MEMORIE DI MATEMATICA E DI FISICA DELLA SOCIETÀ ITALIANA DELLE SCIENZE RESIDENTE IN MODENA TOMO XXL PARTE CONTENENTE LE MEMORIE DI MATEMATICA. MODENA NELLA TIPOGRAFIA CAMERALE i886. mù AFFERTENZÀ. In fine di questa parte si troverà Vìndice ragionato del- le materie trattate nei Tomi XFI. al XX. inclusivamente delle presenti Memorie , che forma il proseguimento dell' indice si- mile dei primi quindici tomi che trovasi in calce del Tomo XVI. INDICE DI QUANTO CONTIENE LA PARTE MATEMATICA DEL TOMO XXI DELLE PRESENTI MEMORIE. Hilenco dei libri mandati in dono alla Società Italia- na delle Scienze Pag. {')) Elogio del Padre GIUSEPPE MARIA RACAGNI Chierico regolare della Congregazione di S. Paolo scritto dal Segretario della Società ANTONIO LOMBARDI I. Intorno alle proprietà geometriche dei movimenti in un sistema di punti di forma invariabile. Memoria del Sig. Professore Cavaliere GAETANO GIORGINI i. Nota su gli integrali definiti del Commendator PIETRO PAOLI 55. Sulla decomposizione e trasformazione della frazione al- gebrica razionale («-■) ('•-■) (q) q (7-4-/J-l-p'-t-ecc.-4-/i — i) f/-t-^-»-/)'-t-ecc.-+-/' — l C-t-C'E-i-C"j.-'-f-ec(;.-t-C J -4-ecc.-t-C r. q p p' p" {n—l)p X (x — a] (x — a') {r — a'') .... (.r — a ) del Signor PRESIDENTE MARCHESE LUIGI RANGONI G5 . Nuova Analisi per tutte le questioni della meccanica molecolare del Sig. Dottor DON GABRIO PIOLA i55. {«) Ricerche intorno alia massa ili Giove determinata me- diante le dii;rcssioni del suo ([uarto satellite osser- vate nella I. li. Specola dell'Osservatorio di Pa- dova, del Sig. Prof. GIOVANNI SANTINI Pag. SaS. Memoria sulla interpolazione del Sig. AGOSTINO LUI- GI CAUCHY 374. (9) ELENCO DEI LIBRI MANDATI IN DONO ALLA SOCIETÀ ITALIANA DELLE SCIENZE K ESIBENTE IN MODENA Dal I. Settembre i833. a tutto il Giugno i836. K^auchy Augusthi. Resumé d' une Memoire sur la mecanique celeste et sur un nouveau calcul appellò calcili des lìmites. Turin Octobre i83r. Memoire sur la rectification des Courbes et la quadra- ture des surfaces courbes. Paris 19 Octobre iSSa. Memoire sur les rapports qui existent entre le calcul des residus et le calcul des limites, et sur les avan- tages que pre^^ntent CCS deux nouveaux calculs dans la resolution des Equations nuraeriques ou trascen- dentes. Turin 27 Neuvembre io3i. . < Resumé de cette Memoiie. Turin i83i. Calcul des indices des fonctions. Turin i5 Juin. i833. Blainardi Gaspare. Ricerche sulla dottrina delle Equazioni Parte prima. Pavia i833. Accademia deW Istituto di Francia li tomi X. XI. XII. delle sue Memorie 4-° Parigi. Tommasini Professor Giacomo. Nozioni storiche e terapeuti- che sul Cholera morbus ed istruzioni sanitarie. Edizio- ne quarta ricorretta ec. Parma 8.° i833. Pezzana Angelo Bibliotecario. Continuazione delle Memorie degli Scrittori Parmigiani 4" Parma i833. Tomo XXI. a (>c) Accademia Imperiale dì Scienze di Pietroburgo, Nova acta Tomi IX. X. Società Reale di Londra. Transazioni filosofiche parte I. dell' anno i833. 4-° Londra. Continuazione dell' indice alfabetico di quanto conten- gono le Transazioni stesse dal Voi. CXI. al Voi. CXX. inclusive. Sussex (di) Duca. Prolusioni da lui recitate nelle radunanze della Società Pieale di Londra negli anni i83i. i83a. IVI luOO. 4- Società Reale. Sedute da essa tenute nel!' anno i833. 8." Zaiitedesc/ii Professor Francesco. Relazione delle scoperte principali magnetico-elettriche presentate all' Ateneo di Brescia il 3o. Getunijo i834. Verona i834- 8.° Targioni Pozzetti Professor Antonio. Storia ed analisi chimi- ca delle acque termali dette di S. Agnese 8.° Firen- ze i8a8. Analisi chimica delle acque minerali di Chianciano ese- guita nel i83a. 8.° Firenze i833. 3Iemorie della Imperiai Accademia di Pietroburgo. T. IX. 1824. T. X. 1806. ivi. / orsselman {de) Ileer. Petrus. Specimen de fractionibus conti- nuis Trajecti ad Rhenum i833. Jlelazione della prima e seconda radunanza dell'associazione Britannica per 1' avanzamento delle Scienze a York nel io3[. e ad Oxford nel 1882, unitamente ai processi verbali alle raccomandazioni ed alle transazioni dell' associazione stessa. 8.° Londra i833. Brera Sig. Cav. Valeriano Luigi ha mandato in dono l'Anto- logia medica, "iornale da lui diretto; li sei Fascicoli da Gennajo a tutto Giugno 1804. 8.° Meneghellì Sig. Professor Antonio. Sulla vita e sulle ope- re di Antonio Collalto 8.° Padova 1834- Edizione se- conda. Di Francesco Villardi e delle sue opere 8." ivi 1884. ('0 Gene Professor Giuseppe Direttore del Museo di storia natu- rale di Torino. Saggio di una monografia delle Foificule indigene inserita nel bimestre IV. dei'li annali delle scienze del Regno Lombardo feneto 4-° Padova j832. Osservazioni intorno alla Tiliguerta o Caliscertula di Getti (Licerla Tiliguerta. Gin.) inserita nel Tomo XXXVI. delle Memorie della R. Accademia di Torino. Observations sur quelques particularitès organiques du Chainois et des Moutons inserita nel Tomo XXXVII. delle stesse memorie. Descrizione di una singoiar varietà di pecora a coda adiposa e della femina del becco selvatico dell' alto Egitto ( Capra Nubiana, Cuvier ) inserita nello stesso Tomo. Description de quelques especes de la collection zoolo- gìque de Turin indiquèes par le Professeur Bonelli comme inedites ou mal connues inserita nello stesso Tomo. Società Reale di Londra- Transazioni filosofiche anno i833. Parte II. Londra anno i834- Pat'te I. ivi 4° Beaufoy Colonnello Marco Enrico. Esperimenti nautici ed idrau- lici 4-° Londra io34. stampati nella privata stamperia dell'Autore. Con dedica alla Società Italiana, fatta a foggia d'' iscrizione. Memorie della R. Società Astronomica di Londra. Voi. VI. e VII. ivi i833. 1834. Herschel I. F. W. K. H. SuU' assorbimento della luce nei mezzi colorati osservato relativamente alla teoria on- dulatoria: inserita nel Magazzino filosofico di Londra. Osservazioni delle nebulose e dei gruppi di stelle fatte con un riflettore di venti piedi dall'anno i8a5. al i833. 4.° Londra. Sussex {di) Duca. Suo discorso letto il 3o. Novembre i833. alla radunanza annua della Società R. di Londra ivi i833. 4.° . . (,a) Catalo"o dei mcmbii clolhi Società R. eh Louilia al 3o. No- ire lu)). Compendio delle sue sedute. Li tre nuiueii i3. 14. i5. sino airAprile lo'ì^. Accademia dcW Istituto di Francia. Memorie dei Dotti stra- nieri T. IV. Parigi. Ferraresi Dottor Luigi. Ricerche intorno alle condizioni pa- tolo^^iche delle malattie 8." Napoli i833. Ricerche intorno all'origine dell'istinto, alla parte che esso prende nelT esercizio e sviluppo delle facoltà in- tellettuali ce. ivi 1834. 8." Jccadcinia R. delle Scienze ec. di Torino. Il Tomo XXXVII. e XXXVIII. delle sue Memorie ivi 1834. i835. 4.° Società medico-cìiirurgica di Bologna. Ballettino di Scienze mediche dal Gennajo i835,atutto luglio i836. ivi Fa- scicoli dicianove in 8.° Effemeridi Astronomiche di Blilano per il i835. e 1806. con appendice di osservazioni e memorie astronomiche, ivi 1834. 8." Tomi due. Fahhroni Pelli Leopoldo. Rapporto della corrispondenza nel corso dell'anno i833-i834. dell'I. II. Accademia dei Georgolili 8.° Firenze. Jori Bernardo. Nuove ricerche anallticho eni innterinll imme- diati della Fava di S. Ignazio 8." Venezia 1834. Analisi chimica della Ballota lanata ivi 1834. 8.° Giorgini Cav. Gaetano. Elementi di Statica. Firenze i833. 8.° Gene Giuseppe. Elogio storico di Francesco Andiea Bonelli Accademico e Professor Torinese 4° Torino. Necrologia di Stefano Borson e di Giuseppe Cantieri 8." dano 1000. Nainias Dottor Giacinto. Storia di malattia reumatica simulan- te una tisi sanata coli' acido Prussico 8.° Venezia i835. Intorno alle malattie reumatiche ed artritiche. 8." Ve- nezia 1804. Considerazioni sulla inflnenza della Notomia patologica nelle vicende della medicina 8.° ivi 1834. Commentarli novi. Academiae scientiarum Bononiensis Toraus I. Bononiae i834- 4-° Brera Cav. Valeriana Luigi. Nuova analisi delle acque me- dicinali di llecoaro 8." Venezia i835. Dal Negro Abate Professore Salvatore. Esperimenti diretti a confermare le nuove proprietà dej;li Elettromotori del Volta scoperte dal Professore dal Negro ed altre me- morie relative alla Elettricità ed al magnetismo. 4-° Padova i833. Memorie jjresentate alla Imperiale Accademia delle Scienze di Pietroburgo. Fascicolo fi." del Tomo I." Fase-" i." 2,.° e 3." del Tomo li. Pietroburgo in 4-° Memorie dell'Accademia stessa. Scienze politiche, storia e Fi- lologia Fascicolo i.° del Tomo I. Fascicoli a.° al 5." del Tomo II, Raccolta degli Atti e delle sedute pubbliche di detta Acca- demia dal ag. Dicembre 182,7. sino alla seduta del aa. Dicembre j833. in sette Fascicoli 4-° ivi. 3Iemorie della Società medico-chirurgica di Bologna. Voi. I. Fascicolo i." ivi i835. 4.° Brignole di Brunito ff Professor Giovanni. Notizie biografiche del Cav. Gio: Battista Venturi 4.° leggio i835. Blatteuccì Dottor Carlo. Della composizione degli acidi Ve- getabili e specialmente dell' acido acetico osservazioni. Forlì. ' - ■••.' Esame dei fenomeni dell' azione del calore sull' acetato neutro di piombo e dei prodotti che si svolgono. For- lì i83r. Sur l' electricitè animale Memoire presentèe al Acade- mie Royale de Bruxelles. Florence io. Septembre 1834. Sur 1' origine de la chaleur animale observations. Extrait de la correspondance mathematique et physique de M. Quetelet Bruxelles. Sulle correnti elettro-magnetiche di Faraday Osservazio- ni. Forlì. (■4) 3Iutteucci Dottor C^rZo. Sopra ^li elementi del progresso delle Scienze dell' organismo. Discorso Firenze i{335. 8.° Sul nassaiiiiio della corrente elettrica fra i metalli e i linuidi, e fra i liquidi e i liquidi. Memoria Forlì i835. Brignole di Brunìioff Professor Giovanni. Relazione accade- mica dell' uliima eruzione accaduta nel Vulcanetto aereo o cosi detta Salsa di Sassuolo nel Modenese, e consi- derazioni geognostiche intorno alle salse e alle loro cau- se. 8° lleggio io36. Taddci Professor (Gioacchino. Repertorio dei veleni e contro- veleni. Volume I. Firenze io35. 6.° Zantcdesclii Abate Professor Francesco. Esperienze risguar- danti la direzione e 1' intensità delle correnti magne- to-elettriche presentate all'Ateneo di Brescia il io. Apri- le i835. 8.° ivi. Ehmienti di Psicoloiiia e di Filosofia morale. Edizione seconda. Brescia I2.° iti tre Volumi. Statuto della Società 3Iedico-chirurgica di Bologna approvato da S. S. rapa Gregorio XVI. ivi i836. 4.° Bleuiorie della I. Accademia di Pietroburgo. Serie sesta; scien- ze politiche storia, filologia. Fascicolo i.° del Tomo II. e Fascicolo i .° del Tomo III. Scienze matematiche fisiche naturali Tomo TIF. Parte 2,.'^ Scienze naturali Fascicoli 2,.° e 3.° del Tomo I. più 4-° 5.° 6." di esso Tomo. Parte I." Scienze matemati- che e fisiche Fascicolo i .° e 2..° del Tomo I. PvaccoUa degli atti della puhblica radunanza tenuta il ag Dicembre 1834. dall'xlccademia stessa 4'' Pietrobur- go 1 8 3 5 . Memorie presentate all'Accademia stessa. Tomo II. Fa- scicoli 4-" 5*° ^ ■° Associazione Britannica per t avanzamento della Scienza, Rap- porto dell' adunanza tenuta in Edimburgo nel 1834. Londra i83o. 8.° Bellas Crenough Presidente della Società Geologica di Lon- (15) dra. Indirizzo da lui detto nell'adunanza tenuta il ao. Febbrajo i835. Memorie della Società Reale di Londra T. Vili, pubblicato da S. Weale j835. 4.° Herschel I. F. IV. Sui satelliti di Urano 4-° Londra i834- Serie seconda delle misure micrometriche di stelle dop- pie compilata principalmente con un Equatoriale di sette piedi a Slough negli anni 1822. 1828. i8a4- ivi 1834. inserite nelle 3Iemorie della Società Astronomica di Londra. Lista di oggetti di confronto principalmente di stelle doppie disposte in classi per sperimentare i Telescopii in varii rapporti, di luce, di distinzione ec. inserite in dette Iflemorie. Società Geologica di Londra sue transazioni serie seconda. Vo- lume III. parte 3.'^, Volume IV. parte prima Londra 1 835. Società R. di Londra. Sue transazioni. Parte seconda dell'anno 1834. e Parte prima e seconda del i835. Processi verbali della Società stessa sei Fascicoli in 8." dal ao. Novembre 1884. alli 19. Novembre i835. Catalogo de' suoi membri al 3o. Novembre i835. 4-'' Martini Lorenzo. Patologia generale. Capolago 1834. Tomi due in 8." Società medico-chirurgica di Bologna. Memorie sul Cholera- morbus. Bolos^na i836. F.° i .° - ~ ^«c /../. „. / \^//'/^/ ' V^/ry/^, /' /'< '''< c/^ ■ ^''(/''ii' ELOGIO DEL PADRE GIUSEPPE MARIA RAGAGNI CHIERICO REGOLARE DELLA CONGREGAZIONE DI S. PAOLO SCRITTO DA ANTONIO LOMBARDI SEGRETARIO DELLA SOCIETÀ ITALIANA L5 istruzione della gioventù formò il soggetto delle cure più attente del Padre Giuseppe Maria Racagni Chierico Rego- lare della Congregazione di S. Paolo (i), e se egli non diede alle stampe Opere voluminose, che ci attestino la profondità e la vastità delle sue cognizioni, i molti e celebri allievi dalla sua scuola usciti, e che figurarono e figurano tuttora nella carriera delle scienze naturali, bastano a parer mio per farci conoscere i meriti insigni di questo religioso filosofo. Nell'anno 1741 alli 6 di Gennajo vide egli la luce del giorno alla Torazza, provincia di Voghera {2), e la docile sua indole, e lo svegliato suo talento porsero ottime speranze a suoi genitori fin dalla sua più tenera età, che quel giovanetto corrisposto avrebbe alla educazione religiosa e scientifica che (i) In una memoria postuma del Racagni stampata nel Voi. I. fli quelle dell'I. R. Istituto di Milano viene egli chiamato Giovanni, e non Giuseppe Maria, nome da lui assunto quando entrò in Religione, e Giovanni è il nome impostogli al fonte battesimale. (2) Labus Dottor Giovanni. Notizie intorno alla vita ec. del Racagni. 8." Mi- lano iSaa. Tomo XXL I it Elogio del Padre Racagni con ogni premala essi gli procurarono. Entrato ci,ll, correndo Tanno i^bo nel Collegio dei Padri Barnabiti di Monza, dopo di aver compito il corso degli studj teologici a Pavia, passò a Bologna, dove sotto la direzione degli illustri Canterzani, Zanetti e di altii sommi uomini, si inoltrò nei penetrali più sublimi della lilosofia con tale rapidità, clic quantunque di- scepolo, si giudicò capace di ammaestrare gli altri giovani alunni in queste facoltà. Restituitosi egli infatti a Milano colà dettò Jo"ica e metafisica nelle scuole Arcinibolde di S. Ales- Sandro, e nel 1766 si dedicò all'insegnamento della fisica ge- nerale e particolare. Con esito così felice riusci il Racagni a tener questa scuola, clic allorquando il oh. Padre Frisi andò per anni tre a viaggiare, scelse lui a far le sue veci nella Cat- tedra di matematica sublime che copriva nelle scuole Palati- ne, ed allor quando il Cav. Landriani passò nell' Ottobre del- l'anno 1787 alla Corte di Vienna, propose il nostro Religioso a suo supplente di Fisica nel Liceo di Brera, proposizione che il Governo prontamente accettò. E in esso Liceo poi sostenne questi dal 1789 in avanti la Cattedra di fisica per lungo corso d' anni, nel che fare spiegò un vasto corredo di cognizioni scientifiche, le quali comunicar sapeva ai discepoli con incom- parabil chiarezza di espressioni, e colle piìi soavi maniere, tal che allettava i giovani allo studio, e felicemente li dirigeva a conoscere a fondo e in tutta 1' estensione la Fisica (3). Ad ottenere cosi pregevole scopo, quello cioè d'infon- dere nei giovani copioso numero di cognizioni con buon or- dine disposte, giovavasi fra gli altri mezzi il Professor Raca- gni di tradurre ad imagiiii sensibili le idee più astruse della scienza, e sotto questo aspetto presentandole a suoi uditori comprendevanle essi, e ritenevanle ben fisse in mente. Ma (3) INIerita di essere letto quel tratto delle noti/je già da noi citate del sig. La- '.1113 ( p.ig. 9 e seg. ) in cui diirusamente espone la maniera dal Prof. Racagni tenuta nel iar scuola. Scritto da Antonio Lombardi ih per dilatare la sfera delle proprie cognizioni conobbe egli quanto giovato gli avrebbero i viaggi ; e perciò nelT anno 1790 partì per Vienna indi si trasferì in Ungheria, dove esaminò que' ricchi Musei , e conoscer volle i metodi colà usati per l'istituzione scientifica. Ritornato fra noi passò nel 1798 a vedere 1' Italia meridionale, dove ebbe mezzo con il valido appoggio dell' illustre Mecenate e dotto Conte Carlo di Fir- mian di visitare i piìi celebri letterati, e di stringer con essi amicizia;, dopo il che ritornato a Milano continuò con ogni premura la scuola di Fisica. A compiere il breve compendio della vita civile di que- st' uomo insigne, per dir poscia alcuna cosa delle dotte sue produzioni, saper faremo ai nostri lettori che il Padre Raca- gni alle stesse cognizioni scientifiche da lui possedute unì mai sempre le più cospicue virtù, che formarono in lui uu compito modello e del letterato e dell' uomo sinceramente pio e religioso. Educato fin da teneri anni in una sincera ed illuminata pietà, questa viemaggiormente si accrebbe nel chiostro, dove si fece ognora preciso dovere di esercitare le virtù a quello stato le più adatte, e di indirizzare alla gloria del Supremo Creatore gli affetti ed i pensieri suoi. Questo suo contegno, e la vastità del saper suo la delizia formarono de' suoi Confratelli, e procurarongli in ogni tempo la stima di chi moderava i pubblici affari, così che in mezzo alle tante svariate vicende cui soggiacque Milano sul cader del secolo XVIII., conservar egli seppe con la sua prudenza, e con la sua dottrina l'ottenuta fama; perlocchè ed i superiori dell' Ordine suo, ed i più cospicui magistrati cercarono più volte il suo consiglio che avevano in conto, direi quasi di oracolo (4). Universal dispiacere cagionò quindi la sua morte avvenuta in detta Città il dì 4 Marzo i832,,sebben contasse già il Pa- dre Racagni 1' ottantesimo anno allorché incontrò con invi- diabile serenità 1' estremo passo. Intervennero ai funerali nella (4) Notizie cit. pag. 19. IV Elogio dll Padre Racagni Chiesa di S. Alessandro celebratigli i Professori dell' I. R. Liceo di Brera (5), e non tardarono alcuni Signori IMilanesi a perpetuar la memoria dell' esimio defunto, erger facendo- gli nel sunnominato Liceo un marmoreo monumento che iu inaugurato con Elogio tessutogli dal Chiar. Sig. Dottor D. Gabrio Piola (6). Se in pochi tratti ho descritto la vita civile del Padre Piacaini che visse ritirato ed intento sempre mai ai diletti suoi studj , più abbondante messe al mio dire porgonmi gli scritti di Lui, sebben come dissi, non copiosi. Le estese sue co<^nizioni in ogni ramo di naturale Filosofia agevolarongli la compilazione di una Teorica generale dei fluidi corredata di particolari applicazioni, la quale vide nel 1779 la luce^ con- giunta ad uno scritto sulle projezioni, che forraan la base del- l'Ottica (7). Ed appoggiato probabilmente ai principi in que- j^ta Teorica sviluppati potè egli meditare in compagnia del suo collega il Padre Don Ermenegildo Pini (8) sull'arduo pro- blema dell' Ariete Idraulico inventato da Montgolfier a Parigi. Quant' è ingegnosa questa macchina, altrettanto difficile riu- scì e riesce ai Fisici lo spiegare il modo di azione, che l'acqua impiega per sollevarsi nel tubo di questa nuova tromba, l'as- sogettare ad esatto calcolo le forze dell' Ariete, il misurare la precisa quantità d' acqua che si inalza, ed il bilanciarne la pratica utilità. Li nostri due illustri Fisici però si accinsero animosi all' opera, ed i primi in Italia offrirono una giusta spiegazione di così maraviglioso fenomeno, e proposero una teoria di questa tromba. Gli atti della Società nostra conten- gono una difTusa memoria (9), in cui li sunnominati Religiosi (5) Notizie del sig. Dott. Labns citat. pag. 20. (6) Questo discorso inaugurale letto il dì aS Giugno 1824 "^1 Liceo di Brera fu stampato col disegno del monumento in fronte, accompagnato dall'elenco dei sig. Azio- nisti che contribuirono alla spesa. (~) Notizie rit. pag. 14. (8) Questi era pure Socio attuale della Società Italiana delle Scienze. {'j\ Tomo X. parte I. Memorie della Sociotà Italiana delle Scienze. Scritto n.\ Antonio Lombardi v partitamente descrissero l'Ariete di Montgolfier ; e presenta- rono il risuUameiito delle inijegnose sperienze che fecero con un nuovo meccanismo di loro invenzione, chiamato istrumento (li paragone, il quale imitando tutti i movimenti della mac- china Francese, giovò non poco a spiegar chiaramente il mo- do con cui agisce l'acqua per sollevar se stessa. Apertosi così il campo ad interrogar con questo mezzo la natura, riusci loro agevole il dar ragione dei varj fenomeni che presenta l'Ariete, e trar ne seppero alcune pregevoli conseguenze a rischiarare dirette varJ punti di Fisica. Né di ciò paghi, si accinsero i nostri due Professori all' intralciato esame delle teorie ordi- narie con cui spiegar voleansi i fenomeni di questa tromba, sulla miglior costruzione della quale portarono le loro inda- gini, ammaestrandoci opportunamente sui vantaggi che da essa aspettar si debbono, e conoscer facendo i luoghi nei quali può essa utilmente applicarsi. Chi conosce la meccanica, dovrà sicuramente convenir meco, che uno dei più importanti problemi a risolversi in pratica, dir devesi quello di calcolare esattamente l'azione delle potenze e delle resistenze nelle macchine , special- mente quand' esse produr debbono moto. Richiamò quindi a se l'attenzione del Professor Racagni la diversità delle formole per simil calcolo proposte dai Chiar. Matematici Prony, Fos- sombroni e Bezout, ed in uno scritto anonimo sui Trasporti nel 1807 stampato procurò egli di togliere i dubbj,che dalle varie interpretazioni date alle idee di così illustri geometri nascevano a danno dei principj fondamentali della scienza. Vasto siccome è il regno della Fisica, nuovi oggetti di contemplazione porgeva ognora ai nostro Professore, il quale ben scorgendo 1' utilità di poter misurare le altezze col Ba- rometro, impiegando però opportunamente il calcolo, fece sco- po de' suoi studj questo difficil problema. Dacché i Dotti oc- cuparonsi in così complicate investigazioni, proposero essi va- rj metodi e pubblicaronsi formole per la soluzione del quesi- to. Ma, come avvien sovente nelle scienze naturali, poco alla VI Elogio del P.^dre Racagni pratica conformi liuscirono da prima i risultamenti teorici ot- tenuti, 0 videsi la necessità di introdurre nelle forniole alcu- ne correzioni, onde approssimarsi, quanto si può, a dar la vera misura delle altezze che voglionsi determinare. Oggetto delle ricerche piìi attente ne fece perciò il Padre Racagni, e in due estese memorie inserite fra quelle della Società Italia- na (io) esamina dilTusainente un tal punto di Fisica, così che dir si possono questi due scritti un trattato delle misure delle altezze col mezzo del barometro. La Storia di ([uanto opera- rono gli antecedenti Fisici per sciogliere il quesito, porge al Racagni argomento per V introduzione del suo lavoro, in cui si esamina specialmente, e si confuta con forza 1' opinione del Matematico Rliode, che escluder vorrebbe la correzione di- pendente dalla ineguaglianza della gravità nelle diverse latitu- dini. E siccome la legge con cui decresce la pressione del- l' atmosfera ascendendole la diversità di temperatura alle varie altezze formano gli elementi che più d'ogni altri influiscono nella soluzione del Problema, così il Padre Ptacagni esaminò le varie ipotesi dai più celebri Fisici proposte, per scuoprire r arcano, e bilanciandole a fronte della sperienza, dimostrò la loro incertezza, non trascurando ad un tempo di scegliere fra esse ipotesi la più probabile, quella t ice di cui si valse il cliiar. La Place per la sua formola rappresentante le varie altezze del nostro globo. Quantunque poi dai molti confronti che il Racagni istituisce tra le formolo e la sperienza, sia for- za concludere che mancano ancora dati sicuri per rasiriuncere in questo argomento l' esattezza matematica, pure egli ci pre- senta in fine della seconda memoria una applicazione pratica delle varie formole, cosicché questi due scritti dir non si pos- sono una sterile discussione delle altrui opinioni, ma considerar debbonsi come strumenti utili a far progredire la scienza. Le produzioni del Padre Racagni, di cui abbiamo finora (10) La prima trovasi nel Tonio XIII. Memorie ec. parte I. pag. 207 e la se- conda nel Tomo XVI. patte I. pag. aOì. Scritto da Antonio Lo.mbardi vii ragionato, risguardan tutte la Fisica, alla quale appartengono pure due altre Memorie sopra i parafulmini (ii), Memorie quanto mai interessanti per la pratica dell' arte, perchè da varj casi in esse descritti di edifizj danneggiati dal fulmine, quantunque muniti di conduttori elettrici, deduconsi le regole per evitare un così fatale accidente. Qualora il Professor nostro chiamò in soccorso nei pro- blemi di fisica il calcolo, maneggiar lo seppe con franchezza, cosi che esperto Algebrista si dimostrò, come viemaggior- mente comparve nell'ultimo lavoro da Lui dato in luce nel primo volume delle Memorie dell' I. R. Istituto di Milano colà pubblicate nell'anno 1819. Versa questo scritto intorno ai Prodotti dì fattori die sono funzioni simili di una stessa quantità, che varia per una differenza costante. A precipuo scopo delle sue indagini si prefisse il Padre Racagni in questa memoria di applicare le già note regole generali per svikip- pare i prodotti di fattori simili ecc. ai casi particolari dal I\Ia- teraatico Kramp esposti. Appoggiato questi alle regole dall'ana- logia dipendenti, le applicò in molti casi, ma qualora il Kramp contemplar dovette nei prodotti gli esponenti fratti e negativi, dedusse alcune mostruose conseguenze che guidano all'assurdo. Geloso il nostro Geometra Italiano di conservare alla scienza della quantità il pregio inestimabile della verità e sicurezza dei risultamenti, dimostrò che le regole all' analogia appog- giate debbono cautamente usarsi in pratica, onde evitare lo scoglio in cui urtò il Matematico Oltramontano, ed una nuova prova somministrò egli agli Algebristi di una verità conosciuta, che l'argomento, cioè, di induzione maneggiar devesi ognora, direni cosi con timore, e quando per altri mezzi da esso indi- pendenti ottener si possano le dimostrazioni delle verità ma- tematiche, saggio consiglio sia l'abbandonarlo. (11) Trovasi la prima stampata nel Tomo XVIII, parte Fisica pag. iSg, e l'altra nel successivo Volume p. Fisica pag. i delle Memorie della Società nostra. vrii Elugio del Pauhe IIagagni Eccellente Fisico, buon Matematico, Uomo erudito, savio e pio Religioso, ecco in pochi lineamenti descritto il carat- tere del Professor Racagni, i cui meriti singolari, specialmente neir ammaestrare la gioventìi, ricorderà per lungo tempo la Città di JMilano, dove occupossi indefessamente per il corso di più di otto lustri a formar egregj allievi nelle scienze natu- lali, molti dei quali percorrendo con plauso la nobile carriera in cui egli li avviò, sono un vivo testimonio del saper di lui, e vieppiù comprovano (juella verità, che l'insegnamento pub- blico affidar devesi ognora a Uomini nelle scienze profonda- mente versati, se vogliansi mantenere, e diffondere nella so- cietà i lumi e le cognizioni tanto necessarie alla prosperità, ed alla coltura delle Nazioni. MEMORIE DI . . MATEMATICA INTRONO ALLE TROPRIETA GEOMETRICHE DEI MOVIMENTI DI UN SISTEMA DI PUNTI DI FORMA INVARIABILE. ' • MEMORIA DEL PROFESSORE CAVALIERE GAETANO GIORGINI Ricevuta adì i5. Blarzo i83o. PKESENTATA DAL SOCIO SIGNOR CAVALIERE GIULIANO FRULLANI EDAPPROVATADALSOCIO SIGNOR PROF. GIUSEPPE TRAMONTINI (') I. lille ricerche meccaniche altre, per Io più, se ne mesco- lano nei trattati puramente geometriche ed analitiche: ne de- riva, se non confusione, almeno una qualche apparente inde- terminazione nei limiti della Scienza , ed una complicazione nociva alla distinta intelligenza delle leggi che regolano l'a- zione delle forze. Sarebhe prezzo dell' opera di togliere affat- to dai trattati un tale inconveniente , ponendo nella Geome- tria tutte quelle teorie che non dipendono dalla considerazio- ne delle forze, sebbene indispensabili per la Meccanica. Acqui- sterebbe questa ultima scienza in tal modo un grado singola- (i) NB. Qiiauclo il Socio Sig. Cav. Giorgini presentò questa Memoria, non ap- parteneva alla Società Italiana, e perciò questo suo lavoro dovette essere approvato a norma rlell' Articolo X. dello Statuto Sociale. Tomo XXI. li a Intorno alle Phopiueta' ec. re di semplicità e di evidenza , di cui il Carnot ha dato un esempio nel suo lil)ro dei Priiicipii fondamentali dell' equili- brio e del movimento (a) , ove V esposizione delle leggi fon- dameatali della Meccanica non è confusa ed in parte oscura- ta da luia moltitnilinc di ricerclie geometriche, nelle quali la lettura di altri trattati potrebbe indurre a credere che stasse ima gran parte di ([nella scienza. a. Noi pure abbiamo voluto servire a questa opportuni- tà colla Teoria analitica delle projezionì (3), mostrando ([uan- to sia espediente ed importante premettere nella Geometria la dimostrazione delle proprietà delle projezioni delle linee e de'le superlicic. IMa se la teoria delle projezioni è più particolar- mente; utile alla scienza delT equilibiio, a quella della comu- nicazione dei movimenti gioverebbe assai un altro molto più esteso e più difficile ramo di preliminari ricerche geometriche. Intendo parlare di quelle, che avrebbero per oggetto le proprietà puramente geometriche dei movimenti, o secondo il linguag- gio del citato Carnot la teoria dei movimenti geometrici; teo- ria all'atto estranea alle leggi di Meccanica, e dalla imperfezio- ne della quale dipendono al dire di lui, tutte le dillicoltà che s' incontrano nelle appllcnzioni di tali leggi (4). In fjiiesta memoria noi non ci proponiamo già di dare una tale teoria; il nostro scopo è assai più limitato, sebbene essa ne possa formare come il primo gradino, consistente ncU'esa- me del movimento di un corpo, o di ini sistema di punti che tutti si muovano conservando tra loro le medesime distanze. (2) Paris, cliez B.iclielier. An. XI. i8c3. (3) Lurca. Atti ilell:i Rt'ale Acca- demia Lue. Iiesi? per l'anno 1819. (4) Les granilos chtliculti'S analyti- tiques, qu' on rencontre daiis la Scien- ce de r rijiiilibre et du moiivomeiit viennent principalement, de ce rjue la tliéorie des mouvenients géométriques n" est puint laite. Geometrie de l'uii- tioii pag. 336. Del Cav. Giorgini 3 S. i.° ■■- -^ ^ ■ -;'■■■ - ■• Delle proprietà geometr'iclie del movimento infinitamente piccolo di un sistema di forma invariabile. 3. Prenderemo , come si suol praticare , tre assi fissi , ai quali riferiremo le coordinate rettangolari x^y, z di tutti i punti dello spazio. Quindi supporremo stabilmente legati al sistema de' punti di forma invariabile tre altri assi coordinati rettangolari x , y ^ z -, mobili insieme col sistema, rispetto ai quali le coordinate dei punti del sistema medesimo rimarran- no costanti. Per tal modo il movimento dei tre assi delle coor- dinate X ^ y , z dipenderà da quello del sistema di forma in- variabilcj e reciprocamente questo da quello. Sieno pertanto X =: a r=:/? z ■= y le coordinate che determinano la posizione iniziale del punto per cni sono condotti gli assi x ., y z \ Ct=t a 3 b, y. ó. ^■é> d'i i coseni degli angoli che questi assi formano respettivamente cogli assi fissi X, y, z. Avremo, come ognun sa, le condizioni (') (^) a -k- a'- \- a ■■ 1 b-h Z/'^-H- ù"^ = 1 c^-h c'^-H c"^ z= I al-h db' ■\- a "b" = o hc-^ Vc^ b" ' ri c = o ca-+- c'a'-h e 1 '1 a — 0 4 IXTOUNO ALLE PeOPRIETa' eC. e le coordinate x , y, z Ji un qualsivoglia [)unto per le cor- rispondenti coordinate x ■; y , z , mediante le forniole (3) 4. Prenda adesso il sistema un movimento infinitamente piccolo: le coordinate x .y . z rimarranno come si è detto 1 III invariabili, mentre varieranno le altre quantità X, 7. z ; a. a. a-. b. b\ h'\ e. t e , e"; a. ^.• 7- Se perciò denotiamo colla caratteristica b le variazioni prova- te da una ijualsivoglia quantità in questo movimento : il mo- vimento di un qualunque punto del sistema di forma invaria- bile sarà dato dalle variazioni delli- formole (3), che sono bx = .r ba -+- \ bh -H z bc -\- ba , I 'I I , ,> jbr ■= X ba-i-y bù'-h z bc'-^ b3 - (4) • ■ • S " ' ' = bz = X ba"-h }■ bù"-h z bc"-+- by. 5. Ma prima di esporre le conseguenze che discendono da queste equazioni intorno alle proprietà geometriche del supposto movimento, sarà opportuno dedurre dalle condizioni Del Cav. Giorcini 5 (i), (2) alcune utili trasformate, ed alcune altre condizioni che esse inducono traile variazioni delle quantità angolari che le compongono. Dalla quarta e sesta pertanto delle indicate condizioni , ricaviamo /hc"—b"c\ n l h-C-hc'\ e sostituendo nella prima Vc'—h'c" a = [/{(b"c—tfc")'-t-(bc"—b"cY-^{i'c~bc'f) ■ Ma (Z,"c'— Z-'c')'-4- [hc"—VcY-¥-{b'c—hcY = b^{c'^-i-c'^)-i-ù''{c''-^c''^)-hb'''{c'-i-c'')—2.bcb'c'—2b'c'ù''c''—2./>''c''bc; e siccome c'^-f- c""= : I — c' } c=-4- c"'= t -c'^ t c»-t- c''= I - -c"^ verrà (h"c— l>'c"Y-\- {be'— b 'cy-+- {Ve — bc'Y = b"-^ b'^-^ U''—{bc -H //c'-H b"c"f := I ; e quindi, . ■ ■ a=-b"c — b'd'. . . . a=^ bc" — b"c. . . . d'=:.b'c — bc'^ onde concluderemo die ogniqualvolta traile quantità a, a', a"; h^ b., V't e, e , e"; si verificano le condizioni (i) e (i), si han- no anche le seguenti / 7 " ' 7 ' " ' 7 '' 7 'f '' 7 ' 7 ' I a^y e — y e ... a =ivc — Z' e... a =y 0 — i'C , (oj . . . < ^=:c a— e a ... u=ca —e a...b =:c a — ca , ' c=a''b' — ab"... c'=:ab" — ab... c"=ab'—ab'; formolo che sono dovute al La2;ranee. 6 Intorno am.e Proprietà' ec. Da queste ultime risulta inoltre che «"-f- h{c''u — cV)-f- c{a"ù' — ab") = a'-i- a [be' — b"c) -H a {b'c — be') = a"-H- a'^-h «"":= I ; e che aa'-+- bb' ->r- ce = à[b' e — b'c")-¥- b'{c"d — da') -h c{a!'b' — a'b")= o; ed in cotisej^nenza che le condizioni (i) e (2) involgono an- che le altre analoghe a^ -t- Z*"" -H e'' = I, (()) l a'-i- b''-+- c''= I, a"^-^ b"'-+- c"'= 1; / aa -i- bb' -h- ce' = o , (7) ) a'a"-i-b'b"-h cc"= o , ( a!'a-^b"b-\~ c"c = o ; f'ormole note, ma che ci è sembrato utile di dedurre algebri- camente, non meno che le ceduazioni (5) poiché in questo mo- do acquistano maggiore generalità, e sono applicabili alla sup- ])osizione, che le ([uantità a, b, e ec. invece di essere coseni sieuo (piantila cpialsivogliano anche immaginarie. 6. Passando adesso alle variazioni delle condizioni (i) e (2), e delle altre che ne dipendono (6), e (7)^ nasceranno le seguenti foiniole a(Ja -H n$a'-\- d'òa"^^ o , (.'•) \bbb -^ b'òiy-h b"db"= 0 , ct)c-4-C()c = o; ' C(> eoe Del Cav. Giorgini "^ adb-ha§b'-\-d'db"-^bda-^h'da-\-b"da"=o , ^ (9) . . . \bÒc^b'dc^b"dc"-^cdb^c'db'^c"ÒF=o , cda-hc'da'-i- c"da"-h- aòc-¥-a!bc-\- a"dc'=o ; ed a da -h b db -+- e de = o , (io) . . . l ada'-^b'db'-ì-c'dc'=o , a"da"-i- b"5'b"-^ c"dc"=o ; _ . , , .' , • a da-^b db'-^ e dc-+-a'da ■+■ b' db -he de = o, ( I j ) . . . {a da'-hb' db''-h e dc"-\-a!da! -+- b"db' -hcdc=^ o , a" da -hb"db -H e" de -ha da"-h b db" -hcdc"= o. Quindi per maggiore facilità de' calcolij che dovremo istitui- re , porremo ( dp=a'da-hb"db'-hc"de'= —a'dd'—b'db"—cdc\ (ra) . . . \dq=ada -hbdb"-hcdc"=—a:'da—b"db—c'de, ' dr=dda -hb'db -h c'de = —ad a —bdb' — cdc; e r dp=cdb-hcdb'^c"db"= -.bdc—b'dc— b"dc", (i3) . . . )dq'=ade'hdde'^a"dc"=^cda—c'da'—c"da", l dr=bda-hb'dd-hVda"z=z —adb—ddb'—a"db"; ove dp , dq , dr; dp', dq, dr, rappresentano quantità, delle quali mostreremo in seguito il significato geometrico. La stabilita notazione ci dà a'dr—a"dq:=d{a'da-hbdb-he'dc)-ha"{a"da-hb"db-hc"dc)= da{a'"'-ha"')-hdb{db'-ha"b")-hde{dc-ha"c"ì; e siccome , , . . ^ 8 LvTORNO ALLE PuorRIETA' CC. «'--+- à"'= i — a\ a'b'-^ a"/>"= — ni/. a'c'-\-a"c"-= — ac\ vuira àdr — cì'dq ^ da — a {aò'a -+- bob ■+- cdc) = da, poiclie aò'u -^ b<)b ■+■ cdc =^ e. Dunque per mezzo di calcoli alFatto analoglii saranno tutte le l'ormole seguenti ( d'a=a'8r — cì'Sq. ..ifa'=a"(fj) — aifr...da"=-a()'q — a'S'p, (li) . . . }òb=b\yr—b"ò'q...òb'=b"cyp—bd'r...òb"=bòVj — b'ò'f, ^ (')'(;=c'()'r— c"<)Vy ...ò'c' =c"ò'p — cor.. .dc"=cò'q — c'i^p. Da (jiieste, moltiplicate per òp, dq, dr e sommate^ risulteranno ò'aòp -4- ò'a'ò'q ■+- ò'u'ò'r ^= o, (i5) . . . ) òbòp -i- òb'ò'q -+- òb"d'r = e, ( ò'còp -H ò'c'òq •+- ò'c" òr = O. Inalzate invece al quadrato, e sommate daranno r da^ _H cW -+- dc^ = ÒY -+- à>\ ( 1 6) . . . S Òd^ -f- Òb'^ -f ■ Oc'-' = Òr' -H òp^ , ' òur-^ òb"^-^ òc"'= ò'f -+- tV=; e quindi sommando di nuovo (17) òj>' -+■ Òq^^ -i- òr' = I ^l)a-^ òb'--i- dc'-h òa'-^ cì7/'-H òc'-h da'-^-d/j'^-h^c"^). 7. Colla medesima i'acilitù otterremo le analoghe relazio- ni tra òp\ òq\ òr\ Del Cav. Gioegini 91 ■ da=b§r'— cèq òb=cèp' — adr' Oc =aÒq—bdp , (, 8) { da'=b'dr' —cdq ...M ^cdp -adr de =adq' — b'dp', da"—b"dr—c"dq'. . . M"=c"àp'—a"dr' dc"=:a"dq'^b"dp' : r dadp -i- db dq' -i- de dr = o , (19) . . . ; da'dp'-i-db'dq'-^de'd/ = o, ' (^ da"dp'-i-db"dq'-+-de"dr=o, §a'-^ da'^-h da"'= dq'^-i- dr\ (ao) . . . ldb'-t-db'''i-db"'=dr''-hdp'\ de^-^de''-^dc"'=dp'-i-dq'\ " '" '■ ' / ' . ■" . ■ . ■ ' ' ' - Siccome poi (12) ■^-y-- dp = a"da'-hb"db'-hc"de', ' '■ che inoltre (lO) • / da= b'dr- c'dq'....db'=c'dp'—a'dr'....dc'=adq'—b'dp'y avremo dp = {eh"— c"b)dp'-+- {e' a— a"c')dq'-h {ab— b"a')dr;. e poiché (5) a =^ a e — be . . . . 0 = e a— e a . . . . e = a b — aO ; sarà dp = adp'-^bdq'-+-cdr': onde, fatti i calcoli analoghi concluderemo che !dp=:adp -i-bdq' -i-cdr'....dp=adp-^a'dq-i-aò'r, dq=adp'-i-b'dq' -hc'dr ....dq=bdp-hb'dq-+-b"dr, dr=adp'-hb'dq'-i-c"dr'....dr=cdp^c'dq-^-c'dr. Tomo XXL 2. IO Intorno alle Phoprteta' ec. E iiuadiaudo e soniinaiido questi risultati, verrà (il) . . . ^yr-H Sb''-hz\c''Sc''-i-T,rJn''bL''-^-h''Sa'')-i-y,z,{b''^c''-hc''S!''')-^z^r,{c''Sa''-i-a''Sc'') a"^,-*- i'.) i-t- c"z \ = A" da"-i- y òb"-^ z §c': I I I e però ^C = X ò'a"-^ Y ò'b"-i- z (5'c"-+- ^y, I I I ' che è la terza dell' equazioni (a3). Concludiamo adunque che tutti i punti del sistema situa- ti sopra la retta rappresentata dall'equazioni (iS), percorrono nel movimento spazii ^L eguali e paralleli tra loro, di cui le proiezioni sopra i tre assi x , j, s, sono le tre date quantità M, ^B, c'iC. IO. L'equazioni (28) moltiplicate respettivamente nrima per a, a', a'., poi per b , b\ b" y poi per e, e, c\ e sonmiat per ordine , in forza della notazione stabilita all' articolo 6 diven£rono z^dr/—y^dr'=a{ÒA—da)^d(àB—d(3)-\-a"{Ò'C—dy), (a4) . . .^ x^òr'—zbj/=b{dA-da)-+.b'{ò'B—d3)-hb"{§C-dy), y òp— X %'=c(^A— 5a)-Hc'(^B— 5;?)-<-c"(c>C-^7); e sotto questa forma rappresentano le tre proiezioni delia preindicata retta sopra i tre piani [x , r ),(:;, .r ), (y , 3 ) . 1 1 \j^j/\j l'^-^i i' e Del Cav. Giorgini i3 Ma l'equazioni di questa retta divengono anche più semplici, se si riferisce agli assi x, y^, z. Per operare questa trasforma- zione^ presi dall'equazioni (3), i valori X = a{x — a) -¥- a{y — /?) -f- a"{z — y), / = b{x — a)-\-b'{y~-^)-i- b" [z — y), %=. c[x — a) -j- c[y — /5) -t- c"(z — y); e sostituiti nell'equazioni (aS) , ricordandoci le formole (8) e (12) dell'articolo 6, troviamo /( j — ^)^r —[z — y)dq = dk — da (25) . . . ;(z — 7)dp — {x — a)dr = ^B — diì, ){x — a)dq — (/— ^)dp = aC — dy; sotto questa forma le tre equazioni mostrano , piìi facilmente ancora, come esse sieno di fatti riducibili a sole due. Poiché moltiplicando la prima per {x — a), la seconda per [y — ^3) , la terza per (e — y), e sommando, si ricade sopra la condizione {x—a){dA.—Òa)-^{y—^)[b^—d^)-h[z—y)[dC''dy)=o; la quale , come abbiamo veduto , esprime che il sistema è di forma invariabile. II. Prima di maggiormente inoltrarci, osserviamo che la condizione delia coesistenza delle tre equazioni (aS), può es- sere posta sotto un' altra forma assai notabile. Infatti molti- plicando la prima per dp, la seconda per dq^, la terza per òr, e sommando; troviamo dp{d.\.-da)-^dq[d^~-d^)^dr{dC—dy)=A , ()B, ò'C diversi valori, la retta eorrisponJentt! (lò) rimane sempre parallela in tutte le sue [)osizioni , onde segue , che lutti i punti del si- sterna di forma invariabile posti sopra una qualsivoglia retta parallela alla retta (^5), descrivono spazietti eguali e paral- leli tra loro. 13. llapj)resentiamo attualmente per (p 1' angolo , che la retta (2-5) t'orma colla direzione dello spazietto ò'L percoiso da uno rpialunque de' suoi punti: siccome d'altronde i coseni deiili angoli, che questo spazietto t)'L forma coi tre assi x^y,z sono SA 5B ed i coseni degli aniioli della retta (2.3 sono ^ì> ,v., (2.!)) cogli assi medesimi S> per la nota espressione del coseno dell'angolo di due rette. sarà da dovej ricordandoci la condizione (aO), ricavasi (27) . . bhco^.rp^^^-;:^^-^. Ma il prodotto bh coi/p è evidentemente la projezione dello spazietto tVL sopra la retta (2-5), o in altri termini la quanti- tà, di cui il punto che ha percorso òL , si è avanzato nel senso della retta medesima; e siccome 1' espressione (27) è in- dipendente dai valori di 5A, ^B, cVC, ne potremo concludere che tutti i punti del sistema si avvicinano di una medesima fuiantiià espressa per ^"f'''^' ■" ''^'^ ad un medesimo pia- Del Cav. Giorgini i5 no perpendicolare alla retta (aó) , o ciò che è lo stesso che nel movimento infinitamente piccolo di un sistema di forma invariabile^ gli spazietti descritti dai punti del sistema valu- tati in una medesima determinata direzione sono eguali tra loro. j4- Poiché r equazione [ù.'j) ci da' ' cos.^ y l/(ò>"-t-J"^'-+-ò>') / possiamo concludere che il minimo valore di ÒL corrisponde al massimo di cos.i^, ossia corrisponde a cos.^=i , e (p—o, ed è espresso, chiamando dV questo minimo valore, per (28) .... ^p=-,^^^,_^^_. Perchè adunque i valori di ^A, ^B , dC sieiio tali che l'an- golo (p si annulli , la retta (a5) diverrà il luogo ;i;eometrico dei punti, che percorrono il minimo spazietto ^P. Ad espri- mere questa condizione basterà scrivere, che gli angoli fatti dallo spazietto ^L=:5P coi tre assi coordinati sono eguali agli angoli della retta (aS) coi medesimi assi, cioè che fA S-p £B j^y se Xr Quindi presi i valori di dA , ^B , ^C , e sostituiti nelle equazioni (aS), avremo le seguenti (29) . . . .({z~-y)dp—{x—a)dr-i-d(] = {x—a)dq—{ y—^)dp-i-§y= j«,rp [/(Sy-^-t-itj'^S'r') Sri? \/{Sp'^Sq'-*-ÌT^) i6 In'toiìno alle rnorRiETA' ec. per rappresentare la retta luogo geometrico dei punti che per- corrono il minimo spazietto ^P. i5. Ciò posto, non è difficile riconoscere che questa li- nea, i punti della quale si muovono seguendo la duezione della retta stessa, è come un asse attorno a cui un' altra quaì- sivoiilia (Ielle rette rappresentate dall'equazione (a5) percorre un elemento di una superficie cilindrica circolare. Di latti tut- ti i punti del -sistema posti sopra le due rette (29), e (aS) si avanzano, (valutando T avanzamento in una medesima dire- zione ) di una medesima quantità ^P; e mentre i punti della retta {-iq) descrivono elTettivamente lo spazietto t^P , quelli della retta (aS) rimangono da essi ad una distanza invariabile, poiché il sistema è di forma invariabile, e descrivono lo spa- zietto ("ì'L, che sarà evidentemente un archetto di elica trac- ciata sopra il cilindro prcindicato. Da tutto ciò dedurremo il teorema l'ondamentale seguente. In qualunque movimento in- finitamente piccolo di un sistema di forma invariabile tutti ì punti del sistema prendono contemporaneamente un comune movimento di traslazione nella direzione di una retta deter- minata^ ed un comune movimento di rotazione attorno alla retta medesima. Nel progresso di questo scritto chiameremo la retta (ag) dotata della preindicata proprietà di dare in qualche modo la direzione del movimento asse del moto. 16. Da quanto abbianao esposto risulta che i punti i qua- li percorrono spazii eguali tra loro^ sono ])osti sopra superfi- cie cilindriche circolari , che hanno per asse comune 1' asse stesso del moto. E di fatti, se neh' equazione ^L^= ^A=-4- ÒB'-h Ò'C\ supponiamo determinato soltanto lo spazietto ò'L , 1' elimina- zioue di ò'A, ò'B, ò'C per mezzo dell' equazioni (a5) darà Del Cav. GioRGiNi '17 ( ( j_^)^r— (2— y)5V~t-^«)'-+-( {z-y)§p-{x—a)dr-^d^f -i-{{x— a)dq - (7 - ^W ^ ^yT= ^L'; che è l'equazione di una superficie cilindrica di cui 1' asse è la retta (2,9). 17. Questa medesima proprietà si ritrova dimostrando di- rettamente che la distanza delle due rette parallele (29) e (aS) è indipendente dalla direzione dello spazio ÒL. Prendasi perciò un piano perpendicolare a queste due rette , rappre- sentato dall' equazione [x — a)dp -*- (r — (^)à'q -l- (s — y)ÒT=: o. La distanza dei punti nei quali verrà incontrato dalle due rette sarà quella delle rette medesime. Ora X, Y, Z, essendo le coordinate del punto nel quale la retta (a5) incontra il piano, avremo facilmente. ^ — ^ ffi^j^^:^::^^^ ' Similmente X', Y', Z' essendo le coordinate del punto d'in- contro dell'altra retta (ag) col medesimo piano, verrà . yr r, ^y^p— SaSr '■ ■ • ^ ~ Sp'-^ìq^-i-ÌT^ ' ■ - rj, Saìq—i^ìp . Tomo XIX. 3 iiS Intorno alle Proprietà' ec. ([uìikU il (quadrato della distanza cercata D»= (X — X'Y-+- (Y - \y-h (Z — ZY sarà Sotto questa forma essa sembra dipendere dalle projezioni dA, dB, $C,. e perciò dalla direzione dello spazio §L; ma questa contradizione non è che apparente, poiché, eseguiti i quadra- ti indicati, ed aggiunto al numeratore il polinomio nullo il valore di D' diviene e siccome è' A' ■+■ dB' ■+■ Ò'C' = ÒL% ti per le formole (26) e (28) vp S'Aìp-+-S-ES-q-{-SC^r rimarra (3o) .... D»= l/(l//'+ll X — i _(• =g , g = 7"" -i-ììi"--' ■+.n"' —i, , /"e"-Hw,"/"-H«"g' =0; ec. ec. ci rappresentino gli assi dei movimenti componenti; e per di- stinguerli dal movimento risultante, e tra loro stessi, indichia- mo colle caratteristiche 5'', d" , ò'"' ec. le variazioni dipenden- ti da ciascheduno di essi. Coerentemente a questa notazione Del Cav. Giorgini aS. intenderemo per ^'P, d'a; d"P, d''o; d"'P, (f"'a, ec. ec. le tra- slazioni e rotazioni respettive in ciaschedun movimento corri- spondente agli assi (3)^ (5), (7) ec. 26. I movimenti di ciaschedun punto del sistema di l'or- ma invariabile relativi a questi diversi assi saranno dati dalle formolo (35) dell' articolo aa, e quindi respettivamente deter- minati dall' equazioni Ìdx = da(ny — mz—e)-{' /^P, dy = do{lz — 7tx—f)-i-!}iÒ?, dz = do{mx—ly — g)-\-nò? , /d'x=d'o{ny—m'z — e')-(-Z' d'P, ((o) . . . h'y=à'o{l'z —n'x—f')-h?Jt'ò'P, ^ ò"z=ò''a{m'x — l'y — g')-i-n'ò'P, d"x=ra{n"y ~m"z—e") ■+■ 1"§"P, (11) . . . )dy=d"o{l."z -n"x—f")-hm"ò"P, {d"z=d"G){m'x—ry -g")-Hra"a'"P, • rx=ro{n:y —m"z-e"')-i-r r'p, (12) . . . }d"'y=r'o{rz —n"x—f"')-hm"Ò'"'P, ^Ò"'z=d"'o{m"'x-ry -f)^j^"b"P, ec. ec, le quali esprimono le variazioni delle coordinate di un qual- sivoglia punto in ciascheduno dei diversi movimenti. Ma noi voghamo che i diversi movimenti indicati dalle caratteristiche Tomo XXL 4 ii6 Intorno ai. ih PitopRiETA' oc. (Y , (V. tV" ce. coiuhicano il sistema alla |)nsizione stessa, alla (jiiale lo avrel)l)e jioitato il iiioviinento indicato colla caratte- ristica d' ; ciò licliicdi; che lo variazioni delle coordinate in fiuesto ultimo movimento sieno eguali alla somma delle conispoiideiiii variazioni nei primi; ossia che per qualsivoglia punto dei sistiMua si abbiano A.r = cY.v -+. ()"x -+- cY'x -+- ec. (Vv = (Vy -+- à"y ■+- ò'"'y -+- ec. Li'z = ò'z -+- ò"z -+- ìf"'z -+- ec. Sostituendo adunque i valori ( ic), (i i). (i a) ec. le tre equazioni /(n^w— (//(>'n-i-/i"(>'«-+-cc.)) — z[mdo — {/?i' ò' o-^?}i ò'''i" ò" -i-ec.)) ={mcYV-^m'\rP-i-ec.—f'd'o-f"ò"(o—ec.)-{mòP—f§o), .r{i!iòcì — {inò''o-fr?}i"d"o-^cc.)) — y[ld'c) — {l'ò''u-i-l"d"o-i-cc.)) =yn',Y?^!i"d'?-hec.—g'd'o—g"do"—ec.)—{ndP—gdo)i che ne verranno, dovranno aver luogo per qualsivogliano va- lori delle coordinate .r, /, ;:, e quindi si romperanno nelle sei equazioni di coudizione Ida =/'(")'« -\-r§"a -+-l'"ò'"'o -+- ec. (i3) . . ^ ì?ioS=/?i<)'o-i-?>i'd"o-^ni"y"a-^- ec. n5 j =zn'^'o -\-n"d''(j -hn"(ì"a -^ ec. Del Cav. GioRGiNi 27 ll$?—eòo={l'd'P -^l"d"P -t-ec.)— (e'cVo -He"c)"o-i-ec.), (i4) . . ìmÒP—fdo={m'd'?-i-r>i"r?-hec.)—{f'Ò'a-+-f"ro^ec.), \ndP—gda={iid'P -i-n"Ò"P H-ec.)— (g'(3'o -Hg"5"o-Hec.), le quali saranno necessarie e bastanti acciocché il movimento d sia risultante dei movimenti d', d", d'" ec. ay. Allorquando il problema abbia per oggetto la compo- sizione dei movimenti d' , d", d" ec. in un solo d, tutte le quantità che entrano nei secondi membri dell'equazioni (i3) e (i4) formano i dati del problema, mentre tutte quelle che entrano nei primi membri sono le incognite. Si pongano, per abbreviare i calcoli l'd'o -^rr o-+-ec.= do , m8'o-^m"d'c3-\-QC.=. 80 , lido H-ra"a"c?H-ec.= do", {l'^'P M-Z'VV'P -hec.)—{e'ò'o-i-e"d"c.}-^ec.)=ds, {m'd'P-hm"ò-P-^-ec.)-{f§'o-hf 'd"o-hec.)=ds' , {nd'P-^n"d"P ^ec.)-{g'd'o -hg"d"a-^ec.)=8s", l'equazioni fondamentali (r3), {14) divengono Ida = do . . . indo ^= do . . . nd j = do'', IdP—edo-ds . . . mdP—fdo=ds'. . . ndP-gdo=^ds". Dalle tre prime ricaviamo {(5) . . . . do=i/{do*-*-do*-i-do"*). •20 Intorno alle Proprietà' ec. , So So| ■ Sa TxTOlìNO ALLE PrOPRIETa' OC. ( l'ì'v-i-rrp -f- co. l'ì'a -^-r^r'u -*- <-c. (.1) m'i'S' r-(-/j"iS''r -1- ec. ;/J'u -+-ii"i "u-i- ec. le quali saranno necessarie perdio 1' asse del movimento ri- sultante passi per il punto di concorso degli assi dei movi- menti componenti. 3i. È d'altronde lacile verificare che le condizioni (19) (ai) riunite involgono anche le condizioni (18) dell'articolo 28; che esse riducono V equazioni (^t), alle seguenti lòP = l'ò'ì' H- r'ò'P -+- ec. md? = tìi'ò'? -H ?7i'\)"P -h ec. ndP = ii'ò'P -+- ìi'cYP -+- ec. e che perciò nella contemplata ipotesi la composizione delle traslazioni si la mediante lormoie del tulto analoghe a quelle che servono alla coiiiposizioue delle rotazioni. 82. Le formole (i3) e (i4)-) le qn-ili^ come abbiamo vedu- to, servono alla composizione dei movimenti, sciolgono ugual- mente i problemi che possono essere proposti intorno alla de- composizione. Sebbene essi non presentino veruna difficoltà , ne esporremo alcuni, per l'interesse offerto dai risultati, e primieramente ci proporremo il seguente quisito. Dato un ino- viniento risultante determinare i inovimenti componenti , dei qnali gli assi sono dati di posizione, he ì\)Cog\ùte saranno evi- dentemente le sole quantità ò'P, ò'co: t)'"P, ò"a: ò'"'P, ò'"o ec. ed il problema i ." sarà solubile, sotto certe condizioni sol- tanto , allorquando il numero degli assi dati dei movimenti componenti cercati sarà minore di tre; 2." sarà in generale solul)ile ed indeterminato quando tali assi dati siano al nume- ro di tre; 4-' ^ finalmente ammetterà indifuiite soluzioni. Del Cav. Giorgini 'S^S' quando il numero degli assi dati sia maggiore di tre. Esami- neremo i due primi casi. 33. Già si prevede che la decomposizione, o trasformazio- ne di un movimento in un altro non è possibile, e le formo- lo (t3) e {14)5 le quali diverebbero la-=ld'o . . .mdo=m'd'o . . . ndo^n'§'o; . Id ? — edo = l'd'P — eòo , md? —/da =m'à? —f'd'o , ' - '' ''' ndV —gdo=nd'P — gò'o; lo pongono in evidenza ; poiché combinate colle condizioni le ■+■ Tnf-\- ng = o, . ' ' l'e-^m'f-^- Jig= o; esse danno facilmente l z= t . . . m ^ ni . . . n ■=. n; .| do = ò'o ..d? = d'P; e= e'.. .f = f'. . .g = g'; e richiedono in conseguenza l' identità dei due assi , e della rotazione e traslazione relativa. 34. Quando poi due sono gli assi dati dei movimenti, nei quali si vuol decomporre un movimento dato, l'equazioni (i 3) e (14) divengono Ido =zl'$'o -hl"d"o , (aa) . . . { mdo — m'd'o-^m"d"o, ndo = n'd'o •+■ n"d"o , 34 Intorno alle Proprietà' ec. ÌBP — e"m"—l"m"'}n'-^{l'm"'—l"'m')n"-t-(l"m'—i'm")n"' ^^ ' ^i'—i'm")l^' j ^„p (m"'n'—m'n"')(nV—'E^o)-h{i'n'"—r"n')(mS'?—VS'o)-i-(r"m'—l'm;"}(nì?—G^o) (3l) \ (t"'m"—l"m"')n'-i-(l'm"'—l"'m')n"-Hl"m'—lm")n"' . ^mp_im''n'—m'n''){lS'?—ES'.-)-i-il'n''—l''n')(m^?—¥S'o)-t-(l''m'—rm''){riì-?—Go^o) " ^ {L'"ìn"—L"m:")n'-\-(l-''n-'"—l."'in')n"-\-{i:'m'—i'm"]n' ' nei quali per brevità sono stati posti Edo, F^fj. G^cj invece dei quadrinomi e§o — e'd'o — e"d"o — e"'§"'o , fdo-f'§a — f"d"o—f"'d"'o, gda — g'd'a — g"d"o — g"'ò"'o. Le formolo (3o) e (3i) serviranno ad effettuare la proposta decomposizione, la quale non diverrà impossibile, se non nel caso in cui il comune denominatore dei valori trovati sia ugua- le a zero. Ma questa condizione {rm"— rm"y-i-{l'm"— l"'m')u" ^{fm'— l'm")n" = o esprime, per ciò che abbiamo mostrato all' articolo 35j che i 38 IxTOIìNO ALLE PROnUETA' CC. tre assi tlci luoviinenti componenti sono paralleli ad un medesimo piano, dunque mi dato movimento potrà sempre essere decom- posto in tre altri dei quali sieiio dati gli o.ssi , purché questi tre assi non sieno paralleli ad un medesimo piano. 37. La deconij)osizione per altro diverrà possibile, anche nella supposizione del parallelismo ad un medesimo piano dei tre assi dei movimenti componenti, purché l'asse dato del mo- vimento risultante sia esso pure parallelo a quello stesso pia- no. Di fatti sarà facile verificare che in questo caso si annul- lano anche i numeratori dei valori delle componenti (5Vj, ò'co, d"o; d'P, Ò'V, d' P; e che questi valori divengono indetermi- nati; risultato il quale indica, non solamente che il problema diviene solubile ma che ammette inoltre indefinito numero di soluzioni. Per verificare direttamente questa indeterminazione, prenderemo il piano delle .v , / parallelo ai quattro assi dei movimenti^ cioè porremo n ■=■■ o . . . . n'^= o . . . 7z"= o . . . « "= o e le sci equazioni (au) e (20) si ridunanno alle sole cinque lò(o^=l'ò'a-hl' ò'o-^l"'ò"'(j, w (>«=/?? '(V'o-^-?;^"(.')■'VJ-t-7;^'"^"'o; l5r—e,yij=ld'P-i-rò'V-+-l'"ò'''P—e'd'iJ—e\yo—e'''cy''(J, mdP—fdu)= m\yp-+-m'\yp-hm"Ò "P—f'ò'a—f'\Ya-~f"'ò' 0, ri()a = ii'ò'o -+- z'>^' (J ■+- ii'''ò'"'o ; delle quali le due prime e la quinta daranno i valori delle componenti di rotazione, mentre traile componenti di trasla- zione uon rimanendo che due sole equazioni, il valore di una di esse potrà essere preso a volontà. ?>?>. Supponiamo , per altro esempio di decomposizione, che uno degli assi dei tre movimenti componenti sia dato pa- ìallelo all'asse del movimento risultante^ cioè che sieno Del Cav. Giorgini 3/^ l'= l . . . m= ni . . . 11= n. I valori (3o) e (3i) diverranno • . ', .. '' i ^'0 = ^0. . . ò''o = 0 . . . r'a = o Vp_Sp . M('n'''n''-m''n''')('^-(Z"'ra'— rnj'>4'"-*-(/m"— /'m'jft'" ' ^r„p_ S-o({m"n'—m'n"){e—e')Ml'n"—l"n){f-f')Ml"m'—Vm"){g—g')) (L" ni" —l'" ni')n-i-[i'' m' — L'in")n'-*-(ira"—l''m']n"' ' e proveranno che uno degli assi dei tre movimenti componen- ti essendo parallelo all' asse del movimento risultante , la ro- tazione componente attorno a queW asse è uguale alla rota- zione risultante-, le altre due rotazioni componenti sono nulle, ed i valori delle traslazioni componenti non cambiano , tra- sportando parallelamente a loro stessi i due assi dei movimenti componenti non paralleli aW asse del movimento risultante. 39. Potendo ognuno estendere ad altri casi considerazio- ni analoghe all'antecedenti, sulle quali ci siamo già troppo dilungati; limiteremo ciò che ci resta da dire all' esposizione delle formole relative al caso, nel quale i tre assi dei movi- menti componenti sono tra loro rettangolari. In questa suppo- sizione si verificheranno le formole deirarticolo 5, nelle quali ad a, a', a"; Z*, b', b"; e, e, e', sieno stati sostituiti Z', m' , n\ l' , m'\ «"; l'" , ni' , re'"; e quindi fatte le corrispondenti ridu- zioni, le forinole (3o) e (3i) diverranno fd'o = [W -+- mììiL -+- nrì )$o, (3a) . '. . Jd"a={H"-i-mm"-i-nn")do, - [ro= {ir-^ mm"'-hnn"')do, . • ;. 4o Intorno alle PnorniEXA' or;. / d'V ={ll' •+-mi?i -hìiu' )dV—òo{l' E-^ m'F-^ii G), (33) . . . <ò"r={ll"-h?nm"-hnn")5V~ò'Q{l"E-i-'m"F-^!7."G), 'ó'"T=(/Z"-H/?^;;^"-H/^/i">')'P— ^o(Z"'E-t-w'"F-t-;i"'G); quando poi si volesse elie i tic assi dei movimenti componen- ti passassero per un medesimo punto a, /?;, yi si dovrebbe tar uso dei valori E = e — ( Ih] — /ny ), E=f-{ly-na), G = g — { ma — ly ); ed affinchè gli assi medesimi fossero paralleli a quelli delle coordinate^, scrivere che V = 1 . . . 7?z' = o . . . 7Z.' rz o , /"= O . . . 7?i" = I . . . il" = O, l":=o . . . fn"= o . . . ii"z= r, ciò che riduce i valori delle componenti a d''" P -H ò-'" P -f- ec, y y y y òf = (VP -h cYP -4- Ò'"'_P ■+- ce e corrisponderanno al seguente teorema nel quale l'analogia traile traslazioni e le rotazioni è perfetta. Se il movimento d è risultante di un qualsivoglia numero di movitìienti ò\ 5' , Ò"' ec. e die tutti questi movimenti vengano decomposti cia- scheduno in altri tre dei quali gli assi siano tre rette rettan- golari tra loro, la coiiìjwìiente-, sia di traslazione, sia di rota- zione del movimento ò' relativa ad uno dei tre assi rettango- lari e uguale alla somma delle corrispondenti componenti, sia di traslazione, sia di rotazione dei movimenti ò\ ò", ò'"' ec 4[. Per dare attuiilniente una applicazione della esposta teoria, riprendiamo le formolo trattate nella prima parte di (presta Memoria relative al movimento di un sistema di forma invariabile. Del Cav. Giorgini ^3 Ricordiamoci che supponendo il movimento determinato dalle variazioni delle quantità «, Z», e, «', h\ c\ o", h'\ e", a, ^5^5 le quali determinano la posizione dei tre assi x ^y ^ z invariabilmente rilegati al sistema, l'asse del moto è rap- presentato dall'equazioni (ag) dell'articolo 145 la traslazione è espressa dall'equazione (28) dello stesso articolo, e la rota- zione dall'equazione (3i) del susseguente articolo 18. Quindi proponiamoci di decomporre il movimento di cui si tratta in tre altri aventi per assi gli assi rettangolari delle x, y^ z. Dovremo per ciò far uso delle formole (35) deli' articolo 89, facendo prima coincidere l'asse del movimento rappre- sentato dall' equazioni (2,9) dell' articolo 14 colla retta rappre- sentata dall' equazioni ny — mz = e, Iz — nx =/, mx — ny = g. che nell'articolo 3g è l'asse del movimento, di cui si vuol operare la decomposizione. Per far coincidere queste rette do- vremo adunque come abbiamo veduto all' articolo 20, scrive- re le equazioni '=U '-=U "='£' ■ t io da'- J io So^ ' & Tu ^ J-o^ ' le quali, fatte le sostituzioni nelT equazioni (35) trasformate ^4 IxTORNO ALLE PkOPIUETa' Cfl. ili contbrmltù della notazione introdotta all' articolo 40. daiaii- no per le componenti cercate (■y Ci = (i/f ...00=: ()q ...(>« = òr y l> y = bu. — {C^òr — ybq), (36) . y dV = dy — ( adq — (^ÒjJ ) i z e qui osserveremo che invece delle tre ultime equazioni , in forza delle formole {3a) dell'articolo 19, potremo sostituire le altre tre d ? = ^x—{yòr — zdq), è? = Òy^[zòp — xdr), ò? = dz — {xdq—ySp) ; le quali danno le tre traslazioni componenti per mezzo delle coordinate di un qualsivoglia punto del sistema di forma in- varialjile, e delle loro variazioni. 42. Qualora poi si volessero avere le componenti dell'in- dicato movimento , prendendo gli assi x , y , z per assi di III tali componenti, si dovrebbero adoprare le formole (Sa) e (33) dell'articolo 39. Perciò^ sostituiti i valori di /, 7;z, n, e, f, g, in ([uelli di E, F, G contemplati all' indicato articolo, trove- remo p. £p£P £a JV So ' p _ ££P __ ££ Su' So ' SrSV £2; Su^ S o ' p a rj r ó y Del Cav. GiORGiNi " 4-^ e considerando che per effettuare 1' applicazione delle citate forinole (3a) e (33) al caso presente dovremo porre Z' Il I fr = a ... ni = a ... il = a , r = h. . . m"=- lì . . . ?i"= b" , 7'" l = c . m := e . . . n = e fatte le sostituzioni, ed eseguite le riduzioni, ricordandoci che per le iormole (ii) dell'articolo 7 si hanno §p'= adp ■+- a'dq -f- adr, . , dq'= b§p -H b'dq -t- b"òr , dr':= cdp -H cèq -\- e' Òr \ - troveremo d o—dp. . . d o=dq\ . . d a=dr; y (37) d^ V=aòa -+- a'ò^ -»- a"èy, I B V=bda-^b'd^->nb"dy, y I formolo le quali servono alla decomposizione del movimento in tre altri i quali hanno per assi quelli delle coordinate X , y , z . II 1 43. A render completa questa serie di formole, avverti- remo finalmente che la combinazione dell' equazioni (36) e (37), eliminando §p, dq, dr, da, d^, dy, darà le seguenti ^G Intorno alle Propuieta' ec. § o= ad o -\- a'if o -¥- a"(ì o , I d (J^ l'd' (J -H ù'd o -+- // () o, X X y Z I d Q= C^ (.) ■+- c'ò o -+- c"ò (■)■., z X j z 8 V = ad' P ■+- a\t r-hà'd P-+- cJ r.i(a'y — a"/?) X X y z X I -H (5' Q{d'a — ay) -H h o{a.3 — a'a), y - (•5 P = 15' ?-\- h'd V -f- Ub' P-+- ò (o{b'y — b"^) •+■ ò o[b"a — by) -t- ò\co[b^ — Z/a), d P = c<^' P -H e 5 P -H c"d P -+- ò' cdcv — c"i3) :. X y s X I -•- d o[c'a — cy) -+- d a[cj} — e a) ; le quali serviranno a trasl'ormare un sistema di movimenti com- ponenti eli cui gli assi sieiio rettangolarij in un altro sistema di movimenti componenti parimenti rettangolari. 44- Colle proposizioni dimostrate in questa seconda par- te della nostra IMemoria, ci send)ra aver dato alla teoria del- la composizione dei movimenti tutta la generalità desiderabi- le, completando ed estendendo nd un qualsivoglia movimento le forinole del Lagrange (a) per la decomposizione dei movi- menti di rotazione attorno ad un punto fìsso. {n) ÌMécanlfjuo Anallti'|ui;. Paris itìii Tome I. pag. 57. et suivantes. 47 APPENDICE ALLA MEMORIA INTORNO ALLE PROPRIETÀ GEOMETRICHE ." DEL MOV IMENI 0 .i DI UN SISTEMA DI FORMA INVARIABILE DEL CAVALIERE GAETANO GIORGINL Ricevuta adì 3. Fehhrajo liìSa. I. J-^a qualche tempo io aveva trasmessa a Modena, per essere inserita negli atti della Società Italiana la mia Memoria sopra le proprietà geometriche del movimento infinitesimo di un si- stema rigido, quando, per suggerimento d«l mio egregio ami- co Cav. Giuliano Frullani, feci ricerca dell'opuscolo del Cav. Giulio Mozzi Patrizio Fiorentino, pubblicato in Napoli nel 1768, col titolo di Discorso matematico sopra il rotamento momen- taneo dei corpi, del quale non aveva avuta per lo innanzi veruna notizia. Dalla lettura di quelT opuscolo interessante rilevai come all' autore di esso sia dovuto il Teorema fonda- mentale della teoria dei movimenti infinitamente piccoli dei corpi solidi, da me analiticamente esposto neir accennata me- moria, che cioè: Qualunque movimento infinitamente piccolo di un siste- ma di forma invariabile si riduce alla traslazione del sistema parallelamente ad una determinata retta, ed alla simultanea rotazione di esso attorno alla retta medesima. E però vero che la dimostrazione del Mozzi non è rigo- rosa: essa è fondata suU' erronea supposizione che un movi- mento infinitesimo di rotazione di un corpo solido attorno ad 4o Intoumo alle Propiueta' ec. un punto fisso, sia determinato (lalT archetto descritto da un sol punto del corpo, mentre questo elemento infinitesimo del- la curva descritta dal punto non può esser bastante a deter- minare il ]iiauo di rotazione di esso; uè la decomposizione di questo archetto infinitamente piccolo in due piccole rette, per questo ciFctto iinma^^inata dal JMozzi, è per verno conto ara- inissiljilc. 2. Per questa ragione^ sehbene la iliniostrazione analitica datane nella mia memoria non manchi, per (juanto a me pa- re, del necessario rigore , volli sul!' esenqiio del Mozzi, e per mio esercizio, ricercare una dimostrazione sintetica del Teo- rema, ed in questa ricerca mi avvenne di estenderlo ad ogni traslocameuto anche finito di un corpo. Aveva comunicato (]uesto risultato al prelodato Gav. Frullani, quando per lette- ra di altro mio dotto amico di Francia, il Sig. JMichele Chas- les, e successivamente per l'annunzio che egli ne lece al pub- ])lico nel Fascicolo di Novend)rc del Bullettino delle Scienze del Earone di Ferrussac per l'anno ifiSo, appresi che anche esso era dal canto suo arrivato al medesimo teorema , come corollario di altre piìi estese ricerche geometriche sopra i cor- pi solidi simili, delle quali Findicato bullettino contiene enun- ciati soltanto i risultati principali. Siccome ciò non ostante una dimostrazione diretta può riuscire di qualche interesse, esporrò in questa appendice la mia , la quale appoggiandosi unicamente alla geometria più elementare, può essere atta a facilitare l'applicazione del Teo- rema alla Tecnologia [)ratica. 3. Premesse queste dichiarazioni, ecco l'enunciato della propo«Ì2Ìorie oggetto di questa Appendice. Teorema. U/i corpo solido, o sistema rigido di punti., può semjire esser condotto da una data posizione in un'' altra qual- sivoglia diversa., mediante nn movimento continuo analogo a quello delta vite ; cioè a dire di traslazione nella direzione di una dctermiìiata retta, e di rotazione simultanea attorno alla retta medesima. Del Cav. GioRGiNi " 49 4. Prima di procedere alla dimostrazione., osserveremo che un sistema rigido di punti, tutti collocati in un medesimo pia- no, è dato di posizione nel piano, allorquando si conosce quella di due dati punti di esso sistema, ai quali tutti gli al- tri sieno riferiti; e che similmente la posizione di un dato corpo solido nello spazio è pure determinata da quella di tre punti dati di esso. ■.•I. -iiirjii 1 ■ Premessa questa osservazione passeremo ad esporre I Lem- mi seguenti. Lemma i." ABC ec. A'B'C ec. indicando { Fig. i. ) due diverse posizioni in un medesimo piano di un sistema rigido di punti, si potrà sempre dalla prima passare nella seconda posizione, mediante una semplice rotazione del sistema attor- no ad un punto fisso O del piano. Per la sovra espressa osservazione, basterà mostrare che i due punti A, B possono essere trasportati nell' altra loro posizione A', B' mediante l'indicata rotazione. A questo effet- to sia R il punto d' incontro delle rette AB, A'B': si costrui- sca la circonferenza di circolo , che passa per i tre punti R, A ed A'; quindi 1' altra circonferenza analoga condotta per i tre punti R, B e B'. Sia O il secondo punto d'incontro del- le due circonferenze ; dico che questo sarà il centro della rotazione indicata. Di fatti se consideriamo i triangoli OAB , OA'B', troveremo , che il lato AB dell' uno è eguale al lato A'B' dell' altro. Che 1' angolo OAB è eguale al suo corrispon- dente OA'B', essendo ambedue per costruzione i supplementi del medesimo angolo OA'R: che similmente gli angoli OBA , OB'A' sono eguali, come supplementi l'uno e l'altro del medesi- mo angolo OBR: quindi concluderemo che i due indicati trian- goli sono eguali come aventi due lati eguali tra loro adiacenti ad angoli respettivamente eguali. Facendo adunque ruotare il triangolo OAB attorno al punto O, quando il lato OA sarà ar- rivato sopra il suo eguale OA', il lato OB sarà venuto a po- sarsi sopra il suo eguale OB'; quindi il sistema rigido suppo- sto invariabilmente rilegato ai punti A, B, dalla posizione Tomo \XI. 7 5o Intorno alle Phoprieta' ce. ABC ec. sarà passato all'altra posizione A'B'G' ec, ruotando attorno al punto O; ciocché si voleva dimostrare. E inutile avvertire che il Lenmia precedente suppone non solamente T eguaglianza delle parti, ma anche quella della dis- posizione di esse nelle due figure ABC ec. A'B'C ec, non ba- stando evidentemente a costituire V identità del sistema rigi- do nelle due posizioni una semplice eguaglianza di simmetrie delle parti, le quali sarebbero in <[uesto caso disposte in un ordine inverso. 5. Da quanto abbiamo dimostrato nel precedente articolo dedurremo che , qualora il sistema rigido comprenda oltre i punti situati in un medesimo piano nelle due posizioni, anche altri punti fuori del piano; l'indicato movimento di rotazio- ne attorno al punto O dei punti A,B,Cec. situati nell'accen- uato piano strascitierà tutto il sistema rigido in un corrispon- dente moto di rotazione attorno ad una retta condotta per il punto O perpendicolarmente a quel piano, per modo che i punti A, B, C essendo passati in A', B', C, tutti gli altri pun- ti del sistema rigido nella prima posizione saranno pure ve- nuti a coincidere coi loro corrispondenti nella seconda: d'on- de potremo inferire il Lemma 2.." Se tre punti A,B, C di un corpo solido ed i loro corrispondenti A', B', C in una seconda po- sizione di esso sono posti in un medesimo piano P, il corpo solido potrà sempre esser condotto dalla prima nella seconda posizione, mediante un movimento di semplice rotazione at- torno ad un asse fisso perpendicolare al piano P. 6. Suppongasi adesso { l'ig- 2. ) che i punti A, B, C; A', B', C non essendo nel medesimo piano , si abbassino da essi sopra un piano dato P le perpendicolari Aa, Bb, Ce; A'a, B'b', Cc\ e che «, ò, e, a\ ù'., e' essendo i piedi di queste perpendicolari :iel piano P, siano ordinatamente tali perpendi- colari Aa, Bb, Ce eguali alle luro corrispondenti A'a', B'b', Ce'; dico che in (juesta ipotesi i due triangoli abc , db'c saranno eguali. E di fatti per i due punti A ed A' si conducano alle linee Bb, B'b' le perpendicolari Ap ed A'p: esse saranno evi- Del Cav. GiORGiNi ' 5 1 dentemente eguali ai lati ab ed ab' dei due menzionati trian- goli. Di pili si osservi che le linee B/? , B/»' eguali respetti - vamente alle differenze Vtb — Aa . . . BT*' — A'a' sono eeuali tra loro, poiché per supposizione B£'=B^' ed ka-:=. h! d . Ne con- cluderemo che i due triangoli rettangoli AyjB, Ay?'B' avendo le ipotenuse AB, AB' eguali , ed i lati B^' e V>p pure eguali tra loro, sono eguali, e che in conseguenza il lato kp dell'uno è eguale al lato h!p dell' altro. Ma già abhiamo detto che ab ^ kp . . . db' = k'p\ dunque il lato ab del triangolo abc è eguale al lato db' del triangolo db' e. Si mostrerebbe nello stesso modo che i lati bc, ca sono eguali ai lati b'd, e de. Quindi i triangoli stessi sono eguali come già si era annunziato. , . ;. : Ciò posto, determinato nel piano P, come nel Lemma r. il centro O di rotazione dei due anzidetti triangoli eguali abc, a'b'c, se immaginiamo i tre punti A, B, G del corpo solido, e però il corpo solido stesso invariabilmente rilegati ai pun- tl a , Z» , e ; e che in conseguenza mentre il triangolo abc ruota nel piano P attorno al centro O, il solido ruoti attor- no ad un' asse OX condotto per O perpendicolarmente al piano Pj allorquando il triangolo abc sarà arrivato nella po- sizione db'c', le perpendicolari ka , ^b. Ce saranno venute a coincidere colle loro eguali k'd, B'Z»', Cc'^ i punti A , B , G coi punti A', B', C, ed il corpo solido sarà passato dalla prima nella seconda posizione. Siamo perciò in diritto di con- cludere che: Lemma 3," Allorquando le distanze dì tre punti A, B, G di un corpo solido da un piiano P, sono eguali r e spettiv amen- te alle distanze dal piano medesimo dei tre punti corrispon- denti A', Vt , G dello stesso solido in una seconda posizione ; questo corpo si potrà sempre condurre dalla prima nella se- conda posizione anzidetta, per mezzo di una semplice rotazio- ne attorno ad un asse perpendicolare al piano P. 5-2 Intorno alle Proprietà' ec. 7. Ci proponcnio adesso di mostrare die ; Lemma 4." Se A, B, C; A', B', C' ( Fig. 3." ) indicano tre punti corrispondenti a due diverse j/osizioiii di uà inedesìmo solido^ si potrà sempre determinare un piano P tale, che ab- bassate dai punti A, B, Cj e dai corrispondenti A', B', C so- pra di esso altrettante perpendicolari^ le tre differenze delle perpendicolari condotte dai pu.nti corrispondenti nelle due po- sizioni siano eguali tra loro. Si condticaiio ditatti le rette AA'^ BB', CC, che unisco- no i tre punti corrispondenti nelle due posizioni: quindi per un punto Q scelto a volontà, s' innnaginino tre rette QL,QM, QN ordinatamente eguali alle tre preindicate AA', BB', CC; il piano LMN che conterrà le tre estremità di tali rette sarà il piano P. Per tarlo vedere , conducasi dal punto Q sopra (juesto piano la perpendicolare QR, della quale R sia il pie- de; poi dai punti A, B, C; A', B', C, si abbassino le perpen- dicolari Afl, ^b, Ce; A'a', B'b\ Ce' sopra il medesimo piano LMN; e per i punti A', B', C sopra le rette Aa , Bb , Ce le perpendicolari A'A", B'B", CC", delle quali A"^ B'', C", essen- do i piedi, avremo evidentemente AA"= Aa — A'a... BB"= Bb — B'b'... GC"= Ce —Ce. Ciò posto, le linee QL e QR essendo per costruzione respettivamente parallele alle linee AA', AA", gli angoli LQR, A'AA" sono eguali , ed in conseguenza sono eguali anche i triangoli rettangoli QRL, AA"A' come aventi le ipotenuse QL, ed AA' eguali, e gli angoli LQR, A'AA" eguali. Né risulta che QR ~ AA"= Aa — A'a': in modo del tutto analogo si prova che QR = BB"= Bb — B'b', QR = CG"= Ce — Ce'; Del Cav. GioRciNi 53 e <|ulndi se ne deduce che le tre difFereiize ka — k'a~ BZ* — V>b\ Ce — Ce sono eguali ; ciocché dimostra che il piano LMN sod- disfa alle condizioni imposte al piano P iielT enunciato del Lemma, e che in conseguenza questo piano P esiste sempre, come si doveva provare. 8. Premesse queste proposizioni , e qualunque sieno le due posizioni ABC, A'B'C del corpo solido, determinato colla costruzione indicata all' articolo antecedente il piano P , tale che abbassate sopra di esso . le perpendicolari Aa , Bè, Ce; A'a', B'Z/', Ce, le tre differenze AA"=:Aa— AV, BB"=Bè— B'è', CC"=:; Ce — Ce', sieno eguali tra loro; si potrà immaginare che partendo dalla prima posizione ABC il solido, prenda un movimento di traslazione verso il piano P, tale che i punti A, B, C scorrano perpendicolarmente ad esso piano per spazi eguali alle accennate differenze , e vengano a coincidere coi punti A", B", C". K'opo questo movimento le indicate differenze essendosi annullate il corpo solido sarà arrivato ad una posizione inter- media A"B"C", nella quale i punti A", B", C" si troveranno alla medesima distanza dal piano P, che i punti corrisponden- ti A', B', C della posizione A'B'C. Quindi in virtù del Lem- ma 3.° il corpo solido potrà passare da questa posizione A'B'C", alla posizione A'B'C mediante una semplice rotazione attorno ad un asse perpendicolare al piano P. , ' I : ■ È dunque provato che un corpo solido può esser con- dotto da una posizione qualunque ad un altra pure qualun- que, mediante due consecutivi movimenti, l'uno di traslazio- ne parallelamente ad una determinata retta, l'altro di rota- zione attorno alla retta medesima. Quindi egli è pure eviden- te che invece di fare consecutivi i due movimenti sopra de- scritti, si potranno operare simultanei come nella vite, cioc- ché costituisce il teorema che ci eramo proposti di dimostra- re, enunciato all' articolo 3.° 9. Le proposizioni esposte conducono ad altre relative alla traslocazione dei corpi solidi. Basterà enunciare le seguen- ti per riconoscerne la dipendenza. ■')4 Intorno alle Propiueta' ec. I ." Sarà sem/>re possibile di determinare un piano tale che le proiezioni sopra di esso delle figure eguali corrispon- denti^ jfrese due posizioni diverse di un corpo solido, sieno esse pure figure eguali. 2," Un corpo solido può essere in numero indefinito di modi condotto da una posizione data in altra qualsivoglia po- sizione parimente data , per mezzo di due movimenti conse- cutivi uno di traslazione, V altro di rotazione. Il primo potrà seguire una qualsivoglia direzione. Il secondo potrà essere operato attorno ad una qualun- que delle rette perpendicolari al piano P determinato come nel Lemma 4>" La direzione però della traslazione, e la posizione deWasse della rotazione dipenderanno V uno dall' altro in modo chela proj czione della linea percorsa nella traslazione sopra V asse di rotazione sia costante '■, die data la direzione della trasla- zione , se ne deduca V asse di rotazione e vice-versa; die la quantità angolare della rotazione sìa la medesima per qua- lunque asse di rotazione. IO. Finiremo questa appendice coU'osservaie, clic le pro- posizioni dimostrate danno luogo ad altrettanti problemi gra- fici di possibile applicazione nella tecnologia pratica. Così per esempio al teorema oggetto principale di questo scritto cor- risponde il problema seguente. Date due diverse posizioni di un corpo solido, determinare V asse della vite ed il rapporto della rotazione alla traslazione., ossia il passo della vite me- desima., alla quale converrebbe supporre il corpo invariabilmen- te rilegato per condurlo daW una nelV altra posizione. E la soluzione di questa e di altre analogbe cpiestioni non presenterà altra difficoltà , che quella del tutto grafica dell'applicazione degli ordinari processi della Geometria De- scrittiva alle costruzioni indicate nei Lemmi sopra riferiti. lurrr^ . ////fe^. L'^'c^Sy/a/: ^ XX/./taa. S4. MzarZ, y-^ry. 55 NOTA SUGL'INTEGRALI DEFINITI •'> del:-' '' ' ■■' ■ COMMENDATORE PIETRO PAOLI Ricevuta adì 11. Dicembre 1831. iNelIa mia Memoria sugi' integrali definiti pubblicata nel pri- mo Fascicolo Matematico del Tomo precedente dopo di aver presentato alcune difficoltà intorno alle dimostrazioni , che sono state date dell' equazioni /°o , I /*°° 7 f°° dxsen.TX je dxsen.rx^ — , / dxcos.rx = o, / = — , 0 ^ J o J o ^ ^ /oo o °° (ireos .TX *" 71 = e . — j ec. 2. (ove jr è il rapporto costante della circonferenza al diametro del circolo, e il numero che ha per logaritmo iperbolico l'uni- tà, ed il segno / serve a denotare che T integrazione deve farsi da x=:m fino ad x =n) espressi il mio desiderio, che qualche valente Geometra dileguando i miei dubbj stabilisse sopra più saldi fondamenti l'importante teoria degl'integrali definiti, i ([uali involvono le funzioni periodiche circolari. Pre- Standosi alle mie brame il Sig. Cav. Frullaui inserì due Me- morie nel secondo Fascicolo Matematico del medesimo Tomo, ove per verità non ha mostrato l'insussistenza delle miei obje- zioni, giudicandole forse immeritevoli di qualunque conside- razione, ma ha tentato di confermare con nuove dimostrazioni? 56 Nota sicl' imh.rai.i ec. clic lia crcikilo pei avventura non essere soggette alle medesime diilìcoltù. i teoremi di sopra accennati. Sfimo opportuno in ag- giunta alia mia Memoria alcune brevi riflessioni- clic a parer mio portano qualche poco di luce nell'astrusa dottrina degl'in- tegrali definiti di questa specie, e pongono in evidenza la ne- cessità di certe cautele , die non possiamo trascurare senza correre il rischio di cadere in errori. E nel far ciò, per evi- tare il tedio di trascrivere tutti i ragionamenti del Sig. Frul- lani, supporrò che si abbiano avanti gli occhi le di lui Me- morie. Egli cerca in primo luogo il valore dell' integrale — tìlllj. . ed imitando 1 analisi, con cui il celebre Signor Polsson ha inteso di verificare l' equazione / "^ ,ì.rcos.ar """ -r divide r intervallo tra i limiti e ed :^c in infinite parti da o a ,T, da .T a 2t, da 2.t a 3.t , ec. poi prendendo la somma degl' integrali corrispondenti a tutte (jueste parti trova '—= ,/ ausen.:/.cot.a;2i:;-. — ans. - = — Ninna difficoltà invero presenta questa ricerca quanto all'an- damento del calcolo . ma siccome in essa si pone in sostanza l'infinito sotto la forma ì.t , ove i è un numero intero, può dubitarsi che questa forma particolare influisca sul valore dell' integrale, e ne limiti la seneraiità. A schiatir questo dubbio osservo, che l'integrale fdxcos.x è nullo tra i limiti e e 2/.T, comunque il numero intero i sia piccolo 0 grande, e di qui potrebbe taluno inferire .. che sia /co 1/.VC0S..V = e. Ma siccome il medesimo integrale tra i limiti e 0 niz-^a. ove a è un numero qualunque finito, si trova =sen.^;. con pari ragione se ne potrebbe concludere D E L e A V. P A O L 1 S7 A 00 dxcos.x = sen.a. In questo caso adunque la diversa forma paiticolare attribuita all' infinito ha reso difTerente il valore dell' integrale. E qui ciova avvertire che si iriunirerebbe egual- mente al primo resultamcnto / J.icos a'=o, se nel modo pra- ticato dal Sig. FruUani l' intervallo tra i limiti o ed oo si di- videsse in infinite parti da o a ìt, da a.T a ^.r, da 4t ^ 6rr,ec. riescendo nulli tutti questi parziali integrali, ed in conseguen- za anche l'integrale totale, e si otterrebbe il secondo resul- tamento / dxcos.x = sen.a, se il medesimo intervallo si di- videsse diversamente in parti, cioè da o ad a, da a a i.T-l-a, da. a>:i-i-a a ^7i-¥-a, ec, perchè i [larziali integrali saranno tutti nulli, eccettuato il primo che è = sen.a. Questa osservazione dà luogo a temere, che lo stesso pos- sa accadere relativamente all' inteirrale / '''^" '- , e quindi nasce il desiderio di una dimostrazione, per la quale si rico- nosca, che qualunque distribuzione in parti delT intervallo tra i limiti o ed co, differente da quella usata dal Sig. FruUani, non può somministrare un diverso valore dello stesso integra- yco d'pcos.(p. La dimostrazione, che segue, dell' equazione o v5 y o V' ' oltre alla difficoltà accennata qui sopra, ne presenta un' altra più grave, in quanto che nel secondo limite ad un infinito indipendente da r si sostituisce un altro infinito, che ne di- pende. Del resto senza tanto apparato di calcolo si riconosce con la massima fiicilità, che 1' integrale /, (f jfsen.rji Tomo XXI. 8 •'>i5 Nota suol' intf.ou ali ec. Ija lo stesso valore dell' inteiii-alc / - '^''''"-'^ . comunque il numero e sia finito o infinito, purché indipentlente da r. Poi- cliè dilTerenziando relativamente ad r, ed avendo riguardo alla variazione di r nel secondo limite troviamo è^=//'^'7^'"'-'"^' sen.c sen.c sfn.c È dunque / "P'''^-'p pacale ad una costante indipendente da r. e per conse J o '

=■ r • La dimostrazione j che egli ne dà, sebbene incompleta, somministra l'opportunità di una considerazione importante. Se avesse ne' suoi calcoli scritto — in luogo di o, avrebbe trovato che l'integrale / . ^''"^ '"^ j o più giustamente 6c Nota suol' integrali ce. ixi / ' -''"^■''v" j è iiulipcndcnte da /•. E se passando ad un caso r ]iaitic()larc avesse nella fia/,ione — posto ùì^=n, e non avesse tenuto conto del denoininatore r, ne avrebbe tirata Fcrronea consegneuza, clie sia .-V- (« i-'^'^^^Vo — 7-) e2;uale a / ' -'""'^•^■. Di (|ui apparisce , die non può farsi in iienerale alcuna imitazione nella lornia dei limiti de^rinte- i;raU definiti, percliè il solo eanyiainento di — in o, il quale a primo aspetto sembra permesso^ conduce ad un resultainen- to lalso. Insieme si riconosce rpianto sia pericolosa ijuesta ar- Ijitraria distribuzione in parti , con la (juale si attribuisce all' iniinito una forma particolare. Tralascio per brevità di ripetere le medesime osservazio- ni intorno alle altre simili ricerclie del Sig. Frullala^ e solo mi trattengo un poco nell'esame dei ragionamenti derivati da altri principi, che si adducono da lui in conferma dell'equa- zioni (/^ cos. ì-rp =1 c , / ([(j) sen . rfp z= ~, J 0 i-t-p È evidente che l'integrale indefinito fdrpcos.rtp determi- nato in modo, che svanisca insieme con ^ può mettersi sot- to la forma / dxcos.rx d' integrale definito, e viceversa l'in- tegrale in apparenza definito / J.rcos.r.r è equivalente all' DelC/^v. Paoli 6i integrale indefinito fdtpcos.rp. E siccome /dxcos.rx è =/ dxcos.rx — / dxcos.rx , o J o J p essendo e finita o infinita, cosi avrà luogo 1' equazione (a) / d(pcos.r(p =:/ dxcos.rx — / dxcos. .rx. Ma dalla relazione osservata tra gì' integrali definiti ed i corrispondenti indefiniti si comprende, che questa ecjuazione (a) in qualunque modo trasfi)rmata non potrà mai darci il va- lore di/ dxcos.rx sotto una forma diversa da quella, che si ottiene per mezzo della integrazione indefinita, cioè •^^^^. Se per esemplo nell'integrale / dxcos.rx ponghiamo col Signor Frullani x=y-h

) =cos.r(p / dycos.ry — scn.rfp 1 dysen.ry , ponendo il qual valore nell'equazione [a) otterremo dxcos. r.v = I dscu.r{c — (p) I (Ixcos.rx =:fdf)COi.rf> -+- co5rf)fdf)Cos.r{ e — (p) — sen.r(pfdpsen.r[c — (p), ed eseguite le integrazioni dxcos.rx = -^ -f- ^ / e o E nella stessa maniera prendendo a considerare l'integrale ,,, j-i Tri- ■• /•'' 1 1 — COS. re /dq)àen.rfì in hicgo di /rfcpcos.rij», avremo/ rf.i-sen.r.r= — . Or come mai il Sig. FruUani partendo dalla medesima equa- zione (a) ha trovato nel caso di e infinita / d/pcos.rtp = o. e f d'psen.r'p = — F Ciò gli è avvenuto, perchè cangiando e e — iji il limite e — f) in e ha supposto / dycos.ry = f dycos ry , ed f dv?^e\\.ry=zf dyènn.ry, vale a dire sen. r(c — ^)^sen. re, ■ o "" ■ ■ o e COS. r(c — (^j)=cos./-c. I\Ia sebbene essendo e infinita e (p finita la quantità r{c — 7>) possa riguardarsi come eguale ad re, non è però sen. r(c — (^i) = sen. re, né cos.r(c — (p) = cos,.rc. Di che si accorgerà facilmente il Sig. FruUani, se porrà qui come al- trove, r infinito e sotto la forma ìtt^ essendo i numero intero. La frazione ^-^^ = i -H -^, ove a è una quantità costante ed X una quantità variabile positiva, al crescere della x va accostandosi sempre più all' unità senza mai divenirne minore se a è positiva, nò maggiore se « è negativa, e (|uindi è = i il limite di quella frazione. Ma non può dirsi egualmente che DelCav. Paoli G3 1' unità sia il limite della frazione ^^"' ^"*"° , la quale aumen- tandosi continuamente la x ora cresce , ora diminuisce, ora di positiva diventa negativa e viceversa, talvolta è nulla, tal- volta infinita. Relativamente all' integrale / 'J£^ il Sig. Frullani ri- trova, che la quantità P = / «° + e~ ° IL— f '^ÌP^2±l) : e" — e- '^ è rappresentata dalla serie • ■ ec. 2.3^ 2.3.ÌJ.Ó' a.3.4-IJ-6.7 ove r=co. E siccome la medesima serie rappresenta ancora il valore dell'integrale/ J^^^ ^l^g è = —dietro le sue an- tecedenti dimostrazioni, ne deduce / Ma qui non può vedersi senza molta sorpresa , che il Signor Frullani, il quale altrove ha saggiamente inculcato la neces- sità di evitare le serie divergenti nel maneggio degl'integrali definiti , faccia uso nel caso attuale di una serie infinitamen- te divergente. Le serie divergenti non esprimono il valore che rappre- sentano, se non in quanto si tenga conto del loro comple- mento o residuo , il quale nelle serie convergenti ha sempre il limite zero. Ora chi ci assicura , che il complemento sia il medesimo, quando la serie ^ TT H arre. — ^C . a. 3» a.3.4.5» 64 Nota sucl^ integrali oc. rappresenta il valore di P, e quando rappresenta quello dell' • . I / "-^ dr.son.r o integrale / r Dalle riflessioni precedenti parmi potersi concludere che le ricerche del Sig. Frullani, del tutto insullìcienti a diradare i dubhj pi omessi da me nella mia IMenioria lasciano la que- stione nel medesimo stato, in cui era, prima che egli ne in- traprendesse r esame. 65 SULLA DECOMPOSIZIONE E TRASFORMAZIONE DELLA FRAZIONE ALGEBRICA RAZIONALE DELLAFORMA q p p' p" (n—i) p X (x — a) (x—a') (ar— a") .... (x — a ) MEMORIA DEL SIGNOR MARCHESE LUIGI RAXGOM Ricevuta adì 29 Ottobre 1834. Il soggetto di questa Memoria fu già da me trattato altrove [*), però in modo assai diverso da quello che mi propongo ora di seguire. Derivai allora, almeno per la massima parte, le for- mole generali che mi venne fatto di stabilire dai principi del Calcolo delle funzioni generatrici ; ma mi fu in seguito ficile l'avvedermi che potevano bastare i metodi dell'Algebra comune per giungere talvolta anche più semplicemente agli stessi ri- sultati. Perciò giudicai oppoituno di ripetere per altra via le stesse ricerche coll'intendimento di renderne più elementare il processo, e dotarne di più facile evidenza le conseguenze. Così presentando sotto un aspetto pure alquanto diverso le espressioni prese ad esame, spero di aver potuto conciliare alle formole quindi ottenute «[uell'assenso che per una parte non costi molta fatica, e per l'altra giovi ad estenderne le utili appli- cazioni. Abbracciando poi tali formole tutti i casi e le condizio- (*) Veggasi la Memoria pubblicata nel 1827 sulla Decomposizione e Trasfor- mazione delle funzioni algebriche frazionarie inserita nel T. I. delle Memorie della R. Accademia dì Scienze, Lettere e d'Arti di Modena. Tomo XXI. 9 66 Sulla Decomposizioxe ecc. Ili diverse secondo le quali può essere proposta una espressione algebrica frazionaria razionale, quando specialmente si conoscano i fattori anche semplici del suo dctioniinatorc, credo che per esse venga a perfezionarsi il lavoro da me dato nella Memoria inserita fra quelle dell' Accademia IModeneso, nella quale forse venne ominessa qualche particolare considerazione cui ho dato luogo nella presente. Pertanto le applicazioni delle formole stesse alla decomposizione di una data frazione sembra che sempre meglio possano raccomandarsi non meno per la loro varietà, che facilmente si rileva, quanto per quella semplicità che a differenza di Oiini altro metodo conosciuto le riduce a pure sostituzioni, ed operazioni numeriche. j. L'espressione generale della frazione che ha per nu- meratore un polinomio qualunque in x con coefficienti costanti, e per denominatore un altro polinomio analogo, ed in cui la pili alta potenza di x superi almeno di un'unità la più alta potenza di .r nel numeratorcj può, (piando per x — a,x — a, ecc. X — a si indichino i fattori di primo grado del denomina- tore, rappresentarsi per ('/) 1/ {'j-i-p-hp'-hecc.-i-jr ~~ ^—i) q-i-p-\-p'-\recc.+p^ ~' -'— i *'-t-C i-HC'.r^-Herr.-4-C x -|-prc.-l-C x __ , q p p' {n—'-)p X (r^a) {x—a') .... (x—a ) nella quale le C, C, ecc. abbiano un valore qualunque, com- preso anche lo zero, e le tj, p, p\ecc. sieno numeri interi e jjositivi qualunque, ed in parte pure possano essere eguali allo zero. Trattasi quindi di risolverla o decomporla in altre più semplici, loccliè però importando soverchia complicazione a farsi nella sua maggiore generalità, richiede che ciò si operi in tutte quelle speciali generalità che corrispondono alle di- verse supposizioni che essa può ammettere. Se quindi suppon- gasi primieramente (j ■=p=p'= ecc. =p = i, l' espressio- ne generale proposta diviene Del Sic. Marchese Rangoni 67 , . C-+-C':r-4-C"a;='+ecc.-4-C x "- T ~ - *^ -• - ■ (') ui^o- x{x — a){x^a') . . . (x—a ) Variando la supposizione col porre q =0, ritenuto però p=p'= ecc. :=p"=i come prima, prende essa l'altra forma (n—i) n—i , V C+C'r-t-C'i'-t-ecf.-i-C X {x^a)(x—a') ■ . . (x—a ) Se poi si supponga q=p'=p"=ecc.=p =0, si avrà la forma (p— I) p—i /ox C+C'j-4-C"ar'H-ecc.-t- e x (x—a) la quale, se si pongano = o i coefficienti costanti tranne uno, prende la forma (r) r (4) — H-' in cui r può essere un numero qualunque ■) '• (6) ...... 2_^ , IP X (x—a) in cui sempre t -»-ecc.-HC ,) p+p'—i X ^'' P P' (x—a) (x—a) 1 e più semplicemente (r) r id>\ 0 X ^^^ P P' (x—a) (x—a') clic ab])iaccia tutti i casi di r=o, e di r<,p~\-p'. Si potreb- bero ora eoa nuove supposizioni estendere molto più le ior- me speciali che derivano dall'espressione generale proposta aumentando anche il numero de' fattori del denominatore; ma siccome, secondo ciò che si vedrà in seguito, le regole che si trovano per la decomposizione della trazione che ha la forma (7) conducono a quella di qualunque altra frazione analoga che abbia nel denominatore un maggior numero di fattori , così basterà limitarsi alla considerazione ulteriore della forma (p-i-p'+p" — l) p-i-p'-t-p"— I , X C-HC'a:-t-C".r'-t-ecc.-4-C x P P P (x—a) (x—a') (x—a") e della più semplice ('0 - (r) r C X p p p" ■> (x—a) (x—a') (x—a ) che J>en facilmente si vede come nascano dalla generale. Al- tre due forme nascerebbero pure dal fare nell'espressione ge- ìicidie p =p =ccc.=:p = o, e dal sopprimere in seguito tutti i termini del numeratore tranne uno, che riuscirebbe al ,. (r) r solito espresso per C x , ove però sarebbe r = o , e sempre Del Sic. Marchese Rangoni Gq r <^ q -^ p -\- p ; ma le stesse forme sono date col solo cam- biamento di qualche lettera che non influisce, peichè di ge- nerale rappresentazione e col porre nelle (9)^ (io) a=o. Resta quindi soltanto ad avvertirsi che 1' espressione generale pro- posta si riferisce alla supposizione che tutti si conoscano i fat- tori del denominatore, nel qual caso come pure si vedrà , se ne ottiene la completa decomposizione. Non così avviene quan- do r ostacolo dell' irresolubilità in generale delle equazioni superiori al quarto grado impedisca il conoscere tutti i fatto- ri di un polinomio che sia il denominatore di una data fra- zione. Allora se niun fattore possa conoscersi , la decomposi- zione^ come è evidente, sarà impossibile, e quando se ne co- noscano alcuni, essa soltanto avrà luogo , come si vedrà par- zialmente ed in corrispondenza ai fattori conosciuti. Quindi una frazione algebrica qualunque soggetta a tale condizione potrà rappresentarsi per • (n— a) («—2) (p+p-i-Qcc.-h-p H-m^i) /7-t-p'-Hecc.-l-/> -t-m^i C+C'a;-(-ecc.+C x (II) . . . (n-o.) p p' {n—o.)p (m) m (r— o) (x-~a') ....(x— fl ) (D-hD'jr-HD"a:»-)-ecc.-HD x ) cambiando nel!' espressione generale proposta p in ;?2 , e sostituendo al fattore (x — a ) il polinomio (m) TU D-f-D'a;-(-D"x'-»-ecc.H-D x , che si suppone risultare dal pro- dotto di fattori tutti sconosciuti. Supposto poi anche p =p^ ecc.=zp = o sx ha 1 espressione ultmia / V C-<-C r-t-C a-»-»-ecc.H-C x ' ' (12) — IV ^ ' (m) m ■' . -ii.rj. 1;. D-hD'x-t-D"x>-t-ecc.-+-D x ■ la quale è indecomponibile. Variando però l'ipotesi riguardo ^o Sulla Decomposizione ecc. ('") ™ . al polinomio D -f-D'.r-t-ecc.-t-D x , cioè supponendo che esso sia il prodotto di altri due o più polinomj tutti di grado su- periore al (juarto , avrà pur luogo una decomposizione della frazione della forma (la) limitata al ritrovamento di altrettan- te frazioni più semplici che abbiano per rispettivi denomina- tori i fattori stessi, ed equivalgano nella loro somma alla fra- zione proposta come è tacile dimostrare. a. Prendendo ora a considerare primieramente 1' espres- sione (i) dell'articolo precedente si può stabilire l'equazione C-t-C'x-t-G"x» (") 1 -+-ecc.-t-C X = A X ■+■ A' X — a -1- A" X — a' -t-ecc.-H (n) A x(x—a){x—2 in—,) ■)...{x-a ) (n- x—a '■)' in cui A, A', ecc. A sono costanti da determinarsi, le quali realmente si determinano avendosi perciò, levate dalla propo- sta le frazioni, altrettante incognite quante equazioni. Molti- plicando quindi la proposta stessa per vT, poi fatto x-=o, si ha A = (n~i) ' — a . — a'. — ecc. .—a e moltiplicandola per x — a, & fatto x ^=. a si ha pure (li) n . . C-t-C',2-l-C"a*-t- ecc. -h C a ~~ (»— 0 a{a — a')(a— o").... (a — a ) Con metodo analogo si troverà il valore delle altre costanti A", A"',ecc. A , e poiché ciascun termine del secondo membro dell'e- [uazione proposta, se si eccettui il primo, può rappresentarsi per ■r) ■^^ esprimendo per (r) generalmente un numero d' apici A ( X — a non < I, e non < ri, si avrà sempre per ogni caso partico- Del Sic. Marchese Rangoni 71 lare il valore di A dall' espressione del primo membro dell' equazione stessa sostituendovi a in luogo di x, e soppri- mendo nel denominatore di essa il fattore x—a . Sia a ca- gion d' esempio T equazione 7-<-5j:-t-3x' 7-H53:-<-3ar' A _i_ ^' , A" • '• a:^-i-àx'-h'.i3: """ x(x-t-3.)(x-i-i) ^~ x x-t-a x-t-i ' che confrontata colla projDOsta dà C = 7 , C= 5 , G"= 3, ed a = — a, a'= — i . L' espressione generale trovata per A dà in questo caso A = — , e la sostituzione successiva di — a , — I in luogo di X nella frazione 7+ ^-^ ^ — , considerando co- me non esistenti rispettivamente i fattori x-i-a, a;-+-i , produce A'=— , A"= — 5, onde finalmente _7_ _i ^ _9_ _J P " 3x'-t-5a:+7 a " a; a ' xH-a ' a-j-i a(j;-»-2)(x-f-i) ' Se ora si istituisca 1' equazione analoga alla precedente, cioè (n—\) n—i - (n—i) C-hC'j+C'j'+ecc.H- C X __ _A_ A'_ A (n— I) — ar— a "^ ^i::^' "^"^^^-"^ (^^ ^ (a;— a)(a'— a')...(x— a ) . x—a o 0 di cui il primo membro è l'espressione (3) dell'articolo i. è facile a vedersi pel già detto che ognuna delle costanti A, A', ecc. A sarà rispettivamente ciò che diviene il pri- mo membro dell' equazione stessa, se in esso si ponga succes- sivamente a, a, ecc. a in luogo di x, soppressi prima e corrispondentemente i fattori x — a, x — a, x — a . Si ha quindi la regola sicura per decomporre una frazione della for- ma data dall' espressione (a) dell' articolo i .° in altrettante 72, Sulla Decomposizione ecc. Irazioni semplici quanti sono i laltoii di primo grado del suo denominatore. Cosi se venga proposta la frazione I— 3r— .r=' I— 3jr— a:» A . A' A' b — -jx+x^ {X — i)(x — 3)(a-H-3} x-^t X — 2. x-t-i ' si avrà, ponendo nel primo membro di essa i in luogo di x, soppresso prima il l'attore x — i„ A=-i ; e ponendo a in luogo di X, soppresso il l'attore x — i, A'= — -^ . Da ultimo soppresso il fattore x -f- 3 , e fatto a; = — 3, si ha pure A "= — ; ed in conseguenza: i— 3t— ,r' j_ /_i5_ _ _36_ I \ tj—^X-^.L^ 20 \.r 1 X—- -2 .i-^ól 3. Trattisi ora di risolvere V C(piazionc: ip—i) p—i (p—'ì C-+-C'.r+C"a-'-+-ecc.-t-C x A A' A I' P l'—i {x—a) (.r— '■') (-r— o) -t-ecc.-t- ossia di determinarne le costanti A, A', ecc. A^ con che si ottiene la piìi semplice decomposizione dell' espressione (3) dell'articolo i ." che è il primo membro dell'equazione stessa. È Tacile a vedersi che avendosi da «{uesta, levate le frazioni , (;;— i) altrettante incognite quante equazioni, saranno le A, A ,ecc.A sempre determinabili, come si rende sensibile nell'uso del metodo ordinario de' coefficienti indeterminati con cui, però anche con calcolo sommamente Jjrigoso e prolisso, si ritrova- no ne' casi particolari. A determinarli però generalmente non uno è il metodo che può seguirsi; ma quello che agli altri sem])ra preferibile , consiste nel prendere primieramente a Del Sic. Marchese Rangoni 78 risolvere l'espressione -2—^ che è la (4) dell' articolo i.°, giac- (x-a) che G a;*^ in cui r può prendere tutti i valori da o fino a p — I inclusivamente pe' due estremi, rappresenta tutti i ter- (p—i) p—i . . , , ,. r • C-)-C'x-t-C".r»-t-ecc.+C i mini del numeratore nella trazione , (x—a) e quindi quando siasi rinvenuta T espressione sviluppata di —, variandola dentro i limiti di r, e raccogliendone i ri- sultamenti in somma ordinata secondo le potenze di — ^, si avrà l'espressione (3) dell'articolo i.° decomposta in altret- tante frazioni più semplici^ cioè co' numeratori costanti, quan- te sono le unità in p. Ciò posto essendo ir) T (r) C X C P P (x — a) (x-^a) (r) \a-{-(x — a ) I = e / r r — I r (r— I) , .^ ''- I a -i-r(x — a)a -1 — ( x — a ) a r— 3 ■ ri (x — afa •H-ecc.-+-(a: — a) |= (x—a) _^ r(r— iHr-2) , ' '\3^'~'^ c'" ' (a a r(r—i) a i \ H r 1 1-ecc.H 1 ; P P— ' 2 p—2. p—r I (x—a) (x—a) (^—o) (^—o) (r) r se si ponga ora nell'espressione trovata di successiva- (x—fl) mente r=o, r:=i, ecc. r=jj — i, sommando i risultamenti, ed ordinando per rapporto alle potenze di —^ si ha Tomo XXI. IO 74 SuLLiv Decomposizione eco. CH-C'j-+C".r='-»-eri-.-(-C .r - (T-a) P [x-a) p (.r— a) (-r— a) C',j» -(- Co C" /' p^. -t- ^— a (.r— a) (I—a) (r— a) C"'u' -<- p—x (X— u) „ C'"a C" (.r— a) Ix — a) (x—a) t/"- 1) /'— > (p—l)p—2, (p—l)p^i (p—1) C a , vC rt («— i)(n_2) C a C p ^' ' p—! 2 p — 2 .1— a (x—a) [x-^a] (r— a) A A' A" A -+-ecc.H , Z' i'— • P-- (x—n) (x^a) {x — a) rappresentando per A, A'^ A", ecc. le somme dei coefficienti parziali delle potenze di — i- . Ad ottenere però in modo diretto 1' espressione generale di A die può rappresentare ognuna delle costanti A, A', ecc. A giova richiamare 1 equazione (r) r T T — I r— a P \ p />— I 3 P— a p—r ) (x—a) (x—à) (x—a) (x—a) (x—a) o ponendo r h- « in luogo di r: Del Sic. Marchese Rangoni. ^5 r-t- (r-^-n) T-*-n , r-^n r-t-n— i = G / 1- ( r -4- « ) .P l I' ' ' P (^—a) V (^— ") (x— a) rH-n— 2 r-4-?i — 3 (r-t-n)(r-l-n— i) a ^ (rH-fz)(r+n— i)(r+?; — a) a p—2, 3.3 ^ — S (x— a) (^— '^) R (r+n)(r-t-;i— i)....(fH-i) a ■ecc. ecc. p—r-n f. 1.S..Ì....T p — (x—a) •< ■ (^—a) Ora se si supponga A-+-ra posto dentro i limiti inclusivi di o, /?— I, e si rifletta che A rappresenta generalmente il coef- ficiente di :: — : nello sviluppo della frazione P- (x-a) (p—i) p~i C-hC'r -+• ticc. -(- C X } secondo le potenze di x — a, e che perciò deve essere la som- ma de' coefficienti di _ nello sviluppo parziale di (x-a) (r) r (r-t-j) r-i-i (;7— i) p—i C a; C a: C x ecc. P"" P ' P (x—a) (x—a) (x—a) se ne inferisce facilmente che, se nel coefficiente . n • j^ — !^ — , che e quello di nello svilup- i.2.o...r ■' T p — r t- (x-a) (r-t-n) T-t-n po di , si ponga successivamente n = o, n= i,ecc. (x-a) n=zp — r — I, sommando i risultamenti, si ha 76 Sulla Decomposizione ecc. 3.3 i.2.3i . . r Da questa espressione risultano quindi, posto successiva- mente r=o, r=:i , ecc. /■=/? — i, i coefficienti dello sviluppo di una frazione qualunque della forma dell' espressione (3) dell' articolo I." Sia per esempio proposta la frazione .r'— 2 A A' A" h" espressione di A , avendosi in questo caso /? = 3, a = 3, C ^ — 2,, C'= o, C"=: I , dà, fatto r:= o, A= — a •+• f) = 7 ; fatto /•=!, A'= 6; e fatto /• = a, A"= 1. Sarà dunque (X— 3j3 (X— 3)5 (x-3)» X— 3 ' come può verificarsi. 4. Prima d' inoltrare nella decomposizione delle fra- zioni è d' uopo qui dimostrare a guisa di lemmi due propo- sizioni che saranno di molto uso nel seguito. Colla prima si asserisce che supposti al solito /?, r numeri interi si ha sem- pre r equazione p(p-^t){p-^^) ■ . ■ ■ (/)-4-r— I) /-'(/i-t-iKp-t-a) .... (p-i-r—o.) 1.^.3. . . r 1.2..Ì. . . (r— 1) ^_ (p—i)p{p-^i)....{p-\-r—i) (;7— 2)(/)—i )/)... .(/7-(-r— 4) _^Q^^ , I.2..-Ì... (r — I) i.2,.3....(r— I) Del Sic. Marchese Rangoni 77 Per provarlo si riflette primieramente essere / V p(p-H)....(p-Hr— I) (p—ì)p(p+i) (p^r—s.) _^ p(p-i-i)(p-*-^)-..(p+r—ti.) \ I ' ' ' 1.2.3. ..r i.2..à....r i.2,.i....{r^i) come è manifesto per un facile artificio di calcolo. Ora se si • j- 1-11' • p(p-+-i)...(pH-r— i) . indica per F 1 espressione ^--^ j'- -, sarà 1 ^,r ' 1.2.6. ...r (p—i)p(p-y-j)-(p-\-r—:i) __ p ^ i.2.d....r /»— i,r ' . p(p-f- i)(p-4-2)....( /;+r— a) __ p ^ .' • i i.2.3....(r— I) /?,r— I ■* poiché riguardo a queste tre espressioni è manifesto non es- sere la seconda^ che la prima in cui siasi sostituito p — i ap, e la terza non essere che la prima in cui siasi cambiato r in r — I. Si avrà dunque variando anche la sola /?, cioè ponendo successivamente/? — i, p — a, ecc. in luogo di p F =:F p,r p—t,'' -hF p,T—l F =F p—l,T P—^,T p—l,T—l F =F , -f-F p— a,r— I F =F -)-F p—n,r p— (?2+i),r p—n,r—i Sommando quindi queste equazioni, e riguardando n come un numero qualunque intero però non > p — i, si ha F =F -hF -hF -Hecc.-+-F -hF ; p.r p,r—i p — i,T—i p — a,r — i p—n,r^i ^_(„^-i),7- e quindi fatto n = p — i , onde F = F =: o , ed 78 Sulla Decomposizione ecc. F =i:F =1, viene l'altra: (2) . . F =F -+-F -f-F -Hecc. H-(, che è 1' equazione proposta a dimostrarsi. La seconda proposizione clic vuoisi ora dimostrare quasi come corollario della prima sta nell' asserire che l'espressione (3)...F /— ^^F J"" —b^¥ /"^—ìrF /""^—ecc— / , p.T p,r—i p—i^r—i y;_2,r— I nella quale F , F , F , F , ecc. hanno la stes- p,r p,r—i p—i,r—i p—2.,r-i sa significazione che tu loro attribuita nella proposizione pre- cedente, è generalmente divisibile per x — [/. Sostituendo per- ciò ad F il suo valore testé ritrovato per la (2) essa diviene P>' (F -t-F -H F H-ecc.H-i)./ — bt T — b^F X — b^F X — ecc. — b = p,r — I p—ì^T—i p — 2,r — I F {x—b)/~'-hF {x^—b')x^~^-^F {x'—b^x^"' p-r—i p—i,r—i p— 2,r — I P jP -+" ecc. -(- X — u , che, divisa per x — b, dà il quoziente F ./~'-f-F {r-^-b)x^~~-hF {x'-i-bx-^b^)x^~^-^ecc. p,T—i p— .i,r— I P^2.,T — I p—i P~~^ -, P — 3 p — I -H.r -^ bx ■+• b'x -+-ecc.-(-Z» = Del Sic. Marchese Rangoni 79 (F -t- F -t- F -+- ecc. -i- I )/"' p— a rp -t- F -t- F -4-ecc.-Hi)ftx p—3 (F -hF -hF -Hecc.-+-i)^''x ^ j7_a,r^i p^S^T—i p — 4)''— ' è^' Ora essendo qui il coefficiente di oc il secondo membro dell'equazione (a), il coefficiente di bx lo stesso secondo mem- bro in cui siasi posto/* — i in luogo di p, il coefficiente di b^'x lo stesso secondo membro cambiato p in p — a, si fa manifesto che il riti'ovato quoziente si riduce alla P— I , p—2, p—ì , p—I (4) ... F « ■+■¥ bx -4- F b^x -{-ecc.-h b , p,T p—^,r p—^-,r da cui, fatto a;=Z'=i,siha il secondo membro dell'equazio- ne (2), cambiato in essa r in r-t- i. Perciò il quoziente me- desimo viene allora espresso da P __ p{p-^itp-\-^).:.(p-^r) p,r-*-i i.3.3....(r-»-i) ■' e lo sarebbe da F b = P(p-*-')--(p-*-r)b p,r-i-i 1.2.3 (r-»-!) per la sola ipotesi di x = b. Nella supposizione di r = a l'espressione (3) diviene 0 n«Mi p«»a B F X —bF X —b^F x —ecc.— b , p,o. p,J /)— 1,1 8o Sulla Decomposizione ecc. e quindi divisa per x — b secondo la corrispondente applica- zione della formola (4), J^ì Jl quoziente: p—i p~'^ p—i ,/'""' F X -h F bx ■+- F b'x -i-ecc.-f- b , die, posto X = b^ risulta secondo V equazione (2) Così quando si suppone r=3, il quoziente dell'espres- sione (3) a[)plicata a ([uesto caso e divisa per x — b, e fatto in seguito x=b, risulta p l^''-' _ p( p-*-i ) ( p-t-^ ) i p-^-ì ) jV—' '/),4 1.2.3.4 Resta per ciò che dee dirsi in seguito a farsi 1' osserva- zione, che se nell'equazione (a) si ponesse r=:i , essa più non sussisterebbe secondo il significato attribuito ad F che in questo caso risulterebbe F =-p-, mentre il secondo membro dell' equazione stessa prenderebbe la forma di fjuantità infi- nita. Quindi in questa ipotesi non avrebbe luogo neppure ciò che si è dimostrato in generale circa la divisibilità per x — b dell'espressione (3). Però supposto che essa sia /' / P— ' 71 P— = 73 P— 3 jP px — bx — b x — u X — ecc . — u ^ sarà pure divisibile per x — b equivalendo essa come facilmen- te si vede all' altra P , ¥—' P ,., p— 2 P ,3 P— 3 p ,p X — bx -i- X — b'x ■+■ X — b^x -t-ecc.H- x — b p^t p^3 ^ p^3 p p = (r — b)x -+-(.i-' — b^)x "H(x* — b')x -i-ecc.-h-a-- — b evidentemente divisibile per x — b, essendo l'espressione del (fuoziente che ne risulta: Del Sic. Marchese Rangoni 8i y»i— I p—a p—3 p—i px -f- {p — \)bx -+- {p — 2)b'x H- ecc. H-i , P—i • Il 1 ^^ • t-\ iP^ P(p-*-^)l> 11 quale, posto x=o, diviene b o ^ — ^~n ' ^ 5. Secondo l'ordine stabilito nell'articolo ( .° trattasi ora di prendere in esame 1' espressione (5) dell' articolo stesso, o piuttosto la (6) che la rappresenta, come apparisce, in ciascu- no de' suoi termini, cioè , in cui r<^q-^p. Se quin- X (x — o) (r) T-q di si supponga q r essa diviene —^ , di cui potrebbe cer- ar ( X^lt) carsi lo sviluppo con metodo diretto perfettamente analogo a quello con cui nell'espressione (8) del suddetto articolo i .° fatto r=o,si ottiene, come si vedrà in seguito, la decomposizione della (o) c frazione 1 , a cui si riduce per particolare supposi- (x-a) (x-a') (r) C zione anche la decomposizione di — — . X (x—a) Torna perciò opportuno ^ fatto anche per semplicità G =: I, ricercare la risoluzione della frazione - P P- - • (x—a] (x—a') Posto pertanto ..." ' . ■ - ip-') I A A' A ■ ecc. -+■ p p/ p p—l (x—a) (x—a'} (x—a) (x—a) (p—i) B ■ecc.H r f/ p--i (x-a') (X—»') Tomo XXL II 8a Sulla Decomposizione ecc. :cc. li costa essendo al solito A, A'^, ecc. A , e B, B', ecc. B costar ti da deteiiniiiaisi; se si moltiplica l'equazione per [x — a) , poi si faccia .r^a, si ha subito A= r = — r, posto an- (a— a') i che a — d=- b. Se inoltre si ponga x — a— x e si sostitui- sca il valore trovato per A , 1' equazione proposta dà facil- mente r altra: p' p' ip—') (/''—>) ^ _ , ) (r' _ i ) A' A B B' B ^ ~ ^ -;= Hecc.H 1 (H ; i-ecc.-H r- , p p p p—l X — ii p' p 1 X ' i (T—a) x' (-1— '2) x' x' ,p' p' . . . . la quale, a cagione di x — h divisibile per x—'b:=x — a, diviene: p'—i p' — 2 p' — 3 p' — I /.v ( — 1 ) / x' -4- bx' -^ i'.r' ■+■ ere. -¥■ h \ " ■ • • • ~r\ ¥=^' } — b ^ (r—a) x' (p-^) {p>-i) A' A B B' B ecc. -I 1 r H ; H CCC. H ; , p — I X — a p p — (x— u) x' x' che moltiplicata per {x — a) , e fatto .r=a , o ciò che è lo lo stesso x = b., dà p'—i .._( — t ) yf ( — ' )p' p' p' ~ p'-^' ' i b b valore che sostituito nella (I) dà pure: p' p'—' p'—^ P /?'.)■' — jbx' ■+■ b'x' ■+■ ecc.-t-b ) //-r-i p—i p' b (T — a) x' (p->ì (/>'-') A" A B B' , B = -+- ecc. -h ■ H ■ — ; H ; — - ■+■ ecc. -\ -; . p,— 2 X — U p p — I X (x—a) . x' x' Del Sic. Marchese Rangoni 83 Ora il numeratore della frazione, che è il primo membro di questa equazione, avendo la forma considerata nel fine dell' articolo precedente, è pure divisibile per x — ^^ e si ha perciò: p' 1 p'—2. p' 3 p' 1 p'x' ■+■ (p' — i)hx' -\- (p' — i)h^x' -+- ecc. -+- i b (X- -a) od A" -♦- ecc. ■+- a"- B -+- B' ■ -H ecc. I ■H- x' •') (X- P- -a X— ■a ^ p' x' X ovvero come si ricava dall' articolo precedente (II). . ^'-"i p' — a p' — a p' — I F i' -t- F ix' -4- F i^x' -H ecc. -+- h p',^ p'—',i />'— g,i . p-i-i p — a p' h (x—a) x' (p-i) ■ '•-'- ip'-i) A" A B B' B ecc. H 1 ; H ; 1- ecc. H ; ' p — a x^a p' p' — I (x — a) x' x' onde^ moltiplicando per (x — a) poi fatto x-=b, nasce p--i A"= F . ^-r— = F . —i^ = (— f )" F . —A- , 2.p'-^-I , p'-i-a ^ ' , p -4-a (-1) ^/(/''-^n .3 p-t-ì P"""a p Moltiplicando ora 1' equazione (II) per (x — a) x , indicando per S _ la somma B-t-B'x'-t-B'V'-t-ecc.-i-B x , e sostitui- to in essa il valore trovato per A", si ottiene pur l'altra: 84 Sulla D LLA JJECOMPOSIZIONE CCC. ( _ I )J / />' »'— I p'—^ p' . (Ili) . . "Tl^rr ( F X —b¥ X —b^F x' — ecc. - b ) b * />',2 p',i />'— 1,1 ' = X l A (x — rt) H- ecc. -hA (x — a) )-+-S (r — a) Ora il primo membro di questa equazione indipendente- mente dal moltiplicatore ' ~/ ' riferendosi all'espressione (3) b dell' articolo precedente, in cui posto // in luogo di p, x' in luogo di .r, abbiasi /• = a, è divisibile per x' — Z':=ar — a, come lo è pure il secondo membro. Effettuando però la corrispon- dente divisione dell'equazione, a cagione di p' p'—\ p'—2. p' F x' —bF x' — i^F x' — eco. — b p'— I p' — a p' — 3 p' — I F ^' -(- F bx' ■+■ F b'x' -+- ecc. -+- b , p',-2. p'—l,2. p' — 2,2 tome si ha per questo caso dall'espressione (4)i e fatto inol- tre x:=a, cioè a:'=^, si avrà: ^,„_ I - . )' I p _^_ p _^_ p _^ ecc. -h i\b^ _ (-')» / F -H F H- F -f- ecc. p',2. /-'—!, a /»3,2 b^'-/ ^ _(—')' ;y(p'-4-i)(//-»-2) /-*-CÌ 1.2.3. ' come SI ha pure dall' equazione (a) dell' articolo precedente, ponendo in essa /;' in luogo di y> , e fatto /- = 3. S intravede pertanto la le^ge che seguir debbono i coeffi- cienti A, A', A", A", ecc., ed argomentandola già per induzione conviene dimostrarla direttamente ed a rigore. A ciò conduce il supporre che un coefficiente qualunque A abbia la forma Del Sic. Marchese Rangoni 8^ Ì_~J_)_ p'(p'-t- I ) (p'-^r — i) p'-hr i.a.ij. . ■ . r ' b supposizione che come si raccoglie dal già detto si verifica rispetto ad A', A"^ A ". Quindi qualora si provi, che la stessa forma appartenga al coefficiente successivo A , vale a dire, che r espressione di questo non sia che quella supposta per a('> • • j • • • • < u A , in cui ad r siasi sostituito r-+- i, sarà anche provato co- me facilmente si comprende, che la stessa forma appartie- ne a tutti gli altri cominciando però da A' inclusivamente. E poiché r equazione (III) per cui si determina il valore di A'" può supporsi appartenente ad una forma generale^ così in questa stessa supposizione quando trattisi di determinare A deve valere l'equazione: (IV) (-') (F x'- bF x' — b^F X — ecc. —b \_ 0 Pi W ('■-♦-I) (i^— i) P—r\ p—M x' |A {x — a)-^A {x — a)''-f-ecc.-i-A (x — a) l-i-S (x — a) , , la quale, fatto in essa r=3, diviene la (III), e sarà pienamen- te giustificata , e passerà dal supposto al dato certo quando da essa altra ne derivi perfettamente simile per determinare ,('•-+-') . . . < . T . . . f. . A , iti cui cioè compariscano gli stessi termini in lunzione non più di r, ma di r-+-i. Dividendo pertanto la (IV) per X — a := x' — b dipendentemente dalle espressioni (3), (4) dell' articolo precedente^ posto in esse p' in luogo di p, ed r — i in luogo di r, ed x' in luogo di x, si avrà: r p' — I p' — a p'—i P''~^ -■ ' / F :c' -H F bx -^ F b'^x -+- ecc. ■+- b \ — A»' b e lA -4-A {x—a)->r-k (.r— fl)''-t-ecc.-*-A {x — a) j-i-S (ar — a). 86 Sulla Decomposizione ecc Da questa equazione, fatto x=a, onde x'=b, si ricava Y^'^— '-') ^ / F -+- F -H F -i-ecc.-f-i\ p'-hr-i • p' \ j,'^r—, p'—i,r—i //— 2,r— i / r i — • ) p ( — ■ ) p'(p'-+-'ì(r'-^--^) ■ ■ ■ ■ (/''-t-r— i) b P'' h (V) secondo le forinole (i), (2) dell' articolo precedente. Sostituen- do pertanto questo valore di A nell'equazione ultima da cui si derivò, dopo aver posto in essa ar=a, nasce quindi l'altra P' s, — ecc. — b \_- »'— I,r— I / r+i (- I ) hF x' — Z-^F r- p',r~-i p , (r-M) (r-»-^) (P- p—r—i^ ;>— r 9 ^.^/A (_,;— <2)-j-A (x— «)*-Hecc -t-A (x— o) \-hS (x— o) la quale è perfettamente simile alla (IV). Quindi si conchiu- de, che se nella successiva eliminazione dei coefficienti inde- terminati s'incontra, per determinare uno qualunque di essi Aquila equazione della forma indicata dalla (IV), oltre al de- terminarsi per essa /'' _( - ■ ) //(//->-. )(//+2) (p'-,-r-,) ^ — p'-i-r i.a.i r ' b se ne avrà sempre un'altra simile quale è appunto la (V), e da questa si ricaverà pure analogamente r-i-i ^'"^^ (- 1 ) //(//-t-i)(;>-+a) . .. ■If'-t-r) ^ f,'-\-r-i-t 1.3,3. . . . (r + i) > b finché però sia rnon>/^ — i, essendo l'ultimo de' coefficienti ricercati a'^''^ Del Sic. Marchese Rangoni &7 Con ciò rimane dimostrata la legge de' coefficienti dipen- dentemente dalla supposizione della l'orma attribuita all'equa- zione (IV), la quale, come si vide, verificandosi nel caso di /• = 3, cioè quando s' incontra 1' equazione (III) per cui si determina A'", dovrà pure verificarsi per ogni altra equazione analoga data dalle successive eliminazioni. Perciò ponendo nell' equazione (IV) r :=. p — i, si avrà ancora l'equazione giusti- ficata />— I p p'—i p'—a. p' <-') /F x'—^^F x' —b"~F x'—ecc.—b ) p' (/'—') = X A {X fl) -H S (x ay, ■' •' Uii ;; ■ . ' ^' M i!;r '■: i. la quale, divisa per x — a = x' — b, dà l'altra: ' p~r p'—i p'—a. p'—i P'-' . < — ' I I F x -^ V bx' ■+■ F h'^x ■+■ ecc. -t-Z» ) o p' (.p-l) = x' A -i- S { X — a) , '\ ■ come sì ha applicando opportunamente le espressioni (3), (4) dell' articolo precedente. E poiché A = (— ' ^ /(A''+0 (p'-^P-^) _ (-1) p p-i-p — I l-:i (P — 1) P'-^P — ' , ' h b P >P—' se si sostituisca questo valore nell' equazione ultima da cui anche potrehbesi direttamente ricavare ^ si avrà ancora tras- ponendo opportunamente: P , P' />'— I p'—^ P\ <-') / F x' — bF x' — b'F x'—ecc.—b\—s(x—a) /-*-p-'\ p\p-i p'.p-^ ;>'-',./'-a / J '' i 88 Sulla Decomposizione ecc. equazione, che pure divisa per x — a = x' — b, dà: p p'—i p— a p'— 3 P'—'\ -' ' ( F X-' -+- F bx -^ F b'x' -+- ecc. -^b ]—$ ovvero, restituendo il valore di S , x' p p 1 p' 2 p' — 3 p'^i p p—t p—2 p—i J -') / F x' -H F bx' -^ F b^x -¥■ ecc. -^b '-*-p—i \ p',p—i p'—\,p—t p'—%,p—i (p'— I) p'—i i.p'—ì) p'—^ (/)'— 3) p'—ì = B x' H- B x -t- B x -{■■ ecc. -i-B'x'-hB, ove è manifesto che dovendo eguagliarsi i corrispondenti coef- ficienti delle potenze di x ne' due membri di quest' ultima equazione si ha B =: ' ^ F t '^ p,p-^ B — ', ' F p'-ì-p—n. , ' (p'-3) B =-^ ( — I ) i' ^ p'—^,p- B' = -i^ F , p-4-i ' P B =i:^ll. 6 Per le cose dette si fa quindi manifesto, che l'equazione proposta nel principio del presente articolo rimane pienamen- te determinata, e si ha: Del Sig. Marchese Rangoni 89 (-0 (VI) 1 , = -V . _i— H- Ì^>F p P P P p-\-t , p — I (x—a) (x— a') h (x—a) l ^'' (x—a) (_i)» I p—i ecc. ( -/ ) F . -^ i' P (-1) I , (—0 v ' p p' p-t-i P— I i (z-af J =*'P-' (.x-a'f (-'^ ^ ' -Hecc.-H ^^^^^ F /-^^ 3,^-. (_„,/-^ /-i'-' y,,-x a:— a' />,/J— I 6. La formola precedente (VI) presenta la forma de' coef- ficienti delle potenze di —|— diversa da quella de' coefficienti delle potenze di — i-^ . È però evidente che trovati gli uni , gli altri debbono essere perfettamente analoghi, e quindi de- terminato già il coefficiente generale di 3- in (x—a) .,- , j^''^_ ( — I) p'ip'-i- 1) ...( p'-*-r-i ) p'-i-r i.a.3 r »' • ■ ^ ~ i ■ ; ■ \\ se ne poteva legittimamente inferire (r) *■ B = ^~ ' ^ p(p-*-i)....(p-i-r—i) p-^-r I a. 3. . . . r ' cioè il coefficiente generale di r^ espresso inversamen- (x—a') te al coefficiente A , quale cioè si sarebbe trovato diretta- mente, se invece di cercare dapprima il coefficiente di Tomo XXI. la 90 Sulla Decomposizione ecc. si fosse cercato quello di —, — reciprocando la (■'"— fl) {--c—a') p colla p^ ed a — à con à — a= — b. Ora come è facile a vedersi la detta equazione (VI) dà generalmente £> __( — ') p __(—')_ (r-<-i)(r-4-J) ('•+/;--■) /*^ r-H,,^_. /+^ '•^••^ (P-'> rilerendo sempre secondo la posizione delle lettere r-\-\ , p — i, la F alla F dell' articolo 4- '5 cioè ponendo nell' espressio- ne di «juesta r-t-i in luogo di p^ e p — i in luogo di r. Osser- vando poi essere P V ^ (— O _ (-1) r _ (-1 ) p-\-r p-yr p+r r p-i-r p-i-r ' sarà pure Kr) 13 = (—0 (r-Hi )(r-t-a) ( r+p-i ) , p-+-r i.a.3 (p — I ) ' (-J) ed essendo z-,/? indeterminate, potrà essere r>/> — i, ovvero r<.p — I. Nel primo caso è evidente che l'espressione di F potrà anche indicarsi per r-M,^— I p(p+i)...TÌr-\-ì){T-\-^)...{r-Vp— 1) ì.'i.6....(p—i)p(p+i)....r ' e nel secondo per ( r-t-i )( r-t-g ) ( p—i ) ■ ■ ■ ( r-^p—j ) i.-^-Z T(r-\-i)....(p—i) ' cosicché in amendue l'espressione si riduce a p( p-t-I ) {p-\-r—i ) i.i.3. . . . r Del Sic. Marchese Rangoni ^iJft- D' altronde sì vede anche facilmente essere p(p-h-ì) . . . (p-j-r—i) (r-t-i)(r-4-a) ■ . ■ (r+p—i) "" ' '"> i.2.3...r I.2.3. . . {p—i) ' poiché supposta questa equazione, e levate da essa le frazio- ni, i due membri di essa riescono manifestamente identici , perciò sono identiche le due espressioni di B , ed adottando quella di ■TI.