un nioniento h il valore dei tre membri compo-
nenti le equazioni (233) , e k quello dei tre membri delle
(235) ■. deducendo dalle prime i valori di £ , S , t , e dalle
* 2. 2, n
seconde i valori di £,, :- , t ; sostituendoli nella terza delle
o 3 3
(182), e dividendo per hk, avremo
Equazione che per un ragionamento usato anche sulla (2i3)j
si scompone nelle tre
(i) = o; (2)3=0; (3)=o
le quali per le (234) riduconsi alle due
(236) -I^=_lL = ii-
/\^) J\jì /'(-)
ossia alle tre
(237) e=c.f{x); ^ = oflv)i T=of{z),
essendo q una quantità che rimane a determinarsi.
Del Sic. Dottor Piola 3ai
Per le (287) la prima delle (181) ci somministra
(a38) // = o//'(^r-^y '( yY-^f\^r-
I trovati valori (237), (a38) sostituiti nelle espressioni (aSo)
ci danno
r
(aSn) Z'^^) nr^ Z'^')
i-//'i.o--^/'(/)'-t-/'i=)='' i//'(x-)^-t-/'( /)'-+-/ V)' ' i/'/'(-^)*-i-y'(jr-*-/'(=)*
per le espressioni dei tre coseni degli angoli che la direzione,
della pressione 71 fa coi tre assi ortogonali j e ( rammentando
formolo notissime di geometria analitica ) viene così provato
che una tal direzione è quella della perpendicolare alla su-
perficie di equazione /(:ir,j, z) = o nel punto (a;,/, 2). Questo
bel teorema, affatto conforme ai dati delle sperienze, non era
( secondo le mie cognizioni ) stato dimostrato se non per la
sola idrostatica e pel solo caso in cui la pressione 7t fosse
costante da un punto all' altro della superficie (*); ora la di-
mostrazione si estende anche all'idraulica, ed alla pressione
variabile di punto in punto. Dirò di più : immaginando una
superficie qualunque nell' interno del fluido , e giusta quanto
si è accennato sul fine del n.° òa, l'azione del fluido ambien-
te ridotta ad una pressione contro quella superficie, il teore-
ma sta egualmente. Cosi si desume dall' intima natura de'
fluidi quel principio, che un'illustre Geometra vivente pose
a fondamento d' ogni altra ricerca intorno ai fluidi. {**)
•> \v.:.iv !' cn-;;) i ' .j.'I;. ijf.;,;'] ■ j, óim:
(') Poisson. Traité de Mécanique l833. T. 2. pag. 524. n." 684.
(**) Caucliy. Exercices de Mathématiques. T. 2. pag. 28.
Tomo XXL 41
.A-.
RICERCHE
INTORNO ALLA MASSA DI GIOVE, DETERMINATA MEDIANTE
LE DIGRESSIONI DEL SUO QUARTO SATELLITE ,
OSSERVATE NELL'I. R. STEGOLA DI TADOVA.
DEL SIGNOR GIOVANNI SANTINI
PEOFESSORE DI ASTRONOMIA.
N E L l' I. R. n N I \' E R S I T A DI r A D O V .\
Ricevute ad) a3. Arrosto i83.5.
C7
i".L>lhiunf
ique sia alcun poco versato nell'Astronomia, e nella
Meccanica celeste , conosco 1' azione da Giove esercitata in
virti'i della sua forte massa sugli altri corpi del sistema Sola-
re, e sa che da essa in gran parte dipendono le maggiori cor-
rezioni ai movimenti ellittici , che si incontrano nella teoria
di Saturno, e di JMarte. Quasi unicamente da questo elemento
dipendono le grandi perturbazioni dei nuovi pianeti Cerere ,
Giunone^ Palladcj e Vesta^ non che la teoria delle due comete
a Inevc periodo scoperte in questi ultimi tempi, e quella ben
più complicata, e prolissa di Halley. Un elemento così impor-
tante meritava di essere appoggiato ad un buon numero di
osservazioni dirette; ma occupati gli Astronomi nella molti-
plicità degli argomenti, che somministra il vasto campo dell'
Astronomia pratica, pare che dopo Newton abbiano trascurato
fino a questi ultimi tempi quel genere di osservazioni, da cui
solo direttamente può ottenersi la massa di Giove, voglio dire
la misura delle massime digressioni dei suoi satelliti. In fatti
dopo le osservazioni di Pound citate da questo insigne Filo-
sofo sulle prime pagine del III. libro dei suoi Frincipii di Fi-
losofia naturale ( Fhen. i ) non si incontrano ( che io mi sap-
Del Professor Santini 828
jìla ) altre osservazioni delle digressioni dei satelliti fino all'
anno j833, in cui il cliiarissimo Astronomo Airy produsse alla
Reale Società Astronomica di Londra la serie delle sue proprie
osservazioni , colle quali mediante la differenza delle ascen-
sioni rette fra il quarto satellite, ed il centro di Giove osser-
vate ad una eccellente macchina Paralattica, ei determinò la
massima digressione del medesimo, e quindi ricavò il semiasse
maggiore della sua orbita, da cui (come è noto) dipende il
calcolo della massa del Pianeta. Newton, ritenendo la massima
elongazione del quarto satellite ^ 8' 16" determinata ( siccome
ei riferisce ) da Pound con ottimi micrometri, e con un can-
nocchiale di i5 piedi, né assegnò il valore nella S."^ prop. del
3." libro = — V- ; risultato conforme a cruello ( — r- — ;)trova-
1067 ^ ■• \ 1067,190/
lo da Lagrange negli atti di Berlino per l'anno i78:i ( P^g-
i83 ), e da Laplace nella sua Meccanica celeste 1 — r- — K fìn-
gendosi sempre la massa solare = i.
a." Tutte queste vicinissime determinazioni, le quali ap-
poggiate sopra r unica osservazione di Pound in sostanza ne
formano una sola, quella cioè del Newton in numeri rotondi,
vennero costantemente adottate, e ritenute dagli Astronomi
fino a che, scoperti al principio del presente secolo i nuovi
pianeti, i celebri Astronomi Gauss^ Nicolai, ed Enke scuopri-
rono, che un tale elemento fondamentale del nostro sistema
solare doveva ricevere un considerabile aumento per rappre-
sentare i loro movimenti fortemente perturbati dalla vicinanza
di Giove. Per questa via indiretta Nicolai^ discutendo le per-
turbazioni sofferte dal pianeta Giunone^ ottenne per essa il
rapporto — =4 — ri ed Enke dietro l' esame dei movimenti di
'■ ' iooc5,924 '
Vesta trovò il numero — ^ . In seffulto quest'ultimo Astro-
1000,117
nomo, dietro una profonda discussione delle perturbazioni sof-
ferte dalla Cometa a breve periodo , che porta il suo nome ,
ricadde nel numero — ^ { ^stron. Nadir. N. aio ) molto vi-
1004,4 ^
3^4 Ricerche intorno alla massa di Giove
cino al risultato superiore di Nicolai, ed al precedente fondato
sulla teoria di Vesta. Un cambiamento cosi notabile , a cui
doveva sottoporsi la massa di Giove per rappresentare questi
fenomeni del sistema del mondo, induceva in alcuni il sospet-
to, che diversamente si manifestasse 1' azione di questo pia-
neta secondo le diverse proprietà fisiche dei cor[)i , sui quali
veniva ad esercitarsi; ma oltre che questa ipotesi riusciva in
se poco plausiliile, e ripugnante a <]ucna semplicità delle leggi
primordiali, che rifulge in tutto il creato^ essa era interamen-
te gratuita, giacche un piccolo cambiamento nella elongazione
del quarto satellite assegnata da Pound avrebbe bastato a to-
gliere qualun([ue discordanza; nò questo cambiamento era mol-
to Inqirobabile, poiché 1' ottica, e la meccanica pratica ai tem-
pi di Newton non erano per anco giunte a (juel grado di raf-
finamento, a cni salirono in seguito; ne difficile era che in
misure cosi delicate, e difficili con stromenti imperfetti si fosse
ingannato Pound di a", o 3" in meno, i quali avrebbero ba-
stato a togliere la differenza fra il primo risultato diretto, e
queste ultime indijctte determinazioni. Riuscirono pertanto
delia massima importanza le osservazioni del Sig. Airy, colle
quali mediante una serie di io digressioni (ciascheduna es-
sendo il risultato medio di molli confronti ) ei venne a con-
fermare direttamente i risultamenti di Nicolai , e di Enke ,
stabilendo la massa di Giove = ^ — di quella del Sole.
104^,09 '
Il lavoro del Sig. Airy è sommamente pregevole si dal lato dell'
osservazione, come della Teoria; imperciocché per la prima
parte egli ha usato ogni diligenza nel dedurre dalle differenze
di AR fra il satellite, ed il centro del pianeta le vere digres-
sioni, sicché le singole sue serie presentano fra loro un accor-
do così meraviglioso, che sarebbe vano sperarne uno maggiore;
per l'altra poi, egli ha (in conqoagnia del Sig. Lubbock ) ri-
fatti diligentemente tutti i calcoli numerici, sui quali fondasi
la teorica del 4-° satellite nella INIeccanica celeste di Laplace,
vi ha scoperto, e corretto varii errori, ed ha presentato le for-
Del Professor Santini 3a5
mule luiall corrette , dietro le quali riesce agevole dedurre
r asse maggiore dell' orbita del medesimo dietro le digressioni
osservate in una sera qualunque. {.", ,
S'" Leggendo sul principio dello scorso anno la Memoria
di Airy, ed osservando che il risultato era reso dipendente
dalla diflerenza del tempo trascorso fra gli appulsi del satellite,
e di Giove ai fili di una macchina paralattica,e dalla declinazio-
ne giovicentrica del satellite, che doveva poscia calcolarsi colle
tavole, mi venne il desiderio di tentare eziandio con un mi-
crometro le misure dirette delle digressioni, occidentali ed orien-
tali, colle quali il risultato sarebbe stato indipendente dal fu-
gacCj ed incerto elemento del tempo (ove l'errore di o"jia
produce circa 2," di arco nelle digressioni ) ed anche presso
che interamente dalla posizione del piano dell' orbita del sa-
tellite rapporto all'ecclittica. A tale ufficio sarebbe stato op-
portunissimo il micrometro a separazione di immagini con una
lente bipartita verso l'oculare ideato, e descritto dal celebre
Profiissore Amici negli Atti della Società Italiana Voi. XVII ,
e nella Corrispondenza Astronomica di Zach Voi. IX. pag.
517, e jegi/era^i; ma quello esistente in questo osservatorio, es-
sendo applicato ad un mediocre cannocchiale, e non estenden-
dosi che a misurare un' angolo di cinque minuti , non era
idoneo a prendere le digressioni del 4-° satellite di Giove.
Avendo appunto in quel tempo questo illustre mio Amico
stabilito di inviare suo figlio Valentino ( giovane di liete spe-
ranze, egregiamente instruito nelle Matematiche, e nell'Astro-
nomia sì teorica, che pratica ) a Padova per esercitarsi meco
negli studii Astronomici, lo pregai a volergli consegnare un
buon cannocchiale munito di uno di questi micrometri, che
potesse misurare le massime digressioni del quarto satellite.
Disgraziatamente ei non né aveva alcuno in quel momento ,
che potesse convenientemente applicarsi a questo genere di
osservazioni; egli spinse la gentilezza al punto di mettere
tosto in lavoro nel celebre suo Instituto ottico da qualche
tempo trasportato da IModena in Firenze un Acromatico di
3a6 Ricerche intorno alla massa di Giove
tre piedi, ed un micrctnctro a sepaiTizionc di immagini per
misnrare un angolo di circa dieci minuti. Verso la fine di
Luglio r opera era già compita, ed egli con somma bontà me
lo trasmise gratuitamente in attestato della sua amicizia; dono
a ine caro oltre ogni espressione, si perchè proveniente dalle
mani del più distinto Ottico dei nostri giorni, si perchè il
cannocchiale è di una rara chiarezza, e l'opera tutta nel suo
genere è perfettissima. Questo cannocchiale micrometrico per-
venne qui innanzi la partenza dell'ottimo suo figlio Valenti-
no, il quale molto esperto nel maneggio , e rettificazione di
questo micrometro lo compose, ne lece la rettificazione, e po-
temmo insieme flìre alcune osservazioni sulle stelle doppie ,
che saranno in seguito riferite per provare la bontà della mac-
china. Intanto una breve notizia intorno alle sue dimensioni,
ed al suo elTetto non riuscirà disaggradevole ( io spero ) ai
lettori, ed aimiunsferà peso alle seiruenti osservazioni.
4-° La lente objettiva è doppia, incassata in ottone, ed
adattata ad un elegante tubo di JMogheno ; a vero dire io non
la ho decomposta giammai per prendere le dimensioni parziali
delle due lenti per timore di nuocere alia centratura, che
esplorata col metodo di Wollaston risulta esattissima; appari-
sce però, che sia all' incirca costruita dietro i principii di Her-
schel seguiti anco dal celebre Fraunhofer, da me riferiti nella
Teorica degli stromenti ottici (voi. i pag. iSo). La sua di-
stanza focale composta è di 89 pollici ; la sua apertura di 3
pollici parigini.
Egli ha munito ([uesto objettlvo di tre oculari acromatici
formati ognuno di due lenti, che raddoppiano il campo della
visione ; i loio ingrandimenti deteiminati con un dinametro
costruito alla maniera di Ramsden ( Teor. strom. ottici voi.
2, pag. ai ) mi risultano .... 5o; 70; 140; essi presentano le
immagini precise, distinte , e dotate di tutta la loro relativa
chiarezza.
5." Il micrometro è formato da un pezzo a parte, il qua-
le ha i suoi particolari oculari, e si adatta a vite al luogo dei
Del Professor Santini 827
precedenti oculari, tolti che siano. Questo è costituito da un
telajo rettangolare di ottone lungo poli. 5 ^, largo poi. .3 j,
il quale porta alla base inferiore un circolo diviso in gradi ,
che si può applicare a vite al tubo oculare, nel qual caso il suo
centro cade sull'asse del cannocchiale. 11 circolo è aperto nel
centro per dar passaggio al fascio luminoso procedente dall'
objettivo. Il telajo rettangolare ( applicato che sia airobjettivo )
è girevole a sfregamento intorno all'asse del tubo, e misurasi
in gradi la sua rotazione ( ijuando ciò occorra ) sul circolo ora
nominato, il quale rimane fisso. Due segmenti rettangolari di
una stessa lente concava di gran foco, divisa per un piano gui-
dato lungo il suo asse, sono legati separatamente in un telajo
di ottone, ed applicati al telajo precedente in modo che i due
segmenti possano scorrere longitudinalmente lungo la linea di
separazione della lente; questo movimento longitudinale si
opera dolcemente mediante un rocchetto, che ingrana in una
sega dentata per ciaschedun segmento separatamente. In vir-
tù di questo movimento longitudinale , scorrendo i due seg-
menti r un presso l'altro lungo il piano della primitiva loro
separazione, può il centro dell' uno sovrapporsi al centro dell'
altro, o distaccarsi a piacere da una parte, o dall' altra. Una
scala divisa in parti eguali, avente due nonii alle sue due
estremità, misura la quantità, di cui con la sega dentata si
allontanano i centri dei due segmenti. La scala porge la di-
stanza dei centri in minuti, ed in secondi di arco ; essa è di-
visa direttamente di io" in io"; i nonii danno un secondo; le
frazioni del secondo si giudicano comodamente. L'angolo di
^P l . ...
la' abbraccia 3 . g del piede dr Parigi, e perciò il movimento
di una linea corrisponde ad un angolo di 16". Allorquando
uno dei nonii segna o'. o", l'altro segna i5'. ao", ed allora i
centri dei due segmenti sono coincidenti. Questo apparato sì
applica al tubo, che porta l' objettivo a 6 pollici circa di di-
stanza dal luogo, ove si formerebbero le immagini degli oggetti
prodotte dall' objettivo stesso.
S-iS Ricerche intorno alla massa di Giove
Ci." Risulta da ciò, che se questo sistema ottico rivolgasi
aJ un oggetto lontano (]ualunque, mentre i nonii segnano o'. o",
coincideiulo i centri dei due segmenti vedrassi un' immagine
unica; ma se si allontanano i centri facendo sdrucciolare l'uri
presso l'altro i due segmenti, allora il fascio luminoso dei
raggi provenienti dall' ohjettivo, attraversando per metà 1' un
segmento, per metà 1' altro, produrrà intorno alla nuova po-
sizione dei loro centii due immagini un poco più languide,
e r angolo ottico separante queste due immagini verrà dalla
scala stessa indicato. Un altro tubo oculare, a cui si adattano
due diverse condjinnzionl costruite secondo i principii di llam-
sden, si applica al telajo rettangolare di faccia ai segmenti per
modo che il suo asse coincida con quello del tulio deU'objet-
tivo, e queste servono a vedere le immagini degli oggetti (o
unite, o separate ) con quell' ingrandimento, che ciascheduna
di esse comporta. La prima, della quale mi servo a preferenza
per la sua maggiore chiarezza, ingrandisce loo volte; l'altra
intorno a 164, almeno dietro le misure degli ingrandimenti
da me prese col sopra nominato dinametro di llamsden. Un
sottilissimo filo di ragno teso nel luogo , dove si formano le
immagini, paralello alla linea di separazione dei due segmenti,
serve ad indicare all' osservatore la direzione dei loro centri
nel campo del cannocchiale. Vedesi da ciò, che il micrometro
del Siii. Amici ha una erande somiiilianza ad un altro celebre
micrometro conosciuio, e descritto sotto il nome di microme-
tro objettìvo ; ma egli gode sopra di questo grandi , e parti-
colari vantaggi, che dall'inventore nei citati luoghi, ed anco
nella mia teorica degli stroinenti ottici (voi. a." pag . laS)
sono stati indicati.
7.° Comprendesi ora facilmente il comodo, e la speditez-
za di questo apparecchio per misurare i diametri dei pianeti,
le distanze e gli angoli di posizione delle stelle doppie, le di-
gressioni dei satelliti ec. Vogliasi in primo luogo misurare il
diametro di un pianeta, per esempio di Giove ; posto in zero
il nonio della scala, si rivolgerà il cannocchiale al pianeta, il
Del Professor Santini 3^9
quale apparirà unico, e ben contornato, come nel consueti
cannoccliiali ; movendo con il rocchetto uno dei due segmenti,
tosto appa)iscono dentro il campo due diverse immagini per-
fettamente uguali, e se muovesi il segmento per modo che le
due immagini appariscano in contatto, la posizione della scala
dà quel diametro del pianeta, che è paralello alla direzione
del filo. In tal guisa chiaramente apparisce, che facendo girare
il micrometro intorno al suo asse , si può con eguale facilità
misurare il diametro equatoriale, ed il diametro polare. ' •
Qui vuoisi osservare, che lo stesso angolo si può ottenere
tanto facendo muovere uno dei due segmenti verso una parte,
quanto veiso la parte contraria; in uno dei casi la lettura si
farà sul primo nonio avente la sua origine in o'. o", e 1' an-
golo letto darà il diametro del pianeta; nell'altro caso fassi
la lettura sul secondo nonio avente la sua origine in iS'.ao",
ed il diametro è = i5'. ao" — Ang. letto. Se, essendo i nonii
alle loro rispettive origini , i centri dei due segmenti coinci-
dessero esattamente, i due risultati dovrebbero essere uguali ,
fatta astrazione dagli errori accidentali nella stima delle coin-
cidenze ; ora, esistendo un picciolo errore nel principio di
numerazione, è evidente, che la semisomma dei risultati dà
il vero angolo cercato , mentre la semidifferenza dà la corre-
zione da farsi agli angoli letti da una sola parte. Nelle osser-
vazioni seguenti per evitare 1' errore del principio di nume-
razione, si sono sempre fatte due osservazioni consecutive una
col primo nonio, V altia col secondo.
8.° Domandasi, in secondo luogo, di osservare la distan-
za e r angolo di posizione di due stelle vicine. Messi i nonii
in zero, e rivolto il cannocchiale verso la stella doppia pro-
posta, girasi il micrometro, finché il filo sia seiisibilmente pa-
ralello alla linea congiungente le due stelle; allora muovendo
uno dei due segmenti, appariscono tosto quattro stelle , due
delle quali si avvicinano continuamente. Quando le due di
mezzo coincidono perfettamente, la scala è in quella posizio-
ne, che segna la loro distanza ; e qui pure si dovranno avere
Tomo XXI. 4a
33o Ricerche intorko j\lla :\iass.v di Giove
le avvertenze riteritc al 5 pfRcedente per evitare rcrrore del
princi|)ia di munerazione. h' arco poi che nel circolo graduato
si legge Ira la posizione attuale del niicro\nctro , e quella in
cui il filo trovasi paralello all' equatore dà 1' angolo di posi-
zione. Se la distanza delle due stelle sia piccolissima^ come
di 3" a 4' fi'io ^ 3o'', 1' occhio dilllcilmente può assicurarsi
della coincidenza delle due immagini di mezzo, essendo con-
fuso dalla presenza delle altre vicinissime ; allora riesce di
gran lunga più comodo ed esatto il separare le loro imma-
gini, finché le rispettive loro distanze si giudichino eguali;
in tal caso la metà dell' angolo letto nella scala è la distanza
cercata.
9.° Per ultimo, le digressioni dei satelliti si misurano come
le distanze delle stelle doppie, avendo inoltre le seguenti av-
vertenze ; i.° si prende la distanza del satellite dal lembo più
vicino facendo ruotare Iciriiermente il micrometro^, e separando
le immagini, finché nella rotazione giudichisi; che il satellite
riesca in contatto del lembo di Giove ; si nota il tempo di
questo contatto, e leggesi la distanza osservata ; 2.° si osserva
in simil guisa la distanza tlal lembo più lontano ; 3." lacendd
fare una mezza rivoluzione al micrometro si ripetono le stesse
osservazioni col secondo nonio. Dividendo la somma delle di-
stanze osservate per quattro , si ha la distanza del satellite
dal centro di Giove indipendente dal principio di numerazione,
e dal diametro del pianeta ( il quale viene a determinarsi anco
dalle osservazioni stesse ) e questa sarà quella corrispondente
alla quarta parte della somma degli instanti osservati nei sin-
goli contatti.
Qui cade in acconcio di osservare , che 1' immagine del
satellite già per se debole, e più indebolita per la divisione
del fascio luminoso nei due segmenti del micrometro, perdasi
di vista quando avvicinasi all'immagine di Giove, che comun-
que divisa rimane molto splendente. Per ovviare a questo in-
conveniente , il Sig. Amici costruì a mia richiesta un vetro
piano a fiicce paralelle colorito in azurro, col quale cuoprendo
Del Professor Santini .'! 33 1
uno del due segmenti del micrometro, viene ad indebolirsi
e pingersi in azurro la corrispondente immagine di Giove, e
rende più facile V osservazione del contatto deUlmmagine del
satellite prodotta dall'altro segmento. Rimanendo tuttavia an-
cora molto splendente l'immagine di Giove, ho adoperato nelle
sere 4? 5, la Marzo un simile vetro di colore più intenso co-
struito dal Sig. Consoni di Milano; ma avendolo riscontrato
irregolare nei diversi punti del campo , ritornai all' uso del
vetro più chiaro di Amici regolarissimo in tutti i suoi punti.
E da notarsi, che riesce in pratica sommamente difficile, che
le due opposte superficie siano esattamente paralelle. Ma an-
che esistendo un' inclinazione, purché le faccie stesse siano
piaiiCj il vetro farà 1' ufficio di un prisma ad angolo costante,
il quale altro non produce, che una separazione costante delle
immagini , ed è come se il principio di numerazione venisse
alterato di una quantità uguale a questa separazione. La sua
influenza pertanto nel risultato sparisce, se si facciano muo-
vere successivamente li due segmenti, e si leggano le distanze
nei due opposti nonii.
Tale all' incirca è la costruzione del micrometro , e tali
i precetti per farne uso. Ad oggetto di poterlo più facilmente
dirigere verso un punto conosciuto della siera celeste, lo feci
adattare ad un apparato paratattico mobile sopra carrucole, e
che si può mediante robuste viti di ottone fissare in un luogo
qualunque, e porre dì livello; l'asse di ferro robustissimo è
sostenuto da una colonna di legno eretta sopra un triangolo;
tanto il circolo equatoriale, quanto il circolo di declinazione
hanno il diametro di 16 pollici, e sono divisi il primo in ore,
e minuti di 5 in 5 con un nonio, che dà 20"; il secondo di
mezzo in mezzo grado con un nonio, che dà il minuto. Un'
ulteriore esattezza avrebbe inutilmente aumentato il dispen-
dio, non trattandosi che di una montatura per dirigere il can-
nocchiale ad una stella qualunque di nota declinazionCj e di
nota ascensione retta. Manca ad esso tuttavia un buon sistema
di illuminazione, che rendesi necessario per potere facilmente
33:2 Ricerche intorno alla massa di Giove
osservare gli angoli di posizione delle stelle doppie. L'apparato
tutto è stato con lodevole diligenza costruito dal nostro abile
meccanico Giuseppe Stefani.
10.° Mi riinane in ultimo a dire qualche cosa intorno al
modo, con cui l'u verificata la scala. Il Prof. Amici avvertì ,
che questa era stata determinata con la possibile diligenza
mediante un'angolo misurato con un circolo ripetitore di i8
pollici sopra un' oggetto terrestre ; aggiunse perù , che per il
mediocre ingrandimento del circolo sarebbe possibile una cor-
rezione nella totalità della sua estensione ascendente a a". A
vero dire, mi è mancato fino al presente il modo di determi-
narla con un rigore maggiore ; imperciocché il circolo ripeti-
tore di Reichenbach esistente in questo Osservatorio non ha,
che la pollici. Forse potiò in seguito, giunto che sia il gran
circolo meridiano costruito in Vienna presso 1' Instituto poli-
tecnico, dalla Sovrana Munificenza accordato a questo Osser-
vatorio, assegnare con rigore una piccola correzione, se pure
vi èj intanto per li seguenti confronti, mi è sembrato fino al
presente non esservi d'uopo di alcuna sensibile correzione.
I ." La sera 6 Giugno io35, essendo pura l'atmosfera, si
misurò col micrometro sul campanile di S. Giustina alla di-
stanza di circa iioo l'angolo sotteso dalle due estremità
dello stipite verticale dì una finestra formata di pietra dura
riquadrata, e levigata, e si trovò con quattro misure coinci-
denti tanto con 1' oculare più debole, che con il più forte
= 8'. 36", 5.
Lo stesso angolo misurato dal medesimo luogo col cìrcolo
ripetitore, risultò il seguente
4A = 34'. a6". ... A = 8'. 36", 5
ioA = 86. io". ... a = 8. 37, o.
2..° La mattina del i a Luglio i835, essendo chiaro il cielo,
si misurò col micrometro la distanza dì due sottilissimi fili
Del Professor Santini ' ■ 333
(li ragno, paralellij tesi nel foco di un' objettivo di Fraunho-
fer di 4 piedi, e si ottennero i risultati seguenti.
Con l'oculare più debole
I Nonio .... 6.' 3'', 5o
a Nonio .... 6. 4
' 7-
6.' 3", co
6. 5, 5o
A = 6. 4, 125 I 6'. 4, 25
con r oculare più forte, i fili comparendo più languidi ed ap-
pena visijjili, si ottenne
1 Nonio .... 6'. a", go
2 Nonio .... 6. 3, 5o
6.' a", a5
6. 3, 5o
A = 6. 3", ao I 6. a, 875.
Il medio di queste quattro determinazioni è = 6'. 3", 69.
Col circolo ripetitore, lo stesso angolo risultò, come segue:
4 A = a4'. j6". . . . A = 6.' 4", o
IO A = 60. 3o". . . . A = 6. 3, o.
334 Ricerche ixtohxo alla massa di Giove
3.° Distanze di a', ed a' della libra =d con rangola
di posizione =■ p •
(iV,\\\". i835 ocLil. deb; i Non. = 3.' 5 i",u J
J=r3'.5r',4;;7=44.°i3.'«./7
2 Non. = 3. 5f , o)
ocul. forte i Non. = 3'. 48 "., o j \
V/r=o.5o ,0 y
aiNOn. — J.O-2., 0/ f vetro colorato per
\ uguagliare lo
7 Gius. ocul. deb. i Non. = 3'. 47", 5) ( ^pi^n^i^'^ f|'^ll«
l o fjor-orX '^"'^ stelle.
if/^3 .00^ 35 1
a Non. = 3. 53, 1) ì
ocul. forte i Non. .= 3.' 49", ol
)J=3.'49",5o
2 Non. = 3. 5o, o)
v\ , n ,■ \ I Non.=:3.'4<)"5 f-0
D.' Conti con / (79/"!; ^/o^r.
lostessoocul. ^ ,, ./=3.49.75;/'=44-4^
) 2 Non. = o. 5o, 5;
2.1 Ging. ocul. deb. i Non.= 3'. \()'\ 7)
{d=.'i. 5o, 55;/7^44' ^^
2 Non. = 3. 5i, 4)
4 Lug. ocul. deb. 1 Non. = 3. 49» oj
uZ=3. 5o, 25
2 Non.:= 3. 5 1 , 5;
Prof. Bianchi 1 Non. = 3'. 49 ') o^
(j=3. 5c, 00
2 Non. = 3. 5 I, o)
Medio =3.'5o",225;/;^44''^^'-
Il Sig. Herschel nel suo catalogo delle stelle doppie dà
questa distanza per la sera a3 Giugno 1023 = 3'. 50,835, e
r angolo di posizione ^ 44-° ^^ • 'U'-
Del Professor Santini 33S'
Dalle posizioni apparenti delle Effemeridi di Berlino per
questo anno trovasi d=3'. 5o", G; p=^^° 24'.
4° Distanze dì a' — a* del Capricorno.
22 Giugno i835. I Non. = 6'. 12", 2^
(d = G'. 14", 0
2 Non.= 6. i5, 8)
... ( D.'^Conti ) I Non. = 6. 14, 7^
S d = 6. ìS, 5
2 Non. = 6. 16, 33
' j
4 Luglio .... I Non. = 6. i3
2 Non. = 6. i5,
16 Luglio .... I Non. = 6. i3j
' . ., j 2 Non. = 6. ì5,
... ( D."" Conti ) I Non. = 6. 12, 55
2 Non. = 6. 16, 65
Medio d = ò. 14' ,53.
Il Sig. Herschel dà questa distanza = 6. 12, 999 per la
sera 3o Luglio 1822.
Dalle Effemeridi di Berlino per questo anno risulta
= 6'. i5', 07. Quantunque i precedenti confronti non siano
sufficienti a stabilire in modo incontrastabile l'esattezza della
scala, dimostrano però, che se vi ha una qualche correzione,
questa non può essere che piccolissima. Si è pertanto ritenuta
esatta, e senza bisogno di alcuna conezione nella riduzione
delle seguenti osservazioni.
1 1 ." Terminerò questi brevi cenni intorno a questa egregia
produzione del Prof. Amici con riferire i risultati delle osser-
336 RlCEIlCIlE INTOIINO ALLA :\rASSA DI GlOVE
vazioiii ili alcuno stelle doppie riputate JilFicili o per la so-
vercliia loro vicinanza, o [)er la (liUcreuza della loro luce, o
per la loro piecoh^zza ad oggetto di mostrare la bontà, e pre-
cisione del Cannocchiale. Tralascio gli angoli di posizione,
perchè non avendovi [ler anche applicato un buon sistema di
illuminazione, riesce dilTicile il dcteriuinarc con precisione la
posizione dell'indice nel circolo, quando il filo è paralcUo
air equatore.
[i Scorpione 28 Agosto i834- d=\o\2S
( Valentino Amici ) =i3,4o
4 Luglio i83j =:i3,54
16 Luglio iu3.') =i3,3o
JMedio =i3, 073; secondo Herscli.=i3",65
Polare. 28 Agosto 1804 d=\u,G5; Hersch.=i8"570i
d Serpente. 29 Agosto 1834. f/= 3,i25j
( Hersch.= 85053
{ Valentino Amici ) = 3, laó)
22 Giugno i835. ;^ Tordo (1) rZ=3i,825 Hersch.=35,i2i
4 Luglio n'535. ^ dello Scorpio.r/=: 6, ^ó Hersch.= 6,769
61 Ofiuco f/=ig,8i5 Hersch. =20,020.
Osservazioni del 4-'' Satellite di Giove
presso le niassiiìie sue digressioni orientali^ ed occidentali.
12." La montatura parallattica del Cannocchiale microme-
trico \ion essendo stata terminata , che verso la metà dello
(i) La ilist.mzi ili r|ueste stelle somlira variabile, ed essere in una continua di-
minuzione. Vedasi 1' avvertenza nel Cat. di Herschel pag. 198.
Del Professor Santini 33 7
scorso Gennajo, non si poterono cominciare le osservazioni ,
se non ai 29 dello stesso mese , quando il [)ianeta aveva di
già oltrepassata la sua opposizione, ed andavasi allontanando
dalla terra ; si continuarono fino alla metà di Aprile^ dopo il
qual tempo, essendo il satellite molto indebolito per la sua
distanza, si abbandonarono. Le osservazioni sono fatte nel modo
indicato di sopra ( ^ 9 ) ; il tempo segnavasi sopra un Orologio
costruito dal meccanico Giuseppe Stefani , regolato prossima-
mente sul tempo siderale, la cui correzione presa dal registro
del suo andamento diurno riferiscesi sera per sera; il carat-
tere. I. N indica la lettura fatta sul primo nonio, die lia la
sua origine in o'. o"; il carattere a.N indica il complemento a
i5'. 20" della lettura fatta nel secondo nonio; S è il tempo
siderale dedotto dalla quarta parte della somma dei tempi os-
servati ; M il tempo medio corrispondente ; z la distanza os-
servata del satellite dal centro di Giove.
Anno i835.
29 Gennajo. Digress. Occident.; corr . dell'Orci. = — à^ .\o^' ,^
i. Oss.=4.*5a.'4a"; i.N=8'. 9",5'
4. 58. 5 . . =8.5i,8Ì
5. 8.21 a.N=8. i3, 7(
5. 14. 38 . . =8.55,8,
|S=4."59'. 7",o
>M=8.''25.47",9
\z =■ 0.32,70
2. Oss. =5. 23. t3; i.N=8. II, 3\
del JS =5.*26'.a8",5
Dott. Conti 5.28.24 .. 8.55,2/
\M=8. 53. 4,8
5. 34. o 2N=8. 15,5^
\z :=■ 8'. 35. "00
5. 37.35 . .=.8. 58,oj
Tomo XXI. 43
> 0(>
).3i>
Ricerche I^;Ton^■o alla massa ni Giove
3o Gcnnnjo. Uigr. occiJ.; coir. dcirOrol. = — ^.'.^^"^o
I. O-^ser. =4.''4()'.i2o"; ji.N=8'.59",c\
(S=4*53'.io",7
>Ì\I=8. 17.56,3
4.55. 37 . . =9.41, 3
5. 4.41 i.N=8. r,6, cj
■i. O. DO . . =9. àu, 2,
a.Osser. =5.22. 2 i.N=:o. 56^2
del ^S=5.25'.42"
Dott. Conti 5.26. 9 ..=9.3o.5f
>M=8. 48.22, 6
5.33.25 a.N=8. 59,2
5.38. 40 . . =:q.4i, 6
i - r\' I P.' " n K
3i Geiinajo. Digr. occid.;, corr. dell'orol. = — 4'.23",4.
I. Ossei'. =4.''5o'.io"; i.N=8'.28",7'
4- 55. 55 . . =9. II, al
5. 3.28 2.N=8.3i,6l
5. 8. IO . . :=9. 11,8,
fS =4 .55'. 2",3
>M=8. i3.5a, I
\z = 8'.So",825
2. Ossei-. =5. 20. ì; 2.N=8.28,8\
del _ Js=5.''a3'.i4",6
Dott. Conti 5. 25. 19 . . =;;9. 9, cf
)M=8. 4^' o, o
5 3:. 37 i.N=8.25,5(
\== 8.48,125
Del Professor Santini 339
8. Febbrajo", Digr. orient.^ coir, dell'orolog. =— 4'-4>' j^.
= 4.*3r'. a"; 2N=8.'34",5'\
Js =4.*39'.52",3
4. 36. 3o . . =g. 1 1, 5f
\M=7. 27. 17, 3
4.5a. 55 i.N=8.3i,5(
\z = 8.'5a",8o
4.57.47 . .=9.13, 7^
N. B. Osservazione incerta per la vicinanza della Luna.
i4- Febbrajo. Digr. occid., corr. dell' croi. =z— 4'.55",a.
I. Osser. =5 *35'.3o"i i.N=6'.a3",8\
ys =5.''4o'.i2",o
5.40. 3 . . =7. 4? of
>M=8. 3. 5 1,6
5.5o.a3 2.N=6.27,6l
\z = 6.'45",4o
5. 54. 33 . . =7. 6,2.)
a.Osser. =6.10. 9 a.N=6.a8^o^
f o Q / p/s =6.''i i'. io",5
6. 13.34 • • =7- 9-> 5f
r TVT r /M=8. 34.45,0
6. 19. o i.N=6. a7,al ^ ^
r / r \z = 6'.47''585
n. 2 1 . 40 . . =7. 6^ 7 ; ^'■
i5. Febbrajo. Digr. occid. , corr. dell'eroi. = — i^ .^o\2..
( Cielo fosco per i vapori ; osservazione incerta )•
=4.*25'.2o"; i.N=8'. r',3\
Js =4.''33'. 8",8
4. 33.35 . .=8.37,3/
)M=6. 53. 3, 5
4.44.55; o.N=8. 4,c(
\z = 8'.2c",475
4.48.38 . .=8.39,3;
34f^ Ricerche intorno alla massa di Giove
■j.?ì. F(;ljlnajo. Digr. oricut., coir, dell' croi. = — 5'.i5"j7.
=7.''3() .10 ; i.N=7 -aa ,5\
Js =7.^0'. 4" .8
". 4*'- 2.3 . . =:o. I , or
\m=(). 34. o, 3
-.56.23 2.N=7.a6,cl
' V= 7'-4'".875
K. .3. 27 . . =7. 00, 0/
2Ó. ]'"cl)!)rnjo. Digr. orieiit., corr. (.IcU'orol. = — 5'.io",8.
I. Ossei-. =7.^14. o"i i.N=7'-50",5'
19. 55
'M=8. 53.22,0
IS=7.''i8'.i3"4
■-. 27. IC 2.N=:7. 56, o
yz= 8.12,875
7. 33. 8 . . =8.28, 0/
2. Osscr. =7.*4o'. 5"; a.N=7.59, o\
JS=7.*42'.3o"4
7.44.56 . .=8.33, 5f
\m=(). 22.35,0
7. 5 1.22 i.N=7.40j51
\z = 8. i3, 00
7. 54. 58 . .=8. 3o, 0/
4. Marzo. Digr. occicl., corr. dell'orol. = — 5'.26",4-
I. Osser. =7.''27'.5i"; i .N=7'.33'',o'\
Js =7.''a7.'33",4
.)0. 02 . . =0. 9, or
)M=8.4o. 9,2
35. I 2.N=8. 8, i[
\z=z 8'. 9",075
38.35 . .=8.45, 7 J
Del PiiOFESSon Sant/ni 3^1
a. Osser. =7.*43.'5o"; a N=8.' 8",a\
Js=7.M4'.ii".6
47.35 . . =8.40, of
)M=8. 56.44,4
5i.i4 i.N=:7. 34, i(
\z = 8.' 9", 32,5
55, i3 . . =8. g, 0/
Da questa sera fino al giorno 12, inclusive, si adoperò il
vetro più oscuro di Consoni, che si abbandonò inseguito, per-
chè senilìrava irregolare, siccome sopra si è indicato.
5. Marzo. Digr. occid.; corr. dell'orol. = — 5'.27",4.
=7.*i7'. 3";2.N=8'.i5",8\
JS = 7. 19. 4,3
7. 21 .ai . . =:8.52, cf
)M=8. 27.45,6
- 7.28. 3 i.N=7.4i,3l
\z= 8. 16, i5
, 7.31.40 . . =8. i5, 5/
12. Marzo. Digr, orient. ; corr. dell'orol. -= — 5'.35",o.
I. Osser. =7. ai. 5 1 a.N=:7.3i,a.
JS =7. 23.56
7. 27.42 . . =8. 5, 2/
)M=8. 5. 9.
7. 3a.4o i.N=6.55, ci
)z = 7.29,925
7. 35. 5i . . =7. 28, 3
34^ Ricerche intorno alla massa di Giove
2. Osser.=7.''34..' 3", i .N=6.'jq'',5
SS:=7.''53.'3i",7
IM=8. 34. 35
z =: 7. 3a, 80
3. Osser. =:8. ao.47 2.N=7.35,5
del ' jS =8. 26.23,2
Dott.Conti 8.27.43 . .=8. 8,7/
Sm=9. 7.22
8. 37. 49 i.N^-. I, ci
\z^ 7.34,425
8. 4' • 34 • ■ =7- 32, 3
i3. Marzo. Digr. oiient.; coir, dell'orci. = — 5'.37",o.
I. Osser. 1=7. 5i. 55 i.N=:7.49-. o
Ys=7.54. 2,2
7. 58. 6 . . =8. 26, e/
VM=3. 3i. IO, 5
8. 2. 23 2.N = -. 52, ci
y = 8'.8",5o
8. 6. I (') . . =8. 27,0'
2. Osser. =8. i5. 36 2.N=7.53, -
■ ]S ^8. 15.40.8
8. 18. 3o . . =8.2^., 2/
)M=8. 52.45,5
8. 23. 5 i.N=-.5i,(A
]z= 8. 9,225
8. 28. o . .=3.a5,o^
Del Professor Santini 343
i4 Marzo. Digr. orleiit.; coir, dell' oroI. = — S'^^'c.
=;8.''7.'i4"; i.N=7'.a2'V5
8. IO. 57 . . =7. 54
■ "1=8. 4[
8. 16.33 2.N=7.2a, il
);:= 7.37,65
8. ao.27 . , =7. 5i2, o'
jS=8.* 8'.io",8
VM=8. 4[.or,o
7 Aprile. Digr. occid.; corr. dell'orci. = — 5'.44"50.
1. Osser. =8. 29. 5 a.N=7 24, 2
JS=8.32. 09
8. 34. ^5 . . =7. 07, 5/
j>jM=:7. Si. IO
8.4^.35 i.N=7. 22, ol
P= 7-4c5 55
8.46.54 . .=7.58,5^
2. Osser. =8. 53.25 2.N=7.22, e.
J3==3. 57. i5 '
8. 59. IO . . =7.58, 5/
VAI=7.55,55
9. 7.20 i.N=7.2i,ci
Y= 7.08,75
9. 12. I . . =7^53. ó'
8. Aprile. Digr. occid.; corr. dell' croi. = 5'.4'^ '•
=8. 25. 3o i.N=7. 4,8.
Js=8. 26.54,0
8. 3o. IO . . =7. 38, 2/
>M=7. 21.44, 2
8. 35.32 2.N=7. 7, 5l
j3 = 7. 23, 120
8. 3g. i3 . . =7. 4^? o
344 RrCERnirc intorno alla .aia>ì\ di Ciovit
ij Aprile. Digr. orieiit., coir, dciroiol. = — .5'. 30''.
( Satellite molto debole, od appena visibile )
9.''4o'-^^"; i.N=6'.55",4,
9. 44'' - ■ • =7- -9' ^i
9. 4'^- i5; a.N=b. 54, 8|
(). 02. 4.1 . . =7. :>7, 0
:.).''40'.l5"
)^I=o. 'J. 2. l
— 7. Il ",75.
?lctoilo ado/'erato nel calcolo della massa di Giove
dietro le precedenti osservazioni.
i3. r>.ap[)resentii)o neir
imita figura T, G^ S i cen-
tri della Terra, di Giove e
dei satellite proiettati nel
piano deir eccliltica ; le
linee TY,Gr paralelle se-
gnino le direzioni delia
linea degli equinozi!, da
cui si contano nel cielo
stellato le longitudini luii-
eo l'ecclittica.
Pongasi TGz=ir., SG=p'; la longitudine geocentrica di Gio-
ve, ossia l'angolo GTT—MGT'=Z'; la longitudine giovicentrica
del satellite, cioè l'angolo SGT'=0'; l'angolo 8X0=:=', e con-
ducasi SM perpendicolare sopra TG. È palese, che dal trian-
golo rettilineo STG avremo V equazione
Del Professor Santini ■■ ' ■ ' 345
p'.seiì.{0'—l')=[r'-i-p'cos.{0'—l')].tSLng.z'
donde si ricaverà
r'tan";.2'
P =
aen.(e'—l')—cos.(d'—l')taug.z' sen.{e'—i'—z')
Siano ora A la latitudine giovicentrica del satellite , p il suo
raggio vettore; À' la latitudine geocentrica di Giove, r la sua
distanza dalla terra. Introducendo queste quantità nella pre-
cedente equazione, si ha tosto la seguente
rros.À'sen.z' r.z' cos./l.'sen.i'' / \
P cor.Asen.('— /'— s'} cos.Asen.(e'— /'— z') ' ' ' W
Col micrometro di Amici misurasi la distanza geocentri-
ca z{ poiché la differenza delle paratassi di Giove, e del sat-
tellite non ha qui un' influenza sensibile / del satellite da Gio-
ve, di cui z è la projezione nel piano dell' ecclittica. Per ot-
tenere ora questa da quella, si consideri nella sfera celeste
avente il suo centro nel centro della terra il triangolo sferico
formato al polo dall' ecclittica E, al centro di Giove G, al sa-
telhte S ; è palese, che l'angolo in K=z'; i lati adjacenti sono
£0 = 90° — À', ES = 9o° — A'; il lato ad esso opposto GS = z
( indicando per A' la latitudine geocentrica del satellite sem-
pre da A' pochissimo differente). L'equazione fondamentale
della trigonometria sferica darà
cos.z = sen./l'sen.A'-+- cos./l'.cos.A'.cos.z' ■ '
la quale può scriversi sotto la seguente forma
sen.'^^ z = sen.'' ^ (A' — À) -f-sen."^ ^ s'cosA'.cos A';
questa equazione , a motivo della piccolezza di A' — À', 2, s'
riducesi tosto alla seguente
zcos.À'=i/[{z-hÀ'—\'){z-hA'—/:)] (b)
Tomo XXI. 44
346 Ricerche intorno alla massa di Giove
la (iiuile porge molto speditamente il valore z'cos À', quando
siasi misurato e, e conoscasi A' — À', che è la difierenza fra le
latitudini geocentriche del satellite, e di Giove, ovvero pros-
simamente l'angolo, sotto cui dal centro della teria è veduta
la elevazione verticale del satellite sopra di un piano parallelo
all' ecclittica guidato i)er il centro di Giove. Essendo pertanto
A la latitudine giovicentrica del satellite, la sua elevazione
sopra di esso sarà = pA prossimamente, e perciò
A'- ;;= (L^.... (e).
i4- Premesse queste cose, ecco il modo da me tenuto
nella riduzione delle superiori digressioni.
i.° Colle effemeridi di Berlino del Siirnor Eidve, in o ± I - 4«^-i- i| r'
I casi concreti del nostro tema non possono mai dar luogo al
valore negativo di u, stante che ad esso corrisponderebbe una
sezione, della quale più che due terzi uscirebber fuori del
prisma. Terremo conto dunque del solo valor positivo, espres-
so dalla formula
(li) ,, = :^±±i:j:^:±:^
Ma il secondo differenziale riesce
Del Prof. Tramontini i5
dd\ a(93:'-t- 4q') >^ •:,'■
Dunque il valore di u, espresso dalla formula (II), corrisponde al
minimo della lunzione V, e perciò rende un minimo ancora il
valore di (p. Dunque assegnato un punto M, che è quanto dire
determinata la misura x, se l'estremo superiore di una sezione
condotta per M sia determinato per la misura x-^u, cioè per
l'equivalente ■ ;;,i i ..
(Ili) ..... ; ^ _ -.r+|/4'''+9x'
sarà la sezione MI, determinata in tal modo, quella dotata di
minor fermezza che qualunque altra, la quale possa condursi
pel punto M. • ' ■
§. 3. Raccogliamo tosto alcune verità le quali immedia-
tamente derivano dalle formule sopra enunciate.
I .° Non dipende né dalla tenacità della materia, né dalla
misura di l quella di u , cioè la sezione di menoma fermez-
za MI , respettiva ad un qualunque punto M assegnato nello
spigolo HB^ non muta posizione variando V altezza l del pun-
to dove s'intende applicata la spinta, né variando la materia
omogenea, onde sia composto il prisma.
2." Mai la sezione di minima fermezza , qualunque sia il
punto M al quale corrisponde, potrà essere parallela alla base
del prisma, giacché niuna misura di x potrà rendere u z=c ;
ma dev'essere sempre m > o, e quindi ancora x-^u=^y'^o do-
vendo necessariamente essere in ogni caso concreto a:>-o, od
almeno x =■ o. ;,,_■■;,. ,, ,.: i i -;;,.:, i.^i ■, •-;■.,
3.° S'inclina la sezione di menoma fermezza secondo un
angolo vie minore verso la base del prisma di mano in mano
che vada crescendo la misura x determinante il punto M.
Imperciocché , chiamato o quell' angolo d' inclinazione sarà
tang. o=z ~ , cioè dovrà scemare o crescere secondo che
i6 Del Luogo di Fermezza ecc.
scemi, o cresca u. Ma^, posta <£x>o, cioè crescendo :r, abbia-
mo dalla formula (II) — = 9^—1/9^ "^^"^ 0.
ap
Sostituendo similmente di nuovo 2a>x, l'espressione sud-
detta darà pure
ap ^ '
Pigliando l-=. Q.a , si ottiene x := a. — , ed a questa mi-
D7.T , ^ ,
sura corrisponde 0 = ~- . ( OjSooo ). Se ad x sostituiscasi la
misura x=. a(o,85) < .r, emergerà &= —^ ■ ( o,3oo2 ) >0. Di
nuovo ponendo in vece di x l'altra misura .r":= 0(0,9 ) >■ a;,
ne verrà d"=^ 3/J(o,3coa) >> d .
Per abbondanza di prove sopra la veracità delle formule
(V), (VI), (VII), dedurremo di nuovo immediatamente dalla
(I) i valori di x, u, y , determinanti la sezione primaria che
risponde a qualunque misura assegnabile di /.
Si ripigli l'equazione (I), facendo V— ii-^Z'^^-^u) ' ^^'
dotti i differenziali, prima relativamente alla sola .r , poi re-
lativamente alla sola z/, si oiterrà
^ (a'-m')(— 3;-t-63-+g») p
dx [l—xY{ix-^^uf-
ZT (l—x){ix-^2.uY '-■
Dall' ipotesi P = o emerge 1' equazione
6.r -H 2Zi — 3/ = o I.
Dall' ipotesi Q = o emerge 1' altra:
zi*-+- Zxu — a^= o a.
Del Pkof. Tramontini ai
Per mezzo delle due i, a, si deduce, come precedentemente
_ l 20» aa»
X ^^ — "^ ' — 7~" •) Zfr ^™ ,, , ec»
a gi di
Prima di chiudere quest' articolo , gioverà riscontrare
r identità della sezione, o determinata secondo il § a, o de-
terminata secondo il presente § 4- I" f^**-^ sostituiscasi nella
(IH) il valore di x dato dalla (V). Si otterrà
1/9^'
4-^ = '-^^
e quindi
H^ — ^i — ■*" ir — -^ ^^•
§ 5. Se fosse (p<^ì, la forza di coerenza nella sezione
corrispondente sarebbe inferiore allo sforzo cui deve resiste-
re. Non potrebbe dunque sussistere intero il prisma, dispo-
nendosi alla rotazione, e malamente si chiamerebbe fermezza
in questo caso il rapporto d' un tal momento di coerenza , e
quello della spinta. Quando fosse (p = ì , sarebbero pari quo'
due momenti ; onde non vi avrebbe propriamente fermezza ,
se con tal nome si voglia , come si deve intendere, denotata
qualche sovrabbondanza della resistenza in confronto dello
sforzo oppostovi. Dunque d'> i.