-, • V- - r-<\-'.' ;■■'> '-Vi- ■• ■ " ■ " • - • • , > r r r^'^'_ (-1) p(p-<-i) ip+r-i) _.(-!) p :.. lur/) p+r i.a.3...r ,^_, p-^r ' i-bf (-i) P'' si avrà l'altra equazione ]_ " -j *n— ) (VII)... ( — I) p p p p P"*"' ' /* — ' (»— a) (a:— a') t (x— o) J /" '' (x— a) ^1i;jJ!f. ^ — -Hecc. -4-^-'^^ 'f . -i- f-t) p /? />' /)H-i p— I (-*) (^— a') (-Z-) ^'' (^-a') , , i <-'^* -F . i-r- -HeCC.M- ' - • '"- ^ ■ - Riesce poi qui opportuno l'osservare che l'equazione già dimostrata plp-i-j) (p-^r—i) (f+iXr-t-a) (r+p—i) ,. ^ , i.a.3....r " i.a,3 ip^') ' :■.<.■■■■ :b .. :ir .;, tradotta ai segni funzionali è la stessa che , F =F , .;-■ ;;n— i; p,r r-*-i,p—t ■-^■i.) i.\ :, in cui il secondo membro nasce dal primo sostituendovi Oa Sulla Decomposizione ecc. r-Hi in luogo di p, e p — i in luogo «li r. Se si pone per esem- pio /■=2, sarà F =F , come appunto richiede l'identità p,j. 3.p—i de coefficienti di ~r— i nelle (omiole (VI) dell' articolo (x—a') precedente e (VII) del presente. Intanto se nella (VI) si pon- ga a'=o, onde b=a, ed inoltre tj in luogo di p' , nasce l'al- tra equazione (Vili) — ^ — = -^ . — ^ h ^-^^ F x(x—a) a (x—a) a ì'^ (x—a) p—i ^^ — - F . t-ecc.-H — F . <;-+-i p^j, 'l+I> — I x^a a ?'= (x-a) a l'P-' P P (-1) ' . (-•) F P 1 P-*-' ^.„_, 7— a X a ' X P P (=±F ._^-Hecc.-H-^=l^F ^-^^ 3 E_T 'i—^ P^'l-' n v—i a •''/'' X a l'P ^ la quale dà lo sviluppo dell'espressione (6) dell'articolo i.*, c'^/ . <^) cioè di , posto in essa r=o, e G r= G := i. q p' ^ X (x—a) Se ora per fare un confronto colle formolo assegnate nel- la mia Memoria sulla Decomposizione e Trasformazione delle funzioni algebriche frazionarie si ponga nella (Vili) a\r in luogo di x', e si osservi che il primo membro della stessa equa- zione diviene allora P I (—1) I H <ì P H-^P 1 P a X (a'x—a) a x (i—ax) e che ciascvin termine del secondo membro che contenga una Del Sic. Marchese Rangoni ,^ delle potenze di a'x — a può rappresentarsi generalmente per r r p- T (-1) p r _ (-1) (—1) F ' a 9>^ (a^x—o) a a , P — (-') F I P-^1 nr . p-T ' ;V'.«f' • tl ■_ II.' 1>^ (i—ax) espressione in cui r può ricevere tutti i valori o, 1,2,, ecc. /? — I , purché però si consideri F = i , si ottiene 1' altra q,o equazione ' ' ■•"' '' (-') ^ _ ,vr: le . 'f:- ' aq+p • p q ,,,--, a (i—ax) . X P ^/— ^ hF . ^ hF . '- i-ecc.-HF .~^ì f^'i \ p p—i p—2, li— aar 1 " \.-flx) ?'' (i-aar) !/'^ (i-ax) ^'Z"— ' ( — l) I (—1) T-i I (—1) n I -h~ — — . 1 — ^^ — - — F . 1 — ^^ — - — F . p-i-zq q p+^q-i J— i p-i-a.q—a. „ j— ; a X a ^'^ ' X a ^'P ^x P -H ecc. H ~^ — F . — ; P-t-9-t-I X ' '! , - ■ , ' , . , I ". d'onde finalmente si ricava: . • - ' (IX).... i =--f H-F . 2 hF . hecc. ^ ' q p p p—i p—^ X (i—ax) (i—ax) ?'' (i—ux) 1'" (i—ax) >a 1 " 1 ' 1 F " 1 F 3,p— I a» ?>;'— I I — ax q q—i X ^'P— X 5— a a: q—i _i_ rrp _i_F ." ■ f ■ q,p—i ()4 Sulla Decomposizione ecc. equazione, clic si vede facilmente identica a quella che fu determinata al n." ir. della mia Memoria sovra citata stando qui X in luogo di t^ e t] in luogo di in. Se ora essa si moltiplica per x si lia: = 1-4-1 a.v-f-F «~.r^-f-ecc.-t-F a x (1-d.rf -'/'—' ^'Z'-' 9'/'—' q q q q q q q q -+-F . hF . Hccc.-^F p V— I « —3 — ax ' ossia, rauuncntando che come si è dimostrato in generale F =3 F , si avrà ancora : p,T r-i-i,p—ì (-^) '- — -=i-i-F ax-i-F a'x^-+-F a^x^-i-ecc.-hF a x (t—a.rì P'^ l'fi P>^ P'ì—^ 1 7y -a \\—ax) 1'' {i—axf 'J-^(i-.ax) 2X ( '■ hF . '■ hF . hecc.-HF . -^) , 1 p P—i P — 2 I — axl ' equazione, la quale può ottimamente servire in molti casi per determinare la somma di q termini della serie infinita in cui si svolge r espressione secondo il canone newtoniano. (i—a-x) Di latto i primi q termini del secondo membro dell' equazio- ne (X) sono gli stessi di quelli che dà lo svolgimento della potenza negativa — = I -i-/.'a.v-(-' — ; — a .x='-i-ecc.-H — , ., _. , , — - — x a -f-ecc. (i—ax) Dunque se per R si indichi il residuo di questa serie in- fuiita, e per Del Sig. Mauchese Rangoni 9'& y— il q—i S =f-4-F ax-^F aV-+-F a'a;'-i-ecc.-+- F a x , q p,i p,a pfi P,q—i la somina de' primi q termini di essa^ si avrà anche: K=ax[—^ hF . "■ t-F 1 Kecc.-4-F . -i- ) , ed , , , , 1 (i—ax) ovvero i.ri / (::■■) , '. i' 1' . . - .. ■- "' ? (i— aa;) ' !• —a X i — ■ hF . i-F . ^ --Hecc.-4-F . —^ |. \ p P— I P — 2 I^OX / \i-flx) ?'' (i-flx) ?'^ (i-fl:r) ?'?-' ' Per fare un esperimento di questa formola, oltre a=i, si sup- ponga/?= a, e lasciando indeterminata la q, per questa ipo- tesi e per le cose dette si ha S =i-Ha;»;^-3x^-Hecc.-H^^ = (lip ~ "^ ((^' "^ ^) g q J-+-I ■ q—1 q i—x ^qx -i-qx I -^^ X •*- x^ -i- ecc. ■+■ x — qx a \ — X q 5_i q—ì, qx —( X -t- X -\- ecc. -♦- a: -t- i ) X ^ I Questa espressione diventa — quando si suppone inoltre a;= I, quantunque si sappia d'altronde che essa deve essere ?i^^ii?. Si ottiene però questo stesso risultato riflettendo che 9^ Sulla Decomposizione ecc. (jx — ( .1- -+- X -+• ecc. -I- a- -H I ) , e, cambiato p in fj, e fatto Z» = i , l'espressione medesima P P-" p—^ p—'i p px — bx — Z** X — h^ X — ecc. — b , divisibile per x — b, e considerata sul fine dell'articolo 4.°^ poiché essendosi trovato il quoziente di tale divisione espres- so da P\P ^ b ^ che, posto anche Z>=i, si riduce a ■^'■^"*" ,se ne raccoglie che nella stessa ipotesi risulta similmente S = -^^ — . Però ad evitare generalmente l'incontro della trazione — che sempre ha luogo qualunque sieno i valori di p, q nel caso di a::=a=: i , basta osservare che si ha sem- pre allora S = i-^-»-4- AZ!±ll_Hecc. ^I!ÌP±l±__ÌP±T=^^ q ^ 2. i.2..6...(q—i) I-+-F -H F -+-ecc.-t-F = F H- F -+- F -i-ecc.-t-r, ossia S nel caso presente si riduce alla forma dell'espressione '1 (4) dell'articolo 4-° posto in essa q in luogo di p, e p — J in luogo di r, e fatto inoltie x=:b:=i; e poiché per la somma de' termini della stessa si trovò nell'ipotesi pure di x=b:=ì , tp p ( p -t- ì ) ( p -*- r ) sarà al presente g _ p __ y(yH-n...-(y-Hp— I ) 1.2.-Ì P q q.p Sia per esempio /> = 2, ^ = 3, e sarà F = ~- = 6. 0,2 Del Sic. Marchese Rangoni ^'7» Sia ancora p=^-, q = 2., & sarà F = ^' '^.^ =5. 7. Ripigliando l'espressione (8) dell'articolo i.°, cioè 7, e supposto per maggiore semplicità C =1, ed (x—a) {x — a) inoltre /•>o, T<.p-vp\ cioè essendo r numero intero e minore almeno di un' unità A\p ->r- p , trattasi pure di risolverla in que- sta più generale condizione. Ponendo pertanto r=.r'-^r si può anche supporre r non >/?, r"<:^p\ locchè equivale al di- re che essendo il maggior valore che possa darsi ad r quello di p -^ p — i, è anche evidente che r potrà sempre partirsi in due numeri l'uno r non maggiore di/», l'altro r" minore di p , come viceversa. Ciò premesso^, secondo la prima di queste T supposizionij applicando qui la formola di sviluppo di (x—a) data all'articolo 3 **, e posto in essa successivamente r', r" in luogo di r, se inoltre vengano indicati per D, D', D", ecc. D T i coefficienti costanti ne' termini dello sviluppo di X p (x-a) per E, E'j ecc. E gli analoghi coefficienti nello sviluppo di X p (x—a') 7, si vede facilmente essere: (XI) r x P P P P (x — a) (x — a') (x — a) {x — a ) (D D' D \/ E E' " E \ 1 hecc.H ;)( fH ; HeCC.-^ , 7). Quindi è chiaro che la decomposizione di r si ri- '^ P P (x—a) (x—a'} Tomo XXI. i3 98 Sulla Decomposizione ecc. duce a quella di r , essendo di questa forma mol- 1 p p ^ 1 (x—a) (x— a') tiplicata per una costante tutti i prodotti parziali in che es- sa si risolve secondo l'espressione data dall'equazione (XI). Ora siccome ciascuno di questi prodotti parziali può general- (q) ('/) DE . . , mente esprimersi per — tzt'i •> '" *^'^' Q-> 1 sono nu- (x~a) {x—a') meri interi che rispettivamente possono ricevere tutti i valo- ri o, I, a, ecc. r, e e, i, 2, ecc. r", si tratterà pure di tro- vare generalmente il coefficiente di ^ nello sviluppo {x—a) (?) ('i') di— '■ ; — r -, essendo n un numero intero tale che p—<] p—ì (x—a) (-r— a') ^, _ n non sia > ài p — q , cioè n non < di ^ ^ poi- ché Io sviluppo medesimo non può contenere una potenza mao'f'iore di ^ . Ponendo pertanto nell' equazione (VI) CD P~'1 (x-a) dell'articolo 5." p—g in luogo di p, e p'—q' in luogo di/, si ha I I I . (— ') tp I p-'I p'-'l' p'-'i ' P-l p'-q'+i , ,\ i ,-a) {x—a') b {x-a) b P ? '' (x-a) {X- 2. (-0 A P 1>^ (x—a) ecc. p—q—i '"'> F . _l-H-ecc. p' — '?'-t-p — 7 — I I r x: — a omettendo di notare i termini contenenti le potenze di x — a'; onde si comprende facilmente che il coefficiente di — ^ (x-a) Del Sic. Marchese Rangoni '99 n-q in questo sviluppo è ■ ,~', — -— F , cosicché il ricercato è / ?-^" ? p'-q'^n—q (?) (?') n—q (q) n—q , (Vx D E (-) F = ^ <-" /e F Perciò qualunque de' coefficienti delle potenze di x — a nel- r Io sviluppo di r ordinato secondo quelle esibendo (x-a) (x-a') la somma de' coefficienti parziali rispettivi delle potenze me- desime che si ottengono dallo sviluppo de' prodotti indicati dal secondo membro dell' equazione (XI) , si rende evidente, che l'espressione trovata pel coefficiente di ^^ nello svi- (x— a) luppo di ; — ; servirà a trovare generalmente la ri p-q p'^q' 6 (x— a) (x— a ) somma di tali coefficienti parziali, quando sempre si suppon- ga n non < ^7, e si attribuiscano successivamente a q, q tut- ti i valori de' quali sono suscettibili entro i limiti già stabi- liti. Quindi fatto successivamente nell' espressione medesima ^'= o, = 1, =2, ecc. ^ r", si avrà la somma de' coefficien- ti parziali richiesti, dipendentemente dalle variazioni della q ^ espressa per (?) n-j r" (r") (,)...P (-') ( EF -4- ^'E'F H- ^"E"F -4- ecc. -+-■ Z* E F ) ^ '""" y-^"— ? V p\n—q p'—i^n—q p'—2.,n—q lf—r",n—q} la quale poi dà la totalità dei coefficienti parziali di ^ (x-a) T X nello sviluppo di -p eguale alla somma di tutti {x-a) {x-a') loo Sulla Decomposizione ecc. i risultati che derivano Jal porre in essa successivamen- te (7 = o ^ '/= I, ecc. q=.r'. Cosi il coefficiente totale di P (x—a) — SI troverà generalmente espresso da r" (r") (o) 'ili=il/EF -t- bE'F -¥- h'E'F -Hecc.-H^» E F \ ,P-^'^\ p,n f'—i,n p'—2.,n p^T',nf ■P'<-" ÌE¥-^bYJF -4- i'E'F -^- ecc. -H Z* E F n'-t-n— I y^ p',n—i p'—i,n~-t p'—^-,n — i p 72— a r" (r") r" (r") '_r",«— I / -4 "''-^' / EF -+- ^'E'F -4- ^.^ET -H ecc. -h £< E F \ p'-«-« — il ^ p ^n — 2 p'— r,?i— a jj' — 2, fi— 2 p' — r",n — a/ (t') n-r' T" (r") , D(-n /EF -4- Z;E'F -<- Z^'E'F ■+■ ecc. -h Z» E F \ p-t-72 — t' ^ ^/j„ — r' p'^i,n—r' p'—2.,n—r' p' — r",n — r'/ Prima di venire all' applicazione di questa formola per la ri- soluzione della proposta frazione conviene primieramente av- vertire che posto }i=o, trattandosi allora di determinare il coef- ficiente totale di — ^ — , la forinola stessa diviene P (x-a) Jl_ / EF ^- Z/E'F ■+- b'E'F -4- ecc. -4- Z* E F ], la quale, considerando F , F , ecc. F come esprimenti /;',o p' — T,o p' — r",o l'unità, secondo ciò che fu stabilito nell'articolo precedente, si riduce a Del Sic. Marchese Rangoni ioi (r") DE DE' DE" DE -f-ecc b h b b come appunto deve essere, giacché il coefficiente di ^ D<^y«'^ in — — ■ — - non può aversi quando non sia a=o, e p—ì p'-q ^ ^ . 1 > (x-fl) (x—a') • 1- , . DE , . . . quindi solamente in j^"!"' da cui ricavasi espresso (x—a) (x — a) per — y—y , cosicché la somma dei coefficienti parziali che b derivano dal fare successivamente q'-=o, ^'= i, ^ — a, ecc. <]'=r\ cioè il coefficiente totale di — ^ — è appunto — r •+■ (t — a) h D ' ^'"^ ■■ ,_--f-eccH f^^.Qualunque poi sia ra, incontrandosi nelle par- * b ticolari applicazioni l'espressione funzionale F , in cui /"puòri- P'-.t"',o cevere tutti i valori da o fino ad r'inclusivamente pe' due estremi, essa deve considerarsi come esprimente l'unità. Questa regola è conforme al significato che fu attribuito di sopra ad F p'—q\n^q n—q nell'espressione — r-^ F che rappresenta il coeffi- b P q '" q ciente di ^ nello sviluppo di ; — ? , da p—n 1 l p—q P—q {x — a) i^—o) (x — a') cui fu dedotta la legge de' coefficienti delle potenze di -^— dopo quello di ^—^ che é ,[_ , . Ma quando si sup- (x—a) b pone n = c, trattasi allora di determinare il coefficiente di — l — in ; — ; , locché non può farsi senza sup- p P—q p-q .- ^ . ^ (x-a) (x—a) (x-a') - '.- 102 Sulla Decomposizione ecc. pone q-=.o , perciò in tal caso si avranno due espressioni di- verse di tale coefficiente, cioè si avrà: o -^=^ . F , onde F P — 9 P ~'l h b P—Ì'O p—'}y° Lo stesso si dimostra facilmente qualunque volta sia ri=q. Resta ora solamente da osservarsi che 1' espressione (a) si adatta anche alla ricerca del coefficiente generale e totale di 7^ — , essendo a un numero qualunque non >/?' — i, (X— a') r nello sviluppo di r » giacché basta sostituire in es- (x—a) (x—a') sa p in luogo di p\ r" in luogo di r e viceversa, e — b in luogo di b=a — a , e supponendo pure a vicenda r" non >/»' ed (-■') /■''=! , r'=:3, r"=o , a=a,, a':=i, e quindi b=a — a=ij e fatto successivamente « = o, re= i, Del Sic. Marchese Rangoni Ìo3 n = 2, in ^ = ' , si ottiene dalla (a) {x—a) (1—2) A = DE = a^ 1 '= a' ' ' ' - . A'=— DEF -H D'E = — a'-+- 3.a^=a' 1,1 • - A"= DEF — D'EF -t-D"E = a3_ 3.a^-+- 6= a. i,a 1,1 Resta ora a trovarsi soltanto il valore del coefficiente B, il quale può ottenersi col mezzo della formola (a) cambiando le supposizioni, cioè ponendo /7 = i, /?= 3, r':=i, r"= a, a= i, a'=2. ed a — a=.b = — i. Per tal modo, fatto ra=:o^ riesce: B = — DE -)- DE— DE"= — a»-H a^— I = — I . Conseguentemente, fatte le sostituzioni, si ha: (x— 2)3^x— I) (I— 3)^ {x—2.y X—a, X—I come può verificarsi. Sia ancora, per altro esempio, la frazione xi _ X» r _ A A' A" B b (X— i;'(jr^-i)^ (x—i)^'(x-i-iy (x— !)*"*" (x—ij» x—i (x-+-i)» x-hi Si ponga primieramente a^i, a'= — i , jw = 3, /-'= a, r'=3, r"= I e b=za — a'=a, e fatto successivamente n=io , n=i, «=a nella formola (a), si ha: DE . DE' __ I .TI "7" 5 A DE_ DE' i_ a* a 2' a ..____DE_ £E. ^ £!L 5Z1 J i - -JU, — J. a* a» a^ a a" a» a* a 4 ' .-. 3DE .DE' DE D'E' D"E D"E' _ 11 a4 a» a-* a* a* 2 io io4 Sulla Decomposizione ecc. Trovati questi coefficienti, si potrebbe compiere la rlsohizione della proposta frazione determinando per mezzo della forinola (i) anclie quelli delle potenze di — ^ in modo analogo al praticato nell' esempio precedente; ma in molti casi, come ap- punto nel presente, si possono questi ottenere più semplice- mente per altra via. Di fatti, sostituiti i valori di A, A', A", dall' equazione a,-4 I 1 3 1 ' 1- " ' - ■ (x~iy i6 ' x—i B (a--i)3(x4-:)^ 4 '{x-i)i ' -t ' (^-t-if moltiplicata per (x"-4-i)^ e fatto x= — i,siha !»=-— ^-3-:= — -g-j e quindi sostituendo questo valore nell'equazione stessa si ha ar* II 3 I I r I i i B (x— i)'(x-*-i)^ '4 '(x—i)^ 4 ■ (i— I)' 16 ■ I— I 8 "(ar-t-i)' ^-*-« onde, fatto x = o, viene: 4 i( 1 0 ii 1 1> perlocchè si conchiude X^ I I 3 '_!_''' _L '_1__L _i_ (x— ij3(x4-i)^ "4" ■ (X— 1)5 "4" ' (X— I)' 16 ■ X— I 8 ■ (x-t-i)" 16 ' x-h-i A questo stesso risultamento avrebbesi potuto pervenire non impiegando la forinola (a) che per la determinazione dei soli due coefficienti A', A", giacché anche la A poteva determinar- si in modo analogo all' adoperato per determinare la B. r 8. La risoluzione della frazione -, per cui sem- (x—a) (x— a') pie vuoisi intendere la determinazione di una nuova espres- Del Sic. Marchese Rangoni io5 sione ordinata secondo le p potenze di ~^, e snccessivamen- te secondo le p potenze di -^, conduce facilmente ad una analoga decomposizione dell'espressione (io) dell'art. i.°, cioè di ^— ; 7, fatto per semplicità C =i e suppo- p ,P P '■ (x — a) {x — a') (x— o' ) Sto r/?, r"//. Ciò po- sto, si ha: X P p P" P P P (x—a) (x—a') (x—a") (x— a) (x—a') (z— a") =( P P—^ (x—a) [x—a) ecc. •ecc. A B \ X r^) p p—t I — a' I p {x—a') (x—a') (x—a") indicando genericamente per A, A', ecc. e per B, B', ecc. i rispettivi coefficienti delle potenze di -^- , -^, in qualun- que sviluppo, dopo di avere osservato che in questo caso es- si possono considerarsi determinati mediante la formola (2) dell'art." precedente, essendo f l'identica frazione, (x—a) (.r— a') il cui sviluppo fu considerato nell'articolo stesso. E quindi chiaro che quello della frazione ora proposta dipenderà pri- mieramente dalla determinazione generale del coefficiente di _ ■ , indicando per n un numero qualunque intero non (x-a) >^ — I, nei parziali prodotti Tomo XXI. 14 lob Sulla Decomposizione ecc. A-r A'.!.- A X ecc. (.r— a) (.r— a") {x—a) (.v— a') (.r— o) (x— a'') Ora questi, come è visi])ile, non sono che altrettante frazioni della l'orma di quella considerata nell'art." precedente, verifi- candosi anche r"' — Q -^ p" •> espresso per/? — ^/ uno qualun- que degli esponenti p ^ p — i, ecc. p — (y? — i ) = i j poiché essendo per ipotesi r" non > p\ sarà r"'<7^"-Hi , e molto più r'<,p'-\-^, /'"-t-S, ecc.; dunque il coefficiente totale di -^ sarà la somma dei coefficienti della stessa potenza {x-a) nello sviluppo di ciascuno di detti prodotti parziali ricavato dalla ripetuta applicazione della stessa formola (a). Torna qui opportuno 1' osservare che se nella trazione proposta si sup- ponga /• = o, si ha; I / A A' A -Hecc- p p l* \ P P~~^ x—a (x—a) (.r— a') {r—a") (.r—a) (x—a) ip'-i) r -l-ecc.-f x—a' f • f> (X—a') (x—a') (x—a") ma allora i coefficienti A , A', ecc. B, B', ecc. appartengono allo sviluppo di ^ r e sono perciò dati dall' equazio- (x — a) (x^a') ne (VII) dell'art. 6."; e lo stesso dicasi de' coefficienti corris- pondenti delle potenze di -^ nello sviluppo de' prodotti parziali A A" A , , eco* .— — ^ -jj^ p p ' p-i p ' p (x—a) (x—u") (x—a) (x—a"} (x—a) (x—a") Del Sic. Marchese Rangoni ' 107 de' quali la somma dà gli analoghi coefficienti totali nello sviluppo della frazione - P P ., P (x—a) {x—a') (.r— «') Passando agli esempj, sia proposta la frazione X^ X^ X (X-l)^(X+l)\X—2) {x—l)^i,X-i-l)^ ' x—% 4 (a;—!)' ■ x—a 4 (^ — ^Y x—3, 16 X — I x—a, 8 ■ (x-t-i)' ' X — a 16 ■ x-i-i ' X — a ' sostituito qui lo sviluppo della frazione ^._^ 3 ._^ ottenuto nell'articolo precedente. Si ponga primieramente X " A . A' . A" . B (.r— 1)3 (a-— 2) (x— I)' {x—i)^ X- 1 x~'2. trattandosi di determinare A, A'^ A''^ B col mezzo della for- mola [1) dell'art. " precedente. Posto in essa /?'=i, r'=i, r :=o, essendo in questo caso l'esponente di x nel numeratore della frazione proposta r=r ed inoltre «=i, a =2, ed a — a = — \=^b, r' r'— I , , ^ r'— a r" Y) = a=\,Y)'=ra = i , D"= J±r^ a =oedE=o'=r, r'— I E'=:r"a' = o, j9=3, e fatto successivamente /z=c, n=i, ?i=2, si avranno i valori A'= ^=^.[.F -+--Ì-.I.F = — a A"=-i-.F -H-^L.i.F = — a. —I I 1,2 1,1 lOo Sulla Decomposizione ecc. Resterebbe a determinarsi la B,locchò si otterrebbe cambian- do opportunamente i valori nella l'ormola {2) succitata, ma è più semplice il ricavarla immediatamente dallccpiazione stessa B (X — i)\x—^') (.1 — 1/ ^j:—!)' .1—1 X — a la quale moltiplicata per x — 2, poi fatto a; = 2, dàB = a, e diviene ancbe perciò X 12 2 2 (.C—S)\x~-2) (J— •}' (X— i}^ X—I X—2.' Decomposta oosi una delle parti della proposta espressione , — -T- , potrebbero determinarsi anclie le altre col sus- (x — t)'(X-i-l)^(X 3.) ^ i sidio della detta Ibrmola (2), ma essendo esse tutte decompo- nibili con facile artificio, semlira questo preferibile nel caso al metodo generale. Si ha di fatto secondo la regola data nell'art." 2.° a I 3 ' a;— a a- 1^2 X II (x— Utj;— 2) x—\ ' x—2 ' (a:+i)(x—2.) à ' i-t-i Posto poi _ A A' B {X I)^(X— 2) (X— I)' ' X—I ' x—2 ' e moltiplicando successivamente questa equazione per (x — 1)^, X — 2, e fatto pure successivamente x=i,x=i,x=o, si ha A=-i, B=2, A'=A — -5. = — a. e quindi 2 2 (x— ij-'fr — 2) (X -1)^ X — I X— a Similmente si ha per analoghe operazioni dalla posizione Del Sic. Marchese Rangoni icg X A A» B : •■ (i-4-i;»(x — 2) (H-i)* x-\-i X — a ò g ' a 9 ' e perciò 2 1 ai (x-t-i)^(i— 2) 3 ■ (a-hi)^ 9 ■ .r-+-i 9 ' x—a ' Riassumendo pertanto tutti gli sviluppi parziali e sostituendo- li nella proposta equazione^ si ha: x^ ili 2 3 a \ r— j)3(a-4-l)»(Z— 2) ~\'~(I— l)'' (x—iy X— I X—2,} , 3 / I a ^1 " I ^ _i_ ^ 1 4 ^ (x— O^» x— 1 X— a/ 16 \ x— 1 X— a/ l/jL r ._^ _JL -f--l ' \. 5 / I _i ■ a I \_ 8^3 ' (x-M)» 9 ■ xH-i 9 'x— 2^ iò\3 ■ x-t-i iJ ' x—2.) (X- 5 I 43 I I I 19 I 128 I 4 ' (i— 1)* 4 ■ (x— I)» 16' X— I 3.8 ' (x-)-i)^ 9-i6 xH-i 4.9 ' X— a ' Per provare 1' esattezza di questa forinola non sembra inop- portuno di cimentarla con un esempio. Si ponga pertanto a: = 3, e si avrà 3' I 5 43 I IQ 128 3^.4».! 4. 2* 4.2-' 4.2' 3.8.2^ 9.16.2» 4-9 ' ovvero come deve essere riuscendo appunto 1' equazione identica. Ilo Sulla Decomposizione ecc. Sia ora l'altra frazione (x—i)\x-i-iyi,j:—^) che è pure della Ibriiia della proposta al principio di questo articolo, quando si suppone r=:o. Essendo per l'equazione (VII) dell'art. 6.° (.1 — 1)3 (— ) ^^ ■2.,i (x—iy posto cioè in essa p ^?), j)'=2..a=:i ^ a'=: — \, b = a — a'=2, si ha pure: (X — i)iix-^iy(x — 2) /_i_ __i i_ < _3_ _i i_ ^ 3_ I \ 1 \4 ■ (x— I}* 4 ■ (.1— !)•' lO ' x—ì a • (j;4-ij» lO • x^ij' ^—2. Quindi la risoluzione dell' equazione proposta si riduce alla determinazione dei coeiTicicnt sviluppo dei parziali prodotti determinazione dei coefficienti di ; , — ^ — . -^— nello (,x— ij^ (x — ly ■ X — I 4 'C^— ')V— ^; ' 4 "U— if(.'— 2) ' i6 ■ {x—i)[x—z) ' come anche dei coefficienti di , — '^- — , — ^ nello sviluppo dei prodotti o (;i-i-ij''(.r — Li] - II) (x-ì-lì(x — li) Ora il valore di tali coelììcicnti si ottiene iacilmente svilup- pando i prodotti stessi con nuove applicazioni dell' equazione (VII) dell'art. 6." Di fitti posto in essa a=i ■> a='2^ jy=i e b = a — a = — I, e fatto successivamente />:= 3, /> =3, /'=i, si ha Del Sic. Marchese Rangoni i i i (X—1)^(X 2) (-t — !>' {X 1;^ X 1 X—2. I ■.■■;. ,.. 5 (x^i)^(:c— ii) (j. — 1)' x—i x^2. (x^i){x — a) X — I .T— a Se ora si pone nella detta equazione (VII) dell'art. 6.° «= — i, d= 2, onde b :=a — d=. — 3, p'=^ i, e successivamente /«^a, p -= I, si ha pure ! ■ I ;'. ■ " ' ^ ' I I . t 1 (a:-*-i)'tx— 2) 3 ■ (i-+-i)^ 9 ' a;H-i 9 ' x—2. ' I I . 1 I (a-(-i)(j:— 2) 3 ■ ar+i 3 ' x—2, ' Sostituendo pertanto nella proposta equazione Io sviluppo de' prodotti parziali sopraccennati, si ha I III I I I \ (X— Ij^i^X ■*- iy{x -m 2.) 4y (X—l)\ ~" {x—1)^ """ a— ^ X—2.J 4\ (•^— ')^ a;— 1 ar— 2/ 16 y i — i i»— 2/ .^/ _!_ , _J L . -1 |_^ » \ 3/ !_ _!__ _I_ . \ 8 y 3 ■ (z-J-i;» 9 ■ a;-t-i 9 'x—2.J 16^ 3 ' ar-{-i 3 ' x—zj I I 3 II i.ii i.i I 4 (x — i;J 16 ■ X— I 3.8 (x-hi)' 16.9 ' x-t-i 9 ' X— a " Anche qui ponendo a cagion d' esempio x = 3 , e sostituito questo valore e levate le frazioni, si ha per V appunto un' equazione identica. ( *, — . . I • Ila Sulla Decomposizione ecc. Sia ancora la lìazione e fatto per inaggioro semplicità ^— i z=. a , si ha purt; j:\^^a)ic—a) P^"^" esprimere la proposta frazione, che a cagione I I • • I li r ~~ z:. ■ rr-- , SI riduce ad — . -3 — T, ■ 3 ' ,■• Si tratterà dunrrue di applicare ad -7-^ — - , ^3^j^^^ la forinola generale (Vili) dell'articolo G.% fatto in essa (]=3 , p=i e posto — a in luogo di a per l'applicazio- ne riguardante . ' . Cosi si ha, avvertendo che a»=— i, a^— 1; I I -r (.t — a) a^ x — a a ' x^ a» ' i» a' ' x x^(x-Y-a) ( — uf II r T I I 2a x'(x — a) aa 3,3^j,-Hiì; x^i^x^^-i-i) _!_/ ' I j_i i\ 1/ I I I I j_\ i \x — a x^ a^ ' r' .ci li l x-*-a a' a^ ' x' 2/ I I ] I ! Ili ri X 2, X — a •■!• x-T-a X X 3 ■ x+l/— I a ■ x—\/— i 9. Per generalizzare il modo di decomposizione della fra- zione : — -, —IT giova considerare la più generale (c—a) (x—a') {x—a") X p p' (n—2.) p ix—a) (x—a') . . . (x — a ) Del Sic. Marchese Rangoni li3 per cui può asserirsi che essendo per supposizione r<,p-k- p'-\- ("-2) . . . „ . ecc. •+-p ed essa decomponibile in tanti terrami frazionar] che col numeratore costante abbiano una delle potenze di esima x—a fino alla/; inclusivamente o una di quelle di x — a esima fino alla p' , ecc. per denominatore, se si moltiplichi per r' . (n— I) p (x^a ) supposto che sia r non >/? , la nuova frazione che nasce- rà sarà riducibile alla stessa forma, cioè sarà essa pure decom- ponibile in analoghi termini frazionar]. Di fatti essendo r t' X X (n—ì) (1—1) p // (.n—2.) p (n—i) p (x—a) (x—a) ■ . ■ (x—a ) (x—a ) r' r (n—i) X la ('1—2) ■ \ ("— ') p p' (n—2.)p (n—i)p (x—a) (x—a') ■ . .(x—a ) {x — a ) r' — I r'^2 a ■ r'(r'—j) a n — a (n — i) p ^r ' (;ì— I) 2 (n—i)p —I l'i— i);' — ^ ('z— I) P (x—a ) (x—a ) (x—a ) secondo 1' articolo 3.°. è chiaro che i prodotti parziali ne' qua- li si decomporrà il secondo membro di questa equazione, an- che per le fatte supposizioni, saranno tutti della forma Tomo XXI. iS ii4 Sulla Decomposizione ecc. M J> [>' ' (.<■— a) (x—a) r[ualunque sia 31, purché costante, e qualiinqiie sieno le a, a', p, p . Dunque ciascuno degli stessi prodotti potrà secondo la lonuola (VII) dell'art." 6." risolversi in altrettante frazioni col numeratore costante, quante sieno le unità in/? -4-/'', le quali abbiano per rispettivi loro denominatori le potenze di (n—i) ■V — a,x — a', ecc. Per tal modo, e supposto sempre r non >/? , si vede subito che X p p' {n—2} p («— i) ;, (x—a) (x— II') . . . (x—u ) (x—a ) sarà decomiionibile in modo analo"'o ad 1 o (1— i) p p' (n—2) p (x—a) (x—a') . . . (.r— a ) (1—1) _ (Juaudo poi fosse r=p , riducendosi allora (1— I) (n— I) p —T (x—a ) ad i, i prodotti parziali ove può entrare questo termine non avranno d'uopo di ulteriore sviluppo, perchè saranno già del- la forma moltiplicata per una costante. Osservando poi {x—a) che r ipotesi assunta a fondamento di questa dimostrazione r si verifica quando viene proposta la frazione ,^ es- (x-a) {I—a') sendo rK^p-^p', essa si verificherà in ogni altro caso di un numero maggiore di fattori nel denominatore sempre che Ics- Del Sic. Marchese Rangoki Ii5 ponente di x nel nunitnalore sia minore della somma deoli esponenti de' fattori dei denominatore. Intanto un altro esempio potrà rendere più chiara ove occorresse la precedente dimostrazione. Sia la frazione ; — — , il cui sviluppo colla separazione de' fattori fu già trovato nell'art." precedente; se essa si nioltiplichi per — ^ , e le si sostituisca la sua espressione pure determinata neir art." stesso, si avrà 43 {x—i)Hx-t-t,\x—2.){x-+-2.)' \ 4 (x—i)' 4 (x—i)- l6 X—l 3.8 (xH-iJ' 9.16 ■ X + 1 4.9 X—2.J\{X-\-2.)' X-h2. I '9 . __ .. ove si vede che il secondo membro di questa equazione non è che la somma di parziah prodotti della forma —, (x—a) (x—a'l eccettuando i termini ne' quaji entra il fattore ì , che possono considerarsi della forma — - — .Or ^ P (x-a) dotti parziali si prendano i coefficienti di possono considerarsi della forma — '- — .Ora se da questi pio (x-a) I {x—iy'' (.1— ij» ' x-i ' (x-M)^ ' ar+i ' (x+2)^ ' x+a ' le somme di essi relativamente a ciascuna di dette potenze saranno i coefficienti delio sviluppo di (X— I )3(x-f-i)»(x — 2)(x-l-a)» a cui compete, come è evidente anche per le cose dette, la forma A A' A" B B' C D D' -f-r- r,-t— —-+-,— -7T^-+—— r--+- -—:-+- (x—ìY (x — i;» X— I (x-j-i)» ar-t-i x— 2 (x-j-a;" x+a ii(j Sulla DEco^rosiziONE ecc. Ora, come si è veduto in analoghi casi e come meglio eziandio si vedrà in seguito, tacilmente si determinano A, B, C, D, ed an- che una delle quattro A', A", D', BVluando siano determinate le altre. Perciò meglio conviene di ricercare primierameute i va- lori di A', A",B', cioè di prendere i coefficienti di , — ^ — in fi) . . , /_-L.__l ± '—~\{~ ^\_± —i— ^ ' \ 4 (-1—1)' 4 ' (ì^-— ')" /\{«-*-2f a--»-2/ 4 ■ (a— 1)= ' i coefficienti di — ^ in (a)... ./_± . _J A. -J £ -i-V_^^ ilW^ -1- ^ ' \ 4 (v— i;' 4 {j:—\)'^ io '.x-— i/y(«-t-2)» .T-4-2^ i6 a—i ' e finalmente i coefficienti di — ^ in V ' * • ' ^ 3.S ■ (jT-t-i)-' 9- i6'.rH-i/y(.n-2)' x-^j.) 9.16 ■ .-(,-(- 1 ■ Ora i coefficienti parziali ricercati sono rispetto alla (i) quel- li che si ricavano dallo sviluppo dei prodotti r t.,_i,3 • (.c-t-af ' (a-— 1)3 (.C4-2) ' (r— I)-' ' (x-Hi)-' ' (x— j)' (.r-1-2) ■ Rammentando poi qui secondo l'articolo 7." che in generale il coefficiente di ^ nello sviluppo di p—n ^ ' 7 e P—'l P —1 \~ '. F , se si ponca 0=1,0'= — a, onde Z'=« — fi'=3, ed inoltre 7Z=: i, /; = 3, 77= 2, e successivamente q=^q-=.(j\ q-=.c., q-=-\\ q-=i-! q'=c; q = q'=i-^ i coefficienti richiesti sa- ranno secondo 1' ordine de' prodotti da' quali nascono Del Sic. Marchese Rangoni 117 2,1 I5I 1,0 1,0 Sostituendo dunque nell' espressione (i) ai mentovati prodot- ti i rispettivi coefficienti da essi derivati, si otterrà j r a I 5 5 5 19 ■^ ~ P" P 5^"*" 3 "4" — ~" 334* Per la determinazione degli analoghi coefficienti della espres- sione (2) osservando che i prodotti sono I I II (z— i)3(x-(-3)" ' (.r--i)3(a--)-a) ' (.r— I y ' (.r-t-s)" ' {x—iy{x-i-2) ' (ar— i)(x-t-2)» ' {X — i)(a;-(-2) ' si farà /»=3, />— a, a=i, a'= — 2, onde ^=3, ra=a, e succes- sivamente (j=:q'=c; ^ = 0, q'=: i; q=i-, q'=o; q = q'= i , q=:2., q'=o; <7=2, ^'=i;ed i coefficienti ora richiesti secondo la regola data di sopra e per ordine sono: li a III' ■33^ T3' W ì^ ' "5»' 3' valori, i quali opportunamente sostituiti nell'espressione (2) danno A'" 209 ■^ — 4^3 • Finalmente ad ottenere il valore di B' si dovranno pi'endere i coefficienti parziali di — ^ nei prodotti (x-i-i)' ' (x-\-!ì)^' (x+'t)'{x-ì-2) ' (x-\-t){x+zy ' (r-^-I)(.^■-^-2) iiB Sulla DEcoiirosizioNE ecc. che si coiiteui^oiio nell'espressione (3), e perciò, posto/7=a,y.':=i>, a= — I, a'=— 2,ontlc l>^=a — a'= i , 11:=: ì , e successivamente (j=g=c; <7=o, q=i ; ']=(-, '7=0; /v=i'y'=:i ; coniorniemente alla regola data di so|)ia tali coellìcienti saranno per ordine — 2,, — I , I , I . Così l'espressione (3), sostitniti ai prodotti parziali suaccen- nati i rispettivi coeflìcienti di - — nel loro sviluppo, dà final- mente 9. 10 Ora è d" uopo sostituire i valori per A', A", B' nel!' equazio- ne di sopia A' B B' , C D D' e di sostituirvi pure quelli di A, B, C, D die si ritrovano facilmente e senza dipendenza dell' un valore dall'altro. Di fatti coir artificio altra volta praticato di moltiplicare tutta l'equazione per {x — i)^, poi di porre .1— 1 = 0 ovvero x=i^ si ha e similmente B=-3:^, c=ii, D=-^. Fatte perciò tutte le sostituzioni si lia r" I I 10 I ^^'ì f (.!-— 1 ,'jx-+-i;"(.r— 2)lx+a)' 2'.3' ■ (.£■— i)i à'.'j.' ' (.r— ?^' 4'.33 ' x— i i_ I ^ 4.'> I ^ a' I a"' I D' j.a^ ■ (x-t-iy g.ib ■ x-t-i 3* ' x—i i' ' {x-^iy Del Sic. Marchese Rangoni 119 Fatto ora :i:=o si determina anche D' coli' equazione I 19 aog I 43 2' a» D' e SI trova D' — -2.- cosicché^ determinati tutti i coefficienti che si ricercavano , r equazione proposta è pienamente risoluta. IO. Si raccoglie dall'art." precedente essere sempre pos- sibile coir uso del metodo in esso spiegato la risoluzione del- la frazione (r)r C X (n—i) p p' irì~i)p (x— a) (x-a') . . . (x—a ) e per conseguenza anche della frazione (n—i) (n—i) (p-t-p'+ecc.-\-p — 1) p-i-^'-t-ecc.-t-p — i CH-C'jH-C'x'-Hecc.-hC X (n-j) p p' {n—i) p (x — a) (x — a') . . . (jT — a ) giacché questa, come è evidente, è la somma di altrettante frazioni della forma in r e T p p' ("— ') p rx-^a) (x—a') . . . (x^a ) quanti sono i termini del suo numeratore , e quindi potendo anche rappresentare la generalissiraa proposta nell'art." i.", solo che in essa si faccia una o piìi delle a, a , a' ecc. egua- le allo zero, la risoluzione dell'una involverà quella dell'altra. lio Sulla Decomposizione ecc. Essendo però d' uopo il riconoscere che il metodo fin qui spie- gato per risolverle può riuscire in molti casi complicato e prolisso, giova (jnì soggiungerne altro egualmente generale e sicuro. Se pertanto si ponga nella frazione (n—i) (,i—i) (p-i-p'-+-ecc.-ì-i) —I ) p^p'^ecc.-^-p — i C-i-C'.r-t-C"x=-(-ccc.-t-C X (n—i) P p' ("—■!)p (x—a) (JT— a') . . .(x—a ) X — a= z , onde x = z -h a , x — a=- z -\- a — a'= z -t- i , x—à'=z-i-a—à'=:^z-^l>\ecc.x—a ^z-i-a—a =:iZ-i-b sfatto pure a — a = b ^ a — à=b',ecc. a — a = b , essa si trasfor- merà in un'altra della forma (n-'ì p l>' p" (n—2.) p z (=+J) (z-^-b') . . . (z-i-b ) in cui il numeratore è un polinomio in z che non può ecce- (n — i) esimo dere il grado p-^p'-\- ecc. -hp — i . Ora la frazione pro- posta può rappresentarsi anche per A A A" A 1 H h . . . H -+-ecc.-Hb , {x—a) (x — a) (x—a) ^ indicando per S la somma degli altri termini corrispondenti X alle// potenze di ., alley^" di -^^^-rr, e e e. alle/» di („_i) , x—a che debbono essere rispettivamente di forma analoga ad A A' A (x—a) (x—a) Del Sig. Marchese Rangoni 121 Ponendo quindi anche z in luogo di a'— a in S ossia zH-<2 in luogo di X, può istituirsi 1' equazione - . :''-h P (p-i) " A Q 4-ecc.H- — ■ ' -t-S p p' ("—2) p X z z(z-t-i) . . .(r-t-i ) p p' {n-2.)p Moltiplicandola per z {z-¥-b) . . . {z-^b ) , che per brevità può esprimersi per 2 Q , si toglieranno le frazioni, perchè rap- presentando S la somma di frazioni con numeratori costan- 3+fl ti e con denominatori che sono le potenze di x — a', x — a", ecc. ovvero di c-i-Z'jii-i-Z'', ecc. niuna delle quali oltrepassa ris- esima esima pettivamente Is. p 5 la /? , ecc., il prodotto (n-i) p p' (n—^)p z [z-^b] .... {z-\-b ) S . ■ . • . s-t-a deve essere una funzione intera di x. Ciò posto , si ha . , . . P = Q (A-f-A'z-i-ecc.-t-A z h- z S ), ' z z ^+a dalla quale, fatto z = o, si ottiene Q ■ -'■'', o ' • ■:.■.: Sostituendo questo valore nell' eqviazione dopo la trasposizio- ne del termine Q A, essa si renderà divisibile per z , poiché il valore di A è determinato in modo che la quantità costan- te che può essere nel primo membro dell'equazione (I) si egua- gli colla quantità costante del secondo membro^ e con esso si elida per la trasposizione. Ciò premesso, si vede che effettuando Tomo XXL 16 122 Sulla Decomposizione ecc. l'attuale divisione per z nascerà l'altra equazione {p—')p—^ P—i (11) P' =Q (A'-f-A"c-+-ccc.-+-A z -^ z S ), a z z+a in cui P' è un altro polinomio in ;;. Anche dalla (II), fatto r = o, si ricaverà P' A = ^. o Trasposto poi il termine Q A' e sostituito nell' espressione di esso il valore ritrovato per A', l'equazione sarà pure divisibile per :;, cosicché, fatta la divisione, si avrà una nuova equazio- ne di cui il primo membro sarà un altro polinomio in z che può indicarsi per P' . Si avrà quindi P"=Q (A"-HA"'2-f-ecc.-^A z -H e S ), per la quale analogamente si determina A". Proseguendo con questo metodo è facile a vedersi che si giungerà ad un' equa- zione (p—i) (p—ì) , P = Q(A -4- ;=S ) z z 2-+-a (p-i) con cui si determinerà 1' ultimo coefficiente A . Resteranno perciò a determinarsi i coefficienti delle potenze di ^ , —~T 1 ecc. quali si richiedono ad un perfetto sviluppo della fra- ziono proposta, locchè si otterrà con metodo simile, e recipro- cando le posizioni come meglio si vedrà per gli esempj seguenti. Sia la frazione — ^ '^'^ "^!^ — , che per avvertirlo qui ar(.r—i )»(.!■-♦- O- ' ^ ^ Del Sic. Marchese Rangoni ia3 di passaggio e come facilmente si rileva dalle cose già dette , potrebbe risolversi in molte maniere. Volendo però applicare ad essa il metodo precedentemente spiegato, si avrà r3.t_X» x(x — i)'(a:-4-i)» (x — i)» 2—1 X indicando per S la somma delle frazioni che nello sviluppo X della proposta corrispondono ai denominatori [x-\-\Y, x-^i , x, ovvero posto x — i^=z, onde x—z-^i, a;-t-i=s-t-a, nascerà la trasformata Z»(z-t-l) (Z-+-2)» Z^ 2 "*"'"-+,' e quindi 23-f-4z»-t-5s-<-4=(::-t- 1 )(::-)-2)"(A-+-A's^-s=S ) , z-Hi onde, fitto ^=0, si ricava A— i. Sostituito questo valore nelT equazione, dopo di averla ridotta e divisa per z, si ha ancora: — s — 3=(s-f-i)(z-i-2)"(A'-HzS ), Z-4-I ove, fatto z=o, si raccoglie A'= . Collo stesso metodo po- trebbero trovarsi i numeratori delle frazioni ; , , che si suppongono far parte dello sviluppo totale della frazione pro- postaj bensì con una posizione diversa, facendo cioè x-^i-=z, onde a;=z — i, x — 1=2 — 2, e supponendo S rappresentare la X somma delle frazioni che nello sviluppo della proposta cor- rispondono ai denominatori [x — i)% x—i, x. Nel presente caso però 1' uso che si è fatto del metodo stesso per deter- minare i coefficienti A , A' basta per risolvere pienamente la proposta frazione, determinandosi molto facilmente gli altri. Di fatti istituendo 1' equazione I ^4 Sulla DecoiMposizione ecc. a-^-t-.r'-t-a i 3 i JJ B' G x(x—i)'{x-i-i)^ (.r— i)^ ■"" ■4' ' ^-^ ~^ (x-t-iy "^ 7+7 "*" ~ ' Si; essa si moltiplichi per x e poscia si faccia x=:o, si lia C=r-i2, e moltiplicandola per (a-t-r)" e l'atto .r:^— i, »1 lia B= ^. Fatto poi x=2., l'equazione precedente diviene 7 _5_ !_ B' 9 ~ 4 la "^ 3 ' da CUI si ricava e |)erciò sarà finalmente 3''-|-j'-4-2 I 3 I II 5 I 3 .T(.r— i)»(.r-+-i)' (r— 1)' 4" ' .r — i ~ ' (,r-t-i)" 4" " a; -Hi T Si può applicare utilmente il presente metodo alla frazione x2 anche per contermarne la risoluzione data nell'art." preceden- te. Si supponga che essa sia pure rappresentata da A A' A" o -H S , indicando per S la somma delle trazioni corrispondenti ai de- nominatori (.v-Hi)'", .r-+-i, (.r-^-s)"', .r-Ha ed x — a. Posto pertan- to x-^i=z, onde x — 2=;; — i, x-^i=z-i~2,, x-i-2,=z-^-3, si ha, fatte le opportune sostituzioni, (s -+- I )-^= {z -H 2)^(3 - I )(^ ^ 3)»( A -H A's -H A"s' -+- z^S ), =-t-i cosicché, fatto C=0, si ha A= — — ^ , valore che sostituito ' ' 2*3* ^ Del Sic. Marchese Rangoni laS nella proposta coli' opportuna trasposizione la riduce a 36:7-t-252:S-4-757:'-t-i2C9:'*-t-i287z'-+-779:»-t-228z = (z^an2— i)(s-H3nA'z-t-AV-+-2'S ), 2-t-I equazione, che divisa per z e fatto s=o, dà ^'--. ^°8 19 a». 3». a.» 3» 3». a» * ? Se neir equazione stessa già divisa per z si sostituisca il va- lore di A'j e si eseguisca la solita trasposizione e riduzione, si ha 3(36z6-<-253:'-t-757z44- 12691^-1- ia87z^-i-779=-4-g33) i9(zH-aW= I)(z-^3)» = (A"Z4-Z'^S )(2-4-2)»(z— i)(z-+-3)% i la quale, divisa per z e fatto c=o, dà . rr 2337 4^6 209 3^. 2». 3^ 2» 24.33 ■ A determinare I coefficienti di ■; — ^--— , ^— nello svilup- po totale della proposta frazione, che trattasi di compiere nel modo il più semplice anche secondo il presente metodo , è d' uopo, cambiando posizione, istituire la nuova equazione :cT_ B B' c- (x-t-i)»{x— i)3(a— 2Xx-<-2)^ (^+1)' ^+1 ar ' indicando per S' la somma delle frazioni alle quali corrispon- X dono rispettivamente i denominatori {x — lY, [x — i)^,.r — i, x — a, (x-+-a)*j a-t-a. Ciò postOj se si pone x-^i=-z, onde x^z — i, X — i=z — a, X — a = c— .3, a;-f-a=:z-Hi, sostituendo questi va- lori, si ha la trasformata I -il^t Sulla Decomposizione ecc. ovvero 2— I da cui, fatto z = o, si ha subito B = — -g^ , e sostituito questo valore iielT equazione e trasponendo, si ha pure hi quale, divisa per z e fatto s=o., dà B'=: -^ Per ricavare più iacilniente questo valore nella pratica è op- portuno riflettere, che trovato nel primo membro dell'ultima equa- zione in :; il coefficiente di z, è inutile cercar gli altri delle j)o- t(;nze superiori a z, poiché appartenenti a termini che debbono annullarsi col porre z=o. Ora in (:: — 0'^^( — O^'+'Tt — ')*'--<- ecc. il coetììciente di z è 7; e nel prodotto (:; — ^Yi^ — 3)(^~*~ 'T rjuesto si troverà preudendo primieramente il coefficiente di z, e di z° in (:; — ii)'(:;^3). Ma questi coefficienti sono rispet- tivamente — 3. 12- — 8^= — 44^ e 2,4 ; e moltiplicando — 44^'+" -4 P'^'* -^^-+-2,^-1- i^ e prendendo i coefficienti parziali di z, il totale risulta — 44^"*~4^'-^^^4~!- Trovati pertanto pei coef- ficienti A, A', A' e B, B', gli stessi valori che si ebbero neir art." precedente, si determineranno anche gli altri D, D', C corrispondentemente ai denominatori {x-^'iY, x-4-2, X'—2.,e così sarà pienamente risoluta la proposta frazione. II. Nella materia fin qui trattata essendosi considerati come conosciuti i fattori semplici de' denominatori delle pro- poste frazioni, rimane a prendere in esame quelle che secon- do la formola (i]) dell'art." i.° hanno tra i fattori del loro de- nominatore un polinomio realmente irresolubile o che non vo- gliasi risolvere. Questa formola potrà rappresentarsi anche nella forma più semplice benché essa pure generale Del Sic. Marchese Rangoni 127 (p-i-m—j) p-i-m — I C-)-C'a;+C''j'-t-ecc.+G x p {rf) m ' (x—a) (D-f-D'a;-4-D"x»-t-ecc.-(-D x ) essendo le C, Crocce le D, D', ecc. quantità note, giacché si può supporre D-HD'a;-t-D"a-''-t-ecc.-+-D x o irresolubile affat- to, o anche risolubile in fattori fra i quali alcuni sieno della forma (x — a) . In amendue i casi si potrà ottenere la decom- posizione della frazione proposta in altre più semplici secon- do ciò che ora è d' uopo di dichiarare. Si istituisca pertanto r equazione (0 ip-hm—i) p+m — I C-HC'x-t-C'j'-t-ecc.+C X p (m) m (x—a) (D-<-D'x4-DV-4-ecc.-t-D r ) (p-t-ra— a) p-i-m^2, BH-B'x-i-ecc.-)-B X p (m) m Z*""' ' {x—a) (D-hD'x-t-ecc.+ D x )(x— a) dalla quale primieramente ricavasi, moltiplicandola per {x — a) e fatto X ^ a, (p-t-m— i) p+m—i . C-t-C'a+C"a*->-ecc.-f-C a (m) m D-t-D'«+D"a^-t-ecc.-l-D a Considerando ora la A come determinata si ottiene fa- cilmente r altra (p-hm — i) p-i-m—i (m) m C-i-C'a:-f-ecc.-+-G x — A(D-t-Dx-f-ecc.-HD x ) (p-i-m—z) p-i-m — 2 = (B-<-B.r-f-ecc.-+-B .r ){x — a), e ponendo ulteriormente 128 Sulla Decomposizione ecc C— AI si ha pine C_AD=E, C-AD=E', ecc. C^"L AD^'U E^'^ (m) 7)1 ("!-+- 1) ra-t-i ([j-fm—i] p-t-m—i (a) . . . E-hE'.i'-t-ecc.-i-E x -+-C .v -hccc.-hG x = (B -4- B'.v-i- ecc. -4- B x ){x — a), equazione^ la quale se dee sussistere^ richiede che i coefHcien- ti delle stesse potenze di ;i; ne' due suoi mcnihri si eguaglino fra loro. Perciò, ordinato pure secondo le potenze di x il se- condo membro dell' equazione medesima, si avranno le altre E= — Ba, onde B = a E'=B-B'a, onde V,' = l=^=- ^^-^^'^ ti a" E ti Ti' IT' 1 n" E' — E" E-+-E'(i-+-E"(i^ =U — ha, onde B = = ^ /„! , , / \ / V {m— lì (m) (m) m (m) {m — I) (m) (m p r? e . n , r E = B — B a, onde B =^ = . a Sono con ciò determinati i coefficienti B, B', ecc. B ; ma^, co- me è visibile, restano a determinarsi gli altri corrispondenti a potenze superiori di x, i quali seguono una legge diversa e dipendono tutti dall'equazione (m-i-r) (m-f-r— I) (m-*-r) C = B — aB , supposto che ;• rappresenti un numero qualunque non/> — a, poiché questa equazione rappresentaappunto l'eguaglianza Del Sic. Marchese Rangomi lag richiesta dei coefficienti corrispondenti delle potenze di x su- m m-t-p — a periori ad x fino ad x iiiclusivamente ne' due membri dell' equazione (2), come è facile di rilevare per 1' ispezione della stessa. Riguardo però ai coefficienti corrispondenti di a; , si ha (p+m— i) (j}-\rm—2.) C =B Quindi per questa equazione e per l'altra stabilita di sopra , che vale per tutti gli altri coefficienti delle potenze superiori m ad X e si verifica ponendo successivamente r ■= p — 2 , r=p — 3j ecc. r=i, si avranno le seguenti equazioni (p-t-ra— 1_) (^^-m— 2) G =B ' (3) < (p-i-m — 2.) (pH-m— 3) (^^-771^2) G =B —aB ip-i-m—3) (/j-t-m— 4) (p-\-m—3) G = B —aB (nH-i) (m) G =B zB (m-hi) (/? -t- m — 2) le quali servono a determinare tutti i coefficienti B , ecc. B e danno ancora un' altra espressione di B . Di fatti, è primieramente visibile, che da esse si ricava facilmente {p-i-m—2.) (p-^m — 0 B =G {p-i-m—3) (p-i-m—2) (p-^m—i) B = G ^- flC (p-\-m^^) {p+m — 3) (^-(-m— a) (p-t-m — i) B = C M- aC -+- a"G Questi tre valori bastano a rilevare per induzione la legge Tomo XXI. J7 ■'^0 Sulla Decomposizione ecc. (p-ì-m—2) chi; seguono i ricercati cocfllcienti dopo il primo C , la (piale può eziandio provarsi rigorosamente. Di latti, ponendo per brevità p-^rn-=n^ potrà supporsi die essendo anche n! un nu- mero non <3 e non >y^ — i, si abbia (n—n') (n — /j'-t-i) (;i— «'-t-a) (n — h'+3) h'-'j. (n — i) B = C -t- aC -H a'C -i-ecc.-i-a C , equazione la (juale , rpiando si faccia in essa n'=4--, dà il valo- (/;-t-m— 4) re sopra trovato di B . Pertanto avendosi per le equazioni (3) (n — n) {ri~n'—!) (ri — n') C = B — aB , sarà anche, secondo l' assunta ipotesi, {Il — u' — i) (n—n) (n — n') (n — n') (ri — n'-i-i) (n—n'-i-ù.) n'—ì (n — i) B = C -^ aB — C -^- aC -4- a^C -i-ccc.-^a C , e (juindi dipendentemente da essa la forma del coefficiente (n—n'—\) (n—n') B è simile a quella del coefficiente B . Perciò verifican- tiosi r espressione supposta di B nel caso di «'=4' ^' verifi- (n—n'—i) oliera anche quella di B nella stessa ipotesi riguardo ad n, (/! — 5) _ _ ('i — 4) . {"—"') cioè B sarà della stessa forma di di B . Se ora in B si fac- (n-6) eia n'=5, se ne inferirà legittimamente essere B della stessa ("—5) forma di B , e cosi successivamente finché si ponga ii'=iJ — 2, (»i-t-ii onde pure si conchindc che essendo sempre B della stessa forma, essa appartiene in idtimo anche a B , e sarà perciò, posto ?i=:p — I , (m) (m-t-i) (m-i-3.) (m+'i) p — a (p-\-m — i) B = C -H aC HH a'C -H ecc. -4- a G Giova ora dimostrare l'identità di questa formola coll'altra Del Sic. Marchese Rangoni idi (m) m ("!) E-t-E'fl-t-E"a'-vecr.-4-E a a (m) Di fatti, sostituendo i valori attribuiti ad E, E';, ecc. E, si ha (m) (m) m (m) C— AD-»-(C'— AD')n-t-erc.-(-(C — aD )a — -^ m-<-i a C+C'a-t-eccH-C a (m) m 'D-t-D'fl-4-prr,-t-D a )A ^^~ TO-t-l TO-t-I a a (m) m C-t-C'a-»-pcc.-f-C a (m-+-/)^i) p-i-m—i C-+-C'n-t-i>cc.-t-C a m-t-i ' m-M a a (m-Hi) (m-»-2) (m-1-3) />— 2 (m-4-/)i— i) = C -4- aC -H a'G -+- ecc. -t- a C , dopo aver posto anche in luogo di A il suo valore trovato di sopra ; locchè rendcj come è manifesto^ quest' ultima equazio- ne identica. Si conoscono pertanto tutte le quantità che erano da determinarsi nelT espressione (p-*-m^a) p-ìrtn — 2 A B-|-B'a--t-pcc.-HB X p (m) m p — I (x— a) (D-j-Dy-t-ecc.+D x )[x—a) ' ' a cui si è cercato ridurre la proposta frazione. Considerando quindi ora le B, B', ecc. come date, la frazione {p-\rm^2.) p-i-m—z B-t-B'i-+-erc.-4-B x (m) m /'— ' (DH-D'xH-ecc.-t-D X ){x— o) potrà decomporsi anch'essa in altre due della forma di quelle, nelle quali fu risoluta la proposta , cosicché potrà verificarsi l'equazione 1^-1 Sulla Decomposizione ecc. (p-i-m — a) p-^.m—2 B+B'x-t-B' T'+crr.-t-B ,T (D-t-D'.r+ecc.-t-D x ){x—a} (p-^-ni—3} p-i-m—3 G-(-G'.r-l-G''.r>-+-ecc.4-r. .r p — ' {m) m p — J (.r— a) (D-t-D'x-^-ecc.+D x )(x—a) Quinili anche la iiazione (/;+m— 3) p^m—i G+G'r-t-ecc.-t-G t (m) m p — J (D-HD'.r-f-ecc.-t-D x )(r-^a) può essere decomposta in altre due rispettivamente della forma di quelle, nelle (|uali fu risoluta la proposta e che riusciranno egualmente deterniinate, essendo poi affette nel loro denomina- p^i p—3 tore dai fattori (.v— a) , (.r — a) rispettivamente. Procedendo con operazioni analoghe, è facile a vedersi come si giungerà al ri- sultamento di due frazioni, Tuna delle quali abbia il numera- tore costante col denominatore x — a, e l'altra che abbia per nu- meratore un polinomio in .r, in cui la massima potenza dell' esima (m) m incognita sia la m — i. ^ e D -h D'.r -+- D"a-~-+- ecc. ~h D a; per denominatore. Perciò col metodo spiegato e colle formo- le generali già determinate, si perviene alla verificazione dell' equazione (p-t-m—J) p-ì-m—z C-l-C'.r-»-erc.-t-C .r i7«) ni p (D-)-D'.r-t-ecc.H-D .r )(-C— a) ip^i) (m — I) ?;ì— I A M-t-M'jr-(-ecc.-»-M x +-ecc.- p p — I x—a (ni) m (x — (j) {x—a) D-i-D'x-t-ecc.-rD x Del Sig. Marchese Ranconi i33 Per meglio far conoscere la verità e lo spirito di questo metodo, giova cimentarlo con qualche esempio. Sia perciò 1' e- quazione > : . : a:4 A B-t-B'r-v-B"a:»-t-B"'i» Applicando le formolo ritrovate, e trascurando le lettere che in questo caso esprimono quantità che sono lo zero, si avrà (p-i-m—i) ^ ^^ p=2, w=3, a:= — a, e = I, D=i, D'=:3, D"=i; e quindi Perciò . .; ' ...,{. 8 Tjt 20 T>f, IO Tjrir ==— ' ^=73' ^=-73' ^='- Ora r equazione proposta diviene per le sostituzioni a:4 i6 I li i3 li (a;'-4-da;-Hi)(x-*-2)» i3 ' (x-t-ii)» (j;3-(-3x-t-i)(x-ha) Si tratterà dunque di decomporre ancora la frazione 0 , 20 IO 2 . « -UT H — a ^ 3 ^i- -+- a-' IO IO IO (x3-i-3x-l-i)(a:-t-2) come se dapprima fosse stata proposta 1' equazione 8 so IO a , , .J "^ 1 ?» *^ "^ — 5" *^ I »^ . « «., _ i3 i3 IO A B-(-B'3-*-B"2-> I 34 Sulla Decomposizione ecc. da risolversi col mezzo delle i'ormole generali iriù ritrovate. Essendo pertanto le D, D', ecc. le stesse che nella risoluzio- ne precedente, ed eziandio le «, 7?^, si lia ora onde 8 40 40 3.1 3 . '6 li lÓ li) ,nf, Inoltre e pure Perciò ìÒ" ' lo-" ' li p 36 y: I 16 pi. _^ 7 ló^ ' ~~ li' ' ìÒ' Si raccoglie perciò facilmente 8 20 IO i 1 i.J IO li l'^D I I oo-Hi lOr-t-yr ed .r4 16 I 176 1 I .%-!- 1 1 6r-t-7i* 2-''-l-3a--t-i)ljr-»-i)^ 1,3 ' (.j-i-2)' li' ' x-h2, i^-* " .T3-f-3:c-(-r Questa decomposizione della trazione a-» (a '-f-d j-i- j j( x-1-2) ' può pero ottenersi più direttamente, e forse con maggior sem- plicità, usando di un metodo analogo allo spiegato nell'art." precedente. Sia perciò Del Sic. Marchese Rangoni i35 t4 a A' B-t-B'x^B"x» e posto x-^2 = z e B-t-B'or H- B"x^= S X si ha 1' altra fz— 1)5 A , A' S j: ovvero . (z — 2)4= ( A -H A'2)(3'— 6z^-+- 1 52 — 1 3) -H S z% onde, latto z=:Oj si ricava A = — i^ , e perciò si ha, riducendo e dividendo per z, 33_8s^-H242—3a=A(z^— 02-4-1 5) -h A'{z^—6z'-¥- 1 52— i 3)-fS 2 5 a; d' onde pure^ fatto 2 = 0, si ricava A— -rr- 5 e quindi, ridu- . ceiido pure e dividendo per 2, 2»_82-4-a4 = A(2 — 6)-t-A'(2»— 62-Hi5)-f-S , ovvero, restituendo a 2 il suo valore :c -+- 2, (x-H2)"— 8(x-i-2)-4-24— A (j:-+-2)-h6 A— A'(a;-i-a)»-i-6 A'(ar-Fa)— 1 5 A'=S ( , _A');c"-h(2 A'— A— 4);«r-i- 1 2— 7A'-t-4A=B-HB'^-4-B"x% Perciò eguagliando i coefficienti delle stesse potenze di x ne' 136 Sulla Decomposizione ecc. due membri dell' e([uaziono che dove sussistere qualunque sia x, si ha dipendentemente dai valori giù trovati per A, A', ii6 B = 2A'— A— 4 = — -^ B ■= I — A'= li' Essendo perciò identici i risultamenti che si sono ottenuti per la decomposizione della proposta frazione da due metodi di- versi, r luio serve di prova all'altro. Intanto potrebbe sembrare clic le formule generali sopra ritrovate per la verificazione dell'equazione (i) dell'art.'' pre- sente potessero pure servire alla verificazione dell'altra equa- zione (p-*-m—i) p-i-m — I (p-t-m — n) p-t-n: ./, C-(-C'x-i-^r '--(-C .r A B-«-B'.r+err.-+-B x p (m) m [i (ni) m p — r r (D-i-D'.r-+-ecc.-i-D .r ) x (D-+-D'a-t-ecc.-t-D x )v derivata dal porre fl=o nella stessa (i). Volendosi però in questo caso determinare colle formole mentovate le B , B', ecc. fino a B , esse tutte avrebbero l'espressione dell'infinito, come è manifesto per 1' ispezione della formola (m) B =_ (m) m E-i- E'a -t- E"fl-'-t-erc. -I- E a m-i-i a (m—i) {m—2) che ha luoiio anche ne' valori di B , B , ecc.. B. Ciò o posto, conviene determinare direttamente i coefficienti dell' ■equazione (4) •. la quale , tolte le frazioni^ si riduce all'altra Del Sig. Marchese Rangoni 187 {p-i-m — i) p-i-ni^i '\ C-i-C'x-4-ecc.-4-G x= ' (m) m (/>+m— a) p-hm—a. A(D-i-D';c-+-ecc.-f-D .r )-(-(B-(-B'x-Hecc.-f-B x )x, equazione la quale, posto x=o, dà A = ^; e quindi, riducen- do e dividendo per x, (p-i-m—i) p-t-m — 2 G-h G'x -^ ecc.-^ G x^ — . (m) m— I (p+m— 2) p-i-m—2 A(D'-»-D"ar-+-ecc.-4-D :c )-t- BH-B'x-t-ecc .-hB a; , ovvero^ ritenute le significazioni di sopra date ad E', E", ecc., cioè posto C — AD'=E', C"— AD"=E",ecc. si avrà ancora (m) m — I (m-Hi) m (m-+-2) ra-t-i (j9-i-m— i) ^-t-ra— 2 E'-HE"xM-ecc.M-E :»; h-G ;c-hC a; -f-ecc.-nC :e (p-^-m—3.) p-^m — 2 = B-i-B'a;-4-BV-j-ecc.-t-B x , :,, equazione da cui si ricava ._ , l'i r ! , ,- . —. , (m— i) (to) B = E', B'=E", B''=E ', ecc. B = E (m) (?7H-r) (m-4-i) (m+a) (p+m—o.) (p-hm—i) , ■ B = G , B =^ C, ecc. B = C. " Anche questo metodo può applicarsi ad un esempio, quale fra i molti che potrebbero aver luogo è quello che fu proposto dal Padre Vincenzo Riccati (*) per la decomposizione della frazione —— — ^r in due altre che abbiano per rispettivi denominatori (*) F. Institutiones Analyticae. Bononiaej 1767. T. II. pag. ia5. Tomo XXI. 18 1 38 Sulla Decomposizione ecc. p _ X; (.V — a). \ olendo perciò riferirla all'equazione (4) conver- rà sviluppale la potenza [x — «)^ per ricavarne un polinomio cor- (m) m rispondente a D-i-D'aM- ecc. -f-D x , ed avendosi qui m=5, yy=F.si avrà perciò /rv a» A B-^B'J■^-B"■^c'-^-B"'3^^-^B"a^4 e D=—a\ D'=5a4, D"= — ica^, D"'=iOfl% D'^ = — 5a, D^= i, ed inoltre C=La^ C'=C' = ccc.= G =o; onde A=-^= — a, B = — AD'= 5a^ B'=i: — AD"= — loa^', B"= — AD"'= ioa\ B"= — AD''=— 5a% B'"= — AD'=fl, secondo le formolo ri- trovate. Sostituendo dunque questi valori j si ha finalmente Indipendentemente però dal metodo con cui si è ottenuta la verificazione delTequazione (5), può essa rendersi identica con semplici artifici. Di fotti, se essa si moltiplichi per a; e poi si ponga ^-=0, si avrà subito A =: — a; e sostituendo questo va- lore di A e trasponendo il termine — nella stessa (5) , poi liberandola dalle frazioni^ nasce l'altra Sa^x— ì oa'>x^-]- ica\v^—5a\v'>-i-ax^—. Bx-^B'x^-hB"x^-i-B'"x^-hB"'x^, per cui vengono determinate le B, B', ecc. come prima, do- vendo eguagliarsi i coefficienti delle stesse potenze di x ne' due membri dell' equazione. la. Passando ora a considerare l'espressione (la) dell' art." i.°, cioè la (m—ì) m—i C-+-C'.r-t-C''a-'-t-ecc.-+-C x {m) ni D-4-D'aH-D"3:'-t-ecc.-1-D x Del Sic. Mauchese Rangoni iSq suppongo che il denominatore di essa sia un polinomio su- periore al quarto grado, ma che possa risolversi in altri due di grado comunque maggiore o minore del quarto, e si tratta perciò di decomporla in due altre nel modo che viene indi- cato dalla seguente equazióne (m — i) m—i C+C'x-\-C"x'-hfCc.^C X (m) m D-l-D'a:-t-D"j;"-t-ecc.-1-D x (r— i) T—\ (m— r— r)m— r— I A-l-A'jr-(-prc.H-A X B-t-B'jr-4-eco.-t-B x ^_— ^— ^— ^-— ^^— .^^_— ^^— ^— — ■ I I . — - — — — , (r) r ('"""'■) '"■—T E-l-E'x-»-ecc.-HE X G-t-G'jT-t-ecc.-t-G x (r— i) {m—r—i) in cui le sole costanti A, A', ecc. A e B, B', ecc. B sono da determinarsi, essendo date tutte le altre. Se per- tanto i due fattori del denominatore della proposta frazio- ne siano superiori al quarto grado , e come tali general- mente irresolubili, oppure , non essendo superiori al quarto grado , non si ami di decomporli per non cadere nell' in- ciampo delle radici immaginarie, di cui si parlerà in seguito, r equazione testé istituita non sembra potersi verificare o rendersi identica che con artificj, che per una parte si ridu- cano al metodo ordinario de' coefficienti indeterminati^ locchè non sarebbe quando uno de' polinomj, il cui prodotto costi- tuisce il denominatore della proposta frazione, fosse esso pure risolubile o piacesse di risolverlo ne' suoi fattori più sempli- ci, giacché, come è evidente, la decomposizione dipenderebbe dalle regole già date. Ho detto doversi solamente in parte ri- correre al metodo ordinario de' coefficienti indeterminati per tale decomposizione, giacché per mezzo di altro che mi fo ad esporre, le quantità da determinarsi nell'equazione proposta esigono solo parzialmente per essere conosciute l'uso del me- todo comunemente fin qui adottato. A questo si supplisce al- meno per la metà delle quantità da determinarsi col seguente '4^' Sulla, Decomposizione ecc. processo. E facile a vedersi che l'equazione proposta, in cui (m) m si suppone che il polinonuo D-HD'a;-4-D".i-^-H ecc. H- D x sia (r) r il prodotto degli altri due E -H E'a;-f- E".i- -t- ecc. -+- E x e (m — r) m^T C-f-G'.i;-+-0''.L'-4-ecc. H-G x , si riduce all'altra (m — I) m — I (r^i) T — I ("i— r) m — r C-t-C'.r-*-orc.-t-C .T — (A-f.A'.r+occ.-4- A .r ) (G+G'.r-t-ccr.-1-O .r ) (m) m D-(-D'x-t-D".r»-hecc.+D .t ( m—r^ I ) m—r — i R-t-B'.T-Heoc.-1-B X (m — r) m—r G-t-Cr-t-ecc.+G x Ora si scorge che essendo il denominatore del primo membro dcir ecpiazioue divisibile per E-HE'.x--4-E".T^-f-ecc.-i-E x,s,e si renda tale anclic il numeratore, l'equazione potrà subito ri- dursi a quella di due Trazioni clic abbiano eguali i loro deno- muiatori. Ciò si ottiene, se si divida per E-t-E'.r-Hec.-HE x il polinomio (m— i) (r — i) {.m—r) m" G-AG-»-(C'— AG— A'G).rH-(C"— AG"— A'G— A"G).r^4-ec.H-(C — A G \x, pcrlocchè riesce il quoziente un polinomio del grado esimo m — r — I. , e si eguagli a zero il residuo che sarà funzione delle A, A', ecc. come il (jnoziente stesso, e sarà pure un polinomio del grado ni — / — a . Si determineranno quindi le stesse A, A', ecc. eguagliando pure parzialmente a zero i coef- ficienti delle potenze di x nel detto residuo. Con ciò saranno determinati anche i coefTicienti delle potenze di x nel quo- ziente, cosicché, fatte le debite operazioni per ridurre il pri- mo membro dell' equazione coli' accennata divisione, i coefH- Del Sic. Marchese Rangoni ìI^a cicnti delle potenze di x che esso darà, si eguaglierantio ai corrispondenti nel secondo membro dell'equazione, locchè farà conoscere anche le B, B', ecc. e verificarsi l'equazione stessa. Affinchè il metodo si renda più chiaro con qualche esem- piOj sia r equazione a4-H33r'-<-5j-t-9 A-hA'z B-f-B'x-i-B"3:' ovvero l'altra ' g4-h3x'+53r-4-9—(AH-A'3r)(i^— 73-4-2) E-t-BV-4-B"j:' (x"-t-4i — 6j(x'— 7iH-a) ;c^— 7x-Fa ' Quindi secondo il metodo spiegato, fatto I— A'=P, A = P', 7A'-t-3=P", 5-f-7A— 2A'=P", 9— aA=P'% si tratterà di dividere Pa;4— P'a:3-HP'V-»-P"'^-+-P"' per x»^-4x— 6, d' onde si trarrà il quoziente Px=_ ( 4P -H P' );e-+- 22P H- 4P'-4- P", ed il residuo (P"'_4P-_.1 12P— 22P>^-P"-+-6P"-t- 1 32P-H 24P', ovvero, sostituendo in questo i valori di P, P', ecc. P'" ed egua- gliando a zero nello stesso i coefficienti di x e di x°, si han- no le due equazioni 82A' — i5A— 119=0, — 90 A'-f-a2A-i- 159=0, dalle quali facilmente si ricava ^_. "64 ^r_ 233 237 ' 4^ Avendosi perciò P=i_A'=.^, P'=A = -ii^, P"=7A'-t-3=^, 454 ' 217 ' ' 454 ' sarà 143 Sulla Df.composizione eco. 1V_ (4l> -+- l>),t: -H :iaP -t-4P'H- 1' = aii , 1444 '4IJ7 n T->i vi'i 404 4>.4 4O4 C ( ulndi j3__ ,^4^ ]3'_ '444 B"=:-^ 454 ^ 454 ' 454 ■ rortanlo i vaKiri tiovnti per A , A' e B, B', B" debboiiu ve- lificarc la proposta equazione, la quale, sostituiti tali va- lori e tatto in ossa x= 1, ilivicne per l'appunto identica. La frazione proposta rimane (juindi risoluta nel modo che si voleva col metodo precedentemente sjiiegato , il quale è lo stesso die può adoperarsi (piando i lattori di un' altra tVazio. ne elle pur vtMii^a proposta sieno due polinomj di grado su- periore al quarto. Abbiasi perciò la iVazione (.i-^-i-ò.i-Hiji,i5-»-4.i-t-3) ' e pongasi V eipiazione .\-HA'r-t-A"r^-4-A"'.r'-t-\".r4 r>-f-B'.r-*-IV .r'-(-B"'j-3-4-B'\r* , (.l-'-^-o.n-l)^.^'^-^-4.l■-^-ò) .i5-f-j.t-+.i .i5-k.4.r-i-3 e ([uiiidi I— t.\-t-A'.i--t-A' .;-'-4-.-V".r'-t-A''.r4nj-5-H4.r+3) B+B'.i-4-B".;-°-t-R"'.r3-)-P".i4 (a-5-i-3.(-Hi )i.!'-+-4.i-*-o) .j'-(-4x-+-o Perciò se si istituisca la divisione di , — (A -t- Ax -+- A".r-^-4- A'".L-3 -t- iVw^) (.r'-t- 4.1; -+- 3) per .v''-4- 3.1- -t- I, si ha il i|uoziente — A\v^- A .r — A".r'— Ax — (A ^ A > ) Del Sic. Maechese Ranconi i^B ed il residuo • '. '. -(a A"-4-A" V— (a A" VA'>MaA"-t-A>MA-4-a A'— 3 A'')a;-4- 1 -2A-4- A"; onde le equazioni (i) — aA'v— A"'=o, , , (a) — a A" — A":= o, (3) — 2 A' — A = o, - ' ' (4) . . . .'"." - A— aA'^-3A'^=o (5) I - aA -+- A'^=: o. Ricavando pertanto dalla (ó) il valore di A =: — — e sosti- tuendolo nella (4)? si ha pure da essa A':= — ^-^^ — , valore che posto nella (3) dà A"= — y — • Cosi per la sostituzione di questa espressione di A" nella (2) si ha A'''= ^-^^ — , e fi- nalmente ponendo ^-^^ — in luogo di A" nella (i) si de- termina A'''=^: perciò A il A' ^ A" ^ A'" i ^ — 37' ^ — — 57' -^—37' ^ — 37- Si avrà dunque per le cose già dette i; ^7 d7 i^ àj ' onde -. , _. : . • B — ?1 B — — B'— i- B'" — — B'' — — i.- 37 ^7 ' 37' i-j ' 07 ' e finalmente l'equazione da principio istituita diviene, fatte i44 Sulla Decomposizione ecc. le necessarie sostituzioni. {.t'-+-3x-+- 1 Xx5-t-4-i'-t-o) IO 8 A ^ ^ ■> 1 , Ù.0 8 i^^ril. ■T^ — -7- .v-t- r- X — TT- .X-^'-l- -7- .1'» -; -r-x-i-i^ x^ — — x^-i- .j- X^ ÓJ 07 .TJ O- OT 0^ à-J i? .3-" O- Questa equazione di Ritto si scorge identica quando si ponga a; = I , a; = 2, come appunto dev'essere. i3. Esaminate giù particolarmente tutte le modificazioni che può ricevere la frazione generalmente proposta da prin- cipio secondo le diverse ipotesi che intorno a quella possono aver luogo, non è torse inopportuno, prima di dar termine alla presente trattazione, di applicare i metodi fin qui esposti ad altri esempi per rendere anche sensibili gli artificj speciali che possono rendere più semplice ed accomodata la risoluzione del- le hazionl ne' casi particolari , ne' quali può essere varia od ambigua la scelta del metodo più opportuno, ove si renda ezian- dio meno utile il ricorrere alle forinole generali, o nel cerca- re l'espressione delle frazioni componenti si voglia facilitare il calcolo degli irrazionali e degli immaginar] od anche evitarli. Sia perciò la frazione Il 1 -t-a" 1 1 ! -t-a -t-.t '1(1 — , x'}[i—j:)'' / i_|/_3\/ i^|/_:A xi I ^x)\ I — .r) \^v H \^ 1 rx-H ^ 1 — ^ a-( I -^x-Yix- , ) (.V + i^^') (x- -H ^^i^) la quale può riferirsi alla forinola generale dell'art." i.° e per cui, come è facile a vedersi, essa si trasformerebbe in l^^^^—JL ^ ^ X _i_ Del Sic. Marchese Rangomi i^S espressione , nella quale per le cose dette le A , A', A", A"' essendo facilmente determinabili e quindi potendosi supporre note^ non lascia che a determinare il parziale sviluppo^ o de- coniposizione delle frazioni A A' A" A'- x{a--t- ij-' (jr— 1)1, ^x-i L j{.v-^\Y ^x-i ^ j(A•^-I)* che pure si riferiscono ad una delle considerate ipotesi sulla formola generale dell'art." i." Però siccome questa risoluzio- ne, oltre la prolissità cui anderebhe soggetta, involverebbe eziandio il maneggio degli immaginarj, de' quali sarebbero af- fetti i risultati finalij così volendosi questi eliminare, è d'uo- po ricorrere ad altro metodo di decomposizione, trasformando la proposta in un' espressione piìi compendiata ed iairauae da tali inconvenienti. Si ponga pertanto i_x^2x^ A A' . B-*-B':r . A" . A" X{IH-XÌ{1-+-X-^X'){1 — x)"- X i-t-x i-v-x^x'- {^i—xY Ì—X Moltiplica:ido questa equazione per x^ poi fatto x = o^ se ne ricava A = i; moltiplicandola per i -4- x, poi fatto x = — i, risulta A'= — i; e moltipllcandola per (i — a;)'', poi fatto a:=i, viene A"= — . Sostituiti questi valori e trasposto nell'equa- A" zione il termine r, si ha 1' altra Ci— ^r. j — r-l-Qj-^ I — A"-(-2a:° ^ {x''-i-x){l-+-x-i-x'') xis+xj^i-^-x-i-x'jii—x)^ 3 (i—xf xii-i-xXi-i-x-hx'-Xi—Xj' I — -y x ■+- -^ a' — -|- x' — ^ x^ -^ x^-t-x'^ j x-h I x(i-t-x){\-\-x-^x-)(t—xf' a:(i-Hx}(i-t-x-(-x*)(i— x> I I B-*-B'x A'" X l-t-X l-i-X-hX^ Tomo XXI. 19 i^**' Sulla Decomposizione ecc. e moltiplicando (]nesta equazione per i — x e fatto x=ì, si ottie- ne A' = ~. Sostituendo anche questo valore nell'ultima equa- zione e trasponendone il termine—, si ha: ±. x^-hx'— -^ .r-H I — ( I — .r^)( I -^-x-hx') x( I -+-a-)( n-.rH-^ ^j( I —X) a-3-H 4 x'-i-x~ 4 -^ ■l_ I B+B'-r j_ I (H-a-)(H-a-+.!;^}(i— .r) n-r i^^^-^i "*" 3 ' i—^- equazione, in cui trasponendo 11 termine — , dà a-^-t- -^x'-h X — i- -h( I— .T)(r-4-.r-t-a;'') 4 x'-^x ^ (l-i-.l%l-*-X-+-X''){l—X) (l-i-X)(l-^X-\-X')(ì—X) e quindi 4a--4-4-(i-+--r-Hx-) I I I o o 0 (^-i)^ (i-i-X-^X^){l—X) à ' i—X (l-t-.!,'+Z»)(I — X) X ^ à B+B'.r 7 5 l-(-X-i-.i." l-hx-i-x onde e finalmente I— .r-(-2T^ III Q — .r II II a'(,i-T-;r)(i-t-^'+*'*)(i — x)' x i-t-x d ' i-i-x-*-x- 3 ' (i— .jr)^ 3 ' i— .^ ' Del Sic. Marchese RangOni 147 Si perviene allo stesso risultato se, dopo avere determinati come sopra i coefficienti A, A', A", si prosegue a determinare gli altri con metodo diverso ed indipendente dalle divisioni che rendono forse alquanto più brigoso il calcolo. Sostituendo pertanto nell'equazione proposta i valori di A, A', A", si ha: / \ I — .r-t-2r=' I I B+B'.c i i A" ^ '■"x(H-.r}(i-+-ar-t-j;-j(i — x)' x i-^x H-J-t-X» 3 ' (i— JJ* i— dalla quale, ponendo — in luogo di x. viene l'altra I a I 1 X X^ 3-6_j:5_^,3.4 . ■> (a:-4-x)(x^H-x-t-iX-r— i)^ ^ . I I A'' I I 3 I -i- - I H 1 — - y x) ^ X X Bx'-t-B'.r I r' A"'x = X — I -I- U — . ^_— -4- ar-f-i a^-t-x-t-i 3 (x — i)" x — i 3 equazione , che divisa per x e fatto x = o , dà B' = A". Se ora ripigliando la (i), posto in essa B' in luogo di A"', suc- cessivamente si faccia x=2,, x^ — a^si hanno le equazioni r _ I r B+aB' i „, 2.3 — 2 3 ' 7 '3 -^ ' II I , , B—aB' , I , B' 2.3.9 ~" 2 "^ ^ ' ' 3 ■ ' ' 3.9 "•" 3 ' onde (a) . . • • E-5B'=-^, . (3) . . . . B - B'= - I . i48 Sulla Decomposizione ecc. Sottraendo la (3) dalla (i), si ha -4B'=-4. e perciò e conscguentemente anclie E = -T' come si era trovato dapprima. Sia ancora la frazione equivalente all'altra (x-*-sì(.v—i)^(x^—i) (X-i-l)(X i)'(X'-^-X-i-l) ' a cairione di x^ — I ={x — I ) {x~-h.v-i- 1 ) . Fra le molte maniere nelle quali può decomporsi questa fra- zione, la più semplice ed opportuna ad evitare possibilmente il calcolo degli immaginar] sembra la seguente , che richie- de una sola operazione di divisione. Si ponga quindi, espri- mendo per a, /9 le due radici immaginarie dell'equazione x"-i~ .r -+- I = o, (4)... =?:! ,=-±-^^L.^J^^_L^S±2^ . ^^' (x-t-i){x — i)^(X~a){x—p) (X — I)' (x—iy X — t x-i-i x'-i-x-t-i Moltiplicando tutto per {x— i )^, poi llitto x' = r, si ottiene A=: A-, essendo {x — a){x — /?) = a-*-i- .t -hi . Se ora si Del Sic. Marchese Rangoni l49 A .... .i trasponga il termine ■ __ ^j, sostituito prima in esso il trovato valore di A, nasce l'altra equazione 5s» 3 ,_2_ .p. 6 6 6 A' _. . A" B C+Cj j che, moltiplicata pcir (.t — i)^ e fatto a-=:i, dà A'= — ~ . La stessa moltiplicata per a; -f- ij e fatto .i; = — i , dà pure Per determinare le C, 01 , è d' uopo osservare , che annul- landosi pe' due valori a;=a, a;=/? l'espressione x*-^x-\-\, se per questa si moltiplichi 1' equazione (4) ■> poi si ponga a=:a ovvero x=^, si avranno rispettivamente le due equazioni (a-t-i)(a— I)' ' ' (.j-t-ij(f/— 1)3 Sottraendo la seconda di queste equazioni dalla prima, si ha Per liberare questa equazione dagli immaginar] ed ottenere il valore di C, conviene qui richiamare le note proprietà del- le radici cubiche immaginarie dell' unità quali sono le a, /?, vale a dire i.° che la loro somma eguaglia l'unità negativa; 2..° che ciascuna di esse è eguale al quadrato dell'altra; 3." che il prodotto (a— i)(/?— i) = 3. Ciò posto, essendo C{.y.-^): 3ia-i) "*" 3(^—1) ~ 3.9 "" 3.9 ' i5c Sulla Decomposizione ecc. onde C:= — . Sostituendo ora questo valore di C nelfecruazioue 9 ^ ^ c-4-cv; -'' si ha pure da cui si trae subito ~ 9 ~" 9 ' Resta quindi solamente a determinarsi la A". Perciò sostituiti neir equazione (4) i valori trovati per A , A', B , G e i'atto X ■= 0, si ha 1 = 0, e perciò A = - — . a y ^ o.(j Sarà dunque finahnente (.1 + 1 )(.C— I j3 (i'-t-.t-+-l ) 3 r 1 X I r I I r I 9 9 i.i ' (x—iji 4 ' (x — ly 8.9 ' x~ i a ' a-hi .i-^-)-jr-*-i 11 calcolo degli iuimaginarj introdotto in questa risoluzione avrebbe potuto risparmiarsi con ulteriore divisione sul primo membro dell' equazione (5) dopo aver trasposto il termine — ^ — onde determinare A", trasponendo poi successivamente anche il termine , dopo di che, eseguito il solito proces- SO, le C, C vengono date immediatamente dall'equazione ri- dotta. L' uso però degli immaginar] colle avvertenze indicate sembra abbreviare notabilmente le operazioni che vengono ri- chieste per quanto sembra inevitabilmente dall'altro metodo di successiva trasposizione e divisione. • Del Sic. Marchese Rancori • " i5r Sia da viltimo proposta a risolversi nelle sue componenti r espressione (H-X"}-'(i-t-x4) ' la quale, come è facile a vedersi, potrebbe decomporsi in do- dici altre, vale a dire in altrettante quanti sono i fattori sem- plici o di primo grado nel suo denominatore, che avrebbero tutte per numeratore una quantità costante. Volendosi però evitare possibilmente il calcolo degli immaginar] e renderne esenti le frazioni più semplici che possono derivare dalia de- composizione della proposta , giova dare a queste la forma che viene indicata dalla seguente equazione (i-t-j:"j4(i-+-.i4) A-f-A'x , B+B'i , C-f-C'a; . D-nD'r E-(-E'T-»-E".r=-(-E"':c3 (J-t-j;»j4 (i^^»)3 (i-t-^c'j^' i-*-j:^ i-H.t4 ' ove è opportuno riflettere che le quattro prime frazioni, che costituiscono il secondo membro, possono ridursi ad una sola della forma in cui la massima potenza di x nel numeratore è minore di un'unità della massima potenza di x nel denominatore, come facilmente rilevasi, riducendole tutte al medesimo denomina- tore e sommandole , cosicché allora è evidente che si avreb- bero nell'equazione proposta tante incognite quante equazio- ni per determinarle secondo il metodo dei coefficienti inde- terminati, supponendosi sempre le A, A', B^ B', ecc. e quindi le loro somme quantità costanti da determinarsi. Ciò premes- l'a Sulla Decomposizione ecc. so, se si moltipllclil l'equazione proposta yicv (i -H-V")"* e poi si ponga .i' = ±n/ — 1, nasce la doppia equazione A ± A',/- I =^\'-^fl^-^ = :t,/- I, dalla quale si ricava subito A = o, A'=i. Sostituendo questi valori nella stessa proposta equazione e trasponendo la fra- zione -, SI ila B-HlVr C+C.'.r D-f-D'x E-^E'r-\-E"x'-hE"'xi equazione, che moltiplicata per (i-i-.r°)^ e fatto nuovamente .r=::j=l/ — i,dù BrtB'i/ — i =:=i^ ' ~' , e quindi B=o, B'= — ; dunque — r' . — -r — 2r' — r— r^ — r' — r (i-+-.i-j5^i-f-.;ji 2ti-t-.i^}' i^i-4-it)^i-+-.i"^3 i>(l-^-J,•^)^l-)-J;■')■' -r- (i-t-x-'j-' IH-.t^ H-.i* IMoltiplIcata anche questa equazione per (i-4-.t~)" e fatto al solito a— =b|/— I, nasce CztC'i/— i = =t -^^^^^ z;: ii:;=:JL = o, 4 4 onde si ricava facilmente C=o. C=o. Sarà pertanto —:,J~x —.7- V-t-r)'.T E-t-E'3--f-E".r'-t-E"'ri ove. moltiplicando per i -h a;^ e tatto pure .v =: zt]/ — ijsi lia j Del Sic. Marchese Rangoki i53 DztD'i/— 1==?: *^x^^e perciò D=o, D'= . Fatta 1' op- portuna sostituzione e trasposizione, viene anche — X , X ^2jr-t-T(i-(-r4) . . 4(i-t-z4X'-«-a^') 4(i-t-ar4; i-t-x+ ■ ? ovvero a-'— a; = 4E H- 4E'x -4- 4E"x^-4- 4E"'x^ da cui si ricava • E=o,E'=--|, E"=o,E'"=-L, . - cosicché rimanendo determinate tutte le costanti, si ha fi- nalmente X — t' XXX X — r' (i-t-j;»j4vi-*-x+} (i-Hx»j* 2(i-»-i='}3 4(i-*-«') 4(H-j:*> ' equazione perfettamente identica a quella che trovò il Lotte- ri (*) decomponendo la frazione proposta col metodo ordinario de' coefficienti indeterminati, che lo condusse a risolvere do- dici equazioni insieme collegate con maneggio di calcolo assai prohsso e laborioso. Le cose fin qui dichiarate sembrano mostrare sufficiente- mente come nella decomposizione delle frazioni si possa quasi sempre prescindere dall' ordinario metodo pressoché costante- mente seguito dagli Algebristi de' coefficienti indeterminati. Questo, oltre al non potersi spingere praticamente molto lungi per la complicazione delle tante equazioni che si debbono per (*) r. Lezioni di Introduzione al Calcolo Sublime. Pavia i8ai;Par. I. pag. 45^ Tomo XXI. ao i54 Sulla Decomposizione ecc. esso risolvere, non è poi atto ad indicale che per indu- zione la legge di serie per pochi tcnnini mostrata dai coefìì- cicnti medesimi, laddove le lormole generali stabilite nella presente IMemoria la dimostrano rigorosamente ed all'infinito. Forse anche i teoremi che conducono a determinarle potreb- Lero giovare per conoscere i residui delle serie inlinitc, come da qualche cenno tatto di sopra in proposito si è potuto rac- cogliere. Ad ogni modo la varietà dei mezzi che per esse si hanno a risolvere una stessa frazione, come si rileva dai molti esempi recati, e la maggiore semplicità che risulta dall'appli- cazione degli uni piuttosto che degli altri ai casi particolari, ne; raccomandano l'uso, a cui d'altronde ponno mirabilmente scurire non difficili industrie di calcolo. S'intravede poi ezian- dio che le considerazioni esposte non debbano limitarsi alla trasformazione e decomposizione delle frazioni, ma possano estendersi ad altri osiiretti dell' Introduzione al Calcolo infini- tesimale per tutto forse ove il metodo ordinario dei coeffi- cienti indeterminati manifesta nelle ricerche , per le quali s'impiega, il bisogno di più rigorose e meno intralciate dimo- strazioni. i55 NUOVA ANALISI PER TUTTE LE QUESTIONI DELLA MECCANICA MOLECOLARE DEL SIGNOR DOTTORE D0\ GABRIO PIOLA Ricevuta adì ai. Marzo i835. 1 Geometri del secolo scorso e del prìficipio del presente trattarono le questioni più generali intorno al moto ed all'e- quilibrio dei corpi , e a tale oggetto crearono metodi di cui la Meccanica analitica , e la Meccanica celeste segnarono r eccellenza. Ma quei metodi supponevano nei corpi la ma- teria continua: almeno così fu scritto da un vivente celebra- tissimo Geometra (*): però considerando che in natura la di- stribuzione della materia è spesso discontinua, si cercò dai più moderni Autori di rifare l'analisi del moto dei corpi, avvici- nandola alla realtà delle cose. Si guadagnarono alcuni nuovi teoremi, ma si perdette gran parte dei vantaggi e delle bel- lezze di un' analisi elaborata con lungo studio dai nostri mae- stri; ciò principalmente distaccando la meccanica dal calcolo delle variazioni cui era stata ridotta da La£;ran5e mediante una delle più ammirabili concezioni che onorino 1' umano in- telletto. Al punto in cui siamo: mostrare come si sostenga ancora in gran parte l'analisi di D'Alembert, di Eulero e di Lagrange supponendo coi moderni la materia discontiiuia: conservare il tesoro di scienza trasmessoci dai nostri predecessori, e nondi- (') Mémoires de l' Institut de France T. Vili. pag. 40C. I '>(y N u o V A Analisi ec. ineuo progredire coi lumi del nostro secolo : ecco il mio tentativo. lliloiuleiido l'analisi della meccanica molecolare mediante metodi rigorosi, mi è occorso di trovar coiileruiati alcuni di quei teoremi dei ({iiali so|)ra Iio parlato : il clie potrà forse conciliare a' miei calcoli l'attenzione degl' inventoi i de' me- tlesiaii teoremi ; ma nelle applicazioni mi si sono anche, pre- sentate tali novità, che se tutte sono vere, varie teoriche di meccanica e di fisica matematica vanno a subire un cambia- mento. Do in questa Memoria l'analisi generale, e la sola ap- plicazione per cui si trovano le formolo generali dell'idraulica. S()S[)endo la pubblicazione di altre applicazioni interessanti elle contengono un maiiiiior numero di innovazioni. Se il voto de' Geometri sarà favorevole a questa mia ardita impresa, mi farò coraggio a produrre anche il resto del mio lavoro. S- I- Princìpio generale />er /.' applicazione del calcolo alle questioni relative al moto ed all' equilibrio de" corpi. Esporrò in questo paragrafo con qualche estensione un principio analitico, che è per me la chiave d'ogni applicazione del calcolo alle questioni meccaniche prese per oggetto della presente Memoria. Ho fissate queste idee dopo lo studio da me fatto sulle funzioni discontinue (*). Potrei però citare al- cuni passi tolti dalle Miscellanee di Torino e dalla Meccanica analitica dai quali ap|)are, che Lagrange avea intraveduto lo stesso principio: ma a' suoi tempi le nozioni sulle funzioni discontinue non erano cosi avanzate come di presente dopo i lavori de' moderni chiarissimi iieometri. C) Vedi il T. .XX. delle JMemone di Matematica di (questa Società pag. 57.3. Del Sic. Dottor Piola iS^ I. Sia una serie di valori i l ' / X '■) X \ X '■) X \ X 12,34 n . ' che si suppongono i.° determinati ed anche numerici: 2.° di un numero n grande quanto si vuole: 3." saltanti anche senza alcuna regola, talché alcuni siano fra loro eguali, altri diver- sifichino per salti bruschi come piace. Tali sarebbero le di- stanze da un punto preso per origine di moltissimi punti fi- sici distribuiti sopra una retta in maniera affatto capricciosa. Si può sempre immaginare una funzione x{a) di una va- riabile a il cui primo valore si fissa arbitrariamente ( lo chia- mo / ) e il cui aumento si fissa pure arbitrariamente { lo chia- mo a), di maniera che i valori di (i) x[I) ; x{l-^-a) ; x[l-S8 N u 0 V A A N A L I s 1 ec. .r = A V'( 1 , 0 -t- A V ( ^, 0 -+- -i-A V^(«vO II 2 ' * ' n -r =: A i/'(f,/-t-a)-t-A i/(2,Z-f-a) -f- ■+-A ip{n^l-ì-a) (4) -T = A i/ ( I ,Z-4-2a)-HA t/^(a,Z-t-2a)-H -hA 'ip{n,l-h2a) a- =:A i/'(ijZ-H(re — i)a)H-A ìp{2,J-i-{n — i)a)-(-..-t-A ìp{n,l-^-{n — i)a) a n • e i valori lisiiltanti sostituiti nella (3), il secondo membro di questa sarà allora la funzione di a cercata. Infatti gli stessi \alori di A ,A ....che dicemmo doversi immaginare sostituiti 12, nella (3), se si sostituiscano nelle (4) le renderanno tutte identi- che. Ora la (3) ili cui facciasi a=l dà x{l)=^ x per la prima delle (4): la stessa (3) ove facciasi a=^l-\-a dà .r(Z -H a) = .r per la seconda dello (4) ce. 2,. Sia 11 numero brandissimo e ma^aiore d'ogni asseirna- Inle, saia parimenti tale il nimiero dei termini nel secondo membro della (3), il numero delle incognite A -A ,A , ecc. e il numero delle equazioni (4) colle quali le incognite vengono determinate: il detto di sopra rimane egualmente, giacché si considera la sola possibilità della cosa e non l'attuale sua ese- cuzione. Allora volendo tener finito il valore dell'aumento a, la quantità /-)-(/i — i)a sostituita al luogo di « nell'ultima delle (4) sarebbe di grandezza matematicamente infinita. Siccome però anche a è arbitraria , possiamo immaginare che essendo n maggiore d'ogni assegnabile, a sia invece minore d'ogni as- segnabile^ talché il prodotto {n—i)a sia quantità finita. In tal caso il secondo membro della (3) è una serie infinita, e le A ,A ,A , . . che determinate per mezzo delle (4)5 sono fun- zioni di X ,x.,x. . . .e dì l, n, a, acquistano i valori limiti Del Sic. Dottor Piola iSq a cui gli anzidetti valori continuamente s'accostano al cre- scere di « e all'impicciolirsi di a. Quantunque al nostro scopo non sìa necessario^ diremo che per un principio noto nella teorica delle serie, le A ,A , A ecc. I 3 3 nella (3) non potranno differire fra loro che pel diverso valore dell' indice, talché la (3) potrà scriversi (5) x{a) = 2~\,^P{i,n). ' ' Ciò che piìx interessa^ è la proprietà rimarcabile della funzione x{a) quando il secondo membro della (3) si fa una serie infinita, e che vedesi passando da una delle equazioni (4) alla seguente. Crescendo «di un aumento a minore d'ogni quantità assegnabile , il valore corrispondente della funzione x{a) può saltare di una quantità finita. Proprietà questa d'im- portanza primaria, come vedremo in tutta la seguente teorica. L' esistenza di simili funzioni in analisi era già nota , ed oc- corse anche al Legendre (*): quando però questa singolarità analitica non fosse constatata altrimenti, la precedente dimo- strazione la porrebbe fuori di dubbio. Adunque non solo è possibile escogitare una funzione x{a) che renda la serie (a) eguale termine per termine alla (i), ma è possibile in infiniti modi, stante l'arbitrio rimasto nella funzione i/(f,a) assunta per comporre la (3). 3. La successione dei valori saltanti non sia più come nella (i) rappresentata da una serie semplice, ma da una serie doppia (*) E.\ercices de Calcul Integrai. Voi. P. pag. 178. §. II!. n. 33. lóo Nuova Analisi ec. •^ j et 5»t/ •....17 1,1 2,1 0,1 n',i 1,3 a,a i,2, ?z' a (6) X ; X ; X . . . . X , 1)0 2,0 0,3 n 5^ In una maniera simile a quella del n.° i potremo immaginare tutti questi valori dedotti da una sola funzione x{a,b) a due variabili a, h crescenti per aumenti costanti a, Q. I termini della serie doppia x[l^vi)\ x[l -^ a^ m) \ . . . . x{ Z-f'(?i'— i )a, m) a-(/, wz-t-/?) ; a-(Z-Ha, 77Z-H/?) , . . . x{l-^{n — i)a,nz-Hi9) x{l,m-i-2^); x{l-ha,m-i-2^) ; . , . x{l-h{n — i)a,m-i-2l3) x{l,m-^)n." — i)^);x{l-^a,j}i-h{ii" — i )/?);. .x{l-h{n'—i)a,m-h{n"-—i)(3) saranno rispettivamente eguali a quelli delle (6): le variabili «, b cominciano da valori arbitrarli /, m, e parimente arbitra- rli sono gli aumenti finiti a, (ì. La dimostrazione si fa molto similmente a quella del n." I. Si prende una funzione arbitraria t//( i, y, a, h) delle due variabili a, b a di due indici i, j: si prende anclie un nume- ro lìti' di coefficienti incogniti e si compone 1' espressione Del Sic. Dottor Piola 'i6r x{a,b)=A^^^ tpii,i,a,b,)+ A^^iP{2,i,a,lj) -i-....-i-A^^ ^ ^{n',i,a,ò) -+-A ip(i,2,a,b)-hA ■,p{a,Q.,a,b)-t-....-hA ^ M,-2,a,b) "*"^,,3 '/^('"'3,a,Z'ì -hA^.^'ip{2.,3,a,b) H-....-4-A ,^ ip{a\i,a,b) -4-A ,^„„^( ' ,^'^".«.^)-HA^^^^„i^(2,«",a ,/*)-+-. ..^-A^^. ^^J>{n\n\a,b). Potiemo introdurre in questa al luogo delle variabili a, b un numero nn" di combinazioni diverse di valori fatti con /, m-, a, 0, cioè quelle stesse combinazioni che corrispondono ai successivi termini della (7). Tnstituiremo allora un numero n'n" di equazioni i cui secondi membri saranno le quantità modificate come ora si disse, e i primi saranno i rispettivi ter- nnni della (6). Dalla soluzione di queste reV equazioni inten- deremo dedotti tutti i coefficienti, i cui valori sostituiti nella (8) daranno la funzione ricercata. I valori (6) ridotti alla regolarità mediante la disposizio- ne (7) possono essere quelli delle distanze da un asse di un gran numero di punti fisici distribuiti alla rinfusa sopra una superficie piana; il che s'intenderà meglio più tardi. \ "^ 4- Qui pure osserveremo 1° nel caso che la serie doppia (6) fosse composta in ambi i versi di un numero di termini maggiore d' ogni assegnabile, potremo inversamente prendere gli aumenti arbitrarli ca, /? estremamente piccoli in modo che i prodotti (ra'—i)a,(/i"—i)/3 siano quantità finite. a.°La funzio- ne x{a, b), per la quale i termini della (7) sono rispettiva- mente eguali a quelli della (6), può scriversi •z=n' jz (9) x[a,b)=z:E 2 A,,tp{i,J,a,b)] ..:/■ ed essa pure è una funzione la quale può prendere valori fra Tomo XXL 2,1 i6a Nuova Analisi ce. loro clifTerenti di quantità finite, e clie nondimeno corrispon- dano a valori di a-, b aventi fra loro dift'ereiize minori d'ogni ({uantitù assegnabile. 3." La t'unziono .v(a, Z^), che compie l'tit- ficio di rendere i termini della (7) rispettivamente eguali a quelli della (6), non solo è possibile, ma lo è in infiniti modi a motivo dell' arbitrio rimasto nella funzione 4'i'^J-> ^"i ^') assun- ta per formare la (8). 5. Ciò che più importa pel nostro scopo è V estensione del principio analitico di cui parliamo ad una serie tripla di valori comunque irregolari che scriviamo come segue (.0) X 1,1,1 X 2,1,1 3,1, j . . . .r , n,i,i X 1,2,1 X 2,a,i ; X : . 3,2,1 . . . .r , n ,2,1 \s. \s. ' "^'3,3,1 ' • • • • -^ ,, X L'i",! t X ' ''3,.",, ' • • ■ • ''n',n",r X X 2,1,2 3,1,2 . . . X n',i,a X i,a,2 X 2,a,2 ' "^3,2,2 ' . . . .r n',2,2 1,3, a a,3,a ' ^3,3,a ' • • • • ''"„',3,2 X ,, .T > ^. _„ - •' • • • • ^---„. i,n'',2 2,n",2 3,n",a n ,n ',3. ' i,i,n"' ' a,i,n"' ' " 3,i,n"' ^i,3,n"' ' ^^,d,n-" ' ^3,3,n'" X n ,i,n X X n',3,re" X X 0C_ X n\n'\n"' Del Sic. Dottor Piola i63 e che possono rappresentare le distanze da un piano di un gran numero di punti fisici distribuiti senza regola nello spa- zio, come apparirà meglio in progresso. Si può qui pure im- maginare una nuova serie tripla i cui termini siano rispetti- vamente eguali a quelli della precedente, e siano tutti dedotti da una sola funzione x(a, è, e) a tre variabili a, b, e aventi valori iniziali arbitrarli /, m, «, e crescenti di aumenti ar- bitrarii a, /?, y. La nuova serie tripla è t x[l,m.)n)\ x{l-+-{n' — i)a, m.n) x{l,m-i-^ ,n) ; x{l-i-{n — i)a, m-^-^yn) x{l,m-^2^,n) ; x{l-^-{n' — i)a, m-h2i3,n) x(l,ìn-h{n" — I )/?,«) ; x(l-h{n' — i)a,m-i-{n" — ì)^,n ) x{l^m,n-i-'y) ; x{l-\-{n' — t)a,m, n-^y) x{l,m-h(?.n-^-y) ; x{l-i-{n' — i)a,m-{-^,n-i-y) (") x{l,m-^2(i,n-^y); x{l-i-{n' — ì)a,m-i-2.^,n-hy) x{l,m-h{n" — i)^.n,-i-yy, .... x{l-i-{n.' — i)a,m-h{n" — i)/?,«-)-y) x{l,m,n-^-{n" — i)y) ; x{l-h{n — i)a,m,n-h{n"' — i)j') x{l,m-i-^,n-i-{n"'—'i)y); .... x{l-i-{n — i)a,m-+-^,n-i-{n"' — i)y) x{l,m-i-2(S,n-^{n"' — i)y); . . . x{l-^{n' — i)a,m-^2^,n-^{n'" — i)^) x{l,m-i-{n"— I )3tn-i-{n'"— i)y);.. .x{l-i-{n'— i )a,w-4-(«"— i )^,n-i-{n"— i )y) 1 64 N u o V A A N .\ L I s 1 ve. La dimostrazione si la alla stessa maniera; si prende una riinzione arbitraria (/(i, y, k, a, b, e) delle tre variabili a, b, e e di tre indici i,j., k; si |)rende anche un numero nn"n" di coefficienti incogniti da determinarsi e si compone l'espressione x{a,ù,c):=A >li{i,i,ì,a,l/,c) -H. . .-hA ^ ìp{n' ,ì ,ì ,a,b.,c) 1,1,1 -t-A ìl'/iji^x^a^b^c) ■+-. . .-(-A ihlii^a,] ,a.J>,c) -hA ip{i,3,ì ,a,b,c) -H. . .-l-A xp{n ,3,\ ,a.,b.,c) 1,3,1 «',3,1 -A , i/'(i./i",i;«j^:c) -4-. . .-hA , ìliin.n\\ .,a^h./:) 1,11 ,1 n',n".i -+-A i/'(i ,i,2,a,Z',r) -t-. . .-+-A ìl'(n\i ,o.,a,b.,c) 1,1,2 n',1,2 (la) -+-A 7/'(i.2,a,fl,Z/,c) -+-. . .-hA ^ ìp{n','i,2.,a.,b,c) -hA i/;(i,3ja,<2,Z',c) -H. . .-hA ^ ip{n\3,2,,a,b,c) i,n",a ' n',n'',2, H-A „ ipli^ì^n"\a,b.c) -j-, . .-t-A „ >pln',i ,n"\a,b,c) 1,1, n" n',i,n ^ ' i,2,?i" n' ,^,n' -hA „ ?/;(r535^i"'5a,£'5c)-+-. • .-4-A ^,, ip(n',3,n",a,b,c) lyOyfl TI yOyfl Del Sic. Dottor Piola i65 S' intende con questa formato un numero rirì'n' di equazioni contenenti diverse combinazioni di valori di a , i, e indicate dai successivi termini della (ii), e i cui primi membri sono i successivi termini della {:c). Dalla soluzione di queste equa- zioni s' immaginano dedotti i valori di tutti i coefficienti in- cogniti, e sostituiti nella (12), la quale diventa la funzione ricercata. Gli aumenti a, /5, y avranno valori estremamente piccoli ■ .; r i ' 6. Insisto perchè si fissi bene in che consiste il principio analitico di questo paragrafo: consiste nel poter considerare gli n'ii'n" valori di una serie tripla (io) non marcati persolo giuoco d'indici ma realmente dedotti da una sola funzione x(a, b, e) di tre variabili crescenti di aumenti costanti. La composizione di questa funzione sarà in atto inassegnabile: non importa; il suo concetto è fermato oso dire con chiarez- za: essa riduce in certo modo alla regolarità una successionp di valori saltanti senza regola. La detta successione di valori poteva essere indicata con una serie semplice I a 3 4 " ove n è numero grandissimo, e fu un nostro arbitrio l'averla i66 N u o V A A N A L I s I ec. disposta sotto la forma di una serie tripla come la (io) met- tendo indici opportuni per quella disposizione. Avevamo però una ragione di far ciò, perchè volevamo applicarla ad un esem- pio in cui un numero n di punti fisici ci è dato da un pro- dotto n'n'n" di tre numeri ciascuno dei quali è maggiore d\igni assegnabile. Tali sono i punti fisici dei quali consta ogni cor- j)0, potendosene contare un numero maggiore d'ogni assegna- bile in tutte tre le dimensioni. Ben so die il numero non è assolutamente infinito in nessuna dimensione, e che anche il prodotto di tutti e tre questi numeri «', ri', n"' non è asso- lutamente infinito, ma bisogna mantenere i concetti della no- stra mente, per cui i diversi ordini degli infiniti non sono se non numeri estremamente grandi moltiplicati fra loro. Se in- vece di un prodotto n'n'n" di tre numeri estremamente gran- di mettessimo un solo n numero grandissimo, perderemmo r idea delle tre dimensioni di un corpo , e sarebbe distrutta la natura stessa del corpo che prenderebbe la configurazione di una linea fisica: il progresso schiarirà questo discorso. 7. Ora potrà il lettore comprendere a che tende il prin- cipio analitico esposto in questo primo paragrafo. Fino a que- sti ultimi tempi i corpi solidi e fluidi sottoposti alia formola dell'analisi si dissero continui, tali cioè che i valori delle coor- dinate di oiiui punto fisico differissero dai valori delle coor- diuate dei punti circostanti meno di ogni quantità assegna, bile. Presentemente^ osservata più da vicino l'interna confor- mazione della materia, si ammettono fra i punti del corpo po- ri o interstizi vuoti od occupati da altra materia , e i punti stessi distribuiti iri maniere particolari a filamenti, a falde, a strati, ec. Per adattare l'analisi alla rappresentazione di questo stato al tutto conforme alla natura, io non assumo alcuna ipo- tesi: mi basta ammettere che i valori delle coordinate x, y,z dei diversi punti fisici del corpo possano saltare in maniera ir- regolare, ed avere distanze più o meno insensibili , ed anche finite. Ciò è quanto ottengo mediante l'esposto al numero 5.: io salvo 1' irregolarità voluta dalla discontinuità della materia, Del Sig. Dottor Piola 167 e insieme colla riduzione delle coordinate x , y^ z alla com- posizione in a, Z», e ottengo una regolarità nelle variabili sem- plici su cui riposano le ultime nostre considerazioni , regola- rità necessaria pel meccanismo del calcolo, quale è adoperato da Lagrange nella Meccanica Analitica. 8. Regolarizzare i valori irregolari delle coordinate x dei diversi punti di un corpo (dicasi lo stesso delle /, e delle 2) mediante le considerazioni del n.° 5, supponendo cioè alle x, /, s una composizione incognita e il più delle volte inas- segnabile in a, b, e variabili crescenti regolarmente, è un' operazione puramente mentale intorno a cui non può erigersi alcuna controversia. Quantunque però non sia necessario, pos- siamo dare un appoggio a questa speculazione, dando una rap- presentazione alle variabili semplici a, ^, e. Possiamo dire eh' esse significano le coordinate dei diversi punti del corpo in una disposizione ideale antecedente allo stato vero nella quale la materia del corpo stesso era contenuta in un paral- lelepipedo {X — /)(fi — m){v — n) (avendo posto per brevità /l=/-t-(«' — i)a; }i=m-^{rz" — ì)^;v=n-h{n" — i)y) e tutte le a non diversilicano fra loro che di aumenti eguali ad a , ìe b di aumenti eguali a /?, le e di aumenti eguali a y. E sempre le- cito (si mediti bene) concepire i diversi punti del corpo tol- ti da queste sedi di disposizione uniforme, o istantaneamente, ' o in un tempo ideale, qualunque ne sia stato il mezzo, e tras. portati a quello stato di maggiore o minore vicinanza fra loro stato di disposizione saltante e irregolare, in cui si trovano nel corpo come è in natura e nel tempo in cui è sottoposto alla nostra considerazione; le a;, j, z coordinate attuali saran- no funzioni di quelle a, b, e coordinate ideali. 9. Prevedo un' opposizione. A che giova, si dirà, questo complicare le coordinate dei diversi punti riducendole ad una composizione per altre quantità che voi stesso chiamate inas- segnabile? Potrà mai cavarsi alcun vantaggio da una conside. razione che ci lascia una difficoltà invincibile ? Rispondo, che giova moltissimo perchè, come ho già detto, si ha in questa i68 N u o V A A N A L I s I ec. riduzione 1' unico mezzo con cui 1' analisi si attacca alle que- stioni meccaniche in discorso. Convengo poi che così si vengono priiniciainente a trattare le equazioni generali del moto e dell' e([UÌlihrio sotto tali Ibrnie che contenendo le a, b, e non sono direttamente di alcun uso. IMa sarà mio impegno mostrare in un terzo paragialo un altro j)rincipio analitico per mezzo del quale si elimina ogni traccia delle composizione in a, Z», e e otteniamo lormole a cui possiamo direttamente applicare i nu- meri. Così le a, Z», e dopo averci reso 1' eminente servigio di tornirci il mezzo di scrivere le attuali questioni meccaniche in analisi, usciranno di vista quando non ci saranno piìi op- portune. E stava i ; ec. /,i,i 2,1,1 n,i,i j,a,i di un'altra serie tripla i quali abbiano coi termini della (io) una diversità notabile. I termini della (io) si consideravano determinati, anzi dati in numeri; questi nuovi | ;f ;ec. i,',i 2,1,1 voglionsi quantità letterali indeterminate e fra di loro affatto indipendenti. Se ben si riflette all'andamento della dimostra- zione per provare la possi])ilità della x[a,bic) si vedrà che regge egualmente per provare la possibilità della |(a, b, e) : quest' ultima avrà una composizione come la x{a, b, e) colla differenza che dove la x{a^ b, e) ha per sue costanti quantità determinate, la ^a,b,c) ha invece quantità indeterminate. La £(a, i, e) per a=l, b=m^ c=n diventerà | ; per a:^l-^a, 1,1,1 b=m:, c=^!i diventerà | indipendente dalla | e da cia- a,i,i 1,1,1 scuna delle quantità simili seguenti: cosi via via. Avrei potuto, giovandomi di quanto s' insegna nel cal- colo delle variazioni, procedere altrimenti per sostenere insie- me nella l{a, b, e) V idea di una composizione correlativa a quella della x[a,b^c) e l'idea di una indipendenza ira tutti i valori da lei risultanti quando le a, b, e prendono valori determinati. Ma potendo arrivare allo stesso scopo per consi- derazioni rigorose ed ordinarie , ho creduto meglio non com- plicare con tali nuovi risguardi la mia teorica. Del Sic. Dottor Piola J71 §. II." Nuova /analisi del ruoto e dell' equilibrio de'' corpi omogenei considerati come ammassi di molecole, la. Non ammetto in questa analisi alcuna equazione di condizione cui debbano soddisfare le coordinate dei diversi punti del corpo. Questa maniera con cui Lagrange cercò di esprimere i legami fisici e reciproci delle diverse particelle de' corpi, parve al Sig. Poisson (1) troppo astratta: egli vorrebbe ridurre tutto alle sole azioni molecolari. Io mi conformo a que- sto voto non ammettendo appunto oltre le forze esterne, che un'azione reciproca di attrazione o repulsione fra le diverse molecole espressa per una funzione incognita della distanza. Non è già che io creda da abbandonarsi l'altra maniera usa- ta da Lagrange, che anzi io sono d' avviso che eziandio con essa si possano vaiitaggiosamente trattare molte moderne que- stioni, ed ho già pubblicato un saggio di un mio lavoro che può in parte provare questa mia asserzione (2). Qui però non assumo che azioni molecolari tanto più volentieri, in quanto che r equazione generale meccanica da cui partirò si attacca cosi a quella parte della Meccanica Analitica su cui non può cadere alcuna ragionevole controversia , e prescindo da tutto quanto havvi in quella grand' opera non ancor sanzionato dal consenso universale de' Geometri. Chiamando ; . ! ■, •;:••;■.' '. ' I, 2, 3, 4' • • • • " ' ' ''''''■ "■'- '■' i punti fisici del corpo nei quali non suppongo differenza di massa (rivedi n." io ) ; Jiiaaa n n n (i) Memoirps de 1' Institut. de France. T. Vili. p. 36i. (a) Opuscoli Matematici e Fisici. T. I. p. 2ci. Milano i83a. 1 7-!' N u o V A A N A I, I s I ec. le rispettive coordinate ortogonali alla fine di un tempo t; I 1 I a 3 3 n H n le rispettive componenti secondo i tre assi della l'orza acce- leratrice esterna alla fine dello stesso tempo ti ! S , S , S ; S ...... S ; ec. le reciproclie distanze dei punti scritte così per abbreviazio- 1 ne invece dei radicali i v'{-\--^XMy-yYM^-^X-^V{^--^:ì'-^{y-yyM\-^y (•4) ecc. ecc. ecc. e per ultimo <^(S) in generale la funzione incognita della di- stanza esprimente l'azione reciproca dei punti. Dietro il solo principio del parallelogrammo delle forze e le prime nozioni del calcolo delle variazioni si stabilisce pronta- mente l'equazione generale del moto di tutto il sistema. Citerò la mia Memoria sui principi della Meccanica Analitica di La- grange premiata dall'Istituto Italiano nel ioa4 ( vedi p. 34 e seguenti ); si può anche ricorrere alla Meccanica Celeste di Laplace T. I. pag. 38. L' equazione è la seguente Del Sic. Dottor Piola 178 \ df if i \ di'- 1} ^ i \ dt- 1/ I \ x , dx , . . . dy , dy , . . . . da eguagliarsi a zero. /2 12 e ^ i3. Consideriamo la precedente (i5) fatta di due parti: di una prima che abbraccia tutti i trinomj contenenti le for- ze acceleratrici esterne per ciascun punto : e di una seconda che comprende tutti i termini portati dalle forze interne. Quanto alla prima se poniamo per brevità in generale 1 74 N u 0 V A A N A L I s I ec. (,6, A = (;;;i_x)r-{rì — i)a ; ^=m-^{tt" — i)/? ; v=n-^r{n"' — 1)7 Quest'espressione intanto si intende, in quanto le nostre con- siderazioni sono spinte all' interna composizione incognita del- le X, y, z per quelle coordinate a, b, e che si riferiscono ad uno stato antecedente ideale di uniforme distribuzione. t4. Per la seconda parte della (i5) contenente tutti i ter- mini portati dalle forze interne, liisogna primieramente osser- vare che le successive linee orizzontali della medesima , le quali successivamente scemano di un termine, possono ridursi ad avere tutte uno stesso numero di termini e che quindi tutta quella quantità può scriversi • •••■•• ••••••• ■^^^ n,i) n,i ^^^ n,2.' „,2. ^^^ n,n' n,n Ciò apparirà se si riflette 1.° che i termini moltiplicati per ^S , dS , OS , . . . . dS iji 2, a 3,3 n,n sono introdotti per una regolarità di progressione negli indi- ci, raa è come non vi fossero, essendo zero identicamente le 176 Nuova Analisi ec. S , S , ec. e le loro variazioni, il che riesce manifesto me- 1,1 :l.a diante le espressioni (i^) Jei radicali e([nivalenti; 2,.° che gli altii termini iirlla precedente (20) possono riunirsi a due a due: cosi per essere i due termini r,a 1,2. ^ a,i ' a,i equivalgono al solo (pIS )$ ; similmente ' ^ 1,2' i,a equivalgono al solo (/)(S jt^S , e così via, via. Con queste due avvertenze basta poca attenzione per comprendere che la precedente [ù.o) si contrae nella seconda parte della (i5). Si può anche osservare che ci saremmo con facili operazioni for- mata altrimenti l'espressione (:2o), se scrivendo la seconda par- te della (i5) avessimo considerata la sola azione di ogni pun- to sopra ogni punto senza la reazione di questi su di esso: il che importava di contemplare sempre tutti i punti per ogni linea orizzontale ivi scritta. Prendiamo la [p)esiina delle linee orizzontali formanti la (20): essa è ixì) '4KS PS -4-...H-WS )aS H-...-)-X(75(S )^S ^ ' -^^ p.i' p,i *^^ P>q P,q -^^ p,n p,n dove q è una variabile che prende tutti i valori inteii da 1 a n inclusivamente, e p rimane costante, essendo poi ( espres- sioni (14)) (22) S = y/{x -X r-^ir -y YM- - - Y- p,q '.' / q p gj fi) — ^(«S ^ 5 <^) ]' e la (2,1) è rappresentata dalla sommatoria tripla f=X g=ii hzzv (a4) 2 2 2 {(p{S)8S. fi=.l gzTTO hzzn Se in questa mettansi successivamente per a, b, e i valori /, m, n; l-i-a, m, n; l-t--2a, m, n; ec. fino ad esaurire tutte le combinazioni della serie tripla (11)5 ^^ successive espressioni così cavate dalla (24) saranno le somme delle successive serie orizzontali componenti la (20) e potranno disporsi in una serie tripla della stessa indole della (11). Adunque la somma di tutte queste somme sarà una somma sestupla, cioè o'zzX lzz[i c^v fi^X è^l^ h::zv (25) 2 2 2 2 2 2 |(^(S)aS azzl Izzm c^n. f:z.l g=ffi hz:in ) Tomo XXI. ' a3 178 Nuova' Analisi ec. Jove la S tanto ia (p[S) come in dS ha il significato postoci dalla (a3): le prime somme sono prese per f, g, h cogli au- menti a, /?, y, e le seconde per a, b , e cogli stessi aumenti a, /?, y. Cosi r espressione (^5) equivale alla seconda parte della l'ormola generale (i5). ,:,^ i5. Questa formola generale, attese le (18), (:i5) diventa /=;.;=-/='((--x)*.h-{£l_y),,^(-_z),,. azzl i=zm c=n( ^ ' ^ ' ^ ' /=-l g=u, h-=lìì » -H 2 2 S i^(S)aS =0. ■ ; ' '-■ fz=l gzzn hzzn ) (26) Una somma definita può cangiarsi in un integrale finito defi- nito avente il primo limite eguale al primo della somma e il secondo eguale al secondo della somma accresciuto dell'au- mento finito e*"). Però la precedente formula generale { vedi per intendere chiaramente la notazione il luogo citato ) si scriverà senza alterazione l m n ^ ' f—l g=:(i h=v ) -^-2 2 2 I<^(S)^'S =C. Ecco la formola che contiene tutta la meccanica molecolare: essa merita un attento studio. La S vi ha il significato (a3); la (?S deducesi dalla stessa (a3) che dà SÒS = ^d[x{f,g,h)-x{a,b,c)] (*) Vedi ii T. XX. di questa Società pag. 63a. Del Sic. Dottor Piola 179 avendo posto per abbreviare I = a;( /, g, h) — x{a, h, e) (a8) v=y{f^ g» ^) — r(«' ^' e) t=z{f,g,h) — z{a,b,c). Tutta la difficoltà sta nella valutazione della variazione d[x{f,g,h) — x{a,b,c)] ^ e delle altre due simili , giacché ivi la caratteristica d copre un binomio i cui due termini sembrano di diversa natura. Si vince tale difficoltà mediante una trasformazione che costi- tuisce imo dei passi principali di questa nuova analisi. 16. Una funzione x{f,g,h) di tre variabili f-g>h può aversi in serie per la stessa x ove al luogo delle /", g, h siano tre altre quantità qualunque a, b, e: la serie contiene le dif- ferenze finite di questa seconda x per a, b, e, prime , secon- de ec: e le/!, g, h non compajono che nei coefficienti (*). Ec- co la formola x{f, g, ?i)= x{a, b,c)^tllAx^i=^Ax-^Ì=^A x (A a f 0 7 e 2a' a «P ab "-y a e a^* h fy b c -r , e dove neir eccetera seguono le differenze terze e le più ele- vate. Sostituendo il secondo membro di questa equazione nella variazione d[x{f,g,h) — a-{a, ^, e) ], la caratteristica à andrà C) Lacroix. Traile du calcul etc. Tom. III. pag. 60. ir) i8o Nuova Analisi ec. a colpire quantità tutte della stessa natura, cioè, giusta Tin- tlole del calcolo delle variazioni, le sole differenze A x, A xjec. a b ■ c secondo s'insegna in quel calcolo potrà trasportarsi sotto i simboli delle dette differenze aderente alla stessa x. Pertanto la (27) si muterà nella seguente SdS=l^-=^^dx-i-t^-=^A5x-i-t'-^=^Adx "a P b He .: .: :. '. (29) ■^ Tri. a "p a b (^y a e ap^ b py b e ^ 2y* e ■+•[ quantità simile con y per x, e v^ per | ) -i-( quantità simile con z per x, e ^ per §). Pongasi per compendio il segno ' ' ' ' /=/l g=^ /i=j; ;^ ,^ '.^ (3c) / in luogo del segno 2 2 2 ■ ' "• " facciasi - •", ' — - (3i) ^(S) = è^-|l-; e si assumano le seguenti denominazioni . 1- i .' ."Ì..Ì l'.:f Del Sic. Dottor Piola l8i ( X,.T)=-f-/^(S)?(/-«) (3.) ( 5,0:) = ^ f^{S)lif-a){g-b) (6,x)=:^f^p{Smf-a){h-c) { 9^^)=-^ mm^-c){h^c-y) 2V' 1 •5 ec. ec. Si assumano anche altrettante quantità simboliche -+- (33) {i»/)^ {^,y), (3,/) ec. •;h- le quali non differiscano dalle precedenti (3a) che per avere -f- ì^ in vece di |; poi altrettante (34) (i,z), (a,s), (3, z) ec. le quali pure non differiscano dalle precedenti (3a) che per avere ^ in luogo di |. .^^ ^ j, -, -;!,....• i8a Nuova Analisi ec. Dopo tutte queste preparazioni la quantità (a4) che co- stituisce la seconda parte della forniola generale (a6) sotto l'in- tegrale finito triplicato, prende la forma fz=.\ g=/i h-=zv (35) 2 2 2 ir^(S)^S= fzzl griffi Arrn (i,.r)A òx-^{i,x\ù^ dx->r{^,x)ù^ dx a h e -^[^^)^^ dx^[o,x)ù, A/'^a;H-(6,a;)A A dx U HO u e H-(7,:i-)A» (Va;-+-(8,a;)A A dx-i-((),x)A'' dx-^ec. b b e e -i-( quantità simile colle (33) in luogo delle (Sa) e 3y in luogo ili dx ) •\-{ quantità simile colle (34) in luogo delle (82) e Sz in luogo di dx ) e su questa espressione, chi conosce la M. A. di Lagrange^ ca- pisce subito potersi eseguire le trasformazioni dirette ad ot- tenere termini in cui le dx, d/, Bz entrino come coefficienti non affetti da alcun segno di derivazione. 17. Difatti insegnò Lagrange in più luoghi ed anche pel caso delle differenze finite (*) che sopra un'espressione della forma (o)oH-(i)A o-»-(3)A o-t-(3)A o a b e -f- (4) A' o-t-(5)A A o-i-(6)A A «H- (7)A" o-4-(8)A A cM-(9)A^ o u d 0 a e o oc G (3()) ^(ic)A^ o-+-(m)A^ Ao-4-(:a)A^ A «4-(i3)A A\o^-(I4)A A Ao ^ ' a ^ ' a b ^ ' a e ^ ' a b ^ ' a b e -f-(t5)A A =o-4-(i6)A^ o-i-(i7)A'' A o-f-(i8)A A" ci-+-(i9)A3 o-t-ec. (ove i coefficienti sono simboli che possono esprimere funzioni qualunque delle tre variabili a, b, e ed o è un' altra funzione (') Miscellanea Taurinensia. T. II. p. 191. App. 2.^ Del Sic. Dottor Piola j83 qualunque di esse variabili ) è sempre lecito eseguire alcune operazioni dirette a trasformarla in un'altra espressione della forma Ooh-AO-4-AO-hAO, ai b •i. e 3 (3") -+-AA0-HAA0-1- A A 0,-t- A A A O ^h" a b ^ a e 0 beo a b e "^ i cui termini , tranne il primo , sono tutti affetti da segni di differenze semplici o doppie o triple, e possono quindi subire immediatamente una o due o tre integrazioni quando , come nella (a6), vengono ad essere sottoposti ad un segno d' inte- grazione triplicata. Passano allora a far parte delle quantità che si riferiscono ai limiti dei corpo, talché sotto l' integrale triplicato non rimane che il primo termine Oo. Le quantità 0,'0 , 0 , ec. componenti l'espressione (87) I 3 sono date per le (e), (i), (2) ec. della (36). Non sarà discaro il trovar qui tali formolo cui ho dato maggior estensione di quella che in realtà mi abbisogna per le applicazioni : ma il principio analitico in discorso è tanto interessante che merita di essere veduto in tutta la sua ampiezza. A tale oggetto mi è d' uopo premettere che ponendo ad una quantità x funzione dì a, b, e uno, due o più apici in alto a diritta s' intende che in luogo di a siavi a — a, ovvero a — aa, ec, restando b, e come prima. Che con una simile no- tazione { X., x^^ , ec. ) di apici al piede a diritta vuoisi signi- ficare la sostituzione b — /?, b — 2/?, ec. in luogo di b non toc- cando a, e. Per la sostituzione di e— y, e — 2.y ec. a e senza alterazione delle a, b si adoperano apici in alto a sinistra, scri- vendo 'x, "x., ec. Dopo ciò s' intende facilmente anche la no- tazione mista: cosi x'J significa x[a — aa, b — /?, e), '.r , significa a:(a, b — 2/?, e — y), ecc. Ecco le formole. .2' '_.''' ;i«i-~ (f , " .4-. 1 84 N u o V A A N A L I s I ec . 0=(o)-A (O-A ra),-A '(3)+A^ (4)"+A A,(5); t ' e a a b I , A '(6)'-+-A^ (:)„+A A '(a),-HA^' "(q) ■...: ì a e ti Oc e —A' (ic)"'— A^- A,(i i)"— A^ A ■ila)"— A A' (i3)',— A A A '(liV -A A Y'( 1 5)'-Ay . 6), -A^ A '( . 7)„— ^ , ^^ "( ' 8) - AY"( . 9)-i-ec. il C 0 0 c 0 c e j(.)'-A (4)"-.A (5)',-A '(6)VA" (.cy"+A A (i.)/') ~ l^AA^i > 2)"-+-A^^( . 3)' ,-+-A^ A '( . 4);-i- A;"( . 5)-ec. j " -)-S(4)'— A (io)"— A (li)/— A '(i2)'-i-ec.|A o-h((io)'— ec.|A" o-nec. C O- IJ C idi ' ' /l Q ^((-).-Aj5);-A^(7)„-A;(8),-4-A.j,0:-HA^A^(r3): j ^^ - (+A^A;(i4);-HA^^(,6),„+A^A;(i7)„+AY'('8)-ec.j " (38) . -t- 1 (7) -A j 1 3);-A^( . 6), - A;( i 7) +cc . j A^«-+-| ( 1 6) -ec. j A^^<.+ec. f'(3)_A '(6)-A '(8)-A "(.,)+A^ '{i^l'+A A 7.4),' ) 3~ -4-A A "(i5)'-+-A^/(i7)„-hA A "(i8),-+-A^ '"(i9)-ec. V. a e 0 b e e 1 -hS'(9)— A "(iS)'— A '(18)— A "(i9)-Hec.?A «-(-('(19)— ecjA^ o+ec. ( ^ ' a ^ ' b e Se ì ) 0 0=|(5);-Aji.);'-A^{.3)'-A;(r4)>ec.j « ^ ,, . -l-|(ii)/ — ec.|A o-+-5(i3)/— ec.|A o-t-ec. 0=|'(6)-A;(.a)"~A;(i4);-A;(i5)'-4-ec.j o ' ' •• -+-j'(rii)' — ec.|A o-HJ'(i5)' — ec.!A a-4-ec. ■ ■'• 0=h'8)-A;(.4);--A;(i7)-A;(i8),-+-ec.| o .■ . ;'•■ -4-!'(i7)— ecJA o-*-r(i8) — ec.jA fj-hec. ' j ' b ' ' i e (Ì^=y(i4)',— ec.|fj-t-ec. j Del Sic. Dottor Piola i85 Espongo altresì un andamento di dimostrazione per que- ste formole che si segue senza grande fatica. Conviene tra- sformare di mano in mano i successivi termini della (36), il che non oltrepassando le differenze di terz' ordine esige sol- tanto sei operazioni differenti. Primieramente si trasforma il termine (i)A a ponendo (i)A o =770 H- A ((70) essendo in quest' ultima p, q due quantità da determinarsi. Siccome si ha A (qo\ = A q.o -t- (7 A o ' si ottengono prontamente dal confronto i valori delle dette p, q: quindi » ' . (i)A«r= — A (i).'o-f-A [(i)'o]. Su questo tipo si hanno subito anche le trasformazioni dei termini (a)A o, (3)A o. In seguito si pone o e (4) A^" fj = /?o -4- A {qo) -H A" (ro), . e sciogliendo le differenze prima e seconda de' prodotti in quelle de' rispettivi fattori, si hanno tre equazioni con cui si determinano le tre incognite p, q, r. Così ci risulta (4)A "o=A "(4)"o-A [aA (4)"o]-hA^ [(4)"o] , sulla qual formola si eseguiscono anche le trasformazioni dei termini (7)A ^o, (9)A ^o. Si passa a mettere b e (5)A A o=»o-hA (ffo)-4-A,(«o)-»-A A,(uo) ' ■ ' l ' ab ■* a b a b^ ' Tomo XXI. a4 i86 Nuova Analisi ec. e sciogliendo come sopra le difrereuze dei prodotti si trovano quattro equazioni con cui si fanno note/», rj , u , v: il risul- tato finale è -A[AJ5)>.]+A^AJ(5)>] ^ul (]uale si stabiliscono anche le formole analoghe per (6)A A o, (8)A A «. a e he Volendo passare a trasformare anche i termini colle dif- ferenze terzo j si fa ( I c)A^ «=/7o-i-A (^o)-i-A^ (ra)-i-A3 {sa) e con operazione simile alle già descritte si ottiene la formola (lo)A'^ 0=— A^ (io)"'.«-(-A [3A^ (io)"'o] 'a a a'- a — A^J3Ajio)"o]H-A3J(io)"'o] , che serve a trasformare anche i termini (i6)A ''o, (i9)A 'o. Si prosegue e si mette (ii)A" A «3=wo-4-A (7«)-t-A (zio)-4-A^ (ra)-i-A A (uo)-hA' A,(if«) ab ■* a h ' a ' a b ab deducendone (ii)A^ A o=-A^ A (ii)>-(-A FaA A (i t)>]-l-A [A^,(ii)>] 'ab a h^ a a b a'- b -A" [A (i.)>]-A A [2A (n)>]4-A^ A [(ii)>] a 0 a u a uà la quale formola si presta a cinque altre trasformazioni, cioè a quelle dei termini I Del Sic. Dottor Piola 187 (ia)A" A (0, (i3)A A» o, (i5)A A» co, (J7)A" A o, (i8)A A» o. ^ ' a e a b ^ ' a e ^ h e ^ ' b e Finalmente si pone , ■ ■ - , {14) A A A a=»o-(-A (^7ra)-+-A fMo)-+-A [xo] ave a b e -+-A A (uo)-hA a ( yo)-l-A A (zo)-hA A A ito) a b^ ' a c^ b e a b c^ ' d' onde si cavano facilmente i valori delle otto incognite , trovando (fiìA A A o=— A A A '(i4);.o-)-A [A A '(4)'"] ^ " a b e a b c^ ' oT b e ^ ' ' " -f- A^[ a^a;( 1 4);o]+A ja^a;( i 4);«] -^a^^t a;( . 4)>]- A^A j a;( . 4)>J-A^ a; a;{ r 4) o] +A^A^A['(i4)>]. .:; ; r r-..' ■, / .- Avendo così sott' occhio le 19 formolo risultanti da queste trasformazioni, si riconosce immediatamente il valore di O del- le (38). Per quello di O bisogna raccogliere nelle successive formole i termini preceduti da A : si comprenderanno anche a quelli preceduti da A" , A^ , ma non quelli preceduti da a a A A , A^' A , A A , A^ A , A^A , A" A , ab a b a e a e b a e a perchè quantunque questi siano derivate esatte per la varia- bile a, lo sono anche per un'altra variabile, e quindi si tro- vano contemplati a parte. Eseguite alcune riduzioni per iscio- gliere differenze di prodotti in diff^erenze di fattori , si trova la formola scritta nelle (30). Una maniera analoga di operare ci conduce al riconoscimento di tutte le altre formole (38). i88 Nuova Analisi ec. 18. Mediante il principio analitico esposto nel n." prece- ilente eseguiscansi le trasformazioni sul secondo membro del- la (35): riterremo per brevità solo i termini di second'ordine, ina ognuno che biamasse di più, potrebbe agevolmente, viste le formole (Sf!), scrivere anche quelli di terzo. La (35) prenderà la forma f=.X g=^ hznv 2 2 S l(p[S)dS= fzzl gzzn hzzn i\ m) — {]).dx—{u).^/ — {m)dz -+-A0-t-An-+-AtI) a b e -+-A A ^P-t-A A E-+-A AT-hA A A Q. ab a e Oc a b e Non ci occupiamo per ora dei valori delle quantità , 0 , Il , $, ecc. riserbandoci a farlo più tardi quando tratteremo delle equazioni ai limiti: qui noteremo solo i valori delie (I) , (II), (111) che per la prima delle (38) sono (I)=A (i,x)'-(-A,(a,x),-4-A '(3,a) ' a b e -A^ (4,^)"-A A (5,A-);-A A '(6,.:)' a a U a e -A»^(7,x),-A^A;(8,:r)-Ay'(9,x)H-ec. (II)=:A(i,7)'+A(a,j),+A'(3,y) a b e (40) _A= (4„^)"_A A (5,j);~A A '(6,j)' Ci HO (ti 0 -Ay 7 •7)„-A^A;(8,j) -A^;(9,j)-Hec . (III)=A(i,z/-HA,(a,=),-HA'(3,::) a u e -A» (4,=)"-A L\(5,z);-A A '(6,^)' a ' ab a e -A^^(7,z),-A^A;(8,s)-A;(9.2)+ec. Del Sic. Dottor Piola 189 19. Eccoci ora al punto di potere stabilire le equazioni generalissimo spettanti al moto di un punto qualunque {x,y,z) del nostro sistema. Introducendo il secondo membro della (39), invece della quantità formante il primo membro, entro la for- inola {zù), è noto dal calcolo delle variazioni doversi annul- lare a parte i coefficienti totali di dx, dy, dz che rimangono sotto r integrale triplicato. E giacché le altre parti dell'espres- sione (89) si riferiscono alle quantità dei limiti dopo una o due o tre integrazioni, avremo le equazioni (40 . y-4g. + (ii)=:o z— g--H(in) = o dove (1), (II), (III) hanno i valori (4o) composti di quantità simboliche date per le (82), (33), (34). Queste (4i) sono vere anche ritenendo indeterminati e finiti gli aumenti a, /?, y assunti nelle differenze , nel qual caso se i numeri n', n", ri" dei punti del corpo secondo le tre dimensioni (intendendo la primitiva disposizione Ideale) sono matematicamente infiniti^, tali anche diventano per le (19) i secondi limiti a, ^, v della somma tripla. Si schivano questi infiniti pei ragionamenti che seguono. 20. I valori di (I), (II), (III) somministrati dalle (40) han- no la proprietà singolare di poter essere svolti in serie per gli aumenti a, /? , y, restando in tali serie una prima parte latta di quantità nelle quali gli aumenti a, /?, y non entrano in maniera esplicita. Tratterò solamente il valore di (I), po- tendosene inferire immediatamente le stesse conseguenze per (II), (III). Tutti sanno che una differenza finita A« coll'au- a mento a può svolgersi nella serie 190 Nuova Analisi ec. A (1k a'- d'x A X = a — -\ —j—- ■+■ ec. ij ila il lia^ Se mettasi in questa a — a per a, ovvero b — [ì per l>, ovvero e — y per e, o anclie a — aa per a, ecc.: poi svolgasi di nuovo ogni termine del secondo membro in serie ordinata secondo le potenze degli aumenti a , /? , y, si troverà sempre che gli sviluppi e(iuivalenti alle espressioni A >c\ A ;«, A' x, A^ x" , a b ' e a e simili hanno lo stesso primo termine che sarebbe risultato se le quantità sotto i simboli A , A , A , A"* ce. non t'ossero a h e a state accentate: la diversità si riscontra nei termini seguenti ove gli aumenti a, /?, y formano più alta dimensione che nel primo. Dopo ciò è facile capire che il valore di (I) delle equa- zioni (40) può scriversi Seguono nella ptima linea termini i cui coefficienti conten- gono gli aumenti a, /?, j/ a più di una dimensione: seguono dopo altre due linee termini ove gli aumenti a, ^, y sono a più che due dimensioni ecc. Piichiaminsi le espressioni (3a) e facendo Del S;g. Dottor Piola 191 [.,^]=/^(S)|(/-a) [d, x]=/,p{S)Uh-c) ■ [4, :.] =f^^S)Uf-aY (43) [5, x]=MS):{f-a){g-b) [6, x] =f^{S)t{f-a){h-c) [7, x] =MS)Ug-bY [8, :r] =/^(S)|(g-Z-)(A-c) ^ [9, ^] =/V'(S)?(A-c)^ ec. ec. per cui le (82) si ripioducono sotto la forma {^, x) = ~-[i, x] (a, x)=-j-[2, x] - (3> ^0 = -7-[3: x] [S, x) = ^[5, x] ec. ec. i()-2 Nuova Analisi ec . la precedente (^ù.) assume 1' aspetto (I) (44) ,/[..,] ^ d[2,r] 1 d[Sa] da ' db ' da ,rf»[4,.r] ^»[5,.r] d[f,.,] ■^ da- dadb dado , d'[i,-,] J'i8,T] irf=[.),.r] '-i db' dbdc ^ de' dove nell'eccetera a])l)iamo voluto significare il progresso dei termini simili a quelli scritti clic non hanno coefficienti tatti cogli aumenti a, /j% y, e colla V il complesso di tutti gli al- tri termini che hanno le a , /? , )• nei coefficienti almeno ad una dimensione. Avremo similmente (45) _ [-!,y] d'[8,y] " db' dbdc I d^l^.y^, ^ rfc-" ec. essendo Del Sic. Dottor Piola j^g3 [t.j]=/^'(S),,^(/-a) * ; t "-" [3,7]=/^(S)^(A-c) ' [4, /] =/'/^(S)^(/-«)" (40) [5, y] =ff{S)r^{f-a)(g-b) [6, y] =.ff{SMf-a){h-c) [7, y] =/(S)(/-«r(S-Z') G=/.^(S)(/~a)(g-Z')^ 0=fi:{S){f-a){g-h)[h-c) G=f4iS)is-b){h-cy G =f^{S){h-cf IO ec. ec. si osservi poi che la | data dalla prima delle (a8) può aversi in serie^ essendo pel teorema di Taylor Del Sic. Dottor Piola lf)7 Mf-a) {h-c) ^^ -,-lig-b) ^^[^-l)[h-c) ^^^W^-cY'B-^ec. e che 7^, t, equivalgono a simili serie in niente altro diverse che per esservi / ovvero z al luogo di x. Richiamate le espres- sioni (43), (4^)? (4^)j troveremo [i,x]=A ^-hD^+E^ + ìGÌ^-ì-G f^-Hec. ■- -■ da dO do ■^ i da^ ^dadb [a,:r]=D^-HB^-+-F^ + iG-^-.-G ^ H- ec. •• ' ■■ du. db i/c -^ a da'- ^ dadb [S,a]=G 2+0, £-)-0, £ -H ec. r6,a']=G ±-hG £i+G,^-Hec. •• ■■ 3 da ò db (, de [7,a-]=G^^+G ^+G^f -t-ec. Li ' -i i(ia n db 8 de *- •• 5 da 8 db tj de [9,x]=G^^-f-G $-t-G ^-Hcc. «■-"•• 6i/a q (i6 IO do 60. ec. i()8 N u 0 V A A N A L I s I ec. L -'J db di) de - J da'- 2. àadb L VJ jji ^i ^p ^2 ^y^ A dadi/ [3.7]= E £^F g.-C |:+.G342.^G^i> H- oc. [4-r]=G£-^Gj-HGj^ec. (•^•) [5^/]=g;5^h-g^S-^g^S-hcc. [M=03Sh-GJ-.G^^-.cc. [7,j]=G §^+G ^-I-f-G ^-4-ec. L' V J ^da rj db ^dc r8,y]=G,^^G ^-hG ^^ec. [9,j]=G^§^+G f,+G $: ec. ec ec. Del Sic. Dottor Piola jqq L'H- A ,^-HD ;^^E --f-^G __.^.G^__ ^ ec. [ì2,s]=D|.-hB^1+f41-hìG^ ^ *-G '^^ (.54) [5,2]= G f +G^ §+G $. -H ec. r6,z]=G ^-hG --J-G ^-t-ec [8,.l=0^g-HG/^H-Gj+ec. ec. ec. : , X- dh T •4- dL^ -f- d\.^ da db de y- d'V dM I -t- dyi,^ db -t- ^ -hTT — n da de z- -^^ -4- I -f- -+- 3 -+-W=o 2c o N u o V A A N A L I s I ec. E maiiitcsta che le (-IS) , (54) sono le stesse (5a) in cui x è mutata in j. ovvero in e. Pongasi attenzione clie le quantità componenti le (5c) si hanno per !(> (49), e queste per le es[)ressioni (02,), (53), (54) formate delle (5i): vedremo più innanzi nel 5 S-" quanto si renda [)ii'i senqdice il sistema di tutte ([ueste equazioni, che qui doveva essere esposto nella sua ampiezza. 23. Intanto sostituendo nelle (41) i valori (.")o) avremo le tre equazioni spettanti al moto del punto generico (a'jj, s) espresse come segue (53) dt^ da db dove V;, U, W sono tre quantità che impiccioliscono continua- mente insieme colle a, ^, y e diventano zero, quando questi aumenti si annullano. Ora sul conto di questi aumenti a , /? , y si ragioni così. Essi entrano implicitamente nella conqoosizione delle x[a,b,c)-, y[a^h,c)^ z[a,I>,c): basta richiamare il n.