§ 6. Crescono, o scemano insieme le due misure l, x,
nel rapporto assegnato dalla formola (V) , restando sempre
X ■< — ; ma perchè procedano similmente crescendo, o sce-
mando insieme le due misure /,/, nel rapporto assegnato dal-
la formula (VII), è necessaria questa condizione , cioè che se
Z, r sieno due diverse altezze correspettive alle due misure
/, y, si trovi g/Z' > 8a^.
22 Del Luogo di Fermezza ecc.
Imperciocché fingiamo l^l, e comparati i due valori
si Otterrà la differenza
quantità positiva quando si avveri la condizione predetta , e
negativa nel caso opposto.
In oltre sarà y o se di 6 sono poi date esse medesime, come
I 3 3 "■
tosto si vedià, per le derivate parziali delle tre velocità. Ciò
ritorna nella riflessione fatta sul fine del n.° 57.
70. Mettiamo per comodo
(192)
j, du r> dv ^ da
y9 = 2,-r-; /> = a — ; L=a —
dx^
dy
^— dj"^^' -^ — — -+- — =
da da
Tz'^Tx-
Ti — ''" _j_ '''*'
dz dy
3o:2 Nuova Analisi ec.
]Moltiplioaiulo rispettivamente per e , d ,t Ia^)rima delle (189)
e le (.lue prime delle (190), indi sommandole; moltiplicando
similmente la prima delle (190) la seconda delle (189) e la
terza delle (190), indi sommandole; moltiplicando per ultimo
similmente la seconda e la terza delle (190) e la terza delle
(rSq) e ancora sommandole, avremo per effetto delle (iSi),
(i8a) le tre die seguono
e {.i — O )-i- :^ F~ht E=o
1 III
(193) e F-i- ^ (B — 0)-i~T D = o
Il II
e E-h ^ D-i-T (C — 0)=:o.
I I
Ripetendo la stessa operazione collo stesso ordine e colla sola
ditl'erenza di moltiplicare rispettivamente le equazioni tre a
tre per £ , 3 , t invece di moltiplicarle per e , -^ ,t , otterremo
'■ 2. ù. -J, *■ III
^ t,4-.0)-\- ^ F-hr E=o
i a a 2
(194) £ F-H 3 (C — 0 ) -+-r D = o
eE-^sD-^T(C~-0) = o.
a a . a^ a
Replicando ancora la stessa operazione collo stesso ordine, ma
moltiplicando le equazioni a tre a tre rispettivamente per
£ •) -' , r , conseguiremo
eJ^,]-n^^^^F-^T^E=o
e^E^^^D^r^iC-e^) = o.
Del Sic. Dottor Pioi.a 3o3
Fra lo (193) possiamo eliminare le e , -s , r , e ottenere una
equazione che contenga solamente 0 e le sei y/, B, C, D, E,
F. Havvi piìx d'una strada per giungere a questo scopo: ne
accennerò una ed è quella di dividere le tre equazioni (igS)
per e , e fra le tre risultanti eliminare i due rapporti
— L, — L. Si conseguisce cosi dopo alcune riduzioni la
-+- ^D'-t- BE'-^ CF^— ABC — 2 DEF =0.
Con un processo di eliminazione affatto simile ed eseguito
sulle (194) troveremo un'equazione di terzo grado che non
differirà dalla (196) se non per avere 6 in luogo di ^ . E una
simile operazione praticata sulle (igS) ci darà un'altra equa-
zione di terzo grado in niente differente dalla (196) se si ec-
cettua l'esservi 0 al posto di d .
3 ^ I
71. Il verificarsi della equazione (196) tanto con 6 , co-
me con 0 , come con 0 non vuol dire che 6,6,6 siano
2 3 13 3
fra di loro eguali , ma che sono le tre radici di una stessa
equazione
d^—{A-\-B-i-C)e^-+-{AB-\-AC-hBC—D'—E"-—F')d
( = 9?)
-^AD'~-^BE^-^CF"'—ABC—2.DEF=o.
Infatti, così essendo, la teorica delle equazioni ci darebbe
3c4 Nuova Analisi ec.
eoe =JnC-h^DEF—AD'—BE'—CF'
13 3
La prima di queste è la stessa (iQi) già trovata altiiinenti:
e non dubito che auclie le due seguenti possano avere una
diversa verificazione, che cercherei se non credessi la verità
della proposizione asserita già manifesta senza bisogno di no-
vella prova.
L'equazione (197) occorse anche a Lagrange, a Binet, a
Cauchy in altro ricerche di meccanica (*). Il primo di questi
ecometri dimostrò che avea le sue tre radici sempre reali: il
terzo ne indicò la risoluzione cìie si conduce felicemente alle
forinole finali, quando facciasi uso del metodo di risoluzione
delle equazioni di terzo grado per mezzo delle funzioni cir-
colari.
Osserveremo, perchè riesce utile in seguito , che se mai
per lui caso particolare fossero
(ifu)) D = E=z F=o.
le tre radici della (tgj) sarcbjjero //, B^ C.
Suiiposte cognite le tre radici 0,0, Ó'.jsi lianno dalle (188)
fdt.o, fdt.$, fdt.e,
(icc) i = e ; ^ = e '■, t ;=^ e
^ ' I 2. 0
73. ]NLa interessa di ottenere equazioni Ira le sole deri-
vate parziali delle velocità ?i , u , ir. Che vi debliano essere,
non può mettersi in dul>bio se si riilette che le equazioni
(*) E.xerciccò de matln-mntiqups. T. -2. p.ig. 98.
Del Sic. DoTTOn Piola 3gS
(i54) unite alle (iBa) formano un sistema di dodici equazioni
fra cui eliminando le nove £ , s , 7- , e , ec. resteranno tre
Illa
equazioni fatte delle sole velocità. Il loro ritrovamento però
non è per nulla ovvio, e conviene usare certi maneggi a fine
di evitare processi analitici di una prolissità che spaventa.
Scritte le (iqS) nella maniera seguente
£ 0 = e A -h ^ F-i- t E
III 1 I . •
(201) d 0 =z £ F^ $ B-hT D . V
I I I » I
T d =ze E-t- s D-i-T C
III I I
• !•• .. de di dr .
si derivino per t. Metteremo per —L , —, Li loro valori
' ^ dt dt dt
datici dalla prima, quarta e settima delle (i54), e ricompa-
rendo i prodotti e 6 , S: 0 , t 6 vi sostituiremo le espres-
I I I I II
sioni equivalenti che si vedono nelle stesse precedenti (^oi).
Dopo varie riduzioni che si presentano non difficilmente, giun-
geremo ad un risultamento al quale ( adottando d'ora innanzi
d'indicare cogli apici le derivate totali per t) potrà darsi il
seguente prospetto
f 0' = e a -i- i /"-f-T e
I I I I I
(202) ^ 0' = e /h- Si b -ht d
I I I j I
r 0'=:se-^id-^TC
III I I
essendo le nuove sei quantità a, b, c,d^ e, / date per le sei
J, B, C, D, E, F delle (192), e per tre nuove
/»»0\ *• du, dv div dii ^ <■ dv d^
(ao3) ? = ^-^; '^' = 51-^1' ^-Tz-dJ
Tomo XXL 39
3c6 Nuova Analisi p.c.
mediante le c([uazioni
a= /}' — F| -4- Et^
(2o4) b = L"-4- FI — d:
e = C— Eì2 -4- Dt,
Avverto die in questa operazione si riconosceranno facilmen-
te i valori (.Ielle (io4)? ma non così snbito quelle tlelle (ac5).
I coefficienti di '; e di £ nei secondi membri della prima e
seconda delle (202) non compariranno al primo aspetto eguali,
riuscendo 1' uno
e r altro
^ ' dy \dy dxì dy dz
-+■ (B—A) -7--1-F- — JH-D-; E-
^ ' dx \,tx dv} dx 0
Non è clie svolgendo dopo la sostituzione dei valori (202), che
si troveranno entrandji eguali all' espressione
T^r da dit dv dv da' d^v du dv dii dv du dv
j' —4— — — ■ ^^ — — — ^ — . — . — ~- — ^^ — — — — — .
dx dy dx dy dx dy dx dx dy dy dz dz
Quindi mettendo invece dell' uno o dell' altro la loro semi-
somma, e richiamando le denominazioni (208), si avrà la pri-
ma delle (2o5).
Similmente i coefficienti di t ^ f nei secondi membri
Del Sig. Dottor Piola Bof
della prima e terza delle (ioa) appariranno sulle prime di-
versi all' occl'.io, cioè
^ ' dx \dx dz I ax dy
ma colla sostituzione dei valori (iQii) si troveranno entrambi
eguali all'espressione
rpi du dii dv 'l'v da' div du da' du da' da da>
dx dz dx dz dx dz dx dx dy dy dz dz
però si potrà usare la loro semisomma che ci mostrerà la se-
conda delle (ìio5). Un simile giuoco giustifica la terza delle
(2o5); i due coefficienti apparentemente diversi di x , ^ nei
secondi membri della seconda e terza delle (aoa) sono
^ ' dz \dz dyì dz dx
^ ' dy \dy dzj dy dx
e r espressione a cui entrambi si riducono colla sostituzione
dei valori (192) è
T\' ^^ du du di' dv da' div dv da' dv div dv d^v
dy dz dy dz dy dz dx dx dy dy dz dz
73. Combineremo le equazioni (aoa) ultimamente dimo-
strate colle precedenti (aoi); ecco in qual modo. •
Eliminando d dalle (^ioi) avremo
3c8 Nuova Analisi ec.
li I II I II II
l2cO) À £ T -+- F :• T -+- Fr '= Ee = -^De :- -H Ce %
^ ' 11 11 i I II li
Ff r -t- F s TT H-Fr ==F£ .5 -+- F) s ^-hC 5 t .
II II I li I II
Similmente T eliminazione di 0' dalle (ioa) ci darà le tre
ae ■■' -i- f ': '~h e ^ r =/£ " -hl's ^ -¥- de r
i 1 •' i ili II II
(207) ae T -¥- f i T -k- er ^ = ee ~ -hcle •? -+- cf r
*'' II II 1 I II II
fé r -^ h ^ X -^ eh ^ =ee ■'i -+- d ^ ""-t-c 3 r .
II II I II I II
Alle (ao6) moltiplicate rispettivamente per/", e, d si sottrag-
gano le (2.07) moltiplicate rispettivamente per F, F, D, e la
sottrazione facciasi ordinatamente, cioè la prima alla prima,
la seconda alla seconda, la terza alla terza: otterremo
[Af—Fa)e^ k -^-{Ef—Fe) s^ z={Bf-Fb)£^ ^.-^[Df—Ed) e z
(ao8) {Ae-Ea)e r ^-^{Fe—Ef) ò r=[De—Ed)e^ 5^-+-(Ce— Fc) e t
{Ed—Df)£ T- -^[Bd—Db) 3 T ={Ed—De)e^ i ^-i-{Cd—Dc)$ r .
Ora sommando le prime due di queste (208), i termini che
contendono ■& , t spariscono, ed i restanti sono tutti divisi-
II
bili per e : si ha cosi un risultato che può essere presentato
come segue
[{A^B)f—F(a-b)-hEd-De]i=[{C-J)e—E{c—a)-^Df-^Fd]T^.
Del Sic. Dottor Piola 3og
Si sommi da capo la prima delle (208) colla terza in cui siansi
rovesciati i membri , cioè scritto per primo il secondo e vi-
ceversa ; i termini che spariscono sono quelli che contengo-
no f r : i restanti sono divisibili per 5 , e si ha
II ^ I
[{^-B)f-F{a—h)-hEd-De]e=[{B—C)d—D{b-c)-i-Fe—E/\T^.
Sommando in fine le ultime due delle (208) spariscono i ter-
mini che contengono e 3 , e i restanti sono divisibili per r .
II *■ I
quindi
[{B—C)d^D{b-c)-^Fe—Ef]ì =[{C—^)e—E{c—a)-^Df—F(I]e^ .
Le tre equazioni ultimamente trovate non sono in sostanza
che due sole. Ponendo per abbreviare
L = {B-C)d— D{b-c) ^Fe — Ef
(aog) M — {C—A)e—E{c—a)^Df—Fd
N= {A—B)f— F{a—b)-h Ed — De
esse sono tutte e tre comprese nelle due equazioni
(2:0) _!i. = Ì^=lL.
74- Chi ponga niente all' analisi di questi due ultimi nu-
meri capirà che le precedenti (aro) prendono la loro origine
dalle (ig3), e che se rifaremo la stessa analisi partendo inve-
ce dalle (i94)j arriveremo sulle medesime tracce alle altre
equazioni
t ^ t
essendo i valori delle L, M, N ancora i marcati nelle (aoq).
3 1 o N u o V A A N A L I s I ec.
Per verità ccDiivcrrù prcncleie delle (i54) altre equazioni di-
verse dalle usate al u " 72, cioè la seconda, quinta, ottava
invece della prima, quarta, settima ; ma quest'unica dilTerenza
neir andamento dei due calcoli è anzi, per chi ben osserva,
ciò che rende il riscontro perletto. In simil maniera partendo
dalle (19")) giungeremo alle altre tre
/ \ *^ -^s '^3
^ ' L M N
Cliiamisi per un momento Jl il valore dei tre membri compo-
nenti le eijuazioni (2,10) e A quello dei tre membri delle (2.11):
avremo
I 1 I
2
Sostituiscansi questi valori nella prima delle (ioa) e dividendo
per hk, otterremo
(210) L^^ I\r-^-N^=o.
Lo stesso risultato ci sarebbe porto dalle altre due equazioni
delle (182) e dalle altie due combinazioni delle (aio), (2,11),
(ara). L'equazione (aiS) non può sussistere se non si hanno
separatamente
L = o, 3F—0, iV=c
è questo nn principio analitico assai noto, ed usato dai geo-
metri nelle e(jnazioni fatte di somme di quadrati di quantità
reali.
Dunque per le denominazioni (209) avremo
Del Sic. Dottor Piola 3ii
[B — C)d — D[b — c)-^Fe—Ef = o
(214) {C — A)e — E{c — a) -^ Df~^ Fd = o
{A — /?)/— F{a — h)-+. Ed— De = 0.
Ecco finalmente le tre equazioni clic si cercavano fra le sole
velocità, come si disse sul principio del n.° 72,. Conviene in-
tendere sostituiti nelle (214) alle A, B, C, D , E, F ì valori
(192), e alle a, b, e, d, e, f i valori (204), (ao5) nei quali
entrano le ^, ^, t date per le (208).
75. Le formolo fin qui dimostrate contengono nel loro
complesso quanto basta alla piena risoluzione d'ogni problema
relativo al moto de' fluidi , ammessa la condizione esposta al
principio di questo paragrafo. Restano però le difficoltà ana-
liticbe elle risguardano l' integrazione delle molte equazioni a
differenze parziali. Queste, anche nella teorica piìi semplice
adottata dai geometri nostri maestri , furono reputate sì gra-
vi (*) da sorpassare tutte le forze dell'analisi conosciuta j e
però air oggetto di avere equazioni piìi trattabili, furono am-
messe alcune facilitazioni che qui chiameremo ad esame.
Primieramente fu ammessa l' integrabilità del trinomio
Xdx-h^ dy-i-Zdz , ossia (ciò che significa lo stesso, ma s'in-
tende meglio) la sussistenza di una funzione l\x, y, z,t) che
verifichi le equazioni
(.i5) ... X=-; ¥=-; Z = -.
E noto che si fatta supposizione è rigorosamente conforme
alle leggi della natura, e che è appunto essa sola per cui si
possono dalle equazioni meccaniche cavare le leggi della idro-
statica. Accetteremo pertanto questa supposizione anche nella
(•) Lagrange. M. A. T. 2. pag. 3o4-
3i2 Nuova Analisi ec.
nostra analisi senza difficoltà. In secondo luogo si suppose,
non solo nell' equilibrio, ma aiiclie nel moto la densità T co-
stante se parlisi di fluidi incompressibili, e proporzionale alla
pressione ove si tratti di fluidi elastici. Panni clie nel caso
del moto rammettere questa proposizione a priori non sia piìi
conciliabile colle cognizioni attuali della scienza. Il Sig. Pois-
sou ( luogo sopra citato ) ha trovato che il fluido durante il
moto può prendere nelle sue molecole una costituzione diversa
da quella che corrisponde allo stato d' equilibrio ^ e anche col
solo raziocinio non si vede un motivo per cui nel moto
de' fluidi incompressibili le loro particelle non abbiano a po-
tere staccarsi fra loro piii e meno ( quantunque di pochissimo )
in diversi luoghi. Dirò di piìi che il ragionamento, a chi ben
medita, persuade il contrario : e che anche 1' osservazione ci
fa vedere nelle precipitose cadute d' acqua la formazione di
una quasi nebbia acquosa in cui la densità è certamente di-
versa da quella propria delle altre parti del fluido in moto.
La proposizione avrà nondimeno luogo con molta approssima-
zione in gran numero di casi : ma dovrà spettare al calcolo
1' indicarci co' suoi risultamenti a posteriori quando ciò avvie-
ne. Non ammetteremo qui dunque a/;r/ori questa supposizione,
e non pronunciando sulla F, as[)etteremo che questa quantità
ci sia latta conoscere per effetto delle stesse equazioni idrau-
liche.
In terzo luogo si adottò che anche il trinomio lulx-i-vdy-^wdz
possa essere nella maggior parte dei casi diiTerenziale esatto,
cioè che si dia una funzioue À{x,y^z^t) tale da soddisfare
alle equazioni
I r \ 'ì^ 3X (il
(0,6) " = z^; ^ = ;ò-' "'=^'
il che torna lo stesso come il supporre eguali a zero le tre
quantità 5, ?;, ^, delle nostre equazioni (ao3). Io non accetto
interamente questa supposizione, né interamente la rifiuto.
Non l'accetto interamente, perchè ben lungi dal credere colla
Del SiG. DoTTon Piola 3j3
comune degl'idraulici ( e come io pure scrissi altra volta )
eh' essa si avveri rigorosamente il più delle volte in natura,
reputo presentemente rarissimo questo avvenimento, trovando
giusto quanto scrisse nell' ultima sua opera il Tadini, che può
bastare un sasso gittato in una corrente, percìiè anche nella
ipotesi che quella proprietà avesse luogo dapprima, non sus-
sista più a preciso rigore da quel momento in poi. Non la
rigetto poi interamente, perchè, come or ora si vedrà meglio,
sono d'avviso che il moto calcolato nell'ipotesi di quel diffe-
renziale esatto, se non è il vero della natura, lo rappresenta
però con approssimazione^, e che la sua analisi deve mettersi
a fondamento di quell' altra più accurata e più difficile che
valga ad esprimere il moto vero.
76. Ammetto dunque senza esitazione la prima facilita-
zione, rigetto la seconda ed alla terza surrogo un'altra dietro
i seguenti ragionamenti. Richiaminsi le equazioni (180), le
([uali, ponendo per abbreviare
viste le (il 5), possono scriversi
La supposizione mia è che non il trinomio udx -^vcly -\- wdz
sia differenziale esatto, ma bensì il trinomio 11 dx-^v dy-J^w dz ,
ossia che z/, v\ w\ come le forze X , Y, Z siano tali da dar
luogo ad una funzione k[x^ /, z, t) atta a verificare le equa-
zioni
Torno XXI. 4°
3i4 Nuova Analisi ec.
/ , . „\ I dk , Jk , dk
^ ' dx ■ dy ' dz
Infatti nella cognizione in cui siamo clie tutte le forze della
natura godano di tale proprietà , non saprei vedere ragione
per cui dovessero andarne prive le u',v',w'., le quali possono
riguardarsi vere forze che ad ogni istante fanno con quelle
C(|uilibrio. Anche la conseguenza immediata di questa suppo-
sizione può servire a confermarla viemmeglio. Discende da
essa e dalle (:iio) che la densità F è funzione della pressione
p, funzione che si ridurrà ad una costante nel caso delia den-
sità costante, sarà altre volte quella della proporzionalità j e
potrà anche avere altre l'orme. Niente di più ragionevole e
di più conforme ai dettati della Fisica. Si sa che Lagrange ha
notato un caso di moto (*) che si sottrae alla legge di diffe-
renziale esatto udx-^vdy-^iv dz^ e quel passo della Meccanica
Analitica fu copiato in quasi tutti i posteriori trattati d'idrau-
lica. E ora facile vedere che quel caso non si sottrae alla
nostra legge più generale.
77. Insistiamo sulle stabilite equazioni (219), ossia, ciò
che è lo stesso, sulle equazioni
(.ac)
Assunta in generale una funzione (p[x:y , z^t), avremo
,/tì di< di, df,
' d.c dy dz dt
di,' d-f, d'rf, d^f, d^i,
da dv
du.
d.v'
dv dw'
1} JI'
dz
— dx '
di "^
dx dx' dj-dy dxdz tlxdt
d fi da d.^ dv ^^ dji o'k'
Ux dx dy dx d z dx '
(') M. A. T. :2. pag. 3ic,
Del Sic. Dottor Piola 3i5
Da un'altra parte se considereremo la derivata parziale ^ ,
'■ dx
e ne prenderemo la derivata totale per t, otterremo
(■■■^^
\dx }— dx'^^dlTy^^dldl^^dldt-
d^ /^'V 1. !lÉ fi'^ _, àif dv d^ d^v '\-[: ., .
dx \'^-'"/ '^-'^ dx dy dx dz dx , .,
/ I \ ii. =: I — I I '^'fi '^" dfp dv d(f> dM
* " ' d/ y^y) dx dy dy dy dz dy
d
(l-t-='-^z„ (X) e siccome I ' Essendo poi 3i6 Sulla teoria dell'azione capillaue alle equazioni (X) equivarranno le seguenti da cuij attesa la direzione arbitraria degli assi x,/^/?,^, derivano quindi K.dA — tdz e finalmente , posto ^ = "JT , si trae (XI) ~ -)- -^ = -^ z ■+■ costante rlie è la equazione originariamente dovuta a Young. 19. Ma veniamo ora a discorrere sulT uso delle equazio- ni (VI) (VII), e primamente noteremo die quando la curva- tura delle superficie (I) (II) non avesse influenza sensiljile ad alterare le azioni molecolari sul punto O, supposti A=B=....=G=c a-=b=^....-:=g=(.> nelle equazioni del paragrafo i5 ne verrebbero a = e, 3 T = - n = o cioè la linea comune a quelle superficie sarebbe piana ed oriz- zontale ; ma la inclinazione delle medesime sarebbe variabile , eccettuati pocbi casi particolari. :;: Del Prof. Mainardi 3,!^ 20. La superficie solida sia cilindrica j verticale^ a base circolale. La superficie (II) sarà di rotazione conassica alla (l); r asse Ox sarà orizzontale^ e la stessa equazione (I) si caverà dalla seguente z^— ars-t- a;^= o ove rè il raggio della superficie cilindrica, per cui ne verranno A=— , B = C... = G = o, a=o, B =— i. S,T II' La equazione della superficie liquida libera sarà della forma ■'. - r— ^ x^-^{r—zf=l{y) , indicando la | una funzione di /. Dalla equazione (II) spari- ranno ì termini affetti da potenze dispari della a;, cioè saranno b = d=zf=. o^ la equazione (VI) è soddisfatta identicamente , e la (VII) si trasforma nella (XII) U -i-°''-^""lt''ÌQ-^- ^ \i{i-^n)m-^e[i-^n^)) — 3n[a=(n-7z^)"-l-2ac(i-i-7i')-t-5c'']l - — T H n =: o . Si supponga ar^-t-A;' — |^=A per cui sarà e siccome ^ "~ ^"^ fòli ■*" i6r» l{y)=.l[o)^yl'{o)^ r r'(o) -4- j^ |"'(o) trascurando i termini che a noi non importa di considerare , essendo 3i8 Sulla teoria dell' j\zione capillare |(o) = o, ^'{o) = n e supposti si avrà A — 2nr/ ■+■ x'-hjK'(2/;/- — n') ■+- 2.y^[rq -H np) quindi « = ^, c=p, e = ^^, g = g. Dalla equazione (XI) con processo noto (i) si desume 2(7-v) {i-^rr I essendo l l'altezza cui il liquido in contatto col tubo si eleva oltre il livello libero esteriore: e da quella equazione poi si traggono /7 = _(i^-/i')^i -i-— /i-+-/rj. «'(i-Hn')'-H2flc(i-t-n^)-H5c^=(i-t-/i')'r4-^-;;^l/i-f-«^-H-^(i-t-R')l. (i) Poisson [ing. 100. Laplace Tlieor. pag. 20. Del Prof. Mainardi 819 Col mezzo di queste formole, trascurate nella equazione (XII) le forze t, e H e supposto 20 si ha - . (XIII) -^(,_h„')^±.;ì^— „(l + „») ai. Dall'opera del celebre sig. Poisson ( pag. iix) assu- inianio le seguenti fornriole fcA+^'_^/7WM- §;. log. '^ii^ . - i6?[/(/-/^W')- i ^ ''log. i^iif^] . 2r' V /=- r|/i -t-/ì"-HH^^«°(n-«^)(/i-f-«i^— «) dove ho cambiati a in r, e ^ in. ' , essendo 7i la eleva- zione del liquido sopra il proprio livello. Da quelle equazioni SI traggono af .s l/y'— r'=/zr— 37T ra(i -H re')' (/i H- «'— /z) , 3ao Sulla teoria dell' azione capillare T[/l-+-rt-' quindi affine di sviluppare la Ji in serie di potenze della r osservata la equazione (XIII) ed il valore di l facilmente ri- conosceremo die detta serie arrestata alle quarte potenze di }■ avrà la forma per cui saranno r4; (XIV) b = i- "-^_ a[^r'- (£:±ffL _ i^) , / = —-!- -h(^ — -|^jr-f-6c(a^=i5— i)/-" -[(^'-%^)«.--^--*^h e col mezzo della equazione (XIII) conseguiremo (XV) .= _V-.(V_^).-(^-i^H.i-) ove i parametri a e K si dovranno determinare col mezzo delle sperienze. r' --' !■!' Del Prof. Mainardi ì-^'S 3ai Se per V acqua in riguardo al vetro fosse trascuralnle la quantità -^ , dalle formole (XIV) (XV) cambiati i segni ne verrebbero .. „,, ;,;,,,, \, ^^\,,\ -, ,1,.,^:', .• ' .il il! cH'-c! . I a:.;:jhi /i= ' ^ r-i-rTTl log. 4 1 ?" Od:'/ !l' .si;d i quali risultaraenti paragonati con quelli del celebre Poisson ( pag. IJ2.) apprendono essere b= — i, quando vengano om- messi i termini divisi per « *; e che il valore di h pochissimo differisca da quello calcolato dal valente geometra, il quale trova I .3^(l0g.4— I ). 22. Due osservazioni ci permetteremo ancora. Un bel esperimento del sig. Hauy (i) dimostra che due lamine l'una d'avorio l'altra di talco si respingono fintanto che siano l'una dall' altra alquanto discoste, ma si veggono attrarre allorché sono molto vicine. Che la falda liquida inflessa per l' azione opposta di quelle lamine possa perdere il contorcimento col- r avvicinare le lamine medesime^ non sembra ben chiaro : dac- ché nel discorso del celebre sig. Poisson (pag. '96) non è considerata l'azione che eserciterebbe sulla materia liquida il prolungamento del cilindro liquido interiore che si suppone consolidato. Se però vorremo ammettere che nella stessa ma- niera con la quale l'azione conspirante di due lamine innalza sempre piìi un liquido iotraposto quant' è minore la loro distanza, la opposizione di quelle azioni valga a deprimere il liquido che si aggrappa al corpo umettato, modificati i calcoli (i) Poisson pag. aoi. Laplace supp. pag. ^"r. Tomo XXI. Ss 3-2'2 Sulla teoria dell'azione catillare delle pagine 170, 198, ne verrebbe forse spiegazione al curio- so reiiomeno. Il Consocio valentissimo Proless. Belli osservò, che nei livelli a bolla (V aria un parziale riscaldamento del vetro mette la bolla in movimento (i). Ripetendo la bella esperien- za ebbi campo ad osservarla allorché il liquido è Io spirito di vino, ma impiegando l'acqua la bolla restò sempre immo- bile, quand' anche la temperatura dell' aria ambiente fosse molto elevata. Il Profess. Chiar. ripete il fenomeno dalia forza capillare: rinnovando la sperienza noiai un sensibilissimo mo- vimento idraulico, prodotto dalla parziale elevazione di tem- peraturaj e che ha luogo il movimento della bolla alloraquando qualche polvere galeggiante o le galozzole di vapore giungono appunto là dove si trova la bolla medesima. 23. Riservo per altra Memoria le ap[)licazioni numeriche, e lo studio di quelle modificazioni che potrebbero forse ve- nire utilmente introdotte in taluno dei problemi che il cele- bre sig. Poisson ha considerati nel sesto Capitolo dell' opera memorabile sulla teoria dell' azione capillare. (i) iMt-raorie della Società Italiana. Tomo XX. Anno 1829. ■}■■'-■<' 3a3 DINAMO-MAGNETOMETRO IMMAGINATO DALL' AB. PROFESSORE DAL NEGRO Memoria ricevuta adì g. Marzo iSSy. Appena che mi venne dato di poter studiare col mezzo di esperimenti le proprietà delle calamite temporarie, ho sentito il bisogno di abbandonare il metodo comunemente usato di misurare cioè la forza attraente delle medesime col mezzo di pesi attaccati alla traversa, avendolo col fatto riconosciuto non solo lungo, e tedioso, ma benanche incerto. Essendomi perciò determinato di cercare un qualche mezzo, che mi som- ministrasse con sollecitudine, e con precisione la misura delle testé accennate forze, mi venne in pensiero di approfittare del Dinamometro di Monsieur Regnier. Per servirmi di questo strumento ho dovuto immaginare un apparecchio, che in sulle prime mi è riuscito un poco incomodo e complicato, ma che ponendolo in opera hollo a poco a poco spogliato di tutto ciò che riusciva inutile, ed imba- razzante, cosicché mi è riuscito semplice in guisa che non ho pili bisogno di essere assistito per eseguire tal sorta di espe- rimenti. E siccome con tale apparecchio si può misurare T ef- ficacia delle correnti elettro-magnetiche con maggior esattezza di quella che si ottiene dal Galvanometro osservato ad indice fisso, e potendosi di più con questo mio metodo calcolare con precisione 1' efficacia di un elettromotore all' istante dello sbocco della corrente, il che non si può conseguire che per approssimazione, e con non poca difficoltà dalla prima escur- sione dell' ago magnetico, cosi mi sono indotto a pubblicarne la descrizione, e 1' uso colla fiducia di fare cosa grata ai fisici che si occupano di tali studj. # 324 DlNAM0-MAGNET03IETR0 Ad oggetto poi di far conoscere l' importanza, e la uti- lità di questo mio apparecchio pubblicare, in un colla descri- zione del medesimo, i più interessanti risultanienti che potei ottenere del magnetismo temporario. Il presente mio lavoro rimane diviso in due parti, nella prima delle quali contiensi la descrizione e l'uso del Dinamo- niasnetometro, e nella seconda si contiene una succinta indi- cazione delle più importanti proprietà delle calamite tempo- rari e. PARTE PRLAIA Descrizione del Dinamo-magnetometro. I due stanti di figura parallelepipeda BB, B'B' pian- tati perpendicolarmente sulle basi orizzontali AA, A'A', e le- gati tra loro dalle traverse parimenti orizzontali HH', SS' co- stituiscono il solido castello di noce a cui sono raecomandate tutte le parti componenti questo apparecchio, che serve a mi- surare la forza, che le calamite temporarie acquistano dalle correnti elettriche, anche nel caso che giugnessero a sostenere un peso di mille kilogrammi, cioè più di due milla libbre di marco. CG'DD'D" è il Dinamometro di Regnier strumento comu- nemente noto, ce è la molla ellittica di acciaro : DD'D" è la custodia del quadrante e dell' indice E. LL'L ' è un robu- sto rampone di ferro avente la figura della lettera Y, le di cui branche hanno I' estremità L'L" piegate ad angolo retto, e l'asta termina con un occhio L. La traversa HH' ò munita nel suo mezzo di un pertugio cilindrico lungo tanto quanto è la sua grossezza. Questo per- tugio viene riempiuto da una vite MM', la cui estremità M è munita di un uncino, e l'altra M' di una madrevite. All' accennato uncino è attaccato lo rampone LL'L" mediante l'occhio L, e sull'estremità delle branche incurvate L'L" riposa la molla CC del Dinamometro. Del Phof. Dal Negro SaS Un secondo rampone simile al primo, e indicato dalle let- tere NN'N" riposa colle suo estremità incurvate N'N" sull'arco superiore CC della molla ellittica, in guisa che la detta molla trovasi fra le quattro branche dei due ramponi in modo che attaccato all'uncino N un peso p. e. di loo libre, la molla ellittica rimanendo premuta da forze contrarie nel senso del suo asse minore, muove 1' indice, il quale fa conoscere la mi- sura esatta del peso che si è attaccato all' uncino N. Non occorre far sapere ai miei lettori, che il Dinamo- metro è munito di due scale la prima delle quali serve per la misura delle forze o pesi, che non oltrepassano loo kilo- grammij e 1' altra per i pesi maggiori, e che per servirsi della prima scala, convien che le forze contrarie agiscano sulla molla nella direzione dell' asse minore, e per la seconda nella direzione dell'asse maggiore, nel qual caso i miei ramponi di- vengono inutili, giacché basta sospendere all' uncino M la molla per l'estremità C dell'asse maggiore, ed applicare la forza od il peso all' altra estremità C, non occorre dissi far conoscere minutamente tutte queste cose giacché sono note. Ora passiamo a vedere come facilmente, col mezzo del Dinamometro montato come scorgesi nella figura, si giunga a misurare le forze delle calamite temporarie. Fff è un cilindro di ferro dolce piegato a ferro di cavallo ed avvolto da una spirale di filo di rame ben coperto di seta, e tutto questo costituisce ciò che si chiama calamita tem- poraria. La detta calamita temperarla si attacca ali' uncino N del Dinamometro mediante un' anello FF' composto di varii cor- doni di seta; pp' è una sbarra di ferro dolce munita nel mezzo di un anello parimenti di ferro chiamata da alcuni ancora, e da altri traversa o porta-peso. Questa sbarra di ferro riposa comunemente sopra un telajo di ottone, rimanendo distante alcune linee dai piedi f,f' della calamita, ed ecco coinè. PQQ'OO' è un martinetto stabilmente fissato con viti sulla solida traversa di legno SS' uguale e parallela alla su- SaG Dinamo-magnetometro periorc HH'. OQO' rappresenta la custodia del martinetto, P è il manubrio , 00' è 1' asta dentata del medesimo la quale alla sua estremità superiore termina in un uncino, e lateral- mente è munita di due braccia ricurve di ottone jì' alle quali è saldato il sopra nominato telajo rettangolare qq ^ e sopra questo telajo ( quando non si esperimenta ) riposa il porta- peso pp\ ma che nella figura sta attaccato ai piedi della ca- lamita temporaria giacché suppongo che la corrente elettrica circoli per la spirale. Allo stante BB' è unita mediante due viti A, h' una la- mina di ottone aà terminante in una verga parimenti di otto- ne dolcemente incurvata da che sostiene una capsula cilin- drica di ottone G' che serve di custodia ad un vasellino di vetro contenente del mercurio. La lamina aà è munita di due aj)erture bislunghe col mezzo delle quali si può sollevare ed abbassare a piacere il vaso di mercurio, che poi si ferma alla debita altezza premendo la lamina contro lo stante colle viti h^V . Una lamina eguale rimane invitata sullo stante BB. che porta nello stesso modo una seconda capsnia G contenente altro vasellino con mercurio. Una delle estremità della spirale, che avvolge la calamita, pesca nel mercurio del vaso G, e 1' altra in quello contenuto dal vaso G'. KK è un elettromotore elementare consistente in una cassetta bislunga di rame, contenente, al solito, una la- mina di zinco distesa dal contatto del rame. II detto elettro- motore riposa sulla tavola TT', che da un lato è sostenuta fra gli stanti BB, B'B', ed il lato opposto è sostenuto con un braccio di ferro ricurvo XX', e fermato con la vite V ad una traversa, come facilmente rilevasi dall' ispezione della figura. Uu filo di rame saldato alla cassetta in R, pone in co- municazione il metallo elettro-negativo col mercurio che tro- vasi in G, ed un secondo filo di rame saldato in Z alla lami- na di zinco , fa comunicare questo metallo elettro-positivo col mercurio contenuto nel vasellino di vetro collocato in G'. Del Prof. Dal Negro 827 Ora tutto è allestito per eseguire 1' esperimento. Difatti posta dell' acqua acidulata nella cassetta di rame succede la corrente elettrica, la quale, sortendo da R, siegue salendo la direzione indicata dalle freccie^ entra nella spirale in G, cir- cola intorno alla calamita, sorte dalla spirale per G' e discen- dendo, come lo indicano le freccie , giugne allo zinco in Z, attraversa V acqua^, sorte di nuovo per 11, e rientra per z, e così di seguito fino che 1' elemento è operativo. ;rii loC' Se al momento , che comparisce la corrente elettro-ma- gnetica, la sbarra/»^' (che riposa come dissi sul telajo gq' ) non è troppo distante dai piedi della calamita, essa viene at- tratta, e rimane attaccata ai piedi della medesima come scor- gesi dalla figura. Che se trovasi lontana di troppo , la si av- vicina girando il manubrio P finché viene attratta. Per sapere eoa qual t'orza la calamita temperarla tiene attaccata la tra- versaj siccome un uncino r lega l'anello della traversa coli" uncino dell' asta dentata del martinetto , così facendo girare il manubrio in guisa che Tasta tenda a discendere, la traversa si distacca, e dopo il distacco l' indice rimanendo fermo , in- dica in kilogrammi, ed in frazioni dei medesimi lo sforzo che si è dovuto fare per vincere la forza attraente della calamita temporaria. Cj mi '^^hvv'i-ii ;:.]im'.;)3y ki E poi chiaro che rimanendo la traversa in riposo sopra il rettangolo o telajo qq', il cui piano è parallelo a quello dei piedi della calamita , si può facilmente conoscere la distanza dalla quale venne attratta. Questa distanza si misura col mez- zo dell'asta dentata trovandosi essa munita di una scala ver- ticale divisa il) linee, ed in decimi di linea. Dopo tutto questo si scorge facilmente che questo mio Dinamo-magnetometro riuscirà opportunissimo anche per de- terminare con precisione la legge delle attrazioni magnetichej sostituendo alia temporaria una calamita permanente. ir. :>i;'iiii;\-iu(; j :rj ■ uioinì-inir-c:'] '> ^l'l:^;:;^ '' ■■ • . u-;;\'i.i f.l '/ilo yoiio M ;, :'3. :(<(.;':;' -' : ['-■ 3^8 Dinamo-magnetometro PARTE SECONDA Delle più importanti proprietà delle calamite teinporarìe. I. Col mezzo del descritto apparecchio ho potuto assicurar- mi che non tutto il ferro si magnetizza eguahnente. Di pivi ho trovato che divisa una verga di ferro in più parti, una di queste si è magnetizzata fortemente , e le altre assai poco in confronto della prima. Ciò nasce specialmente quando la verga ferrea non sia stata col fuoco bene purgata in tutta la sua estensione. Una semplice sfaldatura o screpolatura rende un cilindro di ferro poco atto a magnetizzarsi. II. L'ancora o porta-peso, poste tutte le altre cose eguali, riesce più utile quando la superficie, che tocca i piedi della calamita è convessa, che quando è piana, cioè nel primo caso la calamita sostiene un peso maggiore che nel secondo. La figura convessa del porta-peso è da preferirsi alla piana quando si voglia misurare l'efficacia della calamita col mezzo del peso che sostiene, o dalla forza che rendesi neces- saria per distaccare l'ancora dai piedi della medesima; ma se si voglia misurare l'azione simultanea dei due piedi della ca- lamita a distanza, in questo caso giova che la superficie della traversa sia piana, e la ragione di questa differenza è chiara per se stessa. III. La forza di una calamita temporaria, poste tutte le altre cose eguali, è prossimamente proporzionale al numero delle spire componenti 1' elice che la investe. Del Prof. Dal Negro Sag Quantunque la forza magnetica cresca aumentando il nu- mero delle spire, e scemi diniinuetidosi il numero delle me- desime, tuttavolta la stessa calamita acquisterà più forza da due spirali di ^o spire l' una, che da una sola avente 80 spire. Non occorre avvertire che in tali confronti si suppone che la calamita con cui si esperimenta sia suscettibile di aumento, cioè che non sia giunta al maximum di forza. La ragione di questa diiferenza dipende dall'osservazione che si è fatta, che Tefificacia d' una corrente elettrica causata da un dato elettromotore diminuisce crescendo la lunghezza del filo congiuntivo. Si noti che cosi fatta relazione fra 1' effi- cacia della corrente , e la lunghezza del filo metallico che serve di veicolo alla medesima, non è esatta^ giacché se il filo p. e. diviene doppio, l'azione non si riduce alla metà, ma riuscirà più che la metà. È poi chiaro che se le azioni delle correnti sul ferro dolce o sopra l'ago magnetico fossero inver- samente proporzionali alle lunghezze dei fili, Io Schweigger non avrebbe potuto arricchire la fisica del suo Galvanometro moltiplicatore. Dopo tutto questo riesce manifesto che se una data ca- lamita avvolta da una spirale di 100 spire produce un effetto = m, questa stessa calamita, avvolta da due spirali di 5o spire r una, produrrà un effetto >> to , giacché per le cose dette ciascuna spirale di 5o spire non produrrà un effetto =:-;- ma >■ !^, stante che ciascuna spira dell'elice di 100, è meno efficace di ciascuna delle spire degli elici minori. In queste indagini convien tener conto esatto delle totali lunghezze dei fili, esperimentare, a correnti già stabilite pro- dotte da elementi eguali, e posti in parità di circostanze, tanto relativamente ai due metalli che li costituiscono, quanto per ciò che riguarda il conduttore umido. Queste indicazioni sono più esatte delle prime, che pubblicai sul proposito del- l'influenza del numero delle spire. l- - , ., Tomo XXL Tt 33o DlNAMÙ-JlACNETOMETRO IV. Lo stesso numero di spire produce sulla medesima cala- mita, in parità di circostanze, la stessa forza magnetica tanto se sono costi[)ate in guisa da coprire p. e.-^, od — di una delle due branche, quanto se sieno diradate, e disposte in guisa da circondare la metà ed anco tutta la calamita. Questa operazione fu per me utilissima, giacché appresi che si possono fare degli esperimenti di confronto fra due date calamite tcmporarie, investendo con una spirale la sola metà od una quarta parte delle medesime. Difatti conosciuta questa veramente curiosa ed interes- sante proprietà delle calamite temporarie, lio potuto eseguire con molta facilità ed economia degli esperimenti di confronto, che in caso diverso non avrei potuto fare che con molta dif- ficoltà come apparirà dalle sperienze che più sotto farò cono- scere. V. Se si prendano due verghe di ferro dolce incurvate al solito, egualmente lunghe, ed eguali in peso, ma che 1' una abbia una figura cilindrica , e parallelepipeda 1' altra, cosic- ché la sezione trasvesale della prima sia un cerchio, e un quadrato quella della seconda, queste due verghe di ferro avvolte da spirali di un egual numero di spire ed assoggettate all'azione dello stesso elettromotore, acquistano forze disu- guali, cioè la forza attraente, che riceve la calamita tenipo- raria cilindrica riesce costantemente maggiore di quella, che acquista la prismatica. Di questa proprietà mi sono assicurato coir esperienza, adoperando calamite di varie grandezze, e cangiando 1' efficacia degli elettromotori. Non occorre però dar mano alla sperienza per assicurarsi che una calamita cilindrica riesce più efficace della prismatica poste nelle sopra accennate circostanze, giacché dalle note Del Pkof. Dal Negro 33 i proprietà delle correnti elettro-magnetiche si può trarre la di- mostrazione della testé accennata differenza. E nel vero sapendosi che 1' eflìcacia di una corrente som- ministrata da un dato elettromotore diminuisce crescendo la lunghezza del filo congiuntivo, ne consegue che ciascuna spira dell' elice avvolta intorno alla calamita prismatica dee riuscire meno attiva di ciascuna spira delT elice, che investe la cala- mita cilindrica. Difattl nel caso nostro in cui cioè ciascuna calamita dee essere egualmente lunga, ed egualmente pesante, la geome- tria ci assicura che il perimetro della sezione trasversale della calamita parallelepipeda riesce maggiore del perimetro della sezione trasversale cilindrica. Dunque TelBcacia della corrente che circola intorno la calamita prismatica deve risultare mi- nore di quella che scorre per l'elice cilindrico, in conseguenza di che la calamita cilindrica deve acquistare una forza mag- giore della prismatica. Questa stessa verità holla dimostrata per altra via nella fine della mia III. Memoria sul magnetismo temporario; e giac- ché la teorica va di accordo colla sperienza^se bene si consi- deri quanto dissi nella nota alla fine della detta Memoria, pare che si possa conchiudere che il magnetismo temporario varia col variar della massa del ferro, e non della superficie. .,.i;.:i <::: VI. ; , - , . Che se col filo congiuntivo dell' elettromotore si formi un elice intorno ad una canna di vetro, o di legno, od anco di metallo (avvertendo che la canna metallica non tocchi sul vivo il filo di rame costituente l'elice) e allorquando l'elettro- motore é in attività si magnetizzino successivamente le due calamite del numero antecedente, facendo entrare una branca delle medesime nella canna in guisa che l'asse della branca si confonda con quello della canna e dell'elice, in questo caso la calamita temporaria cilindrica acquisterà una forza magne- 332 DlKAJIO-MAGNETO-METRO tlca sensibilmente minore di ({uella clie acfjiiista la piisnia- tica (i). Una COSI latta clifFerenza fra le due calamite cimentate nel modo testé indicato, non è che un corollario delle già conosciute proprietà delle correnti elettro-magnetiche. Dilatti il celebre geometra Laplace sottoponendo al cal- colo i risultamenti delle sperienze dei valentissimi Fisici Biot, e Savart;, ha potuto rigorosamente dimos4;rare, che le azioni delle correnti elettromagnetiche sul ferro dolce^ e sopra l'ago magnetico sono in ragione reciproca dupplicata delle distanze. Ora quando si j'ongono successivamente le branche delle due calamite entro felice, siccome la distanza dall' elice della superficie cilindrica è maggiore di (juella, che ha luogo tra la stessa elice e la superficie della branca prismatica, così è chiaro che questa dee magnetizzarsi luolto più della cilindrica, giacché comunque piccola riesca la differenza di dette distan- ze, tuttavolta a:;endo la forza ma"netizzante in ragione reci- proca dei quadrati delle distanze, anche una piccola differenza fra le dette distanze dee produrre una ben sensibile differenza tra le forze delle due calamite. Che la superficie della calamita prismatica riesca nel caso nostro più vicina alla corrente spirale, che quella della cilin- drica, lo si comprende facilmente se si consideri che quantun- (]ue alcuni punii della superficie prismatica riescano più vi- cini, ed altri più lontani dall'elice, ciò juilla ostante essendo assicurati dalla geometria, come sopra ho detto, che il peri- metro della sezione trasversale della prismatica è maggiore di <|uello della sezione della calamita cilindrica, cosi è chiaro che la distanza media della superficie prismatica della cor- rente è minore della distanza della superficie cilindrica dalla stessa corrente. (i) In uiid simile canna fl'-'Sàibile. ed avvolta da un elire consiste il mio magne- toscopio, che lio gi.'i indicato nella prima nota della sopra indicata Memoria III. Del Phof. Dal Negro 333 Chi conosce la teorica, che resi nota al pubhlico nella sopra citata III. JNIemoria, comprenderà facilmente che la po- sizione delle calamite nel caso presente essendo affatto oppo- sta a quella in cui vennero considerate in quella circostanza, anche gli effetti delle medesime dovranno riuscire affatto con- trarj, eh' è quanto dire, che quella delle due calamite che rimaneva più magnetizzata in quella circostanza, deve riuscire meno magnetizzata in questa. i,;..::- VII. : ...,, ... .■',■.:■■.,; Il ferro rimane potentemente magnetizzato dall' azione delle correnti elettro-magnetiche anche quando è incande- scente. E se nello stato d' incandescenza lo s' immerga nel- r acqua fredda^ anche in questo caso rimane fortemente ma- gnetizzato sino che la corrente continua ad agire sul medesimo. VIII. Le correnti elettriche magnetizzano il ferro dolce, e lo smagnetizzano colla celerità del lampo. Per far conoscere questa singolare, e veramente interessante proprietà delle correnti elettro-magnetiche io soi^lio esesfuire il seguente esperimento. Al sopra descritto mio Dinamo-magnetometro aggiungo un commutatore dei poli posto in moto da un peso che anima una ruota a stella, il cui movimento è regolato da un pendolo. Questo commutatore dei poli è collocato fra la calamita tem- poraria e 1' elettromotore , e facendo comunicare col medesi- mo tanto le due estremità dell'elice che circonda la calamita, quanto quelle delle due appendici che partono dai due metalli rame e zinco dell'elemento KK , il detto commutatore can- gia la direzione della corrente elettro-magnetica circa 9 volte al minuto secondo. Disposte così le cose e supposto che la traversa di ferro 334 DlNAJIO-MAGNETOMETRO pp\ che riposa sul telajo qq trovisi ad una tale distanza dai piedi della calamita da poter essere attratta, essa salirà e nello stesso istante che tocca i piedi della medesima, venendo ro- vesciati i poli, il magnetismo passa per zero, e la traversa cade, ma non tocca appena il sostegno che risale venendo di nuovo attratta colla celerità del lampo. Questi contrarj movimenti si succedono tanto più rapidamente, quanto è più grande la celerità del congegno destinato a cangiare la dire- zione della corrente elettro-mairnetica. Un esperimento analogo mi risvegliò l'idea di approfittare di si rapido movimento per porre in moto una macchina^ e da di qui ebhe origine il mio Ariete elettro-magnetico. n fw t/^ ,_^^//, tr ,yr>c .y^fa/ c^ XX f /*2^ J.;.^ .//■ vm y///< / //// • - ///f/i//// ■/('//// •//'/ • 335 FORMOLA PER RAPPRESENTARE LA TENSIONE DEL VAPOR ACQUEO D I OTTAVIANO FABRIZIO MOSSOTTI RICEVUTA adì XXIII. MARZO MDCCCXXXVII. I. X osto che il sig. Dalton ebbe fatto conoscere le prime leggi sulla formazione dei vapori^ e pubblicato nelle IMemorie della Società di Manchester una serie di esperienze che som- ministrano i valori della tensione del vapor acqueo per alcu- ne temperature comprese fra o° e loo" della scala centigrada del termometro, Laplace, volendo valutare I' influenza dell' umidità dell'aria sopra la rifrazione, senti la necessità di rappresentare la relazione che esiste fra la tensione del va- pore e la temperatura, e propose per quest' oggetto una formola (i), che fu migliorata dippoi dal sig. Biot (2). La parte matematica della teoria delle sostanze gazose ha rice- vuto in seguito un maggiore sviluppo, e la parte sperimentale si è arrichita di molte esperienze, nelle quali la temperatura è stata abbassata varj gradi sotto quella della congelazione, ed elevata a molti gradi sopra quella della ebollizione. Il sig.' Gay-Lussac fece alcuni esperimenti nel primo caso, ed i com- missari dell" Accademia delle Scienze di Parigi, Dulong e Ara- go eseguirono con molta sagacità una serie di esperienze nel secondo caso, nelle quali la tensione del vapore fu protratta sino ad eguagliare il peso di ventiquattro atmosfere. I risul- tamenti delle loro esperienze sono consegnati in una Memo- (i) Traile de Mécanique celeste. Tom. IV pag. 273. (a) Traité de Physique experiinentale et matheraatique. T. I. •^'36 F 0 R M 0 L A ec. ria inserita nel Turno XLIir. des Annnles de Cìiìmìe et Vlivsì- quc; ed alla fine di questa ^Memoria liamio instituito un con- fronto delle tensioni osservate, con quelle che sonuninistrano quattro formolc differenti, una proposta da loro stessi, e le altre tr(^ da varj autori. 11 successo di tal confronto fu bastantemente favorevole alla legittimità di quelle l'orinole, ma conviene osservare, che se esse rappresentano bene le tensioni nelle temperature superiori a ioo°, non sono egualmente atte a rappresentare quelle che ne sono inferiori. Questa Jjreve ÌMemoria è destinata a ricer- care una formoia che rappresenti T insieme di tutti i valori osservati della tensione, ed a mostrare la connessione che questo elemento ha cogli altri che si considerano nella teori- ca delle sostanze gazose. Spero che dall'applicazione che ne ho fatto, risulterà una nuova prova della utilità che si può licavare dalle formole che sono state ritrovate per rappresen- tare le relazioni che esistono lia i varj clementi, dai quali dipende il diverso stato dei fluidi aeriformi. a. I fisici hanno scoperto tre ledici che constituiscono la base della teorica delle sostanze gazose. La prima si deve a Boyle ed a jMariotte che hanno pi'ovato,che le forze elastiche dell' aria, o le pressioni che le equilibrano, sono proporzionali alle densità, quando la temperatura venga a ridursi sempre la stessa. La seconda è stata definitivamente stabilita dai si- gnori Gay-Lussac e Dalton che hanno verificato, che il volu- me del quale i gass aumentano in proporzione della tempe- ratura è espresso da ^ del volume a zero, per ico° del ter- mometro centigrado. Prendendo per unità di densità quella che corrisponde alla temperatura zero ed alla pressione uno, e denotando con ò la densità della stessa massa in una temperatura qualunque i, e sotto la pressioiu; ^, le due leggi citate conducono, come è noto, all'equazione Di Ottaviano Fabrizio Mossotti 387 dove (j. rappresenta la frazione — =: o, 375, quando si as- suma per unità di temperatura V intervallo che corrisponde alla distanza fondamentale del termometro , da 0° a ico°. La terza legge è quella che risulta dalle esperienze di Laroche e Berard che hanno riconosciuto che il calore speci- fico dei gass sotto pressione costante è invariabile per tutte le temperature. Questa legge non è tanto bene confermata dalla generahià delle esperienze come lo sono le altre due, ma è sufficientemente indicata, e la preferenza che si è dato al termo- metro d'aria è fondata sulla ammissione della medesima legge. Se si rappresenta con 6 il calore contenuto in una massa di gass, quando la temperatura è uno, e la pressione è uno ; con e il calore specifico della stessa massa di gass sotto questa pressione, e con T il calore che ella deve contenere quando la sua temperatura è ^, e la pressione è p, si deve avere, se- condo la legge suddetta, la formola ^ (If) T = 0-H^[(,+^.O('-?^b))-( '+.«)] ^ la quale nasce, per via d'integrazione, dalla supposizione che il calore specifico sotto pressione costante sia rappresentato da c(i — 'p{p))i la funzione
arìahile.