° 5. del primo para- grafo per convincersene. Là però(num. a) si è anche parlato ÒqWc fuiizioiii liiìiìti a cui le a-(a, /,», e), r( da ' da dx , dy , n dz ^ r Tb-^yib-^7 du^"" dx I dy 'f ^/c U dz TT ci luiclie quest' altre tre ((>7) (/a ■+- dii db -H dy Tic = o da -+• diì' db -H dy' 7k = o da' da -H dii" db -f- df de =r o . L' operazione è alquanto prolissa e nojosa: ma è tanta l'im- portanza eli queste equazioni identiche , principalmente delle Del Sic. Dottor Piola aog (66) ( di cui vedremo anche in progresso ripetute applicazio- ni ) che conviene sostenerne la fatica una volta per sempre, ag. Ora si parta dalla equazione K {a, b, e) =K ( x,y, z) che è identica, giusta quanto si disse ai numeri 2.5 , 26; ne disendono evidentemente le tre à^, _ ^K, dx ^ ^^, ■ d^ ^ «^^i ± da f68ì ""r ""I »f _, " "r «r _, ■ _i_ ^ , ^ ' jj, ,ì^ ' db .;,, ' d/j 7/- ' db t dz da dx ' da^ dy da dz dK^ _ dK^ dx a_x db^ dK^ db ^ dK^ db dy dz dK r dK^ dx dli^ dj__^ dK I de dx ' do dy «^c dz de Queste si moltiplichino rispettivamente per «, /?, y e si som- mino: viste la prima, la quarta e la settima delle (66) otterremo ,, , «/K «fK JK dV. (69) a L-H/? L-t-y L=H. da db de dx Scrivansi nuovamente tre equazioni in tutto simili alle (68) e colla sola differenza consistente nelT adoperare K invece di 2, K : si moltiplichino rispettivamente per «'//?', j'' e si sommino: viste la seconda, la quinta e l'ottava delle (66), avremo (70) a L-t-/3' i.-t-r' i. = H da db de dy Scrivansi ancora tre equazioni come le (68) con K in luogo di K : si moltiplichino rispettivamente per a", /3", y" e si som- Tomo XXI. 27 lìic Nuova Analisi ec. mino: osservate la terza, sesta e nona delle (66) conchiude- remo 7i) a" 1.-H/3" 1-t-y" 1 = 11, -^ (la ili) de (Iz Allesso si sommi la (69) colla prima delle (67) moltiplicata per K , il risultato potrà scriversi H ila db de dx Si sommi similmente la (70) colla seconda delle (67) moltipli- cata per K , avremo alla stessa maniera d(a'K^ ) d{[ì'K^ ) rf(r'K^ ) dK = H. 2. da db de d/ E così dalla somma della (71) colla terza delle (67) moltipli- cata per K d{ a'-Kg ) d{§'%^ ) d{y"Y.^ ) _ d^ da db de dz Infine si sommino queste ultime tre equazioni: 1' equazione che ne risulta potrà scriversi da db , e i valori (Sg), siasi essa can- giata in una funzione dì x, j, z ove le a, b^ e non entrino che implicitamente dentro le x^ /, z. La forma della funzio- ne Y[x,y^ z ) sarà generalmente ben diversa da quella della V[a^b,c) e si sarebbe dovuto indicarla con diversa lettera, ma si è adoperata la stessa lettera per la ragione che entrambe le espressioni significano diversamente una medesima quanti- tà. Diremo più tardi che sia questa quantità, e come real- mente essa sia misurata dall' espressione -^ . 3i. Si assumano le denominazioni ù. 12 Nuova Analisi ec. (73) p =rfL I \ I dx j '''^ _. T '^'^' p =r(L d^-^^.,M-^^idJ p^= r(L^ dz T dz T ,/= ,s come espressioni delle coordinate attuali di un punto generico del sistema in equilibrio. Queste y^, ^7, r dovranno in generale essere aneli" esse considerate come l'unzioni discontinue di tre variabili a, Z*, e continue, che possono riguardarsi (giusta il detto al u.° il.) siccome coordinate spettanti ad uno stato an- tecedente di distribuzione unil'ormc ideale. 11 bisogno di con- siderare le coordinate jj, q, r dcire(p\ilil)rio siccome funzioni di altre tic variabili, mi si lece noto Un da (piando trattai le questioni di iAIeccanica alla maniera de' Geometri nostri mae- stri (*): intatti ottenni allora con (juesto mezzo alcuni nota- bili risultati che non so se poteansi egualmente avere senza tale considerazione. Sarebbe anche lacile mostrare ch'essa tro- vasi implicitamente in varii luoghi della Meccanica analitica di Lagrange. Non si conoscea però bene , dietro hi sole idee colà adottate, una ragione di dover ricorrere ad una ulterior composizione anche nel caso dell'equilibrio: ora per la dot. trina della discontinuità delle funzioni questa ragione è per se manifesta. Ecco il sistema delle eciuazioni pel caso dell' equilibrio in riscontro delle lìnqui trovate che valgono pel caso del moto. Porremo a riscontro delle (58), (59) le (75) p =p{a, b,c); q=. q{a, b,c); r= r{a, b, e) e le loro inverse (76) a — a{p,q,r); b — b{p,q,r); c = c{p,q,r) Chiameremo /* un sestinomio che corii^ponde a (juello della (61) e non ne differisce che per essere latto colle 7^,^, r in- vece delle X, y, z (') Veggasi la Memoria citata più sopra al n." la. Del Sic. Dottor Piola ai5 /__\ /, 'Jjl il ^ ^ ^ ^ \i il da ' db ■ de db 'da ' dn dp dq dr dp dq dr db do 'da de db ' da dp dq dr dp dq dr de ' da db da ' de 'db' Faremo come nella (72) (78) l^=V{a,b,c) = T{p,q,r). Le equazioni in luogo delle (74) saranno •''' (79) rx-H. d^. H- dp dq dr rY -4-. ^% ^ dQ^ -1- ^•^3 _, dp dq dr rz -t- dp dp .-4- ■ dr Le nove quantità P , P 5 P.^ i Q ,Q ,0,; R ,R ,R dovranno I20ia3i33 riguardarsi date per equazioni affatto simili alle (78) ma aventi le derivate^, ^, ^, Jec. invece delle ^, ^, ^, ^ec. da db de da da db do da Quanto alle L ,L ,L„,M ec. che compongono le (78) saranno I a 3 I 10 ancora date per le (49) , ma le quantità simboliche eguaglie- ranno nelle (Sa), (53), (54) espressioni contenenti le derivate delle /?, q, r per a, b , e in luogo delie corrispondenti prese sulle X, y, z. Le (5i) resteranno le medesime, ma la S entro r\j{^) non sarà data dalla (28), cui verrà surrogata la seguente •2\b N u o V A A N A L I s 1 ce. (8c) ■+-lq{f>gJ') — ']{a,l^,c)y -+-[ rif^g, h) — r{a,b, c)]\ 33. Nel caso del moto diàse Lagraiige (*) potersi consi- derare le a;, y, z coordinate del punto generico alla fine del tempo t^ come funzioni delle coordinate proprie di un tal pun- to in altra epoca di tempo, per esempio al principio del moto, e dello stesso tempo t decorso dopo quell'epoca. Questa idea, che è preziosa per le applicazioni , può benissimo conciliarsi colla dottrina della discontinuità finora esposta. Dicansi y;, //, r le coordinate del punto generico pel prin- cipio del tempo t ( abbiamo adottato le lettere p-,q, r perchè spesso si assume la posizione d'equilibrio per la posizione cor- rispondente alla prima epoca). Queste /;, [a, h, e), q{a^ b, e), /-(a, Z», e) finizioni di coordinate a, h, e che si rifisriscono ad una ante- cedente posizione ideale ove le molecole fijssero distribuite uni- Ibrmemente. L' idea di Lagrange si sostiene col riguardare le X, 7, z composte come segue x[p[a^ h^ f), q[a^ h^ e), ì\a^ h^ e), t) (8i) y{p{'^-, h, e), q{a, h, e), r(a, h, e), t ) z[ p[a, b, e), q[a, b, e), r{a,b,c),t) invece di riguardarle (82) x[a, b.j e, i), y{a, b^ e, t), z{a, b, e, t). (*) Meccanica Analitici. T. II. pjg. ago. Del Sic. Dottok Piola 217 siccome facemmo sino al presente. Nella composizione espres- sa dalle (Bi) si ha successivamente riguardo alla composizione delle X, /, z per le p, q^ r riferita ad un' epoca antecedente reale, e poi anche alla composizione delle/?, ^, r per un'epoca antecedente ideale; nelle (Sa) è saltata la considerazione di mezzo. Ma in sostanza le (81) non sono che una dichiarazione delle (82): sono in ultima analisi funzioni delle quattro a, Z*, e, Z come le (82) , e però sta anche con esse tutto ciò che si è stabilito colle forme (02). Nondimeno la distinzione delle forme (81) dalle (82) è utilissima, giacché in atto pratico non si saprà assegnare la composizione espressa dalle (8ìì) per le quattro «, h, e, ^,ma spesso si sapranno assegnare le forme (83) x[p,q,r,t), y{p,q,r,t), z{p,q,r,t) . che corrispondono alla prima delle due composizioni marcate nelle (81). Da queste forme (83) si passerebbe alle (8i) met- tendo per p, q, r le ulteriori funzioni di a,b, e più volte ri- cordate. Dissimulando però questa seconda composizione, noi potremo alle (83) applicare direttamente i numeri. Le forme (83) spesso saranno continue, e intanto dovranno considerarsi discontinue quando si riducono alle (82), in quanto s'intro- ducono poi per le /?, ^ ticelle elementari degli altri corpi. Questa somma sarebbe per ogni corpo espressa da un numero maggiore d'ogni assegna- bile, ma si ottiene in maniera finita per mezzo di un rappor- to, ed ecco come. Si prende un corpo di natura determinata e di determinato volume, per esempio l'acqua in certe circo- stanze e in tanta quantità da riempiere l'unità di volume. Il numero delle particelle elementari di tal corpo, secondo la de- finizione testé data, è maggiore d' ogni assegnabile , ma però determinato: esso è quello che prendesi per unità di massa. Posto ciò , in ogni altro corpo il numero delle particelle ele- mentari, che considerato in se stesso sarebbe infinito, diventa espresso da una cifra finita relativamente al simile numero per l'anzidetta unità di massa. Un tal rapporto è quello che si designa colla lettera jM. Dalla sola definizione si capisce che il rapporto M si ottiene sperimentalmente per mezzo del rapporto dei pesi, essendo il medesimo. 36. SCOLlL». Taluno obbjetterà che noi possiamo concepire le masse ( quantunque in tal caso questa parola non sia usata, e si adoperi solo quella di quantità ) anche per le sostanze cosi dette imponderabili, il calore, la luce, ecc. Ma altro è formarsi il concetto della massa, altro determinarne la misura in numeri. Anche per sì fatte sostanze ( non intendendo io poi qui di definire la questione se questo vocabolo possa pren- dersi nel senso ordinario ) noi possiamo concepire una quan- tità determinata di esse, per esempio quella che si richiede a produrre un certo fenomeno, e prendere il numero maggiore d' ogni assegnabile delle particelle elementari di cui può im- maginarsi composta, per unità propria alle misure di quella sostanza particolare. In tal caso queste particelle elementari non possono confrontarsi con quelle dei corpi ordinarj , ma ammettono un confronto soltanto tra sostanze della stessa na- tura: tra diverse quantità di calore fra loro, tra diverse quan- tità di luce fra loro, ecc. Una quantità di calore che produce un fenomeno (w)uplo in grandezza di quello prodotto dalla quantità di calore assunta per unità , avrà il numero m per ? •2€L0 Nuova Analisi ec. sua inisuta. Questo i'enomeno iiou sarà una caduta o una preS' sioiie, come per la materia pesante, sarà di un'altra specie per esempio lo scioglimento di una certa quantità di gliiaccio. Per legare fra loro le misure di due sostanze imponderabili si esigerehbe un tenomeno che potesse essere prodotto egual- mente da entrandje: in f[uella guisa che si legano Tra loro le misure delle masse di innumerabili corpi pesanti di diversis- sima natura, perchè eoa tutti si può produrre lo stesso leno- meno di caduta o di pressione. A maggiore dilucidazione dirò che se avessimo a considerare i fenomeni del moto solo in inasse di materia pesante della stessa natura , solo in masse d' acqua, o d' aria, ec. non sarebbe stata necessaria la divisione fino agli atomi descritti al n." 84: bastava allor chiamare massa la somma delle molecole di un corpo secondo la definizione del n.° io; intanto si è definita la massa come al n." 35 , in quanto concorrono spesso più cor[)i di diflerente natura alla j)roduzIone dei fenomeni più ordinarj di equilibrio e di moto. Finché restiamo nella trattazione del moto e dell'equilibrio de' corpi omogenei, possiamo mantenerne il confronto solo con corpi della stessa natura: e però non farà urto se in questa o in altra memoria ne trasporteremo le lormole generali an- che al moto del calore, della luce, ec. 37. Abl/iamo ora Ijìsoìiuo di formarci un concetto intor- no la determinazione delle misure delle masse, non per un rapporto di pesi come al n.° 35, ma in una maniera più generale per mezzo di un rapporto di volumi. Quella determinata quan- tità di materia che si è assunta per unità, s' immagini distri- l>uita neir unità di volume di forma parallelepipeda o piutto- sto cubica, in modo che i suoi atomi siano tutti secondo i tre spigoli ad una stessa distanza fra loro , la quale in generale sarà picciolissima e incognita, come la a delle equazioni (5?) n.° a3. Se gli atomi di un altro corpo (jualunqiie di forma parallelepipeda avessero una eguale distribuzione uniforme, lossero cioè tutti fra loro secondo i tre spigoli alla stessa di- stanza (7, come gli atomi nella massa unitaria, evidentemente Del Sic. Dottor Piola aai il numero U che da la misura del volume del corpo, egua- glierebbe il numero cercato M; cioè tante volte la massa del corpo sarebbe multipla dell'unitaria, quante volte U del vo- lume unitario. JNIa possono gli atomi del corpo essere distri- buiti uniformemente in un volume parallelepipedo u, tutti ad eguale distanza fra loro secondo i tre spigoli, e nello stes- so tempo può questa distanza costante non essere la a ma un' altra r. Allora conviene immaginare per un qualsiasi mez- zo cambiata una si fatta distribuzione uniforme in quella della massa unitaria, intendendo ridotte tutte le distanze eguali r alle distanze eguali a. Per questa operazione si cam- bierà il volume v del corpo, e si ridurrà ad un altro volume U. Dicasi p il rapporto dei due volumi v, U, talché R) P=^. " .;, .. Questa p misura una nuova quantità che nasce da una sem- plice relazione e dìcesi Je/z5z7à. Adunque, Za Jen^iYà si esprime pel volume cae il corpo avrebbe se i suoi atomi fossero ridotti alla stessa distribuzione uniforme della m,assa unitaria, diviso pel volume vero del corpo. Se p= i, dicesi che il corpo ha la stessa densità della massa unitaria; se p '^ i, dicesi che è più denso, se p 5 potremo coll'indicato mezzo ridurci dalla (84) alla formola (87) /> = 1^ • • essendo g, x come si è detto al n.° 87. ; cr' è un volume cu- bico avente ai vertici otto atomi secondo la distribuzione della massa unitaria: t^ è un volume cubico i cui vertici sono oc- cupati da otto atomi nella distribuzione uniforme ma diversa della materia del corpo che si confronta. Vedasi subito che se tutti gì' innumerablli cubi %^ di cui è formato v si riduces- sero alla grandezza dei cubi a^ , il volume v si cangerebbe in U. Per le equazioni (85) , (87) la massa M di un corpo il cui volume h v,& le cui particelle elementari sono distribuite uniformemente alla distanza costante x secondo i tre spigoli, può esprimersi con (88) ' M=-5z;. Immaginiamo ora un corpo il cui volume parallelepipedo sia W, e in cui la distribuzione delle particelle elementari non sia uniforme^ ma fatta di tanti pezzi diversamente uniformi. Sia cioè W la somma di tanti altri parallelepipedi v ,v ,v .... in ciascuno dei quali le particelle siano secondo i tre spigoli 2:^4 N U 0 V A A N A L I S I eC. a distanze costanti t , t , t , . . . . che cambiano dall'uno all' I 3 0 altro parallelepipedo. La massa totale M esistente nel paral- lelepipedo intero W sarà la somma delle singole masse esi- stenti nei paiallclepipedi v ^ v ^ v , . . . . e per la (88) sarà (''9) M = -^ V -\- ~ V -^ -^ V, -i- ec. Ti i fi a fj o 4o. Dopo il corpo a densità cangiante ora descritto pos- siamo immaginarne uno parimenti di volume parallelepipedo \V, in cui i cangiamenti delia densità si Tacciano immediata- mente d' uno in altro dei cubi determinati da otto atomi. Ciò equivale a considerare nella (8n) i volumi v ,v ^ u , . . . ac- I i 3 cresciuti grandemente di numero e impiccioliti di grandezza fino ad essere eguali ai rispettivi cubi r % r ^,t„^, ec. Le densità 1 a 3 non saranno costanti per molti cubi eguali ripetuti in uno stesso parallelepipedo: ma sussisteranno ciascuna per un solo cidjo. Un tal coi'po dicesi a densità variabile: la misura di questa densità è in ogni parte del corpo il rapporto ^ , tra il cubo a" determinato da otto atomi nella massa unitaria, e il cubo r ^ ivi determinato da otto atomi del corpo stesso. n ^ Formata così l'idea di un corpo a densità variabile, non trovasi più necessario che il volume t ^ costituente il deno- a minatore della frazione "^t" , sia cubico: potrà essere un al- tro volume compreso da piani determinati da rette che ter- minano ad otto atomi del corpo. A intendere ciò chiaramente, immaginiamo che le particelle del corpo dianzi descritto aves- sero ( n.° o del § I. ) una distribuzione antecedente ideale Del Sic. Dottor Piola 2,2.6 uniforme in un volume {À — l){ij.—m){v — n) di forma parallele- pipeda, essendovi tutte fra loro secondo i tre spigoli alla di- stanza costante a della massa unitaria ; dette a, b, e le coor- dinate di uno qualunque di tali punti fisici, {a-{-a,b,c), {a,b-\-^, e), (a^b, c-i-y)^ {a-ì-a, b-^(i,c) {a-ha,b,c-¥-y), (<2,i-f-^, c-t-y), (a-+-aj ^H-i3 , C-+-7) i.: . { dove a=^=yz=a come nelle equazioni (57) del § a ) saranno stati gli altri sette punti fisici che insieme col suddetto (a, bj e) determinavano un cubo a^, di cui il punto {a,b,c) era il più vicino all'origine degli assi delle a, b, e. Dal vo- lume {À — l){(i — m){v — n) passarono le particelle del corpo che consideriamo al volume W, prendendo la distribuzione varia- bile sopra descritta. Denominate ora x,y,z le coordinate del punto fisico generico prima significato da {a, b, e ), saranno come segue le coordinate degli otto atomi che prima corrispon- devano agli otto vertici del considerato cubo a^. (I) x{a,b,c), y{a,b,c}, z(a,b,c) (II) x(a-i-a,b,c), y{a-i-a,b,c), z{a-^a,b, e) (III) x{a,b-^^,c), y{a,b-h^,c), z{a,b-i-^,c) (IV) x{a,b,c-^y), y{a,b,c-^y), z{a,b,c-hY) (90) (V) x{a-i-a,b-¥-^,c), 7(a-Ha,^-H/?,c), z{a-^a^b-^^,c) (VI) x{a-i-a,b,c-+-'y), y{a-ha,b,c-i-y), z{a-i-a,b,c-i-y) (VII) x{a,b-^^,c-hy), y{a,b-^^>c-hY), z{a,b-¥-^,c-i-y) (Vili) a-(o-f-a,è-+-/?,c-+-}'), y{a-^a,b-h^,c-i-'y), zla-ha^b-i-^^c-^-y). Non è necessario che passando alla nuova disposizione varia- bile, le particelle siansi collocate in un volume ancora paral- Tomo XXI. 29 220 Nuova A n a l i s i ec. lelepincJo W, mettendosi ai vertici di tanti cubi r ^, t ■', I a z^, cc.j siccome dicemmo al principio di questo numero", po- tevano configurarsi altrimenti: gli otto punti espressi dalle (go) invece di determinare il cubo t ^, saranno ai vertici di un n poliedro di cui verrà fissato il volume, congiungendo quegli otto punti per mezzo di rette tra le quali poi si tirino i con- venienti piani. Si denomini ct il volume di questo poliedro sostituito al cubo t ^: il volume totale del corpo non sarà 71 costituito dalla somma di innumeraljili cubi r ', r ^, z ^r, l ' 2, 3 attigui gli uni agli altri, ma da quella di innumerabili polie- dri CT , ?T , CT , ec. succedentisi in simile maniera e l'ormati 12 3 come si disse del generico ct; l' idea e la misura delia densità varialjile non ci sarà data dal rapporto ~7T~ , ma dal rapporto — , e dirassi la densità corrispondente al primo degli otto punti (90) che determinano il poliedro, cioè al punto (.r,/, z). Questa definizione della densità variabile, che ora signi- ficheremo colla lettera F^ sta con qualunque supposizione di discontinuità nella disposizione dei punti fisici del corpo. La definizione stessa ci somministra la lormola (90 r = ^. 4r. 11 volume v! può esprimersi in funzione delle coordi- nate degli otto punti da cui è determinato, per il che con- viene immaginarlo diviso in sei piramidi triangolari che siano tutte le une fuori delle altre , cioè non abbiano alcuna loro parte comune, appunto come le sei piramidi triangolari in cui si divide un cubo. La coml/mazione delle sei piramidi può farsi in più maniere che però tutte conducono a risultati eguali per le conseguenze che abbiamo di mira j una di queste com- Del Sic. Dottor Piola 227 binazioni dà il poliedro sr fatto come segue «T=pir.(I, II, III, VI)-»-pir.(T, III, VI, VII)-t-pir.(I, IV, VI, VII) (9^) ^-pir.(II,III,V,VI)-Hpir.(III,V,VI,VII)-Hpir.(V,VI,VII,VIII) indicando ogni piramide per mezzo de' suoi quattro vertici. Il volume di una piramide triangolare può aversi in fun- zione delle coordinate de' suoi quattro vertici: se queste sono III a^a a 33 o 4 4 4 quel volqme è dato dalla forraola {*) (93) T <;(-^4-/.)K-^^K-^I)-(>'4--^I)K-^)K-^I) Si applichi questa formola successivamente alle sei pira- midi che sono espresse nel secondo membro della (92.), met- tendo ogni volta per le coordinate dei quattro vertici i valori corrispondenti dati dalle espressioni (go). Così per la prima piramide prenderemo X =a;(a, Z*, e) ; y ; z X :=x{a, b-h^, e) ; y ; z eguali alle a 2, X =x{a-¥-a, b, e) ; / : z espressioni 3 ^ .-.>-,-, ' •'s' -3 x=x[a-i-a, b, c-i-y) ; y ; z corrispondenti ' T 4 C) Lagrange. IMémoires de Berlin, an. 1778. pag. 149. aaO Nuova per la seconda X =:x{a, b^ e) X ■=x[a, b-\-^^ e) X =x[a->r-a.j Z», c-4- y) X =x(«, b-^^, c-t-j) per la terza X =.r(rt, b-, e) X =a-(a, ^, c-Hy) x=:x{a, ÌH-/5, c-t-y) X z=x[a-\-a, b, c-hy) per la quarta X =x(a-^a. b, e) X =.r(«, Z'-t-/?, e) X =:x{a-\-a, b-^^, e) X ■=zx{a-\-a^ b^ c-^y) per la quinta X =x(a, b-^rlS^c) X =x(a-Haj b-^3, e) x=x[a-^a, b^ c-+-y) a- =a;(a, Z^-t-/?^ c-+-r) 4 Analisi ec. I I ; y ; s eguali alle 2, a ; j ; z espressioni ; r ; z corrispondenti 4 4 ; 7 ; s I I ; 7 j s eguali alle ; 7,5 s espressioni i 7 ; s corrispondenti ; 7 ; z eguali alle ; 7 : z espressioni ; y \ z corrispondenti 4 4 ■' -^.'^ 3 7 ; z eguali alle 3 2 ° 5 7^5 ^o espressioni j 7 ; z corrispondenti Del Sic. Dottou Piola aag la sesta X =.x[a-^a, i-f-/?, e) ' ^.'^' • X •=x{a-^a, b, c-\-y) 2i ' y.^^. eguali alle x=x{a, b-h^, c-Hy) ' •''3' ^3 espressioni X =x{a-i-a,b-i-^, c-^y) \ y \ z corrispondenti. Svolgendo ognuna delle sei volte in serie per gli aumenti a, /?, y la formola risultante dalla (gS), si troverà dopo alcune riduzioni che possono essere abbreviate dall' uso delle equa- zioni (65), il volume di ciascuna delle sei piramidi ridotto all'espressione essendo H il sestinomio dell'equazione (61), e €l una somma di termini moltiplicati per prodotti e potenze delle a, (3, y per lo meno a quattro dimensioni. Pertanto la (92,) si muterà nella 13 = a^y'R -4- ■>?■ essendo "^ somma di sei quantità simili alla tì: e per essere a = /3^j' = 50' avremo per ultimo (94) '' " o=yH-H3 circa il diritto in cui siamo di ommettcre i termini molti[)licati per a che si trovano in somma con altri che non contengono a coefTìciente questa quantità piccolissima, e quindi conchiudere dalla (fjS) in cui si legge il teorema annunciato in anticipazione al n." 3i. Vcdesi da questa l'ormola che la densità variahlle F è ve- ramente una funzione r[a,b,c) delle coordinate «, b, e, e quindi delle .r , j , z, come si disse al ii." 3o. La forma di quest'ultima funzione è incognita, ma vi ha un mezzo per determinarla, come vedremo fra poco. 4a. SCOLIO. Considerare lo spazio occupato da un corpo come diviso in tanti gruppi di sei piramidi triangolari , la cui somma può disporsl in una serie tripla ( n." 5.) è una teorica da me già altrove trattata per le lunghe ( veggasi la Sezione 3." della IMemoria citata nel n.° la ). Ora però il lettore po- trà accorgersi di quanto sia migliorata. Il miglioramento prin- cipale consiste nell'aver dato alle particelle della massa, quando si considerano le coordinate «, Z», e spettanti alla distribuzio- ne antecedente uniforme, una giacitura in configurazione pa- rallelepipeda: si hanno così somme triple i cui limiti sono in- dipendenti gli uni dagli altri, mentre in quel primo lavoro io avea complicate assaissimo le quantità ai limiti delle integra- zioni. Ciò che finora esposi appartiene a que' sistemi che nell' opera citata chiamai sistemi di volume ; ma colà distinsi an- che i sistemi lineari e i sistemi superficiali, la cui considera- zione viene utile per certe questioni meccaniche e in certe ipotesi di astrazione. Nel presente scritto mi diressi subito ai Del Sic. Dottor Piola aSi sistemi a tre dimensioni, i quali sono poi quelli che corrispon- dono alla realtà delle cose: ma diedi nei primi quattro numeri al 5 '•" '^ iniziative per chi volesse rifare alla stessa maniera anche tutto ciò che nella Memoria ricordata si riferisce alle altre due specie di sistemi. Volendo pei medesimi le defini- zioni della densità variabile, si modelleranno analogamente a quella che leggesi nella formola (91); pei sistemi lineari il se- condo membro avrà per denominatore l'espressione di una li- nea retta, e pei sistemi superficiali quella della somma di due triangoli ; quindi i teoremi corrispondenti a quello dato dal- la (96). :,• , 1 . L'espressione della massa nel corpo a densità variabile descritto in maniera generalissima sul fine del n.° ^o, potrà dedursi dalla (89) adattata a tal corpo, riducendone il secondo membro sotto forma di serie tripla, come fecesi di simili serie ai n. i3, 14. Ne emerge facilmente il teorema conosciuto che ci dà quella massa mediante un integrale triplicato della den- sità ; non mi vi trattengo, nulla trovando da aggiungere a ciò che già si sa. Dicasi a un di presso del modo di trovare le masse per le altre due specie di sistemi sopra menzionati. 43. Vedemmo una prima applicazione dell'equazione (96) per ridurci il fattore F nei primi termini delle (74) quale si trova in quelle equazioni generalissimo che ci vennero inse- gnate da' moderni Geometri; vediamo ora come se ne deduce prontamente la quarta equazione generale conosciuta sotto il nome di equazione della continuità. Capiremo, riflettendo sugli antecedenti, ch'essa sussiste anche in qualunque supposizione di discontinuità nella materia, motivo per cui bisognerebbe cambiarle il nome. Nel caso del moto le coordinate attuali X, /, z sono ( n.° 33 \ funzioni delle tre variabili a, b, e e altresì del tempo t: quindi anche il sestinomio H è funzione di a, b, e, t, e in conseguenza anche la densità F, sia che si consideri ridotta alla composizione in a, b, e, ovvero a quella in a;, /, z. Nella prima supposizione , quando riguardasi la composizione T(a^b,c.^ f ), le a, b., e sono indipendenti da ?; aSj, Nuova A n a l i s i ec. nella seconda supposizione, cioè quando riguardasi la compo- sizione r( X, y, z, t ), la t entra esplicitamente ed anche im- plicitamente alle .r, y, z. \J equazione (9(1), che può scriversi (97) l^II = ' è un' equazione identica: dunque sussisteranno con essa anche tutte le sue derivate per rapporto a t. Derivando logaritmi- camente per t-, se ne cava (98) "r :zr -*- -IT -IF = °- Richiamisi il valore di H espresso nella (61), e si rammentino anche le denominazioni (64) avremo dt dadi ' dbdt ' dcdt ^^ dadt ' dbdt ^^ ' dcdt I I Ora le tre funzioni derivate -f iZ Lr chiamansi le tre velocità dt dt dt del punto (x, 7, z) secondo i tre assi , e soglionsi marcare ri- spettivamente colle lettere ?/, v, w. Immaginando condotte a termine le derivazioni, esse saranno funzioni di a, b, e, t (99) u{a, h, e, t)\ v{a, h, e, t); w{a, b, e, t) e possono intendersi ridotte alla composizione (100) u{x,y, z, i); v{x,y,z, t); w{x^y,Z)t) alla stessa maniera colla quale ( n.° 3o) si disse potersi la Y{a,b., c^ t) ridursi alla r(.r,7, z, ^). Del Sic. Doxron Piola a33 Dalle equazioni identiche si deducono le nove d^x __ dit dx dii dy du dz dadt ~~ dx ' da dy ' da dz ' da d'x du dx du. dy ^^ du dz dbdt di'TbdP'db'^'ch'db d'x du dx da dy du dz — ^ I , -^ I , dcdt dx ' do dy 'do dz ' da d^y dv dx dv dy dv dz dadt ~~ dx 'da dy ' da dz ' da (102) d^y dv dx dv dy dv dz dbdt dx'dbly'dbTz'db d^y dv dx dv dy dv dz dcdt dx 'de dy ' de dz ' do o3) ^ ili = *' H_ :!£ -H ^^ ^ ' H dt dx ^^ dy dz Quindi la (98) può scriversi I . ^ A\ J dr da dv . div ("^4) T-ir-^Tx^Ty-^dI=''- Si ha poi manifestamente a motivo delle (io;) Del Sic. Dottor Piola a35 dr , dr dt dx dy dv dr dr , dr „, - > avendo significato con r'{t) la derivata parziale della F per la t esplicita. Pertanto la (io4) si riduce ('o5) ig^^-^-^igi-Hr(.) = o la quale è la nota equazione clie volevamo dimostrare. Anche qui può notarsi che le variabili mentali a, b, e sostengono tutto 1' andamento analitico della dimostrazione, e poi spariscono nel risultato finale formato di espressioni cui possono applicarsi i numeri giusta le idee esposte al n." 33. 44- Dalla equazione (97) può farsi discendere anche una formola spettante alla teorica delle condensazioni e rarefazio- ni. Ciò faccio tanto piìi volentieri in quanto che le idee qui esposte si troveranno anticipate utilmente anche per altre teoriche di cui in appresso. Le coordinate di un punto gene- rico del corpo per una prima epoca ( che ordinariamente si fa corrispondere alla stazione d'equilibrio ) siano />, q, r fun- zioni delle a, b, e variabili spettanti alla distribuzione ante- cedente ideale. Spostato il corpo per qualsivoglia cagione dalla anzidetta posizione, le coordinate dello stesso punto generico per una seconda epoca^ cioè alla fine di un tempo t, siano (106) a:=7?-+-? ; j=:(7-4-?;; z = r-HC- Le ì,, ì^, t, esprimono gli spostamenti avvenuti nel tempo t secondo i tre assi: esse sono tre quantità di cui si fa molto uso in seguito, e possono riguardarsi composte in tre diverse maniere. Primieramente funzioni di a, b, e, t (107) ^{a,b,c,i); }^{a,b,c,t); L,{a,b,c,t) avendo di mira l'ultimo appoggio delle nostre considerazioni, cioè le variabili semplici; è la maniera più naturale. Secon- a36 Nuova Analisi ec. dariamente in funzione delle coordinate y?, ^, r corrispondenti alla prima epoca (icS) ^{p, q, r, t) ; r^p, q, r, t) ; t{p, q, r, t) deduccndo questa composizione dalla precedente (107) per mezzo delle e(juazioni (7O) dei n." 'ò-2. Per ultimo in funzione delle coordinate .v..y,z spettanti alla seconda epoca (109) ^{x,y,z,t); i^{x,y,z,ty, t{x,y,z,t) ridotte parimenti dalle (107) per mezzo delle equazioni (Sg) del n.° 2.5, la cui deduzione dalle (58) non soffre candjiamento quando, come adesso, s'introduce la t espressa e non sottin- tesa. Solo in questo terzo caso la detta t entra esplicitamente ed implicitamente nelle x, y, z. Tali spostamenti |, ;;, l, si considerano quantità piccio- lissime, cioè funzioni qnalsivogliono moltiplicate tutte per una quantità i estremamente piccola (*), precisamente come si suole concepire di quegli aumenti che diconsi variazioni. Si capisce a motivo dell' anzidetto coefficiente i che le derivate da db da giusta la composizione (107) o le derivate Tp' Tq' Tp^^- secondo la composizione (too) o in fine le derivate di di dr, di' dj "> JI- ^" a norma della composizione (109), sono quantità piccolissime (") Lagrange. Théorie des Fonctions Analytiques. pag. 274' Del Sic. Dottor Piola 287 e della stessa natura delle |, »/, t, da cui sono derivate. Viene dall' aver dato alle ?, ■i^, t, l'idea delle variazioni, che dovranno ommettersi i termini in cui queste quantità o le loro derivate come sopra saranno a due o più dimensioni : e che potrà usarsi la caratteristica d innanzi ad una quantità per signifi- care una somma di termini da essa dedotti in cui le ^, 7^, ^ o le loro derivate anzidette sono a dimensione lineare. Si richiami il sestinomio h dell' equazione (77) formato colle derivate parziali delle p, q > r per o, Z», e: si denomini "Q" la densità del corpo nel punto {p-> q, r) della prima posi- zione ; avremo per la (97) (no) lf/i=I. Siano r, H come piìi sopra al n.° 4' 5 ® ripetasi la (97). Se nel sestinomio h pongansi per p, q, r ì valori , .r — I ; X — '?;" — ? ' cavati dalle precedenti (106), avremo (ih) A = H — ^H. Ora richiamando le (61), (64), con un processo affatto simile a quello tenuto nel numero precedente , vedremo primiera- mente essere da ^ dò * de , ■; ì\:.V[ì ; a38 Nuova Analisibc. poi, assunta per le §, ?;, t la composizione (109), dedurremo d^ 'Zi iff j_ 'il 'ir _i_ ''^ ^ da d.v ' da dy ' da dz ' da di _!_ '^^ _i_ ^ — da dx 'da dy ' da dz ' da dìi dìi dx dti dy dì; d z Tb di ' Tb"^ d} ' 'db~^ 'di ' db df! dt; 'l£ ^, 'Iv ^y ^, ^V £f de ^ dx ' de dy 'da dz ' de d_t_ dt dx di (JZ _,dl dz da dx ' da dy ' da dz ' da 'IL — 'li 'If. 'IL ir_i_lL 'h db dx ' db dy ' db dz ' db de dx ' de dy da dz ' de i quali valori 5 sostituiti nel precedente di ^H , lo fanno di- ventare Del Sig. Dottor Piola 289 ■^'i{- è ^ l'idre) . '^ ■■■': -*-5r(« ra-^^ db-^y Te) ., •■ e per le equazioni (66) riducesi immediatamente -. Questo valore sostituito nella (in) ci somministra (-) . *=H(-S-g-f) , ... donde^ messi per h, H i valori corrispondenti =4" j "r" ^^^^t' dalle (no), (97), si ha finalmente 24o ^ U 0 V A A N A L I S I ec. r = ()^ I di ^7: dz che dà r una per l'altra le densità conispondenti alle due epoche. Ouesla l'orniola comhina con quella data in più luoghi de' suoi Esercìzi dal Sig. Cauchy (*); ma egli nel primo de' luoghi citati, se ho ben inteso^ pose la condizione che la den- sità () corrispondente alla prima posizione fosse costante ; la precedente analisi prova 1' equazione vera anche per 0" varia- bile di punto in punto , come pare che il suddetto Autore abbia egli pure supposto negli altri due luoghi citati. Avremmo potuto nella relazione Ira le due densità "(f , F supporre gli spostamenti 5, ?^, t, fatti secondo la composizione (io8) , cioè in lunzione delle coordinate d'equilibrio; allora avremmo trovato L'andamento del calcolo essendo molto simile al precedente è lasciato alla perizia del leggitore. 45- La teorica delle condensazioni di cui ora feci parola, è d'importanza primaria pel Sig. Cauchy, che ne usa anche per la formazione di molte equazioni meccaniche. L' impor- tanza è minore per noi che deduciamo tali equazioni da altri principj. Nondimeno è bene qui indicare, almeno di fuga, come debbasi trattare una tale teorica secondo le nostre viste. Ammesse qui pure le due epoche, nella prima delle quali le coordinate del punto generico siano espresse da p[a,b^c), q[a^h,c)^ r{a, b, e) e nella seconda da (') Exercices de Mathómatiques. T. III. png. i65, formule (24)- Ibid. pag. 219, formule (17). T. IV. pag. 182, forraules (12), (i3). Del Sic. Dottor Piola ^4' x{a, b, e, t), y{a, b, e, t), z{a, b, e, t) ovvero ( espressioni (83) del n.° 33 ) da {ii5) x{p,q,r,t), y{p,q,r,t), z{p,q,r,t) ; , ,, immaginiamo per la prima epoca descritta intorno al punto {p,q,r) una sfera di raggio i. Varie molecole si troveranno sulla superficie di questa sfera , e saranno quelle che nella prima distribuzione ideale aveano coordinate a, V , d tali da soddisfare poi per la i.'* epoca all' equazione ;• ' v -.: [p{a',b\c')-p{a, b, r)y-^[q{a,b',c')-q{a, b, c)Y (1.6) -+-[r{a, b', c'}—r{a, b, c)]»= i\ Facciamo p{a', b\ e) =p[a, b^ e) -4- ìs (117) q[a^b\c)=-q{a,b^c)-^h ' ., . r{a, b\ e) = r[a, è, e) -f- io e la precedente (116) darà fra le £, :-, o l'equazione di con- dizione (118) f»-f. *=>-!- 0*= r. Chiaminsi /, /«, n le coordinate di un punto qualunque dell' immaginata superficie sferica che ha per centro (/>, q, r), rife- rite a questo punto come ad origine di tre nuovi assi paralleli a quelli delle p, ili rimangono in tutta la loro gene- ralità. Diciamo dunque primieramente eh' esse non possono essere quantità aventi sempre nn valore infinito, perchè se ciò iosse, non sarebbe più vero che nelle (56) i termini ulti- mi sarebbero in grandezza conirontabili coi primi. E questo il luogo di ricliiamare il teorema di Lagrange citato più sopra al n." 44- Una quantità funzione di a, ^, e, la quale è sempre piccola indipendentemente dalle stesse a, b, e cui si lascia una significazione generale , deve avere la forma ?/( a, b, e) dove la piccolezza dipende dal coefliciente ì: e ne consegue, come si è colà veduto, che le derivate di essa per a o per b o per e sono quantità piccole dello stesso ordine. È evidente che per maggiore generalità si potrebbe ammettere invece del solo termine 7^ una serie z/-t- i'/ -4- i'/ ce. ma le conseguenze essendo precisamente le stesse, questa considerazione non farebbe che complicare le espressioni senza alcun vantaggio. Il medesimo ragionamento persuade che una funzione delle a , b, e, la quale fosse sempre infinita, rimanendo \e n^b^ e in tutta la loro generalità, sarebbe pure della forma if[a^b^c) risultando il valore infinitamente grande dal fattore costante i ; e che le sue derivate per a, b , e sarebbero ancora infi- te. Adunque se fossero sempre infinite le A, B, C, ec. nelle (01), sarebbero anche generalmente infiniti gli ultimi termini nelle (56), contro il supposto. Ora si esaminino alcune delle (5 1), per esempio, le prime tre, giacché ciò che si dice di esse potrà ripetersi egualmente delle altre. Restituendo al sciino f il sitrnificato scritto nella (3o) e alla ^(S) il valore della (3i) abbiamo Del S;g. Dottor Piola 24? /•=-l g=^ hzzv /;=/ é=:"» /'='i f=X g=ii h=.v (r.4) B = I2 2 2 (^(S/l=^ ,, ,„. ,.;. ;.^, fzzl gzzm hzziu f=^ g=l^ ''=» (J, r\^ /nJ 6=™ //=:'( . .' i 1^ : Queste espressioni equivalgono a somme triple ( rivedi il n." 5 ) die si estendono per tre versi ad un numero di termini maggiore d' ogni assegnabile. Ora è noto in analisi ( chi non avesse in pronto altri libri può consultare il mio Trattato sui calcolo degl'integrali definiti ai numeri 120, 161 ) che il va- lore di una somma di termini il cui numero diventa maggiore d'ogni assegnabile, sia che si tratti di una serie semplice o di una doppia o di una tripla , può riescire finito quando i termini diminuiscono continuamente di grandezza mentre cre- scono di numero: e questo avviene ordinariamente perchè tali termini hanno coefficienti che si fanno semprepiù piccoli al di sotto d'ogni grandezza assegnabile. Richiamato questo prin- cipio generale, osservinsi le (ia4): non si vedono in esse le quantità -i*po"'^o: quel coeflìcienfe estremamente piccolo che non si vede fattore della prima parte della (i6) , vi si deve necessariamente in- trodurre ( ed è un a^ ) quando i valori numerici delle forze acceleratrici X, Y, Z, — ^ , -^r^ , -!-^ s' intendono formati avendo stabilita per unità di forza quella che è applicata all' unità di massa, con altre circostanze che ipiì non importa riferire. Mi riserbo, come in luogo più opportuno, a provar ciò con tutta chiarezza sul principio del § seguente; e se Del Sic. Dottor Piola a^-Q finora ho ommesso un tal fattore piccolissimo a^, fu per mi- nore complicazione, potendosene in tutti gli antecedenti far di meno. Questa risposta, che sembra perentoria, dà luogo ancora ad una replica. Sia pure ( si dirà ) die le forze X, Y, Z,-^ ec. per essere applicate ad atomi di materia e non a masse finite debbano moltiplicarsi pel fattore cr', anche (j5(S) essendo 1' espressione di una sitnile forza applicata agli stessi punti fisici, dovrà prendere quel fattore, e allora avremo sotto ai segni sommatorj (124) il coefficiente piccolissimo che ren- derà vano tutto il discorso del numero precedente. Rispondo: il fattore a^ della (^(S) non può essere disposto come qui si suppone: esso deve conservarsi estrinseco ai segni sommatorj nelle (124) ^ simili, perchè le quantilà indi risultanti sono ancora nella (;i6) sottoposte ad un altro integrale triplicato, come la prima parte di cui qui sopra si è parlato. Con altre parole ; la seconda parte della (26) è una somma sestupla : il fattore a' servirà a produrre quella piccolezza che si esige per un integrale triplicato, ma per 1' altra somma triplicata , il cui segno è poi distribuito sopra molti termini che riescono fatti delle (124) e simili, la piccolezza sarà procurata dal ra- gionamento del numero precedente che rimane come prima della fatta obbjezione. 48. Insistiamo anzi su quel ragionamento per dedurne altre importanti conseguenze. Si trasformino le {124) e simili ponendo (laS) f—a = k, g — b = i, h — c=j dove k, i, J esprimono tre nuove variabili: avremo A'^A— a izza — b j^p — e , (126) A = 12 2 2 <^(S)Ì. k^l—a i^m — b j^n—c e similmente per le quantità simili j la S data dalla (28) ci sarà ora data dalla Tomo XXL 3 a 2,5o Nuova Analisi ec. ^'=[-''^(^'+"^' ^-^h c-f-y) — x{a^ b, c)y ( ' ^:) -i-[y{a-^k,b-hi, c-^j)—y[a,b, c)Y -H[s(a-*-X-, b-^i, c-i-J)—z{a, b, e)]' e sarà una funzione di k, i, j che indichiamo con S(^, i, j). Gli indici inferiori nei segni sommatorj delle (lad) e simili, saranno necessariamente quantità negative; la variabile k pas- sando dal valore negativo — [a — l) al positivo /l — a passerà per tutti i valori espressi e sottintesi nella serie (128) — [a — /),.•-. — 3(7, — 2a, — tr, Oj a, aa, 3cr,....,( — /la); dicasi a un di presso per le variabili i, j. E bene immaginarsi distesa la somma triplicata (ra6), ri- chiamando la forma (ii) del n." 5: eccone una porzione che abbraccia due soli termini prima e dopo del valor zero di ciascuna delle tre variabili. B Del Sic. Dottor Piola ^^j 4 4 + + Isi :2; -e. -Qb -Q, I i s ^M II y «5 o ' I Ci " " >? » é 1 ^ ^ i :=; ^ ::=r -JL -'=5 ^t -it -)t -it -it + + + + + ;;§. -a -4 ;::§i ;S; co *£« ■^ co co l l J ì l V# ^ ^ I IO "1 o I 1 lièi! v=\% «>|=ì H^- cc|=i c«|ì, i. i i i i ? I I 1^ 1^ Q I I I I f § g ^ ^ ^ o- ^ ci- C) q CCl'-l, «■) » OJl cr-l + +' + +' 4 :^ 4, -^ i :^ iS "^ "co co i« K> •->. IT^ "TT' >^ «? § 5 I -? il 111 1 1 1 i I «'it o.it 4t Jt aSa Nuova Analisi ec. più quattro altre riunioni simili di cincjue linee orizzontali, che facilmente si formano dopo la precedente. Osservandosi nella precedente al terzo posto in tutto le S la quantità — 2a, le altre quattro riunioni \i avranno costantemente — a la se- conda , zero la terza, a la quarta, uà la (jiiinta. Noteremo inoltre che in tutti i termini sopra scritti la S in denominatori deve seguire la composizione della S sotto il segno (p nello stesso t(;rmine: ciò non si è indicato per minor conqilicazione. Si capisce facilmente come questa somma tripla debbasi estendere da sei parti per abbracciare tutti i termini signifi- cati nella (fa')). Ora diciamo non essere necessario ritenOi^'e nella somma (i^iO) della quale la (129) è parte, tutti i termini visibili nella forma distesa: perchè molto prima di arrivare ai sei limiti i termini ora menzionati possono considerarsi come tanti zero, non aggiungendo quantità sensibile al valore già raccolto in forza dei termini antecedenti. Questa proposizione è fatta di due altre che la dichiarano completamente. Osser- viamo in primo luogo che non bisogna concederle troppo, fino a credere che basti tener conto di un numero finito di ter- mini in tutti i sei versi: il che equivarrebbe a credere chela ^(S) si estenda a sole poche molecole intorno al punto [a,b.c). Riflettendo sulle (126), (129) si capisce che il fattore — da- rebbe coefficienti 4-o-j —^.a, ec. piccolissimi, per cui un nu- mero finito di termini ci somministrerebbe una somma la quale avrebbe un valore trascurabile. Non è che abbracciando un numero di termini maciriore d'offni assecnabile, che si viene a distruggere I' effetto di quel coefficiente piccolissimo e ad ottenere ima quantità finita. Adunque fazione molecolare (p(S) si estende air ingiro del punto {a, Z*, e) ad un numero di mo- lecole maggiore d' ogni assegnai/ile. Chiamasi raggio della sfera di attività quello di una sfera ideale dove sono comprese tutte le molecole a cui si estende 1' azione molecolare con effetto da calcolarsi. Ma pongasi mente alla natura delle serie triple Del Sjg. Dottor Piola a53 come la (126), e ne dedurremo un'altra proposizione ben in- teressante. L' estensione per ciascuna delle tre variabili ad un numero di termini tanto maggiore d'ogni assegnabile, che la serie (i3o) — mcr, — {m — i)(t,...., — a, o, a, 2.a,.,..,n(T corrispondente alla (ia8), finisca da ambe le parti con — ma', na quantità finite, quando tutti i termini influiscano nel va- lore della somma totale, non solo distrugge l'efl^etto della pic- colezza introdotta da un coefficiente a di primo ordine , ma quello altresì di una piccolezza introdotta da un coefficiente a^ di terz' ordine. Ora nelle serie come la (126) vedemmo piìi sopra che non ci abbisogna di togliere se non la piccolezza di primo ordine. Se dunque i termini formanti la (126) aves- sero un valore influente nella somma per tutta 1' estensione indicata dai sei limiti, questo valore della somma sarebbe an- cora infinito. Ciò non potendo essere, convien dire che nei tre versi indicati dai tre segni sommatorj , a motivo del rapido decremento di (j5(S), i termini cessino d' avere valore influen- te nella somma, assai prima che nella serie (i3o) e nelle due simili si giunga dall' una e dall' altra parte a limiti — ma , na di grandezza finita. Da ciò consegue che il raggio della sfera di attività dell azione molecolare^ quantunque si estenda a un numero grandissimo di molecole, deve ancora considerarsi una quantità insensibile. Questa proposizione è stabilita dal Sig. Poisson come ipotesi conforme alla natura (*): ora dai precedenti ragionamenti è provata discendere necessariamente dalle premesse. 49- Per quest'ultima proposizione alla (126) e a tutte le espressioni simili può farsi subire un cambiamento, può darsi cioè la forma (') Journal de l'Ecole Polyt. Cali. 20. pag. 7. 254 Nuova Analisi ec. kznna i:::n ec. nelle (53) e dei valori delle [i,z], [2, z], [3, 2], [4, z], ec. nelle (54). Dopo ciò vedremo che nelle (4q) i valori delle nove L , L , L„, M , ec. si riducono ai soli I 2, i l primi termini, perchè la derivazione per a o per b o per e delle quantità trascurabili [4, x], [5, x] ec. non ne toglie la piccolezza , giusta il teorema Lagrangiano rammentato al nu- mero 4*^- Vediamo le conseguenze delle accennate riduzioni. '••". 5i. I valori delle nove L , L , L,, M , ec. diventano I a ò I ,f.' ofio'j^drtt ->• i " . ,, f, '. t ir; 'iirriii '.-■: ': ■!!)(] a nst '.uli -(Ci.. ; ) .,L ì'.l^i 206 Nuova Analisi ec. = A;5--f-D — -+-E-;- I da ab de o da do de i da do de I da do da (•32) M=D^-hB^-HF§^ ' ' Q, da db de 3 da db de N = A ^ -4- D ^ -H E ^ T da db de N = D^-+-B^-+- F^ a da db de N.= E^H- F§-4-C^. 3 da db de Se questi si sostituiscono nelle (78) le tre relazioni (i33) P^Q;P = R;Q=R di cni parlammo al n.° 3o, si riconoscono vere colla semplice ispezione dei valori indi risultanti per le nove P , P ^ P ; Q ■> Q ■> Qó R , Pi , R . Eseguisca il lettore questa sostituzio- 13 3 12 3 ne che non ha difficoltà, ed oltre al persuadersi per tal modo delle interessanti relazioni (i 33), farà un' operazione necessaria per capire il prospetto che soggiungo. 52. Ecco un compendio che ci mette sott' occhio quanto siamo di già avanzati nella nostra teorica analitica. Del Sic. Dottoii Piola 267 Le equazioni generali pel punto generico {x,y, z) del corpo omogeneo in moto sono, ripetendo le (74) ("4) r{x-^yiL dt'' f dx dK dz 2. dy -H — — 0 dr .-H dz = 0 dK^ dy -H dz 0. In queste la T{x^y^ z, t) esprime la densità corrispondente al punto suddetto (x, 7, z); e le nove P , P , ec. hanno valori cui I 2 possiamo dare 1' aspetto che espongo P =(a:, x)T; P^=(x, 7)r; V={x, z)T ( 1 35) Q={x, /)r; Q={y, y)V; Q={y, z)V * R =(x, z)T; R ={y, z)T; R =(s, z)T avendo assunte sei espressioni simboliche {x,x), {x,y)^ (po,z), {y>y)'> (/j^)» (•2? 2) i cui valori sono i seguenti Tomo XXL 33 i58 (•36) Nuova Analisi ec. , „r. dx dx , „T7 dx dx ^ j-, dx dx da db da de db de „,)=A(|)VB(S)Vc(|y- dy dy ^aD li (21 ^. aE 121 ^ -H aF ^ 'ii dy dy dr dy da db da de db de Ddz dz , TTi dz d'z , -r-, dz dz da db da de ab de + D (f 'i£ + ii èU E (^ ?i -H i^i "f) \ izzoo jzmx) A=2 2 2 ^{S)k^ k:z— iz::— 00 j'^z—oq • kzzoo i^co 7=00 B=2 2 2 7p{S)i^ ft=:— 00 i^— 00 y=:— 00 k^oo i=oo 7—00 C=2 2 2 ^{S)f t:=— 00 £:=^co j=:—co A':=oo i=:oo 7^=30 D=2 2 2 tp{S)ki k^—oo izz—co jzz — oo kzioo izzoo 7— oo N. l'i .1 , • E=2 2 2 rp{S)kf kzz—oa j:='^oo j^—oo ; ' . . : A::=oo J:=oo 7—00 F=2 2 2 ^iS)iJ .:,„,\ ■ .;•: ^=^00 i=— 00 ;'=:— 00 In queste la Tp{S) è funzione di forma incognita , ma la S ci è data dalla (12.7). Giova notare che la (127) svolta col teorema di Taylor ^ diventa primieramente ' , ' " (■38) *(^g+'S-/g*--)" ; ' . . l 1 dz • dz . dz , \ poscia, ponendo per abbreviazione , 2.6o Nuova Analisi ec. t 3 (.3.,) -(S)-(£)V(iy . dx dx dy dy dz, 4 da db da db da dz db . dx dx dy dy (7= 5 da de da de da dz de . dx dx dy dy dz C db Tu'^Jb 17 db dz de c svolgendo i quadrati (i4t) S^'^k'i -hi'^i -+-ft -i-'2kii -l-aXyV^-t-a//^ -t-R dove P». è posta invece di una somma di termini nei quali le /i, i, J sono per lo meno a tre dimensioni. 53. Le quantità (iSg) fanno un gran giuoco nella nostra teorica. Inlerossa primieramente di trovare in funzione di esse il sestinoniio H di cui abbiamo data T espressione nella (6i) e da cui per la (()6) risulta anche il valore della densità F. Quadrando la prima, la quarta e la settima delle equa- zioni (OG), indi sommandole abbiamo per le denominazioni (iSg) ia'3 4 5 5 Similmente dalla seconda, quinta e ottava delle stesse (66) a'i -h^'^t -+-y'i -i-2a\8't -f-aa'y'^^-t-a/?'/'/ =H^ e dalla terza, sesta e nona Del Sic. Dottor Piola a6i ol'n -4-/?"*/ -+-i'"X-H2a"/?"/,-Haa'V"i^-l-2;?V'V =11=». I ao 4 5 '6 Si sommino queste tre ultime equazioni: dedurremo 3H»=(a"-t-a"H-a'")i^H-it(a/?-Ha'/J'-+-a"/?'> tff-') Ora si noti l'equazione identica -\(.ùt.m ms; !a!, (AM— BL)»-h(CL— AN)»-h(BN--CM)"= ^ ^., , (A»-4-B»-j-C=)(L'-j-M=-hN^)— (AL-HBM-f-CN)^' e per essa^ richiamati i valori scritti nelle (64), si troveranno a»-H a'^H- a"^= « t — t"- a 3 6 ■ . ' . (142) ^"H- ^'^-1- /3"»= £ ? — it » !• ■ . - ■ r ■", 'V ' ,-j » ' ' ' 124 Si noti anche quest'altra equazione identica (AM-BL)(BP— AQ)-f-(CL— AN)(AR-CP)-f-(BN-CM)(CQ-BR) =(AP-t-BQ-^-CR)(AL-^-BM^-CN)— (A"-t-B*H-C")(LP-HMQ-4-NR) e per essa, riscontrando anche qui pazientemente i valori delle (64), si otterranno le altre tre .■,•■.,? : < 202 Nuova Analisi ec. a/?-i- a'/3'-4- a"^"= t t — t^ t 5 6 34 (143) ay-^ay'-^af = t^t — tj^ La (141) per le (14^)1 ('43) ci somministra dopo facili riduzioni ^ ^^' ^ 1 -, ò 456 lO a5 34 la quale è la formola che ci eravamo proposto di ritrovare. 54. Ora passeremo ad una trasformazione molto importante dei sei valori delle A, B^ C, D, E, F dati dalla (xSy). Quelle somme triplicate possono cambiarsi in integrali continui. Abbiamo la formola (*) zAx.u[x)= — dx u Il -\ a ec. essendo a V aumento delle differenze. Per mezzo di questa le (137) si mutano nelle K = ±.f'"dkf^ dìT dJ4iS)k^ " j —00 J —co J —00 v.=ir .ikr air aj.mi' • c = ^ r duT dìT dj4[S)r " J —.co J —00 / — 00 D = 4 f^ dkf°° dìf^ dJ.4j{S)ki <> J — co / —co J — 00 ^ — l^f"^ dkf°° dif^ dj.ip[%)kj ^ J —CO J ^00 J — co /^co /*oo /'co F = -L-/ dkf dif dJ4{S)iJ, ^ j — 00 I — 00 / —00 ('45) C) Lacroix. Traile ec. T. III. pag. 98, ovvero Bordoni. Lozioni. T. 2. pag. 479- Del Sic. Dottou Piola o63 avendo trascurati termini di grandezza insensibile in confronto dei termini scritti , i quali poi sono della stessa natura delle quantità finite { rivedi il ragionamento del n." So ). Presentemente si trasformino questi integrali triplicati per tre nuove variabili |, j?, C fra le quali e le precedenti si ab- biano le equazioni (.46) ^=jgH.;g^yg 60. ,L. ria.,-: ei dz . • dz , - dz da db ■'de Sarà per la (i38) (47) S = i/^"-H ^=-H C^ Potremo poi dalle precedenti (i46) cavare con un ritorno di serie le inverse che danno k, i, j per |, »p, t,. I termini in cui f j 12, t, sono a potenza lineare si hanno facilmente molti- plicando dette (146) rispettivamente per a, a', a!\ indi som- mandole e facendo uso delle prime tre equazioni (65); questa operazione ci dà la k. Moltiplicando invece le (146) rispetti- vamente per /5, i3', /?", ovvero per y, y, y", coli' uso delle altre equazioni (65) avremo similmente ì,j. Cosi ' ^ := ^ (ot^-H a'?p-f-a'X)-i-ec. ' (148) ì = ±. (^|^-/J'^-t.^"q -neo/ " J = i {yt-^y v-^ft) -H ec. i''4 Nuova Analisi ec. seguono negli eccetera i termini ove ^, 7^, l, sarebbero a più alte dimensioni. Ecco le inverse delle eciuazioni ((4^')- Per la trasformazione degl' integrali triplicati (i45)j biso- gna, siccome è noto (*), calcolare il cocfllciente /, t, sono per Io meno a dimensione lineare. Caveremo pazientemente dalle (64) v'/iif n " dxj dr , ^dx d.r\ ossia per la prima, quinta e nona delle (66) ' a^'-^a!'='£m a"/9-^"a=: g Hi a/5'-/9a'= ^ H. Quindi 3.(,x'/5"-a/?")-(-y'(a"/5-/5"a)-l-y"(a/?'-/?a') a motivo dell' ultima delle (65). (') Lacroix. T. II. jiag. 200; ovvero Bortloni. T. I. pag. 38o. Del Sic. Dottor Piola 265 Pertanto il coefficiente (149) da introdursi in tutti gl'in- tegrah trasformati^ diventa ■jj ■+• 60. Questi integrali poi trasformati dalle (145) sono ^-^3y_^'^^y_^^v/_^^/C.^(S)(a|+aV-»-«''C)(/?|4-/?'-+-/?;^''C)-f-ec ^^^J -Jy _Jy „JC4{SM+a'^-a-X){y^+y'r^+yX)^ec In questi la S ha il valore (147); seguono negli eccetera ter- mini dove I, r,, C sono a più alta dimensione della seconda ; 1 Inniti sono ancora l'infinito negativo e il positivo, come si scorge dalle (148). Le stesse (,48) ci fanno capire che la grandezza delle ?,^, Ce dello stesso ordine di quella delle /t, f, ;; quindi per la stessa ragione per cui al n." 5o dicemmo tra- scurabili tutte le G , G^, G^, ec. dovranno anche trascurarsi t»tti 1 termini che seguono gli esposti nelle (i5o). Svolgiamo ora i quadrati e i prodotti nelle precedenti (100); osserviamo che gP integrali Tomo XXI. 3i aOG Nuova Analisi ec. — •X) / —co J —00 /«> , , /"co /"oo , — 00 J — 00 J — oo J — co J — oo J — co ^K' sono necessariamente fra loro eguali, essendovi |, »;, t lettere che entrano solo istriinientalmente e possono scambiarsi fra loro. Osserviamo anche che iil' inteirrali ./ —co J —co J — co y— co ,/— oo J — oo /o? /"co /'oo ^______^— — dlj dr^ d^jii/'i^^i^^^^y^t — oo J — oo J — oo sono zero per un teorema assai noto nel calcolo degl'integrali definiti (può consultarsi il mio Trattato citato più sopra, leg- gendovi il n.° ■j.a. ). Poniamo ^ J — x; J — oo J ^ Dopo tutto l'esposto le (i5o) si cambiano nelle Del Sic. Dottor Piola 367 D = ^3(a/?-+-a'/?'H-a"/?") ' '■ ; ossia per le (142), (i43) nelle F=ìf3(i t-t i) H3 \ ^ 5 16' dove II ha il valore (i44)- Così le sei A,B, C, D, E, F sono date in funzione delle sei quantità (iSg) e di un coefficiente (iSa) a68 Nuova Analisi ec. (.t elle è la sola incognita veramente indeterminabile, perchè dipendente dalla particolare natura del corpo e dalla legge di azione molecolare. Queste ultime («Sa) sono formolo d' importanza capitale, come vedremo nelle varie applicazioni; esse completano il prospetto del n.° Sa, dovendovi essere surrogate alle (i37). 55. Troviamo necessario avvertire che s' ingannerebbe grandemente chi dietro ris[)ezione della formola (5i) s'avvi- sasse di credere la ^ costante per rap[)orto alle a, b, e; essa è veramente funzione ( (juantuncjuo incognita ) di queste a, A, e, o delle x, /, s, t (piando intendasi fatta la trasforma- zione già praticata al n.° 3o per la densità F, e al n." 43 per le tre velocità u., v, (C. Ciò apparirà chiaro se ci persuadere- mo che nella i//(S) o (f){S) ( equazione (3 1) ) debbono le a,b,c entrare anche esplicitamente alla S. Infatti l'azione che riceve ciascun punto del corpo dai punti circostanti non è solo quella proveniente dall'azione molecolare propriamente detta, che avreb])e effetto quand' anche non vi fossero le forze esterne X, Y, Z. Havvene un' altra parte proveniente da queste X, Y, Z applicate agli altri punti del corpo , che avrebbe luogo quand' anche non vi fosse azione molecolare interna, detta da Lagrange forza attiva. Per formarsene una idea può immagi- narsi un sistema discreto di corpi legati fra loro con verghe imperniate a cerniera nei luoghi dove si attaccano ai corpi: tali verghe sarebbero veicoli di vm' azione reciproca dei corpi, detta da Lagrange forza passiva , indipendentemente da ogni attrazione o repulsione fra essi. Interessa di capir bene come questa forza passiva ( dt-tta altrimenti pressione ) può veramente considerarsi come una parte di (p{S). Vi si riesce introducen- done separatamente l'espressione nella prima equazione (i5), e notando che i nuovi termini diventano soinmaliili con quelli introdotti dalla fpiS): ossia, ciò che è lo stesso, notando che quella espressione a parte non fa che rendere binomj tutti i coefficienti delle variazioni 5'S , ^S ec. i.a 1,3 Adunque, denominata /• la pressione che il punto Del Sic. Dottor Piola 269 (.V ,7 , ,s ) riceve dal punto {x ,y z ), saranno ^ a,h,c ■" a,b,c a,b,c f,g,h f,s,h f,gji' r g ' i' g ' -^ S ( dove S è quella dell' equazione (a3) ) le sue tre componenti secondo i tre assi, e similmente s , s s , . le tre componenti della pressione trasmessa al secondo punto dal primo. Di qui chiunque conosce l' impianto delTequazione (r5) capirà che l'introduzione a parte della pressione p, vi aggiunge i termini p ()S -^-p dS H- . .. . .H-» ^S i;a r,2 ■' 1,3 1,3 i,« i,n -^p SS -H -t-/7 ^S 3,0 2,3 2,?l 2,n . . . -+-» dS ■ • •■' n—i,n n—-i,n affatto simili a quelli che già vi esistono. È dunque p som- mabile con (p[S) ed ha poi comune con essa anche un' altra proprietà^ quella di dover essere nulla appena la distanza S si fa sensibile: infatti è chiaro che non è immediatamente trasmessa al punto [x, y, z) se non dai punti circostanti vi- cinissimi. Riflettendo all'indole di questa/? si vede che la sua com- posizione deve essere p[a^ b, e, S). Che sia funzione delle a,b, e esplicitamente alla S si fa evidente osservando eh' essa è per sua natura diversa in diverse parti del corpo, quantunque vi siano eguali le distanze S dai punti circostanti ; che sia funzione di S è pur chiaro pel dover essa diventar zero ap- pena S si fa sensibile. 2,'^o Nuova A n a l i s i ec. Potrebbe taluno pieteiulerc cbe per 1' assoluta generalità debbano nella composizione delia p considerarsi esplicite alla S non soltanto lo coordinate a, ù , e del punto che riceve r azione^, ma anche le coordinate a-i-k, ò-i-i, c-i-J (equazioni (riio) ) del punto che la trasmette. Senza negare l'osserva- zione diremo clie pel nostro caso essa diventa inutile. Difatto, adottata la nuova signiiicazione, potrebbe poi questa svolgersi in serie per le j)otenze di /r, i-,j, avendo la serie per primo termine quello p{a, Z», e, S) sopra considerato. I termini se- guenti produrrejjbero nelle somme definite (i 87) altri termini della natura delle G , G , G , ec. che abbiamo trascurate. 1 a 3 Conclusione del fin qui detto si ò che potremo considerare la pressione p{a, b, e, S) compenetrata nella (p[S) o i/'lS), la quale ha per tal modo una parte in cui le «, Z», e sono esplicite alla S: quindi la (i della (i5i) non è costante per rapporto ad a, Z», e. 56. Sul finire di questo paragrafo crediamo utile prepa- rare alcune denominazioni di cui faremo uso frequente nel seguito. Ciascuna delle nove derivate dx dx dx _ dy dr dr , dz dz dz dZ' àflc'' d^'' 'db'' di'- Ta' db "> ^' se s'immaginano eseguite le derivazioni, è una funzione di a, b, e, t che potrà trasformarsi in una di .r,/, s, if, siccome più volte si è detto. Il non avere una significazione fisica da attribuire alle medesime non impedisce che queste quantità analitiche entrino con molto effetto nei calcoli. Poniamo adunque dx / , dx I . dx I .\ p^=T^{x..Y,z,t); ^=tj,x,y,z,t); Ì^^z.^{x,y,z,t) Del Sic. Dottor Piola irr'f ' Se queste equazioni identiche si derivano per t, osservando per esempio nella prima di esse che d^x da du dx du dy du dz dadt da dx da dy da "dz da du dn da, - • dx i dy 1 dz i e cosi per tutte le altre, otteniamo nove equazioni , le quali sono poi richiamate più d'una volta, e sono (•54) dt du du ^ . du dx i dy i dz i dt du , du ^ du ox a dy 2, dz a dt^ dt du du ^ _ du = Tx'z-^ry%-^rzS d,^ dt dx i dy j dz I dt dv , dv ^ Av dx Q, dy 3. dz 2. dt dv . dv ^ dv = Tx^-^Ty\-^TzS dt dx X dy i dz X dt div da> di» dx a dy ^ dz % ^^B __ da> div Jiw -rfr~5^S"^ri^^3"^5^^3 27^ Nuova Analisi ec. in (jueste _ — , —Ji, , ce. esprimono le derivate totali per t ut Ut ^ delie £ , £ , ec., è cioè dt dx ,/y dz \ Ut I significando I Li il dill'erenzialc parziale di £ pel solo t esplicito alle x, /, r; così di tutte le espressioni simili. Per le denominazioni (i53) le (i 89) prendono l'espressione 2^ = £ ^^- .s *-+- r " : I I I ? = £ ='-4- 3 ''-4- T =" (..36) o à 0 à t = e s -^ ^ 3-4-rT 4 I a 12 12. 0 IO I 3 I 3 t^= e f,^H- 5 5-4- t r,. 0 30 2 0 a o 57. Noteremo per ultimo clie dalle (i53) abbiamo mani- festamente di de de de^ de de^ I ± . r 3 . 2 3 3 di' da de da de di' ossia per le stesse {i53) de de de de de ds —L e -h —L 3 ■+- —L. t = -Jl e -+• — ì- 3 -4-_f. t dx 2 dy Q. dz 3 Ux i dy i dz i , - . de de de de^ de^ de-, ' ' dx 3 dy i Uz S Ux i dj i dz i (/f de de de, de-, dee, -i £,-4- -1. 3,-4- — ^ T = _Ì_ f -H—L 3 H -1 T dx o d/ o dz o dx ^ dy ^ dz a Del Sic. Dottor Piola ayS e che sei altre equazioni simili risultano dalle restanti sei delle (i53). Possono altresì dedursi dall' equazione (97) fra la densità r e il sestinoraio H, derivata per a, 0 per b, o per e le tre equazioni seguenti f/.FEj d.V^^ d.Tt^ d£ dr dz d.Te^ . ■+• d.TS^^ . -+- d.Tr.^ dx dx dz d.Vs^ ■+■ ^.^3 -H d.Tt^ (i58) ì.^- i_-H L = o . o. • dx dy dz Il processo analitico per giungervi è alquanto lungo , ma af- fatto somigliante a quello impiegato al n.° 4^ P^^' dimostrare l'equazione (io5) della continuità. Il punto principale di ri- scontro fia r analisi qui indicata e quella là eseguita sta nelle tre equazioni (1S9) I dH de^ d3 dt^ H" -H . '. -H ' da dx dy dz I dn àe. d\ dt^ ir ■ -H - -+-..^ dO dx dy dz i' ^m ae^ d^^ Jfg H" de dx -1-4- —L dy dz poste a confronto della (io3). Ma vedremo più tardi che l'e- quazione (io5), quantunque finora tanto usata^, principalmente in idraulica, è in verità un' equazione identica insignificante. Però non credo che miglior sorte abbiano a incontrare le pre- cedenti (i58), del cui ritrovamento sul principio io m'era ral- legrato. Parca nondimeno sconveniente ommetterne un cenno nell' analisi generale di questo paragrafo che ho procurato di rendere, per quanto era possibile, compiuta e ricca di formole. Tomo XXL 35 2 "4 JNuovaAnalisi ec. SVI. Equazioni al lìmiti. 50. In relazione a ciò clic ho asserito al n.° 47- tleLbo ora porre quei ragionamenti che persuadono 1' introduzione dei coefficiente a'^ a moltiplicatore delle X, Y^, Z, -^, ce. Noi intendiamo por unità di forza la somma di tante~for- ze elementari eguali e costanti che applicate continuamente a tutti i punti fisici dell'unità di massa, fanno che questa percorra nel)' unità di tempo la mezza unità di spazio. Può essa forza j invece di essere egualmente distribuita a tutti i punti dell' unità di massa, considerarsi applicata a un solo di essi, e producente lo stesso effetto: o perchè tal massa essen- dosi resa solida, il moto prodotto in un punto si propaghi a tutti: o perchè si consideri tutta la massa raccolta in un solo punto; ma questo concetto non è necessario, se si ammette r antecedente definizione. Quindi per la forza X intendiamo una forza multipla X volte dell' anzidetta. Ora s' immagini r unità di massa distribuita in un volume cubico in maniera che tutti i suoi punti siano a eguali distanze secondo i tre spigoli, come si è detto al n.° ^c, essendo a questa distanza costante. Se n è il numero degl' intervalli fra punto e punto in un lato del cubo, il numero totale dei punti fisici nel cubo è (rn-i)'. Quindi se X è la forza che muove tutta l'unità di massa, la parte elementare di essa che muove un solo punto di questa massa è X X 3X 6X — ■ — ^ — H ec. (n-i-! }* n^ u-i Da un' altra parte il volume cubico di questa massa misurato da I, unità di volume, è anche misurato da (/za)*; e dall'equa- zione I =r^*a' si cava -^ = a^ Adunque l'antecedente espres- Del Sic. Dottor Piola a^S sione della forza applicata a un punto si muta nella 0-3X _ 3 1 — -+- ec. n re* e si riduce manifestamente al solo primo termine, essendo gli altri incomparabilmente piccoli in confronto del medesimo. Cosi è provato che avendo rapportata la misura della forza X all'unità di massa ^ l'espressione della forza applicata a un solo punto fisico è o-'X. Forza di diverso genere è quella che s' intende produrre moto in una massa finita non essendo applicata a tutti i suoi punti, come la gravità, ma applicata ai soli punti di una parte della sua superficie. Consideriamola applicata ad una faccia del cubo contenente 1' unità di massa resa solida per facihtare il concetto delia trasmissione del moto. Risulta anche questa forza dalla somma di forze elementari eguali applicate ai sin- goli punti della superfìcie, ma queste forze elementari in rap- porto alle elementari antecedentemente descritte sono di di- versa natura, intendendosi ciascuna di esse muovere non un solo punto, ma anche tutti gli altri n punti che si trovano con esso in una retta secondo la terza dimensione del cubo. Nell'equazione generale della Meccanica s'introducono anche forze di questo genere se si vogliono considerare le pressioni alle superfìcie dei corpi. Il modo di praticare una tale intro- duzione neir equazione (a6) non ha difficoltà per chi conosce la Meccanica Analitica, ma volendone la misura rapportata come quella delle antecedenti all' unità di massa, ragionere- mo cosi. Detta X' questa forza die applicata ad una faccia del cubo muove tutta l'unità di massa^ essa risulta dalla som- ma di un numero (/ì-hi)* di tante forze elementari eguali ap- plicate ai singoli punti fisici esistenti in quella faccia del cu- bo. Dunque la forza applicata ad un solo dei punti alla su- perfìcie è X' X' aX' 3X' , ; = ■ — H ■ -+- ec. ('i-t-i)» re» n^ n* 276 N U O A A A N A L I S I ce. \y altra parte abbiamo l' unità superficiale i := [naY àa cui — =:(r: oppcio da tr A 1 hoc. o piuttosto so- lamente da a'X' è misurata la l'orza ap[)licata a un punto della superficie. Pertanto trattandosi di forze applicate a punti della superficie del corpo, e rapportandone la misura all' unità di massa, bisognerà introdurre il coefficiente a^. Sq. Abbiansi per maggiore generalità anclie forze del se- condo genere sopra descritto applicate ai punti clic trovansi alla superficie del corpo. Sia (160) f{x, y, z, t) = o in generale V equazione di detta superficie clie può essere continua e discontinua: nel qual secondo caso è sempre per- messo immaginare la torma /" nella equazione (160) tale che si adatti a rappresentarla ancora totalmente , assumendo una funzione discontinua. Potremmo inunaginare, ciò che basta in molti casi senza bisogno di ricorrere alla teorica delle funzioni discontinue, una sola forma di funzione 7T{x,y, z,t) che valga a rappresen- tare la pressione per tutti i punti della superficie, potendo variare di valore dall'uno all'altro di essi, non perchè cambi di forma, ma unicamente pel diverso valore che vi prendono le coordinate x, y, z. Potremmo invece immaginare per rap- presentare le pressioni alla superficie moltissime funzioni dif- ferenti fra loro anche nelle forme, ciascuna delle quali si man- tenga soltanto per un determinato numero di punti della su- perficie, e non per gli altri. Una generalità bastante per le applicazioni più ordinarie è d'immaginarne sei %{x,y,z,t), TT {x,y,z,t), 7T{x,y,z,t) 1 2, O (16,) ^{x,y,z,t), 7r^[x,y,z,t)-, K^[x,y,z,t) Del Sic. Dottor Piola 277 che corrispondono alle sei parti che ordinariamente sì nomi- nano nei corpi, la sinistra, la destra, il davanti, il di dietro , il disotto, il di sopra. Immagineremo altresì (il che pure è bastante per quasi tutti i problemi) che dette pressioni a due a due siano applicate a uno stesso numero di punti in senso contrario: vale a dire la ti si estenda a un certo numero di I punti del corpo nella superficie a sinistra, e la :;r in senso contrario a uno stesso numero di punti a destra: le linee che rinchiudono i punti di applicazione di dette forze k , 71 pos- sono essere varie in mille maniere, ma però determinate nei diversi problemi. Così la n s' intenderà applicata a un certo numero di punti sul davanti , potendo essere questo numero al tutto diverso da quello di applicazione delle due prece- denti, e la ;r a uno stesso numero di punti in senso contra- rio sul di dietro; così della 71 ^7c pel di sotto e pel di sopra. 5 6 Ritengasi che la supposizione dell'eguaglianza del numero dei punti cui sono applicate le forze opposte , non è veramente necessaria: è una facilitazione senza la quale converrebbe am- mettere nel discorso alcune lungaggini inutili per la maggior parte dei casi. 60. Se ben si riflette a ciò che si è detto ai n.' 5,8 circa il modo di regolarizzare mediante le funzioni x[a, b,c),y{a., Z», e), z(a, b, e) i valori irregolari delle coordinate dei diversi punti del corpo, si capirà che niente c'impedisce di rappresentare con una serie doppia dedotta dalla .t(/, Z», c) in cui l sia co- stante e variino le b, e. tutte le coordinate x dei punti cui è applicata la prima forza ti (o;,/, z, t), e con una simile serie doppia dedotta da ar(A, b, e) le coordinate x di tutti i punti cui è applicata la forza opposta — 71 ; dicasi a un di presso delle coordinate 7, z. Così le x{a, m, e), y{a, m, e), z[a, m, e) ci rappre- senteranno le coordinate dei punti alla superficie cui è appli- a-8 Nuova Analisi ec. cata la forza .t^, e le x{a, ^, e), /(a, (.i, e), z{a, fi, e) spetteran- no a quelli cui è applicata la forza opposta — .t .Similmente le x{a, l^, n), y{a, b, n), z[a,b^n) le coordinate dei punti alla superficie cui è applicata la forza ;r , e le x{a^h,v), y{a^h.^v), z{a, h, r) quelle dei punti cui è applicata la forza opposta — -T . Ciò torna lo stesso ( quantunque non sia necessario, come già si disse al n." 8) che l'immaginare un'epoca an- tecedente ideale in cui tutti i punti di applicazione della pres- sione Tc si trovassero sopra una faccia di un parallelepipedo, e quelli cui è applicata — n sulla faccia opposta dello stesso parallelepipedo, e cosi rispettivamente delle :/r,, — tc ; e delle it., — ir . Raccomando di riflettere come la relazione fra le o 6 coordinate a-, j, z dei diversi punti del corpo alla superficie, dipendente dalla equazione (lOo), non cangia menomamente il metodo con cui nel — K , o ingrandendolo: e cosi pel numero dei punti di la ^ ^ applicazione delle forze n ^ — n. \ % , — tt , si cambiano le 3 45 6 dimensioni dell' immaginato parallelepipedo per la prima epoca ideale di distribuzione uniforme: esso riuscirà con facce op- poste più allungate, più ristrette, ec. ; ma può sempre sup- porsi una forma parallelepipeda che soddisfaccia e mantenga il concetto formato più sopra. E ciò adattando opportunamente i numeri /j',/i",7i"' delle molecole succedentisi a intervalli egua- li secondo i tre spigoli, ossia ( equazioni (19) ) le lunghezze -^,|U, V di essi spigoli. Siano infatti v , v" , v'" i numeri dei punti alla superficie cui sono rispettivamente applicate le forze Del Sic. Dottor Piola a^g n , 71 , n : \e opposte — ;r , — ir. , — ti sono per supposi- i35 a 4 ° zione applicate a punti di numeri rispettivamente eguali ;, dovranno essere n n -^Vi nn=v; nn = v e quindi /v"v''' „ /v'v" ,„ /v'v' 6i. Si adotti di scrivere una funzione k{a,b,c) di a,b,c colla sola lettera k seguita da una nuova lettera l fra paren- tesi per indicare che in essa si è messo l in luogo di a; così k{l)=^k{l,b,c)^ e anche k[X)=k{X^b, e). In modo simile in- tenderemo k[m)'= k{a,m^ e), k{(j,) = k{a, }i, e) , ed anche k{n) = k(a, b, n), k(^) = k[a, b, v). Si esprimano altresì per n ^ n ^ % le tre componenti della IX IJ 13 pressione % secondo i tre assi ortogonali ; per % •> lt^ ^ Tt ' I ° ' Sa; 3j 2z le tre simili componenti della pressione % : così per le altre quattro. Non è difficile capire che l'introdotta supposizione delle sei pressioni alla superficie del corpo accrescerà l'equazione generale (26) dei sei termini 200 Nuova Analisi ec. -/ 'Ab^' Acjn: (/),lv(/)-H.T (l)dj{l)-t-:i {l)dz{l) \ ni n l IX ly iz J Jl ' 2X- 3.y 2Z J — S AaS Acjn: (/«)^a-(TO)-t-;T (m)5>(w)-f-/-r {m)dz{m)\ l il \ òx iy 3z ) ^-4-(? r-l-)' .V - Z n { Ax àr àz } 4x 4/ —2 AaS AZ/J.T (/z)()x-(ra)-<-.T {n)dy{n)-i-7r {n)5z{n)\ l m { bx by 5z ) -1-2" "^a^ ' jllAz {v)dx{v)-^j. {i^dy[v)-^7t iv)dz{v)\ l m '' ()x 6y 6z ì A questi vengono omogenei altri termini portati dalla quantità che segue la già considerata nel secondo membro della (Sq), quantità fatta di parti che sono differenze esatte o per a o per b o per e, e che quindi collocate sotto l'integrale tripli- cato della (26) possono subire una o più integrazioni. Difatti osservando le (35), (38) e confrontando le (37), (Si)) si viene a capire che nella (Sg) 0 = ( r , xPx -f- {i,y)'d/ -H (i, z)'dz n = (a, x)$x -)- (2, yiòy -(- (2, zi^z a» = '(3, x)dx H- '(3, y)^/ -+- '(3, z)cìz avendo ommessi altri termini la cui a";"iunzione si sarebbe trovata inutile a motivo dell'annullarsi di tutte le G , G 5 2, G , ec, come si è detto al n.° 5o. Per la stessa ragione nella Del Sic. Dottor Piola aBr (39) risultano zero le ■*F, a, T, Q. Ponendo per (i,.t), (a,a:), {3,x), {t,y), co. i loro valori già indicati al n." ao, e ommet- tendo i termini di valore incomparabile rapporto ai primi, ab- biamo n = ^ [a, xpx ■+■ 1. [a,7]^j -t- j- [2, z]dz da cui, se si sostituiscono i valori delle (5a) , (53) , (54) an- nullandovi le G , G , ec, e si mettano a=3:=y=a si ottiene I a * a \ da db de I ■^y(AÌ-^DS-^E£)s.. n=T(D£+cf + Fi)s^ ■ / , (|63) +_l(dì-i-b^-i- Fi:br .' * ' ff \ da db de f _HJLf D ^ -1- B ^ -j- F p]dz . a \ da db de I Q \ da db de I H-L/E^r-f-F^H-C^W . ■-. a y da db de f ■' ' .' • ■ a \ da db de t Tomo XXI. ' 36 iì8i Nuova Analisi ec. Si eseguisca l'integrazione per a sulla A 0, e si definisca a come è iiulicato dai limiti sci itti nella (26), mettendo soltanto /i, e non /l-+-a nel secondo limite per una ragione più volte accennata^ otterremo due integrali duplicati delia stessa natura dei jnlmi ^\\g nella (piantila (162), cioè l'espressione 2 M>^ Ac0(/) — 2 Hh^ AcQ{l}. m n m n Pongansi in questa per 0(/l), 0(Z) i valori desunti dalla prima delle precedenti (i63), e poi tali integrali duplicati si fonda- no cogli accennati della (i6ìì). In tale operazione dovrà to- gliersi dappertutto nei valori di 0(/l) , 0(Z) il coefficiente — : cccone la ragione. Dicemmo al n.° 47- clie alle quantità A, B, C5D5 E; F si sottintende il fattore a^: questo diventa a* a motivo del fattore—, cioè diventa quello stesso fattore che è sottinteso per le espressioni ;t , jT , ìT iTt , ec. nella (162) IX ly IZ 2.X ' giusta quanto si è dimostrato più sopra al n." 58. Sotto ciascuno di questi integrali duplicati debbonsi pei principi della Meccanica Analitica e del calcolo dello varia- zioni annullare separatamente i coefficienti totali delle dx[l), è'y[l)^ èz{l)\ Òx[X)^ ^y{^')-> àz[/i): e così si formano sei equazio- ni. Con un ragionamento affitto simile si caveranno altre sei equazioni dai due integrali duplicati seguenti nella (i6a) e dall' integrazione definita della quantità A U, dopo messo per n il valore dato dalla seconda delle (i 63) ; cosi sei altre equa- zioni dagli ultimi due integrali della (i6a) e dalla integrazio- ne definita della quantità A •!>. Distribuiremo queste lu equa- c zioni in due riunioni, 1' una delle quali comprenderà tutte le equazioni pei primi limiti, e l'altra quelle pei secondi limiti. La prima riunione sarà 283 Del Sic. Dottor Piola ''J') = -(AÈ-^l'||H-Ef^)(q (.64) .3^H=-(D*-^Dè-Hrg)H %.'"> = - (e g + FS-*-c£)w La seconda riunione sarà affatto simile alla precedente, aven- do le n^,n^,n^, in luogo delle ^^, Jr^, ;r^ e le lettere A, yi.v in luogo delle /, m, n. 6a. Ora se si richiamino le denominazioni (i53) del n.° 56., si comprende facilmente che le precedenti (164) possono sem- plicemente scriversi 284 Nuova Analisi ec. 7t = — A f — D f — E f ., .T = — A^ — D.^ — E5 n = — At — Dr — Et, i: I a 3 .t:, = - D fi — B f — F £, àx 1 2. ó ( 1 63) jT, = — D b — B s — F s ày I a 3 :t„ = — B T- — B T - F T or I a o .T =:_E£— Ff— Cfi^ 5x- I a 3 !r = — E.^ — F5 — C5, 5_>- I a 3 jr = — Et — Ft — Ct, intendendo che nei secondi membri le x j y^ z che compon- gono le quantità non siano le generiche per un punto qua- lunque interno, ma quelle stesse che compongono le ■!t[x^ y, z, t), Jt^{x,y, s, ?), nj^x,y^ z, t) dei primi memhri, cioè le coordinate corrispondenti a quelle particolari porzioni di superficie cui sono applicate dette pres- sioni. Alla stessa maniera si riduri'ebhero alle (i65) anche le equazioni della seconda riunione accennata sul fine del n.° precedente: i primi membri avrebbero tc , ;t ., n^ in luogo di ■fi , TT^^ 7i_^ i secondi membri sarebbero i medesimi , ma s' in- 4' 6 3 5 tenderebbe che per essi le r, j, z sono quelle coordinate che corrispondono alle pressioni ji [x^y,z,t),7t \x,y,z.jt),7c {x,y,z,t). Del Sic. Dottor Piola 285 Equazioni affatto simili alle (i65) hanno luogo pel caso dell' equilibrio. Bisogna allora in correlazione col n.° Sa. met- tere le lettere/?, q, r in luogo di x , /, s, e rifare analoga- mente le denominazioni (i53), che allora non presenteranno la lettera t. Né è qui inopportuno osservare come dall'eguale sussistenza delle equazioni (i65) pel moto e per l'equilibrio, si ha la vera dimostrazione ( forse 1' unica rigorosa ) della sus- sistenza dei teoremi fra le pressioni alle superfìcie dei corpi passando dall'equilibrio al moto. Noteremo altresì che se nei secondi membri delle (i65) tutto è noto, si hanno da tali equazioni i valori delle pres- sioni supposte incognite; se invece queste pressioni sono co- gnite, dette equazioni servono alla determinazione delle fun- zioni arbitrarie, che entrano nelle quantità dei secondi mem- bri, come meglio si capisce dagli esempj. A compimento di questo paragrafo potremmo qui intro- durre la teorica che trovasi negli Esercizj del Sig. Cauchy relativamente alle pressioni nell'interno dei corpi. Converrebbe a tale oggetto prendere un parallelepipedo interno e consi- derare tutta r azione del corpo circostante come data da sei pressioni p , — p , p , — p , jj , — p sulle sei facce del medesimo ; indi fare la stessa considerazione sopra un altro parallelepipedo avente comune coli' anzidetto il vertice più vicino all' origine delle coordinate. Si hanno allora alcuni teoremi fra le pressioni sulle facce del primo parallelepipedo, e quelle sulle facce del secondo per quel punto che è comune ad ambì i parallelepipedi. Ommetto questa teorica per due ragioni. Essa non è della stessa importanza per noi come pel Geometra francese, seguendo noi un'altra via nel determinare le equazioni generali. Dì piìi tali teoremi risultando dalla no- stra teorica alquanto diversi da quelli del Sig. Cauchy, c'im- pegneremmo in una discussione che non potrebbe esser bre- ve, e basterebbe a fornire per se sola 1' argomento dì una Memoria a parte. 286 Nuova Analisi ec. § VII. Teorica dei fluidi. Abbiamo esposta un'analisi generalo pel moto di tutti i corpi soggetti all' azione molecolare: e ciò fino al ritrovamen- to della equazione (26). Questa generalità e stata alquanto ristretta passando dalle e 0 veggasi la nota teorica di questa superficie {*). Le equazioni (167) sono quelle in cui veramente sta espressa la natura del fluido : esse possono trovarsi anche al- trimenti dopo la definizione data nel n.° precedente ; quindi a conferma delle medesime porremo fra poco un altro ragio- namento più generale. 65. SCOLIO. Intanto osserveremo che sbagherebbe chi credesse nel caso del fluido a densità costante, che l'ellissoide del centro (a, b, e) e dell' equazione t r-ht a^'-^t Ji"=r'' r 2P 3 fosse una sfera, e avessimo così t = t =: t, . Pongasi mente I i 3 che la distribuzione ideale delle molecole ad intervalli eguali a secondo ì tre assi è ben dissimile dalla distribuzione che ha realmente luogo nei fluidi in natura. Quella ci dà le di- stanze delle molecole secondo le dia^ionali diverse dalle di- (•) Cauciiy. Sur les applications du calcul à la Geometrie. Pag. 247. Del Sic. Dottor Piola agi stanze secondo i tre assi, giacché riescono ap/a, e 0\/Z\ mentre nei fluidi debbono essere eguali in tutti i versi , come nelle disposizioni dei mucchi di palle, e come può vedersi nei fluidi grossolani, ver. gr. nel miglio. Una materia collocata in quest' ultima maniera assume necessariamente una disposizione di- versa secondo tre assi ortogonali tirati per entro alla medesi- ma, e di qui ne viene che ritornata alla disposizione di di- stanze eguali secondo i tre assi , debbono gli assi di quella ellissoide essere diversi fra loro. Mi sono di ciò persuaso an- che per via di esperimenti. Ho visto, per esempio, che un ammasso di tante sferette col diametro g poste successiva- mente a contatto nel verso di tre assi ortogonali delle a^h^c coordinate dei loro centri, se si travasi in una cassa paralle- lepipeda rettangola i cui lati siano presi per gli assi delle x, y, z coordinate ortogonali dei centri delle stesse sfere, e si lasci che la materia vi prenda la disposizione dei mucchi di palle, le x, y, z riescono funzioni delle a, b, e in diverse maniere per diversi casi. Una delle dette maniere dà (i68) x=a±~a\ y = ^.b-^la\ z = ^~ c-^1. a le quali equazioni (rivedi le (iSg)) danno benissimo 3 3 i = t = t = o ; ma i = I , ^ = — , t = — 456 I a43o diverse fra loro. L'esservi altre equazioni oltre le (168) per esprimere un collocamento colla distribuzione dei mucchi di palle entro la cassa parallelepipeda, dipende dalla diversa con figurazione che possono prendere fra loro le stesse palle sui piani delle xy, xz, yz. Di qui si prevede come travasando il fluido entro capacità a superficie curve potrà variare in in- definite maniere la fattura delle equazioni simili alle (168). Ma per noi basta di aver mostrato anche in un solo caso la diversità delle t , t , t^. aq-.K Nuova Analisi oc. 66. Ecco il ragionamento generale diretto a confermare le equazioni {167) base di tutta la teorica dei fluidi^ e a pro- varne la sussistenza anclic pei iluidi a densità varial)ilo. Nella distribuzione delle molecole dei Iluidi, (juale fu indicata nel num. precedente, ad ogni molecola intorno al [)unto (.r,j,s) corrisponde un'altra molecola simmetrica ad eguale distanza dal sudiletto punto, prescindendo dalle quantità di second' ordine. 11 (juadrato della distanza di ima molecola dal punto (.V, r, ;;) è espressa (equazione i^o) dal sestinomio (I) /i,Y -hi't -hj'i -^-i/dt -f-a/yY -h^/Jt I !i 0 4 6 6 se si ommettono le quantità d' ordine più elevato ; e quindi anche il quadrato della distanza dallo stesso punto (a;,/, 2) deir anzidetta molecola simmetrica sarà espresso da un simile sestinomio (II) 1 a •/ o' 4 -^5 '6 significando k', i , j aumenti analoghi agli aumenti /e, i, j. Questa espressione (li) dovrà eguagliare in valore la (I) a mo. tivo dell'eguaglianza delle distanze, e si dice clic ciò dovrà essere indipendentemente dalle t , t ^ t , t -, t ., t che sono I 30456 eguali per ambi i sestinomj. Infatti osservando la natura delle quantità ^, X', z, i\ j . j ( n.° 4^, e seg ) si capisce ch'esse si riferiscono al primo stato di disposizione ideale , e intorno ad ogni punto (a, Z», e) prendono una variabilità che non di- pende dalla posizione dello stesso punto, ossia dalle a^ h, c\ esse dunque sono indipendenti da queste variabili a^ h., c^ g tali più non sarebbero se l'equazione (I)=(1I) non si verificas- se termine per termine. Questo modo di verificarsi dell'equa- zione (I) = (II) ci fornisce primieramente le tre equazioni ri ^^ ^ ^ z ^^ i \ j ■— - y 5 ossia k'=zìzk; i = :^i; ] — ^j- Del Sic. Dottor Piola &ig$ Non possono supporsi insieme k = k, i'=z, 7'=/, perchè allo- ra le due molecole egualmente distanti dal punto (:t\,7jz) non sarebbero che una sola; conviene che uno almeno dei valori k, i, j sia preso negativamente per formare quelli di k\i', f. Poniamo successivamente » l'equazione (1) — (11)= o ci darà le tre (169) kt -^i t = e; kt -^-jt = o; ìt -\-jt== o dalle quali cavando i valori delle t ^ t ^ t si trovano tutti e ^ 4' 5' 6 tre zeroj siccome è scritto nelle (167). 67. Ora passeremo ad esaminare come l' analisi generale si pieghi alla teorica dei fluidi in conseguenza delle (167);, e a quest' oggetto sarà necessario occuparci in questo numero di alcune formole preparatorie. Se poniamo r (ìx I ày I lìz i dx I dy I dz ' 'j (170) "'='VT7 ^' ^^I/k àb'-> 7= \/t db «o T dx I dy 1 dz [/t^ Zc '■> P-^ I//3 "de 5 7 f^ [/tj d e ■3 1/ 13 «C^ C3 Y ,^ £it V ^3 abbiamo dalle (109) e dalle (167) le sei 294 Nuova Analisi ec. a ""h- 3 ^-H y ^= I il :2 il a a -^ lì B -i-y v = o 12 I £> ' I 2 {'7') a a -+-[ì 3-^yy = o li Io l'i a a,^-hS B.,-^y 'yj=-o. 2 3 ' a' 3 'a'3 Un' elegantissima analisi di Moiige i^) ci prova che sussistendo le precedenti sei equazioni (171), sussistono anche le altre sei a "-H a "-1- /?,'= I (172) ^:-^^:-^^:=' 7:^7.:-^ 7:=' ir 3' 2 3' 3 l'i 2' 2, 3' 3 'l'i ' 2'2 ' 3'3 Detta analisi consiste nel fare (♦) Lacroix. Traitti Ju Calcul. T. I. pag. 533. Del Sic. Dottor Piola agS M=i-Ha-<-/?-+-j' N = i-t-a — ^-y I a D P = I— a-t-/9— y I 'a '3 Q = I — a^— /?^-+- 7^ ' . " avendo scelto fra le nove quantità a , a ,a ,/? jec.le a , ^ , I a 3 1 1 a y per quelle tre di cui le altre sei debbono essere funzioni in forza delle equazioni (f7i)- Tali funzioni sono (•73) /?=i,/PQ-ii/MN e senza molta difficoltà se ne fa la verificazione a posteriori sostituendone i valori nelle (171) e osservando che riescono tutte identiche. Lo stesso metodo di sostituzione dei valori (178) nelle (172.) può servire a dimostrare quest'ultime in una maniera affatto sgombra da considerazioni geometriche e più facile di quella da me altrove (*) proposta per ottenere lo Stesso fine. (') Opuscoli matematici e fisici. Milano i834- T. I.° pag. 228. (•:4) ù.i)C) Nuova Analisi ec. Nel nostro caso a motivo dello (170) le (172,) diventano 'i da da '^2, db db 'ò de de _1_ dr dz _L_ dx dr _!__ d.t dz 'l da da '3 db db ' S ITc de _J_ dy d_z __L ^ <^ _, _1_ (Ir dz_ _ 'i da da 'a ai db '3 de d e 60. Piichiamiamo adesso le efiuazioni generali (i 34), (> 35), (i36), (i5a) e vediamo a che si riducono nel caso de' fluidi. Primieramente osserviamo che in questo caso, a motivo delle (1O7), otteniamo dalla (i44) {170) lì = i/t^tj^ quindi per la (96) (.70) r=^. Con queste due e colle (167) ridurremo le (1S2) alle seguenti ('77) I a o D = E = F = o. Del Sic. Dottor Piola 297 Per le quali, e per le antecedeutemente preparate (174) le equazioni (i36) diventano {x,x) = {y,y)={z,z) = ^r (•78) {x, y) = {x, z) = (/, z) = o. In conseguenza le (i35) si riducono ('79) P = Q = R = uT' I ^2 3 ^ P = P = Q = O = R = R = o. a c5 I o I 3 E per ultimo lo (t34) ci risultano ■ - r(z--). ax d.aV -7 = ° .£±11=0 equazioni che consentono colle già conosciute pel moto de' fluidi in generale, e sulle quali ritorneremo fra poco. 69. Ma restano a discutersi molte altre equazioni in cui troveremo parecchie novità dedotte dalla nostra analisi. Per le denominazioni (lóS), e le equazioni (167) le (iSg) diventano e ^_t_ 5 --4- r ^= t I 1 I I (181) . e "-J- 9 ''-H T == i ' ' il 2, a : o ti 6 o Tomo XXI. 313 a()S Nuova Analisi ec (182) e £,-!-•? ■?,-)- T T = O ^ ' I 3 I 3 I 3 e e le (.:4) a 3 a 3 a 3 II Q, 2, io (i83) ■VV-^T'\'-^Ì"V=^ '3 3 I II a a 2 3 3 3 (■84) — ^ ^-^T" 'a ^a-^~ ^3 ^3=^ I ' I 'i II aaa 3 33 Dalle prime tre delle (1S4) moltiplicate rispettivamente per t I I Il a 2 3 0 e sommate: moltiplicate da capo per I II a a 3 / -^ ? < '-„' f, '^,^ e di nuovo sommate: moltiplicate un' altra volta per I I I II a a 3 3 Del Sic. Dottor Piola 299 e parimenti sommate, deduciamo per le (i83), (184) (.35) du e ds^ dt ■+■ dt ^3 r- — - -f-_-Ì _L-4-_: - -+- _^ _i- -H -J i < t/f t dt /., (^« I dt t„ (it 6 sono poi date esse medesime, come I 3 3 "■ tosto si vedià, per le derivate parziali delle tre velocità. Ciò ritorna nella riflessione fatta sul fine del n.° 57. 70. Mettiamo per comodo (192) j, du r> dv ^ da y9 = 2,-r-; /> = a — ; L=a — dx^ dy ^— dj"^^' -^ — — -+- — = da da Tz'^Tx- Ti — ''" _j_ '''*' dz dy 3o:2 Nuova Analisi ec. ]Moltiplioaiulo rispettivamente per e , d ,t Ia^)rima delle (189) e le (.lue prime delle (190), indi sommandole; moltiplicando similmente la prima delle (190) la seconda delle (189) e la terza delle (190), indi sommandole; moltiplicando per ultimo similmente la seconda e la terza delle (190) e la terza delle (rSq) e ancora sommandole, avremo per effetto delle (iSi), (i8a) le tre die seguono e {.i — O )-i- :^ F~ht E=o 1 III (193) e F-i- ^ (B — 0)-i~T D = o Il II e E-h ^ D-i-T (C — 0)=:o. I I Ripetendo la stessa operazione collo stesso ordine e colla sola ditl'erenza di moltiplicare rispettivamente le equazioni tre a tre per £ , 3 , t invece di moltiplicarle per e , -^ ,t , otterremo '■ 2. ù. -J, *■ III ^ t,4-.0)-\- ^ F-hr E=o i a a 2 (194) £ F-H 3 (C — 0 ) -+-r D = o eE-^sD-^T(C~-0) = o. a a . a^ a Replicando ancora la stessa operazione collo stesso ordine, ma moltiplicando le equazioni a tre a tre rispettivamente per £ •) -' , r , conseguiremo eJ^,]-n^^^^F-^T^E=o e^E^^^D^r^iC-e^) = o. Del Sic. Dottor Pioi.a 3o3 Fra lo (193) possiamo eliminare le e , -s , r , e ottenere una equazione che contenga solamente 0 e le sei y/, B, C, D, E, F. Havvi piìx d'una strada per giungere a questo scopo: ne accennerò una ed è quella di dividere le tre equazioni (igS) per e , e fra le tre risultanti eliminare i due rapporti — L, — L. Si conseguisce cosi dopo alcune riduzioni la -+- ^D'-t- BE'-^ CF^— ABC — 2 DEF =0. Con un processo di eliminazione affatto simile ed eseguito sulle (194) troveremo un'equazione di terzo grado che non differirà dalla (196) se non per avere 6 in luogo di ^ . E una simile operazione praticata sulle (igS) ci darà un'altra equa- zione di terzo grado in niente differente dalla (196) se si ec- cettua l'esservi 0 al posto di d . 3 ^ I 71. Il verificarsi della equazione (196) tanto con 6 , co- me con 0 , come con 0 non vuol dire che 6,6,6 siano 2 3 13 3 fra di loro eguali , ma che sono le tre radici di una stessa equazione d^—{A-\-B-i-C)e^-+-{AB-\-AC-hBC—D'—E"-—F')d ( = 9?) -^AD'~-^BE^-^CF"'—ABC—2.DEF=o. Infatti, così essendo, la teorica delle equazioni ci darebbe 3c4 Nuova Analisi ec. eoe =JnC-h^DEF—AD'—BE'—CF' 13 3 La prima di queste è la stessa (iQi) già trovata altiiinenti: e non dubito che auclie le due seguenti possano avere una diversa verificazione, che cercherei se non credessi la verità della proposizione asserita già manifesta senza bisogno di no- vella prova. L'equazione (197) occorse anche a Lagrange, a Binet, a Cauchy in altro ricerche di meccanica (*). Il primo di questi ecometri dimostrò che avea le sue tre radici sempre reali: il terzo ne indicò la risoluzione cìie si conduce felicemente alle forinole finali, quando facciasi uso del metodo di risoluzione delle equazioni di terzo grado per mezzo delle funzioni cir- colari. Osserveremo, perchè riesce utile in seguito , che se mai per lui caso particolare fossero (ifu)) D = E=z F=o. le tre radici della (tgj) sarcbjjero //, B^ C. Suiiposte cognite le tre radici 0,0, Ó'.jsi lianno dalle (188) fdt.o, fdt.$, fdt.e, (icc) i = e ; ^ = e '■, t ;=^ e ^ ' I 2. 0 73. ]NLa interessa di ottenere equazioni Ira le sole deri- vate parziali delle velocità ?i , u , ir. Che vi debliano essere, non può mettersi in dul>bio se si riilette che le equazioni (*) E.xerciccò de matln-mntiqups. T. -2. p.ig. 98. Del Sic. DoTTOn Piola 3gS (i54) unite alle (iBa) formano un sistema di dodici equazioni fra cui eliminando le nove £ , s , 7- , e , ec. resteranno tre Illa equazioni fatte delle sole velocità. Il loro ritrovamento però non è per nulla ovvio, e conviene usare certi maneggi a fine di evitare processi analitici di una prolissità che spaventa. Scritte le (iqS) nella maniera seguente £ 0 = e A -h ^ F-i- t E III 1 I . • (201) d 0 =z £ F^ $ B-hT D . V I I I » I T d =ze E-t- s D-i-T C III I I • !•• .. de di dr . si derivino per t. Metteremo per —L , —, Li loro valori ' ^ dt dt dt datici dalla prima, quarta e settima delle (i54), e ricompa- rendo i prodotti e 6 , S: 0 , t 6 vi sostituiremo le espres- I I I I II sioni equivalenti che si vedono nelle stesse precedenti (^oi). Dopo varie riduzioni che si presentano non difficilmente, giun- geremo ad un risultamento al quale ( adottando d'ora innanzi d'indicare cogli apici le derivate totali per t) potrà darsi il seguente prospetto f 0' = e a -i- i /"-f-T e I I I I I (202) ^ 0' = e /h- Si b -ht d I I I j I r 0'=:se-^id-^TC III I I essendo le nuove sei quantità a, b, c,d^ e, / date per le sei J, B, C, D, E, F delle (192), e per tre nuove /»»0\ *• du, dv div dii ^ <■ dv d^ (ao3) ? = ^-^; '^' = 51-^1' ^-Tz-dJ Tomo XXL 39 3c6 Nuova Analisi p.c. mediante le c([uazioni a= /}' — F| -4- Et^ (2o4) b = L"-4- FI — d: e = C— Eì2 -4- Dt, Avverto die in questa operazione si riconosceranno facilmen- te i valori (.Ielle (io4)? ma non così snbito quelle tlelle (ac5). I coefficienti di '; e di £ nei secondi membri della prima e seconda delle (202) non compariranno al primo aspetto eguali, riuscendo 1' uno e r altro ^ ' dy \dy dxì dy dz -+■ (B—A) -7--1-F- — JH-D-; E- ^ ' dx \,tx dv} dx 0 Non è clie svolgendo dopo la sostituzione dei valori (202), che si troveranno entrandji eguali all' espressione T^r da dit dv dv da' d^v du dv dii dv du dv j' —4— — — ■ ^^ — — — ^ — . — . — ~- — ^^ — — — — — . dx dy dx dy dx dy dx dx dy dy dz dz Quindi mettendo invece dell' uno o dell' altro la loro semi- somma, e richiamando le denominazioni (208), si avrà la pri- ma delle (2o5). Similmente i coefficienti di t ^ f nei secondi membri Del Sig. Dottor Piola Bof della prima e terza delle (ioa) appariranno sulle prime di- versi all' occl'.io, cioè ^ ' dx \dx dz I ax dy ma colla sostituzione dei valori (iQii) si troveranno entrambi eguali all'espressione rpi du dii dv 'l'v da' div du da' du da' da da> dx dz dx dz dx dz dx dx dy dy dz dz però si potrà usare la loro semisomma che ci mostrerà la se- conda delle (ìio5). Un simile giuoco giustifica la terza delle (2o5); i due coefficienti apparentemente diversi di x , ^ nei secondi membri della seconda e terza delle (aoa) sono ^ ' dz \dz dyì dz dx ^ ' dy \dy dzj dy dx e r espressione a cui entrambi si riducono colla sostituzione dei valori (192) è T\' ^^ du du di' dv da' div dv da' dv div dv d^v dy dz dy dz dy dz dx dx dy dy dz dz 73. Combineremo le equazioni (aoa) ultimamente dimo- strate colle precedenti (aoi); ecco in qual modo. • Eliminando d dalle (^ioi) avremo 3c8 Nuova Analisi ec. li I II I II II l2cO) À £ T -+- F :• T -+- Fr '= Ee = -^De :- -H Ce % ^ ' 11 11 i I II li Ff r -t- F s TT H-Fr ==F£ .5 -+- F) s ^-hC 5 t . II II I li I II Similmente T eliminazione di 0' dalle (ioa) ci darà le tre ae ■■' -i- f ': '~h e ^ r =/£ " -hl's ^ -¥- de r i 1 •' i ili II II (207) ae T -¥- f i T -k- er ^ = ee ~ -hcle •? -+- cf r *'' II II 1 I II II fé r -^ h ^ X -^ eh ^ =ee ■'i -+- d ^ ""-t-c 3 r . II II I II I II Alle (ao6) moltiplicate rispettivamente per/", e, d si sottrag- gano le (2.07) moltiplicate rispettivamente per F, F, D, e la sottrazione facciasi ordinatamente, cioè la prima alla prima, la seconda alla seconda, la terza alla terza: otterremo [Af—Fa)e^ k -^-{Ef—Fe) s^ z={Bf-Fb)£^ ^.-^[Df—Ed) e z (ao8) {Ae-Ea)e r ^-^{Fe—Ef) ò r=[De—Ed)e^ 5^-+-(Ce— Fc) e t {Ed—Df)£ T- -^[Bd—Db) 3 T ={Ed—De)e^ i ^-i-{Cd—Dc)$ r . Ora sommando le prime due di queste (208), i termini che contendono ■& , t spariscono, ed i restanti sono tutti divisi- II bili per e : si ha cosi un risultato che può essere presentato come segue [{A^B)f—F(a-b)-hEd-De]i=[{C-J)e—E{c—a)-^Df-^Fd]T^. Del Sic. Dottor Piola 3og Si sommi da capo la prima delle (208) colla terza in cui siansi rovesciati i membri , cioè scritto per primo il secondo e vi- ceversa ; i termini che spariscono sono quelli che contengo- no f r : i restanti sono divisibili per 5 , e si ha II ^ I [{^-B)f-F{a—h)-hEd-De]e=[{B—C)d—D{b-c)-i-Fe—E/\T^. Sommando in fine le ultime due delle (208) spariscono i ter- mini che contengono e 3 , e i restanti sono divisibili per r . II *■ I quindi [{B—C)d^D{b-c)-^Fe—Ef]ì =[{C—^)e—E{c—a)-^Df—F(I]e^ . Le tre equazioni ultimamente trovate non sono in sostanza che due sole. Ponendo per abbreviare L = {B-C)d— D{b-c) ^Fe — Ef (aog) M — {C—A)e—E{c—a)^Df—Fd N= {A—B)f— F{a—b)-h Ed — De esse sono tutte e tre comprese nelle due equazioni (2:0) _!i. = Ì^=lL. 74- Chi ponga niente all' analisi di questi due ultimi nu- meri capirà che le precedenti (aro) prendono la loro origine dalle (ig3), e che se rifaremo la stessa analisi partendo inve- ce dalle (i94)j arriveremo sulle medesime tracce alle altre equazioni t ^ t essendo i valori delle L, M, N ancora i marcati nelle (aoq). 3 1 o N u o V A A N A L I s I ec. Per verità ccDiivcrrù prcncleie delle (i54) altre equazioni di- verse dalle usate al u " 72, cioè la seconda, quinta, ottava invece della prima, quarta, settima ; ma quest'unica dilTerenza neir andamento dei due calcoli è anzi, per chi ben osserva, ciò che rende il riscontro perletto. In simil maniera partendo dalle (19")) giungeremo alle altre tre / \ *^ -^s '^3 ^ ' L M N Cliiamisi per un momento Jl il valore dei tre membri compo- nenti le eijuazioni (2,10) e A quello dei tre membri delle (2.11): avremo I 1 I 2 Sostituiscansi questi valori nella prima delle (ioa) e dividendo per hk, otterremo (210) L^^ I\r-^-N^=o. Lo stesso risultato ci sarebbe porto dalle altre due equazioni delle (182) e dalle altie due combinazioni delle (aio), (2,11), (ara). L'equazione (aiS) non può sussistere se non si hanno separatamente L = o, 3F—0, iV=c è questo nn principio analitico assai noto, ed usato dai geo- metri nelle e(jnazioni fatte di somme di quadrati di quantità reali. Dunque per le denominazioni (209) avremo Del Sic. Dottor Piola 3ii [B — C)d — D[b — c)-^Fe—Ef = o (214) {C — A)e — E{c — a) -^ Df~^ Fd = o {A — /?)/— F{a — h)-+. Ed— De = 0. Ecco finalmente le tre equazioni clic si cercavano fra le sole velocità, come si disse sul principio del n.° 72,. Conviene in- tendere sostituiti nelle (214) alle A, B, C, D , E, F ì valori (192), e alle a, b, e, d, e, f i valori (204), (ao5) nei quali entrano le ^, ^, t date per le (208). 75. Le formolo fin qui dimostrate contengono nel loro complesso quanto basta alla piena risoluzione d'ogni problema relativo al moto de' fluidi , ammessa la condizione esposta al principio di questo paragrafo. Restano però le difficoltà ana- liticbe elle risguardano l' integrazione delle molte equazioni a differenze parziali. Queste, anche nella teorica piìi semplice adottata dai geometri nostri maestri , furono reputate sì gra- vi (*) da sorpassare tutte le forze dell'analisi conosciuta j e però air oggetto di avere equazioni piìi trattabili, furono am- messe alcune facilitazioni che qui chiameremo ad esame. Primieramente fu ammessa l' integrabilità del trinomio Xdx-h^ dy-i-Zdz , ossia (ciò che significa lo stesso, ma s'in- tende meglio) la sussistenza di una funzione l\x, y, z,t) che verifichi le equazioni (.i5) ... X=-; ¥=-; Z = -. E noto che si fatta supposizione è rigorosamente conforme alle leggi della natura, e che è appunto essa sola per cui si possono dalle equazioni meccaniche cavare le leggi della idro- statica. Accetteremo pertanto questa supposizione anche nella (•) Lagrange. M. A. T. 2. pag. 3o4- 3i2 Nuova Analisi ec. nostra analisi senza difficoltà. In secondo luogo si suppose, non solo nell' equilibrio, ma aiiclie nel moto la densità T co- stante se parlisi di fluidi incompressibili, e proporzionale alla pressione ove si tratti di fluidi elastici. Panni clie nel caso del moto rammettere questa proposizione a priori non sia piìi conciliabile colle cognizioni attuali della scienza. Il Sig. Pois- sou ( luogo sopra citato ) ha trovato che il fluido durante il moto può prendere nelle sue molecole una costituzione diversa da quella che corrisponde allo stato d' equilibrio ^ e anche col solo raziocinio non si vede un motivo per cui nel moto de' fluidi incompressibili le loro particelle non abbiano a po- tere staccarsi fra loro piii e meno ( quantunque di pochissimo ) in diversi luoghi. Dirò di piìi che il ragionamento, a chi ben medita, persuade il contrario : e che anche 1' osservazione ci fa vedere nelle precipitose cadute d' acqua la formazione di una quasi nebbia acquosa in cui la densità è certamente di- versa da quella propria delle altre parti del fluido in moto. La proposizione avrà nondimeno luogo con molta approssima- zione in gran numero di casi : ma dovrà spettare al calcolo 1' indicarci co' suoi risultamenti a posteriori quando ciò avvie- ne. Non ammetteremo qui dunque a/;r/ori questa supposizione, e non pronunciando sulla F, as[)etteremo che questa quantità ci sia latta conoscere per effetto delle stesse equazioni idrau- liche. In terzo luogo si adottò che anche il trinomio lulx-i-vdy-^wdz possa essere nella maggior parte dei casi diiTerenziale esatto, cioè che si dia una funzioue À{x,y^z^t) tale da soddisfare alle equazioni I r \ 'ì^ 3X (il (0,6) " = z^; ^ = ;ò-' "'=^' il che torna lo stesso come il supporre eguali a zero le tre quantità 5, ?;, ^, delle nostre equazioni (ao3). Io non accetto interamente questa supposizione, né interamente la rifiuto. Non l'accetto interamente, perchè ben lungi dal credere colla Del SiG. DoTTon Piola 3j3 comune degl'idraulici ( e come io pure scrissi altra volta ) eh' essa si avveri rigorosamente il più delle volte in natura, reputo presentemente rarissimo questo avvenimento, trovando giusto quanto scrisse nell' ultima sua opera il Tadini, che può bastare un sasso gittato in una corrente, percìiè anche nella ipotesi che quella proprietà avesse luogo dapprima, non sus- sista più a preciso rigore da quel momento in poi. Non la rigetto poi interamente, perchè, come or ora si vedrà meglio, sono d'avviso che il moto calcolato nell'ipotesi di quel diffe- renziale esatto, se non è il vero della natura, lo rappresenta però con approssimazione^, e che la sua analisi deve mettersi a fondamento di quell' altra più accurata e più difficile che valga ad esprimere il moto vero. 76. Ammetto dunque senza esitazione la prima facilita- zione, rigetto la seconda ed alla terza surrogo un'altra dietro i seguenti ragionamenti. Richiaminsi le equazioni (180), le ([uali, ponendo per abbreviare viste le (il 5), possono scriversi La supposizione mia è che non il trinomio udx -^vcly -\- wdz sia differenziale esatto, ma bensì il trinomio 11 dx-^v dy-J^w dz , ossia che z/, v\ w\ come le forze X , Y, Z siano tali da dar luogo ad una funzione k[x^ /, z, t) atta a verificare le equa- zioni Torno XXI. 4° 3i4 Nuova Analisi ec. / , . „\ I dk , Jk , dk ^ ' dx ■ dy ' dz Infatti nella cognizione in cui siamo clie tutte le forze della natura godano di tale proprietà , non saprei vedere ragione per cui dovessero andarne prive le u',v',w'., le quali possono riguardarsi vere forze che ad ogni istante fanno con quelle C(|uilibrio. Anche la conseguenza immediata di questa suppo- sizione può servire a confermarla viemmeglio. Discende da essa e dalle (:iio) che la densità F è funzione della pressione p, funzione che si ridurrà ad una costante nel caso delia den- sità costante, sarà altre volte quella della proporzionalità j e potrà anche avere altre l'orme. Niente di più ragionevole e di più conforme ai dettati della Fisica. Si sa che Lagrange ha notato un caso di moto (*) che si sottrae alla legge di diffe- renziale esatto udx-^vdy-^iv dz^ e quel passo della Meccanica Analitica fu copiato in quasi tutti i posteriori trattati d'idrau- lica. E ora facile vedere che quel caso non si sottrae alla nostra legge più generale. 77. Insistiamo sulle stabilite equazioni (219), ossia, ciò che è lo stesso, sulle equazioni (.ac) Assunta in generale una funzione (p[x:y , z^t), avremo ,/tì di< di, df, ' d.c dy dz dt di,' d-f, d'rf, d^f, d^i, da dv du. d.v' dv dw' 1} JI' dz — dx ' di "^ dx dx' dj-dy dxdz tlxdt d fi da d.^ dv ^^ dji o'k' Ux dx dy dx d z dx ' (') M. A. T. :2. pag. 3ic, Del Sic. Dottor Piola 3i5 Da un'altra parte se considereremo la derivata parziale ^ , '■ dx e ne prenderemo la derivata totale per t, otterremo (■■■^^ \dx }— dx'^^dlTy^^dldl^^dldt- d^ /^'V 1. !lÉ fi'^ _, àif dv d^ d^v '\-[: ., . dx \'^-'"/ '^-'^ dx dy dx dz dx , ., / I \ ii. =: I — I I '^'fi '^" dfp dv d(f> dM * " ' d/ y^y) dx dy dy dy dz dy d