Differenziando il precedente valore di T, nella supposizione
di p costante, e <)' funzione di t, si avrà l' espressione del
primo calore specifico, che sarà
e difierenziando lo stesso valore nella supposizione di (3" co-
stante e p funzione di t, si avrà l'espressione del secondo
d^dp_
ap dt
= -X',i^-M)-if\p)\^.
Indicheremo questi due calori specifici con e e e'' ; eliminan-
do dalle loro espressioni — e-^ col mezzo dell'equazione (i)
si avrà
= c[^i-(^(/p)— /^75(/^)j-
Liqjlace ha adottato il principio che il calore specifico dei
gass sotto pressione invariabile sta in una ragione costante
al calore specifico con volume invariabile, e (juesta supposi-
zione è conforme alle sperienze nella corta estensione della
scala nella quale sono state eseguite. Secondo questa suppo-
sizione, denotando con k la ragione costante di e": c\ che per
Di Ottaviano Fabrizio Mossotti 339
r aria atmosferica si è trovato essere circa di ì, ^, si dedurrà
dalle due precedenti equazioni la seguente
m ^ ^-^=^;'' ■
che integrata dà a conoscere la forma della funzione (p{p), che è
{IV) i-f{p) =/"'
Introducendo queste espressioni di : — fpip) nell'equazione
(II), essa viene ad essere composta tutta di quantità determi-
nate, e dà
T = ^-H-l[(.-H^O/'"-(.-f-f.)].
4- Per dare un esempio dell'uso di questa fcrmola, sup-
poniamo di dovei calcolare la temperatura alla quale si eleve-
rà o si abbasserà una massa d' aria che si condensi , o si ra-
rifichi meccanicamente senza che perda o riceva nessuna parte
di calore. In lai caso la pressione/?, e la temperatvua t^ corri-
spondenti al secondo stato dell' aria dovranno soddisfare all'
equazione precedente senza che il valore di T cambii, e. do-
vrà perciò sussistere anche T equazione
che sotratta dalla prima darà
-(^'. _^'
i-k
— I — A;
I -h-fLt p
Se si suppone che al principio la temperatura sia stata zero,
e la pressione uno, questa formola si riduce alla nota
i—k
340 F o R M o L A ec.
5. Relativamente ai vapori dell' acqua la supposizione di
Laplace della invariabilità della ragione fra il calore specifico
sotto pressione costante al calore specifico con densità costan-
te non è ammissibile in tutto rigore, e la determinazione della
funzione 'p{p) non può conseguirsi per suo mezzo: ma d'altra
jiarte esiste un'altra legge che fu aniuuiciata dal celebre Watt
ciie riconobbe che la quantità di calore necessaria per co-
stituire una massa di vapore nel grado massimo di tensione
è sempre eguale (jualunque sia la temperatura.
Siano dunque, come precedentemente, /^ e p, due tensioni
corrispondenti alle temperature t e t/, l'equazione (II) dovendo
conservare lo stesso valore per la sostituzione rispettiva di
questa (piantila , somministrerà due risultanti, che colle loro
difi'erenze daranno
La tensione del vapor acqueo, quando t= i, è espressa dall'
altezza media del barometro o'", 76; se si addotta questo valore
per unità di pressione, sarà (p[p)=:c, pel valore corrispon-
dente ^= 1, e resterà
(V)
i-t-^ I— /'{/),)
Secondo la sii[)posizione che ha assunto Laplace, l'espressio-
ne di r — ipip) da sostituirsi in questa equazione sarebbe
data dalla forinola (IV), e si dovrebbe avere
i-*-^<,
■P ■
o vero ponendo per brevità ^-^^^^^ = 0, ed ommettendo gli api-
ci abasso delle lettere, come divenuti inutili.
Di Otraviano Fabrizio Mossotti BJ^t
log./?_
ìog.p
I — k.
Se si sostituiscono nel primo membro di questa equazione per
log.t? e \og.p ì valori che risultano dalle esperienze di Gay-Lus-
sacj DaltoHjDulong e Arago,nonsi trova in vero una quantità
precisamente costante, quale lo è il secondo membro, ma poco
si scosta dair essere tale , poiché le sue variazioni sono pic-
cole e lente. Invece di supporre costante la ragione del ca-
lore specifico con volume invariabile al calore specifico sotto
pressione invariabile, assumiamola dunque variabile, ed attesa
la lentezza delle sue variazioni addottiamo la formola
k ■+■ kt\og.p -h k^og.'p
come adequata per rappresentarla con sufficiente esattezza. In
luogo dell' equazione (HI) si avrà cosi la seguente
I _ JUL^ z=k-hk ìog.p -*- k log.>
la quale integrata somministra
ìog.{i —(p{p)) - — {i — k)ìog.p-h^ klog.'p -^ ~ k\og?p;
e questa espressione di log.(i — (p{p)) sostituita neirequazione
(V) dà
nella quale non restano pivi che a determinarsi i valori dei
coefficienti costanti k, k ^ k di modo che soddisfacciano a
I a,
tutte le esperienze.
G. Per la determinazione di questa quantità ho assunto
li seguenti sperimenti che abbracciano in tutta l'estensione
la scala di quelli che sono stati fatti sopra la tensione del
vapor acqueo.
342 F o R -M o L A ec.
TAVOLA I.
Esperimenti eseguiti sopra la iensione del vapor acqueo.
ESPERIMENTATORI
Gay-Lussa
Dalton
Dulong
e
Araso
Tcmjieialura
111
ccuLli;i
,U
i9,'-'5
0,
0
o5,
02
5o,
04
c6
100
i33,
7
i
lèi.
4
5
188,
5
v.oh.
8
20".
4
210,
5
218,
4
224,
ib
o>3crv.itc
5, c8o
2:3, 114
88, 900
38.5, 750
7O0,
1629, 16
2181, 7
3475, 9
49:38, 8
50o5, 4
8040, o
1 eie 61, o
i3i37, o
14060; o
16:381, 6
18189,4
Tensioni
L-3jncsse
in atmosit'i'a
.11
O, 00178
O, 00668
o, o3o4i
O; I I 100
o, 37698
i, cocco
2, 14.36
a, 8704
4, 5735
6, 4976
^, 3756
li, 6:32
17, "85
17, 286
18, 5o5
21, 554
■2'-}, f)34
Ponendo il valore di ciascuna di queste temperature e
della rispettiva tensione nella ioruiola (VI) ho formato le se-
dici equazioni che seguono
Di 0
0,062295 ==
o,ob35o7 =
o,o655i3 =:
0,068296 =
0,072005 =
0,082140 =
0,082457 =
o,o836oa =
0,080242 =
0,085710 =
Ojo88io6 =
0,089882 =
0,090144 =^
0,090274 =
0,091134 =
0,091842 =
TTAViANO Fabrizio Mossotti
k Ir
— k-\- 2,74951 _JL — 7,5597 _£_
— k-+- 2,17495 _1 - 4,7804 A
k k
— k -^ 1,51693 L — 2,3oi2 _£.
•2. i
^ k k
— A; -+- 0,93191 _i_ — 0,8684 -|-
— /;-+- 0,42483 11 — o,i8o5 il.
3. 6
— A; — o,33i i5 L — 0,1097 , ^
3 à
k k
— k — 0,45796 —L — 0,2097 _f_
k k
— k — 0,66026 _^ — o,4365 — i
— k — 0,81277 _JL — 0,6606 —1.
— k — 0,86781 _j_ — 0,7531 il
— k— i,o6564 _J_ — i,i356 II.
2, i
— k^ i,235i6-!i_— 1,5256 A
2, à
— k — 1 ,28769 L — i,S3i9 ^
k k
— k ~ 1,26728 — 1,6060 '^
— k—1 ,33354 — — » .77^3 Jll.
k k^
— k — 1,37901 L — 1,9016 _2_ .
343
Le quali trattate col metodo dei minimi quadrati danno
344 F o R :u o LA ec.
i6(i — k)-h 2,,85oi _L -H27..a89 __£_ = 1,2922
k k
2,8doi(i — Z;)-t-a7,289 -_L — 21,822 _^_ =: 0.4397
/;■ A-
27, 289(1— A) — 21^822 —i- -4- 102,28 . ^ =2,0353
' il o
e con la risoluzione di esse si ricava
1 — /e = 0,07677, ^/i = — 0,00920, -^ k = — 0,00138.
Facendo uso di questi valori, la ragione del calore specifico
con volume invariabile al calore specifico sotto pressione in-
variabile pel vapor acqueo, sarà data dall' espressione
1 ;^— 0,0 1 o4olog.P — o,oo5 1 41og."P
e la relazione Ira la temperatura e la tensione si avrà dall'
equazione
j^7-j7 =: 0,0767- -1-0,00920 log. P-4- 0,001 38 log.'^P,
o vero
i.t.:it 0,07677-4-0, oo92clog.P-*-o,coi381og.^P
7. Per mostrare il grado di esattezza di questa ultima for-
mola ho costruito la seguente tavola nella quale sono notati
tanto i valori che da essa si ricavano per le temperature cor-
rispondenti alle tensioni osservate, «juanto quelli che risulta-
no da altre quattro formolo proposte anteriormente, e che sono
stati dati nella sopracitata Memoria dei Comniissarii dell'Ac-
cademia di Parigi, aggiungendovi i valori delle prime cinque
m
temperature corrispondenti alle tensioni minori di o, 76 che
non sono stati considerati in quello scritto.
Di Ottaviano Fabrizio Mossotti
TAVOLA II.
345
Confronto dei valori delle temperature corrispondenti alle tensioni osservate
che somministrano cinque formale differenti.
e £
Tensioui
Temperatura
Temperatura
Temperatura
Temperatura
Temperatura
S ^
Temperatura
calcolata con
calcolala con
calcolati con
calcolata
con
calcolata
3 0
atmosfera
la ibrmola
la furmola
la foiuiola
la turmola
con
Z3
osservata
di Tregold.
di Laroche
di Coriotis
di Dui. (
Ar.
la formola
4
di 0, rQ
(■)
(^)
(3)
(1)
II)
I
0,00178
— i9>
"5
— 14,° IO
— 33,°50
— 6," 26
~ 0,
'39
— 18,° 89
2,
o,oo663
0,
0
■+■ 0, 93
— 4' 2°
-♦- 6, 90
"5
55
-\r 0, 40
3
o,o3o4i
25,
02
33, 74
20, 01
26, 58
29,
73
-(- 3^, 52
4
0,11700
5o,
04
47> ^
46, 72
49' 41
5i,
23
49, 40 '
5
0,37698
75
06
73, 62
73, 61
73, 97
75,
16
74= 69
6
3,1436
Ta3,
7
123, 54
133, 58
123, 45
122,
9-'
123, c4
7
2,8704
i33,
3
i33, 54
i33, 43
i33, 34
l32,
9
l33, 80
8
4-5735
'49.
7
i5o, 39
i5o, 33
i5o, 3
'49.
77
149, 60
<)
6,4976
i63.
4
164, c6
i63, 9
164, I
i63,
47
i63, 33
10
7,3756
168,
5
169, 07
169, 09
169, 3
168,
168, 56
II
11,6320
188,
5
188, 44
188, 63
189, 03
188,
6
188, 54
la
i7,i8S
206j
8
206, i5
207, 04
207, 43
207,
a
20 7, 38
i3
17,285
207,
4
306, 3o
306, 94
207, 68
207,
5
20?, 57
-•4
i8,5o5
210,
5
209, 55
aio, 3
ai I, 06
210,
8
211, C2
i5
21.554
218,
4
316, 29
218, 01
218, 66
218,
0
218, 93
16
23.934
224,
75
222, 09
2i3, 4
224, 0
224,
CI
224. 5o
(i) ;^85i/y— 70, t denotando la temperatura in gradi cen-
tigradi contata da o", ed/" la tensione in centimetri di mercurio.
(2) t= — 7 — , , ' ' , t denotando la temperatura
^ ' o,iò-f.{— o,oJtlog./ — iog.7fjo) ^
in gradi centigradi principiando da 100° ed f la tensione in
millimetri dì mercurio.
2,8781//— i
(3) f = — '■ — 3-3 — , t denotando la temperatura in irradi
V / 0,01070 l »
centigradi contata da zero , ed /" la tensione espressa in at-
mosfera di o, 76.
(4) ^^^ cii'ìi ' ' essendo la temperatura contata da ice"
prendendo per unità ico" gradi centigradi, ed y la tensione
espressa in atmosfera di o, 76.
Tomo XXJ. Xx
34b
LITOTTxIPSIA
OPERATA DALLE ACQUE DELLA FONTE REGLA 0 LELIA DI RECOARO
M E M ORIA
DEL GAVALIER VALERIANO LUIGI BRERA
Ricevuta adì 18. Aprile iGSj.
i-^a litotripsia è senza dubito uno de' piii gloriosi trionfi della
moderna Chirua-gia. Senza taglio, con molta SLMii|dicità, spesso
con ispeditezza e spessissimo con sicurezza, con poco o nessun
dolore il più delle volte, si arriva a liberare la vescica dalla
piesenza d'uno o più calcoli, e si sollevano gli infermi da
<]uelie penose situazioni, in cui si trovano pioir.ljati per la non
infrequente atrocità de' doloii della via orinaria, e per la co-
sternazione accagionata dal pensiero dell'operazione penosa e
pericolosa cui ta mestieri assoggettarsi per riacquistare la per-
duta salute. Gli spasimi, 1' avvilimento e la disperazione non
di rado perciò concorrono ad aggravare la condizione fisico-
morale di siffatti pazienti.
]Ma tuttoché questo pregevole ritrovato sia proclamato
commendevole per la già numerosa serie de' felici .successi dalla
litotripsia chirurgica conseguiti (1), pure al pari d'ogn" altra
(t) Fino dair anno 1799. si puljblicò in Venezia d.il Chirnrgo ile Marchi un
Opuscoletto intitolato Esposizione con ossenazìoni d' una rrnoi'a maniera di ridurre
in pezzi la pietra in vescica. Ne' numeri de' primi di IMarzo dell'anno i8i3 il Dott.
Gruithuisen ]inliblicò nel Mcdicinische Chirnrirgische Zeitnng, che allora si stampava
in Salisburgo, una Memoria corredata d' una tavola, il cui titolo era: Si potrebbe
mai deporre V antica speranza di poter ancora una volta eliminare il calcolo dalla
vescica orinarla in un modo meccanico 0 c/umico' nulla quale si espone il modo di
Del Cav. Valeriano Luigi Brera 847
utile scopeita essa ebbe talvolta esito incompleto, tal' altra
mancò d'effetto, e in qualche caso fu causa fin' anco di ve-
race eccidio, per cui non è punto da meravigliarsi, se all'ani-
mo eziandio de' meno timorosi rifugga il pensiero d'avervi ri-
corso. E tanto più sentesi ciò avvenire, in quanto che questo
chirurgico ritrovato non ha pur anco riuniti i suffragi com-
pleti de' Professori dell' Arte. Per la qual cosa, frattanto che
Chirurghi illustri e distinti Corpi Accademici stanno occupan-
dosi della discussione sul mento positivo e relativo della li-
totripsia chirurgica, e fino a qual punto e in quali circostanze
sia questa nuova operazione da preferirsi alla fin qui esclusi-
vamente praticata litotomia, saranno sempre da accogliersi con
interesse le investigazioni di altri mezzi valevoli per operare
la litotripsia con reagenti chimici in luogo, se non assoluto
almeno eccezionale, della litotripsia chirurgica, ossia istro-
mentale ; la quale pel fatto d' essere riuscita non di rado fa-
tale, per colpa sia dell' operatore, che delle circostanze indi-
viduali dell' infermo, oppure della cedevolezza o cattiva co-
struzione degli stromenti, ad alcuni impone al pari d'ogn' altra
tremenda operazione.
Antico è senza dubbio il divisamento di trarre partito dai
suggerimenti della Chimica per operare col mezzo di oppor-
tuni reagenti lo scioglimento de' calcoli annidati nelle vie ori-
narle, d' onde ebbe origine nella Terapeutica la serie de' li-
medj litontritici (2), alcuni de' quali si procacciarono fama non
triturare la pietra in vescica , di scioglierne e di rammollirne i frammenti operando
neir istesso tempo una generale e successiva distensione del lume dell'uretra, per ren-
dere facile r ingresso in vescica degli opportuni stromenti del diametro anche di sei
in otto linee, e per procurare libera l'uscita ai frammenti calcolosi. Ciò si ricorda
ron già per contest.ire ad altri il mento di questa invenzione , ma solo per la pura
storia della medesima.
(2) Già Aezio ( Tetrab. III. Serm. III. Cap. Vili. ), Galeno ( de cura lapid. in
Opp. Tom. FUI. De remed. erper. ad Saloni. Cap. XLlV. ) ed altri antichi si erano
occupati nel!" indagine di questi rimedj a' nostri giorni grandemente promossa da
348 Litotripsia operata ec.
lieve per averne V esperienza sanzionati i lelici successi. Ma
questa stessa esperienza avendo poscia dimostrata 1' illusione
del massimo loro numero^ si abbandonarono ben tosto lo stu-
dio e la retta investigazione di tali rimcdj. I litontritici usati
per azzardo e colla [)ura guida dell' empirismo, uè potevano
uè dovevano conservare la rinomanza loro attribuita, e se ti-
toH di successo voglionsi negli stessi indagare, questi devono
«'essere seriamente appoggiati all' esame delle sostanze compo-
nenti le concrezioni calcolose da distruiisersi con si/Tatti ri-
Do
medj, in quanto che sarà solo da' suoi risuitamenti che verrà
regolata la scelta del litontritico da impiegarsi. La condizione
patologica delle prime dovrà esser perciò posta in armonia
coi poteri chimici de' secondi ; ed un corpo così costituito di
corrispondente e relativa dottrina, non v'ha dulibio, che debba
produrre ne' casi praticabili conseguenze ed effetti di plausi-
]>ile successo.
In appoggio di siffatto modo di ragionare opportuna riesce
la storia interessantissima di quanto operarono in simili casi le
Acque della Fonte Regia o Lelia di Rccoaro, di quel porten-
toso Palladio delle acque mincralij che ogn' anno è fecondo di
prodigi '" vantaggio della languente umanità (3). Un Saggio
n'è già stato da me pubblicato (4) ^ e raccoglimento favore-
vole, di cui l'u il medesimo onorato (5), mi è di eccitamento
molti illustri Medici, Clnriirglii e Cliimici, fia i quali ò commendevole il benemerito
Cliévallier pel recentissimo suo lavoro Ei.iai sur la cìisiohiiion de la gravelle , et des
calr.uh de la vcssie. Paris io36. 8.°
(S) Vedi 1,1 mia Opera: Recoaro e le differenti sue acque medicinali, elio fra poco
sarà ultimata e pubblicata.
(4) Eiicichpcdia Circolante, Venezia i3 J^fagf^io i8^b. jMg. i7a ; il quale articolo
venne poi successivamente riferito ne' Commentari di Medicina del eh. Dott. G. I.
Spongia, Tadova IMaggio i8,36, nell'Appendice della Gazzetta di Blilano dello stesso
mese, nel Giornale Parigino Le Temps a. JiiJllet i83C; neW AUgemeine Zeitung. von
Augshurg 3i Angust i836. ec.
(5) Specialmente da' illusili Medici di Vienna , di Berlino, di Copenhagen ec.
che chiesero risidiiaiamenti ed istruzioni, e si procurarono tali acque.
Del Cav. Valeriano Luigi Brera 349
per fare sempre più conoscere teoreticamente e praticamente
la somma delle circostanze, che raccomandano 1' uso di questo
felicissimo litotritore, il quale senza molestia, ed anzi con
soavità di modi e di azioni, frange e distrugge l' integrità di
alcuni calcoli orinarj, e ne elimina i frammenti (6).
FATTOI.
Il sig. Antonio de Gaspari di Trento, vicino a compiere
gli anni 70, mi consultò in Recoaro nel Luglio dell'anno
i835 {)cr sentire, se senza danno della propria salute poteva
continuare nella bibita dell' acqua di quella Fonte Regia da
esso già usata giornalmente pel corso di un anno, all' effetto
di liberarsi da calcoli vescicali, dai quali era travagliato. II
medesimo mi informò, che già da quattr' anni evacuava tratto
tratto e ad intervalli più o meno lunghi, le orine cariche di
renella, la quale cessò di comparire l'anno i834 dopo d'avere
espulsi due calcoli subrotondi della grossezza degli ordinar]
piselli. Ma persistendo a tratti il tenesmo di vescica non di
rado susseguito da dolore acutissimo all' apice del glande con
ardore dell'uretra e disuria frequente, si avevano i segni ra-
zionali della presenza di altri calcoli nella vescica orinaria.
Fornito di tempra sommamente irritabile, e rifuggendo all'
idea di assoggettarsi ad esplorazioni e ad operazioni chirurgi-
che, venne consigliato di cimentare le acque della Fonte Re-
gia o Lelia di Recoaro, che avevasi memoria d'essere talvolta
(6) Il Fatto I, che quivi si riferisce, dimostra a pieno, che la prima operazione
di ijueste acque fu di frangere, epperciò di agire alla foggia de' stromenti iitotritori.
Non si disse perciò male intitolando 1' osservazione litotripsia operata dalle acque
della Fonte Regia o Lelia di Recoaro , la quale denominazione non poteva punto
sorprendere la curiosità del lettore, come lo ha molto bene dimostrato 1' egregio Sig.
Dott. Spongia nella breve introduzione da esso apposta all' accennata mia osserva-
zione nel luogo sopracitato de' pregevoli suoi Commentarj .
35o Litotripsia opeiiata ec.
riuscite efficaci in consimili affezioni (7). Per tale motivo erasi
perciò il sig. (le Gaspari recato in llecoaro, ove passò a4 giorni
del Luglio 1034, e Levette ogni giorno 5-6 libbre mediche
delle accennate acque. Durante questa bibita non ottenne
verun soddisfacente effetto ; ma appena restituitosi a Trento
orinò alcuni frammenti calcolosi, per cui si determinò di pren-
dere di nuovo ogni mattina due libbre mediche di queste ac-
que, che si procurava direttamente da llecoaro. Perseverò in
questo metodo fino al secondo suo ritorno in Ptccoaro avve-
nuto li i4 Luglio iU35, ed ivi incoraggiato da me e dall' egre-
gio mio scolare ed amico sig. Dott. A. Beltrami L R. Ispet-
tore meritissimo di quelle Fonti medicinali, di rassumerne la
bibita alla fonte istessa col metodo seguito Tanno precedente,
cominciò tosto ad emettere in un colle orine molti pezzi di
calcoli infranti, come se fossero stati da una forza per essi
esterna grossolanamente stritolati. Neil' ottavo giorno della
bibita (22, Luglio) la vescica si mostrò al sommo distesa dal-
l' orina contenutavi con impedimento neh' orifizio per esserne
espulsa. JMa variando il sig. de Gaspari in più modi la posi-
zione della persona, giunse ad isbarazzare il meato orinario, e
gettò fuori con impelo uno dopo dell' altro quattro de' più
grossi frammenti calcolosi, che susseguiti da altri di varia gran-
dezza giunsero al numero di quattordici nel giorno io del suc-
cessivo Agosto. Questi frammenti poi tutt' insieme raccolti
rappresentavano una delle più grosse pietie di vescica, che
punto non saiebbosi cstratta coli' ordinaria litotomi-a, ed avreb-
be pure presentate non poche difficoltà per essere presa e
stritolata dagli stromenti litotritori.
(7) Nella Relazione manoscritta, che 1' anno 1781. il col. Dott. Girolamo Festari
Ispettore benemerito in quell' epoca delle Fonti di Piecoaro diresse al Magistrato di
Sanità di Venezia cosi si legge sotto dell'osservazione III. «Va contadino di Legna-
li go ipocondriaco querehivasi d' un lieve brucciore nell' uretra all' atto di emettere
(( r orina, quantunque in questa non si scorgesse la più lieve traccia di renella. Be-
rr vendo 1' acqua di Recoaro per curarsi dell' ipocondriasi rese nel decimo giorno
il della cura successivamente tre calcoli, ciascuno della grossezza di un pisello, e
« rimase cos'i guarito dal!' ipocondriasi e dall'incomodo dell'uretra.))
Del Cav. Valeriano Luigi Rkera 35 i
I fin qui accennati frammenti calcolosi rotti, anzi infranti
in varie direzioni e in difiFerenti dimensioni, e di figura più
o meno concoide ofi'rivano due faccie, una leggiermente con-
cava e levigatissiina come quella dell' interno del nuocciolo
delle cerase, e l'altra qualche poco scabrosa e convessa^ per
cui evidentemente apparivano altrettanti pezzi di strati cal-
colosi gli uni agli altri sovrapposti, distaccati poi e spezzati
in frammenti con ispigoli dolci e rotondati. Nella faccia con-
vessa si scorgevano d' un colore giallastro-pallido al pari di
quello della crosta del pane di frumento leggiermente cotto,
ed erano nella faccia concava levigatissiina tinti d' un giallo-
oscuretto.
Partito il sig. de Gaspari da Recoaro li io Agosto i835
diresse li ii Luglio i836 al prelodato L R. Medico Ispettore
sig. Dott. Beltrami la relazione del di lui stato, la quale per
essere al sommo interessante credo opportuno di qui riferire
colle proprie di lui parole. Così adunque egli scriveva : —
" Dopo del mio ritorno da Recoaro a Trento mi trovai ob-
" bligato ad intervalli di otto o piìi giorni di guardare il letto,
" e talvolta per sei giorni continui, perchè molestato da do-
" lorosi stimoli di orinare, e l'orina sortiva a poco a poco
" ogni mezz' ora circa. Continuai costantemente a bevere
" ogni mattina due libbre d'acqua della Fonte Regia di Re-
" coaro, e continuarono pure ad uscire coli' orina molti pez-
''' zi de' soliti frammenti calcolosi di varia grandezza fino al
" numero di trenta all' incirca. In offsi ho il contento di an-
co
'•' nunziarle ; che già da due mesi mi trovo libero da ogni
" molestia dolorosa di vescica, sebbene in questo frattempo
" vada tratto tratto emettendo qualcli' altro pezzo de' noti
" calcoli senza per altro avere più bisogno del solito rifugio
" del letto, e godendo d'altronde di prospera salute, locchè
" mi fa sperare un felice avvenire. — ,, A quest'epoca il sig.
de Gaspari aveva stabilito di fare ritorno a Recoaro, onde be-
vere sul luogo fresche quelle cotanto salutari acque ; ma di-
stolto da questo suo divisamento dalla diffusione del cholera-
353 Litotripsia operata ec.
morbus in allora dominante nel Tirolo Italiano e nell' alta
Italia, meno Recoaro, che ne rimase preservato tuttoché te-
nesse libere comunicazioni co' limitrofi paesi infetti, dovette
limitarsi a proseguire la bijjita di tali acque espressamente
procuratesi da Recoaro nella sua villeggiatura di Vigolo sette
miglia distante da Trento. Ivi il sig. de Gaspari ebbe il pia-
cere, cosi egli si espresse, di leggere le prime notizie da me
pubblicate sul di lui trattamento.
Non incontratomi in Recoaro per dette ragioni col sig.
de Gaspari nell'estate dell'anno l'ò'òG rimasi desideroso di
c&iioscere l'ulteriore di lui stato, epperciù gli scrissi nell'ar-
gomento li 9 Febbrario 1837. Con somma cortesia esso mi onorò
del seguente riscontro li i5 dello stesso mese : — " Mi pre-
" gio di poterle dare contezza dello stato del triio a lei noto
'•' incomodo dopo il ritorno dalla mia villeggiatura di Vigolo
'^ seguito nello scorso Settembre. Dopo un mese di tranquillo
'" soggiorno in Trento il mio male si fece di nuovo sentire,
" dapprincipio ogni quindici giorni, e poscia ogni otto o dieci
" giorni. Per lo più i miei incomodi mi assalivano fra le ore
" tre e quattro pomeridiane in guisa, che mi doveva porre
'■'' a letto pe' leitcrati stimoli d' orinare, quasi ad ogni quarto
"• d'ora con sensazione dolorosa alla sommità interna dell' ure-
" tra estesa a tutto il glande senza per altro veruna sensa-
'•' zione di tal'indole nell'interno della vescica. Tali stimoli
" sussistevano talvolta per l'intiero corso della notte. Nella
" mattina susscuente usarelo della consueta bibita delle ac-
" que di Recoaro, e queste passandomi liberamente per ori-
" na un' ora dopo, mi trovava così posto subito in istato di
" alzarmi dal letto e di uscire di casa; cosa che un anno e
" mezzo prima non poteva avere effetto , dappoiché dopo
" ogni assalto mi occorrevano sei, otto giorni di riposo in
letto per ricuperale le in allora abbattute mie forze. Du-
" lante l' accesso spasmodico sovraccennato V orina mi usciva
'•- in piccola quantità e ad intervalli, ed ogn'ora resa torbida
" da una densa nuvoletta formata di materia mucosa con al-
C^C
Del Cav. Valeriano Luigi Brera 353
" cune particelle di sostanza calcare in essa nuotanti. Fuori
a
" dell'accesso le mie orine erano, come lo sono tuttavia,
chiare e quasi inodore. Ho quasi sempre continuato, e con-
" tinuo tutt' ora a prendere ogni mattina due libbre di acque
" di Recoaro, colle quali ritengo di potermi ristabilire affatto.
" In quanto ai soliti calcoli ne ho raccolti, oltre i primi già
" a lei conosciuti, altri cinquanta pezzetti di vario calibro e
" di differenti dimensioni : ma da due mesi a questa parte
'•■ ne sono affatto libero. „ — Nella medesima lettera il sig.'
de Gaspari mi permise, che fosse pure reso pubblico il rive-
rito di lui nome in questa relazione, onde non cadesse equi-
voco suir autenticità di un fatto cotanto interessante e de-
cisivo. ! ■ I I. ■'■■■ -.-. '.". . '■:> : • .;.
Si sono già di sopra accennate le condizioni fisiche di
questi frammenti calcolosi infranti ed espulsi dall'azione sa-
lutare dell' acqua della Fonte Regia o Lelia di Recoaro. Molto
importava di conoscerne eziandio i caratteri chimici per com-
prendere la forza de' poteri^ che chimicamente agendo produs-
sero questi cotanto salutari effetti. Una cotanto dilicata e sa-
gace incombenza tutte esigeva le cure di un Chimico profon-
do ed abilissimo in tali ricerche. Mi rivolsi quindi al chiariss.
sig. Giacomo Attilio Cenedella Chimico-Farmacista nell'insigne
borgo di Lonato Bresciano, noto per la somma sua abilità
nelle analisi, come ne fanno fede le onorevoli testimonianze
nell'argomento a lui pubblicamente rese dall'illustre Ateneo
di Brescia, epperciò già di bella fama pe' felicissimi risulta-
menti da esso conseguiti in siffatti studj. Aderendo il mede-
simo con somma cortesia a miei desiderj mi trasmise il se-
guente complesso del relativo di lui lavoro.
Analisi de' sovraccennati calcoli. Fra i pezzi calcolosi eli-
minati dal sig. de Gaspari ne presi uno di colore giallo-chiaro,
del peso di gr. o, 87, che sembrava essere il frammento d'un
voluminoso calcolo. La sua figura era subrotonda-concoide ed
aveva nel mezzo delle sue cavità un piccolo punto diversa-
mente colorito. Attentamente osservato, prima di romperlo,
Tomo XXI. Yy
354 Litotripsia operata ec.
coiraJLito tli una buona lento, non ofTiiva alcun segnale di
cristallizzazione : la sua superficie era dolce e delicata al tatto,
ed i suoi spigoli, giacché sembrava clie avesse sofferta qual-
che rottura, erano dolci e rotondati. Ridotto in pezzetti mercè
il martello, ed osservato ne' suoi frantumi, non si ravvisò iu
esso cristallizzazione veruna : il suo colore sembrava più chia-
ro, non presentava traccie di forma regolare tranne una distin-
tissima sovrapposizione di strati di materia gialliccia, che suc-
devansi 1' uno ali" aliro. Non tramandava odore alcuno ; e
finamente polverizzato diede una polvere inodora di color
giallo-canarino assai chiaro.
Un suo frammento posto sulla foglia di platino e cimen-
tato al canello a discreta fiamma si carbonizzò all'istante, e
tramandò un torte odore di materia animale. Proseguitasi l'azione
del cannello sviluppò una fiamma debole, bianco-verde, e dif-
fuse un fortissimo odore acido, che ricordava quello del eia-
ine.
Una piccola porzione di polvere messa in lui vetro da
orologio venne toccata con alcune goccio di acido nitrico di-
luto. All' istante non soffri alterazione alcuna, e nemmeno
dopo che fu sottoposto questo miscuglio alla bollitura. Sul
finire però della reazione, e quando 1' acido era per metà eva-
porato, in allora si disciolse, e con lentezza ridotto il tutto a
secco^ mentre diffondevasi in copia il gas nitroso, lasciava sul
vetro un residuo di bellissimo color i-osso diviso iu zone con-
centriche, di cui una era di bellissimo colore violetto. Cono-
sciuto pertanto, che il principale componente di questo cal-
colo era 1' acido urico, restava da determinarsi coli' analisi
se (osse libero, oppure a qual base potesse essere combinato.
Feci bollire per alcuni minuti una porzione di questa
polvere nell' acqua distillata e quindi la lasciai raffreddare.
Né risultò un liquore di colore alquanto opalino, che esalava
un odore singolare non disgustoso. Completamente raffreddato
lo filtrai, e quindi lo cimentai con alcimi reattivi, ed osser-
vai che ;
Del Cav. Valeriano Luigi Brera. 355
A. Volse al rosso una dilutissima tintura azzurra di tor-
nesole, e parimenti la carta azzurra.
B. Negativo fu 1' effetto sulla carta di curcuma.
C. Negativamente rispose all'acido nitrico ed idroclorico.
D. Nessun precipitato vi produsse l'acido ossalico, e l'os-
salato d'ammoniaca.
E. L'alcool di 0,810 non vi indusse alterazione alcuna.
Dai quali saggi risultò quindi, che la porzione solubile di
questo calcolo altro non era che purissimo acido urico.
Sulla polvere rimasta dopo subita l'azione della sola acqua
bollente versai un poco di acqua di calce, la quale tutta la
disciolse all' istante, tranne una minuta polvere giallo-ranciata,
che rimase nel fondo del matraccio. Bollito poi il tutto per
alcuni minuti^ si disciolse poi anche questa polvere insolubile
a freddo, ma vi rimase una sostanza fioccosa di colore gial-
licio-chiaro e di aspetto caseoso, la quale si attaccava tutto
all'intorno del matraccio, né da questo potevasi staccare che
difficilmente: questa soluzione era di colore giallo-verdiccio
languido. Lavato il matraccio e distaccata la materia aderente,
venne filtrato il tutto ; e versate nel liquore alcune goccie
di acido idroclorico, ne precipitò purissimo acido urico. Se-
parato questo colla decantazione, filtrazione, e necessaria la-
vatura introdussi nel liquore superstite un poco di carbonato
di potassa; e questo all'istante s' intorbidò deponendo minuti
ed abbondantissimi fiocchi bianchi di carbonato di calce uni-
tamente alla materia albuminosa del calcolo , che separai col
ridurre il liquido a secchezza mediante una mitissima evapo-
razione, spogliandolo prima del carbonato di calce : il residuo
poi trattato coli' acqua distillata tutto vi si disciolse, e lasciò
dei fiocchi leggerissimi di materia albuminosa. Il liquido su-
perstite, dal quale erasi (juesta separata, precipitava in fiocchi
giallo-rossigni la tintura di galla, uè negativamente rispondeva
al deutocloruro di mercurio, ed all' idroferro-cianato di potassa,
ma si imbianchiva appena col primo, ed acquistava un colore
languido-bleu col secondo ; caratteri, che manifestavano trac-
356 Litotripsia operata ce.
eie di materia gelatinosa. Ciò, ehe rimaneva indisciolto dall'ac-
qua di calce venne bollito coli' acido acetico diluto : così si
disciolse nella massima parte, tranne alcuni fiocchi di colore
oscuro, che rimasero indisciolti, e che abbruciati acquistavano
un odore particolare. La piccola loro quantità non permise
ulteriori indagini : essi presentavano però i principali caratteri
del muco vescicale. La soluzione acetica toccata con una goc-
cia di nitrato d' argento diede un precipitato bianco, che in-
gialli dopo brevi istanti, poscia si osculò. Precipitò inoltre
coli' ossalato d'ammoniaca manifestando cosi la calce combi-
nata all'acido fosforico segnalato dal nitrato d'argento. Sepa-
rato dopo un leggier riscaldamento il precipitato di ossalato
di calce, versai nel liquore un poco di am.moniaca, che pre-
cipitò una appena visibile quantità di fosfato di magnesia.
Altra porzione di questo calcolo venne polverizzata e
bollita coir alcool di o, oic, il quale sensibilmente si colori
in pagllarino assai ciliare. Filtrato e separato dalla polvere
dopo raffreddato, (u evaporato a secco in una capsula di por-
cellana, e lasciò un residuo di color giallo-dorato, viscido, di
odore non ingrato, e di sapore amaro. Questo poi completa-
mente si discioglieva a freddo da una soluzione di potassa
purissima allungata, da cui precipitava in fiocchi bianchi, ri-
manendo tinto il liquore in giallo-rossigno mercè 1' aggiunta
dell'acido nitrico. Era insolubile nell' .Tcqua si fredda che
bollente: solubilissimo iiell' alcool^ e precipitabile in fiocchi
giallici^i. Solubile era pure nell' acido nitrico dando una solu-
zione gialla, che evaporata lasciò sul fine un residuo di colore
giallo-bruno, il quale presentava ai lati traccie di color rosso
dipendente da un qualche urato solubile, per cui da tutti
questi carattc.i riuniti si annunziava per una sostanza grasso-
resinosa, che ordinariamente entra nella composizione de' cal-
coli vescicali. Versata poscia dell' acqua distillata su di quello
che rimase indisciolto dall'alcool, cui si aggiunse poco dopo
l'acqua di calce, vennero replicate le sperienze di sopra pra-
ticate, colle quali si riconfermò quanto pria si era osservato.
Del Cav. Valeriano Luigi Brera 357
pe cui si dovette concludere, che tali calcoli sottoposti alle
ricerche chimiche si trovarono composti di acido urico nella
massima parte, di traccie di materia albuminosa e gelatinosa,
di fosfato di calce e di magnesia, di muco vescicale, e di ma-
teria grasso-resinosa.
/applicazione terapeutica. La composizione di questa so-
stanza calcolosa, come venne appalesata dall'esposta analisi,
abbastanza ci istruisce quale dev' essere stata l'azione chimica
dell'acqua della Fonte Regia o Lelia di Recoaro sui compo-
nenti della medesima. Egli è noto come i carbonati solubili
valgano a disciogliere 1' acido urico, per Se stesso quasi inso-
lubile neir acqua. Contenendo perciò la detta acqua minerale
molto carbonato di calce, mantenutovi disciolto dall'acido car-
bonicOj questo passando indecomposto nella vescica orinarla
vi ha determinata la combinazione dell' acido urico^ e ne sarà
perciò rimasto libero il poco acido carbonico. Ma quantunque
l'azione dei carbonati sull' acido urico sia lenta, pure il sig.
de Gaspari insistendo per molto tempo nella bibita dell'acqua
Recoarense^ per effetto di azione lenta e continuata ha conse-
guito l'essenziale intento, che l'acido urico principale compo-
nente detta sostanza calcolosa in esso formatasi si è a poco a
poco combinato colla calce dell' acqua minerale, costituendo
cosi un urato solubilissimo a tratti espulso colle orine. Man-
cando poi a questa sostanza calcolosa 1' acido urico suo prin-
cipale componente^ e rimanendo perciò isolati e posti fuori
della sfera di attività chimica gli altri principi , questi dove-
vano necessariamente disperdersi fra l'orina^ per cui diminuen-
dosi il volume delle concrezioni calcolose^ e riducendosi queste
anche in frammenti per la chimica azione dissolvente del car-
bonato di calce solubile^ il sig. de Gaspari doveva necessa-
riamente espellerle. Evidente è però in questo Signore 1' in-
sistenza della prevalenza dell' acido urico nelle di lui orine :
ma insistendo esso pure nella bibita delle acque di Recoaro,
non v' ha dubbio che tardi o tosto otterrà l' intento di neu-
tralizzare altresì questa morbosa secrezione orinarla.
358 Litotripsia operata ce.
FA T T O I I.
11 sig. Dottore Giuseppe Ferrali già mio scolaro distinto,
ed ora ÌNIcJico condotto in Valdagno, al di cui distretto ap-
partiene Ilecoaro, fu nel Giugno del lo^ò chiamato in Altis-
simo per visitarvi un villico ( Metil'ogo Domenico ) d'annido,
il quale si trovava già da sei mesi travagliato da infiam,mazione
lenta della vescica orinaiia ribelle ai snssidj fino a quell'epoca
apprestati. Insorse perciò il sospetto, clie la malattia potesse
essere mantenuta dalla presenza di concrezioni calcolose, quan-
tunque il catetere più volte introdotto non ne avesse appalesata
traccia di sorta. Il Dott. Ferrari trovò un tale infermo affetto
inoltre da l'ebbre lenta d' indole tabida, epperciò sommair.ente
depauperato di nutrizione. Le orine emesse erano scarse, di
apparenza oleosa alla superficie, e deponevano nel fondo del
vaso un abbondantissimo sedimento sabbioso compatto a guisa
di pantano, e risultante da un aggregato di molecole calcolose
di figura irregolare, e di colore citrino. Un senso cupo di do-
lore si faceva dal più al meno costantemente sentire nelle vie
uropojetiche.
Sagacemente analizzala questa serie di fenomeni dal Sig.
Dott. Ferrari, esso non potè persuadersi, die da uno stato di
semplice fiogosi della vescica orinarla dovessero essere i me-
desimi ripetuti, massime che si scorgevano di giorno in giorno
sempre più infievolite le funzioni organiche tutte in lui tale
individuo: invece s'avvisò con ottimo accorgimento, che ali"
assoluta innornialità dell'assimilazione orinarla, e quindi alle
risultanti teccie calcolose si dovesse attribuire l'essenziale con-
dizione patologica di siffatto malore ; e che perciò fosse indi-
spensabile di ricorrere ad una terapia capace di vincere que-
sto disordine uropoietico per ristabilirne la salute. Al rjuale
oggetto memore delle recenti comunicazioni da me ad esso
fatte sul conto de' primi felici risultarnenti ottenuti fino dall'
anno io35 dal sovraccennato Sig. De Gaspari , e rassicurato
dall' analogia, che passava fra le concrezioni calcolose di que-
Del Cav. Valeriano Luigi Brera <3:59
sto, ed il sedimento sabbioso del proprio ammalato, non esitò
di prescrivere la bibita ogni mattina, prima d'una libbra, e
poscia di due libbre delT acqua della Fonte Regia o Lelia di
Recoaro. Già nell' ottavo giorno di questa nuova cura V am-
malato aveva acquistato un aspetto migliore, si vidde riani-
marsi nel medesimo un processo di florida nutrizione, era scom-
parsa la febbre , si evacuava una maggior quantità di orina
ed apparve più scarso il sedimento sabbioso della medesima -
il quale si scorgeva eziandio più prosciolto e meno pesante.
Consumata in aS giorni la bibita di Co libbre di quest'acqua,
l'ammalato appena presentava traccio della sofferta malattia, e
queste pure si dileguarono colla successiva convalescenza. Non
mancò per altro di proseguire per qualclie tempo e ad inter-
valli nella bibita dell' acqua, die lo aveva salvato dal minac-
ciato eccidio , e pel fatto riacquistò in tal modo floridissima
salute.
Ben meritevole di somma considerazione è una tale os-
servazione^ percliè oltre al porgerci piena conferma dell' effi-
cacia deir acqua Becoarense nel distruggere la litiasi orinarla
dell'indole summentovata , ba ancora il pregio di dimostrar,
come le innormalità assimilative orinarle influiscano a scon-
volgere la pienezza delle funzioni organicbe e massime nu-
trienti, e -quanto sieno assoluti e specifici i poteri dell'adope-
rato sussidio per vincere e riordinare queste sproporzioni as-
similative orinario, operate per lo più dalla prevalenza del-
l' acido urico. E tanto più maggiormente riesce il fatto ora
esposto degno dell'attenzione de' Clinici, in ([uanto clie po-
sitivamente ci appalesa, che l'esplorazione chirurgica dell' in-
terno della vescica non è poi quel criterio cotanto sicuro che
si decanta, per dichiarare la cavità dell'organo immune da
ogni concrezione calcolosa. Nel momento, in cui scrivo ( Aprile
1837), tengo sott' occhio un giovane di 24 anni, già da 16
anni tormentato da ricorrenti infiammazioni di vescica con esiti
manifesti di avvenuta suppurazione nella sua mucosa, il quale
esplorato da Chirurghi di somma riputazione delle diverse
36o Litotripsia operata ec.
nostre città venne rassicurato a voce e in iscritto dai mede-
simi dell' assoluta immunità di qualuiKjucsiasi concrezione
calcolosa. Eppure dopo d'averlo ristabilito dalla suppurazione
vescicale , scorgendo in esso lui ricorrenti ed avvampanti a
tratti le irritazioni della vescica non potei mai persuadermi
di si lieti giudizi chirurgici; e fermo neirattribuiriie la causa
alla presenza di qualche concrezione calcolosa in un punto
dell'organo che non potesse essere segnalata dalle indagini
praticate col catetere, lo assoggettai all'uso di reagenti som-
ministrati in una mistura mucilagginosa quali potevano con-
venire alle litiasi dell' indole delle sovraccennate. La pronta
uscita in un colle orine d' innumerevole quantità di scagliette
calcolose della qualità appunto delle sospettate rovesciò l'et-
fetto delle assicurazioni chirurgiche, e cangiò in assoluta cer-
tezza r enunziato mio giudizio, per cui egli è da sperarsi,
che colla bibita delle acque medicinali di Recoaro, a lungo e
ad intervalh continuata, possa anche (piesto soggetto liberarsi
dalla causa principale della sua malattia.
FATTO I I L
Un individuo di 64, anni sortito da genitori scevri da
qualunque discrasia, di conformazione robusta, e soggetto solo
ad abituali costipazioni nella fredda stagione, fu ad un tratto
sorpreso 2.5 anni sono nel sommo calore dell' estate da vio-
lentissimo accesso di podagra, che cedette facilmente alla quiete,
alla dieta, e ad un lieve regime refrigerante. Non mai era
stato il medesimo per 1' innanzi menomamente avvertito di
potersi trovare esposto a siffatto malore, perchè quantunque
vivente in prima gioventù nel nord ed ivi esposto nell' in-
verno i794-g5 ad una temperatura di 20 gr. sotto o TIi.
Renum. vi avesse contratta una lenta artritide delle spalle e
delle anche^, curata ben tosto coi semplici diaforetici dal rino-
matissimo mio Precettore G. P. Frank, non ne ebbe a provare
in seguito conseguenza alcuna. L' accennato accesso podagroso
Del Cav. Valeriano Luigi Brera 36i
non più comparve, ma lasciò visibili alcune nodosità all'intorno
di taluna delle articolazioni delle dita de' suoi piedi, i quali
non di rado dietro bruschi cangiamenti atmosferici venivano
colpiti, a foggia di percossa elettrica^ da dolori pungenti e
passaggieri. Col tempo disparvero le nodosità sovraccennate,
e in allora soprattutto all'apparire della fredda stagione si fa-
cevano scarse le orine e ricche d' un sedimento rosaceo, che
manteneva tinte le pareti del vaso^ in cui erano raccolte. Da
queir epoca la vescica orinarla si mostrò inerte alle proprie
funzioni, ed occorreva non di rado stimolarla affinchè si vuotasse
dell' orina contenutavi. Questo lentore orinario avendo destate
pili esatte indagini nelle orine, si trovò nell' indicato sedimento
qualche frammento di materia calcolosa, che chimicamente
esplorata si appalesò costituito nella massima parte al solito
d'acido urico, e di poca quantità di fosfato di calce e di ma-
gnesia, non che di tirato d'ammoniaca insieme legati con ma-
teria gommi-resinosa e con muco vescicale. All'oggetto quindi
più di vincere il torpore della vescica, anzi che di opporsi alla
genesi calcolosa, esso praticò negli anni i835 e i836 la bi-
bita dell'acqua della Fonte Regia o Lelia di Ptecoaro, di cui
consumò nel corso di ciascun estate da oltre 120 libbre,
bevendone ogni giorno a-4 libbre a norma della tolleranza
temporanea delle vie digerenti. In ambedue gli anni durante
la bibita di queste acque la vescica orinarla riacquistò vigorosa
la contrattilità delle sue pareti già anteriormente infievolita,
la quale poi nel i836 si mostrò consolidata a perfezione, e
venne espulsa unitamente a copiosissime orine di crasi affatto
acquosa una serie di calcoletti, che per altro l'anno i836
furono in numero molto minore di quello lo fossero nel pre-
cedente anno io35. In simil guisa rimase in questo individuo
perfettamente ristabilita la normalità delle vie uropoietiche
sotto di un duplice rapporto.