) 1=2. -j-j- ; E= 2. -— - ; D = 2,-— ^ . (/-ri// UxUz djaz Quindi le (ii4) diventano \d)^ dz- )\djdz) djdz\df^ dz^ ) dxih\d-,dzj dxdz\dxd_yj ~° {.-, '] ( !t±. J-;. \/ d'X Y d^X I dX _^Y d^(d^\ d X I d'X y ^■^^■^l\dz- dx')\d.,dz) djdz\dz' dx- )'^dydz\d.,d_yj d7d'\dydzj~^ l±± _ ±±\( d^\_d2>^l±±_ d'X Y d'X I d-X Y_ d'X / d'X \'_ \dx- dy- j\dxdyf dxd\dx' d_y- j ~^ dxdz\djdz j dj)dz\dxdz) ° colle quali dovrà essere determinata la À. Del Sic. Dottor Piola 817 Anche queste equazioni si trovano soddisfatte dalla sup- posizione di tre equazioni che ne sono tre integrali partico- lari, cioè dalle , .. /. 1. le quali ci danno "' ' ■ > ; ■ . (226) A = (p{x,i)-^Ìj{y,t)-^X{-^i) e quindi per le (216) / \ dfi de (Ir (227) « = 51; ^ = 5^'; «^=5f; cioè ognuna delle tre velocità secondo i tre assi funzione della sola coordinata secondo cui è diretta^ e del tempo esplicito. E questo il caso particolare previsto al n." 71, dove abbiamo messe in ipotesi le equazioni (199)- Il moto in cui si riscontra sifatta proprietà è generalmen- te assai diverso da quello che si avvera in natura, anche nella supposizione delle (220), ma può servire di base alla ricerca delle equazioni proprie del moto che ammette tale supposizione^ in quella guisa che nella teorica dei pianeti si può far dipen- dere la determinazione del moto dittico da quella del moto circolare. 79. Ecco pertanto^ per quanto a me pare, il vero anda- mento da tenersi per la formazione di una esatta teorica idrau- lica. Si partirà primieramente dalla disamina del moto in cui si avverassero le equazioni (225), e di cui facilmente possono determinarsi tutti gli accidenti ; cercando per mezzo delle equazioni (224) di dedurne 1' analisi spettante al moto piìi vi- cino alla natura che ammette la sola supposizione delle equa- zioni (223). Poi di nuovo partendo da quest' ultimo si salirà col sussidio delle equazioni (222) alle equazioni generalissime che esprimeranno il vero moto della natura. Cosi si vincerà 3 I o N u o V A A X A T, I s I ec. in due volte la ilitricultà, siccome si ò notato tarsi in Astro- nomia . Restano a crearsi lo due analisi con cui fare gli accen- nati due passi, né io oso dirle superiori alle attuali loize della scienza del calcolo: anzi ne reputo accessibile la ricerca almeno per alcuno dei grandi pro))lcmi della natura. L'impresa però è SI vasta che non può essere da me tentata in questo luogo, essendomi qui proposta la sola dimostrazione delle equazioni generali spettanti alla nuova teorica. 80. Prima di iinire ci rimane a far parola delie equazioni elle si avverano alla superficie del iluido , e che discendono dalle (i65) del § 6." Basterà discuterne le prime tre che a motivo delle (177/ diventano nel nostro caso .T = — t Ff ; ;r =; — ^~ l ;, ; tt ■= — ^ 1 t 11' I I ly I I j= Il ossia per la (217) (22h) 7t = YT' e ; :t — ^ : ; ,t = p, t ■ ir I I !_/ 111= II La pressione tt alla superficie nel punto (.v, j, z) è per defi- nizione data dall'equazione I "^ I^ ly iz 7t siijnificano i tre coseni de^li anifoli che la sua direzione fa cogli assi delle .r, /, z. Dunque nel nostro caso per le (228) e per la prima delle {181) avremo 1 Del Sic. Dottor Piola ' 819 e i tre coseni che ne lissaiio la direzione saranno (aSo) 1/', l/^ l/^ 81. Parlammo ( n." Si}, equaz. (i6c)) di una equazione /{x,y, ::) = o che ha luogo Ira le coordinate dei punti della superficie cui è applicata la pressione ^ ; e al n.° 60 facem- mo conoscere che queste x,y,z non sono le x{a,b,c), y(a, b, e), z[a, b, e) generali per qualunque punto del fluido, ma x{l, b, e), y{l,b,c), z{l, b, e) in cui una delle a, b, e (in questo caso la a ) ha assunto un valore costante /. Immaginiamo sostituite le ar(/, Z», c),j( l, Z», c),ì:(Z, b, e) nella /(a;, 7, z) = o; l'equazione si verificherà indipendentemente dalle i, e, che mantengono la loro variahilità^ quindi sussi- steranno insieme con essa le sue derivate per b, e per e. Le prime di queste, a motivo delle denominazioni (i53) possono scriversi (.31) f\^)t^-^f\y)K:'^fy)T = o dove gli apici indicano le derivate al modo Lagrangiano. In ve- rità \-^ f{x , y ^ z) -=. o sarà identica anche per riguardo ad Z, e quindi potrebbe essere derivata anche relativamente a que- sta quantità, ma sbaglierebbe assai chi credesse di poterne in tale maniera dedurre un'altra equazione simile alle due pre- cedenti; perchè, ponendo mente ( n.° 60 ) alla formazione delle funzioni x{Uh,c), y{l,b,c), z(Lb,c), si viene a capire chela l vi entra non solo al posto della a, ma anche fra le costanti. La (2,31) e la prima delle (182) sono due equazioni, che mediante un processo assai noto possono mettersi sotto la forma (233) _l. = _!^=_Ii. (J) (2) (i) 3ao Nuova Analisi ec. essendo (a34) {2) = sf{=)-T/{x) (3) = .5/'(,t)-£/'(v). In maniera affatto slmile la (282) e la seconda delle {182) ci daranno (235) JL=IL=^. (O (-) (3) Chiamisi por un nioniento h il valore dei tre membri compo- nenti le equazioni (233) , e k quello dei tre membri delle (235) ■. deducendo dalle prime i valori di £ , S , t , e dalle * 2. 2, n seconde i valori di £,, :- , t ; sostituendoli nella terza delle o 3 3 (182), e dividendo per hk, avremo Equazione che per un ragionamento usato anche sulla (2i3)j si scompone nelle tre (i) = o; (2)3=0; (3)=o le quali per le (234) riduconsi alle due (236) -I^=_lL = ii- /\^) J\jì /'(-) ossia alle tre (237) e=c.f{x); ^ = oflv)i T=of{z), essendo q una quantità che rimane a determinarsi. Del Sic. Dottor Piola 3ai Per le (287) la prima delle (181) ci somministra (a38) // = o//'(^r-^y '( yY-^f\^r- I trovati valori (237), (a38) sostituiti nelle espressioni (aSo) ci danno r (aSn) Z'^^) nr^ Z'^') i-//'i.o--^/'(/)'-t-/'i=)='' i//'(x-)^-t-/'( /)'-+-/ V)' ' i/'/'(-^)*-i-y'(jr-*-/'(=)* per le espressioni dei tre coseni degli angoli che la direzione, della pressione 71 fa coi tre assi ortogonali j e ( rammentando formolo notissime di geometria analitica ) viene così provato che una tal direzione è quella della perpendicolare alla su- perficie di equazione /(:ir,j, z) = o nel punto (a;,/, 2). Questo bel teorema, affatto conforme ai dati delle sperienze, non era ( secondo le mie cognizioni ) stato dimostrato se non per la sola idrostatica e pel solo caso in cui la pressione 7t fosse costante da un punto all' altro della superficie (*); ora la di- mostrazione si estende anche all'idraulica, ed alla pressione variabile di punto in punto. Dirò di più : immaginando una superficie qualunque nell' interno del fluido , e giusta quanto si è accennato sul fine del n.° òa, l'azione del fluido ambien- te ridotta ad una pressione contro quella superficie, il teore- ma sta egualmente. Cosi si desume dall' intima natura de' fluidi quel principio, che un'illustre Geometra vivente pose a fondamento d' ogni altra ricerca intorno ai fluidi. {**) •> \v.:.iv !' cn-;;) i ' .j.'I;. ijf.;,;'] ■ j, óim: (') Poisson. Traité de Mécanique l833. T. 2. pag. 524. n." 684. (**) Caucliy. Exercices de Mathématiques. T. 2. pag. 28. Tomo XXL 41 .A-. RICERCHE INTORNO ALLA MASSA DI GIOVE, DETERMINATA MEDIANTE LE DIGRESSIONI DEL SUO QUARTO SATELLITE , OSSERVATE NELL'I. R. STEGOLA DI TADOVA. DEL SIGNOR GIOVANNI SANTINI PEOFESSORE DI ASTRONOMIA. N E L l' I. R. n N I \' E R S I T A DI r A D O V .\ Ricevute ad) a3. Arrosto i83.5. C7 i".L>lhiunf ique sia alcun poco versato nell'Astronomia, e nella Meccanica celeste , conosco 1' azione da Giove esercitata in virti'i della sua forte massa sugli altri corpi del sistema Sola- re, e sa che da essa in gran parte dipendono le maggiori cor- rezioni ai movimenti ellittici , che si incontrano nella teoria di Saturno, e di JMarte. Quasi unicamente da questo elemento dipendono le grandi perturbazioni dei nuovi pianeti Cerere , Giunone^ Palladcj e Vesta^ non che la teoria delle due comete a Inevc periodo scoperte in questi ultimi tempi, e quella ben più complicata, e prolissa di Halley. Un elemento così impor- tante meritava di essere appoggiato ad un buon numero di osservazioni dirette; ma occupati gli Astronomi nella molti- plicità degli argomenti, che somministra il vasto campo dell' Astronomia pratica, pare che dopo Newton abbiano trascurato fino a questi ultimi tempi quel genere di osservazioni, da cui solo direttamente può ottenersi la massa di Giove, voglio dire la misura delle massime digressioni dei suoi satelliti. In fatti dopo le osservazioni di Pound citate da questo insigne Filo- sofo sulle prime pagine del III. libro dei suoi Frincipii di Fi- losofia naturale ( Fhen. i ) non si incontrano ( che io mi sap- Del Professor Santini 828 jìla ) altre osservazioni delle digressioni dei satelliti fino all' anno j833, in cui il cliiarissimo Astronomo Airy produsse alla Reale Società Astronomica di Londra la serie delle sue proprie osservazioni , colle quali mediante la differenza delle ascen- sioni rette fra il quarto satellite, ed il centro di Giove osser- vate ad una eccellente macchina Paralattica, ei determinò la massima digressione del medesimo, e quindi ricavò il semiasse maggiore della sua orbita, da cui (come è noto) dipende il calcolo della massa del Pianeta. Newton, ritenendo la massima elongazione del quarto satellite ^ 8' 16" determinata ( siccome ei riferisce ) da Pound con ottimi micrometri, e con un can- nocchiale di i5 piedi, né assegnò il valore nella S."^ prop. del 3." libro = — V- ; risultato conforme a cruello ( — r- — ;)trova- 1067 ^ ■• \ 1067,190/ lo da Lagrange negli atti di Berlino per l'anno i78:i ( P^g- i83 ), e da Laplace nella sua Meccanica celeste 1 — r- — K fìn- gendosi sempre la massa solare = i. a." Tutte queste vicinissime determinazioni, le quali ap- poggiate sopra r unica osservazione di Pound in sostanza ne formano una sola, quella cioè del Newton in numeri rotondi, vennero costantemente adottate, e ritenute dagli Astronomi fino a che, scoperti al principio del presente secolo i nuovi pianeti, i celebri Astronomi Gauss^ Nicolai, ed Enke scuopri- rono, che un tale elemento fondamentale del nostro sistema solare doveva ricevere un considerabile aumento per rappre- sentare i loro movimenti fortemente perturbati dalla vicinanza di Giove. Per questa via indiretta Nicolai^ discutendo le per- turbazioni sofferte dal pianeta Giunone^ ottenne per essa il rapporto — =4 — ri ed Enke dietro l' esame dei movimenti di '■ ' iooc5,924 ' Vesta trovò il numero — ^ . In seffulto quest'ultimo Astro- 1000,117 nomo, dietro una profonda discussione delle perturbazioni sof- ferte dalla Cometa a breve periodo , che porta il suo nome , ricadde nel numero — ^ { ^stron. Nadir. N. aio ) molto vi- 1004,4 ^ 3^4 Ricerche intorno alla massa di Giove cino al risultato superiore di Nicolai, ed al precedente fondato sulla teoria di Vesta. Un cambiamento cosi notabile , a cui doveva sottoporsi la massa di Giove per rappresentare questi fenomeni del sistema del mondo, induceva in alcuni il sospet- to, che diversamente si manifestasse 1' azione di questo pia- neta secondo le diverse proprietà fisiche dei cor[)i , sui quali veniva ad esercitarsi; ma oltre che questa ipotesi riusciva in se poco plausiliile, e ripugnante a <]ucna semplicità delle leggi primordiali, che rifulge in tutto il creato^ essa era interamen- te gratuita, giacche un piccolo cambiamento nella elongazione del quarto satellite assegnata da Pound avrebbe bastato a to- gliere qualun([ue discordanza; nò questo cambiamento era mol- to Inqirobabile, poiché 1' ottica, e la meccanica pratica ai tem- pi di Newton non erano per anco giunte a (juel grado di raf- finamento, a cni salirono in seguito; ne difficile era che in misure cosi delicate, e difficili con stromenti imperfetti si fosse ingannato Pound di a", o 3" in meno, i quali avrebbero ba- stato a togliere la differenza fra il primo risultato diretto, e queste ultime indijctte determinazioni. Riuscirono pertanto delia massima importanza le osservazioni del Sig. Airy, colle quali mediante una serie di io digressioni (ciascheduna es- sendo il risultato medio di molli confronti ) ei venne a con- fermare direttamente i risultamenti di Nicolai , e di Enke , stabilendo la massa di Giove = ^ — di quella del Sole. 104^,09 ' Il lavoro del Sig. Airy è sommamente pregevole si dal lato dell' osservazione, come della Teoria; imperciocché per la prima parte egli ha usato ogni diligenza nel dedurre dalle differenze di AR fra il satellite, ed il centro del pianeta le vere digres- sioni, sicché le singole sue serie presentano fra loro un accor- do così meraviglioso, che sarebbe vano sperarne uno maggiore; per l'altra poi, egli ha (in conqoagnia del Sig. Lubbock ) ri- fatti diligentemente tutti i calcoli numerici, sui quali fondasi la teorica del 4-° satellite nella INIeccanica celeste di Laplace, vi ha scoperto, e corretto varii errori, ed ha presentato le for- Del Professor Santini 3a5 mule luiall corrette , dietro le quali riesce agevole dedurre r asse maggiore dell' orbita del medesimo dietro le digressioni osservate in una sera qualunque. {.", , S'" Leggendo sul principio dello scorso anno la Memoria di Airy, ed osservando che il risultato era reso dipendente dalla diflerenza del tempo trascorso fra gli appulsi del satellite, e di Giove ai fili di una macchina paralattica,e dalla declinazio- ne giovicentrica del satellite, che doveva poscia calcolarsi colle tavole, mi venne il desiderio di tentare eziandio con un mi- crometro le misure dirette delle digressioni, occidentali ed orien- tali, colle quali il risultato sarebbe stato indipendente dal fu- gacCj ed incerto elemento del tempo (ove l'errore di o"jia produce circa 2," di arco nelle digressioni ) ed anche presso che interamente dalla posizione del piano dell' orbita del sa- tellite rapporto all'ecclittica. A tale ufficio sarebbe stato op- portunissimo il micrometro a separazione di immagini con una lente bipartita verso l'oculare ideato, e descritto dal celebre Profiissore Amici negli Atti della Società Italiana Voi. XVII , e nella Corrispondenza Astronomica di Zach Voi. IX. pag. 517, e jegi/era^i; ma quello esistente in questo osservatorio, es- sendo applicato ad un mediocre cannocchiale, e non estenden- dosi che a misurare un' angolo di cinque minuti , non era idoneo a prendere le digressioni del 4-° satellite di Giove. Avendo appunto in quel tempo questo illustre mio Amico stabilito di inviare suo figlio Valentino ( giovane di liete spe- ranze, egregiamente instruito nelle Matematiche, e nell'Astro- nomia sì teorica, che pratica ) a Padova per esercitarsi meco negli studii Astronomici, lo pregai a volergli consegnare un buon cannocchiale munito di uno di questi micrometri, che potesse misurare le massime digressioni del quarto satellite. Disgraziatamente ei non né aveva alcuno in quel momento , che potesse convenientemente applicarsi a questo genere di osservazioni; egli spinse la gentilezza al punto di mettere tosto in lavoro nel celebre suo Instituto ottico da qualche tempo trasportato da IModena in Firenze un Acromatico di 3a6 Ricerche intorno alla massa di Giove tre piedi, ed un micrctnctro a sepaiTizionc di immagini per misnrare un angolo di circa dieci minuti. Verso la fine di Luglio r opera era già compita, ed egli con somma bontà me lo trasmise gratuitamente in attestato della sua amicizia; dono a ine caro oltre ogni espressione, si perchè proveniente dalle mani del più distinto Ottico dei nostri giorni, si perchè il cannocchiale è di una rara chiarezza, e l'opera tutta nel suo genere è perfettissima. Questo cannocchiale micrometrico per- venne qui innanzi la partenza dell'ottimo suo figlio Valenti- no, il quale molto esperto nel maneggio , e rettificazione di questo micrometro lo compose, ne lece la rettificazione, e po- temmo insieme flìre alcune osservazioni sulle stelle doppie , che saranno in seguito riferite per provare la bontà della mac- china. Intanto una breve notizia intorno alle sue dimensioni, ed al suo elTetto non riuscirà disaggradevole ( io spero ) ai lettori, ed aimiunsferà peso alle seiruenti osservazioni. 4-° La lente objettiva è doppia, incassata in ottone, ed adattata ad un elegante tubo di JMogheno ; a vero dire io non la ho decomposta giammai per prendere le dimensioni parziali delle due lenti per timore di nuocere alia centratura, che esplorata col metodo di Wollaston risulta esattissima; appari- sce però, che sia all' incirca costruita dietro i principii di Her- schel seguiti anco dal celebre Fraunhofer, da me riferiti nella Teorica degli stromenti ottici (voi. i pag. iSo). La sua di- stanza focale composta è di 89 pollici ; la sua apertura di 3 pollici parigini. Egli ha munito ([uesto objettlvo di tre oculari acromatici formati ognuno di due lenti, che raddoppiano il campo della visione ; i loio ingrandimenti deteiminati con un dinametro costruito alla maniera di Ramsden ( Teor. strom. ottici voi. 2, pag. ai ) mi risultano .... 5o; 70; 140; essi presentano le immagini precise, distinte , e dotate di tutta la loro relativa chiarezza. 5." Il micrometro è formato da un pezzo a parte, il qua- le ha i suoi particolari oculari, e si adatta a vite al luogo dei Del Professor Santini 827 precedenti oculari, tolti che siano. Questo è costituito da un telajo rettangolare di ottone lungo poli. 5 ^, largo poi. .3 j, il quale porta alla base inferiore un circolo diviso in gradi , che si può applicare a vite al tubo oculare, nel qual caso il suo centro cade sull'asse del cannocchiale. 11 circolo è aperto nel centro per dar passaggio al fascio luminoso procedente dall' objettivo. Il telajo rettangolare ( applicato che sia airobjettivo ) è girevole a sfregamento intorno all'asse del tubo, e misurasi in gradi la sua rotazione ( ijuando ciò occorra ) sul circolo ora nominato, il quale rimane fisso. Due segmenti rettangolari di una stessa lente concava di gran foco, divisa per un piano gui- dato lungo il suo asse, sono legati separatamente in un telajo di ottone, ed applicati al telajo precedente in modo che i due segmenti possano scorrere longitudinalmente lungo la linea di separazione della lente; questo movimento longitudinale si opera dolcemente mediante un rocchetto, che ingrana in una sega dentata per ciaschedun segmento separatamente. In vir- tù di questo movimento longitudinale , scorrendo i due seg- menti r un presso l'altro lungo il piano della primitiva loro separazione, può il centro dell' uno sovrapporsi al centro dell' altro, o distaccarsi a piacere da una parte, o dall' altra. Una scala divisa in parti eguali, avente due nonii alle sue due estremità, misura la quantità, di cui con la sega dentata si allontanano i centri dei due segmenti. La scala porge la di- stanza dei centri in minuti, ed in secondi di arco ; essa è di- visa direttamente di io" in io"; i nonii danno un secondo; le frazioni del secondo si giudicano comodamente. L'angolo di ^P l . ... la' abbraccia 3 . g del piede dr Parigi, e perciò il movimento di una linea corrisponde ad un angolo di 16". Allorquando uno dei nonii segna o'. o", l'altro segna i5'. ao", ed allora i centri dei due segmenti sono coincidenti. Questo apparato sì applica al tubo, che porta l' objettivo a 6 pollici circa di di- stanza dal luogo, ove si formerebbero le immagini degli oggetti prodotte dall' objettivo stesso. S-iS Ricerche intorno alla massa di Giove Ci." Risulta da ciò, che se questo sistema ottico rivolgasi aJ un oggetto lontano (]ualunque, mentre i nonii segnano o'. o", coincideiulo i centri dei due segmenti vedrassi un' immagine unica; ma se si allontanano i centri facendo sdrucciolare l'uri presso l'altro i due segmenti, allora il fascio luminoso dei raggi provenienti dall' ohjettivo, attraversando per metà 1' un segmento, per metà 1' altro, produrrà intorno alla nuova po- sizione dei loro centii due immagini un poco più languide, e r angolo ottico separante queste due immagini verrà dalla scala stessa indicato. Un altro tubo oculare, a cui si adattano due diverse condjinnzionl costruite secondo i principii di llam- sden, si applica al telajo rettangolare di faccia ai segmenti per modo che il suo asse coincida con quello del tulio deU'objet- tivo, e queste servono a vedere le immagini degli oggetti (o unite, o separate ) con quell' ingrandimento, che ciascheduna di esse comporta. La prima, della quale mi servo a preferenza per la sua maggiore chiarezza, ingrandisce loo volte; l'altra intorno a 164, almeno dietro le misure degli ingrandimenti da me prese col sopra nominato dinametro di llamsden. Un sottilissimo filo di ragno teso nel luogo , dove si formano le immagini, paralello alla linea di separazione dei due segmenti, serve ad indicare all' osservatore la direzione dei loro centri nel campo del cannocchiale. Vedesi da ciò, che il micrometro del Siii. Amici ha una erande somiiilianza ad un altro celebre micrometro conosciuio, e descritto sotto il nome di microme- tro objettìvo ; ma egli gode sopra di questo grandi , e parti- colari vantaggi, che dall'inventore nei citati luoghi, ed anco nella mia teorica degli stroinenti ottici (voi. a." pag . laS) sono stati indicati. 7.° Comprendesi ora facilmente il comodo, e la speditez- za di questo apparecchio per misurare i diametri dei pianeti, le distanze e gli angoli di posizione delle stelle doppie, le di- gressioni dei satelliti ec. Vogliasi in primo luogo misurare il diametro di un pianeta, per esempio di Giove ; posto in zero il nonio della scala, si rivolgerà il cannocchiale al pianeta, il Del Professor Santini 3^9 quale apparirà unico, e ben contornato, come nel consueti cannoccliiali ; movendo con il rocchetto uno dei due segmenti, tosto appa)iscono dentro il campo due diverse immagini per- fettamente uguali, e se muovesi il segmento per modo che le due immagini appariscano in contatto, la posizione della scala dà quel diametro del pianeta, che è paralello alla direzione del filo. In tal guisa chiaramente apparisce, che facendo girare il micrometro intorno al suo asse , si può con eguale facilità misurare il diametro equatoriale, ed il diametro polare. ' • Qui vuoisi osservare, che lo stesso angolo si può ottenere tanto facendo muovere uno dei due segmenti verso una parte, quanto veiso la parte contraria; in uno dei casi la lettura si farà sul primo nonio avente la sua origine in o'. o", e 1' an- golo letto darà il diametro del pianeta; nell'altro caso fassi la lettura sul secondo nonio avente la sua origine in iS'.ao", ed il diametro è = i5'. ao" — Ang. letto. Se, essendo i nonii alle loro rispettive origini , i centri dei due segmenti coinci- dessero esattamente, i due risultati dovrebbero essere uguali , fatta astrazione dagli errori accidentali nella stima delle coin- cidenze ; ora, esistendo un picciolo errore nel principio di numerazione, è evidente, che la semisomma dei risultati dà il vero angolo cercato , mentre la semidifferenza dà la corre- zione da farsi agli angoli letti da una sola parte. Nelle osser- vazioni seguenti per evitare 1' errore del principio di nume- razione, si sono sempre fatte due osservazioni consecutive una col primo nonio, V altia col secondo. 8.° Domandasi, in secondo luogo, di osservare la distan- za e r angolo di posizione di due stelle vicine. Messi i nonii in zero, e rivolto il cannocchiale verso la stella doppia pro- posta, girasi il micrometro, finché il filo sia seiisibilmente pa- ralello alla linea congiungente le due stelle; allora muovendo uno dei due segmenti, appariscono tosto quattro stelle , due delle quali si avvicinano continuamente. Quando le due di mezzo coincidono perfettamente, la scala è in quella posizio- ne, che segna la loro distanza ; e qui pure si dovranno avere Tomo XXI. 4a 33o Ricerche intorko j\lla :\iass.v di Giove le avvertenze riteritc al 5 pfRcedente per evitare rcrrore del princi|)ia di munerazione. h' arco poi che nel circolo graduato si legge Ira la posizione attuale del niicro\nctro , e quella in cui il filo trovasi paralello all' equatore dà 1' angolo di posi- zione. Se la distanza delle due stelle sia piccolissima^ come di 3" a 4' fi'io ^ 3o'', 1' occhio dilllcilmente può assicurarsi della coincidenza delle due immagini di mezzo, essendo con- fuso dalla presenza delle altre vicinissime ; allora riesce di gran lunga più comodo ed esatto il separare le loro imma- gini, finché le rispettive loro distanze si giudichino eguali; in tal caso la metà dell' angolo letto nella scala è la distanza cercata. 9.° Per ultimo, le digressioni dei satelliti si misurano come le distanze delle stelle doppie, avendo inoltre le seguenti av- vertenze ; i.° si prende la distanza del satellite dal lembo più vicino facendo ruotare Iciriiermente il micrometro^, e separando le immagini, finché nella rotazione giudichisi; che il satellite riesca in contatto del lembo di Giove ; si nota il tempo di questo contatto, e leggesi la distanza osservata ; 2.° si osserva in simil guisa la distanza tlal lembo più lontano ; 3." lacendd fare una mezza rivoluzione al micrometro si ripetono le stesse osservazioni col secondo nonio. Dividendo la somma delle di- stanze osservate per quattro , si ha la distanza del satellite dal centro di Giove indipendente dal principio di numerazione, e dal diametro del pianeta ( il quale viene a determinarsi anco dalle osservazioni stesse ) e questa sarà quella corrispondente alla quarta parte della somma degli instanti osservati nei sin- goli contatti. Qui cade in acconcio di osservare , che 1' immagine del satellite già per se debole, e più indebolita per la divisione del fascio luminoso nei due segmenti del micrometro, perdasi di vista quando avvicinasi all'immagine di Giove, che comun- que divisa rimane molto splendente. Per ovviare a questo in- conveniente , il Sig. Amici costruì a mia richiesta un vetro piano a fiicce paralelle colorito in azurro, col quale cuoprendo Del Professor Santini .'! 33 1 uno del due segmenti del micrometro, viene ad indebolirsi e pingersi in azurro la corrispondente immagine di Giove, e rende più facile V osservazione del contatto deUlmmagine del satellite prodotta dall'altro segmento. Rimanendo tuttavia an- cora molto splendente l'immagine di Giove, ho adoperato nelle sere 4? 5, la Marzo un simile vetro di colore più intenso co- struito dal Sig. Consoni di Milano; ma avendolo riscontrato irregolare nei diversi punti del campo , ritornai all' uso del vetro più chiaro di Amici regolarissimo in tutti i suoi punti. E da notarsi, che riesce in pratica sommamente difficile, che le due opposte superficie siano esattamente paralelle. Ma an- che esistendo un' inclinazione, purché le faccie stesse siano piaiiCj il vetro farà 1' ufficio di un prisma ad angolo costante, il quale altro non produce, che una separazione costante delle immagini , ed è come se il principio di numerazione venisse alterato di una quantità uguale a questa separazione. La sua influenza pertanto nel risultato sparisce, se si facciano muo- vere successivamente li due segmenti, e si leggano le distanze nei due opposti nonii. Tale all' incirca è la costruzione del micrometro , e tali i precetti per farne uso. Ad oggetto di poterlo più facilmente dirigere verso un punto conosciuto della siera celeste, lo feci adattare ad un apparato paratattico mobile sopra carrucole, e che si può mediante robuste viti di ottone fissare in un luogo qualunque, e porre dì livello; l'asse di ferro robustissimo è sostenuto da una colonna di legno eretta sopra un triangolo; tanto il circolo equatoriale, quanto il circolo di declinazione hanno il diametro di 16 pollici, e sono divisi il primo in ore, e minuti di 5 in 5 con un nonio, che dà 20"; il secondo di mezzo in mezzo grado con un nonio, che dà il minuto. Un' ulteriore esattezza avrebbe inutilmente aumentato il dispen- dio, non trattandosi che di una montatura per dirigere il can- nocchiale ad una stella qualunque di nota declinazionCj e di nota ascensione retta. Manca ad esso tuttavia un buon sistema di illuminazione, che rendesi necessario per potere facilmente 33:2 Ricerche intorno alla massa di Giove osservare gli angoli di posizione delle stelle doppie. L'apparato tutto è stato con lodevole diligenza costruito dal nostro abile meccanico Giuseppe Stefani. 10.° Mi riinane in ultimo a dire qualche cosa intorno al modo, con cui l'u verificata la scala. Il Prof. Amici avvertì , che questa era stata determinata con la possibile diligenza mediante un'angolo misurato con un circolo ripetitore di i8 pollici sopra un' oggetto terrestre ; aggiunse perù , che per il mediocre ingrandimento del circolo sarebbe possibile una cor- rezione nella totalità della sua estensione ascendente a a". A vero dire, mi è mancato fino al presente il modo di determi- narla con un rigore maggiore ; imperciocché il circolo ripeti- tore di Reichenbach esistente in questo Osservatorio non ha, che la pollici. Forse potiò in seguito, giunto che sia il gran circolo meridiano costruito in Vienna presso 1' Instituto poli- tecnico, dalla Sovrana Munificenza accordato a questo Osser- vatorio, assegnare con rigore una piccola correzione, se pure vi èj intanto per li seguenti confronti, mi è sembrato fino al presente non esservi d'uopo di alcuna sensibile correzione. I ." La sera 6 Giugno io35, essendo pura l'atmosfera, si misurò col micrometro sul campanile di S. Giustina alla di- stanza di circa iioo l'angolo sotteso dalle due estremità dello stipite verticale dì una finestra formata di pietra dura riquadrata, e levigata, e si trovò con quattro misure coinci- denti tanto con 1' oculare più debole, che con il più forte = 8'. 36", 5. Lo stesso angolo misurato dal medesimo luogo col cìrcolo ripetitore, risultò il seguente 4A = 34'. a6". ... A = 8'. 36", 5 ioA = 86. io". ... a = 8. 37, o. 2..° La mattina del i a Luglio i835, essendo chiaro il cielo, si misurò col micrometro la distanza dì due sottilissimi fili Del Professor Santini ' ■ 333 (li ragno, paralellij tesi nel foco di un' objettivo di Fraunho- fer di 4 piedi, e si ottennero i risultati seguenti. Con l'oculare più debole I Nonio .... 6.' 3'', 5o a Nonio .... 6. 4 ' 7- 6.' 3", co 6. 5, 5o A = 6. 4, 125 I 6'. 4, 25 con r oculare più forte, i fili comparendo più languidi ed ap- pena visijjili, si ottenne 1 Nonio .... 6'. a", go 2 Nonio .... 6. 3, 5o 6.' a", a5 6. 3, 5o A = 6. 3", ao I 6. a, 875. Il medio di queste quattro determinazioni è = 6'. 3", 69. Col circolo ripetitore, lo stesso angolo risultò, come segue: 4 A = a4'. j6". . . . A = 6.' 4", o IO A = 60. 3o". . . . A = 6. 3, o. 334 Ricerche ixtohxo alla massa di Giove 3.° Distanze di a', ed a' della libra =d con rangola di posizione =■ p • (iV,\\\". i835 ocLil. deb; i Non. = 3.' 5 i",u J J=r3'.5r',4;;7=44.°i3.'«./7 2 Non. = 3. 5f , o) ocul. forte i Non. = 3'. 48 "., o j \ V/r=o.5o ,0 y aiNOn. — J.O-2., 0/ f vetro colorato per \ uguagliare lo 7 Gius. ocul. deb. i Non. = 3'. 47", 5) ( ^pi^n^i^'^ f|'^ll« l o fjor-orX '^"'^ stelle. if/^3 .00^ 35 1 a Non. = 3. 53, 1) ì ocul. forte i Non. .= 3.' 49", ol )J=3.'49",5o 2 Non. = 3. 5o, o) v\ , n ,■ \ I Non.=:3.'4<)"5 f-0 D.' Conti con / (79/"!; ^/o^r. lostessoocul. ^ ,, ./=3.49.75;/'=44-4^ ) 2 Non. = o. 5o, 5; 2.1 Ging. ocul. deb. i Non.= 3'. \()'\ 7) {d=.'i. 5o, 55;/7^44' ^^ 2 Non. = 3. 5i, 4) 4 Lug. ocul. deb. 1 Non. = 3. 49» oj uZ=3. 5o, 25 2 Non.:= 3. 5 1 , 5; Prof. Bianchi 1 Non. = 3'. 49 ') o^ (j=3. 5c, 00 2 Non. = 3. 5 I, o) Medio M=8.''25.47",9 \z =■ 0.32,70 2. Oss. =5. 23. t3; i.N=8. II, 3\ del JS =5.*26'.a8",5 Dott. Conti 5.28.24 .. 8.55,2/ \M=8. 53. 4,8 5. 34. o 2N=8. 15,5^ \z :=■ 8'. 35. "00 5. 37.35 . .=.8. 58,oj Tomo XXI. 43 > 0(> ).3i> Ricerche I^;Ton^■o alla massa ni Giove 3o Gcnnnjo. Uigr. occiJ.; coir. dcirOrol. = — ^.'.^^"^o I. O-^ser. =4.''4()'.i2o"; ji.N=8'.59",c\ (S=4*53'.io",7 >Ì\I=8. 17.56,3 4.55. 37 . . =9.41, 3 5. 4.41 i.N=8. r,6, cj ■i. O. DO . . =9. àu, 2, a.Osser. =5.22. 2 i.N=:o. 56^2 del ^S=5.25'.42" Dott. Conti 5.26. 9 ..=9.3o.5f >M=8. 48.22, 6 5.33.25 a.N=8. 59,2 5.38. 40 . . =:q.4i, 6 i - r\' I P.' " n K 3i Geiinajo. Digr. occid.;, corr. dell'orol. = — 4'.23",4. I. Ossei'. =4.''5o'.io"; i.N=8'.28",7' 4- 55. 55 . . =9. II, al 5. 3.28 2.N=8.3i,6l 5. 8. IO . . :=9. 11,8, fS =4 .55'. 2",3 >M=8. i3.5a, I \z = 8'.So",825 2. Ossei-. =5. 20. ì; 2.N=8.28,8\ del _ Js=5.''a3'.i4",6 Dott. Conti 5. 25. 19 . . =;;9. 9, cf )M=8. 4^' o, o 5 3:. 37 i.N=8.25,5( \== 8.48,125 Del Professor Santini 339 8. Febbrajo", Digr. orient.^ coir, dell'orolog. =— 4'-4>' j^. = 4.*3r'. a"; 2N=8.'34",5'\ Js =4.*39'.52",3 4. 36. 3o . . =g. 1 1, 5f \M=7. 27. 17, 3 4.5a. 55 i.N=8.3i,5( \z = 8.'5a",8o 4.57.47 . .=9.13, 7^ N. B. Osservazione incerta per la vicinanza della Luna. i4- Febbrajo. Digr. occid., corr. dell' croi. =z— 4'.55",a. I. Osser. =5 *35'.3o"i i.N=6'.a3",8\ ys =5.''4o'.i2",o 5.40. 3 . . =7. 4? of >M=8. 3. 5 1,6 5.5o.a3 2.N=6.27,6l \z = 6.'45",4o 5. 54. 33 . . =7. 6,2.) a.Osser. =6.10. 9 a.N=6.a8^o^ f o Q / p/s =6.''i i'. io",5 6. 13.34 • • =7- 9-> 5f r TVT r /M=8. 34.45,0 6. 19. o i.N=6. a7,al ^ ^ r / r \z = 6'.47''585 n. 2 1 . 40 . . =7. 6^ 7 ; ^'■ i5. Febbrajo. Digr. occid. , corr. dell'eroi. = — i^ .^o\2.. ( Cielo fosco per i vapori ; osservazione incerta )• =4.*25'.2o"; i.N=8'. r',3\ Js =4.''33'. 8",8 4. 33.35 . .=8.37,3/ )M=6. 53. 3, 5 4.44.55; o.N=8. 4,c( \z = 8'.2c",475 4.48.38 . .=8.39,3; 34f^ Ricerche intorno alla massa di Giove ■j.?ì. F(;ljlnajo. Digr. oricut., coir, dell' croi. = — 5'.i5"j7. =7.''3() .10 ; i.N=7 -aa ,5\ Js =7.^0'. 4" .8 ". 4*'- 2.3 . . =:o. I , or \m=(). 34. o, 3 -.56.23 2.N=7.a6,cl ' V= 7'-4'".875 K. .3. 27 . . =7. 00, 0/ 2Ó. ]'"cl)!)rnjo. Digr. orieiit., corr. (.IcU'orol. = — 5'.io",8. I. Ossei-. =7.^14. o"i i.N=7'-50",5' 19. 55 'M=8. 53.22,0 IS=7.''i8'.i3"4 ■-. 27. IC 2.N=:7. 56, o yz= 8.12,875 7. 33. 8 . . =8.28, 0/ 2. Osscr. =7.*4o'. 5"; a.N=7.59, o\ JS=7.*42'.3o"4 7.44.56 . .=8.33, 5f \m=(). 22.35,0 7. 5 1.22 i.N=7.40j51 \z = 8. i3, 00 7. 54. 58 . .=8. 3o, 0/ 4. Marzo. Digr. occicl., corr. dell'orol. = — 5'.26",4- I. Osser. =7.''27'.5i"; i .N=7'.33'',o'\ Js =7.''a7.'33",4 .)0. 02 . . =0. 9, or )M=8.4o. 9,2 35. I 2.N=8. 8, i[ \z=z 8'. 9",075 38.35 . .=8.45, 7 J Del PiiOFESSon Sant/ni 3^1 a. Osser. =7.*43.'5o"; a N=8.' 8",a\ Js=7.M4'.ii".6 47.35 . . =8.40, of )M=8. 56.44,4 5i.i4 i.N=:7. 34, i( \z = 8.' 9", 32,5 55, i3 . . =8. g, 0/ Da questa sera fino al giorno 12, inclusive, si adoperò il vetro più oscuro di Consoni, che si abbandonò inseguito, per- chè senilìrava irregolare, siccome sopra si è indicato. 5. Marzo. Digr. occid.; corr. dell'orol. = — 5'.27",4. =7.*i7'. 3";2.N=8'.i5",8\ JS = 7. 19. 4,3 7. 21 .ai . . =:8.52, cf )M=8. 27.45,6 - 7.28. 3 i.N=7.4i,3l \z= 8. 16, i5 , 7.31.40 . . =8. i5, 5/ 12. Marzo. Digr, orient. ; corr. dell'orol. -= — 5'.35",o. I. Osser. =7. ai. 5 1 a.N=:7.3i,a. JS =7. 23.56 7. 27.42 . . =8. 5, 2/ )M=8. 5. 9. 7. 3a.4o i.N=6.55, ci )z = 7.29,925 7. 35. 5i . . =7. 28, 3 34^ Ricerche intorno alla massa di Giove 2. Osser.=7.''34..' 3", i .N=6.'jq'',5 SS:=7.''53.'3i",7 IM=8. 34. 35 z =: 7. 3a, 80 3. Osser. =:8. ao.47 2.N=7.35,5 del ' jS =8. 26.23,2 Dott.Conti 8.27.43 . .=8. 8,7/ Sm=9. 7.22 8. 37. 49 i.N^-. I, ci \z^ 7.34,425 8. 4' • 34 • ■ =7- 32, 3 i3. Marzo. Digr. oiient.; coir, dell'orci. = — 5'.37",o. I. Osser. 1=7. 5i. 55 i.N=:7.49-. o Ys=7.54. 2,2 7. 58. 6 . . =8. 26, e/ VM=3. 3i. IO, 5 8. 2. 23 2.N = -. 52, ci y = 8'.8",5o 8. 6. I (') . . =8. 27,0' 2. Osser. =8. i5. 36 2.N=7.53, - ■ ]S ^8. 15.40.8 8. 18. 3o . . =8.2^., 2/ )M=8. 52.45,5 8. 23. 5 i.N=-.5i,(A ]z= 8. 9,225 8. 28. o . .=3.a5,o^ Del Professor Santini 343 i4 Marzo. Digr. orleiit.; coir, dell' oroI. = — S'^^'c. =;8.''7.'i4"; i.N=7'.a2'V5 8. IO. 57 . . =7. 54 ■ "1=8. 4[ 8. 16.33 2.N=7.2a, il );:= 7.37,65 8. ao.27 . , =7. 5i2, o' jS=8.* 8'.io",8 VM=8. 4[.or,o 7 Aprile. Digr. occid.; corr. dell'orci. = — 5'.44"50. 1. Osser. =8. 29. 5 a.N=7 24, 2 JS=8.32. 09 8. 34. ^5 . . =7. 07, 5/ j>jM=:7. Si. IO 8.4^.35 i.N=7. 22, ol P= 7-4c5 55 8.46.54 . .=7.58,5^ 2. Osser. =8. 53.25 2.N=7.22, e. J3==3. 57. i5 ' 8. 59. IO . . =7.58, 5/ VAI=7.55,55 9. 7.20 i.N=7.2i,ci Y= 7.08,75 9. 12. I . . =7^53. ó' 8. Aprile. Digr. occid.; corr. dell' croi. = 5'.4'^ '• =8. 25. 3o i.N=7. 4,8. Js=8. 26.54,0 8. 3o. IO . . =7. 38, 2/ >M=7. 21.44, 2 8. 35.32 2.N=7. 7, 5l j3 = 7. 23, 120 8. 3g. i3 . . =7. 4^? o 344 RrCERnirc intorno alla .aia>ì\ di Ciovit ij Aprile. Digr. orieiit., coir, dciroiol. = — .5'. 30''. ( Satellite molto debole, od appena visibile ) 9.''4o'-^^"; i.N=6'.55",4, 9. 44'' - ■ • =7- -9' ^i 9. 4'^- i5; a.N=b. 54, 8| (). 02. 4.1 . . =7. :>7, 0 :.).''40'.l5" )^I=o. 'J. 2. l — 7. Il ",75. ?lctoilo ado/'erato nel calcolo della massa di Giove dietro le precedenti osservazioni. i3. r>.ap[)resentii)o neir imita figura T, G^ S i cen- tri della Terra, di Giove e dei satellite proiettati nel piano deir eccliltica ; le linee TY,Gr paralelle se- gnino le direzioni delia linea degli equinozi!, da cui si contano nel cielo stellato le longitudini luii- eo l'ecclittica. Pongasi TGz=ir., SG=p'; la longitudine geocentrica di Gio- ve, ossia l'angolo GTT—MGT'=Z'; la longitudine giovicentrica del satellite, cioè l'angolo SGT'=0'; l'angolo 8X0=:=', e con- ducasi SM perpendicolare sopra TG. È palese, che dal trian- golo rettilineo STG avremo V equazione Del Professor Santini ■■ ' ■ ' 345 p'.seiì.{0'—l')=[r'-i-p'cos.{0'—l')].tSLng.z' donde si ricaverà r'tan";.2' P = aen.(e'—l')—cos.(d'—l')taug.z' sen.{e'—i'—z') Siano ora A la latitudine giovicentrica del satellite , p il suo raggio vettore; À' la latitudine geocentrica di Giove, r la sua distanza dalla terra. Introducendo queste quantità nella pre- cedente equazione, si ha tosto la seguente rros.À'sen.z' r.z' cos./l.'sen.i'' / \ P cor.Asen.() dà z'cns.X'-, in seguito l'e- quazione {a) dà p, da cui tosto si avrà il semiasse maggiore dell'orliita corrispondente alla osservata elongazione =-£• = /i- Del Professor Santini l 3^j Per ultimo , chiamata m la massa di Giovo espressa in parti delia massa solare, r la rivoluzione siderale del quarto satellite, T la rivoluzione siderale della terra, si avrà dietro gli ordinarii precetti t>ìi:UfA,K m = ^h^ {d) I ' j' dove log. -— = a,68o3337 ( secondo il mio risultato ) i = 2,6808342. ( secondo Airy ). ' ' Qui avvertirò, che nel calcolo numerico si adoperarono tavole a cinque cifre, e si ebbe riguardo all'aberrazione della luce tanto nel calcolo dei luoghi di Giove, che del satellite^ togliendo dai tempi osservati il numero 493 ",2. r, e prenden- do i luoghi corrispondenti al tempo così corretto. i5. Esposti i precetti, dietro i quali si sono calcolate le superiori osservazioni, riferiremo nella seguente tabella i risul- tati finali ottenuti per la massa di Giove, rapporto alla quale si vuole osservare, che in alcune sere per alibreviare il calcolo si è preso il medio di due serie consecutivamente osservate ; ma si è poi scritto il risultato ottenuto due volte ad oggetto di conservare ad ogni determinazione lo stesso peso. Per av- vertire il lettore di questa circostanza, si è posto un accento sopra i numeri progressivi di quei risultati , che furono otte- nuti nel modo indicato. 348 Ricerche intorno alla massa di Giove JMesi, Gior. Genn. .835 Fcbbr. Marzo Aprile 3 e 3i 8 i5 23 2-5 5 12 IO 7 8 i5 Niun. prog. 4 5 6 7 8' 9' IO 1 1 I 2 i3 •4' i5' i6 17 18 '9 2C' 21' 22 23' 24' 20 26 JNIassa ili Giove =: ni 0.00096875 0.00097258 0.00095930 0.0009597.5 0.00094798 0.00094080 O.OCO9234Ò 0.00090354 0,00096354 o.cooq82i5 0.C0094782 0.00093566 0.000941 70 0.0C094855 o.oooq4855 0.000944 'o O.OCO(j444^ 0.0C095315 o.ocog53io 0.00094646 0.0C094646 0.00094352 0.00097048 0.00097048 0.00095085 0.CC093462 Digressione del satellite Occidentale . Orien. (luna vicina) Occidentale (sera fosca) Orientale Occidentale Orientale \ Occidentale ^Orientale; (sat.deboliss.) 16. Se ora prendesi il medio di tutti i precedenti risul- tati, trovasi m = o,oooq5238 =: — ^ — . Oui per altro si deve avvertire, che le osservazioni dei giorni 8, e i5 Febbrajo riusci- rono evidentemente erronee per le circostanze speciali di sopra riferite; incerta pure è da riputarsi l'ultima osservazione del i5 Aprile per la soverchia debolezza del satellite. Mentre per- tanto tutte le altre osservazioni rimangono sottoposte agli stessi Del Professor Santini " ^49 errori eventuali in più, ed in mono nella stima della coinci- denza del satellite col lembo di Giove^ meritano queste per speciali circostanze una minore fiducia, e quindi devonsi esclu- dere dal risultato medio. Prendendo pertauto il medio delle rimanenti nò determinazioni, si avrà ?72 == O,O0O053l2 = '- . Il Sig. Airy nella sua memoria più volte citata trova log. «7 = 6,9793529 ; e quindi m = c,ococ)5356 = — ' , il quale risultato si accorda col precedente al di là di quanto potevasi sperare in argomento cosi delicato, e con metodi così diversi. Sembra pertanto, che d'ora in avanti debbasi senza contraddizione ritenere m= in numeri rotondi, sic- 1049 come quel valore, che risulta dalle massime digressioni del quarto satellite, e rappresenta in pari tempo lodevolmente le perturbazioni dei nuovi pianeti , e delle comete conosciute a breve periodo. SCOLIO. . .' 17. Quantunque troppo scarso sia il numero delle digres- sioni orientali, ed occidentali osservate di sopra, pure ad una semplice inspezione suU' andamento dei risultati pare potersi dedurre, che il valore della massa dedotto dalle digressioni occidentali tenda alcun poco a superare quello dedotto dalle digressioni orientali ; intorno a che è degno di essere ram- mentato, che r osservazione delle digressioni orientali riusciva sempre più difficile di quella delle occidentali ; perchè si ri- scontrò costantemente la singolare circostanza, che il satellite condotto in vicinanza del disco di Giove si indeboliva a segno da non potersi giudicare del contatto se non in virtù di pie- .'ì.'Jo RlCEKCIIE INTORNO ALI, A "MASSA DI ClOVE cole librazioni date al micrometro per tarlo ruotare intorno al suo asse. Accadde eziandio al Sig. Airy di riscontrare una differenza analoga nei valori di m dedotti dalle proprie osser- vazioni ; ond'' ei ragionevolmente lu indotto a sospettare, che oltre gli errori eventuali delle osservazioni (che in una lunga serie devonsi distruggere vicendevolmente ) vi fosse un errore costante d'incognita origine, quale per eSempio esser potreb- be un errore nell'eccentricità dell'orbita, che in una digres- sione operasse in un senso, nell'altra in senso contrario. Noi ci proponiamo di indagare col metodo dei minimi cjuadrati , se sia ammissibile nella serie delle superiori osservazioni un errore di tale natura, e quale questo esser potreblie. Innanzi tutto osserveremo , che se vi è una piccola in- certezza nella misura di z, (juesta non influisce nel calcolo del coefficiente — ; *"'" "'' „ — r- , che entra nel valore di li, Aco5.Asei).(5 — 1.—~) e perciò si può stabilire in ogni sera 771 = Cz\ i8. Sia ora e V errore eventuale dell'osservazione in una sera qualun({ue ; e l'errore costante, di cui devonsi diminui- re i valori di z osservati nelle digressioni occidentali, ed au- mentare quelli delle digressioni orientali. Essendo il valore di 7)1 molto prossimo al numero o,ocog5 , che porremo = M, rappresentisi il vero valore della massa per Mx*: in tal guisa si avranno le due equazioni M.f^= C.(::'— e -H e)' 771 = C^'3 dalle quali deducesì y m 2' Del PnOFESsoK Santini 3S.lf; Pongasi per maggiore semplicità saranno y^ e ^i due numeri piccolissimi^ il secondo dei quali si calcolerà facilmente per ogni valore particolare di m della superiore tabella. Con queste posizioni la precedente equazio- ne diviene ^z -h (i -+■ n)y = ^^ donde ricavasi e= e ■+-^z'-i-[i -i-{.i)z'.y per le digr. occidentali; similmente e= — e -i-^s'-t-(i -H^jz'.j per le digr. orientali. Riducendo a numeri i secondi membri di queste equazioni dietro i valori di w, e di z superiormente riferiti si formano per ordine le seguenti equazioni. 00-2 Ricerche intorno alla massa di Giove (<) • . . . e =■ — 3",332, -»- e H- 5o9",27.j (^) • . . . e= — 3, 474 -t- <^ -+- 5io, Sg.y (3) . . . . e = — f , 866 -H e -+- 556, Co./ (4) • . .e= — I, 900 -4- e -f- 557, 07.7 (5) . . . e = -f- 0, 3o2 -H- e H- 53 1 , 10./ {(-,) . . . e = -H 1 , 722 -i- e -¥- 029, 93 .y (7) • . . e =-(-5,062 — e -4- 537, 86.J? (r,)' . . . e — — 2, 1 54 H- e -+- 4'^45 49-7 {'))' • . . e = — 2, i54 -H e -4- 404^ 49-/ (IO) . . . e =— 5, 534 -+- e -H 494' 90-7'? (I.) . . . . e =: -+- 0, 356 — e H- 462, 1 2.y (,a) . . . e=-H2, 5i3 — e -4- 495, 35./ (i3) . . . . e = -f- 1 , 439 — e -+- 494' 4^-7 (>4)'. . . e =:-!- 0, 245 -<- e -4- 4">0, 4-^7 (.5)'. . . e := -¥• e. 245 ■+■€-¥- 489? 43./ (i6) . . . . e =-H I , c32 -+- e -+- 497^ 16.7 ('7) • . . e = -4- 0, 878 — e -t- 45o, 75.7 (uS) . . . e = — 0, 498 — e -4- 453, 32 . 7 ('9) • . . e =— 0, 5oo — e -i- 453, 87.7 M' . . . e = -H 0, 587 — e -f- 489, 47-7 M- . . e = -1- 0^ 587 — e -H 489, 47-7 M ■ ■ . . e = -4- i, c53 — e -+- 448, 22.7 (.3)'. . . e = — 3, 264 -4- e -4- 456, 39.7 {■24r . . . . e =— 3, 264 -H e -4- 456, 297 (ao) . . . e= — 0, 133-4-C-4- 44^' 9-^' -7 (^'') • . . e =-f- 2, 33i — e -{- 434, IC.7. Del Professor Santini - 353 19. Apparecchiate così (jueste equazioni, le ho risolute de- terminando i valori di e, e di j per modo, che la somma dei quadrati degli errori eventuali e divenisse minima; i ." ritenen- dole tutte; a." escludendo le due (7), (io) corrispondenti ai giorni 8, i5 Febbrajo , facendo uso dei metodi proposti dal celebre Gauss nella sua Theorla Blotus Corp. Coel. e più dif- fusamente nei nuovi atti di Gottinga voi. I-III-IV per deter- minare al tempo stesso i valori plausibili di e, e j, ed i pro- babili errori delle loro determinazioni. Ho ottenuto in tal guisa i seguenti risultati. I .° Caso. Le equazioni ai minimi quadrati sono -H 265O00.C -+- 2,i2,i.,847 — 37,357= e -(- a lai ,840.0 -+- 6099072./ — 4360,4 = Y le quali risolute danno e = -Hi ",4' 472' H- 0,0395353. C — O5O0001377Y 7 = -^-OJOOoaa3736-^-OJOoocool6875.Y — 0,000013771.0. Si troverà la somma dei quadrati degli errori := 84,737; se I questa dividasi per 26, e dal quoto estraggasi la radice , si ' avrà l'errore probabile, che dirassi n= i"fio'ò. In seguitogli errori probabili in e, ed in / saranno per e . . . =±:n[/'o,o3g5u53 = ± o",359a per/ . . . = zt^i/o^oocoooi 0875 =it: 0,0007416. I valori plausibili di e, e di j corrispondendo al caso di C.=o, e di Y=o, saranno C=:-l-l",4l47^j 7 = -l-0,00022736. Di qui si avrà il valore plausibile della massa m, Tomo XXI. 45 354 Ricerche intouno alla massa di Giove wi = J\Ia;^=:M(i -4- v)^; rammentando, che ]M = 0,00095, ?i troverà m = 0,0000064 = — r— a.° Caso. Escludendo le due equazioni (7),(ic), si forme- ranno in vece le seguenti ai minimi quadrati -+■ 24,000. e -H ai64v8o.jK — 26,661 = G H- 2x645800.0 -t- 5564878,00.7 — 4349'9 = Y elle risolute, danno c = -)-i,"o732,-t-o,o43i82.C — o,coooi6oo.Y j = -H 0,00086221 -+- 0,00000018623. y—c,coooi68oC; la somma dei quadrati degli errori = 5ijo6r ; /z=± i"j47^5 l'errore probabile in e = it o",3o5 in / = =tz 0.000606. I valori plausibili di e, y, ??i risulteranno i seguenti; (.= -*-! ",0782; y=:-)-0,OOo3620i; /«=:0,00C o5 1082:= r—r . ' i ■ y ' - ' ■> j 00 1,5 II Sig. Airy, discutendo le proprie osservazioni, trovò l'errore costante c = -+-o,"oó3 in tempo, che corrisponde a o",95 in arco, cioè molto prossimo al valore da noi ottenuto per questo secondo caso. Si vuole tuttavia osservare , che i limiti fra i quali si possono sperare compresi i valori di e, e di 7 sono per il piccolo numero delle osservazioni troppo lati , e troppo dipendenti dagli errori eventuali delle osservazioni, l'influen- za dei quali nei risultati non può ritenersi , che svanisca in una si limitata serie di osservazioni; per la qual cosa reputo Del Professor Santini • 355*- migliore consiglio attenersi al medio aritmetico sopra stabilito^, che d' altronde è al precedente risultato sommamente vicino; attendendo che un maggiore numero di osservazioni fatte in circostanze più convenienti possano decidere intorno a questo importante argomento. Tavole per il calcolo delle posizioni giovicentriche del 4-° Satellite. 2,0." Le tavole dei satelliti pubblicate dal Sig. De Lambre essendo particolarmente disposte per il calcolo degli ecclissi , non sono sotto una forma comoda per calcolare la longitudine giovicentrica, ed il rapporto -2. = A , di cui si abbisogna nei calcoli superiori; perciò abbiamo stimato opportuno di riferire le seguenti fondate sulla teoria di Laplace, le quali, quantun- que calcolate per l'anno i835, si possono facilmente estendere ad un anno qualunque coU'ajuto dei moti medii inseriti nella tavola delle epoche. Esse si appoggiano alle seguenti formule, nelle quali per maggiore comodo nella riduzione delle osser- vazioni si e adottato la divisione sessagesimale in luogo della centesimale assunta da Laplace nella sua Meccanica celeste, e ritenuta anco dal Sig. Airy nella sua Memoria. (I) 356 RlCEKCHE INTORNO ALLA MASSA DI GlOVE Longitudine nell' orbita v''z= 6"'-f- 3oo2,";,o7.sen.(0"'— vi"') \ ^- i3,65.scn.2(/)'"— sr'")) — io", iG sfn.(0" — 0") \ — 4, 58.sen.2(6'"— 0'")) [a) — 7i",52.sen.(r— w") .... (Ili) ^- 4,2i.scn.(20"'— un) .... (IV) -H 2 1, 69.sen.(0"-+-CT"' — ali). . . (V) — i6",c4.sen.[^768i",8i-^3i',9i988] — I iSj So.sen.V (E) (I) (II) ■j- =A=i,ooco94 — 0^007278.005.(0'"— ct'") — 0,000026.003.2(0" — 2t"')^ -4-0,000 II 3. COS. (O'—O'") ; [h) -+-0,000020.005.2(0" — 0'"), -1-OjOOO 173.005.(0" — w") . . . (Ili) —0,00001 5. cos.(20"'—2n) . . . (IV) — c,oooo53.cos.(0"-4-zt"' — sii) . . (V) Rapporto a queste forinole vuoisi osservare: 1°, che i sim. boli 0", ct", 0", rr' ecc. hanno gU stessi significati, che nella meccanica celeste, ed è per conseguenza inutile di definirli; Del PftOFESsou Santini 357 ^2.°, che r equazione {a) dà la longitudine del z^." satellite nell' orbita^, ed è quella della pagina i^3 della Meccanica celeste, liducendo i coefficienti a secondi sessagesimali ; 3° che il va- lore di -^ dato dall' equazione (b) è quello stesso sviluppato da Airy dietro le formule della Meccanica celeste, e trasfor- mato in forma comoda ad essere ridotto in Tavole. 2.1. Ciò premesso, ecco la composizione delle seguenti Tavole. La tav. I dà la longitudine media giovicentrica 6" del satellite per l'origine di cadaun mese del i835, ed il suo incremento per i giorni, per le ore, e per i minuti. L'epoca è stata corretta dall'errore rimarcato da Airy, e coincide con quella delle tavole del Sig. De Lambre. La stessa tavola dà le epoche degli Argomenti ì. H. III. IV, in gradi centesimali^ dai quali si forma l'Argomento V=IV — I. La colonna E unita alla Tavola I dà il valore delle due ultime equazioni (E) della longitudine, le quali variando con molta lentezza comodamen- te si uniscono all'epoca dei moti medii. Volendo calcolare dietro queste tavole la longitudine giovicentrica per un' altro anno, questa colonna deve omettersi, sostituendone una simile calcolata per 1' anno proposto dietro i due ultimi termini dell' equazione (a). I Le tavole II, IHj danno le equazioni della longitudine rese positive per maggiore comodo di calcolo. I Allo stesso modo con i medesimi argomenti le tavole IV, V, danno il valore di -^ . L' esempio riferito in fine mostra chiaramente il modo di condurre il calcolo, ed addita la som- ma delle costanti aggiunte per rendere positive le equazioni della longitudine, che devonsi poi togliere in fine. aa. Ottenuta la longitudine v'" nell'oibita, le seguenti formule ricavate dietro i precetti della pag. i4? del citato IV voi. della Meccanica celeste daranno la longitudine del uodo che porremo = o, la latitudine giovicentrica A del 4° satel- lite, e la longitudine giovicentrica 6' ridotta all' ecclittica per il principio degli anni ]835-i836. 358 Ricerche intorno alla massa di Giove i835 . . . o~ò3S\s.6'. 5a",44 ) i836 . . . o'= 335. o3. 28, 3:> var. aii. = — o'-a^'sia i835 . . . A= a.''4'.37",g2sen.(t)" — o') j836 . . . A=a. 4.46,56sen.(u"'— o') i835 . . . d'=.v'' — 67",8o6 son.(2u"' — aa) i836 . . . a'= -y'"— 67, 896 sen.(2T/"— oq) Si è stimato inutile ridurre a tavole queste l'ormale, che per la loro grande semplicità, ciascheduno può calcolare con le minori tavole logaritmiche a 4 cifre. Del Professor Santini • SSg Tavola I. Epoche della longitudine media, e degli Argo- menti delle perturbazioni del 4-''* satellite per i mesi dclV un- no i835. ( Tempo medio al meridiano di Padova contato da] mezzodi ; 38.' 8" all' Oriente di Parigi ). I 8 3 5 Mesi e Gennajo 0 Febbrajo o Marzo 0 Aprile o Maggio 0 Giugno o Luglio 0 Agosto o Settembre 0 Ottobre 0 Novembre 0 Dicembre oGennajo i836 Longit. Media = 0'" 33.°53'. 34^. 35. 226. 35. 175. 17. loa. 25. 5.. 7. 338. i5. a86. 57. 235. 4o- 162. 48. Il I, 3o. 38. 38. 347- 20. 26".9 42/5 IO, a 25, 8 25, 5 4-, ' 4o> 7 56, 4 12, o 11,6 27, i 26, 9 42, 5 Arg. I i68,"3i III, 25 382, 29 SaS, 22 244, 19 187, i3 ic6, 10 49. 04 391, 97 3 IO, 94 253, 88 172, 85 ii5, 78 Arg . li Arg. 111 = e" -e"' =e''. -v" 23° ,63 245, -95 2.3, 79 188, 7' 3o8, 98, 256, i3 29 5i 59, 2, 321, 59 34 14 46, 204, 67 83 263, i8i. 90 70 395, i85, c4 20 125, 68, 45 21 343, i33, 42 58 387, 329, CI 291, 81, 79 95 248, 191, 56 32 Arg. IV =25'"— ali 322° ,"4 .46",3 212, 33 I. à,% 3 349, 35 — I. 5i, 8 229, 64 — I. 54,4 6a, 17 — I. 56, 8 34^> 45 — I. 58, 9 "74, 99 —2. I, 0 bó. 27 —2. 2, » 335, 55 — 2. 4. 3 168, c8 .^2. S. 7 48, 37 — 2. 6, 9 38o, 90 —2. 7. « 161, 18 — a. 8, 6 36o RlCF.RCUE INTORNO ALLA JIA-SA DI ClOVE l-oiitìniiazìone delia Tai'ola J . 3Io\'iint'nio della longitudine media e degli Argomenti per i giorni^ per le orc^ e per i minuti. Giorni Lonf;it. Media Arg. I. Arg. li. Arg. III Arg. IV. I 21 ."3-(.' i6",o -j/ 6.;, 88 47, 92 9,5, 5o 3 (.-i. 42. 4S, 0 ?■' 00 9.5, 82 ?'> 88 143, 2b 4 iiO. 1-. 4, 0 q5, 8Ó 127, -6 95, 84 '9'i co 5 IO". o\. 20, 0 119, 83 l59, 70 119, 80 238, 70 6 120. 25. 3(J, 0 143, 79 191, 64 143, 76 286, 5r - iSo. .5o. 52, 0 i6:> -6 223, 58 167, 72 334, 26 8 172. 34. 8, 0 19:, 73 255, 53 191, 68 382, CI 0 "14- "• =-fi <^' 21 ), 69 2«7= 47 21 5, 64 29, 76 IO 2 IO. 42. 4c, 0 23iJ, 66 319, 4r 239, 60 . . ' bi II a3-. 'G. 56, 0 263, 62 35 1, 35 263, 56 12.5, 26 12 2.18. 5r. 12, 0 287, 59 383, 29 287, 52 173, 01 1 :ì 280. 20. 28, 0 3i I, ao i5,' 23 3i I, 43 220, -6 H 3oi. 5i). 44, 0 335, 52 4^' '7 335, 44 268, 52 i5 3^3. 34. e, 0 359, 49 79> "■ 359, 40 3i6, 27 ib 345. 8. 16, 0 333, 45 III, c5 383, 36 364, oa I T 6. 42. 32, 0 ; > 42 142, 99 7j 32 II, 77 i8 28. 16. 48, (j 3i, 38 1-4, 93 3r, 28 59, 52 '9 49. 5 1. 4, 0 55, 35 206, 87 55, -4 107, 27 2C 71. 23. 20, 0 :9. 3i 238, 81 79> 20 i55, e 2 21 ()2. Sg. 36, 0 io3, 28 270, 70 io3. 16 202, 77 22 1 14. 33. 52, 0 i^7> -4 3c2, 69 127, 12 250, 52 2Ò i36. 8. 8, 0 .5,, 21 334, 63 i5i, e 8 298, 28 24 167. 42. 24, 0 '-■J, .8 366, 58 .75, 04 W', c3 2'> 179. 16. 40r 0 "J9' '4 398, 52 199, co 393, 7» 26 200. 5o. 56, 0 223, 1 1 3o, 46 222, 96 4>, 53 2- 222. 2.3. 12, 0 247 > e 62, 40 246, 92 89, 28 28 243. 5q. 28, 0 27 I> c4 94. ^ 27C, 88 i37, c3 29 265. 33. 44, 0 29J, co 126, 28 294> 84 184, 7» 3o 28^. 8. 0, 0 3 18, 97 i58, 22 3i8, 80 232. 53 Si 3o8. 4^. 16, 0 342, 94 190, 16 342, 76 280, 28 Del Professor Santini 36 i Continuazione della Tavola I. Blovlniento della longitudine media e degli Argomenti per le ore. Ore Longit. Media Arg. I Arg. II Aig. III. Arg. IV I 2 3 i 6 o.''53.' 55" ,7 i. 47. 5i, 3 2. 4'. 47> ° 3. 35. 42, 7 4. 29. 38, 3 5. 23. 34, 0 e," 999 i> 997 2, 996 3, 994 4, 993 5, 991 i,"33i 2, 66is 3, 993 5, 023 6, 654 7, 985 o^998 i> 997 a, 995 3, 993 4, 99' 5, 990 i°,990 3, 979 5, 969 7, 9.58 9> 948 II, 908 9 IO 1 1 12 6. 17. 29, 7 7. II. 25, 3 8. 5. 21, 0 8. 59. 16, 1 9. 53. 12, 3 IO. 4?- 8, 0 6, 990 7> 989 8, 987 9, 986 10, 984 11, 933 12, 981 i3, 980 i4> 979 i5, 977 16, 976 17, 974 9, 3i6 10, 647 11, 978 i3, 3cg 14, 640 i5, 970 6, 988 7, 986 8, 984 9, 983 10, 981 11, 980 •3, 927 i5, 917 17, 9c6 19, 896 21, 886 23, 876 i3 '4 i5 i6 i? i8 11. 41. 3, 7 12. 34. 59, 3 i3. 28. 55, 0 14. 22. 5o, 7 i5. 16. 46, S 16. IO. 4^> 0 17, 3oi 18, 632 19, 963 21, 294 22, 624 23, 955 12, 978 i3, 976 >4> 974 i5, 972 16, 970 17, 968 25, 865 27, 855 29, 844 3i, 834 33. 823 35, 8i3 19 20 21 22 23 24 17. 4. 37, 7 17. 58. 33, 3 18. 52. 29, 0 19. 56. 24, 7 20. 4°- 20, 3 21. 34. 16, 0 18, 973 »9> 971 20, 970 21, 969 22, 967 23, 966 25, 286 26, 617 27, 948 29, 279 3o, 610 3i, 94' 18, 967 19, 967 20, 965 21, 963 22, 961 23, 960 37, 802 39, 793 41, 782 43, 772 45, 762 47, 75' i i Moti annui Longitudine Media per 365f=3i3.°37.'i5",692 366 = 335. 1,3:, 688 53 '9 ì L \.rg. I. per 365l'=v47,°47i8( 366=371, 4374' \rg. II. per 365= 58, 3i93c 366^ 90, 2599( \rg. III. per 365=345, 368r 366zz369, 3280C \rg. IV. per 36.5=229, i38cE 366=276, 8891. Torno XXI. 46 302 RlCEIlCllE INTOKXO .ALIA DI :\IAS5A ClOVE Continuazione della 'J'a\-ola I. Dlovimcnto della longitudine media e dei^li Argomenti per i minuti. 3Ioto pc r i nimuii. Miii. Long. m. Arg. I. Aig. II. Ars III. Arg. IV. I t .'ó:!, '.) e. "e I- 0. 022 0. 017 e. o33 2 ■■4:> '' 0. c33 0. c44 e. e 33 0. c66 3 2. ^I, !i 0. C.JO 0. cO- 0. c5o 0. C99 4 3. o-j, '^ 0. 0G7 0. 089 0. cO-- 0. i33 5 4- 21, t) 0. c83 0. 1 1 1 0. c83 0. 16G 6 r>. 23, 6 0. ICO 0. i33 0. 100 0. 199 - (.. 17, ó 0 . 1 1 ~ 0. i55 0. I IT 0. 232 a :■ 'I. -+ 0. lo-l 0. 177 0. i34 0. 265 <) !!. 5, 3 0. i5u e. 199 0. i5o 0. 298 ic a. ó.,, 3 0. 167 0. 222 0. 166 e. 332 1 1 9. 53, 2 0. i8J 0. 244 0. i83 e. 365 I£l IO. 47, : 0. 200 0. 26O 0. 200 0. 398 i3 li. 41, I 0. 217 0. 288 0. 216 0. 431 i4 12. 35, 0 0. 234 0. 3io 0. 233 0. 464 i5 i3. 28, 0 0. 25 f 0. 333 0. 249 0. 497 i6 .4. 22, 8 0. 2(i8 0. 355 0. 266 0. 53i !" i5. iG, 8 0. 284 0. 377 e. 282 0, 564 lil 16. ic, 7 c. 3oo 0. 400 0. 299 0. 597 19 17. 4, 6 0. 3l7 0. 4'^^ 0. 3i6 0. 63o 20 I-. 58, 0 0. 333 0. 444 0. 333 0. 663 21 18. 5j, 5 0. 35o 0. 4''0 0. 35o 0. 696 2il .9. 4<., 4 0. 367 0. 488 0. 366 0. 729 23 .10. 40, 3 0. 384 0. 5ii 0. 382 e. 7Ò2 M 31. 34, 3 0. 400 0. 533 0. 399 0. 796 25 22, 28, 2 0. 417 0. 555 0. 416 0. 829 20 23. 22, 2 0. 434 0. 5-7 0. 433 0. 862 2- 24. iC, , 0. 451 0. 5g9 0. 450 0. 895 23 2.J. IO, 0 0. 468 0. C22 0. 466 0. 928 2.7 26. 3, 9 0. 484 0. 044 e. 482 0. 961 00 2C. 57, 8 0. 5oo 0. l.iiG (-'. 4'»o e. 905 Del Professou Santini 363 Continuazione della Tavola I. Movimento della longitudine media e degli Argomenti per i minuti. Moto per i minuti. ]Min. Long. m. Arg. I. Arg. li. Arg. III. Arg. IV. 3i 27.' 5., "7 0. 517 0. 688 0. 5i6 I. C28 3a 28. 45, 6 0. 534 e. 710 e. 532 I. 061 33 29. 39, 6 0. 55o 0. 733 0. 549 1. 094 34 3o. 33, 5 0. 567 0. 755 0. 566 1. 127 35 3i. 27, 5 0. 583 °- 777 0. 582 I. 160 36 ^7 òi.. 21, 4 0. 5g9 e. 799 0. 598 0. 6i5 I. 194 33. i5, 3 0. 616 0. 821 I. 227 38 34. 9, 2 0. 633 0. 843 0. 632 I. 260 39 35. 3, a 0. 649 0. 865 0. 648 I. 293 40 35. 57, I 0. 666 0. 888 0. 665 I. 327 4' 36. 5i, I 0. 683 0. 910 0. 682 I. 36o 4^ 37. 45, 0 0. 699 0. 932 0. 698 I. 393 4'i 38. 38, 9 0. 716 0. 954 0. 715 I. 426 44 39. 32, 8 0. 733 0. 976 0. 732 I. 459 45 40. 26, 7 0. 749 0. 999 0. 748 1. 492 46 41. 20, 6 0. 766 I. 021 0. 765 1. 525 47 4a. i4, 6 0. 783 I. 043 0. 782 I. 553 48 43. 8, 6 0. 799 0. 816 I . o65 0. 798 I. 592 49 44. 2, 5 I. 008 0. 8i5 I. 625 5o 44. 56, 4 0. 833 I. Ilo 0. 832 I. 658 5i 45. 5i, 7 0. 85o I. l32 0. 849 I. 691 53 46. 44. 4 0. 867 I. 154 0. 866 .. 724 53 47. 38, 3 0. 883 I. 1-6 0. 882 I. 707 54 48. 32, 2 0. 899 I. 199 0. 898 I. 790 55 49. 26, I 0. 916 I. 22 r 0. 915 I. 823 56 5o. 20, 0 0. 933 1 . 243 0. 932 1. 856 57 5i. i3, 9 0. 950 I. 265 0. 949 1. 889 58 52. 7, 9 0. 966 I. 287 0. 965 I. 928 59 53. ., 7 0. 983 1 . 3 1 0 0. 982 I. 956 60 53. 55, 7 0. 999 I. 33 1 0. 998 I. 990 364 RtCEUCIIE IXTOllNO AIXA INIASSA DI GlOVE Tavola li. Kijuazlone del centro; Arg. I. z= 0'" — is'" A,g. Ki|u.i/uini: l)illei.'ii/„i A.-^. , F.([ll.l7,lnnL' Dim-rci.za 0 I o 3 4 5 5o. 49, 7 5i. 3~, 3 52. 24, 8 53. 12,3 53. 59, 8 + 47"/> 47,6 47,5 ^7> •' 47.''^ 47>4 47, 3 47. i 47, • 47, e ¥, 9 46, 8 4'', 7 46. 5 4", 3 46, 2 46, 0 4-^ 7 45, 5 45, 3 45, I 44, 8 44,5 44. 3 44, > 43, 7 43, 4 43, I 42, 8 4^,4 4^, 1 4", 7 4', 4 4"^, 7 40, 2 39, 7 39, 5 38, 8 08, 6 33, 0 37, 6 3-, 0 36, 8 36, 2 35, 6 35, 2 34, 6 34, I + 33, 7 5o 5i 52 53 54 55 I. "20. '38 ',5 I. 26. 11,5 I. 26.44,1 I. 27. 16, I I. 2". 4-, 5 I. 28. 18.4 -(- 33",o 32. 6 32, 0 3., 4 3o, 9 3o, 2 29, 7 29, I 28, 5 27 > 9 27, 2 26, 7 a6, I 25,4 24, 8 24, I 23, 4 22, 8 22, ù. 21, 5 2C, 8 20, 2 19, 6 18, 6 18, I 17,4 16, 7 :5, 9 ,5, 4 .4, 5 i3, 9 i3, 2 ,2, 5 "> 7 IO, 9 IO, 2 9, 6 8, 8 8, 0 7, 4 ù, 6 il 4,4 3, 5 2, 9 2,3 1,4 0, 6 -+- e, 0 0 H 9 ir 0. 54. 47, 2 55. 34, 5 56.21,8 57. 8,9 57. 55, 9 56 57 58 59 60 I. 28. 48, 6 I. 29. i8, 3 I. 29. 47,4 I. 3o. i5, 9 I. 3o. 43, 8 1 1 li e. 58. 4^) ^ e. 59. 29, 6 I. 0. i(), 3 .. I. 2,8 I. I. 49. I 6! 6a 63 64 65 I. 3i. 11,0 I. 3i. 37, 7 I. 32. 3,8 I. 32. 29, 2 I. 32. 54, 0 17 l'I 1 . 2, 30, 3 1 . 3. 21 , 3 I. 4. 7,0 1. 4.52,5 I. 5.37.8 65 67 68 69 70 1. 33. 18, I i. 33.41,5 .. 34. 4,3 I. 34. 26j 5 I. 34. 48,0 21 2.S 25 I. 6.22,9 r. 7. 7,7 I. 7. 52,3 I. 8.36,5 I. 9 20, 6 7' P 74 75 I. 35. 8,8 I. 35. 29, 0 I. 35. 48, 6 I. 36. 7,2 I. 36. 25, 3 26 2I> 3o 1. 10.4,3 I. IO. 47,7 I. II. 3o', 8 I. 12. i3, 6 r. 12. 56, 0 76 77 78 79 80 I. 36. 42, 7 I. 36. 59,4 I. 37. i5, 3 I. 37. 3o, 7 1. 87. 45, 2 3i 32 33 3-t 35 I. i3. 38, I I. i4- '9, 8 I. ]5. 1,2 1 . 1 5. 42, 2 1 . 16.22,9 81 82 83 84 85 1 . 37. 59, I I. 38. 12, 3 I. 38. 24, 8 I. 38. 36,5 I. 38.47,4 3(j 3? 38 39 40 I. IT. 3, ( i. .7-4^,8 I. 18. 22,3 I. 19- 1,1 I. II). 39, 7 86 87 88 89 90 I. 3S. 57,6 I. 09. 7, 2 I. 39. 16, 0 I. 39. 24, 0 I. 39. 3i,4 4' 42 43 44 40 I. 20. 17,7 I. 20. 55, 3 I. 21. 32, 3 i. 22. 9, I t. 22. 4.5, 3 9' 92 93 94 95 96 97 98 99 100 I. 39. 38, 0 I. 39. 43, 9 I. 39. 49, I I. 39. 53, 5 I. 39. 57, 0 46 47 48 49 I. 23. 20, 9 I. 23. 56, I I. 24. 3o,7 I. 25. 4,8 I. 25. 38, 5 I. 89. 59, 9 I. 40- 2, a r. 40. 3, 6 I. 40- 4, 2 r. 4c. 4, 2 Del PuoFESsoa Santini 665 Continuazione della Tau, II. Eqiiaz. del centro; Arg. \==-0" — zr'" Arg. 100 lOI I02 10-3 104 lOÓ 106 107 io8 109 I IO 121 123 123 ia4 125 Ei|iia 126 127 128 129 i3o i3i l32 i33 i34 i35 i36 .37 i38 139 140 "74? .42 143 144 145 "746 148 149 i5o "40/ 4",2 40. 3, 4 40. 1,8 39. 69, 6 39. 56, 5 39. 52, 8 39. 48,3 39. 43, I 89. 37, I 39. 3o, 4 89. 23, o 3g. 14, 8 3g. 6, o 38. 56, 4 38. 46, o 38. 35, o 38. 23, 3 38. 10,8 37. 57, 7 37- 43, 7 37. 29, a 37. i3, 9 36. 57, 9 36.41,4 36. 24, I 36. 5, 9 35. 47, 4 35. 28, o 35. 8, o 34. 47, 2 34. 26, o 34. 3, 9 33.41,3 33. 18, I 32. 54, 3 32. 29, 6 32. 4,4 3i. 38,8 3i. 12, 3 3o. 4.5, 4 3o. 17,8 ^9- H9, 7 29. 21, o a8. 5i,7 a8. 21, 8 27. 5i. 4 27. 20, 5 26. 48, 9 26. 16, 9 25.44,3 q5. II, 3 iJitlVrenza — o",8 1,6 a, 2 3, . a, 7 4, 5 5, 2 6, o 6, 7 7-4 8, 2 8, 8 9, 6 IO, 4 11,0 "' 7 12, 5 i3, I 14, o 14, 5 i5, 3 16, o 16, 5 17, 3 18, 2 18, 5 19: 4 20, o 20, 8 21, 3 22, I 22, 6 23, 2 23, 8 24> 7 25, 2 -5, 6 26, 5 26, 9 27, 6 28, I 28, 7 29, 3 29. 9 30, 4 3o, 9 3i, 6 82, 0 82, 6 — 38, o Art'. 96 97 98 99 200 Equaz :-2.s. . 24. . 24. . 23. . 22. . 22. li', 6 37,6 3, 5 28,9 53, 9 18, 6 21. 21, 20 19 19, 42,3 5,7 28,9 5i,5 i3,7 18. '7- 16, 35,5 56,8 17,8 88,3 58, 5 i5. '4- i3. IO. 12. 87,8 56, 8 i5, 6 34, o 1 1. II. IO. 9- 9- 52, o 9,8 27,3 44,4 I, 2 ■7, 9 34,3 5o, 8 6,1 21,8 87, 1 52,4 7.3 22, I 36,7 5i, 2 5,5 19, 6 38,6 o. o. o. 59. 0. 58. o. 57. 47, 5 o. 57. o. 56. o. 55. o. 54. o. 53. 1,3 i5, o 28,5 42, o 55, 5 o. 53. O. 53. o. 5i. o. 5o. 0. 5o. S.9 22, 3 35, 5 48,8 U.ile - 33",7 34, I 34, 6 85, o 35, 3 36, 3 86, 6 36, 8 37= 4 87,8 38, 2 88, 7 89, o 39, 5 39, 8 40, 3 40,4 4', o 41, 2 41, 6 42, 0 43, 2 42, 5 42, 9 43,3 43, 3 43, 6 44, o 44, ^ 44,3 44, 7 44, 7 45, I 45, 3 45.4 45,5 45, 7 45, 9 46, o 46, I 46, 2 46, 3 46, 5 46, 5 46,5 46, 6 46, 7 46,7 46, 7 -46, 7 3('i6* Ricerche intorno alla _-\r.\ssA di Giove Continuazione della Tav. IL Eqxiaz. del centro; /Èrg. I .:=0"—Z!" A 1 ii'ini. 1 <(u, 7 4^,7 ¥'. ' 4<., (, 46, 5 4'', 5 46, :, 4", 3 46, 2 46, 1 a5o" 25 r 352 253 2.54 2..) 5 o."i4.'.52,'9 0. 14. 19, 9 0. 13.47, 3 0. i3. i5, 3 0. 13. 43, 7 0. 12. 12, 8 - 33,''o 32, 6 32, 0 Si, 6 3o, 9 3o, 4 20 6 : 07 0. 0. 45. 22 44.35 5 ■" 2:16 2.')7 0. 0. 11.42, 4 I r. 12, 5 39, 9 39, 3 20, 7 s8, I 2C8 209 0. 0. 43. 49 43. 3 9 253 259 e. 0. 10.43, a IO. 14, 5 210 0. 43.16 7 2(,0 0. 9. 40, 4 27, 6 21 I 0. 41 . 3o 40.44 Si). oH 3.m3 38. 27 (1 261 0. 9. 18, 8 212 2l3 214 2l5 0. 0. 0. 9- 6 7 0 5 46, 0 4'"', 9 4:-, 7 40 , .j 45, 4 45, 2 262 263 264 265 0. 0. 0. 0. 8. 5i, 9 8. 2.5, 4 7- •'"'9, 3 7. 34, 6 2f), 9 26, 5 25, 6 2.5, 2 =4, 7 33, 8 23, 2 22, 6 216 21 '- 0. 0. 37.4, 36.56 9 266 267 0. 0. 7- 9, 9 6.46, I 0. 36. I I 8 4.), I 268 0. 6.22, 9 219 0. 35. 27 i 44, 7 269 0. 6. 0, 3 220 0. 34. 4i 4 44, 7 44, 3 44, ^ 44, ^ 270 0. 0. 0. 0. 5.38, 2 32, I 21, 2 20, 8 20, 0 19, 4 18, 5 18, 3 17, 3 16, 5 16, 0 i5, 3 221 222 223 0. 0. 0. 33. 58 33. j 3 32.29 I 9 9 2-3 5. 17, 0 4.56, 3 4.36, 2 224 22-5 0. 0. 31.46 3t. 3 3 0 43, 3 4?, 2 274 27 > 0. 0. 4. 1 6, 8 3.58, 3 226 0. 3o. 19 « 2-6 0. 3.40, I 2-29 0. 0. 0. 39.36 28.. 54 28. 12, 9 4 0, 42, 9 42, 5 4,,, 2 279 0. 0. 0. 3,22, 8 3. 6, 3 2..5o, 3 2J0 0. 27. 3o 2 42, 0 200 0. 2. 35, 0 20 1 0. 26.48, 6 41, 6 281 0. 2. 20, 0 14, 5 282 0. 26, -, 4 4', ^ 282 0. 2. 6, 5 14, 0 233 0. 25. 26 4 4r, 0 283 0. I. 53, 4 IO, I 13, 5 ", 7 234 235 0. 0. 24. 4^ 24. 5 0 7 4c, 4 40, 3 3,1, 8 284 285 0. 0. 1.40, 9 I. 29, 2 2Ì6 0. 23. 25 9 286 0. I. IO, 2 II, 0 233 0. 0. 22. 46 23. 7 4 4 09, 5 3o, 0 38, 7 „ 1 ; |-j 0. 0, I. 7, 8 0. 58, 3 IO, 4 9, 6 8, 8 239 0. 21.28 7 33, 3 209 0. 0-49, 4 8, 3 240 0. 20. 00 5 290 0. 0.41, 3 241 243 243 244 245 0. 0. 0. 0. 0. 20. 12 19. 35 18.53 ■ 8.21 17.45 7 3 5 9 6 37, 8 37,4 36, 8 36, 6 ò6j 3 3.5, 3 35, 0 34, 6 34, I — 33, 7 291 2.-) 2 2., 3 204 2^.) 0. 0. 0. 0. 0. 0. 33, 8 0. 27, I 0. 2t , 1 0. i5, 9 0. 1 1, 4 D> 7 6, 0 5, 2 4,5 3, 7 3, 1 0 0 7, 6 — 0, 8 240 247 248 { 249 0. 0. 0 0 17. IO 16.35 16. 0 15.26 , 3 3 7 296 297 293 299 3,0 0. 0. 0. 0. "• 7, 7 0. 4, 6 0. 2,4 0. 0, 3 2 >0 0 14 52 9 0. 0. 0, 0 Del Professor Santini 867 Continuazione della Tuv. II. Eqiiaz. del centro; /Jrg. I. =0'" — ct'" Argom. Ji (|uaziuiie Uilloreii/.a Argom. Kciuazioiie UiH'eifMiza 3oo 3oi 3oa 3o:i 3o4 3o5 0. 0. e. 0. 0. 0. " 0.' o,'^o 0. 0, 0 0. Cj 6 0. 2, 0 0. 4, 3 0. 7, 2 ■+■ o,"o 0, 6 '> 4 a, 3 2, 9 3, 5 6, a 5, 9 6, 6 7.4 8,0 8, 8 9, 6 10, a 10, 9 11, 7 12, 5 i3, a i3, 9 ,4, 5 1.5,4 i5, 9 i6, 7 i7>4 18, I 18, 6 ■9. 6 20, a ao, 8 ai, 5 aa, a 23, 8 -3,4 24, i =4,8 25,4 26, I 26, 7 27, a 27, 9 a8, 5 29, I -9.7 30, a 3o, 9 3i,4 32, 0 32, 6 -f-33, 0 35o 35i 352 353 354 355 o."i4.'25,"7 0. 14. 59, 4 0. i5. 33, 5 0. 16. 8, I e. 16.43, 3 0. 17. 18, 9 -*-33,"7 34, I 34, 6 35, 2 35, 6 36, 2 36, 8 37, 0 3-, 6 38, 0 38, 6 38,9 39,4 39, 7 40, a 4c, 7 41, 0 41. 4 4', 7 4a, 1 42, 4 42, 8 43. I 43.4 43, 7 44, I 44. 3 44, 5 44. 8 45, I 45. 3 45, 5 45, 7 46, 0 46, 2 46, 3 46, 5 46. 7 46, 8 46,. 9 47. 0 47. I 47.3 47,3 47.4 4?. 5 4:, 5 47.5 47, 6 H-47, 6 3o6 307 3o8 309 3;o 0. 0. 0. 0. 0. 0. IO, 7 0. i5, 1 0. 20, 3 0. i*), 2 0.32, 8 356 357 358 359 3 60 0. 17. 55, I 0. 18. 3i, 9 0. 19. 8, 9 0. iy.46, 5 0. 20. 24, 5 3ii 3ia 3i3 3.4 3i5 0. 0. 0. 0. 0. 0.4O1 a 0.48, 2 0. 57, 0 i. 6, 6 i. 16, 8 36i 362 363 364 365 0. 21. 3, I 0. 21.43, 0 0. 22.21, 4 0. ai. I5 I 0. 23. 4', 3 3i6 3i7 3i8 Sia 3^0 0. 0. 0. 0. 0. ^■'■^7' 7 1.39, 4 i.5i, 9 2. 5, 1 a. 19, 0 366 367 368 369 370 0. 24. 22, 0 0. 25. 3, 0 0. 25. 44, 4 0. a6. 26, 1 0. 27. 8, a Sai 322, 323 324 325 0. 0. 0. 0. 0. 2.33, 5 2.48, 9 3. 4, 8 3. 21, 5 3.38, 9 371 372 373 374 375 0. 27. 5o, 6 0. 28,33, 4 0, 29. 16, 6 0. 29. .5g, 9 0. 30.43, 6 326 827 328 329 33o 0. 0. 0. 0. 0. 3.57, 0 4. i5, 6 4. 35, a 4. 55, 4 5. 16, 2 376 377 378 379 38o 0. 3i. 27, 7 0. 32. 12, 0 0. 32. ,56, 5 0. 33. 41; 3 0. 34. 26, 4 3^1 332 333 334 335 0. 0. 0. 0. 0. 537,7 5.59, 9 6.23, 7 6.46, I 7. IO, 2 38i 382 383 384 385 0. 35. II, 7 0. 35. 57, a 0. 35. 4^) 9 0. 37.28, 9 0. 38. i5, I 336 337 338 339 340 0. 0. 0. 0. 0. e 0. 0. 0. 0. 7. 35, 0 8. 0, 4 8. 26, 5 8. 53, a 9.20, 4 9.48, 3 10. 16, 8 10.45, 9 11. i5, 6 11.45, 8 386 387 388 389 390 0. 39. I, 4 0. 39.47, 9 0. 4<^-34> 6 0. 41.21, 4 0. 42. 8, 3 341 342 343 344 345 391 892 393 394 395 0. 43. 55, 3 e. 43.42, 4 0. 44.29, 7 0. 45. 17, 0 0. 46. 4, 4 346 347 348 349 35o 0. 0. 0. 0. 0. 12. 16, 7 12.48, I i3. 20, 1 i3.52, 7 14,25, 7 396 397 3g8 399 4co 0. 46. 5i, 9 0. 47.39, 4 0. 4'^- 26, 9 0. 49. 14, 5 0. 5o. a, I 368 Rir.EnciiE ixTORNo Ai.r.A massa di Giove Ta\)ola IH, che contiene le equazioni II, III, IT, V. Aijiorn. Eiiua/.iuuc 11 1,4,1,,/uin.- Ili Ei|n.i/,ioiM' IV Kiiu.i/.;.iiie V 0 4 8 i6 20 0.' 12", 8 li, 0 IO, 4 0, 2 8, 1 7, 0 1/ II,' 5 7' f 2, 5 0. 58, 1 53, 7 49. 4 0'. 4-, 2 4. 5 4, 7 5, 0 5, a 5, 5 0.' 21, "7 23, I 24, 4 25, 8 27, I 28, 4 2-f ■6-2. 4" 0. 5, i\ 4> 9 3, 9 3, 2 2, 5 0. 45, 2 4'> ' 37, I 33, 2 29, 5 u. 5, 7 6, 0 6, 2 6, 5 (1, - 0. 29, 7 3o, , 3 4', 9 4^-3 84 88 9a 96 100 0. 0, 8 I, I 1, 6 2, I 2, 6 0. 2, 2 I, 3 0, 5 0, 1 0, 0 0. 8, 3 8, 3 8,4 8, 4 0. 42, 7 43, 0 43, 2 43,. 3 43, 4 104 108 112 116 120 0. i, 2 3, 9 4, 5 5, 2 5, 8 0. 0, I 0, 5 1, 2 2, 2 3, 5 0. 8, 4 8,4 8, 3 8, 3 8, 2 0. 43, 3 43, 2 43, 0 42, 3 12-f 128 i36 140 0. 0, 5 7; ' 7,8 8>4 8, •) 0. 5, 0 6, 8 8,8 II, I i3, rt 0. 8, I 8,0 7, 9 7, 8 ", 6 0. 41, 9 41, 3 4°, 7 40, 0 39, 3 144 .48 102 i56 t6o 0. 9, 5 IO, 0 IO, 4 IO, 8 11,2 0. ifi, 4 '9, 4 22, 5 25, 9 29, 5 0. 7, 5 7, 3 6, 9 6, 7 e. 38, 4 3-, 5 36, 5 35, 5 34,4 164 168 172 it6 180 0. 1 I, Li 11,7 12, 0 12, 2 12, 4 0. 33, 2 37, . 4', > t9, 4 u. 0, 5 6, 2 6, 0 5, 7 5, 5 0. 33, 3 32, I 3o, 9 29, 7 28, 4 ,84 i83 192 196 2C0 0. 12, 5 12, 6 >a> 7 12, 7 0. 72. 8 0. 53, ^ e. 58, i 1. 2, 5 ", 0 i, ir, 5 0. 5, 2 5, 0 4, 7 4, 5 0. 4' - 0. 27, I 25, 8 24, 4 23, I 0. 21 , -> Del PnOFESsou Santini 869 Continuaz. della Tav. III. che contiene le equazioni II. III. IV. V. Ariom. Eijiiaz. Il Equaz.m Equaz. IV Ei|u.iz. V N (J T A aoo 0.' 12", 8 ,.■,!, '5 0.' 4", 2 o'.2.,' 7 204 12, 9 16, 0 3, 9 20, 3 Arg.V=Arg.IV — Arg.I 208 12, 9 20, 5 3, 7 19, 0 212 i3, 0 24. 9 3,4 17, 6 Costante da togliersi 216 i3, I 29, 3 3,2 16, 3 dalla somma di tutte 220 i3, 2 33, 6 2, 9 i5, 0 le equazioni = 5i.'5a,"3 224 0. i3, 4 I. 37, 8 0. 2, 7 0. i3, 7 228 i3, 6 4'> 9 ^' 4 12, 5 282 i3, 9 45 > 9 2, 2 11, 3 a36 '4> ' 49. 8 '. 9 10, I 240 ■4.4 53, 5 I. 5-, , ', 7 9, 0 244 0. 14, 8 0. 1, 5 0. 7, 9 243 ,5,2 2. 0, 5 1,3 6, q 253 .5,6 3, 6 I, I 5, 9 206 16, I 6, 6 0, 9 5, 0 260 .6,7 9.4 0, 8 4, ' 264 0. 17, 2 2. II, 9 e. e, 6 0. 3, 4 268 17.8 14.3 0, 5 2. 7 272 18,5 16, 2 0, 4 2, . 276 19, I 18, 0 0, 3 I, 5 280 19, 8 19, 5 0, 2 I, I 284 0. 20, 4 2. 20, 8 0. 0, I 0. e, 7 288 21, I 21,0 0, I 0, 4 292 21, 7 22, 5 0, 0 0, 2 296 23, 4 22, 9 0, 0 0, I 000 23, 0 23, 0 2. 22, 9 0, 0 0, 0 3o-t 0. a3, 5 0. 0, 0 0. 0, I 3o8 24, 0 22, 5 0, 0 0, 2 3l2 24, 5 21, 8 0, I °, 4 ..— ' , 3i6 24, 8 20, 8 0, I 0, 7 320 25, 2 19, 5 0, a I, I 024 0. 25, 4 2. 18, 0 0. 0, 3 0. I, 5 323 25, 5 16, 2 <>. 4 2, 1 3i2 25, 6 14,3 0, 5 2, 7 336 25, 5 II, 9 0, 6 3, 4 340 25,4 9,4 0, 8 4> I . 344 0. 25, I 2. 6, 6 0. 0, 9 0. 5, 0 348 24,8 3, 6 ', I 5, 9 302 24, 3 2. 0, 5 I, 3 6, 9 356 23, 8 I. 57, I ., 5 7> 9 36o 23, I 53, 5 I. 7 9, 0 364 0. 22, 4 ■• 49. 8 0. I, 9 0. 10, I 368 21, 7 45.9 2, 2 11,3 372 20, 7 4', 9 2> 4 12, 5 376 '9' 7 37,8 2. 7 i3, 7 38o 18, 6 33, 6 a, 9 i5, 0 384 0. 17, 5 I. 29, 3 0. 3, 2 0. 16, 3 388 16,4 24. 9 3,4 17, 6 Soa i5, a 20, 5 3, 7 19, 0 , 396 14, 0 16, 0 3,9 20, 3 400 0. 12, 8 I. ir, 5 0. 4' ^ 0. 2 1,7 ' Tomo XXI. 47 370 RlCEKCHE INTOUNO ALLA MASSA DI GlOVE Tavola II', contenente il vaio '■e di P A. Arg. 7.=0"'-ct"' Arg. Argom. i=^ DitTereii/.a Arg. Argom. A = A h Differ. 0 itCU 0 992456 5o .■.5o 0. 904614 83 I 3o9 0. 992456 5i 34.) 0. 094''97 83 2 398 0. 992457 3 52 348 0. 9o4:'3o 84 86 3 39: 0. 992460 9 IO 53 34: 0. 994*'H 4 5 396 3q5 0. 90^469 0. 1192479 ^-4 55 846 345 0. 9949^0 0. O0'^o37 87 89 89 90 92 93 94 95 95 97 98 99 100 6 394 e. 9924H9 IO 56 344 0. 996126 7 393 0. 992500 i5 67 343 e. 995215 8 392 e. 9925i5 58 042 0. 9958o5 9 3gi 0. 992580 69 341 e. 995397 10 Ol|0 380 0. 992t>47 '9 60 340 0. 995490 1 1 0. 992566 61 339 0. 995584 12 388 0. 992586 20 62 338 0. 995679 i3 08- 0. 992609 28 68 3.37 0. 995774 "4 386 0. 092633 =^4 64 336 0. 996871 i5 385 0. 99i659 26 29 65 385 0. 996969 ìb 38-t 0. 992688 66 334 0. 996068 i^ 383 0. 992717 ^9 67 333 e. 096168 lOI 18 383 0.992749 32 68 332 0. 996269 lOI ■9 38i 0. 992782 33 69 3:!i 0. 996870 102 ^0 33o 0. 992817 35 37 38 70 33o 0. 996472 102 104 io5 21 3:9 0. 992854 7' 820 0. o9f'5:4 aa 3-8 0. Q92892 72 828 0. 006678 23 377 0. 99^982 40 73 327 0. 996788 loS 24 3-6 0.992974 33 46 46 74 326 0. 996888 106 25 3:5 0. 093017 75 325 0. 996994 106 107 26 3:4 0. 093063 76 324 0. 997100 S"» 3-3 0. 993109 "7 323 0. 997207 108 2S 29 372 3-j 0. 9981 58 0. 99'^2o8 49 5o 5i 78 79 322 321 0. 997815 e. 967424 109 108 io 3-0 0. 998259 80 320 0. 997582 3i 3ij,, 0. 99881 3 54 54 5- 81 3io 0. 997642 I IO 32 31.8 0- 993367 82 3i8 0. 997762 I II 33 36- 0. 998424 83 3.7 0. 99^863 I IO 3^ 366 0. 998488 59 62 63 66 67 69 84 3i6 0. 997978 I 12 35 365 0. 998042 85 3i5 0. 998085 I II 112 1 3t) 364 e 998604 86 814 0. 998196 37 363 0. 998667 87 3i3 0. 9o83o8 Il3 38 362 0. 998781 88 3l2 e. 998421 ii3 3q 36. 0. 99879-' 89 3ii 0. 998584 I 12 40 3 60 0. 998864 90 3io 0. 998646 ii3 .14 114 "4 41 359 0. 908988 9' 3og 0. 9987Ò9 42 358 0. 994008 92 3o8 0. 998873 43 307 0. 994074 "3 93 3o7 0. 998987 44 356 0.994147 "5 ')4 3o6 e. 909101 ii3 40 355 0. 904222 76 9b 3o5 0. 999214 ii5 "4 46 354 0. 004-98 06 3o4 0. 999829 353 0.994375 77 78 80 81 97 3o3 0. 999443 114 48 352 0. 9944'^3 08 3oa 0. 999557 ii5 4'» 35i 0. 904533 99 3oi 0. 999672 114 00 35o 0.994614 100 3oo 0. 999786 Del Professor Santini 371 Coni. della Tai'.IV^contenente ilvalore dì-^ = A; Ar".l.=zd"' — u'" fi, ^ Arg. 100^ Argom. A = A h Differen. Arg. i5o" Argom. JL=K h Differen. 3oo" 0. 999786 "4 ii5 250" I. C04906 78 lOI 299 0. 999900 i5i a49 1.004984 79 t8 75 74 73 102 io3 104 io5 106 298 297 296 295 I. ooooi5 • I. 000129 I. 000243 I. 000357 "4 114 1.4 1,4 114 11-2 l52 i53 i54 i55 248 247 2£,6 245 1. co5c63 I. oo5i4i 1. o,c52i6 I. 005290 294 1. 000471 i56 244 I. co5368 IO-" 298 I. ooc585 ..57 248 I. C05434 7' 108 292 I. 000697 114 ii3 i58 242 I. coó5o5 é8 67 65 64 64 61 60 109 291 1. 00081 I i59 241 1. oo5-.-3 I IO 290 I. 000924 1 12 ii3 160 24° I. oo564o 1 1 1 2«9 I. 0010Ì6 161 289 i. 005705 I 12 288 I. 001 149 1 1 1 163 288 1. 000769 ii3 287 I. 001260 i63 237 I. 005883 "4 286 I. 001872 1 1 1 164 236 I. 005894 ii5 285 0. 001488 I IO 165 280 1. C05954 116 284 I. 001598 166 284 I. 00601 1 ■'7 5- 117 283 I. 001708 III 167 a33 I. 006068 I!8 282 I. 001814 108 168 282 I. 006128 54 52 119 281 I. C0I92Ì 108 169 281 I. C06177 120 280 1. 002080 108 107 108 io5 106 170 280 1. 006229 5i 48 46 44 43 4' 39 36 121 122 123 124 279 278 2-T7 276 I. oo2i38 1. 002245 I. 002853 I. 002458 171 172 178 it4 229 228 227 226 I. 006280 1. 006828 1. 006875 I. 006421 125 270 I. 002564 104 io5 I7J 220 I. 006465 126 274 I. C02668 1^6 224 1. oc65o8 127 273 I. 002778 io3 177 228 I. 006549 128 2^2 I. 002876 102 178 222 I 006.588 129 2-'I I. 002978 102 179 221 I. 00662^ 3? 33 32 180 270 I. 008080 lOI 100 180 220 0. 006661 IDI 269 I. 008181 181 219 1. 006694 l32 268 I. 008281 9? 98 97 96 95 95 98 9' 92 90 90 8- 182 218 1 , 006-26 3i 29 27 26 24 21 20 i33 26- I. 008880 1H8 217 I. 006-5- ,34 266 I. 008478 104 21 6 I. 006786 i85 -65 I. 008575 i85 2l5 I oc 681 3 i36 264 r. 008671 186 214 1.006889 187 268 I. 008766 187 2,3 1.006868 i38 262 I. 008861 188 212 1.006884 .89 261 I. 008954 189 21 r I. 006904 '9 17 140 260 I. 004045 190 aio I. 006928 .4. 259 1. 004187 191 209 1 . 006940 142 258 I. 004227 192 20 8 I. 006955 i3 1 1 .43 25-' 1 . 0043 1 7 .98 207 I. 000968 '44 256 I. 004404 8-- 194 2C6 1. C06979 ,45 255 I. 004491 85 84 84 81 81 195 205 !. 006989 10 9 8 I 146 254 I. 004576 196 204 I . 006999 '47 253 I. 004660 '97 2o3 I. CC-C08 148 252 I. C04744 198 202 I. co-oi I '49 25 I I. 004825 '99 201 1. 00-012 i5o a5o I. 004906 200 200 I. 007012 07^ Ricerche intorno alla massa ni Giove Tavola V, contenente le equazioni sempre positive del rapporto ^ {lipentlenti il.igli Ar;;oniC'nl 1 li. III, IV, V. Arg. Arg. Eiiu.i/.. 11 22O l;.|ikiz. hi Kqiiai. IV liqu.iz. V N 0 1' A o" 400° 34<. 0 0 4 ,So6 23f> 345 0 0 Le unita nelle equazioni di a 392 225 344 0 0 ([uesta Tavola coirispon- 12 388 2^3 343 0 0 dono al sesto posto del- i6 384 2i.,I 343 0 I le cifre decimali in £. . ao 38o 218 339 I 3 Il Lo costanti aggiunte =4 3-6 2l3 334 1 3 28 3-2 209 33o I 4 per renderle positive lu- Oi 3o8 2, .4 326 I 6 rono le seguenti: 36 364 36o 11)- 320 3 8 40 1 <) I 3i3 f^ IO Eiiuazione II . . . gS III. . . 173 IV . . . i5 44 356 184 307 3 i3 43 352 '77 299 4 i5 V . . . 53 5a 56 348 344 168 161 290 283 4 4 >7 '9 60 64 340 i53 276 5 31 Somma = 334 alla quale non si dovrà avere alcun riguardo , essendo stata inclusa nei 336 145 267 6 23 68 332 i36 257 7 v 73 328 127 347 8 3o 33 36 76 324 120 237 9 numeri della Tavola IV. 80 84 320 3i6 II I 226 10 io3 316 1 1 39 83 3l2 4 5o ICO 3oo 2q6 73 ,73 i5 53 ic4 1.6 ■ 63 16 56 ic3 292 59 i5i 17 59 ! 13 288 53 141 18 63 116 284 47 I.IO "9 67 1 120 280 4' 120 20 ""U 124 276 36 109 21 73 128 273 3i 09 23 76 l32 268 26 '&') 30 79 i36 264 23 79 24 83 140 2fiO '9 70 25 85 ■44 256 17 ()3 26 87 148 253 '4 56 26 89 l52 048 i3 47 a6 91 i56 244 IO 39 37 93 160 240 236 '1 33 26 28 96 .64 7 28 98 168 232 6 20 39 100 172 220 5 16 39 102 176 224 3 12 39 io3 180 220 2 7 39 104 184 216 , 4 3o io5 180 313 i 3 3o 106 192 203 I a 3o 106 196 2C4 0 I 3o 106 200 200 0 0 3o 1116 Del Professor Santini ^jS Esempio numerico per l'uso delle precedenti Tavole. Si domanda la posizione giovicentiica del 4° satellite per la sera 8 Aprile i835 a 7*.2,r.44' di tempo medio in Padova, che coincide appunto con l'ora deirosseivazione di questa sera. Per avere riguardo nel calcolo di questa osservazione all' aberrazione della luce^ conviene dal tempo osservato togliere 493"ja.r; essendo prossimamente log.r=:Oj75a9. Si troverà così il tempo medio corretto r= 6*.3S'.ia". Si ordinerà il calcolo al modo seguente i835 0 Aprile -(- I 8« . . . . 6*. . . . 35'. . . . ia"^o ,2 Long. Med.=fl"' i75».25'.3o",8 173. 34. 8, o 5. a3. 34, o o. Si. 27, 5 IO, 8 Somme 353. 54. 5i, i Arg. I. Arg. li. Arg. III. 325'',2a 191, 73 5, 99 0, 58 98,''29 255, 53 7> 99 0, 78 3'',34 191, 68 b, 99 0, 58 123, 52 36a, 59 200, 59 Arg. I = Arg. IV 2290,64 38a, 01 "> 94 I, 16 o, or 224, 76 123, 5a Arg.V ^ loij 24 Equazioni della Long. Tav. n. Equaz. i." i<'36'.32",4 Tav. III. Equaz. 3 22, 7 Equaz. 3 I. 12, 2 Equaz. 4 2, 6 Equaz. .5 43, 4 ' = TyZl>. 5"3"J Costante ^— o. Si. 52, 3 Somma di Equaz. ^ -4-o. 47- i,o Longit. media ^ 353. 54- 5i, i Longit. nell'orbita \)"'zz 354- 4'-S^i ' Riduz. all' ecclittlca zn — 0.42.0 Longit. del sat. 0' contata ) ,,- ,„ , , ,, dall' equin.o medio } " "^^^ '^^ •'° '' Tav. IV. A = 1,002408 Tav. V Equaz. 2." =: . . 194 Equaz. 3. =1 . . o Equaz. ^. ■zz . . 29 Equaz. 5. ^ . . 54 A=^ = II 1,002685 Dal 5 23 si avrà con facile calcolo o'=z 335".25'.57" A =H-o°.4o'.47",7 riduz. all' ecclitt.=5'— X'"'= — 42",o. 3:4 SULLA liNTErxPOLAZIONE MEMORIA DEI. SOCIO O.NOmiUO SIO.VOIÌ AGOSTINO LUIGI CAUCHY MATEMATICO BìceiHita il I .° Novembre i835 (i). Ideile applicazioni deirAiialisi alla Geometria, alla Fisica, all'Astronomia ec. si presentano due specie di questioni da sciogliere, e si tratta: i.° di trovare le leggi generali delle fi- gure, o dei fenomeni, vale a dire la forma generale delle equa- zioni che esistono fra le diverse variabili, per esempio fra le coordinate delle curve e delle superficie , fra le velocità , i tempi , gli spazii percorsi dai mobili ec: a." di fissare in nu- meri i valori dei parametri o costanti arbitrarie che entrano nelle espressioni di queste stesse leggi, cioè a dire i valori dei coefficienti incogniti che contengono l'equazioni trovate. Fra le variabili distingnonsi ordinariamente, come si sa, quelle che possono variare indipendentemente le une dalle altre, e che si chiamano perciò variabili indipendenti, da (juelle che si de- ducono dalla soluzione delle diverse equazioni, e che si dico- no funzioni di variabili indipendenti. Consideriamo in parti" colare una di queste funzioni, e supponiamo che sia essa de- dotta da variabili indipendenti per mezzo di una equazione, o formola che racchiuda un certo numero di coefficienti. Un numero simile di osservazioni, o di esperienze ciascuna del- le quali somministrerà un valore particolare della funzione (i) Quest.i Memoria era scritta in lingua Francese ed è stata tradotta in Italia- no dal Segretario della Società per nmrormarsi agli Statuti. Del matematico CAUCHr SyS funzione corrispondente ad un sistema particolare di valori delle variabili indipendenti, basterà per la determinazione nu- merica di tutti questi coefficienti ; e fatta questa determina- zione, si potranno ottenere senza difficoltà nuovi valori della funzione corrispondenti a nuovi sistemi di valori delle varia- bili indipendentij e risolvere cosi quello che si chiama il pro- blema dell'interpolazione. Cosi per es. se l'ordinata di una curva si trova espressa in funzione dell' ascissa da una equa- zione che racchiuda tre parametri, basterà conoscere tre punti della curva, cioè a dire tre valori particolari dell' ordinata corrispondenti a tre valori particolari dell' ascissa per deter- minare li tre parametri, ed effettuata questa determinazione, si potrà senza fatica tracciare la curva per punti, calcolando le coordinate d' un numero quanto si vorrà grande di nuovi punti situati su gli archi di questa curva, compresi fra li punti dati. Considerandolo perciò in tutta la sua estensione, il problema della interpolazione, consiste, " nel determinare i " coefficienti, o costanti arbitrarie che racchiude l'espressione " delle leggi generali delle figure o dei fenomeni, per mezzo " di un numero almeno uguale di punti dati, o di osserva- " vazioni o di espressioni. „ In una quantità di ricerche le costanti arbitrarie trovansi al primo grado soltanto nelle equa- zioni che le contengono. Questo è ciò che accade precisamente, allorché una funzione è sviluppabile in una serie convergente ordinata secondo le potenze ascendenti o discendenti di una variabile indipendente, oppure ancora secondo li seni o li co- seni dei multipli di uno stesso arco. Allora trattasi di deter- minare li coefficienti di quelli fra i termini della serie che non si possono trascurare senza temere che ne risulti un er- rore sensibile nei valori della funzione. Nel piccolo numero di formole che sono state proposte a questo oggetto, distinguer devesi una formola ricavata dal calcolo delle differenze finite, ma applicabile solamente al caso in cui i diversi valori della variabile indipendente sono equidif- ferenti fra loro, e la formola di Lagrange applicabile, comun- 376 Memoria sulla interpolazione quc siano questi valori, alle serie ordinate secondo le potenze ascendenti delia variabile indipendente. Tuttavolta questa ul- tima t'orinola, essa pur si rende complicata più e più, a misura che vuol conservarsi nello sviluppo della funzione in serie un maggior numero di termini, e ciò che avvi di più incomodo, si è che i valori approssimati dei diversi ordini corrispondenti ai diversi casi , nei (juali si conservasse nella seiie un solo termine, poi due termini, poi tre termini, .... si ottengono con calcoli quasi pienamente indipendenti gli uni dagli altri, cosi che ciascuna nuova approssimazione, lungi dal rendersi facile per mezzo di quelle che la precedono, domanda al con- trario, maggior tempo, e maggior flitica. Colpito da questi in- convenienti, e condotto dalle mie ricerche sulla dispersione della luce ad occuparmi di nuovo del Problema della inter- polazione, io ho avuto la fortuna di incontrare per la solu- zione di questo problema una nuova formola , che sotto il doppio rapporto della certezza dei risultamenti , e della faci- lità con la quale si ottengono sembrami che abbia sulle altre formolo dei vantaggi talmente incontestabili , che io non du- co •' bito punto dover' essa ben presto divenire di un uso univer- sale fra le persone dedicate a coltivar le scienze fisiche, e matematiche. Per dare un' idea di questa formola, io suppongo che una funzione di x rappresentata da/, sia sviluppabile in una serie convergente ordinata secondo le potenze ascendenti o discen- denti di .r, oppure anche secondo i seni e coseni degli archi multipli di X, o anche più generalmente secondo altre fun- zioni di X che io rappresenterò per per modo che si abbia y =1 au -+- l)V -i- cw-i- . . . . a, b, e . . . ., indicando dei coefficienti costanti. Trattasi di sapere | Del MATEAIATICO Cauchy 3^7 I ." Quanti termini debbonsi conservare nel secondo mem- bro della Equazione (i) per ottenere un valore di y sufficien- temente approssimato, di cui la differenza col valore esatto sia insensibile^ e comparabile agli errori, che comportano le os- servazioni. a." Fissare in numeri i coefficienti dei termini conservati o, ciò che torna lo stesso , trovare il valore approssimato di cui abbiamo parlato. Li dati del problema sono un numero bastantemente grande di valori di / rappresentati da 7 , 7 , .... 7 l 2. Il e corrispondenti a un ugual numero n di valori di x rappresentati da -r ,x-.--x, per conseeuenza cosi a un eeual numero di lare valori di ciascuna delle funzioni m, y, w. . . • , valori che io rappresenterò parimenti per u ^ u u ■ . 12 n ■'•j-i"' •'',:•( per la funzione u; per f 5 u , V 1 2 re per la funzione v, ec. Così per risolvere il problema si avran- no fra li coefficienti incogniti a, b, e. . . . le n equazioni di primo grado . , T!.; ' • -; l'i -iri^',- y =au -i-bv -h cw -¥-.■■ -^ I I I 1 (a) / y = au -^ bv -¥- cw -H... ■i 3 ._ a 3: 7 =aw. -+-bv -^cw -H... le qunli , se si indica per i uno qualunque dei numeri Tomo XXI. 48 3"8 Memoria sulla interpolazione intieri r , a, .... « si troveiaiuio tutte comprese nella foiniola generale (3) . J.^= nu ,-\- l'v -^ e»' -t- . . . . i i i i Si effettuerà la prima approssimazione trascurando i coefficien- ti Z», e ..., o ciò che torna lo stesso riducendo la serie che racchiude 1' eijuazione (i) al suo primo termine; allora il va- lor generale prossimo di / sarà (4) 7 = ali e per determinare il coefficiente a si avrà il sistema di equazioni (ó) y =z au ., y r=: au . . . . y = au . I i-^ia ^ Ti n Li diversi valori a c!ie dedui si possono dalle equazioni (5) considerate ciascuna a parte, o combinate fra loro, sareb- bero tutti precisamente uguali, se i valori particolari di / che noi supponiamo dati dalla osservazione fossero esatti a tutto rigore j ma non è cosi nella pratica, in cui le osservazioni comportano degli errori contenuti fra certi limiti, ed allora è duopo di combinare fra loro le equazioni (5) in modo che nei casi più sfavorevoli l'influenza esercitata sul valore del coef- ficiente a dagli errori commessi sui valori di / , y . . . . j sia 12 n la minima possibile. Ora le diverse combinazioni che si pos- sono fare delle equazioni (5) per ricavarne una nuova equa- zione di primo grado rapporto ad a, somministrano tutte dei valori di a compresi nella formola generale k r +- /': r ■+-... -t- k y (6) a = -2—1 n ■' n k u -I- ... -t- A: u n 2. n n I che si ottiene aggiungendo membro a membro le equazioni 1 Del matematico Caucht S^g (5) rispettivamente moltiplicate per dei fattori costanti k , k . . . k . Inoltre siccome il valore di a determinato dalla equa- 2, ti zione (6) non varia punto quando si fanno variare simultanea- mente i fattori k , k . . . . k nello stesso rapporto, egli è chia- ro che fra questi fattori il più grande ( astrazion fatta dal se- gno ) può sempre considerarsi ridotto all'unità. Osserviamo finalmente che se si chiamino E , E E gli errori rispettivamente commessi nelle osservazioni sui va- lori dì y , y / j la foimola (6) somministrerà per a un valore prossimo la cui differenza col vero sarà K E -t-K E ■+■ -t-K E l„\ I I 2 3 n n ^^' K « -t-K K -(- ....-(- K u ' I 1 a a n. n Conviene ora scegliere K , K K in modo tale che nei casi più sfavorevoli il valore numerico della espres- sione (t) sia il minore possihile. Rappresentiamo per Su la somma dei diversi valori numerici di u vale a dire ciò che diviene il polinomio la n quando si dispone di ciascun segno in modo da rendere cia- scun termine positivo. Rappresentiamo per SE non la somma dei valori numerici di E , E .... E ; ma ciò che diventa I a n la somma Sm , quando vi si mette in luogo di ciascun valore 38o IMemoria sulla intekpolazioke di u il valor corrispondente di E.: se si riduce a -4-1 od a — i ciascuno dei coefficienti K , K . . . . K , scegliendo i se2;ni in la n "" modo che nel denominatore della frazione (7) tutti i termini siano positivi^ questa frazione si ridurrà a SE. (8) Sa. i ed offrirà un valore numerico tutto al più eguale al rapporto se si indica per 2 la somma dei valori numerici di E , o ciò i che torna lo stesso, il valor numerico di SE nel caso il più slàvorevole. D' altra parte attribuendo a K , K . . . . K dei 13 n valori disuguali di cui il piii grande ( fatta astrazione dal se- gno ) sia l'unità, si otterrà per denominatore della frazione (7) una quantità il valor numerico della quale sarà evidente- mente inferiore a S«,, mentre il valor numerico del numeratore potrà elevarsi sino al limite 2, il che accaderà effettivamente se eli errori E , E E sono tutti nulli all' eccezione di quello che sarà moltiplicato per un fattore eguale ( prescin- dendo dal segno ) all' unità. Da ciò risulta che il più grande errore da temersi nel valore di a determinato dalla formola (6) sarà il minimo possibile se si ponga generalmente K = -H I I scegliendo il segno in modo che nel polinomio K Zi -4- K M -t- -H K u 112 2 n n tutti i termini siano positivi. Del MATE3IATIC0 Cauchy SS'i Allora la formola (6) darà (9) a = ^y-i Su. i S/. essendo ciò che diventa la somma S« quando vi si mette in luogo di ciascun valore di u, il valor corrispondente di y e l'equazione (4) diventerà 5 i (IO) / — • ■' i Su. Se per brevità si fa m . (=0 a =. U Su, si avrà semplicemente (12) y ^ aSy_. Se si supponesse generalmente z^=:i l'equazione (4) ridotta ad y=a ci direbbe che il valore di_y è costante, e siccome avreb- besi allora ' la formola (12) diventerebbe Dunque allora si dovrebbe prendere per valor approssi- mato di / la media aritmetica fra i valori osservati, ed il più grande errore da temersi sarebbe più piccolo per questo va- lore approssimato che per qualunque altro. Questa proprietà dei medii aritmetici congiunta alla facilità con cui si calcolano, o'òù. Memoria sulla interpolazione giustifica pienamente 1' uso invalso di accordar loro la prefe- renza nel valutare le costanti arbitrarie che possono essere determinate direttamente dalle osservazioni. Sia ora A/ il resto che deve completare il valor appros- simato di/ somministrato dalla equazione { la) cosi che abbiasi (i3) / = aSv.-H- A/. Facciamo parimente (i4) v = aSv-^Av, w=izaSa\-i- Aw ec. si caverà dalla formola (3) ( 1 5) S/ = aS?i.-H l/Su ■+- cSiP -t- ec. i i i i poi da questa ultima moltiplicata per a e sottratta dall' e- quazione (i) ( 1 6) Ay = bAv ■+• cAw ■+- ec. Siano d'altronde a, Ay , Av,, Aw ciò clie divengono i va- i i i i lori di a, Ar, Au, Aw .... cavati dalle equazioni (ii),(i3), e (14) quando in / si mette x, per x, essendo i uno dei nu- meri interi i. 2. 3 ?i. Se i valori Ay , Ay Ay sono piccolissimi e com- parabili agli errori che comportano le osservazioni, sarà inutile il procedere ad una seconda approssimazione , e potrà attenersi al valore approssimato di 7 dato dall'equazione (12). Se ha luo- go il contrario, basterà por ottenere una nuova approssima- zione, operare sulla formola (t6), come si è operato sulla for- mola (i) nella prima approssimazione. Ciò posto indichiamo per SAu i Del matematico Cauchy 383 la somma dei valori numerici di Av e per ! i S'Ay , S'Aw , ec. '■..'-.■ i l i polinomii nei quali si cambia S'Au quando vi si colloca in- vece di ciascun valor di Av il valor corrispondente di Ay o di i i Aw, ec: sia finalmente (17) /?= "Fa^ Se si può senza errore sensibile trascurare nella serie (i) il coefficiente e del terzo termine, e quelli dei termini seguenti^ si dovrà prendere per valore approssimato di Ay (18) Ay — ^S'Ay.. , . Sia A"/ il resto del secondo ordine che deve completare que- sto valore approssimato, e facciamo perciò (19) A/ = ^S'A/.-H A^y. Facciamo parimente - (20) Aw=i^?>'Aw-\-A''w,ec. Si ricaverà successivamente dalla formola (16) (21) " '" Ay == /?Au.H- cAtp.-»- ec. (22) S'A7.= ^ S'Az;.-i- cS'Am;. ec, poi da questa derivata moltiplicata per ^ e sottratta dalla equazione (19) 3o4 Memoria sulla interpolazione (a3) Ay = cA'w -t- ec. Siano d' altronde /? , A^/., A^('. ec. ciò che diventano i va- i i i lori di [3, A"/, A^H' ec. ricavati dalle equazioni (17), (19)5 e ^2o) , quando in j si colloca x per x, i essendo uno dei nu- me r i interi i, 2, 3 ...... Se li valori di Ay , Ay Ay 3 n sono piccolissimi e comparabili agli errori che comportano le osservazioni, sarà inutile di procedere ad una nuova appros- simazione, e potrà attenersi al valore di A/ somministrato dalla equazione (io). Se accade il contrario, basterà per otte- nere una terza approssimazione operare sulla forinola (a'i) co- me si è operato nella prima approssimazione sulla Forinola (i). Continuando così si otterrà la sesfuente re. Se i valori particolari di A^j rappresentati da Av , Ay Av sono comparabili agli errori di osservazione, si potrà trascurare A^7 e ridurre in conseguenza il valore approssimato di / ad aSy-h^S'Ay.. Nel caso contrario si determinerà y con le formole Tomo XXI. 49 386 Memoria sulla interpolazione (VI) n)=aSw.-h^iv, A»'=/3S'Aiv.-i-A»(i', Anc=j'S"A=(r. ; S'Aiv essendo la somma dei valori numerici di A'w , e la i i difterenza di terz' ordine A^^ per mezzo della formola (VII) A> = j'S"Ay,-+- AV- ec. Cosi definitivamente supponendo determinati i coefficienti a, lì, y dal sistema delle equazioni (II), (IV), (VI) ec. si dovran- no calcolare le differenze dei diversi ordini rappresentate da A/, A'/, AV ec. o piuttosto i loro valori particolari corrispondenti ai valori n , n , /«„, n della variabile x, sinché si arrivi ad 13 3 n una differenza di cui i valori particolari siano comparabili agli errori di osservazione. Allora basterà uguagliare a zero il va- lore di questa differenza ricavato dal sistema delle equazioni (Ut), (V), (VII) .... per ottenere con sufficiente approssi- mazione il valore generale di y. Questo valor generale sarà dunque j=aS/. ojipure j =: aS/.-H (ìS'y oppure .... secondo che si potrà senza error sensibile ri- durre la serie (l) al suo primo termine o ai suoi due primi ter- mini. . . . Dunque se chiamisi m il numero dei termini con- servati , il problema della interpolazione sarà sciolto dalla formola (VIII) 7=6187 .-)-/3S'Ar^-yS"A'-'/.-H .... essendo prolungato il secondo membro sino al termine che m— I contiene ìj Del matematico Cauchy" 887 Egli è bene l'osservare che dalle forinole (II), (HI), (IV), (V), (VI), (VII), si ricava non solamente la . ■ > (IX) Sa=i : S3=zc; Sy.=o , S'y.=:o, S"y.=o, ec. i i ' i l l . ' ma ancora (X) SAu=o; SA«;=o, SAV=o, S'AV=oec. ^ ' i i i ì (XI) SA7=oi SA>— o; S'A=7 = o; SA'/ .= o S'AV — o , S"AV.= o, ec. Queste ultime formole sono tante equazioni di condizio- ne alle quali devono soddisfare i valori particolari di a, /?, y, come pure quelli delle differenze dei diversi or- dini di u, V, w, . . . . y, e ne risulta^ che non si può com- mettere nel calcolo di questi valori particolari alcun errore di cifre senza esserne avvertiti dal fatto solo , che le equa- zioni di condizione cessano di verificarsi. In compendio i vantaggi delle nuove formole di interpo- lazione sono i seguenti. i." Esse si applicano agli sviluppi in serie, qualunque sia la legge secondo la quale i differenti termini si deducono gli uni dagli altri, e qualunque siano i valori, equidifferenti o nò della variabile indipendente. a." Le nuove formole sono di Un' applicazione facilissi- ma, sopratutto quando si impiegano i logaritmi per il calcolo dei rapporti a, /?, y . . . .e dei prodotti di questi rapporti per le somme dei diversi valori delle funzioni e delle loro differenze. Allora Infatti tutte le operazioni si riducono a som- me o sottrazioni. 3.° Con r ajuto delle nostre formole le approssimazioni successive si eseguiscono con una facilità sempre maggiore , avuto riguardo che le differenze degli ordini diversi vanno generalmente diminuendo. 3oO ]Mn:\IORI.\ SULLA IXTEUrOLAZIOXE 4.° Le nostre forinole permettono di introdLirre contem- poraneamente nel calcolo i numeri somministrati da tutte le osservazioni date, e di accrescere cosi 1' esattezza dei risulta- menti facendo concorrere a questo sco[)o un grandissimo nu- mero di sperienze. 5.° Esse olirono ancora il vantaggio che a ciascuna nuo- va approssimazione i valori che sommiuistrano per li coeffi- cienti, a, ^, e sono precisamente quelli nei quali r errore più grande da temersi è il minimo possibile. ó.° Le nostre formole indicano da se stesse il momento in cui il calcolo deve arrestarsi , somministrando allora delle differenze comparabili agli errori di osservazione. 7.° Finalmente le quantità che esse determinano, soddis- fanno ad equazioni di condizione^ che non permettono di com- mettere il più leggiero errore di calcolo, senza accorgersene (|uasi immediatamente. Si troveranno nei nuovi esercizj di matematica numerose applicazioni delle nostre formole di in- terpolazione, lo ne citerò una sola. Sia / la lunghezza nell'aria di una ondulai4Ìone luminosa relativa ad uno dei raggi dello spetro solare, e 6 l'indice di refrazione di questo raggio pas- sando dall' aria in un altro mezzo. Dai principii stabiliti nel- la mia memoria sulla dispersione della luce risulta che si può sviluppare in serie convergente i-^| secondo le potenze ascen- denti di ( — I ; in conseguenza l — \ , e 6' secondo le poten- ze ascendenti di i^-) • -D' altronde un abilissimo osservatore, Fraunhofer ha determinato per diverse sostanze gli indici di refrazione dei raggi per li quali i valori l in centomillesimi di pollici sono 25415 2.4^5, aijS, 1940, 1789, i585, i45i, ed ha trovato per i valori corrispondenti di d relativi ad una Del 5IATEÌ1ATIC0 CAUCHr 389 certa specie di Flint-glass 1,626596; 1,628469; 1,633667; 1,640495; 1,646756; 1,658848; 1,669686. Ora la formola (Vili) ridotta allora a ^■=2,61 1235 I — 0,02562981 Li •+■ 0,1081567 I — LJ — 0,0649226 i—^\ -t- O5O191 15 1 ' I — 0,0021391 _i_j / \io riproduce esattamente e senza la minima alterazione i valori precedenti di 6. FINE. INDICE RAGIONATO DELLE MATERIE TRATTATE NEI TOMI XVI. AL XX. INCLUSIVAMENTE DELLE MEMORIE DELLA SOCIETÀ ITALIANA DELLE SCIENZE BESIDEKTE IN MODENA E NOMI DEGLI AUTORI DELLE MEMORIE DISPOSTI ALFABETICAMENTE. ]\I 0 D E N A -♦-♦-♦' BELLA TIPOGRAFIA CAMEKALE i8§4. INDICE RAGIONATO DELLE MATERIE TRATTATE NEI TOMI XVI. AL XX. INCLUSIV AMENTE DELLE M E M 0 R. I E DELLA SOCIETÀ ITALIANA DELLE SCIENZE RESIDENTE IN MODENA. J-Ja lettera F indica la parte fisica, e la M la parte matematica dei rispettivi Tomi; la lettera P indica parte del Tomo, cioè parte prima, o seconda. Il numero Romano significa il Tomo, l'Arabico la pagina corrispondente. L' asterisco denota gli Autori non Socii. Per li quindici Tomi precedenti veggasi 1' indice ragionato compilato dal nostro Socio Onorario Sig. Ottavio Gagnoli Veronese. Aconito Napello Veleno. Sull' uso di esso. Valerìano Luigi Brera XIX. F. i45. Aereostatiche Macchine. Considerazioni su di esse. Gio: Battista Magistrinì XIX. F. 364. Affinità. Considerazioni sulle affinità dei corpi. Amedeo Aaogadro XIX. F. 83. Algebra. Saggi d'Algebra trascendente e di Meccanica Pietro Franchini * XVI. P. L 323. ; V n j- ■ 1 i V. Radici numeriche XVII. M. 262. 5 Altezze. V. Barometro. Amalgama. Del trascegliere mediante 1' amalgamazione le molecole d'argento e d'oro dalle sostanze Giovanni Fabbroni. XVII. F. 3 16. Amoretti C.\rlo. Suo Elogio V. Elogio. Analisi V. Funzioni Analitiche, Equazioni, Geometria, Logaritmi. Anatomia. Osservazioni anatomico-patologiche Floriano Caldani. XVI. P. II. 119. Osservazioni anatomico-patologiche. Caldani Floriano. XX. F. 637. V. Encefalotomia. Anevrismi. Considerazioni su di essi Antonio Manzoni. XVIII. F. ao3. Annali della Società Italiana. Continuati dal Segretario Fattori XVIII. F. I. dal Segretario Lombardi. T. XIX. F. I. XX. F. (a6) Araldi Michele. Suo Elogio. V. Elogio. Architettura. Equilibrio de' Cieli confijrmatl a mezza botte. Pietro Ferroni XVIII. M. 397. Sull'equilibrio delle Volte. Antonio Bordoni. XIX. M. i55. 4 Arcaico Ji nuova costruzione ila adoperarsi sugli edifizii , e sulle navi. Giovanni Fabbroni. XVl. T. II. Sy. Ar.GEHTO V. Amalg.\-ma. Ariete idraulico. Sua analisi. Giuseppe Venturoli. XIX. M. 62. Arpa. Correzioni ed aggiunte all'Arpa per renderla atta alla eseruzione ec. Alessan- dro Dall' olio "XVl. P. II. i5y. AsTROKOMi.^. Ricerdie sulla latitudine dell' Osservatorio di Padova, Giovanni Santi- ni. XVI. P. I. 33i. Calcolo di occultazioni di ?>\.e\\o ce. Francesco Bertirussi Basata'^ W\\. Sidla determinazione dell' orbita elittica dei Pianeti. Pietro Cassali. XVIII. M. 46. ...... Teoria del nuovo pianeta Vesta. Giovanni Santini. XVII. M. 30o. Esame del passaggio di Venere sul disco solare. Andrea Conti. XX. W. (i^. V. ritrazioni, micrometro, pendolo, latitudine, eclisse. AiMiDOMETRo. Descrizione di un nuovo Atmidometro. Anton-Diaria Vassalli Bandi. XIX. F. 34-. B Bachi da Seta. Sui bachi da seta, sui gelsi ec. Cav. Dandolo XVII. F. aio. Ballot.4 Lak.ata pianta descritta. Valeriano Luigi Brera. XX. F. 4^9. Baratti mercantili ridotti, e dimostrati per l'Algebra Pietro Cassali W'I. P. I. 124. B.\R0METK0. Sopra le misure delle altezze del Barometro. Giovanni Racagni. XVI. P. I. i53. Continuazione delle indagini per assoggettare al calcolo li suoi movi- menti. Pietro Cossali. XVIII. M. i. Sulla legge delle sue variazioni orarie Francesco Carlini. XX. M. 198. Discussioni di osservazioni Barometriche. Giuseppe Bianchi. XX. F. 587. Bernoulli V. Probabilità. Bile. Sperienze sopra di essa. Domenico Morichini. XX. F. iSG. BoKiriCAzioKE. Saggio sulla bonificazione delle Paludi Pontine. Conte Vittorio Fos- somhroni. XV'II. F. /\02,. Botakica. Jungermnnuiografia Etrusca. Giuseppe Raddì. XVIII. F. 14. Necessità di osservare le parti della fruttificazione. Ottaviano Targioni Tozzetti. XIX. F. 535. Osservazioni botaniche Ottaviano Targioni Tozzetti. XX. F. agi. V. Ballota, Piante crittogame, IMelastorae, Orchidea. ipendenza fra i differenziali dell»^ funzioni e gli integrali definiti. FruUani Giuliano. XVIII. ^I. .\'yi. Calcolo ( malattia ) di spezie singolare ritrovato nel centro di un tumore ester- no ec. Jacopo Penacla'^ X\l. P. II. i4i. / Gagnoli Aktokio, suo Elogio. V. Elogio. Caldaki Marcaktokio suo Elogio. V. Elogio. CALORE. V. Gaz. Sulla determinazione delle quantità di calorico. Cavaliere Àvogadro. XVIII. F. 174. . . . . . Movimento del calore nei livelli a bolla d'aria. Giuseppe Belli. XX. F. 282. Calori Specifici dei corpi. Amedeo Avogadro. XX. F. ^5i. V. Gaz. Cahali. Riflessioni sul moto permanente dell'acque nei Canali orizzontali. Giorgio Bidone. XIX. M. 667. Sul moto dell'acqua nei Canali. Ottaviano Fabrizio Mnssotti. ivi C16. Cannocchiale iconartidiptico. Memoria su di esso. Gio. Battista Amici. XIX. M. xi3. lai. Cavallette. Delle Cavallette Pugliesi. Giuseppe Maria Giovene: XVI. P. II. 188. Chara. V. circolazione. Chimica. V. Aconito, affinit.^, Bile, M.ìcketismo, Olio. Chi.->iinello Vincenzo. Suo Elogio. V. Elogio. China. V. piante chinifere. Circolazione. Sulla circolazione del succhio nella Chara. Gio. Battista Amici. XVIII. F. i83. Circolazione del succhio kf.lle piante, osservazioni microscopiche su di essa. Gio. Battista Amici. XIX. F. 234- Clima. V. Meteorologia. C0LLALT0 Antonio suo Elogio. V. Elogio. Combinazioni. Del giro di un numero di cose ec. assoggettato a permutazioni. Gio- vanni Paradisi. XVIII. M. 143. CoNTRATTiHT.À.. V. Vegetabili. ' . ■' CoRDOMETRO. V. Tonometro. Crittogame Brasiliane. Piante. Giuseppe Raddi. XIX. F. 27. XX. F. 43- Corpo vaiano. Sua Fisica Stefano Gallini. XX. F. 81. Curve. Sopra la costruzione -della curva, nella quale l'arco ^ è dato in funzione di ^ Giovanni Plana XVI. P. I. 36i. Della classificazione di quelle a semplice curvatura. Paolo Ruffini. XVIII. M. 69. 269. . . . A doppia curvatura, sul loro equilibrio. Antonio Bordoni. XIX. M. i. Dipendenti dalle sezioni coniche. Pietro Ferroni. ivi 377. D Differenziali. V. Calcolo differenziale. D.\NDOLO Conte Vincenzo. Suo Elogio. V. Elogio. E Eclisse di h'na descritto Giuseppe Bianchi. XX. F. 435. Siilare osserviizlone UitiPiiici ad esso. Giovanni Santini. XIX. IVI. 3&8. ■Ellttuiciià. Osservazione elettrometriilie e cerauniclie. Carlo Amoretti XVI. P. II. h2. 212. Comliittori percossi dal l'uhnine. Giuseppe Maria Racagni. XVIII. F- 109. Se d lluldo elettrico 0 Galvanico iidluisca sulla vita ec. Stefano Gai- Lini. XVIII. F. 232. V. Galvanometro, Parafulmini, Pda di Volta. Elettro:\ietiiia Animale. Lettere. Carlo Amoretti. XVII. F. 8r. loi. i32. Elica. Sul movimento di un' elica che si scatta. Ottaviano Fabrizio Mossotti. XVIII. M. 243. Eli-Miuaziokf,. Disquisizione sui varii metodi di eliminazione con il componimento di un nuovo. Pietro Cassali. XVI. P. I. 272. Elogio di Antonio Cagkoli. Carlini Francesco. XVIII. F. I. DI CioACOHiNO Fessiti ivi pagina XX. di Carlo Amouetti Cav. Luii^i Bossi.* ivi XXXVIII. DI Vincenzo Ciii3iinlllo. Francesco Bcrtirossi Basata* ivi LVII. di Leopoldo Marcantonio Caldani, Floriano Caldani. XIX. F. I. ni Vincenzo Mari-4. Malacarne, Antonio Lomharili ivi LXXX. . di Michele Araldi, Marchese Luigi Rangoni. ivi CXXIII. DEL Cav. Sebastiano Canterzani, Marc. Fcnlinamlo Landi XIX. F. CXLI. DEL C\v. Teodoro Konati, Antonio Lombardi, ivi CLXXII. DEL Cav. Vincenzo Brun.ìcci, Antonio Lombardi, ivi CXCI. DI Pietro Ririki, Angelo Pezzana ivi j\I. IX. DI Antonio Manzoni, Gian Battista Zoppi, ivi LI. DI Paolo PiurriNi, Giuseppe Bianchi, ivi LXXXV. DI Pietro Cussali. Avanzini Giuseppe, ivi CXI. di Gioacchino Carradori. Giuseppe Radili. XIX. M. I. del Cav: Giovanni Fabkroni, Antonio Lombardi. XX. M. I. DEL CaNONICii S.VLADINI , DELl" INGEGNER PeZZI, DEL CuNTE Re, DEL Conte Dandolo, Antonio Lombardi ivi I. XI. XIV. XXVIII. DI Ermenigildo Pini. Cesare Rovida.* XX. F. I. DI Antonio Collalto. Antonio Mencghelli.* ivi X.XXII. DI S\NTo Fattori, Giuseppe Lugli.* ivi F. XXXVIII- Encef \LoioMi A DLL Deltino Vincciizo Gaetauo 3Ialacarna. XX. F. 3oi. Eyr AZIONI. Sopia 1' ef|aazioin primitive che soddisfanno alle ei[uazioni ec. Pietro Paoli. XVII. M. 104. Intorno al metodo di risolverle proposto da Wronski. Paolo Ruffini. XVIII. M. .56. Giunta facile a compimento del metodo di Budan per la loro risoluzio- ne. Pietro Ferroni. XX. M. i~. 7 Ean- zini. XVIII. M. 19. V. Fluidi, vene d' acqua. Illustrazione di un documento relativo all' originano rapporto tra le acque dell'Arno e delle Chiane. Conte Vittorio Fossomhroni. XIX. M. 481. V. Velocità, Canali. Idrofobia. Commentario per la cura di essa. Valeriana Luigi Brera. XVIII. F. 27O. Idrostatica. Apparecchio idro.^tatico universale. Giuseppe Zamboni. XIX. F. 354. Integrale Calcolo. Sulla traslbrmazione delle formule integrali. Piala Gabrio XX. M. 272. Integrali defikiti e integrazione di un' equazione. Pietro Paoli. XX. IM. i6i. i83. aoó. Cavaliere Giuliano Frullanì. ivi 443- 663. V. Calcolo dilferenziale. Integrazione della forinola ec. Giuliano Frullani. XIX. M. aaS. Intestini. Sopra una singoiar dejezione di intestino. Leopoldo 31. A. Caldani XVI- P. II. 82. IproroTAMO. Descrizione osteologica di esso. Filippo Nesti'' XVIII. F. 4'5. Iungermanniografia. V. Botanica. Lamtane. Osservazioni sulla loro costruzione. Giovanni Aldini. XIX. F. aaS. Latitudine di Modena. Giuseppe Bianchi XX. M. ic8. V. Astronomia. Lettera Dominicale. Dimostrazione di alcune tormole generali di essa ec. Giuseppe CalandreUi XIX. M. 97. LlCOPERDI. V. FlNGHI. Linee. Sopra le linee e superficie parallele. Antonio Bordoni. XVI. P. I. "ri. Livelli. V. Calore. Logaritmi. Riflessioni sulla riduzione degli archi cir. ai logaritmi immaginarii. Giu- seppe CalandreUi. XX. M. •\'i. Luce. V. Fabi. Lina. V. Eclisse. M Magnetismo. Sua influenza nelle combinazioni chimiche. Dottor Pietro Carpi* XX. F. 55. Malacarne Vincenzo Maria. Suo elogio. V. Elogio. Malattia delle vie orinarie. Riflessioni sopra di essa. Vincenzo Gaetano Mala- carne. XX. F. I. V. Vermi, calcolo. Malattie. Idee relative alla condizione delle malattie universali, e locali. Valeria- na Luigi Brera. XVL P. IL i8i. Quadro nosografico di esse. idem. XX. F. a88. Massimi e Minimi. Soluzione di due problemi ad essi appartenenti. Sebastiano Can- terzani. XVII. M. 241. Mat£M.\tica. Osservazioni sopra alcuni punti di Matematica superiore. Gio: Batti- sta JUagistrini. XVII. M. 445. Meccanica. Del modo di rendere meri dilettosa la stadera. Pietro Ferroni. XVII. M. 417. Sul teorema Guldiniano. Antonio Bordoni XX. M. 36. V. Moto com- posto. Sui piani dei momenti, idem ivi 2.^i. V. Algebra, Argano. Medicina. Considerazioni sullo studio di essa Galllni. XIX. F. 5oi. V. Malattie, Funghi, Intestini, Vermi, Calcolo, Utero, Fisiologia, Fe- to, Milza, Anevrismi, Idrofobia, Tifo, Aconito. Melastome Brasiliane. Giuseppe Raddi. XX. F. iii. Mercanti. V. Baratti. Mestrui. Sopra la legge dell' organismo animale da cui dipendono i mestrui delle Donne. Stefano Gallini. XVI. P. II. i. Meteohologia. Saggio di un trattato di essa. A. M. Vassalli Bandi. XVII. F. aSo. Singoiar fenomeno osservato ec. Pietro Moscati ivi 246. . , . . . Del clima della Lombardia. Angelo Cesaris. XVIII. F. 57. V. Barometro. Metodi di eliminazione. V. Eliminazione. Micrometro. Descrizione di un nuovo micrometro. Gio: Battista Amici. XVII. M. 344. MlCRORHIZOMANIA. V. ROSE DI QUERCIA. Microscopii catadiottrici .Giambattista Amici- XVIII. F. 107. Milza. Circa le deviazioni della milza. Vincenzo diaria Malacarne. XVIII. F. laS. Mikeralogia. Osservazioni chimico-mineralogiche. Pietro Carpi.* XVIII. F. 217. Minimi. V. Massimi. -. . 1 MiSM-\ monte. V. Petrificazione. Misure sulla determinazione della capacità di una botte ec. Pietro Cassali. XVII. M. 287. Mostbi. Agnello mostruoso. Floriano Caldani. XIX. F. i38. Vitello mostruoso. Gaetano Malacarne, ivi 337. a IO Moto composto. Sulla sua teoria. Risposta ad obbiezioni su di essa Giuseppe Zamboni. XX. M. 148. F. 32.5. Moto. Sul moto discreto di un corpo ec. Antonio Bordoni. XVII. M. 157. Movimento di un punto materiale attratto ec. Giovanni Plana. XIX. M. i38. MrsicA. V. AnpA, Tokometro. N Nitro. Della sua formnziofte, e degli altri sali die lo compongono- D. Giuseppe Maria Giovene. XVllI. F. 264. o Obiettivi Acromatici. Teoria di essi. Giuseppe Santini. XX. M. 4'5. Olio. Esperienze sul suo imbiancamento. Gioacchino Carradori. XVIII. F. g. Orchidea Brasiliana nuova. Sua descrizione. Giuseppe Raddì. XIX. F. 219. Oro. V. Amalgama. Paludi Portine. V. Bonificazione. P.iRAFULMiKi. Sopra alcuni edifizii muniti di essi, e danneggiati ec. Giuseppe Raca- gni. XIX. F. I. Loro costruzione. Pietro Coiifigliachi. XX. F. 3i4- Patologia. V. Fisiologia. Pendolo. Sulle oscillazioni di un corpo pendente da un filo estendibile. Pietro Paoli- XVII. M. 73. Permutazioni. V. Cùmbikazioni. Percossa. Urto dei Fluidi. V. Fluidi. Pesci del Mare di Puglia alcuni di essi descritti daW Arciprete Giuseppe 3Iariu Giovene. XX. F. 21. 336. 346.* Pessuti Gioacchino. Suo Elogio. V. Elogio. Petrificazioni. Osservazioni sopra alcune particolari petrificazioni del Monte Misma nel dipartimento del Serio. Giovanni Maironi Da-Ponte. XVI. P. II. IT- Pezzi Ingegnere. Suo Elogio V. Elogio. Piante Brasiliane. Quaranta piante nuove. Giuseppe Raddi. XVIII. F. 382. Ciiinilere. Brera. XX. F. 3' .acji-.^. Loro contrazione. Giorgio Bidone. XX. M. 536. Vegetabili. Contrattilità loro. Gioacchino Carradori. XVIII. F. i. Veleni. V. Aconito Napello, FrKGiii. Venere. V. Astronomia. Verimi. Storia medica di una singoiar malattia verminosa. Luigi Grossi. * XVI. P- II. i35. Vesta. Pianeta V. Astronomia. Velocità dell' acou.v ec. Metodo per misurarla. Geminiano Paletti. X."X. M. 33c. ViviAKi. V. Sintesi. Vita. V. Elettricità. Ulivo. V. Gomma. Volte. V. ARcniTTETrnA. Urine. Sopra alcune sostanze che passano indecomposte nelle urine- Domenico Mo- richini. XVII. F. aoS. Utero. Osservazione dello squarciamento dell' utero. Vincenzo Malacarne. XVII. F. 26. Della morbosa chiusura dell' orifizio dell'utero. Pietro Sloscati. XVIU. F. ICO. I I i3 NOMI DEGLI AUTORI che hanno inserito Memorie ed Elogi nei Tomi XVI al XX. inclusiva- mente delle Memorie della Società Italiana delle Scienze con l' indica- zione dei tomi dove queste si trovano. L'asterisco denota l'Autore non Socio, e l'asterisco sui numeri ro- mani indica che 1' autore ha più di una memoria in quel Tomo. Abbati XIX. Aldini Giovanni XIX. * Amici Gio: Battista XVII. XVIII.* XIX.* Amoretti Carlo XVI. XVII. Avanzini Giuseppe XVIII. XIX. Avogadro Amedeo XVIIl. * XIX. XX. B Belli Giuseppe XX. Bertirossi Busata Francesco* XVII. XVIII. Bertoloni Antonio XX. Bianchi Giuseppe XIX. XX. * Bidone Giorgio XIX. XX. Bordoni Antonio XVI. XVII. XVIII. XIX.* XX.* Bossi Luigi * XVIII. Brera Valeriane Luigi XVI. XVII. * XIX. XX. Brunacci Vincenzo XVI. XVII. G Calandrelli Giuseppe XIX. XX. Caldani Floriano XVI. XIX. * XX. Caldani Leopoldo M. A. XVI. Canterzani Sebastiano XVII. Carlini Francesco XVIII. XX. Carpi Pietro* XVIII. XX. Carradori Gioacchino XVIII. * Cesaris Angelo XVIII. Configliachi Pietro XX. Conti Andrea XX. Cossali Pietro XVI. * XVII. XVIII. * D Dall' Olio Alessandro * XVL Dandolo Cav. Vincenzo XVII. De Luca Anania Paolo* XX. Fabbroni Giovanni XVI. XVII. Terroni Pietro XVI. XVIII. XIX.* XX. * Fossombroni Conte Vittorio XVII. XIX.* Franchini Pietro * XVI. XVIL FruUani Giuliano XVIII. XIX. XX.* G Gallini Stefano XVI. XVII. XVIII. XX.* Giovene Giuseppe Maria XVI. XVIII- XIX. XX. Grossi Luigi * XVI. Laudi XIX. Lombardi Antonio XVI. XVII. XVIII. XX.* Lugli Giuseppe * XX. 4 M Magijtrini Gio. Battista XVI. XIX. XX. Mainardi Gaspare* XX. * Maironi Daponte Cav: Giovanni XVI. XVII. XIX. Malacarne Gaetano XVII XX. * Malacarne Vincenzo Maria XVI. XVII.' XVIII. Manzoni Antonio XVIII. Marianini Stetano XX. Mascagni Paolo XVII. Meneghelli Antonio * XX. Morichini Domenico XVII. * XX. Moscati Pietro XVII. XVIII. XIX. IMoisotti Ottaviano Fabrizio XVII.* XIX. N Nesti Filippo * XVIII. Noljili Leopoldo XX. Paoli Pietro XVII. " XX. " Paradisi Conte Giovanni XVIII. Penada Jacopo * XVI. Pessut) Gioacchino suo Elogio XVIII. Pezzana ' XIX. Piola Gabrio XX. * Plana Giovanni XVI. XVIII. XÌX . Poletti * XIX.* R Racagni Giovanni XVI. XVIII. XIX. Raddi Giuseppe XVIII. * XIX. * XX. Rangoni Marchese Luigi XVIII. XIX.' Re Conte Filippo XVII. Resti Ferrari Girolamo * XX. Rovida Cesare * XX. Ruffini Paolo XVI. XVIII. * Santini Giovanni XVI. XVII. XIX. XX. T Targioni Tozzetti Ottaviano XIX. XX. V Vassalli Eandi Anton-Maria XVII. XIX. Venturoli XIX. Zamboni Ab. Giuseppe XIX. XX. Zoppi * XIX. '»i H-'C^^ MEMORIE DI MATEMATICA E DI FISICA DELLA SOCIETÀ ITALIANA DELLE SCIENZE RESIDENTE IN MODENA TOMO XXL PARTE CONTENENTE LE MEMORIE DI FISICA. tMA' MODENA NELLA TIPOGRAFIA CAMERALE r r V ■'■'■1in_ UV .^^x (3) INDICE DI QUANTO CONTIENE LA PARTE FISICA DEL TOMO XXI. DELLE PRESENTI MEiAIOrxIE. , , . Statuto e Catalogo de' Membri della Società Italiana delle Scienze pag- (5). Annali delia Società continuati DAL SEGRETARIO ANTONIO LOMBARDI, ed elenco dei libri rega- lati alla Società • ' (21). Elogio del Socio OTTAVIANO TARGIONI TOZZETTI scritto dal Socio PROFESSOR ANTONIO BER- TOLONI I. Descrizione di un nuovo genere e di una nuova specie di pianta gigliacea, del PROFESSOR ANTONIO BERTOLONI i. Del luogo di menoma fermezza in un prisma il quale resista ad una forza orizzontale tendente a rove- sciarlo, del Prof. GIUSEPPE TRAMONTINI ' ' 1^. Descrizione di un Serpente il quale appartiene ad una nuova specie del genere Calamaria di BOIE, di Monsignor CAMILLO RANZANI 100. Sulle febbri gastriche o biliose considerazioni pratiche, del Prof GIACOMO TOMMASINI 114. Descrizione di alcuni istrumenti da misurare gli angoli per riflessione, Memoria del Prof. GIO. BATTI- STA AMICI 142. Descrizione di una specie d' ELAEAGNUS. Memoria del Cavaliere Prof. GAETANO SAVI 175. Sulla Cornaccìiìnia Fragiformis , DELLO STESSO 1 79. Catalogo di piante egiziane raccolte dal Naturalista GIUSEPPE RADDI pubblicato dal Prof. GAETA- NO SAVI pag. 187. Sulla teoria de^li Elettromotori Memoria IV. Esame di alcune spcrieiize addotte dal Sig. FAFiADAY per provare che 1' elettricità Voltaica nasce dall'azio- ne chimica dei liquidi sui metalli, con un' ap- pendice sopra un' anomalia che presentano alcuni metalli nella decomposizione del Ioduro di Potassio operata dall'Elettricità, del Professor STEFANO MARIANINI aof). Sopra i piccioli moti apparenti osservati nel muri e nelle macchine della K. Specola di Modena, del Prof. GIUSEPPE BIANCHI . 246. Sulla teoria dell' azione capillare. Memoria del Prof. GASPARE I\IAINARDI 3of. Dìnamo-magnetometro immaginato dall'Ab. Professor DAL NEGRO ^ 3aO. Formola per rappresentare la tensione del vapor acqueo di OTTAVIANO FABRIZIO MOSSOTTI 335. Litotripsia operata dalle acque della Fonte Regia o Le- lia di Recoaro, Memoria del Cav. VALEPtlANO LUIGI BRERA 34G. Difesa degli argomenti tratti dalle pile secche per la teoria Voltiana contro le obbiezioni del Sig. DE LA RIVE, I\Iemoria dell'Ab. GIUSEPPE ZAMBONI 368. (5) STATUTO DELLA SOCIETÀ ITALIANA DELLE SCIENZE RESIDENTE IN MODENA. O T 1007. i.L ia Società Italiana delle Scienze residente in Modena è composta di Quaranta Socj Attuali, tutti Italiani, di me- rito maturo, e per Opere date in luce ed applaudite ricono- sciuto. II. La scienza della natura è il grande oggetto j che la Società medesima si propone. Pubblicherà pertanto^ sotto il titolo di Memorie di Blatematica e di Fisica, le produzioni di chiunque de' Socj vorrà render pubblico negli Atti Sociali il frutto de' proprj studj. III. De' quaranta Membri, uno sarà Presidente della So- cietà, e la presidenza durerà sei anni. Questi può eleggersi e risiedere in una qualunque Città dell'Italia^ ma in Mode- na esister deve sempre sotto gli ordini del Presidente una rappresentanza , e in Modena sempre si pubblicheranno gli Atti della Società. IV. Avrà la Società un Segretario, ed un Vicesegretario amministratore residente in Modena. Il primo sarà parteci- pe di tutte le facoltà dei Quaranta, bencliè non fosse uno d'essi, ed avrà diritto, non obbligo, di presentar Memorie da inserirsi negli Atti. Il secondo terrà il maneggio econo- mico. V. 5- I- Altra Classe vi avrà di Socj Emeriti in nume- ro indeterminato. Essa è preparata a chiunque dei Quaranta, o per età avanzata, o per abituale mancanza di salute, o per altro motivo, non producesse verun suo lavoro in tre conse- cutivi tomi delle Memorie sociali. (6) 5- -2. Ma se un Socio attuale passasse negli Emeriti do- po aver posto otto Memorie ne" tomi sociali ;, in tal caso se- guiterà a godere, quantunque Emerito, tutte le prerogative di Attuale. §. 3. Che se un Socio Emerito ponga Memorie in tre tomi consecutivi, sarà restituito nel luolo degli Attuali. VI. Un'altra Classe, parimente indeterminata, compren- derà i Socj Onorar]. A questa saranno ascritti, previo l'as- senso di ventuno almeno dei Quaranta, i Compilatori, eletti dal Presidente, degli elogj de' Socj attuali del'unti. Inoltre, esso Presidente potrà aggregare a questa classe, nel suo ses- sennio, due Soggetti, non più, che avessero operato cosa a prò delia Società , onde meritassero d' esserne onorati parti- colarmente. VII. Ed altra Classe avrà finalmente il titolo di Socj Stranieri, stabilita per distinguere ed onorare il merito delle Scienze in qualuncjue parte inori d'Italia. Sarà composta di do- dici Soggetti, a ciascun de' quali verrà esibito in dono un esem- plare d'ogni Volume, che uscirà in luce, delle Memorie Sociali. VIII. Le aggregazioni alle classi de' Socj attuali e degli stranieri si faranno nel modo seguente. Per ogni posto che rimanga vacante, dovrà il Presidente, col mezzo del Segreta- rio proporre sei nomi a ciascuno de' Socj attuali, il qual farà scelta d' uno , e lo indicherà per lettera al Segretario. Quel de' sei, che, entro il termine di due mesi dalla proposta, avrà più suffragi, s' intenderà aggregato, e la Conqiagnia sarà fatta opportunamente consapevole dell'acquistato Cooperatore. Qua- lora accadesse che due o più Candidati avessero parità di voti maggiori, il Presidente avrà il voto di preponderanza per de- cidere sulla scelta. IX. All' elezione del Presidente saranno invitati li Socj attuali con una lettera circolare del Segretario, al quale ognu- no di essi farà tenere in iscritto la nomina del Socio da sé eletto a Presidente : e la pliu-alità de' voti , che arriveranno al Segretaiio, dentro il termine di due mesi dopo la data del (7) circolare Invito, determinerà l'elezione, che dovrà esser dal Segretario annunziata ai Membri votanti. X. Ciascheduno dei Quaranta ha facoltà d'inserire negli Atti una scoperta utile, un' importante produzione, anche di persona non aggregata ma Italiana, purché tal produzione, o scoperta sia giudicata degna degli Atti stessi anclie da un altro Socio , il qual venga destinato segretamente dal Presi- dente di volta in volta all'esame della cosa presentata, ed il suo nome ( quando approvi ) si stampi insieme con quello del presentatore. 1 XI. Di questi Autori non Socj dovrà il Presidente ag- giungere i nomi, segnati con asterisco, ai sei che presenta, a tenor dell'articolo Vili, per l'elezione d'un Socio attua- le. Bensì questa nomina cesserà, dopo fatta sei volte, contate dalla pubblicazione d' ogni Memoria. •'■> i.'i' j'ii.i XII. Le Dissertazioni o Memorie da pubblicarsi ne' Vo- lumi delia Società, debbon essere scritte in lingua Italiana e in carattere chiaro. Il Segretario dovrà apporvi la data del recapito , acciocché sieno stampate con essa in fronte e per ordine di tempo. Che se l'opera sia volutninosa, può l'Autore distribuirla in due o più parti ^^e' tomi susseguenti. XIII. Tutto ciò che è destinato pegli Atti dev'esser nuo- vo, inedito, importante, ed analogo all'indole scientifica di questi Volumi, che non ammette sfoggio d'erudizione, né moltitudine di note e di citazioni. XIV. I fogli stampati di ciascun Volume non dovranno eccedere il numero di cento. Le Memorie soprabbondanti re- steranno in deposito pel tomo susseguente , o saranno resti- tuite agli Autori che le dimandassero. Bensì, nel caso di so- prabbondanza, le Dissertazioni degli Autori non Socj dovran- no cedere il luogo a quelle de' Socj. XV. La Società non si fa risponsabile delle Opere pubblicate negli Atti. Ogni Autore dev' esser mallevadore delle cose proprie, come se le pubblicasse appartatamente XVI. Non permette peraltro la Società le invettive per- (8) sonali, e nò anche le critiche non misurate: sopra di che ve- glierà il Segretario, e ne larù inteso il Presidente per nn ac- concio provvedimento. XVII. Il Socio attuale , Autore d' una Memoria o d' un Elogio , avrà in dono cinquanta esemplari delia sua produ- zione, con frontispizio apposito, e con la numeiazion delle pagine ed il registro ricominciati. Ad ogni altro Autore sa- ranno corrisposte dodici copie. QuahuKjue Autore ne deside- rasse di più, non sarà aggravato d' alcuna spesa per conto della composizion tipogralica. XVIIi. Nell'atto di rpieste spedizioni sarà trasmessa ai So- cj, che avranno mandato il voto per le elezioni, la dimostra- zione stampata del numero de' sufFragj toccati ad ogni Can- didato, senza il nome però de' votanti, e cosi ancora i conti stampati dell'amministrazione tenuta dal Vicesegretario am- ministratore. XIX. Alle principali Accademie estere sarà offerto in do- no un eseuìplare d' ogni Volume delle Memorie sociali , che andrà successivamente uscendo alla luce. XX. I doveri del Presidente , oltre i già mentovati, so- no: mantener 1' osservanza dello Statuto; cledra, Napoli ec. Parniu. TRAMONTINl ( Giuseppe ) Professore di Geometria descrittiva ed architettura civile nella II. Uni- versità di Modena, Accademico di Napoli ec. RIodena. VENTUROLI ( Cavalier Giuseppe ) Professore emerito di matematica applicata nella Pontificia Univer- i . sita di Bologna, Presidente del Consiglio degli Ispettori d'Acque e strade in Roma, Pensionarlo i anziano. Roma. ZAMBONI ( Abate Giuseppe ) Professore di Fisica sperimentale e matematica applicata nell' I. Pi. Liceo di Verona. Verona. Tomo XXI. (,8) DIVISIONE DEI SOCJ ATTUALI NELLE DUE CLASSI MATEMATICA E FISICA. Il NUMERI ARABICI INDICANO OUALI SONO I TOMI IN GUI SONO INSERITE LE LORO MEMORIE E QUANTE ni NUMERO. CLASSE MATEMATICA. Abbati 19. Biancbi io. 2.0. 20. 21. Bidone 19. ao. Bordoni 17. 18. 19. 19. 19. 20. Cacciatore Carlini 18. i . 2c . Conti 20. Fossombroni 3. 7. 9. 12. i3. 17. 19. Giorgi ni 21. Incbirami Lombardi ig. i. 20. i. 2C. i. 21. i. Magistrini 16. 17. 19. Mainardi 21. Micbelotti 3 • • • Mossotti 19. 21. Paoli 2.4. 4. 6. G. 8. 9. 9. 10. i3. i4- '7- i?- 20. 20. 20.20. 21 Plana 17. io. 19. Piola 20. 21. Rangoni 19. 19. 21. Santini 17. 19. 20. 21 . Tramontini 21 . Venturoli 12. i4- '9- (rg) CLASSE FISICA. Amici ir). 19. 19. at. 1^. . Avogadro 19. ao. Bararli Beliani Belli Bertoloni 20. ai. ai. i. Brera 14. i5. 16. 17. 17. 18. 19. ao. ao. 20. ai. Configliachi ao. Dal Negro ai . Fusinieri Marianini ai. Panizza Pianciani Ranzani ai. Savi ai . Tenore Tommasini ai. Zamboni 19. ao. ao. ai. SOCII ONORARII Brambilla Professor Paolo Gagnoli Ottavio Gargallo Cav. Tommaso Marchese di Castellentini nel Piegno di Napoli Napoli. Laudi Cav. Ferdinando Piacenza. Lugli Professor Giuseppe Modena. ]\Iftneghelli Professor Antonio Padova. Pezzana Cav. Professor Angelo Bibliotecario Ducale Parma. Rovida Cav. Professore Cesai e Blìlano. Ruffo Sua Eccellenza Don Folco Principe di Scilla Napoli. Zoppi Dottor Gio. Battista Verona. Residenza Milano, Verona. (ao) SOCII STRANIERI Aiago Matematico e Fisico lìeizelius Chimico liiot Fisico Caucliy Matematico Faraday Chimico e Fisico Fuss Paolo Enrico Segretario della Imperiale Accademia di Pietroburgo Gauss Matematico Gay-Lussac Fisico Herschel Astronomo S. F. W. Olbers Astronomo Poisson Matematico Thenard Chimico Reside-iza Parigi. Stokolni. Parigi . Gorizia. Londra. Pietroburgo. Gottinga. Parigi. Londra. Brema. Parigi. Parigi. Lombardi Antonio SEGRETARIO Modena. Vice-Segretario Ruffini Avvocato Luigi Blodena. (a,) ANNALI ,.„.. DELLA SOCIETÀ ITALIANA DELLE SCIENZE RESIDENTE IN MODENA CONTINUATI DAL SOCIO E SEGRETARIO ANTONIO LOMBARDI' DAL PRIMO GEKNAJO MDCCCXXXIII ^ A TUTTO l' A n N 0 M D C C C X X X V I. • 3o8. In seguito della proposizione fatta per ordine di Sua Ec- cellenza il Presidente della Società al Corpo Accademico con mia Circolare 9 Novembre iSSa di una nota di candidati per sostituire un Socio attuale al Cavaliere Professore Gio. Battista Palletta defunto, come si disse al 5 S06, fu scelto il signor Cavaliere Gaetano Savi Professore di Botanica a Pisa. I posti poi rimasti vacanti per la morte dei Socj stranieri Chaptal e Zach furono occupati, seguendo sempre le norme prescritte dallo statuto sociale, dai signori Fisici Francesi Ampere, e Gay-Lussac ; ed io con Circolare segnata 3 febbrajo i833 partecipai ai colleglli questa determinazione della Società; indi comunicai le rispettive loro nomine ai nuovi Socj attuali , e stranieri, i quali tutti espressero con le loro risposte V aggra- dimento che provarono nel vedersi cosi distinti dalla Società Italiana, 309. Mentre così riparavansi le perdite del Corpo Acca- demico, altre ne accadevano, poiché mancò ai vivi in Parigi il Matematico Le Gendre Socio straniero, ed a Bergamo il Socio attuale Cavalier Giovanni Maironi Da Ponte Pensionario giubilato. I voti per sostituire un nuovo Socio straniero si decisero a favore di Sua Eccellenza il Consigliere Paolo En- (ii) Annali della Società Italiana lieo Fiiss Membro e Segretario perpetuo della I. R. Acca- demia delle Scienze di llussia, e il posto lasciato vacante dal Cavalier Maiioiii fu occupato dal signor Prol'essorc Stefano JVJarianini allora dimorante a Venezia, ed al presente l'iolcs- sore di Fisica sperimentale nella Regia nostra Università de- gli studj , il tjuale gentilmente rispose ringraziando la Società Italiana, come lece pure il signor Segretario Fuss in seguito della partecipazione che io feci ai medesimi della loro ele- zione. 3 IO. L'Accademia Im[)erialc sunnominata continuò come per 1' addietro, a comunicare li suoi atti alla Società nostra, a cui trasmise e trasmette regolarmente i volumi delle sue memorie divise adesso in tre classi; cioè Scienze matematicìie^ Scienze naturali^ e Scienze politiche^ e di f[ueste si darà alla irne dei presenti annali nota distinta: avendo poi essa con di- spaccio del a5 Maggio ioi:?3 spedito i programmi dei premj di concorso per quelT anno, la Società nostra pubblicò il se- guente che riguarda le Scienze fisiche e matematiche le quali sole sono coltivate dal nostro Corpo accademico. » Scritti dal Segretario Lombardi (a3) PROCRAMME DU PRIX ' ' PROPOSE PAR LA CLASSE DES SCIENCES MATHÉMATIQUES ET PHYSIQUES DE L'ACADÉMIE IMPERIALE DES SCIENCES DE St.-Peterbourg aq nÉCEMr.RE i83a A LA SLANCE PURLIQUE DU ^^ jANvitK iBSJ" JLies expériences cles MM. Gay-Lussac et Thénard sur la ma- nière dont le potassium se comporte dans le gaz ammoniaque, ont fait connaitre un compose d'une nature particulière auquel ces savants ont donne le noni d' azoture ammonìacal du po- tassium. Quoique ce nom exprime un mode de combinaison particulière, néanmoins les expériences des chimistes fran^ais ne déterminent pas avec une exactitude suffisante la compo- sition élémentaire de cette substance, d' autant plus que ces expériences répétées par H. Davy ont fourni des résultats difFérents. On demando dono des expériences faites avec tou- te la precision que comporte l'état actuel de la science , sur la composition de /' azoture ammonìacal du potassium. Ces expériences seront précédées d'un exposé de celles des MM. Gay-Lussac et Tbénard, et de celles de H. Davy. On aura aussi égard à ce qui est dit sur ce sujet dans le 2.^ volume de 1' édition frangaise du traité de cliimie de M. Berzelius. L' auteur du mémoire de concours tàchera après avoir déterminé avec precision la composition élémentaire de la sub- stance dont il s' agit, d' appuyer sur des expériences le mode de combinaison, qu' il croira pouvoir admettre avec le plus (.24) AxNAi.r DELLA Sonr.iÀ Italiana de vraiseinblance pour cxprimer la nature de la substance aiialysée. Les piéces de coiicours peuvcnt ètre écrites en langue russe, allemande, franc^.aise ou latine, et adressées par les au- teurs anonymes au Secrétaire perpetuel de 1' Académie avant le !'