Analisi di questi calcoletti. Tali calcoletti cosi eliminati
avevano la conformazione e la grandezza chi di un granellino
di miglio, chi d' una lenticchia anche grossa, ed erano di un
Tomo XXI. Zz
36a Litotripsia orEusTA ce.
colore tVi rnarone carico : non pies'ìntavano però veruna reo-o-
laro l'orma di cristallizzazione^ offrivano una spezzatura idcnt-
tica a ([uella delle i;omme-resine ; non marcavano soprapposi-
zione di strati ; mancavano di nucleo primitivo ; e risultavano
della struttura ordinariamente pro[)ria di tutte le concrezioni
orinario. 11 valente Cliimico Sig. Pier-Francesco Ton di Conc-
gliano, meritamente premiato dal C. K. Istituto Lombardo-
Veneto l'anno io35 pel suo ingegnoso nuovo metodo per ot-
tenere ii Cliiniuo, ed attuale Capo de' lavori chimici in (|ncsta
rcputatissima Farmacia Veneta Mantovani, ebbe la particolare
cortesia di occuparsi dell'analisi di siffatti calcoletii, dalla
quale si ottennero i seguenti risultamenti. Jlid(jtti in polvere
fina questi calcoletti se ne operò culi' acqua distillata quasi
per intiero la dissoluzione, dalla quale si depose (jual residuo
una polvere di colore pagliarino, che raccolta sopra di lui
filtro ed essiccata venne sottoposta alle opportune reazioni.
L' accennata soluzione acf[uosa di densità nuicilaginosa posta
in una capsula di porcellana ed assoggettala a hmta e lego-
lare evaporazione, coli' avvertenza di levare il vaso dal fuoco
a misura che il liquore si concentrava per avere contezza
delle sostanze cristallizzabili se ne avesse contenute, rimase
intorbidata dalla comparsa di materie coagulate a lb,2;i:ia di
fiocchi solubili nella potassa caustica ed insolubili negli acidi.
Queste poi separate dal li(juiiIo colf uopo della filtiazione, ed
il medesimo lifjuido evaporato a secchezza lasciò nella capsu-
la una sostanza del colore del calcolo istesso, che insolubile
neir alcoolc! prontamente nell' accjua si scioglieva. Si venne
perciò in chiaro, che la massima parte di questi calcoletti era
costituita dall' acido urico. Una piccola porzione della polvere
sottoposta poi all'azione decomponente del fuoco esalò un
odore fetido misto a quello d'ammuniaca, e lasciò per residuo
un carbone spugnoso unito a sostanza calcarea, il quale si mo-
strò insolubile neirac(}na;, nell'alcoole e insolubile negli acidi
tartarico, citrico ed acetico, e invece si sciolse in parte nell'acido
solforico con isviluppo considerevole di calorico e lasciando
Del Cav. Valeriano Luigi Brera 363
una poltiglia densa invetrificabile al cannello costituita di solo
fosfato di calce. E qui il prelodato Sig. Ton ebbe ad avve-
dersi, che il coloramento di quella sostanza polverosa non era
dovuto alla sola presenza dell'acido urico: i ." perchè l'acido
solforico avrebbe sciolto l'acido urico per se stesso insolubile
in quest' acido minerale, e a." perchè l'ottenuto residuo car-
bonioso dalla decomposizione col fuoco esclude la presenza
deli' acido urico, il quale non lascia alcun residuo. Continuan-
do quindi le sue ricerche sopra di questa sostanza la volle
cimentata cogli alcali caustici potassa, soda ed ammcmiaca,
non che coi carbonati alcalini, e potè quindi convincersi, che
tutti questi reagenti esercitavano un' azione solvente sopra
della medesima. Per la qual cosa il Sig. Ton si credette au-
torizzato di stabilire, che in questi calcoletti esistesse ezian-
dio un altro principio immediato, e che tale fosse l' ossido
cistico già scoperto dal cel. Wollaston, riconfermato e descritto
da, altri insigni Chimici. Emerge adunque da siffatti esami,
che ne' calcoletti cosi analizzati si comprendano in quantità
predominante la sostanza albuminosa ed il principio gommi-
resinoso, l'acido urico, e poscia l'ossido cistico e un poco
di fosfato di calce. Sembra quindi che la sostanza albuminosa
e la gommi-resinosa ivi trovate in quantità abbiano avuta la
massima parte nella loro formazione, legando 1' acido urico e
r ossido cistico al fosfato di calce nelle loro primitive mole-
cole, ed imprimendo così ai medesimi un colore ed un'appa-
renza in modo del tutto particolare.
EPICRISI
Non entra punto nell' assuntomi divisamento di quivi ar-
restarmi nelle ricerche opportune per rischiarare la genesi
delle concrezioni calcolose orinarle, all'oggetto di determinare
con siffatta guida la scelta de' presidj opportuni per impedirla
e per distruggerne le conseguenze. Fatti parziali quali sono
i tre testé riferiti non ci forniscono nemmeno i primoidj della
364 Litotripsia opekata ce.
somma degli argomenti occorrenti per istabiliie i fondamenti
della coiiispondcnte dottrina patologico-terapeutica. Ho già
altrove riferito per esteso (8), che non essendo le vie orina-
rle la sede esclusiva delle concrezioni calcolose, in quanto
che non vi è uarte solida e fluida dell' oriianisnio Guarentita
da siiTatti vizj di combinazioni straniere, alla naturale loro mi-
stione organica, queste complessivamente considerate non si
possono perciò ripetere da vizj esclusivi di assimilazione (9),
Le maniere alUitto essenziali, con cui si formano le concre-
zioni calcolose nelle differenti parti dell' organismo di già ci
istruiscono, che le leggi, le quali limitano le combinazioni degli
atomi elementari negli esseri organici^ sono dilTerentissiine da
quelle, che si osservano nella natura inorganica^ e permettono
quindi una tale e tanta moltiplicità di coml>inazioni ne' primi,
che hancamente puossi asserire non esistervi alcuna determi-
nata projiorzione. Infiniti poi essendo questi gradi di combi-
nazione, si rende ragione delle tante varietà di risultamenti
ottenuti dalle analisi chimiche delle concrezioni calcolose, per
cui appare, che quasi ogni calcolo offra una particolare com-
binazione di principi ' '^ ^^^^ *^' lasciò per conseguenza, che
rimane tuttavia desiderata una precisa classificazione delle con-
crezioni calcolose proprie dell' umano organismo. E quando
noi porremo mente alla circostanza per cui fra il gran numero
(0) Prolegomeni Clinici, Padova i8a3, o." pag. 227. e sog.
(9) Vizio di assimilazione, vizio del misto organico, vizio di particelle assimilative
e simili altre denominazioni non esprimono die idee vaglie delle condizioni patologi-
che cui alludono, perchè se dinotano in modo generico l'alterazione di qualità e di
«luantità della mistione organica, questa non è punto precisata come converrebbe at-
iiiichè inlluisse nella terapeutica. Quanto nel sopraril'erito testo viene esposto sui modi
di combinazione nelle concrezioni calcolose, può pure essere applicato a i[ualunque
siasi altra combinazione organica. Egli è perciò evidente, che luia dottrina patologica
^PP^SS''"'' '" '^' questa base, per quanto la si voglia qualificare per analitica, deve
mancare dei dati indispensabili, onde riesca feconda di utili risultamenti terapeutici,,
che tuttavia sono desiderati.
Del Cav. Valeriano Luigi Brera 365
delle sostanze da noi reputate semplici pochissime sono quelle,
che obbediscono alle leggi della natura organica, e atte si
ravvisano a combinarsi a norma de' principi che vi sono do-
minanti, sempre più rimarremo convinti delle difficoltà che si
oppongono alla formazione di questa precisa classificazione
de' prodotti calcolosi dell" umano organismo vivente, tuttoché
si conosca con qualche esattezza la serie alquanto estesa delle
differenti e specifiche loro combinazioni nel seno della natura
inorganica. Non ignoriamo punto, che si esige la combinazione
di tre o più delle reputate sostanze semplici per formare una
delle cosi dette molecole elementari delle tante materie, che
compongono l' assimilazione organica ; ma fin' ora si nìanca
della cognizione d' una legge chimica, che ne limiti lo com-
binazioni a certi numeri proporzionati di atomi in ciascuna
molecola elementare : la quale circostanza prodotta dalle dif-
ferentissime combinazioni di tre o più di queste così dette
sostanze semplici, formanti di già corpi composti passati per
gradi da un carattere principale ad un altro^ ci induce a con-
cludere, che necessariamente devonsi combinare nel!' organi-
smo vivente non pochi composti naturali e preternaturali in-
finitamente varj nelle loro proporzioni^ e senza che l'uno o
l'altro de' supposti loro elementi vi predomini sotto l'aspetto
dell' unità.
Il fin qui detto se tende a dimostrare 1' impossibilità, in
cui ci troviamo di compilare dietro i risultamenti della chi-
mica analisi una classificazione patologico-terapeutica delle
concrezioni calcolose dell' organismo umano vivente, non esclu-
de per altro, che in casi parziali si possa tirare partito dalle
cognizioni a noi fornite dall' analisi medesima per distruggerle
cogli opportuni sussidj dalla stessa suggeriti. Della quale ve-
rità fanno ampia fede i fatti soprariferiti, dai quali si può con-
cludere, che ove la base delle concrezioni calcolose orinarle
sia costituita dall' acido urico solo, o associato eziandio al-
l'ossido cistico, per lo più complicato ne' calcoli degli artri-
tici e de' gottosi, Tacqua della Fonte Regia o Lelia di Recoa-
366 Litotripsia operata ec.
re è un mezzo cfficacce per decomporle e per provocarne
1' eliminazione unitamente alle orino. La teorica di questa
salutare operazione, quale fu esposta di so[)ra nel paragrafo
Aj>j>licazioìic teraiipctìcn^ con cui si compie la descrizione del
Fatto /., mi libera dal ricorrere ad ulteriori argomenti per
encomiarne la bibita in siffatti casi. Il Fatto II. ce la racco-
manda pure efficace per debellare la crasi mica d' onde pro-
cedono e si generano nelle vie orinarle le concrezioni calco-
lose dell' indole sovraccennata, e per ristabilire 1' armonia delle
funzioni organicbC;, ciic ne rimane grandemente alterata. 11
Fatto III iinalmente la dichiara pure valevole nelle concre-
zioni calcolose orinarle degli artritici e de' gottosi.
Si può quindi andare lieti col pensamento, cbe senza ri-
correre a veruna chirurgica operazione s'arriva a liberare la
vescica orinarla dalla presenza de' calcoli composti dalle so-
stanze sovraindicate, i quali per felice combinazione sono i
più frequenti ed i più famigliari. Se ne effettua così la cura
tato et juciinde ; e se non vi si può aggiugnere il cito, egli
è però questo dai dne primi abbondantemente compensato !
Senza dubbio si richiede tempo, pazienza e perseveranza per
consegiùre il bramato intento ! JMa anche ammettendo^ che
r acqua medicinale Recoarense non sia in ogni caso capace
di frangere per dissoluzione una grossa pietra^ o|)pure calcoli
vestiti di densa crosta, non sarà per qnesto minore il suo
pregio nel ravvisaila efficace per espellere frantumi calco-
losi del diametro analogo a (juello dell' uretra, e per distrug-
gere la crasi luica, che genera e favorisce la composizione
delle accennate concrezioni calcolose.
I fatti poi soprariferiti devono convincere non solo i cal-
colosi ma quanti per le loro sofferenze sono consigliati di ilir
uso delle accennate acque Recoarensi, che non è già alla sup-
posta loio qualità purgativa e diuretica, che devonsi attiihnirc
i salutari effetti delle medesime. Sono mirabilmente alteranti
e corroboranti le assimilazioiù organiche, e nell' istesso tempo
deostruenti i processi moibosi congestivi le qualificazioni, che
Del Cav. Valeriano Luigi Brera 867
r esperienza medica nelle stesse ha costantemente osserva-
te (lo) ; e quelli, che infelicemente si occupano nel misurare
i progressi della loro cura dal numero e dalla quantità delle
evacuazioni che si aspettano da siffatta bibita, possono e de-
vono restare tranquilli, che si ristabiliranno quand' anche non
ne rimanessero purgati a loro piacere. Soventi le evacuazioni
critiche e salutari che producono , sono talmente impercet-
tibili, che sfuggono alla loro aspettazione !
(io) Veci, gli scritti relativi pubblicati Jagli illustri Piot'eàsori Thiene di Vicenza^
e Federigo di Padova.
368
DIFESA
DEGLI ARGOMENTI TRATTI DALLE PILE SECCHE
PER LA TEORIA VOLTIANA
C 0 N T R O L E 0 e B I E Z I O NI
DELSIGNORDELARIVE
M E M 0 R I A
D E L L' A B. GIUSEPPE ZAMBONI
PROF. DI IISIC\ ESPERIMENTALE E MATEMATICA ArPUCATA
NELL' I. R. LICEO DI VERONA
Ricevuta adi 5 Luglio I037.
vrià fin dal 18 14 è notissima a' Fisici la pila elettrica sin-
golare, che ho nominato binaria ; perchè ogni suo elemento
contiene un solo conduttor secco interposto fra due strati
d' uno stesso umido con disuguaglianza di contatto. Io 1' ar-
gomentai dalla tensione elettrica, clie si manifesta in una pila
composta^ o di sole carte d' argento^ o di sole carte d'oro,
^la perciocché nella costruzione delle pile secche, abbando-
nata fin da principio la carta d' oro, vi ho sostituito l'ossido
nero di manganese, cosi allora il mio studio rivolsi alla pila
binaria contenuta nella sola carta d' argento; e di questa sol-
tanto ho parlato diffusamente nella mia Opera sull' ii/e^^romo-
tore perpetuo. In appresso, si per migliorare la costruzion delle
pile , come ancora per esaminare i fondamenti della nuova
Teoria Elettro-chimica, ho ripigliato le mie indagini sopra
ciascuna delle predette due carte: e meglio conosciuta l'elet-
trica sua influenza, mi risultarono argomenti speciali a favore
della Teoria Voltiana, che mi propongo di sostenere nella pre-
Dell'Ab. Giuseppe Zamboni " 869
sente Memoria contro le obbiezioni del Sig. De la Rive, e
dimostrare:
I. Che il contatto fra due conduttori eterogenei produce
tensione elettrica senza intervento di azione chimica. II. Che
ammessa la detta tensione anche per l'azione chimica dell'umi-
do coi metalli, il mutuo contatto di questi è la sorgente pri-
maria dell' eccitamento elettrico nelle pile Voltiane.
PARTE PRIMA. .
I. Pel primo assunto io vengo Innanzi colle pile secche di
carte d'oro e d'argento, le quali dopo ventiquattro anni di
età, non già come dice il Sig. De la Rive (i) donrveiit encore
des traces d^ electricìtè de tensìon bien sensibles , ma conser-
vano la tensione medesima de' primi anni senza indizio alcuno
di ossidamento.
Che queste pile tenute accessibili all' aria riprendano da
questa l'umido che avessero perduto^, non si può negarlo, ma
non può dirsi lo stesso di quelle che fin dalla lor costruzio-
ne si mantennero inaccessibili all'aria, avendole contornate
di un grosso strato di mastice o chiuse ermeticamente in tubi
ben isolanti, e ritengono tuttavia dopo sì lungo tempo la ten-
sione medesima. La costanza di questo effetto come mai spie-
garla colla nuova teoria? L'azione chimica continua doveva
al certo in tanto tempo scomporre, ed esaurire il pochissimo
umido delle carte chiuse ermeticamente , e sarebbesi quindi
veduta la tensione via via scemando d'anno in anno, estin-
guersi totalmente.
II. Voglionsi qui notare tre cause assegnate dal Sig. De
la R.ive per l' ossidamento continuo delle foglie metalliche e
sono:
I .° L'umidità naturale della carta a parer suo più ossi-
dante dell' acqua pura.
(i) Bibliot. Univers. Mars i837 P- '93-
Tomo XXI. Aaa
370 Difesa degli AnooMENTi ec.
2." L'aria umida più ossidante i metalli dell'acqua non
acida.
3.° La conoutc elettrica che accelera 1' ossidamento.
La prima di queste cause tu addotta dal Sig. De la Rive
onde spiegare un mio sperimento che mostra la tension d'una
pila secca, assai maggiore, che in una pila della stessa specie
e numero di coppie coi panni imbevuti d' acqua, e con carta
ordinaria interposta fra i due metalli d' ogni copia. Per con-
ciliar come dissi la sua teoria con questa mia esperienza. Egli
rispose (i). Cela vieni de ce que^ dans ce cas , f action oxi-
dante de V umidite naturelle dii papier sur Vetain est plus vive
qne celle de V eau pure-, ce qui est tout a fait d' accord w^ec
le fait hicn connu que les metaux s' oxident plus facilment
ddns r air humide que dans V eau parfaitement pure. Se non
che io il feci avvertito (2) di aver adoperato nella mia spe-
rienza non già acqua purissima, ma ordinaria di fonte, e quin-
di sorriiiunsi: " Forse direbbe Eiili uiiualmente , che 1' azion
" ossidante dell' umidità naturale della carta è maggiore di
''• quella dell'acqua di fonte? sono pure di stagno le foglie
" metalliche della carta detta d' argento e restano per anni
'•' ed anni nelle officine dei venditori in contatto dell'umido
" naturai della carta. Chi dirà mai che queste foglie di sta-
'■' gno^ e tanti altri lavori e stromenti di stagno che si custo-
'•' discono sempre involti nella carta , sarebbero piìi difesi
" dall' ossidamento , tenendoli sempre immersi nell'acqua di
" fonte? „
A tutto (juesto risponde il Sig. De la Rive dicendo senza
più (3) il est hien connu., que les metaux oxidables s^ oxident
bien plus vite dans V air humide que lorqus' ils soni entiere-
ment plongès dans V eau non acide. Ma qui non si tratta di
(i) Bibliot. Univers. Octob. i836 p. 389.
(2) Mera i837 Mars p. igr.
(3) Loc. cit. Not. a.
Di:l Ab. Giuseppe Zamboni 071
confrontar l'aria umida coll'acqua non acida, trattasi di sapere
dal sig. De la Rive s'Egli creda l'umido naturai della carta più
ossidante dell'acqua di fonte. Ed avendo Egli detto (jui sopra
che r umido naturai della carta è ossidante più delV acqua
pura, percìiè Varia umida è più ossidante delV acqua pura; bi-
sognerà anche dire con Lui, die l'umido naturai della carta è
più ossidante dell'acqua non acida, perchè Varia umida è più
ossidante di taV acqua. E perciò ne verrà la detta conseguen-
za ben strana, che le foglie metalliche delle carte d'argento e
d'oro, e tanti altri strumenti metallici che si tenessero sempre
immersi nell'acqua non acida , sarebbero più guarentiti dall'
ossido, anzi che tenerli ravvolti in carta come si usa daper-
tutto , e da tanti secoli.
E volendo il Sig. De la Rive, che nelle pile secche ac-
cessibili all' aria le foglie metalliche sieim incessantemente
ossidate dall' influenza continua e non piccola di tutte tre le
cause sopraddette, come poi viene a dirci (i) che l'ossidamento
di esse foglie è tanto leggero e si lento, che per poterne ve-
dere qualche indizio vingt'ans, trente ans ne soni alors que
bien peu de chose ? La sola acqua non acida in cui fossero
immerse, basterebbe al certo per ossidarle visibilmente in po-
chi mesi.
III. Se non che Egli avverte che il continuo ossidaraento
delle foglie metalliche di una pila secca, necessario nella sua
teoria allo sviluppo elettrico, non si dee già cercare nelle
faccie visibili di esse foglie, perche queste nella pila non toc-
cano umido, ma sono in contatto metallico l'una con l'altra.
Bisognerebbe, die' Egli, esaminare le superficie metalliche in-
visibili che restano incoliate per sempre sulla carta: in queste
soltanto si opera l'ossidamento dall'umido della carta cui
stanno aderenti.
, Verissima, io rispondo, è una distinzione da farsi tra la
superficie metallica invisibile attaccata alla carta, e l'altra
(i) Loc. cit. p. 193. Not. I.
oja Difesa degù Argomenti ce.
visibile non incollata ; ma è distiiizione ben diversa da quella
assegnata dal Sig. De la Rive. La superficie invisibile, allora
quando la incollata sulla carta, lia contratto dall'opera stessa
deirincollamcnto un principio di ossidazione, che bastò a farla e
conservarla poi sempre eterogenea rispettivamente all'altra op-
posta visibile. Ma (juclla ossidazion leggerissima deirincollamen-
to ha dovuto cessare fin d'allora, che rasciutta la colla, non ri-
mase alla cai ta altro umido clic il suo naturale; il qual umido
è bea lontano dal produrne l'ossidamento continuo voluto dall'
Avversario. E per verità , incollata che sia una carta sopra
una delle l'accie pulitissime di un metallo, se dopo rasciutta
la colla, si distacchi parte della carta, apparisce lui velo di
ossido leggerissimo su quella faccia; ma distaccando il resto
della carta anche dopo anni ed anni, non si vede accresciuto
giammai quell' ossido, che qual si formò leggerissimo per l' in-
collamento, tal si mantiene per un tempo indefinibile. E sic-
come nei (juaderni di carte d'oro e d'argento, la faccia me-
tallica visibile di ciascun fo:;lio non contrae jiiammai ossida-
mento dallo star sempre in contatto coli' umido naturale del
foglio sussegUL'iite, cosi lo stesso umido della carta uon può
accrescere giammai col tempo quella piccola ossidazione che
l'altra faccia invisibile acquistò dall'incollamento. Sono dun-
que e si mantengono sempre eterogenee le due opposte su-
perfìcie d' ogni foglia metallica, ma non si può ammetteie col
Sig. De la Rive ossidamento continuo nella faccia invisibile
incollata sulla carta.
IV. Ed o[)[iniito dair esser eterogenee le dette due fac-
cie, ne viene, che da una sola delle due carte metalliche ,
ma specialmente dalla carta d' oro si trae una pila elettrica
secca nella quale anche la faccia mettallica visibile sta sem-
pre a contatto dell' umido della carta , eppure non si scorge
mai nella detta faccia alcun indizio di ossidamento.
Compongasi colla detta carta d' oro una piletta di due
dozzine circa di quadretti d' un pollice di lato , mettendo la
faccia metallica di ciascun quadretto a toccare il rovescio ossia
Dell' Ab. Giuseppe Zamboni S^S
la carta ignuda del susseguente. Questa piletta equivale in
tensione a quattro coppie circa di carte d'oro, e d'argento,
e mostra positiva la faccia metallica, e negativa la carta. Im-
perciocché secondo la legge cotanto illustrata dal Professore
Marianini dei metalli negativi, quanto più ossidati , la foglia
metallica d' ogni quadretto è una vera coppia elettromotrice,
nella quale l'elettrico si spinge dalla su[)erficie invisibile un
po' ossidata per 1' incollamento all' altra opposta visibile non
ossidata, e 1' umido naturai della carta trasmette 1' elettrico
da un quadretto all' altro. Comunque sia diversa 1' età della
carta d' oro, la tenslon della piletta si manifesta allo stesso
grado: una carta vecchia di trent' anni mi mostrò la tensione
medesima come qualunque altra venuta di fresco dalla fabbrica.
V. Dalla qual pila singolare mi era ben facile il dedur-
re, che presso i venditori di queste carte metalliche esistono
belle e fatte tante pile secche sempre attive, quanti sono colà
i quaderni di carta d' oro. Imperciocché ciascuno di questi è
una serie di ventiquattro fogli, ognuno de' quali , eccettuato
quel di mezzo, tocca colla sua faccia metallica il rovescio,
ossia la carta ignuda del foglio susseguente. E perciò la faccia
metallica del foglio di mezzo, è il polo positivo di ventiquat-
tro coppie tutte disposte come nei ventiquattro quadretti so-
pra descritti. Per veder la tension positiva del quaderno, basta
introdurre fra le due metà del foglio di mezzo una lamina
di rame , che metta in comunicazione la faccia metallica di
esso foglio col piattello del condensatore. A veder poi la ten-
sion negativa dell'altro polo, che sta nel rovescio o carta
ignuda del primo foglio, bisogna isolare il quaderno; e fatta
comunicante col suolo la faccia metallica del foglio di mezzo,
il detto rovescio del primo foglio comunichi, mediante lamina
di rame, col piattello del condensatore.
■- Quindi una risma di carta d' oro contiene tante pile sec-
che quanti sono i suoi quaderni. Finché la risma comunica
col suolo, non può mostrare che la sola tension positiva del
foglio di mezzo d' ogni quaderno. Ma posta la risma sopra
3^4 Difesa degli Argo.memti ce.
mio sgabello isolante, si nianifestaiio ameiicluc le tciìsioui con-
trarie in ogni quaderno; cioè la positiva del foglio di mezzo,
coauuiicando il rovescio del primo loglio col suolo, e la ne-
gativa di ([uesto, comunicando col suolo il loglio di mezzo.
Si avverta però, che la tensione dei ventiquattro logli
d'ogni quaderno è sempre minore di quella veduta nei ven-
tiquattro fpiadretti: perchè cavati questi da un foglio colla
forbice, il loro perimetro è sgombro affatto dai tanti frastagli
o barbe, che contornano il lembo dei foiili intonsi del qua-
D
derno, e mettono in comunicazione il metallo di alcuni tbiili
con quello di altri più o meno lontani , il che fa circolare
]' elettrico con danno della tensione. ÌNIa sperimentando il qua-
derno, dopo averne tondato esattamente tutti i fogli , la sua
tensione non differisce punto da quella dei ventiquattro qua-
dretti, che sieno tratti da lui loglio qualunque o dallo stesso
quaderno, o da altro comunque diverso di età.
Adunque sin da quell' epoca che si compose il primo
quaderno di carta d' oro, si formò in esso la prima pila secca
con tensione elettrica senqire viva: e senza esagerazione si può
dire, che custodito quel primo quaderno come si usa cogli
altri dai venditori, mostrerebbe anche ossidi la tensione me-
desima; perchè infatti, colT invecchiar dei quaderni non si
trova gianunai nò indizio di ossidamento , nò diminuzion di
tensione. Ed ecco in ogni quaderno di carta d'oro una pila
sempre attiva con tutte e tre le cause ossidanti del Sig. De
la Rive, vale a dire 1' umidità naturai della carta che tocca
amendue le supeificie d'ogni foglia metallica; 1' umidità dell'
aria cui sono accessibili tutte le foglie ; e la corrente elettrica,
che dee secondo Lui accelerare l'ossidamento. E perchè dun-
que non vederne mai alcuna traccia nel quaderno per quanto
vecchio esli sia.'^
VI. Altro argomento pel primo mio assunto somministra
la tensione elettrica di quelle pile secche, che si compongo-
no di sostanze non soggette ad ossidamento, né ad altra chi-
mica influenza. Tale si è una pila di carte , che abbiano una
Dell' Ab. Giuseppe Zamboni SyS
faccia intrisa di carbone, o carburo di ferro, e l'altra aderente
all' ossido di piomlio. Si può mai credere , senza far violenza
al senso comune dei clumici, che il solo umido naturale della
carta abbia a disossidare o sopraossidare le dette sostanze ?
Dicasi lo stesso del perossido di manganese accoppiato al pla-
tino. Tenendo in mano il perossido^ e soprappostovi il plati-
no, questo divien positivo. Ma il Sig. De la Rive non poten-
do attribuire questo effetto elettrico all' ossidamento del pla-
tinoj ricorre al perossido di manganese, e pretende, che l'umi-
do della mano, il quale. Egli dice , è sempre acido od alca-
lino, disossidi il perossido, e si produca l'effetto contrario dell
ossidamento ; cioè che 1' elettricità negativa passi dal perossi-
do nell'umido della mano, e la positiva si sviluppi nel per-
ossido che la trasmette al platino, (i)
A questa spiegazione si oppongono le seguenti ragioni:
i." Sia pur vero che l'umidità necessaria per disossidare
il perossido di manganese debba essere o acida od alcalina ;
ma il fatto dimostra , che adoperando qualunque altro umido
come sarebbe 1' acqua pura, l'alcool, e persino la umidità na-
turale della carta, la tensione positiva sul platino si manifesta
allo stesso grado.
2,.° Sostituendo al perossido di manganese il carburo di
ferro, la tensione è minore nel grado, ma però positiva nel pla-
tino. Direbbe egualmente il Sig. De la Rive, che qui pure si
disossida il carburo a contatto e. g. della carta?
3.° Secondo la scoperta già fatta dal principio di questo
secolo dal chimico Brugnatelli, ed ampliata di poi dall'esimio
Marianini, il carbone ossidandosi a contatto degli acidi, segue
la legge degli ossidi; cioè tanto acquista di forza elettromo-
trice, da superare persino il perossido di manganese. Ora , il
platino si trova pur positivo accoppiandolo al carbone, e toc-
cando questo con acqua addata. E come esser può, che tanto
il disossidarsi del manganese quanto l' ossidarsi del carbone
produca l' effetto medesimo ?
(i) Bibl. Uoivers. i836. Janvier p. iSa.
3~G Difesa degli Arcohienti ce.
VII. Ma veniamo all' esperienze cui crede il Sig. De la
Rive appoggiare la sua spiegazione. " Per provare , die' Egli ,
" che alla detta azione cliimica^ cioè al disossidarsi del pcros-
" sido di manganese che tocca l'umido, e non al contatto
" del perossido col platino debbonsi attribuire i segni elet-
'■ trici, ho sostituito al platino una laminetta di legno asciutta
" Ijcnsi, ma che però non cessa di esser conduttrice dell'elet-
" trico, e messa cotesta lamina sul piattello del condensatore,
" ho collocato sopra di essa il perossido, e poscia toccato
" questo col dito, o con carta bagnata di soluzione acida o
'' salina, 1' elettroscopio dio segni tres prononcès di elettricità
"- positiva, j,
Questa esperienza che io pure ho verificata nulla dice
contro la teoria del contatto, anuncttendo pur anco i Voltia-
iii squilibrarsi l'elettrico pel contatto fra umido e secco, e-
squilibro notabile quando 1' umido sia ben acido od alcalino.
II punto sta nel vedere, se accoppiato il platino al perossido,
e toccando questo coli' umido della mano, l'elettricità posi-
tiva del platino derivi principalmente dal suo contatto col pe-
rossido , come insegna la dottrina del Volta, od unicamente
dall' azion chimica dell' umido dclL mano col perossido come
vuole il Sig. De la Rive.
Pertanto avendo Egli levato il platino, e posta in sua vece
la laminetta di leiino, se il contatto dell'umido delia mano
col platino l'osse 1' unica sorgente della tensione elettrica, do-
vea questa, bensì più tarda per la poca conduttibiìità del le-
gno, ma però uguale mostrarsi nel grado, come quando al pla-
tino stava accoppiato il perossido. E perchè dunque il Sig.
De la Pcive non dirà assolatamente che la tensione è la stessa
anche quando opera soltanto 1' umido della mano sul peros-
sido? Col dire invece, che in questo caso, i segni elettrici
sono tres prononcès fli ben sospettare, che sieno [)iuttosto in-
feriori a quelli avuti dal platino unito a! perossido. Ed infatti,
ripetuta piii volte l' esperienza , ho trovato sempre appena
percettibile la sola tensione dell'umido della mano col perossido^
Del Ab. Giuseppe Za3iboni .877
e tanto più cospicua quella del platino col perossido, da do-
verne attribuire la massima parte al contatto di questi due
secchi.
INIa per togliere ogni dubbio , sopprimasi affatto 1' azione
chimica dell' umido col perossido, e si vedrà la tensione svi-
lupparsi pel solo contatto di questo col "platino. A tal uopo
ho collocata sul piattello del condensatore la laminetta di le-
gnoj e sopra questa il perossido ben diseccato. Indi presa fra
le dita l'estremità del platino, ho portato l'altra a toccare
il perossido, e la tensione fu tanto negativa quanto era posi-
tiva, mettendo il platino sotto il perossido, e toccando questo
con altio leffno.
Di più: l'effetto del contatto fra i due secchi supera
quello dell' azion chimica dell'umido col perossido. Stia que-
sto sulla laminetta di legno collocata sul condensatore, ed
umettata leggermente con acqua anche un po' addata l'estre-
mità superiore del perossido , sia questa toccata dal platino
tenuto lia le dita: la tensione si mostra ancor negativa, cioè
il perossido anche un po' umettato cede elettrico al platino
più di quello che riceve dall' umido.
Vili. Seguitiamo il Sig. De la Rive, che volendo ricono-
scere l'elettricità negativa dell'umido col perossido inverte
l'esperienza nel modo seguente:" Posando sul piattello del con-
" densatore una lamina di platino, ho messo su questa un
" pezzo di carta umettata sulla (juale ho collocato il peros-
" sido, che ho poi toccato col legno , o col dito ben secco ;
" il condensatore si è allora caricato di elettricità negativa.,.
Io per lo contrario la ho trovata sempre positiva; poiché
posando, come Egli dice, il platino sul piattello del conden-
satore ?,\ d.QV e intendere il piattello superiore, stando l'inferio-
re annesso al bottone dell'Elettroscopio. Or dunque la fogliet-
ta di questo mi diede il segno negativo, e ciò vuol dire che
il piattello inferiore era negativo, e per conseguenza positivo
il superiore sul quale stava posato il platino. Laonde questa
esperienza del Sig. De la Rive io la trovo contraria affatto
Tomo XXI. Cbb
37B Difesa degli Argomenti ec.
alla sua teoria, confermativa di quella del Volta, perchè soggiun-
gendo Egli " che il contatto del metallo del condensatore col
'" platino 11 est pour rìeii nella produzione di <]uesta elettri-
" cita, che dovrehhe esser contraria se provenisse da tal con-
" tatto.,, Appunto l'esperienza dice che l'elettricità è contra-
lia cioè positiva ; e che questa proviene dal contatto metallico
del condensatore col platino; perchè sostituendo al piattello
superior del condensatore comunemente di rame altro piattello
di stagno o di piomho, rdettricitù positiva di tal piattello si
fa mafriiiore.
Non è poi da sorpassare 1' uffizio della laminetta di le-
gno in queste esperienze del Sig. De la Rive. Egli l'adoperò
asciutta bensì, ma non a grado d'impedire la trasmission dell'
elettrico, e in tale stato Egli la dee credere altresì del tutto
inetta ad agir chimicamente sul perossido e sul platino, altri-
menti le sue sperienze sarebbero incerte affatto ed inconclu-
denti. Or bene^ si formi una piletta con coppie di platino unito
al perossido, e con laminette del predetto legno, che divida-
no una coppia dall' altra. Trovandosi la tensione crescente di
coppia in coppia, si dovrà dunque conchiudere: ecco una pila
secca elettrizzata nella quale il Sig. De la Rive non può am-
mettere r intervento di azion chimica.
IX. Anche il tritossido di piombo si comporta in queste
sperienze come il perossido di manganese j e la facoltà elettro-
motrice del primo pubblicata dal Sig. Muncke come superiore
a quella del secondo non potea riuscir affatto nuova in Italia
dopo ciò che sugli ossidi aveva insegnato il Prof. Marianini.
Ma quanto alla tensione veduta dal Sig. Muncke, interponendo
il tritossido tra due lastre di rame, non è già un fatto incon-
ciliabile colla dottrina di Volta, come crede il Sig. De la Ri-
ve (1). Imperciocché (juando il tritossido sia tutto egualmente
umido, o tutto perfettamente secco, la tensione manca intera-
mente. Se poi fra il tritossido ben diseccato e uno dei rami
fi) BiLliot. Uiiivers. iu3C. Janvior p. 162.
Dell'Ab. Giuseppe Zamboni 079
8Ì frapponga la laminetta di legno del Sig. De la Rive, la
tension si manifesta, e ben notabile; negativa sul rame che
tocca il legno, e positiva snlT altro che tocca immediatamen-
te il tritossido. Ciò si accorda esattamente colla teoria di Vol-
ta, e non con quella del Sig. De la Rive ; perchè si adopera
il legno qual Egli lo prescrive, conduttore cioè^ e non agente
chimico che possa disossidare il tritossido. Quindi l'esperien-
za del Sig. Muncke ben rettificata offre un elemento di pila
secca , che viene a compir la dimostrazione del primo mio
assunto. . ■
' PARTE SECONDA
I. L'eccitamento elettrico nelle chimiche operazioni vie-
ne ammesso da tutti i seguaci del Volta , il che si accorda
benissimo colla loro dottrina, essendovi sempre in tali ope-
razioni il contatto di sostanze eterogenee. Ma quando pur si
volesse, che nelle predette operazioni, prescindendo dal con-
tatto , la sola forza chimica abbia in se la virtù di eccitare
r elettrico, il secondo mio assunto si è di provare , che que-
sta azion chimica negli ordinari apparecchi Voltiani ben lon-
tana dall'essere la sorgente unica dell'elettrico, non è che
secondaria, perchè molto inferiore alla primaria residente nel
mutuo contatto dei metalli.
Ciò dimostrano le mie sperienze di sopprimere il contat-
to metallico, interponendo fra i due metalli d' ogni coppia un
quadretto di carta, lasciando intatta l'azion chimica dell'umi-
do coi metalli, perchè in tal caso la tensione illanguidisce a
segno da dover riconoscere l' azion chimica inferiore di gran
lunga al contatto metallico nell' eccitare l'elettrico.
II. A questo argomento rispondea il Sig. De la Rive che
il calor della tensione ne^ miei sperimenti è dovuto alla dif-
ficoltà che trova 1' elettrico già squilibrato dall' azion chimica
di passare per la carta onde portarsi iielT altro metallo.
Ed io per provargli che un conduttore imperfetto qual si
è la carta, ritarda bensì la corrente elettrica, ma non può
38o Difesa degli Argo:\ienti ce.
diminuire il grado delia tensione voluto dal numero delle cop-
pie, gli Ilo messo dinnanzi nelle mie Osseri'azio?ii (i) una pWa.
di dieci coppie di rame e piombo coi panni umettati di acido
soUorico allungato in maniera, che un cartone collocato sopra
ogni panno acidato conservi il solo suo lunido naturale. Per
tal costruzione; , 1' elettrico die secondo il Sin,. De la Rive
passa dal piombo nell'acido^ trova dopo questo il cartone con-
duttore Jm[)erl(;tto: e ciò nulla ostante , la pila dispiega la
tensione allo stesso grado come se non vi l'osse il cartone.
Per lo contrario tolto via il cartone, e messo un foglietto di
carta sottile Ira i due metalli d' ogni coppia, il che sopprime
l'immediato loro contatto, la tension della pila è pressoché
nulla.
Se non che nella traduzione in fiancese di questo mio
sperimento pubblicata nella lìlbliotheque Universelle de Genève
fu ommessa interamente quella condizione in cui sta tutto il
nerbo della prova j e il traduttore partigiano esso pure della
nuova teoria vi ha sostituito altre cose tutte sue che travi-
sano affatto r argomento.
Ecco la condizione della mia sperienza qual si legge nel
mio manoscritto trasmesso ai Signori Ptedattori di quel Gior-
nale: sia il panno imbevuto del liquido per modo, che un car-
tone collocato sovra ogni panno addato conservi il solo umido
suo naturale. E nella traduzione invece si legge (2) qu on impre-
gne da liquide la rondelle de drap., de maniere., qu une feuille
de carton qu on en approche., s" y maìntienne attachèe par la
seule attractioii de V hwniditè. Quindi il Sig. De la Pvive che
nella nota i . p. 191. dice ne sacliant pas V Italien., e' est sur
une traduction., que j' ai lu le travail de 31. Zamboni, ha cre-
duto di abbattere facilmente il mio argomento col dire (3)
lorsque la feuille de carton est en contact avec la rondelle
(i) Biljl. Univers. iSSy. Mars p. 192.
(2) Idem JMars 1887. p. 192.
(3) Idem p. 192. Not. i.
Dell' Ad. Giuseppe Zamdon oui
humìde, elle s^ imbibe elle meme de liquide de cette rondelle;
et faisant pour aitisi dire corps uvee elle, ne cìiange presque
rieri a son pouvoir conductenr. Così al certo non avrebbe ri-
sposto, se il traduttore gli avesse messa dinnanzi la condizio-
ne del mio sperimento^ clie cioè il cartone debba esser tale
da conservar nell'esperienza il solo suo umido naturale.
Sarà dunque scusabile il Sig. De la llive, ina non il tra-
duttore che r ingannò: perchè la traduzione stessa esattissima
nel resto del mio scritto lo accusa in modo irrepugnabile
d' infedeltà volontaria nella versione di questo mio sperimen-
to , e di ciò che al medesimo si riferisce. E perchè infatti
tradurre /ezii/Ze de cartari e non cartari semplicemente come
sta nel mio scritto? non per altro se non perchè l'idea di un
carton sottile come una foglia d^ une feuille de cartoli atta-
clièe par la seule attraction de Vhumìdìtè avesse a far credere
più agevole il passaggio dell' umidità acida del panno in tutto
il cartone. Così pure^ dicendo io, che col cartone sovrapposto
al panno, la pila dispiega la sua t&ns'ìonG bensì jnù lentamente
{ il che è verissimo, non avendo il cartone altro umido che
il suo naturale ), Egli traduce lentement peut'' etre ; per-
chè dietro la' sua idea del cartone tutto imbevuto per attra-
zione dell' umidità acida, la velocità della tensione non può
difTerir sensibilmente da quella che si avea prima senza il
cartone.
III. Per non lasciar plìx luogo ad equivoci, la pila di dieci
coppie di rame e piombo abbia i suoi panni umettati di aci-
do solforico allungatissimo, ma umettati soltanto quanto basta
per aver dalla pila oltre la tensione., anco gli efletti chimici
e fisiologici. Sopra ogni panno mettasi un cartone, e sia que-
sto tanto grosso che non possa tutto imbeversi della umidità
acida del panno, durante T esperienza. Per la giunta di tal
cartone cesseranno affatto gli effetti chimici e fisiologici, ma
non già la tensione, che sebbene assai tarda, sarà però ugua-
le a quella che si avea prima senza il cartone. Pertanto in
questa pila vi è il contatto del rame col piombo , e vi è
33:?. Difesa degli Argomenti ec.
pure 1' azion cliimica deU' umidità acida coi metalli \ e per
decidere se questa tensione provenga o da quel contatto me-
tallico, o da qncsta azion chimica, tolgasi il contatto metal-
lico, mettendo un foglietto di carta lia il piondjo ed il rame
d'ogni coppia e levati via i cartoni, svanirà quasi allatto la
tensione. Dunque essa è dovuta principalmente al contatto
metallico \ uè può sussister la ragione addotta dal Sig. De la
Rive, che il toglietto di carta fra i due metalli impedisca il
passaggio dell'elettrico; perchè quando vi sia il contatto me-
tallico, quel passaggio non viene impedito dal cartone osta-
colo più resistente del foglietto di carta.
Si renderà poi piìx evidente la cosa, adoperando in luogo
del cartone un mazzetto di otto o dieci carte grosse , tante
cioè che le più lontane dal panno sottoposto , non possano
senza alcun dubbio ricevere umidità dal panno, ma conservi-
no unicamente V umido lor naturale. Si vedrà ugualmente
posto il contatto metallico svilupparsi interamente la tensio-
ne, e poi svanire levando via il mazzetto , e messa la carta
sottile fra i due metalli: sarà mai questa sola piii resistente
all' elettrico di quel mazzetto ?
IV. ]\[a veniamo alle pile di carte d'oro e d'argento,
nelle quali ben conosciuta l'influenza di ciascuna carta saia di-
mostrato altresì il secondo mio assunto.
Premetto i.° che la pila composta con sole carte d'oro
( come si è veduto nella Parte prima IV ) mostra comunemen-
te positiva la faccia metallica, e negativa la carta; laddove le
pile conquesto similmente con sole carte d'argento, quali le
abbiam dai venditori, altre lianno positivo il metallo, e nega-
tiva la carta, ed altre al contrario.
2.." Introdotta pel rovescio di queste carte metalliche
una mano di latte , ed asciugatolo all' ombra, si rende posi-
tiva la carta, e negativo il metallo tanto in quelle d'oro come
in quelle d' argento. Per lo contrario 1' acqua un po' acidula
introdotta pel rovescio delle carte , come queste sieno ra-
sciutte all'ombra, fa divenir positivo il metallo e negativa
la carta.
Diìll'Ab. Giuseppe Zamboni 383
3.° Qualunque sia la causa di sifatte variazioui, deesi ri-
tenere, che nella pila di carte d'oro e d'argento coi due me-
talli in contatto, l'eccitamento elettrico secondo la nuova teo-
ria deriva unicamente dall'azion chimica dell'umido partico-
lare della carta colla superficie metallica incollata sulla me-
desima, come lo ha dichiarato il Sig. De la Ptive.
Ciò posto: si preparino alcune pilette di una dozzina circa
di quadretti di sole carte d'oro^ ed altre di sole carte d'ar-
gento; e come in quelle così in queste, altre abbiano positivo
il metallo e negativa la carta, ed altre al contrario; e si pro-
ceda alle seguenti esperienze.
VI. Sienvi due pilette, una di sola carta d'oro col me-
tallo positivo, e negativa la carta^ed abbia ascendente la cor-
rente elettrica tenendo le sue faccie metalliche rivolte all'insìi.
L'altra piletta di sola carta d'argento col metallo negativo,
e positiva la carta, abbia pure ascendente la corrente elettri-
ca, tenendo le sue faccie metalliche rivolte all' ingiù. Sieno
le due pilette eguali in tensione, il che si ottien facilmente
aggiungendo qualche quadietto a quella che 1' avesse minore.
Fatto ciò: si soprapponga la piletta di carta di argento
colle sue faccie metalliche rivolle all'ingiù, su quella di carta
d' oro, che le tien sempre rivolte all' insù ; e si avrà una sola
pila colla tension positiva raddoppiata alla sua cima. Indi coi
quadretti della piletta di carta d'argento, e con altrettanti
di quella di carta d' oro si componga la pila ordinaria met-
tendo in contatto fra loro i due metalli, e tenendo sempre le
carte d' oro la lor faccia metallica all' insù , ed all' in^iù le
carte d'argento. La tension positiva alla cima della pila così
composta si troverà cresciuta assai più del doppio di quella
che avea prima ogni piletta senza contatti metallici.
Tanto aumento in tensione, che nella teoria Voltiana de-
riva dal contatto dei due diversi metalli, non si può spiegare
nella Elettro-chimica se non col dire, che in ciascuna piletta
senza contatti metallici , ogni foglia metallica posta fra due
umidi della stessa specie ^ si trova fra due azioni chimiche
384 Difesa degli Argo^ienti ce.
contrarie,, e perciò la tensione è uguale soltanto alia loro dif-
ferenza, huldove, tolto il contrasto ira le due azioni col met-
tere in contatto metallico il rame della carta d'oro collo sta-
gno della carta d'argento, le forze chimiche dell' umido coi
metalli esercitano liberamente la loro attività, quindi la ten-
sione si accresce anche più del doppio. Ritenuta questa spie-
gazione si passi alla seconda esperienza.
VII. Sia come prima, una pilelta di sole carte d' oro col
metallo [lositivo rivolto alTinsù, ed altia di sole carte d'ar-
gento col metallo pur positivo, ma rivolto all' ingiù; e sieno
uguali le due pile nel grado di tensione.
Essendo nella piletta di carte d' oro ascendente 1' elet-
trico, e discendente nell'altra di carte d'argento, se questa
a quella si sovrapponga , si troverà affatto nulla la tensione
alla cima della pila cosi composta delle due.
]Ma se coi quadretti della piletta di carta d'argento sem-
pre colle loro faccie metalliche rivolte all'ingiù, e con altret-
tanti di quella carta d'oro, che le tieii seiupre rivolte all'
insù, si lormi la pila coi contatti metallici, ecco dispiegarsi
alla cima di (|ucsta pila una tcnsion positiva anche questa
maggiore più del doppio di quella d' ogni piletta senza con-
tatti metallici.
E donde mai ò sortita (|uesta tensione se non dai con-
tatti metallici? Le azioni chimiche nelle carte d'oro sono an-
cora contrarie a quelle delle carte d'argento, perchè le pri-
me conservano elettrico ascendente, e discendente le altre; e
perciò non possono dare tensione di sorta alla cima della pila.
E se il contatto metallico non facesse altro, che liherare l'a-
zion chimica in ogni quadretto dal contrasto già notato nella
precedente esperienza, amendue le correnti saranno maggiori
in intensità, ma però sempre contiaric 1' una all'altra: nò
v'ha ragione, che l'ascendente nelle carte d' oro abbia a pre-
valere sulla discendente nelle carte d'argento a tal grado, che
la prima col solo suo eccesso debba prodnr la tcnsion positiva
cotanto elevata.
Dell' Ab. Giuseppe Zamboni 385
Che se, invertendo lo sperimento, le carte d' oro abbiano
negativo il metallo, e l'elettrico discendente, e quelle d'ar-
gento pur negativo il metallo, ma l'elettrico ascendente, an-
che in tal caso le azioni chimiche delle due carte sono con-
trarie r una all'altra, siavi o nò il contatto metallico; e la
tensione dovrebbe esser nulla siavi o nò il contatto metallico.
Ma invece, posto il contatto fra i due metalli, ella si mostra
positiva come prima, e a volerla spiegare colla nuova teoria,
bisognerebbe in tal caso far prevalere invece 1' azion chimica
delle carte d' argento sopra I' altra delle carte d' oro.
Vili. Venga infine il terzo sperimento, nel quale vedre-
mo l'azione del contatto metallico contrapposta alle azioni
chimiche, e superarle d' assai.
La piletta di carte d' oro abbia negative le faccie metal-
liche rivolte all' insù, e quella di carte d' argento le abbia
positive rivolte all' ingiù. Il polo superiore in ciascuna piletta
sarà dunque negativo, e soprapposta quella di carte d'argento
suir altra di carte d' oro, il polo superiore della pila così com-
posta sarà pur negativo con tensione uguale alla somma delle
due tensioni delle pilette; cioè le azioni chimiche sono tutte
cospiranti nel produrre correnti elettriche discendenti.
Si uniscano adesso i quadretti della carta d'uro con altret-
tanti di carta d' argento mettendo in contatto fra loro i due
metalli, e conservando nei primi le faccie metalliche alTinsù,
ed all' ingiù nei secondi. Tutte la azioni chimiche si manten-
gono ancora cospiranti nel produrre elettrico discendente , e
liberate pel contatto metallico dal contrasto già detto nella
prima sperienza, si faranno più intense, e quindi la tension
negativa dovrebbe esser maggiore nel polo superior della pila.
Ma eccoti invece la tension di questo polo divenir positiva, e
maggior delle due negative che aveano prima le due pilette
senza contatti metallici. Ecco il rame a conlatto dello stagno
produrre una corrente elettrica ascendente cioè contraria a
quella di tutte le azioni chimiche, e si prevalente, che il solo
eccesso sorpassa in tensione la somma di queste.
Tomo XXL Ccc
306 Difesa degli Argomenti ec.
Qual cosa più parlante di sitatta esperienza per mettere
sott' occhio il contatto metallico, come sorgente primaria dell'
eccitamento elettrico? Quanto servigio alla dottrina del Volta
dalle pile secche, che sono pur tutte cosa sua. Egli trovò
dapprincipio contradditori, che negavangli l'identità dell'elet-
trico della pila con quello delle macchine ordinarie; e la pila
secca mostrando la tension de' suoi poli o più viva, od estin-
ta, col ricev(>re elettricità simile o contraria da esse macchi-
ne, lini di convertire i più pertinaci. Insorgono adesso potenti
avversari per ahhattere il fondamento della sua scoperta , la
teoria del contatto; e le pile secche gli preparano., io spero,
una seconda vittoiia.
FINE.
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pag
3.
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40.
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46.
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58.
60.
67.
16.
ult.
28.
(l—xy-.\/ (jX^'-r^a^
49
movimenti
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17. X