■ aoiit 1834. Le prix de 100 ducats de HoUande, sera dècerne dans la séance publique qui aura lieu le 29 Décem- bre de la méme année. La pièce qui aura remporté le prix sera imprimèe aux frais de l'Acadéniie. 3ii. Il sig. Konig segretario della coriispondenza stra- niera per la Società Reale di Londra,, mandò alla nostra come aveva fatto il sig. Fuss, il Programma dei prenij fondati da S. Maestà il Re della Gran Bretagna per gli autori delle sco- perte più importanti in ciascun ramo della Fisica e della Ma- tematica, premj consistenti in due medaglie d' oro del valore per ciascuna di 5o lire sterline. La Società Italiana si fece premura di assecondare il desiderio della Società Reale, e di- ramò tradotto in Italiano per F Italia il detto programma che è del tenore seguente, e che porge una luminosa jirova della munificenza di quel Sovrano e della singoiar protezione che accorda alle Scienze. APPARTAMENTI DELLA SOCIETÀ REALE Londra i5. ulgosto io3'3. Io ho F onore per comando di S. A. Reale il Presidente della Società Reale di notificarvi, perchè ne informiate la So- cietà P\,eale delle Scienze di Modena, che S. M. il Re si è compiaciuto di concedere due medaglie d' oro, ciascheduna del valore di 5o lire, le quali la Società Reale deve distri- Scritti dal Segretario Lombardi (aS) buire negli anni successivi il giorno delia sua radunanza an- niversaria agli Autori delle scoperte più importanti in ciascun ramo della Scienza Fisica e Matematica. Avendo 8. M. graziosamente espresso il suo desiderio che fossero invitati gli uomini dotti di tutte le Nazioni a impie- gare l'ajuto dei loro talenti e delle loro ricerche in tali og- getti^ io perciò ho avuto ordine da S. A. R. il Presidente di notificarvi , o Signore, che le suddette Medaglie Reali per l'anno i836 sono destinate in quell'anno, una per lo scritto inedito più importante di Astronomia, l'altra per il più im- portante di Fisiologia animale, scritti i quali devono essere comunicati alla Società Reale di Londra dopo la data del presente giorno^ e prima del mese di Giugno i836 per essere inseriti nelle sue transazioni. Per r anno presente e li due successivi il Consiglio della Società R. con approvazione di S. M. il Re ha determinato che le medaglie R. siano aggiudicate ag/z ^«^on delle scoperte più importanti, o a quelli delle serie di ricerche pubblicate, senza aver riguardo a' tre anni di tempo che debbono prece- dere la 4ntnbuzìone^ e quelle per l'anno i833 sono state ag- giudicate r una al Sig. Giovanni F. W. Herschel per la sua Memoria sulla investigazione delle Orbite di rivoluzione delle stelle doppie, inserita nel Volume V. delle Memorie della R.. Società Astronomica^ l'altra al Professor Decandolle per le sue ricerche di Fisiologia vegetabile tanto specificate nella sua opera intitulata Fisiologia vegetabile. • ■ Io ho l'onore di essere o Signore Vostro Ulbìdmo Umilino Seruo CARLO KONIG Segretario della Società Pi. PER LA corrispondenza STRANIERA. Tomo XXL A (20) Annali della Società Italiana 3ia. Alla fine di questo anno i833 si pubblicò il secondo fascicolo di fisica col quale si diede compimento al volumi- noso Tomo XX delle nostre iMemoiie, e si prevennero i Socj attuali con Circolare del a8 Dicembre che erasi cominciata la stampa della memoria del Sig. Professore Vincenzo Amici sul- l'argomento delle Volte premiata dalla Società, come si disse al § 807 ; terminata la quale si sarebbe cominciata la stampa della parte matematica del Tomo XXI; avendo Sua Eccellenza il nostro Presidente determinato, clie d' ora innanzi ogni To- mo si dividesse in due sole parti, matematica e fisica, e ciò sul riflesso che la divisione dei singoli Tomi in quattro fasci- coli protraeva troppo in lungo il loro compimento. 3i3. Mancò di vita in Milano alli j^Gennajo i834 il So- cio attuale Cav. Giovanni Aldini Bolognese, perlocchè si pensò tosto a rimpiazzarlo, e la scelta seguita secondo le regole sta- tutarie cadde sopra l'Astronomo Signor Cavaliere Nicolò Cac- ciatore di Palermo, a cui si fece la solita partecipazione, ed io ne ebbi poscia lettera di ringraziamento alla Società. 3i4- Altro Programma di concorso pubblicò l'Imperiale Accademia di Scienze di Pietroburgo nella sua radunanza ge- nerale del 2,9 Dicembre iu33, ed avendolo essa trasmesso alla Società Italiana, questa si fece premura di ristamparlo, e di- ramarlo per mezzo dei Socj a tutta l'Italia. Tre sono gli ar- gomenti in esso proposti ; uno di Botanica Fisiologica, il se- condo di Matematica applicata, il terzo di Fisiologia compa- rata, e perchè meglio conoscasi 1' importanza di questi pro- blemi, si pubblica qui il programma stesso. Scritti dal Segretario Lombardi (27) P R I X PROPOSÉS PAR L' ACADÉMIE IMPERIALE DES SCIENCES DE ST.-PÉTERSBOURG DAP/S SA SEAXCE PVBLiqVE TENUE LE 29 décembre i833. JLia question de Botanique proposée en 1829, et dans laquelle l'Académie désirait : " Un nouvel examen de la formation et de 1' accroissc- *' ment de la tige des plaiites dicotylédonées soit en general, " soit relativement aux systèmes particuliers qui la composent, " et fonde sur des observations et des expériences^ ainsi que " sur la répétition et 1' examen exact des expérienceSj obser- " vations et hypothèses, spécialemeiit de MM. Duhamel, Mir- " bel, Aubert, du Petit-Tbouars et Dutrochet (i), j, n'a point été résolue ; car au terme fixé, l'Académie n'a re^u qu' un seul mémoire qui, d'après la manière superficielle dont le sujet y est traité, ne peut iiullement étre considerò comma une ré- ponse à la question proposée. Mais depuis la publication du programme, jM' . Viviani a Génes , à établi (2) des vues nou- velles relativement aux organes élémentaires des végétaux et a leurs fonctions. Les recherches de ce savant surtout ont fait naitre des doutes d'une importance trop majeure sur maint principe fondamental, adopté jusqu' ici dans la pliysiologie des (i) Voy, le programme dans le Recueil des actes de la séance publique de l'Acad. Imp. d. se. tenue le 29 Dèe. 1829. St.-Pétersb. i83o, pag. 222. (2) Dans. son. ouvrage: Della struttura degli organi elementari nelle piante e delle loro funzioni nella vita vegetabile, e. 8 tav. Genova i83i. 3. (a8) Annali della Società Italiana plantes, pour ne pas altendre avaiit tout du zòle actifde MM. Ics Botaiiistcs la fixation de la tliéorie de M' . Viviani, condi- tioii deveiuie indispcnsable pour la solution dii sujet que pro- pose r Académie. Le prix est lemis au concours dont le terme est lìxé au i" d' aoilt 10J7. Le prlx reste le raème, e' est-à- dire de aoo ducats de Hollande. II. Quant à la question de Matliématiques, relative au flux et rellux, et publiée en 1801, 1' Académie n'a point recu de niémoire de concours ; mai comme ce problème est de la plus liaute importance, et qu' elle ne renonce point à l'espoird'en obtenir la solution, le terme du concours est remisan 1" d'aoùt :o36, su]iposaiit que peut-ètrc 1' espace de deux ans n"a point /'té suffissant pour répondre à la question. Le prix reste le mème, e' est-à-dire de 2,00 ducats de Hollande et de la mé- daille d'or, de la valeur de 5o ducats, frappée à l'occasion de la fète séculaire de l'Académie. III. Depuis longs-tems déja des naturalistes disti ngués ont observé que, chez quelques insectes, outre le système ner- veux abdominal, il en existe un autre très dólicat, situò à la partie dorsale de ces animaux ; et de nos jours, les observa- tions à cet égard ont été niultipliées et ont fourni matière à quelques niémoires. On a mème trouvé quelque cliose d'aiia- logue dans plusieurs animaux de la classe des annélides, par exemple dans 1' aplirodite, l'ampliinome, la sangsue, etc. et cliez plusieurs mollusques, tels que 1' escargot et le sépia. Ce sistemo de nerfs, qui parait donc exister à divers degrés de développement chez plusieurs, peut-étre mème chez la plupart des divlsious des invertébrés, acquiert d' autant plus d'impor- tance, qu' on Va compare, et non sans raisou, au nerf sym- patique des animaux veitébrés. L' Académie propose donc pour sujet de prix : " des re- Scritti dal Segretario Loividardi (29) " cherclies sur les diverses degiés de développement des nerfs " intestinaux chez les atiimaux sans vertèbres, accompagnées " de dessius exactes et détaillès. „ Pour lésoudre cette que- stion, l'Académie désire, qu' outre l'exposition historique et critique des observations qui ont été faites jusqu' à ce jour, on en fasse la répétition, et qu' on tàche d' éclaiicir les points suivants : I. Quel est le développement du système nerveux inte- stina! dans les oidres divers des classes des invertébiés^ où il a déja éte observé ? Dan ce but, on choisira de préférence des groupes d'ani- niaux qui n' ont pas encore été suffisament examinés, ou qui ne r ont pas été du tout: parmi les insectes, on prendra par exemple plusieurs groupes d' Hyménoptères ( Tenthrédinates, Ichneumones ), quelques sections d' HéruiptèreSj de Diptè- res etc. a. Peut-on démontrer un sistème particulier de nerfs in- testinaux dans des divisions (classes) des invertébrés, autres que celles oùonl'atrouvé jusqu' à présent, et quelles sont nommément ces divisions ? 3. Peut-on réduite les difFérentes formes du système ner- veux intestinale qui ont été observées dans diverses classes des invertébrés, à certaitis types géneraux ? 4. Ces types généiaux sont-ils en accord avec une des classifications établie», ou les nerfs intestinaux suivent-ils un développement tout particulier? i ; . 5. Quels sont les rapports des nerfs intestinaux avec le reste du système nerveux sous le rapport de leur ramifìcation et de leur volume ? 6. Quelles raisons peut-on alléguer pour ou contro l'ana- logie qu'il y a entre ce système nerveux et le nerf sympa- thique dans les animaux d'un ordre supérieur ? Des observations sur les changeinens qui s' opèrent dans les nerfs intestinaux pendant les métamorphoses, par les quelles passent beaucoup d' animaux des ordres inférieurs, seraient (3o) Annali della Società Italiana certaincnuMit très-intéressantes ; mais elles ne seront pas exi- gées de rigueiir pour la solution de la question. L' Académie décernera un prix de aoo ducats à celili qui résoudra complètement cette question ; mais dans le cas où aucune des pièces envoyées au concours ne remplirait d' une manière satisfaisante Ics vues de 1' Académie, l'auteur de la meilleur de ces dissertations obtiendra, vu V étendue e: l'im- portance de son travail, un prix d'encouragement de loo cu de 5o ducots. Les mémoires ne seront admis au concours que jusqu' au i" d' aoùt f836. Les auteu/s, ainsi que cela se pratique, ne signeiont point leurs dissertations, mais ils les muniront d' une devise quel- conque, et les adresseront au Secrétaire perpétuel. Cliaque méinoire sera en outre accompagné d' un billet caclieté con- tenant le nom, la qualité et la denicure de 1' auteur^ et sur lequel sera la inènie devise qui se trouve en téte du mé- moire. 3i5. La mancanza del Socio Maironi pensionarlo giubilato diede motivo alla Società di pensare a sostituirne un alLi'o in sua vece ; ma siccome a termini delT Art. XXII dello Sta- tuto quei soli Socii hanno diritto alla giubilazione, i quali ab- biano inserito nei nostri Volumi dieci JMemorie giudicate me- ritevoli di questa rimunerazione dalla Società stessa, cosi non essendovi all'epoca della morte di ivlaiioui alcun Socio che adempito avesse questa condizione, differir si dovette a fare la [)roposizione voluta dallo Statuto, finché fu pubblicato il Fascicolo II di Fisica del Tomo XX delle memorie sociali, in cui conteniioiisi due scritti del Socio attuale siir. Cav. Vale- riano Luigi Brera che compiono il numero delli dieci richiesti dallo Statuto |ier essere proposto a Socio giubilato. Ventisette colleghi votarono e tutti approvarono la giubilazione del sig. Cav. Brera con pensione che cominciò quindi a decorrere a Scritti dal Segretario Lombardi (3ì) suo favore posticipatamente al i di Settembre dell' anno 1834. 3 16. Mentre partecipai ai sigg. Socj il risultato di questo affare con mia lettera del 14 Agosto^ li feci contemporanea- mente consapevoli che aveva loro inoltrata la Memoria coro- nata del sig. Vincenzo Amici uscita allora dai torchj, e pro- posi ai raedesiini sempre per disposizione di Sua Eccellenza il Presidente una nota di Candidati per sostituire un Socio at- tuale al Cavaliere Giuliano Frullani morto nel Giugno di que- st' anno a Firenze. Passato il tempo prescritto e fatto il solito scrutinio, si vide che il sig. Dottor Gaspare Mainardi sup- plente nella Cattedra di Matematica a Pavia aveva ottenuta la pluralità relativa dei suffragi, e quindi restava egli scelto a nostro Socio attuale, scelta che a lui riusci molto gradita, come risulta dalla sua risposta a me indirizzata in seguito della solita partecipazione che io gli feci. 817. La Società Italiana sempre intenta per la sua isti- tuzione ad onorare il merito dei dotti di ogni nazione, avendo perduto nella classe denominata dei Socj stranieri 1' Astrono- mo Burg defunto a Vienna, vi sostituì il Matematico Fran- cese sig. Agostino Luigi Cauchy. Inerendo poi all' Art. VI dello Statuto aggregò essa al ruolo de' suoi Socj onorar] li sigg. Dottor Giuseppe Lugli Modenese Professore di eloquenza forense nella Reale Università di IModena autore dell' elogio del Socio attuale Professor Sante Fattori, il sig. Professor An- tonio INIeneghelli di Padova die inserì nei nostri Atti alcuni cenni sulla vita e sulle opere di Antonio CoUalto altro Socio attuale, e il sig. Professore Cav. Cesare Rovida di IMilano che scrisse l'elogio del Padre Ermenegildo Pini, il quale appar- tenne pur esso, mentre visse alla classe dei Socj attuali. 3 18. Il nostro Socio sig. Cav. Cacciatore mi avvisò con gentilissimo suo foglio che l'Accademia Palermitana di Scienze e Lettere aveva ascritto non pochi dei nostri Colleghi ed al- cuni altri Dotti Italiani fra li suoi collaboratori, e mi trasmise la nota di (juesti personaggi, pregandomi a voler partecipar ai (Sa) Annali della Società Italiana medesimi 1' onorevole determinazione presa dall'Accademia Palermitana a loro tavorc, il che io feci diramando una Cir- colare segnata 2,5 Aprile i835 ai seguenti Signori ; Socio Onorario idem Carlini Cav. Francesco Astronomo Socio Attivo non residente estero Fossombroni S-. E. Conte Vittorio Socio Onorario a Rangoni Sua Eccellenza Marchese Luij;i Presidente della nostra Società Riccardi Professor Geniiniano Lombardi Antonio Se'òb senza 1' intervento della lodata Eccellenza sua nel teatro fisico della R. Università alla pre- senza dei sigg. Socj dimoranti in Modena e dei Segretarj del Corpo Accademico. Restò quindi egli eletto per la terza volta a Presidente della Società, della quale determinazione io mi feci premura di tosto informarlo, e poscia con mia circolare del i." Agosto dell'anno stesso partecipai ai Socj la rielezione suddetta. 3ao. La Società Reale di Londra per mezzo del suo Se- gretario della corrispondenza straniera sig. Konig trasmise alla nostra la risoluzione di S. M, il Re della Gran Bretagna con la quale determinava, che le due Medaglie di fondazione Reale di cui parla il programma del i5. Agosto i833. qui sopra ri- pubblicato, dovessero assegnarsi per 1' anno 1837 come pre- scrive la se Io sono incaricato da S. A. Reale il Presidente e dal Consiglio di notificarvi, perchè ne informiate la Società Ita- liana delle Scienze di Modena, che sua Maestà il Re si è coni- Tomo XXI. 5 (34) Annali della Società Italiana piaciuta di destinare due Medaglie d'oro ciascheduna del va- lore di 5o Ghinee, che devono essere dalla Società Reale regalate nel giorno dell' annua sua radunanza negli anni suc- cessivi agli Autori delle più importanti scoperte in ciascun ramo principale di cognizioni fisiche e matematiche. Avendo Sua INIaesIà espresso graziosamente il desiderio che fossero invitati gli Uomini dotti di tutte le Nazioni a prestare a quest'uopo rajuto dei loro talenti e delle loro ricerche ; io sono perciò incaricato dal Consiglio di annun- ziarvi o Signore che le medaglie Reali per il 1837 saranno in quell'anno concedute, una all'Autore del migliore scritto che abltia per titolo : Contribuzioni a formare un sistema dì Cronologia geologica fondato sopra un esame degli avanzi fos- sili e dei fenomeni succeduti ; V altra all' autore della produ- zione inedita più importante nella Fisica, la quale venga co- municata alla Società Reale per essere inserita nelle sue Tran- sazioni dopo la data della presente e prima del mese di Giu- gno dell' anno lOSj. Nel caso che non venisse comunicata alla Società alcuna Memoria suir argomento geologico specificato qui sopra, o che lo scritto presentato non avesse bastanti pregi per meritare di essere inserito nelle Transazioni dopo la data della presente e prima del mese di Giugno del 183^, il Consiglio si propone di aggiudicare una delle medaglie Reali di quell'anno all'Autore della miglior Memoria sopra qualuncjue altro argomento di Geologia o di Mineralogia che possa venir presentato per es- sere pubblicato nelle Transazioni filosofiche, stando fermo lo stesso periodo di tempo che preceder deve quello della con- cessione del premio. Io ho 1' onore di essere Si irnore Vostro Ubhidiho riì Umilùio Servitore CARLO KONIG Segretauio liella Società' Reale per la corrispondenza straniera. Scritti dal Segretario Lombardi (35) 3ar. Rapidamente succedevansi nella classe del Socj at- tuali le vacanze dei posti per la morte di Dotti Italiani ; poi- ché alli 17 di Agosto di (juesto anno i835 cessò di vivere a Firenze il Cav. Leopoldo Nobili, ed il 21 Ottobre successivo in Modena il Professor di Fisica D. Liberato Baccelli. Suc- cessori di questi furono 11 sig Abate Salvator Dal Negro Pro- fessore di Fisica a Padova, e il sig. Dottor Bartolomineo Pa- nizza Professore di Anatomia nella Università di Pavia, i quali espressero con lettera di risposta alla partecipazione loro fatta, r aggradimento che provavano per far parte del nostro Corpo scientifico. Saa. Sei mesi circa dopo la morte del Professor Baccelli accadde quella del Professor Floriano Caldani defunto nell'Aprile del i836 a Padova, a cui seguendo sempre le regole statuta- rie fu surrogato il sig. Canonico Angelo Bellani Fisico di Mi- lano, e nello stesso modo fu pur nominato il sig. Dottor Am- brogio Fusinieri Vicentino a rimpiazzare il Professor Stefano Gallini Socio attuale che cessò di vivere in Padova non molto dopo il Caldani. Il Chimico e Fisico Inglese sig. Faraday poi venne sostituito al Socio straniero Ampere, tosto che la So- cietà fu informata che questi era defunto a Marsiglia mentre visitava le Università e le Scuole della Francia ; tutti questi nuovi Accademici si fecero premura di ringraziare con lettere a me dirette la Società per le determinazioni che prese aveva a loro favore. La perdita fatta dalla medesima il giorno 19 Novembre dell'Anno i836 in Roma del Socio Ordinario Professor Do- menico Morichini chiuda questa dolorosa narrazione, perdita in conseguenza della quale si trasmise ai Signori Colleghi una nota di Candidati per ripararla. 323. Sul cader di quest'Anno i836 si compiè la stampa della parte Matematica del Tomo XXI delle nostre Memorie, che contiene quarantacinque fogli di stampa e in fine l'indice ragionato alfabetico da me compilato delle materie trattate nei tomi XVI al XX inclusive, il quale contiene il proseguimento (36) Annali della Società Italiana di quello che trovasi In fine del tomo XVI formato dal Socio Onorarlo sig. Ottavio Gagnoli e che abbraccia gli argomenti trattati nei primi quindici tomi delle suddette Memorie. 3a4- Neil' intervallo scorso dalla pubblicazione di detto Volume sino al presente il Corpo Accademico ha ricevuto li- bri in dono dalle Accademie Italiane e Straniere e da varj Autori, ai quali tutti protesta perciò col mio mezzo (a ben dovuta riconoscenza, in testimonio di che si pubblica qui l'elenco dei ricevuti doni. (3?) ELENCO DEI LIBRI MANDATI IN DONO ALLA SOCIETÀ ITALIANA DELLE SCIENZE RESIDENTE IN MODENA '' , :.:.■■ ■.•:<.. dal I Luglio i836 a tutto Maggio iSSj. Luca de Paolo Anania. Del Caleidoscopio e della sua ap- plicazione alle Arti Memoria { Estratto dal Progresso Gior- nale Letterario di Napoli ). Bellanì Canonico Angelo. Degli aereoliti, delle pioggie e nevi rosse, e delle nebbie o esalazioni secche. Riflessioni : Articoli estratti- dalla Biblioteca di Farmacia, Chimica ec. Aprile Luglio e Agosto i836. Della indefinibile durabilità della vita nelle bestie con un' appendice sulla longevità delle piante. 8.° Milano i836. Zìmmermann Cavaliere Enrico Guglielmo. Trattato sul Cholera epidemico, nel quale viene esposto il modo di conoscerne lo sviluppo, r andamento, ed il metodo di cura, non che alcune misure preservative. Con un' appendice indicante il metodo curativo modificato secondo il clima d'Italia ec. 8-° Parma i836. Brera Cavaliere Valeriana Luigi. Prova medico legale della contagiosità del Cholera dominante, e dati per regolarne l'estirpazione. 8" Venezia i836. Giovene Blariae losephi Vita B. Conradi Bavari Civitatis Mel- phicti Patroni 8." Neapoli i836. Bertelli Francesco. Saggio di una teoria suU' equilibrio delle Volte applicabile con generalità alla pratica 8.° Bologna i836. , - \.. Commentar) novi Academiae Scientiarum Instituti Bononiensis. Toraus secundus Bononiae i836 4-° Società Bledico-chirurgica di Bologna. Bullettino delle Scienze (38) Catalogo dei Libri mandati in dono inodiclie mesi di Ottobre, e Dicembre i836 con 1' indice delli Volumi VII al XII 8.° Bologna. Bidone George. Reclierclies experimentales et theoriques sur les contractions partielles des veines d'eau et sur l'eu- lement des tuyaux addictionnels interieurs et exterieurs. 4." Turin i83b. Società Medico-chirurgica di Bologna. Memorie della medesi- ma F.° II. del Voi. I. 4." ivi i836. Bidone Giorgio. Esperienze sulla percussione delle vene d'ac- qua 4-° Torino i836. Lalatta DIarchese Blauro. Istruzione ai Podestà dei Ducati di Parma, Piacenza, e Guastalla corredata della collezione di tutte quelle leggi che risguardano alla comunitativa Am- ministrazione 8." Parma 1834. T.' 3. Bruschetti Ingegnere Giuseppe. Progetto della Strada di ferro da Milano a Como 8." Milano i836. Società Reale di Londra ( libri in lingua Inglese ) Processi verbali del Comitato per 1' esame d' invenzioni ec. con i relativi documenti. Rapporto sopra una lettela indirizzata dal Barone di Humboldt al Presidente della Società Reale di Londra suU' estendere le osservazioni magnetiche ec. 8.° Londra. Processi verbali delle radunanze della Società Reale in quattro fascicoli dal io Dicembre i835 al Giugno i83(). Lubhock I. ÌV. Teoria della Luna, e sulle perturbazioni dei Pianeti 8.° Londra j836 parti due. Sulla determinazione della distanza di una Cometa dalla terra 8.° ivi i835. Ferlini Dottor Giuseppe. Cenni sugli scavi operati nella Nubia e catalogo degli oggetti colà da lui ritrovati 8.' Bologna 1837. Delle Clàaje Stefano. Lettera medica scritta al Professor Lanza sul Tricocefalo Disparo ausiliario del Cholera asiatico os- servato in Napoli 8.° ivi i836. Agatino S. Martino. Dimostrazione del teorema fondamentale Alla Società Italiana (3 9) della teoria delle funzioni analitiche di Lagrange. 8." Ca- tania i836. Agatino S. Martino. Lezioni alla Cattedra di Matematica subli- me della R. Università di Catania T. III. Parte II. ivi i83a. Accademia Imperiale di Scienze di Pietroburgo. Raccolta degli Atti della seduta pubblica tenuta il ag Dicembre i835. 4.° ivi i836. Memorie presentate all' Accademia da diversi Dotti, e lette nelle sue Assemblee T.° III. F° i.° a.» ivi i836. " Questi due fascicoli contengono le osservazioni del •"' Pendolo invariabile eseguite in un viaggio intorno al " mondo fatto negli anni 1826 1827 1828 1829 dal Sig. " Contr-Ammiraglio Luetke Membro corrispondente dell' " Accademia. „ Memorie dell'Accademia stessa serie VI. Scienze Mate- matiche, Fisiche e Naturali T.° III. Parte prima Scienze Matematiche e Fisiche T.» I. Fase. 3.° i836. T." IV. Parte II. Scienze naturali T.° II. F.' i.° 2.° 1 836. Scienze politiche, storia, e filologia T.° I. F.° i.° ivi i83o. T.° III. F.' 2.° 3." ivi i835. T.° IV. F." i.° ivi ]83b. Levi Dottor Mosè Giuseppe. Ricordi intorno agli incliti Me- dici, Chirurghi, e Farmacisti che praticarono loro arte in Venezia dopo il 1740 da lui raccolti, aumentati e pub- blicati ivi i835 8." Biografia di Gaetano Alfonso Ruggeri medico, e letterato Veneziano ivi i836 8.° Delle lodi di Francesco Aglietti medico e letterato Vene- ziano 8." ivi i836. Effemeridi Astronomiche di Milano pel 1837 con appendice di osservazioni, e Memorie Astronomiche 8.° ivi. Artaud Cavaliere. Storia del Papa Pio vii tradotta in Italiano dall'Ab. Cav. Cesare Rovida T.° I. 8.° Milano 1837. " 11 sig. traduttore è quegli che ha mandato in dono " questo primo Volume di tale opera. „ De Luca Paolo /i«a/2ia. Progetto di un novello scandaglio per (4o) Catai.oco dei IjIdiu .mandati in dono misurare la proloiiJità dei mari e conoscere l'esistenza e tlirezione delle correnti occulto o." Napoli 1819. De Luca Paolo Anania. Lettera al Sig. Gio. Gaspare Gre- goire intorno al merito relativo ed assoluto dej;li istru- inenli projiosti da entrambi per misurare (jnalunqne pro- l'ondità di mare G.° Napoli 1887. Marianini Stefano. Sul rapporto che esiste fra l'energia degli elettromotori ed i loro efl'etti sugli aghi calamitati. Memo- ria letta all'Ateneo Veneto il 10 Marzo l'òi'ò. Pavia iSaS. Saggio di esperienze elettrometriclie. Venezia i8ii5. Sopra la scossa che provano gli animali nel momento che cessano di fare arco di comunicazione fra i poli d'un elettromotore ec. Venezia luao. Memoria sopra la teoria chimica degli elettromotori Vol- tiani. Venezia i83o. Memoria sopra le scintille eccitate per entro i liquidi e a traverso della fiamma degli elettromotori. Padova i83i. Memoria sopra il fenomeno che presenta un arco metal- lico di non eguale superficie ne' suoi estremi, quando seive a tradurre 1' elettricità da un fluido ad un altro della stessa natura. Padova 1801. Lettera al Sig. Dottor Ambrogio Fusinleri sopra un prin- cipio di azione chimica prodotta alla superficie dei me- talli dalle correnti Faradiane. Padova i8-32,. Nota sopra la facoltà elettromotrice del Mercurio. Pa- ova loj.j. IMemoria sopra le contrazioni muscolari ed alcune sen- sazioni prodotte dalle correnti elettriche. Padova 1884. Memoria sopra il fenomeno elettro-fisiologico delle alter- native Voltiane. Padova 1884. Lettera all' Accademia Pteale delle Scienze di Parigi sopra la causa alla quale il Sig. Peltier attribuisce le contra- zioni che provano gli animali quando s' intcìrompc il cir- colo Voltaico di cui fanno parte. Padova i835. Memoria III sopra la teoria degli elettromotori. Risposta Scritti dal Segretario Lombardi {ài) alle osservazioni del Sig. Parrot relative alla Memoria sopra la teoria chimica degli elettromotori voltaici sem- plici e composti del Prof. Stefano Marianini. Rangoni Blarchese Luigi. Nuove Considerazioni intorno ad un problema di probabilità 4° Modena i8ao. Elogio del Cav. Michele Araldi. Modena 1828 in 4.° Sulle Funzioni generatrici. Modena 1824 i'i 4-° Sulle Funzioni generatrici. Memoria li.'' Modena 1824. Estratto di due Memorie sulle Funzioni generatrici. Pa- via i8a6. ' ; ' ' " ' ■ •'' ':' Sulla decomposizione e trasformazione delle Funzioni algebriche frazionarie. Modena 182,7 4-° Elogio del Consigliere Paolo Cassiani. Modena i83o in 4-° Sulla decomposizione e rasformazione della frazione al- gebrica razionale della forma („-.) (,— ,) C^-C'.i--l-C"j°-i-ecc.-4-C -1- -l-gcc-<-C X {'— ') 1 /' ;'' i>" ('^—')p X (x—a) (r— o'), (X— a') {x—a ) Modena i835 in \° Società 31 e di co-chirurgica di Bologna. Rleraorie sul cholera morbus. F." 3.° 4-° Bullettino delle Scienze mediche Mag- gio e Giugno 1887 in 0.° Sue Memorie F." 3.° del Voi. I.° 4.° Bologna 1887. Memorie della Pieale Accademia di Torino. T.° 89 ivi in 4-° Accademia di Scienze e Lettere d' Irlanda. Sue transazioni Tomi XVII in Volumi XIX compreso l'indice 4-° Dubli- no 1787-1886. Zantedesclii Ab. Prof. Francesco. Della Dinamica e Statica magnetico- elettrica Memoria presentata all'Ateneo di Brescia li 8 Marzo 1886 in 8.° Della Polarizzazione dei conduttori isolati diretti a de- terminati punti del globo e di un nuovo apparecchio per esplorare 1' elettricità atmosferica chiamato Elettro-ma- gnetometro. 8." Milano 1887. Toma XXL 6 (42) Catalogo dei Liuki mandati im dono Pacìnì Prof. Luigi. Lettere sulla lacerazione della Cristalloide anteriore^ intorno ad un Aneurisma dell'Arteria toracica sopra una doppia pupilla dirette al celeberrimo Antonio Scarpa ec. 8." Jjucca 1826. Intorno la necessità dello studio della notomia patologi- ca discorso. Edizione seconda riveduta ed ampliata. 8 ° Lucca 18519. Riflessioni critiche sullo stato attuale della Chirurgia Italiana in risposta ad un articolo inserito nella Gazzetta medica di Parigi del i83o 8." Lucca i83a. Intorno all' utilità del Saggio dei Tumori discorso: 8.° Pisa i836. ■m.-. (^jin^j^ijì^^L iL'j^:^i>ir(DT^3 -lìhziw^E'S'ìiE r/(:i.ttY< ru <_ 'O/ /////,'. HolL p. 274.- et ed. a. tom. i. p. i3o. Liliaceae Bartl. Ord. nat. plant. p. 48- Schultz. Na- turlich. syst. des pflanzenreìch. p. 3o6. .1 .1 I ■',] 1. STRANGWEJA hyacìnthoides : foliis linearibuSj cana- liculatis, pubescentibus, dense ciliatis, scapo longioribus; bra- cteis minutis, infeine appendiculatis. Perenn. Floret in horto bot. Bononiensi Decembri de- cedente, et toto Januario, etiam sub dio. Patria hactenus ignota. Radix bulbus ovatiis, extus fusce tunicatus, fibris e basi ejus descendentibus numerosis. Folia omnia radicalia, flaccida, linearla, canaliculata, acuta, aut acuminata, utraque facie te- nuissime pubescentia, margine dense cibata, alia latiora ( a. lin. lata ), alia angustissima, scapo multo longiora. Scapus te- resa simplex, nudus, alte sepultus, extra terram circiter sesqui- bipollicaris. Flores subsessiles in spica terminali, densa, brevi, oblonga , suave-olentes, odore £ere Hyacint hi orienialis h. Bra- cteae una vel duae sub quovis flore, membranaceae, minutae., adpressae, albidae, superne truncatae, basi deorsum appendi- culatae, appendiculis duabus, vel tribus, saepe inaequalibus. Corolla tubuloso-carapanulata, alte sexfida, laciniis linearibus, obtusiusculis, apice recurvis, pallide caerulescentibus, stria longitudinali saturatius caerulea apicem versus notatis. Sta- mina sex, coalita in andropliorum simplicem, membranaceum, albidurn, liinc cum tubo corollae connatum, inde tegens ova- rium, superne leviter sectum in taeniolas sex, apice emargi- natas, cum filamento antherifero, brevissimo, subulato, interdum rubello,sito in medio cujusvls einarginaturae. Antherae oblongae, incumbentes, biloculares, saturate caeruleae. Ovarium liberum, trigonum, tectum. Stilus simplex, staminibus brevior. Stigma obtusum. Capsula trigona, trilocularis, trivalvis. Semina nun- quam perfecit. 4 Descrizione di un nuovo genere ec. Io non ho trovato specie alcuna tra le desciitte dagli au- tori, alla quale si possa riferire questa nostra. La sola^ che più le si avvicini, è 1' Hyacìnthus spìcatus Sihth. et Smith. FI. Graec. prodr. i. p. 287. n. 816.., la cui descrizione imper- fetta, e la mancanza di figura ci lasciano nel desiderio di me- glio conoscerlo. Tuttavolta esso ha il deciso carattere delle foglie lanciolato-linearij, dello scapo di poco più corto delle foglie, delle brattee più o meno ripiegate^ e delle corolle fesse soltanto sino alla metà, le quali cose non sono nella specie da me descritta. Resta però a vedere, se la pianta del Sibthorp, i cui stami sono detti membranacei, non appartenga di pre- ferenza al nostro genere Strangweja. SPIEGAZIONE DELLA TAVOLA. La fig. I. mostra la pianta intiera scevra dalla terra, che la ricuopre, fin dove le foglie si ripiegano. La fig. 2,. rappresenta un fiore isolato colla brattea, che fa vedere le orecchiette della sua base pendenti all' ingiù. Quello, che pare un peduncolo, non è a'tro che un filo della rachide strappato via. La fig. 3. esprime un fiore aperto, e mette sott' occhio l'ovaio, l'adesione dell' androforo alla base del perigonio, la smai'ginatura degli stami^ e l'impianto dell'antera. DEL LUOGO DI MENOMA FERMEZZA IN UN PRISMA IL QUALE RESISTA AD UNA FORZA ORIZZONTALE TENDENTE A ROVESCIARLO. .' MEMORIA DEL PROFESSOR GIUSEPPE TRAMONTINI Ricevuta adì 30. Giugno 1832. JTare che 1' argomento enunciato nel titolo di questo scritto non sia stato fino ad ora esplorato con quella diligenza che merita l' importanza di esso in architettura. Nel valutare la stabilità d'un piedritto, che abbia a re- sistere centra una data spinta, suolsi presumere libera la sua base, e tanta la coesione della materia , che se prevalesse la spinta, dovrebbe il solido prendere un movimento di rotazio- ne, rovesciandosi tutt'in un pezzo, senza che nascano fendi- ture. È manifesto che non può generalmente avverarsi cotesta supposizione, qualunque sieno la materia, là struttura, le di- mensioni del piedritto , il luogo dove s' intende applicata ad esso la spinta ec. Dunque a procedere colla debita prudenza e nei giudizj sopra le opere esistenti, e nell'ordinamento di quelle da edificare, fa mestieri discernere dove il piedritto op- ponga colla sua coesione il minimo grado di resistenza contro allo sforzo della spinta ; perciocché in quel luogo sarà il pe- ricolo dello spezzamento, se v' abbia difetto nella forza di coe- sione. Questo problema è di assoluta, elementare, ed eviden- te necessità. Ciò nulla ostante, fino ad un' epoca non lontana, nei trattati classici relativi alla statica degli edifizj , neppur menzione vien fatta di tal problema ; e sebbene da circa vent' anni in qua siane stata avvertita 1' importanza, esso ( per quan- to mi è noto ) rimane tuttavia insoluto. 6 Del Luogo di Feriie^za ecc. Nei SLiLietti trattati da Galileo, Blondel, IMarchctti, Vi- viani. Grandi, Parente Varignou ce. sopra la resistenza dei solidi, circa le forme atte a renderli ugualmente resistenti in tutti i punti della lunghezza loro, circa i punti di massima o di minima resistenza nelle altre forme, suppongonsi i solidi o fissi con un solo estremo in una parete verticale , o soste- nuti in ambi gli estremi; dalle quali condizioni sono essenzial- mente diverse quelle del nostro tema. Sul principio del Secolo XVIII, introdotta nelle indagini sopra le resistenze la considerazione di quella lacoltà che han- no le materie di stendersi, di comprimersi^ di restituirsi più o meno esattamente alle pristine forme, dopo cessata l'azione delle forze estranee che le hanno alterate, vcii^iamo nascere le dottrine degli elastri , e quelle concernenti la resistenza detta assoluta nega^/t'a. Coli' industria del calcolo mirabilmen- te applicato a questi argomenti da Leiluiitz , Ciac. Bernulli , Eulero , Lagrange ec. gareggiava la sagacità esperimentale di Mariotte, Bulfon, JMusseml.iroek, Emerson, Banks, Coulomb ec. Gli studj loro furono ordinati ad emendare ed estendere el dottrine sulla resistenza trasversale dei solidi, relative ai sub- bietti i quali erano stati trattati precedentemente, o pure a stal^ilir quelle concernenti la n.'sistenza de' solidi caricati, o premuti nella direzione della lunghezza loro. Ma nella storia, o nella trattazione di quelle cose cercasi in vano il problema che abbiamo presentemente in mira. Verso il ilne del mento- vato secolo XVIII. uscì al publjlico l' opera dottissima di M. Girard sopra la resistenza de' solidi (i), alla quale, nel 1806 succedettero le belle illustrazioni, od emendazioni del P. Ma- riano Fontana (a). L' articolo di quel trattato, dove M.Girard parla dei punti di massima, o di minima resistenza, è dettato nella sola ipotesi che i solidi o sieno fissi con un estremo, o (i) Traiti- nnalytifiue «le Li resistenre des snlii.lcs ec. Paris 1798. (2) Memorie dell'Istituto nazionale italiano T. I. P. II. Bolosna 1806. ■^ ftcti c/c ^Jica ^oc Jtal ^ y:y<^\ riay i :^ ih rè'4j4s ^ Jr/r'/znom'e/a Ivuacinlhoèdey^^l^eyf- -3 ^ ■■"■Ai t4>''-V' Del Prof. Tra Montini 7 sieno sostenuti in ambedue. Entro agii stessi limiti contengo- si del pari le cose trattato dal P. Fontana. Né il desiderio del- la mentovata soluzione vien soddisfatto nella beli' opera di M. Berard sopra le Volte (3), quantunque v'abbia un articolo appositamente intitolato „ Delia resistenza nei piedritti ,,. Ivi, senza punto pensare alla sezione di massima 0 di minima re- sistenza in un piedritto che abbia l' ordinaria forma prisma- tica, l'Autore si rivolge alla sola ricerca di quella forma che renda ugualmente resistenti tutte le sue sezioni orizzontali , supponendo il piedritto fisso nella sua base , e soggetto alla spinta di un arco. Dunque 5 non ostante la copia e l'eccellenza delle dot- trine raccolte nelle noverate opere, manca in esse la soluzio- ne del quesito circa il piano di minima resistenza, da cui di- pende la misura della fermezza in un piedritto libero nella sua base, il quale debba resistere ad una data spinta. Io non so che in alcun' altra scritturai pubblica sia stata proposta quella soluzione anteriormente all'edizione delle ope- re di Belidor, illustrate colle utilissime annotazioni di M. Na- vier. Nel volume contenente la Scienza degli Ingegneri (4), una di quelle note parla della maniera di valutare la resisten- za che oppone un muro di rivestimento contra le terre ad- dossatevi. Il muro è supposto di forma prismatica rettangola- re, e la base non aderente al piano su cui posa. Riferisco il passo colle stesse parole di M. Navier, in quella parte che concerne al nostro argomento. „ Bélidor s' ètant occupé d'abord de la manière dont on devait évaluer la résistence d' un mur, j' observerai aussi en premier lieu que tous les auteurs ont , comme lui , suppose que le mur ne faisait qu' une seule masse, dont les parties ne se séparaient point dans le mouvement qu' il pouvait pren- (3) Statique des Voutes ec. Paris 1810. (4) La Science des Ingéiiieurs ec. a Paris, cliez F. Didot i8i3. o Del Prof. Tramontini drc eu céJant ù la force de la poussée des tcrres. Ccpendant, pour ne parler d'abord que des cas ou le mur cèdo en toiir- nant autour de rarèto extèrieure de sa ljase,il est visilile que, daiis ce mouvement, il doit rester sur cette base un prisme de maronnerie, qui ne sera point soulevò avec le reste du mur, ù nioins que la Ibrce de coliòsion des niortiers ne soit plus con- sidérable que 1' effet du poids de ce prisme ec. „ Prosegue l'Autore assegnando in BI', fig. i . la sezione di minima resistenza fra tutte quelle che si possono concepire condotte mentalmente per B, perpendicolari alla faccia ABHG del prisma; la particolarità caratteristica di quella sezione con- siste neir angolo ABI' semiretto. Quindi conchiude che riferi- ti i momenti all'asse di rotazione projettato in B, e suppo- nendo la spinta applicata in G, se il momento della coesione in Bl' non superi quello del peso corrispondente al prisma triangolare proiettato in ABI', da questo dovrà spiccarsi in BI' il tronco rimanente BHGI'j prima che il momento della spinta pareggi quello che opporreJjbe il prisma intero, se tale rima- ner potesse neir atto che si dispone a rotare. Sul fondamento di questa teoria , il lodato Autore stabi- lisce un canone di pratica, insegnando che nella valutazione della resistenza si deJjba trascurare il momento della parte ABI', e cita in confuniazione un fatto esperimentale esposto ne termini seguenti. „Les expèriences de M. Mayniel, et 1' observation qu'il rapporte en ces termos ( un mur de 20 pieds de hauteur , dont on avait laissé consolider la maronnerie, s' est rompu au niveau du sol, en formant une ligne de ruptnre, qui eut pu, dans le profil, ètre la diagonale d'un quarré qui eut eu pour coté r èpaisseur du mur (4) ) confirment pleinement la iheo- rie précédente, j. Non fa bisogno dimostrare con minute prove a quanto (-() Traile- de la puUsM-.; Jc» terree, png. cj'd. Del Pkof. Tramontini 9 gravi errori vada esposta l'ordinaria pratica ^ nella quale si pone per certo che il muro debba rotare tutt' in un pezzo quando prevalga la spinta. Talvolta può accadere , massime nelle opere, o costrutte in fretta , o non abbastanza consoli- date dopo la costruzione, o deteriorate per vetustà, ed altre cause, che la coerenza de' materiali si trovi al di sotto della misura necessaria perchè il muro, cedendo alla spinta, possa rimaner intero. Aggiungo ancora che un tal difetto di massi- ma, rimanendo inosservato fra le regole pratiche circa la va- lutazione della fermezza, come avrà più d' una volta portato, cosi può recare in avvenire assai sconce conseguenze dei giu- dizj di perizia, sui quali talora hanno fondamento gravi deci- sioni economiche , e legali. Per le quali ragioni fu consiglio lodevole assumere l' emendazione di quel difetto. Ma non cre- do che a tale scopo conduca la correzione proposta dal Sig. Navier; e di questo sentimento spiegherò tosto il motivo nel- le seguenti obbiezioni. Prima d' ogni cosa osserverò che 1' allegato esperimento del Sig. Mayniel non puot' essere concludente a favore dell' esposta dottrina ; perciocché le condizioni del fatto fisico non corrispondono a quelle del nostro tema. In esso fu posta li- bera la base del prisma, e tale certamente non era quella del muro su cui fu fatto V esperimento, stante che aveva durato in piedi alcun tempo, cioè quanto fu creduto necessario a consolidarlo, ecc. ''' Io non ho veduto l'opera di M. Mayniel, e dalla citazio- ne recata poco sopra non posso rilevare le circostanze tutte , che pur sarebbe necessario conoscere , quando si voglia por- tar giudizio sopra quell' esperimento, come p. es. la grossezza del muro, il materiale, il tempo accordato per consolidarsi, ec. Ma che che sia di ciò, vengo ad un' altra obbiezione, radicale, contro alla supposta necessità che il piano di rottu- ra debba passare per un lato dell' infima base: quello cioè in- torno al quale dovrebbe rotare il prisma intero, se prevalesse la spinta. Tomo XXI. B IO Del Luogo di Fermezza ecc. Egli è ben vero che fra tutte le sezioni piane perpendi- colari alla faccia ABHG, e condotte per B, essendo applicata la spinta alla faccia projettata in AG, e ben vero, dissi, che la sezione BI', inclinata alla base per un angolo semiretto, è quella di minima resistenza ; ma dimostrerò: r.° Che varia nella retta, o spigolo BH, il punto per cui passa la sezione di minima fermezza fra tutte quelle assegna- bili nel prisma , quando varia 1' altezza AD nella quale s' in- tende applicata la spinta. Non può dunque passar sempre quel- la sezione pel punto B, come insegna il Sig. Navier. a." Quando passi per quel punto B la sezione di minima fermezza, sotto 1' azione della spinta non cadrà in BI'^ facen- do colla base un angolo di 4-5 ° 3." In un solo caso potrebbe essere BI' la sezione di mi- nima fermezza , ma questo caso non si avvera sotto l' azione della spinta; laonde il luogo che, per l'esposta dottrina, è as- segnato come quello di minima resistenza, non potrà mai es- serlo in fatto. Altri particolari , curiosi alquanto ed utili alla pratica , verrò dimostrando in seguito; ma prima debbo compiere l'es- posizione dei motivi , i quali m' inducono ad affermare che tuttavia manca la soluzione del nostro quesito. Desumerò per- tanto l'ultimo di quei motivi da un cenno dato su questo pro- posito nelf eccellente opera del Sig. Cav. Venturoli, intitola- ta ,, Elementi di Meccanica e d' Idraulica, Edizione III. „ Mi- lano 1817. Nel T. I, pag. 260 è detto: „ Sin qui abbiamo considerato il piedritto come un solido di forma invariabile , da non potere spostarsi che tutto d' un pezzo. Siccome però la spinta potrebbe romperlo in alcuna delle sue sezioni, cosi converrà esaminare la sua fermezza anche sotto questo rap- porto; il che ci basti di accennare^ avendo già dato il modo di valutare la resistenza che proviene dalla tenacità. „ „ La spinta orizzontale Q tende a romperlo per traverso. E (}ui considerando una sezione (jualunque del piedritto, se ne troverà la resistenza come al Gap. XVII dello stesso libro Del PfioF. Tkamontini i l (III) . Solo deve avvertirsi chC;, siccome il peso di quella por- zione del piedritto, che poggia sulla sezione :, ajuta la di lei tenacità, opponendosi alla rotazione che la spinta Q tende ad indurre, così, in luogo del momento della spinta, si dovrà prendere 1' eccesso di questo momento sopra il momento del peso che le contrasta „. In quel Gap. XVII, al quale si rimanda la soluzione del quesito, sono spiegate le teorie della resistenza detta relativa, considerata in un prisma, o fisso con un solo estremo , o so- stenuto in ambedue. Neil' una e nell' altra ipotesi, la sezione di minima resistenza , corrispondente a qual si voglia punto assegnabile nella lunghezza del prisma è perpendicolare alla direzione della lunghezza stessa, ed è perciò parallela alla ba- se d' inserzione, quando il prisma sia rigido e perpendicolare alla parete dove sta infisso. Questa particolarità costituisce una diflTerenza essenziale fra il caso del prisma considerato in quel Gap. XVII, ed il caso del prisma eretto verticale sulla sua ba- se libera , e soggetto all' azione della spinta orizzontale. In esso dimostrerò che non è mai parallela alla base la sezione di minima resistenza. Non può dunque determinarsi il piano di minima resistenza nello stesso modo per due casi tanto di- versi. Ma l'essenziale del problema sta nella determinazione del detto piano, e questa non è fra le cose insegnate nel ci- tato Gap XVII. Fino a tanto che resti ignota la posizione del piano di minima resistenza, ignota pure sarà la parte del prisma, che in ogni caso particolare poggia sul piano stesso: ignoto il mo- mento col quale essa contrasta alla spinta, e quindi ignota la forza ed il momento che agisce contro alla coerenza in quel piano ; ignote dunque rimangono tutte le cose noverate nell' ultima parte del testo or ora citato, la quale ultima parte in- comincia colle parole ,, solo deve avvertirsi „ ec. Non ho potuto rinvenire notizia alcuna che dopo la ter- za edizione della benemerita opera testé citata sia stata pro- dotta altra cosa intorno al problema di cui parliamo; e nem- 12 Del Luogo di Fermezza ecc. meno fra le Note ed aggiunte al Ventinoli, produzione molto utile del Prof. G. B. Masetti (5). Questa circostanza è un nuo- vo e decisivo indizio che il detto problema non sia stato fino ad ora da altri trattato uè sciolto. In tal persuasione mi accingo ora ad esporne una solu- zione che stimo legittima. I. 5. I. Nel rettangolo ABHG {fig. i ) rappresentasi un prisma, retto, verticale, di materia rigida ed omogenea. La sua base in- feriore, di figura rettangolare, projettata in AB, non è aderente al piano su cui posa. Intendesi applicata in D una forza orizzon- tale ¥, la quale agisca in un piano parallelo alla faccia ver- ticale ABG del prisma, e condotto pel centro di gravità; quel- la torza tenda a rovesciare il prisma facendolo rotare intorno allo spigolo della base projettato in B. Fra tutte le sezioni piane , le quali possono essere men- talmente condotte a traverso del prisma , perpendicolarmente alla sua faccia ABH, qual sarà la meno resistente contro allo sforzo della spinta ? Incomincio dal fingere che per quella forza F sia condot- to il solido nello stato immediatamente prossimo alla rotazio- ne; lo divido allora col pensiero in due tronchi, per mezzo di un piano, che suppongo projettato in una retta trasversale MI; Concepisco in oltre divisa la forza F in due parti/',/, ordinatamente proporzionali ai momenti rispettivi dei due tron- chi accennati: uno superiore e V altro inferiore alla sezione MI: i quali momenti, s'intendono riferiti all'assedi rotazione supposto in B. Poste le dette condizioni , fingasi annullata la massa (5) Bologna 1827. Del PiiOF. Tramontini i 3 del tronco superiore , ma sussistendo quella specie di cassa formata dalle faccie verticali ^ come fossero altrettanti pian] rigidi e resistenti, benché senza peso valutabile. In tale ipotesi, soppressa che fosse la forza f\ e rimanendo applicata nel me- desimo punto D la sola forza f, resterebbe il tronco inferiore nel medesimo stato d' imminente rotazione come prima. Dun- que, o si effettui l'ipotesi ora descritta { ciò che potrebbe con isquisita approssimazione eseguirsi per esperimento ), o pure sussista l'integrità del prisma, e della forza F, la sola parte / di essa è quella che impiegasi a sostenere il tronco inferiore del prisma, disponendolo a rotare nel modo sopra descritto. In fatti cotesto effetto in tanto si ottiene in quanto che, mentre il prisma intero è nell'atto di rotare, la sezione MI trae seco sospeso il tronco inferiore ad essa. Frattanto il mo- mento di coerenza in quella sezione , riferito all' asse projet- tato in M , impedisce che aprasi una fenditura lungo MI \ e perchè ciò non avvenga, è necessario che qnel momento su- peri un altro momento espresso per /IMA, supposta BA=AD. Laonde sarà tanto maggiore la fermezza nella sezione MI quan- to maggiore sia il primo dei momenti anzi-detti, in confronto del secondo. §. 2. Assegniamo per unità di misura lineare la dimen- sione del prisma che è normale alla faccia ABH, ed adottia- mo la seguente notazione per distinguere gli elementi del calcolo. m = momento del tronco inferiore ABMI , relativamente all'asse projettato in B. G = momento di coerenza nella sezione MI, riferito ad • un asse projettato in M. AB = a; AD = BA = /; BM=ar; AI=7; y — x — u. A = forza di coerenza competente all'unità superficiale. p = peso della correspettiva unità cubica. Dalle condizioni proposte si deducono i seguenti valori , Cloe m— - ^ 5 -y f—T' C = — (a-HM). i4 Del Luogo di Fermezza ecc. Lo sforzo cui deve resistere la sezione MI, colla sua coe- renza, finché il prisma rimane intero , si rappresenterà dall' m.(l — x) 1 • IIP I j CI espressione — - — - , ed m generale la lormula

± I - 4«^-i- i| r' I casi concreti del nostro tema non possono mai dar luogo al valore negativo di u, stante che ad esso corrisponderebbe una sezione, della quale più che due terzi uscirebber fuori del prisma. Terremo conto dunque del solo valor positivo, espres- so dalla formula (li) ,, = :^±±i:j:^:±:^ Ma il secondo differenziale riesce Del Prof. Tramontini i5 dd\ a(93:'-t- 4q') >^ •:,'■ Dunque il valore di u, espresso dalla formula (II), corrisponde al minimo della lunzione V, e perciò rende un minimo ancora il valore di (p. Dunque assegnato un punto M, che è quanto dire determinata la misura x, se l'estremo superiore di una sezione condotta per M sia determinato per la misura x-^u, cioè per l'equivalente ■ ;;,i i .. (Ili) ..... ; ^ _ -.r+|/4'''+9x' sarà la sezione MI, determinata in tal modo, quella dotata di minor fermezza che qualunque altra, la quale possa condursi pel punto M. • ' ■ §. 3. Raccogliamo tosto alcune verità le quali immedia- tamente derivano dalle formule sopra enunciate. I .° Non dipende né dalla tenacità della materia, né dalla misura di l quella di u , cioè la sezione di menoma fermez- za MI , respettiva ad un qualunque punto M assegnato nello spigolo HB^ non muta posizione variando V altezza l del pun- to dove s'intende applicata la spinta, né variando la materia omogenea, onde sia composto il prisma. 2." Mai la sezione di minima fermezza , qualunque sia il punto M al quale corrisponde, potrà essere parallela alla base del prisma, giacché niuna misura di x potrà rendere u z=c ; ma dev'essere sempre m > o, e quindi ancora x-^u=^y'^o do- vendo necessariamente essere in ogni caso concreto a:>-o, od almeno x =■ o. ;,,_■■;,. ,, ,.: i i -;;,.:, i.^i ■, •-;■., 3.° S'inclina la sezione di menoma fermezza secondo un angolo vie minore verso la base del prisma di mano in mano che vada crescendo la misura x determinante il punto M. Imperciocché , chiamato o quell' angolo d' inclinazione sarà tang. o=z ~ , cioè dovrà scemare o crescere secondo che i6 Del Luogo di Fermezza ecc. scemi, o cresca u. Ma^, posta <£x>o, cioè crescendo :r, abbia- mo dalla formula (II) — = 9^—1/9^ "^^"^ a. Sotto questa condizione riesce a;■ l, sarà 0. Di nuovo ponendo in vece di x l'altra misura .r":= 0(0,9 ) >■ a;, ne verrà d"=^ 3/J(o,3coa) >> d . Per abbondanza di prove sopra la veracità delle formule (V), (VI), (VII), dedurremo di nuovo immediatamente dalla (I) i valori di x, u, y , determinanti la sezione primaria che risponde a qualunque misura assegnabile di /. Si ripigli l'equazione (I), facendo V— ii-^Z'^^-^u) ' ^^' dotti i differenziali, prima relativamente alla sola .r , poi re- lativamente alla sola z/, si oiterrà ^ (a'-m')(— 3;-t-63-+g») p dx [l—xY{ix-^^uf- ZT (l—x){ix-^2.uY '-■ Dall' ipotesi P = o emerge 1' equazione 6.r -H 2Zi — 3/ = o I. Dall' ipotesi Q = o emerge 1' altra: zi*-+- Zxu — a^= o a. Del Pkof. Tramontini ai Per mezzo delle due i, a, si deduce, come precedentemente _ l 20» aa» X ^^ — "^ ' — 7~" •) Zfr ^™ ,, , ec» a gi di Prima di chiudere quest' articolo , gioverà riscontrare r identità della sezione, o determinata secondo il § a, o de- terminata secondo il presente § 4- I" f^**-^ sostituiscasi nella (IH) il valore di x dato dalla (V). Si otterrà 1/9^' 4-^ = '-^^ e quindi H^ — ^i — ■*" ir — -^ ^^• § 5. Se fosse (p<^ì, la forza di coerenza nella sezione corrispondente sarebbe inferiore allo sforzo cui deve resiste- re. Non potrebbe dunque sussistere intero il prisma, dispo- nendosi alla rotazione, e malamente si chiamerebbe fermezza in questo caso il rapporto d' un tal momento di coerenza , e quello della spinta. Quando fosse (p = ì , sarebbero pari quo' due momenti ; onde non vi avrebbe propriamente fermezza , se con tal nome si voglia , come si deve intendere, denotata qualche sovrabbondanza della resistenza in confronto dello sforzo oppostovi. Dunque

d'> i. § 6. Crescono, o scemano insieme le due misure l, x, nel rapporto assegnato dalla formola (V) , restando sempre X ■< — ; ma perchè procedano similmente crescendo, o sce- mando insieme le due misure /,/, nel rapporto assegnato dal- la formula (VII), è necessaria questa condizione , cioè che se Z, r sieno due diverse altezze correspettive alle due misure /, y, si trovi g/Z' > 8a^. 22 Del Luogo di Fermezza ecc. Imperciocché fingiamo l^l, e comparati i due valori si Otterrà la differenza quantità positiva quando si avveri la condizione predetta , e negativa nel caso opposto. In oltre sarà y ~"^. , e viceversa. In latti nella prima ipotesi abbiamo Z' > -^ , e perciò —> -^^ . unque / = — -f- -^ <:^ l. Con slmile ragionamento si prova che, nel caso contra- rio, deve riuscire />/. Dunque allora la rispettiva sezione primaria passerà sopra del punto D, dove s' intende applica- ta la spinta ; nell' altro caso la sezione passerà sotto del pun- to D. Ma la prima di queste due conclusioni presenta 1' ap- parenza di un assurdo, che verrà spiegata e tolta in progres- so. Frattanto proseguiamo nel tema assunto in ([uest'articolo, osservando che posta />Z >/^> ~"^ '^ ^ se a quelle misure corrispondano ordinatamente in serie le j^ j^ /,^ ec. avremo j— j, >o^ 7,— 7„> o ec. Imperciocché y — 7= (Z — Z) 1-^ ^ì' "^"'^ quale es- pressione dev'essere ()ll''>^a^^ stante le condizione premes- sa. Dunque y — j>> o. Sostituite le misure r, ad y, 7, ad v , Z' ad Z, Z" ad t , si perviene similmente alla conclusione y — y, ";> o. Dunque cre- scono insieme o decrescono le misure Z, 7,, purché la menoma misura di Z non sia inferiore al limite Sfkli. . Del Pkof. Tramontini a 3 Si assegni ora una serie di misure Z< l o ^ i7 — „y^^ ^^- Imperciocché y-,y=(i-,/){^-ig.), ■"■" '" '■■.--■ l'i nella quale espressione abbiamo per ipotesi l — /o, e similmente si dimostra ^y — „7 > o ec. Crescono dunque le misure / decrescendo le altezze l minori di -^ft_2. . Ma se cresce y, tanto al crescere successi- vamente di Z sopra quel limite, quanto al decrescere sotto al limite stesso, si deve conchiudere che mai sarà 7>-2^^-^. Tal conclusione conferma ciò che fu detto nel principio del n." 5. 5 3j e puot' essere comprovata ancora col seguen- 7 / i te brevissimo calcolo. Dall' equazione y =. 1- ~- si dedu- ^« I = T - ^' « P«^ta 1=0, emerge l = ^ , Ma di più abbiamo -jX = — ^ > 0. Dunque il trovato valore di l corrisponde al minimo della funzione — ~h~- ■=^y. Sostitui- to nel primo membro di questa equazione il predetto valore di l, ne viene / := .ffklì.. Dunque 1.° il minimo di / è la mi- sura ..2fk_l ; 2." Quando sia y al suo minimo dev' esser /= °°Ki =j. 3." Quando l = ^fKl ^ riesce x = ~r , come si trovò nel citato 5 3. n.° 5." 24 Del Luogo di Fermezza ecc. 5 7. Poiché i valori denotati col simbolo 0 variano in di- pendenza dalia misura di l, ^ 3, importerà conoscere se ab- biano un limite, e qual sia. Nella formula (I), in cui sia posta ^ in luogo di g5, sosti- tuiscansi i valori di x, e di n csjiressi nelle formule (V), e (VI). Il risultato di (juesta sostituzione sarà (Vili) 0 = A: 40/ p ' Cjl'-h^u' ^''"Sasi ^^. = S, e ricaveremo g= -i^I^J^: valorne- gativo fin che sia Z> ^ . Dunque nell'ipotesi di > o, cioè crescendo /, sopra la detta misura ^ , decresce in corrispon- denza il valore di S, e conseguentemente quello ancora di Q. In oltre (n.iando sia l ■=^~ . riesce .r = ^=0, cioè la sezione primaria, correspettiva a questa misura di Z, passa per B. Nel caso concreto del nostro problema, quella è T infima di tutte le sezioni inùmarie. In fatti, essendo x — ^, i ' 39/' ne deriverà — ^ = 1- -^^ , cioè crescono , o decrescono in- sieme le misure l ed x , come osservammo ^ 6. Dunque all' ipotesi Z < i^ dovrà corrispondere .t:.-;,■ r ', ù.a •> quantità ■< o mentre sia / -< -j . Dunque la misura * = y emergente dall' ipotesi ^r = o corrisponde al massimo della funzione 5, e perciò rende un massimo la funzione s, e quin- di un massimo ancora il valore di d. Si conclude che la sezione primaiia determinata per a;=o, e per j = i._H±l = -l + ^ = fl- - ■ • ■'2. <)l ò 6a . è bensì quella di minima fermezza fra tutte le possibili a con- dursi mentalmente pel medesimo punto B, come si rileva im- mediatamente dalla formula (II), da cui risulta zi=a, ponen- do a; = o; ma j nella serie delle sezioni primarie assegnabili nel prisma, quella sezione è dotata anzi di maggior fermezza che qualunque altra. • , 5 8. Ho accennato alla serie delle sezioni primarie, per- ciocché queste costituiscono effettivamente colle misure delle respettive loro fermezze una serie continua di termini decre- scenti al crescere della misura /, superiore al limite ^"^^■; di maniera clie posta la serie ^ < Z< Z'< t ec. , e chiamate j, y, s ec. le sezioni primarie ordinatamente respettive a quelle misure di l, sarà maggiore la fermezza in s che rispoii' de all' altezza minore l\ di quello che in s rispondente alla maggiore altezza Z', ec. Insisto replicatamente con minuto discorso sopra questo '£omo XXI. D nG Del Luogo di Fermezza ecc. punto, perche una tal verità scuopre nella sua origine il vi- zio elle intendo di notare nella dottrina del Sig. Navicr^ e per aM)ondante confirmazione del teorema , piacemi ancora mostrarne la prova in un esempio. Poste successivamente ~, uà, ^a,()a-, le misure di Z riu- scirà in corrispondenza Q _. ^3 Q' __ A.(i,8) nu__ ^-(0,07) Q'„ kjcM) ap ^ ap ^ ap ' "p ' Laonde saranno prossimamente 0:0': 0": 0'" : : 5o : 3o : i6 : li. Basterà quest'esempio per manifestare a quanto gravi er- rori potrebbe; condurre l'accennata dottrina in casi pratici. Di fatti la sezione determinata per x=:o, y = a conserva co- k 3 stantemente la misura di sua fermezza enunciata per 6=—— ■> •^ ap comunque cresca l'altezza /, § 3. n." 6. Quella sezione è la primaria quando sia L = ~ , ma posta Z > ^ , non sarà più la primaria, benché resti tuttavia la men valida fra tutte quelle che possono condursi per B, ed alla nuova misura di Z> ^ corrisponderà lui' altra sezione primaria, cioè men valida fra tutte le assegnabili nel prisma, e per conseguenza men valida della precedente, che rappresentasi in FB. Se per cagione d'e- senqiio fosse /=6a, la sezione primaria corrispondente a que- sta misura sarebbe determinata per per X = oa — ~ = a (2,9629), y = oa-{-~ = a (3,074). La misura di termezza conq)ctente a questa sezione si esprime, Del Prof. Tramontini 37 come fu accennato poco sopra, per 0'"= ^' ' ^ . Dunque , adottando la valutazione del Sig. Navier, si ammetterebbe per la cercata misura il valor d = —^, quando esser deve —^ — - ap '■ ap cioè la misura vera all'erronea come: 11 :5o, prossimamente. Un' altra obbiezione assai grave sorge contro alla mento- vata dottrina, ed è la seguente. Perchè la sezione BI', determinata per a:=o, y=a sia la primaria, cioè la men valida, assegnabile nel prisma, sotto l'a- zione della spinta applicata in una determinata altezza / so- pra la base, è necessario che sia ^=-j- 3 e perciò avrà luo- go quella specie di assurdo indicato nel § 6. Risolveremo com- piutamente questa difficoltà nella risposta promessa in quel luogo; ma intanto possiamo osservare che dalla spinta appli- cata, né all'altezza Z = ^, né a qualunque altra < ""K" •> mai potrà derivare alcuno sforzo contra la coerenza della res- pettiva sezione determinata per ^ = ^--71-' y— -^ Imperciocché, nell'ammessa ipotesi Z<; -^^^^-i, la corrisponden- te sezione passerebbe superiormente al punto D,dove intendia- mo applicata la spinta. Questa forza dunt] uè calcherebbe con- tro alla supposta sezione il tronco del prisma inferiore ad es- sa ; onde questo col proprio peso non potrebbe agire contro alla coerenza della sezione stessa. l'a un altro canto, quando la spinta fosse applicata ad un' altezza diversa dalla misura ^, diversa pure dalla BI' sarebbe la corrispondente sezione primaria, § 4- Dunque è impossibile che, sotto l'azione delia spinta, il luogo di menoma fermezza trovisi mai nella sezione BI', come afferma il Sig. Navier. Osserviamo incidentemente che allora potrebbe essere la O-u Del Luogo di Fer^iezza ecc. minima icrmezza in BF, posta l = i^ , o pure in qnalche al- tra sezione tlcterminnta [)er ■4«" 1 2^' . l T jL posta l Ira i due limiti ~°^^ .j —^ quando sostituita fosse al- la spinta premente in D un'altra forza uguale in intensità, applicata nel punto A direttamente opposto a D^, la quale tirasse il prisma nella medesima direzione in cui premeva pri- ma la spinta. Sulla quale proposizione ragioneremo apposita- mente nella risposta già promessa, ^ 6. 5 <). Poiché a qualunque altezza />■ '"1^?_ del punto do- ve agisca la spinta corrisponde una particolare sezione prima- ria, cui denoteremo colia lettera s, uè segue die in tutte le altre sezioni, tanto superiori, quanto inferiori alla .s, le quali sieno rispettivamente determinate per .r, e per y — — —. ' 5 2, la fermezza deve procedere continuamente crescendo dì mano in mano eh' esse vadano scostandosi dalla predetta s. Non ostante la manifesta regolarità di questa induzione, pen- so che giovar possa una sminuzzata dimostrazione a maggior chiarezza della nozione da stahilire circa il modo in cui re- ciprocamente si determinano lo sforzo della spintale Toppo- sizione della coerenza in ogni caso particolare; la qual chia- rezza parmi di somma importanza per applicare opportuna- mente in pratica questi principj. E bene premettere come lemmi le seguenti proposizioni. j ."^ Al crescere di x scema u, 5 2, onde alla condizione x'> x, corrisponde 1' altra z/< u. a,.*^ Al crescere di a; cresce ancora j, quando sia />—K^ , Del Prof. Tra Montini * '• . ag In fatti dalla formula (III) proviene Posta dx >• o, cioè crescendo x, sarà- d/ > o se riesca 9.9X* > 4«'' ■+- 9^A cioè ■''-"^gTT^- ^^3 questa condizione sempre si avvera^ quan- do sia l > ~"^^' , ^ 6, come abLianio supposto. Dunque ec. Segue da ciò che, essendo una sezione primaria s determina- ta per X, 7, nelle condizioni prescritte dalle fòrmule (V), (VII), se un' altra sezione s' sia determinata per x', e per J = — 3-'H-|/(0.r'''-t-4a') a secondo la formula (III), cotesta sezione s' sarà o tutta superio- re o tutta inferiore alla s: inferiore quando .r'< x, e quindi y<.y: superiore quando x'"^ x, e correlativamente y">y. Ciò posto, in qualunque delle indicate sezioni^ superiori, od inferiori alla .9, la misura della fermezza rispettiva espri- mesi generalmente per la formula (IV). Si ponga ■yT__ — 33:'+[/9j"'-i-4a' e sarà §5 4o 2,. Pertanto se w>-7i', la quantità indicata per -j-p sarà positiva quando si ponga dx'>-c. Crescerà dunque V^, e seco la quantità indicata per (p al crescere di x' se zi>- zi', cioè se x'>-x. All'opposto, quando sia u"^u, cioè x'<,x, il valore 3o Del Luogo di Fer:\iezza ecc. indicato per '— riuscirà negativo se pongasi ^/r'>> o. come pre- cedentemente, ma riuscirà positivo facendo ^,i;'<;o. Crescerà dunque V scemando x se u"^ ii, cioè .r'«< x. Dunque le fer- mezze rappresentate col simbolo fjj, competenti alli^ sezioni che abbiamo so[)ra designate per s , procedono in serie continua crescente, partendo dalla sezione primaria s tanto dalla parte superiore, come dalla parte interiore rispetto ad essa, purché la spinta agisca ad un'altezza / >• '"Y.^ . Prendiamo nn esem- pio analogo a quello dato nel 5 4' ^ ^^^ ^ ^^ ''^- La sezione primaria s verrà determinata in questo caso per x=. 3a — — - = 0(2,963), y = 3a -+- i^ = a(3,o74)- Verrà espressa poi la misura di fermezza competente a questa sezione per — . (0,6504) = 0. Ora fingasi x= "ia > a;, e dal- "t k la (IV) emergerà (p' = — (o,65u5 ) >■ 0, e dalla (III) avremo ap j'= a ( 3,109 ) >/. Di nuovo, ponendo :r"= a ( 2,9) < a:, vi /.: corrisponderà y'=. fl(3,oi3) <7, e ^"= — ^ (0,6587) > ^''• ap 5 IO. Segue dalle precedenti conclusioni, ed in ispecie da quella del $ 'ò , circa la serie delle sezioni |nimarie, che allora il prisma sarà nel caso della sua minima lermezza con- tro alla spinta, «juando questa forza venga a[)plicata alla som- mità di esso. Per contrassegnare questa particolarità, si ponga nella formula (Vili) in luogo di / la lettera /l, che denoti l'in- lera altezza del prisma , e posta L = -f- -+- ^- , si muterà quella formula nella seguente 0 = — ■ -r ■ Ciò posto, decre- scendo 6 al crescere di L ne segue che se la funzione L del- la variabile A abbia un limite, massimo, o minimo, ad esso corrisponderà il minimo, o pure il massimo di 0. MdL I n» II? ■ . • (/L • li 1 21 a — ■ = —— , e nell ipotesi -n- =0, risulta /= -r • Del Prof. Tramontini 3i In oltre -^-^ = -^^ > o, ciacche sareLbe assurdo porre /l ^"'^ quale sezione so- lamente può competere la misura di fermezza 6 =z ,58. Per altro nella presente ricerca abbiamo stabilita la condizione À > ffk_i , per la quale il minimo valore ammissibile di L sarà sarà e quindi la corrispondente misura massima di 6 ± (a/.) ^ -1 (.,8.84) = -f . ^ . Fin che sarà /, >> ì^"^^'-^ ^ avremo y a; >> "^ , ^ 6, e perciò la sezione primaria corrispondente a tali con- dizioni e contenuta tutt' intera nel prisma proposto. Fra poco ragioneremo parlitamente sopra gli accidenti del problema che dipendono dalla condizione /, o pure /l ■< ..""^^ . Intanto se- guitando r altro dato, cioè /l > -"^^ ^ avremo nel secondo membro di questa espressione la misura minima ammissibile di /l, alla quale corrisponde -—^=,6, che con questo simbolo Si Del Luogo di Fer:\iezza ecc. denoteremo il massimo valore di 0. Ciò posto, non sarà indot- to il prisma a rotar tutt' intero per ell'etto delia spinta, rjnan- do non sia „(? > i, cioè Q^ ——yr- La qnantità /yr= — espri- me quella massima Innyliezza d'un prisma della supposta ma- teiia, il (juale possa pendere verticalmente sostenuto dalla pro- pria coerenza. Ouindi concluderemo che se quella lunghezza non superi la misura — '^-—- = aio,^òò'>)^ un prisma dell'altez- ■- a.|/i ^ za /i, non minore di -""*, ''■ , si spezzerebljc sotto l'azione del- la spinta applicata alla summità di esso, anzi die dispersi in- tero alla rotazione. 5 II. Data r unità k di coerenza, e ruiiità p del peso competente alla materia del piisma, nelle condizioni dette da principio, § i; si dimanda qual sia la massima lunghezza, od altezza, cui possa giugncre quel piisma senza perdere la fa- coltà di rimanere intero disponendosi a rotare intorno ad un lato o spigolo dell' infima sua base, sotto l'azione della spinta applicata alla sonunità di esso. Quando l'altezza /l aldjia quella misura che cerchiamo, dovrà essere 0 = -, — ^ — r =156 iierciò n = \- — , dalla qualle eij^uazione proviene a ?. = a^(.±/.-^) Purché sia (]"> ^ ^ reale sarà il duplice valore soddisfacente alla condizione ^7 = -^ -4- ^ 1 ma il nia^iziore soltanto dei due valori di /l è ammissibile nel caso nostro, dove è d'uopo sod- disfare ancora alla condizione ^ >- ■ '^,- , ^ io. Imperciocché se ammettasi il minore di quei due valori e s' intenda sussi- stere insieme la condizione premessa A> ~"Y^- -, ne seguirà e quindi Del Prof. Tramontini ' 33 Elevati al quadrato ambedue i membri di questa espressione, e soppressi poscia i termini identici, si perviene alla risultan- za q < -~p- . Per 1' opposto , ammesso il maggiore dei due valori predetti, avremo ^■j/{'-^)>^-H' e per un confronto analogo al precedente, si otterrà ^>- ^ ^^- . Sussistendo questa condizione sarà 7''> ^>— j onde — — - ^-^, vi sarà una misura reale di /l>2,i^lj^ , la quale soddisferà alla condizione 0 = i, e verrà espressa dalla formula m ^=^^{^--\/^-w-)- Veggasi per maggior dilucidazione un esempio. La forza di coerenza nelle calcine è assegnata in cbilog. 3,34 per un centrimetro quadroj secondo gli esperimenti di Coulomb. In tal sistema la forza di coerenza competente ad un piede qua- dro di Parigi si trova di chilog. 334o prossimamente, giacché il piede quadro è la decima parte^ poco più del metro qua- dro. Si valuti chilog. 64 circa il peso d'un piede cubo di muratura in mattoni cotti. Secondo questi dati riuscirà — =5a Tomo XXL E 34 Del Luogo di Fermezza ecc. prossimamente, ponendo «=1, cioè quadrata la base del pris- ma. Se per cautela in pratica, si prendesse la metà della tro- vata misura Si, ponendo q z= 26, ne verrebbe 2'y('-+-l/i — (o,ocoi )==;. = 4/7, prossimamente, cioè /1 = g((o4). Che se la misura presa per unità lineare , § fi, si voglia considerar diversa da quella de- notata per a, s' indichi per n, e 1' espressione contenuta sot- to al vincolo radicale diverrà i/ i — (0,0001)'^. Gli esperi- menti di Delanges danno [>er un centrlmetro quadro la forza di coerenza chilog. 0,67, e quindi per un piede di Parigi chilog. 670. In questo sistema riesce ^;=io,5 prossimamente, e quindi X ^ lq[ I-f- i/l — 0,009) ^ 4^ prossimamente, nelT ipotesi fi=i. Sembra che per la pratica potrebbesi adottare in generale /l = 42«5 giacche questa è la misura minima di 49 dedotta dall'esperienza. Pertanto se una iòrza diretta veri icalmente, fosse applicata alla sommità d'una colonna lunga poco più di 12, piedi per tenerla sospesa, essa spezzerebbesi anzi che secondar tutt' intera quella forza ele- vandosi da terra j ma un' altra colonna della stessa materia, della stessa base^ e lunga piedi 4^7 potrà tutt" intera disporsi a rotare, se la spinta venga applicata alia sua sommità, e la base sia bbera: condizioni cui sono subordinati i nostri ragio- namenti sul luogo di minima resistenza nel proposto prisma. I I. § 12,. Ora cerchiamo dove sia la sezione di minima fer- mezza quando 1' altezza / del punto nel quale agisce la spinta 1 — ^ — . Del Prof. Tramontini 35 Abbiamo osservato, § 6, che in tal caso la sezione pri- maria, determinata per l 20' l 4a' non potrà essere la cercata, perciocché riuscirà y'^1, e la detta sezione, che rappresentasi in MI, andrà soggetta all'ob- biezione esposta nel citato 5 6. Nondimeno j ancora nel caso proposto deve esistere una sezione men valida Ira tutte le assegnabili nel prisma, benché diversa dalla primaria che abbiamo ora indicata. Quella nuo- va sezione sarà ora il soggetto della ricerca. Qualunque sia tal sezione, si rappresenti in n il punto dov' essa viene a segare lo spigolo BH, il c[ual punto n do- vrà essere necessariamente inferiore alla orizzontale DA. Niun' altra sezione condotta per un punto diverso da ìi dello spi- golo medesimo avrà minor fermezza che la supposta. In oltre al punto n corrisponderà una sezione di mini- ma fermezza, 5 ^■> i' cui termine superiore i sarà più alto dell'attuai punto di applicazione D, § 6. Tutte le sezioni che possiamo concepire condotte per «, perpendicolari alla faccia del prisma ABH, formano colle misure delle rispettive fermez- ze una serie di termini crescenti di mano in mano che sco- stansi dalla sezione ni, 5 9- Tutte le superiori alla D/z non sono impegnate colla propria coerenza mentre la spinta agi- sce in D. Sono impegnate tutte le inferiori , delle quali la men valida é la stessa raD, per condizione premessa. Dunque la sezione cercata passa per D. Determinando ora il punto n in modo che la sezione men valida fra tutte quelle condotte per D sia la D«, avremo ot- tenuto l'intento. Chiamisi x la B«, e si denoti per l'espres- sione ^^ {2,1-^x) =im il momento del tronco AB/iD , riferito all'asse in B. Si esprimerà il momento di coerenza in Dra , riferendolo all' asse in n, per la funzione — {a~-^{l — ;i^)")= C . 36 Del Luogo di Fermezza ecc. Quindi la fermezza competente a quella sezione verrà espres- sa per m(L—x) ^ a^p.{!il-hx)(l—x) a'j> rara ed ancora o. Dunque \ ." sarà sempre ;c > a:, a." crescendo l, ma sem- an- pre sotto al limite .^fKi, scema la quantità -^^ — >o, st te la condizion / <; °"^^-. Dunque scema la differenza ^x — x al crescere di /. Ma il massimo valore ammissibile di Z, secondo la nostra ipotesi, è 2fk_l . A questa misura deve perciò corrispon- dere il minimo della predetta differenza x — x. Posta /=■ lal/a risulta (-^^ ;^J = o. Dunque zero è il limite minimo di (x — x). Posta Z=^, risulta a"=o, e perciò ^x-^x = ,x = ^(-f - 1/5 ) = fl(o,o486) , e sarà questo il limite massimo della differenza fc — x. Queste conclusioni sono confirmate dalla risultanza cui si perviene cercando il limite della quantità Z» 4a= idcA Infatti avremo ed inoltre 4 9 9-9^'' dT) l 2.t6/j4 57 a g.y^J ' :D. 38 Del Luogo di Fermezza ecc. ddl) I . a.3.i6a4 UH 2. ,j..j.B ->o. Dunque la misura di / , che si determina per la condizione 'j]-= c>, corrisponde al minimo della funzione D, e per conse- guenza al minimo ancora della differenza ^x — x. Ma dall'equa- zione / 2.i6a4 9.9/3 emerge l = ^^^ . A questa misura dunque corriponde il minimo della differenza ^x—x. Sostituita la quantità ^^i^ad l neir espressione ~ ~^ ~L ìL ' la risultanza uguaglia zero. Dun(juc^ se tale è il minimo del- la espressione ^x — a.', tutti gli altri suoi valori corrispondenti alle misure anunissibili di /, sotto al limite ''\ " sono positi- \\, e crescenti al decrescere di /, die varia nel senso mede- simo di X. ÌMa, in ogni caso concreto, x — o è il limite mini- mo delle misure assegnabili ad x^ ed alla condizione x ■= o corrisponde l = ~. Dunque in ogni caso concreto corrisponde a questa misura di / la misura massima della quantità rap- presentata per X — .V. Concludiamo pertanto che, posta l'altezza del punto di applicazione fra i limiti ffkll , ^ , la sezione di minima fer- mezza verrà determinata per y = l, e per ,X= Bn = l^ a^-nX/,l^^a^ . Del Prof. Trmontini 89 py.rchè minor fermezza non v' abbia in alcuna di quelle se- zioni che possiamo concepire condotte per punti assegnabili fra D ed A , e per altri fra B ed A. Se il punto M sarà de- terminato per la misura BM = -^ ~=zx,esìa BA= BD = l, la sezione D« sarà contenuta dentro langolo ADM. L'angolo raDM procederà crescendo, e con esso ancora la differenza li- neare «M, di mano in mano che la misura AD s' accosti de- crescendo al limite ^ . Pervenuta che sia a quel termine, avre- mo il massimo e dell'angolo predetto, e della differenza linea- re «M. Per mettere sott' occhio come procedano le differen- ze che abbiamo rappresentate in generale per ^x — x, suppon- go divisa in tre parti uguali la misura a (^— t) = ^('^'^7^')' onde ciascheduna di esse parti riuscirà = a{o,og2.)=a.t, pros- simamente. Calcolando sulla formula 1 ; Mtt =: X— X 29^ ài ' i valori di questo secondo membro , corrispondenti alle suc- cessive misure di l cioè, si ottiene il risultato espresso, nella seguente tabella. 4o Del Luogo di Fermezza ecc. ^= ^ = a(o,6666), ^a;=a(Ojo4o6), a-=a(o,oooo), ^x — x=a{o^o^o). ^=«(-f-H^ 1=^(0,7586), ,.r=a(o5 1049)5 x=a{o,oo6S), ^x—x=a{o,o\o). l=alj-i-2t\=a{o,S5oG): ,„r=fl(o5i686), .r=a(o,i68i), x — a*=:a(o,oo4)- l=al ^^1^ |=rt(o,g428), ,a;=«(o,2357), .i;=<3;(o,a357), ,x — x=a{o,coo). 5 i4- Per poter affermare che in D/z è la menoma fer- mezza, quando sia dopo aver provato, ^ 12, clic minor fermezza non avvi in al- tra sezione , la <|uale possa intendersi condotta per pnnti as- segnabili fra D ed A, e per altri Ira B e A , fa d'uopo di- mostrare ancora che la sezione D/z ha minor fermezza di quel- la che possa competere a quahuujue altra condotta fra D ed A, e fra B ed A. Pioveremo prima che in qualiiiu|ue sezione condotta per D, e per un punto fra A, e B, come a cagion d'esempio pel punto K, è maggior fermezza di quello che in BD. In fatti si esprimerà il momento di coerenza di BD per —{l''-^a-) = C, ed il momento del prisma triangolare rappre- sentato in ADB si esprimerà per -^ = m; onde la fermezza in BD verrà espressa per la formula m 2 a' pi Similmente esprimeremo la fermezza in DK, ponendo AK=j , e r asse dei movimenti in K-, e sarà cosi — '■ — ^1 ■ I' espres- Del Pkof. Tramontini sione cercata. l!>unque avremo /?:/?': (|ual proporzione il terzo termine è minore del quarto, e quin- di il primo è minor del secondo, cioè la fermezza in DB mi- nore che la fermezza in DK. Ma nelle sezioni comprese entro alT angolo ìiDB va cre- scendo la fermezza di mano in mano che si accostino alla DB, 5 12. Dunque la fermezza competente alla Dra è, non sola- mente minore che in qualunque sezione la quale passi per D, e fra A e B, ma vie-minore ancora che in qualunque di quel- le condotte per D che passino fra B ed A. Imperciocché nello stesso modo che abhiamo tenuto poco sopra dimostrassi esse- re maggior fermezza in qualunque sezione condotta per D en- tro all'angolo ADK, di quello che nella sezione DK ec. Si provi ora che la Dn ha minor fermezza di qualunque altra condotta per un punto fra D ed A , e pei uno fra B ed A. Rappresentiamo una di tali sezioni in TV^ e supposto pri- ma r angolo AVT > DBA, conducasi la DK parallela alla TV. Chiamerò e' il momento di coerenza nella sezione rappresen- tata dalla retta DK, ed to' il momento del prisma triangolare rappresentato in ADK, riferendo i detti momenti ad un asse in K. Se correlativamente si chiamino e", ni' i momenti del- la coerenza in TV, e del prisma rappresentato in TAV, rife- rendo quei momenti ad un asse in V, avremo c':c": : DK^:TV^, to': to': : AK': AV^: : DK': TV^ Dunque -, : ^ : :TV: DK, cioè la fermezza in DK minore che in TV. Ma fu dimostrata la fermezza in DK maggiore che in DB, e quivi maggiore che in Dn. Dunque ec. Che se rappresentisi in VI' la supposta se- zione, e sia r angolo AVT' minore dell'angolo DBA, intendasi condotta la Yt parallela alla BD. Faremo At=:h', AT'=h"-^k' , AV=:5, e sarà C = — - (i'-t-A'*) = momento di coerenza in tY, m=i'—y- = momento del prisma rappresentato in MV, riferendo Tomo XXL F 4-1 Del Luogo di Feu:\iezza ecc. questi momenti ad a\\ asse in V. Similmente sarà momento di coerenza in T'V, w,= ^-4— /^=niomento del prisma rappresentato iiiT'AV.Sarà fì:^,C:: s''-+-h'^: s~-^/i"~; m\m^^: -.h'-./i.". Dunque -i- : ^^ : : — ,,— : — 777—. Detratto il quarto dal terzo '■ m^ m^^ li li 1 termine di questa proporzione, emerge la differenza d. Ciò posto osserviamo che V angolo iVA=DBA è minore d'un semiretto, perchè DA •< AB. Vie-minore è poi l'angolo T'VA = AVI", se producasi la AT"= AT'. Dunque , descritto un circolo sul diametro il", resterà fuori di esso circolo il punto V, e perciò il rettangolo i^A.AT"< AV", cioè /^'./^"< s', e quindi d<.o. E dunque — < — , cioè la fermezza in iV mi- nore che in T'V. Ma, per le cose dimostrate poco sopra, dev' essere maggior fermezza in tY che in DB. Dunque in TV è magsior fermezza che in DB ec. Sarà così dimostrato com- piutamente che in D/z è la sezione di minima fermezza nel caso proposto. Denominiamo sezioni secondarie quelle deter- minate come la D/z, cioè ponendo 7 = AD = Z, ^.v = i^i£:=3ffLt£l, neir ipotesi l < §. i5. Neil' espressione rù = 3^/(^-+(;-,r')) . ,^ g ■^^^Q^^, diamo che ,.t abbia il valore assegnato nella formola (X),sara in generale indicata la fermezza di qualunque sezione secon- daria. Eliminata poi la x, sostituendo il suo valore in funzione Del Prof. Tramontini 4^ di a, ed Z, si ottiene la seguente formula v (XI) ,f=^ "-''' dalla quale, nel caso di Z = y risulta o se di dZ aa»2— 3Z(a^— z>) dz (3/;— z^)» Ma 2a»s— 3/{a^— s")=a^(2s— 3Z)^3/2% ed in oltre 3Z— 2S>/, onde a*(3/ — az) > a^l, e quindi 3Zz"— fl»(3Z — 22) < 3/s^— a^Z = Z(3z^— ar) /, e perciò la sezione primaria MI, la quale nel sistema del 5 4'^ assegnata come quella di minima fermezza, relati- vamente alla data misura di /, deve passare al di sopra del punto D, dov' è applicata la spinta. Questa circostanza distrugge una condizione evidentemen- te necessaria perchè la sospensione del tronco ABMI sia l'ef- fetto della coerenza in JMI, mentre essendo D fra MI ed AB, quel tronco, anzi che agire col proprio peso contro la coe- renza della sezione MI, vien calcato contro di essa dalla spin- ta. E dunque assurdo dire che in ]\II, luogo assegnato dalle formolo (V) e (VII), sia nel caso attuale la minima fermezza, quando al contrario la coerenza, non che patire in quel luo- go alcuno sforzo, avrebbe più veramente un supplemento se ivi mancasse del tutto. Questa obbiezione sussiste, finché agisca nel punto D la spinta propriamente detta, cioè una forza premente contro al solido proposto; ma svanisce ogni difficoltà se intendiamo una forza uguale alla spinta predetta, quanto all'intensità, ed ap- plicata nel punto A direttamente opposto al punto D, la qual tiri il prisma nella medesima direzione che aveva prima la spinta, e lo disponga parimenti a rotare intorno allo spigolo della base projettato in B. In tale ipotesi hanno luogo tutte le condizioni che son necessarie per l' etl'etto accennato, cioè Del Prof. Tramontini 4? i." che le distanze tra la base AB ed i termini superiori I , ed inferiore M^, denotate rispettivamente per /, x, corrispon- dano alla legge del § 4- a.° Che la sezione MI , determinata da quelle distanze V, X passi inferiormente al punto dove è applicata la forza movente. Importa osservare che la funzione esprimente il va- lore 6, (Vili), rimane la stessa, o desumasi dalla prima ipote- si che la spinta prema in D, o si deduca dalla seconda ipotesi della forza traente applicata in A •, perciocché in questi due diversi modi d' azione, non sono diversi i rapporti astratti del- le forze agenti nel nostro sistema, e quindi non avvi nella ci- tata formula criterio alcuno, il quale possa indicare più pre- sto l'uno che l'altro dei due predetti modi d'azione. Ma l'i- potesi della forza traente , siccome quella in cui si avverano sempre tutte le condizioni che son necessarie per 1' effetto proposto j è pur quella che risponde sempre, anco nel fatto concreto, al senso generale della formula. Non è così dell'al- tra ipotesi, dove, potendo mancare, come abbiamo veduto, una condizione essenziale perchè segua 1' effetto che si presume , nasce allora in concreto un caso di eccezione, benché in astrat- to non introducasi alcuna diversità nei rapporti delle forze concepite in quella medesima formula (Vili). Egli è perciò che in tal caso il luogo di menoma fermezza deve inferirsi dalle particolarità del caso medesimo, come abbiamo fatto nel 5 12, restando intera e ferma ciò nulla ostante la verità delle con- clusioni precedentemente enunciate circa la sezione primaria MI. Essa tuttavia sarà quella di menoma fermezza relativa all' assegnata misura l •< .Sfkli ^ ogni qualvolta non venga im- pedita r azione della sua coerenza. Quando intervenga quest' impedimento, come nel caso della spinta in D , subentra al- lora la sezione secondaria D/z ; determinata colle norme del § la; la qual sezione secondaria ha bensì minor fermez- za di qualunque altra , che possa concepirsi condotta per un punto tra D ed A ad un altro punto o fra A e B o fra 4^^ Del Luogo di Fermezza ecc. B ed A, ^ 14, ma nel tempo stesso ha maj^gior fermezza che la sezione primafia JMl, quando non sia impedita l'azione del- la sna coerenza , al quale effetto è necessario che la spinta convertasi in forza traente, se l'altezza / del punto cui dev' essere applicata la forza sarà minore di 1"^^ . . Sebbene questa 'verità discenda spontaneamente ed in tut- to rigor logico dalle dimostrazioni esposte nei paragrafi 2, 8^ 13, tuttavia parmi cosa utile e soddisfacente confìrniarla con un esempio di prova. Nell'ipotesi della spinta applicata in D^ abbiamo dalla formula (XI) 1' espressione ,9 = rappresentante la fermezza che compete alla sezione seconda- ria Dn. Nel caso della forza traente applicata nel punto op- posto A, abbiamo dalla formula (Vili) e ' /).(4a^-+-c)^) espressione che rappresenta la fermezza competente alla se- zione primaria MI. Dunque 0 : ,f : ■.Ga[— a^^a^-\-i)l') : /^a^-^C)?: : M: N, supponendo rappresentati per queste due lettere ordinatamen- te i due termini terzo e quarto della proporzione. Si osservi ora che M — N=— ioa*— 9Z"-4- òa\/a^-+-f)L\ e questa quantità è positiva, o negativa secondo che sarà (loa'-Hqf)"^ minore, o maggiore di 36a^(a"-t-f)Z ). JMa sottratto il secondo dal primo di questi due quadrati, si ottiene la dif- ferenza (8fl^— qP)'; quantità positiva, qualunque sia la ragio- Del Pkof. Tramontini 49 ne — . Dunque sarà ioa^-^gV'^>Gai/a' -hcjl^, cioè M < N, e quindi 6 < ,(p. Ma noi abbiamo condotto il nostro ragionamento nell' ipotesi che la sezione MI si trovi contenuta tutt'intera entro al prisma, riuscendo jk=AI À, non potrà pili essere applicata a questo caso la conclusione precedente, perciocché non esìsterebbe nel prisma 1' intera sezione cui si attribuisce la misura di iermez- za d da paragonare alla misura ,^ delia fermezza in Bn. Egli è dunque necessario in questa nuova condizione del problema procedere ad altra indagine speciale circa la sezione di mini- ma fermezza; e ciò intendiamo ora di fare considerando l'ar- gomento in sufficiente latitudine, per comprendere tutti i casi relativi ad esso. . :-"- '. :.■ : ■■: III. 5 1 7. Fingiamo prima la spinta applicata nella sommità G del prisma [fig. 3 ) ed in MI la respettiva sezione primaria, suppo- nendo AG = Z'> .~"^^- , o pure fingiamo in nG la sezione secondaria, quando fosse GA := ^ ■< ^^^\ . Se il punto di ap- plicazione della forza trasferiscasi nel luogo opposto H, e la spinta convertasi in forza traente , resterà tuttavia in MI il luogo di minima fermezza, nella prima ipotesi^ o pure in Gre nella seconda ? Premetto alla risposta ahaine osservazioni, cioè i.° Niuna sezione piana, perpendicolare, come sempre intendiamo, alla faccia ABG, e condotta mentalmente da un punto fra G ed A ad un altro fra B ed H, si troverà in condizione diversa quando Tomo XXL G 5o Del Luogo di Fermezza ecc. agisca la spinta in G, e quando agisca la forza traente, appli- cata teoricamente in H, o pure com'è di necessità, nei casi concreti, applicata materialmente in qualche punto tra G ed II. Inqierciocchò in ambi i casi a ciascheduna delle immagi- nate sezioni sarà sotteso il medesimo tronco del prisma , ed identico resterà (jnel momento, che fu denotato per ttz, § a ; identica sarà la forza nominata /", ed identico il suo momento f{X — x), al quale dovrà similmente resistere nelF uno, e nell' altro caso la sezione medesima, impegnata colla propria coe- sione a portar seco nella rotazione il tronco sotteso. Ma ben diverso è 1' effetto della forza traente da quello della spinta sopra le sezioni che possiamo concepire condotte per pun- ti assegnabili era G ed H ad altri fra B ed H, tanto se AG = k> ^^ , quanto se HB = GA = >l< ^ii^ . Di tali fczioni non è impegnata la coerenza sotto l'azione della spin- ta premente in G , ed è impegnata quando agisce la forza traente in H. O pure se non tutte, alcune di esse hanno im- pegnata la propria coerenza quando agisca la forza traente ap-, plicata in qualche punto fra G ed H. 2.° Se nell'angolo G-AIH, e così nell'altro GnH , si con- cepisca una serie di sezioni piane , perpendicolari alla faccia BHG del prisma, ( condotte per M quelle contenute nel pri- mo degli angoli predetti, e per n quelle contenute nel secon- do ), le misure delle fermezze rispettive formeranno pure in ciascheduno di quegli angoli una serie di termini decrescenti, procedendo dal limite GM verso l'altro HM, quanto alla pri- ma serie, ed in modo analogo dal limite G/z all'altro H/z quan- to alla seconda serie. Imperciocché va di mano in mano sce- mando nelle predette sezioni;, insieme coli' estensione dell'area il rispettivo momento di coerenza, mentre all' opposto cresce la massa del tronco sotteso , cresce pure il suo momento, e rimane costante la misura HM, rispetto alla prima sericj e la misura H/i rispetto alla seconda. Per conseguenza il termine minimo delle misure di fermezza competenti a quelle sezioni Del Prof. Tramontini '' 5l sarà la misura di fermezza correspettiva alla superficie pro- iettata in HM, per la prima serie, ed in H/i per la seconda ; le quali superficie voglionsi risguardare come piani rigidi re- sistenti, appiccati alla sostanza del solido. Il primo degli ac- cennati limiti si esprimerà per la fijrmula h{ X — x) t ■= J -, "■ P e sostituita x, 5 '^ ad x nella formula stessa, ne verrà l'espres- sione del limite relativo alla serie seconda, cioè ^■.(/l— ,.r) "'■' ' " '•■■■' 7= — — ~— .:.-,..", , Laonde sostuiti i rispettivi valori di x e di x in funzioni di a, e X, avremo 0-1^-1- 4a* — fl'-f-ol/'o^+g/l» 3.° Che la forza tiaente si trovi applicata proprio nel pun- to H, ed impegnata si trovi nello sforzo la coerenza d' una superficie projettata in HM, o pure in Un, questo è un con- cetto puramente teorico, per sussidio del discorso. Nei casi reali concreti, è necessario che la predetta forza sia material- mente applicata in qualche punto tra G ed H,nel quale pos- sa essere infisso un perno, cui s'attacchi, o fune , o catena, od altro mezzo equivalente per tirare; o dove si possa scolpi- re un intaglio, nel quale entri un uncino ec. Per conseguen- za, non già rigorosamente una superficie projettata in HM, od in Haì, ma una sezione che passi per M, o per n , e diverga dal piano HM, o dall'altro H/i, più, o meno, secondo che ven- ga assegnato il punto di applicazione, sarà quella estrema se- zione veramente impegnata a resistere colla propria coerenza, nel nostro caso. § i8. Cercherò ira le sezioni che possono essere conce- 52 Del Luogo di Fermezza ecc. pile sottese all'angolo GHB, e condotte per un punto, come r, assegnato fra G ed H, quale abbia minor fermezza di qua- lunque altra. Fingo che la sezione dimandata passi pel punto M' dello spìgolo rappresentato in BH , e pongo HM'=: ;;. Denotata in oltre per r la misura Hr, trovo 1' espressione ■"7"' ^, (aU-^):; rappresentante la misura di fermezza, respettiva alla sezione rM'. Ciò posto, s' inferisce {^""^^--•^ rì7 Dalla condizione -— =o, risulta dz Ma, escluso in ogni caso concreto, il valor negativo il quale denoterebbe una misura z tutta fuori del prisma, si ammette soltanto V altro, cioè (X") 2= ^^ la qual misura deve corrispondere al minimo, od al massimo diZ. Prima di decidere, giova osservare che z è sempre mino- re di r, e che cresce o scema concordemente al crescere, od al decrescere di r; onde all'ipotesi r=a, che è il luassimo di r, corrisponde il massimo di e, cioè Del Prof. Tramontini ^ 53 ^'=3t(-'-*-[/^^')- ,,„.. , Si confronti questo valore con quello indicato per /l — a;=:HM, supponendo A'> ^ , onde riesca o <;_ x := — ^^, §. 4- Sa- rà /l — x = '^^—^^4—-j e per conseguenza z,^/l — x secondo che sarà ~4> 9A'-t-4 f£k_i , come se À .2^^— -^ quanto se /l < ^°*^^. Con- cludiamo pertanto che la massima misura di 2 , e per conse- guenza qualunque altra inferiore, cioè corrispondente ad una misura r < «, sarà minore di HM=/l — x, nell' ipotesi À '>-j ■ Che se, nell' ipotesi ^< /l < ■~"'^'- vogliasi confrontare la misura s, con quella denotata per /l — ^x,$ la^ avremo allora . a='-^-|/^Oa''À'-^-a'^ ^ i^ — " ÒÀ cioè quella stessa misura di z risultante dalla formula (XII) , ove sia posta r = a. Dunque nella supposizione che sia '^^ X<^^~- qualunque misura ammissibile di z, corrispon- dente r < a, sarà minore della quantità À — ,x. 54 Del Luogo di Ferimezza ecc. Pertanto, esseiulo z ^ À —,x <^À — .i\ $ i3, sarà sempre z<^À. Ciò posto avremo dd7. \ o / -, nella (|iiale espressione si ha a^X — rz>o^ perchè;, ^ o, e perciò corrisponde al minimo di Z, e quindi ancora al minimo della funzione -^^ , quella misura di z che si esprime dalla formula (XII). Dunque fra le sezio- ni che possiamo conce[)ire condotte da un medesimo punto r, fra G ed H,ad altri punti fra H e 13, quella ha minor fer- mezza che passa per l'estremo M' della misura HM'=c. 5 19. Al)l)iamo afifermato, poco sopra, essere zx. ifig. 4. ) Dun(|ue spetterà ad un punto r, tia G ed H, quella sezione di minima fermezza che passi per B, § 18. La misura di r sarà dedotta dall' equazione dalla quale proviene — ^ /t . '•=^(-|/.-4&). 11 secondo membro è sempre manifestamente reale , percioc- cliè si pone ;, <_2_.. JMa il valor positivo della quantità ra- Del Prof. Tramontini '55 dicale non è ammissibile nel caso concreto. Imperciocché [/'-—>-}■ ;_ Dunque ■ , . ({uando esser deve r'^-A. Non potrà dunque assegnarsi in tal caso il luogo di minima fermezza nella sezione r'«, ch'esce in parte dal prisma. Bensì vedremo essere allora nella sezione r'B il 56 Del Luogo di Feraiezza ecc. luogo di minima leiniezza, senza che ciò contradica all'affer- mata condizione :; < À. luiperoccliò il senso Icj^ittiino di ossa importa, non già che dcld)a scMnprc essere la misura di z mi- nore di À, ma ])cnsl che la distaiiza z del punto H dall'estre- mo interiore dell' attnah; se/ione men valida, che passi per l' assegnato punto /, non può mai su[)orare la misura À. Ora proveremo che nel caso di cui si tratta, la sezione r\j è la men valida che passi per r . Sia condotta la r't perpendicolare in t alla AB, e la r'R a qualunque punto della stessa AB tra ^ e B. Se in /-'R, r'B si rappresentino due sezioni del prisma, [)erpondicolari alla sua faccia BHGA, sarà nella piima lermczza maggiore che nel la seconda. In fiuti, supponendo tolto il prisma Gt , il rima- nente r'WBù si troverà nella condizione che ahhiamo conside- rato nel § i5. Im[)erciocchè, per la supposta sottrazione della parte AG/V, la dimensione /II, nel prisma ^/-'HB, sarà omo- loga alla dimensione DA = a, nel prisma considerato in esso § io, come la BH nella figura presente e omologa alla BA' della fig. I. Resta dunque provato che applicandosi la spinta in /•', la sezione r'B sarà men valida di qualunque altra che pas- si per /•', come la Rr', entro all'angolo Uri. Ma in questo ca- so, è identico l'effetto della spinta, e della forza traente, ap- plicate nel medesimo punto r del [)risma rVBH. Dunque sus- siste la conclusione del ^ '''5 ancora nelT ipotesi della forza traente. Ciò posto restituito che sia il prisma tolto r'A, il suo peso agiià contra la sezione men valida r'B con momento ?n relativo all'asse in B, ed agirà contra la sezione più valida r'R con minor momento, relativo all' asse in R. Dunque, sce- mando le fermezze in amhedue quelle sezioni, per la giunta del prisma rA, rimarrà per altro vie men valida la j'B com- parata alla /'R. Sia per esempio EH ==;. = fi (o,G6)>-^ . In tale ipotesi alla misura r=ia coi'risponde z=a{o.,bi5i) /l. Pertanto si faccia BR = R = fl(o,45). Si troverà la misura di fermezza nella sezione r'B espressa per ;r :=— j . ^0j2a), e quella com- petente alla sezione r'R si troverà espressa per Non dovrà mettersi dubbio che la cercata sezione di mi- nima fermezza possa trovarsi entro all'angolo H/B; percioc- ché se cosi fosse , troverebbesi corrispondere alla misura r= H/> Hr una misura Vd> ■= z «^HB, quando in vece abbia- mo z = H/i > HB. Avendo dunque provato antecedentemente che non è la sezione men valida entro all'angolo ^r'B, e che le sezioni contenute in esso procedono crescendo in fermezza dalla r'^ alla rt, resta clie il luoiro di minima fermezza nel caso nostro sia in r'B. Ponghiarao per un esempio le misure X=-a[p^^), B^ =:Z» = a(Ojo5), r'= 0(0,57), e troveremo Tomo XXI. H óo Di:l Luogo di Fermezza ecc. per r espressione della fermezza in r'B. Avremo poi p^À(óa'-r'^)-i-br"){À—l,) ~ ap - ^ <-54'J2.j per r espressione della fermezza in rb. Concludiamo pertanto che, essendo ^"^'^ >>^>—^, sotto 1' azione della forza traente applicata in un punto r, tra G ed H, la sezione di minima fermezza passerà per lo stesso pun- to di applicazione r, e per l'estremo inferiore della correspet- tiva misura :;, determinata secondo la formula (XII). Quando fosse X ~^'^. , dipenderà dalla situazione del punto rjìg. III. che si trovi nella sezione primaria MI il luogo di menoma lermezza,o pure nella sezione condotta per re per l'estre- mo inferiore della correspettiva misura z,^ i8. In fatti, posta MI la sezione primaria, sarà in essa minor fermezza che nella sezione la qual passi pel punto G, essendo determinata o per s, colla formula (XII), o per Z — ^x, secondo il ^ 13. In oltre le sezioni determinate per r, e per z, secondo il 5 '8 vanno continuamente decrescendo in fermezza quanto più si acco- stano al punto H, cioè corrispondentemente al decrescere di r, e della correspettiva misura s, tanto che il limite minimo è zero. Dunque a qualche punto r fra G ed H deve corri- spondere una tale sezione la quale pareggi in fermezza la MI. Perciò, applicata la forza traente fra quel punto r, ed il pun- to G, la sezione corrispondente al punto di applicazione sarà più valida che la MI, e cosi questa rimarrà tuttavia la sezio- ne di minima fermezza. Applicando poi la forza traente fja Del PiioF. Tramontini Sg quel medesimo punto r, ed il punto H, la sezione corrispondente la nuovo punto di applicazione sarà man valida che la MI, e però in questo caso non sarà piìi MI la sezione di minima fermezza, ma tal sarà l'accennata sezione condotta pel punto tra r ed H^ nel quale venga applicata la forza traente. Stimo che a maggior dichiarazione della legge con cui procedono le misure indicate per z, in correlazione al variare di /l, e di r, giovar possano gli esempj ordinati nelle seguenti tabelle. Avverto i." che ho posto /t^a.n^ r=~, e perciò il valo- re di z espresso dalla formula (XII), si rappresenterà per l'e- quivalente formula 3 = :^ { ^ -+-1/ 9— !-+-—«) 5 ón \ m* y ™ "' / 2.° che pel simbolo S rappresentasi la misura HM a.g./i, *> ^ m - = I A 8 . . • • z = a(c,g58) .... S=«(4,oa77) 6 . . z = a(o,946) .... S=a(3,o37o) ' 4 . . z = a(o^gao) .... S=a(iìjo568) 3 . z — ^(0,899) .... S — «(1,574^^) n = > a » • • z = tì{o,847) .... S=fl(r,iiii) I z = a(o,7ao) .... S=fl(o^7aa2) 2l/a 3 • • z = «(0,707) .... 8=^(0,707) a z — a(o,6i8) .... S— a(o,G66) 0,6 . z = «(0,588) .... S=a(o,67c) I i/6 • • • • z = 0(0,577)=-^. 8=0(0,673) 6o Del Luogo di Fermezza ecc. Dunque variano nel medesimo senso le misure z, a À, riferendo z all'ipotesi r = a, cioè 77z = i , ciò che si mostra nell' esposto esempio della tavola A. Lo stesso dev' essere se riferiseasi z all' ipotesi r < a, e ciò si confirnia nell' esempio della seguente tavola B. m =■ 0. n=( ±1 i C) 0,6 r ITT B • z = «(0,478) . z = «(0,469) . z = a(o,466) . z = a(oj465) Nella seguente tavola C veggiamo confermato il teorema del § 18, cioè che posta ;„ costante, variano nel medesimo senso le due misure r, z. Il m =( 4 • • • • 2 = 0(0,733) a . . . . z = (3(0,496) 3 , . . . z ^ fi(o,332) 6 . . . . c = fl(o,i66) Dall' espressione S= 2ì!ii£, si deduce 1^ =2Ì!=Ìl\Que- sta quantità è positiva finché non sia /l<^. Dunque varia- no concordi nel medesimo senso le due misure S, /?,, finché questa seconda sia maggiore di ^. AH' ipotesi /l = ^ corri- sponde X = o. Dunque nei casi concretij non potendo esse- Del Prof. Tramontini 6i re X /l quando x e r espressione precedente piglierà la forma r'*-4-r'^/5*=y''tj dal- la quale si ottiene (XIV) . . . ..= 'i.(_,^^i^^,). Possiamo tosto mettere alla prova la veracità di questa formula, mentre si conosce che , assegnata la condizione X ■= " ., " , la sezione primaria^ e la correlativa secondaria coincidono in un medesimo luogo; onde risultar deve dalla formula (XIV) r'^^^a'. Ed in vero, sarà a"-= \o.a^, e quindi ^~=a^, j'4=2a*. Sostituiti questi valori nella (XIV) emerge r''=za'-. Se porremo /l = 3a , ne seguirà r ■:= a[o ^"ò'ò) . Ponendo /l =: 6fl, ne risulta ;■= fl(o,33) ec. Le quali risultanze s'accordano col teorema già dimostra- to § 8, cioè che al crescere dell' altezza , rappresentata in questo luogo pei- /l, decresce la fermezza nella correspettiva sezione primaria. Le risultanze stesse confermano ancora l'al- tro teorema dimostrato nel ^ ii5, cioè che nelle sezioni de- terminate secondo la legge di quel paragrafo cresce, o scema la fermezza al crescere, od al decrescere della misura r. § 22.. Quando fosse r=:o, diveriebbe :/r=o. Dunque fra G ed H vi avrà un punto li tale, che la sezione condotta per esso colla legge del ^ '^ pareggerà col suo momento di coe- renza lo sforzo contrario, se in esso punto fosse applicata la forza traente. Chiamo h la distanza del supposto punto dal termine H. Del Prof. Tramontini 63 La fermezza della sezione determinata per la correspettiva misura z, si esprimerà per kXM ' ■ ' Dunque ne verrà 1' equazione lcX.f>h P da cui si ottiene la formula = q.X.f)h= — h^^ /gaU^-t- A«) (XV) . . /,.= 5ii.(_,H-/.+4^) In qualunque punto tra li ed H fosse applicata la forza traen- te, spicclierebbesi più presto 1' angolo del solido di quello che il solido stesso si disponesse a rotare. Ma perchè possa il prisma esser condotto a quel moto rotatorio, è necessario che il punto di applicazione della forza trovisi fra G ed h. Per tanto, sussistendo la condizione /^>-2^^^r^ , e posto in r quel punto al quale corrisponde una sezione rM' pari in fer- mezza alla sezione primaria MI, § 2,1, se il punto di applica- zione della forza sarà tra r ed h, il luogo di minima fermez- za non sarà nella sezione primaria, ma bensì in quella cor- rispondente al detto punto, nel sistema del ^ ^8. Per l'op- posto quando il punto di applicazione si trovi tra r e G, al- lora il luogo di minima fermezza sarà nella sezione primaria MI. Laonde è costante la fermezza del prisma finché la forza è applicata fra r, e G. Decresce la fermezza di mano in ma- no che il punto di applicazione si porti da r verso h; cessa la fermezza quando quel punto pervenga in A, ed è tanto più inferiore all' equilibrio, quanto più vicino si porti il pun- to di applicazione da li al termine H. . 64 Del Luogo di Fermezza ecc. I V. §a3. Suppongo applicata nel punto A/ì;. V. la forza traente tra B ed H, e cerco se in questo caso la sezione di menoma fermezza sia la stessa, od altra che quella corrispondente all' ipotesi della spinta applicata nel punto direttamente opposto D. Le lormole (V), e (VII), determinanti la sezione primaria MI, quando sia BA > ^ , come pure la (X) determinante la sezione secondaria Y)q correspettiva al punto D, quando sia DA = BA< ^. — , non subiscono mutazione alcuna^ o nei lo- ro elementi, o nella forma, per la supposizione che la spinta in D si muti in forza traente applicata nel punto opposto A. Ne segue che tutte le sezioni perpendicolari alla faccia ABH, le quali possono essere mentalmente condotte pej- punti as- segnabili tra D ed A;, e per altri, o fra A e B, o pure fra B ed A, sono,f[uanto alle misure di rispettiva fermezza, nella stessa condizione, e se prema la spinta in D, e se agisca la forza traente in A. Quando BA > -"* . ^- , superiori sono in fermezza alla sezione primaria MI , sotto 1' azione della forza in A, le sezioni che possono essere condotte per punti assegna- bili tra G,eD,e per altri assegnabili fra A e B, o fra B ed A, purché resistano alto sforzo quelle sezioni che possono esser condotte per punti tra A, e B, e per altri fra G ed H. Im- perciocché te mentovate formule (V), e (VII) determinan sempre la stessa sezione primaria MI, tanto su|)ponendo la spinta, pre- mente in D, quanto supponendo Legnai forza traente in A. Ma tutte le sezioni che possiamo intendere condotte per punti tra G ed H e per altri tra A e B, non sono nella condizione me- desima sotto l'azione della spinta, e sotto quella della forza traente, ^ '7- LI dunque necessario conoscere, nel dato caso della forza traente a|)plicata in A, quale delle predette sezio- ni sia quella di minor fermezza, onde poterla confrontare col- la primaria MI, se avremo BA > ?■"' '^ . Ragioneremo in se- Del Pkof. Tkamontini 65 gulto partltarnente circa la men valida fra le sezioni che pos- sono intendersi condotte da punti assegnabili tra A e B ad altri assegnabili fra G ed H, o pure fra G e D, quando fosse — g '^ > BA, ed ancora quando fosse BA < -^ . Pertanto, sia BA > 2f!^, sia BA <-r^j- o i" qualunque punto, come ra, dello spigolo HB^ si trovi il termine inferiore di quella fra le accennate sezioni che abbia la minima fermezza, l'altro suo termine superiore non potrà mai cadere tra G fig. V. ed H, ma dovrà sempre trovarsi nella faccia del prisma pro- iettata in HB. Imperciocché se immaginiamo una serie di se- zioni perpendicolari alla faccia ABH condotte per n entro all' angolo G«Hj le misure delle rispettive fermezze procederan- no scemando di mano in mano che le sezioni si accostino al termine «H, e posta Hra:=z, HA = i quella misura minima di fermezza si esprimerà per a'pA\z—i) Resta ora da vedere qual misura di z renda ti un minimo^, od un massimo, mentre sia la forza traente applicata ad un de- terminato punto A , cioè considerando costante la misura HA = i. Sia V = -=1 , e ne deriverà ~ = ^^=^' , dalla quale espressione conosciamo che il valore di V procederà sceman- do corrispondentemente al crescere di z, finché sia z ■< az, e che invece cresceranno insieme il valore di V, e la misura di z finché sia z^2.i. Quindi si conclude che il minimo valore di V corrisponde alla condizione z =: ai, cioè all' equivalente condizione ~ = q. In fatti si trova 4r^ = r~r > o , per- dz d^z (z — ly ciocché z=2f se —r- =o. Dunque la misura z=:af, dedotta dall'equazione — _ = o, è quella che rende un minimo il cor- Tomo XXI. I 66 Del Luogo di Fermezza ecc rispondente valore di V^, e per conseguenza renderà pure un minimo il correlativo valore di 71 , il quale si esprimerà per la formula «»/. (^VI) ^, = ~ La condizione H/z=:2HA=ai fig. V. importa che quella la- mina, od ungiiia proiettata in H/i, la quale è risguardata in que- sto luogo come un piano rigido^ resistente, appiccato alla so- stanza del solido, sarà ugualmente disposta a rotare intorno ad un asse projetato in H, come intorno ad un altro projettato in n\ di maniera che fingendo n— i, dovrebbe quell' unghia trovarsi in atto d' essere spiccata dal prisma con moto pro- gressivo, nella direzione della forza traente, e non rotatorio intorno ad un asse: ovvero, in altri termini, queir unghia re- siste colla propria coerenza assoluta contro alla forza /= -flìZL-, -' 2(/. 1} ' che tende a spiccarla. Oltre di ciò, perchè il caso concreto potesse corrispon- dere adeguatamente al nostio concetto, sarel)be mestieri sug- gellare sulla faccia del prisma, projettato in HB, e nella par- te l\n di essa, un solido, come HPi.S/z, con cemento più forte che non è la coerenza propria della materia ond' è composto il prisma stesso, ed inserire in quel solido, così appiccato , il materiale strumento con cui si vuol porre in azione la forza. Allora, supposta tc^ menomamente minore dell' unità, spicche- rebbesi quel solido HS colla sua faccia Yin, portando sopra di essa una specie di velo, o di lamina, tolta dalla superficie del prisma. Osserviamo finalmente che nel calcolare la misura z de- terminante 1' unghia H/z, la qnal presenta la minima fermez- za ^ noi abbiamo riferito il momento della forza ad un asse Del Prof. Tramontini '' 67 proiettato nel punto n, inferiore all' assegnato A, e non in H, od in altro punto tra A ed H. Cotesta supposizione è legitti- ma , perciocché l'unghia Kn , la quale, sotto l'azione della forza applicata in A, è egualmente disposta a rotare intorno all'asse in H^, come intorno all'altr'asse in n, non sarà più di- sposta a rotare intorno ad un asse In n, fra « ed H colla sua parte n'n, di quello che tutt' intera intorno all'asse in n. In fatti denotiamo per /e la misura di fermezza compe- tente alla detta parte nn dell'unghia, riferendo lo sforzo all' asse in n, e si chiami u la parte Un: sarà k{2Ì—u)^.(A—i) ' a'pX[i — u) Dunque avremo la proporzione :i : Tc : : Ai : '^'~" : : Ai^ — Auì : Ai^ — ui -4- u~, ' ' {'■—"■) . cioè .Tr,< ,;r. §. 24- È manifesto che la quantità indicata per jr^ deve variare dipendentemente dalla ragione z :/!,. Fino a tantoché sarà i — , l'estremo inferiore n di quell'unghia dovrebbe usci- re dal prisma , come si mostra nella fig. VI, e perciò man- cherebbe il supposto asse dei momenti in n. Poste queste cose, dovremo intendere subentrato nell'uffizio dell' asse in n quel- lo che è projettato in H, o pure l'unghia HB tenderà di pre- ferenza a rotar tutt' intera intorno all'asse in B, ovvero in- torno a qualche altro .^ Fingiamo che nella faccia projettata in EH v'abbia una parte B/i' la quale sia disposta a rotare d'intorno ad un asse in n fra A ed H, per l'effetto della forza traente in A, fig. VI. e 68 Del Luogo di Fermezza ecc. cerchiamo qiial debba essere la misura ììn=z\ cui corrispon- da 1' unghia Bn' di minima fermezza. In generale si esprimerà per p a'À(i'^z') la l'ermezza competente all'unghia Bre', se riferiscasi lo sforzo all'asse in ?i'. Ciò posto facendo V'= . ~~, , ne verrà dV (X—z')(X-t-z'—^i') d-j — (l'-z'r ' ed ancora dd\' Q.{X—iY ^ Corrisponderà dunque al minimo di V quella misura di z che risulta dall' equazione -rr = O5 cioè c=2z — /l>05 perciocché abbiamo supposto i'> — . Dunque, detratta dalla AH la A/i=AB, sarà la residua parte nYi = z quella misura che si cerca, e perciò sarà l'unghia B/z'=:aBA la meno resi- stente di qualunque altra assegnabile nella faccia projettata in HB , finche sussista l'applicazione della forza traente nel medesimo luogo A. L' unghia predetta si troverà in condizio- ne simile a quella dell'altra unghia precedentemente conside- rata, neir ipotesi i <; — ; cioè sarà ugualmente disposta a ro- tare intorno ad un asse in B, come intorno ad un altro in n'., onde resisterà colla forza assoluta della propria coerenza all'assoluta forza traente. La fermezza di quell'unghia Bri verrà espressa per Del Prof. TuamOntini 69 (XVII) . . . ;r = Ì-.fcfl. Dal confronto dei due valori ;r, n^,, apparisce che se il punto A divida in simili segamenti l'altezza HB, ma in due maniere diverse , cioè prima ponendo HA = i <; — , indi ponendo HA = i'= ;i — j > -i ne verrà ■jt^:%^\: X — ì : i, cioè ti^ '>'^n' Poteva questa verità essere immediatamente stabilita senza giro di calcoloj avvertendo solo che una forza/ applicata alla distanza ì dalla sommità H del prisma , la qual possa equili- brare col suo momento quello del prisma stesso , dev' essere minore di un'altra forza 'f, applicata ad uguale distanza z dall' estremità inferiore B, il momento della quale pareggi quello della precedente /*, per poter equilibrare lo stesso momento del prisma. Imperciocché sarà, in tale ipotesi, f'-'f- : i : À — i. Ma le due unghie di pari dimensione ai, l'una superiore, e l'altra inferiore, si oppongono allo sforzo colle rispettive mi- sure assolute della coerenza^ le quali misure sono uguali, ugua- li essendo le aree delle due unghie. Dunque sarà men valida contro allo sforzo di y l'unghia inferiore, di quello che la supe- riore contro allo sforzo di /", appunto nella ragione i : À — i. Nella prima ipotesi^, ammettendo l'equazione si dedurrà ^ = ^£t±^j. 2. y y ^ qlj e se questo valor sia reale, ogni misura maggiore, non ecce- dente il limite — j la quale attribuiscasi ad i, renderà V un- ghia ni capace di tirar seco in movimento di rotazione il pris- ma. A qualunque misura ì minore della enunciata or ora, cor- 70 Del Luogo di Fermezza ecc. risponderà 1' unghia soggetta a spiccarsi dal prisma anzi che indurlo a rotare. Ma perchè quel valore sia reale, è necessa- ria la condizione ^ < i . Pertanto si osservi che, mentre sia A — l =z 1"^%^, riu- scirà — > T- • Casta dunque che sia (7 > — perchè riesca -^> I, e molto più ■^>i5 cioè -^ < i. Di nuovo, quando sia /l — 1 = 1"^-^, riuscirà — >-vÌ. Dunque , purché sia l- o a' Oli 1 •' i <2>/2^3, sarà-^!>i ec. Dall'esperienza conosciamo che la misu- ra ^ è di gran lunga maggiore di -^ nelle murature ordinarie, e molto più nelle altre materie solide, sopra le quali può ca- dere l'applicazione di questi ragionamenti. Dunque sarà rea- le la trovata misura di z, qualunque volta sia Chiamo J quella misura, che verrà espressa dalla formola (XVIII) . . . y = i.(,_j/, _;_!). Da ciò è manifesto che se la forza traente sarà applicata in un punto A, la cui distanza dalla sommità H sia tra le due misure y,'—, resisterà l'unghia rappresentata ìnlln^=iìiA,fig. V, colla propria coerenza, tal che dovrà seguirne la rotazione del prisma; che se in vece fosse applicata la forza ad una distan- za —, volesse conoscere la distanza me- noma, in cui possa il punto A' essere collocato rispetto al ter- mine inferiore B, per modo che sia condotto il prisma a rota- re, piuttosto che spiccarsi l'unghia BZ'^2,BA=2(<^— y ),/g. VI. 72 Del Luogo di Fermezza ecc. desumerà la cercata misura f dalla formula (XVII), dove pon- gasi f in luogo di i . Dall' equazione emergerà giaccliò si pone ^ <; I . § 2.5. Dalla conclusione del prossimo 5 ^4 deduciamo che se una misura y", quanto poco si voglia maggiore della j, sia la distanza del punto di applicazione A dalla sommità H del prisma, fig. V. questo verrà indotto alla rotazione resistendo la coe- renza deir unghia projettata in aHA = ay"; ma trasferita la forza nella distanza y" dall' infuno estremo B, si spiccherà r unghia projetata in 2BA'=:2y", prima che ottengasi la rota- zione del prisma /Jg. VI. Per conseguire quest'effetto sarà ne- cessario portare 1' applicazione della forza ad una distanza non minore di {À—j) dall'estremo B, § 24, e sarà {'^— y )— / quan- tità positiva finita, esprimendosi per (/:4— /■-"p)>' come s' inferisce immediatamente dalla comparazione fatta tra le iermezze rispettive a due unghie di ugual dimensione ay , ma una terminante nell'estremo superiore H, l'altra nell'in- feriore lì . Si può confumare la stessa verità osservando che, posta si ha ! Del Prof. Tramontini 78 la quale quantità è positiva, perchè ^y*, e quindi (A — J)~'j^o è quantità positiva finita. § a6. Ora cerchiamo se fra le misure di i che sono fra Fig. V. i limiti y, e — ve ne abbia alcuna che renda n, pari^ 0 mag- giore di ^5 intendendo con questo simbolo designata la fer- mezza della sezione primaria correspettiva all' applicazione della forza traente in A, § a3. In quest' enunciato è sott' intesa la condizione BA = ^ — i>^, senza di che non può corrispondere alla misura BA una se- zione primaria cui riferiscasi la misura di fermezza denotata pel simbolo d. - : • • - ---• .: Ponghiamo AD = BA = A — i>y, e sarà corrispondentemente In oltre abbiamo . ,. Trattasi di conoscere se fra i predetti limiti /', —v'abbia una misura i, che renda il valore della funzione ^pari, o supe- riore all'unità. Per giugnere a tale scopo, cerchiamo il valor massimo, se vi abbia, della predetta funzione Tomo XIX. K 74 Del Luogo di Fermezza ecc. n, i(4a'-t-')(À— i)') I supponendo variabile z, si otterrà e Jall' ipotesi ^ = o si dedurrà ' di e dovendo essere i <,— -, onde i i — ^ ) •< o, sarà Questo secondo membro avrà un valor reale se /l > -^ ; e I/o denotando in tal caso per ,i quel valore di ì, avremo (XIX) i=ì,[.-^7Z^). Ma -^ = 2,.9(3f — 2/?), nella quale espressione il secondo membro è quantità negativa, stante il valore di ,i, espresso nella precedente formula (XIX), Dunque il detto valore di i corrisponde al massimo della funzione I, e per conseguenza ancora al massimo dell'altra -^, sotto la condizione />< — . Ma, perchè il secondo membro dell' equazione (XIX) sia minore di — , dovrà essere 4 — ^1/ ' ^r K. ^ ■> ^ quindi 1 < 4 — '3^, •> d' onde segue i6a°<9A^, o pure /l > y- . Del Prof. Tramontini ^5 Dove si avveri questa condizione ^ sussisterà pur l'altra -|^< I. Imperciocché, essendo^< i, sarà -^ <— . Dunque M ' T ^^ "HJ^ *^ '■ Concludiamo perciò che, posta la condi- zione /l > y , vi sarà una tal misura ^z-< — , che rende -q- un massimo. Ciò posto, allorché quel valor massimo riesca -• i , argomentere- te ' ^ rao da questo criterio che nell'unghia ai é maggior fermezza di quello che nella sezione primaria correspettiva all' altezza {X — i) del punto A, dove agisce la forza, e perciò sarà nella detta sezione primaria il luogo di minima fermezza in questo secondo caso, cioè quando sia . • «£. _ ,i(4'''-Hq(/l-.,t)') v^ La conclusione medesima si estenderà a tutte le altre unghie 2.i< ai fino a quella in cui si riscontri la condizione 7r = 0. A tutte le minori di questa ultimamente indicata, le quali sieno per altro maggiori della correspettiva alla misura a/, 5 a4, corrisponderà .t,«< 6; onde resisteranno bensì intere, traendo il prisma a rotare, ma in ciascheduna di esse riuscirà ■j-G Del Luogo di Fermezza ecc. il luogo di minima fermezza, rispetto all'attuai punto dove si trovi applicata la forza, e non nella sezione primaria corre- spettiva a <{uel punto. Quanto alle unghie minori della corrispondente alla mi- sura 2/", ciascheduna delle ([uali si riferisce ad un' altezza >• /l — y, del pimto A, abbiamo già osservato che la fermezza loro non è sufficiente per indurle il prisma a rotare, ma che spiccherebbersi dal solido, anzi che produrre un tale effetto. Pongasi per esempio /l ::= o.n. Correlativamente a questa misura trovasi ^i =z a[c^i?n)). Sarà perciò X — /■=rt(t,2ii). In- trodotti questi valori di / e di { X — i ) nell' espressione ^^ j^-: — , ne risulterà -^ = — ./ <. i. Nel secondo membro si rappresenta il massimo valore del- la funzione denotata per^ , nell' ipotesi À, = 2.a. Dunque niuna misura j< — iiotrà rendere ^ = r. Di nuovo pongo À = 6«, e dalla formula (XIX) deduco ,r=a(2,o374), onde {Z — i) = a{'ò,C)62.6). Introduco gli equiva- lenti trovati di ^z, e di (/l — i) nell' espressione generale di ^ , e risulta ^ = ±1:1L=:5,3^, pross., che sarà il valor mas- simo di ^ , nell'ipotesi Z = 6a. Vi ha dunque una misura z < «(2,0874)5 che renderà ^=1. Cerco per via di prove una tal misura, e pongo prima i = a(o,4), alla qual misura corris- ponde Z — i=:a[5fi). Sostituisco nell' accennata espressione ge- nerale di^ gli equivalenti di i, e di {Z — i), dalla quale sosti- tuzione deriva '^:=2ji2. Tento con altra supposizione, cioè f=a(o,io), e ne segue {À — /)=fl(5,82). Con tali misure, appli- cate come precedentemente, si trova ."4^''-^')('t— *)') — - ^/ r pi ^ Se vogliasi maggiore approssimazione, si ponga i=a{c,i'j5), alla Del PaoF. Tjiamontini 77 quaje ipotesi corrisponderà ^ = a(ijOo). Dunque applicata la forza traente in un punto A, inferiore alla sommità H per Ja misura i=a{o,i'j5), sarà nell'unghia correspettiva alla misura 2.i = a(o,35) ugual fermezza che nella sezione menvalida fra tutte quelle le quali possono concepirsi condotte per punti Ira A e B, e per altri , o fra G ed H , o fra G ed A , come pure per punti fra G ed A, e per altri fra B ed A. Dunque ap- plicando quanto poco si voglia più basso della misura f=a(Oj 175) la forza traente, sarà nell' unghia maggior fermezza che nella sezione primaria corrispondente all'applicazione della spinta neir altezza supposta. La misura di fermezza competente all' unghia a.i = ^(0,35) si esprimerà per ^_ k.(o,6-7S) _ a. onde ammessa la menoma misura esperimentale di — =^, cioè qz=i.a riuscirà n,'= ^-i^b. Chi voglia direttamente conosce- re la misura i soddisfacente alla condizione ^=1, potrà ri- correre all' equazione i^—Q.Hv'-k- (r-+-i^ìi-aU=o. Ma lo sviluppo, e le avvertenze che son necessarie per appli- care il risultato in ciascun caso particolare, daranno maggior briga che il procedere per via di prove approssimative^ come si mostrò nelT esempio testé recato. § 27. Si cerchi se v'abbia una misura i'> — , soddisfa- cente alla condizione ^= i. A quest'indagine servirà l'equa- zione «« _ (-1— ;')(4a'M-9(A— ;')') _ _£_ ^ 0 9aV. 9a'.i 7o Del Luogo di Feraiezza ecc. Ne ilenvciomo -j^ = — ^.g[À — i')' — ^a"^, la (iualc espressione ci la conoscere clic al crescere di i' decresce il valore della l'unzione denotata per I', e perciò quello ancora della funzio- no p' . Ma per condizione del quesito dovendo essere i'> -;- , la quantità — (ia-f-n — I rappresenterà il massimo valore della funzione -^", ove s'inten- de indeterminata la misura /l, ma sotto la condizione À — i'< ~ , § 26. Sussista , per esempio la precedente ipotesi À = óa, e quindi sia i' — 3a la misuia menoma ammissibile di i\ alla qua- le corrisponderà il massimo valore di ^ , e questo massimo , nella presente ipotesi, verrà espresso per 5 — ^-—^ = 4,7222. Per trovare quella misura i' che renda ^=:i, tento l'i- potesi i=^a, cui deve corrispondere {À — i')=2fl, e dopo la sostituzione di tali misure si ottiene (ja'A Di nuovo fingo i'=a(4,26), e quindi (A— i')=o( 1,74)- Dalla so- stituzione di (lueste misure emerge ^ = -hJ- . Neil' ipotesi i'=:a(4,262) si troveià Zu = M±^22. , ]Ma tanto potrà essere più che sufficiente in pratica, o pure col mezzo di qualche prova ulteriore si potrebbe spingere facilmente innanzi 1' approssi- Del Prof. Tramontimi 7^ inazione, senza dover direttamente risolvere l'equazione All'unghia determinata dalla misura ,'■ '] ^,. ,1 :\ a(^ — j')=: fl( 3,476 ) 5 24, r •' ''- ■ "• la quale corrisponde alla misura i'= a(4,26a) , compelerà la misura di fermezza espressa per ;r=^-^"-°'^' =d. "P Confrontando questa misura colla precedente ' ' . .- 1 " ap si osserverà che mentre le aree delle due unghie sono nella ragione o,35 : 8^476 :: i : 9,9, le rispettive fermezze trovansi nella ragione i : 3 prossim. §. 28. Dalla formula ' - ' ■ '>■" ' ■ " ' ■ ': , si deduce . • , ■ ■.j.. .. .■ - ^ ... , ^- Sostituiscansi questi valori di /", e di [A — i) nell'espressione il cui secondo membro piglierà la forma ' . . ' 8o Dei. Luogo di Fermezza ecc. S.y.o» Questa formula esprimerà in iunzione di X il massimo valore di ^, sotto la condizione prescritta nel § 26. Col mezzo della detta l'unzione potremo conoscere quali misure di /i ammet- tanoj od escludano la condizione ^ > i. Imperciocché non potrà cjuesta condizione avverarsi fuorché nei soli casi, ove sia r^^4a^_H (?,-. -^)/r=:^ > 3.9. '^ , cioè Osserviamo prima di tutto che il secondo membro non avrebbe valor reale quando fosse A<<-^^, come in questa condizione me- desima non avvi valor reale di j. , § a6. Dunque, dovendo essere /l">> —- quando si avveri la condizione -^>i') ne segue che il detto secondo membro sarà reale, e negativo. Dunque si avvera la condizione ^ > i , non solamente per ogni misura /lai/— , tali che rendano ">T-'-'<[>-'-^)-\/^^¥- Suppongasi pertanto questo rapporto, e sarà pure Del Pkof. Tramontini ;8l (■9"t-^--)'<(^'-^)'- (■-&)• . Sviluppati cotesti due membri , e fatta la riduzione , si per- viene al seguente risultato ;i4_ a^x^ l -te^) 64a4_ che pili concisamente enuncieremo per la formula e da questa si dedurrà ^ • ,: , • . . In quest' espressione abbiamo ^= 0,01972 . . . , e quindi ■ (l-H 1/1-1-^)= (2,0098). Finalmente ;l*> «='(5,688887), e quindi .' . . ' (XX) ^>a(2,385). Ammettiamo per un esempio /l:=fl(2,38) e dalla formula (XIX) risulterà }=a (0,8952); onde [Pi — ^z)=a (i, 4848)- Con queste mi- sure di ì, e di (/l — ì) si ha ,i(4a=-+- 9(;. — f)^) = «3(^14639)-, ed essendo 9^"/!=: «^(2 1,4650), riesce . . 0 21,4600 "^ * " Pongasi ora /l = 0(2,39), alla quale ipotesi corrisponderà Tomo XXI. L 8a Del Luogo di Fermezza ecc. ^f= a(c,896), (XIX), e quindi (A— i)=a(i ,494)- Con queste mi- sure di /', e di {P. — 7) si ottiene /(4a»-t-9(A—,j)=)=a^(2 1,583), e c)a'^;i=a%2i,Si) Dn, 2 1 ,5B ^ annue -^ = — ^- > i . Si vede F/g. VII. confirmato da questi esempi che se r altezza del prisma sia minore della misura a(i2,,385), non sarà possibile una tal misura /< —die renda ^=r, e molto me- no -j-'> li cioè, in qualunque distanza HA < — ^ , inferior- mente al termine H, fosse applicata la forza, il luogo di me- noma fermezza si troverebbe nell' uniibia determinata dalla misura 2HA. Ma per tutte le misure /l>fl(3;,3u6), siamo cer- ti che vi è una misura i < — soddisfacente alla condizione ~ ■= ì . Assegnata quella misura in HA=:i< -7;-^=HC, e l'al- tra H(i=/', 5 23, in qualunque punto fra A e C si trovi ap- plicata la forza traente, il luogo di menoma fermezza sarà nel- la sezione primaria corrispondente all'altezza BA=:/l — i = Z. Se r applicazione della forza trasferiscasi in un punto A' tra A e 5\ il luogo di menoma fermezza troverassi allora nell'un- ghia determinata dalla misura aA'H. La fermezza competente a queir unghia aA'H sarà sufficiente per indurre il prisma a rotare intorno all'asse in B. Finalmente se la forza fosse ap- plicata fra (i ed H, non otterrebbesi la rotazione del prisma , anzi da quello si dovrebbe spiccare V unghia corrispondente alla supposta misura <2Hc^, come fu già provato preceden- temente. Prendasi in esempio ^■=za[i.^^) e si troverà /z:2fl(o,8) la misura che rende 9«V. 0-" S a^- ;(4a'+f)(^— i)') n Sarà perciò rappresentata per K—ì=a{ifi) la micr.ra BA. Del Prof. Tramontini 83 DLnque, assunta la misura (A— j')=a{i,4) intermedia alle due a{ij2,) = BC, a{i,6) = BA, ne verrà Se faremo {l—i")=a{ i ^7) : misura intermedia alle due BA=:a( i .,6) , B^ =: (,^ — j), si otterrà ■ ■ , ■ - i"(4a'-*-Q(/l— i")') 21,0 , ' ga^/l 21^6 5 29. Dalle cose dimostrate nel § 27 segue immediata- mente che necessaria è la condizione (i6a''-(-g/l^)>8.9.a* cioè A^>^a- perchè possa essere ^ > i. Se dunque fosse ^ a(2,4944)5 *' ^^^'^ ^^"^ t^^ misura di j > — da rendere ^ = i. Posto dunque che si rappresenti in HA"= i' quella misura, in qualunque altro punto fra C, e A fosse applicata la forza, non sarebbe nell'unghia corrispon- dente a quel punto di applicazione il luogo di minima fer- mezza, ma bensì nella sezione primaria correspettiva all'altez- za BA"> y del predetto punto di applicazione. Che se fosse 84 Del Luogo di Fermezza ecc. applicata la forza tra B, e A'^, ma in altezza > ^ , si ver- re!)bc così a determinare noli' unghia relativa a quel nuovo punto di applicazione il luogo di minima fermezza, ì non nel- la sezione primaria correspettiva. Pongasi, come nell'antecedente esempio, /^:=a^^254)5 e nin- na misura z'>-^=fi(i,2) potrebbe rendere -'^„ — .(;— i')(4«'-^-9(^-^')^) _ . o „^ 1) — 1^. '' ^ ^•' perciocché in quest'ipotesi sarebbe >^<<2^/— ; ed in fatti il valor massimo dell' enunciata funzione Ma se prenderemo /l = a(2^8), si troverà i=z[i,\c))a essere quella misura che rende ^ •= i. Dunque [X — f)=fl(rj3i) sarà la misura che rappresentasi dalla BA", e perciò un' altra mi- sura [Pi — Ì')=a[\^'Ì2.) corrisponderà ad un punto fra A"j e C. In ciuesto sistema il valore della lunzione — — -~- — a5 78 SI trova espresso per ■ ^:'^- > i . Se per nuova misiua prendasi a[i fi)r=^[X — i") , corrispon- dente ad un punto fra A", e B, risulterà il valore della predetta funzione espresso per .M:2L <^ i. 5 3o Ripiglio l'eqnazione '=t(^-j/^-75-)' e ne deduco Del Prof. Tramontini 85 (.'-f)=^ ■(■-#)> dalla quale proviene 4/l,i (4a'-f-9À») '^ ^3 "~ 5.9 Dunque stante che 4a'-i-c){Z-i)^=z2.C)J{A-i), ' • .3 4^£ 3/'— 4A,^ 2(,i-2/l),i-4-,;' (4a'-f-9A') ^ 3 ~~ 3 ~ ,3 . ~~ 39 * . Dunque cioè ed ancora 4a''-f-9(/^— /X=2 .9'z{2;.— /■)— 2 .9;i,f=a .9,i(^— ,0 quindi ,z = 4«'-^9(j— /)' ]yj^ j^ secondo membro di questa equa- zione rappresenta la misura stessa che rappresentasi ancora per / — X, § 4-' "^'oè la differenza delle due altezze, una (/^ — i)=l del punto dove s' intende applicata la forza, ed una X del punto, dove cade il termine inferiore della sezione pri- maria corrispondente alla supposta altezza l, la quale non sia minore di ^ , per la ragione avvisata sopra. Dunque avremo l — x=,Zj e perciò, in tutti quei casi ne' quali può aver luo- go una tale misura ,i=HA<-;f, cui rispondali massimo del- la funzione ^ >■ 1 . ^ ^4' ^'> tutti quei casi , dissi , 1' estremo inferiore M della sezione primaria correspettiva all' altezza 86 Del Luogo di Fermezza ecc. X — ì =■ l Jel punto di applicazione coincide coli' estrenio in- Icriuic dell'unghia 2Ì; la qual condizione si avvera qualun- (]uc volta sia 4f- Jl I Poiché /i—4a'> 0(2, 385), § 28, le misure sostituite nell'espressione iii!Llt2_J^i!l) determineranno nel corrispondente valore di essa , che è (2,52) il massimo della l'unzione ^, nell' ipotesi A = ^a- Duncjue una misura l, atta a rendere ^=1, sarà minore della detta misura ,i, e perciò alla nuova misura i < i corrisponderà X — ì = l!'> À. — ,i = l. Ma quando sia Z> ^ , al crescere di l corrisponde il crescere della differenza L — x- Dunque ad Z' > / corrisponderà {Ì-x)>{l-x). Pertanto, mentre la misura j, si cangia nella minore i, la mi- sura [l — x) mutasi nella correlativa maggiore (Z — .r'). Dunque, essendo i = l — a;, come fu testò dimostrato, sarà i i. Se pongasi /=:3(oj28) essendo ^=^a, sarà A — i = a[Z,'j'ì). Con queste mi- sure di f, e di A-i si otterrà '(4«'+9(A-;)-) _ .3^ Possiamo <)a'Ai OD dunque ammettere i = fl(o,a8) come quella misura di i che rende -^^i. Ora, nell'espressione ' ' r I 9?''+4a' 9(-l— i)'-)-4a' a.g.i' a.9(/l— j) sostituiscasi il valore di r=Z — i=a{3,'j2), ed otterremo prossim. Da quest' esemplo veggiamo che la misura /' — x' su pera quella indicata per i, la quale corrisponde alla condizio- ne -j-=: I, quant'è la differenza a(i,9a — 0,28) = 0(1,64). 5 3i. Fino a tanto che non sia y^ — ne risulterà y <4- < '• Sia per esenqìio l=:X — f=ri(o,7): misura intermedia alle due —\". , ^, e sia nel tempo stesso i< — . Dovrà essere /l g(! .4), rimanendo le.uua la precedente condizione U—i')=a(c, 7), riuscirà in (|uest'ipotesi i'=fl(i,3)>4 •> Del Prof. Tramontini 89 ed il calcolo si dovrà riferire alla formula (A-;')(4„'-t-o(;— i')') Da questa emergerà -^ = ^^ -< i. A maggior ragione sarà ^ < i quanto più cresca la di- mensione X, rimanendo ferma l'altra condizione {X — l!)■=■a{p,^2)^ e Dunque, se A non sia minore di a, e sia — ^ — >• L^ ^ > sempre il luogo di minima fermezza, o nell'unghia rappre- sentata per ai, se i< — , od in quella rappresentata per 2(/l—i') se r> — . • ■ ■ • ■> 2. 5 Sa. IMa quando fosse a > /l > -2^^L_i , sussistendo la con- dizione ^"^ - > ^ > ^ , potrebbero intervenire due casi, cioè i." che alla supposta misura di /corrisponda j /l. Infatti suppongasi 1' equazione ^=/ = T-'--$-. S4. , • e quindi 1' altra a.gZ'^=:gZ'*-H8(2', d' onde risulta ^■=^(.-/^^)- Sarà evidentemente T quantità reale , perciocché fu posta X > ±?i_i . Si esclude il segno positivo del radicale perchè in niun caso concreto potrà essere />► ^, altrimenti il punto dove s' intende applicata la forza cadrebbe fuori del prisma , Tomo XXL M go Del Luogo di Fermezza ecc. ciò elio è assurdo. Sarà dunque l'> Z', che sia per altro Ira i limiti anzidetti, corrisponderà j <; /^, cioè la respetti\a sezione primaria sarà contenuta tutt' intera nel dato prisma. A qualunque misura / < Z' corrisponderà j > A;, cioè la respettiva sezione primaria uscirà in parie dal prisma. Ad ulteriore dicliiarazione riscontriamo le accennate cir- costanze nella Fìg. Vili. Ivi pongousi AG = BH = /!> -^"p- = B/i = «(0,9428) AG'= AB = BH'=a>;.. Brimaria corres- pettiva air altezza l del punto dove intendiamo applicata la forza. 11 termine inferiore e di taf sezione cadrà fra n, e B. essendo il superiore projettato in G. Se attriljuiscasi ad / un' altra misura Z > Z', fra A' ed li, a quella risponderà una se- zione primaria, il cui termine superiore deve cadere sotto del Del Prof. Tramontini 91 punto G, come in g, e l' inferiore tra n, e e, come in e. Ad una nuova misura di l tra A', e d, la quale potrà essere de- notata per l"'iamo già dimostrato che Del Pkof. Tramontini f^ ad un tal punto di applicazione deve corrispondere una se- zione primaria come g'c'', il cui termine superiore cade fuori del dato prisma, tra G, e G'. Perciò, denotata col simbolo 6 la misura di fermezza che a quella sezione competerebbe, se realmente esistesse intera, non potrà aver luogo il confronto indicato per ^ . Non di meno, dev' esservi ancora in questo caso una sezione diversa dalla primaria gV, la quale sia con- tenuta tutt' intera nel prisma dato, e sia dotata di minor fer- mezza che qualunque altra assegnabile nel prisma stesso. Dal confronto della sua fermezza , cui possiamo denotare per d, colla fermezza competenteall'unghia determinata per af^aA'H, risultar deve la soluzione del quesito, cioè si deve discerne- re se nell'unghia stessa, od in qualche sezione trasversale abbia ad essere il luogo della minima fermezza. 5 33. Fingiamo che il prisma GHBA sia prolungato all' altezza A'=AG = BH = a. La sezione primaria g'c" corrispon- dente al punto di applicazione A", come abbiamo supposto nel 5 precedente, si troverà tutt' intera nel prisma così pro- lungato, 5 4* Designiamo per u la differenza ;i'-_ ^ = AG'— AG = BH'— BH, e sarà ' ■ ' '•' - A"H'=: i ■+■ U = Z, /l'=. Z -^- u. La fermezza competente all'unghia determinata in 2 A"H'=2z, nel prisma prolungato, si esprimerà per ~ come la fermezza competente all' unghia determinata in iiA"H = 2J si esprimerà per "^ ~ = tv,. Dunque avremo Tt^Tt'. : -^-j-£ : -i- giacché X—j^Z — ì, e quindi si concluderà TT > TT,. 94 Del Luogo di Fermezza ecc. Pongo in esempio, come precedentemente /l=a(o,f)6), ed avendo assegnato X^= a^ sarà X — X =^ u ^:= a[o,c^). Sia Z"'= «2(0,7 6) ^=- X — J' =■ X— i; onde f:=fl(o,2), /=i:«(o,a4). Con qnesti dati si troverà 7T = , 71^ = . up ' ap Avvertiamo ancora che se il prisma sia prolungato in G'H', avrà luogo il confronto indicato per la formula n ;(4<2'-+-f)('i'— '■)' ) 0 ga'/l' Essendo poi /l'd, e perciò -^<~< i. Laon- de concluderemo che ancora nel caso [uesente , cioè sotto le condizioni, i ." ^"'/^ < À < a, 2.", l'> l"'> ^, il luogo di me- Del Phf. Tramontini gS noma fermezza trovasi nell'unghia determinata dalla misura § 34. Quando fosse Z — i= l ^, capirà in questa misura di À tutta l' unghia determinata dalla misura aBA=^ = 2(A"- i) , quando fosse applicata la forza in A. In quest'ipotesi avremo 96 Del Luogo di Fermezza ecc. 7t = Z' — . Ncir altra ipotesi della forza applicata in A', la fermezza dell' unghia correspettiva, determinata dalla misu- ra 2BA' = 2.{À,' — i'), si esprimerà per Sarà perciò ~f <^'f' ^^^ ^^' posta CA =: A" — i r= 2^, e quindi _ ;;'.4(;."— ;•)' _ k_ ^ /■■3.4 . " u'/i/." p ' 9-ì" ^ o/'.g ' dunque ^ <;-!- <; i. A maggior ragione sarà -j- 'C^-, e -^<; i. Dunque, applicata la forza a qualunque altezza < ^ , sarà il luogo di minima fermezza nelT unghia correspettiva a quel punto di applicazione, posta T altezza /i '>- ^ . Di nuovo fin- gasi ridotto il prisma od un' altezza À — , ed in questo caso l'unghia correspet- tiva sarà determinata dalla misura 2,{A — /'). La fermezza competente all' unghia 2,1 si esprimerà per Del Prof. Tramontini ^7 — kAi{^—i) ... 7r:=-^^r-^ ì come quella competente ali unghia 2,[a — jj^ si k.<\(X—i)^ — esprimerà per — ^^ ^^71'. Ciò posto, essendo A — i ^ . ■ ^^ ^ " riuscirà ;r<— .Dunque -y <-|- < 1. In oltre essendo avremo :t '< 1^'' . Dunque ^<-^< i. Ma perchè (p>d , sa- ra — •< -^ < I , e similmente -r < -s- < i . Dunque raccogliendo le cose esposte nel § 3i, e seguente^ con quelle or ora dimostrate, concluderemo die sia 1' altezza À del prisma superiore alla misura a , od inferiore ad essa , quando 1' altezza À — i del punto dove è applicata la forza sia minore di ^^^~-, sarà sempre nell' unghia determinata o per ai, o per a(/ì, — i), il luogo di minima fermezza. Sarà nell'un- ghia ai se i < — , e nell'altra a(/i, — i) se i>— , intendendo per i la distanza del punto di applicazione dal termine supre- mo H dell' altezza assegnata al prisma. § 35. Neil' applicare all' atto pratico i principi ora espo- sti, potrebbe Fig, X. nascere la curiosità, od il bisogno di entrare in un' altra serie di ricerche. Ne darò un saggio so- lamente per modo di avviso. Ogni qual volta sia BA>^, e nell'unghia H/2=aHA minor fermezza che nella sezione pri- maria correspettiva al punto di applicazione A, 5 ^4> tirata la Gn , vi avrà nell'angolo GreH una sezione nt pari in fer- mezza alla detta sezione primaria, che rappresenteremo in MI. Tomo XXL N f)3 Dei. Luogo di FEn:\iEzzA ecc. Impciciocchè, nel!' ammessa ipolesi , il termine inferiore M della sezione primaria, o coinciderà col termine n dell'un- ghia, o cadrà sotto di esso, 5 ^6. Quando sia /l > a quella sezione primaria sarà contenuta tutt' intera nel prisma, giac- cliè il suo termine superiore I deve cadere sotto alla sommi- tà G, S ^>- Dunque , o cada in 7z,o sotto di Ji quel termine M, sarà in G/i fermezza maggiore che nella detta sezione primaria. Ma le misure di fermezza nelle sezioni condotte per n dentro all' angolo Gìiìl vanno di mano in mano crescendo da riH in nG nel primo de' quali termini è fermezza minore, e nel secon- do è fermezza maggiore che nella primaria MI. Dunque fra le sezioni intermedie una ve ne ha, nt , pari in fermezza a quella primaria MI. Posta la notazione seguente AG = BH = /l, AB = a, HA=Ara=i, Ei=t, si esprimerà la fermezza in ?it per la formula - __ 3A-(p-t-4i')a— 0 La fermezza della sezione primaria MI si esprimerà per la formula ^ __ k4.q(X—i) Perciò nelP ipotesi ^ = t, sarà 3.4.f(3aV.— 2Ìi^)=(^^M-4i^)(4a^-+-9(A— z7), d' onde abbiamo i».(4a^-H 9(/i — i)^-H 24=i^)3. 1 a.iÀa'— 4i'(4a"-h C){Z — i)*) Del Prof. Tramontini 99 Ma fu posta da principio ^< i , cioè minor fermezza in Un che in MI. Dunque sarà positivo il valore di t"^, e per conseguenza reale la misura Ritorno all'esempio del § 26, ponendo /l=2a, i:=a{c,';^Sg). Abbiamo veduto che questa misura di i rende minore dell' unità il valore di ^. Dovrà dunque riuscir positivo quello di ^^ In fatti si trova . .'■' 1.' - '-, . 'J' ■ :; , •;. , 9a*/l—z{4a^-H0(/l—zX)= 0^(44304)5 (( e quindi ' ,^ 4J(c,aH-Mn^-^g(X-,i)l)^ a'(o435o89) ; ''^' " ''^^''^ onde t = 0(0,659). Con questa misura di t si ottiene . = 1^.(0.69), 0 = 4f-.(o,69). Nel medesimo § a6 abbiamo veduto che posta À = 60, i = a(o,4) ^ riesce ^=2,512. In queste condizioni dovrà dun- que essere negativo il valore di i% e quindi immaginaria la misura t. Ed invero troviamo Dunque (9a»;i— f(4fl'-+-9(;i— /)^)=fl'(54— 1 14,49). cioè £^. 1034 ). ^^. ^ .iATy/.y, <-^.: .%^^/: .~ ' XX/y^^^y /A ■y-^ ' ■ ///. Descrizione di un Serpente i i 3 nita da Boie = C. trunco longissimo, siipra plumbeo- cinerea , lineis quinque longitudirialibiis, fascia fransversa occìpitis, alte- raque ad finem trunci albidis, scutis ahdominalihiis^ ac scutel- lis suhcaudaiihus nigro-margìnatis . fasciaque suhcaudali longi- tudinali. Scuta 1 90-199, scutella 10-2.1. = Conchiudo quindi, che la Calamaria, la quale mi ha fornito la materia per questa memoria differisce specificamente dalle Calamarie sino ad ora note, e che per ciò stesso è una nuova specie. Il color can- giante delle parti superiori mi porge motivo di chiamarla di color cangiante, versicolor. Potrà essa poi definirsi così. Cai. supra versicolor, ìd est vel ex cineraceo-fusca.) vel ex alhido caerulea.) nitore margaritae ; in parte anteriore dorsi linea nigra primo continua., mox intercisa ; in utroque latere ejusdem dorsi series primo duplex , deinde unica macularurn albo-lu- tescentium ; gula., ac latere capitis fusco , et albo lutescente varia ; scutorum nonnulla omnino albo-lutescentia, nonnulla etiam ex toto fusca., reliquum ventris fusco., ac albo-lutescente tessellatum ; cauda subtus albo-lutescens., marginibus internis scutellorum nigricantibus ; squamae gulae., caudae., ac partis anterioris dorsi hexagonae , squamae reliquae dorsi rhombi- formes. Scuta 164, scutella 11. Habitat in insula Java. ■ '..;.-',, SPIEGAZIONE DELLE FIGURE. ,■ , / Fig. I ." Il serpente descritto di grandezza naturale. Fig. 2.."' Il disopra della testa, a, a serie di punti, che indicano il sito, ove gli scudi frontali si piegano. Fig. 3." Il disotto della testa. Fig. 4-" Il lato destro della testa, a il foro del naso. Fig. 5." Una porzione della parte anteriore del dorso. Tanto questa figura^ quanto le tre precedenti rappre- sentano r oggetto tre volte maggiore del naturale. Tomo XXT. SULLE FEBBRI GASTRICHE O BILIOSE CONSIDEnAZIONI PRATICHE DI G I A C O ai O T O SI M A S I X I PROl'ESSORE DI CLINICA MEDICA A PARMA \ UNO DEI ylARANTA DELLA SOCIETÀ ITALIANA DELLE SCIENZE. Puces'Htc adì 22. Novembre 1833. Oi è scritto molto, ed utilmente si è scritto dai Medici an- tichi e dai moderni sulle lehljri gastriche o biliose di corso acuto; ed è questa per avventura una delle malattie, che vennero maggiormente rischiarate da ripetute e conformi os- servazioni, e che han dato luoiio a maiiiiior numero di dedu- zioni preziose per la Patologia. Intorno a che non potrà ca- der dubjjio ad alcuno, che abbia letto e ponderato ciò sola- mente che scrissero di tali lebJjri Pringle, Sarcone, e Ramaz- zini, Tissot, Grimand, e Pietro Frank; Stoll , Borsieri e Qua- riuj Grantj Pinel e j\Ieli. Pure in Medicina non è mai tolto di aggiugnere qualche linea non inutile ai quadri che sem- brano i più completi; e le osservazioni particolari, sia che conlermino le nozioni e ie massime già stal)ilite intorno ad una data malattia, sia che alcuna ne aggiungan di nuove, sono sempre di grande vantaggio in una scienza, che poggia intera sui fatti ripetutamente osservati. Non intendo io qui di de- scrivere minutamente tutti i sintomi della febbre gastrica o biliosa, e le varietà che possono presentare nelle complicazio- ni per le quali s' altera talora l'aspetto ed il corso della ma- lattia ; nò il modo di agire delle morbose potenze , fisiche e morali che possono darle origine. Io ne parlerò solamente (juanto converrà per apiirmi il sentiero a ciò che più m'im- Del Professor Tommasini i 1 5 porta di esporre, e per quel nesso che tali nozioni aver pos- sono coir argomento principale di questa memoria. Per le me- desime ragioni dirò pure alcuna cosa del fondo o della dia- tesi della febbre in discorso^, e così del metodo curativo, cui le osservazioni e T esperienza dettarono , e la ragion patolo- gica ne consiglia, anche per additare le differenze che sotto questo rispetto distinguono la pratica degli Italiani antichi e moderni da quella de' moderni Francesi. Ma neppur queste sono le materie eh' io mi sono proposto di trattare partico- larmente. Scopo principale di questo lavoro è di presentare ai Pratici alcune importanti e particolari avvertenze suU' an- damento spesse volte oscuro ed ingannevole di questa malat- tia; sopra alcuni indizj di profondo e micidiale attacco, an- che sotto le più miti apparenze, quindi sulle precauzioni che per siffatte ragioni si rendono necessarie, tanto nella Progno- si, come nel metodo curativo. L' oggetto di queste conside- razioni è tutto pratico ; e se i giovani Medici potranno gio- varsi delle mie deduzioni nella intrapresa carriera, apparterrà sopra tutto ai provetti di confermarle richiamando alla men- te ciò che ad essi pure sarà forse avvenuto di osservare, ove qualclie epidemia abbia lor presentato casi numerosi di ga- striche febbri. : ■ ' ■ ,: ' ' • ■ ; ; La febbre gastrica siccome avvertiva il sommo Clinico G. B. Borsieri, corrisponde alla febbre putrida di Alessandro Tralliano ; alla febbre mesenterica di Giorgio Baglivi ; alla bi- liosa di Tissot; alla biliosa ardente di molti antichi. In epoca da noi meno lontana 1' illustre Pinel la denominò Meningo- Gastrica, e con molta ragione: giacché la forte Cefalea inse- parabile da questa febbre sembra dichiarare comune alle Me- ningi quella condizione morbosa, onde in questa malattia è attaccato il sistema gastro-intestinale. Distinguesi infatti que- sta lebbre per dolore di capo profondo, incessante ; veglia ed inquietudine somma; senso di pena all'epigastrio; avversione agli alimenti, ed amarezza di bocca; polsi piuttosto alti e vi- branti ; calor mordace ed urente alla pelle, e color sub-iterico I I 6 Sulle Febbri Gastriche al volto, 0 tendente al rosso ranciato. Sogliono essere forieri di questa malattia ( giacche non è suo stile di assalir repen- tina) un senso rimarchevole di spossatezza allo membra, un senso al capo come di fliscia che lo stringa d' intorno ; bocca asciutta, ed inap|)etenza ; interna inquietudine senza manll'e- sta cagione; dilHcoltà inusitata di prender sonno; ed una straordinaria irascibilità. Cominciano poi a manifestarsi alter- native di brividi e di calore, e la lebjjre quindi sviluppasi con polso ardito, accompagnata non dirò già dal calore e dalla ac- censione del siiioco infiammatorio così detto, ma da un senso d; calor tormentoso, mordace, che rare volte si accorda col grado che ne segna il Termometro. Cresce a poco a poco , e si fa minacciosa la Cefalea, alla quale si aggiugne , massime all'inoltrarsi della notte, qualche grado pur di delirio. Né questo dolore, né 1' ardir della febbre, nò il senso di cocen- te secchezza alla cute scemano alcun poco fuorché al matti- tino, quando la febbre presenta una rimarchevole remissione con proporzionato sudore. Quella che fu da prima una sensa- zione indefinita all'Epigastrio, ed una insipidezza di palato, diventa una smania crudele ed una amarezza decisa, ed il vo- mito degli alimenti del pari che de' medicamenti le si asso- cia costantemente. La lingua si cuopre di denso e viscido nuico per lo più di colore tendente al giallo; gli Ipocondri , e spesso ancora il basso ventre si fanno tesi ; le niateiie che si vanno evacuando sono pur tinte di color bilioso , liquide d' ordinario, e fetidissime : le lu'ine scarse, rubiconde od ite- riclie. E ciò che è pur da notarsi, ed é a mio avviso caratte- re distintivo delle malattie, e delle febbri che hanno una quo- tidiana remissione , si è la pienezza del senso che negli am- malati conservasi sino all'estremo: la qual cosa rende assai più tormentosa questa malattia di quel che lo sia il Sinoco nervoso od il Tifo. Dipende poi dal grado e dall' andamento della malattia, e dal suo piegare ad una prospera soluzione ovvero a tristo esito , il farsi a poco a poco, dopo la \òf!^ giornata, pili lunghe e più consolanti le remissioni, con su- Del Professor Tommasini 1 1 7 dorè eguale, con urine copiose, con alleviamento delle descrit- te moleste sensazioni , con qualche ora di ristorante sonno mattutino, con evacuazioni meno sottili , meno biliose^, meno fetide, più rapprese, e più fecali, seguite da manifesta di mi- nuzione nella tensione degli ipocondrj: pei quali passi si va direttamente, e qualche volta ancora a passi rapidi alla gua- rigione completa. Ovvero ne' casi contrarj incutono giusto ti. more la crescente tensione degli ipocondrj e del ventre ; il farsi arida la lingua ed aftoso il palato ; l'aumentarsi il dolor di capo con deciso delirio ; 1' aggiugnersi convulsioni e sussul- ti, r aversi infine i sintomi o della nervosa la più grave, o della cancrenosa degenerazione del sistema epato-gastrico, per le quali infauste degenerazioni si va precipitosamente alla morte. Nel determinare le cause produttrici della febbre gastri- ca o biliosa un iganiio fu preso dai Medici antichi, e l'erro- re passò sino ad un certo segno anche nelle scuole da noi men lontane. Si considerò come causa di tali malattie ciò che non ne è fuorché effetto o prodotto. Si sconcertano sotto l'alte- rato eccitamento , e per 1' affezione flogistica del sistema ga- stro-epatico le secrezioni tutte degli intestini, del ventricolo, e del fegato, siccome si alterano quelle de' bronchi nella ca- tarrale, delle palpebre nell'ottalmite, dell'uretra nella blenor- ragia. Ma siccome non si direbbe essere il muco che vanno espettorando i pneumonici , o smungendo dalle narici gli af- fetti di Coriza, o quello che agglutina le palpebre negli in- fermi di ottalmia, o che dall'uretra geme in quelli di Blenor- rea, la causa di tali infermità , cosi il muco amaro che into- naca la lingua negli affetti di febbre gastrica; le materie bilio- se che si vanno vomitando; quelle che talvolta abbondanti ingombrano gli intestini, o si passano per secesso, non si deb- bono in altro conto tenere, che di prodotti immediati della morbosa condizione del suddetto sistema. Io non escludo già r esistenza del Gastricismo cosi detto nel senso d'una raccol- ta nel tubo intestinale di materie nocive , atte a produrre ir- Ilo Sulle Febisri Gastriche litaziouc e quindi cagionarti penosi disturbi ed in seguito an- cora juovimenti di reazione nel ventricolo, negli intestini, nell'intero sistema. Non è da negarsi, che cibi indigesti o soverchi; sostanze straniere, ed inassiniilal/ili dall' organisi Ilio ; vermini , e materie irritanti di (jnalsiasi maniera , pos- sano produrre gravissimi sconcerti nel sistema gastrico, e ca- gionare molti de' fenomeni particolari che competono alla feb- bre sopradescritta. ]Ma quando la malattia proviene da siffatte cagioni, essa non eccede i coniini di malattìa irritativa: tale cioè ( nel senso della Patologia Italiana ) che unicamente dipende dalla presenza delle materie irritanti, e clic può sollecitamen- te dissiparsi per 1' es|)ulsione delle medesime. Il riguardare come cagione della febbre gastrica ciò che non è che un pro- dotto, fu di molto danno nell'esercizio dell'arte, in quanto che considerata la malattia come unicamente irritativa o pro- dotta da causa die eliminar si potesse coi soli purganti ed emetici, si astennero i Pratici dal salasso che in molti casi è necessario. E questo errore fu mantenuto in parte dal vedere vantaggiosi nella febbre gastrica gli emetici ed i purganti. Ma questi riniedj giovano nelle febbri in discorso come validi con- trostimolanti ; giovano in esse come giovano nella Ottalmite , nella Orchite, nella Cistite e nel Reumatismo, nelle quali ma- lattie non avvi sicuramente materia gastrica da smovere, o da espellere. Fosse pnr così semplice la causa produttrice, e l'a- limento della febbre gastrica o biliosa ( malattia massime e in ceite stagioni dell'anno, ed incerte costituzioni atmosferiche altrettanto grave, quanto difficile a vincersi), che allora in poche giornate dopo pochi emetici e purganti, evacuate le pre- tese zavorre, libera da qualunque disturbo rimarrebbe 1' ani- male economia, e nulla la riterrebbe dal ricomporsi facilmen- te entro i limiti del normale eccitamento. Ma purtroppo la malattia seguita lo stile delle floaistiche afiìszioni, seirue l'an- damento del Sinoco e del Tifo; viene alimentata da un pro- cesso che ha un corso necessario. E pur tro[)po i sussistenti fenomeni, e gli stadj che percorre in onta degli emetici, e Del Professor Tommasini i i g de' purganti ; il frenarla bensì ma non poterla troncare con questi mezzi ; le biliose evacuazioni che si riproducono quan- do se ne credeva la sorgente già esaurita; e le manifeste trac- ce di troppo facile, e troppo temibile diffusione; tutto pur troppo ci attesta la flogistica condizione del sistema gastro- epatico, a cui il corso di questa febbre si attiene, e a cui se ne modella il carattere. Le cagioni esterne produttrici della vera febbre gastrica non sono già gli alimenti, cui piuttosto è da credersi che mal digerisca un organismo già costituito nel- la predisposizione ad una tal malattia: né da essa vanno esen- ti, tra l'estate e l'autunno in certi paesi, e sopratutto in certi anni, gli uomini più regolati , e più sobrj. Egli è sopra tutto quel calore cocente di alcune ore della giornata, che neir Agosto e nel Settembre alterna col fresco sorgere, e coli' umido tramontare del Sole ; è l' influenza sentitasi , ma non ben conosciuta di que' vapori, che in autunno appunto o in certe estati piovose, vengono investiti dal fuoco del mezzodì; è la forza di questi stessi vapori, di questo Sole in certi luo- ghi umidi paludosi, ciò che più spesso costituisce la causa esterna produttrice delle febbri gastriche o biliose. La qual cosa io spero di avere dimostrato trattando della febbre gialla americana, che ha tanti punti di contatto o di analogia colla biliosa. Le febbri biliose infatti, al pari della gialla americana, regnano sopra tutto in cotesti luoghi, e sotto coteste stagioni ed influenze atmosferiche; ed è antica osservazione de" pra- tici sommi Huxham, Pringle, Sydenham, Lancisi e Ramazzini, che un forte calore unito a vapori paludosi o autunnali in- fluisce particolarmente ad alterare le funzioni del fegato. Per noi che siam certi per deduzioni tratte da tanti fat- ti, che la continuità, od il corso non interrotto di una feb- bre ad onta che le cause onde prima fu suscitata, sian tolte caratterizza una condizione flogistica, una condizione patolo. gica permanente, frenabile bensì dai mezzi dell'arte, ma di corso necessario; per noi dissi la febbre gastrica continua sa- rebbe senz'altro prove una malattia di flogistica diatesi. Ma 120 Sulle Fiuìiuu Gastriche quando non l)astassero ad alcuni I dati appoggiati alla indi- cata dcduzion patologica, bastai dovrebbero almeno gli effetti della malattia nel sistema gastro-epatico tali fuori di dubbio (|uali vengono prodotti dalle altre fleinmassie. I risul (amenti inlatti delle dissezioni cadaveriche di coloro che jterirono di febbre gastrica conferniaiio evidentemente l'indicata etiologia di questa febbre. Cotesti risultainenti sono tali da dichiarare flogistico il processo del quale troncarono il corso; e se in alcuna delle febbri veramente continue ( remittenti o conti- nenti che siano ) fu mai dimostrato, che la febbre è l'effetto non la causa efficiente delle floiristiche alterazioni e de EupuokbiaCeae L; vbiatae Euphofbia Peplis Salvia multifida /? granulata aegyptiaca Peplus aethiopis calcndulaet'olia Teucriuni capitatum alexatidiina Lavandaia striata • Paralias Origanum syriacum Dei. Cav. Mentila niliaca Lami uni amplexicaule Marrubium acetabulosum Plilomis lanata Tliynius serpyllam Ocymum Basilicum Scutellaria galericulata SCROPIIULAIUAE , Capraiia dissecta ■" Linaria aegyptiaca cirrliosa vulgaris ' • Scropbularia deserti Bucbnera hermontica ACANTHACEAE Acantlius Delibi Orobancheae Orobanche major coerulea ramosa Phelipaea lutea SOLANEAE Hyosciamus luteus Solanum coagulans ■ nigrum Physalis somnifera tuberosa (a 3) Gaetano Savi 191 Lyciuni europaeuni B0KRAGINEAE Hellotropium europaeum undulatum (34) undul. Tamosissimiim (aS) lineatum (i6) coromandellianum maroccanum supinum Lithospermum callosum Trichodesma afiicanum Ecliium setosum (^7) tuberculafum longifolium angustifolium Sebestenae Cordla Myxa crenata C0NVOLYULACEAE Convolvulus arvensis ■ sepinm cairicus altbeoides tenuissimus microphyllus lanatus Cressa eretica 192 Catalogo di alcune piante ArocvNEAE Cichoriiini divaiicatum Scolyiniis Iiispaiiicu? inaculatLis Calotropis procera Canaliia laiiiflora Cyiianchura excelsuni monspeliacum Argel. Dimia cordata Microloma pyrotechnicuni PfilMULACEAE Samolus valerandi AuDISIACEAE Salvadora persica Campanuleae Cervicina campanuloides Synanthereae cichoraceae Sonchus divaricatus ■ chondrilloides tinaitanus ^— — picroides dicliotomus (io) angustifolius oleraceus Lactuca augustana Crepis radicata (29) Borkausia senecioides Apargia autumnalis hispanica CoRV-ìiniFEilAE Clirysocoma nmcronata Otantlius niaritimus Baccliaris Dioscoridis Gnaplialium stocchas liitco-album niliaciim crispatnlum vcrticiUatuin pyramidatum Santolina fragrantissima Artemisia inculta monosperma glornerata Conyza aegyptiaca Inula arabica . crispa Pulicaria undulata Antliemis arvcnsis Achillea falcata aegyptiaca Eclipta erecta Senecio arabicus verbenacfolins Buphtalmiim pratense Cotula antliemoides cinerea Del Cav. Gaetano Savi Cotula maderaspatana Micropus bombycinus Caruuaceae Abractylis flava Cirsium syriacum Centaurea pallescens mancata aegyptia "■ Echinops spinosus Sphaeranlhus indicus 19.: F1C01DEAE i Mesembrianthemuni nodiflorum — — copticum Nitraria tridentata Agrimoniae — - - Neurada piocumbens (3o) Driadeae Potentina supina • ' Paronychieae • DlPSACEAE Scabiosa ucrainica umbellata Paronychia arabica UmBELLATAE . A1ZOIDEAE Eryngium campestre Bupleurum semicompositum Apium Petroselinum graveolens Daucus litoralis Ammi majus ■ visnaga Cuminum cyminum Onagrariae Jussieua diffusa Isnardia palustris Cucurbitaceae Cucumis Colocynthis Tomo XXI. Reaumuria vermiculata Glinus lotoides Aizoon canariense Sanifrageae "Bistella geminiflora. Caill. Tamariscineae Tamarix articulata gallica senegalensis. D. C. Leguminosae Cassia fistula acutifolia. Delil. Bb ir)4 CAT.Ar.ono di alcune Piante Cassia obovata Indi^ofera paucifolia llypcrantlicra pcici;iuia >- spirata ]M linosa Hal)l)as argentea Acacia vera (3i) Lotus arabiciis Scyal (3a) glaucus Ilatldiaiia (33) coniiculatus albida (34) cytisoides Spartiuui tbebaicum peregrinus Ononis niiiiutlBsima Trigonella monspeliaca Glycliie Meninoiiia liainosa Psoralea bituiuiiiosa cancellata plicata ornitliopodioides Oiiobrycliis Caput galli anguina Dorycnium argenteuni petiolaris Mclilotus mcssanensis Foenum graecuni parvillora niaritima 'iiifoliuni alexandrinum Medicago ciliaris fiagifeium Astragalus aegyptiacus resupinatuin trlgonus Aphaca Lupinus albus — Teimis tuberculosus birsutus Hedysarura Albagi. Tepluosia apollinea Vigna villosa Dolicbos iiiloticus Zizypbus lotus Pisum inaritiinurn Spina Cluisti. Latbyrus sativus Rhamneae PtANUNCULACEAE Vicia saliva Nigella bispanica lutea sativa Eivum nigricans arvensis Scsbaua aegyptiaca Pianunculus sceleratus Del Cav. Gaetano Savi dj Anqnaceae Sisyrnbrium eryslmoides ramulosum Irlo Aiiona squamosa Menispehmeae Menisperrnum leaeba Nymphaeaceae Nymphaea coerulea ■ lotus. Papaveraceae Papaver soniuifeium Ckuciferae Zilla myagroides Coronopus Ruelli niloticus Raddii (35) Bunias Erucago orientalis Oclitodium aegyptiacum Lepidium Draba sativum Alyssuni maritimum- Enartbrocarpos lyratus Anastatica Hierochnntica Farsetia aegyptiaca , • Nasturtium palustre barba- reaefoUum Hesperis pygmaea ramosissima Sinapis turgida Brassica Eruca fruticulosa Diplotaxis pendula erucoides Erucaria aleppica" Capparideae Capparis spinosa ferox Spinosa inermis aegyptia Sodada decidua. Delil. Cleome arabica. Cistineae Helianihemum cairicum Resedaceae Reseda canescens glauca odorata ' luteola Ochradenus baccatus Frankeniaceae Frankenia laevis Il irsuta revoluta pulveruleiita. ;r ic)6 Catalogo di Caiìyophylleae Silenc succulenta canopica setacea. Viv. Arenaria rubra Molila gnaphalodes fraiiilis Beriria verticillata. M ALVACEAE Malva maurltiana Althaea Ludvigii iìcifolia Sida mutica Abubilon —— indica Gossypiuin indicum religiosnm — — herbaceum Hibiscus Trionum ternatus esculentus TiLIACEAE Corchorus olitorius HvFERICINEAE Lancretia suffruticosa alcune mante Ampelideae Cissus digitata Geraniaceae Erodium malacoides glaucopbyllum guttatuin Oxalideae Oxalis corniculala stricta. ZvGOPHILLEAE CEKUINAE Fagonia arabica Zygophyllum simplex decunibens album coccineum Tribulus alatus terrestris SruEIAE Balanites aegyptia RUTACEAE Peganum Harmala Ruta cibata. Nob. (36). Del Cav. Gaetano Savi ig^ (i) Scìrpus Supìnus. Nella prima edizione del Catalogo delle piante egi- ziane io aveva nominato lo Scirpus lateralis intendendo di parlare dello Se: Supìnus di Roth e di Sclirader , che da Retz è cliiamato Scirpus lateralis. Ma avendo obliato d' indicare 1' autore del nome , e anteriormente dichiarato che mi servivo della nomenclatura di Sprengel, veniva a comparire che io par- lassi dello Scìrpus lateralis di Forskiil, o Isolepìs uninodìs di Belile, pianta molto diversa, la quale ha il carcerulo non trigono , ma compresso-lenticolare e rugoso nel margine. V. Belile Fior. Aegypt. p. i5a. tab. is omnibus graniferis cordatis ohtusis memlranacea-reticulatis, margine sub crenato plìcatoque,foliis carnosis la nceolatis lacero-pinnaiifidis. tivhis. V. Cose Botaniche pag.'ò.tav. i-fig- 1- 8.9. (aS) Physalis tuberosa pubcscens radice tuberosa caule herbaceo , foliis ovato-angulatis, Jlorihus solitariis pedunculatis, haccis viscosis. Nobis. V. Cose Botaniche pag. 28. (24) Heliotropium undulatum Vahl et Lehman. Hel. crispum Desfont. Fior. Atlant. tab. ^i. (25) Heliotropium undulatum ^ ramosissimum. Lehniau. Icones et descrip- tiones tab. 4o. (26) Heliotropium lineatum. La pianta di cui parlo è descritta con questo stesso nome da Belile Fior, aegypt. , e rappresentata dalla figura i. della ta- vola 16. , e corrisponde alla descrizione del jLiiAojì/'erwMTO fi?%jraM« di Forskaal, che lo stesso Belile assicura appartenere a questa Specie. Lehman all'-f/eZ. li- neatum cita la stessa figura di Belile, che per altro confessa di non aver ve- duta, e gli cita per sinonimo il Lithospermum keliotropioides di Forskaal, che secondo Belile conviene coli' Heliotropium supinum, e di più descrive la pianta con fiori muniti di brattee , organi mancanti in quella di Belile , e in conse- guenza V Heliotropium lineatum di Lehman da quello di Belile è diverso. Leh- man ha un Heliotropium eriocarpon che è di fiori ebratteati, ali quale applica per sinonimo il Lithospermum digynum Forsk. onde parreljbe che dovesse es- sere identico all' H. lineatum Belile, ma questo ha la corolla Ijfanca, e i frutti coperti di peli corti e distesi , e V H, eriocarpon Lehman, pare che abbia la corolla rossa, e i frutti gli ha coperti di peli lunghissimi, cosichè anche que- sta specie lehmaniana è molto dubbiosa , e però ho sostituito 1' H. lineatum all'H. eriocarpon del primo Catalogo. (2-) Echium setosum. Ha una radice lunga e terete, di buccia rosso-vio- letta, la quale tinge in rosso-violetto la carta in cui si tien comj^ressa. Cor- risponde bene colla descrizione e colla figura di Belile FI. aegypt. tab. 17. fig. 2, e mi pare che 1' Echium tinctorium di Viviani { Piantar. Aegypt. Becad. IV ), non sia punto diverso da questo. L' ho coltivato , e ha conservati tutti i suoi caratteri. Anche le radici dell'Eckium tuhe.rculatum, e ò.èll'Echium lon- gifolium tingono, e dello stesso colore. _ , (28) Sonchus dichotomus. V. cose Botaniche pag. io. {29) Crepis radicata. V. cose Botaniche pag. 16. (3o) Neurada procumbens. V. cose Botaniche pag. ig. Torno XXL Ce 2oa Catalogo di alcune piante (3i) Acacia vera globiflora, spinis geminis patentihus, ramis foìiisquc bi- pinnatis junioribus pulesccntibus. pirmis ^-q jiigìs, folioUs io-/5 jugis ohlon- go-ìincaribus obtusis, gianduia constanter Inter snpremas, quandoque hiter sin- giilas pìnnas, cnpituUs pedunculatis geminis vel ternis, raro quaternis , legu- minibns moniliformibus glabris. Nobis. Sopra alcune Acacie egiziane pag. i6. (32) Acacia Seyal. globiflora spinis geminis rectis albis nitidis , foliis glabris bipinnatis, pinnis bijugis, foliolis 8-i3 jugis oblongo-linearibds, gian- duia majuscula versus basim petioli , minori interdam ad apicem , pedunculis quandoque suhrncemosis , fructiferis folio-longioribus , leguminibus compressis sublinearibus subtorulosis falcatis acutis glabris nervosis , seminihus funiculo umbilicaU longo plicato. Nobis ivi pag. 8. (33) Acacia Raddiana globiflora, spinis geminis rectis albis nitidis, foliis pubescentibus bipinnatis , pinnis quadri] ugis , foliolis 8-io jugis oblongo-li- nearibus obtusis, gianduia parva versus basim petioli, pedunculis simplicibus, fructiferis folio longioribus , leguminibus sublinearibus subtorulosis varie con- tortis, seminibus funiculo umbilicaU brevi. Nobis ivi pag. i. fig. A. G. nelle cose Botaniche pag. 3i ho avvertito rlie quest'Acacia Raddiana, era anterior- mente stata descritta da Nees von Esenibeck, col nome d'acacia tortilis nella sua opera intitolata Plantae officinales , che ivi ne ha data anche una bella figura alla tavola 355. e che la crede quella stessa pianta che Forskaal chia- mò Mimosa tortilis, nel che seco lui non concordo. (34) Acacia albida spiciflora , spicis geminis rectis , foliis glabriusculis glaucescentibus bipinnatis, pinnis 4-7 jugis, foliolis 8-10 jugis oblongo-linea- ribus obtusis apiculatis, gianduia inter pinnanim paria , spicis folio longiori- bus, leguminibus crassis sennlunarilnis subtortis riigosis. Noliis sopra alcune Acacie egiziane pag. 8. fig. H-I. (35) Coronopus Raddii fructibiis compressis suhcymbaeformibus glabris tuhercìilato-ru gosis , foliis spatliulato-dentatis. caule patulo. Nobis. (36) Ruta cibata pilosa vel glabriuscula. foliis integris, inferiorihus obo- vato-spathulalis , vel lanceolato-obtusis, superioribus lanceolatis subtus caulibus, capsulisque tuberculato-glandulosis, corymbis dichotomis. calyce minimo, fila- nicntis cilintis. Nobis. Ruta s^labra. D<' Cand. Prodr. Ruta tubcrculata. Vi- viani Plant. aeg\jit. Decad. a' iio3 SULLA MIMOSA BI MUCRONATA ACACIA BIMUCRONATA. De Candolle. !i(iri Rllf-': \/uesta pianta è nativa del Brasile, e di la vaij esemplari secchi furono dal nostro Raddi portati in Firenze, e sopra al- cuni di essi pervenuti in possesso del Sig. Moricand di Ginevra, uè fece la seguente frase descrittiva il Prof. De-Candolle , e r inserì nel Tomo II del suo Prodromua Systematis naturalìs Regni vegetabìlis: Genere Acacia, Specie aio. Acacia Limucronata inermis, ramulis petiolis pedìcellisque puhescentihus^ pinnìs 6-8 j'ugis, foUolìs a8 jugls ohlongo-linea- rìbus glahrìs , mucronihus a retortis in ciijusque pinnae parte inferiore, glnndulis obsoletis villosis ìnter pinnas, capìtuUs in paniciilam terminalem latani dispositis. In Brasilia (Raddi ) Le- gumen ìgnotiim [V.S. in Ilerb. Moricand ). Specie collocata nella Sezione delle globiflore inermi, di antere glabre e stim- ma semplice. Siccome nell'Erbario Raddiano , per beneficenza sovrana passato al Museo di Fisa, vi sono di questa specie vari esem- plari completi, ho creduto bene di profittarne onde perfezio- nare la notizia datane nel sopracitato Prodromo, principalmen- te in ciò che riguarda il frutto. Quest'organo adunque di tan- ta importanza per la determinazione de' Generi , non è nella pianta nostra un legume, ma bensì un lomento con articola- zioni che naturalmente si distaccano air epoca della maturi- tà, persìstendo le costole, simile a quello della lUimosa pu- dica, M. Habbas ed altre. Questo pertanto è un carattere il qual dimostra non esser la nostra pianta un Acacia, ma bensì una Rlimosa, e ciò vien confermato anche dal numero delli stami, che per lo più sono otto. Del resto la frase di De-Can- 2c4 Sulla JNIlmoSa Blaiuciionata (lolle è buonissima, ed altro non ci oocoire che sostituire il nome generico Mimosa a quello à'' Acacia, e poiché non c'era nessuna figura di questa specie ho pensato che non sarebbe inutile il presentare quelle dei frutti, e delle foglie, che si posson vedere nella tavola àcW Elaeagntis. La foglia nella fi_ gura non mostra il numero delle pinne ne delie foglioline in. dicate nella frase^ ma ciò non vuol dire ciie questa o quella non sia sincera , poiché nella frase non si usa indicare che il numero massimo, e non in tutte le foglie composte d' una pianta si trova il medesimo numero di pezzi, e si e scelta una delle foghe più piccole per adattarsi allo spazio. 'ca &'^r ^ta/^XXI Aay Zo4 ii/ar VI iiem c/i .Q^/tra ,' /,, 'Mj/ -i^ XXI /, /'"y :v/, Elaea^nus spadicea 'y ^■^'4 ■ y.y/ vn liinia fraoifc 4. °0 (>' iù^ y. i-J^y,. , .^; '^/aZ^XXJ^ ^,^ ,^^ ■"TZ,- VI l "iiiacclimia rraditor '"0 G' ao5 SULLA TEORIA DEGLI ELETTROMOTORI MEMORIA IV. ESAME DI ALCUNE SPERIENZE ADDOTTE DAL SIGNOR FARADAY PER PROVARE CHE L' ELETTRICITÀ VOLTAICA NASCE DALL'AZIONE CHI- MICA DEI LIQUIDI SUI METALLI. CON UN APPENDICE SOPRA UN' ANOMALIA CHE PRESENTANO ALCUNI METALLI NELLA DECOMPOSI- NE DELL' IODURO DI POTASSIO OPERATA DALL' ELETTRICITÀ. DEL PROFESSOR STEFANO MARIANINI Ricevuta li 22. Lus,Uo i836. In una interessante Memoria sull'origine dell'elettricità vol- taica li sig. Faraday descrive parecchie sperienze, dalle quali egli è condotto a conchiudere che V elettricità la quale cir- cola negli elettromotori del Volta non nasce menomamente dal contatto di metalli eterogenei, ma bensì dall' azione chi- mica esercitata dai liquidi sui metalli stessi. La teoria soste- nuta qui dal celebre scopritore delle correnti per induzione concorda in alcuni punti con quella del sig. De la Rive, ri- tenendo anch' egli che il metallo sul quale il liquido esercita un' azione chimica più forte prenda 1' elettricità positiva, e l'altro la negativa. Nella mia seconda Memoria sulla teoria chimica degli elettromotori semplici e composti (i) vennero esaminati tutti i principali esperimenti che il sig. De La Rive adduceva o come inesplicabili colla teoria del Volta, o come prove della sua : e da quell' esame mi risultò che que' feno- meni si spiegavano facilmente coli' antica teoria, e ne feci (>) Annales de Chirale et de Physiqne t. XLV, pag. 28. e 1 13. 2o6 Sulla Teoria degli Elettromotori conoscere parecchi altri alla spiegazione de' quali la teoria del Fisico di Ginevra non si prestava. Nessuno eh' io sa[)pia si è fin' ora accinto a provare né che le spiegazioni da me date colla teoria del Volta ai fenome- ni riputati inesplicabili erano erronee, nò che i fenomeni da me addotti come inesplicabili nella teoria chimica, si potevano con essa spiegare. Solo il sig. Parrot fece osservare che molti latti che io adduceva come contrarj alla teoria del sig. De La Rive erano del tutto favorevoli alla sua: il che era ben naturale^ perchè il Sig. Parrot sostiene una teoria opposta a riuella del sig. De La Pxive. E nella mia terza Memoria su questo argomen- to (2) mi fu agevole il provare che le mie conclusioni relative alla insufficienza della teoria chimica degli elettromotori sus- sistono anche dopo le osservazioni del Fisico di Pietroburgo. Lo scopo principale di questo lavoro del sig. Faraday non è di dimostrare la teoria cliimica degli elettromotori, perchè egli già l'ammette per altri motivi. Egli descrive per altro parecchi esperimenti, i quali a suo parere confermano inira- hilmente quella teoria. Io non potei occuparmi de' motivi, i quali, indipendentemente da questo suo lavoro, lo persuasero che l'azione chimica sia la soriiente unica di elettricità in una coppia voltaica, ()erchè non conosco la JNIemoria originale, e neir estratto pubblicato nel quaderno del mese di marzo i835 della Biblioteca Universale di Ginevra che ho sott' oc- chio, que' motivi non sono indicati. Mi limitai perciò a stu- diare gli esperimenti ivi descritti, coi quali il Fisico inglese si confermò nella sua opinione. E se in essi avessi rinvenuto degli argomenti ineluttabili, non avrei esitato un momento a dichiarare io stesso sgombrate le gravi difficoltà che ho sem- pre incontrate nello spiegare i lenomeni della pila con teorie diverse da quella che diede 1' inventore della medesima. Ma istituito un esame il più profondo che per me si poteva sopra (2) Annali delle Scienze del Regno Lombardo Veneto I Bimestre i836. Del PnoFESsoR Marianini ^ 207 alcuno de' più fondamentali esperimenti rifeiiti dal sig. Fara- day a conferma della sua tesi, vidi eh' io non poteva ancora abbandonare 1' antica teoria, e voglio sperare che vedrallo pure chiunque vorrà prestare attenzione a quanto sono per dhe. I. " Una piastra di zinco ed una lamina di platino ( cosi nell'Estratto citato pagg. 263, 264) immerse in un miscuglio di acidi nitrico e solforico allungati, sono messe in comuni- cazione nella loro porzione esteriore al liquido ; ma in vece di toccarsi metallicamente, esse sono separate da un pezzo di carta immollata in una soluzione di joduro di potassio. Tosto che l'azione chimica della soluzione acida sullo zinco incomin- cia, e fino a tanto eh' essa continua, l'ioduro vien decomposto; sviluppasi l' iodio contro il platino, e la potassa contro lo zinco. Questa decomposizione e questo trasporto dimostrano la presenza d' una corrente elettrica che si dirige dallo zinco al platino nella soluzione acida e dal platino allo zinco nel- l'ioduro di potassio. Né potrebbe attribuirsi la corrente ad un' azione chimica che esercitasse l' ioduro di potassio sui metalli tra i quali è collocato, imperocché non si osserva al- cuna azione, quando invece di collocare lo zinco ed il platino nella soluzione acida, ci limitiamo a metterli in contatto me- tallico Un galvanemetro collocato sul tragitto della cor- rente manifesta la presenza della medesima, e dà, quanto alla sua direzione^ gli stessi risultati che dà la decomposizione chimica. „ Una delle conseguenze che il sig. Faraday trae da questa e da altre simili esperienze si è, che il contatto metallico non è necessario alla produzione d' una corrente voltaica : un' altra é che 1' elettricità della pila non proviene punto dal mutuo contatto de' metalli che la compongono ; ma è intera- mente dovuta all'azione chimica ( Estratto citato pag. 268 ). Quanto alla prima deduzione nulla v'è a ridire, perchè e il Volta ed i suoi seguaci hanno sempre ammesso che dalle azioni dei liquidi sui metalli si abbia sviluppo di elettricità. Prima 2o8 Sur.r.A Teoria degli Elettromotori di esaminare se la sccomla sia legittimamente dedotta, descri- verò uno degli esperimenti analoghi a qnello superiormente citato che vennero da me istituiti. II. Ilo fatto un miscuglio di acido solforico e di acido nitrico in porzioni egnali, ed allungai il miscngho con venti volte il suo peso d' acqua distillata, una piastra di zinco ed una di platino vennero immerse da una parte in quel liquido e dall'altra vennero congiunte mediante un pezzetto di carta bagnata in una soluzione d' ioduro di potassio. Esaminata la carta dopo dieci minuti secondi vidi ciie dalla parte eh' era stata a contatto col platino erasi trasportato l'iodio , e dal- l' altra la potassa ; indizio certo che su quella carta aveva agito una corrente elettrica diretta dal platino allo zinco. A line poi di aver indizj della corrente anche col galva- uometro ho impiegate due piastre di zinco, l'una destinata ad immergersi nel detto miscuglio acido con un' estremità, e co- municante dall'altra parte con un capo del filo del galvano- metro, l'altra, congiunta da una parte coli' altro capo del detto filo, e dall' altra parte si poneva a contatto della carta bagnata nella soluzione d' ioduro di potassio, la quale impe- diva il contatto metallico tra essa e la piastra di platino. Im- mersa la coppia nel miscuglio acido come nell' esperimento precedente, la deviazione di sei gradi dell' ago del galvano- metro indicò la presenza d'una corrente elettrica diretta dallo zinco al platino nell' acido, e dal platino allo zinco a traverso della carta, appunto come eia indicato anche dalla decompo- sizione dell' ioduro. Siccome il signor Faraday dice che l'ioduro è decomposto subito che comincia I' azione chimica della soluzione acida collo zinco, alcuno potrebbe forse credere che vi fosse qualche intervallo di tempo fra l'immersione delle due piastre Del- l' acido e lo sviluppo della corrente, ma s' ingannerebbe. È ben vero che se la coppia si lascia immersa per un solo istante non si trova alcuna traccia d' iodio sulla carta, nò sviluppo di gas nel liquido, ma è perchè tali decomposizioni per essere Del Professor Marianini '■ 209 visibili richiedono che la corrente operi per qualche tempo. Ma il galvanometro dimostra che non v' è il piìi piccolo in- tervallo fra l'immersione della coppia e il movimento dell'ago. Non è già che la decomposizione non incominci anch'essa tosto che scorre l' elettricità, ma perchè non può in un istante raccogliersi tal quantità di materia da essere visibile: e ciò anche perchè le piastre toccano la carta in molti punti. In- fatti se la piastra di platino si fa terminare in punta, e que- sta mettasi a contatto della carta che riposa sulla piastra di zinco, r apparizione dell'iodio accade in brevissimo tempo, e quasi nel momento stesso che si tuffa la coppia nell'acido. In queste esperienze abbiamo certamente sviluppo d'elet- tricità senza che lo zinco sia a contatto metallico col platino. Siffatta elettricità può nascere dall' alterazione che l' acido produce sulle parti delle piastre tuffate in esso, e specialmen- te sulla piastra di zinco, può nascere dal contatto de' metalli col liquido , può nascere finalmente dall' azione chimica che il detto liquido esercita sullo zinco. !o per altro ammetto di buon grado che quest' ultima sia la principale cagione della l corrente elettrica negli .esperimenti di cui parliamo , e che perciò essi somministrino delle nuove prove che nelle azioni chimiche si hanno sviluppi d'elettricità, e che questi possono produrre delle decomposizioni. . - ■ > :• • • ■ III. Ma perchè si vorrà escludere il contatto metallico come fonte di correnti elettriche, se quando leviamo la carta bagnata che separa la piastra di zinco da quella di platino ^ e portiamo queste a contatto, si ottiene una corrente tanto più energica da produrre una deviazione di novanta e piili gradi? Si dirà che la carta bagnata messa fra le due piastre è di grande ostacolo al trascorrimento dell' elettricità: ma sarebbe da dimostrarsi che realmente quella carta per la sua poca con- ducibilità porti un tale rallentamento nella corrente da non produrre che la quindicesima parte circa dell'effetto che pro- duce quando è tolto quell' ostacolo. Per vedere appunto se ciò fosse, io istituii l'esperimento Tomo XXI. Dd 210 Sur.LA Teoria degli Elettromotoki preceilente poiieiulo il platino a contatto metallico collo zin- co ]H'r via del lilo galvanometrico, e posi la carta bagnata nell' ioduro Ira due lamine di zinco, una delle quali aveva l'altro estremo a contatto col platino, e l'altra pescava nel Tupiido, ed ottenni una deviazione di circa trentacinque gradi. D'on- de si vede che l'ostacolo opposto dalla carta bagnata al pas- saggio dell' elettricità riduce in questo caso la deviazione di novanta gradi a trentacimpie^nia non a sei, come faceva quando, essendo posta Ira il platino e lo zinco, impediva che i due me- talli si toccassero. Dunque sembra che anche dal contatto de' due metalli nasca una corrente che avvalora quella nata dall' azione chimica. Tanto più facilmente un fautore della teoria del Volta si persuaderebbe di questa deduzione, in quanto che il Sig. Faraday dice che 1' ioduro non esercita alcuna azione cliimica sui metalli fra i quali è collocato, imperocché non si osserva alcuna azione quando invece di collocare lo zinco ed il platino nella soluzione acida ci limitiamo a metterli in con- tatto metallico. IV. Ma noi non dobbiamo approfittare di una inavverten- za o forse di un difetto di espressione. Sarà forse vero che r ioduro di potassio non eserciti alcuna azione chimica sui due metalli , ed è verissimo che messe a contatto le due la- mine divise all'altra estremità dalla carta bagnata nell'ioduro, non si osserva alcuna decomposizione (i);ma non è poi vero che in questo caso non siavi corrente elettrica: il galvano- metro mi assicurò della sua esistenza con una deviazione di venticinque gradi. Io spero che 1 fautori della nuova teoria mi permetteranno di attribuire per ora questa corrente all'a- zione chimica tutto che invisibile dell' ioduro sullo zinco , perchè la deviazione del galvanometro indica che la corrente nella soluzione è diretta appunto dallo zinco al platino. Dunque non è indiflerente che la carta bagnata nell'ioduro (i) Se ne veJrà la ragione nell'Appendice. •■ Del Professor Marianini -^' ari sia fra duo lamine d' uno stesso metallo, ovvero fra il platino e lo zinco. Nel primo caso essa opera solamente come un ostacolo alla corrente eccitata dall'azione dell'acido sui me- talli, e nel secondo opera e come ostacolo^, giacché non perde la sua qualità di cattivo conduttore, e come forza contraria. Per vedere adunque definitivamente se la corrente che si os- serva anche quando le lamine de' due metalli sono fra loro a mutuo contatto sia o no tutta quanta dovuta all'azione chi- mica del miscuglio acido, rimane a sapersi se tenendo a cal- colo la corrente contraria eccitata dalla carta bagnata nella soluzione d' ioduro di potassio quando è collocata fra il pla- tino e lo zinco, debba la corrente prodotta dall'azione dell' acido ridursi cosi piccola, come mostra V esperimento. A tale oggetto considerai primieramente che quando le due lamine pescano nell' acido, e dall' altra parte sono segre- gate dalla soluzione d' ioduro di potassio, la corrente eccitata dall' azione chimica della soluzione acida deve affievolirsi at- traversando la soluzione dell' ioduro, e la corrente contraria eccitata dall' azione chimica dell' ioduro deve dal canto suo venire affievolita nel suo passaggio a traverso della soluzione acida. Per conoscere adunque quanto fosse tale affievolimento ho istituita l'esperienza che segue. Due lamine di zinco vennero immerse nel miscuglio aci- do; una di queste era dall' altra parte a contatto colla lamina di platino mediante il filo galvanometrico *, sull'altra estremità di questa lamina di platino ho messa la carta bagnata nell' ioduro , e sulla carta riposava l' estremità della seconda lami- na di zinco che emergeva dal liquido. Qui pertanto la corrente eccitata dall' azione dell' ioduro sui metalli deve attraversare oltre le due lamine di zinco e platino a contatto , anche lo strato d' acido allungato posto fra le due lamine di zinco. E r effiìtto sul galvanometro non fu già una deviazione di venticinque gradi come quando la corrente non doveva attra- versare anche 1' acido, ma solamente una deviazione di otto gradi. :2I2 Sulla Teoul\ degli Elettromotori Ecco la corrente clic si oppone a qviclla dell' acido la quale come abbiamo veduto era tale da produrre una devia- zione di trentacinque gradi. Dunque quando le due lamine pescano nel miscui;lio acido, e al di fuori sono segregate dall' ioduro di poiassio, in vece delia deviazione di trentacinque gradi che produce quando la corrente deve bensì attraversare l'ioduro, ma (juesto non ò fra zinco e platino, si dovrebbe avere una deviazione di ventisette gradi, ma 1' esperienza di- mostrò che tal corrente non produce che una deviazione di sei gradi ; dunque rimane [una deviazione di venti gradi al- meno, la quale non si saprebbe dire da che sia prodotta ove si ritenga come affatto ozioso il contatto mutuo de" due me- taUi nella produzione delle correnti voltaiche. In (juesta sorta d' esperimenti convien procurare che le piastre abbiano in ogni prova lo stesso grado di pulimento, e le carte sieno sempre egualmente bagnate, ovvero sup[)lirvi col ripetere più volte ognuna delle dette prove e prenderne i risultati medj. Devesi inoltre notare che quando si pone la carta bagnata fra due lamine dello stesso metallo, non è indif- ferente che le due lamine sieno di zinco o di platino, perchè siccome il platino si altera assai facilmente nella sua facoltà elettromotrice anche per una debolissima corrente elettrica , cosi quando la carta è fra le lamine di platino oppone un ostacolo maggiore , perchè nasce un elemento d' una pila se- condaria che agisce in senso contrario alla corrente da cui è attraversato. Io preferiva perciò di collocare la carta fra due lamine di zinco, assicurandomi da prima eh' esse non davano luogo per se medesime ad alcuna corrente , o questa era sì piccola che era inutile tenerne conto. V. Ho ripetuta molte volte siffatta serie d' esperimenti , variando specialmente il grado d' allungamento delle soluzio- ni, ed i risultati condussero sempre alla stessa conclusione. Non sarà forse inutile il registrare qui in compendio una di tali serie per averne sott' occhio i risultati e farne più facil- mente il confronto. Del Professor Marianini a i 3 (a) Rame e zinco a coiitaltOj e immersi dall'altra parte nell' acqua salata. Deviazione di gradi Sa. {b) Rame e zinco a contatto, immersi nell'acqua salata , ed obbligando la corrente ad attraversare una carta bagnata nella soluzione d'ioduro di potassio mes- sa fra due lamine di zinco ,•, i8. ( Se la detta carta era messa fra due lamine di ra- me, la deviazione era presso a poco eguale). (e) Rame e zinco a contatto nelle estremità infe- riori, cioè dove prima s' immergevano nell' acqua sa- lata, e separate superiormente dalla carta bagnata nell' ioduro .... Devazione contraria alle precedenti — 20. (d) Tutto come nell'esperimento (e), ma obbligan- do la corrente a passare per l'acqua salata fra due la- mine di zinco • ,, — 9. ( Se la corrente si faceva passare per 1' acqua sa- lata tra due lamine di rame, la deviazione era solamen- te di cinque gradi. ) (e) Rame e zinco separati superiormente dalla car- ta bagnata nell' ioduro di potassio, ed immerse dalTal- tra parte nell'acqua salata „ -i- i. Se noi consideriamo che nell' esperimento e la deviazio- ne del galvanometro dev'essere l'effetto della risultante delle due correnti degli esperimenti b e d, i cui effetti sono cen- trar] ed espressi dalle deviazioni -j- io e — 9 ^ siccome in esso esperimento e la deviazione non è che di -h i , vedesi anche qui una corrente atta a deviar il galvanometro di 8 gradi, la quale non si comprende da che provenga qualora si neghi che lo zinco a contatto del rame si elettrizzi. VI. Le esperienze istituite relativamente alle tensioni me- diante r elettrometro ed il condensatore conducono alla stessa conclusione. Eccone una. Ho allestito un elettromotore di cinque coppie di plati- no e zinco a contatto , servendomi della solita mistura acida per conduttore liquido. Esplorata la tensione col sussidio del 2 14 Sulla Teoria degli Elettro^iotohi condensatore, la trovai di dodici gradi dell' elettrometro a pa- glie sottili del Volta. Obbligai 1' elettricità a passare in cia- scuna coppia per una carta bagnata nella soluzione d'ioduro di potassio messa Ira due lamine di zinco, ovvero fra due di platino: e la tensione fu ancora di i-i gradi. Finalmente posi in ciascuna coppia la carta bagnata nell'ioduro iVa il platino e lo zinco, e la tensione non fu so non di due gradi. Secondo la teoria del Volta si lia la tensione così j)iccola in fjuest' ultimo caso, perchè non v'è se non l'elettricità svi- lu[)pata dall'azione cliirnica, negli altri due ve n' lia una molto maggiore, perchè, oltre l'elettricità sviluppata dall' azion chi- mica, avvi pur quella nata dal contatto de' due metalli ete- rogenei. Non v' è poi sensibile diflerenza di tensione ne' pri- mi due casi, cioè e quando la corrente non deve attraversare se non il conduttore acido posto fra coppia e coppia, e quan- do, oltre a questo, deve attraversare anche una carta bagnata neir ioduro messa fra due lamine omogenee in ciascuna cop- pia., perchè per 1' effetto sul condensatore non importa gran latto che la corrente sia più o men rapida. Sarebbe desiderabile che i sostenitori della nuova teoria insegnassero come si possa rendere ragione di siffatti risulta- menti escludendo il contatto dal novero delle sorgenti di elet- tricità (i), VII. E che diremo di tutti que' casi, ne' quali se manca il contatto fra i due metalli non v' ha indizio di elettricità ? Io ho descritto uno di tali sperimenti al ^ 3^ della mia se- conda Memoria su questo argomento. Eccone un altro (a) Una piastra di rame ed una di zinco messe a mutuo (i) Nella Lettera II. sulla Teoria elettro-ciiimica delle pile voltiaiie , diretta al big. Dott. Fusinlori dal Sig. Prof. Zamijoni ed inserita nel i. Biraestre di quest'an- no iS36 degli Annali delle Scienze del Regno Lombardo- Veneto sono descritte parec- chie esperienze istituite con apparati a colonna , e condotto con una rara maestria , ne' qiuUi si tiene esatto conto delle tensioni dovute all' azione chimica , e di quelle che ad altro non si possono attribuire se non al mutuo contatto de' metalli etero- genei. !, Del PiiOFESsoR Marianini ■' 2l5 contatto ed immerse nell'acqua salata; si ottenne al galvano- metro una deviazione di gradi 5c. {[/) Messe parimente a contatto le due piastre, e adoperando una carta bagnata in una lunga soluzio- ne di potassa, o nella saliva per conduttore, la de- viazione fu „ i6. (e) Le piastre a contatto come sopra , immerse neir acqua salata , ed obbligando la corrente ad at- traversare la detta carta bagnata messa fra due la- , stre di zinco '■ ■>) 20. {d) Rame e zinco a contatto come sopra , ado- perando la detta carta bagnata come conduttore umi- do, ed obbligando la corrente adattraversare l'acqua salata fra due lastre di zinco „ — 7. (e) Immerse le due piastre di rame e zinco nel- l'acqua salata, e segregate dall'altra mediante la carta bagnata, non produssero veruna corrente, o : almeno non se n' ebbe indizio al galvanometro . „ òi Siccome le correnti degli esperimenti e e d sono contra- rie, così dovrebbero essere eguali accioccbè nell'esperimento e non se ne dovesse avere alcuna ; ma esse sono disuguali in modo cbe una produce una deviazione di venti gradi e l'altra di sette ; dunque rimane una corrente atta a deviar il galva- nometro di tredici gradi, la quale nella teoria chimica io non comprendo dove vada a perdersi. Vili. Dirassi forse che le carte bagnate quando stanno fra lamine eterogenee, offrano una difficoltà al passaggio del- l' elettricità talmente più grande di quando sono collocate fra lamine omogenee da produrre la notabile minorazione di effetto che si osserva? Io credo di no, perchè è noto che le alternative di conduttori umidi e metallici rallentano egual- mente la corrente elettrica, o gli strati umidi si trovino tra lamine d' uno stesso metallo, o si trovino fra metalli diffe- renti. Tuttavia siccome quelle mie prime esperienze si limi- tavano ai metalli rame e zinco, e d' altra parte questa osser- aib Sulla Teoria degli Elettromotori vazionc potrebbe essere latta anclie relativamente agli espe- runenti istituiti con platino e zinco sopra registrati, così ho creJnto o[)portuno istituire 1' esperienza che ora vado a de- scrivere per togliere il dubbio che ancor poteva rimanermi intorno all' esperimento del signor Faraday sin qui esaminato. Ho allestito un elettromotore di cinque coppie di platino e zinco mediante acqua salata, e questo produceva sul galva- iiometro una deviazione di gradi 12. A queste cinque coppie ne aggiunsi altre due, pur esse di platino e zinco, ma 1' una in senso opposto dell' altra, di maniera che le correnti eccitate da queste ultime si distrug- gessero reciprocamente, e per conseguenza queste due coppie non servissero che come conduttori della corrente eccitata dalle altre cinque, e la deviazione fu di gradi 9. Tolte via queste due coppie, ho messo al loro posto due archi metallici^ l'uno tutto di platino, e l'altro di zinco delle stesse dimensioni delle coppie^ ed in modo che s' immerge- vano nel liquido tanto come le lamine delle coppie stesse: ed osservai che la corrente eccitata dalle cinque coppie attive essendo obbligata a passare anche per queste due inattive, produceva sul galvanametro una deviazione non diversa dalla prcedente, cioè di gradi g. Dunque gli strati liquidi o sieno posti fra lamine ruetal- liche della stessa natura, o fra metalli differenti, si compor- tano eiiualmcnte nell' ufficio di conduttori d' una corrente elettrica. Dopo di tutto ciò che precede io non saprei qual dub- bio possa ancor rimanere che il contatto del platino collo zinco non solamente giovi a rendere più rapida la corrente eccitata dall'azione chimica^ ma dia anche origine ad una cor- rente elettrica. Io credo che anche quando il platino e lo zinco sono segregati dalla carta bagnata nell'ioduro di potassio, non tutto r effetto derivi immediatamente dall' azione chimica, ma che in parte sia dovuto alle alterazioni nella facoltà elettromo- Del PiiOFESsoR Marianini 'P- 2,17 trice relativa prodotte dalla stessa azione chimica dell' acido sui metalli. Ma riservandomi di trattare questo dilicato argo- mento in un altro scritto , passo ora ad esaminare un' altra esperienza. IX. Come argomento che pur dimostra essere dovuta di- rettamente all' azione chimica l'elettricità che si osserva nelle coppie voltaiche^, il signor Faraday adduce il fatto osservato da Onofrio Davy, che il ferro il quale è positivo per rapporta al rame in un acido allungato, diventa per contrario negativo in una soluzione di solfuro di potassa. La combinazione dello zolfo col rame { prosegue il Sig. Faraday ) determina una cor- rente^ la quale diviene sensibile perchè il ferro non è intacca- to. { Estratto citato pag. 278 ) (1). Io riterrei ben volentieri che il ferro non sia intaccato dal solfuro di potassa; ma veramente nella teoria chimica con- viene ammettere che anche il ferro sia intaccato^, benché molto meno del rame da quella soluzione, altrimenti quando s'im- merge in essa del ferro accoppiato all' oro o al platino, non si sa più d' onde nasca la corrente che in questi casi si os- serva diretta dal ferro all'oro o al platino entro il liquido, ed al contrario fuori di esso. Ma o che il fenomeno abbia luogo perchè il ferro è intaccato meno del rame , o perchè non lo è punto^ poco importa. Censì importa molto il vedere se la combinazione dello zolfo col rame sia la cagione imme- diata dello sbilancio elettrico che si osserva. X. In una soluzione di solfuro di potassa formata con dieci parti d'acqua distillata ed una di solfuro immersi una lamina di rame ed una di ferro, le quali erano accoppiate mediante il filo del galvanometro, e si approfondavano nel liquido sì l'nna che r altra per una superficie di quattro centimetri quadrati. (i) Il Sig. Dottor Fusinieri nella sua Risposta alla già citata lettera del Sig. Prof. Zamboni adduce egli pure questa esperienza come un valido argomento contro la teoria del contatto. Annali delle Scienze del Regno Lombardo-Veneto, i." Bimestre di quest' anno i836. Tomo XXI. ■ : - :: •- Efi' ai8 Sulla Teoria degli Elettromotori Ed una prontissima deviazione dell' ago di (|nar;intacinque gradi dimostrò che il rame era positivo rispetto al ferro. Il rame, sebbene estratto sul momento aveva notabilmente can- giato colore, egli eia divenuto di color plnndjeo scuro per la combinazione accaduta alla sua superficie. Somma in vero è la rapidità, colla quale succede la com- binazioiie dello zollo col rame: uè sarebbe da meravigliarsi che quest' azione chimica fosse accompagnata da sviluppo di elettricità. Per vedere aduii(|ue se 1' atto della combinazione dello zolfo col rame fosse veramente quello che desse origine air elettricità, e non quell'alterazione superficiale che la com- binazione medesima produce nel rame, ho istituito il seguente sperimento. XI. Una piastra di rame ed una di ferro simili affatto a quelle accennate nel paragrafo precedente vennero accoppiate mediante il filo del galvanometro , ed avendo immersa nella detta soluzione la piastra di rame, dopo cinque minuti secondi v' immersi anche quella di ferro. Il rame si mostrò ancora positivo con una deviazione di trentacinque gradi. Estratta la piastra di ferro, lasciai nella soluzione quella di rame, e dopo tre minuti primi rinnovata l'immersione di quella di ferro, la deviazione fu ancora di trentacinque gradi. Dopo aver la- sciata la piastra di rame per altri tre minuti in quel liquido, ottenni la stessa deviazione ; e cosi per circa un ora che durò questa esperienza. Donde si dovrebbe dedurre clie il rame dopo i primi momenti che si trova in quella soluzione soffra un'azione chimica di forza costante essendoché la corrente cui dà origine, è sempre eguale. Eppure sembrerebbe che l'e- nergia di queir azione chimica dovesse col tempo scemare. Lasciando sempre scorrere un tempo eguale dall' una all' altra prova potrebbe dirsi che 1' azione chimica accumula sem- pre sulla piastra una dose eguale d'elettricità, la quale si mette poi in circolo quando s' immerge anche l'altra. Ho per- ciò replicata questa esperienza rinnovando le immersioni della piastra di ferro a intervalli disuguali di tempo variandoli da un ijiinnto a sei: ma le deviazioni erano sempre eguali. Del Professor Marianini a 19 XII. E qui chi sostiene la nuova teoria potrà forse dire, che l'elettricità si accumula per la massima parte ne' primi istanti che resta chiuso il circolo, e ne' successivi cresce poi sì poco la quantità d' elettrico sviluppata che non riesce sen- sibile l'aumento. Ho replicate perciò 1' esperienze de' due paragrafi prece- denti dopo d'aver attaccato all'estremità della piastra di rame che stava fuori del liquido un filo metallico che pescava nel- r acqua della laguna : e le deviazioni del galvanometro furono sempre di trentacinque gradi. Se pertanto 1' elettricità s' ac- cumulasse né primi istanti, o nel primo minuto che la piastra di rame sta a bagno senza essere anche quella di ferro im- mersa nel liquido, siccome in questo esperimento l'elettricità avrebbe avuto campo di disperdersi, cosi si avrebbero dovuto ottenere delle correnti meno energiche. Ma la cosa riuscì al contrario ; dunque converrà dire che 1' azione chimica opera in ogni istante colla stessa energia, sviluppa un' egual dose d'elettricità, e quindi nel momento che si chiude il circolo, la corrente prende la strada e più breve e più conduttrice che gli offre il filo del galvanometro, ed il piccolo strato di soluzione che separa le due piastre, e produce la solita de- viazione. Io lascierò che altri decida quanto un cotal modo di ve- dere nelle azioni chimiche sia consentaneo alle cognizioni at- tuali ; ma non posso a meno di notare quanto più facile sa- rebbe lo spiegare questi fenomeni supponendo che la combi- nazione dello zolfo col rame in vece di essere la causa imme- diata di quelle correnti, sia la causa mediata, supponendo cioè che quell'azione chimica alteri per guisa la superficie del rame, che lo faccia diventare un elettromotore che nella scala del Volta sta al di sotto del ferro, ossia si elettrizza positivamente quando è accoppiato ad esso. Che se coleste sperienze ci lascTaho ancora dubbiosi sulla preferenza da darsi all' una o all' altra spiegazione, spero che i dubbj svaniranno in chiunque vorrà ripetere le sperienze che passo ora a descrivere. aao Sulla Teoria degli Elettromotori Xin. Per vedere se realmente il solfuro di potassa pro- duce t.ile modilìcaziou(j sul rame da renderlo positivo rispetto al ferro, io misi la piastra di t'erro in un biccliiere contenente acqua salata, indi bagnai la piastra di rame nella soluzione di potassa, e poi la immersi noli' acqua salata, dove stava la piastra di ferro, ed il rame si mostrò positivo con una devia- zione di diciassette gradi, E si noti che questa coppia nella detta acqua salata produceva una deviazione di quaranta gradi che dimostrava il rame negativo secondo il solito, ed una de- viazione eguale ma contraria ottenevasi da essa immergendola nella soluzione del solfuro (i). Se Fazione chimica dell' acqua salata sul ferro è tale da costituiilo positivo rispetto al rame, tanto (juanto l'azion chi- mica del soliuro di potassa sul rame può rendere questo po- sitivo rispetto a quello, come mai quando portiamo nell' acqua salata il rame che fu bagnato nella soluzione di solfuro di potassa, esso si costituisce ancora positivo rispetto al ferroj, ed al segno di produrre una deviazione di diciassette gradi ? La cosa diviene forse ancora più evidente nell' esperimento che segue. XIV Ho collocato un arco di zinco con una gamba nel bicchiere della soluzione di solfuro di potassa e l'altra nel- r acqua salata, ed ho poi tuffati contemporaneamente il ferro nell'acqua salata, ed il rame nella detta soluzione, ed una deviazione di quindici gradi dimostrò essere positivo il rame. Dopo che i due clementi della coppia furono asciugati, tuffai il rame nell' acqua salata, ed il ferro nel solfuro, ed ottenni pure una deviazione di quindici gradi, la quale mostrava es- sere il rame negativo rispetto al ferro. Ed in questa sperienza abbiamo anche uu nuovo argo- meiUo { oltre quelli accennati al paragrafo IX ) che ammet- (t) L'acqua era stata salata espressamente a quel grado die potesse far nascere una deviazione eguale a quella prodotta dalla soluzione di solfuro di potassa. Del Professor Marianini aar tendo la teoria chimica convien dire che il ferro è pur esso intaccato dalla soluzione di solfuro di potassa^ e almeno tanto quanto lo è dall' acqua salata. All' acqua salata ho sostituito l'acido solforico molto al- lungatOj ed altre volte l'acido nitrico, e qualche altro liquido, e queste sperienze riuscirono con risultamenti analoghi ai qui descritti. Dunque se, trasportando il rame che fu bagnato nel sol- furo di potassa in altri li(juidi, ne' quali suol mostrarsi nega- tivo rispetto al ferro, esso rame si trova ancora positivo, sem- bra che si possa ragionevolmente dedurre, che il rame nel solfuro altro non fece che soffrire una modificazione^ per la quale si elettrizza positivamente quando venga accoppiato al ferro. '■ i- ■ i i ■ XY . Tuttavia quella piastra di rame che si bagna nel sol- furo di potassa porta seco uno strato di soluzione aderente alla sua superfìcie, e questa continuerà la sua azione chimica, che è quanto dire lo sviluppo dell' elettricità, e per questo immergendola in altro liquido continua per qualche momento a presentare lo stesso fenomeno. Egli è per prevenire siffatta obbiezione che aggiungo la descrizione di alcune altre spe- rienze. Ho preparato una soluzione di solfuro di potassa più forte di quelle usate nelle sperienze precedenti. L'acqua al solfuro stava nella proporzione di quattro ad uno. Immersa la piastra di rame in questa soluzione per qualche minuto secondo, indi asciugata diligentemente, non però strofinata, né raschiata, r accoppiai alla sua compagna di ferro e l'immersi nell' acqua salata, e vidi il rame positivo rispetto al ferro, e con una deviazione di venticinque gradi. Sostituito l'acido solforico allungato all' acqua salata, e fatto lo stesso esperimento si ebbe una deviazione di trenta- cinque gradi. Ho ripetuto quest' ultimo esperimento, e dopo ottenuta la deviazione di trentacinque gradi la quale dimostrava posi- 223 Sulla Teoria degli Elettromotori tivo U rame dal quale era stato tolto lo strato di soluzione che gli aderiva, ho asciugato di nuovo la piastra di rame, ed immersa ancora nello stesso acido allungato accoppiata a quella di ferro, essa mostrossi ancora positiva rispetto al l'erro, e con nnji deviazione di otto gradi. Qualche volta mi riuscì di veder positivo il rame su cui aveva agito il solfuro di potassa, anche dopo averlo immerso quattro volte uell' acqua salata o acidula ed asciugato ogni volta. I risultati di quest'ultime esperienze sono più certi quando si la uso d'una soluzione più concentrata, per esempio con- tenente una parte di solfuro sopra due d' acqua distillata. XVI. Convinto io da questi fatti che il rame nella solu- zione di solfuro di potassa non la che soffrire una modifica- zione superficiale la quale scema la sua facoltà elettromotrice relativa ; puie il non veder mai scorrere un istante percet- tilnie fra V atto d' immergere il rame nella detta soluzione e lo sviluppo della corrente che indica quella modificazione, parevami potesse lasciar ancora qualche dubbio. Volli perciò lar uso di soluzioni molto allungate per vedere se V azione volesse essere alquanto men rapida. E non fu certamente senza sorpresa l'osservare che anche in un' acqua, dove non era sciolta che la ducentesima parte del suo peso di solfuro di ]>otassa, il rame appariva ancora positivo rispetto al ferro e con una deviazione di dieci o dodici gradi. ]\Ia avendo final- mente preparata una soluzione, nella quale il peso dell' acqua stava a quella del solfuro nella ragione di ottccento ad uno, vidi che tuffando in essa il rame accoppiato al ferro, appa- riva positivo il ferro e negativo il rame, e lasciando quest' ul- timo a bagno pcv cinque minuti divenne positivo rispetto al ferro. Ecco due delle molte esperienze istituite con questa soluzione. Due piastre l' una di rame, e 1' altra di ferro lustrate di recente, messe a contatto metallico mediante il filo del gal- vanometro s' immersero contemporaneamente nella detta so- ti '■> o . Dei. PiiOFESSOR Marianini aaS luzione, ed il rame si mostrò negativo rispetto al feiro, con una deviazione di gradi — *J- (') Estratto il ferro ed asciugato, e poi rimesso nel bagno dove si trovava la piastra di rame già da trenta minuti secondi, il rame fu ancora nega- tivo, e la deviazione J . . " Ripetuta questa prova dopo un minuto primo, il rame apparve al((uanto positivo . . . . " -t- o. 3o Dopo tre minuti primi che il rame stava a bagno '- -t- I. OD Dopo altri tre minuti " -H 3. Adoperando due piastre più grandi di quelle dell'esperimento ora descritto, appena immersa la •'■ ■ " ','■ coppia, il rame si mostrò negativo colla devia- zione '•^ — IO. Ripetuta l'immersione della piastra di ferro dopo due minuti > "^ — 5. Dopo altri tre minuti " — 3. Dopo altri cinque minuti, niuna deviazione . '^ o. Dopo altri due minuti " -4- f . Dopo altri due minuti "^ -+- 5. Dopo altri tre minuti " -^ o. Dopo aver agitato un pochetto il liquido . •' -H- 9. Risultamenti simili si ottennero, e con indicazioni galva- nometriche molto più grandi, dopo aver aggiunto un pò di sale alla lunga soluzione di solfuro di potassa per avvalorarne la conducibilità. Se le piastre che s' adoperano non sono lu- stre, tali fenomeni hanno pur luogo, ma le deviazioni del gal- vanometro, e specialmente le prime riescono più piccole. Per render ragione di questi fenomeni colla nuova teoria converrebbe supporre che da principio l'azione chimica fosse (i) Il segno che accompagna il numero di gradi di deviazione indica la qualità dell' elettricità di cui s' investe il rame. aa4 Sulla Teoiua degli Elettrojiotori più forte sul ferro che non sul rame, e poscia piìi forte su questo, die non su (|uel metallo. ÌNIa ammettendo ciò che da tanti fatti è dimostrato, cioè che 1' azione chimica del solfuro di potassa modifichi il rame in modo da renderlo inferiore al ferro in facoltà elettromotrice relativa, questi fenomeni si spie- gano con tutta facihtà. XVII. Allorché si fa uso di soluzioni concentrate, per ve- dere che la modificazione prodotta dal solfuro sul rame sus- siste anche dopo che il rame fu estratto dal liquido ed asciu- gatOj se invece di eseguire il prosciugamento con un panno- lino, come s'è detto, si lascia che la piastra asciughi da se all' aria, ella è cosa rarissima il trovarla ancora positiva ri- spetto al ferro. Essa si mostra per lo più negativa, e più che non è il rame lustro, e si comporta come un rame fortemente ossidato. Cile se la piastra di rame stata Lagnata in una forte soluzione di solfuro di potassa si lascia esposta all'aria per più giorni, allora si trova negativa non solo rispetto al rame lustro ed al ferro anche quando s'immerge accoppiata a questi metalli nella detta soluzione; ma si trova negativa anche ri- spetto all' argento nell' acqua salata o acidula, e spesse volte anche rispetto all' oro. XVIII. E non è solamente colla coppia voltaica di rame e ferro che si possono istituire siffatte esperienze, poiché il rame nella soluzione di solfino di potassa diviene positivo an- che rispetto allo stagno ed al piombo ; e facendo uso di so- luzioni forti lo vidi (|ualche volta positivo anche rispetto allo zinco. XIX. Anche Tar^ento immerso nella soluzione di solfuro di potassa diventa positivo rispetto al ferro, allo stagno ed al piombo, più facilmente che non fa il rame. L' alterazione che soifre l'argento nella detta soluzione è analoga a quella che soffre il rame, e piìi notabile, perchè se nella stessa soluzione s'immerge la coppia d'argento e raine^ il pi imo di questi metalli vedesi sempre positivo rispetto al secondo. Con siffatta coppia si istituiscono con molto maggiore facilità, e con so- Del Professor Marianiki ' 0,2.5 luzioni molto più allungate anche le sperienze descritte ai pa- ragrafi XV e XVI. Quando una piastra d'argento è stata immersa in uu' acqua contenente anche una sola vigesima parte del suo peso di solfuro di potassa, si può asciugarla e strofinarla quanto si vuole, che accoppiata poi al rame ed immersa con esso nel- l'acqua salata o acidula, si mostra sempre positiva. Tanto è vero che 1' azione chimica non fa che portare un' alterazione all' argento che lo rende inferiore al rame nella sua facoltà elettromotrice, e che per conseguenza l'azione chimica non è che causa mediata, e non mai (in questa sorte d'esperien- ze ) causa immediata delle correnti elettriche che si osservano. Ed ecco che 1' esperimento del Davy citato dal sig. Faraday rientra nella classe di quelli proposti già da lungo tenqDO dal sig. De La Rive a sostegno della sua teoria, e de' quali ho trattato ai paragrafii a4, 2.5, 26 e 27 della mia seconda Me- moria sulla teoria chimica degli elettromotori. ( Annales des Chimie et de Physique T. 45- ) Altre cose potrei qui aggiungere circa 1' energia che spiega il solfuro di potassa nell' alterare i metalli : ma esse trove- ranno più opportuno luogo nell' opera dove tratterò in gene- rale delle alterazioni nella facoltà elettromotrice che i con- duttori di prima classe soffrono quando sono immersi in quelli di seconda. Sembrandomi sufficiente il fin qui detto a dimo- strare che r esperimento del Davy citato dal Faraday nulla prova contro la dottrina del Volta, e nelle sue variazioni prova molto contro la nuova teoria, io passo a discorrere d'un altro fenomeno recato dal celebre Faraday a sostegno della teoria chimica della pila, fenomeno per verità molto seducente. XX." Una stupenda prova sperimentale ( cosi nell'Estratto citato pag. 274- ) dello stato di tensione in cui si costituiscono i metalli d' una semplice coppia voltaica prima clie la corrente abbia potuto stabilirsi per 1' effetto del loro contatto, è la scintilla brillante che scocca nel momento stesso di questo contatto. Si può renderla fortissima immeigendo nell' acido Tomo XIX. Ff 2a6 Sulla Teouia degli Elettro;\iotor[ solforico allungato due grandi superficie cilindiiclie di rame^ tra le (juali se ne colloca una di zinco amalgamato, e riu- nendo con un conduttore il rame e lo zinco per mezzo di due capsule piene di mercurio. L' azione chimica della so- luzione acida sullo zinco amalgamato non è sensibile prima clic si stabilisca il contatto, ma nel momento ch'esso si ef- ettua scocca una scintilla, e nel tempo stesso la soluzione è vivamente decomposta. Interrompendo il circuito si ot- tiene parimenti una scintilla , e la decomposizione cessa to- sto La produzione della scintilla nel primo caso ( com- piendo il circolo ) è una prova evidente che lo zinco e l'acqua si costituiscono unicamente per V azione chimica che 1' uno esercita sull' altra, in uno stato di Torte tensione, perchè la scintilla passa prima che il contatto metallico sia accaduto, e che la corrente abbia potuto circolare ; dunque essa non di- pende se non dalle forze chimiche. „ Ella è cosa indubitata che nelle circostanze quivi descritte salta la scintilla : ma nd pare molto difficile a dimostrarsi che essa dipenda dalla tensione che nasce per 1' azione chimica e;scrcitata dal liquido sui metalli. Che la lamina di zinco possa avere una debolissima carica d' elettricità, e per conseguenza una debolissima tensione, io non ne dubito. Può averla perchè il contatto col liquido basta, come insegnò il Volta , ad elettrizzarla ad un minimo grado: può averla perchè tutte le volte che una lamina di zinco pesca in un conduttore liquido, specialmente se acido o salato, la parte che è nel liquido costituisce unitamente a quella che è fuori vui elemento voltaico, come io dimostrai nel mio Saggio d' esperienze elcttrometriche §5 7^ ^ seg. (:) ; finalmente (juella lamina di zinco può avere dell' elettricità perchè l'azione chimica esercitata su di essa dal liquido la generi e gliela comunichi. i\Ia queste tre cagioni di carica elettrica saranno (-.) Chi non avesse l'opera qui citata può vederne l'estratto negli Armales de Chimie et de Physique Ottobre i8i6, j^rtg'. ii3. Del Professor Marianini 227 poi tutte cospiranti ? Supponiamo pure che lo sianoj anzi sup- poniamo di più che l'azione chimica sia tanto più operativa delle altre che si possa considerare come la sola. E potrà poi quella minima dose d' elettricità di cui è carica la lamina di zinco produrre una scintilla visibile nel suo passaggio in un altro conduttore? • •-- • : <'! . *■ Noi sappiamo che un conduttore anche di qualche piede quadrato di superfìcie carico a parecchi gradi del elettrome- tro a paglie sottili del Volta, sebbene esplorato nelle circo- stanze più opportune non dà alcuna scintilla: laddove essa si manifesta in una bottiglia di Leiden carica alla stessa tensio- ne, perchè la bottiglia attesa la sua capacità contiene sotto quella tensione una carica immensamente più grande. E che si dirà poi della piccolissima tensione (i) di quella piastra di zincoj se la stessa bottiglia di Leiden non la presenta quando è carica alla tensione d' una pila di quaranta e più coppie ? Non basta adunque la tensione quando è troppo piccola per- chè salti la scintilla, egli è necessario che sotto quella piccola tensione si appiatti una grande quantità di fluido elettrico. XXL Non manca la quantità d'elettrico necessaria alTap- parizione della scintilla ( diranno qui forse i difensori della nuova teoria ) qualora si consideri che non sì tosto la prima dose d'elettrico è slanciata sul rameiche l'azione chimica ne genera nello zinco una seconda; trascorsa la quale sopravviene una terza, e così via via^ e con tanta celerità, che se ne ad- densa in quell' istante una quantità sufiìciente a produrre la scintilla. Veramente io duro fatica a persuadermi che l'azione chi- mica operi con una celerità pari a quella con cui scorre l'elet- trico. Tuttavia si ammetta, e vediamo se, anche ammettendo questo, si può spiegare colla teoria chimica il fenomeno bril- lante di cui si tratta. ■ ' • .^ i ■ > (i) Io non so comprendere come nel passo riportato sia chiamata forte quella tensione {forte tenslon ), perchè le tensioni fòrti sono quelle che tanno saltar le scintilla a notabili distanze, ed invece nell'esperienza citata la sintilla salta a si piccola di- stanza che no.i è possibile di non confonderla col contatto. aaG Sulla Teoria degli Elettro-motori die cosa avviene secondo la nuova teoria quando una piastra di zinco e una di rame pescano in un liquido e per di fuori sono a contatto ? L' azione cliimica clie il llipiido esercita sullo zinco sviluppa dell' elettricità, la (juale viene subito tradotta dal liquido stesso al rame, il quale la resti- tuisce allo zinco dalla parte dove comunica con esso metalli- camente. E nella piastra di rame clie cosa avviene '/ La stessa cosa, ma con minore intensità. L' azione chimica del liquido sul rame sviluppa pure su di esso dell' elettricità, ma siccome r azione è più deljole, cosi la tensione del rame è minore, e prevale quella dello zinco, sicché la corrente si avvia nel li- quido dallo zinco al rame , e fuori dal rame allo zinco. Che anche sulla piastra di rame accada uno sviluppo d'elettricità analoga a quella che nasce sullo zinco, ne abbiamo la prova nel vedere che se in compagnia della piastra di rame se ne trova una d' un metallo su cui il li(iuido eserciti un' azione pili debole, per esempio d'oro, la corrente si determina dal rame all'oro nel liquido, e fuori dall'oro al rame. Ho detto che sul rame l'azione del liquido sviluppa un elettricità analoga di minor tensione e non in quantità mino- re, perchè la direzione della corrente è determinata non dalla quantità dell' elettricità , ma dalla tensione. La meno forte azione chimica del liquido ecciterà fors' anche una quantità minore di elettricità; ma la cosa piii certa è che la tensione è minoro. Che sarà dunque ( secondo la nuova teoria ) delle due pia- stre di zinco e di ram(; immerse nel litjnido prima che si por- tino a contatto metallico per di fuori ? Sì l' una che l' altra avranno inori del liquido una tensione negativa, ma quella dello zinco sarà maggiore di quella del rame: e questa tensione ne- gativa prevalente dello zinco sarà (piell-i che determina nell' esperienza citata il salto della scintilla dal rame allo zinco. XXH. Ma se avviene il salto della scintilla quando le piastre hanno entrambe una tensione omologa, e non dovrebbe saltar meglio quando il rame avesse una tensione più debole - ■■ Del PiioFESSOR Marianini 229 di quando pesca nell'acido allungato, o non avesse alcuna tensione ? Portiamo adunque lo zinco clie si trova nel truogo dell' acido soHorico a contatto metallico con una larga lamina di 'in" rame collocata fuori del truogo , e comunicante con un con- duttore d'immensa capacità, qual è per esempio il mare, onde possa dar pronto ricetto all' elettricità che va a comunicarle lo zinco toccandola: e che cosa osserviamo? Ninna scintilla elettrica. Qui si potrebbe forse dire che se la lamina di rame comunica coli' acqua del mare, l'azione chimica che (juesta produce sul rame la costituisce parimente in tensione; ma sarà per altro sempre una tensione minore di quella prodotta dall' azione elettrica dell'acido. Tuttavia per togliere questa difficoltà , poniamo quella lamina di rame in comunicazione all' armatura interna d' una grande bottiglia di Leiden o d' una batteria, mentre I' ester- na comunica col suolo o col mare; ma neppure in questo caso, portando lo zinco in comunicazione metallica col rame, si ot- tiene la scintilla. • ; - ,, Ella è dunque una condizione necessaria ( almeno nell' esperienza che qui descriviamo ) allo scocco della scintilla che la lamina di rame si trovi immersa nel liquido nel quale pesca lo zinco. Ed è ben singolare che una circostanza j la quale , ragionando coi principj della nuova teoria, dovemmo giudicare sfavorevole, dobbiamo ora risguardarla come una condizione son per dire essenziale alla riuscita del fenomeno. Ma che importa che la lamina di rame sia in quel liqui- do ? Questo fa sì che l'elettrico circola quando è accaduto il contatto delle due lamine. Dunque perchè si vegga quella scintilla è d'uopo che l'elettricità possa circolare venendo i metalli a toccarsi. Ma vi ha di più. Se la piastra di rame si fa pescare in quel licjuido solo per una piccola porzione o manca la scintilla o è debolissima : e se al contrario la parte bagnata della piastra di rame è molto piii grande e circonda quella di zinco, il che favorisce ancor più la rapidità della circolazione^ la scintilla è assai brillante. 2,3o Sulla Teoria degli Elettromotori XXni. E qui lisponderaniio i ditensori della nuova teoria essere utile elie i due inetalli si troviuo nello stesso recipien- te, percliè allora le dosi d'elettrico che vanno successivamente generandosi dall'azione chimica operano moltissime volte, per- dio tutte continuano a circolare. A chi credesse di togliere in ([uesta guisa la difficoltà io non risponderò giù che il sig. Faraday lia detto, che la scintilla salta prima che la corrente ahhia potuto circolare, perchè egli non ha creduto opportuno di dimostrare questa proposizione, e noi per contrario abbia- mo con ciò che precede dimostratOjclie le condizioni pel salto della scintilla sono quelle stesse che si richieggono perchè la circolazione sia quanto può essere rapida: ma l'arò osservare che se noi supponiamo che, mentre circola la dose d' elettri- cità sviluppata dall'azione chimica nel secondo istante, circola con essa anche la dose sviluppata nel primo, che nel terzo istante, oltre alle due dosi degl'istanti precedenti, circola una nuova dose, e cosi sempre, per cui si accumula poi la quan- tità sufficiente all'appariisione della scintilla, ne verrebbe che la corrente elettrica dovrebbe essere più energica negl'istanti successivi, che non ne' primi. Ma la cosa va tutto al contra- rio, mentre la corrente non è mai sì forte quanto nel primo istante che si chiude il circolo. Onesto è noto £Ìà da molto tempo (i), ed io me ne assicurai anche col mio galvanometro munito d' un congegno per tener fermo 1' ago e metterlo in lil>ertà quando si voglia. La deviazione che un elettromotore produce nell' ago del galvanometro è sempre notabilmente maggiore di quella che si osserva lasciando libero 1' ago un (i) Veggnsi la Memoria sulla perdita di tensione che sofTroiio gli elettromotori quando sta chiuso il circolo ec. pubblicata nel Giornale di Pavia, anno 1 82'^, e negli Annali do Clilmìe et de Pliys'uiue T. 33. p. SSy. V hanno de' casi ne' quali se si chiude il circolo nel medesimo istante che s' immergono le piastre nel liquido, la cor- rente sembra debolissima o nulla, o perfino contraria a r|uella che vedesi un momento dopo. Ma questo accade per le alterazioni che il li'iuido produce nella facoltà elet- tromotrice relativa dei metalli. Del Puofessor Marianini sBi momento dopo clie il circolo fu chiuso (i). Io non vedo adun- que come si possa spiegare l'apparizione di quella scintilla non ammettendo altra elettricità se non quella che si eccita dall' azione chimica. E ammettendo la teoria del Volta saremo noi più felici neir indagare la spiegazione di questo fenomeno/' XXIV. Tutto ciò che potrehhe immaginarsi per ispiegare il fenomeno nella nuova teoria, reggerehhe eziandio nell' an- tica, perchè anche in questa si ammette la possihilità d' uno shilancio elettrico che precede il contatto: se non che in vece di attrihuirlo soltanto all' azione chimica si fk derivare anche dal contatto dei metalli col liquido, e dalle eterogeneità che presentano le parti delle piastre immerse nel liquido relativa- mente a quelle che ne sono fuori. Io credo per altro che nella teoria del Volta si renderà molto piìi facilmente ragione an- che di questa scintilla ripetendola dalla proprietà de' metalli eterogenei di .elettrizzarsi reciprocamente quando vanno a toc- carsi. Veramente l'asserire che quella scintilla salti per l'azione del contatto tra lo zinco ed il rame , non si può negare che a prima giunta semhri un paradosso: imperocché all'idea d'un salto di scintilla non possiamo a meno di connettervi 1' idea d' una distanza che divide i due corpi fra i quali salta. Tutta- via io spero che svanirà ogni ombra di paradosso , qualora vorremo esaminare qual' idea dobbiamo formarci di quelle scin- tille, di quelle distanze, di que' contatti. Qual è la tensione elettrica in cui si costituiscono gli ele- menti d'una coppia di rame e zinco? Quella d'un ottantesimo di grado dell' elettrometro a paglie sottili del Volta. Lo di- mostrò a priori il Volta medesimo colle più accurate espe- rienze istituite col sussidio del suo condensatore, lo dimostrò a posteriori quando fece vedere che una pila di ottanta coppie (i) Di questo argomento fece uso anche il Sig. Prof. Zamboni nella lettera citata. 2,32. Sulla. Teoria degli Elettromotori dava la t(;iision(ì di un grado all' elettrometro suddetto, una pila di i(JO coppie dava la tensione di due gradi ce. A che corrisponde la tensione di un grado dell'eletronietro a paglie sottili';:' Alla tensione die farebbe saltar la scintilla tìa due sfere metalliche d' un pollice di diametro alla distanza d' un centosessantesimo di linea; e per coseguenza la tensione d'una sola coppia è tale che farebbe saltar la scintilla solamente air ottantesima parte della detta distanza, vale a dire alla di- stanza di una dodicimillottocentesima ixartel — J — | di linea. Pei 1 \ I20OO / altro, siccome nel caso nostro li metalli fra i quali si fa sal- tar la scintilla o almeno uno di essi è acuminato, e sappiamo che in questo caso la scintilla salta (a parità di tensione) a qualche maggiore distanza, così potremo ritenere che in que- sta esperienza la scintilla salti alia distanza di circa un die- cimillesimo di linea. Ora una distanza così minima (e fosse pur anche doppia o tripla ) non si confonde forse col conttato? E non si ritiene dai fisici che i corpi non sono forse mai al vero contatto , ma solo a distanze minime che non possono scemar più oltre mediante forze meccaniche ? Io per me credo che anche ad una distanza mamriore di di linea abbia luogo lo sbilancio elettrico tra il rame e lo zinco. XXV. Tuttavia, benché sia vero che questa picciolissima distanza non possiamo distinguerla da ciò che dicesi contatto, ])ure prendendo la cosa al rigor del termine convien confes- sare , che noi non sappiamo se nn diecimillesimo di linea sia poi quella tal vicinanza clic basti a Rir nascere lo sbilan- cio voltaico, o se si richieiriia una vicinanza ancor più iriande. Ho pertanto istituite^ alcune sperienze pei' assicurarmi se lo zinco ed il rame si costituiscono in tensione elettrica anche (piando non si |)uò dire che sieno a contatto, benché T inter- vallo tra r uno e T altro sia piccolissimo. (a) Due dischi di quattro centimetii «li diametro 1' uno di rame e 1' altro di zinco ben leviga'i e piani , e muniti di Del Professor Marianini ';. a33 manico Isolante venneio messi fra loro a contatto e poi coli' elettrometro fornito di condensatore, ed ottenni una tensione di circa otto gradi. Ho ripetuta questa esperienza fondamen- tale del Volta, ma dopo aver collocato sul disco di rame un sottilissimo filo di seta che divideva in due parti eguali la su- perficie, ottenni una tensione pressoché eguale alla prece- dente. (ù) Ho collocato sullo stesso disco di rame due fili di seta fra loro paralleli, ed in modo che ciascuno di essi era distante dal centro di circa un centimetro, ed ottenni ancora la stessa tensione. (e) In vece di porre i due fili paralleli, feci che s'incro- cicchiassero nel centro ad angolo retto, ed operando nel con- sueto modo ottenni un allargamento nelle paglie dell'elettro- metro di circa cinque gradi. {ci) Ho collocato i due fili paralleli come nell'esperimento b, ed altri due vennero collocati sui primi pure fra loro pa- ralleli, e formanti con quelli angoli retti, ed ottenni una ten- sione di tre gradi crescenti. (e) Aggiunsi ai quattro fili di seta dell' esperimento pre- cedente altri due fili che incrocicchiavano i tjuattro in modo che fra i due dischi veniva ad essere la distanza di tre fili di seta, e si ebbe ancora un grado di allargamento nelle pa- glie dell' elettrometro. Io mi assicurai che le tensioni osservate in queste ed al- tre simili esperienze non derivavano da qualche contatto me- tallico che potesse aver luogo non ostante l' interposizione di que' fili, perchè, oltre che i dischi erano sommamente levi- gati e piani, vidi che se si collocava insieme co' fili una me- nomissima briciola d' una foglia d'oro, per cui qualche punto d' un disco fosse in comunicazione metallica coH'altro, la ten- sione non era differente da quella che ottenevasi quando non v' erano fili di seta fra 1' uno e 1' altro disco. Non potrei neppur sospettare che tali tensioni derivassero dal contatto fia i metalli e la seta, né da un tal quale Tot/io XXI, Gg a34 Sur.LA Teoria degli ELEXTROJioToni sfregamento che potesse aver avuto luogo nel collocare uu piatto suir altro, o n(;l distaccarli, né tampoco dalla pressione esercitata dai dischi sulla seta : i.° perchè se adoperava due dischi entrambi di zinco o entrambi di rame, non si otteneva alcun indizio di tensione: a.° perchè T elettricità ottenuta era positiva o negativa secondo che l'elettrometro era toccato col disco di zinco o con quello di rame; 3.^ perchè se cresceva il numero de' fdi inciocicchiati, nel qual caso e lo sfregamento e la compressione dovevano riuscire maggiori^ non si otteneva più alcuna tensione (i). Siffatte sperienze dimostrano adunque che nella coppia voltaica si ottiene lo sbilancio elettrico non solamente quando i metalli si trovano alla distanza di un diecimillesimo di linea, ma anche a distanze molto maggiori, luttocliè sempre picco- lissime. XXVI. Ciò posto il fenomeno della scintilla, che si osser- va neir esperienza citata dal sig. Faraday, si spiega ben facil- mente nella teoria del Volta. Allorquando nel portare il rame a contatto dello zinco si perviene a quella minima distanza, alla quale ha già luogo lo sbi- lancio elettrico, esso rame spinge nello zinco una dose di elettri- cità, che questo diffonde immediatamente nel liquido, e dal li- «piido viene restituita al rame: ma appena è ristabilito 1' equili- brio, il rame spinge nuovamente nello zinco una dose d'elettri- cità, la quale viene pure restituita al rame per via del condutto- re umido. E siccome l'elettrico si move con immensa celerità; cosi nel brevissimo tempo che si spende nel rendere la comuni- cazione metallica ancor più intima, ossia a procurare quello che dicesi contatto, migliaja e migliaja di circoli si succedono, e per conseguenza tanta elettricità passa per (piell'imperfetto condut- (i) E qui mi sia permesso attestare la mia rironosceiiza ai Signori fratelli Cu- ragiani coltivatori appassionati dello scienze sp'Timejitali ed allili^si^li mercaniri , alla cui gentilezza io vo debitore de' squisiti condensatori ed elettiom^'tri coi quali ho istituita in loro compagnia queste delicate sperienze. Del Professor Marianini 235 tore costituito dalla piccola distanza, che deve apparire lumino- sa; o si ammetta che l'elettricità quando è condensata ad un certo grado si trasformi in luce , o si ammetta che arroventi i corpi fra i quali passa , ovvero che abbruci e distacchi re- pentinamente delle particelle metalliche, come in tanti casi dimostrò accadere il chiarissimo Fusinieri. Ammesso quanto precede, anche il rinnovarsi della scin- tilla air interrompersi del circolo si spiega facilmente; perchè nel ritirare il filo di platino dal mercurio , si passa pure per quella minima distanza, alla quale continua ancora la corrente, e, se il circolo non è stato chiuso per troppo tempo^ per cui la corrente non sia già di troppo indebolita , quella circola- zione è si rapida che, nel brevissimo tempo che s' impiega a passare dal contatto a quella distanza che toglie ogni succes- sivo sbilancio elettrico, quello strato d'aria o di molecole me- talliche è invaso da tanta elettricità che ne nasce la scintilla. Non mi dilungo sulle altre circostanze o condizioni della scintilla prodotta dagli elettromotori, facile essendo lo spiegarle coi principi sopra esposti. La descrizione di parecchie altre esperienze relative allo stato elettrico in cui si costituiscono due corpi eterogenei messi a minime distanze l'uno dall'altro, mi allontanerebbe di troppo dall' argomento di questa Memoria. Le riservo per- ciò ad altro momento e termino col descrivere qualche altro sperimento che ha relazione più o meno stretta con quelli fin qui esaminati, e che per quanto a me pare non si possono spiegare colla nuova teoria degli elettromotori. XXVIL Messa una lamina di zinco in un bicchiere d'acido solforico allungato da circa venticinque volte il suo peso d'ac- qua distillata, ed in modo che emergeva in parte dal liquido, esplorata mediante un condensatore di zinco la tensione , fu trovata d' un grado crescente e negativa. Messa allo stesso modo una lamina di rame nel medesimo liquido, ed esplorata la tensione mediante un condensatore d' egual forza , ma di rame, fu trovata di mezzo grado e parimente negativa. E ciò 236 Sulla Teoria decm Elettro \iotori è cont'iumc , corno già abbiamo tatto osservare (^ XXI) alla teoria c'hiinica. Dunque in (juclle due piastre iuiuieisc per u uà porzione ucH'acido solforico alluugato noi abbiamo couie due co[i[)ie voltaiche atte ad eccitare uua corrente elettrica. Ora se noi le portiamo a contatto per di fuori, le correnti devono in parte elidersi perdio contrarie. Infatti essendo negativo lo zinco che va a toccar il rame, tenderà a produrre una cor- rente dal rame allo zinco animata dalla tensione di un grado. E dal cauto suo il rame tenderà a produrne un' altra dallo zinco al rame, animata dalla tensione di mezzo grado. Dunque la risultante dovreldje essere una corrente dal rame allo zinco per di fuori, e dallo zinco al rami; n(d li(|uido, anin^ata da una tensione di circa mezzo grado. E che vuol dire adunque che, messe a contatto quelle due piastre in modo da formare una coppia sola di rame e zinco, ed esploratane la tensione coir uno o coir altro dei detti condensatori . la si trova di sette gradi? Per me questo non vuol dir altro, se non che quei gradi di tensione che si rinvengono di più di quello clie richiederebbe la teoria nuova, sono dovuti al mutuo contatto de' due metalli zinco e rame. XXVIII. Al fondo d'una tazza contenente una soluzione di solfato di rame collocai due piastrine 1' una d'argento e l'allra di zinco, in modo però che tra di loro non si toccas- sero, le lasciai là per parecchi minuti, e la piastra d'argento rimase sempre bianca e lucente come il primo momento. Ma appena, mediante un bastoncino di vetro, mandai lo zinco a toccare 1' argento, questo si coprì immediatamente d'uno strato di rame. Qui i difensori della nuova teoria diranno che ne' punti dove I due metalli si toccano è come se fossero fuori del liquido, e quindi nasce la tensione, la corrente, e la decomposi- zione del solfato di rame, che ne è l'efletto. Siccome per altro ho veduto che i metalli eterogenei si elettrizzano anche a qual- che minima distanza (J XXV ), e so che il solfato di lame ò facile a decomporsi con debolissime correnti ehittriche ; cosi ho concepito speranza di poter ottener una tale decomposizione Del Professor Marianini 387 anche quando v' è qualche muiima distanza fra i due metalli, e la s[jeianza non fu delusa. Ih una soluzione piuttosto forte di solfato di rame affon- dai una piastrina d'argento in compagnia d'un pezzetto di zinco ed a qualche distanza 1' una dall'altro. Dopo un quarto d'ora levai i due metalli, né vidi alcuna alterazione sull'ar- gento. Collocai poscia sull' argento messo come prima al fon- do della tazza, un pezzettino di carta ben sottile, il quale però non ricopriva che una quinta o sesta parte d' una su- perficie della piastrina d' argento , e su quella carta posai l'estremità d'un cilindretto di zinco, il quale stava pur tutto quanto tuffato nel liquido. Acciocché la carta non venisse la- cerata, feci terminare in superficie sferica ben rotondata e li- scia r estremità del cilindretto di zinco che doveva riposare sulla detta carta. Dopo cinque minuti primi levai il detto cilin- dro di zinco, e vidi l'argento ricoperto d'uno strato di rame. Rinnovato V esperimento ed avendo collocato sulla pia- strina d' argento due di quelle sottili carte , la quantità di rame depositata in egual tempo sull' argento fu ancora sensi- bile, ma molto minore che nel primo esperimento , sebbene anche questa volta abbia adoperato un cilindro di zinco ben fornito. Con tre di quelle carte poste fra l'argento e lo zinco non vidi alcun effetto neppure in dieci minuti. L' argento adoperato in questa esperienza era al titolo legale, e 1' acqua teneva in soluzione la terza parte del peso di solfato di rame. Come spiegare questo fenomeno nella teoria chimica, men- tre trovandosi i metalli circondati per ogni parte dal liquido che agisce chimicamente sopra di essi, non può nascere la tensione che determini la corrente ? Ma facile ne è la spie- gazione nella teoria del Volta ammettendo che i corpi etero- genei si elettrizzano quando vengono a mutuo contatto, e che una minima distanza può in parte fare le veci del contatto. Alla qual cosa sembra che fin' ora non siasi prestato atten- zione , quantunque il Volta 1' abbia sospettata , ed il valen- Si38 Sulla Teoria degli Elettromotori tissimo elettricista di Verona ci abbia assicurati da lunso t(>iu[)() die un velo gommoso tra la foglia d'argento e il rame o manganese non toglieva la tensione alle sue pile a secco ( r). XXIX. Ventiquattro lamine di platino, ciascuna delle quali era congiunta metallicamente con una d'oro puro, furono di- sposte in altrettanti bicchieri contenenti ac(|ua distillata alla maniera degli elettromotori a corona di tazze del Volta. Ne esplorai la tensione mediante V elettrometro munito di medio- cre condensatore e la trovai positiva all' estremità die termi- nava colla lamina d'oro, negativa dove terminava col platino, e di circa cinque gradi come presso a poco era la tensione d' un elettromotore formato di due coppie di rame e zinco. Finche non sia dimostrato che l'acqua distillata esercita una qualche azione chimica anche su questi metalli, o alme- no suir oro, anche il risultato di questo esperimento rimane senza spiegazione nella nuova teoria. Riservandomi di parlare di altre sperienze di simil genere in altra occasione, conchiudo che gli esperimenti recati dal signor Faraday che formarono 1' argomento principale di que- sta Memoria, si spiegano facilmente colla teoria del Volta, e che molti dei risultati che si ottennero nello studio dei me- desimi rimangono senza spiegazione nella teoria che esclude il contatto di corpi eterogenei dal novero delle cause di cor- renti elettriche. APPENDICE Sopra un anomalia che presentano alcuni metalli nella decomposizione deW ioduro di potassio operata daW elettricità. XXX. Allorquando noi studiamo de' fenomeni, sull' origine de' quali abbiamo adottata un' ipotesi, può facilmente accadere che non li guardiamo da tutti i lati, da' quali possono essere osservati, iin[)erocchè se c'imbattiamo a vederli dal lato in cui (i) V. Zamboni, l'Elettromotore perpetuo, T. 2,. pag. 209. Del PitOFESsoR Marianini aSg essi s'accordano coli' ipotesi adottata, ci sentiamo naturalmente inclinati ad ammettere che tutto il resto debba essere consen- taneo all' ipotesi medesima. Quindi il vantaggio che gli stessi fenomeni vengano studiati da più persone, le quali non tutte ammettano la stessa ipotesi relativamente all' origine de' me- desimi. Molte prove di questa verità e di questo vantaggio s' incontrano nelle Memorie sulla teoria degli elettromotori pubblicate dagl'illustri Fisici De La Rive^ Nobili, Becquerel, Zamboni, Faraday ed altrij e fors' anco nelle mie. Un' altra prova l'avremo, se mal non mi appongo, in quest'Appendice. Avendo immersa una piastra di zinco ed una di platino negli acidi nitrico e solforico allungati, e messa una carta ba- gnata neir ioduro di potassio fra le due piastre dove stavano fuori del liquido, il sig. Faraday ( come già dissi al paragrafo I ), veduta eli' egli ebbe la decomposizione dell' ioduro non dubitò deir esistenza d' una corrente elettrica diretta nella carta dal platino allo zinco, e confermò la sua deduzione an- che col mezzo del galvanoraetro. Ma quando, invece d' im- mergere le piastre nel liquido acido le mise Ira loro a con- tatto metallico, non vedendo alcuna decomposizione dell'ioduro, e ritenendo egli che da quel contatto ninna corrente avesse a generarsi, sembra aver egli argomentato che allora ninna corrente ivi esistesse^ e non aver quindi verificato col galva- nometro se anche questa deduzione fosse vera. Al contrario essendo io persuaso che anche il semplice contatto possa dar origine a sbilancio di elettricità, quantunque non vedessi neppur io in questa seconda parte dell' esperienza alcuna decomposizione ; pure argomentai che la corrente do- vesse esistere, e col sussidio del galvanometro confermai la verità della mia deduzione. Anzi avendo veduto pel confronto delle deviazioni galvanometriche che questa corrente era più forte della prima, nacque naturalmente la curiosità d'indagare perchè mai la prima corrente, cioè quella che ottenevasi quando le piastre invece di essere a contatto erano tuffate nelT acido, la quale non deviava il galvanometro se non che di sette od iii|o Sulla Teoria degli Elettromotori otto gradi, fosse poi atta a decomporre T ioduro di potassio, e non lo fosse l'altra, la quale produceva una deviazione di venticinque gradi, e talvolta anclie di trenta. XXXI. Parendomi nuovo questo fenomeno, e ricorrendomi tosto al pensiero che quest' elettricità non è conosciuta se non dagli effetti che produce^ volli tosto vedere, se mai il contatto metallico portasse tale modificazione nell' elettricità sviluppata dall' azione chimica, da non dar più luogo a quella decomposizione. A tale oggetto posi una lamina di zinco in un bicchiere d' acqua acidulata come sopra, ed una di platino in un altro comunicanti fra loro metallicamente per di fuori. Una striscia di platino fu immersa con un' estremità in uno de' detti bic- chieri, ed un' altra nell' altro, ed in modo che queste non toccassero lo zinco o il platino della coppia. Una carta ba- gnata nella soluzione d' ioduro di potassio fu collocata sopra ima delle dette striscio, e poscia ho compiuto il circolo coi portare l'estremità dell'altra striscia di platino sulla detta carta. Dopo pochi istanti vidi la carta dalla parte che comu- nicava colla striscia di platino che partiva dal bicchiere dove pescava lo zinco, tinta del colore che suol indicare lo sviluppo dell' iodio, che è un rossigno più o meno scuro secondo che la decomposizione è più o meno energica. All'acqua acidula dell'esperimento precedente ho sosti- tuito una soluzione di ioduro di potassio j e ottenni pure una pronta decomposizione dell' ioduro nella superficie della carta rivolta al polo positivo posta fra le striscio di platino desti- nate a chiudere il circolo. Replicati questi esperimenti adoperando striscio di rame in luogo di quelle di platino per chiudere il circolo, ebbi gì' istessi risultati. XXXII. Avendo cosi veduto che né il contatto fra i due metalli eterogenei, uè i liquidi impiegati come conduttori im- pedivano rpiella decomposizione, mi accinsi ad osservare se la si conseguisse anche con correnti piìi deboli. : Del Professor Marianint a^i Una coppia voltaica di rame e zinco fu collocata come le precedoiiti in due bicchieri d' acqua salata, e la decompo- sizione ebbe pur luogo. All' acqua salata sostituii 1' acqua di pozzOj e finalmente feci uso d'una coppia formata da due fili uno di zinco e l'altro di rame della grossezza d'un millime- tro, e che pescavano nel!' ac([ua solo per mezzo centimetro, e r iodio non mancò di apparire al polo positivo, specialmente se la striscia di platino che partiva dal polo positivo toccava la carta in pochi punti. E si noti che quest' ultima corrente non moveva menomamente 1' ago del galvanometro. XXXIII. Quanto più era costante l'apparizione dell'iodio qualunque fosse la corrente^ tanto più cresceva il desiderio di conoscere la circostanza per la quale in quel primo esperimento l'iodio non si vedeva. E considerando che in quell'esperimento l'iodio avrebbe dovuto apparire sulla superficie della carta toccata dallo zinco, mi accinsi ad esaminare se fosse mai la pre- senza di quel metallo che impedisse 1' apparizione dell'iodio. Ho adunque replicate le sperienze precedenti dopo d'aver sostituito delle strisele di zinco a quelle di platino o di rame; e vidi che anche facendo uso della coppia pjiù energica, cioè di quella formata di platino e zinco e degli acidi nitrico e solforico allungati, pure non vedevasi iodio sulla carta bagnata neir ioduro di potassio posta fra le due strisele di zinco. Feci anche uso di elettromotori composti di tre e di quat- tro coppie, né mai sulla carta frapposta alle due strisele di zinco apparve l'iodio. ': XXXIV. Assicuratomi che il contatto tra lo zinco e la carta bagnata nell'ioduro era la circostanza che impediva l'ap- parizione dell'iodio al polo positivo, volli osservare se altri metalli fossero dotati di questa singolare proprietà. Mi diedi adunque a ripetere di siffatte sperienze sostituendo alle strisele di platino altri metalli, o ciò che torna lo stesso, ponendo altri metalli alle estremità delle dette strisele che erano fuori del liquido^ e che dovevano servire a chiudere il circolo mediante la carta bagnata nell'iodio. ■.,;.•:..:.•' Tomo XXL Hh 2^2. Sulla Teoria degli Elettromotori Facendo uso tll elcttromotoii semplici trovai parecclii altri concluttori che presentavano lo stesso fenomeno. Ma facendo attraversare quella carta da correnti eccitate da elettromotori di tre o quattro coppie, non trovai clic V argento il quale si comportasse come lo zinco. Oltre ai metalli già nominati vennero esaminati, l'oro il palladio, il carbone, il manganese ossidato, il carburo di ferro, il ferro piritoso, il rame piritoso , il tellurio lamellare, il mo- libdeno, il niccolo arsenicale, l'antimonio, il piombo solforato, lo stagno cristallizzato, il rame, il niccolo, il bismuto , il co- balto, il mercurio, 1' ottone, il ferro e lo stagno. Neil' istituire siffatte sperienze è stato facile il conoscere elle non tutti i conduttori si prestano a quella decomposizio- ne colla stessa facilità. Nelle sperienze di confronto si osser- vava il numero di coppie, l'energia della corrente ed il tempo che era necessario perchè coi varj conduttori fosse visibile quella decomposizione. Ma siccome fra le circostanze a cui dovevasi badare nelle sperienze di confronto, v'era pur quella che le superficie de' conduttori che ponevansi a contatto colla soluzione dell' ioduro fossero eguali ; così non mi fu possibile di estendere le mie sperienze a tutti i conduttori accennati; e perciò mi limitai ad alcuni de' principali. Ecco adunque 1' ordine nel quale gli undici conduttori , su cui ho potuto istituire un gran nimiero d'esperienze com- parative mi è sembrato di poterli collocare , cominciando dai più attivi. Palladio, platino, oro, carburo di ferro, rame, car- bone, niccolo, ottone, ferro, stagno e piombo. Vedendo che con tre o al più quattro coppie sufficien- temente energiche adoprando qualunque dei detti conduttori si aveva la decomposizione dell' ioduro, io sperava che anche collo zinco e coli' argento s' avesse ad ottenere col mezzo di elettromotori più forti. Ho provato adunque a far agire una corona di tazze ben energica di venti coppie, colla quale po- nendo al polo positivo qualunque altro conduttore, la decom- posizione era si rapida , che si poteva ( specialmente col Del Professor Marianini 2.^3 palladio e col platino ) scrivere sulla carta con tutta celerità^ e pareva che lo stilo fosse intinto in un inchiostro rosso scurO;, eppure se lo stilo era di zinco o d' argento non osservavasi traccia di colore. Con apparecchi a corona di tazze di cinquanta, di ottanta e di cento coppie non si vide di piìi. Ed una volta l'elettro- motore era si energico , che una sola delle coppie bastava perchè si avesse 1' apparizione dell' iodio con qualunque degli altri conduttori sperimentati (j). XXXV. Quando la corrente è eccitata da una sola coppia devesi chiudere la carta tra due pezzi dello stesso metallo , altrimenti si viene a formare una nuova coppia, la quale può modificare notabilmente la corrente sulla quale intendesi d' sperimentare. Ma se l'elettromotore è di molte coppie, la carta può essere collocata fra metalli differenti , giacché la corrente che per avventura essi potessero eccitare è trascu- rabile. XXXVI. Lo zinco e l'argento legati ad altro metallo, se questo non è in quantità troppo piccola, presentano il feno- meno della decomposizione dell' ioduro di potassio tanto più facilmente, quanto maggiore è la quantità dell'altro metallo (i) Dopo questi fatti io non intendo come nell'estratto citato ( pag. 264) ^°P° aver detto che non si vede alcuna azione suU' ioduro quando in luogo di tuffare lo zinco ed il platino nella soluzione acida , ci limitiamo di metterle in contatto me- tallico; si soggiunga che « se si mettono in contatto nella parte che pesca in quella soluzione la decomposizione dell' ioduro ricomincia; e il trasporto degli elementi in- dica che la corrente cangiò direzione, come appunto dev'essere nella teoria clianica. » Per me è affatto lo stesso che quelle piastre si tocchino essendo nell' aria o essendo nel liquido. Io dulnto che qui sia corso qualche shaglio tipografico. Lo stesso dubbio mi nacque leggendo alla fine della pagina 269 che nel cloro liquido una coppia di zinco e platino non produce alcuna corrente. Studiando le alterazioni nella facoltà elettromotrice che i solidi provano ne' liquidi, io feci tutte le combina- zioni voltaiche possibili de' principali conduttori solidi, e non trovai una sola coppia la quale nel cloro liquido non desse origine ad una corrente elettrica. :>i4 Sulla Teoria degli Elettro-motort ad essi combinato. Non conosco però ancora la quantità di zinco o d' argento necessaria por togliere ad altri la proprietà di far a[)parire l' iodio nelle circostanze di cui qui si tiatta. Solamente ho veduto rapporto alTargentO; che quando è unito ad una sesta , ottava o decima parte di rame presenta il fe- nomeno : e quando la quantità di rame non è che la ccntes- sima parto di quella d' argento, la lega si comporta come l'ar- gento puro. Rispetto allo zinco poi ho veduto che combinato ad una quinta [)artc di piombo o di stagno, opera come lo zinco puro, e che le leghe di zinco e rame nelle proporzioni di due ad uno o di tro ad uno presentano in siffatte sperienze il fenomeno della decomposizione dell' ioduro di potassio. XXXVIL II colore con cui si manifestava 1' iodio al po- lo positivo quando non era Io zinco o 1' argento il metallo che chiudeva il circolo era sempre cimale, e solo variava d'in- tensità secondo la maiziriore o minore forza della corrente. Ho veduto per altro due eccezioni, 1' una nel ferro, l'altra nel mercurio. II primo di questi metalli produceva sulla carta ba- gnata nella soluzione d' ioduro di potassio una macchia rossi- gna simile a quelle che sulla carta o sulla tela produce l'os- sido di ferro. E non mancai di assicurarmi che anche questa macchia proveniva dalla presenza dell'ioiluro e della corrente elettrica^ perchè se mancava o l' una o l'altra di queste cir- costanze, essa non appariva. E relativamente al mercurio osservai che la carta bagnata nella soluzione messa su del mercurio nel quale pescava un filo di platino comunicante col polo positivo dell' elettromo- tore, non acquistò il colore consueto, ma il mercurio che tro- vavasi sottoposto alla carta, e specialmente sotto i lernlu della medesima coprivasl d'un sottilissimo strato d'un bel veide chiaro tirante al gialloirnolo. Vedute siffatte eccezioni io sospettai che lo zinco e l'ar- gento formassero in quelle circostanze qualche composto par- ticolare il quale non avesse colore. Se quando s'adopera l'ar- gento si formasse un ioduro d' argento^, esso è giallo pallido, Del PriOFESsoR Marianini a45 e r acido solforico lo annerisce: ma io non vidi ne quel color giallo^ né 1' annerimento coli' acido solforico. Se nel caso dello zinco si formasse un ioduro di zinco, essendo esso bianco, e non reagendo all' acido stesso , non saprei come accertaiml dell'esistenza d'un tale ioduro sulla carta che servì a chiu- dere il circolo d'un elettromotore trovandosi tra due piastre di zinco. Io credo adunque dover per ora considerare questi fatti come anomalie ; e mi determinai di farne soggetto di quest' Appendice, perchè essi dimostrano se non altro che il non osservare ai poli degli elettromotori i soliti indizj di decom- posizioni chimiche , non deriva sempre da difetto della cor- rente elettrica. 2.^6 SOPRA 1 PICCOLI MOTI APPARENTI OSSERVATI NEI MURI E NELLE MACCHINE DELLA R. SPECOLA DI BIODENA MEMORIA DEL SIGNOR PROFESSORE GIUSEPPE BIANCHI Ricapita adi 14 Dicembre i836. 1. l^eir istituire un corso di osservazioni astronomiche, per lo scopo delle quali si esiga la più grande accuratezza e pre- cisione , il primo e più sollecito pensiero deve rivolgersi ad esser certi di quella posizion invariabile degli strumenti ado- perati che sempre vien inclusa e tacitamente supposta nelle quantità osservate e che, a così dire, costituisce la base delle pratiche determinazioni^ come la solidità dei muri e degli ap- poggi forma quella degli strumenti. Ella è perciò indispensa- Lil cosa il rintracciar con buone e variate prove sperimentali;, se veramente la detta condizione di stabilità nelle macchine sussista, o se per lo contrario siano le macchine stesse sog- gette ad alterazioni o a spostamenti qualunc[ue ; e in quest' ultimo caso fa duopo rinvenir le cagioni piìi verosimili delle alterazioni per impedirle o rimuoverle interamente , ovvero misurarne l' effetto per applicarlo e correggerne proporzionata- mente le osservazioni. Dall' ommettere siffatta ricerca nell'uso degli strumenti astronomici si dischiude una sorgente di errori e d' incertezza che nelle operazioni più delicate, ove trattasi di risultarnenti e valori assai tenui , guidar possono a strane conclusioni e talvolta persin opposte alle vere leggi de' feno- Del Pkof. Giuseppe Biakchi 247 meni celesti e alla realtà della Natura. È noto, a cagion d'esem- pio^ che il celebre P. Piazzi assegnò una sensibile paralasse in declinazione ad alcune stelle principali, e che l'attuai suc- cessore di lui, il eh. Cav. Cacciatore, da una lunga serie di osservazioni ottenne una torte quantità di paralasse della stella polare in Ascensione retta, contro a ciò che indicavano le os- servazioni di Bradley e di altri; ed è pur noto che poco ap- presso li nominati Astronomi di Palermo, colla ingenuità che onora la sapienza, dichiararono fallaci le proprie determina- zioni, siccome non corrette di una piccola oscillazione diurna esistente nei muri dell'Osservatorio; tremore da essi non avver- tito innanzi e che avevano in seguito riconosciuto a non dubbi indizj e argomenti. II qual fenomeno di una specie di cangia- mento {)eriodico, diurno ed annuo, nella posizion delle mac- chine, anche le più solidamente appoggiate a robusti muri , era già stato dimostrato con evidenza dall' illustre defunto Astronomo di Milano, il Cav. Ab. Cesaris, che lo dedusse dalle osservate deviazioni del filo a piombo nel grande Quadrante murale di Ptamsden, e lo confermò dall'ispezione di una mira meridiana in diverse ore e stagioni , e dai movimenti di un livello stabile. Io medesimo, allorché mi addestrai allo studio celeste nella I. R. Specola di Brera, ebbi sovente occasion di rimarcare l'anzidetto movimento e ne determinai ben anche le quantità, che oltrepassan ai massimo un arco di mezzo minuto primo neir azzimut, non meno che nelT inclinazion dell' asse di un cannocchiale di passaggi ; donde è manifesto che , non correggendone le osservazioni , un tal movimento da un' ora del giorno all'altra cangerebbe molto dal vero le posizioni as- solute degli astri, e le conseguenze o i ragionamenti che sopra vi si fondassero. a. Dietro questi fatti e queste considerazioni , tosto che nella Specola Modenese furon collocate le macchine di cui è fornita, io mi proposi d'investigar a quali moti o naturali can- giamenti qualunque soggiacessero quivi gli strumenti ed i loro appoggi; per tenerne dipoi conto nelle mie operazioni. Ma per 243 SOPKA I riCCIOLI MOTI APPAUENTI CC. una parte t'attorni accorto che tai moti, se pur sussistevano , eraii molto minori ne' miei due cannocchiali meridiani, e par- ticolarmente nel Circolo di lleichenbach, di ([uelli da me os- servati in Milano ; e d' altra parte avendo io dovuto occupar- mi di altri lavori, mi persuasi di poter dilTerire l'indagine suddetta delle variazioni delle macchine, e solo nel primo Vo- lume degli Atti di questo K. Osservatorio accennai di voler imprendere l'indagine stessa, tanto importante e fondamen- tale, e Ivi riportai anche alcune osservazioni di livello, dalle quali appariva una piccola oscillazion regolare e periodica. Neil' estate però di cjuest' anno approffittandomi e della mia permanenza nella Specola , straordinariamente concedutami dalle circostanze, e della stagione che è la più favorevole all' uopo di riconoscere le alterazioni dei muri e degli istrumenti, ho procurato di soddisfare all' oggetto e divisamento mio di queste speciali ricerche, e ne raccolsi il frutto di osservazioni e di conseguenze che formerà il soggetto della presente Me- moria. E per amor d' ordine io ne dividerò 1' esposizione in tre paragrafi , prefiggendomi nel i ." di trattar dei livelli ap- plicati ai muri e alle macchine della Specola, di esaminar nel a.° il movimento orizzontale o in azzimut de' miei cannoc- chiali meridiani , e di offerire nel 3."^ alcune riflessioni som- ministratemi e dedotte dalla materia dei precedenti. I. Movimenti dei livelli applicati ai muri e alle macchine. 3. Non evvi per avventura uno strumento più semplice del livello a bolla, formato come ognun sa di un tubo di cri- stallo all' esterno di figura cilindrico-retta, lavorato nell'inter- no a figura cilindroidica, parabolica o circolare, cliiuso in am- bi gli estremi, ripieno di alcool, meno un piccolo spazio oc- cupato dall'aria comune o dal vapor dell'etere, e sostenuto per l'asse della sua lunghezza sur un' asta o un tubo metallico Del Prof. Giuseppe Bianchi 249 da sospendersi orizzontalmente. In riguardo a questa sempli- cità crederebbesi di primo avviso che non v'abbia uno stru- mento pili sicuro e invariabile nelle sue indicazioni. Ma suc- cede precisamente il contrario; poiché, ove il livello sia molto sensibile, qual si richiede alla rettificazion delle macchine astronomiche, 1' uso ne è così delicato e le deviazioni o i salti in guisa talvolta forti e singolari che quasi gli osservatori si pentirono di averlo preferito negli strumenti di grande raggio all'antico mezzo del filo a piombo, o studiaron altri modi per segnar e riscontrare con esattezza ne' loro strumenti la linea verticale di collimazione. Ben esaminati perù , come già si è incominciato a fare, il principio , le interne disposizioni, le estrinseche influenze e la maniera di applicar il livello , non sarà impossibile e forse neppur difficile il veder chiaramente le ragioni fisiche di ogni sua variazione e assegnar le cautele colle quali debitamente adoperandolo se ne ottengano sinceri ed esatti risultamenti. Frattanto nei livelli di quest" Osserva- torio sospesi ai muri o alle macchine, e tutti fabbricati a Mo- naco, io distinguo tre specie di variazioni ch'essi presentano: I ." variazione di sensibilità: a.'^ periodica oscillazione spesso congiunta ad un piccolo trepidamento visibile della bolla: 3.*^ agitazion convulsiva e forte della bolla, di breve durazione e che irregolarmente comparisce riguardo all' epoca e alla vio- lenza. 4. Che uno stesso livello cangi di sensibilità, ossia nel valor angolare delle parti della sua scala segnata nel cristallo esternamente lunghesso il tubo, è un fenomeno del quale ci avvisammo da qualche tempo il Sig. Cav. Carlini ed io, de- terminando in varie stagioni e temperature il valor suddetto delle parti o divisioni eguali per ciascuno de' nostri livelli (i). Questo cangiamento, quando avviene e si osserva, corrisponde sempre in un senso medesimo alla diversità delle due tempe- (i) V. Appendice aH'Effemeridi di Milano per l'anno 1827. pag. 79 e 83. lomo XXI. li 2.5o Sopra i nccioLi moti appakenti ec. ratine nello qunli si determinò il valor della scala, e si trova che a temperatura più elevata la sensibilità del livello è di- minuita, ossia clu; è più grande il valor angolare delle sue divisioni, e ciò di una quantità molto eccedente la dilatazion lineare del vetro su cui la scala è incisa. Ho detto quando il cangiamento si osserva ; perocché di quattro livelli da me sperimentati due presentaron ogni volta e nelle stagioni op- poste un valor costante di scala ;, mentre gli altri due l'eb- bero notabilmente cangiato nel modo anzidetto ; la quale di- versità di etTetti in uguali circostanze di temperature diverse mi sembrò potersi attribuire a difTerenze di lavorazione o ine- guaglianze di superficie interna fra livello e livello. Imperoc- ché se la variazione di sensibilità o della scala fosse cagionata dal cambiamento della temperatura, essa dovrebbe accader e manifestarsi in tutti i livelli dall'inverno all'estate, né si avrebbe alcun livello di scala costante. Vero è nondimeno che a ben decidere su questo punto converrebbe ripetere le de- terminazioni della scala do' miei livelli in diverse tempera- ture mantenendo costante la lunghezza della bolla e facendola scorrere fra gli stessi termini della scala; siccome praticò in una delle sue esperienze il Sig. Carlini che ammise e spiegò il cangiato valor delle divisioni dal cangiamento della tempe- ratura che alteri la curvatura o i parametri dell'interna su- peificie del tubo. E inoltre sarebbero da considerar altre cir- costanze che possono iniluir nel fenomeno e riuscir differenti colla temperatura;, la figura e larghezza della bolla non che la varia densità dell' alcool e la sua curvatura capillare aderen- temente al vetro; onde questo genere di determinazioni ri- chiede attenzioni e cautele delicatissime. In questo luogo però mi basta di aver toccata e ricordata una quistione ancor con- troversa e non definita, su la quale ritornerò in altra occa- sione , essendo qui mio precipuo scopo il trattenermi intorno alla seconda e terza delle variazioni de' livelli suindicate, in- dipendenti da quella della sensibilità, quando non si cerchi r assoluta quantità dei movimenti della bolla e il suo valor angolare o d' inclinazione. Del Prof. Giuseppe Bianchi aSi 5. Ho riferite altrove, come già dissi, alcune osservazioni dei livelli sospesi alle pareti della Specola o agli assi degli strumenti meridiani, dalle quali osservazioni mi si rese mani- festa un' oscillazion giornaliera periodica della bolla, con esten- sione massima nei giorni più caldi e sereni dell' estate, nulla o minima nelT inverno e quando le nubi coprono il cielo, media nelle stagioni temperate o in uno stato atmosferico di nuvole spezzate o di sottil nebbia (i). Quello di essi livelli che serve alla rettificazione dello strumento de' passaggi e che distinguo col segno (l), è sospeso continuamente in poca di- stanza da tale strumento all'interno lato del muro della torre, che volgesi esternamente al levante con piccola declinazione al mezzodì. Spesse volte in questa posizion del livello e al momento in cui il suo moto diurno periodico è il piìi forte mi è accaduto di vederne la bolla in uno stato di tremore permanente, senza che ne apparisse cagione dall'aria, tran- quillissima cosi entro la stanza come di fuori, ed io medesimo trattenendomi alcun poco distante dal livello, né piìi da una parte che dall'altra della bolla, a fin die un estremo o lato del livello non si riscaldasse per la mia vicinanza più dell'al- tro. Un tal fenomeno, che è la seconda variazione da me sopra distinta ne,' livelli , mi ha eccitato 1' estate scorso a seguirlo diligentemente e con un maggior numero di osservazioni a brevi intervalli, sembrandomi curioso e interessante soggetto il discuoprirne o fissarne la fisica ragione più verosimile. Qui pertanto ne offro la tabella delle osservazioni, avvertendo che il livello fu sempre lasciato immobile, ossia non mai tolto dal muro per applicarlo allo strumento de' passaggi , e ciie leg- gendolo usai ogni volta le possibili precauzioni per non can- giarne in quel punto le naturali sue circostanze: or eccone le osservazioni. (i) V. Atti del R. Osservatorio di Modena, pag. 256. 2.5-2, Sopra i piccioli moti apparenei ec. Livello I. sospeso uell' interno lato del muro orientale al piano degli Strumenti meridiani. , Ola 1 K^liviiu 1 . . 1 1 i836 (Icll.i lui - ,1.11., I.„ll., l„,,s, I.ini.li,v./.i lidia liiilla LIl'\ a/.miK (Uir Turo,. S1..1., \'eiito e circu.-.tanie Mese e Giorno tura in tempo vero (lai mc/,/.o ,lcll.i lioiipia sralii io l.a.li .lilla s alntosferirliu ?s. s. Giug. 8. 7-M5' 24,2 3i,8 56, 0 — 3, 8c -+- '7;'3 .juleta . . . Sereiìo-nebb. y. 4.5 24,5 3i, 9 56, 4 — 3.-0 id. S.O. nebbioso 19. i5 2.5, 9 33, i 59, 0 ~ 3,60 trepida S.O. nuvolo 22. 4.3 26, 0 32,9 58,9 - 3,45 id. S.O. pioggia, indi sereno 9- 6. 0 16,5 4^, a 59, 3 — i3, ij -<- i5, I quieta . . . sereno, iodi pioggia 8. 3o 17, I 42,7 59,8 — 12, 8c i.l. . . . sereno IO- 45 25,6 óó, 5 61,1 — 4' '|5 oscilla N.O. nuvolo, sereno ■lì. 45 25,4 34,6 60, 0 - 4, <'o id. N. nuvolo, sereno IO. 4. 0 i3, 6 44.1 57, 7 lÓ, 20 -*- i7> 0 id. E. sereno, nuvolo 8. 0 12,1 44- 6 56,7 — 16, 25 id. N.E. sereno IO. 0 i3, 2 43,8 57, 0 — i5, 3o quipt.l idem 12. 0 i3, 8 43,8 57,7 — i5, 00 id. idem 14. 0 14, 2 43,7 57, 9 - '4, 75 id. idem 16. 0 14.7 43,8 58, 5 - 14, .55 oscdla idem 18. i5 20, 2 39, 6 59,8 — 9, 70 id. 0. idem 2C. 0 25, 2 33,5 58,7 - 4. >5 id. 0. idem 22. 0 25,9 3i,8 57, 3 — 2,95 id. idem 23. 45 21, 6 34,7 56, 3 — 6, 55 id. idem II. 3. 0 13, 2 4'. 7 53, 9 — '4, 75 ■+■ 17, 8 quieta S. E. idem 4. 0 12, 2 4'= 7 53,9 - '4, 75 id. E. sereno, ncbb. 8. 0 12, 1 41,5 53,6 — 14, 70 oscilla E. sereno, nuvolo 10. 0 12,3 41,5 53,8 — 14, bo id. . . . sereno 21. 3o 22, 5 3:!, 6 55, r — 5, oó id. N.O. sereno, nebb. 22. 0 22, 3 32, 6 54, 8 - 5,20 id. N.O. sereno 23. 45 79,2 34,6 M, 8 — 7, 70 id. N.E. idem la. 0. I I ■7,5 34,6 52,1 — 8,55 -*- 18,4 quii;ta . . . sereno, nuvolo 0. 21 16, 6 34,6 5l,2 — 9, oc oscdla . . . sereno, nuvolo 0. 3i 16, 5 .34,6 5i,i — g, o5 id. . . . nuvolo, sereno 0. 4i 16,5 34,6 5r,i — 9, o5 quiet. . . . nuvolo, sereno 5. i5 11,0 39, 7 5o, 7 — ;4, 35 quieta N.E. pioggia alle ore 5. 8. 0 i3, 5 38, 7 52, a — 12, 60 oscilla . . . nu\'olo. 9. 0 1.3,6 38, 6 - 12, .50 quieta . . . nuvolo, sereno 2 1. i5 19,3 37,3 56, 5 — 9,o5 oscilla N.O. nuvolo i3. 0. 0 '9.7 36,4 56, I — 8, 35 -4- 16, 6 id. S.O. pioggia dirotta 6. i5 20, 5 35,3 55, 8 — 7, 4c quieta 0. sereno 8. 0 "9>7 36, I 55, 8 — 8,20 oscilla . . . idem IO. 0 20,2 36,3 56, 5 — 8, o5 quieta . . . idem 19. 3o 2.5,2 32,6 57,8 - 3,70 oscdla 0. idem 21. 20 24,5 27, 6 57, 1 -1- 0, 95 quieta 0. idem 23. 1 2.5, 7 3o, 4 5f., 1 — 2, .S5 oscilla E. idem 23. i5 2.5,, 3o, 8 5.5,9 — 2, 85 id. . . . idem 23. 3o 24,5 3o, 5 55, 0 - 3,00 id. . . . idem 1 23. 45 23, 9 3o, 8 54, 7 - 3.45 quieta . . . idem Dei. Pisof. Giuseppe Bianchi 253 i836 Mese e Giorno Giug. i4 25. altra serie d'osi. 26. Or.i ,Klla let- tura in tenlj)0 vero 0.''!.5' e. 3o 0. 45 1. o I. i5 1. 3o 1. 45 2. o 5. 25 7. 3o 21. i5 21. i5 22. 30 23. 45 o. 45 4. O 5. 3o Kslnuu 7 della bolla in jiaili della t,i::ala 52,7 53, o 53, I 53,4 53,6 53,8 53,8 53,8 53,8 53,9 55,5 4',' 40,4 39,3 37,9 34,5 33,4 EIcva/.iouc (icir estremo N. -4,85 — 5, 3o — 6, o5 — b, 3o — 6, 80 — 6,90 — 7,70 — 7,7° ^16, IO -i5, 85 — 2, 65 — 6, o5 — 6, 4° -.3,45 -.4, 65 -24, 45 — ii5j 00 Tei m. R. esterno i7>4 22, 4 23,8 Stato ilella bolla oscilla i.i quieta oscilla id. id. id. id. quieta oscilla id. quieta oscilla id. quieta id. id. Vento e circostauic atmosfericlie E. . E. . S.O. Sereno idem idem idem idem idem idem idem idem idem idem N.O. N.O. N. N. E. E. idem idem idem idem idem Sereno 6. Il moto apparente degli estremi della bolla componen- dosi di due partii una dovuta alla dilatazione dell' alcool per l'aumento della diurna temperatura nell' ambiente^ e l'altra eguale al moto vero ed effettivo della bolla, queste due parti si disgiungon, com'è chiaro, una dall'altra e compajon isolatamente ciascuna, la prima nelle differenze della lunghezza della bollale la seconda nelle differenze di elevazione della medesima estre- mità. Scorgesi conseguentemente dalle osservate quantità di elevazione dell'estremo Nord: i.*" che la bolla ebbe realmente un moto diurno periodico, poiché dopo a4 ore essa ritornava molto prossimamente alla posizion primitiva: 2,.° che dalle nove antemeridiane sin verso le ore cinque pomeridiane la bolla trasportavasi verso il Sud ( coli' escursion massima di parti della scala 18, 85 corrispondenti all'arco di ao", 17 ), poscia ri- maneva stazionaria sino alle quattro del mattino seguente, fino cioè al nascer del Sole, e che da quest' ultimo istante retro- cedeva sino alle nove della mattina, innalzandosi allora l'estre- mo Nord: 3.' che il movimento vespertino, o verso il Sud, a54 SornA i piccioli jiuti apparenti ec. incominciava e progrediva lentamente e quasi iinifoiine fino alle due pomeridiane, ma in seguito, e forse l^ruscamente , diveniva rapido e accelerato, risultandone, in pari tempo del precedente, un triplice spazio percorso: all' incontro il movi- mento della mattina o verso il Nord era più forte, però equa- bile, nelle prime ore fino alle otto, e poscia terminava lenta- mente: 4° c^'*^ lo stato atmosferico ebbe una manifesta in- fluenza nelle variazioni di questi movimenti e nel ritorno della bolla alle posizioni di prima. Tutto ciò è una prova che il fenomeno del moto periodico della l)olla immediatamente di- pende dal calor dei raggi solari, che percuoton esternamente i muri della Specola, diretti e liberi, oppure impediti e diffusi dalle nuvole. Il movimento della bolla ne deriva, come in ap- presso vedremo. 7. Farò qui osservar di passaggio un effetto della com- posizione poc' anzi avvertita del moto apparente degli estremi della bolla dipendentemente dalla dilatazione e dal moto reale della bolla stessa. Cospirando il movimento e la dilatazione a trasportar un'estremo della bolla verso la stessa parte, ne ri- sulta un apparente moto maggiore del vero, e il contrario av- viene, se il movimento e la dilatazion della bolla spingano r estremo in opposte parti ; onde uguagliandosi le due forze contrarie, l'estremo apparirà immobile, e l'altro estremo allora presenterà il caso primo del moto vero aumentato della dila- tazione, e raddoppiato per essa. Il qual semplicissimo effetto agevolmente si riconosce nelle precedenti osservazioni, rilevan- dosi da esse che un' estremità della bolla si conservò talvolta lungamente stazionaria, muovendosi l'altra estremità e l'intera bolla, e ciò accadendo nel tempo e modo spiegato. A primo giudizio, scorgendo immobile un'estremità della bolla, mentre r altra segue un moto progressivo , potrebbe credersi che un qualche ostacolo interno , una scabrezza della superficie del vetro, una irregolarità di curva, una specie d'attrito impedisca r alcool di avanzarsi o retrocedere da un lato più clic dall'al- tro; donde nascerebbe un cangiamento di figura, di larghezza \ Del Prof. Giuseppe Bianchi a55 e di profondità della bolla. E ciò può ancora esser vero in parte; ma la ragion principale delle dilTerenze di moto dei due estre- mi consiste naturalmente nell' aggiungersi fra loro per un estremo le due accennate cagioni di moto e nel contrastarsi le stesse cagioni per I' altro estremo. 8. Venne a taluno in pensiero che il moto giornaliero pe- riodico del mio livello sospeso al muro orientale derivi da una oscillazione dell' intero fabbricato della Specola fra Nord e Sud, sul riflesso che tal edifizio è rinchiuso, appoggiato e di- feso nei Iati Est e Ovest dalle contigue parti del R. Palazzo, che lo riparan anche per due terzi e piìi di altezza dai raggi del Sole, nel mentre che i lati di Sud e Nord sono da cima a fondo isolati e scoperti. Ritornerò in seguito su questa opi- nione per esaminar se la relativa cagion dei movimenti sia verosimile; ma frattanto ad accertarmi coli' esperienza se la variazion diurna del livello avvenga o no sospendendo il li- vello stesso al muro meridionale della Specola ^ ossia in dire- zion perpendicolare all' antecedente, io feci fissar nella parete interna del detto muro a mezzogiorno due staffe di ferro, si- mili a quelle del muro orientale, per applicarvi similmente il livello. Il luogo della nuova sospensione è un ripostiglio, al piano medesimo degli strumenti meridiani, ove non è praticata finestra e perciò non entra luce né aria esterna ; ma , per la vicinanza del tetto, e situato il luogo stesso fra le due fine- stre o aperture paralelle dei due cannocchiali de' passaggi, il livello quivi è sensibile e dà indizio di movimento, solo che apprasi 1' uno o 1' altro dei tagli meridiani, comecché non in- troducasi perciò né aria né luce nel mentovato ripostiglio. E avverto che la finestra o il taglio del circolo di Reichenbach giace all'Ovest dell'indicato luogo, ove nuovamente sospesi il livello I; il che premesso, espongo il secondo quadro delle os- servazioni o letture fatte, durante le quali non fu mai toccato il livello. a56 SOPHA I PICCIOLI MOTI APPARENTI CC. Livello I sospeso all' interna parete del muro meridionale. i836 Ol.L .1 «■mi ■II., Lmi-Iitv./^i dell;. I.ull,, ili p.nli ilcH.l scala Elevazione Slato Terni. Stato atmosferico Mese e giorno Icllur.i in tempo ixiii.1 a il nic'i/.o .1,11' estuino E ,l,lla l.iilla II. e circostanza E. 0. VCIO o.''i5' Giug. i5 21,4 34, 7 56,1 — 6, 65 quieta -*-'7,7 E. Sereno 4, 0 8,2 45, . 53,3 - 18, 45 iti. E. id. 8. 0 7» 9 44> 0 5i,9 - 18, o5 picc. ose. E. id. IO. 0 9, 6 4^, 7 52,3 — 16, 55 quieta — id. aperto il tag. 0. 12. 0 >2, 7, 40, 6 53,3 — i3, 95 id. — id. i4* 0 14, 2 39. 7 5:3,9 — 12, 75 picc. ose. — id. cliiuso il tag. 0. 16. 0 i4i 9 39, 7 54,6 — 12, 40 quieta Sereuo 18. e 16, 4 39, a 55,6 — II, 4o id. E. id. 20. 0 18, 5 37,5 56,0 — 9, 5o id. E. id. 21. 3o 20, 6 35, 4 56, 0 — !■> 4° id. id. 23. 45 20, 2 34, 5 54,7 — 7, i5 id. id. 16 0. i5 19, 5 34, 7 54,^ — 7, Go id. -(-i8,3 E. id. 0. 3o 19, 3 34,7 54,0 — 7, 70 id. id. 0. 45 19, I 34, 3 53,9 - 7, 85 id. id. I. 0 16, 6 37, e 63,6 IO, 20 i,l. j^l , aperto il t.ig. mer. I. i5 I. 3o i5, 8 ,5,3 37, 6 37, 9 53,^ 53,2 — IO, 90 — II, 3u id. picc, ose. E. - 1* >,lel ,-ireolo per un . ,' astante. id. I. 45 .3,4 39, 7 53, t — i3, i5 quieta i,l. 2. 0 12,5 4o, 4 52,9 — 13, 95 id. id. 4. 0 6, 5 45, ■ 5i,6 ~ 19, 3o picc. ose. E. kI. 6. 0 6,4 44, ■ 5o,5 — 18, 85 id. E. Nel)bioso-ser. 7. 40 6.4 43, 8 5o,2 — 18, 70 quieta E. id. 23. 45 18, 9 33, 4 52,3 - 7, 25 id. 0. Sereno-nuv. 17 8. 0 7. 9 39, 6 47,5 — i5, 85 id. -+-19,0 N. Sereno-nebb. IO. 0 8, 5 38, 9 47,4 — i5, 20 id. id. 19. i5 !?> I 34, 0 5i,7 - 3, 45 picc. ose. S.O. Sereno 23. 0 20, 2 3o, 5 5o,7 - .5, i5 quieta N.E id. 18 7. 0 3, 7 4., 2 44,9 ^18, 75 id. -(-19,8 S.O id. vento gagliardo IO. 0 IO, 3 35, 6 45,9 — 12, 65 id. id. 23. 45 = 7,5 3o, 9 48,4 — 6, 70 id. N.O.S-n.e innan.pioggiaj 19 5. 0 II, 2 34, 7 4'', 9 — II, 75 id. -(-20,4 N.O Ser. vento forte 7. 40 ", 7 34, 6 46, 3 - II, 4'J id. S.O. id. calmato il vento 9. 40 i3, 6 3.:;, 6 47,2 — IO, 00 id. id. 19. 0 17. 7 33, 5 5l,2 — 7' 90 id. SO. Ser. nuv. 21. 3o '9, 4 3i, 6 5t,o - 6, IO id. 0. Sereno 23. 45 20, 5 ^9, 4 49,9 - 4, 45 id. N.O id.si alza forte ven. 20 7. 0 i», 3 34, 6 44,9 — II, 1 5 id. H-19,8 E. Ser. nuv. 9. 0 14, I 33, 6 47,7 — 9, 75 id. Sereno 21. 0 19, 3 33, 2 52,5 — (), 9'^ id. N. Ser. nebb: innanzi 23. 0 20, 3 3t, 3 5i,6 — 5, 5o id. N. Sereno ( nelib. Dei, PiiOF. GiusEPFE Bianchi i57 Ora Estn mi Lunghi;/./..! Elcva/.iouc St.cto 1\mu. „ . 1 I S36 < le Ila Il-Uuim in teitipo della S ato atraoslenco Mese e giorno lioll \ (lai me77,o della Ixilla in paiti ilcir uatrcmo ■k'Ila Lolla R. cstcìno e circostanze vero k. u il.llu .snila F. Giug. ai 0.1' 3o 17^ 4 33, j 5o,5 - 7, 85 quieta +.8,4 N.E. Sereno 7. 3o 4. 0 4'. 3 4.5,3 — i3, 65 id. N.K. id. IO. 0 7' 9 ^7, 5 4'^- 4 — 14, 80 id. id. la. 0 "1 I 3o, 4 46,5 — 12, i5 id. id. 21. i5 18, 7 3i, 8 5o,5 — 6, 55 id. N. Ser. neb. .3. 45 18, 9 3o, 6 49,5 — 5, 85 id. N. id. 2.6 12. 3o i3, 4 a3. 4 36,8 — 5, 00 quieta -t-23,8 S. ap.uii tag. del e. ai. 0 q, I 3o, 2 3q,3 — IO, 55 _. E. Nuv. ser. a3. 45 6, 7 3i, p 38,6 — 12, 60 — S. E. Ser. vento forte S a? 4. 45 3, 5 34, 8 38,3 — i5, 65 — -t-iii,8 S. E. Sereno ea 8. 0 3, 3 35, 6 38, q — 16, i5 — S. E. id. venticello ^ la. 0 7' 8 3.3, 6 4'>4 — 12, qo — id. ap. il tag. del e. a3. 45 ■4. I if), 7 43,8 - 7, 80 — N.E. id. a8 4. lò ' J 8 39, 6 4i>4 — 18, 90 " 4-20,3 E. id. aria tranquilla g. Raccogliamo di qui che anclie nel muro di mezzogiorno il livello è soggetto ad una oscillazione diurna simile all' os- servata nel muro di levante; però con qualche differenza da quella, tanto nell'estensione o quantità dell' escursion della bolla, come nelle ore e durate del movimento. Un poco prima deir istante del mezzodì l'estremo E. incomincia a trasportarsi verso ponente, come se venisse innalzato il braccio O. del livello; il moto, lento dapprincipio, si accelera e alle ore quat- tro circa della sera raggiunge il suo termine , dopo il quale restando il livello stazionario sino al tramonto, da quest'ora poi la bolla diviene retrograda, ossia trasportasi effettivamente a levante, di nuovo è stazionaria nelle ore notturne, e con- tinua il moto verso Est dal nascer del sole al mezzodì. La totale escursione , che al massimo riuscì due terzi di quella osservata nel muro orientale (precisamente nel giorno ai Giugno di parti della scala i3, i5 corrispondenti all' arco di i4", 07 ), è variabile come l'altra, secondo che 1' atmosfera è ingombrata di nubi o serena ; e, corrispondentemente all'oscil- Tomo XXI. Kk a58 Sopra i piccioli .•\ioti apparenti ec. lazioii minore, la ])olIa non è agitata o in uno stato fli tre- pidazione COSI sensibile, nelle ore del movimento, come nel muro orientalo. Infine la forza e direzione del vento, che molto cangiò nell'intervallo delle ultime osservazioni, sembra non aver che poco influito nella quantità dei movimenti, a parità di altre circostanze. Io mi limito di presente a riferir i fatti che immediatamente risultano dalle osservazioni, riservando al 3.° §. di questo scritto il trattenermi su la cagione de' movimenti osservati. IO. Dalla sospension del livello ai muri della Specola pas- sando a dire dei livelli sospesi agli strumenti, io volli esami- nar la variazione diurna periodica sopra i due livelli I e II applicati rispettivamente all' asse dei due cannocchiali meri- diani, e al tempo stesso nel livello III fissato sul nonio del circolo di Reichenbach e situato in posizione perpendicolare ai due primi. Per tal oggetto in un bel giorno sereno dell'ul- timo scorso Agosto applicati i livelli all'asse dei dne strumen- tì, quello de' passaggi e il circolo meridiano , quivi li lasciai senza mai muoverli, e procurai ancora che fossero entrambi situati in parità di estrinseche circostanze, con tener aperta continuamente per 1' uno e per 1' altro una egual parte di fi- nestra o di taglio al Nord; siccome ho in costume di far ogni volta che sospendo il livello all'asse del Circolo, se però r aria sia tranquilla, e non soffii il vento dall'apertura suddetta. Cosi adoperando io formai la tavola seguente di osservazioni: Del Prof. Giuseppe Bianchi aSg 0 Live- lo I Li\cllo II Li\el 0 III. i836 (Iella Iet- allo str umeiito ;\\V asse del eircolo mcr. Mese tar. i in a,.-^ i, SS.Ii^'^l e giorno Estifiuo Estremo Estremo Estremo Estremo EstreciKj t. vero O. E. 0. E. S. N. Agosto 8 22. 4° i3, 3 32, 7 23,0 29,0 16,5 29,5 9 0. 0 II, I 3i, 3 23,3 27,8 16,8 .7,6 I. 0 II, I 32, 0 23,3 26,7 .7.8 25,6 I. 3o '4, 4 27, 4 2.3,3 24, 0 17,8 34>7 4- 5 i8, 6 21, 5 23,3 33,4 18,5 22,6 ,H5 i8, 8 31, 5 23,3 23,7 17,7 22,9 8. 20 i8, 8 33. 7 23,3 35,7 16,6 a5, 0 IO. 0 19, 5 34, 6 26,5 34,0 17. I 35,7 12. 0 19, 5 35, 5 37,4 24,0 17,6 26, 1 '4- 0 19. 6 35, 8 27,6 23,9 17,8 26, 1 '7- i5 20, 5 ^7' I 28,6 34.4 18,4 26,5 iq. IO 19, 5 "3 5 28,6 25,7 17,4 28,6 21. i5 i3, 6 3a, 7 36,4 27,0 16,4 29,5 2». i5 IO, 8 33, 6 25,0 25,3 16,6 27,6 Annotazioni Il vento, ma leggiero , ha spirato sempre diE.o di N.E: cielo costante mente sereno, fuor di qual- che nube e lampo all'oriz zunte la sera verso N. 0: term. esterno all'ora di mez- zodì n:-t-2o,6 le bolle quiet. Si hanno quindi le lunghezze ed elevazioni delle bolle Livello I Livello II Livell y III lunghez- elevazione la stessa lungVicz- elevazione la slessa lunghez- ele\azione ia stessa za della deir estr. ia za della dell' estr. in za della dell' estr. in bolla E. arco bolla E. arco bolla N. arco 46,0 ■+■ 9, 70 -+- I0",38 52,0 •+- 3, 00 -4- 3",o3 46,0 -t- 6, 5o -t- 7",8o 44,4 +11, 10 II, 88 5i, I -*- 2, 45 ■+■ 3, 4? 44,4 -H 5, 40 6,48 4'^>i -i-io, 45 II, 18 5o,o ■+■ 1, 70 ■+■ I, 7-1 43,4 + 3, 90 4, 68 41,8 ■+■ 6, 5o 6, 96 47>3 ■+■ 0, 35 -t- 0, 35 42,5 ■+■ 3, 40 4> '4 40, 1 -t- I, 45 I, S^ 4b,7 -t- 0, c5 -+- 0, c5 4'.' ■+■ 3, 0.^ 3, 46 40.3 -*- I, 35 1,44 47>o -»- 0, 20 -*- 0, ao 4o>6 ■+■ 3, 60 3, .2 42, 5 ■*- 3, 45 2, 62 49.0 -t- 1, 20 -+• I, 31 41,6 ■+• 4. 20 5, c4 ..4,1 + 2, 55 3, 73 5o,5 — I, 25 — . I, a6 4^,8 ■+• 4. 3o 5, 16 :.5, 0 + 3, co 3^ ai 5 1,4 -m I, 70 _ I, 73 43,7 ■+■ 4, ab 5, IO 45.4 -4- 3, ic 3,22 5i,5 —. I, 85 — I, 87 43.9 ■+■ 4. ib 4, 98 .7,6 -1- 3, 3o 3, 53 53, 0 a IO _ a, 12 44.1 ■+■ 4, ob 4. 86 48,0 -f- 4, 5o 4, 82 54,3 I, 45 ^ 1,46 46,0 ■+■ ^, 60 6, 72 46,3 -+- 9, 55 IO, 22 53,3 ■+■ 0, 3o -t- e, 3o 4'^9 ■+■ 6, bb 7,86 44.4 -t- II, 40 12, 20 So, 2 + 0) IO -1- 0, IO 44.3 -+• b, bo -»- 6, 60 260 Soi-RA I nnciOLI JTOTI APPARF.KTI CC. Il riinggior inovinionto avviene dunque nel livello appli- cato allo stiuincnto do' passaggi fra Est ed Ovest, e i'u di io", 44 ^^''' mezzodì alle ore 5 ^ della sera, elevandosi restrenio O: quello fra Sud e Nord nel livello fisso del circolo fu di 5", 34 dalle ore 10 | della mattina alle 4 della sera, abbas- sandosi rostremo N: e il minimo ebbe luoiro fra Est ed Ovest nel livello sospeso alP asse del circolo e lu di 5", io dalle io |- della mattina alle 5 J- della mattina susseiiueiite, innalzan- dosi r estremo O della lispettiva bolla, fila nei due livelli del circolo la direzion del moto della bolla secondo la liin- gliczza si alleino due volte nello stesso giorno, come scorgesi dalle quantità di elevazione del medesimo estremo; ed è siu- golaje specialmente il ripiegamento di questo moto nel livello II, avvenuto fra le otto e le dieci della sera , e die sembrò farsi quasi Ijruscamente o per salto. AH' incontro nel livello I il moto, comecché maggiore di quello dei livelli dell'altro istrumento, fu però progressivo e soggetto ad nn solo cangia- mento giornaliero di direzione. II. Nei livelli sospesi o fissamente congiunti alle mac- elline astronomiche, siccome i precedenti, il moto della bolla, sempre che il livello d'altronde sia collocato e mantenuto quieto, ha due parti e dipende da due cagioni che giova di ben sepaiare e distinguere. Una di queste [larti, come in se- guito spiegheremo , è intrinseca al livello , ossia è un moto intestino della bolla dipendentemente, non dalla macchina e dalla orizzoiitaliià degli appoggi, bensì dal luogo e da una combiiia/.ione di libiche influenze esteriori ; e 1' altra parte è l'immediata conseguenza del cangiamento di elevazion relativa degli ap|ioggi, ed è perciò interamente dovuta all' inclinazion dell' asse dello strumento cui è applicato il livello. Oneste due parti sono fra loro miste e confuse nelle osservazioni del precedente nuin. 10, poiché i livelli non furon mai loccati né canniati di sito; onde sba"lierebbe chi attiibuisse per in- tero i moti osservati nelle bolle a cangiamento d'inclinazione degli appoggi o dell'asse de' rispettivi strumenti, l'ero la se- Del Prof. Giuseppe Bianchi 261 parazion delle due parti del movimento è facile ad ottenersi quando il livello può levarsi, rimettersi ed essere sospeso, come all'asse dell' istrumento de' passaggi nelle due posizioni con- trarie. Tre o quattro minuti di tempo dopo che il livello è stato sospeso e leggiermente scosso perchè la bolla, superati gli attriti dell' interna superficie del tubo, occupi il posto piìi elevato, e appena la bolla si mostri quieta, leggendone le di- visioni de' suoi estremi e ripetendo la lettura colle stesse caute- le nella sospension inversa, se ne dedurrà sicura e precisa la quantità d'inclinazione dell'asse o degli appoggi. Imperocché, se anche applichisi il livello nell' ora del suo diurno e perio- dico movimento più forte, qual sarebbe nel mio strumento de' passaggi all' ora i dopo il mezzodì, questo movimento pier r intervallo di pochi minuti non è che una tendenza 0 specie di moto virtuale della bolla verso uno degli estremi, che però continuando ne' successivi tempi verso la stessa parte accu- mula i suoi piccioli effetti istantanei e divien sensibile ad un intervallo maggiore; altrimenti, se tale movimento intestino della bolla fosse di notabil grandezza in un breve tempo, ossia rapido, la bolla non presenterebbesi quieta, come abbiam sup- posto e si osserva, ma in uno stato di continua e viva trepi- dazione. Dunque il primo equilibrio della bolla viene deter- minato unicamente dall' inclinazione della linea di sospension del livello e punto non si compone dell'altra parte che altera più lentamente o per insensibili gradi istantanei la situazion della bolla. Ricr)nosciuta poi e valutata così la parte mecca- nica del moto della bolla, risultante cioè dalla cangiata incli- nazione della linea di sospensione, sottraendone la quantità dalla totale osservata escursione della bolla, quando il livello non è stato mosso, nel residuo si avrà l'altra parte fisica del Imovimento, quella cioè prodotta nell' interna disposizion del ivello dall' influenza delle cagioni esterne. Ma il livello es- sendo fissamente congiunto allo strumento non si avrà mezzo di separar le due parti anzidette del moto della bolla, e po- trà derivarne qualche difetto e incertezza nelle osservazioni. nCil SorilA I PICCIOLI mOTI APPARENEI GC. E si concepisce di leggieri che a questo riguardo la distin- zione dei livelli, fissi o mobili, degli strumenti astronomici è importantissima per la pratica esattezza delle determinazioni e misure che ne dipendono, o racchiudon il relativo elemento di correzione. 12,. Gioverà ora di esaminar i movimenti a cui è soggetta in un giorno estivo, ed anclie fra l'anno, l' inclinazione oriz- zontale dell' asse nei due strumenti meridiani, determinata ogni volta colla duplice sospension del livello e nel modo suindicato. AH' asse del circolo meridiano io faceva in addietro applicar il livello dal Macchinista Sgarhi, attesa la difficoltà e delicatezza dell' operazione ; ma essendomi dipoi addestrato io medesimo ad eseguire tal cosa, ho potuto così ripetere più frequentemente le sospensioni. Corrette pertanto le inclina- zioni osservate dell' asse dall' ineguaglianza di raggio, altronde riconosciuta, dei due perni, e notando che lo strumento non mai venne mosso fuor che per due inversioni il 29 Dicembre i835 e il 19 Gennajo i836, né furon mai toccate le viti del moto verticale de' cuscinetti, io ne ho ritrovato i valori se- guenti dell' inclinazione, espressi in tempo e col segno posi- tivo per r elevazione del perno occidentale i3V.-iS3(; Ott. Novr. Dee. Gftnn. [•ehi,. A pr. ^'•'SS- 0 ra ci t \L ni .5. ' 0' 4- ào 0. 0 4- 0 0. 0 0. no r. 0 2.1. 0 5. 0 e. 0 u. 0 T. i5 0, 3o ■lA. '^o riioIin.-i7,i. iS3(i Va >.u^i'> nUT. Ell..L- .rn.i-, si.l.T. P..,.,..^-io ,lil3n. AK. Dilloreiize e ;:i (Ilio Mlp I.''inr. l3l' ih lnwlli. lidi ur()l(»L^i(j tMirlLlLu •4'1'- I. . . il. Otto! 1. 0 I. ' 0..'!'>7",C0 -+- io",63 -t- 0.' 3,"43 i.''2.'i3,"6i i.'3.,"94 _ 0/41, "6- 1 1 i3. 0. :l, OO IO, C16 f2, 91 i3. 0. 52, 3o 32, 16 -i-o. 3o, 86 10 ló. 0. 7, 5o — IO, oò 3, IO i3. 0. S7, 99 32, 29 ■+■ 0. 34, 3o I. a. 43, .08 ■+■ IO, 63 3, .53 I. 2. 0, 2.J 32, 01 — 0. 2-, ()8 i5 li. 0. 6, 80 12, OT 4, 80 i3. 0. 56, 98 82, 21 -»-o. 35, 23 21 lò. 0. 1 1, 80 -.4,48 q,83 i3. I. 4, 60 3i, 53 -t-0.26, f|3 ^'t 1 1. 59. .56, .5.0 - li, a6 14. r)J i3. e. 55, 66 3o, 83 -t-o. 35, i- Ni>vem. 7 I. a. 1.5, 5o -H i3, 14 iq, 84 1 . I. 5i, o3 28, 56 — 0.22,47 Dee. 12 111. rj,j. r,8, 00 — 14, 88 3, f)7 i3. 0. 43, 54 li, 37 -4-0.2 7,83 I. I. 59, 70 -+■ '■>, 73 4 , 83 I. i. 22, 81 1:, 01 — 0. 1 1, 80 2-+ 1 . I. I, .JO ■+- 14, 'jo 0. 5i, 29 j. I. IO, 94 2, 66 — 0. 8, 28 Del Prof. Giuseppe Bianchi 173 i8^J-i83G Passaggio mer. Error Error sidcr. Passa f;;;io Dall' J'ir. diBcr.AR DifFcrenze mese e giorno osserv. sup. I^inf. l3.'' di livello dell' orologio corretto app. I. . . lì. Dee. 37 i."- o.'47"5o -*-i4."33 -fi.' 6,"45 X. >■ i.'io,"83 I.' o,"23 — 0.' io,"6o| str.jGe.4 inv.f 7 23 0. 58. 16,48 -t-io, 42 1.45,28 I. I. IO, 63 0. 54, 38j— 0. 16, 35| 0. 58. 9, 20 -t-io, 4a -»- 2. 0, 2^ I. 1. 17, 3i 5r, 74 —0. 25, 57 I. a. 43, :£ -*- 5, 14 — 0. 68, 63 I. 0. 5i, c6 38, 87 0. 13, 19 Apr. 8 I. i.3i,go -1- a, 47 — 0. IO, 59 I. 0. 26, 33 6,67 .—0. 19, 66 23 I. 1. 55, 00 ■+■ a, 47 — 0. 6, 00 t. 0. .54. 02 9, 60 —0.44, 42 Giug. I 12. 58. 20, 14 H- 2, 26 -f- 0. 22, 92 12. 59, 4^, 77 3o, 5! -HO. 47, 74 a. 12. 58. 16, 60 -+- 3, 26 =4. 49 12. 5g. 4°. 80 3i, i5 -t-0. 5o, 35 3 I. I. 54, 80 — 2, 38 25,41 I. I. 20,38 3i,46 —0.48, 92 la. 58. 6, 5o -+- 2, 2b 26, 20 13. 69. 32, 41 3', 77 -♦-0. 69, 36 i 12. 58. 7, 3o -t- 2, 77 27,86 12. 69. 35,38 32, 38 -)-o. 57, 00 1. I. 57, 5o - 3, 46 28,79 I. 1.25,38 32, 6g —0. 62, 69 6 12. 58. 6, 20 -»- 3, 79 31,37 12. 59.38,81 33, 68 -1-0. 54, 87 7 I. I. 53, 80 - 4, 54 32, 19 I. I. 34, 00 34, 02 —0.49, 98 8 12. 68. I, 60 •+- 4, 81 34.79 12. 59. 38,65 35, j4 -1-0. 66, 4g IO 1. I. 53, 20 — 6, 16 37,32 I. I. 26, 91 36, 3- —0.49, S^ II I. I. 5i, 5o — 6, 70 39, o3 I. 1.26,38 37, 21 —0.49, 17 12. 57. 52, 70 -»- 6, 34 39.79 12. 59. 36, 28 37, 63 +1. I, 35 i3 12. 57. 57, 17 ■+■ 5, 86 4^. 79 12. 59. 43, 27 3g, 37 -t-o. 56, co M I. I. 5l, 20 — 5, i5 43, 58 I. I. 33, 18 3g, 66 —0. 62, 62 ib I. 1.47. So - 4, -3 46,80 I. I. 32, 92 41, IO — o.5i, 82 12. 57. 56, 80 -t- 3, 91 47. 61 12. 59. 45, 77 4'. 44 -i-o. 55, 67 18 I. 1.46,60 — 0, 67 48,24 I. I. 36, 62 42, 43 —0.54, ig 12. 67. 47, 5o ■+■ 0, 64 49, o5 12. 59. 34, 64 4^. 77 -1-,. 8, i3 20 I. 1.43,00 ■+■ 3, 79 53, 1 1 I. 1.41,45 43, 8. —0.67, 64 12. 67. 5o, So - a, 64 0. 54, 08 13. 5g. 3g, 39 44. if! -t-i- 4. 79 23 12. 58. 3i, 70 — 7. 56 I. 1,28 i3. 0. 33, 07 46, 63 -t-o. 23, 56 24 I. 0. 67, 20 -*- 7. 99 2, 69 I. I. IO, 33 47, 06 — 0. 23, 37 25 13. 58. 19, IO — 8, 16 6, 5o i3. 0. 14, 89 48,37 H-0.33, 48 26 I. 0. 58, 40 -t- 8, 71 7, 8> I. I- 17.47 48, 80 —0. 28, 67 Luglio 1 12. 58. 8, 5o — IO, Sa 24, 71 .3. 0. 20, 34 52. g3 -J-O. 32, 69 2 I. 0. 41, 2C H-il, 4-2 26,28 I. I. 31,45 63, 27 — 0.28, 18 5 I. 0. 34, 5o H- 12, 5o 37, 09 1. I. 26, 64 5% 4- — 0. 3i, 17 6 12. 57. 58, 80 — II, 82 + 1.42,94 .3. 0. 27, 37 0. 5tj, 71 -^.o. 29, 34 16 12. 69. 3i, 80 — i5, 00 -+■ 0.20, 47 i3. 0. 34, 73 I. 4, 39 -1-0. 29, 67 27 12. 69. 0, 70 — 18, 18 -i- I. 16, 92 i3. 0. 66, 89 13, 73 +0. i5, 84 Agosto 5 12. 58. 12, 3o 21, 80 1. 58, 90 i3. 0. 46,91 18, gr -1-0. 33, 00 6 I. 0. i3, 80 -H23, 5i -4-2. 1,07 I. 1.41.43 19, 29 —0.33, 14 Settem. a i3. 0. 46, 5o 22, 25 — 0. II, co i3. I. IO, 70 34, 16 -i-0. 23, 40 6 i3. 0. 47, 80 — 26, 28 la, 76 i3. I. 6, 2! 36, 02 -4-0.39, 81 '4 t3. i. 7, 20 — 21, 77 l3, 3q i3. 1. 29, 49 38. 74 -t-o. 9, 3Ó 21 i3. 0. 57, 80 — 19, 39 12,56 i3. I. 23, 3o 4'. o3 -t-o. 17, 73 22 i3. 0.58, 53 —19, 39 12, 60 i3. I. 23,99 4'. '9 _j.O. 17. 2t 23 i3. I. I, 60 — 19, 39 12, 53 i3. 1. 27, i3 4,, 35 -+-0. '4' 23 I. a. 46, 64 -+-!«, 70 12, 62 (. I. 54, 46 41,43 _o. i3, o3 24 i3. I. t, 5o — 16, 28 13, 5 I i3. I. 3o, 16 41, 5> -(-0. II) 35 26 i3. 0. 55, 5o — 16, 28 12, 65 i3. 2. 24, 02 4'. 91 -t-o. 17, 89 I. 2. 63, 80 -+- i5, 5i 13,68 I. 1. 59, 18 43, o3 — .0. 17, i5 27 i3. 0. 53, 5o — 16, 28 13, 71 i3. I. 21, g6 43, 16 -t-o. 20, 20 28 i3. 0. 5g,77 — 16, 28 13, 80 i3. I. 28, 14 42, 43 -1-0. 14. 29 3o i3. 0. 55, 60 — 16, 28 — 0. l3, 69 i3. I. 23, 08 I. 4=^. 97 -t-o. 19, 89 Tomo XXI. lAhu 274 Sopra i riccioLi moti apparenti ec. $ Orsa minore. N. D. Terrore della linea di fiducia comune alle seguenti osservazioni è in tempo =::;z26", 4i col segno -+- al passaggio meridiano inferiore della stella e per lo strumento diretto. iSjr, AiTos. i6 bott. 17 24 a-' Fa .vlgUlo DICI-. osscr. 18. 'a5.'54",o5 18. a5, 5r, 60 18. a5. 54, 20 :8. 25. 38, 68 6, 24. 52, 66 18. 25. 38, 28 .8. 25. 38, 82 18. 25. 40, QQ 6. 24. 46, 54 Erior li In lIIo - 8, '5i f-ii, 07 t- II, 57 t- 10, c8 ~ 7j iS h 10, 08 H 9> 99 H q, 70 - 6, 84 E noi- si( cr. J di' oiolc oi'J 0. 3,' 18 8, 43 9> H 12, 61 12, 56 12, 5i 12, 5a 12, 74 ■0 12, 79 P,issagi;io COITCUO i8.t>25.'32,"o-' 18. 25.28,33 18. 25. 3c, 22 18. 25. <), 74 6. 24. 59, 33 18. 2.5. 9, 44 18. 25. 9,48 18. 25. 1 1, 54 6. 24- S'J) 3- Uair Eir. (U Ber. AR. ••>1'I'- 18 r, a5.'i9,"3o 15,98 15,27 7>-^9 4,52 25. 3,91 2,73 2, 25 Diflerenze _o.'i3,"67 ^ o. 12, 2.5 — o. 14, 95 — O. 2,3 5, 19 5, i3 5,5 8,8 9, 20 • o. ■ o. . o. . 0. 19. Da ciascuna delie differenze scritte nell'ultima co- lonna, mediante la nota formola e prendendo la declinazion apparente della stella per l'istante dell'osservazione dall'ef- femeridi, si avrà per tal istante la deviazione azziniatale dello strumento. Io ne sottopongo alcuni valori calcolati che baste- ranno a render manifesto e indubitato il picciol movimento azzimutalcj si annuo che diurno dell' asse , e ne stabiliranno le principali relazioni e quantità. Si ottiene dunque dal cal- colo: Del Prof. Giuseppe Bianchi 270 Stella Istanti 0 epoche De\ iazione azzimutale Avvertenze Tcrmomt-tro esterno all' niji osservata in tempo vero ìq tempo del mezzodì Polare superiore i835 9 Ottob. ia.'> 0' -+-i"6447 1 -4- i5,°3 interiore 20 1 23. 20 -f-I, 0089 -t- 7> 00.59 cullimar alla mini. sup. 7 Nov. IO. IO "" 2, 8019 sup. iS36. 1 1 INIarzo i. 35 — ij 7422(2) (2) Il 12 Marzo fu corretta la li- sup. -H 0, 2408 6«,56 6765 W nea tli lìduria , e ranylata purx" la inf. ■ sup. (levia/.ion a/.iimul.ile per cuuservar 2a 10.54 7 Aprile 30. 54 -t- 0, la cuUimazioue alla mira. inf ■+■ 0, 7258 2248 {'ì) Il 2G Mario mosso colle vili sup. -t- J, il cusciiietto. inf. 23 — IO. 58 -+• 2> I C5 r sup. 24 — — 22. 62 H- I, 8654 ini. -H 3, 01 14 sup. sup. i3 Magg. 2r. 89 29 Giug. 18. 26 — 0, 9015 9919 ^^ (j) Il l'i Giugno cangiata impo- rlo r iu<-lina/.ioiie e 1' a/.v-itunl: iIl-IP inf. — 0, aiyS asse col movimenlo dc^li aj>[)OL!i;i. Non possiamo qui riconoscere la variazione annua o pro- gressiva neir azzimnt del cannocchiale; poiché troppo spesso furon trasportati gli appoj^gi dell'asse colle viti de' cuscinetti, e neppur abbiatn il confronto delle deviazioni calcolate colle immediate ispezioni della mira meridiana, queste ultime non essendo state registrate. Quanto però alla variazione diurna, essa risulta dalla differenza di azzimut ai due passaggi, supe- rior e inferiore, della polare nello stesso giorno ; e i prece- denti valori ce la mostran sussistere nel senso medesimo di quella riscontrata nel cannocchiale del Circolo ; vai a dire anche il cannocchiale dello strumento de' passaggi trasportasi dalle ore mattutine alle vespertine verso Levante, e avviene il contrario dalla sera alla mattina. Fra i due passaggi conse- cutivi della polare si ha questo movimento nel giorno 23 Aprile = -t- o", g4 a5 Aprile =-ho,i5 3o Giugno = H- o , 78 Del PiioF. Giuseppe Bianchi a8i e per medio aritmetico = -+• o", 62 (i) in tempo, ossia in arco = 9", 3. Sembra dunque il moto azziniatale nello strumento de' passaggi essere più forte di quello dell' inclinazione o di livello, all' opposto di ciò che abbiam trovato accadere ( num. 19. ) nell'asse del circolo meridiano. Ma per lo strumento de' passaggi, anche piìi specialmente che al Circolo^ si esig- gerà di ripetere queste determinazioni di piccoli movimenti, dopo che r asse del primo strumento è stato non ha guari, come dissi, liberato da un difetto di figura dei perni e mec- canicamente perfezionato. Ora mi basta di aver provato colle osservazioni e coli' accordo fra due macchine meridiane che i detti piccoli movimenti sussistono, e di averne assegnate alcune quantità che possono almen ritenersi come prime ap- prossimazioni alle vere ed esatte. a3. Poiché tanto la variazione di livello come quella di azzimut neir asse dei due strumenti meridiani ha una visibile corrispondenza coi cangiamenti diurni della temperatura, egli è assai verosimile e conforme all' analogia che V una e l'altra derivi da una cagione sola, che sia la stessa variabile tempe- ratura, e che seguano entrambe un comune andamento. Quindi la variazion del livello procedendo e potendosi esprimere, come fu detto (num. 14- )» proporzionalmente al seno dell'ora di tempo vero, in egual modo si potrà esprimere anche la va- riazione di azzimut. Se pertanto chiaminsi A', B' le devia- zioni azzimutali dei due strumenti meridiani all' istante del mezzodì, ed a', b' le rispettive quantità di escursione diurna, saranno le analoghe deviazioni per un' ora t qualunque del giorno A'-h àsen.t ; B'-i- b'sen.t. ■ ' . ■' Gioverà pure considerare e comprendere le due deviazioni, di (1) Si ebbe presso a poco la stessa quantità di variazione azzimutale periodica dai passaggi della polare il 26 Luglio 1827 (appena collocato lo strumento de' pas- saggi nella nuova Specola ), e la variazion medesima sin d' allora fu avvertita. Veg- gasi l'Appendice alTEff. di Milano del 1829. pag. 5i. Tomo XXT. Nn 2.U2. Soi'R,\ I PICCIOI.l MOTI APPARENTI CC. azzinuU e livello, in un rap[)orto comune o scambievole, po- nendo rt '= ma, h'=. nh. Secondo le determinazioni precedenti si avrebbe m = |; ra = }, e a = Z» = ò". Però, innanzi di stabilir e ammettere taì valori di a, /^,m ed «, sarà util cosa ottenerne una verificazione o conferma, ripetendo le operazioni e ricer- che suesposte e scegliendone tempo e circostanze opportu- namente. Allorché poi siano stati precisamente determinati a, b, m. n, la lormola di correzione ai passaggi meridiani os- servati, per le due deviazioni anzidette^ sarà a sen. l A"' A sen. ( A-)-/ ) • — A' oos. ( A-+-2 ) , / /a i\ i \ ,\\ fl ser seii. A 1 V / \ II jen. applicabile al Circolo meridiano, e Bsen.(A-+-/)— B'cos.(A+/) . / /a n i \ ì\\ ''sen? —hr:x—^ ^ + (sen.(A-H/)-/2Cos.{A-+-/)) ^— - applicabile allo strumento de' passaggi. Cosi l'esame dei moti regolari e periodici, ai quali posson esser soggette le macchine meridiane introduce un termine di più nelle note correzioni delle ascensioni rette ; il qual termine può riuscir non tra- scurabile corrispondentemente alla grandezza degli accennati moti e per una piccola distanza polare A. 24. Io lui condotto del rimanente al soggetto della pre- sente Memoria appunto dalla necessità di conoscere continua- mente lo stato del circolo meridiano e di applicar ai passaggi osservati le vere e più giuste correzioni^ colla vista di racco- glierne e disporre i materiali di un nuovo Catalogo di stelle; arduo e ampio lavoro a cui mi son accinto e ho dato opera già da due anni. Per estender il catalogo al maggior numero di stelle possibile io mi son proposto di restringer invece quanto si possa il numero delle osservazioni di ogni stella, senza mancar perciò a un certo grado e criterio di esattezza; il elle richiede una maeiiior cura e cognizione dello stato e delle variazioni dello strumento con cui le osservazioni son Del Prof Giuseppe Bianchi a83 fatte. A tale oggetto il sistema di operazioni, che mi è sem- brato il migliore e che ho quindi addottato, consiste nell'os- servar incessantemente i passaggi meridiani delle quattro stelle, a dell'Auriga^, a del Cigno, e le due a e d dell'Orsa minore. Dalle prime due stelle, visibili nei meridiano per tutto l'an- no, e colla sospension del livello all' asse dello strumento si rileva con facilità e precisione 1' andamento diurno sidereo dell'orologio; e poiché le due stelle passan con intervallo di oltre a otto ore dall'una all'altra, se entrambe sian osservate successivamente, V equazion dell' orologio riceve da esse una scambievole verificazione. E dalle due altre stelle prossime al nostro polo ricavandosi, come abbiam veduto, la deviazion az- zimutale dello strumento ad ogni sei ore dello stesso giorno, si ha così nelle quattro stelle e nel livello un sufficiente mez- zo, e forse il più breve e sicuro, per istituire un continuato processo allo stato dello strumento, seguirne i più tenui cam- biamenti non trascurabili, e correggerne le numerose interme- die osservazioni del Catalogo. Senza queste precauzioni la po- sizione di una stella dedotta da sole due o tre osservazioni, che anche si accordassero fra loro assai bene, potrebbe restar tuttavia dubbiosa ed incerta per un error comune, che si fosse conservato nelle singole determinazioni e quindi altresì nella inedia di esse. , §• 3." ,. ,i ., ^. ■:•;.,. ' - '■ Considerazioni intorno ai piccoli moti ,,. , . precedentemente rimarcati. . . a5. Ritorniamo al curioso fenomeno del moto diurno pe- riodico dei livelli sospesi alle interne pareti dei muri, e cer- chiam di stabilirne la spiegazione più plausibile o la cagion fisica, donde immediatamente deriva il moto stesso, grande abbastanza e regolare come dimostrai! le tavole di osserva- ao4 Sopra i piccioli aiOTi apparenti ec. zionc dei numeri 5 e 8. In altra occasione (i) io rifletteva clic un tal inovitnento di oscillazione diurna delle bolle non sapreb- jjcsi concepir prodotto se non da una delle seguenti cagioni^ o dal cangiamento d' inclinazione della linea di sospensione ; o da una varia dilatazione delle due Jjraccia o aste verticali del livello, ovvero dei due cuscinetti sui quali è appoggiato il tubo di vetro ; o da una disposizion intima del liquido en- tro il tubo variamente modificata da estrinsecbe azioni e in- fluenze. Aggiunsi che le due prime cagioni assai verosimil- mente non sussistono e non hanno parte alla produzion del fenomeno Riguardo inlatti alla linea di sospension del livello, questa è detcrminata dalla piccola distanza, incirca di due piedi e mezzo^ delle due stalle di lerro internate e fermate a calce in un antico, largo e grosso muro che, sebbene per- cosso neir opposta faccia esteriore dai raggi del Sole, non potrebbe tuttavia gonfiarsene per la sua larghezza e grossezza in guisa da risultarne sensiijile una differenza d'inclinazione della suddetta distanza. E quanto alle braccia del livello e agT immediati appoggi del tubo, essendo queste parti com- poste di metallo omogeneo, e intorno ad esse avendo l'aria dell'ambiente, a punti cosi vicini, una temperatura unifor- me, non può nascerne alcuna forte differenza di dilatazione da un lato del livello rispettivamente all'altro. Non rimaneva dunque se non ammettere la terza delle indicate cagioni ; e questa poi non solo è verosimile, stante l' esclusione delle altre, ma di più è da considerarsi quasi certa e unica pro- duttrice del fenomeno dopo le ingegnose sperienze e la pro- fonda Memoria del Sig. Professore Belli (a) sul movimento delle bolle dei livelli dovuto al calore; al qual argomento di ricerche V Autore fu condotto dall' analogia coi fenomeni ed effetti della fiamma osservati dal eh. Sig. Libri in una goccia (i) Atti deU'Osserv. T. I. pag. sG-j. (a) Memorie della Società Italiana. T. XX. parte I. Fisica. Del Prof. Giuseppe Bianchi a85 liquida giacente sur una lastra metallica, piana^ leggiermente spalmata con olio, e a cui la fiamma si sottopone lateral- mente alla goccia. Il moto de' miei livelli appartiene senza du bbio a questo genere di fenomeni conosciuti, ed ora ve- diamo com' esso accade o producesi. ■ - i a6. Nelle osservazioni del num. 5. il livello era sospeso internamente al muro orientale della Specola, e in quelle del num. 8. al muro meridionale; e all'altezza del luogo d'osser- vazione i muri della Specola, disposti a base di torre qua- drata, risguardan esternamente all' aperto da ogni banda, e sono quindi esposti l'intero giorno ai diretti raggi del Sole. Posto ciò egli è chiaro che, percuotendo il Sole nelle ore mattutine estive i muri di Nord ed Est^ questi si riscaldano mentre gli opposti di Sud e Ovest giaccion nell'ombra, e av- viene il contrario nelle ore vespertine. Il calorico però dei muri esposti al Sole propagasi a traverso di essi fino a quelli che stanno in ombra ; ma tale propagazione fra corpi solidi è successiva, e il simultaneo riscaldamento dei varj punti co- stituisce una progression geometrica decrescente, corrispon- dentemente alla crescente progression aritmetica delle distan- ze di essi punti dalla sorgente del calore, come fu dimostrato con belle sperienze da Biot. Quindi il livello internamente sospeso tanto al muro di levante come a quello di mezzodì ritrovasi eccentricamente situato nelle diverse ore rispetto alla massa riscaldata dei muri, e anche del prossimo tetto, che lo circondano. L' estremità della bolla più vicina alla parte o massa piìi riscaldata dei muri deve soffrirne una diminuzione di attrazion capillare, secondo il noto principio ammesso dai Sigg. Carlini e Belli, maggiormente dell' altra estremità; onde la bolla dall' attrazion capillare prevalente della seconda estre- mità deve essere spinta verso la prima. Attesa nondimeno la grossezza dei muri e la prossimità dei due estremi della bolla non può essere che assai tenue e termoscopica la differenza dell' azion calorifica anzidetta da un estremo all' altro, e per- ciò in un istante 1' effetto sul livello non sarà che una ten- 2.Sb SopiiA I PICCIOLI :moti ArPARENTi ec. (lenza o a così dire una velocità virtuale della bolla per tra- sportarsi verso r emaiiazion del calore. E questa velocità scor- gesi appunto in quella specie di palpitazione o di tremore da cui è presa la Lolla e che si mantiene durante il più rapido movimento; il quale riesce bensì piccolo ad ogni istante per la tenuità dell'azione, ma nella succession degl'istanti accu- mulandosi per la continuità delP azione verso la medesima parte, finisce coll'acquistar ed offerire una sensibile quantità di traslocazion della bolla. Rinnovandosi ogni giorno coli' ap- parente moto del Sole le stesse circostanze ed azioni del calor esterno, propagato ai muri e diversamente comunicato ai due estremi della bolla o del tubo, il moto del livello sarà perciò un' oscillazione diurna e periodica. Di leggieri però si conce- pisce che i cangiamenti atmosferici e specialmente lo stato sereno o annuvolato del Ciclo variando la quantità e dispo- sizione deir irradiazion solare su 1' esterna faccia dei muri , debbon altresì aver grande influenza nelT alterar l'escursioni periodiche della bolla, sia riguardo all'ampiezza o ai limiti di esse, come nei tempi e nella celerità del movimento. Ma nei giorni ugualmente caldi e sereni che si succedano, e pari le altre condizioni del livello, il suo moto diurno risulterà sem- pre lo stesso, e quanto alla sua cagion fisica esso può deno- minarsi un fenomeno termo scopìco-capìliare , della natura di quelli sperimentati dal Prof. Belli. Aveva già questo valente Fisico e Geometra indicata una precauzione troppo necessaria neir uso del livello, che è di applicarlo e tenerlo sempre in una situazione, ove la temperatura o il calore sia distribuito uniformemente intorno ad esso (i); poiché una minima disu- guaglianza di calore ai due lati cagiona uno spostamento della bolla e (juindi falsifica l'inclinazione dell'asse, che ne porge in tal caso la scala del livello. Ora questa precauzione di prima giunta si crederebbe soddisfatta ne' miei livelli custoditi in una stanza rinchiusa, perciò non soggetti ad azion esterna immediata (i) Mem. soin-a cit. nura. ii. Del Prof. Giuseppe Bianchi 287 di aria o di luce, e pendenti da grosse pareti robustissime tra lor connesse. Ciò nondimeno il fatto dell' oscillazione diurna dimostra^ e il fisico ragionamento conferma che neppur quivi i livelli sono abbastanza difesi dall'azione dei raggi solari e del calore che, percuotendo esternamente le dette pareti, le pe- netra e vi si diffonde con intensità progressiva. 2.7. Frattanto io debbo avvertire che il livello per le os- servazioni dei numeri 5 e 8 era sospeso molto vicino al muro, essendone la distanza poco più di un pollice ; la quale pros- simità del muro, variamente penetrato dal calor esterno, eser- citar deve una particolare influenza nell'oscillazione periodica della bolla. Sospendendo il livello piìi discostamente dal muro, io non dubito che tale oscillazione sarebbe assai minore; poi- ché r aria fra il muro e il livello riceverebbe l' inegual tem- peratura del primo e la renderebbe col proprio intermezzo uniforme prima di trasmetterla ai due lati del secondo. Una prova di ciò è che il mio livello II , ordinariamente appeso all' interno muro sopra il grande arco dell'Osservatorio, comec- ché sia esso pur circondato dagli esterni muri cui diversa- mente riscalda il Sole durante il giorno, tuttavia esso non of- fre che una picciolissima oscillazion estiva diurna , e questa fors' anche prodotta da un' altra circostanza di località; segno manifesto che intorno ad esso la temperatura è uniforme. Così ancora i livelli conservati sospesi all'asse dei due cannocchiali meridiani (numeri la. e i3.) non palesaron che in piccola quantità, se non del tutto insensibile, il moto intestino e diur- no della bolla; conseguenza di essere l'uno e l'altro stru- mento collocato internamente, e disgiunto perciò il rispettivo livello dai muri esteriori dell' edificio. Di qui dunque stabili- remo per pratica norma non doversi giammai un livello ado- perare in molta vicinanza di un muro esposto in qualche la- to al Sole, quantunque il livello stesso vi sia riparato e all' ombra. 2.8. La notabile quantità della totale escursione diurna osservata ne' livelli dei muri esterni, considerata qual effetto a88 Sopra i ncciOLi moti apparenti ec. capillare della somma delle diilereiize termoscopiclie di tem- peratura ai due Iati della bolla fra i termini conosciuti del tempo e dell' ora solare , giovar potrebbe a toglier un dubliio e de- finir una questione fra la teoria e 1' esperienza , quando vi fosse mezzo di determinar la detta sonnna deirli eccessi della temperatura dall'uno all'altro estremo del livello. Applicando i principii e il calcolo de' lenomeni capillari ai movimenti delle bolle prodotti dal calore, il Prof. Belli ottenne di risul- tamento, che alla differenza di i° Reaumuriano fra le tempe- rature ai due lati deve corrispondere un moto, che vai qnanto dire una inclinazione del livello di circa 14" d'arco in con- trario senso per mantener quieta la bolla. E recando egli po- scia un esperimento del Cav. Carlini in proposito, ne dedusse per la stessa differenza di i.°la sola e piccola inclinazione di i" o poco più, che per altro mostrò ascendere a 5' e potersi anche accrescere maggiormente ^ variando alcuni elementi o dati dell^ esperienza per conformarli di più alle circostanze del caso teorico supposto. Se, come pare ammissibile per la tenue distanza delle due estremità della bolla, la somma delle dif- ferenze termoscopiche di temperatura dall'una all'altra estre- mità fra i termini di tempo dell' escursion estiva totale non oltrepassi , almen di molto , il valor di 2,.° di Pieaumur , la quantità dell'escursione medesima da me osservata servirebbe di conferma ai ragionamenti e alle applicazioni del Prof. Belli, e intorno al discorde risultamento del Cav. Carlini si potrebbe riflettere che forse l'a/.ion del calorico per l'aumentata tem- peratura non era interamente passata dal tubo di vetio all' alcool, e quindi non era del tutto esaurito il luovimento len- tissimo della bolla all' istante in cui se ne assegnava l'escur- sione. Quest'ultimo avvertimento non isfuggl al Belli, che: anzi dichiarò espressamente doversi trattare i problemi di questo genere in altro modo , quando agli elementi e alle quantità prese in considerazione da lui si aggiungessero i riguardi alla debole conducibilità del vetro e dell'alcool pel calorico, e jierciò alla diversa rapidità eziandio del movimento della • ' Del Pkof. Giuseppe Bianchi 289 bolla (1). Ora le osservazioni de' miei livelli scuoprendo un moto lentOj ma lungamente continuato verso la stessa parte e sotto un permanente disequilibrio di temperatura nei muri esterni e vicini , mi sembran appunto indicare la necessità d' introdurre nella teorica di questa specie di fenomeni capil- lari r elemento del tempo, che già occorre ine.vitabilmente e si congiunge all' investigazione delle proprietà di un moto qualunque. 29. Stante la cagion fisica sovraccennata e più verosimile dell' oscillazione diurna de' livelli , sarebbe per avventura un soggetto di curiose e interessanti ricerche quello di applicare anche a tal caso le note leggi della capillarità, modificate dall' azione del calor solare secondo le date circostanze esteriori , trattarne il problema in generale ed esaminarne le conseguenze, per istituirne poscia un confronto coi fatti sperimentali. Per- ciò supposto un livello sospeso e quasi aderente, o prossimo ad un muro esternamente percosso dai raggi del Sole, all'uopo di esprimerne in un istante dato l'eccentrica posizione del livello relativamente alla massa riscaldata dei muri circostanti, ossia r ineguale distribuzion del calore ai due lati della bolla in lungo, donde procede la variazion del rapporto di capilla- rità e il conseguente moto, si esigerebbe di considerar fra gli elementi del problema e variabili, come funzioni del tempo , la quantità di area del muro o dei muri direttamente colpiti dal Sole, 1' inclinazione dei raggi incidenti sui muri stessi e l'altezza simultanea del Sole sopra l'orizzonte, la distanza del prossimo estremo del livello al centro dell'area suddetta, e infine la propagazione successiva del calore , secondo una data legge sperimentale, a traverso dei muri intermedii fino all'uno e all'altro estremo della bolla. Ognun vede, anche dalla sola enumerazion di questi elementi , quanto ardua im- presa deve riuscire il trovar le equazioni del problema non che il risolverle. A ciò si aggiunge l' altra somma difficoltà (i) Memoria cit. Osservazione 3." num. 33. Tomo XXI. Oo aqo SopiiA I PICCIOLI moti apparenti ec. inerente al livello per esprimere e determinar le precise con- dizioni di ecjuilibrio della Lolla, avuto riguardo alla figura e grandezza di essa, alla varia densità o giavità specifica dell' alcool nei punti di temperatura diversa; onde ravvisando la generalità dell'argomento superiore alle attuali fijrze dell'ana- lisi, il Prof. Belli si limitò a svilupparne un caso ipotetico e speciale nella sua JNIemoria. Quindi a me ora basta di aver indicata una questione anche più compliciita e difficile, colla mira che alcuno tra' Fisici-Geoinetri giunger potesse a pre- sentarla e svolgerla con maggiore semplicità e ritrarne qual- che utile o bella speculazione. E ad ogni modo non tornerà poi senza profitto il ripetere accuratamente le sperienze dell' oscillazione diurna de' livelli, variandone le circostanze, e so- pratutto avendo mezzo di accompagnarle con osservazioni e misure termoscopiche molto precise: perocché in siffatta guisa e si riconoscerebbe di nuovo come avviene la propagazione del calor diretto del Sole attraverso le solide mura degli edi- fizii, e fors' anche scuoprirebbesi come si comunichi il calor medesimo, dopo aver penetrato il vetro del tubo, all'alcool del livello e ne alteri la forza di capillarità. 3o. Allorché il livello sia fisso e inseparabile dallo stru- mento, siccome quello portato dall'alidada o dai nonii stabili del circolo meridiano , e che serve a riscontrar il principio delle divisioni o degli archi di altezza , 1' oscillazione diurna di cui abbiamo sin qui iavellato, e sempre che vi sussista con sensibile quantità, indurrà necessariamente una differenza nelle altezze o declinazioni osservate a diverse ore del giorno esti- vo. In alcuni casi e combinazioni di esterne circostanze la relativa correzione da farsi alle osservazioni, e della quale fi- nora non si è tenuto conto fra gli Astronomi, potrebbe risultar maggiore di altre che pur sono minutamente investigate, per esempio della flessione del cannocchiale che, sebbene mecca- nicamente scemata dai contrappesi a ciascun braccio dei grandi cannocchiali moderni, tuttavia si teme non affatto distrutta, onde gli osservatori non ommettono studio e cura di ricono- Del Puof. Giuseppe Bianchi -291 scerla. Questa nuova specie pertanto di correzione, prima non avvertita e richiesta dal moto periodico del livello, varrà forse a spiegare le difterenze che talvolta s'incontrano, confrontan- do le declinazioni di varie stelle o del Sole, dedotte ciascu- na da numerosa serie di osservazioni , ovvero i valori di una stessa quantità, come la latitudine o altra, ottenuti con me- todi e da stelle diverse. Richiamando infatti la tavoletta dei moti de' livelli riferita sopra ( num. io.), vediamo in essa che anche il livello 111 stabilmente congiunto al circolo me- ridiano e colia bolla fra Sud e Nord, ha il movimento estivo diurno^ che dalle ore dieci della mattina alle quattro della sera si estende per un arco di 5," 4 trasportandosi la bolla dal Nord al Sud, e poscia durante la notte retrocedendo; il qual moto può comporsi delle due parti, la variata inclina- zione dell'asse del tubo per dilatazione diversa negli appoggi metallici, e il disequilibrio capillare ai due estremi della bol- la. Ora se una stella sia osservata verso le ore dieci anteine- ridiane ed un' altra verso le quattro vespertine di un giorno di estate, è manifesto che la differenza delle due declinazioni o altezze, a ciascuna delle quali è stata applicata la rispettiva correzione del livello, rinchiuderà l'errore di 5," 4- E peraltro ore di osservazione si avrà parimente nelle relative ottenute declinazioni una quantità di errore conforme ai movimenti della bolla indicati dalla tavoletta del ( num. io. ). Prenderò ad esempio le due stelle a del Cocchiere e a del Cigno che, alla metà di Luglio, trovansi nel mio meridia- no sopra il polo , circa alle ore 9. della mattina la prima e la seconda mezz'ora dopo la mezzanotte. Per una media di quattro osservazioni della prima, dal la al 17 Luglio i836 , io trovo aga Sopra i piccioli moti apparenti ec. l'altezza apparente della stella, corretta dalla rifrazione e a cominciar dal punto Nord dell'orizzonte =86." 8.'3i,"i2o da cui tolta la latitudine = 44- 38. 5a, 75 si ha la distanza polare =4i- 29.38, 53 che, confrontata con quella dell' effemeridi di Berlino per la stessa epoca è . . . =44- io. 3g, 18 porge il principio di numerazione degli ar- chi nel mio circolo =: 2.. /{i. o, €5 Similmente per media di tre osserva- zioni di a Cigno al tempo medesimo l'al- tezza apparente della stella mi è risultata = 87. 16. 3, 3o quindi la distanza polare =4^' ^7- ^^' ^^ e questa essendo data dall' effemeridi di Berlino = 4'5- >8. i3, c5 ne viene il principio di numerazione . . ^ 2.. ^i. a, 5o che differisce di 2.' dal precedente. Ma se all'altezza di a Cigno si applica in sen- so contrario il moto del livello, secondo la tavola del num. io. , per ridurla all' osservazione di a Cocchiere, vai a dire se aggiungasi a quella 2.^' 70, sarà l'altez- za cosi ridotta =87. 16. 6, co quindi la distanza polare 3= 4^- ^7- '3' ^^ e il principio di numerazione ... . = 2. 4o- Sg, 80 che assai meglio accordasi con quello ricavato dalla prima stella. Ecco dunque confermato anche dall' osservazione delle stelle il moto diurno periodico del livello fisso del circolo, o viceversa ceco la necessità di correggere dall'oscillazione diurna Del Prof. Giuseppe Bianchi ag3 del livello nei giorni caldi e sereni le osservate declinazioni degli astri, e gli elementi che ne dipendono, affinchè siano essi fra loro comparabili e ridotti alle medesime circostanze. Così, una volta che sia determinata la predetta oscillazione e il suo andamento., si avrà in essa la correzione delle altezze ; e il livello così adoperato riuscirà un mezzo di rettificazione, quanto semplice, altrettanto sicuro e preciso. 3i. Veniamo agli altri piccioli movimenti che abbiam ri- scontrati (numeri la, ìj, 19,22.) nelle due macchine meri- diane dell' Osservatorio, vai a dire i cangiamenti dell' inclina- zione dell' asse e quelli dell' azzimut. Dalle determinazioni e dai valori che ne furono di sopra esposti si può raccogliere 3 che nella stessa macchina i moti di una specie accadono si- multaneamente a quelli dell' altra, ed hanno luogo pure a un tempo, giudicandone almeno per approssimazione, e in un senso medesimo dall' una macchina all' altra. Lasciam di considerare la variazione annua, tanto dell'azzimut che dell'inclinazione, la quale non potrebbesi assegnar con precisione, se non lasciando lungamente inoperosa la macchina per seguirne soltanto le picco- le progressive mutazioni di luogo, e che inoltre, per le irregola- rità delle stagioni e delle intemperie ne' diversi anni, cangierà notabilmente di valore da un anno all' altro e sarà quindi va- riabile. Ma la variazione diurna dell' inclinazione e dell'azzimut nei giorni estivi di atmosfera serena e tranquilla è abbastanza periodica e regolare, onde i valori e il senso, o la dlrezion del moto, che sopra ne furono ritrovati, sussistono e possono util- mente impiegarsi. Ritenuto dunque che il perno occidentale dell' asse del circolo meridiano subisce dalla mattina alla sera un innalzamento di 4''^ ^ trasportasi insieme dall'Ovest verso il Sud per un arco di 3," 3; e che del pari il perno occiden- tale dello strumento de' passaggi ha l'egual moto di livello = 4?" 5 e quello di azzimut = g," 3, esistendo questi due moti simultanei in ciascun istromento, se ne avrà dalla composizio- ne il moto unico e vero. E poiché i componenti sono disposti fra loro ad angolo retto , egli è facile dedurne tosto il moto a94 Sopra i piccioli moti apparenti ec. risultante. Si trova cosi che il perno occidentale del circolo meridiano dalla mattina alla sera è trasportato di moto com- posto in quantità =5," 6 e con angolo d'inclinazione alPoriz- zonte di circa 54 gradi; laddove il simil moto composto nel perno occidentale dello strumento de' passaggi risulta dai dati in quantità = io," 3 e con inclinazione all'orizzonte presso a poco di 2.G gradi. È singolare cosa che le quantità di questi moti nei due strumenti siano reciproche agli angoli di dire- zione, ossia d'inclinazione all' oiizzonfe: mentre il circolo me- ridiano avendo la metà del moto diurno proprio dello stru- mento de' passaggi , questo lo ha invece con metà d' inclina- zione presso a poco rispettivamente a quello. Cessa però la meraviglia e la singolarità, quando sia noto e si rifletta che li due strumenti meridiani anzidetti sono collocati sotto, e uno di qua r altro di là dal comignolo del tetto della Specola, ri- manendo fra essi un ampio pilastro di muro, dietro del quale il circolo meridiano all'Ovest è riparato e come all'omhra dai raggi solari mattutini fin oltre il mezzodì, e per contrario lo strumento de' passaggi all' Est ne è adombrato qualche ora dopo il mezzodì dai raggi vespertini che percuotono il prossi- mo tetto. E così la situazione diversa dei due strumenti può valere a spiegar la differenza dei piccioli e diurni loro moti. 3a. Come il vero moto diurno di ciascun istromento è unico, quale precedentemente lo abhiam ravvisato , semplice del pari e unica sembra dover esserne la cagione. Ora che tal cagione sia riposta nella temperatura esterna , all' esposizione dei raggi solari, e nel riscaldamento vario del vicino tetto che ne proviene, me ne persuade e la direzione comune del diurno moto ne' due strumenti meridiani, conforme cioè per entrambi alle medesime posizioni del Sole , e il senso del moto annuo progressivo, che nel circolo meridiano abbiam veduto esser conforme a quello del suo moto diurno relativamente al senso medesimo della variazion di temperatura annua e giornaliera. Questa varia temperatura de' corpi situati all'intorno e più o men vicini alle diverse parti metalliche della macchina può . Del Prof. Giuseppe Bianchi agS produrre una ineguaglianza di dilatazione nelle parti simili, e nel nostro caso sui due cuscinetti ove poggia l'asse dell'istro- mento, o anche nel diametro stesso e nella grossezza dei due perni; donde avvenga che il perno occidentale del circolo me- ridiano sia spinto per massima quantità di 5," 6 e V analogo perno dell' istromento de' passaggi di io," 3, entrambi verso il Sud nelle prime ore pomeridiane. Trattandosi di movimenti che in realtà sono piccioli, e le piccole ineguaglianze di di- latazione sussistendo molto probabilmente per le mutazioni e vicende effettive della temperatura de' corpi circostanti, parmi che addurre non si possa una diversa e piìi plausibile spiegazion del fenomeno in discorso. Io dubito altresì che la materia, di- sposizione e vicinanza del tetto alle due macchine meridiane di questa Specola produca in esse, dopo le forti e prolungate pioggie, nebbie, o nevi, qualche sensibile spostamento, come effetto igrometrico; ma tali alterazioni riuscendo irregolari di quantità e di tempo, non formau parte de' fenomeni periodici esaminati in questo scritto; ed oltre a ciò io mi limito a ri- guardar qual cagione dei piccioli moti delle macchine la di- latazion termometrica ineguale di alcune parti di esse; poiché la dilatazione igrometrica de' metalli, onde gli strumenti com- pongonsi, è minore dell' altra. Ma frattanto dalle attuali con- siderazioni tiriamo a pratico vantaggio la conseguenza, che nel collocamento delle macchine astronomiche, quando ne sia libera ogni condizione e qualche insuperabil ostacolo non si opponga, per evitarne le minime variazioni, periodiche o ir- regolari, usar conviene l'avvertenza più scrupolosa, perchè il calore e l'umidità dei vicini corpi vengano distribuiti intorno alla macchina, quanto è possibile, uniformemente. 33. Facciam da ultimo qualche parola di altre ipotesi che immaginar si possono a fìsica spiegazione dei piccioli moti os- servati nei muri delle fabbriche e negli strumenti fìssi che vi son collocati. Che il vento, anche il più impetuoso e di turbine, abbia forza di scuotere sensibilmente la torre della Specola Modenese, io non lo credo, né mi par cosa verosimile: 296 SorEA I nccioLi moti appareìsti ce. anzi che ciò non sia me ne danno prova i livelli, die ho ve- duti non di raro tranquillissimi in circostanza di vento il più gagliardo e spirante da varie direzioni: ben inteso che la cor- rente aerea non penetri per qualche apertura, non agiti quin- di l'intero apparato del livello e non ne turbi la sospensio- ne (i). In generale considerato il vento qual motore valevole, come sappiamo, a sollevar pesi, volger mulini, spinger navi , atterrare o svellere grossi alberi e produrre altri simili effetti, la sua quantità di azione o la t'orza motrice si valuta princi- palmente (la velocità non essendo grandissima qual apparisce, e la massa dell' aria , in un volume anche notabile , essendo non molta ) dalla quantità di superficie del corpo che ne è direttamente percossa, in rapporto alla resistenza che oppone il corpo ad esser mosso, e avuto riguardo al braccio di leva del centro di urto a cui è applicata la potenza. Quindi una torre, di altezza molte volte maggiore della larghezza, e iso- lata per la massima parte da ogni altro edifizio , quando è normalmente percossa in un lato da furioso vento, può senza dubbio riceverne un'oscillazione; mentre la superficie urtata ne è ampia in ragion di altezza, e il centro di urto è assai elevato sul suolo; onde il braccio di leva della potenza è (i) Recentemente mi è occorso di veder agitata e oscillante la bolla del livello I sospeso al muro orientale e a stanza chiusa, in tempo che inori soffiava un vento di ponente gagliardissimo. Era la mattina dei 2^ Febbrajo del corrente 1887 quando levatosi d'improvviso, circa un'ora prima del mezzogiorno, il detto vento di Ovest rasserenò in un baleno 1' atmosl'era cacciandone tutte le dense nuvole , che innanzi la ingombravano, all'Est. L'igrometro, che prima segnava la massima umidità , ra- pidissimamente e in poche ore ascese alla massima siccità; per la quale repentina rautazion igrometrica egli è chiaro che i muri esterni dovevan provarne un costipa- mento grandissimo e vario nelle diverse loro parti ; e questa verosimilmente fu la cagione dell' oscillazione visibileidel livello I; avvertendo ancora che l'agitazione della bolla era intermittente, ora debole ora forte, secondo appunto i salti che non posson a meno di aver luogo in un passaggio s'i subitaneo di condizion igrometrica dei muri' Ma la mole della torre, quasi di certo, non avrà menomamente oscillato neppur que- sta volta. Del PiiOF. Giuseppe Bianchi agy molto lungo. E cosi avvien forse 1' ondeggiamento , se pur è vero ciò che ne ho udito, della torre maggiore di Bologna in occasione che il vento soffii con furiale altrettanto per la ra- gion medesima può accadere nella nostra Ghìrlandina, e spie- gherebbe l'agitazione rimarcatavi in un livello, stando a ciò che altri ne riferisce ; avvegnacchè per altro sia necessario istituir le sperienze di questa fatta con ogni accorgimento e precauzione per allontanar il dubbio che il sensibil moto del livello debba in tal caso ripetersi da luti' altra cagione che dall' ondeggiar della torre per la violenza del vento die la scuote. Ma rispetto alla nostra Specola siamo in un caso di- verso, non avendo essa che una mediocre altezza { circa 40. metri dal suolo ), componendosi di grossi muri in quadrato che, insiem connessi e vieppiù rafforzati con interne costru- zioni, formano un tutto solidissimo, e inoltre ai lati Est ed Ovest la torre congiungendosi per tre quarti di altezza colla fronte e altre parti del R. Palazzo. Né vale il dire che l'oscil- lazione potrebbe nascere per vento impetuoso fra Sud e Nord, ove cioè la torre non è fiancheggiata ; poiché anche in questa direzione il vento, oltre l'enorme peso da smuovere e dicrol- lar nella torre, avrebbe altresì da vincere la tenacità de' ce- menti che la stringono alle contigue fabbriche laterali di le- vante e ponente. Perciò conchiudiamo non poter essere ca- gione il vento, non solo dei piccoli moti osservati a periodo lento e regolare, ma neppur della trepidazione de' livelli che altrimenti già ( num. ab. ) è stata spiegata. Intorno a che mi par lecito e giusto l' asserire di questa Specola che , lungi dal sorger essa e mostrarsi qual canna pieghevole all' alito del zeffiro più lieve, sta essa pei contrario qual rupe salda e im- mobile all'urto del più fiero Aquilone. 34. L'aria frattanto è capace d'imprimere ai muri delle fabbriche, in parte almeno se non all'intero edifizio, una oscil- lazione, un tremito ; locchè però succede, non per forza e momento di percossa, bensì per comunicazione di moto in altri corpi eccitato e secondo acustiche leggi. Chiunque si è Tomo XXL Pp af)8 SoriiA I PICCIOLI mOTi ArPARENXi ce. trovato su l'alto delle torri e de' campanili, quando suonano le campane, sa che le torri stesse ne ondeggiano ; e allora il moto deriva, sopra tutto e più che dall'aria, dal così detto travaglio o dalle travi delle prossime soffitte che, fissate nei muri, comunicano ad essi lo scuotimento sonoro delle lor fibre, scuotimento clie^, per la stessa rigidità dei muri e in tanta elevazione ossia con un braccio sì lungo di leva, è valevole a far che la torre traballi. Però la commozione aerea del suono può essa pure trasfondersi, ma debolmente e solo parzialmente ai muri, ove si combinino ed esistan corde all' unissono che rispondono, coni' è noto, alla vibrazione dell'aria, o per eco la ripercuotono, senza che altrimenti sian toccate j ed io tal- volta ho veduto i livelli della Specola, forse per tal ragione, un poco agitati, mentre udiva da un sottoposto cortile i suoni di una musica militare. La mole tuttavia della Specola non si risente a questi piccoli moti, e non bastan a scuoterla me- nomamente neppur i colpi d' aria della massima gagliardia e istantanei, qual è la vicina esplosione di un grosso pezzo d'ar- tiglierìa ; se pure lo scuotimento non venga dal terreno, che è quanto dire immediatamente applicato alla base dell'Osser- vatorio. Dal colpo improvviso e violento dell' aria ne andranno spezzati per avventura i vicini corpi fragili e di gran super- ficie, siccome le invetriate delle finestre che siano chiuse ; ma r intera torre ne rimane immota. 35. Or avrebbero esse finalmente le fabbriche, anche le più solide, un moto oscillatorio periodico, annuo e diurno, dipendentemente dall'azione del calor solare sui muri che, variamente dilatati, ne soffiissero mutui costringimenti e mu- tazioni, e modificato fors' anche da escrescenze o abbassamenti di acque sotterranee che alterassero 1' equilibrio delle fonda- menta? Tal è l'opinione che avanzò il primo l'illustre Astronomo Ab.Cav. Cesaris, ed io confesso che, per venerazione alla memo ria di un uomo cotanto benemerito, distinto, e mio Maestro il più caro, addotterei di buon grado la stessa ipotesi, qualora non insorgessero troppo gravi argomenti in contrario, che real- Del Prof. Giuseppe Bianchi 299 mente me ne dissuadono. E di vero le mie macchine meridiane trovandosi collocate e stabilite nell'interno spazio di una stanza e sopra un arco di mole ingente, io non posso comprendere come i raggi solari percuotendo all' esterno una parte dei grossi muri della Specola^ il piccolo e superficiale dilatamento che vi producono sia bastante ad alterar la disposizione e r equilibrio del sistema, e a sollevarne di sensibile quantità r enorme peso del detto arco il quale> per essere internamente situato, non soffre mutazion di figura e quindi non può smuo- versi che per intero. Una picciola fiirza non distrutta e con- tinua in una fabbrica, qual è una parte anche minima di peso, non sostenuto per ineguaglianza di fondamenti o di pressioni, produrrà bensì un moto virtuale che accumulandosi, come r effetto della goccia onde scavasi il marmo, si manifesterà per gli squarci^ le screpolature, gli avvallamenti dei muri ; locchè vediam tuttodì accadere : ma l' esteriore gonfiezza o dilatazione dei muri ai raggi del Sole è una forza variabile, così d'intensità come di punto d'applicazione; onde il suo meccanico effetto non può molto crescer col tempo nella me- desima parte di muro e apparir nel moto periodico da noi riscontrato, che sensibilmente compiesi e si rinnova in un giorno. Alla poca probabilità del moto oscillatorio dell' intero edifizio si aggiunga che non è d' uopo ricorrere a tal cagione; mentre i piccoli moti osservati si concepiscono piìi natural- mente dovuti a ineguale dilatazione delle diverse parti di una stessa macchina, secondo la varia temperatura ed emanazion del calore dai corpi circonvicini : la quale ultima spiegazione è vieppiù avvalorata da parecchi fatti e speriinenti. Fra le osservazioni e avvertenze del sullodato Astronomo di Milano si trova per esempio quella di una deviazione del filo a piombo nel grande Murale di Ramsden (1); deviazione, eh' egli riuscì a distruggere col solo impedire che i raggi del Sole percuo- tessero sulla lamina di sospensione del detto filo ; ed accen- (i) Effem. di Milano i8i3. pag. 107. dell'Appendice. 3co SoruA I riccion moti apparenti ce. uava poi egli stesso le differenze prodotte nella lettura delle divisioni de' grandi e perfetti circoli moderni, secondo la spe- rienza fattane da Piazzi e anche dai proprj Colleglli in Brera, pel solo toccar o stringere della mano Tuno o l'altro dei raggi del circolo. È noto parimente che il eh. Cacciatore ha po- tuto accordare fra loro le due obbliquità dell' ecclittica otte- nute nei solstizj d' inverno e di estate^ mediante una coitc- zione termometrica ingegnosamente da lui determinata pei di- versi punti della circonferenza del suo grande circolo (i); e forse per lo stesso mezzo il eh. Prof. Carlini arriverà egli pure a far disparire l'analoga differenza delle due obbliquità, che finora si riscontrò sempre nelle osservazioni al circolo ripeti- tore dal celebre Oriani (a) e da lui medesimo, confrontando i solstizj d' inverno cogli estivi : della quale differenza con ragione ha detto il cel. Bessel (3) " quae sìt causa, eruere practìcae Astronomiae maxime ìntersit „. Ora, o cadano i raggi diretti del Sole sopra una parte della macchina, o di- versamente riscaldino dall' esterna esposizione i corpi circo- stanti e le varie parti della macchina, l' effetto sarà sempre, più o meno grande, una diversità di dilatazione, e conseguen- temente ad esso un' alterazione relativa dei punti del sistema, ossia un piccolo movimento. Se però altre cagioni concorrali con questa, che pur sembra essere almeno la principale, ad alterar la posizione degli strumenti applicati ai muri di una Specola, io sarò lieto che altri le scuopran, le dimostrino e ne rischiarino questo soggetto di ricerche interessantissimo. (i) Del Reale Osservatorio di Palermo. Lib. Vili. J. i4- pag. i32. (2) Effem. (li Milano 181G. pag. 85. dell'Appendice. (3) Fundamenta Astronomiae pag. 61. Sor SULLA TEORIA DELL' AZIONE CAPILLARE MEMORIA DEL SOCIO ATTUALE PROFESSORE SUPPLENTE NELL' università' di PAVIA GASPARE M A I N A R D I Ricevuta adì 8. Novembre i836. I. \/uattro grandi geometri, illustri Membri di quest'Acca- demia nostra^ trattarono l'importante argomento de' fenomeni capillari. Young ne offrì il primo una equazione fondamentale^, travveduta per lui da una mente energica assuefatta per ge- nio ad astrazioni elevate. Laplace la corredò di una dimostra- zione memorabile desunta da principi che sono per divenire il fondamento della vera scienza meccanica delle cause e degli effetti naturali : ne desunse spiegazione dei principali feno- menij e rettificò la dottrina del barometro. L' illustre sig. Gauss con profonda sagacità maneggiando i grandiosi princi- pi della Meccanica analitica arrichì la scienza idrostatica di un teorema singolare e confermò la equazione fondamentale della dottrina capillare. Finalmente il celebre sig. Poisson, con un'opera classica illustrò la difficile dottrina esaminando con profondità ed acume l' elevarsi dei liquidi intorno ai corpi galeggiantij le diverse pressioni^ la forma delle falde liquide che si aggrappano ai solidi, e molte altre importantissime questioni. a. Ma se male non mi appongo, penetrando addentro il problema, si offrono alcune difficoltà cui è d' uopo porgere attenzione. 3. Young ha ammesso che, attesa 1' estrema piccolezza del raggio d'azione molecolare, la inclinazione delle superficie 3o2 Sulla teoria dell' azione catillare solida e liquida punto non dipenda dalla curvatura dello me- desime. Lajìlace mise in dubbio il teorema (i) : Gauss (a) e Poisson (3) partendo dal principio di Young ne confermarono la conseguenza : il die parrebbe lasciare qualche incertezza. 4- La equazione della superficie lilìcra di un liquido, es- sendo alle derivate parziali seconde, l'integrale della medesima involge due funzioni indeterminate. Una di queste si esprime per mezzo dell' altra mediante la sussistenza contemporanea di (jueir integrale e della equazione alla superficie solida cui il li(juido si aggrappa. Supposto costante l'angolo compreso da queste superficie in tutta la estensione del loro incontro , si ottiene una nuova equazione la quale implica le derivate prime parziali delle funzioni indeterminate. Eliminatane una, la equazione risultante non basta, per propria natura, ad espri- mere l'altra funzione. Quindi sembra rilevare un difetto nella dottrina dei fenomeni capillari. 5. A tutto ciò potremmo aggiungere, che alcune spcrienze di Abat (4) sembrano persuadere aver l'attrito grande influcnzia nel fenomeno : che le osservazioni di Clairaut (5) e Brunac- ci (6) indurrebbero a credere che il condensamento di un liquido prodotto dall'attrazione della materia solida possa esten- dersi a tutta la falda liquida elevata : e che la risoluzione di qualche problema singolare (7) importerebbe che fosse cono- sciuta la legge di tale condensamento. 6. Meditando queste difficoltà, senza dipartirmi dai prin- cipi fondamentali insegnati da Laplace, e ponendo mente alle giudiziose osservazioni del celebre Gauss, ho scritta la pre- ti) Suppletn: à la theorie de l'action capillaire, pag. 25. (2) Comment. Societ. R. S. Gottingensis Se. ec. Voi. 7. Class, matb. pag. 60, Ci. (3) Nouvelle Tlièorie de 1' act. capili, pag. 80. (4) Haijy. Fisica element. (5) Tbèorie de la figure de la terre. (6) Giornale di Fisica ec. di Pavia. Tomo IX. (7) Poisson. Opera citata, pag. 201. Del Prof. Mainardi 3o3 sente memoria, cui volgerò nuovo studio quando i miei pen- samenti ottengano l'approvazione dai geometri versati nell'im- portante argomento. 7. Considero un liquido aggrappato ad una superficie solida e chiamo O un punto della linea comune a questa su- perficie e all' altra che termina il liquido. La retta tangente a questa linea nel punto nominato la chiamerò Ox : indiche- rò con Oz la normale alla superficie solida e 0/ la perpen- dicolare ad Ox, Oz ; cosicché il piano Ox, Oy sarà tangente la superficie del solido nominato. Dall' equazione di questa superficie, riferita agli assi Ox, Oy, Oz, si finga desunto (I) 'z=^x''-*-Bxy-^-Cy'''+■'Dx"■-i-Exy-hFxy'^~hGy^ , trascurando le dimensioni di x, y, z superiori alla terza; e per la superficie liquida si abbia (II) z=2'ìy-+-ax^-i-bxy-hcy'^-i'dx^'^exy-+-fxy'^-^-gy^. Che tali debbano essere le fiarme di questi sviluppi si scorge osservando che ove x=o, y=o devono essere per la superficie (0 (È)=o. (^=0- e per la (II) soltanto (j^)= o. II liquido compreso fra le superficie (I) (II) esercita azio. ne sul punto 0 dipendentemente dalle iorze molecolari. Per determinarne lo sforzo secondo una direzione R che forma cogli assi Ox, Oy, Oz, angoli i cui coseni siano a, /?, y, si consideri un punto M del liquido ^ determinato dalle coordi- nate X, y, z, tale che sia OM=rr, ed attragga il punto 0 con una forza /(/■). Questa funzione /(r) dovrà involgere la densità del punti nominati, la quale, supposta costante in tutta la sfera d' azione, indicheremo colla lettera p. 3o4 Sulla teoria dell' azione capillare 8. Surrogando coordinate polari alle rettilinee^ poniamo a-:=rcos.0.cos.o, y = rcos.0.sen.o, z^rsen.O e considerato V elemento liquido pr'cos.ddo. dr.dd sarà 2I±i!Z±Iiy(r)pr"cos. Odo. dr. dd (ITI) =[(acos.oH-/?sen.a)cos.0-t-j'sen.0]pr/(7-)cos.0. do. dr.dO l'attrazione che esercita verso O secondo la direzione R. Le molecole alle quali si estende 1' azione sensibile su quel punto O sono racchiuse nello spazio terminato dalla sfera d' azione di questo punto e dalle superficie (I) (II) ; cosicché per effettuare il calcolo di tale azione ^ immaginate una serie di superficie sferiche consecutive aventi il centro in O, e con- siderate le aree sferiche intercetto fra le superfìcie (1) (II), basterà calcolare 1' azione che esercitano sul centro nominato i punti di una di queste aree^ integrarne la funzione per ri- spetto al raggio ed estenderla debitamente. Integrata la forinola (III) per rispetto a 0 ed estesa ai limiti corrispondenti alle superficie più volte nominati, i quali rappresenterò con 0 , 6 , si ottiene (IV) rj^pry{r)[acos.c}-i-[hen.o){d -j-sen.6? cos. = i — ^rT" '""'■' 0 -l-sen.0 cos.t? = afrP-t-r^Q). IO. Supposti «sen.o = /i 'ilii ■/■. Ir,, ■ acos.^o H- Z'sen.ccos.o -H csen.^o ^/? Jcos.^o -H ecos.*osen.o -t-ybos.osen.^a-f- gsen.^o = q , dalla equazione (II) caveremo \ •-t-i'' i''"— ! i ' ,'.'.*i"i-f ■ V,'.:-r \',,j '.. sen.0 = hcos.d -4- rpcos.^d ■+• rVcos.'^ . Per desumerne 0 espresso per r fingiamo ^ ; sen.0 = ?ra -t- m r -f- m r^ a o I !ì — ir:,i. rn /■ - i ■■;.■- r COS. d=sn-hnr-t-nr'^ a o I a '• ■' ■ 6 = Ang.sen.OT -+- Z; r -h A r' a Ola e tratto dalla prima espressione , — — ^ m m I m ^ ara /n \ cos6> =i/i— w "— . "^ ' r — i( : -j- ° ^ ) r" ; formati cos.°0 , cos.'0 sostituiti gli sviluppi ed il supposto valore di sen.0 nella equazione (II) otterremo Tomo XXI. Qq 3o6 Sulla teoria dell' azione CAriLLAtiE h p m = ■- , m ■=■ - — —- m = ~ — r e qui lidi 1—4/;' hq Finalmente siccome dalla formola d = Ang.sen.ff2 ->f k r -^r k r^ 2, " 013 passando ai seni, si trae sen.0 =/?2 -i-rkì/(i—m '■)-+-rHk 1/(1— w ')— Iw k ') 2 O O »2,* 001 ne verranno 5 A. ^— ' e perù f -l-sen.t/ COS.0 =: r h Ang.sen. -r 2,pr {i-t-n^sen.^o)'^ [=9 ^■-^■"sen.o ,1 sen.='0 = ■ — H : pr 2 i-i-ìt^.aen.^0 (i-t-re»sen.'o)" [^ +/i^sen.»ti)4 / (i-i-n'sen.'uj' -' II. La formola (IV) si deve integrare rispetto ad o ed estendere debitamente. Per stabilirne i limiti è diiopo trovare 1 valori di quell' angolo che corrispondono ai punti comuni r. Del Prof. Mainardi 807 alle superficie (l) (II) ed alla sferica di raggio r, eguagliando per esempio fra loro i valori di seu.8 , sen.9 , cioè mediante la equazione j^.,,^^ ,,;]^(, .„;òf;nu .. 1- m -4- m r -\- mr'^-=- Pr -+- (^f e supposto 012 - .^r-k ,<;riA.'.. 11 ■'.-.• \ .'* V, sen.o -^l r -\- l f la •.. . per CUI cos.o = =i= (i —5/ 'r"). indicati con o , o , il più piccolo ed il più grande valore di I 3. o, e supposti avremo giacche 1 A— g 1 D— li (A — a)(B — h'ì sen.o = a =il r-^l t"^, cos.o = i — ^ V"^ sen.o =Z r — / r^, cos.o =: — (i — 5/ V) ai a a ^ "' i ' - o ■= 7C — l r -¥• l f' o — o z=.% allorché r = o. la. Intraprese le integrazioni rispetto ad o trascurando le potenze di r maggiori della seconda si trovano /^(acoso-i-/3sen.o){0 -+-sen.0 cos.0 \do O I 1 l' , ,, = ^ (Ba-4-A;5-H2Ci5)-t- ^ [a(3D-HF)-H^(3G-t.E) ]r% /^^ ysen ^0 da = ^ [3(A»-h C) -t- aAC h- B^] . La funzione !-■ H' ■.' ■'■■■:- .■'■\ '''' .4-. 3o8, Sulla teoria dell' azione CAriLLARE / 2(acos.a-t-/?sen.o)(0 -hsen.O cos.O )do r si compone delle parti seguenti ^sen.oAnfr-sen. —dr.ì= — cos.oAng.sen..— ===_— o— [/i -t- «» Ang. tang.( j/i-Hra^'tang.o) ^-cost.: n '^cos.o.Ang.sen. — _ aa=zc j I A'a 2£!^ — - iacos.o-h[]sen.o)do=r—^J(i-¥-n%a(^~hba)-h2c(3] al calcolo della quale funzione giova supporre ncos.a = i/i -*- 7i^cos. (p /"a 2i7(«cos.o-t- (S'sen.o) -,jJ„ e (i-HM^sen.=',,.)3 I che si integra facilmente ponendo cot.fj =i/i -f-/inang.(j5 /■«. ^.3. sena, (,^cos.«-4-/isen.r,>)r>V/o = 8(i-4-n') Del Prof. Mainardi 809 Calcolando quindi la funzione l^yzQii.^d do si trovano J e , i-i-;j'sen.4i I , A -i^^l:^ dc=^-^^ {a{i^n^)^2c) / ""a r'(i — 5rz»sen.>(5)) 2 u, (i-t-n-'8en.?iy)4 jrr» ■p^do 8(H-«=) T [3a"( I -+-ra")"-+-(i»-t-2ac)( I -f-7z^)( r — 2ra')-»-3c^( i — 4^')] / anr^sen.a 1^ 7Ì0 = 5 (3g -i-e(i -4- ra*) ). 4, (i-\-nHea.'mf^ ■' 4(H-«') e per tali formole resta pienamente determinata la forza (IV) che denomineremo F . i3. Il punto 0 è pure soggetto all'attrazione che vi eser- cita il solido. Per calcolare la componente di questa forza che si dirigge secondo la retta R, la quale indicheremo con F , rappresentata con (p[r) V azione verso O di un punto M del solido, essendo MO = r, e supposto che la densità del corpo attraente sia eguale a a in tutta la sfera d' azione ; noteremo che il piano xOy divide quel corpo in due parti, cioè la metà di quella sfera, ed un solido intercetto fra il piano xOy e la superficie (1). La forza che proviene dall' emisfero si desume dalla formola (III) integrandola fra i limiti d-=Oi 6 = ^71}, o = 0j o = 2;7r per il che si riduce a — ynfr'f{r)dr 3io Sulla teoria dell' ;\zione capillare avuto riguardo alla propria direzione che è opposta a quella di F . I L'azione dell'altro solido si ottiene colla formola (IV) cambiando d^ in 0 poi supponendo 0 — e; sarà cioè l' inte- grale della funzione §0T''(^(r)[2(acos.«-+-/?sen.o)(Pr-t-Qr)-j-yr'P*] e siccome / (acos.o -H /?sen.o)P.iZo := o y^'''(acos.«-4-;3sen.fj)Q,4^(;.)^o=-^[oc(3D-^-F)-i-/?(3G-f-E)]/r4(^(r)^r; raccolti questi termini ne verrà F^= a(3D -t- F)S H- /9(3G -h E)S (V) -i-tì[-^(3(A^H-C^)-+-B"H-2AC) — TJ supposti J fr'(l-t-='-^z„ (X) e siccome I ' Essendo poi 3i6 Sulla teoria dell'azione capillaue alle equazioni (X) equivarranno le seguenti da cuij attesa la direzione arbitraria degli assi x,/^/?,^, derivano quindi K.dA — tdz e finalmente , posto ^ = "JT , si trae (XI) ~ -)- -^ = -^ z ■+■ costante rlie è la equazione originariamente dovuta a Young. 19. Ma veniamo ora a discorrere sulT uso delle equazio- ni (VI) (VII), e primamente noteremo die quando la curva- tura delle superficie (I) (II) non avesse influenza sensiljile ad alterare le azioni molecolari sul punto O, supposti A=B=....=G=c a-=b=^....-:=g=(.> nelle equazioni del paragrafo i5 ne verrebbero a = e, 3 T = - n = o cioè la linea comune a quelle superficie sarebbe piana ed oriz- zontale ; ma la inclinazione delle medesime sarebbe variabile , eccettuati pocbi casi particolari. :;: Del Prof. Mainardi 3,!^ 20. La superficie solida sia cilindrica j verticale^ a base circolale. La superficie (II) sarà di rotazione conassica alla (l); r asse Ox sarà orizzontale^ e la stessa equazione (I) si caverà dalla seguente z^— ars-t- a;^= o ove rè il raggio della superficie cilindrica, per cui ne verranno A=— , B = C... = G = o, a=o, B =— i. S,T II' La equazione della superficie liquida libera sarà della forma ■'. - r— ^ x^-^{r—zf=l{y) , indicando la | una funzione di /. Dalla equazione (II) spari- ranno ì termini affetti da potenze dispari della a;, cioè saranno b = d=zf=. o^ la equazione (VI) è soddisfatta identicamente , e la (VII) si trasforma nella (XII) U -i-°''-^""lt''ÌQ-^- ^ \i{i-^n)m-^e[i-^n^)) — 3n[a=(n-7z^)"-l-2ac(i-i-7i')-t-5c'']l - — T H n =: o . Si supponga ar^-t-A;' — |^=A per cui sarà e siccome ^ "~ ^"^ fòli ■*" i6r» l{y)=.l[o)^yl'{o)^ r r'(o) -4- j^ |"'(o) trascurando i termini che a noi non importa di considerare , essendo 3i8 Sulla teoria dell' j\zione capillare |(o) = o, ^'{o) = n e supposti si avrà A — 2nr/ ■+■ x'-hjK'(2/;/- — n') ■+- 2.y^[rq -H np) quindi « = ^, c=p, e = ^^, g = g. Dalla equazione (XI) con processo noto (i) si desume 2(7-v) {i-^rr I essendo l l'altezza cui il liquido in contatto col tubo si eleva oltre il livello libero esteriore: e da quella equazione poi si traggono /7 = _(i^-/i')^i -i-— /i-+-/rj. «'(i-Hn')'-H2flc(i-t-n^)-H5c^=(i-t-/i')'r4-^-;;^l/i-f-«^-H-^(i-t-R')l. (i) Poisson [ing. 100. Laplace Tlieor. pag. 20. Del Prof. Mainardi 819 Col mezzo di queste formole, trascurate nella equazione (XII) le forze t, e H e supposto 20 si ha - . (XIII) -^(,_h„')^±.;ì^— „(l + „») ai. Dall'opera del celebre sig. Poisson ( pag. iix) assu- inianio le seguenti fornriole fcA+^'_^/7WM- §;. log. '^ii^ . - i6?[/(/-/^W')- i ^ ''log. i^iif^] . 2r' V /=- r|/i -t-/ì"-HH^^«°(n-«^)(/i-f-«i^— «) dove ho cambiati a in r, e ^ in. ' , essendo 7i la eleva- zione del liquido sopra il proprio livello. Da quelle equazioni SI traggono af .s l/y'— r'=/zr— 37T ra(i -H re')' (/i H- «'— /z) , 3ao Sulla teoria dell' azione capillare T[/l-+-rt-' quindi affine di sviluppare la Ji in serie di potenze della r osservata la equazione (XIII) ed il valore di l facilmente ri- conosceremo die detta serie arrestata alle quarte potenze di }■ avrà la forma per cui saranno r4; (XIV) b = i- "-^_ a[^r'- (£:±ffL _ i^) , / = —-!- -h(^ — -|^jr-f-6c(a^=i5— i)/-" -[(^'-%^)«.--^--*^h e col mezzo della equazione (XIII) conseguiremo (XV) .= _V-.(V_^).-(^-i^H.i-) ove i parametri a e K si dovranno determinare col mezzo delle sperienze. r' --' !■!' Del Prof. Mainardi ì-^'S 3ai Se per V acqua in riguardo al vetro fosse trascuralnle la quantità -^ , dalle formole (XIV) (XV) cambiati i segni ne verrebbero .. „,, ;,;,,,, \, ^^\,,\ -, ,1,.,^:', .• ' .il il! cH'-c! . I a:.;:jhi /i= ' ^ r-i-rTTl log. 4 1 ?" Od:'/ !l' .si;d i quali risultaraenti paragonati con quelli del celebre Poisson ( pag. IJ2.) apprendono essere b= — i, quando vengano om- messi i termini divisi per « *; e che il valore di h pochissimo differisca da quello calcolato dal valente geometra, il quale trova I .3^(l0g.4— I ). 22. Due osservazioni ci permetteremo ancora. Un bel esperimento del sig. Hauy (i) dimostra che due lamine l'una d'avorio l'altra di talco si respingono fintanto che siano l'una dall' altra alquanto discoste, ma si veggono attrarre allorché sono molto vicine. Che la falda liquida inflessa per l' azione opposta di quelle lamine possa perdere il contorcimento col- r avvicinare le lamine medesime^ non sembra ben chiaro : dac- ché nel discorso del celebre sig. Poisson (pag. '96) non è considerata l'azione che eserciterebbe sulla materia liquida il prolungamento del cilindro liquido interiore che si suppone consolidato. Se però vorremo ammettere che nella stessa ma- niera con la quale l'azione conspirante di due lamine innalza sempre piìi un liquido iotraposto quant' è minore la loro distanza, la opposizione di quelle azioni valga a deprimere il liquido che si aggrappa al corpo umettato, modificati i calcoli (i) Poisson pag. aoi. Laplace supp. pag. ^"r. Tomo XXI. Ss 3-2'2 Sulla teoria dell'azione catillare delle pagine 170, 198, ne verrebbe forse spiegazione al curio- so reiiomeno. Il Consocio valentissimo Proless. Belli osservò, che nei livelli a bolla (V aria un parziale riscaldamento del vetro mette la bolla in movimento (i). Ripetendo la bella esperien- za ebbi campo ad osservarla allorché il liquido è Io spirito di vino, ma impiegando l'acqua la bolla restò sempre immo- bile, quand' anche la temperatura dell' aria ambiente fosse molto elevata. Il Profess. Chiar. ripete il fenomeno dalia forza capillare: rinnovando la sperienza noiai un sensibilissimo mo- vimento idraulico, prodotto dalla parziale elevazione di tem- peraturaj e che ha luogo il movimento della bolla alloraquando qualche polvere galeggiante o le galozzole di vapore giungono appunto là dove si trova la bolla medesima. 23. Riservo per altra Memoria le ap[)licazioni numeriche, e lo studio di quelle modificazioni che potrebbero forse ve- nire utilmente introdotte in taluno dei problemi che il cele- bre sig. Poisson ha considerati nel sesto Capitolo dell' opera memorabile sulla teoria dell' azione capillare. (i) iMt-raorie della Società Italiana. Tomo XX. Anno 1829. ■}■■'-■<' 3a3 DINAMO-MAGNETOMETRO IMMAGINATO DALL' AB. PROFESSORE DAL NEGRO Memoria ricevuta adì g. Marzo iSSy. Appena che mi venne dato di poter studiare col mezzo di esperimenti le proprietà delle calamite temporarie, ho sentito il bisogno di abbandonare il metodo comunemente usato di misurare cioè la forza attraente delle medesime col mezzo di pesi attaccati alla traversa, avendolo col fatto riconosciuto non solo lungo, e tedioso, ma benanche incerto. Essendomi perciò determinato di cercare un qualche mezzo, che mi som- ministrasse con sollecitudine, e con precisione la misura delle testé accennate forze, mi venne in pensiero di approfittare del Dinamometro di Monsieur Regnier. Per servirmi di questo strumento ho dovuto immaginare un apparecchio, che in sulle prime mi è riuscito un poco incomodo e complicato, ma che ponendolo in opera hollo a poco a poco spogliato di tutto ciò che riusciva inutile, ed imba- razzante, cosicché mi è riuscito semplice in guisa che non ho pili bisogno di essere assistito per eseguire tal sorta di espe- rimenti. E siccome con tale apparecchio si può misurare T ef- ficacia delle correnti elettro-magnetiche con maggior esattezza di quella che si ottiene dal Galvanometro osservato ad indice fisso, e potendosi di più con questo mio metodo calcolare con precisione 1' efficacia di un elettromotore all' istante dello sbocco della corrente, il che non si può conseguire che per approssimazione, e con non poca difficoltà dalla prima escur- sione dell' ago magnetico, cosi mi sono indotto a pubblicarne la descrizione, e 1' uso colla fiducia di fare cosa grata ai fisici che si occupano di tali studj. # 324 DlNAM0-MAGNET03IETR0 Ad oggetto poi di far conoscere l' importanza, e la uti- lità di questo mio apparecchio pubblicare, in un colla descri- zione del medesimo, i più interessanti risultanienti che potei ottenere del magnetismo temporario. Il presente mio lavoro rimane diviso in due parti, nella prima delle quali contiensi la descrizione e l'uso del Dinamo- niasnetometro, e nella seconda si contiene una succinta indi- cazione delle più importanti proprietà delle calamite tempo- rari e. PARTE PRLAIA Descrizione del Dinamo-magnetometro. I due stanti di figura parallelepipeda BB, B'B' pian- tati perpendicolarmente sulle basi orizzontali AA, A'A', e le- gati tra loro dalle traverse parimenti orizzontali HH', SS' co- stituiscono il solido castello di noce a cui sono raecomandate tutte le parti componenti questo apparecchio, che serve a mi- surare la forza, che le calamite temporarie acquistano dalle correnti elettriche, anche nel caso che giugnessero a sostenere un peso di mille kilogrammi, cioè più di due milla libbre di marco. CG'DD'D" è il Dinamometro di Regnier strumento comu- nemente noto, ce è la molla ellittica di acciaro : DD'D" è la custodia del quadrante e dell' indice E. LL'L ' è un robu- sto rampone di ferro avente la figura della lettera Y, le di cui branche hanno I' estremità L'L" piegate ad angolo retto, e l'asta termina con un occhio L. La traversa HH' ò munita nel suo mezzo di un pertugio cilindrico lungo tanto quanto è la sua grossezza. Questo per- tugio viene riempiuto da una vite MM', la cui estremità M è munita di un uncino, e l'altra M' di una madrevite. All' accennato uncino è attaccato lo rampone LL'L" mediante l'occhio L, e sull'estremità delle branche incurvate L'L" riposa la molla CC del Dinamometro. Del Phof. Dal Negro SaS Un secondo rampone simile al primo, e indicato dalle let- tere NN'N" riposa colle suo estremità incurvate N'N" sull'arco superiore CC della molla ellittica, in guisa che la detta molla trovasi fra le quattro branche dei due ramponi in modo che attaccato all'uncino N un peso p. e. di loo libre, la molla ellittica rimanendo premuta da forze contrarie nel senso del suo asse minore, muove 1' indice, il quale fa conoscere la mi- sura esatta del peso che si è attaccato all' uncino N. Non occorre far sapere ai miei lettori, che il Dinamo- metro è munito di due scale la prima delle quali serve per la misura delle forze o pesi, che non oltrepassano loo kilo- grammij e 1' altra per i pesi maggiori, e che per servirsi della prima scala, convien che le forze contrarie agiscano sulla molla nella direzione dell' asse minore, e per la seconda nella direzione dell'asse maggiore, nel qual caso i miei ramponi di- vengono inutili, giacché basta sospendere all' uncino M la molla per l'estremità C dell'asse maggiore, ed applicare la forza od il peso all' altra estremità C, non occorre dissi far conoscere minutamente tutte queste cose giacché sono note. Ora passiamo a vedere come facilmente, col mezzo del Dinamometro montato come scorgesi nella figura, si giunga a misurare le forze delle calamite temporarie. Fff è un cilindro di ferro dolce piegato a ferro di cavallo ed avvolto da una spirale di filo di rame ben coperto di seta, e tutto questo costituisce ciò che si chiama calamita tem- poraria. La detta calamita temperarla si attacca ali' uncino N del Dinamometro mediante un' anello FF' composto di varii cor- doni di seta; pp' è una sbarra di ferro dolce munita nel mezzo di un anello parimenti di ferro chiamata da alcuni ancora, e da altri traversa o porta-peso. Questa sbarra di ferro riposa comunemente sopra un telajo di ottone, rimanendo distante alcune linee dai piedi f,f' della calamita, ed ecco coinè. PQQ'OO' è un martinetto stabilmente fissato con viti sulla solida traversa di legno SS' uguale e parallela alla su- SaG Dinamo-magnetometro periorc HH'. OQO' rappresenta la custodia del martinetto, P è il manubrio , 00' è 1' asta dentata del medesimo la quale alla sua estremità superiore termina in un uncino, e lateral- mente è munita di due braccia ricurve di ottone jì' alle quali è saldato il sopra nominato telajo rettangolare qq ^ e sopra questo telajo ( quando non si esperimenta ) riposa il porta- peso pp\ ma che nella figura sta attaccato ai piedi della ca- lamita temporaria giacché suppongo che la corrente elettrica circoli per la spirale. Allo stante BB' è unita mediante due viti A, h' una la- mina di ottone aà terminante in una verga parimenti di otto- ne dolcemente incurvata da che sostiene una capsula cilin- drica di ottone G' che serve di custodia ad un vasellino di vetro contenente del mercurio. La lamina aà è munita di due aj)erture bislunghe col mezzo delle quali si può sollevare ed abbassare a piacere il vaso di mercurio, che poi si ferma alla debita altezza premendo la lamina contro lo stante colle viti h^V . Una lamina eguale rimane invitata sullo stante BB. che porta nello stesso modo una seconda capsnia G contenente altro vasellino con mercurio. Una delle estremità della spirale, che avvolge la calamita, pesca nel mercurio del vaso G, e 1' altra in quello contenuto dal vaso G'. KK è un elettromotore elementare consistente in una cassetta bislunga di rame, contenente, al solito, una la- mina di zinco distesa dal contatto del rame. II detto elettro- motore riposa sulla tavola TT', che da un lato è sostenuta fra gli stanti BB, B'B', ed il lato opposto è sostenuto con un braccio di ferro ricurvo XX', e fermato con la vite V ad una traversa, come facilmente rilevasi dall' ispezione della figura. Uu filo di rame saldato alla cassetta in R, pone in co- municazione il metallo elettro-negativo col mercurio che tro- vasi in G, ed un secondo filo di rame saldato in Z alla lami- na di zinco , fa comunicare questo metallo elettro-positivo col mercurio contenuto nel vasellino di vetro collocato in G'. Del Prof. Dal Negro 827 Ora tutto è allestito per eseguire 1' esperimento. Difatti posta dell' acqua acidulata nella cassetta di rame succede la corrente elettrica, la quale, sortendo da R, siegue salendo la direzione indicata dalle freccie^ entra nella spirale in G, cir- cola intorno alla calamita, sorte dalla spirale per G' e discen- dendo, come lo indicano le freccie , giugne allo zinco in Z, attraversa V acqua^, sorte di nuovo per 11, e rientra per z, e così di seguito fino che 1' elemento è operativo. ;rii loC' Se al momento , che comparisce la corrente elettro-ma- gnetica, la sbarra/»^' (che riposa come dissi sul telajo gq' ) non è troppo distante dai piedi della calamita, essa viene at- tratta, e rimane attaccata ai piedi della medesima come scor- gesi dalla figura. Che se trovasi lontana di troppo , la si av- vicina girando il manubrio P finché viene attratta. Per sapere eoa qual t'orza la calamita temperarla tiene attaccata la tra- versaj siccome un uncino r lega l'anello della traversa coli" uncino dell' asta dentata del martinetto , così facendo girare il manubrio in guisa che Tasta tenda a discendere, la traversa si distacca, e dopo il distacco l' indice rimanendo fermo , in- dica in kilogrammi, ed in frazioni dei medesimi lo sforzo che si è dovuto fare per vincere la forza attraente della calamita temporaria. Cj mi '^^hvv'i-ii ;:.]im'.;)3y ki E poi chiaro che rimanendo la traversa in riposo sopra il rettangolo o telajo qq', il cui piano è parallelo a quello dei piedi della calamita , si può facilmente conoscere la distanza dalla quale venne attratta. Questa distanza si misura col mez- zo dell'asta dentata trovandosi essa munita di una scala ver- ticale divisa il) linee, ed in decimi di linea. Dopo tutto questo si scorge facilmente che questo mio Dinamo-magnetometro riuscirà opportunissimo anche per de- terminare con precisione la legge delle attrazioni magnetichej sostituendo alia temporaria una calamita permanente. ir. :>i;'iiii;\-iu(; j :rj ■ uioinì-inir-c:'] '> ^l'l:^;:;^ '' ■■ • . u-;;\'i.i f.l '/ilo yoiio M ;, :'3. :(<(.;':;' -' : ['-■ 3^8 Dinamo-magnetometro PARTE SECONDA Delle più importanti proprietà delle calamite teinporarìe. I. Col mezzo del descritto apparecchio ho potuto assicurar- mi che non tutto il ferro si magnetizza eguahnente. Di pivi ho trovato che divisa una verga di ferro in più parti, una di queste si è magnetizzata fortemente , e le altre assai poco in confronto della prima. Ciò nasce specialmente quando la verga ferrea non sia stata col fuoco bene purgata in tutta la sua estensione. Una semplice sfaldatura o screpolatura rende un cilindro di ferro poco atto a magnetizzarsi. II. L'ancora o porta-peso, poste tutte le altre cose eguali, riesce più utile quando la superficie, che tocca i piedi della calamita è convessa, che quando è piana, cioè nel primo caso la calamita sostiene un peso maggiore che nel secondo. La figura convessa del porta-peso è da preferirsi alla piana quando si voglia misurare l'efficacia della calamita col mezzo del peso che sostiene, o dalla forza che rendesi neces- saria per distaccare l'ancora dai piedi della medesima; ma se si voglia misurare l'azione simultanea dei due piedi della ca- lamita a distanza, in questo caso giova che la superficie della traversa sia piana, e la ragione di questa differenza è chiara per se stessa. III. La forza di una calamita temporaria, poste tutte le altre cose eguali, è prossimamente proporzionale al numero delle spire componenti 1' elice che la investe. Del Prof. Dal Negro Sag Quantunque la forza magnetica cresca aumentando il nu- mero delle spire, e scemi diniinuetidosi il numero delle me- desime, tuttavolta la stessa calamita acquisterà più forza da due spirali di ^o spire l' una, che da una sola avente 80 spire. Non occorre avvertire che in tali confronti si suppone che la calamita con cui si esperimenta sia suscettibile di aumento, cioè che non sia giunta al maximum di forza. La ragione di questa diiferenza dipende dall'osservazione che si è fatta, che Tefificacia d' una corrente elettrica causata da un dato elettromotore diminuisce crescendo la lunghezza del filo congiuntivo. Si noti che cosi fatta relazione fra 1' effi- cacia della corrente , e la lunghezza del filo metallico che serve di veicolo alla medesima, non è esatta^ giacché se il filo p. e. diviene doppio, l'azione non si riduce alla metà, ma riuscirà più che la metà. È poi chiaro che se le azioni delle correnti sul ferro dolce o sopra l'ago magnetico fossero inver- samente proporzionali alle lunghezze dei fili, Io Schweigger non avrebbe potuto arricchire la fisica del suo Galvanometro moltiplicatore. Dopo tutto questo riesce manifesto che se una data ca- lamita avvolta da una spirale di 100 spire produce un effetto = m, questa stessa calamita, avvolta da due spirali di 5o spire r una, produrrà un effetto >> to , giacché per le cose dette ciascuna spirale di 5o spire non produrrà un effetto =:-;- ma >■ !^, stante che ciascuna spira dell'elice di 100, è meno efficace di ciascuna delle spire degli elici minori. In queste indagini convien tener conto esatto delle totali lunghezze dei fili, esperimentare, a correnti già stabilite pro- dotte da elementi eguali, e posti in parità di circostanze, tanto relativamente ai due metalli che li costituiscono, quanto per ciò che riguarda il conduttore umido. Queste indicazioni sono più esatte delle prime, che pubblicai sul proposito del- l'influenza del numero delle spire. l- - , ., Tomo XXL Tt 33o DlNAMÙ-JlACNETOMETRO IV. Lo stesso numero di spire produce sulla medesima cala- mita, in parità di circostanze, la stessa forza magnetica tanto se sono costi[)ate in guisa da coprire p. e.-^, od — di una delle due branche, quanto se sieno diradate, e disposte in guisa da circondare la metà ed anco tutta la calamita. Questa operazione fu per me utilissima, giacché appresi che si possono fare degli esperimenti di confronto fra due date calamite tcmporarie, investendo con una spirale la sola metà od una quarta parte delle medesime. Difatti conosciuta questa veramente curiosa ed interes- sante proprietà delle calamite temporarie, lio potuto eseguire con molta facilità ed economia degli esperimenti di confronto, che in caso diverso non avrei potuto fare che con molta dif- ficoltà come apparirà dalle sperienze che più sotto farò cono- scere. V. Se si prendano due verghe di ferro dolce incurvate al solito, egualmente lunghe, ed eguali in peso, ma che 1' una abbia una figura cilindrica , e parallelepipeda 1' altra, cosic- ché la sezione trasvesale della prima sia un cerchio, e un quadrato quella della seconda, queste due verghe di ferro avvolte da spirali di un egual numero di spire ed assoggettate all'azione dello stesso elettromotore, acquistano forze disu- guali, cioè la forza attraente, che riceve la calamita tenipo- raria cilindrica riesce costantemente maggiore di quella, che acquista la prismatica. Di questa proprietà mi sono assicurato coir esperienza, adoperando calamite di varie grandezze, e cangiando 1' efficacia degli elettromotori. Non occorre però dar mano alla sperienza per assicurarsi che una calamita cilindrica riesce più efficace della prismatica poste nelle sopra accennate circostanze, giacché dalle note Del Pkof. Dal Negro 33 i proprietà delle correnti elettro-magnetiche si può trarre la di- mostrazione della testé accennata differenza. E nel vero sapendosi che 1' eflìcacia di una corrente som- ministrata da un dato elettromotore diminuisce crescendo la lunghezza del filo congiuntivo, ne consegue che ciascuna spira dell' elice avvolta intorno alla calamita prismatica dee riuscire meno attiva di ciascuna spira delT elice, che investe la cala- mita cilindrica. Difattl nel caso nostro in cui cioè ciascuna calamita dee essere egualmente lunga, ed egualmente pesante, la geome- tria ci assicura che il perimetro della sezione trasversale della calamita parallelepipeda riesce maggiore del perimetro della sezione trasversale cilindrica. Dunque TelBcacia della corrente che circola intorno la calamita prismatica deve risultare mi- nore di quella che scorre per l'elice cilindrico, in conseguenza di che la calamita cilindrica deve acquistare una forza mag- giore della prismatica. Questa stessa verità holla dimostrata per altra via nella fine della mia III. Memoria sul magnetismo temporario; e giac- ché la teorica va di accordo colla sperienza^se bene si consi- deri quanto dissi nella nota alla fine della detta Memoria, pare che si possa conchiudere che il magnetismo temporario varia col variar della massa del ferro, e non della superficie. .,.i;.:i <::: VI. ; , - , . Che se col filo congiuntivo dell' elettromotore si formi un elice intorno ad una canna di vetro, o di legno, od anco di metallo (avvertendo che la canna metallica non tocchi sul vivo il filo di rame costituente l'elice) e allorquando l'elettro- motore é in attività si magnetizzino successivamente le due calamite del numero antecedente, facendo entrare una branca delle medesime nella canna in guisa che l'asse della branca si confonda con quello della canna e dell'elice, in questo caso la calamita temporaria cilindrica acquisterà una forza magne- 332 DlKAJIO-MAGNETO-METRO tlca sensibilmente minore di ({uella clie acfjiiista la piisnia- tica (i). Una COSI latta clifFerenza fra le due calamite cimentate nel modo testé indicato, non è che un corollario delle già conosciute proprietà delle correnti elettro-magnetiche. Dilatti il celebre geometra Laplace sottoponendo al cal- colo i risultamenti delle sperienze dei valentissimi Fisici Biot, e Savart;, ha potuto rigorosamente dimos4;rare, che le azioni delle correnti elettromagnetiche sul ferro dolce^ e sopra l'ago magnetico sono in ragione reciproca dupplicata delle distanze. Ora quando si j'ongono successivamente le branche delle due calamite entro felice, siccome la distanza dall' elice della superficie cilindrica è maggiore di (juella, che ha luogo tra la stessa elice e la superficie della branca prismatica, così è chiaro che questa dee magnetizzarsi luolto più della cilindrica, giacché comunque piccola riesca la differenza di dette distan- ze, tuttavolta a:;endo la forza ma"netizzante in ragione reci- proca dei quadrati delle distanze, anche una piccola differenza fra le dette distanze dee produrre una ben sensibile differenza tra le forze delle due calamite. Che la superficie della calamita prismatica riesca nel caso nostro più vicina alla corrente spirale, che quella della cilin- drica, lo si comprende facilmente se si consideri che quantun- (]ue alcuni punii della superficie prismatica riescano più vi- cini, ed altri più lontani dall'elice, ciò juilla ostante essendo assicurati dalla geometria, come sopra ho detto, che il peri- metro della sezione trasversale della prismatica è maggiore di <|uello della sezione della calamita cilindrica, cosi è chiaro che la distanza media della superficie prismatica della cor- rente è minore della distanza della superficie cilindrica dalla stessa corrente. (i) In uiid simile canna fl'-'Sàibile. ed avvolta da un elire consiste il mio magne- toscopio, che lio gi.'i indicato nella prima nota della sopra indicata Memoria III. Del Phof. Dal Negro 333 Chi conosce la teorica, che resi nota al pubhlico nella sopra citata III. JNIemoria, comprenderà facilmente che la po- sizione delle calamite nel caso presente essendo affatto oppo- sta a quella in cui vennero considerate in quella circostanza, anche gli effetti delle medesime dovranno riuscire affatto con- trarj, eh' è quanto dire, che quella delle due calamite che rimaneva più magnetizzata in quella circostanza, deve riuscire meno magnetizzata in questa. i,;..::- VII. : ...,, ... .■',■.:■■.,; Il ferro rimane potentemente magnetizzato dall' azione delle correnti elettro-magnetiche anche quando è incande- scente. E se nello stato d' incandescenza lo s' immerga nel- r acqua fredda^ anche in questo caso rimane fortemente ma- gnetizzato sino che la corrente continua ad agire sul medesimo. VIII. Le correnti elettriche magnetizzano il ferro dolce, e lo smagnetizzano colla celerità del lampo. Per far conoscere questa singolare, e veramente interessante proprietà delle correnti elettro-magnetiche io soi^lio esesfuire il seguente esperimento. Al sopra descritto mio Dinamo-magnetometro aggiungo un commutatore dei poli posto in moto da un peso che anima una ruota a stella, il cui movimento è regolato da un pendolo. Questo commutatore dei poli è collocato fra la calamita tem- poraria e 1' elettromotore , e facendo comunicare col medesi- mo tanto le due estremità dell'elice che circonda la calamita, quanto quelle delle due appendici che partono dai due metalli rame e zinco dell'elemento KK , il detto commutatore can- gia la direzione della corrente elettro-magnetica circa 9 volte al minuto secondo. Disposte così le cose e supposto che la traversa di ferro 334 DlNAJIO-MAGNETOMETRO pp\ che riposa sul telajo qq trovisi ad una tale distanza dai piedi della calamita da poter essere attratta, essa salirà e nello stesso istante che tocca i piedi della medesima, venendo ro- vesciati i poli, il magnetismo passa per zero, e la traversa cade, ma non tocca appena il sostegno che risale venendo di nuovo attratta colla celerità del lampo. Questi contrarj movimenti si succedono tanto più rapidamente, quanto è più grande la celerità del congegno destinato a cangiare la dire- zione della corrente elettro-mairnetica. Un esperimento analogo mi risvegliò l'idea di approfittare di si rapido movimento per porre in moto una macchina^ e da di qui ebhe origine il mio Ariete elettro-magnetico. n fw t/^ ,_^^//, tr ,yr>c .y^fa/ c^ XX f /*2^ J.;.^ ./arìahile. Differenziando il precedente valore di T, nella supposizione di p costante, e <)' funzione di t, si avrà l' espressione del primo calore specifico, che sarà e difierenziando lo stesso valore nella supposizione di (3" co- stante e p funzione di t, si avrà l'espressione del secondo d^dp_ ap dt = -X',i^-M)-if\p)\^. Indicheremo questi due calori specifici con e e e'' ; eliminan- do dalle loro espressioni — e-^ col mezzo dell'equazione (i) si avrà = c[^i-(^(/p)— /^75(/^)j- Liqjlace ha adottato il principio che il calore specifico dei gass sotto pressione invariabile sta in una ragione costante al calore specifico con volume invariabile, e (juesta supposi- zione è conforme alle sperienze nella corta estensione della scala nella quale sono state eseguite. Secondo questa suppo- sizione, denotando con k la ragione costante di e": c\ che per Di Ottaviano Fabrizio Mossotti 339 r aria atmosferica si è trovato essere circa di ì, ^, si dedurrà dalle due precedenti equazioni la seguente m ^ ^-^=^;'' ■ che integrata dà a conoscere la forma della funzione (p{p), che è {IV) i-f{p) =/"' Introducendo queste espressioni di : — fpip) nell'equazione (II), essa viene ad essere composta tutta di quantità determi- nate, e dà T = ^-H-l[(.-H^O/'"-(.-f-f.)]. 4- Per dare un esempio dell'uso di questa fcrmola, sup- poniamo di dovei calcolare la temperatura alla quale si eleve- rà o si abbasserà una massa d' aria che si condensi , o si ra- rifichi meccanicamente senza che perda o riceva nessuna parte di calore. In lai caso la pressione/?, e la temperatvua t^ corri- spondenti al secondo stato dell' aria dovranno soddisfare all' equazione precedente senza che il valore di T cambii, e. do- vrà perciò sussistere anche T equazione che sotratta dalla prima darà -(^'. _^' i-k — I — A; I -h-fLt p Se si suppone che al principio la temperatura sia stata zero, e la pressione uno, questa formola si riduce alla nota i—k 340 F o R M o L A ec. 5. Relativamente ai vapori dell' acqua la supposizione di Laplace della invariabilità della ragione fra il calore specifico sotto pressione costante al calore specifico con densità costan- te non è ammissibile in tutto rigore, e la determinazione della funzione 'p{p) non può conseguirsi per suo mezzo: ma d'altra jiarte esiste un'altra legge che fu aniuuiciata dal celebre Watt ciie riconobbe che la quantità di calore necessaria per co- stituire una massa di vapore nel grado massimo di tensione è sempre eguale (jualunque sia la temperatura. Siano dunque, come precedentemente, /^ e p, due tensioni corrispondenti alle temperature t e t/, l'equazione (II) dovendo conservare lo stesso valore per la sostituzione rispettiva di questa (piantila , somministrerà due risultanti, che colle loro difi'erenze daranno La tensione del vapor acqueo, quando t= i, è espressa dall' altezza media del barometro o'", 76; se si addotta questo valore per unità di pressione, sarà (p[p)=:c, pel valore corrispon- dente ^= 1, e resterà (V) i-t-^ I— /'{/),) Secondo la sii[)posizione che ha assunto Laplace, l'espressio- ne di r — ipip) da sostituirsi in questa equazione sarebbe data dalla forinola (IV), e si dovrebbe avere i-*-^<, ■P ■ o vero ponendo per brevità ^-^^^^^ = 0, ed ommettendo gli api- ci abasso delle lettere, come divenuti inutili. Di Otraviano Fabrizio Mossotti BJ^t log./?_ ìog.p I — k. Se si sostituiscono nel primo membro di questa equazione per log.t? e \og.p ì valori che risultano dalle esperienze di Gay-Lus- sacj DaltoHjDulong e Arago,nonsi trova in vero una quantità precisamente costante, quale lo è il secondo membro, ma poco si scosta dair essere tale , poiché le sue variazioni sono pic- cole e lente. Invece di supporre costante la ragione del ca- lore specifico con volume invariabile al calore specifico sotto pressione invariabile, assumiamola dunque variabile, ed attesa la lentezza delle sue variazioni addottiamo la formola k ■+■ kt\og.p -h k^og.'p come adequata per rappresentarla con sufficiente esattezza. In luogo dell' equazione (HI) si avrà cosi la seguente I _ JUL^ z=k-hk ìog.p -*- k log.> la quale integrata somministra ìog.{i —(p{p)) - — {i — k)ìog.p-h^ klog.'p -^ ~ k\og?p; e questa espressione di log.(i — (p{p)) sostituita neirequazione (V) dà nella quale non restano pivi che a determinarsi i valori dei coefficienti costanti k, k ^ k di modo che soddisfacciano a I a, tutte le esperienze. G. Per la determinazione di questa quantità ho assunto li seguenti sperimenti che abbracciano in tutta l'estensione la scala di quelli che sono stati fatti sopra la tensione del vapor acqueo. 342 F o R -M o L A ec. TAVOLA I. Esperimenti eseguiti sopra la iensione del vapor acqueo. ESPERIMENTATORI Gay-Lussa Dalton Dulong e Araso Tcmjieialura 111 ccuLli;i ,U i9,'-'5 0, 0 o5, 02 5o, 04 c6 100 i33, 7 i lèi. 4 5 188, 5 v.oh. 8 20". 4 210, 5 218, 4 224, ib o>3crv.itc 5, c8o 2:3, 114 88, 900 38.5, 750 7O0, 1629, 16 2181, 7 3475, 9 49:38, 8 50o5, 4 8040, o 1 eie 61, o i3i37, o 14060; o 16:381, 6 18189,4 Tensioni L-3jncsse in atmosit'i'a .11 O, 00178 O, 00668 o, o3o4i O; I I 100 o, 37698 i, cocco 2, 14.36 a, 8704 4, 5735 6, 4976 ^, 3756 li, 6:32 17, "85 17, 286 18, 5o5 21, 554 ■2'-}, f)34 Ponendo il valore di ciascuna di queste temperature e della rispettiva tensione nella ioruiola (VI) ho formato le se- dici equazioni che seguono Di 0 0,062295 == o,ob35o7 = o,o655i3 =: 0,068296 = 0,072005 = 0,082140 = 0,082457 = o,o836oa = 0,080242 = 0,085710 = Ojo88io6 = 0,089882 = 0,090144 =^ 0,090274 = 0,091134 = 0,091842 = TTAViANO Fabrizio Mossotti k Ir — k-\- 2,74951 _JL — 7,5597 _£_ — k-+- 2,17495 _1 - 4,7804 A k k — k -^ 1,51693 L — 2,3oi2 _£. •2. i ^ k k — A; -+- 0,93191 _i_ — 0,8684 -|- — /;-+- 0,42483 11 — o,i8o5 il. 3. 6 — A; — o,33i i5 L — 0,1097 , ^ 3 à k k — k — 0,45796 —L — 0,2097 _f_ k k — k — 0,66026 _^ — o,4365 — i — k — 0,81277 _JL — 0,6606 —1. — k — 0,86781 _j_ — 0,7531 il — k— i,o6564 _J_ — i,i356 II. 2, i — k^ i,235i6-!i_— 1,5256 A 2, à — k — 1 ,28769 L — i,S3i9 ^ k k — k ~ 1,26728 — 1,6060 '^ — k—1 ,33354 — — » .77^3 Jll. k k^ — k — 1,37901 L — 1,9016 _2_ . 343 Le quali trattate col metodo dei minimi quadrati danno 344 F o R :u o LA ec. i6(i — k)-h 2,,85oi _L -H27..a89 __£_ = 1,2922 k k 2,8doi(i — Z;)-t-a7,289 -_L — 21,822 _^_ =: 0.4397 /;■ A- 27, 289(1— A) — 21^822 —i- -4- 102,28 . ^ =2,0353 ' il o e con la risoluzione di esse si ricava 1 — /e = 0,07677, ^/i = — 0,00920, -^ k = — 0,00138. Facendo uso di questi valori, la ragione del calore specifico con volume invariabile al calore specifico sotto pressione in- variabile pel vapor acqueo, sarà data dall' espressione 1 ;^— 0,0 1 o4olog.P — o,oo5 1 41og."P e la relazione Ira la temperatura e la tensione si avrà dall' equazione j^7-j7 =: 0,0767- -1-0,00920 log. P-4- 0,001 38 log.'^P, o vero i.t.:it 0,07677-4-0, oo92clog.P-*-o,coi381og.^P 7. Per mostrare il grado di esattezza di questa ultima for- mola ho costruito la seguente tavola nella quale sono notati tanto i valori che da essa si ricavano per le temperature cor- rispondenti alle tensioni osservate, «juanto quelli che risulta- no da altre quattro formolo proposte anteriormente, e che sono stati dati nella sopracitata Memoria dei Comniissarii dell'Ac- cademia di Parigi, aggiungendovi i valori delle prime cinque m temperature corrispondenti alle tensioni minori di o, 76 che non sono stati considerati in quello scritto. Di Ottaviano Fabrizio Mossotti TAVOLA II. 345 Confronto dei valori delle temperature corrispondenti alle tensioni osservate che somministrano cinque formale differenti. e £ Tensioui Temperatura Temperatura Temperatura Temperatura Temperatura S ^ Temperatura calcolata con calcolala con calcolati con calcolata con calcolata 3 0 atmosfera la ibrmola la furmola la foiuiola la turmola con Z3 osservata di Tregold. di Laroche di Coriotis di Dui. ( Ar. la formola 4 di 0, rQ (■) (^) (3) (1) II) I 0,00178 — i9> "5 — 14,° IO — 33,°50 — 6," 26 ~ 0, '39 — 18,° 89 2, o,oo663 0, 0 ■+■ 0, 93 — 4' 2° -♦- 6, 90 "5 55 -\r 0, 40 3 o,o3o4i 25, 02 33, 74 20, 01 26, 58 29, 73 -(- 3^, 52 4 0,11700 5o, 04 47> ^ 46, 72 49' 41 5i, 23 49, 40 ' 5 0,37698 75 06 73, 62 73, 61 73, 97 75, 16 74= 69 6 3,1436 Ta3, 7 123, 54 133, 58 123, 45 122, 9-' 123, c4 7 2,8704 i33, 3 i33, 54 i33, 43 i33, 34 l32, 9 l33, 80 8 4-5735 '49. 7 i5o, 39 i5o, 33 i5o, 3 '49. 77 149, 60 <) 6,4976 i63. 4 164, c6 i63, 9 164, I i63, 47 i63, 33 10 7,3756 168, 5 169, 07 169, 09 169, 3 168, 168, 56 II 11,6320 188, 5 188, 44 188, 63 189, 03 188, 6 188, 54 la i7,i8S 206j 8 206, i5 207, 04 207, 43 207, a 20 7, 38 i3 17,285 207, 4 306, 3o 306, 94 207, 68 207, 5 20?, 57 -•4 i8,5o5 210, 5 209, 55 aio, 3 ai I, 06 210, 8 211, C2 i5 21.554 218, 4 316, 29 218, 01 218, 66 218, 0 218, 93 16 23.934 224, 75 222, 09 2i3, 4 224, 0 224, CI 224. 5o (i) ;^85i/y— 70, t denotando la temperatura in gradi cen- tigradi contata da o", ed/" la tensione in centimetri di mercurio. (2) t= — 7 — , , ' ' , t denotando la temperatura ^ ' o,iò-f.{— o,oJtlog./ — iog.7fjo) ^ in gradi centigradi principiando da 100° ed f la tensione in millimetri dì mercurio. 2,8781//— i (3) f = — '■ — 3-3 — , t denotando la temperatura in irradi V / 0,01070 l » centigradi contata da zero , ed /" la tensione espressa in at- mosfera di o, 76. (4) ^^^ cii'ìi ' ' essendo la temperatura contata da ice" prendendo per unità ico" gradi centigradi, ed y la tensione espressa in atmosfera di o, 76. Tomo XXJ. Xx 34b LITOTTxIPSIA OPERATA DALLE ACQUE DELLA FONTE REGLA 0 LELIA DI RECOARO M E M ORIA DEL GAVALIER VALERIANO LUIGI BRERA Ricevuta adì 18. Aprile iGSj. i-^a litotripsia è senza dubito uno de' piii gloriosi trionfi della moderna Chirua-gia. Senza taglio, con molta SLMii|dicità, spesso con ispeditezza e spessissimo con sicurezza, con poco o nessun dolore il più delle volte, si arriva a liberare la vescica dalla piesenza d'uno o più calcoli, e si sollevano gli infermi da <]uelie penose situazioni, in cui si trovano pioir.ljati per la non infrequente atrocità de' doloii della via orinaria, e per la co- sternazione accagionata dal pensiero dell'operazione penosa e pericolosa cui ta mestieri assoggettarsi per riacquistare la per- duta salute. Gli spasimi, 1' avvilimento e la disperazione non di rado perciò concorrono ad aggravare la condizione fisico- morale di siffatti pazienti. ]Ma tuttoché questo pregevole ritrovato sia proclamato commendevole per la già numerosa serie de' felici .successi dalla litotripsia chirurgica conseguiti (1), pure al pari d'ogn" altra (t) Fino dair anno 1799. si puljblicò in Venezia d.il Chirnrgo ile Marchi un Opuscoletto intitolato Esposizione con ossenazìoni d' una rrnoi'a maniera di ridurre in pezzi la pietra in vescica. Ne' numeri de' primi di IMarzo dell'anno i8i3 il Dott. Gruithuisen ]inliblicò nel Mcdicinische Chirnrirgische Zeitnng, che allora si stampava in Salisburgo, una Memoria corredata d' una tavola, il cui titolo era: Si potrebbe mai deporre V antica speranza di poter ancora una volta eliminare il calcolo dalla vescica orinarla in un modo meccanico 0 c/umico' nulla quale si espone il modo di Del Cav. Valeriano Luigi Brera 847 utile scopeita essa ebbe talvolta esito incompleto, tal' altra mancò d'effetto, e in qualche caso fu causa fin' anco di ve- race eccidio, per cui non è punto da meravigliarsi, se all'ani- mo eziandio de' meno timorosi rifugga il pensiero d'avervi ri- corso. E tanto più sentesi ciò avvenire, in quanto che questo chirurgico ritrovato non ha pur anco riuniti i suffragi com- pleti de' Professori dell' Arte. Per la qual cosa, frattanto che Chirurghi illustri e distinti Corpi Accademici stanno occupan- dosi della discussione sul mento positivo e relativo della li- totripsia chirurgica, e fino a qual punto e in quali circostanze sia questa nuova operazione da preferirsi alla fin qui esclusi- vamente praticata litotomia, saranno sempre da accogliersi con interesse le investigazioni di altri mezzi valevoli per operare la litotripsia con reagenti chimici in luogo, se non assoluto almeno eccezionale, della litotripsia chirurgica, ossia istro- mentale ; la quale pel fatto d' essere riuscita non di rado fa- tale, per colpa sia dell' operatore, che delle circostanze indi- viduali dell' infermo, oppure della cedevolezza o cattiva co- struzione degli stromenti, ad alcuni impone al pari d'ogn' altra tremenda operazione. Antico è senza dubbio il divisamento di trarre partito dai suggerimenti della Chimica per operare col mezzo di oppor- tuni reagenti lo scioglimento de' calcoli annidati nelle vie ori- narle, d' onde ebbe origine nella Terapeutica la serie de' li- medj litontritici (2), alcuni de' quali si procacciarono fama non triturare la pietra in vescica , di scioglierne e di rammollirne i frammenti operando neir istesso tempo una generale e successiva distensione del lume dell'uretra, per ren- dere facile r ingresso in vescica degli opportuni stromenti del diametro anche di sei in otto linee, e per procurare libera l'uscita ai frammenti calcolosi. Ciò si ricorda ron già per contest.ire ad altri il mento di questa invenzione , ma solo per la pura storia della medesima. (2) Già Aezio ( Tetrab. III. Serm. III. Cap. Vili. ), Galeno ( de cura lapid. in Opp. Tom. FUI. De remed. erper. ad Saloni. Cap. XLlV. ) ed altri antichi si erano occupati nel!" indagine di questi rimedj a' nostri giorni grandemente promossa da 348 Litotripsia operata ec. lieve per averne V esperienza sanzionati i lelici successi. Ma questa stessa esperienza avendo poscia dimostrata 1' illusione del massimo loro numero^ si abbandonarono ben tosto lo stu- dio e la retta investigazione di tali rimcdj. I litontritici usati per azzardo e colla [)ura guida dell' empirismo, uè potevano uè dovevano conservare la rinomanza loro attribuita, e se ti- toH di successo voglionsi negli stessi indagare, questi devono «'essere seriamente appoggiati all' esame delle sostanze compo- nenti le concrezioni calcolose da distruiisersi con si/Tatti ri- Do medj, in quanto che sarà solo da' suoi risuitamenti che verrà regolata la scelta del litontritico da impiegarsi. La condizione patologica delle prime dovrà esser perciò posta in armonia coi poteri chimici de' secondi ; ed un corpo così costituito di corrispondente e relativa dottrina, non v'ha dulibio, che debba produrre ne' casi praticabili conseguenze ed effetti di plausi- ]>ile successo. In appoggio di siffatto modo di ragionare opportuna riesce la storia interessantissima di quanto operarono in simili casi le Acque della Fonte Regia o Lelia di Rccoaro, di quel porten- toso Palladio delle acque mincralij che ogn' anno è fecondo di prodigi '" vantaggio della languente umanità (3). Un Saggio n'è già stato da me pubblicato (4) ^ e raccoglimento favore- vole, di cui l'u il medesimo onorato (5), mi è di eccitamento molti illustri Medici, Clnriirglii e Cliimici, fia i quali ò commendevole il benemerito Cliévallier pel recentissimo suo lavoro Ei.iai sur la cìisiohiiion de la gravelle , et des calr.uh de la vcssie. Paris io36. 8.° (S) Vedi 1,1 mia Opera: Recoaro e le differenti sue acque medicinali, elio fra poco sarà ultimata e pubblicata. (4) Eiicichpcdia Circolante, Venezia i3 J^fagf^io i8^b. jMg. i7a ; il quale articolo venne poi successivamente riferito ne' Commentari di Medicina del eh. Dott. G. I. Spongia, Tadova IMaggio i8,36, nell'Appendice della Gazzetta di Blilano dello stesso mese, nel Giornale Parigino Le Temps a. JiiJllet i83C; neW AUgemeine Zeitung. von Augshurg 3i Angust i836. ec. (5) Specialmente da' illusili Medici di Vienna , di Berlino, di Copenhagen ec. che chiesero risidiiaiamenti ed istruzioni, e si procurarono tali acque. Del Cav. Valeriano Luigi Brera 349 per fare sempre più conoscere teoreticamente e praticamente la somma delle circostanze, che raccomandano 1' uso di questo felicissimo litotritore, il quale senza molestia, ed anzi con soavità di modi e di azioni, frange e distrugge l' integrità di alcuni calcoli orinarj, e ne elimina i frammenti (6). FATTOI. Il sig. Antonio de Gaspari di Trento, vicino a compiere gli anni 70, mi consultò in Recoaro nel Luglio dell'anno i835 {)cr sentire, se senza danno della propria salute poteva continuare nella bibita dell' acqua di quella Fonte Regia da esso già usata giornalmente pel corso di un anno, all' effetto di liberarsi da calcoli vescicali, dai quali era travagliato. II medesimo mi informò, che già da quattr' anni evacuava tratto tratto e ad intervalli più o meno lunghi, le orine cariche di renella, la quale cessò di comparire l'anno i834 dopo d'avere espulsi due calcoli subrotondi della grossezza degli ordinar] piselli. Ma persistendo a tratti il tenesmo di vescica non di rado susseguito da dolore acutissimo all' apice del glande con ardore dell'uretra e disuria frequente, si avevano i segni ra- zionali della presenza di altri calcoli nella vescica orinaria. Fornito di tempra sommamente irritabile, e rifuggendo all' idea di assoggettarsi ad esplorazioni e ad operazioni chirurgi- che, venne consigliato di cimentare le acque della Fonte Re- gia o Lelia di Recoaro, che avevasi memoria d'essere talvolta (6) Il Fatto I, che quivi si riferisce, dimostra a pieno, che la prima operazione di ijueste acque fu di frangere, epperciò di agire alla foggia de' stromenti iitotritori. Non si disse perciò male intitolando 1' osservazione litotripsia operata dalle acque della Fonte Regia o Lelia di Recoaro , la quale denominazione non poteva punto sorprendere la curiosità del lettore, come lo ha molto bene dimostrato 1' egregio Sig. Dott. Spongia nella breve introduzione da esso apposta all' accennata mia osserva- zione nel luogo sopracitato de' pregevoli suoi Commentarj . 35o Litotripsia opeiiata ec. riuscite efficaci in consimili affezioni (7). Per tale motivo erasi perciò il sig. (le Gaspari recato in llecoaro, ove passò a4 giorni del Luglio 1034, e Levette ogni giorno 5-6 libbre mediche delle accennate acque. Durante questa bibita non ottenne verun soddisfacente effetto ; ma appena restituitosi a Trento orinò alcuni frammenti calcolosi, per cui si determinò di pren- dere di nuovo ogni mattina due libbre mediche di queste ac- que, che si procurava direttamente da llecoaro. Perseverò in questo metodo fino al secondo suo ritorno in Ptccoaro avve- nuto li i4 Luglio iU35, ed ivi incoraggiato da me e dall' egre- gio mio scolare ed amico sig. Dott. A. Beltrami L R. Ispet- tore meritissimo di quelle Fonti medicinali, di rassumerne la bibita alla fonte istessa col metodo seguito Tanno precedente, cominciò tosto ad emettere in un colle orine molti pezzi di calcoli infranti, come se fossero stati da una forza per essi esterna grossolanamente stritolati. Neil' ottavo giorno della bibita (22, Luglio) la vescica si mostrò al sommo distesa dal- l' orina contenutavi con impedimento neh' orifizio per esserne espulsa. JMa variando il sig. de Gaspari in più modi la posi- zione della persona, giunse ad isbarazzare il meato orinario, e gettò fuori con impelo uno dopo dell' altro quattro de' più grossi frammenti calcolosi, che susseguiti da altri di varia gran- dezza giunsero al numero di quattordici nel giorno io del suc- cessivo Agosto. Questi frammenti poi tutt' insieme raccolti rappresentavano una delle più grosse pietie di vescica, che punto non saiebbosi cstratta coli' ordinaria litotomi-a, ed avreb- be pure presentate non poche difficoltà per essere presa e stritolata dagli stromenti litotritori. (7) Nella Relazione manoscritta, che 1' anno 1781. il col. Dott. Girolamo Festari Ispettore benemerito in quell' epoca delle Fonti di Piecoaro diresse al Magistrato di Sanità di Venezia cosi si legge sotto dell'osservazione III. «Va contadino di Legna- li go ipocondriaco querehivasi d' un lieve brucciore nell' uretra all' atto di emettere (( r orina, quantunque in questa non si scorgesse la più lieve traccia di renella. Be- rr vendo 1' acqua di Recoaro per curarsi dell' ipocondriasi rese nel decimo giorno il della cura successivamente tre calcoli, ciascuno della grossezza di un pisello, e « rimase cos'i guarito dal!' ipocondriasi e dall'incomodo dell'uretra.)) Del Cav. Valeriano Luigi Rkera 35 i I fin qui accennati frammenti calcolosi rotti, anzi infranti in varie direzioni e in difiFerenti dimensioni, e di figura più o meno concoide ofi'rivano due faccie, una leggiermente con- cava e levigatissiina come quella dell' interno del nuocciolo delle cerase, e l'altra qualche poco scabrosa e convessa^ per cui evidentemente apparivano altrettanti pezzi di strati cal- colosi gli uni agli altri sovrapposti, distaccati poi e spezzati in frammenti con ispigoli dolci e rotondati. Nella faccia con- vessa si scorgevano d' un colore giallastro-pallido al pari di quello della crosta del pane di frumento leggiermente cotto, ed erano nella faccia concava levigatissiina tinti d' un giallo- oscuretto. Partito il sig. de Gaspari da Recoaro li io Agosto i835 diresse li ii Luglio i836 al prelodato L R. Medico Ispettore sig. Dott. Beltrami la relazione del di lui stato, la quale per essere al sommo interessante credo opportuno di qui riferire colle proprie di lui parole. Così adunque egli scriveva : — " Dopo del mio ritorno da Recoaro a Trento mi trovai ob- " bligato ad intervalli di otto o piìi giorni di guardare il letto, " e talvolta per sei giorni continui, perchè molestato da do- " lorosi stimoli di orinare, e l'orina sortiva a poco a poco " ogni mezz' ora circa. Continuai costantemente a bevere " ogni mattina due libbre d'acqua della Fonte Regia di Re- " coaro, e continuarono pure ad uscire coli' orina molti pez- ''' zi de' soliti frammenti calcolosi di varia grandezza fino al " numero di trenta all' incirca. In offsi ho il contento di an- co '•' nunziarle ; che già da due mesi mi trovo libero da ogni " molestia dolorosa di vescica, sebbene in questo frattempo " vada tratto tratto emettendo qualcli' altro pezzo de' noti " calcoli senza per altro avere più bisogno del solito rifugio " del letto, e godendo d'altronde di prospera salute, locchè " mi fa sperare un felice avvenire. — ,, A quest'epoca il sig. de Gaspari aveva stabilito di fare ritorno a Recoaro, onde be- vere sul luogo fresche quelle cotanto salutari acque ; ma di- stolto da questo suo divisamento dalla diffusione del cholera- 353 Litotripsia operata ec. morbus in allora dominante nel Tirolo Italiano e nell' alta Italia, meno Recoaro, che ne rimase preservato tuttoché te- nesse libere comunicazioni co' limitrofi paesi infetti, dovette limitarsi a proseguire la bijjita di tali acque espressamente procuratesi da Recoaro nella sua villeggiatura di Vigolo sette miglia distante da Trento. Ivi il sig. de Gaspari ebbe il pia- cere, cosi egli si espresse, di leggere le prime notizie da me pubblicate sul di lui trattamento. Non incontratomi in Recoaro per dette ragioni col sig. de Gaspari nell'estate dell'anno l'ò'òG rimasi desideroso di c&iioscere l'ulteriore di lui stato, epperciù gli scrissi nell'ar- gomento li 9 Febbrario 1837. Con somma cortesia esso mi onorò del seguente riscontro li i5 dello stesso mese : — " Mi pre- " gio di poterle dare contezza dello stato del triio a lei noto '•' incomodo dopo il ritorno dalla mia villeggiatura di Vigolo '^ seguito nello scorso Settembre. Dopo un mese di tranquillo '" soggiorno in Trento il mio male si fece di nuovo sentire, " dapprincipio ogni quindici giorni, e poscia ogni otto o dieci " giorni. Per lo più i miei incomodi mi assalivano fra le ore " tre e quattro pomeridiane in guisa, che mi doveva porre '■'' a letto pe' leitcrati stimoli d' orinare, quasi ad ogni quarto "• d'ora con sensazione dolorosa alla sommità interna dell' ure- " tra estesa a tutto il glande senza per altro veruna sensa- '•' zione di tal'indole nell'interno della vescica. Tali stimoli " sussistevano talvolta per l'intiero corso della notte. Nella " mattina susscuente usarelo della consueta bibita delle ac- " que di Recoaro, e queste passandomi liberamente per ori- " na un' ora dopo, mi trovava così posto subito in istato di " alzarmi dal letto e di uscire di casa; cosa che un anno e " mezzo prima non poteva avere effetto , dappoiché dopo " ogni assalto mi occorrevano sei, otto giorni di riposo in letto per ricuperale le in allora abbattute mie forze. Du- " lante l' accesso spasmodico sovraccennato V orina mi usciva '•- in piccola quantità e ad intervalli, ed ogn'ora resa torbida " da una densa nuvoletta formata di materia mucosa con al- C^C Del Cav. Valeriano Luigi Brera 353 " cune particelle di sostanza calcare in essa nuotanti. Fuori a " dell'accesso le mie orine erano, come lo sono tuttavia, chiare e quasi inodore. Ho quasi sempre continuato, e con- " tinuo tutt' ora a prendere ogni mattina due libbre di acque " di Recoaro, colle quali ritengo di potermi ristabilire affatto. " In quanto ai soliti calcoli ne ho raccolti, oltre i primi già " a lei conosciuti, altri cinquanta pezzetti di vario calibro e " di differenti dimensioni : ma da due mesi a questa parte '•■ ne sono affatto libero. „ — Nella medesima lettera il sig.' de Gaspari mi permise, che fosse pure reso pubblico il rive- rito di lui nome in questa relazione, onde non cadesse equi- voco suir autenticità di un fatto cotanto interessante e de- cisivo. ! ■ I I. ■'■■■ -.-. '.". . '■:> : • .;. Si sono già di sopra accennate le condizioni fisiche di questi frammenti calcolosi infranti ed espulsi dall'azione sa- lutare dell' acqua della Fonte Regia o Lelia di Recoaro. Molto importava di conoscerne eziandio i caratteri chimici per com- prendere la forza de' poteri^ che chimicamente agendo produs- sero questi cotanto salutari effetti. Una cotanto dilicata e sa- gace incombenza tutte esigeva le cure di un Chimico profon- do ed abilissimo in tali ricerche. Mi rivolsi quindi al chiariss. sig. Giacomo Attilio Cenedella Chimico-Farmacista nell'insigne borgo di Lonato Bresciano, noto per la somma sua abilità nelle analisi, come ne fanno fede le onorevoli testimonianze nell'argomento a lui pubblicamente rese dall'illustre Ateneo di Brescia, epperciò già di bella fama pe' felicissimi risulta- menti da esso conseguiti in siffatti studj. Aderendo il mede- simo con somma cortesia a miei desiderj mi trasmise il se- guente complesso del relativo di lui lavoro. Analisi de' sovraccennati calcoli. Fra i pezzi calcolosi eli- minati dal sig. de Gaspari ne presi uno di colore giallo-chiaro, del peso di gr. o, 87, che sembrava essere il frammento d'un voluminoso calcolo. La sua figura era subrotonda-concoide ed aveva nel mezzo delle sue cavità un piccolo punto diversa- mente colorito. Attentamente osservato, prima di romperlo, Tomo XXI. Yy 354 Litotripsia operata ec. coiraJLito tli una buona lento, non ofTiiva alcun segnale di cristallizzazione : la sua superficie era dolce e delicata al tatto, ed i suoi spigoli, giacché sembrava clie avesse sofferta qual- che rottura, erano dolci e rotondati. Ridotto in pezzetti mercè il martello, ed osservato ne' suoi frantumi, non si ravvisò iu esso cristallizzazione veruna : il suo colore sembrava più chia- ro, non presentava traccie di forma regolare tranne una distin- tissima sovrapposizione di strati di materia gialliccia, che suc- devansi 1' uno ali" aliro. Non tramandava odore alcuno ; e finamente polverizzato diede una polvere inodora di color giallo-canarino assai chiaro. Un suo frammento posto sulla foglia di platino e cimen- tato al canello a discreta fiamma si carbonizzò all'istante, e tramandò un torte odore di materia animale. Proseguitasi l'azione del cannello sviluppò una fiamma debole, bianco-verde, e dif- fuse un fortissimo odore acido, che ricordava quello del eia- ine. Una piccola porzione di polvere messa in lui vetro da orologio venne toccata con alcune goccio di acido nitrico di- luto. All' istante non soffri alterazione alcuna, e nemmeno dopo che fu sottoposto questo miscuglio alla bollitura. Sul finire però della reazione, e quando 1' acido era per metà eva- porato, in allora si disciolse, e con lentezza ridotto il tutto a secco^ mentre diffondevasi in copia il gas nitroso, lasciava sul vetro un residuo di bellissimo color i-osso diviso iu zone con- centriche, di cui una era di bellissimo colore violetto. Cono- sciuto pertanto, che il principale componente di questo cal- colo era 1' acido urico, restava da determinarsi coli' analisi se (osse libero, oppure a qual base potesse essere combinato. Feci bollire per alcuni minuti una porzione di questa polvere nell' acqua distillata e quindi la lasciai raffreddare. Né risultò un liquore di colore alquanto opalino, che esalava un odore singolare non disgustoso. Completamente raffreddato lo filtrai, e quindi lo cimentai con alcimi reattivi, ed osser- vai che ; Del Cav. Valeriano Luigi Brera. 355 A. Volse al rosso una dilutissima tintura azzurra di tor- nesole, e parimenti la carta azzurra. B. Negativo fu 1' effetto sulla carta di curcuma. C. Negativamente rispose all'acido nitrico ed idroclorico. D. Nessun precipitato vi produsse l'acido ossalico, e l'os- salato d'ammoniaca. E. L'alcool di 0,810 non vi indusse alterazione alcuna. Dai quali saggi risultò quindi, che la porzione solubile di questo calcolo altro non era che purissimo acido urico. Sulla polvere rimasta dopo subita l'azione della sola acqua bollente versai un poco di acqua di calce, la quale tutta la disciolse all' istante, tranne una minuta polvere giallo-ranciata, che rimase nel fondo del matraccio. Bollito poi il tutto per alcuni minuti^ si disciolse poi anche questa polvere insolubile a freddo, ma vi rimase una sostanza fioccosa di colore gial- licio-chiaro e di aspetto caseoso, la quale si attaccava tutto all'intorno del matraccio, né da questo potevasi staccare che difficilmente: questa soluzione era di colore giallo-verdiccio languido. Lavato il matraccio e distaccata la materia aderente, venne filtrato il tutto ; e versate nel liquore alcune goccie di acido idroclorico, ne precipitò purissimo acido urico. Se- parato questo colla decantazione, filtrazione, e necessaria la- vatura introdussi nel liquore superstite un poco di carbonato di potassa; e questo all'istante s' intorbidò deponendo minuti ed abbondantissimi fiocchi bianchi di carbonato di calce uni- tamente alla materia albuminosa del calcolo , che separai col ridurre il liquido a secchezza mediante una mitissima evapo- razione, spogliandolo prima del carbonato di calce : il residuo poi trattato coli' acqua distillata tutto vi si disciolse, e lasciò dei fiocchi leggerissimi di materia albuminosa. Il liquido su- perstite, dal quale erasi (juesta separata, precipitava in fiocchi giallo-rossigni la tintura di galla, uè negativamente rispondeva al deutocloruro di mercurio, ed all' idroferro-cianato di potassa, ma si imbianchiva appena col primo, ed acquistava un colore languido-bleu col secondo ; caratteri, che manifestavano trac- 356 Litotripsia operata ce. eie di materia gelatinosa. Ciò, ehe rimaneva indisciolto dall'ac- qua di calce venne bollito coli' acido acetico diluto : così si disciolse nella massima parte, tranne alcuni fiocchi di colore oscuro, che rimasero indisciolti, e che abbruciati acquistavano un odore particolare. La piccola loro quantità non permise ulteriori indagini : essi presentavano però i principali caratteri del muco vescicale. La soluzione acetica toccata con una goc- cia di nitrato d' argento diede un precipitato bianco, che in- gialli dopo brevi istanti, poscia si osculò. Precipitò inoltre coli' ossalato d'ammoniaca manifestando cosi la calce combi- nata all'acido fosforico segnalato dal nitrato d'argento. Sepa- rato dopo un leggier riscaldamento il precipitato di ossalato di calce, versai nel liquore un poco di am.moniaca, che pre- cipitò una appena visibile quantità di fosfato di magnesia. Altra porzione di questo calcolo venne polverizzata e bollita coir alcool di o, oic, il quale sensibilmente si colori in pagllarino assai ciliare. Filtrato e separato dalla polvere dopo raffreddato, (u evaporato a secco in una capsula di por- cellana, e lasciò un residuo di color giallo-dorato, viscido, di odore non ingrato, e di sapore amaro. Questo poi completa- mente si discioglieva a freddo da una soluzione di potassa purissima allungata, da cui precipitava in fiocchi bianchi, ri- manendo tinto il liquore in giallo-rossigno mercè 1' aggiunta dell'acido nitrico. Era insolubile nell' .Tcqua si fredda che bollente: solubilissimo iiell' alcool^ e precipitabile in fiocchi giallici^i. Solubile era pure nell' acido nitrico dando una solu- zione gialla, che evaporata lasciò sul fine un residuo di colore giallo-bruno, il quale presentava ai lati traccie di color rosso dipendente da un qualche urato solubile, per cui da tutti questi carattc.i riuniti si annunziava per una sostanza grasso- resinosa, che ordinariamente entra nella composizione de' cal- coli vescicali. Versata poscia dell' acqua distillata su di quello che rimase indisciolto dall'alcool, cui si aggiunse poco dopo l'acqua di calce, vennero replicate le sperienze di sopra pra- ticate, colle quali si riconfermò quanto pria si era osservato. Del Cav. Valeriano Luigi Brera 357 pe cui si dovette concludere, che tali calcoli sottoposti alle ricerche chimiche si trovarono composti di acido urico nella massima parte, di traccie di materia albuminosa e gelatinosa, di fosfato di calce e di magnesia, di muco vescicale, e di ma- teria grasso-resinosa. /applicazione terapeutica. La composizione di questa so- stanza calcolosa, come venne appalesata dall'esposta analisi, abbastanza ci istruisce quale dev' essere stata l'azione chimica dell'acqua della Fonte Regia o Lelia di Recoaro sui compo- nenti della medesima. Egli è noto come i carbonati solubili valgano a disciogliere 1' acido urico, per Se stesso quasi inso- lubile neir acqua. Contenendo perciò la detta acqua minerale molto carbonato di calce, mantenutovi disciolto dall'acido car- bonicOj questo passando indecomposto nella vescica orinarla vi ha determinata la combinazione dell' acido urico^ e ne sarà perciò rimasto libero il poco acido carbonico. Ma quantunque l'azione dei carbonati sull' acido urico sia lenta, pure il sig. de Gaspari insistendo per molto tempo nella bibita dell'acqua Recoarense^ per effetto di azione lenta e continuata ha conse- guito l'essenziale intento, che l'acido urico principale compo- nente detta sostanza calcolosa in esso formatasi si è a poco a poco combinato colla calce dell' acqua minerale, costituendo cosi un urato solubilissimo a tratti espulso colle orine. Man- cando poi a questa sostanza calcolosa 1' acido urico suo prin- cipale componente^ e rimanendo perciò isolati e posti fuori della sfera di attività chimica gli altri principi , questi dove- vano necessariamente disperdersi fra l'orina^ per cui diminuen- dosi il volume delle concrezioni calcolose^ e riducendosi queste anche in frammenti per la chimica azione dissolvente del car- bonato di calce solubile^ il sig. de Gaspari doveva necessa- riamente espellerle. Evidente è però in questo Signore 1' in- sistenza della prevalenza dell' acido urico nelle di lui orine : ma insistendo esso pure nella bibita delle acque di Recoaro, non v' ha dubbio che tardi o tosto otterrà l' intento di neu- tralizzare altresì questa morbosa secrezione orinarla. 358 Litotripsia operata ce. FA T T O I I. 11 sig. Dottore Giuseppe Ferrali già mio scolaro distinto, ed ora ÌNIcJico condotto in Valdagno, al di cui distretto ap- partiene Ilecoaro, fu nel Giugno del lo^ò chiamato in Altis- simo per visitarvi un villico ( Metil'ogo Domenico ) d'annido, il quale si trovava già da sei mesi travagliato da infiam,mazione lenta della vescica orinaiia ribelle ai snssidj fino a quell'epoca apprestati. Insorse perciò il sospetto, clie la malattia potesse essere mantenuta dalla presenza di concrezioni calcolose, quan- tunque il catetere più volte introdotto non ne avesse appalesata traccia di sorta. Il Dott. Ferrari trovò un tale infermo affetto inoltre da l'ebbre lenta d' indole tabida, epperciò sommair.ente depauperato di nutrizione. Le orine emesse erano scarse, di apparenza oleosa alla superficie, e deponevano nel fondo del vaso un abbondantissimo sedimento sabbioso compatto a guisa di pantano, e risultante da un aggregato di molecole calcolose di figura irregolare, e di colore citrino. Un senso cupo di do- lore si faceva dal più al meno costantemente sentire nelle vie uropojetiche. Sagacemente analizzala questa serie di fenomeni dal Sig. Dott. Ferrari, esso non potè persuadersi, die da uno stato di semplice fiogosi della vescica orinarla dovessero essere i me- desimi ripetuti, massime che si scorgevano di giorno in giorno sempre più infievolite le funzioni organiche tutte in lui tale individuo: invece s'avvisò con ottimo accorgimento, che ali" assoluta innornialità dell'assimilazione orinarla, e quindi alle risultanti teccie calcolose si dovesse attribuire l'essenziale con- dizione patologica di siffatto malore ; e che perciò fosse indi- spensabile di ricorrere ad una terapia capace di vincere que- sto disordine uropoietico per ristabilirne la salute. Al rjuale oggetto memore delle recenti comunicazioni da me ad esso fatte sul conto de' primi felici risultarnenti ottenuti fino dall' anno io35 dal sovraccennato Sig. De Gaspari , e rassicurato dall' analogia, che passava fra le concrezioni calcolose di que- Del Cav. Valeriano Luigi Brera <3:59 sto, ed il sedimento sabbioso del proprio ammalato, non esitò di prescrivere la bibita ogni mattina, prima d'una libbra, e poscia di due libbre delT acqua della Fonte Regia o Lelia di Recoaro. Già nell' ottavo giorno di questa nuova cura V am- malato aveva acquistato un aspetto migliore, si vidde riani- marsi nel medesimo un processo di florida nutrizione, era scom- parsa la febbre , si evacuava una maggior quantità di orina ed apparve più scarso il sedimento sabbioso della medesima - il quale si scorgeva eziandio più prosciolto e meno pesante. Consumata in aS giorni la bibita di Co libbre di quest'acqua, l'ammalato appena presentava traccio della sofferta malattia, e queste pure si dileguarono colla successiva convalescenza. Non mancò per altro di proseguire per qualclie tempo e ad inter- valli nella bibita dell' acqua, die lo aveva salvato dal minac- ciato eccidio , e pel fatto riacquistò in tal modo floridissima salute. Ben meritevole di somma considerazione è una tale os- servazione^ percliè oltre al porgerci piena conferma dell' effi- cacia deir acqua Becoarense nel distruggere la litiasi orinarla dell'indole summentovata , ba ancora il pregio di dimostrar, come le innormalità assimilative orinarle influiscano a scon- volgere la pienezza delle funzioni organicbe e massime nu- trienti, e -quanto sieno assoluti e specifici i poteri dell'adope- rato sussidio per vincere e riordinare queste sproporzioni as- similative orinario, operate per lo più dalla prevalenza del- l' acido urico. E tanto più maggiormente riesce il fatto ora esposto degno dell'attenzione de' Clinici, in ([uanto clie po- sitivamente ci appalesa, che l'esplorazione chirurgica dell' in- terno della vescica non è poi quel criterio cotanto sicuro che si decanta, per dichiarare la cavità dell'organo immune da ogni concrezione calcolosa. Nel momento, in cui scrivo ( Aprile 1837), tengo sott' occhio un giovane di 24 anni, già da 16 anni tormentato da ricorrenti infiammazioni di vescica con esiti manifesti di avvenuta suppurazione nella sua mucosa, il quale esplorato da Chirurghi di somma riputazione delle diverse 36o Litotripsia operata ec. nostre città venne rassicurato a voce e in iscritto dai mede- simi dell' assoluta immunità di qualuiKjucsiasi concrezione calcolosa. Eppure dopo d'averlo ristabilito dalla suppurazione vescicale , scorgendo in esso lui ricorrenti ed avvampanti a tratti le irritazioni della vescica non potei mai persuadermi di si lieti giudizi chirurgici; e fermo neirattribuiriie la causa alla presenza di qualche concrezione calcolosa in un punto dell'organo che non potesse essere segnalata dalle indagini praticate col catetere, lo assoggettai all'uso di reagenti som- ministrati in una mistura mucilagginosa quali potevano con- venire alle litiasi dell' indole delle sovraccennate. La pronta uscita in un colle orine d' innumerevole quantità di scagliette calcolose della qualità appunto delle sospettate rovesciò l'et- fetto delle assicurazioni chirurgiche, e cangiò in assoluta cer- tezza r enunziato mio giudizio, per cui egli è da sperarsi, che colla bibita delle acque medicinali di Recoaro, a lungo e ad intervalh continuata, possa anche (piesto soggetto liberarsi dalla causa principale della sua malattia. FATTO I I L Un individuo di 64, anni sortito da genitori scevri da qualunque discrasia, di conformazione robusta, e soggetto solo ad abituali costipazioni nella fredda stagione, fu ad un tratto sorpreso 2.5 anni sono nel sommo calore dell' estate da vio- lentissimo accesso di podagra, che cedette facilmente alla quiete, alla dieta, e ad un lieve regime refrigerante. Non mai era stato il medesimo per 1' innanzi menomamente avvertito di potersi trovare esposto a siffatto malore, perchè quantunque vivente in prima gioventù nel nord ed ivi esposto nell' in- verno i794-g5 ad una temperatura di 20 gr. sotto o TIi. Renum. vi avesse contratta una lenta artritide delle spalle e delle anche^, curata ben tosto coi semplici diaforetici dal rino- matissimo mio Precettore G. P. Frank, non ne ebbe a provare in seguito conseguenza alcuna. L' accennato accesso podagroso Del Cav. Valeriano Luigi Brera 36i non più comparve, ma lasciò visibili alcune nodosità all'intorno di taluna delle articolazioni delle dita de' suoi piedi, i quali non di rado dietro bruschi cangiamenti atmosferici venivano colpiti, a foggia di percossa elettrica^ da dolori pungenti e passaggieri. Col tempo disparvero le nodosità sovraccennate, e in allora soprattutto all'apparire della fredda stagione si fa- cevano scarse le orine e ricche d' un sedimento rosaceo, che manteneva tinte le pareti del vaso^ in cui erano raccolte. Da queir epoca la vescica orinarla si mostrò inerte alle proprie funzioni, ed occorreva non di rado stimolarla affinchè si vuotasse dell' orina contenutavi. Questo lentore orinario avendo destate pili esatte indagini nelle orine, si trovò nell' indicato sedimento qualche frammento di materia calcolosa, che chimicamente esplorata si appalesò costituito nella massima parte al solito d'acido urico, e di poca quantità di fosfato di calce e di ma- gnesia, non che di tirato d'ammoniaca insieme legati con ma- teria gommi-resinosa e con muco vescicale. All'oggetto quindi più di vincere il torpore della vescica, anzi che di opporsi alla genesi calcolosa, esso praticò negli anni i835 e i836 la bi- bita dell'acqua della Fonte Regia o Lelia di Ptecoaro, di cui consumò nel corso di ciascun estate da oltre 120 libbre, bevendone ogni giorno a-4 libbre a norma della tolleranza temporanea delle vie digerenti. In ambedue gli anni durante la bibita di queste acque la vescica orinarla riacquistò vigorosa la contrattilità delle sue pareti già anteriormente infievolita, la quale poi nel i836 si mostrò consolidata a perfezione, e venne espulsa unitamente a copiosissime orine di crasi affatto acquosa una serie di calcoletti, che per altro l'anno i836 furono in numero molto minore di quello lo fossero nel pre- cedente anno io35. In simil guisa rimase in questo individuo perfettamente ristabilita la normalità delle vie uropoietiche sotto di un duplice rapporto. Analisi di questi calcoletti. Tali calcoletti cosi eliminati avevano la conformazione e la grandezza chi di un granellino di miglio, chi d' una lenticchia anche grossa, ed erano di un Tomo XXI. Zz 36a Litotripsia orEusTA ce. colore tVi rnarone carico : non pies'ìntavano però veruna reo-o- laro l'orma di cristallizzazione^ offrivano una spezzatura idcnt- tica a ([uella delle i;omme-resine ; non marcavano soprapposi- zione di strati ; mancavano di nucleo primitivo ; e risultavano della struttura ordinariamente pro[)ria di tutte le concrezioni orinario. 11 valente Cliimico Sig. Pier-Francesco Ton di Conc- gliano, meritamente premiato dal C. K. Istituto Lombardo- Veneto l'anno io35 pel suo ingegnoso nuovo metodo per ot- tenere ii Cliiniuo, ed attuale Capo de' lavori chimici in (|ncsta rcputatissima Farmacia Veneta Mantovani, ebbe la particolare cortesia di occuparsi dell'analisi di siffatti calcoletii, dalla quale si ottennero i seguenti risultamenti. Jlid(jtti in polvere fina questi calcoletti se ne operò culi' acqua distillata quasi per intiero la dissoluzione, dalla quale si depose (jual residuo una polvere di colore pagliarino, che raccolta sopra di lui filtro ed essiccata venne sottoposta alle opportune reazioni. L' accennata soluzione acf[uosa di densità nuicilaginosa posta in una capsula di porcellana ed assoggettala a hmta e lego- lare evaporazione, coli' avvertenza di levare il vaso dal fuoco a misura che il liquore si concentrava per avere contezza delle sostanze cristallizzabili se ne avesse contenute, rimase intorbidata dalla comparsa di materie coagulate a lb,2;i:ia di fiocchi solubili nella potassa caustica ed insolubili negli acidi. Queste poi separate dal li(juiiIo colf uopo della filtiazione, ed il medesimo lifjuido evaporato a secchezza lasciò nella capsu- la una sostanza del colore del calcolo istesso, che insolubile neir alcoolc! prontamente nell' accjua si scioglieva. Si venne perciò in chiaro, che la massima parte di questi calcoletti era costituita dall' acido urico. Una piccola porzione della polvere sottoposta poi all'azione decomponente del fuoco esalò un odore fetido misto a quello d'ammuniaca, e lasciò per residuo un carbone spugnoso unito a sostanza calcarea, il quale si mo- strò insolubile neirac(}na;, nell'alcoole e insolubile negli acidi tartarico, citrico ed acetico, e invece si sciolse in parte nell'acido solforico con isviluppo considerevole di calorico e lasciando Del Cav. Valeriano Luigi Brera 363 una poltiglia densa invetrificabile al cannello costituita di solo fosfato di calce. E qui il prelodato Sig. Ton ebbe ad avve- dersi, che il coloramento di quella sostanza polverosa non era dovuto alla sola presenza dell'acido urico: i ." perchè l'acido solforico avrebbe sciolto l'acido urico per se stesso insolubile in quest' acido minerale, e a." perchè l'ottenuto residuo car- bonioso dalla decomposizione col fuoco esclude la presenza deli' acido urico, il quale non lascia alcun residuo. Continuan- do quindi le sue ricerche sopra di questa sostanza la volle cimentata cogli alcali caustici potassa, soda ed ammcmiaca, non che coi carbonati alcalini, e potè quindi convincersi, che tutti questi reagenti esercitavano un' azione solvente sopra della medesima. Per la qual cosa il Sig. Ton si credette au- torizzato di stabilire, che in questi calcoletti esistesse ezian- dio un altro principio immediato, e che tale fosse l' ossido cistico già scoperto dal cel. Wollaston, riconfermato e descritto da, altri insigni Chimici. Emerge adunque da siffatti esami, che ne' calcoletti cosi analizzati si comprendano in quantità predominante la sostanza albuminosa ed il principio gommi- resinoso, l'acido urico, e poscia l'ossido cistico e un poco di fosfato di calce. Sembra quindi che la sostanza albuminosa e la gommi-resinosa ivi trovate in quantità abbiano avuta la massima parte nella loro formazione, legando 1' acido urico e r ossido cistico al fosfato di calce nelle loro primitive mole- cole, ed imprimendo così ai medesimi un colore ed un'appa- renza in modo del tutto particolare. EPICRISI Non entra punto nell' assuntomi divisamento di quivi ar- restarmi nelle ricerche opportune per rischiarare la genesi delle concrezioni calcolose orinarle, all'oggetto di determinare con siffatta guida la scelta de' presidj opportuni per impedirla e per distruggerne le conseguenze. Fatti parziali quali sono i tre testé riferiti non ci forniscono nemmeno i primoidj della 364 Litotripsia opekata ce. somma degli argomenti occorrenti per istabiliie i fondamenti della coiiispondcnte dottrina patologico-terapeutica. Ho già altrove riferito per esteso (8), che non essendo le vie orina- rle la sede esclusiva delle concrezioni calcolose, in quanto che non vi è uarte solida e fluida dell' oriianisnio Guarentita da siiTatti vizj di combinazioni straniere, alla naturale loro mi- stione organica, queste complessivamente considerate non si possono perciò ripetere da vizj esclusivi di assimilazione (9), Le maniere alUitto essenziali, con cui si formano le concre- zioni calcolose nelle differenti parti dell' organismo di già ci istruiscono, che le leggi, le quali limitano le combinazioni degli atomi elementari negli esseri organici^ sono dilTerentissiine da quelle, che si osservano nella natura inorganica^ e permettono quindi una tale e tanta moltiplicità di coml>inazioni ne' primi, che hancamente puossi asserire non esistervi alcuna determi- nata projiorzione. Infiniti poi essendo questi gradi di combi- nazione, si rende ragione delle tante varietà di risultamenti ottenuti dalle analisi chimiche delle concrezioni calcolose, per cui appare, che quasi ogni calcolo offra una particolare com- binazione di principi ' '^ ^^^^ *^' lasciò per conseguenza, che rimane tuttavia desiderata una precisa classificazione delle con- crezioni calcolose proprie dell' umano organismo. E quando noi porremo mente alla circostanza per cui fra il gran numero (0) Prolegomeni Clinici, Padova i8a3, o." pag. 227. e sog. (9) Vizio di assimilazione, vizio del misto organico, vizio di particelle assimilative e simili altre denominazioni non esprimono die idee vaglie delle condizioni patologi- che cui alludono, perchè se dinotano in modo generico l'alterazione di qualità e di «luantità della mistione organica, questa non è punto precisata come converrebbe at- iiiichè inlluisse nella terapeutica. Quanto nel sopraril'erito testo viene esposto sui modi di combinazione nelle concrezioni calcolose, può pure essere applicato a i[ualunque siasi altra combinazione organica. Egli è perciò evidente, che luia dottrina patologica ^PP^SS''"'' '" '^' questa base, per quanto la si voglia qualificare per analitica, deve mancare dei dati indispensabili, onde riesca feconda di utili risultamenti terapeutici,, che tuttavia sono desiderati. Del Cav. Valeriano Luigi Brera 365 delle sostanze da noi reputate semplici pochissime sono quelle, che obbediscono alle leggi della natura organica, e atte si ravvisano a combinarsi a norma de' principi che vi sono do- minanti, sempre più rimarremo convinti delle difficoltà che si oppongono alla formazione di questa precisa classificazione de' prodotti calcolosi dell" umano organismo vivente, tuttoché si conosca con qualche esattezza la serie alquanto estesa delle differenti e specifiche loro combinazioni nel seno della natura inorganica. Non ignoriamo punto, che si esige la combinazione di tre o più delle reputate sostanze semplici per formare una delle cosi dette molecole elementari delle tante materie, che compongono l' assimilazione organica ; ma fin' ora si nìanca della cognizione d' una legge chimica, che ne limiti lo com- binazioni a certi numeri proporzionati di atomi in ciascuna molecola elementare : la quale circostanza prodotta dalle dif- ferentissime combinazioni di tre o più di queste così dette sostanze semplici, formanti di già corpi composti passati per gradi da un carattere principale ad un altro^ ci induce a con- cludere, che necessariamente devonsi combinare nel!' organi- smo vivente non pochi composti naturali e preternaturali in- finitamente varj nelle loro proporzioni^ e senza che l'uno o l'altro de' supposti loro elementi vi predomini sotto l'aspetto dell' unità. Il fin qui detto se tende a dimostrare 1' impossibilità, in cui ci troviamo di compilare dietro i risultamenti della chi- mica analisi una classificazione patologico-terapeutica delle concrezioni calcolose dell' organismo umano vivente, non esclu- de per altro, che in casi parziali si possa tirare partito dalle cognizioni a noi fornite dall' analisi medesima per distruggerle cogli opportuni sussidj dalla stessa suggeriti. Della quale ve- rità fanno ampia fede i fatti soprariferiti, dai quali si può con- cludere, che ove la base delle concrezioni calcolose orinarle sia costituita dall' acido urico solo, o associato eziandio al- l'ossido cistico, per lo più complicato ne' calcoli degli artri- tici e de' gottosi, Tacqua della Fonte Regia o Lelia di Recoa- 366 Litotripsia operata ec. re è un mezzo cfficacce per decomporle e per provocarne 1' eliminazione unitamente alle orino. La teorica di questa salutare operazione, quale fu esposta di so[)ra nel paragrafo Aj>j>licazioìic teraiipctìcn^ con cui si compie la descrizione del Fatto /., mi libera dal ricorrere ad ulteriori argomenti per encomiarne la bibita in siffatti casi. Il Fatto II. ce la racco- manda pure efficace per debellare la crasi mica d' onde pro- cedono e si generano nelle vie orinarle le concrezioni calco- lose dell' indole sovraccennata, e per ristabilire 1' armonia delle funzioni organicbC;, ciic ne rimane grandemente alterata. 11 Fatto III iinalmente la dichiara pure valevole nelle concre- zioni calcolose orinarle degli artritici e de' gottosi. Si può quindi andare lieti col pensamento, cbe senza ri- correre a veruna chirurgica operazione s'arriva a liberare la vescica orinarla dalla presenza de' calcoli composti dalle so- stanze sovraindicate, i quali per felice combinazione sono i più frequenti ed i più famigliari. Se ne effettua così la cura tato et juciinde ; e se non vi si può aggiugnere il cito, egli è però questo dai dne primi abbondantemente compensato ! Senza dubbio si richiede tempo, pazienza e perseveranza per consegiùre il bramato intento ! JMa anche ammettendo^ che r acqua medicinale Recoarense non sia in ogni caso capace di frangere per dissoluzione una grossa pietra^ o|)pure calcoli vestiti di densa crosta, non sarà per qnesto minore il suo pregio nel ravvisaila efficace per espellere frantumi calco- losi del diametro analogo a (juello dell' uretra, e per distrug- gere la crasi luica, che genera e favorisce la composizione delle accennate concrezioni calcolose. I fatti poi soprariferiti devono convincere non solo i cal- colosi ma quanti per le loro sofferenze sono consigliati di ilir uso delle accennate acque Recoarensi, che non è già alla sup- posta loio qualità purgativa e diuretica, che devonsi attiihnirc i salutari effetti delle medesime. Sono mirabilmente alteranti e corroboranti le assimilazioiù organiche, e nell' istesso tempo deostruenti i processi moibosi congestivi le qualificazioni, che Del Cav. Valeriano Luigi Brera 867 r esperienza medica nelle stesse ha costantemente osserva- te (lo) ; e quelli, che infelicemente si occupano nel misurare i progressi della loro cura dal numero e dalla quantità delle evacuazioni che si aspettano da siffatta bibita, possono e de- vono restare tranquilli, che si ristabiliranno quand' anche non ne rimanessero purgati a loro piacere. Soventi le evacuazioni critiche e salutari che producono , sono talmente impercet- tibili, che sfuggono alla loro aspettazione ! (io) Veci, gli scritti relativi pubblicati Jagli illustri Piot'eàsori Thiene di Vicenza^ e Federigo di Padova. 368 DIFESA DEGLI ARGOMENTI TRATTI DALLE PILE SECCHE PER LA TEORIA VOLTIANA C 0 N T R O L E 0 e B I E Z I O NI DELSIGNORDELARIVE M E M 0 R I A D E L L' A B. GIUSEPPE ZAMBONI PROF. DI IISIC\ ESPERIMENTALE E MATEMATICA ArPUCATA NELL' I. R. LICEO DI VERONA Ricevuta adi 5 Luglio I037. vrià fin dal 18 14 è notissima a' Fisici la pila elettrica sin- golare, che ho nominato binaria ; perchè ogni suo elemento contiene un solo conduttor secco interposto fra due strati d' uno stesso umido con disuguaglianza di contatto. Io 1' ar- gomentai dalla tensione elettrica, clie si manifesta in una pila composta^ o di sole carte d' argento^ o di sole carte d'oro, ^la perciocché nella costruzione delle pile secche, abbando- nata fin da principio la carta d' oro, vi ho sostituito l'ossido nero di manganese, cosi allora il mio studio rivolsi alla pila binaria contenuta nella sola carta d' argento; e di questa sol- tanto ho parlato diffusamente nella mia Opera sull' ii/e^^romo- tore perpetuo. In appresso, si per migliorare la costruzion delle pile , come ancora per esaminare i fondamenti della nuova Teoria Elettro-chimica, ho ripigliato le mie indagini sopra ciascuna delle predette due carte: e meglio conosciuta l'elet- trica sua influenza, mi risultarono argomenti speciali a favore della Teoria Voltiana, che mi propongo di sostenere nella pre- Dell'Ab. Giuseppe Zamboni " 869 sente Memoria contro le obbiezioni del Sig. De la Rive, e dimostrare: I. Che il contatto fra due conduttori eterogenei produce tensione elettrica senza intervento di azione chimica. II. Che ammessa la detta tensione anche per l'azione chimica dell'umi- do coi metalli, il mutuo contatto di questi è la sorgente pri- maria dell' eccitamento elettrico nelle pile Voltiane. PARTE PRIMA. . I. Pel primo assunto io vengo Innanzi colle pile secche di carte d'oro e d'argento, le quali dopo ventiquattro anni di età, non già come dice il Sig. De la Rive (i) donrveiit encore des traces d^ electricìtè de tensìon bien sensibles , ma conser- vano la tensione medesima de' primi anni senza indizio alcuno di ossidamento. Che queste pile tenute accessibili all' aria riprendano da questa l'umido che avessero perduto^, non si può negarlo, ma non può dirsi lo stesso di quelle che fin dalla lor costruzio- ne si mantennero inaccessibili all'aria, avendole contornate di un grosso strato di mastice o chiuse ermeticamente in tubi ben isolanti, e ritengono tuttavia dopo sì lungo tempo la ten- sione medesima. La costanza di questo effetto come mai spie- garla colla nuova teoria? L'azione chimica continua doveva al certo in tanto tempo scomporre, ed esaurire il pochissimo umido delle carte chiuse ermeticamente , e sarebbesi quindi veduta la tensione via via scemando d'anno in anno, estin- guersi totalmente. II. Voglionsi qui notare tre cause assegnate dal Sig. De la R.ive per l' ossidamento continuo delle foglie metalliche e sono: I .° L'umidità naturale della carta a parer suo più ossi- dante dell' acqua pura. (i) Bibliot. Univers. Mars i837 P- '93- Tomo XXI. Aaa 370 Difesa degli AnooMENTi ec. 2." L'aria umida più ossidante i metalli dell'acqua non acida. 3.° La conoutc elettrica che accelera 1' ossidamento. La prima di queste cause tu addotta dal Sig. De la Rive onde spiegare un mio sperimento che mostra la tension d'una pila secca, assai maggiore, che in una pila della stessa specie e numero di coppie coi panni imbevuti d' acqua, e con carta ordinaria interposta fra i due metalli d' ogni copia. Per con- ciliar come dissi la sua teoria con questa mia esperienza. Egli rispose (i). Cela vieni de ce que^ dans ce cas , f action oxi- dante de V umidite naturelle dii papier sur Vetain est plus vive qne celle de V eau pure-, ce qui est tout a fait d' accord w^ec le fait hicn connu que les metaux s' oxident plus facilment ddns r air humide que dans V eau parfaitement pure. Se non che io il feci avvertito (2) di aver adoperato nella mia spe- rienza non già acqua purissima, ma ordinaria di fonte, e quin- di sorriiiunsi: " Forse direbbe Eiili uiiualmente , che 1' azion " ossidante dell' umidità naturale della carta è maggiore di ''• quella dell'acqua di fonte? sono pure di stagno le foglie " metalliche della carta detta d' argento e restano per anni '•' ed anni nelle officine dei venditori in contatto dell'umido " naturai della carta. Chi dirà mai che queste foglie di sta- '■' gno^ e tanti altri lavori e stromenti di stagno che si custo- '•' discono sempre involti nella carta , sarebbero piìi difesi " dall' ossidamento , tenendoli sempre immersi nell'acqua di " fonte? „ A tutto (juesto risponde il Sig. De la Rive dicendo senza più (3) il est hien connu., que les metaux oxidables s^ oxident bien plus vite dans V air humide que lorqus' ils soni entiere- ment plongès dans V eau non acide. Ma qui non si tratta di (i) Bibliot. Univers. Octob. i836 p. 389. (2) Mera i837 Mars p. igr. (3) Loc. cit. Not. a. Di:l Ab. Giuseppe Zamboni 071 confrontar l'aria umida coll'acqua non acida, trattasi di sapere dal sig. De la Rive s'Egli creda l'umido naturai della carta più ossidante dell'acqua di fonte. Ed avendo Egli detto (jui sopra che r umido naturai della carta è ossidante più delV acqua pura, percìiè Varia umida è più ossidante delV acqua pura; bi- sognerà anche dire con Lui, die l'umido naturai della carta è più ossidante dell'acqua non acida, perchè Varia umida è più ossidante di taV acqua. E perciò ne verrà la detta conseguen- za ben strana, che le foglie metalliche delle carte d'argento e d'oro, e tanti altri strumenti metallici che si tenessero sempre immersi nell'acqua non acida , sarebbero più guarentiti dall' ossido, anzi che tenerli ravvolti in carta come si usa daper- tutto , e da tanti secoli. E volendo il Sig. De la Rive, che nelle pile secche ac- cessibili all' aria le foglie metalliche sieim incessantemente ossidate dall' influenza continua e non piccola di tutte tre le cause sopraddette, come poi viene a dirci (i) che l'ossidamento di esse foglie è tanto leggero e si lento, che per poterne ve- dere qualche indizio vingt'ans, trente ans ne soni alors que bien peu de chose ? La sola acqua non acida in cui fossero immerse, basterebbe al certo per ossidarle visibilmente in po- chi mesi. III. Se non che Egli avverte che il continuo ossidaraento delle foglie metalliche di una pila secca, necessario nella sua teoria allo sviluppo elettrico, non si dee già cercare nelle faccie visibili di esse foglie, perche queste nella pila non toc- cano umido, ma sono in contatto metallico l'una con l'altra. Bisognerebbe, die' Egli, esaminare le superficie metalliche in- visibili che restano incoliate per sempre sulla carta: in queste soltanto si opera l'ossidamento dall'umido della carta cui stanno aderenti. , Verissima, io rispondo, è una distinzione da farsi tra la superficie metallica invisibile attaccata alla carta, e l'altra (i) Loc. cit. p. 193. Not. I. oja Difesa degù Argomenti ce. visibile non incollata ; ma è distiiizione ben diversa da quella assegnata dal Sig. De la Rive. La superficie invisibile, allora quando la incollata sulla carta, lia contratto dall'opera stessa deirincollamcnto un principio di ossidazione, che bastò a farla e conservarla poi sempre eterogenea rispettivamente all'altra op- posta visibile. Ma (juclla ossidazion leggerissima deirincollamen- to ha dovuto cessare fin d'allora, che rasciutta la colla, non ri- mase alla cai ta altro umido clic il suo naturale; il qual umido è bea lontano dal produrne l'ossidamento continuo voluto dall' Avversario. E per verità , incollata che sia una carta sopra una delle l'accie pulitissime di un metallo, se dopo rasciutta la colla, si distacchi parte della carta, apparisce lui velo di ossido leggerissimo su quella faccia; ma distaccando il resto della carta anche dopo anni ed anni, non si vede accresciuto giammai quell' ossido, che qual si formò leggerissimo per l' in- collamento, tal si mantiene per un tempo indefinibile. E sic- come nei (juaderni di carte d'oro e d'argento, la faccia me- tallica visibile di ciascun fo:;lio non contrae jiiammai ossida- mento dallo star sempre in contatto coli' umido naturale del foglio sussegUL'iite, cosi lo stesso umido della carta uon può accrescere giammai col tempo quella piccola ossidazione che l'altra faccia invisibile acquistò dall'incollamento. Sono dun- que e si mantengono sempre eterogenee le due opposte su- perfìcie d' ogni foglia metallica, ma non si può ammetteie col Sig. De la Rive ossidamento continuo nella faccia invisibile incollata sulla carta. IV. Ed o[)[iniito dair esser eterogenee le dette due fac- cie, ne viene, che da una sola delle due carte metalliche , ma specialmente dalla carta d' oro si trae una pila elettrica secca nella quale anche la faccia mettallica visibile sta sem- pre a contatto dell' umido della carta , eppure non si scorge mai nella detta faccia alcun indizio di ossidamento. Compongasi colla detta carta d' oro una piletta di due dozzine circa di quadretti d' un pollice di lato , mettendo la faccia metallica di ciascun quadretto a toccare il rovescio ossia Dell' Ab. Giuseppe Zamboni S^S la carta ignuda del susseguente. Questa piletta equivale in tensione a quattro coppie circa di carte d'oro, e d'argento, e mostra positiva la faccia metallica, e negativa la carta. Im- perciocché secondo la legge cotanto illustrata dal Professore Marianini dei metalli negativi, quanto più ossidati , la foglia metallica d' ogni quadretto è una vera coppia elettromotrice, nella quale l'elettrico si spinge dalla su[)erficie invisibile un po' ossidata per 1' incollamento all' altra opposta visibile non ossidata, e 1' umido naturai della carta trasmette 1' elettrico da un quadretto all' altro. Comunque sia diversa 1' età della carta d' oro, la tenslon della piletta si manifesta allo stesso grado: una carta vecchia di trent' anni mi mostrò la tensione medesima come qualunque altra venuta di fresco dalla fabbrica. V. Dalla qual pila singolare mi era ben facile il dedur- re, che presso i venditori di queste carte metalliche esistono belle e fatte tante pile secche sempre attive, quanti sono colà i quaderni di carta d' oro. Imperciocché ciascuno di questi è una serie di ventiquattro fogli, ognuno de' quali , eccettuato quel di mezzo, tocca colla sua faccia metallica il rovescio, ossia la carta ignuda del foglio susseguente. E perciò la faccia metallica del foglio di mezzo, è il polo positivo di ventiquat- tro coppie tutte disposte come nei ventiquattro quadretti so- pra descritti. Per veder la tension positiva del quaderno, basta introdurre fra le due metà del foglio di mezzo una lamina di rame , che metta in comunicazione la faccia metallica di esso foglio col piattello del condensatore. A veder poi la ten- sion negativa dell'altro polo, che sta nel rovescio o carta ignuda del primo foglio, bisogna isolare il quaderno; e fatta comunicante col suolo la faccia metallica del foglio di mezzo, il detto rovescio del primo foglio comunichi, mediante lamina di rame, col piattello del condensatore. ■- Quindi una risma di carta d' oro contiene tante pile sec- che quanti sono i suoi quaderni. Finché la risma comunica col suolo, non può mostrare che la sola tension positiva del foglio di mezzo d' ogni quaderno. Ma posta la risma sopra 3^4 Difesa degli Argo.memti ce. mio sgabello isolante, si nianifestaiio ameiicluc le tciìsioui con- trarie in ogni quaderno; cioè la positiva del foglio di mezzo, coauuiicando il rovescio del primo loglio col suolo, e la ne- gativa di ([uesto, comunicando col suolo il loglio di mezzo. Si avverta però, che la tensione dei ventiquattro logli d'ogni quaderno è sempre minore di quella veduta nei ven- tiquattro fpiadretti: perchè cavati questi da un foglio colla forbice, il loro perimetro è sgombro affatto dai tanti frastagli o barbe, che contornano il lembo dei foiili intonsi del qua- D derno, e mettono in comunicazione il metallo di alcuni tbiili con quello di altri più o meno lontani , il che fa circolare ]' elettrico con danno della tensione. ÌNIa sperimentando il qua- derno, dopo averne tondato esattamente tutti i fogli , la sua tensione non differisce punto da quella dei ventiquattro qua- dretti, che sieno tratti da lui loglio qualunque o dallo stesso quaderno, o da altro comunque diverso di età. Adunque sin da quell' epoca che si compose il primo quaderno di carta d' oro, si formò in esso la prima pila secca con tensione elettrica senqire viva: e senza esagerazione si può dire, che custodito quel primo quaderno come si usa cogli altri dai venditori, mostrerebbe anche ossidi la tensione me- desima; perchè infatti, colT invecchiar dei quaderni non si trova gianunai nò indizio di ossidamento , nò diminuzion di tensione. Ed ecco in ogni quaderno di carta d'oro una pila sempre attiva con tutte e tre le cause ossidanti del Sig. De la Rive, vale a dire 1' umidità naturai della carta che tocca amendue le supeificie d'ogni foglia metallica; 1' umidità dell' aria cui sono accessibili tutte le foglie ; e la corrente elettrica, che dee secondo Lui accelerare l'ossidamento. E perchè dun- que non vederne mai alcuna traccia nel quaderno per quanto vecchio esli sia.'^ VI. Altro argomento pel primo mio assunto somministra la tensione elettrica di quelle pile secche, che si compongo- no di sostanze non soggette ad ossidamento, né ad altra chi- mica influenza. Tale si è una pila di carte , che abbiano una Dell' Ab. Giuseppe Zamboni SyS faccia intrisa di carbone, o carburo di ferro, e l'altra aderente all' ossido di piomlio. Si può mai credere , senza far violenza al senso comune dei clumici, che il solo umido naturale della carta abbia a disossidare o sopraossidare le dette sostanze ? Dicasi lo stesso del perossido di manganese accoppiato al pla- tino. Tenendo in mano il perossido^ e soprappostovi il plati- no, questo divien positivo. Ma il Sig. De la Rive non poten- do attribuire questo effetto elettrico all' ossidamento del pla- tinoj ricorre al perossido di manganese, e pretende, che l'umi- do della mano, il quale. Egli dice , è sempre acido od alca- lino, disossidi il perossido, e si produca l'effetto contrario dell ossidamento ; cioè che 1' elettricità negativa passi dal perossi- do nell'umido della mano, e la positiva si sviluppi nel per- ossido che la trasmette al platino, (i) A questa spiegazione si oppongono le seguenti ragioni: i." Sia pur vero che l'umidità necessaria per disossidare il perossido di manganese debba essere o acida od alcalina ; ma il fatto dimostra , che adoperando qualunque altro umido come sarebbe 1' acqua pura, l'alcool, e persino la umidità na- turale della carta, la tensione positiva sul platino si manifesta allo stesso grado. 2,.° Sostituendo al perossido di manganese il carburo di ferro, la tensione è minore nel grado, ma però positiva nel pla- tino. Direbbe egualmente il Sig. De la Rive, che qui pure si disossida il carburo a contatto e. g. della carta? 3.° Secondo la scoperta già fatta dal principio di questo secolo dal chimico Brugnatelli, ed ampliata di poi dall'esimio Marianini, il carbone ossidandosi a contatto degli acidi, segue la legge degli ossidi; cioè tanto acquista di forza elettromo- trice, da superare persino il perossido di manganese. Ora , il platino si trova pur positivo accoppiandolo al carbone, e toc- cando questo con acqua addata. E come esser può, che tanto il disossidarsi del manganese quanto l' ossidarsi del carbone produca l' effetto medesimo ? (i) Bibl. Uoivers. i836. Janvier p. iSa. 3~G Difesa degli Arcohienti ce. VII. Ma veniamo all' esperienze cui crede il Sig. De la Rive appoggiare la sua spiegazione. " Per provare , die' Egli , " che alla detta azione cliimica^ cioè al disossidarsi del pcros- " sido di manganese che tocca l'umido, e non al contatto " del perossido col platino debbonsi attribuire i segni elet- '■ trici, ho sostituito al platino una laminetta di legno asciutta " Ijcnsi, ma che però non cessa di esser conduttrice dell'elet- " trico, e messa cotesta lamina sul piattello del condensatore, " ho collocato sopra di essa il perossido, e poscia toccato " questo col dito, o con carta bagnata di soluzione acida o '' salina, 1' elettroscopio dio segni tres prononcès di elettricità "- positiva, j, Questa esperienza che io pure ho verificata nulla dice contro la teoria del contatto, anuncttendo pur anco i Voltia- iii squilibrarsi l'elettrico pel contatto fra umido e secco, e- squilibro notabile quando 1' umido sia ben acido od alcalino. II punto sta nel vedere, se accoppiato il platino al perossido, e toccando questo coli' umido della mano, l'elettricità posi- tiva del platino derivi principalmente dal suo contatto col pe- rossido , come insegna la dottrina del Volta, od unicamente dall' azion chimica dell' umido dclL mano col perossido come vuole il Sig. De la Rive. Pertanto avendo Egli levato il platino, e posta in sua vece la laminetta di leiino, se il contatto dell'umido delia mano col platino l'osse 1' unica sorgente della tensione elettrica, do- vea questa, bensì più tarda per la poca conduttibiìità del le- gno, ma però uguale mostrarsi nel grado, come quando al pla- tino stava accoppiato il perossido. E perchè dunque il Sig. De la Pcive non dirà assolatamente che la tensione è la stessa anche quando opera soltanto 1' umido della mano sul peros- sido? Col dire invece, che in questo caso, i segni elettrici sono tres prononcès fli ben sospettare, che sieno [)iuttosto in- feriori a quelli avuti dal platino unito a! perossido. Ed infatti, ripetuta piii volte l' esperienza , ho trovato sempre appena percettibile la sola tensione dell'umido della mano col perossido^ Del Ab. Giuseppe Za3iboni .877 e tanto più cospicua quella del platino col perossido, da do- verne attribuire la massima parte al contatto di questi due secchi. INIa per togliere ogni dubbio , sopprimasi affatto 1' azione chimica dell' umido col perossido, e si vedrà la tensione svi- lupparsi pel solo contatto di questo col "platino. A tal uopo ho collocata sul piattello del condensatore la laminetta di le- gnoj e sopra questa il perossido ben diseccato. Indi presa fra le dita l'estremità del platino, ho portato l'altra a toccare il perossido, e la tensione fu tanto negativa quanto era posi- tiva, mettendo il platino sotto il perossido, e toccando questo con altio leffno. Di più: l'effetto del contatto fra i due secchi supera quello dell' azion chimica dell'umido col perossido. Stia que- sto sulla laminetta di legno collocata sul condensatore, ed umettata leggermente con acqua anche un po' addata l'estre- mità superiore del perossido , sia questa toccata dal platino tenuto lia le dita: la tensione si mostra ancor negativa, cioè il perossido anche un po' umettato cede elettrico al platino più di quello che riceve dall' umido. Vili. Seguitiamo il Sig. De la Rive, che volendo ricono- scere l'elettricità negativa dell'umido col perossido inverte l'esperienza nel modo seguente:" Posando sul piattello del con- " densatore una lamina di platino, ho messo su questa un " pezzo di carta umettata sulla (juale ho collocato il peros- " sido, che ho poi toccato col legno , o col dito ben secco ; " il condensatore si è allora caricato di elettricità negativa.,. Io per lo contrario la ho trovata sempre positiva; poiché posando, come Egli dice, il platino sul piattello del conden- satore ?,\ d.QV e intendere il piattello superiore, stando l'inferio- re annesso al bottone dell'Elettroscopio. Or dunque la fogliet- ta di questo mi diede il segno negativo, e ciò vuol dire che il piattello inferiore era negativo, e per conseguenza positivo il superiore sul quale stava posato il platino. Laonde questa esperienza del Sig. De la Rive io la trovo contraria affatto Tomo XXI. Cbb 37B Difesa degli Argomenti ec. alla sua teoria, confermativa di quella del Volta, perchè soggiun- gendo Egli " che il contatto del metallo del condensatore col '" platino 11 est pour rìeii nella produzione di <]uesta elettri- " cita, che dovrehhe esser contraria se provenisse da tal con- " tatto.,, Appunto l'esperienza dice che l'elettricità è contra- lia cioè positiva ; e che questa proviene dal contatto metallico del condensatore col platino; perchè sostituendo al piattello superior del condensatore comunemente di rame altro piattello di stagno o di piomho, rdettricitù positiva di tal piattello si fa mafriiiore. Non è poi da sorpassare 1' uffizio della laminetta di le- gno in queste esperienze del Sig. De la Rive. Egli l'adoperò asciutta bensì, ma non a grado d'impedire la trasmission dell' elettrico, e in tale stato Egli la dee credere altresì del tutto inetta ad agir chimicamente sul perossido e sul platino, altri- menti le sue sperienze sarebbero incerte affatto ed inconclu- denti. Or bene^ si formi una piletta con coppie di platino unito al perossido, e con laminette del predetto legno, che divida- no una coppia dall' altra. Trovandosi la tensione crescente di coppia in coppia, si dovrà dunque conchiudere: ecco una pila secca elettrizzata nella quale il Sig. De la Rive non può am- mettere r intervento di azion chimica. IX. Anche il tritossido di piombo si comporta in queste sperienze come il perossido di manganese j e la facoltà elettro- motrice del primo pubblicata dal Sig. Muncke come superiore a quella del secondo non potea riuscir affatto nuova in Italia dopo ciò che sugli ossidi aveva insegnato il Prof. Marianini. Ma quanto alla tensione veduta dal Sig. Muncke, interponendo il tritossido tra due lastre di rame, non è già un fatto incon- ciliabile colla dottrina di Volta, come crede il Sig. De la Ri- ve (1). Imperciocché (juando il tritossido sia tutto egualmente umido, o tutto perfettamente secco, la tensione manca intera- mente. Se poi fra il tritossido ben diseccato e uno dei rami fi) BiLliot. Uiiivers. iu3C. Janvior p. 162. Dell'Ab. Giuseppe Zamboni 079 8Ì frapponga la laminetta di legno del Sig. De la Rive, la tension si manifesta, e ben notabile; negativa sul rame che tocca il legno, e positiva snlT altro che tocca immediatamen- te il tritossido. Ciò si accorda esattamente colla teoria di Vol- ta, e non con quella del Sig. De la Rive ; perchè si adopera il legno qual Egli lo prescrive, conduttore cioè^ e non agente chimico che possa disossidare il tritossido. Quindi l'esperien- za del Sig. Muncke ben rettificata offre un elemento di pila secca , che viene a compir la dimostrazione del primo mio assunto. . ■ ' PARTE SECONDA I. L'eccitamento elettrico nelle chimiche operazioni vie- ne ammesso da tutti i seguaci del Volta , il che si accorda benissimo colla loro dottrina, essendovi sempre in tali ope- razioni il contatto di sostanze eterogenee. Ma quando pur si volesse, che nelle predette operazioni, prescindendo dal con- tatto , la sola forza chimica abbia in se la virtù di eccitare r elettrico, il secondo mio assunto si è di provare , che que- sta azion chimica negli ordinari apparecchi Voltiani ben lon- tana dall'essere la sorgente unica dell'elettrico, non è che secondaria, perchè molto inferiore alla primaria residente nel mutuo contatto dei metalli. Ciò dimostrano le mie sperienze di sopprimere il contat- to metallico, interponendo fra i due metalli d' ogni coppia un quadretto di carta, lasciando intatta l'azion chimica dell'umi- do coi metalli, perchè in tal caso la tensione illanguidisce a segno da dover riconoscere l' azion chimica inferiore di gran lunga al contatto metallico nell' eccitare l'elettrico. II. A questo argomento rispondea il Sig. De la Rive che il calor della tensione ne^ miei sperimenti è dovuto alla dif- ficoltà che trova 1' elettrico già squilibrato dall' azion chimica di passare per la carta onde portarsi iielT altro metallo. Ed io per provargli che un conduttore imperfetto qual si è la carta, ritarda bensì la corrente elettrica, ma non può 38o Difesa degli Argo:\ienti ce. diminuire il grado delia tensione voluto dal numero delle cop- pie, gli Ilo messo dinnanzi nelle mie Osseri'azio?ii (i) una pWa. di dieci coppie di rame e piombo coi panni umettati di acido soUorico allungato in maniera, che un cartone collocato sopra ogni panno acidato conservi il solo suo lunido naturale. Per tal costruzione; , 1' elettrico die secondo il Sin,. De la Rive passa dal piombo nell'acido^ trova dopo questo il cartone con- duttore Jm[)erl(;tto: e ciò nulla ostante , la pila dispiega la tensione allo stesso grado come se non vi l'osse il cartone. Per lo contrario tolto via il cartone, e messo un foglietto di carta sottile Ira i due metalli d' ogni coppia, il che sopprime l'immediato loro contatto, la tension della pila è pressoché nulla. Se non che nella traduzione in fiancese di questo mio sperimento pubblicata nella lìlbliotheque Universelle de Genève fu ommessa interamente quella condizione in cui sta tutto il nerbo della prova j e il traduttore partigiano esso pure della nuova teoria vi ha sostituito altre cose tutte sue che travi- sano affatto r argomento. Ecco la condizione della mia sperienza qual si legge nel mio manoscritto trasmesso ai Signori Ptedattori di quel Gior- nale: sia il panno imbevuto del liquido per modo, che un car- tone collocato sovra ogni panno addato conservi il solo umido suo naturale. E nella traduzione invece si legge (2) qu on impre- gne da liquide la rondelle de drap., de maniere., qu une feuille de carton qu on en approche., s" y maìntienne attachèe par la seule attractioii de V hwniditè. Quindi il Sig. De la Pvive che nella nota i . p. 191. dice ne sacliant pas V Italien., e' est sur une traduction., que j' ai lu le travail de 31. Zamboni, ha cre- duto di abbattere facilmente il mio argomento col dire (3) lorsque la feuille de carton est en contact avec la rondelle (i) Biljl. Univers. iSSy. Mars p. 192. (2) Idem JMars 1887. p. 192. (3) Idem p. 192. Not. i. Dell' Ad. Giuseppe Zamdon oui humìde, elle s^ imbibe elle meme de liquide de cette rondelle; et faisant pour aitisi dire corps uvee elle, ne cìiange presque rieri a son pouvoir conductenr. Così al certo non avrebbe ri- sposto, se il traduttore gli avesse messa dinnanzi la condizio- ne del mio sperimento^ clie cioè il cartone debba esser tale da conservar nell'esperienza il solo suo umido naturale. Sarà dunque scusabile il Sig. De la llive, ina non il tra- duttore che r ingannò: perchè la traduzione stessa esattissima nel resto del mio scritto lo accusa in modo irrepugnabile d' infedeltà volontaria nella versione di questo mio sperimen- to , e di ciò che al medesimo si riferisce. E perchè infatti tradurre /ezii/Ze de cartari e non cartari semplicemente come sta nel mio scritto? non per altro se non perchè l'idea di un carton sottile come una foglia d^ une feuille de cartoli atta- clièe par la seule attraction de Vhumìdìtè avesse a far credere più agevole il passaggio dell' umidità acida del panno in tutto il cartone. Così pure^ dicendo io, che col cartone sovrapposto al panno, la pila dispiega la sua t&ns'ìonG bensì jnù lentamente { il che è verissimo, non avendo il cartone altro umido che il suo naturale ), Egli traduce lentement peut'' etre ; per- chè dietro la' sua idea del cartone tutto imbevuto per attra- zione dell' umidità acida, la velocità della tensione non può difTerir sensibilmente da quella che si avea prima senza il cartone. III. Per non lasciar plìx luogo ad equivoci, la pila di dieci coppie di rame e piombo abbia i suoi panni umettati di aci- do solforico allungatissimo, ma umettati soltanto quanto basta per aver dalla pila oltre la tensione., anco gli efletti chimici e fisiologici. Sopra ogni panno mettasi un cartone, e sia que- sto tanto grosso che non possa tutto imbeversi della umidità acida del panno, durante T esperienza. Per la giunta di tal cartone cesseranno affatto gli effetti chimici e fisiologici, ma non già la tensione, che sebbene assai tarda, sarà però ugua- le a quella che si avea prima senza il cartone. Pertanto in questa pila vi è il contatto del rame col piombo , e vi è 33:?. Difesa degli Argomenti ec. pure 1' azion cliimica deU' umidità acida coi metalli \ e per decidere se questa tensione provenga o da quel contatto me- tallico, o da qncsta azion chimica, tolgasi il contatto metal- lico, mettendo un foglietto di carta lia il piondjo ed il rame d'ogni coppia e levati via i cartoni, svanirà quasi allatto la tensione. Dunque essa è dovuta principalmente al contatto metallico \ uè può sussister la ragione addotta dal Sig. De la Rive, che il toglietto di carta fra i due metalli impedisca il passaggio dell'elettrico; perchè quando vi sia il contatto me- tallico, quel passaggio non viene impedito dal cartone osta- colo più resistente del foglietto di carta. Si renderà poi piìx evidente la cosa, adoperando in luogo del cartone un mazzetto di otto o dieci carte grosse , tante cioè che le più lontane dal panno sottoposto , non possano senza alcun dubbio ricevere umidità dal panno, ma conservi- no unicamente V umido lor naturale. Si vedrà ugualmente posto il contatto metallico svilupparsi interamente la tensio- ne, e poi svanire levando via il mazzetto , e messa la carta sottile fra i due metalli: sarà mai questa sola piii resistente all' elettrico di quel mazzetto ? IV. ]\[a veniamo alle pile di carte d'oro e d'argento, nelle quali ben conosciuta l'influenza di ciascuna carta saia di- mostrato altresì il secondo mio assunto. Premetto i.° che la pila composta con sole carte d'oro ( come si è veduto nella Parte prima IV ) mostra comunemen- te positiva la faccia metallica, e negativa la carta; laddove le pile conquesto similmente con sole carte d'argento, quali le abbiam dai venditori, altre lianno positivo il metallo, e nega- tiva la carta, ed altre al contrario. 2.." Introdotta pel rovescio di queste carte metalliche una mano di latte , ed asciugatolo all' ombra, si rende posi- tiva la carta, e negativo il metallo tanto in quelle d'oro come in quelle d' argento. Per lo contrario 1' acqua un po' acidula introdotta pel rovescio delle carte , come queste sieno ra- sciutte all'ombra, fa divenir positivo il metallo e negativa la carta. Diìll'Ab. Giuseppe Zamboni 383 3.° Qualunque sia la causa di sifatte variazioui, deesi ri- tenere, che nella pila di carte d'oro e d'argento coi due me- talli in contatto, l'eccitamento elettrico secondo la nuova teo- ria deriva unicamente dall'azion chimica dell'umido partico- lare della carta colla superficie metallica incollata sulla me- desima, come lo ha dichiarato il Sig. De la Ptive. Ciò posto: si preparino alcune pilette di una dozzina circa di quadretti di sole carte d'oro^ ed altre di sole carte d'ar- gento; e come in quelle così in queste, altre abbiano positivo il metallo e negativa la carta, ed altre al contrario; e si pro- ceda alle seguenti esperienze. VI. Sienvi due pilette, una di sola carta d'oro col me- tallo positivo, e negativa la carta^ed abbia ascendente la cor- rente elettrica tenendo le sue faccie metalliche rivolte all'insìi. L'altra piletta di sola carta d'argento col metallo negativo, e positiva la carta, abbia pure ascendente la corrente elettri- ca, tenendo le sue faccie metalliche rivolte all' ingiù. Sieno le due pilette eguali in tensione, il che si ottien facilmente aggiungendo qualche quadietto a quella che 1' avesse minore. Fatto ciò: si soprapponga la piletta di carta di argento colle sue faccie metalliche rivolle all'ingiù, su quella di carta d' oro, che le tien sempre rivolte all' insù ; e si avrà una sola pila colla tension positiva raddoppiata alla sua cima. Indi coi quadretti della piletta di carta d'argento, e con altrettanti di quella di carta d' oro si componga la pila ordinaria met- tendo in contatto fra loro i due metalli, e tenendo sempre le carte d' oro la lor faccia metallica all' insù , ed all' in^iù le carte d'argento. La tension positiva alla cima della pila così composta si troverà cresciuta assai più del doppio di quella che avea prima ogni piletta senza contatti metallici. Tanto aumento in tensione, che nella teoria Voltiana de- riva dal contatto dei due diversi metalli, non si può spiegare nella Elettro-chimica se non col dire, che in ciascuna piletta senza contatti metallici , ogni foglia metallica posta fra due umidi della stessa specie ^ si trova fra due azioni chimiche 384 Difesa degli Argo^ienti ce. contrarie,, e perciò la tensione è uguale soltanto alia loro dif- ferenza, huldove, tolto il contrasto ira le due azioni col met- tere in contatto metallico il rame della carta d'oro collo sta- gno della carta d'argento, le forze chimiche dell' umido coi metalli esercitano liberamente la loro attività, quindi la ten- sione si accresce anche più del doppio. Ritenuta questa spie- gazione si passi alla seconda esperienza. VII. Sia come prima, una pilelta di sole carte d' oro col metallo [lositivo rivolto alTinsù, ed altia di sole carte d'ar- gento col metallo pur positivo, ma rivolto all' ingiù; e sieno uguali le due pile nel grado di tensione. Essendo nella piletta di carte d' oro ascendente 1' elet- trico, e discendente nell'altra di carte d'argento, se questa a quella si sovrapponga , si troverà affatto nulla la tensione alla cima della pila cosi composta delle due. ]Ma se coi quadretti della piletta di carta d'argento sem- pre colle loro faccie metalliche rivolte all'ingiù, e con altret- tanti di quella carta d'oro, che le tieii seiupre rivolte all' insù, si lormi la pila coi contatti metallici, ecco dispiegarsi alla cima di (|ucsta pila una tcnsion positiva anche questa maggiore più del doppio di quella d' ogni piletta senza con- tatti metallici. E donde mai ò sortita (|uesta tensione se non dai con- tatti metallici? Le azioni chimiche nelle carte d'oro sono an- cora contrarie a quelle delle carte d'argento, perchè le pri- me conservano elettrico ascendente, e discendente le altre; e perciò non possono dare tensione di sorta alla cima della pila. E se il contatto metallico non facesse altro, che liherare l'a- zion chimica in ogni quadretto dal contrasto già notato nella precedente esperienza, amendue le correnti saranno maggiori in intensità, ma però sempre contiaric 1' una all'altra: nò v'ha ragione, che l'ascendente nelle carte d' oro abbia a pre- valere sulla discendente nelle carte d'argento a tal grado, che la prima col solo suo eccesso debba prodnr la tcnsion positiva cotanto elevata. Dell' Ab. Giuseppe Zamboni 385 Che se, invertendo lo sperimento, le carte d' oro abbiano negativo il metallo, e l'elettrico discendente, e quelle d'ar- gento pur negativo il metallo, ma l'elettrico ascendente, an- che in tal caso le azioni chimiche delle due carte sono con- trarie r una all'altra, siavi o nò il contatto metallico; e la tensione dovrebbe esser nulla siavi o nò il contatto metallico. Ma invece, posto il contatto fra i due metalli, ella si mostra positiva come prima, e a volerla spiegare colla nuova teoria, bisognerebbe in tal caso far prevalere invece 1' azion chimica delle carte d' argento sopra I' altra delle carte d' oro. Vili. Venga infine il terzo sperimento, nel quale vedre- mo l'azione del contatto metallico contrapposta alle azioni chimiche, e superarle d' assai. La piletta di carte d' oro abbia negative le faccie metal- liche rivolte all' insù, e quella di carte d' argento le abbia positive rivolte all' ingiù. Il polo superiore in ciascuna piletta sarà dunque negativo, e soprapposta quella di carte d'argento suir altra di carte d' oro, il polo superiore della pila così com- posta sarà pur negativo con tensione uguale alla somma delle due tensioni delle pilette; cioè le azioni chimiche sono tutte cospiranti nel produrre correnti elettriche discendenti. Si uniscano adesso i quadretti della carta d'uro con altret- tanti di carta d' argento mettendo in contatto fra loro i due metalli, e conservando nei primi le faccie metalliche alTinsù, ed all' ingiù nei secondi. Tutte la azioni chimiche si manten- gono ancora cospiranti nel produrre elettrico discendente , e liberate pel contatto metallico dal contrasto già detto nella prima sperienza, si faranno più intense, e quindi la tension negativa dovrebbe esser maggiore nel polo superior della pila. Ma eccoti invece la tension di questo polo divenir positiva, e maggior delle due negative che aveano prima le due pilette senza contatti metallici. Ecco il rame a conlatto dello stagno produrre una corrente elettrica ascendente cioè contraria a quella di tutte le azioni chimiche, e si prevalente, che il solo eccesso sorpassa in tensione la somma di queste. Tomo XXL Ccc 306 Difesa degli Argomenti ec. Qual cosa più parlante di sitatta esperienza per mettere sott' occhio il contatto metallico, come sorgente primaria dell' eccitamento elettrico? Quanto servigio alla dottrina del Volta dalle pile secche, che sono pur tutte cosa sua. Egli trovò dapprincipio contradditori, che negavangli l'identità dell'elet- trico della pila con quello delle macchine ordinarie; e la pila secca mostrando la tension de' suoi poli o più viva, od estin- ta, col ricev(>re elettricità simile o contraria da esse macchi- ne, lini di convertire i più pertinaci. Insorgono adesso potenti avversari per ahhattere il fondamento della sua scoperta , la teoria del contatto; e le pile secche gli preparano., io spero, una seconda vittoiia. FINE. \È$^i) ^ ;- / pag 3. at. Errata simplicem i8. i8. 3/ — t/9:t--«-4a''-t-4"' 34. 40. 4>- 44- 46. 48. 55. 58. 60. 67. 16. ult. 28. (l—xy-.\/ (jX^'-r^a^ 49 movimenti vr 8. Tì'd (,kl a/>{— fl-t-l/«»-»-9/' )" ec. , 3^- — ;r— — cc. i5. i3. i3. 80. id. 98. 17. X a l/.i^ penu. Corrige . simplex 3^(3.r— t/'9j'-t-4u")-t-4a' (i— 1)^.1/91^+4^ 4? momenti VT' J_ a D' ed A 6kl ap(—a-f-l/a''+^l'') — f^-H/'ècT ec. 3/fc = jt =: — ec. 4J' — i\ui-i-u^ 1/3^ .ì>flt/'9 2 A